La monarchia delle due sicilie tra Ancien Régime e rivoluzione [PDF]

Per un giudizio sulla politica napoletana negli ultimi decenni del Settecento occorre, a nostro avviso, fissare alcuni p

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Italian Pages 488 Year 1972

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Table of contents :
Avvertenza 7
Introduzione 9
I. Il ministro di Ferdinando IV 29
Giovanni Acton

II. Nei ministeri Sambuca e Caracciolo 51
Tra Francia e Austria nel tramonto dell'ancien régime

III . La difficile eredità del ministero Caracciolo 169
I matrimoni austriaci

IV. Stato e Chiesa 205
La visita al Pontefice

V. Oriente e Francia 241
II presentimento dello scontro con la Rivoluzione

VI. Il riaprirsi della crisi della «libertà italiana» 301
Il tentativo d i lega

VII. I limiti dell’anglofilia 361
Il mancato trattato di commercio con la Gran Bretagna

VIII . L ’epilogo anglofilo 425
La condanna della politica dinastica

Appendice 445
I. Alle origini delle «Considerazioni sul processo criminale»
di F. M. Pagano 447
Per la biografia di Luigi de Medici

II . Documenti dell’anno di Campoformio 461
Il destino delle isole dalmate e l’opposizione europea alla nascente
potenza marittima dell’Austria

III . Documenti dell’anno di Campoformio 481
A Venezia dopo Leoben
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LA MONARCHIA DELLE DUE SICILIE TRA A N C IEN RÉGIM E E RIVOLUZIONE

ARTURO

B lì R I S l O

NAPOLI

lì D 1 T O R E

Co py r ig h t 1972 -

isi; r is io

EDITORE NAPOLI

A V V E R T E N Z A

I lavori raccolti nel presente volume abbracciano un lungo arco di tempo. Li congiunge un filo unitario, evidente, più che nella successione cronologica della loro pubblicazione, nella disposizione che qui viene loro data e che fa di essi quasi altrettanti capitoli di un tema comune. In genere obbedirono all’esigenza di una revisione di giudizi tradi­ zionali ancora accetti alla storiografia dell’epoca in cui videro la luce: perciò riappaiono immutati nella forma che loro fu data, né si è voluto ritoccarne la bibliografia. Per ciascun saggio è indicato l’anno della pubblicazione, quasi sempre in riviste, atti accademici o miscellanee d ’occasione,, oggi non sempre age­ volmente reperibili. Purtroppo molti degli originali dei documenti dell’Ar­ chivio di Stato di Napoli messi a profitto o riprodotti andarono distrutti nel corso degli eventi bellici del secondo conflitto mondiale. E ciò non può non accrescere, col rammarico della ricerca fermata proprio in vista di una più larga utilizzazione, l ’interesse per quelli alla cui salvezza con­ tribuì un lontano lavoro di scavo. Si indicano le sigle adoperate per designare gli Archivi più frequen­ temente citati: A .S.F. = Archivio di Stato di A .S.G . = » » » » A.S.M . = » » » » A .S.N . = » » » » A .S.T . = » » » » A .S.V . = » » » » A.V. — » Vaticano H .H .S.A .W . — Haus-Hof und Staats 7

Firenze Genova Modena Napoli Torino Venezia - Archiv Wien.

Per un giudizio sulla politica napoletana negli ultimi decenni del Settecento occorre, a nostro avviso, fissare alcuni punti fermi che valgano a rimuovere altrettanti ¿dola attardatisi nella vicenda storiografica di oltre un secolo e mezzo. Primo: fragilità del concetto che la spinta innovatrice si sia andata esaurendo, nel Mezzogiorno d ’Italia, già nel decennio 1780-1790, quasi nel presentimento della frattura, non più sanata, tra governo e intelli­ genza del paese, al solo annunzio (affermazione gratuita anche questa) dei primi torbidi francesi; secondo: leggenda di un orientamento anglo­ filo, assurto addirittura a motivo ispiratore dei rapporti internazionali e venuto vieppiù a impoverire, col ministro Acton, l’autonomia del Regno, già compromessa da una non larvata soggezione agli interessi dei Lorena, per opera della giovane e impetuosa regina, portatrice da Vienna del pro­ gramma di rialzare le sorti del non spento partito austriaco in corte; terzo: mito di un imperialismo Acton-M. Carolina, e perciò di evidente marca straniera, sproporzionato alla possibilità del paese, in antitesi anzi con i suoi più concreti interessi; quarto: conseguente esigenza di un ul­ teriore e più avveduto lavoro di scavo a partire almeno dagli anni ottan­ ta, per una esatta collocazione della politica estera nel programma di rin­ novamento del Regno: di una revisione insomma dei giudizi ancor oggi correnti sui rapporti tra governo e paese e tra il Mezzogiorno d ’Italia e il circostante mondo europeo. I più recenti studi ci hanno detto abbastanza, al punto che è rapida­ mente invecchiata la maggiore sintesi sulla seconda metà del Settecento napoletano, tentata, nella linea della tradizione storiografica, dal Simioni con un lavoro che denunciò subito il difetto della incerta scelta tra l ’am­ bizione della ricostruzione d ’indole generale e lo sforzo della ricerca par­ li

LA M ONARCHIA D E L L E D U E S I C I L I E

ticolare, non disdegnata dall’autore, senza però che ne uscissero colmati i molti vuoti lasciati nel lungo e intricato cam m ino.1 Né il Simioni poteva vantare la finezza di un Albert Sorel, capace di celare, nella serie dei volumi de L ’Europe et la Révolution française, sotto il manto dell’esposizione, le deficienze, qua e là, della ricerca diretta, non sfuggite, tanto per portare un esempio, a un Raymond Guyot. È quasi superfluo aggiungere che concreti, apprezzabilissimi progres­ si ci sono stati relativamente ai problemi economici e sociali, in un nuovo e suggestivo clima storiografico; 2 quanto, per lo stesso motivo degli orien­ tamenti storiografici in corso, non si può dire della politica internazio­ nale del Regno, restituito all’indipendenza da appena una generazione. Eppure l’indipendenza fu il motivo al quale guardarono i contemporanei, come all’inizio di una nuova fase della vita del Mezzogiorno, ad essa an­ corando ogni possibilità di riscatto civile.3 Vedremo che anche per questo aspetto della « realtà » meridionale vale una verità recentemente espressa: « di tutta la politica napoletana degli ultimi decenni del ’700... sappiamo ben poco » . 4

Potremmo dire che sul primo punto il discorso è già fatto. Si muova dal « vertice » o dalla « base » nell’esame del mondo meridionale, il pe­ riodo aureo del riformismo napoletano, da quando lo Schipa si accinse a 1 A. S im io n i , Le origini del Risorgimento politico d ell’Italia Meridionale, M es­ sina, Principato, 1925-1929. 2 V. la compiuta rassegna di P. V i l l a n i : Dalle riforme all’età napoleonica (1748-1815). G li studi italiani nell’ultimo ventennio, in Feudalità, riforme, capita­ lismo agrario, Laterza, Bari, 1967. « Sono stati molti e valorosi, negli ultimi venti anni », gli storici della « realtà economica », nel giudizio del maggiore intenditore del­ l ’intero secolo, F. V e n t u r i , Settecento riformatore. D a M uratori a Beccaria, Torino, Einaudi, 1969, p. XV. 3 F. V e n t u r i , I l movimento riformatore degli illuministi meridionali, in Riv. Stor. Italiana, LX X IV (1962), p. 5. 4 V i l l a n i , Feudalità, riforme, ecc. p. 85. « Un bilancio della produzione storio­ grafica sul periodo borbonico nell’Italia meridionale nel secondo dopoguerra » è adesso fatto da R. M o s c a t i , I Borboni d ’Italia, N apoli, E .S .I., 1970, cap. I. In parti­ colare l’importanza del ritorno all’indipendenza dei regni di N apoli e di Sicilia a pag. 27 ss., e l ’accento dalla moderna storiografia « spostato sull’attività del secondo periodo di Ferdinando IV », e qui gli anni ottanta del ’700 napoletano visti in una prospettiva nuova, a pp. 45, 55 ss. Il peso, e la validità anche nei riflessi interni, degli interessi franco-spagnuoli, a p. 23.

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IN TRO DUZIO NE

ricostruire l ’epoca di re Carlo, si è gradualmente spostato dal regno del fondatore della dinastia al periodo tanucciano prima, agli anni ottanta poi. Ne convengono adesso, in diversa misura, un po’ tutti. Basti pensare alla fondazione, nell’ottobre del 1782, del Supremo Consiglio delle Finanze, che fu il passo maggiore nell’intesa tra intelligenza del paese e governo, offrendo esso ai riformatori lo strumento forse più idoneo al « tentativo di stringere i ranghi, di avvicinarsi gli uni agli altri, non più in gruppi o correnti, non più soltanto nelle logge e accademie, ma al vertice, negli organi direttivi dello Stato », accanto a « quella antica carica dei Visitatori del Regno, risuscitata per loro » . 5 Quando vedi entrarvi e primeggiarvi, in sul cader di quel decennio, Filangieri e Palmieri, vedrai ridimensionato l ’editto del 3 novembre 1789 contro la massoneria nel quale fu facile sentir rinnegata la politica riformatrice della monarchia. Invece proprio di quegli anni era stata operata, e perdurava, un’aper­ ta ribellione a Madrid, cui facevano capo le forze più ostinatamente con­ servatrici. Il viaggio d ’Italia, intrapreso dalla reai coppia nel 1785 senza il consenso del geloso tutore spagnuolo, oggi sembrerebbe simboleggiare i fattori di cui si intessé, di quegli anni, la politica napoletana: lo spirito riformatore, l ’anelito all’indipendenza effettiva, l ’esigenza, a presidio di questa, di una maggiore coesione fra le corti italiane. Quando i sovrani ne tornarono, fu una pioggia di elogi, nella quale primeggiavano i componi­ menti poetici, ripetuti ad intervalli brevi, per gli statuti della colonia di S. Leucio (1789), come per l’attesissimo ritorno dal viaggio di Germania. Nessun sospetto turbava gli spiriti in quella primavera del 1791: la guerra (« quella malattia epidemica che tutti mostra i sintomi della rabbia e della follia » ) c era un ricordo lontano, e la certezza del progredire dell’iniziata ricostruzione civile era nell’aria, al disopra delle manifestazioni popolari, che si protrassero spontanee. In realtà niente lasciava presagire che il « senno politico », il quale « avrebbe consigliato ai gruppi intellettuali non meno che alla monarchia di evitare una rottura che non prometteva vantaggi per nessuno degli antichi alleati » , 7 si sarebbe offuscato al punto

5 V e n t u r i , II movimento riformatore, cit., in Riv. Slor. It., 1962, cit., p . 23. 6 Omaggio alla gloria di Ferd. IV renduto dalla Reale Accademia militare nel faustissim o di lui ritorno dalla Germania, 1791. Cfr. ancora, tra le m oltissime voci, N el felicissimo ritorno degli Augusti Sovrani Ferd. IV e M. Carolina d ’Austria. Feste pubbliche della fedelissim a città di N apoli, 1791. 1 R om eo, Mezzogiorno e Sicilia nel Risorgimento, N ap o li, E .S .I., 1963, p. 43.

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da rendere credibile quanto piacque al Colletta di scrivere a distanza di tempo, dopo eventi calam itosi.8 Si guardi ancora, per il decennio fortunoso che allora si apriva, alle fatiche erudite, ed anche a quelle dediche al sovrano, quando non pure agli altri membri della reai casa, che ad esse davano inizio, non diversamente che per l’innanzi. Mentre si riaccendeva, a tratti, la polemica anti­ feudale, il Galanti continuava a percorrere, sino al 1797, le province del Regno, con una « corsa » a Messina e a Catania (1792) e qualche puntata a Roma (1793, 1795, 1796); 9 e del non caduto programma di revisione degli ordinamenti dello stato sembrava assurgere a simbolo la nota ribadita all’inizio della Descrizione delle Sicilie a rivendicare il titolo « nazionale » di « Regno di Puglia », relativo ai domini continentali del Borbone: una vera e propria denuncia della preminenza, nello stesso titolo diplomatico, soprav­ venuto in tempi di servitù politica, di una capitale accentratrice e p ig ra .10 8 « C o sì sdegnosi [i sovrani] vennero in Napoli, tra feste popolari e sontuose, quanto non comportava la povertà dell’erario II re e la regina mostravano piglio severo, nunzio degli imminenti rigori: e gli spettatori, o avversari o inchinevoli alle nuove dottrine della Francia, non vedevano in quelle feste ragionevole argomento di piacere; fu dunque gioia per la sola plebe, la quale non disturba per antiveder di sventura le presenti allegrezze ». Qui la Storia del reame di Napoli, I I I , 1, ci fornisce un esempio classico della distorsione dei fatti e dei sentimenti: l’effettivo stato d ’ani­ mo del sovrano al suo ritorno a Napoli è invece espresso in una lettera al marchese di Gallo. Cfr. Storia, ed. N . C o r t e s e , Napoli 1957, I, pp. 274-75, n. 11. Le parole del re ricevono poi puntuale conferma dalla testimonianza non sospetta del ministro piemontese a N apoli conte di Castellalfer: « ... La joie de LL.M M . étoit peinte sur leur visage, celle de leurs fidels sujets eclatoit par les demostrations les plus vives et les plus respecleuses; ... le chemin q u ’il y a de là [Capodichino] au Palais Royal étoit bordé, je le dis sans crainte d ’éxagérer, par cinq-cent - mille personnes, toutes dans l ’ivresse de la joie;... l ’orde qui a regné à cette occasion est dù non seulement à la bonté naturelle du peuple napolitain, mais aussi aux sages dispositions que le gouvernement avoit données ». A .S.T ., Leti. Min., Napoli 36, 26 aprile 1971. N è, quelle, ripetiamo, furono soltanto manifestazioni popolari. 9 G . M . M o n t i , Due grandi riformatori del Settecento: A. Genovese e G . M. Galanti, Firenze, Vallecchi, 1926, pp. 168 ss., 217 s., e adesso Descriz. geog. e po­ litica delle Sicilie a cura di F. A s s a n t e e D . D em a r c o , N apoli, E .S .I., 1969, I, pp. XXXV ss. 10 « Oggi tale improprietà di nome è stata rigettata da’ nostri Sovrani, che in questo secolo costantemente si sono chiamati re delle Sicilie, e di N apoli non mai », G . G a l a n t i , Descrizione geografica e politica delle Sicilie, I, N apoli, 1793 (nuova ed.), pp. 1-2, n. In effetti gli atti diplomatici del Regno, costantemente nel Settecento, quindi da epoca anteriore al dicembre 1816, in cui, come è noto, fu col titolo di Regno delle Due Sicilie, perfezionato il superamento dell’unione personale delle due corone, si in­ titolarono al re delle Sicilie.

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INTRODUZIONE

In realtà soltanto con l’ingresso del Mezzogiorno nella seconda coa­ lizione antifrancese, in sul finire del ’98, avviene, dopo le prime avvisa­ glie del dissenso politico all’interno del paese negli anni 1794 e 1795, l’irreparabile.

Veramente non occorre attendere la crisi che deciderà del destino della monarchia borbonica siciliana per avvertire l’esigenza di un ritorno alla storia diplomatica, come a « uno degli aspetti essenziali di un quadro unitario », tanto un programma di adeguare arcaiche strutture al circo­ stante mondo è legato all’intero quadro dei rapporti internazionali dalla riacquistata indipendenza in p o i.11 Q ui ci troviamo, per gli anni a noi più vicini, di fronte a un bilancio esile e a risultati non esenti da contraddizioni. È ancora corrente il giudizio che a Napoli si facesse, per tutto l ’ultimo quarto di secolo, una politica antifrancese: tengono invece il campo, nella storiografia, austrofilia e anglofilia dopo la caduta del Tanucci e il succes­ sivo emergere dell’Acton. Nel nome delle nuove amicizie appaiono quasi messe al bando le potenze borboniche, che pure avevano tenuto a battesimo l’indipendenza del Mezzogiorno d ’Italia: la politica ufficiale ne esce, per conseguenza, in contrasto con le propensioni di un paese orientato verso la Francia nel pensiero, nel costume, nel commercio. In altri termini, nella corte di Napoli sarebbe stato già ostile alla monarchia di Francia un orientamento di governo, rinvigorito, non de­ viato poi dalla rivoluzione. La quale, d ’altra parte, avrebbe condizionato ex abrupto ogni decisione di governo: ne è disceso un giudizio forzato sui propositi di un concordato con Roma, visti attraverso una proiezione all’indietro dello sgomento suscitato dalla minaccia incombente sull’Italia. Ma sono pure emersi, nel corso di puntuali ricerche particolari, ele­ menti tali da ingenerare una interpretazione addirittura opposta: il di­ niego, tout court, quasi sino allo spirare del secolo, di una qualsiasi poli­ tica estera della monarchia siciliana, asservita a Francia e S p ag n a.12 11 A. L e p r e , Sui rapporti tra Mezzogiorno ed Europa nel Risorgimento, in Studi Storici, X (1969), p. 55 ss. 12 V. G iu r a , Russia, Stati Uniti d ’America e Regno di N apoli nell'età del Risor­ gimento, N apoli, E .S .I., 1967, p. 23. Cfr. anche N . C o r t e s e , L e prime relazioni tra gli Stati Uniti d'America e gli Stati italiani, in Rass. Stor. Risorg., L V I II (1971), pp. 7 e 9, dove, accanto alla constatazione dell’assenza di iniziativa nella politica estera

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Cerchiamo di vederci chiaro. Il problema di fronte al quale furono messe le prime due generazioni del Regno indipendente derivò da un rapporto di forze con i rami primogeniti della famiglia borbonica: il fatto che i protettori fossero due permise una certa libertà di manovra, sempre all’interno di una politica dinastica che non offriva alternative, il ricorso cioè all’appoggio ora dell’uno ora dell’altro. La difesa toccò tutte le dif­ ficoltà di uno stato di second’ordine preso nella sfera degli interessi di po­ tenze primarie, in pieno secolo X V III, quando più la politica e il commer­ cio si dilatavano a rapporti di raggio mondiale. Dal primo profilarsi del­ l’indipendenza del Napoletano e della Sicilia la Francia misurò il vantaggio che le sarebbe venuto dalle posizioni sfuggite alla rivale Austria ascenden­ te, e che una debole Spagna non sarebbe stata più in grado di tenere. Non è stata fatta molta attenzione a un merito del Tanucci, che va oltre gli interessi particolari dello stato affidato alle sue cure, e che investe invece il complesso equilibrio politico della Penisola: cioè il concorso dato alla lunga pace italiana nella seconda metà del Settecento, col man­ cato perfezionamento dell’accessione al terzo Patto di famiglia, destinato altrimenti a coinvolgere le Sicilie in un conflitto di dimensioni oceaniche. Toccò allora a Carlo I I I , uscito da Napoli per raccogliere la corona spagnuola, difendere le Sicilie dall’accessione al patto borbonico: fu, la sua, una tutela benefica, ma già disposta a farsi ombrosa dinanzi a ogni anelito d ’autonomia del paese che gli era debitore dell’indipendenza. In fondo, tramontato il Tanucci, i rapporti internazionali si ripresentarono immutati, cioè sullo stesso piano della sproporzione di forze, ai successori Sambuca, Caracciolo ed Acton. Intanto era cresciuta la difficoltà di difen­ dere le lunghe coste del Mezzogiorno, quasi proteso a custodia d ’Italia verso il continente africano, dopo che l ’insidia barbaresca non fu più con­ tenuta dalle forze marittime di una grande potenza: mancavano il navi­ glio e gli uomini; più grave ancora era l’incapacità del governo, tenace­ mente ancorato a uno stato di cose superato, di seguire l’esempio delle maggiori potenze, di pagare cioè « tributo » agli avidi regoli d ’oltre­ mare. 13 Qui la politica di Carlo I I I toccò il culmine delle contraddizioni di del Regno, nella subordinazione di questo ai due maggiori rami borbonici e soprat­ tutto alla Spagna, si affaccia in anticipo una « politica avventurosa, la quale... doveva condurre ai tragici avvenimenti della fine del secolo ». 13 A. R iggio , N apoletani e Barbareschi nell’Archivio Consolare di Venezia a Tunisi (1781-1797), in Arch. Stor. Nap. N .S. X II (1950-1951), p. 172.

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un paese debole e sospettoso: la constatata insufficienza della difesa in­ digena del Mezzogiorno d ’Italia non riuscì a conciliarsi con l ’attenuarsi almeno del controllo esercitato verso uno Stato cui Madrid era avvezza a guardare da secoli come a provincia propria. Il Floridablanca intanto vagheggiava chimerici piani di ritorni a primati marittimi: una lega di paesi latini, dal Portogallo all’Italia, contro l’Inghilterra e al riparo dal­ l’inviso primato francese! Il resto è noto, è nota cioè la reazione spagnuola al programma di costruzioni navali che andava prendendo corpo nei cantieri del Mez­ zogiorno. Il riavvicinamento al ramo primogenito, alla Francia della breve ri­ scossa sul piano internazionale operata dal ministro Vergennes, fu più che naturale. Ma esso si andò perfezionando con grande ritardo rispetto agli eventi europei, proprio mentre, cioè, al prestigio della Versailles uscita vittoriosa dall’ultimo scontro marittimo e coloniale con l ’Inghilterra, si so­ stituivano sospetto e scredito. Il già scosso trono di Francia non ebbe tempo, così, di svolgere la politica « moderatrice » che gli si chiedeva. Occorse rifarsi alla Spagna, superati i vecchi rancori, in un ultimo tentativo di politica dinastica, che aveva però i giorni contati. In quest’intreccio d ’interessi prementi su una potenza minore, la parte dellTnghilterra non poteva essere che quella dell’accanito nemico della solidarietà borbonica, il suo posto quello dell’avversario possibile della corona del Mezzogiorno d ’Italia. Contro un persistente malinteso sto­ riografico, Londra ebbe con le Sicilie esteriori rapporti d ’amicizia, fon­ dati soprattutto su un bene avviato commercio; ma, ex adverso, nel quasi semisecolare periodo di pace goduto dalla penisola nel ’700, i suoi orien­ tamenti e i suoi interessi furono visti nella luce del pericolo maggiore incombente sul terzo ramo borbonico. Napoli non dimenticò l ’onta subita nell’agosto del 1742, allorché fu piegata alla neutralità, in piena guerra di successione austriaca, dall’appa­ rizione di una squadra inglese nel golfo, sino a quando, a distanza di mezzo secolo, l ’offesa fu ripetuta dai francesi della rivoluzione strari­ pante. Nei rapporti internazionali la preoccupazione del profilarsi delle navi d ’Albione all’orizzonte del proprio mare fu costante, sicché invano cercheresti nei documenti che qui seguono qualche presentimento del­ l’alleanza che poi verrà e terrà il campo sino al ritorno in Francia dei Bor­ boni. Troverai piuttosto l ’elogio delia neutralità, del Tanucci che seppe 17

assicurarla alle Sicilie, sempre in vista dell’attentato inglese contro il com­ mercio del Mediterraneo, se non dell’aggressione « par force ouverte ». Va intanto sottolineato che né con la Francia, né con l’Inghilterra, le maggiori potenze marittime, si riuscì a stringere un trattato di commercio per tutto il primo periodo borbonico. Questo dei trattati commerciali è tutt’altro che un aspetto marginale della politica generale del Regno. Il giudizio del Galiani sui veri intenti delle ex-colonie inglesi d ’America, appena affacciatesi alla ribalta inter­ nazionale, che cioè esse più che ad « estendere e vantaggiare il loro com­ mercio » mirassero, nella richiesta di un trattato con le Sicilie, ad « otte­ nere con tal mezzo un rango fra le Potenze e farsi riconoscere generalmente dalle diverse Corti d ’Europa » , 14 nasceva da un’esperienza vissuta dal Re­ gno tornato indipendente. Attraverso i trattati di commercio con Svezia (1742), Danimarca (1748) e Olanda (1753), Carlo di Borbone aveva cercato, più che alcuni modesti risultati immediati, un riconoscimento internazionale al suo recente dominio. Le stesse capitali in cui si conclu­ sero le singole trattative, rispettivamente Parigi, Madrid, A ja ,15 ci appaio­ no come altrettante tappe nella direzione dell’autonomia. Le Sicilie ne trassero ancora motivo per saggiare le proprie forze, nel confronto con alcuni paesi non di primo piano. Nei dispacci che giun­ gono da Copenaghen, come ancora da Torino, si riflette un certo orgoglio della propria compagine etnica, di fronte a stati nella cui cornice convivono imperfettamente genti di provenienza diversa. Dalla Danimarca, costretta nell’orbita russa contro la rivale Svezia, si accolgono poi motivi anting le si.16 Fu proprio un motivo antibritannico ad avviare al trattato commer­ ciale con la Russia (1787), il più importante tra quelli realizzati nel ’700. Le Sicilie, negoziandolo alla pari con una potenza di prim ’ordine, diedero a sé e all’Europa una conferma della propria autonom ia.16 bis Non è dif­ ficile cogliervi, accanto agl’interessi degli scambi, il riposto « animus », 14 A .S.N ., Est. 4210. 15 A . D e S a r ii s , Codice delle Leggi del Regno di N apoli, I I , N apoli, Orsini, 1794, pp. 197, 214, 226. 16 A .S.N ., E st. 2318 e 2319, cifre da Copenaghen per il trentennio 1770-1800: interessanti in proposito due dispacci del Cardito in data 16 dicembre ’88 e 17 feb­ braio ’89, nonché uno del 3 febbraio ’95 (senza firma, ma del S. Teodoro). 16 Ims Si n0[i l’immediato contraccolpo in Ispagna, la « non piccola gelosia » lì concepita. A. S. G ., Leti. min. 73/2482, M adrid, 14 febbraio 1786.

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IN TRO DUZIO NE

la necessità cioè di porsi al riparo da quella strapotenza marittima, che contribuiva a invelenire la penna del G alian i,17 ove si guardi al prece­ dente immediato della trattativa commerciale: l’accessione di Ferdinando IV alla Lega dei neutri, che aveva ispirazione e frontiera antibritan­ niche. 18 Tutta protesa a cogliere motivi nuovi in uno scenario che cambiava incessantemente, Napoli non ignorava le molte possibilità che i patti di Qùciuk Kainargi, poco più di dieci anni innanzi, avevano assicurato sullo stesso suolo turco a una Russia fattasi garante delPindipedenza dei cri­ stiani dell’Impero Ottomano. L ’ambasciatore austriaco a Costantinopoli Thugut, che avrebbe tenuto poi la legazione napoletana proprio nei tempi del rassodarsi dell’amicizia tra il Borbone delle Sicilie e la zarina, nella sua crudezza abituale aveva definito quel trattato « un modello di abilità da parte dei diplomatici russi e un raro esempio di imbecillità da parte dei negoziatori turchi » . 19 La flotta russa aveva già fatto la sua prima apparizione nel Mediterraneo, dove cercherà poi senza interruzione punti d ’appoggio. Il governo delle Sicilie forse tracciò programmi superiori alle possi­ bilità del momento, puntando sulla presenza della bandiera napoletana nel Mar Nero, che invece verrà a questa precluso per lungo tempo. La sua politica, inoltre, accennò a mediazione, e ne ebbe plauso qua e là negli ambienti internazionali, nel riapertosi conflitto armato tra Russia e Tur­ chia, in un tentativo che una m ossa falsa dell’austrofila regina fece cadere. Con esso si esauriva lo sforzo di una politica orientale aliena da avven­ ture come da preventivo disinteresse. 17 A l Tanucci nel 1761 aveva scritto: « Il bel secolo d ’una Nazione è quello in cui essa commette più cattive azioni. Tali erano i Romani quando fecero l ’ingiustis­ sima terza guerra Punica; tali erano i Francesi 100 anni fa, tali sono oggi g l’inglesi ». E cfr. sulla cresciuta animosità contro « l ’indole soverchiarne altera dei figli di A l­ bione » dopo che li ebbe conosciuti da vicino, S. M a t t e i , G aliani e i suoi tempi, N apoli, nella Tip. della Reale Accademia delle Scienze, 1879, p. 50. 18 F. G a l ia n i , D ei doveri dei principi neutrali, a cura di G . M . M o n t i , Bologna, Zanichelli, 1942, pp. X II ss. e, nel testo, soprattutto i giudizi espressi a p. 320 ss. V. adesso G iu r a , Russia, Stati Uniti d ’America e Regno di N apoli cit., p. 5; Id., Fatti e protagonisti nel Settecento riformatore napoletano, in Annali di Storia Eco­ nomica e Sociale, 8 (1967), p. 13 dell’estr. 19 A . S o r e l , L a question d ’Orient au X V I I I e siècle, Paris, 1878, p. 262 s.; E . A n c h ie r i, Costantinopoli e gli strettì nella politica russa ed europea dal trattato di Qticiùk Kainargi alla convenzione di Montreux, Milano, G iuffré, 1948, pp. 14 ss.

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La proiezione del Regno nelle vicende d ’Oriente (e incoraggiava l’Au­ stria, interessatissima a tutta la vicenda) ci pone di fronte a una domanda che attende una risposta precisa: si ebbe, come pure è stato detto, sic et simplicìter deviazione improvvisa dal Levante da parte di un governo spaurito dinanzi ai nuovi compiti imposti dagli eventi francesi, o in fondo fu quella prefissasi da Napoli già una politica senza impegno, senza am­ piezza di direttive, preoccupata piuttosto di bruschi rovesciamenti di posi­ zioni nelle prossime zone balcaniche e adriatiche? Il problema va impo­ stato nei termini nei quali esso potè presentarsi, non già agli studiosi cui fece velo la familiarità con situazioni maturate nel Medioevo e non ser­ batesi inalterate nella vicenda dei tempi nuovi procellosi per la Penisola, bensì agli uomini vissuti nell’atmosfera del Settecento, capaci di avvertire la sproporzione stabilitasi tra le possibilità italiane e le forze europee gra­ vitanti in diversa misura sul M editerraneo.20 Il discorso si allarga, per tal modo, ai programmi asburgici, che coinvolgevano il Mediterraneo almeno quanto quelli di Caterina II. A guardare, cioè, più da vicino le cose, dalla spinta austriaca poderosa nella Penisola, non passivamente subita, Napoli ricevette impulso a una politica non tanto smaniosa di novità, quanto più vigile e attiva, a una neutralità più controllata e accorta, di più vasto raggio europeo. Si pone al centro della nostra attenzione la legazione viennese, dove il marchese di Gallo avrebbe portato quanto gli consentivano le forze, allora nella pienezza del meriggio: destrezza d ’informazione e certo buon senso e certo limi-

20 Indagini dapprim a circoscritte al Medioevo furono estese al periodo borbonico da G . M . M o n t i , La espansione mediterranea del Mezzogiorno d ’Italia e della Sicilia, Bologna, Zanichelli, 1942 (v. ancora, per l ’età moderna, D agli Aragonesi agli Austriaci. Studi di Storia meridionale, Trani, Vecchi, 1936, pp. 265-88), preceduto da alcune ricerche particolari, che risentirono del clima dell’epoca, dopo l’occupazione italiana dell’Albania. M a anche alcune allusioni del Serracapriola su incarichi conferitigli nei negoziati di pace tra Russia e Svezia o, più ancora, negli affari di Polonia alla vigilia del rinnovarsi del dramma della spartizione (B. C ro ce , Il duca di Serracapriola e G iu­ seppe de M aistre, in Uomini e cose della vecchia Italia, Bari, Laterza, 1927, I I , p. 196 s.), potevano incoraggiare a una ricerca suggestiva. In realtà le affermazioni del m inistro napoletano sulla parte da lui avuta nelle grandi competizioni orientali dominate dalla politica pietroburghese dovevano apparire ambizioni inappagate di operare in una latitudine preclusa al rappresentante di uno stato di second’ordine, in seguito a una indagine preliminare sulla loro esattezza (G . N uzzo, Trancia e Oriente in un carteggio di M. Carolina con l'imperatore Leopoldo II, in Arcb. Stor. N apol., N .S. X X V III (1945), qui riprodotto al n. V.

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tato intuito, e si sarebbe perfino imposto in virtù di particolari circostanze con quel suo occhio poco scrutatore, con quel volto amabile, scarsamente volitivo, conservato ancora in qualche suo ritratto, che ci fa ripensare a tante sue lunghe lettere ovattate e opportunistiche, senza un’idea originale o un’impazienza feconda. Era in piena fase austrofila: la francofilia, che a volte si è vista con forte anticipo nel futuro ministro del decennio fran­ cese, sarebbe venuta in un lento maturare dopo eventi imprevedibili guardati dall’osservatorio parigino del Consolato e dell’Impero. G li era facile piuttosto sognare, nel tramonto di un mondo di cui si intesseva la sua esperienza, insieme col Serracapriola suo collega a Pie­ troburgo, prossimi allori daH’avvicinamento austro-russo-napoletano; ma all’osservatore non deve sfuggire quanto poco, all’ombra della grandezza austriaca, « le système napolitain », che egli aveva fisso « dans la tête et dans le coeur » , 21 si conciliasse con una valutazione del fattore « indipen­ denza » che non fosse quella modesta e remissiva in cui il firmatario di Campoformio avrebbe, prima e poi di quel dramma, allineato con facile sicurezza i maggiori problemi, come l’equilibrio d ’Italia o la questione d ’Oriente. Corsero così voci di un programma di espansione, portato da Caro­ lina nella reggia partenopea. A Napoli, d ’accordo il Caracciolo e l’Acton, le cose si vedevano diversamente: il Mediterraneo era troppo vasto per una ripresa siciliana e 1’« Arcipelago » non appariva privo di insidie. Pre­ valse una cauta politica d ’indipendenza: al contrario delle voci che cor­ revano qua e là, il governo si augurò che reggessero all’urto dei tempi, in Italia, lo Stato Pontificio, dove i non caduti propositi di revisione al con­ fine movevano piuttosto da motivi di difesa, e, di là dall’Adriatico e dal­ l’Ionio, l’Impero ottomano. La linea di quel programma non era gran che mutata dall’epoca di re Carlo, e annunziava una costante del secolo successivo. Italia e Balcani furono così freddamente guardati nel raggio delle possibilità aperte a uno stato di second’ordine.

Come abbiamo accennato, l ’avanzare della rivoluzione in Francia non spezzò bruscamente la politica dinastica del Borbone di Sicilia. Il pro­ gressivo allentarsi dei vincoli con Parigi portò piuttosto a un franco riav21 C . D i S o m m a C ir c e l l o , Une mission diplom atique du M arquis de G allo à Saint-Petersbourg en 1799, N apoli, Pierro, 1910, p. 238.

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vicinamente) a Madrid, a sanare, cioè, un conflitto quasi paradossale nei suoi motivi e nella sua violenza. Nessuna potenza sembrava atta a con­ tribuire alla difesa delle coste italiane più della Spagna, che occupava nel campo coloniale il primo posto e, tra gli Stati che avessero una flotta, il secondo, mentre la rivendicazione del primato marittimo accennava a ri­ vivere nella politica del Floridablanca. La rinnovata amicizia ignorava però l’effettiva debolezza del vecchio patrono stanco, un paese quasi para­ lizzato, in ogni decisione di qualche peso, dalla paura dell’antico rivale, l ’Inghilterra. G ià nel corso del 1792 cadeva la fiducia riposta nell’alleanza marit­ tima col re Cattolico, all’ombra della quale soltanto sarebbe stato possi­ bile negoziare senza l’idea perturbante di un attacco francese sull’esteso litorale, quell’unione italica, che l ’Acton aveva vagheggiata fin da tempi più tranquilli. Minor durata che a Napoli quelle speranze avevano avuto da parte degli altri stati italiani bagnati dal Tirreno. Prendiamo Genova, la cui stessa sopravvivenza era per tanta parte legata all’equilibrio navale del Me­ diterraneo, e che aveva eretto a direttrice politica, nella difesa dalla pressione austriaca o sarda, l ’amicizia con la Spagna. Ebbene, sol che si scorra la corrispondenza diplomatica da Madrid (e vi era di quegli anni, a rappresentarvi la Repubblica, il suo migliore uomo politico), ci viene incontro un senso di distacco al posto dell’antica fiducia, di fronte ai contraddittori provvedimenti sull’armamento navale, che annunziavano un progressivo allentarsi della politica attiva della Spagna negli affari d ’Ita lia .22 Ne risulterà, come è noto, una sempre meno celata fede nei 22 A .S.G ., Lett. min. 74/2483 e 75/2484. Quanto agli uomini, il posto del Flori­ dablanca, capace di mirare, nell’opinione dell’ambasciatore, « al grande circa le cose d ’Italia » (M adrid, 30 dicembre 1788), appare preso, nel giro di pochi anni, da « politici contemplativi » (M adrid, 10 dicembre ’92). E già il Floridablanca, alla vigilia della sua caduta, è visto alla testa di un ministero di « indole » rinunziataria, « di­ sposta a stancarsi ed infastidirsi di qualunque indagine lab o rio sa » (10 gennaio ’92). Ma, al di là dei ministri, che conto fare del « genio » di una corte che, nell’angustia delle finanze, « declina volentieri g l’impegni estrinseci, nei quali apparisce alcun risico di rimanere compromesso il suo nerbo », e che più che nella squadra di Cadice sembra riporre fiducia nei disegni degli esuli principi francesi, alla volta dei quali partono sussidi lesinati alla marina? (M adrid, 18 agosto ’89 e 11 aprile ’91). Non de­ steranno più meraviglia gli alti e bassi relativamente a quest’ultima, che, « veramente in uno stato florido » nell’estate dell’ ’89, discende a un inatteso disarmo appena si è allentata la minaccia inglese nella primavera del ’91 (ivi), per poi riapparire, troppo

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destini di Francia, preludio all’alleanza scoperta della vecchia repubblica aristocratica coi Direttorio, che verrà poi nel ’96. 23 Toscana e Stato Pontificio, verso le cui coste la minaccia francese sembrava diretta prima ancora che su Napoli, si allarmarono più per tem­ po, e li si vedrà protendersi, in una ansiosa ricerca di assistenza, in direzioni diverse, verso l’Austria e gli stati italiani forniti di flotta, cioè Venezia e le Due Sicilie. A metà del ’92 Firenze si rivolgerà all’Inghilterra, nella consapevolezza che soltanto di là potesse venire certezza di di­ fesa. 24 A Napoli nacque invece l’alleanza con l ’Inghilterra, che non soltanto si sostituì alla neutralità armata, ma operò un rovesciamento nei rapporti internazionali in seno al Mediterraneo, col superamento della politica di rigida osservanza dinastica sino allora seguita. Erano le Sicilie il primo de­ gli stati italiani direttamente provocato dal mare, dopo l’aggressione sulla frontiera alpina subita dal Piemonte, che aveva fatto una politica antifran­ cese meno cauta, come oggi si propende a vedere.25 In fondo fin dal primo momento diplomazia e corte di Napoli avevano ricambiato l ’odio espresso dalla Rivoluzione contro i troni e tutto il vecchio mondo; ma un programma di scontro diretto, qui come altrove, mancava: rivoli di ve­ leno scorrevano nella corrispondenza dei Serracapriola, dei Gallo, dei Ludolf, ma, fino all’ultimo, nei loro fogli troverai non solo l’alternativa paceguerra, ma una fede non spenta nella continuazione di una pace non più interrotta da quasi mezzo secolo. Dopo la spedizione punitiva del Latou-

tardi! sulla scena con compiti di polizia marittima da dividere con la stessa Inghil­ terra (M adrid, 15 gennaio ’93). Sull’interessante figura del diplomatico che dal 1782 rappresentava la Repubblica di Genova a M adrid, Pietro Paolo Celesia, v. adesso, ¿opo V. V it a l e , Breviario della Storia di Genova, I, Genova, 1955, p. 177 s., Istruzioni e relazioni degli ambasciatori genovesi, a cura di R. C ia s c a , V I I, Spagna, Roma, Istituto Storico Italiano per l’E tà Moderna e Contemporanea, 1968, n. a p. 285 s.. Il Celesia fu in rapporti d ’amicizia con Ferdinando G aliani, e di lui avan­ zano lettere nella Bibl. della Soc. Napol. di St. Pat., qualcuna erroneamente fram­ mista alla corrispondenza del Caracciolo. 23 D opo P. N u r r a , L a coalizione europea contro la repubblica di Genova, G e ­ nova, Soc. Ligure di St. Pat. 1933, cfr. R. B oudard , Gènes et la Trance dans la deuxième moitié du X V I II e siècle, p. 203 s., e anche G .. N uzzo, Italia e Rivoluzione Francese. L a resistenza dei principi (1791-1796), N apoli, Liguori, 1965, pp. 124 s., 139 s., 287 ss. 24 G . N uzzo, Italia e Rivoluz. cit., pp. 73 ss., 90 ss. 25 G. B e r t i , Russia e Stati Italiani nel Risorgimento, Torino, Einaudi, 1957, 144 ss.

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che nel golfo di Napoli, il Serracapriola da Pietroburgo si rivela un in­ terprete fine del programma di governo, teso sul filo del rasoio. 26 Toccò a un legittimista impenitente, per tutta la vita legato al più retrivo mondo napoletano, 21 a un figlio di quella nobiltà di cui la corte continuava a diffidare, di scavalcare, sotto l’impulso dell’odio, se non del 26 A .S.N ., Arch. Borbone 340, 11 Marzo 1793, a re Ferdinando: « u n a tal guerra [contro la Francia] non avrebbe che aumentato il male generale e metteva la Corona delle Sicilie nel caso di quelle che implorano ajuto e soccorso; ... all’opposto, avendo V .M . preso per espediente di evitare lo spargimento di sangue de’ V ostri diletti popoli, aveva conservato con il loro amore intatto i V ostri Regni e le Vostre forze, onde potere a miglior uopo impiegarle ». Egli aveva così riflesso, e certo più felicemente che non avesse fatto il Castelcicala a Londra, l’angolo visuale napoletano dopo un episodio grave e sconvolgente. Continuava osservando: « sarebbe stato desiderabile che Sua Santità si fosse tenuto tranquillo, per vedere in tutte le parti riuscito il sistema di V.M . di allontanare dall’Italia quei furibondi, e così potere evitare ogni malanno, con tenere tutti i mezzi pronti ad unirsi in un momento felice per abbattere la loro arroganza ». 27 V., ad es., in G . C in g a r i, Mezzogiorno e Risorgimento. L a restaurazione a N apoli dal 1821 al 1830, Bari, Laterza, 1970, p. 200 ss., e note relative a p. 242 s., le apprensioni del vecchio codino Castelcicala negli esordi del regno di Francesco I, nel sospetto che il nuovo sovrano potesse deflettere dalla linea politica del predecessore. Una lettera al de Medici (A .S.N ., Arch. Borbone 699, Londra, 16 dicembre 1791) ci dà la sua giovanile professione di fede politica e civile, mai smentita nel corso di tante vicende: « Tu tti i Principi erano proclivi a far dei saggi cambiamenti e delle riforme ragionevoli delle leggi, ma M essieurs du Manège hanno décriés i buoni princìpi e la vera filosofia. Hanno con ciò anzi fatto più di male aU’Umanità che tutti i D espoti in­ sieme, e fra otto o dieci anni al più il nome di filosofo e di letterato sonerà così male all’orecchio dei Principi come quello di perturbatore dell’ordine pubblico e di sedizioso. Ecco ciò che accade quando i pazzi si mischiano di filosofia o di legislazione. Fra tanto che nos bons voisins raffolent, l ’Angleterre se voit au comble de la prospérité nationale. E lle regorgeoit de l’or des François... Voi avete in mano la Suprema Polizia della Capitale. M ettete dunque tutto in opera, caro Amico, per garantirci dalla contagion francese. Adoperate tutti i mezzi che sono in vostro potere... Non posso ancora acco­ stumarmi all’idea di non essere più Paglietta. Mi trovo D iplomatico senza sapere come. Sono ora in un paese interessante a tutti i riguardi e procuro d ’istruirmi... M a... pre­ ferirei il posto d ’Avvocato dei poveri di S. Ivone a tutte le commissioni diplomatiche le più brillanti, ... e tra due professioni svergognate vai cento mila volte sceglier quella a cui il proprio istinto ci attira ». Questione di gusti, anche questa! a parte la sincerità della confessione, che induce a perplessità. Per il discredito in cui era caduto il ceto dei forensi, v. il contemporaneo B. Im b im b o , A busi dell’ordine degli Avvocati ne’ Tribunali di Napoli, N apoli, Settembre - Morelli, 1779, che soprattutto il modello inglese dell’agricoltura e del commercio proponeva agli infaticabili fomentatori di liti della sua terra (pp. 185, 194 s., 197 s., 210).

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tornaconto personale (ne ebbe sospetto a un certo punto la stessa regina), le iniziative del governo. Nella svolta, così, che tutta la politica napoletana si accingeva a compiere, si riaprirono, sotto una superficie levigata, le crepe di un organismo statale in ritardo verso l’Europa nella sua perdu­ rante arretratezza civile. L ’increspatura che di lì nacque nei rapporti fra i sovrani e quel di­ plomatico non poteva essere che passeggera: M. Carolina da Napoli e Fa­ brizio R affo di Castelcicala da Londra, prima e soprattutto dopo la con­ danna e la morte di Luigi X V I, parlavano lo stesso linguaggio.28 Nessuno poteva presagire, e non lo hanno sospettato gli storici, che per quella via una politica di corte avrebbe preso il posto di una politica di governo.

Che l’ingresso della monarchia del Mezzogiorno nella coalizione po­ tesse essere determinante per i restanti stati d ’Italia, fino a stringerne in un fascio le forze, un po’ fu colore di penne cortigiane, un po’ fu ri­ flesso del tentativo di lega italica vanamente promosso circa un anno pri­ ma. 29 Nessuna scossa venne alla neutralità di quanti si erano affidati a questa come ad ancora di salvezza, che anzi la diplomazia genovese si 28 Docc. molto interessanti dei fasci 2320 e 4357 Est. e 238 ¿sW Arch. Borbone, se sottoposti a un sottile esame, fanno ribaltare la ricostruzione tradizionale delle trat­ tative conclusesi con la convenzione anglo-napoletana del 12 luglio 1793. E ssi concor­ rono invece a spiegare le gravi responsabilità, che, nel loro confuso racconto, i giaco­ bini napoletani additarono nel comportamento del Castelcicala. In realtà questi non solo rifiutò di raggiungere l’am basciata di Parigi cui era stato destinato, ma sperò fino all’ultimo, con l’appoggio aperto del governo inglese, che fosse fermato il trasferimento a Londra del suo successore duca di Sicignano; né, privo oramai di veste ufficiale per trattare, si astenne da colloqui impegnativi con quei m inistri. O bbedì così nell’agire a una sua idea, non taciuta all’Acton il 26 gennaio di quell’anno (N . N ic o l in i , La spedizione punitiva del Latouche-Tréville, Firenze, Le Monnier, 1939, p. 81), l’idea di non lasciarsi sfuggire il vantaggio dell’iniziativa, in una serie di conversazioni col Grenville, che gli faceva intravedere prossimo l’invito all’alleanza (Arch. Borbone 238 cit.: «U m ilissim e rimostranze a S.M . la Regina mia P a d ro n a»), fino a un colloquio, accompagnato da un memorandum, in cui andò oltre i limiti delle istruzioni del suo governo (Est. 4357: W hitehall, March 22, 1793: dispaccio del Grenville all’amb. Ham ilton; altra copia in Est. 2320). L a distanza tra le due capitali, che rendeva lungo e difficile il colloquio, intanto contribuì al ritardo di quanto fino all’ultimo fu pre­ scritto al focoso ambasciatore sul « più rigoroso silenzio e la sola parte passiva nell’ascoltare » (Est. 2320, 19 marzo 1793: cfr., ancora, a Sicignano, 26 marzo, in E st. 4357). 29 A.S.M ., Cancelleria Ducale Estense, B. 153, G abrielli a Munarini, Venezia, 20 luglio 1793: « L ’Italia è sul punto di unirsi alla coalizione d e’ Principi d ’E u ro p a » ;

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preparò a maggior impegno nella difesa di e ss a ,30 mentre i rapporti na­ poletani col granducato di Toscana, verso cui non avrebbe tardato a met­ tersi in moto una forte pressione inglese, si deteriorarono.31 Ma, a parte le personalissime propensioni dell’eccitabile regina, l’al­ leanza con Londra non spense, negli stessi ambienti responsabili, molti dubbi e, nei momenti di più accorato bilancio, un malcelato rancore. Un articolo della convenzione del 12 luglio lasciava una porta aperta al ri­ torno alla neutralità in omaggio all’antica solidarietà borbonica, e il go­ verno, che se l’era prefisso non appena giunto l’invito inglese a trattare,32 l ’ebbe costantemente presente nel corso della guerra. A distanza di un anno l’alleanza era già logora, e la via di Venezia, fallito un nuovo tenta­ tivo di impegnare la Serenissima nella coalizione, sarebbe stata ritentata da Napoli per riportare la pace in casa. Le istruzioni consegnate al marchese di Gallo, in procinto di ripar­ tire alla volta di Vienna nella primavera del 1795, ci danno un quadro degli umori dominanti oramai nella capitale partenopea, della manifesta ripugnanza di rifarsi a Madrid, come dell’impazienza di sciogliersi dal­ l’alleanza con Londra: « Desideriamo efficacemente una pace onesta e decente... Cessando la guerra nel Continente, ...l’Inghilterra la ridurrebbe a guerra marittima, eh’è quella che per essa è la più propria e la più adatta­ ta; ed in tali ipotesi dovressimo vegliare con la massima attenzione a quanto richiederebbero... le proprie circostanze, per non rimanere sacri­ ficati dai fatti e misure altrui » . 33 Se ne aveva abbastanza di guerra e di alleanze! lo ribadiva all’austrofilo ambasciatore l’art. IX delle stesse istruzioni: « In ogni evento eviterete A.S.N ., Est. 2334, Micheroux ad Acton, Venezia, 20 luglio 1793: « siccome i fautori della neutralità non si appoggiavano se non all’esempio di N apoli, in oggi svaniranno i dispareri e tutti si affretteranno a seguire le tracce della nostra Reai Corte » ; Soc. Napol. St. Pat., Carte Ludolf, 3° Corr. X II. B. 2, Guglielm o Costant. L udolf ad Acton [C ostantinopoli], 6 settembre 1793: « u n a risoluzione si importante senza dubbio servir dovendo d ’esempio a tutti gli Stati d ’Italia, non sarà indifferente a quella Nazione ». 30 A .S.G ., Lett. min. 75/2484 cit., M adrid, 13 agosto 1793. 31 N uzzo, Italia e R ivolta, cit., pp. 183 ss., 257 ss. 32 A .S.N ., Est. 4357, Acton a Sicignano, 24 aprile ’93, in cui, tra l’altro, non è taciuta l ’impopolarità con cui sarebbe stata accolta la guerra nel paese. 33 V. soprattutto gli art. IV , V, V I di tali « Istruzioni segrete », che portano la data del 21 maggio ’95, in A ustria e governi d ’Italia nel 1794 (ed. G . N u zzo ), Roma, V ittoriano, 1940, pp. 192 s.

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di contrarre con quella Corte [Vienna] obblighi o impegni di sorta alcuna nell’attuale momento » . 34 Si verrà poi al trattato non inglorioso col Direttorio del 10 ottobre 1796. Sembrava in vista la pace generale, e vi plaudiva nelle lettere al Gallo re Ferdinando. Invece dopo il convulso biennio 1796-98, riapparve e si consolidò l’alleanza con l ’Inghilterra, e fu la fine: l ’insidiosa via in­ trapresa nel 1793 portava adesso lontano, a stringere sempre più uomini e ceti e lo stesso organismo statale nei loro invalicabili limiti. In un cam­ mino privo di gloria e di onore dileguò la bella flotta e caddero gli avam­ posti della difesa e del commercio marittimo: Malta da un lato, i Presìdi di Toscana dall’altro, in una lacerazione d ’animo dei protagonisti di quella politica. Soltanto la regina, che negli eroi di Abukir aveva visto « les Defenseurs de l’Italie », poteva mitigare il dolore arrecatole dalla notizia che sugli spalti maltesi la sola bandiera inglese era salita, nello studiato oblio da parte del prepotente alleato di ogni diritto siciliano, con la cer­ tezza della guardia montata, a difesa della Sicilia, da « cette grande amie puissance! » . 35 Un raggio di sole, e va notato a riconoscimento delle superstiti buone intenzioni di riprendere la via battuta a lungo con risultati in fondo posi­ tivi, parve posarsi sui matrimoni spagnuoli del 1802, con cui le Sicilie, nelle mutate circostanze politiche, accettavano l’amicizia di Madrid, inu­ tilmente offerta dopo la pace di Basilea del 1795, a consolidare, nello spirito del settecentesco Patto di famiglia, i nuovi rapporti stretti con la Francia del Consolato. Nella corrispondenza tenuta in tale occasione con l ’ambasciatore presso la corte cattolica duca di S. T eo d oro36 si riani­ marono i motivi del rispetto dell’indipendenza napoletana e della solida­ rietà dinastica, ancora una volta in funzione di equilibrio europeo. Cor­ reva l’anno del trattato di Amiens, ed era possibile coltivare illusioni sulla durata di una politica che s’imponesse al rispetto dei due protagonisti scontratisi, sino allora, in prossimità e fin dentro i confini del Regno; 34 Ivi. 35 R . P a l u m b o , Carteggio di M. Carolina regina delle Due Sicilie con Lady Emma Ham ilton, N apoli, Jovene, 1877, pp. 176, 215-16. Cfr. P . P i e r i , L a questione di M alta e il governo napoletano, in Arch. Stor. It., s. V II, t. V II (1927), pp. 3-62; e per i Presìdi, che la pace di Firenze del 26 febbraio 1801 toglieva definitivamente a Napoli, I d ., I l Regno di N apoli dal luglio 1799 al marzo 1806, in Arch. Stor. Napol., N .S. X II (1926), p. 37, n. 1. 36 A .S.N ., Est. 3933.

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ma la rottura della pace, subito dopo, lasciando esposta alla pressione terrestre francese la parte continentale dei domini di Ferdinando IV e alla pressione marittima britannica la parte insulare, accentuò l ’anglofilia dell’Acton, il ministro che aveva firmato la convenzione del 1793, e la fran­ cofilia del Gallo, il negoziatore di Campoformio, rappresentante, adesso, del Borbone di Napoli a Parigi. Insensibilmente l’Acton che al Mezzogior­ no d ’Italia era legato da ben venticinque anni della sua esistenza, si an­ dava distaccando dal paese che, nella parte migliore, era in rotta col sovrano: la sua vita privata assumeva toni del paese d ’origine; nella fa­ miglia che si era creata di recente, tutta raccolta in sé, rigidamente appar­ tata dall’ambiente partenopeo, vigevano gusti che sembravano prepararla al destino che poi essa ebbe, dopo la morte del ministro, di costituire il rame inglese della nobile casata. Tuttavia, finché egli restò alla direzione della politica, fu salvato il salvabile, cioè non solo la pace con la Francia, ma anche il rispetto dell’insidiata neutralità napoletana. La caduta del già onnipotente ministro era però inevitabile, nell’impossibilità di rintuzzare l’arroganza ddl'am basciatore di Napoleone, Alquier, e di contenere l’im­ pazienza di M. Carolina, incapace di rinunziare a una politica personale. Verranno allora le ultime conseguenze della sproporzione di forze tra le grandi potenze e il Mezzogiorno d ’Italia, di quella distanza che lungo il corso del Settecento aveva sempre posto penosi limiti all’auto­ nomia delle Sicilie. M aturerà per la Francia napoleonica, nel continente di nuovo avulso dalla Sicilia, quel programma di tipo coloniale che aveva presieduto agli scambi commerciali inglesi nel primo periodo della mo­ narchia borbonica indipendente e la pretesa di più esoso vassallaggio politico; 37 mentre, nella parte insulare, proprio contro chi più d ’ogni altro ne aveva offerto il controllo alla Gran Bretagna, si ripeterà la vio­ lenza di B aio n a.38 febbraio 1972 31 P. V i l l a n i , II Regno di N apoli nel sistem a napoleonico (1808-1811), in Critica Storica, V , 2 (1 9 6 6 ), pp. 163 ss.; A. L e p r e , Sui rapporti tra Mezzogiorno ed Europa cit., in Studi Storici 1969, p p . 558 s. 38 V . la reazione all’ultimo atto di forza esercitato aCastelvetrano contro M. C aro­ lina per costringerla ad abbandonare l’Isola, nel racconto del figlio di un testimone diretto: « Queste sono scene di Baiona! Buonaparte non si condusse peggio verso la reai famiglia di Spagna!... per questo avrò aiutato il vostro Nelson a vincere sul N ilo! perciò avrò portato la vostra armata nell’Isola! ». A.V a l e n t e , Gioacchino M urai e l ’Italia Meridionale, Torino, Einaudi, 1941, p. 275 n.

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IL M IN IST R O D I FER D IN A N D O IV G IO V A N N I A CTO N

« Un popolo pieno di vigore e di vivezza, che non ha avuto giammai altri re che quelli che gli imposero, che è stato sottom esso a otto dinastie differenti per otto secoli, che è stato, ai tempi nostri, conquistato due volte in trentadue anni, senza che il sangue napolitano ne abbia quasi arrossito il suolo, manca certamente di energia, di carattere, e per con­ seguenza di seguito e di costanza nei suoi progetti. Destinate ad essere governate da principi stranieri, queste province non han trovato ajuto e consiglio che da stranieri. Montallegre, Tanucci, Acton, i migliori ministri che si ebbe finora questo stato, non sono napolitani. » MARCHESE DI B r EME

Le indagini degli ultimi decenni hanno svelato iniziative ed atteg­ giamenti non spregevoli nella diplomazia napoletana in sul finire del settecento, hanno messo in bella luce, tra ministri e funzionari inetti, uomini di notevole statura. Vivaci forze di resistenza, queste, al som­ mergersi della Monarchia, che, all’interno come all’estero, batté, dalla R i­ voluzione francese, vie nuove che dovevano portarla ad una clamorosa catastrofe. Nel contrasto sembra vieppiù risaltare l’insufficienza degli or­ gani centrali, la mancanza di una linea, di un occhio vigile e pensoso dell’avvenire, di una mano sicura nella segreteria degli esteri. Le responsabilità maggiori si son fatte risalire alla « fatale coppia straniera », che governò con limitatezza di visione e con scarsa compren­ sione dei bisogni del paese in un periodo difficilissim o: la Regina Caro­ lina e l ’Acton. Unanime o quasi però soltanto la condanna del secondo, ché della prima si sono pure prospettati, talvolta con visione unilaterale, la foga riformatrice dei decenni anteriori alla crisi della Rivoluzione, la mente aperta, anche in seguito, a grandi programmi e il cuore non ¡spre­ gevole di donna, accanto agli innegabili e noti difetti di instabilità di pas­ sioni e di confusione di idee, di indole sospettosa, bene spesso di ripro­ vevole pusillanimità. Si è a volte affacciato il dubbio che, moglie di altro marito, sorretta da altro ministro, Carolina sarebbe stata diversa. Ma sul capo del potentissimo ministro di Ferdinando IV , che governò dispoti­ camente un paese che disprezzava e da cui non si sentiva amato, che fece pessimo uso del prestigio assicuratosi con male arti presso una fiacca cop­ pia di sovrani, che, animato da cupidigia di potere e da paura di progres­ so, fece il vuoto intorno a sé, chiuso, testardo, sleale e crudele, solo 31

pensoso della propria carriera politica e degli interessi inglesi, gravano le terribili accuse di avere colpito, primo e con freddezza nordica, le migliori energie del Regno e di avere aggiogato durevolmente la bella corona di Napoli allo straniero. Ma se tali furono certamente gli effetti di una disgraziata politica, crediamo che la ricchezza di studi su questi anni decisivi per l ’avvenire della dinastia e del Paese non ci consenta tuttavia di dare un giudizio de­ finitivo sul personaggio che per lungo tempo, nel primo periodo borbo­ nico, ebbe nel governo esteso campo di azione. Resta, quanto ai rapporti con l’estero, da fare un più attento esame della genesi di quella politica; più ancora occorre scindere con una maggiore cautela le responsabilità di coloro che si divisero gli oneri del potere. Si avverte, insomma, la man­ canza di un lavoro sulla figura di Giovanni A cto n .1 Un largo esame dei documenti napoletani dei travagliati anni in cui 1 Crediamo superflue ampie citazioni bibliografiche: rimandiamo per esse ai voli., sotto molti rispetti esaurienti, di A. Sim ioni, L e origini del Risorgimento politico dell’Italia meridionale, M essina, Principato, I e I I , 1925 e 1929. È noto che la difesa di M. Carolina fu assunta, con seri intenti scientifici, ma con scarso senso di impar­ zialità, dall’H elfert, le cui fatiche valsero ad allontanare definitivamente, sulla base di importanti docc., in prevalenza austriaci, molte delle leggende e delle prevenzioni contro la Regina, la quale, ancor meglio, ci si è rivelata attraverso la corrispondenza, edita il 1911 (Paris, Emile-Paul, 2 voli.), col marchese di G allo. Su questa ultima si fonda quasi esclusivamente un recente non felice tentativo di riabilitazione di A . Bordiga A m adei, M aria Carolina d'A ustria e il Regno delle D ue Sicilie, N apoli, Coope­ rativa Editrice Libraria, s.a., ma 1934. V. invece l ’equilibrato giudizio di A . V a le n te , M aria Carolina d ’Austria negli ultimi anni di vita, in Rass. Storica del Risorgimento, marzo 1936, pp. 301-10. Per l’Acton l ’H elfert non nutre in fondo m olta sim­ patia, chè nel ministro di Ferdinando IV egli avverte un principio di ostilità al­ l ’Austria (Zeugenverhör über M. Karolina von Oesterreich, Königin von Neapel und Sicilien aus der Zeit vor der grossen französischen Revolution, Wien, 1879, p. 92 sgg., 100 sgg.), e il bene che dice di lui (Ai. Karolina von Oesterreich Königin von Neapel und Sicilien-Anklagen und Vertheidigung, Wien, 1884, pp. 44-45, 275 sgg.) non escp dai limiti della esaltazione della Regina di N apoli che lo storico austriaco veniva compiendo. P iù recentemente A. P an n o n e , Il cav. Giovanni Acton ministro napole­ tano del secolo X V I II , in l ’Ordine Fascista (P olem ica), settembre 1929, pp. 245-50, non fa che ripetere, senza controllo, le accuse che furono lanciate contro il ministro napoletano, e N . N ic o lin i, in un lavoro di riabilitazione del D e Medici (Luigi De M edici e il giacobinismo napoletano, Firenze, L e Monnier, 1935, passim , soprattutto cap. X, M edici e Acton, pp. 135-61) condivide il giudizio tradizionale, sintetizzato dal Simioni, op. cit., I, p. 19 sgg. V . ancora F. N ic o li n i , L ’abate G aliani e il Ministro Acton, in Scritti storici (per nozze C o rte se -D e Cicco), N apoli, Ricciardi, 1931, pp. 69-77.

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questi, subito dopo la morte del Caracciolo, ebbe l ’intera responsabilità della politica estera, integrato da ricerche in altri archivi, potrebbe mo­ strarci un Acton notevolmente diverso da quello che è nato soprattutto dalle esasperazioni politiche del ’99, meno dissidente con se stesso, con l ’animatore, per esempio, della marina, meno ligio all’Inghilterra, migliore interprete di molti dei bisogni del Regno, da tempo, dopo l ’indipendenza, vagheggiante un ritorno alle audacie dei Normanni, un Acton capace an­ cora di prospettarsi con una certa ampiezza il problema, non nuovo, della « libertà d ’Italia ». Mentre egli era a Napoli fuori della Penisola si perfezionavano pro­ grammi, si ridestavano o si acuivano, in un campo sempre più vasto, aspirazioni egemoniche, fuochi fatui sullo sfondo di un grande passato o entusiasmi di organismi giovani e sani. Per breve tempo la Spagna de­ gli toltimi anni di Carlo I I I si era sforzata di riprendere un posto occu­ pato oramai da altri; subito dopo la fortunata guerra d ’America la Fran­ cia di Luigi XV I aveva toccato una potenza mai raggiunta dall’epoca del Re Sole; l’Austria viveva la giovinezza della nuova dinastia. E poi, lontano, l ’Inghilterra, lenta nei movimenti, eppure agile nei momenti decisivi, e vigile e ferma, e l’ansia di liberi orizzonti di Berlino e di Pietroburgo. L ’Acton, è noto, fu al centro della contesa spagnola, e, rompendola con Madrid, batté l ’unica strada che potesse dare alle Sicilie prestigio e vigore d ’indipendenza; e, spezzata quella catena, fece sentire alla corte ed ai sudditi più potente il fascino del mare. Era allora nell’aria l’attesa di grandi cose e nel generale rinnovamento l’occhio intravedeva mete lon­ tane. « Torni Tunisi all’erede di Ruggiero e di Carlo V. Se noi avremo Tunisi sola, saremo una potenza dispotica del commercio di tutto il levan­ te. Ma se tanto non si può fare ora, facciamo sciabecchi, e prede, e pic­ coli sbarchi, e spingiamo e costringiamo alla pace quei predoni. L ’Italia quando avrà l ’Africa, sarà subito una grandissima potenza ». Così nel 1769 il G alian i.2 II quale era stato fra i primi ad avvertire il danno del­ l’interessata tutela di Carlo I I I . 3 Pochi decenni dopo quell’inglese portato cosi in alto da Pietro Leo2 Cfr. B. M a r e s c a , I marini napoletani nella spedizione del 1784 contro Algieri, nel voi. L a marina napoletana nel secolo X V I II , N apoli, Pierro, 1902, dove (pp. 47-49 e 88-91) è apprezzata con serenità di giudizio l’opera dell’Acton nel dicastero della marina. 3 Carteggio dell’ab. Ferdinando Galiani col marchese Tanucci, in Arch. Stor. It., s. I l i , t. IX , p. 26 (21 aprile 1761).

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poldo di Lorena, spodestata la Spagna, dovette urtare, sia pure meno clamorosamente, contro la potenza austriaca. Infatuato dell’alleanza con Vienna il marchese di Gallo scriveva: « Abbiamo nemici e rivali: veggo con piacere che ispiriamo della gelosia e dell’invidia » ; e non perdeva di vista le inire del Re sardo, che « ha tanto seguito il principio della propria utilità, anche col disprezzo delli doveri e dei patti più sacri..., e ha rispo­ sto... questo utile nelle sodisfazione e desiderio di tanta ambizione d ’in­ grandimento; sicché... se può profittare del disordine della Casa d ’Austria e dei suoi imbarazzi per scagnottare qualche altro pezzo in Lombardia..., lo farà con tutto il p ia c e r e » .4 Più forti preoccupazioni nutriva l ’Acton, che, prima ancora che il nuovo orientamento politico potesse dare gli sperati frutti, avvertiva la minaccia dell’Austria dilagante dalla pianura padana al Tirreno, e sollecitava, anche per questo, un’intesa sincera col P a p a to .5 E doveva, in seguito, infrenare l ’ambasciatore a Vienna, raccoman­ dandogli la « massima precauzione e delicatezza » in quella corte, specie dopo la successione di Leopoldo, « riservato e geloso di sua natura » , col quale, « fallace riuscirà ne’ primi tempi ogni qualunque discorso e ogni calcolo errato ». « Gioverà nello stato attuale — concludeva — l’essere semplice ed esatto osservatore, e guardare un profondo silenzio su tutto ciò che accade, mostrarsi indifferente con tutti... Ogni altra condotta po­ trebbe pregiudicare gli interessi del Re e far torto alla persona di V. S. Illustrissima » . 6 Più tardi, avanzate di molto le cose di Francia, teneva con lo stesso Gallo un linguaggio che ci ricorda abbastanza quello del Caracciolo: « Nella discordanza di pareri che vi è tra cotesta Corte e quella di Spagna sull’accettazione del Re di Francia della nuova Costi­ tuzione, interessa al Re di saperne la conciliazione, per adattarvi le ulte­ 4 A .S.N ., Esteri, f. 69, Vienna, 8 marzo 1790. 5 « A ll’eccezione di due Repubbliche... tutti gli stati d ’Italia sono ricaduti nelle più potenti case d ’Europa; le disposizioni che di recente vediamo adottate non solo per il Modenese e la Toscana accennano purtroppo che le pretensioni nasceranno a misura della forza da una parte e dell’indebolimento del Pontefice, il di cui Stato che componesi di sole usurpazioni o concessioni forzose produrrà altrettanti reclami ? ricuperi nel tempo stesso ». Così il Parere del Cav. Aclon sul Concordato da farsi colla Santa Sede (18 novembre 1786). B. P e l u s o , Documenti inediti intorno alle rela­ zioni fra lo Stato e la Chiesa nelle D ue Sicilie dal 1734 al 1818, voi. I l i , parte I, N apoli, D e Angelis-Bellisario, 1898, pp. 48-63 [cfr. qui p. 216]. 6 Arch. e f. cit., Caserta, 24 febbraio 1790; v. ancora nel f. 2308 il dispaccio cifrato Napoli, 2 marzo 1790.

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riori determinazioni, giacché obbligato dalle leggi del sangue e dì famiglia ad essere perfettamente di accordo in questo affare col Suo Reale f r a ­ tello, non può a meno di non seguitare le di lui operazioni, senza veder compromesso il suo decoro in faccia all’Europa tutta » . 7 Parole che si spiegano perfettamente con l ’evoluzione che la politica estera napoletana veniva compiendo sotto la sua mano. Un anno prima l’ambasciatore sardo a Napoli aveva avuto la sicu­ rezza chi « l ’espèce d ’enthousiasme que ce Ministre [A cton] a eu autre fois pour l’Empereur actuel a totalement disparu » . 8 L a real coppia era allora a Vienna per rafforzarvi l’alleanza con nuovi vincoli di sangue: sotto il fascino' del fratello imperatore la Regina parve abbandonare al suo destino il ministro che il freddo asburgo aveva intuito capace di sbarrargli il cammino nell’Italia meridionale. Ancora un poco, e l’Acton avrebbe percorso la parabola del della Sambuca, innalzato e deposto per volontà austriaca.9 E , tornati i Sovrani a Napoli, rafforzato il prestigio del ministro per l ’ordine che egli aveva saputo mantenere nel Reame durante l ’assenza dell’augusta coppia, coronati i suoi sforzi dalla recente costruzione di nuove navi da guerra, la sua posizione fu tuttavia minata

7 Cit. f. 69, al marchese di G allo, 22 dicembre 1791. 8 A .S.T., Lettere Ministri, N apoli, m. 36, di Castellalfer al Re, N apoli, 7 di­ cembre 1790. 9 II di Castellalfer, il 23 novembre 1790, riferiva al R e « une anecdote » di provenienza tedesca. D urante i festeggiamenti per l’incoronazione imperiale a Franco­ forte, Leopoldo avrebbe trovato il modo di far comprendere a Ferdinando che molte cose gli si tenevano celate. Il Re avrebbe risposto « qu’ ayant placé toute confiance dans le M inistre que lui même lui avoit donné, il ne s’attendoit pas à être désap­ prouvé par lui; à quoi S.M . Im périale répondit aussitôt que sur le désir qu’il lui avoit témoigné d ’avoir un bon officier de marine, Elle lui en avoit donné un q u ’Elle croyoit excellent, mais q u ’un excellent marin et un bon ministre d ’É tat sont deux choses bien différentes. L ’entretien dura long temps et ne fut pas du tout avantageux au Chev.r Acton, ses opérations ayant été vivement censurées ». A .S.T ., Lett. Min., N apoli, m. 35. Ivi ancora, Castellalfer ad H auteville, 30 novembre e 14 dicembre 1790, dove è apertamente notato il danno che il prolungato soggiorno viennese dei sovrani avrebbe potuto arrecare all’Acton. A ltro aggiungeva da Vienna il di Breme: « Il est certain — così il 29 gennaio 1791 — que cette Princesse [M . Carolina] se plaint infiniment du susdit ministre, qu’E lle prétend qu’il s ’est retourné totalement du côté du Roi, et qu’il est coupable envers Elle de la plus noire ingratitude; au point, ajoute — E lle, que, s’il n ’avoit entre ses mains des papiers de la dernière conséquence, qui pourroient la compromettre elle même, elle auroit tenté de l’éloigner du M inistère ». Arch. cit., Lett. Min., Austria, m. 109.

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da nuovi intrighi: la Regina ricadeva sotto il malefico influsso della mar­ chesa di San M arco .10 Nel campo politico Maria Carolina non credeva di poter meglio mostrare la sua gratitudine al fratello, che mettendosi, con le parole e con i fatti, ai suoi o rd in i.11 I matrimoni austriaci avrebbero potuto dare al Regno « nuovi po­ tentissimi mezzi di solido esterno credito » 12 o preludere ad una più grave limitazione della tanto insidiata indipendenza. In tali condizioni sarebbe difficile non approvare la politica svolta, con notevole previdenza, dall’Acton. Il quale, col consenso del Re, era riuscito, durante la lunga assenza della corte, a rompere il ghiaccio col primo ministro spagnolo conte di Floridablanca. Per iniziativa del ministro napoletano un’abbastanza frequente corrispondenza era stata tenuta tra i due ex-avversari: era gettato il ponte attraverso il quale le due corti avrebbero potuto in­ tendersi in un momento in cui la crisi internazionale minacciava impre­ vedibili sviluppi. Chiuso il periodo della minorità politica, Napoli, dove gli interessi borbonici ed austriaci si erano scontrati tanto aspramente, sarebbe diventata l ’anello di congiunzione tra gli avversari sempre pronti ad intralciarsi il cammino, oggi nella questione d ’oriente, come domani nella coalizione antifrancese: il prestigio delle Sicilie sarebbe salito, l’an­ tica aspirazione del ministro di « far sorgere questa corte dalla sua non ingerenza nei grandi affari d ’Europa » si sarebbe realizzata, il bilanciarsi delle due influenze straniere avrebbe dato garanzia di un più tranquillo avvenire. Ma si è « plus dépendant du cabinet de Vienne q u’on ne l’a jamais été — scriveva il Castellalfer da Napoli il 22 febbraio ’91. — Si l’on étoit en situation de pouvoir prendre un parti, on suivroit sans ba­ lancer celui des alliés de l’Empereur ». « Si les mesures que l ’Espagne propose sont de nature à être goûtées par l’Empereur, ce Pays-ci pourra les adopter, mais non certainement dans le cas contraire », rincalzava il 23 maggio. 10 Ivi, cit. m. 36, Castell. al Re, 12 aprile e 7 giugno 1791. 11 « ... V ous devez calculer q u ’ en cecy comme en tout nous allons à vos trous­ ses, et que, parents et alliés tant de fois, nous ne faisons en cecy comme en tout aucune demarche, que celle que Vous nous prescrivez, conseillez ou autorisez ». Cosi ella scriveva a Leopoldo il 12 luglio 1791 a proposito degli affari di Francia, e tale è il tono di tutta la sua corrispondenza con l ’Imperatore. H .H .S.A .W ., Sammelbànde, f. 90. a G . M. A r r ig h i , Saggio Storico per servire di studio alle rivoluzioni politiche e civili del Regno di Napoli, I I I , N apoli, Stam peria del Monitore, 1813, p. 27.

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Tuttavia nella seconda metà di quell’anno, sopraggiunte, dopo Varennes, più allarmanti nuove di Francia, il successo parve coronare piena­ mente gli sforzi dell’Acton. « Il Gabinetto di Napoli, che veniva ago­ dere della confidenza di quelli di Vienna e di Madrid, diventò il canale di comunicazione dell’uno e dell’altro, e la prospettiva di gloria, che per tal mezzo prometteva il ministro a ’ suoi Sovrani, ottener gli facea dall’uno più di applicazione, dall’altra più di economia ». Speranze de­ stinate ben presto a svanire dopo la morte di Leopoldo e la caduta del di Floridablanca: Napoli, che aveva stimolato all’intransigenza verso la Francia l’Imperatore quando Madrid si mostrava fautrice di una politica attiva, ed aveva poi senza successo, per tutto il 92, cercato di mantenere la Spagna sulla strada in cui questa sembrava essersi messa, si trovò in­ vece sola, priva della possibilità di aiuti immediati, nel dicembre di quell’anno, quando la baldanzosa squadra del La Touche riuscì senza difficoltà a imporre ad una corte dilaniata da dissensi e da intrighi la dura legge del più fo r te .13 Molti sogni allora dileguarono e bisognò bat­ tere nuove strade. Entrava in campo l’Inghilterra, ed assumeva, incon­ trastata, la parte di protettrice della Monarchia siciliana. Entrava nella politica del Regno non per la prima volta, ché l’in­ fluenza inglese a Napoli non era proprio cosa nuova, e si era ricercata, all’epoca di Re Carlo, quale potente sostenitrice degli interessi dinastici contro pericolose rivendicazioni, e si era proposto, in quel suo primo profilarsi, il simpatico, se pur non disinteressato, compito di conciliare le divergenti aspirazioni dei due regni italiani: Sardegna e Sicilie.14 Ma adesso le circostanze spianavano il cammino in modo inatteso alla po­ tenza del nord, e la portavano, d ’un colpo, dal posto di osservatrice e di equilibratrice delle posizioni borboniche ed austriache alla direzione, o quasi, della difesa italiana. Nella grande differenza di programmi l’ave­ vano invocata un po’ tutti gli stati marittimi della Penisola, sì che essa potè poi con questi seguire tattica diversa, e fu violenta con la Toscana, e larga di aiuti al Piemonte, premuto e insidiato da Francesi ed Austriaci; e trovò il Regno meridionale sorpreso, in piena crisi di crescenza, dalla spaventosa tempesta della Rivoluzione, riscaldato ancora dai ridenti sogni 13 A .S.T., Leti. Min., cit. m. 36; II Regno di N apoli in una descrizione vene­ ziana del 1793 (del residente Fontana, ed. M . S c h ip a ), in Arch. Stor. N apol., N .S ., V II, (1921), pp. 396-411. 14 M. S c h ip a , I l Regno di N apoli al tempo di Carlo Borbone, Albrighi e Segati, 1923, I I , pp. 43, 67, 73 sgg.

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orientali e tratto a guardare, non del tutto preparato, alle minacciate co­ ste del Tirreno, dibattentesi tra speranze e paure, ansioso, sotto il risen­ timento della recente onta, di una politica forte e costretto a misurare i suoi mezzi, bisognoso infine per la difesa e per l ’offesa di nuovi alleati. E d è poco verosimile che altri uomini avrebbero fatto, a Napoli, una po­ litica diversa da quella che portava all’alleanza inglese. La Regina e l ’Acton riuscirono a vincere la riluttanza del Sovrano, sostenuto forse da altri consiglieri; ma il Gallo, che, quando il trattato stava per sottoscriversi, raccomandava a Maria Carolina di pesare « i pe­ ricoli veri e non esagerati che avrebbe corso a non farlo e... i vantaggi... che avrebbe potuto sperare facendolo » , 15 il 7 novembre 1792 aveva scritto al ministro degli esteri: « Ardisco... metterle in considerazione se convenisse a S. M. qualche alleanza coll’Inghilterra e l ’Olanda per la difesa del mare, del commercio e delle Sicilie: il Re Nostro Signore non ha che temere dalla guerra di terra, ... ma dalla parte del mare, per una lunga costa dei suoi Regni e per la natura della Sicilia, ha tutta la ragione di essere inquieto. Egli è certo che per piccolo interesse che quelle po­ tenze marittime vi dimostrassero, e per qualunque tenue squadra che mandassero nel Mediterraneo, non ardirebbero iFrancesi di tentar nulla sulle coste di S. M. » . 16 Pericoli di altra natura prospettava da Londra, durante le trattative, il Sicignano: « Questa Corte... nella guerra eserciterà il più duro dispo­ tismo del mare, obbligando ogni potenza neutrale di accordar i porti alle sue flotte e di chiuderli ai bastimenti francesi e di romper ogni com­ mercio colla Francia, il che rende la neutralità uno stato chimerico ed il più esposto agli insulti di ambedue le parti belligeranti ». 17 Profezia che non tardò ad avverarsi a danno di altri stati. Così determinato alla guerra e prossimo a stringere la nuova al­ leanza, l ’Acton non tacque al rappresentante inglese a Napoli, con i mo­ tivi che lo spingevano all’intervento, gli svantaggi ai quali, in quei fran­ genti, il Regno andava incontro: « Siccome, ... oltre alla difesa dei propri Stati e al vivo desiderio di mantenervi la tranquillità e la pace, concorre nell’animo della M. S. la premura della sicurezza dell’Italia e l’esser con­ vinta del pericolo che sovrasta l ’Europa tutta, ... è pronta e senza la mi­ 15 A .S.N ., Carte G allo, N. 63, voi. V, 9 maggio 1793. 16 A .S.N ., E st., f. 4090. 17 A .S.N ., Est., f. 2320, Londra, 23 aprile 1793.

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nima esitazione e difficoltà a far causa comune coll’Inghilterra nella pre­ sente guerra; e, quantunque conosca i vantaggi che perdono i suoi sud­ diti coll’interruzione del commercio colla Francia, utile al maggior segno pel massimo consumo dei prodotti di questi Regni, si sottomette a que­ sto sacrificio per concorrere al pubblico bene e metter freno all’inso­ lenza » . 18 Di ben altra franchezza il ministro di Ferdinando IV diede prova, quando, nei rapporti col potentissimo alleato, ve lo costrinsero le cir­ costanze. Né dai voluminosi fasci contenenti la corrispondenza da Londra per questi anni, né da quel che ci avanza del carteggio tra l ’Acton e l ’Hamilton, di una cortesia mantenuta entro i limiti dello stile diploma­ tico, viene la conferma di un vassallaggio napoletano giunto alla rinunzia di ogni forma di dignità, se non ad un vero tradimento verso il Paese. A ll’opposto non mancano increspature sulla placida superficie dei rap­ porti anglo-siciliani, ché se l’ammiragliato inglese accusò qualche volta Napoli, e cioè l’Acton, di scarso z e lo ,19 questi seppe assumere, di fronte all’egoismo dell’alleato, un atteggiamento d ’indipendenza e di critica. Così torna a sua lode la difesa dell’onore dell’esercito e della marina di N a­ poli dopo la fallita spedizione di Tolone contro le calunnie del comando britannico. La lettera dell’8 marzo 1794, con cui si comunicavano al gabinetto di San Giacomo i risultati della severa inchiesta ordinata dal governo na­ 18 Arch. e f. cit., al cav. Ham ilton, 19 aprile 1793. L o stesso motivo centrale della sicurezza d ’Italia il ministro degli esteri adduceva, annunziando l ’imminente firma del trattato al residente napoletano a Venezia (A .S.N ., Est., f. 2334, a Micheroux, Napoli, 9 luglio 1793). Il M icheroux, con facile ottimismo, credette di poter prevedere che l’esempio napoletano avrebbe fatto cessare i « dispareri » tra le varie tendenze veneziane e indotto il governo « a seguire le tracce della Reai Corte ». « Io provo — conchiudeva — il bello orgoglio nell’osservare che le illuminate determinazioni del Re N .S. abbian qui fatta maggiore impressione che gli eccitamenti di Vienna e il malumore di Madrid » (ivi: Venezia, 20 luglio 1793). Anche Guglielm o Costantino Ludolf, da Costantinopoli, il 6 settembre, batteva lo stesso tasto, toccato, eviden­ temente, nella missiva dell’Acton; « M i riempie di consolazione l’interessante notizia; ...una risoluzione s) importante senza dubbio servir dovendo di sprone e d ’esempio a tutti gli stati d ’Italia, non sarà indifferente a quella Nazione. SI glorioso partito della S.M. dà un nuovo risalto a’ sentimenti di generosità e di lealtà che sempre l’hanno animata, non che alla dignità ed alla considerazione del Trono » (Bibl. Deputaz. N apol. Storia Patria, 3°. Corr. X II. B. 2. n. 4). 19 A.S.N ., Est., 673, H ood ad Hamilton. 7 ottobre 1794.

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poletano, non tacendo coraggiose critiche all’azione inglese, è, secondo uno storico non tenero per l ’Acton, « il più bel documento di questa di­ sgraziata campagna » . 20 Tanto più degno di elogio questo fermo atteggia­ mento, se si tien presente che i pericoli erano aumentati dopo la caduta di Tolone, che sulla Spagna si poteva contare sempre meno, che la difesa dell'Italia dalla parte del mare restava quasi totalmente affidata alle forze in glesi.21 Con non minore energia egli aveva protestato contro la facilità con cui era stata accolta a Londra la versione francese degli avvenimenti del 16 dicem bre;22 e, dopo avere, durante gli anni di guerra, scrutato mese per mese, si può dire, i più riposti atteggiamenti dell’alleato, sempre so­ spettoso, malgrado le buone parole che da questo gli venivano, di un ab­ bandono, sempre in cerca di nuove assicurazioni, con la stessa risolutezza parlò ed agì quando vide la pace più vantaggiosa della continuazione delle ostilità accanto all’Inghilterra.23 20 A. Sim ioni, I N apoletani a Tolone, in Arch. Stor. N ap., X X X V III (1 9 1 3 ), pp. 398-401. Q uanto sull’animo del ministro « forestiero » agissero le calunnie lesive dell’onore delle armi napoletane dimostra efficacemente la risposta da questo data al Ram ette, che da Roma aveva riferito le velenose critiche spacciate da quell’amba­ sciatore spagnolo: « L a squadra napoletana non partì che 3 / 4 d ’ora, con le sue truppe a bordo, dopo la partenza del prim o comandante amm. H ood. Chi ha lasciato il prim o forte, l ’Eguilette? Chi lo comandava? Perché attribuire ai napoletani, che gli ultimi hanno difeso le mura della città con una partita di spagnuoli, la condotta infame che si ardisce vociferare? Subito che ha avuto luogo l ’insulto, la derisione non vi è più luogo a moderazione. E lla pertanto... avvertirà... nei modi che sarannole noti quali prelati napoletani frequenteranno d ’ora in avanti la casa di Azara ». SlMIONI; Le origini cit., I I , pp. 91-92. 21 A .S.N ., E st., f. 6 3 0 , Londra, 14 gennaio e 4 febbraio 1794. 22 « Non si è dato — scriveva al Castelcicala il 19 febbraio 1793 — né è parso volersi dare ascolto nella sua residenza a ciò che con lealtà e buona fede veniva descritto nella breve nostra relazione dell’occorso, ma si è piuttosto e per fatalità voluto accreditare l’opposto racconto. L a memoria di V. E . al M inistro... è sem­ brata quanto fredda rispetto alla narrata ricognizione di Mackau, comparsa della squadra e risoluzioni prese, per la poca dilucidazione dei fatti, altrettanto conce­ pita in senso da mendicar pretesti e scuse » (A .S.N ., Est. f. 629). 23 Valga per tutti il seguente dispaccio spedito al marchese di Circello, mi­ nistro napoletano a Londra: « Scoraggita... la M .S. dalle ragioni indicate dall’Im pe­ ratore di non poter fare agire le sue truppe di Lom bardia coerentemente alla richiesta fattane, e defraudata di quella valida assistenza e difesa dei suoi stati che doveva aspettarsi da cotesta nazione, ritrovasi più che mai esposta ed abbandonata alle pro­ prie forze nel tempo che vi era la maggiore necessità e urgenza di quelle dei suoi

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Non venduto al governo di Vienna, come si esprimevano le istruzioni date all’ambasciatore francese il 1785, né strumento inglese nella corte di Maria Carolina, come, presentando quelle istruzioni, lo riteneva il R einach,24 ci appare, attraverso la corrispondenza napoletana o le più attendibili testimonianze straniere, Giovanni Acton. In quest’ultimo campo le critiche più aspre alla sua azione ed ai suoi intenti partirono da coloro che, nella corte partenopea, si facevano ese­ cutori di vecchi o di nuovi programmi di predominio. Alle accuse spagnole e francesi dell’« ancien regime » o della diplo­ mazia rivoluzionaria fa eco l ’immoderato linguaggio del Hudelist o del Thugut. Il Cacault s ’incontrava nei suoi giudizi col segretario della legazione austriaca. Timido, nonostante il tono assunto, di carattere falso, di spi­ rito angusto e dispotico veniva presentato a Parigi tra il 91 e il 92 colui che aveva le redini del governo di N a p o li;25 incapace di prendere una decisione vigorosa di fronte alla Francia, « puisque il décéleroit trop par là les vices de son administration, et déchireroit un voile, qui est sa sauvegarde, et à l’aide duquel seul il a pu le 16 Décembre sacrifier impu­ nément les intérêts de son Maître et du Royaume aux siens propres, et avilir l ’un et l ’autre aux yeux de l ’Europe entière, pour conserver sa place de Premier-Ministre », ciecamente e vergognosamente condiscen­ dente al Mackau, voglioso di stringersi all’Inghilterra, ma timoroso di fronte a questa e alla Spagna, a un anno di distanza dipingeva a Vienna l ’Acton in dispacci e « mémoires » l’Hudelist. Ma trapela pure dalle sue alleati... Non trovando altra difesa che nelle sue forze e nella fedeltà dei suoi amati popoli, può V. E . immaginarsi quale sia l ’amarezza del suo spirito nel vedersi in cosi dure, critiche circostanze. V. E . colla sua efficacia non cesserà di esporle colla mag­ giore enfasi a cotesto M inistero, benché forse sia troppo tardi, affinché comprenda il sacrifizio al quale si trova esposta, e non abbia alcuna ripugnanza di prevenirlo che, qualora si vegga nel pericolo inevitabile di rischiare la Sua salvezza e quella dei Suoi stati e dei suoi popoli..., si valerà della libertà lasciatale nell’art. 8 della convenzione e procurerà di accomodarsi con essi [nem ici] » (A .S.N ., E st., 2320, Ca­ serta, 3 marzo 1795). 24 Recueil des instructions données aux am bassadeurs et ministres de France depuis les traités de W estphalie jusqu’ à la Révolution française. N aples et Parme, Paris, Alcan, 1893, pp. 119 e 121. Lo stesso giudizio in A. S o r e l , L'Europe et la Révolution française, I, Pion, N ourrit et C., 1887, p . 388, dove è inesatto che l’Acton fosse di origine irlandese. 25 A. F r a n c iie t t i , Le relazioni diplomatiche fra la corte di N apoli e la Francia dal 1791 al 1793, in Riv. Stor. del Risorgim. Italiano, I (1896), p. 607 sgg.

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pagine il movente recondito delle facili declamazioni: « Si la grande influence du Premier-Ministre nous étoit moins contraire » ; « M. le G é­ néral Acton, constant dans sa maxime de vouloir plutôt dépendre de toute autre puissance que de l’Autriche... » . 26 La quale acrimonia impallidisce di fronte alle sfuriate del Thugut, che, ambasciatore cesareo presso la corte siciliana dall’87 all’89, aveva dovuto rinunziare alla parte di consigliere della Regina per l’opposizione del poco addomesticato ministro di Maria C arolina,27 e che, una decina di anni dopo, uscita o prossima ad uscire Napoli dalla coalizione, acco­ munava in una stessa condanna il Manfredini, il Gallo, l ’Acton, tutti co­ loro che, in diversa misura e in diversi momenti, avevano mostrato ane­ lito di politica indipendente verso la cancelleria im periale.28 Il quadro cambia se ci volgiamo alla diplomazia degli stati italiani, nella quale, dietro gl’inevitabili reciproci sospetti, si delinea più volte un’identità di interessi e di fini. Povera di mezzi e di ideali quella diplomazia, mossa da deboli di­ rettive, da calcoli di breve raggio, spesso al seguito di potenza maggiore. Eppure non era spento l’intuito che aveva reso famosi un tempo, in que­ sta sfera, gl’italiani, che, ove fallivano all’azione, sapevano scrutare e ri­ ferire, e, presentandosi propizie le circostanze, lasciar libero il campo ai suggerimenti. E i Piemontesi non entravano nuovi né troppo vecchi nel 26 H .H .S.A .W ., St. K., Neapel, f. 12, H udelist a Cobenzl, N apoli, 19 gen­ naio 1793; H udelist a Thugut, Caserta 16 aprile 1793; « Mémoire » di H udelist, Caserta, 26 marzo 1793, dove si cerca di dimostrare i vantaggi che verrebbero a Napoli da una stretta unione con l ’Austria anziché con l’Inghilterra, e si consiglia di tenere, « malgré les meilleurs dispositions de leurs M ajestés Siciliennes, un langage énergique » a quel governo. Su G iuseppe H udelist, segretario dell’ambasciata austriaca a Napoli dal 1791 al 1795, che in seguito doveva fare grandi passi nella diplomazia imperiale, v. gli aspri giudizi di M. Carolina in Correspondance inèdite... avec le M arquis de Gallo, I, pp. 325 e 335 (20 ottobre e 12 dicembre 1795). 27 Zeugenverhor iiber M. Karolina cit., p. 93 sg. 28 Vertrauliche Briefe des Freiherrn von Thugut, W ien, Braumiiller, 1872, I, pp. 303, 310, 314-15, 355; I I , pp. I, 38, 54-55, 167. « C ’est peine inutiles — scri­ veva il 29 maggio 1796 al Colloredo — que de prêcher courage et constance à des gens comme Alton (sic), appelé à N aples « il generale » par excellence, et qui, comme Manfredini et autres généraux de la même trempe, est une vieille femme de plus méprisables ». A llo stesso il 15 maggio 1799: « Toutes ces spéculations sont enfantées à Palerme, où l’on meurt de peur d ’une trop grande preponderance de S.M . [ l ’Im ­ peratore] en Italie, et où l’on cherche à mêler toute l ’Europe dans les affaires de l ’Italie, pour gêner l’influence décisive de S.M . et prévenir l’agrandissement de l’Autriche ».

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difficile agone; e, propensi ad operare in un’area più aperta, sotto la compressione dell’alleanza austro-borbonica, acuivano adesso lo sguardo verso la Prussia e l ’oriente balcanico. Tanto migliori giudici perciò della politica estera del Regno tornato indipendente, destinato a contendere loro il primato nella Penisola, forse a raccogliere l ’eredità di Venezia nel levante. Ad essi, con maggiore evidenza che ad altri, l ’Acton apparve quale era, con i pregi ed i limiti. Meglio colti quelli che questi, ché l ’avere in comune con quel ministro molti dei difetti della vecchia diplomazia e alcuni preconcetti verso l’ambiente napoletano non permisero agli am­ basciatori sardi di rendersi interpetri di tante cause di squilibrio, anche quando la Monarchia meridionale si palesò impari alla situazione, e, di­ vergendo g l’interessi dei due regni, gli apprezzamenti divennero più severi. Al principio della sua missione presso il Re delle Due Sicilie il mar­ chese di Breme riconosceva al ministro della marina e della guerra, che già aveva assunto con la Regina l’effettiva direzione della politica, buona volontà, integrità e competenza nell’organizzazione della marina, ma sem­ brava mettere in dubbio che potesse dare all’esercito altrettanto, esclu­ deva che avesse cognizioni sufficienti in materia di finanza, un campo, questo, che aveva bisogno di urgenti riforme. D ’altra parte non mancava a quel ministro, notava in seguito, la capacità di riconoscere dove giun-' gesse la sua preparazione: « très reservé sur ce qui n ’est pas de sa sphère », egli si sarebbe affidato a persone competenti. Ma quali fossero i suoi collaboratori è detto subito dopo! Ed allargando l’indagine ad altri settori, il di Breme scopriva tali cose che giustificavano l ’elogio che aveva fatto dell’onestà e del disinteresse dell’Acton: « il passe généralement pour se contenter... de 17000 ducats que la Cour lui passe, et ses mains sont intactes, chose rare ici » . 29 Giudizio che non cambia dopo quattro anni, al termine di quella missione: la Francia ha cercato di attirare a sé il ministro con l’offerta di una pensione segreta di 40000 franchi, ma questi ha rifiutato. Circa i rapporti con la corte, già il di Breme ci mostra l’infonda­ tezza dell’accusa, ripetuta con tanta frequenza, che l’Acton per mante­ nersi al potere aggravasse, secondandoli o stimolandoli, i difetti della coppia reale: il 1782 la Regina fa gran conto del parere del suo ministro,

28 W . M a t u r i , L a Corte di N apoli nel 1782 vista da un diplomatico sardo, in Scritti storici cit., p. 31 sgg.

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ma è già stanca il 1786; in lui, in cui il Re ha piena fiducia, ella vede « un mentore incorruttibile e severo che la incomoda infinitamente » . 30 Infine, lasciando Napoli, il di Breme esprime i suoi dubbi circa i ri­ sultati degli sforzi diretti a dare una marina a Napoli, tali ostacoli egli prevede dal « carattere » dei « nazionali » ; ma ricorda l’Acton accanto agli « stranieri » da cui « queste province... han trovato aiuto e consi­ glio », « i migliori ministri che si ebbe finora questo stato » : Montealegre e T an ucci.31 Al conte di Castellalfer che gli succedeva toccava di assistere, da Napoli, ai primi effetti della Rivoluzione francese, e di contribuire, sotto la comune minaccia, a un avvicinamento che la situazione dei due regni non avrebbe in seguito più consentito. E del breve idillio risente natural­ mente la sua corrispondenza. Anche in essa l ’Acton si stacca nettamente dall’ambiente. Il « coup d ’ceil » del 1793 non è interamente favorevole al ministro, ma giunge alla stessa conclusione: egli è destinato ad emergere tra gli uomini di scarsa levatura che lo circondano. Nel 1791 sono di fronte l ’aborrito straniero e la marchesa di San Marco. « Deux personnes d ’un caractère totalement opposé ne pouvoient pas marcher... d ’accord; lu n e travailloit à modérer les passions de la Reine, l ’autre à les exciter; l ’une n ’étoit occupée que de la gioire du Prince, et de celle qu’en résulteroit en conséquence pour son coopérateur, l’autre ne pensoit qu’à gaspiller à droit et à gauche pour augmenter ses

30 A. D u m a s e P i .t r u c c e l l i D e l l a G a tt in a , I Borboni di Napoli, X I, N apoli, 1866, p. 127 (da un dispaccio cifrato del di Breme in data 27 giugno 1786). 31 Ivi, pp. 129-30, dalla relazione Breme 1786, al termine dell’ambasciata. L ’ori­ ginale, in 6 voli., è nell’Arch. di Stato di Torino, Negoziazioni Napoli, m. 2°, dove sono ancora le istruzioni date, lo stesso anno, al conte di Castellalfer, ricalcate, s’in­ tende, sulla precedente relazione. Il cit. m. Negoz. comprende inoltre le nuove istru­ zioni del 1790 al di Castellalfer; le istruzioni lasciate da questo all’ab. M archetti, il giugno 1793, quando l’ambasciatore sardo si accingeva ad allontanarsi da N apoli, incaricato di una delicata missione in Toscana; un « coup d ’oeil général » sulla probabile politica del Regno nella coalizione antifrancese, anche del di Castell. (17 giugno 1793); le istruzioni al conte Piossasco di N one, venuto a N apoli il 1794. Q uesti docc., tranne il terzo e il quarto, sono parzialmente riportati in sunto, insieme con altri di epoca anteriore, dal D um as, che nel cit. voi. tentò di dare, attraverso le fonti diplomatiche piemontesi, una documentazione di quanto aveva esposto (e cfr. B. C roce , A lessandro D um as a N apoli nei primi tempi della nuova Italia, in Uomini e cose della vecchia Italia, I I , Bari, Laterza, 1927, pp. 355-58).

