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Zitiervorschau

Alimentatori Switching GUIDA ALLA RIPARAZIONE SCRITTO DA PAOLO ALIVERTI

• COMPRENDERE IL FUNZIONAMENTO • ANALISI DEI GUASTI E RIPARAZIONE • ESEMPI PRATICI E ILLUSTRATI www.zeppelinmaker.it

ALIMENTATORI SWITCHING GUIDA ALLA RIPARAZIONE SCRITTO DA

PAOLO ALIVERTI

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Introduzione Potenza! Ogni apparato elettronico richiede una fonte di energia per poter funzionare. Solitamente si utilizzano delle batterie o degli alimentatori. Quando sono in gioco forti correnti, esiste sempre la possibilità di avere qualche guasto. Benchè l'elettronica possa sembrare immutabile e potenzialmente esente da guasti, sappiamo tutti che la realtà è molto differente. Siamo abituati a pensare che le parti che si dovrebbero rompere sono quelle meccaniche perché si muovono, sfregano, scorrono. In realtà gli elementi elettronici sono spesso quelli più delicati all'interno delgi oggetti che ci circondano e che dipendono sempre più spesso dall'elettronica. I componenti elettronici raramemte si muovono (eslcusi relè, motori e qualche altro oggetto elettro-meccanico), ma si guastano comunque. Le correnti che scorrono surricaldano gli elementi e, per varie ragioni, li usurano. Una resitenza che si scalda e si raffredda ogni volta che acendiamo il televisore è sottoposta a notevoli stress termici. Quando si riscalda si espande, per poi contrarsi quando si raffredda di nuovo. Sono movimenti impercettibili, ma presenti, che a lungo termine producono effetti apprezzabili. Il surriscaldamento dei materiali degrada le loro caratteritiche elettriche e meccaniche. Ecco che, anche qualcosa di invisbile come la corrente, può usurare i componenti che attraversa.

Le parti più sollecitate sono quelle in cui si trasformano tensioni o si controllano forti correnti, e quindi alimentazioni e moduli di potenza. Sono proprio queste le parti che si danneggiano più frequentemente all'interno dei circuiti elettronici. Negli ultimi anni un nuovo tipo di alimentatori è diventato molto popolare. Sono gli alimentatori switching. Ce ne siamo tutti accorti nel momento in cui i caricatori dei cellulari si sono trasformati in piccoli oggetti dal peso irrisorio, mentre una volta erano dei cubetti dal notevole peso specifico.

In questo libretto troverete molte utili informazioni per comprendere il funzionamento di questo tipo di alimentatori che non è per nulla semplice. Sono infatti circuiti abbastanza complessi che richiedono, per essere riparati, la conoscenza del loro funzionamento di base. In questi anni, presso Reelco, la mia compagnia, ho riparato centinaia di moduli di alimentazione o di conversione di tipo switching ed ho raccolto qui le competenze acquisite sul campo.

Gli alimentatori switching o SMPS (Switching Mode Power Supply) sono oggi diffusissimi e presenti in ogni tipo di oggetto. Offrono notevoli vantaggi come il peso ridotto e il costo inferiore rispetto agli alimentatori di vecchio tipo. Saper riparare questo tipo di circuiti vi permetterà di risolvere la maggior parte dei problemi elettronici che capitano tutti i giorni, soprattutto nella vita di un riparatore elettronico.

Buona lettura e buone riparazioni!

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Attenzione! La corrente elettrica può essere molto pericolosa: è invisibile e se non si è consapevoli o sicuri di quello che si fa si può incorrere in incidenti gravi o mortali. Se vorrete cimentarvi nella riparazione di apparati alimentati a 220 V metterete a rischio la vostra vita e ne dovete essere consapevoli. La tensione di rete può causare danni notevoli e potreste subire dei traumi se non prestate la massima attenzione a quello che state facendo. Prendete sempre tutte le precauzioni necessarie e controllate tutto due o tre volte prima di procedere. Utilizzate strumenti in plastica per le ispezioni ed evitate di vagare con cacciaviti e sonde su una scheda alimentata. Gli elettricisti e i riparatori TV professionisti quando eseguono misure su apparecchi alimentati, tengono sempre una mano in tasca: in questo modo, in caso di incidenti, non si possono creare anelli di corrente che passano per il cuore. Indossate sempre scarpe con la suola in gomma. Se non siete sicuri o avete dubbi chiedete a un esperto, un amico, un professionista… Su Internet si trovano molti siti e gruppi (anche su Facebook), anche se non è facile capire se una persona sia veramente esperta da quello che scrive. Io non posso assumermi nessuna responsabilità per gli esiti che potrebbero avere gli esperimenti descritti in questo libro. Non posso rendere conto per incidenti o danni subiti da cose, persone e animali che potrebbero verificarsi durante gli esperimenti che condurrete. Fate ogni cosa con la massima attenzione e cercate di prevedere le conseguenze di ciò che fate. Immagine di Tomas Fano - Flickr - https://www.flickr.com/photos/tomasfano/2882541135

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Alimentatori

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Alimentatori Ogni circuito per funzionare richiede una fonte di energia e se non ci sono particolari vincoli, la forma di alimentazione preferita è quella di rete. In altri casi si possono utilizzare batterie o generatori di vario tipo come per esempio dei pannelli solari.

Alimentatori Lineari Fino a pochi anni fa il tipo di alimentatore più diffuso era quello di tipo lineare. Quest’alimentatore ha un funzionamento molto semplice: si collega direttamente alla rete elettrica e, tramite un trasformatore, riduce la tensione alternata di rete, al voltaggio desiderato. L'elemento centrale di questo tipo di alimentatori è il trasformatore che è dotato di un avvolgimento primario, solitamente collegato alla tensione di rete e di uno o più avvolgimenti secondari che producono le varie tensioni d'uscita. I trasformatori sono degli elementi abbastanza ingombranti ed essendo realizzati con un corpo centrale in metallo (a lamelle) o in ferrite, hanno un peso notevole. I trasformatori funzionano solo in corrente alternata e per un valore preciso di tensione. Se il primario è progettato per ricevere 220 volt, è necessario fornire esattamente quella tensione, altrimenti i valori in uscita non saranno rispettati. Il trasformatore isola il circuito, perché questo non è direttamente collegato alla tensione di rete. La bobina del primario produce un forte campo magnetico in cui è immersa la bobina dell'avvolgimento secondario. In effetti, elettricamente, i due avvolgimenti non sono in contatto elettrico. Esistono vari tipi di trasformatori, tra cui quelli avvolti su un nucleo toroidale (a ciambella), particolarmente apprezzati per applicazioni a basso rumore come radio speciali o impianti Hi-Fi.

La tensione prodotta sul secondario del trasformatore va raddrizzata, cioè resa continua. Nel tempo sono state sviluppate varie soluzioni che impiegano solitamente dei diodi tipo gli 1N4005 o 1N4007. I diodi sono collegati in modo da bloccare una delle due semionde, oppure per combinarle entrambe e creare un treno di semionde positive. Esistono quindi semplici raddrizzatori a diodo singolo, oppure soluzioni con ponti raddrizzatori, cioè quattro diodi collegati "a ponte", che producono un treno di semionde positive. La corrente in uscita dai diodi non è ancora stabilizzata e potrebbe non essere adatta per la maggior parte delle applicazioni pratiche. I diodi introducono una piccola caduta di tensione, pari a circa 1,4 volt che riduce un po' la tensione in uscita. Per questo motivo, se si desidera ottenere una tensione di un certo valore, sarà necessario collegare un trasformatore con una tensione di uscita di circa 1,5 volt più elevata. Per avere, all’uscita del ponte a diodi, una tensione di dodici volt, si dovrà usare un trasformatore con circa 13,5 volt sul secondario.

Fig. 1 - Trasformatore con primario da 115 V e secondario a 6.3 V (*)

(*) Immagine di Arnold Reinhold caricata su en.wikipedia

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Il sistema più semplice di regolazione della tensione è quello che impiega un semplice condensatore, di solito elettrolitico, di valore generoso (centinaia o migliaia di microfarad). Anche in questo modo però la tensione non è molto stabile e, se si osserva con un oscilloscopio, si può rilevare un certo ondeggiamento chiamato "ripple". Il "ripple", ovviamente, va ridotto il più possibile. Per ridurre questi disturbi si possono utilizzare circuiti più o meno complessi formati da transistor o circuiti integrati. I circuiti integrati più diffusi per svolgere la funzione di regolazione della tensione sono quelli tipo l'LM7805: un chip contenuto solitamente in un TO220 e chiamato anche “regolatore lineare”. Questi chip sono molto pratici e diffusissimi anche per la loro economicità. Possono fornire una tensione fissa che si può intuire dalla sigla: un 7815 fornisce quindici volt, un 7812, dodici volt e un 7805, cinque volt. Esistono dei chip della serie 79xx che servono per regolare delle tensioni negative. Un 7905 fornisce cinque volt negativi, stabilizzati. Questi regolatori sono dotati di soli tre piedini: uno per l'ingresso, uno per il comune e uno per la tensione di uscita. Utilizzare un sistema formato da trasformatore e ponte raddrizzatore, senza adottare un regolatore "attivo" per controllare la tensione è molto pericoloso, infatti ogni variazione o disturbo che arriva sul primario del trasformatore sarà riportato sul lato secondario e quindi produrrà sbalzi di tensione che, nel migliore dei casi, daranno luogo ad anomalie di funzionamento, ma potrebbero anche danneggiare irreparabilmente gli altri elementi collegati a cascata. Se la scheda da alimentare contiene dei circuiti integrati o magari dei microcontrollori, è di fondamentale importanza che l'alimentatore sia stabilizzato e regolato.

Fig. 2 - Un regolatore di tensione LM7805 e un LM7905. La massa è collegata al pin "C"; la tensione d'ingresso è applicata al pin "I" e quella d'usita è prelevata al pin "O". Per l'LM7905 sul pin "I" applicherò una tensione negativa.

I 78xx richiedono pochissimi componenti per funzionare correttamente: oltre a un condensatore elettrolitico all'ingresso e uno all'uscita del valore di qualche centinaio di microfarad, servono solo due piccoli condensatori da un centinaio di nanofarad. Questi ultimi servono per eliminare segnali spuri e disturbi in alta frequenza. I regolatori lineari accettano in ingresso tensioni massime di 20/25 volt (secondo il modello e il produttore) e possono fornire 500 mA di corrente che arrivano anche a un ampere se opportunamente raffreddati con un’aletta in alluminio. Alcuni modelli speciali arrivano anche a due ampere. La tensione in ingresso è ridotta per fornire la tensione all'uscita. Perché il chip funzioni in modo corretto la tensione applicata all'entrata, deve essere di circa due volt superiore rispetto al valore nominale dell'uscita. Utilizzando un 7805, la tensione d’ingresso minima dovrebbe essere di sette volt. Come già detto, la tensione d’ingresso può anche arrivare a una ventina di volt. In questi casi la differenza di tensione è trasformata tutta in calore. Il componente può quindi raggiungere temperature molto elevate (anche un’ottantina di gradi!).

Fig. 3 - In questa figura è riportato lo schema elettrico di un classico alimentatore lineare. La tensione di rete è applicata al trasformatore che fornisce 18 volt alternati, applicati al ponte raddrizzatore. La tensione rettificata è applicata al primo condensatore elettrolitico da 2200uF/25V che provvede a livellare la tensione. Il 7815 stabilizza la tensione e la riporta all'uscita. La tensione d'uscita è ulterioremente stabilizzata dal condensatore C4 che solitamente ha un valore pari a un decimo di C1. Il diodo D1 evita che a circuito spento C4 si scarichi attraverso il regolatore di tensione. I condensatori non polarizzati, C2 e C3, servono per smorzare eventuali disturbi ad alta frequenza.

una manciata di componenti: un trasformatore, un ponte di diodi, un regolatore di tensione e alcuni condensatori. Oltre a queste parti si trovano spesso dei diodi di protezione per le inversioni di corrente, oltre che filtri per i disturbi di rete, fusibili e qualche varistore per proteggere dalle sovratensioni. Quando qualcosa non funziona correttamente, è semplice individuare il guasto. Nella pratica si trovano circuiti di alimentazione più complessi, dotati di altri componenti di controllo o di pilotaggio. I regolatori lineari sono spesso integrati con transistor per aumentare la fornitura di corrente. Questo tipo di circuiti è però sempre molto intuitivo e semplice da riparare.

Oltre alla versione a tensione fissa, esistono anche degli stabilizzatori di tensione regolabili come L'LM317, simile ai 78xx, con tre piedini. L'LM317 richiede l'aggiunta di due resistenze esterne che formano un partitore e determinano la tensione di uscita.

I regolatori 78xx non possono fornire correnti superiori a mezzo ampere, al massimo 1,5, se dotati di alette di raffreddamento. Solitamente servono correnti più elevate di 500 mA, quindi per fornire maggior potenza si utilizzano circuiti più complessi, oppure si possono aggiungere vari transistor a un semplice 78xx. Fig. 4 - Un regolatore variabile di tensione LM317 e il suo corrispettivo negativo LM337. La regolazione avviene con una rete di resistenze applicata al pin Adj. Le piedinature non sono compatibili con quelle degli LM78xx e LM79xx, Fate attenzione perché le alette di raffreddamento non sono collegate a massa!

Il più semplice alimentatore stabilizzato lineare utilizza 3

Fig. 5 - Come si può vedere da questa foto, è molto semplice riconoscere un alimentatore lineare. Su questa scheda non è presente un trasformatore e la tensione alternata è applicata direttamente a due morsetti da cui raggiunge il ponte raddrizzatore. (1). In questo circuito sono stati impiegati due regolatori di tensione (2), collegati in cascata. Il primo dei due fornisce una tensione di 15 volt mentre il secondo 5 volt. I valori si possono ricavare senza dubbi osservando le sigle dei componenti: 7815 e 7805. La tensione proveniente dal ponte raddrizzatore è applicata a uno dei condensatori elettrolitici (3). Come vedete non mancano i condensatori ceramici (4) per eliminare i disturbi in alta frequenza. Solitamente il valore di questi componenti è di un centinaio di nano farad.

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Fig. 6 - La piccola scheda inquadrata nella foto è un voltmetro digitale. A differenza della scheda precedente, qui il trasformatore (4) è integrato sulla scheda e anche se non è riportata nessuna sigla è facile intuire cher valore potrebbe avere, infatti, il regolatore di tensione (2) è un 7805 e quindi la tensione formita dal trasformatore è pari a 9 volt. Considerato che il regolatore LM7805 può sopportare al suo ingresso fino a una ventina di volt, è possibile trovare anche dei trasformatori da 12 volt. Ricordate che maggiore è la tensione applicata all'ingresso del 7805 e maggiore sarà il calore sviluppato. I condensatori elettrolitici (3) sono facilmente individuabili, così come l'unico condensatore di filtro posto subito dietro al 7805. Questo circuito non ha un design ottimale, infatti il condensatore di filtraggio dei disturbi è unico e non sono neppure stati aggiunti ai circuiti integrati.

