Opere poetiche. Testo a fronte
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Zitiervorschau

PAUL VALÉRY OPERE POETICHE A cura di Giancarlo Pontiggia Introduzione di Maria Teresa Giaveri Testo originale a fronte

Cr poeti della fenice

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Quando Paul Valéry pubblica il suo prim o libro di versi, la Jeune Parque (1917), ha ormai quarantasei anni: strana età per un esordiente che si era sentito vocato alla poesia fin dalla prima adolescenza e che, fra il 1887 e il 1892, aveva scritto un gran numero di versi estetizzanti e simbolisti, molti dei quali apparsi sulle più note riviste del tempo. Tutta colpa della crisi vissuta nella nuit de Gènes (1892), quando Valéry delibera per sé un nuovo e meno doloroso programma di vita? In lui il desiderio della poesia aveva sempre dovuto combattere con la potenza dello spirito, lo spirito nudo e fiero il cui vantaggio è quello di restare perennemente in sé, privo di volgarità e di errore. Il silenzio pubblico di Valéry, equilibrato in segreto dall'enorme lavoro dei Quaderni, nasce da questa brutale constatazione: il potere di fare è piii eccitante di ogni creazione. Wagner, Poe, Mallarmé resteranno per sempre i phares di ogni suo pensiero; ma ogni suo pensiero si sarebbe consumato, per anni, nell'analisi di quei poteri che Valéry detestava e amava in egual maniera. Che cos'è la poesia? Rispondendo, Valéry farà capire di amarla in quanto fonte e non fiume, una Castalia così pura da restare per sempre sotterranea. Ed ecco spiegato, in parte, il destino del poeta, amato dalle avanguardie come dall'ermetismo fiorentino: egli potè apparire, contemporaneamente, come Orfeo e come Mefistofele; come chi indica le sacre fonti e come chi le discute, perchè ha cantato la potenza del nulla, e niente affascina di più la poesia moderna di ciò che non è.

Il presente volume contiene tutte le Poesie di Paul Valéry quali apparvero nelle edizioni ufficiali approvate dall'autore. Si aggiungono quasi tutti i testi poetici usciti su riviste o in opere miste di prosa e versi tra il 1897 e la morte, e i testi inediti in vita (e apparsi postumi) che Valéry non potè o non volle pubblicare.

€ 30,00 (/./.)

www.guanda.it

POETI DELLA FENICE

Scansione a cura di Natjus, Ladri di Biblioteche

Ti'HiliJ/ioiii dal francese di Massimo Cescon; Album de vers anciens, Amphion, Sémiramis, Paraboles, Louanges de l'eau, L'ange, da Histoires hrisées, da Tel quel, da Mauvaises pensée! et autres. Valerio Magrelli: La Jeutie Parque, Cantate du Marcisse, da «Mon Faust» (Éhauches). Giancarlo Pontiggia: Pièces diverses de toute epoque, Charmes, da Mélange, Altri versi VI.

In copertina: Paul Valéry / © Archivio Mondadori Grafica di Guido Scarabottolo

Per essere informato sulle novità del Gruppo editoriale Mauri Spagnol visita: unow.illibraio.it iuww.infinitestorie.it

ISBN 978-88-235-0109-6 © Éditions Galliinard, 1957 pour le tome I et 1960 pour le tome II © 1989 Ugo Guanda Editore S.p.A., Viale Solferino 28, Parma Nuova edizione ottobre 2012 Gruppo editoriale Mauri Spagnol www.guanda.it

PAUL VALÉRY OPERE POETICHE A cura di Giancarlo Pontiggia Introduzione di Maria Teresa Giaveri Traduzioni di Massimo Cescon, Valerio MagreUi Giancarlo Pontiggia

UGO GUANDA EDITOEE INPAKMA

INTRODUZIONE di Maria Teresa Giaveri

In principio fu «Poe, che generò Baudelaire, che generò Mallarmé, che generò Valéry, che generò Edmond Teste»: l'obero della stirpe simiiwlista - quale Borges l'ha tracciato nella celebre Finzione dedicata a Pierre Menard - è questa progressione da un raffinato poligrafo al poeta di un solo libro, faticosamente completato o solo progettato, fino allo sprezzante teorizzatore del silenzio. Si potrebbe disegnarne anche il blasone, una figura allo specchio, Narciso, afra araldica delrintelligenza che si china sopra se stessa, della scrittum che si piega a riflettere sulle proprie convenzioni; e il motto potrebbe esseme la frase che Vsdéry scrisse a lato dei Mat^mUa dì Poe: «L'objet esseaitiel de l'esprit est l'esprit». «L'oggetto essenziale deDa mente è la mente stessa»; a partire da Poe si ffferma il principio che doauBerà k cultura del nostro secolo, con tutti i suoi corollari: la. lìngua non park dte del parlare, k scienza studia soprattutto i suoi procedimenti, k letteratura racconta sempre storie del fare letterario.' Con Valéry, la genesi della poesk Eviene esplicitamente soggetto del fare poesia, proprio negli stessi atmi in cui la genesi del ronmn^o è l'oggetto di una romanzesca Kecherche. Ma k formula si può anche rovesciare: se «Ce que [l'esprit] poursuit dans ses analyses et ses constructions de mondes, ce qu'il traque sur la terre et dans le cid, ce ne peut ètre que soi-mème»,^ allora l'attività produttiva appare ancor piii imi»rtante del prodotto, poiché mette in opera quei meccanismi mentali di cui il testo è il calco inerte, è che tóno IT vero oggetto, oltre che soggetto, del conoscere. La pagitiìa letteraria sarà dunque meta occasione, stimolo, campo di forze in cui osservare e da cui indurre leg^ e costanti; il punto d'arrivo, utopico e paradossale, di una creatività tanto lucidamente critica sarà una Self-Conscioustiess extra o addirittura anti-letteraria. La genealogia tracciata da Borges si chiude così con rimpossibile eroe del pensiero puro e del silenao: Edmond Teste. In Poel'avven^ Cfr. l'Ittìroduzione di Ludovica Kodi a Edgar AUon Poe, Filosofia delia composizione e altri saggf, Napoli, Guida, 1986. ^ «Cii) che Da mente] petsegue nelle sue analisi e coattuziani di mondi, ciò che insegue in terra e in cielo, non può essere che se «essa» (P. Valéry, Fragptmts des éAargfmIta» d'Edgftr Poe mhits et commentés, Montpellier, Fata Morgana, 1980, p. 28).

tura d'amore e d'orrore, l'inchiesta poliziesca e il gioco fantascientifico (tutti i generi da lui trattati o, più spesso, inventati) si risolvono nella dimensione ossessiva - reale e metaforica - del cervello umano. La sua creatura più famosa, quell'Auguste Dupin con cui si inaugura il romanzo giallo, opera immoto in un interno artificioso e notturno, lontano dall'azione, grazie alle conoscenze matematiche e alla genialità abduttiva della sua mente prodigiosa. Ma per Valéry il potere ddl'intellìgenza rende superflua ogni verifica all'esterno. L'erede di Dupin, Monsieur Teste, colui che conosce i meccanismi della «marionetta» che è in noi e ne prevede ogni reazione, ben si guarda dal tradurre in atto im sapere - e virtualmente un potere - assoluto. Ai «giochi informi della gloria» preferisce la gioia particolare di sentirsi unico, k voluttà dell'interezza dello spirito. Con La Soirée avec Monsieur Teste Valéry, dando prova di una coe-

renza rara nd mondo intellettuale, abbandona la letteratura: per sempre - ej^ crede - e sarà per vent'anni. I surrealisti saluteranno quelle poche pagine, scritte «nell'ebbrezza della volontà, fra strani eccessi di autocoscienza», e soprattutto la sdegnosa rinuncia compiuta da un promettente poeta ventenne, come il manifesto e il gesto rivoluzionario che aprono la cultura del nuovo secolo. In realtà questa, come l'opera ulteriore di Valéry, chiude innanzitutto un ciclo a cui l'autore sente di appartenere; l'annundo di tempi nuovi avviene a margine, quasi malgrado una rigorosa e cpnclamata fedeltà alle ordini. Ben l'aveva avvertito il priaK) sistematizzatore della moderna poesia francese, Marad Ri^mond, che già negli anni Trenta aveva soitto tfi Vdéry: «...è venuto, coasé i classici, per perfezionare» (ma l'originale dice, con miagg^or predbione: pour accampUi^} La lìnea ideale dhe aÙiiamo ùidi^to, sulla traccia delle parole di Borges, ha in Valéry (e nel suo Dcfppeì^nger letterario. Teste) il punto più altOj austeramente conservatore e paradossalmente innovatore. L'asscàitismo logico, il Imdo rigore dell'intelligenza anche nelroscoro magma psicologico ci» pr^iede alla creazione artistica prescrtttì da Poe, documentati lìon solo dai principi d'estetica, ma dal t r a v i l o dì Baudelaire e dalla sterilità di Mallarmé - trionfacK> compiutamente nel silenzio dello scrittore e della sua implacabile cteatura letteraria: l'uno perseme, l'altra ha già raggiunto una conoscenza profonda delle leggi della mente, tramite una «ginnastica nKàitalo^ ciie sprezza ogni progetto libresco, o lo considera puro esercizio.

5 M. Raymosd, Da Baudelaire al surrealismo, Torino, Einaudi, 1948, p. 163 (la pri me edÌ2sione fiaacese è del 1933).

Al tempo stesso, questa poetica «in negativo», qtiesta prassi ascetica e rinunciataria portano a compimento l'aristocratica professione di fede elitaria che Poe aveva teorizzato nelle pagine dedicate alla «Superiorità fatale», cioè all'inevitabile incomprensione che la società cui massa riserva all'uomo di genio. Ripetendo non solo le meditazioni» ma le sventure biografiche del «fratello americano», Baudelaire aveva alternativamente riconosciuto, combattuto e rivendicato il gjuigfto», la malasorte che nei tempi moderni perseguita il vero artista. Pochi anni dopo, con mite determinazione, Mallarmé satidva la separazione fra autore e pubblico, celebrando gli ermetici splendori di una letteratura iniziatica. Nel silenzio di Teste, Valéry non solo trova la soluzione all'.odio dei molti per i pochi eletti, ma taglia il nodo gordiano dei rapporti fra lo scrittore e i lettori. Come annota a margine di Poe: «L'hypothèse de la supériorité générale de l'esprit implique la prévision des conséquences funestes de sa mantfestation. Ce très grand esprit saurait se cacher en soi-méme».'' Tale segretezza non è strategica: darsi in pasto agli altri non appare solo, come per Baudelaire, prostituzione o pericolo, ma diminuzione, caduta, peccato originale, tì narratore della Soirée dichiara con rigore cataro: «Ce que [les hommes} nomment un ètre supérieur est un étre qui s'est trompé. Pour s'étonaer de lui, il faut le voir, - et pour ètre vu il faut qu'il se montre. Et il me mentre que la aiàise manie de son nom le possède. Ainsi, chaque grand hoiome est taché d'une erreur. Chaque esprit qu'on trcMive poissant, commence par la faute ^ le fait connaitte».' Se apparire è debolezza, se la fama docutnmta l'ambizione prima die il vdore, tutti i romantici miti della gjoria letteraria - e i post-romantici miti dell'emargiQadone, del «poète maudit» - si sfanno come idoli f n ^ e fallaci. Quello che conta non è un prodotto attraverso cui ^>ecchiatsi in un pubblico, per ritrovare nell'altrui consenso o scandalo il proprio volto, ma la sfìdai rivesta solo a se stessi:

* «L'^eteù pagria, a Box Hill. «Un giorno, a Londra, ho avuto v c ^ a di impkcarmi. Giorno giallo e sulfureo. I fumi^scendevano giù dai tetti l»ssi in strada, rotolandovi. Domenica. Trovai, cercando una corda in un armadio, un volume di Aurélien SchoU. Risi. Fui salvo.» Agosto: comincia a scrivere, a Montpellier, la Soirée avec Momieur Teste. Titolo provvisorio: Lesrnémoiresda Chevalier Dupìn. Frequenta a Parigi i «mardi» della rue de Rome. Amici: Gide, Lou^, Henri de Regnicr, Hérédia, Herold, Fontainas. Dà inizio al primo dei suoi cahien: Joutml de Bord. Ne scriverà 261, giorno dopo giorno, fino alla morte: «Gioia - eccitazione di alzarsi alle 5 e gettarsi ad annotare una fdla di idee quasi simultaneamente. Sperimentare una velocità intima estrema die fa apparire, sull'intera pianura nascosta - (così rivelandola) del campo mentale, certe relazioni (poiché in ciascuno di noi c'è un tale impero nascosto)...». «Potrei fare UB libro che sarebbe il libro delle mie idee come mi vengono o sono v«iute;, non come verità o volontà come capita ai filosofi, ma come i fatti e avvenimenti più ordinari della mia vita, una specie di giornale di bordo, ma solo Idee., , La prodiizròne di idee è in me una femzione naturale quasi fisiologica, ~ il cui impedimento provocherebbe un autentico squilibrio del mio regime psichico» La loro fuoriuscita mi è necessaria.» «Questi quaderni rappresentano la natura provvisoria, e peipetuamente tale, di tutto ciò che affiora dia mìa mente. Penelope.» ComiiKda U lavoro su LeosHttdo; «Deve essoe stato in quel tempo che - com]>IetsuQrate stufo ddl m b avvenire, stufo di vivere senza giustificazione di fente aSa f u n i i ^ , accetto di &ce un articolo su Leonardo che Mme Adam mi avwra chiesto su soggerim^to di Léon Daudet. Poco informato su Leon«Ddo, sorpreso da questa richieste, accetto e comincio a fantasticare un Leonardo aBa mia manierai». 1895 Pubblica fymduetìa» à la métbode de Léonard de Vinci. «Mi taropongo di i m n ^ j n a r e un uomo di cui sarebbero apparse azioni cod distiate dhe se mi sK^fermo a sui^eare dietro di esse un pensiero, non riesco a vederne £ più eso»i. E a lui un sentimento della differenza ddle cose vivo, d » le avventure tale sentimento potrebbero benissimo deooiniiwsi aiudìsi Mi a c c o ^ die c ^ cosa lo orienta: è all'universo cui egli costantesnmte p e t ^ , e al «^oée. È fatto per non dimenticate nulla di ciò stnii«^ enustai, óinanuova. Edifica chiese e fortezze; es^^ue f r e ^ deitcatis^jàii e graiu&si, (sea mille ordigni e le raffigurazioni ri-

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gorose dì ricerche innumerevoli. Abbandona qua e là i resti di qualche grande gioco Konoiciuto. In questi ozi, che partecipano della scienza - la quale dalPaltra parte non li diitingue affatto da una passione - , egli conserva la grazia di sembrar sempre rivolto, col pensiero, ad altra cosa... Lo seguirò mentre si muove nell'unità opaca e densa del mondo, ove la natura gli diventerà così familiare che egli la imiterà per raggiungerla, e finirà per imbattersi nella difficoltà di concepire un oggetto che essa non contiene.» L'editore Bailly gli propone di pubblicare i suoi «vecchi versi»: rifiuta. Conosce Henri Rouart, ingegnere, pittore, collezionista. Su consiglio di Huysmans si presenta al concorso di redattore al Ministero della Guerra. Viaggio in Italia con la famiglia: Venezia, Trieste, Padova, Milano, Pavia, Genova. Continua a lavorare a Motisieur Teste. 1896 In casa Rouart conosce Degas. Grande ammirazione: «Ma lui non si abbandona mai dia voluttà naturale. Questo rigore mi piace. Ci sono persone che non hanno la sensjBione di agire, di avere finito una qualunque cosa se non l'hanno fatta cotitro se stessi». «Nell'arte egli non vedeva che problemi di una certa matematica più raffinata dell'altra... Parlava volentieri d'arte cosciente, diceva che un quadro è il risultato di ua infinito numero di studi, e successivamente di una serie d'operazioni.» Vorrebbe scrivere un lungo studio su Degas in forma di ritratto, ma rinuncia quando viene a sapere che al pittore non «piaceva che si scrivesse su di lui». 30 marzo: parte per Londra. Deve tradurre in francese degli articoli sul Sudafrica inviati da Lord Cecil Rhodes. Scriverà Gide: «Non appena in Inghilterra, accolto da uno sconosciuto di cui noti seppe mai il nome, fu condotto a Londra e deposto in una sMcie d'appartamtmto confortevole ma ermetico; e, durante tutto il tempo del suo non gli fu concesso d'uscirne; ugualmente proibito di comumcate con anima viva. Un cameriere muto e s ^ o o preteso tale, gli portava ogni giorms dei {«isti, e ripartiva senza aver aperto bocca. Questa quasi g r a d e l l e jnigioiie ^ b e tenmne solo dopo che Valéry sì fu liberato del suo impt^no. Pu subitó ticondotto al porto per essere imbarcato dalla stessa persona che k aveva accotn^iagnato all'andata. Valéry serbò il ricordo di tutto ciò come di tm sc^o». Scrive La coaquéte allemande, che apparve l'aano dopo su «The New Review». Pubblica Été e Vue sulla rivista «Ceataure». Esce La soirée avec Monsiem Teste. Serate con Marcel Schwob, Héréuts qui me donniez l'essor, Chastes éldgnemoits des lusti?^ de mon sort, Ne fùtes-vous, ferveiKt, qu'une noble durée? Nulk jamais des dieux plus près aventurée N'osa peindre à son front leut soufflé ravisseur. Et de k nuit parfaite implorant l'épais$»ir, PrétendK par k lèvse att suprème murmurc... Je soutjenais l'édat de h mort toute pure Tdle j'avais jadis le soleil soutenu...