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moyens, et se former ensuite un parti qui aidât à faire renaître le règne de la dissipation et du désordre ». La nobildonna napoletana è stata abile nel vibrare il primo colpo. È andata incontro alla Regina in Toscana; lì si è parlato degli svaghi viennesi, e ne è nato il proposito « d ’adopter à Naples un genre de vie également amusant, au lieu de celui extrêmement maussade et monotone que l’on avoit adopté depuis deux ans ». È stato così facile far cadere Maria Carolina in un « cercle du choix de la M arquise, conséquemment très baroque, ... de l’entière dépendance de la favorite et du Chevalier Medici son frère », dove la Regina parla con la facilità abituale. AlPActon, cui si doveva il diverso tenore di vita seguito negli ultimi anni dalla So­ vrana, dedita tutta all’educazione delle principesse, è stato fatto inten­ dere « q u’en lui abandonnant les rênes de l’état, on ne vouloit mettre aussi en personne sous sa tutèle ». L ’ambasciatore però prevede nel giu­ gno non solo « que la réflexion tournera toujours à son avantage, la Reine devant voir parfaitement qu’Elle retrouvera dans aucun de ses courtisans ni le honnête caractère, ni l ’activité et l ’assiduité au travail du chevalier Acton », ma che questi, se gli toccherà il merito di far accettare le me­ ditazione di Napoli tra la Russia e la Porta, riuscirà a rassodare la sua posizione nella corte e ad « augmenter encore considérablement l ’opinion qu’il a donnée de lui à différentes Cours de d ’Europe ». Nel dicembre, dopo che il De Medici è stato elevato alla carica di reggente della V i­ caria, l ’orizzonte torna ad intorbidarsi: con metodi diversi il fratello e la sorella cercano la rovina dell’avversario. Presso Maria Carolina è facile ricorrere ancora ad un’arma sperimentata buona: stuzzicarne la prodiga­ lità e metterla così di fronte alla resistenza del ministro, « puisque Mr. Acton ne manque jamais en toutes ces occasions de Lui faire des remon­ trances fort pathétiques et de Lui répéter surtout que c’est aux suites d ’une conduite pareille tenue par sa soeur que l’on doit principalement attribuer ce terrible deficit, source malheureuse de l’habîme dans lequel se trouve engloutie la France ». Ma il Re ritiene « que jamais Ministre ne l’a servi comme celui-ci... Il le croit le seul homme capable de bien gouverner Son Royaume, et en cela peut-être n ’a-t-il pas tort... M ais le grand inconvénient qui en résulte est que Mr. Acton se trouve forcé pour soutenir cette lutte à prendre un temps considérable q u’il employeroit plus utilement en s’occupant des affaires très multipliées apparte­ nantes aux différens départemens dont il se trouve chargé » . 32 32 A .S.T., Lett. Min., m. 36, Castell. al Re, N apoli, 7 e 21 giugno, 19 dicembre

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Un anno dopo gli odi e gli attacchi furono rincruditi dalla venuta della squadra francese, ed il partito della San Marco fu sul punto di toc­ care la vittoria. Sull’episodio, che ebbe per Napoli gravissime conse­ guenze, dovremo tornare nel corso del presente lavoro: qui, avviandoci al termine di questo breve esame di testimonianze piemontesi, ricorde­ remo che esse restano favorevoli all’Acton anche dopo 1’« honteuse » ca­ pitolazione della corte in quei drammatici momenti. Pavida e irresoluta la coppia reale, il ministro solo « non perdette la testa », si da meritare ancora un encomio il 1794 nelle istruzioni al conte di None, al quale si raccomandava di coltivare l ’amicizia dell’uomo che a Napoli si era mo­ strato maggiormente animato da spirito di collaborazione verso Torino. Tutto ciò era passato nella corrispondenza del di Castellalfer e nel suo « coup d ’oeil », dove sono ancora una volta elogiati lo zelo, la pre­ parazione, l ’integrità, la grande fedeltà al Sovrano di quell’inglese (« la seule personne du Conseil qui soit de bonne foi » ) , 33 che il diplomatico sardo aveva avuto modo di osservare, meglio di tanti altri, da vicino, e dove riemergono le deficienze in alcuni dei tanti campi che quegli aveva voluto abbracciare: troppo ambizioso l’uomo di mare, al quale si doveva la costruzione di vascelli con gli stessi fondi prima adoperati per qualche fregata e pochi sciabecchi, ma che figurava poco negli affari della guerra, e che in fondo non era riuscito, per quanto si proponesse grandi cose, ad imprimere alla politica estera napoletana una linea sicura. Ma il di Ca­ stellalfer aveva potuto pregiarne l’indipendenza di fronte all’estero; men­ tre quando, due anni dopo, corse voce che il marchese di Gallo sarebbe andato a Napoli nuovo ministro degli esteri, egli da Vienna, dove allora rappresentava la Sardegna, non si fece illusioni su quella che sarebbe stata la politica napoletana: « il [G allo ] ne conseillera que des mesures agréables à cette cour-ci, à laquelle il est voué, comme on ne sauroit davantage » . 34 1791. Altri elogi dell’A. nella corrispondenza col d ’Hauteville, N apoli, 23 agosto, 13 settembre e 15 novembre 1791. Q uanto l ’Im p. Leopoldo stimasse nefasta l’influenza della marchesa di San Marco appare dal seguente brano di lettera inviato a M . Carolina alla vigilia del viaggio in Germ ania di quest’ultima: « J e vous prie de ne porter que le monde necessaire; et, permettez que je vous le dise, si dans le choix de vos dames vous pouviez ne pas porter ni M .me Belmonte, ni M.me Santo Marco, je crois que cela seroit fort utile » (A .S.N ., Carte Gallo, copia di lettera a S.M . la Regina del 10 giugno 1790). 33 A .S.T., Leti. Min., m. 38, N apoli, 28 maggio 1793. 34 A .S.T., Lett. M in., m. 115, Castell. al Re, Vienna, 16 marzo 1795. Circa la

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Col « coup d ’oeil » ha parecchio in comune, anche nelle espressioni, la già ricordata relazione Fontana dell’ottobre 1793, in cui passano nobili viziosi e magistrati venali, un re « dotato delle più rare doti di spirito e di animo », ma « negli affari... passivo », una regina invadente e insta­ bile, incapace di mantenere i segreti con le malfide persone che l ’avvi­ cinano e che stimolano un’altra sua debolezza, « la... sovragrande gene­ rosità, sovente poco bene applicata, gravosa sempre all’Erario ». Tutte cose che sappiamo bene come si conciliassero con il sogno, da lei pure accarezzato, di una grande politica, specialmente se la vediamo ricorrere, con una frequenza che può dirsi sistema, alla cassa militare, dove « l ’in­ completo dell’armata fornisce alla sua Cassa privata ciò che le occorre, e perché non manchi un tal fondo non si usa troppo di sollecitudine nel reclutare i reggimenti ». E intanto « si è soccorso l ’Erario coll’esazione delPImposta detta del Cavallo montato, ... si sono portati alla Zecca gli argenti della Corona. Il Generale Acton e due altre sole Nobili Famiglie ne seguirono l ’esempio, ma... ciò non è stato sufficiente... ». Inutili sono riusciti i consigli del ministro a quei principi perché « si restringessero le enormi spese delle Caccie... e quelle della generosità e delle ricom­ pense spesso non ben meritate ». E d ecco di nuovo sulla scena l ’Acton, « senza esitanza il più illumi­ nato, ed il più zelante fra i ministri delle loro M aestà Siciliane », con l’ambizione di fare entrare il Regno in pieno nella politica europea, con la perfetta educazione di « marino », con l ’inesperienza nel « militare », aggravata dalla molteplicità delle cariche e dagli attacchi furiosi venutigli da tante parti. Altro il residente veneto aveva detto nella regolare corri­ spondenza, presentando, non senza ammirazione, quel ministro dignitoso e fermo nei rapporti con i rappresentanti della Francia, o elemento di

disgrazia del D e Medici non presenta giudizi degni di nota la corrispondenza del conte di None da N apoli (Lett. min., m. 39). Riportiamo invece il seguente passo dell’ab. Marchetti intorno ai rapporti tra l’Acton e Francesco Caracciolo: « Intanto per non so qual fatalità cerca il Gen. Acton di sempre più disgustare il solo uomo veramente abile che sia in questa marina, cioè il cav. Caracciolo. H a questi, come più antico di servizio del cav. Guillichini, sostenuto essere a lui dovuto il comando della D ivi­ sione che va in M essina. M a sebbene le sue ragioni siano sembrate valide a tutti gli intelligenti, ha avuto torto, perché il M inistro ha voluto così » (Lett. M in., m. 38). L a quale parzialità si spiega con la vecchia amicizia, rimontante agli anni trascorsi insieme nella marina toscana, che legava l’Acton, che del resto aveva guidato con molta benevolenza i primi passi del Caracciolo, al Guillichini.

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equilibrio tra un sovrano neghittoso ed una regina mossa da odi, da paure, dalla smania di non separare i propri dagli interessi austriaci.35 Nella sfera dei contrasti suscitati da questi ultimi si ricade con un altro diplomatico. Giuseppe Bonechy, per lunghi decenni incaricato d ’af­ fari di Firenze a Napoli, tra le angustie dello scarso stipendio e del posto insidiatogli, lancia frequente, nella corrispondenza col Serristori, il grido d ’allarme contro la prepotenza dei colleghi austriaci. Terribili ed insi­ diosi quegli ambasciatori ed incaricati a giudicare dal tono delle invo­ cazioni sempre più affannose del ministro toscano, la cui corrispondenza è pervasa dall’assillo della propria « esistenza, che sarà sempre precaria, sinché gli ambasciatori o ministri austriaci in questa Corte pretende­ ranno esser Toscana ». Il conte di Lamberg, « che non è stato mai suo amico », è partito, ma il conte di Esterhazy ne segue a perfezione le orme. « Intende tenermi — lamentava il Bonechy il 12 giugno 1792 — in una specie di dipendenza, che sembra non dover convenire al decoro di codesta Corte, né al disimpegno degli affari che mi si commettono. Questa gelosia... à sempre cagionati degl’inconvenienti... V. E . non ignora (e può, anche, saperlo con più certezza dal signor Baly P ignatelli)38 qual è qui la veduta in cui sono, e che questo Principal Ministro mi ascoltai con somma bontà ». Un mese dopo, il 10 luglio, ripete che « più d ’una Persona Rispettabile pensa cosi; ma una... decisione deve venir di costà ». La quale allusione diventa esplicita il 31: « ... Vi è in Roma un ministro cesareo... ed un incaricato d ’affari di S. A. R. separato ed indipendente dall’altro, come lo sono, fra loro, le due Sovranità. L ’incertezza che vi è su questo punto [a N apoli]... mi fa spesso urtare in qualche scoglio, per evitare il quale devo usare la massima circospezione e destrezza... V. E. non ignora la bontà che à per me il Signor Generale Acton, ma non tocca a lui a proporre cosa alcuna su questo punto » . 37 Le preoccupazioni dell’inviato toscano si incontravano realmente con quelle dell’Acton, come abbiamo potuto constatare, e come risulta, più diffusamente, da altri documenti napoletani.38 E ciò potrebbe essere uno 35 S. R o m a n in , Storia documentata di Venezia, IX, Venezia, N aratovich, 1860, pp. 474-75 e 496 sgg. (Docc.: N apoli, 21 agosto 1792 e 12 marzo 1793). 36 M inistro di Ferdinando IV a Firenze. 17 A .S.F., Esteri, 2337. 38 Senza riserve l ’A. si esprimeva col Pignatelli a proposito della reazione im­ periale al sospetto, che noi sappiamo infondato, che il Granduca fosse disposto a dare « accesso in Italia ai Francesi » dopo l’uccisione del Bassville: « Soffre sommamente

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dei motivi della calda simpatia con cui il Bonechy seguì le tappe della ascesa del successore del Caracciolo, da quando questi ebbe la direzione interinale degli esteri alla crisi del 1795, da cui, come è noto, la posizione dell’Acton uscì rafforzata.39 E se deplora la lentezza della segreteria del De Marco, coglie l ’occasione per far l’elogio del « dipartimento » del « generale », dove « suol usarsi tutta l’esattezza »; e quando circolano per Napoli molte copie Ae\V u lt im a tu m presentato dall’Hervey al governo toscano, egli è sicuro « che non deriva questa pubblicità dal Principal Ministro di questa Corte » . 40 Dieci anni dopo la giornata di quel ministro quasi settuagenario era ancora attiva, la mente sveglia, il potere illimitato, tanto che Guglielmo Costantino Ludolf poteva scrivere: « Je lui crois beaucoup de talents en politique, de très-bonnes vues, mais par malheur les circonstances et la position critique dans laquelle nous nous trouvons doivent tout déranger » . 41 Poi lo si vide cadere vittima dell’insidia che costantemente l ’aveva questa Corte per l’evidente ed esteso disgusto che M anfredini ha fatto nascere fra i due fratelli. Sono state articolate le dolorose espressioni di Feudo imperiale etc. etc. per la Toscana, di metterne il feudatario al Ban dell’Im pero, se continua con tale disposizione ad agire a favore dell’Impero ed Imperatore, e la dichiarazione di far passare ugualmente le truppe austriache al possesso della Toscana. Tutte le cure di questa Corte ed il successo ottenuto con Leopoldo corrono ora il rischio di esser distrutti nell’effetto dalla condotta di chi colà dirige per egoismo e personali suoi principi e vedute. Sono vivamente colpiti i Reali Padroni da quanto in tal proposito ricevono da Vienna, in cui ha risvegliato quel Gabinetto le antiche prevenzioni contro la separazione della Toscana, e Thugut ora in quel consiglio fomenta dalle circostanze quanto combina per rinnovare le prime opposizioni già da esso sostenute antica­ mente e da questa Corte mercè l’amicizia di Leopoldo ed il suo amore per il secon­ dogenito superate » (A .S.N ., Est., f. 4540, Caserta, 19 marzo 1793). È già noto, dalle Memorie del G allo (ed. M aresca, 1888) che l’indipendenza della Toscana fu tra le condizioni pattuite da N apoli nelle trattative matrimoniali tra il secondogenito di Leopoldo e la principessa M. Luisa di N apoli; le preoccupazioni del ministro napo­ letano finché non vide Ferdinando sul trono granducale sono riprodotte nella corri­ spondenza del di Castellalfer (soprattutto nel cit. dispaccio 7 dicembre 1790). 39 « Il desiderio universale è che gli Affari Esteri rimangano, senza cambia­ mento, al sopradetto ministro, intelligente, giusto, cortese ed attivo », scriveva il 21 luglio 1789. « Può l ’E .V . comprendere come son restati delusi i di lui malevoli ed invidiosi, che già cantavano vittoria, con estremo rammarico di tutti i buoni »; così il 12 maggio 1795 (A .S.F., f. cit.). 40 Ivi, a Serristori, Napoli, 23 febbraio 1790 e 15 ottobre 1793. 41 M. S c h ip a , Giovanni Acton alla vigilia della sua caduta. D al diario inedito di un diplomatico napoletano ( 1803-1804), in Miscellanea di studi storici (per ono­ ranze ad A. Luzio), Firenze, Le Monnier, 1933, I, p. 105 sgg.

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accompagnato nella corte; e, meschinamente fallita, dopo il suo allonta­ namento, la politica voluta da Maria Carolina, l ’ambasciatore francese Alquier diede di lui un giudizio più vicino di tanti altri alla verità: « J ’ai travaillé à faire sortir des affaires le generai Acton, la reine m ’y poussait aussi. J ’ai été le premier à m’en repentir; je ne lui reconnessais pas de grands talents; mais il avait une grande force de caractère, il avait per­ suadé de ça tout le monde, il était obéi: et même, bien q u’ennemi de la France, quand’il avait convenu d ’une chose, on été sûr qu’elle se ferait. Quand il est parti, il manquait un regoulateur, chacun a tiré la corde de son côté, et la charrette s’est renversée » . 42 (1936) 42 II Regno di N apoli dal 1801 al 1806 di Luigi Blanch (ed. S c h ip a ), in Arch. Stor. N apol., N .S., V i l i (1922), p. 136.

II N E I M IN IS T E R I SAM BUCA E CA R A C C IO LO TR A FR A N C IA E A U ST R IA N E L T R A M O N T O D E L L ’A N C IE N R É G IM E

« Coleste idee di genio inglese, austriaco, russo, etc. sono sciocchezze immaginate da uomini disprezzevoli [...]. Il re non cesserà mai di essere vincolato da parentela e gratitudine al re cristianissimo ». F. G a l ia n i

Contrastava col rinnovato prestigio della Francia in Europa dopo la guerra d ’America quanto si preparava in Oriente a danno degli alleati tradizionali di Parigi, Polonia e T u rch ia.1 La politica moderata e ferma al tempo stesso di Vergennes, volontariamente appartatasi sotto le impe­ riose esigenze del duello con l’Inghilterra, assisteva lì inquieta al peggio­ rare di una situazione di privilegio antica di secoli. Anche la lunga via marittima si rivelava malsicura. Quella potenza di second’ordine, rappre­ sentata da un cadetto borbonico, che avrebbe potuto mettere al servizio della diplomazia francese una marina nascente e una posizione geografica di importanza essenziale, le sfuggiva stranamente, tra miraggi d ’indipen­ denza politica, sogni di primato italiano, di espansione mediterranea. Una posizione geografica, il Mezzogiorno d ’Italia, che aveva parlato tante volte, nel corso dei secoli, ai re e ai ministri di Francia, attenti sem­ pre a cogliere ogni segno di crisi, ogni alito di vita nuova in un mare che era parte non irrilevante di quel passato di gloria, di quell’avvenire di potenza mondiale. 1 Cfr. R. P ino n , H istoire diplomatique - 1515 - 1928 [ Histoire de la Nation française par G . H a n o t a u x , t. IX ], Paris, Pion, 1929, pp. 3 4 8 - 4 9 ; F. V e r n e a u , I l conflitto anglo-francese da Luigi X IV alla pace di Vienna. L a lotta per il predo­ minio marittimo e coloniale (1660-1783), Bologna, Cappelli, 1939, pp. 525, 540-42, 605. In particolare sulla partecipazione francese alla guerra d ’America H . D o n io l, Histoire de la participation de la France à l’établissement des États-Unis d'Amérique. Correspondance diplom atique et documents (5 voli.), Paris, Imprimerie Nationale, 1886-92. A desso in sintesi C. B a r b a g a l l o , D uc rivoluzioni dei secoli X V III - X IX . La Rivoluzione americana (1765-178}); la Rivoluzione francese ed europea (1789-1804), Milano, Garzanti, 1941, pp. 47-71.

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La sola idea di un ritrarsi del trono di S. Luigi da un nuovo e vasto campo che inattesi eventi gli avevano aperto farà inorridire il duca de Broglie, quando egli, il 18 maggio 1833, affronterà la questione greca al senato con queste espressioni: « C ’est... un berceau, c’est une puissance maritime destinée à grandir rapidement, à partager avec l’Angleterre et nous l ’empire de la Méditerranée, à tourner avec nous ses regards, à chercher son point d ’appui dans notre amitié, à veiller pour nous sur les échelles du Levant, à garder avec nous l’embouchure de l ’Euxin et les clefs du Bosphore ». Ma della Napoli della reggenza e del primo periodo di Ferdinando la diplomazia francese aveva scarsi motivi di lodarsi. Il visconte di Choiseul nel 1766, il barone di Breteuil il 1772, ve­ nivano messi in guardia, dalle istruzioni che recavano con sé a Napoli, contro chi ne dirigeva la politica, il Tanucci: « un homme très mal di­ sposé pour les intérêts de cette couronne [d i Francia] ». I negoziati, vecchi di decenni oramai, per un trattato di commercio si erano arenati ogni qualvolta erano stati sul punto di giungere in porto, e l’adesione al patto di famiglia era mancata. L ’uomo di legge, dalle sottigliezze giuri­ diche, fattosi imperfetto uomo di stato, era venuto, agli occhi di Francia, a porsi tra Versailles e Napoli, a impedirvi il perfezionamento di una « alliance naturelle », basata su sacri vincoli di famiglia. Quelle istruzioni2 si discostavano poco lu n a dall’altra: vi passa­ vano entro gli stessi problemi e gli stessi uomini; la ventenne regina non aveva ancora, nel 1772, mostrato « que faiblement le goût qu’ Elle pour­ rait être soupçonnée d ’avoir, de s’attribuer une part dans l ’admini­ stration » . 3 Ne differivano parecchio invece quelle che il Vergennes fir­ mava a Versailles il 3 aprile 1785 per il barone di Talleyrand — Péri­ gord. 4 Vi si riflettevano preoccupazioni nuove, vi riecheggiava lo stri­ dere di contrasti, di accuse, di recriminazioni della corrispondenza diplo­ matica da Napoli e da Roma degli ultimi tempi. Mai come negli anni precedenti, da quando il Regno aveva riguadagnato posizione indipen­ dente, le due corti si erano sentite lontane e estranee. 2 In Recueil des instructions données ans am bassadeurs et ministres de France depuis les Traités de W estfalie ju squ ’ à la Révolution française, X , N aples et Parme... par J . R ein a c h , Paris, Alean, 1893, p. 94 sgg., 106 sgg. Come poi il Tanucci a sua volta cercasse di fronteggiare l ’arroganza di quei diplomatici v. in B. C ro ce , Uomini e cose della vecchia Italia, Bari, Laterza, 1927, I I , p. 75 sg. 3 Recueil, p. 113. 4 Ivi pp. 118-28.

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A ll’incaricato di affari Denon che vi reggeva la legazione dal 1782 erano state rese tante piccole offese, insopportabili colpi di spillo, da parte di una corte che incominciava a essere nota per i tremendi ripicchi personali, da indurlo a scrivere, il 7 marzo 1784, del « ridicule et indé­ cent acharnement que l’on met ici à me persécuter ouvertement; c’est du défaut d ’occasions que j ’attends un peu de relâche à une opiniâtreté tellement au-dessous de la dignité du caractère de la reine que je repugne souvent à en donner les détails ». Precedentemente, il 30 dicembre ’83, durante il breve soggiorno napoletano dell’imperatore Giuseppe I I , aveva riferito al Vergennes cose che avevano dovuto produrre penosa, non la-bile impressione, se anche di esse è traccia nelle istruzioni al Talleyrand: « Il est très sûr, Monseigneur, que parmi la noblesse et les gens de loi la maison autrichienne a un grand parti, et que bien des gens osent dire que la couronne de Naples appartient autant à la reine qu’au roi et que ce n ’a été que pour confondre les titres de ces princes q u’on les a mariés ensemble; mais que dans tous les cas les Allemands sont réellement ceux qui ont le plus de droits aux égards et aux préférances de la Cour, parce qu’ils sont sous la protection immédiate d ’une souveraine fille de la leur, tandis que le roi n ’est que le fils d ’un conquérant encore étranger à N a­ ples, comme les Espagnols et les Français doivent l ’être devenus pour lui. Ajoutez à cela l ’antipatie des Napolitains pour la nation espagnole et leur jalousie de la Nôtre... ». Su una base di verità, c’era dell’esagerazione in tutto ciò; e difficil­ mente monsieur Denon ci sarebbe buona guida a farci intendere il non agevole ambiente napoletano dell’ultimo decennio dell’« ancien regime »: ora sospettoso dell’Inghilterra, lontanissima dalla posizione che avrebbe in seguito raggiunta nella capitale partenopea, ora timoroso per il com­ mercio e per il prestigio di Francia, e sempre proclive a raccogliere voci sull’Acton, sulla regina, su propositi ed espressioni che un ambiente ma­ levolo e pettegolo sembrava fatto apposta per ingrandire. Comunque, non potevano trovare nessuna giustificazione presso di lui le velleità napole­ tane di una politica indipendente dai secolari influssi d ’oltralpe: « Elle [la regina] voit de la prépotence dans toutes nos demandes. N os avis lui semblent de la supériorité et notre alliance une protection. M. Acton a saisi tous ces points, et pour consoler cette princesse il lui a dit que le roi de Naples n’avait besoin de personne » . 5 5 Interessanti brani della corrispondenza Vergennes-Denon in I m b e r t D e S a in t -

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Con l’asprezza di questa corrispondenza gareggiava quella da Roma, dove il cardinale de B ern is,6 influentissimo negli ambienti vaticani, non poteva, a sua volta, non risentire delle animosità di una capitale, i cui rapporti con Napoli andavano peggiorando. È facilmente intuibile come dovesse spegnersi nel Vergennes il senso di relativa sicurezza che il fine diplomatico aveva già manifestato al De­ non il 6 maggio 1783: « T a n t que ce prince [Ferdinando IV ] sera livré à son caractère et à son penchant, nous devons être bien assurés qu’ il ne s’écartera jamais des principes qui doivent l’attacher à la France » . 7 Al nuovo ambasciatore francese a Napoli venivano bene aperti gli occhi sulle insidie dell’ambiente nel quale si sarebbe svolta la sua mis­ sione: « une cour où les tracasseries sont d ’autant plus fréquentes qu’on s ’y occupe plus de bagatelles » . 8 Giudizio severo, sul quale avranno influito le fiere animosità degli agenti borbonici a Napoli e a R o m a,9 ma per tanta parte esatto! Già si avvertiva l ’ingombro dell’azione personale della regina, avida di un posto di comando che la sua instabilità non le permetteva di tenere, sostituitasi a un re vittima di una cattiva educazione, sempre più alieno dagli affari. A Versailles si conoscevano il suo propendere per la famiglia dalla quale era uscita, l ’avversione alla Spagna, l’odio portato alla Francia A m an d, La jeunesse de Louis-Philippe et de Marie-Amélie, Paris, Dentu, 1894, pp. 23-43. I passi riportati a pp. 38-40. Nella corrispondenza di Pietro Leopoldo col

fratello G iuseppe si legge in data 24 novembre ’8 4, a proposito dell’invelenita situa­ zione napoletana: « la France a refusé de changer son chargé d ’affaire et consul [Saint-D idier] qui y causent mille tracasseries». Joseph I I und Leopold von T o­ scana. Ih r Briefwechsel von 1781 bis 1790 (ed. A . von A r n e t h ) , Wien, Braumüller, 1872, I , p. 2 3 4 . 6 F. M a ss o n , L e cardinal de Bernis depuis son ministère, Paris, Pion, 1884, pp. 402-15. Venendo incontro a un desiderio espresso dalla regina Carolina, e so­ prattutto obbedendo alle intelligenti sollecitazioni del Vergennes, il cardinale diplo­ matico nel maggio 1784 intraprese un viaggio a N apoli, da cui nessun miglioramento sarebbe venuto ai rapporti tra i due paesi (ivi, p. 40 4 sgg.). M a dalla sua corri­ spondenza col ministro degli esteri, studiata dal Masson, nasce il dubbio che le pre­ venzioni da lui nutrite aggravassero le difficoltà di trattare con un ambiente fatuo, sospettoso, intrigante. 7 I m b e r t D e S a in t-A m a n d , p p . 23-24.

8 Recueil, p. 126. 9 Vergennes e Bernis consentivano nella loro corrispondenza sul punto che a Napoli « on croyait voir une troupe d ’enfants et de commères tenant conseils en­ semble ». M a sso n , p . 411.

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« comme par instinct, sans avoir aucun motif raisonnable à alléguer contre elle ». Dietro di lei governava in realtà l’Acton. Avverso a Francia e de­ voto ad Austria lo dicevano le istruzioni, che però aggiungevano con ri­ serva: « pour savoir à quel point il est dans la dépendance de la cour de Vienne il faudrait qu’il s’offrît des occasions plus importantes que celles! q u’a fournies son ministère, et nous n’avons de positif sur cet objet que les propos tenus en différents temps par la Reine de Naples » . 10 Parole che, come vedremo, fanno onore all’intuito del Vergennes, e che lasce­ rebbero trapelare una speranza di tempi migliori pur nell’esatta valu­ tazione delle difficoltà iniziali riserbate all’ambasciatore. Nemmeno si poteva ripetere al Talleyrand quanto era stato pre­ scritto ai suoi predecessori: « vivre... dans une parfait intelligence » col ministro di quella casa d ’Austria, cui il re di Francia era stretto da vin­ coli d ’amicizia e d ’alleanza.11 Invece si aveva cura di avvertire: « Il y a à Naples un ministre impérial qui sans doute ne travaille pas à ramener cette cour à de meilleures dispositions pour la maison de Bourbon. Quoi­ que l ’Empereur tratte ses affaires directement avec la Reine sa soeur, il ne sera inutile d ’observer son ministre, de s ’assurer s ’il cerche à faire un parti dans le pays 12 et en particulier si ses liaisons avec le ministre de Russie annoncent quelques desseins de faire entrer la cour de Naples dans les grands projets qu’on suppose occuper les deux cours impériales ». 10 Recueil, pp. 119-21. Inutile ripetere cose note sulla venuta a N apoli del­ l ’onnipotente ministro. N el 1778 era stato inviato in Toscana per richiederlo al gran­ duca per la riorganizzazione della marina napoletana il medico di corte Angelo G atti (su di lui, che queste istruz., p. 123, ritengono « dangereux » agl’interessi francesi, F. N ic o l in i , Am ici e corrispondenti dell’ab. F. Galiani. A. G atti, in Arcb. Stor. It. s. V II, vol. X II, 1929, pp. 233-72). C fr. C o l l e t t a , Storia del Regno di N apoli (ed. M a n fr o n i ), I, p, 140; H e l f e r t , Zeugenverhror über m. Karolina von Oesterreich, in Archiv fiir osterr. Gescbichte, L V I II (1879), p. 56 sgg. dell’estr.; Kònigin Karolina v. Neapel u. Sicilien, Wien, 1878, p. 57 sg.; L. C o n fo r t i , N apoli dal 1789 al 1796, Napoli, Anfossi, 1887, p. 70 sgg.; A. S im io n i , Le origini del Risorgimento politico dell’Italia meridionale, M essina, Principato, 1925-1929, I, p. 20 sgg.; e adesso E . Vlv ia n i d e l l a R o bb ia , Bernardo Tanucci ed il suo più importante carteggio, Firenze, Sansoni, 1942, I I , pp. 498, 504, 553, 559. 11 Recueil, pp. 102, 115. 12 G ià da questo momento le preoccupazioni francesi andavano alla successione napoletana. « On est malheureusement obligé, — si legge in queste stesse istru­ zioni (p. 124) — par la mauvaise santé des enfants de Leurs M ajestés Siciliennes, de prévoir le cas où le Trône manqueroit d ’heritiers mâles et où on voudroit l’assurer à

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E soltanto gli si raccomandava di « vivre bien » col rappresentante austriaco, « d ’avoir avec lui à l’extérieur tous les procédés que prescrivent l ’union et alliance qui subsistent entre le Roi et Sa M ajesté Impériale » . 13 Era tempo insomma che la diplomazia tentasse di riguadagnare parte almeno del terreno perduto in una zona di importanza essenziale nel gran quadro mediterraneo ed europeo degl’interessi francesi. In sostanza, sva­ nita l’adesione napoletana al patto di famiglia, occorreva veder chiaro in una politica, la cui ambiguità rispecchiava troppo apertamente la cattiva disposizione dell’attore principale, la regina: « Il est démontré que le Roi de Naples risqueroit tout en se séparant des intérêts de la maison de Bourbon; qu’ il ne pourroit jam ais être que le vassal de la maison d ’Au­ triche, s ’ il se vouait à elle; qu’ elle l’entraïneroit dans toutes ses querel­ les; qu’ il deviendrait la vedette la plus dangereusement placée en avant des possessions autrichiennes, et que jamais il n’ en pourroit être protégé efficacement... Les germes de troubles qui fermentent en Europe peuvent amener telle ou telle circonstance où il seroit indispensable de faire expli­ quer la cour de Naples, et de savoir dans quel plat de la balance elle voudrait se mettre. Le Baron de Talleyrand doit chercher à préparer sans affectation l ’esprit du Roi et de la Reine de Naples à se décider tôt ou tard si la nécessité l’exige et se mettre en état de pouvoir assurer le Roi de leurs véritables dispositions. Il foudra procéder lentement dans cet exa­ men, mais il est de toute nécessité de savoir à quoi s ’en tenir. L ’ambas­ sadeur du Roi ne doit pas négliger pour cet effet d ’avoir auprès de la Reine quelqu’un qui puisse, par des rapports journaliers, lui donner le tableau de la façon de penser de cette Princesse. Il importe qu’il s ’assure surtout de l’influence de l’Empereur sus ses sentiments, des promesses qu’ il lui fera, des engagements qu’ il tâchera de lui faire contracter, en un mot de ce qui constatera si c’est une ennemie de la maison de Bourbon qu’ il faut contenir ou une femme légère et inconsidérée qu’il faut empê­ cher de nuire » . 14 In Maria Carolina erano l’una cosa e l’altra, leggerezza femminile e leur pile atnée. I l est probable que cette circonstance n ’échappe pas à la maison d’Autriche si abondemment pourvue de Princes et si habile à les marier. Le Baron de Talleyrand doit être très attentif à découvrir s ’ il y a à cet égard des arrangements pris ou qui se négocient principalement entre la Reine et le G rand D uc de Toscane, et à informer Sa M ajesté de tout ce q u ’ il apprendra sur cet objet important... ». 13 Ivi, p. 125. 14 Ivi, pp. 123-24.

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radicato sentimento antiborbonico; e ne doveva essere oramai convinto l ’ambasciatore francese quando, a distanza di un anno, la vedeva alienarsi i partigiani più zelanti di casa d ’Austria e desiderare al tempo stesso rapporti di più stretta amicizia politica con l’imperatore onde rafforzare la sua autorità in corte. Si rivelava prematuro ogni ottimismo, e forse il Talleyrand aveva avuto troppa fretta nel riferire, sulla fine del dicembre ’85, con un senso di compiacimento i primi frutti della sua missione: « La cour manifeste un grand attachement pour la France, parle de vous avec les plus grands éloges et se loue continuellement de ma conduite. Lorsque la reine me permet de lui faire ma cour, elle renvoie tout le monde et a la bonté de me garder seul fort longtemps, ce qui donne lieu de supposer une grande confiance » . 16 Erano passati allora alcuni mesi da quando regina e ambasciatore si erano incontrati la prima volta, fuori del regno, a Pisa, il 12 maggio di quell’anno. Né il diplomatico aveva incontrato le simpatie di Maria Caro­ lina: « lui me déplaît déjà, ayant un air faux ». Così scriveva la regina in un journal di viaggio destinato alla figlia primogenita. Ella allora visitava l’Italia col reai consorte. Il regno era in pieno slancio riformatore e a una svolta che appariva decisiva nella politica estera. Ci riserba qualche sorpresa quella « Copie du journal de Madame Infante Thérèse », di mano dell’Acton, in quindici foglietti fit­ tamente scritti? 16 Si sa che la visita alle corti d ’Italia che avrebbe avuto inizio dal granducato di Toscana e avrebbe toccato i domini diretti del­ l ’imperatore, era stata disapprovata in Isp ag n a,17 dove già la gelosa tutela

15 I m b e r t d e S a in t -A m a nd , pp. 41-42. 16 A .S.N ., E st., f. 4077. È un frammento di diario di viaggio (e di esso diede notizia a Roma sin dal 14 maggio il destrissimo ab. Servanzi: P. I. R i n ie r i , D ella rovina d'uria monarchia. Relazioni storiche tra Pio V I e la corte di Napoli, Torino, Unione Tip. E d., 1901, p. 69) che M. Carolina inviava periodicamente alla figlia (Relation à Madame Thérèse, come anche si legge su qualche foglio). V a dal 9 mag­ gio (precede un brano non datato, evidentemente già iniziato) al 9 giugno, dallo sbarco a Livorno all’incontro con i duchi di Parm a e all’arrivo a Colorno. Passatò per le mani dell’Acton l ’originale, è evidente che questi volle serbarne copia. 17 S im io n i , I, p. 338. E v. in Rass. Stor. del Risorg., X I (1924), pp. 64-65, la « respuesta de Aranjuez à 12 de Abril 1785 » del re di Spagna al figlio: « V eo quanto me dices sobres vuestro viaje... y lo bien convinado del tiempo para que no pudiese llegar mi respuesta antes de su esecucion, la que hubierà vido la misura viendo el ningun caso que haces de lo que te digo para tu bien y es que no quiero ser responsable à D ios ni à tus hijos y vasallos ni al mundo de las revueltas que pueda 59

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di Carlo I I I aveva ricevuto da Napoli colpi fierissimi. Ma la regina, in pagine che sarebbero passate sotto gli occhi della giovinetta infanta, figlia di un Borbone, ha il buon senso di evitare gli scogli della politica. Pure passa abbastanza della sua agitata sensibilità in quella serie, spesso pedan­ tesca, di notizie, che Maria Carolina scriveva giorno per giorno, spinta dal bisogno, com’ella stessa confessava, di essere a contatto con le persone care. Tra poco gli eventi spegneranno in lei gli entusiasmi della prima parte del suo regno, travolgeranno il non molto equilibrio concessole da natura. Ma adesso siamo in un momento propizio per la figlia di Maria Teresa, presa nel fascino dell’opera del granduca, saldamente legata di af­ fetto agli altri fratelli. H a tenerezza immensa per i figli ed attaccamento alla nuova patria, dov’era giunta fanciulla diciassette anni prima, ed è at­ tenta osservatrice di quanto le cade sott’occhio, ed ha animo aperto al bene e al progresso e programma di avanzamento civile nel proprio stato. La riconosciamo subito con i suoi affetti, le sue nostalgie, le sue impazienze, quando annota: « le 13 [m a i!: jour de douloureux resouvenir pour être celui de la naissance de la meilleure des mères » ; « le 6 juin: c’est le jour de la naissance de ma chère Thérèse; ce fut ma première pen­ sée en m’éveillant; que Dieu la bénisse, la conserve et exauce sur elle mes voeux, mes désirs bien sincères sur son bonheur » ; « Je m ’éloigne ce soir encore plus de mes chers enfans » (30 maggio); « Je perds le sommeil, ce q u ’on appelle ici divertissemens surtout, pour m ’entretenir avec mes enfans et mes connoissances à Naples, et je le fais très vo lo n tiers» (18 maggio); « Je partirai effectivement de Toscane sans y avoir connu une seule âme » (29 maggio). A volte la turbano improvvise angosce di spirito ammalato: « Je me suis trouvée ce matin, surtout puis encore l’après-dîner, avec un poid sur le coeur qui m ’a longtems affligée. Je ne sçais pourquoi l ’idée de malheurs sur Naples est venue me persécuter. J ’aurois voulu y voler dans l ’in­ quiétude qui me tourmentoit. Seroit-ce quelque pressentiment fâcheux! Tremblement de terre, altération dans la tranquillité publique: Dieu veuille préserver mes enfans, nos amis, les fidèles serviteurs du Roi, le beau pays enfin des malheurs qui viennent jusqu’ici charger mon imagination! » ocasionar tu ausencia de tus Reinos » ( S im io n i , Nell'intim ità di un reggia. Lettere di Ferd. IV di N apoli a Carlo I I I di Spagna). A un osservatore intelligente, A les­ sandro Verri, nella capitale pontificia, il novembre di quell’anno non sarebbe sfug­ gito il rammarico suscitato dal viaggio nei ministri spagnoli a Napoli e a Roma, las Casas e d ’Azara (Arch. Stor. It., s. IV , t. X II (1883), p. 372).

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(16 maggio); a volte l’indole sospettosa, una breccia da cui entreranno in frotta sconsiderati terrori e livori negli anni successivi, aduggia l ’assen­ nato spirito di osservazione: « Cela fera toujours grand honneur au gou­ vernement du Grand Duc et malheur aux peuples qui ne sçavent l’ap­ précier. Ce sont des bienfaits réels dont la postérité ressentira les vrais avantages, la société présente éprouve celui de la sûreté publique, des moeurs sauvés... » (27 maggio); « je... désirerais en bien des choses pou­ voir l ’imiter et procurer les mêmes biens à mon cher Naples, sauf à faire aussi des ingrats » (29 maggio). Eccola, il 26 maggio, a Firenze, nella cappella medicea, tra le tombe dei granduchi in religioso raccoglimento: « il y a là deux fils du Grand Duc. Je sentis une vive émotion, me figurant la sienne, et ressentant tou­ jours ma plaie, qui saigne vivement et ne se cicatrisera jamais » . 18 E tuttavia spunta la piccola malignità femminile e forse l ’animosità absburgica: « La mère [la granduchessa, M. Luisa di Borbone] 1’ a pris plus indifféremment. Je l’admire et lui envie cette tranquillité dont je suis éloignée et incapable ». Più nobile nei sani momenti di entusiasmo, so­ prattutto per quella Firenze, in se stessa « morne, triste », contrastante con la gaiezza della superba campagna toscana coltivata meglio della na­ poletana Terra di Lavoro « si vantée », dove l’occhio suo si è posato meno sulle meraviglie di quella dimora incantata quale le è apparso palazzo Pitti, con i suoi stupendi marmi, con i tesori d ’arte che renderebbero ogni sala degna di un esame particolare, che sulle opere di bene: ospedali, scuole, case di rieducazione. Dopo che ha visitato l ’ospedale di Santa Ma­ ria Novella, con quei letti di ferro inverniciato, col personale lindo e pre­ muroso, dove millecinquecento malati sono assistiti, « avec un air de digni­ té dans la façon charitable de leur prêter les secours et sans parade aucu­ ne, mais en suivant les lois et ce que dicte l ’humanité..., comme le ferait un père, un homme sensible qui se met à la place des malheureux souffrans », dopo che è passata fra trovatelli e figli del popolo avviati alle arti, non può trattenersi dall’esclamare: « Je suis enchantée de ma ma­ tinée. J ’ ai vu des choses utiles, qui touchent le coeur, de vraies bienfai­ sances de la plus grande ressource pour un état: je préfère ce spectacle et occupation aux autres fêtes dont nous avons été régalés. J ’ envie même

18 Allude alla morte del primogenito Carlo, avvenuta il 1778. Cfr. Memorie sto­ riche, ossiano annali napolitani dal 1759 in avanti scritti da V in c e n z o F l o r i o , in Arch. Stor. N ap., XXXI (1906), p. 51.

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et respecte mon frère qui a pensé et mis en oeuvre ces belles institutions qui lui font grand honneur, et lui attireront les bénédictions de ce peuple et cette douceur intime de faire le bien pour le seul bien, qui doit l ’avoir déjà payé des peines qu’ il a prises » (25 maggio). Di 11 a dieci giorni, a Mantova, vedrà in alcuni maritaggi, preparati in onore dei reali ospiti dal governo di Milano, « la fête dont je pouvois le plus jouir... Je fus atten­ drie jusqu’ aux larmes du plaisir et de la vive et vraie joie de ses douze couples, et me crut au comble de la satisfaction de pouvoir être la cause du bonheur de ces bonnes gens: le plaisir de faire des heureux est l ’unique véritable en ce monde. Je bénis dès lors la fatigue, les désagrémens et l ’incommodité de mon voyage, si je puis me flatter d ’avoir pu rendre un seul de ces couples heureux par mon arrivée dans ce pays ». Napoli e gl’interessi materiali e morali del regno trovano ancora posto in quelle righe: ecco una soddisfazioncella offerta al suo orgoglio, 1’« in­ time complaisance » per le operazioni di sbarco a Livorno, « toute en silence, ordre et propriété », che si trae dietro tutta una serie di confes­ sioni e di propositi sinceri: « je n’ai jamais tant senti combien je leur [ai figli] suis attachée et à Naples aussi q u’ en cette occasion: chacun, soit paysan, soldat napolitain ou sicilien m ’intéresse, et quoique tout le local et naturel soit beau, rien ne me le paroit autant que Naples, et j ’ aime et désire de revoir ma patrie plus que jamais » (15 maggio); « Livourne me plait, je le trouve gai, riant...; l’air de la mer, la rassemblance que cela lui donne avec ma patrie m ’anime et me rejouit » (19 maggio); « cet établissement formera l ’objet de mes voeux et soins pour en former l ’institution à Naples, en reconnoissant de quelle utilité elle peut nous être avec l ’immense peuple abandonné à lui même dont notre capitale est surchargée » (27 maggio). Il pensiero corre spesso, anche nelle piccole occasioni, agli altri fi­ gli: « Joseph [ l ’arciduca Giuseppe, il futuro palatino d ’Ungheria], qui n’ a pas encore 10 ans et au plus 9 achevés, m ’ a donné une carte géogra­ phique de l’Italie dessinée par lui. Je vous l’envoie, vous la ferez voir à votre frère. Il est encore un quacquero, mais très avancé dans les études, et ici il n ’ y a point d ’imposture; les enfans y sont élevés très simplement, ils sautent, courent, mais apprennent très bien. Faites ces remarques à vo­ tre frère » (18 maggio). Meno appare la figura del re, e a Mantova, quando ella è tra i fratelli, quasi dilegua. Al centro è l ’imperatore, che avrebbe incontrato per l ’ul­ tima volta, e da cui si sarebbe staccata con un senso di pena infinita: « la 62

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multiplicité des affaires me fait craindre q u’il ne pourra point rester en Italie, et mon coeur me prédit que je ne le reverrai plus » (9 giugno). Egli vi è giunto in cinque giorni da Vienna, accompagnato da Ernesto Kaunitz 19 e dall’ambasciatore napoletano Di Somma Circello, ed è pieno di premure per lei, « et a bien droit à ma reconnoissance. Sa venue surtout pour nous voir dans ce moment n’est pas un des moindres effets de l’amitié qu’ il ne cesse de me marquer. Je la regarde comme une grâce singulière... » (5 giugno). Poco altro, che trascuriamo, ci rivela di sé la regina in questo collo­ quio con la figlia da cui si allontanava per la prima volta, nel diciassette­ simo anno di regno, nel trentatreesimo anno di e tà .20 Il 17 maggio, dopo aver visto nella chiesa dei cavalieri di Santo Stefano a Pisa i trofei presi ai barbareschi, ha scritto: « J ’y en ai reconnu de pris et conquis par notre digne et estimable chev.r ACcton], lequel je suis bien charmée pour le bien de ma patrie q u’il n ’en conquerera plus, au moins pour cette église, et q u’il reste attaché chez nous ». Giovanni Acton le si sarebbe rivolto, appressandosi al termine quel viaggio, con studiati modi di cortigiano. E forse, a parziale presentazione dell’altro principale artefice della politica napoletana, non sarà inutile concedergli un po’ a lungo la parola, ora che egli stesso ci offre la non frequente occasione di un suo linguaggio diretto con i sovrani, che di solito si è sentito soltanto attraverso testimonianze rare volte interessate a ri­ produrlo genuino. Non si può negare che passassero cose interessanti della Napoli di fine Settecento in una lunga relazione uscita dalla sua penna e inviata alla regina il 6 agosto di quell’an n o.21 È evidente un motivo ispiratore: la preoccupazione di tener testa agli attacchi incessanti che da tante parti gli vengono. Sono presi di mira gli uomini che hanno accompagnato i so­ vrani nel viaggio, mediocri e intriganti, i molti proclivi a novità che si attendono (1’« immagination volcanique de notre p e u p le »!) dal viaggio 19 II conte E rnst Christoph von Kaunitz — Rietberg, figlio del cancelliere Wenzel Anton, successo nel 1764 al conte di N eipperg nell’am basciata imperiale a Napoli. Era quivi quando M. Carolina vi giunse sposa del giovine re. 20 V. ancora lettere di M. Carolina durante il viaggio (dalla Toscana, da Parma, da Torino, Milano e Genova al primo ministro marchese della Sambuca) in Arch. Stor. It., s. IV , t. I l i (1879), p. 367 sgg. E sul viaggio stesso cfr., oltre C o l l e t t a , ed. cit., I, pp. 154-55, e storici e cronisti sincroni, H e l f e r t , Zeugenverhor, pp. 64-65. 21 A .S.N ., E st., f. 4077 cit.

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favorevoli ai loro interessi, i grandi, il clero, i tribunali, insidioso ingombro all’opera riformatrice. Ma c’è equilibrio e occhio indagatore, tono sincero, a volte entusiastico, di riformatore. Pur preparandosi, con l ’avidità di potere che gli fu non a torto rimproverata, a raccogliere nelle sue mani tutte le fila del governo, l ’Acton sa da quale parte sono le forze operose e positive del paese, da quale i particolarismi, Pintrigo, gl’interessi da smascherare. Lo sguardo va sovente premuroso al popolo délia capitale e delle province. E cominciamo da esso. « ... Cette espèce de tranquillité heureuse pour le moment ne détruit pas nos maux, n’étanche pas les plaies que Votre M ajesté connoit si bien, ni l’abîme de nos inconveniens énormes: elle n ’indique, ni tend à rien pour l ’avenir, si ce n’est à prouver que ce peuple est docile, et qu’ on le gouverne comme on veut, quand on s ’en donne la peine. Les remèdes généraux et efficaces que l’administration pourra éta­ blir un jour et q u ’il est si fort à désirer que l ’influence active et bienveil­ lante de Votre Majesté engage à faire sérieusement adopter, répareront, j ’espère, à tout ce qui choque si fort tous les jours les étrangers, que nos raisonneurs trouvent aussi déplacé, et sur quoi ils prévoient même des changemens, puisqu’ils s’en occupent, quoique en redoutant toute inno­ vation. Que de beaux modèles n ’ont — elles pas eu sous Leurs yeux! L ’effet ne Leur en sera pas échappé (nous l ’observons dans ses relations) en Toscane, dans le Milanois, en Piémont, mais surtout dans les premier de ces États. J ’ai heureusement, quant à moi, moins de reproches à me faire sur mon ineptitude à obvier à tant de desordres. Ce qui concerne mon département sera rempli: il n’est que la cinquième roue du charriot, ainsi j ’ai moins de blâme que d ’autres à essayer. Cela est heureux pour moi, et peut-être aussi pour Leurs M ajestés, s ’il m ’est permis d ’oser ainsi m’exprimer, quant à notre disette ministérielle. Car si jamais la confiance dont elles n’ont cessé de m’honorer, quoique je 1’ aie si peu méritée jusqu’ici, pouvoit les porter ou aveugler au point de me charger de quelque portion particulière d ’arrangement interne, les clameurs infinies que mon influence dans la réforme causerait, embarasseroient trop le gouvernement pour le succès de l ’opération. La partie qui déclame tou­ jours, et jetterait les hauts cris, ne serait pas, il est vrai, celle qui devrait intéresser essentiellement la justice et le coeur de Leurs M ajestés. Une partie opprimée, j’ose me flatter par ce que j ’éprouve souvent, ne décli­ nerait pas la main que je tendrais pour la soulager dans l’un ni dans l ’autre Royaume. Mais ce n’est pas celle-ci qui puisse jamais se faire en­ tendre ici, ni qui ose le faire. Elle ne le sçait que trop bien: tout chemin, soit par les Grands, soit par le Clergé même, soit par les Tribunaux et les nombreux souspots (sic) qui en dépendent, est à cette partie tota­ lement barré. Ces derniers, quoique défenseurs par état et devoir de l’opprimé, ces sangsues inutiles, par lui entretenus, conjurent toujours 64

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avec l’hydre à tant de têtes contre le soulagement de ce même peuple dont ils partajent avec les premiers la dépouille et la substance. J ’entends enfin presqu’autant de plaintes dans la malheureuse Calabre contre des évêques et Chefs Ecclésiastiques que contre les Barons les plus acharnés; ces mêmes Chefs ne craignent pas de porter également leur réclamation de prétendus droits contre le peuple pour s ’approprier Leur commerce, et le fruit de Leur peu d ’industrie. Votre Majesté connoit la façon de vendre et acheter l ’huile et les soies dans cette Province; et comprendra cette epigramme de ma part qui est on ne peut plus vraie. Si la pitié du Roi, si celle de Votre M ajesté écoutent quelques unes des plaintes isolées qui peuvent échapper à la vigilance de ceux qui les entourent, bientôt le re­ mède que les Tribunaux, les Départemens, les Sécrétaires mêmes doivent administrer, est ou empoisonné pour le réclamant, ou tout au moins inu­ tile, dès qu’il peut tendre à combattre ou tempérer les principes admis. Les Barons, le Clergé, les Tribunaux s’entendent toujours sur ce chapi­ tre: qui donc est écouté? Ces derniers seuls: combien de Consulte de S. Chiara, de La Camera ne respirent — elles par l ’oppression et l ’appui des abus invétérés par le seul usage, quoique proscrits par la loi? Il n’y a pas de mois que je n ’en voie demasquées dans le Conseil de Finances. On se contente d ’en interrompre l ’exécution par une dépêche. Mais la marche dans le fait est toujours la même, on a pressenti la façon de penser des juges qui devraient réprimer ou contenir l ’iniquité, cela suffit, le malheu­ reux est également foulé. H é bien! ce sont ces Grands, ce Clergé, la robe qui veulent raison­ ner sur les lumières q u’ ils apprennent (disent ils) que le Roi ait pu acquérir dans son voyage: ils semblent redouter que ce q u’ il a vu ne Lui ait desillé les yeux. Ce sont là les bruits constans, le sujet de toutes les conversation. Messieurs des Incurables, par exemple, sont venus en grande cérémonie visiter l ’hôpital de S. Jacques, dont on dit moins de mal que du leur, lequel à la vérité n’est selon eux qu’un peu déchu. Ils n’ont besoin que d ’eux mêmes, de leur attention pour en faire le premier éta­ blissement de l’Italie; voilà leur propos. Il est vrai qu’en raison de leur 100 ou 120 mille ducats de rente il devrait avoir la primauté, mais il en est le plus infame, et révolté le plus le bon sens et l’humanité. Votre M aje­ sté ne l’a pas vu; Elle en eût été indignée. Messieurs de l ’Annonciade aussi se rassemblent à cet effet. J ’ ignore ce qu’ils ont determiné; mais le tout indique une crainte qu’on n ’éclaire leur conduite: quelques uns parlent d ’administration, de système de finances, d ’autres d ’arrangemens pour la justice. Le fond de ces inquiétudes est de chercher à éloigner tout ce qui ressemble à l’ordre, ou s ’ il faut innover absolument d ’ établir euxmêmes les carraux ordinaires de la corruption. On ne peut ni veut en­ tendre ici à aucun arrangement qui fasse renoncer à l’abus du pouvoir et aux gains immenses que produit aux raisonneurs le système ou l ’anarchie actuelle: qu’Elle pardonne mes longues déclamations; je ne Lui présente rien qu’Elle ne connoisse déjà parfaitement. J ’ai tort de faire ces répéti­ tions. 65

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Au milieu capendant de tous ces malheurs, de ce déchirement, je vois avec une consolation dont rien n’approche un jeune et honnête Filangieri oser éclairer ses compatriotes, et avoir le courage de démasquer l’oppres­ sion des Grands, des Tribunaux et de nos lois absurdes. On a beau l’at­ taquer ici: la justice que lui rendent les étrangers fera taire nos critiques que personne ne lit: Franklin, écrit, en l ’admirant, à ce courageux sujet. Un Mr. D u p aty ,22 Président du Parlement de Bordeaux et ancien avocat gé­ néral, qui sous cette charge a dû souffrir pour ses courageuses défenses de Mr. de La Chalotais et ses conclusions contre les Jésuites, enfin un des premiers juriconsults, est à Naples pour voir et connoître Filangieri dont l’ouvrage est traduit en françois. Il peut avoir des défauts, mais il a des beautés qui prédominent, et surtout la candeur de l’écrivain et son courage lui méritent ces applaudissemens. Son exemple encourage d ’au­ tres plumes. Je connois un sujet non moins désireux de se distinguer et de délivrer sa Patrie, quantaux Tribunaux. Il ne veut pas se nommer, puisqu’il commence à entrer dans cette carrière qu’il ne continuera cepen­ dant pas si elle reste su ce même pied. Il travaille à un ouvrage dans ce genre qui le faira connoître, et touche les articles de pratique que Filan­ gieri m éconnoissoit.23 L ’un et l ’autre issus des premières maisons ont assez de cœur pour se mettre au dessus des préjugés de leur classe. J ’en suis dans l’admiration. Si j’osois, je ne pourrais assez les recommander à Votre M ajesté pour l ’exemple au moins et pour le fruit que Ses États en retireroient, en accélérant une heureuse révolution pour peu que quel­ ques sujets encore puissent s ’unir à ceux-ci, travailler de concert à éclairer la nation, et se donner la main dans l’exécution de l ’ouvrage. Si jamais on les emploie, je ne serai plus dans la bouche des gens de Cour, de mes confrères mêmes, le seul despote, titre dont cette classe m’honore, mais reproche que, grâce à Dieu, ne m ’a jamais fait l’opprimé jusqu’ici dans au­ cune part du Royaume, et que je recevrai toujours avec plaisir de l’op­ presseur, dont j ’aurai pu arrêter ou contenir la verge de vengeance et d ’avidité. Votre M ajesté jugera sainement des fondemens que nous avons à faire sur les acquits que j ’entends et dois croire que ce voyage a procuré au Roi. J ’aurai désiré et regretterai toute ma vie q u’il n ’ait pas été mieux accompagné; mais le premier projet avoit circonscrit différemment cette sortie... Te ne suis guères fait pour Lui parler d ’autres choses que de mon département. Cependant la chaleur des objets vus et sentis avec plus d ’in­ térêt, pendant l’absence de Leurs M ajestés, m ’a fait Lui tracer ce rapport informe pour rendre au moins une partie de ce que je sens; puisqu’independamment des obstacles que je rencontre si souvent dans les choses qui me regardent, l’espèce de responsabilité momentanée et commune avec 22 Autore, dopo il viaggio cui qui si accenna, delle Lettres sur l ’Italie, contemporanee aile L ettres sur la procédure criminelle en France. 23 [v. qui Appendice I ] ,

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mes confrères m ’engageoit aussi bien qu’eux à examiner de plus près ce qui nous environne pour accourir s’il le falloit aux rémèdes dans le cas de nécessité. Cet examen vu mon peu de connaissance n ’est que superficiel sur nos maux. Je le rends tel qu’il m ’a fait impression à qui doit juger et le connoit mieux que moi. Il m ’a cependant porté à deplorer constam­ ment le sort de ces beaux Royaumes que la main bienfaisante, la volonté d ’excellens souverains, l ’activité pénétrante surtout et l ’influence heureuse de Votre Majesté n ’ont pu réléver du joug que le pire de toutes les admini­ strations lui a imposé pendant plusieurs siècles. Je la supplie pour ce q u’Elle a de plus cher au monde de vouloir bien ne pas décourager: Elle a déjà opéré beaucoup; et quoiqu’il y ait prodigeusement à faire, la marche vers le bien court insensiblement à l ’avantage, mais dans une progression incalculable quant à la réalité des acquisitions vers ce même bien... Quant à la partie de la politique je ne la comprends pas; Elle sçaura mieux que moi que penser sur nos M inistres François et Espagnols: il est singulier qu’une partie de leur mission à Naples semble se diriger et les occuper de mes chétives opérations. Je serais flatté de pouvoir ainsi mériter leur attention, si tout ce qui m ’ a jusqu’ici attiré cette distinction de leur part ne retourna souvent contre le bien du service, et ne fut d ’ailleurs accom­ pagné de tant de petites et méprisables circonstances que je n’ais pour re­ plique à offrir qu’un mépris formel auquel je suis malgré moi forcé. Je tache d ’en éviter l ’eclat, et suis en garde pour ce que rien ne m ’echappe, ce qui augmenteroit les griefs contre moi. Cette partie de politique se ré­ duit donc à une pure cabale ministérielle: Elle sçait où en réside le foyer... Mr. de Bernis, Azara, d ’Aranda, Herrería, et aujourd’hui Las Casas, Sambuca enfin par arrangement avec Floridablanca doivent maintenir a N a­ ples par leurs efforts et démarches soutenues une balance contre mon despotisme: sans cela j ’aurois une prépondérance trop marquée et mes insinuations auprès de mes respectables Souverains blesseroient les grands intérêts de la France et de l'Espagne que moi ( indigne) anglois et autri­ chien je cherche à détruire! Ce sont là sûrement des articles trop ridicules et méprisables pour devoir trouver place dans mon rapport, mais j ’ai cru devoir tout embras­ ser, d ’autant plus q u’ils sont énoncés... Je ne sçais ce qui indique cette charge de despotique dépuis peu décochée contre moi, et souvent répétée; j ’ignore ce qui occasionne ce propos. Est-ce mon air tranchant, ma viva­ cité, ma fermeté? rien cependant n’a jusqu’ici mis personne dans le cas de se plaindre. Mais je m ’aperçois que j ’ose trop l’entretenir de moi seu l!... La cordialité et l’intérêt, qu’Elle met si bien à tout ce qu’Elle de­ mande et désire, me sont garans du succès complet de ses recherches en Toscane, comme son influence, son attention suivie et ses bontés surtout nous en assurent l’application dans ce Pays-ci. Ce n’est point cette suprê­ me bonté dont parle Necker relativement à Son Auguste Soeur que je cite ici, c’est sur cette excellent qualité, mais munie et ornée de vraies connoissances et d ’idées mûres et réfléchies (qu’Elle sçait si bien assortir 67

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avec ce que Lui diete la justice et son bon coeur) que je fonde tout mon espoir... ». Meno ci dice, all’apparenza, un gruppetto di minute autografe dell ’Acton al re, tra maggio e giugno, che lo stesso fascio ci ha conservato. O ffrono ragguagli sullo stato del regno, sulla capitale, la marina, l ’eser­ cito. Poche per un giudizio, nel complesso potrebbero confermare la se­ rietà e l’impegno con cui il ministro affrontava i suoi compiti. La marina, che egli veniva riformando, è in prima linea. Nessun accenno agli spinosi affari di Spagna; l ’intento, che potremmo qua e là sospettare, di mettere in evidenza la propria opera si concilia col riconoscimento dei meriti altrui. Passa per le sue mani la corrispondenza tra il sovrano e il Caraccio­ lo, viceré in Sicilia, con cui appare in buoni rap p orti.24 M a soprattutto meritano attenzione due lettere, del 7 e dell’ l l giu­ gno. Scrive nella prima, dopo essersi rallegrato dell’incontro a Mantova con l ’imperatore, avvenimento destinato a far « generalmente senso da per tutto », a dare « un rilievo sommo al puro giro di piacere » intra­ preso in Italia: « Non mi conviene assolutamente l’ardire presentare alla M .V. invane riflessioni; conosco in tal punto i giusti limiti de’ miei doveri; ma da un fedele ed attaccato servitore di V.M . a tutto quello che concerne la Sua Reai Persona, la Sua gloria ed onore, come altresì i particolari suoi in­ teressi, supplico la M .V. di non sgradire il voto che ardisco esprimere, perché la compiacente sua bontà non le faccia oltrepassare i confini del viaggio che si era la M.V. prefisso e qui e in Toscana. Malgrado l’ardente mia brama di vedere V.M . in mezzo ad uno dei superbi accampamenti della Germania, non posso desistere dal desiderare vivamente che ciò non succeda quest’anno, per una catena di circostanze che fanno peso nel­ l ’animo mio... Chiedo a ’ piedi di V.M . un umil perdono per la libertà che mi prendo: sarà stato vano il mio timore; ma tante idee mi si sono risvegliate in un tratto che non ho potuto dispensarmi dal descrivere ciò che mi dettava il cuore in questo momento. Giugne questa mia a V.M. mentre il tutto sarà deciso, e farà il viaggio o per Parma o... per Milano...: non posso celare che fin al momento in cui non mi giunga la notizia di questa partenza io non provi un’agitazione che va fin all’angustia ». E nella seconda: « È stata dimostrata all’Italia primieramente e all’Europa intiera tan24 Cfr. del resto E . P o n t ie r i , Lettere del Marchese Caracciolo, Viceré di Sicilia, al M inistro Acton, in Arch. Stor. Napol. N .S. XV, X V I e X V III. Inoltre M . S c h ip a , N el Regno di Ferd. IV Borbone, Firenze, Vallecchi, 1938, p. 81.

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to dall’affabilità della M .V., dall’ammirazione che ha quella prodotto nel popolo toscano (che sono sicuramente gli Ateniensi dell’Italia, perché i più culti e i più sensitivi), dalla premura dei sovrani della medesima per la M .V., forse un poco dalla gelosia di alcuni di essi, e finalmente dall ’aver voluto l’Imperatore trovarsi ne’ suoi Stati mentre li percorse, l’opi­ nione che ha la M .V. accreditato nei loro animi. Riguardo questo punto come il più fortunato per tutte le circostanze avvenire e per rilevare questa Monarchia al segno che gli conviene dalle difficoltà sotto le quali tutti procuravano per interesse proprio di farla soggiacere... La circostanza di visitarsi ora il primo con il secondo Sovrano dell’Italia [allude alla prossima visita a T orin o! risveglierà forse le osservazioni di molte corti estere, ma più di tutto l’animo degli Italiani, la gloria de’ quali benché avvilita sotto tante calamità estere potrebbe risorgere almeno nel loro pensiero ». Affiorano, nel programma di indipendenza politica di cui si comin­ ciava a cogliere qualche frutto, due motivi ispiratori delPorientamento dell’Acton negli anni successivi: diffidenza verso un’Austria dai chiari piani egemonici; aspirazione a più salda compagine italiana. Per il momento il consiglio di evitare, se non altro, occasione a un inasprimento dei già inveleniti rapporti con Madrid, che la regina avrebbe forse desiderato,25 con conseguente dedizione a Vienna, non poteva es­ sere che opportuno. Che cosa si era detto in quel lungo colloquio di due ore e mezzo del 4 giugno, a Mantova, tra la regina e l’imperatore, se­ guito da una conversazione di Maria Carolina con « l’honnète Somma », e più tardi col re « sur bien de choses qui nous regardent » ? 26 « Un’amabilissima giovine regina » era apparsa a Firenze a un di­ plomatico inglese la sedicenne fanciulla che andava, il 1768, verso il trono riserbatole dal destino, capace di supplire alle deficienze enormi di quel re che ad « anni diciotto era ciò che in Inghilterra molti ragazzi sono a dieci ». Qual uso avrebbe ella fatto dei consigli dell’imperial madre che ne conosceva i pregi come i difetti, e che l’aveva messa in guardia contro i pericoli che la sua stessa superiorità sul marito le riser­ bava? Intanto falliva di 11 a qualche anno l’accordo col Tanucci, e la po­ 25 Cfr. G ius, a Leop., 5 maggio 1785 (in Briefwechsel cit., I, p. 284): « Oserais — je vous prier... comme il m’a semblé par quelques phrases des lettres de la Reine q u ’ elle désirerait de venir mème jusqu’ à Vienne, de me marquer s ’il en est quelque ehose, s’ils attendent de ma part d ’étre invités, ou s ’ils n’y pensent pour cette foi — ci pour m e-régler en conséquence... ». 26 A.S.N . E st., f. 4077: Journ al cit.

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sizione avanzata borbonica di Napoli appariva compromessa fin dal giorno in cui per la prima volta vi metteva piede Giuseppe I I , che si sarebbe lasciato alle spalle un giudizio sprezzante e astioso su quel ministro ancora onnipotente.27 L ’influsso austriaco, che il Tanucci aveva paven­ tato in un’Italia scesa al fondo della miseria politica,28 sarebbe poi entrato con gli anni da ogni parte nella reggia partenopea. Il cancelliere impe­ riale, quanto diverso da quello così disposto a spiegarsi debolezze e ri­ pieghi degli uomini di governo (« je sais bien qu’il [Tanucci] peut avoir tort quelques fois, mais je sais aussi qu’un ministre en place a souvent l’air d ’avoir tort lorsqu’il a raison »)! 29 preparava la trama della lettera con cui la regina avrebbe dovuto chiedere al re cattolico la rimozione del vecchio m in istro.30 L ’uno dopo l ’altro il Sam buca31 e l’A cto n 32 avreb27 A l matrimonio e ai primi anni di M aria Carolina a N apoli sono dedicati i due primi capitoli dell’HF.t.FERT, Zeugenverhór cit. Il giudizio di H orace Mann sulla regina e di G iuseppe I I sul Tanucci rispettivamente a pp. 18 e 32. Cfr. A. R e u m o n t , Saggi di storia e di letteratura, Firenze, Barbera, 1880, pp. 64-67 (Pietro Leop., Gius. I I e la Toscana), con nota bibliografica a pp. 91-92. E v. ancora adesso in S c h ip a , Nel Regno di Ferd. IV , Parte prima-. Le nozze del Re, le trattative matrimo­ niali e il viaggio della sposa. In Correspondances intimes de l’Em pereur Joseph I I avec son am i le Comte de Cobenzl et son premier ministre le Prince de Kaunitz (ed. S. B r u n n e r ), Mayence — Paris — Bruxelles, 1871, pp. 151-153, le interessanti direttive (Vienne, ce 21 mai 1768) che, in occasione dell’arrivo della nuova regina a Napoli, dava a! figlio ambasciatore il cancelliere Kaunitz: « L a reine a ordre, l.m o de ne point se mêler des affaires, au moins quant à présent; 2.do de ne se conduire absolument que par les conseils du marquis Tanucci; 3.tio de marquer plus de bonté et de confiance à M.me Tanucci qu’à toute autre femme. Sachez aussi, que Mr. de Tanucci est in­ formé que la Reine a ordre de se conduire ainsi que je viens de le dire...; tâchez, vous et votre femme, de vous mettre sur le pied de l’intimité et de la confiance avec Mr. e M.me de Tanucci, parce que l’intérêt de la Reine et le plan de conduite qui lui a été prescrit, l ’exigent ainsi ». Per questi anni brani della corrispondenza Kaunitz da N apoli in H e l f e r t , p. 104 sgg. 28 Cfr. C ro ce , Uomini e cose, I I , pp. 74-75. 29 Corresp. intimes de l ’Emp. cit., lett. 21 maggio ’68. 30 Joseph I I , Leopold I I und Kaunitz. Ih r Briefwechsel (ed. A . B e e r ), Wien, Braumiiller, 1873, pp. 434-37. Sulla caduta del Tanucci E . G r e p p i , Fogliani e Tanuc­ ci. L a caduta di Tanucci, in Arch. Stor. It., s. IV , t. V I (1880); M. d ’A y a l a , I Liberi M uratori di N apoli nel sec. X V I II , in Arch. Stor. Nap. X X II e X X III (1897 e 1898); e adesso S jm i o n i , I, pp. 295-307; V iv ia n i d e l l a R o b b ia , I, p. 205 sgg. 31 Cfr. S. V. Bozzo, Documenti spellanti al regno di Ferdinando IV Borbone, in Arch. Stor. It., s. IV , t. I l i (1879), pp. 346-70. 32 II « savio e valoroso Acton » del gennaio ’78, ancor « savio, forse anche onesto » nel settembre, diventerà dall’anno successivo nella corrispondenza del Ta-

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bero varcato le soglie delle regge di Napoli e di Caserta per scuotervi una tutela madrilena fattasi pesante e ingiuriosa, col non disinteressato appoggio di un’altra potenza che da un secolo si veniva preparando a raccogliere, più di quanto non le avrebbero consentito le armi, la suc­ cessione spagnola. Era veramente urtante e dimentico delle elementari esigenze di so­ vranità napoletana il linguaggio che ancora nel 1785 veniva da Madrid: « Se la Maestà del re di Napoli non prende la strada di trattenersi, non partire, ne pur sfogarsi senza sentir prima a i servitori di tutti due re Padre e figlio; ... se non ha fiduzia in noi altri, non s’incamina al padre per schiarire qualunque cosa che possa dispiacerli, dico ed afirmo che mai potremmo combinare le due corti. Se il re delle due Sicilie crede che lo ama il suo augusto Padre, ... perché subito che vede o li raguagliano qualunque cosa che paia contraria a quel amore, e particolarmente nelli affari importanti, non prende il mezzo di domandar lo schiarimento al suo genitore?... Se la M aestà del figlio non vuole continuamente do­ mandar al Padre, perché non ordina a Vostra Eccellenza di domandar a m e . c h i non parli così a Sua Maestà Siciliana non la vuol bene... ». Così il Floridablanca al marchese della Sam buca,33 pochi mesi prima della clamorosa caduta del successore del Tanucci, fattosi in Napoli, nel corso di quel decennio, di « austriaco » « spagnolo ». Né aveva torto Giuseppe II quando, quello stesso ottobre, al co­ gnato, che credeva di salvare una situazione incancrenita per la propria remissività, inviando il generale Pignatelli in Ispagna « pour demander la permission d ’ètre Roi de Naples » , 34 additava l’unica via da battere, !a decorosa difesa dei propri diritti di sovrano. L ’illuminista e il capo della grande monarchia danubiana dagl’interessi ogni dì più estesi s’in­ contravano in quelle « réflexions » 35 che portano la sua firma: « Comme Souverains ils [i due re] doivent considérer la Royauté comme une charge, comme un emploi, qui Leur est confié et dans lequel ils ne doivent compte de Leurs actions q u’à Dieu et à l’université de Leurs sujets; par nucci « questo Atton », che non « ha visto né cercato me, né io lui, probabilmente per istruzione della Tedescheria qui lasciata da Wilseck [am b. austriaco] ». V iv ia n i d e ll a

R o b b ia , I I , p p . 467, 507-8, 556, 573, 581.

33 Bozzo, in Arch. cit., pp. 353-54. 34 Joseph I I u. Leop. v. Toscana, I, p. 306. E cfr. passim corrisp. di questi anni. 35 A .S.N ., Casa Reale 102, ins. 2; altra copia in Est. 4356.

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conséquence le Roi de Naples doit être aussi indépendant du Roi d ’Espa­ gne que le sont entre eux tous les autres Souverains... Pour donner un exemple, est-ce que le père d ’un colonel peut exiger que le fils com­ mande son régiment à sa guise? ». Egli conosceva abbastanza « ces bonnes gens » di Napoli. Dove era tornato recentemente tra la fine dell’ ’83 e i primi dell’ ’84, e si era com­ piaciuto del migliore comportamento del re, pur senza farsi soverchie illusioni per l ’avvenire.36 N é riponeva fiducia nell’opera della sorella, farneticante appresso a chimere, a sospetti offensivi anche per lui, 71 e sempre avventata nel parlare e nel decidere prima che le giungessero i richiesti consigli di V ien n a.38 In fondo la trovava meno docile di quanto il suo imperioso spirito di tutela avrebbe preteso. E siamo più propensi ad accostarci all’opinione di Gustavo I I I di Svezia, che dalle sue conversazioni napoletane aveva tratto la convinzione di certo risentimento di quella corte verso i prin­ cipi lorenesi, che non a quella che il Vergennes condivideva con gli am36 Joseph I I u. Leop. v. Toscana, I, p. 199. E nota ancora ivi (p. 275, 10 marzo ’85) il tono di sprezzante superiorità: « L a visite qui vous est annoncée du R oi et de la Reine de N aples est bien singulière... Le jeu du pont [a P isa] sera bien célébré; mais q u ’en ferez-vous ensuite, car pour la chasse vous ne lui en donnerez point, ni de manoeuvres militaires »; oppure: « il faut attendre les réponses de Pignatelli pour voir éclore les grandes actions de courage qu’il se réserve à cette occasion » (10 nov. ’85, p. 313). A sua volta Leopoldo (24 nov. ’84): « le Roi de N aples... ne voulant s ’inquiéter de rien, comme vous le connaissez... » (p. 235). 37 « L a Reine de N aples... a ajouté une autre bonne nouvelle q u ’elle a crue: c’est la marche de 10.000 hommes de ma part à Livourne, où on faisait déjà les lits, comme si c ’était la seule chose dont on a eu beçoin, et cela pour leur prendre ’ gli Stati dei P r e s ìd j’. Quelle folie, quelle d é ra iso n !». A Leop., 11 sett. ’84, in Joseph I I u. Leop. v. Toscana, I, pp. 225-26. E cfr. ancora ivi, alla regina il giorno avanti: « Au nom de D ieu, modérez votre vivacité à immaginer, encore de plus celle à agir tout de suite à la suite d ’une première idée ». Stando a una notizia del Bernis, dei « P resìdi » si sarebbe parlato nella recente visita di G iuseppe I I a N apoli, dove non avrebbe incontrato fortuna la proposta dell’imperatore di un ma­ trimonio tra il secondogenito del granduca e una figlia di Ferdinando, che avrebbe portato in dote quel m odesto retaggio della corona meridionale. M a ss o n , pp. 403404. 38 Joseph I I u. Leop. v. Toscana, I, p. 308; I I , p. 16. N essun accenno ai rap­ porti con N apoli è nell’ultima sintesi su ll’irrequieto figlio di M. Teresa: S. K . P ad o ver , Joseph I I , l’Em pereur révolutionnaire, trad. franc., Paris, Payot, 1935 (v. in particolare, a pp. 260-88, la politica estera di lui « violente et brutale, digne d ’un des barons de proie du moyen âge »).

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basciatori borbonici a Roma di una commedia recitata tra Napoli, Fi­ renze e Vienna onde trarre in inganno l ’Europa sui veri propositi di quegli am bienti.39 Aveva proprio ripoitato una vittoria, come il Masson crede, durante il breve soggiorno partenopeo, il Bernis, non lasciandosi « sedurre » dalle arti insidiose della regina? Ed era sempre e tutta com­ media da parte di questa, quel suo scrivergli nei mesi successivi: « Je suis depuis dix-sept ans mariée femme au Roi de Naples et mère des futurs Rois de N aples; voilà ma Maison, celle que j ’aime, qui m ’intéresse et pour le bien-être de laquelle je ferais tout au monde » ? Perché con­ dannare inesorabilmente quanto ella ancora scriveva e sottolineava con quella sua tendenza a insistere sui motivi fondamentali: « nous désirons l ’union, l ’amitié, réciprocité, cordialité et enfin tous les biens que la même famille doit inspirer et que deux souverains parents se doivent » ? 40 In realtà la Francia aveva battuto una via sbagliata, e ne aveva avuto sospetto il Vergennes fin dall’ ’8 4 41, quando a Napoli la lotta d ’influenza tra le due case rivali, Borboni e Lorenesi, si era riaccesa con rinnovata violenza. L ’Europa si preparava allora ad una nuova guerra, cui poi la Rivoluzione avrebbe dato contenuto ideale, orientamento, finalità diverse da quanto era prima lecito prevedere. Per un momento il vecchio odio antiborbonico sarebbe riarso a Vienna al punto da risospingere in secondo piano il fatale duello con B erlin o.42 A Roma, come a Napoli, come al­ trove, le due diplomazie si incontravano come spade a ffilate .43 38 M a ss o n , Le cardinal cit., p p . 403-4.

40 Id „ pp. 402-11. 41 II 6 aprile di quell’anno egli tracciava per il Bernis, che si accingeva alla missione napoletana, precise istruzioni (sul conto della regina, dell’Acton, dello stesso incaricato francese Denon), « comme s’il allait remplir une grande am bassade ». M a s ­ so n , p. 405. 42 Cfr. in Corresp. intimes de l'Em p., p. 60, CobenzI a G iuseppe I I , 23 febbraio 87: « j ’ai eu bien de me persuader tous les jours davantage que l ’ancienne idée de V. M. de nous entendre avec le Roi de Prusse, est le seul bon parti à prendre, le seul qui puisse mener au grand ». Idea riespressa e sviluppata il 25 settembre dall’imperatore: « ...quant aux principes généraux de s ’entendre avec le Roi de Prusse amicalement et de se rendre indépendant le plus que possible de la France en nous arrondissant, je reste toujours persuadé » (p. 66). 43 « L ’auberge de France au carrefour de l’E u ro p e » : tale apparirà al M a s s o n (cap. X II) l’ambasciata di Luigi X V I nella Città Eterna dal 1775 al 1787. Il 16 marzo ’87 il granduca scrive: « le Pape présent..., ignorant et mené par la France..., entiè­ rement dominé par la haine qu’il a vouée à toute notre maison », e al termine del­ l’anno l ’imperatore deplora: « s’ils [i francesi] s’avaient plus de moyens, ils ne man-

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Quando un ordine del Vergennes rimosse da Napoli incaricato d ’af­ fari, console, viceconsole, il Bernis ne fu indignato: che l’Europa non debba venire in sospetto che Vienna domini a Versailles « autant qu’à Naples »? 44 Ma il suo ministro degli esteri vedeva più lontano. Il nuovo ambasciatore inviato a rappresentare Luigi XVI presso la corona delle Si­ cilie con le istruzioni che abbiamo viste avrebbe ridato per brev’ora alla Francia il campo conteso, avrebbe assicurato al Vergennes l’ultima sua vittoria, quasi una vittoria postuma. « Tutti gli stati d ’Italia sono ricaduti nelle più potenti case d ’Europa; le disposizioni che di recente vediamo adottate non solo per il Modenese e la Toscana accennano purtroppo che le pretensioni nasceranno a mi­ sura della forza da una parte e dell’indebolimento del Pontefice, il di cui Stato che componesi di sole usurpazioni o concessioni forzose produrrà altrettanti reclami e ricupero nel tempo stesso. Non converrà forse a N a­ poli di avere un vicino incomodo » . 45 N ell’asprezza della battaglia anticuriale, le vecchie piaghe di Italia, « commedia di sovrani e di sovranità », com’era apparsa al Tanucci, « di­ visa e spezzata in picciole dinastie, di cui ve ne sono alcune disarmate e senza alcuna forza e vigore », come l’aveva compianta da Torino il Ca­ racciolo, 46 imponevano, fuori delle intemperanze degli elementi meno equilibrati, alle sfere responsabili napoletane quel senso di misura, quella rinunzia a stravincere, in nome di interessi superiori, che inducevano ancora l’Acton a « procurare l’amore ed unione dei due popoli », nella speranza di vedere un giorno non lontano « la Corona di Napoli protet­ trice e di Roma e del popolo ad essa soggetto » . 47 Si ridestava qualche sopita ambizione meridionale che già aveva a volte punto finanche l ’animo del Tanucci,48 in così difficile accordo con queraient pas de mauvaise volonté », in pieno accordo su questo punto col fratello (Joseph I I u. Leop. v. Toscana I I , pp. 75-76, 145-46, 151). 44 M a sso n , pp. 413-14. 45 D al « Parere del cav. Acton sul Concordato da farsi con la Santa Sede » (18 novembre 1786), in B. P e l u s o , Documenti inediti intorno alle relazioni fra lo Stato e la Chiesa nelle D ue Sicilie dal 1734 al 1818, voi. I l i , parte I , N apoli, D e AngelisBellisario, 1898, pp. 48-63 [cfr. qui p. 216], 46 C ro ce , Uomini e cose cit., I I , pp. 74 e 98. 47 Parere cit., in Docc., l.c. 48 L . V on P a st o r , Storia dei Papi, X V I, I : Benedetto X IV e Clemente X I I I , trad. it., Roma, Desclée, 1933, pp. 929, 932, 939 sg.

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quel persistente scetticismo politico che non gli faceva presagire fine alla « schiavitù d ’Italia », impedimento lo Stato Pontificio piantato nella « parte migliore » di essa all’affermarsi di « una potenza vera, nativa e pura italiana » ? 48 Protagonista la monarchia del sud tornata indipendente di un nuovo capitolo di storia italiana, pronta ad accogliere l’invito al primato che le veniva dalla scissione politica della Penisola, accanto a quello antico e recente che le giungeva dal Levante, adesso in primo piano sulla scena della grande politica europea? Sì, c’era ancor questo nell’aria; e si sa che a quella corona si era guardato a volte, come a sicura promessa italica, dal settentrione stesso; e si sa del conto che di essa facevano potentati europei e sovrani indigeni, mentre la Serenissima scendeva e i Savoia avevano impedita l’ascesa; si sa ancora dell’irrequietezza nuova che esplodeva qua e là tra quei suoi giovani diplomatici, in armonia col fermento riformatore e intellettuale che aveva assicurato alla Napoli del Settecento primato di conquiste ideali, e sfoggio di edifizi, di opere, di civili iniziative. Eppure, e questo si sa meno assai, quel bisogno di crescere e di af­ fermarsi fu, e non per la prima volta nella storia del Mezzogiorno, im­ posto da dure esigenze di difesa. Adesso l’ondata austriaca, sommergendo posizioni dietro posizioni, stava per giungere, non attenuata dalla man­ canza d ’ostacoli, alle porte del regno. E dal nuovo pericolo questo, vinta appena la battaglia che l’aveva svincolato dalla dipendenza di Madrid, avrebbe ricevuto impulsi, capacità reattive, indirizzo e norma più di quanto lascerebbe credere una politica estera svolgentesi fra insanabili contrasti e debolezze interne. Quel pericolo aveva parlato all’Acton prima ancora che giungesse a Napoli. Altra volta l’uomo di mare aveva conosciuto da vicino gli am­ bienti viennesi, difficili, diffidenti, tenaci e insidiosi nella difesa delle vecchie e delle nuove posizioni absburghesi. Era il febbraio 1770: il gio­ vane capitano di vascello al servizio del granduca aveva trattato, non senza abilità, il passaggio di due fregate austriache alla piccola marina toscana: interessi economici, giurisdizione, protezione delle coste e dei sudditi absburgici nell’Adriatico e fuori, ecc.. Ma quanto arduo trattare con uomini come i « signori conti di Chotek, di Blùmegen e di Auersperg, ... pieni di idee... poco conformi a qualunque stabilimento di ma­ rina da guerra, ma specialmente a quello che poteva convenire a Sua 48 C ro ce , Uomini e cose, pp. 74-75.

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Altezza Reale [il granduca] », e sempre pronti a tornare alla carica « con molte osservazioni che non potevano sicuramente accordarsi con l’idee che — scriveva con un senso d ’angoscia al Rosenberg che gli aveva affidato lo spinoso compito — abbiamo nel nostro servizio... e molto meno con la mia commissione ». L ’Acton fini allora per difendere bravamente gli interessi del pic­ colo stato che egli rappresentava, « sulla dipendenza della marina di guerra, sopra il servizio che quella di Toscana poteva rendere a S. M. I. senza impegnarsi in difficoltà relativamente alla neutralità in tempo di guerra, e finalmente sopra le questioni le più difficili che venivano pro­ poste », come quella concernente la bandiera « sopra questa marina unita di cinque fregate, in modo tale che ne faccia una sola », la quale « sarà sempre continuata la medesima che presentemente porta la marina di guerra toscana, cioè la bandiera austriaca con lo scudo del secondo ramo, e non sarà dato altro nome a quella marina di quello che porta presen­ temente », nonostante il tentativo dei « predetti signori che fosse nomi­ nata pubblicamente marina austriaca toscana ». E tuttavia sarebbe par­ tito da Vienna con una spina nel cuore: quasi sul punto di mettersi in viaggio, letto il « disteso della deliberazione » del consiglio di stato e confrontatolo con « quello della sessione tenuta avanti S. M. l’Im pera­ tore », ne avrebbe trovato il testo difforme in due articoli. « Credo ve­ ramente, concludeva malinconicamente scrivendone al Rosenberg, che se S. M. l’Imperatore non avesse deciso e fissato Ella medesima quanto ri­ guarda questa commissione, sarei rimasto qui per molti mesi, ed avrei incontrato spesso nuove difficoltà » . 50 Da allora erano scorsi dieci anni, e l’ufficiale di marina aveva fatto molta strada, tra fatti d ’arme gloriosi che l ’avevano portato sull’« Etruria » sin nella Goletta di Tunisi o sull’« Austria » di là dal capo Spartel 50 A.S.N ., E st., £. 4356. V ., ne] fascio, l’inserto « M a commission à la Cour de Vienne et dans l’A driatique en 1770 ». L ’indicaz. è di mano delI’Acton, una mano più giovanile, meno nervosa degli anni successivi. I docc. non sono di pugno, ma hanno correzioni e aggiunte dell’A. Il quale giunse nella capitale austriaca la sera del 3 febbraio (a Rosenberg, Vienna, 7 febbr. ’70) e ne ripartì il 22 diretto a Trieste, on­ de « terminare le commissioni affidategli da S.M .I. con visitare e verificare lo stato del brigantino... [m esso là a guardia del lazzaretto] ed alcuni lavori da farsi al porto, come pure prendere le disposizioni... onde fosse preparato il necessario per mettere le fregate in grado di navigare » (allo stesso, Vienna, 21 febbr.). Sarebbe poi giunto a Firenze il 9 marzo (ad Auersperg, Livorno, 19 marzo ’70). Cfr. so­ prattutto le minute in data 12 e 19 febbraio.

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sulle coste marocchine a fugarvi e a predarvi, sotto il fuoco delle batterie di Arzila e di Larache, fregate e sciabecchi barbareschi, o, comandante delle esigue forze toscane, ad Algeri a coprire la ritirata di una squadra spagnola esposta, senza di ciò, a sicura rovina; tra promozioni e pubblici riconoscimenti di sovrani come Carlo I I I o Maria Teresa, la quale ultima gli aveva spianato poi il cammino di Napoli, contro le resistenze gran­ ducali. 51 Ma né allo spagnolo né all’austriaca imperatrice, genitori dei suoi sovrani, volgeva l ’animo, dal nuovo posto di lavoro e di combattimento, il ministro della marina e del commercio delle Sicilie. La prima testimo­ nianza non ufficiale da lui stesso fornitaci a non molta distanza dalla sua nomina a quegl’importanti dicasteri ce lo rivela con lo sguardo volto alla Francia, di cui pure aveva rifiutato l ’offerta, di là pervenutagli, della nomina a capitano di navi di linea, di fronte alle maggiori promesse di una carriera luminosa che la marina napoletana, dove era tutto da fare, gli assicurava. « Je vois, monsieur, que tout ce que vous apprenez actuel­ lement à Paris sur le sort de quelques démarchés avancées d ’ici combine exactement avec ce que nous en pensions. Il m ’est cependant très flatteur d ’être rassuré par tout ce que vous voulez bien me dire que les personnes qui m ’ont témoigné autrefois des bontés et de l’amitié, n’ayent pas cru devoir penser différemment à mon égard sur les relations qu’on a eu soin de leur mander ». Così egli scriveva il 26 febbraio 1780 a un oscuro gentiluomo borgognone, il Bressac, accolto, anni prima, nell’esercito na­ poletano, ufficiale nel battaglione dei cadetti. Cose più interessanti gli avrebbe detto in seguito, durante un viaggio dell’irrequieto ufficiale a Costantinopoli. Un senso di scetticismo passa nella lettera del 21 agosto 1781, giustificato scetticismo ove si pensi all’efficacia affatto transitoria di quel trattato con la Turchia che il go­ verno di Carlo, nel lontano 1740, aveva concluso a garanzia soprattutto dei suoi traffici contro le insidie delle reggenze africane.52

51 Cfr., in proposito, B. M a r e s c a , 1 marini napoletani nella spedizione del 1784 contro Algieri, in Arch. Stor. N apol., X V II (1892), poi nelvoi. L a marina napole­ tana nel sec. X V I II , Napoli, Pierro, 1902. Per alcuni dati biografici del min. na­ poletano ci siamo avvalsi ancora di notizie forniteci, anni or sono, dalla famiglia .Acton, che qui pubblicamente ringraziamo. 52 Sul trattato M . S c h ip a , Il Regno di N apoli al tempo di Carlo Borbone, Milano-Roma-Napoli, Albrighi e Segati, 1923, I, pp. 205-15. Sulla sua inefficacia nei decenni successivi cfr. il già cit. M a r e sc a , I marini napoletani.

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« Je sçais les relations que la Cour Ottomane peut avoir avec les puissances africaines, et ai lieu d ’en avoir fait l’expérience dans le service d ’où je sors; je connois la valeur de cet appui, dont la Cour de Vienne plus en état que d ’autre de se flatter de l’appui de Constantinople a éprouvé le peu d ’efficacité, lorsqu’il s’est agi de ce ressort auprès des barbaresques : ainsi je ne crois pas que nous pensions de longtems à un tel arrangement, que beaucoup de puissances d ’ailleurs doivent chercher à traverser ».

Ma il tono cambia il 3 dicembre, e l’animo si apre aile speranze più rosee al profilarsi di un intervento francese: « Vous vous occupez, Monsieur, de choses utiles pour vous pour les connoissances q u’elles vous procurent et que vous puissez à une aussi bonne source et pour le service également par les réflexions que vous me mandez à l’occasion du traité entrepris à la Porte par la Cour d ’Espagne. Tous les préventions que cette Cour et la notre ont pris autrefois contre les difficultés qu'ils croyoient rencontrer à Constantinople de la part de la France proviennent assurément des idées que Mr. Finocchietti a cru devoir inspirer et des liaisons q u’il avoit alors en cette capitale53 dont il prit entièrement tout le mauvais esprit. Les personnes ici qui l’avoient appuyé dans sa négociation crûrent par une suite d ’autres préventions particulières devoir fomenter cette idée qui s’est depuis enracinée, comme vous l’observez très bien, à la Cour d ’Espagne et peut-être ici par l’habi­ tude où l ’on étoit de penser ainsi, depuis plusieurs années, sans s’être jamais donné la peine de réfléchir s’il y avoit quelque fondement dans la politique, ou des raisons de commerce qui dussent nous faire trouver constamment les mêmes entraves de ce côté. J ’ai vu avec beaucoup de satisfaction ce dont vous m ’assurez actuellement et que Mr. de St. P rie st51 a bien voulu vous laisser voir sur la fausseté des idées ou des craintes que l’on avoit conçu ici à cet égard. Mais les offres que Monsieur votre cousin 55 veut bien faire à cette occasion de nous faire obtenir une paix avec les Barbaresques, comme une preuve directe des intentions de sa Cour, que l’on avoit ici si mal interpretées, sont trop intéressans selon

53 II livornese G iuseppe Finocchietti, venuto nel regno al seguito di Carlo di Borbone, aveva concluso a Costantinopoli il trattato del 7 aprile 1740, avvalendosi delle arti di un avventuriere francese, il Bonneval, ma all’insaputa del ministro di Luigi XV, il Villeneuve, che, al pari del suo successore, conte di Castellane, non gli perdonò l’offesa arrecata al borioso spirito di tutela del ramo primogenito borbo­ nico. Cfr. S c h ip a , I l Regno cit., voi. e l.c. 54 Ambasciatore di Francia a Costantinopoli. 55 II conte de Saint-Priest predetto.

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moi pour que nous ne dussions pas embrasser avec empressement cette occasion de nous procurer le double avantage d ’une navigation libre et de nous désabuser ici et à Madrid sur les idées baroques qu’on a si longtems entretenues. Vous sçavez, Monsieur, que cet objet ne regarde pas mon département, mais je ne m ’en crois pas moins obligé d ’en parler avec les personnes qui en sont chargées. Le moment actuel semble d ’ailleurs devoir nous y inviter. N os genres de commerce qui sont uniquement le produit de notre agriculture ne peuvent absolument pas rencontrer des difficultés de la part de celui de la France qu’ils ne peuvent pas gêner: ces Royaumes ne tsont, et ne seront jamais, manufacturiers; la richesse et abondance de leurs genres de première nécessité les engage à en cher­ cher uniquement le débit sans faire ni pouvoir penser à autre chose. L ’on a eu tort par conséquent de supposer gratuitement des oppositions. Il seroit heureux de pouvoir actuellement dissiper les idées, et ouvrir les yeux sur un objet aussi avantageux pour nous. Je désirerais avec beau­ coup d ’empressement que le moment fut arrivé, et si l ’on pense ici comme moi je ne doute pas q u’on embrassera avidemment la proposition de Mr. votre Cousin. Je crois d ’ailleurs que cet instant est favorable, pourvu que le Cap.n Bacha puisse effectivement se maintenir encore quelque temps pour continuer à soutenir dans les premières années son ouvrage jusqu’à ce que nous soyons en état de pouvoir le faire nous mêmes. J ’ai toujours cru que cette paix eût se conclure dans la suite des temps, mais n ’osois pas l ’espérer de sitôt; cependant de ce que l ’Espagne cherche à la faire, c’est une nécessité précisé pour Naples d ’éloigner à quel prix que ce soit les corsaires algériens du seul pays qui leur resteroit à infester dans la Méditerranée, le long de nos côtes. Il paroit par ce que vous voulez bien me dire que la négociation d ’Espagne a échouée à Constantinople: peut-être chercheront ils à la renouveller à Alger même, par des sommes exorbitantes qui ont ordinairement prévalu près de cette Ré­ gence. Dans ce cas nous ne devrions pas perdre un instant, et profiter de la circonstance où la Cour d ’Espagne ne s’étant pas appuyée de la France, nous obtiendrions peut-être par le secours de Mr. votre cousin auprès de la Porte dont nous sommes déjà amis l ’entremise de cette Puissance à Alger, et la réussite d ’une démarche qui nous prouveroit et à M adrid combien l’on a eu tort de ne pas l’entreprendre par le moyen de la France, combien elle étoit aisée par ce canal. Je ne puis m ’étendre davantage en ce moment, et attendrai avec plaisir le memoire dont vous parlez... Je vous souhaite, Monsieur, beaucoup de satisfaction dans le séjour que vous continuerez à faire dans ce beau pays... ». La cosa andô abbastanza oltre, sino a interessare il gabinetto francese, come ancora si rileva da quanto l’Acton scriveva il 16 marzo 1782: « Je vois, monsieur, toutes les réflexions que vous dicte le bon ser­ vice du Roi au sujet de la négociation à entamer sous les auspices de Sa 79

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M ajesté très chrétienne: la bonté avec laquelle a bien voulu se prêter Monsieur le Comte de S. Priest à tout ce qui pouvoit en applanir les difficultés en assure le succès à notre Cour dès q u ’il veut bien y donner la main et l ’appuyer de son pouvoir à la Porte: je presentai les copies de la réponse de Mr. de Vergennes à Mr. de St. Priest et de la lettre qu’il avoit bien voulu écrire à ce sujet: le Roi ordonna aussitôt à Mr. le Marquis de Sambuca de faire remercier Mr. de Vergennes de sa part et de travailler à entamer cette négociation. J ’ai à ce sujet dit et expliqué autant qu’il a dépendu de moi tout ce qui concernoit cet article au dit Ministre, afin de ne pas retarder les démarches qu’il doit faire incessam­ ment; et l ’ai sur le champ averti du risque que nous pouvions courir, si Mr. le Comte de St. Priest venoit à passer à une autre destination. Quant à celui dont vous me parlez plus diffusément en traitant de la négociation, je ne puis me mêler de cette partie si ce n ’est pour en suggerer les avan­ tages et quelques moyens, mais l ’exécution est totalement remise au mar­ quis della Sambuca comme appartenant à son département, et du mo­ ment que j ’en ai parlé, j ’ai cru devoir presser pour q u’il en fut totalement chargé, sans vouloir même soupçonner que j ’eusse aucune envie de me charger d ’une besogne qui appartient à son département. Je suis très fâché de ce que vous m ’apprenez au sujet des dispositions où pourroit être à son égard le Ministre de France. Je me flatte cependant que cela ne pourra pas déranger les vues que nous avons conçues en ce moment et les espérances que nous ont données les circonstances et l’intérêt que veut bien prendre Mr. de St. Priest au succès de cette opération. Je ferai l’usage convenable de toutes les lumières que vous m ’avez données sur les différens objets qui la concernent, et espère que vous serez bien­ tôt à Naples où nous pourrons parler du reste de cette négociation... ». Nel corso dello stesso anno il Bressac lasciò Costantinopoli e, dopo una sosta a M alta, tornò a Napoli. E la sua corrispondenza con l’A cto n 56 non farà più paiola di quel tentativo. Sappiamo che la Spagna, dopo aver avuto preziosi compagni d ’arme i napoletani nell’impresa di Algeri dell’ ’84, concluse per suo conto la pace con i barbareschi nell’estate ’86 senza includervi le Sicilie, e per le difficoltà frapposte soprattutto negli ultimi tempi dalla tracotanza africana e per l’opposizione crescente a quel go­ verno ansioso di uscire dalla tutela madrilena. 57 Del risentimento di Maria

56 In A .S.N ., E s/., f. 4356 (Francia, Commissione del Cav. Bressac: 1785), dove il governo borbonico raccolse i docc. relativi alle due missioni Bressac a Parigi, di cui occorrerà occuparci. D a essa, che citiamo una volta tanto, sono naturalmente tratti i brani delle lettere dell’Acton già riportati. 57 H e l f e r t , Zeugenverhòr, pp. 70-71. M a per la cronologia e per maggiori parti­ colari cfr. S c h ip a , N el Regno, p. 148 sgg.

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Carolina, delineatosi il voltafaccia, di cui già sapevamo dalle fonti austria­ che, è cenno ancora nella corrispondenza Bressac, che il 18 agosto ’85 da Firenze avrebbe deplorato: « La Reine est furieuse de l’affaire de la paix avec Alger. Elle a raison; mais S. M. le dit trop... Je regrette comme zélé serviteur du Roi que ce que j ’avois prévu, dit et écrit pendant mon séjour à Constantinople et depuis mon retour se soit vérifié; ce n ’est assurément pas V. E . à qui on doit s’en prendre, mais M. de L u d o lf58 et M. de Sambuca ont de grands reproches à se faire sur cet événement... ». Come fossero andate le cose ignoriamo; ma era del resto molto dif­ ficile che negoziati di una certa ampiezza potessero giungere a un esito felice per il tramite della Francia, in anni in cui i rapporti con la corte del re cristianissimo erano entrati in una vera crisi, alimentata dalle insa­ nabili rivalità interne napoletane. Le non molte lettere inviate dall’Acton al Bressac negli anni ’83 e ’84 sono piene di quelle miserie e di quelle angustie. « En vérité, scrivf il 26 ottobre ’83, quoique l’on dût avoir des erremens sûrs à l’égard de ce pays-ci, il est bien surprenant que l’erreur grossière qu’on a voulu débiter sur la façon de penser qu’il y domine, à ce qu’on dit, actuellement ait trouvé créance à Paris. L ’on a trompé M. de Vergennes ». E del suo collega degli esteri, il Sambuca, dice: « l’on repète de sa correspondance une partie des idées qu’il a eu soin de semer en France et en Espagne ». H a ancora la speranza che la verità si faccia strada in Francia, attra­ verso gli amici del Bressac come il bali de Loras, quando, il 30 ottobre, difende appassionatamente l ’opera sua incorrotta e fattiva nelle segreterie affidategli a Napoli: « Je n ’ai aucune prétention, mais sans me flatter je puis assurer d ’avoir rempli ma tâche dans le département de la Marine autant que les circonstances l’ont jusqu’ici permis, en réformant mille abus, en intro­ duisant un ordre économique dans une partie où tout se voloit et se délapidoit impunément, ... tout était détruit à mon arrivée. J ’ai bati 16 bâtimens neufs, en ai acheté deux ailleurs, et ai couru au plus pressant du service, en épargnant près de 160 mille ducats l’année au Roi dans ce département sur ce qu’on lui assignoit anciennement. Le reste vers son chemin actuellement pour une marine future, des matériaux tout pourvus, les constructions se suivent, et de jeunes officiers ont été em­ ployés dans les services étrangers pour établir une discipline contre la­ quelle la marine ici plus encore que tous les autres départemens s’est 58 Ambasciatore napoletano a Costantinopoli.

