135 14 2MB
Italian Pages 136 Year 2014
Sicilia contesa SEPARATISMO, GUERRA E MAFIA
Antonello ^
SALERNO EDITRICE
Battaglia
Aculei Collana
diretta
Alessandro
da
Barbero
«La Sicilia è un’isola. Dio stesso, nel crearla cosi, volle chiaramente avvertire che essa doveva rimanere staccata, separata dal continente» (M. Turri).
e 12,00
Il separatismo siciliano, di cui si intravedono le radici nei moti insurrezionali che nel corso dei secoli colpirono l’isola, ebbe vasta diffusione e inquietanti sviluppi tra il 1943 e il 1950. Alla vigilia dello sbarco alleato fu fondato il Comitato provvisorio per l’Indipendenza, sedicente portavoce delle aspirazioni dei siciliani, che avrebbe colmato il vuoto politico lasciato dal fascismo e permesso al movimento di proporsi come corrente di rinnovamento. Nel febbraio del 1944 la riconsegna deM’isola all’Italia da parte degli Alleati e la decisa risposta dello Stato alle istanze siciliane portarono a un inasprimento dello scontro fra il Regio Esercito e i “guerriglieri” indipendentisti. I rastrellamenti e le battaglie campali ridimensionarono l’eversione secessionista; fu intavolata una trattativa segreta fra lo Stato e i separatisti, che avrebbe portato alla concessione dell’autonomia siciliana. Negli anni successivi l’isola fu governata quasi ininterrottamente dalla Democrazia Cristiana, ma l’agognata crescita economica non ci fu. L’autonomia, associata non di rado al federalismo, è ancora oggi al centro di un ampio dibattito, in una fase storica caratterizzata da crescente sfiducia nei confronti dello Stato e dalla nascita di movimenti che rivendicano l’indipendenza. Come nel Nord Italia, anche in Sicilia iniziano a serpeggiare e a ridestarsi timide simpatie filo-separatiste. ANTONELLO BATTAGLIA insegna Storia delle relazioni internazionali all'Università di Roma «Sapienza». Si è occupato del separatismo siciliano e del Risorgimento italiano. Tra i suoi lavori da ricordare almeno La capitale contesa. Firenze, Roma e la Convenzione di settembre (1864) (Roma 2013).
ANTONELLO BATTAGLIA
SICILIA CONTESA SEPARATISMO, GUERRA E MAFIA
SALERNO EDITRICE ROMA
Copertina: C o n c e p ì and graphic design: A
ndrea
Illustrazioni: A
B a y e r (w w w .andreabayer.it).
ndrea
C
o n f o r z i.
IS B N 978-88-8402-942-3 T utti i diritti riservati - A ll rights reserved C opyright © 2014 by Salerno Editrice S.r.l., Rom a. Sono rigorosamente vietati la riproduzione, la traduzione, l’adattamento, anche parziale o per estratti, per qualsiasi uso e con qualsiasi m ezzo effettuati, senza la preven tiva autorizzazione scritta della Salerno Editrice S.r.l. O gn i abuso sarà per seguito a norma di legge.
A d Antonella
IN T R O D U Z IO N E
«Antudo!» gridavano i rivoluzionari durante le giornate convulse della primavera del 1282, quando i Vespri sollevavano l’intera Sicilia sottomessa al potere angioino. L’acronimo di Animus Tuus Dominus divenne il motto dell’insurrezione insieme alla bandiera giallorossa - dall’unione dei colori di Corleone e Palermo, primi centri a ribel larsi - con la tríscele color carnato e la gorgone Medusa.1 D a quel lunedi di Pasqua si scatenò una violenta “caccia ai francesi”, gli angioi ni fuggirono. I rivoluzionari chiesero l’aiuto di Pietro III d’Aragona, marito di Costanza di Svevia, la nipote di Federico II, l’imperatore caro ai siciliani. Il motto e il vessillo furono innalzati anche nel mag gio del 1647, durante l’insurrezione armata per l’abolizione delle ga belle e per una maggiore partecipazione del popolo al governo delle città. Il viceré fuggì, ma dopo qualche settimana gli spagnoli ritorna rono con la forza. Circa centosettant’anni dopo, nel 1820, «Antudo» fu il grido dei moti sollevato contro i Borbone che avevano appena proclamato la fine del Regno di Sicilia e avevano accorpato l’isola al regno parteno peo. La rivolta permise di ripristinare la costituzione siciliana del 1812, ma i generali napoletani soffocarono nel sangue tumulti e costituzio ne. La Sicilia era riannessa al Regno di Napoli. Il 12 gennaio 1848, lo stesso motto urlato a Palermo scandi l’inizio della vasta ondata rivo luzionaria. L’intero continente europeo fu trascinato in un biennio rivoluzionario che sconvolse definitivamente l’ordine sancito a Vien na nel 1815 e diede avvio a una nuova fase storica, la “primavera dei popoli”. «La scintilla rivoluzionaria di Palermo» cosi la chiamavano i siciliani che si vantavano di essere stati gli artefici di un’intensa stagio ne di libertà europea. Anche in questo caso la costituzione, prima concessa, venne presto revocata dal conservatore Ferdinando II delle Due Sicilie. Il 5 maggio 1860 a Marsala, la bandiera della trinacria fu sventolata insieme a quella dei garibaldini che iniziarono dalla Sicilia le operazioni militari contro l’esercito borbonico. A Trapani c’erano già stati violenti disordini e Garibaldi, in costante contatto con i pa trioti Pilo e Crispi, era consapevole dell’opposizione siciliana a Napo-
9
I NTRODUZI ONE
li. L’idea d’Italia, tuttavia, non era ben chiara ai siciliani. La liberazione da Ferdinando e da Franceschiello si pensava potesse condurre a una Sicilia libera, magari governata dallo stesso Garibaldi. La prospettiva di un’annessione al Regno di Sardegna e la dilagante crisi economicoalimentare sfociarono, non di rado, in gravi disordini come quello di Bronte, il io agosto 1860, quando il comandante garibaldino N ino Bixio sedò nel sangue la rivolta. A poco più di un anno dall’unità d’Italia, fu proclamato lo stato d’assedio su Palermo «e tutte le provincie siciliane». «Antudo!» urla vano i palermitani. Lo gridarono per sette mesi, invano, fino a quan do le truppe regie riportarono l’ordine. Si ripeterà tutto quattro anni dopo, nel 1866 quando il colera, la miseria, le pesanti misure polizie sche e la terza guerra d’indipendenza contribuirono a una nuova on data insurrezionale detta del «sette e mezzo». Drappi e motti rivolu zionari anche negli anni Novanta dell’Ottocento con i “fasci Siciliani” che inscenarono proteste dando voce a rivendicazioni democratiche e indipendentiste. Fu proprio un siciliano a reprimere la rivolta, il capo del governo, Crispi, che pur comprendendo le proteste dei lavo ratori non ne condivideva l’intenzione secessionista. Arresti somma ri, esecuzioni e condanne - poi amnistiate - soppressero il sovversivi smo. Diversi momenti della storia dell’isola in cui l’identità siciliana si rinvigorì, facendo appello alle istanze indipendentistiche o autonomiste. Moti, vessilli e rivendicazioni si presentarono puntualmente nei periodi di crisi caratterizzati da malessere sociale, rivendicazioni politiche e prevedibili disordini nei quali l’esigenza di un nuovo ordi ne veniva legata all’ineluttabile autogestione governativa. In ogni ca so le grandi aspettative furono disattese e il fragore dei cannoni riuscì a zittire le urla e ammainare le bandiere. U n altro momento di crisi fu il Secondo conflitto mondiale, in particolare nella convulsa primavera-estate del 1943, quando la Sicilia fu il primo fronte della guerra in suolo europeo e lo scenario di gravi tensioni locali, oltre ovviamente che nazionali e internazionali. Le principali direttrici delle operazioni militari convergevano nell’isola; bombardamenti, distruzioni, vittime, paralisi economica, fame, de linquenza, mercato nero, traffico di armi portarono al risveglio del l’antico motto «Antudo» (in siciliano «Antudu!»). Anche in questo 10
I NTRODUZI ONE
caso il desiderio di un nuovo ordine sociale, l’aspirazione ad una m i gliore condizione di vita e l’attesa per la fine del conflitto conversero nell’opposizione politica al governo fascista, ritenuto il principale re sponsabile della gravissima crisi. L’imminente caduta del regime fu correlata all’inevitabile crollo dello Stato nazionale unitario retto da un re definito “fedifrago” e, a partire da quella tarda primavera del 1943, la rinascita siciliana venne ricondotta a imprescindibili istanze indipendentiste. Furono clandestinamente pubblicate le prime ope re di propaganda separatista; La Sicilia ai Siciliani! - pamphlet di Mario Turri, pseudonimo del partigiano e militante Mario Canepa - pro pugnava la teoria di una Sicilia secolarmente sfruttata dalle domina zioni straniere, annessa con l’inganno ai Savoia e vessata durante il ventennio fascista. In questa fase, stante anche la mancanza di altre concrete alternative politiche al fascismo in Sicilia, il movimento ot tenne il consenso del popolo che aspirava, al di là del programma politico indipendentista, al miglioramento delle proprie condizioni di vita. In un primo m omento il separatismo - non osteggiato dagli Allea ti che volevano ottenere l’appoggio della popolazione - non incontrò alcuna resistenza. M a dopo la riconsegna della Sicilia all’amministra zione italiana, nel febbraio del 1944, le aspirazioni del M ovim ento per l’Indipendenza della Sicilia (MIS), che fino a quel momento aveva sperato nell’accettazione delle proprie istanze, vennero vanificate. In realtà gli Alleati non presero mai sul serio l’ipotesi di una Sicilia indipendente, né tantomeno americana. Sfruttarono abilmente il separa tismo per accentuare la crisi e affrettare la caduta del regime fascista e successivamente per fare pressioni sul re e accelerare l’armistizio ita liano. Raggiunti tali obiettivi, il “benevolo appoggio” mutò in indif ferenza. La Sicilia tornava ad essere, com ’era d’altronde sempre stato, un problema italiano. Iniziò una fase di contrasto tra i separatisti e le nuove istituzioni statali. La paventata ipotesi di ottenere come massimo risultato l’au tonomia, favori tra gli indipendentisti l’affermazione della frangia eversiva e l’inizio della guerra al governo italiano. Nacquero prima l’Esercito Volontario per l’indipendenza della Sicilia (EVIS), in segui to la Gioventù Rivoluzionaria per l’Indipendenza della Sicilia (GRIS) 11
INTRODUZI ONE
e venne sancito il sodalizio con le bande maliose dell’isola tra cui quelle di Salvatore Giuliano a Montelepre, Rosario Avila a Niscemi e Calogero Vizzini a Villalba. Entrambe le organizzazioni condivide vano per motivi diversi la contrapposizione allo Stato e, strumenta lizzandosi a vicenda, si unirono nella lotta. La battaglia di S. Mauro di Caltagirone del 29 dicembre 1945, tre dici cicli di rastrellamenti in Sicilia orientale e otto in Sicilia occiden tale, tra gennaio e aprile 1946, permisero al governo di ridimensiona re l’azione delle bande armate separatiste. In Sicilia l’assenza di una rivoluzione agraria aveva impedito la modernizzazione e soprattutto la formazione di una classe borghese capace di imputarsi un processo di cambiamento attraverso l’investi mento produttivo nelle campagne. A causa di questa realtà statica, nell’isola si erano attivati i complessi meccanismi di rivendicazione. M a il separatismo siciliano si componeva di anime differenti, forze politiche diverse, persino contrapposte che tuttavia convergevano sull’aspirazione all’indipendenza. Le trattative segrete Stato-separati smo portarono - insieme alla riforma agraria del 1950 e all’amnistia per i reati politici - alla pacificazione sociale. Il movimento, per esse re legittimamente riconosciuto come partito politico, dovette accet tare il compromesso dell’autonomia rinunciando cosi ai principi co stitutivi del separatismo, snaturandosi e avviandosi verso il declino accelerato dalle contrapposizioni tra le diverse correnti intestine.2 N egli anni successivi, la Democrazia Cristiana riuscì a ricomporre la crisi. Nella smobilitazione del movimento separatista molti espo nenti - soprattutto della frangia filo-monarchica e reazionaria com posta dagli aristocratici e grandi proprietari terrieri - confluirono nella “balena bianca”. Gran parte dei presidenti della regione, fino alla metà degli anni Novanta, eccetto qualche eccezione, fu democra tico-cristiana e il grande partito, dunque, governò quasi ininterrotta mente nell’isola. N on si parlò più di separatismo, era come si trattasse di una suggestione affascinate ma ormai svanita. La regione era ormai autonoma e proprio ciò era considerato il nuovo elemento di forza della Sicilia che, se da un lato restava legata all’Italia, dall’altro affer mava la propria identità ed esercitava il tanto agognato autogoverno. Tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio dei Sessanta il dibattito 12
INTRODUZIONE
politico regionale contrappose gli autonomisti moderati a quelli più radicali che non condividevano le intese con Roma e che volevano attuare pienamente l’autonomia svincolandosi dai dettami del parti to. I fanfaniani furono sconfitti e per tre anni la D C dovette cedere la supremazia dell’isola prima all’Unione Siciliana Cristiano Sociale e successivamente al Partito Socialista Italiano. La larga autonomia ac cordata sulla carta alla regione non fu attuata in pieno da parte dello stesso governo siciliano e l’agognato sviluppo economico e la “rincor sa al N ord”, nei fatti, non si verificarono. D opo la dissoluzione della D C , dalla seconda metà degli anni Novanta si sono succeduti diversi partiti al governo della regione appartenenti a diverse e opposte fa zioni politiche, ma il dibattito sull’autonomia non si è ancora esauri to. A conferma di ciò la larga vittoria del M ovim ento per le Autono mie alle elezioni regionali del 2008. La nuova formazione politica, infatti, è riuscita ad allargare il consenso facendo appositamente leva sulla riappropriazione dell’autonomia da parte dei siciliani. L’autono mismo è stato ricollegato immediatamente al federalismo e l’intesa tra M P A (M ovim ento per le A utonom ie) e Lega Nord, per quan to potessero sembrare partiti di segni e tendenze differenti, si è con cretizzata proprio sul presupposto dell’opposizione al potere centra le. Entrambe forze centrifughe coalizzatesi per l’obiettivo comune di scardinare la periferia dal centro e raggiungere la massima auto nomia. N ell’ultimo periodo al rafforzamento di queste posizioni contri buisce indubbiamente la crisi economica che genera e accentua il diffuso malcontento nei confronti del governo italiano e consente la crescita del dilagante sentimento di “euro-sfiducia”. Sorgono infatti diversi movimenti indipendentisti, come quello veneto e lombardo che testimoniano la tendenza e la radicalizzazione del fenomeno. Dall’autonomia al federalismo, alla rivendicazione dell’indipenden za concepita come unico m ezzo per la rinascita economico-politica delle aree in questione. Ed ecco che le vicende storiche, considerate il retaggio di un’epoca ormai svanita, tornano d’attualità e vengono riesumante per trovare una giustificazione alle tendenze indipenden tiste. Il concetto politico della Lega, ossia la secessione del Nord, vie ne superato dalle nuove istanze locali di indipendenza. La frantuma 13
I NTRODUZIONE
zione dell’unità viene considerata la soluzione ottimale. «Bastare a sé stessi» è il fine ultimo. Anche in Sicilia, come al Nord, oltre alle ten denze di rafforzamento autonomista, serpeggiano i primi sentimenti filo-separatisti sostenuti da diffuse, timide simpatie. Per comprendere appieno le dinamiche attuali è necessario riper correre il background storico della regione e analizzarne le vicende. Avvenimenti di notevole importanza, dunque, non relegati soltanto al passato e all’esclusivo contesto regionale ma attuali e di grande in teresse nazionale. Una pagina pulsante della storia d’Italia, della storia della «più bel la isola del Mediterraneo».
I L A S I C I L I A T R A G U E R R A E S E P A R A T IS M O
1.
A
r r iv a n o !
Lo
sbarco alleato
N el rovente luglio del 1943 la Sicilia diveniva un’area di notevole importanza per le sorti del Secondo conflitto mondiale. Tra il 14 e il 24 gennaio, a Casablanca, presso l’hotel Anfa, si era tenuto il summit segreto tra Roosevelt, Churchill e de Gaulle in cui - dopo l’ormai imminente vittoria in Africa - si era deciso di pianificare le operazio ni belliche in Europa individuando la penisola italiana come obiettivo iniziale. L’attacco nel Mediterraneo sarebbe stato il preludio dell’a pertura di un secondo fronte nelle coste atlantiche francesi, e sarebbe stato rivolto contro la Sicilia. Il generale Eisenhower, in realtà, era più propenso a uno sbarco in Sardegna, ma alla fine le posizioni del primo ministro britannico ebbero la m eglio.1 N elle operazioni militari in Sicilia si sarebbero scontrati 855.000 uomini: 450.000 fra inglesi e ame ricani, 405.000 fra italiani e tedeschi, 5000 aerei di cui 4000 degli Allea ti e 900 dell’Asse; 3000 navi da guerra e da trasporto, quasi tutte allea te, 1600 m ezzi da sbarco, oltre 1000 carri armati.2 La pianificazione dell’operazione Husky, oltre all’aspetto strido sensu militare, fu caratterizzata dalle trattative tra i servizi segreti ameri cani e la mafia, coordinate dall’ Office o f Strategie Services (OSS).3 N u merosi agenti statunitensi avevano contatti con esponenti di spicco delle cosche dell’isola e un ruolo importante fu quello svolto da Sal vatore Lucania, meglio noto come Lucky Luciano. Classe 1897, sici liano di Lercara Friddi, senza professione, era emigrato negli States in giovane età e aveva svolto svariati mestieri fino a concentrare la sua attività nella “tratta delle bianche” che gli aveva fatto acquistare la fa ma di «re dei rigattieri di Manhattan».4 Per tale attività era stato arre stato e nel 1932 condannato a una pena compresa tra i dieci e i ventan ni di reclusione da sommare ad altri quindici anni per reati non noti. Ma all’inizio del 1943, il gangster venne messo in libertà su richiesta dell’ intelligence statunitense e inviato in Sicilia a svolgere il delicato
15
SICI LIA C O N T E S A
compito di trait d’union tra i servizi segreti americani e i boss siciliani al fine di organizzare lo sbarco alleato e preparare la popolazione a un’a deguata accoglienza.5 Oltre a Luciano altri noti mafiosi italo-americani come Victor Anfuso, Vito Genovese e Albert Anastasia avevano preso parte alle trattative. Tra il 6 e l’u giugno 1943 l’operazione d’attacco su Pantelleria, ini ziata ufficialmente il 18 maggio, venne ulteriormente intensificata con lo sganciamento di circa 5000 tonnellate di ordigni e il massiccio attacco simultaneo della flotta. L’ammiraglio Pavesi - viste le compli cate condizioni in cui versava la popolazione e la difficoltà nel contra stare l’imminente sbarco degli Alleati, nonostante la difesa dell’isola fosse ancora possibile - ordinò la capitolazione della piazzaforte.6 Il 12 giugno, giorno successivo alla caduta di Pantelleria, a Palermo si ebbe la prima sortita pubblica di un inedito Comitato d’azione prov visorio che, appellandosi all’orgoglio del popolo siciliano, esortava alla resistenza passiva contro il regime fascista reo delle lunghe soffe renze patite.7 L’ora delle decisioni improcrastinabili era giunta e la Sicilia, definita «martoriata, insanguinata e mutilata», avrebbe m o strato il suo indomabile spirito, stanca e sdegnata dell’inutile carnefi cina a cui era costretta. Palermo era ritenuta la capitale delle rivolu zioni e dopo venti anni di angherie e soprusi, era dovere morale dei siciliani opporsi al fascismo e permettere agli angloamericani di ab battere il regime.8 Il sedicente Comitato d’azione provvisorio enunciava alcuni prin cipi fondamentali che sarebbero stati spesso ribaditi nei futuri procla mi: l’antifascismo, la Sicilia come antica maestra di civiltà e culla di rivoluzioni, la resistenza passiva, il diritto all’autodeterminazione, la comunanza degli interessi con l’Inghilterra, e in generale con gli A l leati, e la necessità di un plebiscito che ne stabilisse il destino. I fatti e i documenti relativi all’occupazione militare della Sicilia portano ad escludere che nella strategia alleata fosse stata mai presa in considerazione la reale separazione dell’isola dall’Italia: probabil mente gli anglo-americani si servirono in modo strumentale dei se paratisti per allargare ulteriormente il consenso in seno all’opinione pubblica siciliana. Il messaggio di Eisenhower del luglio ’43, infatti, non era indirizzato soltanto ai siciliani, ma «al Popolo Italiano».9 Il 16
I. LA SICI LIA T R A G UE R RA E SEPARATI SMO
generale annunciava l’inizio delle operazioni militari rivolte contro il regime fascista, responsabile della guerra e non contro il popolo ita liano. L’obiettivo proclamato, dunque, era la libertà dell’intera peni sola.10Lo scrupolo terminologico non era casuale e anche il colonnel lo Poletti, capo degli Affari Civili della v i i armata americana, nell’or dine ufficiale n. 17 si rivolgeva al «popolo italiano di Sicilia».11 2. N uovo
ORDINE, NUOVA SIC ILIA
Durante l’operazione Husky - le cui azioni militari durarono tren totto giorni, dalla notte tra il 9 e il 10 luglio, alla mattina del 17 agosto, quando le ultime unità tedesche evacuarono l’isola - il Comitato Provvisorio assunse il nome ufficiale di Comitato per l'Indipendenza Si ciliana e i proclami e gli appelli alla popolazione locale si moltiplicaro no, marcando e legando insieme l’imminente fine del fascismo e la definitiva decadenza dello Stato unitario.12 Le speranze del «risorgi mento nazionale siciliano», cosi come era definito, erano pertanto legate al processo disgregativo italiano. In uno dei manifesti palermi tani, il comitato affermava che l’unità d’Italia era spezzata e la Sicilia si sarebbe organizzata e governata separatamente, da sé. Il nuovo sta to libero e indipendente, a regime repubblicano, sarebbe sorto in virtù dell’indefettibile volontà del popolo siciliano.13 I promotori dell’iniziativa erano Fausto Montesanti e l’on. Andrea Finocchiaro Aprile, deputato per tre legislature ed ex sottosegretario alla Guerra e alle Finanze dei governi Nitri e Nitri 11. Era inoltre un avvocato rinomato con uno studio a Roma, ed era vicino agli ambien ti intellettuali italiani e stranieri. Contemporaneamente, personaggi come Lucio Tasca e Antonio Canepa - l’uno aristocratico e noto pro prietario terriero, fra i più affermati rappresentanti dell’alta società palermitana; l’altro docente di Storia delle Dottrine Politiche nella Regia Università di Catania, vicino agli ambienti massonici e agente segreto dell’Intelligence Service britannico - scrivevano e facevano cir colare opuscoli clandestini di stampo separatista: La Sicilia ai Siciliani e PElogio del Latifondo siciliano. I due testi avrebbero avuto un’influenza decisiva nella formazione della cultura e della ideologia separatiste. Canepa, che scriveva con lo pseudonimo e nome di battaglia di M a 17
SI CI LI A C O N T E S A
rio Turri, sosteneva che la Sicilia era stata creata da D io appositamen te separata dal continente e circondata dal mare. Religione e geogra fia si intrecciavano inestricabilmente e tutti avrebbero dovuto tenere conto di questo binomio. Ma purtroppo - proseguiva il professore nessuno mai aveva preso in considerazione questa separazione “divi na”. N on erano mai stati i siciliani ad attraversare lo stretto e invadere la Penisola, ma era sempre avvenuto il contrario. In tal modo la Sicilia aveva più volte perso la libertà e l’indipendenza ed era stata ridotta alla miseria. N el 1860 l’isola era dominata dai Borbone ma anelava alla piena indipendenza: l’arrivo dei garibaldini e la proclamazione del Regno d’Italia erano stati semplicemente il pretesto per un’annes sione e un’ulteriore violazione dei diritti del popolo. Il 10 agosto 1860 Bixio, inviato da Garibaldi, aveva represso nel sangue la rivolta di Bronte, prima scintilla dell’autentica rivoluzione siciliana in procinto di scoppiare. Appena due anni dopo, il primo stato d’assedio del neo nato regno italiano era stato proclamato proprio in Sicilia e nel 1863 il generale Govone era intervenuto con i propri uomini a scongiurare i paventati disordini. Tra il 16 e il 22 settembre 1866 la rivolta era divam pata a Palermo in tutta la sua violenza. Il generale Raffaele Cadorna, inviato in qualità di Regio Commissario alla testa di due divisioni di fanteria, un reggimento di cavalleria e una brigata di artiglieria, aveva processato sommariamente e fucilato migliaia di cittadini. N egli anni Novanta la situazione era continuata a peggiorare e le eccezionali misure di polizia avevano portato ai “fasci siciliani dei lavoratori” con tro cui il governo Giolitti aveva scatenato una moltitudine di soldati, il cui invio non aveva certamente contribuito a mitigare la tensione. A questo punto - proseguiva Canepa - il re aveva deciso di assegnare a Crispi, siciliano definito «Caino», l’incarico di reprimere i disordini. Durante la Grande Guerra, la Sicilia aveva pagato un alto contribu to di sangue inviando al fronte molti giovani, strappati dalle proprie case e obbligati a morire per uno Stato che non riconoscevano come proprio. N el periodo interbellico, il regime fascista aveva stretto la morsa annichilendo le esili libertà residue. Sia il popolo italiano che quello siciliano erano stati calpestati e impossibilitati a opporsi, lì pam phlet concludeva con l’affermazione che la Sicilia non avrebbe avuto bisogno di nessuno perché sarebbe bastata a sé stessa.14 Si incitava il 18
I. LA SICI LIA T R A G UE R RA E SEPARATI SMO
popolo alla rivoluzione approfittando dell’imminente crollo del regi me fascista e del caos generato dall’invasione alleata. La Sicilia, sepa rata per progetto divino, lo doveva essere anche politicamente. Il 29 luglio Finocchiaro Aprile, a capo del separatismo, inviò un appello al generale britannico Harold Alexander, comandante dell’Allied Military Government o f Occupied Territory (A M G O T ), in cui sottolineava i punti essenziali delle rivendicazioni tra cui innanzitut to l’immediata liberazione di tutti i prigionieri siciliani e, dal punto di vista politico, il rifiuto dell’autonomia - definita «vecchio e obsoleto tranello» per mantenere la Sicilia legata allo Stato italiano - il ricono scimento del diritto storico dell’isola all’indipendenza e la necessità del plebiscito in virtù del principio dell’autodeterminazione dei po poli.15 L’assetto politico perseguito dunque era quello di una repub blica indipendente con base democratica e struttura bicamerale. Si proponeva l’immediata creazione di un governo provvisorio che en tro due mesi avrebbe chiamato il popolo a votare la nuova forma di governo, a eleggere i membri dell’assemblea nazionale costituente e a scegliere il primo presidente della Repubblica che, a sua volta, avrebbe nominato i membri del primo governo.16 Il leader del m ovi mento (il separatismo sarebbe diventato ufficialmente “M ovim ento” nel febbraio del 1944) cercava di combinare l’assetto parlamentare britannico con quello presidenziale statunitense puntualizzando la volontà politica di consegnare il nuovo Stato al «sistema delle allean ze inglesi e americane».17 Il 23 luglio, il giorno dopo l’ingresso delle truppe alleate a Palermo, si riunirono l’ufficiale addetto agli Affari Civili del Governo Militare Alleato per il territorio occupato dalla Settima armata americana, Charles Poletti, e la delegazione del Comitato per l’indipendenza, presieduta da Finocchiaro Aprile. Si trattava di presentare la richiesta formale al generale Alexander, governatore della Sicilia, di informare i governi alleati che il popolo siciliano aspirava all’indipendenza e che a tal fine sarebbe stato necessario che gli indipendentisti costituissero un governo provvisorio. N el memoriale consegnato al colonnello Poletti era puntualizzato il concetto secondo cui la Sicilia non era stata complice, ma vittima del fascismo. Il leader separatista denuncia va il disprezzo di Mussolini per l’isola, e tra i numerosi prow edim en19
SICI LIA C O N T E S A
ti del regime enumerava il trasferimento coatto di tutti i funzionari pubblici siciliani in continente. Tutto il popolo bramava l’agognata indipendenza ormai da troppo tempo negata. Lo sfruttamento italia no sarebbe continuato anche dopo la caduta del regime; pertanto si richiedeva con forza che gli Alleati realizzassero le aspirazioni popo lari: «Il nostro programma è ora: la Sicilia ai siciliani».18 La convoca zione dei rappresentanti siciliani a una futura Conferenza di Pace era considerata più che certa, alla stregua di quanto era accaduto a Ver sailles con i leader cecoslovacchi e jugoslavi. Il programma prevedeva la formazione di un governo provvisorio, rappresentante di tutte le province siciliane, che avrebbe provveduto al funzionamento delle pubbliche amministrazioni al fine di non in terrompere la vita politico-sociale del Paese. Entro due mesi dalla costituzione del governo provvisorio, sarebbe stato chiesto al popolo, in virtù del principio dell’autodecisione, di pronunciarsi tramite ple biscito sulla forma del governo e di eleggere direttamente il capo dello Stato. Convinzione del Comitato era che il popolo avrebbe ar dentemente desiderato un governo a base repubblicana costituziona le. Il plebiscito, dunque, veniva considerato un doveroso atto di omaggio alla sovranità popolare soprattutto dopo il regno di un re definito “fedifrago” e complice del regime fascista. Successivamente, secondo circoscrizioni prestabilite, il popolo avrebbe eletto i membri dell’assemblea nazionale. Sia uomini che donne maggiorenni avreb bero avuto il diritto di voto nel comune di nascita e/o residenza. L’assemblea avrebbe deciso se optare per il sistema bicamerale, con un senato totalmente o parzialmente elettivo, riservato a coloro che nella politica, nelle pubbliche amministrazioni, nelle forze armate, nelle scienze o nelle arti si fossero distinti. A seguito di questi primi passaggi, il presidente della repubblica avrebbe nominato il governo e quest’ultimo avrebbe proposto all’assemblea nazionale, con funzio ne di costituente, uno schema di carta costituzionale che, dopo ampio dibattito ed eventuali correzioni, sarebbe diventata legge fondamen tale dello Stato. Il comitato garantiva la rimozione di tutti i vincoli che avevano paralizzato l’attività commerciale e industriale del Paese. Sarebbero state tutelate le più ampie libertà sul terreno civile e poli tico come quelle di stampa, di parola, di associazione, di riunione, 20
I. LA SI CI LI A T R A G UE R RA E SEPARATI SMO
sarebbe stata introdotta la libertà religiosa e abolite le leggi razziali. Per quanto riguarda il ceto contadino, vasta parte del popolo di Sicilia, sarebbe stato tutelato con leggi ad hoc relative anche alla trasformazio ne del latifondo. I porti e i campi d’aviazione sarebbero stati adegua tamente potenziati e attrezzati, mentre la navigazione mercantile e l’aeronautica civile avrebbero avuto il più ampio sviluppo, conforme mente alle moderne necessità dell’economia e dei traffici. Il processo di potenziamento avrebbe riguardato anche il settore ferroviario. In politica estera, tra i principali provvedimenti l’immediata richiesta del pagamento dei danni di guerra a Italia e Germania e un concor dato con la Santa Sede in virtù della secolare tradizione cattolica della Sicilia.
3. L’ a m
b ig u it à a l le a t a
Poletti consegnò il memoriale al generale Alexander e comunicò a Finocchiaro Aprile che le autorità alleate avrebbero fatto del loro meglio per rifornire Palermo di farina, e che accettavano il rilascio dei militari siciliani. In chiusura, il colonnello tuttavia precisava che fin dal primo giorno dell’occupazione di Palermo, il Governo Militare Alleato non appoggiava alcuna attività politica.19 Gli Alleati non sconfessavano l’operato dei separatisti, ma non autorizzavano il ricor so alla violenza, né avrebbero appoggiato alcuna iniziativa di caratte re politico. Finocchiaro Aprile richiese pertanto un altro appunta mento, questa volta con lord Rennell, capo di stato maggiore del Governo Militare Alleato in Sicilia. Il padre dell’ufficiale britannico era stato ambasciatore a Roma tra il 1908 e il 1919 e in quel periodo aveva stretto amicizia con il padre di Andrea Finocchiaro Aprile, C a millo, ex garibaldino, deputato e per quattro volte vicepresidente del la Camera. Lord Rennell, pur simpatizzando con la causa separatista, invitò a ritirare il volantino diffuso a Palermo, in cui si annunciava la nascita del Comitato per l’Indipendenza Siciliana. In cambio di compiacenti longanimità e di complici tolleranze alleate, il nascente movimento avrebbe dovuto abbandonare la militanza attiva e aggressiva. Il Comitato agiva in un momento di grande crisi politica, econo 21
SI CI LI A C O N T E S A
mica, sociale e militare, appropriandosi delle aspirazioni popolari di libertà e dell’antifascismo come elementi fondanti della propria azio ne. La Sicilia era una terra devastata dal conflitto e ridotta alla miseria: 112.000 abitazioni distrutte, 100 ponti abbattuti, 2300 km. di strade intransitabili, 20 km. di banchine portuali inservibili. Le campagne ormai improduttive a causa della mancanza di concimazione e irriga zione, i commerci bloccati per scarsità di arterie transitabili, per la carenza di ricambi e per la requisizione dei m ezzi di trasporto da parte delle forze alleate. La pesca era proibita e la produzione indu striale, già m olto scarsa nel periodo prebellico, si era arrestata a causa dei pesanti bombardamenti.20 Gran parte della popolazione si era trasferita in campagna per sfuggire ai bombardamenti e il mercato nero divenne una delle principali attività. La razione di pane giorna liera risultava ridotta e nell’inverno del 1944 sarebbe stata anche infe riore a quella precedente l’occupazione. L’introduzione delle amlire accrebbe l’inflazione, contribuendo al peggioramento della precaria situazione, aggravata ulteriormente dal notevole numero di detenuti scarcerati o evasi dalle prigioni. Il tasso di delinquenza era in costante aumento e le azioni violente erano agevolate dalla facile possibilità di reperimento di armi sui campi di battaglia. In questo contesto di notevole drammaticità e confusione, caratte rizzato dalla vacanza dello Stato e anche dall’assenza dei partiti poli tici, ancora non riorganizzati, il separatismo si poneva come unico movimento di rinascita e di riscatto, accettando le istanze di ogni ca tegoria sociale e divenendo il punto convergente delle richieste del notabilato locale, dell’aristocrazia, della borghesia urbana, dei ceti popolari e della mafia, in una fase di momentanea e fatua fusione sociale. Esemplificativo, a tal proposito, è il rapporto del comandante della Compagnia Esterna di Cosenza della Legione Territoriale dei Cara binieri Reali (CC.RR .) di Catanzaro, D om enico Maneri, relativo alla situazione politica ed economica della Sicilia in regime di occupazio ne e datata 29 ottobre 1943. N el documento si parla della profonda crisi - determinata prima dài bombardamenti nemici e poi dai natu rali sconvolgimenti derivanti dalla fulminea avanzata delle truppe anglo-americane - che continuava in Sicilia senza quasi nessun ac 22
I. LA SI CILI A T R A G UE R RA E SEPARATI SMO
cenno di ripresa, sia per quanto riguarda la vita pubblica che quella privata. Le autorità di occupazione avevano curato soltanto il ripristino delle attività che potessero essere importanti per le proprie necessità belliche, come lo sminamento delle direttrici di marcia e l’approvvi gionamento dei propri accampamenti. Il comandante riferiva che le strade ferrate non erano ancora state riparate, i servizi di autocorriera erano in pessimo stato e i servizi postali e bancari ancora sospesi. La popolazione pertanto era bloccata nei paesi, priva della possibilità di spostarsi per necessità commerciali o altro. L’unico modo per m uo versi era quello di sborsare ingenti somme di denaro per il noleggio di qualche macchina munita di permesso di circolazione. La popola zione, che nel periodo immediatamente precedente all’occupazione era stata illusa di trovare nelle forze d’occupazione addirittura una assistenza affettuosa per tutti i propri bisogni, era ormai fortemente delusa e iniziavano a manifestarsi i primi malcontenti dovuti al gra vissimo stato di abbandono. Ruberie di ogni genere, atti di sciacallaggio, mercato nero pullula vano insieme alla sfiducia nei confronti del Regio Esercito e della patria. Le correnti massoniche, comuniste e separatiste - prosegue il rapporto - approfittavano della disorganizzazione e del caos, trovan do terreno fertile per la propria attività propagandista. Finocchiaro Aprile veniva definito un arrivista con un largo seguito di falsari e mestatori della peggior specie, in grado di corrompere le anime sem plici, del contadino e dell’operaio, convincendole con il seguente ar gomento: la Sicilia, ottenendo l’indipendenza, si sarebbe sottratta allo sfacelo della rivoluzione che avrebbe senza dubbio sconvolto l’Italia peninsulare nell’immediato dopoguerra. Altro motivo addotto per suffragare questa tesi era il secolare sfruttamento da parte della ma drepatria che aveva amministrato e gestito l’isola non come una sua parte integrante, ma alla stregua di una colonia da cui ottenere il mas simo rendimento. Si affermava inoltre che l’intellighenzia era forte mente presa dalla corrente separatista. Si trattava in gran parte di ele menti che non erano riusciti a emergere nello scacchiere politico italiano e che avrebbero cercato maggior fortuna nel più circoscritto panorama politico della Sicilia indipendente.
