Preti pedofili. La vergogna, il dolore e la verità sull'attacco a Benedetto XVI 8821568407, 9788821568404 [PDF]


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Italian Pages 99 Year 2010

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Table of contents :
Copertina......Page 1
Frontespizio......Page 3
ISBN......Page 4
I - LA VERGOGNA E IL DISONORE. COM' È POTUTO ACCADERE?......Page 6
II - LA RISPOSTA DELLA CHIESA È STATA ADEGUATA?......Page 14
III - LA COSTRUZIONE SOCIALE DI UN PANICO MORALE......Page 24
IV - «VEGLIATE E PREGATE PER NON ENTRARE IN TENTAZIONE»......Page 54
RIFERIMENTI......Page 58
APPENDICI......Page 62
1. CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE: LETTERA DE DELICTIS GRAVIORIBUS (2001)......Page 64
2. BENEDETTO XVI: LETTERA AI CATTOLICI DELL' IRLANDA (2010)......Page 70
PREGHIERA PER LA CHIESA IN IRLANDA......Page 86
3. IL PRECEDENTE NAZISTA. COME UN GESUITA SVELÒ IL COMPLOTTO......Page 88
INDICE......Page 94
Aletta 2......Page 98
Quarta di copertina......Page 99
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Preti pedofili. La vergogna, il dolore e la verità sull'attacco a Benedetto XVI
 8821568407, 9788821568404 [PDF]

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MASSIMO INTROVIGNE

PRETI PEDOFILI La vergogna, il dolore e la verità sull'attacco a Benedetto XVI



SAN PAOLO

per i due documenti del magistero © Libreria Editrice Vaticana

©EDIZIONI SAN PAOLO s.r.l., 2010 P iazza Soncino, 5- 20092 Cinisello Balsamo (Milano) www.edizionisanpaolo.it

Distribuzione: Diffusione San Paolo s.r.l. Corso Regina Margherita, 2- 10153 Torino ISBN 978-88-215-6840-4

I

LA VERGOGNA E IL DISONORE. COM ' È POTUTO ACCADERE?

l preti pedofili

esistono

I preti pedofili esistono. A molti di noi piacerebbe che si trattasse solo di un brutto sogno, o di calunnie della stampa laicista. Non è così, purtroppo. E non è quello che c 'insegna il papa. Nella magnifica Lettera ai cattolici dell'Irlanda del 1 9 marzo 20 l O Benedetto XVI parla di una Chiesa ferita e disorientata dalle notizie relative ai preti pedofili: notizie, di­ sgraziatamente, non sempre infondate. Il pontefice denun­ cia con voce fortissima i «crimini abnormi», «la vergogna e il disonore», la violazione della dignità delle vittime, il col­ po inferto alla Chiesa «a un punto tale cui non erano giunti neppure secoli di persecuzione» (Benedetto XVI 2010, da cui sono tratte anche le successive citazioni). A nome della Chiesa «esprime apertamente la vergogna e il rimorso». Affronta il problema dal punto di vista del diritto cano­ nico - ribadendo con forza che è stata la sua «mancata ap­ plicazione» da parte talora anche di vescovi, non le sue nor­ me come una certa stampa laicista pretenderebbe, a causare la «vergogna» (torneremo su questo punto) - e della vita spi­ rituale dei sacerdoti, la cui trascuratezza è alle radici del pro­ blema e cui chiede di ritornare attraverso l'adorazione eu­ caristica, le missioni, la pratica frequente della confessione. 5

Se questi rimedi saranno presi sul serio è possibile che la Provvidenza, che sa trarre il bene anche dal peggiore dei ma­ li, possa nell 'Anno Sacerdotale avviare per i sacerdoti «una stagione di rinascita e di rinnovamento spirituale», dimo­ strando «a tutti che dove abbonda il peccato, sovrabbonda la grazia (cfr Rm 5,20)». Peraltro, «nessuno si immagini che questa penosa situazione si risolverà in breve tempo».