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constamment opposée. Je n ’ai chassé personne parmi les nombreux fri­ pons qui détruisoient cette administration, et me suis contenté de ne les pas employer... Pour le militaire, je n’ai rien fait encore, parceque je ne l’ai pu, mais n’ai pu que disposer les matières après un plan établi par le Roi il y a deux ans... Quant aux finances, j ’ai le bonheur d ’avoir em­ pêché qu’on ne détruisit cette branche par un dépit et une route suivie depuis 1778... Sambuca même ne me pardonna pas le succès que j ’avois eu, et que je ne dus qu’à l ’oubli q u’on avoit eu exprès des fonds annuels de la Sicile dont on ne cherchoit pas les comptes depuis 4 ans... Je n’ai fait autre chose que d ’empêcher que le département ne tombât dans les mains de gens intéressés à le détruire par leurs rapines et leurs égards pour le haut Baronage... Voilà le peu que j ’ai pu faire; mais je n’ai d ’autre prétention qu’à la régularité de ma conduite et de mes opérations mini­ stérielles. Au reste comme on est prévenu contre moi en France on est peut-être bien aise de trouver ici qui appuyé les sottises repandues depuis longtems sur mon compte ». Compiacimento per le proprie fatiche che cominciavano a dare qual­ che frutto e verace attaccamento agl’interessi dello stato passano, un anno dopo, in una lettera del 23 settembre 1784 a proposito della spedizione d ’Algeri: « ... Je suis très sensible à ce que vous me dites sur l’idée qu’a donnée notre escadre aux chevaliers de Malthe et surtout à beaucoup d ’excellens officiers de marine françois sur notre amélioration, et que nos gens aient bien paru. Je n ’ai effectivement que de la satisfaction que je ressens très vivement sur leur conduite en tous poins dans cette cam­ pagne: la perte de deux jeunes gens, æ bls et de celui surtout, qui formé aux grandes Indes, dans cette guerre nous donnoit par son acquit et sa ca­ ractère les plus grandes espérances, m’a causé une peine très vive que ce corps ressentira également, chaque sujet instruit est pour nous trop précieux pour que nous ne soyons pas affectés de cette perte... ». Il Bressac era allora a Malta dove pare che rendesse buoni servigi alla co rte,59 prima che, a distanza di due anni, facesse parlare di sé gli osservatori europei più interessati alle cose di Napoli per una missione delicata e importante. Del negoziatore, « Français et connu pour intri­ guant et mauvais sujet », il granduca, che così lo presentava al fratello 58 bis G li alfieri di vascello Carlo di Stefano e G iuseppe Rodriguez. M a r e s c a , L a marina napoletana cit., pp. 50-51, 62. 58 N ella stessa lettera: « si vous fatiguez de votre séjour là bas, nous devons trouver ici que vous y êtes occupé très utilement ».

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il 25 aprile 1786, anche in seguito avrebbe detto duramente. ® Né certo il Bressac avrebbe poi goduto negli ambienti diplomatici fama eccel­ lente. 61 Alle dipendenze dell’Acton quale ufficiale dell’esercito napoletano egli stesso ci lasciò scritto che gli era d evoto.62 E tale a lungo lo con­ ferma, tra ’80 e ’87, la corrispondenza col ministro napoletano. Il quale non gli negò fiducia sino ad affidargli compiti di prim ’ordine in campo diplomatico, mettendone a profitto l’abilità e sfruttando le notevoli ade­ renze di cui veramente godeva negli ambienti francesi quell’ufficiale « giramondo », come si compiaceva chiamarlo il segretario di stato pon­ tificio. E in realtà il Bressac moralmente non si sollevava dalla schiera di avventurieri di cui è particolarmente ricca la storia del Settecento. D a avventuriero sarebbe poi scomparso dalla scena napoletana. Tuttavia la corrispondenza che l ’Acton ebbe con lui, ricca e interessante, non lo ri­ vela in rapporto equivoco, come pure si volle vedere, con l’ambizioso gentiluomo. Una lettera signorilmente ammonitrice l’interruppe quando quegli, credendosi mal ricompensato dei servizi resi alla corte, chiese le dimissioni dal servizio. ® Né, a seguire da vicino i fatti e a giudicare dai 60 Joseph l i u. Leop. v. Toscana, I I , pp. 14, 162. 61 Cfr. Boncompagni a Caleppi, Roma, 19 febbraio 1787, in R i n ie r i , pp. 529-30, e Alberti (residente veneto a N apoli) al Senato, in S im io n i , L e origini, I , p. 54. Inoltre G o ra n i , Mémoires secrets et critiques des cours, des gouvernemens et des moeurs des principaux états de l'Italie, Paris, Buisson, 1793, I, p. 215 sgg. 62 « L ’attachement que vous savez que je professe pour Mr. Acton peut me faire accuser de quelque partialité dans le compte que je vous rende de ses opérations, mais je ne suis pas le seul qui le connois ». Lettre du Chev. de Bressac au Bailli de Loras, N aples, ce 31 octobre 1783, in A .S.N ., Casa Reale, vol. 102, ins. 1 (vi si mettono in evidenza i meriti dell’A. nei dicasteri della marina, della guerra e delle finanze: scritta evidentemente in seguito alla già riportata dell’A. del 30 ott.; nello stesso voi. la risposta del bali, N aples, ce 1er novembre ’83). 63 « N aples, ce 21 août 1787 ...Soyez sur, M onsieur, que le Roi est content de vous, que le R oi prise, estime et connoit les François dont il fait grand cas, et qu il est bien éloigné de penser à vous priver de récompenses que vous avez lieu d attendre de vos bons services parceque vous êtes de cette Nation. Sa M ajesté, Mon­ sieur, n a jam ais pensé de vous récompenser; vous même avez supplié, déclaré et demandé q u ’on ne vous récompensât: c’ est ainsi q u ’ étoit conçue la lettre que je presentai au Roi. Il en résultoit que S.M . eût choisi le moment de vous donner une marque de son approbation de vos services, mais ce moment dépendoit de lui pour le tems, la façon et le degré de récompense dont il est, comme vous sçavez, le seul juge. Jam ais il n ’ a compté par la déclaration pour votre famille par les 500 ducats de pension marquer autre chose q u ’une douceur pour les dépenses que la commission [in Francia] eut pu vous causer; la dépèche vous témoignoit la sati-

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risultati, può destar meraviglia che, in un momento in cui i rapporti Napoli-Versailles erano minati alle basi, il ministro della marina, spinto da necessità estreme, accettasse l’offerta del borgognone di concorrere con le sue arti a una chiarificazione tra i due governi. Ebbe così origine una missione Bressac in Francia nella primavera 1785 passata, a diffe­ renza di quella dell’anno successivo, quasi del tutto inosservata ai con­ temporanei e agli storici.64 Anche a Napoli oramai era avvertita l ’esigenza di un sincero avvi­ cinamento alla grande monarchia borbonica. Dalla quale, a parte il vecchio rancore suscitato dalla mancata adesione al patto di famiglia e dal falli­ mento delle trattative commerciali, nessun serio motivo divideva. Ave­ vano piuttosto influito molto sullo stato di quei rapporti gli uomini che poco felicemente avevano rappresentato i due paesi nelle rispettive am­ basciate. Piccole cose erano state ingrandite sin dagli anni della legazione del Clermont d ’Amboise (1776-1782), venuto a Napoli evidentemente con qualche prevenzione,65 e nel quale la Francia non trovò certo l’amsfaction de S.M ., et c’étoit là la récompense digne de vous cl de vos sentimens quant à ce moment. S.M . eût pensé au reste, mais il falloit le laisser agir et ne pas laisser croire q u ’on attendoit et vouloit indiquer une récompense. C ’est ce que j ’ai toujours dit aux persones qui parloient pour vous... Je vous présente ces raisons parceque je sçais la façon de penser du Roi vis — à — vis de vous, Monsieur, qu’il estime et dont il est fort content, de même que vis — à — vis de tous ceux qui le servent. Je le répète, il récompense, mais choisit lui même le tems, le degré et l’étendue des récompenses q u ’il accorde. Vous ne lui avez jam ais mieux fait votre cour après les services que vous avez rendus qu’ en témoignant par le billet que je vous ai cité plus haut votre façon de penser et votre désintéressement, et le Roi n ’ eut pas manqué de vous témoigner, lorsqu’il l’eut jugé convenable et à propos, sa satisfaction et les récompenses q u ’il croyoit vous destiner. C ’étoit à lui à en fixer le moment... Je tâcherai de vous faire obtenir ce que vous demandez... mais ce ne peut-être que malgré moi et très à contre coeur que je parlerai de votre démission... ». Fin dal 31 luglio il Caleppi aveva annunziato al Boncompagni le dimissioni del B.; non risulta invece che questi fosse licenziato « per abuso di gra­ vissime somme », comme ancora si legge nella corrisp. dell’abate con la curia romana ( R i n i e r i , pp. 100-101). L ’intrigante ufficiale si sarebbe invece compromesso irre­ parabilmente alcuni mesi dopo, nell’increscioso incidente Salis, di cui appresso. 64 Unico breve cenno in M a s s o n , p. 413, sulla poco sicura scorta di G orani, I, p. 221 sg. 65 Dovuta, è probabile, all’incrollabile resistenza napoletana alle sollecita­ zioni francesi ad entrare nel sistema del patto: « enfin on y a renoncé — si diceva al Talleyrand — et les instructions données à M. le marquis de Clermont d ’Amboise lui prescrivaient de n’en plus parler ». Recueil, p. 124.

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basciatore ideale: mancata consegna di disertori napoletani, visite e qua­ rantene imposte alle navi francesi dalle particolari condizioni delle Due Sicilie,66 difficoltà, da parte di Napoli, di continuare a esportare forti quantità di legname da costruzione in seguito al nuovo programma di costruzione quasi ex novo di una flotta. Parole grosse erano state pro­ nunziate con leggerezza ed albagia insopportabili in un paese che comin­ ciava ad assaporare i frutti dell’indipendenza politica.67 Partendo il Clermont lasciò uno strascico di risentimenti e di passioni nel Denon desti­ nato, nei tre anni di vacanza dell’ambasciata, a funzioni evidentemente superiori alle sue forze. Né meglio rappresentata era stata Napoli presso la corte del cristia­ nissimo, dopo che, nell’aprile ’81, ne era partito, in seguito alla nomina a viceré di Sicilia, un uomo di molta avvedutezza, il Caracciolo. Il peso dell’ambasciata, nell’assenza quasi ininterrotta dei titolari Pignatelli e Caram anico,08 era caduto tutto sulle spalle del cavaliere Luigi Pio, spi­ rito beffardo e impaziente di freno, facile all’intrigo e smanioso di ricono66 La grande estensione delle coste dei due regni (N apoli e Sicilia) che obbliga a precauzioni, l’incapacità delle magistrature da cui dipendono tali cose e l’ossequio a vecchie forme, la necessità di una riforma, che non potrà essere tuttavia rapida. Acton a Bressac, Naples, ce 25 juin ’85 (e v., in genere, allegati: non esiste nel f. quello di cui nella lett. precedente, 18 juin ’85). 67 « M. le M .is de Clermont... disoit hautement que la cour de N aples devoit se mener à coups de plat de poste ». Bressac ad Acton, Turin, le 27 juin ’85. E una volta il vice console di Francia Augustin avrebbe detto, alludendo alI’Acton: « Voilà ce que c’est que de tirer ses ministres des cafés de Livourne ». G o ran i , I, p. 220. 68 « M. de Caramanico est arrivé ici pour nous dire q u ’ il déteste Paris, qu’il s y ennuye, q u ’il ne montera pas sa maison parce qu’ il espère aller à M adrid... D ailleur avec tout son esprit c’est un finassier qui n ’a pas celui des affaires, il est ambitieux plus qu’il n ’est permis de l ’être; il veut être grand d ’Espagne à quelque prix que ce soit et il sera toujours comme il l’est en effet le très humble valet de tous les ministres espagnols... Il m ’a dit en partant q u ’il y avoit deux partis à sa cour, q u ’on le faisoit revenir sans doute pour le placer dans le ministère, en me faisant entendre qu’il étoit seul propre à tout concilier, et que c’étoit tout ce qu il désiroit le plus parce que l ’am bassade d ’Espagne étoit tout ce q u ’il désiroit au monde ». Così il Vergennes avrebbe espresso al Bressac la speranza di non rivedere nell ambasciata parigina chi, venutovi a malincuore, non aveva fatto nulla per rafforzare i vincoli tra i due paesi (ad Acton, Parme, le 17 juin ’85: e v. ancora Turin, le 27 juin, Milan, le 10 juillet). Il principe di Caramanico era rimasto a Pa­ rigi soltanto alcuni mesi, dall’ottobre ’84 al gennaio ’85, ancor meno del suo pre­ decessore conte Pignatelli, che vi aveva fatto non lunga dimora dall’agosto ’83 al

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scimenti, da un passato poco chiaro, cui avrebbe fatto seguito un avve­ nire avventuroso e torbido. ® Quanto un siffatto stato di cose fosse ag­ gravato dalla presenza, nella segreteria degli esteri, di un uomo come il

giugn o ’84. V. in p ro p o sito J. F la m m e r m o n t, Correspondance des agents diplom a­

tiques des rois de N aples en France. Notices et extraits, in Nouvelles archives des missions scientifiques et littéraires, V I I I (Paris, 1896), p p . 437-39. ® L a figura e le vicende del bollente segretario di legazione e incaricato d ’af­ fari di Ferdinando IV , giunto a Parigi il marzo ’81, dimissionario dalla carica nel febbraio ’90 per la sua adesione ai principi della Rivoluzione, in rapporto vario con gli uomini più in vista dei clubs, dei comitati e delle assemblee sino al Terrore, imprigionato e a stento scampato alla condanna a morte, finito poi oscuramente in Francia, richiamarono l ’attenzione della storiografia nostra e d ’oltralpe. C fr. soprat­ tutto A. M a th ie z, Un italien jacobin-, le chevalier Louis Vio, in Nouvelle Revue d ’Italie, 25 gennaio 1921; A. C u t o lo , D a diplomatico a giacobino. L a vita di Luigi Pio attraverso il suo carteggio inedito, in Rass. Stor. del Risorg., settembre 1935, oltre a F la m m e rm o n t, p. 433 sgg.; Sim ioni, I, p. 360 sgg. D i mente fervida, vide abbastanza del disagio e delle contraddizioni del mondo politico e sociale francese e ne riferì a lungo malignamente alla segreteria degli esteri. M a che continuasse a P a­ rigi « la tradizione dello spirito napoletano che aveva avuto i suoi più insigni esem­ pi nell’abate Galiani e nel marchese Caracciolo », che servisse « con ogni avve­ dutezza » il suo governo, che sognasse « di essere l ’araldo di nuovi tempi nella sua Patria..., serbando in cuore la utopia che il suo entusiasmo si comunicasse, se non al suo ministro, per lo meno alla sovrana », sono esagerazioni e sviste del Cutolo. Sin dal gennaio ’82 il Vergennes ne aveva chiesto la sostituzione con espres­ sioni estremamente dure: « ...Ni l ’exemple de M. le m arquis Caracciolo, ni les bon­ tés qu’il éprouve, ni sourtout les liaisons qui existent entre les deux cours ne peu­ vent contenir ce jeun homme dans ces propos; il semblerait être aux gages de nos ennemis, tant il triomphe de nos pertes et s’afflige de nos succès. Ce n’est certai­ nement pas l’intention de Sa M ajesté Sicilienne ni de son Ministère d ’avoir ici un correspondant aussi capable d ’inspirer la défiance et dont la conduite privée n ’est guère meilleure que les dispositions politiques... M onsieur le M arquis de Sambuca..., en attendant l ’arrivée du nouvel am bassadeur, nous ferait grand plaisir d ’envoyer ici un personnage plus sage et plus honnête que le Sr. de Pio. Il est certain q u ’il n’y a rien de bien à espérer pour le service des deux souverains d ’employer des gens aussi inconsidérés... Les affaires les plus simples peuvent être sâtées par des tels agents... » (F lam m e rm o n t, p. 436). In seguito il Bressac, che nella sua missione incontrò nel de Castries la maggiore riluttanza a un ’intesa, avrebbe appreso dal Vergennes che il malanimo del maresciallo aveva origine da « un office fait contre lui par M. Pio il y a environ deux ans, office vraiment rempli d ’apostrophes les plus indécentes », di cui l ’incaricato d ’affari attribuiva all’Acton la paternità (Bressac ad Acton, Parme, 14 juin ’85), e avrebbe sentito rinnovarsi da parte del ministro degli esteri francese il consiglio di affidare ad uomo meglio disposto e più onesto una carica sì im­ portante e delicata (« ...je vous observe que cet homme compromit votre cour à la

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marchese della Sambuca, di una capacità, di un disinteresse e di una lealtà molto discutibili, è facile comprendere. Così maturò in corte il pensiero di rivolgersi direttamente a un per­ sonaggio che, rappresentante francese a Napoli prima del Clermont, vi aveva lasciato ricordo assai migliore: il barone de B reteuil.10 Il Bressac fu pronto a cogliere l’occasione che gli si offriva di acquistar nuovo merito. Conosceva il Breteuil, di cui aveva goduto la pro­ tezione durante l’ambasciata napoletana di questo, conosceva il Talleyrand; era noto al Vergennes e gli pungeva l ’animo il desiderio di allontanare da sé i sospetti ingiusti che il ministro aveva concepiti in seguito a una journée... » ; « ...qu’on envoye en France un chargé d ’affaire honnête homme et ayant la confiance »: Bressac ad Acton, Turin, 27 juin, M ilan, 10 juillet ’85). Non si sa donde venisse a Napoli e come vi trovasse fortuna sino a raggiun­ gere in diplomazia un posto am bito un uomo siffatto. Il Fabre d ’Églantine, che, nell’asprezza polemica dei rivoluzionari, gli lanciò contro un libello: Aventures du Chevalier Pio, commis au bureau de la guerre (M a t h ie z cit.), lo diceva « maître d ’école » a Comacchio e salito in fortuna dopo che aveva consegnato all’ambascia­ tore napoletano a Roma « un mémoire contre les cours de France et de N aples », che un certo uomo di lettere gli aveva affidato onde farlo stampare a Venezia. M a è poco credibile il racconto (accolto già da G . C o rani , D al dispotism o illuminato alla rivoluzione, Mondadori, 1942, p. 271, che ebbe per il torbido rivoluzionario espres­ sioni severe), a cominciare dal paese d ’origine del Pio (cfr. C u t o l o , pp. 412-13). Più accettabile forse, dati i rapporti che Napoli mantenne sin dall’epoca di Carlo con la Toscana, che di là egli venisse, secondo quanto si mostrava propenso a credere l’indignato Vergennes: « on m’a dit que tout son mérite à N aples est d ’avoir, étant garçon libraire à Florence, volé des manuscrits à son bourgeois q u ’il porta à M. de Tanucci; et c ’est un tel homme qu’on nous donne ici pour chargé d ’affaires! » (Bressac ad Acton, cit. lett. 27 giugno). 10 Louis-Charles-August Letonnelier, barone de Breteuil, era stato ambasciatore a Napoli dal 1772 al 1776. Vi era giunto dopo che, per intrighi seguiti alla disgrazia dello Choiseul, di cui era stato caldo fautore, gli era fallita la più importante amba­ sciata di Vienna, dove sarebbe invece passato da N apoli, rappresentante del nuovo giovane re di Francia. Era adesso segretario di stato per la casa reale, carica dove avrebbe guadagnato la fiducia del sovrano al punto da essere chiamato a sostituire il Necker dall’l l al 15 luglio 1789, nella crisi della vecchia Francia. Figlio genuino di questa, riparò poi in Isvizzera, dove cominciò presto a elaborare quei piani di fuga della coppia reale che dovevano terminare cosi miseramente a Varennes. Il novembre 1790 in tutta segretezza Luigi X V I, affidando a lui « gli interessi della corona », gli avrebbe dato pieni poteri di trattare con le corti estere. E la corte di Napoli avrebbe allora guardato di nuovo, con sim patia e solidarietà, al vecchio amico, fautore dì un mondo che si andava esaurendo. Cfr. per l’attività da lui svolta tra ’89 e ’91 S o r e l , II , p. 140 sgg.; L e f e b v r e , G u y o t et S agnac , p. 82; VlLLAT, pp. 35 sgg.; SlMIONI, I, p. 396.

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serie di calunnie partite dagl’indegni rappresentanti di Francia a Napoli, di cui egli aveva sdegnato di dividere gli intrighi. Si offrì di portare al Breteuil la lettera con cui i sovrani chiedevano il richiamo del console e del viceconsole di Francia: per quella via sarebbe giunto al Vergennes e, se fosse stato ancora in tempo, al Talleyrand.71 S ’imbarcò al seguito della corte per Livorno, proseguì per Parigi e Versailles, dove giunse il 19 maggio. Si trattenne nella capitale francese sino al 3 giugno: conferì col Vergennes, col Breteuil, col ministro della marina, maresciallo de Castries. Avrebbe poi riferito al suo ministro, « mot à mot », quanto gli disse il Vergennes nell’udienza di congedo del 2 giugno: « . . . quant à M. le chev. Acton, dites lui que deux ministres qui ne se connoissent pas ne peuvent pas se jurer une tendre amitié, mais qu’ils peuvent et doivent 71 Ghiaia, le 4 e le 17 avril 1785, e allegati. « D epuis mon retour de Paris de 1780, je crois pouvoir assurer que Baron de Talleyrand n’a vu personne qui lui ait parlé en faveur du système de la cour de Naples. Je suis sûr au contraire que tout soit réuni pour le prévenir contre ». Egli conta d ’incontrare l ’am basciatore (« parfai­ tement honnête, mais... foible ») per istrada o a Parigi, se questi non fosse ancora partito. « J ’ai déjà eu avec lui plusieurs conférences secrètes aux tiers avec Mad.e la Duchesse de Chartres, et au moyen d ’une lettre de Sa M ajesté pour cette Princesse [M arie-Louise Penthièvre d ’Orléans, la futura cittadina Égalité, era stata a Napoli, eminente personaggio della massoneria, nel 1776: D ’A y a la , I Liberi M u­ ratori cit., in Arch. cit., X X II, p. 624 sgg .], je crois de pouvoir répondre de réduire le Baron au parti de la Cour ». Q uanto al Breteuil, « Sa M ajesté connoit son caractère, et il est hors de tout doute que, flatté de voir qu’on s’adresse à lui, il remuera ciel et terre pour satisfaire aux désirs de la Reine ». Sarà soltanto neces­ sario che S.M. gli scriva di aver incaricato il latore dei dettagli che una lettera non può contenere. Perché la cosa non trapeli al Caramanico, egli fingerà di chie­ dere un permesso per la Toscana, e potrà giustificare la sua partenza da Pisa con una corsa a Parma, onde visitare il commendatore D e V irieu, suo parente. Confessa di aver da regolare a Parigi interessi pecuniari, ma più è spinto da un motivo « très puissant »: difendere, alla presenza del Vergennes, la sua reputazione, oggetto « des plus affreuses calomnies auprès du ministère de Versailles par les gens chargés ici des affaires de France, et cela uniquement parceque je n ’ai pas voulu épouser leur parti ». Contro il Pio propone, alla svelta, una sorpresa diretta a impadronirsi della corrispondenza tra il segretario della legazione napoletana a Parigi e il ministero degli esteri e ad aver così in mano le prove del tradimento consumato ai danni della corte. Durante la permanenza nella capitale francese eviterà di vedere il Pio, s’informerà dell’ora in cui questi è solito rientrare nell’abitazione, e, il giorno della partenza, gli piomberà in casa, carrozza e valigie pronte, con un ordine del re di consegnargli la corrispondenza ufficiale. « Je partirai sans lui laisser le tems de la réflexion, et je me rendrai à Pise sans perdre un instant ». Consigli di avventuriero, che la corte, come appare dal complesso dei documenti, non raccolse.

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s’estimer; assurez le donc de mon estime et demandez lui la sienne pour moi; dites lui que mes avis dans le Conseil du Roi tendront toujours à la modération et à l’harmonie entre nos Cours, et ajoutez lui que quand il naîtra quelque chose entre nous qui demandera éclaircissement, s’il veut s ’adresser à moi directement avec confiance, je lui répondrai sur le même ton et de manière à ce q u’il sera content de moi » , 72 I risultati di quella missione furono infatti soddisfacentissimi: de­ ciso il richiamo del Denon, del Saint-Didier, del Marianne, rispettiva­ mente incaricato d ’affari, console generale, viceconsole, la cui presenza nella capitale partenopea non era più tollerabile; chiarite le spinose que­ stioni che avevano avvelenato i rapporti tra i due paesi; ravvivate le spe­ ranze per una ripresa di trattative commerciali di vasto raggio; 73 spianato il terreno insomma all’intesa naturale e feconda. Né il Bressac ebbe a vin­ cere resistenze eccessive:' più duro il de Castries, fortemente prevenuto

72 Parme, le 11 juin 1785. E v. risposta dell’Acton, N aples, ce 18 juin: « ...C’est ainsi que le vrai et l ’honnête doivent à la longue triompher de la cabale et de l’im­ posture. Il falloit cependant bien en venir à une explication avec les dignes ministres que l’on avoit eu soin de prévenir de si longue main, et près desquels notre Cour (aussi mal servie dans cette partie que dans d ’autres) ne cherchoit point ou n ’avoit personne qui voulut les détromper... Je suis persuadé q u ’il [V ergennes] m ’accordera la continuation des mêmes dispositons qu’il veut bien me témoigner aujourd 'hui dès que j’aurai l ’honneur d ’être mieux connu de lui » (cfr. in D o c u m e n ti I, Acton a Vergennes, le 15 juillet 1785). E ancora (N aples, ce 25 juin): « la confiance q u ’excite toujours la bonne foi et l’honnêteté reprendraient ainsi la vigueur et la consistance qui convient et devroit être entre les deux Cours ». 73 Cfr. per queste soprattutto Parme, le 17 juin e M ilan, le 10 juillet. « V o u s voulez faire un traité de commerce, et par lui [Caram anico] vous réussirez diffi­ cilement » : così il Vergennes al Bressac. Il quale proseguiva: « je demandai à M. de Vergennes en quels termes il s ’étoit expliqué à cet égard avec M. de Caram a­ nico. L orsqu’il me l ’a proposé (me dit le ministre), je lui ai repondu de bonne foi que je pourrai et ne voulais pas l’amuser, que le dernier article du pact de famille portoit que les deux puissances contractantes, qui sont l ’Espagne et la France, ne traiteroient avec personne à l ’insçu l’une de l ’autre, que le Roi d ’ailleurs vouloit menager S.M .C. qui est ajourd’hui le plus ancien des souverains de Sa M aison; qu en conséquence il convenoit à tous égards que S.M .S. comunique au Roi son pere tout projet de traité; quand S.M .C. l’aura agré nous irons en avant. Je ne vous dissimule pas que la Marine y opposera de grandes difficultés; mais nous ta­ cherons de les applanir »; « si on ne peut ôter l’am bassade à Caramanico, on lui laisse manger chez nous ses appointemens le plus long tems possible et on envoye en France un chargé d ’affaire honnête homme et ayant la confiance, avec lequel on pourra traiter l’affaire du commerce ».

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contro Napoli, ma addolcito dalle arti di un abilissimo diplomatico come il ministro degli e ste r i;14 favorevolissimo il Breteuil; incoraggiante più del prevedibile il Vergennes. Il quale aveva già un suo piano, espresso in termini crudi al Talleyrand: « ou opérer la ruine de M. le chev. Acton, ... ou essayer de le gagner » ; 75 e adesso non poteva far di meglio che seguire fino in fondo la via che gli si apriva ricca di promesse. Né era insincero quando, buon conoscitore di uomini e della necessità di rimedi estremi, alla presenza di una realtà che gli si rivelava quale egli l’aveva intuita senza i foschi colori con cui l ’avevano presentata mal disposti informatori, diceva al Bressac: « pourquoi ne donne-t-on pas ce départe­ ment [degli affari esteri, tenuto dal Sambuca, che aveva alimentato i dis­ sidi con la Spagna] à M. Acton, s’il est telque vous le dépeignez, droit et franc? Ayant de l ’esprit, comme il en a, il y réussiroit... Quant à nous, vous nous connoissez mal: 76 je suis d ’avis que nous n’avons pas le droit de commander chez les autres, n’importe par qui Naples soit gouverné; pourvu qu’on ne nous cherche pas de mauvaises querelles, nous n’avons nulle raison de nous plaindre; et quant à l’Espagne puisque, comme j’en ai la certitude, vous êtes déjà brouillés avec elle, il vaut mieux l’être pour u « J e ne sais de quelle recette avoit usé M. de Vetgennes auprès du Maréchal, mais je le trouvai aussi doux qu’il avoit été bourru le jeudi précédent (Parm e, 17 juin); « le M aréchal, così il V ., n’a pas encore acquis le grand usage de traiter froidement les affaires; quand il en aura maniées comme moi pendant 45 ans il verra que la vivacité les gâte plus q u ’elle ne les accomode » (Turin, 27 juin). 75 Recueil, p. 122. Con quali mezzi? L ’ambasciatore sardo, che già qualche anno prima aveva fatto l ’elogio dell’onestà e del disinteresse del ministro della marina e della guerra ( « ses mains sont intactes, chose rare ici » : v. W . M a t u r i , La corte di N apoli nel 1782 vista da un diplomatico sardo, in Scritti storici, N apoli, Ricciardi, 1931, p. 33), avrebbe poi riferito il 1786 di un vano tentativo della corte di Francia di « attirare dalla parte sua il Sig. Acton » con l’offerta di una pensione segreta di 40.000 franchi (D u m a s e P e t r u c c e l l i D e l l a G a t t i n a , I Borboni di Napoli, X I, N apoli, 1866, p. 127). Testimonianza che però ci lascia piuttosto increduli, dati i rapporti di non più smentita correttezza e cordialità stabilitisi tra ambasciatore francese e ministro napoletano. 76 Nello stesso incontro il V. aveva dichiarato al B. « q u ’il savoit que nous étions persuadés à N aples que la France animoit l’Espagne contre nous, mais que dans la vérité c’étoit tout le contraire, que cette puissance se plaignoit continuel­ lement de nous, et q u ’ayant cherché à connoître leurs griefs, il n’avoit pu y par­ venir, soit qu’on fût embarassé de les déduire, soit... q u ’on veuille en faire un secret. Il me parla de M. de Florida Bianca comme d ’un homme vif, emporté et attaché à son opinion, mais comme ayant le plus grand crédit auprès de S.M .C. ». Parme, le 17 juin 1785.

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quelque chose que pour rien; tant que vous aurez M. de Sambuca la breche s ’élargira toujours; son successeur au contraire travaillera à vous raccomoder et finira par y réussir » . 17 77 D a Parma, l’i l giugno il B. così riferiva di un suo colloquio col V .: « C o m ­ ment se fait-il que depuis 11 ans que je suis ministre ,nous n’ayons jamais pu avoir à Naples la plus legère satisfaction sur rien? M. de Sam buca proteste que ce n’est pas sa faute et que c’est M. Acton qui s ’oppose à tout ce qui nous est agréable. Il n ’y a que 3 ou 4 ans (repris je) que M. de Sambuca a trouvé M. Acton en oppo­ sition à ses vues particulières, il y a eu 5 à 6 ans du crédit le plus absolu, pendant tout ce tems là il ne vous traitoit donc pas comme il voudroit vous traiter au­ jourd’hui... ». Pochi giorni dopo, il 27 da Torino, avrebbe aggiunto sul Sambuca e sulla sua eventuale sostituzione agli esteri i seguenti interessanti particolari tratti da altro colloquio, questa volta col Breteuil: « il m ’a dit que lorsque, quittant l’am bassade de N aples, il dit au Roi q u ’il espéroit aller à Vienne, S.M . lui ré­ pondit: Vous verrez là le meilleur de mes serviteurs, Sambuca-, je ne puis mieux vous le dépeindre qu’en le comparant à Gravina; qu’arrivé à Vienne il jugea ce fidel serviteur tout ce q u ’il est aupourd’hui, et que l ’Impératrice lui ayant demandé un jour ce q u ’il pensoit de Sambuca, il avoit répondu: Ce que V.M. en pense sûrement E lle même et ne me dit pas. N ous n ’avons pourtant que lui pour rem­ placer Tanucci, reprit S.M .I. ...Il m ’a ajouté qu’il tient de feu Mgr... [parola illeg­ gibile] que Sambuca lui a fait entre quatre yeux l’honnête proposition d ’accomoder pour une somme d ’argent et quelques dignités pour ses fils abbés toutes les affaites de Rome. Son opinion donc est q u ’il faut s ’en débarasser au plus vite, mais non le remplacer par Caracciolo. Je vous recommande de dire de ma part à la Reine et à M. Acton que je connois à fond Caracciolo, que c’est l ’être le plus am bitieux et le plus intriguant qui existe, et q u ’enfin j’aime mieux l’âme de Galiani que la sienne; il sacrifiera tout pour perdre M. Acton et d ’ailleurs il sera vendu au M .al de Castries ». N on sono questi i soli giudizi su uomini politici napoletani espressi al Bressac dai ministri francesi. Il Breteuil « connoit N aples comme s’il l’eût quitté hier... Il dit que V .E . ne fera jamais rien de la noblesse napolitaine, quelque peine q u ’elle se donne... Il m ’a demandé quel degré de confiance vous accordiez à G aliani; je lui a repondu que je croyois que, comme lui et moi, V .E . le regardoit comme un homme sans meurs, sans principes et sans morale, mais comme un sujet instruit et qui pouvoit être utile en le tenant en bride; q u ’au surplus ses facéties quelque­ fois vous aidoient à digérer. Il m’a dit que telle étoit l’opinion q u ’il en avoit lui meme ». Contrastanti soprattutto i giudizi sul Caracciolo: « il [V ergennes] ne me parut pas faire cas de la morale ni des principes de M. de Caracciolo, qui d ’ail­ leurs, ajutat — il, est aimable en société ». N e era invece sincero ammiratore il ministro della marina: « N o tre entretien finit par l’éloge de M. de Caracciolo, qui me paru fort lié avec M. de Castries; et je le poussai un peu à cet égard pour vérifier ce que m ’avoit dit M. de Breteuil » (ivi). Il Bressac recitava così la sua parte di « fedelissimo » del suo superiore, non tralasciando pccasione per secondarne l’ambizione di cui lo sapeva fornito. Non sembra però che l ’Acton accogliesse sempre con buona grazia tali cortigiane prof-

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Il riconoscimento del diritto di Napoli al rispetto effettivo dell’indi­ pendenza politica era stato ripetutamente espresso,78 e il Bressac poteva partire contento. Raggiunse la corte a Colorno, nel ducato di Parma, si ricongiunse al seguito reale e continuò a mandare al ministro un interessante docu­ mentario delle maggiori e minori cose che cadevano sotto i suoi occhi: miserie morali degli uomini che avevano accompagnato i sovrani, legge­ rezze e condannevoli impazienze della regina,79 dispetto del granduca per ferte. E una risposta del B. (M ilano, 10 juillet) lascerebbe trasparire un sorriso d ’incredulità del ministro napoletano: « Je n ’ai pas pu répondre par le dernier cour­ rier... à la lettre dont V .E. m ’a honoré le 2. Ce que je lui ai mandé par rappott aux am bassadeurs du R oi, pour être étonnant n’en est pas moins vrai. Je n’ai ja­ mais eu rien à démêler avec M. de Caramanico, et je n’aurois nulle raison de chercher à lui nuire » (e per i rapporti Acton-Caramanico nel periodo in cui quest’ultimo fu viceré in Sicilia, cfr. P o n t ie r i , Lettere del marchese Caracciolo cit., Appendice, in Arch. Stor. N ap., N .S. X V III, p. 279 sgg. V. soprattutto n. 2 a p. 279 circa « l ’importanza di questa corrispondenza [tra A. e C .] ...sempre in­ spirata a reciproca cordialità, onde, nonostante il suo carattere burocratico, potrebbe contribuire a dissipare molte leggende sulla pretesa rivalità che avrebbe diviso codesti due importantissimi personaggi del mondo politico napoletano degli ultimi decenni del Settecento »). Anche del re si era parlato in quegl’incontri: « il me parut qu’il [d e Castries] jugeoit le Roi d ’après le portrait q u ’on lui on avoit fait, un être insignifiant qui n ’avoit point de volonté à lui; et je le d é sab u sai» (17 giugno). 78 V. ancora, Parme, le 14 juin: « Quant à S.M ., je la... peignis comme la plus tendre des mères; ses enfans, lui dis-je, sont Bourbons; comment la Reine peut elle être im périale? Je crois que S.M ., persuadée de la vérité que vous venez, M „ de me présenter [il pericolo delPimperialismo austriaco], ménage l ’Empereur, parce que le seul système qui puisse nous sauver dans un embrasement général c ’est celui de la neutralité la plus exaxte, et nous ne pouvons l’obtenir qu’en cares­ sant S.M .I. C ’est, me répliqua le ministre, tout ce que vous pouvez faire de plus sage dans votre position. Si ce système est vraiment celui de votre cour ex­ hortez la à le suivre; croyez que, quant à moi, je suis loin de vouloir faire com­ mander le R oi de France à Naples. Je sais que tous les souverains sont maîtres chez eux; je désire seulement voir cesser les dissentions entre des princes de la même maison, qui ne doivent pas se quereller sans cesse pour des reptiles. Je n ’épouse point des personalités, que ce soit M. Acton ou un autre qui gouverne N aples nous n’avons pas droit de nous en mêler... ». 79 « ...L’illustre et lazaron Carafa s ’est agrégé à sa suite [del re] et joue l’homme d ’importance; Ottobono en fait autant, et la belle princesse de Belmonte désesperée q u ’ on s ’ aperçoive q u ’elle approche de la cinquantaine assure tout le monde que par des intrigues de cour la Reine n ’ayant pu la nommer du voyage, lui a ordonné de la suivre, ne pouvant se passer d ’e lle ...» (17 giugno); « e n vérité 92

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il sospettato avvicinamento franco-napoletano.80 Sono, quelli concernenti l’ultimo punto, accenni preziosi: l’Austria avvertiva a ogni passo la du­ rezza della lotta per il compimento del suo piano egemonico in Italia.

LL.M M . sont à plaindre de n ’être entourées dans leurs voyages que d ’automates aussi méchans q u ’ils sont bêtes: le Belmonte le plus rusé et le plus adroit d ’entre eux est aussi le plus dangereux; sa femme qui ne quitte pas les talons de la Reine est de toutes le créatures de son sexe la plus infernale; tout cela est Sam­ buca jusque dans la moelle des os; et au lieu d ’aider à rapprocher l ’am bassadeur, je suis sûr qu’on l ’a éloigné [allude a un incidente provocato da Talleyrand, di cui in lett. del Bressac al Vergennes del 17 giugno]. Si l’on ait eu au contraire un homme sieur, ayant le sens commun à lâcher aux trousses de cet homme là, on en auroit fait ce q u ’on auroit voulu, et au fond si on aime mieux vivre sans tracasseries avec une cour qui vraiment n’en désire pas, il jaut un peu y mettre du sien surtout quant il ne s ’agit que de politesses... » (10 luglio). E quanto femminile ripicco, quanto oblio del proprio decoro, quanta povertà morale fosse nella regina confermano ancora queste pagine. Giunto appena a Livorno, prima di partire per la Francia, l ’informatore ha già scritto: « S.M . m ’a dit... q u ’ elle vouloit voir tous les amis du général [A cton] malgré ce q u ’on pourroit en dire; q u ’au Japon et partout elle seroit toujours l’amie du général » (9 maggio). E adesso aggiunge: « M.me de Belmonte par malice ayant mis S.M. sur le chapitre de M. de Talleyrand et faisant exprès un éloge outré de cet ambassadeur, S.M. fit en publique et à table une sortie cotro lui que la Belmonte se fit un plaisir le soir de raconter devant moi. Hier je ne pus me retenir et j ’en parlai à la Reine; je lui exposai avec ma franchise ordinaire q u ’elle gâteroit toujours ses affaires à force de parler, que les épigrammes étoient inutiles en affaires et déplacés dans un tems où la France se conduisoit avec Elle comme elle vient de le faire; qu’il falloit se raidir contre cette puissance comme contre toutes les autres quand elle seroit injuste, mais q u ’aujourd’hui ce n ’étoit pas le moment; qu’enfin des querelles produites par des riens troubloient la tranquillité de V .E . à laquelle elle s’intéressoit si fort... Mon sermon, peut-être trop hardi, fut bien reçu: S.M . me promit d ’être discrète et me chargea de mander à M. le Talleyrand qu’elle lui donneroit avec plaisir une audience à Son arrivée. D ieu veuille que S.M . se souvienne de la première partie de sa promesse » (3 agosto); « S.M . s ’élance avec sa franchise ordinaire, ce qui ne peut produire q u ’un mauvais effet: j ’ai pris la liberté de le lui dire. L ’autre jour encore au bal m asqué j’ai eu l’honneur de lui parler longtems et S.M. pestoit contre tout le monde; je lui ai représenté que ce n ’étoit pas le lieu de parler affaires, que la moitié de Florence espionnoit l ’autre; elle m ’a repondu qu’elle n ’en pouvoit plus, que la mesure étoit comblée et q u ’au moins sous la m asque elle vouloit avoir la liberté de dire ce q u ’elle pensoit. Je vous assure, Monsieur, que j ’étois sur les é p in e s» (18 agosto). 80 « M. le G . [ran d] D [uc]... me prit pour un écolier de sixième, et me fit sur mon absence de Livourne [durante il viaggio in Francia] des questions si ridicules que je vis que S.A.R. vouloit s’amuser à mes dépens. Je lui répondis froi­ dement à tout, ce qui ne le satisfit pas; il s’est donc plaint à la Reine et lui a

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Così il terreno che il nuovo ambasciatore francese si preparava a battere era sostanzialmente più solido di quanto le esteriorità permettes­ sero di vedere. Più che ricorrere ad accorgimenti volti a secondare il mu­ tevole animo della donna che pretendeva imporre una sua politica perso­ nale, più che tentare vie traverse, valeva tenere nel debito conto e ri­ spetto lo sforzo di tutta una generazione di dare all’organizzazione sta­ tale vigoria, dignità, indipendenza. Ciascuno a modo suo, gli spiriti meno sonnolenti vi avevano concorso. Quanto invece fosse lontana la mentalità dominatrice francese dal comprendere ciò, proverebbe quella specie di rancore pronto a esplodere ad ogni passo, negli ambienti ufficiali, contro uomini come il Galiani, già raccoglitore di larga messe di ammirazione nei salotti parigini, cui pure non si sarebbe potuto rimproverare altro, nell’esame dei rapporti tra i due stati, che una vigile difesa degl’interessi politici ed economici napoletani.81 « I l [A cton] n’a daigné faire aucune de ces avances qu’un dit que je m ’étois donné les airs de jouer avec lui le petit am bassadeur. ...LL.A A .R R . furieuses de notre raccommodement avec la France essayent de souffer de nouvelles discordes en farcissant la tête de S.M . de mille choses dépourvues non seulement de vraisemblance, mais encore (j’ose le dire) de sens commun; il me tarde bien de nous voir hors de cet e n fe r...» (13 agosto); « M. le G .D . furieux de notre raccom­ modement avec la France affecte de me m arquer son courroux en cherchant à m ’humilier tant qu’il peut; mais, comme je ne fais q u ’en rire, dût-il m ’exiler de ses heureux états, cela ne remplit pas son objet; mais il travaille toujours de concert avec M.me la G .de D .sse à aigrir S.M .; ...je tâche d ’y mettre le contrepoison... C ’est exactement un enfer... » (27 agosto). Quanto alle discordanti voci che sui rapporti tra il granduca e l’Acton cor­ revano in Toscana il B. era in grado di riferire: « M. de D urfort [m inistro di Francia a Firenze] m ’a montré une dépêche qu’il écrivit à M. de Vergennes il y a environ huit mois, relativement à l’idée qu’on avoit en France que vous étiez, M onsieur, l’homme du Gr. D uc à N aples. Ce ministre mande que dans le pays où il est il y a deux versions, l’une pour et l’autre contre; qu’ayant cherché à s ’appuyer de faits, il a trouvé que S.A.R. a mis un embargo sur la commanderie de V .E ., que ce Souverain lui a refusé la petmission de porter la croix de M alte; que tout cela ne paroit pas annoncer de la part du G .D . une protection bien dé­ cidée » ( 18 agosto). 81 V., ad es., adesso le sue inedite « Considerazioni sul trattato di commercio tra il Re e il Re Cristianissim o » e le ancor sue « N otes au pacte de Fam ille » in G . M . M o n t i , La dottrina dell’abate Galiani sulla neutralità e l’adesione di Ferdi­ nando IV alla lega dei neutri, Milano, I. S.P .I., 1942, pp. 3-9 (lo stesso M o nti ha curato l ’edizione del galianeo D ei doveri dei principi neutrali, Bologna, Zanichelli,

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homme comme lui né en France et d ’un état si inférieur, devait au M i­ nistre de Sa M ajesté »: è ancora il Bernis che parla nel suo viaggio a N ap o li.82 Ma il barone di Talleyrand parlera e agirà diversam ente.83 Contemporaneamente cambia e s ’invelenisce il linguaggio dei principi lorenesi. Non sappiamo quanto avesse Giuseppe I I trovato l’Acton propenso ai suoi piani il 1 7 8 4 ;84 ma è probabile che il ricordo dei frequenti col1942, non più ristam pata dopo l’edizione anonima del 1782). E cfr., ancor ivi, pp. 26-27, l’eloquente chiusa di un suo parere in data 20 marzo 1783 sul trattato di adesione della monarchia siciliana alla lega dei neutri bandita dalla zarina: « A me sembra di ottim o augurio alla V ostra nascente marina, onorevole per l’ugua­ glianza e decoroso, e non so vedervi giusta causa d ’adombramento..., dapoiché non riguarda il caso generale d ’ogni alleanza o guerra, ma solo il caso di dover far causa comune in sostegno d e i'd ritti de’ neutrali. D ritti sacri, eterni, veri... ». Il che potrebbe richiamarci alla memoria altre parole uscite dalla sua penna anni prima, quando nei primordi del regno di Ferdinando era tratto a deplorare da Parigi la servile dipendenza da Spagna (Carteggio dell’ab. Ferd. Gallarti col Marchese Tanucci, in Arch. Stor. lt., s. I l i , t. IX , p. 26), o, all’opposto additava, poco dipoi, le vicine coste d ’Africa al giovane espansionismo meridionale (e cfr. in proposito M a r e s c a , L a marina napoletana nel sec. X V I I I cit.). Cose che ci aiutano a spie­ gare il supremo disprezzo del Bernis « pour les bouffonneries de ce petit person­ nage », ostilità che il M a s so n (pp. 407-8) è proclive a dividere con asprezza di termini. Nelle istruzioni al Talleyrand è poi dato leggere: « I l y a quelques subal­ ternes à Naples qui méritent d ’être observés, entre autres l’abbé G aliani, qui aspire à jouer un rôle et croit se faire un mérite en s ’opposant de tout son petit pouvoir à ce qui intéresse la France ». Recueil, p. 123. M a, almeno per le molte cautele imposte da un trattato di commercio con la Francia, il Galiani che col consueto acume le suggeriva era in eccellente compagnia: fin dal 1766 il Genovesi, inter­ rogato in proposito dal governo, aveva espresso parere nettamente sfavorevole ad accordi del genere (C. B a r b a g a l l o , Antonio G enovesi economista, in Rass. Stor. Salernitana, V . (1944), p. 30). Infine anche il suo richiamo dalla legazione di Fran­ cia nel 1769 (sul quale G . F e r r a i o l i , Un fallo diplomatico dell’ab. Galiani, in Arch. Stor. Nap., V, 1880) torna ad onore del patriottism o e dello zelo intelligente dell’abate napoletano (e v. in proposito N i c o li n i , Am ici e corrispondenti cit., in Arch. cit., pp. 238 e 241). 82 M a sso n , p . 408. 83 I m b e r t

de

S a in t -A m a n d , p . 41 sg.

84 In tale occasione il Denon aveva scritto: « O n ne sait rien de ce qui a pu s être traité avec l’Em pereur dans ses conférences avec M. Acton; mais de tous les ministres ce prince n’a recherché que lui, et la conduite de ce dernier pendant son séjour a produit ici des effets bien contraires, celui de lui donner dans un parti la réputation d ’un homme de génie et vraiment digne des grandes idées de 1 Empereur, et, dans l ’autre, de le rendre suspect et de le faire traiter ouvertement

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loqui che passarono allora tra di essi allarmò, come abbiamo visto, il mi­ nistro di Ferdinando IV , quando egli sospettò che il suo re potesse tro­ varsi solo a lungo esposto ai raggiri di uomini a lui superiori sotto tanti rispetti. Certo finché il centro, almeno apparente, della contesa tra Ma­ drid e Napoli fu l ’Acton, i fratelli della regina furono d ’accordo nel so­ stenerlo, e soltanto temevano che un atto di debolezza del reai cognato o un momento di stanchezza del ministro dessero col suo allontanamento la temuta vittoria al partito spagn olo.85 Frattanto i rapporti MadridVienna peggioravano rapidam ente.80 Ma dall’ ’87 c’è un’asprezza nuova negli apprezzamenti dell’impera­ tore e del granduca sulla sorella: comincia sistematico l ’attacco al ministro che ne dirige la politica. « Il n’y a rien à faire dans ce pays-là, ni avec Je Roi, qui ne se soucie de ce qui arrive, ni avec la Reine, qui agit par boutade et n’a confiance en personne. Est-il croyable que, vu les sentimens qu’elle et le Roi et leur Acton manifestaient au sujet des Français, ils aient changé du tout au tout, et que ce sont eux qui, les soufflant de conseils et leur faisant bonne mine pour les attirer et sacrifier, les dirigent et leur inspirent même défiance de nous... Cela est pitoyable, et il faut les abandonner à leur propre sort ». Così scrive l’imperatore il 25 gen­ naio. Da Firenze gli fa eco il granduca nel dicembre: « La Cour et le général [A cton ], qui n’est pas aimé, sont entièrement entre les mains de la France, qui les flatte infiniment, et quoique la Reine assure q u’elle ne se fie pas et ne défère pas aux conseils de cette Cour, tout les faits prouvent le contraire; on la flatte de donner à son temps ses deux filles en mariage au Duphin et au comte de Normandie, ce qui la flatte infi­ niment. Les officiers français vont commencer à remonter leur militaire dans toutes ses parties, et quoique j ’ai plusieurs fois touché l’article de ces officiers dans mes lettres à la Reine, elle ne m’a jamais répondu sur

de traître et d ’homme vendu aux ennemis de la maison regnante ». I m b e r t

de

S a jn t -A mand , p. 32.

85 Joseph I I u. Leop. v. Toscana, I , pp. 226, 260, 2 9 6 , 303-5, 312, 314. 86 « La haine implacable contre la maison d ’Autriche » del Floridablanca, come la vedeva da Vienna G iuseppe, « la haine qu’il témoigne pour notre famille et q u ’il a su inspirer au Roi dans les affaires de Parme et de Naples », come l’avvertiva dalla Toscana Leopoldo induceva l’imperatore a scrivere nel giugno ’86: « tant que ce gueux sera tout-puissant en Espagne, il faut regarder cette puissance pour ennemie, et par conséquent contrecarrer tous les avantages les plus éloignés qu’elle pourrait se procurer », Ivi, I I , pp. 19, 23, 28. 96

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ce point ». Nei mesi successivi incalza: « Acton... est tout à la disposition de la France, croyant en avoir besoin pour se soutenir en place » ; « lt général Acton..., se voyant assuré du côté du Roi et appuyé par la France, entre les bras de laquelle il s ’est entièrement jeté, va plus rarement chez le Reine, la contredit souvent, l ’affecte, et même anime souvent sous main le Roi à la contrarier »; « le général Acton... fait tout son possible près du Roi et de la Reine, pour les animer contre Thugut et le culbuter » . 87 Questa dell’ambasciatore imperiale a Napoli era diventata anch’essa una questione grossa. E le frequenti sostituzioni in quella legazione co­ minciavano a somigliare al rinnovarsi della disgrazia di generali succes­ sivamente piegati dalla impreveduta tenacia delle posizioni avversarie. Valeva molto quel baluardo mediterraneo serrato da Vienna e da Ver­ sailles, ma valeva anche qualcosa, e certo più di quanto a prima vista non fosse lecito sospettare, la difesa, insidiata pur dall’interno, posta a guardia di esso. Così era stato travolto il Lam berg88 nel 1784; ma il Richecourt, inviato con molte speranze da parte dell’imperatore a sosti­ tuirlo, era già al termine del secondo anno esautorato.89 Allora avanzò verso Napoli un uomo veramente ferrato, destinato a posti di maggiore altezza nei momenti di difficoltà estrema che atten­ devano la monarchia austriaca. Il barone di Thugut non era un diplo­ matico improvvisato: da Varsavia a Parigi aveva misurato la vastità dei

87 Ivi, I I , pp. 67, 153-54, 161, 166, 173-74. 88 Sull’avversione per l’Aclon del conte Lam berg cfr. G orani , I, p. 287 sgg., che lo ammirò come « l ’ame la plus noble » tra gli ambasciatori inviati a Napoli dalla corte di Vienna. Nella corrispondenza dell’incaricato d ’affari toscano Bonechi (A .S.F., E st., 2337) è traccia del fastidioso tono assunto verso il rappresentante del granduca, nella gelosa tutela degl'interessi austriaci, dal ministro imperiale e lasciato quasi in retaggio ai suoi successori [cfr. qui p. 4 8 ]. 89 « Les affaires qui pourraient se rencontrer un jour dans ce pais là [N apoli] et surtout l’intéressante personne de la Reine, qui quoique remplie d ’esprit et de bonne volonté a néanmoins besoin de quelqu’un qui puisse L u i donner de bons conseils », avevano portato alla prima di quelle sostituzioni. A G iuseppe I I il ge­ nerale conte di Richecourt, in possesso della lingua italiana, « fort connu et même ami de M .r d ’Acton », parve « réunir toutes les qualités pour bien remplir ce poste » (Joseph I I , Leopold I I u. Kaunitz, pp. 164-65). M a al principio dell’ '87 quel•1 uomo già « sage et froid » s ’era cacciato in tali strette che l ’avrebbero privato della fiducia del sovrano e della carica (Joseph I I u. Leopold v. Toscana, I I , pp. 66, 70. E cfr. H e l f e r t , pp. 82-84).

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compiti della monarchia che serviva in un’esperienza larga e diretta di cose d ’oriente e d ’occidente.90 Giuseppe II era convinto della felicità della scelta, quando nel marzo ’87 scriveva di lui al fratello: « il y sera très-propre et on ne se moquera pas de lui. Il pourra aussi donner de bons conseils à la Reine, si elle veut l’écouter, puisqu’il a et esprit et connaissances » . 91 D al nuovo posto di combattimento il Thugut mandava all’impera­ tore il primo dispaccio il 9 dicembre 1787. E già dalle due udienze con­ cessegli dalla regina, a leggervi a fondo, non era agevole trarre fausti auspici. La relazione dell’ambasciatore cesareo diluiva quanto avrebbe detto al fratello di lì a qualche giorno il granduca di Toscana, al solito bene informato. Larghe profferte di amicizia da parte di Maria Carolina, che gli ha detto « à différentes reprises qu’Elle n’avoit ni auroit jamais le coeur françois, que le Roi quoiqu’issu de la maison de Bourbon étoit cependant également très éloigné d ’avoir aucune prédilection pour la France, ... qu’Elle ne se permettoit aucune confiance réelle dans la Cour de Versailles, qu’Elle ne perdoit jamais de vue le danger de ses artifices, et qu’enfin toutes les liaisons et celles du Roi avec la France se bornoient aux égards de bienséance, que l’étroite parenté exigeoit de la cour de Naples ». Espressioni promettenti, ma che non riuscirono a celare la reale si­ tuazione all’accorto diplomatico, che dopo qualche abile giro di parole aggiungeva con franchezza: « je ne dois pas chacher à V. M .té que les apparences et la persuasion de beaucoup de personnes, à portée d ’être bien instruites, y sont contraires et se réunissent à constater le danger des efforts que la France fait pour se procurer dans cette cour une in­ fluence prépondérant ». E il giuoco dei maritaggi francesi non sarebbe stato senza influsso sulla tenerezza materna della regina. Bisognava stare in guardia dunque, e « si les sentiments de la Reine avoient encore besoin d ’être rectifiés à des certains égards, les conseils de V. M. et les réflexions q u’Elle daignera continuer de lui présenter seraient le moyen le plus efficace pour opérer ce bien ». Poco gradevole dovette riuscire anche all’ambasciatore austriaco il

90 Su di lui A. V on V iv e n o t, Thugut und sein politisches System, Wien, K .K . Hof-und Staatsdruckerei, 1870. Breve cenno biografico in Correspond, intimes de l'Em p. Joseph l i , p p , 58-59. 91 Joseph I I u. Leop. v. Toscana, I I , p. 73.

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tono reciso con cui M aria Carolina parlò della contesa spagnola e del ministro Acton, di cui tessè l ’elogio, quasi a far intendere che in quelle faccende, gelose faccende di casa, non avrebbe permesso che altri met­ tesse mano. Una cosa intanto era certa: l ’Acton, nonostante la presenza del Caracciolo nel consiglio di stato, disponeva già « presque arbitraire­ ment de toutes les affaires de ce Royaume » . 92 Ma certo l ’accorto e pugnace austriaco non poteva prevedere allora che a distanza di soli pochi mesi quella sua missione sarebbe stata già quasi un fallimento, riconosciuto ufficialmente dallo stesso suo signore, quando questi s ’indusse a scrivergli da Futak il 12 aprile dell’ ’88 tra sde­ gnoso e rassegnato. « . . . A ce mal il n ’y a pas de remède, car il prend sa source dans le moral et en grande partie dans le phisique de la Reine. Ce serait peine perdue de la vouloir conseiller, et je suis très décidé, par l ’expérience que j ’ai faite, de me borner simplement aux compliments d ’amitié, et de ne lui plus parler d ’affaires, par la raison qu’elle ne fait jamais usage de mes avis, et que généralement elle ne veut plus le soir ce qu’elle désirait le matin. Je vous conseille... d ’agir de même et de vous mettre fort sur la réserve, car je sais très-positivement que le Roi a été prévenu contre vous, qu’il croit que vous contrecarrez ses arrangemens militaires, q u’en instigant d ’autres vous faites l ’impossible pour décrier Acton et diminuer son crédit, que c’est vous qui mettez la zizanie entre lui et la Reine... Vous avez trop d ’esprit pour ne pas trouver cent occasions de convaincre le Roi du contraire, et d ’engager la Reine de se joindre avec vous toujours au parti le plus en crédit, par là vous devien­ drez le confident de tous et serez regardé comme leur partisan. Je sens que peut-être le bien ne se fera pas, mais au moins vous serez informé du courant, et à même de donner à la Reine des conseils propres à se tranquilliser, ce qui m ’importe plus que la prospérité du Royaume de Naples, dont il n ’y aura sans cela point de parti à tirer, tant que les choses y existent sur ce pied » . 93 Ma in realtà quell’ambasciata sarebbe durata ancora poco più di un anno, un anno inglorioso, tra difficoltà non piegate in un momento in cui 1 Europa riprendeva le armi in una zona dove l ’atteggiamento napo­ letano doveva essere preso seriamente in considerazione. L ’avrebbe chiusa un dispaccio triste e scolorito del 9 giugno ’89 dell’ambasciatore, che 92 H e l f e r t , pp. 130-132.

93 Joseph 11 u. Leop. v. Toscana, I I , pp. 174-75. C fr. H e l f e r t , pp. 93-94.

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ribadiva per l’ennesima volta l ’opposizione dell’Acton alla politica austria­ ca. 94 Giuseppe I I , giunto al termine di un’esistenza travagliata, dovette ripetere in cuor suo quanto aveva scritto al fratello due anni e mezzo prima: « Il n ’y a rien à faire dans ce pays-là » ; e lasciò la legazione senza titolare. Colui cui sarebbe stato, non per brev’ora, affidato il disbrigo degli affari a Napoli, il segretario di legazione Hadrava, era veramente un uomo da nulla, « une si pauvre espèce », e non soltanto a giudizio dell’imperatore, che due anni prima non l ’aveva nemmeno reputato ca­ pace di agire in sott’ordin e,95 e valeva soltanto a testimoniare con la sua presenza nella capitale partenopea che l’offensiva austriaca, sbollita nel nulla, era rinviata sine die. Così Napoli si era messa in linea con gli stati della Penisola più guardinghi e gelosi della propria indipendenza politica nel chiedere a Versailles una sostanziale protezione di quella « libertà » italiana che Vienna minacciava di sommergere nel suo inesausto sforzo imperialistico; e la crisi in cui sarebbe entrata la sua politica estera, così come ad altri sarebbe toccato, Piemonte, Genova o Papato, sarebbe per tanta parte de­ rivata dall’improvviso franare di quel sostegno d ’oltralpe. Lentamente, ma sicuramente oramai la via era scelta. La meta sarebbe poi svanita entro i bagliori della Rivoluzione, che con l ’equilibrio interno avrebbe travolto il complesso dei rapporti internazionali. Era difficile che all’intuito austriaco sfuggisse la precarietà delle po­ sizioni francesi a Napoli, raggiunte senza eccessive difficoltà, nell’ambito di una situazione generale fattasi oscurissima a V ersailles.96 Ma per il momento sarebbe stato uno sprecare energie mantenere in quell’amba­ sciata un uomo di forti risorse. Nei brevi mesi in cui si erano trovati di fronte nelle rispettive legazioni, come in due fortilizi, i due baroni, l’austriaco e il francese, quest’ultimo aveva, nelle piccole come nelle 94 H e l f e r t , p p . 134-35. ® Joseph I I u. Leop. v. Toscana, I I , p. 73. Sulla scadente e volgare figura di N orbert H adrava curiosi particolari in S. D i G iaco m o , Ferdinando IV e il suo ultimo amore, Palermo, Sandron, s.a., pp. 7-9, 16 (dalle memorie di lady Craven per buona parte). N ella corrispondenza dell’Acton col G allo è deplorata la « pe­ tulanza e... nessuna sperienza » dell’inetto e grossolano incaricato di affari austriaco (A .S.N ., E st., f. 69, N apoli, 11 settembre 1790). 96 « L ’impuissance totale de la France pour à présent et peut-être pour bien des an n é e s» (Leopoldo a G iuseppe, 18 maggio ’89: Joseph I I u. Leop. v. Toscana, I I , p. 248) è motivo che circola entro le corrispondenze austriache di questo anno.

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grandi cose, riportato la palma. Non si era più trattato di ripicchi o di pettegolezzi di corte: erano entrati in giuoco interessi fondamentali. Tra­ scurabile cosa qualche incidente per la posta di Costantinopoli, ma fo­ riere forse di novità più amare le fatiche degli ufficiali francesi o devoti a Francia, destinati a rimodernare dalle basi l ’esercito delle Sicilie, pre­ posti a funzioni di comando, tenacemente sostenuti dal ministro « stra­ niero », nonostante le formidabili opposizioni locali, incoraggiate a volte dalla stessa regina.87 In campo politico, nel riardere della guerra in Oriente, gli allettamenti della cancelleria austriaca avevano trovato un’ac­ coglienza riservata presso il Caracciolo e l’Acton, mentre le grandi fatiche del Thugut, volte a guastare irrimediabilmente i già scossi rapporti tra Venezia e Napoli con insidiosi incoraggiamenti a violenze territoriali o a compromettere le relazioni tra quest’ultima e la Porta con larghe pro­ messe di acquisti, finanche il possesso di Costantinopoli per un cadetto si­ ciliano, non erano state prese neppure in considerazione, « carte géographique sur table ». L ’aprile ’88, negli stessi giorni in cui Giuseppe I I era costretto a riconoscere col Thugut l’avversa piega che aveva presa per lui la battaglia napoletana, l ’ambasciatore francese, allontanandosi da quella capitale, poteva dire al suo ministro degli esteri cose assai soddisfacenti sulla sua missione. Tempra morale assai diversa dal nipote, il celebre vescovo d ’Autun ministro di più sovrani e di più regimi, il barone di Talleyrand-Périgord non avrà inviato poi, al termine di un’ambasciata

m Per la posta turca e il relativo incidente Talleyrand-Thugut, S c iu p a , pp. 13940, 267-68, 270-74. L ’opera degli ufficiali francesi a N apoli, e soprattutto dell’oriun­ do svizzero maresciallo Rodolphe de Salis-Marchlins, in S im io n i , I, pp. 48 sgg., che a L ’esercito napoletano dalla minorità di Ferdinando alla repubblica del 1799 aveva già dedicato, in Arch. Stor. N apol., n.s. V I (1920), un diffuso studio. Il Salis fu a Napoli, « ispettore generale di tutta la truppa », dalla fine dell’87 al no­ vembre ’90, un periodo di riforme militari nettamente distinto dall’altro che segui, austriaco, contrassegnato dalla venuta dell’ungherese von Zehenter, che tra ’93 e ’94 avrebbe ricoperto, con capacità di gran lunga inferiore, la stessa carica ( S im io n i , L ’esercito, in Arch. cit., p. 303 sgg.; e cfr. A ustria e Governi d ’Italia nel 1794, a cura di G . N uzzo, Roma, V ittoriano, 1940, p. 190). M a poco mancò che gli ostacoli frapposti al franco-svizzero generale non portassero al suo ritiro fin dai primi mesi del suo soggiorno napoletano. Per un clamoroso incidente provocato durante una festa a corte la sera del 4 febbraio ’88 dalla regina, per la parte avutavi dal Bressac (ma è falso che vi avesse comunque mano il Talleyrand), cfr. ancora S im io n i , Le origini, I, pp. 53-54; L'esercito, pp. 103-4; Joseph I I u. Leop. v. Toscana, I I , pp. 166-68, su cui è, al solito, intessuta la narrazione di H e l f é r t , pp. 90-92.

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troncata dalle dimissioni, la relazione che le istruzioni ricevute gli avevano prescritta, in momenti tanto meno agitati, il 1 7 8 5 ;88 ma il « rapport » steso nella prima metà dell’ ’88 è un annunzio sicuro di v itto ria.99 Un mese prima, il 10 marzo, Pietro Leopoldo di Toscana ha inviato al fra­ tello una notizia sintomatica con l’amaro nella bocca: « Je viens d ’ap­ prendre que le général Acton a donné des ordres à tous les ports du royaume de Naples, et surtout au Viceroi de Sicile, pour ne pas admettre dans les portes plus de trois vaisseaux de guerre russes à la fois, et pour ne pas y permettre d ’armemens d ’aucune espèce, pour difficulter à leurs armateurs les équipemens, et surtout aux Grecs et Albanais, et enfin pour empêcher, sous main et sans paraître, tout ce qui peut regarder les armemens maritimes, lettres de marque, et on croit que tout cela provient de ses relations intimes avec l’ambassadeur de France, qui dit publique­ ment que la France laissera affaiblir par deux campagnes les Cours Im ­ périales, pour venir ensuite leur dicter la loi et prescrire la paix et ses conditions » . 100 Al solito, a parte il malanimo che la condiva, la notizia era sostan­ zialmente esatta. E vedremo che il miglior commento a queste righe ci sarà dato direttamente da quell’A cto n ,101 del quale una tenace tradizione ha fissato l ’immagine austriaca e antiborbonica. Da parte sua, la fonte francese, il « rapport », conferma: « j ’ose dire qu’un ministre de Naples, dirige par l ’Espagne ou la France, n’auroit pas tenu une autre conduite ». Poco avanti ha informato in dettaglio: « Mr. de Thugut a demandé qu’on fournît des provisions en tout genre à l’escadre et aux troupes russes qui devoient venir dans la Méditerranée: on lui a répondu qu’on s’en tiendroit strictement aux articles du traité de commerce ». Quel trattato di commercio russo-napoletano, firmato a Zarskoie-Selo nel gennaio 1787, completato e perfezionato dalla missione Gallo a 98 R e c u e i l , p.

128.

99 L ’inedito « R apport d ’un ministre étranger », che è poi proprio l’ambascia­ tore francese, pubblicato qui da noi nei D o c u m e n t i , IV , getta luce sul serrato duello tra l’inviato di Luigi X V I e quello di G iuseppe I I . V i passano rapidamente, oltre la contesa spagnola, gl’incidenti della posta, del Salis, la questione d ’oriente con i suoi riflessi veneziani. Il Talleyrand fu assente da N apoli dall’aprile ’88 al luglio ’89, sostituito nella legazione dal segretario d ’ambasciata Cacault ( S im io n i , Le origini, I, p. 337), che ritroveremo incaricato d ’affari dopo le dimissioni dell’ambasciatore, ultimo rappresentante dell’« ancien régime » a N apoli, nel 1791 (ivi, p. 400 sgg.). 100 Josep h I I u. Leop. v. Toscana, I I , p. 172. 101 V., in seguito, lettera al Serracapriola del 15 febbraio ’88.

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Cherson nella primavera dello stesso anno, il più importante del breve ministero C aracciolo,102 ha una sua storia nel complesso dei rapporti e degli orientamenti siciliani, che merita di essere brevemente riferita. È prova delle immense promesse politiche e commerciali offerte da quello sterminato mondo in marcia verso l’occidente che a Pietroburgo riuscisse nel volgere di pochi anni di raggiungere quanto in decenni non era stato possibile a Versailles. L ’Europa si andava evolvendo con le sue industrie, i suoi mercati, i suoi traffici, i suoi impulsi politici: ne era persuaso il Caracciolo, sincero nel presentare il suo re « propenso al possibile di pre­ starsi all’amicizia ed unione con le Corti Imperiali », forse per antica esperienza al par di altri convinto, nonostante la solidarietà auspicata tra i diversi « Rami della Reai famiglia » i cui sovrani gli apparivano quasi abati di un medesimo ordine religioso,103 dell’arrogante spirito di sopraf­ fazione che Versailles avrebbe sempre portato in negoziati del genere. Quelle russe erano state trattative relativamente rapide. Ma non ful­ minee, né scevre di ostacoli. Erano state intraprese molto avanti la pri­ mavera 1786, quando riuscì allo Schipa 104 trovarne le prime tracce, avendo fatto seguito alla conclusione del trattato di adesione napoletana alla lega dei n eu tri,105 firmato nella capitale russa il 10 febbraio ’83 e ratificato in Portici il 26 m ag g io ,106 trattato che impresse ai rapporti Sicilie-Russia un tono nuovo e promettente. Con esso si chiudeva, non ingloriosamente, l’ambasciata del primo rappresentante napoletano presso la grande mo­ narchia d ’oriente, Muzio Gaeta di San Nicola; il nuovo trattato avrebbe segnato il primo successo di un giovane diplomatico, Antonino Maresca di Serracapriola,107 che avrebbe portato nella capitale degli zar, dove giungeva il settembre di quell’anno, i fremiti e le speranze della gene­ razione cresciuta nel rigoglio settecentesco del regno, e fedeltà indiscussa, nell’età fortunosa che sarebbe seguita, alla dinastia borbonica. Condotte a Napoli dal Sambuca e dall’Acton, poi più specialmente dal secondo dopo che il titolare degli esteri fu venuto in urto con l’am­ basciatore russo, portate a termine dal Caracciolo, le trattative rivelarono 102 S c h ip a , N el regno, p. 153 sgg., 184 sg. 103 Id ., pp . 266-67. 104 p

153

105 Cfr. in A.S.N ., Est., cit. f. 4356, N otes sur différens bruits répandus au sujet de la cession du port de Brindes aux R usses par la Cour de N aples. ?06 M o n t i , L a dottrina dell’ab. G aliani cit., pp. 21-25. 107 C ro ce , Uomini e cose cit., I I , p. 196.

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sin dal principio l’insidia insita in negoziati tra potenze di statura diversa assai: il pericolo che con gl’interessi economici si intrecciassero quelli politici. Verso una corte facile a obbedire alle suggestioni più varie Vergennes vedeva avanzare, dietro l ’Austria, un grande paese, con nuovi mezzi di seduzione, con l ’arrogante concetto che quella zarina si era fatto della sua potenza, con grandi piani di sovversione balcanica. Ma non ci fu bisogno dei suggerimenti che, con spirito di umiliante primogenitura, egli avrebbe cercato di far giungere alla corona delle S icilie,108 che, prima ancora dell’arrivo del nuovo ambasciatore francese, il ringiovanito stato aveva trovato in se stesso, come in un istinto di difesa della recente indipendenza e della propria dignità, i mezzi atti a limitare le pretese del maggiore contraente. A proposito dell’ammissione delle navi da guerra russe nei porti napoletani, il governo di Ferdinando IV seppe dar prova di un’oculatezza che preservò la libertà dei suoi movimenti politici nella crisi intemazionale apertasi dappoi; e quando Pietroburgo si mostrò pro­ pensa ad avviare concrete trattative di alleanza era al potere il Caracciolo, equilibrato fautore di una politica aliena dalle avventure belliche. Ciò non tolse che torbidi e faziosi interessi cortigiani diffondessero voci, lar­ gamente accolte negli ambienti internazionali, di una cessione di basi ma­ rittime napoletane alla Russia, voci che i documenti sm entiscono,109 e il 108 « D epuis que la Russie, gouvernée par une Princesse que la prospérité a énivrée, se croit en état de donner des lois dans l’Europe on peut être assuré que, ne fût-ce que pour favoriser ses grands projets contre l ’Em pire Ottom an, elle cherche à se lier à la cour de N aples et, comme sa politique roule principalement sur les moyens de séduction, on peut craindre qu’elle ne les emploie dans un pays jusqu’ici peu accutumé à être acheté. Le Baron de Talleyrand doit veiller avec beaucoup d ’attention sur la conduite des ministres et agents de la Russie, chercher indirectement les moyens de diminuer l’opinion exagérée q u ’on peut avoir à N aples de la Puissance Russe et annoncer à quoi doivent s’attendre les Puissances qui ont la faiblesse de se fier aux cajoleries de Catherine Seconde ». Recueil, p. 126. « M. de Vergennes m ’a encore parlé des Russes...: il m ’a dit que la France n ’avoit point d ’intérêt de nous empêcher de les attirer chez nous; mais q u ’il nous avenissoit en bon ami q u ’ils étoient mauvais payeurs et peu fidèles à leur parole ». Bressac ad Acton, 10 luglio ’85. 109 A .S.N ., E st., f. 4356, N otes sur différens bruits cit.; Casa Reale, vol. 102, ins. 3: « C o p ia di lettera del Gen. Acton a Bressac in giugno del 1786 sulla chiu­ sura de’ porti di Russia ». Al gentiluomo borgognone di nuovo in Francia, per missione, come quella dell’anno precedente, delicata, l’Acton dirige a Parigi il 3 giugno 1786 in risposta ad altra la presente lettera, in cui tocca varie cose, ma soprattutto un argomento importante, « un... article qui m ’est fort à coeur et sur

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cui credito, allora come in casi consimili, ebbe radice nello sgomento che non mancò mai di diffondere intorno a sé l’avvertita esigenza melequel je vous prie très positivement de bien assurer Mr. le Comte de Vergennes que non seulement il n ’est pas question de ceder dans les deux Siciles aucun port aux Russes ni à personne, mais que même il n ’a jam ais été question ici d ’aucune proposition, demande, propos, ni insinuation quelconque à ce sujet ». Di porti con la R ussia si è parlato una sola volta, in occasione dei negoziati in corso per la conclusione del trattato di commercio nell’art. 19 del disegno Sambuca, nell’art. 9 del controprogetto russo, il quale riproduce « mot pour mot » il primo, ad eccezione di una variante a proposito del numero di navi russe che avrebbero potuto trovare temporanea ospitalità nei porti del regno, quattro nell’abbozzo napo­ letano, quattro o cinque, tranne a ottenere permesso per un numero maggiore, nella replica di Pietroburgo. M a per danneggiare il rivale, cioè l’Acton, il Sambuca stesso ha diffuso voci misteriose che hanno fatto credere a una cessione di porti. La calunnia è smentita dai docc. di cui lo scrivente è in possesso. Seguono, con copia dell’articolo in contestazione, quattro lettere: due missive del Sambuca all’Acton (Portici, 29 marzo e 7 aprile 1785) e le due risposte di questo (Palazzo, 30 marzo; N apoli, 13 aprile). Richiesto il parere dell’Acton sulla divergenza, che toccava un punto più sensibile agl’interessi napoletani di quanto potrebbe sembrare, perché una lunga permanenza di forti squadre russe avrebbe potuto dar ombra oltre che alla Porta, di cui era opportuno coltivare l’amicizia, alle potenze marittime, natu­ rali alleate delle Sicilie, questi ha ritenuto che « nei porti di Baja, A gosta e Si­ racusa convenisse di ammettersene tre soli [legni da guerra] e quattro in quelli di G aeta e M essina », i soli « capaci di legni da guerra ». Richiesto ancora se non gli sembrasse conveniente ammettere contemporaneamente nei porti suddetti il numero completo di navi russe, che raggiungerebbe le complessive diciassette o diciotto unità, egli ha espresso il parere « che una dichiarazione la quale lim itasse i legni russi a non oltrepassare un numero determinato alla volta per soggiornare collet­ tivamente nei porti dei due Regni, sarebbe (come insolita affatto in trattati tra qua­ lunque potenza) un tacito rifiuto di venire alla conclusione di quel trattato di com­ mercio che volevasi ora stipulare, giacché, senza veruno articolo né trattato alcuno, la Russia e qualunque potenza con cui si stia in buona pace potrebbe presentare due o tre legni da guerra alla volta nelli indicati porti ». M eglio, ad evitare le dif­ ficoltà indicate, « non parlare affatto di legni da guerra in un puro trattato di commercio e stipulare tutti gli altri articoli che a quel ramo solo possono aver relazione, giacché quello che concerne i legni da guerra, riguardando il politico, o produrrà le difficoltà di sopra mentovate, o venendo a presentare una limitazione insolita farebbe probabilm ente tralasciare la ulteriore conclusione di trattato per parte della Russia ». Delle voci di cessioni napoletane alla R ussia si fa eco il Verri nella corrispondenza da Rom a: « ...Il Re dì Spagna fa molti rimproveri a suo figlio e si nominano gli articoli di doglianza...: Perché dia troppa influenza nel governo alla Regina, la quale, essendo di casa d ’Austria, prepone agli interessi suoi gli au­ striaci e lo ha indotto a cedere alla R ussia un porto con dispiacere di tutta la casa di Borbone e contro i di lui vantaggi... » (25 novembre ’85); « ...si dice che in

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diterranea del colosso d ’oriente, ogni qualvolta questo si mise in moto, correlazione della parzialità della Corte di N apoli verso la Russia, il Re sia in trattato di cedere alla Czara l ’alto dominio dell’isola di M alta » (marzo 1786) (E. G r e p p i , D issidi fra Spagna e N apoli nel 1786, in Arch. Stor. It., s. IV , X II (1883), pp. 372-73). Ma i sospetti andavano piuttosto al porto di Brindisi (v. N otes sur différens bruits), sul quale l’Acton nella lett. cit. sopra: « L ’article de BrLndes est de lui même trop ridicule...: ce port ouvert en 1781 n ’a dans le canal d ’entrée que 14 à 28 palmes d ’eau; c’est à dire que 10 à 13 ou 14 pieds de profondeur ». E cfr. D o c u m e n t i , IV : « R a p p o r t » , Rem arques della regina: « L e port de Brindisi est une invention pure: jamais idée pareille a existé ». Veri propositi d ’alleanza politica russo­ napoletana vennero poi manifestati da Pietroburgo nella prim a metà dell’86 ( S c h ip a , p. 153). D a quelle basi modeste, ma solide, il regno fu spettatore dell’incedio balcanico senza che ne scapitassero indipendenza e dignità, sì che di lì a qualche tempo l’Acton avrebbe potuto rispondere vittoriosamente al L udolf a Costantinopoli « sulle voci maliziosamente sparsesi costà dei pretesi armamenti in questi nostri porti e dell’assistenza che nei medesimi trovano i Russi di gente e di munizioni »: « Ella già saprà il ritiro fatto della squadra russa dai porti di Sicilia e le provvidenze date dal Re in tutti i tempi che vi ha la medesima ancorato, conformi sempre alla buona armonia colla Porta, alla vera neutralità ed allo spirito de’ trattati » (A .S.N ., Est., f. 238, N apoli, 1 maggio 1790); posizione che avrebbe con senso di decoro ricordata ancora una volta al Serracapriola, di lui più indulgente nell’accogliere richieste del­ l’ammiraglio russo Tamara di « bastimenti di scarto » della marina napoletana: « T u t t ’altra persona che avesse prestato orecchio a simili proposizioni non mi avreb­ be cagionato sorpresa. Grande però è stata la mia meraviglia nel rilevare ch’Ella, che ha tanto travagliato alla negoziativa e conchiusione del nostro trattato di com­ mercio, abbia potuto interloquire e persuadersi dei sotterfugi proposti dal generale per riescire nella sua domanda. Troppo chiaro si stabilisce nell’art. 24 il punto della vendita de’ bastimenti nei nostri porti, per poterglisi dare qualche interpetrazione... Grande, non vi ha dubbio, e parziale è l’amicizia del Re per la Imperatrice e non può essere più determinata la bontà della M aestà Sua di prestarsi a tutto ciò che la possa in qualunque maniera riguardare. Altrettanto grande però è la deli­ catezza nel conservare la propria dignità, e in faccia a se stessa e in faccia all’E u ­ ropa tutta per conservarsi quella giusta considerazione, che la sua rettitudine, la sua giustizia e la rigorosa osservanza delle convenzioni le fa con tanta gloria meri­ tare. A questo interessantissimo oggetto debbono essere dirette le operazioni, le mire ed anche i pensieri di coloro che hanno l’onore di servirlo... » (A .S.N ., Est., f. 69, a Serracapriola, 15 marzo 1791, nella parte sostanziale riprodotto da N . C o r t e s e , L a mediazione napoletana nelle trattative di pace tra R ussia e Turchia nel 1790-91, in Russia, I, 4-5, Napoli, 1921, pp. 25-26 dell’estr.). Il Tamara era di quei giorni in giro per l ’Italia alla ricerca, con l’appoggio del governo viennese, di materiali aiuti alla flotta russa da parte di quei deboli governi; e forse potrebbe riuscire istruttivo il confronto tra il linguaggio dell’Acton e quello degli ufficiali granducali di Toscana, fiaccamente impegnati, nell’assenza del proprio sovrano tuttora a Vienna, nella

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con le straordinarie sue ambizioni e possibilità, verso il mare libero e ap erto .110 Anche le pessimistiche previsioni che si andavano diffondendo negli ambienti diplomatici circa l’errato indirizzo di una politica ambiziosa e capricciosa si riveleranno, un po’ che si sappiano distinguere le varie fasi del non facile orientamento napoletano, eccessive e malevole. « ... Né v ’è oramai persona un poco istruita delle cose di Corte, che più dubiti di vedere questi Sovrani (al più tardi alla morte del Re Cattolico) staccati affatto dalla famiglia. Forse l’Eminenza Vostra avrà grandissima difficoltà per persuadersene; ed ha ragione, se si consulti il bene di questi Regni; ma io veggo purtroppo che la riputazione di grande che si attribuisce dal secolo diciottesimo a Caterina I I, ha posti in orgasmo anche altri Prin­ cipi ». Monsignor Caleppi, che così avvertiva da Napoli il pericolo delle nuove alleanze nel febbraio ’8 7 , 111 aveva ragione; ma in fondo di quelle verità si era negli ambienti partenopei convinti più di quanto egli pen­ sasse; e i propositi di una politica di largo respiro, libera da impedimenti di mal disposte tutele, quale conveniva all’erede dei Normanni, si sareb­ bero rivelati tutt’altra cosa dai sogni di grandezza fumosa che poterono guadagnare, a volte, l ’animo della regina, ma non di quanti le operavano accanto. A questi, come a politici più freddi e cauti, lo sfondo del sug­ gestivo oriente apparve cosparso di promesse, ma anche di dinieghi,112 difesa della tradizionale neutralità: «R ic e v o un dispaccio di S.M . Imperiale dato in Vienna nei 3 marzo col quale mi previene che il generale Tam ara al servizio russo verrà in Livorno a provvedere viveri e munizioni per la flotta di quella Sovrana, desiderando che li siano usate le possibili facilità. L ’affare per ciò che spetta a Livorno non ammette alcuna difficoltà, tanto per quello che può interessare la neu­ tralità che i dritti. Ne passo perciò quell’avviso a V. E. per sola sua notizia ». Seratti (gov. di Livorno) a Serristori, Livorno, 16 marzo 1791, A .S.F., E st., 2342. 110 V ., ad es., E . M i c h e l , D i una supposta cessione dell’isola di Pianosa alla Russia (1 8 3 5 ), in Boll. Stor. Livornese, I I, 2 (1 9 3 8 ). 111 R in ie r i , p. 544.

112 L ’avaro metro con cui l’imperatore era disposto a misurare le possibilità napoletane in Oriente m ostra quanto egli stesso scrisse al Kaunitz nel primo in­ contro col nuovo ministro di Ferdinando IV , marchese di Gallo, partito da Napoli con un ambizioso piano di maggiormente sviluppare i bene avviati rapporti con Pietroburgo e con Vienna. « Il me paroit un assez joli jeune homme. Je l ’ai trouvé lui-même fort surpris de sa commission d ’aller complimenter l ’Impératrice à Cherson... Il a été fort surpris de la demande que je lui ai faite, ce que le consul [destinato a Cherson] y fera? Puisque ces messieurs ne se trouvent ordinairement dans les ports que pour y proteger les marchands et le pavillon de leurs nations.

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d ’interessi schiaccianti di potenze maggiori, d ’insidie nel cui raggio incal­ colabile sarebbe entrata un giorno l ’Italia disunita e indifesa. Quanto ci sarebbe stato per le Sicilie di effettivo aumento di potenza da un am­ pliarsi di basi mediterranee? Questa domanda, che uno stato di second’ordine in via di consolidamento era necessario si rivolgesse, il governo na­ poletano se la pose. E fu fortuna, vedremo, che il riaprirsi della crisi balcanica sopraggiungesse quando quella corte aveva superato il punto acuto del dissidio interno che l ’aveva profondamente divisa e che avrebbe potuto finire col toglierle schiettezza di decisione e costanza di propositi nei rapporti internazionali. Adesso passano serie preoccupazioni in una lettera dell’Acton al Serracapriola del 15 febbraio 1788, dopo che a Napoli sono giunte voci di un prossimo « trattato di alleanza tra la Francia e le due Corti Im ­ periali »: « Le aperture che da Vienna, Pietroburgo sentivamo con tanto pia­ cere, ed anche le promesse fatteci in Versailles d ’avvisarci del corso delle negoziazioni del Levante per il comune interesse restano in qualche modo trascurate e inutili per ciò che in tanta operazione dall’unione di quelle tre primarie Potenze può risultare in sommo loro beneficio ed in nostro danno... Non devo tacerle che quella missione, indicando la distruzione prossima e concertata dell’Impero Ottomano, reca la massima inquietu­ dine agli Augusti Padroni, per il danno che ne riceveranno le frontiere di questi Regni, occupandosi da altri che dal Turco o da Potenze minori l ’esteso littorale nell Adriatico dalla Dalmazia all’Arcipelago, come per la sicurezza dell’Italia che l’indicata alleanza par minacciare per altri tanti O r, autant que je sache, il n ’y a aucun négociant napolitain d ’établi à Cherson et il n ’y en aura peut-être jam ais; tout le monde sait d ’ailleurs que leur pavillon ne peut naviguer sur la M er Noire. V oilà donc encore une fois que ces bonnes gens agissent sans avoir éclairci le f a i t » (Joseph I I , Leopold I I u. Kaunitz, pp. 257-58: Brody, ce 7 mai 1787). M a il G allo si recava in missione straordinaria presso la zarina proprio per concretare, ultimandolo, l ’esecuzione del recente trattato di commercio « in quanto riguardava il nuovo traffico co’ porti del M ar N ero, e specialmente Io stabilimento d ’un consolato generale napoletano nella città testé sorta presso le bocche del Dnieper » ( S c h ip a , p. 184; cfr. Memorie del Duca di Gallo, pp. 226-227). Cose, quelle che abbamo viste, che ci fanno pregiare il senso realistico delle istruzioni date al diplomatico napoletano, volte a scoprire « i nuovi impegni che quella Corte [d i V ienna] potesse contrarre con altri Principi relativa­ mente all’Italia, per la quale prendiamo il maggiore interesse, dipendendo dalla tranquillità della medesima quella dei Nostri Stati », e a ribadirgli la necessità di « una particolare confidenza », nella nuova sede, con i ministri di Francia e di Spa­ gna ( S c h ip a , p. 186).

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riflessi, e che l'odierne circostanze anche nel Brabante presentano con aspetto probabile se venisse pagato con queste Provincie l’indulgenza e compiacenza della Francia per ciò che fosse per succedere in Italia. Da quanto porgono tante considerazioni nel momento presente di serio per questi Regni, pensa S. M. di munirsi con quella saviezza e la più matura ponderazione di ogni qualunque e più sicuro riparo per ovviare agli in­ convenienti che sovrastare possono questi Suoi Regni e renderne precario il possesso ai proprj figli. L ’amicizia, l’unione e l’intelligenza con le sole Corti Imperiali veniva preferita allorché potevasi supporre che mercè le altre opposizioni non fosse per essere vicina la totale rovina degli O tto­ mani né il discacciamento loro dall’Europa; ma con la nuova alleanza tutto è da temersi, tanto più che sembra che succeda ora l ’indifferenza _ o la freddezza con noi in quelle istesse Corti che mostravano anteceden­ temente di gradire ed acclamare la nostra unione. Comunque sia, ... ri­ cerchi con somma accuratezza quanto si passa relativamente a quel nuovo trattato, osservi il senso che presso i Ministri delle Potenze non in esso collegate forma tal’unione, onde ragguagliata sicuramente la M. S. possa passare a prescrivere una norma da tenersi ed i passi da dare che troppo immaturi ora sarebbero tutti. La massima qui di tenersi amica quella Imperiale Corte e di unirsi, se sarà possibile, con legami ulteriori e di maggior utilità è sempre presente nell’animo di S. M ., finché crederà non si mediti nei piani prossimi articoli ed operazioni che possano un giorno esserle nuocive... » . 113 Passa nella corrispondenza imperiale di quei giorni il sarcasmo e lo sprezzo: « Ses craintes, les conséquences à perte de vue qu’elle [la regina] tire sur un projet d ’alliance avec la France et la Russie, sont des rêves creux... La tête tourne à ma soeur et elle la ferait tourner aux autres... » ; 1,1

113 A .S.N ., E st., St. 214, f. 92. 114 Joseph I I u. Leop. v. Toscana, I I , p. 164. L ’imperatore era stato minuta­ mente informato dal granduca: « L a Reine paraît à présent fort inquiète de la guerre avec les Turcs, croit leur destruction totale sûre et est fort occupée des changemens que cet événement pourrait procurer dans le système de l ’Europe, et, quoique dirigée par Acton, qui est tout à la disposition de la France..., elle est fort mé­ contente de cette Cour, et piquée, depuis q u ’un courrier expédié de Pétersbourg par le duc de Serra Capriola a apporté la nouvelle des propositions que M. de Ségur y a fait par ordre de sa Cour sur une espèce d ’alliance ou convention entre la France et les deux Cours Im périales sur les affaires avec les Turcs. L a Reine n ’en avait été nullement informée de France et prétend que cette Cour, pour la gagner, lui, avait promis ci-devant de ne faire aucune démarche en politique, et surtout pour les affaires avec les Turcs, sans l’en avertir préalablement. L a Reine croit d ’avoir ete trompée e t'e n est très piquée. Pour moi, je crois que jam ais la France ne lui aurait fait cette promesse » (ivi, pp. 161-62). M a non erano soltanto sogni della

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e il Caracciolo ha pacatamente notato sin dall’ottobre precedente: « ... sono persuaso che la Francia non vorrà cooperare alla rovina del Turco contro il sistema politico del suo Gabinetto, e... li Francesi difficilmente in certi punti cardinali cambiano traccia... L ’inviluppo è infinito, e da questo fa­ cilmente ne deriverà la salvezza delli Turchi » ; sì che tra qualche setti­ mana, nel marzo, potrà scrivere con un senso di orgoglio: « Io non ho mai creduto, anzi non ho mai dubitato della verità delle mie idee sopra il modo di pensare del Gabinetto di Francia che molto ben conosco..., perciò ripeto non ho prestato mai credito alla pretesa alleanza dei due imperi e la Francia unite per la destruzione dellTmpero Ottomano. L a­ onde nelle mie lettere vi ho parlato dei dubbi insorti nella mente dei nostri Sovrani, vi ho parlato delle notizie qui date da buon canale, dalle quali almeno se ne ricavava esistente il negoziato, però avrete similmente osservato che sempre di continuo non ho dimenticato mai di porre fra due parentesi (io non lo credo) a me non pare probabile, una tale alleanza è assurda e contraria al sistema politico fondamentale del Gabinetto fran­ cese, e delle massime di quella Monarchia. Né anche io convengo che sia stata proposta alleanza della Francia per un maneggio semplicemente po­ litico, e neanche per introduzione a rinnovare li progetti del cambio della Baviera, Paesi Bassi etc.. E che, è una burla la destruzione dell’Impero Ottom ano? L ’espulsione sua dall’Europa? La presa di Costantino­ poli e dell’Arcipelago? La casa d ’Austria non ha marina. La Russsia non ha danaro... » . 115 Dal che sarà agevole trarre ancora una volta motivo di elogio per quella assennatezza politica del vecchio diplomatico, scaturita da ampia e fine conoscenza del mondo europeo, maturata in una serie di ambasciate che l ’avevano portato a contatto di uomini, istituti, am­ bienti vari, fra ministeri e salotti, fra tradizioni e impulsi nuovi, lontana assai dal pessimismo del più giovane collega preposto alla guerra e al

regina. A Pietroburgo, sin dalla fine dell’ ’87, c’era stato intenso lavorio diplomatico intorno all’ambasciatore conte Louis Philippe Ségur, che vi rappresentava una Francia indebolita sì, ma sempre grande potenza, da cui sembrò a un certo punto che dovesse uscire una quadruplice Austria-Russia-Francia-Spagna contro la triplice nordica Inghilterra-Prussia-Olanda che si andava costituendo ( S o r e l , L ’Europe et la Révolution, I, p. 522 sgg., 5 31). N on se ne fece poi nulla e a N apoli giunsero notizie rassicuranti (cfr. soprattutto corrisp. Acton-Serracapriola dell’aprile ’88 in A.S.N ., Est., St. 214, f. 92 cit., e corrisp. Caracciolo-Gallo in S c h ip a , pp. 268, 271-72). 115 S c h ip a ,

pp.

192-93, 201.

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commercio, di lui meno navigato, un pessimismo che si alimentava della natura acre e ombrosa dell’uomo. E si potrebbe fors’anche osservare per quest’ultimo certa non superata oscurità di linee in un programma po­ litico ondeggiante tra esigenze di neutralità e di alleanze politiche. D ’altra parte moveva pur essa da uno spirito vigile, ancora nel pieno vigore degli anni, l ’angoscia di quel grido lanciato entro le difficoltà di una na­ vigazione tra secche e scogli che sollecitava volta per volta a sciogliere decisamente le vele o a temere l’impeto dei venti, quel presagio oscuro di pericoli incombenti sul regno e sulla penisola, presagio di una so­ luzione che fu poi dramma di governi e di popoli, Campoformio! Ed è perfettamente spiegabile che contro chi a Napoli minacciava di rappre­ sentare durevolmente una posizione in netta divergenza con gl’interessi austriaci, una posizione assunta con piena consapevolezza, si appuntassero gli strali lorenesi da Vienna e da Firenze. Tutto ciò circoscrive in limiti di un’angustia proporzionata alle ri­ strette possibilità del regno, in tanto contrasto con l ’irruenza delle forze scatenate ai suoi fianchi, i propositi di una politica orientale napoletana del tardo Settecento passata a lungo inosservata e vista poi, a volte, in proporzioni ingrandite. Invece la costanza di una direttiva volta non tanto all’appagamento di mire espansionistiche quanto a scopi prevalentemente difensivi ci si rileva a tratti attraverso testimonianze di chiaro significato. Questa volta, il 2 agosto 1788, l’Acton scrive al Ludolf a Costantinopoli « delle nume­ rose e continuate negoziazioni, che per parte delle Potenze nemiche della Porta si sono vivamente adoprate e maneggiate... nelle provincie otto­ mane che bagnano l’Adriatico, quali maneggi sono pervenuti fino all’A l­ bania libera... tra i popoli indomiti e poco soggetti alla Porta, che cir­ condano quei littorali dalla Morea all’Adriatico. Fra tanti movimenti, dei quali in qualche parte si è avuta notizia anche dai capi medesimi, che tali insinuazioni ricevevano, si è procurato (per quel riguardo, che con­ viene alla M aestà del Re N. S. di usare, perché non cambino né di do­ minio né di sistema quelle provincie cosi vicine ai suoi Regni) di esser nella massima attenzione sul risultato di tali negoziazioni; e quindi si è rilevato che l ’Albania detta della Cimara, memore delle disgrazie sofferte nelle altre precedenti guerre, poco inclinata assolutamente a prestar orec­ chio a tali negoziati, e poco amica altresì dell’altro vicinato veneto, pre­ feriva, in ogni emergente e rovescio di sistema e di dominio in quella parte d ’im pero, di porsi sotto la protezione del Re N. S. per liberarsi da 111

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altra qualunque dominazione. Siccome però il sistema di questa Corte non è quello di estender dominio, e molto meno di pensare a conquiste, così in vista di tali insinuazioni ed offerte non ha fatto che di assicurare tali popoli della propria sua protezione e libertà nel caso di un totale sconvolgimento, perché altri non si rendessero padroni di quelle parti che bagnando l ’Adriatico ci servono per quel verso di frontiera » . 116 Era dunque un’Europa profondamente cambiata dai secoli quella in cui il regno, tornato all’indipendenza e fuori finalmente delle tutele straniere, si accingeva a riprendere il cammino seguito dalle ferrigne dinastie medioevali. D i là dai vecchi confini non superati, dove lo stato regionale aveva intanto fissato i suoi termini, un dì sì incerti e labili, a precludere inesorabilmente la via a ogni sforzo espansionistico del sud, la nuova dinastia la sentiva quell’Europa premere da ogni lato sulla pe­ nisola con direttive che il tempo aveva rese insopprimibili. Il mare di bel­ lezza ellenica che aveva salutato gli albori della civiltà mediterranea e visto grandeggiare e poi incrinarsi le fortune di Roma e della Mezzaluna divideva adesso due debolezze: qui l’audacia dell’iniziativa, la politica di 116 C o r t e s e , L a mediai, cit., p. 7. Il doc., veramente chiarificatore dei rapporti siculo-albanesi, crediamo che supplisca bene alla mancanza di testimonianze dirette che per quell’anno 1788 vanamente il compianto amico Prof. Monti invocò nelle sue indefesse ricerche archivistiche napoletane (G . M. M o n t i , L a sovranità napo­ letana sulla Cbim ara e un tentativo di Ferdinando IV di Borbone, in Riv. d'A l­ bania, I I , fase. IV , 1941, p. 12 dell’estr.). M a l’episodio della « s o v r a n ità » na­ poletana sulla Chimara viene ridotto alle sue vere proporzioni, che l ’abbondante documentazione degli anni posteriori non fa in fondo che confermare. Qui, come più che non si creda in altri casi ancora, non fu la Rivoluzione francese con i suoi grandiosi sviluppi in campo internazionale a distogliere da piani che sin dall’inizio della guerra austro-russo-turca erano appaisi alle sfere di governo napoletane di assai difficile attuazione e in ogni modo subordinati al verificarsi di condizioni (il trasferimento ad altra potenza di terre ottomane prossim e a N apoli) che poi mancarono. N é appartiene agli anni di Ferdinando IV l’importante memoria sul « D iritto che hanno i Serenissimi Re di Sicilia sopra l ’Albania onde ben possano intitolarsi R e e D espoti cioè Signori dell’Albania », tratta da un ms. della Soc. Napoletana di St. P at, che il Monti pubblica (pp. 6-10) a riprova di concrete mire del secondo Borbone su quelle terre prossime ai propri domini. E ssa è dovuta invece alla penna del padre G iorgio Guzzetta, fondatore del seminario italo-albanest di Palermo, che era stato indotto a scriverla decenni prima, in occasione dell’incoro­ nazione di Carlo di Borbone nella capitale siciliana. L ’originale, posseduto dall’Ar chivio di quella Biblioteca comunale, vide già la luce nella « V ita del Servo di Die P. G iorgio Guzzetta, per Giovanni D ’Angelo, Palermo, per le stampe di Pietro Solli 1798 », p. 343 sgg.

