Linee del sistema sovrannazionale romano, I 8834816609, 9788834816608 [PDF]


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Table of contents :
LINEE DEL SISTEMA SOVRANNAZIONALE ROMANO I......Page 1
I N D I C E......Page 5
PREMESSA GENERALE......Page 13
1. Il problema storico del sistema sovrannazionale romano......Page 15
2. Necessità di una esatta interpretazione di Cicerone, De off. 3, 108......Page 16
3. Validità dello ius fetiale......Page 20
4. Natura dello ius fetiale......Page 42
1. I rapporti fra Romani e stranieri (singoli e comunità) secondo la concezione " mommseniana "......Page 64
A. Assenza di diritti degli " stranieri " salvo che nel caso di trattati......Page 65
B. Diritti dei Latini indipendentemente da trattati e salvo contrarie disposizioni......Page 68
C. Il nomen Latinum come originaria " comunità naturale di diritto "......Page 71
2. Necessità di adeguazione dei concetti moderni e ordine della trattazione......Page 74
3. Precisazione terminologica a proposito di " trattati ", " accordi " e indutiae......Page 75
A. Richiamo ai principii dello ius fetiale......Page 78
B. Altri argomenti per la compartecipazione degli stranieri allo ius......Page 79
C. Ipotesi circa i negozi ed il loro fondamento, circa la tutela giuridica, circa la designazione della sfera di ius cui partecipavano gli stranieri. Necessità del capovolgimento della corrente impostazione dei problemi......Page 91
D. Conferme tratte dalle impostazioni dogmatiche e storiche dell'età imperiale......Page 98
A. Ius civile......Page 102
B. L'espressione ius Quiritium ha l'unico significato fondamentale di status civitatis......Page 103
C. L'espressione ius Quiritium serve a definire negativamente la sfera di ius cui sono partecipi gli stranieri. Origine storica......Page 105
A. Contenuto del conubium......Page 109
B. Fondamento del conubium......Page 110
C. Antichità dell'uso del termine conubium ad indicare questa sfera esclusiva dei cittadini......Page 116
A. al contenuto del commercium......Page 119
B. al fondamento del commercium......Page 122
A. Concetti che individuano nello ius una sfera, " privatistica " e " patrimoniale ", esclusiva dei cittadini : in particolare lo ius mancipii nexique......Page 124
B. Significati di commercium e antichità del significato tecnico. Motivi politici ed economici dell' " esclusivismo " e superamento di essi......Page 128
C. Le deroghe alla esclusione sono fondate, anche per i popoli della regione laziale, su un atto della civitas......Page 137
1. Sponsio, nomen transscripticium, usuoapio, patria potestas, consortium ercto non cito......Page 140
2. Ius suffragii, accesso alle cariche pubbliche, partecipazione a colonie, legis actiones......Page 145
1. La testimonianza di Esiodo, Theog. 1011 sgg. e il valore etnologico del nome comune......Page 148
2. Età del nome Latini secondo gli autori antichi. Etimologia di Latini secondo antichi e moderni. Il nome Latini (nell'accezione corrente) è alquanto anteriore al VI secolo; è preceduto dal nome Latii e successivo allo stanziamento in territorio laziale. Latium ha dapprima significato non territoriale......Page 150
3. Significato del nome Latini secondo gli autori antichi. Le tradizioni di Alba e di Lavinio e i prisci Latini. Il significato originario di Latini è quello che avrà poi Latinienses......Page 155
4. Significato di Latini fra il VII e il VI secolo. Le vicende delle " federazioni " nella regione laziale......Page 164
a) gli autori antichi......Page 165
b) l'originario significato ristretto del nome Latini......Page 174
a) gli autori antichi......Page 175
b) l'estensione del significato del nome Latini, il significato non territoriale di Latium......Page 178
c) fondamento, struttura e funzione della federazione dell'aqua Ferentina (rinvio)......Page 179
a) i tentativi egemonici dei signori etruschi di Roma e il culto di Diana Aventinense; la federazione non paritaria e il rinnovamento del culto di Iuppiter Latiaris......Page 180
b) la resistenza latina e la federazione di Diana Aricina......Page 186
c) vicende di federazioni parziali ed accezione " etnica " del nome Latini......Page 189
A. Quanto all'inesistenza di una originaria " unità politica " dei popoli poi chiamati Latini......Page 191
a) i dati tradizionali circa comunanze religioso-giuridiche e culturali, di varia provenienza e formazione storica, nella regione laziale......Page 194
b) la vicenda del nome Latini......Page 198
c) il significato delle espressioni prisci Latini, veteres Latini......Page 199
1. Sfere di ius fondate sulla mera esistenza di singoli e popoli stranieri; hospitium; amicitia; sfere facenti capo a centri giuridico-religiosi (" federazioni ")......Page 203
A. Federazioni e colonizzazioni (cenni sul ver sacrum)......Page 206
B. Le caratteristiche del foedus (nel senso più antico) sono formali, onde......Page 208
a) non essendo il foedus definibile come " atto internazionale ", può aver regolato rapporti fra populi (o reges) anche in epoca precittadina (richiamo al foedus fra patrizi e plebei)......Page 211
b) all'interno delle federazioni era possibile la " autotutela " (a proposito delle indutiae durante le feriae Latinae)......Page 213
c) all'interno delle federazioni erano possibili foedera particolari......Page 218
d) era possibile che la stessa comunità appartenesse a più d'una federazione......Page 219
e) è superato il problema se Roma si trovasse " entro " o " accanto " alla " lega latina "......Page 220
C. Erroneità della tesi del fondamento " naturale " del nomen Latinum......Page 222
b) praetores......Page 223
c) sacerdotes......Page 226
B. Altre federazioni......Page 227
4. Funzioni......Page 228
A. La tesi del fondamento " naturale " del nomen Latinum; l'argomentazione mommseniana da cui deriva la comune traduzione di nomen con " Stamm ", " race "......Page 229
a) l'uso di nomen per indicare " unità politiche " per le quali la comunanza di stirpe, lingua e religione non è differenza specifica......Page 231
b) la definizione ciceroniana di " gruppo etnico "; i significati di gens e di natio e l'assenza di riferimento " genetico " nell'etimo di nomen......Page 233
c) il concetto espresso dai Romani nell'uso tecnico di nomen per indicare " unità politiche " aventi come differenza specifica la comunanza di stirpe, lingua, religione: valore religioso e volontarietà del nome......Page 238
C. L'uso di nome nelle Tavole di Gubbio......Page 240
D. Il mex etrusco......Page 242
E. L'uso di nâma nel Rigveda......Page 243
F. Incidenza della concezione " naturalistica " della nazione, propria del pensiero tedesco, sulla storiografia......Page 245
G. Nomen e unità politica (richiamo ai principi dell'etnologia)......Page 246
6. Conclusioni: foeder a, " unità politica " e " gruppo etnico " nel sistema giuridico-religioso romano; reciproca azione delle realtà giuridico- religiose ed etniche......Page 249
2. Latium antiquum e Latium adiectum; valore religioso dei fiumi......Page 254
3. Influenza etnisca sulla formazione del concetto territoriale. Nesso fra persone e territorio nella concezione dei gruppi etnici......Page 256
4. Motivi politici della formazione del concetto territoriale. Estensione del Latium, formazione ed estensione dell'Italia: identità di direttiva politica......Page 259
1. Rapporti fra Roma e i popoli del Lazio dalla battaglia di Aricia al foedus Latinum......Page 261
3. Contenuto del foedus Latinum: l'abbreviazione tradotta in Dionisio d'Alicarnasso; tentativi di integrazione......Page 263
A. Il valore della lista dei federati contro Roma riportata da Dionisio d'Alicarnasso......Page 270
B. Il problema della partecipazione di popoli non " latini " e dell'assenza di popoli " latini " (in senso etnico)......Page 273
a) Ardea......Page 274
b) Circei e Terracina......Page 275
e) Velletri, Cori, Norba, Sezze, Satrico......Page 276
d) Preneste e Tivoli......Page 278
f) Falerii e Capena......Page 281
A. Le opinioni della dottrina......Page 283
B. Gaio 1, 79......Page 284
a) Ager Romanus......Page 286
b) Ager Gabinus......Page 288
c) Ager peregrinus......Page 289
d) Ager hosticus e ager incertus......Page 292
D. L'esclusione degli stranieri da certe cerimonie religiose: Paolo, Fest. epit. 82; Tab. Iguv. VI, 53 sgg.......Page 294
E. La terminologia di Livio e della lex agraria del 111 a. C.......Page 295
2. I Latini sono foederati. Critica dell'opposta opinione mommseniana......Page 296
3. I Latini sono socii: giustapposizione dei due termini; uso di " socii " in senso comprensivo dei Latini; uso di " Latini " per indicare i socii d'Italia......Page 297
RIFLESSIONE CONCLUSIVA......Page 302
ADDENDA......Page 304
L. ACCIUS......Page 308
M. TULLIUS CICERO......Page 309
L. CINCIUS......Page 310
DIONYSIUS HALICARNASSENSIS 3, 65 sg.......Page 311
SEXTUS POMPEIUS FESTUS 242, Priscae Latinae coloniae......Page 312
HERODOTUS......Page 313
M. IUNIANUS IUSTINUS......Page 314
TITUS LIVIUS 1, 51, 9......Page 315
TITUS LIVIUS 7, 36, 5......Page 316
TITUS LIVIUS 37, 2, 5......Page 317
AURELIUS OPILLUS......Page 318
PLUTARCHUS Coriolanus......Page 319
MAURUS SERVIUS HONORATUS......Page 320
M. TERENTIUS VARRO......Page 321
ERRATA......Page 324
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Linee del sistema sovrannazionale romano, I  
 8834816609, 9788834816608 [PDF]

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Zitiervorschau

UNIVERSITÀ

MEMORIE

DI

TORINO

DELL'ISTITUTO

GIURIDICO

SERIE II

MEMORIA CXIX

PIERANGELO

LINEE

DEL

CATALANO

SISTEMA

SOVRANNAZIONALE ROMANO I

G.

GIAPPICHELLI



EDITORE

— T O R I MO

PROPRIETÀ

LETTERARIA

RISERVATA

A

Stabilimento

Poligrafico

Editoriale

(S. P.E.)

di Carlo Fanton - Torino • 1965

AI MIEI GENITORI

INDICE

PREMESSA

GENERALE

1. Il problema storico del sistema sovrannazionale romano

. pag.

3

2. Necessità di una esatta interpretazione di Cicerone, De off. 3, 108

3. V a l i d i t à d e l l o ius fetiale Le componenti soggettive della storiografia dell'Ottocento e la tesi " mommseniana " dell'inesistenza di rapporti giuri­ dici fra i popoli in assenza di trattati e di una particolare comunanza etnica : la concezione della guerra come " stato naturale dell'uomo ", la " scuola, storica ", la società inter­ nazionale come fenomeno contrattuale, l'evoluzionismo . Riesame delle fonti relative al bellum iustum) i fetiales nella comunità culturale italica Gli atti giuridico-religiosi riguardanti uomini, Dei e luoghi stranieri (in particolare: sponsio, evocatio, exauguratio), e il valore essenziale dell'imperium populi Romani . . Lo ius fetiale regolava i rapporti con t u t t i i popoli stra­ nieri; continuità nelle concezioni romane (Livio 5, 27, 6) . 4. N a t u r a d e l l o ius fetiale La natura dei " contatti " fra popolo romano e popoli stra­ nieri e i moderni concetti di " religione " e " diritto ", " di­ ritto statuale " e " diritto internazionale " Superamento dei concetti moderni grazie alle fonti romane. Gli stranieri come s o g g e t t i entro il sistema giuridico religioso romano (indictio belli, sponsio, evocatio, tra­ sformazione di ager Romanus in ager peregrinus) ; " per­ meabilità " della " zona religiosa " La concezione dello ius commune Il sistema giuridico - religioso romano, virtualmente univer­ sale, matrice del " diritto internazionale ". Interpretazione di un rilievo dell'arco di Traiano (a Benevento) e di altre fonti relative alla universalità del sistema. Superamento dell'attuale concetto di " diritto "

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43

PARTE

PRIMA

PREMESSA

1. I rapporti fra Romani e stranieri (singoli e comunità) se­ condo la concezione " mommseniana " pag. 51 Sviluppi critici nell'attuale dottrina: A) Assenza di diritti degli " stranieri " salvo che nel caso di trattati B) Diritti dei Latini indipendentemente da trattati e salvo contrarie disposizioni C) Il nomen Latinum come originaria " comunità naturale di diritto "

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58

2. Necessità di adeguazione dei concetti moderni e ordine del­ la trattazione

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61

3. Precisazione terminologica a proposito di " trattati ", " ac­ cordi " e indutiae

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62

CAPITOLO

PRIMO

GLI HOSTES COME SOGGETTI DELLO IUS E L'AMBITO DELLO IUS ESCLUSIVO DEI QUIRITES I. Ius, " hostes " (peregrini). A) Richiamo ai principii dello ius fetiale pag. B) Altri argomenti per la compartecipazione degli stranieri allo ius: a proposito di Tab. III, 5 e VI, 4; dei trattati con Cartagine; di Festo, 314 Status dies. Critica degli ar­ gomenti addotti per l'assenza di diritti degli stranieri : in particolare a proposito di Paolo, Fest, epit., 78 Extrarium; della fictio civitatis di cui in Gaio 4, 37; di Cice­ rone, Pro Caec. 33,96 » C) Ipotesi circa i negozi ed il loro fondamento, circa la tutela giuridica, circa la designazione della sfera di ius cui partecipavano gli stranieri. Necessità del capovolgi­ mento della corrente impostazione dei problemi . . . » D) Conferme tratte dalle impostazioni dogmatiche e stori­ che dell'età imperiale . • »

65

66

78 85

— XI —

II. " ex iure Quiritium ". A) Ius civile pag. 89 B) L'espressione ius Quiritium. ha l'unico significato fonda­ mentale di status civitatis » 90 C) L'espressione ius Quiritium serve a definire negativa­ mente la sfera di ius cui sono partecipi gli stranieri. Origine storica » 92 III. Conubium. A) C o n t e n u t o d e l conubium: le precisazioni del concetto nella dottrina moderna pag. 96 5) F o n d a m e n t o d e l conubium. La posizione dei plebei; quella dei Latini e degli altri stranieri. Le dero­ ghe al principio endogamico sono fondate, anche per i popoli della regione laziale, su un atto della civitas (esempi di foedera) » 97 C) Antichità dell'uso del termine conubium ad indicare que­ sta sfera esclusiva dei cittadini » 103 IV. Commercium. 1. Le opinioni della dottrina moderna riguardo: A) al contenuto del commercium pag. 106 B) al fondamento del commercium (si scorge un diverso fondamento per i Latini e per gli " stranieri ") . . . » 109 2. Ricostruzione : A) Concetti che individuano nello ius una sfera, " priva­ tistica " e " patrimoniale ", esclusiva dei cittadini : in particolare lo ius mancipii nexique B) Significati di commercium e antichità del significato tec­ nico. Motivi politici ed economici dell' " esclusivismo " e superamento di essi C) Le deroghe alla esclusione sono fondate, anche per i popoli della regione laziale, su un atto della civitas . .

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115

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124

V. Altre sfere giuridiche esclusive dei cittadini. 1. Sponsio, nomen transscripticium, usucapio, patria pot estas, consortium ercto non cito pag. 127 2. Ius suffraga, accesso alle cariche pubbliche, partecipazione a colonie, legis actiones

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132

XII

CAPITOLO

LATINI,

SECONDO

L A T I U M ,

I. Le più antiche vicende del nome Latini biente giuridico-religio so.

e il loro am­

1. La testimonianza di Esiodo, Theog. 1011 sgg. e il valore etnologico del nome comune pag. 135 2. Età del nome Latini secondo gli autori antichi. Etimologia di Latini secondo antichi e moderni. Il nome Latini (nel­ l'accezione corrente) è alquanto anteriore al VI secolo; è preceduto dal nome Latii e successivo allo stanziamento in territorio laziale. Latium ha dapprima significato non ter­ ritoriale

»

137

3. Significato del nome Latini secondo gli autori antichi. Le tradizioni di Alba e di Lavinio e i prisci Latini. Il signifi­ cato originario di Latini è quello che avrà poi Latinienses

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142

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151

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152

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162

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167

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178

4. Significato di Latini fra il VII e il VI secolo. Le vicende delle " federazioni " nella regione laziale A) Il periodo della pluralità di centri giuridico-religiosi e delle " egemonie " di Alba e Lavinio : a) gli autori anti­ chi; b) l'originario significato ristretto del nome Latini) e) i motivi politici della posizione data ad Alba fra i Latini dalla tradizione B) Il periodo del centro dell'aqua Ferentina: a) gli autori antichi; b) l'estensione del significato del nome Latini, il significato non territoriale di Latium; e) fondamento, struttura e funzione della federazione deìì'aqua Ferentina (rinvio) C) Il periodo dell'espansione etrusca e della rottura dell'uni­ tà latina: a) i tentativi egemonici dei signori etruschi di Roma e il culto di Diana Aventinense; la federazione non paritaria e il rinnovamento del culto di Iuppiter Latiaris; b) la resistenza latina e la federazione di Diana Aricina; e) vicende di federazioni parziali ed accezione " etnica " del nome Latini 5. Confronto dei "fatti linguistici" e dei "fatti archeologici" con i dati della tradizione: A) Quanto all'inesistenza di una originaria "unità politica" dei popoli poi chiamati Latini .

— XIII —

B) Quanto alla progressiva formazione storica del " gruppo etnico " comprendente tali popoli : a) i dati tradizionali circa comunanze religioso-giuridiche e culturali, di varia provenienza e formazione storica, nella regione laziale; b) la vicenda del nome Latini; e) il significato delle espressioni prisci Latini, veteres Latini pag. 181

IL Rapporti giuridico-religiosi fra Roma e i populi del Lazio fino alle lotte per il f o edus Latinum. Il n o m e n Latinum. 1. Sfere di ius fondate sulla mera esistenza di singoli e popoli stranieri; hospitium; amicitia; sfere facenti capo a centri giuridico-religiosi (" federazioni ")

»

190

.

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193

B) Le caratteristiche del foedus (nel senso più antico) sono formali, onde: a) non essendo il foedus definibile come " atto internazionale ", può aver regolato rapporti fra populi (o reges) anche in epoca precittadina (richiamo al foedus fra patrizi e plebei); b) all'interno delle federa­ zioni era possibile la " autotutela " (a proposito delle indutiae durante le feriae Latinae); e) all'interno delle federazioni erano possibili foedera particolari; d) era possibile che la stessa comunità appartenesse a più d'una federazione; e) è superato il problema se Roma si trovasse " entro " o " accanto " alla " lega latina " . .

»

195

C) Erroneità della tesi del fondamento " naturale " del nomen Latinum . . . . .

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209

A) La federazione del lucus Ferentinae: a) concilium procerum e concilium populorum Latinorum; b) praetor es; e) sacerdotes; d) rapporti fra i populi; conubium, com­ mercium

»

210

B) Altre federazioni .

»

214

4. F u n z i o n i

»

215

5. Nomen Latinum. A) La tesi del fondamento " naturale " del nomen Latinum; l'argomentazione mommseniana da cui deriva la comune traduzione di nomen con " Stamm ", " race " . . .

»

216

2. F o n d a m e n t o

delle

federazioni.

A) Federazioni e colonizzazioni (cenni sul ver sacrum)

3. S t r u t t u r a .

B) Critica e ricostruzione in base alle fonti latine: a) l'uso di nomen per indicare " unità politiche " per le quali la comunanza di stirpe, lingua e religione non è differen­ za specifica; b) la definizione ciceroniana di " gruppo etnico "; i significati di gens e di natio e l'assenza di riferimento " genetico " nell'etimo di nomen ; c) il con- ' cetto espresso dai Romani nell'uso tecnico di nomen per indicare " unità politiche " aventi come differenza speci­ fica la comunanza di stirpe, lingua, religione: valore religioso e volontarietà del nome pag. 218 C) L'uso di nome nelle Tavole di Gubbio .

»

227

D) Il mex etrusco

»

229

E) L'uso di nâma nel Rigveda

»

230

F) Incidenza della concezione " naturalistica " della nazio­ ne, propria del pensiero tedesco, sulla storiografia . .

»

232

G) Nomen e unità politica (richiamo ai principi dell'et­ nologia)

»

233

6. C o n c l u s i o n i : f o e d e r a, " unità politica " e " gruppo etnico " nel sistema giuridico-religioso romano ; reciproca azione delle realtà giuridico-religiose ed etniche . . . .

»

235

. . .

III. Il concetto giuridico di Latium

come

territorio.

1. Richiamo al concetto non territoriale di Latium 2. Latium dei

antiquum

e Latium

adiectum; fiumi

. pag. 241

valore religioso »

241

3. Influenza etnisca sulla formazione del concetto territoriale. Nesso fra persone e territorio nella concezione dei gruppi etnici

»

243

4. Motivi politici della formazione del concetto territoriale. Estensione del Latium, formazione ed estensione dell'Italia: identità di direttiva politica . . . .

»

246

IV. 77 foedus

Latinum.

1. Rapporti fra Roma e i popoli del Lazio dalla battaglia di Aricia al foedus Latinum 2. Data del foedus Latinum

.

3. Contenuto del foedus Latinum: l'abbreviazione tradotta in Dionisio d'Alicarnasso ; tentativi di integrazione . . . »

pag. 248 » 250 250



XV



4. Le parti contraenti: A) Il valore della lista dei federati contro Roma riportata da Dionisio d'Alicarnasso pag. 257 B) Il problema della partecipazione di popoli non " latini " e dell'assenza di popoli " latini " (in senso etnico) : a) Ardea; b) Circei e Terracina; e) Velletri, Cori, Norba, Sezze, Satrico; d) Preneste e Tivoli; e) Fidene; f) Falerii e Capena » 260 V. Latini

e peregrini

(h o s t e s), f o e d e r a t i,

La costruzione mommseniana e l'uso di peregrinus foederatus, socius

socii. (hostis),

1. I Latini sono peregrini: • A) Le opinioni della dottrina . B) Gaio 1, 79 C) Varrone, De ling. Lat. 5, 33: a) ager Romanus; b) ager Gabinus; e) ager peregrinus; d) ager hosticus e ager incertus D) L'esclusione degli stranieri da certe cerimonie religiose: Paolo, Fest. epit. 82; Tab. Iguv. VI, 53 sgg E) La terminologia di Livio e della lex agraria del 111 a. C.

pag. 270 » »

270 271

»

273

» »

281 282

2. I Latini sono foederati. Critica dell'opposta opinione momm­ seniana

»

283

3. I Latini sono socii: giustapposizione dei due termini; uso di " socii " in senso comprensivo dei Latini; uso di " Latini " per indicare i socii d'Italia .

»

284

RIFLESSIONE CONCLUSIVA .

»

289

ADDENDA

»

291

.

INDICE DELLE FONTI

295

PREMESSA GENERALE

1 — P. CATALANO - Linee del sistema sovrannazionale romano - i.

« Sainte institution (sc. le collège des Féciaux) s'il en fut jamais, et qui fait honte aux Chrétiens, à qui un Dieu venu au monde pour pacifier toute chose n'a pu inspirer la charité et la paix ! » (BOSSUET, Discours sur l'histoire universelle, III, vi).

1. — La ricostruzione del sistema sovrannazionale romano esige, nell'approfondimento dei dati particolari delle fonti con­ dotto in costante rapporto con la visione generale, una ferma con­ sapevolezza del compito di superamento del presente, proprio dello storico : la difficoltà, nota, di una certa mancanza di appro­ fondimento del tema da parte della dottrina, è aggravata dall'inci­ denza delle ideologie e dei concetti moderni (qui più pesante per la costante attualità del problema dei rapporti fra i gruppi etnici e fra le unità politiche). Si vedrà come (e in quali limiti) siano utili i concetti di " sistema " e " sovrannazionale ", per afferrare il dato storico. Ricostruire questo sistema giuridico-religioso è ricostruire la concezione che i Romani ebbero dei rapporti fra gli uomini, anche al di sopra della natio e della civitas cui appartengano. L'esigenza di superamento del presente pone qui in maggior rilievo quella di « reciproca illuminazione » del particolare e del generale : per­ ciò ho preferito intraprendere lo studio considerando non in par­ ticolare i concetti di hostes, peregrini, amici, socii, foederati, quel­ li di indutiae, hospitium, amicitia, societas, foedus, e i vari foedera (temi dibattuti dalla dottrina già con risultati ampiamente utilizzabili), bensì in generale il mondo ideologico in cui quei concetti e quelle realtà si collocano. Tale è il senso di questa premessa : ho qui voluto utilizzare quanto del materiale, che da alcuni anni vado raccogliendo per una monografia sul complesso degli istituti di ius fetiale, mi è

— 4 —

sembrato più immediatamente utile a un chiarimento di quel mondo ideologico (*). In questa ricerca di « reciproca illuminazione » del particolare e del generale è utile una riflessione sulla frase del Bossuet ripor­ tata sopra. Lo studio del mondo ideologico dello ius fetiale, ed in particolare il superamento di moderne categorie che per esso è stato necessario, mi hanno radicato nel convincimento che nella moderna " civiltà occidentale " si ha, per questa parte, una deviazione dalle direttrici morali romane, e poi cristiane. 2. — Nel libro III del De officiis, trattando di come utile ed onesto siano inseparabili, Cicerone ha un'espressione compen­ diosa che mi pare rifletta la più antica concezione romana delle norme regolanti i rapporti fra i popoli. Il passo assume, rispetto ad altri dati che le fonti ci forniscono a questo proposito, quasi il valore di formulazione chiarificante e conclusiva di uno svol­ gimento storico. Cicerone, De off. 3, 108 : « Regulus vero non debuit condiciones pactionesque bellicas et hostiles perturbare periurio. Cum iusto enim et legitimo hoste res gerebatur, adversus quem et totwn ius fetiale et multa sunt iura communia. Quod ni ita esset, numquam claros viros senatus vinctos hostibus dedidisset ». Il De officiis, pubblicato postumo, è « uno dei trattati più romani » (*) ed in particolare è originalmente romano il terzo libro, in cui Cicerone vuol completare, nullis adminiculis, sed Marte suo (v. De off. 3, 34), l'opera di Panezio che gli è stata di

0 ) Cfr. P. BOYANCÉ, Les méthodes de l'histoire littéraire. Cicéron et son oeuvre philosophique in Revue des études latines, 14 (1936) p. 308 (v. pp. 288-309, contro gli abusi della "ricerca delle fonti" greche).

(*) Ho qui utilizzato anche il materiale raccolto dalle schede originali del Thesaurus linguae latinae relative a fetialis, -is; fetialis, -e; patro (circa il pater patratus). La voce clarigatio (Thes. linguae latinae, III, e. 1267) contiene tutto il materiale delle schede ad essa relative. Nel corso del lavoro ho più volte, per vari altri termini, condotto la ricerca attraverso le schede del Thesaurus: vedi infra, p. 96; 106; 135; 216; 273; 284.