Com'è potuto accadere ? Com 'è potuta accadere una tragedia così immane? Il pa­ pa - che naturalmente non intende rubare il mestiere ai so­ ciologi- offre anche elementi d'interpretazione delle radi­ ci di un problema che, certo, «non è specifico né dell 'Ir­ landa né della Chiesa». Dopo avere evocato le glorie pluri­ secolari del cattolicesimo irlandese - una storia di santità che non può e non deve essere dimenticata-, Benedetto XVI fa cenno agli ultimi decenni e alle «gravi sfide alla fede sca­ turite dalla rapida trasformazione e secolarizzazione della società irlandese». «Si è verificato - spiega il papa - un ra­ pidissimo cambiamento sociale, che spesso ha colpito con effetti avversi la tradizionale adesione del popolo all 'inse­ gnamento e ai valori cattolici». C'è stata una «rapida» scri­ stianizzazione della società e c'è stata contemporaneamen­ te anche all ' interno della Chiesa «la tendenza, pure da par­ te di sacerdoti e religiosi, di adottare modi di pensiero e di giudizio delle realtà secolari senza sufficiente riferimento al Vangelo». «Il programma di rinnovamento proposto dal Concilio Vaticano II fu a volte frainteso». «Molto sovente le pratiche sacramentali e devozionali che sostengono la fe­ de e la rendono capace di crescere, come ad esempio la fre­ quente confessione, la preghiera quotidiana e i ritiri annua6

li» furono «disattesi». « È in questo contesto generale» di «indebolimento della fede» e di «perdita del rispetto per la Chiesa e per i suoi insegnamenti che dobbiamo cercare di comprendere lo sconcertante problema dell ' abuso sessuale dei ragazzi». In questo quarto paragrafo della Lettera ai cattolici del­ l' Irlanda Benedetto XVI entra su un terreno che è anche quello del sociologo, e che naturalmente non è rigidamente separato dagli altri elementi d'interpretazione. Certo, le nor­ me del diritto canonico furono violate. Certo, la vita di pietà di molti sacerdoti si affievolì. Ma perché, precisamente, que­ sto avvenne? E quando? Riprendendo temi familiari del suo magistero, Benedetto XVI elenca fra le cause il «fraintendi­ mento» del Concilio - altrove ha parlato di una «e imeneutica della discontinuità e della rottura» (Benedetto XVI 2005) -, non i documenti del Vaticano II in se stessi. Ma anche que­ sto «fraintendimento» fu possibile in un quadro generale da cui la Chiesa non poteva completamente tenersi fuori, e che oggi è al centro di un vasto dibattito. Benedetto XVI entra così nell 'importante discussione sul­ la «secolarizzazione», che è al centro della sociologia delle religioni contemporanea. Il dibattito è stato particolarmente caldo alla fine del secolo XX, ma - anche attraverso scam­ bi fra studiosi non sempre cortesi - è arrivato a un risultato che oggi la maggior parte dei sociologi condivide. Se le di­ mensioni della religione sono tre - le «tre B», in inglese be­ lieving (credere), belonging (appartenere) e behaving (com­ portarsi) -, tutti concordano che non c 'è, in Occidente - per­ ché è dell ' Occidente che si parla, mentre per l 'Africa o per l'Asia i termini sono diversi -, una significativa secolariz­ zazione delle credenze (believing). La grande maggioranza delle persone si dichiara ancora credente. Nonostante un'at­ tiva propaganda, il numero degli atei non aumenta. È inve7

ce chiaro a tutti che c'è un 'ampia secolarizzazione dei com­ portamenti (behaving). Dal divorzio all 'aborto e all 'omo­ sessualità la società e le leggi tengono sempre meno conto dei precetti delle Chiese. Il dibattito rimane vivo sulla seco­ larizzazione delle appartenenze (belonging) e sulla diminu­ zione della pratica religiosa, perché·sul modo di raccogliere le statistiche ci sono molte polemiche e fra Stati Uniti ed Eu­ ropa, così come fra diversi Paesi europei, i numeri variano. Non c 'è dubbio, però, che in alcuni Paesi il numero di prati­ canti cattolici e protestanti sia sceso in modo particolarmen­ te drastico negli ultimi cinquant'anni. Fra questi ci sono le Isole Britanniche, anche se in Irlanda le cifre assolute, pure in discesa, rimangono più alte della media europea.