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Fig. 7 - Questa scheda è molto più completa. All'ingresso osserviamo subito un fusibile (1) e alcuni varistori (2), fondamentali per la protezione del circuito in caso di sbalzi di tensione o corto circuiti. Il trasformatore (3) è del tipo isolato a montaggio su PCB. Sul lato sinistro del trasformatore, il ponte raddrizzatore (4) rettifica la tensione e la passa al primo dei due regolatori (5): un 7812 a cui è collegato in cascata, un 7805. Il condensatore elettrolitico (6) è ben evidente e di notevoli dimensioni, anche se unico. Troviamo infine anche i condensatori di filtro dei disturbi ad alta frequenza (7), che sono posti anche vicino a ogni chip della scheda.

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Fig. 8 - Un tipico schema elettrico per un alimentatore stabilizzato duale, realizzato con una coppia di regolatori 78xx e 79xx.

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Alimentatori Switching Gli alimentatori switching, benché abbiano una cattiva fama, impiegano in realtà un semplicissimo principio che permette di modificare una tensione in ingresso a piacimento, infatti, possono fornire un voltaggio ridotto, più elevato o anche invertito! Com’è possibile? Il trucco sta nel trasformare una tensione da costante a variabile, per aumentarla o ridurla con un trasformatore e poi ottenere il valore desiderato con qualche diodo e condensatore. In questo modo è possibile trasformare la tensione fornita da una sola batteria da 1,5 volt in 5 volt (step-up)! Oppure ridurre la tensione di rete da 220 a qualche volt con grande efficienza e senza dispersioni di calore (step-down). Un modulo di questo tipo può anche generare una tensione negativa (inverting)! Un grande vantaggio di questo tipo di dispositivi è quello di poter funzionare anche se alimentati con una tensione differente da quella nominale. Mentre un alimentatore lineare deve ricevere una tensione di alimentazione di circa 230 V che può variare da 220 a 240 senza che il circuito modifichi tropo il suo comportamento, un alimentatore switching può iniziare a funzionare correttamente già a un centinaio di volt. La ricetta è la seguente (fig. 9):

Fig. 9 - Principio di funzionamento di un alimentatore switching.

anello (loop) che preleva un campione di segnale dall’uscita, calcola lo scostamento dal segnale atteso (errore o feedback) e quindi utilizza tale informazione per correggere "a monte" il funzionamento del sistema (vedi fig. 10). Nel caso degli alimentatori switching si utilizza un circuito di generazione del segnale alternato (PWM) pilotato da questo errore. Con un po' di pratica, gli alimentatori e i moduli switching all'interno di un circuito stampato si possono riconosce a colpo d'occhio. Solitamente sono caratterizzati da un grosso condensatore accompagnato da un piccolo chip e un trasformatore delle dimensioni ridottissime. A volte, al posto del trasformatore, si ha una semplice bobina.

- si ricava una tensione continua, - si genera un segnale "modulato" con un opportuno circuito (PWM) a una frequenza di qualche kilohertz, - si modifica il livello con un trasformatore innalzandolo o riducendolo, - si raddrizza di nuovo la tensione. Il meccanismo è semplice e può essere applicato a numerose situazioni in cui sono necessarie varie e diverse tensioni d’uscita. I circuiti di questo tipo sono sicuramente più complessi degli alimentatori lineari. Perché il tutto funzioni è necessario controllare che la tensione in uscita sia stabile. In elettronica il sistema più comune per stabilizzare e controllare dei segnali è quello di creare un

Fig. 10 - Sistema di controllo ad anello chiuso. Il segnale di uscita è riportato all'ingresso (feedback) dove si calcola l'errore.

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Gli alimentatori switching hanno un rendimento molto maggiore rispetto a quelli lineari e questo si traduce in un minor surriscaldamento e nella possibilità di fornire correnti d'uscita più elevate. Il rendimento si misura dividendo la potenza ottenibile in uscita con quello all'ingresso. In un alimentatore lineare il rendimento è sempre inferiore al 50% (0,5), mentre in quelli switching il rapporto è maggiore dell'85%. Anche gli alimentatori switching utilizzano dei trasformatori, solo che sono di piccole dimensioni perché queste dipendono dalla frequenza del segnale e diminuiscono all'aumentare di quest'ultima. Un trasformatore più piccolo è più economico e soprattutto leggero e compatto. Questo permette di ottenere dimensioni fisiche e peso ridotti. Uno degli svantaggi è la rumorosità elettrica del sistema, che deve generare delle frequenze di qualche kilohertz. Un altro problema è la complessità del circuito che lo rende più critico da riparare e anche più delicato e soggetto a guasti. Più elementi significano più punti deboli e quindi più punti di rottura del sistema. Questi alimentatori lavorano direttamente con la tensione di rete, raddrizzandola direttamente per ottenere una tensione continua. Quest’approccio abbastanza radicale prevede grandi sbalzi di tensione e quindi forti sollecitazioni ai componenti che lavorano a centinaia di volt e con correnti potenzialmente molto elevate. Un corto circuito a 200 o 300 volt può causare guasti seri e di maggiore gravità. Metà degli alimentatori switching lavora direttamente

collegata alla tensione di rete. Non c'è isolamento e il chip di regolazione è alimentato direttamente con una resistenza. Tutto ciò li rende particolarmente pericolosi in fase di riparazione perché vi circolano forti tensioni e correnti che possono permanere, anche se il circuito non è alimentato.

Il principio di funzionamento Una volta presa confidenza con l'architettura di questo tipo di circuiti li riconoscerete a colpo d'occhio all'interno di ogni circuito stampato. Alcune schede possono includere anche più di un solo modulo "switching", per creare tutte le tensioni necessarie al corretto funzionamento di un apparato. Questi sistemi possono semplificare molto le cose perché è sufficiente utilizzare una sola fonte di alimentazione, per esempio a 220 volt o anche solo una batteria, da cui poi sono ricavate tutte le altre tensioni. In tutti i moduli switching troverete un piccolo trasformatore o un induttore e un circuito di commutazione (switching). L'induttore serve per immagazzinare l'energia. La regolazione del segnale avviene interrompendo rapidamente la corrente che passa nell'induttore. Gli impulsi sono controllati da un circuito che misura il segnale in uscita e genera un "errore" che cerca di correggere variando la frequenza di switching. Lo "switcher" o generatore di segnale PWM, è un oscillatore collegato a un transistor o a un mosfet che interrompe la tensione principale. A regime, la frequenza del segnale, cioè la tensione applicata all'ingresso del modulo switching, è regolare e costante. Il segnale principale è interrotto periodicamente: immaginiamo con un duty cycle pari al 50% (il duty cycle è il rapporto tra il tempo di on e off). Se la tensione d'ingresso ha un valore pari a V, il segnale "modulato" ha un valore medio pari alla metà di V. Aumentando il duty cycle il valore medio del segnale aumenterà e diminuendolo, invece, il valor medio diminuirà. Per ottenere un segnale costante è necessario raddrizzare e stabilizzare l'onda quadra prodotta. Per farlo si usano diodi e condensatori.

Fig. 11 - Schema di principio di un alimentatore switching: (1) filtri di rete, (2) ponte raddrizzatore, (3) condensatore elettrolitico di livellamento, (4) traformatore, (5) resistenza di start-up, (6) avvolgimento di alimentazione del chip, (7) generatore PWM, (8) MOSFET, (9) diodo raddrizzatore d'uscita, (10) circuito d'errore, (11) optoisolatore e circuito di feedback.

La regolazione avviene prelevando il segnale all'uscita e utilizzandolo per modificare il duty cycle dell'oscillatore. Se il circuito deve fornire 6 V, il segnale applicato è di 10 V e il duty cycle iniziale è del 50%, si avrà un errore pari a 1 V. Questo valore sarà riportato all'oscillatore che modificherà il duty cycle cercando di portarlo, per esempio, al 60%.

- condensatore elettrolitico d'ingresso,

Vedremo in seguito, con maggior dettaglio, le parti di un alimentatore switching. Gli elementi fondamentali, visibili in figura 11, sono:

- opto isolatore,

- filtri d'ingresso, - raddrizzatore (a diodo o con ponte), 9

- circuito oscillatore, - "switcher" (tipicamente un mosfet), - trasformatore, - rilevatore d'errore, - diodi e condensatori d'uscita.

Schemi elettrici Vediamo alcuni schemi elettrici tipici. Difficilmente quando si ripara un dispositivo si dispone anche dello schema elettrico. Prima di cimentarvi nella riparazione, però, provate a fare una ricerca su Internet. Osservate se sulla scheda elettronica ci sono delle sigle. Spesso sono molto utili per risalire a informazioni tecniche e in rari casi anche agli schemi elettronici. In inglese schema elettronico si dice "schematics". Potete cercare informazioni anche su Google o Google immagini. In questa pagina ho riportato uno schema elettrico in cui ho evidenziato le parti principali. Non abituatevi a queste comodità perché raramente vi potrete fare affidamento! Lo schema riportato in figura 12 rappresenta il modulo di alimentazione di un TV color. Le varie sezioni sono state evidenziate per poterle facilmente riconoscere: > (giallo) filtri di rete, > (arancio) ponte raddrizzatore, > (rosso) condensatore elettrolitico di livellamento, > (rosa) traformatore, > (violetto) generatore PWM e MOSFET, > (blu) diodo raddrizzatore e condensatore d'uscita, > (verde) circuito d'errore, optoisolatore e circuito di feedback. Osservando lo schema elettrico di un alimentatore switching tutto può sembrare chiaro. Quando vi troverete di fronte a un circuito reale, purtroppo, incontrerete varie difficoltà e i collegamenti tra i vari componenti non risulteranno così evidenti. A volte capitano schede multilayer anche a quattro livelli e in questi casi non è facile risalire ai collegamenti tra i vari elementi. Mi è capitato più di una volta di aver esaminato in ogni parte alimentatori di questo tipo per poi concludere che il danno era causato da qualche pista "interna", bruciata o interrotta.

Fig. 12 - Schema elettrico dell'alimentatore switching di un TV: (giallo) filtri di rete, (arancio) ponte raddrizzatore, (rosso) condensatore elettrolitico di livellamento, (rosa) traformatore, (violetto) generatore PWM e MOSFET, (blu) diodo raddrizzatore e condensatore d'uscita, (verde) circuito d'errore, optoisolatore e circuito di feedback.

Nelle prossime pagine troverete delle foto di alimentatori e moduli switching con indicate le parti fondamentali. Il più delle volte i moduli sono integrati su una sola scheda, ma la loro "topografia" è immediatamente riconoscibile.

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Fig. 13 - Alimentatore switching per applicazioni medicali e industriali. Questo piccolo modulo, dal montaggio molto compatto fornisce varie tensioni d'uscita (5, 12. -12 e 24 V) a vari amperaggi ed è impiegato solitamente per alimentare moduli PC presenti negli apparati industriali o medicali. La concezione è un po' datata, infatti non troverete un chip per il PWM ma dei moduli con componenti discreti. Le parti riconoscibili sono: (1) fusibile, varistori e filtri d'ingresso, (2) ponte raddrizzatore realizzato con coppie di diodi, (3) condensatore di livellamento, (4) MOSFET per lo switching, (5) trasformatore, (6) optoisolatore, (7) diodi e condansatori d'uscita, (8) modulo per la generazione del PWM.

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Fig. 14 - Alimentatore "open frame" inserito in un elettrodomestico. Questo piccolo modulo di fabbricazione cinese fornisce una tensione duale di +12 e -12 V. Non è un circuito complesso ma il chip del PWM è introvabile in Italia. Le parti sono: (1) varistore e filtri d'ingresso, (2) ponte raddrizzatore, (3) condensatore elettrolitico di livellamento (montato sul lato inferiore), (4) MOSFET, (5) trasformatore, (6) chip PWM, (7) diodi e condensatori d'uscita, (8) circuito rilevazione d'errore e optoisolatore (sulla sinistra).

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Fig. 15 - Scheda di un frigorifero. Il circuito è progettato cercando di ottimizzare al massimo costi e componenti. Per questo motivo dopo poco tempo è destinato a rompersi. Le parti riconoscibili: (1) condensatori e filtri d'ingresso, (2) diodo per la rettifica della 220 V (c'è un solo diodo!!!), (3) condensatore di livellamento, (4) trasformatore, (5) chip gestione PWM, (6) diodi e condensatori d'uscita, (7) rivelatore di errore (l'optoisolatore è sul lato inferiore).

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Fig. 16 - Encoder industriale.: (1) varistore posto all'ingresso della tensione di rete, (2) ponte rettificatore, (3) condensatore di livellamento, (4) integrato per la generazione del PWM TOP201, (5) trasformatore ad alta frequenza, (6) diodi e condensatori d'uscita.

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Fig. 17 - Scheda di una lavatrice con alimentatore switching "integrato". Si riconoscono: (1) serie di resistenza, bobina e diodo, (2) condensatore, (3) trasformatore ad alta frequenza, (4) circuito PWM TNY254, (5) condensatori e diodi d'uscita. Questo tipo di schede sono progettate utilizzando i componentri al limite delle loro possibilità. L'alimentazione dopo alcuni anni "salta" a causa del deterioramento dei condensatori elettrolitici d'uscita che fanno letteralmente esplodere il chip e causano la rottura della resistenza e della bobina d'ingresso.

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Fig. 18 - Scheda industriale. In questo caso il modulo di alimentazione è di tipo switching e completamente integrato (1). In caso di danneggiamento è possibile sostituirlo con modelli equivalenti.

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Strumenti

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Multimetro digitale Per iniziare a riparare dei circuiti elettronici, non si può fare a meno di avere un multimetro. Esistono multimetri di vari tipi: alcuni sono portatili, altri da banco, digitali o a lancetta. È possibile spendere parecchio per questo tipo di strumento, ma vista la diffusione è oggi possibile acquistarne uno per poche decine di euro. Anche gli strumenti "economici" possono eseguire misure abbastanza precise ed essere di grande aiuto. Se dovete acquistarne uno verificate che lo strumento possa misurare le grandezze elettriche fondamentali: continuità, prova diodi, resistenza, tensione e corrente continue e alternate.

tester a lancetta multimetro con autorange manopola di selezione

prova-transistor

Alcuni modelli dispongono anche di un prova transistor, ma le misure fondamentali di dispositivi a semiconduttore si possono fare anche con un prova diodi. La funzione di continuità è meglio che abbia anche la notifica sonora, così non dovrete controllare lo schermo per ogni test effettuato. Alcuni modelli sono dotati di capacimetro e frequenzimetro e in alcune situazioni possono essere di grande aiuto. Esistono anche dei multimetri da banco che solitamente hanno precisioni migliori e sono alimentati con la tensione di rete così non dovrete sostituire mai le batterie! Anche se lo strumento da banco ha un certo fascino, quelli portatili sono sicuramente molto più pratici, soprattutto per la loro "mobilità". Ogni multimetro è dotato di una coppia di sonde con puntali in metallo. Potrebbe essere utile recuperare delle sonde con clip a coccodrillo o a uncino, che vi permettono di avere sempre le mani libere.

sonde

feritoia per condensatori

Fig. 19 - Diversi tipi di multimetri. Da sinistra a destra: multimetro digitale con autorange, multimetro digitale , multimetro digitale economico dotato anche di capacimetro, tester analogico a lancetta.