— 5 — modello per i primi due libri (2). E questo intento è perseguito facendo richiamo ad esempi della storia e del diritto dei Romani (particolarmente ibid., 50 sgg. numerosi esempi giuridici) (3). In 3, 69 Cicerone ha posto in risalto che parte dello ius della civitas è vigente esclusivamente in essa : « maiores aliud ius gentium, aliud ius civile esse voluerunt; quod civile, non idem continuo gentium, quod autem gentium, idem civile esse débet » (4) ; in 3, 108, in una frase di sapore indubbiamente tecnico (5), affer­ ma che l'intero ius fetiale ( 6 ), cioè un complesso di norme " giu-

(2) Vedi ad es. P. KLOHE, De Ciceronis librorum de officiis fontibus (Diss. Gryphis Waldiae 1889), p. 36 sgg. Con ciò non nego certo che Cice­ rone abbia qui lavorato su basi greche (vedi M. VALENTE, L'éthique stoïcienne chez Cicéron, Paris 1956, p. 27 sgg.) e in particolare su un "memorandum" di Atenodoro Calvo (v. Ad Att. 16,11,5; cfr. M. POHLENZ, Cicero de officiis HI, in Nachrichten von der Gesellschaft d. Wiss. zu Göttingen, Phil.-hist. Klasse, N. F. 1, 1934, pp. 1-39); circa quanto interessa qui del passo sulla famosa causa Reguli (di cui il Pohlenz tratta in op. cit., p. 29 sgg.; 35) vedi però le osservazioni da me svolte infra. (3) Su cui cfr. ad es. G. VON BESELER, De iure civili Tullio duce / — s e c o l o : cioè la considerazione della comunità dei Latini come " comunita^naturale di diritto " (36). Quanto alla tutela processuale, riteneva il Mommsen che « Prozessgemeinschaft b e s t e h t . . . zwischen Römern und Latinern gegenüber den Peregrinen insofern, als, nachdem in Rom ein doppeltes Civilgericht, eines für die Bürger und ein anderes für die Peregrinen bestand, die Prozesse zwischen Römern und Latinern und zwischen zwei Latinern, so weit sie in Rom zur Verhandlung kamen, wahrscheinlich vor das Bürgergericht ge­ hörten >>(37); ed il Weiss ha sostenuto che i Latini fossero legit­ timati alle legis actiones che non erano prodotte dalla legisla­ zione bensì « auf dem Urgründe des gemeinen latinischen Rechts entstanden » (38) (39). Ma qui la dottrina appare generalmente contraria (40).

(36) Opinione contraria a quella dominante esprime I'HUVELIN {Études cit., p. 13), ma portando ancora oltre il presupposto dell'" ostilità naturale " : ritenendo cioè che tale stato si avesse con tutti i popoli vicini, e che quindi trattati fossero necessari per avere rapporti giuridici anche con i Latini. È interessante una breve osservazione di P. FRACCARO, L'organizzazione politica dell'Italia romana (1933) ora in Opuscula, I (Pavia 1956) p. 105: « nel secolo XIX, il secolo delle risurrezioni nazionali, gli storici, ed il Mommsen alla testa, furono tratti ad esaltare il fatto della comunanza di nazionalità fra Roma e il Lazio e a ritenere antichissimi e derivati da questa originaria comunanza nazionale elementi del ius Latii più antico, c h e . . . si spiegano meglio come sorti più tardi, in altro ambiente, nei rapporti con le colonie latine costituite da ex Romani »; cfr. ibid. p. 113. Questo studioso giunge però a negare l'esistenza di una antica « lega politica» (op. cit., p. 104; cfr. infra p. 201 n. 34); vuole abbassare la cro­ nologia non solo del e. d. ius migrandi (v. infra p. 256 n. 37) ma anche di altri « elementi del ius Latii» (anche se non precisa il suo pensiero); soprattutto egli non tiene conto della differenza fra la concezione volon­ taristica e quella naturalistica della nazione (v. infra p. 232 ; 236; 240). (37) MOMMSEN, Rom.

Staatsrecht

cit., III, 1, p. 632; cfr. 602 sgg.

( = Droit public cit., VI, 2, p. 255; cfr. 220 sgg.). ( 38 ) E. WEISS, Studien zu den römischen Rechtsquellen, Leipzig 1914, p. 12; cfr. 9 sgg.; 46 sgg.; vedi ora SAUTEL, Essai cit., p. 75 sgg. (39) Affermava la legittimazione dei Latini alle legis actiones anche J. ORTOLAN, Législation romaine, III (Paris 1883), p. 475 n. 1 : ma come basata su di una concessione. (40) Contra v. per tutti G. PUGLIESE, Il processo civile romano, I. Le

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C. È interessante riportare le ìormulazioni di alcuni stu­ diosi. Il Sautel parla di « communauté naturelle de droit » (41). Ma simile formulazione è avanzata dal Coli, il quale respinge espressamente (42) la tesi dell'inesistenza di un diritto interna­ zionale in età romana; questo studioso pone un'antitesi fra « unione di Stati a base nazionale (nomina) » e « unione di Stati a base contrattuale » (43) e, affermato in generale che « le leghe del periodo storico hanno origine contrattuale, cioè da trattati, le leghe della preistoria derivano naturalmente dall'appartenenza al medesimo ceppo etnico » C44), ritiene che la Lega latina, « sorta come naturalis societas fra Alba e le sue trenta colonie, fu ben presto regolata e modificata da joedera, che sovrapposero il vincolo contrattuale al vincolo di sangue, e subì smembramenti e secessioni » (45) (46). Il Paradisi, che rifiuta la tesi della ostilità naturale (47), ritiene errata l'opinione della natura federale dello " stato et­ nico " (48) : « il nomen Latinum ci si presenta sempre come una compagine preformata, il cui vincolo è fondato su elementi che, come la comunità della stirpe e del culto, non derivano da tratlegis actiones (Roma 1962), p. 233 sgg. L'opinione del WEISS è seguita dal SAUTEL, Essai cit., p. 75 sg.

(41) SAUTEL, Essai cit., p. 79; circa il pensiero di questo studioso cfr. supra, p. 52. ( 42 ) U. COLI, Sommario del corso libero sul diritto internazionale ro­ mano, anno accademico 1937-38, Firenze 1938, p. 3; 5 sg.; 11. ( 43 ) Sommario cit., p. 9; cfr. Sul parallelismo del diritto pubblico e del diritto privato nel periodo arcaico di Roma in SDHI, 4 (1938), p. 73 sgg. (ove si pone l'equazione : familia : gens = civitas : nomen). ( 44 ) U. COLI, Stati-città e unioni etniche nella preistoria greca e italica in Studi De Francisci, IV (Milano 1956), p. 520. ( 45 ) Stati-città e unioni etniche cit., p. 527. (46) L'ARANGIO-RUIZ, Storia cit., p. 142, parla di ammissione allo ius commercii « per tacito riconoscimento di consanguineità ». (47) Vedi supra, p. 35 n.; 53 n. 13. ( 48 ) B. PARADISI, Due aspetti fondamentali del diritto internazionale antico in Annali di storia del diritto, 1 (1957) pp. 183-195; 201 n. 57; cfr. Impostazione dogmatica e ricostruzione storica del diritto internazionale più antico in Atti Congresso internaz. diritto romano, Verona 1948, IV (Milano 1953) p. 16 sg.; Osservazioni sul rapporto storico cit., p. 293 sg.

— 59 — tati e la cui misteriosa essenza è appunto indicata col termine nomen e mai con quello di societas o di amicitia » (49), onde le clausole del foedus Cassianum « sembrano tradurre in clausole convenzionali, forse secondo esempi più antichi, le antiche con­ suetudini regolanti la vita del nomen » (50) ; il Paradisi ricostruisce altresì che « quella consuetudine corrisponda al nomen e quel foedus alla città, cioè che l'una e l'altro siano l'espressione di due situazioni storiche distinte . . . la prima esprima un coinón supe­ riore ed anteriore allo stato cittadino ed il secondo un'epoca storica nella quale l'autonomia cittadina si andava vieppiù svi­ luppando » (51)- Con una diversa visione della struttura e della funzione dei « raggruppamenti minori », anche il Luzzatto ritiene che nello stato-stirpe « il collegamento tra i diversi gruppi non era costituito da un vincolo giuridico di carattere internazio­ nale, ma dal semplice fatto dell'appartenenza ad una stirpe co­ mune » (52). Il Frezza ha definito il Latinum nomen come « federazione di stati » (53) ; ma ciò va inteso entro la sua concezione dello ius fetiale, che restringe per l'epoca antica la possibilità di joedera entro lo stesso gruppo etnico ( 54 ): l'aspetto convenzionale è quindi assorbito da quello etnico, onde si comprende che, più recentemente, questo studioso abbia affermato, contro il De Martino, che il koinón « non può essere pensato come il risul­ tato di un atto di autonomia dei gruppi interni al koinón mede­ simo » (55). (49) Due aspetti cit., p. 189. (50) Due aspetti cit., p. 207; cfr. 195-216. (51) Due aspetti cit., p. 208. (52) G. I. LUZZATTO, 77 passaggio dall'ordinamento gentilizio alla mo­ narchia in Roma e l'influenza dell'ordinamento delle gentes nella costi­ tuzione romana durante la monarchia e la prima repubblica in Atti del Convegno internazionale " Dalla tribù allo Stato " (Accad. naz. dei Lincei, Roma 1961) Roma 1962, p. 213; cfr. 218 sg.; 231. (53) P. FREZZA, La costituzione cittadina di Roma ed il problema degli ordinamenti giuridici preesistenti in Scritti Ferrini (Pubbl. Univ. Catto­ lica S. Cuore, N. S. 17) Milano 1947, I, p. 279 sgg. (54) Vedi supra, p. 34 n. 64. (55) FREZZA, L'età classica della costituzione cit., p. 322; circa le tesi del FREZZA V. a. PARADISI, Due aspetti cit., p. 201 n. 57.



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Contrario alle tesi Ûel Coli, d —

Pro Cuce. 102 (79), è usata in riferimento alle colonie latine, che erano da considerarsi come foederati (80). Che per l'ammissione dei peregrini non latini a questa sfera fosse necessario un atto unilaterale o un trattato sembra indu­ bitabile. Significativo è, quanto alla concessione unilaterale, Li­ vio 43, 5, 9 ( 81 ); ma va ricordato anche l'episodio del III secolo a. C. di cui parla Servio Dan., Aen., 9, 52 « ...dederunt operam, ut unus de Pyrrhi militibus caperetur, quem fecerunt in circo Flaminio locum emere, ut quasi in hostili loco ius belli indicendi implerent » (su cui v. supra pp. 18 e 39) (82). Quanto^aiMLatini, resta da considerare la tesi che essi fos­ sero " naturalmente " ammessi in questa sfera. La tesi è contraddetta^dalla dispjosizione _delle fìodici.Tavole circa ì Sanates (e circa i Forcti) i quali, comunque li si identifichi (83) e se ne co­ struisca la posizione giuridica, erano per i Romani popolazioni finitime. È contraddetta altresì da una valutazione dei passi di Dionisio sulla concessione dell'isopoliteia attraverso il foedus Cassianum, che non voglia aprioristicamente rifiutare la testi­ monianza (nonostante la provata incompletezza del testo del foedus riportato^jn_PionisÌQ 6, 95) (84) o svuotare di contenuto i l concetto di isopoliteia (85ì (86). È contraddetta, infine, dall'ori­ gine dèirespressione_j&5 Quirìtium (v. supra, p. 90 sgg.). (79) Vedi supra, p. 115. (80) Vedi infra, p. 283 sg. (si) Vedi supra, p. 119 sg. (82) Non posso condividere la valutazione che del caso dà il VOIGT, Das jus naturale cit., II, p. 116 sg. (cfr. infra n. 86). (83> Ho ricordato sopra che il Rosenberg rifiuta la notizia di Festo, 348 Sanates, secondo cui Forcti e Sanates erano due categorie di federati. Ma, di contro, va tenuto presente che quella glossa sembra risalire ad Antistio Labeone (vedi F. BONA, Contributo allo studio della composizione del "De verborum significatu" di Verrio Fiacco, Milano 1964, p. 52 sg.): non ne è quindi così facile la critica. (84) Vedi supra, p. 99 sg.; infra p. 250 sgg. (ss) Penso alla tesi del WALTER, ricordata supra, p. 100 n. 23. (86) Sembra quindi.si debba riprendere la tesi che era stata ampiamente svolta dal VOIGT (V. supra, p. 101 n.). Si deve però tener presente che, dato il suo punto di partenza (cioè l'affermazione dell'assenza di diritti per i pere­ grini al di fuori di accordi o concessioni unilaterali : v. supra, p. 84 n. 36), il



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Voigt dà a commercium un significato diverso da quello da me qui pre­ supposto, particolarmente in quanto ritiene che « 1. das commercium schlechthin umfasst nicht das commercium agrorum... 2. die Römer haben niemals das Commercium agrorum, wie vielfach die Griechen ihre ἔγκτησις an Föderirte verliehen » (Das jus naturale cit., Il, p. 111; cfr. 702); e in quanto vi include i rapporti derivanti da trattati come quello con Carta­ gine (op. cit. p. 154 sgg. cfr. 575 sgg.; 598 sgg; IV, 2, p. 170). Inoltre egli pone una netta differenza tra quello che egli chiama ius nexi mancipiique (v. supra, p. 112 n. 41; 114) e il commercium, essendo il primo conferito sol­ tanto ai dediticii (vedi op. cit., II, p. 95 sg. e cap. III ; tesi accolta, per questa parte, dal SAUTEL, Essai cit., p. 58 sgg., pur respingendone egli la parte che ri­ guarda il commercium : v. p. 57 n. 2). Tutto ciò dipende principalmente dalla impostazione, accolta dalla dottrina, che va a mio avviso capovolta (v. su­ pra, p. 84 n. 36).

V. - Altre sfere giuridiche esclusive dei

cittadini.

1. - Sponsio, nomen transscripticium, usuoapio, patria jpotestas, con­ sortium ercto non cito. 2. - lus suffragii, accesso alle cariche pubbliche, partecipazione a colonie, legis~äctiones.

I casi sopra elencati non esauriscono certo le sfere dello ius esclusive dei cittadini. È opportuno aggiungere altri esempi. 1. — Troviamo sfere esclusive dei cittadini ancora relati­ vamente ad atti. In questa luce va considerata, ad esempio, la vicenda storica che trova una espressione conclusiva in Gaio 3,93 « Sed haec quidem verborum obligatio DARI SPONDES? SPONDEO, propria civium Romanorum est; ceterae vero iuris gentium sunt, itaque inter omnes homines, sive cives Romanos sive peregrinos, valent » : tanto più se ci si sarà liberati « di un altro mito, che è quello della necessità di chi sa qual pro­ fondo discrimine fra un istituto dello ius civile, come la sup­ posta sponsio, e uno dello ius gentium, come la supposta stipulatio : mentre . . . tutto si riduceva, senza residui, alla regola, nata probabilmente da scrupoli religiosi, per cui non si ammet­ tevano gli stranieri a pronunciare il verbo svondere » Q) ; e tanto più se si terrà conto anche della sponsio e. d. interna­ zionale (2) (3). E questa luce chiarisce, a mio avviso, anche la 0 ) ARANGIO-RUIZ, Sponsio e stipulatio nella terminologia romana cit., p. 202. Ciò non toglie (devo aggiungere) che la forma con cui veniva contratta l'obbligazione (verbis) avesse potuto evolversi a partire da una maggiore presenza di elementi religiosi, e che sia possibile ricostruire questi attraverso un paragone con la sponsio e. d. internazionale (v. supra, p. 22 n. 38; 38 n. 78; 80 n.; e infra). (2) Vedi supra, p. 22; 38 sg.; 65. (3) È opportuno notare che anche i Latini erano esclusi dalla " spon-

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discussione dei giuristi classici riportata da Gaio 3,133 « Transscrìpticiis vero nominibus an obligentur peregrini, merito quaeritur, quia quodammodo iuris civilis est talis obligatio: quod Nervae placuit. Sabino autem et Cassio visum est, si a re in personam fiat nomen transscripticium, etiam peregrinos obligari; si vero a persona in personam non obligari » ( 4 ). Il punto di sio": vedi MITTEIS, Römisches Privatrecht cit., p. 119; STEINWENTER lus Latii cit., c. 1276; WERNER, Der Beginn cit., p. 452. (4) I nomina transscripticia, forse « inventati » a imitazione dei nomina arcaria, esistevano certo già da tempo all'epoca di Cicerone; quanto all'antichità di tale istituto nulla possiamo però ricavare da Livio 35, 7 (vedi su tutto ciò P. F. GIRARD, Manuel élémentaire de droit romain, Paris 1929, p. 528 sg.; STEINWENTER, Litterarum obligatio in PW; XIII [1926], e. 793, 34 sgg.): Livio si doveva riferire, a proposito dei rapporti con Latini e Ita. liei, ai nomina arcaria (vedi KARLOWA, Römische Recht s geschieht e, II, 2 [Leipzig 1893] p. 752 sg.; diversamente VOIGT, Das jus naturale cit., IV, 2, p. 115; 176 sgg.). La più antica menzione délì'acceptum et expensum ferri si ha in Plauto (vedi COSTA, II diritto privato romano nelle comédie di Plauto cit., p. 272 e 276; cfr. KASER, Das röm. Privatrecht cit., I, p. 454 n. 14). D. STOICEVIC, Les tablettes d'Herculanum et Vexpensilatio in Iura, 13 (1962), ritiene che il contratto letterale fosse assai anteriore all'epoca di Plauto, e che nascesse, prima che con l'inserzione nel codex, con l'inser­ zione su particolari tavolette (p. 56 sgg., con principale riguardo a Tab. Herc. III), attraverso parole con valore religioso o magico (p. 63 sgg.: le tavolette di Ercolano ridarebbero attualità all'ipotesi di P. HUVELIN, Les tablettes magiques et le droit romain, extrait des Annales internationales d'histoire, 1901, p. 29 sg.). In ogni caso, il modo di esprimersi di Gaio nel passo citato (« ...quaeritur... ») e la soluzione sabiniana che mostra non repugnare la forma in sé alla compartecipazione dei peregrini mi fanno ritenere esatto porre il pro­ blema chiedendosi non perchè i peregrini potessero obbligarsi per via di transscriptio a re in personam (come faceva, ad esempio, C. FADDA, Istituti commerciali del diritto romano, I [Napoli 1903], p. 87 sg.), bensì perchè fossero esclusi dalla transscriptio a persona in personam. In quest'ultimo senso sembra impostare il problema G. APPERT, Essai sur l'évolution du contrat littéral in RHDFE, IV serie, 11 (1932), p. 651 : « on aurait voulu empêcher que, par un jeu d'écritures, un citoyen romain se procurât des intérêts usuraires en se substituant un pérégrin, lequel n'était pas soumis à la loi qui les prohibait » ; si sarebbe dunque trattato, per i Sabiniani, di uno scopo simile a quello della lex Sempronia de pecunia eredita del 193 a. C. riguardo a Latini e Italici (su cui v. A. BERGER, Leges Semproniae in PW, suppl. VII [1940], e. 412 sg., e ivi bibliografia; cfr. KARLOWA, loc. cit.). Il tema deve però essere ristudiato tenendo meglio conto della dif­ ficoltà di interpretare il passo di Gaio: i Sabiniani non negavano che i

— 129 — vista iniziale è cioè, io direi, quello della compartecipazione dei peregrini (hostes) allo ius, che deve essere esclusa in partico­ lari casi; in Gaio si trovano usate le nuove categorie dello ius civile e dello ius gentium (3), ma il punto di vista non appare essenzialmente mutato. Quanto all'usucapio, è noto Gaio 2, 65 : « Ergo ex his quae diximus apparet 'quaedam naturali iure alienari, quàlia sunt ea quae traditione alienantur; quaedam civili, nom mancipationis et in iure cessionis et usucapionis ius proprium est civium Roperegrini potessero essere creditori nella transscriptio a re in personam? (lo APPERT, loc. cit., sembra proporre tale interpretazione, anche richia­ mandosi ad E. CUQ, Manuel des institutions juridiques des Romains, Paris 1928, p. 423 n. 6, il quale però si riferisce a peregrini provvisti di commercium). Ancora : è da questo punto di vista che dobbiamo valutare storicamen­ te la situazione descritta da Cicerone, Pro Font. 5, 11 (« .Jtiummus in Gallia nullus sine civium Romanorum tabülis commovetur ») e la rogatio del tribuno C. Cornelio, del 67 a. C, di cui parla Asconio, In Cornei, p. 57 Clark (« ...ne quis legatis exterarum nationum pecuniam expensam ferret » ; cfr. G. ROTONDI, Leges publicae populi Romani, Milano 1912, p. 371). Il KARLOWA, Römische Rechtsgeschichte cit., I, p. 457, si occupa di questi passi, ma con l'impostazione opposta a quella da me sostenuta : « Auch der römische Literalkontrakt hat eine gewisse Ausdehnung auf Peregrinen gefunden ». Lo STOICEVIC (Les tablettes d'Herculanum cit., p. 67) non considera i passi di Cicerone e di Asconio sopra citati, ed afferma che « le pérégrin ne pouvait se servir des paroles magiques requises pour Yexpensilatio parce qu'elles relevaient du jus civile, qui lui était interdit, mais aussi parce que — proférées par lui — elles ne produiraient pas leur effet magique, et que lui-même, adepte d'une autre religion, ne les observerait pas, ces paroles, ne se soumettrait pas à leurs effets » ; e che la diversa opinione di Sabino « indique simplement l'effort accompli par les juristes pour per­ mettre aux peregrini de participer à cette opération juridique-là à une époque où la romanisation des peregrini était très poussée et où com­ mençait à mûrir l'idée de leur assimilation aux citoyens ». Contro tale impostazione valgono le considerazioni svolte sopra; aggiungerò che la differenza di costumi e mentalità (specialmente dal punto di vista reli­ gioso) fra Romani e peregrini era assai meno forte in antico (quando hostes erano in primo luogo i Latini: cfr. infra p. 270 sgg.) che non al tempo dell'impero mediterraneo. (5) A proposito dell'uso di queste categorie da parte di Gaio per inqua­ drare i nomina transscripticia v. LOMBARDI, Sul concetto di ius gentium cit., p. 136 sg., e, con visione opposta, GROSSO, Gai IH, 133: riflessioni sul concetto del ius gentium in RIDA, 2 (1949) p. 395 sgg.; cfr. supra p. 42; 83; 89. 9 — P. CATALANO - Linee del sistema sovrannazionale romano - I.

— 130 — manorum ». Il sovrapporsi di nuovi concetti (ius naturale, ius civile) non impedisce di ricostruire la concezione più antica: mentre la traditio (o la vendita a contanti non formale) era ab antiquo inclusa nella sfera di ius comune agli stranieri ( 6 ), la usucapio era ius proprium civium Romanorum. Che Yusucapio fosse propria dei cittadini romani si s p i e g a l a per il fatto che essa era sta&ilita dalla legge (Tab. VI, 3) ( 7 ), per utilità pubblica (Gaio D. 41, 3, 1) ( 8 ); e d'altra parte l'esclusione degli stranieri dalYusucapio era posta implicitamente dalle Dodici Tavole, almeno per le res mancipi ( 9 ): e sono stati messi giustamente in ri(6) Vedi ora, nella prospettiva a mio avviso esatta, F. GALLO, In tema di origine della compravendita consensuale in SDHI, 30 (1964), p. 308; 316 sgg. (7) Tale spiegazione dava il MITTEIS, Römisches Privatrecht cit., p. 65. Essa è qui da me accolta prescindendo dal problema se n e c e s s a r i a ­ m e n t e la lex non valesse per i peregrini (v. a. supra, p. 76 sg.) : è certo che per i peregrini la lex p o t e v a non valere (e generalmente non valeva). Cfr. la bibliografia circa il problema supra, p. 76 n. 22. (8) Cfr. Gaio 2, 44: su questo passo si può vedere F. DE VISSCHER, " Auctoritas" et " mancipium" in SDHI, 22 (1956) p. 98 sgg.; Individualismo ed evoluzione della proprietà nella Roma repubblicana in SDHI, 23 (1957), p. 28 sg., il quale però muove da presupposti diversi da quelli da me accolti (v. supra, p. 69 n. 8, quanto al significato di auctoritas; infra n. 9, quanto all'interpretazione di Tab. VI, 3). (9) Afferma il KASER (Von Begriff des " commercium " cit., p. 142) a pro­ posito dello straniero avente il commercium : « Dass dem Peregrinen die usucapio... nicht zugute kam, beruht nur auf der ebenerwähnten positiven Ausnahmenorm gegen den Ausländer (adversus hostern), die ihm die Ersitzung versagte » (v. anche Das römische Privatrecht cit., I, p. 119, cfr. però A. - E. GIFFARD, Le sens du mot " auctoritas " dans les lois relatives à Vusucapion in RHDFE, IV serie, 17 [1938] p. 348 sg.). Per contro, il FRAN­ CIOSI, Auctoritas e usucapio cit., p. 24 sg., ritiene che la disposizione sulì'aeterna auctoritas non contenga il divieto di usucapione, neppure indi­ rettamente, « ma lo presuppone e ne costituisce.un corollario dettato dalla necessità dei traffici commerciali » (cfr. p. 26 sg., ove dal rapporto fra le disposizioni delle Dodici Tavole e quelle della lex Atinia sulle res furtivae, si vuol ricavare che il divieto di usucapione non importava necessariamente Vaeterna auctoritas). Poiché resta vero, in ogni caso, che Yaeterna auctoritas implicava il " divieto " di usucapione, si può ben dire che le Dodici Tavole codificavano tale esclusione degli stranieri quanto alle res mancipi; quanto alle altre res, doveva trattarsi di un problema aperto, lasciato all'elabo­ razione giurisprudenziale: di qui la generale affermazione di Gaio 2, 65. Va, ovviamente, tenuto presente il problema se la disposizione di

— 131 — / lievo i motivi di interesse pubblico dell'esclusione (vedi SLipra p. 123 n. 75). Sul piano dei rapporti troviamo altresì sfere esclusive dei cittadini. Da tale punto di vista va considerato ad esempio Gaio 1, 55 «Item inpotestate nostra statt liberi nostri, quos iustis nuptiis procreavimus. Quod ius proprium civium Romanorum est: fere enim nulli alii sunt homines, qui talem in filios suos habent potestatem, qualem nos habemus. Idque divus Hadrianus edicto, quod proposuit de his, qui sibi liberisque suis ab eo civitatem Romanam petebant, significava. Nec me praeterit Galatarum gentem credere in potestate parentum liberos esse ». Pare certo che nel Lazio fossero istituti uniformi (v. Livio 1, 50, 9), ma è chiaro, anche in conseguenza dell'affermazione di Gaio, che lo straniero con conubium non acquistava la patria potestas (ro­ mana) sui figli, bensì un potere quale il sistema giuridico - reli­ gioso romano riconosceva al cittadino di un'altra civitas sui pro­ pri figli (10). Con l'esclusione da rapporti (oltre che dalle legis actiones) si spiega quanto afferma Gaio 3,154a-b : « Est autem aliud genus societatis proprium civium Romanor^um}. Olim enim mortuo patre familias, inter suos heredes quaedam erat légitima simül et naturalis societas, quae appell^abatur ercto non cito, id est dominio non diviso: erct^um enim dode erus dominus dicitur: eiere acutem} dividere est, unde caedere et secare et dividere dicimus. Alii quoque, qui volebant eandem haTab. VI, 3 (Cicerone, Top. 4, 23 : « Usus auctoritas funài biennium est... ceterarum rerum omnium... annuus est usus ») riguardasse dapprima solo le res mancipi: su cui vedi GALLO, Studi stilla^ distinzione fra res mancipi e res nec mancipi cit., p. 155 n. 254. In epoca classica la capacità di usucapire sembra poi inclusa nella sfera del commercium : sulla non applicazione, in questo caso, delle norme relative agli stranieri vedi (riguardo a Tab. VI, 4) KASER, Vom Begriff des " commercium " cit., p. 142 e n. 33. (10) Vedi supra, p. 96 sg.; cfr., circa la patria potestà dei peregrini sopra i propri figli, BAVIERA, // diritto internazionale dei Romani cit., p. 98 (prescindo qui dall'uso della categoria "diritto internazionale privato.": v. supra p. 85 sg. nota). Vedi anche supra, p. 68 n.; p. 93 e n. 13, a proposito del dominium dei peregrini.