23
SI CI LI A C O N T E S A
Il comandante proseguiva con una analisi personale constatando che, dopo vari colloqui con militari siciliani, era giunto alla conclusio ne che nell’isola l’amor di patria e l’attaccamento alla nazione italiana erano dei sentimenti del tutto assenti. A l proposito del mercato delle armi affermava che le autorità anglo-americane avevano proceduto al disarmo della popolazione ritirando le armi da caccia e quelle per difesa personale, ma mancava un rigoroso rastrellamento delle armi e delle munizioni abbandonate sui campi di battaglia e la popolazio ne era riuscita a impadronirsene indisturbata. Sul momento ciò non destava preoccupazioni, ma in un futuro rivoluzionario, i separatisti avrebbero potuto sfruttare le masse già armate e sul piede di guerra.21 Era possibile rimediare armi di ogni genere: leggere, pesanti, auto matiche, bombe a mano e munizioni di qualsiasi tipo. In uno dei tanti rapporti sui conflitti a fuoco tra malviventi e forze dell’ordine, si rilevava come i fuorilegge avessero impiegato addirittura un cannone e ci si chiedeva come fosse possibile che un’arma del genere fosse stata celata ai controlli della polizia. I migliori nascondigli erano le case di campagna dove le armi - abbandonate dai tedeschi durante la ritirata - venivano sotterrate oppure occultate in cumuli di sacchi e abiti smessi. In campagna non era diffìcile assistere a conversazioni fra brava gente nel corso delle quali un bambino veniva cacciato via a pedate come sciocco e impertinente per aver cominciato un discorso con le parole: «Il cannone nostro, papà».22 Nella perquisizione del covo della “famiglia” Dottore, sarebbe stato rinvenuto un arsenale notevole: sei mortai, cinque mitragliatrici pesanti, tre pistole mitra gliatrici, diverse pistole automatiche e moschetti militari con relative munizioni.23 Per quanto riguarda la situazione economico-alimentare, il quadro del comandante Maneri era preoccupante: accusava gli anglo-ameri cani di non essersi curati dell’approvvigionamento dell’isola. Soltanto nelle prime settimane autunnali erano arrivati alcuni piroscafi carichi di farina bianca ma non di grano. La razione di pane, venuta meno per periodi più o meno lunghi nel mese precedente, si era attestata con regolarità sui 100 grammi, mentre pasta e zucchero erano del tutto mancanti. Era possibile rimediare sporadicamente qualche grammo di legumi, per un massimo di 300 grammi a persona, a un 24
I. LA SICILIA T R A G UE R RA E SEPARATI SMO
prezzo variabile, dalle 15 alle 25 lire. La popolazione, per sopperire alle urgenti necessità, era costretta a ricorrere al mercato nero pratica to su vasta scala in tutti i centri e per tutti i generi con i seguenti prez zi iperbolici: pane dalle 40 alle 70 lire al kg.; grano 800 lire al tumolo (16 kg.); zucchero 120 lire; legumi vari dalle 40 alle 50 lire al kg.; siga rette dalle 60 alle 80 lire il pacchetto da 20; pasta e riso erano assenti anche sul mercato nero che rimediava all’assenza di farmaci più co muni e di tessuti di ogni genere a «prezzi superiori ad ogni immagi nazione». Le autorità anglo-americane - accusava il rapporto - nono stante fossero state sollecitate da diverse commissioni composte dai principali impresari agricoli, non si erano volute occupare della pro duzione e dello smercio degli agrumi.24 Oltre ai fattori “interni” erano di grande importanza i fattori “esterni”, o meglio gli “attori esterni”. L’atteggiamento delle forze anglo-americane, non sempre chiaro e definito, può essere sintetica mente schematizzato in quattro momenti: in una prima fase, prece dente lo sbarco in Sicilia, gli Alleati appoggiarono il movimento sepa ratista per ottenere consenso e avere agevolazioni nel controllo dell’i sola.25 In un secondo momento il sostegno aumentò ulteriormente perche si utilizzò il separatismo in maniera strumentale, come ele mento destabilizzatore dell’ordine fascista. D opo la caduta del regi me, tra il 25 luglio e l’8 settembre, il separatismo fu appoggiato e uti lizzato come minaccia e forza destabilizzatrice del Regno del Sud al fine di affrettare l’armistizio da parte del governo Badoglio. D opo la resa italiana, l’appoggio alleato nei confronti del separatismo iniziò a scemare in quanto diveniva essenziale compattare e garantire l’unità dell’Italia monarchica contrapposta alla Repubblica Sociale Italiana. I programmi separatisti erano inizialmente vaghi. I dattiloscritti privati di Finocchiaro Aprile, indirizzati agli Alleati, presentano can cellature che non sono soltanto di carattere grammaticale, ma soprat tutto sostanziale: da «Repubblica libera e indipendente» a «Repub blica libera e autonoma».26 La mancanza di un piano ben chiaro for niva a Finocchiaro Aprile la possibilità di plasmare le istanze di volta in volta, in base al proprio interlocutore.27 II 20 settembre 1943, in una lettera a Churchill, il leader separatista ribadiva l’improcrastinabile indipendenza che avrebbe permesso alla 25
SI CILIA C O N T E S A
Sicilia di organizzarsi contro il comunismo dilagante. N on era esclu sa una possibile confederazione con gli altri Stati italici, mentre era scartata a priori l’ipotesi neoguelfa di una federazione italiana guidata dal papa. La Repubblica Siciliana, in virtù della secolare amicizia con la Gran Bretagna, avrebbe gravitato esclusivamente nell’orbita delle alleanze anglosassoni. Le truppe britanniche potevano testimoniare sia l’attaccamento del popolo siciliano a Londra, sia la fervida aspira zione ad una separazione dall’Italia. Finocchiaro Aprile concludeva l’epistola ribadendo di confidare nella magnanimità di Churchill, fu turo arbitro dell’assetto geopolitico europeo post-bellico e garantiva la propria disponibilità a presentarsi a Londra per eventuali chiari menti.28 N elle lettere alle autorità anglo-americane si può notare co me fossero vigorosamente precisate alcune caratteristiche costanti: antifascismo; autodeterminazione dei popoli; carattere antisovietico e anticomunista della futura repubblica; antica amicizia anglo-sicilia na e simpatia nei confronti delle truppe alleate. D ’altronde, si ram mentava, durante il periodo napoleonico i britannici avevano trovato rifugio proprio in Trinacria. N ei sette mesi di occupazione militare dell’isola, non mancarono tuttavia divergenze con le truppe d’occupazione. Nella nomina dei responsabili degli enti territoriali e dei prefetti furono scartati i sepa ratisti, il simpatizzante generale Rennell fu trasferito in continente e al suo posto, al vertice dell’A M G O T , fu nominato il colonnello Poletti.29 La Sicilia non era più il fronte principale e venne declassata a “Región i”. Rispetto a Rennell, Poletti non aveva a cuore la situazione isolana; la presa di distanza tuttavia non è imputabile soltanto a diver se convinzioni soggettive, ma a una mutata contingenza oggettiva: durante il comando di Rennell, il separatismo era di grande impor tanza per consolidare il consenso delle masse popolari, adesso che il regime era caduto e Badoglio aveva firmato l’armistizio, gli Alleati potevano riprendere le distanze dal separatismo. Finocchiaro Aprile protestò e il 4 dicembre 1943, nella lettera al segretario di Stato ame ricano, Cordell Hull, scrisse che i separatisti si erano rivolti agli Stati Uniti convinti che il loro grido d’aiuto potesse essere preso in consi derazione dalla potenza che nel 1919 aveva propugnato il diritto all’autodeterminazione. I due popoli erano legati da rapporti datati di 26
I. LA SI CI LI A T R A G UE R RA E SEPARATI SMO
simpatia e stima reciproca e nulla aveva dato il sentore di un netto rifiuto delle istanze siciliane. L’atteggiamento dei comandi americani era stato tanto scortese e ostile da giungere a minacciare i separatisti di arresto anche in occasione di manifestazioni circoscritte. Finocchiaro Aprile ricordava inoltre l’aiuto e le agevolazioni forniti alle truppe alleate in occasione dello sbarco e della campagna di Sicilia. Il leader si mostrava deluso e sfiduciato e minacciava la pericolosa com promissione dei futuri rapporti siculo-americani. G li Stati Uniti avrebbero dovuto riparare quello che era definito un “grave misfatto” per riacquistare fiducia e stima in seno al comitato indipendentista siciliano. Se l’isola fosse stata assegnata al governo Badoglio, sarebbe ro scoppiati gravi disordini e immani sciagure e lutti avrebbero fune stato il futuro della Sicilia. In tal modo, la popolazione sfiduciata si sarebbe gettata nelle braccia del comuniSmo accettando le sue avances. La lettera di Finocchiaro Aprile era di chiaro stampo polem ico e con toni ibridi tra la minaccia e l’auspicio di una positiva soluzione. A detta dei separatisti, i disordini non sarebbero stati ordinati dal comi tato centrale, ma sarebbero scoppiati autonomamente. Si trattava ov viamente di un escamotage teso a destare preoccupazioni e ansie in seno all’indifferente amministrazione alleata.30 Il 22 dicembre 1943 il leader del M IS, ignorato dai vertici alleati, decise di rivolgersi direttamente a Giorgio VI, re d’Inghilterra e im peratore delle Indie, a cui chiedeva di non lasciar cadere il grido di speranza siciliano e concedere l’indipendenza all’isola, prendendo in seria considerazione l’ipotesi di annettere al nuovo Stato i territori dell’Africa settentrionale in virtù della vicinanza geografica, della presenza di una florida colonia siciliana e delle affinità etniche. L’in dipendenza non avrebbe escluso, comunque, un protettorato britan nico sull’isola da estendere a tutta l’area mediterranea.31 La lettera non ebbe risposta e appena iniziò a serpeggiare la paven tata ipotesi di una riconsegna della Sicilia al governo italiano, i rap porti tra l’A M G O T e i vertici indipendentisti si incrinarono. Finoc chiaro Aprile contravvenne alle disposizioni di Rennell e riprese con vigore la propaganda separatista per ampliare il consenso, ottenendo l’agognata legittimazione popolare, e il 9 dicembre 1943 convocò i capi separatisti e i rappresentanti delle province in una seduta plena 27
SI CILI A C O N T E S A
ria in cui si deliberò di chiedere ufficialmente al governo alleato di evitare quella che era definita una “sciagura”, ossia la riconsegna dell’isola agli italiani; offrire la massima disponibilità per il raggiungi mento di obiettivi comuni; cooperare per la celere ricostruzione del la Sicilia tramite l’istituzione di una commissione consultiva com po sta di uomini politici di ogni tendenza o partito e di provata capacità tecnica.32 La delibera era stata firmata da: Andrea Finocchiaro Aprile e Fran cesco Termini, per la provincia di Palermo; Santi Rindone e Luigi La Rosa, per la provincia di Catania; Giuseppe Faranda e Girolamo Stancanelli, per la provincia di Messina; D om enico Cigna, Giovanni G ua rino Am elia e Antonio Pariapiano Velia, per la provincia di A grigen to; Edoardo D i Giovanni, per la provincia di Siracusa; Mariano Costa, per la provincia di Trapani. D i fatto, esistevano tutti i presupposti per procedere all’arresto dei capi del movimento in quanto vi era stata un’intenzionale violazione degli ordini. In una lettera datata 28 dicembre 1943 e indirizzata ad Anthony Eden, ministro degli esteri inglese, Finocchiaro Aprile scriveva della diffusione di rumors che volevano la Gran Bretagna compiacente verso i ventilati progetti americani di riconsegna della Sicilia al governo ita liano. I separatisti confidavano in Londra ed erano fiduciosi nel buon senso che caratterizzava i britannici e che li differenziava dagli statuni tensi. Anche in questo caso si paventava lo scoppio di disordini e scon volgimenti che solo la magnanimità britannica avrebbe sventato.33
4.
R
i t o r n o a l l ’I t a l i a
Nonostante lo sforzo, l’A M G O T incaricò Badoglio di inviare a Palermo il sottosegretario agli interni, Reale, con pieni poteri. Poletti, a sua volta, convocò d’urgenza il consiglio dei prefetti, cui sottopose le intese stabilite con il rappresentante del governo italiano. La rispo sta dei rappresentanti delle nove province fu di piena adesione al ri torno immediato della Sicilia all’Italia, ma fu avanzata l’esplicita ri chiesta della piena autonomia amministrativa. Su questo punto, fra Poletti e Reale, si era convenuta la formula della immediata istituzio ne della carica di Alto Commissario per la Sicilia, da affidare a Fran 28
I. LA SI CI LI A T R A G U E R R A E SEPARATI SMO
cesco Musotto che godeva della piena fiducia delle autorità alleate. Raggiunto l’accordo, Reale fece rientro a Brindisi e qui, ricevuta l’ap provazione di Badoglio, consegnò al generale Joyce, della Com m is sione Alleata di controllo, copia del documento approvato dai prefet ti siciliani. N e segui un’accelerazione dei lavori preparatori al passag gio della Sicilia all’Italia.34 I separatisti reagirono emotivamente d’impeto affidandosi a una violenta propaganda e a gesti plateali. Il 16 gennaio e il 13 febbraio 1944, rispettivamente alla vigilia e subito dopo l’avvenuto passaggio all’Italia, Finocchiaro Aprile tenne due polemici discorsi a Palermo. N el primo accusò Poletti di aver raggirato il popolo siciliano. L’A M G O T non aveva risolto i problemi della Sicilia ed era responsa bile del disordine e del caos. N ell’arringa si richiamò la Psicologia del matrimonio di Balzac in si cui racconta che uno scimpanzé, avendo inteso uno tzigano suonare col violino una deliziosa melodia, fu pre so dal desiderio di imitarlo e gli strappò di mano lo strumento. Da esso, però non riuscì che a cavare sibili, stridori e raschi, tanto che, indignato, lanciò a terra lo stradivario e lo fracassò.35 Gli americani erano comparati proprio all’animale, data la loro notevole inadegua tezza a comprendere le dinamiche siciliane. Nella seconda invettiva il bersaglio fu Vittorio Emanuele III. Il re, definito “fedifrago”, fu invitato caldamente ad abbandonare in primis l’Italia e a rassegnarsi circa la perdita della Sicilia. N on furono rispar miate aspre accuse a Badoglio, definito «sciocco servo di Mussolini» che adesso avrebbe voluto passare come servitore e salvatore della patria italiana. L’arringatore separatista aggiungeva che ormai i sicilia ni erano stati messi davanti al fatto compiuto: il ritorno della Sicilia all’Italia era stato già deciso, ma che almeno l’Alto Commissario - e veniva indicata la preferenza di Musotto - fosse scelto dai siciliani, tra i siciliani. In caso contrario si minacciava aperta e completa disobbe dienza agli ordini del governo Badoglio, rifiuto dei giovani a presen tarsi all’eventuale mobilitazione e mancato pagamento di tasse e im poste statali.36 G li appelli del comitato separatista non furono accolti e Pii feb braio 1944 veniva ripristinata la sovranità italiana sulla Sicilia. Il pas saggio dei poteri era per il momento formale e sarebbe stato comple 29
SICILIA C O N T E S A
tato soltanto alla fine del conflitto. Solo in duecento comuni su trecentocinquanta ci furono degli avvicendamenti politici, frutto di consultazioni e accordi tra i maggiorenti locali e le autorità ecclesia stiche. N ei casi in cui non era stato possibile raggiungere l’intesa, si era fatto ricorso a rudimentali elezioni improvvisate, prive di con trollo, a cui si poteva prendere parte mostrando la sola carta d’iden tità.37 Per quanto riguarda la personalità da designare in qualità di Alto Commissario, i pareri non furono subito unanimi. Se l’A M G O T era propensa a candidare Francesco Musotto, avvocato antifascista, già prefetto di Palermo, soluzione gradita ai separatisti, il Fronte Unico Siciliano proponeva Pietro Gazzera, già ministro della Guerra duran te il Ventennio, personaggio molto vicino a Badoglio e agli ambienti di corte. Ulteriore alternativa era Giovanni Baviera, rettore dell’U ni versità di Palermo e principale esponente del Fronte Unico Siciliano. Interpellato, ritirò la propria candidatura e su insistenza alleata la scelta ricadde su Musotto. La figura dell’Alto Commissario - che avrebbe assicurato autonomia all’isola - era equiparata a quella di un ministro senza portafoglio: non a caso, era stato proposto vanamente di sostituire il titolo della carica con quello di “Ministro della Sicilia”. Il ruolo del nuovo funzionario sarebbe stato quello di sovrintende re e coordinare l’opera di ricostruzione e rinascita dell’isola in forma antiburocratica, antimacchinosa, celere e appassionata. Il suo operato - coadiuvato da una Giunta consultiva, composta dai rappresentanti delle nove province - sarebbe stato sottoposto al controllo del solo Consiglio dei Ministri. Per quanto riguarda la Giunta - non prevista nei precedenti accordi ma sancita nel decreto del 21 aprile 1944 - sa rebbe stata di nomina governativa previa consultazione dei principa li partiti.38 I membri proposti furono Salvatore Aldisio, Bernardo Mattarella, Salvatore Altomare, Andrea Guarneri, Giuseppe Montalbano, Francesco Taormina, Salvatore Monteforte, Vincenzo Saitta, Enrico La Loggia. In virtù dei principi di sicurezza unitaria, furono esclusi i ferventi separatisti anche perché non appartenenti a un par tito legalmente riconosciuto. Musotto, di forti sentimenti autonomi sti, protestò per non essere stato preventivamente consultato prima della nomina dei membri della costituenda Giunta. Veniva tracciato,
30
I. LA SICILI A T R A G UE R RA E SEPARATI SMO
in tal modo, quello che sarebbe stato il futuro e definitivo assetto politico ossia una larga autonomia che si sarebbe affermata come so luzione più realistica e punto d’unione tra le istanze unitarie e quelle separatiste. N ell’aprile del ’44, oltre all’inizio dell’attività dell’Alto Commissa rio in Sicilia, lo scenario politico italiano iniziava a riorganizzarsi: Pai miro Togliatti, segretario generale del PCI, rese possibile la forma zione di un governo di unità nazionale con la partecipazione, oltre che dei liberali, degli azionisti, dei democratici del lavoro, dei dem o cratici cristiani, dei socialisti e degli stessi comunisti. La “svolta di Sa lerno” nasceva dall’urgente esigenza di trovare un compromesso tra partiti antifascisti, monarchia e badogliani.39 Gli importanti risvolti nazionali ebbero ampie ripercussioni anche in Sicilia perché di fatto i principali partiti, comunista, socialista, azionista e democratico cri stiano, trovavano la loro legittimazione costituzionale e divenivano partiti governativi rappresentanti, in loco, del potere statale centrale, mentre il M ovim ento per l’Indipendenza della Sicilia rimaneva ille gale, privo dell’appoggio degli Alleati e soprattutto dei vantaggi e degli ampi consensi di cui aveva goduto nel periodo di caos e di va canza politico-amministrativa. Le masse proletarie iniziavano ad ac costarsi ai partiti di sinistra, mentre il notabilato locale si proiettava in orbita D C . N el frattempo gli Alleati continuavano a prendere le distanze dal separatismo, tuttavia, a differenza delle autorità italiane, persistevano nella convinzione che il movimento non fosse fuorilegge e quindi non era approvata la sua perseguibilità poliziesca e giudiziaria. L’atti vità propagandistica era considerata legittima, alla stregua degli altri partiti.40 La strategia alleata fu accettata obtorto collo dal M IS, il quale tuttavia avanzava molte riserve: da una parte apprezzava il riconoscimento di uno status differente dalle altre regioni, ma dall’altra contestava il provvedimento perché era facilmente intuibile che il massimo risul tato sarebbe stata l’autonomia e non l’indipendenza. Era evidente, dunque, che non era intenzione degli Alleati frammentare geopoliticamente il già debole Regno del Sud e dare seguito alle richieste del comitato separatista. L’antibadoglismo e l’opposizione alla monar
31
SICILIA C O N T E S A
chia divennero i nuovi argomenti salienti della propaganda del M IS che cercava di convogliare al suo interno anche i repubblicani. Finocchiaro Aprile, per guadagnare l’appoggio cattolico, chiedeva a Pio XII di nominare prelati indigeni nelle diocesi siciliane e benedire e pero rare la causa di una terra fortemente cattolica.41 Infine, in caso di ne cessità, il pontefice avrebbe trovato benevola ospitalità.42La propagan da inoltre legò ulteriormente il separatismo alla sfera religiosa, ergen do la Madonna Odigitria a protettrice e guida spirituale della Sicilia e del M IS. Il principale luogo di culto era il santuario di Acireale e nella tarda primavera del ’44 fu consacrata un’ulteriore chiesa a R o ma, ancora oggi esistente, sita in via del Tritone 82. Furono diffuse immaginette della Madonna “guida del popolo” con annessa pre ghiera nazionale da recitare quotidianamente. N egli stessi giorni a Palermo e Catania veniva intensificata l’azione propagandistica del Gruppo giovanile d'azione, di recente formazione, che contribuiva alla diffusione delle idee separatiste contro «l’azione del neofascista governo di Badoglio, tirannico e usurpatore» presso gli atenei.43 Il mattino del 23 aprile 1944 ebbe luogo nei locali del teatro Bellini di Palermo una delle prime riunioni alla quale parteciparono circa 1500 persone. Prese parola uno dei principali esponenti, Pietro G i gante, esortando i giovani a tenere acceso l’entusiasmo e a impiegare tutte le energie per il raggiungimento dell’indipendenza.44 In un rapporto del SIM , datato 6 aprile 1944 e redatto dal capitano dei carabinieri Pietro Fazio, viene tracciato un quadro chiarificatore dell’organizzazione e dei componenti del MIS. Il movimento - se condo il rapporto - era in costante crescita grazie ai m ezzi economici di cui disponeva e all’appoggio ricevuto dalle autorità. Il gotha era composto dall’on. Finocchiaro Aprile coadiuvato dai fratelli Alessan dro e Lucio Tasca - il primo sindaco di Palermo, l’altro commissario al Consorzio Agrario - dal dott. Rocco Cascio, dall’avvocato Antoni no Varvaro, dal dott. Michelangelo Cipolla, dall’aw . Arrigo e dall’ing. Fausto Montesanto. Il coordinamento della propaganda era affidato all’avvocato Sirio Rossi e a tale Vittorio lemma, definiti «entrambi persone senza scrupoli che sono validamente affiancati e protetti dai noti maffiosi» come Paolo Virzi, Carlo Brandaleone, i fratelli Sacco
32
I. LA SI CILI A T R A G U E R R A E SEPARATI SMO
ne, i fratelli Bontà e altri esponenti della delinquenza cittadina e ru rale delle province di Palermo e Trapani. Anche a Catania - affermava il capitano dei carabinieri - il m ovi mento stava ottenendo preoccupanti adesioni. L’on. La Rosa riusciva a far proseliti in quasi tutte le classi sociali, compresi gli studenti sia universitari che liceali. Il SIM aveva anche intercettato notizie circa la pianificazione di un’insurrezione armata i cui organizzatori sarebbe ro stati i predetti Carlo Brandaleone e Paolo V irzi a Palermo, i fratel li Bontà e Marciano a Villagrazia, nonché Gaetano Orlando a Misilimeri, Giovanni Taverna e tale Tornabene a Corleone e altri sui quali erano in corso indagini segrete. Inoltre, secondo le fonti attendibili dell ’intelligence italiana, si era appena formata una corrente, definita degli “autonomisti”, astuti separatisti che fingevano di essere m ode rati per non destare sospetto. Era guidata dall’avvocato Cartia e dal commendatore Lo Verde (già noti separatisti). Si sarebbero dichiarati unitari riferendosi a una unità soltanto linguistica, etnica, sentimen tale e rivendicavano autonomia regionale legislativa, finanziaria, tri butaria, doganale ed educativa. Lo Verde, proprietario del quotidiano «Sicilia Liberata» era coa diuvato dall’on. Vacirca, cittadino americano, il quale si trovava al servizio degli ufficiali americani.45 N el rapporto veniva indicato an che il nome dell’Alto Commissario Musotto che, pur dichiarando di essere unitario e autonomista senza altra precisazione, aveva mante nuto e nominato nelle cariche alcuni accesi separatisti, destando ma lumori e diffidenze negli ambienti unitari.46 Gli autonomisti erano definiti «separatisti truccati da unitari» e veniva proposta un’opera di epurazione antiseparatista nelle cariche pubbliche, non escludendo anche Musotto. In chiusura, era proposta l’urgente stampa di un nuo vo quotidiano governativo, spiccatamente unitario. N ell’aprile del ’44 la situazione economica della Sicilia era la se guente: circa 100.000 disoccupati dei quali 30.000 agricoltori, 13.000 edili e affini, 8000 zolfatai, 7000 metallurgici e meccanici, 5000 addet ti al commercio, oltre 2000 tra portuali e pescatori. C om e l’anno pre cedente, pane e pasta non erano ancora reperibili, ma in compenso si potevano rimediare attraverso il mercato nero. Deficienza di carbone vegetale, sapone, medicinali, tannino per concia e fertilizzanti. Le
33
SICILI A C O N T E S A
defaillances erano lo scarsissimo rendimento delle ferrovie, la limitata capacità degli autotrasporti, l’insicurezza del traffico durante le ore notturne. Le soluzioni proposte erano il ripristino del servizio ferroviario, sia pure con ritmo inferiore al normale, il potenziamento delle forze di polizia, dotandole di armi automatiche capaci di far fronte con effica cia ai delinquenti che si avvalevano di bombe a mano, fucili, pistole, moschetti automatici, fucili mitragliatori e persino mitragliatrici e il disarmo della popolazione con particolare attenzione nelle perquisi zioni dei casolari di campagna. La pessima situazione economico-alimentare era considerata la principale causa della proliferazione del movimento separatista. Se condo il generale Mariotti, comandante del xn corpo d’armata, una volta migliorata questa situazione, il problema politico si sarebbe svuotato ben presto di gran parte della sua importanza, desiderando la popolazione soprattutto tranquillità, sicurezza, lavoro e alimenta zione sufficiente.47 Secondo un’indagine del comando della vi brigata C C .R R ., il nu mero dei tesserati al M IS era notevole nelle grandi città dell’isola come Palermo, Messina e Catania che contavano in totale circa venticinquemila iscritti mentre di gran lunga inferiore era a Trapani e Ragusa dove si raggiungeva appena il m ezzo migliaio.48 Il numero dei simpatizzanti era approssimativamente di 450.000 persone, con centrate sempre nelle principali province.49 Era incontrovertibile la crescita esponenziale del movimento e nei rapporti delle forze dell’ordine questa tendenza non veniva ritenuta allarmante ma pro seguiva un attento e continuo monitoraggio al fine di riuscirne a pre vedere, per quanto possibile, i futuri risvolti.
34
II LA M E D IA Z IO N E E LO S C O N T R O . L’U L T I M O A N N O D I G U E R R A
1.
L’ o p p o s i z i o n e
a l s e p a r a t is m o
Il 4 giugno venne liberata Roma, due giorni dopo avveniva lo sbar co in Normandia. Il conflitto subiva una decisiva svolta e si chiudeva il travagliato periodo postarmistiziale: il Regno del Sud cessava di esistere, Vittorio Emanuele III prendeva la via dell’esilio e il C L N (Comitato di Liberazione Nazionale) di Roma, facente le funzioni di Comitato centrale nazionale, richiese e ottenne che il nuovo presi dente del consiglio fosse Ivanoe Bonom i. Badoglio usciva di scena. In quelle settimane convulse, nella primavera-estate del 1944, l’Alto Commissario Musotto dovette ricoprire il delicato incarico e svolgere il difficile compito di mediatore tra istanze separatiste e governo, tra il centro e la periferia cercando di destreggiarsi in un precario equilibrio di forze. C om e si è visto nel rapporto del SIM, egli era giudicato un filoseparatista da tenere sotto controllo, ma allo stesso tempo Finocchiaro Aprile riteneva la sua condotta troppo accondiscendente alle richieste del governo Bonom i e lo accusava di scarso zelo e inadeguata attività nella difesa delle istanze siciliane.1 Il 23 luglio 1944, su forte impulso del C L N siciliano - tradizionalmente unitario e avverso al separatismo - Musotto venne sostituito con il gelese Salvatore Aldisio, già prefetto di Caltanissetta e Ministro dell’Interno. Gli Alleati avreb bero optato per Paolo D ’Antoni, già prefetto di Trapani, ma il governo Bonomi, come prevedibile, diede seguito alle richieste del C L N che ottenne tra l’altro il congedo della Commissione Alleata che avrebbe potuto ostacolare l’operato del nuovo Alto Commissario.2 Aldisio era notoriamente impegnato nella difesa dell’unità del Pae se, in una prospettiva politica ampiamente concordata con D e Gasperi e caldeggiata da Luigi Sturzo, mirata a debellare il separatismo e assicurare alle forze politiche antifasciste il governo del nascente Stato democratico. N el novembre del 1943 era stato tra i firmatari del
35
SICI LIA C O N T E S A
manifesto antiseparatista del Fronte Unico Siciliano.3 La sua nomina spiazzò e destò la dura reazione del M IS, nei cui confronti il governo iniziava ad attuare una decisa politica di opposizione. Si apriva una nuova fase caratterizzata dalla vittoria e dalla guida dei partiti facenti capo al Comitato di Liberazione Nazionale. La propaganda separatista attaccò ferocemente Aldisio: Finocchiaro Aprile lo accusò pubblicamente di essere fascista e di mantenere ancora rapporti con Mussolini e a tal proposito il M IS diffuse una lettera - la cui falsità venne presto dimostrata - in cui il presidente de facto della Repubblica Sociale Italiana gli si rivolgeva con parole ami chevoli di stima e lo incitava a proseguire nella ferrea azione svolta nella periferia del perduto impero. Erano riconosciute le benem e renze di Aldisio ed era promessa la concessione dell’onore della tes sera con anzianità 1922 e probabilmente anche la Sciarpa Littorio. Mussolini inoltre lo incitava a resistere per mantenere ancora l’ultima colonia rimasta e lo ringraziava per l’ospitalità dimostrata dalla D C nei confronti dei fedeli fascisti. A l ritorno del duce Aldisio avrebbe ottenuto un ministero con portafoglio.4 Il testo venne diffuso per screditare l’Alto Commissario e alimen tare nelle masse la convinzione di una Sicilia sfruttata e ancora consi derata una mera terra coloniale da tenere legata alla patria per trarne il massimo profitto. N on mancarono gli articoli satirici in cui l’auto nomia era paragonata a una caramella della fabbrica Bonomi & Aldisio: allettante ma velenosa.5 Qualche giorno dopo venne arrestato C o n cetto Battiato, direttore del giornale separatista edito a Catania «La Repubblica di Sicilia. Quaderni del partito Laburista Siciliano». A l giornalista venne imputato il vilipendio delle forze armate per un trafiletto dal titolo La Milizia armata badogliana in cui accusava i solda ti della divisione Sabauda di girovagare per le vie delle città siciliane e importunare le giovani donne e le belle ragazze proprio come i gen darmi angioini nel 1282. Si invitavano i militari a trasferirsi in conti nente per coadiuvare la difficile e sanguinosa avanzata alleata contro le forze nazi-fasciste. Probabilmente, concludeva il giornalista, la Sa bauda era stanziata proprio per fare la guardia alla Sicilia e reprimere ogni legittima manifestazione popolare. Su denuncia del comandante della divisione, Battiato fu tratto in
36
II. LA M E D I A Z I O N E E LO S C O N T R O . L’ULT I MO A N N O DI G UE R RA
arresto, tradotto aEnna e successivamente a Palermo. Durante la bre ve sosta nelle carceri giudiziarie ennesi, esponenti del separatismo inviarono al detenuto parecchi biglietti da mille lire. A Palermo, alcu ne signore separatiste richiedevano che fossero introdotti nel carcere fiori e altri omaggi, ma ciò non fu permesso. Il 20 giugno il detenuto venne messo in libertà provvisoria e il tribunale decise di rimettere gli atti al P.M. perché procedesse nei modi ordinari. Per la difesa si costi tuirono in collegio l’on. Finocchiaro Aprile, l’aw . Varvaro e altri se paratisti.6 L’imputato sarebbe stato assolto con formula piena nel di cembre del 1944 come altri colleghi delle note testate separatiste «Si cilia Indipendente», fondata da Canepa e «Giallo Rosso».
2.