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Tester a lancetta Non sottovalutate l'utilità di un "antiquato" tester a lancetta. Questi modelli esistevano prima dei multimetri digitali e nonostante sembrino un po' retrò, sono ancora molto diffusi. La loro utilità può essere veramente notevole! Per usare uno strumento del genere serve qualche attenzione in più rispetto ai multimetri digitali che, in caso d’inversione di polarità o di letture fondo-scala, non si danneggiano. Sbagliando portata, la lancetta sbatterà sul fondo scala e c'è anche il rischio di danneggiare lo strumento. Questi strumenti di misura sono utilissimi per avere un'indicazione visiva delle variazioni di corrente, perché la lancetta è sensibile ai più piccoli spostamenti e in caso di disturbi o in presenza di segnali variabili, sarà possibile osservare ogni piccolo movimento. Questo comportamento non è osservabile su un tester digitale, dove i numeri visualizzati sono sempre il risultato di medie e campionamenti.

coperchio protettivo

puntali

puntali

taratura lancetta

boccole per la selezione della portata

calibrazione Fig. 20 - Un tester a lancetta "storico". Il mio lo acquistai all'inizio degli anni ottanta ed è ancora funzionante. Le misure sono accurate e precise e permette di rilevare ogni variazione delle grandezze misurate.

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Capacimetro, induttanzimetro Non sempre i comuni multimetri possono misurare la capacità. Ancor più raramente riescono a misurare l’induttanza di una bobina o di un trasformatore. Su Ebay e Amazon si trovano parecchie offerte di strumenti dal prezzo abbordabile. Pagandoli molto poco non potrete aspettarvi elevate prestazioni e grande precisione, ma è sempre meglio che brancolare nel buio. Essere certi che un condensatore è danneggiato è un'informazione molto utile in fase di riparazione. Per riparare gli alimentatori è fondamentale poter controllare lo stato di condensatori e bobine perché sono tra i componenti che si danneggiamo più facilmente, soprattutto i condensatori.

calibrazione

selettore misura

Un comune capacimetro purtroppo riporterà solo il valore di capacità e non è in grado di leggere l'ESR, importante indicatore dello stato di salute di un condensatore. Misurando componenti danneggiati potrete rilevare dei valori non corretti. Potrete valutare la bontà del componente tenendo presente la tolleranza e controntando il valore misurato: se la misura è oltre ai limiti potrete scartare il condensatore. Se misurando un condensatore elettrolitico da 100 uF con tolleranza del 20% otterrete un valore di 90 o 110 uF, potrete considerare il componente come accettabile. Se la misura dovesse essere di 70 uF, potrete scartarlo senza dubbi.

feritoia per componenti

boccole per sonde

Fig. 21 - Un tester per capacità e induttanza. Questo strumento assomiglia a un comune tester, ma può misurare unicamente resistenze, bobine e condensatori. Essendo uno strumento specializzato, può effettuare misure più precise di un multimetro.

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Chip e transistor tester display LCD

Benché sia possibile utilizzare un tester comune per verificare il funzionamento di transistor, mosfet, scr e triac, può far comodo avere uno strumento specializzato nella verifica di questi componenti. Questo tipo di strumenti si trovano in vendita su Ebay e Amazon e sono molto economici. Solitamente sono forniti di uno zoccolino a inserimento rapido (zero insert force - ZIF) dove si possono infilare i componenti da verificare: non solo transistor ma anche circuiti integrati e qualche optoaccoppiatore.

zoccolo zif

Non possono verificare lo stato di tutti i chip esistenti, ma solitamente controllano la maggior parte dei chip logici e dei principali amplificatori operazionali. Non si usa molto spesso nella riparazione degli alimentatori switching ma può far comodo in molte situazioni. Nel mio laboratorio ne abbiamo vari modelli e in caso di dubbio facciamo sempre dei controlli incrociati perché questi strumenti non sono sempre affidabili al 100%.

tastiera flat

Fig. 22 - Un tester per circuiti integrati. Supporta varie famiglie logiche tra cui la maggior parte dei TTL e dei CMOS, oltre a vari chip molto diffusi come alcuni amplificatori operazionali, timer e driver come gli ULN.

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Cavi e coccodrilli Nella verifica degli alimentatori può far comodo avere a disposizione un set di cavi e connettori intestati con morsettiere e coccodrilli. Potete costruirveli da voi, senza acquistarli già pronti e risparmiando. I cavi con i coccodrilli sono molto utili per collegare, per esempio, un multimetro al circuito da misurare ed evitare di vagare con i puntali delle sonde su schede dove circolano correnti pericolose e ci sono voltaggi di centinaia di volt: una piccola disattenzione e potreste causare un disastro, oltre che farvi male. Cercate un punto stabile cui applicare il coccodrillo come per esempio il terminale di un condensatore elettrolitico o l'aletta di un transistor. L'altra estremità del cavo la potete pinzare alla sonde del tester. In questo modo ridurrete al minimo i rischi di provocare cortocircuiti accidentali. Anche i "jumper" sono molto utili e si possono saldare sulle piazzole che si desidera misurare per poi attaccarvi i coccodrilli.

coccodrillo

cavo flessibile

Fig. 23 - Alcuni cavi con clip a coccodrillo. Sono utilissimi per fissare le sonde del tester ai terminali dei componenti del circuito da controllare.

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ESR meter

il display LCD indica capacità e valore di ESR

I condensatori reali presentano delle resistenze in serie e parallelo che rappresentano le perdite del componente. Una di queste resistenze è detta Resistenza Equivalente Serie (ESR) e dovrebbe avere un valore bassissimo, inferiore ad alcuni decimi di ohm. In molti condensatori, soprattutto quelli polarizzati e di tipo elettrolitico, con il passare del tempo e con l'usura dei materiali, il valore di ESR può crescere fino a raggiungere valori elevati che possono creare seri problemi di funzionamento nei circuiti elettronici. Al posto di un semplice condensatore troverete, infatti, una resistenza!

clip a coccodrillo segnale acustico

È facile riconoscere un condensatore elettrolitico danneggiato perché ha un aspetto rigonfio e presenta delle perdite, ma non sempre è così. Sbalzi di tensione e sovraccarichi possono alterare questi componenti rendendoli pressoché inutilizzabili. Un misuratore di ESR riesce a rilevare la resistenza presentata a una certa frequenza di test e quindi a saggiare la bontà dei condensatori. A volte anche i capacimetri falliscono nel rilevare questo tipo di problemi e avere nel cassetto un misuratore di ESR è pressochè indispensabile.

Tabella con valori tipici di ESR presa dal manuale del tester ESR di Peak.

Fig. 24 - ESR Meter di Peak. Questo misuratore di ESR è molto preciso e affidabile. Fornisce anche un'indicazione sonora della bontà del componente misurato ed è in grado di effettuare anche delle misure "in circuit", cioè senza la necessità di rimuovere il componente dal circuito stampato.

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Oscilloscopio

canale 1

canale 2

schermo a CRT trigger

L'oscilloscopio è sicuramente uno strumento utilissimo per la riparazione degli alimentatori switching, anche se non fondamentale. L'oscilloscopio è uno strumento che funziona un po' come un tester: misura le tensioni e le visualizza su uno schermo. Esistono strumenti analogici e digitali con costi proporzionali alle prestazioni. Gli strumenti di produzione cinese sono molto economici ma con prestazioni abbastanza modeste. Se desiderate acquistarne uno per il vostro laboratorio val la pena di pensare anche all’usato. Si trovano ottime offerte per strumenti anche analogici ma di ottima qualità. I puristi preferiscono gli strumenti analogici perché in teoria sono più sensibili e presentano il segnale così com'è senza campionamenti o distorsioni. Utilizzare questo strumento non è difficile. Le regolazioni principali sono due: una agisce sull'ampiezza del segnale visualizzato (volt/div), mentre l'altra varia la velocità di scansione (time/div). Oltre a queste due regolazioni si deve impostare il trigger, cioè il meccanismo per rilevare il punto da cui iniziare a tracciare il segnale sul video. Gli oscilloscopi moderni hanno tutti almeno due canali che possono essere visualizzati contemporaneamente, sommati oppure utilizzati per controllare il "pennello" nella sua posizione verticale e orizzontale. Ad ogni canale è collegata una sonda di misurazione dotata di un puntale e un piccolo coccodrillo da collegare alla massa del circuito da analizzare.

boccola per sonda Fig. 25 - Un oscilloscopio analogico dotato di due canali di misura.

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controllo amplificazione

base dei tempi

Variac manopola di regolazione Il variac è un trasformatore variabile. La sua utilità è veramente notevole nelle riparazioni elettroniche perché può alimentare ogni tipo di dispositivo che richieda una tensione alternata. Se vi serve una tensione di 24 volt alternati potete acquistare un trasformatore adatto e poi collegarlo al circuito. Purtroppo i circuiti sono alimentati con svariati voltaggi e non è possibile avere nel cassetto un trasformatore per ogni situazione. A volte avrete bisogno di 12 volt, altre di 9, altre ancora di 50 o 125 volt alternati? Che fare? Il variac risolve ogni situazione. È un trasformatore particolare dotato di una presa centrale collegata a una manopola di controllo. Ruotando la manopola è possibile variare la tensione prodotta partendo da 0 volt fino a quasi 250. Le caratteristiche dipendono dal modello. Un parametro da non sottovalutare è il numero di VA (volt-ampere) che vi potrà dare un'indicazione della corrente in uscita. Se ne volete acquistare uno, non risparmiate troppo sui VA, altrimenti la corrente fornita in uscita potrebbe essere troppo bassa per alcune applicazioni (per esempio per far muovere dei motori). Un variac può costare un centinaio di euro. Ne esistono modelli dotati di amperometro e voltmetro, molto utili per conoscere la tensione impostata e la corrente fornita. Quando collegate dei circuiti che potrebbero dare problemi, state pronti a staccare l'alimentazione e controllate la corrente assorbita con un amperometro. Ricordatevi sempre che un variac non è un vero e proprio trasformatore e che quindi il primario e il secondario non sono veramente isolati! Potete completare il variac con un ponte raddrizzatore dotato di condensatore elettrolitico così da avere una fonte di alimentazione continua in grado di produrre tensioni abbastanza stabili e anche elevate (fino a 200/300 volt).

voltmetro

morsetti d'uscita

morsetti d'ingresso

Fig. 26 - Un variac da 3000 VA. La regolazione avviene ruotando la manopola posta sulla parte superiore. La tensione in uscita varia da 0 a 250 VAC

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Trasformatore d’isolamento avvolgimento secondario (uscita) Un trasformatore d'isolamento ha un rapporto 1:1 tra l'avvolgimento primario e il secondario. Applicando 220 volt sul suo primario, se ne otterranno altrettanti sul secondario! A che serve? È utile per separare e isolare elettricamente circuiti dalla linea di rete. L'avvolgimento primario e secondario non sono, infatti, in contatto elettrico ma sono isolati. La tensione prodotta sul secondario è quindi indotta e il circuito che alimenterà sarà elettricamente isolato dalla rete elettrica. È utilissimo quando si lavora sugli alimentatori switching che hanno una parte del circuito in cui la massa è "calda" (hot) e cioè direttamente collegata a uno dei cavi di rete. Collegando uno strumento di misura alimentato a 220 volt potreste provocare un bel corto circuito facendo saltare il generale: è un'esperienza abbastanza "shock" e anche pericolosa. Il rischio c'è anche quando alimentate dei circuiti con il variac, che in realtà non è per nulla isolato.

corpo a lamelle

Per realizzare una postazione di alimentazione variabile e alternata che sia anche isolata è bene collegare il variac al trasformatore d'isolamento.

avvolgimento primario (ingresso)

Fig. 27 - Trasformatore d'isolamento da 1600 VA. Può fornire in uscita più di 6,5 A. Accetta in ingresso una tensione da 220 o 400 V fornendo in uscita 220 V oppure una tensione duale da 110 V. Alimentando con 220 V si può ottenere in uscita una tensione da 220 V isolata dalla rete principale. Questo tipo di trasformatori sono molto apprezzati anche dagli appassionati di Hi-Fi perché riducono i disturbi elettrici e forniscono suoni più puliti.

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Dissaldatore Per riparare circuiti elettronici con facilità è necessario utilizzare gli strumenti adeguati, che riducono la fatica e permettono di ottenere risultati rapidi e "puliti". Uno strumento fondamentale per chi fa riparazioni è il dissaldatore.

regolazione temperatura magazzino per lo stagno aspirato

Esistono varie soluzioni per la dissaldatura: solitamente sono delle stazioni dotate di alimentatore per la pistola dissaldante e di una pompa per l'aspirazione dello stagno. La quasi totalità di questi attrezzi è di produzione cinese e non è di grande qualità. Se riparate occasionalmente una stazione di dissaldatura da un centinaio di euro sarà più che sufficiente.

punta aspirante

saldatore a pistola

Dovrete fare attenzione alla sua manutenzione, pulendo periodicamente lo stilo della pistola con gli speciali attrezzi che troverete in dotazione. Dopo un certo numero di rimozioni, la pistola tenderà a otturarsi e dovrete intervenire più spesso e in modo più drastico fino alla sostituzione della resistenza interna o dell'intera pistola. Esiste un sistema più efficiente, proposto dalla Weller, che utilizza uno stilo più breve, che evita che lo stagno si rapprenda all'interno dello stilo otturandolo. Purtroppo questi strumenti hanno un prezzo proibitivo (più di un migliaio di euro!).

grilletto

unità base

Fig. 28 - Stazione dissaldante con pistola aspirante. La pistola si aziona premendo il grilletto. La pompa racchiusa nella stazione risucchia lo stagno fuso che si raccoglie all'interno della pistola. Per ottenere buone prestazioni è indispensabile pulire spesso e con cura la pistola.