La

rivoluzione degli anni Sessanta

Attenuatesi le polemiche sulla nozione di secolarizza­ zione, il dibattito si è ampiamente spostato sulle cause e le date d'inizio del processo, con un fitto dialogo fra storici e sociologi. Oltre una decina di anni di discussioni ha convinto la maggioranza degli studiosi che non si è trattato di un pro­ cesso graduale. C'è stata una drammatica accelerazione del­ la secolarizzazione - dei comportamenti e delle appartenen­ ze, non delle credenze - negli anni 1 960. Quelli che gli in­ glesi e gli americani chiamano the Sixties («gli anni Ses­ santa») a noi, concentrandoci sull 'anno emblematico, «il Ses­ santotto» appaiono sempre di più come gli anni o il tempo di un profondo sconvolgimento dei costumi, con effetti cru­ ciali e duraturi sulla religione. C'è stato del resto un Ses­ santotto nella società e anche un Sessantotto nella Chiesa: proprio il 1 9 68 è l'anno del dissenso pubblico contro l'en­ ciclica Humanae vitae di Paolo VI ( 1 897- 1 978: Paolo VI, 8

1 968), una contestazione che secondo un pregevole e in­ fluente studio del filosofo americano recentemente scom­ parso Ralph Mclnemy ( 1 929-20 1 0) - Vaticano Il - Che co­ sa è andato storto? (Mclnemy 2009) - rappresenta un pun­ to di non ritorno nella crisi del principio di autorità nella Chiesa cattolica. Ci si può anche chiedere se sia venuto prima l'uovo o la gallina, cioè se sia stato il Sessantotto nella società a in­ fluenzare quello nella Chiesa, o se non sia anche avvenuto il contrario. All'inizio degli anni 1 990 un teologo cattolico poteva per esempio scrivere che la «rivoluzione culturale» del 1 968 «non fu un fenomeno d 'urto abbattutosi dall 'ester­ no contro la Chiesa bensì è stata preparata e innescata dai fermenti postconciliari del cattolicesimo»; lo stesso « pro­ cesso di formazione del terrorismo italiano dei primi anni '70», il cui legame con il 1 968 è a sua volta decisivo, «ri­ mane incomprensibile se si prescinde dalla crisi e dai fer­ menti interni al cattolicesimo postconciliare». Il teologo in questione era il cardinale Joseph Ratzinger, allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, nel suo li­ bro Svolta dell'Europa ? (Ratzinger 1 992, 1 25 - 1 26). Ma - ancora - perché gli anni Sessanta? Sul tema, per ri­ manere nelle Isole Britanniche, Hugh McLeod ha pubblica­ to nel 2007 un importante vohime - The Religious Crisis of the 1960s - che fa il punto sulle discussioni in corso (McLeod 2007). Due tesi si sono contrapposte: quella di Alan Gilbert secondo cui a determinare la rivoluzione degli anni Sessan­ ta è stato il boom economico, che ha diffuso il consumismo e ha allontanato le popolazioni dalle chiese (cfr. soprattutto Gilbert, 1980), e quella di Callum Brown, secondo cui il fat­ tore decisivo è stata l 'emancipazione delle donne dopo la diffusione dell' ideologia femminista, del divorzio, della pil­ lola anticoncezionale e dell 'aborto (Brown 200 1 ; Brown 9

2003; Brown 2006). McLeod pensa, a mio avviso giustamente, che un solo fattore non può spiegare una rivoluzione di que­ sta portata. C 'entrano il boom economico e il femminismo, ma anche aspetti più strettamente culturali, sia all 'esterno del­ le Chiese e comunità cristiane (l 'incontro fra psicanalisi e marxismo) sia all 'interno (alcune «nuove teologie»). Senza entrare negli elementi più tecnici di questa discus­ sione, Benedetto XVI nella sua Lettera si mostra consape­ vole del fatto che ci fu negli anni Sessanta un'autentica ri­ voluzione, non meno importante della Riforma protestante o della Rivoluzione francese, che fu «rapidissima» e che as­ sestò un colpo durissimo alla «tradizionale adesione del po­ polo all 'insegnamento e ai valori cattolici» (Benedetto XVI 20 1 0). Con molto acume un pensatore cattolico brasiliano, Plinio Correa de Oliveira ( 1 908- 1 995), parlò a suo tempo di una IV Rivoluzione - successiva appunto alla Riforma, alla Rivoluzione francese e a quella sovietica - più radicale del­ le precedenti perché capace di penetrare in interiore homi­ ne e di sconvolgere non solo il corpo sociale, ma il corpo umano (Correa de Oliveira 2009). Nella Chiesa cattolica non ci fu subito sufficiente consa­ pevolezza della portata di questa rivoluzione. Anzi, essa con­ tagiò - ritiene oggi Benedetto XVI «anche sacerdoti e re­ ligiosi», determinò fraintendimenti nell 'interpretazione del Concilio, causò «insufficiente formazione, umana, morale e spirituale nei seminari e nei noviziati» (Benedetto XVI 20 l 0). In questo clima certamente non tutti i sacerdoti insufficien­ temente formati o contagiati dal clima successivo agli anni Sessanta, e nemmeno una loro percentuale significativa, di­ vennero pedofili: sappiamo dalle statistiche che il numero reale dei preti pedofili è molto inferiore a quello proposto da certi media. E tuttavia questo numero non è uguale - come tutti vorremmo - a zero, e giustifica le severissime parole -