Il
p r im o s a n g u e
Stanti l’azione governativa, l’aumento della tensione e, contestual mente, la grave crisi alimentare, alla fine del 1944 si verificarono gravi e sanguinosi scontri come quello avvenuto il 19 ottobre 1944 a Paler mo, in cui si consumò la prima strage postbellica in Sicilia passata alla storia come «strage del pane». A l già teso sciopero dei dipendenti comunali, si uni la decisa pro testa per il carovita. Il corteo si mosse da piazza Pretoria per via Maqueda in direzione del palazzo Comitini, sede della prefettura, dove si pretendeva che una delegazione fosse ricevuta da Aldisio e dal pre fetto Paolo d’Antoni. Stante l’impossibilità dell’incontro a causa dell’assenza delle autorità, la folla iniziò a scagliare delle pietre contro le finestre del palazzo e cercò di forzare il portone d’ingresso. I cara binieri reali di stanza, circa una trentina, chiesero urgenti rinforzi. Dalla caserma «Ciro Scianna» giunsero cinquanta militari del 1390 reggimento di fanteria della divisione Sabauda guidati dal sottote nente Calogero Lo Sardo. A un certo punto lo scoppio di una bomba a mano scatenò il disordine. I militari aprirono il fuoco tra il parapi glia generale. Centocinquattotto feriti, tra cui undici militari, e ventiquattro vittime tra cui due bambini di nove e dodici anni. I rapporti ufficiali accusano i militanti, in particolar modo separatisti, di aver approfittato della confusione per istigare la folla e di aver lanciato l’ordigno contro i m ezzi militari. G li indipendentisti sostenevano che
37
SICILI A C O N T E S A
la bomba a mano fosse stata sganciata dagli stessi soldati e lanciata, per sbaglio, in prossimità del camion dei commilitoni. Altri accusavano Lo Sardo di aver dato l’ordine di sparare ad altezza d’uomo. In ogni caso il bilancio fu gravissimo e la successiva indagine non avrebbe condotto ad alcun esito tangibile. Aldisio ordinò la perquisi zione delle sedi separatiste, dispose il sequestro dei documenti e del materiale rinvenuti e l’arresto di alcuni militanti. La questione fu por tata al Consiglio dei Ministri ma le misure punitive incontrarono la perplessità di alcuni membri e la ferma opposizione di Togliatti, Guardasigilli, che ribadiva come il separatismo fosse molto più di un’organizzazione politica e che dunque fosse necessario intervenire a monte. Contrapporsi al movimento di Finocchiaro Aprile ed even tualmente annichilirlo, non sarebbe stato sufficiente a risolvere i pro blemi siciliani e a smorzare il dissenso popolare.7 Gli indipendentisti arrestati furono dichiarati non punibili e vennero liberati. Finocchiaro Aprile e il segretario del M IS, Antonino Varvaro, scrissero immediatamente un telegramma indirizzato all’ambascia tore britannico a Roma - da inoltrare con urgenza a Churchill - in cui il Comitato Nazionale per l’Indipendenza dichiarava a nome del po polo siciliano di essere profondamente indignato per la crudele strage compiuta dal governo italiano contro inermi cittadini invocanti pane e lavoro. Le cose più gravi erano sia il tentativo delle autorità locali di addossare la responsabilità proprio ai separatisti, sia la chiusura forza ta delle sedi M IS. Si pretendeva un’inchiesta immediata al fine di evitare pericolose ripercussioni contro il governo definito «reaziona rio» e rappresentato dagli «ipocriti e fascisti servitori» quali l’Alto Commissario e il prefetto di Palermo che sarebbero stati denunciati alle Nazioni Unite.8 Stesso telegramma fu inviato al Console Generale degli Stati U ni ti d’America per l’inoltro al presidente Roosevelt. Entrambe le missi ve furono intercettate dal SIM che, come prassi, ne esaminava il con tenuto, le risigillava e le immetteva nuovamente nel normale iter postale per non destare sospetto. Il giorno dopo, a Taormina, fu convocato d’urgenza il Primo C on gresso Nazionale del M ovim ento d’indipendenza Siciliana. Il summit era segreto, da tenere presso l’hotel Castellammare ma poiché si dif
38
II. LA M E D I A Z I O N E E LO S C O N T R O . L’ULT I MO A N N O DI GUERRA
fuse la notizia di un possibile attentato ai danni di Finocchiaro Aprile, si decise improvvisamente di spostarlo presso i locali dell’ex albergo Belvedere e di anticiparlo di circa due ore. Parteciparono al congresso circa 350 persone - tra cui una trentina di donne, 150 giovani, molti latifondisti e proprietari terrieri - affluite a Taormina nella mattina del 19 ottobre in treno, con m ezzi propri e m ezzi di fortuna. La riu nione fu aperta alle 15,30 del giorno 20 ottobre e si protrasse fino al 22. Tra i principali esponenti l’on. Finocchiaro Aprile, il cav. Lucio Tasca, l’aw . Varvaro, l’on. Bruno di Belmonte, l’on. La Rosa, il sindaco di Mistretta, Salamone, l’aw . Millemaggi, l’aw . Cacopardo, il prof. Restuccia, il prof. Calapso, Edoardo Emilio (Milio) Cangem i e il dott. Milina. Alle spalle del posto riservato alla Presidenza, fra drappi dai colori separatisti, era stata posta la bandiera dello pseudo nuovo Stato di Sicilia, raffigurante al centro la Trinacria. Sopra il vessillo, un pic colo cartello recante la scritta «Qui si fa la Sicilia o si muore». In apertura prese parola Finocchiaro Aprile il quale affermò che la questione dell’indipendenza siciliana diveniva rovente. Aveva cerca to un accordo con Bonom i senza raggiungere alcun risultato. S v e lò che l’Alto Commissariato, con circolare riservata, aveva appena im partito ai prefetti dell’isola istruzioni rigorosissime per la re p r e s s io n e del movimento e concluse affermando la necessità di r a g g iu n g e r e l’indipendenza a prescindere ormai dalla forma di governo. Inveì du ramente contro il governo italiano e i sei p a r t it i in esso r a p p r e s e n ta ti e invitò tutti a giurare che i morti di Palermo sarebbero stati vendica ti. I presenti fecero il saluto indipendentista: sollevarono il braccio destro distendendo le prime tre dita della mano e rimasero per qual che istante alzati in raccoglimento. Riprendendo la parola, il leader del M IS affrontò il discorso della ripartizione delle colonie r ib a d e n d o che la Cirenaica, la Tripolitania e la Tunisia sarebbero state a s s e g n a te di diritto al nuovo Stato di Sicilia in virtù della vicinanza geografica e della massiccia presenza di emigrati siciliani. Successivamente prese parola l ’a w . M illemaggi ritenendo inaccettabile ogni forma di auto nomia amministrativa. N on si registrarono incidenti. Il generale del la vi brigata carabinieri, informato della collusione del sindaco di Mi stretta, avvisò il prefetto di Messina, Luigi Stella, al fine di provvedere alla sua immediata rimozione dalPincarico.9
39
SI CILI A C O N T E S A
Nonostante le misure di controllo e l’accesso al summit riservato soltanto ai membri del M IS tramite esibizione del biglietto d’invito, agenti del SIM erano riusciti a prendere parte al vertice e nelle ore successive consegnarono un rapporto dettagliato al maresciallo M es se, in cui erano specificati gli ordini del giorno del Congresso tra cui la nomina di Finocchiaro Aprile a capo del movimento e la costitu zione di un consiglio di presidenza con sede a Palermo, composto da cinque membri e con a capo l’ex on. Rindone. Fu presentata inoltre la necessità di formare i comitati provinciali, le sezioni e le sottosezio ni in ogni comune e nelle principali frazioni. Dal punto di vista inter nazionale fu elaborato un appello in cui si richiedeva agli Alleati di rioccupare l’isola che in breve tempo sarebbe divenuta una Confede razione Repubblicana Democratica Indipendente previo plebiscito, con diritto al voto per le donne, sotto controllo internazionale. A margine fu proposta e accettata la raccolta di una somma di benefi cenza da devolvere alle famiglie dei caduti di Palermo.10 Il giorno 21, subito dopo l’apertura, i lavori vennero sospesi perché si diffuse voce di imminenti tumulti a Palermo e i separatisti del ca poluogo invocavano la presenza della carismatica figura di Finocchia ro Aprile. Il leader si preparò per la partenza e vennero organizzate delle squadre da inviare a Palermo, ma dopo qualche ora un emissario segnalò il falso allarme e il congresso procedette tra l’eccitazione e le grida degli slogan separatisti. N ei giorni seguenti, il M ovim ento pubblicò clandestinamente di versi manifesti tendenti ad aizzare la popolazione contro le forze ar mate dello Stato, contro Aldisio e il re. La settimana successiva furono arrestati tre giovani universitari intenti a distribuire volantini propa gandistici e venne nuovamente chiusa la sede palermitana del M IS, sita in via Ruggero Settimo, dalle cui finestre venivano lanciate ulte riori locandine.11 Nelle stesse ore Finocchiaro Aprile inviò un altro telegramma di protesta a Bonom i in cui, a nome del Congresso N a zionale per l’indipendenza Siciliana, ribadiva la profonda indignazio ne per la barbara strage compiuta a Palermo e per il vigliacco tentati vo dell’Alto Commissario e del prefetto di rovesciare la colpa dei loro misfatti sui separatisti.12 Il governo nominò una commissione d’in chiesta composta da un ispettore generale del ministero dell’Interno 40
II. LA M E D I A Z I O N E E LO S C O N T R O . L’ULT I MO A N N O DI G UE R RA
e da tre rappresentanti del C L N palermitano. Il giudizio dei vari membri non fu unanime perché parte della commissione avallava quanto dichiarato nei verbali della questura, ossia che la bomba a mano fosse stata lanciata da elementi sovvertitori contro i soldati, mentre l’altra compagine, rigettando Papologia del Regio Esercito, accusava i reparti militari di aver agito deliberatamente con violenza e di essere i soli responsabili del tragico evento. I separatisti furono giudicati estranei ai fatti e la colpa venne addossata a non ben identi ficati infiltrati fascisti che avrebbero avuto il compito di fomentare disordini per la destabilizzazione del Paese.13 Gli eventuali imputati venivano scagionati nella convinzione che si fosse trattato di una scia gurata e fortuita contingenza. N on era dello stesso avviso l’Alto Commissario Aldisio che prendeva in seria considerazione le minac ce dei separatisti relative alla formazione di bande armate con l’obiet tivo di organizzare un’eventuale insurrezione violenta. G li appelli a una nuova guerra contro l’Italia si potevano leggere anche sui muri delle case. N el palermitano gli slogan erano firmati dalla banda G iu liano e invitavano caldamente a impugnare le armi e intraprendere azioni di guerriglia contro lo Stato italiano. Tutti i giovani trovati ancora intenti a lavorare i campi sarebbero stati fucilati sul posto, mentre tutti coloro che fossero stati sorpresi a strappare o deturpare i manifesti, avrebbero avuto in cambio una «bellissima tazza di caf fè».14 Il sarcasmo del messaggio era chiaro proprio come l’invito m i naccioso a lasciare le zappe e imbracciare, volenti o nolenti, le armi. 3. I l
s e p a r a t is m o si r io r g a n iz z a .
La
r ic h ie s t a d i r in f o r z i
N ell’autunno del 1944 aumentò esponenzialmente il numero del le manifestazioni pubbliche. Oltre Palermo e Catania, particolar mente partecipate furono quelle di Licata, Regalbuto e Santa Cateri na Villarmosa. Aldisio inviò al Comando supremo un’allarmante epistola in cui richiedeva l’invio di una divisione al fine di combattere il separatismo che iniziava a solidarizzare - condividendo la forte componente anti-statale - con i malviventi locali, soliti scorrazzare per le campagne anche in masnade di un centinaio di elementi.15 L’Alto Commissario scriveva al capo di Governo che i rapporti rice 41
SI CI LI A C O N T E S A
vuti dal comando della divisione Sabauda erano preoccupanti perché tracciavano a tinte fosche un quadro veramente preoccupante d e c i sola. La Sabauda lamentava scarsità di m ezzi e uomini e l’esiguità dei rinforzi costituiti dall’Arm a e dalla polizia, pertanto si richiedeva al Capo di Stato Maggiore di intercedere presso la Commissione Allea ta di Controllo al fine di ottenere lo spostamento di un’ulteriore divi sione dalla Sardegna alla Sicilia.16 La richiesta di Aldisio venne accolta da Messe che diede il nulla osta per il trasferimento della 226a divisione, ma gli Alleati, che in un pri mo m omento avevano espresso parere favorevole, decisero di revoca re il provvedimento preferendo soprassedere, ignorare i continui te legrammi urgenti e rinviare la questione, non ritenuta di estrema urgenza.17 N el novembre 1944 il SIM informava circa l’esistenza della sezio ne femminile del M IS, creata nel mese di luglio e coordinata dalla signora Varvaro, moglie del noto avvocato, con lo scopo di diffondere i principi separatisti nelle famiglie.18 Altra importante indiscrezione era quella relativa all’emissione di polizze a titolo di prestito a favore del M IS. Il capo onorario della Lega Giovanile Separatista, don G u glielmo Carcaci, date le difficoltà economiche del M ovimento, pro poneva l’istituzione di queste polizze di somme variabili da 1000 lire in su, a titolo di prestito. L’idea venne subito accettata e si stamparono dei blocchetti recanti sull’orlo superiore l’effige della Trinacria. A co loro che avessero sottoscritto, sarebbe stata lasciata apposita ricevuta di credito da riscattare e fare valere nei confronti del futuro governo dello Stato Indipendente di Sicilia. Per incrementare gli introiti, fu inoltre indetta una lotteria domenicale nella quale sarebbero stati sor teggiati oggetti di cancelleria come matite, penne stilografiche e opu scoli.19N egli stessi giorni la testata ufficiale del M IS, «Sicilia Indipen dente», annunciava un importante vertice tenutosi tra Andrea Finocchiaro Aprile e Mario Turri, pseudonimo dietro il quale si celava il prof. Antonio Canepa, e manteneva il più stretto riserbo circa il col loquio protrattosi per due ore. In realtà i due importanti esponenti stavano pianificando la costituzione dell’EVIS - l’Esercito Volontario per l’Indipendenza della Sicilia, al comando di Mario Turri - la cui nascita sarebbe stata ufficializzata tre mesi dopo.20Nella Sicilia orien 42
II. LA M E D I A Z I O N E E LO S C O N T R O . L’ULT I MO A N N O DI G UE R RA
tale, Canepa - professore di Dottrine Politiche dell’Università di C a tania, di ritorno dall’esperienza partigiana in Toscana - con l’appog gio della famiglia dei duchi di Carcaci, Concetto Gallo e Attilio Castrogiovanni pianificava una cospirazione “anarco-sicilianista”.21 La sua instancabile attività presso l’ateneo gli permetteva di ottenere un vasto seguito di giovani militanti che costituiva le prime reclute dell’esercito evista.22 In questi frangenti di grande contrapposizione allo Stato, rappresentato in Sicilia dal vituperato Aldisio, e in assenza della possibilità di affermare i principi indipendentisti tramite le ma novre politiche nazionali o internazionali, iniziò ad affermarsi la pe ricolosa ala eversiva all’interno del M ovimento. U intelligence italiana, al corrente della grave situazione, informava d’urgenza l’Alto Commissario rivelando che in una recente riunione segreta tenutasi a Catania erano appena state prese importanti deci sioni: l’aumento della forza d’azione sino a raggiungere i centomila armati con squadre di cento elementi dotati di armi da guerra recu perate e acquistate dal movimento stesso; il trasferimento dell’ufficio stampa e propaganda da Palermo a Catania, con l’acquisto di una ti pografia (trattative in corso, lavoro affidato al noto Concetto Battiato) e infine l’impianto ad Acireale di un ufficio per le relazioni con la città del Vaticano e a Messina di un ufficio consolare per le relazioni diplomatiche con l’U.R.S.S. In questo caso non si esclude si trattasse di un scelta fittizia mirata, in realtà, a minacciare gli americani. Se gli Alleati avessero abbandonato la causa siciliana, i separatisti avrebbero cercato la tutela sovietica.23 4.
«N
o n s i p a r t e !».
I m oti
in v e r n a l i d e l
’45
La percezione dell’aumento della tensione non era ingiustificata e nemmeno eccessivamente allarmistica: tra la fine del 1944 e l’inizio del 1945 si registrò un’escalation di violenza che culminò nei moti del «non si parte!» originati da una vigorosa ed esagitata risposta popola re alla decisione governativa di richiamare alle armi le classi 1922,1923 e primo quadrimestre 1924.1 moti furono incitati e appoggiati dai fa scisti e dal M IS e i militanti dell’ala eversiva presero parte attiva agli scontri.24
43
SI CI LI A C O N T E S A
I primi disordini si verificarono il 14 dicembre a Catania, quando verso le 11 un corteo capeggiato da elementi separatisti tra cui G u glielmo Carcaci, Salvatore Calloggi, Concetto Gallo e composto da circa cinquecento precettati, prevalentemente provenienti dalla pro vincia, attraversò le vie principali della città raggiungendo la sede del comando del Distretto Militare. La folla di giovani, visibilmente in quieta, agitava al vento dei cartelli recanti la scritta «non si parte». Trovato il portone chiuso, si udirono le prime urla e proteste contro il richiamo alle armi. Il comandante del Distretto, colonnello M ilaz zo, accettò di conferire con una delegazione di giovani per placare gli animi, quando improvvisamente esplose una bomba a mano che ferì una decina di manifestanti e uccise uno studente universitario. La deflagrazione suscitò panico tra la folla che si diresse verso via Etnea pretendendo la chiusura di tutti gli esercizi e i locali pubblici in segno di solidarietà. L’agitazione fu ulteriormente fomentata da separatisti e pregiudicati. In piazza Stesicoro un separatista, Egidio D i Maura, ar ringò la folla con queste parole: «Abbiamo le scatole piene. N on par tiremo. Bisogna assaltare le carceri per liberare i detenuti che a noi si uniranno alla lotta».251 rivoltosi presero di mira l’ufficio leva saccheg giandolo, mentre altri gruppi di dimostranti si impossessavano di una auto-carretta e di un camion che venivano dati alle fiamme. Stessa sorte toccò a una motocicletta montata da un militare del 450fanteria: il soldato venne fermato, malmenato insieme a un ufficiale e privato del m ezzo. Secondo le fonti militari anche dei carabinieri venivano disarmati e percossi dalla folla inferocita che riusciva a penetrare nell’abitazione del colonnello M ilazzo per devastarla. N elle prime ore del pomeriggio, circa le 16, la massa si portò a ri dosso del Palazzo comunale, forzandone il portone d’ingresso con una bomba a mano, saccheggiando i locali, gettando dalle finestre carteggio vario, suppellettili d’ufficio e appiccando le fiamme a tutto il resto. La tappezzeria dei divani e delle poltrone fu asportata; stessa cosa per il cuoio. Arredi e strumenti musicali razziati. Furono rubati l’automobile del sindaco e un camion parcheggiati nel cortile inter no. Le guardie, disarmate, fuggirono. A coordinare l’azione il separa tista Giuseppe La Spina, classe 1910. A lle 17, episodi analoghi si regi strarono al tribunale i cui documenti vennero ammassati e bruciati
44
II. LA ME D I A Z I O N E E LO S C O N T R O . L’ ULT I MO A N N O DI G UE R RA
nella piazza antistante. Altri roghi si verificarono presso gli Uffici dell’Esattoria Com unale e delle Imposte Dirette, la sede della Sezio ne Combattenti e la filiale del Banco di Sicilia. Alle 17,30 un drappello di militari usci dal Distretto e fece ricorso alle armi, disperdendo un gruppo di dimostranti. Le truppe alleate non intervennero. Il bilan cio fu di un morto e 36 feriti di cui 5 agenti di polizia e 3 carabinieri; 27 fermi di persone trovate in possesso di armi. Il coprifuoco era stato imposto alle 18. Per i carabinieri, i disordini erano scaturiti originariamente dall’ira popolare per il richiamo alle armi, ma gli animi erano stati esacerbati ulteriormente da elementi separatisti. Infine, i rapporti contestavano la negligente opera dei vigili del fuoco, accorsi in ritardo, con poche forze e infatti ancora intenti a cercare di domare le fiamme del Palaz zo comunale e del tribunale fino a tarda sera.26 Secondo un rapporto del SIM i separatisti coinvolti erano: Egidio D i Maura, studente; Se bastiano Messina, studente; Pietro Arcidiacono, macellaio; Antonio Gullotta, non conosciuto; Concetto Gallo, avvocato, segretario pro vinciale per l’indipendenza siciliana; Giuseppe Gallo, il fratello, stu dente; M ichele Guzzardi, segretario della lega giovani separatisti, studente. Nella serata del giorno 15 D i Maura fu visto recarsi presso l’abita zione dell’on. Santi Rindone, probabilmente a relazionare sull’anda mento dei tumulti. N elle stesse ore ulteriori marconigrammi, prove nienti da svariate stazioni di Carabinieri dell’isola, riportavano di scritte antimilitariste apparse sui muri in cui si incitavano le classi comprese tra il 1914 e il 1924 a non presentarsi alla chiamata alle armi perché gli americani, proprio come i fascisti negli anni precedenti, avrebbero rovinato le famiglie siciliane.27 A Com iso invece si esorta vano i giovani a disertare la chiamata per non finire uccisi in Giappo ne. Gli altri slogan rinfacciavano al governo i soldati siciliani immola tisi nelle campagne di Etiopia, Spagna, Francia, Grecia, Russia, Jugo slavia, Libia, Tunisia e incitavano a disertare definitivamente in op posizione ai dettami di casa Savoia intenzionata a vendere la supersti te gioventù. Il popolo del vespro, fiero e ribelle ai soprusi, aveva il dovere di insorgere contro arbitrarie imposizioni. Tra le altre scritte: «Cornuti chi si presenta»; «Giovani dal 14 al 24 allerta! N on presen
45
SICI LIA C O N T E S A
tatevi alle armi»; «Quando un popolo dice N o, significa N O!»; «Gio ventù presentatevi nella banda Giuliano. Abbasso l’esercito. C hi la strappa, sarà strappato lui».28 Tra il 13 e il 14 dicembre giungevano notizie di ulteriori disordini come quelli di Jonia, in provincia di Catania, dove in serata i ribelli erano riusciti ad appiccare il fuoco davanti il municipio; a Ribera dove un migliaio di persone aveva protestato tentando di forzare l’uf ficio leva; a Cammarata dove era stata fatta violenta campagna deni gratoria contro il re, il governo e l’esercito 29A Castel Judica giunsero manifestanti dalle frazioni di Fiumara e Cinquegrani che organizza rono un corteo e posti di blocco armati di fucili da caccia e bombe a mano per sbarrare l’ingresso del paese. L’esattoria e l’Ufficio Privinciale Statistico Economico per l’Agricoltura (UPSEA) furono deva stati e solo alle 4,30 un rinforzo di quaranta militari, con tre fucili mitragliatori, riusciva ad avere ragione della folla. A Pedara i carabi nieri furono accolti con cinque bombe a mano e una granata da m or taio 81. A Palma di Montechiaro circa novecento giovani, armati di fucili, armi automatiche e bombe a mano percorsero le vie del paese e, dopo aver bloccato le vie d’accesso al comune, incendiarono la sede del municipio e della pretura impossessandosi di armi, quindi appic carono fuoco all’esattoria comunale, alla filiale del Banco di Sicilia e danneggiarono l’ufficio postale e telegrafico. Fermarono un’autocor riera del servizio pubblico, depredarono i viaggiatori, si impossessa rono di circa trenta quintali di pasta e trenta di uva passita. Il primo rinforzo di militari dell’arma e agenti di polizia non riuscì contenere i dimostranti, mentre un successivo apporto, costituito da quaranta carabinieri e quaranta soldati, sostenne un vivace conflitto a fuoco, protrattosi diverse ore. Solo il giorno successivo, alle 10, le forze dell’ordine riuscivano a penetrare nell’abitato. Il bilancio fu di due morti e due feriti tra la popolazione civile e un ferito fra gli agenti di polizia.30 Il generale Mariotti scriveva con urgenza al Com ando Supremo di inviare prontamente rinforzi per domare la situazione in continuo aggravamento. Proponeva uno dei due battaglioni delle divisioni A o sta e Sabauda distaccati in Calabria, con relativi automezzi per prov vedere ai necessari tempestivi spostamenti.31 N el contempo, le prime 46
II. LA M E D I A Z I O N E E LO S C O N T R O . L’ ULT I MO A N N O DI G UE R RA
indagini sugli scontri concludevano con la convinzione che nelle va rie manifestazioni di protesta, i separatisti avessero svolto un ruolo primario in veste di organizzatori e sobillatori. Il capitano dei carabi nieri D i D io si diceva convinto circa la diramazione di «un program ma d’azione» da parte di Finocchiaro Aprile, mirato alla destabilizza zione della Sicilia in modo da poter mostrare l’inettitudine italiana e richiamare le forze alleate.32 La situazione si aggravò ulteriormente nel mese successivo, quando una violenta ondata insurrezionale sconvolse la Sicilia sud-orientale. 5. U n
l u n g o in v e r n o d i s c o n t r i
U n vivo fermento si era diffuso tra le popolazioni della provincia tra il 24 novembre e il 5 dicembre 1944 e anche in questa area le prime dimostrazioni, inizialmente sotto controllo, erano sfociate in feroci tumulti. N elle giornate del 15,16,17 dicembre, eccessi di violenza si erano manifestati in modo accentuato a Modica, Comiso, Giarratana e Chiaramonte Gulfi dove erano stati gravemente danneggiati uffici pubblici, quali sedi comunali, dazi, uffici del registro ecc. A Scicli, Comiso, Modica erano state lanciate bombe a mano in segno di allar me e di raccolta, mentre a Vittoria erano stati staccati dalle sedi m u nicipali e bruciati pubblicamente i quadri della famiglia reale. A Giar ratana i contadini avevano bloccato le strade d’ingresso al paese per procedere alla distribuzione del grano dell’ammasso ai possessori della carta annonaria. A llo stesso tempo erano stati bloccati i pochi militari dell’Arm a per impedire l’invio di notizie e la richiesta di aiu to. Giunti tuttavia rinforzi da Ragusa, erano state fermate tredici per sone e ristabilita momentaneamente la calma. La folla, inferocita, aveva richiesto la liberazione dei detenuti e le forze armate avevano proposto l’accordo secondo il quale, alla scarcerazione delle tredici persone, il tumulto sarebbe terminato. Alla fine del mese di dicembre la situazione di calma sembrava ri stabilita, ma ulteriori e concomitanti disagi alimentarono nuovamen te il malcontento locale: l’insufficiente e irregolare distribuzione di energia elettrica; la mancanza totale di petrolio; l’invito rivolto ai contadini per il versamento all’ammasso di 25 kg. di grano; l’avviso
47
SI CILI A C O N T E S A
pubblico che annunciava, dal 31 dicembre, la sospensione delle ero gazioni dei sussidi generici. L’imposta sui ruoli bestiame fu aumenta ta, la tassa sugli asini da 20 lire passò a 300 lire. A ciò si aggiungevano le confuse notizie degli insuccessi delle truppe alleate sui fronti occi dentale e italiano e l’imminente controffensiva tedesca.33 Il discorso di Mussolini a Milano, ascoltato in radio da molti e aggiunto ai pre sunti prossimi esperimenti delle nuove armi segrete tedesche, generò notevoli perplessità e preoccupazioni. Alla mezzanotte del 4 gennaio 1945 ebbero inizio le operazioni di arresto dei renitenti alla leva nella città di Ragusa e la situazione, già tesa, si acuì ulteriormente. N el quartiere Russia vennero rastrellate e caricate su camion diverse de cine di giovani. N on appena i m ezzi militari transitarono tra corso Vittorio Veneto e via iv novembre, furono fermati e accerchiati da una folla di donne. Maria Occhipinti, giovane ventitreenne incinta e m oglie di uno degli arrestati, si stese a terra davanti le ruote del ca mion e il suo gesto plateale diede avvio alla protesta.34Alcuni militari aprirono il fuoco provocando la morte di un giovane e il ferimento di altri civili. Il giorno successivo, alle 9,30 del mattino, si formò un nuovo as sembramento di donne in via Schininà. Il commissario di polizia Ia cono si avvicinò al gruppo di civili insieme a un sottotenente e due soldati, ma fu improvvisamente circondato da alcuni uomini, i quali riuscirono a disarmare i militari di tre moschetti e una pistola. Il co mandante del gruppo dei carabinieri, tenente colonnello Giovanni Mandanici, intervenne con i rinforzi, ma i dimostranti aprirono il fuoco contro i militari ferendo un carabiniere. Durante la breve schermaglia, rimase ucciso uno dei rivoltosi e un altro venne grave mente ferito. Diffusasi la notizia, iniziarono i primi assembramenti nelle vie e nelle piazze principali in cui veniva gridato il fermo dissen so delle madri a lasciare partire in guerra i propri figli.35 Alle 19,30 due autocarri di viveri del 1 battaglione del 1390fanteria e uno del gruppo C C .R R . di Ragusa, di rientro dai tumulti di Catania, furono assaliti con bombe a mano e fucilate da un gruppo di ribelli che riuscì a feri re due militari. Nonostante l’attacco e le precarie condizioni di salute, i due autisti riuscirono a raggiungere il comando dei carabinieri. Il ten. col. Man48
II. LA M E D I A Z I O N E E LO S C O N T R O . L’ULT I MO A N N O DI G UE R RA
danici diede ordine di caricare nuovamente di viveri i due autocarri che si sarebbero recati a Com iso e Vittoria per rifornire le stazioni locali. A ll’ingresso di Comiso, alle pendici dei monti Iblei, i m ezzi furono ancora una volta assaliti da un gruppo di ribelli armati e i sette militari di scorta vennero immobilizzati e presi in ostaggio. A lle 16 i comisani decisero di sbarrare gli accessi del paese alzando barricate difese da fucili, mitragliatrici e bombe a mano. I leader della rivolta erano Giovanni Corifeo, il fratello Raffaele, il nipote Biagio e lo stu dente Francesco Schembari.36U na compagnia del 1 battaglione com posta da quaranta soldati, comandata dal capitano Sabatini, un grup po di rinforzo di quaranta carabinieri, comandati dal capitano Barlese e alcuni agenti di polizia sotto l’egida del commissario Iscone cerca rono di forzare gli sbarramenti presidiati da circa cinquecento rivol tosi, ma furono respinti e costretti alla ritirata. In serata vennero assa liti la caserma dei carabinieri, il commissariato di pubblica sicurezza e i prigionieri furono portati in case private. Com iso si proclamò re pubblica indipendente retta da un governo popolare. Vennero costi tuiti delle squadre d’ordine interno e un comitato di salute pubblica composto prevalentemente da studenti: Alfredo Battaglia, indipen dente di destra, commissario del popolo addetto all’alimentazione; Francesco Bombaci, democristiano, addetto alla difesa del patrimo nio pubblico e privato; Giacomo Cagnes, indipendente di sinistra, addetto alla difesa militare; Biagio Intorrella, socialista, responsabile della vigilanza notturna; Carm elo Marino, indipendente e Francesco Schembari, indipendente di destra, alla difesa militare. Nelle stesse ore fu approntato uno statuto speciale in cui venivano fissati i cardini della neorepubblica: avversione alla monarchia; futuro libero scam bio con l’Italia; coprifuoco dalle 20 alle 6; pena di morte immediata contro gli sciacalli o i perturbatori del costituendo ordine.37 Vennero minati i ponti, bloccati il traffico ferroviario, il traffico in entrata e tutte le strade d’accesso al paese. Il giorno dopo alle 10 del mattino una compagnia di artiglieri au totrasportata proveniente da Caltanissetta fu assalita e privata delle armi e dei quattro autocarri. I ribelli si recarono al posto di blocco di Beddio, sito a un chilometro da Ragusa, precisamente al trivio Ragusa-Comiso-S. Croce Camerina e sopraffecero i 16 carabinieri, impos-
49
SICILIA C O N T E S A
sessandosi dei moschetti e di due armi automatiche. Dalla regia pre fettura di Ragusa fu inviato tempestivamente un autocarro con rin forzo di fanti, ma giunto sul posto, fu costretto ad arrestare la propria corsa perché bersagliato da nutrito fuoco di mitragliatrici. I militari furono immobilizzati e i ribelli rubarono numerose armi. A Ragusa, invece, alle ore 15 venne assediata la regia prefettura con le truppe barricate all’interno. Alle 17 arrivarono da Palermo in littorina settan ta carabinieri comandati dal sottotenente Ursini. Prima di giungere in prossimità dell’edificio cinto d’assedio, il contingente fu bloccato in corrispondenza del ponte Nuovo, dove l’intenso fuoco di mitra gliatrici costrinse Ursini a rientrare velocemente in caserma. Q ual che ora dopo, ritentato lo sfondamento della linea dei rivoltosi, sol tanto venti uomini riuscirono ad aprirsi un varco mediante azione di sorpresa e lancio di bombe a mano mentre gli altri carabinieri, in rotta, fecero nuovamente rientro al quartier generale. La mattina del 7 gennaio, il fuoco dei ribelli fu diretto ininterrotta mente contro gli accantonamenti militari di Ragusa e contro la pre fettura, ma senza alcun pratico risultato. A Ragusa Ibla i ribelli riusci rono a disarmare i militari del distretto e quelli dell’Arma locale. Alle 16, col rientro a Ragusa delle forze ritiratesi da Comiso, rimpinguate di due compagnie provenienti da Siracusa, la situazione fu lentamen te capovolta. In serata giunsero nel capoluogo ibleo altri trenta cara binieri, al comando del capitano Barlese, che in giornata erano riusci ti con una decisa azione di fuoco a riportare l’ordine negli abitati di Vittoria e nella periferia dell’indipendente Comiso. U n contingente di trenta uomini giunse da Palermo lamentando una vittima e in tar da serata pervennero ulteriori sostegni guidati dal generale Ronco che assunse il comando militare della piazza. Si registrarono nove morti e ventinove feriti tra i civili e cinque morti e diciannove feriti tra i militari. N elle giornate dell’8 e del 9 gennaio furono effettuati oltre centosessanta arresti ed eseguiti rastrellamenti nei quartieri più sospetti della città, ma con scarso gettito di armi e munizioni. Negli stessi giorni a Vittoria scoppiarono nuovamente disordini fomentati dai repubblichini e dai separatisti tra cui l’aw . Salvatore Platania, il marchese Giuseppe Paimeri di Villalba, Alfonso Guida e l’ing. Arcangelo M azza.38 Per procurare le armi, i giovani insorti for
50
II. LA ME D I A Z I O N E E LO S C O N T R O . L’ ULT I MO A N N O DI GUE R RA
zarono la sezione del tiro a segno di via Gaeta, angolo via Fanti e sottrassero una decina di fucili mod. ’91. La folla si mosse alla volta della caserma della regia guardia di finanza immobilizzando l’appun tato di guardia e trafugando armi e sciabole e stessa sorte toccò sia al commissariato di polizia che alla caserma dei carabinieri dove i sei militari di stanza dovettero arrendersi all’assedio dopo qualche ora di resistenza. A Vittoria la rivolta non aveva una guida e le decisioni venivano prese a maggioranza.39 Terminate le razzie, la massa si di resse verso il castello Vittoria Colonna, adibito a carcere, per liberare i sessanta detenuti (tra cui una donna) alcuni dei quali si rifiutavano di uscire per paura di essere nuovamente arrestati e incorrere in un ulteriore aggravamento della pena a causa dell’evasione. Gli insorti si radunarono in piazza Vittorio Emanuele per discutere sul da farsi e immediatamente si delinearono due fazioni: la prima, social-comu nista, guidata da un certo “Scamuzzuni”, propendeva per la consegna delle armi alla sede del partito, mentre la seconda riteneva che le armi rubate fossero proprietà personale dei militanti. Fu aperto il fuoco e tra la confusione e la fuga generale, la frangia restia alla riconsegna della armi ebbe la meglio e organizzò il presidio delle vie d’accesso al centro ipparino. Episodi analoghi di sopraffazione dei militari e sac cheggio delle caserme si registrarono a S. Croce Camerina e Acate. Tornando a Ragusa, dopo averne ripreso il controllo, i contingenti si spostarono a sud-ovest. L’11 gennaio il gen. Brisotto circondò C omiso minacciando bombardamenti terrestri e aerei da parte degli A l leati. La popolazione decise di trattare la resa richiedendo la media zione del parroco della Chiesa della SS. Annunziata, monsignor Egi dio Franchina. Le condizioni erano le seguenti: resa, consegna delle armi, fine della repubblica e libertà per tutti i rivoltosi, ma nonostan te gli accordi i ribelli, circa trecento, vennero arrestati e confinati a Ustica e Lipari dove sarebbero stati amnistiati nel 1946 con la procla mazione della Repubblica italiana. Mussolini, a capo della Repubbli ca Sociale Italiana, conferì la medaglia d’argento alla Repubblica In dipendente di Comiso. Lo stesso giorno Vittoria, Acate e S. Croce vennero riconquistate e i ribelli si rifugiarono nelle campagne di B o sco Piano mentre venivano scarcerati i militari dell’Arm a e dell’eser cito che erano stati in precedenza disarmati e fatti prigionieri. N el
51
SICILI A C O N T E S A
complesso i ribelli erano riusciti a impadronirsi di trecento tra m o schetti e fucili, dieci mitra, quattro fucili mitragliatori e circa cinque cento bombe a mano. I morti furono nove tra i civili mentre i milita ri lamentarono due morti, un ufficiale del Regio Esercito e un milita re della Regia Guardia di Finanza e una decina di carabinieri feriti. Il 13 gennaio veniva affisso un proclama del prefetto con il quale si invi tava il popolo a consegnare le armi e le munizioni da guerra presso gli uffici municipali, di polizia, parrocchie e centri di raccolta istituiti in determinate località di campagna. Sarebbe stato garantito l’anonima to di chi avrebbe effettuato il versamento. Il termine fissato per la consegna erano le ore 24 del giorno 18, ma la popolazione rispose in maniera blanda all’invito. N el pomeriggio dell’11 gennaio, mentre la zona iblea veniva libe rata, insorse Naro, nell’agrigentino. U n congruo numero di militari dell’Arm a inviati di rinforzo al comando del maggiore Scichilone e del capitano Bada non riusciva a penetrare nell’abitato perché ostaco lato da un violento fuoco di fucileria, di armi automatiche e di bombe a mano. Successivi rinforzi di militari dell’Arma e truppa, inviati il giorno dopo, non riuscirono ad avere la meglio nemmeno con l’im piego di mortai. Solo dopo quattro giorni di scontri, le forze dell’or dine riuscivano a entrare nel paese lamentando la perdita del sottote nente D i Dino, comandante la tenenza di Canicatti e il ferimento di un carabiniere e di un agente di polizia. Tra i civili, cinque vittime e una decina di feriti. La rivolta, secondo il rapporto del capitano dei carabinieri D i Dio, era di stampo separatista-fascista.40 L’eco dei gravissimi disordini del ragusano ebbe vasta risonanza in tutta l’isola e tutti i paesi pullulavano di proclami per una “guerra santa” da condurre alla stregua dei comuni della Sicilia sud-orientale. Il popolo dei vespri era chiamato a raccolta contro un governo che considerava i siciliani «carne da macello».41 Seguirono l’esempio di Comiso, Palazzo Adriano che si proclamò repubblica e resistette dal 25 al 28 gennaio e Piana dei Greci, per qual che giorno, nel mese di febbraio. Gravi disordini si verificarono a Catania, Carrubbo, Fiumefreddo, Giarratana, Giarre, M ineo, Palma di Montechiaro, Piana degli Albanesi, Piazza Armerina, Ramacca, S. Giovanni Galerno, S. M ichele di Ganzeria, Scordia e Vizzini.