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Saldatore Il vostro fidato compagno di riparazioni sarà sempre il saldatore e se vi dedicherete al mondo delle riparazioni, lo userete sicuramente molto spesso. Anche se un saldatore può costare molto poco, non acquistate quello più economico perché, vi assicuro, avrete buttato i vostri soldi. Un saldatore di buona qualità dura nel tempo e può essere riparato acquistando punte di ricambio e anche la resistenza interna.

stilo

stazione saldante display

Esistono sia saldatori "a stilo" con temperatura fissa che stazioni di saldatura, sia analogiche che digitali, che possono regolare la temperatura dello strumento a piacere. Sicuramente converrà dotarsi di una stazione saldante, meglio se digitale e con lo stilo rimovibile. Potrete così sostituire l'intero saldatore quando sarà arrivato al termine della sua carriera. In laboratorio è sempre bene tenere più di un saldatore, perchè è uno strumento indispensabile. Nel mio tengo sempre dei saldatori di scorta, impacchettati, pronti per le emergenze. Oltre alle stazioni saldanti abbiamo anche un saldatore ad alta potenza da 200 W che raggiunge 450°C. Ha un'impugnatura massiccia e pesa parecchio, ma è inarrestabile e di grandissimo aiuto per lavorare su schede "difficili" o componenti di grandi dimensioni. Per schede "difficili" intendo quelle con quattro o più layer dotate di grandi piazzole di massa che tendono ad assorbire e dissipare tutto il calore fornito dal vostro saldatore. Anche la saldatura più semplice, in queste condizioni, risulta estrema, così come la rimozione dei componenti. Il saldatore da 200 W ci trae spesso d'impiccio quando dobbiamo saldare e dissaldare grandi componenti come ponti raddrizzatori e i condensatori elettrolitici presenti sulle schede di inverter e condizionatori.

tasti regolazione temperatura

supporto

spugnetta

Fig. 29 - Una stazione saldante digitale. Lo stilo del saldatore è sostituibile. La stazione è dotata di un appoggio per il saldatore con spugnetta umida per la pulizia della punta.

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Saldatore ad aria ugello

Sempre più schede adottano la tecnologia SMD, a montaggio superficiale. Le schede di questo tipo possono sembrare più difficili da riparare, anche se per dissaldare componenti SMD sono necessari solo pochi istanti utilizzando un saldatore ad aria. Ormai ogni laboratorio dovrebbe avere nella sua dotazione un saldatore ad aria. Questo strumento è formato da una base a cui è collegato uno stilo o una pistola da cui esce l'aria calda. È possibile regolare con grande precisione la temperatura e la velocità dell'aria. Alcune stazioni sono dotate anche di un braccetto o supporto per sorreggere la pistola in verticale così che punti sul componente da dissaldare.

stazione base pistola display

Le operazioni di dissaldatura richiedono di solito qualche decina di secondi, anche se per alcuni casi possono essere necessari anche dei minuti. La pistola è fornita con un ugello semplice che può essere sostituito con altri dalle forme più complesse, utili per dissaldare i vari modelli di chip. Alcune punte hanno due o quattro fessure che convogliano l'aria solo sulle parti saldate dei chip. Utilizzando il saldatore ad aria si deva fare attenzione a non soffiare via i componenti confinanti a quello su cui si sta lavorando. Per evitare ciò si applicano delle mascherature con del nastro di kapton. Il saldatore ad aria è più efficace per dissaldare, anche se in alcuni casi può essere utilizzato per saldare alcuni componenti, soprattutto circuiti integrati. regolazione temperatura

regolazione velocità aria

Fig. 30 - Una stazione di saldatura ad aria non è molto differente da una comune stazione di saldatura. Oltre alla regolazione della temperatura è possibile variare la velocità dell'aria soffiata dalla pistola. L'aria si scalda abbastanza rapidamente alla temperatura impostata.

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Piastra riscaldante sonda di temperatura supporti per scheda

Alcune schede si comportano, con il calore, come delle vere e proprie spungne: potete alzare al massimo la temperatura del vostro saldatore ma lo stagno resterà sempre "plastico" e non si scioglierà. Non è un problema del vostro saldatore o dello stagno, ma del tipo di scheda. Per lavorare su circuiti di questo tipo è necessario dotarsi di una piastra riscaldante, un macchinario abbastanza ingombrante e costoso che può pre-riscaldare le schede da lavorare. Una scheda pre-riscaldata non ruberà tutto il calore dal vostro saldatore e sarà molto più semplice sciogliere lo stagno. Le piastre riscaldanti sono dotate di vari tipi di sensori, sia interni, che esterni, per rilevare la temperatura sulla superficie della scheda da riscaldare. Alcuni modelli possono anche impostare delle curve di riscaldamento, così da non sottoporre a shock termici elevati le schede e i loro componenti. La piastra riscaldante si usa spesso in accoppiata con saldatori ad aria o a infrarossi, per la saldatura e dissaldatura di componenti molto "critici" come i circuiti integrati con piedinatura BGA (sono quelli senza piedini, dotati solamente di pad sul lato inferiore).

superficie riscaldante

display

regolazione temperatura

Fig. 31 - Piastra riscaldante professionale. Questa piastra può riscaldare schede anche di grandi dimensioni controllando la temperatura con tre sonde: una interna e due esterne che possono essere poste sopra e sotto alle piastre da lavorare. È possibile impostare dei profili temporizzati per portare le schede in temperatura entro tempi predefiniti.

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zoom

Lenti e microscopi

microscopio digitale

uscita HDMI

Dopo anni passati ad analizzare schede elettroniche e componenti la mia vista ha deciso di impigrirsi. Con il tempo e con l'età la vista si indebolisce e si fa parecchia fatica a scrutare tutti quei piccoli componenti. Anche se si è giovani, fa molto comodo essere dotati di una super-vista. Personalmente utilizzo due tipi di strumenti: delle lenti da orefice e un microscopio elettronico a lunga portata. Le lenti da orefice sono una soluzione economica e molto efficace per osservare ogni minimo dettaglio e particolare. Ne esistono alcune che arrivano anche a una decina di ingrandimenti e si possono anche fissare agli occhiali con una piccola clip, così da essere abbassate solo in caso di necessità.

ottica a lunga focale

supporto

Il microscopio elettronico fornisce ingrandimenti maggiori e permette, se del tipo "a lunga distanza di focale", di lavorare direttamente sotto il suo obiettivo. I modelli migliori costano parecchio anche se Ebay e Aliexpress propongono strumenti decenti a prezzi abbordabilissimi. Il vantaggio di questo strumento è quello di poter essere collegato a un monitor esterno, così da potersi godere la vista senza affaticare troppo le pupille!

lente da orefice 10X

Fig. 32 - Un microscopio elettronico per applicazioni elettroniche e un monocolo da orefice a 10 ingrandimenti. Il microscopio ha un'uscita HDMI, uno zoom digitale ed ottico e può salvare foto su una scheda SD o direttamente su un computer connesso via USB.

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Switching Mode

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Switching Mode In questa sezione vedremo con maggior dettaglio le parti costituenti un alimentatore switching. Le parti fondamentali di questi alimentatori sono: 1. Il filtro d'ingresso per la tensione alternata; 2. un rettificatore a ponte; 3. il condensatore di filtro; 4. la resistenza di avvio (start-up); 5. il sistema di generazione del segnale PWM; 6. un transistor di potenza (di solito un MOSFET); 7. l'alimentazione del circuito PWM (a regime); 8. il trasformatore; 9. uno o più raddrizzatori a semionda in uscita; 10. il circuito di rilevazione dell'errore; 11. l'opto isolatore per fornire il feedback. Le parti del sistema sono parecchie, ma s'imparano in fretta. Conoscendole sarà poi più semplice identificare i guasti. In figura 33, riporto uno schema a blocchi cui fare riferimento. Per questo tipo di alimentatori il modello di funzionamento è sempre lo stesso, ma ci sono moltissime variazioni che dipendono dalle scelte effettuate dai progettisti. I modelli più datati potrebbero essere anche più complicati perché un tempo non esistevano dei circuiti integrati dedicati e si potevano usare solo componenti discreti.

Fig. 33 - Schema a blocchi di un alimentatore switching: filtro (1), ponte raddrizzatore (2), condensatore elettrolitico (3), trasformatore ad alta frequenza (4), resistenza di start-up (5), rete di alimentazione (6), circuito integrato per il segnale PWM (7), MOSFET (8), diodo e condensatore d'uscita (9), circuito d'errore (10), opto accoppiatore (11).

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caso di danneggiamento possono anche esplodere presentando fori o spaccature molto evidenti.

La maggior parte di questi alimentatori utilizza direttamente la tensione di rete che livella con un condensatore di grosse dimensioni posto nelle vicinanze dell'ingresso. Al condensatore arriva una tensione continua di circa 300 V che permane anche dopo che il circuito è stato scollegato dalla rete. Per questo motivo è molto pericoloso armeggiare con un alimentatore switching senza sapere bene quello che si fa. Verificate che il circuito non sia alimentato e che i condensatori siano scarichi. Non cortocircuitate i loro terminali ma utilizzate una resistenza per scaricarli. Potete impiegarne una da qualche migliaio di ohm e qualche watt di potenza.

Questo tipo di alimentatori è molto "rumoroso" dal punto di vista elettrico, perché genera frequenze di vari kilohertz che potrebbero disturbare altri dispositivi connessi alla rete elettrica, per questo all'ingresso sono dotati di filtri realizzati con bobine e condensatori. A volte questi filtri sono realizzati con dei moduli compatti che includono già tutti i componenti necessari; altre volte potrete trovare singolarmente vari condensatori di filtro, bobine e trasformatori. I condensatori impiegati sono solitamente del tipo a film plastico ed hanno dei valori di centinaia di nanofarad o al massimo pochi microfarad. A volte sono proprio questi condensatori a danneggiarsi, perché ricevono scariche o sovratensioni provenienti dalla rete elettrica. Verificateli con un buon capacimetro e nel dubbio sostituiteli con componenti analoghi. Spesso il loro aspetto esterno non fa sorgere nessun tipo di dubbio. Solo misurandoli potrete sapere se sono danneggiati.

Prima di smontare il circuito, fate delle foto e provate ad alimentarlo, salvo che i danni siano evidenti: componenti esplosi o carbonizzati, piste bruciate... Molti alimentatori switching, come gli ATX usati per alimentare i PC, richiedono che sia presente un carico, altrimenti vanno in standby. Per provarli dovete ricostruire le condizioni di utilizzo, magari con una semplice resistenza o una lampadina. Per gli alimentatori ATX conviene tenere a portata di mano una vecchia scheda madre.

Potrebbe essere presente anche un termistore, la cui funzione è di limitare il picco di corrente che si ha all'accensione del circuito.

Gli alimentatori utilizzati nei TV e in molti elettrodomestici prevedono la modalità stand-by e per accenderli è necessario dare un segnale di avvio che può essere fornito da un semplice pulsante di accensione o da un telecomando.

Sezione d'ingresso e filtro di Rete All'ingresso di ogni dispositivo elettrico ben progettato dovremmo trovare almeno un fusibile a protezione dei circuiti. Analizzando un alimentatore switching è solitamente immediato individuare il punto d’ingresso dell'alimentazione principale e quindi l'eventuale fusibile, che solitamente è il primo elemento da verificare. Oltre al fusibile possono essere aggiunte varie altre protezioni, come dei varistori, collegati tra linea e neutro, con lo scopo di annullare delle sovratensioni. I varistori, se misurati, presentano una resistenza di vari megaohm e in

Fig. 34 - Schema elettrico della sezione d'ingresso di un alimentatore switching.

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Fig. 35 - Sezione d'ingresso di un alimentatore switching

Un rettificatore a ponte Subito dopo la sezione di filtro non c'è un trasformatore come accade per gli alimentatori lineari, che tra l'altro provvede anche a isolare il circuito, ma un ponte raddrizzatore. Lo scopo del ponte raddrizzatore è quello di ricavare una tensione continua da applicare al trasformatore del modulo switching. Nei circuiti progettati con più cura, troverete un ponte raddrizzatore oppure quattro diodi singoli. In molti elettrodomestici, per risparmiare sui componenti è utilizzato un solo diodo! I diodi si possono verificare rapidamente con un semplice tester. In caso di corto circuito di uno dei diodi del ponte, l'alimentatore potrebbe far saltare il generale oppure far bruciare il fusibile d'ingresso. Spesso il danno non si limita ai diodi del ponte ma potrebbe raggiungere anche il circuito integrato che si occupa dello switching.

Fig. 37 - Ponte raddrizzatore realizzato con quattro diodi singoli.

Il condensatore di filtro

Fig. 36 - Parte dello schema elettrico di un alimentatore switching in cui si notano i diodi che formano il ponte raddrizzatore e il condensatore elettrolitico di livellamento.

Subito dopo il ponte raddrizzatore troverete un condensatore elettrolitico collegato tra positivo e negativo. Il condensatore livella la tensione in uscita dal ponte raddrizzatore. Potete riconoscere questo importante elemento dal valore di tensione che di solito è di 400 volt. La sua capacità dovrebbe essere di qualche centinaio di microfarad, ma non stupitevi di trovarne alcuni del valore di pochi microfarad, soprattutto negli elettrodomestici. Bisogna prestare molta attenzione a questi condensatori perché ai loro capi è presente una tensione molto elevata e potrebbero essere carichi anche con il circuito scollegato dalla rete. Verificate con un voltmetro la presenza di carica residua. A volte sono dotati di una resistenza che provvede a scaricarli, ma non fidatevi e misurateli sempre con il tester. Se fosse carico, non mettete in corto circuito i suoi terminali per scaricarlo, ma utilizzate una resistenza da qualche migliaio di ohm da appoggiare tra catodo e anodo. Questo condensatore elettrolitico si danneggia spesso a causa di sbalzi di tensione o scherzi dell'ENEL e spesso i danni sono ben evidenti: il corpo è rigonfio e ci possono anche essere perdite dell'elettrolita, ma non fidatevi delle 35

Fig. 38 - Il condensatore elettrolitico di livellamento.

apparenze e verificate con capacimetro e ESR meter. Il negativo a cui è collegato il catodo del condensatore elettrolitico è anche chiamato "hot groud" (massa calda), perché è una massa ma è direttamente collegata alla tensione di rete! Aldilà del trasformatore utilizzato dal modulo switching troverete un'altra massa, questa volta isolata, chiamata "cold ground" (massa fredda). Ai capi di questo condensatore dovreste trovare, durante il normale funzionamento dell'alimentatore, circa 300 volt. Se volete verificare con il tester la presenza di questa tensione, prendete le necessarie precauzioni! Una svista potrebbe causare un corto circuito. Se possibile saldate degli spezzoni di filo e collegate il tester con dei puntali a coccodrillo. Per la vostra sicurezza personale, evitate di vagare con le sonde nella zona "hot" dell'alimentatore!

bisogno di essere immediatamente alimentato. Quando l'alimentatore è in accensione, sul secondario non c'è ancora una tensione stabile, affidabile o utilizzabile, quindi per provvedere all'alimentazione del circuito di switching serve un altro sistema. Il meccanismo più semplice è utilizzare un resistore di start-up, direttamente collegato al positivo del condensatore che porta la tensione al chip PWM. Questo resistore, ha solitamente un valore di decine o centinaia di kilo ohm e deve ridurre il voltaggio fino a pochi volt. La sua funzione è molto critica e importante. Se fosse danneggiato, il circuito PWM non partirebbe. Si può verificare se il chip è correttamente alimentato, anche in questo caso con le dovute precauzioni perché siamo nella zona "hot". Si deve verificare se la tensione sul pin di alimentazione del chip PWM è quella prevista. La massa da usare per la misurazione è quella "hot". A volte al posto di una resistenza se ne trovano delle lunghe serie... questo perché così è possibile usare componenti con potenza ridotta. Se si usasse una sola resistenza da 100k per ridurre la tensione da 300 a 15 volt e nell'ipotesi che la corrente necessaria sia di 10 milli ampere, si dovrebbe utilizzare un resistore di circa 30 kilo ohm. La potenza dissipata sull’elemento sarà di circa 3 W. Utilizzando una serie di resistenze, per esempio 6 resistori da 4,7 kilo ohm, la potenza dissipata su ogni singolo componente sarà di circa mezzo watt. Queste considerazioni sono solitamente anche di natura economica. Potrebbero costare meno sei resistenze da mezzo watt che non una resistenza in grado di sopportare tre watt o più. A volte si deve considerare anche l'ingombro dovuto ai componenti. Fig. 39 - La resistenza di startup fornisce l'alimentazione al chip di switching per l'avvio del sistema.