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del papa. Il maggiore studio sul tema condotto negli Stati Uniti, su cui torneremo e che parte dal l 950, conferma che «seppure ci sono stati casi di abuso di minori da parte di sa­ cerdoti in ogni anno, il numero è salito in modo drammati­ co negli anni Sessanta e negli anni Settanta. Dopo aver rag­ giunto l'apice negli anni Settanta il numero degli incidenti è sceso negli anni 1 980 e 1 990, ancora più ampiamente di quanto fosse salito negli anni Sessanta e Settanta» (National Review Board for the Protection of Children and Young Peo­ ple, 2004, 23). Lo studio della «IV Rivoluzione» degli anni Sessanta, e del Sessantotto, è cruciale per capire quanto è successo do­ po, pedofilia compresa. E per trovare rimedi reali, che la Chiesa ha cominciato a porre in essere, come conferma il da­ to appena citato del calo molto significativo del numero di casi a partire dagli anni Ottanta, gli anni della presa di co­ scienza della nuova rivoluzione e del lancio del programma della «nuova evangelizzazione» da parte di Giovanni Paolo II ( 1 920-2005). Se questa rivoluzione, a differenza delle pre­ cedenti, è morale e spirituale e tocca l 'interiorità dell'uomo, solo dalla restaurazione della moralità, della vita spirituale e di una verità integrale sulla persona umana potranno ulti­ mamente venire i rimedi. Ma per questo i sociologi, come sempre, non bastano: occorrono i padri e i maestri, gli edu­ catori e i santi. E abbiamo tutti molto bisogno del papa: di questo papa, che ancora una volta - per riprendere il titolo della sua ultima enciclica (Benedetto XVI 2009) - dice la verità nella carità e pratica la carità nella verità.

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II

LA RISPOSTA DELLA CHIESA È STATA ADEGUATA?

Abusi contro il diritto canonico, non grazie al diritto canonico Come abbiamo visto, il papa insiste su un punto: ci sono stati errori e ritardi nella risposta della gerarchia ecclesiasti­ ca alla crisi, in cui sono stati coinvolti anche alcuni vesco­ vi. Ma questi errori sono stati commessi perché il diritto ca­ nonico - per malinteso buonismo o tentativo, sbagliato, di proteggere la reputazione della Chiesa da scandali è stato ignorato e violato, non perché nelle norme canoniche fosse insita la protezione dei responsabili degli abusi. Di che co­ sa esattamente si sta parlando? Qual è la posta in gioco? La Chiesa ha anche un suo diritto penale, che si occupa tra l 'altro delle infrazioni commesse da sacerdoti e delle re­ lative sanzioni, dalla sospensione a divinis alla scomunica. Queste pene non c 'entrano con lo Stato, anche se potrà ca­ pitare che un sacerdote colpevole di un delitto che cade an­ che sotto le leggi civili sia giudicato due volte: dalla Chie­ sa, che lo ridurrà allo stato laicale, e dallo Stato, che lo met­ terà in prigione. Il 30 aprile 200 1 Giovanni Paolo II pubblica la lettera apostolica Sacramentorum sanctitatis tutela, con una serie di norme su quali processi penali canonici siano riservati al­ la giurisdizione della Congregazione per la Dottrina della -