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grande stile, un sogno che nel ricordo dei fastigi recenti di Caserta sor­ rideva alla fantasia dei Gallo e dei Serracapriola, erano destinate a scon­ trarsi nell’intrico di un complesso di cose tanto meno propizio quanto più incoraggianti apparivano le esteriori circostanze. Il « grado di in­ fluenza... nella bilancia d ’Europa », il « grado di potenza e di influenza rispettabile nelle cose del Mediterraneo e dell’Italia » inorgoglivano a giusto titolo, insieme col marchese di G a llo ,117 i due uomini più rappre­ sentativi del ministero di Ferdinando IV ; ma da questo punto si origi­ nava un dissidio di orientamento e di programma tra chi la situazione internazionale vedeva da Vienna e chi da Napoli misurava con altro metro allettamenti e ostacoli, un dissidio, esasperato al solito da interessi, per­ sonali, che gli anni avrebbero contenuto sempre meno. A ll’opposto l ’accordo tra il Caracciolo e chi si accingeva a racco­ glierne la successione non mancò. Tra il costante, a volte affloscito otti­ mismo dell’uno e lo sguardo inquieto dell’altro, sul punto centrale le di­ rettive si uniformarono. « La Padrona vi scriverà ancora, ... ed il Gene­ rale Acton, e tutte le cose dette nei suddetti fogli collimano allo stesso sistema » : è il Caracciolo che scrive in un momento importantissimo nella svolta delle cose d ’Oriente, il 15 febbraio ’88; 110 e quando lo Schipa, la cui tesi è imperniata per gran parte sul dissidio tra i due uomini, af­ ferma di su i documenti che circa la questione d ’Oriente, « più aperta­ mente che nei rapporti con la Spagna », il vecchio marchese avesse l ’oc­ chio al grande tronco dei B o rb o n i,119 ci aiuta, meglio di quanto altri po­ trebbe, a intendere il fondamento dell’orientamento comune a entrambi. La tempra morale del gentiluomo napoletano, tanto superiore alle miserie che avevano avvilito il precedente ministero Sambuca, spianava finalmente la via a una collaborazione nelle questioni essenziali di politica estera, come del resto in altri campi, tra le principali segreterie di stato. Identità d ’intenti svela la corrispondenza dei due ministri dell’ottobrenovembre ’87: guardarsi dai passi avventati che potrebbero irrimediabil­ mente guastare i buoni rapporti con i Turchi, i « migliori vicini » che il regno potesse augurarsi; ma al tempo stesso « non... usare mistero chiuso » con le corti imperiali, né « termini generali, perché un simile metodo

117 A .S.N ., Carte Gallo, 62, I I I e IV , G allo a Ferd. IV , 12 novembre 1787, 27 febbraio 1788. 118 S c h ip a , p . 199.

119 I d „ p . 183.

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porta sicuramente raffreddamento »: insomma una neutralità elastica, pronta ad avvalersi del fatale mutare delle cose, messa solidamente al servizio dei propri interessi nel groviglio di forze contrastanti che andava dall’Iberia al Baltico e al Mar Nero; una posizione che, al solito, si colo­ riva nel linguaggio immaginoso del Caracciolo: « starsene alla Cappa per vedere il vento innanzi di scegliere il Rombo della... navigazione ». Egli avrebbe ancora insistito nei mesi successivi col Gallo, così come l’Acton faceva col Serracapriola, entrambi occhio e un p o’ cuore protesi verso la Francia: « stare alla Cappa e crociare le vele, ... non... avanzare il passo da niuna delle parti, ed usare la possibile prudenza misura riserva. Non ostante... dimostrare franchezza confidenza amicizia interesse, e far co­ noscere sempre... la propensione del Re a cimentare l’amicizia con le due corti Imperiali, la sua riconoscenza agli atti d ’amicizia che ne ha ricevuti, e la sua positiva intenzione di corrispondere in avvenire in tutte le occa­ sioni con la più esatta Religione dalla sua parte, siccome egli ha già fatto e farà, in quanto si dimostrerà desiderare dall’opera sua, pur che sia pro­ porzionato alla possibilità delle sue circostanze, ed al suo sistema, e final­ mente alla situazione dei suoi dominj » . 120 m S c h ip a , pp. 192-93, 200, 266. Il corrispondente carteggio Acton-Serracapriola inedito in A .S.N ., E st., St. 214, f. 92 cit. N el f. 2311 la corrispondenza in cifra col Ludolf, che dal febbraio ’88, partito l ’internunzio cesareo, ebbe affidata la protezione dei sudditi toscani nel Levante (quella dei sudditi imperiali fu lasciata all’ambasciatore di Francia: Costantinopoli, 11 febbraio ’88). E v. ivi le prime calde esortazioni alla prudenza fatte al G allo (in P.S. alla cifra 25 settembre ’87), perché « non vengano esposte le coste di questi Regni, ora che la squadra turca non ha più l ’oggetto di sottomettere il debellato e già preso Bassa di Scutari. Non minore cautela richiede costà la di Lei condotta ed i di Lei discorsi, dovendo aver presente in ogni azione che ha tanti occhi sulla sua persona quanti sono li ministri esteri che costà risiedono, i quali o sono del partito della Porta o hanno avuto parte alla dichiarazione della guerra. Ogni ombra in questa circostanza può divenir gigante ». È quasi superfluo aggiungere che dopo quanto abbiamo visto (e cfr. soprattutto cit. corrisp. G iuseppe Il-Pietro Leop.) si rivela infondato il sospetto dello S ch ip a (p. 127) « d ’un sistema di sorveglianza segreta sulla politica esteriore del regno, voluto dalla regina e dai suoi fratelli ed affidato all’Acton », che l ’egregio storico credette di intravedere attraverso la « torbida condotta » di un avventuriero, l ’abate siciliano G uerra, segretario, tra ’86 e ’87, del M arsiconovo a Torino. Condividiamo invece il giudizio espresso (p. 102) sulla verità delle asserzioni sfuggite di bocca, a Torino, all’oscuro uomo cacciatosi per intrighi in diplomazia (su di lui cfr. ancora S im io n i , Le orìgini cit., I, pp. 350-66: ma avrà poi egli avuto, tra l’altro, p. 353, « l’incombenza segreta » di « carpire intenzioni e discorsi riservati, specie per

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A dir vero, un’ispirazione diversa sottentra nelle lettere del re al Gallo. Siamo evidentemente all’incrocio di correnti contrastanti. Riecheg­ giano schietti motivi del Caracciolo e dell’Acton: « ... atteso il mio si­ stema... portato alla pace e tranquillità, ed a interessarmi ed impiegar tutte le mie forze nel render più che sia possibile felici e contenti i miei popoli, non avrei certamente mai pensato a meritarmi il bel titolo di conquistatore; ma succedendo la rovina dell’Impero Ottomano e la sua dissoluzione, non mi sarebbe certamente indifferente di vedere in altre mani passare delle varie provincie che molto sono vicine ai miei Regni, e tanto più che risultassero soggette o all’una o all’altra delle due Corti Imperiali. Non penserei... ad acquistar dominio sulle provincie illiriche e greche che in questo solo caso... Ciò però non m ’indurrà mai ad una dichiarazione immatura né a passi che potessero comparire temerari; ... abbiamo tempo di prendere le nostre determinazioni sul passo da farsi, il quale però non sarà mai che in vista dello smembramento da farsi delle possessioni del Turco, e non mai diretto a formar una diversione pura­ mente in favor degl’im periali, la quale non sarebbe analoga al mio si­ stesa... Per noi troppo prematuro giugne lo sviluppo delle mire contro l’Impero Ottomano ». Ma spunta e prepondera, nebbia accidiosa scesa a velare in un animo quel che riguardava la situazione interna della Francia alla vigilia della Rivoluzione » ? ): « Chez nous [a N apoli] chacun fait sa besogne, que si l’on est fâché de cette har­ monie, q u ’il a parmi eux, dites à ces messieurs que le tems des trahisons internes est passé » (p. 95). E lasciamo aH’intemperante regina, donnescamente sollecita a far partecipi della sua mala disposizione verso il primo m inistro diplomatici (H e l f e r t , p. 132; e cfr. S c h ip a , p. 94) e sovrani lorenesi (Joseph I I u. Leop. v. Tose., II, pp. 3, 14, 153; e v. qui nei D o c u m e n t i IV , Remarques, il suo sferzante giudizio: « Caracciolo est honnête homme, vieux, cassé, égoïste et ne pensant q u ’ à vivre; le bon mot est son idole, et à cela tout se réduit »), la responsabilità dei suoi pro­ positi e delle sue parole. Il che non toglie che l’Acton avesse sin dall’epoca del mi­ nistero Sambuca credito e parte notevoli nella politica generale del regno. E ba­ sterebbe a rivelarlo quanto si è detto circa la prim a fase delle trattative commerciali russo-napoletane. Invece lo Schipa (p. 156): « L a scarsa o niuna parte che risulta avuta dall’Acton nel negoziato russo... lascia ritenere che non ne avesse una mag­ giore nelle rimanenti [trattative] il ministro militare a cui s ’erano affidate le sorti del commercio del paese ». Altro ci dice una testimonianza sarda, le istru­ zioni al min. Castellalfer del 1786, nella parafrasi di D u m a s e P e t r u c c e l l i d e ll a G a ttin a cit., p. 131 (l’originale francese in A .S.T ., Negoziazioni Napoli, m. 2°): « Il ministro che può tutto, di moltissima capacità, d ’attività ed ambizione prodi­ giosa, influente senza limite presso la Regina è il cavaliere Acton, cui bisogna aver riguardo per riuscire ».

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fanciullesco il libero orizzonte caraccioliano, una diffidenza antiborbonica, una sfiducia che non perdona a Spagna né a Francia, nella quale si annun­ ziano la moglie vicina e l ’ambasciatore lontano; preannunzio di tempi peggiori, l ’accorgimento diplomatico perde duttilità, si turba di risenti­ menti e di prevenzioni: « ... è certo che ci si presenta nell’aspetto il più facile e bello un mezzo per ingrandire la nostra Monarchia, e che forse perdendone il momento può in appresso e con più probabilità mai in­ contrarsi di nuovo... L ’Imperatore è troppo giusto e savio ed amico no­ stro per desiderare che ci esponghiamo a difficoltà e conseguenze rile­ vanti non per parte del Turco, ma a quelle che potrebbero derivarcene' dalle Corti Borboniche, alle quali senza dubbio deve premere che non rieschino i progetti delle Corti Imperiali; ma qualora non siano in grado attesa la loro impotenza di frapporvi ostacoli, ... per quanto l’apparenza fa crederci che poco portate siano in nostro favore, probabilmente non difficolteranno di vedere uno della loro famiglia approfittarsi di ciò che al Turco non può rimanere, mentre anderebbe ciò sempre in diminuzione di quello che gli altri fossero per appropriarsi... Quello che a me conviene si è di presentire e penetrare quello che pensano le Corti Borboniche nel caso del totale avvilimento del Turco, ... di indagarne le intenzioni e di ottenerci, se non un mezzo e tacito consenso sull’acquisto che fosse per convenirci, la sicurezza almeno di non incontrar in esse quelle opposizioni e contrarietà che Tumori o altri motivi, piuttosto che la giusta conve­ nienza, potrebbero attirarci ». Il Gallo poi dissiperà a modo suo, in una persistente visione di clientela napoletana verso Vienna, i dubbi del so­ vrano sulla presunta alleanza borbonico-austro-russa: « ... la M. S. [Im ­ periale] ... mi ha con somma benignità dato luogo di poterli colla maggior fiducia svelare le inquietudini concepite da V. M. ... sulle perniciose con­ seguenze che teme potrebbero venirne ai Suoi interessi, se questo Augusto Monarca nella di cui amicizia ed unione e ne’ di cui buoni consigli la M. V. giustamente e sommamente confida si trovasse impegnato a con­ correre nelle viste di quelle potenze la di cui influenza Ella crede da molto tempo che cerchi di attraversare ogni miglioramento e sviluppo dei Suoi interessi e delle Sue facoltà ad oggetto di governarla... S. M. ha avuto la benignità di dirmi che... nulla potrebbe stipularsi di nocivo ai Suoi interessi, ai quali questo amorevolissimo Sovrano assicura tutto il suo più amichevole attaccamento... Spero che dopo l’arrivo di questa lettera... sarà l ’animo Suo più tranquillo, poiché... vedrà... dall’apertura e dall’amichevole confidenza di S. M. Imperiale quanta fiducia possa 116

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riporre nella Sua Augusta amicizia e nell’attaccamento che ha per la Sua Reai Persona » . 121 Questo linguaggio, fu già autorevolmente rilev ato,122 non rispondeva a quello che all’ambasciatore teneva il ministero. LI, in una diversa va­ lutazione delle forze europee, era ancora la Francia in posizione centrale equilibratrice. Dietro gli uomini si profilavano in contrasto le due diret­ trici che si erano imposte al regno dal suo sorgere: direttrice mediter­ ranea e direttrice continentale o italiana. A spiriti meno superficiali del futuro negoziatore di Campoformio era difficile che un’alleanza con le potenze d ’oriente, volta ad appagare il naturale impulso mediterraneo del Mezzogiorno, riuscisse a celare l’aggravarsi della pressione austriaca sulla Penisola e in Adriatico. D a ciò l’esigenza opposta di una collaborazione na­ poletana con gli stati d ’Italia, destinata a farsi più viva in seg u ito ,123 ac­ canto al latente bisogno d ’ingrandimenti territoriali nella Penisola, più chia­ ramente avvertito in momenti in cui altri minaccia di avanzarvi.124 Allora non tratterrà più il rispetto per lo Stato Pontificio, l ’ostacolo non rimosso nei seco li.125 Che se al Medio Evo è connesso lo slancio marinaro del re121 Le due lettere (Portici, 20 ottobre ’87; Vienna, 27 febbraio ’88), i cui originali sono andati distrutti, sono qui riportate tra i D o c u m e n ti (I I I ). 122 S c h if a , p . 198.

12a [v. qui V I ], 124 Cosi lo esprimeva la regina, all’indomani di Leoben, il 6 maggio ’97 : « N ous désirerions le statu quo de l ’Italie strict comme il était avant la guerre; mais ne le pouvant obtenir et d ’autres s ’agrandissant, il faut même pour nôtre sûreté que nous pension à faire de même ». Correspondance inédite, I, p. 462. 125 Cfr. M aresca , L a missione del Comm. Alvaro R uffo a Parigi negli anni 17971798, in Arch. Stor. N ap., X X X II-X X X III (1907-1908); S im io n i , I I , p. 397 sgg.; e adesso A. M. B etta n in i , T ra Leoben e Campoformio. L ’attività diplomatica del M ar­ chese di G allo (in Studi di Storia dei Trattati e Politica internazionale, Padova, Cedam, 1939: soprattutto Appendici, p. 151 sgg., poco corretta edizione di docc. importanti, qualcuno dei quali aveva visto meno infelicemente la luce in L . C onforti, N a­ poli dalla pace di Parigi alla guerra del 1798, Napoli, Anfossi, 1889, p. 90 sgg.). Tra i deplorati piani di astratte sistemazioni italiane, « reorganizzazioni immaginarie, che non porteranno che danni ed infelicità alla misera Italia, come all’Europa intiera » (Acton a G allo, 29 luglio ’97, in B ett a n in i , p. 180), gl’insidiati governi troveranno qua e là la forza di vagheggiare programmi in minor dissidio con le tradizioni e con la geografia. Allora le due direttrici napoletane riaffioreranno chiare nell’aspirazione all eredità delle venete isole ionie e di vitali posizioni nello Stato Pontificio: Mar­ che e, possibilmente, Umbria. E non sarà difficile scorgere nell’animo dell’Acton (B ettanini , A pp. 6 e 8) la priorità data al problem a italiano (« les deux Marches d Ancone, un terrain proche, riche, mais ni île, ni éloiginement » avrebbe racco-

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g n o ,126 organismo di prim ’ordine per estensione e compagine territoriale tra forze in crisi o in via di consolidamento, l ’Età moderna, imponendo meglio assicurate basi continentali all’espansione in un mare soggetto a crescenti controlli quale il Mediterraneo, fissa i limiti della politica orien­ tale del Mezzogiorno, che, indipendente, rivive con più ambita gloria la sua giovinezza nell’audacia del nuovo pensiero e dell’opera riformatrice. La nuova Europa ha già visto il graduale arretrare delle discontinue po­ sizioni venete e si accinge a pronunziare per quanto avanza al non più temuto leone una condanna che parrebbe preparata di lunga mano nel lontano fallire dell’avanzata padana, già protesa verso l’Appennino, della Serenissima. Con altri momenti della nostra storia travagliata non vorremmo fare confronti; pure il pensiero corre a una situazione a distanza di un secolo, mutatis mutandis, analoga: quante volte, nell’ambito di una cauta poli­ tica di insopprimibili interessi balcanici, le aspirazioni ad affermarsi nel prossimo oriente da parte del giovine regno d ’Italia non furono soffo­ cate, spostate in secondo piano dall’infelicità del confine orientale? 127

mandato la regina il 18 maggio, in Corresp. cit.); mentre « inutili e di peso anzi e dannose forse » sarebbero apparse al re le isole del Levante (A .S.N ., C a r te G a ll o , 62, X I II, Portici, 31 ottobre 1797), nell’urgenza di una soluzione che assicurasse al regno, con lo spostarsi delle frontiere terrestri, il necessario respiro. Quegli acquisti avranno, più delle Ionie, significato d ’avvenire; non ne conserveranno più, invece, alcune posizioni lontane, disgiunte, pallido ricordo di medioevali mal tenuti punti di appoggio dello stato meridionale nel centro o nel nord della penisola: « Una certa gelosia ha costantemente fatto riguardare quei punti avanzati [i P resìdi] come chiavi dell’Italia, perché somministravano anticamente alla Spagna un accesso per accorrere alla difesa di questi Regni, allora sotto il suo dominio, e vi si attaccava per ciò un riguardo d ’importanza che in oggi cessa intieramente in quanto allo stesso oggetto » (B e t t a n in i , p. 177). 126 G . M . M o n t i , I l Mezzogiorno d ’Italia e il Levante Mediterraneo nel Me­ dioevo, in II Mezzogiorno d ’Italia nel M edioevo, Bari, Laterza, 1930 (e cfr. Id., Contributi recenti alla storia dei rapporti fra il Levante Mediterraneo e il Mezzo­ giorno d ’Italia, estr. da Annali Seminario Giur. Ec. R. Università di Bari, Bari, Cressati, 1933; inoltre studi vari, nel voi. « Italia e Grecia », Firenze, Lemonnier, 1939, in N uova Antologia, 1“ febbraio 1939, ecc.; infine L ’espansione mediterranea del Mezzogiorno cit. 127 Cfr., in proposito, il recente voi. di W. S c h in n e r , D er oesterreichisch-italienische Gegensatz au f dem Balkan und an der Adria, von seinen Anfängen bis zurD reibundkrise: 1875-1896, Stuttgart, Kohlhammer, 1936.

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Da Venezia a Napoli, dall’Italia umbertina a quella a noi vicina e dolorante destinata a subire l’enorme pressione dell’Anschluss, il con­ trasto del duplice fronte, continentale e marittimo, si è presentato in termini costantemente drammatici.

« G ià veggo che fate le maraviglie che io non parli della Spagna; ma che volete che pensi la Spagna a far conquiste nell’Arcipelago. Tiene tante isole in America, le quali lascia in abbandono, tanto commercio in casa propria a Cadice, che lascia nelle mani dei stranieri; sarebbe bella che le venisse voglia di Rodi o di Cipro ». Le parole del Caracciolo 128 ci sovvengono in buon punto, a proposito di una domanda che anche a noi potrebbe venire rivolta: come mai in un esame dei rapporti inter­ nazionali napoletani di fine Settecento, alla Spagna, alla grande monarchia che aveva avuto col mezzogiorno d ’Italia secolari rapporti e vi conservava materiali e morali interessi, con cui Ferdinando IV più che con quella francese era stretto da vincoli di sangue, venga riserbato posto sì gramo, non più che accenni passeggeri, destinati a spiegare la politica degli altri? Più taglienti giudizi il vecchio ministro aveva espressi, decenni prima, nella maturità degli anni e nell’ascesa della sua bella carriera diplomatica, su quella « nazione... troppo abbrutita dalla superstizione, troppo attac­ cata ai suoi pregiudizi, troppo contraria alle cose nuove, troppo ammira­ trice di sé medesima e delle glorie dei suoi padri », su quell’indole così contrastante con le doti della vicina gente di Francia, capace di « risorgere in venti anni di buon governo, ... più atta a cangiare e più industriosa ». Li aveva visti, gli spagnoli, « diminuiti di forze e di reputazione », men­ tre gli altri crescevano; li presentiva incapaci di conservare i possedimenti d ’America, mezzo secolo prima che ciò accadesse.129 Anche adesso, quell’ultima sua esperienza di governo, quel trien­ nale ministero chiamato tra l’altro a risolvere una « questione spagnola », vedeva un paese incapace, a differenza della Francia, di richiamare a sé, col prestigio che pur gli veniva dalla secolare tradizione o da un mal ten­ tato rinnovamento recente, il giovane regno destinato a sfuggirgli. Già da qualche anno prima che il Caracciolo salisse al potere i rapporti tra i due stati si erano imperniati su una « cabala » di corte; né i suoi sforzi ' 128 Sch ip a, Nel regno, p. 193. 125 C ro c e, Uomini e cose, I I , pp. 88-89.

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sarebbero valsi a metterli su una strada decisamente diversa. Nella te­ starda opposizione a riconoscere a Napoli i diritti di età maggiore, la di­ fesa degl’interessi spagnoli era stata affidata a una trama odiosa che nem­ meno i metodi cari all’epoca riescono a giustificare, che vale piuttosto a gettare una luce fosca su ministri e diplomatici madrileni, col corteggio di scadenti figure di nobili o avventurieri di entrambi i paesi che vi ebbero parte: dal conte de Floridablanca al visconte de la Herreria, al cavaliere de las Casas o al medico de Quiñones, dal marchese della Sam­ buca alla principessa di J a c i.130 La sleale manovra, che non esitava a pro­ fanare il santuario della famiglia, faceva soverchio affidamento sulla de­ bolezza del re, sull’intemperanza della regina, sulla corruttibilità dei cor­ tigiani, obliava il paese in via di crescenza con le sue possibilità e i suoi diritti, e in ultima analisi doveva portare all’effetto opposto di una chia­ rificazione agognata dalle sfere dirigenti e dalla parte più incline al nuovo della « nazione » napoletana: la fine della vecchia soggezione. Allora ap­ parvero più sgombre le vie del Mediterraneo e del Levante e assicurata all’interno l ’ascesa sotto il pungolo delle proprie naturali esigenze. Era da poco al potere il Caracciolo e il movimento diplomatico cui aveva dato luogo la sua ascesa non era ancora term inato,131 quando, marzo 1786, riprese la via di Versailles un negoziatore a noi non ignoto, il tenente colonnello Bressac. Urgeva oramai, come meglio si vide di lì a poco, una soluzione: con le domestiche traversie si sarebbe intrecciato un affare spinosissimo, foriero di pericoli per la stessa pace europea, quello della successione spagnola e, per contraccolpo, napoletana. Prima che l ’ascesa al trono di un re e di una regina inetti ne ren­ desse evidente l’irreparabile debolezza, la Spagna si era data l ’illusione, nel potente richiamo del secolo a rinnovarsi all’interno e nei rapporti

135 L a poco brillante storia dei rapporti ispano-napoletani in progressivo peg­ giorare nella seconda fase del ministero della Sambuca in H e l f e r t , p. 63 sgg. (docc. a p. 115 sgg.: la brutta parte avutavi dal rappresentante di Carlo I I I las Casas a p. 71; docc. a p. 120 sgg.). Un esame del carteggio tra i due re, padre e figlio, nel critico decennio 1775-1785, in S im io m i , Nell'intim ità di una reggia cit., in Rass. cit., pp. 46-67. « Lettere del Mognino [Floridablan ca]..., di Ferd. IV e di M. Carolina al marchese della Sambuca » per questi anni pubblicò Bozzo, Docc. cit., in Arch. cit., pp. 351-70, E ancora sulla « questione spagnuola », quale dovette af­ frontare il vecchio marchese, S c h ip a , N el regno, p. 157 sgg. (Il min. Caracciolo, cap. IV ). 131 S c h ip a , N el Regno, p. 110 sgg.

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esteri, di una politica di grande nazione: sottrarsi all’influsso francese, garantirsi, al tempo istesso, dalla risorgente minaccia britannica. D a ul­ timo la fine fortunata della guerra d ’America aveva ingigantito le spe­ ranze e i propositi. I matrimoni portoghesi del 1785, che portavano a Lisbona accanto al futuro Giovanni V I l ’infanta Carlotta Gioacchina, decenne figliuola del principe delle Asturie, e a Madrid, consorte del terzogenito di Carlo I I I don Gabriele, la diciassettenne donna Maria Anna Vittoria, sacrificavano una tradizione quasi ininterrotta di alleanze borboniche in vista di nuove promesse di successione e di intesa. Un infondato sospetto di anglofilia gravò sullo stesso Floridablanca, e trovò ad alimentarlo (che non varrebbe certo a confermare la più volte asserita inclinazione delle Sicilie, sin da questi anni, al vassallaggio verso la potenza britannica) terreno assai fecondo a Napoli: Maria Carolina, il Caracciolo, l’Acton furono concordi su questo p u n to .132 Altri volle vedere

132 Le molto deboli apparenze di un radicale capovolgimento nei rapporti esteri spagnoli non avrebbe trovato facile credito soltanto nell’animo aperto ai sospetti di M. Carolina (cfr. Arch. Stor. N ap., V I, pp. 576, 580), poiché anche l’Acton andava convincendosi « che l ’am basciatore di Portogallo e il ministro d ’Inghilterra disponevano di tutto a M adrid » (disp. Caleppi del 21 nov. ’86, in R i n ie r i , pp. 9091). Era a un di presso il pensiero del ministro della marina, che ci è dato cogliere da quanto egli stesso in pari data scriveva al Bressac: « ...depuis cinq courriers d ’Espagne on nous confirme toujours les mêmes bruits..., toutes les lettres parlent du ton qu’ a pris l ’am bassadeur de Portugal à cette Cour, de celui qu’y assum e aussi depuis peu le chargé d ’affaire d ’Angleterre: ...le bruit, qui peut être absurde, d ’une princesse d ’Angleterre à marier avec D . Antoine ne mérite pas de credit assuré­ ment; mais pourquoi tenir, répéter ce langage à M adrid? eût on tenu ce propos il y a peu d ’années? se fût on occupé d ’une semblable liaison, si l ’on n ’observoit un changement dans la politique de cette Cour? Celle de France jugera sur de tels bruits qu’elle ne peut ignorer... ». N é erano quelli sospetti passeggeri, ché essi tornano a distanza di mesi, in una visione generale poco favorevole all’Inghilterra: « ...on est persuadé... qu’il y a une intimté réelle entre eux [Floridablanca e l’incari­ cato inglese] et la Cour de Portugal. On va jusqu’à ne pouvoir à N aples se persuader que le Pacte de Fam ille ne soit pas absolument à la veille d ’être détruit par une union toute opposée » (a Bressac, 28 février ’87); mentre l ’eventualità di un fu­ turo scontro armato con la grande nazione marinara viene presa seriamente in considerazione, insieme con la necessità di adeguate misure difensive: « on dé­ fendra constamment ces côtes d ’un débarquement et attaque de quelque consé­ quence, et S.M . sera toujours montée au moins pour la défensive d ’un tel côté » (a B ressac,'le 1er mars ’87: D o c u m e n t i , I I , 4). Avrà su tale atteggiamento di sfiducia influito il Caracciolo, che, durante l’am-

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nella nuova allenza dinastica l’origine vera dei dissapori tra Madrid e Napoli, la quale ultima certo non riuscì (e ne aveva fornito, resi appena pubblici quei fidanzamenti, chiare prove la regina al Bernis) a celare il suo m alum ore.133 Il tentativo di riconciliazione da parte delle Sicilie seguì la via natu-

basciata londinese, aveva dato della morale politica di quel popolo un giudizio molto severo ( C roce , Uomini e cose, I I , pp. 89, 90), riespresso poi durante l’ambasciata parigina, ampliandosi il teatro della guerra d ’America (« il connaissait bien ces fiers insulaires e il savait combien peu il fallait pour les déterminer à manquer de parole et à se porter à tous les excès, quand ils croyaient y trouver leur avantage. Aussi devait-on, à son avis, mettre Naples en état de défense et à l’abri d ’une insulte du côté de la mer, afin de pouvoir se faire respecter chez soi ». D isp. del 20 aprile 1778, compendiato da F l a m m e r m o n t , p. 430), il Caracciolo, che adesso quei sospetti divideva con l ’Acton, scrivendone, come vedremo, al Vergennes? N on sapremmo: ma c’interessa notare l’accordo che ancora una volta si stabili tra i due ministri di Ferdinando IV , solidali su questo punto in un ’interpretazione erronea degli orien­ tamenti spagnoli. Poiché l ’anglofilia del Floridablanca è smentita dai docc. I quali all’opposto pro­ vano la persistente opposizione all’antica e temuta rivale. Cfr. soprattutto C o n d e de F lo r i d a b l a n c a , Obras originales y escritos referentes a su persona... por A. F e r r e r d e l Río, M adrid, Rivadeneyra, 1867, pp. 269-70. (« E s p a ñ a ha da tener con Portu­ gal neutralidad y am istosa correspondencia... para valernos de su misma neutralidad y contener por su medio las ideas de nuestros enemigos »■. dalla « Instrucción reservada » per la giunta di stato, 8 luglio 1787; inoltre pp. 307-308: Memorial pre­ sentado al rey Carlos I I I y repetido a Carlos IV por el conde de Floridablanca re­ nunciando el ministerio, e Prefaz., p. X X V III. A pp. 285-286, dalla satira I I I : Bodas de la Infanta en Portugal); M. L a f u f .n t e , H istoria general de España, XV, Bar­ celona, M ontaner y Simon, 1889, pp. 58-59 («M ien tre s la nación inglesa no tenga otra constitución ó sistema de gubierno, no podemos fiarnos de tratado alguno... De a qui nace la necesidad de vivir siempre atentos, vigilantes y desconfiados de la Inglatera » : dalle Observaciones al Anonimo, uscite dagli ambienti ministeriali del Floridablanca nella seconda metà dell’87). E ancora sulla contesa con l’Inghilterra an­ teriormente alla Rivoluz. francese, R. A l t a m i r a , H istoria de España y de la civili­ zación española, IV , Barcelona, Sucesores de Ju an G uli, 1929, 4 “ ed., p. 71 sg. I matrimoni portoghesi e l’orientamento antifrancese degli « iberisti » in F . R o u s s e a u , Règne de Charles I I I d ’Espagne ( 1759-1788), Paris, Plon-Nourrit, 1907, I I , pp. 260-65; la politica generale del Floridablanca, su docc. russi, in A. T r a t c h e v s k i , L ’Espagne à l’époque de la Révolution française, in Revue historique, XXXI (1886), P- 1 sgg. 133 M a s s o n , Le card. de Bernis, p. 407 (le preoccupaz. del Vergennes circa la

successione spagnola già in lett. al Bernis del 12 aprile 1784). Per l ’asserito rapporto tra i matrimoni portoghesi e le brouilleries ispano-napoletane cfr. ancora S c h ip a , pp. 163-64.

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rale, quella di Versailles, dopo il riavvicinamento franco-napoletano. L ’ar­ gomento era stato accennato a Parigi durante le conferenze del Bressac. Questi poi, prima ancora di rientrare nel regno, da Firenze, autorizzato dalla sovrana, aveva scritto al Vergennes, chiedendo una specie di inter­ vento ufficiale di Luigi X V I .134 II consiglio dato dal ministro francese ai reali di Napoli di affidarsi direttamente ai lumi e alla tenerezza paterna del re di Spagna sarebbe stato seguito; ma la missione del Pignatelli di Strongoli nata da quel suggerimento riuscì perfettamente v a n a .136 II 134 « ...il [V ergennes] m ’a toujours exhorté au raccomodement avec cette puis­ sance, et m ’a dit que le Roi son maître le désiroit. Sur cela j’ai prié la Reine de me parler franchement et de me permettre d ’en écrire à M. de Vergennes: S.M . l’a fait et j ’ai écrit... J ’ai prédit à la Reine que tant que M. de Sambuca seroit en place, jamais nous ne serons tranquilles de ce côté là. C ’est l ’opinion de M s. de Breteuil et de Vergennes. L a Reine le sent, le Roi en est convainçu et cependant on le garde: c’est sans doute une affaire de goût... » (Bressac ad Acton, Florence, le 18 août 1785). E cfr., nello stesso f. 4356, la risposta del Vergennes (à V ersailles, le 5 septembre 1785), poco disposto a un intervento del re di Francia in affari che non gli sono stati confidati dal Cattolico. « Leurs M ajestés Siciliennes n ’ont besoin que d ’elles mêmes pour se conquérir la tendresse d ’un père... Je ne pense pas q u ’on veuille exiger d ’el­ les les sacrifices d ’abord demandés; mais il peut exister d ’autres moyens de sati­ sfaire un père. Rien ne semble plus propre à le toucher q u ’une confiance absolue. Pourquoi dans toutes les occasions essentielles LL.M M . Siciliennes ne se resserreroient elles pas aux lumières et à Pexperience de Leur Auguste Père? Peut-être les juge-t-on indifférentes pour la maison dont E lles portent le nom. C ’est un préjugé qu’il importe d ’affaiblir. Le Comte de Floridablanca ira toujours au-devant de tout ce qui pourra rétablir la plus parfaite intelligence entre le Père et le Fils. Ce ministre est trop éclairé et trop honnête pour ne pas en sentir la convenance et pour n ’y pas coopérer... ». 135 H e l f e r t , Zeugenverhôr, p. 75 sgg.; R in iiîr i , pp. 71-75. Il Pignatelli parti per la Spagna i primi d ’ottobre e ne tornò a metà dicembre. « Est-il [A cton] parti? » chiese al messo napoletano Carlo I I I , e alla risposta negativa gli voltò le spalle. Subito dopo il ritorno del Pignatelli, il Bressac riusciva a farsi mostrare dall’am­ basciatore francese un interessante dispaccio del Vergennes, e ne riferiva poi all’Acton il contenuto (à N aples, le 16 décembre 1785): « M. de Vergennes lui dit qu’il a fait faire à M adrid les plus scrupuleuses perquisitions pour savoir si Sa M ajesté la Reine étoit ou pouvoit être compromise dans tout ce qui se faisait ici, q u ’il a acquis la certitude que Sa M ajesté n ’avoit rien à risquer, et qu’il pouvoit en assurer cette Souveraine de sa part. M. de Vergennes ajoute q u ’il a prescrit à M . le Duc de la Vauguyon d ’observer à M adrid le plus profond silence sur les affaires de N aples, mais q u ’il lui a ordonné (dans le cas où il seroit interrogé par M. de Flo­ ridablanca) de répondre que les petits nuages qui s ’étoient élevés entre la cour de France et celle-ci, ont été terminés d ’après un éclaircissement, à la satisfaction des deux Souverains et que la France aujourd’hui est infiniment satisfaite du gouverne-

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Bressac riapparve così sulla scena politica a recitarvi un’ultima e, bisogna riconoscerlo, non condannevole p a r te .136 Si vide subito quanto bene fosse venuto a Napoli dalla sostituzione ment napolitain. Le Ministre enfin dit à M. l ’am bassadeur que si le succès du voyage de M. de Pignatelli n’eut pas heureux, et que l ’Espagne insiste sur le renvois de M. Acton, il doit écouter et ne jamais répondre, que surtout il ne doit pas s ’écarter de la marche q u ’il a suivie jusqu’alors, l ’intention du roi étant que son am bassadeur observe la plus exacte neutralité. Voilà, M onsieur, ce que j ’ai lu: j’en donne à V .E. parole d ’honneur. M. l ’am bassadeur m ’a parlé de la nécessité de ren­ voyer M. de Sambuca et des veux q u ’il fait pour que V otre Excellence prenne les affaires étrangeurs; il dit que vos opérations seront toujours genées tant que vous aurez un compétiteur quelqu’il soit; je lui ai dit que V .E . ne s’importe que du bien du service, ne craignoit pas les rivaux, et que je ne croyois pas q u ’elle voulût se charger de ce département quand même on le lui offriroit; il m ’a paru fâché de cela et m ’a témoigné que ce choix seroit fort agréable et à lui et à M. de Vergennes... ». Sul malumore del messo sfortunato dava infine questi curiosi particolari: « M. de Pignatelli dans son cercle du soir maudit également la France et l ’Espagne, et prétend q u ’il n ’y a que N aples au monde; le premier, dit-il, qui viendra lui parler de la France, il lui cassera les bras. Cela n’a empêché d ’aller lui faire ma cour; il est fâcheux q u ’en traversant une des plus belles provinces du royaume il n’ait pas, dit-il, trouvé de quoi rassasier son appétit: il falloit qu’il fût énorme ». 136 L a missione e la scelta dell’uomo furono disapprovate, con i soliti termini astiosi, dai fratelli della regina, la quale anche pare esprimesse il suo disappunto. « Ils font toujours des sottises et puis demandent conseil... C ’est une sottise; mais quoi dire quand elle est faite? » scrisse l ’imperatore. Joseph I I u. Leop. v. Toscana, II, pp. 16, 20. Non par dubbio che al ministro della guerra, intorno alla cui persona si era scatenata la contesa ispano-napoletana, fosse dovuta quella scelta. Che peraltro a un occhio equanime non appare dovuta ad arbitrio o a fini reconditi. Nel momento in cui veniva partecipata a Vienna al Circello, destinato a sostituire a Versailles il Caramanico, la promozione (S c h ip a , p. I l i ) , non sarebbe stato possibile, come lo storico del Caracciolo avrebbe preferito (p. 162), servirsi dell’ordinaria via diploma­ tica, che del resto anche in contingenze diverse è poco probabile fosse trovata più breve di quella di una missione straordinaria. N é, prevalso il consiglio della media­ zione francese, sarebbe parso opportuno frapporre indugi alle trattative, mentre finalmente si allontanava da N apoli, senza esservi sostituito da altro ambasciatore, l ’inviso las Casas, che nella non lunga legazione aveva approfondito e forse reso abisso il solco scavato dal predecessore la Herreria (da E l Pardo, 11 gennaio 1785, è annunziata a N apoli la nomina in quell’ambasciata del cav. Simone de las Casas in sostituzione del visconte de la H erreria; il 15 marzo ’86 il las Casas partecipa per suo conto la sua destinazione aVenezia. A .S.N ., Est., f. 1917. E cfr. H e l f e r t , pp. 78 e 123). E non sarebbero tardate voci di un viaggio a Parigi di quel torbido diplo­ matico (A .S.N ., Casa Reale, voi. 102, ins. 3, cit. lett. Acton a Bressac del 3 giugno ’86). D el resto la via seguita da N apoli si chiarisce tutt’altro che tortuosa a chi consideri il successo della precedente missione Bressac, missione ignorata, come ab-

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del Caracciolo al Sambuca: questa volta la missione dell’ufficiale fran­ cese sarebbe stata tenuta celata a tutti, ma preparata, in pieno accordo, dai due ministri particolarmente interessati al successo di essa, il ministro cioè degli esteri e quello, combattutissimo in Ispagna, della marina. Il carteggio Acton-Bressac in proposito, iniziatosi con una lettera deferente verso il primo ministro, atta ad allontanare le molte fantasticherie fiorite intorno a questo interessante episodio della politica estera napoletana,131 prova un nuovo clima morale che lentamente andava diffondendosi, as­ surto finalmente alla carica più alta del governo chi aveva interesse non ad invelenire le cose, ma a sanarle con spirito di moderazione e con lar­ ghezza di visione politica. La missione fallì, ma ciò non « si dovette alla persona... dell’improv­ visato plenipotenziario e all’orgoglio teutonico di M. Carolina » . 138 I do-

biamo visto, dall’HELFERT, che sulla base dei docc. austriaci ci diede un cenno incompleto (p. 79 sg.) di questo secondo viaggio a Parigi e del ritorno a Napoli (p. 84) dell’ufficiale francese « von intriguantem Wesen ». M a che questi trattasse in modo non svantaggioso per le Sicilie già trapelava da una felice scoperta di B. M a r e s c a , Un doc. di M. Carolina Regina di N apoli riguardante le questioni con la Spagna, in Arch. Stor. N ap., V I (1881), p. 563 sgg., che gettò luce sulle conversa­ zioni parigine del Bressac posteriorm ente all’ottobre ’86, quando i dispacci del Richecourt pubblicati d a ll’HELFERT (pp. 126-27) ci abbandonano (v. adesso qui D o­ c u m e n ti, II). E d anche il governo sardo venne a conoscenza, attraverso la cor­ rispondenza diplomatica, che l’inviato napoletano, « uomo di... confidenza » della regina, « adem pì il meglio che potè la sua missione segreta » ( D u m a s e P e t r u c c e l l i D e l l a G a t t i n a , p. 133). Che poi i modi « peu mesurés » di questo ( F la m m e r m o n t, p. 440) non fossero atti a conquistargli le simpatie di qualche rappresentante diplo­ matico a Parigi è perfettamente credibile. viì Acton a Bressac, Caserte, ce 24 mars 1786: « ... Vous suivrez... et vous conformerez exactement à tout ce que vous a été ordonné par le ministre des affaires étrangères et aurez les plus grand soin de lui rendre au compte dé­ taillé de vos entretiens avec Monsieur le Comte de Vergennes...; le Roi va s ’em­ presser de faire arriver à Paris son am bassadeur le M arquis de Somma [Circello] que vous y attendrez et dans lequel vous sçavez la confiance que met S.M ., surtout depuis qu’il sçait q u ’il est agréable à cette cour... ». V. ancora lett. del 28 febb. ’87 : « Vous retournez à Naples, en laissant par écrit à M . le M arquis de Circello l ’état où vous aurez laissé cette commission, pour q u ’il en soit informé ». Invece il R i n ie r i , pp. 86-87, fondandosi sulla testimonianza di mal disposti infor­ matori: «C aro lin a e Acton non si servirono del mezzo normale..., ma inviarono a bella posta... quel tal cav. di Bressac... per il gretto consiglio di sottrarre ogni inge­ renza in questo affare al marchese Caracciolo ». 138 S im io n i , L e origini, I, p. 337.

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cum enti139 invece provano che a Napoli si nutrirono sincere speranze di accordo fino a quando queste non crollarono di fronte alla mancanza di comprensione della Spagna. Il tatto di un Vergennes si scontrò con l’arrogante pretesa, tanto inadeguatamente sostenuta dai fatti, di un Floridablanca di dare alla politica estera spagnola l’impronta di un’indipen­ denza assoluta dall’estero. E nemmeno l’autorità del ministro degli esteri di Francia, che ebbe buoni collaboratori il Talleyrand a Napoli e il la Vauguyon a M adrid e che trovò senso di moderazione e quasi di remis­ sività nella corte di Ferdinando,140 riuscì a piegare l’indurita albagia di un ambiente difficile come il madrileno degli ultimi tempi di Carlo III. Il Bressac sarebbe tornato a Napoli nel febbraio ’87 141 senza aver nulla concluso e con pochissime speranze di giungere a risultati concreti nella continuazione di una missione già condannata da pretese irremo­ vibili. Furono infatti dignitosamente respinte dalla corte le ultime pro­ poste che egli aveva portate di Francia, proposte capaci di ledere il de­ coro o di offendere l’acuito senso d ’indipendenza degli ambienti gover­ nativi napoletani: un viaggio dell’Acton a M adrid o il matrimonio del A .S.N ., E st., f. 4356. 140 È certo che il Talleyrand si schierò lealmente dalla parte di N apoli, quando in possesso di lettere degli ambasciatori spagnoli a N apoli e a Roma, las Casas e d ’Azara, al principe di Cariati-Spinelli, in cui si proponeva il passaggio dalla tattica difensiva all’offensiva verso la corte presa di mira e si cercava di mandare a monte la mediazione francese, le inviò al Vergennes, perché ne fosse informato l’ambascia­ tore a M adrid duca de la Vauguyon (P er la « conduite qu’il a tenu ici, et le zèle qu’il a témoigné pour ce qui me concerne », Ferd. IV avrebbe sollecitato il titolo ducale per l’ambasciatore francese. A.S.N . E st., f. 4356, al re di Francia, N aples, ce 6 octobre 1786. Inoltre Acton a Bressac, confidenziale del 17 marzo ’87: « S i vous pouvez jamais satisfaire à l’empressement de LL.M M . pour... le Baron de Talleyrand..., cette honnète am bassadeur qui s ’est ici si dignement conduit... »). D a parte sua la corte di N apoli non si era m ostrata restia ad accogliere un disegno, fatto poi cadere da quella di Spagna, del Vergennes: una pietosa finzione secondo la quale a una lettera di Ferdinando che si diceva pronto per rispetto filiale ad allontanare l’Acton, Carlo I I I avrebbe risposto che, lungi dal desiderarne il licenziamento, riconosceva in questo un ministro buono e zelante. Cfr. H e l f e r t , pp. 80 sg., 125 sgg. « N ’est-ce pas comique? » si chiedeva l’imperatore a proposito di quell’artefatto scambio di lettere menzognere, di cui, partita la prima, dubitava, e si apponeva bene, che sa­ rebbe giunta in porto la seconda (Joseph I I u. Leop. v. Toscana, I I , p. 36). 141 Era ancora a Versailles il 2 febbraio; scriveva poi da Lione, sulla via del ritorno, l’8; avrebbe ripreso la corrispondenza dalla Francia il 16 aprile. Questo suo viaggio a Napoli e il conseguente diretto contatto con la corte sono ignorati sia dall’HELFERT che dal M a r e s c a . N e dà invece confusa notizia attraverso le solite prevenzioni R in ie r i, p. 100, attingendo alla corrispondenza dell’incaricato pontificio.

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duca di Calabria con la seconda infanta di Spagna o l ’accessione al patto di famiglia o la concessione di alto impiego a uno spagnolo al servizio di Napoli, il generale Roca. Maria Carolina si rinchiuse nella sua fierezza, risolutamente ribadì il concetto d ’indipendenza espresso qualche anno prima al Bernis: « ce n’est q u’à un Vice-Roi qu’on peut faire venir rendre compte de son administration; jamais Souverain ne s’est avisé d ’envoyer ses Ministres faire aux autres Cours l ’amende honorable; ... nous nous devons à nos Enfans, états, sujets de ne point nous avilir, et rester fermes, et indépendants tel que la Providence nous a destiné. Nous restons amis, reconoissants a la France, mais toute negotiation inutile vers l’Espagne, au sujet de notre conduite, et ministre, interdite et coupée a jamais. Pour la Succession... nous sommes fermem.t résolus d ’imiter l’exemple de l’Espagne en faveur de nos filles, si la première subversion de la Loi de Philippe V aura lieu » . 142 Questo della successione era oramai l’aspetto più delicato della que­ stione spagnola, e a cagione di essa erano continuate in terra di Francia quelle trattative sostanzialmente già fallite dall’ottobre. Il Vergennes ne aveva scritto allarmato a re Ferdinando, scongiurandolo di pesare il pe­ ricolo di un cambiamento delle disposizioni stabilite in proposito da F i­ lippo V, non tacendogli il danno che sarebbe venuto a Francia non meno che a Napoli dal paventato precludersi al re delle Sicilie della successione altrono di S p ag n a.143 In nome del re gli aveva risposto il Caracciolo, ritoccando con abilità di diplomatico consumato quella corda: « . . . il seroit très préjudiciable à la France même, et ce doit être le principal but des Puissances, qu’on prétend s ’intéresser à son execution... de tout tems les ennemies declarées de la grandeur et de la prospérité de cette M o­ narchie... Il ne sera pas difficile à Sa M. Très chrétienne, vû la puissance, les moyens efficaces, et les expedient vigoureux qu’elle peut employer, d ’empecher que Son Auguste Famille ne perde une Monarchie, qui a coûté à la France tant de sang et de tesors » . 144 Tutto ciò non era bastato a fare avanzare verso la soluzione ago­ gnata le trattative. Un astuto tentativo pontificio di acquistar merito presso la corte partenopea con una mediazione tra i due re, onde agevo­ lare la soluzione del problema dei rapporti stato-chiesa nel Mezzogiorno 142 M a ra sca , Un doc.,in Arch. cit., pp. 585, 589. 143 Vergennes a Ferd. IV , Fontainebleau, 29 ottobre 1786: D o c u m e n t i , II, 2. 144 S g h ip a , N el Regno, p. 166. L a contemporanea e analoga risposta dell’Acton in cit. f. 4356.

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sempre in alto mare, non era andato, tra fine ’86 e principio ’87, parimenti avanti: 145 il Bressac sarebbe ripartito nel marzo per Versailles con una serie di osservazioni rilasciategli dall’Acton soprattutto sull’esigenza di restar fuori del patto di famiglia, che valgono a gettare parecchia luce sul generale orientamento politico delle Sicilie; 146 ne sarebbe poi tornato nel giugno, cadute le speranze di raccomodamento spagnolo, rinsaldati i rapporti N apoli-Versailles.147 « Nous restons amis, reconnoissants à la France »: non erano soltanto parole della regina. Per tutto 1’ ’87 Versailles sorvegliò i rapporti MadridNapoli, approvò l’adottato sistema delle due corti di « non parlarsi più delle passate tracasserie », non perdette di vista l ’affare della successione e sgombrò l ’animo di Ferdinando IV dei timori concepiti in proposito; fu poi ancora accanto ai ministri delle Sicilie nei primi tempi del nuovo regno di Carlo I V . 148 Quasi a ristabilire l’equilibrio nella conturbata bi­ lancia, il ramo borbonico primogenito guadagnava nel Mezzogiorno d ’Italia tanto terreno quanto ne veniva perdendo il ramo cadetto spagnolo. Sa­ rebbe toccato a Versailles contrastarvi adesso la soffocante avanzata austriaca? Si sarebbe ripetuto in ambito maggiore, dietro posizioni di primaria importanza, quanto pur si era visto nel minuscolo dominio bor­ bonico di Parm a? L ’Acton mostravasi disposto a riprendere in esame l ’annoso problema

145 R i n ie r i , pp. 95-99, che d à la colpa del fallito intervento pontificio « a que’ cervelli direttori della politica napoletana », gelosissim i dei diritti di regalia e poco disposti al concordato religioso che « li avrebbe privati delle ingenti somme cavate dall’usurpazione delle rendite ecclesiastiche, onde l ’una [M . Carolina] pagava i suoi emissari segreti, e l’altro [A cton] allestiva un naviglio per signoreggiare il doppio mare Tirreno e conquistare Costantinopoli! ». Che è modo di ricostruzione storica degno di esser portato ad esempio! 146 Vedile, nella sintesi finale, in D o c u m e n t i , I I , 4. 147 « Ce moment rapproche toujours la Cour de France par ses intérêts les plus sérieux de la notre, et cimentera la bonne harmonie que l ’amitié et les liens du sang ont si bien établie » (Acton a Bressac, 21 nov. ’86). Cfr. ancora, nello stesso f. 4356, Acton a Montmorin, a Breteuil, a Henin, a de Castries, a Ségur, 14 e 15 marzo ’87. Scrivendo a quest’ultimo, ministro della guerra, l’Acton appoggia la richiesta, che il Caracciolo aveva fatta alla corte di Francia, dèi gen. Salis: « Le Roi m ’ordonne de prier V. E . de vouloir bien appuyer cette demande, de même que celle de permettre que plusieurs jeunes officiers napolitains et ingénieurs puissent se porter en France et s ’y perfectionner dans les excellentes écoles de ces deux professions ». Inoltre M émoire du 30 juin ecc., in D o c u m e n ti, I I , 5. 148 S c h ip a , pp. 169, 172, 178.

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del trattato di commercio franco-napoletano; 149 forse vedeva, a contatto sempre più cordiale col rappresentante di un paese che ripetutamente aveva cercato di conciliare il proprio influsso nella penisola con un si­ stema di larghi accordi tra gli stati italiani, determinarsi meglio le sue idee sull’esigenza di più saldi rapporti tra questi. Anche Floridablanca aveva fatto parola di confederazione italica, nell’anelito a un nuovo posto della Spagna nel Mediterraneo; ma già quest’ultima idea « extravagante et chimérique » del conte appariva condannata dai tempi. 150 In Francia invece il sogno del d ’Argenson aveva fatto tanto cammino da palesarsi di questi anni alla coscienza degli spiriti culti nella nuova grandiosa Encyclopédie m éth odique!151 Nel Caracciolo tanto persisteva l ’idea delle straordinarie virtù di quella nazione che a fatica si rassegnava a prendere atto dei suoi scacchi, e quasi si convertivano per lui in sicurezza d ’avve­ nire le umiliazioni che le ostili contigenze diplomatiche cominciavano a infliggerle. « La Francia avendo sofferto un atto così imperioso dal Re di Prussia [invasione d ’O landa] per il fatto e per la forma ha perduto del suo credito e del suo decoro, e questo grande avvenimento getta a terra in un tratto il sistema sopra cui ha lavorato M. des Vergennes per disunire le Provincie unite dall’Inghilterra, e legarle o soggettarle alla Francia...; però chi sa l’infinita combinazione nell’oscurità del futuro, possono emergenze tali succedere che l’unione dell’Olanda alla Francia non fosse opportuna; ... è certo che si è liberata [la Francia] d ’un très grand fardau nell’inviluppo degli affari correnti, si è tolta dal piede una gran spina che l’impediva di camminar libera per quella strada che meglio stimerà, o a salvare li Turchi, o a prendere la sua porzione... » . 152 Le cose stavano assai peggio per la monarchia di Luigi XV I, e sol­ tanto la prima parte della benevola interpretazione del Caracciolo era esatta. L ’ottobre ’87 « la France avait perdu, en un mois, tout le terrain gagné per la guerre d ’Amérique et par l ’habile politique de M. de Ver-

149 « ... Il est très-sûr q u ’un traité de commerce avec la France, dirigé par l’équité et une confience réciproque, est ce que nous désirons le plus et qui peut terminer absolument toutes les petites tiacasseries qu’on a pris soin de fomenter ici pendant si longtems... » : cit. lett. Acton a Bressac del 3 giugno ’86. 150 T r a t c h e v s k i , L ’Espagne cit., in Revue cit., p. 25. 151 Encyclopédie méthodique, ou par ordre de matières. Economie politique et diplomatique... par M. D é m e u n ie r , t. I I I , Paris, Panckoucke, 1788, pp. 85-86 (voce Italie), 152 S c h ip a , pp. 190-91.

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gennes » . 153 Su quella china non l’avrebbe più arrestata il successore del grande ministro, de Montmorin, destinato a esser poi travolto egli stesso da una situazione interna esasperata, priva, per alcuni anni, del sostegno o dello sfogo di una politica estera adusata alle grandi soddisfazioni. Appena un anno dopo, da un osservatore diretto povero di fantasia, il marchese di Circello, sarebbe venuta a Napoli una cruda, oramai limpida verità: « In questo stato di cose può ben giudicare S. M . se vi sia luogo da potersi occupare di tutto quello che si passa ne’ paesi esteri, o al" meno quanto poco tempo possa darsi agli affari che turbano l’Europa, e che in altri tempi avrebbero formato il principale oggetto di questa Monarchia » . 154 Col declino della vecchia monarchia che aveva portato a tanto orgo­ gliosa potenza l ’assolutismo in Europa si sarebbe abbassato a Napoli il prestigio fran cese.155 Una distanza enorme, in breve volger di tempo, avrebbe diviso la Francia cosi presente a Napoli nei primi anni dell’am­ basciata Talleyrand, la Francia che aveva tanto contribuito ad abbassare l ’orgoglio di un barone di Thugut, dalla Francia sospettata e screditata del tramonto inglorioso di quella missione, non più libera nei movimenti, non più capace oramai di contrastare il passo all’invadente ambizione absburghese.

Si riacutizzò, non ancora trascorso 1’ ’89, il dissidio spagnolo. In brev’ora, mancato il freno moderatore di Francia, l’increscioso affare della successione si mise al centro delle preoccupazioni internazionali na­ poletane, come una piaga molesta. Fino a che punto era esatto quanto 153 F. M a s s o n , Le département des affaires étrangères pendant la Revolution (1787-1804), Paris, Plòn, 1877, p. 62. 154 A .S.N ., E st., voi. 424, Parigi, 28 settembre 1788. 155 A. B o n n e f o n s , Marie-Caroline reine des Deux-Siciles, Paris, Perrin, 1905, p. 22, che tocca, meglio che altri prima o dopo abbia fatto, dei rapporti tra Napoli e Versailles anteriormente alla Rivoluzione con buon discernimento (cap. I). Le non buone relazioni con la Spagna non vanno confuse con quelle che con la corte di Luigi X V I ebbero le Sicilie, le quali dovevano tener conto, tra l ’altro, di un commercio fiorentissim o: l ’Acton stesso non nutrì rancore contro il paese che gli aveva dato i natali, né fu avversato dalla monarchia francese. N é è il caso di par­ lare già da ora di anglomania del ministro napoletano, che spunterà « tardivement », sotto l ’impero degli avvenimenti: accanto all’opposizione alla Spagna, una certa simpatia per l’Inghilterra non ha impedito, sino all’89, i buoni rapporti con la

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aveva asserito Pietro Leopoldo nel giugno, che cioè i ministri Florida­ bianca e Acton alimentassero la reciproca antipatia delle due regine? 156 Ma l’attento esame della corrispondenza ministeriale da Napoli metterà in evidenza, nelle pagine dell’austriaco storico di Maria Carolina, un Acton incline, nel timore dei piani viennesi, ad accostarsi a Madrid, ove vi avesse trovato una disposizione d ’animo favorevole che invece mancava del tutto. Non c’era da attendersi nessun incoraggiamento da quel paese vec­ chio, la cui stanchezza si rifletteva nella corte frivola, aperta ai ripicchi, tenace nei risentimenti. Quando le impolitiche movenze di Carlo IV riaccesero i sospetti sui propositi sovrani di venire in segreto incontro alle sommesse aspirazioni nazionali col richiamare in vita le vecchie leggi Francia (pp. 293-94). Schiettezza di giudizio che difetta nelle elaborate pagine del S im io n i ( I , p . 333 sgg.) sullo stesso argomento, dove l ’informazione per alcuni rispetti, nonostante la mole del materiale esaminato, manchevole, lascia più aperto campo a un’interpretazione condiscendente a tradizionali prevenzioni. 156 « ...Néanmoins — aggiungeva — les apparences sont sauvées; la flotte espa­ gnole à N aples a été très-bien accueillie et comblée de politesses, et les deux Cours vont s ’envoyer des m inistres respectifs. L a correspondance entre les deux Rois n’est pas brillante; le Roi d ’Espagne se mêle continuellement des affaires de celui de N a­ ples, en exigeant de lui toute sorte de complaisances, en recommandant personnes, dont on a lieu d ’être mécontent, et parlant toujours d ’un ton fort haut et menaçant. Le Roi de N aples répond très-poliment, mais ferme, évitant de parler sur les recom­ mandations q u ’on lui fait... ». Joseph I I u. Leop. v. Tose., I I , pp. 256-57. Cfr. H e lf e r t , p. 96 sg., e S c h ip a , p. 179 sgg., ove leggesi pure delle difficoltà incontrate dal Caracciolo per avviare il carteggio tra i due reali fratelli (a complemento il f. 4356 Est. conserva un’interessante lettera del Floridabianca del 24 febbr. ’89 con la ri­ sposta del Caracciolo). Accanto alla regia non brilla la corrispondenza ufficiale tenuta dai due modesti ambasciatori napoletani, Raffadali e poi Luzzi, nei primi anni di Carlo IV (A .S.N ., E st., f. 1818 e 1819), sebbene quella del secondo già si distingua per una maggiore ricchezza di notizie. M a sono anch’esse lettere senz’anima. Simil­ mente monotoni e insignificanti i com piti ragguagli che l’Acton inviava al primo ministro spagnolo Floridabianca e, in seguito, Aranda sulla salute degli augusti parenti di N apoli, le cacce, ecc. (ivi), in una regolare corrispondenza dove sembre­ rebbe riflettersi un consiglio dato da G iuseppe I I alcuni anni prima al cognato e alla sorella; evitare scrupolosamente quanto potesse riferirsi « aux affaires d ’admi­ nistration interne..., mais avec le plus grand respect toujours parler... de santé, de chasse et du temps » ( Joseph II u. Leop., I I , p. 8). 157 « Acton scheute jetzt [m età dell’89] den österreichischen Einfluss mehr als den spanischen, und würde sich vielleicht dem H o fe von M adrid genähert haben, wenn man fes nicht von dort aus wie darauf angelegt hätte das neapolitanische Für­ stenpaar stets auf’s neue zu reizen ». H e l f e r t , p. 101.

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castigliane e aragonesi che avrebbero aperto, in dispregio alla non ancora smentita solidarietà borbonica, vaste prospettive di successione alla pro­ pria discendenza femminile e ad altra d in astia,158 non era più possibile che la corte di Napoli si facesse illusioni sull’efficacia del concorso di Versailles, dove, proprio di quei giorni, stava per chiudersi una vita po­ litica che aveva toccato il sommo della potenza e dello splendore. Questa volta si sarebbero incontrati per via il corriere straordinario spedito dall’affranto Circello con le novità paurose dei giorni d ’o tto b re 158 e 158 Cfr. A .S.N ., E st., f. 4178 (Successione e diritti del R e sulla Corona di Spagna: 1789-1820); Bibl. Soc. Nap. St. Pai., 3" con . X I I , G. 1, n. 1 (Documenti rela­ tivi alla successione di Spagna, 1789-1835), dove in epoca posteriore furono raccolte rispettivamente dal governo borbonico e dalla fam iglia L udolf scritture diplomatiche per gli anni indicati e oltre. 159 A .S.N ., E st., voi. 426, Parigi, 8-10 ottobre 1789. Il dispaccio è, con altri dell’ambasciatore napoletano a Parigi dall’agosto all’ottobre di quest’anno, tra i « D o­ cumenti » del voi. di C . D i S o m m a C ir c e l l o e C . B a n d in i , Storia di due giornate della Rivoluzione francese (5-6 ottobre 1789), Spoleto, Tip. dell’Umbria, 1916. « ...Non potrò mai spiegare la sensazione ch’io provo nel vedere un Re e tutta la famiglia prigionieri nella propria Capitale » scriveva costernato il Circello; « la rivoluzione del dì 12 luglio non è stata e h ; il simulacro di questa del 5 e 6 corrente... Chi assi­ cura che un terzo tentativo non ponga il colmo alla più orribile e tragica scena che abbia mai esistito? ». E v. nella risposta deli’Acton (A .S.N ., serie e voi. cit., Napoli, 25 ottobre ’89) l ’annunzio dell’inevitabile guastarsi dei rapporti diplomatici tra i due paesi: « Rilevo dai suoi fogli una certa sollecitudine per le previdenze qui date affin di evitare la introduzione in questi Regni degli emigranti francesi e non so qual timore di che le nostre disposizioni potrebbero riuscire dispiacevoli a cotesta Nazione e di pregiudizio a noi stessi. Sono nell’obbligo di rassicurarla da qualunque dubbio e sospetto, m anifestandole quel che si è ordinato ai ministri e consoli rispettivi del confine e littorale di far sentire a tali emigranti, tutto conforme e analogo a quel che han fatto gli altri Principi in questa occasione. H a prescritto il R e di far sapere senza mistero che gli oziosi, i facinorosi e i male intenzionati non avrebbero cer­ tamente incontrato in questi Regni la più grata accoglienza, della quale al contrario potevano essere sicuri i buoni artisti e i grossi capitalisti, che impiegandovi il loro danaro avrebbero contribuito ad accrescere la circolazione della specie e a fare viepiù fiorire il nostro commercio. Mi persuado che quando ne siano costà informati, ben lontano dal biasimarci e dichiararsene offesi, le ritroveranno ragionevoli e giuste ». Parole equilibrate e rispondenti a verità, se davvero « non pare che fin dal 1789 si prendessero gravi provvedimenti » contro i sudditi francesi e in genere « nessun processo d ’opinione, nessuna inquisizion e» ci fu per allora ( S im io n i , I pp. 348-49; e quanto poco corrivo fosse l’Acton ancora nel ’90 ai provvedimenti di rigore v. in Critica, X X X V III, 20 settembre 1940, pp. 313-16: B. C r o c e , Joseph Chalier a Napoli nel 1790), mentre perduravano normali i rapporti col Talleyrand accettissimo fino al­ l ’ultimo a corte, ma che lasciano chiaramente intendere quanto fossero mutati i

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l’altro che l’Acton, cui era dato vedere, nella corrispondenza diplomatica, in progresso di tempo ridursi gl’interessi internazionali di Francia sullo sfondo di una situazione interna vicina « più allo stato di anarchia che a quello di monarchia » , 160 inviava all’ambasciatore con un dispaccio ma­ linconico dove « la sorpresa e il malcontento della Corte » a proposito delle allarmanti voci di Spagna erano espressi in termini tali da rendere manifesta la preventiva rinunzia all’aiuto del Cristianissimo: « La mala fede del Re di Spagna contravverrebbe scandalosamente alle paterne di­ sposizioni e renderebbe vana la parola reale impegnata dal Re Carlo I I I che nulla si era trattato o si tratterebbe su di questo importante assunto. Aspettiamo ansiosi le ulteriori notizie, e quando realmente siano tali, non meriteremo rimorsi né taccia, se anche noi col di loro esempio cercheremo di stabilire su di un altro piede la successione di questi Regni nella no­ stra Reai Famiglia » . 181 Adesso l’azione diplomatica napoletana era destinata a disperdersi come in tanti rivoli per le vie lontane delle capitali europee. Ché non soltanto si infittì la corrispondenza con i rappresentanti a Madrid e a Lisbona nella ricerca di sicuri ragguagli, ma si ordinò ai ministri presso le corti maggiori di indagare. Così dalla più remota Europa giungerà a Napoli, sullo spinoso argomento, la voce del Serracapriola, che non prima tempi dall’epoca del signor de Vergennes, quando, nel luglio 1786, colui che doveva essere l ’ultimo rappresentante napoletano presso la monarchia assoluta giungeva a Versailles col compito di « resserrer les doux liens du sang dont nos souverains sont si intimement unis », come lo stesso Acton con sincera e fondata fiducia nell’av­ venire si era espresso (A .S.N ., E st., f. 427). 160 A .S.N ., Est., voi. 424, Parigi, 23 dicembre ’88. « Quale sarà il nome, fra i governi che finora sono conosciuti, che dovrà darsi a questo è un problema che non può rischiarsi in questo momento della massima effervescenza », proseguiva il Circello, che continuava a chiedersi il 17 agosto ’89 (voi. 426): « Q u a l sarà mai l’anar­ chia se questa non lo è? ». G li eventi d ’ottobre sembrano dare il crollo, oltre che al vecchio trono, alla moderazione dell’ambasciatore napoletano, il quale nei mesi precedenti ha potuto ancora avere in pregio la guardia nazionale, garanzia di ordine. M a le preoccupazioni si faranno d ’ora in avanti pungentissime, e una profonda sfiducia nell’avvenire della Francia pervaderà una corrispondenza dove si sono alter­ nati periodi di speranze e di allarme. V i hanno trovato sempre meno posto le notizie dell’estero (A .S .N , E st., f. 421, voli. 424426). 161 Soc. Nap. St. Pat., 3“ Corr. X I I , G . 1, n. 1 cit., Acton a Circello, N apoli, 10 ottobre 1789. D el testamento di Carlo I I I la regina aveva scritto il 10 febbraio (in Corresp. ittéd.)-. « L ’equité et la justice l ’ont dicté... Cette pièce prouve la ju ­ stice de ce prince, et aussi que notre conduite n’etait pas si blâmable ».

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del 25 dicembre sarà in grado di stendere una cifra su un colloquio da lui avuto in proposito a semplice titolo d ’informazione col conte d ’Ostermann, in cui potrà soltanto esprimere l’augurio che fosse « effettivamente terminato questo affare in un modo sincero ed amicale, per vedere S. M. il Re N. S. tranquillizzata su un punto sì importante » . 162 Speranze maggiori offrivano altre corti, in quel momento avvicinate a Madrid dall’instabilità di una politica estera spagnola che non rinunziava a coltivare ambizioni nell’estrema povertà dei mezzi. Giungere al re cat­ tolico per la via di Londra e di Berlino, preclusa oramai quella già di­ ritta e breve di Parigi? Poteva sembrare un’idea « chimérique » al par di quelle che turbinavano nel cervello del Floridabianca. Ma il 7 novembre l ’Hadrava, che continuava a reggere la legazione austriaca a Napoli, av­ vertiva a proposito delle gravi preoccupazioni di quella corte di vedersi esclusa dalla successione spagnola in seguito ai disegni che andavano ma­ turando a M adrid: « man vermuthet dass dieser Entw urf wegen einer vorhabenden Allianz zwischen Spanien, Engeland und Preussen zur Stand kommen könnte » . 163 Tasto scottante anche per i principi lorenesi! N ell’animo del granduca sarebbe riarsa l ’antica animosità absburgica con­ tro il ministro spagnolo: « le comte de Florida-Bianca, ministre despotique sous un Roi incapable entièrement et nul, ... a une correspondance suivie avec les ministres de Berlin et de Londres, leurs est entièrement vendu... » . 164 M a, valesse quel che valesse, la duplice via aperta daH’orientamento politico spagnolo sarebbe stata presa in considerazione dalla diplomazia napoletana sin dal primo momento. Poiché tutto fa credere che si rife­ risse alla malaugurata faccenda, che per la tradizionale amicizia anglo­ portoghese non poteva non avere qualche riflesso nel gabinetto britan­ nico, il dispaccio dell’ambasciatore a Londra conte Lucchese del 15 gen­ naio 1790: « ... Non ho lasciato di profittare di tutte le occasioni per iscandagliare nuovamente le disposizioni di questa Corte, relativamente all’assunto comunicatomi da V. E . col foglio in numeri segnato de’ 20 ottobre; ma trovo che questo Ministero non ha ancora ricevuto conferma 162 A.S.N ., E st., f. 4178 cit. 163 H e l f e r t , p. 136. 164 Joseph I I u. Leop. v. Toscana, I I , p. 299. V. ancora Quellen zur Geschichte der Deutschen K aiserpolitik Oesterreichs während der Französischen Revolutionsk­ riege (ed A. von V iv e n o t ), I, Wien, Braumüller, 1873, p. 481 (Kaunitz a Mercy, Vienna, 6 gennaio 1790).

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delle voci sparse, giacché l’incaricato britannico su la faccia del luogo, dopo di aver dato il primo avviso, non ne ha fatto altra menzione... Siccome nelle mie conversazioni non posso avanzare proposizione alcuna officialmente e tutto devo dire come da me, V. E . comprende bene che alle mie questioni sull’esplicite e chiare intenzioni non mi si darà mai risposta significante, e sempre mi verrà detto che questo affare non li concerne. Intorno alle proteste di amicizia e buona corrispondenza, posso dire a V. E . che queste ci vengono dispensate largamente, ma non la­ sciano di esser termini generali. Io seguiterò sempre su l’istessa traccia, sinché l ’E. V. crederà darmi altri ordini più positivi, ed a misura che potrò scoprire terreno renderò con diligenza informata l ’E . V. di tutto... » . 165 Tali, aprendosi l ’anno 1790, i rapporti con l ’Inghilterra, buoni dall’epoca di re Carlo, rassodatasi allora la pace in I ta lia .196 Due mesi dopo quella corte accennava a meglio fondata amicizia politica nel profi­ larsi di una trattativa che le stava particolarmente a cuore: « Mercoledì scorso, giorno di levee, — informava il Lucchese il 5 marzo — S. M. Britannica mi usò la degnazione di parlarmi a lungo, e facendo ad arte cadere il discorso sul noto affare, ’ Spero, mi disse, che il Re vostro Padrone ne sarà contento, e mi lusingo anche più che ciò servirà a mag­ giormente stringere i legami della nostra amicizia ’. Io risposi colle più forti assicurazioni della vera e perfetta stima ed amicizia dell’Augusto Nostro Padrone e del pregio infinito in cui tiene i sinceri sentimenti della M. S.. Nel farmi un dovere di rapportare all’E . V. questa rimar­ cabile circostanza, devo soggiungere le conferme non solo dell’ottima in­ clinazione di questo Sovrano e Ministero per la conclusione dell’affare, ma ben anche dell’ansietà, ardisco dire impazienza, in cui si sta per la risposta » . 167 Evidentemente gli « ordini più positivi » che l’ambasciatore attendeva erano giunti, e avevano tócco il punto giusto, il commercio (l’ammaestramento alla corte di Napoli sembrava venire dal Caracciolo): 168 ora riecheggerà frequente una nota di cordialità nei dispacci del Lucchese, e dopo la morte di lui in quelli del segretario di legazione Antonio Caraccioli, e poi ancora in quelli del successore principe diCastelcicala, durante i negoziati per un trattato di commercio iniziati almeno dalla 165 A .S.N ., Est., f. 629. 166 S c h ip a , Il regno di Napoli,

I I , pp. 43, 66-67, 75. 167 A .S.N ., E st., f. 629 cit. 168 C ro ce , Uomini e cose, I I , p. 89.

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lontana ambasciata londinese di Domenico C aracciolo,169 ripresi adesso, e parrebbe proprio per uno strano riflesso della politica di Madrid, con­ tinuati per buona parte del ’91 nella vicenda varia dei rapporti anglo­ spagnoli, non più portati a termine nell’esaurirsi di quel contingente in­ teresse napoletano che aveva per lo meno contribuito a farne ripigliare il filo dopo decenni di interruzione. ™ Li ritroveremo sul nostro cam­ mino nell’intreccio dei rapporti anglo-austro-spagnoli che continueranno a convergere verso Napoli, dove l ’insipienza di Madrid, dopo aver con­ tribuito ai progressi dell’influenza viennese, cominciava a sospingere la corte, persistendo in un’opposizione meschina e v a n a ,171 nelle braccia dell’avversario tradizionale, la potenza navale inglese. L ’attrattiva del commercio, decisiva per l’Inghilterra, era un’arma buona anche per gli altri; e la vedemmo adoperata verso la Francia du­ rante missioni di tutt’altra indole, quelle del Bressac, quando si riparlò di trattative che non avevano avuto sorte migliore delle londinesi. Con Berlino poi la cosa sembrava avviata da sé: sarebbe bastato rispondere a un invito lasciato cadere un anno prima dal marchese Caracciolo. Vi aveva fatto cenno la prima volta a Torino al Marsiconovo tra la fine dell’ ’87 e i primi dell’ ’88 il ministro prussiano barone di Cham-

169 Id., l.c.; i primi ordini dati in proposito dal governo di Carlo al principe Cimitile sin dal ’54 in S c i u p a , II regno, I I , p . 47. ™ A .S.N ., Est., f. 629 e 2320. 171 Mentre si dava luogo a sospettare che la legge salica sarebbe stata abolita in Ispagna, si pretendeva di là il riconoscimento della successione di quel ramo borbonico sulle Sicilie nel caso che quivi mancasse la discendenza maschile; e intanto si rinviavano a Ferdinando IV lettere non di suo pugno, e, svanita la possibilità di ottenere la rimozione dell’Acton, si attendeva che il ministro della guerra, interim agli esteri dopo la morte del Caracciolo, non fosse confermato in tale carica. Cifra H adrava del 15 dicembre ’89 in H e l f e r t , p. 136. Con questo grossolano agire gareggiavano senza dubbio i modi stizzosi e sconvenienti della inacerbita consorte di Ferdinando IV . E se uno spiraglio di tempi migliori appare, come l’arrivo della squadra dell’ammiraglio de Texada con dei doni ( H e l f e r t , pp. 134-135; S c h ip a , Nel regno, p. 181), costretta dal re a « faire des politesses à tant d ’individus d ’une nation q u ’elle ne peut pas souffrir », eccola manifestare il suo malumore di donna leggera con un contegno sgarbato a teatro, contribuendo così a un’interpretazione circa l’improvviso apparire di quel numero imponente di navi nel golfo di Napoli lontana dalla verità quanto svantaggiosa a lei stessa: una dimostrazione di forza diretta a impressionarla « et lui faire connoitre qu’en cas d ’une rupture ouverte entre le Roi de N aples et son frère, S.M . Cattolique ne se mettroit pas en peine de cette marine ». A .S.T., Lett. min., m. 35, Napoli, 24 giugno ’89. di

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brier. Una nota berlinese, trasmessa poi per quella via al Caracciolo il 23 aprile, aveva ribadito l’intento « de cultiver des liaisons de commerce et même de une amitié plus étroite avec la Cour de Naples. Il n’y s ’agit aggiungeva — que de trouver il mezzo termine ». Ma il Caracciolo, pur pregiando « infinitamente l’amicizia e la buona corrispondenza di un così gran Sovrano, il quale aveva già fatto conoscere di seguire le tracce luminose degli eroi suoi precedessori », preferì rinviare: « è presto detto un trattato di commercio, ma questa è bisogna grande, piena di difficoltà e di spine, e bisogna appianare tutti gli ostacoli e vi vuol tempo e riflessione. Giova eziandio osservare le presenti circostanze de’ tempi così nuvolosi e minacciosi di tempesta più generale dell’attuale esistente in Ungheria... ». In tal modo, sotto il Caracciolo, la cosa non fece pro­ gressi, nonostante il persistente interessamento del ministro prussiano, che nell’ottobre mirava a impegnare la corte di Napoli col suggerimento « che si stendessero alcuni articoli preliminari » . 172 Un anno dopo i riespressi sentimenti di amicizia dello Chambrier verso la corte partenopea e l’ostentata fiducia riposta « nell’attività e zelo » di quel primo ministro trovarono accoglienza più favorevole. Nello spostarsi delle trattative a Vienna, ì ’Acton, il 10 novembre, spiegava chiaramente al Gallo il motivo della sollecitudine napoletana a stringere con Berlino rapporti di un’ampiezza maggiore di quelli commerciali: « il Re S. N. che non sarebbe alieno di stabilire un ministero presso di quella Corte per quello che potesse mai occorrere, si vede in oggi più che mai nel caso di aderirvi, giacché sussistendo che la Inghilterra e la Prussia siano di accordo colla Spagna in tutto ciò che ci sta succedendo con quella Corte, stima convenirgli di avere un ministro in Berlino, che col­ tivando i buoni sentimenti di amicizia che quel Sovrano dimostra per la Sua Reai Persona, esamini e osservi più da vicino gli andamenti di quel gabinetto in quanto possa riferirsi ai Suoi Reali interessi ed alla sicurezza di questi Regni. Prima però di dare qualunque risposta che servir po­ tesse di preliminare alla negoziativa, crederebbe il Re di mancare a se stesso ed alla buona, sincera e cordiale amicizia ch’egli professa a S. M. Imperiale se non le facesse parte dell’invito che gli si fa per risaperne le sue intenzioni. Vuole dunque che V. S. 111.ma le ne faccia nel Suo Reai nome la confidenza rilevando che sapendo la M. S. il modo di pensare 172 Docc/ in A .S.N ., E st., f. 74: breve carteggio Marsico-ministero gennaio-mag­ gio e ottobre-novembre 1788.

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del Re, può credere che un M inistro di Napoli in Berlino non si condur­ rebbe diversamente da quello che tiene Napoli in Vienna [sostituito alla meno dignitosa espressione precedente: « non sarebbe inutile all’Im pe­ r a to r e » ] in ogni qualunque occorrenza. Non dubita il Re del compiaci­ mento del Suo Augusto Cognato per una tale apertura, e spera che voglia applaudire questa sua risoluzione per poterla promuovere con maggiore libertà e accerto. V. S. Ill.m a adunque, risapute che avrà le sue intenzioni, procederà ad un abboccamento con cotesto M inistro di Prussia, al quale rimostrando tutta la Reale gratitudine alle aperture proposte in Torino dal Barone di Chambrier ed un desiderio eguale per parte della M. S., domandi quale sia l’idea della sua Corte e su qual piede si voglia stabi­ lire la reciproca corrispondenza, per quindi procedersi d ’accordo alla conchiusione ». Si lasciò un p o’ attendere, ma venne, cadente l’anno, l’assenso im­ periale, convinto il cesare viennese, dopo prova sì « rilucente della vera e cordiale amicizia ed unione del Re verso la Sua Persona e la Sua Augusta Famiglia », di poter considerare « in tutte le occasioni il Mi­ nistro delle MM. L L . in quella Corte con ugual fiducia che il proprio Suo Ministro » . 113 Quali considerazioni avevano indotto l ’Acton a prendere quella via col conseguente atto di vassallaggio destinato a chiudere tanto infelicemente una politica schiva, anche e soprattutto verso Vienna, di gesti capaci di comprometterne l ’indipendenza? Forse il poco conto in cui giustamente era tenuto il Marsiconovo, cui male a proposito si sarebbe affidata una trattativa del genere in una corte ancora troppo controllata da M adrid negli astiosi rapporti con Vienna? 114 Forse l’intento di non compromettere altri negoziati di commercio con la potenza danubiana, per i quali proprio quel 10 novembre l ’Acton manifestava al Gallo la reale propensione? 175 Forse, e ancor più, il pericolo dell’isolamento, una

173 Torino, 28 ottobre, N apoli, 10 novembre, Vienna, 22 dicembre ’89 (ivi). 174 D. C a r u t t i , Storia della Corte di Savoia durante la Rivoluzione e l ’Impero francese, Torino, R oux, 1892, I, p. 88 sgg. 175 A .S.N ., E st., voi. 68, N apoli, 10 novembre ’89, in risposta ad altra del G allo del 12 ottobre, nella quale si raccomanda alla corte di prevenire un trattato di com­ mercio che l’Ordine di M alta vorrebbe concludere con Vienna, il cui principale og­ getto concerne la spedizione del sale, finora fornito all’A ustria dal regno. Si andò infatti avanti con le trattative, e nell’aprile l’ambasciatore ne intravedeva non lontana la conclusione vantaggiosa (ivi, f. 69, Vienna, 2 aprile ’90). Aspirazione destinata a

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volta venute meno entrambe le corti borboniche, piegava il ministro ad arrendevolezza ai voleri della regina? C ’era probabilmente un po’ di tutto ciò in quella determinazione, ma a Berlino non poteva non risal­ tare l ’ultimo e prevalente motivo. N ell’intiepidirsi dei loro rapporti avevano lì, a quella capitale ambiziosa, guardato entrambi gli alleati del ’56: in Francia diplomazia e opinione pubblica si erano trovate a lungo dinanzi al bivio dell’alleanza austriaca o dell’alleanza prussiana; 176 a Vienna aveva preso calore, 1’ ’87, « l’ancienne idée » di Giuseppe I I di riacquistare libertà di movimento verso Versailles avvicinandosi alla già adulta potenza germ anica.177 La quale aveva stretto rapporti d ’amicizia e di commercio con altro astro nascente, gli Stati Uniti d ’A m erica,178 e poteva apparire negl’intricati affari d ’Oriente, e non soltanto agli occhi del marchese Caracciolo, « cheville ouvrière » . 119 Adesso avanzavano i napoletani a richiedere l’amicizia di quel re potente per una via sospetta. Sarebbe occorso altro coraggio, quello di scavalcare Vienna, in un momento in cui i rapporti tra le due corone de­ stinate a contendersi il primato nell’Europa centrale erano ridiventati

rimanere insoddisfatta ancora il 1794, quando vi si tornò a pensare (cfr. N uzzo, A ustria e Governi d ’Italia, p. 62). Noteremo di passaggio che la febbre dei trattati di commercio, bella conferma della raggiunta maturità politica negli anni di re Carlo e del ministero Caracciolo poi ( S c h ip a , N el regno, pp. 141 e 144), continuò nei nuovi meno propizi tempi: nella corrispondenza del G allo è ancora traccia di un’« apertu­ ra » fatta all’Olanda, sfortunatamente fallita, « imperciocché molto più naturali [che non con la P russia] per ragione della qualità marittima e commerciante e molto più interessanti sarebbero con quella potenza i rapporti della Corona delle Sicilie » (cit. f. 69: Vienna, 5 agosto 1790); mentre sommersa dagli eventi oggi appare la proposta del Ludolf « di aggiungere al trattato di commercio già esistente tra S.M . e la corte di Pietroburgo un altro con la Repubblica (sic) di Polonia..., vista la facilità del trasporto e la brevità della navigazione, a cui maravigliosamente si presta la posi­ zione delle Due Sicilie (A .S.N ., E st., f. 238, Pera, 18 dicembre 1790). 118 P inon , H istoire diplom atique cit., pp. 352-53, 356. 177 Corresp. intimes de l'Em p., pp. 60 e 66 (cit. lett. Cobenzl a Gius. I I , 23 febbraio; G ius. I I a Cobenzl, 25 settembre). 178 Trattato d ’amicizia e di commercio del 10 settembre 1785 in G . F. de M ar t e n s , Recueil des traités... depuis 1761 jusqu’à present, IV , Gottingue, 1818, pp. 37-50; parzialmente in K. S t r u p p , Documents pour servir à l’bistoire du droit des gens (2* ed.), I, Berlin, Sack, 1923, pp. 104-111; riprodotto in duplice testo, inglese e francese, in The treaties of 1785, 1799 and 1828 between thè United States and Prussia (ed. J . B rown S c o t t ), N ew York, Oxford University Press, 1918, pp. 3-25. 179 S c h ip a , Nel regno, p. 191. Cfr. S o r e l , I, p. 523 sgg.

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pessimi. « Affin di regolare gli ulteriori... passi in un assunto... nelle circostanze eventuali... interessante » l’Acton attendeva ancora nella fine di febbraio una risposta. Ma nel marzo il Gallo riusciva a vincere l’osti­ nato silenzio del collega Jacobi soltanto per sapere che non si era giunti ancora a Berlino a trovare « un soggetto idoneo ed opportuno » per la missione napoletana. Invece « non una, né due, ma molte e molte volte il detto Ministro Prussiano s'era mostrato... sommamente sollecito di scoprire... il vero stato d ’intelligenza... tra il Re Nostro Signore e la Reale Corte di Spagna » , 180 quasi a rendere manifesto che a Berlino si era per­ suasi della sostituzione del vassallaggio napoletano verso Vienna a quello verso Madrid. E sembrerebbe che la vicenda dei rapporti siculo-spagnoli fosse non soltanto in fondo al passo napoletano, ma addirittura all’inizia­ tiva di Berlino, se in seguito il Gallo potrà scrivere di una « spinta d ’altra Corte Estera » , 181 nella quale è difficile vedere altra da quella di Madrid, il cui ministro presso Federico Guglielmo II tra l’altro si era tempo in­ nanzi assunto il compito di tenere corrispondenza col Marsiconovo « en todas las ocasiones en que se halle interesado el servicio de los dos Augustos Soberanos padre é hijo » . 182 Dopo di che all’Acton non restava che ordinare, come fece il 23 m arzo ,183 per la stessa dignità del re, la sospen­ sione delle trattative. Sarebbe poi toccato al Gallo svelare compiutamente l’arcano della contrastante condotta dei due ministri prussiani a Vienna e a Torino: un tasto doloroso, un motivo punto rispondente « all’opinione che dovea avere [Berlino] della nostra Corte, cioè la dif­ fidenza d ’avere un ministro di S. M. durante la guerra [fra Austria e Prussia] che sembrava probabile e che adesso è svanita ». E avrebbe, l ’ambasciatore, trovato nella sua austrofilia facile conforto alla scacco di­ plomatico: « M erita questa condotta d ’esser tenuta in considerazione... e merita ben anche il riflettersi che la mutazione che avviene nel sistema politico, dopo il felicissimo avvenimento al trono del Re Leopoldo e dopo il sistema di moderazione e di pace che S. M. Apostolica ha adot­ tato, allontana assolutamente i rapporti che nei tempi scorsi potevano

180 A .S.N ., E st., marzo. 181 A .S.N ., E st., 182 A .S.N ., E st., settembre 1786. 183 A .S.N ., E st.,

f. 74: a G allo, 24 febbraio 1790, e risposta da Vienna dell’8 f. 69, Vienna, 5 agosto 1790. f. 947, D on M iguel Jo se f de Azanza a Caracciolo, Berlino, 5 f. 74 cit.

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legare, in certo modo, gli interessi delle Potenze Italiane con quei della Prussia » . 184 In questo campo egli aveva avuto l’occhio, specie negli ultimi tempi, pervasi, da che il fuoco si era riacceso nei Balcani, da un’irrequietezza nuova, a Torino, di cui non gli erano sfuggite le movenze durante la sua ambasciata in quella capitale, la quale aveva stabilito regolari rapporti diplomatici con i prussiani già il 1774, nell’ansia d ’avvenire del rivale regno subalpino. A quella corte lontana sarebbero ancor giunte le Sicilie, ma con un ritardo enorme e in circostanze diverse assai, poiché la le­ gazione napoletana a Berlino avrebbe iniziato la sua non lunga vita il 1817, nella tristezza della reazione che additava ai due stati, l’italiano e il germanico, negli spiriti più aperti al nuovo i comuni avversari.185 Adesso non la paura della rivoluzione, ma l’infelicità dei rapporti internazionali spianava il cammino alle personali propensioni di Maria C arolina.186 Si era fatta ancor più fiacca la difesa degl’interessi francesi in Italia, incredibilmente fievole la voce, altra volta riverita e temuta, di quel ministero. « Dans d ’autres temps les liaisons intimes entre les Cours de Naples et de Vienne auraient pu donner quelques inquétudes; aujourd’hui que la monarchie autrichienne est entre les mains d ’un prince pacifique et ami de l ’humanité, on peut compter que ses nouveaux rapports avec Naples n’opéreront jamais autre chose qu’une grande sé­

184 A .S.N ., E st., f. 69, cit. disp. G allo del 5 agosto ’90. 185 M. D . N o b il e , Le relazioni tra le Due Sicilie e la Prussia nei primi anni del Regno di Ferdinando I I , in Rass. Stor. N apol., N .S., I (1940), pp. 231 sg., 251. 186 Davanti alla bram osia asburgica un osservatore italiano, l’ambasciatore sardo, vedeva già in pericolo una posizione avanzata napoletana, i Presìdi, trascorsi i tempi in cui la regina « craignoit la France, à l’opinion de laquelle elle témoigna tou­ jours des égards... L a circonstance du moment — chiariva — est, comme l ’on ne peut pas plus, favorable à l’exécution de ce projet [cessione dello Stato dei Presìdi al nuovo granduca di Toscana, il lorenese Ferdinando I I I ] ... à une epoque où l’E sp a­ gne n ’en a pas agi... d ’une façon à mériter beaucoup de déférence et où la France ne peut que jouer un rôle passif dans les affaires de l’Europe » (A .S.T ., Lett. min., m. 35, Castellalfer a V itt. Am. I l i , N apoli, 12 ottobre ’90). L ’ambasciatore stesso, tornato a N apoli dopo quasi un anno e mezzo d ’assenza, aveva avuto direttamente dalla sovrana, nella prim a udienza concessagli, in un esame della situazione europea, la .testimonianza del discredito in cui era caduto presso quella corte il governo di Parigi: « Elle observa d ’abord la situation critique de la France, soit par rapport à elle même que p'ar rapport à ses alliés, ainsi que la nullité du rôle q u ’elle joue dans des momens où elle auroit fait éclater ci-devant sa prépondérance » (ivi, al re, 8 giugno ’90).

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curité pour toute l ’Italie » . 187 II Montmorin che così cercava di nascon­ dere a se stesso l ’avverso colpo dei matrimoni austriaci del ’90 si ispi­ rava evidentemente anch’egli, in dispregio ai tradizionali motivi di diffi-1 denza, alle prime generiche assicurazioni di propositi d ’amicizia e di mo­ derazione pervenute a corte direttamente dal nuovo re d ’Ungheria e fu­ turo im peratore.188 Nelle Sicilie si chiudeva la breccia aperta dal Vergennes alla preminenza francese: trionfava un’altra politica moderata e risoluta, quella di Leopoldo I I , verso cui volgeva oramai l’attenzione di un’Europa profondamente turbata. (1946)

187 B o n n e fo n s , p. 23. Non poteva pensarla allo stesso m odo il ministro sardo a Vienna: « c’est une alliance qui me semble mériter l’attention de tous les princes d ’Italie par rapport aux liaisons qui en doivent résulter » A .S.T. Leti, min., m. 107, Breme al re, 22 febbraio 1790). 188 Cfr. Marie Antoinette, Joseph I I und Leopold II. Jh r Briefwechsel (ed. A . von A r n e t h ), Leipzig, Köhler, 1866, p. 121.

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I. PR IM A M IS SIO N E BR ESSA C IN FR A N C IA 1B9 1. Breteuil a M. Carolina, Versailles, le 2 juin 1785 (originale con firma autografa) Madame, Je ne pourrai jamais exprimer à Votre M ajesté combien je me trouve flatté de la marque particulière de confiance et d ’estime dont il Lui a plu m ’honorer par la lettre que m ’a remise de sa part Mr. de Bressac. Je me bornerai à assurer Votre M ajesté q u’Elle a fait, ainsi que S. M. le Roi de Naples, justice à mon respect et à l’attachement que j’ai voué à Vos Personnes. J ’espère, Madame, que Mr. de Bressac rendra bon té­ moignage à Votre Majesté de mon empressement à exécuter ses ordres. J ’ai communiqué sans différer, Madame, au Ministre des A ffaires Etran­ gères et au Ministre de la Marine la lettre que Votre M ajesté a daigné de m ’écrire, et dont l ’objet regardoit leurs départemens. Ces Mrs. l’ont mise sous les yeux du Roi, et S. M. leurs a donné les ordres les plus conformes aux désirs du Roi de Naples et de Votre Majesté. La Santé du Consul lui ayant fait demander un congé, il lui a été envoyé; et 189 II complesso dei docc. esaminati vale, tra l ’altro, racconto del G orani (I, p. 222) sulle « prétendues lettres et de plusieurs autres ministres fabriquées dans l’ombre », avrebbe cercdto di dare alla corte, tratta in inganno, « une et de son habilité ».

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a smentire il du comte de con le quali haute idée de

fantastico Vergennes il Bressac ses talens

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quant au Vice-consul, l’ambassadeur du Roi a ordre de pourvoir à ses fonctions, et de l’envoyer ici pour rendre compte de sa conduite. Je crois que Votre M ajesté est bien persuadée que la volonté première du Roi, ainsi que Ses ordres les plus positifs aux personnes employées à Ses affaires près de Vos M ajestés ou dans le Royaume de Naples, sont de chercher à manifester sans cesse le désir q u’a le Roi de resserrer de plus en plus tous les liens qui unissent si étroitement les deux Cours. Le Roi tient particulièrement à ce principe de Sa Couronne, et son Conseil est également convoincu de la sagesse, ainsi que de la nécéssité de ne pas s ’écarter du système d ’union qui fait à la fois la gloire et la force de la Maison de Bourbon. J ’ose protester à Votre Majesté que les intérêts de la Couronne des deux Siciles et le bonheur particulier de Vos Majestés seront toujours précieux à la sollicitude et aux soins que le Roi se fait gloire de donner sans cesse au repos général. Je me suis fait, Madame, un gran plaisir de dire au Roi et à la Reine ce que Votre M ajesté a bien voulu me marquer de la part vive qu’ElIe a prise à la naissance de Mr. le Duc de Normandie. Leurs Majestés ont été extrêmement sensibles à cette amitié de Votre Majesté, et m’ont chargé de l’honneur de l ’en assurer. Je dois dire à V. M. que Mr. de Bressac s’est acquitté de sa com­ mission à la satisfaction entière des Ministres du Roi avec lesquels il a été en conférence; et en mon particulier, je ne puis assez rendre justice à l ’intelligence de son zèle, ainsi qu’aux sentimens profonds de respect, de reconnoissance et d ’attachement qu’il m ’a montrés pour Votre Majesté et le Roi son Maître. Je me suis trouvé bien heureux, Madame, de pouvoir causer avec une personne honorée de la confiance de Vos M ajestés, de tout ce qui les intéresse ainsi que Leur Auguste Famille. J ’ai prié Mr. de Bressac de mettre aux pieds de V. M. tous mes voeux pour son bonheur constant, et de Lui protester que ces sentimens respectueux sont l’enga­ gement de ma vie. J ’ai l’honneur d ’être avec respect...

2. Vergennes a M. Carolina, Versailles, le 2 juillet 1785 (copia di mano del Bressac) Madame, J ’ai reçu la lettre dont il a plu à V. M. de m ’honorer le 17 du mois dernier. La commission dont M. le chevr. de Bressac a été chargé ici avoit trop d ’analogie avec les sentiments et les désirs du Roi mon maître pour n’être pas justifiée par le succès. Le voeu du Roi a toujours été entretenir avec V. M. et avec le Roi son époux, ainsi qu’avec le Roi d ’Espagne son oncle, une unione étroite formée sur l’amitié la plus sincère et la plus 144

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tendre; ce sentiment qui a pour base l ’intérêt de toute l ’Auguste Maison de Bourbon ne trompera jamais la confiance que V. M. paroit disposée à y mettre. Je reçois avec la plus respectueuse reconnoissance les expres­ sions de bonté dont V. M. daigne m ’honorer; mon ambition sera toujours de les mériter par des services effectifs, bien assuré q u’en me conciliant la bienveillance de V. M., j ’interésserai la satisfaction du Roi mon maître. M. le Baron de Talleyrand est parti d ’ici, Madame, exempt de prévention et uniquement occupé de plaire à V. M. et de mériter ses bontés et celles du Roi son Epoux; j ’espère que Vos MM.tés auront lieu d ’être satisfaites de sa conduite et de son empressement pour écarter tous les nouages q u’on pourra chercher à élever. Je suis... 3. Acton a Vergennes, le 15 juillet 1785 (copia) Monsieur le Comte, Je profite avec le plus vif empressement de l ’heureuse circonstance que me fournit le Chev. de Bressac pour présenter mon hommage à Votre Excellence. Il y a longtems que je désirois ardemment l ’occasion de Vous assurer, Monsieur le Comte, des sentimens d ’estime et de vénération que Vous inspirez si généralement, et que Vous ai voués depuis bien des années: j ’ai un devoir de plus à remplir aujourd’hui qui m ’est bien flatteur et consolant. Sa M ajesté Sicilienne à qui le Chev. de Bressac a rendu compte à Turin du succès de sa commission auprès de V. E . a daigné me faire savoir la façon obligeante avec laquelle Vous avez bien voulu lui dire d ’honnête pour moi; agréez, Mon sieur le Comte, que j ’ai l’honneur de Vous témoigner ma reconnoissance et mon désir sincère de répondre constamment à l’idée flatteuse que Vous avez bien voulu con­ cevoir de moi. Je tacherai de la mériter par une franchise qui ne se dementira jamais, et par une attention suivie à me concilier votre estime que j ’ambitionne infiniment. On a travaillé pendant longtems à vous donner, Monsieur le Comte, une fausse idée de mes opérations, et surtout du principe qui les dictoit. Je n ’en ai jamais admis aucun qui n’eût mérité (j’ose le dir avec assurance) l’approbation de Votre Excellence comme sûrement convenable aux intérêts et au bien-être du Souverain au service duquel j ’ai le bonheur d ’être attaché. C ’est dans cette vue également qu’une harmonie parfaite entre les trois Cours de son auguste maison fut toujours présente à mes yeux, comme une de bases de la conduite à tenir pour tout ministre des deux Siciles. Si de fausses interprétations et un acharnement constant à soutenir le contraire ont pu produire des préventions, c’est avec peine que je les ai vu se répandre, et ai dû voir avec plus de douleur encore rejeter ou écarter les éclaircissemens que je pouvois fournir pour les dissiper. Il m ’est bien satisfaisant aujourd’hui 145

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d ’observer que la sagesse supérieure de V. E. et la louable modération dont Elle donne chaque jour de nouvelles preuves, l'ait porté à prêter moins d ’attention qu’on n’eût peut-être souhaité aux rapports et insi­ nuations qui Lui sont parvenues, et à rendre enfin une justice complète à cet égard, dont j ’observe avec consolation que le Roi mon maître a été vivement pénétré. J ’eusse bien désiré que le Chev. de Bressac chargé à ce sujet d ’une commission de Sa Majesté eût pu être en même tems muni des pièces nécessaires à éclaircir à V. E . plusieurs articles dont on Vous avoit mal informé. Vous voulez bien m ’accorder, Monsieur le Comte, la permission de m ’adresser directement à Vous dans toute occasion qui pourrait le requérir. Je suis infiniment sensible à cette marque de con­ fiance et de bonté; j ’aurai l ’honneur d ’en profiter constamment et avec empressement dès que je me croirai fondé à pouvoir le faire sans abuser de vos momens précieux. J ’ai l’honneur d ’être avec respect et reconnoissance... 4. Vergennes ad Acton, Versailles, le 16 août 1875 (autógrafa) Monsieur, La lettre que V.tre Ex.ce m ’a fait l’honneur de m ’écrire le 15 du mois dernier est bien propre à me faire regretter que les circonstances ne lui aient pas fourni plutôt une occasion naturelle de me développer ses sentimens. M. le Chev. de Bressac en rendant un compte exact de ce que je lui ai dit vous a sans doute fait connoître, Monsieur, combien il eût été facile de prévenir tout ce qui vous a peiné ainsi que moi. Je suis très touché de l’intérêt que Sa M .té Sic.e a pris au rapport que M. le Chev. de Bressac a eu l’honneur de lui faire de ma manière de penser sur les affaires entre les deux Cours et sur le personnel de ses Ministres. Vous avez pu savoir, Monsieur, que lors même que divers incidens pouvoient me porter à voir avec inquiétude la situation respective des deux Cours j ’ai toujours écarté l ’idée que Sa M.té Sic.e pût se refroidir sur les intérêts de tout genre qui l’unissent au Roi et q u’elle honorât de sa confiance quelqu’un qui l’écartât du seul système qui se concilie avec les sentimens de son coeur et la sagesse de son esprit. Il y a trop longtems que je cours la carrière politique pour me laisser entrainer dans des jugemens malheureusement trop fréquens où l’on asserit tout un plan sur un fait isolé. V. tre Ex.ce me fournit une nouvelle preuve du danger de cette manière de voir. Je suis très sensible, Monsieur, à la sorte d ’épanchement avec laquelle vous revenez sur le passé, mais je vous assure qu’il n ’étoit pas nécessaire pour me disposer à vous croire aussi pénétré que je le suis des véritables intérêts de nos Cours. Les occasions ne nous manqueront pas de rendre utile au service de nos Maîtres la confiance que vous désirez qui s’établisse entre nous, et 146

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je prie V.tre Ex.ce d ’assurer Sa M .té Sic.e que je m ’y porte d ’autant plus volontiers qu’éloigné par caractère de tout ce qui rend les affaires épi­ neuses, je suis convaincu qu’il ne doit pas arriver une chose de quelque importance dans laquelle on puisse avoir un avis différent à Versailles et à Naples. J ’ai l ’honneur d ’être avec un très sincère attachement... (A .S.N ., Est. 4356).