La resistenza di avvio (start-up) La tensione che parte dal positivo del condensatore di alimentazione si può considerare "stabilizzata" e comunque sufficientemente raddrizzata per trasformarla con il circuito di switching, il quale per attivarsi ha

La resistenza di start-up serve solo per la fase di avvio e teoricamente, una volta che il sistema è avviato potrebbe anche essere rimossa! In alcuni schemi la tensione di startup potrebbe essere ricavata anche a monte del ponte rettificatore. Le possibilità sono molte, ma l'intento è sempre quello di fornire prima possibile la tensione al circuito di switching.

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L'alimentazione del chip di switching Quando il circuito di alimentazione è a regime, sarà alimentato in modo stabile prelevando la tensione di alimentazione da un avvolgimento secondario ricavato sul trasformatore di switching. La tensione prelevata da questo avvolgimento sarà raddrizzata (solitamente con un semplice diodo) e fornita al chip che produce il segnale PWM. Il diodo sarà accompagnato da un condensatore per il livellamento della tensione. Se ci sono problemi nel resistore di start-up o sulla linea di alimentazione del chip, l'alimentatore non si avvierà. In alcuni rari casi si potrebbe anche avere un funzionamento intermittente o inspiegabile con la tensione che a volte è presente e a volte no.

Fig. 40 - L'alimentazione del chip "a regime" è fornita da un avvolgimento ricavato dal trasformatore ad alta frequenza.

Il sistema di generazione del segnale PWM

Il MOSFET è collegato in serie con l'avvolgimento primario del trasformatore cui è anche applicata la tensione raddrizzata e stabilizzata che proviene dalla rete (parliamo dei 300/400 volt). Il MOSFET quindi funzionerà come uno "switch", facendo passare la corrente nell'avvolgimento del trasformatore alla frequenza di qualche kilohertz. Senza dubbio il MOSFET è molto sollecitato e rischia di restare danneggiato in caso di sovratensioni. Lo stato di questi transistor si può controllare con un semplice tester.

Il cuore di un alimentatore switching è il sistema di generazione del segnale PWM che pilota il transistor, solitamente un mosfet, che modula la tensione raddrizzata presente sul condensatore elettrolitico d'ingresso (quello collegato direttamente al ponte raddrizzatore). Nei circuiti più datati troverete un insieme di transistor e componenti discreti che si occupano della generazione del segnale PWM. Nel tempo sono stati sviluppati parecchi circuiti integrati dedicati a questo tipo di applicazione. In alcuni casi questi chip hanno integrato anche il mosfet di pilotaggio e semplificano notevolmente l'architettura del circuito.

Il trasformatore L'elemento caratteristico degli alimentatori switching è il piccolo trasformatore d'isolamento. Impiegando frequenze molto superiori a quella di rete, non sono necessari grossi e pesanti trasformatori, il che rende questo tipo di alimentatori molto compatto. I trasformatori presentano un avvolgimento primario e due o più secondari. L'avvolgimento primario è solitamente

Alcuni dei circuiti integrati comunemente utilizzati sono: - LNK362/363/364: chip a sette piedini (DIP) che può arrivare a una decina di watt di potenza. MOSFET integrato nel chip. Frequenza di funzionamento di circa 130 KHz. Impiegato frequentemente negli elettrodomestici. - TNY263/268: chip a sette piedini (DIP) che può arrivare a una trentina di watt di potenza. MOSFET integrato nel chip. Frequenza di funzionamento di circa 130 KHz. Impiegato di frequente negli elettrodomestici. - LM2575: regolatore switching a tensione fissa o variabile con oscillatore a 52 KHz. Package TO220 a cinque piedini. - viper12/17: regolatore con mosfet integrato, prodotto dalla ST che può raggiungere i 13 W a 60 KHz. Quando il chip di regolazione si danneggia, l'alimentatore può presentare un corto circuito e far anche saltare la corrente. In alcuni casi il danno è evidente e si possono osservare spaccature sulla superficie del chip. Il chip genera il segnale PWM e ne modifica il duty cycle così da variare la tensione presente sull'avvolgimento secondario del trasformatore. La regolazione avviene prelevando il segnale in uscita e riportandolo al chip, solitamente a un piedino di feedback (spesso indicato con la sigla "FB"). Il segnale può essere prelevato dal lato

Fig. 41 - Il chip per la generazione del segnale PWM. A volte questi integrati possono incorporare direttamente un transistor MOSFET.

"cold" dell'alimentatore oppure da quello "hot". In questo secondo caso la precisione sarà minore. Il segnale proveniente dal lato cold non può venire in contatto con la parte hot: le masse delle due sezioni sono separate dal trasformatore. Per evitare contatti il segnale di controllo è riportato al chip pwm utilizzando un opto isolatore. I chip più semplici non richiedono molti pin oltre a quelli descritti fino ad ora. Alcuni integrati, molto più sofisticati, permettono di regolare o impostare la frequenza di switching, possono verificare la presenza di sovraccarichi e condizioni di funzionamento anomale e quindi bloccare il modulo switching evitando che si possa danneggiare. Consultate sempre il datasheet per avere maggiori informazioni.

Transistor di potenza Il chip di gestione del segnale PWM è collegato a un MOSFET esterno (qualora non ne avesse uno integrato). 37

Fig. 42 - Il trasformatore per lo switching è di piccole dimensioni perché lavora a frequenze elevate (da qualche KHz fino a un centinaio) ed è dotato di vari avvolgimenti.

delle perdite. In caso di dubbio, sostituite i diodi, soprattutto se sono nei pressi di condensatori danneggiati.

collegato in serie con il mosfet o il chip utilizzato per lo switching e alle sue spire sono applicati 300 o più volt. Gli avvolgimenti secondari possono essere numerosi, così da fornire più tensioni in uscita, ma solitamente se ne trova uno, posto sul lato hot, impiegato per alimentare il chip generatore del pwm. Un altro avvolgimento secondario è quello utilizzato per ricavare il segnale di feedback da riportare al generatore di pwm. Il segnale di feedback però potrebbe essere ricavato direttamente dal secondario con la tensione d'uscita oppure, in qualche raro caso, dall'avvolgimento secondario sul lato "hot" usato per fornire l'alimentazione al chip pwm. Oltre a questi avvolgimenti "fondamentali" se ne possono trovare vari altri, uno per ogni tensione d'uscita desiderata. A differenza dei comuni trasformatori d'isolamento utilizzati con la tensione di rete a 50 Hz, i trasformatori impiegati per gli alimentatori switching lavorano a frequenze molto diverse tra di loro. Alcuni chip generano segnali a 50 KHz, altri fino a 160 KHz e non c'è un vero e proprio standard. Questo rende difficile trovare i componenti in caso di danneggiamento. Mi è capitato raramente di trovare bruciato uno di questi alimentatori e, in effetti, è un danno poco comune.

Il circuito di rilevazione dell'errore

Fig. 44 - In questa foto: (rosso) trasformatore ad alta frequenza, (blu) chip per il PWM, (azzurro) diodi e condensatori d'uscita.

Gli alimentatori switching sono dei sistemi ad anello chiuso. Un alimentatore lineare non verifica se la tensione di uscita è corretta. La tensione di rete raggiunge il trasformatore ed è convertita direttamente in bassa tensione. Se ci sono variazioni sulla tensione di rete, queste sono riportate pari pari sul trasformatore e quindi alle tensioni di uscita. Un alimentatore switching invece verifica che la tensione in uscita sia corretta e nel caso di variazioni, varia la frequenza o il duty cycle del segnale pwm per riportarla al valore nominale. Il segnale di errore è ricavato direttamente da una delle tensioni di uscita, da un avvolgimento secondario dedicato o in rari casi sul lato "hot" del trasformatore (si ha minore precisione). La tensione prelevata è adattata con un partitore e applicata

Difficilmente riuscirete a trovare questo elemento da qualche rivenditore on-line e una delle possibilità è di cercare un "rottame" identico al circuito da riparare da cui estrarre il pezzo.

Raddrizzatori a semionda e condensatori d'uscita Collegati agli avvolgimenti secondari del trasformatore troverete, solitamente, dei semplici raddrizzatori a semionda, realizzati con diodi rapidi, un condensatore elettrolitico e una piccola bobina. I diodi impiegati dovrebbero essere di tipo ultra veloce (ultra fast) perché il segnale che ricevono è dell'ordine di decine di kilo hertz. A volte si possono trovare anche dei semplici diodi schottky. Lo stadio di uscita è molto critico, e anche se formato da pochi elementi, può mettere in crisi tutto il sistema. Se uno dei diodi va in corto, ha delle perdite o, come più spesso avviene, uno dei condensatori usati per il livellamento del segnale, presenta un elevato ESR, l'alimentatore non funzionerà correttamente o non si accenderà del tutto.

Fig. 43 - Diodo e condensatore d'uscita. Il diodo è, solitamente, di tipo rapido. A volte si possono trovare anche dei regolatori tipo 78xx o 79xx.

Mentre è semplice rilevare dei problemi sui condensatori, non è altrettanto immediato accorgersi di un diodo con 38

Fig. 45 - Il circuito di feedback è realizzato, di solito, con un TL431 e un optoisolatore per riportare il segnale al chip di switching, nel lato "hot"

a un generatore di tensione di riferimento (solitamente un TL431: tenetene sempre qualcuno nel cassetto!). Il segnale ricavato è applicato a un opto isolatore che lo riporta, sul lato "hot", al piedino di feedback dell'integrato di controllo. Se il circuito di campionamento o l'opto isolatore si danneggiano, la tensione in uscita potrebbe assumere valori anomali, ma più frequentemente, il circuito non funzionerà del tutto.

Circuiti di protezione Quasi tutti gli alimentatori switching prevedono dei circuiti di protezione che evitano danneggiamenti nel caso qualcosa non funzioni correttamente e quindi "spengono" l'alimentatore, mettendolo in sicurezza. Esistono protezioni semplici come fusibili, termistori e varistori che intervengono nel caso vi siano problemi sulla linea di alimentazione o sovratensioni, ma anche meccanismi più complessi che intervengono in caso di surriscaldamento o nel caso la corrente richiesta dall'alimentatore sia eccessiva. 1. Occasionalmente può capitare che la tensione di rete non rispetti i valori nominali oppure che sulla linea siano presenti disturbi e scariche (per es. causate da un fulmine). Gli alimentatori switching possono proteggersi da questi inconvenienti con fusibili e varistori. Spesso si può anche trovare un termistore NTC posto in serie a una delle linee di alimentazione. Il termistore interviene in fase di accensione, limitando la corrente richiesta nella fase iniziale. 2. La fase di accensione è molto delicata e se fossero presenti delle sovratensioni, il chip di generazione del pwm potrebbe danneggiarsi. Alcuni chip sono dotati di un circuito di protezione delle sovratensioni iniziali che blocca lo start-up se la tensione fornita tramite la resistenza d'avvio (start-up resistor) non è nei valori massimi ammessi. A volte si trovano dei sistemi di protezione esterni, realizzati con diodi zener, che intervengono quando la tensione applicata al pin di startup è eccessiva. Quando intervengono questi meccanismi di protezione l'alimentatore non partirà e sarà necessario scollegarlo dalla rete e riaccenderlo per farlo ripartire.

Fig. 46 - Foto completa della scheda di un frigorifero, utilizzata come esempio in queste pagine. Sono visibili le varie sezioni: (verde chiaro) filtri d'ingresso, (giallo) ponte raddrizzatore con quattro diodi singoli, (arancione) condensatore elettrolitico di livellamento, (rosso) trasformatore ad alta frequenza, (azzurro) diodi e condensatori d'uscita, (blu) chip per lo switching, (verde scuro) resistenza di startup, (viola) circuito di feedback con optoisolatore.

3. Una temperatura eccessiva potrebbe mettere in crisi l'alimentatore. La misura della temperatura è di solito compiuta direttamente dal chip pwm che è dotato di un sistema interno che lo blocca quando si surriscalda. Sugli apparati con qualche anno di età capita di frequente di trovare ventole di raffreddamento danneggiate o grippate. Se il circuito non è raffreddato in modo sufficiente, si surriscalderà, bloccandosi o peggio danneggiandosi completamente. 4. Il caso in cui l'alimentatore debba fornire elevate quantità di corrente rappresenta una situazione anomala. Alcuni integrati di generazione del pwm hanno dei pin che possono rilevare l'assorbimento di corrente. Solitamente 39

la misura si effettua con una resistenza a bassissimo valore (current sensing resistor), collegata in serie a mosfet di switching. Misurando la tensione ai capi di questo resistore è possibile rilevare la corrente. Nel caso di assorbimenti eccessivi, il chip blocca il funzionamento evitando che occorrano danni ulteriori. Se questo resistore si danneggia o modifica il suo valore, si potrebbero avere degli strani comportamenti dell'alimentatore che potrebbe accendersi e spegnersi a singhiozzo. Si possono trovare dei meccanismi di protezione anche sul lato "cold" dell'alimentatore. In questo caso il sistema bloccherà il circuito di feedback, di fatto "spegnendo" l'alimentatore.