— 132 — bere societatem, poterant legis actione » C11).

id consequi

apud

praetor

ern^certa

2. — È facile ricordare la partecipazione ad attività che fanno capo al populus Romanus: ad esempio lo ius suffraga, l'accesso alle cariche pubbliche, la partecipazione a fondazioni di colonie. Ma sono, questi, problemi di cui si dovrà trattare a proposito dell'allargamento delle sfere esclusive dei cittadini ai popoli federati. Per l'età più antica si potrebbe osservare l'assenza di preclusione verso gli stranieri per quanto riguarda la creatio del rex (12). Va qui ricordata poi l'esclusione dei peregrini dalle legis actiones (13), esclusione che ritengo fosse dovuta a ragioni "pub­ blicistico - processuali " : più precisamente, direi, riguardo ai peregrini non si voleva vincolare con la lex Yimperium del magi­ strato (14), che era però plasmato dalla fides, forza creatrice di

(") Cfr. ed. M. DAVID (Leiden 1948). Va tenuta presente l'unitarietà della posizione patrimoniale e di quella personale dei fratres sui : vedi M. BRETONE, " Consortium " e " communio n in Labeo, 6 (1960) p. 177 sgg. (12) Ricordando che Numa Pompilio proveniva dalla Sabina, Tulio Ostilio da Medullia, Tarquinio Prisco da Tarquinia, e Servio Tullio era figlio di una schiava d'origine corniculana, e che quindi nella coscienza romana l'uomo necessario per la condotta della comunità poteva anche essere estraneo a questa, il DE FRANCISCI (Primordio, cit. p. 506) conclude: « era quindi la potenza personale che si imponeva, al di sopra di qualunque altra considerazione ». Il che non può accettarsi se non togliendo quanto di magistico egli vuol porre nel termine « potenza » (cfr. CATALANO, Contributi cit., p. 546 sg. e passim). (13) Su tale esclusione vedi da ultimo LÉVY-BRUHL, Recherches sur les actiones de la loi cit., p. 116 sgg. In particolare riguardo ai Latini v. supra, p. 57 n. 40 ; 78 n. 28 ; 107 n. 4. (14) Secondo il PUGLIESE, II processo civile romano cit., II, 1, p. 296 sg., « (I peregrini) acquistarono abbastanza rapidamente la capacità di diritto privato, salvo che nel settore del ius proprium civium Romanorum; ma rimasero sempre incapaci nella sfera del diritto pubblico (e quindi non potevano intentare azioni in nome dei populus Romanus, cioè azioni po­ polari). La residua incapacità, in cui ancora si trovavano nel processo for­ mulare, non dipendeva quindi dall'incapacità di essere soggetti di rapporti sostanziali, bensì da ragioni pubblicistico-processuali » ; « ... non poterono essere parti in un iudicium legitimum. Ciò non dipendeva dalla natura dei

d i r i t t anche (e, se si vuole, s o p r a t t u t t o ) nei r a p p o r t i con gli stranieri ( 13 ).

diritti o degli obblighi che potevano spettare ai peregrini, dall'essere cioè questi diritti o obblighi fondati sul ius honorarium, in quanto i peregrini avevano una capacità di diritto sostanziale che si estendeva oltre i confini del ius honorarium ; ma appunto abbiamo visto che la natura del iudicium era indipendente dalla natura del diritto che si faceva valere (Gai 4, 109). La ragione era dunque, come si è detto, pubblicistico-processuale ». A parte la tesi, che sembra qui essere seguita, di una iniziale totale incapacità dei peregrini (contro cui v. p. 73 sgg.), credo di dover accogliere queste conclusioni, e, soprattutto, di doverne trarre sostegno ad una analoga impostazione riguardo al periodo delle legis actiones. Va notato che lo stesso PUGLIESE, Il processo civile cit., I, p. 233 sgg., a proposito delle legis actiones sembra cercare altrimenti il motivo del­ l'esclusione dei peregrini : « ... il così detto ius commercii rese possibile ai non romani, a cui esso era stato concesso, la partecipazione insieme con romani ad atti giuridici traslativi di proprietà, in ispecie alla mancipatio, ma non ebbe per conseguenza l'acquisto della proprietà quiritaria da parte di quei non romani, e quindi non comportò l'esercizio da parte loro della /. a. sacramenti in rem ». Vorrei precisare che l'incapacità di diritto sostan­ ziale non è condizione necessaria né sufficiente dell'esclusione da dati mezzi di tutela processuale: non necessaria, perchè a quanto pare i peregrini erano esclusi da tutte le le£Ìs actiones, anche da quelle non destinate specificamente alla tutela di diritti e d . ex iure Quiritium; non sufficiente, perchè mi sembra da rifîutarè^ânchë-"per Tetà più antica la tesi che lo straniero fosse considerato privo di diritti, onde il fondamento della non legittimazione alle legis actiones va cercato al di fuori dal campo dei rap­ porti sostanziali. Ed è qui che voglio insistere sul carattere " pubblicistico " dell'esclusione, usando l'aggettivo in un'accezione alquanto diversa da quella del PUGLIESE (V. a. supra, p. 130) : ^esclusione dei peregrini dalle legis actiones era dovuta al fatto che per essi non si volev^vmcolàre, con la_lex* Vimperium del magistrato^ bensì si voleva che qui ne fosse piena la discre5ol^ïîtaT^pûi r regolata dalla fides (per i rapporti tra fides e imperium v. J. PAOLI, Quelques observations sur la fides, Vimperium et leurs rapports in Festgabe Simonius, Basel 1955, p. 273 sgg.; una raccolta di passi relativi alla fides del magistrato si trova ora in L. LOMBARDI, Dalla " fides " alla " bona fides " cit., pp. 90-95, e ad essa va aggiunta l'antica formula riportata nel Commentario di Sabidio ai carmi dei salii in Schot. Veron. Aen. 10, 241 « ...imp(eriumquë) fidemque m./inio (46), e alle attività "politiche" che a questa partecipa­ zione potevano essere connesse. e) L'esatto concetto di foedus e il superamento dell'anti­ tesi fra "diritto internazionale" e "diritto statuale" consentono, in­ fine, di superare la disputa se Roma si trovasse "entro" ovvero "accanto" alla "lega" (47). Il Täubler vuol ricostruire un'evolu­ zione della lega dall'interno, «hinter welcher Rom als Bundesstadt, nicht als vertragsmässig verpflichtete Aussenmacht stand » (48) : egli critica la tradizione sul foedus aequwn di Spurio Cassio, che sarebbe incompatibile e con la partecipazione di pieno di­ ritto alla lega e con la superiorità di Roma rispetto a singole città latine, quale risulta dai trattati con Cartagine (49) ; e parla quindi di « Staatsgrundgesetz » (50). Per contro il Triepel ritiene che Roma si sia trovata « accanto » alla « nuova lega latina » della fine del VI secolo (51), ed abbia conchiuso il foedus Cassianum con ταῖς Λατίνων πόλεσιν ἁπάσαις (52), stabilendo poi, attra­ verso « patti separati con singole comunità », una « egemonia dall'esterno » (53). (46) Vedi supra p. 159 e 161. (47) Le due opposte soluzioni a questo problema si trovano ora, variamente, in indagini diversissime: vedi, ad esempio, ALFÖLDI, Rom und der Latinerbund um 500 v. Chr. cit., p. 195; DELL'ORO, La forma­ zione dello stato patrizio-plebeo cit., p. 26 sgg. (48) TÄUBLER, Imperium romanum cit., p. 287; 276 sgg. (4e) A proposito di quest'ultimo punto, oltre alle considerazioni già svolte sulla possibilità di singoli foedera separati entro una federazione, è a mio avviso da tener presente, contro la tesi del Täubler, che i due trattati con Cartagine (il primo dei quali è, si badi, anteriore al foedus Cassianum) rispondono a momenti politici particolari: successivi a stretti rapporti con gli Etruschi (vedi SORDI, I rapporti romano-ceriti cit., pp. 100-106) e caratterizzati da forti preoccupazioni nei confronti dei Latini (v. supra p. 173 sgg.). In questa luce si può ben accettare il richiamo del TRIEPEL, Die Hegemonie cit., p. 450 sg., alle reciproche violazioni del foedus Cassianum. (50) TÄUBLER, op. cit., p. 291.

(51) TRIEPEL, Die Hegemonie cit., pp. 443454 ( = L'egemonia, G. Battino, Roma 1949, pp. 486497).

trad.

(52) TRIEPEL, loc. cit. (particolarmente p. 444 n. 26 [ = p. 488 n. 26]).

(53) TRIEPEL, loc. cit. (particolarmente, p. 447 [ = 490sg.]); cfr. ibid. p. 248 sgg. ( = 266 sgg.) la distinzione fra «direzione della lega» e «dire­ zione nella lega ».

— 208 — Tratterò più oltre il problema a ^ l a autenticità del foedus Cassianum (54). Certo Dionisio 6,95 afferma che un foedus fu conchiuso con « tutte le città dei Latini »: ma ciò non implica affatto che Roma fosse o restasse "al di fuori" della "lega", come ritengono (pur con opposte conclusioni nella ricostruzione sto­ rica) il Täubler e il Triepel. Lo ius feticde non è un " diritto inter­ nazionale " di cui siano soggetti enti dotati di " sovranità " (") ; non solo : il foedus, che rientra nella sfera dello ius fetiale, è un atto che non implica nella controparte nemmeno la "indipen­ denza" (nel senso di Proculo, D. 49, 15, 7, 1 « Liber autem populus est is qui nullius alterius populi potestati est subiectus ») (56) ; né per la conclusione (si pensi alla possibilità di foedus successivo a deditió) (5T), né successivamente (si pensi ai municipio, foederata) (58) (59) ; e il caso del foedus con la plebe è chiarissimo in tal senso (v. sub a). (54) Vedi infra p. 249 sgg. (ss) Vedi supra p. 30 sgg. (56) Sul concetto di "libertà", distinto da quello di "autonomia" (legibus suis uti), vedi DE MARTINO, Storia cit., Il, p. 316 sgg.; consenziente, su questo punto, FREZZA, L'età classica della costituzione repubblicana cit., p. 334 (non esattamente E. DE RUGGIERO, L'arbitrato pubblico in relazione col privato presso i Romani in BIDR, 5 [1892], p. 109 sgg., il quale segue l'opinione del Mommsen). È però necessario, a mio avviso, usare l'espressione romana "in sua potestate esse" (o al più tradurre con "libertà" o "indipendenza"). Libertas non equivale affatto alla moderna " sovranità " : già ha osservato G. SCHERILLO, Recensione in Iura, 6 (1955), p. 349, che « non tutte le città libere erano anche federate, le quali ultime conservavano indubbiamente la sovranità e la cui situazione riposava sul diritto internazionale, il che non era delle città semplicemente libere »; mi sembra però che si debba andare ancora oltre, abbandonando le categorie "sovranità" e "diritto internazionale". (57) Vedi DE MARTINO, Storia cit., p. 81 sg. (58) Vedi DE MARTINO, Storia cit., p. 72 sgg. (59) L'in sua potestate esse era invece un presupposto della deditio in dicionem, come risulta facilmente dalla formula riportata da Livio 1,38,2sgg. «... "estne populus Conlatinus in sua potestate?" "est"...» (sulla deditio, anche riguardo alla distinzione della deditio in fidem, posta in evidenza dal COLI, Regnum cit., p. 104 sg. e 149 sgg., vedi DE MARTINO, Storia cit., II, p. 47 sgg.; 282; 326 sg.; cfr. però FREZZA, L'età classica cit., p. 330 sg.). E ciò ben si comprende, dato il preciso conte­ nuto dell'atto: mentre il foedus poteva avere qualsivoglia contenuto.

— 209 — È probabile che il foedus Cassianum fosse conchiuso con l'intervento dei feziali di Roma e di tutte le città federate (fl0) ; ma ciò non significa affatto che Roma restasse al di fuori della "lega". Dall'altro lato, è vero che Roma era all'interno di una "unità politica", ma sarebbe errato contrapporre i rapporti al­ l'interno della "unità" ai rapporti con l'esterno come rapporti di "diritto interno" a rapporti di "diritto internazionale". Il fatto è che le categorie di "unità politica", "egemonia nella lega" "egemonia della lega", anche se utili, sono insufficienti e vanno adeguate attraverso la visione di un sistema giuridico-religioso unitario articolato in sfere sovrapposte e tendenti a infittirsi nel divenire storico (61). C. È qui ancora necessario un breve cenno alla tesi del fondamento "naturale" del nomen Latinum. Contro di essa ho già addotto vari argomenti (fl2) e altri ne svolgerò a proposito del concetto di nomen (63). Qui è utile sotto­ lineare che la pluralità di centri giuridico-religiosi è incompatibile (60) Vedi infra p. 275 sgg. (61) Si pensi, ancora, all'osservazione del FREZZA, Storia del diritto romano, Roma 1954, p. 19 (cfr. La costituzione cittadina di Roma e il problema degli ordinamenti giuridici preesistenti in Scritti Ferrini Univer­ sità Cattolica S. Cuore, I [Milano 1947] p. 281) « L'ordinamento del Latinum nomen... rivela l'assetto di una federazione di stati ( S t a a t e n ­ b u n d ) piuttosto che quella di uno stato federale ( B u n d e s s t a a t ) ; un assetto cioè in cui solo eccezionalmente vien posto in essere un organo capace di esprimere una volontà unitaria, sopraordinata a quella degli stati membri. Donde la possibilità della coesistenza del più vasto, e col tempo sempre più fiacco, vincolo federativo, con vincoli di minore am­ piezza, e la possibilità di affermarsi, entro la federazione, di egemonie di singoli stati ». Prescindo qui dai problemi relativi alla struttura (v. infra p. 210 sgg.). Direi che queste categorie (Staatenbund - Bundesstaat), se anche utili a confrontare realtà antiche e moderne, rischiano di far perdere la singolarità storica del fondamento sia della sopraordinazione (per al­ cune realtà) del nomen ai populi, sia delle articolazioni ed egemonie particolari: mentre tutto ciò ha spicco, mi pare, se si coglie il valore del foedus in tutta l'estensione di un sistema giuridico-religioso virtualmente universale. (62) Vedi supra p. 97 sgg.; 124 sgg.; 178 sgg.; 192 sg. (63) Vedi infra p. 216 sgg. 14 — P. CATALANO - Linee del sistema sovrannazionale romano - I.

— 210 — con l'unicità "latina" di un fondamento "naturale": fondamento è una pluralità di foedera. Ancora : ai Sonates (popolazione latina, comunque li si iden­ tifichi) lo ius mancipii nexique non spettava "naturalmente ", se l'estensione ad essi fu disposta dalle Dodici Tavole (64). 3. — S t r u t t u r a . A. Qualche notizia è fornita dalle fonti per la federazione dell'aqua Ferentina. Per l'epoca anteriore al foedus Cassianum si dovrà tener conto, pure se con cautela, anche di quanto ci è riferito per l'epoca successiva. a) Livio 1,50 sgg. parla di un concilium di proceres ( 65 ); ed a tale assemblea si riferisce Dionisio 4,45 e, probabilmente, 5, 50, nonché L. Cincio in Festo, 241 Praetor (cfr. i concilia di cui in Livio 8,3, 2 e 10) (65a). Assemblea di tutti i cittadini sembra invece essere il concilium populorum Latinorum di cui parla Livio 7,25, 5 (cfr. 2,38, 1 ; 6,10,7). Talvolta è dubbio se ci si riferisca all'uno o all'altro di questi concili: vedi ad esempio Dionisio 3, 34. Per la convocazione e direzione dei concili di cui in 4,45 e 5,50, Dionisio ci parla di TtpésSpoi. D'altra parte, anche i praetores (su cui v. sub b) avevano poteri in rapporto ai concili: v. Livio 8, 3,10. b) Ci si parla di due vzpcLirjyoì aùxoxpàxopec: Dionisio 3, 34, 3 ; cfr. 5, 61, 3 ; 5, 76, 3. Con repressione axpax^yòc aùxoxpàxwp i Greci tentavano di tradurre "per comparationem" il termine dictator; ma non solo esso (vedi ad esempio Plutarco, Pomp. 61 ; (64) Vedi supra p. 111 sgg.; 124 sgg.; infra p. 253 n. 21. (65) COLI, Stati-città e unioni etniche cit., p. 528, traduce con « assem­ blea dei rappresentanti ». (es a) interessante è il commento di WEISSENBORN e MÜLLER a Livio 8,3,10 « bei dieser wichtigen Angelegenheit sollte man eine Versamm­ lung der Abgeordneten der verbündeten Gemeinden erwarten, nicht der principes, wie nach 3, 2 » ; ma la distinzione ivi fatta sembra troppo sottile per rispondere ad una realtà giuridica costantemente adeguata alle vi­ cende politiche.

— 211 — Appiano, Bell. civ. 3,25; Appiano, Mith. 94) ( 66 ): e ciò corrisponde al significato che l'espressione aveva nel diritto greco,( 67 ). Si può dunque ritenere che Dionisio si sforzasse di rappresentare l'isti­ tuto che da L. Cincio è precisamente definito (68). L. Cincio in Festo, 241 Praetor: « quo anno Romanos imperatores (Huschke, seguito da Coli, corregge: imperatorem) ad exercitum mittere oporteret iussu nominis Latini, conplures nostros in Capitolio a sole oriente auspicis operam dare solitos. Ubi aves addlxissent, militent illum, qui a communi Latio mis sus esset, illum quem aves addixerant, praetorem salutare solitum, qui eam provinciam optineret praetoris nomine » : è qui descritta una realtà della federazione latina successiva al foedus Cassianum (cfr. Livio 8, 3, 9 « praetores tum duos Latium habebat ») ; ma non è arbitrario ricavarne illa­ zioni per l'età più antica, dato anche il modo di scelta di questi praetores, che si avvicina alla inaugurazione del rex e si rivela quindi contemporaneo di questa (69) (70). (66) Vedi D. MAGIE, De Romanorum iuris publici sacrique vocabulis sollemnibus in Graecum sermonem conversis, Lipsiae 1905, p. 12 sg.; 34; 62; 79; 122; sulla terminologia di Dione Cassio vedi anche G. VRIND, De Cassii Dionis vocabulis quae ad ius publicum pertinent, Hagae Comitis, 1923, p. 38 sgg. (67) Su questo vedi SZANTO, AuTOxpàxcDp in PW, II (1896), e. 2599. (68) Con ciò non voglio escludere che Dionisio abbia potuto confon­ dere due tradizioni (relative ai praetores e al dictator), come ritiene ad es. A. ROSENBERG, Der Staat der alten Italiker, Berlin 1913, p. 76 sg. (v. ora anche WERNER, Der Beginn der röm. Republik cit., p. 403 n. 2), ma non mi sembra che la notizia di Catone, Orig.. fr. 58, possa essere presa in considerazione a proposito del nomen Latinum includente Roma, in quanto essa riguarda la federazioni parziale di Diana Aricina (v. supra p. 174 sgg). (69j Vedi CATALANO, Contributi cit., p. 185; 383 e n. 20; 402 n. 31; cfr. indice delle materie, v. praetor. (70) Prescindo qui da una discussione (che comunque porterebbe a risultati assai incerti: vedi già WEISSENBORN e MÜLLER, commento a Livio 8,3,9) dei problemi se i capi del nomen Latinum si chiamassero originariamente dictatores (come opina il BELLINI, Sulla genesi cit., p. 216 n. 109), e se talvolta si avesse un unico capo (così BELLINI, op. cit., p. 215 sgg.). Di qualche interesse sarebbe qui un esame approfondito della figura del dictator Albanus: vedi ad es. ROSENBERG, Der Staat cit., p. 75; 79; S. MAZZARINO, Dalla monarchia allo stato repubblicano, Catania 1945, p. 154; 163 sg. ; 167 sgg.; negano che il dictator degli Albani, del quale parlano Licinio Macro in Dionisio 5, 74, 4 e Livio 1, 23, 4 e 24, 9, fosse in

— 212 —

/ Che vi sia stata un'epoca più. antica in cui a capo del nomen Latinum era un rex (71), non è provato da alcuna fonte. Giusta­ mente ha osservato il Coli che la tradizione non conosce un rex Latinorum, e che lo scambio del titolo di rex con quello di dietator e di praetor che si osserva nelle fonti a proposito di Cluilio (Livio 1,22,7; 1,23,4 e 7; Dionisio 3 , 9 , 2 ; Festo, 182 Oratores) e di Mezio Fufezio (Livio 1,23,4; 1,24,2 e 9; Dionisio 3 , 5 , 3 ; 3, 23, 2 sgg.) si spiega supponendo che il rex di Alba avesse come comandante supremo dei popoli Albenses il titolo di dictator o di praetor (72). Né mi pare si possano trarre illazioni dal ßaaiXeoc dei Lucani di cui parla S trabone 6,1,3(254), e perchè non sap­ piamo quale fosse il termine italico per indicare questo monarca scelto in caso di guerra, e perchè Livio 25,16, 5 ci parla di un praetor ( 73 ). A capo dei Volsci per la guerra contro Roma (inizio del V secolo) troviamo due « imperatores... de omnium populorum sententia lecti » (Livio 2,39,1). Non v'è ragione di dubitare dell'antichità del sistema col­ legiale per il comando del nomen Latinum : il sistema di affidare il comando a due diverse città federate era il più adatto ad imrealtà una magistratura cittadina il COLI (Regnum cit., p. 162) e il BELLINI (Sulla genesi cit., p. 221); v. anche infra testo e n. 72; 95. ( 7 1 ) È la tesi sostenuta da F. BOZZA, La possessio dell'ager publicus, Napoli 1938, p. 95 sg. Ora il MERKELBACH, Aeneas in Cumae cit., p. 87 sgg., individuati interes­ santi paralleli fra Enea e il rex Nemorensis, parla di « Königtum der Lati­ ner am Nemi-See ». Ma sopra (v. p. 176 nn. 124-125) ho criticato i presup­ posti di tale conclusione; d'altra parte, la descrizione fatta da Virgilio, Aen. 7, 761 sgg., della figura e della posizione di Virbio « insignem quem mater Arida misit » (nel " catalogo "degli alleati di Turno: v. supra p. 145) porta ad escludere che gli antichi vedessero presso Aricia la sede di un antico capo federale (credo di poter dedurre ciò anche se è vero, come rileva G. RADKE, Virbius in PW, IX A [1961] e. 180, che Virbio non è mai posto in relazione con la lotta rituale del rex Nemorensis). ( 7 2 ) COLI, Stati-città e unioni etniche cit., p. 524; Regnum cit., pp. 161164 (cfr. supra n. 70). Prescindo dalla concezione della regalità caratte­ ristica del Coli; restano invece validi a mio avviso i rilievi sulle simiglianze fra i capi della federazione e le magistrature repubblicane (v. però infra, n. 79, a proposito dei poteri sacerdotali). (73) Inoltre, se guardiamo ai limiti, particolarmente temporali, dei poteri di questo capo, appare difficile una assimilazione al rex : vedi ROSEN­ BERG, Rex in PW, IA (1914), e. 718; v. a. DE SANCTIS, Storia cit., I, p. 423 n. 1.

— 213 — pedire il formarsi di un'egemonia, già dopo la caduta di Alba (74). Dalle fonti non risulta con certezza che i capi del nomen Latinum fossero scelti solo straordinariamente, come è stato so­ stenuto (75) in base a Dionisio 5,50,2; 5, 61,lsgg. ; Livio 8,3,9: il modo di esprimersi di Festo, 241 Praetor (« quo anno,.. ») fa pensare il contrario almeno per un'età più recente (76) (77). Quel che mi sembra sicuro è che i capi della federazione dell'aqua Ferentina avessero anche alcuni poteri simili a quelli sa­ cerdotali romani. Oltre che dal modo di scelta (v. supra), ciò si può ricavare per analogia dal fatto che il dictator di Lanuvio aveva il potere di prodere flaminem (Asconio, In Milon. p. 31 Clark) : il che sarebbe stato impossibile se si fosse avuta qui la rigida distinzione romana tra fondamento del potere magistratuale e fondamento del potere sacerdotale (78) (79). c) Si potrebbe discutere il problema se la federazione dell'aqua Ferentina avesse dei sacerdoti. Le fonti ci parlano di Cabenses sacerdotes feriarum Latinarum montis Albani (CIL, XIV, 2228) o Cabenses sacerdotes montis Albani (CIL, VI, 2174; 2175) (80), e si può ritenere che essi fossero anteriori alla "roma­ nizzazione" del culto di luppiter sul monte Albano compiuta dai Tarquinii ( 81 ); resterebbe la difficoltà di individuare il rapporto (74) Così COLI, Regnum cit., p. 164. (75) BELONI, Sulla genesi e la struttura cit., p. 216. ( 76 ) Il FREZZA, La costituzione cittadina di Roma cit., p. 281, ritiene però che la periodicità del turno non debba pensarsi « rigorosamente annuale »; vedi anche BELOCH, Römische Geschichte cit., p. 190 sg. (77) Diversa è l'interpretazione delle fonti, e in particolare del passo di Cincio, data dal PARETI, Storia cit., I, p. 416 sg. : solo nel caso di guerra (e doveva trattarsi di guerra difensiva) sarebbe stato scelto un praetor, sempre romano (cfr. infra n. 89). (78) Vedi CATALANO, Contributi allo studio del diritto augurale cit., p. 383 n. 20; Per lo studio dello ius divinum cit., p. 138 sg. (7Ö) L'ipotesi del COLI, Stati-città e unioni etniche cit., p. 530, che « dal nomen la civitas abbia ereditato il principio della separazione fra magistratura e sacerdozio », mi pare pertanto inaccettabile. Si può solo dire che la temporaneità del comando (anche di quello federale) doveva rendere più facile tale separazione. (80) Sui sacerdoti Cabenses vedi WISSOWA, Cabenses in PW, III (1899) e. 1163; v. a. CARCOPINO, Virgile cit., p. 41 (e supra, p. 160). (81) Tale è l'opinione del BELLINI, Sulla genesi e la struttura cit., p.

tra il monte/Albano e il caput Feroninae: l'indicazione di Festo, 241 Praetor (« quod est sub monte Albano ») è approssi­ mativa ( 82 ). d) Quanto ai rapporti fra i populi componenti, già ho detto che doveva trattarsi di una federazione paritaria (86), la quale non escludeva 1'" autotutela " all'interno (84) e particolari foedera (85). È difficile dire se conubium e commercium esistessero fra tutte le città della federazione in base al foedus generale, o se fossero necessari trattati particolari ( 86 ); è però certo che i rap­ porti esistenti in generale con i cittadini delle città federate do­ vevano, prima del foedus Cassianum, essere più limitati dell'hospitium publicum e privatum (se Livio 1,45, 2 ; 1,49, 8 ; 2, 22,7, parla di hospitia costituiti con i Latini), nonché di quell'isopoliteia derivante dal foedus con Gabii (quale che ne fosse più pre­ cisamente il contenuto) (87). B. Quanto alle altre federazioni, poche notizie è dato raccogliere. Alla federazione avente centro in Alba potremmo riferire il dictator Albanus (v. supra n. 70 e p. 212). Per le federazioni, non paritarie, costituite dai Tarquinii 195 sg. Riguardo a Cabum e ai Cabenses vedi HÜLSEN, Cabenses in PW, III (1899) e. 1162 sg. (ivi bibliografia; adde G.B. DE Rossi, Ricerche archeologiche e topografiche nel Monte Albano e nel territorio tusculano in Annali dell'Istituto di corrispondenza archeologica, 45 [1873], p. 168 sgg.); v. ora anche qualche cenno in WERNER, Der Beginn cit., p. 374 n. 4; 422; 439 sgg. Vedi particolarmente l'impostazione data sopra, p. 160. (82) Vedi supra p. 174 n. 120. (83) Vedi supra p. 162 sgg. (84) Vedi supra p. 200 sgg. (85) Vedi supra p. 205 sg. (86) Vedi supra p. 206; alquanto incerto appare lo stesso DE SANCTIS, Storia cit., I, p. 388 (v. a. infra p. 255 n. .27). (87) Si può arrivare a tale conclusione anche se questo foedus fu conchiuso in un momento in cui la federazione del caput Ferentinae non era più operante; non si può infatti pensare che all'interno della federazione costituita da Tarquinio il Superbo i rapporti fra i membri fossero meno stretti che nella federazione paritaria: la posizione di Gabii era particolare, a maggior ragione, in confronto a questa. Sul foedus Gabinum v. anche supra ; n. 42 (e rinvìi ivi).