II. SEC O N D A M IS SIO N E BR ESSA C

1. Luigi X V I a Ferdinando IV , Fontainebleau, le 28 octobre 1786 ( autógrafa) Monsieur mon Frère et Cousin, le Marquis de Circello, son Ambas­ sadeur, m’a remis la lettre particulière dont V. M. l ’a chargé, et je m ’em­ presse de lui témoigner toute sensibilité aux expressions amicales qu’elle renferme. Je reçois avec d ’autant plus de plaisir l’assurance des setiments que V. M. m’exprime, que je trouve le gage de leur sincérité et de leur solidité dans ceux que je lui ai voués moi-même. Ils me porteront dans tous les temps à prendre l’intérêt le plus direct à son bonheur et à celui de sa famille. Je partage bien véritablement la peine que V. M. éprouve de sa po­ sition vis-à-vis le Roi son père, et je n’obmets aucun soin pour la faire changer, de la seule manière qui puisse satisfaire son coeur filial. Si mes offices n ’ont pas eu jusqu’à présent tout le succès que j ’aurois dû m’en promettre, ils n’ont pas du moins détruit l’espérance d ’un meilleur avenir; et je fais volontiers servir l ’influence que je puis avoir auprès du Roi mon oncle, pour en accélérer la réalité. Ce que je ne puis trop recommander à V. M. est d ’attendre l ’événement avec patience, d ’éviter tout ce qui pourroit ouvrir les anciennes plaies et de n’écouter que sa bonté envers ceux qui par une conduite reprochable ont pu s’attirer son animadversion. Ce n ’est pas sans de bonnes et solides raisons que je lui adresse cette recommandation. V. M. trouvera quelques uns des motifs qui me la dictent dans une lettre plus détaillée que j ’autorise le C.te de Vergennes mon Ministre à lui écrire. V. M. y trouvera des preuves sen­ sibles de mon intérêt par ce qui la regarde, et de la constante et parfaite amitié avec laquelle je suis...

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Vergennes a Ferdinando IV , Fontainebleau, 29 octobre 1786 (autografa) Sire, Le courrier que le Roi m ’avoit ordonné d ’expédier en Espagne pour porter une lettre de Sa M ajesté pour le Roi Catholique qui devoit accom­ pagner celle de Votre M ajesté au Roi son Père, le courrier est de retour, mais il n ’a pas apporté l’heureuse solution que nous sollicitions. Ce n ’est pas, Sire, qu’il se soit élevé de nouvelles difficultés; les dispositions du Roi Catholique n ’ont point changé; on nous confirme que le Monarque est toujours disposé à recevoir la lettre de Votre Majesté et à y répondre avec affection et tendresse sans rappeler le passé. Mais une réconciliation momentané ne remplirait pas les voeux de Votre M ajesté; elle ne satisferait pas l’intérêt du Roi mon Maître. L ’important est donc de donner à la salutaire ouvrage une stabilité que rien ne puisse désormais altérer. Nous ne sommes pas encore à le point de perfection; des scrupules tourmentent la conscience du Roi l’Auguste Père de V. M .; il prévoit que, stimulé par son impulsion, il ne pourra se dispenser de rappeler dans un tems plus on moins prochain les conseils q u’il a donnés antérieurement à V. M .: pour combattre avec succès ces scrupules et pour en effacer la trace, il faudroit les connoître; mais le Roi Catholique les renferme dans le secret de son cœur, et ne s ’en expliquant pas, même avec les personnes dans lesquelles il parait avoir la plus entière confiance, nous sommes réduits à deviner. Ce qui semble plus probable est qu’on a inspiré des préventions à S. M. Catholique contre l’ortodoxie de M. le Chevalier Acton qu’on lui a representé comme entaché d ’incrédulité (car de quoi ne s ’avisent pas la malignité et l’envie de nuire?). Mais le reproche est si facile à confondre surtout d ’après ce qui me revient de la régularité de la vie de ce ministre, que je dois croire que le préjugé n ’aura pas de durée dès qu’on voudra bien se donner quelque soin pour le dissiper. La Cour de Rome a de l’influence à Madrid; de marques de bonne volonté peuvent l’intéresser, la rendre même zelée et quand Votre M ajesté n’obtiendroit que d ’enchainer la mauvaise volonté du N o n ce,190 Elle aurait un écueil de moins à surmonter. Je ne m ’étendrai pas, Sire, dans des détails qui pourraient paraître fastidieux à Votre M ajesté et sur lesquels M. le Baron de Talleyrand pourra satisfaire sa curiosité pour peu qu’Elle le désire. J ’ai des objets plus intéressans à lui présenter et que le Roi ne peut me permettre de communiquer q u’à Votre M ajesté et à la Reine Son Auguste Epouse, bien assuré que Vos M ajestés n’en feront que l’usage le plus discret et ne citeront jamais la source des avis que je suis chargé de leurs transmettre. 190 Mons. Vincenti, nunzio a M adrid, strenuamente difeso nella corrispond. Caleppi-Boncompagni, in R i n ie r i , pp. 90-93.

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N ous voyons, par les confidences dont Votre M ajesté veut bien honorer notre Ambassadeur et par ce que M. le Chev. de Bressac est chargé de me communiquer, que les notions q u’Elle reçoit d ’Espagne ne se concilient pas parfaitement avec celles que nous recevons; qu’elles sont imparfaites, quelqu’unes même erronées. On a cherché à renouveler les inquiétudes de Votre M ajesté touchant un arrangement de succession dérogatoire à la pragmatique de Philippe V convenu avec la Cour de Portugal. Ce bruit semble chimérique et dénué de fondement. Depuis on a insinué la possibilité du retour de l’infante Doña Carlota dégagée des liens q u’on Lui a fait contracter avec l’Infant de Portugal et libre d ’en contracter d ’autres. J ’ignore si c’est de bonne foi q u’on a présenté à Vos M ajestés la possibilité de l’union au Prince Royal Leur fils; mais nous avons de fortes raisons de croire que c’est un apaisement trompeur. Il existe en effet une intrigue à Madrid pour engager le Roi Catholique à permettre à l’Infante Sa petite fille de se rendre à Sa Cour; mais ce seroit conjointement avec l ’Infante de Portugal Son Epoux, et l ’on se flatte que par caresse et à l’aide de la plus grande déférence ils pourraient captiver la tendresse du Roi Leur Grand Père et le disposer, dans le cas où la succession masculine du Prince des Asturies qui est bien chancelante viendroit à manquer, à faire revivre la loi qui régissoit la succession de la Couronne d ’Espagne avant l ’installation d ’un Prince de la Maison de Bourbon sur le trône de cette Monarchie. On ne peut pas se dissimuler, Sire, que cette ancienne loi a encore de nombreux partisans en Espagne, et malgré l’indisposition naturelle des Espagnols contre les Portugais, il seroit cependant à craindre qu’un Prince de cette dernière nation qui affecteroit de se plier aux moeurs et aux préjugés de celle chez laquelle il vivroit, qui sauroit faire un usage utile de ses propres ressources et de celles que Lui fourniroit sa maison, ne s ’acquît des adhérens et ne se formât un parti assez puissant pour embarasser peut-être l’héritier légitime. Ju sq u ’à présent, Sire, le Roi Catholique a paru peu disposé à en­ tendre à la proposition de laisser venir sa petite fille, et je suis bien con­ vaincu que son coeur généreux et vertueux se révolterait si on Lui faisoit entrevoir le dessein de l ’engager à exclure son propre sang pour appeler sur son trône un sang étranger. Mais le Monarque si respectable dont Votre Majesté désirerait prolonger les jours, commence à être avancé en âge; il est fort tourmenté dans son intérieur: il y trouve peu de consolation, quelques fois même des sujets de chagrin. La raison ne compensa pas toujours les peines de l’esprit, encore moins celles du coeur. On cherche du soulagement et on se flatte d ’en trouver dans des objets nouveaux. Voilà Sire l’objet qui excite ces sollicitudes du Roi mon maître: ce n’est pas seulement pour Votre M ajesté q u’il s ’en occupe; c’est encore pour lui même, son intérêt ne le consiant pas moins que le votre à veiller à ce que l’ordre de succession établi en Espagne ne soit altéré. Votre M ajesté concevra d ’après cet exposé combien sa réconciliation avec le Roi Son Père est importante et nécessaire. J ’éloigne, Sire, l’idée que le respectable et religieux Monarque puisse rien faire d ’injuste. Mais 149

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si contre toute attente il se portoit à quelque disposition contraire à l’intérêt de Votre M ajesté et à celui de Son Auguste descendance, quel ne seroit pas son regret de devoir combattre la dernière volonté d ’un Père, même avec la sûreté d ’en triompher? Cette considération qui n’a sûrement pas échappé à la candeur et à la bonté de Votre M ajesté doit Lui rendre plus suportables les retards qu’éprouve Sa parfaite réconci­ liation. Armez vous, Sire, de patience et de modération. Tant que la négociation est ouverte, il n’y a pas lieu de craindre des résolutions d ’humeur. Le Roi se tient à la brèche: ses bons offices ne rallentissent et ne rallentiront point. Mr. le Prince des Asturies est bien disposé; il se port à seconder les efforts de M. le Comte de Floridablanca qui a pu être surpris dans les commencemens, mais qui est revenu de bonne foi et agit avec un zèle louable. Que Votre Majesté soit sans inquiétude sur la sort de Sa lettre au Roi Son Père. Elle est aussi sûrement dans les mains de l ’ambassadeur du Roi qu’elle pourrait l’être dans celles d ’un des agens de Votre Majesté. Elle n’en sortira que pour être remise lorsqu’une réponse satisfaisante sera assurée, ou pour la renvoyer ici s ’il n ’y a pas moyen d ’en convenir. Je dirai plus, c’est que si jamais cette lettre venoit à être rendue publique, elle ferait honneur à la piété de Votre M ajesté; loin de la compromettre, elle attesterait à l’Europe entière que touchée de la perte de la bienveillance d ’un Père qu’Elle chérit, Elle n’a rien épargné pour reconquérir ce bien pretieux et pour lui prouver sa tendresse filiale. Je demande très humblement pardon à Votre M ajesté de la longueur de cette lettre. Ce ne sont pas des conseils que je prens la liberté de lui exposer; sa sagesse n’en a pas besoin: ce sont les sentimens du Roi mon maître dont j ’ai l ’avantage d ’être l’organe; ils doivent prouver à Votre Majesté l’étendue de son tendre et sincère intérêt pour la félicité de Votre Majesté et pour la prospérité de son Auguste Famille. Je suis avec le plus profond respect... 3. Memoria Bressac 191 Le but de mon voyage ici n’a pas été de faire à L L . MM. des pro­ positions, mais uniquement de Leur rendre compte de la position des choses en Espagne, dont on croyoit q u’Elles n’étoient pas instruites et 191 Nel febbraio ’87, « nella sua venuta da Parigi », il Bressac presentò alla corte due memorie, di cui la prima fu, decenni or sono, pubblicata dal M a r e s c a insieme con le osservazioni della regina (Un doc. di Af. Carolina cit., in Arch. Stor. Napol., V I, pp. 563-90: nel f. 4356 esiste l ’originale, che il Maresca non vide, senza le osservanz. della sovrana). Qui vede adesso la luce la parte più interessante della « Seconda memoria data dal cav. de Bressac sull’oggetto del suo viaggio », di cui il

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de leur faire envisager combien il étoit urgent d ’aviser aux moyens, qui sans compromettre Leur dignité et sans les engager au sacrifice qu’on exige d ’Elles, pourraient cependant opérer le rapprochement des deux Rois Père et Fils et éviter ainsi les malheurs que peut entrainer toute atteinte donnée à l’ordre de succession établi par le Roi Philippe V. Les propositions donc que j ’ai faites ne sont pas même l’ouvrage des ministres de Versailles... C ’est donc Mr. le Duc de la Vauguyon qui parle, et les autres écoutant ses projets les ont agrées passivement pour qu’ils fussent rendus à la Cour de Naples sans nulle espèce d ’insistance pour leur acceptation. C ’est moi qui les ai procurés en disant: Indiquez moi vos idées et j ’en rendrai compte. Il est si vrai que la France n’exige rien, que la Reine après avoir écouté le Duc de la Vauguyon et moi a voulu, dans la lettre que j ’ai apportée, donner à la Reine sa soeur l’avis de ne pas rejeter l ’idée du voyage du Ministre à Madrid, et lorsque S. M. en a parlé à Mr. de Breteuil, il l’a supplié de supprimer tout conseil qui ne pourroit, s ’il n’êtoit pas agréable ici, que donner des soupçons contre la France et faire renaître l’ancienne méfiance. J ’ai lu les trois lettres de Mr. Henin à l’Ambassadeur de France, à Mr. Acton et à Mr. de Carac­ ciolo: aucune ne contient le moindre signe d ’insistance sur les moyens proposés. Je défie q u’on y en trouve, quelque tournure qu’on veuille y donner, parceque je suis témoin du soin qu’a pris ce premier de ne rien dire qui peut le compromettre. Le Pacte de Famille est regardé en France comme l’ouvrage de l’ambition personnelle de Mr. le Duc de Choiseul. Si ce pacte n’existoit pas, certainement on ne le feroit pas aujourd’hui, ou au moins on ne sa­ crifierait pas à l’Espagne tout ce q u’on lui a sacrifié: non seulement donc la Cour de Versailles n’insistera pas sur l’accession de la notre, mais je pense même que si l’idée de Mr. de la Vauguyon à cet égard étoit agrée, l ’exécution rencontrerait peut-être des difficultés de la part de la France. Le but de S. M. aujourd’hui paroit être de n’agréer aucun des moyens proposés par le Duc de la Vauguyon et de discontinuer une négociation déjà trop longue, en restant cependant avec la France sur le pied d ’union où Elle est actuellement, et se borner par égard pour elle à permettre que cette Cour continue, si elle le juge à propos, à son propre et privé nom ses bons offices auprès de S. M. C. le réponds à S. M. que tout cela cit. f. ci ha parimenti conservato l ’originale. Interessante soprattutto perché mostra la preoccupazione napoletana di non urtate la suscettibilità di Versailles nell’attua­ zione di una politica indipendente cui non si sarebbe potuto più rinunziare. E le istruzioni dell’Acton al Bressac che seguono esprimono chiaramente la tendenza a ve­ dere nell’amicizia francese la base, non il limite della raggiunta indipendenza poli­ tica del regno. Cfr. inoltre R i n ie r i , p. 96 sgg., dove, nella corrispondenza CaleppiBoncompagni, traspare certa riluttanza della corte di N apoli a richiedere l’inter­ vento pontificio nella vertenza con M adrid « a fine di non dispiacere a Francia », già impegnata in una mediazione che oramai volgeva al fallimento.

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se fera quelque puisse être le successeur de Mr. de Vergennes, sans en excepter Mr. de la Vauguyon. Le parti de la Cour en France est pris; le Roi connoit trop bien l ’affaire q u’il a maniée Lui même, et rien ne sera capable de faire prendre à S. M. une opinion différente de celle qu’Elle a par rapport à la Cour de Naples. Quant à la succession on peut voir mes dépêches depuis le 31 octo­ bre et on y trouvera l’opinion de la France à cet égard: elle n’a pas changé depuis, et elle ne peut changer, puisque cette puissance y a un intérêt tout aussi grand peut-être que la Cour de Naples... 192 4. Acton a Bressac, le 1er mars 1787 ( autografa) ... Parmi les propositions de Mr. le duc de la Vauguyon il en est une sur laquelle probablement on ne vous parlera pas davantage, c’est l ’accession au Pacte de Famille. Si jamais cependant on retourne sur cet article, vous avez vu et affirmativement tout ce qu’on en pense ici, les raisons surtout qui obtinrent en son temps le désistement de S. M. C. d ’y admettre le Roi son Fils. En effet l’objet pour lequel ce Pacte fut imaginé et formé ne pouvoit, comme vous le connoissez, intéresser la branche des deux Siciles, qui n’a et n’aura probablement jamais des co­ lonies en Amérique, et à laquelle une simple interruption de commerce dans la seule Mediterranée fait et ferait plus de tort lorsque la neutralité ne fut pas bien assurée que tout ce q u’on pourrait jamais vouloir intenter par force ouverte contr’elles du côté de l’Angleterre. Vous sçavez aussi que quoique le duc de Richmond eût ouvert un avis aussi singulier la guerre dernière contre les deux Siciles,193 le Conseil entier de St. Tames la rejeta, d ’abord parce qu’il ne vouloit plus penser à diviser les forces Britanniques par une attaque dans la Mediterranée que cette puissance 192 Seguono notizie sul consiglio del re, composto del ministro degli esteri, suc­ cessore del Vergennes, « que nous ne connoissons pas encore », del Breteuil e del Calonne, nettamente favorevoli a S. M. Siciliana, del marchese d ’O ssun che pende per la Spagna, ma che conta poco, del Ségur che pur non avendo molta voce è in­ cline a N apoli, del de Castries, « qui malgré ses belles lettres est et sera toujours antinapolitain, mais qui n ’ose aujourd’hui le manifester non plus que son inimitié personnelle contre M r. Acton ». L o scrivente lo ha trovato sempre cortese, ma co­ stantemente « prévenu et d ’une manière presque invincible contre la Cour de N aples et les affaires napolitaines », al punto che il Vergennes gli ha detto ripetutamente: « Vous ne fairez jam ais le traité de commerce tant que M r. de Castries aura la marine ». 193 Charles of Richmond, battagliero uomo di stato inglese della seconda metà del Settecento.

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abandonne totalement en temps de guerre, en second lieu parceque ces Royaumes peuvent être insultés, il est vrai, par mer sur des côtes aussi étendues et ses sujets vexés par l ’interruption de leur navigation, mais vous voyez q u’une expédition maritime quant à l’Angleterre ne présentera jamais le danger essentiel q u’on a voulu présumer: on défendra constam­ ment ces côtes d ’une débarquement et attaque de quelque conséquence, et S. M. S. sera toujours montée au moins pour la défensive d ’un tel côté. Comme aucune convention ne peut être tenable sans une réciprocité d ’avantages, vous avez vu, Monsieur, la peine qu’a produit ici la pro­ position d ’une telle accession avec des réversales. Je ne vous répéterai pas davantage ce qui vous a été si bien et longuement dit là dessus, ce que vous sçavez déjà qui se passa à l’époque de ce traité entre l’Espagne et la France, les déclarations formelles alors de notre Cour, ni le peu d ’utilité et même d ’avantage qu’elle y entreverroit encore aujourd’hui sous toutes les considérations. Comme qu’il en soit c’est enfin l’objet de la succession d ’Espagne vers lequel se tourneront aujourd’hui les regards de notre Cour qui y est si fort intéressée, et pour lequel elle attendra les avis certains de ce qui se tramera en Espagne de même que ceux que l’amitié de la Cour de France lui procurera et voudra bien étendre jusque sur ses démarches qu’elle croira devoir faire pour l’intérêt commun, afin que S. M. puisse régler et déterminer les siennes... 5. «M ém oire du 30 juin [1 7 8 7 ] en réponse au dernier qu’a remis au Gen. Acton Mr. le Chevalier de Bressac » Les réflexions que Mr. le Chevalier de Bressac présente dans son dernier mémoire en faisant part de ses conversations avec Mr. le Comte de Montmorin ont continué de prouver au Roit la bonne foi avec laquelle Mr. le Comte de Montmorin en agit avec Leurs M ajestés Siciliennes dans ce qui les concerne et l ’Espagne; Elles ont vu que la mort de Mr. le Comte de Vergennes n’a absolument apporté aucun changement dans l’opinion du cabinet de Versailles et que le ministre actuel de même que l ’ancien convient parfaitement et reconnoit comme l’avoit fait son pré­ décesseur l’injustice de la persécution énoncée en Espagne contre L L . MM. sous le nom respectable du Roi Catholique. Le Roi a également vu ce que pense Mr. le Comte de Montmorin sur l ’article de la succession de même que sur ce qui concerne la Princesse D. Carlota, et il se plait à penser que tout doit combiner à le tranquilliser et le rassurer sur ces articles importans. Sa M ajesté qui se rapporte bien volontiers aux connoissances qu’une expérience longue et judicieuse a procurées à Madrid à M. le Comte de Montmorin est très sensible à ce q u’il veut bien lui faire parvenir comme 153

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son avis pour expliquer les paroles énigmatiques de S. M. C. dans ses différens discours sur ce qui concerne Naples et surtout dans celui que cet Auguste Monarque a tenu au marquis del Vasto à son d é p art.194 L ’on sçavoit d ’ailleurs ici ce qui avoit de longue main été inspiré à la Cour d ’Espagne contre les idées et maximes politiques de celle de Naples. Tout ce q u’on à répandu sur les liaisons entre celle-ci et celle de Vienne ou de Russie provenoit du parti pris depuis longtemps de produire à Madrid cette défiance qu’on sçavoit par tant de moyens pouvoir alarmer 195 avec d ’autant plus d ’évidence q u’on blessant journellement cette Cour et en tourmentant par tant de persécutions nos Augustes Maîtres on pouvoit juger qu’ils auraient embrassé le parti de resserrer les noeuds d ’amitié que ces autres puissances leur témoignoient depuis longtemps. Vous sçavez, Monsieur, et connoissez depuis longtemps comme pense notre Cour, et sa ferme résolution de ne se soumettre à la dépendance d ’aucun côté, pendant que vous avez vu dans toutes les dépêches qui vous ont été mandées, les dernières surtout, la façon expresse de penser de nos maîtres quant à leur auguste M aison; ces explications persuaderont sûrement la Cour de France du peu de fondement qui ont eu les rapports formés et répétés depuis tant Tannées à M adrid sur ces prétendues liaisons. Elles ne peuvent plus penser en faire revenir la Cour d ’Espagne sur ce chapitre, par ce q u’on y a intérêt à soutenir ce qui a été avancé. Sa M ajesté ne juge pas que vous puissiez entretenir une correspon­ dance régulière avec Mr. le duc de la Vauguyon, craignant que cela ne puisse causer des embarras ultérieurs entre M adrid et Naples; mais elle attendra par la Cour de France les nouvelles que cet ambassadeur y man­ dera et que Mr. le comte de Montmorin voudra bien vous faire sçavoir, et Sa M ajesté agréera infinement qu’il veuille bien lui faire sçavoir par­ ticulièrement à Elle même ce qui pourrait y avoir d ’essentiel et à ses ministres ce qui pourrait intéresser sa tranquillité personnelle et celle de sa famille, se réservant, Monsieur, de profiter ensuite, par votre moyen des connoissances et liaisons que vous avez acquises à Paris, de tous les avis qui pourraient concerner à des vues essentielles de même q u’au bien de son service. (A .S.N ., Est. 4356). 194 II marchese del V asto, destinato sin dall’agosto ’84 alla legazione di Lisbona quale successore del principe di Raffadali promosso ambasciatore presso la corte del Cattolico, era stato a M adrid nell’ottobre ’85, durante il viaggio che l’avrebbe portato in ritardo di un anno alla sua residenza (S c h ip a , Nel regno, p. 110). 195 V. infatti l’interpretazione ostile nel carteggio di mons. Caleppi col card, se­ gretario di stato: « il generale [A cton ] ... si è già scoperto a misura che si sono andate perdendo le speranze deH’accomodamento con Spagna, o per dir meglio a misura che è loro riuscito di aver pretesti per distaccarsi affatto da quella corte e legarsi più strettamente con quella di Vienna e di Pietroburgo, quod erat in votis, cred’io da molto tempo. L a sovrana non si allontanerà da questo sistema, e il re, il re si lascerà condurre anche in questo come nel resto ». R i n i e r i , pp. 102, 541-42.

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III. D A LLA C O R R ISP O N D E N Z A FE R D IN A N D O I V - G A L L O : IN T E R E SS I O R IE N T A L I

1. Portici, 20 ottobre 1787 ... Venendo... all’affare interessantissimo di cui al presente si tratta attesa la rottura fra la Porta e le due Corti Imperiali, su del quale desi­ deri che, dopo averci seriamente pensato ed esaminatene attentamente tutte le circostanze, ti dia a tempo delle istruzioni intorno al partito che giudicheremo di prendere più conducente alla mia gloria, al mio interesse e all’ingrandimento della mia Corona, sono a dirti: che attesa l’epoca che sembra avvicinarsi a gran passi della decadenza e totale avvilimento degli Ottomani (coll’unione che si vocifera della Corte di Prussia alle due Imperiali, alla qual forza unita assieme non so se la Francia, attesi i suoi interni malori, e la Svezia, molto meno, siano in stato di opporsi), e la proposizione fattaci dall’Imperatore, simile a quella che dalla Corte di Russia si è fatta a Serracapriola, è certo che ci si presenta nell’aspetto il più facile e bello un mezzo per ingrandire la nostra Monarchia, e che forse perdendone il momento può in appresso e con più probabilità mai incontrarsi di nuovo. Io, atteso il mio sistema che ben conosci portato alla pace e tranquillità ed a interessarmi ed impiegar tutte le mie forze nel render più che sia possibile felici e contenti i miei Popoli, non avrei certamente mai pensato a meritarmi il bel titolo di conquistatore; ma succedendo la rovina dell’Impero Ottomano e la sua dissoluzione, non mi sarebbe certamente indifferente di vedere in altre mani passare delle varie Province che molto sono vicine ai miei Regni, e tanto più che ri­ manessero soggetti o allun a o all’altra delle due Corti Imperiali. Non penserei dunque ad acquistar dominio sulle Provincie Illiriche e Greche che in questo solo caso. La Morea, il Negroponte e, per ultimo, Candia con qualche isola minore adiacente sarebbe un boccone che non mi di­ spiacerebbe, mentre l’Albania, l’Epiro e la Bosnia, né la Macedonia mi converrebbero attesa la qualità del loro terreno e situazione e, partico­ larmente, la perversa indole e carattere degli abitanti. Ciò però non m ’in­ durrà mai ad una dichiarazione immatura né a passi che potessero com­ parire temerarii, tanto maggiormente che l’Imperatore ci offerisce di pa­ lesare le nostre disposizioni ostili dopo un seconda campagna ed in vista delle circostanze del successo delle sue armi e dell’Alleata, sicché abbiam tempo di prendere le nostre determinazioni sul passo da farsi, il quale però non sarà mai che in vista dello smembramento da farsi delle pos­ sessioni del Turco e non mai diretto a formar una diversione puramente in favor degl’im periali, la quale poi non sarebbe analoga al mio sistema. 155

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L ’Imperatore è troppo giusto e savio ed amico nostro per desiderare che ci esponghiamo a difficoltà e conseguenze rilevanti, non per parte del Turco, ma a quelle, che potrebbero derivarcene dalle Corti Borboniche, alle quali senza dubbio deve premere che non rieschino i progetti delle Corti Imperiali; ma qualora non siano in grado attesa la loro impotenza di frapporvi ostacoli, specialmente nel caso della triplice Alleanza del N ord, potranno forse anch’esse desiderare porzione delle provincie o isole da smembrarsi nell’Impero Ottomano, o almeno, per quanto l’apparenza fa crederci che poco portate siano in nostro favore, probabilmente non difficolteranno di vedere uno della loro famiglia approfittarsi di ciò che al Turco non può rimanere, mentre anderebbe ciò sempre in diminuzione di quello che gli altri fossero per appropriarsi. Posto tutto ciò, quello che a me conviene si è di presentire e pene­ trare quello che pensano le Corti Borboniche nel caso del totale avvili­ mento del Turco e dello smembramento delle di lui possessioni, e per ciò fare ò comunicate le mie istruzioni a Circello per mezzo di Castelcicala, il quale anche à le sue dovendo trattenersi qualche tempo in M a­ drid, affinché colla maggior destrezza e segretezza procurino di indagarne le intenzioni e di ottenerci, se non un mezzo e tacito consenso sull’acqui­ sto che fosse per convenirci, la sicurezza almeno di non incontrar in esse quelle opposizioni e contrarietà che l’umori o altri motivi, piuttosto che la giusta convenienza, potrebbero attirarci. Nel tempo stesso non manco di far tutto quello che è necessario perché il mio esercito di terra, ascendente al numero di 62 mila uomini, compresi i guardacosta, sia sollecitamente posto su di un piede da potersi mostrare con piacere agli amici e di far dispiacere nel vederlo ai nimici. Nella marina abbiamo .34 buoni bastimenti atti a guardar le nostre coste ed a poter servire utilmente volendolo nel Levante; e si travaglia con tutto il vigore alla costruzione di nuovi bastimenti così in Napoli come in Castellammare. È vero che per noi troppo prematuro giugne lo svi­ luppo delle mire contro l ’Impero Ottomano, per cui non dobbiamo ri­ schiare nulla inconsideratamente; ma procureremo bensì di metterci in stato da poterci difendere in qualunque caso da un insulto, e per appro­ fittarci a suo tempo secondo l ’offerta delPImperatore delle circostanze che potranno presentarcisi. Tutto ciò con più distinzione e precisione lo rileverai dalle lettere che di mio ordine ti scrivono Caracciolo ed Acton... 2. Vienna, 27 febbraio 1788 ... H o veduto con tutto il rincrescimento quanta inquietudine hanno prodotto nella Sua Reai Mente le notizie da tutte le parti pervenutele e costà confermatele in modo autorevole circa la pretesa conclusione d ’un’alleanza tra questo Augusto Sovrano e la Russia con la Francia e la Spagna. Benché V. M. con tutta ragione avesse piuttosto motivo di riportarsi a 156

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tali ripetuti riscontri che a quanto ho avuto l’onore di scrivere in con­ trario su tale argomento, pure posso assicurarla che non mi sono ingan­ nato nell’averle rappresentato sin dai 15 di gennaro... e in tutte le lettere successive che realmente io credevo che qualche negoziazione di tal na­ tura esistesse, ma che non solo la credevo piuttosto mossa con artificio e senza intenzione di portarla a solida conclusione, ma che inoltre ero persuaso che tale alleanza, per la somma incombinabilità che presenta di opposti interessi, difficilmente avrebbe potuto realizzarsi. Infatti avendo avuto questa mattina occasione di presentarmi ai piedi di questo Augusto Monarca per felicitarlo in nome della M. V. e rimetterle le sue venerate lettere sul già seguito matrimonio del Signor A rciduca,196 la M. S. si è graziosamente compiaciuta di entrar meco a discorso sulla guerra attuale e sugli affari politici del momento, onde mi ha con somma benignità dato luogo di poterli colla maggior fiducia svelare le inquietudini con­ cepite da V. M. per rapporto alla vociferata alleanza e sulle perniciose conseguenze che teme potrebbero venirne ai Suoi interessi, se questo Augusto Monarca, nella di cui amicizia ed unione e ne’ di cui buoni con­ sigli la M. V. giustamente e sommamente confida, si trovasse impegnato a concorrere nelle viste di quelle potenze, la di cui influenza Ella crede da molto tempo che cerchi di attraversare ogni miglioramento e sviluppo dei Suoi interessi e delle sue facoltà ad oggetto di governarla. Con indicibile consolazione devo riferirle che veramente ho posto nell’animo di questo Augusto Sovrano il maggior attaccamento e costante amicizia per le persone delle MM. VV. e tutta la più felice disposizione per giovare ai Suoi interessi nell’avvenire e per calmare le Sue agitazioni in questo momento. S. M. Imp. mi ha assicurato che la M. V. può e deve contar in ogni incontro sulla costanza di questi suoi sentimenti; e che per ciò che riguarda il dubbio presente era dispiaciuto che le MM. VV. si facessero tanto allarmare prestando fede ai rapporti mal fondati di persone o non bene informate o che parlano con doppiezza. Egli mi ha permesso in conseguenza di assicurare le MM. VV. che falso è del tutto che siasi conclusa tra lui e le dette corti la proposta alleanza e che tal negoziazione si trova in grado molto incerto di conchiusione; che la Francia realmente avea messo un tal progetto sul tappeto, compromet­ tendosi del concorso della Spagna, ma che la M. S. avea sempre pensato che ella procurasse di insinuarsi con questo mezzo nella confidenza delle due corti Imperiali unicamente per scoprirne i segreti e i piani politici e bellicosi piuttosto che per sincera inclinazione a tale alleanza... Avendo considerato S. M. con la sua alleata la natura delle proposizioni (le quali io ignoro non avendole S. M. spiegate) e le complicatissime conseguenze che ne sarebbero derivate per la gelosia delle altre corti, e preferendo di tenersi tranquillamente ai piani già tra loro formati senza imbarazzarsi della tortuosa politica degli altri, aveano ambedue risposto ai rispettivi 196 L ’arciduca Francesco, primogenito di Pietro Leopoldo.

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ministri francesi in modo molto generale e piuttosto esclusivo, ornato di belli complimenti e protestazioni, ma senza niente di reale e di con­ cludente, il che ha conseguentemente raffreddato la negoziazione. Non può dirsi però che sia caduta del tutto una tal’idea, la quale potrebbe risorgere se le immense difficoltà che contiene (e che a me sembrano insuperabili) si dileguassero; ma in tal caso, che io credo ben lontano, S. M. ha avuto la benignità di dirmi che non deve punto allarmarsene V. M., poiché nulla potrebbe stipularsi di nocivo ai Suoi interessi, ai quali questo amorevolissimo Sovrano assicura tutto il suo più amiche­ vole attaccamento. E come tra i maggiori interessi che V. M. possa avere nel momento presente è quello della guerra che si fa al Turco, S.M .I. si è degnata ri­ petermi e confermarmi quello che ho sempre avuto l’onore di rappre­ sentare a V.M . sin dal principio della mia onorevole residenza in questa corte sin oggi, cioè che non v ’è punto in questo momento il progetto della distruzione del Turco in Europa, e che senza entrar nell’esame delle rispettive convenienze ed interessi politici delle due corti Imperiali circa il volere o non volere l’esistenza deli’Impero Ottomano, lo stato delle cose è tale e tanta è la mancanza dei mezzi e delle circostanze necessarie ad eseguir questo vasto disegno, che punto non può formare sin ora il pro­ getto di questa guerra. Pare anzi, come ho sempre rappresentato e come desidero ardentemente, che se le armi gloriose di questo Augusto Monarca saranno felici nelle prime operazioni e ridurranno i Turchi alla docilità necessaria per trattar di onorevoli ed eque condizioni che com­ pensino la dignità e le immense spese delle Corti Imperiali che essi stessi i Turchi hanno provocate, io son persuaso che questo stesso benefico ed invitto Sovrano si darà la gloria di render presto la pace all’Oriente. Ma chi può pregarantir l’avvenire e prevedere gli eventi futuri? Quindi se nuovi interessi si complicassero, se gli eventi incerti della guerra fa­ cessero mutar sistema, potrebbe accadere che il vasto piano di distruzione del Turco, che ora non ci è, divenisse necessario, e molto più se in ap­ presso altre potenze ci desser mano. Allora V.M . avrebbe certamente in questa occasione un interesse diretto, il quale sin ora non ha, e non deve allarmarla. Per tale aspetto delle cose presenti e future S.M. l’Imperadore ha avuto la benignità di ripetermi nuovamente che approva infinitamente, anzi consiglia V.M . con tutta la fraterna amicizia [parole illeggibili] a non prendere per ora nessun impegno e nessun partito nella presente contestazione, e di starsene attentamente ad osservare gli eventi, siccome già V.M. ha risoluto; ma nel tempo stesso a non trascurar nulla per mettere le Sue forze di mare e di terra in stato da poter in appresso essere il pa­ drone di risolversi a quel partito che le circostanze future gli consiglieranno; poiché se la guerra sarà breve e non porterà estese conseguenze, V.M . si troverà sempre d ’avere un grado di potenza e di influenza rispettabile nelle cose del Mediterraneo e dell’Italia, e se per contrario dovessero in appresso estendersi i piani e gli oggetti della guerra si tro158

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vera forte e provisto bastantemente per prendervi parte, senza che sa­ rebbe impossibile che altri impiegassero le loro forze ai Suoi particolari interessi. Spero che dopo l’arrivo di questa lettera... sarà l’animo suo più tran­ quillo, poiché non solo rileverà in gran parte lo sviluppo dei dubbi che l ’hanno messa in agitazione, ma vedrà ben’anche, dall’apertura e dall’ami­ chevole confidenza di S.M. Imperiale, quanta fiducia possa riporre nella sua Augusta Amicizia e nell’attaccamento che ha per la Sua Reai Per­ sona. Ora non resta alla M.V. che tenersi tranquilla e prepararsi sugli aventi futuri... (A .S.N ., Carte Gallo, 62, III-IV ).

IV . R A PPO R T D ’UN M IN IS T R E É T R A N G E R , F A IT À SA CO UR SUR L E S D IV ISIO N S SU R V EN U ES E N T R E L E S CO U RS D E N A P LE S E T D E M A D R ID , P R É SE N T É L ’A N N É E 1788 m La Reine de Naples mécontente de la conduite à son égard du Mar­ quis de Tanucci trouva le moyen de le faire déplacer. Omissis. Il fut rem­ placé par le Marquis della Sambuca, homme de qualité de Sicile, qui n’avoit ni le talent, ni les connoissances de son prédécesseur, mais bien le caractère q u’on attribue aux personnes de sa Nation. Omissis. Il gagna la confiance de ses maîtres, et il eut la principale influence dans les affaires. 19,7 Copia incompleta di un’interessante relazione stesa dal Talleyrand al ter­ mine della prima parte della sua missione napoletana (come ricordammo in n. 99 a p. 102, l ’ambasciatore francese partì da Napoli l ’aprile ’88 per un soggiorno in patria prolungatosi oltre un anno). Sull’autore del presente scritto non cadono dubbi grazie alla frequenza e alla precisione degli accenni alla sua persona. Più difficile è stabilire come sia giunto in possesso del ministro napoletano, che lo conservò accanto ad altri in difesa o ad esaltazione della propria opera, un documento che lo interessava tanto da vicino. M a non è arrischiato concludere che il diplomatico francese, in molto cordiali rapporti con la corte e sinceramente interessato a rin­ saldare l ’unione borbonica, gli abbia dato in lettura (senza interposta persona: il Bressac, che avremmo potuto sospettare tramite anche in questa occasione tra l ’am­ basciatore e l’Acton, aveva da circa due mesi abbandonato, dopo aver fatto cono­ scenza delle carceri di Castel dell’Ovo, il suolo napoletano, in disgrazia di quel governo e in urto col rappresentante francese: cfr. S i m i o n i , Le origini, I, p. 54, e lett. di Leopoldo a G iuseppe II del 26 febbraio ’88 in Joseph I I u. Leop. v. T o­ scana, I I , pp. 167-68) l’abbozzo del suo rapporto e consentito di trascriverne la parte più importante e meno atta a compromettere terze persone. L a copia consta infatti molto evidentemente di tre parti, di cui la prima ha tagli frequenti e la se-

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Jam ais ministre de S.M. Sicilienne ne témoigna peut-être des dispositions moins favorables pour les intérêts de la Maison de Bourbon. La situation de Mr. della Sambuca commença à changer à la nomination de Mr. le Général Acton au département de la Marine. Il s ’aperçut promptement que son opinion n ’étoit plus prédominante et la réunion du Ministère de la Guerre à celui de la m arin e,138 contre son avis, ne lui permit plus de doutes que son autorité étoit au moins partagée. Cette rivalité est la principale et unique cause des dissensions entre les Rois Père et Fils. Omissis. Mr. della Sambuca ne négligea aucun moyen pour se conserver la faveur de la Reine, et pour s’en rendre en quelque façon indépendant; il parut dès lors prendre vivement à coeur les intérêts de la Maison de Bourbon. Il connoissoit la tendresse du Roi pour son Père, la différence (sic) qu’il avoit pour ses conseils. Il crut pour se rendre agréable et utile à la Cour de Madrid, il falloit lui inspirer de l’inquiétude sur les sentimens de la Cour de Naples: il commença par lui insinuer que Mr. Acton étoit livré à la Cour de Vienne, q u’il avoit été proposé par le Grand Duc, et que sa nomination n ’avoit d ’autre objet que de séparer Sa M ajesté Si­ cilienne de la Maison de Bourbon. Omissis. C ’est dans la vue de rendre son rival odieux et suspect à la Cour de Madrid, q u’il supposa la vente des Présides de Toscane au Grand D u c ,199 et la cession des ports à la Russie. Omissis. E t par ses intrigues il inspi­ rait de la méfiance et du mécontentement contre le Roi de Naples, soit à Madrid qu’à Paris, et rendoit Mr. Acton odieux et suspect à N aples; et lui envenimoit dans cette Nation tous les envieux, les courtisans et les intrigueux, qui fourmillent dans ce Pays-ci. Omissis. La Cour de France s ’offrit médiatrice en cette querelle, mais celle d ’Espagne déclarant que ce n’étoit qu’une dissension de famille avoit prié à ne point s’en mêler. Omissis. L ’ambassadeur de France Mr. de Tallerant (sic) se lia avec le Prince

conda (da « L ’am bassadeur de France Mr. de Tallerant se lia avec le Prince de Cimitile » a « c’est par connoissance de cause qu’il peut l ’assurer ») è un sunto con u n ’importante omissione. Fedele all’originale appare invece la parte ultima. Le Remarques che seguono sono della regina: nella copia da noi rinvenuta accompagnavano il testo, cosi come dovette essere nell’originale, quali note margi­ nali, secondo M. Carolina usava fare (v., ad es., Un doc. di M. Carol. cit.). Ma, data la loro estensione e importanza, abbiamo preferito pubblicarle tutte di seguito, dopo il Rapport. iss N el giugn o 1780 ( S im io n i , L ’esercito, p. 9 3 ; L e origini, 1, p. 22). 199 i l voi 22 delle distrutte Carte Acton conteneva un doc. (ins. 11) concer­ nente la subdola lotta condotta contro il min. della marina: « Inganno in cui fu tratto il gen. Acton nell’aver firmato un Reai dispaccio nel 1784 per la Segreteria di suo carico, in forza del quale S. M. perdeva l’alto dominio sull’Isola dell’E lba e sullo Stato di Piombino. Ragioni storiche su questi diritti reali ».

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de Cimitile, 200 sincèrement attaché au Roi Charles, à seul objet d ’être instruit du secret de l ’affaire. Ce Prince confia enfin à Mr. de Tallerant que Mr. délia Sambuca avoit en sa présence proposé au Roi l ’affaire des Présides, comme aussi la cession des ports aux Russes. Q u ’il s ’y étoit fortement opposé à tout et que rien y fut décidé. Il lui ajouta: Je crois, dit le Prince à l ’ambassadeur, q u’il ne vous sera pas difficile de persuader le Roi d ’Espagne sur ces objets; mais, vu les inquiétudes, q u’on a sçu Lui inspirer, je doute fort qu’en Lui don­ nant la preuve de la fausseté de ces rapports, on puisse parvenir à Lui faire changer de sentiment. Votre Cour, et même celle de Naples, ignore la cause de l ’éloignement du Roi d ’Espagne pour Mr. Acton et de son indisposition contre la Reine; ainsi vous pouvez juger de l’effet de vos démarches. Après plusieurs mois d ’insistence et le visitant dans sa der­ nière maladie, le pressant avec les raisons les plus fortes, il confia enfin son sécret à l’ambassadeur en lui disant: Je vais vous le révéler, mais j ’exige auparavant que vous me donniez votre parole de rien parler à personne à Naples, et de ne confier qu’au Ministre des A ffaires Etran­ gères de France. Je suis sûr que l ’on a osé mander au Roi d ’Espagne q u’on avoit le projet de etc. etc... N. B. Le Prince Cimitile n ’a jamais voulu lui nommer l ’auteur de cette iniquité, et même [celui] q u’on avoit consulté sur les moyens à prendre [p o u rl l ’exécuter! Le Prince Cimitile continua à dire à Mr. de Tallerant: Vous avez peine à croire une pareille atrocité, et à comprendre comme elle a pu produire quelque effet; mais ce Prince, prévenu depuis longtems par de faux rapports etc. etc..., est convainçu que l ’on a eu cette idée et même q u’on l ’effectuera après sa mort. Cette appréhension fait le tourment de ses vieux jours. Voilà ce dont il importe de le dissuader... Le ministre étranger, qui en fait le rapport en question, disoit: et ce veillard me disoit les larmes aux yeux: je mourrois content, si la con­ fiance que je viens de vous faire contribueroit à rendre la tranquillité à mon ancien maître. Ce ministre continue son rapport à sa Cour, en lui disant qu’il s’étoit décidé à révéler le secret du Prince Cimitile par les lettres du Roi d ’E spa­ gne, qui lui confirmoient cette vérité, aussi bien que les fausses idées q u’il avoit adoptées du Roi son Fils. Il assure q u’il est chéri de tous ses sujets; qu’il a le coeur bon et l’esprit juste; qu’il a son opinion à lui, et que ce n’est que par la persuasion que ses ministres et la Reine peuvent l ’en faire changer; que c’est par connoissance de cause qu’il peut l ’as­ surer. La Reine n ’est pas si populaire. Elle est presque toute la journée oc­ cupée aux affaires de l’État et à l ’éducation de ses enfans, qui est par­ 200 Era stato am basciatote di re Catlo a Londra; faceva parte, già prima del ministero Caracciolo, del consiglio di stato (cfr. S c h i p a , I l regno di Napoli, I I , p. 46 sg.; N el regno di Ferd., p. 100).

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faite sous tous les rapports. Ses qualités sont précieuses et d ’une bien­ faisance extrême. Sa vivacité est égale, mais elle est incapable de conserver un ressentiment. Mr. de Caracciolo est très âgé, et n’a plus la même vivacité pour les affaires. Mr. de Marco, attaché à son Maître depuis son enfance, commence aussi à se ressentir des infermités de la vieillesse. Mr. le Général Acton a également la confiance du Roi et de la Reine. Ce ministre mène une vie très laborieuse, ne sort jamais de son cabinet; travaille sans relâche toute la journée, et n ’a pas même une so­ ciété particulière. Pendant ma résidence à Naples je ne l’ai vu que pour parler d ’affaires. Il les entend bien, et les traite avec franchise. Je ne puis pas être suspect sur son compte, car je ne lui ai demandé qu’une grâce pour un homme que j ’ai aimé, au quel je lui ai témoigné, deux ans de suite, prendre un intérêt très vif, et je suis parti sans l’avoir obtenue. Mais je lui dois justice. Je suis persuadé que Mr. Acton a été indignement calomnié. On a prétendu qu’il avoit vendu les Présides de Toscane au Grand Duc, et cédé des ports à la Russie. La fausseté en a été demontrée. On l’accuse d ’être livré à la Cour de Vienne: c’est peut-être l’hom­ me du monde qui par son caractère est le moins susceptible de se plier à adopter le sentiment d ’aucun ministre, à recevoir l’impulsion d ’aucune Cour. La conduite de la Cour de Naples, depuis la déclaration de guerre aux Turques et l’arrivée de Mr. de Thugut, est une preuve incontestable de sa façon de penser et d ’agir. L ’Empereur l ’a fait vivement solliciter de placer un officier général autrichien à la tête du militaire de Naples. Il a préféré un officier au service de la Maison de B ourb on .201 L ’Empereur et le Grand Duc le persécutent depuis longtems pour q u’il engage Sa M ajesté à faire le mariage de la Princesse Thérèse avec un Archiduc: j ’ai été chargé de proposer à ma Cour de la marier au fils de l ’Infant Duc de P arm e.202 Mr. de Thugut, dans la vue de déterminer Leurs M ajestés à prendre parti dans la guerra des Turques, Leurs a fait toutes sortes des propo­ sitions; entre autres celle de Leur assurer de la part de l’Empereur la possession de Constantinople pour le Prince Ja n v ier,203 si le démemI l Salis. 202 « ... si stà ttattando il Matrimonio di questa Principessa Primogenita col Principe di Parma. L ’ambasciatore di Francia è quello che lo maneggia principal­ mente ed egli lo dà per sicuro. Io per altro non ne sono ancor persuaso, perché sò che il Granduca vi pensava per il proprio secondogenito... ». Caleppi a Boncompagni, Monte Oliveto, 23 settembre 1787, in R i n i e r i , p. 558 (e cfr. ancora p. 567). 203 Secondogenito di Ferdinando IV , morto poi il 2 gennaio 1789 « in Caserta

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brement de l’Empire Ottoman avoit lieu, comme on étoit fondé à le supposer. Cette proposition à été à peine écoutée, et m ’a été aussitôt confiée. Mr. de Thugut ayant profité d ’une intrigue pour animer la Reine contre Mr. le Baron de Salis, Mr. Acton a soutenu cet officier, lui a fait rendre une réparation éclatante,204 sans être arrêté par la crainte de dé­ plaire à Sa M ajesté. Mr. de Thugut ayant proposé à la Cour de Naples un plan rélatif à un nouvel établissement à faire pour la poste de Constantinople, 205 et lui ayant confié à ce sujet un secret qui pourrait être im­ portant pour les Cours de la Maison de Bourbon, le plan et le secret m’ont été sur le champ communiqués. Mr. de Thugut a demandé qu’on fournît des provisions en tout genre à l ’escadre et aux troupes russes qui devoient venir dans la Méditerranée: on lui a repondu q u’on s’en tiendrait strictement aux articles du traité de commerce. Enfin Mr. de Thugut n’a rien oublié pour entraîner la Cour de Naples dans une fausse démarche: il lui a proposé pour se venger de l ’insulte fait à son résident à Venise de s’emparer des îles appartenantes à la République; il lui a promis qu’elle seroit secondée par les Cours Im pé­ riales et qu’elles lui faisoient rendre la satisfaction qu’Elles désiraien t.206 nell’età di anni nove » (L . D e l P o z z o , Cronaca civile e militare delle D ue Sicilie sotto la D inastia borbonica dall’anno 1734, N apoli, 1857, ad anttum). 204 I particolari, con le solite aggiunte fantastiche e malevole, in G o r a n i , M é­ moires sécrets, I, p. 2 04 sgg., che riporta la lettera indirizzata il 14 febbraio di quell’anno dall’Acton all’ufficiale francese, con la quale venivano sconfessati « presque formellement les propos de la Reine », secondo scriveva Leopoldo al fratello. « Elle — aggiungeva il granduca — considère cette affaire comme un affront personnel q u ’on lui a fait, et est outrée contre le général Acton à qui elle attribue toute cette affaire » (Joseph I I u. Leop. v. Toscana, I I , p. 167). 205 In seguito forse allo spiacevole e non ben chiaro incidente di cui in S c h i p a , N el regno, pp. 139-40, 267-68, 270, 274-75. 206 Non avendo ottenuto le richieste sodisfazioni in seguito all’espulsione dai domini veneti di un ufficiale albanese al servizio di N apoli, il residente Micheroux, dietro ordine del suo governo, aveva abbandonato di quei mesi il suolo della Sere­ nissima, per ritornarvi a distanza di due anni, dopo le pubbliche scuse cui quel go­ verno si sarebbe piegato nel maggio 1790. L a corte di N apoli avrebbe saputo così tutelare con i propri mezzi, senza odiose intemperanze, i suoi interessi e il suo de­ coro; e ne avrebbe dato conto al suo governo un osservatore italiano (A . S. F., E st., 2 3 3 7 , Bonechi a Serristori, N apoli, 11 maggio 1 790; e cfr. ancora in proposito A .S.T., Lett. min., m. 36, Castellalfer ad Hauteville, N aples, 15 novembre 1791). È poi generalmente noto quale sorte venisse riserbata a buona parte delle terre ve­ nete dagli ambiziosi piani di spartizione balcanica austro-russi. Sul « projet grec » del 1781 cfr. adesso E . D r i a u l t et M. L h é r i t i e r , Histoire diplomatique de la Grèce de 1821 à nos jours, I, Paris, Les presses universitaires, 1925, pp. 19-30; [cenni sui rapporti veneto-napoletani qui in appendice I I I ] .

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On l’a remercié de ses offices et on lui a fort recommandé de ne pas se mêler de cette affaire. Tous ces faits sont sûrement ignorés de Sa M ajesté Catholique; ils sont une preuve de ce que j ’ai avancé; et j ’ose dire qu’un ministre de Naples, dirigé par l ’Espagne ou la Fran ce,21,7 n’auroit pas tenu une autre conduite. 201 « ... il re di N apoli è più che mai infatuato del signor Acton... L a regina al contrario... vede ora in questo ministro un Mentore incorruttibile e severo che la incomoda infinitamente, e la cui austera vigilanza e la poco comune penetrazione le ispirano timori e l’obbligano a molti riguardi. La diminuzione della cieca e illimitata deferenza che il signor Acton manifestava altra volta per gli ordini, anzi pei sem­ plici desideri della regina, sembra essere una ragione di più per persuaderci che questo signore creda poter rimanere nel suo impiego, senza l’appoggio della regina e del suo augusto fratello, e che per conseguenza non è lontano dal riconoscere maggiore sicurezza e tranquillità all’ombra de’ gigli d ’oro ». C osì qualche anno prima, il 1786, l ’ambasciatore sardo (in D u m a s e P et r u c c e ll i D e ll a G attina , pp. 127-28). M a l ’indirizzo francofilo che faticosamente l ’Acton cercava di imprimere alla poli­ tica estera napoletana andava ben oltre l ’interesse personale, e l’ignorato ma pur costante tentativo d ’infrenare l’immoderata regina rispondeva alla verità che il C uoco avrebbe poi espressa: « Tutti g l’interessi politici univano il regno di N apoli a quello di Francia e di S p a g n a » (Saggio, ed. C o rtese , p. 33; e cfr. il tacitiano passo del C o lletta , I, p. 145). N é è da trascurare, crediamo, il vivace senso dell’origine francese che l ’Acton nutrì a lungo. Eccolo a contatto col de Sartine, in quei colloqui, frequenti e cordiali, che, invece, secondo gli ambienti ostili all’Acton, avrebbero scavato tra il futuro ministro di Ferdinando IV e il governo di Luigi X V I un solco incolma­ bile: la Francia è « m a p a tr ie » , e la Toscana è soltanto « m a cour, ... [le ] service où je suis ». E l ’origine francese rivendica: « on pouvoit, il est vrai, me regarder comme étranger, mais... j ’étois cependant françois » (A .S.N ., E st., f. 4294, foglio di appunti di mano dell’Acton fornito della sola inesatta indicazione: « Correspon­ dance à Paris sept »: gli incontri parigini col ministro della marina francese avven­ gono tra il settembre e l ’ottobre di un anno non determinato). Patria in realtà l ’Acton poteva considerare la Francia più che l’Inghilterra, sulle cui navi aveva sol­ tanto perfezionato, dal ’750 al ’756, la sua educazione di marinaio. Al paese da cui derivavano, gli Acton, sebbene vi conservassero amicizie e congiunti, avevano un po’ volto le spalle: il G ibbon, che era loro parente, ricorda con un senso di pena la visita da lui fatta a Pisa nel 1764 allo zio di Giovanni (da cui quest’ultimo aveva ricevuto educazione navale e possibilità di ascesa nella marina toscana), « solo, ab­ bandonato da tutti g l’inglesi per aver cambiato religione » (E . G ibbon , Memorie della mìa vita e degli scritti, trad. it., Macerata, G iorgetti, 1915, p. 23, n. 3). La Francia invece aveva dato ai figli del giovane medico Acton, che vi aveva accom­ pagnato verso il 1731 Edw ard Gibbon, omonimo padre del grande storiografo (Mem. cit., pp. 23-24), e di Catherine Loys de Gray, figlia a sua volta del presidente del parlamento di Besançon, la prima educazione e possibilità di brillanti carriere: i fratelli cadetti di Giovanni, e segnatamente uno, 11 ascesero infatti onoratamente agli alti gradi dell’esercito, mentre il primogenito, nato nel giugno 1736 e restato

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II. N EI M I N I S T E R I SA M B U C A E CARACCIO LO

J ’ai remplis mon devoir en vous rendant compte de ces détails: ils m ’ont parus propres à détruire l’effet des indignes rapports faits à Sa M ajesté Catholique; à l ’éclairer sur le passé, sur le présent et à l’assurer sur l ’avenir. Remarques d ’une main auguste. Le Général Acton vint ici avec l’approbation et la pleine satisfaction du Roi d ’Espagne qui fut consulté de son Fils sur ce choix; et comme depuis peu il avoit rendu les services qui sont connus en Europe à la malheureuse affaire d ’Espagne avec Alger l’année 1775, il vint approuvé du Roi d ’Espagne q u’on lui confiât le département de la Marine, dont il avoit montré tant de preuves de savoir et courage. La réunion du Ministère de la guerre fut proposée par le même Marquis de la Sambuca comme convenable, celui qui avoit cet emploi, nommé Antonio Ottero, 208 étant d ’une ignorance et imbécillité humiliante. Il est vrai que Sambuca proposant cette réunion, qui n ’avoit jamais, ni ne peut raisonnablement être separée, de la Marine et Guerre, surtout dans un petit service, ayant tant de choses en commun, comme artillerie etc. etc., il est vrai que le Marquis de la Sambuca proposa pour son compte d ’avoir la Ségrétairie de l ’Ecclésiastique, poste d ’éminence dans ce Pays-ci, et qui peut, vu les grands biens ecclésiastiques, être fort lu­ cratif; mais le Roi, qui déjà lui avoit diminué à juste titre sa confiance, ne voulut jamais y consentir; et cet homme, voyant effectuer la moitié de sa proposition et non celle qui lui étoit d ’utilité, en fut furieux. Sambuca a toujours eu, sous un estérieur doux, poli, modéré, un coeur fourbe et la vengeance enracinée; c’est à cette raison qu’il mettoit dans la bouche d ’Acton les projets et propositions que lui faisoit; com­ me celle des Présides de Toscane, que lui dans un conseil des finances in Francia sino ai quattordici anni circa, sarebbe passato a Livorno presso un fra­ tello del padre, già alla direzione di quella marina toscana, dove il capitano Acton avrebbe raccolto onori e allori (P er la data di nascita, quella conservata dal ramo italiano della famiglia riceve sostegno, contro le discordanti attestazioni del C o n f o r t i , N apoli dal 1789 al 1796, p. 69, e d ell’HELFERT, Königin Karoltna, p. 57, dal cenno necrologico contenuto nel Giornale politico e letterario di Palermo del 19 agosto 1811 e dall’epigrafe funeraria nella chiesa dei Padri Crociferi a Palermo). È infine sintomatico il fatto, a proposito dei rapporti tra la corte di Luigi X V I e il ministro napoletano, che la Spagna, nel tentativo di rovesciare quest’ultimo, confidasse, prima e dopo l’am basciata las Casas, più che in V ersailles, nell’imperatore e nel granduca, come in modo indiretto potrebbe desumersi dai docc. napoletani (cfr. in A .S.N ., E st., f. 4338; la mem. diretta all’amb. austriaco Richecourt sulla missione Bressac, N apoli, 23 luglio 1786). 208 II vecchio generale Antonio de Ottero, ministro della guerra e per qualche tempo alla testa della marina, veramente impari alle cariche tenute: cfr. S i m i o n i , Le origini, I, pp. 44 e 59.

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proposa au Roi de s ’en défaire, comme d ’aucune utilité pour défendre son Royaume et de 12 mille de ducats le mois de dépense. La même iniquité il la fit pour l’admission des vaisseaux dans nos ports de la flotte russe: les lettres où il chercha à induire Acton en erreur existent encore.209 Il a toujours soufflé et animé ici à moi contre la France comme celle qui animoit l ’Espagne, et qui ne vouloit point voir prendre l ’essor, ni aucun développement favorable à ce Royaume. Il est si bien réussi à me le persuader, que ma haine étoit excessive. Je la faisois paraître, étant trop impolitiquement franche pour la cacher et cela étoit par luiexpliqué aux réprésentants françois et aux ministères, comme la preuve de mon sentiment anti-bourbonique. Il faut nommer par leurs noms ces horreurs [a proposito del segreto, non riportato in queste pagine, confidato dal Cimitile al Talleyrand] pour pouvoir y repondre; et, quoique l’idée seule en fait frémir, la sûreté parfaite d ’une innocence au dessus de tout soupçon en fait parler avec cette tranquillité que la seule conscience honnête peut donner. Quels sont donc ces deux abominations? Un assassinat, une décla­ ration d ’imbécilité? Le premier se refuse par lui même. Une femme honnête, qui pen­ dant 20 ans mène une vie sujette, tranquille, qui a procréé avec son mari 14 enfans, qui n’a connu aucune atrocité; qui a souffert toutes sortes d ’horreurs avec peine oui, mais sans en tirer vengeance; qui n’a nulle am­ bition, et l’ayant, par l’ascendant q u’elle a sur son mari, a tous les moyens de la satisfaire, commettrait cette exécration! A quel titre? et pour quoi? pour avoir une Régence de quatre ou cinq ans, quand son âge et les circonstances où elle en est avec son mari lui donnent la perspective de gouverner et disposer vingt de trente ans de tout. D ’ailleurs un Père tel que le Roi d ’Espagne sait un tel abominable secret et ne le revèle point, ne sauve point son Fils! Q u’attend il donc? par des demi-confidences il ne sauverait pas son Fils; il ne ferait qu’anticiper le crime, crainte d ’être entièrement découvert. Non, cette idée est impossible! La seconde est encore infiniment plus absurde par la positive impos­ sibilité dans le fait, le Roi ayant infiniment pénétration, bon sens et astucité, et enfin étant très son Maître, et ses volontés à Lui très fortes, au point que le raisonnement même, la convinction échoue à Le faire demordre de sa résolution: mais ceci en prouvant l’impossibilité du fait, auquel je défierais les autheurs mêmes de cette inique fable à sugérer les moyens comme y parvenir, ceci, dis-je, ne détruit pas l’idée du projet qu’on suppose à moi. Sur cela je ne dis qu’un mot. Le Roi de Naples, Roi de l’âge de 7 ans, élevé comme l’a été le Roi d ’Espagne et le sont tous ses Fils, en avoit toute la tournure, la répu­ tation et les connoissances, même occupation, même train de vie: depuis 208 [V . qui p. 104 e relativa n. 109],

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II. N EI M IN IS T E R I

SA M B U C A E CARACCIO LO

son mariage il est tout changé. Mais depuis le Ministère d ’Acton il est Roi. Il faut rendre justice à cette probité rare, et j ’ose dire unique dans un ministre, qu’il a taché de Lui donner l ’âme, le caractère, la fermeté, force et application à resister aux ministres, et que même contre son propre avantage il y a réussi. Le voyage où il a été produit et admiré dans toute l’Italie, mes soins continuels et de l’honnête Acton de cacher ses défauts, le faire respecter, briller, de Lui donner de l ’âme, courage et Lui donner cette fermeté, détruit bien cette plus sotte proposition, à laquelle pour me venger je forcerais les auteurs de cette proposition à expliquer en détail les moyens d ’exécuter ce qui est par tous les motifs impossible, et que seulement l ’éloignement et peu de réflexion peut laisser imaginer, mais que personne dans les deux Siciles, ni dans l ’Italie, ni de tous les Princes, Empereur, Roi de Suède et autres qui ont vu le Roi de Naples, croiront jamais avoir pu imaginer. L ’absurdité de la chose m’y fait donner moins de poids. Le Roi est aimé, craint, respecté dans tout son Royaume, et plus particulièrement de ceux qui l ’entourent de plus près; preuve que ce n ’est pas un act mais un fait, qui émane de Lui même, qui le fait craindre et respecter. Je ne parle pas de moi, que pour répondre à ces horreurs: je ne suis pas une indigne; j’ai remplis 20 ans mes devoirs d ’Epouse et Mère, je me flatte de les remplir toujours, au prix même de tout mon propre bonheur. Je n’ai nulle ambition, même du dégoût, et paroisse par une philosophie à moi; et ce n’est que l’espéron du devoir de femme et mère qui me fait un peu mêler aux affaires; et je ne désire rien tant qu’une occasion de pouvoir, sans manquer à mes devoirs, prouver mon éloigne­ ment des grandeurs et toute ambition: ainsi point inique par caractère, partout non ambitieuse, je ne saurais ce qui pourrait me séduire à man­ quer, ou même idée de manquer si affreusement à tous mes devoirs. Caracciolo est honnête homme, vieux, cassé, égoïste, et ne pensant q u’à vivre; désirant le bien, pourvu que cela ne lui coûte aucun travail; le bon mot est son idole, et à cela tout se réduit. De Marco est dévot, a des passions à lui chachées; sous cette ombre homme rampant, sans caractère que celui de les cacher; passions qui le reduisent à ses créatures et ce que ses subalternes lui disent. Pour Acton je m ’abstiens à en parler: l’estime et confiance entière que je lui ai vouées, que j ’ai soutenues en face de toute l ’Europe, et sou­ tiendrai toute ma vie. prouve comme ie pense pour lui. Il a mis des idées, il a fait sentir la Souveraineté à ses M aîtres; enfin nous lui de­ vons tout, mais tout; et même nos enfans et petits enfans lui devront d ’avoir mis les premiers fondemens de cette Monarchie et remué l’ent­ housiasme, et d ’entrevoir la possibilité du bien, et d ’avoir réveillé une Nation et des Souverains, qui dormoient dans le plus beau et fertile pays du monde. Enfin tout bien présent et futur est seul dû à lui, qui a sécoué cette machine engourdie par une foule de circonstances trop longues à détailler. 167

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Ma réconnoissance et estime pour lui sont parfaites, et sa probité est rare et à toute épreuve. Les Présides: on n’en a jamais parlé que par Sambuca, et jamais Acton n’en a rien sçu. Le port de Brindisi est une invention pure: jamais idée pareille a existé. Pour la guerre [contro la Turchia] Acton a conseillé les M aîtres en homme d ’honneur, et en exposant les périls sûrs et les avantages très in­ certains. Pour le mariage [délia principessa Teresa] il a incliné par esprit de justice et de la nécessité d ’une Ligue Italienne à un Prince d ’Italie et pour équité pour Parme. Il a fait sentir, carte géographique sur table, l’absurdité de tel espoir [d i dare Costantinopoli a un principe di N apoli]. Pour la poste [di Costantinopoli], tout ce qui est malhonnête, Ac­ ton qui sert le Roi de Naples et désire sa gloire, l’a toujours déconseillé. Enfin dans toutes propositions de la Cour de Vienne, Russie, comme il feroit aussi à celles des autres Cours d ’Europe, Mr. Acton servant au Roi de Naples par vrai et honnête attachement et entier dévouement a toujours déconseillé et déconseillera toujours ce qui ne sera pas utile, ne désirant que la gloire et le service de son Maître. Ainsi pour l’affaire de la guerre, ports, etc. etc., l’affaire de Venise, etc. etc., et, ce qui est plus fort, les affaires à venir, il faira de même, car je connois sa probité, et en reponds que rien au monde ne le fera jamais démentir. Il peut se tromper et être trompé, car il est homme; mais jamais il voudra manquer, et son zèle, honneur, attachement, désin­ téressement, volonté du bien, travail, application, enfin tout son être et existence sera dévoué à son Souverain le Roi de Naples, auxquels (sic) il s ’est entièrement dévoué. Si ces raisons vraies et beaucoup d ’autres détaillées, et avec preuves en main, pourront persuader le Roi d ’Espagne, on entreprendroit avec satisfaction cet ouvrage; à l’entêtement, il faut lire, réfléchir et penser par soi même; c’est beaucoup exiger, surtout quand dans un certain âge on ne l’a jamais fait; et ce ne seroit qu’avec la certitude [d e ] ces pre­ mières qualités que l’on pourroit entreprendre cet ouvrage, duquel, d ’ailleurs, on n’a aucune inquiétude, la vérité se faisant tôt ou tard connoître, et l’état actuel de la Cour de Naples, respectée et caressée de toutes les cours étrangères, avec une marine naissante, une troupe qui se forme, sans déficit dans ses rentes, avec une épargne annuelle qui même pourroit être augmentée avec de légères épargnes, avec un pays beau, florissant, et non un peuple écrasé et impossible à fournir de plus, enfin dans cet état ce n ’est que l’envie d ’illuminer et faire être juste un vieillard Père qui pourroit induire à cette fatigue, notre sort actuel ne nous don­ nant ni alarmes, ni peines, et nous trouvant très bien de l’actuelle po­ sition. (A .S.N ., Casa Reale, 102, ins. 5).

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Ili LA D IF F IC IL E E R E D IT À D E L M IN IS T E R O C A R A C C IO LO I M A T R IM O N I A U ST R IA C I

« Je croirais que de s ’expatrier conviendrait infinement à tous vos fils, et que plus que vous tardez, plus ils acquer­ ront d ’italianism e, qui n’est pas ce qui peut leur convenir pour leur bonheur ni utilité future [...] Q uant à Ferdinand, [...] si vous croyez à l’avantage de la réunion inséparable de la Toscane avec la monarchie, alors il a peut-être plus besoin qu’ aucun autre à être dépaysé ». G i u s e p p e II a P. L e o p . d i T o sc a n a

Domenico Caracciolo era morto d ’un colpo d ’apoplessia il 16 luglio 1789, due giorni dopo la presa della Bastiglia, prima che l’eco del grave evento potesse giungere a N a p o li.1 « Honnête homme, vieux, cassé, égoïste, et ne pensant q u’à vivre; désirant le bien, pourvu que cela ne lui coûte aucun travail; le bon mot est son idole, et à cela tout se ré­ duit » : tale l ’aveva dipinto con palese animosità la regina negli ultimi tem p i.2 Sveglia invece era ancora la mente ed elevato il sentire, quando la morte lo colse all’improvviso e lo sottrasse a tremende, più gravi dif­ ficoltà, tali da schiacciare anche tempre fortissime. Egli aveva oramai alle spalle 1’« aureo regno di Ferdinando », di fronte un avvenire pesante ed oscuro. E forse veramente la sua tempra cominciava a dar prova di qual­ che stanchezza.3 Più vecchio di lui, nonostante certo rinnovamento espresso dal pro­ fondo del paese, era l’ambiente che lo circondava, irretito e anchilosato da formule, sistemi, uomini superati. In campo diplomatico i giovani su 1 M. S c h ip a , N el regno di Ferdinando IV , Firenze, Vallecchi, 1938, p. 258. Le prime notizie, molto vaghe, sarebbero giunte a N apoli il 27 luglio. Cfr. A. S i m i o n i , Le origini del Risorgimento politico dell’Italia meridionale, M essina, Principato, 1925-29, I, p. 344. 2 [q ui I I , p. 167], La corrispondenza tra i fratelli della regina conferma l’op­ posizione di questa all’assunzione al potere del vecchio gentiluomo al principio dell’ ’86. ]o se f I I und Leopold von Toscana. Ih r Briefwechsel von 1781 bis 1790 (ed. A. v. Arneth), Wien, Braumiìller, 1872, I I , p. 3. 3 v. B. C r o c e , Uomini e cose della vecchia Italia, Bari, Laterza, 1927, II, pp. 111-12; S c h ip a , p. 260.

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S IC IL IE

cui egli stesso aveva fatto maggiore affidamento finivano per essere gua­ dagnati quasi sempre alla causa della corte presso la quale avevano com­ piuto la loro maggiore esperienza quali ambasciatori del regno. Triste segno, senza dubbio, delPimmaturità di una diplomazia, che avrebbe reso qualche servigio (troppo facilmente ingrandito ed esaltato dalla revisione storiografica di sessant’anni or sono) all’inizio del triennio 1796-99, ma che sarebbe fallita interamente allo scopo appena la pressione europea sul mezzogiorno d ’Italia fosse aumentata! Esempio tipico di questa modestia un suo congiunto e protetto, fino all’ultimo preso nella scia degli eventi, certamente più grandi di lui, che egli ebbe a vivere. Adesso, posto dalla sorte in un osservatorio di eccezio­ nale importanza, don Marzio M astrilli, marchese, poi duca di Gallo, avrebbe vissuto, intorno ai quarant’anni, quas’intero il dramma della rivoluzione dal punto di confluenza degl’interessi politici del continente europeo, Vienna. Quella sua decennale legazione si sarebbe poi chiusa con la firma da lui, primo plenipotenziario austriaco, apposta ai patti di Campoformio! 4 E lì, nella diletta alla regina capitale degli Asburgo, avrebbero finito per trovare il loro centro e la loro ispirazione, se si fosse lasciato più libero campo a quell’ambasciatore, gl’interessi napoletani. Il Gallo aveva trascorso alcuni anni, dal 1782 al 1786, a Torino, prima di passare a Vienna: due capitali, queste, quanto mai atte a con­ ferire un particolare habitus a un diplomatico partenopeo. Italia ed Europa passavano di là con i loro problemi infiniti. Negli ultimi decenni ad occhi diversi il piccolo mondo subalpino si era rivelato a volta a volta nei suoi aspetti positivi e nei suoi limiti: un Caracciolo, scavalcata l’opprimente formalità del cerimoniale, ne aveva colto intelligentemente quel che il paese valeva nella generale politica italiana e quel che avrebbe potuto rappresentare se le fatali circostanze fossero state diverse: il modello di un’armata composta di « nazionali », ma anche l’enorme distanza dal ri­ sorto regno di Napoli, distanza e di spazio e di « sistema », che, a ren­ dere veramente irreparabile l’infelicità d ’Italia, avrebbe sempre impedito una sostanziale solidarietà tra i due maggiori stati della penisola nell’« op­ porsi ai disegni altrui e fare schermo ai disturbatori del nostro riposo ». Perciò la conclusione cui egli sarebbe giunto in seguito non poteva essere che l ’unica consentita a un ministro della gelosa corona napoletana: la

4 S im io n i, Le origini, I I , pp. 387-97. C fr . adesso R . C e s s i , Campoformido, Padova, Tip. M essaggero, s.d., ma 1947, passim. 172

I I I . LA D I F F I C I L E E R E D IT À D E L M IN IS T E R O CARACCIO LO

necessità cioè di additare a Vienna l ’importanza di una posizione, Pia­ cenza, « in tutti i tempi riputata la chiave dello Stato di Milano » , 5 espo­ sta adesso da un articolo insidioso dei patti di Aquisgrana alle ambiziose mire sabaude. Altri, con meno fervida mente, nei primordi di Vittorio Amedeo I I I , sarà più disposto a notare le deficienze che non mancavano e che avrebbero fatto sentire il loro peso nei momenti difficili: le debo­ lezze etniche e sociali, i limiti del sovrano e dei suoi collaboratori. « Il paese delle discordie », il Piemonte, dove l ’elemento subalpino è diviso seriamente da nizzardi e savoiardi, dove una nobiltà povera, « senza con­ tegno, senza fasto e senza credito », pretende resistere all’ascesa della borghesia, e si ha da questa disprezzo e derisione, « al segno ch’ella deve privarsi d ’andare in maschera ai veglioni », per evitare che le vengano rinfacciati « in pubblico li debiti ed altre verità più odiose » . 6 In questa tradizione di ostilità il Gallo è teso con tutte le sue forze a seguire il difficile barcamenarsi di quella corte tra l ’amicizia francese e quella asburgica: sa del credito che gode in essa la politica prussiana; la sente pencolare verso Versailles nell’eterna aspirazione a « estendersi nella Lombardia » ; riferisce del malanimo deH’imperatore trasparso durante il viaggio di questo in Italia. Osserva pacato, con una diffidenza chiusa e irrem ovibile.7 E soltanto quando mette piede a Vienna, si trova come nel suo ambiente. È ancora un oscuro diplomatico, « un certain Gallo », come ha detto di lui l’imperatore, sempre disposto a vedere dall’alto le cose napoletane.8 Sorda a ogni voce di nazione, tutta volta a un passato pluri­ secolare di grandezza, l ’H ofburg completerà la formazione dell’ancor gio­ vane ambasciatore. Non passerà molto ed egli guarderà l’Italia e l’Europa con gli occhi di un diplomatico uscito da quegli ambienti. L ’Austria, « cette Maison qui apprécie et affectionne ceux qui savent s’en rendre dignes »: glielo dirà la regina, il 2 luglio ’90, al termine delle trattative che, per il suo tramite, porteranno a Vienna e a Firenze due principesse napoletane ed a Napoli ancora un’arciduchessa del vecchio tron co.9 Se il re di Sardegna chiede l’investitura di feudi imperiali nell’am­ 5 Sch ip a, I l regno di N apoli al tempo di Carlo Borbone, Milano-Roma-Napoli, AIbrighi e Segati, 1923, I I , pp. 48-49, 73-75. 6 A .S.N ., E st., St. 214, f. 68, cifra Catanti del 21 aprile 1773, da Torino. 7 Ivi, cifre da Torino del 1783-84. a Jo se f I I u. Leop. v. Toscana, I I , p. 8. 9 Correspondance inèdite de M. Caroline... avec le M arquis de Gallo (ed. M. H. W e il et C. di S o m m a C ir c e i .l o ), Paris, Emile-Paul, 1911, I , p. 13.

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bito del suo stato o il riconoscimento del vicariato dell’impero in Italia o ha contestazioni di confine con la vicina repubblica di Genova, se l’Austria entra a Belgrado e serra su Orsova e si delinea un’incrollabile frontiera contro i Turchi dalla Dalmazia al Banato, se insorgono e si agi­ tano Paesi Bassi e popoli di Ungheria, e quando giungono brutte nuove di Francia, e quando la Prussia minaccia di sovvertire ab imis il vetusto mondo germanico e quando migliorano, nella successione di Leopoldo a Giuseppe, i rapporti con Venezia, il Gallo è sempre lo stesso: zelante degl’interessi austriaci con i quali finiscono per confondersi quelli dei suoi « augusti ed adorabili Padroni », animo chiuso a quanto possa essere comunque annunzio di nazione, aperto all’opposto a regimi oligarchici prossimi a cadere, a aristocrazie, gruppi sociali, istituti condannati dai tempi. Non a caso il primo accenno nella corrispondenza dell’ ’89 alle cose di Francia si congiunge al « timore che quel fuoco licenzioso noncomunichi col cattivo esempio l’incendio ai Paesi Bassi, ove par che sotto la cenere si covino ancora delle scintille ». È naturale perciò che egli partecipi al tripudio viennese in occasione delle vittorie che dovrebbero far del Danubio un fiume austriaco, illu­ minando la sede dell’ambasciata senza attendere disposizioni dal governo e « senza entrare a giudicare dei ragionamenti politici e della condotta di veruno », e paventi che la « mania universale » della ribellione, oramai, « come tutti gli altri.usi di Parigi, ... alla moda », debba propagarsi alla Germania, oltre che ai Paesi Bassi austriaci, e particolarmente per questi ultimi tema che l’appoggio delle potenze interessate « a riconoscerne e a sostenerne l’indipendenza » non debba portare a « quello stesso che è avvenuto per l’America settentrionale », « tristissima scena... innanzi agli occhi ». Inoltre « il momento... così critico in ogni paese » fa vedere « col fatto che i pregiudizi stessi sono il freno più efficace... per conte­ nere le nazioni e per condurle al bene, alla grandezza ed alla felicità ». Prova ne sia quanto avviene in Ungheria, « ove non è da esprimersi il grado di accensione e di frenesia per la libertà nazionale, che ancora ac­ cende tutta la nazione: ... tratti di furor popolare contro tutto ciò che è tedesco, e sin contro gli abiti, le mode e la lingua tedesca; ... risse nazio­ nali, attacchi con le truppe, insurrezioni contro i governi locali, tumul­ tuose abolizioni e distruzioni di antichi regolamenti, infine... scandali molti e... furori d ’ogni sorta che dimostrano che le grazie accordate a quei popoli ultimamente gli han quasi ubriacati, e che il sentimento rianimato della libertà e la indulgenza del governo han servito veramente 174

III.

LA D I F F I C I L E

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ai malintenzionati e corrotti dagli emissari forestieri a sollevar e mettere in disordine tutta la nazione ». N é va dimenticato che « il momento è tale che la corona à tutto il bisogno dei signori, dei ricchi, dei potenti ». Per il resto egli ritiene basilare per Vienna l ’amicizia con la Russia e forse inevitabile l’estendersi del conflitto in orien te.10 E qui sbaglia di grosso e mostra chiaramente la sua scarsa penetrazione degli uomini e delle situazioni in rapido variare. Ci risuona all’orecchio la voce accorata di Leopoldo, alla vigilia di raccogliere, sul Danubio agitato, la spinosa eredità del fratello: « Je crois que l’essentiel est d ’assurer le plutôt pos­ sible la paix avec les Turcs, d ’empêcher que la guerre ne se fasse avec le Roi de Prusse... à quelconque prix » ; il suo grido di angoscia, alcuni mesi dopo, nel difficile esordio viennese, congiunto al proposito fermo di uscire a riva per tutt’altra via: « je devrai tout faire sans la Russie, qui ne m ’aide pas et ne me répond pas, mais je me flatte de m ’en tirer mieux que je n ’aurais cru, et j ’espère de même pour la diète d ’Hongrie » . 11 Su questo sfondo di limitato intuito e di dedizione agl’interessi austriaci, aggravato dall’azione personale e irresponsabile della regina, sarebbe poi passato l’ultimo atto della politica orientale di Napoli nel Settecento, il tentativo cioè di mediazione tra Russia e Turchia, destinato a conclu­ dersi, e non poteva essere diversamente con tali premesse, in un sostan­ ziale fallim ento.12 Adesso il Gallo, dopo aver previsto guerra, crede sanato per sempre il dissidio austro-prussiano in seguito ai preliminari d ’alleanza dell’estate 1791: « affare così nuovo nella politica di Europa e così grande e lumi­

10 A.S.N ., E st, voi. 67, Vienna, 2 febbraio 1789; voli. 68-69, passim, soprattutto Vienna, 30 luglio, 17 agosto, 3 settembre, 12 e 13 ottobre, 17 e 28 dicembre 1789; 18 e 25 gennaio, 15 febbraio, 4, 8, 13, 15, 22, 25 marzo, 19 aprile, 7 giugno 1790. 11 W. L üdke , D er K am pf zwischen Oesterreich und Preussen um die Vorherrschaft im « Reiche » und die Auflösung des Fürstenbundes (1789-91), in Mitteilungen des österreichischen In stituts für Geschichtsforschung, X LV Bd. (1931), p. 70 sgg., con interessante documentaz. (pp. 126-53), nella quasi totalità tratta dal carteggio tra Leopoldo e il fratello M assimiliano Francesco, principe elettore di Colonia (i passi riportati, in data 17 febbraio e 12 giugno 1790). Il G allo era indietro, in proposito, almeno di un anno: cfr. in Joseph I I u. Leop. v. Toscana, I I , p. 248, Leop. a G ius., 18 maggio ’89 (e v. ancora, ivi, I, p. 180, i limiti che la politica giuseppina inten­ deva porre sin dall’inizio all’amicizia con la potente alleata, lucidamente espressi dallo stesso imperatore il 17 nov. ’83). 12 N . C o r t e s e , L a mediazione napoletana nelle trattative di pace fra Russia e Turchia nel 1790-91, in Russia, I, 4-5, Napoli, 1921 [q ui V , pp. 251-55].

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noso per se medesimo e per la gloria di questo Sovrano »; « nuova e stra­ ordinaria alleanza », destinata ad assicurare la pace non solo ai travagliati sudditi austriaci, ma probabilmente « a tutta l’Europa per molto tempo ». E soltanto sotto la doccia fredda delle « riflessioni » che il suo ministro degli esteri, l’Acton, non tarderà a fargli giungere in proposito, cambierà con bella disinvoltura parere: « Difficilmente tra queste due po­ tenze potrà sussistere un’amicizia solida e lunga. Gli interessi politici ne sono troppo opposti e la rivalità, malgrado alla alleanza, si farà sempre sentire » ; e « potrebbe stare che se si impegnassero assieme in Francia si risvegliasse subito la gelosia reciproca dell’influenza » . 13 In proposito un’osservazione giusta, almeno nelle linee generali, in tanto opaca visione, gli scivolava dalla penna: « Quanto all’Inghilterra, ella cercherà quanto potrà per distruggere l’unione austriaca e prussiana... Si lusinga l’Inghilterra che potrà riuscire... a seminare nuovamente la discordia tra le grandi potenze del continente, la cui unione metterebbe dei limiti insormontabili alla sua influenza in questa parte d ’Europa » . 14 Uscita dalla penna cortigiana del Gallo, la testimonianza è veramente preziosa, e varrebbe a provare ancora una volta, come del resto tutto il tono di questa corrispondenza, che nessun sospetto si avesse, di questi anni, nelle ambasciate napoletane, di un’inveterata anglofilia dell’Acton, dalla quale la tradizione storiografica ha con semplicismo fatto discen­ dere quasi ogni atto del dramma partenopeo prossimo ad aprirsi su uno sfondo tanto più complesso. Comunque, nella visione del Gallo, Austria dal principio alla fine, e « sistema napoletano » poggiato a quel robusto tronco, e oblio totale di nazione, e problema italiano racchiuso in questi limiti, stretto tra una politica dinastica che sostituiva Vienna a Madrid e l’incapacità di vedere di là dal Tronto e dal Garigliano altro che non rientrasse negli affinatissimi calcoli dell’equilibrio. Avrebbe sorriso, l ’ambasciatore di Ferdinando IV , alle commosse

13 A .S.N ., E st., f. 2308, cifre da Vienna del 15 agosto, 4 e 28 ott. 1791. 14 Cit. cifra 4 ottobre. Altra volta, sotto la suggestione dell’antitesi austroprussiana, ha scritto: « L ’Inghilterra e questa potenza [A u stria] son fatte per essere insieme; e quando lo sono state, se ne sono ritrovati bene gli interessi di ambedue, ed hanno tenuto in suggezione tutta l ’Europa. Sia pur sicura V. E . che l’Inghilterra non ha mai abbandonato questa massima e questa verità: ma se à do­ vuto agire qualche volta diversamente, è stata la causa in questa monarchia che l ’ha obbligata a prendere altro partito » (Vienna, 2 aprile ’90, in cit. f. 69).

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III.

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espressioni di un Calzabigi, il poeta toscano che proprio dalla capitale del Mezzogiorno si rivolgeva ai napoletani: « N o, non esiste un regno di Napoli; voi non formate nazione; il regno di Napoli è parte dell’Italia, la quale, se riunita fosse, sarebbe la monarchia italiana » . 15 Sì, parole di poeta; ma parecchi intanto, e grandi e piccoli, in letteratura e in politica, cominciavano a pensare così. E , nell’impostazione di una politica napo­ letana, il suo ministro degli esteri, venuto « in questa bella parte di Europa » da sì lontano paese, era, abbiamo altra volta visto 16 e meglio vedremo, più vicino a queste idee che non alle sue. E , lungi dal suo sguardo velato da interessi in fatale declino, le alleanze dinastiche cede­ vano a legami di altra natura nella svolta grandiosa che la rivoluzione imponeva all’intero continente, come era già dell’interpretazione che la Costituente si mostrava propensa a dare del Patto di famiglia: un patto latino e mediterraneo al posto dell’unione borbonica in vigore dai tempi di Luigi X V .17 Di un problema italiano dominato da un angolo visuale nettamente opposto si faceva intanto interprete il rappresentante del regno sardo a Vienna marchese di Breme. In seguito l ’antitesi tra gli ambasciatori delle due corone italiane si farà, nella coalizione che avrebbe dovuto affiancare i maggiori stati della Penisola, più stridente, e si concluderà con la vit­ toria del diplomatico napoletano che forse contribuirà alla rimozione del riv ale.18 Per il momento questi invia, l’i l marzo 1790, alla sua corte una lunga memoria, intessuta di sospetti, fondati e infondati, sulle possibilità aperte alla monarchia asburgica dalla successione di un uomo dalla vo­ lontà e dai metodi sicuri quale Leopoldo, non impigliato, come il fratello, in un conflitto non provocato da lui, la guerra d ’Oriente, che avrebbe potuto chiudere perciò anche con una pace di compromesso senza rimet­ terci prestigio, capace di portare altrove, e cioè in Italia, lo sforzo d ’af­ fermazione austriaca, capace altresì di sfruttare al massimo l’alleanza na­ poletana rafforzata da un nuovo vincolo di sangue. In tali condizioni 15 G . L a z z e r i , L a vita e l ’opera letteraria di Ranieri Calzabigi, Città di Ca­ stello, Lapi, 1907, p. 32. 16 [q ui V I ] 17 Cfr. in proposito A. S o r e l , L a diplomatie française et l’Espagne de 1792 à 1796, in Revue historique, X I, 1879, pp. 303-4; Id., L ’Europe et la Révolution française, I I , Paris, Plon-Nourrit, 18892, p. 94. 18 Cfr. N uzzo, A ustria e governi d 'Italia nel 1794, Roma, Vittoriano, 1940, pp. X V II-X V III (dove sono additate le fonti piemontesi in proposito).

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un’auspicabile unione di forze italiane era destinata a fallire; e mentre la Francia dileguava all’orizzonte internazionale con le sue angustie interne, altra via non si presentava a Torino — e si sarebbe stati ancora per poco in tempo a batterla — se non rafforzare l’alleanza con M adrid e con Londra, interessate a contenere l’Austria nella P en isola.19 Al centro di tanta inquietudine si ponevano i matrimoni austro19 L a memoria del marchese di Breme è in A .S.T ., Negoziai. Vienna, m. 11 d ’addiz.. È ignorata da N . B ia n c h i , Storia della Monarchia piemontese dal 1773 al 1861, I-II, Torino, Bocca, 1877-78, e brevemente sunteggiata da D . C a r u t t i , Storia della corte di Savoia durante la Rivoluzione e l'Im pero francese, I, Torino, Roux, 1892, pp. 89-91. Fu invece pubblicata, ma con molti e gravi errori di trascrizione, da L u ig ia D e S a n c t i s , Federico M anfredini e la sua politica, Roma, Ediz. della « Roma Letteraria », 1909, in Appendice, divisa in due parti, tra i docc. I I (pp. II-V ) e V i l i (pp. XX-XXV). L ’A ., che la trasse da copia esistente a Roma, nell ’Archivio Storico del M inistero degli A ffari Esteri, Legazione Sarda a Vienna, non si accorse che si trattava di due pezzi di un unico memoire, e stranamente, nonostante l ’indicaz. del fondo archivistico, non riuscì a rintracciare l ’autore di esso (cfr. pp. 20-21). L a visione del di Breme, non priva invero di buone nozioni della situazione italiana, è fortemente accorata: « Ce prince [Leop. I I ] doit vouloir se répresenter sans cesse que le très foible état de Parme et la Légation de Boulogne (on sait que cette dernière n ’est déjà que trop disposée en faveur de la domination autrichienne) seront bientôt les seuls pays étrangers à son domaine q u ’un prince de la maison de Autriche rencontrera sur son chemin depuis les G risons jusqu’au sommet de Radicofani au centre de l’Italie. D ès lors combien de projets, de plans, de moyens de toute espèce ne cherchera-t-il pas d ’employer pour arrondir de si beaux états!... Joseph I I en mourant a rendu à la Monarchie autrichienne le plus grand des services possibles: son frère corrigé par son exemple, et paré de quelques bonnes institutions, q u ’il a sçu faire durant son règne, a pur lui toutes le ressources, qui manquoient à son prédécesseur... ». Nella corrispondenza col re aggiungeva a chiarimento, il 29 dello stesso marzo: « l ’Empereur... a été remplacé par un prince qui a du crédit personnel, qui est en corrélation avec toutes les maisons de Livourne, et par consé­ quent avec toutes les places commerçantes de l’Europe... Il sait ce que son frère ignoroit complètement, c’est à dire de quelle façon on négocie l’argent, comment on se le procure ». A .S.T ., Lett. Min., m. 107. D i tale stato d ’animo risentono naturalmente le « N uove istruzioni » date il 30 aprile 1790 al conte di Castellalfero, che tornava a N apoli dopo una lunga assenza di un anno e mezzo (A .S.T., Negoziaz. Napoli, m. 2). Notevole però in esse che non fossero del tutto spente le speranze di un ravvivarsi, nell’interesse generale ita­ liano, dell’intesa ispano-napoletana: l’ambasciatore dovrà chiarire « s ’il règne toujours la même froideur entre les cours de M adrid et de N aples, ou si leur ancienne bonne union se trouve rétablie au point de faire croire que ces deux puissances ne sépa­ reront point leurs intérêts dans le cas que la tranquillité de l’Italie vint à être menacée ».

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napoletani, per cui fervevano in quei giorni le trattative; ed è venuto il momento anche per noi di dedicare ad essi un po’ di attenzione.

Fu detto che quelle unioni un p o’ portassero in sé il tossico dei primi disegni di reazione, nello sgomento che la rivoluzione diffondeva tra le teste coronate.20 E chi ripensi la tristezza cupa in cui entrò la storia di casa d ’Austria con Francesco I I , cui era riserbata tra quei giovani sposi la corona più alta, tristezza che accompagnò il suo regno sino al tramonto segnato dello Spielberg e della reazione trionfante, troverà forse agevole e convincente tale interpretazione. I matrimoni austro-borbonici portati a conclusione il 1790 erano invece già entrati nel mezzo degli orienta­ menti politici napoletani per tutt’altri impulsi; e, quell’estate luminosa partenopea, il destino sembrava sorridere meglio di quanto non le avreb­ bero poi consentito i diciassette anni di travagliata vita austriaca alla pri­ mogenita infanta, che, tra lagrime e benedizioni di p o p o lo ,21 lasciava la reggia calda di sole e d ’affetto di Santa Lucia per le fastose residenze imperiali, tra cui la quiete piena di fascino del « bello e caro » Laxenburg 22 le sarà oasi di pace tanto più ricercata, quanto più intorno ferverà la mortale lotta. La sorte di una principessa (e, nel caso, d ’una principessa napole­ tana con alcune prospettive di successione perfino) non poteva non essere imposta dalla politica. Intorno al capo di una fanciulla che rare volte toccava i venti anni ferveva la lotta di interessi, di diplomatiche astuzie, di destreggiamenti, di compromessi, di previsioni vicine e lontane. Sicu­ ramente questa volta non si era attesa la rivoluzione di Francia, con i suoi contraccolpi formidabili, per decidere il destino matrimoniale dei figli di Maria Carolina. « On ne dependra jamais servilement de l ’Espagne, qui n’agit point despotiquement avec cette cour; mais étant fils, on ne peut traiter ni arranger définitivement des mariages sans en participer quelques notions 20 Per tutti S c h i p a , A lbori di Risorgimento nel Mezzogiorno d ’Italia, Napoli, Miccoli, 1938, pp. 80-81; S i m i o n i , Le origini, I, pp. 366-70. 21 V. F l o r io , Memorie storiche, ossiano annali napolitani dal 1759 in avanti, in Arch. Stor. Nap., XX XI, 1906, p. 101; L. C o n f o r t i , N apoli dal 1789 al 1796, Napoli, Anfossi, 1887, p. 56. 22 N uzzo, Lettere di un’imperatrice di Germania a un diplomatico napoletano, in Scritti storici per nozze Cortese-De Cicco, Napoli, Ricciardi, 1931.

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au père, et cela au titre de parente et d ’une convenance dûe et raisonnable. Ma Thérèse comme Louise sont encore trop enfans...; il y a plusieures recherches, mais... la mère qui aime beaucoup ses enfants n’ira qu’à chose fait et embrassera la meilleure; ... enfin dans tous les cas le parti dont il s ’agit étant ici très agréable, il y a une seconde P[rincesse] presque aussi grande que l ’aînée; ... en vérité il faudrait bien savoir les conditions préalablement, avant que de me trouver lié et d ’envoyer aussi loin sans avoir bien tout pesé une fille du mérite et de la conséquence de Thés 23 rese ». " Non a caso, vedremo, questo foglio volante, privo di ogni altra in­ dicazione, con titolo e correzioni di mano dell’Acton, fu inserito nel fascio dove fin dall’epoca borbonica vennero raccolti i documenti concernenti il viaggio in Italia del 1785. Viaggio che per certi rispetti si presterebbe a simboleggiare l ’orientamento napoletano dell’epoca: il sano, schietto moto riformatore in cerca dovunque di suggerimenti, congiunto al rilievo che un problema italiano andava acquistando nella coscienza delle nuove sfere governative. E qualcosa già vedemmo in proposito.24 D a altra fonte abbiamo la certezza che la trattativa cui qui si allude era per un matrimonio sassone. La grande politica europea copriva le distanze: l ’importanza assunta da Dresda nell’antitesi Berlino-Vienna avrebbe portato molto vicino a quell’elettore un’arciduchessa austriaca, la primogenita del granduca di Toscana, destinata a sposare il cadetto

23 A.S.N ., E st., f. 4077: Copie d ’une nota qui m ’a été remise ce 27 janvier 1786. 24 [qui pp. 57-66]. N ulla di essenziale coglie al riguardo il recente ampio lavoro di E . C. C o r ti, Ich, eine Tochter M aria Theresias. Ein Lebensbild der Königin Marie Karoline von Neapel, München, ßruckmann, 1950, p. 126 sgg., che ha alla base una ricca documentazione di inediti (soprattutto degli archivi di Vienna e dello inesplorato archivio privato borbonico in M onaco), oltre, si intende, al pieno do­ minio di una non indifferente bibliografia (dell’intera opera storiografica del Corti v. l ’affettuosa rievocazione che ne fa F. V a ls e c c h i in N uova Antologia, febbr. 1954, pp. 254-79). N obiltà di intenti, congiunta a probità di ricercatore, ha certo animato la lunga ricostruzione (pp. 717, più altre 100 quasi di documenti); ma il lavoro, che, inquadrandosi in più vasto piano, non è un tentativo di riabilita 2Ìone soltanto, ripresenta i limiti di un H elfert, sia pure di un H elfert accessibile ai gusti dei lettori di metà Novecento. Il giudizio sul G allo a p. 138 ha pretese di sintesi, ma non esce dal convenzionale. Ancora a proposito del viaggio in Italia eccessiva, all’op­ posto, e unilaterale ci sembra la valutazione che ne fa adesso G . C a s t e l la n o , N a­ poli e Francia alla vigilia della guerra del 1798 in una relaz. del marchese di G allo a Ferd. IV , in Archivi, 1953, pp. 238-39.

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Antonio da poco vedovo di una principessa sabauda. D all’intreccio di tali interessi sembrò che potesse uscire anche un parentado tra il Borbone di Napoli e la famiglia dell’elettore. Non se ne fece poi nulla; e forse all’in­ successo non fu estranea l ’altezzosa indifferenza dell’imperatore, traspa­ rente dalla mala grazia con cui questi parla dei vagheggiamenti della re­ gina di Napoli in prop o sito.25 L ’asprezza di Giuseppe II ogni qualvolta gli capitava di accennare ai disegni materni di Maria Carolina si spiega. Erano anni che la sorella pensava a cementare ancor più i vincoli tra le due famiglie, con l’unire in matrimonio la sua primogenita a un figlio del granduca; e, una volta sfumata la possibilità di offrirla all’arciduca primogenito Francesco, che le esigenze dell’alleanza russa destinavano invece a sposare la giovane principessa Elisabetta della famiglia Wiirtemberg-Monpelgard imparentata con la corte della zarin a,26 non aveva deposto l’idea di maritarla al se­ condogenito Ferdinando. Ne aveva parlato a Napoli nell’ ’84 con lo stesso Giuseppe; ancor più durante il viaggio in Italia con L eop oldo.27 Ma qui si urtava in una difficoltà insormontabile per il momento. Avrebbe Ferdinando ereditato dal padre la Toscana (il primogenito era già in fondo considerato arciduca ereditario della monarchia asburgica per la mancanza di discendenza diretta di Giuseppe II), costituita in secondogenitura sin dall’atto del matrimonio di Leopoldo con la spagnola Maria Luisa? È noto che l’indipendenza del granducato già mediceo, adesso lorenese, corse in quegli anni pericoli gravissimi. M olto per tempo, dopo la morte della madre, Giuseppe I I , mentre non deponeva, nella sua politica ambiziosa, l’idea dell’assorbimento della cattolica Baviera nell’ambito della monarchia austriaca in cambio di una rinunzia ai Paesi Bassi lontani e malfidi, aveva iniziato un’azione sistematica in vista di un analogo assor­ bimento, in Italia, del granducato, che, in possesso diretto di Vienna, avrebbe portato la bicipite aquila sulle sponde del Tirreno, quasi alle porte di Roma. Leopoldo, che il paese, oggetto finanche di un esperi­ mento costituzionale non portato a termine, aveva carissimo nella sua in­ 25 Per Napoli si trattava di un matrimonio tra la principessa primogenita M. Teresa e i principi Antonio o, più ancora, M assimiliano, fratelli dell’elettore Federico Augusto. Joseph I I u. Leop. v. Toscana, I I , pp. 5, 9, 12, 18, 20, 31, 32 (e cfr. il breve cenno di H e l f e r t , in nota a p. 93, e adesso di C o r t i , p. 139). 28 Joseph I I u. Leop. v. Toscana, I, p. 9 sgg.. 27 Ivi, I I , pp. 20, 24-25.