Fig. 47 - Schema completo di un alimentatore switching a 12 V. Ho evidenziato le sezioni principali: (verde chiaro) filtri d'ingresso, (giallo) ponte raddrizzatore, (arancione) condensatore elettrolitico di livellamento, (rosso) trasformatore ad alta frequenza, (azzurro) condensatori e bobina d'uscita, (blu) chip per lo switching, (verde scuro) resistenza di start-up, (verde militare) resistenza d'alimentazione, (rosa) circuito di feedback con optoisolatore (per praticità è stato diviso in due parti dal progettista).

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Fig. 48 - Schema elettrico di un alimentatore con il chip TOP224Y. Ho evidenziato le sezioni: (verde chiaro) filtri d'ingresso, (giallo) ponte raddrizzatore con quattro diodi singoli, (arancione) condensatore elettrolitico di livellamento, (rosso) trasformatore ad alta frequenza, (azzurro) diodo e condensatore d'uscita, (blu) chip per lo switching, (rosa) circuito di feedback con optoisolatore.

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Fig. 49 - Schema completo di un alimentatore switching di una lavatrice. Ho evidenziato le sezioni principali: (verde chiaro) varistore di protezione, (giallo) singolo diodo rettificatore(!), (arancione) condensatori elettrolitici di livellamento, (rosso) trasformatore ad alta frequenza, (azzurro) condensatori e diodi d'uscita, (blu) chip di switching LNK30PN, (verde scuro) resistenza di start-up e alimentazione, (rosa) circuito di feedback.

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Fig. 50 - In questa scheda sono state evidenziate le due zone: "hot" e "cold", in rosso e blu. La linea di separazione tra le due zone è "tracciata" dal corpo del trasformatore ad alta frequenza e dall'opto-isolatore.

Hot & Cold Tutti gli alimentatori SMPS, cioè di tipo switching, utilizzano due masse che sono denominate "hot" e "cold". La massa "hot" è quella sul lato collegato direttamente alla rete di alimentazione. Non essendo presente un trasformatore d'isolamento, la tensione di rete raggiunge direttamente il ponte a diodi, sul cui terminale negativo è ricavata la massa "hot". Il trasformatore ad alta frequenza fornisce una separazione elettrica e sullato del suo secondario si ricava una seconda massa, definita "cold". Le due masse non vanno confuse, nè mischiate tra di loro. Fate sempre attenzione quando vi aggirate sul lato "hot" perché è di fatti direttamente connesso alla rete elettrica. 43

Fig. 51 - In questa foto è visibile il retro della scheda di figura 50. Le zone "hot" (a sinistra) e "cold" (a destra) sono perfettamente isolate. La linea di divisione è stata tracciata in rosso per renderla più evidente. La pista che corre sul bordo della scheda è la messa a terra.

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Riparare

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In questa sezione finale v’indicherò una serie di tecniche, consigli e approcci da utilizzare per la riparazione di un alimentatore switching. Nel mio laboratorio passano, in un anno, centinaia di alimentatori che ripariamo quotidianamente. Ho raccolto qui trucchi e conoscenze maturate nel mio lavoro quotidiano. Non vi garantisco la riparabilità di ogni alimentatore che vi capiterà tra le mani, non è così neppure per noi, ma sicuramente avrete delle possibilità in più e la riparazione vi sembrerà più facile. Se non avete mai riparato questo tipo di circuiti, le prime volte avrete molte difficoltà. Con la pratica le difficoltà si appianeranno e diventerete sempre più abili ed esperti.

componente ma ci si può accorgere che qualcosa di anomalo è accaduto, per esempio perché il circuito stampato ha cambiato colore, segno che qualche elemento scalda eccessivamente. I componenti più comuni sono resistenze e condensatori. Le resistenze danneggiate potrebbero esser del tutto bruciate e presentare un aspetto carbonizzato, oppure essere ancora integre. In questo caso provate a misurarle e rilevare il loro valore. A volte potrebbero essere ancora funzionati anche dopo aver subito dei traumi "elettrici". Se dovessero essere spezzate, potete provare a misurare con un tester le due metà e poi sommare i valori.

Riparazione Aldilà del tipo di guasto che potrebbe avere il modulo di alimentazione che volete riparare, è fondamentale riuscire a capire se i vari elementi che lo compongono sono funzionanti oppure no. A volte è semplice rimuovere i componenti e capire se sono guasti o integri. Spesso i componenti danneggiati hanno un aspetto bruciaticcio, brunito, presentano spaccature e crepe, hanno i colori alterati o le scritte cancellate per via del surriscaldamento. A volte non ci sono segni evidenti sul

Fig. 54 - Circuito stampato con aree surriscaldate ed evidenti bruciature.

possono cercare delle informazioni nei datasheet del componente usato per lo switching che di solito riporta degli schemi applicativi d'esempio che poi i progettisti riprendono nei loro progetti.

Fig. 53 - Condensatore elettrolitico "gonfio". A causa di una probabile sovratensione l'elemento ha rilasciato l'elettrolita,

Fig. 52 - Circuito stampato con aree surriscaldate.

I condensatori danneggiati non sono sempre così evidenti. Quelli di tipo elettrolitico in alcuni casi presentano rigonfiamenti e perdite e quindi il danno è evidente, ma non è sempre così immediato capire se abbiano subito dei danni. Per verificarli è bene usare degli strumenti di misura come capacimetri o misuratori di ESR. Oltre ai condensatori elettrolitici, si danneggiano spesso anche quelli a film, soprattutto se sottoposti a sovratensioni o sbalzi di corrente. Questo tipo di condensatori sono posti all'ingresso dei moduli di alimentazione e quando sono danneggiati, raramente presentano segni visibili o indizi.

Se le resistenze sono di tipo SMD, il riconoscimento potrebbe essere più difficoltoso perché quest'ultime sono molto più minute e le scritte sulla loro superficie si possono cancellare facilmente, soprattutto se la resistenza Le considerazioni fatte per resistenze e condensatori si brucia. valgono anche per diodi, chip e transistor. Non sempre i danni sono evidenti e serve la verifica con strumenti di Per risalire al valore di una parte bruciata è possibile misura. Non sempre gli strumenti di misura possono cercare qualche foto della scheda su Internet. Con molta rilevare con esattezza i danni. In questi casi, se i fortuna potreste trovare delle foto di schede simili alla componenti sono comuni, di facile reperibilità e basso vostra o che hanno subito la stessa sorte. Soprattutto per costo, io consiglio sempre di sostituirli, così da ridare gli elettrodomestici è possibile trovare dei forum dove nuova vita all'alimentatore. viene spiegato come ripararli. A volte si trovano anche gli schemi elettrici ed elettronici e da questi è possibile risalire al valore dei componenti. Nei casi più estremi si 46

Adottare un metodo In ogni riparazione è importante l'approccio e il metodo seguito. Anche se siete esperti, è importante documentare tutte le fasi di smontaggio e rimontaggio delle schede. Personalmente tengo una scheda, un semplice foglio, su cui riporto un disegno del circuito da smontare, con tracciati tutti gli elementi e la loro posizione. Dopo aver analizzato e verificato ogni singolo elemento, ne annoto lo stato utilizzando delle matite colorate. I componenti integri sono segnati in verde, quelli danneggiati, in rosso e quelli "dubbi" in arancione. I componenti evidenziati con il colore arancione sono quelli che presentano dei valori leggermente alterati o di cui non è possibile verificare il funzionamento. Per evitare rischi, in fase di rimontaggio, lì sostituirò.

Fig. 55 - Fotosequenza di smontaggio di un dispositvo complesso. Ogni passaggio è stato fotografato indicando con il cacciavite le viti interessate. Cavi e connettori sono marcati con etichette e segni di pennarello.

Fig. 56 - Foglio accompagnatorio di una scheda elettronica, così come siamo abituati a fare nel mio laboratorio. Un disegno riproduce il circuito e i componenti, una volta verificati, sono marchiati con vari colori che ne indicano lo stato.

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Malfunzionamenti degli alimentatori switching Un alimentatore switching guasto può essere danneggiato in modo evidente e ben visibile, oppure può apparire integro e potrebbe anche accendersi e produrre delle tensioni d'uscita alterate o intermittenti. È possibile individuare varie tipologie di sintomi che si possono associare a vari danneggiamenti. Nel caso più grave l'alimentatore non si accende del tutto e quando lo si collega alla rete elettrica, fa saltare "le valvole" o brucia il fusibile. In questo caso ci sono probabilmente dei danni nella sezione "hot": il ponte raddrizzatore potrebbe essere in corto, sono saltati i componenti di filtro e protezione, si è bruciato il mosfet o l'integrato del pwm. A volte collegando l'alimentatore non si ha nessuna tensione in uscita e i fusibili non saltano. In questo caso l'integrato di generazione del pwm potrebbe essere saltato oppure semplicemente in "shutdown" perché rileva delle condizioni anomale. Potrebbe essere saltato anche il circuito di feedback. Nei casi più particolari la tensione va e viene e l'alimentatore a volte si accende e a volte no, oppure lo fa per un po' e poi si spegne. Le tensioni in uscita potrebbero essere più elevate del valore nominale, oppure molto basse. A volte si rileva la mancanza di potenza e quindi dei malfunzionamenti nell'apparecchiatura alimentata. Questi malfunzionamenti sono di solito causati da problemi con i condensatori elettrolitici o con il circuito di feedback.

Fig. 57 - Una scheda parzialmente smontata e il suio foglio accompagnatorio al termine dell'analisi. Tutti i problemi sono stati evidenzati e non resta che sostituire i pezzi guasti.

Pericolo! Fate molta attenzione nel misurare la tensione di un apparato collegato alla 220. Evitate di poggiare i puntali delle sonde e piuttosto utilizzate dei coccodrilli o saldate direttamente degli spezzoni di filo alle piazzole da misurare a cui collegare poi le sonde del tester. 48

Tecniche - Misurare le tensioni Per capire come e se l'alimentatore sta funzionando, è necessario alimentarlo e misurare alcune tensioni "fondamentali". Queste operazioni richiedono una serie di misure da compiere mentre il circuito è alimentato e questo è molto pericoloso. Per evitare problemi prendete sempre tutte le precauzioni possibili. Organizzate la misura del punto di vostro interesse predisponendo le sonde, eventualmente con coccodrilli o anche saldando dei fili direttamente al circuito, quindi accendete, misurate e spegnete di nuovo. Per evitare shock elettrici, indossate scarpe con le suole di gomma e utilizzate una sola mano per eseguire misure e operazioni sul circuito. L'altra mano tenetela in tasca, in questo modo non si creerà un circuito passante per il cuore! Se dovete compiere delle regolazioni usate dei cacciaviti di plastica. Ricordatevi che le sonde del tester possono facilmente scivolare mentre le premete su una pista e causare dei cortocircuiti. Ricordatevi che anche quando il circuito è scollegato dalla rete, potrebbe essere pericoloso perché il condensatore elettrolitico posto all'ingresso potrebbe non avere una rete di scarica e quindi essere carico a qualche centinaio di volt. Verificate con un tester se è

Fig. 59 - Per misurare con tranquillità e sicurezza le tensioni presenti nel circuito, procuratevi delle sonde con terminali a clip o a coccodrillo che potrete collegare stabilmente ai punti da misurare.

carico e in caso affermativo, scaricatelo con un resistore.

Fig. 58 - Scarica di un condensatore elettrolitico. L'operazione si può effettuare anche con componenti saldati su una scheda.

Gli alimentatori SMPS hanno due differenti masse, una di queste è ricavata sul piedino negativo del condensatore elettrolitico di filtro ed è definita "hot ground", l'altra è isolata ed è ricavata sul negativo dei condensatori elettrolitici d'uscita. Questa seconda massa può essere collegata alla messa a terra e si definisce "cold ground". 49

La massa "hot" non è isolata e va trattata con molta attenzione. Quando effettuate delle misure di tensione dovete sempre usare la massa corretta. Per evitare problemi potrebbe convenire alimentare il circuito con un trasformatore d'isolamento. Le due masse vanno tenute ben separate! Possiamo analizzare l'alimentatore dall'esterno o

dall'interno. Nel primo caso osserveremo solo se questo riceve la tensione di rete e genera quelle d'uscita. Nel caso queste non fossero presenti, possiamo registrare alcuni comportamenti e quindi decidere come e cosa analizzare. L'analisi "interna" procede misurando la tensione in alcuni punti fondamentali del modulo di alimentazione. Per misurare le tensioni sul lato "hot" con una certa "tranquillità" collegate, se lo avete, un trasformatore d'isolamento a 220 volt. 3 - condensatore elettrolitico

Le condizioni "interne" più interessanti da verificare sono:

3) la presenza della tensione di alimentazione dell'eventuale chip PWM (lato hot);

1) La presenza della tensione di rete all'ingresso del circuito e sul ponte (o diodo) rettificatore d'ingresso;

4) le tensioni sugli avvolgimenti secondari del trasformatore che si possono misurare comodamente sui condensatori o morsetti d'uscita (lato "cold").

2) la tensione raddrizzata ai capi del grosso condensatore elettrolitico di filtro posto all'ingresso del circuito (lato hot); 4 - diodo d'uscita

5 - stabilizzatore di tensione

2 - ponte rettificatore

6 - chip logico

1 - fusibile

Fig. 60 - (1) verificate che il fusibile sia integro, (2) misurate la tensione sul ponte a diodi, (3) sul condensatore dovreste trovare circa 300 V DC, (4) rilevate la presenza della tensione continua sui diodi o sui condensatori d'uscita, (5) se sono presenti degli stabilizzatori di tensione controllate che ricevano una tensione e che funzionino correttamente, (6) individuate un chip noto e controllate se è alimentato.

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2 - chip di switching

1 - condensatore

3 - diodi e condensatori d'uscita Fig. 61 - Questa scheda non ha dei veri e propri filtri d'ingresso e neppure un ponte a diodi. La tensione di rete è raddrizzata da un semplice diodo in serie con una bobina e una resistenza. Sul (1) condensatore dovreste trovare circa 300 V DC. Il condensatore è riconoscibile dal voltaggio elevato. Su questo tipo di schede il suo valore di capacità è solitamente molto modesto, al massimo di una decina di microfarad o poco più. Verificate che il chip che si occupa dello switching (2) sia alimentato (consultate il datasheet) e quindi (3) rilevate la presenza della tensione continua sui diodi o sui condensatori d'uscita.