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Fede e quali ad altri tribunali vaticani o diocesani (Giovan­ ni Paolo II 200 1). La lettera De delictis gravioribus, firma­ ta dal cardinale Joseph Ratzinger come prefetto della Con­ gregazione per la Dottrina della Fede il 1 8 maggio 200 1 -, talora presentata dalla stampa laicista come un documento segreto, mentre fu subito pubblicata sul bollettino ufficiale della Santa Sede e figura sul sito Internet della Santa Sede (Congregazione per la Dottrina della Fede, 200 1 ) - costi­ tuisce il regolamento di esecuzione delle nonne fissate da Giovanni Paolo Il. Se prendiamo come esempio di attacco laicista il documentario dell 'uomo politico irlandese Colm O'Gonnan, del 2006, Sex Crimes and the Vatican - su cui torneremo e che è una fonte decisiva per l 'attuale campagna mediatica, cui quasi tutti i critici laicisti attingono -, vedia­ mo che al riguardo afferma tre volte il falso: a) presenta come segreto un documento del tutto pubbli­ co e palese: b) dal momento che il «cattivo» del documentario dev 'es­ sere l'attuale pontefice, Benedetto XVI (per i laicisti il papa «buono» è sempre quello morto), non spiega che la De de­ lictis gravioribus, firmata dall ' allora cardinale Joseph Rat­ zinger come prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede il 1 8 maggio 200 1 , ha l'unico scopo di dare ese­ cuzione pratica alle nonne promulgate con la lettera apo­ stolica Sacramentorum sanctitatis tutela, del precedente 30 aprile, che è di Giovanni Paolo II; c) lascia intendere al telespettatore sprovveduto che quan­ do la Chiesa afferma che i processi relativi a certi delicta graviora («crimini più gravi»), tra cui alcuni di natura ses­ suale, sono riservati alla giurisdizione della Congregazione per la Dottrina della Fede, intende con questo dare istruzio­ ne ai vescovi di sottrarli alla giurisdizione dello Stato e te­ nerli nascosti. Al contrario, è del tutto evidente che questi 14

documenti si occupano del problema, una volta instaurato un giudizio ecclesiastico, a norma del diritto canonico, a chi spetti la competenza fra Congregazione per la Dottrina del­ la Fede, che in questi casi agisce «in qualità di tribunale apo­ stolico» (così la Sacramentorum sanctitatis tutela), e altri tribunali ecclesiastici. Questi documenti, invece, non si occupano affatto - né potrebbero, vista la loro natura, farlo - delle denunzie e dei provvedimenti dei tribunali civili degli Stati. A chiunque co­ nosca, anche minimamente, il funzionamento della Chiesa cattolica è evidente che quando i due documenti scrivono che «questi delitti sono riservati alla competenza esclusiva della Congregazione per la Dottrina della Fede» la parola «esclusiva» significa «che esclude la competenza di altri tri­ bunali ecclesiastici» e non - come vuole far credere il do­ cumentario - «che esclude la competenza dei tribunali de­ gli Stati, a cui terremo nascoste queste vicende anche qua­ lora si tratti di delitti previsti e puniti dalle leggi dello Sta­ to». Non è in questione questo o quell 'episodio concreto di conflitti fra Chiesa e Stati. Le due lettere dichiarano fin dal­ l 'inizio la loro portata e il loro ambito, che è quello di rego­ lare questioni di competenza ali' interno dell 'ordinamento giuridico canonico. L'ordinamento giuridico degli Stati, sem­ plicemente, non c 'entra.

L'istruzione Crimen sollicitationis de/ 1962 Nella nota 3 della lettera della Congregazione per la Dot­ trina della Fede - ma per la verità anche nel testo della pre­ cedente lettera di Giovanni Paolo II - si cita l 'istruzione Cri­ men sollicitationis emanata dalla Congregazione per la Dot­ trina della Fede, che allora si chiamava Sant 'Uffizio, il 15