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dipendenza, non aveva potuto resistere apertamente: l’azione di G iu­ seppe II si spiegava con la violenza cui egli aveva abituato sudditi e stra­ nieri. A poco a poco tutte le posizioni cedevano: a Vienna, dove nel 1784 il geniale riformatore della Toscana si era recato per accompagnarvi il figlio primogenito sottrattogli in vista dell’educazione che questi avrebbe dovuto ricevervi in conformità dei compiti che l ’attendevano,28 veniva firmato l ’atto (già fissato a Pisa, nell’incontro che vi ebbero i due fratelli nel febbraio dello stesso anno) diretto a seppellire l’indipendenza toscana. Quella indipendenza che sostanzialmente era stata, dopo i decenni tristi, se pure purificatori, della reggenza lorenese, preludio alle riforme desti­ nate a segnare veramente l’inizio di una nuova era per il paese, rinno­ vellato poi ab imis nella struttura sociale, economica, amministrativa, po­ liticamente unito come mai dall’epoca della fondazione del granducato! Il vecchio ministro inglese Horace Mann, che tante cose aveva viste da Firenze, malinconicamente si preparava a vedere anche questa, che la T o­ scana diventasse non più che un’appendice dell’Austria, come Milano e Bruxelles. a 28 « Points de réflexion au sujet de l ’Archiduc François », ivi, I, pp. 344-55 (Anhang, V). 29 Joseph I I u. Leop. v. Toscana, I, pp. 215, 344, I I , pp. 5, 20, 24-25; A. B e e r , Leopold I I , Franz I I und Catharina. Jh re C orrespon den , Leipzig, Duncker u. Hum blot, 1874 (con appendice di lettere di Leop. alla sorella Cristina del giugno-luglio ’89), pp. 214-15, 218-19, donde si apprende dalla stessa parola di Leopoldo, come, dopo qualche tergiversazione, evidente nel carteggio tra i due fratelli, la dura finale imposizione della firma all’atto della riunione della Toscana alla monarchia avesse luogo a Vienna alla presenza dell’imperatore. Cfr. A. R eum o nt , Pietro Leop., G ius. I I e la Toscana, in Saggi di storia e di letteratura, Firenze, Barbera, 1880, pp. 40-93; R. C aggese , Firenze dalla decadenza di Roma al Risorg., I l i , Firenze, Bemporad, s. d., ma 1921, pp. 411-14, 524-26; A. W o l f e H . v. Z w ie d in e c k , L ’Austria ai tempi di M. Teresa, G iuseppe I I e Leopoldo I I , trad. it., Milano, Società E d. Lib., 1904, pp. 285-87, 292-94, 417, 422, 428, 430. E per il moto riformatore toscano v. adesso il recentissimo R. M ori , Le riforme leopoldine nel pensiero degli econo­ misti toscani del ’700, Firenze, Sansoni, 1951. Il singolare attaccamento dei fioren­ tini all’arciduca Ferdinando, che ai loro animi sospettosi appariva simbolo e garanzia di quell’indipendenza sempre in pericolo, è così documentato nella corrispondenza del nunzio pontificio (Firenze, 25 ottobre 1789): in seguito a un provvedimento disciplinare del granduca, il giovane principe ebbe a subire gli arresti: « Il popolo che pel Principe aveva una predilezione, non vedendolo, mormorò e minacciò. Fu quindi necessario che l’Arciduca si m ostrasse in pubblico facendo un giro per la città col primo Sott’ajo Spannocchi. D opo fu ricondotto in arresto... ». D e S a n c tis , Federico M anfredini cit., pp. X V III-X IX .

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II I .

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Inflessibile la pressione asburgica non risparmiava nulla davanti a sé. Da quel momento anche sugli altri figli della giovane famiglia grandu­ cale gravò senza sosta la minaccia che venissero svelti dal paese gentile dov’erano nati. « Guardare al trono, dimenticare i membri », aveva sug­ gerito al fratello granduca l ’imperatore sin dai primordi del governo di quello in Toscana. E adesso incalzava: « Je croirais que de s’expatrier conviendrait infiniment à tous vos fils, et que plus que vous tardez, plus ils acquerront d ’Italianisme,- qui n’est pas ce qui peut leur convenir pour leur bonheur ni utilité future... Ma maison et mes soins sont à votre di­ sposition; ... je serai prompt à les recevoir et à les former de mon mieux » ; « Quant à Ferdinand, ... si vous croyez à l’avantage de la réunion insépa­ rable de la Toscana avec la monarchie, alors il a peut-être plus besoin qu’aucun autre à être dépaysé ». Alle risolute parole del fratello, Leopoldo rispondeva con umili modi, perché almeno il secondogenito gli restasse accanto, adducendo motivi di salute e di cuore: il clima dolce, la tenerezza m aterna...30 Egli sapeva che da tutti i lati, nel perfezionarsi dei propositi e dei metodi imperiali, ve­ niva condotto l’attacco all’indipendenza toscana: se tempo innanzi era stato proposto al granduca di assumere anche per il suo stato il vessillo austriaco, adesso che l’imperatrice di Russia, cui bisogna aver dei riguardi, « s’est chaussé dans la tête » la creazione di una rappresentanza separata toscana a Pietroburgo, la si accontenterà pure, sì, ma elevando a tale ca­ rica il consigliere della legazione imperiale, « notre vieux Seddler [ recte Seddeler]..., et il ne faudra q u’ajouter quelque chose à ce q u’ il a déjà » . 31 Gli umili modi, i destreggiamenti paterni raggiunsero il fine: men­ tre Francesco cresceva sotto il vigile occhio dello zio, sotto l’ispirazione di « principes durs, et contraires surtout aux Pays-Bas, à cette nation et à tous projets de séparer la Toscane de la Monarchie » , 32 mentre alla sua biondissima sposa veniva, da ben sei anni prima delle nozze, data una educazione parimente austriaca, nessuno degli altri figli del granduca 30 Joseph I I u. Leop. v. Toscana, I I , pp. 44, 51-52, 57, 62. 31 Ivi, I, pp. 205-6, 288. A quale spossante sorveglianza e, soprattutto, a quale geloso isolamento G iuseppe I I sottoponesse la Toscana, potrebbero provare ancora le vicende del viaggio dei reali di N apoli nell’ ’85, quando al tono di noia e di di­ sappunto suscitato dalla notizia degli incontri fiorentini segue l’improvvisa decisione dell’imperatore di essere presente in Italia in tale occasione (ivi, pp. 268, 286). 32 Leop. a Cristina, 7 luglio ’89, in B e e r , Leop. I I cit., pp. 218-19. 33 W o lf-Z w iedin eck , p. 292. Le imperiali « Réflexions » in propos, in Joseph I I

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avrebbe preceduto a Vienna Leopoldo, giuntovi dopo la morte del fra­ tello, nonostante gli appelli di questo per vederlo negli estremi tempi di sua v ita .34 E anche l’indipendenza toscana, che un ultimo incontro avrebbe potuto maggiormente compromettere, fu salva. Quanto costasse al fervido animo del granduca quel tono non sap­ piamo: certo con la vivacità delle lettere di Giuseppe in questa epoca, con quelle sue frasi incisive, con quei giudizi taglienti, con certa arguzia schioppettante qua e là, fa contrasto, da parte del fratello, l’accentuarsi di certa subordinazione dimessa, il restringersi dello spirito di iniziativa, uno scolorirsi, a volte, delle cose che più gli sono vicine, mentre i rag­ guagli delle cose lontane escono dalla sua penna nitidi e precisi. Egli è sempre d ’accordo col fratello maggiore: eseguirà i suoi ordini, non è pos­ sibile che possa nonché agire, pensare diversamente; è a sua disposizione, egli, la sua famiglia, le sue cose... Stranamente certe espressioni, certi commiati ci ricordano le lettere che poi scriverà a lui, asceso al fastigio del trono imperiale, la sorella Carolina, e che, vedemmo, non sono destiu. Leop. v. Toscana, I, pp. 328-32; il diverso parere di Leop. cautamente espresso al fratello a pp. 52 sgg., 57. 34 N essuno dei numerosi fratelli e sorelle fu al letto di morte di Giuseppe, assistito negli ultimi tempi soltanto dall’affetto filiale dei due giovani arciduchi (W o l f -Zw ie d in e c k , p. 4 17). « J ’ai pensé à vous comme à mes enfants », aveva detto a questi, fattili venire al suo letto di ammalato, un anno prima l’imp. (A .S.N ., Carte Gallo, 62, V , Vienna, 2 0 aprile ’89). Il G allo avrebbe poi, nella sua corrispondenza col re, dato particolari degli ultimi tempi di vita deU’imp., del suo attaccamento agli affari di stato sino al limite delle forze, della « filosofia », della « fermezza d ’animo », con cui, « mandato a preparare il luogo del suo sepolcro vicino a quello dell’Imperatrice sua madre » (l’umile tomba di G iuseppe I I nella cripta dei Cappuc­ cini), aveva atteso il passo estremo (ivi, 62, V I, 15 feb. ’9 0 ). L a giovane arciduchessa, incinta ed angosciata, l’avrebbe preceduto nel sepolcro; ma Leopoldo non avrebbe saputo conciliare i suoi impegni toscani, i riguardi dovuti alla sua salute con la sollecitudine impostagli dalla pressante invocazione del fratello (Joseph I I u. Leop. v. Toscana, I I , pp. 316-22; e cfr. R e u m o n t ), e a N apoli M aria Carolina avrebbe sbalordito i presenti col suo buonumore, in seguito ad un evento che spianava la via ai suoi sogni materni ( J . A. von H e l f e r t , Zeugenvehör über M. Karolina von Oesterreich, Königin von Neapel und Sicilien aus der Zeit vor der grossen franzö­ sischen Revolution, in Arch. für österr. Geschichte, L V I I I , 1879, pp. 102, 137 delPestr.; cfr. adesso C o r t i , pp. 167-68). « È veramente un gran pezzo che n on l’ho vista tanto contenta », scriveva candidamente Ferdinando al G allo il 4 m arzo, co­ municandogli la lettera del nuovo sovrano in cui la notizia della m orte dell’impe­ ratore veniva partecipata insieme con i propositi di più stretta unione che quegli vagheggiava unitamente alla regina di Napoli.

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nate a migliorare il nostro giudizio sulla regina di N ap o li.35 II trono im­ periale poneva sempre una grande distanza tra i membri più vicini della stessa famiglia, e non era piccola la differenza di temperamento, e di « stile » quindi, tra i due maggiori figli di Maria Teresa; ma la cappa scesa per lunghi anni a comprimere lo spirito di uno di essi non varrà, all’occhio dell’indagatore sereno, a segnare tra le due personalità una di­ stanza che qualche momento sembrerebbe grande e non e r a .36 Come un veleno, un’altra questione si aggiungeva a turbare ancor più i rapporti tra i fratelli, ad allontanarli definitivamente: l’elezione del re dei romani. La notizia dello storico di casa d ’Austria, il Coxe, pog­ giata su testimonianza inglese, riceve conferma da più di una parte: a un certo punto l ’idea di una candidatura alla prima tappa della elezione im­ periale nella persona dell’arciduca Francesco, che avrebbe così scavalcato il padre, si impadronì dell’animo dell’imperatore, giunto al tramonto di una esistenza ricca di iniziative come di amarezze. Lo stesso Leopoldo, nella corrispondenza col fratello Massimiliano, è a volte sotto l’angustia, sapientemente dissimulata, di quel dubbio, di quell’eventualità non priva al tutto di fondamento, e soltanto all’approssimarsi della morte di G iu­ seppe il suo dire si dispiegherà senza più ambagi in proposito. 77

35 [v. adesso qui V ], 36 Un « avertissement amicai », in realtà una seria rampogna, partì il 30 sett. '87 dall’imp. al fratello, accusato di assenza di dirittura e di lealtà circa certo dissenso, che questi avrebbe fatto trapelare, dalle direttive viennesi. « Que cela soit ou ne soit pas, vous sentez bien que cela ne dérange pas ma marche ». Leop. si giustificò; ma l’accusa di tiepida lealtà sgorgava da un animo che aveva riposto una tenerezza estrema in tutta la famiglia del fratello. Joseph I I u. Leop. v. Toscana, I I , pp. 124-37. Né certo il granduca sarebbe stato più capace dello slancio con cui, in un momento di grandi promesse, non più realizzate poi, per la monarchia austriaca, aveva scritto il 29 nov. ’83: « Ja m a is la Cour de Vienne n’a joué un rôle plus beau, plus digne, plus convenable et plus important dans les affaires de l’Europe que dans le moment present; vous en imposez à toutes les puissances par vos préparatifs, vous les tenez en suspens, vous seul empêchez une guerre générale, vous appuyez et secondez les vues de la Russie en allié fidèle et vous empêchez la destruction totale des Turcs et les empêchez de courir eux-mêmes à leur ruine... V ous tenez en sujétion le Roi de Prusse et la France... » Ivi, I, pp. 183-84. 37 W. C o x e , H istoire de la M aison d ’Autriche, trad. fr. V, Paris, 1810, p. 526, sulla scorta di un dispaccio (26 sett. ’89) di sir Robert Keith, diede per prim o que­ sta notizia, ripresa poi da A. Z o b i, Storia civile della Toscana dal 1737 al 1848, I I , Firenze, Molini, 1851, p. 506. M a già un anno prima del Keith, il 23 ott. 1788, il nunzio pontificio a Vienna card. Caprara parlava di tale idea come di una vecchia

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Adesso toccherà al K urfürst di Colonia, Massimiliano, guardare con senso di umiltà e di subordinazione al nuovo capo della monarchia austriaca: « Je ne deciderai pas la question que j ’ai souvent entendu faire à Vienne si l’Empire était avantageux de conserver ou non, c’est une spéculation de la trop hautepolitik pour moi; tout ce que j ’en sais c’est que l ’Allemagne fut utile à François I, inutile et même dangereux à Joseph II. Or il faudra chercher cette différence sans doute en la manière de régner des deux Empereurs » (Bonn, 1 marzo ’90). E da Vienna, l’avita capitale in cui è entrato da qualche settimana, Leopoldo gli riba­ dirà, in termini chiarissimi, una vecchia sua idea, affidata oramai alla sua volontà inflessibile: « Quant à l ’Empire... bien loin de mépriser la cou­ ronne Impériale, je la crois essentielle pour notre maison et pour l’avoir et pour que personne ne l’aie » (19 marzo). Circa un mese prima, il 26 febbraio, all’atto di caricarsi delle tre­ mende responsabilità della nuova posizione, ha scritto, in questo stesso carteggio: « Ce situation serait une situation à se désespérer et perdre tout courage, si je ne confiais sur le secours et protection de Dieu et l’aide de mes parents et amis ». Non cadon dubbi che il candidato alla corona imperiale alludesse in primo luogo proprio al suo affezionato cor­ rispondente della zona renana, il quale, alla testa della schiera degli elet­ tori germanici, gli andava spianando il cammino; ma non è improbabile che, nell’esame della situazione italiana, pensasse con calcolo fine ai reali congiunti di Napoli. Tra giugno e luglio dell’anno precedente aveva con­ fidato alla sorella Cristina, governatrice dei Paesi Bassi, il disegno, oramai vecchio, di quei sovrani di maritare la loro primogenita al suo Ferdi­ nando, cui veniva ad aggiungersi l ’altro di dare in isposa al principe ereaspirazione dell’imp., conscio però della « inconseguenza » della nomina alla su­ prema carica dell’impero di chi, come Francesco, non avesse « il comando della Monarchia », e deH’im possibilità di chiedere « con fermezza al fratello che se ne dimettesse in favore del fig lio » . D e S a n c t i s , Fed. Manfreditti cit., p. 1 (doc. 1). Del disegno è traccia anche nelle Memorie di un altro osservatore diretto, L . D a P o n t e (Bari, Laterza, 1918, p. 140), in procinto, allora, di lasciare Vienna e gli stati austriaci: « Cosi sperava [G iu sepp e] di dare l’ultima mano alle cose cominciate da lui. Leopoldo s ’oppose: aveane il diritto, e volle regnare... Io stavo nell’antica­ mera del mio moribondo signore... ». N é significato diverso sarebbe agevole dare alle parole (già riportate nella testimonianza del G allo) dell’imp. alla coppia arci­ ducale: « J ’ai pensé à vous comme à mes enfants ». E cfr. Leop. a G ius., 28 ott. ’87, in Joseph I I u. Leop. v. Toscana, I I , pp. 135-36. Il carteggio Leopoldo-M assimiliano in L ü d k e , D er K am pf zwischen Oesterreich u. Preussett cit.

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III.

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ditario, il dodicenne duca di Calabria Francesco, la coetanea arciduchessina Maria Clementina. « Tout dépendra de l’établissement de Ferdinand ». Per conto suo egli sperava, una volta sottrattosi alle impostegli decisioni circa l’avvenire della Toscana, decisioni, a suo avviso, contrarie ai trattati, che « le doublé mariage projetté » potesse effettuarsi: « J ’en serois enchanté... » . 38 Erano alcuni mesi, oramai, che l ’argomento veniva trattato larga­ mente, con risolutezza di propositi, nella corrispondenza, più del solito attiva, di Ferdinando IV col marchese di Gallo. In febbraio il re, acer­ bamente colpito, nel volgere di brevissimo tempo, nel suo affetto paterno dalla morte dei principini Gennaro e C arlo ,38 che per il momento lasciava alla vita del solo Francesco affidate le speranze di successione maschile al trono, presentiva « la mano di Teresa più ricercata di prima ». Non 38 In B e e r , loc. cit.; cfr. adesso in C o r t i , p. 163, Leop. a M. Carolina, 3 die. ’89. Più tardi, a cose fatte, a Vienna il G ailo potrà, con destro discorso, ottenere, dai nuovi sovrani un riconoscimento prezioso per la sua corte, e cioè che il « van­ taggio » della triplice unione prossim a ad effettuarsi fosse « reciproco, e... non... tutto... per noi (come si dice); né... avrebbero potuto [le L L . M M .] per Toscana far altro matrimonio e formare al G ran Duca altro appoggio e altra alleanza, perché appunto il G ran Ducato può aver bisogno di Napoli e d ’un appoggio sicuro in Italia, facile e vicino ». Cifra 17 maggio 1790, in A .S.N ., Casa Reale, voi. 81. 39 « Non so spiegarti il mio stato degno veramente di compassione, mentre quando ò bisogno di essere consolato, devo pensare a consolare quella povera di­ sgraziata di mia moglie che sta per perdere il cervello ». Caserta, 3 febbraio 1789, a Gallo, nelle Carte cit., 62, V. Anche la regina dirà all’ambasciatore (il 10 febbraio in Corresp.) dell’« immense douleur et le profond désespoir » per la perdita « d e deux fils chéris, mes plus chères espérances ». Esattam ente un anno dopo, nell’at­ tesa di una nuova creatura, gli avrebbe confidato: « Je désire vivement un flis pour réparer en partie les pertes cruelles faites l’année passée ». Il che smentisce catego­ ricamente le grottesche invenzioni giacobine, ispirate da un denigratore d ’eccezione (J. G o r a n i , Mémoires secrets et critiques des cours, des gouvernemens et des moeurs des principaux états de ¡.’Italie, I, Paris, Ruisson, 1793, pp. 258-67), le quali però purtroppo non mancarono di trovar credito, a volte, anche fuori di tali ambienti partigiani, circa il poco affetto nutrito per i figli maschi da M. Carolina, ansiosa di consegnare all’A ustria, attraverso la figlia, gli stati di cui era regina. L a cosa, tanto fuor del naturale, non avrebbe bisogno di smentite, che si potrebbero moltiplicare (si pensi alla tenerezza da lei concepita per il mediocrissimo secondogenito Leopoldo), se i documenti che sono alla base della nostra ricostruzione non confermassero, in linea generale, l ’accanita austrofilia della regina e, soprattutto, non ci dessero, in particolare, certezza che, come subito vedremo, allo statuito ordine di successione si cercò veramente di attentare da parte della corte. Quanto si potè cogliere nell’aria e fu poi fondamento alle voci calunniose.

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tardava a manifestare, ma in tutta segretezza, un’intenzione non scevra, purtroppo, di incognite: « come buon padre... assicurare in mancanza di maschi la successione alle femmine, rinnovando le antiche leggi del nostro Regno a prò di esse ». Perciò se, per la giovane principessa, « in ogni tempo certamente ci sarebbe piaciuta più di ogni altra situazione quella in Toscana, ma sempre con la sicurezza di essere al suo tempo grandu­ chessa e non governatrice », tanto più ora era auspicabile « maritar T e­ resa ad uno, che, nel caso, fosse in stato, da se medesimo e mediante l ’aiuto della sua famiglia, di sostenere i di lei diritti » . 40 Quanto signifi­ cava chiudere una questione toscana, per aprirne una, certamente più ardua, della successione napoletana, col naturalissimo esasperarsi della tenzone per la successione spagnola, che sembrava, allora, avviata a com­ porsi. Era altrettanto naturale che tali propositi, offrendo a casa d ’Austria prospettive allettanti sì, ma d ’una incertezza estrema, al posto dei piani di Giuseppe II preparati di lunga mano, nei quali soltanto l’H ofburg po­ teva vedere garanzia di prossima attuazione, non fossero destinati a tro­ vare accoglienza migliore di quella che si ebbero. Dal primo momento il Gallo « non vide lume di speranza » . 41 Non disarmò tuttavia; ma i suoi ripetuti colloqui col vicecancelliere conte Cobenzl o col più malleabile gran ciambellano conte di Rosenberg sa­ rebbero valsi soltanto a provocare la risposta secca che l ’imperatore diede a troncare sul nascere ogni negoziato.42 40 A .S.N ., Carte G allo cit., Caserta, 3 e 21 febbraio ’89. 41 Vienna, 5 marzo ’89 (ivi). 42 II materiale concernente le trattative in proposito nelle purtroppo distrutte Carte Gallo, 62, V e V I cit.. Notizie esteriori e « lettere di cancelleria » , relative alle nozze e al viaggio, che segui, dei sovrani a Vienna e in Germ ania e poi al viaggio di Puglia del ’97 (in occasione della venuta della principessa ereditaria nel regno), nonché il breve carteggio ufficiale del governo nella conclusione delle trat­ tative stesse, nei ff. 3930, 3931 e 3932 della serie Esteri in A .S.N . Anche i ff. 68 e 69 della stessa serie (Austria, Diversi, per i corrispondenti anni 1789-91) conten­ gono soltanto sporadiche allusioni all’affare, che impegnò per diverso tempo l’am­ basciatore napoletano a Vienna. Nulla assolutamente, all’infuori della burocratica comunicazione al G allo della sua nuova veste di inviato straordinario (Napoli, 21 aprile ’90), avresti potuto trovare nell’ancora scarnissima corrispondenza dell’Acton in Carte cit,, 22, 1. E vedremo il perché di tale povertà di docc. ufficiali. L a lunga lettera del 26 marzo ’89 deH’ambasciatore al re era invece accompagnata da un dif­ fusissim o (m a tutt’altro che confortante) « Ristretto della mia apertura al sig. Conte di Cobenzl ». Il G allo non si rassegnò, neppure allora, all’insuccesso, e ne aveva ben donde, per i motivi che adduceva: « ... l ’interesse di dar questa buona situazione

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L ’iniziativa napoletana cadeva senza lasciare dietro di sé una qual­ siasi eventualità di regolare « offizio », che sarebbe stato esposto a sicura « negativa ». Non occorreva nemmeno che all’ambasciatore giungessero conalla Principessa donna Teresa, e l’oggetto politico ancora di travagliare a separare la Toscana dalla monarchia austriaca, acciò questa non divenga preponderante in Italia, non devono far perdere di vista alle VV. M M ., al suo gabinetto ed a me... un affare che m erita tutto il zelo e l’attenzione e l ’assiduita: ... quello che si è fatto per l ’Arciduca Leopoldo e per l ’Infanta di Spagna può tornarsi a fare per l ’Arciduca Ferdinando e per la Principessa di N apoli » (cit. lett. 26 marzo). M a intanto tutte le sue argomentazioni si erano spuntate di fronte alla resistenza dell’irremovibile Cobenzl, per quanto egli non avesse avuto riluttanza a fargli notare come, « sup­ posto che la casa d ’Austria pervenisse un giorno a stabilire un suo principe nelle Sicilie, ... il calcolo dei vantaggi fosse m olto superiore a tutti i rischi, ai timori, alle possibili altre cessioni o sacrifici ». Ché anzi aveva sentito rispondersi « sul punto della riunione della Toscana... che nessuna potenza aveva dritto opporsi alla me­ desima, essendo la Toscana un vero patrimonio della Monarchia d ’Austria attuale », da cui potè staccarla soltanto la materna tenerezza di M. Teresa, alla quale fu sacrifi­ cato « l’interesse della Monarchia » ; laddove i propositi napoletani rischiavano di sovvertire « tutto il sistem a politico d ’Europa », spezzando « il sistem a d ille alleanze attuali ». Sicché la conclusione cui era giunto, senza diplomatiche perilrasi, il C o­ benzl non poteva essere più malinconica ed umiliante per l’am basciatore di Ferdi­ nando IV : « ... era da desiderarsi piuttosto per la tranquillità della Principessa donna Teresa, per la quiete della sua fam iglia e di questa e pel bene di tutta l ’Europa che le MM. L L . preferissero di sposarla al Principe ereditario di Parma ». Più arrende­ vole, anzi di tutt’altro parere, si era m ostrato quel Rosenberg-Orsini, cui risaliva in fondo la paternità della secondogenitura toscana, da lui, allora ambasciatore cesareo presso la corte cattolica, fissata nei patti matrimoniali tra Leopoldo d ’Austria e M . Luisa di Spagna del 2 dicembre 1762 (R eu m o n t, p. 48; C ag g e se , I I I , p. 411): « egli pensava che certamente l’Im peradore deve alfine decidersi a far eleggere il Re dei Romani, ed in conseguenza finire questa incertezza della fam iglia: deciso... ciò, viene a farsi certa la successione dell’arciduca Francesco alla M onarchia; l ’Imp. e la Casa d ’Austria non devono curarsi d ’una miseria come la Toscana per acquistare i dritti ed espettative... sui Regni delle Sicilie ». M a in realtà il Rosenberg rappre­ sentava un’eccezione nell’H ofburg; e il pensiero di chi soltanto poteva prendere una decisione in proposito, G iuseppe I I , si manifestò in termini definitivi nella risposta data al Cobenzl che, in data 18 marzo, aveva messo al corrente l ’imp. delle insi­ stenze del ministro napoletano: « je ne sais si on ne pourrait pas lui dire net qu’il n’en peut être question, vu que par un côté la Toscane sera réunie dans mon frère ou neveu à la Monarchie sans plus devenir seconde geniture, que du reste on ne marierait l’Arciduc Ferdinand que dans une dizaine d ’années, si l ’on voyait que l ’Arciduc François n ’aurait point d ’enfants; m ais s’il en a un, on ne le mariera pas du tout, voilà qui est clair et qui doit suffire à sa cour pour prendre d'autres enga­ gements ». Corresp. intimes de l’Emp. Joseph I I avec son ami le comte de Co­ benzl etc. (ed. S. B r u n n e r ) Mayence-Paris-Bruxelles, 1871, pp. 85-87.

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sigli di prudenza dal re, messo in guardia contro tanta cattiva disposizione: « continuando così [ l ’imperatore, già in grave stato ], non devi darti fretta di parlare sul noto assunto della secondogenitura di Toscana, per timore che, comprendendo egli che noi ce ne occupiamo tanto, colle sue ultime volontà non abbia a legare le mani al Granduca, il quale finora si mostra favorevole ai nostri disegni » . 43 Bisognava attendere cioè la morte dell’imperatore, per portare a com­ pimento i piani, non nuovi, delle due corti italiane: quando questa so­ praggiunse, si trattò non più di due, ma di tre matrimoni, avendo la re­ pentina fine dell’arciduchessa Elisabetta segnato alla primogenita napo­ letana un più fulgido destino, di futura imperatrice di Germania, anziché di granduchessa di Toscana, e non rinunziando Leopoldo a lasciare a Fi­ renze, accanto al giovanissimo sovrano che lì gli succedeva, una figlia di Maria Carolina, che fu la mite Maria L u isa .44

43 Portici, 31 marzo ’89. « Guadagnare il G ran Duca quanto sia possibile ugual­ mente che la G ran Duchessa, perché v ’è più da credere che quest’affare dipenderà da essi che da ogni altro », avrebbe a sua volta suggerito, nella risposta del 16 aprile, il G allo; come difatti era, se Ferdinando poteva trionfalmente concludere l ’8 giugno: « per parte del Granduca siamo sicuri, avendo chiaramente sentito che pren­ deva per il suo Ferdinando la nostra Teresa in quella maniera che noi desideriamo, dandoci una sua figlia per Francesco, ciocché con tutto il cuore da noi si accetta; ed in quest’occasione, avendo Florida Bianca [prim o m inistro spagnolo] fatta qual­ che proposizione a V asto per darci una delle loro infantine, io li ho risposto di contenersi in termini generali, ... attesa la tenera età di Francesco... ». V. del resto C o r t i , p. 164. 44 L a notizia della morte di G iuseppe I I non era ancora giunta a N apoli il 24 febbraio '90, quando il re scriveva da Caserta: « M ai più che ora desidero che si accomodino le cose per portare avanti l ’affare dei nostri scambievoli matrimoni..., ma mai più che ora lo vedo imbrogliato, facendosi il possibile dalla Spagna per frastornarlo, corrivi che non ci vogliamo prendere uno di quei scimiotti e che cer­ chiamo di unirci con la Casa di Austria, dalla quale ci vorrebbero assolutamente separati ». A distanza di pochi giorni, i] 4 marzo, dava libero sfogo alla sua gaiezza tutta partenopea: « consolati, amico mio e buon paesano, è fatta la bbotta » ; e si affrettava, il pigro e beffardo re, a trasportare nel suo italiano quas’intera una lettera del «d e g n o , leale e vero amico Leopoldo I I » : «S ia te ... ben persuaso che il mio « tenero attaccamento ed amicizia per voi sarà sempre lo stesso, che io terrò le mie « promesse, che io stabilirò in secondogenitura Ferdinando... sovrano in Toscana da « qui a tre mesi, che io li darò per moglie una delle vostre figlie (perché forse da « qui a qualche tempo ardirò farvi una proposizione per un ’altra delle vostre figlie « che non vi dispiacerà punto); io vi offrirò la mia figlia M aria per il vostro figlio... « Se D io m’aiuta, io farò finire la guerra, non ne farò mai a nessuno e manterrò la

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« Nessuna persuasione, né verun officio ministeriale » erano occorsi per realizzare l’ardente voto « da tanti anni » nutrito dai reali di S ic ilia ;45 né, sino all’ultimo, lo spettro della rivoluzione, che rumoreggiava lon­ tana, venne sostanzialmente a turbare quel colloquio tra sovrani che si chiudeva adesso in letizia. « La tropea che passa per sopra l’Europa ve­ ramente è un poco forte, veramente, e si è estesa un poco troppo verso l’Italia; buono è che le tropee caricano sempre verso i monti e lasciano intatte le marine... Fate voi star quieti il re di Prussia [alleato dei Tur­ ch i], gli Ungheresi, e chiunqu’altro può d istu rb a rv i» .46

« tranquillità dell’Europa. Persuaso di tutta la mia amicizia e attaccamento vero, la « vostra sincera unione puoi essere vantaggiosa a tutti due, assicurare la tranquillità « dell’Italia contro i progetti ambiziosi della Spagna e Re di Sardegna, giacché io « non ho e non avrò mai progetti di ambizione e ingrandimento veruno, ma solo « quello di mantenere la pace e quiete universale... » (cfr. in proposito C o r ti, p. 168). Un mese dopo partivano da Vienna, in lettere di quei sovrani, le conferme definitive. « Poco manca che non vada in pazzia per la consolazione; ... tutta la no­ stra cara Patria ne è al colmo della consolazione. Come buoni cittadini di essa, ... consoliamocene insieme per i vantaggi che ad essa ne risultano » (il re da Belvedere, 21 aprile). 46 G allo a Ferd. IV , Vienna, 6 aprile ’90. Quanto l’ambasciatore affermò in contrario nelle Memorie (p. 31 dell’estr., N apoli, Giannini, 1888) sulle « difficoltà » superate dai suoi « talenti », dalle « sue qualità personali », « avendo il marchese benanco negoziato la cessione... di tutta la Toscana e sue dipendenze in secondogenitura perpetua », è, alla luce della sua stessa testimonianza, un’esagerazione. « L ’atto formale e solenne della separazione della Toscana » era già pronto, se non firmato, come si disse al G allo, il 6 aprile, quando questi ne riferì al re; e scartata era ogni ipotesi di resistenza da parte dell’arciduca Francesco, il quale anzi, con molta spon­ taneità, « l ’atto con cui S. M. l’Im peradore aveva esatto la disposizione contraria... aveva voluto lacerare e bruciare di sua mano », nonostante certo vento di fronda nel ministero, non « tutto uniforme a tal segnazione » (ad Acton, li 7 aprile 1790, in cit. f. 3930). Su questo punto il merito dell’ambasciatore si restrinse all’inserzione dell’atto di cessione stesso nel trattato nuziale del novello granduca per una mera questione di prestigio (A .S.N ., Sala diplomatica, Contratto matrimoniale della Prin­ cipessa M aria Luigia, art. V II : « E x institutione secondogeniturae in M agno Hetruriae Ducatu a gloriosissimae memoriae Imperatore Francisco prim o facta et a R. Apostolica M aiestate praesentis matrimonii gratia solemni instrumento confirmata... »). Per i particolari della cessione del granducato a Ferd. I l i e dell’« istallazione del nuovo so v ran o », seguita nella primavera del ’91, cfr. Z o bi , I I , pp. 553-62, e « a p ­ pendice di docc. » allo stesso t. I I , pp. 213-42. 48 Ferd. IV a G allo, 13 luglio ’90. « M ai più tranquillo di ora io sono » sentiva il bisogno di aggiungere, « mediante tutti i contrassegni che mi dànno i miei cari e buoni paesani di pensare del tutto oppostamente a quella m aledetta razza che si

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Alla vigilia di allontanarsi dai sudditi per un lungo periodo, Ferdi­ nando IV , che così esprimeva la fiducia riposta in e s s i,47 rifletteva nell’animo le preoccupazioni dell’ambiente viennese: dall’oriente più che dall’occidente, nell’assalto concentrico alla spossata monarchia austriaca, si attendeva la minaccia alla pace europea.

E il problema della successione napoletana tanto incautamente aperto dal re? Trovò poi esso posto in queste trattative? La corte italiana maggiormente interessata allo sviluppo della si­ tuazione (« dont les suites peuvent devenir funestes à l ’équilibre de l’Italie » ) , 48 quella cioè di Torino, fu sottoposta per alcuni mesi a una specie di bombardamento di incessanti notizie dai due osservatorii di N a­ poli e di Vienna. D all’Austria il di Breme, quasi schiacciato dal peso di quelle unioni che si andavano moltiplicando sotto i suoi occhi, parlava oramai di « système formé de ne rien épargner pour se procurer le moyen de réunir un jour à cette Monarchie les Royaumes de Naples et de Sicile », di « crainte... de ne pas se l ’assurer par un seul mariage. Dans ce cas là — aggiungeva — nous ne tarderions pas à voir abolir à Naples la loi salique » . 49 Dalla capitale del mezzogiorno giungeva un particolare che semrenderà odiosa da per tutto peggio della giudaica ». E tuttavia erano disposte le m i­ sure perché a qualche eventuale « apostolo » venisse dato « il meritato premio della cattedra del m ercato». E ra perplessità più che sicurezza ( « s i vive nella più gran pace e tran q u illità»; ma « s i usa la massima vigilanza e c a u te la »: 20 luglio); ma soltanto allora, in occasione di un’assenza dei sovrani dal regno, che si prevedeva lunga, e che, vai la pena di notare, fu più lunga del previsto, la rivoluzione veniva a turbare, e vedremo non senza qualche artificiale motivo, la serena gioia che ave­ vano messa negli augusti animi le nuove unioni: « une affaire », commentava M. Carolina, non certo di « spirito profetico dotata », « qui marquera le commencement d ’une ère de bonheur pour le pays et pour moi » (Corresp., N aples, 25 jouin 1790). 41 Uguale fiducia da parte di M . Carolina in Corresp., I, pp. 15-16. Per la po­ polarità goduta a N apoli dalla coppia reale, cfr. il cenno, veramente un p o ’ super­ ficiale, di C o r t i , p. 172. 48 A .S.T., Lett. min., m. 107, Vienna, 6 maggio ’90. 49 Ivi, 17 giugno ’90. Inform ava, sulla testimonianza del G allo, che la moglie dell’ambasciatore di Spagna era « furieuse » del successo dei negoziati austro-napole­ tani. Precedentemente in varie riprese aveva riferito degli sfortunati sforzi del mar­ chese de Llano perché l’arciduca Francesco o almeno l ’arciduca Ferdinando avessero sposato una principessa parmense. D a ultimo, di fronte alla vittoria napoletana, era costretto ad augurarsi che questa fosse completa: meglio vedere sposa dell’arciduca

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brerebbe, ma non era, di osservatore malevolo: in consiglio di stato la regina avrebbe interrotto la lettura del trattato matrimoniale della figlia Teresa all’articolo della rinunzia ai diritti della principessa sui regni di Napoli e di Sicilia, asserendo la inutilità di esso « à tout égard ». Ma 1’« objection n’eut pas de réponse, et l’on continua la lecture » . 80 La regina, lasciandoci direttamente traccia delle sue perplessità in proposito, ci farebbe intravedere a quali insidie sarebbe stata esposta la legge di successione stabilita da Carlo di Borbone per la sua discendenza, se si fosse lasciato far tutto a lei; 51 ma, d ’altra parte, i documenti ci mo­ strano con molta evidenza come un vero pericolo di novità non affiorasse mai nella concreta azione degli organi di governo. Le impazienze di Maria Carolina restarono impazienze; e l’incauta offerta di Ferdinando IV , che Ferdinando la secondogenita del re delle Sicilie che non la primogenita del duca di Parma (6 maggio). Strana preferenza da parte di un diplomatico sardo, se non si pensi al timore della ben nota voracità austriaca, congiunta ad una costante fortuna quanto a successioni; poiché nessuno avrebbe potuto garantire che per tale via anche Parma, quella specie di isolotto borbonico in mezzo a domini controllati da Vienna, non finisse un giorno con l ’impinguare l ’eredità asburgica in Italia. N ella sua di­ chiarata ostilità all’esoso padrone di Lom bardia, già alcuni mesi prim a, nel cit. mé­ moire dell’l l marzo, l ’ambasciatore aveva additato il pericolo di un parentado austroparmense, accanto a quello paventatissimo austro-napoletano, « par la raison des droits que la cour de Vienne acquerrait sur les deux tiers de l ’Italie », e, ancor più, per un avvicinamento tra Vienna e M adrid tutt’altro che giovevole al Piemonte. 50 A .S.T ., Leti, min., m. 35, Castellalfer al re, 6 luglio ’90. Q uando, tempo prima, si era pensato di maritare la principessa al duca d ’A osta, la regina aveva trovato modo di far dire all’amb. sardo che « sa fille n ’avoit que trop toutes les apparences de devenir un jour la m aîtresse de ses Royaumes, attendu le peu de santé dont jouissoit le seul prince que la providence lui avoit laissé... Telle ayant été la manière de penser de la Reine, lorsqu’on parloit de marier l’infante à un prince qui n’étoit pas de sa famille, combien n ’a-t-on pas à plus forte raison lieu de se persuader q u ’elle ne négligera aucun des soins qui pourront la faire réussir à annuler totalement cet ordre de succession établi par Charles I I I et unir le sort de sa fille à celui de l’héritier de sa chère maison d ’Autriche...? » 51 A l G allo M . Carolina aveva (in Corresp., 25 jouin 1790) così fatto l’elogio della moderazione degli augusti congiunti di Vienna: « L ’article relatif à la renon­ ciation copié textuellement par l’Auguste Impératrice [M . L uisa di Borbone, prossima imperatrice] est une preuve de plus de leur franchise et de leur bon vouloir, comme de leur intention d ’assurer les droits et la tranquillité de tous. J ’etais déjà sur le point de m'en inquêter, dans la crainte que cela ne compromit la situation de mes filles et de leurs fam illes, mais on m ’a rassurée q u ’elles ne couraient aucun risque. Dans tous le cas, cette modération est admirable de la parte de mon frère, qui re­ çoit dans sa famille les deux soeurs aînées d ’un fils unique ».

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indubbiamente da quelle aveva tratto ispirazione, si arrestò dov’era nata, nel paterno animo del re, senza effetto. L ’articolo delle rinunzie della principessa Teresa fu quello che più diede da fare al povero Gallo; riempì di sé buona parte del carteggio tra l’ambasciatore e l’Acton 52 nel com­ piersi della « demarche », nell’enfatico dire della regina, « la plus glo­ rieuse, la plus avantageuse à notre pays » ; 53 per qualche momento mi­ nacciò di trasformarsi in un « articolo separato segretissimo », gravido veramente di incognite; ma finì per modellarsi sull’analogo articolo del contratto matrimoniale di Leopoldo e Maria Luisa di Spagna, contro cui, era evidente, nulla M adrid avrebbe potuto obiettare.54 Era, dopo tanto disputare, conclusione giusta, senza che sostanziali pericoli venissero a incombere per questa parte sull’agognata e sempre lontana quiete del re­ gno di Napoli. Comunque, come generalmente capita in questi c a si,55 il vespaio era mosso. E l’indubbio peggiorare dei rapporti con Madrid, giunti nella fine dell’ ’89 a un vero stato di esasperazione, fu conseguenza, per buona parte, non tanto della « realtà » dei matrimoni austro-napoletani, quanto 52 A .S.N ., E st., f. 3930 cit. 53 Corresp., loc. cit. 54 A .S.N ., Sala diplomatica, Contratto matrimoniale della Principessa M. Teresa, art. IV : « ... in praedicta Serenissimae Sponsae renunciatione minime ea jura continentur vel contineri posse ab Altis Contrahentibus intelliguntur, quae Illa in utriusque Siciliae Monarchiam, vel in H ispaniae Regnum eiusque accessiones succedendi babet, ac suo loco et tempore habere poterit... ». Unica esclusione a tale « ri­ serva » è fatta per gli eredi e successori che « professassero religione diversa dalla Cattolica Apostolica Romana ». Identico a questo è l’atto di rinuncia della più gio­ vane M. L uisa (Ivi, Contratto di M. Luigia cit.). « N el medesimo », aveva scritto, nel suggerirlo, il G allo al min. degli esteri l’i l giugno, « v ’è tutta quella riserva di ragioni che ci bisogna per assicurar in ogni caso i dritti delle principesse » ; mentre « il perfetto silenzio [nel contratto matrim., secondo la prima idea della corte di N apoli] sull’articolo più importante svelerebbe le intenzioni delle MM. L L . e pro­ durrebbe gli stessi sospetti e inquietudini che voglionsi evitare ». « Altro sistema » ci sarebbe ancora stato: « un articolo di rinuncia estesissim o da mettere in pubblico nel trattato, ed un altro articolo separato segretissimo, ... l’uno e l’altro... fatti con infinita ponderatezza ». 55 Ricorda, ad es., quanto l’ambigua rinuncia della primogenita di Vitt. Em a­ nuele I, M. Beatrice, all’atto del suo matrimonio con l ’arciduca Francesco di M o­ dena (1811), contribuisse a formare quell’atmosfera di sospetto, quello « s t a t o d ’ani­ mo », che non è difficile ritrovare alle origini del 1821 piemontese, con la congiunta suggestione di un’antiaustriaca missione carlalbertina. V ., per tutti, F. L e m m i, Carlo Felice, Torino, Paravia, 1931, pp. 123-36.

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di una « possibilità » intuita, il pericolo cioè che correvano i diritti spa­ gnoli di successione alle belle corone del mezzogiorno d ’Italia. Sembrava che in tal campo nulla più potesse arrestare la pettegola e rischiosa gara da alcuni anni apertasi, con errori grossolani di psicologia, tra le due co rti.56 « L ’Espagne a fait l ’impossible pour exciter à la révolte les Siciliens et les Napolitains; ... la Cour de Madrid et celle de Naples sont à couteau tiré »: era oramai facile ricamare, nelle cancellerie europee, su di uno stato effettivo di prolungato d isagio .57 La vecchia bandiera straniera era scesa dagli spalti napoletani senza neppure l’onore delle armi; la nuova si alzava, sotto un cielo grigio, tra una richiesta e una concessione sintoM Sin dall’epoca delle sue sfortunate fatiche viennesi, il G allo aveva avuto cura di avvertire, senza mezzi termini, il sovrano del rischio di « lasciar penetrare... le sue idee intorno alla successione della... corona » : « V. M. farà su questo argomento quello che giudicherà più opportuno, e lo farà nel modo e nel tempo che le pia­ cerà; ma, per amor del Cielo, non ne faccia penetrar l ’idea, perché, oltre all’essere pericoloso, è inutile all’oggetto suo... H o paura che già i Spagnoli, principalmente a Roma, siano entrati in questo sospetto ». E riferiva di un penoso colloquio con quell’ambasciatore de Llano, « strettamente legato e parente degli Azara, Casas, Monino e cose simili », nel quale il rappresentante di M adrid, fatto scivolare de­ stramente il discorso sulla salute del duca di Calabria, « domandò cosa sarebbe av­ venuto a N apoli, se questo principe fosse venuto a mancare ». Alle vane tergiver­ sazioni del napoletano sulla buona salute dell’erede al trono, sui molti figli che si attendevano da lui nonché ancora dalla ben nota fecondità di M. Carolina, sulle di­ sposizioni di Carlo I I I di gloriosa memoria, lo spagnolo aveva incalzato imperter­ rito: « E bene vedreste, se questo caso arrivasse, si vorrebbe in N apoli far succedere una figlia ed escludere i maschi di Spagna ». E il G allo di rimando, scherzoso: « Come volete mai che in Napoli si pensi a queste cose, mentre abbiamo maschi e ne avremo tanti altri da poterne mandare anche in Ispagna, se ce ne fosse bisogno? ». E adesso suggeriva: « V. M. pensi... piuttosto a dar degli indizii contrari a quello che pensa su di ciò, perché altrimenti rischierà d ’essere molto inquietato e d ’esser in mille modi prevenuto » (cit. Carte Gallo, Vienna, 16 aprile 1789). E rano preci­ samente i giorni in cui l ’imp. e il granduca vedevano cadere le speranze di un avvi­ cinamento tra i due sovrani di Spagna e di Napoli concepite nei primi mesi del re­ gno di Carlo IV (cfr. Joseph I I u. Leop. v. Toscana, I I , pp. 218-19, 2 2 1 , 234-35). Nella fine dell’ ’89 i rapporti tra i due stati precipitavano, come altrove vedemmo, paurosamente, e le disposizioni di Filippo V e di Carlo I I I in materia di succes­ sione passarono attraverso l ’incendio ruinoso di accuse, ripicchi, discolpe [cfr. qui II, PP- 128-31].

57 A.S.T., Lett. min., cit. m. 107, Vienna, 12 aprile ’9 0, cifra Breme, che ne riferiva su indiscrezioni del rappresentante inglese. Cagliostro sarebbe stato adope­ rato da M adrid a turbare la tranquillità interna del Mezzogiorno.

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matiche: la richiesta di Leopoldo alla sorella di navi e di armati per rista­ bilire l’ordine scosso in T oscan a,58 accanto all’accoglimento (« altra prova... della positiva parzialità » per Ferdinando IV ) di ufficiali napoletani « d ’ogni rango » quali volontari nelle armate imperiali, perché questi po­ tessero apprendere, scriveva compiaciuto il re, « come si deve, sotto così bravi mastri, il mestiere della guerra » . 59 Primo annunzio del prossimo periodo di riforme militari sotto guida austriaca, mentre il francese Salis si preparava a lasciare N ap o li.60 Altri tempi oramai; né più al fastoso viaggio di Germania, cui si preparava la corte, sarebbe seguito, come era stato nelle intenzioni dei sovrani alcuni anni prima, quello di Fran cia.61 E si era parlato, allora, molto di matrimoni fran cesi.62 Mentre il Gallo, 58 A .S.N ., E st., f. 3930, Vienna, 3 agosto ’90. N é le navi, né gli uomini sareb­ bero partiti però; e se ne rammaricava (in Corresp., 2 juillet 1790) M . Carolina, che metteva a disposizione della monarchia austriaca i tribunali e le isole delle Sicilie « pour juger les coupables et pour les garder ». M a, scriveva il G allo, « ormai ha [L e o p .] la pace [con la Prussia] e non ha bisogno delle nostre truppe e farà pas­ sare in Toscana un reggimento dei suoi, di quei della Lom bardia. M i par sinceris­ simo su ll’uno e sull’altro punto [navi e reggimenti richiesti] ». Cit. lett. 3 agosto. 39 A .S.N ., Carte G allo cit., G allo a Ferd. IV , Vienna, 6 maggio; Ferd. IV a G allo, Belvedere, 1 giugno ’90. 60 S i m i o n i , L'esercito napoletano dalla minorità di Ferd. IV alla repubblica del 1799, in «A rc h . Stor. N ap. », N .S., V I, 1920, p. 303. 61 « Le Roi [d i N ap .] m ’a fit espérer de venir l ’été prochain avec la Reine me voir et assister à un champ, pour ensuite se rendre à Paris au séjour de Fontainebleau. Cette idée m ’a surpris, mais elle fait plaisir, pourvu q u ’elle se réalise ». Cosi G iuseppe il 28 agosto 1786. Il 21 nov. confermava compiaciuto: « C e la viendra à point nommé pour mon retour de Cherson, et j ’aurai vu dans trois semaines de temps l’Impératrice de Russie et le Roi de N aples, qui sont pourtant assez loin l’un de l’autre ». Joseph I I u. Leop. v. Toscana, I I , pp. 35 e 44. N ella corrispondenza di Ferd. IV col G allo dell’ ’87 è espressa l ’idea di un viaggio in Francia. M a quello in Germ ania esercitava, già allora, maggiore attrazione sull’animo del sovrano (Carte Gallo, 62, II I). 62 L ’onore della conclusione dei « doppi matrimoni » sembrò allora che dovesse toccare al marchese di Somma Circello, da poco giunto a Parigi. L ì aveva trovato incoraggiante accoglienza il discorrere che egli fece dell’opportunità di « rinnovare di tanto in tanto que’ legami di parentela che rendono più stabili gli interessi delle famiglie », ché « diversamente facendosi, non rimaneva ad esse che il solo nome di comune ». L a ricca figliolanza del re di N apoli avrebbe offerto la possibilità non solo di « un cambio per i rispettivi principi ereditari », ma anche di « moltiplicare i legami nella stessa famiglia ». Non abbiamo rinvenuto gli « ordini più precisi e con­ creti » , che egli sollecitava dopo tale « proposizione... molto gustata dal governo francese ». O stava forse l’età dei principi francesi (il delfino, il duca di Normandia,

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febbrilmente preso nel vortice delle sfarzose cerimonie ufficiali, apriva le porte della sua ambasciata agli straordinari compiti che l ’attendevano,63 malinconicamente il Circello, prossimo a partire alla volta di Vienna per incontrarvi i reali, metteva al sicuro il suo archivio parigino spedendolo nel regno, all’indirizzo del fratello; e poi partiva con l ’austriaco amba­ sciatore conte de Mercy, inseguito da « una quantità di fogli ingiuriosi ed incendiari » . 64 La « vie bruyante » degli ospiti napoletani, che con una punta di malinconia durante la permanenza di quelli in Toscana Giuseppe II aveva avvertita cinque anni prima dalla sua solitudin e,65 si trasferiva a Vienna, « carrefour » oramai d ’Europa.

Così siamo giunti al punto in certa guisa centrale: la parte avuta dal ministro degli Esteri di Napoli in quegli eventi, destinati ad imprimere, nella complessità del momento, alla politica del regno un indirizzo nuovo. La tradizione storiografica è concorde, è superfluo ripeterlo, nell’addosil duca d ’Angoulème), molto più giovani, soprattutto i primi due, delle principesse napoletane. A .S.N ., E st., St. 21 4 , f. 32, Circello al re, maggio 1787, n. 2 ; Circello ad Acton, Parigi, 12 maggio ’8 7. Cfr. anche Joseph I I u. Leop. v. Toscana, I I , p. 153; H e l f e r t , Zeug., pp. 92-93, 131, e, adesso, C o r t i , p. 148. M a due anni dopo, alla vigilia della Bastiglia, ci imbattiamo, in questa stessa corrispondenza, nel sin­ golare suggerimento del Circello al re di Napoli di « dare a questo Sovrano [di Francia] una prova della sua cordiale amicizia e del sincero attaccamento per il capo della sua famiglia con fargli fare delle offerte in generale per tutto ciò che potrebbe essergli utile. Questo », chiariva, « non si ridurrebbe in sostanza che ad una mera dimostrazione, giacché se disgraziatamente si ridurranno qui nell’infelice caso che pur troppo è da temersi, qual’aiuto forestiere potrà mai bastare contro una popo­ lazione di 24 m ilioni? Servirebbe però per far conoscere le disposizioni dell’animo del Re... verso la sua famiglia, e per ogni tempo avvenire dovrebbe spirare senti­ menti di riconoscenza per parte di questa Corte » (ad Acton, Parigi, 2 6 giugno ’89). A tanto oramai era ridotta la solidarietà fra i due rami borbonici, mentre ancora, polemico argomento del G allo nelle conversazioni col Cobenzl (in già cit. Ristretto), le corti di Francia e di Spagna miravano alla mano della principessa primogenita si­ ciliana, « affinché il diritto di rappresentazione della m edesima non si trasportasse in altra famiglia » (e cfr. le preoccupazioni espresse in proposito da Leop. alla so­ rella Cristina in cit. B e e r , Leop. I I etc., p. 218). 63 Cit. M emorie del D uca di G allo, p. 234 sgg. 64 A.S.N ., E st., f. 4 2 1 , Circello ad Acton, Parigi, 4 agosto; Leprini allo stesso, Parigi, 30 agosto 1790. 65 Joseph I I u. Leop. v. Toscana, I , p. 284.

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sargli le maggiori responsabilità. Ma ascoltiamo i documenti, senza fretta. « Autrichien dans l’âme tant autant que sa protectrice », l’Acton, nel giudizio del rappresentante sardo a Napoli, che lo prevedeva complice nei propositi della regina di modificare la legge di successione.66 Ma quando, all’opposto, il 7 dicembre lo stesso ambasciatore scri­ verà che « l ’espèce d ’enthousiasme que ce ministre a eu autre fois pour l ’Empereur actuel a totalement disparu » , 67 giungerà in ritardo non di mesi, ma di anni. Ché se la scarsa mole e il tenore della corrispondenza ministeriale in questa occasione (nulla più che una fredda trasmissione di ordini nell’avviarsi alla conclusione della trattativa)68 non possono certo testimoniare una parte preponderante o per lo meno attiva avuta dall’uomo preposto alla segreteria degli Esteri in un affare trattato di­ rettamente dal sovrano, l’opposizione di lui al viaggio in Germania, chiaramente documentata, ci richiama alla mente le gravi perplessità che gli attraversarono l’animo cinque anni prima, di fronte a un eventuale allungarsi in Austria del viaggio in Italia dei reali.69

66 A .S.T., Lelt. min., 35, cit. lett. del Castellalfer a Vitt. Am. del 6 luglio. Altra volta, nelle pittoresche espressioni di Ferdinando IV , il freddo ministro degli Esteri prende un sensitivo volto napoletano, nell’apprendere la conclusione dei ma­ trimoni austriaci: « f u o r di sé per il contento, ... so che nel ricevere il... corriere piangendo esclamò: Almeno potrò dare una nuova che faccia piacere al mio buon padrone » (A .S.N ., Carte Gallo, cit. lett. del 21 aprile). 67 A .S.T., Lett. min., m. 36 [q u i p. 3 5 ], dove è documentato, ancora sulla base delle testimonianze piemontesi da N apoli e da Vienna, quanto il soggiorno austriaco dei sovrani fosse poi effettivam ente svantaggioso al ministro degli E steri napo­ letano. 68 A .S.N ., E st., cit., f. 3930. 69 Su questo ultimo punto [q ui pp. 68-69], e, per i sospetti dell’A. verso Leop. all’atto della successione di questo a G iuseppe [p . 34]. Anche adesso, per una seconda volta, sembrò che la coppia reale napoletana potesse essere sottratta al pericoloso in­ flusso diretto dell’ambiente viennese. L ’idea del viaggio fu difatti abbandonata nel giu­ gno, quando l’Acton riuscì a dissuadere i sovrani dall’allontanarsi dal regno in un pe­ riodo di gravi torbidi, che dalla Francia minacciavano di propagarsi in Europa. Così nacquero nell’animo del re i primi sospetti per l’interna quiete. Ma le manifestazioni di giubilo popolare in occasione della nascita del principe Leopoldo (2 luglio) furono tali, che ogni dubbio nell’animo di Ferdinando fu soffocato, e non fu possibile trattenere il sovrano nell’idea di rinunzia al viaggio, cui si era di mala voglia piegato. Cfr. carteggio Gallo-Acton, tra giugno e luglio ’90, in A .S.N ., Est., f. 3930 cit., e Ferd.-Gallo in Carte G allo cit., soprattutto N apoli, 6 luglio: « ... le dimostrazioni dateci dai nostri buoni napolitani in quest’occasione sono state tali da non poterci nemmeno per ombra

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Più che mai, adesso, era lecito chiedersi quali passi avrebbe fatto, a Vienna, la dedizione alPAsburgo della corona delle Sicilie, quando c’era ancora il rischio che la catena dei matrimoni si arricchisse di un nuovo anello, la vagheggiata unione dell’undicenne Cristina con l ’arciduca Carlo, il futuro emulo di N apoleone,70 e non era del tutto svanito il pericolo che riaffiorasse, a proposito delle rinunzie delle principesse, l ’insidioso argomento dell’articolo segreto.71 Ci spiegheremo anche il risentimento di Leopoldo I I, che non tardò a esplodere.72 far dubitare (come mai ne ò dubitato per quanto possano dire i scatenati demonii francesi) della loro fedeltà e vero attaccamento per noi... Furono le preghiere di Acton, il quale, poveruomo, per il gran zelo ed amor che à per noi non vorrebbe vederci lontani ». M a non erano del tutto sedati i timori nell’animo del G allo lon­ tano: ben conosceva la devozione dei sudditi, « ma, si chiedeva, chi può rispondere degli effetti della seduzione e della cabala? » (al re, 24 luglio); « non s’espongano [le LL . M M .] qualora non siano più che sicure... dell’interna tranquillità » (ad Acton, in pari data). E v. ancora la preziosa testimonianza deU’amb. sardo: « comme le chev. Acton croit que ce voyage dans les circonstances actuelles peut avoir des inconveniens, il est possibile que l ’on chance de projet » (22 giugno ’9 0 ; lo stesso conferma il 20 luglio). Il 27 luglio invece dà notizia che la decisione presa dal re di andare a Vienna « chagrine, et... à bien juste titre, Acton », che ha fatto di tutto per impedire il viaggio. Il 10 agosto aggiunge: « l ’envoyé d ’Angleterre, ancien ami du chev. Acton, lui ayant representé... tous les dangers aux quels ce voyage exposeroit ce pays, et en particulier sa petsonne, le ministre lui répondit avec le ton le plus assuré q u ’il devoit être persuadé q u ’il n’avoit rien omis pour faire renoncer à ce projet ». A .S.T., Leti, min., m. 35. L ’Acton era veramente animato da una pro­ fonda sfiducia verso le qualità politiche della regina (e verso la capacità del re di opporsi alla volontà dell’irrequietissima moglie), e guardò sempre con giustificato sospetto ai propositi di « e v a s io n e » di lei; e quasi come questo paventò un altro viaggio a Barcellona, poi svanito, in occasione dei matrimoni spagnoli (1 8 0 2 ), che avrebbe portato all’incontro di M. Carolina con la funesta sovrana di Spagna e con quel primo ministro G odoy; né potremmo dissentire dal giudizio ch’egli allora espresse « qu’il n ’y avoit rien de bon à attendre de ces trois mauvaises têtes ». Cfr. A u r i o l , La France, l’Angleterre et N aples de 1803 à 1806, Paris, Plon-Nourrit, I, 1904, p. 38. 70 « ... venendo qui le L L . MM. sarà un motivo di parlarne e vedere di com­ binar qualche idea lontana, che anche le L L . MM. [ d ’Ungheria] coltivano con molto piacere ». G allo ad Acton, Vienna 7 luglio ’90, A .S.N ., E st., f. 3930 cit., e passim nella corrisp. di questi mesi, ivi e Carte G allo cit.. 71 « ... je crois q u ’on pourra en parler quant vous serez ici » : Leop. a M. Caro­ lina, 10 juin 1790, in Carte Gallo, 7. E cfr. in C o r t i , p. 170, il singolare proposito espresso dalla regina, fin dal marzo di quell’anno, al fratello di fare a meno per l ’avvenire di ambasciatori, e quindi del governo, nel trattare gli affari politici. 72 L o espresse Leop. in lettera alla sorella. Cfr. G allo ad Acton, Vienna, 3 ago-

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A un matrimonio l’Acton di quei mesi sembrò bensì prendere inte­ resse: un’unione tutta diversa da quelle che poi si conclusero. Non più che un tentativo, ma un tentativo ricco di significato. Quando si trattò di stringere un vincolo con la corte di Torino, pur nella freddezza dello stile burocratico, in quell’insistere, in quell’aggrapparsi al tenue filo sino a quando questo non fu spezzato, emerge una parte, si profila un’idea. Si ripresenta, innegabile, l’idea dell’argine da opporre alla pressione austriaca, « la nécessité d ’une ligue italienne », l ’esigenza cioè di alleanze italiane. Forse la mano di una principessa napoletana sarebbe andata ve­ ramente « à un prince d ’Italie », se le corti di Torino e di Parma, cui il ministro guardò di preferenza,13 fossero state meno restie. Poiché se la regina di Napoli guardava alla casa donde era uscita, alla famiglia d ’ori­ gine guardava anche l ’infante di Parma, e i sovrani di Sardegna sospende­ vano o affievolivano un po’ i lunghi amori con la Francia per guardare anch’essi a V ienna.74 A guardare costantemente all’Italia il ministro na­ poletano, in quella ridda di piani matrimoniali, fu solo. E adesso che Fer­ dinando IV sta per iniziare col Gallo il carteggio destinato a concludersi con i dolci nodi austriaci, non sarà male che il marchese del Vasto, nel viaggio intrapreso alla volta di Madrid per complimentarvi i nuovi so­ v ran i,75 faccia una sosta a Parma, con un compito ben definito: spingere alla conclusione un affare che si trascina da anni, non senza l’interessa­ mento dell’ambasciatore di Fran cia.76 Reca proposte allettanti: don Luigi

sto ’90 (in E st., f. cit.), in risposta a « confidenziale » del min. degli Esteri. L ’idea del mancato viaggio « doveva mettere il re [L e o p .] di cattivo umore. E d io l ’ho sicuramente avvisato... acciò da lontano le ombre non avessero preso più corpo ». Ma « non ho veduto punto nel R e nessuna picca, nessuna personalità, nessuna voglia di incolpar nessuno... Se poi S. M. ha scritto alla Padrona con umore mi sorprende; e se in questo umore ci è un’indicazione personale, mi sorprende ancora di più, perché certo S. M . non l’ha a me m anifestato in alcun modo ». N on vorrebbe tut­ tavia che 1’« umore » di Leop., « preso con maggiore apparato, potesse alterare l’equilibrio dell’animo dei Padroni nel decidersi in cosa di tanta importanza ». 13 Un attento esame dei docc. dà ragione alla testimonianza di M. Carolina circa le idee dell’A. sulle unioni matrimoniali delle principesse napoletane, a cominciare dalla prim ogenita [vedila qui a p. 168], 74 Joseph I I u. Leop. v. Toscana, I, p. 188; cfr. C a r u t t i , I, p. 87. 75 S c h ip a , N el Regno, p . 178. 76 Joseph I I u. Leop. v. Toscana, I I , p. 154; P. I. R i n i e r i , D ella rovina di una monarchia. Relaz. storiche tra Pio V I e la Corte di Napoli, Torino, Unione Tip. E d., 1901, pp. 558, 567.

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(l’erede parmense, il futuro re d ’Etruria), una volta sposo di una princi­ pessa napoletana, sarà viceré di Sicilia. Sì, « lleno de afabilidad » il gio­ vane principe; ma in fondo al cuore del duca c’è Spagna, e Spagna sol­ tanto, sì che egli sarebbe al colmo della felicità se potesse vedere realiz­ zata l’unione del figlio con una di quelle infantine! 17 Ma l ’aspirazione a un vincolo con la corte di Torino ci porta su di un piano diverso. È un’idea anteriore a quella del matrimonio parmense, al quale ultimo spingevano altresì i migliorati rapporti con Versailles, e, una volta espressa, non si perderà nella molteplicità delle suggestioni po­ litiche: riapparirà a più riprese, e forse suggerirà da ultimo al vecchio Ferdinando degli anni della restaurazione, nel tentativo di allineamento antiaustriaco degli stati italiani, adulti e padri oramai i principi di una volta, il matrimonio, poi realizzatosi a distanza, tra il giovanissimo nipote e l’ancor più tenera Maria Cristina di S av o ia.78 L a stessa inclusione, il ’785, della capitale subalpina nel programma di viaggio in Italia dei so­ vrani di N ap o li79 non era stata senza rapporto con quei p ro p o siti.00

71 H . B é d a r id a , L es premiers Bourbons de Parme et Espagne, Paris, Champion, 1928, pp. 137-38. Apprendiamo dall’amb. spagnolo a Parma M atallana, che ne scri­ veva alla sua corte il 7 febbr. ’89, quanto poco quei « manejos » andassero a genio al duca. Viceversa la Spagna al termine dell’anno, insospettita a] m assimo circa le idee del re di N apoli sul cambiamento dell’ordine di successione, insisteva presso la corte partenopea per un matrimonio tra la primogenita di Ferd. IV e don Luigi. In proposito H e l f e r t , pp. 101, 136. 18 C fr . in proposito S . D e S i m o n e , II matrimonio di M. Cristina di Savoia con Ferd. I I di N apoli alla luce di nuovi documenti, in II Risorgimento Italiano, N .S., X V II, fa se . I-II, 1924, soprattutto p. 12 sgg. dell’estr.. I « nuovi docc. » integrano quelli del C r o c e a sostegno del suo bellissimo studio su M. Cristina di Savoia re­ gina delle due Sicilie, N apoli, Ricciardi, 1924, poi in Uomini e cose della vecchia Italia, I I , pp 266-306. V. ancora A . A m a n t e , Ai. Cristina di Savoia, Torino, Paravia, 1933, p. 33 sgg. (ma anche L e m m i , Carlo Felice cit., pp. 2 4 1 4 2 ); F. S a l a t a , I l ma­ trimonio della Principessa M. Cristina di Savoia nel diario di Carlo Alberto e in altri docc. inediti, in Studi in onore di Carlo Calisse, I I , Milano, G iuffrè, 1939; F. F e r r a r a , Tra i Borboni e i Savoia, Bolzano, Athesia, 1943; A . M o n t i , Un dramma­ tico decennio di Storia Piemontese, M ilano, H oepli, 1943, cap. V I: I l matrim. di M.. Cristina.

78 [V . qui, p. 69, come ne scriveva l ’Acton al re ], e, in Corresp., le entusia­ stiche espressioni di M . Carolina del 2 0 sett. ’85. Adesso C o r t i , p. 128. 80 N ell’« interesse della sua augusta e gloriosa famiglia » il G allo avrebbe poi riferito al re di voci che correvano circa un complicato piano di fidanzamento del duca d ’Aosta (dare al terzogenito, duca di Monferrato, E lisabetta di Francia, per

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S IC IL IE

Poi venne il tentativo più concreto e interessante. « P e r parte del Granduca siamo sicuri », aveva scritto al Gallo Ferdinando IV l’8 giugno ’89 a proposito del vagheggiato matrimonio della primogenita; e già il 5 agosto il Micheroux, da un pezzo a T o rin o ,81 era costretto a rispondere a sollecitazioni, che gli venivano da Napoli, perché informasse il ministro sulle voci ivi giunte circa il proposito di dar moglie al terzogenito di

« accontentare » questa potenza, al secondogenito un’altra principessa « più giovane e di migliore speranza di successione » : A .S.N ., Carte Gallo, 62, I I , Torino, 28 febbr. 1786), quanto sarebbe bastato per indurre la regina a fare delle proposte, che non ebbero alcuna fortuna, negli ambienti sabaudi gelosi e tradizionalisti, per il timore che la principessa napoletana non dovesse portare lì lo stesso « goût de vouloir se mêler des a ffa ire s» dell’intrigante madre (Joseph I I u. Leop. v. Toscana, II, p. 29). Diffidenza, occorre aggiungere, che accompagnerà costantemente, negli ambienti diplomatici europei, le principesse napoletane, se un ambasciatore della Francia del Consolato potrà scrivere molti anni dopo: « ... comptez bien qu'elle [la Antonietta, sposa del principe delle A sturie] sortira des mains de la Reine par­ faitement instruite de tout ce q u ’elle devra faire pour dominer un jour » (A urio l , I, p. 48). Le stesse fonti piemontesi poi diranno come a N apoli fosse avvertito il colpo e quanto corruccio serbassero, a distanza di anni, quei sovrani (cfr. cit. Me­ moriale Breme, in D e S a n t is , Fed. M anfredini, docc. V I I I , e A .S.T., Leti, min., m. 108, Francfort, 8 ott. 1790). Errati calcoli politici, con infondate speranze di accrescimenti territoriali, orientarono invece i Savoia verso un matrimonio austriaco; e il futuro Vittorio Emanuele I sposerà il 25 aprile ’89 M. Teresa d ’Austria-Este, destinata a portare neil’ambiente freddo e compassato di Torino, e poi nella triste reggia di Cagliari, il brio della sua sana e bella giovinezza. A. S eg re , Vitt. Em. I, Torino, Paravia, 1928, cap. I I e doc. I; sul fascino esercitato in corte dalla vivace arciduchessa, il cui spirito gli eventi avrebbero velato poi di un senso di accorata tristezza, cfr. ancora pp. 67, 93-94; i precedenti del matrim. in N . B ia nch i , Storia della Monarchia Piemontese cit., I, pp. 594-96; C a r u t t i , I, p. 87. 81 II cav. Antonio Micheroux, residente napoletano a Venezia, fu lontano dalla sede per oltre due anni, in seguito a un incidente che sarebbe stato poi composto nel maggio del ’90. D opo aver trascorso alcuni mesi a Modena, incaricato del reclu­ tamento dell’esercito napoletano in quel ducato, passò a Torino nel nov. 1788. Qui al principio dell’anno successivo tentò un riavvicinamento con la Serenissima attra­ verso frequenti colloqui con quel residente veneziano conte San Fermo, infruttuoso tentativo cui pose termine un ordine del ministero napoletano. N el marzo-aprile ’90 carteggiò con l’Acton sulla crisi europea ed italiana da quell’importante osservatorio. D all’estate precedente era stato incaricato dal successore del Caracciolo, recentemente scomparso, del tentativo di matrimonio sardo-napoletano di cui sopra. A.S.N ., Est.. voi. 2282 (corrisp. da marzo 1788 a luglio 1790). Completa la documentazione in proposito una metà del carteggio in cifra contenuto in un f. della stessa serie Est. (St. 214, f. 68), oltre a docc. sporadici che saranno di volta in volta indicati.

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III.

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Vittorio Amedeo I I I duca di M onferrato.82 Molto vaghe voci e infon­ date, come egli stesso avrebbe poi riferito,83 che non valsero tuttavia a distogliere per quasi un anno l’Acton dall’idea di inviare nella reggia di Torino una principessa del mezzogiorno d ’Italia, la secondogenita, a temperare gli effetti del matrimonio austriaco, che si preparava oramai con molta probabilità di successo per la prima. L ’offerta « di una vantaggiosa alleanza » si accompagnò a quella di non meno vantaggiose condizioni finanziarie (tra dote, ricco corredo, annuo assegno, non previsto, quest’ultimo, per le nozze austriache), « a solo fine di facilitarne la conclusione [del matrimonio] ». E alla dama che il Micheroux aveva trovata compiacente tramite tra il re e lui, era promessa, a ravvivarne lo zelo, un’annua pensione di 1200 ducati. Né sarebbero state dimenticate le fatiche del Micheroux stesso, cui « si apriva una occasione da impiegare tutti i suoi talenti e finezze per accrescere il suo merito » . 84 Condizioni tanto vantaggiose, quelle offerte, che, mentre resero « invaghito » il re di Sardegna, persuaso che non si sarebbe mai dato « un miglior partito per suo figlio », lasciarono incredulo il principe di Piemonte, ostilissimo a un nuovo matrimonio a distanza di meno di un anno da quello del d ’Aosta: « erano troppo belle per essere credibili », e forse non erano dissimili dai « mari e monti » fatti balenare al com­ missario sardo per il matrimonio austro-piemontese, ridottisi poi a tren­ tamila zecchini, sì gli sembrava lontana dal vero la possibilità che la corte di Napoli « fosse disposta a far tanto in favore d ’una sua principessa » . 85 L ’Acton non si arrese di fronte all’opposizione dei membri più ascol­ tati della famiglia reale di Sardegna, l’erede al trono e il ricco duca del Chiablese, fratello di Vittorio Amedeo I I I , né di fronte alle complicazioni politiche sopraggiunte nella primavera 1790 in seguito alla morte di G iu­ seppe II, minacciose alla stessa quiete d ’Italia, le quali inducevano, se­ condo giudicava il Micheroux, a rinunziare almeno per il momento all’opera degli intermediari prescelti, il conte Graneri e il cardinale arci­ vescovo di Torino, troppo legati a Sp agn a.86 Ancora nel giugno il Mi82 Maurizio, n. il 1762, m. precocemente ad Alghero il 1799. 83 Cit. St. 214, f. 68, Torino, 2 sett. ’89: « È vero soltanto che il Re di Sar­ degna disse un giorno: Spero di viver tanto da vedere i miei successori nei figli del duca d ’Aosta; altrimenti converrà dar moglie a M onferrato ». 84 A Micheroux, N apoli, 22 sett. ’89 (ivi). 85 Torino, 2 e 9 dicembre ’89 (ivi). 86 A.S.N ., E st., f. 947, Torino, 24 marzo ’90 (cifra Micheroux).

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cheroux rinviava con pretesti la sua partenza da Torino per Venezia, ove lo chiamava la ripristinata amicizia con la Serenissima. Tanto gli si con­ sigliava da N ap o li,87 quando oramai nessuna potenza al mondo avrebbe potuto allontanare i tre matrimoni austriaci. Soltanto P8 giugno il mini­ stro degli Esteri si decideva a confidargli che forse tra non molto avrebbe potuto confermare le notizie che da Napoli e da Vienna trapelavano pre­ potenti. 88 Di quei giorni, rotti gli argini, l’Acton aveva fatto all’amba­ sciatore sardo presso Ferdinando IV la storia particolareggiata ed esatta dei matrimoni austriaci.88 Quasi parrebbe, a guardare dall’esterno le cose, che, a un certo punto, re e ministro si fossero divisi i compiti, l’uno procedendo nella direzione lorenese, l ’altro in quella subalpina. Era piuttosto, nella duplice direzione, ognun sa, un contrasto fondamentale che il secolo vecchio si preparava a consegnare al nuovo. (1955) 87 Cfr., oltre al cit. voi. 2282, A .S.N ., Est., f. 2284, all’agente Rombenchi [a Venezia] e al cav. Micheroux, [N apoli], 11 maggio 1790. 88 A .S.N ., E st., voi. 2282 cit.. Seguì la conferma il 22 giugno, cui rispose il Micheroux il 5 luglio col suo ultimo dispaccio da Torino. 89 A .S.T., Lett. min., m. 35, C.astellalfer a V itt. Amed. I I I , 8 giugno ’90. « C ’est une affaire — ha tenuto a dire l’Acton — qui n’est traitée jusqu’ici que directement par lettre de souverain à autre ». L ’ambasciatore sardo esprimeva così la sua sorpresa sul singolare e diffuso resoconto fattogli: « Cette confidence, à la­ quelle j ’avois peu lieu de m ’attendre, me surprit à plusieurs égards; mais à celui surtout de voir qu’on ait donné à la court tant de publicité à une affaire, qui enfin n ’est pas encore définitivement conclue ».

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IV STA TO E C H IE SA LA V IS IT A A L P O N T E F IC E

« primo è di ottenere il tutto con dolcezza e maniera senza recedere niente niente dalla dovuta fermezza. Le circostanze del proprio regno e la vicinanza di uno stato confinante, il di cui vacillante governo sembra per ogni ragione di proba­ bilità prossimo a cadere dal numero delle potenze per ritor­ nare ad essere come nei primi e lunghi tempi della Chiesa, sede del Pontefice ed insieme stato dipendente dal proprio temporale sovrano, sembrano dover richiamare ad una seria considerazione ». G . A cton

È diffusa opinione che la sosta a Roma dei Sovrani di Napoli, reduci, nell’aprile 1791, dalla Germania, e le conferenze da essi avute col Pon­ tefice, conchiusesi con un affrettato e parziale componimento delle ver­ tenze tra le due corti, segnino un momento decisivo nel declinare del mo­ vimento riformatore borbonico. L ’incubo degli avvenimenti francesi avrebbe indotto le due parti, e soprattutto la monarchia, a deporre le armi, e da quell’accordo avrebbe tratto vigore nel Regno la reazione. In particolar modo avrebbe influito sul nuovo orientamento napoletano il diretto con­ tatto con l’agitato e sospettoso ambiente viennese, dove Ferdinando IV e Maria Carolina avevano trascorso alcuni mesi in occasione dei matri­ moni di due loro figlie con due arciduchi d ’Austria, matrimoni determi­ nati essi stessi dal bisogno dei principi di serrarsi nella lotta contro il di­ lagare della rivoluzione.1

1 C fr . A . S i m i o n i , Le origini del Risorgimento politico dell’Italia meridionale, I, M e s sin a , P r in c ip a to , 1925, p . 366 s g g ., e s o p r a tt u t t o p p . 370-73; L . C o n f o r t i , Napoli dal 1789 al 1796, N apoli, A n fo s s i, 1887, p p . 84-85; M . S c h ip a , I l Regno di Napoli sotto i Borboni, N apoli, P ie r r o , 1900, p . 39; A . B o n n e f o n s , Marie-Caroline Reine des Deux-Siciles, P a r is , P e r r in , 1905, pp. 44-45; G . L io y , L ’abolizione del­ l'omaggio della Chinea, in A r c h . S to r . N a p o li, V I I, pp. 725 s g g .; F. S c a d u t o , Stato e Chiesa nelle Due Sicilie dai Normanni ai giorni nostri, P a le r m o , A m e n ta , 1887, PP- 40-42 e 273-74; G . D e R u g g ie r o , Il pensiero politico meridionale nei secoli X V I I I e X I X , B a r i, L a t e r z a , 1922, p. 113. N ulla di n o te v o le in to r n o a g li in c o n tri ro m a n i è n e lle d u e o p e r e su P io V I : J . G e n d r y , Pie V I — S a vie — Son pontificai, Paris, Picard, s . d., m a 1905 ,ch e si fe r m a a p p e n a ( I I , p. 154) a lle e s t e r io r ità d e lla v is ita , e L . V on P a s t o r , Gescbichte der Pàpste seit dem Ausgang des M ittelalters,

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Ci proponiamo di mostrare in altro più ampio lavoro la vera genesi di quelle unioni, che rampollano da altri bisogni e si inseriscono in altri programmi; ma è, d ’altra parte, già noto come l ’attenzione dei gabinetti europei fosse attratta, ancora nel 1791, più che dalle cose di Francia, dai gravi problemi dell’Europa nordica e orientale. D a questi, negli ultimi tempi, la politica austriaca si era trovata stretta come da una morsa. Ora, nei riguardi di Roma, è indubbio che dal momento in cui Leopoldo II passò dal trono granducale di Toscana alle gravi responsa­ bilità di capo della monarchia austriaca (febbraio 1790) sino al suo breve ritorno a Firenze (aprile-maggio 1791), più d ’un mutamento si operò nell’animo del nuovo imperatore. La sua corrispondenza con la sorella Cristina porta tracce del costante sospetto verso monaci e preti, che egli accusava di sommuovergli le plebi rurali e cittadine, e verso la Corte pontificia, incolpata d ’intrigare contro la sua elezione in Ungheria e in Germania, ma anche della stanchezza della lotta contro tanti nemici. 2 È noto come egli si districasse dalle difficoltà del momento con una poli­ tica di accorgimenti e di conciliazione che meritò le lodi dei contempo­ ranei e dei posteri, e come anche nella lotta con Roma abbandonasse le posizioni estreme, sacrificando i consiglieri più intemperanti. Così nelle molteplici e spesso in apparenza contrastanti misure nel campo religioso partite da lui in quei mesi, nel linguaggio a volte suasivo, ma più spesso duro, adoperato con i rappresentanti di Roma, si riesce a trovare una linea, poiché dietro le concessioni accordate emerge lo spirito di tutti i suoi atti di governo: non oltrepassare i limiti del giusto e del necessario. Le disposizioni imperiali in materia ecclesiastica del 17 marzo 1791, che assicuravano la pace religiosa ai paesi ereditari senza intaccare le prero­ gative dello Stato, sono documento insigne di quell’equilibrio politico in cui s’incontravano il desiderio di emendare gli errori del governo giuseppino e l ’esigenza di rendere più facile il compito alla malsicura reg­ genza lasciata in Toscana. Poco entrava in quei calcoli e in quei provveX V I Bd.: Im Zeitalter des fürstlichen Absolutism us, I I I A bt., Pius V I, Freiburg im Breisgau, Herder, 1933, il quale ultimo, oltre a credere erroneamente che i So­ vrani toccassero due volte la capitale pontificia (p. 81), non fa in genere, per i rap­ porti Roma-Napoii (pp. 82-92), che ripetere le idee, non scevre di prevenzioni, del P. I. R i n i e r i , D ella rovina d ’una Monarchia - Relazioni storiche tra Pio V I e la Corte di Napoli, Torino, Unione T ip ., 1901. 2 A. W o l f , Leopold I I und Marie Christine, ihr Briefwechsel, Wien, G erold’s Sohn, 1867, soprattutto pp. 157, 161 sgg., 169.

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dimenti la Francia rivoluzionaria, al cui contagio, lo sappiamo con sicu­ rezza, l ’Imperatore si rifiutò ripetutamente di credere, e con la quale sino all’ultimo cercò di evitare un’aperta ro ttu ra.3 Parecchi dubbi invece restano intorno ai protagonisti della politica napoletana, per quanto generalmente si sappia che intorno a quest’epoca avvenisse il fatale distacco della corte dall’elemento progressista. A so­ stegno della tesi tradizionale di un improvviso sgomento e di una preci­ pitata reazione contro il nuovo pericolo, il Simioni non riesce a trovare per 1’ ’89, nelle carte di polizia, se non « monchi e saltuari » provvedi­ menti, ed è costretto a riconoscere che « nessun processo d ’opinione, nes­ suna inquisizione » ci fu per allora, e che due anni dopo le misure go­ vernative si limitarono alla proibizione di leggere nei luoghi pubblici le gazzette francesi.4 E ci presenta, in altra parte del suo lav o ro ,5 la M o­ narchia, ancora intenta nel 1792 allo smantellamento feudale, preparare 3 Per la politica generale di Leopoldo I I cfr. A. W o l f e H . Z w ied in ec k , L ’Austria ai tempi di M. Teresa, G iuseppe I I e Leopoldo I I , trad. it., Milano, Soc. Ed. Libraria, 1904, pp. 420-553; H . S y b e l , H istoire de l ’Europe pendant la Révo­ lution française, trad. fr., I , Paris, Baillière, 1869, pp. 276 sgg., 466, I I , 1870, p. 153 sgg.; A. S o rel , L ’Europe et la Révolution française, I I , Paris, Pion, Nourrit et C.ie, 1889, pp. 66-71, 147-64, 182, 221-30. U n’efficace sintesi in F . V a l se c c h i , L ’assolutism o illuminato in A ustria e in Lom bardia, I, I domini ereditari, Bologna, Zanichelli, 1931, pp. 141-53. In particolare per la politica ecclesiastica F. S caduto , Stato e Chiesa sotto Leopoldo I Granduca di Toscana, Firenze, Ademollo, 1885, soprattutto p. 63 sgg. e 379 sgg.; G . A. V en t u r i , L e controversie del Granduca Leopoldo I di Toscana e del vescovo Scipione de' Ricci con la Corte Romana, in Arch. Stor. It., S. V, t. V i l i (1891), p. 269 sgg.; A. Z o bi , Storia civile della T o­ scana, I I , Firenze, Molini, 1850, pp. 352, 536, 559; A. R eu m o n t , Geschichte Toscana's, I I , G otha, 1877, pp. 215-21 ; P astor , Pius V I cit., pp. 401-5. 4 O p. cit., pp. 342-43, 348-49 e 417. Sintomatica la meraviglia che manifestò il rappresentante sardo a N apoli in seguito alle misure di polizia prese dopo la sco­ perta della congiura giacobina del 1794 (su di essa M i c h e l e R o s s i , N uova luce ri­ sultante dai veri fatti avvenuti in N apoli pochi anni prim a del 1799, Firenze, Bar­ bera, 1890, con ricchezza di giudizi sulla Corte), e, ancor più, la spiegazione che si mostrò propenso a darne: « La jalousie et la haine ont, peut-être, employé ce moyen-ci pour dépopulariser... le général Acton, sur la justice du quel tout le monde s ’est reposé ju sq u ’ici, puisqu’on assurait que ce Sécretaire d ’E tât avec son intégrité ordinaire avait dit cent fois q u ’on pouvait être sûr qu’on n’emprisonnerait personne sans des preuves légales de sa méchanceté; les procédures illégales et les méprises du Régent et des subalternes en tout ceci ne me paraissent tendre q u ’à l’objet de persuader le peuple que ce M inistre commence à s’éloigner d ’aussi sages et d ’aussi équitables principes ». A .S.T., Lett. Min., Napoli, 38, N apoli, 29 aprile 1794. s pp. 209-12.

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largamente il terreno alla vittoria decisiva del 1806, contro le tenaci re­ sistenze di quel pagliettismo che si opponeva nello stesso tempo ad ogni avvicinamento alla Curia romana. Anche la corrispondenza diplomatica ci fornisce la prova del calmo sviluppo della politica estera, che non perde di vista altri suggestivi campi aperti alla propria attività, almeno sino a Varennes, che colpì doppia­ mente la Regina negli affetti familiari e negli interessi politici. Il grido d ’allarme, che, dopo la notizia dell’arresto della sorella e del cognato, ella lancia nella corrispondenza con l’Imperatore, tradisce più profonde preoccupazioni che non quelle da qualche anno suscitate dalla sorda pro­ paganda di torbidi elementi francesi in giro per l ’Europa: 6 « Eux [i so­ vrani di Francia] sont des êtres perdus, morts civilement, car si même leurs bourreaux les laissent vivre comme otages, ils ne seront jamais plus rien, et ma pauvre soeur est bien à plaindre, ... et elle me fait une pitié, que je donnerais de mon sang pour la délivrer... Mon cher mary répond à votre lettre ostensible: il n’est pas fort sensible à tout cela, ne com­ prenant point combien tout cela reflue sur tous les Princes et Gouverne­ ments; nonobstant il fera ce que vous proposerez, et notre règle sera ce que vous ordonnerez et ferez, tant chez nous qu’au déhors » . 7 E da quel momento il problema francese acquista nuovo rilievo nella corrispondenza dall’estero, ma neppure allora al punto da assorbire altre questioni ed altri interessi. Ciò crediamo di poter asserire anche a proposito delle contese con Roma, nelle quali, alla luce di nuove testimonianze dirette, non è forse difficile scorgere, al posto della brusca deviazione, una continuità in ge­ nere immune da imprevisti influssi esterni. D i tali affari, che si cercò ripetutamente e invano in quell’epoca di definire per mezzo di un concordato, fu già messo pienamente in luce il periodo del ministero Caracciolo (1786-89) in un lavoro che, oltre a fis­

6 Cfr. per queste la Correspondance inédite de M. Caroline... avec le Marquis de G allo (ed. M. H . W e i l e C . D i S o m m a C i r c e l l o ), Paris, Emile-Paul, 1911, I, pp. 15-16 (lettera del 26 luglio 1790). 7 M. Carolina a Leopoldo, 12 luglio 1791. La corrispondenza dei Reali di N a­ poli con Leopoldo I I Im peratore è a Vienna, nell’Haus-Archiv (Sammelbande, Fase. 90). Comprende un discreto numero di lettere della Regina dall’aprile 1791 al febbraio 1792, sulle quali è nostro proposito tornare. Poche e di scarso interesse le lettere di Ferdinando IV . D a essa, che ci risparmieremo di citare in seguito, ab­ biamo tratto i brani riportati nel presente lavoro [vedila adesso qui a pp. 280-300]. 210

IV .

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sare definitivamente la posizione del vecchio statista napoletano nei rap­ porti con Roma, gettava penetranti occhiate sugli uomini destinati a col­ laborare con lui, e in prima linea sull’Acton che doveva succedergli nella segreteria degli esteri in momenti più agitati e d ifficili.8 Sarebbe il caso, dopo che la pubblicazione della corrispondenza di­ retta a quest’ultimo da parte di personaggi fin’oggi ritenuti suoi avver­ sari e vittime ci lascia intravedere una comunanza d ’intenti e di sforzi al posto di un insanabile d issid io ,9 di sviluppare quei cenni sui rapporti tra i due uomini, e stabilire se, o fino a qual punto, si possa parlare di opposizione del ministro della guerra verso la politica del più anziano collega degli esteri, sinceramente favorevole a un accordo con Roma. Non è nostro proposito condurre a fondo tale indagine, ma non possiamo tra­ scurare un poco noto documento, atto a illuminare quei rapporti e la po­ steriore politica personale dell’Acton. La scarsa possibilità di scindere nell’attività politica del « generale » inglese fattori di natura diversa, quali le convinzioni personali, l’am­ bizione del potere e la difficoltà di conservarlo e di accrescerlo nell’am­ biente diffidente e pettegolo dominato dalla Regina, ha fatto di solito dileguare, davanti all’evidenza degli ultimi due elementi, il primo. Po­ tremmo invece giungere alla semplice constatazione che, se non fu libero il Caracciolo nella sua azione governativa, non lo fu nemmeno l’Acton, costretto spesso, almeno in quest’epoca, ad appagare una volontà supe­ riore, troppo disposta, a sua volta, a cedere all’influsso di lontani sug­ gerimenti. 10 Pure il suo pensiero, contenuto sovente dai ferrei limiti impostigli, 8 M. S c h i p a , Un ministro napoletano del secolo X V I II , N apoli, Pierro, 1897. AI «C o n c o rd a to » è dedicato il cap. V II, pp. 111-68. Dello stesso, in forma più sintetica, Un concordato fallito tra Ferdinando IV e Pio V I, in N uova Ant., I o maggio 1929, pp. 72-87. 9 E . P o n t i e r i , Lettere del M archese Caracciolo, Viceré di Sicilia, al Ministro Acton, in Arch. Stor. N ap. N .S., XV, X V I e X V III. In appendice, a pp. 279-96 dell’ultimo voi., lettere del viceré Caramanico allo stesso Acton. 10 È questa, in fondo, a proposito dei rapporti con Roma, l’opinione del L i o y , op. cit. in Arch. cit., p. 509. Secondo il Rinieri, invece, l ’Acton « non aveva idee, ne principii, né caratteri all’infuori di quanto gli dettava M aria Carolina nelle se­ grete stanze delle reggie napoletane di N apoli, di Caserta e di Portici ». Su di lui, obbediente ai cenni di Vienna e di Firenze, ricadrebbe la responsabilità del falli­ mento delle trattative per il concordato, avendo egli in queste sostenuto una doppia parte, dell’abolizione della Chinea, ecc.. Op. cit., passim ; il giudizio riportato a

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balza qua e là, non privo di vigore, dalle ingiallite carte d ’archivio. Chi, dopo lo Schipa, volle affrontare il problema dei rapporti tra Stato e Chiesa nelle Sicilie per un più ampio periodo, affermò, di su i documenti rinvenuti, che l’indirizzo della politica ecclesiastica dell’Acton non fu dif­ forme, negli anni del Caracciolo, da quello del primo m in istro.11 Dei do­ cumenti stessi iniziò, senza portarla a termine, la pubblicazione in volu­ metti di cui avanzano, sembra, scarsi esem plari,12 onde ci sarà consentito di indugiarci alquanto su alcune pagine uscite dalla penna del ministro della guerra e della marina e di ripubblicarne i punti più salienti* D a alcuni mesi era a Napoli monsignor Lorenzo Caleppi, inviato dalla Santa Sede a trattare il Concordato, e i consiglieri di stato Carac­ ciolo, Acton e de Marco avevano tenuto in proposito varie sedute, quando d i queste fu redatta, in data 13 novembre 1786, una relazione al Re. Ri­ luttante il de Marco, la maggioranza giudicava un « Trattato di accomo­ damento con Roma tanto necessario per motivi religiosi e politici, tanto desiderato da tutti i buoni e generalmente dall’intera nazione, consigliato dall’esempio dei più famosi principi cattolici di ogni età che hanno sem­ pre in tal modo terminate le controversie giurisdizionali con Roma », ol­ tre che dalla considerazione che « questo nostro [R egn o] attaccando nel continente collo stato pontificio, resta il medesimo la sola porta ad en­ trarvi e la barriera ad impedirne l’entrata. Perciò — si concludeva — sembra sana politica sostenere il Papa, tenerlo amico e pel bisogno che hanno i sudditi pontificii dei soccorsi del Regno ridurlo anche col mezzo dell’amicizia maggiormente soggetto e dipendente » . 13

p. 45. Che il ministro inglese non appoggiasse sempre lealmente il Caracciolo in quelle trattative per ambizione di governo fu sospetto fin da allora manifestato dall’am basciatore francese a N apoli Talleyrand a mons. Caleppi, che ne riferì al Card. Boncompagni il 14 novembre 1787: « ... quanto all’affar vostro, come mai potete persuadervi che il Generale voglia che il M archese Caracciolo termini un affare che gli farebbe tanto onore presso la nazione ed anche fuori? Il Generale pensa ad occupare la segreteria degli affari esteri, e finché non l’ottenga, farà di tutto per impedire ch’altri concluda frattanto gli affari ». Ivi, p. 563. 11 B. P e l u s o , Le elezioni ecclesiastiche nelle D ue Sicilie dai Normanni al Con­ cordato del 1818, N apoli, D e Angelis-Bellisario, 1898, p. 56. 12 Id ., D ocumenti inediti intorno alle relazioni fra lo Stalo e la Chiesa nelle D ue Sicilie dal 1734 al 1818, voi. I I , parte I, e voi. I I I , parte I, N apoli, D e AngelisBellisario, 1898. 13 S c h i f a , Un ministro cit., p. 117. L ’intero doc. in P e l u s o , Documenti inediti cit., voi. I l i , parte I (I progetti del concordato del 1818), pp. 39-47.

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Di pochi giorni posteriore (18 novembre) è il « Parere del Cava­ liere Acton sul Concordato da farsi colla Santa Sede » , 14 nel quale le idee espresse nella Relazione ricevono più netto rilievo e sviluppo. La tradizione normanno-sveva vi è non meno presente delle vittorie recenti dell’assolutismo moderno, l’inferiorità dello Stato di fronte alla Chiesa dalla dominazione angioina a quella austriaca vi è avvertita accanto alle particolari esigenze imposte da « una nazione religiosa ed attaccata più di molte altre a pregiudizii inveterati che non possono nel momento di­ struggersi ». Il criterio che bisognerà fissare sarà « di stipulare in questa negoziazione quegli articoli che, rimovendo in avvenire ogni luogo alle numerose questioni insorte, stabilissero solidamente per gli affari eccle­ siastici nel... Regno un sistema glorioso per Vostra Maestà, vantaggioso ai suoi popoli, e nel tempo stesso atto ad indurre il Papa ad acconsen­ tirvi; giacché trattandosi di accomodamento diventa necessario il pieno di lui concorso, altrimenti resterebbero nello stato di prima tali affari, vale a dire nella disunione; onde si conseguirebbe né quella quiete che desidera Vostra M aestà, né il riparo agl’inconvenienti citati... ». Quanto agli articoli da discutere è in primo luogo avvertita l ’urgenza di provvedere alle sedi vescovili restate, durante il conflitto con Roma, vacanti; causa per il momento di « grave danno ed inconvenienti », in seguito di più disastrose conseguenze, « con la decadenza totale della disciplina, col mal costume che tende a radicarsi profondamente e con gli abusi che s ’introducono tra gli ecclesiastici non solo, ma assai più tra i laici, privi tutti della direzione dei pastori apostolici e della instruzione dipendente dal sacro loro ministero ». Bisognerà riparare « senza ri­ tardo », « perché è necessario nelle Diocesi la presenza dei rispettivi pre­ lati come custodi e propagatori della religione, la quale, qualunque siasi, fu sempre creduta dai più savii legislatori di ogni tempo la sicurezza del sovrano e il freno dei popoli ». Ma è punto essenziale « che la nomina di tutte le chiese del Regno appartenga a Vostra Maestà come di pieno suo padronato per esercitare sopra di esse il diritto inerente alla corona e sovranità ». La nomina regia dei vescovi avrebbe difatti segnato una tappa no­ tevole nell’affermarsi dello Stato nell’Italia meridionale; ma nell’ascesa il Regno urtava contro altri scogli, forse più aspri delle resistenze della Curia, onde, trascendendo il campo delle pure controversie giurisdizio­ 14 P e l u s o , op. e voi. cit., pp. 48-63.