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Risveglio di una vittima non consumata... e soglia Così tenera... e ctóara, accarezzata, affiorare di scoglio, Da onde basse, e lavata da un attutito flutto!... L'ombra che mi abbandona, imperitura ostia, Mi discopre vermiglia a nuovi desideri, Sul terribile altare di tutti i miei ricordi. La schiuma là si sforza di rendersi visibile; E là, titubeii sulla barca sensibile ^ Ad ogni spalla d'onda un pescatore eterno. Tutto compirà dunque il suo atto solenne Di riapparire sempre casto ed incomparabile, E di restituire la tomba entusiasta Allo stato grazioso del riso universale.

Salve! Divinità dalla rosa e dal sale, E per prime in batta, della giovane luce, Isole!... Presto arnie, quando la prima fiamma Isole die predico, farà alla vostra roccia Avvertire arrossendo possenti paradisi; Cime appena impaurite, fecondate da un fuoco, Boschi c«e ronzerete di animali e d'idee. D'inni d'uomini colmi di tutti i doni di un ètere giimto, Isole! Ndfiragoredi cinture di mare, Ma

Ils vivent séparés, ils pleurent confondus Dans une seule absence, Et leurs nwmbres d'argent sont vainement fendus A leur douce naissance. Quand l'àme lentement qu'ils expirent le soir Vers l'AiduxKiite monte. La vierge doit dans Tombre, en silence, s'asseoir, Toute chaude de honte. EUe se sent suiprendre, et pàle, appartenir À ce tendre présage Qu'une piièsente chair tourne vers l'avenir Par un jeuae visage... Mais toi, de bras plus pws que les bras animaux Toi qui dans l'or les plonges, Toi qui fortnes au jour le fantdme des maux Que le sonuaeil fait songes. Haute profusioA de :feuìlles, trouble fier Quaod l'àpte tratnontane Sonm, au comWe de l'or, l'azur du jeune hiver Sur tes hai^s, Piatane, Ose gémirt... Il faut, è souple chair du bois. Te tordre, te détordre. 134

Crescere, candore, ma non rompere i nodi DeU'etema stazione. Intorno a te indovini altri viventi l ^ a d Dall'idra veneftibile; In tana ti sono p m , dai,pini ai pioppi, DaU'elce all'acax>. Che, dai morti presi, i piedi saurmigliati Nella confusa cenere, Sentono fuggirli i fiori, e i loto spermi alati n corso lesero scendere. Il tremulo puro, Ìl càrpino, e questo fag^o formato Di quattro ragazze. Battono e battono a un cielo sempre diiuso, Coperti invano di rami. Vivono disuniti, pisingono inàeme In una unica assausa, E le loro membra arg^tee vanamente si fondono Alla dolce n^aiscenza. Quando l'anima lentamente ndUa sera effusa Sale verso Afrodite, La vergine deve in silenzio, nell'ombra, sedersi, Accesa di ima calda onta. Oh si sente sorprendere, e appartenere, pallida, a Questo tenero presagio Che una presente carne volge verso avvenire Con un giovane volto... Ma tu, con braccia più pure delle braccia animali, Che neU'oro le tuffi. Tu che formi nel giorno il fantasma dei mali Che il sonno volta in sogni, Alta profusione di foglie, scompiglio fiero Quando l'aspra tramontana Suona, cima dell'oro, l'azzurro del giovane inverno Sulle tue arpe, Platano, Osa gemere!... Devi, o docile carne del bosco. Torcerti, storcerti, 135

Te plaindre sans te rompre, et rendre aux vents la voix Qu'ils cherchent en désordre! PlageHe-toi!... Parais l'impatient martyr Qui soi-mème s'écorche, Et dispute à la fiamme impuissante à partir Ses retours vers la torche! Afin que l'hymne monte aux oiseaux qui naìtront, Et que le pur de l'àme Fasse frémir d'espoir les feuillages d'un tronc Qui réve de la fiamme, Je t'aì choisi, puissant personnage d'un pare, Ivre de ton tangage, Puisque le del t'cxerce, et te presse, ò grand are, De luì rendre un langage! ò qu'amourejjsement des Dryades rivai, Le Seul poète puisse Flatter ton corps pa, Che la tempesta tratta mmmlmente Come fa con un'etba.

CANTICO DELLE COLONNE A Léon-Pml Rwgw Dold colonne, con i Cappelli guarmti di luce, Ornati di veri uccelli Che camminano sul giro. Dolci colonne, o Orchestra di fuà! Ognuno immola il suo Silenzio all'unisono. 137

- Que portez-vous si haut, Égàles radieuses? - Au désir sans défaut Nos gràccs studieuses! Nous chantons à la fois Que nous portons les cieux! Ó seule et sage voix Qui chantes pour les yeux! > Vois quels hymnes candìdes! Quelle sonorité Nos éléments limpides Tirent de la clarté! Si froides et dorées Nous fómes de nos lits Par le ciseau tirées, Pour devenir ces lys! De nos lits de cxistal Nous fùmes éveillées, Des griffes de métal Nous ont appareillées. Pour affronter la lune, La lune et le soleil, On nous polit chacune Gomme ongle de l'orteil! Servantes sans genoux, Sourires sans figures, La belle devant nous Se sent les jambes pures. Pieusement pareilles, Le nez sous le bandeau Et nos riches oreilles Sourdes au blanc fardeau, Un tempie sur les yeux Noirs pour l'éternité, Nous aMons sans les dieux À la divinité! 138

- Cosa portate così in alto, Eguali radiose? - Al desiderio senza neo Le nostre grazie studiose! Noi cantiamo mentre Portiamo i cieli! 0 sola e saggia voce Che canti per gli occhi! Guarda che inni candidi! Che sonorità 1 nostri elementi limpidi levano alla luce! Così fredde e dorate Fummo dai nostri letti Dalb scalpello levate. Per diventare questi gigli! Dai nostri letti di cristallo Fummo svegliate, Artigli di metallo Ci tanno modellate. Per affrontare la luna, La luna e il sole, Ci polirono ognuna Come unghia dell'alluce! Serve senza ginocchi, Sorrisi senza figure, La bella davanti a noi Si sente le gambe pure. Devotamente simili, Naso sotto l'abaco E i nostri ricchi orecchi Sordi alla bianca soma, Un tempio sopra gli occhi Neri per l'eternità, Senza gli dei andiamo Alla divinità! 139

Nos antiques jeunesses, Chair mate et belles ombres, Sont fières des finesses Qui naissent par les nombres! > Filles des tiombres d'or, Fortes des lois du del, Sur nous tombe et s'endort Un dieu couleur de miei. Il dort content, le Jour, Que chaque jour offrons Sur la table d'amour Étale sur nos fronts. Incorruptibles soeurs, Mi-brùlantes, mi-fraìches, Nous prlmes pour danseurs Brises et feuilles sèches, Et les sièdes par dix, Et les peuples passés, C'est un profond jadis, Jadis jamais assez! Sous nos mémes amours Plus lourdes que le monde Nous traversons les jours Gomme une pietre l'onde! Nous marchons dans le temps Et nos corps édatants > Ont des pas ineffables > Qui marquent dans les fables..

L'ABEILLE

À Francis de Mioman Quelle, et si fine, et si mortelle, Que soit ta pointe, blonde abeille, Je n'ai, svir ma tendre corbeille, Jeté qu'un songe de denteile. 140

Antiche giovinezze, Carne opaca e belle ombre, Fiere deJle finezze Che nascono dai numeri! Figlie dei numeri d'oro. Forti delle leggi del cielo, Su noi cade e dorme Un dio color di miele. Dorme lieto, il Giorno, Che ogni giorno offriamo Sulla tavola d'amore Stesa sopra le fronti. Incorruttibili sorelle, Metà fuoco, metà fresche, Per ballerini prendemmo Brezze e foglie secche, E i secoli a fiumi, E i popoli passati, È un profondo allora, Allora mai abbastanza! Sotto gli stessi amori Più pesanti del mondo Traversiamo i giorni Come una pietra l'onda! Canaminiamo nel tempo E i nostri corpi splendenti Hanno passi ineffabili Che battono nelle storie...

L'APE A Fnmcis de Miomandre Quale, e sì fine, e sì mortale. Sia la tua punta, bionda ape. Io non ho, sul mio tenero cestello, gettato che un'ombra di ricamo. 141

Piqué du sein la gourde belle, Sur qui l'Amour meurt ou sommeille, Qu'un peu de moi-méme vermeille Vienne à la chair ronde et rebelle! J'ai grand besoin d'un prompt tourment: Un mal vif et bien terminé Vaut mieux qu'un supplice dorm^it! Soit donc mon sens illuminé Par cette ìnfime alerte d'or Sans qui l'Amour meurt ou s'endort!

POÉSIE Par k suiprisB saisic, Une bsuaie qui buvait Au sein de la Poésie En séparé son duvet: - ó ma mère Intelligence, De qui la douceur coulait, Quelle est cette négligence Qui laisse tarir son lait! À peine sur ta poitrine, Accablé de blancs Kens, Me ber9ait l'onde marine £)e ton coeur chargé de biens; À peine, dans ton del sombre, Abattu sur ta beauté, Je sentais, à boire l'ombre, > M'envahir une clsuté! Dieu perdu dans son essence. Et d^deusement Docile à la connaissance Du suprème apaisement, > Je touchais à la nuit pure, Jfe ne savais plus mourir. 142

Pungi del seno il bel melograno, Su cui l'Amore sonnecchia o muore, Affindbé un po' di me vermìglia Venga alla carne tonda e rib^e! Ho bisogno di un subito tormento: Un male acuto e ben segnato vale Meglio d'un supplizio addormentato! Sia dunque il mio senso illuminato Da questa infima squilla d'oro Senza cui l'Amore dorme 0 muore!

POESIA Dallo stupore colta, Una bocca dbe beveva Al seno ddia Poesia Ne separa la piuma: - O madre mia intelligenza. Di cui la dolcezza colava, Questa negligenza cos'è Che lascia inaridire il suo latte! Appena sul tuo petto, Schiacciato da bianchi lacci, Mi cullava l'onda marina Del tuo cuore carico di beni; Appena, nel tuo cielo cupo, Abbattuto sulla tua bellezza. Sentivo, a bere l'ombra. Invadermi una luce! Dio perso nella sua essenza, E dc^ziosamente Docile alia conoscenza Della suprema pace. Toccavo la notte pura, Non sapevo più mcoire. 14

Car un fleuve sans coupure Me semblait me parcourir... Dis, par quelle crainte vaine, Par quelle ombre de dépit, Cette metveilleuse veine À mes lèvres se rompit? Ó rigueur, tu m'es un signe Qu'à mon àme je déplus! Le silence au voi de cygne Entre nous ne règne plus! Immortelle, ta paupière Me refuse mes trésors, Et la chair s'est faite pietre Qui fut tendre sous mon corps! Des cieux mème tu me sèvres, Par quei injuste retour? Que seras-tu sans mes lèvres? Que serai-je sans amour? Mais k Soutce suspendue Lui répond sans dureté: - Si foft vous m'avez mordue Qué mon ccEUt s'est arrèté!

LES PAS Tes pas, enfants de mon silence, Saintement, lentement pl»:és, Vew le lit de m» vi^iance Broi^ent muets et g^bcés. Personne pure, ombre ^vìne, Qu'ifa sont doux, tes pas recenus! Dieuxl... toos les dons que }e devine Viennent à moi sur ces pieds nus ! Si, de tes lèvres a v a n c i . Tu prépares pour l ' a p a ^ , 144

Perché un fìuine ininterrotto In ine pareva fluire... Dì, per che timore vano, Per che ombra di «Jispetto, Quella meravigliosa vena Alle mie labbra si spezzò? O rigore, alla mia anima Sei un segiK) die dispiacqui! Volo di dgno il silenzio Tra noi non r ^ n a più! Immortale, la tua palpebra Mi rifiuta i miei tesori, E la carne ora è pietra, Era molle sotto mio corpo! Dai cidi andie mi divezzi, Per che ingitisto ritorno? Senza le mie labbra che sarai? Senza amore che sarò? Ma la Fonte sospesa Le risponde senza durezza: - Così forte mi hai morso Che il cuore si è fermato!

I PASSI I tuoi passi, figli del mìo silenzio, Santamente, lentamente posati, Verso fl letto del mio vegliare Procedono gelidi e muti. Persona pura, ombra divina, Come sono dold, i tuoi passi trattenuti! Dei!... tutti i doni che indovino Vengono a me su questi piedi nudi! Dalle tue labbra protese se Tu prepari per calmarlo, 145

À l'habitant de mes pensées La nourriture d'un bmser, Ne hàte pas cet acte tendre, Douceur d'étre et de n'ètre pas, Car j'ai vécu de vous attendre, Et mon cceur n'était que vos pas.

LA CEINTURE Quànd le del couleur d'une joue Laisse enfin les yeux le chérir Et qu'au point dorè de périr Dans les roses le temps se joue, Devant le muet de plaisir Qu'enchaìne une teÙe jpeinture, Danse une Ombre à libre ceinture Que le soir est près de saisir. Cette ceinture vagabonde Fait dans le soufflé aérien Frémir le suprème lien De mon silence avec ce monde... Absent, présent... Je suis bien seul, Et sombre, ó suave linceul.

LA DORMEUSE À Luckn Fabre ^ e l s secrets dans son cceur brulé ma jeune amie, Ame par le doux masque aspirant une fleur? De quels vains aliments sa n^ve chaleut Fait ce rayonnement d'une {emme endormie? Soufflé, songes, silence, invincible accalmie, Tu triomphes, 6 paix plus puissante qu'un pleur, 146

All'abitatore dei miei pensieri Il nutrintento di un bado, questo Tenero atto non affrettark)» Dolcezza di essere e cU non essere. Perché ho vissuto di aspettarvi, E il mio cuore era i vostri passi.

LA CINTURA Quando il delo color d'una gota Lascia gli occhi infine amarlo E che njd punto dorato di perire Tra i rosa scherza il tempo. Innanzi al muto di piacere Che una tale pittura incatena, Danza un'Ombra a Ubera cintura Che la sera è presso a c(^ere. Cintura vagabonda Che nel soffio aereo fa Fremere il supremo legame Del mio silenzio con il mondo... Assente, presente... Io sono solo, E buio, o soave lemuolo.

LA DOBMIENTE A Luem Fibre Che si^ieti nel suo cuore brada giovane amica, Anima dalla dolce maschera aspirante un fiore? Di die vani alimenti il suo nativo tepore fa Questa fiamma di una donna addormentata? Sogni, soffio, silenzio, invincibile calma, Trionfi, oh pace più potente di un pianto, 147

Qxiand de ce plein sommeil l'onde grave et l'ampleur Conspirent sur le sein d'une telie ennemie. Dormeuse, amas dorè d'ombres et d'abandons, Ton repos redoutable est chargé de tels dons, ò biche avec langueur longue auprès d'une grappe, Que ma^ré l'àme absente, occupée aux enfers, Ta forme au ventre pur qu'un bras fluide drape, Veille; ta forme veille, et mes yeux sont ouverts.

FRAGMENTS DU NARCISSE I Cur aSguidiàdi? Que tu brilles enfin, terme pur de ma course! Ce soir, comme d'un cerf, la fuite vers la source Ne cesse qu'il ne tomìje au nùlieu des roseaux, Ma soif me vieot abattre au bord méme des eara. Mais, pour désoltérer cette amour curieuse, Je ne troublerai pas l'onde mystérieose: Nymphes! si vous m'aimez, il faut toujours dotrair! La moindre àme dans l'air vous fait toutes frémir; Méme, datis sa faiblesse, aux ombres échappée, Si la feuille éperdue effleurè la napée, Elle suffit à rompre un uoivers dormant... Votre sommeil importe à mon enchantement, n craìnt jusqu'au msson d'une piume qui ploog^ì Gìardez-moi longueittent ce visage pout songe Qu'une absence divine est seule à concevcórì Sommeil des nymphes, ciel, ne cessez de me voir! Rèvez, révèz de moi!... Sans vous, belles fontdnes, Ma beauté, ma douleur, me seraient incertaines. Je chercherais en vain ce que fai de plus cher, Sa tendresse confuse étonnerait ma oiair. Et mes tristes regards, %norants de mes charmes, À d'autres que moi-méme adtesseraient leurs larmes. Vous attendiez, peut-ètre, un visage sans pleurs, 148

Quando del pieno sonno l'onda grave e il largo Cospirano sul seno di una tale nenùca. Dormiente, cumulo dorato d'ombre e abbandoni, Il tuo tenibile riposò è carico di tali doni, O cerva ccm languore lunga presso a un grappolo. Che malgrado l'anima assente, agl'inferi occupata, La tua forma al ventre jairo che un braccio fluido drappa, Vqgjia; la tua forma veglia, e i miei occhi sono aperti.