— Z13 —

(o da Servio Tullio), si può mettere in rilievo l'affermazione di Dionisio 4,48,3 che Tarquinio il Superbo (come già Tarquinio Prisco e Servio Tullio) fu fatto ἡγεμὼν τοῦ ἔθνους. Da tale iden­ tificazione del capo della federazione con il rex di Roma doveva conseguire l'egemonia dei Romani nelle cose del culto (Dio­ nisio 4,49,3). Anche l'esercito della federazione fu romanizzato : « ne ducem suum neve secretum Imperium propriave signa haberent (se. iuniores Latinorum), miscuit manipulos ex Latinis Romanisque ut ex binis singulos faceret binosque ex singulis » (Livio, 1,52,6). Quanto alla federazione latina che escluse e combattè Roma, ponendo il suo centro nel nemus Aricihum, essa ebbe a capo un dictator: vedi Catone, Orig. 58 (88). 4. — F u n z i o n i . Delle. funzioni di culto e di quelle militari si è già detto parlando della struttura ( 8e ). La funzione di risolvere controversie fra le città federate sembra essere stata assunta dalle federazioni con egemonia ro­ mana (Dionisio 4, 25 e 26). Forse più antica e generale doveva essere la funzione di giudicare dei reati contro la federazione: onde l'accusa contro Tarquinio il Superbo (1,50) e poi la morte di Turno Erdonio (Livio 1,51: « confestim Latinorum concilium magno cum tumulto advocatur. Ibi tam atrox invidia orta est gladiis in medio positis, ut indicta causa, novo genere leti, deiectus ad caput aquae Ferentinae orate superne iniecta saxisque congestis mergeretur ») (90). (88) Secondo la lettura generalmente accettata. Va ricordato però che H. RUDOLPH, Stadt und Staat im römischen Italien, Leipzig 1935, p. 11 sgg., legge, conformemente al codex R (biblioth. imper. Parisin. 7496), « dicator » (seguito ad esempio da J. GÖHLER, Rom und Italien, Breslau 1939, p. 6; contra VITUCCI, Latium cit., p. 432 e autori ivi citati). Non ritengo opportuno aprire qui la discussione su tale problema. (8Ö) Va qui inoltre tenuto presente che il PARETI, Storia cit., I, p. 416 sg., argomentando da Livio 8, 2, 13, esclude che il foedus Cassianum vinco­ lasse in caso di guerre di aggressione. (90) Cfr. COLI, Stati-città e unioni etniche cit., p. 531. Prescindo qui

— Zio — Si possono vedere funzioni relative ai rapporti con l'esterno già per l'età più antica in connessione con le funzioni militari; ma una esclusiva competenza a conchiudere trattati si può ipotizzare solo per le federazioni più recenti, che escludevano Roma ( 91 ). È certo, infine, che nella tradizione non v'è notizia di centri federali con funzioni meramente di culto (v. supra, p. 200 sgg.).

5. — "Nomen

Latinum"

(*). >

Grande importanza per accertare il fondamento e le fun­ zioni delle unità che stiamo' esaminando ha l'individuazione del significato dell'espressione nomen Latinum. A. La tesi dominante è chiaramente formulata dal Para­ disi ( ) : « . . . il nomen Latinum ci si presenta sempre come una compagine preformata, il cui vincolo è fondato su elementi che, come la comunità della stirpe e del culto, non derivano da trat­ tati e la cui misteriosa essenza è appunto indicata col termine 92

dalla generale tesi del Coli, secondo cui il diritto della clvitas (repubbli­ cana) avrebbe avuto un antecedente in quello del nomen (v. supra n. 79). (91) Vedi anche infra p. 269. Può essere interessante ricordare quanto il BELOCH, Der italische Bund cit., p. 186, afferma circa la comunità politica che si sarebbe so­ vrapposta, all'inizio del V secolo, all'antica comunità di culto (su questa tesi del Beloch cfr. supra n. 34) : « Wenn das cassisene Bündniss ewigen Frieden zwischen Latium und Rom festsetzte, so muss zwischen den einzelnen Latinerstädten etwas ähnliches schon früher festgesetzt worden sein. Ja noch mehr; es ist glaubhaft bezeugt, dass die Bundesstädte über­ haupt zu Gunsten des Bundes auf jede Kriegshoheit verzichtet haben (Cincius bei Festus p. 241). Damit hängt es zusammen, wenn allein dem Bunde das Recht zukommt, Verträge mit dem Auslande abzuschliessen. So hat Sp. Cassius seinen Vertrag mit der latinischen Centralregierung geschlossen, nicht mit jeder Gemeinde besonders; und in den Verhand­ lungen, die dem letzten Latinerkriege vorausgehen, ist es der Bund als solcher, nicht die einzelnen Städte, der die entscheidenden Forderungen in Rom stellt und es schliesslich zum Bruche treibt ». Contra però TRIEPEL, Die Hegemonie cit., p. 444 sg. (cfr. supra n. 40). (92) PARADISI, Due aspetti fondamentali cit., p. 189. (*) Lo studio è stato condotto anche sulla base delle schede originali del Thesaurus linguae latinae relative a nomen e a natio.

— 217 —

nomen e mai con quello di societas e di amicitia. Per tali ragioni è spesso insoddisfacente l'uso che nei confronti del nomen si fa dei termini "lega" e "confederazione"»; e rinvia alle pagine del Mommsen in cui si afferma che nella terminologia rigorosa i Latini non sono compresi fra i socii ne fra i foederati (93). Pre­ supposto di tutto questo è quanto il Mommsen aveva affermato all'inizio della sua esposizione su « Der latinische Stammbund », cioè che il significato tecnico di nomen sia " Stamm " (94) : « Dass nomen für den Stamm ebenso technisch ist wie populus für die Stadt, zeigt insbesondere der Gebrauch von nomen Latinum neben populus Romanus ( C L L . X, 797 : sacra principia p. R. Quirit. nominisque Latini quai apud Laurentis coluntur und sonst oft); man ahnt darin die Erinnerung an eine Epoche, wo die Latini sich zu den Romani und Praenestini oder vielmehr zu den Tities und den Ramnes ähnlich verhielten wie das Geschlecht zu seinen Häusern, die populi noch als Geschlechtsgemeinschaften empfunden wurden. Es findet sich wohl auch nomen Caeninum (Liv. 1,10,3), Albanum (Liv. 1,23,4), Romanum (Liv. 5,39,10; 23,6,3), aber gegenüber der Beziehung auf den Stamm ist dies selten und wohl incorrect ». Non posso condividere l'impostazione mommseniana e gli sviluppi che essa ha avuto nella dottrina moderna. In effetti alcune parti dell'argomentazione della dottrina (93) Vedi MOMMSEN, Droit public cit., VI, 2, p. 231 e n. 1; 278 sg.; 287. Ci si ricollega così alla generale contrapposizione mommseniana (v. supra p. 52; 58 sgg.) fra il fondamento naturale e necessario dei trattati con i Latini e le federazioni arbitrariamente conchiuse con gli stranieri italici ed extraitalici. (94) MOMMSEN, Römisches Staatsrecht cit. III, p. 608 n. 1; cfr. Droit public cit., VI, 2, p. 227 n. 1, ove il GIRARD traduce « Stamm » con « race ». Può essere di qualche rilievo che il MOMMSEN, Àbriss des römischen Staatsrechts, Leipzig 1893, p. 56, parli, nel titolo stesso, di « Nation » (ter­ mine usato già, talvolta, nello Staatsrecht: v. ad es. vol. cit., p. 611) e che, d'altra parte, il GIRARD (loc. cit. p. 226) traduca « Stammbund » con « ligue nationale ». Per l'equivalenza di nomen e "Stamm" vedi recentemente, ad es., E. MEYER, Römischer Staat und Staatsgedanke, Darmstadt 1961, p. 15; 225. L'ALFÖLDI, Die trojanischen Urahnen cit., p. 46 n. 125, parla di « Stam­ mesbund ».

— 218 — dominante sono restate implicite; e il renderle esplicite serve già, come vedremo, a mostrarne la debolezza. Si è partiti dalla considerazione che nomen indicava, tec­ nicamente, una "unità politica" che oggi si direbbe "nazionale" (« die politische Einheit des Volksstammes »), in quanto sua dif­ ferenza specifica, rispetto ad altre unità politiche (in particolare al populus), erano la comunanza di stirpe e lingua, e l'organizzazione non individuata entro una distinta cinta di mura (94a). Dopo di che si è qualificato « incorrect » ogni uso del termine che non si rife­ risse ad unità la cui essenza era " determinata " da tale carattere. E non solo ci si è. rifiutati di considerare, per chiarire il significato di nomen relativamente a queste unità, gli altri usi del termine stesso; ma si è preso un elemento di tale comu­ nanza, quello della stirpe, e lo si è considerato fondamentale: onde la traduzione con "Stamm", "race". Il passo ulteriore è consistito nel considerare tale comunanza "naturale" come fon­ damento della struttura dell' " unità politica ". Orbene, solo la prima di tutte queste affermazioni rispec­ chia (grosso modo) un dato delle fonti ; le altre, già a prima vista, risultano frutto di illazioni dell'interprete (vedremo poi come esse dipendano da un particolare ambiente culturale). B. a) È esatto dire che, secondo l'uso tecnico, nomen indica una "unità politica" cui differenza specifica sono la comunanza di stirpe, lingua, religione e l'organizzazione non accentrata (in vil­ laggio o urbs) ; tale uso non va però separato da quelli paralleli. L'uso di nomen riferito a una "unità politica" avente le ca­ ratteristiche di populus, certamente meno frequente, non è così raro come farebbe supporre la frase del Mommsen sopra citata. Oltre a nomen Caeninum (Livio 1,10, 3) e nomen Albanum (Livio 1,23,4) (95), si trova spesso nomen Romanum: in Sallustio, (94a) « das Auseinandersiedeln in einzelne Mauerringe und die zu deren Vertheidigung erforderliche Organisation wird erst thatsächlich, dann auch rechtlich zu dem Auseinanderfallen des einheitlich geord­ neten Stammes in eine Anzahl souveräner Wehrmannschaften (populi) ge­ führt haben » (MOMMSEN, Römisches Staatsrecht cit., p. 608). (95) Che con l'espressione nomen Albanum Livio voglia riferirsi alla « lega formatasi intorno ad Alba » (così BELLINI, Sulla genesi e la struttura

Catil. 52, 24 ; Ιug. 5,4 ; Nepote, Hann. 7, 3 ; Cicerone, fragm. poet. 3,42 (De div. 1,20); In Vert. act. II, 5, 149 e 150; Pro Place. 60; Pro Balb. 3 1 ; Phil 2,20; 3,29; 4,13; 11,36 e passim ( 96 ); Livio 1,40,3; 2,48, 9; 4 , 3 3 , 5 ; 5 , 6 , 6 , cfr. 8; 5,39, 10; 5 , 4 5 , 4 ; 6,2, 2; 6 , 2 , 4 ; 6,17,4; 7,10,4; 9 , 7 , 1 ; 9,18,6; 10,11,12; 10,18,5; 10, 36,12; 21,30,3; 21,43,12; 22,55,5; 22,59,12; 23,6,4; 24,32,2; 25, 38, 9; 26, 27, 12; 27, 33, 11 ; 28, 25, 6; 28, 32, 6; 29, 11, 5 ; 31, 18, 4; 33, 27,7; 3 3 , 3 1 , 8 ; 36, 17, 15; 38,47,9; 3 8 , 5 8 , 5 ; 4 0 , 5 , 8 ; 44, 1, 8 ; 45, 38, 10 (e cfr. 26, 41,13) (97) ; Festo, 189 Opima spolia (in parti­ colare mette conto ricordare: Livio 7,10,4 «Tum dictator "macte virtute" inquit "ac pietate in patrem patriamque, T. Manli, esto. Perge et nomen Romanum invictum iuvantibus dis praesta" », per la solennità del linguaggio usato nel complesso della frase (98) ; Livio 28, 32, 6, per l'accostamento delle espres­ sioni « omnes cives aut socios Latinique nominis » e « qui primus Romani nominis»; nonché Festo, 189 «Opima spolia... trina contigerint nomini Romano », per l'oggetto religioso di cui si discorre (") ). Si trova altresì nomen Punicum in Livio 23,12,5 (cfr. 26,41,19) (10°). Questo uso di nomen dimostra che cit., p. 221), cioè agli Albenses (COLI, Regnum cit., p. 162), non mi sembra provato : si confronti il significato di ager Albanus nello stesso Livio 1,23,4. (96) Cfr., per l'espressione nomen populi Romani, H. MERGUET, Lexikon zu den Reden des Cicero, III (Jena 1882), v. nomen, ed inoltre Ad Att. 10,7,1 ; Pollione, de. epist. 10,33,5. (97) Non ho qui distinto a seconda che nomen si riferisca propria­ mente al solo n o m e o anche alla r e a l t à della collettività: v. infra n. 115. (98) Macte esto è formula rituale: vedi ad esempio MAGDELAIN, Essai sur les origines de la sponsio cit., p. 45 sgg.; LATTE, Römische Religionsgeschickte cit., p. 45 n. 2. Sul significato originario e sull'uso cfr. però ERNOUT-MEILLET, Dictionnaire cit., p. 376. L'espressione macte virtute si trova, ad es., in Livio 2,12,14; 7,36,5; 10,40,11; Virgilio, Aen., 9,641. (99) Nel seguito del passo di Festo si fa riferimento ai libri dei pontefici ed è riportata la legge di Numa, su cui vedi, dal punto di vista linguistico, V. PISANI, Testi latini arcaici e volgari, Torino 1960, p. 41. (100) È vero che Poeni, in senso generico, sono detti tutti i popoli d'origine fenicia e gli stessi Fenici (vedi ad esempio Cicerone, De rep., 3, fragm. in Nonio p. 431, 11; Virgilio, Aen. 1,338), e ciò ben si spiega per la derivazione di Poeni dal greco Φοίν(ικες) (vedi LEUMANN, Lateinische Laut- und Formenlehre cit., p. 78; 130), non direttamente da termine et-

— 220 — il termine poneva in rilievo un aspetto dell' "unità politica" latina che si trovava anche nell' " unità politica " populus: aspet­ to, dunque, che non poteva essere la suddetta differenza spe­ cifica. Tanto meno, poi, quell'aspetto sarebbe stato riducibile alla comunanza di stirpe. b) Tutto ciò trova conferma nell'uso di altri termini. Vanno dapprima considerati i termini cui ricorre Cicerone, De off. 1,53, per descrivere quello che oggi diremmo il "gruppo

nico fenicio o cartaginese (vedi anche L. PARETI, Sui primi commerci e stanziamenti fenici nei paesi mediterranei e specialmente in Sicilia in Archivio storico per la Sicilia orientale, 30 [1934] p. 3 sgg.). Tuttavia Poeni, Punicus sono usati anche in un significato stretto, in riferimento ai Cartaginesi; e sembra questo il significato dell'aggettivo almeno in Livio 23,12,5 « ... tam bene meritis de nomine Punico militibus ». Questo passo (relativo a un discorso di Magone davanti al senato cartaginese) va infatti confrontato, ad esempio, con Livio 25,40,5 e 12 « ... ab Kannibale in locum Hippocratis missus, Libyphoenicum generis Hippacritanus — Muttinen populäres vocabant — vir inpiger... Id ambo aegre passi duces, magis Hanno, iam ante anxius gloria eius: Muttinem sibi modum facere, degenerem Afrum imperatori Carthaginiensi misso ab senatu populoque », e 21,22,3 « équités Libyphoenices, mixtum Punicum Afris genus»: ora, il nome Λιβυφοίνικες, che è usato dal traduttore del Periplo di Annone (Peripl. 1), ha anche un significato giuridico per indicare i cittadini di città fondate da Fenici o Cartaginesi, dipendenti da Cartagine e aventi con questa l'ἐπιγαμία (vedi Diodoro Siculo, 20,55; cfr. MOMMSEN, Storia di Roma cit., I, p. 630 n. 1; 0 . MELTZER, Geschichte der Karthager, I [Berlin 1879], pp. 60-63; 436438; S. GSELL, Histoire ancienne de l'Afrique du Nord, 1 [Paris 1914] p. 476 sg.; cfr. 342; 440 sg.; 445 sg.; II [Paris 1918] p. 94; 112 sg.; 115 n. 4; 288 sgg. e passim; vedi anche in Diodoro Siculo 17, 113 la distinzione fra Libiofenici e Cartaginesi, su cui cfr. GSELL, op. cit., I, p. 422 sg.; II, p. 113 n. 2): Livio contrappone dunque, pur se con una incertezza dovuta ai fraintendimenti propri dell'epoca in cui scrive (cfr. MELTZER, loc. cit.), gli abitanti delle colonie ai Poeni in senso stretto. La distinzione in Plinio, Nat. hist. 3,8 « in universam Hispaniam M. Varrò pervenisse Iberos et Persas et Phoenicas Celtasque et Poenos tradit » sembra implicare un significato alquanto più ampio, che comprende le colonie cartaginesi (e però non in genere quelle fenicie): il che conferma l'esistenza del significato più ristretto. D'altra parte, anche i Greci usa­ vano spesso il nome Φοίνικες nel senso di "Cartaginesi", come nota, a proposito di Strabone 3, 4, 2-3, A. GARCIA Y BELLIDO, Phönizische und griechische Kolonisation im westlichen Mittelmeer in Historia mundi, III (Bern 1954), p. 338 (cfr. ID., Fenicios y Carthagineses en Espana in Sefarad, 2 [1942], p. 51 sgg., riguardo ai Libiofenici).

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etnico' o la "nazione": « Gradus autem plures sunt societatis hominum. Ut enim ab illa infinita discedatur, propior est eiusdem gentis, nationis, linguae, qua maxume homines coniunguntur. Interius etiam est eiusdem esse civitatis; multa enim sunt civibus inter se communia, forum, fana, porticus, viae, leges, iura, iudicia, suffragia, consuetudines praeterea et familiaritates multisque cum multis res rationesque contractae. Artior vero colligatio est societatis propinquorum... » (101). Prescindiamo dal fatto che questa distinzione rispecchia certo, per quanto attiene alla civitas, una situazione che ormai la diffusione della cittadi­ nanza romana andava superando (102). Per quanto attiene al gruppo etnico non vediamo alcun cenno a strutture giuridiche (il che mostra che Cicerone ha in mente una realtà diversa dagli antichi nomina), e soprattutto vediamo che l'elemento ge­ netico è espresso con i termini gens e natio. E in effetti la ter­ minologia ciceroniana è precisa. Non sarà inutile un breve esame dell'uso di gens e di natio. Gens è etimologicamente connesso (103) a geno e gigno; il complesso uso di questo termine (104) corrisponde all'etimologia. ( 101 ) E. REMY, DU groupement des peuples en états d'après le "De officiis " de Cicéron I, 53 in Mélanges P. Thomas, Bruges 1930, pp. 583-593, traduce i tre termini gens, natio, lingua con "nation" "peuplade" "langue", e afferma che Cicerone ha voluto definire « un groupement prolongé sur un territoire donné d'hommes nombreux, censés avoir la même origine et parlant la même langue », che cioè sia ivi contenuto, oltre agli elementi genetico e linguistico, quello territoriale (v. p. 584 a proposito di natio e gens). Egli aggiunge che il concetto di Cicerone non può essere espresso con "race": converrebbe "nation", ma date le oscillazioni del significato di questo termine è preferibile la chiarezza dell'espressione "groupement ethnique" (op. cit., p. 585 sg.). L'interpretazione del passo ciceroniano compiuta dal Remy andrebbe riveduta (particolarmente riguardo all'elemento territoriale), ma è chiaro che l'elemento genetico, della stirpe, è stato espresso da Cicerone con i termini gens e natio. (102) Sul persistere della concezione antica della civitas (nel suo rap­ porto con l'urbs) vedi, a proposito di questo passo (e di De rep. 3, 14; Pro Sest. 91) REMY, op. cit., p. 586 sg.

(103) Vedi WALDE-HOFMANN, Lateinisches etym. Wörterbuch cit., I, p. 592; ERNOUT-MEILLET, Dictionnaire cit., p. 270 sg.

(104) Sull'uso di gens vedi M. RADIN, Gens, familia, stirps in Classical

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In uno dei significati indica « a Roman clan or super-family, i. e., a group of men believing themselves to be descendend from a common ancestor, but unable to trace that descent in detail » (105). In riferimento alla gens si parla anche di nomen (Fabium nomen : Livio 2,42,2 e 8; 2,45,16; nomen Potitiorum: Livio, 9 , 2 9 , 1 1 ; nomen Marcellorum : Livio 25,29,6). Va considerato dapprima che il termine indica qui non tanto la realtà della gens, quanto il nome con cui la si designa (v. però p. 226 n.). Soprattutto, il valore del richiamo al nomen a proposito della gens va chiarito con Cice­ rone, Top. 29 « Gentiles sunt int er se, qui eodem nomine sunt. Non est satis. Qui ab ingenuis oriundi sunt. Ne id quidem satis est. Quorum maiorum nemo servitutem servivit. Abest etiam nunc. Qui capite non sunt deminuti. Hoc fortasse satis est. Nihil enim video Scaevolam pontificem ad hanc definitionem addidisse », e con Paolo, Fest, epit., 94 : «Gentilis dicitur et ex eodem genere ortus, ei is, qui simili nomine appellatur, ut ait Cincius : " gentiles mihi sunt qui meo nomine appellantur " » : le definizioni di Quinto Mucic Scevola e di Lucio Cincio si ponevano in rapporto alle controversie sullo stato di gentilis (106), di cui dà ancora notizia Papiniano D. 22, 3,1 (107). Si deve piuttosto dire che il richiamo al nome, e in particolare que­ ste definizioni, sono un riflesso del fatto che la stessa gens non è riducibile a un gruppo puramente genetico (108).

Philology, 9 (1914), p. 235 sgg. (particolarmente sugli autori fino a Livio); H. J. HELLER, Beiträge, zur Kritik und Erklärung der taciteischen Werke in Philologus, 51 (1892), p. 340 sgg. (sul rapporto con natio, particolar­ mente presso gli autori dell'età imperiale). (105) RADIN, Gens, familia, stirps cit., p. 237. Vedi però infra, testo e n. 108, circa la natura non esclusivamente genetica della gens. (io6) Vedi F. BERNHÖFT, Das römische Geschlecht er recht (ius gentilicium) in Zeitschrift für vergleichende Rechtswissenschaft, 36 (1920) p. 118 sgg. (io7) Vedi anche RADIN, Gens, familia, stirps cit., p. 241 sg. (los) p e r particolari considerazioni riguardo ai plebei vedi BERNHÖFT, op. cit., p. 119 sgg. Ma va più in generale tenuta presente quella serie di elementi che inducono P. BONFANTE (Storia del diritto romano, I [Roma 1934], p. 63 sgg.), pur rifiutando la tesi che la gens sia istituzione artificiale creata dalla

(guanto all'uso di gens nel senso ampio di " nazione ", anche qui l'elemento genetico non appare esclusivo (v. infra e n. 113). L'etimologia di natio riconduce essa pure a un concetto di genesi comune (109). La fonte più antica in nostro possesso in cui il termine sia usato è un'iscrizione di Preneste, in CIL, XIV, 2863 : « Orcevia Numeri nationu grada Fortuna Diovo fileia primogenia donom aedi », che sembra da riferire alla fecondità di prole ( 110 ); e si ha anche una dea Natio (Cicerone, De nat. deor. 3,47), certo antichissima 0 1 1 ). L'uso di natio nel significato di "nazione" (o "gente") che troviamo già in Plauto (Capt. 887; Cure. 447; Rud. 311), in Catone (Orig. fr. 95 b), in Caio Gracco (presso Gellio 15,12, 3 ; Festo, 286 Res publica), nonché nel lin­ guaggio giuridico (lex repetundarum in CIL, I 2 , 2,583,1) resta legato al significato di "nascimento" ( 112 ); anche se mi sembra civitas, ad affermarne il carattere di « comunità politica »; in particolare ha qui rilievo il fatto che si diventa gentile non solo per nascita da padre gentile ma anche per aggregazione, diretta o indiretta (cfr. ID., Scritti giuridici vari, I [Torino 1916], p. 1 sgg.; Corso di diritto romano, I [Roma 1925] p. 18). Sulla definizione della gentilità in base al nomen comune faceva leva CH. GIRAUD, De la gentilità romaine in Revue de législation et de jurisprudence, 12 (1846), 3, p. 396 sgg.; 409 sgg., per sostenere la tesi, derivata dal Niebuhr, che la gens fosse una suddivisione delle curie («famille politique»); contra A. ZOCCO-ROSA, / " gentiles " nelle definizioni di Scevola e di Cincio, Catania 1912, p. 8 sgg., ma con argomenti che obliterano quanto di esatto v'è nelle osservazioni del Giraud (per le interpretazioni della definizione di Scevola, in particolare riguardo alla capitis deminutio, v. F. DESSERTEAUX, Études sur la formation historique de la "capitis deminutio1', I [DijonParis 1909] p. 46 sgg.; M. KASER, Zur Geschichte der "capitis deminutio" in Iura, 3 [1952], p. 79 sgg.). (io9) vedi WALDE-HOFMANN, Lateinisches etym. Wörterbuch cit., I, v. gigno, p. 598; ERNOUT - MEILLET, Dictionnaire cit., v. nascor, p. 430. (110) Vedi CIL, I 2 , 2, 60 (cfr. DEGRASSI, 101); il Mommsen aveva invece interpretato il termine richiamandosi a Paolo, Fest, epit., 167 natio. ( i n ) Vedi LATTE, Römische Religions geschieht e cit., p. 52. (112) Anche l'uso del senso di " natura ", che troviamo in Plauto, Men. 258 (« nam itast haec hominum natio »), dipende dal significato di " nascimento ". È stato giustamente notato che nelle espressioni come natione Gallus ecc. il significato sta nel mezzo tra quello di " natura " e quello di " gente " : vedi O. HEY, Semasiologische Studien in Jahrbücher für classische Philologie, 18 (1892), p. 114. Per un confronto fra l'uso di natio e quello di natura vedi J. CLASSEN, Zur Geschichte des Wortes "Natur"