52
II. LA M E D I A Z I O N E E LO S C O N T R O . L’ULT I MO A N N O DI G UE R RA
Furono necessari due mesi per riportare l’ordine e reprimere le violente insurrezioni nate dai moti popolari ulteriormente rinvigori te dagli ideali antistatali del M IS e dall’avversione dei fascisti alla m o narchia. I moti di Catania, Caltanissetta, Enna, quelli più recenti di Com iso e Ragusa e i vari incidenti avvenuti a Palermo avevano raf forzato l’idea separatista presso vasta parte della popolazione. Le truppe regolari e gli organi di polizia venivano tacciati d’essere i ne mici della libertà e un ostile corpo di occupazione. N ei negozi pub blici erano in vendita i distintivi del movimento separatista (una testa di Medusa con tre gambe, simbolo della Trinacria) e si diffondevano anche delle spille in cui la Sicilia era impressa sulla bandiera degli Stati Uniti. Sulle mura delle città e dei paesi, frequenti iscrizioni sepa ratiste inneggianti al Movimento. Allarmante era inoltre la questione del brigantaggio, le rotabili erano ritenute malsicure particolarmente nelle ore notturne e venivano continuamente segnalate rapine ai cor rieri in servizio automobilistico. Bande di varia consistenza, bene ar mate, assalivano i m ezzi in transito rubando quanto possibile.42 La Le ga Giovanile Separatista ricevette disposizioni per iniziare un’intensa opera di propaganda, in particolare scrivendo delle grandi “S” (di Si cilia) maiuscole col gesso, con la calce, con il carbone, sulla tranvia, sui treni, sui muri, ovunque. Venne pianificata inoltre la “lotta alla ban diera” volta al furto e alla deturpazione di ogni tricolore esposto negli edifici pubblici.43 Secondo i rapporti del SIM , nel gennaio del 1945 c’era il serio ri schio di un tentativo di insurrezione armata e le forze dell’ordine rea girono duramente con arresti e continue perquisizioni delle sedi del M IS i cui dirigenti accusavano il governo di spregiudicata e violenta condotta fascista e antidemocratica.44
53
Ili T E N T A T IV I D I L E G IT T IM A Z IO N E IN T E R N A Z IO N A L E
1.
S p io n a g g io
e c o n t r o s p io n a g g io
Qualche settimana dopo il moto rivoluzionario in Sicilia sud orientale, il maggiore vicecapo-sezione del SIM , Renzo Bonivento, inviava un marconigramma al Com ando Supremo in cui informava che in Sicilia, in località non ben identificata, era installata una radio clandestina che trasmetteva su una lunghezza d’onda di quaranta m e tri e pertanto sarebbe stato necessario avviare indagini al riguardo.1 Qualche giorno dopo il maggiore dei carabinieri Manlio Giorda no comunicava che gli ascolti della frequenza radio erano stati spesso interrotti a causa della deficienza di energia elettrica e dunque non era stato possibile individuare la stazione segnalata. Le successive sal tuarie intercettazioni, in collaborazione con la R A F (Royal Air Force), consentirono di identificare alcune stazioni ben precise: una stazione, poi denominata iN T , fu ascoltata per la prima volta nella sera del 14 febbraio 19 4 5 . N ei giorni successivi vennero intercettate altre sette stazioni in probabile collegamento tra loro e alla fine del mese, dopo ulteriori accertamenti, il maggiore Giordano comunicava ufficial mente che si trattava di più stazioni radio interconnesse che trasmet tevano a lunghezza d’onda variabile e in orari diversi della giornata.2 Si notava inoltre che i messaggi erano prevalentemente corti. L’elemento rilevante che diede una svolta alle indagini, fu la possi bilità di ascoltare integralmente le trasmissioni e di asserire con cer tezza che la lingua usata fosse il tedesco. Le aree di localizzazione delle stazioni erano Comiso, Termini Imerese - segnalazione fornita da tempo da informatori e ulteriormente confermata dalle indagini in corso - e Palermo. Secondo i referenti del SIM le stazioni erano attive da alcuni mesi e avevano avuto un ruolo determinante nei m o ti del «non si parte!».3 N elle settimane successive pervenne alle forze dell’ordine una lettera anonima firmata “un amico” in cui si svelava
54
III. TE NT AT I VI DI L E G I T T I M A Z I O N E I N T E R N A Z I O N A L E
che la radio trasmittente dalla Sicilia fosse in collegamento con la stazione di Treviso, a sua volta collegata direttamente a Berlino. Le notizie provenienti dall’isola erano relative alle navi militari e mer cantili che entravano nel porto di Palermo. L’ubicazione della tra smissione clandestina era a Palermo, precisamente in piazza S. Eligio mentre quella di Treviso si trovava in via Guglielm o Oberdan. Gli artefici erano i fratelli Barrale, Gaspare e Giuseppe. L’anonimo mit tente raccomandava massima prudenza e molta attenzione nell’arre sto dei due fuorilegge.4 Furono avviate le indagini relative ai due fratelli palermitani i qua li conducevano apparentemente una vita modesta e ritirata, godeva no di una certa stima nel proprio quartiere e avevano una mediocre istruzione. Gaspare era già stato arrestato il 14 maggio 1940 per ricet tazione e fermato il 27 aprile 1944 per indagini giudiziarie. Le ricerche condussero anche a un certo Martinelli, domiciliato a Verona e gli ulteriori accertamenti rivelarono che egli era un agente della Abwehr, l’intelligence tedesca. Arrestato, venne interrogato e confessò che a Ve rona, in via Montenero, operava una stazione radio che riceveva mes saggi da Catania. La cifratura e la decifratura dei messaggi avvenivano mediante l’impiego di un libro, la traduzione italiana di A.J. Cronin, The Stars Look Down (E le stelle stanno a guardare).
In concomitanza con le indagini sulle frequenze della radio clan destina, il SIM si mobilitò per risolvere un ulteriore caso relativo all’intercettazione di messaggi segreti scritti con inchiostro simpatico e inviati dalla Sicilia a prigionieri italiani in Germania. L’inchiostro simpatico, come noto, si poteva ricavare in maniera rudimentale con succo di limone o di cipolla. Le lettere venivano scritte normalmente con inchiostro semplice, ma tra una riga e l’altra si celava il messaggio segreto scritto con inchiostro simpatico che una volta asciugato dive niva invisibile. A l destinatario bastava accostare l’epistola a una fonte di calore che riscaldando il foglio dava risalto ai contorni della scrittu ra simpatica. L’ufficio censura, solito all’utilizzo di tali procedure, sco pri tuttavia casualmente i messaggi criptati. Probabilmente il conte nitore in cui erano state riposte le lettere aveva una temperatura in terna alta che aveva rivelato i caratteri nascosti. Le lettere riportavano i seguenti messaggi: «M.G. Il nostro lavoro
55
SICI LIA C O N T E S A
è in costante sviluppo. Aspettiamo comunicazioni da S 915. Firmato H 13» e ancora: «M.G. da H 13 47. Il nostro gruppo di agenti svolge la sua attività nelle immediate retrovie nemiche. Le azioni di I sono state contrastate con successo da S. Sempre uniti faremo l’impossibile per (la o il) grande G. ed M . Aspettiamo comunicazioni da NRFL». Ulteriore missiva di una nobile siciliana a un certo Giovanni Finocchiaro (non era escluso che fosse parente di Andrea Finocchiaro Aprile): «Giorgio M. si deve trovare in Sicilia, date la lettera a Giorgio M. che è nel campo». «Mg - ricevuto messaggio radio - tutto pronto - aspettiamo ordini - Silenzio da B - Piano quasi completo Vincere mo». E infine: «M G Tutto va secondo piani prestabiliti agenti in m ol te città fanno atti di S [Sabotaggio?]. Comunicate con B. Impossibile ricevere i vostri messaggi radio - Rete radio è intercettata - Cam bia re lunghezza d’onda. Terzo stabilito preferibile. Facciamo il possibile per questo lavoro. Firmato H13».5 In questi frangenti di guerra, i servizi di spionaggio e controspio naggio erano particolarmente attivi ma, e non in poche occasioni, esageravano sfociando in una ricerca psicotica di messaggi cifrati, di trasmissioni occultate e messaggi segreti, supposto indizio di paven tati e silenti complotti. N on di rado informazioni non verificate, false denunce e sospetti infondati caratterizzavano le attività dei servizi segreti. In questo caso l’indagine del SIM e il rinvenimento delle missive sono provati dalla documentazione custodita presso l’Archi vio dell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, anche se non sono confermate le conclusioni a cui giunsero gli agenti italiani. Le lettere facevano specifico riferimento alle trasmissioni radio e alla necessità di cambiare le frequenze, pertanto si affermava con cer tezza il legame tra questa indagine e quella relativa alla radio clande stina. Il sistema epistolare, tuttavia, presentava diversi punti deboli tra cui la lentezza di trasmissione, l’alto rischio di essere scoperto; per tanto si supponeva che le lettere dirette in Germania fossero tra le tante destinate realmente ai prigionieri italiani, ma una volta giunte negli uffici di smistamento sarebbero state raccolte, probabilmente a caso, da alcuni agenti e, una volta manomesse con messaggi a inchio stro simpatico, rimesse nel circuito postale. Giunte in Germania, le missive segnalate, prima di arrivare al legittimo destinatario - cui non
56
III. TE NT AT I VI DI L E G I T T I M A Z I O N E I N T E R N A Z I O N A L E
furono mai recapitate - sarebbero state intercettate dall’agente “desti natario occulto”. Dietro l’intero sistema si nascondeva il Reichssicherheitshauptamt (R SH A - U fficio Centrale per la Sicurezza del Reich) - servizi segre ti nazisti, evoluzione del Sicherheitsdienst (‘Servizio di Sicurezza’), crea zione di Heydrich - guidato da Ernst Kaltenbrunner. Per le fonti dell’intelligence, da alcune settimane diversi agenti del R SH A veni vano aviolanciati in Sicilia, nei dintorni di Palermo e Messina.6 Oltre all’aviolancio erano stati segnalati, dalla popolazione locale, approdi di sommergibili tedeschi nelle coste siciliane. Secondo queste indi screzioni, lo scopo era quello di caricare grano (che veniva portato sul posto con dei muli. O gni mulo portava una salma di grano, circa 120 kg., che i tedeschi pagavano 25.000 lire alla salma) e imbarcare e sbar care agenti segreti.7 Secondo le conclusioni del SIM l’isola era scelta non solo per il grano che poteva fornire, ma soprattutto perché zona lontana dal fronte con le coste poco vigilate; popolazione in agitazione e movi menti locali - come quello separatista, la mafia, la banda Giuliano facilmente corruttibili con denaro. L’obiettivo degli agenti del in Reich era dunque quello di creare disordini e destabilizzare i territori all’interno delle aree controllate dal nemico cercando contatti, oltre ovviamente che con i fascisti, con Finocchiaro Aprile e con l’ala ever siva del M IS. In aggiunta al coinvolgimento, storicamente provato, di fascisti e separatisti nei moti del “non si parte”, si avanzava l’ipotesi che anche degli agenti segreti tedeschi vi avessero preso parte. L’idea sembra essere interessante e affascinante anche perché ren derebbe più grave la minaccia separatista ma, nei delicati frangenti dell’inverno 1945, l’ipotesi che la Knegsmarine potesse impiegare i pro pri m ezzi militarmente più efficienti e l’ormai prezioso carburante per caricare del grano sui sommergibili - notoriamente poco spazio si e assolutamente inadatti a ciò - è poco credibile. La continua spola tra Germania e Sicilia sarebbe stata tatticamente svantaggiosa perché avrebbe sottratto i sommergibili dal fronte settentrionale ed econo micamente molto dispendiosa perché i quantitativi di grano impor tati non avrebbero giustificato l’esoso consumo di carburante. Nelle concitate settimane il SIM , tuttavia, ordinava di accentrare il servizio
57
SICILIA C O N T E S A
di controspionaggio; bloccare le coste dell’isola, sia pure limitatamente alle zone di transito; controllare i movimenti di persone; di sporre indagini ed eseguire fermi nei confronti degli impiegati posta li sospetti di essere gli autori delle epistole.8 Dall’esame delle lettere si notavano i seguenti punti salienti: in nessun caso la grafia degli scritti con inchiostro segreto era la stessa di quella delle lettere scritte con inchiostro semplice e soltanto nell’epi stola scritta da Giovanni Finocchiaro le due grafìe corrispondevano. In tutti gli altri casi a scrivere erano state diverse persone con limitata istruzione, allo scopo di attrarre la minima attenzione da parte delle autorità di censura. I messaggi erano vergati su moduli distribuiti ai prigionieri di guerra in Germania. Una sola lettera era stata imposta ta a Palermo, le altre in piccoli paesi, una in provincia di Palermo, una in provincia di Catania e una in provincia di Messina. Le epistole giungevano all’ufficio postale italiano di Napoli che le trasmetteva all’ufficio censura alleato per i prigionieri di guerra. Dopo lo smista mento, per via aerea, giungevano a Marsiglia, all’ufficio postale Allied Apo e quindi per ferrovia a Lione, Dijon, Ginevra e alle varie destina zioni. N on era possibile stabilire in quanto tempo queste lettere giun gessero al destinatario perché una volta entrate in Svizzera non erano controllate dagli Alleati e quindi non più tracciabili; il loro viaggio dipendeva molto dalle facilitazioni di trasporti a disposizione delle autorità tedesche e dalla buona volontà di queste ultime a cooperare per il sollecito inoltro. I mittenti delle lettere vennero fermati, ma gli interrogatori diedero esito negativo; pertanto gli investigatori giunse ro alla conclusione che si trattasse effettivamente di ignari speditori le cui epistole erano state manomesse all’interno degli uffici di censura. Furono presi pertanto i campioni della grafia di tutti i dipendenti degli uffici postali in cui erano stati impostati i plichi e si procedette sia al controllo del passato politico di ognuno sia all’esame di ciascuna grafia. La prima perizia grafica venne affidata al dott. Enrico Stinco il qua le riteneva che in particolare una impiegata potesse essere l’autrice della maggior parte dei messaggi.9La controperizia fu affidata al dott. Cleto Brugnoli che confutava le conclusioni del collega.10 Si dovette ricorrere a una «perizia grafica stragiudiziale» affidata alla prof.ssa
58
III. TE NT AT I VI DI L E G I T T I M A Z I O N E I N T E R N A Z I O N A L E
Lydia Tremari, la quale affermava che la mano che aveva scritto tutte le lettere era stata la medesima, ma tuttavia la grafia non era corri spondente a nessuna di quelle dei quindici impiegati fermati. A pare re dell’esperto, dunque, le somiglianze non erano sufficienti all’incri m inazione.11 Ulteriori indagini permisero di scoprire degli agenti ri tenuti dal SIM al soldo del R SH A : Giuseppe Managò alias “M onigo” o anche “Marrau”, Santi Santagati e Marcello Bicchierini. Furono avviate indagini su altri sospetti: Lorenzo Trovato, Alfio Guglielmini, Pasquale Tomaselli, Agatino Malerba, Eugenia Fassari, il serg. magg. Antonio Furnari, ex agente del Servizio Informazioni Militari, e il barone Amato, conosciuto con lo pseudonimo di “Maresciallo Shultz”.12 Nonostante i parziali successi delle ricerche, l’azione del SIM pro seguiva accuratamente le indagini che si sarebbero protratte per tutta la Seconda guerra mondiale tra depistaggi e influenze di spionaggio e controspionaggio. 2.
G
li a m ic i d
’A
m e r ic a e l a c o n f e r e n z a d i
Sa n F r a n c is c o
A ll’inizio del ’45 un rapporto SIM rilevava che in seno al separati smo stavano sorgendo nelle provincie di Palermo, Caltanissetta, Agrigento e Trapani gruppi di dissidenti favorevoli ad un protettorato degli Stati Uniti sull’isola. M olti aderenti a tale movimento solevano portare un distintivo speciale costituito da una bandiera americana con sovrapposta Trinacria.13 Il capitano D i D io indicava tra i principali sostenitori di questa suggestiva aspirazione il sindaco di Catania, aw . Ardizzone, conside rato un separatista in grado di dissimulare le sue vere propensioni politiche. Era necessario pertanto procedere alla sua immediata ri m ozione dalla carica com ’era già avvenuto per l’ex sindaco di Paler mo, Lucio Tasca. M em bri della vecchia mafia inoltre sostenevano il progetto facendo propaganda in tutte le province siciliane ma a detta del capitano le autorità americane, almeno apparentemente, si disin teressavano della cosa.14Dal rapporto non risulta ben chiaro se si trat tasse proprio di una nuova branca nata in seno al M IS oppure di una nuova tendenza dei separatisti siciliani, ma in realtà non si trattava di
59
SI CILI A C O N T E S A
nessuna delle due ipotesi perché le dinamiche erano più complicate: Finocchiaro Aprile non accettava di rinunciare al progetto principe della Sicilia completamente indipendente e a sé stante, ma comun que non escludeva a priori la possibilità di un protettorato americano come eventuale compromesso. Tale trend si era delineato già nel set tembre del 1944 quando il sindaco di N ew York, Fiorello La Guardia, per ottenere il voto degli oriundi siciliani in America, aveva pronun ciato un discorso radiodiffuso dalla B B C in cui si era espresso in favo re delle istanze separatiste.15 N ei mesi successivi Finocchiaro Aprile e Antonino Varvaro invia rono da Palermo un Messaggio ai siciliani d'America in cui si richiedeva, appellandosi a loro come fratelli, di sostenere moralmente e mate rialmente la Sicilia, di fare causa comune per convincere il governo statunitense a perorare i diritti della patria siciliana e consentire il plebiscito al popolo dell’isola.16 L’appello venne accolto con entusia smo dagli emigrati nel nuovo continente e trovò ampia risonanza in alcune testate giornalistiche come l’«Excelsior» nelle cui colonne il redattore capo, M axjohnson, affermava la necessità di correre in aiu to del popolo della «più bella isola del Mediterraneo» e di non igno rare il diritto innegabile all’autodeterminazione.17 Il 25 aprile 1945, come da accordi presi due mesi prima a Jaita, i rappresentanti di cinquanta nazioni si riunirono a San Francisco per una conferenza dal titolo ufficiale Conferenza delle Nazioni Unite sull'Organizzazione Internazionale. Lo scopo dell’importante incontro era quello di elaborare ulteriori articoli della Carta Atlantica. Il M IS approfittò dell’evento per presentare ufficialmente un memorandum in cui esponeva - in maniera articolata e facendo riferimento alle con dizioni sociali, economiche, storiche e culturali - la propria teoria relativa all’essenziale indipendenza siciliana.18 Finocchiaro Aprile e Varvaro scrivevano che il M ovim ento per la Indipendenza della Sicilia non era una nuova creazione, ma affonda va le radici nel passato del popolo della Trinacria. N el periodo bellico si era giunti alla riaffermazione di tali istanze come rifiuto e reazione nei confronti del totalitarismo unitario fascista imposto alla Sicilia. Tale opposizione aveva inoltre comportato la rimozione e l’espatrio di molti funzionari dall’isola. Il riferimento era a una nota del 16 ago 60
III. TE NTATI VI DI L E G I T T I M A Z I O N E I N T E R N A Z I O N A L E
sto 1941 in cui Mussolini, stanti le prime avvisaglie di un rinato e an cora amorfo spirito indipendentista in Sicilia, aveva stabilito di sposta re al nord i dirigenti dei pubblici uffici, gli ufficiali e i militari siciliani. Il Memorandum sottolineava inoltre le antiche forme di autogover no siciliano e il grande inganno del 1860 in cui, sperando di trovare ampia libertà sotto l’amministrazione Garibaldi, il popolo si era la sciato facilmente persuadere ma la monarchia sabauda, «ligia alla sua tradizionale mentalità»,19 aveva sostituito a quel libero affratellamen to di spiriti auspicato dai pionieri del risorgimento, la violenza e la frode. Per affermare il principio dell’annessione, in contrasto a quello della libera intesa tra le popolazioni degli Antichi Stati Italiani e della Sicilia, era stato imposto un plebiscito fraudolento che aveva rispetta to solo nelle apparenze una specifica individualità isolana, ma di fatto aveva impedito una libera manifestazione di volontà popolare sulle istituzioni che avrebbero dovuto reggere la nuova compagine. Fin dal principio dell’annessione - proseguivano i separatisti - era scaturita la concezione piemontese dello Stato unitario e accentratore attorno a cui si era coordinata negli anni successivi la politica nazionale caratte rizzata dallo sfruttamento delle regioni meridionali e insulari a van taggio di quelle settentrionali. Era sorto in tal modo, sotto l’egida e protezione dello Stato, lo sviluppo industriale del nord Italia a disca pito della Sicilia. C on queste premesse la condotta dello Stato era divenuta contra ria ai principi di un vero e sano ordine democratico: il parlamentari smo unitario, incapace di risolvere i problemi sociali e di mantenere l’ordine. Questa era stata la causa che aveva permesso l’affermazione del fascismo in cui gli industriali del nord avevano trovato un valido m ezzo di difesa dei propri interessi. N el declino politico, economico, morale era stata travolta anche la Sicilia che adesso, pur incolpevole, era costretta a pagarne le conseguenze. A l 30 settembre 1939 la Sicilia aveva una popolazione residente di 4.160.000 abitanti, di fronte a quella complessiva del regno di 44.410.000. La densità per kmq. era del 160% per l’isola e del 143% per il regno, il che - affermava la relazione - significava che quella sicilia na rappresentava il 9,3 % della popolazione dell’intera penisola, m en tre la superficie era l’8,3% del suolo italiano. Secondo i recenti censi 61
SI CI LI A C O N T E S A
menti, la popolazione abitualmente impiegata al lavoro era di 1.325.000 persone pari al 34% della popolazione complessiva siciliana a fronte della media italiana che si attestava al 43%. Si deduceva dun que che la Sicilia fosse sovrappopolata rispetto alla media generale e sottopopolata per quanto riguarda invece la popolazione attiva. La bilancia commerciale dell’isola era ritenuta costantemente all’attivo, dipendente principalmente dal complesso della sua produ zione agricola e mineraria; il suo potenziale commerciale era uguale a quello della media del regno ma quello industriale era di gran lunga inferiore. N el 1934 a fronte di 165 milioni di lire di importazioni, era no figurati 541 milioni di esportazioni con una differenza attiva di 375 milioni che era salita nel 1936 a 469 milioni; a 576 milioni nel 1937 e a 808 milioni nel 1938. L’attivo della bilancia commerciale, che teneva conto soltanto della differenza dei valori tra le merci esportate e quel le importate, era fortemente aumentato dalla immissione di una no tevole quantità di moneta estera derivante dalle rimesse degli em i granti, dai saldi postali e dal turismo. Dato il costante passivo della bilancia italiana - affermavano Finocchiaro Aprile e Varvaro - l’attivo di quella siciliana era stato sempre impiegato per saldare le partite, a tutto beneficio delle regioni settentrionali, forti importatrici di mate rie prime per le loro industrie sviluppatesi oltre i limiti di compatibi lità con le risorse naturali del Paese. La politica protezionista dello Stato aveva inoltre costretto la Sicilia a consumare i prodotti e i sottoprodotti dell’industria settentrionale, di qualità più scadente e di prezzo relativamente più elevato di quelli che in regime di libero scambio avrebbe potuto procurarsi dando un maggiore utile incremento alla massa della propria esportazione. D i fronte a questi enormi vantaggi ricavati dalle regioni settentrionali per m ezzo degli organi statali, lo Stato avrebbe dovuto avere la re sponsabilità di compensare l’isola con adeguate contropartite. M a la storia economico-finanziaria di tutto il periodo posteriore al 1860 aveva dimostrato come gli investimenti per la Sicilia erano stati esigui e non era stata data alla popolazione la possibilità di incrementare il tenore di vita, raggiungendo quello delle masse del settentrione. Lo Stato - malgrado le varie inchieste fatte in occasione di torbidi delle masse operaie soffocati nel sangue e la segnalazione delle esigenze 62
III. TENT AT I VI DI L E G I T T I M A Z I O N E I N T E R N A Z I O N A L E
dell’economia siciliana fatta a m ezzo di pubblicazioni tecniche e da parlamentari illustri - si era sempre sottratto all’obbligo di interveni re con quelle leggi, quelle spese e quelle opere indispensabili alla Si cilia e al suo popolo. Si poteva pertanto affermare - commentavano i due separatisti - che la Sicilia era per indole indipendente e l’Italia non aveva fatto mai nulla per trattenerla a sé. La gente siciliana non era più disposta a obbedire al dogma dell’u nità nazionale italiana, né a continuare a subire alcuna forma di ricat to patriottico. Si ribadiva con ferm ezza che il popolo era pienamente conscio che l’unità italiana fosse una costruzione del X IX secolo, una retorica astrazione a servizio di particolari interessi contrastanti con quelli della Sicilia. Il M ovim ento tuttavia non intendeva trascurare particolari affinità e legami sentimentali verso le popolazioni della penisola e specialmente verso quelle meridionali e della Sardegna che a causa dell’unitarismo statale avevano avuto sorte analoga a quel la della Sicilia. N on si era contrari pertanto a una eventuale federazio ne con lo Stato o con gli Stati che sarebbero potuti nascere dalle cene ri dell’Italia.20 N on si trattava - spiegavano i due avvocati - di una politica isolazionista ma di una strategia mirata ad ampliare i rapporti internazionali e l’affratellamento tra i popoli. I separatisti precisavano che il M ovim ento aveva trovato grande conforto nel constatare che le Nazioni Unite - con la dichiarazione anglo-americana del 14 agosto 1941, fatta propria dalle altre nazioni con la dichiarazione comune del i° gennaio 1942 - si erano solenne mente impegnate a rispettare l’autodecisione dei popoli. In base a tale principio si deduceva la legittimità del M ovim ento per l’Indipen denza Siciliana, in contrasto alla volontà e ai propositi del governo italiano. Il comitato dunque non poteva ammettere indugi o perples sità circa il diritto naturale dei popoli all’autodeterminazione, princi pio caro agli americani fin dal Congresso di Pace di Parigi del 19191920. Sarebbe stato necessario che le Nazioni Unite - stanti i principi inalienabili e grate per l’assoluta collaborazione fornita dalla popola zione agli Alleati durante e dopo lo sbarco del ’43 - imponessero allo Stato italiano il riconoscimento dello Stato Indipendente di Sicilia. A l proposito il comitato non vedeva alcun ostacolo né di ordine giuridi co, né di ordine pratico perché venisse concessa al popolo siciliano la 63
SICILIA C O N T E S A
facoltà di esprimere, nelle forme democratiche, la propria volontà sul modo di governarsi. L’appello di Finocchiaro Aprile non ebbe alcun seguito e le istanze perorate nell’appassionato Memorandum non ricevettero alcuna rispo sta. Il governo italiano condannò il gesto avventato del M IS che aveva osato scavalcare l’autorità regia appellandosi direttamente alle poten ze mondiali. Il tentativo di “internazionalizzare” la questione sicilia na era giudicato oltraggioso e venne pertanto disposta la chiusura delle sedi separatiste di Palermo e Catania dove erano scoppiati vio lenti tafferugli tra separatisti e nazionalisti. N elle settimane successi ve Finocchiaro Aprile cercò di stringere i rapporti con gli Stati Uniti inviando epistole - a Eleanor Roosevelt, alla Ford M otor Co. e alla Dillon Bank - in cui si garantiva che in caso di indipendenza, la Sicilia si sarebbe potuta trasformare in un baluardo contro il bolscevismo, in una fiorente roccaforte del capitalismo americano e nella longa manus statunitense nel cuore del Mediterraneo.21 Divenne palese, dunque, l’isolamento internazionale del movimento separatista siciliano che in realtà non era mai stato preso seriamente in considerazione dagli Alleati. In base agli interlocutori e al momento, Finocchiaro Aprile abbandonava i principi di una libera e indipendente Trinacria, offren do l’influenza economico-politica a quelle potenze che avrebbero potuto garantire la secessione della Sicilia dall’Italia. C om e avrebbe ammesso lo stesso Finocchiaro Aprile in un’inter vista del 30 agosto 1945, apparsa nelle pagine di «Patria e Libertà», i suoi continui appelli furono completamente ignorati. Il Dipartimen to di Stato americano infatti si era affrettato a smentire di aver dato seguito e risposta alle lettere del M IS.22
64
IV L’A F F E R M A Z I O N E D E L L ’A L A E V E R S IV A E L A G U E R R A A L S E P A R A T IS M O
1.
L’ i n i z i o
d ella lo tta arm ata
Stante il venir m eno dell’appoggio internazionale, considerato dal M IS l’unica possibilità di riconoscimento dei diritti del popolo sicilia no, venne deciso di passare all’azione. Se i violenti moti che avevano avuto luogo tra il dicembre del ’44 e il gennaio del ’45 non erano stati pianificati e organizzati direttamente dai separatisti - che tuttavia avevano dato un contributo non indifferente alla rivolta - adesso si era stabilito di dichiarare apertamente guerra allo Stato. Pur essendo indissolubilmente legati, si stabili che formalmente, per depistare le indagini, M IS edE V IS dovessero apparire come due organizzazioni differenti e non interconnesse. Finocchiaro Aprile avrebbe negato di conoscere Canepa e il Comitato si sarebbe dichiarato estraneo alle attività eversive eviste.1 U n primo incontro tra i due era avvenuto il 23 ottobre 1944 presso la clinica Rindone. Canepa era riuscito a convin cere un perplesso Finocchiaro Aprile della necessità di intraprendere la lotta armata. La settimana dopo il professore era riuscito a incon trare anche don Guglielm o Carcaci.2 A differenza di quest’ultimo, che giocò un ruolo chiave nell’organizzazione eversiva, Finocchiaro Aprile non aderì mai totalmente al progetto di Canepa anche non ne prese mai ufficialmente le distanze. In ottemperanza agli accordi, il 9 febbraio 1945 Mario Turri, nome di battaglia di Canepa, diramò le Istruzioni per la costituzione dei reparti di assalto dell'esercito volontario per l'indipendenza della Sicilia. Il m odello era la guerriglia dell’Esercito Popolare di liberazione jugoslavo e i princi pi costitutivi enunciati erano i seguenti: Sicilia libera e indipendente; per questo ideale, conformemente alle disposizioni del Comitato per l’Indipendenza della Sicilia e agli ordini dei capi, gli evisti si dichiara vano disposti a qualunque audacia; la legge suprema era il “segreto”. C hi avesse raccontato le proprie gesta vantandosene, sarebbe stato 65
SICILI A C O N T E S A
considerato un traditore e avrebbe pagato con la morte. Inoltre: pun tualità a tutti i costi e disciplina ferrea; nessuna paga; viveri destinati prima ai soldati, dopo agli ufficiali: «grande responsabilità sugli uffi ciali, grande merito ai soldati».3 U no dei motti era «Antudo», in dia letto «Antudu», acronimo di Animus Tuus Dominus, «il coraggio è il tuo Signore». L’espressione era nata durante i vespri siciliani ed era stata ripresa nei moti del 1647, del 1820 e del 1848.1 campi di addestra mento evisti erano situati a Troina (Enna), a S. Teodoro (Messina) e a Villalba (Caltanissetta) dove si trovavano circa quattromila reclute bene equipaggiate con armi americane e tedesche - rimediate facil mente in quello che pochi mesi prima era stato lo scenario di accani ti scontri - e cibo in scatola. Furono inoltre distribuite divise kaki con mostrine giallo-rosse ed effigie della trinacria e vennero introdotti i gradi militari. Mentre Mario Turri, “generalissimo” dell’EVIS, ap profittando del suo ruolo di professore universitario si occupava del reclutamento di giovani studenti, Attilio Castrogiovanni e Lucio Ta sca si dedicavano all’arruolamento dei banditi, com ’era d’altronde avvenuto nel 1820, nel 1848 e nel 1860. L’accordo EVIS-banditismo non solo era possibile ma diveniva au spicabile per entrambe le parti che ormai condividevano l’ostilità nei confronti dello Stato e delle sue istituzioni. Castrogiovanni scriveva a Tasca della necessità di prendere contatti con Turi Giuliano che si sarebbe potuto rivelare molto utile alla causa indipendentista: «Don Lucio, avemu a vidiri stu picciottu!».4 E il 15 maggio 1945 avvenne l’atteso incontro. Durante le prime ore del mattino, Castrogiovanni sali su una Fiat 1100 guidata dal fedele autista Totò Alimena, del tutto all’oscuro delle ragioni del viaggio. Eseguendo gli ordini condusse l’avvocato verso Montelepre. Appena avvistato il campanile del pae se, avrebbe fatto scendere il passeggero, parcheggiato l’auto nei pressi del cimitero locale e avrebbe aspettato fino al suo ritorno. Alimena segui le istruzioni e accostando la Fiat 1100 simulò un gua sto e iniziò ad armeggiare col motore per distogliere qualsiasi sospet to sulla sua prolungata sosta. Castrogiovanni, secondo le indicazioni, prosegui a piedi e prendendo un viottolo alla sua destra scese a valle e risali l’opposto versante per circa duecento passi fino a raggiungere una casupola abbandonata. Si accorse subito di due persone che scen 66
iv.