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Misure di tensione "esterne"

delle tensioni di uscita intermittenti. Potete accorgervi della presenza di problemi all'avvio collegando un oscilloscopio alle uscite oppure un semplice voltmetro a lancetta. Verificate i diodi d'uscita e il circuito di feedback e l'opto isolatore. Si possono avere anche delle tensioni "intermittenti" se ci fossero delle piste interrotte o delle saldature malfatte. Questo tipo di problemi è di solito più infido perché si tende a soffermarsi sui componenti piuttosto che sul circuito stampato, le piste e le saldature, che comunque hanno un ruolo rilevante!

Soffermandoci all'analisi "esterna" possiamo distinguere due casi: nel primo l'alimentatore non funziona e quando si collega, se c'è un fusibile, questo si brucia; nel secondo caso il fusibile non si brucia ma l'alimentatore non funziona. Per capire se l'alimentatore funziona, osservate se ci sono dei led che indicano l'accensione o misurate direttamente le tensioni d'uscita. Cercate di capire se è necessario collegare un carico e disabilitare lo stand-by (come per gli alimentatori ATX da PC).

A volte potrebbe anche capitare che l'alimentatore sia funzionante e non ci siano guasti. Spesso ci lasciamo condizionare da quanto ci riportano i Clienti e ci Quando si brucia il fusibile potrebbe esserci un problema nel lato hot. Verificate quindi il filtro d'ingresso e il ponte Fig. 63 - Gli alimentatori ATX per PC sono di tipo switching e richiedono un concentriamo sulla loro percezione del guasto. Se dopo un’attenta analisi del modulo switching, rileviamo che le carico per poter funzionare correttamente. raddrizzatore, quindi passate a verificare il chip tensioni sono presenti e che tutto sembri funzionare generatore del PWM ed eventualmente il MOSFET (se Osservando con una lente d'ingrandimento la superficie correttamente, forse è il caso di cercare altrove il guasto. presente). In alcuni casi un corto circuito su uno dei diodi del circuito integrato potrete notare una piccola crepa con Per essere sicuri del verdetto provate magari ad applicare veloci del lato cold potrebbe far saltare il fusibile una bolla: si rompono tutti nello stesso modo. In questi un carico adeguato all'alimentatore e magari a tenerlo d'ingresso. Se il fusibile è saltato, potrebbero esserci casi, ovviamente, i circuiti sono danneggiati e le tensioni di acceso per un po' di tempo, così che si possa "riscaldare". delle cause evidenti. uscita non saranno presenti. Valutate anche dove è posto l'alimentatore, nel caso Annusate la scheda: odora di acre o bruciato? Cercate dei In alcuni casi l'alimentatore funziona ma produce delle questo sia un modulo autonomo, e se sia sufficientemente componenti bruciati, rotti o scheggiati. Molte schede di ventilato. Potreste trovare una ventola di raffreddamento tensioni non corrette. Se le tensioni sono troppo basse, alimentazione per elettrodomestici usano dei chip della potrebbero esserci dei componenti in perdita (solitamente rotta che fa surriscaldare il circuito! serie LNK o GNK. Questi chip sono impiegati al limite condensatori elettrolitici) che "affaticano" il circuito. Il delle loro possibilità e dopo pochi anni si danneggiano. circuito potrebbe anche inizialmente funzionare bene ma presentare questo tipo di problemi solo dopo un po' che è acceso (da pochi minuti ad alcune ore). Non dimenticatevi di verificare anche i condensatori a film plastico oltre agli rottura del chip elettrolitici. I danni sui condensatori elettrolitici sono spesso ben visibili a differenza di quelli ceramici o a film plastico, ma non dimenticatevi di verificarli tutti.

Fig. 62 - Un chip per alimentatore swtching della serie LNK danneggiato. Il chip è esploso internamente. Sulla superficie si nota solo una piccola bolla e una fessura capillare.

Più raramente potrebbe capitarvi di registrare delle tensioni più elevate di quelle nominali. Solitamente i circuiti hanno dei meccanismi di protezione che evitano il manifestarsi di condizioni pericolose. Quando questi meccanismi si danneggiano, si potrebbero registrare delle tensioni troppo elevate. In situazioni limite il circuito si avvia, ma poi va in protezione e quindi si spegne (shutdown). In casi più bizzarri questo sistema di Fig. 64 - Tenete a portata di mano una vecchia motherboard per poter protezione causa il continuo riavvio del sistema generando testare gli alimentatori ATX. 52

Misure di tensione "interne" Per farvi un'idea del funzionamento dell'alimentatore verificate le tensioni presenti nei seguenti punti: 1. per misurare la presenza della tensione di rete nel circuito è necessario appoggiare le sonde del tester sul ponte raddrizzatore o su uno degli elementi del filtro d’ingresso antidisturbo. Impostate il tester per misurare tensioni alternate maggiori di 200 volt e procedete con molta attenzione. Non sempre il ponte raddrizzatore è presente, come in molte schede provenienti da lavatrici e lavastoviglie, dove per risparmiare, si utilizza un semplice diodo. In questi casi si trova sicuramente un varistore o un condensatore collegato tra neutro e fase. Misurate lì la presenza della tensione dell'alimentazione. Se la tensione non fosse presente, verificate tutte le possibili cause, anche quelle più scontate come il funzionamento corretto di un eventuale interruttore di accensione, lo stato del cavo di alimentazione e di eventuali fusibili. Se ci sono dei filtri antidisturbo, controllateli, verificando che le bobine non siano interrotte o bruciate. A volte potrebbero anche esserci delle piste bruciate o delle saldature "saltate" cui non avevate dato importanza o che non avevate notato.

Fig. 66 - Verificate se la tensione a 220 V alternati raggiunge il ponte rettificatore. Fate molte attenzione mentre fate questa misura!

Fig. 67 - Ai capi dei condensatori elettrolitici di livellamento dovreste trovare circa 300 volt.

2. La presenza della tensione sul condensatore di filtro indica che il ponte raddrizzatore funziona correttamente. La tensione è continua ed ha valori molto elevati. Per misurarla si deve impostare il tester su VDC e prestare molta attenzione. Per misurare con sicurezza la tensione, usate delle sonde a clip o con coccodrillo o saldate dei fili alla scheda. Se non è presente nessuna tensione verificate eventuali componenti posti tra il ponte raddrizzatore e il condensatore e lo stato del ponte stesso. Se la tensione presenta valori anomali (troppo bassi) dovrete verificare il condensatore e misurare capacità ed ESR. Prima di fare delle misure ricordatevi di scaricarlo con una resistenza. 3. La tensione di alimentazione del chip pwm.

Fig. 65 - Un buon punto per verificare la presenza della tensione di rete è il fusibile che potrebbe essere presente sulla scheda.

68 - Per misurare la tensione ai capi dei condensatori elettrolitici è Individuate il chip che genera il segnale PWM. Potrebbe Fig. spesso necessario appoggiare le seonde sul retro della scheda. essere un piccolo integrato in formato DIP o TO220 ma anche SMD. I chip più comuni hanno una sigla tipo VIPERxx, LM2575, MCxxx o NCVxxx. Cercate il datasheet e individuate la piedinatura. Il chip riceverà su uno dei suoi pin la tensione di alimentazione. Sul datasheet troverete il valore di questa tensione. Accendete la scheda e verificate con il tester che la tensione ci sia e sia nei limiti indicati. Anche questa misura avviene nella zona "hot" e quindi dovrete prendere tutte le precauzioni necessarie.

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Fig. 69 - Verificate che sui diodi e condensatori d'uscita siano presenti le tens nominali dell'alimentatore.

Fig. 71 - Se sulla scheda sono presenti degli stabilizzatori di tensione, verificate i voltaggi presenti sul pin d'ingresso e di uscita.

Fig. 70 - Se avete difficoltà nel misurare le tensioni sul lato componenti, girate la scheda. Per misurare le tensioni d'uscita individuate la massa "cold" e appoggiatevi la sonda nera mentre puntate la seconda sonda sul catodo del diodo da misurare.

Fig. 72 - Per lavorare in sicurezza, fissate le sonde al circuito, prima di alimentarlo, utilizzando dei cavi con clip a coccodrillo.

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Fig. 73 - Se non ci sono punti di appiglio per le clip a coccodrillo, saldate degli spezzoni di cavo a cui aggrapparle.

Oscilla o non oscilla Uno dei punti fondamentali nella riparazione degli alimentatori SMPS è quello di capire se il segnale pwm è generato oppure no. Per verificare la presenza del segnale serve un oscilloscopio. A seconda se si abbia un trasformatore d'isolamento si può procedere in due modi: - Senza trasformatore d'isolamento: non collegate direttamente l'oscilloscopio al circuito! Per verificare la presenza dell'oscillazione PWM, con l'oscilloscopio e l'alimentatore acceso, avvicinate semplicemente la punta della sonda dell'oscilloscopio al trasformatore pilotato dal PWM. Regolando opportunamente il guadagno dello strumento (scala volt/div), dovrebbe apparire il segnale PWM (molto disturbato ma presente). Il segnale dovrebbe avere una frequenza di qualche kilohertz, come da specifiche del chip che lo genera. Quando il circuito non funziona, non si rileva nulla oppure solo un disturbo a cinquanta Hertz. Se il vostro oscilloscopio ha dei cursori di misura, li potete spostare così da misurare la frequenza. - Con trasformatore d'isolamento: avendo a disposizione un trasformatore d'isolamento potete collegare l'alimentatore switching al trasformatore, la massa dell'oscilloscopio alla hot ground e quindi la sonda al pin del chip che genera il segnale PWM. In questo modo potrete rilevare con molta precisione la presenza della forma d'onda. Su alcuni datasheet è riportata la forma di questo segnale e potrete verificare che sia conforme a quanto misurato. Fate attenzione a cercare il segnale a bassa tensione che pilota il "gate" del MOSFET. Per compiere delle misure nel lato "hot" del circuito, la massa dell'oscilloscopio deve toccare la massa "hot" e l'alimentatore va alimentato attraverso con trasformatore d'isolamento 220:220 (220 v in ingresso e 220 v in uscita). Se il MOSFET è integrato nel chip, usate il primo sistema per rilevare la presenza del segnale.

Fig. 74 - Il segnale generato dal chip potrebbe non essere un'onda quadra e Fig. 73 - Per verificare senza rischi se il segnale PWM è presente è sufficiente avvicinare o appoggiare la sonda dell'oscilloscopio alla carcassa avere le forme più svariate, l'importante è che non sia un onda a 50 Hz. del trasformatore ad alta frequenza.

La presenza del segnale PWM vi da la conferma che il chip dovrebbe funzionare correttamente e che quindi il problema dovrebbe essere cercato altrove. A volte capita spesso di finire in un vicolo cieco e di non capire più che cosa stia accadendo. Avete verificato tutti i componenti (o almeno così vi pare), avete provato ad alimentare il circuito in vari modi, con e senza lampadina, ma niente da fare: il guasto non si trova. Cercate allora di capire se il segnale PWM è presente oppure no.

Rimozione e verifica del trasformatore Rimuovendo il trasformatore è possibile collegare un tester analogico tra la massa sul lato cold e il segnale presente sull'avvolgimento primario. Il segnale si può prelevare sul chip (se questo incorpora il MOSFET) oppure sul MOSFET esterno. Solitamente il pin su cui appoggiare la sonda è il drain (D). Verificate i datasheet per identificarlo con sicurezza. Se accendendo 55

l'alimentatore, la lancetta del tester analogico vibrerà, allora il chip PWM sarà funzionante. In questi casi, rilevando la presenza o l'assenza del PWM potrete trarre un’importante considerazione: la posizione del guasto. Se non è presente nessuna oscillazione, il guasto, con buona probabilità sarà nel lato del primario, altrimenti, se rilevate un'oscillazione, concentratevi sul lato secondario. Con queste misure potreste anche trovare che il segnale sul primario arriva, ma non giunge sul secondario. In alcuni rari casi potrebbe essere colpa del trasformatore. Smontatelo e verificatelo. Misurate la resistenza presente tra le spire. Potreste avere un avvolgimento interrotto oppure in corto. Senza degli strumenti specifici è difficile fare delle misure. Potete provare il trasformatore "a banco" utilizzando un generatore di segnali che collegherete a uno degli avvolgimenti secondari, mentre con l'oscilloscopio

controllerete se sul primario appare qualche tipo di segnale. Il segnale da immettere dovrebbe avere una frequenza di qualche kilohertz, magari la stessa frequenza utilizzata durante il normale funzionamento. Potete misurare le tensioni d'ingresso e d'uscita e farvi un’idea del rapporto di trasformazione. Potete verificare un trasformatore anche con un particolare strumento chiamato Blue Ring Tester. Questo strumento è abbastanza costoso ed è venduto negli USA come kit. È possibile farsene spedire uno acquistandolo su Ebay. Con il Blue Ring tester potrete verificare lo stato di un trasformatore e stabilire se questo è danneggiato, e magari presenta delle perdite dovute a danneggiamenti interni. Un trasformatore in buono stato, tipicamente, accende tutti i led, in caso di perdite vedrete accesi solo pochi led, solitamente quelli rossi. Il Blue Ring Tester misura il Q della bobina o del trasformatore in modo approssimativo e funziona anche "in circuit". Collegandolo sul primario del trasformatore è possibile rilevare un corto circuito sul secondario o viceversa.

Fig. 75 - Per verificare un trasformatore collegate un generatore di segnali a uno degli avvolgimenti e un oscilloscopio sugli altri. Confrontate i segnali i ningresso e uscita.

A volte il circuito del pwm non parte. Ve ne potete accorgere con un tester analogico o con l'oscilloscopio. Collegate il tester analogico a una delle uscite dell'alimentatore e date tensione. Se la lancetta ha un o spunto e poi torna a zero è un chiaro indizio che il circuito ha qualche problema e va in protezione. A volte il tester non rileva questi "movimenti". Utilizzate l'oscilloscopio cercando lo "spunto" in vari punti. Sia sulle uscite lato secondario sia sul pin di alimentazione del chip pwm. (Attenzione a fare le misure con il circuito alimentato da un trasformatore d'isolamento!)

Fig. 76 - Blue Ring Tester collegato a un trasformatore di prova con Q elevato: tutti i led sono accesi.

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Fig. 77 - Blue Ring Tester collegato al trasformatore di un alimentatore switching. L'alimentatore è presenta dei danni sul secondario e il Q del trasformatore ne risente: si accendono solo tre led rossi.