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troppo rigida la tesi secondo cui « Nai.„ ist eine ethnographische, gens eine geographische, civitas die politische Bezeichnung » (113). Va ora notato che, per contro, dall'etimo di nomen è assente qualsiasi riferimento genetico (114). (Festschrift der Dr. Senckenbergischen Stiftung zu Frankfurt a.M.), Frankfurt a.M. 1863, p. 10. (113) HELLER, Beiträge cit., p. 341, il quale così prosegue: «Zu einer natio gehören diejenigen, welche bei der Eigenthümlichkeit ihres Kör­ perbaues, ihrer Gesichtsbildung, ihres Haares, der Sprache, der Sitten auf einen gemeinschaftlichen Ursprung zurückzuführen sind; zu einer gens, — bei welcher natürlich jenes Alles auch stattfinden kann, — diejenigen, welche zusammen ein Land oder eine Provinz bewohnen: jene charakterisirt die Race, diese die Ortsangehörigkeit ». Ma bastano a porre in dubbio la possibilità di tale rigida distinzione da una parte Paolo, Fest. epit. 167 «Natio genus hominum, qui non aliunde venerunt, sed ibi nati sunt » (cfr. Festo, 166 Natio) e dall'altra l'oscillante uso che gli autori fanno di gens (su cui vedi anche SCHULTEN, Die peregrinen Gaugemeinden des römischen Reichs in Rheinisches Museum für Philologie, 50 [1895], p. 553). Mi resta poi incomprensibile E. BICKEL, Pagani in Rheinisches Museum für Philologie, 97 (1954), p. 20, che, sulla base di Tacito, Germ. 4 e Velleio Patercolo 2,98,1, afferma : « Das Wort natio bezeichnet anders als gens eine niedere Stufe in der Gesellschaftsentwicklung ». Basti pensare a C. Gracco in Festo, 286 Res publica : « eae nationes, cum aliis rebus, per avaritiam atque stültitiam, res publicas suas amiserunt », e ancora C. Gracco in Gellio, 15,12,3 « . . . omnium nationum postremissimum nequissimumque existimatoie »: è chiaro che il termine ha una sua forza politica, confermata, per altro lato, dall'uso giuridico di esso. L'estensione dei significati di gens e natio muta secondo il punto di vista dell'autore: vedi, con particolare riguardo a Cicerone, De off. 3,17,69; De nat. deor. 3,39,93 e De rep. 3,4,7, M. VOIGT, Die Lehre von jus naturale, aequum et bonum und jus gentium der Römer, I (Leipzig 1856), p. 544 n. 1. (114) È ormai escluso (vedi ERNOUT - MEILLET, Dictionnaire cit., p. 443 sg. ; cfr. J. POKORNY, Indogermanisches etymologisches Wörterbuch, I [Bern u. München 1959], p. 321) che vi sia in nomen una g iniziale eti­ mologica, e che nomen sia in origine dipendente da nosco (riguardo al quale verbo va detto che la radice *génd significante « connaître » è, in indoeuropeo, omonima di quella significante « naître, engendrer » : così ERNOUT-MEILLET, op. cit., p. 446; cfr. però WALDE-HOFMANN,

Lateinisches

etym. Wörterbuch cit., I, p. 599; II, p. 177). Si deve quindi ormai respin­ gere l'affermazione di M. BRÉAL, Les tables eugubines, Paris 1875, p. 72: « Sous le mot nomen se cachent en réalité deux termes différents : celui de " nom " et celui de " descendence " ; l'un se rapporte à la racine gnä " connaître ", l'autre à la racine gan " mettre au monde " » (sulla base

— 225 — Esattamente quindi troviamo distinti genus e nomen in Ci­ cerone (Phil. 3, 29 : « ut... libertatem propriam Romani et generis et nominis recuperemus » cfr. 4,13), sanguis e nomen in Livio (2,9,1 « oriundos ex Etruscis, eiusdem sanguinis nominisque ») ; cfr. infra, n. 144, riguardo a genus. L'esame degli usi, oltre che di nomen, di gens e di natio porta dunque a concludere che la traduzione di nomen con " Stamm ", "race" è del tutto inesatta, ed è almeno equivoca quella con "nation". e) Il concetto espresso dai Romani con nomen Volscum (Livio 2, 38, 5 e passim), nomen Etruscum (Livio 5, 22, 8 e pas­ sim), nomen Hernicum (Livio 7,7,4 e passim), nomen Italicwn (Livio 23, 43, 11), nomen Lucanum (Livio 25, 16, 14), e ancora con nomen Aequorum (Livio 9,45,17), nomen Macedonum (Li­ vio 31,44,7), nomen Aetolorum (Livio 36,34,2), nomen Ligurum (Livio 37,2,5) (115) è diffìcilmente traducibile in termini di ciò questo studioso giungeva addirittura a capovolgere per le origini il significato dell'espressione nomen Romanum : « les écrivains, guidés par l'usage, emploient nomen dans la signification de " race ", quoiqu'eux mêmes le prissent sans doute pour le mot " nom " ») ; e si deve altresì respingere l'affermazione che il sanscrito nâman- abbia i due significati di " nome " e " razza " (così volevano J. DARMESTETER, Nomen, näman in Mémoires de la société de linguistique de Paris, 2 [1875], p. 395 sg.; BRÉAL, Les tables cit., p. 72 n. 1; e, in riferimento anche all'umbro nome, RouzAUD in Bulletin de la société de linguistique de Paris, 28,2 [1928] p. XXXIII sg., il quale erroneamente si richiamava al pensiero del Meillet): sul valore dell'uso di nâman- nel Rigveda vedi infra p. 230 sgg. Da respingere è anche la tesi di L. HAVET, Études latines in Mémoires de la société de linguistique de Paris, 4 (1881) p. 231, secondo cui nomen, apparentato a gnoscere, non avrebbe nulla in comune con nâman- e ὄνομα. (115) Va precisato che l'espressione « Ligurum omne nomen in deditionem venisse » di Livio 37,2,5 non si riferisce, ovviamente, al complesso di tutte le popolazioni liguri (che non costituiva certo un'unità capace di deditio) bensì, come il nome Ligures usato in Livio 35,3,1-5 (e oltre), agli Apuani contro cui combatteva dal 193 a. C. il console (e poi proconsole) Q. Minucio Termo (cfr. N. LAMBOGLIA, La Liguria antica [ = Storia di Genova dalle origini al tempo nostro, I] Milano 1941, p. 179 sgg.; PARETI, Storia di Roma cit., III, p. 526 sg.): è all'organizzazione di questi che si riferisce Livio 34,56,2 « Ligurum viginti milia armatorum coniuratione per omnia conciliabula universae gentis facta Lunensem primum agrum depopulatos, Pisanum deinde finem transgressos omnem oram maris pe15 — P. CATALANO - Linee del sistema sovrannazionale romano - I.

— 226 — moderni. Un tentativo di chiarimento deve, a mio avviso, tener conto di alcuni punti : — Nei casi in cui il termine nomen indica la realtà di un gruppo umano, questo ha una qualche organizzazione unitaria (anche se poco sviluppata). — Il nome è esso stesso, per i Romani, una realtà con valore religioso (e quindi giuridico e politico). Basti pensare al problema del nome delle centurie dei celeres (Livio 1,43, 9) (116) ; e, in generale, al valore ominale del nome e agli episodi di scelta o mutamento di esso (117)- Ancora, il valore religioso del nome è sottolineato dalla correlazione in cui si trova in Accio, trag. 646 (in Nonio 173, 27) « alia hie sanctitudo est, aliud nomen et numen Iovis »; trag. 691 (in Varrone, De ling. Lat. 7,85) « multis nomen vestrum numenque ciendo » (118). r agrasse » ; 36, 38, 1 « Ligures lege sacrata coacto exercitu nocte improviso castra Q. Minucii proconsulis adgressi sunt » (cfr. E. SERENI, Comunità rurali nell'Italia antica, Roma 1955, p. 117; 156; cfr. pp. 116-122; 251 n. 89 e passim, circa le « federazioni » fra i Liguri). Nel testo non ho elencato i casi in cui il termine indica non la r e a l t à della collettività, ma solo il n o m e che la designa : ad es. Livio 30, 12, 13 «per gentis Numidarum nomen»; Pompeo Trogo 38, 4, 9 « Gallorum... nomen quod semper Romanos terruit ». La distinzione dei due significati è spesso assai difficile: v. ad. es. Livio 26, 27, 10 « . . . nomenque Campanorum a Q. Fiacco deieri sinerent », e alcuni dei passi sopra elencati nel testo; tale difficoltà dipende dal fatto che spesso nomen è allo stesso tempo « Bezeichnung und bezeichnete Sache » (vedi, in rapporto a Tab. iguv. VI, b, 13, F. DORNSEIFF, Buchglossen in Rhein. Mus. f. PhiloL, 89 [1940], p. 231). Comunque a noi qui interessa soltanto l'uso in riferimento a popoli per cui sia certo che con nomen si indica non solo il n o m e ma anche (almeno in alcuni casi) la r e a 11 à. (ne) vedi CATALANO, Contributi allo studio del diritto augurale cit., p. 56; 569 sg. (117) Vedi A. BOUCHÉ-LECLERCQ, Histoire de la divination dans l'an­ tiquité, IV (Paris 1882), p. 139. Il BAYET, Histoire politique et psycholo­ gique de la religion romaine cit., p. 53, parla del mutamento dei nomi di città a proposito del « traitement pragmatique des présages » (su quest'ultimo concetto vedi qualche mia osservazione in Contributi cit., p. 165 e n. 167). Con particolare riguardo agli omina si può dire che il nome proprio « als integraler Teil der Persönlichkeit angesehen wird » : E. RIESS, Omen in PW, XVIII (1939), c. 376 sgg. (118) Circa il valore di questo nesso fra nomen e numen vedi W.

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— Posta la volontarietà del nome, la designazione di un gruppo con il termine nomen (cioè facendo riferimento a una realtà volontariamente costituibile, invece che ad una na­ turalisticamente costituita, come nel caso di gens e natio) indica che il gruppo stesso è definito (cioè fondato) anche da una volontà. Questi i risultati di un esame, che non pretendo esauriente, delle fonti latine. C. L'uso di nome nelle Tavole di Gubbio conferma tali risultati. Il generale valore religioso del termine risulta da espres­ sioni, spesso ripetute, relative alla civitas eugubina : ad es. VI a, 29 sgg. « di grabouie pihatu ocre fisei, pihatu tota iouina. di grabouie pihatu ocrer fisier, totar iouinar nome-, nerf arsmo, ueiro pequo, castrilo fri pihatu. futu fos pacer pase tua ocre fisi, tote iiouine erer nomne erar nomne » (119) (120) ; a proposito di esse è stato giustamente richiamato dal Devoto il fatto che gli Eugubini non pronunziavano, per motivi religiosi, alcuni nomi: « Iguvini nomina per circumlocutiones non celavissent, nisi nomina habuissent magnam vim super res » (121). D'altra parte troviamo menzionati nelle Tavole, accanto alla " città " e PÖTSCHER, Numeri in Gymnasium 66 (1959) p. 364 sgg. (anche contro l'in­ terpretazione evoluzionistica che ne dà H. WAGENVOORT, Roman dynamism, Oxford 1947, p. 78) : « Das nomen gilt dem Antiken nicht als ein -flatus vocis, sondern als Inbegriff des Wesens ». Vedi anche le osservazioni più generali di F. KAINZ, Sprachpsychologisches zum Thema " Religion und Sprache " in Die Sprache, 1 (1949) p. 108 sgg.; cfr. ID., Psychologie der Sprache, I (Stuttgart 1954) p. 248 sgg. (prescindendo da quanto vi è di evoluzionistico). (119) Tabulae Iguvinae, ed. G. DEVOTO, Roma 1954, p. 118; cfr. index verborum, v. nome. (i2o) viene spontaneo il parallelo con l'espressione nomen populi Romani che troviamo in Cicerone (v. supra n. 96), Pollione, Cic. epist. 10,34,5, e più volte in Cesare (v. H. MERGUET, Lexikon zu den Schriften Cäsars, Jena 1886, p. 673 sg.). (121) DEVOTO, Tabulae iguvinae cit., p. 187; cfr. 145 sg. (si prescinda dall'assimilazione al " tabu " e dall'interpretazione dell'espressione poei angla aseriato eest, che non posso condividere : vedi Contributi allo studio del diritto augurale cit., p. 208 sg.; cfr. indice delle materie v. poei angla aseriato eest).

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alla " tribù " di Tadino, i " nomi " etrusco, naharco e iapudico: vedi VI b, 58 « ... totam tarsinatem, trijo tarsinatem, tuscom, naharcom, iabuscom nome », e ibid. 59 (ove si invocano gli Dei contro queste collettività); cfr. ibid. 54 (ove si prescrive l'allon­ tanamento di tali stranieri al momento della lustrazione della città) (122). Secondo il Devoto il « nome iapudico » rappresenta IIliri che risalivano le valli adriatiche, il « nome naharco » si riferi­ sce ad abitanti sconosciuti denominati dal fiume Nar (oggi Nera) in Sabina (123). Tali "nomi" sono stati da molti avvicinati al nomen Latinum, e se ne è dedotta l'antichità di questo concetto giuridico (124) e una conferma alla tesi della "naturalità" del fondamento delle "unioni etniche" (125). Da altri, nel quadro della tesi secondo cui « nomen, federazione e unità nazionale costituiscono un tardo posterius e non un arcaico prius » (126), si è sostenuto che si trattasse di « complessi di popolazioni che gli Iguvini non rite­ nevano costituire unità ben definite, mentre per i Tadinates, (122) Vedi Tabulae Iguvinae cit., p. 128 sg. Sui problemi relativi a questi passi cfr. U. COLI, 77 diritto pubblico degli Umbri e le Tavole eugu­ bine, Milano, 1958, pp. 74-79; e infra p. 281. È interessante la breve annotazione di E. NORDEN, AUS altrömischen Priesterbüchern, Lund 1939, p. 216 n. 2, a proposito sia di Tab. Iguv. VIb, 13, ove nome ha un significato pregnante (v. supra n. 115), sia dell'uso frequentissimo del termine nelle Tavole di Gubbio e nell'espressione Latinum nomen : « Diese den Hellenen fremde Vorstellungs- und Aus­ drucksweise hat mit " Bindungszauber " nichts zu tun, sondern trägt den Stempel ausgeprägten Stammesbewusstseins, das alle denselben wesen­ haften Namen führende Angehörigen eines Stammes verbindet ». Non è però accettabile la traduzione con " Stamm ", e mi pare che al Norden sfuggano le deduzioni che si debbono trarre dal significato pregnante che in quel passo delle Tavole ha nome (fra cui, appunto, il superamento dell'elemento genetico). ( 1 2 3 ) DEVOTO, Contatti etrusco-iguvini in Studi etruschi, 4 (1930), p. 223; Gli antichi italici2, Firenze 1951, p. 123 sg.; Tabulae Iguvinae cit., p. 274 sg. Il fiume era probabilmente detto in origine * Naharos : vedi H. KRÄHE, Zu umbr. " Naharkum " in Glotta 26 (1938), p. 95 sgg. Strabone 5,4,12 parla di continui conflitti tra Umbri e Sabini (v. a. Cou, 77 diritto pubblico cit., p. 78 n. 1). (124) Così ALFÖLDI, Die trojanischen Urahnen cit., p. 21 e n. 125. (125) Così COLI, Il diritto pubblico cit., p. 77 sg. « . . . alleanze fondate, prima che su convenzioni o foedera, sulla coscienza della consanguineità ». (126) Vedi supra p. 60; 180.

che possedevano una organizzazione, si parla di tota-trifu Tarinati » (127) 0 28 ). ^ L'incertezza nell'individuazione dei " nomi " naharco e iapudico potrebbe far dubitare che si trattasse di " unità politiche ". Ma certo il "nome" etrusco costituiva un'unità giuridico-religiosa, pur con vincoli assai lenti e politicamente debole (129) : questa considerazione, insieme all'analogia col termine usato dai Ro­ mani, mi fa ritenere che anche gli Umbri intendessero con "nome" collettività aventi una qualche organizzazione unitaria. D'altra parte non è accettabile, una volta accertato ciò, una illazione a conferma del fondamento "naturale" del nomen. Nulla contrad­ dice qui le conclusioni raggiunte in base alle fonti latine. Sembra lecito supporre che questa designazione tecnica delle collettività etniche organizzate, con un termine che ne pone in evidenza la volontarietà e il carattere religioso, sia comune ài primi e ai se­ condi Italici (130). D. In etrusco troviamo l'espressione me^l rasnal, che si tra­ duce con "nominis Etrusci" ( 131 ); orbene, in mex non era conte(127) Così DE FRANCISCI, Primordia civitatis cit., p. 132 n. 144. (128) Da diverso punto di vista, afferma il DEVOTO, Gli antichi Italici cit., p. 123 : « I Tadinati, gli abitanti di Tadino, oggi Gualdo Tadino, hanno un ordinamento identico agli Iguvini con la divisione in tota e trifu, in città e territorio. Essi rappresentano i vicini degli Iguvini dopo la mi­ grazione. Viceversa gli altri stranieri vengono allontanati, non in base a una divisione amministrativa, ma per il loro " nome ", per l'essenza intima della loro razza ». Non posso condividere questa interpretazione di nome con " razza ". (129) Sulla natura della dodecapoli etnisca v. da ultimo BELLINI, Sulla genesi e la struttura cit. (1960), p. 297 sgg. (130) Cfr. nn. 122 e 138. (131) Vedi J. HEURGON, L'état étrusque in Historia, 6 (1957), p. 65; 89 sgg.; 96 sg. (cfr. però anche altre ipotesi in L. PARETI, La disunione politica degli Etruschi e i suoi riflessi storici ed archeologici in Rendiconti della Pontificia accademia romana di archeologia, 7 [1929-1931], p. 91 sg.). Contro l'opinione comune, il PALLOTTINO, Nuovi spunti di ricerca sul tema delle magistrature etrusche in Studi etruschi, 24 (1955-56), p. 66 sgg., ri­ tiene che meyl rasnal corrisponda a "XV populorum". Ma il dott. A. J. PFIFFIG (che ringrazio qui vivamente) mi comunica ora che nel testo etrusco più lungo delle tre laminette d'oro di Pyrgi (trovate dal Pal­ lottino nel luglio 1964) si ha la parola me^, nominativo, con il significato di " adesione " : corrispondentemente nel testo punico Thefarie Velianas,

; Livio 44,18,6, cfr. 41,21,11-12) (14) e dall'ager Crustuminus (Livio 41,9,5). Tale LUGLI, Sulle più antiche orme di Roma in Rend. Acc. Lincei, ser. Vili, voi. 6 (1951) p. 371 sgg. e (indipendentemente) dall'ALFÒLDi, Ager Romanus antiquus cit., p. 194 sgg. (cfr. in parte già BELOCH, Der italische Bund cit., p. 43 sg.). Quanto al problema dell'antichità del concetto v. qualche cenno in CATALANO, Contributi allo studio del diritto augurale cit., p. 182; 270 nota i.f.; 1'ALFÖLDI, loc. cit., riferisce al V secolo i sette punti da lui individuati: va peraltro ricordata la rispondenza con l'osservazione archeologica che trova il termine sulla via Appia, connesso alle vicende della guerra con Alba (vedi LUGLI, loc. cit.). Vedi anche infra, p. 276 sg. (12) Significativo è il modo di esprimersi di A. BERGER, Encyclopedic dictionary of Roman law, Philadelphia 1953, v. ager Romanus; vedi anche, ad esempio, Grosser historische Weltatlas, Erläuterungen I (München 1954) di H. BENGTSON-V. MILOICIC, C. 104; cfr. 103 e 105; e già, ad esempio,

W. A. BECKER, Handbuch der römischen Alterthümer, I (Leipzig 1843) p. 83 sgg.; BELOCH, Der italische Bund cit., p. 43 sgg. (13) Su cui v. MOMMSEN, Droit public cit., VI, 2, p. 477 sgg.; A. SCHULTEN, Finis in Diz. epigr., III (1922) p. 92 sg. C14) Sul concetto di ager Romanus vedi MOMMSEN, Droit public cit., VI, 2, p. 476 sg.; KUBITSCHEK, Ager in PW, I (1893) c. 780 sgg.; CATALANO, Contributi allo studio del diritto augurale cit., p. 269 sgg. (e note); 388; Appunti sopra il più antico concetto giuridico di Italia cit., p. 6 sgg. Contrariamente all'opinione del MOMMSEN (Droit public cit., VI, 2, p. 477 n. 5), ritengo che in Varrone, Res rust. 1,10,1 « metiuntur... apud nos in agro Romano ac Latino iugeris », l'espressione si riferisca sempre al territorio intorno a Roma: vi si contrappone infatti prima la Campania; e in 1,14,34, ad esempio, si parla di ager Crustuminus, ager Tusculanus, ager Sabinus, in 3,13,2 di ager Laurens ; e permane il signi­ ficato di ager Romanus in 3,1,2 (« vetustissimum oppidum... in agro Romano Roma »), in De ling. Lat. 5,123 (« in agrum Sabinum et Romanum sunt profectae ») e, ritengo, anche in De ling. Lat. 5,55 « Ager Romanus primum divisus in partis tris, a quo tribus appellata Titiensium, Ramnium, Lucer um » (dove primum implica, al più, che l'ager Romanus aveva avuto un'espansione da un nucleo iniziale). Con ciò non escludo che Romanus potesse avere un significato più ampio, anche riferito ad ager: v. ad es. Catone, Orig. fragm. 43 (in Var­ rone, Res rust. 1,2,7): «Ager Gallicus Romanus vocatur, qui viritim eis Ariminum datus est ultra agrum Picentinum ».

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considerazione dell'ager Romanus ad effetti di diritto divino si trova altresì in Livio, 27, 37, 6; 28,11,1 sgg. (dove è contrapposto a Terracina, Satrico, Cere), 39,22,5 (dove è contrapposto all'Um­ bria); e corrispondentemente sono considerati distinti, ad esem­ pio, l'ager Capenas (Livio 27,4,14-15) e l'ager Veliternus (Livio 30, 38,8). b) Ager Gabinus è l'ager della città di Gabii. Secondo il Mommsen (15), la cui tesi è seguita generalmente (16), l'espres­ sione ager Gabinus indicherebbe qui l'ager di Gabii (quasi come esempio) e quello di qualsivoglia città latina : si sarebbe usata in tal senso in quanto sarebbe stato scorretto parlare di ager Latinus, poiché « nur ein Staat ein Gebiet haben kann ». Il Momm­ sen verrebbe così a convalidare l'esclusione, almeno terminolo­ gica, dei Latini, dai peregrini, e quindi, in ultima analisi, la sua costruzione della " comunità naturale di diritto " fra Romani e Latini. Ma è chiaro, a mio avviso, che l'interpretazione del passo è influenzata proprio da quella costruzione. In primo luogo va notato che nel passo (anche nella parte di commento), manca ogni allusione ad altre città latine; in se­ condo luogo, alla singolarità della condizione dell'ager di Gabii corrispondono altre singolarità storico-giuridiche che la spiegano e che non è dato ritrovare per nessun'altra città latina : si pensi all'antichissimo foedus Gabinum ( 17 ); alla tradizione secondo cui Romolo avrebbe appreso a Gabii l'arte augurale (Dionisio 1, 84, 5 ; Plutarco, Rom. 6; Stefano Bizantino v. Taßioc, cioè Taßcoc ; cfr. Origo gentis Rom. 21, 3) ( 18 ); al cinctus Gabinus in uso per alcuni atti religiosi (19). Che quello di Gabii fosse un caso singolo può es(15) MOMMSEN, Rom. Staatsrecht cit., III, p. 598 n. 4 (=Droit cit., VI, 2, p. 216 n. 1). (16) Ad. es. HEUSS, Die völkerrechtlichen

public

Grundlagen cit., p. 5; KÜBLER,

Peregrinus, loc. cit (supra n. 3); H. SCHNIDER, Aeltere Quellen zum römischen Staatsrecht, Winterthur 1955, p. 97. (17) Vedi supra p. 98; 206. (18) Lo SCHWEGLER, Römische Geschichte cit., I (Tübingen 1853), p. 399, riteneva possibile che la leggenda relativa a Romolo significasse che i Romani avevano ricevuto da Gabii la disciplina augurale (cfr. ibid. 789). (19) V. per tutti MAU, Cinctus Gabinus in PW, III, 2 (1899) e. 2558 sg.; G.

— 276 — sere confermato dal fatto che non è menzionato in Festo, 245 « Per e grinus a g e r, qui neque Romanus, neque \hostilius\ habetur » : l'omissione sarebbe assai poco comprensibile se si fosse trattato dell'intero Latium (20). Infine, è pur vero che la connes­ sione fra urbs e ager avrebbe fatto considerare tecnicamente scor­ retta l'espressione ager Latinus ; tuttavia lo stesso Varrone usava proprio tale espressione (Res rust. 1,10,1), e, soprattutto, subito prima del passo in questione (De ling. Lat. 5,32) aveva detto: « ...universus ager dictus Latius, particulatim oppidis cognominatus, ut a Praeneste Praenestinus, ab Arida Aricinus » : quando nel commento alla classificazione dei genera agrorum troviamo « Gabinus ab oppido Gabis » il significato appare perciò chiaro. La posizione dell'ager Gabinus è dunque singolare, nonostante l'inclusione nella civitas romana (quale che sia il momento in cui avvenne tale inclusione) ( 21 ): le differenze augurali fra i genera agrorum restano, come si è visto per l'ager Romanus, anche all'interno dei -fines populi Romani (22). c) Ager peregrinus : qui extra Romanum et Gabinum. Accer­ tato il significato di ager Romanus e ager Gabinus, appare chiaro che la classificazione ci riporta ad una età assai antica. La contrap­ posizione, come ager straniero, del territorio esterno a ciò che restò detto ager Romanus, dovette sorgere quando quel territorio era ancora al di fuori dei fines populi Romani, o vi era stato da CRESSEDI, " Caput velatum " e " cinctus Gabinus " in Rend. Accad. Lincei, ser. Vili, voi. 5 (1950), p. 450 sgg. (che lo identifica con il caput velatum). (20) Questa glossa di Festo, relativa al diritto augurale, potrebbe es­ sere attribuita a M. Valerio Messalla: v. Grammaticae Romanae frag' menta, ed. H. FUNAIOLI (Lipsiae 1907), p. 429. (21) Circa la condizione giuridica di Gabii vedi, in senso opposto fra loro, BELOCH, Der italische Bund cit., p. 28 sg.; 47; 118; MANNI, Per la storia dei municipi cit., p. 45 sg. Aggiungerò soltanto che Gabii si trova nella lista di Dionisio 5,61 : il che sembra dimostrare che il foedus con­ chiuso sotto Tarquinio il Superbo non aveva portato alla inclusione nella civitas romana (cfr. però supra, p. 208; 260). Vedi anche supra p. 206; 214; infra n. 24. (22) Sull'estensione di tribù rustiche oltre i confini dell'ager Romanus vedi ALFÖLDI, Ager Romanus antiquus cit., p. 201 sgg. (particolarmente p. 206 sgg.); prescindo qui dai problemi di datazione: v. a. supra n. 11.