l ’a f f e r m a z i o n e
d e l l ’a l a e v e r s i v a
devano dal monte venendogli incontro: uno di essi - che portava sulle spalle una gran pelle di montone, usata come giaciglio o all’oc casione come mimetica - era Salvatore Giuliano, l’altro Pasquale Sciortino, promesso sposo della sorella Marianna. Erano entrambi ben armati. Castrogiovanni a m o’ di saluto si rivolse a Giuliano: «Io gli uomini li guardo negli occhi per comprendere chi essi siano: ho capi to all’istante che tu sei leale e sincero». Giuliano ricambiò il saluto con un gesto mentre Sciortino, assicuratosi dell’assenza di minacce, si de filò. Il colloquio si svolse dunque a quattr’occhi. Giuliano disse di es sere per istinto separatista e di considerare le proprie sciagure una conseguenza delle pessime leggi italiane. Afferm ò che avrebbe sem pre combattuto questo stato di cose che aveva ridotto la Sicilia alla disperazione. Alla richiesta di collaborazione, rispose affermativamente, assicurando che non avrebbe opposto impedimenti all’azione degli evisti nel territorio da lui controllato. Castrogiovanni spiegò che non sarebbe stato lui a comandare le schiere dell’EVIS, ma che la persona designata sarebbe presto venuta per prendere accordi. Il col loquio durò quasi un’ora e nel separarsi i due si abbracciarono con la reciproca promessa di un prossimo incontro.5 Giuliano, inizialmente collaboratore “esterno” all’EVIS, ne divenne parte integrante, assu mendo il grado di colonnello. Stessi accordi furono presi con l’efferata banda degli Avila, a Niscemi, detta appunto “i niscimisi” e guidata da “Canaluni”, Rosario Avila. A l progetto aderì anche il boss di Villalba, “don C alò”, Calogero Vizzini. Per quanto riguarda il programma strettamente politico, Giuliano e Vizzini aderivano al Movimento della 49astella, il cui fine era quello di fare della Sicilia una «Repubblica della Federazione americana».6 C om e sostiene Francesco Renda la commistione banditismo-politica si realizzò quindi al livello del consapevole uso strumentale del ban ditismo nella politica e ne nacque un intrigo impossibile dipanare, da cui i molti misteri della storia italiana di quegli anni.7 Il 24 maggio 1945, alla testa di quaranta militanti, Canepa si spostò in contrada Sambuchello di Cesarò, area strategica per allestire un campo di addestramento al confine di quattro province (Messina, Palermo, Catania, Enna) e occupò una caserma del Corpo Forestale. 67
SI CILI A C O N T E S A
N ell’azione fu agevolato dai separatisti locali, il dott. Salvatore Schifani, noto farmacista, Ninetto Leanza Amato, don Turiddu Leanza, i fratelli N unzio e Peppino Pace e il dott. Riccardo Travaglianti. Le forze dell’ordine ricercarono il capo dell’EVIS senza successo mentre egli, sotto falso nome - quello di Presti Armando fu Isacco, nato a Leopoli - si spostava liberamente tra Catania e Palermo in cerca di armi e finanziamenti. Il denaro avrebbe dovuto coprire oltre le spese per l’acquisto delle armi anche quelle relative al soldo dei “guerriglieri” che, a differenza di quanto proclamato inizialmente, ricevevano 200 lire al giorno, il vitto e un pacco di sigarette americane.8Le inda gini dei carabinieri grazie alla fitta rete di confidenti riuscirono a per venire a informazioni di grande importanza: un individuo non ben identificato, che voleva disfarsi di alcune armi ritrovate, avrebbe ven duto il giorno successivo alcuni moschetti, un fucile mitragliatore e diverse bombe a mano a elementi aderenti all’EVIS. La mattina del 17 giugno, le armi caricate su un quadrupede sareb bero state trasbordate su un autofurgoncino che si sarebbe diretto alla volta di Randazzo. Il maresciallo dei carabinieri reali, Salvatore Rizzotto, diede precise istruzioni al fine sorprendere il m ezzo in transito. Alle 5 del mattino del 17 giugno, il maresciallo, il vicebrigadiere Rosa rio Cicciò e il carabiniere Carmelo Calabrese approntarono il posto di blocco sulla statale n. 120, a qualche centinaio di metri dal bivio per Cesarò, in contrada M urazzu Ruttu, dietro un muro con porta di ac cesso a un appezzamento di terreno recintato. Dopo tre ore d’attesa, verso le ore 8, a un centinaio di metri apparve la sagoma di un moto furgone Guzzi, targato Enna 234, che in realtà non corrispondeva al m ezzo atteso. N on escludendo si potesse trattare di un improvviso cambio per sopravvenute necessità, i carabinieri ne intimarono il fer mo. Il m ezzo rallentò, dando l’impressione di fermarsi, ma all’improv viso accelerò l’andatura. Il carabiniere Calabrese esplose un colpo di moschetto in aria a scopo di intimidazione e il motofurgone si fermò a circa quaranta metri di distanza. I militari lo raggiunsero di corsa. Sulla destra rimase il vicebrigadiere Cicciò che chiedeva al conducen te perché non avesse subito ottemperato all’ordine, sulla sinistra il ma resciallo maggiore Rizzotto e a tergo il carabiniere Calabrese il quale, scorgendo nel cassone armi e munizioni, impugnando il moschetto 68
iv.
l ’a f f e r m a z i o n e
d e l l ’a l a e v e r s i v a
gridò «mani in alto!». I sei occupanti del m ezzo non si mossero. U no di loro sparò un colpo di pistola che raggiunse Calabrese, mentre an che gli altri iniziarono a fare fuoco. U n ulteriore proiettile colpi Cala brese e un terzo smussò la punta della scarpa sinistra del vicebrigadie re Cicciò. I carabinieri risposero al fuoco, un separatista che stava per lanciare una bomba a mano venne ferito e l’ordigno, cadendo sul po sto, esplose dilaniandolo e ponendo tragicamente fine al conflitto. Nonostante la deflagrazione, due dei sei evisti, Antonino Velis det to “N ino” e Pippo Amato, “Joe”, rimasero illesi, rimisero in moto il furgone e cercarono di fuggire. Il m ezzo prosegui precariamente per 680 metri prima di sbandare e schiantarsi contro un muro di via M a rotta. D opo l’impatto i due giovani fuggirono a piedi dileguandosi nelle campagne circostanti e abbandonando i commilitoni gravemen te feriti. Rimasero ansanti Antonio Canepa che presentava vasta e profonda ferita alla coscia sinistra, prodotta dallo scoppio della bom ba, e ferita da scheggia in varie parti del corpo; il suo aiutante, lo stu dente universitario Carm elo Rosano, detto “A ldo”, colpito da scheg ge dello stesso ordigno al torace e all’addome; il terzo era uno studen te del quinto ginnasio, Giuseppe Lo Giudice, “Pippo” e l’ultimo gio vane rantolante era Armando Romano. Canepa decedette poco dopo il trasporto all’ospedale di Randazzo. La sera si spensero anche Rosa no e Lo Giudice mentre Romano, ricoverato in cattive condizioni, riuscì a sopravvivere.9 Secondo alcune indiscrezioni non confermate nei documenti ufficiali ma dichiarate dal custode del cimitero di Jonia, l'iter di constatazione della morte dei militanti fu affrettato e i corpi di Canepa, Rosano, Lo Giudice e Romano furono subito tra sportati al cimitero. Il custode, Isidoro Privitera, sorpreso per l’insoli ta procedura e sicuro di aver sentito un lamento, pretese che le casse fossero aperte per la verifica dei cadaveri. Tra lo stupore fu constatato come Romano fosse ancora vivo e venne immediatamente riportato in ospedale per le cure necessarie. Il maresciallo maggiore Rizzotto venne giudicato guaribile in quindici giorni per ferita all’emitorace destro; la prognosi del carabiniere Calabrese fu di venti giorni per ferite alla regione sacrale e all’emitorace destro, mentre il vicebriga diere Cicciò rimase illeso. N el motofurgone G uzzi vennero rinvenuti: due moschetti mitra 69
SICI LIA C O N T E S A
Berretta, due pistole mitragliatrici tedesche, una carabina automatica americana, due moschetti mod. ’91, tre pistole automatiche, ventiquattro bombe a mano Breda, due bombe a mano S.I.P.E., sei bombe a mano tedesche, 345 cartucce varie, altro materiale di equipaggia mento e la somma di 305.000 lire. La versione dei fatti riportata nei verbali ufficiali venne contestata con veemenza dai separatisti secondo i quali i carabinieri non avevano intimato Yak al motofurgone, ma avevano aperto direttamente il fuo co con il preciso intento di uccidere il capo dell’EVIS.10 Da quanto emerso dai documenti del SIM, Yintelligence sapeva che a capo dell’EVIS ci fosse un certo Mario Turri - al proposito erano in corso inda gini - ma non era ancora giunta a scoprire la sua vera identità. L’iden tificazione di Antonio Canepa con Mario Turri avvenne di fatto solo dopo il conflitto a fuoco. Restano tuttavia non ben chiare le dinamiche dello scontro. D a prendere anche in considerazione è un’altra teoria plausibile secondo la quale i carabinieri, in attesa di un importante carico di armi e vedendo il motofurgone forzare il posto di blocco, avrebbero deciso di aprire subito il fuoco sull’automezzo provocando ne l’uscita di strada e l’impatto contro il muretto che delimitava la carreggiata. Gli evisti pertanto decidevano di uscire dal veicolo per sostenere il conflitto a fuoco. D opo l’esplosione dell’ordigno, mentre due riuscivano a dileguarsi nelle campagne circostanti, quattro rima nevano rantolanti sull’asfalto. N elle ore seguenti il conflitto, la legione carabinieri di Messina e il gruppo di Catania inviarono rinforzi a Randazzo e nelle zone circostanti per prevenire e reprimere l’eventuale reazione di elementi separatisti. L’EVIS non si smobilitò. Venuti a sa pere dell’imminente retata delle forze dell’ordine nel campo d’adde stramento di Cesarò, i guerriglieri si dileguarono nelle zone di Caltagirone, in contrada S. Mauro presso l’abitazione della moglie di C on cetto Gallo e nelle alture circostanti, dette “Piano della fiera”, stabili rono un nuovo quartier generale. N el contempo circa 400 militari del battaglione misto Aosta di Catania raggiunsero il campo di Cesarò sequestrando un mortaio da 45; dodici fucili mod. 1891; tre moschetti mod. 1938; quattro moschetti mod. 1891; cinque moschetti tedeschi; un fucile da caccia calibro 16; tre casse di munizioni varie; quattordici bombe a mano; ventidue elmetti; due sacchi di farina; oggetti e vestia 70
i v. l ’a f f e r m a z i o n e d e l l ’a l a e v e r s i v a
rio vari per una decina di persone; una macchina da scrivere; una cassetta contenente carteggio del movimento separatista.11 La notizia dei fatti di M urazzu Ruttu destò comm ozione tanto nell’opinione pubblica separatista, quanto in quella unitaria e produs se disorientamento nella dirigenza del MIS. Se Finocchiaro Aprile avesse encomiato l’azione di Canepa, avrebbe legittimato l’EVIS pale sando il legame con la frangia eversiva, se invece lo avesse sconfessato o ne avesse preso le distanze, avrebbe perso il consenso di una vasta parte dei separatisti. Usci dal cui de sac con un comunicato volutamen te ambiguo in cui accusava il governo italiano di aver ignorato la criti ca situazione siciliana ed essere stato dunque responsabile di nuove e imprevedibili azioni armate da parte di separatisti “incontrollabili”.12 Mario Turri e i suoi fidi vennero esaltati come martiri della causa siciliana e supremi esempi da emulare. A l proposito, nei giorni suc cessivi furono stampati diversi manifesti propagandistici inneggianti alla vendetta, la necessità di sostenere l’azione evista e pregare la M a donna Odigitria per l’anima dei caduti.13 D opo l’iniziale spaesamento, tra giugno e luglio 1945, il comando delle truppe dell’EVIS venne affidato ad interim ad Attilio Castrogiovanni, già comandante per la Sicilia occidentale e ad agosto gli subentrò Concetto Gallo, capo cari smatico che scelse il nome di battaglia di “Turri Secondo”. Per quan to riguarda gli arruolamenti, i principali incaricati erano Giuseppe Calandrò, studente d’ingegneria e il collega di giurisprudenza, G iu seppe Ragonesi. A i volontari veniva consegnata una somma di 450 lire necessaria per raggiungere in treno Catania da dove proseguiva no per Caltagirone alla cui stazione ferroviaria venivano prelevati da una vettura, una Fiat Balilla non ben identificata, che li trasportava presso la nuova base, in località S. Mauro. L’esercito era suddiviso in quattro brigate: “Rosano”, di circa centocinquanta uomini, la più im portante, comandata da Gallo coadiuvato da Paolo La Rocca, N ino Velis e Giuseppe Calabrò; la brigata “Turri”, la brigata “Canepa” e infine la brigata “Giudice”, ognuna composta da circa centocinquanta uomini. Altre formazioni non precisate e affiliate a bande di briganti si trovavano nelle montagne di Nicosia. L’armamento era costituito da fucili, armi automatiche tedesche, italiane e americane con circa 200.000 proiettili di vario tipo, una cassa di dinamite di produzione
7i
SICI LIA C O N T E S A
americana, una quantità imprecisata di bombe a mano. Il materiale di equipaggiamento pare fosse fornito da un’organizzazione avente se de a Palermo; ai servizi di vettovagliamento, ottimamente organizza ti, provvedevano anche i banditi con prelevamenti effettuati presso civili. Fonti del SIM includevano nella lista anche otto carri armati nascosti in territorio Petralia-Gangi.14 Il servizio sanitario era alle di pendenze del dott. Paolo Ciccio, trentenne veterinario palermitano. I m ezzi di trasporto erano un’autovettura Balilla, un’altra Bianchi tar gata Milano, altre due automobili di tipo imprecisato, un camionci no. Le salmerie: una trentina tra muli e cavalli. In una lucida analisi inviata ai vertici militari italiani si osservava come la situazione in Sicilia fosse estremamente complessa. Forze diverse confluivano nell’agitazione: lo spirito conservatore e timoro so di ogni novità dell’aristocrazia feudale cui era profondamente le gato da solidarietà di interessi e da vincoli tradizionali il proletariato agricolo (l’aristocrazia temeva un orientamento dell’Italia verso un totalitarismo di sinistra e ne vedeva già una pratica attuazione nella politica agraria del ministro per l’Agricoltura, G ullo);15 il gravissimo disagio economico del ceto borghese, professionisti e impiegati rovi nati dalla inflazione e dalla guerra, demoralizzati e privi di speranze per l’avvenire; la gioventù e gli studenti che sfiduciati si davano alla guerra partigiana dell’EVIS; la miseria dei ceti inferiori della popola zione costretti spesso all’attività illegale del mercato nero come unica fonte di guadagno; le forze di fuorilegge non siciliani che confluivano nell’isola per destabilizzare l’ordine: si trattava di elementi per lo più ex-fascisti o repubblicani, perfettamente addestrati alla guerra; e infi ne quelle che venivano definite «influenze più o meno misteriose e occulte» tra cui massoneria e interessi stranieri.16 Per quanto riguarda il traffico clandestino di armi per la Sicilia, le indagini del Servizio Informazioni Militari riuscirono a giungere al nome di uno dei principali responsabili. Si trattava di un certo Scala o La Scala, della zona di Messina, ma il cognome era molto diffuso in provincia pertanto il capitano D i D io richiese la collaborazione dei centri SIM di Napoli, Milano e Genova. Qualche settimana dopo, il maggiore Pecorella, del centro partenopeo, comunicò che - nono stante accuratissime investigazioni sul movimento mercantile, dei
72
iv.
l ’a f f e r m a z i o n e
d e l l ’a l a e v e r s i v a
motopescherecci e intorno all’attività di spedizionieri e ditte esporta trici - non era stato possibile individuare alcuna traccia utile sul traf fico di armi e munizioni. D i D io intanto era giunto all’identità del presunto gestore del traffico: si trattava di Francesco Scala, di Nola, di circa trent’anni. Bruno, alto, vestito con una certa eleganza e con ac cento meridionale e recentemente trasferitosi a Milano, in una pen sione. Il maggiore Valentini, del capoluogo lombardo, effettuò un sopralluogo nel segnalato covo di via Pontaccio, ma non risultò esser ci alcuna pensione. Le dodici famiglie residenti nel palazzo sconosce vano del tutto Scala. Anche nel corso di servizi di piantonamento eseguiti in ore diverse nei pressi dello stabile non venne notato alcun individuo che potesse avvicinarsi ai connotati del ricercato. D ue set timane dopo il capitano del centro di Genova, Tomaselli, comunicava di aver trovato una traccia di Scala. Qualche giorno prima aveva allog giato all’albergo Britannia e Suisse in compagnia di un fiancheggiato re e successivamente aveva deciso di trasferirsi all’albergo La Veloce insieme alla sua compagna. I due si erano trattenuti solo una notte comunicando al personale la necessità di partire per Rom a la mattina seguente. Individuato, Scala venne pedinato e spiato. In una delle intercettazioni affermò che durante l’occupazione nazista, da Milano si raccoglievano munizioni e armi da spedire in Sicilia, all’EVIS. A u tocarri convergevano nei pressi del capoluogo lombardo per un pri mo carico, in seguito si recavano a Savona e infine, a m ezzo naviglio, salpavano per l’isola. Qualche settimana dopo Scala si recò a Napoli per valutare la possibilità di usare il porto come «zona di inoltro dei materiali» al posto della base sita nella riviera ligure.17 La breve indagine su Scala, trafficante di armi e quasi certamente nemmeno separatista, permise dunque di scoprire che gli armamenti utilizzati dall’EVIS non erano soltanto quelli rinvenuti in Sicilia dopo la fuga delle truppe tedesche, ma era stato organizzato un efficiente e articolato traffico clandestino di compravendita.18 2. Lo
SCONTRO SI INASPRISCE.
La
BATTAGLIA DI M O N T E
S.
MAURO
N ell’estate del 1945 si tenne un importante vertice segreto a cui presero parte Gallo, Finocchiaro Aprile, Varvaro, i fratelli Tasca, i
73
SI CI LI A C O N T E S A
fratelli Carcaci, Castrogiovanni, La Motta, Cammarata e il boss V izzini in cui si decise, nonostante le titubanze di Finocchiaro Aprile e le riserve di Varvaro, di pianificare lo scoppio di una rivoluzione armata in autunno. Informato e sollecitato da Aldisio, il governo Parri si m o strò più risoluto nella repressione del separatismo: vennero arrestati Gaetano Caudullo, operaio, Salvatore Giuffrida, studente, Matteo Farina, medico-chirurgo, Vincenzo Torrisi, studente, Ignazio Sortino, sarto e vennero eseguiti ulteriori fermi nelle settimane successi ve.19 L’Alto Commissario e il capo della polizia ritenevano insuffi ciente il numero delle forze dell’ordine a disposizione e richiesero ulteriori rinforzi di uomini e di m ezzi suggerendo di poter impiegare nel servizio di pattugliamento anche i fucilieri del battaglione Aosta.20 Il maggiore, comandante della Legione Territoriale dei carabinieri reali di Messina, Denti di Forlì, comunicò al prefetto di Catania di aver ricevuto una soffiata circa la presenza a Bosco Flascio, a sette chilometri da Randazzo, di trecento separatisti armati di cui una tren tina a cavallo. Richiesta e ottenuta l’autorizzazione per la collabora zione del battaglione misto Aosta, parti alla testa di centottanta mili tari, di una sezione di carri veloci armati e inviò due motociclisti per conoscere, prima dell’arrivo, se l’Arm a del luogo fosse in possesso di ulteriori notizie e quanta attendibilità potessero avere quelle già rice vute. Nonostante la mancanza di conferme il comandante decise di effettuare una battuta di controllo traBronte e Randazzo iniziata alle 4 del mattino del 7 luglio e terminata alle 11.30. D ei separatisti armati nessuna traccia. Ulteriori zone perlustrate furono i torrenti Flascio e Maniace e le aree Raimondo, Raimondello, Astenna, Gorgosecco, Mangione, Gattuzzo, Margiosalice, S. Paolo. I separatisti sconfinaro no nella limitrofa provincia di Messina in continuo spostamento tra Scavioli, Solazzo (Tortorici), Mangalavite (Longi) e M onte Soro (Biviere di Cesarò).21 N ell’ottobre 1945 Finocchiaro Aprile, Varvaro e l’avvocato messi nese Restuccia, ritenuto erroneamente il nuovo capo dell’EVIS, furo no arrestati e confinati a Ponza. L’assenza dei leader moderati permise all’ala eversiva di dare corso alla guerra allo Stato. Il 16 ottobre la “banda dei niscemesi” di Rosario Avila attaccò una stazione di carabi nieri di Niscemi uccidendo tre militari e nello stesso periodo Giulia
74
iv.
l ’a f f e r m a z i o n e
d e l l ’a l a e v e r s i v a
no assali e occupò le stazioni di Bellocampo, Pioppo, Montelepre, Borgetto, Falcone e per due volte tentò l’assalto al deposito di muni zioni di Villagrazia. Il colonnello evista, grazie al suo ascendente e alle sue indubbie capacità di guerrigliero, riuscì a organizzare una banda efficiente e disciplinata che godeva dell’appoggio della popola zione compresa tra Montelepre, suo paese di nascita, Partinico, M on reale e San Giuseppe Jato.22 Le modalità d’assalto erano sempre le stesse: vari elementi con armi automatiche e bombe a mano attaccavano le stazioni con l’o biettivo di trucidare i militari e devastare i locali.23 N ello stesso mese, su impulso di Attilio Castrogiovanni, Concetto Gallo, Giovanni Alliata, Lucio Tasca, Stefano La Motta e i fratelli Carcaci, venne fondato l’esercito della Gioventù Rivoluzionaria per l\Indipendenza Siciliana (GRIS) comandato da Turri Secondo. La differenza tra EVIS e G RIS era sottile ma rilevante: il primo era nato dall’intesa con il M IS e a tale movimento doveva rispondere e rendicontare le proprie attività mentre la G R IS era a sé stante, creata dalla frangia più eversiva e vio lenta che escludeva in tal modo le eventuali tendenze moderate del M IS. Questa fondamentale differenza, ovviamente, non veniva per cepita dalle forze dell’ordine che continuavano a sovrapporre le due organizzazioni chiamandole indifferentemente EVIS. Le fila della G R IS furono rimpinguate da ulteriori reclute e da altro materiale bellico: armi automatiche anche pesanti, bombe a mano, bottiglie incendiarie e cariche di dinamite. Erano frequenti gli spostamenti a cavallo e le azioni militari erano basate sulla guerriglia, con attacchi improvvisi e repentini. Colpi di mano, omicidi mirati, agguati a co lonne motorizzate, a pattuglie appiedate e assalti a piccoli distacca menti militari isolati divennero sempre più comuni. Fu compiuta anche un’azione dimostrativa contro la caserma dei carabinieri di M ontelepre che servi ad attirare rinforzi motoblindati da Palermo. La colonna di soccorso cadde nell’imboscata preparata dagli uomini di Giuliano perdendo un autocarro, un autoblindo e lamentando venti feriti. La quantità di carabinieri e di agenti di polizia si mostrava insufficiente e le forze erano quasi disarmate di fronte al numero e all’armamento dei fuorilegge. Piccoli presidi dell’Arm a con tre-cinque elementi erano costantemente esposti al pericolo di attacchi
75
SI CI LI A C O N T E S A
massicci e i soccorsi non erano sempre in grado di giungere in tempo. La quasi totalità delle stazioni era sprovvista di m ezzi rapidi di loco m ozione ed era del tutto assente il collegamento telefonico.24 Le for ze di pubblica sicurezza presenti sull’isola furono rinforzate con m ez zi e armi; venne creato l’Ispettorato Generale di Polizia per la Sicilia, comandato dal commissario Ettore Messana, e in un secondo m o mento, vista l’insufficienza dei rinforzi e la recrudescenza delle azio ni, il governo decise di impiegare il Regio Esercito nelle divisioni Aosta, Sabauda (dal 15 agosto 1946 Reggio) a cui si sarebbe aggiunta - nel febbraio 1946, per urgenti esigenze - la brigata Garibaldi della Folgore. Le azioni dei reparti militari, coadiuvate da agenti di polizia e ca rabinieri reali, ricevettero anche aereocooperazione da parte degli esigui m ezzi della Regia Aeronautica. Le Memorie Storiche delle divi sioni in questione custodite presso l’Archivio dell’Ufficio Storico del lo Stato Maggiore dell’Esercito permettono la ricostruzione della costante e determinata azione militare svolta dallo Stato in Sicilia. Il 27 dicembre 1945 informatori e appostamenti svelarono l’esistenza del campo di addestramento di contrada Santo Mauro, precisamente a quota 530 di Piano delle Fiere (Monte Moschitta) a sud-ovest di Caltagirone. La base era molto frequentata, vi si trovavano il coman dante Concetto Gallo e una sessantina di separatisti. Il gen. Attilio Lazzarini, comandante della divisione Sabauda e il gen. Fiumara, co mandante la 11 brigata, ebbero un vertice con il prefetto di Catania, con il questore e con l’ispettore di polizia, Messana. L’incontro stabili la necessità di intervenire tempestivamente con un cospicuo numero di uomini. L’obiettivo era duplice: attaccare da Caltagirone la zona di M onte Moschitta e impedire la fuga dei ribelli con una colonna pro veniente da Siracusa. Lazzarini organizzò due colonne: quella di C a tania, col compito di stanare l’avversario e catturarlo, quella di Siracu sa - schierata lungo Valle del Signore e Fosso M orogli - con l’incarico di sorvegliare le pendici ovest e sud-ovest di M onte Moschitta per sbarrare l’eventuale fuga dell’avversario. Alle 9,30 del 29 dicembre iniziava l’operazione.25 La colonna di Catania composta da cento fan ti del battaglione Aosta e duecento carabinieri, con lo scopo di aggi rare le posizioni nemiche si divideva in due reparti al bivio S. Lorenzo 76
i v. l ’a f f e r m a z i o n e d e l l ’a l a e v e r s i v a
(quota 510 m., strada Caltagirone, casa Politino): il primo, col compi to di attaccare lungo le alture immediatamente a nord della rotabile, era costituito dal battaglione Aosta e da un plotone dei carabinieri reali con due carri armati L;26 il secondo, costituito da circa duecento carabinieri, procedeva a cavallo della mulattiera e della rotabile a sud di contrada San Mauro con l’obiettivo di aggirare la posizione nemica e impegnarla da sud di Piano delle Fiere. Il primo reparto (battaglione Aosta) giunto al gomito stradale a nord-ovest di Serra Santo Mauro venne attaccato dai separatisti e sot toposto a violento fuoco di mitragliatrici appostate lungo il costone di quota 530 m. di Piano delle Fiere. N on potendo impiegare i carri arma ti per il forte pendio e persistendo l’azione di fuoco nemica, fu neces sario l’intervento dei mortai da 81 e di qualche colpo di artiglieria. Le truppe iniziarono l’avvicinamento portandosi a circa duecento metri dalla posizione tenuta dall’avversario e a nord di Piano delle Fiere in gaggiarono un conflitto a fuoco con un gruppo di guerriglieri coman dati da Gallo che veniva catturato insieme a tre suoi gregari. Nello scontro il comandante del plotone rimaneva ferito e un appuntato del l’Arma, Giovanni Cappello di Santa Croce Camerina, colpito a morte. In serata, esaurite le munizioni delle armi portatili e dei mortai, l’azione fu sospesa e riprese alle 9 del giorno seguente con un intenso fuoco di mortai che permise di stanare le forze separatiste e seque strare sei mitragliatrici Breda 37; tremila cartucce per mitragliatrice; alcuni fucili mitragliatori Breda 30 con canne di ricambio; moschetti automatici beretta in numero imprecisato; sei cavalli e bestiame bo vino compendio di precedenti furti; una Fiat 1100. Furono scoperte alcune postazioni per mitragliatrici a carattere campale con masche ramento e feritoie. Anche i reparti della colonna provenienti da Sira cusa venivano fatti segno a fuoco di armi automatiche ma la pronta reazione delle truppe faceva desistere i ribelli da ogni ulteriore azio ne. Conclusa l’operazione, alle ore 12 tutte le truppe rientravano alle rispettive sedi mentre rimaneva sul posto un distaccamento di carabi nieri reali con funzioni di P.S. (Polizia). Le perdite delle truppe go vernative erano di un subalterno ferito; un appuntato morto, un vi cebrigadiere e tre fanti feriti leggermente. Le perdite delle truppe separatiste erano di un morto, Emanuele Diliberto, e cinque feriti.
77
SICILI A C O N T E S A
In quella che sarebbe passata alla storia come la “battaglia di M on te S. Mauro di Caltagirone” erano stati impiegati in due giorni di scontro cinquecento uomini agli ordini di tre generali, m ezzi pesanti, artiglieria e mortai per stanare circa una sessantina di guerriglieri as serragliati e ben armati.27 C om e detto durante la battaglia era stato catturato il capo della GRIS, Concetto Gallo, insieme a due commilitoni: Am edeo Boni, studente liceale e Giuseppe La Mela, latitante. A l m omento dell’arre sto il comandante era in possesso di un cifrario; una lettera datata 2 dicembre; una lettera senza data; una lettera a firma “Vento”; una tessera di riconoscimento con fotografia propria ma intestata a un certo Franco Buscemi, ufficiale di marina, e avuta - a dire di Gallo da un ufficio dell’EVIS di Palermo; una patente di guida con fotogra fia propria ma intestata a Franco Buscemi, acquistata per 3000 lire.28 In un primo interrogatorio Gallo dichiarò di essere il comandante della G R IS che contava diverse brigate composte di cento uomini, ma si rifiutava di rivelarne la dislocazione e il numero preciso. O gni brigata portava il nome di un caduto dell’EVIS, quella di Caltagirone era intitolata a Rosano. Gallo, che svelò anche il nome di battaglia, dichiarava di obbedire agli ordini di un comando supremo di cui pre feriva non parlare. L’obiettivo dell’organizzazione era quello di otte nere l’indipendenza della Sicilia attraverso un plebiscito sotto con trollo internazionale e ricorrendo, se necessario, a un’insurrezione armata. Egli inoltre escludeva nella maniera più assoluta che le ag gressioni alle caserme dell’Arm a della provincia di Palermo fossero state condotte da separatisti. Inoltre, in qualità di comandante, aveva mantenuto collegamenti con il Com ando Supremo e con i coman danti di brigata a m ezzo messaggi cifrati che aveva affidato ad apposi te staffette e infine affermava che il suo esercito non compiva atti di comune criminalità, ma era sostentato dalle oblazioni volontarie e da quant’altro potesse provenirgli da atti di requisizione firmati esclusi vamente dal comandante generale. La presenza di latitanti o briganti comuni era fortuita e del tutto occasionale.29 Tra le missive sequestrate a Gallo, quella del 2 dicembre 1945 in cui il comandante era avvertito tempestivamente dell’arrivo di un contin gente militare di cinquecento uomini in procinto di attaccare le sue
78
iv.
l ’a f f e r m a z i o n e
d e l l ’a l a e v e r s i v a
posizioni. Il mittente lo incitava a diramare ordini affinché tutti i grup pi paramilitari della G R IS potessero concorrere attivamente alla dife sa del campo di addestramento. La lettera si chiudeva con un inno alla Madonna Odigitria, protettrice della Sicilia.30In una missiva successi va, l’anonimo mittente incoraggiava Gallo e lo rincuorava certo del coraggio delle milizie. Durante l’attacco delle truppe italiane, gruppi di sabotatori avrebbero creato disordini nelle varie città siciliane con lo scopo di distrarre quante più truppe possibile.31 Nella lettera firma ta da “Vento” era consigliato a Gallo di preparare un uomo insospetta to che a cavallo avrebbe potuto superare indisturbato le linee nemiche e avrebbe svolto il compito di ufficiale di collegamento; costui a sua volta avrebbe passato le informazioni a un motociclista di fiducia che avrebbe costantemente aggiornato l’anonimo “Vento”.32 Pur in pos sesso del cifrario, non è stato possibile trovare la chiave di lettura delle frasi criptate, tuttavia l’identità del referente e comandante generale fu svelata dallo stesso Gallo in un’intervista del 1974: si trattava di G u glielmo Carcaci e ciò conferma come la G RIS dipendesse direttamente ed esclusivamente dall’ala eversiva del separatismo siciliano.33 La “banda dei niscemesi”, sfuggita alPaccerchiamento di S. Mauro, attaccò per rappresaglia la stazione dei carabinieri reali di Feudo N o bile, vicino Gela, che si arrese dopo una strenua resistenza. Gli otto militari catturati vennero trucidati il 29 gennaio dopo un vano tentati vo di scambio di prigionieri per ottenere la liberazione di Gallo. A ll’intensificarsi delle azioni di guerriglia, il governo rispose in viando nuovi reparti dei Carabinieri e delle forze armate. Venne de ciso di trasferire nell’isola la brigata Garibaldi della divisione Folgore, una delle migliori, esperta in operazioni di guerra non convenziona le avendo partecipato alla guerriglia partigiana nei Balcani.34 3. L e
o p e r a z io n i d i p o l iz ia in
S ic il ia
o r ie n t a l e
L’arrivo della brigata Garibaldi - che traeva le sue origini dalla di visione italiana partigiana nata nel dicembre 1943 dalla fusione della Venezia e della Taurinense - in supporto delle divisioni Aosta e Sa bauda permise la pianificazione di operazioni militari con lo scopo di sopprimere l’eversivismo evista.351 separatisti intrapresero una cam
79
SI CILI A C O N T E S A
pagna denigratoria nei confronti delle forze dell’ordine finalizzata a diffondere nella popolazione la convinzione di una Sicilia illegittima mente occupata da forze militari straniere. Fu denunciato il rafforza mento della guarnigione e furono chiamati a raccolta i militanti per l’inizio della fase più cruenta della guerra allo Stato italiano. Su «Sicilia Martire», a firma Tirteo, venne pubblicata una poesia dialettale intitolata L'armata di li boia. La divisione Sabauda veniva considerata un’armata di assassini i cui militari erano visti, dai propri figli e dal resto del Paese, come dei paladini, dei martiri della giustizia. In realtà se tutti fossero venuti a conoscenza dei gravissimi misfatti, delle carneficine e degli abusi commessi, li avrebbero ripudiati con grande sdegno. Sabauda si chiam a, o Siculani, da’ armata d’assassini ca massacra li Palerm itani. A via n u tanta fam i, li m ischini: vu levan u lu pani e ’nveci sti surdati paladini si ci allanzaru co m u a tanti cani ccu carri armati, b u m m i e carrubini Sabauda, l’armata di Savoia, senza cuscenza e sangu ’nta li vini; iu la chiamassi “armata di li boia”, armata di li G iuda e di C aini. Q u an n u di vu i si parra, si pensa a sti ’n nu ccen ti e a lu so sangu. Eranu quasi tutti picciriddi. Q u alcu n u nun avia m ancu n o v ’anni, ora su ’m paradisu ccu li stiddi, m a .. .ristaru li granni! Ristaru chiddi granni, sissigruri, chiddi ca su di p o cu palori: su l’o m in i d’onuri c’hannu co m u ’na spina ’nta lu cori! O g n i m ortu lassa ’m p u gn u di patri: ni lasso centu, m illi, diecim ila, su reggim en ti sani, sunni squa[tri, sunnu na longa v ia ... vu i siti nenti, 80
iv.
l ’a f f e r m a z i o n e
d e l l ’a l a e v e r s i v a
iddi voan u m innitta di tutti sti nnuccenti e si sannu ju ca ri la burritta! Su’ chiddi di lu Vespru e su’ forti n on sunnu co m u a vui, fatti [ri crita; e scherzam i ju ca n n u ccu la m orti e jo ca n u schirzannu ccu la vita! Q u an n u o gn u n u di vu i torna a la casa doppu tantu schifiu, lu vostru nicu vi talfa e vi vasa ca cci pariti O rla n d u Paladinu! M a suddu ci diciti ca pri nenti tagghiastivu la facci a sta città scannannu tanti p o viri ’nnuccenti, v i sputa na la facci e si nni va!36
N ell’immaginario separatista la Sabauda era accostata a una masnada di boia impavidi da combattere con ogni m ezzo per vendicare i nu merosi caduti per la libertà dell’isola. La divisione era giunta a scaglioni in Sicilia nel dicembre del 1943 dopo aver prestato servizio in Sardegna presidiando il litorale caglia ritano contro eventuali sbarchi anglo-americani. A Palermo i nuovi compiti erano il mantenimento della sicurezza dei campi di aviazio ne, dei magazzini e delle strutture alleate; la salvaguardia dell’ordine pubblico contro la minaccia evista; la difesa contro eventuali attacchi di paracadutisti nemici e lo sminamento dei numerosi campi.37 Il co mandante della divisione era il generale di brigata Attilio Lazzarini che sarebbe stato sostituito dal generale Saporetti il 19 agosto 1946, giorno della sua morte.38 Tra il 28 e il 29 dicembre 1945 la Sabauda aveva costituito il nerbo principale dell’offensiva contro il campo di addestramento della G R IS a M onte San Mauro nell’aggiramento e nell’attacco delle posi zioni nemiche. D opo Xescalation di violenza da parte dei nuclei sepa ratisti, venne massicciamente impiegata in ausilio alle forze dell’ordi ne. Tra il gennaio e il marzo 1946 furono pianificate le cosiddette “Operazioni di polizia in grande stile” ossia ampie azioni di rastrella mento finalizzate alla cattura di latitanti, banditi, separatisti e al se questro di armi illegalmente detenute. In totale sarebbero stati con 81
SI CILIA C O N T E S A
dotti ventuno cicli, tredici in Sicilia centro-orientale, otto nel versan te occidentale. Per quanto riguarda le operazioni a est, sarebbero state: la prima nella zona di Niscemi; la seconda, pur rimanendo in territorio niscemese, era allargata a Caltagirone, Gela, Biscari e Vitto ria; la terza azione ovvero “operazione B ” suddivisa in due aree, la prima su S. Cono, Sottato, Serra Cutunnu, Contrada Ursitto (nord e nord-ovest di Niscemi), la seconda su Castel Judica, M . Turcisi, C on trada di Sferro (ovest e sud ovest di Paterno). La quarta azione, detta anche “operazione i” su S. Cono, S. Mauro, Bosco S. Pietro e Nisce mi; la quinta azione, ossia “operazione n”, spostava il baricentro più a nord-est e si concentrava su Andrano e Bronte; la sesta azione allar gava il controllo in quell’area e in particolare all’itinerario CataniaMascalucia-Belpasso-Santa Maria-Biancavilla-Carcaci-Troina-Ceram i-Nicosia-Catania-M isterbianco-Paternò-Regalbuto-Agira-Nissoria-Leonforte-Nicosia. C on la settima azione si tornava su Castel Judica e Sferro; nell’ottava azione si riprendeva a battere il territorio di Niscemi e Biscari (oggi Acate); nella nona azione la rotabile tra Catania e Lentini; con la decima azione si rastrellava la zona a sud di Catenanuova; nell’undicesima azione, posti di blocco notturni e diurni nella zona di Niscemi, Biscari e Caltagirone; nella dodicesima, i monti Altesina e Altesinella e infine nella tredicesima azione veniva battuta la zona boschiva fra Cesarò e il lago Biviere. Nelle direttive di massima, il generale Maurizio Lazzaro de Castiglioni, comandante interinale del Com ando Militare Territoriale di Palermo, precisava le due modalità di rastrellamento da attuare: «ra strellamento a maglie», la zona veniva ripartita in maglie. D opo accu rato studio sulla carta topografica, si fissava una rete di posti di blocco e di osservazione circoscrivente tutta la zona (posti di blocco nei pun ti di convergenza delle vie di comunicazione, posti di osservazione nei punti dominanti). Durante la notte si occupavano i posti di blocco e i posti di osservazione e alle prime luci si iniziava il rastrellamento contemporaneo di tutte le maglie. «Rastrellamento a pettine»: stabi lita la zona si fissavano delle basi di partenza in cui si attestavano, durante le ore notturne, le truppe. Partendo da queste basi si proce deva contemporaneamente a “pettine” puntando su un unico punto di riunione delle forze impiegate. 82
iv.