Il trucco della lampadina Immaginate di aver sostituito alcuni componenti del vostro modulo di alimentazione, incluso un raro chip di switching che avete trovato su ebay. Alimentate il circuito e... bang! salta di nuovo e siete punto a capo. Probabilmente avete anche rotto di nuovo il chip. Esiste un trucco usato tanto tempo fa dai riparatori TV: mettevano in serie una lampadina al televisore. Nel caso ci fosse un cortocircuito, la lampada si accenderà e limiterà la corrente limitando i danni. Prima di accendere il vostro alimentatore appena riparato, collegategli in serie una lampadina a incandescenza e osservate cosa accade. La lampadina potrebbe essere: - molto luminosa, - spenta, - lampeggiante. Nel primo caso, l'alimentatore non è ancora funzionante e ci sono dei problemi da risolvere, infatti, è presente ancora un corto circuito e quindi la lampadina si accende. In questi casi è possibile individuare rapidamente quali sono i componenti problematici, cioè quello o quelli che sono in cortocircuito. Lasciando acceso il circuito per poco più di un minuto potrete trovare in fretta i colpevoli... scollegate subito tutto, scaricate il condensatore di filtro e cercate quali sono le parti più calde. Potete fare la verifica al tatto, appoggiando un dito, oppure dotandovi di un termometro abbastanza preciso. La soluzione migliore di tutte e anche molto professionale è quella di utilizzare una termo camera. Inquadrando il circuito vedrete immediatamente le parti surriscaldate. Segnatele, quindi verificatele e sostituitele. Con buona probabilità avrete risolto il vostro problema! Nel caso la lampada sia spenta, significa che l'alimentatore potrebbe essere funzionante. Il comportamento corretto è quello in cui la lampadina parte accesa e poi si spegne o resta comunque molto bassa. Inizialmente emetterà molta

Fig. 78 - La lampadina ad incandescenza va collegata in serie al circuito da Fig. 79 - Se la lampadina resta accesa ed è molto brillante significa che il proteggere. Se Il circuito è funzionante la lampadina non dovrebbe restare circuito assorbe molta corrente. La lampadina evita che i componenti si accesa. danneggino.

luce, mentre il condensatore di filtro si carica, poi arriverà a regime restando quasi del tutto spenta. Verificate se sono presenti le tensioni d'uscita. In questo caso avete buone probabilità di aver risolto il problema. Se la lampadina lampeggia, la corrente che arriva all'alimentatore potrebbe non essere sufficiente e questo si "riavvia". Provate con una lampadina di wattaggio maggiore. SE non avete altre lampadine misurate le tensioni in uscita, che saranno anch'esse "pulsanti". Se non fossero presenti, probabilmente l'alimentatore non è funzionante, altrimenti potrebbe solo essere un problema di corrente insufficiente. Per la misura sarebbe meglio usare un tester analogico: vedrete la lancetta salire fino al valore previsto e poi ricadere nella fase di riavvio. La lampadina va collegata in serie al cavo di alimentazione che arriva all'alimentatore. Potete anche collegare la lampadina al posto del fusibile. Vi serve una lampadina da un centinaio di watt a incandescenza (oggi una rarità!). Fig. 80 - Se l'alimentatore funziona correttamente, la lampadina potrà inizialmente brillare, mentre si carica il condensatore elettrolitico, per poi spegnersi o restare molto fioca.

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Don't Panic!

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Don't Panic! Ed ora tocca a voi!

nessuno!

Provate a riparare qualche alimentatore seguendo i consigli presentati in questa breve guida. Se siete alle prime armi, l'impresa potrebbe risultare difficile, ma ricordate che riparare circuiti elettronici è sempre un lavoro molto complesso. A differenza di altri lavori di riparazione, il riparatore elettronico si trova ad affrontare ogni volta delle situazioni completamente differenti. Anche schede dello stesso tipo sono periodicamente revisionate e gli schemi non sono mai uguali. Si possono trovare componenti obsoleti o fuori produzione che possono rendere vano il vostro lavoro. Prima di abbandonare, cercate su Ebay o Aliexpress: sono fonti inesauribili a cui rivolgersi per trovare pressochè ogni tipo di componente elettronico.

Scaricate i datasheet del chip PWM e verificate la tensione di alimentazione e di startup e la frequenza di funzionamento. Se avete tempo, leggetevi il suo datasheet: potreste trovare molte informazioni interessanti. Nella prossima pagina troverete un diagramma a blocchi "sperimentale" che potrebbe aiutarvi nel lavoro di riparazione. Difficilmente lo seguo alla lettera, perché la realtà è sempre piena di sorprese e inconvenienti, ma è un'ottima traccia per darsi una regola e cercare di seguire un approccio logico e razionale alla riparazione.

Di fronte a una nuova scheda, senza farsi prendere dal panico, iniziate a fare una serie di controlli "sistematici" e segnatevi tutto quello che fate. Le verifiche che faccio di solito sono: - alimentare il circuito (se possibile), verificando le tensioni presenti sul ponte, sul condensatore elettrolitico, sul chip e sulle uscite; - controllo dei condensatori elettrolitici e di altri tipi; - controllo di diodi e ponti raddrizzatori; - verifica di transistor, mosfet e simili; - verifica del trasformatore; - verifica della presenza dell'oscillazione; - sostituzione delle parti danneggiate;

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- test con lampadina; - test finale. Fatevi una mappa del circuito e segnate tutti i componenti che avete controllato. Non dimenticatevene 59

Diagramma a blocchi per riparazioni

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Verifica dei diodi Diodi e LED contengono al loro interno una giunzione PN e si possono misurare con un semplice tester. Potete usare un tester a lancetta impostato sulla misura di resistenze “10X”, oppure un multimetro digitale dotato di prova-diodi che misurerà la tensione di polarizzazione diretta della giunzione. Anche per la misura corretta di un diodo è opportuno che abbia almeno uno dei terminali “libero”. Per la verifica di un diodo: • inserite la sonda nera nella boccola COM; • inserite la sonda rossa nella boccola con il simbolo di un diodo; • ruotate il commutatore per la scelta della portata sulla posizione “prova diodi”; • appoggiate la sonda rossa sull'anodo e quella nera sul catodo (parte del componente segnata con una striscia); • leggete il valore rilevato che dovrebbe essere di circa 0,5 volt (per un diodo comune); • invertite le sonde così da polarizzare inversamente la giunzione; • la lettura dovrebbe indicare un circuito aperto. La tensione di polarizzazione della giunzione varia a seconda del componente e può oscillare da 0,1 a 0,7 volt e assumere valori anche maggiori per i LED. Un diodo danneggiato può misurare “aperto”, in corto circuito o presentare perfino comportamenti “resistivi”, anche invertendo le sonde.

Fig. 81 - Verifica di un diodo con un tester o multimetro dotato della funzione “prova diodi”.

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Verifica di un transistor bipolare (BJT) Per provare un transistor impostate il tester o il multimetro sulla funzione prova diodi (o come ohmmetro in posizione X10). Un transistor è praticamente un sandwich di semiconduttori (PNP o NPN), e lo si può considerare come formato da due giunzioni PN e quindi pensarlo come due diodi uniti tra di loro. La prova consiste nel verificare che le due giunzioni PN siano intatte. Supponendo di avere un transistor NPN con i terminali disposti nell'ordine EBC, procedete in questo modo: • toccate con la sonda rossa il terminale di base (B); • mentre la sonda rossa tocca B, con la sonda nera toccate il terminale di emettitore (E); • lo strumento indicherà un circuito aperto. • Toccate con la sonda nera il terminale di collettore (C), sempre mantenendo la sonda rossa su B; • lo strumento indicherà un circuito aperto. • Invertite le sonde e toccate la base B con la sonda nera; • toccate con la sonda rossa il collettore C; • lo strumento indicherà una resistenza bassa o, se state usando il prova diodi, la tensione di giunzione pari a circa 0,5 volt; • portate la sonda rossa sull'emettitore E; • lo strumento indicherà una resistenza bassa o la tensione di giunzione. • Come ulteriore prova toccate con una sonda l'emettitore e con l'altra il collettore. Dovreste leggere una resistenza molto elevata. • Invertite le sonde

Fig. 82 - Procedura di verifica di un transistor bipolare NPN (per i PNP si devono invertire le sonde).

• Dovreste trovare una resistenza molto elevata tra collettore e emettitore. Per i modelli PNP utilizzate la stessa procedura ma invertendo la sonda rossa con quella nera. 62

Verifica di MOSFET La procedura di test cerca di verificare se il canale è integro e se non ci sono corto circuiti o perdite attraverso il gate. Per provare un MOSFET impostate il multimetro sulla funzione prova diodi oppure usate un tester analogico regolato su una misura in ohm con portata X10. Supponendo di avere un MOSFET a canale N, con i terminali disposti nell'ordine GDS, procedete in questo modo: • toccate con la sonda rossa il terminale di drain (D); • mentre la sonda rossa tocca D, con la sonda nera toccate il terminale di source (S); • lo strumento indicherà un circuito aperto perché il canale in questi MOSFET è solitamente chiuso e serve una tensione sul gate (G) per aprirlo; • ora toccate con la sonda nera il source (S); • con la sonda rossa toccate il gate (G);

Fig. 83 - Procedura di prova di un MOSFET a canale N.

• lo strumento indicherà un circuito aperto • con la sonda nera fissa sul source, spostate la sonda rossa e passate subito a toccare il drain (D); • lo strumento indicherà una resistenza molto bassa o comunque della continuità elettrica (il canale si è aperto); • richiudete il canale toccando contemporaneamente, con un dito, gate e drain. • Verificate che tra D e S non ci sia conduzione; La procedura si può ripetere per verificare lo stesso comportamento tra gate e drain. Per testare altri tipi di MOSFET sarà necessario modificare leggermente i passaggi illustrati.

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Verifica dei TRIAC Su circuiti che lavorano direttamente con la tensione di rete a 220 volt può capitare di trovare dei TRIAC che, in caso di malfunzionamento, sono i primi componenti da verificare perché sono quelli più “stressati” e a rischio danneggiamento per scariche e sovraccarichi. TRIAC e SCR funzionano un po’ come degli interruttori controllati elettricamente e si possono provare con delle procedure simili. Le procedure verificano l’integrità delle giunzioni PN e il funzionamento dell’elemento. I TRIAC hanno tre pin chiamati A1, A2 e G (gate). Per la verifica dell’elemento potete usare il prova diodi di un multimetro oppure un ohmmetro analogico impostato sulla portata X10. Ecco come procedere: • Toccate con la sonda rossa il terminale A1 e con quella nera, A2; • lo strumento non dovrebbe segnalare continuità (circuito aperto o con resistenza molto elevata di qualche mega ohm); • invertite le sonde sui terminali A1 e A2; • verificate di avere ancora una lettura di circuito aperto o con resistenza molto elevata; • toccate con la sonda nera A1 e con quella rossa A2; • create un ponticello tra A2 e gate (G), tenendo sempre ben ferma la sonda nera su A1; • lo strumento dovrebbe indicare continuità; • togliete il ponticello sempre mantenendo le sonde ferme su A1 e A2; • lo strumento dovrebbe continuare a indicare una bassa resistenza o un circuito chiuso. In alcuni casi, con TRIAC particolarmente “grossi” (dal punto di vista della gestione di corrente e tensione) il canale tra A1 e A2 potrebbe non rimanere aperto e richiudersi non appena si rimuove il ponticello.

Fig. 84 - Procedura di prova di un TRIAC.

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Verifica di un SCR Gli SCR hanno tre terminali che sono chiamati anodo (A), catodo (K) e gate (G), disposti solitamente nell’ordine K, A, G (ma controllate sempre il datasheet). Per la verifica dell’elemento potete usare il prova diodi di un multimetro oppure un ohmmetro analogico impostato sulla portata X10. La procedura da seguire è questa: • toccate con la sonda rossa il terminale K e con quella nera, G; • lo strumento non dovrebbe segnalare continuità (circuito aperto o con resistenza molto elevata di qualche mega ohm); • invertite le sonde sui terminali K e G; • verificate di avere ancora la lettura di un circuito aperto o resistenza molto elevata; • ripetete i primi quattro punti usando però A e G. • per provare la funzionalità del componente, toccate con la sonda nera K e con quella rossa A; • create un ponticello tra A e gate (G), tenendo sempre ben ferma la sonda nera su K; • lo strumento dovrebbe indicare continuità; • togliete il ponticello sempre mantenendo le sonde ferme su K e A; • lo strumento dovrebbe continuare a indicare una bassa resistenza o un circuito chiuso. Anche per gli SCR, in alcuni casi potrebbe capitare che il canale non rimanga aperto senza il ponticello. Può dipendere dal fatto che il tester non gli fornisce abbastanza corrente per mantenerlo aperto. In caso di dubbio è possibile costruire un piccolo circuito di prova su una breadboard che alimenta il gate e fa scorrere corrente tra anodo e catodo.

Fig. 85 - Procedura di prova di un SRC.

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Verifica di un IGBT Gli IGBT sono dei componenti elettronici abbastanza recenti, usati per controllare correnti elevate con grande efficienza. Si trovano in molti elettrodomestici, in quasi tutti i condizionatori e nei circuiti dove è necessario controllare qualche tipo di motore. Sono usati come switch ad alta velocità e ovviamente sono soggetti a danneggiamenti perché lavorano con correnti elevate. A volte si trovano in classici involucri “da transistor”, ma molto spesso sono impacchettati in “power module” che possono anche includere delle parti di controllo. Gli IGBT sono un ibrido tra un transistor bipolare e un MOSFET e hanno terminali chiamati gate (G), collettore (C) e emettitore (E). Per verificarli si può utilizzare un multimetro o un tester usato come ohmmetro nella posizione X10. La procedura di verifica è la seguente: • per verificare che non ci siano perdite tra il gate e il canale principale, appoggiate la sonda nera su G e quella rossa su C; • lo strumento deve rilevare una resistenza molto elevata (megaohm) o un circuito aperto; • appoggiate la sonda nera su G e quella rossa su E; • lo strumento deve rilevare una resistenza molto elevata (megaohm) o un circuito aperto.

Fig. 86 - Procedura di prova di un IGBT.

• Per la verifica della funzionalità appoggiate la sonda nera sull'emettitore (E) e toccate con la sonda rossa il collettore (C); • lo strumento deve rilevare un circuito aperto o una resistenza elevata;

• toccando con un dito tra G e C il canale dovrebbe richiudersi.

• mantenendo la sonda nera su E, toccate con la sonda rossa il gate (G) per qualche secondo;

Alcuni IGBT richiedono tensioni e correnti più elevate di quelle fornite da un semplice tester e quindi la procedura presentata potrebbe non funzionare. A volte potrebbe capitare che il canale non resti aperto e al posto di un semplice tocco sia necessario un ponticello. Con IGBT più “grandi” è possibile costruire un piccolo circuito di test o usare un alimentatore da laboratorio per applicare tra G ed

• appoggiate di nuovo la sonda rossa sul collettore, mantenendo sempre quella nera su E; • lo strumento dovrebbe rilevare una resistenza bassa tra C ed E;

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E una tensione di qualche volt (controllate il datasheet). Applicando la tensione il canale del dispositivo si apre e potete rilevare una bassa resistenza tra E e C.

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