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nali, l’Acton affrontava problemi di indole più strettamente internazio­ nale ed interna che ci inducono a lasciargli più a lungo la parola. « ... Vengo ora a due oggetti li più essenziali di tutti perché li soli che mi sono parsi atti a consolidare il Trattato con Roma... Il primo è di ottenere il tutto con dolcezza e maniera senza però re­ cedere niente niente dalla dovuta fermezza. Le circostanze del proprio regno e la vicinanza di uno stato confinante, il di cui vacillante governo sembra per ogni ragione di probabilità prossimo a cadere dal numero delle potenze per ritornare ad essere come nei primi e lunghi tempi della Chiesa, sede del Pontefice ed insieme stato dipendente dal proprio tem­ porale sovrano, sembrano dover richiamare ad una seria considerazione il ministero di V. M. per presentarle il risultato di varie combinazioni sovra l’oggetto il più importante per la sicurezza di questi Regni. Finché continua Roma ad essere sul piede attuale forma il più felice e sicuro vicino per V. M., ma quanto sia per durare questo vantaggio è difficile di assicurarlo rispetto all’epoca di qualche rivoluzione in quello stato, ma non già di giudicare dall'imminente desiderio in molti e dalla palese in­ quietudine in altri che si meditino mutazioni relativamente a quella parte d ’Italia. Non esistono più i numerosi sovrani che la governavano all’eccezione di due Repubbliche... Tutti gli stati d ’Italia sono ricaduti nelle più po­ tenti case d ’Europa; le disposizioni che di recente vediamo adottate non solo per il Modenese e la Toscana accennano purtroppo che le pretensioni nasceranno a misura della forza da una parte e dell’indebolimento del Pontefice, il di cui Stato che componesi di sole usurpazioni o concessioni forzose produrrà altrettanti reclami e ricupero nel tempo stesso. Non con­ verrà forse a Napoli di avere un vicino incomodo. Tra i mezzi più giusti e facili per opporvisi sembrerebbe il più con­ veniente quello di procurare l’amore ed unione dei due popoli, di coman­ dare Roma almeno per ora nella parte spirituale ver mezzo dei numerosi sudditi delle due Sicilie che ambiscono in essa di affettare un comando ed un apparente indipendenza. L ’assicurare attualmente i diritti di V. M., le prerogative della Sua Sovranità nelle cose Ecclesiastiche è un punto essenziale; è vero che siamo al momento di ottenere perché Roma in oggi non può contrastarli; ma stimo mira superiore di ottenere il tutto senz’accrescere l’umore e senza ferire la vanità personale del Papa e l’ofanità di una Corte a cui non ri­ mangono altre armi, né quasi essenza che la dimostrazione e l’opinione dei popoli. Produrrà ctuesto l ’intento assai rilevante di diventare la Corona di Napoli protettrice e di Roma e del popolo ad essa soggetto... Il secondo punto concerne una Giunta ecclesiastica da formarsi nel Regno [che sottraesse definitivamente a Roma la maggior parte delle cause e degli appelli in materia religiosa, e che dovrebbe essere composta 214

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soltanto di ecclesiastici, e ciò anche allo scopo di non aumentare la po­ tenza degli uomini di legge del Regno], Giustissim e sono state le opposizioni degli antichi magistrati contro le intraprese di Roma .contro l’esercizio nel Regno di una insultante giu­ risdizione in molti casi, ma le vertenze sopra questo punto sono state portate negli ultimi tempi ad un segno da dimostrare evidentemente che volevano essi promuovere e fomentare le medesime, perché loro giova­ vano per rendersi necessari come per ingrandirsi: sono perciò i legali di­ venuti non i giudici nel senso effettivo e limitato della loro professione ed incombenza, ma i direttori, arbitri e tiranni di amendue gli altri ceti dei nobili ed ecclesiastici. Credo costantemente essere interesse di V. M. di reprimere lenta­ mente ed uguagliare questo ceto agli altri due, perché V. M. dia la norma e non sia come nella necessità di riceverla, se non nella risoluzione, al­ meno nell’esecuzione di ogni qualunque operazione, dalla magistratura nel piede attuale ». Chi conosce le condizioni e i problemi del Napoletano nell’ultimo settecento w non si meraviglierà di queste parole, che bene attestano non inconsulti timori o latenti programmi reazionari, ma il duplice bisogno dello Stato di avanzare all’interno nelle zone che maggiormente sfuggi­ vano alla sua azione, e di non lasciarsi sorprendere all’esterno dall’ineso­ rabile attuazione di un piano imperialistico in pieno sviluppo. A favore del primo operava, da tempo e in varia misura, la corrente riformatrice; del secondo aveva vaga coscienza la diplomazia, tesa nello sforzo di ri­ trovare, attraverso nuove alleanze, la via dell’espansione mediterranea. N ell’Acton le due esigenze si incontrarono, e non fuggevolmente, poiché attraverso testimonianze varie abbiamo scorto il ministro di Fer­ dinando IV in decisa e costante lotta con la feudalità, con le cricche dei cortigiani, con un ceto nuovo grettamente intento alla difesa dei propri in teressi,16 e abbiamo sentito pulsare nella sua politica estera un motivo 15 C fr . N . R o d o l ic o , Il popolo agli inizi del Risorgimento nell’Italia meridio­ nale, Firenze, Le Monnier, 1925; N . C o r t e s e , Stato e ideali politici nell’Italia me­ ridionale nel settecento e l’esperienza di una rivoluzione, in Memorie di un generale della Repubblica e dell’Im pero, I, Bari, Laterza, 1927. 16 II dissidio tra l’Acton e l’ambiente napoletano era avvertito, almeno per quanto concerneva i rapporti con la Santa Sede, dallo stesso segretario di stato pontificio card. Boncompagni, che a mons. Caleppi prescriveva, 1*8 agosto 1786, di intendersela con l ’Acton, « non solo per la riputazione che ha e che merita di uomo giusto, ma perché è forestiere, avendo insito i ministri napoletani uno spirito di disprezzo e di soverchieria per la Sede Apostolica e per Roma, che non può tollerarsi che da anime abbiette e rampanti » ( R i n i e r i , p. 127). Questa fiducia si giustificava, come stiamo

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ignoto, fatto di celata diffidenza verso Casa d ’Austria e dell’aspirazione ad una maggiore coesione fra gli stati italian i.17 Anche il Caracciolo della lotta contro i particolarismi sociali cono­ sceva, attraverso la dura esperienza viceregale, le amarezze e le gioie, e, al presente, aveva, qualche mese prima dell’Acton, deplorato alcune delle stesse cose da questo messe in luce. Dalla relazione del 13 novembre inoltre, ai cui princìpi si attenne la sua azione di governo, egli ci appare in pieno accordo col collega in glese.18 In difesa del comune punto di vista questi poi scrisse il « Parere », vedendo; ma forse nelle propensioni personali dell’Acton si vedeva negli ambienti romani, come si credette di scorgere in seguito, anziché una nota d ’equilibrio che s ’incontrava con le aspirazioni di non pochi sudditi di Ferdinando IV , l ’incapacità del ministro straniero d ’intendere le direttive della politica ecclesiastica napoletana. D onde gli equivoci in cui caddero diplomatici e storici. Più cautamente invece da N apoli il Caleppi: « ... per quanto egli [A cton ] sembri e sia amico della ragione, le di lui cognizioni, l ’educazione avuta, i principii correnti, tutto ci prepara a temere una resistenza tanto più inflessibile quanto maggiore è l’opinione della di lui fer­ mezza e buona fede (ivi, p. 128 ». 17 D alla corrispondenza degli ambasciatori imperiali I’H e l f e r t fu indotto a ritenere che fin dagli anni del Caracciolo l’Acton sospettasse dell’Austria più che della Spagna (Zeugenverhör über M. Karolina von Österreich Königin von Neapel und Sicilien aus der Zeit von der grossen französischen Revolution, W ien, 1879, pp. 92-94, 100-101, 134-135); siamo in grado di aggiungere che anche in seguito non tacque in lui il timore di una tutela austriaca, e che, nelFaggravarsi del pericolo francese, il m inistro napoletano non rinunziò a una politica autonoma, guardò più decisamente a M adrid e a Londra e vagheggiò per alcun tempo una soluzione del problem a italiano consona agli interessi della penisola più che a quelli viennesi [v. adesso qui V I] Quanto allo Stato Pontificio, è noto come sul suo territorio si incontrassero, non molti anni dopo, in seguito ad imprevedibili avvenimenti, l’espansionismo austriaco e quello napoletano (cfr. M a r io R o s s i , L ’occupazione napoletana di Roma (1799-1801), in Rass. Storica del Risorg., 1932, fase. I I I ). 18 « Saranno sempre contrari al nostro progetto » scrisse il Caracciolo all’Acton nell’ottobre del 1786 di alcuni magistrati e alti ufficiali di corte che seguivano l ’in­ dirizzo del de Marco ( P e l u s o , L e elez. ecclesiastiche cit., p. 49). L ’ostilità d ell’Acton verso i legali era pienamente condivisa dal Caracciolo, che il 12 settembre di quell’anno scriveva al card. Spinelli; « ... non è piccola la nostra occupazione per questo accomodo sopra cui si travaglia; e per avventura E lla non crederà mai che ho molti maggiori ostacoli a sormontare dentro che fuori. E difatti più di una volta mi sono quasi disanimato di condurre in buon porto questo desiderato accomoda­ mento, certamente da desiderarsi da noi e da codesta corte. M a in questo paese gli affari hanno preso il loro corso da circa tre secoli per le mani di una classe di uomini potentissim a, la quale vive e si nutre di piati e di liti, a guisa degli uccelli

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contro il pericolo che il sovrano cedesse ai consigli della parte dissi­ dente, 19 rappresentata dal de Marco, a torto ritenuto creatura e spia del ministro della gu erra.20 Del resto il segretario dell’Ecclesiastico non tardò ad esser messo da parte, mentre fin dal principio delle trattative era corsa qualche se­ greta voce di una sostituzione dell’intransigente anticurialista,21 la cui rimozione, avvenuta poi nel 1791, parve effetto immediato di sugge­ stioni rom ane.22 di rapina che vivono di cadaveri e di carogne. Tuttavia questa volta è la prima epoca da notarsi, che un grande affare di grandissima importanza e conseguenza sia stato loro tolto dalle m ani; perciò toto marte lo traversano e procurano di guastarlo, vituperarlo, condannarlo in tutti li modi: desiderium peccatorum peribit ». R i n i e r i , pp. 43-44. Le stesse difficoltà prospettava l’Acton allo Spinelli il 21 dicembre 1789: « Avrà riconosciuto il Signor Cardinale la necessità di ovviare a quanto nell’ese­ cuzione del Trattato possa suggerire l’opposizione di molti, che, prevenuti da altri principi e massime, sono alieni dal sistema preso e biasimano la maggior parte degli articoli dell’accomodo specialmente nelle espressioni adoperate. Conosce nel tempo stesso l’Eminenza Sua lo spirito della m agistratura di N apoli e l ’opinione di una gran parte della Nazione sull’assunto di cui si tratta. Prenderà sicuramente S. M. le sue giuste misure perché il Trattato abbia il suo pieno e sicuro adempimento, ma è savio e prudente partito di ammetter tutto quello che tenterà a rimuovere le dif­ ficoltà ed assicurare la quiete nell’esecuzione ». A .S.N ., Esteri, f. 4519. 18 D ifatti il « Parere » così si chiudeva: « Sono... persuaso che un tale stabili­ mento sia il solo che possa far sperare durevole qualunque accomodamento con Roma... Avrà V. M. veduto da un ragionamento del consigliere Peccheneida (sic, recte Peccheneda) ed altre riflessioni che mi avvisa un collega di averle umiliate che tale G iunta può modellarsi anche in altro modo, e modificarsene lo stabilimento. Vi è chi pensa di porvi un fiscale togato; stimavo che questo in sole cause particolari e di rilievo dovesse nominarsi; ma se per adattarsi al modo di pensare di alcuni credesse V ostra M aestà di aderire a tal partito, non avrei che da applaudire a qua­ lunque partito, purché si assicurasse coi fatto uno stabilimento così utile e che porta a vedute di tanta importanza sotto tutti gli aspetti ». 20 D allo S c h i p a , Un ministro cit., pp. I l i e 118, sulla traccia del B o u r g o in g , Mémoires... sur Pie V I et son Pontificai, Paris, 1800, I I , p. 73, e del G o r a n i , Mémoires secrets et critiques des cours, des gouvernements et des moeurs des principaux états de l’Italie, Paris, 1793, I, p. 138. 21 II 9 luglio di quell’anno l ’ab. Capparucci annunziava da N apoli di aver sa­ puto da persona non volgare « che vi fosse idea od anche risoluzione di S. M. di dare il riposo al Marchese D e M arco », e di sostituirlo negli affari ecclesiastici con don Nicola Vespoli e in quelli di grazia e giustizia col card. Spinelli » ( R i n i e r i , P. 81).

22 A r r i g h i , Saggio storico per servire di studio alle rivoluzioni politiche e civili del Regno di N apoli, I I I , N apoli, 1813, p. 32; S i m i o n i , p. 372.

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Lasceremo quindi al de Marco la paternità dei suoi atti e dei suoi scritti, e ci sarà meno arduo seguire l ’Acton nei diversi momenti delle spinose trattative e trovar nella sua politica, ammessa anche qualche esitazione di dubbia origine, il costante aderire, nel 1786 come nel 1789-90, in cui egli trattò per mezzo dello Spin elli,23 come nel 1792 a Castellone, alle stesse direttive, ispirate a moderazione e a fermezza.

Poche settimane prima che l’augusta comitiva iniziasse il viaggio alla volta di Vienna, il marchese di Gallo, ministro napoletano presso il nuovo re di Boemia e d ’Ungheria, scriveva: « S. M. Apostolica ha ri­ cevuto da Roma la lettera o sia Breve di dispensa del Papa circa i gradi di consanguinità esistenti tra i Reali Sposi. Ma chi il crederebbe? Il Papa si serve di questa occasione per inserire nel Breve un periodo col quale dice al Re d ’Ungheria che spera voglia, a titolo di questi nuovi legami e degli intimi rapporti che ha colla Reai Casa di Napoli, esortare il Nostro Padrone a comporre le sue differenze colla Santa Sede ed a ritornare nella piena amicizia e filiale intimità colla medesima. Io non entro a vedere se il Papa abbia ben pensato di dirigersi in questo affare al Re Apostolico; ma sono solamente sorpreso e trovo estraordinario che l’abbia fatto in un Breve di dispensa sacramentale, mentre pareva più acconcia a tal oggetto o qualche memoria separata o qualche apertura ministeriale o piuttosto qualunque ufficio verbale; e molto più mentre le questioni che ritengono le due potenze sono puramente economiche e piuttosto politiche che dogmatiche » . 24 Non è questa l’unica menzione delle vertenze romane che si possa trovare nella corrispondenza del Gallo: con lo stesso tono aspro egli aveva, prima ancora che Leopoldo giungesse a Vienna, assicurato « false tutte quelle ciarle che i Preti di Roma hanno sparso sulla rivocazione pretesa degli editti del defunto Sovrano: posso — aggiungeva — con sicurezza asserire che quanto si è operato dal defunto tutto è stato esat­ tamente da me riscontrato; onde V. E. può rigettare qualunque simile od altra cosa da me non riferita spargessero in Rom a quei che vogliono intorbidare ed imposturare per imporcene ». E all’Acton, che più tardi

23 L io y , pp. 723-24; R i n i e r i , p. 340 s g g .; lettere dello Spinelli e dell’Acton ed altri docc. in A .S.N ., E st., f. 4519. 24 A .S.N ., E st., voi. 69, G allo ad Acton, Vienna, 29 luglio 1790.

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gli annunziava « delle buone speranze » circa le trattative con Roma, non nascondeva il suo scetticism o.25 Né gli avvenimenti di Versailles ave­ vano soffocato lo spirito anticurialistico nel più timoroso marchese di Circello, che un anno prima, alludendo ai contrasti nell’Assemblea fran­ cese, aveva con manifesto disprezzo censurato il contegno del clero, il> quale, aveva scritto, « secondo il solito, si tiene in bilancia senza deci­ dersi, aspettando di farlo a colpo sicuro » . 26 N ell’ambiente napoletano, che tendenze diverse dividevano, la di­ plomazia pontificia credette che un incoraggiamento di Leopoldo potesse far traboccare la bilancia in suo favore, e iniziò un’azione in questo senso. Prima ancora che, il 10 luglio, consegnasse il breve di dispensa all’ambasciatore austriaco Hrzan, ribadendo le speranze riposte nelle nuove regali unioni « per la tranquillità della Chiesa e della Santa Sede », il Cardinale De Zelada il 29 giugno rimetteva allo stesso Hrzan una copia della protesta contro la mancata offerta della chinea, « ad oggetto — scriveva — che presso la Sua Reai Corte cooperi all’indennizzazione dei diritti della Sede Apostolica » . 27 Non sembra che le speranze riposte in Leopoldo andassero del tutto deluse. A ll’improvviso, gli ultimi giorni d ’agosto, mentre Ferdinando, evitando, come aveva fatto il 1785, il passaggio per gli stati romani, per Barletta e Fiume si recava in Austria, si diffuse la voce che prima del ri­ torno dei sovrani il concordato sarebbe stato sottoscritto e che fosse proposito della Regina che il Re andasse con lei a Roma a ratificarlo. « Ce changement de maxime — spiegava il ministro sardo a Napoli — seroit conséquent à ce qu’elle a toujours pratiqué, puisqu’ayant suivi ci-devant Pexemple de la Cour de Vienne dans la manière dure de traiter avec celle de Rome, elle le suivroit aussi lorsque les circostances ont forcé celle-là à changer de ton ». Anche il residente veneto prevedeva che al ritorno i sovrani non avrebbero avuto « alcun ribrezzo di passare per Roma »; mentre più esplicitamente l’amministratore della Nunzia­ tura aveva più volte confermata dal confessore della Regina « la savia

25 Ivi, lo stesso allo stesso, 8 marzo e 31 maggio 1790. Invece il Bonechy, rap­ presentante toscano a N apoli, l’l l maggio 1790: « ... le lunghe differenze con Roma sono in punto di terminare con piena sodisfazione del Re, che è stato fermo come una colonna, e presto si attende la conclusione dell’accomodo ». A .S.F., Esteri, 2337. 36 A.S.N ., E st., voi. 424, Circello a Caracciolo, Parigi, 2 giugno 1789. 27 H .H .S.A .W ., Relationen aus Rorn, 1790-91.

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insinuazione fatta dal Re Leopoldo alla M aestà Sua Siciliana, perché nel ritorno che dalla Germania doverà fare a questa Capitale passi per Roma, a fine di abboccarsi col Santo Padre » ; e consigliava da parte sua che il Pontefice inserisse nel breve da inviare in risposta alla partecipazione dei matrimoni « un grazioso invito a S. M ., a ciò potesse con effusione di cuore darle a conoscere il vero suo paterno affetto » . 28 Voci e spe­ ranze che andavano forse al di là della reale azione esercitata da Leopoldo, ma che in essa avevano senza dubbio una base. E intanto si attribuiva al Re qualche espressione non certo favore­ vole al clero, ma atta a far presagire prossimi cambiamenti nei rapporti con la C h iesa,29 e si riparlava dell’allontanamento del de Marco, e si fa­ cevano ancora una volta i nomi dei probabili successori, il siciliano Airoldi, già « primo dei ministri togati in Palermo », che, rimesso dall’Acton « in buona vista ed in grazia del Re », si diceva imbarcato sulla stessa fregata del Sovrano, e don Luigi de M edici.30 Veramente si erano moltiplicati negli ultimi anni gli accenni a un avvicinamento sincero tra le due corti, ed anche il proposito di una visita dei Sovrani di Napoli al Papa non doveva giungere nuovo a Pio V I, poiché se ne era parlato, vivente ancora il Caracciolo, al termine delle trattative dirette sul golfo partenopeo tra i Reali e il Cardinal Boncomp agn i.31 Le cose si erano poi trascinate avanti nel modo generalmente noto. Ma da quando giunse alla cancelleria pontificia da Napoli la prima no­ tizia di un probabile passaggio di quei sovrani per Roma, nella corrispon­ denza della nunziatura di Vienna suonò sommessa, tra gli scarsi compia­ cimenti e le molte recriminazioni per l ’atteggiamento di Leopoldo, la corda di una nuova speranza. Si deve riconoscere che né l’atteggiamento

28 A .S.T., Lettere M inistri, Napoli, 35, Castellalfer al Re, 24 agosto 1790; Fon­ tana al Senato, 31 agosto 1790, in S i m i o n i , I, p. 371; A. V ., Nunz. Napoli, 314, N apoli, 24 agosto 1790. 29 « Egli è certo — scriveva da N apoli il 16 ottobre 1790 l’amministratore della Nunziatura Capparucci al D e Zelada — che qui si ha un panico timore degli eccle­ siastici, e si è fatta concepire una sinistra idea d e’ medesimi al re, il quale non per principio di religione o di giustizia lasciò detto, che in di lui assenza nessuna novità si facesse in materia ecclesiastica, ma (come vogliono ch’ei disse) perché questi preti non c’inquietino ». R i n i e r i , p. 449. 30 A . V ., Nunz. N apoli, voi. 314, 31 agosto 1790. 31 S c h i p a , Un ministro, p. L V , doc. XX; R i n i e r i , p. 211.

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del novello cesare, né quello della Regina di Napoli erano tali da ali­ mentarla. A Francoforte, durante le cerimonie dell’incoronazione impe­ riale, il nunzio dovette ingoiare sorsi molto amari. « H o chiesto confi­ dentemente — egli scriveva il I o ottobre — ad un personaggio istrutto se potevo sperare che il nuovo Imperatore avesse parlato con premura al Re di Napoli sulle note vertenze. Mi ha risposto: — Siatene pur certo; ma il male è, come sapete, che i Ministri insieme decidono simili cose — . Non ho osato rispondere il maggior male essere che il cuore di Leopoldo non è ancora disposto come prego Dio ogni giorno che lo diventi. Si è spiegato meco con risentimento che ancora negli ultimi due fatti nei Paesi Bassi tra i Patriotti ed Austriaci si erano trovati morti quantità di Frati e Preti... ». E l’8 dello stesso mese rendeva conto di una udienza molto agitata concessagli dall’Imperatore, nella quale egli « ebbe pena a potere ogni tanto gettare una parola » sotto il fuoco di fila delle accuse da Leopoldo rivolte a Roma. « Le raccontiamo cose — concluse quest’ul­ timo — di cui siamo certi e vedremo anche noi che cosa si potrà fare ». Né più incoraggiante era Maria Carolina: « Ieri sera — così l’ i l ottobre — all'appartamento dell’Imperatore la Regina di Napoli si ac­ costò a me dicendo: — Monsignor Nunzio, intendiamo ch’Ella in nome nostro si ritratti col Papa nella prossima posta di quanto le commettes­ simo di scrivere nell’ultima. Da un corriere straordinario che ci è giunto abbiamo inteso variazioni rincrescevoli circa la causa Matalona e sul to­ tale degli altri affari — . Detto questo si pose la Regina immediatamente a parlare con altri » . 32 E da Roma si rispondeva malinconicamente: « Si fingono e si accreditano accuse contro di Noi per sempre più umiliarci ». w

32 A. V ., Nunz. Germ ania, 686. D al carteggio del nunzio non risulta quali colloqui egli avesse precedentemente avuto con la Regina. L a causa per lo sciogli­ mento del matrimonio del duca di M addaloni rientrò tra le controversie giurisdizio­ nali tra Stato e Chiesa dell’ultimo settecento: su di essa v. L . C o n f o r t i , Una con­ tesa giurisdizionale tra Ferdinando IV di N apoli e il Pontefice Pio V I, N apoli, 1887, e R i n i e r i , p. 277 sgg. 33 Roma, 23 ottobre 1790. Q uesto ed i seguenti brani della corrispondenza del D e Zelada a Mons. Caprara, nunzio a Vienna, in Arch. e Nunz. cit., 684-685. Scarsa fiducia in un prossim o accordo m ostra l ’amministratore della nunziatura di N apoli: « ... Le lettere ultime reali mi fanno temere; queste abbagliano certe povere anime, ma... in buona logica non si devono valutar certe espressioni seducenti, obbliganti e tenere di chi non opera come scrive. Anzi questi tali si devono, se non altro, aver in sospetto. Alle belle parole si corrisponda con belle parole e niente più... Le cose

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A Vienna il nunzio ebbe finalmente, gli ultimi di novembre, dalla Regina l’agrodolce assicurazione di un colloquio « sull’affare di Maddaloni, sul quale — si scriveva da Roma il 1° dicembre — attendevasi ve­ ramente Sua Santità quegli uffici graziosi, che, appena esternati, furono contradetti ben presto... I disgusti ed amarezze tracannate da N. S. du­ rante il lungo corso di tal pendenza sono impercettibili; ma quello che più lo trafigge si è il contrario effetto prodotto dalle più studiate sue condiscendenze, le quali non mi lusingo che possano ulteriormente am­ pliarsi. Rispetto al viaggio dei Reali Sovrani di Napoli — si aggiungeva — è ben giusto che, transitando per questa Capitale, alloggino ove più loro aggrada; ed è altrettanto fermo il S. P. nella loro dimora di non far motto delle nostre pendenze, ben persuaso che, lungi dalla lor Residenza ed all’insaputa de’ suoi Ministri, nulla potrebbe conchiudersi ». E , rice­ vuto il primo annunzio di quel colloquio, non si nascose più a Roma « la smania d ’intenderne il risultato ». E si fidò nella « destrezza ed energia » del nunzio perché rimanesse tutto « nel suo vero lume » e si riconoscesse la « condiscendenza » del Santo P a d re ,34 e si sperò poi se­ riamente che, rotto il ghiaccio, i Sovrani di Napoli venissero a Roma e aprissero infine l’adito a trattative dirette col Pontefice. « Oh, se sapes­ sero — scriveva il D e Zelada il 12 gennaio 1791 — quanta consolazione proverei io se si potesse convenire a stabilire una perfetta amicizia! Darei una buona parte del mio sangue perché ciò seguisse ». Ma più frequenti degli slanci di fiducia erano i momenti di scon­ forto: « Si va avvicinando — così il 16 gennaio — il tempo del ritorno dei Sovrani di Napoli, e noi siamo ancora nell’incertezza se passeranno da Roma, se entreranno in Roma, se gradiranno le nostre attenzioni, in una parola se vorranno avere qualche riguardo se non al sovrano terri­ toriale di questo Stato, almeno al Vicario di G esù Cristo. Si vanno spar­ gendo delle voci umilianti per noi che ci annunziano qualche marcato disprezzo... ». Proprio mentre le lettere da Roma accentuavano l ’ansia, a Vienna aveva luogo, i primi di febbraio, il sospirato colloquio. La Regina an-

dell’accomodo vieppiù s’imbrogliano in Vienna... Iddio ci aiuti. H an fatto capire al Re gli autori di tanti sconcerti ed irruenze sacrileghe, per mezzo dell’Egeria [la Regina], che son puntigli di Roma le difficoltà radicali ». A. V., Nunz. Napoli, 313, Napoli, 2 novembre 1790. 34 Roma, 8 dicembre 1790.

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nunzio la sua decisione di incontrarsi col Pontefice, ove esso si mostrasse propenso all’accordo, e di quest’ultimo comunicò al nunzio i punti basi­ lari. La notizia giunse inattesa agli stessi circoli di corte viennesi, dove gli sgarbi della Regina non avevano fatto presagire sino a quel momento nulla di buono per la Curia Romana, e si attribuì ben presto alle insi­ stenze delPImperatrice la « condiscendenza » della sovrana di N ap o li.36 Più malevolmente nella capitale pontificia non si tardò ad additare in un « interesse » dell’Imperatore la cagione della visita regia.36 Da Roma si inviarono le osservazioni agli articoli di Maria Carolina, per il caso, si scriveva al nunzio il 19 febbraio, « che la M aestà della Re­ gina di Napoli tornasse nuovamente seco in discorso sul proposito dell’ac­ comodamento... Ella per altro non entrerà su i particolari oggetti se non interpellato, ed in tal caso mostrerà di rispondere come per proprio suo sentimento, giacché torna meglio il discorso che faranno i sovrani col Santo Padre ». Tali articoli, abbozzati in questo momento della lunga controversia (sulla nomina dei vescovi, la giurisdizione del nunzio, ecc.), furono parzialmente riesumati dal R in ieri,37 il che ci esime dall’indugiarci più a lungo su di essi. In lettere d ’ufficio e in confidenziali il De Zelada si affrettò a comunicare al Caprara « il gradimento e il giubilo » del Santo Padre e la sua intenzione di venire incontro ai desideri dei So­ vrani: « Se S. M. la Regina, se il Re desiderano l’accomodo, molto più lo desidera il Santo Padre, il quale ha sparso e sparge continue lagrime

35 A .S.T., Lett. Min., Austria, 109, Brem e a Hauteville, Vienna, 3 e 7 febbraio 1791. « Il est aussi à prévoir — aggiungeva il Breme — que par la même protection le premier pas étant fait, on viendra bien tôt à bout d ’arranger les différends qui divisent depuis si long temps le Saint Père et la Cour de deux Siciles ». 36 II 25 febbraio 1791 il Ram ette così scriveva all’Acton da Rom a: « Riguardo la venuta de’ nostri Sovrani in Roma si crede qui già di positivo, e, come questa Nazione non lascia mai d ’esser maligna, dicono per sicuro che l’Imperatore sia la causa di tal venuta e che per suo proprio utile ed interesse abbia esso accomodati l’affari fra le due Corti... L ’interesse dell’Im peratore dicono che sia per volere situare alcuno dei suoi figli con farlo Elettore e per ciò conseguire abbia necessariamente bisogno del Papa, come ancora per altri fini ». Non cesseranno con ciò le prevenzioni contro Leopoldo: « N on si parla più in Roma — riferisce il Ram ette il 15 marzo — della cessione della Toscana al Principe Ferdinando dopo che se ne sono assicurati. Non sono però contenti che l’Im peratore non faccia menzione del Clero e dell’Ecclesiastici nelle sue dichiarazioni, e dicono perciò che sia un eretico e persecutore della Chiesa ». A .S.N ., E st., voi. 1344. 37 p. 349.

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per non poter provvedere senza la sua minima colpa al bisogno spirituale di tante anime in vista degli ostacoli insuperabili, che a Lui si frappon­ gono... Quando un tal pensiero [di trattare direttamente col Papa] si eseguisca, come ardentemente si desidera e pregasi, non solo non può il Santo Padre riguardare come impossibile l’accomodo, ma anzi deve con tutta ragione lusingarsi del più felice evento, subito che ha per una parte una sincera e ferma fiducia nella religione ed equità delle MM. L L ., e ri­ ceve dall’altra la più consolante sicurezza che le MM. LL . sono disposte a far di tutto per venire a quest’accomodo; in vista della qual dispo­ sizione deve anzi avere l ’accomodo per fatto, mentre dal canto suo vuol fare tutto ciò che può fare per compiacere le MM. L L ., salva la sua co­ scienza e salvo il suo onore » . 38 Le speranze rapidamente si diffondevano, e si prevedeva facile la vittoria del Pontefice: « Il Governo, la gente in carica, l’Ecclesiastici, tutti li sudditi del Re che servono al Papa, tutti sperano sicuramente l’accomodo e dicono che già vi deve essere qualche sicuro trattato, altri­ menti li Sovrani non sarebbero venuti a Roma, e che la conclusione è riservata al primo abboccamento che il Re farà col Papa; non potendo essere a meno che il Papa, colla sua presenza rispettabile e amabili ma­ niere, non induca il nostro Re ad accordarli ciò che desidera » . 38

Non molto dopo i Reali di Napoli e i nuovi Granduchi di Toscana, accompagnati da Leopoldo, partirono da Vienna, e, dopo varie soste nei territori austriaci ed a Venezia, giunsero a Firenze. Di qui Ferdinando IV e Maria Carolina proseguirono per Roma, dove giunsero il mercoledì santo, 20 aprile. Grande era stata l’attesa, grandiosi i preparativi pubblici e privati. Non erano mancati sino all’ultimo allarmi e timori che i Sovrani non venissero, ed il Ramette, che nella vacanza dell’ambasciata napoletana presso la Santa Sede rappresentava Ferdinando IV e che godeva di con­ venienze e di attenzioni non accordate al suo predecessore Ricciardelli,40 pare che provasse gusto ad alimentarli. « II mantenere questi Signori in tal curiosità — scriveva il 15 marzo — è cosa veramente da ridere, ed - , JVT ,

38 Roma, 19 febbraio 1791. 39 Ramette ad Acton, 22 febbraio 1791, in S i m i o n i , p. 371. 40 A .S.N ., E st., voi. cit. 1344, Roma, 12 aprile 1791.

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10 torno ad assicurare V. E. che, volendo i Reali Padroni venire ad abi­ tare il loro Palazzo, si pole continuare a mantenerli in curiosità ed in ti­ more fin a otto o dieci giorni prima dell’arrivo in Roma ». Egli del resto, sicuro della superiorità della sua corte, era poco disposto a condividere i facili entusiasmi dei Romani: « Dubito fortemente — osservava il 19 aprile — che il pensare di questi Signori sia di profittare di tale occa­ sione con tutto che le circostanze loro non siano affatto favorevoli, e particolarmente per l’affari di Napoli si trovano in necessità grandissima e ne anno positivo bisogno, per essere già ridotti all’estremi. Si fidano molto sopra la bontà de’ Nostri Padroni e sopra la loro persuasiva e maJ lignità; in tanto ho molta occasione di credere che, se l’accomodo non succede in tal favorevole circostanza del passaggio dei Sovrani, si vederanno sicuramente obbligati a dimandar misericordia ed accettare tutte quelle condizioni che li sono state offerte » . 41 Ad altri osservatori non sfuggi la circospezione degli augusti nego­ ziatori e la sottile schermaglia dalla quale, sin dal primo momento, non andò esente neppure l’esteriorità dell’etichetta. Abilissimo nel raccogliere notizie, il ministro sardo così diede conto alla sua corte, in una succinta relazione, della prima vista dei Sovrani al Papa: « Un’ora o un’ora e mezzo dopo l’arrivo spedirono le MM. L L . il Sig. Duca Riario al Santo Padre per notificarglielo e per domandargli in qual’ora potrebbero andare a ritrovarlo. S. S., nel farle padrone in ogni ora, restò però di concerto che andassero ad un’ora di notte, cioè verso le otto di Francia. Ma il Re, sul finire del loro pranzo, propose alla Re­ gina di andare a fare una sorpresa al Papa, e, sollecitandola a rassettarsi alcun poco, montati in carrozza, senz’altro avviso partirono e trovarono 11 Papa quasi spogliato. Fu obbligante, cordiale ed anche tenera l’acco­ glienza che fece loro S. S., e durò circa mezz’ora quel primo tratteni­ mento. Si dice che in esso poca parte prendesse S. M. la Regina e che anche il Re, almeno sulle prime, restasse tacito e sospeso... » . 42 Ma qualche giorno dopo, il 23 aprile, aggiungeva: « Primieramente dai discorsi del Papa a varie persone di suo servizio si rende dubbio se il partito preso dai sovrani d ’andarlo a trovare prima dell’ora da lui fissata sia stato considerato da lui come una finezza op­ pure come un mezzo termine per non prender l ’ora da lui; sembra pur 41 Arch. e voi. cit. 42 A.S.T., Corti straniere, N apoli, m. 8 di ultima addiz.

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dubbio se il Papa restasse soddisfatto di quella prima v isita ...43 Riguardo agli affari col Papa, non è da dubitarsi che se ne tratti; ed io so da uno del seguito del Re che la sera del giovedì, andando dal Papa, egli si portò in tasca tutte le carte relative ai medesimi; so ancora che il Papa nel suo interno sta di buon umore assai e che corrono continuamente dei biglietti tra lui ed il Sig. Card. Campanelli; però si prende per un sinistro augurio da alcuni la circostanza della fissata e poi non seguita comunione per mano del Papa, e vi è chi pretende sapere da persona d ’alto affare che si tratterà fino a tutto domani, ma non si conchiuderà nulla... ». Poche ore dopo il pessimismo aumenta, se il sollecito informatore è in grado di aggiungere nel P. S.: « Una persona della Corte del Papa mi dice che S. S., avendo jeri mattina incontrato le L L . MM. in una delle camere del Vaticano, appena disse loro poche parole ed in aria molto seria; un cardinale mi fa sapere che questa mattina si è osservata nel Papa una gran mutazione d ’umore; jersera fu la Regina che disse al Card. Zelada di volergli parlare, ed il Sig. Card, disse a una persona che me Io riferì che tutto questo non con­ chiudeva nulla. Si pretende che siasi rotto il trattato, perché vogliono il Re e la Regina che il Papa dichiari non avere la Santa Sede ragione alcuna sul Regno di Napoli » . 44 Queste le voci che correvano nelle sfere diplomatiche prima ancora che i Sovrani di Napoli abbandonassero la Città Eterna; ma noi possiamo molto meglio del ministro sardo penetrare il segreto di quei colloqui pontifici, almeno per i due primi del mercoledì e del giovedì. La sera stessa dell’arrivo Maria Carolina riprendeva con una lunga lettera la corrispondenza col fratello Imperatore, intrecciando, nel modo disordi­ nato che distingue i suoi scritti, sfoghi personali, impressioni di viaggio, notizie d ’indole politica. Le trattative col Papa sono in prima linea, ed è evidente che esse fossero state oggetto di precedenti conversazioni con Leopoldo; ma ancora più palesi sono l’ostilità e la diffidenza preconcette con cui la Regina si avvicina a quanto è romano ed ecclesiastico. 43 Invece il C o l l e t t a (ed. M anfroni, I, p. 177): « ... N el giorno stesso anda­ rono [i Reali] al tempio di San Pietro; e di là, per segreto accesso, agli apparta­ menti di Pio. Non attesi, ed im posto silenzio dal re alle guardie ed ai servi pontificii, penetrarono sino alle stanze dove Pio con vesti magnifiche sacerdotali giaceva sopra seggia in riposo. Piacque a lui quel confidente procedere di re superbi; e, scordate appieno le passate ingiurie, fu d ’allora innanzi sincero amico ». 44 A .S.T., Lett. Min., Roma, 303.

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« Mon très cher frère et amy, Je m ’empresse... de vous donner de mes nouvelles, trop heureuse quand j ’en trouve l ’occasion, actuellement qu’étant séparée de vous, il ne me reste que cette unique consolation. Je ne puis vous dire combien il m ’a été sensible de vous quitter, votre bonté, votre chère amitié avoit fait que j ’avois pris cette douce habitude de vous voir, de vous communiquer toutes mes idées..., mais il faut suivre sa carrière... Nous sommes arrivés... à Rome: quelle dépeuplation que cette campagne Romaine, qui seroit belle si elle étoit peuplée, et pourrait être bien cultivée. Les bas peuple nous a reçu très bien; nous sommes descendus à notre maison [Palazzo Farnese] qui est très vaste, grande et pourrait bien tenir beaucoup plus de monde. Il y avoit tous des Napolitains sujets employés icy et venus; cela aura fait plus de cent personnes. Après nous avons dîné, ensuite un peu rehabillés nous sommes allés chez le Pape. Il disoit de dormir, et après un quart d ’heure il nous a fait entrer sans rien baiser en amicalement, très embarassé de sa per­ sonne, un gros et grand homme qui parle untereittander, confus, disant des bêtises, comme toujours quand on est embarassé, et rien sur l ’affaire, autre que d ’assurer q u’il ne veut point contraster, ni faire de controverses avec nous, et n’avoir rien à faire avec les Paglietti; cela a été d ’intro­ duction pour aujourd’hui... De là je suis allée aux Urselines voir une trentaine de demoiselles napolitaines, et puis chez les M esdam es,45 vieilles femmes simples, mais qui sentent d ’avoir vécu comme Princesses tant d ’années. Actuellement elles sont malheureuses, mais hautes nonobstant, bonnes personnes, mais, j ’avoue, ce ne seroit point une société que je choisirais. Elles m ’ont dit être sorties de France puisqu’elles ne pouvoient plus exercer librement leur Religion chez elles, et je crois bien que cela y a contribué ». Dietro l’accenno alla religione ed ai casi di Francia fa subito capo­ lino la controversia ecclesiastica napoletana, poich’ella osserva non senza malignità: « Le Pape est très content que, de 32 Evêques françois, 28 soient restés fidèles; mais je lui aurois voulu répondre que s ’ils n’avoient point été si vivement attaqués et ôté leurs rentes, peut-être leur fidélité eût été moindre. Je désire que ces jours-cy se passent vite, bien, et avec succès et honneur; je desire arriver bientôt chez moi ». I giansenisti sono giustamente in allarme, ma è piuttosto benevolo il tono con cui Maria Carolina tratta qualche amico del vescovo Ricci:

45 Zie di Luigi X V I.

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« J ’ai vu Gianni: 46 le pauvre homme est tout confus, et m ’a aussy dit: — Je suis de la vieille Cour — , et attend icy mes ordres; mais me paroit aussy craindre pour lui ». Intanto la conferenza piuttosto agitata avuta col Pontefice il giovedì santo sembra accrescere la sua avversione alla città che l’ospita, contro la quale, riprendendo il venerdì la penna, la Regina non trascura di sca­ gliare qualche strale: « ... Nous avons hier employé toute la matinée à voir les fonctions de la Semaine Sainte. Je puis dire en vérité que je n ’ai jamais passé un jeudi Saint moins dévotement de celui-cy; tout est apparence, luxe, gran­ deur de paille, et rien de dévot, ni décent. Après avoir vu fonctions d ’Eglises, une lavande de pieds, tout cela en suite de fêtes, nous sommes retournés chez nous à dîner; ensuite je suis allée voir les statues et ta­ bleaux du Campidoglio, de là à la torre dei specchi, chez des religieuses au St. Sépulcre, de là un moment à la maison, et puis une visite de deux heures et demie au Pape, d ’où je retournois toute suée; après cela une magnifique assemblée et cantate chez Doria, et de là harassée à mort chez moi au lit... Pour nos affaires, le Pape, après les plus belles paroles qu’il ne vouloit point contraster, commença avec le Roi une controverse terrible, des moments bien fort, et des autres de persuasion; je tremblois ou que mon mary ne donnât en fureur (je vis deux ou trois fois le mo­ ment d ’éclater), ou q u’il cédât, ne sachant point assez ses affaires pour savoir soutenir ses droits; mais cela se passa en simple lecture de tous les 8 articles, et en beaucoup de difficultés, paroles changées ou augmen­ tées; enfin en tous les articles bien des difficultés: les Evêques seulement sont obtenus, car lui représentant le scandale, manque de Réligion etc. etc. etc., il a dit, après de longues contrastes, pour Lex Coscientiae, que ne lui a pas été accordé, [m ais] il y est venu; nous lui avons dit de souscrire, et il l’a fait en marge à l’article: Si conviene, Pio Sesto. Les autres points tous restent à discuter; j ’avoue: je désirerais les arranger au mieux, mais plus de tout je désirerois que la nomination des Evêques nous reste, comme elle est accordée, et que les autres articles s’arrangent avec le temps, par nos Ministres. Voilà où nous en sommes, le principal, l ’essentiel est arrangé, mais je doute que le reste le puisse être, et ne voudrois point que le R oi fasse des sacrifices encore plus cruels à sa monarchie. Pour moi je désirerois qu’il n’y eût plus d ’entretiens, mais nous en aurons encore deux ou trois, et je tremble: le Pape parle bien, sait cette matière à fond, caresse le Roi, se fait une violence à crever de souffrir ses rebufades, et par là le gagner et conduire; ma présence fait bien un frein, mais n ’est pas suffisante: en un mot je désirerois que nous restions avec nos 46 M inistro del Granduca a Roma.

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Evêchés à d ’abord nommer et laissions le reste; mais je crains que cela ne sera pas, l ’amour propre du R oi étant piqué de vouloir tout accomoder et ne sachant par des raisons effectives q u’il n ’a point étudiées se défendre des phrases du St. Père. Comme je le connois actuellement, vous qui êtes si instruit, vous auriez de cette homme fait ce que vous auriez voulu; voilà notre dolente histoire, qui, je vous avoue, me donne bien de l ’in­ quiétude pour voir comme cela terminera, et je crains qu’il faudra faire bien des sacrifices encore, et cela me fait bien de la peine. Dieu veuille bénir les droites intentions et faire réussir le tout au bien... ». Con queste preoccupazioni, dalle quali trapela una intransigenza più fiera di quella del reai marito, termina la relazione di Maria Carolina al fratello, e noi siamo dolenti di non poter seguire le conferenze successive attraverso la sua testimonianza. Ci soccorre però la parola dello stesso Pio V I, che di lì a qualche giorno, la sera del sabato 23 aprile, scriveva con viva amarezza al cardinal Campanelli: « G li affari di Napoli rimangono nello stesso stato rovinoso in cui erano, non ostante i lunghi congressi che si sono tenuti ogni sera per più ore, ed anche quello che si è tenuto oggi, in occasione della visita che abbiamo fatta al Re. N oi siamo condisceso a tutto, cioè alla nomina dei vescovi senza alcuna nostra approvazione, al ribasso delle provviste e a tutto ciò che mai potevasi; eppure non è bastato, perché ostinatamente si vogliono conceduti tutti i punti, prouti jacent, nei fogli presentati dal Cardinal Spinelli; e, parlando singolarmente del Nunzio, o non si vuole affatto o che approviamo che non abbia alcuna giurisdizione, per dar tuono alla violenza usata al Nunzio di Vienna dall’Imperatore defonto e a quel di Firenze dal Gran Duca ». Ma il Campanelli non fu sorpreso della resistenza napoletana, né previde che le trattative potessero riprendersi con maggior successo in seguito, quando i sovrani avessero raggiunto la loro capitale: « Già si prevedeva che si sarebbe fatta una forte opposizione sulla giurisdizione del Nunzio tutto che ristretta ai termini articolati dalla stessa Corte nell’ultimato del dì 4 gennaro 1788. Ma giacché la S. V. ha fatto tanto, cedendo sul punto dei Vescovati, sul ribasso delle provviste e in altro, se potessero accomodarsi gli altri punti non ancora concordati almeno sulla traccia dei fogli del Generale Acton, sarebbe a caso dispe­ rato forse degno della riflessione della S. V. il temperamento proposto dallo stesso Generale di lasciar questo punto in sospeso, attenendosi per sistema di diritto fino a tanto che non si concordi. Perdoni la S. V. se ardisce lo scrivente di umiliare questa riflessione, 229

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giacché per una parte non sa soffrire di veder perdere tante sue cure e dall’altra può temersi di peggio se i Sovrani ritornano a Napoli senza conchiusione, come peggiori difatti sono sempre state le condizioni che in progresso e nella dilazione si sono avvanzate dalla Corte » . 47 In realtà quei consigli giungevano tardi: oramai il soggiorno dei Sovrani di Napoli volgeva al termine, e cadevano le ultime speranze di un immediato accordo completo e definitivo con la Santa Sede. E la verità cominciava a trapelare da tutti i lati in seguito alle indiscrezioni delle due parti, che non riuscivano a nascondere l’agitazione del momento, mentre, tra le feste e i banchetti offerti dalla nobiltà, M aria Carolina cercava nuovi sostegni alla sua causa, tentando fors’anche di mitigare la cattiva impressione suscitata dall’intransigenza napoletana. Molti di questi particolari ci rivela, quando già da alcuni giorni i Sovrani, dopo un’ultima visita di commiato fatta al Pontefice la sera della domenica, erano partiti da Roma, il ministro sardo, che ne scri­ veva alla sua corte il 30 aprile. « ... [I l giorno di Pasqua] al pranzo del Principe Borghese... S. M. la Regina si fece sedere accanto il nipote di S. S., e, sentendo che il Sig. Card. Braschi, interrogato dalla Marchesa di Santomarco se non pen­ sava di veder Napoli, rispose che difficilmente glielo permetterebbero le sue occupazioni, disse al Sig. Cardinale: — Ma adesso che saranno mutate le circostanze, io spero di vedere V. Em . in Napoli. — Entrò poscia in discorso col Duca Braschi sugli affari pendenti, dicendogli che il Papa sta troppo forte su certi punti, che bisogna persuaderlo alla pace, a cui Ella desidera di dare tutta la mano e spera di riuscirvi... G ià ho detto sabato scorso che nell’assemblea di casa Colonna al ve­ nerdì sera la Regina aveva avuto un lungo colloquio col Sig. Card. Segre­ tario di Stato. D isse questi a qualche suo confidente, e confermò in parte anche a me, che mai egli si è trovato in maggiore imbarazzo: che lui non sapeva l’esito della preceduta conferenza dei Sovrani col Papa, e la Re­ gina gli parlava come se ne fosse informato; che eli parlava con una veemenza tale che lo stordiva, pregandolo sempre di metter pace, sup­ ponendo il Papa irritato ed alieno da ogni consiglio di conciliazione; che lui per conseguenza non aveva pensato ad altro che a trovar parole ge­ nerali per uscirsene senza toccare il fondo del negozio... Fu viva oltremodo la conferenza di venerdì sera tra il Papa e li So­ 47 A. V ., Nunz. Napoli, 314 B . Il brano riportato della lettera di Pio V I fu pubblicato dal R in ie h i , p. 3 5 3 ; la risposta del Campanelli porta anch’essa la data del 23 aprile.

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vrani, a segno che, dopo una lunga e clamorosa altercazione partitesi le MM. L L ., il Papa fu in continua agitazione e poco o nulla riposò in quella notte. Trattarono con più calma nella sera del sabato, dopo la visita che fece il Papa ai Sovrani, in cui si pretende che fossero questi li primi a rientrare in materia. Nella sera poi di domenica andarono le cose colla maggiore tranquillità e buona grazia. È fatto certo che al sabato mattina la Regina andò a visitare il suo confessore infermo; si aggiunge poi che questi, con un grave e patetico discorso quale conviene ad uomo presso a morire, l’esortasse ad accomo­ darsi in ogni modo col Papa, ed a questo discorso si attribuisce da alcuno la mutazione seguita negli animi Reali. Altri poi la considerano come un solo effetto d ’artificiosa e civile dissimulazione. Mercoledì sera mi disse il Sig. Card. Campanelli che il risultato della trattativa era stato che S. M. prometteva di non più parlare dei loro affari con nessuno dei paglietti, ossiano ministri di toga, che si sarebbe aperta una corrispondenza personale e segreta fra il Papa ed il Re medesimo, e che, non potendosi terminare assolutamente ogni cosa, si terminerebbe ciò che preme maggiormente, come la provvista dei vescovadi a regia nomina. Soggiunse poi che il Re era informatissimo, ed ha prese molte memorie, che la Regina non ha presa gran parte alla discussione ed anzi talvolta ha sostenute le parti del Papa (cosa soggetta a varie interpre­ tazioni) e che non sussiste le supposta istanza dei Re, perché il Papa di­ chiarasse non avere la Santa Sede ragione alcuna sul Regno di Napoli; anzi mi raccontò a questo proposito che, avendo lui consigliato il Papa di non metter mai il discorso della Chinea sino a che si fossero discussi tutti li punti di materie ecclesiastiche ed avendo il Papa adottato questo consiglio, non fu che l’ultima sera che ne parlò, dicendo: — Io non ho mai parlato a V. M. della Chinea, comeché cosa temporale e che meno mi deve premere; ma V. M. ha giurato di darmela, me l’ha data per varj anni, e perché ora me la vuol togliere per un puntiglio? — Rispose ri­ dendo il Re con questi precisi termini: — A bbi pazienza, te l’aggio data, ma sempre con dispiacere — ; ed il Papa replicò, ridendo: — Ogni de­ bitore paga il suo debito con dispiacere, ma lo paga — . Ripigliò il Re: — Abbi pazienza, aggiustiamo il resto, poi vedremo anche questa cosa — ; ed il Papa più non in sistette.48 Nella sera del mercoledì il ministro di Spagna mi fece vedere un bi­ glietto che gli aveva scritto in quel giorno il Papa in risposta ad altro suo scrittogli per un affare di Spagna. Ivi diceva il Papa che grande era stato nei giorni passati il suo travaglio di spirito, che, se le cose non erano andate il meglio che si poteva desiderare, avrebbero però potuto andar peggio, che li Sovrani si erano almeno spogliati di molte sinistre pre­ 48 Q uesta parte dei colloqui concernente la chinea è confermata da una lettera di Pio V I al Campanelli in data 30 luglip 1792 riportata dal R i n i e r i , p . 375.

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venzioni, erano stati contenti delle finezze ricevute ed avevano promesso di ritornare. Dicesi in fatti che abbiano ordinato che resti ammobigliato il Palazzo Farnese come sta adesso. Corre anche voce che il Re dicesse a Mons. Tesoriere: — A rive­ derci fra poco in Napoli vestito d ’altro colore, — cioè da cardinale, cosa che non può facilmente succedere se non si aggiustano le differenze, per­ ché Mons. Tesoriere, come napoletano,49 non può essere provvisto se non si fa l’aggiustamento. Se poi si farà o no parmi che nessuno lo possa né dire, né sapere. V ’è chi dice che tornerà a Napoli Mons. Galeppi, ma l’opinione più ge­ nerale è che cominceranno a provvedersi li vescovadi vacanti, che sono in numero grande; anzi vengo assicurato che questo è un punto inteso e si conchiuderà, bisognando, con reciproche proteste, ove non si possa per anco terminare il rimanente » . 50

Con questa indeterminatezza si chiusero i colloqui romani. I diversi punti delle vecchie controversie furono tutti riesaminati, soprattutto i tre capitali: la nomina dei vescovi, il tribunale ecclesiastico, la giurisdizione del nunzio. In ultimo si riparlò, come abbiamo visto, anche della chinea. Su tutti gli articoli furono rinnovate dall’una e dall’altra parte le antiche resistenze; soltanto sul primo, la nomina regia dei vescovi, quello che più stava a cuore alla Corte di Napoli, si riuscì a raggiungere l ’accordo; e fu il Papa a cedere.51 Dopo le ansie del soggiorno romano Maria Ca­

49 Fabrizio R uffo, il notissimo artefice della riconquista del Regno nel 1799, tesoriere dal 1785, nominato cardinale il 1794 (cfr. S im io n i, Le origini del Risorg., II, M essina, 1929, p. 284 sgg., e P a s t o r , p. 533). 50 A .S.T ., L eti. Min., Roma, m. 303 cit. 51 E ra il primo degli articoli proposti dal Caracciolo, che nella redazione defi­ nitiva suonò così: « Il P apa cede la nomina di tutti li Vescovadi ed Arcivescovadi del Regno di N apoli al Re, che nominerà persone scelte fra le più degne. L ’instituzione, spedizione delle Bolle e Consacrazione spetteranno al Papa ». L i o y , p. 728; S c h ip a , pp. 126-27 e 168. Cfr. anche R i n i e r i , pp. 352 e 359 (Pio V I a Campanelli, 16 luglio 1792). D a Napoli il 2 aprile 1791 erano stati inviati al Re gli articoli pro­ posti, sin dal dicembre 1789, dall’Acton, per mezzo dello Spinelli, al Pontefice (O tto articoli, sulla base delle ultime redazioni caraccioliane, dei quali il prim o è quello su riportato e l ’ottavo contempla la revoca di « tutti i dispacci e determinazioni che si trovano in contradizione col presente trattato ». L a copia spedita al Re contiene ancora tre articoli segreti, anche essi non nuovi, che però mancano nella minuta del dicembre ’89, dove invece, nelle istruzioni dell’Acton allo Spinelli, è fatta esplicita menzione della « loro abolizione ». D i questi il primo stabilisce che « in caso che il Papa avesse mai qualche difficoltà in sua coscienza all’accettazione di alcun sog-

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rolina poteva in segreto gioire dei risultati raggiunti, come « pubblica­ mente soddisfatte e al maggior segno contente » si dichiararono le Maestà Loro « delle benigne, graziose accoglienze e dimostrazioni Loro praticate dal Santo Padre, da codesta nobiltà e da Roma tutta » . 52 D ell’accordo dette per primo il Re vagamente la notizia al cardinale arcivescovo di Napoli, che gli era venuto incontro in A v e rsa ;53 poi di esso si conobbero i particolari, che lo fecero giudicare dagli elementi più equilibrati e responsabili, a Napoli e altrove, vittoria re g ia.54 getto nominato dal Re a qualche Chiesa vescovile del Regno, S. Santità potrà co­ municare direttamente al Re il suo scrupolo sopra il soggetto proposto per mezzo di privato e confidenziale carteggio, e S. M ., trovandolo ben fondato, prometterà con privata lettera di avervi tutto il dovuto riguardo ». A .S.N ., E st., f. 4519). 52 A. V ., Nunz. N apoli, 314 A, N apoli, 30 aprile 1791. Sulla parte esteriore delle giornate romane dei Sovrani notizie nella corrispondenza del Ramette da Roma durante l’aprile (A .S.N ., voi. cit. 1344). Se splendidi furono i doni di Pio V I, Fer­ dinando e Carolina non smentirono in quell’occasione la fama che si erano acquistata di principi munifici. « Q ui non si parla altro che delli magnifici e generosi regali lasciati dalle L L . M M . e si dice con ragione che in avvenire difficilmente si senti­ ranno viaggiare altri Sovrani, dopo la maniera come hanno viaggiato li nostri. Que­ sta Nazione tutta è rimasta innamorata e sorpresa dell’affabilità e generosità dei N o­ stri Padroni, di maniera che a qualche persona non è molto piaciuta la maniera come il Popolo Romano à ricevuto li Sovrani di N apoli; vi è dell’invidia grande e si procura la maniera di distogliere la buona opinione e l’attaccamento che ànno dim ostrato con dire che non è tutto oro quello che luce. In tanto il Popolo in ge­ nerale dice che sem brava fusse un Principe che era venuto a sollevarli ed a benefi­ carli ». A .S.N ., Est., voi. 1345, Ram ette ad Acton, Roma, 3 maggio 1791, 53 A. V., Nunz. Napoli, 314 A, Lett. cit. 30 aprile 1791. 54 II 25 maggio 1791 il D e Hauteville, ministro sardo degli esteri, annunziava al Priocca, che rappresentava V ittorio Amedeo I I I a Rom a, la conferma avuta da N apoli della « vera ed assoluta nomina accordata dal Santo Padre a S. M. Siciliana per i vescovadi dei suoi stati senza la menoma condizione o riserva ed anche senz’altra soddisfazione sulle varie altre differenze fra loro pendenti, cosicché in sostanza tutto può dirsi che ottenne la Corte di N apoli ». A .S.T., Lett. ministri, Roma, 302. Anche l’ambasciatore cesareo ritenne subito che l’essenziale, cioè la nomina dei ve­ scovi, fosse stato ottenuto da N apoli, e previde favorevoli a questa corte le ulteriori trattative circa il tribunale ecclesiastico e il nunzio. H .H .S.A .W ., St. K. Rom, Fase. 289 b, Hrzan a Kaunitz, Roma, 27 e 30 aprile 1791. Interessante la ri­ sposta del Kaunitz, in data 16 maggio (ivi), come prova della persistente diffi­ denza del vecchio cancelliere verso la Curia romana: « . . . ich wiinsche mit Euerer Eminenz dass diese freundschaftliche und unmittelbare Unterhandlung zu einem endlichen und für beyde Theile vergniiglichen A usgang gedeihen moge: über die dem Papstlichen Stuhle vorbehaltenen Causae majores juxta Cánones et Constitutiones Apostólicas wird freylich von Seite Neapel noch vieles zu erinnern und da-

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Ma negli ambienti sospettosi dei giansenisti quell’avvicinamento suonò stanchezza e capitolazione della Monarchia, fine della protezione loro accordata sino a quel momento, e si riannodò, di lì a non molto, la politica ecclesiastica napoletana alla rivoluzione di Francia. « Il Re dopo aver licenziato il De Marco — scriveva nel settembre il conte Astorri al canonico Baldovinetti — pare abbia dato questo consiglio a Corradini, nominato segretario con le incombenze ecclesiastiche: — Ricordati che il Papa è mio amico e che preti e frati sono miei sudditi — . A me pare che la mutazione sia condotta dalle cose di Francia. I sovrani hanno ve­ duto che i popoli che cominciano a riprendere la soverchia autorità dei papi e dei preti e delle loro ricchezze e privilegi passano poi a chiederne ai principi lo stesso conto ». * Era così isolato' un elemento che era risonato durante quelle tratta­ tive come una corda lontana o vi si era inserito con intenti polemici. Se ne sono serviti infatti a volta a volta i due antagonisti per i loro fini im­ mediati: lo stesso Spinelli, smanioso, nella sua duplice veste di cardinale e di protettore del Regno, del merito di portare a termine i negoziati, ricorda il 19 febbraio 1790 all’Acton, che « le circostanze della Corte di Roma vanno indirizzandosi a migliorare; i popoli anno avanti agli occhi esempj di cattiva scuola, e non è buona politica di un Sovrano quella di somministrare materia di rumore o di trovarsi sprovvisto di mezzi efficaci per richiamarli al dovere » ; 56 la Regina richiama da Vienna l’attenzione del Papa sulle « circostanze dei tempi non felici alla Santa Sede, l’esempio degli affari di Francia e della sovversione generale » ; Pio V I è pronto a rispondere che « si è dimostrato abbastanza che i sovrani non devono profittare di queste circostanze; che anzi per proprio interesse devono rispettare l’autorità della Santa Sede, essendo la religione il sostegno della sovranità, di modo che tolta quella, come si cerca di toglierla in Francia,

gegen einzuwenden seyn, indem man zu Rom die letztere Benennung jeder päpstli­ chen Verordnung, auch sogar den sogenannten Regulis Cancellartele Apostolicae zuzueignen gewohnt ist, und aus den kanonischen Satzungen nur jene, die mit dem dortigen Sistem, und der eigenen Konvenienz übereinstimmen, gelten lassen, die ältern und nicht günstigen aber für erloschen ansehen will... ». 55 N . R o d o l ic o , G li amici e i tempi di Scipione dei Ricci, Firenze, L e Monnier, 1920, pp. 117-18. Si vedano anche le amare espressioni del Serrao e di altri gian­ senisti meridionali riprodotte da B. C r o c e , L a vita religiosa a N apoli nel Settecento, in Uomini e cose della vecchia Italia, Bari, Laterza, 1927, I I , p. 148 sgg. 56 Arch. Stor. N ap., V II , pag. 761 ( L i o y , doc. XXIX).

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è tolta anche la sovranità: esempio luminoso da interessare tutte le corti ad unirsi per opporsi agli increduli novatori, che vogliono sopprimere la unione e la subordinazione dei regni col capo della Chiesa, per oppri­ mere nel tempo stesso la maestà del trono » . 51 Più sincera è Maria Carolina quando, il 22 dicembre 1791, mani­ festa al fratello i suoi timori per un’improvvisa morte del Pontefice, prima che i suoi vescovi siano consacrati, mentre corre la voce che i maledetti Francesi vogliano porre degli ostacoli al conclave e nello stesso tempo preparare a Roma una sommossa di trasteverini; ed anche sincero è l ’Acton quando, avvertito da Roma di oscure minacce francesi, auspica, in un senso diverso da quello desiderato dal Pontefice, una collaborazione contro quel pericolo, assicurando al De Zelada « la costante e pronta di­ sposizione di concorrere ora ed in qualunque riscontro a tutto quello che possa essere di utilità, vantaggio e soddisfazione della Santa Sede, spe­ cialmente nelle critiche circostanze presenti, che muovono tanti scellerati a sconvolgere la quiete pubblica anche fuori della Francia, [mentre si cerca] di addormentare con promesse ed ogni lusinga la vigilanza dei So­ vrani e dei loro M inistri, per travagliare sordamente a sollevare i Popoli loro con mezzi di seduzioni e spargimento di quelle massime che meglio possino operare a rovesciare i governi presenti e la Religione » ; e vice­ versa addita allo stesso De Zelada « le massime le più nuocive contro la sovranità in generale » contenute nei Diritti dell’uomo dello Spedalieri, che, « sotto l’apparenza di voler dimostrare che la sola Religione sia il riparo conveniente e necessario per difendere la Società dalla strana e nuociva influenza delle attuali nuove massime di libertà, tende, nono­ stante, sotto tal velo a distruggere ogni ubbidienza nei sudditi alla legit­ tima Potestà dei Sovrani e superiori » . 58 Né saranno più frutto di artificio politico le sue accorate espressioni posteriori alle infruttuose trattative di Castellone: « Il Santo Padre non è, vedo, al giorno della critica situazione dei tempi, ed osservo che per parte sua va dando per acciecamento la mano alla dissoluzione generale... Non si può che gemere sopra tanta serie di stranezze e di pessimi cal­ coli... ». ®

57 R i n i e r i , pp. 349-50.

58 A. V ., Nunz. Napoli, 385 E , N apoli, 30 gennaio e 17 marzo 1792. Cfr. Ripp. 326-27, e S i m i o n i , I, pp. 515-17. 50 Acton a Ramette, 15 dicembre 1792, in S i m i o n i , I, p. 500.

n ie r i,

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Quando l ’Acton scriveva queste parole pendeva come una spada di Damocle sul Regno la minaccia della flotta francese. Quanti eventi dal sereno ritorno in patria dei sovrani nella primavera del 1791! Tuttavia le trattative con la Santa Sede non avevano fatto un solo passo avanti dopo gl’incontri romani: nelle difficoltà del momento non la difesa dei reciproci diritti aveva taciuto davanti al comune pericolo, ma questo aveva ceduto di fronte a quella. Tornato a Napoli non privo di buoni p ropo siti,60 Ferdinando IV avea mantenuto la promessa di iniziare con Pio V I una regolare corri­ spondenza per portare a termine il trattato. Il 14 giugno scriveva infatti al Pontefice, ribadendo il suo vivo « desiderio di giungere al final acco­ modo delle altre pendenze » e proponendo l’invio a Roma di un ministro che potesse trattare direttamente con la Santa Sede. Ma aggiungeva: « Qualora stimasse la S. V. che quegli articoli sopra i quali camminiamo d ’accordo si pubblichino per convenuti, giudicherei che fosse convenien­ tissimo di mandarli parimenti in esecuzione in segno dell’ottima armonia che passa tra V. S. e me ». Ed apriva lo spiraglio, proprio mentre man­ dava a Roma un primo elenco di vescovi da lui nominati, ad una nuova contestazione sullo stesso articolo intorno al quale l ’accordo sembrava pienamente raggiunto. Pio V I fu difatti sollecito a rispondere il 17, di­ chiarandosi soddisfatto della scelta dei vescovi, « avendo la S. M. avuto in considerazione molti dei soggetti... datigli in nota » ; aggiungendo però che gli sembrava « molto più opportuno di pubblicare tutto il concordato unitamente e non a pezzi ». E fin da quel momento ,in cui era costretto a deplorare il « vituperevole elogio al libro intitolato Monarchia univer­ sale de’ Papi » dedicato allo stesso Re di Napoli, elogio uscito dalla se­ greteria dell’ecclesiastico il giorno di sabato santo, il Pontefice volle pre­ munirsi contro le resistenze dell’ambiente napoletano dirette ad impedire la conclusione del concordato, dando tra l’altro, come più esplicitamente in seguito fece, alla concessione accordata al Re a Roma un significato di temporaneità e di subordinazione all’accordo completo e definitivo. Di queste cautele il Papa ebbe di lì a pochi anni a compiacersi, poiché potè

80 II 3 maggio confidava al G allo: « [D el P apa] sono partito contentissimo, avendomi per ora ceduto la nomina di tutti i vescovati del Regno, che era quello che veramente mi stava a cuore per il bene e tranquillità di tante anime, mentre per lutto il dippiù spero anche presto di buon animo ci accomoderemo ». A .S.N ., Carte Gallo, N . 62, V II.

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negare a Ferdinando IV , in seguito alla rottura delle trattative, la facoltà di nuove nomine ai vescovati vacanti.61 D ’altra parte gl’impedimenti frapposti al Re fin dal principio spie­ gano sufficientemente il suo desiderio di mettere al sicuro l’articolo tanto sospirato: la compilazione di quel primo elenco di vescovi si era svolta infatti tra g l’intrighi della marchesa di San Marco e del generale Pignatelli contro l ’Acton, che era il più fermo sostenitore dell’intesa con Roma, e l’opposizione del partito anticurialista, che aveva suscitato ad ogni con­ siglio difficoltà tali da indurre il Sovrano a scegliere direttamente i pre­ lati a San L eu cio.62 E il giorno stesso in cui egli ne inviava i nomi al Pontefice, la Regina manifestava al fratello il suo malumore, battendo il vecchio chiodo del pericolo di nuove trattative: « On parie de reprendre le fil de la negotiation de Rome; je crois que l ’on n’y peut que perdre, et serois très d ’avis de ne rien entreprendre du tout: mais je ne suis point crue et me ta is » . Intanto nessun provvedimento fu preso contro l’incriminata « M o­ narchia universale dei Papi », anzi al teologo di corte Conforti che ne aveva fatto l ’elogio veniva assegnato il godimento di una badia; si proibiva invece la vendita nel Regno di altra opera diretta a dimostrare che le dottrine regaliste avrebbero potuto rivolgersi contro l’assolutismo dei principi.63 A Roma non fu inviato alcun ministro napoletano; né, dopo che da un pezzo erano svanite le speranze di una nuova visita al Papa in Terracina da parte del Re, che vi si sarebbe recato « con il Reai Figlio primogenito, per farlo cresimare » , 64 ottenne conferma dai fatti la voce

61 V. in R i n i e r i , p. 592 sgg. la corrispondenza tra Pio V I e Ferdinando IV nell’agosto 1794, ed a p. 358 la lettera del Pontefice al Campanelli del 28 dello stesso mese: « Q u e l Signore o piuttosto quella Signora [il R e e la Regina di N a­ poli] ci volevano canzonare con scroccarci gratuitamente la nomina dei vescovati, e tirare avanti in perpetuo nelle usurpazioni; onde se vorranno la nomina dovranno stare a ragione. D io guardi se gli s’ammettesse una seconda volta, poiché avressimo finito ». I brani riportati nel testo a p. 354 sgg. 62 A .S.T., Lett. ministri, Napoli, 36, Castellalfer a Vitt. Amedeo I I I , Napoli, 21 giugno 1791. 63 Cfr. S i m i o n i , pp. 270-71 e 40 6 sgg. 64 H .H .S.A .W ., St. K., Rom, Fase. 291, Brunati (segret. della legaz. cesarea) a Kaunitz, Roma, 7 maggio 1791. Il Ramette aggiungeva, a prova della fiducia del Papa in un nuovo incontro, che « il Santo Padre aveva fatto trasportare a Terracina molta roba più del solito » (3 maggio); ed il 17 dava cosi conto della petulante nervosità degli ambienti romani: « Le premure che qui si fanno per sa-

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che ancora correva nell’ottobre di un viaggio di Ferdinando nella capitale pontificia. A proposito del quale monsignor Pignatelli, arcivescovo di Salerno, che già aveva, alla vigilia dei colloqui romani, descritta l’indole del suo sovran o,65 tornava alla carica con nuovi consigli: «P rem essa la stima che il mio Re giustamente fa della Persona del Santo Padre, po­ trebbe questo suggerirgli di chiamare qualche altro prelato a’ suoi fianchi, che lo facesse pensare al Grande e non al solo e misero Interesse. Mon­ signor Confessore può fare, ma poi vien distolto da altro prelato che pensa molto a sé, suoi vantaggi attuali e futuri e poco si cura se le ver­ tenze si terminino, anzi si vuole che le dilunghi per vieppiù fissarsi e farsi stimare necessario ». E sentiva il bisogno di aggiungere, quando* già da un mese l’ecclesiastico non era più retto dal de Marco: « Si com­ piaccia di credermi che nelli correnti affari il Pagliettismo poco credente tiene tuttavia grande influenza, ed il Prelato che al presente consiglia teme questo Pagliettismo, di cui non v ’è da temersi qualora il Sovrano si faccia decidere da Sovrano. Il S. P. dunque potrebbe suggerirgli il prelato che stima ed inculcarli di non palesare un tal segreto neppure al Confessore, ma farsi chiamare il Prelato e da questo farsi guidare nell’attuali emergenze » . 66 Il luglio successivo a Castellone, nelle conferenze tra il cardinale Campanelli e l ’Acton, venivano meno le rinverdite speranze della con­ clusione del concordato tra Napoli e la Santa Sede. Quelle trattative sono note; m ma gioverà conoscere il linguaggio del Re a proposito della que­ stione che fu la causa principale dell’esito negativo degl’incontri tra i due plenipotenziari. Rispondendo da Castellammare all’Acton il 25 luglio, egli esprime la sua meraviglia « sul conto della Chinea, che non so come sia uscita in campo, di cui il Santo Padre ben si ricorda che non volli nem­ meno con lui parlarne, e quando me ne parlò come li risposi ». E , più dettagliatamente e con tono di maggior violenza, aggiunge in altra della stessa data:

pere notizie dell’accomodo fra le due Corti di N apoli e Rom a è cosa incredibile; e iltimore che non succeda li fa parlare sconnessi secondo il loro solito; m otivo per cui per convivere con questi romani e farsi da loro amare bisogna usare la più gran politica e procurare la maniera di condiscenderli ». A .S.N ., cit. voi. Est. 1345. 65 R i n i e r i , pp. 596-97. 66 A. V., Nunz. N apoli, 385 E , Salerno, 14 ottobre 1791. 67 V. i docc. relativi in R i n i e r i , pp. 360-78.

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IV .

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« Quanto vi ha citato il Cardinale di avere io detto al Papa ed avermi egli risposto è verissimo, specialmente che, terminatosi e conchiuso l’accomodo, se ne sarebbe parlato ed avrei visto ciò che era da farsi. Questa non mi pare che sia una promessa d ’inserirsi questo punto per base dell’accomodo e di dirsi sulla negativa, come à detto il Cardinale: — Dunque tutto è sconchiuso; non ò il coraggio d ’andare avanti — . Ve­ dremo cosa il Papa risponderà al Cardinale, ma temo della sua testa che è un poco dura. Voi avete fatto benissimo di rispondere in quel tuono degno e fermo che à fatto venire le convulsioni al Cardinale, che, per dirvi la verità, avrei voluto vedere. Su questo punto non c’è fermezza che basta, dovete assolutamente nella trattativa dell’accomodo escluderne ogni parola; e quando si ostinino a parlarne, fategli la riverenza e venitevene, mentre questo non è tasto da toccarsi ora né mai. G odo somma­ mente che per i primi quattro articoli siate quasiché convenuti ed ap­ provo infinitamente quanto in essi avete chiesto e sostenuto. La battaglia è dovuta essere seria per il compenso, mentre, quando si tratta di danaro, è questo l’idolo loro, e mi pare che ci siano più attaccati che al vero bene ed utile che si ricava dal rimanente... Desidero per il vero bene e per la vostra gloria che si termini quest’affare a seconda dei nostri desideri.,. » . 68 I desideri della corte napoletana non si incontrarono con quelli del Pontefice, ed il trattato fu rotto. A Roma si potè anche credere che l’at­ tesa tornasse alla fine a vantaggio della Curia, nella lusinga che fossero « almeno accresciute le disposizioni per un’opera così desiderata e così necessaria alla Chiesa e allo Stato » : si disse il Cardinal Campanelli, « ri­ tornato da Castellone pieno di stima verso il Signor Cavaliere Acton, ... lodarsi moltissimo delle attenzioni da esso ricevute »; si fidò nella « virtù » e nella « pietà di codesti sovrani », nell’« equità e probità de­ licata di codesto principal ministro », che non avrebbero tardato a dare a Pio V I « la consolazione di questo accomodamento ». Ma da Napoli, a più diretto contatto con la Corte, si vedevano le cose diversamente, e si piansero amare lacrime sulle speranze svanite per sempre di veder ritolto ai laici « la disciplina, ... i beni della Chiesa, ... la dottrina e la giurisdizione più essenziale » , e si previdero più « orribili disordini » in quel campo delicato.69 Non infondati timori, come prova quanto scriveva in quei giorni M aria Carolina al marchese di Gallo: « On avait presque tout arrangé, les conditions étaient on ne peut plus favorables pour le Pape, au point que j ’en souffrais; mais Sa Sainteté,

68 A .S.N ., E st., i. 4214. ® A. V ., Nunz. Napoli, 385 E , Roma, 21 agosto, N apoli, 14 agosto 1792.

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par sa hauteur d ’éxiger la haquené, avec un ton impérieux a tout gâté, et Messieurs les plénipotentiaires sont retournés chez eux. J ’espère que le Pape continuera dans son obstination et nous mettrons ordre chez nous » . 10 (1934) 10 Correspondance inédite, I, p. 41. Il R in ie ri (p. 360) chiama «u ltim a trat­ tativa » quella di Castellone. In realtà, a tacere di una fallita missione di Fernàn Nunez, ex inviato spagnolo a Parigi, presso la Corte di N apoli nell’estate 1794 (di cui è menzione in P a s t o r , p. 558), nella primavera del 1795, un anno prim a che le truppe napoleoniche irrompessero in Italia, si tentò concretamente di riprendere le fila dell’accordo. N on era esso discaro alla corte napoletana per la riapertasi con­ troversia circa la nomina dei vescovi; ma nell’occasione M aria Carolina riespresse la sua ferma volontà di difendere sino all’ultimo le conquiste dello stato, né risparmiò pungenti allusioni alla figura del giovane negoziatore pontificio, monsignor Marino Carafa di Belvedere, forse sinceramente fiducioso in un prospero esito. Sul tentativo fallito v. due lettere della Regina (4 marzo e 14 aprile 1795) in Correspondance cit., I, pp. 276-77 e 290 (cfr. Sim ioni, I I , p. 282-84), e un gruppetto di lettere da Roma, dal marzo al giugno 1795, del Carafa all’ab. don Nicola Giansante, in A .S.N ., Est., f. 4260.

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V O R IE N T E E FR A N C IA IL P R E SE N T IM E N T O D E L L O SCO N TR O CO N LA R IV O L U Z IO N E

« Si cette fatale Constitution s’afferm isse, tout le monde s ’en repentira: il est vrai q u ’il est difficile que des extrava­ gances en tout genre comme eux font puissent durer ». M. C a r o l in a

I.

Dopo un lieto e fastoso soggiorno di alcuni mesi a Vienna, il 10 marzo 1791 il Re di N apoli lasciava la città, seguito il 14 dalla Regina Carolina. Un mese dopo, il 10 aprile, partivano dalla capitale degli Asburgo gli ambasciatori napoletani a Parigi e a Pietroburgo marchese di Circello e duca di Serracapriola. Non era stato dunque buon profeta il rappresentante veneto, che tra il settembre e il dicembre aveva più di una volta annunziato prossimo il ritorno dei sovrani nel Regno, « non essendovi », nell’impossibilità, durante la stagione invernale, dello svago prediletto di Ferdinando IV , la caccia, « oggetto capace di intrattenerlo più lungamente » ; e la lunga presenza, accanto ai reali, di due dei più importanti ministri all’estero avrebbe dovuto renderlo più cauto nel giu­ dizio che poi diede del viaggio della coppia siciliana, « non... diretto da fini politici, ma intrapreso soltanto per divertimento ». Esatto quanto egli asseriva, che né i sovrani erano andati a Vienna per stringervi trat­ tato con quella corte, né per indurre Leopoldo a costituire in secondogenitura la Toscana, ché veramente quest’ultimo punto era stato già ri­ solto dal nuovo capo della monarchia asburgica per « motivi politici » che qui non è il caso di ricordare; ma è sintomatico, nel declino della vecchia e già così occhiuta Repubblica adriatica, che al suo rappresen­ tante non dicessero proprio nulla, in un momento in cui l’attenzione era ancora protesa verso l ’oriente, i cinque mesi trascorsi in riva al Danubio dal ministro napoletano a P ietroburgo.1 1 A .S.V ., D ispacci Germ ania, filza N . 293, Vienna, 25 settembre e 4 dicembre 1790, 26 marzo 1791.

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LA M O NARCH IA D E L L E D U E

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Circello non sarebbe più giunto a Parigi, nell’incalzare dei gravi eventi di quell’e state ,2 ed avrebbe tenuto corrispondenza con la sua corte sulle lagrimevoli cose di Francia dai Paesi Bassi austriaci; Serracapriola avrebbe ripreso presto il suo posto di attiva osservazione presso la grande zarina. Troppo presto anzi! Ché fin dai primi di gennaio egli aveva in­ vocato dall’Acton, nella « prossimità della Patria », il permesso di venire a Napoli per « qualche urgente affare economico da accomodare » ; e non aveva poi tardato a svelare il recondito motivo politico che l ’animava a intraprendere quel viaggio: il manifesto dominio che esercitava sull’animo della Regina e dell’ambasciatore napoletano a Vienna marchese di Gallo la cancelleria austriaca. Il rappresentante napoletano a Pietroburgo avrebbe poi dovuto ri­ nunziare a ricevere direttamente dall’Acton « gli ordini confacenti e spo­ gliati dalle dubiezze che la mancanza della sua voce avrebbe potuto far nascere » ; ma sarebbe partito da Vienna sorretto dalla certezza di essere « nell’esatto sentiere delle sue idee » . 3 Non era passato, allora, molto tempo da quando Giuseppe I I rice­ veva con un senso di noia le lunghe lettere della sorella da Napoli, « des spéculations à parte de vue », o, stanco e ammalato, pregava Leopoldo, ancora in Toscana, di dissuaderla dal fargli visita in V ien n a;4 né erano 2 G li si ordinò « di non mettere neppure il piede nel territorio francese ». A .S.N ., Est., 2329, Acton a Serracapriola, N apoli, 23 agosto 1791. Esteriori «c e n n i biografici » su Tom m aso di Somma Circello in C. D i S omma C ikcello e C. B andini , Storia di due giornate della Rivoluzione francese (5-6 ottobre 1789), Spoleto, Tip. dell’Umbria, 1916, pp. 339-42, dove sono altresì riportate (pp. 343-73) sue lettere all’Acton da Parigi dell’estate-autunno 1789. Per un giudizio sull’uomo cfr. L. B lanch , I l Regno di N apoli dal 1801 al 1806 (ed. M. S ch ip a ), in Arch. Stor. Napol., N . S., V i l i (1922), p. 28; A. V a len te , Gioacchino M urai e l ’Italia Meridionale, Torino, Einaudi, 1941, pp. 125-26. 3 A .S.N ., E st., f. 69, Serracapriola ad Acton, Vienna, 9 gennaio 1791; f. 1675, lo stesso allo stesso, Vienna, 31 gennaio, 20 e 28 febbraio 1791. Cfr. N . C o r t e s e , L a mediazione napoletana nelle trattative di pace fra Russia e Turchia nel 1790-91 (E stratto da Russia, I , 4-5), N apoli, 1921, p. 25. 4 Joseph und Leopold von Toscana. Ih r Briefwechsel (ed. A . v o n A r n e t h ), Wien, Braumiiller, 1872, I, p. 289, I I , p. 252. Il 4 giugno 1789 G iuseppe scriveva al fratello (il Leopold an Joseph, preposto per un’evidente svista dell’E d. alla let­ tera, va corretto in Joseph an L eopold): « Thugut [am basciatore cesareo a N apoli]... me menace d ’une visite du R oi et de la Reine de N aples; jugez combien cela serait insupportable dans ce moment et dans ces circonstances. L a Reine ne m ’en écrit rien de p ositif: si elle vous en demandait conseil, faites moi l ’amitié de l’empécher tant que vous pourrez, car ou je serai malade ou gueri je partirai pour l ’armée ».

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V. O R IE N T E E FRA NCIA

lontani gli anni in cui la presenza dell’intrigante regina sarebbe stata pa­ ventata nella capitale austriaca come una battaglia perduta: 5 ma nel pe­ riodo non lungo di Leopoldo I I i rapporti Napoli-Vienna, cementati da nuovi vincoli di sangue, furono stretti e cordiali, al punto da far parlare uomini di diversissimo sentire, diplomatici o rivoluzionari, di un dure­ vole influsso dei reali sull’animo dell’Im peratore.6 E influsso veramente ci fu, e ampio e profondo, ma da parte di Leopoldo sulla corte di Napoli. Più accorto tattico del fratello, il nuovo Imperatore andava piegando ostacoli e rassodando posizioni con mano sempre ferma, ma pur talvolta carezzevole: allora i rapporti con Napoli, già sulla via dell’intesa, entrarono nella fase della collaborazione larga e sicura. La riconoscenza incondizionata di Maria Carolina fu conquistata, dopo che l ’animo, facile all’esaltazione, della donna fu soggiogato dai matrimoni di due figlie con due arciduchi della sua casa, eredi di ambite corone; e prima ancora che la rivoluzione francese spingesse le due corti a fronteggiare lo stesso avversario l’austrofilia napoletana raggiunse il suo culmine. Sicuro della sua superiorità, l’Asburgo poteva ergersi oramai a guida della sorella e dirle ancora qualche dura verità senza temerne reazioni spiacevoli: così proibiva garbatamente l’ingresso nei suoi stati alla mar­ chesa di San Marco, di cui conosceva il nefasto influsso sulla Regina, o dava a quest’ultima, durante il più diretto contatto viennese, qualche lezione in più delicata materia che il pettegolezzo di corte non tardava a raccogliere e a divulgare; mentre lavorava non senza successo a scre­ ditare l ’Acton, colpevole ai suoi occhi di una politica agl’interessi austriaci.7 Nella corrispondenza che Maria Carolina tenne con ritorno a Napoli alla morte di Leopoldo è largamente vassallaggio delle Sicilie verso Vienna, quale in fondo

non subordinata l’Imperatore dal documentato un non si rivelò in

5 Vertrauliche Briefe des Fr. voti Thugut (ed. A. v o n V i v e n o t ), Wien, Braumiiller, 1872, I I , p. 218. 6 Per i diplomatici cfr. la relazione del residente veneto Fontana (ed. M. S c h i p a ) in Arch. Stor. Napol., N . S ., V I I (1921), p. 409; per i patrioti A. S i m i o n i , L e ori­ gini del Risorgimento politico dell’Italia meridionale, I, M essina, Principato, 1925, pp. 390-91. 7 [v. qui p. 3 5 ]; A .S.T., Lett. min., 108, Breme a V itt. Am. I l i , Vienna, 8 no­ vembre 1790; m. 109, lo stesso allo stesso, Vienna, 3 gennaio 1791.

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nessuna fase della politica estera borbonica,8 e che anche allora molte­ plici forze di resistenza impedirono che si attuasse appieno, sino a quando non sbollì nell’istesso mutevole animo della Regina.

8 È noto quanto fosse geloso Ferdinando I I della sua indipendenza di fronte all’Austria (v. adesso R. M o sc a t i , I rapporti austro-napoletani nei primi anni del regno di Ferdinando I I , in Arch. Stor. N apol., N . S., XXV (1939-X V II), e cfr. an­ cora E . C io ne , L a vita sociale e politica a N apoli (1830-1848), in Rass. Stor. Napol., gennaio-marzo 1940, p. 65), se pure, di fronte all’incalzare della rivoluzione ita­ liana, egli sentisse da ultimo il bisogno di una più efficace presenza del pugno asburgico nella penisola, e l ’inettitudine degli uomini di stato napoletani giungesse al punto da permettere al rappresentante imperiale di sostituirsi al governo borbo­ nico nella stesura stessa di importanti atti diplomatici (M o sc a t i , A ppunti e docu­ menti su i rapporti austro-napoletani alla vigilia del ’48, in Annuario del R. Istituto Storico Italiano per l’E tà Moderna e Contemp., Bologna, Zanichelli, 1940, soprat­ tutto pp. 109 sgg., 122 sgg., 127 sgg.). Precedentemente, in una politica di­ retta a infrenar l ’Austria per mezzo dell’Inghilterra e viceversa, Ferdinando I, tor­ nato a N apoli, aveva guardato con costante fiduciosa sim patia agli altri rami della sua reai casa, anche nei momenti di maggiore intimità con Vienna (W . M a t u r i , La politica estera napoletana dal 1815 al 1820, in Riv. Stor. Italiana, 30 giugno 1939, pp. 227, 250, 258-59; inoltre I d ., Il Congresso di Vienna e la restaurazione dei Borboni a Napoli, in Riv. cit., 31 dicembre 1938, pp. 23-24, 59); e nel de­ cennio di reazione era stata subita con riluttanza e decisa resistenza ogni qual­ volta le circostanze l’avevano permesso (e non da parte del de’ Medici soltanto) l ’avvilente tutela del Metternich. Infine il Regno avrebbe chiuso la sua esistenza con una politica tenacemente ispirata al concetto d ’« indipendenza » del secondo Ferdinando, in cui la diffidenza verso l’Austria sarebbe stata ribadita dall’ultinio Borbone dalla crisi del ’59 («P A u trich e veut faire par ruse ce que le Piémont veut faire par violence » : A. Z azo, L a politica estera del Regno delle Due Sicilie nel 1859-60, N apoli, R . D eputaz. napol. di St. P at., 1940, p. 154) agli amarissimi giorni di G aeta ( « s e io tornassi con 30,000 baionette austriache non sarei che il Vicario dell’Im peratore » : L. S im eo n i , L ’Austria e la caduta della monarchia bor­ bonica napoletana, in A tti del X X I I I Congresso di Storia del Risorgimento ita­ liano, p. 18 dell’estr.). U n ’analogia di linguaggio con questo della Regina si riscon­ tra nella diplomazia napoletana soltanto dopo che le barricate di luglio ebbero ride­ stato paurosamente i ricordi dell’ ’89 e del ’92 (M o sc a t i , I rapporti cit. p. 142, e soprattutto II Regno delle Due Sicilie e l’Austria. Documenti dal marzo 1821 al novembre 1830, N apoli, R . Deputazione, 1937, I, pp. L V I sgg., 322 sgg., I I , 349-50). Q uanto del resto avveniva anche altrove, nella penisola così esposta alla minaccia francese. Tuttavia sarà bene tener presente che, nell’occasione, N apoli non volle prendere a modello soltanto le direttive viennesi, ma guardò alla Prussia come a fondamentale fattore della politica europea (M . D . N o b il e , Le relazioni tra le D ue Sicilie e la Prussia nei primi anni del Regno di Ferdinando I I , in Rass. Stor. N apoletana, I, N . S., n. I l i , luglio-settembre 1940, pp. 233-34); e, a proposito di

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Destinato a non aver altri lettori, tenuto in un’epoca di importanza eccezionale per l ’avvenire della Monarchia e in cui scarseggiano altre te­ stimonianze dirette di Maria Carolina (la corrispondenza col Gallo è an­ cora per quest’anno molto scarn a),9 quel carteggio non manca di svelarci gl’intimi moti dell’animo della donna ambiziosa e irrequieta, sollecita sempre dell’interesse della casa donde era uscita, nervosamente in cerca di facili lauri per la sua nuova p a tria .10 Quanto a quest’ultimo punto all’erede dei Normanni, degli Svevi, degli A n gioin i11 si erano aperte vaste possibilità nel riardere della guerra in oriente. Su di una linea lunghissima, dal Baltico al M ar Nero, vecchie

M. Carolina, mettere in chiaro che la sua austrofilia, anziché risalire per quest’anno 1791 alle preoccupazioni d ’oltralpe (come si è voluto spesso vedere), aveva radice in una palese non recente disposizione di spirito. 9 Cinque lettere, di cui una soltanto di vero interesse politico, nella oramai notissima agli studiosi del mezzogiorno Correspondance inédite de M. Caroline avec le M arquis de G allo (ed. M. H . W e i l e C . D i S o m m a C i r c e l l o ), Paris, Emile-Paul, 1911, I, pp. 21-31. 10 H .H .S.A .W ., H aus Archiv, Sammelbande, fase. 90. L a corrispondenza va dall’aprile 1791 al febbraio 1792. Accanto alle intimità di famiglia, si affrontano gli spinosi affari politici d ’Europa, dalla Francia alla Polonia e alla Turchia. Fre­ quenti i giudizi su uomini e avvenimenti, e numerose le lettere che dalle varie ca­ pitali d ’Europa pervenivano alla corte o direttamente alla Regina e che questa tra­ smetteva al fratello. Rare e quasi sempre insignificanti le lettere di Ferdinando; poche le minute di Leopoldo. Circa l’intimità del carteggio, M aria Carolina non aveva mancato di avvertire l ’Im peratore, prima ancora di toccare il suolo del Regno, da Roma, il 22 aprile: « Je vous prie, toutes les fois que vous m ’écrivez par courrier, que ce sorte avec deux lettres, une ostensible à mon mari, avec mon adresse, l ’autre simplement sur l’adresse une croix dessus, qui me sera remise avec sûreté. Pardonnez cette seccatura à ma sûreté et liberté de pouvoir mieux écrire et vous ouvrir mon coeur, et recevoire vos sincères nouvelles, réciproquement nos lettres seront brûlées, et moi j’y serois très exacte ». Prom essa quest’ultima verisimilmente mantenuta: a Napoli non esiste, di questo periodo, che una sola lettera di Leopoldo in un fascio della Segreteria degli Esteri fé per essa cfr. S i m i o n i cit., p. 419) [una scelta è pubblicata qui in fondo, pp. 279-299]. 11 Per i rapporti tra il Regno e l’Oriente dai Normanni agli Aragonesi G . M. M o n t i , I l Mezzogiorno d ’Italia e il Levante Mediterraneo nel Medioevo, in II Mez­ zogiorno d ’Italia nel Medioevo, Bari, Laterza, 1930 (cfr. Td ., Contributi recenti alla storia dei rapporti fra il Levante Mediterraneo e il Mezzogiorno d ’Italia, estr. da Annali Seminario Giur. Ec. R. U niversità di Bari, Bari, Cressati, 1933). Le idee dell’A ., riespresse in successivi lavori, sono state da ultimo ripetute nella più com­ piuta sintesi (giunse al crollo della Monarchia borbonica) L ’espansione mediterranea del Mezzogiorno d ’Italia e della Sicilia, Bologna, Zanichelli, 1942.

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e nuove forze si scontravano in un intreccio straordinario di interessi europei. Vi sono presenti un p o’ tutti, dagli ambiziosi monarchi dell’Europa centro-orientale a Londra, vigile sugli estesi interessi egemonici e com­ merciali, alla Spagna in cerca di appoggi o di nuovo lustro in Europa. E il Regno è a due passi, proteso nel Mediterraneo a sorvegliarvi le rotte e a scambiarvi le merci. È naturale che tutto ciò dovesse scaldare la testa ai diplomatici na­ poletani trovatisi a contatto di quel mondo in movimento; ma se si pensa agli sforzi, coronati da successi molto più modesti di quelli previsti, so­ stenuti da Austria e Russia che una guerra logoratrice impegnò a lungo, si troverà ancor oggi saggia e coerente la politica del Caracciolo alieno dall’immischiarsi nell’avventura b ellica.12 Fu politica di potenza di second’ordine, il cui tono può esser dato dalle preoccupazioni che passano nella corrispondenza dell’Acton col Serracapriola in sul finire dell’ ’87 : adesso che siamo di nuovo all’urto in oriente, il governo è nella necessità di rispondere con calore agl’inviti pietroburghesi, sì che una lentezza male interpretata non possa togliere alle Sicilie nuove possibilità commerciali e, perché no? territoriali, ma con cautela altresì, perché passi avventati non arrechino guai seri con la Porta, con cui sarebbe poi un peccato guastare i buoni rap p o rti.13 E fu forse effetto del contrasto tra le modeste possibilità in cui ve­ deva confinata la sua azione, già così bene avviata con la conclusione di un trattato commerciale con la Russia nel principio dell’ ’87, e l’insoddi­ sfatta brama di muoversi in una sfera più ampia, quanto il Serracapriola lasciò scritto di una sua parte avuta nei negoziati di pace tra Russia e Svezia e di incarichi affidatigli dal Potemkin circa gli affari di P o lo n ia.14

12 M . S c h i p a , N el Regno di Ferdinando IV Borbone, Firenze, Vallecchi, 1938, Parte I I : I l Ministero Caracciolo, cap. V e Appendice. E adesso v., per le velleità espansionistiche pattenopee nel prossim o oriente, G . M . M o n t i , L a sovranità na­ poletana sulla Chimara e un tentativo di Ferdinando I V di Borbone, in Riv. d ’Al­ bania, I I , fase. IV (1941). 13 A .S.N ., E st., St. 214, f. 92. E cfr. Caracciolo a G allo, 11 novembre 1787, in S chipa , p. 266. 14 L ’affermazione è riferita da B. C r o c e , che al Serracapriola dedicò un lucido saggio, in Uomini e cose della vecchia Italia, Bari, Laterza, I I , pp. 196-97. M a nella corrispondenza diplomatica conservata in A .S.N . {E st., 1675, 1676, 2329, 4216, 4217, cit. St. 214, 92), il ministro napoletano parla delle trattative di pace con Stoccolma, condotte dall’ambasciatore di Spagna Galvez, in termini tali che escludono qualsiasi

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E fin qui nulla di male. Tuttavia avrebbe potuto avere, a volte, quella politica un senso più alto della propria dignità e indipendenza. A chi si debba far risalirne la colpa già sappiamo, e meglio rivelerà questa corrispondenza, quando, tra non molto, vedrà la luce. Che molte cose fossero cambiate in Europa e che il Regno dovesse oramai far leva, nell’estendersi dei suoi interessi mediterranei, sull’ami­ cizia dell’Austria non era sfuggito al Caracciolo, che pure aveva avuto co­ stantemente presenti nella politica estera del suo sovrano « li riguardi, li rapporti ed il legame naturale con gli altri Rami della... Reai famiglia ». Al Gallo egli aveva scritto, nell’aprirsi delle ostilità in oriente, dell’« ani­ mo del Re propenso al possibile di prestarsi all’amicizia ed unione con le Corti Imperiali; e potete esser certo — aveva aggiunto — che codesta [Corte di Vienna] fa la base di questa idea, mentre quella di Russia è un accessorio dell’altra nel nostro sistema » . 15 Naturale quindi e giove­ vole al prestigio napoletano che, estesasi la guerra anche all’Austria, l’internunzio cesareo affidasse all’ambasciatore francese la protezione dei sudditi imperiali e al ministro delle Sicilie quella dei sudditi to scan i.16 Ma quando, apprestandosi a lasciar Costantinopoli, espose non senza ti­ tubanza a Guglielm o Ludolf, che vi rappresentava da molti anni Ferdi­ nando IV , un suo pensiero di « far merito » al figlio di questo Costantino con « una corrispondenza segreta fra lui e il Signor Conte Cobenzl sulli seguenti punti, principalmente degli armamenti e vertenze della Porta, degli andamenti dei Ministri d ’Inghilterra e di Prussia, come ancora dell’altro di Svezia, ... e finalmente delle occorrenze interessanti la Re­ pubblica di Venezia », si sentì rispondere di essere stato prevenuto dallo zelo di S. M. Siciliana, che « col fine indicato di tenere S. M. Cesarea in giorno di queste occorrenze, già colla gran mente sua proveduto avea, disponendo che tutte le notizie recondite, tali quali — proseguiva il Ludolf — da me si partecipano a V. E ., anche da me comunicate si fussero al Marchese di Gallo, come fin qui fatto avevo e continuato averei di fare » . 17 Quanto poi fosse sollecito il Gallo a tutto comunicare sua partecipazione ad esse, sotto qualunque forma; e dalla stessa corrispondenza non è confermata alcuna sua missione a Varsavia nel 1791, dove quell’anno il Serracapriola fu soltanto di passaggio di ritorno da Vienna. 15 S c h i f a , Appendice, pp. 266-67. 16 A .S.N ., E st., 2311, Costantinopoli, 11 febbraio 1788. 17 Ivi, Pera, 16 febbraio 1788. V ., ancora ivi, N apoli, 25 settembre, Portici, 30 ottobre 1787, gli ordini passati in proposito al L udolf e al Gallo.

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alla cancelleria austriaca potè bene constatare il Serracapriola durante la sua permanenza a V ien n a.18 Messesi così le cose, si spiega come anche Pietroburgo, svanito un più apprezzabile aiuto da parte di Napoli, potesse spingersi, a volte, a mettere in serio imbarazzo quella corte, come quando pretese di far giun­ gere a Costantinopoli, sotto veste di corriere di gabinetto di Ferdinando, una sua persona fidata che avrebbe dovuto incontrarvi l ’incaricato di Sassonia Hubsch, corrispondente e banchiere della Z arin a.19 Ma sarebbe d ’altra parte erroneo ed ingiusto misurare da questi par­ ticolari la politica che permise ad uno stato in via di consolidamento all’interno e all’estero di veder pregiato un intervento per la pace dalle grandi potenze che si erano furiosamente battute in un campo non lon­ tano dai suoi interessi. L ’ora di Napoli sembrò scoccata quando la po­ tente Caterina, per « il gran prezzo » da lei dato « all’opinione di S. M; il Re delle Due Sicilie », incaricò il proprio rappresentante presso Ferdi­ nando IV « di fargli ravvisare le di Lei proposizioni per la pace sotto il loro vero punto di vista » . 20 Un mese dopo l’intervento napoletano presso la Porta perché questa aderisse a trattative dirette con Pietro­ burgo era esplicitamente chiesto. Tra il 1790 e l’anno successivo si svolse una mediazione napoletana tra Russia e Turchia che avrebbe potuto dare molto onore alla diplomazia partenopea, se la situazione internazionale e soprattutto i troppi riguardi verso casa d ’Austria le avessero lasciato maggiore iniziativa. Di essa non occorre qui ripetere quel che fu detto sulla base di un intelligente esame dei documenti napoletani più signifi­ cativi. 21 Alla fase finale di quel tentativo si riferiscono le lettere della Regina all’Imperatore che parlano di Oriente. Aveva ben ragione Maria Carolina d ’inorgoglirsi col marchese di Gallo: « E t quand il y a six ans encore le nom du roi de Naples était ignoré et tout au plus regardé comme un vice-roi envoyé de l’Espagne et une province dépendante, il joue le beau ròle avec gioire et honnéteté, 18 C o r t e s e , Mediaz. cit., p. 25. 19 A .S.N ., Est., 2 3 11, Caserta, 17 febbraio 1789, 20 A .S.N ., E st., 1676, N apoli, 18 aprile 1790. Sui rapporti Sicilie-Russia nel precedente decennio v. adesso, oltre S c h ip a cit., G . M . M o n t i , L a dottrina dell’abate G aliani sulla neutralità e l'adesione di Ferdinando IV alla lega dei neutri, M ila n o , I.S .P .I., 1942, pp. 17-25. Alla lega dei neutri, bandita dalla Zarina nel 1780, il Regno di N apoli aveva aderito con formale trattato il 10 febbraio 1783. 21 C o r t e s e , L a mediaz. c it.

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cela serait bien agréable et glorieux » ; ché anche il ministro sardo a N a­ poli scriveva quello stesso giugno del probabile rassodarsi per l ’Acton dell’« opinion qu’il a donnée de lui à différentes Cours de l’Europe ». E nell’agosto aggiungeva cose molto promettenti circa « la confiance du Grand-Seigneur dans l ’équité de S. M. Sicilienne, ... la paix entre ces deux Puissances [R ussia e Turchia], et la gloire de l’avoir moyennée » spet­ tante « à une troisième à laquelle on n’avoit guère pensé ci-devant » . 22 Anche quando la missione Fawkner presso la Zarina ebbe avvici­ nato Berlino e Londra, sostenitrici della Turchia, a Pietroburgo,23 e ga­ rantito la partecipazione all’accordo della Porta, ed a Costantinopoli, d ’altra parte, si cominciò a sussurrare della decisione « d ’intavolare la ne­ goziazione direttamente colla Russia », secondo i costanti consigli del Re di Napoli, nelle due capitali si continuò a fidare nella parte disinteres­ sata e leale di quest’ultimo. « Il momento è infinitamente favorevole se le risposte di V. E . pervenirmi potessero adesso. Spero che non tarde­ ranno e che certamente decideranno di tutto, se l’Imperatrice vorrà ap­ profittarsi d e’ buoni officj del Re Nostro Signore e spiegarsi definitiva­ mente » scriveva il L u d o lf.24 Le cose si erano in fondo messe così come le vedeva un osservatore attento, l’ambasciatore sardo: « Le même Ministre [A cton] a reçu des lettres de Pétersbourg qui parlent d ’un courrier expédié à Constantinople par Mr. Fawkner avec l’ultimatum qu’il avoit reçu de la Chanchellerie Russe, auquel ce Ministre Anglois sollicite le Divan de souscrire. La ré­ ponse que la Porte voudra faire à cette communication ne peut arriver à Pétérsbourg que longtemps après l ’exprès que l’on y a expédié d ’ici le 10; et comme l ’Impératrice aura trouvé alors dans les propositions que S. M. Sicilienne a été authorisée à lui faire tout exactement ce q u’Elle a de­ mandé, la gloire d ’avoir pacifié l ’Europe ne pourra plus être disputée au

22 A .S.T., Lett. min., m. 36, Castellalfer a d ’Hauteville, N apoli, 16 giugno 1791; Castellalfer al Re, N apoli, 21 giugno e 16 agosto 1791. Sintomatico, per l ’idea assai diffusa della pieghevolezza napoletana verso Vienna, che il diplomatico piemon­ tese fosse convinto che la proposta della mediazione siciliana fosse partita da Leo­ poldo pochi giorni prima che il cognato e la sorella lasciassero Vienna. Il che, ab­ biamo visto, non risponde a verità. 23 I rapporti della R ussia con Prussia ed Inghilterra in A. B r ü c k n e r , Cate­ rina I I , trad. it., Milano, V allardi, 1889, pp. 550-59. 24 A .S.N ., E st., 238, Pera, 15 agosto 1791; 2329, Pietroburgo, 16 agosto 1791.