— z/ / — poco incluso (23). La menzione dell'ager Gabinus, che ci richiama al foedus Gabinum, porta poi a ritenere che la classificazione fu precisata dagli auguri verso la fine dell'età regia, quando le città del Lazio, compresa Gabii (24), erano, a d o g n i effetto, straniere (25). Più recente è il termine con cui si designa la realtà dell'agir straniero: la classificazione ha evidentemente assunto la forma attuale in epoca successiva al mutamento di significato di hostis (e quindi di hosticus) da " straniero " a " nemico " (2S). (23) Pongo questa precisazione perchè l'uso di peregrinus poteva rife­ rirsi, oltre che al momento presente, all'origine: vedi n. 30. (24) Riguardo alla posizione di Gabii in età regia v. supra n. 21; v. anche W. KUBITSCHEK, De Romanarum tribuum origine et propagaticene, Wien 1882, p. 5 n. 26. (25) L'affermazione del WEISS (Studien cit., p. 27 n.) che « Dies hat indes weder mit der zivilrechtlichen Stellung der Bewohner, noch auch mit der rechtlichen Qualifikation des Bodens selber etwas zu tun », ri­ sponde a verità (limitatamente al passo di Vairone : quanto a Livio 43,13 v. infra testo) se consideriamo l'epoca in cui Varrone scrive e, anzi, qual­ siasi periodo lontano dall'estensione dei fines populi Romani oltre l'ager Romanus. Ma a noi qui interessa l'epoca più antica, quella in cui la clas­ sificazione si è formata; in essa non si era ancora verificata la divergenza fra la considerazione di un territorio come straniero agli effetti dello ius augurium e l'inclusione di esso entro i fines populi Romani: in altre parole, un ager straniero doveva esser tale a tutti gli effetti. (26) Sulle possibili cause politiche (nel corso del IV secolo a. C.) di questo mutamento del significato di hostis, vedi DE MARTINO, Storia cit., II, p. 17; riguardo alla impostazione del VOIGT, Das jus naturale cit., IV, 2 p. 50 sgg. v. infra, n. 35. Cicerone, De ofi. 1, 37 (« Equidem etiam illud animadverto, quod qui proprio nomine perduellis esset, is hostis vocaretur, lenitate verbi rei tristitiam mitigatam... Quamquam id nomen durius e/fecit iam vetustas; a peregrino enim recessit et proprie in eo, qui arma contra ferret, remansit ») suppone che hostis abbia significato dapprima " straniero ", poi a n c h e " nemico ", poi p r o p r i a m e n t e " nemico " : la spiegazione che egli dà del primo passaggio (accolta da A. WEISS, Le droit fétial et les fétiaux sous la république romaine, Paris 1880, p. Il: « un adoucissement du mot perduellis ») non è in contrasto con quella che sembra doversi dare, e che egli stesso dà, del secondo (cioè una mag­ gior durezza nei rapporti con gli hostes). Noterò qui che non posso condividere l'opinione di G. BONFANTE, Diritto romano e diritto indoeuropeo in Studi Betti, II (Milano 1961), p. 87 sg., il quale, dal fatto che la parola indoeuropea *ghostis (lat. hostis, ted. gast, ingl. guest, slavo gostì ecc., cui forse anche il greco ξένος è con­ nesso in qualche modo) ha presso Germani e Slavi il senso unico di

— Z/8 — Tutto ciò è confermato dal fauo che Livio 43, 13, dopo aver elencato (169 a. C.) una serie di prodigia « Anagnia... Minturnis... Reate... Cumis... in urbe Romana » aggiunge: « Duo non suscepta prodigia sunt, alterum quod in privato loco factum esset... alterum quod in loco peregrino: Fregellis in domo L. Atrei hasta, quam filio militi emerat, interdiu plus duas horas arsisse, ita ut nihil eius ambureret ignis, dicebatur ». Si badi che qui si parla di locus peregrinus, non di ager ; la colonia latina di Fregelle non era soltanto ager peregrinus, che ciò non avrebbe impedito di suscipere (27) il prodigio (così come si erano dovuti suscipere quelli avvenuti in Anagni, Cuma ecc., menzionati nel passo stesso) (28), bensì anche locus peregrinus : peregrinus indicava qui l'esteriorità del luogo ai fines populi Romani e della città di Fregelle al popolo romano (29). Non usato, cioè, nell'espressione " ospite ", mentre presso i Latini ha il senso di " nemico " o al massimo quello indifferente di " straniero ", conclude che « presso i Latini vige ancora il primitivo, feroce costume — certo più antico — di trattare gli stranieri come nemici ». Direi invece che la vicenda semantica muove da un comune significato indoeuropeo ricostruibile attraverso la compara­ zione: seguirei quindi piuttosto quanto lo stesso studioso ha affermato in un precedente scritto (BONFANTE, Notas sobre el vocabulario cèltico y latino in Emerita, 2 [1934] p. 295 sgg.): il termine significò dapprima, presso tutti i popoli di lingua indoeuropea, " extranjero "; assunse presso la maggior parte il significato, più benigno, di " huésped ", mentre nel Lazio, in età storica, passò a significare " enemigo " (op.. cit., p. 299) : questo accadde, secondo il BONFANTE (Notas cit., p. 298), per le continue lotte con i popoli vicini di stirpe ausonica, etnisca, osco-umbra. Con ciò non intendo ovviamente dir nulla della posizione giuridica dello straniero presso le altre popolazioni di lingua indoeuropea; sotto­ lineo però che per ciascuna popolazione il problema (vedine alcuni aspetti, ad esempio, in GRIMM, Deutsche Rechtsalterthümer cit., I, p. 546 sgg., per i Germani; TÉNÉKIDÈS, Droit international et communautés fédérales cit., p. 513 sgg. ; 568, per i Greci) andrà risolto singolarmente in base a dati rac­ colti e interpretati con metodo storico, e non in un unico schema di evo­ luzione (come faceva, ad es., O. SCHRADER, Sprachvergleichung und Urgeschichte, II, 1 [Jena 1906] p. 293 sgg.). (27) Sul concetto di suscipere prodigium v. P. CATALANO, Aruspici in Novissimo Digesto italiano (1958); R. BLOCH, Les prodiges dans l'antiquité classique, Paris 1963, p. 86 sgg. (28) Vedi supra, p. 274 sg., altri casi di prodigia avvenuti in territorio non romano. (29) È chiaro che l'affermazione del WEISS, Studien cit., p. 27 n. (ri-

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tecnica e cristallizzata " ager peregrinus ", l'aggettivo aveva un valore pieno ( 30 ): e tale doveva averlo, dapprima, l'aggettivo hosticus usato nell'espressione equivalente più antica. Conforme a queste conclusioni è l'etimologia di Varrone, secondo il quale ager peregrinus è quello verso cui ex agro Romano primum progrediebantur ( 31 ): va qui notato, a mio avviso, l'uso del passato, che forse riflette la coscienza dell'antichità del con­ cetto di ager Romanus (e quindi della relatività del significato di peregrinus). Quanto alla definizione dell'ager peregrinus come ager pacatus, con cui viene precisata l'antitesi fra hosticus e peregrinus, in essa si potrebbe vedere al più la conseguenza, sul piano termi­ nologico, di una politica di dinamica imperiale ( 32 ); ma invero va tenuto presente che pacatus significa non solo " pacificato " ma anche " pacifico " " tranquillo " (33), e che proprio quest'ul­ timo è il significato del termine nel passo più vicino a quello che ci interessa : Livio 8, 34, 9 « sine commeatu vagi milites in pacato, in hostico errent » (cfr. ibid. 21, 20, 7): direi che nel passo di Varrone pacatus sottolinea la contrapposizione a hosticus. d) Ager hosticus e ager incertus non abbisognano di parti­ colari spiegazioni; si può osservare ancora, quanto ad hosticus, che la terminologia non è quella originaria (34). portata in n. 25) non può essere accettata in riferimento al suddetto passo di Livio. Esatta è invece l'impostazione del MADVIG, L'état romain cit., p. 66 n. 4. (30) Che l'aggettivo " peregrinus " potesse, per il diritto divino, assu­ mere significati particolari, non fa meraviglia. Si pensi all'espressione peregrina sacra (su cui v. CATALANO, Appunti sopra il più antico concetto giuridico di Italia cit., p. 26 n. 2, e ivi bibliografìa): quelle realtà sono qualificate " straniere " per la loro origine, e tale qualifica produce soltanto alcuni effetti di diritto divino. Il caso di agri inclusi nei fines populi Romani, ma tuttavia peregrini, può dirsi analogo. (31) Su ciò vedi anche DE MARTINO, Storia cit. II, p. 17 sg. (32) Così sembra poi quasi cristallizzata la distinzione in Seneca, Nat. quaest. 6, 7, 1 « . . . hinc, qui médius inter pacata et hostilia fluit, Danubius ac Rhenus alter Sarmaticos inpetus cohibens et Europam Asiamque disterminans, alter Germanos, avidam gentem belli, repellens ». (33) Vedi JE. FORCELLINI - I. FURLANETTO, Lexicon totius latinitatis, III, curante F. CORRADINI (rist. anast. Patavii 1940), p. 539, v. paco. (34) È appena il caso di notare che dissento da quegli studiosi che



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Concludendo, da Varrone, De ling. Lat. 5, 33, risulta che i Latini furono considerati come stranieri (hostes nel senso origi­ nario), fin dall'età più antica (35). interpretano il passo di Varrone movendo dal presupposto che lo stato dei rapporti con popoli di stirpe diversa, in assenza di trattati, fosse la guerra: così, in vario modo, MOMMSEN, Droit public cit., VI, 2, p. 215 sg.; S. BRASSLOFF, Der röm. Staat und seine internationalen Beziehungen, Wien und Leipzig 1928, p. 9 n. 5; FREZZA, Le forme federative, cit. (1938), p. 378 n.; SCHNIDER, Aeltere Quellen cit., p. 97. (35) È necessario però un particolare esame dell'interpretazione di Var­ rone, De ling. Lat. 5,33, data dal VOIGT, Das jus naturale cit., IV, 2, p. 48 sg., che può dirsi uno sforzo consapevole di attribuire ai termini contenuti nel passo il significato più antico. Egli muoveva dalla considerazione (op. cit., p. 40 sgg.) che il significato più antico di hostis è « der Fremde », e quello di peregrinus « der Auswärtige », precisando che « dem ersteren Begriffe eine politische Beziehung in wohnt und derjenige darunter fällt, welcher in dem bestimmend ins Auge gefassten politischen Gemeinwesen Mitglied nicht ist, während der Begriff Auswärtiger eine rein locale Beziehung hat und denjenigen bezeichnet, der an dem bestimmend ins Auge gefassten Orte nicht anwesend ist » ; esaminati i passi in cui hostis ha quel signi­ ficato (op. cit. pp. 4547; cfr. supra p. 72 n. 15), egli affermava che al più antico significato di peregrinus sono da riportarsi Tab. III, 5 (« trans Tiberim peregre ») nonché, appunto, Varrone, De ling. Lat. 5, 33 (in cui anche hosticus avrebbe avuto il significato originario). La classificazione augurale degli agri riportata da Varrone, insomma, sarebbe, già nella sua forma attuale, anteriore al mutamento per cui hostis venne a signifi­ care « der politische Feind » e peregrinus * der Fremde »; « dem Augural­ rechte fehlt überhaupt der einheitliche Begriff des römischen Staatsge­ bietes und demgemäss auch der entsprechende technische Ausdruck; ihm ist vielmehr das röm. Staatsgebiet eine rechtliche Dreiheit: ein ager Romanus, peregrinus und Gabinus » (op. cit., p. 48 n. 11): e hosticus sarebbe stato l'ager « der fremden Staaten ». La costruzione del Voigt è particolarmente lucida. Tuttavia, al più mi sentirei di avanzare l'ipotesi che la classificazione fosse dapprima così sorta e così interpretata; ma certo all'epoca di Varrone da tempo hosticus veniva inteso nel senso nuovo (così come è inteso in Festo, 245 Peregrinus ager; in Servio Dan., Aen. 9,53 « ut quasi in hostili loco ius belli indicendi implerent »), senso che risulta dalla contrapposizione con pacatus (v. supra p. 279) : e quindi anche il senso di peregrinus era diverso da quello che avrebbe voluto il Voigt. Quanto al mutamento di significato di hostis, è da notare come il Voigt tentasse di connetterlo con la tesi, anche da lui seguita (v. supra p. 84 n. 36), dell'originaria assenza di diritti dello straniero : « . . . die Volks­ anschauung diejenigen Thesen, welche die Theorie an die Qualität als hostis im alten Sinne knüpfte, auf den hostis im jüngeren Sinne be­ schränkte . . . » (op. cit., p. 50 sgg). Ma invero manca ogni testimonianza

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D. Consideriamo la formula riportata da Paolo, Fest, epit. 82 (« E x e s t o, extra esto. Sic enim lictor in quibusdam sacris clamitabat: hostis, vinctus, mulier, virgo exesto; scilicet interesse prohibebatur ») : da alcune cerimonie religiose erano allontanati gli stranieri. Dobbiamo ritenere che con hostes fos­ sero intesi anche i Latini: ciò risulta anche dalla comparazione con la formula analoga delle Tabulae Iguvinae, che converrà con­ siderare attentamente. Tab. Iguv., VI b, 53 sgg. : « poi percam arsmatia habiest, eturstahmu. eso eturstahmu: "pis est totar tarsinater, trifor tarsinater, tuscer naharcer iabuscer nomner, eetu ehe esu poplu. nosue ier ehe esu poplu, sopir habe esme pople, portatu ulo pue mers est, jetu uru pirse mers est ". trioper eheturstahamu ». Dunque a Gubbio si aveva una formula di " allontanamento "(36) nella quale erano considerati non solo gli appartenenti ad alcuni " nomi " diversi (tuscer, naharcer, iabuscer) (37), bensì anche gli appartenenti alla città o alla tribù di Tadino (38). Non era dun­ que la diversità etnica a determinare 1' " allontanamento " da certe cerimonie religiose, bensì l'estraneità alla civitas : anzi, qui, una particolare avversione ad essa (39) (40). di un tale mutamento di posizioni all'interno del sistema giuridico-religioso romano; inoltre, a un trapasso semantico che indica un peggiora­ mento della posizione degli stranieri (v. supra n. 26) verrebbe collegato addirittura un miglioramento di essa. (3fl) Su questa formula, anche in rapporto a quella romana (cfr. Ser­ vio, Aen. 8,179; Virgilio, Aen. 6,258 sg.) vedi DEVOTO, Tabulae Iguvinae cit., p. 273; cfr. ID., Poplifugia in Atti dell'Istituto veneto di scienze, let­ tere ed arti, 90,2 (1930-31), p. 1083. (37) Cfr. supra, p. 227 sgg. (38) DEVOTO, Tabulae Iguvinae cit., p. 274 : « incolae hodiernae civitatis Gualdo Tadino quos Plinius 3, 14 memorat, parumque ab Iguvinis distan­ tes parumque quoque ab iis dissimiles erant ». (39) A tale avversione corrisponde l'invocazione agli Dei, contro queste collettività, che si trova in Tab. iguv. VIb, 59. (40) Il COLI {Il diritto pubblico degli Umbri e le Tavole eugu­ bine cit., p. 74 sg.), osservato che il territorio eugubino confinava « an­ che con altre popolazioni umbre, per lo meno con gli Attidiati, i Sentinati e i Tifernati, mentre è probabile che Naharci, Iapydes e forse gli stessi Tusci non avessero sedi contigue al territorio eugubino », conclude che nella formula « non erano considerati né i confinanti in generale né

E. Un'ulteriore conferma cL atto ciò si può vedere in Livio 1, 49, 8 « Latinorum stbi maxime gentem concitiabat, ut peregrinis quoque opibus tutior inter cives esset, neque hospitia modo cum primoribus eorum, sed adfinitates quoque iungebat » ( 41 ); nonché in Ovidio, Fasti 3, 87 « ... peregrinos... fastos » (supra, p. 183). A tali conclusioni non costituisce ostacolo, nonostante l'opi­ nione di alcuni (42) un passo della lex agraria del 111 a. C : « Quod quoieique ex h. I. ita], utei s(upra) s(criptum) est, in agreis, qu[ei in Ita]lia sunt, quei P. Muoio L. Calpurnio cos. publiceis populi R[omanei fuerunt, ceivi] Romano facere licebit, item Latino peregrinoque, quibus M. Livio L. Calpurnio [cos. in eis agris id facere... ex lege plebjeive sc[ito) exve foedere licuit, sed fraude sua facere liceto » (CIL, I, 2, 585, 29) ; la di­ stinzione fra Latini e peregrini non toglie affatto che anche i Latini fossero dei peregrini, bensì semplicemente riflette la particolare posizione dei Latini fra i peregrini (43). L'osservazione che si può fare relativamente a questo passo è cioè analoga a quella che Varrone, De ling. Lat. 5, 33, faceva a proposito della distinzione fra ager Gabinus e ager peregrìnus. gli stranieri in generale, ma esclusivamente i nemici, coi quali Gubbio si trovava in stato di guerra permanente o intermittente ». Ma, invero, non vedo come si potessero definire i nemici una volta per tutte; e, d'altra parte, così verrebbe a mancare l'analogia con il termine hostes nella corrispondente formula romana. Osservo, piuttosto, che presso i Greci si trova talvolta l'esclusione di determinati stranieri, per motivi particolari: ad esempio, per precedenti guerre (vedi TH. WÄCHTER, Reinheitsvorschriften im griechischen Kult [ = Religions geschichtliche Versuche und Vorarbeiten, IX, 1] Giessen 1910, pp. 118-123; cfr. brevemente S. EITREM, Opferritus und Voropfer der Griechen und Römer, Kristiania 1915, p. 465 sg.): esclusione che si inquadra in una tendenza all'esclusione di tutti gli stranieri (cfr. l'impostazione del WÄCHTER, op. cit., p. 123, prescindendo da quanto vi può essere di evoluzio­ nistico). Qui si ha un'analogia con la formula delle Tavole eugubine, della quale abbiamo la spiegazione inquadrandola in una generale tendenza all'esclusione degli stranieri, espressa nel diritto romano (v. a. Servio. Aen. 8, 172). (41) Vedi già WLASSAK, Der Ausschluss cit., p. 116. (42) Vedi supra nn. 2-3. (43) Vedi anche VOIGT, Das jus naturale cit., IV, 2, p. 54sgg.

Se è vero che i Latini furono sempre considerati peregrini, si deve ritenere che in relazione ad essi, più in antico, fosse usato il termine hostis, nel senso originario, appunto, di " straniero ". Pertanto la norma delle Dodici Tavole sull'auctoritas (Tab. VI, 4), così come quella sullo status dies cum hoste (Tab. II, 2) (44), e la formula di " allontanamento " riportata da Paolo, Fest. epit. 72, dovevano riferirsi in primo luogo ai Latini. Cade dunque ogni appoggio che alla costruzione mommseniana potrebbe venire da una esclusione (sia pure soltanto nel linguaggio tecnico) dei Latini dal genere dei peregrini (o hostes). 2. — Il Mommsen, e coloro che ne seguono la costruzione, negano che i Latini fossero detti, nel linguaggio tecnico, joederati (45). Ma invero l'opposto risulta già da Cicerone, Pro Balb., 54 : « Quod si acerbissima lege Servilia principes viri ac gravissimi et sapientissimi cives hanc Latinis, id est foederatis, viam ad civitatem populi iussu patere passi sunt... » ( 48 ): i Latini sono dunque l'esempio primo di joederati (vedi anche l'uso dei ter­ mini joederati e Latini ibid., 20 sgg.). Si confrontino inoltre le seguenti espressioni del testo che ci tramanda il senatoconsulto de Bacchanalibus (CIL, I, 2, 581, 2 sgg.): « De Bacanalibus quei joideratei esent, ita exdeicendum censuere: "Neiquis eorum Bacanal habuise velet ...Bacas vir nequis adiese ceivis Romanus neve nominus Latini neve socium quisquam..." (47). Che normalmente i federati del nomen venissero detti Latini, e non joederati, (44) Vedi già MITTEIS, Römisches Privatrecht cit., p. 122 sg. (45) Vedi MOMMSEN, Droit public cit. IV, 2, p. 278 sg. (= Rom. Staatsrecht cit., p. 653 sg.), seguito da PARADISI, Due aspetti fondamentali cit., p. 189 n. 30; v.a. NEUMANN, Foedus in PW, VI, 2 (1909) c. 2826. (46) Esattamente già STEINWENTER, lus Latii cit., c. 1273; ROSENBERG, Die Entstehung des sogenannten " foedus Cassianum " cit., p. 338 sg.; PAIS, Ricerche cit., IV, p. 104.

(47) Esattamente già HORN, Foederati cit., p. 87. I foideratei di cui parla il testo non sono i partecipanti ai culti bacchici, come dubita il RUDOLPH, Stadt und Staat im röm. Italien cit., p. 162 n. 1, bensì i sodi: vedi M. GELZER, Die Unterdrückung der Bacchanalien bei Livius in Hermes, 71 (1936), p. 278 n. 4 (seguito da S. ACCAME, Il senatus consultum de bacchanalibus in Rivista di filologia classica, 66 [1938], p. 225 sg.; contra L. FRONZA, De Bacanalibus in Annali triestini, 17 [194647], p. 213 sgg.).

— 284 — dipendeva dalla singolarità della loro posizione rispetto a quella della maggior parte dei foederati; ma è impossibile ricavarne, con il Mommsen (48), una contrapposizione fra « die nationale und nothwendige Grundlage der latinischen Verträge » e le « mit italischen und ausseritalischen Peregrinen nach Willkür einge­ gangenen Föderationen ». Concludendo: il fatto che i Latini fossero considerati una specie del genere foederati conferma il dato tradizionale che la loro posizione entro il sistema giuridico-religioso romano era fon­ data su foedera e in particolare, dopo il 493 a. C , sul foedus Cassianum. 3. — Secondo il Mommsen (49), seguito generalmente dalla dottrina (50), la terminologia tecnica e quella più antica sepa­ rano le due categorie dei Latini e dei sodi, e ciò in quanto « die römisch-latinische Conföderation nichts ist als die rechtliche Formulirung der nationalen Gemeinschaft und sie also durch die Verträge mehr regulirt ward als begründet, während die " Wehrgenossenschaft " (socii) eben wie die " Bundesgenos­ senschaft " (foederati) streng genommen das Merkmal der Zufäl­ ligkeit in sich trägt ». Questo non sembra a me esatto (*). Possiamo supporre, con il Mommsen (51), che in età più antica l'espressione che indicava le due categorie ponesse prima i Latini e poi i socii (come nel senatoconsulto de Bacchanalibus, CIL, I, 2, 581, 7 sg. : « ...neve nominus Latini neve socium quisquam »). E potremmo ritenere che essa risalisse al tempo in cui un foedus aequum legava Roma ai Latini, e quindi il nomen Latinum costituiva un'unità senza disparità interne : aderendo a una tale al(48) MOMMSEN, loc. cit. (49) MOMMSEN, Droit public

cit., VI, 2, p. 287 sg.; 231 n. 1 (= Römisches Staatsrecht cit., III, p. 660 sgg.; 611 n. 2). (50) Vedi ad esempio NEUMANN, Foedus cit., c. 2826; PARADISI, Due aspetti fondamentali cit., p. 189. (51) MOMMSEN, Droit public cit., VI, 2, p. 287. (*) Ho condotto l'indagine sulla base delle schede originali del Thesaurus linguae latinae relative a socius.

— 285 —

leanza popoli non latini (cioè che non avevano fatto parte di quell'antico nomen del caput aquae Ferentinae) (52), essi dove­ vano essere designati come sodi (53). Ma tutto ciò non significa affatto che i rapporti fra questi popoli e Roma avessero base diversa da quelli fra i Latini e Roma (e questo si vedrà anche nella parte dedicata alle federazioni fuori del Latium) ; né che i Latini non fossero essi stessi dei sodi : solo che la sodetas con i Latini era assai più antica, aveva particolari caratteristiche, ed aveva assunto un nomen, onde veniva spontaneo designare i sodi più antichi con tale proprio nome e rilevare (nell'espressione tecnica) che a questi se ne erano aggiunti altri. Ciò tanto più se i nuovi sodi apparivano sodi dell'intero nomen Latinum (34). L'ipotesi sopra svolta è confermata da due osservazioni : a) Nelle fonti troviamo frequentemente designati come sodi i Latini. È stato notato dal Mommsen che la formula "socium nominis Latini", originariamente asindetica, è usata da Livio considerando nominis Latini come dipendente da sodi: data l'indeclinabilità del secondo termine era impossibile manifestare l'asindeto e que­ sto finì con non esser più sentito ; e « diese Verdunkelung der Rede wird neben dem factischen Ineinanderlaufen der Latiner und der übrigen Italiker den Sprachgebrauch verschoben ha­ ben » (55). Ma non è questo caso che interessa, trattandosi di un'espressione particolare che si riferisce a un'epoca di commi­ stione dei Latini ai sodi, e che comprende entrambi nella desi(52) Vedi supra p. 177 sg.; 240. (53) Vedi l'uso della formula che distingue sodi e nomen Latinum, già in Livio 2, 41, 6; 8, 3, 8 (che, peraltro, secondo il commento di WEISSENBORN e MÜLLER, « aus späterer Zeit in diese übertragen ist ») ; vedi il modo di esprimersi di Dionisio 4,49 (v. supra p. 168 sg.; cfr. p. 263 n. 60) a proposito della inclusione di Ernici e Volsci nella federazione con egemonia romana. (54) Peraltro secondo il BELLINI (Sulla genesi e la struttura cit., p. 213; cfr. già A.N.SHERWIN-WHITE, The Roman citizenship, Oxford 1939,p..24 sg.) da Dionisio (8,69) e da Livio (2,41,1; 6,10,6; 7,6,7; 9,42,11) si dovrebbe dedurre che gli Ernici erano collegati non con i Latini ma.con Roma. Su ciò v. parte II. («) MOMMSEN, Droit public cit., VI, 2 p. 288 n. 2; cfr. 261 n. 1 ( = Römisches Staatsrecht cit. III, p. 661 n. 3; cfr. 637 n. 2).

— 286 — gnazione. Interessa piuttosto notare che in vari passi Livio de­ signa come sodi singoli popoli latini, tutti i Latini, i Latini e gli Ernici insieme: vedi Livio 1,27,7; 1,28,4; 1,53,10; 2,41,5 (nonostante che poi, ibid. 6, distingua sodi et nomen Latinum: cfr. n. 53); 2, 53, 1 e 5 e passim. A questo proposito si devono ricordare anche Lucilio, Sat. 1089 Marx « quanti vos fadant sodi, quom parcere possint » (che forse allude alla distruzione di Fregelle) (56) ; e Cicerone, De leg. agr. 2, 90 « bella cum sodis, Fregellanum, Marsicum ». Si può naturalmente osservare che queste espressioni sono non tecniche e scorrette ( 57 ); ma certo esse provano che i con­ cetti di Latinus e di sodus non si escludevano, che, anzi, i Latini non erano che dei sodi appartenenti a un nomen antichissimo, legati da un particolare foedus e pertanto in una particolare posizione. E va detto fin d'ora (v. II parte) che la posizione dei Latini non era ad essi esclusiva. b) Nelle fonti troviamo frequentemente designati come Latini tutti i sodi d'Italia. Si veda questo significato pregnante di nomen Latinum e Latini in Livio 22, 37, 7; 43, 12, 3 sgg. e passim ( 58 ); esso ha il suo corrispondente già nella traduzione greca della lex de piratis persequendis (probabilmente del 101 o del 100 a. C ) , B, 6: « σ[ύμμαχοί] τε ἐκ τῆς Ἰταλίας Λατῖνοι » (Riccobono, Leges, p. 122) (59). Tutto ciò non fa ovviamente venir meno la differenza fra Latini e togati, e la particolare posizione dei Latini pur dopo la guerra latina ; tuttavia la possibilità di quella confusione termi­ nologica e di quel significato pregnante pone in guardia dall'ac­ cettare la distinzione come voluta dal Mommsen : non solo netta, ma radicata in un diverso fondamento delle posizioni di Latini e sodi (e una diversa funzione dei rispettivi foedera). L'imposta(56) Vedi N. TERZAGHI, Lucilio, Torino 1934, p. 253. (57) E più volte Cicerone distingue sodi e Latini: v. ad es. Pro Balb. 20; Pro Sest. 30; In Verr. act. II, 5, 60. (58) Vedi i passi in A. KIENE, Der römische Bundesgenossenkrieg, Leipzig 1845, p. 112 sgg.; MOMMSEN, Droit public cit. VI, 2, p. 288. (59) Cfr. CATALANO, Appunti sopra il più antico concetto giuridico di Italia cit., p. 22.