FRAMMENTI DEL NARCISO I CuraS^aìdi^ Brilli finalmente, termine puro della mia corsa! Stasera, come «U un cervo, la fuga verso la fonte Non finisce senza cadere in m e s ^ alle canne, La sete mi abbatte sul dgBo dèlie acque. Ma, per dissetare questo amore curioso^ Non turberò l'onda misteriosa: Ninfe! sempre, se m'amate, bisognerà dormire! Un'animula n^'aria tutte vi fa £rem«a«; Anche, benché debole, aUe oml»e sfug^ta. La foglia se sperduta sfiori la napea. Basta a rompere tm universo dortdente... Il vostro sonno importa al toio incantesimo, Che fino al bri\àdo teme dans la brise, die semble mentir, Tant le frémissement de son tempie tadte Conspire au spacieux silence d'un t d site. Ó douceur de surviyre à la forra du jour, Quand elle se retirc ^afìn rose d'amour, EncoK un peu brùlante, et lasse, mais a)mblée, Et de tant de trésors tendrement accaUée Par de tels souvenirs qu'ik empourprent sa mort, Et qu'ils la font heuraise agenouiOer dans l'c», Pds s'étendre, se fondre, et petdte sa vendange, Et s'éteiimlre en tm Ktnge en qui le soir se ch&t^. Qudlle perte en soi-mème offre un sì {^Jme Hea! L'àme, jusqu'à pétir, s'y ^ndbe poar un DieuQu'dlc demande à l'onde, onde désàrte, et digne Sur son lustre, du Itóse ^facement d*un cygne... À cette onck jamais oe burent les troupeaux! D'autres, id perdus, trouvóaìent le repos, Et dans la somlMe tetre, un dair tomb^u qui s'ouvre... Mais ce n'est pas le calme, hdas! que f y découvre! Quand l'opaque «Mlice où dort c»tte (^iké Cède à mon coips l'hortrair du fedlli^e écarté, Alors, vainqueur de l'ombre, ò mon corps tyrannique. 150

Calme, sempre di foglie e fiori, E dall'incorruttibile,altitudine visitate, O Ninfe!... Però docile ai clivi incantati Verso di voi ad aprirmi invincibili strade, Soffrite questo bel riflesso dei disordini umani! Felici corpi fusi, Acque piane profonde! Io sono solo!... Se gli Dei, echi, le onde E così tanti sospiri permettono di esserlo! Solo!... però chi a sé si accosta quando Si accosta alle rive che questo fogliame benedice... DaUe cime, l'aria già cessa il puro saccheggio; La voce delle fonti muta, e mi parla della sera; Una grande calma mi ode, dove o(k) la speranza. Sento l'erba delle notti crescere nefl'ombra santa, E la luna perfida inhaka il suo specchio Fin nei segreti della fontana spenta... Fin nei segreti che temo di sapere, Fin nei recessi dell'amore di sé, Niente può sfuggire al silenzio della sera... La notte viene sulla mia carne a sussurrarle che l'afiao. Fresca voce che ai miei voti trema nd consentire; Appena, nella brezza, scabra meatire. Tanto il fremito del suo tempio tacito CospiM aSo spazioso silenzio di un tal sito. O ^Icezza di sopravvivere alla forza del giorno, Quanckt tói si ritira infine rosa d'amore. Ancora tua po' brudantc, e stanca, ma compita, E da tanti teschi teneramente prostrata Da riccttdi taK che la sua morte imporporano, E che la fantK> felice nell'oro ingiiKKchiare, Poi sdraiarsi, fondersi, e perdere la sua vendemmia, E spegnearsi in un sogno in cui la sera si cambia. Che perdita in sé offre un luogo cód calmo! L'anima, fino a perire, vi si piega per un Dio E aQt'onda lo d b ^ n d a , onda deserta, e d e ^ ' Sul suo speccfcub, del liscio cancellamento d'un cigno... Onda cui mai bevvero le g r e ^ ! Altri, qui perduti, troverebbero riposo, E nella scura terra, una tomba e h ^ che si apre... Però non è k caÉoa, ahimè! che vi scófffo! quando L'c^aca deltzk idfove dorme questa luce Cede al mio corpo l'orrore d à fogliame scostato, AHora, vincitore édtt'ombra, oh corpo tirannico. 151

Repoussant avix forèts leur épaisseur panique, Tu regrettes bicntót leur éterodle nuit! Pour Tinquict Nardsse, il n'est i d qu'ennui! Tout m'appelle et m'enchalne à la oiair lumineuse Que m'oppose des eaux la paix vertigineuse! Que je déplore ton édat fatai et pur, Si moUement de moi, fontaine environnée, Où puisèrent mes yeux dans un mortel azur, Les yeux mèmes et noirs de leur àme étonnée! Profondeur, profondeur, songes qui me voyez, Gomme ils verraient une autre vie, Dites, ne suis-je pas celui que vous croyez, Votre corps vous fait-il envie? Cessez, sombres esprits, cet ouvrage anxieux Qui se fait dans l'àme qui veiUe; Ne dherchez pas en vous, n'allez surprendre aux cieux Le malheur d'ètre une merveille: Tfouvez dans la fontaine un corps délideux... Prenant à vos regards cette parfaite proie, Du monstre de s'aimer faites-vous un aqptìfj Dans les errants filets de vos longs dls de soie Soii gradeux édat vous retienne pensif; Mais ne voas flattez pas de le dianger d'empire. Ce cristdi est son vrai séjour; Les efforts mèmes de l'amour! Né le saurairat de l'onde extraire qu'il n'expire.,. PIRE.

Pire?...

Quelqu'un redit iHfe... Ó moc^ut! > Édio kintaine est prompte à rendre son o r a ^ De son tire oidumté, le toc brise moii coeur, Et le silence, par màade, Cesse!... parie, renMt, sur la face des eaux... Kre?... Hre destini... Vous k dites, roseaux, Quii reprìtes des vents ma pUbtte vi^abonde! Antres, qui me rendez mon àme pks profonde, Vous reèìlez de votre ombre une voìx qui se meurt... VcHis me le murmurez, ramur^l... ó rumeur 152

Ricacciando alle selve lo spessore panico, Subito ne rimpiangi l'eterna notte! Per l'inquieto Nardso, solo noia qui! Tutto Mi chiaóta e m'incatena alla carne luminosa Che mi oppone dellé acque la pace vertiginosa! Di te come deploro il fulgore puro e fatale, Cosùi mollemeiité da me fontana girata, Cui attinsero i mei occhi in un azzurro mortale, I neri occhi stessi della loro anima stupita! Profondità, profondità, sogni che mi vedete. Come guarderebbero un'altra vita, Dite, non sono quello che credete, Il vostro corpo non vi fa gola? Lasciate, scurì spiriti, l'opera ansiosa Che si fa nell'anima die veglia; Non cax^te in voi, né di cogliere nei cieli La sciagura d'essere una meraviglia: Trovate odila fontana un corpo delizioso... Prendendo agli sguardi questa preda perfetta, Del mostro d'amarsi fatene ^dgione; Negli erranti fili delle lun^e c^&i ^ seta Vi trattenga pensoso qad^ ffiaàdso furore; Ma di mutarlo d'impero nessuna illusione. Quel cristallo è la sua dimora vera; Gli sf di un nome. LA HUMA. FATA

(che G/I si è avvicinata da dietro, st^g^rixeì.

Faust! FAUST

Faust? Faust... Perché no? Questa parola non mi dispiace. È un nome. È una buona idea. Finalmente so qualcosa: che è esistito vm certo Faust. Con dò si potrebbe insinuare die forse Faust sono io, — che c'è qualche probabilità in mio favore di essere Faust, e di essere sempre m più. Io tendo verso Faust. Faust,., Faust? Ma è un nome famosissinio. C'è un mucchio di storie... Bene. Se Ìo sono Faust, ho dunque un passato definito... E in ultima analisi, dev'essere capitato qusdche brutto affare a... Faust. LA SECONDA FATA

(^i suigerisce).

Il Folle, il Solo, lassù... FAUST

Ah, ah!... Il Folle, il Solo, il Lupo... Oh, grazie, mia memoria di me 0 memòria di Faust? Sei mia madre, Memotiaf... Tu mi partorisci... Eredito^ finalmente un pezzetto del passato. E adesso si delinea qualche bagKore della catastrofe. Sì, il Folle di Lassù; era forte come la morte, quel mostro! Mi ha spinto. Gridava. Sono sdvolato, rotolato giù... Si era drcondato di precipizi. Devo essere in fondo ad uno di essi. Dunque, morto. È logico. Morto? Sì... Sì. Ma il bacio? C'è stato il bacio. Così dolce. Cosi fresco. Così... potente, il bacio. C'è 385

baiser vint avant le Fou. Natureflement. C'est logique. Je n'ai pas pu ètte baisé au voi, tout en toulant du haut du Fou... Ah, voilà uo bon motceau de vérité pure. Bien rmuistitué. Avec chronologie, logique, tout le passé armé. je sors enfin de osa préhistoire... Bon. Mais passons à présent de la vérité à la réalité. La réalité, c'est d'abord k qpjestion. Où?... Que voilà une borine gestioni Où l'on est? Le Pourquoi, le Comment, on verrà plus tard. Mais, mort ou vivant, je suis en quelque lieu, venant de quelqiM lieu. Où?... Or, je n'y vois presque goutte. Si c'est ici l'abiiiie de hi mort, la mort est trop md éclàrée... (La lumière se fait, dorée.) Lumière, 6 lumière... Tu te déddes enfin à t'occuper ck moi... Mémoire et lumière, l'humanité faustienne fait des progrès immenses: le passé, le présent, tout lui vient, tout s'édaire. Mes yeux ont K)if de dioses. Cette noble darté leut est douce comme l'eau pure. C'est beau id. Qu'est-ce que c'est? Caverne? Tempie? Non. Forét? Non,.. C'est au fond de la mer... C'est absurde, II n'y a point d'eau. Tempie vivant? Forét pétrtfiée?... La nature parfois s'amuse à faire l'artiste, à faire croire qu'eUe peut travailler avec des mains, d'afurès une idée... Et les hommes, parfois, avec leurs pattes et kurs pkns, essaient de fa?onner dans l'espace d'une vie, ce qu'dle met des mille et mille si^es à produire dans l'ombre de pensée. Cda crée de graves malentendus... Mais, peut-étre, y a-t-il dés du>ses qpà ne sont Mes ni de la nature, ni de l'action... Rien ne prouve qu'Ù ne puisse exister que deux modes de fabrication et que deux fabriques... Or, si... Ho ho... Il me semble cpie tu raisonnes... Je raisonne. Donc...

LA PRIME F É E

(sur deux notes).

Faust, Faust! FAUST

Faust? C'est moi, je crois?... C'est moi qui pense et moi qui suis. Voilà une vérité génàrale. Et, comme application particuHère hypothétique, - qui suis peut-étre Faust... Qui est là? (ensemble). Faust, Faust! (Elles s'approchent de lui.) LÈS PRIME ET SECONDE FÉES

FAUST

Oh!.., Qu'ellés sont jolies! Que vous ètes aimablfts! Venez beaucoup plus près, je suis déjà moins mort, Dames inattendues! Un certain goùt de vivre appardt avec vous. 386

ancora. Il bado è venuto prima del Folle. Naturalmente. È logico. Non posso esser stato badato in volo, rotolando dall'alto» dov'era il Folle... Ah, ecco un bel pezzo di verità pura. Ben ricostituito. Con la cronologia, la logica, tutto il passato armato. Esa> dalla mia preistoria, finamente... Bène. Ma ora passiamo dalla verità alla realtà. La realtà è innanzitutto la domanda. Dove?... Ecco tma bdHa domanda! Dove siamo? Il Perché, il Come, verranro» po. Morto o vivo, però, io sono in qualche luogo. Dove?... Or dunque, non riesco a vedere quasi nuQa. Se questo è l'abisso della morte, la morte è illuminata troppo male... (IM htcé aumenta, dorata.) Luce, oh luce... infine ti deddi a occuparti di me... Memoria e luce, l'umanità faustiana fa immensi progressi: il passato, il presente, tutto le viene incontro, tutto si illumina. I mid occhi hanno^sete di cose. Questo nobile chiarore è loro dolce come l'acqua pura. È bello qui. Che cos'è? Caverna? Tempio? No. Foresta? N®... È in fondo al mare... È assurdo. Non c'è acqua. Tempio vivente? Foresta pietrificata?... Talvolta la natura si diverte a fare l'artista, fa credere di poter lavorare con le mani, seguendo un'idea. E gli uomini, talvdta, coti le loro zampe e i loro progetti, cercano di fognare ndlo spazio di una vita dò che essa impila migliaia di secoli a produrre nell'ombra del pensiero. Ciò "crea dei gravi equivoci... Ma forse esistono cose die non sonofigliené delk natiura né dell'azione... NuQa prova che possano esistere schianto due modi di fabbricazione e due sole fabbrile... Ora, se... Oh oh... Mi sembra che tu stisi ragionando... Radono, dunque...

LA PRIMA FATA (SU due TONÌÌ.

Faust, Faust! FAUST

Faust? Sono io, credo... Sonoio che penso e io che sono. Ecco una verità generale. E, come applicazione particolare ipotetica, — io che sono forse Faust... Chi è? LA PRIMA E LA SECONDA FATA

(insieme).

Faust, Faust! {Gli si avvicinam.) FAUST

Oh!.., Quanto sono graziose! Come siete amabili! Venite piìi vicino, sono già meno morto, Dame itiattese! Con voi compare un si bene Che al tuo bacio ho domto rispondere col mio Senza saperlo, come fa rit^anzia. .. Ma infine ho riacquistato la forza d'esser Io, LA SECONDA FATA

Chi, Tu?... conosci tu colui che tu puoi essere? Lui solo esìste qui... Sei soh... il tm patrone! Ordina di mutarti in uno pii fe^e di te stesso, Un Faust i mi eccessi non saranno serviti che a istruirlo... Vuoi tu ridiventare eriapparirere, Re del tempo, dei cuori, fatto apposta per vincere e sedurre? FAUST

Che troni agli occhi miei il tm s&tario fa splendere! Ma, MUSA che io ascolto e GRAZIA che io vedo, A me basta sentite questa voce pumsma. Così Unsparente e profonda, In cui la tua promessa brilla come un gioiello sotto l'onda. 393

Pour qu'au moins à l'é^l de ton secret savoir Rien que cette douceur soit pleine de pouvoir. Ta ìèvre impéruMse est d'une charmeresse De qui k Imiser park et le discours caresse, Et je setis, malgii mot, me rendre ambitieux La tendre autorìté de ton corps précieux. Mais chacun de tes mots, qui sont des pierreries Idéales,riantsur k seuil le plus beau, Irritent dans man ceeur de vieilles réveries... Non, mes lauriers soni morts, rnes roses sont flétries, Tout ce que fai voulu, je l'ai mis au tombeau, Et tu vieni dans cette ombre apter ton flambeau! O mes sombres trésors, mes enfers, ma mémoire, Dois-je reprendfe terre et rehausser ma gioire, Remvre, dur et sùr, sachant ce que je sais, Revivre, et non pbis vivre un dhordre d'essais, Mais, cette fois, pianger une àme tout armée. Une puissance vierge, et de tout informée, Au cceur tnème du monde... Et de mes fières mains, Vaincre l'homme et la femme, et tous les dieux humatm.. LA SECONDE F É E

Qui, tout ce qu'm mortel peut soubaiter d'extréme, Tout ce que doit se petndre un ammt de soi-méme Quand it brùk d'atteindre à toute sa g/vmdeur, Tout devant toi palpite, et l'or, et la pudeur Des plus pures, et l'àme informe de la joule Qui, sous le pied d'airain du héros qui la joule, Prodi&ie un vin de g/ow, ^ais camme du sang! Parie... Un mot... M^ème pas... Ton silence coment? FAUST

M.on silence ìnterroge: il attend qu'on m'instruise. Je ne suis poìnt de ceux que la faveur séduise Et qui jement les yeux quand pkuvent les bienjaits. LA SECONDE F É E

Je te veux tant de bien que je te satisfais. C'est là man premier don. Captives que nous sommes D'un sort qui nous défend des tendresses des hommes, Il nous platt de tromper le mal dont nous soufjrons Par ces présents de jée efjeuillé sur kurs jronts. L'incorruptible honneur d'une chair encbantée NO«J rejusant l'émoi de toute chair tentée, 394