16 marzo 1 962, durante il pontificato del beato Giovanni XXlll ( 1 88 1 - 1 963), ben prima che alla Congregazione arrivasse lo stesso Ratzinger (che quindi, com' è ovvio, con l 'istruzione non c 'entra nulla: ali' epoca faceva il professore di teologia in Germania). Si tratta, in realtà, della seconda edizione di un 'istruzione del lontano 1 922. Questa istruzione (Congregazione del Sant'Uffizio 1 962) dimenticata, «scoperta» nel 200 l solo in grazia di una nota della De delictis gravioribus e oggi non più in vigore, non nasce per occuparsi della pedofilia ma del vecchio proble­ ma dei sacerdoti che abusano del sacramento della confes­ sione per intessere relazioni sessuali con le loro penitenti. È vero che, dopo essersi occupata per i primi settanta paragrafi del caso di penitenti donne che hanno una relazione sessua­ le con il confessore, in quattro paragrafi, dal 70 al 74, la Cri­ men sollicitationis afferma l 'applicabilità della stessa nor­ mativa al crimen pessimus, cioè alla relazione sessuale di un sacerdote «con una persona dello stesso sesso», e nel para­ grafo 73 - per analogia con il crimen pessimus - anche ai casi ( «quod Deus avertat», «che Dio ce ne scampi») in cui un sacerdote dovesse avere relazioni con minori prepuberi (cum impuberibus). Il paragrafo 73 del documento è l 'unico mostrato in Sex Crimes and the Vatican, dove si lascia intendere che gli abu­ si sui bambini siano il tema principale del documento, men­ tre il problema non era all 'ordine del giorno nel 1 962 e l'i­ struzione gli dedica esattamente mezza riga. Clamorosa è poi la menzogna del documentario quando afferma che la Crimen so/licitationis aveva lo scopo di coprire gli abusi av­ volgendoli in una coltre di segretezza tale per cui «la pena per chi rompe il segreto è la scomunica immediata». È pre­ cisamente il contrario: il paragrafo 1 6 impone alla vittima degli abusi di «denunciarli entro un mese» sulla base di una 16

normativa che risale del resto al lontano anno 17 41. Il para­ grafo 17 estende l 'obbligo di denuncia a qualunque fedele cattolico che abbia «notizia certa» degli abusi. Il paragrafo 18 precisa che chi non ottempera ali ' obbligo di denuncia dei paragrafi 1 6 e 17 «incorre nella scomunica». Dunque non è scomunicato chi denuncia gli abusi ma, al contrario, chi non. li denuncia. L' istruzione dispone pure che i relativi processi si svol­ gano a porte chiuse, a tutela della riservatezza delle vitti­ me, dei testimoni e anche degli imputati, tanto più se even­ tualmente innocenti. Non si tratta evidentemente dell 'uni­ co caso di processi a porte chiuse, né nell 'ordinamento ec­ clesiastico né in quelli statuali. Quanto al carattere «segre­ to» del documento, menzionato nel testo, si tratta di un «se­ greto» giustificato dalla delicatezza della materia ma mol­ to relativo, dal momento che fu trasmesso ai vescovi di tut­ to il mondo. Comunque sia, oggi il documento non è più segreto, dal momento che - stimolati dalla lettura della De delictis gra­ vioribus del 200 1 -avvocati in cause contro sacerdoti ac­ cusati di pedofilia negli Stati Uniti ne chiesero alle diocesi il deposito negli atti di processi che sono diventati pubblici. Quegli avvocati speravano di trovare nella Crimen sollici­ tationis materiale per ampliare le loro già milionarie richie­ ste di risarcimento dei danni : ma non trovarono nulla. Infat­ ti, anche l'istruzione Crimen sollicitationis non riguarda in alcun modo la questione se eventuali attività illecite messe in atto da sacerdoti tramite l'abuso del sacramento della con­ fessione debbano essere segnalate da chi ne venga a cono­ scenza alle autorità civili. Riguarda solo le questioni di pro­ cedura per il perseguimento di questi delitti ali 'interno del­ l ' ordinamento canonico, e al fine di irrogare sanzioni cano­ niche ai sacerdoti colpevoli. 17

Perfino Tom Doyle, un ex cappellano militare che appare nel documentario, ha affermato in una lettera del 1 3 ottobre 2006 a John L. Alleo (che grazie alla cortesia dello stesso Al­ leo ho potuto consultare), forse il più noto vaticanista degli Stati Uniti, che «benché io abbia lavorato come consulente per i produttori del documentario, temo proprio che alcune distinzioni che ho fatto a proposito del documento del 1 962 siano andate perdute. Non credo né ho mai creduto che quel documento sia la prova di un complotto esplicito, nel senso convenzionale, orchestrato dai più alti responsabili del Vati­ cano per tenere nascosti casi di abusi sessuali perpetrati dal clero». Tom Doyle, che può essere defmito un «cattolico del dissenso», rimane del tutto ostile a quella che chiama «cul­ tura radicalmente sbagliata» che vede nella Chiesa di Gio­ vanni Paolo II e Benedetto XVI: ma anche lui si rende con­ to che le tesi del documentario sulla Crimen sollicitationis non sono sostenibili e cerca prudentemente, sia pure con un linguaggio che resta ambiguo, di prendere le distanze.