— 287 — zione mommseniana trova un correttivo già nella dottrina del secolo scorso; in particolare vanno ricordati il Kiene (60) e il Beloch (61) : « Diente doch die Verfassung des altlatinischen Bundes zum Muster für die Organisation der Colonien, von denen die 7 ältesten diesem Bunde noch angehört hatten; und eben dasselbe Vorbild ist massgebend gewesen für die Summe von Rechten, die Rom den italischen Staaten beim Abschluss ihrer joedera zugestanden hat. Daher ist es in der Hauptsache ganz richtig, wenn die römischen Historiker meist alle italischen Nichtrömer schlechtweg als Latiner bezeichnen » (62). Ma questo tema, che tocca il contenuto delle rispettive posizioni di Latini e Italici nel sistema giuridico-religioso romano, andrà svolto nella seconda parte : qui mi premeva solo accennare al valore che una terminologia, pur scorretta, può avere per evitare errori di rico­ struzione (in particolare riguardo al fondamento delle posizioni dei popoli). Devo qui notare che questa terminologia " scorretta " è assai più antica di quanto farebbero pensare le pagine del Mommsen. Già ho ricordato la lex de piratis persequendis ; ma vi sono alcuni documenti di carattere religioso che fanno pensare ad un'epoca assai più antica : mi riferisco in particolare alla formula relativa all'auspicazione prima della battaglia, riportata da Sabidio, Versuum Saliorum commentarli fragm. in Schol. Veron. Aen. 10, 241, nonché ai Commentaria ludorum saecularium ( 63 ). Quest'uso, che direi lato e pregnante, del termine Latini ha il suo precedente già nel trattato con Cartagine riportato da Polibio, 3, 22, dove sono detti Latini anche i Volsci di Anzio (64). Ovviamente, l'assimilazione implicita nella terminologia del trat­ tato con Cartagine trovava rispondenza in una eguale situazione giuridica (l'appartenenza comune a una federazione con ege(60) KIENE, Der römische Bundesgenossenkrieg cit., p. 3 sgg.; 112 sgg. (61) BELOCH, Der italische Bund cit., pp. 201-224; cfr. 153. (62)

BELOCH, op.

cit.,

p.

201.

(63) Di questi testi tratto ampiamente in un articolo in corso di pubblicazione : " Latinus " come sinonimo di " Italicus " nel linguaggio giuridico e religioso. (64) Vedi supra p. 262; 263 n. 60.

— 288 —

monia romana) (65), mentre questo non si dava necessariamente per i sodi d'Italia. Ma ciò può condurci solo a dire che il motivo essenziale di tale assimilazione non era l'eguaglianza di situazione giuridica (che poteva anche non esservi) bensì qualcosa di più tenue e generale, ma non per questo meno saldo e costantemente presente nelle vicende storiche: e qui il concetto di Latium sembra sovrapporsi a quello di Italia (v. parte II). Mi par certo, una volta chiarito tutto questo, che né da Polibio 3, 22 né da Dionisio 4, 49 (66), si può ricavare quanto vorrebbe il Frezza, cioè « che in età molto remota qualunque vincolo giuridico fra gruppi non era concepibile se non attuando fra di essi quella comunione di cui il prototipo è appunto l'unità etnica », che « anche quando Roma contrae dei vincoli giuridici con gruppi cittadini o etnici fuori della stirpe latina, questi gruppi figurano come riassorbiti entro l'unità etnica, appunto perchè i vincoli in parola non sono concepibili che entro la me­ desima unità etnica » (67). Direi invece che proprio da quei passi già si ricava il messaggio dell'esperienza romana : non che l'unità etnica sia il presupposto dei vincoli giuridici, bensì che i vincoli giuridici (variamente adeguati alle realtà di fatto, etniche e politiche) diano vita ad una unità etnica aperta a sempre nuove estensioni, a sintesi sempre più vaste. (65) Vedi supra p. 168 sg.; 176. (66) Cfr. supra, pagine citate in nn. 64-65. (67) FREZZA, Le forme federative cit. (1938) p. 372 sg.; contra v. già DE MARTINO, Storia della costituzione cit., Il, p. 37 sg. (sul cui pensiero cfr. però supra p. 234 n. 144).

RIFLESSIONE CONCLUSIVA

Il sistema giuridicö-religioso romano ha il suo centro in Iuppiter, ed è, proprio per questo, virtualmente universale. La virtuale universalità è attuata in una sfera di rapporti (con reges, populi o singoli stranieri) la cui esistenza è indipendente vuoi da particolari accordi vuoi da comunanza etnica. Entro il si­ stema si formano sfere di rapporti più ristrette, e più fitte, sulla base di atti unilaterali o di accordi con altri popoli. Tra queste sfere hanno particolare importanza le federazioni adeguate alle realtà etniche : il nomen Latinum, e poi quella che possiamo dire la " federazione italica ". Ho chiarito come siano particolarmente i foedera, adeguati alle realtà politiche (oltre che etniche), a forgiare i gruppi etnici. Per tutto questo è possibile definire il sistema (che è ro­ mano perchè alla sua " validità " è sufficiente la considerazione che ne hanno i Romani) come sovrannazionale : non solo ad in­ dicare l'implicito superamento dell'attuale categoria del " diritto internazionale ", ma ad esprimere come esso, alimentandosi dai gruppi etnici, li costruisca in sintesi sempre più vaste, con vo­ lontà politica tendente ad una società universale.

A D D E N D A

I. (premessa generale). Per l'esame del valore della tradizione in rapporto alle varie fonti relative a Roma arcaica cfr. ora R. BLOCH, Tite Live et les premiers siècles de Rome, Paris 1965, pp. 7-44. È particolarmente da segnalare la spiega­ zione dell'episodio del corvo che viene in aiuto di Marco Valerio (Li­ vio 7, 26), nel quadro della concezione religiosa cui è propria Yevocatio (op. cit., p. 15 sg.). Vedi inoltre, a p. 117 sgg., le osservazioni sullo ius fetiale.

IL (p. 12 n.; p. 13 n. 17; p. 35 n. 68). Il rapporto fra guerra e progresso è stato individuato come problema di fondo delle correnti idealistica e positivistica del secolo scorso nelle l e z i o n i tenute da N. BOBBIO per l'anno accademico 1964-1965 su II problema della guerra e le vie della pace (ed. litografata, Torino 1965), pp. 76-130.

III.

(p. 27 n. 46).

H. HAFFTER, Rom und römische Ideologie bei Livius in Gymnasium, 1964, p. 236 sgg., osserva come già nel primo libro Livio sottolinei che caratteristica di Roma è la fusione con i popoli vinti: vedi 1, 2, 4; 1, 13 (cfr. op. cit., p. 239 sg.; 242 sg.).

IV. (p. 43 sgg.). È opportuno notare la diversità tra la concezione romana di un sistema virtualmente universale e la concezione, pure universale, degli Achemenidi, su cui vedi ora le concise formulazioni di V. MARTIN (Quelques remarques à l'occasion d'une nouvelle édition des " Staatsverträge des Altertums " in Museum Helveticum, 20 [1963] p. 230 sgg.): « ...jamais le gouvernement perse n'a conclu de pareils accords (sc. traités bila­ téraux). Les rapports entre ce gouvernement et les états étrangers, pour autant qu'ils nous sont connus, se présentent toujours sous la forme d'ultimatums. Si l'état ainsi abordé se soumet sur le champ, il obtient un traitement favorable, tout en étant incorporé à l'empire, c'est-à-dire

— 292 — en perdant son indépendence. S'il oppose une fin de non recevoir, l'état de guerre s'établit automatiquernent entre lui et la Perse, et la décision est remise au sort des armes. En cas de victoire du monarque oriental, le peuple vaincu est livré à son bon plaisir; il peut être massacré, réduit en esclavage, déporté en masse ou épargné. Cette conduite du souverain achéménide est la conséquence logique de la conception qu'il a de son autorité. Investi par la divinité de la souveraineté universelle, il ne peut reconnaître à côté de lui que des sujets, réels ou potentiels, en sorte que tout peuple qui rejette ses prétentions prend figure de rebelle, révolté à la fois contre le monarque et contre le dieu dont celui-ci est le mandataire ». Cfr. dello stesso autore lo scritto La politique des Achéménides. L'exploration prélude de la conquête, apparso po­ stumo in Museum Helveticum, 22 (1965), p. 38 sgg. Vorrei riassumere la contrapposta concezione romana. La sovranità di Iuppiter fa sì che gli hostes siano pari iure cum populo Romano (v. supra, p. 37; 71 sg.) : essa è il vertice dell'« ispirazione religiosa dell'im­ perialismo romano » (v. supra, p. 27).

V. (capitolo secondo). L'atteso e importante libro di A. ALFÖLDI, Early Rome and the Latins (Ann Arbor 1965), mi è pervenuto essendo ormai in stampa il pre­ sente lavoro. Le tesi già esposte dall'illustre autore in vari scritti recenti sono state qui via via esaminate; mi limiterò ora a sottolinare come anche nell'opera complessiva l'Alföldi consideri nomen equivalente di « nation », in senso essenzialmente genetico (v. in particolare p. 4 sg. : « ... the bounds Connecting originally the nomen Latinum were not written treaties but sprang from the notion of kinship »).

VI.

(p. 176 e nn. 124-125; p. 212 n. 71).

A proposito dei culti resi a Diana presso Aricia vedi ora anche R. SCHILLING, Une victime des vicissitudes politiques: la Diane latine in Hommages à J. Bay et ( = Collection Latomus, 70), Bruxelles 1964, p. 650 sgg. È opportuno sottolineare che, affermando l'anteriorità del culto federale dell'Aventino rispetto a quello di Aricia, non ho inteso negare che già pre­ cedentemente presso Aricia esistesse un culto di Diana.

VII.

(p. 176 n. 126).

Le iscrizioni trovate recentemente a Pyrgi confermano la data del primo trattato con Cartagine (di cui in Polibio 3, 22) e ne spiegano, probabilmente, lo stesso contenuto: vedi M. PALLOTTINO, Nuova luce sulla storia di Roma arcaica dalle lamine d'oro di Pyrgi in Studi romani, 13 (1965), p. 8 sgg.

— 293 — VIII. (p. 227 sgg.). Sull'unione etnica umbra v. ora U. COLI, L'organizzazione politica del­ l'Umbria preromana in Atti I Convegno di studi umbri, Perugia 1964, p. 153 sgg. (prescindo dalla concezione della « naturale societas » degli Umbri, superabile tanto più, direi, tenendo conto delle « notizie riguar­ danti l'attività politica e militare da essi svolta in comune nel corso di più secoli »). IX. (p. 229 sg.) Le iscrizioni etnische delle laminette di Pyrgi sono state pubblicate da M. PALLOTTINO (vedi Scavi nel santuario etrusco di Pyrgi. Relazione preliminare della settima campagna, 1964, e scoperta di tre lamine d'oro inscritte in etrusco e in punico in Archeologia classica, 19 [1964], pp. 49-117); l'illustre studioso riconosce che la sua ipotesi mexl = " quindici " è « gravemente infirmata dall'apparizione di una forma semplice mex di cui mexl parrebbe essere il genitivo »; non ritenendo persuasiva alcuna delle ipotesi proposte circa il significato di mexl, egli conclude: « non si può dire altro, per ora, se non che forse, in questa parte della iscrizione, è fatto riferimento a qualche concetto territoriale o istituzio­ nale » (op. cit., p. 86; cfr. 88).

X. (p. 272 n. 6). Circa lo ins Latii in età imperiale v. ora anche CH. SAUMAGNE, Le droit latin et les cités romaines sous l'Empire (Publ. de l'Institut de droit romain de l'Univ. de Paris, XXII) Paris 1965, secondo cui « Toute cité qui, sous le Haut Empire, et hors du territoire italique, est dénom­ mée munìcipium, est une cité réglée par le jus Latii ».

INDICE

L. ACCIUS Trag, fragm. 646 691

DELLE

p. 226 p. 226

C. AELIUS GALLUS apud Festum, 274 Reciperatio p. 80 n. AMMIANUS MARCELLINUS Rerum gestarum libri 18, 5, 7 p. 45 n. 19, 2, 6 p. 45 n. 27, 5, 7 p. 118 ARNOBIUS Adversus nationes 2, 67 APPIANUS Bella civilia 1,21 1, 23 3, 25 Lib. 54 Mith. 94 APULEIUS Flor. 18, p. 86 in. p. 86 fin. Metamorph. 3, 26

p. 45 n.

p. 99 n. p. 256 n. p. 211 p. 45 n. p. 211

p. 74 n. p. 74 n. p. 74 n.

Q. ASCONIUS PEDIANUS Orationum Ciceronis quinque enarratio (ed. Clark) p. 31 p. 213 p. 57 p. 129 n.

FONTI

AUGUSTINUS De civitate dei 4, 27 10, 6 Ps. AURELIUS VICTOR De viris illustribus 5 7, 9 sgg. 8, 2 Origo gentis Romanae 15. 2 17, 2-3 17, 6 21, 3 C. IULIUS CAESAR De bello Gallico 1, 31 e 33 De bello civili 1, 30, 4

p. 113 n. p. 188

p. 21 n. p. 167 p. 169 n. p. 150 p. 145 n. p. 161 p. 275

p. 192 n. p. 245

M. PORCIUS CATO De agricultura p. 245 135, 1 Originum fragm. 5 p. 137 . 274 n. 43 p. 159 56 p. 159 n.; 162 n.; 174; 58 201 n.; 211 n.; 215; 259 n. p. 223 95 b p. 245 126 v. a. Servius, Aen. 7, 697 CENSORINUS De die natali 22, 9 sgg.

p. 182

— 296 M. TULLIUS CICERO Carm. fragm. 3, 42 p. 219 De inventione 2, 91 p. 24 n.2 2, 124 p. 6 n. De divinatione 1, 20 p. 219 De finibus 2, 54 p. 24 n. De legibus 2, 21 p. 19 n.; 267 n.2 De natura deorum 1, 116 p. 36 3, 47 p. 223 3, 93 p. 224 n. De officiis 1, 34 sgg. p. 29 n. 1, 36 p. 19 n. 1, 37 p. 36; 277 n. 1, 53 p. 220 sg. 3, 23 p. 42 n. 3, 34 p. 4 3, 50 sgg. p. 5 3, 69 p. 5; 224 n. 3, 107 p. 5 n. 3, 108 p. 4; 5; 6 n.; 30; 34; 41 3, 111 p. 197 n. De re publica 1, 27 p. 6 n. 2, 31 p. 19 n. 2, 44 p. 173 2, 63 p. 97; 104 e n. 3, 7 p. 224 n. 3, 14 p. 121 n. 3, 28 p. 24 n. 3, fragm. apud Nonium p. 431, 11 p. 219 n. Epistulae : Ad Atticum 10, 7, 1 p. 219 n. 16, 11, 5 p. 5 n. Orationes : De haruspicum responso 20 p. 148 e n.; 149 32 p. 6 n.; 42 n. 43 p. 24 n.

62 p. 148 De lege agraria 2, 61 p. 6 n. 2, 90 p. 286 2, 95 p. 240 n.; 245 In M. Antonium Philippicae 2, 20 p. 219 3, 29 p. 219; 225; 235 n. 4, 13 p. 219; 225 11, 36 p. 219 In Verrem actio I 13 p. 6 n.; 82 n. In Verrem actio II 2, 31 p. 92 n. 2, 124 p. 122 e n. 3, 93 p. 121 ; 122 4, 133 p. 122 e n. 5, 60 p. 286 n. 5, 149 p. 219 5, 150 p. 219 Pro Balbo 20 p. 286 n. 20 sgg. p. 283 31 p. 27 n.; 219 35 p. 197 n.; 198 n.; 203 n. 53 p. 251; 261 54 p. 283 Pro Caecina 94 p. 6 n. 96 p. 78 e n. 102 p. 115; 124 sg. Pro Cluentio 72 p. 235 n. Pro Fiacco 60 p. 219 Pro Fonteio 11 p. 129 n. Pro Murena 26 p. 92 n. Pro Rabirio Postumo 6 p. 46 Pro Sestio 30 p. 286 n. 69 p. 235 n. 91 p. 221 n. Paradoxa 32 p. 6 n.

— 297 — Topica 20 23 28 29 37 Tusculanae 1, 30 1, 89

p. 103 p. 131 n. p. 89 p. 113 n.; 222 p. 113 n. disputationes p. 42 n. p. 245

L. CINCIUS v. Festus, 241 Praetor Geilius, 16, 4, 1 MOSAICARUM ET ROMANARUM LEGUM COLLATIO 10, 7, 11 p. 79 n. CORNELIUS SEVERUS Carminum fragm. (in Fragm. poet. rom. ed. Bährens) 13, 11 p. 141 n. DIGESTA IUSTINIANI 2 1, 1, 5 ! 86; 87 n. p. 91 n. 1,2,2 p. 113 n. 1, 2, 2, 41 p. 90 6, 1, 1, 2 p. 28 7, 4, 21 p. 71 n. 8, 3, 27 p. 40 n. 11, 7, 36 p. 67 2 21, 1, 1, 1 p. 67 n. 21, 1, 25 p. 222 22, 3, 1 p. 122 31, 49, 2 p. 87 e n. 41, 1, 1 pr. p. 113 n. 41, 2, 3, 23 p. 130 41, 3, 1 p. 40 n. 47, 12, 4 ). 55 n.; 74 49, 15, 5, 2 p. 208 49, 15, 7, 1 p. 63 49, 15, 19, 1 p. 63 49, 15, 19, 8 p. 5 n. 49, 15, 24 DIO CASSIUS fragm. 18, 4 39, 20, 2 39, 30, 4

p. 264 p. 150 p. 205

41, 43, 44, 46, 50, 55, 71,

14, 4 48, 4 4, 3 33, 4 4, 4-5 10a, 2 33, 3

p. 205 p. 205 p. 205 p. 205 p. 20 p. 21 n. p. 20 e n.

DIODORUS SICULUS 7, 5, 9 12, 25 14, 98, 5 16, 45, 8 17, 113, 2 20, 55, 4 23, 1, 4 27, 4, 1

p. 161; 258 p. 199 p. 17 266 n.; 267 p. 220 n. p. 220 n. p. 81 n. p. 81 n.

DIONYSIUS HALICARNASSENSIS Antiquitates Romanae p. 27 n. 1, 9 p. 18 n.; 21 n. 1, 21 p. 160 1, 79, 13 p. 275 1, 84, 5 p. 27 n. 2, 16-17 p. 19 n. 2, 21, 2 p. 155 n.; 160 2, 53 p. 19 n. 2, 72 p. 21 n. 2, 72, 2 p. 19 n. 2, 72, 4 p. 161 3, 3, 1 p. 212 3, 5, 3 p. 203 n. 3,9 p. 212 3, 9, 2 p. 27 n. 3, 9-11 p. 100 3, 13 p. 212 3, 23, 2 sgg. 3, 34 p. 1622 ; 163 n.; 194; 210 3, 34, 3 p. 210 3, 34, 4 p. 153 3, 34 i. f. p. 163 3, 37 p. 163 p. 164 3, 38 sgg. p. 263 e n. 3, 41 p. 164 3, 41 sg. p. 164 3, 51, 3 p. 167 3, 51 sgg. p. 164 3, 54 p. 66 n. 3, 60



ZVÖ



3, 65 sg. p. 66 n. 4, 22 p. 99 n. 4, 23-24 p. 27 n. 4, 25 p. 205 n.; 215; 252 n. 4, 26 p. 205 n.; 215; 252 n. 4, 26, 4 p. 167; 194 4, 26, 5 p. 167 4, 45 p. 100; 164; 2102 4, 45, 3 p. 241 n. 4, 45 sgg. p. 173 n. 4, 48 p. 164; 168 4, 48, 3 p. 215 4, 49 p. 168 sg.; 194; 195; 203 n.; 205 n.; 263 n.3; 285 n.; 288 4, 49, 2 p. 170 n.; 200 4, 49, 3 p. 215 4, 50 p. 169 4, 58 p. 260 4, 58, 3 p. 98; 206 4, 58, 4 p. 81 n. 4, 63, 1 p. 263 n.

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50 50, 2 51 61

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p. 176; 210- 24?;" 257 p. 213 p. 173; 257 p. 162 n.; 196 n.; 2573;

14 8, 15, 2 8, 35 8, 35, 2 8, 36, 2 8, 64 8, 69 8, 69, 2 8, 70 8, 70, 2 8, 72 8, 74 8, 74, 2 8, 76 8, 76, 2 10, 60, 5 11, 2 H, 2, 2 11, 62, 4 14, 6 15, 7

p. 263 n. p. 254 n. p. 99 n. p. 98 p. 264 p. 19 n. p. 285 n. p. 98; 99 n. p. 99 n. p. 98 p. 99 n.; 255; 2562 p. 99 n.2 p. 982 p. 99 n. p. 98 p. 97 p. 99 n. p.98 n. p. 261 p. 27 n. p. 99 n.

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p. 247 n.

259 e n.; 260; 261; 262 SER. FABIUS PICTOR 264; 265; 268; 276 n. 5 , 6 , 1 sgg. p. 213 5, 61, 3 p. 210 5,74,4 p. 211 n. 5, 76, 3 p. 210 6, 1 p. 101; 249 6, 1, 2 p. 100 6, 2 p. 100 n. 6, 21 p. 249; 255 n. 6, 51 p. 262 n. 6, 63 p. 98; 99 n. 6, 63, 4 p. 249 6, 89, 1 p. 199 6, 95 p. 99; 125; 203; 203 n.2; 208; 249; 250; 251; 261 6, 95, 2 p. 203 n. 6, 95, 3 p. 169 n. 7, 13, 5 p. 264 7, 18 p. 100 n. 7, 53 p. 99 n.; 206 n. 7, 53, 5 p. 98

„. . , , , Historiarum fragm. (ed. maior Peter) 4 * p.144 n. SEX. POMPEIUS FESTUS De verborum significata 145, Manius p. 174 150, Martius p. 183 165, Nesi p. 252 n. 165, Nexum p. 113 166, Nancitor p. 100; 251 sg.; 252 n. 166, (Natio) p. 224 n. 182, Oratores p. 212 189, Obscum p. 274 189, Opima spolia p. 2192 194, Oscillantes p. 142; 170 n. 213, Pectuscum p. 243 e n.; 273 241, Praetor p. 100; 163; 175 n.; 210; 211; 213; 214; 216 n.; 241; 250; 255

— zw — 242, Priscae Latinae coloniae p. 187 245, Peregrinus ager p. 276; 280 n. 249, Praeciamitatores p. 74 n. 266, (Romanus ager) p. 274 274, Reciperatio p. 80 n. 286, Respublica p. 223; 224 n. 290, Sacrant viam p. 46 n. 314, Status dies p. 71; 72 e n.; 292 321 (p. 426, 18 sgg. ed. Lindsay) p. 111 sg.; 113 n. 322 (p. 428, 4 sgg. ed. Lindsay) p. 112; 113 n. 340,

p. 155 348, Sanates p. 111; 114; 125 n.; 210 349, Septimontio p. 155 SEX. IULIUS FRONTINUS Gromatica (ed. Lachmann) p. 44, 8 p. 92 n. GAIUS Institutiones p. 42 n. 1, 1 p. 91 1, 35 p. 131 1, 55 p. 103 1, 56 sgg. 1, 79 p. 2712; 271 n.; 272 n. 1, 119 P- 92 n.; 185 p. 113 n. 1, 188 2, 24 p. 92 n. 2, 40 p. 93 n. p. 93 n. 2, 41 2, 44 p. 130 n. 2, 65 p. 123n.; 129; 130 n. : 2, 104 p. 185 p. 187 3, 56 p. 127 3, 93 3, 94 p. 38 3, 132 p. 79 n. p. 128 3, 133 p. 86 3, 154a p. 131 3, 154a-b 3, 167 P. 92 n.; 185 p. 92 n. 4, 16 4, 17 p. 93 n.

4, 4, 4, 4, 4, 4, 4, 4,

34 36 37 41 45 86 93 109

p. 92 n. p. 92 n. p. 76; 77 n.2 p. 92 n. p. 92 n. p. 92 n. p. 92 n. p. 133 n.

A. G E L L I U S

Noctes Atticae 1, 25, 4 1, 25, 17 2, 10, 3 4, 3, 1 4, 4, 1 sgg. 5, 12, 3 4 5, 20 10, 23, 1-2 13, 6 15, 12, 3 16, 4, 1 20, 1, 47 20, 1, 50

~ p. 63 p. 63 p. 188 p. 185 p. 184 sg. p. 188 p. 188 p. 189 p. 188 p. 223; 224 n. p. 21; 38 n. p. 66 p. 68 n.

CN. GELLIUS

Annalium fragm. apud Dionysium 2, 72, 2 ( = 16, Hist. Rom. reliquiae, ed. Peter 1914) p. 21 n. CLAUDIUS CAESAR GERMANICUS Aratea 15 p. 141 n. CORPUS GLOSSARIORUM LATI­ NORUM, ed. Goetz VI, p. 238 v. Commercium p. 117 n. CAIUS SEMPRONIUS GRACCHUS Orat. fragm. apud Festum, 286 Respublica p. 223; 224 n. apud Gellium 15, 12, 3 p. 223; 224 n. HANNO Periplus 1

p. 220 n.

— 300 — HERODOTUS 1, 143 7, 136

p. 231 p. 41 n.

HESIODUS Fragm. p. 136 4, ed. Rzach Theog. 1011 sgg. p. 136; 165; 241 n. HESYCHIUS α 2124 δ 342 κ 738 CASSIUS HEMINA Annalium fragm. 7 HOMERUS Ilias 6, 145 sgg. 21, 106 sgg. Odyss. 14, 273 sgg.

p. 136 n. p. 136 n. p. 136 n.

p. 156

p. 42 n. p. 42 n. p. 42 n.

Q. HORATIUS FLACCUS Epistulae 2, 1, 24 sg. p. 98 n.; 206 Sermones 2, 1, 38 p. 245 e n. INSCRIPTIONES Corpus inscriptionum 5093 ( = Testimonia scae, 233) 5360 ( — Testimonia scae, 87) Corpus inscriptionum I, 1, p. 202 I, 2, 6 I, 2, 60 I, 2, 581 2 sgg. I, 2, 581 7 sg. I, 2, 583, 1 I, 2, 585, 29 VI, 1302 VI, 2174 VI, 2175

etruscarum linguae etrup. 230 n. linguae etrup. 230 n. latinarum p. 21 n. p. 245 p. 223 n. p. 283 p. 284 p. 223 271 n.2; 282 p. 21 n. p. 213 p. 213

A, 797 p. 21 n.; 217 XIII, 1668 p. 27 n. XIV, 2228 p. 213 XIV, 2863 p. 223 Dittemberger, Sylloge inscriptio­ num graecarum II, 543 p. 27 n. Guarducci, Cippo latino arcaico con dedica ad Enea in Bull. comm. arch. comunale di Roma 76 (1956-58), Bull. museo della civiltà romana, 19, p. 3 sgg. p. 158 n. Inscriptiones graecae XII, 3, 173 p. 203 n. Inscriptiones Italiae XIII, 3, n. 2 p. 145 n. Lex de piratis persequendis (in Fontes iuris romani anteiustiniani, I, ed. S. Riccobono, p. 122 sgg.) B, 6 p. 286; 287 Pallottino, Scavi nel santuario etrusco di Pyrgi in Archeologia classica, 19 (1964) p. 79 p. 229 sg. n.; 292; 293 Tabulae iguvinae Vb, 9 p. 139 n. VI a, 29 sgg. p. 227 VIb, 13 p. 226 n 228 n. p. 281 VIb, 53 sgg. p. 229 VI b, 54 p. 229 VI b, 58 p. 229; 281 n. VI b, 59 Tabulae herculanenses III p. 128 n. LXII p. 120 n.