Perché, simile in questo al tuo occulto sapere, La tua dolcezza e^ppaia col^ d'ogpi potere. Hai k labbra imperiose di una incantatrice Che con i baci park, coi discorsi accarezza, E, mìo ma^ado, sento che mi rende ambizioso La dolce autorità del tuo corpo prezioso. Ma ogtà tua parola, simile ad una gemma Ideale, splendente sulla soffia più bella. Irrita nel mio cuore vecchi sogfti... No, sono morti i latm, le mie rose apparite, Tutto ciò che ho voluto, l'ho posto nella tomba, E tu vieni in quest'ombra a aptare la fiaccola'. Oh cupi mieitesori,miei inferni, mia memoria. Detto tornare a terra, rianimare la gforia, Ktetvere, deciso, duro, sedendo tutto ciò che so. Rivivere, e non vivere piò i miei disordinati esperimenti, Ma, questa volta, immergere l'anima tutta armata, Questa potenza verone e di opti cosa esperta, Dentro il cuore del mondo... E con le fiere mani Vincere uomo e donna, e tutti gjli dei umani?... LA SECONDA FATA

ciò che di piò estremo un mortale desidera, Tutto ciò che di sé si fipm UH amanu Quando arde di ra0ungere tutta la sua grandezza, Tutto sta pattante innanzi a te, sia l'ora sia il pudore Purissimi, sia l'anima informe Mia folla Che, sotto il piede bronzeo dell'eroe che la schiaccia, Proidigfi nella gforia un vino denso come fosse sangue! Parla... Di' una parola... No... Il tuo silenzio approva? FAUST

Il mio silenzio interroga: attende spiegftzioni Io non sono dì quelli che il favore seduce E che chiudono ^i occhi quando piovono i beni 1

LA SECONDA FATA

Ti vogfh tanto bene che ti soddisferò. Ecco il mio primo dono. In quanto prigioniere Di una sorte che vieta le dolcezze d^ uomini, A noi piace ingannare tutto il male patito Con regfili fatati che spargiamo sopra le loro fronti. Dato che il privile&o incorruttibile dì una carne incantata Ci nep l'emozione d'ogfti carne tentata, 395

Trop heuremes satis jote, mdifftes de pérìr, Nos gfdces combUnt cem qne mm pensons cbérir, Mes cbames t'on prouvé lem étrangfi éner^: Qfie st tu veux me croìre ettefierà mot, (Car il tt'est d'mt nì ^ tmg^ Qui ne demande quelque fot), Je te retrouverai data tes forces perdues Celles qu'm)eug}ément ta vie a confondues. Je sats rettdre au phmb vii la ìmur de l'or pur, Je recomah l'ettfmt dam le tm^e dur. Et la limpidité des premièm amées Tarmi la pmfondeur des amères pensées. Je d^ais, fìi à fil, Ut trame des vieux jours; De tes pas iaquiets fe nmonte k couts. Et je mis naUre en tot la désoèéissance. Le temps c^ à mes do^ ce qae M crm tenir Quand la soif du sauoir et la concupiseence Firent de toi celai qu'il falhtt deveràt. Je songe avec tendr^ à ton adolesc&ux. Tes yeux, qu'ottt msombris tant d'4pres aetkm, Tes traits qu'ont toummtés tmtìes les ikts^m Ne m'abolissentpomi la pàce du ìeune J'y distingue celai que tu pgurmis remate, Faust, si tu veux me eroire et te fier à mot. Veux-tu redeventr et reparattre en mi? FAUST

Si tu sais tout de moi, tu ne sais qu'une fahle. Le véritable mai n'est jamais qu'ineffabk: Ce que l'on peut conter ne compte que fort peu! Le joueur ffìrde au ccem le secret de son jeu, Mais la perte et le luì sont des passes vaines: U ne mt que le feu qui lui court dans les veines: Sa irniente vie est k seul Uen qu'il veut, Lm qui ne mUd'objet qu'il ne tette à ce feu!... Tu m'as reni» h souffk et crois que je soupire Apr^ torn ces tréson, et les cceurs et l'empire, Et que j'^père au monde m suprème plaistr... Mm mon esprit s^erbe a défait le désir. Si ce qui fut ne fut qu'une absurde d^ense. Ce que soit l'avenif m'insorte encore moins. Crois-tu que mon ótpteil veuilk pour récompense Pr&idre ks kommes pour témoins, Kernomr sur kur xèix et fortement revivre 396

Troppo felici senza akuna gfoia, e indegne di perire, Colmiamo d'oggi pazia i nostri prediletti. Hni provato la strana ener^ dei mìei incanti: E se tu pormi credermi e fidarti di me (Poiché non c'è né arte né ma&a Che non richieda almeno un po' di fede), Io tiritroverònelle tSe forze perse, Quello che la tua vita ciecamente ha confuso. Al vile piombo io rendo la luminosità dell'oro puro, Riconosco il fanciullo in un viso indurito, E la limpidià dei primi anni Nelle profondità cki pensieri più amari. Filo per filo disfo tutta la trama dei pomi passati; E dei tuoi passi inquieti io risalgo il cammino, Fino a vedere la disubbidienza nascere dentro te. Nelle mìe dita U tempo lascia ciò che credesti trattenere Quando la &ande seta del sapere e la concupiscenza Giunsero a far di te colui che tu dovevi divenire. Penso con tenerezza alla tua adolescenza. I tuoi occhi incupiti da tante crude azioni, I tratH tormentati da tutte le passioni Non tolgono laffuziadi quel pavane essere. Io vi scorgo colui in cui potrai m^m, Faust, se tu vorrai ctedemì e fidarti di me. Vuoi tu ridiventare e riapparire re? FAUST

Se mi tatto di me, tu non sai che uria fiaba. La vem verità è ineffabile sempre: Ciò che si può narrate non conta che ben poco! IIffocatorecustodisce in cuore il secreto del poco, Ma perdita e p^ada^ som puntate vane: Conosce solo il fuoco che corre nette vene: La sua vita violenta è mtto dò che vuole. Lui che tu^ k cme sfitta dentro quel fuoco!... Tu mt hai reso il respiro e credi che io sottri P& tutti quei tesori, come t cuori o l'impero, É che sp&i dal mondo m suptmo piacere... Ma il mio superbo ^irito xof^sse H desiderio. Se ciò che fu non fu che un assurdo di^iendio. Quel che ùtrà il futuro m'interessa amor meno. Credi tu che il mio orpt^o vo^ per ricompensa Pret^ere a testimoni mai uomni. Tornare sulla scena, fortemente rìoìme 397

A la lumière de kurs yeux, Moi, toujours plus rebelle à ce qui ks enivre, Mot, que n'ontpu &i&ier ni l'Enfer ni ks Cieux, Ni fondre la Hédeur des corps délicieux? Je ne hais pas en moi cette immense amertume De n'avoir pu trouver k feu qui me consume, Et de tous ks espoirs fé me sens délié Camme de ce passé dont fai tout oublié, Mes crimes, mes ferveurs, mes vertus étouffées, Mes triomphes de chair de tant de vils trophées Que k monde a livrés à mes démons divers... Non, non... M'ég^rez pointvos compkisances, Fées... Si gr^nds soient les pouvoirs que l'on m'a découverts, Ik ne me rendroni pas k goùt de l'Univers, Le souci ne m'est ^ìnt (k quelque autre aventure, Moi qui sus l'attgfi vaincre et k démon trnhir, J'en sais trùp pour aimer, fen sais trop pouf hatr. Et je suis excédé d'étre une créature. LA SECONDE F É E

Hélas!... Nous ite pouvms enfin que t'obéir... LA BUME F É E

Que si nous disposons de toute la natìire C'est esclaves de mots pour nous mystérieux: Qui ks possède rèpte et commande à »os jeux. La Pàrok a pouvoir sur U Métamotphose, Tu devrais k savoìr, tot qui sais toùte chose. FAUST

Saìs-je l'un de ces mots? LA SECONDE F É E

Tu ne sais que nier. LA I « I M E F É E

TO« premier mot fut NON... L A SECCAFFITE F É E

Qui sera k demier. snmu 398

Alla luce di tutti i loro sguardi, Io, sempre più ribelle a quello che li inebria, Io, che all'Inferno e ai Cieli ho sempre resistito, Senza sciogUermt mai al tepore dei corpi deliziosi? Ma io non odio in me questa immensa amarezza Di non aver trovato il fuoco che mi bruci. Mi sento liberato da tutte le speranze E da questo passato del quale ho tutto obliato, I miei delitti, i miei fervori, le virtù che ho soffocato, I trionfi carnali di tanH trofei vili Che il mondo ha consento ai miei diversi dèmoni... No... Non sprecate. Fate, la vostra gentìlezm... Per quanto siano ^ndi tìttti t poteri che scopriste ài me Non potranno ridarmi quel perduto ptsto dell'Universo, Non sono preoccupato per qualche altra avventura, lo che ho battuto l'anelo ed ho tratào il dèmone, So troppo per amate, so troppo per odiare, E non ne posso più d'essere una creatura. LA SECONDA FATA

Ahimè... Noi non possiamo che obbedirti.. LA ITOÀA FATA

Perché, se dispùttiamo di tutta la natura, è solo in quanto schiave di parole misteriose per noi: Chi le possiede repm e guida i nostri giochi. La Parola ha potere sopra la Metam^osi, Tu dovresti saperlo, tu che satogfti cosa. FAUST

Conosco forse io una delle parole? LA SECONDA FATA

Tu sai solo negfire. LA PKMA FATA

La tua prima parola è stata No... LA SECONDA FATA

E questa sarà l'uUima. SIPABIO

399

m de HISTOIRES BRISÉES POÈMES

Ali COMMENCEMENT SERA LE SOLEIL Animai profoodéfflent oùbUé: tiède et tranquille masse mystérieusement isolée; ARCHE dose de vie, qui traxisportes vers un jour qui vient mon histoire et mes chances, tu m'ignores, tu me consefves; tu es ma permanoice unique et inexplicable. Ton trésor est mon secret. SILENCE, mon Silence... ABSENCE, mon absenee, 6 ma forms fermée, je laisse toute pensée pour te contempler de tout mon coeur. Il n'est pas de plus étrange, de plus pieuse pensée. Foint de mervejQle plus proche. Je me suis donc fait une ILE inconnue. Et tu es un temps qui s'est détàché de l'énorme TEMPS où ta durée indéfìnie subsiste et s'étemise comme un anneau de fumèe, Mon amour devant toi est inépuisable. Je me penche sur toi qui es MOI^ et il n'y a point d'édbat^s entre nous. Tu m'attends sans me connaìtre, Et je te fais dèfaut pour me désirer Tu es sans défense. Q d te tue me tae. Quel mal tu me fais avec le bruit de ton soufflé... Je me sens le captif du aispens de ton soupir Au travers de ce masque aWdoané, tu eàales le mutmure d'une vie tout égale, à soi-méme bornée. J'écoute le petit bruit de mon existrace, et ma stupidite est devant moi...

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Ili da STORIE INFRANTE POESIE

IN PRINCIPIO SARA' IL SOLE Animale profondamente dimenticato: tiepida e tranquilla massa misteriosamente isolata; chiusa ARCA di vita, che trasporti verso un giorno che viene la mia storia e le mie possibilità, tu mi ignori, mi conservi; sei la mia permanenza unica e ìnespucabile. Il tuo tesoro è il mio segreto. SILENZIO, mio Silenzio... ASSENZA, mia assenza, o mia forma chiusa, abbandono ogni pensiero per contempktti con tutto il mio cuore. Non c'è pensiero piìi strano, e più pio. Nessuna meravjgjia più vicina. Sono dunque diventato un'ISOLA sconosciuta. E tu ^ un tempo staccatosi dal TEMPO enorme in cui là tua dumta indefinita sussiste e si eterna come un andUo dì fumo. Davanti a te il mio amore è inesauribile. Mi chino su te che sei ME, e non vi sono scambi tra noi. Mi attendi senza conoscermi, E non sono abbastanza per il tuo desiderio Tu sei senza-difesa. Chi ti uccide nù ucdde. Mi fai mde col brusio del tuo soffio... Mi sento prigioniero del tuo sospiro sosp^o Attraverso questa maschera abbancbnata, tu esali il sussurro di una vita sempre uguale, limitata a se stessa. Ascolto il brulirio, Ond^giavà sui ferri lucenti e le criniere. Saliva uno stridio nel vapore degli incensieri, Urlio d à vinri re sotto i colpi delle cottègge, E carri maciullavano i fiori nelle catt^giate, E grandi »vdli bianchi s'impennavano »)tto dei negri.'

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Les images des Dieux passaient mystérìeuses, Dans le recueillement et le missellement Des armes, des métaux, des pierres prédeuses; Et puis - l'empereur d'or, beau solenneUeinent!. Des veuves sanglotaient alors dans le silence! Mais lui, resplendissait, appuyé sur sa lance.

POUR LA NUIT Oh! quelle chair d'odeur fine aromatisée Où de l'huile blonde a mis sa molle senteiur, Èst plus douce que la Nuit au soufflé chanteu., Et sa brise parmi les roses tamisée? Quel féminin baiser plus léger que le sien? Et ses yeux, ses yeux d'or immortels, «pelle Femme Peut ^aler ses regards noirs avec leur fiamme Et qu^e Voix vaudrait ce vent musicien?... Adieu doirc! tei qui m'attendais! L'heute est trop .benne! À l'anKiur iounatériel je m'abandonne Que me promet ce Soir calme et ce bord de l'eau. Car, j'aime cette grève où mon ombre s'allonge Et cette Nuit! Et cette lune au blanc halo Et puis la mutmurante et triste Mer qui songei...

VIOL Bronze du musée secret Dans k métal sonore et rare de Corinthe, Un artiste Micìen a f^é savamment Le palèn réve - si troublant et si charmant D'une coupaUe et triste et trop ^qpuse étreinte. Bdle et chiude! - une Femme i ^ a » un mince enfant Ignorant de l'Amour, qui repcrasse la lèvre

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Le immagini di Dio passavano misteriose, Nel raccoglimento e nello sfavilKo Delle armi, dei metalli, delle pietre preziose; E poi - l'imperatore d'oro, bello solennemente! . Vedove singhiozzavano allora nel silenzio! Ma lui risplendeva, appoggiato sulla landa.

PER LA NOTTE Oh, quale carne dal profumo fine aromatizzato Su cui l'olio biondo ha versato una molle fragranza, È più dolce della Notte dal soffio che canta, E della sua brezza tra le rose filtrata? Quale bado femmineo più lieve del suo? E i suoi occhi, i suoi ocdii d'oro immcotali, quale Donna può eguagliare quei wri sguardi con fiamme E quale Voce è pari a questo vento orchestrante?... Oh addio a te! te che mi attendevi! L'ora è troppo fausta! Mi abbandono all'amore immateriale che Mi promette questa Sera quieta e la riva dell'acqua. Poiché, io amo questo greto e questa Notte dove Si allunga la mia ombra! E questa luna dal bianco alone E poi il mormorante e triste Mare che sogna!...

STUPRO Bronzo del museo segato Nel metallo sonoro e raro di Corinto, Un artista antico ha fissato sapientemente Il pagano sogno - oh conturbante e seducente D'un colpevole e triste e troppo squisito amplesso. Bella e calda! - una Donna stozisica un esile bimbo Ignaro d'Amore, che respinge il labbro

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Et les tétins vers lui dardés, brtìlants de fièvre Et les regards chargés d'un désir trìomphatit... ... Millénaire! le vioi de bronze se consonune! Le petit inquiet, sous le brasier charnel Se tord et ne veut pas, horreur! devenir homme. Mais Elie le contient! qui d'un geste éternel Impose la splendeur de scs chairs odieuses Et lui cherche le sexe avec des mains joyeuses!...

LE JEUNE PRÉTRE Sous les calmes qfprès d'un jardin clérical Va le jeune homme noir, aux yeux lents et magiques. Lassé de l'exégèse et des chants Uturgiques Il savoure le bleu repos dominkal. L'air est plèin de parfums et de cloches «>nnantes! Mais le séminariste évoquc dans son cceuf Oubliéux du latin murmuré dans le choeur Un réve de batatQe et d'armes frissonnantes. Et - se dressent ses mains faites TOUT l'ostensoir, Chefchant un glaive lourd! car il lui semble voir . Au couchant ruisseler le sang dorè des anges! Là-haut! il veut nageant dans le d e l clair et vert, Farmi les Séraphins bardés de feux étranges, Au son du cor, choquer du fer contre l'Enfer!...

FLEUR MYSTIQUE Lys mystique! Elle avait la ferveur des Élus! Et Vierge! Elle adorait les pieds calmes des Vierges; Dans l'étincdlement des métaux et des derges, Sa voix douce tintait comme des, Angélus.

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E le tettine verso lui frecciate, di febbre brucianti E gli sguardi carichi d'un desiderio trionfante... ... Millenario! lo stupro di bronzo si consuma! Il piccolo inquieto, sotto il braciere carnale Si torce e non vuole, orrore! divenire uoratì... Ma Lei lo tiene! che con un gesto eterno Impone il fulgore delle sue carni odiose E il sesso gli cerca con mani gioiose!...

IL GIOVANE PRETE Sotto i calmi cipressi d'un giardino clericale Va il nero giovane, dagli «sdii lenti e magici. Stanco di esegesi e di canti liturgici Assapora l'azzurro riposo domenicale. L'aria è piena di profumi e di campane sonanti! Ma il senainarista evoca nd cuore Dimentico del latino mormorato nel coro Un sogno di battaglia e di armi frementi. E - si levano le mani fatte per l'ostensorio, Cercando una grave spada! perché gli pare di vedere Nel tramonto fluire il sangue indorato degli angeli! Lassù! nuotando nel Cielo chiaro e verde, Tra i Serafini coperti di fuochi strani, vuole Al suono del corno, scagliarsi col ferro contro l'Inferno!.