l ’a f f e r m a z i o n e
d e l l ’a l a e v e r s i v a
I paesini venivano circondati nelle ore notturne e, imponendo il coprifuoco, all’alba iniziava il controllo di ogni abitazione, di ciascun individuo ed era vietato alla popolazione di uscire di casa durante tutta la durata dell’operazione che in media si sarebbe protratta per l’intera giornata. Sarebbero stati fermati e condotti nei commissariati vicini tutti gli uomini validi dai 18 ai 50 anni. In caso di presenza di individui sospetti, le forze dell’ordine erano tenute sparare un primo colpo intimidatorio in alto e nell’eventualità di reazione o fuga erano autorizzate a sparare ad altezza uomo. Si raccomandava inoltre il massimo rispetto per la proprietà e per i beni domestici.39 Il ministro dell’Interno, Romita, ribadiva di non allargare troppo le repressioni che andavano limitate alle sole persone direttamente coinvolte nelle azioni criminose e ai loro fiancheggiatori immediati.40 I carabinieri ebbero disposizioni tassative di non sparare mai per primi, comun que di non agire se non in stato di necessità. Per quanto riguarda la Sicilia centro-orientale, tra il 10 gennaio e il 10 aprile furono condotte tredici operazioni, alcune delle quali aereocooperate.41 Le zone più battute furono il “triangolo” Niscem i-Caltagirone-Vittoria area in cui operava l’efferata banda di Rosario Avila, Gela, Lentini e i dintorni di Catania. In media le unità impiegate erano circa quattrocento, munite di pezzi d’artiglieria leggera e carri armati leggeri, tipo L. Oltre ai rastrellamenti, era previsto l’appronta mento di posti di blocco, sbarramenti stradali e pattugliamenti a sco po esplorativo. Secondo le indiscrezioni la “banda de’ niscimisi” era costituita da tredici elementi armati di mitra, moschetti e qualche bomba a mano. Generalmente i membri solevano muovere a cavallo, qualche volta a piedi. Alcuni indossavano pastrani grigioverdi, altri la divisa kaki americana e i giovanissimi una cintura chiara con giubbetto all’ingle se. Secondo gli identikit, due membri portavano la barbetta, uno era di piccola statura con vistosa ferita fra il collo e la mandibola. Era inoltre importante fermare un ragazzo di 14 anni chiamato Rosario - garzo ne presso tale Giovanni Tortorici da Comiso, in contrada Sferruzza, nel territorio di Biscari - in quanto fiancheggiatore e importante tra mite della banda. Infine, altra località da controllare sarebbe stato l’abbeveratoio di Apa (strada Niscemi-Caltagirone), posto di appun
83
SI CILI A C O N T E S A
tamento fra i banditi e i loro parenti e amici di Niscemi.42 Nonostan te le meticolose azioni di polizia, non fu rinvenuta alcuna traccia del la banda che poche settimane prima aveva assaltato, con bombe a mano e raffiche di mitra, la stazione dei carabinieri di Feudo Nobile trucidando i militari.43 La sera dell’n gennaio, verso le ore 19, una pattuglia di fanti al co mando del sottotenente Piotti venne attaccata da “Canaluni” (Avila) e altri uomini a cavallo in contrada Carrubba. La truppa fu colta di sorpresa e il giovane comandante venne ferito a morte.44Era la prima vittima delle operazioni in territorio niscemese. Nonostante la battu ta d’arresto, l’azione di polizia prosegui e si concluse con il fermo di alcune decine di persone sospette e il sequestro di numerose armi portatili e munizioni.45 N egli stessi giorni a Vittoria, i carabinieri e gli agenti di polizia ingaggiarono un violento conflitto a fuoco presso la fattoria Polizzi che venne espugnata dopo un giorno di scontri, grazie all’arrivo di ulteriori rinforzi da Caltanissetta e Caltagirone. Si tratta va di un “covo caldo” in cui furono rinvenuti armi leggere e pesanti, sette cavalli, munizioni, zaini di sanità, vestiario militare e distintivi separatisti. Anche in questo caso il proprietario della fattoria dichiara va di non conoscere i malavitosi di Niscemi. Comm entava il capitano D i Dio: «I carabinieri, ligi al dovere, m uoiono sul posto, ma il loro sacrificio si dimostra inutile perché i delinquenti bene armati e pro tetti dall’omertà riescono costantemente a sfuggire anche quando ciò sembrerebbe impossibile [.. .]».46 Il comandante Lazzarini si mostra va, invece, entusiasta, elogiava l’azione dei reparti e ribadiva che le azioni di rastrellamento, anche se non avessero ancora debellato la minaccia dei separatisti e dei briganti, provocavano tuttavia un indub bio sbandamento nelle fila nemiche.47 Apprezzava inoltre l’efficiente aereocooperazione che guidava le truppe nel territorio impervio e sconosciuto. In alcune operazioni, come quella su Adrano e Bronte, si giunse a spiegare un numero di forze davvero notevole: ben sette cento uomini, quattordici pezzi d’artiglieria, ventiquattro mitraglia trici, trentasei fucili mitragliatori, cinquanta moschetti automatici, ventiquattro autocarri, m ezzi vari e animali da soma.48Venivano fer mate molte persone, numerose armi sequestrate, ma i latitanti conti nuavano a sfuggire. L’abbondanza dei fermi sarebbe stata spiegata 84
iv.
l ’a f f e r m a z i o n e
d e l l ’a l a e v e r s i v a
chiaramente dal colonnello Ravnich, comandante della Garibaldi: «Non potevo sperare su informazioni da parte dei nativi data la par ticolare psicologia siciliana e perciò dovevo per forza abbondare nei fermi di persone sperando che nella massa avremmo potuto trovare qualche individuo interessante ai nostri fini».49 N el corso della “Setti ma azione” su Castel Judica, visti gli scarsi risultati, il generale Lazzarini rese noto che l’Ispettorato Generale di Polizia avrebbe elargito un premio di 20.000 lire per ogni componente della banda di Niscemi catturato o ucciso e 500.000 per il boss.50 Le ultime operazioni in Sicilia orientale furono condotte alle pen dici dei monti Altesina e Altesinella e nella zona boschiva nei pressi del lago Biviere. Raccomandava il comandante: Il p osizion am en to avverrà durante le ore notturne, il rastrellam ento alle p ri m e ore dell’alba anche in questo caso vietato fum are, accendere fuochi, fari spenti p er elem en to sorpresa. Totale u o m in i im piegati 500. M assim a discipli na e rispetto proprietà privata. A tte n zio n e che alle p rim e luci dell’alba ci sa ranno carbonai intenti a lavorare, procedere com un que al loro ferm o, senza fargli perdere troppo tem p o .51
Il 16 marzo 1946, in concomitanza con l’inizio dell’“Ottava azione” in zona Niscemi-Biscari, fu rinvenuto il cadavere di Rosario Avila, con ampia e profonda ferita alla testa, nei pressi della rotabile NiscemiGela. Evidentemente la cospicua taglia posta qualche giorno prima aveva sortito l’effetto sperato e, nonostante molti sospetti, nessuno mai avrebbe rivelato il nome dell’esecutore del delitto.52 Decapitata la banda dei niscemesi, le operazioni di polizia si spo starono in Sicilia occidentale. Cinque mesi dopo l’inizio delle opera zioni Lazzarini mori a seguito di un incidente automobilistico sulla via Appia, a 6 km. di distanza dal bivio verso Terracina. Il generale si stava recando da Messina a Roma in compagnia dell’attendente e dell’autista alternandosi con loro alla guida. Giunti al chilometro 73.300 della via Appia, nel territorio del comune di Pontinia, Lazzari ni, probabilmente colto da sonno per la stanchezza dovuta alle 27 ore di viaggio, perse il controllo dell’autovettura militare Fiat 1500 schian tandosi contro un albero posto sul ciglio sinistro della strada. Traspor tato d’urgenza all’ospedale da un autobus di linea che transitava nella
85
i. O perazioni di polizia in grande stile. In grigio chiaro l’area delle principali località coinvolte in Sicilia occi dentale; in grigio scuro quelle in Sicilia orientale.
i v. l ’a f f e r m a z i o n e d e l l ’a l a e v e r s i v a
stessa strada, mori poche ore dopo per frattura alla base cranica e per violento trauma al costato, mentre i due sottoposti riportarono ferite guaribili in una ventina di giorni.53 La notizia della morte del genera le fu accolta con piacere dai separatisti che ritennero l’incidente una punizione “divina” per aver guidato le divisioni italiane nei rastrella menti siciliani. 4. L e
a z io n i in g r a n d e s t il e in
S ic il ia
o c c id e n t a l e
Tra le principali minacce da debellare, restava pienamente opera tiva a ovest la banda Giuliano. Venne disposto il coprifuoco - che sarebbe durato fino al 19 mag gio - nei comuni di Montelepre, Partinico, Borgetto e Giardiniello. I militanti della G R IS risposero con l’attacco di un autom ezzo dell’e sercito a San Cataldo che provocò la morte di quattro soldati e il feri mento di tre. Furono assaltate le polveriere di Scalilli e Villagrazia, prontamente difese dal 6° Aosta, venne assalito il treno Palermo-Trapani e rapinati i passeggeri, fu tentata la presa del carcere di Monreale, si cercò vanamente di sabotare un trasmettitore radio a Palermo, ven nero attaccati l’aeroporto di M ilo e l’accampamento militare di M on telepre. Ai rastrellamenti delle forze dell’ordine i guerriglieri rispon devano con attacchi e ritorsioni a sorpresa.54 In soli quaranta giorni Giuliano compì oltre venti aggressioni gravi. Fu assalito l’accampa mento dei carabinieri a San Mauro e la casarma di Grisi, dove sulle pareti dei locali devastati furono scritte frasi inneggianti al giovane boss. Poi fu la volta della stazione di Pioppo, l’assalto a una corriera di Partinico con l’uccisione di un carabiniere, l’aggressione a reparti m i litari di San Cataldo con l’uccisione di tre uomini e il ferimento di altri quattro. Pochi giorni dopo una nuova aggressione a una camio netta, che venne data alle fiamme, e il pestaggio di un cappellano militare. C om e nel “wild west” fu anche assalita una locomotiva in transito da Trapani a Palermo. A contromisura fu istituito il Presidio di Montelepre per far fronte ai recenti attacchi e vennero inviati nuovi rinforzi. Mentre le truppe prendevano posizione, vennero improvvisamente attaccate da un numero imprecisato di uomini che, dalla parte nord-ovest del paese,
87
SICI LI A C O N T E S A
esplose colpi di arma automatica uccidendo due carabinieri. Dopo lo scontro a fuoco i fuorilegge si dileguarono nelle campagne circostan ti approfittando del crepuscolo. Altri violenti conflitti si verificarono nei pressi di M onte Calcerame dove due compagnie fucilieri e un plotone mortai vennero nuovamente ingaggiati dagli avversari, re spinti senza alcuna perdita. Stante i numerosi assalti, il comando militare di Palermo decise di inviare un’altra compagnia a Montelepre attraverso l’itinerario Paler mo, Sferracavallo, Terrasini, Partinico. A ll’altezza di Poggio Cavallo, la compagnia diretta a Partinico fu attaccata di sorpresa dalle alture circostanti. Furono feriti il capitano Riccardo Zanca, in seguito sotto posto all’amputazione del braccio destro, e un fante. La compagnia reagì prontamente, l’artiglieria apri il fuoco contro le alture e venne ordinato il rastrellamento immediato della zona che portò al fermo di ventidue persone sospettate di aver preso parte all’attacco o comun que di avere favoreggiato gli aggressori.55 Ulteriori compagnie vennero inviate da Palermo. Durante la mar cia vennero bersagliate dalle alture circostanti e furono costrette a trincerarsi in attesa di rinforzi. Solo dopo ventiquattrore di fuoco, riu scirono a forzare gli sbarramenti nemici, raggiungere Montelepre e procedere al rastrellamento. Durante le perquisizioni una famiglia tardò ad aprire la porta. I militari forzarono l’ingresso e inseguirono un uomo che provava a scappare per i tetti delle case circostanti. Il fuggiasco fu ferito e arrestato. Si trattava dello zio di Salvatore Giulia no, come il nipote uno dei principali latitanti della zona. “T u ri” (Giu liano) reagì al duro colpo attaccando una compagnia del 1390 reggi mento nei pressi di Pian dell’Occhio. Lo scontro durò un’intera notte e si concluse con la fuga degli uomini di Giuliano e la morte di quat tro militari. Furono rimossi i prefetti di Caltanissetta, Agrigento e Messina e fu inviato il generale dei carabinieri Branca, con poteri speciali. Fu posta la taglia di 800.000 lire per la cattura di Giuliano e si decise di non diffondere le notizie degli attacchi nemici al fine di sminuirne la portata e non impressionare l’opinione pubblica.56 Il ministro dell’Interno, Romita, commentava: «Era davvero trop po! Posi su Giuliano la taglia. N on mi attendevo risultati positivi, ma confesso che non mi attendevo neppure quella che fu l’immediata 88
i v. l ’ a f f e r m a z i o n e d e l l ’ a l a e v e r s i v a
reazione del fuorilegge: una taglia sulla mia testa! D ue milioni di lire a chi mi avesse consegnato a lui “vivo o morto” ».57 L’u febbraio ini ziavano otto cicli di «operazioni in grande stile in Sicilia occidentale». La prima azione era su Lo Zucco e Sagana; la seconda più a sud, Camporeale e Corleone; nella terza veniva battuta l’area di M onte Mirto, Piana degli Albanesi. La quarta aveva come obiettivo M . Scuro e Prizzi; nella quinta le operazioni si spostavano a ovest, su Alcamo e Gibellina; nella sesta, detta anche “occidentale A ”, Capo S. Vito e M onte Sparagio; nelle ultime due azioni si tornava nell’area paler mitana, la settima nei dintorni del capoluogo, l’ottava su Rocca Busambra. Si iniziava alle ore 6 m entre il paese ignaro dorm iva tranquillam ente. Pattu glie a piedi, su cin golette, su autocarri, in breve tem p o circondavano il paese a stretto raggio, m entre i carabinieri rinforzati da soldati e già suddivisi in nuclei, piom bavan o in paese p er iniziare le perquisizioni. O g n i pattuglia, ogn i n u cleo aveva il suo com p ito stabilito. C o n sorpren dente rapidità e p erfetto sincronism o tutti gli organi si erano m essi in fu n zio ne. Intanto al di fuori del paese, a largo raggio, si dava in izio alle p erq u isizio ni dei casolari.58
Anche in questo caso lo scopo dei rastrellamenti era dimostrare ai banditi che la montagna non fosse un rifugio sicuro e inaccessibile alle forze dell’ordine; scompaginare e disorientare l’organizzazione nemica e provocare disagi soprattutto logistici; dimostrare alle popo lazioni che, con il favoreggiamento a Giuliano, avrebbero attirato frequenti azioni di polizia e perquisizioni con i conseguenti disagi; fermare molti sbandati potenziali reclute della banda.59 In media gli uomini impiegati in ogni operazione furono circa 1500 e le aree coinvolte quella palermitana e trapanese. I cicli furono caratterizzati da continue segnalazioni e false notizie che costrinsero continuamente i reparti a spostarsi da un’area all’altra.60 Fu segnalata la presenza di Giuliano e dei componenti della banda in una masseria nei pressi di Camporeale, mentre le compagnie rice vevano istruzioni e si pianificava l’irruzione, giunse un’altra informa zione riservata che assicurava la presenza del latitante in una fattoria poco distante da Corleone. Le autorità pertanto furono costrette a 89
SICILI A C O N T E S A
organizzare due operazioni e frammentare il contingente a disposi zione, circa 1350 soldati e duecento carabinieri.61 L’azione scattò all’al ba del 14 febbraio. Furono fermati duecentocinquanta individui e sequestrati una trentina tra fucili da caccia, da guerra e granate. N es suna traccia dei ricercati. Il comandante Lazzaro de Castiglioni affer mava che il rastrellamento sui due paesini, se pure aveva dato un esito modesto, era servito a impressionare la popolazione e spaventare la banda.62 Le operazioni in realtà investivano zone troppo ampie rispetto agli uomini a disposizione; i posti di blocco erano pochi e troppo distan ziati e le falle nel sistema di rastrellamento permettevano ai latitanti, favoriti dalla perfetta conoscenza del territorio e da innumerevoli appoggi, di fuggire agevolmente confondendo le ricerche. N on ci furono contatti con i fuorilegge, ma a Prizzi venne fermato un certo Antonino Pecoraro per detenzione non autorizzata di armi. Il fratel lo, segretario prefettizio, cercò di convincere il sottotenente Muraca a limitarsi al solo sequestro delle armi dichiarando di averle trovate per strada e procedere cosi a scagionare e rilasciare Antonino. Poche ore dopo intervenne vanamente anche il sindaco. Le forze dell’ordi ne ritenevano che Pecoraro e gli uomini fermati insieme a lui - circa una quindicina - facessero parte di un’organizzazione a carattere ma fioso pertanto nonostante l’intercessione delle principali autorità lo cali, i sospettati furono arrestati in attesa di ulteriori accertamenti.63 Per comprendere appieno il clima in cui avvenivano i rastrella menti, è emblematico un passaggio di uno dei rapporti di Ravnich: I paesani, sbigottiti da tanto rum ore, tim idam en te si affacciavano alle porte e finestre p er ritirarsi im m ediatam en te im pauriti. A lcu n i che credevano p o ter uscire e recarsi in cam pagna co m e di con su e to ven ivan o rim andati indietro; a m alincuore riprendevano la via del ritorno p er rintanarsi nelle loro casupole. C o s i le vie rim anevano deserte p er 13 ore, dalle 6 alle 18. A lle 18, tolto il blocco, la p o p o lazio n e si riversava fuori delle abitazioni, in cerca di acqua di cibo con evidente senso di sollievo, m a ancora piena di paura.64
Le operazioni dell’ottavo ciclo procedettero tra attacchi alle colonne e blitz fallimentari tanto da provocare un certo avvilimento nei mili 90
iv.
l ’a f f e r m a z i o n e
d e l l ’a l a e v e r s i v a
tari. Le truppe inoltre lamentavano lo stato delle calzature che a cau sa del ritmo sostenuto delle operazioni era pessimo. N elle sue lucide osservazioni Ravnich richiedeva immediatamente cinquanta paia di scarpe nuove e non le solite vecchie calzature riparate e rattoppate che non avrebbero retto i ritmi incalzanti delle operazioni. Questo problema contribuiva in maniera determinante a rendere negativo il morale degli uomini che - nonostante i toni trionfalistici dei coman danti - reputavano fallimentari le operazioni a causa delle continue fughe dei ricercati. Il colonnello richiedeva ulteriori carabinieri e po liziotti da impiegare nelle perquisizioni onde evitare di fare abuso dell’utilizzo dei militari che già iniziava a irritare la popolazione.65 Il comandante dei carabinieri, Lazzaro de Castiglioni, lamentava inve ce che le truppe avessero una sola uniforme inadatta per l’umido del le montagne e per dormire all’addiaccio (quote fino oltre i 1000 m e tri) con tempi piovosi e temperature rigide (neve anche a 500 metri di quota).66 L e azioni, co m e sem pre, avevano avuto il risultato di cogliere tra i ferm ati qualche in dividuo avente conti in sospeso colla giustizia. N u lla p erò di im portante. U n vero problem a è diventato orm ai quello delle calzature e le o p erazio ni a ritm o accelerato n on p erm etto n o una sollecita riparazione di quelle guaste. D ’altro canto la sostituzione di quelle calzature dichiarate si p u ò avere solo con vecch ie scarpe riparate, che oltre ad essere contrarie alle n orm e di igiene, hanno una durata lim itatissim a. C h ie d o solo 50 paia di scarpe nuove, il che sem bra im possibile ottenere! Il m orale della truppa risente in senso negativo in con segu en za di queste ricerche che cadono quasi sem pre nel vu o to e che, p er quanto alla truppa stessa si spieghi il contrario, fanno apparire le azioni quasi inutili.67
La banda Giuliano continuava a dare molto filo da torcere alle forze armate. Sotto la guida del suo capo operò con intelligenza tattica e strategica di un vero reparto paramilitare. Forte di un esteso sistema di informazione e sfruttando le incertezze esistenti fra i comandi av versari, condusse vere e proprie battaglie, imponendole sempre sul terreno più favorevole. Raramente le forze dell’ordine ottenevano informazioni specifiche e immediate; il più delle volte si trattava di 91
SICI LIA C O N T E S A
indicazioni vaghe su zone “endemiche” di banditi. Nonostante i toni ottimisti dei comandanti, Giuliano rimaneva allo stesso tempo inaf ferrabile e onnipresente; custode di gelosi segreti che a distanza di anni ne avrebbero decretato la morte. Nelle azioni in grande stile nella Sicilia occidentale furono ferma ti 2083 individui sospetti e sequestrati 3 cannoni da 47/32, 96 fucili da guerra, 3 fucili mitragliatori, 2 mitragliatrici, 2 mitra, 46 pistole, 153 fucili da caccia e 248 bombe a mano. Anche se la banda Giuliano non era stata sgominata, era stato dato un forte segnale. Entro la fine dell’anno sarebbero state scoperte 200 associazioni a delinquere, 1176 fuorilegge arrestati e 19 uccisi. Il comandante della divisione Aosta affermava dunque che le operazioni non avevano avuto risultati cla morosi, ma era stato possibile dimostrare ai fuorilegge che la monta gna non era un rifugio inviolabile; si erano scompaginate e disorien tate le formazioni nemiche; e si era dato un forte messaggio alla po polazione dell’isola.68 L’impiego massiccio di forze, tuttavia, aveva bisogno di una vasta e ben organizzata rete informativa e di meticolose indagini che avreb bero permesso interventi rapidi e precisi su obiettivi accertati, evitan do di sfiancare le truppe in estenuanti operazioni e indisporre la po polazione con prolungati e reiterati rastrellamenti. Per quanto riguarda l’armamento, si poteva rilevare la grande uti lità del moschetto automatico e del fucile mitragliatore; la scarsa uti lità della mitragliatrice, perché non impiegabile negli scontri improv visi e ravvicinati e poco efficace negli scontri di maggiore sviluppo dati i numerosi ripari naturali a disposizione del nemico; grande effi cacia, soprattutto morale, del mortaio (in particolare il modello ’81); buona l’efficienza del cannone anche se di difficile impiego in azioni in terreno accidentato e con grande frazionamento dei reparti. In questo caso sarebbero stati più utili pezzi di piccolo calibro (47/32), facilmente trasportabili e maneggiabili; scarsa efficacia del carro L a causa delle anfrattuosità del terreno. Per quanto concerne i m ezzi di trasporto, le carrette cingolate si erano rivelate molto utili anche per servizi di collegamento; era stato importante l’impiego degli auto mezzi, specie per rapidi spostamenti e attacchi a sorpresa; non erano stati impiegati, per mancanza di disponibilità, i quadrupedi da soma 92
iv.
l ’a f f e r m a z i o n e
d e l l ’a l a e v e r s i v a
che peraltro sarebbero stati utilissimi soprattutto nelle zone imper vie. Per il collegamento, erano stati utilizzati con discreto rendimen to i m ezzi radio ma era stata grave la deficienza di pile, risolta in parte solo ai primi di marzo. Si era verificata l’impossibilità di usare m ezzi a filo volanti mentre particolarmente utile e proficuo era stato l’uso di cifrari speditivi ossia lettere cifrate. D i efficace ausilio si erano rivela te le linee telegrafoniche permanenti civili; molto utile, e spesso indi spensabile, l’impiego dei razzi da segnalazione (in particolar modo erano stati utilizzati dai reparti del reggimento Garibaldi) ed efficien te l’appoggio degli aerei per collegamento tra le colonne e i comandi mediante carro radio (fornito dalla Regia Aeronautica) o segnalazio ni con messaggi dell’aereo e teli da terra.69 N ell’aprile del 1946, a conclusione delle «operazioni di polizia in grande stile», il reggimento di fanteria Garibaldi venne trasferito nell’Appennino pistoiese per le esercitazioni estive.70 Avila era stato ucciso, Giuliano infastidito e disturbato nel “suo” territorio. Per quanto riguarda la G RIS, catturato Gallo, dispersi in una clandestinità difensiva gli esigui nuclei, si affievoliva l’azione eversiva.
93
V LA T R A T T A T IV A S T A T O -S E P A R A T IS M O
1.