La

severità del cardinale Ratzinger

Un altro inganno del documentario Sex Crimes and the Vatican passato anche questa volta in una vasta letteratu­ ra successiva- consiste nel sostenere, a proposito della let­ tera De delictis gravioribus del 200 1 sottoscritta dal cardi­ nale Ratzinger, che si tratti del «seguito» della Crimen sol­ licitationis, che «ribadiva con enfasi la segretezza, pena la scomunica». In realtà nella lettera del 200 l non si trova nep­ pure una volta la parola «scomunica». Si ribadisce, certo, che le procedure per i delicta graviora sono «sottoposte al segreto pontificio», cioè devono svolgersi a porte chiuse e in modo riservato. Ma in questo non vi è nulla di nuovo, né -

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il segreto si applica solo ai casi di abusi sessuali. Gli attac­ chi laicisti, al riguardo, confondono maliziosamente sia a proposito della De delictis gravioribus sia a proposito della Crimen sollicitationis segretezza del processo e segretezza del delitto. Il delitto non è affatto destinato a rimanere se­ greto, anzi se ne chiede la denuncia sotto pena di scomuni­ ca; il processo è invece destinato a svolgersi in modo riser­ vato, a tutela -come accennato -di tutte le parti in causa. È questa segretezza del processo che è tutelata con la mi­ naccia di scomunica ai giudici, ai funzionari e allo stesso ac­ cusato nei paragrafi 1 2 e 1 3 della Crimen sollicitationis (quanto alle vittime e ai testi, prestano giuramento di segre­ tezza ma si prevede che «non siano sottoposti ad alcuna san­ zione» salvo provvedimenti specifici da parte dei giudici nei singoli casi). Se c'è qualche cosa di nuovo nella De delictis gravioribus rispetto alla disciplina precedente in tema di abu­ si sessuali, è il fatto che la lettera crea una disciplina più se­ vera per il caso di abuso di minori, rendendolo perseguibi­ le oltre i normali termini di prescrizione, fino a quando chi dichiara di avere subito abusi allorché era minorenne abbia compiuto i ventotto anni. Non i diciotto anni, come alcuni hanno scritto: infatti il termine è di dieci anni ma nel delit­ to perpetrato da un clericus con un minore «decurrere inci­ pit a die quo minor duodevicesimum aetatis annum exple­ vit», cioè «comincia a decorrere dal giorno in cui il minore ha compiuto ill8° anno di età», e da questa data decorre per dieci anni, arrivando così ai ventotto anni di età della vitti­ ma. Questo significa - per fare un esempio molto concreto -che se un bambino di quattro anni è vittima di abusi nel 20lO, la prescrizione non scatterà fino al 2034, il che mostra bene la volontà della Chiesa di perseguire questi delitti an­ che molti anni dopo che si sono verificati e ben al di là dei termini di prescrizione consueti. 19

Con questa nuova disciplina la durezza della Chiesa ver­ so i sacerdoti accusati di pedofilia è molto cresciuta con Benedetto XVI, come dimostrano casi dove, nel dubbio, Roma ha preferito prendere provvedimenti cautelativi an­ che dove non c'erano prove di presunti abusi che si asse­ rivano avvenuti molti anni fa, e la stessa nomina nel 2005 del cardinale americano William Joseph Levada, noto per la sua severità nei confronti dei preti pedofili, a prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Oggi, per rendere la normativa nei confronti degli abusi ancora più severa si parla di un'abolizione della nozione stessa di pre­ scrizione in relazione a questi casi nel diritto canonico. I colpevoli di abusi sessuali potrebbero essere sempre per­ seguiti. L'ipotesi si giustifica in relazione al particolare al­ larme suscitato dai casi di pedofilia nella Chiesa e nella so­ cietà. Non bisogna tuttavia neppure dimenticare che la pre­ scrizione è un istituto di civiltà giuridica, nato non per di­ fendere i colpevoli, ma gli innocenti, per i quali a distanza di tanti anni dai fatti provare la propria innocenza può di­ ventare molto difficile. Tutte queste norme riguardano, ancora una volta, il dirit­ to canonico, cioè le sospensioni e le scomuniche per i sa­ cerdoti colpevoli di abusi sessuali. Non c'entrano nulla con il diritto civile, o con il principio generale secondo cui- fat­ to salvo il solo segreto della confessione - chi nella Chiesa venga a conoscenza di un reato giustamente punito dalle leg­ gi dello Stato ha il dovere di denunciarlo alle autorità com­ petenti. Secondo il Catechismo della Chiesa Cattolica le au­ torità civili hanno diritto alla «leale collaborazione dei cit­ tadini» (n. 2238): «La frode e altri sotterfugi, mediante i qua­ li alcuni si sottraggono alle imposizioni della legge e alle prescrizioni del dovere sociale, vanno condannati con fer­ mezza, perché incompatibili con le esigenze della giustizia» 20