FIORE MISTICO Giglio mistico! EUa aveva il fervore degli Eletti! E vergine! Adorava i piedi calmi delle Vergini; Nello sdntilKo dei metalli e dei ceri, La dol(% voce tinniva come Ai^elus.

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Une couleur de lune ondulali sous son voile. Et dans sa chair, semblaient fuir les reflets nacrés Du petit jour, luisant sur les vases sacrés, Aux messes du matin, vers la dernière étoile. Ses yeux étaient plus, clairs que des astres naissants! Indicible parfum de cires et d'encens, Son vétement sentait l'antique sacristie! Et c'est en la voyant que le regret me vint De n'étre pas le Christ de ce réve divin, Car mon visage pàle était corame une hostie!

LA SUAVE AGONIE Pourquoi tes Yeux sont si grands, ce soir?. Et, dans ces flammes de soleil mortes. Tei qui vas mourir, que veux-tu voÌr? Pourquoi ces baisers purs vers le soir? Pourquoi de ta main pàle tu portes Lentement, des sourìres secrets, Gomme des fleurs vaguement^Jomiées À des vierges aux regards sacrés, Qm dans l'air piasent couronnées?... Toi, qui verras ailìeun le Matin, ó ma chère agonisante, admire, Parmi ces brouillacds tendres de myrrhe, Les Salutaires Voix d'or lointain...

ARION

Inter de^hinas Arion.. Le luth luit sur le monstre élu pout un tei astre Plus haut que le sourire adoré des oiseaux

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Uii colore di luna le ondulava sotto il velo. E nella carne, sembravano fuggire i riflessi di madreperla Dell'alba, lucente sui vasi sacri, Alle messe del mattino, verso l'ultima stella. I suoi occhi brillavano più chiari degli astri nascenti! Indicibile profumo di cere e d'incenso, II suo abito sentiva di vecchia sagrestia! E vedendola il rimpianto mi venne Di non essere il Cristo di quel sogno divino, Poiché il mio pallido viso era come un'ostia!

LA SOAVE AGONIA Perché così grandi Occhi, stasera?... E, in queste fiamme di sole morte. Tu che stai per morke, cosa vuoi vedere? Baci puri verso la sera, perché? Perché con la mano pallida porti Lentamente, sortisi segreti. Come fiorì vagamente donati A vei^im d s ^ sguardi sacri. Che nell'aria passano coronate?... Tu, che vedrai altrove il Mattino, O cara agonizzante, ammira. Fra le tenere brume di marra. Le Salutari Voci d'oi» lontano...

ABIONE

Jm^ de^ì^ Il liuto fdge sul mostto eletto p«c un tale astro Più alto die il ajrriso adorato ^ ^ ^ uccelli

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Atitm..

amuse k beauté des larmes du désastre la figure sìdérale da héros. Dont la main d'or, dans la splendeur do soir, délivre Par le luth où scintille un voi pur de sa diair L'eau vagabonde, peau d'azur ckire et nue, ivre Àu jeu de la m o r t ^ écome de la mer. Des papillons neufs naissent vers des fleurs futures, Doux dans les boudes d'onde, ò fines dievdures Qu'une ^ f o n d e enfant démèle du cristd... Mais la lèvre du dieu par le silence insuite Toute épaule lìmpide éparse au flot natal, Vénns!... et nul beau cri dans le del ne se sculpte!

INTERMÈDE ò SOIRÉE à peine frivole D'une mince lui» sur l'eau Qu'halludne saas qu'U s'envolé Le noir silence d'un oiseau La piume d'ombre un peu lointaine Du cygne funèbre qui dort Charmant tombeau sur la fontaine Anciennement pleine d'or Se mire à l'eau sainte et lucide Qu'égratigne un scuffie enchanté FrÓlaiit un souvenir limpide Dans son exil diamanté. Le deuil d'une dame nocturne Éprìse de larmes, ce soir Ne serait-ce la taciturne Ténèbre où gìt le cygne noir? Ne^ve! qui ne dissimule Sous l'alie triste un doux édair De piume, érotique scrupule Gomme un jupon deviné clair.

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Che diverte la bellezza del pianto del disastro Alla figura stellare dell'eroe. La cui mano d'oro, nella fiamma della sera, schiude Nel liuto dove scintilla un volo puro di carne L'acqua vagabonda, azzurra pelle chiara e nuda, ebbra Al gioco della mortale spuma del mare. Farfalle nudve nascono verso fiori futuri, Dold nei ricci d'onda, o fini capigliature Che una profonda bambina leva dal cristallo... Ma il labbro del dio nel silenzio insulta Ogni limpida spalla sparsa al flutto natale, Venere!... e nessun bel grido in cielo si scolpisce!

INTERMEZZO O SERATA appena frivola D'un'esile luna sull'acqua Che allucina senza che fugga n nero silenzio d'un ucceQo La pinmia d'ombra un po' lontana Del (^^o funebre che dorme incantevole tomba sulla fontana remotamente |»ena d'oro Si specdiia all'acqua santa e lucida Che graffia un soffio incantato Sfiorando un limpido ricordo Nel suo esilio dìamantato. H dolore di una Sont d'une autre quàlité.

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Verso Oriente va il mare limpido 10 milioni, milioni di flutti e fiori vuoti Nudi popoli mormorando andavano, mostrando Sole e fuoco e le loro spalle chiare Che portavano verso il giorno nascente 11 beccheggio di serafiche galere Ali saline, voci fedeli, volo puro Là dove Ì1 mare manca, dove oscilla un solo azzurro.

IL TEMPO, QUEL VILE AVVERSARIO Il Tempo, quel vile avversario Della mia carne, dei miei capelli, ha Per voi di necessario Sob il ritorno dei nostri voti. Una volta, presso una fontana, (Arthur, come sapete) Questa Parca troppo bntana Seppe i doni che avete. O mia Parca, puro viso, Avevo fatto gH inni cosà Che f o « « o di imorórtale uso Per il labbro dd mortali! Ma due amii appena sono Su g u ^ inaanti corsi E gtì le sue grazie appassite, D suo sorriso scomparso! Essa preiule di una mummia L'orribtìe immortaUtà O cara amica, ma le vostre grazie Sono di un'dtra qualità.

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LE som

TROP BEAU QUI SUR NOS ÀMES TOMBE

Le sok trop beau qui sur nos toes tombe Verse au néant un pouvoir sans retour. Comme un grand roi ckns la pourpre succombe, Un jour se meurt. Un jour est mort. Un jour! L'heure trop belle est une bdle tombe Pour ce jour mort et son pouvoir d'amour.

LA JEUNE FILLE Je suis la jeune fille bleue Et souple et rose et docte et si Jolie a v « toute une Bene Marine à l'ombre du sourcil! Void ta ^us fraldie pensée Quand mon ìris vmment iris Pour éphémè» f i a n ^ Te laisse un r q ^ t d'oasis. Tondis que tu songes d'écrire Ce qu'a vu ton oeil voyageur S'il me voit rougissante rire, Tu n'oublieras plus ma rougeur. Et dans la braise et sous la lampe, Sur la feuille où le doigt posé Vainement tomba de la tempe, Reviendra mon rire rosé. Aux £Umffies se mèle la souple Jeune Bile vive qui sait Encor mal gardo: une couple De cdiondies dans son corset.

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LA SERA TROPPO BELLA SULLE NOSTRE ANIME CHE CADE La sera troppo bella sulle nostre anime che cade Versa al mdk un potere senza ritomo. Come un gran re nella porpora soccombe. Mirare un gjocno. Un giorno è morto. Un giorno! L'ora trc^po beUa è una bella tomba Per questo giort» morto e il suo potere d'amore.

LA RAGAZZA Io sono la ragaz^ azzurra E docile e rosea e dotta e Così graziosa con un intero miglio Marino all'ombra del sopracciglio! Qui il tuo più fresco pensiero Qmndo la mia Ìride veramente iride AtiEfimerafidanzata Ti lascia un rimpianto d'oasi. Mentre sogni di scrivere dò Che ha visto fl tuo occhio viaggiatore Se mi vede arrossente ridere, Più non scorderai il mio rossore. E nella brace e sotto la lampada, Sulla foglia ove il dito posato Cadde vanamente dalla tempia. Riverrà il mio riso rosato. Alle fiamme si mescola la Ragazza docile viva che sa Ancora mal serbare una coppia Di colombe nel corsetto.

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ABEILLE SPIRITUELLE Ó die» démon démiurge ou destìn Mon appétit conune vine abeille vive Scindile et sonne environ le festin Duquel ta gràce a voulu que je vive. Id dans l'or la muse a rais ce miei; l à dans le verre une clarté choisie Tient froidement la lumière du ciel Algèbre pure et glacée ambroisie. Le lìb-e amour du bel entendement Ó difficile et trop légère abeille Du mème fìl se croise et se dément, Heurte la coupé et manque la corbeille. Ce poùtt soiiore atom£ le très pxir Chìttgé de foudre et foUement futile Va-t-fl porter la vie imique sur Le plus b«ui s o t ^ et le plus inutìe? Le diable m corps c'tst le «cui de Dieu La fiamme cx>virt fuyant la cendre pure Gliaque soleil ìa'est qu'un rien radieux Qui fait pàlir son aurore future. Où te poser bourdon de l'absolu Instant toujaurs détaché de toi-méme? Tout ce qu'il touche est sùrement élu IndivisiHe angpisse du poème. J'aime Peti®ur qui tisse un long dbemin Dam une nuit non avare de mondes La vdSe y briQe avec son lendemain Au méme sein des ténèbres fécondes.

BEATRICE Le tiKundre pli de cette amour •In£%e la plus grande peine;

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APE SPIRITUALE O dio demone demiurgo o destino Il mio appetito come un'ape viva Scintilla e suona intorno al festino Di cui la tua grazia ha voluto che viva. Qui nell'oro la musa ha messo questo miele; Là nel vetro un fulgore scelto Freddamente sigilla la luce del cielo Algebra pura e ghiacciata ambrosia. D libero amore del bell'intelletto O difficile e troppo leggera ape Allo stesso filo s'incrocia e si smette, Urta la coppa e manca il cesto. Quel punto sonoro atomo purissimo Carico di folgore e follemente futile Forse che porterà la vita unica sul Più bel sogno e più inutile? Il diavolo in corpo è il rinculo di Dio La fiamma corre facendo la cenere pura Ogni sole è sdb un nulla radioso Che fa impallidire la sua aurora futura. Dove posarti peccJua dell'assoluto Istante sen^re da te staccato? Tutto dò che tocca è certamente eletto Indivisibile angoscia del poema. Amo l'errore che fila una lunga strada In una notte non avara di mondi Vi brilla la veglia oil suo domani Al seno stesso cWle tenebre feconde.

BEATRICE La minima piega di quest'amore I n f l i ^ la più grande pens^

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Un instant fait noircir un jour, Un soupir te tend incertaine. Te fait paraitre sans retour. Et tu me sefflbles si lointaine Quand au fond de cette fontdne Où se reflète mon amour Je ctois voir d'assez trista signes, Des ombres de soleils insignes. Et des reprises de tes yeux; Et la douce amère parole Par quoi se fané de mes cieux La parfaite et pure corolle.

LE PHILOSOPHE À peine m'eut-elle prédit Sans parler, mais par l'ceil immense, Magmfiquement la démence De mon désir approfondi Que mon extase se perdit Dans un sourire qui commence Td sur les mers l'or est semenc» De soleils tombés de midi. La splendeur à l'enfantiliage Touche par mille doigts dorés Gomme le dieu fait au feuillage; Trop de bonheia: que vous aurez Jeté du plus haut de votre àme Brise en l'étincelle la fiamme.

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Un istante offusca un giorno, Un sospiro ti rende incerta, Ti fa sembrare senza ritorno. E mi sembri così lontana Quando nel fondo di questa fontana Ove si riflette il mio amore Credo di scorgere già tristi segni. Ombre di soli insigni, E riprese dei tuoi occhi; E la dolce amara parola Per cui sfiorisce dei miei cieli La corolla pura perfetta.

IL FILOSOFO Come lei m'ebbe predetto Senza parlare, ma con l'occhio Immenso, magn^camente k demenza Del mio desiderio approfondito La mia estasi si perse In un sorriso dbtó comincia Cosi sui mari l'oro è semenza Di soU caduti di mezzodì. Lo splendore in fanciullaggine Vol^ per miOe diti dorati Come il dio fa al fogliame; Troppa felicità che avrete Gettato dal sommo dell'anima Rompe in scintilla la fiamma.

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À CHAQUE DOIGT À chaque doigt sotud la goutte Et tu trempes tes mains pour Mieux feindre sur qui t'écoute L'onde d'un premier amour Né limpide fiamme ou bulle D'azur qu'on croit étrai^er À tous les sus et sans nulle Épaule à boire ou manger Sans se pencher ton visage Ou l'autre qu'on dirait tei Vers ses soeurs du paysage Que le vacarme immortel Peur de la chèvre camuse Inonde dé Cornemuse.

T'ÉVANOUIR T'évanouir - aile ou voilure Par la brume bue au nadir Et plus s'^fume k brùlure Qu'est la mer pour y refroidir Ùn vertìge igné dont palpite La ronde o à a r d'onde et de pur Vent de ^ire où se prédpite Ton voi de dieveux au sd sur. P e : ^ au i^us délideux gouffre; Crise du soir mème - tu fiis ÀbottdamnKnt ceOe qiaì souffre Aux grisra ros^ de l'Infus Souiire - comme au vague on gHsse Où meurt k lèwehumide bélice.

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A OGNI DITO A ogni dito spunta la goccia E tu bagni le mani per Meglio fingere su chi t'ascolta L'onda di un primo amore Nato limpida fiamma o bolla D'azzurro che si crede estraneo a Tutti i saperi e senza alcuna Spalla per bere o mangiare Senza chinarsi il tuo volto O l'altro die si direbbe tale Verso le sorelle del paesaggio Che il baccano immortale Paura ddia capra camusa Inonda di cornamusa.

SVANIRTI Svanirti - ala o velatura Per la bruma bevuta d nadir E più s'affuaaai la brociaùtra Che è il mare per raffreddarvi Una vertigine ignea dì cui palpita Il pieno odore d'onda e di puro Vento di spira ove si precipita Il tuo volo di capelli ^ sale aspro. Pensa al più delizioso abisso; Crisi deUa seta stessa - tu Fosti abbondbntetnente qtKlla che soffre Alle grigie rose deU'Infuso Sorriso - come é vago si sUtta Ove muore il labbro umida elica.

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COELETTE NOCTURNE Écoute la nuit... Tout devient merveille: Le sUence éveiUe Une ombre de bruit... Une ombre de voix N'est-ce point la mienne Dont l'àme te vienne Si loin que je sois? Oh! ne doute point: C'est moi, c'est moì-mème, Le mérne qui t'aime Si proche de loin, Se parie de tei, Le drap sur la bouche, Biotti dans sa couche Et seul avec soi. Il n'y a plus rien Qu'une peine tendre Et le md d'attendre On ne sait quel bien. J'implore tout bas Dans la nuit obscure La claire figure Que tu ne vois pas; J'implore si fort, Tout est si tranquille, Qu'à travers la ville Où tout fait le mort Une ombre de voix Qui sera la mienne Dans l'Ime te vienne Si loin que je sois.

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ODICINA NOTTURNA Ascolta la notte... Tutto meraviglia: II silenzio sveglia Un'ombra di rumore... Un'ombra di voce Che sia la mia La cui anima ti giunga Per lontano che sia? Oh! non dubitare: Sono io, proprio io. Che ti ama così Vicino da lontano, Si parla di te, SuUa bocca il lenzuolo. Rannicchiato in letto E con sé solo. Solo c'è Una tenera pena E il male d'attendere Non si sa che bene. Sottovoce imploro Nella notte scura La chiara figura Che non vedi; Imploro così forte. Tutto è così tranquillo, Che per la città Dove tutto fa il morto Un'ombra di voce Che sarà la mia Nell'anima ti giunga Per lontano che sia.

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FRAGMENT ... les morts n'ont point de ces retours étranges Ils revietment peut-ètre en de faibles esprits; Mais le tien, mais le mien, jamais ne sont repris Que d'un vivant retour de leur soif de vendanges. Celle qui sait le goùt des choses que tu manges M'a retiré des mains leurs délices sans prix; J'ai vu s'évanouir comme il m'avait surpris Tout l'amour qui le cède au vain orgueil des anges. Le coeur n'est pas plus pur pour vieillir plus amer; L'un et l'autre chacun le regard sur la mer Voient le mème regret dans la diverse écume...

AMBROISE, AU JARDIN BOTANIQUB Ambroise, au Jardin Botanique Avec toi-mème a devisé... Alasi quel broyeur mécanique À nos moments pulvérisé! Sur cette tombe inoffensive (Il n'y avait personne dedans) Nous rìmes! - La rose gencive Éclatait encore de dents! Mais les Terrestres Novirritures Le citron, les choses à l'ail Les purges et les confitures Ont eu raison du bel émail. Finissons par la chose triste: Il me faut demain mercredi Ouvrir largement au dentiste Ma bouche qui l'avait prédìt. Le Temps est fait d'un tas de choses, C'est un Océan qu'on a bu!