A
b b o c c a m e n t i e in c o n t r i se g r e ti
N ell’autunno del 1945 l’arresto di Finocchiaro Aprile, Varvaro e Restuccia aveva notevolmente ridimensionato l’ala moderata del M IS permettendo alla frangia eversiva, capeggiata dai nobili Carcaci e Tasca, di affermarsi e condurre una violenta guerra nei confronti dello Stato e delle sue istituzioni. D opo l’iniziale disorientamento delle forze dell’ordine - dovuto ai frequenti attacchi improvvisi delle bande aderenti prima all’EVIS, poi alla G R IS - il Governo, su indica zione dei vertici militari, dell’Ispettorato Generale di P.S. e dell’Alto Commissario, aveva deciso di rafforzare i contingenti con l’impiego dei reparti dell’esercito (Aosta, Sabauda), ulteriormente irrobustiti dall’intervento della brigata di fanteria Garibaldi. La battaglia di M onte S. Mauro di Caltagirone, avvenuta il 29 di cembre 1945, aveva ridimensionato l’esercito separatista, privato del proprio comandante, Concetto Gallo. La morte di Rosario Avila, l’arresto di diversi componenti della banda Giuliano e i ventuno cicli di operazioni di polizia in Sicilia, tra gennaio e aprile 1946, ridimen sionarono drasticamente la frangia eversiva costringendo gli esigui nuclei a una clandestinità ormai pressoché difensiva. Durante le operazioni in grande stile, su impulso governativo era stato creato e si diffondeva il M ovim ento Antiseparatista Siciliano (MAS) con sede a Brindisi, il cui scopo era quello di aggredire politi camente il M IS sostenendo - con argomentazioni di carattere stori co, politico ed economico - la necessità ineluttabile di continuare a mantenere la regione legata all’Italia. Il leader del nuovo movimento era l’insegnante trapanese Giuseppe Amilcare Oddo. N on esisteva un vero e proprio comitato ma un “centro” composto dal vicediretto re Giovanni Tarantini, dal segretario Giuseppe Virzi e dal direttore amministrativo, Um berto D e Cesare. Ulteriori membri erano Alfio Gerrera, Emanuele Quarta, Tommaso D e Giorgi, Luciano Carpitel-
94
V. LA TRATTATIVA ST A T O- S E PARA T I S MO
lo, M ichele Adorna, Giuseppe Petraroli, N icolò Ainis e Alessandro Cosimi. Era stata inoltre fondata la testata quindicinale «Il popolo dei vespri», organo di stampa del movimento, con una tiratura di 10.000 copie. N ei mesi successivi il M ovim ento Antiseparatista Siciliano aveva assunto il nome di M ovim ento per l’Unità d’Italia, combatten do ogni forma di separatismo tendente a staccare dalla madrepatria qualsiasi parte di territorio nazionale.1 Oltre agli attacchi militare e mediático, il M IS constatava ulterior mente il proprio isolamento internazionale. D opo il passaggio delle consegne al governo italiano e soprattutto a seguito della nomina ad A lto Commissario di Salvatore Aldisio (23 luglio 1944) - che aveva energicamente chiesto e ottenuto il congedo della Commissione A l leata - il separatismo divenne una questione esclusivamente italiana. Nonostante i numerosi appelli agli emigrati in Am erica e il Memoran dum di San Francisco, gli accordi di Jaita posero fine all’agognato so stegno politico-militare statunitense. Prova ulteriore delPallontanamento americano fu la condotta di Lucky Luciano - controllato dal SIM che lo seguiva indagando sugli eventuali collegamenti con i separatisti - nel suo viaggio in Sicilia nella primavera del 1946.2 Proveniente da Roma, una prima volta giunse a Palermo il 19 aprile 1946 ripartendo per la capitale il 4 mag gio successivo. Tornò nuovamente a Palermo il 18 maggio stabilen dosi all’hotel des Palmes insieme alla sua amante, Virginia Massa, che qualche giorno dopo riparti per Roma, mentre Luciano continuò a cambiare continuamente abitazione. Durante il soggiorno nell’isola, la questura locale arrestò il gangster che venne rimesso immediata mente in libertà grazie all’intervento di un certo Giovanni Balsamo, impiegato dell’ambasciata americana a Roma. I pedinamenti del SIM rivelarono gli abboccamenti del boss con un commerciante ex emi grato in America, esponente della mafia locale e ricercato negli States per traffico di stupefacenti; un pregiudicato per associazione a delin quere; un avvocato, pretore onorario di Palermo e docente; l’ex sin daco di Monreale; altri noti esponenti di cosche locali; un giornalista; un ten. col. dell’esercito americano in congedo.3 Gli incontri di Lu ciano - destinati in particolare all’organizzazione di un traffico di prostituzione Europa-America - avvennero prevalentemente con
95
SICILIA C O N T E S A
esponenti della mafia locale, mentre non fu appurato alcun contatto con i separatisti, a conferma dell’allontanamento americano nei con fronti del M IS. Nella primavera del 1946, stante la grave situazione in cui versava il movimento - la cui carica eversiva non era del tutto assopita - e la decisa risposta dello Stato, si giunse all’avvio di trattative segrete tra il Governo e i separatisti. In particolare si cercava l’accordo per due motivi: per ottenere immediatamente l’agognata pacificazione socia le e soprattutto per utilizzare il M IS in chiave anti-sinistra, raggiun gere l’intesa con le classi dirigenziali, nobiliari e alto-borghesi per creare un fronte anticomunista a cui aggregare anche i mafiosi, tra cui in primis Giuliano. Q uesto dato emerge chiaramente da un rapporto del SIM del 15 marzo: «È mia convinzione, la quale è il risultato dei miei colloqui con il Tasca ed il Vizzini, che il M ovim ento per Indipendenza Sicilia na non ha più tendenze separatiste; ma tutto è ora improntato sul campo politico dell’autonomia, con tendenze monarchiche e di de stra e tutto avversa ai partiti di sinistra».4 Il Vizzini a cui si riferiva l’agente era Calogero Vizzini, “D on C alò”, boss della cosca maliosa di Villalba. Finocchiaro Aprile, confinato a Ponza, divenne garante del profondo mutamento del M IS: autonomia regionale e abbandono dell’orientamento indipendentista. U no dei principali fautori dell’accordo Stato-Separatismo era il ministro dell’Interno Giuseppe Romita. N elle sue memorie scrisse che non appena divenuto ministro ebbe un incontro con il fratello di Andrea Finocchiaro Aprile al quale si rivolse garantendo la futura li berazione del leader separatista a patto della fine della guerriglia sici liana. A l proposito ebbe rassicurazioni: «Mi incontrai segretamente con numerosi esponenti. Avevo al riguardo persone fidate, che tene vano i contatti. Volevo parlare con i ricercati dalla polizia. In un primo m omento questi avevano paura. Ed io per la mia carica avrei potuto farli imprigionare non appena fossero entrati in contatto con me».5 Si comprende dunque l’iniziale diffidenza separatista che ben presto mutò in fiducia. I più temerari accettarono gli abboccamenti e non accadde nulla; anzi la sorveglianza su di loro andò allentandosi.6 A l lora anche altri accettarono gli incontri. Il risultato fu incoraggiante, 96
V. LA TRATTATIVA ST A TO- S E PARA TI S MO
superiore a qualunque aspettativa. Il ministro dell’Interno, capo della polizia e della lotta al separatismo, non era più visto come un nemico, ma un interlocutore con cui intavolare accordi. D opo tre anni di agi tazione e un anno di guerra civile, giungeva la provvidenziale svolta politica. A i negoziati, che si svolgevano nella massima segretezza, prese parte anche un ufficiale superiore inglese della Military Mission to thè Italian Arm y di Palermo. N elle settimane successive, per incarico espresso dal generale Fiumara e accompagnati dal colonnello Vagliasindi (delegato dallo stesso generale), partirono da Palermo diretti a Catania il cav. Lucio Tasca, Ping. Vaccaro e l’aw . Sirio Rossi. Stante la detenzione di Finocchiaro Aprile, l’invito del generale aveva lo scopo di convincere Tasca a divenire il mediatore tra Stato e separatismo siciliano e convocare, quanto prima, una riunione del Comitato N a zionale del M ovim ento per proporre la trattativa. L’incontro tra il generale Fiumara e Tasca avvenne in località riservata; quest’ultimo accettò la proposta e si impegnò a convocare il summit solo se avesse avuto il riconoscimento di riunione legale. Il generale garanti la sicu rezza e l’incolumità dei pervenuti all’incontro che si tenne qualche giorno dopo a casa del duca di Carcaci. Erano presenti: il cav. Lucio Tasca; l’ing. Vaccaro; l’aw . Sirio Rossi; il cav. Calogero Vizzini; l’on. Rindone; l’on. Bruno di Belmonte; l’aw . Nicolosi Tedeschi; l’aw . Castorina e Franz, duca di Carcaci. Il comitato era presieduto da Rindone. Furono esaminate la situazione dell’isola, le condizioni del M IS, la deriva della lotta armata e la pro posta di negoziato avanzata dal Governo. D opo un animato dibattito, per la pacificazione della Sicilia e la rinuncia alla lotta armata, il comitato formulò le seguenti richieste che prevedevano la liberazione immediata di tutti gli arrestati per ragioni inerenti al movimento per l’indipendenza della Sicilia; l’im mediato rilascio e rimpatrio dei confinati di Ponza, Finocchiaro Apri le, Varvaro, Restuccia; la restituzione al M ovim ento delle sedi e rico noscimento delle libertà di stampa e di riunione; la nomina dell’Alto Commissario e di tutti i prefetti dell’isola al di fuori dei partiti politici e tra uomini che dessero garanzia di equità e di giustizia, di spirito democratico e liberale; la revisione e discussione, da parte un consi-
97
SICILIA C O N T E S A
glio di personalità siciliane indicate dal movimento, del nuovo ordi namento della Sicilia; l’estensione ai siciliani dell’EVIS delle disposi zioni di cui al decreto n. 149 del 1945 ossia l’amnistia per i reati com messi che sarebbero stati considerati dunque “politici”.7 Nelle ore pomeridiane, sempre in casa del duca di Carcaci, ebbe luogo un’altra riunione con la partecipazione del gen. Fiumara, il quale prese atto delle istanze presentate dai componenti del comita to, incaricandosi di portarle personalmente a Rom a insieme alla boz za di un manifesto separatista che non sarebbe stato diffuso senza il placet di Roma. Il governo subordinava l’accettazione di tutte le ri chieste del M IS all’abbandono definitivo del progetto indipendenti sta. Il comitato fece sapere che accettava la controproposta dello Stato e attendeva l’attuazione delle sue richieste. D a una parte si spense il sovversivismo armato separatista e si ac cettò il compromesso autonomista, dall’altro terminarono le opera zioni militari in grande stile. Il M IS, che ormai abbracciava definiti vamente l’autonomia siciliana, venne legalizzato, affrancato dai di vieti e dagli ostacoli opposti alla sua propaganda e alla sua organizza zione. Venne disposta la scarcerazione di tutti i separatisti. Fu ordina to il passaggio delle pendenze giudiziarie separatiste dalla magistra tura militare di guerra alla magistratura penale ordinaria. Su indica zione di Romita e come da accordo, Aldisio fu sostituito nella funzio ne di Alto Commissario dal senatore Igino Coffari. Il separatismo non era più trattato come un affare di Stato a dimostrazione del nuo vo corso. Il comitato nazionale del movimento indipendentista in dette una riunione straordinaria a Roma, dove si trovavano Finocchiaro Aprile, Varvaro e Restuccia scarcerati il 27 marzo. Il ministro dell’Interno mise a disposizione un aereo che da Catania portò gli altri partecipanti nella capitale. A l termine del vertice, ricevette uffi cialmente una delegazione del M IS e prese atto delle deliberazioni. Fu autorizzata inoltre la libera partecipazione separatista alla imm i nente campagna elettorale per il referendum costituzionale, come anche la facoltà di presentare liste alla elezione della Costituente. N ei giorni seguenti Finocchiaro Aprile, Varvaro e Restuccia, a bordo di un aeroplano S.M.75 della squadriglia presidenziale, rientrarono a Pa lermo atterrando all’aeroporto Boccadifalco alle 11,40. A riceverli in 98
V. LA TRATTATIVA S T A T O- S E PARA T I S MO
aeroporto circa duemila persone: numerosi professionisti della città, diverse famiglie dell’aristocrazia palermitana, alcuni esponenti della mafia locale e una folla plaudente che, trattenuta in un primo tempo dietro il recinto di chiusura dell’aeroporto, invase la pista. Lucio Tasca porse il benvenuto e proferì dure parole all’indirizzo dell’ex primo ministro Parri, dell’ex Alto Commissario Aldisio e dei comunisti in genere, tacciando questi ultimi quali “farabutti” e nemici dell’idea separatista e del popolo siciliano:8 A m ici e com pagni siciliani, accogliam o o ggi in questa sacra terra di Sicilia, l’on. A n d rea Finocchiaro A p rile e l’a w . A n to n in o Varvaro, reduci entram bi da un doloroso esilio di sei lun gh i m esi, che l’ign obile go vern o Parri con draconiani sistemi, credendo di abbattere l’idea, ha vo lu to im porre ai nostri due illustri uom ini. N o i sarem o sem pre in diretta op po sizio n e con quei farabutti di com unisti che si sono m ostrati verso di noi i p iù acerrim i nem ici, usando m e zz i p o co dem ocratici [...].9
D opo il discorso si formò un corteo trionfale e Finocchiaro Aprile, a bordo di un calesse trainato da un cavallo, venne condotto fino a piaz za Politeama, gremita da 1500 persone dove ribadì che il M IS avrebbe preso parte alla costituente. A seguito del breve comizio si recò a casa di Vittorio Emanuele Orlando, presidente della Camera, per un col loquio privato. N ei giorni successivi venne convocata una nuova riu nione dei vertici del M IS che, d’ora in poi, si sarebbero impegnati a comunicarne i verbali al ministero.10 L’anno precedente, il 13 maggio 1945, la Consulta - nominata dall’Alto Commissario prò tempore, Aldisio - aveva espresso il voto favorevole alla redazione di un progetto di autonomia sotto forma di un compiuto schema di disegno di legge da presentare agli organi esecutivi e legislativi nazionali. I membri della consulta, dalla quale erano stati appositamente esclusi i separatisti, erano stati: Giuseppe Alessi per la Democrazia Cristiana; Giovanni Guarino Am elia per il Partito democratico del Lavoro; Mario M ineo per il Partito socialista; Alfredo Mirabile per il Partito d’azione; Giuseppe Montalbano per il Partito Comunista; Carlo Orlando per il Partito liberale; i professori universitari Franco Restivo, Paolo Ricca Salerno e Giovanni Salemi
99
SICILI A C O N T E S A
(Università di Palermo). Supplenti: Franco Grasso per il Partito co munista; Giulio Rondelli per il Partito democratico del lavoro; Enri co La Loggia per il partito liberale. D ieci mesi dopo aveva luogo l’atto politico più importante che permetteva di dirimere la lunga controversia ossia la conversione in legge, mediante decreto luogotenenziale, del progetto di statuto re gionale varato dalla Consulta. Il Consiglio dei Ministri motivò la de cisione auspicando che il provvedimento fosse l’inizio di «un’opera di pacificazione e di più attiva collaborazione per la più efficace ripresa economica e sociale dell’isola».11 La delibera fu adottata a maggioran za, i ministri comunisti si dissero favorevoli a che lo Statuto fosse reso operante per decreto legislativo, quelli socialisti e azionisti, fra i quali lo stesso Romita, rinunciarono alla pregiudiziale del rinvio alla Costi tuente. C om e scrive Renda, da parte comunista avvenne qualcosa di più. Poiché la delibera del Consiglio dei Ministri doveva necessaria mente passare al vaglio preventivo della Consulta nazionale, dove il rischio di parere negativo era tangibile, Li Causi difese apertamente l’opzione dell’immediata approvazione per decreto legislativo dello Statuto regionale. Q uello che si verificava era il primo confronto sul la questione siciliana in un’assemblea nazionale.12 Il mutamento della linea comunista nasceva dalla strategia di non lasciare in mano esclusiva della D C la rivendicazione dell’autogover no democratico della Sicilia. In effetti la Democrazia Cristiana voleva monopolizzare l’autonomia in polemica con le sinistre, con l’obietti vo di strappare a comunisti e socialisti l’appoggio della piccola e m e dia borghesia e dei ceti popolari. La data fissata per la seduta decisiva del Consiglio dei Ministri fu il 15 maggio. Alcuni ritengono la scelta casuale, altri invece sostengono che quel giorno fosse stato scelto ad hoc dalla D C in quanto coincideva con l’anniversario della Rerum Novarum di Leone XIII che aveva sancito, di fatto, la nascita della D em o crazia Cristiana. Proprio quel giorno dunque fu promulgata l’autono mia a cui aderiva il M IS rinunciando definitivamente all’utopia sepa ratista. M olti sostenitori indipendentisti abbandonarono il proprio schieramento. Il dibattito interno al M ovim ento si ridusse alla mera scelta tra monarchia e repubblica. Finocchiaro Aprile - dopo un pas sato in cui non aveva disdegnato l’ipotesi monarchica - affermava che 100
V. LA TRATTATIVA ST A T O- S E PARA T I S MO
quello repubblicano sarebbe stato l’assetto ideale. L’ala capeggiata dai nobili Tasca e Carcaci avviò delle trattative segrete con la corona sa bauda che in caso di vittoria avrebbe acconsentito alla creazione di un Regno di Sicilia, la cui corona sarebbe stata affidata, in unione perso nale insieme a quella d’Italia, al giovane Vittorio Emanuele IV sotto reggenza di Vittorio Emanuele O rlando .131 monarchici avevano in tenzione di reclutare nuovamente l’EVIS per destabilizzare l’even tuale repubblica, organizzare un colpo di Stato e dare l’indipendenza alla Sicilia. Il colonnello Schiavo Cam po, aiutante di campo di U m berto di Savoia, venne inviato in missione segreta in Sicilia dove in contrò Carcaci e Tasca che avevano invitato, al fine di persuaderlo, il filo-repubblicano Varvaro. Q uest’ultimo si oppose al progetto soste nendo che i monarchici e il re volessero soltanto usare l’EVIS per i propri scopi e in caso di vittoria il M IS sarebbe stato comunque estromesso dalla vita politica e la Sicilia non avrebbe ottenuto l’agognata indipendenza. La missione Schiavo Cam po falli. I conciliaboli e le trame non servirono a salvare i Savoia. La corrente Finocchiaro Aprile-Varvaro si oppose al progetto Tasca-Carcaci e le due correnti rag giunsero il compromesso per il quale il M ovim ento si proclamava “agnostico” in tema di scelta del nuovo assetto politico italiano. Il 2 giugno 1946, oltre alla vittoria della Repubblica, le elezioni della Costituente sancirono la definitiva débàcle del M IS. In Sicilia la D C ottenne 643.046 voti (46%), i partiti di sinistra complessivamente 409.434 voti (29%), il Partito dell’U om o Qualunque, 185.266 (13%) e il M IS 166.332 (12%). Il comitato agrigentino accusò Finocchiaro Aprile sostenendo che la crisi del separatismo fosse stata sottovalutata da Palermo: «Palermo!!! Palermo è stata sempre la stessa: non ha visto e non vede mai al di là dei propri monti».14 Il 20 giugno fu emanata l’amnistia per i reati politici e, come da accordi, gli evisti e i militanti della G RIS ne giovarono e tra loro anche Concetto Gallo, eletto de putato alla costituente. Salvatore Giuliano si oppose ai negoziati e all’autonomia e decise di continuare a oltranza - con la connivenza di un’oscura parte dello Stato - la sua lotta con attacchi alle caserme dei carabinieri e alle le ghe contadine in chiave anti-comunista. Da questo momento le sue azioni furono presentate all’opinione pubblica non più come atti di 101
SI CILIA C O N T E S A
guerriglia politica ma come veri e propri crimini di comune brigan taggio.15 Alla fine dell’estate una fonte fiduciaria del SIM informava circa la riorganizzazione dell’EVIS indicandone i nuovi campi di addestra mento a M . Soro (zona di Cesarò), al comando del barone La Motta, noto indipendentista di Palermo e a S. Mauro (Caltagirone), sotto l’egida di Concetto Gallo.16 D opo accurate indagini, il maggiore Bonivento escludeva che la notizia avesse fondamento perché l’intesa Stato-MIS era stata già raggiunta e non ci sarebbe stato motivo per reclutare un nuovo esercito.17 2.
Il
d e c l in o d e l
M
o v im e n t o
In d ip e n d e n t is t a S ic il ia n o
D opo il riconoscimento come partito politico legalizzato e rego larmente partecipante alle elezioni della costituente del 2 giugno, il M IS si avviò a un lento declino. I risultati delle votazioni erano stati del tutto fallimentari. Venuto meno l’elemento indipendentista e svuotato dei principi originari, il M ovim ento perdette progressiva mente consensi. N el tentativo di avviare un processo di riorganizza zione fu costituito a Palermo un “direttorio” di tre membri (D e Simone, Germanà e Zalapi) ma se ne limitò la sfera di competenza alla Sicilia occidentale arretrando di fronte al rischio di rendere ma nifesta e ufficiale la scissione del m ovimento nella Sicilia orientale. In quest’area vi era un numero notevole di dissenzienti, guidati dai Carcaci, che sosteneva come la fedeltà della Sicilia nei confronti del la monarchia sabauda fosse stata sancita dai plebisciti del 1861 ma adesso, una volta costituito in nuovo ordine repubblicano, il popolo siciliano era sciolto da qualsiasi vincolo. Il SIM fu subito informato dall’imminente frattura del M ovim ento e ragguagliò lo Stato M ag giore circa un’inaspettata e ulteriore spaccatura tra finocchiariani e varvariani.18 Il 19 luglio 1946 Finocchiaro Aprile tenne il suo primo discorso all’assemblea costituente. Attaccò duramente la D C , accusò Aldisio e Mattarella di accordi latenti e denunciò le «sevizie e le torture» delle forze dell’ordine nei confronti della Lega Giovanile degli indipendentisti.19 Si sollevarono immediatamente numerose critiche, i democristiani tentarono di raggiungere vanamente l’ora 102
V. LA TRATTATI VA ST A T O- S E PARA T I S MO
tore e l’on. Calogero Volpe cercò di strappargli di mano i fogli del discorso.20 Il giorno dopo Antonino Varvaro rassegnò le dimissioni da segre tario generale del M IS e, tramite una lettera divulgata alla stampa nazionale, dichiarava di aver riflettuto molto sulle ultime esternazio ni di Finocchiaro Aprile che aveva trovato fuori luogo. Già da molto tempo il segretario non era d’accordo con la linea politica del leader, aveva cercato tuttavia di appianare i contrasti interni ma adesso non poteva più soprassedere. Il clamoroso gesto non fu ulteriormente motivato. In successive interviste Varvaro si disse infastidito dalle continue “improvvisazioni” di Finocchiaro Aprile, reo di attaccare, a turno, tutti i partiti. C iò che l’ex segretario contestava maggiormente era la linea politica finocchiariana ossia quella di non voler dare appo sitamente un’impronta politica ben precisa al M IS che in tal modo sarebbe rimasto un movimento trasversale ed estraneo ai partiti. Se condo Varvaro era innegabile che il M IS fosse di sinistra e chiaramen te avverso alla D C e ai partiti monarchici. Nelle settimane successive la spaccatura si acuì ulteriormente: da una parte il politicamente am biguo Finocchiaro Aprile, dall’altra Varvaro e il suo separatismo pro gressista, infine la frangia di Tasca e Carcaci, filo-monarchici e vicini alla destra. N el secondo semestre del 1946 tutte le correnti si arroga rono il diritto di essere la compagine ortodossa del M IS e di rappre sentare in fondo lo spirito e le aspirazioni del popolo siciliano. Il partito dei nobili di destra voleva la reazione nei confronti dei sindacati e dei comunisti promotori delle continue occupazioni di terre da redistribuire al proletariato. Per questa frangia il M ovim ento Indipendentista diveniva progressivamente obsoleto anche perché erano recentemente nati il Partito nazionale monarchico e il Blocco liberal-qualunquista che polarizzavano le forze antidemocratiche del Paese. Il M IS, col suo “centro” finocchiariano, generico e volutamen te “apolide”, si trovò paralizzato in un’importante fase in cui le forze politiche italiane erano nettamente schierate. La diatriba Finocchiaro Aprile-Varvaro sorgeva e proseguiva proprio su questo punto: Varva ro avrebbe voluto un netto schieramento a sinistra, mentre Finoc chiaro Aprile, che pure aveva elogiato Togliatti, riteneva il M IS estra neo a qualsiasi corrente. Il processo di rinnovamento del M ovim ento 103
SI CI LI A C O N T E S A
fu invocato paradossalmente dalla corrente reazionaria di Carcaci e Tasca che aveva l’obiettivo di fare leva sull’agnosticismo di Finocchiaro Aprile, per espellere Varvaro e la frangia progressista. Il congresso fu convocato a novembre, ma per questioni organizzative e contrap posizioni interne, fu spostato di qualche mese. Tra il 31 gennaio e il 3 febbraio 1947, dunque, si tenne a Taormina il in Congresso Nazionale del M IS il cui scopo sarebbe stato quello di «salvare il movimento a costo di compiere un’operazione chirurgica, allo scopo di evitare la morte sicura».21 Finocchiaro Aprile rinunciò alla mediazione, si affermò pertanto una maggioranza di centro-de stra - Tasca, Carcaci, Castrogiovanni, Gallo, Bruno di Belmonte, D e Simone, La Rosa, Cacopardo, Drago, Rindone e Caltabiano - ostile ai varvariani che, da fuori, chiedevano di essere ammessi all’assem blea. Il comitato era disposto ad accettare a condizione che ricono scessero la legittimità del Congresso. Varvaro rifiutò e le decisioni vennero rimandate al giorno successivo. Il i° febbraio il comitato nazionale esaminò la situazione venutasi a creare a causa del gruppo dei dissidenti e approvò l’ordine del gior no, presentato da Rindone, con cui si decretava l’espulsione di A nto nino Varvaro dal M IS per “indegnità”. N egli stessi giorni Varvaro e Crisafulli fondarono il M ovim ento per l’Indipendenza della Sicilia democratico-repubblicano (M ISD R ) che a sua volta si riteneva de tentore dei principi originari separatisti.22 Oltre all’espulsione della frangia dissidente, il Congresso - pur mantenendo la carica di presi dente a Finocchiaro Aprile - elesse Attilio Castrogiovanni come nuovo leader. L’estromissione dei varvariani giovò per qualche tempo alle dinamiche interne, ma l’impotenza programmatica del M ovi mento indipendentista che operava nel nuovo e definitivo assetto autonomo della regione siciliana, divenne cronica. Il M ovim ento non prosperò più. A lle elezioni del 20 aprile 1947 il M IS ottenne solo nove deputati nella prima Assemblea Regionale Siciliana: Finocchia ro Aprile, Cacopardo, Caltabiano, Castrogiovanni, Drago, Gallo, Germanà, Lo Presti e Landolina. N el corso dell’anno, anche a causa dell’inarrestabile emorragia di quadri e militanti verso la D C , la base del separatismo fu smobilitata.23 Finocchiaro Aprile si contrappose duramente alla D C schierandosi, non di rado, con i comunisti. I rea 104
V. LA TRATTATIVA ST A TO- S E PARA TI S MO
zionari irriducibili si riavvicinarono a Giuliano e continuarono, insie me ai poteri “occulti”, la strumentalizzazione che condusse alla stra ge di Portella della Ginestra. C om e noto il i° maggio 1947, durante una manifestazione antilatifondista sulla piana di Portella della G ine stra, la gente in festa fu crivellata da raffiche di mitra provenienti dalle alture circostanti. Secondo le fonti ufficiali i morti furono undi ci, i feriti diciassette. N ello sgomento generale fu proclamato lo sciopero e la C G IL accusò pubblicamente gli “elementi reazionari” in combutta con i mafiosi. Giuliano fu l’esecutore materiale, ma ben presto il boss di Montelepre rivelò si trattasse di una strage a sfondo politico certa mente non concepita in maniera autonoma. Mario Sceiba, ministro dell’Interno, smentì le affermazioni di Giuliano, il quale fu assassina to tre anni più tardi a Castelvetrano proprio a causa delle importanti e sensibili informazioni di cui era a conoscenza. In questa circostanza il cadavere fu sistemato riverso per strada a simulare uno scontro a fuoco con i carabinieri. In realtà il “Robin H ood” siciliano era stato ucciso qualche ora prima, nel sonno. Gaspare Pisciotta, luogotenente di Giuliano e presumibilmente suo assassino, fu avvelenato nel carce re dell’Ucciardone con un caffè alla stricnina dopo aver dichiarato di voler rivelare i nomi dei mandati della strage che, per la sua matrice anticomunista, rientrava pienamente nella strategia di un governo, come quello italiano, aderente al blocco occidentale in piena Guerra Fredda.24 Tornando al M IS, nel 1948 Finocchiaro Aprile si candidò per le prime elezioni del parlamento repubblicano ma non venne eletto: pertanto sfumava per gli “ex” separatisti la possibilità di avere un rap presentate in seno al parlamento nazionale. N el 1951 si tennero nuo vamente le elezioni regionali e il M IS, col 3,91% dei voti, non ottenne alcun seggio. Finocchiaro Aprile decise di abbandonare il partito che, ormai sfaldato, si sciolse. N el 1951 si concludeva la parabola separati sta iniziata alla vigilia del 9 luglio 1943. G li Alleati, oltre all’appoggio della mafia, avevano sfruttato il sen timento indipendentista per ottenere ampio consenso e non incon trare resistenze. Nella concitata estate del ’43 era nato il Comitato provvisorio per l’Indipendenza, sedicente portavoce dei sentimenti 105
SICI LIA C O N T E S A
del popolo siciliano. Gli anglo-americani avevano fatto leva sulla ca rica disgregatrice dell’unità nazionale per accelerare l’epilogo del re gime fascista. D opo il 25 luglio, il separatismo era stato ulteriormente strumentalizzato come elemento di ricatto destabilizzatore nei con fronti del Regno del Sud al fine di affrettarne l’armistizio. Grazie al vuoto politico e all’assenza di alternative, il nuovo movimento si era posto come corrente antifascista di rinnovamento ottenendo il con senso di una popolazione affamata e stremata dalla guerra. N el feb braio del ’44, la riconsegna dell’amministrazione dell’isola alle autori tà italiane e la successiva partenza della Commissione Alleata aveva no deluso le aspettative dei separatisti che agognavano la nascita di una repubblica indipendente. Finocchiaro Aprile, uomo politico esperiente, aveva fatto appello alle potenze internazionali inviando lettere in cui - in base alla contingenza e all’interlocutore - aveva proposto alternative diverse che andavano dalla completa indipen denza, alla federazione, al protettorato inglese o al baluardo capitali sta mediterraneo degli Stati Uniti d’America. La nomina di Salvatore Aldisio - rappresentante degli interessi unitari del C L N - ad Alto Commissario per la Sicilia aveva inasprito i termini della lotta. D opo aver constatato l’isolamento internazionale e a causa dell’appello di S. Francisco che non aveva avuto alcun seguito, era iniziata l’afferma zione dell’ala eversiva del M IS (Canepa, Gallo, Castrogiovanni, Carcaci, Tasca) che aveva portato alla fondazione dell’EVIS nel febbraio del 1945. L’uccisione del comandante dell’esercito Canepa e dei suoi uom i ni, avvenuta 17 giugno 1945 e l’arresto dei moderati Finocchiaro Apri le, Varvaro e Restuccia, aveva dato una svolta alla lotta armata. Il nuo vo leader militare, Concetto Gallo, aveva inaugurato una nuova fase di violenta guerriglia grazie all’intesa con i mafiosi locali tra cui Salvato re Giuliano, Rosario Avila e Calogero Vizzini che condividevano col M IS la spiccata carica antistatale. In questa fase non era stato sempre ben delineato e chiaro il confine tra separatismo e banditismo. La differenza tra banditi politicizzati e non, tra fuorilegge che sfruttava no il separatismo e indipendentisti che strumentalizzavano i briganti era probabilmente impercettibile e anche nei documenti dello SME, le forze dell’ordine senza alcuna distinzione parlavano spesso di “fuo 106
V. LA TRATTATIVA ST A TO- S E PARA TI S MO
rilegge” riferendosi a una complessa e inestricabile rete di rapporti e collegamenti tra mafia, separatismo e banditismo comune. I frequen ti e violenti attacchi alle forze dell’ordine avevano costretto il Gover no a un massiccio intervento armato tramite il rafforzamento delle unità dell’Arm a e della polizia e l’azione dell’esercito con le divisioni Aosta e Sabauda (poi Reggio) e del reggimento Garibaldi della Fol gore. La battaglia di M onte S. Mauro di Caltagirone, le operazioni di polizia in grande stile, il rastrellamento delle aree palermitana e niscemese, l’arresto di Gallo e la morte di Avila avevano ridimensiona to l’esercito separatista e ridotto notevolmente l’iniziativa dell’ala eversiva. A ciò si era aggiunta la riorganizzazione politica del Paese: l’affermazione del P C I come partito di massa e della D C come parti to nel quale confluivano le simpatie dei ceti medi e medio-alti di di verso orientamento, sottraevano progressivamente spazio al M IS le cui aspirazioni indipendentistiche venivano ridimensionate dall’af fermazione dell’autonomismo, compromesso più realistico e condi viso. Stante la grave situazione in cui versava, i vertici del separatismo avevano accettato la proposta dello Stato di porre fine al conflitto ar mato e negoziare i termini della pacificazione. L’amnistia per i reati politici, la scarcerazione dei leader dei guerriglieri, la rimozione di Aldisio, l’allentamento della reazione militare e soprattutto il ricono scimento legale del M IS avevano avuto un costo alto: il definitivo abbandono delle aspirazioni indipendentistiche e l’accettazione dell’autonomia siciliana. D i fatto il M IS si era svuotato dei suoi con tenuti. Lo statuto speciale prevedeva un’ampia autonomia politica, legi slativa, amministrativa e finanziaria. Fu emanato il 15 maggio 1946 da re U m berto II, quindi l’autonomia della Regione Siciliana - prima in Italia tra le cinque a statuto speciale - nacque in ambito monarchico, ancor prima della Repubblica italiana e fu ulteriormente confermata dalla legge costituzionale n. 2 del 1948. D opo le elezioni per l’Assem blea Regionale Siciliana, il 30 aprile 1947 si tenne la prima seduta del parlamento siciliano, per ordine di importanza secondo soltanto a quello nazionale fino al 1970, anno in cui furono costituiti i Consigli Regionali. C on la concessione dell’autonomia, il consenso dell’elet torato indipendentista era scemato mentre il M ovim ento aveva ini 107
SI CILI A C O N T E S A
ziato a spaccarsi in base alle tre correnti principali: quella finocchia riana di centro, quella varvariana di sinistra e quella nobiliare, TascaCarcaci, di destra. Il in Congresso di Taormina d’inizio ’47 aveva uffi cializzato l’irrimediabile frattura dei separatisti, mentre la fine degli anni Quaranta ne aveva sancito il definitivo declino. O tto anni di grandi sconvolgimenti militari, politici, economici e sociali in cui gli eventi storici e le contingenze avevano coagulato il malcontento siciliano e le aspirazioni per un futuro migliore nell’ibri do e variegato movimento separatista. Tra gli elementi che ne com portarono la crisi e il crepuscolo, senza alcun dubbio la concessione dell’autonomia regionale che rappresentò un ragionevole compro messo tra centro e periferia, tra istanze indipendentiste e unitarie, tra vane aspirazioni e immutabili realtà; la deriva eversiva, affermatasi tra il 1945 e il 1946 e l’aperta opposizione evista allo Stato; l’efficace ope rato delle forze armate nella repressione dell’EVIS e delle bande mafiose; la riorganizzazione degli altri partiti politici che sottrasse mili tanti; l’importante riforma agraria del 1950 che contribuì notevol mente ad allentare la tensione sociale. La compenetrazione fra mafia e separatismo non era valsa a salva re quest’ultimo dalla inevitabile sconfitta. Il movimento era stato svuotato di ogni possibile giustificazione di ordine ideologico, politi co e sociale davanti alle classi lavoratrici e alla stessa opinione pubbli ca isolana che si erano orientati di conseguenza. Erano stati costituiti cooperative, sindacati e occupazioni delle terre incolte ove la mafia dei grandi proprietari terrieri esercitava il controllo. Si legge nella relazione di maggioranza Carraro della Com m issio ne Antimafia: L a vittoria autonom istica in debolì seriam ente il m o vim en to separatista, p e r ché lo svuotò del suo con ten uto, alm en o in parte. La mafia, perciò, appena si rese con to che il m o vim en to p er l’in dipend en za della Sicilia n on aveva orm ai nessuna prospettiva p er conquistare il p otere, torn ò ai suoi am ori col p erso nale p o litico dello Stato prefascista e con i vecch i notabili. L’esem pio p iù im p onente di questo fen o m en o si ebbe alla R egio n e sicilia na, dove l’approvazione dello Statuto speciale, frutto d’intesa di tutte le forze antifasciste, fu seguita, all’in dom ani di Portella della G inestra, dalla form a zion e di governi regionali appoggiati dallo schieram ento liberal-qualunqui108
V. LA TRATTATIVA ST A TO- S E PARA TI S MO
sta. E n on è dubbio che fu appunto questa una delle ragioni che im p ed ì alla vittoria autonom istica di p orre un freno decisivo all’espansione m aliosa [...]. L’im pianto e la gestione del n u o vo istituto, rifiutando le alleanze e i consensi che ne avevano p erm esso la fo n d azion e, offrirono n uovo spazio a un sistema di p otere fondato sul clientelism o, sulla co rru zio n e e sulla m afia.25
L’autonomia accordata all’isola era sulla carta molto ampia e rientrava nella politica italiana post bellica che tendeva a riconoscere statuti speciali alle regioni di confine - Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Sardegna - per ridimensionarne la propensio ne secessionista. N egli anni successivi al declino del M IS, non si parlò più di sepa ratismo siciliano, tutte le forze politiche si assestarono su posizioni filo-autonomiste, differenziandosi tuttavia nel modo di concepire l’autonomia stessa. N egli anni Cinquanta i primi presidenti dell’As semblea Regionale Siciliana furono Giuseppe Alessi, Franco Restivo e Giuseppe La Loggia. Q uest’ultimo era il figlio di Enrico, autore di un volumetto intitolato Ricostruire, affermatosi ben presto come ma nifesto degli autonomisti unitari. Il 24 ottobre 1943 Giuseppe aveva firmato la dichiarazione antiseparatista del Fronte Unico Siciliano do ve si sosteneva che, in un m omento delicato per il Paese come quello successivo all’armistizio, fosse necessario garantire l’unità della nazio ne italiana. Fu eletto presidente dell’ARS (Assemblea Regionale Sici liana) nel 1956, diede un impulso notevole all’autonomia dell’isola, pianificando il rilancio economico in pieno accordo con l’allora se gretario della D C Amintore Fanfani ma la sua vicinanza al governo italiano fu giudicata eccessiva. Alla luce dei «superiori interessi della Sicilia», La Loggia fu attaccato anche da esponenti del suo stesso par tito e fu costretto a dimettersi. A questo punto si verificò una svolta della politica locale. Il 30 ottobre 1958, la maggioranza dell’assemblea regionale varò l’“operazione M ilazzo” facendo convergere i voti del la destra e della sinistra su Silvio M ilazzo, un esponente della D em o crazia Cristiana, che in tal modo escludeva il candidato indicato da Fanfani e dai vertici del partito. M ilazzo era un autonomista radicale e quella manovra politica sconfessava apertamente le strategie fanfaniane e degli Alleati che, come La Loggia, erano ritenuti troppo com 109
SICI LIA C O N T E S A
promessi con i “poteri romani”. C on il milazzismo usciva di scena La Loggia che, insieme ai suoi predecessori Alessi e Restivo, era stato uno dei padri dell’autonomia regionale. N egli anni successivi, pur rivendicando sempre l’assoluta autono mia, l’isola non ne sfruttò appieno le potenzialità e non ottenne né crescita economica, né l’annullamento del gap con le regioni setten trionali. N egli anni Ottanta l’orgoglio nazionale siciliano riemerse in episodi locali ma sufficientemente significativi quando si pensò di erigere un monumento a Garibaldi “liberatore”. Si sollevarono aspre polemiche e l’ARS respinse la proposta rifiutando la scultura com m e morativa come simbolo di un’Italia unitaria. Bisogna arrivare agli anni duemila per vedere riaffiorare l’autono mismo a cui si ispirò Raffaele Lombardo che il 30 aprile 2005 fondò l’M PA. La nuova formazione politica riscosse ampio successo pro prio in Sicilia ribadendo la necessità dell’isola di riappropriarsi in toto dell’autonomia, mai attuata in pieno. Il 4 febbraio 2006 Lombardo e Calderoli, coordinatore delle segreterie nazionali della Lega Nord, siglarono il Patto per le Autonomie, progetto politico che accomunava il N ord e il Sud sul solco di un maggior decentramento di carattere fe deralista. N ei mesi successivi, l’M P A stipulò accordi e alleanze con altre realtà politiche dell’isola come i Nazionalisti Siciliani e Alleanza Siciliana di N ello Musumeci. Solo un anno dopo, il 14 giugno 2007, l’Assemblea Regionale Siciliana celebrava il suo sessantesimo anni versario. In quell’occasione, il presidente della repubblica Napolitano fu accolto a Palazzo dei Normanni e rese omaggio ai fondatori del l’autonomia soffermandosi sulla variegata composizione di quel m o vimento, caratteristica che costituì un punto di forza ma allo stesso tempo un elemento di debolezza. O tto mesi dopo, Lombardo uffi cializzò la propria candidatura alla presidenza della Regione e il 14 aprile vinse le elezioni con il 65% delle preferenze. Il consenso dell’e lettorato continuò a crescere nei mesi successivi fino a giungere al 68,3 % nel marzo del 2009, dato schiacciante rispetto a tutte le altre regioni d’Italia. Il 31 luglio 2012, dopo travagliate vicende politiche e quattro successivi rimpasti di governo, Lombardo si dimise. Le elezioni politiche del 2013 si sono rivelate fallimentari per l’M PA. Alla Camera non è stato eletto nessun candidato della lista unica 110
V. LA TRATTATIVA ST A T O- S E PARA T I S MO
Grande Sud-M PA e al Senato nessun eletto della lista M PA-Partito dei Siciliani in Sicilia. Lo stesso Lombardo, capolista, non ha raggiun to il quorum per accedere al parlamento. Il declino dell’M P A non cor risponde, tuttavia, alla fine dei movimenti e dello spirito autonomista dell’isola. Basti ricordare che nell’ottobre del 2012, Beppe Grillo, do po lo “sbarco in Sicilia”, ha arringato la folla affermando in modo provocatorio: «L’Italia ha bisogno della Sicilia, ma la Sicilia non ha bisogno dell’Italia» riscuotendo un discreto successo. La questione rimane ancora aperta, attuale. La grave crisi econo mica ha senza dubbio contribuito a diffondere in Sicilia il malconten to nei confronti dell’Italia e dei poteri centrali e sono evidenti le cre scenti tendenze al rafforzamento dell’autonomia. Ultimamente il caso M U O S (Mobile User Objective System) - ossia la costruzione a Niscem i di una stazione terrestre del sistema di comunicazione satel litare ad alta frequenza e ad alta emissione di radiazioni - solleva aspre critiche e molte accuse di violazione dell’autonomia siciliana da parte del governo italiano d’accordo col dipartimento della Difesa degli Stati Uniti a cui fa capo il progetto. «Oltre alla salute, è in ballo l’autonomia della regione!» tuonano i comitati No M U O S . Crisi economica, Forconi, M U O S e federalismo sono tutti fattori che portano oggi alla rivendicazione dell’autonomia di cui è gelosa la Sicilia e, non di rado, al timidissimo risveglio di antiche suggestioni separatiste. Tra le bandiere sventolate dal M ovim ento dei Forconi non è difficile vedere i vessilli dell’EVIS e nelle linee programmatiche di base de II Popolo de i Forconi non è escluso che, nell’eventualità in cui lo Stato non attui pienamente l’autonomia finanziaria e ammi nistrativa, «la Lotta dei Forconi potrebbe abbracciare anche le istanze mai sopite dell’Indipendentismo Siciliano». A ll’inizio del 2014 è stato proposto il restauro, dopo decenni di in curia, della stele eretta su M onte San Mauro di Caltagirone a ricordo della battaglia del dicembre 1945. Il 29 dicembre 2015, infatti, il nuovo M ovim ento Indipendentista Siciliano e le altre formazioni politiche filo indipendentiste e autonomiste organizzeranno le celebrazioni per il settantesimo anniversario della battaglia ricordando i separatisti caduti per la libertà dell’isola. 111
SICILI A C O N T E S A
N egli ultimi tempi non è nemmeno difficile trovare sulle tombe di Canepa, Rosano e Lo Giudice - nel viale dei Siciliani illustri del cimite ro di Catania - fiori freschi, bandiere separatiste e striscioni con l’an tico motto, «Antudo!».