(n. 1916). L'obbligo di «leale collaborazione» con i poteri civili viene meno solo quando i loro «precetti sono contrari alle esigenze dell'ordine morale, ai diritti fondamentali del­ le persone o agli insegnamenti del Vangelo» (n. 2242). Quest'ultima riserva non è stata posta a tutela dei perlo­ fili. Se questo limite non esistesse, se ne concluderebbe che il cittadino tedesco cattolico doveva offrire la sua «leale col­ laborazione» anche al Terzo Reich e denunciare alla Gesta­ po le violazioni delle leggi razziali di cui fosse venuto a co­ noscenza. Dal momento, invece, che le leggi che tutelano i minori dagli abusi non sono affatto contrarie alle «esigenze dell'ordine morale», nei loro confronti vige l'obbligo di (ibid., 6 1 ). Il testo è stato recentemente ricostruito filologicamente dalle sue varie e sofferte redazioni e studiato da specialisti di rivelazioni private, alcuni dei quali ritengono che - in­ sieme a mere fantasie della veggente, che sarebbe impru­ dente prendere alla lettera - contenga il nucleo di un 'au­ tentica esperienza spirituale. Ed è suggestiva l ' idea di ri­ ferire a Giovanni Paolo II l ' allusione di La Salette a un at­ tentato alla vita del papa.

Il messaggio di Fatima e Benedetto XVI Lo stesso riferimento a un attentato al papa si ritrova nel terzo segreto di Fatima, pubblicato in modo molto ufficiale dalla Santa Sede con un commento dell 'allora cardinale Rat­ zinger nel 2000 . Qui la Madonna mostra «il Santo Padre (che) attraversa una grande città mezza in rovina; e mezzo tremulo, con passo vacillante, afflitto di dolore e di pena, pregava per le anime dei cadaveri che incontrava nel suo cammino; giunto alla cima del monte, prostrato in ginocchio ai piedi della grande Croce venne ucciso da un gruppo di sol­ dati che gli spararono vari colpi d'arma da fuoco e frecce» (Congregazione per la Dottrina della Fede 2000) . Lo stesso cardinale Ratzinger nel commento teologico al segreto (ibid.) metteva in relazione la visione di Fatima con l' attentato che Giovanni Paolo II subì il 1 3 maggio 1 98 1 , giorno della festa della Madonna di Fatima. Ma notava pu­ re che l 'immagine è figura di tutte le persecuzioni che il pa­ pa e la Chiesa nella storia continuamente subiscono. Anche le persecuzioni mediatiche sul tema dei preti pedofili fanno parte dei «colpi d'arma da fuoco e frecce» che sempre «sol55

dati» al servizio di progetti ideologici anticristiani sono pron­ ti a lanciare contro il papa. Che questi progetti siano stati oggettivamente favoriti dai crimini molto reali di un piccolo numero di preti pedofili co­ stituisce l 'aspetto più tragico - e misterioso, com'è sempre misteriosa l 'iniquità - di tutta questa vicenda. Ma un nume­ ro percentualmente molto ridotto di mele marce non deve e non può far dimenticare a nessuno che la stragrande mag­ gioranza dei sacerdoti opera nel mondo come autentica te­ stimone di Cristo al servizio del bene di tutti. Quella dei pre­ ti pedofili è un'ombra oscura e disgustosa. Ma è l 'ombra di una grande luce, quella delle centinaia di migliaia di preti che nella storia, XX e XXI secoli compresi, hanno vissuto per Cristo e nella Chiesa, offrendo tutta la loro vita e spes­ so accettando anche la morte e il martirio. Dobbiamo tutti resistere a chi vorrebbe chiederci di dimenticarlo. «Vegliate e pregate, per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole» (Mt 26,4 1 ).

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