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FRAMMENTO ... i morti non hanno di quei ritorni strani Ritornano forse in esili spiriti; Ma il tuo, ma il mio, mai non sono ripresi Se non da un acuto ritomo della loro sete di vendemmie. Quella che sa il gusto deEe cose che mangi Mi ha tolto di mano le loro delizie inestimabili; Io ho visto svanire come mi aveva sorpreso Tutto l'amore che la cede al vano orgoglio degli angeli. H cuore non è più puro per invecchiare più amaro; Tutti e due ognuno con lo sguardo sul mare Vedono un uguale rammarico nella diversa spuma...

AMBROISE, AL GIARDINO BOTANICO Ambroise, al Giardino Botanico Con te ha cbdacchierato... Quale tritatatc»e meccanico Ohimè! ora polverizzato! . Su questa tomba inoffensiva (Non c'era nessuno dentro) Ridemmo! - La rosea gen^va Corruscava aiKora di denti! Ma i Terrestri Nutrimenti Il limone, le cose ^'agUo Le purghe e le marmefiate Hanno avuto ragione del beilo smalto. Finiamo ccm la c(»a triste: Devo domani mercoledì Aprire I^gamente al dentista La bocca die l'aveva predetto. n Tempo è fatto di un sacco di cose, E un oceano che si è bevuto!

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De mille merdes et de roses Monte dans l'àme le rebut!

À GÈNES Odoriférantes Sentes où l'on sent Tarn d'herbes et cent Drogues différentes, Où, narine errante. Tu fends les encens Que cède aux passants L'ombre incohérente... Connais-tu ce coin? - Je n'aì pas besoin De pupille glauque! Ni bruit ni couleur Ne valent la rauque Friture en dbaleur.

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Di mille merde e di rose Sale nell'anima il rifiuto!

A GENOVA Odorificanti Piste ove si sentono Tante erbe e cento Droghe differenti, Ove, narice errante, Fendi gli incensi Che cede ai passanti L'ombra incoerente... Conosci il posto? - Non ho bisogno Di pupilla glauca! Né rumore né cobre Valgono la rauca Frittura sul fuoco.

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NOTE AI TESTI

AVVERTENZA - Le note che s^nonó si dividono in due parti. La prima comprende la descrizione delle edizioni fondònentali delle Poésies e delle singole raccolte di Valéry, con notizie sulla coiaposizione e l'uscita di ogni singola poesia, oltre ad appunti suUa genesi, la struttura e i IQOtlVi dèlie varie opere. La seconda (il Commento) è un quaderno di appunti sulla poesia e la poetica di Valéry. Singole parole o versi del testo (ivi evideroiati col segno > ) vengono qui richiamati in neretto, e preceduti da un numero, in margine sulla sinistra, che rimatKk «Ha pagina del testo cui ci si riferisce. H simbolo seguito dalla parola in corsivo rinvia alla trattazione specifica su quel termine. Tutte le volte che si sono citati scritti di Valéry ci si è serviti in parentesi delle seguenti abbreviaasioni: O d e II): CEuvtm, tomo I e II, Paris, Gallimard, collezione «La Plèiade», 1957-1962. C (I e il): Cahien, tomo I e II, Paris, Gallimard, collezione «La Pleiade», 1973-1974. Le traduzioni di tali citazioni sono del curatore, tranne per alcuni passi ricavati da Paul V a l ^ , Varietà, Milano, Rizzoli, 1971, a cura di Stefano Agosti. In questo caso è stata posta, in conclusione di citazione, la seguente sigla: (trad. S.A.). Il termine Commmto è solo indicativo. Le note ruotano intorno ad alcuni iradi di poetica contemporanea. La loro sequenza è per metà casuale, per metà guidata. Volendo vi si pu& intravedere anche un percorso. Spesso le medesime cose ritornano cambiate o rovesciate. Dedico questo lavoro a Sergio AntonieUi.

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POÉSIES Poésies de Paul Valéry, Éditiom de la Nouvelljs Revue Fran^aise, 1929, m. 210, 235 esemplari. Comprende: Album de vers anciens. La Jeune Fargue, Chames. Si tratta dell'edizione mommentak. Nel 1931 venne pubblicata una nuova edÌ2!Ìone delle Poésies, ancora presso la N.R.F., Librairie Gallimard, pp. 208, più volte ristampata negli anni successivi e sostanzialmente identica alla precedente. Nel 1942 appare una terza edizione delle Poésies, la cosiddetta edizione accresciuta comprendente: Album de vers andens, ha jeune Parque, Charmes, Pièces diverses, Cantate du Narcisse, Amphion, Sémiramis, Una nota dell'editore precisava: «Alcune brevi poesie di varie epoche e di forme alquanto diverse sono state messe in fondo a questa nuova edizione, che si è pensato di dover completare con i libretti di due melodrammi, Amphion e Sémiramis, e con quello delk Canùtte du Narcisse». Bisogna infine ricordare: il tomo C delle CEuvres de Paul Valéry (12 volumi, contrassegiMti dalla A alla L, pubblicati tra il 1931 e il 1950), apparso nel 1933, cheriproducel'ordinamento delle Poésks (ma «nza l'indlcazitHie di tale titolo generale); un'edisdone motmmentak delle Poésies; l'ediìtee del 1941, in 1150 esem^ari, che riproduce fedamente il testo del tomo C ddle CBswrés. Dopo la morte dell'autcKe le Poèta sono state raccdte lud voL I delle CEumes, Gallimard, Biblìoth^e de la Htìade, 1957. Nelbt coUana «Poésie» di Gallimard è uscito nel 1966 un vduoe compreadente: Album de vers anàem, Charmes, Amphion, Sémiramis, Cantate du Narcisse, Pièces diverse! de toute époqae. La sequemsà dei testi senoe l'oidinamento della 4dnéiade», tranne per la Cmtate du Narcisse, che è stata t^rtata, come ndle intenzioni di Valé^, da Mélange afle Poésies, sQj;uendo l'edizione del 1942. ALBUM DE VMIS ANCIENS

L'Attntm de vers muàem {1890-1900) fa pubblicato ùi 1150 esemplari nel 1920 con h seguente Nota deU'edìtùre: «Quasi tutte queste brevi poesie, — (o altre che esse suppongono, e che loro asscnn^lìaiio alquanto), — sono state pubblicate tra il 1890 e il 1893 in riviste la cui vicenck non si è protratts £bo ai nostri giorni, «"la Conque», «Le Centaure", "La Syrirà», "L'Ermitage", " U Piume",

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e altrerivistevollero accogliere aBora queste prove, che condussero alquanto rapiciamente ìl loro autore a un sincero e durevole allontanamento dalla poesia. «Vi scMio state smunte due cose incompiute, e abbandonate com'erano verso ranno 1899, più una p « ^ a di prosa die si riferisce di'arte poetica, e che non pretende ^ insegnare o dì proibire niente a nessuno.» UABmm 1920 comprendeva le s d e n t i poesie, numerate in cifre romane: I. La Fikuse, n . Hélètie, HI. Naissance de Véms, IV. Féerie, V. Baipiée, VI. Au bois domani, VII. ùboìsamicai, VHI. Vnfeudhtinct..., IX. Narcisse park, X. Episode, XI. Vue, XH. Valvm, X m , Bté, XIV. Anne, XV. Sémiramis e L'amateur de poèmes. Seguirono due nuove edizioni: nd 1926 (con ra^ùnta di Orphée, Féerie [variante], César, Profusion du soìr) e nel 1927 (senza Sémiramìs e con Féerie, [variante] divenuta Mème féerie). Nel 1929 YAUmm entrò a far parte della prima edizicme delle Poésìes assieme alla Jeune Farque e a Charmes, riacquistando Sémimmh. Nel 1931 (seconda edizione delle Poésies) incorporò Les vàines damettses, assumendo ìl suo aspetto definitivo. La maggior parte delle poesie deW Album era già apparsa su riviste ddia fine del secolo secondo tale successione: Naissance de Vénus: apparsa, sotto il titolo CeVeqià sort de l'ondet sul «Bulletin de l'Assodation générale des étudiants» Montpellier nel dicemlwe 1890; in seguito su «L'Ermitage», giugno 1891, e su «Le GesK!»> settembre 1897; Féerie: apparsa su «L'Ermitage», ctfeembre 1890; Orphée'. pubblicata in forma di prosa aBa fme di Paradoxe mr fmchU&^te, «L'Ermitage», marzo 1891; più tardi, in forma di sonetto, su «La Cohque», 1 maggio 1891; Marcisse park: ap^paraa su «La Conque», 1? marzo 1891; Les Vmxs Dameuses: apparsa su «La Ctmque», 1 luglio 1891; Hélèaei apparsa sotto il tìtolo Hélète, la reine triste... nel primo numero di «Chimère», scosto 1891; sacce»lvamente su «La Conque», 1 ottobre 1891; La Fikuse: apparsa su «La Conque», 1 settembre 1891; successivamente in «Entredens politiques et littéraites», novembre 1891, e su «La Wallonie», gennaio'febbrab 1892; Au bots dormnt appma. sotto il titolo La beUe au bois dormant su «La Conque», 1 noveinbte 1891; l^nsode: apt^tsa contmporaneaoKttte su «La Syrinx», gennaio 1892 e, con B titolo Fraffsent, su «La Conque», gennaio 1892; Le bois amkaU apparsa su «La Ccaiqùe», 1892 (senza ulteriore specificaadone); Bcùi^tée: apparsa ^ «La Syrìnx», a g ^ o 1892; Vue: aptHirsa, insieme a É^, su «Le Centaure», 1896; Vahim: apparsa in un Hommage a MaUarmé, 1897; Aitne: apparsa su «La Pluató», dicenaère 1900; L'amateur depo^s; apparsa in Aaéohffe des Poètes jranfais contempormm di G. Wdch, tomo IH, 1906. In Poèto d'aufo«td'hUf(lS80-15m), a cura di A. van Bever e P. Léautaud,

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1900, fuinnoristampate:Hélène, La teine triste, Narcisse park, Baigfiée, La Fileuse, Fnmeft, Valvins. Neila ÀMéolog^ der Poètes frangais contempomm iai^arvero, dltre L'iamateur de poèmes. La fikuse e Narcisse parie. Ciò die Vsdiéry itere vincere, pubblicando VABmm de vers anciem.h piéds a n ^ e la passione che aveva determinato quelle poesìe. Deve ridiite il simbolo a musica (O, I, p. 1272). Dietro il verso non c'è nulla. Vstóry può chiecfersi se non d sia trattato, per caso, di «om'iflusione spirituale», rispon^e per la prima volta nel 1917. Una seconda edizione, con aggiunta dell'epigrafe, fu pubblfeata nel 1921. Seguirono nuove edizioni nel 1925, nel 1926 e militi. Ripresa in tutte le edizioni delle Poésies a cominciare dalla prima (1929), fu ripubblicata separatamente nell'edizione di lusso (124 esemj^i) dd 1935, Nel 1936 usd, sempre per Gallimard, La Jeune Parque commentée par Alai». L'qpera nasce dallo strado per l'Album. Valéry vi arriva dopo veat'anni di silenzio formale. Dorante questo teffljM ha studiato psicolc^a, fisiok^a, matematica, si è occimato dì questioni di metodo. Ma non ha più volato scrivere. NeJ 1913 GMe lo ha ccmvinto a pubblicare i suoi «vecchi versi». Valéiy pensa a «mi nuomi poesia dì 30-40 versi da aggiungere, quasà «una sorta dì addk) a c ^ ^kxhi d^ladolescenza», al libro in preparazione. Sarà il sigillo alla suarinunciaaU» poesia: «Vent'anni senza scrivere versi, senza neppure tentare di scriverne, quasi senea leggerne!... Poi, questi ptoHemi si ripresentano; e si scopre che non à conosceva il proprio mestiere; che le brevi poesie che ri er^o scritte tanto tempo prima avevano eluso tutte k dìMcoltà,

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escluso quanto non sapevano esprimere, usato un linguaggio infantile». Ciò che si impone è una sfida. La jeune Parqm nasce da un'esigenza formale anteriore a qualsiasi a^omento. Deve essere anzitutto l ' a p p i di una forma che si chiama. Titoli provvisori: L'Aurore, Pandore, Alpha de la ìyre, doè il nuovo schiudersi alla poesia. Il soggetto è vago («H contenuto è senza importanza»). Lo si potrebbe ridurre così: la coscienza cosciente. Immaginate che ci si risvegli nel cuore della notte, e che tutta la vita si riviva, a sé si parli, ecc. Sensualità, ricordi, paesaggi, emozioni, sentimenti del corpo, profondità deUa memoria, luce, cieli anteriori rivisti; trama continua senza comindamenti né termini, come sulle rive del sonno; rotture, riprese, sorprese, ecc. Si tratta di un monologo. Pensata come un recitativo per musica. Modelli: Gluck e Wagner. È un canto prolungato, senza azione. Studiata come una frase sola, lunga, per voce di contralto. Vuole essere, in poesia, ciò che in musica è «la modulazione». Non si può che partire dal Linguaggio. Ma deve essere domato. Non si può accettarlo neUa sua forza d'orice. Valéry cerca anzitutto l'alessandrino. Vi applica un'idea acquatica del verso: il ritmo della reazione è a imm^ine della respirazione del mare. Hflussoe riflusso d ^ slanci della Jeune Fargue suggeriscono l'onda. Batte un distico contato sull'esattezza di tale passarlo. Il poema è concepito su un dqppio movimento. Fin dal titolo, in cui la prima deUe tre parche è immaginata adolescraite, un mito di morte è gettato in un corpo primaverile. Ombra e luce. Moira e Kore, Amore e Morte. Effetto-specchio del poema: cielo e mare siriflettonol'uno nell'altro, inscindibilmente uniti. Astri e mare: l'evocasànne d e ^ astri è sempre legata a una visiotK marina. Nottemagica: un astro penorte il d ^ , poi scompare. Niente è accaduto. Peidò l'opera deve essa» interpretata come un'autobiografia della fórma: «La FORMA cU quel cianto è un'autobiografia»; «Colui che saprà k^ermi, legrcrit un'autobiografia nelk &}rma». Si tratta di darsi dd limiti, delle tegole,^lle leggi: «Mi imponevo: la continuità dell'armonia, l'esattezza della sintassi, la determinazione precisa delle parole, una per ui» vagliate, pesate, volute». La poesia è appunto questo inchiodare il lett(»£ a un metro, una figura, un ritmo, una rima, ecc. Non c'è poesia senza catene. Cioè: regole classiche, le loro severe cinture, senza le quali si cade ndl'ariiitrio indewnte, nel capricdo. La forma non è im capricdo, ma un'iisritvuisicme ritrovau, una storiaricalcolata.Nessuna libertà: solo costrizkini, ostacoli, resistenze. Bisogna forzare le leggi, tenderle leggibili. La Jeune Ptvqtte è il pensiero del diamante, della poesia come un diamante: far ruotare uno stesso corpo intomo al suo asse; far percepite tutte le facce dello stesso cUamante. Ma la poesia deve poter fuggire. Si deve sapere die essa non c'è mai. Lo sforzo del poeta è eroico. Il suo modello non è Apollo né Dioniso, ma Ercole. Essa è un'opera della volontà. La Jeune Parque sarà soh un esercizio. Ma è and» un comando, un dovere. Vi entra, come um spada, la guerra. Vstóy scrive con il pensiero a Verdun. Poiché abbiamo pkduto la libertà ddlo spÈdtOj, dottiamo lavorare. Per chi? «Mi figuro un lavoro ^ tempo dd versi latini. Ci furono dei retori, allora, al tempo di Attila e di Gemaaco, die m^ricavano esametri in un angolo. Per chi? Per «>5a?» Vuole innidzare un pitxolo motiumento alla Lìngua di Francia; La Jetm Parque dovrà essere una piccola tomba senza data fatta ddle parole più pure e d^e forme jaò nobili; una danza funebre sulleriveminacciose dd grande oceano del Carabià. La guerra rha incisa profondamente. Fu scritta sub sigao Martis: «L'ho fatta nell'ansietà». H grosso dell'opera data tra il '15 e fl '16. Il v^to