NOTE
NOTE
INTRODUZIONE 1. L’acronimo A ntudo fu presto trasformato dialettalmente in A ntudu e venne uti lizzato dai congiurati siciliani anche com e parola d’ordine per riconoscersi a vicenda. D ivenne il simbolo del m isconoscim ento della sovranità francese nell’isola e insieme al vessillo, i cui colori corrispondevano curiosamente a quelli aragonesi, assunsero subito una forte rilevanza simbolica evocando l’unità identitaria e l’orgoglio siciliani. S. C o r r e n t i , L a parola segreta del Vespro siciliano, in «L’Isola», ix 2007,1 p. 6. 2. La ricostruzione delle vicende legate alla parabola del M ovim ento per l’Indipen denza Siciliana si è basata su docum enti inediti custoditi presso l’Archivio dell’U fficio Storico dello Stato M aggiore dell’Esercito. O ltre all ’excursus storico sull’evoluzione separatista, particolare rilievo è stato dato alle operazioni del R egio Esercito e delle forze dell’ordine contro l’EV IS e la G R IS tra il 1945 e il 1946, argom ento su cui non erano state condotte finora ricerche approfondite. Altro fondo analizzato è stato quel lo dell 'intelligence, il Servizio Inform azioni M ilitare (SIM ) il cui studio ha permesso di ricostruire le operazioni di spionaggio e controspionaggio e le varie e articolate reti di collegam ento separatiste con Stato, mafia, contrabbandieri, Alleati e Terzo Reich.
C A P IT O L O I 1. W . C h u r c h i l l , L a seconda guerra mondiale. La campagna d'Italia, M ilano, M ondadori, 1951, pp. 39-40. 2. F. R e n d a , Storia della Sicilia dal 1860 al 1970. D a ll’occupazione militare alleata al centrosinistra, Palermo, Sellerio, 1990, voi. 111 p. 15; vd. anche C . D ’E s t e , 1943. Lo sbarco in Sici lia,, M ilano, M ondadori, 1990, e B .H . L i d d e l l H a r t , Storia militare della seconda guerra mondiale, trad. it., M ilano, M ondadori, 1996. 3. A l p r o p o sito si v e d a l’a m p ia le tte ra tu ra tra cu i F. C a r l o n i , Gela 1943. L e verità nascoste dello sbarco americano in Sicilia, M ila n o , M u rsia , 2011; E . C o s t a n z o , Mafia e Allea ti, C a ta n ia , L e N o v e M u s e , 2006; P. M a l t e s e , L o sbarco in Sicilia, M ila n o , M o n d a d o r i, 1981; M . P a n t a l e o n e , Mafia e politica, T o r in o , E in a u d i, 1978; N . T r a n f a g l i a , Mafia, politica, affari neWltalia repubblicana (1943-1991), R o m a -B a r i, L a te rz a , 1992. 4. Q uesto appellativo compare in A rchivio U fficio Storico Stato M aggiore Esercito (d’ora in poi A U S S M E ), Fondo SIM , IA Divisione, b. 378, fase. 37-1946, Accertamenti sul conto del gangster italo-americano Lucky Luciano residente a Palermo. G li agenti del SIM , tuttavia, non ne spiegano il m otivo. Probabilmente era definito “rigattiere” in quanto specializzato nel traffico di donne, scambiate e vendute com e fossero m obili o cian frusaglie vecchie. 5. Vd. la relazione conclusiva della Com m issione Parlamentare Antim afia presen tata alle C am ere il 4 febbraio 1976 citaz. in D. C a r a c c i o l o , La ignominiosa alleanza. Il contributo mafioso alla vittoria alleata in Sicilia, in «In Storia», luglio 2008, num. 7.
115
NO T E
6. Per approfondim enti vd.
R . A t k i n s o n , Il giorno della battaglia. G li alleati in Italia
1943-1944 , trad. it., M ilano, M ondadori, 2008.
7. Il testo integrale dell’appello che definiva la Sicilia «Tre volte maestra di civiltà all’Italia e all’Europa, trascurata e avvilita da un governo di filibustieri» è intitolato Pa lermitani, popolo di Sicilia, l'ora delle grandi decisioni ci chiama a raccolta e si trova presso l’A r chivio Finocchiaro Aprile (d’ora in poi A FA ), D oc. (1943), Palermo, 12 giugno, 1943. 8. A F A , D oc. (1943), originale ds. 9. Cfr. R e n d a , Storia della Sicilia dal 1860 al 1970, cit., voi. ni p. 43. 10. Testo integrale in L. M e r c u r i , La Sicilia egli Alleati, in «Storia Contemporanea»,
1973,4 pp. 923-24. 11. Il testo dell’ordine n. 17 in Consulta Regionale Siciliana, voi. 1 p. 299. 12. G .C . M a r i n o , Storia del separatismo siciliano, Rom a, Editori Riuniti, 1979, p. 18. 13. A F A , D oc. (1943), Palermo, 10 luglio 1943. 14. M . T u r r i (pseud. di A n t o n i o C a n e p a ) , La Sicilia ai Siciliani! Documenti per la storia della lotta antifascista in Sicilia, Catania, Battiato, 1944. L’edizione clandestina era stata pubblicata in due capitoli tra il 1942 e il 1943. Il testo integrale si trova in A U S SM E , Fondo SIM , IA Div., b. 229. 15. A F A , Ep. (1943), Lettera del Comitato per l'Indipendenza Siciliana al colonnello Charles Poletti, Palermo, 29 luglio 1943. 16. Per un approfondim ento vd. A . F i n o c c h i a r o A p r i l e , Il Movimento Indipenden tista Siciliano, a cura di M . G a n c i , Palermo, Libri Siciliani, 1966. 17. A F A , Ep. (1943), Lettera del Comitato per l'Indipendenza Siciliana al colonnello Charles Poletti, Palermo, 29 luglio 1943. 18. R e n d a , Storia della Sicilia dal 1860 al 1970, cit., voi. ni p. 57. 19. C. Poletti, Lt. C o l A U S Senior C ivil Affairs Officer ad Andrea Finocchiaro Aprile, Pa lermo 5 agosto 1943; il testo della lettera in Istituto Gram sci Siciliano, Fondo Andrea Fi nocchiaro Aprile, busta 11, fase. 22. Vd. anche S. N i c o l o s i , Sicilia contro Italia (Ilseparati smo siciliano), Catania, Zingale, 1981, p. 43. 20. Vd. F. C a p p e l l a n o , L'Esercito in Sicilia (1944-1946), in «Storia Militare», 126 2004. 21. A U S S M E , H5, b. 5, fase. 1, Situazione politica ed economica della Sicilia in regime di occupazione, 29 ottobre 1943. 22. Citaz. in S. N i c o l o s i , D i professione brigante, M ilano, Longanesi, 1976, pp. 134-35. Vd. anche V. B r a n c a t i , Ifascisti invecchiano, ivi, id., 1946. 23. R e n d a , Storia della Sicilia dal 1860 al 1970, cit., voi. in p. 176. 24. A U S S M E , H5, b. 5, fase. 1, Situazione politica ed economica della Sicilia in regime di occupazione, 29 ottobre 1943. 25 servizi segreti americani e in seguito l’A M G O T si avvalsero di esponenti del separatismo e della mafia, prima nella preparazione dei piani di sbarco per ridurre la volontà di resistenza dei reparti dell’Esercito italiano, poi nella gestione dei prim i con tatti con la popolazione locale nella nom ina delle cariche amministrative. 26. A F A , D oc. (1943), Appunto manoscritto di Andrea Finocchiaro Aprile. 27. M a r i n o , op. cit., p. 39. 28. A F A , D oc. (1943), minuta ds. In cima è indicato il destinatario «Al Primo M in i stro d’Inghilterra W inston C hurchill - Londra», Palermo, 20 settembre 1943.
.1
Il6
NOTE 29. R e n d a , Storia della Sicilia dal 1860 al 1970 , cit., voi. in p. 68. 30. La minuta, dattiloscritta, della missiva in Istituto Gram sci Siciliano, Archivio, Fondo Andrea Finocchiaro Aprile citaz. in M a r i n o , op. cit., p. 254. 31. A F A , D oc. (1943), minuta ds. In cima è indicato il destinatario: «A Sua Maestà G iorgio VI Re d’Inghilterra e Imperatore delle Indie, Londra». 32. Citaz. in R e n d a , Stona della Sicilia dal 1860 al 1970, cit., voi. in pp. 69 e sgg.
33. A F A , D oc. (1943), minuta ds. In cima è indicato il destinatario: «Al Sig. A nthony Eden, M inistro degli Affari Esteri d’Inghilterra, Londra». 34. R e n d a , Stona della Sicilia dal 1860 al 1970 , cit., voi. 111 p. 76. 35. Discorso del 16 gennaio pronunciato al teatro Bellini di Palermo. Citaz. da FiIl movimento indipendentista siciliano, cit., pp. 47-48.
N O C C H iA R O A p r i l e ,
36.
Discorso tenuto a Palermo il
16
gennaio
1944
citaz. in
R e n d a , Storia della Sicilia
dal 1860 al 1970 , cit., voi. in p. 77.
37. Cfr. F. G a ja , Lesercito della lupara, M ilano, Area, 1962, p. 153. 38. Per approfondim enti si veda A rchivio Centrale dello Stato (d’ora in poi AC S), Presidenza del Consiglio dei Ministri, Gabinetto Salerno, n. 24, Salerno 18 febbraio 1944. Questione della Sicilia in Consulta Regionale Siciliana, voi. 1 pp. 330-33. 39. Vd. E. D i N o l f o - M . S e r r a , La gabbia infranta. G li Alleati e l'Italia dal 1943 al 1945, Rom a-Bari, Laterza, 2010. 40. Record Public Office, Foreign Office 37/43918, H m 09136,10 october 1944. 41. A F A , D oc. (1943), minuta ds. In cima è indicato il destinatario: «A sua Santità il Pontefice Pio XII, Città del Vaticano», Palermo, 22 giugno 1944. 42. Lettera datata 22 giugno 1944, pubblicata nella testata clandestina «Sicilia mar tire» nell’ottobre del 1945. Vd. A U S S M E , H5, b. 5. Per i rapporti Chiesa-Separatismo, vd. anche A U S S M E , Fondo SIM , Ia Div., b. 113. 43. A F A , D oc. (1944), Ordine del giorno del gruppo giovanile di Catania, 18 febbraio 1944. 44. A U S S M E , Fondo SIM , Ia D iv , b. 113. 45. A U S S M E , Fondo SIM , Ia D iv , b. 113, fase. 20. 46. Ibid. 47. A U S S M E , H5, b. 5, Situazione economica della Sicilia. 48. Palermo: 8600; Messina: 8000; Catania: 8500; Siracusa: 3000; Ragusa: 500; A gri gento: 4000; Caltanissetta: 500; Enna: 1700; Trapani: 100. Totale: 34.900. 49. Palermo, Messina, Catania e Agrigento. A U S S M E , H5, b. 5, fase. 21, Movimento Separatista in Sicilia.
C A P I T O L O II 1. M a r i n o , o p. c i t , p p . 74-75.
2. Il colonnello H anckok e la Com m issione Alleata avrebbero lasciato la Sicilia il 18 agosto. 3. A l proposito vd. G. C o s t a , Salvatore Aldisio. Una vita per il Meridione, in «La Discus sione», 23 luglio 1984, e Petrolio di Sicilia. Atti del C onvegno Internazionale di Studi, G ela, 23-25 gennaio 1959, a cura di G.
O r la n d i,
117
Palermo, Zangara, 1959.
NO T E
4. A U S S M E , Fondo SIM , IA Div., b. 249, fase. 15. U lteriore copia si trova in A C S , Pres. Cons. aa. 1944-1945, b. 152, fase. 22692. Il testo del messaggio è inserito nel rappor to del com ando generale dei C C .R R . al ministro dell’Interno, Rom a, 2 febbraio 1945. 5. A U S S M E , Fondo SIM , IA Div., b. 249, fase. 15. 6. A U S S M E , Fondo SIM , IA Div., b. 113, fase. 20. Catania, 7 luglio 1944. 7. M . L a t e l l a , V i racconto il Togliatti Guardasigilli, in «Corriere della Sera», 17 m aggio 1996. 8. A U S S M E , H5, b. 5; Ivi, Fondo SIM , IA Div., b. 113. 9. A U S S M E , H5, b. 5, Taormina. Primo Congresso Nazionale Movimento Indipendenza Siciliana. Lettera del 24 ottobre 1944. Rapporto del comandante della vi brigata C C .R R . 10. La somm a totale raccolta fu di 50.000 lire. A U S S M E , Fondo SIM , IA Div., b. 113, Promemoria per l’Ecc. Il Maresciallo Messe. Primo congresso separatista siciliano.
11. Ivi, Lettera del capitano C C .R R . V in cen zo D i D io, Catania, 25 ottobre 1944. 12. Ivi, Lettera di Andrea Finocchiaro Aprile al Presidente del Consiglio Ivanoe Bonomi, Pa lerm o 26 giugno 1944. 13. Il com unicato è citato in S. D i M a t t e o , A n n i roventi. La Sicilia dal 1943 al 1947, Palermo, Denaro, 1967, p. 303. 14. A U S S M E , H5 b. 5, Copia di Manifesto rinvenuto affisso nella mattinata del 14 ottobre 1944 in Piana degli Albanesi.
15. Ivi, Ordine Pubblico. Richiesta divisione. 16. Ivi, Gen. Messe, Maresciallo d’Italia al Capo di Governo Bonomi, Situazione in Sicilia, 17 gennaio 1944. 17. Il carteggio relativo all’invio di una ulteriore divisione in Sicilia si trova in A U S SM E, H5, b.5. 18. A U S S M E , Fondo SIM , IA Div., b. 113, Rapporto del capitano D i D io, Sezione femminile, Catania 6 luglio 1944. 19. Il docum ento si trova in A U S S M E , Fondo SIM , IA Div., b. 113, Polizzepro-movimento Separatista, Catania 21 novem bre 1944. 20. D a «La Sicilia Indipendente», 15 novem bre 1944. U n o stralcio è contenuto in A U S S M E , Fondo SIM , IADiv., b. 113, Mario Turri ricevuto da Finocchiaro Aprile il24 ottobre. 21. Cfr. A . C a r u s o , Arrivano i Nostri, M ilano, Longanesi, 2004, pp. 138, e sgg. Vd. anche l’articolo F. R e n d a , Canepa, l’intellettuale separatista e guerriero, in «La Repubblica» edizione di Palermo, 5 agosto 2008. 22. N el 1933 Canepa aveva tentato un colpo di stato a San M arino per dimostrare la presenza attiva di nuclei antifascisti. Il coup de main era fallito, il professore era stato tratto in arresto ma scarcerato nel 1934 per aver ottenuto il riconoscimento dell’infer mità mentale da lui simulata. Durante il Secondo conflitto mondiale era stato partico larmente attivo in azioni di sabotaggio ai danni di postazioni tedesche com e l’attacco alla base aerea di Gerbini, a M otta Sant’Anastasia, il 9 giugno 1943. D opo l’inizio dell’o perazione Husky, si era trasferito in Toscana dove aveva preso parte alla resistenza partigiana prima di ritornare in terra natia. 23. A U S S M E , Fondo SIM , IA Div., b. 113, fase. 21. 24. N ei verbali dei Reali Carabinieri sono menzionati: C on cetto Gallo, Egidio D i M aura, Salvatore Padova, Giuseppe La Spina, Gaetano Paterno Castello, Isidoro Piaz
118
NO T E
za, M ichele G uzzardi, Isidoro Avola, Gabriele Provenzale, G uglielm o di Carcaci e i fratelli Gullotta. 25. A U SS M E , Fondo SIM , IA Div., b. 249, fase. 4. 26. A U S S M E , Fondo SIM , IA Div., b. 113. Rapporti del generale C C .R R . O rlando e del capitano C C .R R . D i D io, Catania 15 dicembre 1944. 27. A U S S M E , H5 b. 5, Propaganda anti-militarista, Roma, 14 dicembre 1944. 28. A U S S M E , Fondo SIM , IA Div., b. 249, fase. 3. 29. A U S S M E , H5 b. 5, Propaganda anti-militarista, Roma, 14 dicembre 1944. Vedi an che A U S S M E , Fondo SIM , IADiv., b. 249, fase. 4, Manifestazioni contro il richiamo alle armi. 30. A U S S M E , H5 b. 5, Propaganda anti-militarista, Roma, 14 dicembre 1944. 31. Ibid. 32. A U S S M E , Fondo SIM , IA Div., b. 249, fase. 4, Manifestazioni contro il richiamo alle armi.
33. Vd. M . B l o c h , Réflexions d’un historien sur lesfausses nouvelles de la guerre, in «Revue de synthèse historique», 331921, pp. 13-37. M.
34. Per conoscere m eglio la figura di M aria Occhipinti si rimanda all’autobiografia O c c h i p i n t i , Una donna di Ragusa, M ilano, Feltrinelli, 1976. 35. Vd. anche lo studio di G.
L a T e r r a , L e sommosse nel Ragusano (dicembre 1944-gen-
naio 1915), in «Archivio storico per la Sicilia orientale», l x i x 1973,2 pp. 259-88; M . C i m in o , Fine di una nazione: che cosa non è, che cosa può essere la Sicilia dopo il 43,
Palermo,
Flaccovio, 1977, pp. 19-27, e S. C i l i a , Non si parte! (1944-1945), Ragusa, Schembri, 1954. 36. S. N i c a s t r o , Vittoria e la sua gente, Vittoria, C om un e di Vittoria Edizioni, 2009, p. 378. 37. Vd. G. La T e r r a , A i tempi del “N on si parte", in Comiso viva, Com iso, Pro Loco, 1976, pp.1-50. 38. Vd. F. T r a i n a , Relazione suifatti del ((non si parte”, in P. M o n e l l o , L a memoria e il futuro. La C G L in provincia di Ragusa dal 1944 al 1962 , Roma, Ediesse, 2006, pp. 10-72. 39. Vd. al proposito E. F i o r e l l i n i , Ricordi in rosso e in nero, Ragusa, Centro Studi Feliciano Rossitto, 2000, e P. M e d i n o , Tra le vie della storia vittoriese, 1935-1947, Vittoria, s.e., 2005. 40. A U S S M E , Fondo SIM , IA Div., b. 249, fase. 4, Manifestazioni contro il richiamo alle armi.
41. Ibid. 42. A U S S M E , Fondo Sim, IA Div., b. 279. La situazione siciliana nei suoi vari concreti aspetti, separatismo e banditismo. G ennaio 1945.
43. A U S S M E , Fondo Sim IA Div., b. 327, Rapporto speciale sul Movimento Separatista. 44. A U S S M E , Fondo Sim IA Div., b. 229, Comunicazione del centro C.S. di Catania, Catania 24 gennaio 1945. 45. A U S S M E , Fondo SIM , IA Div., b. 279, fase. 1.
C A P I T O L O III 1. A U S S M E , Fondo SIM , IA Div., b. 279, fase. 1, marconigramma dal maggiore Giordano al maggiore Ripoli, 16 febbraio 1945.
119
NO T E
2. Ivi, Ulteriori nuove informazioni. 3. Ivi, messaggio anonimo, non datato. 4. A U S S M E , Fondo SIM , IA Div., b. 279, Messaggi scritti con inchiostro segreto. 5. Ivi, Investigazione sulle attività eversive in Sicilia, 7 febbraio 1945. 6. Ivi, Questioni interessanti il C.S. in Sicilia alla data del 15 dicembre 1944. 7. Ibid. 8. Ivi, Perizia dott. Domenico Stinco, Palermo 29 gennaio 1945. 9. Ivi, Perizia dott. Cleto Brugnoli. 10. Ivi, Riferimento di perizia grafica stragiudiziale. Prof Lydia Tremari, Perito Grafico G iu diziario, 28 febbraio 1945.
11. Ivi, rapporto del Centro Firenze. 12. A U S S M E , Fondo SIM , IA Div., b. 113,14 settembre 1944. 13. Ibid. 14. Ivi, Rapporto del capitano D i D io, Catania, 14 settembre 1944. 15. Ivi, Messaggio ai siciliani d'America, Palermo, 10 luglio 1944. 16. A U S S M E , H5 b. 5, articolo di M ax Johnson, intitolato L a voce dell’America. 17. Il Memorandum - che si trova in A U S S M E , Fondo Sim, IA Div., b. 229, Palermo 31 m arzo 1945 e in A F A , D oc. (1945), originale ds. (s.d., m arzo 1945) con correzioni a penna - era indirizzato «Alle LL.EE. i ministri degli Esteri, degli Stati U niti d’Am erica, Regno U nito di Gran Bretagna ed Irlanda del N ord, U nione delle Repubbliche Socia liste Sovietiche, Cina, Australia, Belgio, Canada, Cecoslovacchia, Costarica, Cuba, Grecia, Guatemala, Haiti, Honduras, India, Lussemburgo, Nicaragua, Norvegia, N uova Zelanda, Olanda, Panama, Polonia, S. D om ingo, El Salvador, U nione del Sud Africa, Jugoslavia, partecipanti alla dichiarazione del i° G ennaio 1942 e della Svezia, Svizzera, Turchia, Città del Vaticano quali paesi neutrali». 18. A U S S M E , Fondo Sim, IA Div., b. 229, Palermo 31 m arzo 1945. 19. N elle lettere precedenti Finocchiaro Aprile in realtà si era detto più propenso nei confronti di una confederazione di Stati anziché di una federazione. 20. A F A , D oc. (1945), Lettera a Sigg. Ford Motor Co., Palermo, 7 febbraio 1945, e ivi, D oc. 1945, Lettera a Eleonora Roosevelt, Palermo, 7 febbraio 1945. 21. A U S S M E , Fondo SIM , IA D iv. b. 229, fase, unico. 22. In un fonogram m a del C om itato Esecutivo di Palermo al C om itato di Catania, Palermo 20 giugno 1945, ore 23,30 si ribadiva: «In varie nostre note significam mo agli organi governativi che il cosiddetto EV IS era ed è a noi estraneo».
C A P I T O L O IV 1. In un fonogram m a del C om itato Esecutivo di Palermo al C om itato di Catania, Palermo 20 giugno 1945, ore 23,30 si ribadiva: «In varie nostre note significam mo agli organi governativi che il cosiddetto EV IS era ed è a noi estraneo». 2.
T.
G l i o z z o , Antonio Canepa e l'esercito per l'indipendenza della Sicilia. L ’E V I S a Cesa-
rò e l'eccidio di Randazzo (1944-1945), Catania, B oem i, 1998, pp. 15-17. Vd. anche Id., Ce-
120
NO T E sarò nell’ultima battaglia di Sicilia. Estate 1943, in «Rivista Storica Siciliana», v ii 1982,19-20-
21 pp. 59-82, e S. B a r b a g a l l o , Una rivoluzione mancata, Acireale, Bonanno, 1974. 3. Prima Relazione di M ario Turri, in F. P a t e r n o C a s t e l l o , Memorie del duca di Car enti. Il Movimento per l'indipendenza della Sicilia, Appendice, Palermo, Flaccovio, 1977, p. 370. 4. R e n d a , Storia della Sicilia dal 1860 al 1970 , cit., voi. 111 p. 223. 5. Citaz. in P a t e r n o C a s t e l l o , op. cit., pp. 168-70. 6. Ivi, p. 103. 7. R e n d a , Storia della Sicilia dal 1860 al 1970, cit., voi. ni p. 176. 8. A C S , M I, Gab., aa. 1944.45, b. 140. N ota del maggiore comandante del gruppo di M essina dei C C .R R . all’A lto Com m issario per la Sicilia e al C om ando generale del l’Arm a. Messina, 3 giugno, 1945. 9. A C S , M I, Gab., aa. 1944-1945, b. 140, fase. 12421 (Catania). Rapporto della Prefettura di Catania al ministero dell’interno e all’Alto commissariato per la Sicilia (Catania, 22 giugno 1945). Conflitto afuoco sostenuto da militari della stazione di Randazzo con elementi dellaforma zione clandestina di un sedicente esercito volontario per la indipendenza siciliana (E V IS ). U lterio
re rapporto si trova in A U S S M E , Fondo S IM IA, b. 249, fase. 3, Palermo, 18 giugno, 1945. 10. D i recente Salvo Barbagallo in Antonio Canepa, ultimo atto, Acireale, Bonanno, 2012, e Id., L ’uccisione di Antonio Canepa. Un delitto di Stato?, ivi, id., 2012, sostiene la tesi di un agguato ad hoc pianificato dai servizi segreti americani per l’elim inazione fisica del “professore guerrigliero”, il cui programm a politico era ormai in netta contraddi zione con gli accordi di Jalta. 11. A U S S M E , Fondo S IM IA Div., b. 229, rapporto del maggiore comandante G en naro D ’O nofrio. C opia del rapporto si trova anche in A C S , M I, Gab. aa. 1944-1945, b. 140, fase. 12421, relazione del prefetto di Catania, Vitelli al M inistro dell’Interno, Cata nia, 22 giugno 1945. 12. M a r i n o , op. cit., p. 162. Il S IM tuttavia era a conoscenza del legame M IS-E V IS che comprendeva com e la scissione fosse solo questione di tattica per avere la possibi lità di impostare il problem a unico in due maniere diverse: una legale, attraverso l’a zione politica; l’altra illegale, per forzare la mano al governo ed ottenere subito il massimo ottenibile. Rapporto del cap. D i D io, in A U S S M E , Fondo S IM IA Div., b. 229, Movimento per l’indipendenza siciliana (M.I.S.). Attività dell’E V .I.S . 13. A U S S M E , Fondo S IM IA Div., b. 229, proclama della Lega Giovanile Separatista e, A U S S M E , Fondo S IM IA Div., b. 329, fase. 1. 14. A U S S M E , Fondo S IM IA Div., b. 229, Notizie sull’E V I S nell’attuale situazione. 15. Decreti che avevano l’obiettivo di creare una legislazione agraria preriformatrice com e per esempio le concessioni delle terre incolte ai contadini, D L L 19 ottobre 1944. 16. A U S S M E , Fondo S IM IA Div., b. 229, Sviluppo del movimento separatista. 17. Ivi, C om unicazione del cap. D i D io. 22 dicembre 1945. 18. Ibid. 19. Giuseppe Em anuele, Pasquale Trigilio, Salvatore Acciarito, Francesco Boria. 20. A C S , M I, Gab., aa. 1944-1945, b. 140, fase. 12421 (Catania). Rapporto della D ire zione generale di PS, D ivisione A G R , 1 Sezione, al ministro dell’interno (Rom a, 4 luglio 1945). Bande armate di separatisti. 21. Ivi, rapporto della Legione territoriale dei C C .R R . di Messina gruppo di C ata
121
NO T E
nia alla prefettura di Catania. Formazione di nuclei di un sedicente esercito volontario per la indipendenza siciliana. Il M aggiore Com andante del G ruppo, D enti di Forlì A ntonino, Catania 7 luglio 1945. 22. C a p p e l l a n o , o p . cit., p. 29.
23. A U S S M E , M .S. Legione Carabinieri Palermo. 24. A U S S M E , Fondo SIM , IA Div., b. 249, fase. 8, Palermo, 26 novem bre 1945. 25. A U S S M E , M S . Divisione Reggio. Operazione monte Moschitta. Rapporto del gen. Lazzarini, comandante della div. Sabauda al gen. Berardi, comandante generale, M es sina, 4 gennaio 1946. Vedi anche A U S S M E , Fondo SIM IA Div., b. 369, Attività dell’E V I S in territorio di Caltagirone, 8 gennaio 1946. 26. Si trattava dei carri L3, detti anche carri veloci CV 33 o tankette. M ezzi piccoli (2 uomini) e veloci, fabbricati dall’Ansaldo nel 1930. 27. A U S S M E , M S . Divisione Reggio, Operazione M onte Moschitta, Risposta del co mandante generale Berardi al gen. Lazzarini, comandante della div. Sabauda, Messina, 8 gennaio 1946. 28. A U S S M E , Fondo S IM IA Div., b. 369, Attività dell’E V I S in territorio di Caltagirone, 8 gennaio 1946. 29. Ivi, Interrogatorio Concetto Gallo alias Secondo Turri. 30. Ivi, M ateriale sequestrato. 31. Ibid. 32. Ibid. 33. Memorie di Concetto Gallo , da un’intervista di E. M a g r i', 1974 riproposta nel 2009 sul settimanale «Gazzettino di Giarre». 34. A U S S M E , M.S. Divisione Aosta, anno 1945. 35. A U S S M E , M.S. 182° Reggimento Fanteria Garibaldi 1946-1952. 36. A U S S M E , Fondo IA Div., b. 229, Palermo 11 novem bre 1945. Traduzione: Sa bauda, si chiama, o siciliani / quell’armata d’assassini / che massacra i palermitani. / A vevano tanta fame, i meschini: / volevano il pane / e invece questi soldati paladini / li hanno azzannati com e tanti cani / con carri armati, bom be e fucili. / Sabauda, l’ar mata dei Savoia, / senza coscienza e sangue nelle vene, / io la chiamerei “armata dei boia”, / armata dei Giuda e dei Caini. / Q uando si parla di voi, / si pensa a questi in nocenti e al loro sangue. / Erano quasi tutti bambini. / Q ualcuno non aveva nem m eno nove anni, / adesso sono in paradiso, con le stelle, m a ... sono rimasti gli adulti! / Sono rimasti gli adulti, sissignore, / quelli che sono di poche parole, / sono uom ini d’onore / che hanno com e una spina nel cuore! / O gn i vittima recluta un gruppo di padri: / ne recluta cento, mille, diecimila, sono reggimenti interi, sono squadre, / sono una lunga v ia ... / Voi siete niente, / vogliono vendetta di tutti questi innocenti, / e sanno vende re cara la pelle! / Sono quelli del Vespro e sono forti, non sono com e voi, fatti di argil la; / e scherzano giocando con la morte / e giocano scherzando con la vita (hanno sprezzo della morte)! / Q uando ognuno di voi torna a casa, / dopo tanto scompiglio / il vostro figlio vi guarda e vi bacia / convinto siate com e il paladino Orlando! / M a se gli raccontate che per niente / avete dilaniato questa città / scannando tanti poveri innocenti / vi sputa in faccia e se ne va! 37. D al 15 agosto 1946, la Sabauda sarebbe divenuta brigata Reggio.
122
NO T E
38. A U S S M E , M .S. Divisione Reggio già Sabauda, 1946-1947. 39. A U SS M E , M .S. Comando Militare Territoriale di Palermo. 40. Fotocopia del Rapporto originale in Istituto Gram sci Siciliano, Archivio, Carte Li Cusi, cart. 22, fase. 3. 41 velivoli impiegati per la ricognizione erano quelli di linea (S. 79 ed S. 84) poco idonei allo speciale servizio, sia perché troppo pesanti e poco manovrabili, sia per il campo di osservazione notevolm ente limitato. A U S S M E , Memorie Storiche Comando Militare Territoriale di Palermo, anno 1946. 42. A U S S M E , M.S. Divisione Reggio. Operazioni nella zona di Niscemi. 43. A U S S M E , M .S. Comando Militare Territoriale di Palermo (xi), 1946-1948. Operazioni
.1
nella zona di Niscemi.
44. Il sottotenente fu trasportato d’urgenza all’ospedale di Caltagirone dove m ori il 30 gennaio. A U S S M E , M .S. Divisione Reggio. Esequie Enrico Piotti, Caltanissetta, 1 feb braio 1946. 45. Ivi, Operazioni nella zona di Vittoria. 46. A U S S M E , Fondo SIM , IA D iv , b. 229. 47. A U SS M E , M.S. Comando Militare Territoriale di Palermo (xi), 1946-1948. Operazione B. 48. A U S S M E , M.S. Divisione Reggio. Quarta azione. 49. A U S S M E , M .S. 182° Brigata Fanteria Garibaldi, Operazione Sagana. 50. A U S S M E , M.S. Comando Militare Territoriale Palermo, Operazione C. 51. A U S S M E , M.S. Divisione Reggio, Tredicesima azione. 52. Ivi, Ottava azione; Ivi, M.S. Comando Militare Territoriale Palermo, Appostamenti notturni e diurni nella zona di Niscemi-Biscari.
53. Ivi, Rapporto sulla morte del Generale di Brigata Lazzarini Attilio, avvenuta il 19 maggio 1945 per incidente automobilistico. M aresciallo M aggiore Salvatore Cagliardi, comandante
della Stazione C C .R R . di Latina. Latina, 20 agosto 1946. 54. A U S S M E , M.S. Divisione (già Brigata) fanteria Aosta 1946-1933, Costituzione di di staccamenti nella zona di Montelepre.
55. Ibid. 56. C a p p e l l a n o , o p . c i t , p. 33.
57. G. R o m it a , Dalla Monarchia alla Repubblica, M ilano, Mursia, 1966, pp. 56-57. 58. A U S S M E , Memorie Storiche 182° Brigata Fanteria Garibaldi (anni 1946-1952) v ciclo. 59. A U S S M E , M.S. Divisione Aosta, Cicli d’operazione in Sicilia Occidentale. 60. A U S S M E , Memorie Storiche Comando Militare Territoriale di Palermo, anno 1946. Relazione sulle operazioni di polizia nella zona di Montelepre, di Vittoria e di Niscemi. Firmata dal generale M aurizio Lazzaro de Castiglioni. 61. Ivi, 2 0ciclo di operazioni di polizia. 62. Ibid. 63. Ivi, Rastrellamento in zona M onte Scuro. Rapporto del capitano Pietro Zavattaro A rdizzi, Palermo 22 febbraio 1946. 64. A U S S M E , Memorie Storiche 182° Brigata Fanteria Garibaldi (anni 1946-1952), O pe razione su Lo Zucco-Sagana.
65. Ibid. 66. A U S S M E , M.S. Comando Militare Territoriale Palermo, Osservazioni.
123
NOTE
67. A U S S M E , Memorie Storiche 182° Brigata Fanteria Garibaldi (anni 1946-1952), O pe razione su Terrasini-Boccadifalco.
68. Ibid. 69. A U S S M E , M .S. Comando Militare Territoriale Palermo, Sicurezza dei reparti in movi mento e in sosta.
70. A U S S M E , M .S. 182° Brigata Fanteria Garibaldi, Trasferimento n ell Appennino Pistoie se, Firenze 1 aprile 1946.
C A P IT O L O V 1. A U S S M E , Fondo SIM , IA Div., b. 249, fase. 34. Movimento antiseparatista siciliano. Rapporto del capitano N u n zio Lo Sacco. 2. A U S S M E , Fondo SIM , IA Div., b. 378, fase. 37, Accertamenti sul conto del gangster italo-americano Lucky Luciano residente a Palermo.
3. Ivi, 7 luglio 1946. 4. A U S S M E , Fondo SIM , IA Div., b. 229.15 m arzo 1946. 5. R o m it a , op. cit., p. 54. 6. R e n d a , Storia della Sicilia dal 1860 al 1970, cit., vo i. in p. 252.
7. A U S S M E , Fondo SIM , IA Div., b. 229, Resoconto del vertice M IS. 8. Ivi, Arrivo dell’O n.le Andrea Finocchiaro Aprile e dellAvv. Antonino Varvaro a Palermo. Relazione del maggiore Paolo Iraci. 9. Ibid. 10. Ibid. 11. Citaz. da S. D i M a t t e o , Cronache di un quinquennio. A n n i roventi. La Sicilia dal 1943 al 1947, Palermo, Denaro, 1967, p. 460. 12. R e n d a , Storia della Sicilia dal 1860 al 1970, cit., vo i. in p. 254. 13 particolari del progetto Tasca-Carcaci sono in S.M. G a n c i , LItalia antimoderata: radicali, repubblicani, socialisti, autonomisti dall’Unità a og%i, Parma, Guanda, 1968, pp. 338-40 e in un’intervista del giornalista M arcello C im in o ad Antonio Varvaro in «L’Ora», Palermo, 9 m arzo 1966. 14. A F A , Ep. (1946), Lettera a Finocchiaro Aprile firmata A dam o, A lletto, Lumia. A grigento, 19 agosto 1946. 15. A l proposito vd. anche M.S. F i n k e l s t e i n , Separatism, theAllies and theMajia: The StruggleforSicilian Independence, 1943-1948, Bethlehem , Lehigh U niv. Press, 1998. 16. A U S S M E , Fondo SIM , IA Div., b. 369, fase. 1, Segnalazione. Roma, 6 settembre 1946. 17. Ivi, Assalto a caserme dei Carabinieri in Sicilia da parte di elementi separatisti “Evis” e di delinquenti comuni. Palermo, 24 ottobre 1946. 18. Ibid. 19. Vd. l’articolo La Sicilia in