INSCRIPTIONES NUMMORUM: v. NUMMI INSTITUTIONES lUSTINIANI 1, 2, 2 p. 902; 90 n.; 91 n. 2, 1, 11 p. 87 e n.2 2, 1, 41 p. 79 n. ISIDORUS De natura rerum 4, 2 Origines (s. Etymol.)

p. 183 n.

— 301 5,6 14, 4, 18 15, 1, 50

p. 42 n. p. 138 p. 138

M. IUNIANUS IUSTINUS

Epit. hist. Philippicarum Pompei Trogi 12, 2, 12 p. 18 n. 18, 2, 1 p. 247 n. 20, 1, 12 p. 137 LEGES XII TABULARUM (in Fontes iuris romani anteiustiniani, I, ed. S. Riccobono) II, 2 p. 55; 71 ; 283 III, 5 p. 54; 66; 243; 280 n. VI, 1 p. 113 n. VI, 3 p. 130 e n.; 131 n. VI, 4 p. 14 n.; 36 e n.; 54; 55; 69; 70 n.; 73; 130 e n.; 131 n.; 283 VII, 11 p. 79 n. VIII, 19 p. 79 n. IX, 5 p. 72 XI, 1 p. 104 n. LICINIUS IMBREX

Comoediarum fragm. (Scaen. rom. poesis fragm. ed. Ribbeck, II) 2 p. 103 TITUS LIVIUS Ab urbe condita 1, 2 p. 143 1, 2, 3 p. 143 1, 2, 4 p. 137; 291 1, 2, 6 p. 144 1, 3, 5 p. 243 1, 3, 7 p. 143; 161; 169; 187; 258 1, 9, 1 p. 101 1, 9, 6 p. 101 1, 9, 13 p. 192 n. 1, 9, 14 p. 101 1, 10, 3 p. 217; 218 1, 13 p. 291 1, 14, 2-3 p. 158; 194; 195 1, 15, 1 p. 155 n.2 1, 19, 4 p. 206

1, 22, 7 1, 23, 4

p. 212 p. 211 n.; 2122; 217; 218; 219 n. p. 194; 212 1, 23, 7 p. 212 1, 24, 2 pJ63 n. 1,24, 3 p. 21 n.; 194 n.; 195 1, 24, 4 p. 196 1, 24, 4 sgg. p. 172 n. 1, 24, 7-8 p. 196 n. 1, 24, 8 p. 211 n.; 212 1, 24, 9 p. 100 1, 26, 2 p. 286 1, 27, 7 p. 155 n. 1, 27, 9 p. 286 1, 28, 4 p. 164 1, 30 p. 152 n. 1, 30, 5 p. 154 n.; 162 n. 1, 31 p. 164 1, 32 p. 163; 194 1, 32, 3 p. 19 n.; 21 n. 1, 32, 5 p. 38 n.2 1, 32, 6 p. 37 1, 32, 10 p. 187 1, 32, 11 sgg. p. 37; 38 n. 1, 32, 13 p. 143 1, 32, 14 p. 164 1, 33 p. 143 1, 33, 4 p. 156 n. 1, 33, 7 p. 164; 167 1, 35, 7 p. 164 1, 37 p. 12 n.; 154 n.; 164 1, 38 p. 208 n. .1, 38, 2 p. 143; 164; 167 1, 38, 4 p. 219 1, 40, 3 p. 226 1, 43, 9 p. 164; 1672; 192; 1, 45, 2 193; 214; 252 n. p. 164; 167 1, 45, 3 p. 154 n. 1, 45, 3 sgg. p. 164; 192; 214; 282 1, 49, 8 p. 100 1, 49, 9 p. 215 1, 50 1, 50, 1 p. 164; 168; 170 n. 1, 50, 9 p. 131; 185 1, 50sg. p. 173 1, 50sgg. p. 210 1, 51 p. 215

— 302 — p. 164 1, 51. 9 1, 52, 1 sgg p. 162; 168 '1,52,2 p. 143; 144; 169 n.; 194 1, 52, 5 p. 164; 170 n.; 194 1, 52, 6 p. 215 1, 53, 1 p. 263 n. 1, 53, 2 p. 239 n.; 260 1, 53, 10 p. 286 p. 263 n. 1, 56, 3 2, 9, 1 p. 225 2, 12, 14 p. 219 2, 14 p. 173 2, 16, 8 p. 239 n.; 264 2, 18, 3 p. 257 2, 19, 2 p. 260; 265 2, 21, 1 p. 249 2, 22, 2 p. 264 2, 22, 5 sgg. p. 267 n. 2, 22, 5-7 p. 249 2, 22, 7 p. 192; 214 2, 30-31 p. 264 2, 30, 8 p. 150 n. 2, 33, 1 p. 199 n. 2, 33, 4 p. 249; 267 n. 2, 33, 9 p. 251; 267 n. 2, 34, 6 p. 264 2, 38, 1 p. 210 2, 38, 5 p. 225 2, 39 p. 263 n. 2, 39, 1 p. 212 2, 39, 3 p. 264 2, 41, 1 p. 285 n. 2, 41, 5 p. 286 2, 41, 6 p. 285 n. 2, 42, 2 p. 222 2, 42, 8 p. 222 2', 45, 16 p. 222 2, 48, 9 p. 219 2, 53, 1 p. 286 2, 53, 4 p. 150 n. 2, 53, 5 p. 286 p. 150 n. 3, 1, 8 3, 2, 1 p. 150 n. 3, 13, 10 p. 247 n. 3, 55, 10 p. 199 n. 3, 56, 10 p. 6 n. 3, 66, 5 p. 150 n.

p. 101 % 3, 4 4, 4, 5 sgg. p. 97 4, 4, 9 p. 97 n. 4, 5, 5 p. 97 4, 6, 7 p. 199; 199 n. 4, 7, 10 sgg. p. 261 4, 9, 1 p. 261 4, 30, 13-14 p. 17 4, 30, 14 p. 267 n. 4, 33, 5 p. 219 4, 52, 6 p. 117; 118; 119 n. 4, 53, 2 p. 150 n. 4, 55, 2 p. 150 n. 4, 58, 1 p. 17 5, 2, 2-3 p. 25 5, 6, 6 p. 219 5, 6, 8 p. 219 5, 17, 2 p. 169 n. 5, 19, 1 p. 173 n. 5, 21, 5 p. 25 5, 22, 8 p. 225 5, 27, 6 p. 17; 29 5, 27, 15 p. 17 e n.. 5, 28, 4 p. 192 n. 5, 35, 4 p. 7 n.; 36 5, 39, 10 p. 217; 219 5, 40, 10 p. 74 n. 5, 45, 4 p. 219 6, 2, 2 p. 219 6, 2, 3 p. 266 6, 2, 4 p. 219 6, 10, 6 p. 285 n. 6, 10, 7 p. 210 6, 17, 4 p. 219 6, 29, 6 p. 265 p. 264 6, 30, 9 7, 6, 7 p. 285 n. 7, 7, 4 p. 225 7, 10, 4 p. 2192 7, 12, 7 p. 203; 266; 266 n. 7, 16, 2 p. 17 7, 18, 2 p. 265 7, 19, 1 p. 265; 266 n.; 267 7, 20, 8 p. 267 n. 7, 23, 2 p. 150 n. p. 210 7, 25, 5 7, 26 p. 291

303 — 7, 36, 5 p. 219 n. 8, 2, 13 p. 215 n.; 250 8, 3, 2 p. 210 e n. 8, 3, 8 p. 285 n. 8, 3, 9 p. 211; 211 n.; 213 8, 3, 10 p. 2102 e n. 8, 4, 2 p. 250; 266 n. 8, 6, 1 p. 171 n. p. 149 n. 8, 11, 3 8, 11, 13-14 p. 150 n. 8, 11, 15 p. 21 n. 8, 12, 7 p. 267 n. 8, 12, 12 p. 150 n. 8, 13, 16 p. 27 n. 8, 14, 5-6 p. 247 n. 8, 14, 9 p. 267 n. 8, 14, 10 p. 118 8, 17, 10 p. 18 n. 8, 34, 9 p. 279 8, 39, 14 p. 21 n. 9, 5, 1 p. 24 n.; 195; 195 n.; 267 n. 9, 5, 3 p. 23 n. 9, 7, 1 p. 219 p. 23 n. 9, S, 6 9, 8, 14 p. 23 n. 9, 9, 3 p. 23 n. 9, 9,4 p. 23 n. 9, 18, 6 p. 219 9, 29, 11 p. 222 9, 32, 1 p. 269 n. 9, 36, 6 p. 269 n. 9, 36, 11 p. 269 n. 9, 42, 11 p. 285 n. 9, 45, 17 p. 225 10, 11, 12 p. 219 10, 18, 5 p. 219 10, 36, 12 p. 219 10, 40, 11 p. 219 21, 12, 6 p. 192 n. 21, 13, 3 p. 192 n. 21, 20, 7 p. 279 21, 22, 3 p. 220 n. 21, 30, 3 p. 219 21, 43, 12 p. 219 21, 45, 8 p. 46 n. 22, 37, 7 p. 286 22, 55, 5 p. 219

/ ^

22, 59, 12 23, 6, 3 23, 6, 4 23, 12, 5 23, 43, 11 24, 32, 2 25, 3, 16 25, 16, 5 25, 16, 14 25, 29, 6 25, 38, 9 25, 40, 5 25, 40, 12 26, 11; 8 26, 24 26, 27, 10 26, 27, 12 26, 34, 6 sgg. 26, 34, 7 26, 41, 13 26, 41, 19 27, 4, 14-15 27, 33, 11 27, 37, 6 28, 11, 1 sgg. 28, 25, 6 28, 32, 6 29, 11, 5 29, 27, 1-5 30, 12, 13 30, 38, 8 30, 43, 9 31, 18, 4 31, 44, 7 32, 2, 1 33, 27, 7 33, 31, 8 34, 9, 9 34, 56, 2 34, 57, 7 34, 57, 7-11 35, 3, 1-5 35, 7 36, 3, 7 sgg. 36, 3, 8 sgg. 36, 17, 15 36, 34, 2 36, 38, 1

p. 219 p. 217 p. 219 p. 219; 220 n. p. 225 p. 219 p. 256; 256 n. p. 212 p. 225 p. 222 p. 219 p. 220 n. p. 220 n. p. 152 n. p. 196 n.; 197 n. p. 226 n. p. 219 p. 243 p. 247 n. p. 219 p. 219 p. 275 p. 219 p. 275 p. 275 p. 219 p. 2192 p. 219 p. 25 n. p. 226 n. p. 275 p. 47 p. 219 p. 225 p. 79 n. p. 219 p. 219 p. 117 p. 225 n. p. 267 n. p. 267 n. p. 225 n. p. 79 n.; 128 n. p. 18 p. 197 n.; 204 n. p. 219 p. 225 p. 226 n.

— 304 — 37, 2, 5 37, 54, 5 37, 55, 3 38, 47, 9 38, 58, 5 39, 19, 5 39, 22, 5 40, 5, 8 41, 9, 5 41, 21, 11-12 42, 62, 5 43, 5, 9 43, 12, 3 sgg. 43, 13 43, 13, 6 44, 1, 8 44, 18, 6 45, 29, 10 45, 29, 13 45, 30, 2 45, 38, 10

p. 225; 225 n. M A C R O B I U S p. 192 n. Saturnalia p. 46 1, 12, 2 sgg. p. 219 1, 15, 18 p. 219 1, 16, 14 1, 16, 16 p. 98 n. 1, 16, 17 p. 275 1, 16, 40 p. 219 p. 274 1, 24, 11 p. 274 3, 9 p. 267 n. 3, 9, 6 sgg. p. 119; 125 3, 9, 9 sgg. p. 286 5, 19, 13 p. 277 n.; 278 POMPONIUS MELA p. 271 n. 2, 4, 70 p. 219 p. 274 CORNELIUS NEPOS p. 1182; 120 Hannibal p. 117; 118 7, 3 p. 120 sg. Themistocles p. 219 7, 4

T. LIVI AB URBE CONDITA LIB. PERIOCHAE 127 p. 117 C. LUCILIUS Saturae (ed. Marx) 1089 T. LUCRETIUS CARO De rerum natura 5, 1155 LYCOPHRON Alexandra 1226-1280 1250 1250 sgg. 1253 1253 sgg. 1265-1282 1446-1450

p. 286

p. 267 n.

p. 258 n. p. 144 n. p. 157 p. 139 n. p. 144 n.; 153 p. 162 n.; 258 e n. p. 258 n.

IOANNES LAURENTIUS LYDUS De mensibus 1, 13 p. 136 LIBER PRIMUS MACHABAEORUM 8, 1 e 12 . p. 81 n.

p. 183 p. 183 p. 73 n. p. 140; 200 p. 200; 205 p. 189 p. 146 n. p. 12 n.; 39 p. 25 p. 25 n. p. 184 p. 242; 246

p. 219 p. 6 n.

NONIUS MARCELLUS p. 74 n. 30, 14 p. 104 e n. 143, 22 sgg. p. 226 173, 27 p. 219 n. 431, 11 sgg. p. 19 n.; 45 n. 529, 16 sgg. NUMMI Friedländer, Die oskischen Münzen p. 11, 9 e 10 p. 24 n. p. 16, 2 p. 24 n. Mattingly, Coins of the Roman empire in the British Museum I, p. 19, 96-97 p. 23 n. p. 24, 118 p. 23 n. Sambon, Les monnaies antiques de l'Italie 220-221 p. 24 n. Sydenham, The coinage of the Roman republic 69-70 p. 23 n. 527 p. 23 n. 572 p. 24 n. Sylloge nummorum graecorum (Danish national Museum), Italy, III (35, Locri Epizephyrii),

— 305 —

/ 1867 (cfr. Head, Historia numorum2, p. 104) p. 81 n. AURELIUS OPILLUS apud Gellium 1, 25, 17

p. 63

PAULUS OROSIUS Historiae adversus paganos p. 164 2, 4, 11 P. OVIDIUS NASO Fasti 3, 85 sgg. 3, 87 6, 201-208

p. 183 p. 282 p. 20

PAULI SENTENTIAE 3, 4a, 7 p. 107;; 109; 116 4, 10, 1 p. 71 n. v. a. COLLATIO PAULUS DI ACONUS Epitoma F es ti p. 184 16 Assaratum p. 20 33 Bellona 56 Clipeum p. 98 n.; 206 p. 74 n. 69 Dirus 78 Extrarium p. 73; 74\ n.; 75 n. 82 Exesto p.. 281; 283 p. 222 94 Gentilis 126 Maximus pontifex p. 74 n. p. 74 n. 156 Mundum p. 224 n. 167 N a t i o p. 187 226 Prisci Latini 248 Praeciamitatores p. 74 n. p. 155 341 Septimontium p. 38 n. 367 Themin FETRONIUS Satirae 80

p. 74 n.

PLACIDUS in Glossaria latina iussu Acad. britannicae edita, IV, p. 14, A 75 p. 71 T. MACCIUS PLAUTUS Aulularia 631 Bacchides 117 Captivi

p. 121 p. 121

887 Curculio 5 447 Menaechmi 258 Rudens 311 725

p. 223 p. 73 n. p. 223 p. 223 n. p. 223 p. 121 e n.

C. PLINIUS SECUNDUS Naturalis historia p. 141 n. 3, 7 p. 220 n. 3, 8 p. 281 n. 3, 14 p. 268 3, 51 3, 53 p. 149; 149 n.; 243 n. p. 242 3, 54 p. 241 sg. 3, 56 p. 241 sg. 3, 59 p. 148 n.; 149 3, 63 3, 69 p. 146n.; 147: 150; 152; 155; 156 n.; 157 n.; 161 n.; 268 p. 140 n. 3, 147 p. 140 n. 6, 12 p. 141 n. 7, 117 p. 141 n. 11, 123 p. 141 n. 13, 135 p. 148; 149 14, 67 p. 148; 150 14, 88 p. 189 14, 89-90 p. 181 n. 16,. 237 p. 159 16, 242 p. 117 26, 19 p. 173 n.2 27, 45 p. 39 28, 18 p. 242 31, 8 p. 187 n. 34, 20 C. PLINIUS CAECILIUS SECUN­ DUS Epistulae 10, 49-50 p. 40 n. p. 40 n. 10, 71 PLUTARCHUS Vitae parallelae Camillus 18

20 — P. CATALANO - Linee del sistema soprannazionale romano - I.

p. 19 n.

— 306 — Coriolanus 28 30 Titus Flamininus 16, 4 Caius Gracchus 12, 1 Numa 12 Pompeius 61 Romuîus 2 6

p. 263 n. p. 99 n. p.- 81 n. p. 256 n. p. 19 n. p. 210 p. 169 n. p. 275

POLYBIUS 1, 7, 6-12 p. 81 n. 1, 10, 4 p. 81 n. 2, 38, 1 p. 231 n. 3, 22 p. 82 n.; 176; 246; 262; 287; 288; 292 3, 22, 11 sgg. p. 235 n. 3, 24, 3 sgg. p. 176 n. 3, 25 p. 44 n. 3, 25, 6 p. 196 n. 3, 91, 4 p. 242 4, 1, 7 p. 232 n. 7, 9 p. 44 n. 15, 4 p. 40 n. 21, 43 p. 203 n. 35, 2, 4 p. 247 n.

3, 1, 63 6, 12, 4

p. 246 p. 140 n.

M. FABIUS QUINTILIANUS Declamationes 357, 27 p. 74 n. Institutio oratoria 1, 5, 56 p. 154 n. RHET. AD C. HERENNIUM 2, 10, 14 p.

6 n.

SABIDIUS Versuum Saliorum commentarvi fragm. in Schol. Veron. in Vergil. ad Aen. 10, 241 p. 133 n.; 287 C. SALLUSTIUS CRISPUS De coniuratione Catilinae 52, 24 De bello Iugurthino 5, 4

p. 219 p. 219

SCHOLIA IN CICERONIS ORATIONES BOBIENSIA p. 154 sg. ed. Stangl p. 170 n.; 172; 187 SCHOLIA IN CICERONIS ORATIONES GRONOVIANA Act. I in Verr. 13 (p. 334 Stangl) p. 83 n.

C. ASINIUS POLLIO Epist. ad Ciceronem 10, 33, 5 p. 219 n.; 227 n.

SCHOLIA VERON. IN VERGIL.AD AEN.: v. SABIDIUS

PRIAPEA 1, 2

Ps. SCYLAX Periplus 8

p. 141 n.

PRISCIANUS L. ANNAEUS SENECA in Gramm. lat. ed. Keil Controversiae II, p. 129 p. 174 e n. 1, 1, 14 II, p. 337 p. 174 e n. III, p. 515 p. 138 L. ANNAEUS SENECA Dialogi SEX. PROPERTIUS 4 (De ira, 2) 34, 4 4, 10, 37 p. 141 n. Naturales quaestiones 4, 2, 11 PTOLEMAEUS 5, 18, 4 Geographia 6, 7, 1 3, 1, 6 p. 242

p. 241

p. 6 n.

p. 27 n. p. 117 p. 117 p. 279 n.

— 307 — MAURUS

SERVIUS

HONORATUS

et SCHOLIA DANIELIS (= Servius Dan.) Ad Aen. 1, 2 (ed. Harvardiana) p. 243 n. 1, 6 p. 1373; 138; 188 n.; 242 n.; 246 1, 12 p. 193 n. 1, 62 p. 19 n.; 198 1, 270 p. 145 n. 1, 273 p. 137 n. 2, 351 p. 28 n.; 39 2, 519 p. 74 n. 4, 212 p. 28 4, 242 p. 19 n.; 198 4, 424 p. 73 n. 4, 453 p. 74 n. 5, 598 p. 187 6, 773 p. 143 n. 6, 777 p. 137 n. 7, 38 p. 242 n. 7, 612 p. 188 7, 661 p. 158 7, 695 p. 18 n.; 21 n. 7, 697 p. 268 7, 716 p. 150 8, 172 p. 281 n.; 282 n. 8, 322 p. 138; 140 n. 9, 52 p. 18; 19 n.; 39; 125; 280 n. 10, 14 p. 19 n.; 21 n.; 198 12, 841 p. 25 Ad georg. 1, 11 p. 184 SEXTILIUS ENA Carminimi fragm. (Frg. poet. rom. ed. Bährens) p. 141 n. C. IULIUS SOLINUS Collectanea rerum memorabiîium T, 7 p. 159 2, 16 p. 155 n. STEPHANUS BYZANTIUS v. Τάβιοι p. 275 STRABO 3, 4, 2-3, p. 156-157 p. 220 n. 5, 1, 1, p. 210 p. 99 n.

5, 5, 5, 5, 5, 5, 6, 7,

2, 3, 3, 3, 3, 4, 1, 1,

9, p. 226 2, p. 230 4, p. 231 5, p. 232 9, p. 236 12, p.. 249 3, p. 254 3, p. 290

p. 155 n. p. 161 ; 186 n7 p. 100; 242 • p. 156 p. 246 p. 228 n. p. 212 p. 21 n.

C. SVETONIUS TRANQUILLUS Divus Claudius p. 45; 46 n. 25 . Vita Terentii p. 26 sg. (ed. Reifferscheid) p. 123 CORNELIUS TACITUS Agricola p. 118 28 p. 118 39 Annales 11, 24 p. 27 n. 11, 25 p. 192 n. Germania 4 p. 224 n. 24 p. 68 n. 41 p. 117; 118 Q. SEPTIMIUS FLORENS TERTULLIANUS De praescripiione haereticorum 32 p. 75 n. THEOPHILUS Institutionum 1, 2, 2

graeca paraphrasis p. 90 n.; 91 n.

POMPEIUS TROGUS Hist. Philipp, fragmenta (éd. O. Seel) 152 ( = Iustinus 38, 4, 9) p. 226 n. IOANNES TZETZES Ad Lycophronem 44 e 615 p. 140 n. ULPIANI EPITOME 5, 2-9 5, 3 5, 4 19, 4-5 20, 13

p. 271 p. 104 p. 103 p. 108; 115 p. 1162; 118

— 308 — M. TERENTIUS VARRÒ De lingua Latina p. 72 5, 3 5, 32 p. 138; 139 sg.; 145 n.; 150 n.; 244; 2762 5, 33 p. 75; 150 n.; 206 ; 271 n.4; 272 ; 273; 280 e n.2; 282 5, 42 p. 186 n. 5, 48 p. 156 n. 5, 52 p. 173 n. 5, 55 p. 274 n. 5, 86 p. 19 n. 2 ; 198 n. 5, 123 p. 274 n. 5, 143 p. 184 6, 24 p. 155 7, 36 p. 184 7, 39 P . 245 e n. 7, 85 p. 226 7, 105 p. 113 De vita populi Romani (éd. Riposati) fragm. 75 p. 19 n. 93 p. 19 n. Res rusticae -n 97/L n 1 2 7t X, £., . 150 n.; 274 n.; 276 1, 10, 1 p p. 274 n. ■1, 14, 3 4 p. 267 n. 2, 4, 9 p. 245 n. 2, 10, 11 p. 274 n. 3, 1, 2 p. 274 n. 3, 13, 2 VATICANA 47a

FRAGMENTA p. 67 n.; 68 n.

VELLEIUS PATERCULUS Historia Romana p. 27 n. 1, 14 p. 264 1, H, 2 2, 98, 1 p. 224 n. P. VERGILIUS MARO Aeneis p. 245 1, 2 p. 137; 235 n. 1,6 1, 338 p. 219 n. 1, 339 p. 235 n. p. 235 n. 3, 675 p. 235 n. 4, 40

4, 6, 258 sg. 6, 773 6, 774 7, 45 sgg. 7, 49 7, 170 sgg. 7,- 601-817 7, 670 sgg. 7, 678 sgg. 7, 715 sg. 7, 716 7, 761 sgg. 8, 319 sgg. 8, 321 8, 322 sg. 8, 724 9, 367 9, 641 10i, 201 11 , 100 12:. 40 12:, 823 sg.

P- 73 n. P- 281 n. P- 155 n. P- 154 n. p. 142 P- 186 n. p. 142 P- 145 n. p. 145 p. 145 p. 146 p. 149 n.; 150 ]p. 145; 212 n. p. 142 P- 235 n. p. 138 P- 235 n. p. 145 P- 219 n. P- 235 n. p. 145 p. 143 :n.; 261 p. 137

IOANNES ZONARAS Annales 7, 1 (I, 313 A) 8, 4 (I, 375 A) RIG-VEDA 1, 104, 2 1, 185, 1 2, 12, 4 3, 34, 9 3, 54, 16

P- 140 n. P- 247 n.

231 n. 231 n. 231 n. 231 n. 231 n. 231 n. p. 230 p. 230 P- 231 n. P- 231 n. p. 230 p. 230 p. 230

PPPPPP-

5, 5, 10 5, 33, 4 7, 57, 1 8, 39, 6 9, 95, 2 1C>, 23, 2 1C>, 49, 3 1C1, 77, 8 ATHARVA-VEDA 5, 4, 8

P- 230 n.

VENDIDAD 131, 168

P- 231 n.

(VIDBVDÄT)

U N I V E R S I T À * DI TORINO PUBBLICAZIONI DELL'ISTITUTO GIURIDICO

MEMORIE (SERIE II)

I - VASSALLI F. FRANCHI L., G. P. Chironi - 1928 II - DULIO E., Un illuminista piemontese. Il Conte Dalmazzo Francesco Vasco - 1928 . . III - GROSSO G., Efficacia fidei iudicia» - 1928 IV

500 —

»

600 —

dei patti nei « bonae

PASSERIN D'ENTUEVES A., La teoria del diritto e della politica in Inghilterra all'inizio dell'età moderna - 1929

V - DULIO E., Le miniere degli Challant in Valle d'Aosta e il loro ordinamento giuridico - 1929 VI - GROSSO G.f Contributo allo studio dell'adempimento della condizione - 1930 . . . VII

L.

»600 —

(esaurito) *

600 —

(esaurito)

EINAUDI M., Edmondo Burke e l'indirizzo storico nelle scienze politiche - 1930 . . .

(esaurito)

Vili - CHIAUDANO M., Studi e documenti per la storia del diritto commerciale italiano nel secolo XIII - 1930 . . . . . .

(esaurito)

IX - AGOSTI G., Un politico italiano alla Corte polacca nel secolo XV. (Il «Consilium Callimachi>) - 1930

»

400 —

X - DE BERNARDI M., Giovanni Boterò economista. (Intorno ai libri « Delle cause della grandezza delle città») - 1931

»

800 —

XI - BALLADORE PALLIERI G.. / « principi generali del diritto riconosciuti dalle nazioni civili » nell'art. 48 dello Statuto della Corte di giustizia internazionale - 1931 . . . .

(esaurito)

XII - FERROGLIO G., La condizione giuridica delle confraternite - 1931

»

600 —

ERRATA

CORRIGE

riga 5

3, 9, 6

3, 9, 6 sgg.

p. 137 n. riga 8

6, 778

6, 777

p. 140 n. riga 9

Zonara 7, la

Zonara 7, 1, 313A

p. 183

Festo 153

Festo 150

Strabone 5, 2, 3 p. 230

Strabone 5, 3, 2 p. 230

p. 25

riga 18

p. 186 n. riga 2 p. 198

riga 3

10, 114

10, 14

p. 215

riga 22

1, 50

Livio 1, 50

10, 34, 5

10, 33, 5

Mela 3, 4, 70

Mela 2, 4, 70

De ling. Lat. 1, 38

De ling. Lat. 7, 39

riga 5

Livio 1, 7

Livio 1, 3, 7

p. 280 n. riga 34

Aen. 9, 53

Aen. 9, 52

p. 281 n. riga 6

Aen. 8, 179

Aen. 8, 172

p. 283

Fest. epit. 72

Fest. epit. 82

p. 227 n. riga 13 p. 242

riga 17

p. 245 n. riga 7 p. 258

riga 6