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della guerra bàtteva: «Era dorante l'altra guerra, in piena angoscia. Mi sembrava di essere un monaco del V secofo che sa chc tutto è p«duto, dbe il convento sarà mcendiflto e ì barisari distruggeranno tutto. Nessui» vedrit la sua opera. Ma lui fa ciò die sa fare e continua, senza contare le ore, il suo paidente e minuzioso compito di box degli esametri quanto più corretti possibile». Esametri duri e tenebrosi. Il francese gli sembra una lingua morente, da considerare sub specie aetemìta^. Bisogna salvare lo spirito, ciò che si perde e di cui si alimenta. EtKHine fatica, più di cento redaàoni, ma i versi die venivano erano impossiyii, scrìcchicdavano come schietti. Per addolcirli, verso la fine, vi aggiunge 1 versi della primavera e i versi d'amore. All'inizio (1913) dovevano essere non più di quaranta. SÌ moltiplicarono per tredici: «Mi perdevo nei puzzles più intricati deBa prosodia». Deve lavorare per salvare lo spirito. Questo è il «Terra! Terrai» della sua poetica, k sua Amsrica. Benefìci della Jeune Pcaeque: tutte le osservazioni prese durante il lavoro; e pàriò la salute riacquistata: «Trovavo una soddisfazìoM quasi mimale nell'iÀitudfae di esercitare il mio spirito: poidié lo spirito è anche una sorta di b^tia, cte ha i suoi istinti, - che, forse, è capace questa mostruosità bgica: fabbricarsi del nuovo per abitudine!». Almeno venti volte abbandoaia, ma sempre ricomincia: «Mi esortavo». Dev« vincere rimmaginsoone de|^ aweoifflenti con un lavoro eroico, inutile, aspro, impossitóle. Oscurità del poemia: i versi non sono, cotaeùi Mallarmé, il prodotto nect^ sario di un metodo, ma l'effetto di un'Impotenza. Valéry kvora per passt^, per blocchi; «Non potevo fa» dì più». Divisione dell'opera secondo Akin (ma trattimdosi di im «poema del fluido» si tratterà cU movim^ti («tdosi e non di partì}: «L'ùiquietudioe nutrita di sé (1-15); l'enigma dd corpo e il mccso dd serpente (28-49); il risve^o dell'orgogBo (50-96); l'epica pass^ata (102-148); Porgono sfianato (148-202); la superba faimavera (222-257); il rifiuto d'amore (258-279); le lacrime (280-324); l'aut(»a, la doppia aurora (325-360); ritomo d'orgo^o nel vuoto (361-380); MellUKolia, o canto funebre (381-424); invenzione sul sonno e il sogno (425-464); pieno risveglio (secondo risveglio) (465-512)». Scritti dì Valé^ sulla Jeune Parque: Souvenir (in Uéhtt^)\ ULémoins poète (in VariéM)-, Entretìem avec Paul Valéry, le lettere (in particolare qu a A. Deckel, 1917) rijwrtate in O, I, pp. 1621-38, da cui sono tratte le citazioni sopra riportate. CHÀSMES

Cbarmes ou Poèmes par Paul Valéry apparve nel 1922 (Éditìons de la N(MI» velie Revue Fran^aise) . Nel 1920, per le stesse edizioni, erano uscite Odes: Aurore, La Pythie, Palme. Ma tutte le poesie di Charmes erano già apparse, con varianti rispetto al volume, in riviste, secondo tale ordine: Aurore: «Mercure de France», 16 ottobre 1917; Vinsimant «Les Écrits Nouveaux», giugno 1918; Au piatane: «Les Trois Roses», agosto-settembre 1918; «La Nouvelle Revue Fran^aise», 1 germaio 1921; Le rameur. «Mercure de France», 1 dicembre 1918; La Pythie: «Les Écrits Nouveaux», febbraio 1919;

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Cantique dei eolonnes'. «Littérature», marzo 1919; «La Plèiade», Librarne de Frani», 1921; Palme: «La NouvtìBé Revue Frangaise», 1 giupo 1919; L'ahriìk-. «La Nouvelle Revue Fran^aise», 1 dicembre 1919; Ode seerète: «Littérature», febbraio 1920; Les pemdes-, «Rythme et Synthèse», maggio 1920; Le Gmetière mmn-, «La Nouvelle Revue Fran^aise», 1 giugno 1920; Im dormeuse: «L'Àmour^de l'Art», giugno 1920; Air de Sémirat?tis\ «Les Écrits Nouveaux», luglio 1920; htérieur. «l« Vìe», 1 marzo 1921; l a fattsse morte: «(Ìeil de Bceuf», aprile 1921; Éhauebe d'un serpenk «La Nouvelle Revue Fran^aise», 1 luglio 1921; in piaquette^ eoa il titolo Le serpent, Éd. de la Nouvelle Revue Fran9aise, 1922 Poéùe-. «Revue de France», 15 lu^o 1921; Les pas: «Feuillets d'Art», novembre 1921; Le sy^he: «Intentions», gennaio 1922; Le via perdu: «Les Feuilles libres», febbraio 1922. La cemture: «Lèi Écrits Nouveaux», 3 marzo 1922.

Inoltre, parti dei tre Fraffnents du Marcisse (ma essi si costituirono in un uniKo o^sanismo solo con le edizioni di Cbam& 1926; ndl'edizione '22 c*è solo un frapnent d» Narcisse, cfr. più avanti) erano apparse sa «La Revue de Paris», 15 settembre 1919; «Le Divan», nwg^ 1922; «La Nouvdle ReviM Franfàise», 1 màggio 1922. Nel 1926fl|>par9erodue nuove edizioni: Charmes, finito di starni^ U 10 febbraio, e Chames (nouvelle édition reme), finito di stampare in dk^mbre. Rispetto all'edizione del '22, in quella del '26 (entrambe «BEoraN.R.F.) Valéry modificò la disposizione dei testi e l'impiego dei caratteri nella titcdUone il» indice, secotwo tàk ordine: 1922: Vaèeilk Au piatane Aurore Le cantìqm des colomes La ceinttire Le Cimeti^ mariti Dormeuse La fausse morte Les ffemdes L'iminmnt Intérieut Fra^etìt du Narcàse Ode seerète LaPythie Les pas Poésie Aà de Sémiramis Le vm peri» y syìpbe Ebtmche d'wi Krpent Le rmeur Palme

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1 9 2 6 : AURORE

Au ttUtane Air de Séiniraniis Caatique des coloxmes PRAGMHFRE DU NAKOSSE

L'abeiUe Poésie Lés pM Ha ceintute La dormeuse LAPYTHIE

Le sylf^ L'insinuant La fausse morte ÉBAUCHE D'XJN SERPAW

Les grenades Le vin perdu Intérieur

L E CIMETIÈRE MAKIN

Ode secrète Le raoieur PAI-MB

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Le due edizioni 1926 accolgono, per la prima volta, i Fra^entì iu Narcim nelle loro tre parti definitive. Ma la storia ded Nareisse è agitatissima. Essa si comporrà, alla fine, di tre grandi blocchi: Nàrcàse paA ÌJUbum), Fraffnents du Nakisse {Chamteé, Cantate du farcisse. Questi testi conosceranno moltissime rìelaborazioni, diverse stesure (e perciò varianti), frequenti rimescolamenti interni, molte edizioni. Fra queste: Natàsse, Maestricht, 1926, edizione per amatori (comprende: le due versioni del priSK) Namsse, e doè Nardsse park; i tre Fra^fnetOs d e ^ Chames)-, Études pour Nareisse, Éditions des C ^ e r s libres, 1927 (identico iKlla strut> timi al precedt^te); Nardsse, edizione imitata a otto esemplari, tqiografia di Màutice Dtorantière, 1926; Fmpaents du Namsse, Société des Amia du Livre Moderne, 1947. InfiiK, nel 1956, è stata pubbEcata (fuori commercio) un'edizione di lusso con^mdente: Nafcàse; Nareisse parìe; Fra^rmU du Namsse; Cantate d» Narcase. Tqx^irafìa di Maurice Darantière, presentazione di Henri Mondor. Nel 1928 u«±t>no, presso Gallimard, Chames - Poèmes del Emi Valéry commeutk par Alain, con prefazione di Valéry. L'ordinaaHmto è lo stesso del 1926. Con là prima ediadone delle Poèta (1929), Charmes ao^uista il suo aspetto definitivo: perde Air de Sénirama, che passa aSi'Album; i Fra&aents du Narcòse sono i^x>$tati dopo La dormeuse; i titoli, neD'indice, sonoriportatisenza diffetendazic^ dì caratteie e s e » » divisioni in gtu^i (ma tale impostazipne tfemei^etì neU'edi^one 1938). L'^ìzione 1941 ag^un^ l'epigrafe iniziale De£e danno gli dei come le circostanze / Si raduna tu quest'Album di frammenti dei miei giorni. / A seconda (fett'ota, ingenuo, assurdo, amabile, strano, / Schiavo d'una mosca o padrone d'una legge, / Uno spìrito non è altro che questo miscuglio / Dal quale, a ogni istante, si districa l'IO». Al centro v'è dunque l'io, questa prodigiosa e orrenda «ugnatela, puro punto spaidak, che geometrizza le angosciose uscite dai ntdk della nera notte. O piante, aém, r^iélitìm raycmmnte,.., Je suis Pécume..., Au soleil, Ilya cmquanteam... appart»i^tH) atma sezione intitolata ?oésie brute, e doè versi non ancora ^[rrasati, a uno stato quasi larvale. Per Valéry non c'è mai una fine del conqporre: la fine è dettata da occasioni esteme, esigenze editoriali, colpi di maiK) (come per la ]eHm Varqué^, ecc. Ma Voésk brute si trova a uno stadio più lontano, pre-fotmale. Si tratta di pensieri, emozioni (neppure abbozzi, perché ì'ablxàzo, Yèbamheà'mxipem^ts&tsiL^Wì, è già una strada, già una versione) aBo stato poro, non ancora plaìlari, o r b a t i in un metro fisso, chiuso, rigorosamente provato. Il metro £^cese insomma, glorioso, insostituibile ai suoi 0 0 ^ Sarebbe dbnque io^rqEttio dire versi Uberi: a rigoi-e non si tratta a n c ^ di versi, di poesia, ma di lii^parole-suoni che attendono il loro verso, uù ritmo prefissato. Ntfige, Sinistre, CoUoque, La distmte passarotK), iwl 1942, nella sezione Pièces d^verses delle Poéies. CoUogm Qiaur dsux fMtes) era già apparso n «Nouvelle Revue Fran^aise^, giugno 1959, con Ù titolo CoSoqtie (Pièce ancienne, composée pour ém mise en muàqué) e la data 1920. Petites choses: Au-^ùus d'un jwrtrait era già stato pubblicato da Franz Rauhut (Paul Valéry, Geist und Myéos, Mundhen, 1950); À Juan Ramon Ji-

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menez era apparso in Hommage des écrivains étrangers à Paul Valéry, Maestricht, 1927, in risposta a 6 rosas con sikncio di Jimenez. II da «MON FAUST» (ÉBAUCHES)

Étides pour Mon Faust» apparve nel 1941. Fu ripubblicato nel 1944 con il titolo Ébauches de «Mon Faust». Il titolo definitivo apparve nell'edizione Gallimard del 1945. «Mon Faust» (Ébauches) comprende una premessa {Au lecteur de benne fot et de mamaise volonté); i primi tre atti di Lust (in prosa), il primo atto di Le Solitaire e ì'Intermède delle Fate (questi ultimi in prosa e versi). Frammenti del quarto atto di Lust sono stati pubblicati per la prima volta in Cahiers Paul Valéry, 2, «Mes ThéStres», Paris, Gallimard, 1977. L'opera fu scritta nell'estate 1940. Il 23 maggio, di fronte all'avanzata del l'esercito tedesco, Valéry si era rifugiato a Dinard. Angosce, sentimento di fine di una civiltà. Europa che perisce, ecc. In luglio Vméry apprese con sol lievo che i figli e il genero si erano ritrovati sani e salvi a Clermont-Ferrand «Con il cuore sgravato da un peso d'angoscia e molto tempo libero da riempi' re, mi sono messo allora a improvvisare - senza motivo, senza un progetto, né alcuiKhé di preconcetto, un dialogo tra un Faust e un Mefistofele - dialoo semiserio, un po' strampalato nefla forma, serissimo nel contenuto» (Co. kn Paul VaUry, 2, «Mes Thédtres», op. cit., p, 89). Nel giro di due mesi Valéry compone i primi tre atti di Lust, il primo del Solitaire e l'Inferme^. Ritornato a Parig» il 21 settembre, progetta il quarto atto etuavano i s c ^ [...] Sottili analogie uniscono l'ùxe^ e furtiva e^ficaziCHae d » suoni aQ'aite solida mediante k quale forme Ìmmì^nane »>no immobilizzate al sole, nel porfido. L'eroe, àa dieTeaUzzì ottave o prospettive, concepii aldi fuori del mondo... L'arcbtetto compottè la sua oceazione ori^ìiale come un'alta sinfom - indipendente d«Jle ^parenze, astratta dalla realtà ìmmedyùata, staccata

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dal Passato, dalla realtà fenomenica e dai legami della sua memoria materiale almeao quanto E ^ ^ Boe Io è stato in quegU strani poetai in cui tutto di qpiesta vita è obliato! - Cosi, si manifesterà l'indicibile corrispondoiza, Tintiina iiifinità occorre d i s c ^ o e , sotto veli abituali e mensx^eri, tra due incamaziom d^'arte, tra h facciata reale di Reims e una p a ^ a cidi Téntthaw ser, tra l'antica magnificenza d'un gran tempio eroico e un supremo andante brudwte di fiamme gloriose!... «Un bosco tessalico, Orfeo, sotto i mirti; e la sera antica disoinde. Il bosco sacro siriempiefentainente^ luce, e il dio tiene la lira tra le sue dita d'argentò. H dio canta, e, secondo il ritmo onnipotente, s'innalzano al sole le favolose pietre, e lo si vede edificare, verso l'aasurro incandescente, le mura d'oro armoniose d'un santuario. «Ctuata! sedato sulk riva del cido splendido, Orfeo! La sm opet^ à riveste d'un vespeto trofeo, e la sua lira divina incanta i pc»fidi, p e n ^ il tempio eretto da questo piasicista unisc» la sicur«!za dei ritmi antidri all'anima immensa del pandc inno sulla lira!» (O, n, pp. 1402-6). La t r i ^ e ^ si volge in scasnità per la sapienza delk costruzioné. potenza dcQo sguardo non è poxlitafflàritrovàOKnto.Le ombre del '91 sono om> bre «tetizzanri. Si perderanno. Resta la vcèsntà di una voce dw «lifica. Sul dólore? la EtipaMos (1921) Socrate afferma: «Simili a Orfeo noi «)sttuiamo, per messza d ^ pamla, templi di sì^iezza e di sdenza die possono bastare a ogni Creatura rs^lionevc^ (G, II, p. 113). Per il centenario di Goethe (1932) Valéry aveva detto: «Si dice: GOE' THE, come si dice: ORFEO, - e Ìl suo nome subito iasione, partorisce allo spirito una Figura prodi^osa, - un mostro di comprensioffle e di fonsa creatrice, - un mostro di v ì ^ t à , mostro di mobilità, nKwtEo serenità» (O, I, p. 534). E nei Caitm: «Orfeo. Voce. L'operazione che consiste nel trarre dal mio dolore un canto magnifico. - Questo dolore stupido ha cradotto il mio seoso a degli estremi d'angosda e di tenebre e di furia impotente: ma poidié noa vi ho cufflorato, poiché sonorisalitodagli inferi per potervi ridiscendete, hio imparato, almeno, la ccmtìouità di questa catena di tormenti, di sperao» e di catastrofi, e come dò è alto si congiunga a ciò che è basso» (C, II, p. 422). Orfeo-Aoficme è un mito dvilizzante. Essi uniscono musica e ardùtettura, fondano l'Arte suDa potenza del numero (-*Nombres d'or). Per Valéry non c'è conflitto tra Arte e Civiltà. L'arte è edificazione chiara, e poggia su lai ordine. Gncde a Osfeo-Anfìcme l'uomo è salvato dal dolore, restituito die sue st^o^ confortevoli, u suoi caffè. Si può conoscere solo facendo tacere il uumdo. Si tratta di non dimorare nelle tenebre, di trasformauce la salita tra Ade e Luce in un «aggioripercorribilea piacere. L'oml»a resta? Ma Qrf«»Ànfione non sono altxo c^e una rappresentazione dell'umverso, il quale «d fa wdcxe dtte grimdì cose, anzitutto che cambia e si trasforma incelantemente, e subito dopo che dura e si conserva, e siripetee si craofermii. Esso è duaque MiBica e Ardùtettura» (C, II, p. 944). Questa unità di musàca e ardùtettura è soprattutto, per V a l ^ , un ideale di poesia. Ma la ccmtamiaasdone del mito tocchoA anche ~*Narcisse, che nella Cantate (1938) morirà come Orfeo: straziato dalfe Ninfe come Orfeo dalle Baccanti Mm Faust (1940) speszerà ogni fiduda di canto e costruitone. Nd Sopire si dice die l'on&ie è sdo una figura dd desiderio: «I percorsi di qud pic-

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coli fuochi generano l'idea di un ordine. Ma la figura di queste traiettorie è l'atto di qudcono che nota i loro elementi, e li elabora, e che còstruisce una fotìna mediante posisdoni che si escludono. L'astro non può essere qui e là; ma k %ura lo fa vedere in ogni punto del suo moto». La dispùasàofle di Valéty 1940 annienta o ^ possibilità di canto. Né purezza, né rigore, né virtù di lira! Le corde definiscono solo un destino di nulla. n numero si fonda su un vuoto. La clarté si vanifica nelle «opache ripetizioni» del firmamento. (p. 66)

Vngue

Fine del secolo: intorno alla poesia spira un'aria di vaghezza. Vaga è l'atmosfera, e vaghe sono le parole, cioè indefinite, illimitate. Anche Valéry ne corti^gia per un po' il delicatissimo suono (che, in francese, coincide con il nome ddl'onda). Vof^ è sposo della musica. La musica deve essere vaga, ecc. Dopo il '92, Valéry si applica a demolire tutto ciò che vi si richiama, risonanze, ecM, evanescenze. Rinnovamento significa escludere tutte le parole indefinite, sppoggiatsi unicamente su ciò cfe è preciso e costante. «AHont (1890) i poeti davano a tutti gli oggetti significazioni infinite, che supj^eyano una metafisica nascosta. Si servivano di un delizioso materiale ambialo. Popolavano i loro parchi incantati e le loro selve evanescenti con una fauna tutta ideale. Ogni cosa era allusione; niente si limitava a essere; tutto pensavìs, in quei reami ornati di specchi; o, quanto meno, tutto sembrava pMisaie...» (O, I, p. 1272). «Parole Indetenninate - Quelle che permettono di scrivere dò che non si potrebbe pensare. «Giocano un ruolo storico enorme. «Dio. Universo. Infinito. Causa. Spdto. Amma. «Semantica della metafisica» (C, I, p. 449). «Per tutto quel tempo (1892-1912) mi ero proibito di impiegate parole cui non potessi attribuire un senso finito - cosciente - Mai servirsi di cfi> che trova nella penombra del linguaggio risonanze, raccordi indistinti. «La parola anima proscritta» (C, I, p. 114). «n pericolo delle nozioni: spirito ^ pensiero, anima ecc. risiede nell'illimitato che esse introducono - e sono introdotte precisamente per servirsi di questo illimitato» (C, I, p. 498). -*Mot. -*Pbilosophe. «Ho provato e alimentato a partire dal 1892 un odio e un disprezzo per le Cose Vaghe, e ho fatto loro una guerra spietata dentro di me per tutta la vita» (C, I, p. 217). La loro esistenza si riduce al nome che le designa; non sopportano attenzione; svaniscono appena le si pensa; slittano in qualcos'altro. Sono le Cose Vaghe che costituiscono e fondano la sensibilità generale. Bisogna lottare contro gli effetti'di risonanza. Abolire le atmosfere, le suggestioni. Ma non bbogna confotidere musica con musicale. La poesia è uno spazio compiuto di rapporti esatti, misurati da intervalli e pause. Essa è musica in quanto definizione precisa di rapporti tra i suoi elementi. Musicale è una canzonetta^ cioè un vogare sentimento. La poesia non è fascinosa, ma incantatoria. Non deve

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lusingare, ma incantare, incatenare l'orecchio a un nodo indissolubile di suoni e sensi. Bisogna abolire ciò che è accattivante, costruire dò che è semplicemente potente. La poesia non sarà più vaga, ma esatta, come il movimento di un pendolo. La sua oscillazione sarà opera di un calcolo e non di un'esitazione. (p. 6S)

Hasfltd

19H : «Il caso non è altro che la pluralità dei ruoli che ogni cosa può giocare, riguardo a noi» (C, I, p. 504). 1916: «CASO - 1 opposto a » La caratteristica delle cose reali è di appartenere a un'infinità di sistemi simultanei... Il caso non è che una conseguenza di tale appartenenza multipla, quando urta contro il pensiero che ogni volta è soltanto un sistema» (C, I, p. 551). • 1918: «Non si può guardare fissamente il Caso» (C, I, p. 1318). 1922: «II caso, cioè la molteplicità delle valenze dell'uomo e delle cose» (C, I, p. 573). 1922: «Ciò che il caso modifica è la nostra attesa. [...] Allora si produce la pertvirbazione e l'oscillazione Sorpresa» (C, I, p. 582). 1937: «Il caso "è un effetto di luce, che illumina una mattonella ira le altre di un pavimento» (C, I, p. 700). 1937: «Non ci sono spiegazioni. Ogni opera di storia che non si compia nel tema del caos, del caso, è assurda» (C, II, p. 1496). (p. 72)

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Bewrté

«LA poesìa {Hunassiana è vissuta e perita con una certa facilità, effetto della sua dìfScoItà ^parente. Essa ha definito troppo e$attàme&te il "bel verso"... Tutte k volte che il bello diventa così determinato, diventa facile; e le negligente acquistano pregio. La grazia che è la bellezza informulata, l'amore ispirato da vm oggetto che piace senza spiegarsi, setiosa motivo, - U grazia sembra dSora posarsi su quanto resta d'informe, sull'assem» d'arte» (C, II, p. 1073). «H beJto non è tiassumibile» (C, II, p. 1384). «Questo modo, sorprendente a pensarci, che hanno i giorni c£[finirecon uno sfavÓIio, ima creazione e sovrabbondanza di luci scomp(»te, di figure imniense, che cad dall'oro aUa cenere per gradi sensibilissimi; morendo come eroi e dei, subito dopo ilpià beìh, e come se la loro morte fosse la cons^uenza naturale, facile e necessaria di una legge secondo la quale non può esserci nulla dopo il piti é>elh» (C, II, P- 1293). «Ogni opera di bellezza è cosa chiusa. Raggio muto» (C, II, p. 952) . (p. 74)

Nuàtse

«Il violinista, con l'orcccWo appoggiato al legno, mentre ccoiduce il.suo sa:chetto aoKUoso, fa uiia sola cosa con lo strumento e il suono. Lo strumento

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i legno si perde, si obKa, tra suono e uomo si afferma uno scambio diretto. È un ciclo cbàiso, im egt^brio tra forze elargite e sensazioni ricevute. rkeve 1 suoi atti nel proprio orecchio. E questo ciclo ha un senso - desiderio e orecchio. Questo vìoluiista è Narciso» (C, II, p. 1008). «D Narciso, Il conflitto del ricordo, del nome, delle abitudini, delle tendenze, detta forma specchiata, dell'essere fissato, definito, inscritto - della storia, àApartkokre - «>n il centro universale, la capacità di cambiamento, la giovinezza etana dell'o^fio, il Proteo, l'essere che non può essere incatenato, il movimento rotante, la funzionerinascente,l'io che non può essere interamente nuovo e andie mulriplo - a più esistenze - a più dimensioni - a più storie - . H hipo mannaro. L'angelo e la bestia ecc. Eccoli guardarsi con gli stessi occhi, ftiire per amarsi» (C, E, pp. 284-85). Isfaidso è, per Valéry, una figura dell'ispirazione, cioè della relazione fra 10 e canto, te tempo e parola. Di metamoiiosi? No, perché Valéry organizza i sucri versi in amtà spazi definiti, isole, strofe, soste giustapposte. Ne abolisce la ctmtinukà. Ne salva l'evidenza. Che cosa desidera? Una forma. Ma «niente resiste al suo doppio» (O, I, p. 333). Che cosa vede? La morte di ogiai Sgura. Ma blocca Narciso sul punto di perire, mutarsi, pcxdem. Narciso è la finirà ddUo strazk>, del canto devastato. Per quale ngione? Valéry non può dbbandonaisi dia [»«ola; sente nell'espansione dd suo moto una ouseria sotterrarla, fusa, c^Mica. Ogni canto è interrotto. Questo è anche il j^enso delle avanguardie, dw i ^ o n o dall'interruzione per gjcttificame reventó. Il s mente ua mmuf^i andie il naojtale è retorizzwile. È invece imdkràbile pretendere die un veaiso vaiga prezzato per i suoi r e q ^ d fomcdt, qmmdo in esso ftatnme^pano ATO hid. V a l ^ si troverebbe così IKI essete più pascaliano di Pascal, come aveva già CKitato Drteu in un appunto re> an-

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che se voi siete convinto di esser rimasto fedele alla lezione di Poe: poesiacalcob. E poi il calcolo non è quel che si crede. Un inglese mi confessava: "Sono diventato un grande matematfco soltanto perché ero poeta"» (Drieu la R che si^erisce, insomma, un'esplorazione di tutto quel dominio della sensibilità è go^nato dal linguaggb» (O, I, pp. 1477-58). In tal senso la poesìa puìa non è mai reàfizz^ik. Le poesie sono sempre spurie, impure, inferiori: «La parte pratica o prtutnatica Itt^s^gio, le abitudini e le forme logiche e, come ho già detto, il disordiiie, l'irraziotialità d»e si incontrano nel vocabolario (a causa delle ptovenienze infmitan^te varie, delle epoche diversissime in cui gli elementi del l i i ^ a j ^ si sono introdotti), rendono impossibile l'esistenza di queste creazioni di poesia assoluta; ma è facile imma^are che la nozione di un tale stato ideale o imm^imuio è preziosissima per apprezzare ogni poesia osservabile. La ccmcezìoné di poesìa pura è quella di nn genere inaccessibfle, di un limite ideale dei desideri, degli sforzi e delle potenze d e l ^ t a . . . » (O, I, p. 1463). Due reazioni. Bachelard individua la malafede di una poesia che si annmcia non voluta, e distingue la poesia pura come poesia cherivuole,cioè vuole doppiamente: «Il dibattito sulk poesia pura dovrebbe essere ripreso mettendovi all'origine il problema della i^sia voluta, cioè di una poesia che informa direttamente la volontà, che si presenta come un'espressione necessaria della volontà. Dobbiamo giudicare la poesia pura non nel suo risultato, ma nel suo slancio, al momento in cui essa è volontà poetica. Senza dubbio, le poesie di dolcezza e diripososono le più numerose, ma le si caratterizza male prendendole come vacanze del volere, come una rimmda al volere. Guardando meglio vi si scoprirà l'azione sorda di una volontà che vuole la dolcezza. Contemplazione e volontà $0no antitetiche solo nelle forme generali. La volontà di contemplazione si manifesta nelle grandi anime poetiche. Così, , si è detto che l'opera poetica di Paul Valéry portava il segno di un pernierò ripensato-, ma sarebbe più giusto dure di un pensiero voluto e rivoluto, E se ne

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avranno le prove ristabilendo il primato del vocale suU'auditivo, l^endo, per esetnpio, le due prioie stn^^ del Cimetìère ifuiftn. Le c dure che vi si accu mulaiio sono fenomeni d«àk volontà, e più precisamente fenomeni della volontà di aJma. Essi sono ancora più ^Hi da volere chè da dite. Voluti e rivoluti. In essi, la vdbntà vuole il sub poema, volontà tmana della calma. In un universo poetico che si limitasse ai valori auditivi, si determinerebbero dei movimenti tro|^ angolari. NeU'universo poetico veramente iniziale, nell'universo vocale, essi si presentano come cause del soffio, cause in cui s'affermano insieme la potenza e la calma. Collocati in ogAi verso con giusti spazi, essi dinamizzano la declamazione pura. Ne fissano il volume con una sorprendente misura, una misura dbe dispiega una vera quantità di materia poetica. Qui sono superate le l e ^ della scansione. Qui sono trovate le leggi della parola. Queste due strofe costituiscono uno dei più luminosi esempi di una "massa di calma" chiusa nella vocalità dei versi» (G. Bachelard, op. cU., pp. 278-80). Per GomÌHowicz p o ^ puraè assenza di mondo, assenza di deb, di nobiltà autentica; sventro di l»ndierine, trionfo del fatuo: «Perché dunque mi annoia e mi stanca qudl'estratto farmaceutico chiamato "poesia pura", specie se presentato sotto forma di versi? Perché non sopporto questo canto monotono, eternamente subiitné, perché il ritmo e la rima mi adcbrmentano, perché ti linguaggio deipoetì sembra il linguaggio meno interessante tra tutti qudli esistenti, perché questa Bellezza è così priva di fascino, e perché non conosco niente ^ peggio come stile, niente di più ridicolo del modo come i poeti ^ l a n o di sée della loro poe^?... Che fortuna che coloro che discorrono dell'arte con il fare altezzoso di Valéry, non si abbassino a simiU confronti. Chi si a,wicinA da questa parte alla nostra messa estetica, potrà scoprire facilmente che si tratta del t e ^ di mwi presunta maturità, la quale è invece il covo della più inunatura umfuiità, dbve cenano S bluff, k nustifìcazù^, lo snobismo, la falsità e k stoltezza. Sarebbe un'ottima ginnastica per il twstro rìgido modo di pensare immaginai di tanto in tanto il sommo I^td Valéry nelle vesti dd sacerdote «Wk Imrnatarità, del prete scalzo in calzt^dni corti t...] «Malgrédo dè, le mie esperienze mi lunno riikto molto corag^, e con più disinvoltura ^ cercato k ris|x>sta al dil^nma: perché non gusto k poesia pmra? Come mai? Non è forse la stessaragioiffipst cui non mi piace lo zucchero «db stato puro? Lo zucchero serve p e ad^ldre una twza di caffè, ma non conviene mai^iarlo a cucchiaini, dal putto, come pastina. L'eccesso stììnca nelk poesk pura; l'ecrésso dcÉa poesk, l'eccesso delle parole poetiche, l'eccesso ddle metafore, l'eccesso adk suyimazÌQne, in^e, l'eccesso ddOa cotid^azbne e deHa póriHc^doné da o ^ demento antipoetico - il che rende ìe poesie simili a |ffodotti chimid» (W. Gombrowicz, Diario i m - i m , Mikt», FèlttitdH, 1970, pp. 328-31). n verso di Valéry in^ca una tragec^ ogni opera deH'uomo è edificata nel vuoto, ftiva detta sua fonda^mxne cmturale, kndata in spazi non suoi, k poesk è deserta. Inaut(aitka? ]Q suo utnco senso consiste nd gesto di essere stata gettata. Ma per Valéry tutto cÌ6 si Iqga d k corsa di Europa verso la sua

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(p. 148)

Fnqpnents da Natdsse

«Ma Narciso si cetca in sé, e non ama che questoriflessodei suoi mìnimi pensieri. Monologo, II proprio delle passioni, dbe sono d e ^ amori rivoltantisi in sé, è di intrattenersi sde. D teattoèpieno di mondo^, e anche nel dialogo vi è monologo, per la diffidenza e l'odio, sempre uniti ad amore. Monologo di teatro. Si ammira qui il verso traggo, nelk sua pofida poetesse; e non è affatto caso o fantasia. Bisc^nerebbe capire perd^ questa cadenza unita, questo susseguirsi senza urto, questo fìnto naturale convellono al pericobso dialogo e alla faka confidenza. Non è veto che le mortali passioni a esprimono con gradi. Ma piuttosto biscia dire che le passioni ed nutrono di s«àltrezza e di diffidenza applicata. Radne ha creato (piesto verso pieno di veleni, ma così ben ripiegato e padroneggiato-, ma piuttosto si tratta di uno scambio di temibili politesses. Si dovjàripeterleparecchie volte prima di intenderle. Non si penserà mai di averle intesefinoin fondo. PortaiK) il dramma, ma per l'avvenire. Il dramma di Corneìlle scoppia dentro la parola stessa; in Radne no. «Questi bei versi entrano solo nella memoria; vi dcMnnono; vi si sveglieranno. Questo prezioso linguaio è trinco, ma in spaanza, come diril Stendhal. Valéry Io ritrova qui, dav»itì a questa immagine adorata, la più inaccessibile, la più scaltra possibile. Poiché mulete saltantó l'acqua, non c'è più dramma. Donde questa attenzione immobfle, qiest» attesa, questa precauzione, questo silemdo dd vaso» (ÀUn, op. eit., pp. 78^0). «Cur altquìd vidi?» è un verso di Ovidio (fristia, U, 105). (p. 1S2Ì

Édbo

Eco e Narciso: nel mito classico indissolubilmente legati (cfr. Ovidio, che è la fonte di Valénr, Metamorfosi, III). E tali restano anche in Valéry, da Narcisse park (v. 29: «Et je crie aux échos les noms des dieux obscurs!...)>) ai Vrapttents, alla Cantate du Narcisse (scena IV), dove Eco prolunga il nome di Narciso,ripetendolo.Eco è larivelazionedeUa sua doppia potenza: «Narciso va dunque alla fontana segreta, in fondo ai boschi. Solo là sente di essere naturalmente due; tende le braccia, affonda le mani verso la propria immagine, parla alla propria voce. Eco non è una ninfa lontana. Vive nel fondo della fontana. Eco è incessantemente con Narciso. E lui. Ha la sue voce. Ha il suo viso. Egli non la sente fa un alto grido. La sente già in un murmure, come il murmure della sua voce seducente, della sua voce che seduce. Innanzi alle acque, Narciso ha larivelasdonedèlia propria identità e dualità, la rivelazione delle proprie doppie potenze virifi e femminili, larivelazionesoprattutto della propria realtà e ideaKtà» (G. BadWard, L'eau et ìes réves, Paris, 1942, p. 34). Alain nota che il distico dei Fra&tmts è già in sé eco, cioè raddoppiamento: «Che cos'è krinw? cos'è quest'Eco? Non mi allontano affatto da questi versi, poiché lo specdib dei suoni, l'eco, raddoppia b specchio dell'acqua» (Alain, 0p. cil, p. 86), (p. i m

PyAie

H m (la sacerdotessa di Apdb a Delfi) è la caricatura dell'ispirazione romantica. Valéry coiulanna Tonda, la creazione sgorgante. L'arte è il prodotto

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di uno sforzo regolato, di una disciplina. Chi scrive non deve abbandonarsi ma resistere. Occorre cHffidrae di una vtótà mn richiesta. Per Valéry pcrfe2done è k