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Roi de Naples et au Ministre qui justifie si bien la confiance et la faveur dont son Maître le honore ». 25 Ma allora la situazione era stata già irrimediabilmente compromessa da un colpo di testa del Gallo, che, incontratisi a Vienna i corrieri da Pietroburgo con la notizia della nuova iniziativa anglo-prussiana, e da Napoli con le carte del Ludolf contenenti l’adesione turca alla mediazione siciliana inviate precipitosamente dall’Acton al Serracapriola, stimò, « incoraggito per l’approvazione di altri [ l ’Im peratore], cui domandò, non fidandoli della sola sua intelligenza », inopportuno, nelle mutate circo­ stanze, far proseguire per la loro destinazione i dispacci del suo governo, che invece rimandò in dietro.26 In realtà egli era stato uno strumento nelle mani dell’Imperatore, cui conveniva che la pace turco-russa passasse per Berlino, adesso in buoni rapporti con Vienna e capace di infrenare le ambizioni della Zarina. 27 25 A .S.T., Lelt. min., 36, Castellalfer a H aut., N apoli, 23 agosto 1791. 26 A .S.N ., E st., 69, Vienna, 18 agosto e 29 settembre 1791 (e cfr. C o r t e s e , pp. 21-22). 27 Cfr. C o r t e s e , p. 27. A ttraverso una serie di trattati tra Berlino, Londra e l ’A ia una triplice alleanza si era costituita sin dal 1788. D a essa, cui a un certo momento si pensò di opporre una quadruplice tra Russia, Austria, Francia e Spagna, si proponeva di trarre grandi vantaggi per il suo sovrano, in un piano farraginoso, il ministro prussiano Hertzberg. M a egli era un ben mediocre discepolo del grande Federico, proprio come i generali che avrebbero fatto di lì a non molto le loro infelici prove contro le armi della Rivoluzione. Tuttavia l ’opposizione prussiana ebbe effetti incalcolabili sullo sforzo austriaco di aprirsi un varco nei Balcani: dopo che, al principio del 1790, Federico Guglielm o I I ebbe stretto col Sultano un trat­ tato di alleanza offensiva e difensiva a garanzia dello status quo contro le due corti imperiali, con l ’impegno di entrare in campagna per la primavera dell’anno succes­ sivo, a Vienna, minacciata direttamente nei suoi domini, non restò che pensare se­ riamente alla pace. Fu questo, è noto, il programma, chiaro e ponderato, di Leo­ poldo I I , che si avvicinò alla Prussia a Reichenbach (luglio 1790) e strinse pace col Sultano a Sistow a (agosto 1791). M a fu anche il crollo del grande piano giuseppino, e come il soffocamento dell’opera stessa del principe Eugenio, che aveva get­ tato all’avvenire austriaco nel sud-est basi sì splendide. Alle rinunzie germaniche seguivano, altrettanto dolorose, quelle balcaniche, a tutto vantaggio di un ’altra forza giovane e irruente, la R ussia! ( « L e grand dessein » di Hertzberg in A . S o r e l , L ’Europe et la Révolution française ” , I, Paris, Plon-Nourrit et C.ie, 1926, p. 523 sgg.. Sulla questione d ’Oriente, limitatamente al sec. X V III, A. S o r e l , L a Question d ’Orient au X V I I I .e siècle, Paris, 1878, e per l’ultimo secolo e mezzo, J . A n c e l , M anuel historique de la Question d ’Orient (1792-1930), Paris, Delagrave, 1930. Tra

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Le carte di Costantinopoli avrebbero poi, con quanto ritardo! ri­ preso la via di Pietroburgo il 30 agosto; e all’Acton non sarebbe restato le trattazioni complete, a tacere delle due vaste storie dell’Im pero Ottom ano di J . W. Z i n k e i s e n (G otha, 1840-1863) e di N . J o rga (G otha, 1908-1913), E . D r i a u l t , L a question d ’Orient depuis ses origines ju squ ’à la paix de Sèvres ', Paris, Alean, 1921; A. P e r n i c e , Origine ed evoluzione storica delle nazioni balcaniche, Milano, Hoepli, 1915; F. C o g n a s s o , L a questione d ’Oriente. I. Dalle origini al Congresso di Berlino, Torino, ed. de L ’Erm a, 1934. In particolare per l ’Austria A. B e e r , Die orientalische Politik Oesterreichs seit 1744, Leipzig, 1833). In M aria Carolina operava invece la coscienza, costante e vivace, di un peri­ colo prussiano per la sua casa: « J ’espère que les T urques, mais surtout les puis­ sances qui les dirigent, entendront raison, et que vous pourrez suivre tranquillement vos vues paternelles et bienfaisantes dans votre vaste monarchie », aveva scritto in questa stessa corrispondenza il 4 giugno; e, con un tono che tradisce un’animosità alimentata dall’infanzia: « V ous m ’annoncez l’entrevue du R oi de Prusse et de l’Électeur de Saxe: je suis sûre de votre pénétration, que vous les ausnehmen à fond, enchanterez, et que votre vérité et probité vous les dévouéra; m ais pardonnez à mon vif intérêt de raisonner politique: est ce qu’on voudrait vous éloigner de la Russie, ne seroit-ce point un art de la Prusse pour éloigner, et puis se lier avec elle? pardonnez le soupçon à mon impolitique, mais qui craint le peu de sincérité de la Prusse » (a Leop., 12 luglio); « c’est le Cabinet, Ministère, N ation, c’est le fonde­ ment de leur [dei Prussiani] grandeur appuyé, fondé sur l ’abaissement de la Maison d ’Autriche; ces sentimens sont inchangeables et seront toujours les mêmes. Il faut espérer que les circonstances ne leur permettront point de rien faire... » (alla figlia imperatrice, il 22 aprile 1794: H aus Archiv, Sammelbànde, 158). Cfr. ancora Corresp., I, p. 221. A tanto calore era già molto se Vienna rispondeva con un cenno del capo. V ista dall’alto del trono imperiale, la parte di N apoli in quelle trattative, che tanto simpatica impressione aveva suscitata nel ministro piemontese, doveva sembrare più che secondaria, se nessuna allusione ad essa è nelle lettere di Leopoldo alla Zarina (edite da A. B e e r : L eopold I I , Franz I I und Catharina. Ihre Correspondenz, Leipzig, Duncker-Humblot, 1874). A ll’opposto alla potente alleata il 13 agosto 1791 Leopoldo così esprimeva il suo compiacimento per la piega che ave­ vano assunta i negoziati: « J ’éprouve une bien douce satisfaction en félicitant Votre M ajesté Impériale sur la glorieuse issue de Ses dernières explications avec les cours de Londres et de Berlin, qui lui assure une paix aussi avantageuse que prompte avec la Porte. Mon voeu le plus ardent a été rempli en l’aprénant dans le même instant, où je lui annonce la conclusion de ma paix, bien éloignée d ’être aussi bril­ lante, toute fois meilleure encore que les circonstances ne le prom ettaien t» (p. 151). E v. ancora ivi, p. 214 (Analecten), in una lettera alla sorella Cristina, il tono di superiorità assunto verso M. Carolina dal futuro imperatore sin dall’epoca grandu­ cale: « L a Reine continue toujours à avoir la même amitié et confiance en moi, je ne puis que me louer de son amitié de toutes façons. J e tâche tant que je puis de la conseiller, avertir etc., mais quelque fois, vu sa vivacité, je viens trop tard » (4 giugno 1789).

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che piegare il capo davanti alla fatalità delle circostanze che mettevano improvvisamente da parte il suo sovrano nella conclusione della pace che questi si era adoperato a preparare. Erano poi mal fondate le spe­ ranze riposte nella partecipazione napoletana ad un congresso per la pace, partecipazione che avrebbe dovuto salvare il decoro e gl’interessi com­ merciali delle Sicilie nel Mar N e r o .28 M a da parte di Maria Carolina era effetto d ’incoerenza il deplorare il « pas de clerc » del suo ministro a V ienna.29 Chi aveva ripetuto all’Im ­ peratore sino alla noia: « mon motif principal, comme aussi celui du Roi, a été l’espérance de vous rendre par là service et pouvoir vous être utile... Je voudrais bien savoir ce qui est à vous le plus agréable, le plus utile et qui vous convient le mieux, pour nous régler selon cela, étant notre pre­ mier et unique objet dans toute cette affaire »? Chi gli aveva confessato di aver messo la propria diplomazia al servizio degli interessi austriaci? « Vous ordonnerez à Gallo ce qu’il doit faire ou écrire, tant à Pétersbourg, Constantinople que Naples, pour que tout aille au gré de vos souhaits; trop heureux si dans la moindre chose nous pourrions vous rendre ser­ vice, quand nous le désirerions pouvoir le faire en tout au prix de tous les sacrifices » ; Ludolf « a toujours fait sentir par discours et par des mémoires... au Reis Effendi combien peu il peut se fier aux trompeuses promesses de la Prusse: c’est ce qu’un Ministre Napolitain peut penser et insinuer » ; infine « quand le courrier passera à Vienne de retour de Pétersbourg, vous le saurez, y adjoindrez vos lumières, conseils, mais surtout bien sincèrement ce qui vous est agréable, pensant toujours que je n’ai entrepris ou prié mon cher mari d ’entreprendre cette affaire que par l’espoir de vous être utile, beaucoup plus que par l’idée de la gloire ». * Chi aveva ribadito a Gallo, senza possibilità di equivoci, questi stessi concetti, dopo averlo messo, alle dipendenze dell’Imperatore, al centro delle trattative, dalle quali veniva sempre più escluso il Serracapriola, che la sospettosissim a donna sapeva poco incline a sottostare ai cenni di Vienna? 31 28 A .S.N ., E st., St. 214, 92, minuta s. d.; 4216, a L udolf, 1° settembre 1791; a Serracapriola, 30 agosto e 13 settembre 1791; risp. del Serracapriola il 4 e il 18 (quest’ultima in f. 2329). 29 A Leop., 30 agosto. 30 A Leop., 14 e 16 giugno. 31 « ... Mon premier but, celui qui m ’y a le plus intéressée, est de rendre service à mon cher et adoré frère l ’Empereur, pour le quel je donnerais, et avec plaisir mon

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Ancora una volta quella via non poteva portare che alla parte assai tenue di informatori, che riusciva intollerabile a Maria Carolina dopo le speranze concepite: « L ’Impératrice se tiendra à la Prusse et Angleterre, mais nous aurons rempli la commission du Turque à nous affidée; ce qu’après l ’Impératrice nous fait insinuer d ’appuyer et sonder comment sont prises les offres de la Prusse et Angleterre, c’est ce que nous ne ferons point sûrement, et jamais que pour votre service seul nous jouérions ce vilain et petit rôle » . 32 E in fondo, a cose fatte, la condanna dell’operato del Gallo veniva piuttosto da Ferdinando che dalla moglie, la quale, complice, in questa faccenda dell’ambasciatore, si mostrava adesso propensa a compatirlo: « il devoit expédier selon l ’ordre reçu le courrier à Pétersbourg, et puis écrire et raisonner; il aura la tête lavée; j’en suis fâchée pour lui, car il s ’en désolera. Mais le Roi en a été furieux, est revenu tout de suite de Belvedere où il étoit allé le jour avant, et a exigé dans l ’instant la réexpé­ dition en Russie de façon que j ’ai renoncé au dîner pour pouvoir / • « ecnre ». D ’altronde oramai lo scenario cambiava rapidamente dovunque. A p­ pena qualche anno dopo sarebbe parsa vecchia di decenni la proposta del Ludolf di un trattato di commercio con la Polonia; 34 e la diplomazia napoletana si sarebbe prefissi fini modestissimi tra il mantenimento dello status quo nei Balcani, affidato soprattutto allo spirito di moderazione dell’Austria, « quale forse — scriveva il Ludolf — ha riconosciuto con sang. J ’ai toujours cru qu’il était de son service q u ’une Cour à lui amie et devouée fût dans cette affaire, et c ’est qui encore plus que la gloire m ’y a engagée. Ainsi vous verrez ce qui lui en parraît de tout ceci... V ous écrirez à Serra-Capriola comme nouvelle et gazette ce que l’Em pereur vous dira et que vous jugerez prudent et à propos de confier à Serra-Capriola ». Corresp., I, pp. 23-24. 32 A Leop., 30 agosto. 33 Ivi. 34 A .S.N ., E st., 238, Pera, 18 dicembre 1790. « ... Convenienza e... utile... vi sarebbe... di aggiungere al Trattato di Commercio già esistente tra la M. S. e la Corte di Pietroburgo un altro con la Repubblica di Polonia. Quello colla Russia ci offre il ferro, le ancore, i cannoni, etc., lavori di Tuia e di M oscow. Quello colla Polonia i legnami d ’ogni sorta di costruzione e di alberatura, il canape, le tele, ecc., articoli di prim a necessità e di somma importanza per la Reai Marina, ... e quali certamente si avranno a molto miglior conto che se venissero trasportati dal Nord, vista la facilità del trasporto e la brevità della navigazione, a cui maravigliosamente si presta la posizione delle D ue Sicilie, i di cui prodotti, come sarebbero gli ogli, i vini, ecc., promuover potrebbero un cambio vantaggiosissimo ».

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molta saviezza l ’inutilità di ulteriori conquiste sopra questo Impero » , 35 e i solleciti avvisi alla Russia sulle insidie franco-turche.36 I piani orien­ tali svaporavano in un orizzonte di nuvole fosche prima ancora che le tragiche vicende del 1798-99 avessero portato al sacrifizio inonorato e infecondo della recente flotta di Napoli! 37

In una corrispondenza tenuta tra le ansie, le amarezze, i calcoli e le menzogne diplomatiche di Varennes, di Pillnitz, nel rapido mutare dell’atteggiamento austriaco di fronte alla Rivoluzione dalla circolare di Padova del 6 luglio al riconoscimento dell’ambasciatore francese a Vienna e alla controcircolare del 12 novembre che aggiornava sine die il già pro­ gettato congresso delle potenze, l’interesse predominante sarà dato dalle cose di Fran cia.38 Sono in gioco la sicurezza di Luigi XVI e di Maria Antonietta, e il 35 A .S.N ., E st., 2312, Pera, 18 e 25 maggio 1793. E v. la risposta da Napoli del 6 luglio 1793: « Savio è quello [p artito] che ha preso [la P o rta] di chiedere la garanzia delle sue Province di Europa alla Corte di Vienna; ma su di questo assunto E lla non deve interloquire, quantunque ha ottimo il passo, trattandosi di poter dispiacere a qualche Potenza amica. Naturalm ente l ’Im peradore avrà comu­ nicata una tale richiesta alla Corte di Londra, colla quale va a legarsi strettamente, e non darà risposta se non dopo averla concertata col G abinetto di St. Jam es. In ogni circostanza però, premendo sommamente a S. M . che resti la Porta tranquilla e riacquisti, mercè la pace e proprie misure, un grado di potenza da potersi opporre in appresso a chi volesse attaccarla, procuri V. S. Ill.m a di mantenere cotesto M i­ nistero in tale disposizione, evitando però colla massima attenzione di dar luogo alla Corte di R ussia di diffidare della di Lei persona e molto più di dolersi delle di Lei insinuazioni ». 36 A .S.N ., E st., 4216, a Serracapriola, 2 dicembre 1793, e risposta da Pietro­ burgo, 7 gennaio 1794 (e per questo non m olto noto aspetto della politica estera della Rivoluzione cfr. E . D e M a r c è r e , Une am bassade à Constantinople: la politique orientale de la Révolution française (2 voli.), Paris, Alcan, 1927). 37 Sulla fine « della bella flotta, ... la maggiore fra quelle degli Stati italiani, ... che nella mente di M aria Carolina avrebbe dovuto essere valido strumento del Regno di N apoli nel Mediterraneo orientale » , cfr. P . P i e r i , L a distruzione della flotta na­ poletana (8 gennaio 1799), in Studi di storia napoletana in onore di Michelangelo Schipa, N apoli, I.T .E .A ., 1926, pp. 603-19. 38 Su uomini ed eventi della Rivoluzione cfr. adesso L . V i l l a t , L a Rivoluzione francese e l'Im pero napoleonico, trad. it., Torino, Einaudi, 1940, aggiornatissimo nelle dotte note sullo « stato attuale dei problemi ». « La Costituzione del 1791 » a pp. 97-165.

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prestigio, il destino stesso dei regnanti! Cose che non potevano non pas­ sare vivacemente in un animo di una sensibilità straordinaria come quello della Regina di Napoli. « Que Dieu en soit béni: elle est dans vos Ëtats et je suis tran­ quille », ha scritto appena ricevuta la falsa nuova della fuga all’estero della sorella e del cognato. « O ui, mon cher frère, comme une simple particulière malheureuse dans votre coeur et bonté l’asile est assuré, que n’est ce pour une soeur si fort à plaindre; enfin je bénis Dieu de les savoir sauvés, car si ils auroient été pris et arrêtés je m ’attendois à des scènes suivies atroces, à des procès, exécution, enfin à tout ce q u’un Barnave et gens de cette trempe étoit capable » . 39 E con slancio, qual­ che giorno dopo: « Les larmes sont coulées en voyant mon cher et honnête homme de frère, son âme bienfaisante et sensible — que vous m’êtes cher et précieux — par ses rares et incommodes qualités; Dieu vous bénira e : le respect, confiance et attachement de toute l’Europe s ’en suivra. Vous devez inspirer ces sentimens. Je vis sur les épines et attends continuellement un courrier qui me tire de l ’incertitude cruelle où je suis sur le sort de cette malheureuse soeur; cela me rends incapable de tout faire » . 40 D i lì a poche ore parlerà la sorella e la madre, nello strazio di una catastrofe che tutto sconvolge, piani politici ed affetti familiari: « Comme je plains ma pauvre et malheureuse soeur! si elle survit à ce coup, c’est inconcevable; privée, séparée de son intéressant enfant du Dauphin, cela aura été lui arracher le coeur. Je ne sais rien que des papiers publics; j ’ignore tous les détails, le comment de cette catastrophe, que l ’on annonce en vingt différentes manières, mais j ’avoue ou une pu­ sillanimité du Roi impardonnable, ou ils ont été trahis, et expressément laissés enfuir à cette distance, pour être dans le cas de ce décret signé par le malheureux Prince contre lui-même il y a deux mois, un de ces nombreux fatales décrets et motions. Je désirerois et frémis à savoir les infâmes détails: Barnave entré au milieu du Roi et de la Reine, les pauvres gardes enchaînés, enfin les cris, le train; cela fait frémir, et je suis étonnée qu’ils sont en vie. Au moins si notre malheureuse soeur avoit un homme vertueux, qui lui feroit offrir les tourmens et humi­ liations à l’Etre Suprême, elle pourroit amplement expier quelques légè­ retés de jeunesse, et se préparer à une félicité Éternelle, car sa vie après ces sortes de secousses, même naturellement et sans l’aide de ces misé­ 39 4 luglio. 40 12 luglio. 257

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rables, ne peut durer; elle me fait une pitié à n’y pouvoir penser sans pleurer. Je crois de sûr qu’ils ont été trahis, toutes les troupes aussi nulles; mais comment le risquer, si on n ’en étoit point sûr, cela ne se comprend point; enfin je souffre une peine de ce malheur, où je suis convaincue qu’il y a trahison, que je ne le puis décrire, quoiqu’on en parle et déraisonne depuis une année pour combiner la plus plate de toutes les idées. Enfin leur malheur l’a voulu; eux sont des êtres perdus, morts civilement, car si même leurs bourreaux les laissent vivre comme otages, ils ne seront jamais plus rien, et ma pauvre soeur est bien à plaindre; surtout actuellement qu’on lui a ôté son fils, sa passion, cette pauvre femme ne survivra point à ce coup; et elle me fait une pitié, que je donnerois de mon sang pour la délivrer, non pour la faire être Reine de France, mais pour lui faire terminer ses malheureux jours dans une abbaye retirée faisant du bien, et vivant montrant q u’elle a eu et a des sentimens honnêtes, et que, loin de ces âmes corrompues de cette infâme Babylone, elle est ce qu’elle a toujours été d ’éducation, principes, et ainsi finir sa vie en paix, que je crois ne durera plus longtemps, ces chocs surpassant la force humaine... Vous savez nos moyens; ils sont limités, mais comptez de sûr que nous ferons et mettrons de tout pour sauver, aider, servir ces pauvres Princes; ainsi vous devez calculer qu’en ceci comme en tout nous allons à vos trousses, et que, parens et alliés tant de fois, nous ne faisons en ceci comme en tout aucune démarché que celle que vous nous prescrivez, conseillez, ou autorisez. Vous ferez en ceci le rôle si conforme à votre coeur et âme de Sauveur des oppressés et de Bienfaiteur. Je vous assure, je désire et tremble de recevoir des nouvelles de cette infâme, perverse P a r i s » .41 E difatti il pensiero di quanto là, nell’infernale Babilonia, puo accadere non le dà tregua, mentre ella sente che l’avvenire è nero per tutti; « Je tremble pour le 14 Juillet anniversaire de la fédération, où on a fait si publiquement prier au Roi, que ceci, et ce papier qu’il a fait présenter lors de son départ, ne lui fasse mauvais jeu. À Naples tout le monde est consterné, et chacun voudrait donner des preuves de zèle et attachement: il faut conserver et ne point émousser ces précieuses qualités. N ous aurons plus de 30 mille François dans le Royaume; tous ne valent rien: amis de la constitution, parce que des misérables, ils croient devenir grands seigneurs; valets de chambre, coiffeurs, cuisiniers, gouverneurs, et un monde de petits et grands négociants; gens tous dangereux, tous fanatiques, et qu’il faut veiller pour q u’ils ne corrompent point par leurs discours les autres; cela est du plus dangereux exemple,

41 12 luglio. 42 16 luglio.

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et nous en ressentirons tous les contre-coups et effets de cette révolution, surtout si elle prend le pied q u’elle paroit menacer de prendre » . 42 Il 10 agosto, mentre vecchia e nuova Europa sono ai ferri corti, ella notera: « Il est à désirer que l ’affaire de la France s’apaise aussi; pour moi j ’en doute: le projet est, à ce que l’on dit actuellement, de porter le Roi à la frontière, lui dire qu’il est libre, lui présenter la Grande Charte à signer et lui dire: ou Roi en signant la Constitution, ou rien; et c’est ce q u’ils appellent liberté. Moi il paroit tenir le couteau sur la gorge... Il faut désirer que l ’assemblée entende raison, mais je ne prévois point comme cela peut bien finir; car ou la chose devient palliatif, et alors l’exemple est des plus funestes pour tous les Princes, et ce maudit esprit à peu à peu s’insinuera partout, car cette idée liberté sonne trop agréa­ blement aux oreilles d ’un chacun, et l’avoir vu que la force de la multi­ tude vainque est une mauvaise connoissance que le peuple a faite; ou il faudra venir à la force, et alors il est chaudement à désirer qu’elle fasse telle terreur q u’ils n’osent s ’y opposer. Car un succès des révoltés les rendrait indomptables; ... et cela est bien la cause de tous les Rois et Souverains ». Ma ella prevede la peggio per le teste coronate: « Je crains que le tout en restera où cela en est: le Roi signera, aura son titre, aucune puissance; et les peuples auront la preuve convainquante que leur volonté fait la loi et détruit les Empires les plus consolidés » . 43 Infatti: « Voilà l’affaire de France terminée, mais de quelle façon honteuse. Le Roi a accepté, sanctionné, écrit cette vile lettre, allé à l’assemblée: le Président assis au côté droit, tête couverte, jambes croisées; toute l ’assemblée assise, couverte; lui debout, récitant son sot compliment; il s’aperçut au milieu d ’une phrase q u’il étoit découvert et debout durant que l’assemblée étoit assise, couverte: cela l ’embarassa, il s ’assit, ôta son ordre, enfin fit toutes les viletés complètes. Il nous a fait l ’honneur de nous dépêcher un courrier en nous envoyant la nouvelle de cette heureuse affaire... Que dire d ’une pareille annonce? on ne peut s’en consoler, c’est se dégrader... À Naples toutes les têtes dangereuses rient de ce qu’il a dû passer par là, et cela sera toute part de même, et fera le plus mauvais effet » . 44 43 20 settembre. 44 8 ottobre.

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Rinunziamo per il momento a spigolar altro. Ma, a parte ciò, nessuna sorpresa ci riserbano queste lettere su con­ sigli o incitamenti, di cui tanto fantasticarono i contemporanei, da parte di Maria Carolina, da lontano ispiratrice, secondo gli uni, del convegno di Pillnitz, sostenitrice, secondo altri, prima della maniera forte e poi di più blando agire, nell’interesse degli stessi sovrani di Francia, presso il fratello Im peratore.45 Invece la Regina alla vigilia di Pillnitz aveva scritto: « Notre règle sera de vous suivre et dépendre en tout de vous, ... et parler toujours le même langage en petit de ce que vous en grand » ; 46 ed a quella linea si sarebbe attenuta un mese dopo, non lontana l’ora del riconoscimento da parte di Leopoldo della nuova situazione creatasi in Francia: « Nous sommes à attendre vos ordres et direction, prêts pour la bonne cause à faire tout, comme aussi à nous tenir tranquilles » . 41 II tono è di chi è consapevole della vanità delle recriminazioni, soffocate nell’anima, quando ella scriverà, il 1° novembre: « Si cette fatale Con­ stitution s’affermisse, tout le monde s ’en repentira: il est vrai qu’il est difficile que des extravagances en tout genre comme eux font puissent durer... C ’est pour tous les Souverains une cruelle époque! Je vois que vous pensez ne plus agir, croyant le Roi libre; mais il s’est dit de même huit jours avant sa fuite, et le manifeste laissé l ’a démenti... Je suis seulement fâchée que l ’on a tant menacé, parlé. Car cela rend le parti mauvais plus hardi, et l’exemple des peuples de leur droit et force plus dangereux pour tous ». Del resto cosa volete che potesse dire la Regina di Napoli, quando già Gallo aveva trasmesso un certo quadro della pessima accoglienza fatta dal Kaunitz allo zelo del ministro di Svezia, costretto a rispedire, « carico di maraviglia », il corriere, dopo essersi sentito rispondere « che se aveva a trattare affari di Francia bisognava andare a Parigi, perché gli affari di Francia si fanno là e non a Vienna; ... che i Sovrani prudenti che vo­ levano prevenire il male in casa loro si studiavano di occuparsi di met­ tere buon ordine nell’interno »? 48 Non era forse un’oltraggiosa testimo­ 45 V. S i m i o n i , pp. 390-92. 48 10 agosto. 47 13 settembre. 48 A .S.N ., E st., 69, G allo ad Acton, Vienna, 10 ottobre 1791. E cfr., in Quellen zur Geschichte der Deutschen Kaiserpolitik Oesterreichs während der Französischen Revolutionskriege (ed. A. v o n V i v e n o t ) I, Wien, Braumüller, 1873, pp. 285-86, le riflessioni del principe di Kaunitz (novembre 1791): « Si elle [la costituzione fran-

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nianza dell’indifferenza che pesava su Napoli in sì gravi momenti la pre­ senza stessa dell’inetto ambasciatore cesareo principe Ruspoli, buono a sbalordire col fasto della sua casa in occasione di cerimonie di etichetta, ma assolutamente nullo negli affari politici? 49 Oramai a Vienna si era sulla via degli accomodamenti e delle cor­ tesie: l ’ambasciatore di Francia faceva larghi inviti « per un gran pranzo di formalità » al corpo diplomatico e alle cariche di corte, cui rispon­ deva l ’ambasciatore di Spagna, accettando non solo, ma ricambiando; ed il povero Gallo, privo di istruzioni, era messo nell’imbarazzo di cercar pretesti per schermirsi, « sebbene io preveda benissimo — si affrettava a soggiungere — quale sarà il contegno e la risposta che adotterà il Re Nostro Signore colla Francia e coi suoi rappresentanti » . 60 Il ministro napoletano avrebbe continuato a darsi un gran da fare per chiarire quale fosse « la maniera di pensare » della corte presso la quale risiedeva, soprattutto quando si fu manifestato dissenso sugli affari di Francia tra i gabinetti di Vienna e di Pietroburgo, ad evitare che il suo governo potesse « ritrovarsi in qualche incertezza nelle misure da prendersi » . 51 E siccome bisognava pur prendersela con qualcuno, gli sfoghi verbali di Maria Carolina si sarebbero diretti alla condotta « vraiment méprisable » dell’infelice Re che aveva subito la costituzione: « il est vii, poltron et parjure, et ne mérite pas d ’ètre dans le rang où il est ». Così nella familiare corrispondenza con Leopoldo: 52 di altri titoli gli sarebbe stata prodiga nei circoli di corte, sino a spingersi a proclamarlo,

cese] est mauvaise, elle ne l’est que pour elle ». Forse che il mal governo turco ha nociuto mai ai suoi vicini? G ià nel settembre, secondo l’importante testimonianza dell’ambasciatore sardo di Breme, il cancelliere imperiale si era francamente espresso contro l ’eventualità di uno sforzo delle potenze contro la Rivoluzione, « qui couteroit une mer de sang », senza che l ’Imperatore, tutt’altro che interessato al risorgere delle fortune francesi, potesse ritrarne sostanziale vantaggio. F. L e m m i , Diplomatici sardi nel periodo della Rivoluzione, in Mise, di St. It., I I I s., X IX (1922), pp. 146-47. 49 L a sua corrispondenza col Kaunitz in H .H .S.A .W ., St. K ., Neapel, f. 11. 50 A .S.N ., E st., 69, Vienna, 24 ottobre 1791. E gli del resto già sapeva che il suo sovrano si era « prescritta per modello la condotta della M. S. Imperiale in questi a ffa r i» (Vienna, 17 ottobre 1791). 81 Ivi, Vienna, 28 ottobre 1791. N el P. S. il G allo aggiungeva « v is t e e rifles­ sioni non sue » sull’interesse che aveva la R ussia a impegnare in occidente Svezia, Prussia ed Austria. « D el resto — concludeva — il partito qui è preso; e quanto a Francia non si farà mai nulla ». Cfr. ancora ivi, Vienna, 30 ottobre 1791. 52 8 ottobre.

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nella pubblica passeggiata di Portici, « un ivrogne » . 53 Altro non restava oramai che sperare in una fuga più fortunata di quella del giu gn o,54 o, più concretamente, venire incontro alle esigenze finanziarie degli illustri emigrati di Coblenza, i quali « de la manière la plus humble et touchante » avevano chiesto un milione di fiorini: la Regina al principio di novembre dichiarava al fratello di disporsi ad inviarne la metà; alla fine di dicem­ bre circolava insistente la voce a Napoli che già un milione e mezzo di lire fosse pervenuto da quella fonte ai principi. Nel dare alla cancelleria viennese queste notizie l’ambasciatore ce­ sareo aggiungeva, nella sua corrispondenza così spoglia di notizie di ri­ lievo, un particolare interessante: « D ’ailleurs la conduite de cette cour à l ’égard de la France est toujours exactement mésurée d ’après celle que tient l’Espagne » . 55 E d era vero, almeno per quel che pensavano il Re e l’Acton. Pochi giorni prima quest’ultimo si era infatti così espresso col Gallo: « Nella discordanza di pareri che vi è tra cotesta Corte e quella di Spagna sull’accettazione del Re di Francia della nuova Costituzione, interessa al Re di saperne la conciliazione per adattarvi le ulteriori de­ terminazioni, giacché obbligato dalle leggi del sangue e di Famiglia ad essere perfettamente di accordo in questo affare col Suo Reale Fratello, non può a meno di non seguitare le di Lui operazioni senza veder com­ promesso il suo decoro in faccia all’Europa tutta » . 54 Aveva pure scritto al Ludolf, l’8 ottobre, appressandosi alla fine questa fase della questione d ’Oriente: « Vien oggi riferito da buon ca­ nale che il Re di Prussia siasi dichiarato colle Corti di Londra e d ’Olanda ch’egli non può dispensarsi dal garantire al Turco non solo i confini sta­ biliti colla Russia, ma quelli altresì marcati nella pace colla Casa d ’Austria... 53 H .H .S.A .W ., St. K., Neapel, f. 11, Ruspoli a Kaunitz, Caserta, 31 dicem­ bre 1791. 54 A Leop., 8, 19 e 22 novembre, 6 dicembre. 55 Cit. disp. 31 dicembre. Per gli aiuti ai principi cfr. S i m i o n i , p. 396. Una lettera all’Acton del cav. de G uim ps, venuto a N apoli per tale m otivo alla vigilia del disperato tentativo di fuga dei reali di Francia, in data 28 maggio 1791, seguita da altra autografa del bar. di Breteuil, già ambasciatore francese presso la corte sici­ liana, del 23 aprile, è in A .S.N ., Casa Reale, voi. 102, ins. 4. 56 A.S.N ., E st., 69, al marchese di Gallo, 22 dicembre 1791 [cfr. qui p. 35], Ferdinando IV , che già aveva fervorosamente aderito alla circolare di Padova ( « Il est bien digne de Votre M ajesté... d ’accourir sans délai à l ’emploi des moyens les plus efficaces pour revendiquer la liberté du Roi très Chrétien, celle de Sa Fam ille et Son honneur surtout, avec lequel se trouve nécessairement compromis 262

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Non vi ha dubbio che questo atto sarebbe una sicurezza maggiore e un freno perché nessuno osasse invadere impunemente e per solo capriccio d ’ingrandirsi il territorio altrui al di là di quello che sarà fissato in questi ultimi trattati » . 57 Sappiamo bene cosa fosse la Spagna dei primi anni di Carlo IV per dare il giusto valore alle dichiarazioni d ’intransigenza di quella corte: un paese senza credito, senza truppe, senza alleati, preoccupato di ogni mossa dell’Inghilterra, la cui arroganza saliva a misura che l ’antico av­ versario, la Francia, cadeva.58 Questa inconsistenza, più che le vecchie animosità di corte, avrebbe reso inattuabile il piano dell’Acton da farsi tramite tra Madrid e Vienna, in un’intesa che desse al Mezzogiorno equilibrio interno e sicurezza sui mari, all’Italia garanzie sulle Alpi, ai grandi stati del continente respiro ed agilità nella lotta im m inente.59 celui de tous les Souverains » : H .H .S.A .W ., H aus Archiv, f. 20, N apoli, 15 luglio 1791), aveva poi mantenuto con l’imperial cognato un atteggiamento meno supino della moglie: « Non vi molasterò con ripetere ciò che da altrove e da mio Fratello specialmente vi sarà stato notificato; solo vi assicuro che unifor­ mandomi a quanto fin da principio m ’invitaste ad abbracciare nel partito e ri­ soluzione da prendere, ed unendomi a quanto di fermo e risoluto m anifesta Io stesso mio Fratello, sono determinato a non riconoscere ciò che per debolezza o violenza à sottoscritto lo sfortunato Re di Francia: posso dispensarm i di spiegazione ulteriore con quella Nazione. G allo vi dettaglierà, quando lo vogliate, quel poco che dirò o farò, ma il molto che sono risoluto fermamente a mantenere per non riguardare come am missibile una costituzione che per le basi e massime che pre­ senta nei studiati e strani diritti immaginati diventa ingiuriosa ad ogni Sovranità e tende a distruggere qualunque ordine stabilito per rovinare la pace e concordia da per tutto. Attendo perciò con ansietà il vostro sentimento in questo assunto, mentre son persuaso che penserete come me e mio Fratello ». E dopo la seconda circolare di Leopoldo del 12 novembre: « Vi assicuro che non posso vedere senza il mas­ simo rincrescimento che, portato a quel segno di entusiasmo disordinato tra tutte le classi di quella Nazione lo spirito di barbara anarchia e di sfrenata licenza, non siano per correrne risici evidenti tutti gli altri Governi e risultarne da per tutto minacciose conseguenze, se con fermezza e costante vigilanza non vi si oppongano serii ed efficaci ripari; che per ciò io attendo ciò che crederanno tutti di replicare sopra un oggetto di tanto interesse e di perverso esempio ». Ivi, f. 90, Portici, I o no­ vembre, Caserta, 6 dicembre 1791. 51 A .S.N ., E st., 4216, a Ludolf, 8 ottobre 1791. 58 Cfr. S o r e l , L 'E urope et la Révolution, I I , pp. 281, 292; J . B e c k e r , H istoria de las relaciones exteriores de España durante el siglo X I X , I, M adrid, Estableci­ miento Tipografico de J . Rates, 1924, pp. 8-9. 59 [v. qui p.' 310],

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Ciò tuttavia non sminuisce l’importanza del tentativo del governo napoletano di tessere, alla vigilia di una crisi paurosa, più ampiamente ad est e ad ovest, la tela del proprio destino. E il riferirsi alla rigogliosa forza di Berlino, che proprio in quegli anni veniva straordinariamente slargando i suoi interessi politici e commerciali (è del 1785 un trattato d ’amicizia e di commercio con gli Stati Uniti d ’A m erica),60 scavalcando Vienna, è veramente il profilarsi di una volontà di crescere in Europa. Ma purtroppo la diplomazia prussiana aveva già dato un giudizio im­ pressionante del grado d ’indipendenza del Regno: l ’anno precedente le trattative per l ’istituzione di ambasciate regolari nelle due capitali si erano arenate per un motivo, che, deplorava il Gallo, « non corrisponde punto all’opinione che dovea avere [Berlino] della nostra Corte, cioè la diffi­ denza d ’avere un ministro di S. M. durante la guerra [fra Austria e Prussia] che sembrava probabile e che adesso è s v a n ita » .61 (1945)

60 H a notevolissima importanza giuridica. Il suo testo, integralmente in G . F. Recueil des traités... depuis 1761 jusqu’à présent, IV , Gottingue, 1818, pp. 37-50, trovò posto per buona parte in K . S t r u p p , D ocum enti pour servir à l’histoire du droit des gens (2“ ed.), I, Berlin, Sack, 1923, pp. 104-111. 61 A .S.N ., E st., 69, G allo ad Acton, Vienna, 5 agosto 1790. [v. qui pp. 136-41].

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M a r ten s,

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II. La recisa affermazione del Bonnefons che a Napoli la lotta contro la rivoluzione francese s’impersoni in Maria Carolina, la quale con l ’in­ dole sua passionale crea e non subisce quello stato d ’animo ostile al giacobinismo da molti poi condiviso, contiene il fondo di verità dei tanti giudizi tradizionali non seriamente scossi dai tentativi di revisione critica.1 Ai due estremi di un lungo regno dalle vicende turbinose sono l’amabile fanciulla (poco più che una bambina inesperta, spaurita all’idea della nuova vita che l ’attendeva), destinata ad affiancare su un trono ambito un sovrano già rivelatosi d u n a educazione m anchevole,2 e la vecchia dama curvata dal dolore ancor più che dagli anni, segnata di tanta triste stanchezza, riapparsa a Vienna, nel tripudio delle vittorie antinapoleoniche, a riscuotervi il plauso dovuto all’ultima figlia vivente dell’indimenticabile Maria Teresa, all’accanita avversaria della rivoluzione.3 1 A. B o n n e f o n s , Marie-Caroline reine des Deux-Siciles, Paris, Perrin, 1905, sgg.. A ll’opposto cfr. adesso M. T e r e s a D ’A u s t r i a , Consigli matrimoniali alle figlie sovrane, a cura di A . F r u g o n i (Firenze, Le Monnier, 1947), che dalle molte migliaia di lettere della regina ritrovate da Egon Caesar Corti attende « una più giusta valutazion e» della sua figura (pp. 53-54): [v . adesso qui, I I I , n. 2 4 ]. 2 V. l’ammirato giudizio che di lei diede il diplomatico inglese H orace Mann, a Firenze, il 1768, nel viaggio della giovanissima sposa di Ferdinando IV , in J . A . v o n H e l f e r t . Zeugenverhör über M. Karolina von Oesterreich Königin von Neapel und Sicilien aus der Z eit vor der grossen französischen Revolution, estr. da Archiv für österr. Geschichte, L V I I I (W ien, 1879), p. 18. E cfr. ancora M aria Teresa im­ peratrice d ’Austria. Lettere ai figli, a cura di A . S p a i n i , Roma, Ediz. della bussola, 1944, pp. 212-14 e 253-63. 3 S . D i G ia c o m o , F ordinando IV e il suo ultimo amore, Palermo, Sandron, s. a., p. 74 sgg.

P. I l i ,

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i

Era già una sopravvissuta, prima che, da pochissimi pianta, prestissimo dimenticata, scomparisse dalla scena del mondo, dove aveva recitato una parte varia, complessa, fin dal principio discussa. E quella tomba, lon­ tana dal trono e dai figli, che si apriva ad accoglierne il corpo nell’austera quiete della Kapuzinerkirche, dov’ella aveva fatto attaccare, con com­ movente dedica, il suo ritratto in prossimità delle spoglie dei genitori, nella previsione che altro sepolcro l ’avrebbe accolta a Napoli, sembre­ rebbe simboleggiare la violenza con cui fu deviato l ’intero corso della sua vita. A mezzo del quasi semisecolare cammino, dopo i sinceri slanci in­ novatori che avevano distinto 1’« aureo regno » di Ferdinando, la rivo­ luzione francese, destinata a scuotere, quale apparve subito all’intuito della sorella di Maria Antonietta, tutti i troni della terra, fissò per sem­ pre il destino di lei, ne tramandò ai posteri, nel ricordo dei perseguitati politici e dei martiri, il nome. E d eccoci adesso di fronte forse alla migliore testimonianza diretta delle ansie e dei propositi della regina di Napoli nei mesi in cui gli eventi di Francia cominciarono ad attrarre con più forte intensità l’attenzione delle cancellerie europee. Siamo lieti di offrire agli studiosi, sciogliendo alfine una vecchia promessa, la parte più ricca di significato della cor­ rispondenza che Maria Carolina diresse al fratello imperatore per circa un anno, da quando si staccò da lui in Toscana di ritorno dalla natia Austria nell’aprile del ’91, agli ultimi giorni di vita di Leopoldo I I, spen­ tosi a Vienna il 1° marzo ’9 2 .4 Tanto più che, per la mancanza di do­ cumenti decisivi in proposito, molto buio ha avvolto finora gl’intenti e 10 stesso agire della corte di Napoli e di chi imperiosamente la domi­ nava, nel primo sgomento suscitato dalle nuove dell’estate 1791; e so­ prattutto sui rapporti diretti, affidati, come si sapeva, ad assiduo scambio epistolare, tra l’impaziente regina e l’imperatore le fantasie si sbriglia­ rono molto per tem p o.5 « L ’Empereur ne sait s’il fera la guerre; s ’il n’était pas empereur, 11 serait Barnave »: la sdegnosa espressione che, al termine di quell’anno di grandi attese e di molto movimento diplomatico sfumati nel nulla, si

4 [v. qui IV , n. 7 e V, n. 10]. 5 Cfr. in proposito A. S i m i o n i , L e origini del risorgimento politico dell’Italia meridionale, I, M essina, Principato, I, 1925, pp. 390-92. 266

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attribuiva alla regina, riassumeva, vedremo, se non altro, il suo pensiero.6 Due elementi sembrano fondersi in queste lettere, calde, come quante uscirono dalla sua penna irrequieta, di passione: il senso pessimistico delPavvenire e della propria impotenza di fronte a eventi straordinari e ad uomini posti dal destino a un’altezza, nel sentimento della regina, quasi irraggiungibile, e il senso di dedizione alla casa d ’origine. Forte senso di dedizione, espresso senza veli, senza cautele, fuori di ogni cal­ colo diplomatico, che vale a confermare un giudizio severo molte volte dato sulla scarsa attitudine di lei a difendere l’indipendenza dello stato di cui pretendeva dirigere la politica. Poiché non traspare da quelle fitte pagine, uscite spontanee sotto l’incalzare di angosce che non daranno più tregua al suo spirito esacerbato, l’intento di guadagnare, come pur potrebbe sospettarsi, con la remissività dei modi l’imperatore al proprio angolo visuale. Maria Carolina ha appena ribadito la sua fedeltà alla po­ litica viennese, che spunta, non più soffocato nell’intimo, il personale dissenso. Ma nessuna illusione è in lei di influire sul fatale corso degli eventi; c’è senso rassegnato di accettazione, c’è imbarazzo, timore di ur­ tare, di offendere dal posto di subordinazione volontariamente preso, l ’unico che le sembrasse naturale nei rapporti con l’imperiale fratello. « Enfin c’est le siècle qui court actuellement pour nous », scrive il 23 agosto; « il faut espérer que le papier publié [la dichiarazione di Pillnitz] fera son effet; moi je croi que le Roi [d i Francia] signera [la costi­ tuzione], et que tout en restera là; ... nous attendons donc sur cela, comme en tout, votre résolution et ordres; et, j ’avoue, je crains que le tout en restera où cela en est », così il 20 settembre; « on est ennemi, ami, uni, désuni, enfin cela ne s’entend point; ce qui est clair c’est le mauvais exemple pour tous les peuples », nota, con sgomento, ancora a proposito delle cose di Francia, il 19 novembre. I fieri propositi e il rumore d ’armi che sembrano diffondersi dall’un capo all’altro d ’Europa non la convincono: non crede al realizzarsi di alcuna intesa contro la Francia; non crede alla fermezza, alla coerenza di una politica spagnola; ma non crede neppure alla sincerità dell’alleanza austro-prussiana o austro-russa. Ella conosce, l ’ha conosciuto dall’infanzia 6 A. F r a n c h e t t i , Le relazioni diplomatiche tra la corte di Napoli e la Francia dal 1791 al 1793 (secondo i documenti dell’Archivio degli affari esteri in P arigi), in Riv. Stor. del Risorgimento Italiano, I (1896), p. 605: Cacault a de Lessart, 31 die. 1791. 267

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nell’ambiente fervido di tradizioni e di propositi dell’H ofburg, dove sem­ bravano confluire le vie dell’occidente e dell’oriente, quel mondo poli­ tico europeo in via di trasformazione; e rivive ora, con maturità di spi­ rito, il senso dell’incertezza austriaca alla fine di un secolo che ha visto crescere e poi arretrare, di fronte a difficoltà fattesi insormontabili, i co­ lossali programmi di grandezza trasmessi dal vecchio tronco absburgico alla giovane pianta lorenese, quel senso di scossa sicurezza di fronte a nuovi e più fieri vicini che non abbandonerà più la dinastia. Questo ha trovato espressione in una pagina quasi profetica di Maria Teresa il 1777: « ... le commerce sur la mer Noire je me doute fort que jamais nous pourrions le soutenir vis-à-vis des Français, Anglais et même Russes... Mais le partage de l ’empire turc serait de toutes les entreprises la plus hasardeuse et la plus dangereuse, par les suites qu’il y en aurait à crain­ dre. Que gagnerions-nous en poussant nos conquêtes, même jusqu’aux portes de Constantinople? Des provinces malsaines, sans culture, dépeu­ plées ou habitées par des Grecs perfides et mal intentionnés seraient plutôt capables d ’épuiser que d ’augmenter les forces de la monarchie. De plus le crédit que ma maison était toujours si jalouse de se conserver par sa bonne foi serait perdu à jamais, et c’est toujours une perte irrépa­ rable. Ce serait un événement plus critique encore que le partage de la Pologne, qui me tient toujours tant à coeur, plus avantageux à mes voisins redoutables qu’à ma monarchie... et, à moins d ’une fatale com­ binaison inévitable des circonstances malheureuses, je suis bien éloignée de me prêter jamais au partage de l’empire turc et j ’espère que nos neveux même ne le verront hors de l ’Europe » . 7 E adesso la regina non trova di meglio che mettere al servizio del vecchio augusto trono la diplomazia della sua nuova patria, dalla T o­ scana, ove Napoli era invece chiamata a contrastare il passo all’avanzata austriaca in Italia, a Costantinopoli: « Notre ministre [a Firenze] partira à la fin de novembre; je vous prie franchement de me donner vos ordres pour lui... et soyez persuadé que ceux qui servent à nous sont aussi à votre service, l’intérêt étant é g a l» (1° novembre); « s i les circonstances sont changées, ou vous [entrez] dans d ’autres traités, circonstances, de 7 Marie-Antoinette. Correspondance secrète entre Marie-Thérèse et le C.te de Mercy-Argenteau avec les lettres de M. Thérèse et de M. Antoinette... p a r A . d ’A r n e t h e t M . A . G e f f r o y , P a r is , F ir m in D id o t , 1874, I I I , p p . 99-100. E c fr . E. D r i a u l t e t M. L h é r i t i e r , H istoire diplom atique de la Grèce de 1821 à nos jours, I, P a r is , L e s p r e s s e s u n iv e r s it a ir e s , 1925, I, p . 26. 268

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façon à ne vouloir plus que nous allions de l’avant [nella mediazione tra Russia e T urchia], il faudroit nous l’a v ise r» (14 giugno); l ’ambasciatore napoletano presso la Porta « a toujours fait sentir... au Reis Effendi combien peu il peut se fier aux trompeuses promesses de la Prusse: c’est ce qu’un ministre napolitain peut penser et in sin uer» (16 giugno). Sarebbe difficile attenuare l ’impressione amara suscitata da simili espressioni, giustificare tanta assenza di prudenza, di dignità stessa in un campo così delicato quale quello dei rapporti internazionali, mentre poi la diplomazia napoletana era sotto la suggestione di quell’empito di vita che dall’interno rinnovamento si rifletteva nella politica esteriore. E il Gallo a Vienna, il Serracapriola a Pietroburgo o il Ludolf a Costan­ tinopoli potevano anche illudersi che fosse prossima a scoccare per il mezzogiorno d ’Italia l ’ora di rifarsi presente nel Levante. Tempo innanzi Ferdinando Galiani aveva guardato a Tunisi, e il Borbone di Napoli aveva poi potuto inorgoglirsi delle sollecitazioni degli allor nati Stati Uniti di America a stringere un trattato di commercio, sollecitazioni di­ rette più ancora che ad « estendere e vantaggiare il loro commercio », ad « ottenere con tal mezzo un rango fra le Potenze e farsi riconoscere generalmente dalle diverse Corti di Europa » ; e un don Vincenzo Cotini, aspirante console presso la giovanissima repubblica d ’oltre Atlantico, si era sentito in grado di scrivere, adulatore e sincero al tempo stesso, il 1783: « V . M. forma nel corpo delle Potenze Sovrane una parte più illustre e rispettabile nommeno per li legami dell’Augustissimo Sangue Borbonico, che per le forze de’ suoi Reali Dominj, li quali sono destinati dalle Cause Supreme ad avere l ’impero de’ mari Adriatico, Ionio e M e­ diterraneo » . fl Tanto erano allora diverse da quel che sarebbero poi state, in una sfera di interessi mondiali, le cose del Mediterraneo, che pure erano cambiate straordinariamente dall’epoca dei Ruggieri e dei G u­ glielmi! Si spiega, dopo quanto abbiamo detto, che la mediazione per la pace del Levante, tentata dalle Sicilie, da un inizio promettente e onorevole passasse a un sostanziale insuccesso, quando le trattative, che finirono per far capo non tanto a Napoli, ma, tramite il Gallo, a Vienna, si are­ narono di fronte alla mutata situazione internazionale, dominata dall’ac­ cordo austro-prussiano sottentrato all’an titesi.9 Allora a Leopoldo con0 Docc. in A .S.N ., E st., 4210. 9 [v. qui lo studio che precede].

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venne che la pace della Russia passasse per Berlino; ed era inutile ed ingiusto prendersela con l’ambasciatore (come la regina poi fece il 30 agosto), il quale aveva obbedito, pur nell’austrofilia che lo distingueva, soltanto agli ordini di lei. Più giustificabile, certo, lo sgomento davanti ai sorprendenti eventi di Francia; più giustificabile anche, tra tanta incertezza, l’istintivo ab­ bracciarsi all’autorità millenaria del decrepito impero. Ella ha grande fi­ ducia nella lungimiranza, nel tatto del fratello, che ha di colpo risolle­ vato l’autorità, le sorti della dinastia e che prestigio personale e situazione internazionale spingono al centro degli eventi europei: nell’inverno tra­ scorso a Vienna, nel viaggio di ritorno in Italia fatto insieme con Leo­ poldo, ha assistito all’evolversi, sotto una mano inguantata, ma di ferro, dei rapporti europei; emigrati di Francia, ministri inglesi e prussiani hanno rincorso l’imperatore, lo hanno circondato delle loro premure; ella sa ancora della debolezza morale, della povertà dei mezzi delle corti ita­ liane... Ella è sorella e madre, e può anche illudersi che nel petto del freddo austriaco, dominato dalle preoccupazioni politiche, batta un cuore di fratello e di padre, quel cuore che effettivamente ebbe per un momento un palpito insolito davanti alle speranze improvvisamente fiorite intorno al dramma dei sovrani di Francia, in quell’estate decisiva per la loro stessa v ita .10 Egli sarà per lei non soltanto in queste lettere, che tale lo piangerà dopo m o rto ,11 guida e pacificatore d ’Europa, difensore degli oppressi. Come ardire dargli dei consigli? e a che pro? non parlava chiaro la corrispondenza del Gallo da V ien n a,12 che era tutt’un ammonimento a evitare passi falsi, quando, per volere dell’imperatore, in pieno accordo questa volta con la cancelleria austriaca, tanto più di lui legata a vecchie tradizioni, circa gli avvenimenti di Francia la via era stata presa in ma­ niera che non ammetteva più esitazioni? 13 10 H . S y b e l , H istoire de l’E urope pendant la Révolution française, trad. fr., I, Paris, Baillière, 1869, pp. 276, 279 sgg., 308; A. S o r e l , L ’Europe et la Revolution française, Paris, Plon-Nourrit, I I , 1922, 18“ ed,, 163 sgg., 222 sgg., 22931. 11 Correspondance inédite de Marie-Caroline Reine de N aples et de Sicile avec le M arquis de Gallo, Paris, Emile-Paul, 1911: lettere dell’epoca, soprattutto 24 marzo ’92. 12 [Documentaz. nel saggio che precede], 13 Quellen zur Geschichte der Deutschen K aiserpolitik Oesterreichs während der Französischen Revolutionskriege, I, Wien, Braumüller, 1873, passim nei docc. di questi mesi. E cfr. S o r e l , o p . e vol. cit., p . 277 sg g .

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Ora teme per lui, per la sua stessa esistenza: sente riaprirsi, a onta degli atteggiamenti conciliativi viennesi, l’abisso tra i vecchi protagonisti della storia d ’Europa, mentre effettivamente l ’austrofobia francese, cre­ scendo a onde ingrossate, travolge, come in un impeto di liberazione, quanto resta di quell’alleanza del ’56, cui una mai ammutolita oppo­ sizione ha già fatto risalire tutti i mali, tutte le mortificazioni di una politica colpevole di aver violato le ieggi incoercibili del secolare « si­ stema » . 14 Come astenersi, d ’altra parte, dal condannare i princìpi che partono dalla Senna, proclamati con tanta baldanza in quella che al suo spirito affranto apparirà presto un’infernale torre di Babele? Temperamento e educazione le impediranno irrimediabilmente di sospettare la necessità storica di quanto avviene lì, dove il meglio della sua generazione, i Fi­ langieri e i Galiani che l ’hanno acclamata e servita, ha sentito il palpito del cuore d ’Europa, lì dove il rigoglio di pensiero dell’intero secolo dice, tra eventi luttuosi, la sua ultima parola. Ella nota semplicemente il 1° novembre: « si cette fatale Constitution s’affermisse, tout le monde s’en repentira: il est vrai q u’il est difficile que des extravagances en tout genre comme eux font puissent durer ». Ma s’ingannavano con lei uomini di statura mentale tanto su­ periore; e un irlandese, Edmund Burke, che dominava gli eventi spet­ tacolosi di Parigi da un angolo visuale tipico, l ’angolo visuale dell’espe­ rienza costituzionale d ’Inghilterra, chiudeva le sue ponderose riflessioni sulla rivoluzione, condannando quasi in blocco l’opera dell’assemblea nazionale.15 D all’altro capo d ’Europa un letterato siciliano, l’abate Seba­ 14 V. in Politique des tous les cabinets de ¡ ’Europe pendant les règnes de Louis X V et de Louis X V I... par L [ o u i s ] P [ h i l i p p e ] S é g u r , Paris, Buisson, 1802, ed. (voli. 3), la fine Préface, nella quale, in uno spirito di revisione agli eccessi della rivoluzione, l ’ex-ambasciatore di Luigi X V I a Pietroburgo (vi fu negli ultimi anni della monarchia assoluta, e nel 1788 vide cadere il piano, ch’era poi un ’esten­ sione del capovolgimento d ’alleanze di metà secolo, diretto ad opporre una quadru­ plice Vienna, Pietroburgo, Parigi, M adrid alla triplice Berlino, Londra, l’A ja, costi­ tuitasi soprattutto a protezione dello status quo in oriente) sottoponeva a critica pagine della correspondance secrète del conte di Broglie, del Favier, ecc. destinate dapprim a a scuotere in corte ìa fiducia nell’alleanza con Vienna, e poi a rincrudire il motivo antiabsburgico nel 1793, quando, con grande successo, esse furono pub­ blicate in una prima edizione. 15 L ’opera, com’è noto, vide la luce il novembre 1790. Si sarebbero poi molti­ plicate le edizioni. Vedine adesso (Bologna, Cappelli ed., 1930) la traduz. it., con

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stiano d ’Ayala, da Vienna, dove veniva curando le « Opere postume » del suo amico M etastasio, gli avrebbe fatto seguito, lanciando contro la ri­ voluzione il volume delle sue considérations sui nuovi dogmi p olitici.16 Intorno a lei cominciava a muoversi, variamente animata, la falange degli autori di pamphlets. E da quegli ambienti uscivano voci alle quali sarebbe pericoloso affidarsi. Così un incauto storico, che ha male intes­ suto, tra luoghi comuni, sviste, documenti non intesi, citazioni incom­ piute, una biografia della regina, ci dà un fantastico quadro del dissenso tra Ferdinando IV , smanioso di tornare alle sue predilette cacce napo­ letane durante il viaggio di Germania dell’inverno precedente, e l ’impe­ riosa consorte, che « ne voulut pas qu’il rentrât à Naples sans avoir as­ sisté officiellement aux conférences de Pavie [quali? l’improvviso incon­ tro di Mantova, 18 maggio ’91, tra Leopoldo e l’Artois, schivato sino a quel momento dall’imperatore, tu tt’altro che disposto a incontrarsi con gli emigrati? o le conferenze di Milano, nel giugno, col prussiano Bischoffswerder? ] et de Pillnitz » . 11 E su quest’ultimo convegno sarebbero fiorite molto per tempo più alate leggende. Maria Carolina ispiratrice, e quasi regolatrice, con la sua anima dubbiosa, del tono di esso, passato dall’intransigenza alla rinunzia ad agire di fronte al molto male che ne sarebbe derivato agli stessi infe­ lici sovrani di Francia? Non solo farneticavano i rivoluzionari di N apoli; ma anche il resi­ dente veneto presso Ferdinando, dando facile credito alle voci che forse l’inconsiderato parlare della regina diffondeva, correva troppo con l’im­ maginazione quando vedeva dietro quei corrieri che di continuo galop­ pavano tra Napoli e Vienna, il segno di un ascendente nuovo che la corte avrebbe acquistato, dopo i nuovi vincoli di sangue dell’anno pre­ cedente e l ’assiduo contatto in Germania, sull’im peratore.18 Niente di la buona introduz. di V. B e o n io -B r o c c h i e r i . Cfr. anche l’efficace pagina del S o r e l , II , pp. 27-28, 144 sgg. 16 De la liberté et de l’égalité des hommes et des citoyens, avec des considéra­ tions sur quelques nouveaux dogmes politiques (Vienna, 1792). Seguirono varie tra­ duzioni italiane ed una tedesca (cfr. G . N uzzo, Per l’unificazione della Penisola. U n’esortazione a Ferdinando IV di Napoli, in Rass. Stor. Nap. ( I l i , 1935, p. 107 sgg.). 17 A. G a g n i è r e , L a Reine Marie-Caroline de N aples d ’après des documents nouveaux, Paris, Ollendorff, 1889, 4“ éd., p. 28. 18 Le asserzioni dei patrioti furono facilmente smentite dal S i m i o n i (I, pp. 39091); ma mal fondati si rivelano anche i rapporti del residente Fontana (ivi, p. 392), che ancora nella relazione finale sulla sua ambasciata (in Arch. Stor. N ap., N . S ., 272

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tutto ciò: la regina aveva espresso presto, in queste lettere, con femmi­ nile abbandono, il suo animo: « vous suivre et dépendre en tout de vous, ... parler toujours le même langage en petit de ce que vous en g ran d » (10 agosto). Con la stessa modestia di tono, si chiudeva, sotto la sua penna ner­ vosa, l’interesse preso alle cose d ’oriente, si apriva il grande « affare » di Francia, la tragedia, per altro intensamente sentita, dell’infelice so­ rella, il dramma del suo mondo vecchio e venerato.

Era tutta qui, nei limiti della personalità della regina, la puntila napoletana? È in queste pagine il segreto del fallimento di una politica estera, che significò poi, all’interno, condanna della dinastia, e quasi dell’organismo statale, sempre più lontano, col tempo, dall’attualità dei grandi problemi europei, dal richiamo del secolo, che stava per aprirsi ricco di destini, a più vasta compagine di territorio, sotto potenti stimoli di idee, di necessità materiali? Sarebbe ingrandire e fraintendere. In realtà la politica napoletana in questo periodo si svolse, tra la tenacia di vecchie tradizioni e le angustie di uno stato di cose nuovo, in modo meno semplice di come si è soliti vederla. E un punto del tutto sfuggito agli studiosi che di essa si sono occupati è l ’attardarsi della Spa­ gna nell’orizzonte delle Sicilie. È , questo, un capitolo di storia diploma­ tica non ancora scritto, destinato a gettar nuova luce sui rapporti inter­ nazionali di Napoli. V II, 1921) parla di un influsso napoletano durato sino al termine del regno di Leopoldo (p. 409). E ra vero il contrario. Insidiosa l ’influenza austriaca guadagnava terreno a N apoli, e proprio ad opera della regina, con certa capacità di penetrazione negli ambienti popolari, facili all’entusiasmo, al plauso, come all’errore di prospet­ tiva. Particolari esteriori acquistano, sotto questa luce, significato, come la testimo­ nianza di un annalista dell’epoca: « Le maschere furono al solito ricche e numerose; specialmente nella strada di Toledo passeggiò nell’ultima domenica di carnevale [del 1792] una ricca maschera fatta dalle G uardie del Corpo, significante il Genio austriaco e Napolitano ». Memorie storiche, ossiano annali napoletani dal 1759 in avanti scritti da Vincenzo Florio, in Arch. Stor. Nap., XXXI, 1906, p. 114. E il 28 aprile ’93, al primo annunzio della nascita dell’arciduca ereditario, M aria Ca­ rolina noterà con tenero compiacimento materno (in Corresp. inêd. cit.): « Toutes les classes, Cour, nobles, peuple, etc., sont transportées, car ils appellent Thérèse [la primogenita infanta andata sposa al cugino Francesco I I ] l’Imperatrice nostra, comme née à N aples ».

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La Spagna era uscita dalla vita politica del Mezzogiorno d ’Italia dopo che la moglie di Ferdinando IV ebbe portato su quel trono l ’irruenza del suo temperamento insofferente di tutele, di freni; era uscita in modo fragoroso, ma senza rivelare in quella ritirata sostanziali capacità di re­ sistenza, di ritorni offensivi, che non fossero gli squallidi, poco onesti mezzi cui si appigliò uno stato in via di inarrestabile decadenza morale. E sarebbe tempo sprecato voler vedere nell’evolversi di quei rapporti, nel dissolversi della vecchia tutela altro che i documenti non ci abbiano già d e tto .18 Maggiore interesse oggi presenta il tentativo, operato dalla stessa diplomazia napoletana, di far rientrare Madrid, che non aveva mai rinun­ ziato definitivamente ai suoi vecchi avamposti mediterranei, in rapporti di più feconda collaborazione col giovane stato risorto con ambizioni d ’indipendenza politica, di primato italico, di slancio commerciale sulla via obbligata del Levante. Ne aveva preso l’iniziativa l’Acton durante il viaggio dei sovrani in Germania, attraverso un carteggio personale col suo vecchio antagonista conte di Floridablanca. Era venuto meno, allora, il sostegno di Francia, paralizzata dalla crisi interna, e il ministro degli esteri di Ferdinando Borbone cercava adesso nell’altro ramo della casa un appoggio valido onde fronteggiare l ’influenza austriaca, destinata altri­ menti a dispiegarsi pericolosissima in corte date le tendenze della regina, rafforzate ora dai matrimoni del 1790. E la politica estera ne sarebbe uscita avvantaggiata, nella duplice possibilità di contenere l ’avanzata dell’Absburgo in Italia e di allontanare dalle coste del regno la risorgente minaccia di una potenza marittima, questa volta rappresentata dalla Fran­ cia. 20 Erano, si sa, i freddi calcoli dell’equilibrio, e in essi ritroverai i limiti dello spirito « geometrico » di un perfetto figlio dell’epoca come l ’Acton. L ’avvenire avrebbe dato invece ragione all’intuito di Maria Ca­ rolina, spronato dalla paura: « il [Carlo IV di Spagna] paroit très déterminé, mais jusqu’à présent ce ne sont que paroles et non faits » (22 dicem bre).21 Tuttavia lo scetticismo della regina, che non trovava mai 19 [v. qui I I , pp. 119 sgg., 130 sgg .]. 20 [v. qui p. 310], 21 L o stesso giorno l’Acton invece avverte il G allo che, « nella discordanza di pareri » tra Vienna e M adrid, il re di N apoli, « obbligato dalle leggi del sangue e di famiglia ad essere perfettamente di accordo in questo affare col Suo Reale Fra­ tello, non può a meno di non seguitare le di lui operazioni senza veder compro­ messo il suo decoro in faccia all’E uropa t u tt a » [cfr. qui p. 35 e, sopra 1, p. 262], Espressioni che riecheggiano altre del Caracciolo, e che indicano con sufficiente

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il coraggio di dire all’imperatore intero l’animo suo, era tutt’altro che costruttivo, e quella dell’Acton appariva l ’unica politica che potesse as­ sicurare a Napoli libertà di scelta e di movimento; né, comunque, circa la reale consistenza di Spagna era stata detta la parola decisiva, che sol­ tanto una guerra ingloriosa, non evitata da sterili m osse, avrebbe poi pronunziata. Ma vanamente l’Acton resistette, nell’intento di allontanare sospetti madrileni, alle pressioni inglesi, sempre più incalzanti durante l’assenza dei sovrani, per la conclusione di un trattato di commercio con Londra; 2 vanamente fidò in un appoggio marittimo, da parte del vecchio patrono stanco, che gli desse possibilità di trattare, al riparo della minaccia della flotta francese, in condizioni di relativa sicurezza, con i governi della scissa Italia, alla ricerca di una formula di comune neutralità armata ca­ pace di ravvivare gli spenti ricordi di un’unione di forze italiche. La squadra francese del Latouche venne, minacciò, umiliò, con grande scre­ dito del regno, la cui debole politica soltanto da Madrid pare ottenesse assen so.23 L ’assenso di un ambiente ammalato, infrollito nel vizio che chiarezza l ’indirizzo politico, che, nell’aggravarsi della crisi, il governo intendeva seguire. 22 A .S.N ., E st., 2320, N apoli, 9 novembre ’90 e, soprattutto, Londra, 29 marzo ’91, dispacci in cifra che finiscono per rivelare il m otivo ispiratore delle lungaggini napoletane nelle trattative londinesi, destinate poi ad arenarsi con grave disappunto inglese; motivo ispiratore che i non molti e, a volte, troppo vaghi accenni ai col­ loqui in corso contenuti nella corrispondenza che il Lucchese e poi il Castelcicala tennero con I’Acton dal marzo ’90 al maggio ’91 (ivi; inoltre f. 629) sembrerebbero voler coprire d ’un ’ombra discreta. Cfr. ancora in A .S.N ., E st., f. 4429, Macaulay ad Acton, London, 12 Aprii 1794, con acclusa copia di lettera, dello stesso aprile ’94, di sir Ralph W oodford, che nelle trattative del ’91 aveva avuto parte preminente, al Macaulay, in cui si addita nel viaggio dei sovrani di N apoli a Vienna, proprio nel momento in cui le trattative erano prossim e alla conclusione, il motivo del fal­ limento di esse. E in realtà la lontananza dei reali contribuì a quel fallimento, ma non nel senso, come potè apparire a Londra, di un rallentarsi degli affari generali napoletani, o, forse, di una subordinazione agli interessi austriaci, ma per la preoc­ cupazione che il saldarsi di nuovi vincoli con la casa da cui era uscita M aria Carolina arrecava al governo napoletano, e che induceva a rivedere, sulla base del rispetto dell’indipendenza conseguita, i rapporti con M adrid [v. adesso qui V I I ] , 23 V ., in proposito, in A .S.T., Negoz. Napoli, m. 2, Istruz. a Piossasco di None, 1794, la seguente testimonianza piemontese: « L a Cour de M adrid s’étoit montrée fort indifférente à ce qui s ’étoit passé à Naples. E lle ne paroissoit aucunement désapprouver que le Roi de Deux-Siciles eût cédé aux sommations menaçantes que l’amiral françois étoit allé lui faire ».

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trionfava a corte, nell’inerzia del paese che precipitava dopo un tutto su­ perficiale sforzo di rinascita. Ma proprio all’indomani del duro colpo inferto al prestigio delle Si­ cilie, partì alla volta di Napoli un sintomatico invito perché quella diplo­ mazia usasse dell’influsso goduto presso i sovrani di Spagna per indurli ad un atto di energia verso la Francia, che valesse ancora a far vincere all’Inghilterra le ultime esitazioni. 24 Ignoriamo i risultati dell’esortazione viennese, che potè sorprendere il governo di Ferdinando IV proprio nella paralisi operata dall’ansia di riscattarsi dal recente oltraggio e dalla preoccupazione di evitare nuove complicazioni immediate con un avversario che occorreva tenere a bada: 25 24 Cobenzl a Esterhazy, 17 gennaio 1793 (D occ.: I I ). Il doc. non è senza pre­ cedenti, che veramente l’Acton era riuscito (e non fu piccolo successo in diplomazia, purtroppo destinato a isterilirsi davanti all’inerzia spagnola) a far da tramite tra M adrid e Vienna nel fronte antifrancese che si veniva innalzando. Cfr. in A.S.N ., Est., f. 70, G allo ad Acton, Vienna, 28 maggio ’92: « H o fatto sentire alla M. S. [ l ’im peratore] e al suo gabinetto la sollecitudine e l ’interesse con cui il Re N . S. ha appoggiato presso S. M. Cattolica, suo augusto fratello, le comunicazioni e le aperture consimili a lui affidate da questa Corte per fargliele pervenire, e quanto il Re abbia impiegato di efficacia per persuadere a quella Corte di rimaner ferma nel sistema d ’unione contro la Francia, che sino ad ora non solo ha mantenuto, ma anzi ha sempre vivamente promosso e sollecitato. Certamente che se dagli offici del Re N . S. potesse dipendere in qualche parte la condotta della Spagna, è pur troppo convita questa Corte di tutto il successo che dovrebbe aspettarsi in M adrid alle sue proposizioni. M a con tutto ciò, mentre la sua riconoscenza verso il Re N . S. per l ’interesse che ha messo nella causa comune rimane sempre la stessa, non può dissi­ mulargli tutte le ragioni che ha per temere che il sistema del gabinetto di M adrid sia totalmente cambiato ». E v. ancora ivi, f. 4090, di mano dell’Acton, s. d., ma certamente della prim a decade dell’agosto ’91, piano di lettera di Ferdinando al fra­ tello re di Spagna, a riprova dei contatti, mediatrice Napoli, fra M adrid e Vienna. 26 Quale fosse il reale stato delle cose, e come andassero inesorabilmente evol­ vendosi i rapporti Napoli - Spagna - Inghilterra documenta la corrispondenza cifrata da Londra (nel cit. f. Est. 2320), aprendosi il 1793. Soprattutto un dispaccio Castelcicala del 4 gennaio, lunga relazione di un colloquio avuto col Grenville, getta luce su uno stato d ’animo di allarme e di attesa, fallita oramai la politica della neutralità armata, che, tra l ’altro, aveva come presupposto una Spagna presente nel Mediterraneo. II ministro inglese è « furioso » contro la Spagna, dimentica delle responsabilità, tanto più forti di quelle inglesi, che essa avrebbe verso la monarchia di Francia e l ’Italia. « L ’Inghilterra — ha detto milord — aveva luogo di aspettarsi che la Spagna si fosse incaricata del M editerraneo e della sicurezza dell’Italia e sopra tutto delle Due Sicilie... Voi potete assicurare la vostra Corte che quanto fa la Spagna non altererà in niente le disposizioni prese da S. M. Britannica per la tranquillità e statu quo del276

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sappiamo che gli eventi s’incaricarono di chiarire la situazione, e che tra l’una potenza che entrava nella inevitabile guerra con decisione di pro­ positi e l’altra che la subiva, mai disposta a riprendere l’iniziativa degli avvenimenti europei e mediterranei, la scelta di Napoli non fu più dubbia. La scelta fu, è noto, l ’Inghilterra, cui le Sicilie si legarono con la con­ venzione del 12 luglio ’93. Bisogna dire, quanto ancora è costantemente sfuggito, che nelle trattative conclusesi con essa, non agevoli, né affret­ tate, la solidarietà, gli interessi, le preoccupazioni dinastiche fecero pure la loro apparizione e pesarono in qualche m om ento.26 Ma era un’ombra

l’Europa, ... che S. M. Britannica prende il più vivo interesse per la tranquillità delle Due Sicilie ». L ’ambasciatore ha chiarito « che noi avevamo un diritto di aspettarci al soccorso della Spagna sul quale eravamo stati frustrati, ma che, mi permettesse ancora di dirglielo, noi dovevamo ancora attenderci a che S. M. Britannica avesse preso in considerazione lo stato delle D ue Sicilie efficacemente; che noi facevam o un commercio considerabile con l’Inghilterra, che il Re N . S. avrebbe potuto senza che alcuno avesse potuto trovarvi a ridire raddrizzarla a nostro vantaggio, e che ciò nono­ stante, per considerazione per S. M. Britannica e per dargli una prova di vera defe­ renza aveva in sinora tutto lasciato in statu quo e che doveva esserci stato permesso di sperare che S. M. non avesse abbandonato le Sicilie nel momento di pericolo ed esposto il commercio di quelle alla mercede dei Francesi che soli ora avevano una flotta formidabile nel Mediterraneo, che ci minacciava insieme a tutta l’Italia ». Quanto alla Spagna, « quando vedesse fortemente dichiarar l’Inghilterra, si presta­ rebbe a tutte le misure che la tranquillità dell’Europa esigerebbe: ... riguardo al re mio Signore questa Corte conosceva i suoi sentimenti sulla rivoluzione francese, ... inalterabili nonostante qualunque misura temporaria che avesse potuto adottare per la salvezza dei suoi stati abbandonati alla mercede della Francia dalle altre potenze ». Cfr. ancora N . N i c o l i n i , L a spedizione punitiva del Latouche — Tréville (16 decentbre 1792) ed altri saggi sulla vita politica napoletana alla fine del secolo X V I I I , Firenze, Le Monnier, 1939, che, in appendice al saggio maggiore, riporta brani della corrisp. Castelcicala - Acton (p. 80 sgg.). 26 Documentaz., non adeguatamente valutata, in Arch. Stor. N apol., X X X V II, 1912, pp. 423, 427, 452, 629 n. 1 (A. S im io n i , I Napoletani a Tolone, che dedica un capitolo a « L a convenzione anglo - napoletana pel Mediterraneo »), e, ancora, in A .S.N ., E st., cit. f. 2320: a Castelcicala, Caserta, 19 marzo ’93; Londra, s. d., ma 22 marzo ’93; al cav. Ham ilton, [N ap o li] 19 aprile ’93; al duca di Sicignano, [N ap o li] 19 aprile ’93; cifre di Sicignano da Londra, 19 e 23 aprile ’93. N essun valore scien­ tifico ha L. S a le m i , I trattati antinapoleonici deUTngbilterra con le Due Sicilie, Pa­ lermo, ediz. Impero, 1937, che alla convenzione del 12 luglio dedica le magre ed esteriori pp. 21-22, per poi pubblicarla tra i Docc., a pp. 145-47, come inedita. Vedila invece in G . M. A rrighi , Saggio storico per servire di studio alle rivoluzioni politiche e civili del Regno di N apoli, I I I , N apoli, Stamperia del Monitore, 1813, pp. 225-28 (ma è errata la data), oltre che nel Recueil del d e M artens (nel testo francese), dal 277

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soltanto quella che poteva allungarsi dal travolto e adesso macabro trono di Francia, dal fragile soglio, nell’esteriore fasto, di una Spagna lontana, senza esercito e senza alleati sicuri. La Spagna usciva adesso definitiva­ mente dai calcoli diplomatici napoletani,21 con la condanna di una poli­ tica dinastica cui non si sarebbe potuto chiedere più nulla. Ne prendeva il posto non l ’Austria, come poteva essere stato nelle intenzioni della regina, ma l ’Inghilterra, pronta a venire in possesso, imminente la ri­ presa della lotta marittima, delle posizioni che gli eventi e l’altrui debo­ lezza le consegnavano.28 (1949) Salemi, con singolare imperizia, cit. a p. 23. Il breve articolo di R. M o s c a t i , N apoli e Inghilterra nel Settecento, in Francesco Caracciolo e il primo contributo dato da N apoli al risorgimento della Patria, N apoli, Stab. tipog. M ontanino, 1942, pp. 75 - 82, ha carattere divulgativo; G . T r a v a u , I Francesi nel Mediterraneo (1798-1799). Documenti inediti, Palermo, Casa E d. « E ra N ova », 1902, è silloge di scarso inte­ resse per gli anni immediatamente successivi. 27 Sul vano tentativo del Godoy di staccare dall’Inghilterra dopo la pace di Basilea (1795) le corti di N apoli e di Sardegna, in un presuntuoso disegno di conten­ dere alla formidabile rivale il primato marittimo, cfr. A. T r a t c h e v s k i , L'Espagne à l’époque de la Révolution française, in Revue historique, XX XI, (1886), p. 44. In particolare per l ’atteggiamento de) governo di Napoli A .S.N ., Est., f. 630, al mar­ chese di Circello, 15 agosto ’95; f. 74, al marchese di G allo, 15 agosto ’95 (e cfr. B. M a r e s c a , L a pace del 1796 tra le D ue Sicilie e la Francia, N apoli, Jovene, 1887, p. 13 sgg.; S i m i o n i , Le origini, I I , p. 276 sgg.); f. 2329, a Serracapriola, Portici, 13 ottobre ’95; H .H .S.A .W ., St. K ., Neapel, f. 12, Esterhazy a Thugut, Neapel, den 15 A ugust ’95; Hausarchiv, Sammelbànde, f. 167, M . Carolina all’imp. France­ sco I I , le 15 août ’95 (e cfr. in Quellen, V , p. 327, M . Carolina all’imperatrice in pari data). Venti anni dopo, le velleità spagnole di spianare al Borbone il ritorno a Napoli sarebbero valse soltanto a mettere alla prova, tra le affilate armi dei grandi stati europei, le povere risorse di un don Quijote della diplomazia, D. Pedro Gómez Labrador! (W . M a t u r i , I l congresso di Vienna e la restaurazione dei Borboni a N a­ poli, in Riv. Stor. Italiana, 30 settembre 1938, p. 41, 31 dicembre 1938, pp. 26-32). 38 Cfr. invece (e valga per tutti) le affrettate conclusioni del S o r e l (I, p. 389): « ... le calcul q u ’avait fait Marie-Thércse en mariant sa fille à Ferdinand se trouva déjoué. N aples, dans les dernières années de l ’ancien régime, appartenait à l’Angle­ terre. L ’impatience du joug de la famille, le désir d ’avoir sa politique indépendente, l’aveuglement surtout dans lequel l’entretenait son ministre préféré, avaient livré Marie-Caroline à l’alliance anglaise. Acton, bien qu’ Irlandais d ’origine [apparteneva invece ad antica famiglia inglese], était passionnément anglais dans ses goûts: il n ’amait point l’Autrice et détestait la F ra n c e » [e su quest’ultim o punto cfr. qui II, passim'].

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I. D A LLA C O R R ISPO N D E N Z A D I M A R IA C A R O LIN A CO N LE O P O L D O II

1. Le 14 juin 1791 ... La Porte paroit vouloir se prêter que nous faisions les ouvertures pour la Russie; la Russie en ayant dit de même, c’est actuellement à s’entendre sur les faits. Vous savez, mon bien cher frère, que nous ne sommes entrés dans cette affaire que par la facilité que la Cour de Petersbourg a montrée, et la bonne harmonie qui règne entre la Porte et nous; mais mon motif principal, comme aussi celui du Roi, a été l’espé­ rance de vous rendre par là service et pouvoir vous être utile. Ainsi ou si les circonstances sont changées, ou vous [entrez] dans d ’autres traités, circonstances, de façon à ne vouloir plus que nous allions de l ’avant, il faudrait nous l’aviser. T’ose entre temps vous envoyer copie des dernières dépêches de Ludolf, qui paraissent être bien plus essentielles, et que nous comptons envoyer par courrier à Pétersbourg, pour y dire la facilité des Turques, et pouvoir parler sur des bases positives. Nous désirons que tout cela reste dans le plus grand sécret, le Ministre d ’Angleterre à Con­ stantinople ayant déjà fait de vifs reproches à Ludolf, en lui disant de quoi il alloit se mêler, et le nôtre ayant reproché au Reis Effendi son indi­ scrétion, il n ’a sçu se défendre qu’en disant qu’ils étoient obligés à ces Puissances. Vous verrez aussi par une de ces copies quelle suggestion on a de la Prusse, pour le fameux traité d ’alliance.29 En un mot je voudrais bien savoir ce qui est à vous le plus agréable, le plus utile et qui vous convient le mieux, pour nous régler selon cela, étant notre premier et unique objet dans toute cette affaire, que nous désirons tenir secrète pour la réussite et pour n’être pas bafoué, si cela ne réussit, de nous y 29 II trattato d ’alleanza difensiva e offensiva stretto sin dai primi del 1790 tra la Porta e Berlino a garanzia dello status quo.

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avoir voulu mettre. Voilà la chose; vous examinerez les papiers, et avec votre pénétration et au milieu du courant de toutes ces affaires, et en ayant les fils, vous ordonnerez à Gallo ce qu’il doit faire ou écrire, tant à Pétersbourg, Constantinople que Naples, pour que tout aille au gré de vos souhaits; trop heureux si dans la moindre chose nous pourrions vous rendre service, quand nous le désirerions pouvoir le faire en tout au prix de tous les sacrifices...

2. Le 16 juin 1791 Mon très cher frère et ami. Je vous écris celle ci par le courrier qui va en Russie, selon que j ’ai eu l ’honneur de vous l’anticiper. Il ne pas­ sera plus par l’endroit ou vous êtes, car devant aller avec vitesse et pour ne point donner des soupçons à tout le monde, qui a les yeux ouverts, il tachera d ’attraper Gallo par chemin, lui consignera le paquet, et courra à son destin, ne faisant que déposer les lettres à Vienne, et aller à Petersbourg; à son retour, où probablement vous serez déjà à Vienne, il attendra vos ordres pour nous les porter en même temps que la réponse de la Russie, afin que de commun consentement nous puissions répondre à la Porte. Actuellement on ne fera qu’une réponse polie et vague, que l ’on a expédiée à Pétersbourg et qu’on attende la réponse décisive pour la communiquer. Par la même raison de la vitesse l’on n ’a pas pu copier les dépêches ayant beaucoup à écrire; mais le résultat est que Ludolf nous écrit du 8, du 18 et 22 mai que la Porte est très bien disposée, et même désire que nous nous mettions entre la Russie et Elle à traiter la paix, mais qu’ils craignent la Prusse; et la réponse du Reis Effendi du 20 mai à Ludolf s’exprime ainsi qu’après une mûre délibération du Divan unanimement ils ont décidé d ’accepter les bons offices de Sa M ajesté Si­ cilienne pour faire la paix avec la Russie, se flattant et espérant qu’elle pourroit leur être favorable. Enfin que le Sultan l ’approuve, que tous les membres du Divan remercient le Roi de son intervention; mais qu’ayant un traité d ’alliance offensive et défensive avec la Cour de Berlin, et ne pouvant en conséquence point faire à moins de combiner ses intérêts avec ceux de cette Cour, il sembloit difficile de conclure la paix sans la connoissance et approbation du Roi de Prusse; et que comme nous de­ vons être instruits de ce traité, nous aurions donné les ordres à notre Ministre, comme il devoit se conduire, et des intentions de la Cour de Russie à cet égard, et qu’ils demande à notre Ministre par écrit, pour l ’usage qu’il lui en conviendra de faire, la réponse à cette demande, et de lui dire positivement ce que la Porte peut faire dans la position où elle se retrouve, engagée comme elle est d ’aller toujours d ’accord avec la Prusse. Le reste de ce Mémoire du R ei* Effendi écrit le 20 mai, après 280

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avoir eu le 16 une conférence extraordinaire avec le Ministre de Prusse, qui les leurre toujours d ’espoir, cette réponse paroit être faite de sa volonté. L a réponse de Ludolf faite le même 20 au soir est en des termes généraux: qu’il référera à sa Cour les bonnes dispositions de la Porte pour reprendre par son interposition l’amicale correspondance entre la Russie et la Porte, que n’ayant point d ’instruction de sa Cour sur l’alliance de la Prusse, il attend à lui en demander ses instructions, il anime t éviter la majeure effusion de sang, à profiter de cet heureux moment, et en termes généraux y répond. Je trouve toute la négotiation de Ludolf portée avec jugement et sagement, et suis fâchée n’avoir pu en avoir les copies. Il a toujours fait sentir par discours et par des Mémoires lus et point laissés au Reis Effendi, combien peu il peut se fier aux trompeuses promesses de la Prusse: c’est ce qu’un Ministre Napolitain peut penser et insinuer. On écrit par ce courrier en Russie de mettre toute cette né­ gotiation au clair, et de demander une réponse positive, et sur quoi il faut tabler, l’éloignement ne permettant point ces demi-confidences et frequens envois de courrier. Nous nous plaignons aussi un peu q u’après que la Russie a dit à nous de rester ferme aux confins du Dniester, ils cèdent à la requête du Danemark jusqu’à Tinglthow (?), et le Ministre Prussien dit à Londres nous avons fait le possible pour obtenir Otchakof. Mais il faut céder aux circonstances. Vous saurez mieux que nous toutes ces affaires. Ce que nous demandons, c’est une réponse claire, ferme, et à laquelle on reste, et, si on veut traiter ou on veut le faire, Constanti­ nople et Sistowa, où Prussiens, Anglois et Hollandois se trouvent, pa­ raissent être le centre des intrigues et de difficile réussite. À Constanti­ nople on écrit pour soutenir dans ces bonnes dispositions la Porte et lui aviser que nous avons envoyé ses acceptations à Pétersbourg. Pour la Cour de Berlin on devra faire sentir à la Porte le peu de foi à faire à de pareils alliés, preuve ce qu’a fait le Roide S u èd e,30 etc. etc., et Berlin même; mais le tout à voix, et ne point nous ouvertement compromettre avec la Cour de Berlin, mais simplement faire sentir à la Porte de ne point se fier à ces belles paroles et venir à un accomodement. Nous verrons si la Russie vient à des conditions positives; et quand le courrier passera à Vienne de retour de Pétersbourg, vous le saurez, y adjoindrez vos lu­ mières, conseils, mais surtout bien sincèrement ce qui vous est agréable, pensant toujours que je n’ai entrepris ou prié mon cher mari d ’entre­ prendre cette affaire que par l ’espoir de vous être utile, beaucoup plus que par l’idée de la gloire. Ainsi, mon bien cher frère, vous me direz toujours ce qui vous convient, sûr que c’est notre unique désir et mobile de nos actions.

30 G ustavo I I I aveva concluso la pace con la Russia, contrariamente alle larghe promesse di assistenza fatte alla Porta, a Verela, il 14 agosto 1790.

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3. Le 4 juillet 1791 Mon cher frère, je viens de recevoir l’heureuse nouvelle que notre soeur est sauvée et sous la protection et dans les États du meilleur des frères. J ’ai eu une cruelle épouvante ce matin: nous recevons par estafette la nouvelle de la fuite de ces malheureux Souverains et de leur arrêt à Varennes; je les crus perdus à jamais, mais ensuite une fregate Angloise expédiée par l’amiral Pethion de Gênes vint nous tirer de peine et 8 heures après un autre courrier de Rome nous a confirmé cette bonne nouvelle. Que Dieu en soit béni: elle est dans vos États et je suis tran­ quille. Oui, mon cher frère, comme une simple particulière malheureuse dans votre coeur et bonté l ’asile est assuré, que n’est ce pour une soeur si fort à plaindre; enfin je bénis Dieu de les savoir sauvés, car si ils auroient été pris et arrêtés je m ’attendois à des scènes suivies atroces, à des procès, exécution, enfin à tout ce q u’un Barnave et gens de cette trempe étoit capable. Je suis sûre de l ’émotion de votre excellent coeur et vous embrasse de coeur, priant Dieu qu’il vous conserve pour le bien de d ’humanité longues nombres d ’années. Adieu; j ’attends vos nouvelles avec impatience, préférant votre commodité à mon plaisir. Adieu, con­ tinuez moi votre si précieuse amitié. 4. Le 9 juillet 1791 T’attends des nouvelles du Luxembourg avec une impatience in­ croyable. Grâce à Dieu qu’ils sont en sûreté, mais les savoir arrêtés à Varennes m ’a fait frémir; je crains qu’il y aura encore mille intrigues qui gâteront tout. B reteuil31 est contre Condé, Artois et Calonne: tout cela tripote pour ces propres intérêts, et si cela dure ils sacrifieront de nouveau leurs Maîtres. 31 Louis-Charles-August Letonnelier, barone di Breteuil, era una vecchia cono­ scenza della corte di N apoli, presso la quale era stato ambasciatore dal 1772 al 1776 (v. le istruz. a lui date in Recueil des instructions données aux am bassadeurs et ministres de France depuis les traités de W estpbalie jusqu’à la Révolution française, X , N aples et Parme, Paris, Alcan, 1893, p. 105 sgg.). Aveva sostituito il Necker nei giorni agitati che precedettero la Bastiglia; fu poi tra i più attivi emigrati nel mani­ polare i funesti piani di fuga dei sovrani di Francia e nel far da intermediario fra Luigi X V I e le potenze estere nel tentativo di piegare la rivoluzione con l ’intervento armato. V . per tutti L . V i l l a t , L a Rivoluzione francese e l’Im pero napoleonico, trad. it., Torino, Einaudi, 1940, pp. 35 sgg., 118 sgg. Per gli altri più noti personaggi cfr. ancora S o r e l , I I , p. 173 sgg.

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5. Le 12 juillet 1791 Mon très cher frère et ami. J ’ai reçu votre chère lettre du 6 de Padoue et vous baise les mains de tout ce que vous voulez bien m ’v dire. Je partage bien vos alarmes sur le sort de notre pauvre soeur. Nous voilà à 22 jours q u’elle est partie, et rien d ’autentique, sauve après 48 heures eux arrêtés, délivrés par B o u illé,32 et c’est à cet intéressant événement et au lieu où ils sont, que l’on racconte de cent manières, qui me tient en agitation. Le courrier arrivé à Mr. de Servant dit que le Roi étoit à Metz, avoit reçu serment de fidélité de la garnison, et que l’Alsace et la Lorraine avoient prêté le même serment. Cela seroit consolant, mais, j ’avoue, si je n ’ai ces nouvelles en droiture et de vous, cher et bon frère, je ne serois tranquille. Les larmes sont coulées en voyant mon cher et honnête homme de frère, son âme bienfaisante et sensibile-que vous m ’êtes cher et précieux-par ses rares et incommodes qualités; Dieu vous bénira et le respect, confiance et attachement de toute l ’Europe s’en suivra. Vous devez inspirer ces sentimens. Je vis sur les épines et attends continuellement un courrier qui me tire de l’incertitude cruelle où je suis sur le sort de cette malheureuse soeur; cela me rends incapable de tout faire. Par un courrier je répondrois plus au long à votre si chère lettre. Je vous suis en idée par tout, je vous vois vous éloigner de l’Italie avec un redoublement de peine: puissiez vous être heureux et tranquille par tout comme vous le méritez par tant de vertus. Je suis avec mon mari et deux enfans ainées toute seule à la cam­ pagne pour y jouir du fraix, ce que j’obtiens ici; mais je n’ai que les pauvres Souverains, vous, mon excellent frère et père, en tête, et désire bientôt d ’une façon ou de l’autre au moins savoir ce qui en est par le courrier. Je vous écrirois de plus et croyez moi pour la vie avec la plus sincère tendresse votre bien attachée soeur, amie et servante. 6.

Le 12 juillet 1791 Mon très cher frère et ami. C ’est par ce même homme que nous avons reçu votre chère lettre du 6 Juillet, où déjà votre coeur et sagesse vous faisoit prévoir la triste et affligeante catastrophe de notre malheureuse soeur. Nous étions dans les consolations par les nouvelles reçues tant par 32 È generalmente nota la parte avuta dal gen. marchese di Bouillé, comandante della guarnigione di Metz, nella preparazione della fuga, che la sua armata poi non riuscì a proteggere. Veramente il Bouillé era giunto a Varennes, ma soltanto due ore dopo che n ’era partito il re. V . adesso V i l l a t , pp. 120-22.

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la fregate Angloise, que par le courrier de Rome; la Princesse de Pié­ mont 33 et une des vieilles Mesdames de Fran ce34 m’avoient écrit leur compliment, et moi je recevois celui de tout Naples, et avois écrit à toutes les personnes de ma connoissance ma consolation et mes sentimens contre cette infame assemblée nationale, quand votre lettre du 6 Juillet, quoique ne disant rien de positif, mit du trouble dans moi. Je connois votre per­ spicacité, prudence, j’ai une confiance aveugle dans vos lumières; ainsi d ’abord je commençois à craindre, tout le monde me donna tort, mais les lettres du 27 de la poste, les infâmes papiers publics ne me disent que trop ce malheur avéré. Comme je plains ma pauvre et malheureuse soeur! si elle survit à ce coup, c’est inconcevable; privée, séparée de son intéressant enfant du Dauphin, cela aura été lui arracher le coeur. Je ne sais rien que des papiers publics; j ’ignore tous les détails, le comment de cette catastrophe, que l ’on annonce en vingt différentes manières, mais j ’avoue ou une pusillanimité du Roi impardonnable, ou ils ont été trahis, et expressément laissés enfuir à cette distance, pour être dans le cas de ce décret signé par le malheureux Prince contre lui-même il y a deux mois, un de ces nombreux fatales décrets et motions. Je désirerais et frémis à savoir les infâmes détails; Barnave entré au milieu du Roi et de la Reine, les pauvres gardes enchaînés, enfin les cris, le train; cela fait frémir, et je suis étonnée q u’ils sont en vie. Au moins si notre malheureuse soeur avoit un homme vertueux, qui lui feroit offrir les tourmens et humiliations à l ’Etre Suprême, elle pourrait amplement expier quelques légèretés de jeunesse, et se préparer à une félicité Éternelle, car sa vie après ces sortes de secousses, même naturellement et sans l’aide de ces misérables, ne peut durer; elle me fait une pitié à n’y pouvoir penser sans 33 L a pia sorella del re di Francia M. Clotilde, andata sposa al primogenito di Vittorio Amedeo I I I , il futuro Carlo Emanuele IV di Sardegna. 34 Madame Adélaïde e Madame Victoire, zie di Luigi X V I, in quest’epoca a Roma. N el loro peregrinare per l’Europa sarebbero giunte anche a N apoli, accolte con poca buona grazia da quella corte. Nelle distrutte Carte G allo dell’A .S.N . il re dedicava ad esse, al loro molesto seguito « di niente meno che 72 persone..., indi­ sciplinatissima ciurma... divisa in due corti totalmente separate ed in conseguenza due partiti diametralmente opposti... e che si odiano a morte », una gustosa pagina. E ra impaziente di vederle partire: « Li abbiamo fatto trovar casa a Sorrento, Vietri e L a Cava, nel caso intendessero stabilirsi in Regno,... ma fanno orecchie da mer­ cante, e mi pare che l’intenzione loro sarebbe quella di rimanere in casa nostra, cosa che è assolutamente impossibile... G iovedì andiamo a N apoli: subito anno detto vo­ lerci venire con noi; sarà un bello imbroglio, non avendo dove metterle con tutta quella maledetta coda che strascinano e che rassomiglia molto a quella dello scor­ pione » (Caserta, 26 febbr. ’97). Veramente insopportabili, « molto pesanti per tutti i v e r s i» per l ’incolto Ferdinando, (« o g g i... devo rimanere in casa e divertirmi con loro! »: ivi), erano dame di educazione eccellente, tale da meritare il diffuso cenno che ne dà E . A s s e , Les Bourbons bibliophiles, Paris, Daragon, 1901, pp. 118-24.

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pleurer. Je crois de sûr qu’ils ont été trahis, toutes les troupes aussi nulles; mais comment le risquer, si on n ’en étoit point sûr, cela ne se comprend point; enfin je souffre une peine de ce malheur, où je suis convainçue q u’il y a trahison, que je ne le puis décrire, quoiqu’on en parle et déraisonne depuis une année pour combiner la plus plate de toutes les idées. Enfin leur malheur l’a voulu; eux sont des êtres perdus, morts civilement, car si même leurs bourreaux les laissent vivre comme otages, ils ne seront jamais plus rien, et ma pauvre soeur est bien à plaindre; surtout actuellement q u’on lui a ôté son fils, sa passion, cette pauvre femme ne survivra point à ce coup; et elle me fait une pitié, que je donnerois de mon sang pour la délivrer, non pour la faire être Reine de France, mais pour lui faire terminer ses malheureux jours dans une abbaye retirée faisant du bien, et vivant montrant qu’elle a eu et a des sentimens honnêtes, et que, loin de ces âmes corrompues de cette infâme Babylone, elle est ce qu’elle a toujours été d ’éducation, principes, et ainsi finir sa vie en paix, que je crois ne durera plus longtemps, ces chocs surpassant la force humaine. Mon cher mari répond à votre lettre osten­ sible: 35 il n ’est pas fort sensibile à tout cela, ne comprenant point com­ bien tout cela reflue sur tous les Princes et Gouvernemens; nonobstant il fera tout ce que vous proposerez, et notre règle sera ce que vous ordon­ nerez et ferez, tant chez nous qu’au déhors. Vous savez nos moyens; ils sont limités, mais comptez de sûr que nous ferons et mettrons de tout pour sauver, aider, servir ces pauvres Princes; ainsi vous devez calculer qu’en ceci comme en tout nous allons à vos trousses, et que, parens et alliés tant de fois, nous ne faisons en ceci comme en tout aucune démar­ ché que celle que vous nous prescrivez, conseillez, ou autorisez. Vous ferez en ceci le rôle si conforme à votre coeur et âme de Sauveur des oppressés et de Bienfaiteur. Je vous assure, je désire et tremble de re­ cevoir des nouvelles de cette infâme, perverse Paris, nos antipathies, car j ’ose dire nos, vous et moi les ayant toujours détestés les François; cette antipathie n ’a été par eux que trop bien justifiée. En un mot, je vous prie, si vous en savez, daignez me dire seulement comment et par la faute de qui le malheur est arrivé, comme ce que vous croyez q u’il en sera de ces malheureux Princes, et ce que votre perspicacité vous fait entrevoir de leur sort malheureux: pour moi je suis très triste et voudrais ne voir personne ni en entendre parler. Daignez nous dire si vous y renvoyez votre Ambassadeur pour y remettre le nôtre, si vous gardez le leur à votre Cour, enfin ce qu’il faut faire; et nous suivrons en tout strictement

35 M. Carolina aveva col fratello un carteggio segreto al punto che ne era pre­ clusa la conoscenza perfino al re. Secondo un astuto suggerimento della regina, parti­ vano contemporaneamente da Vienna due lettere, « une ostensible à mon mari, avec mon adresse, l ’autre [la segreta] simplement sur l ’adresse une c ro ix », [cfr. qui p. 247, n. 10],

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vos directions. C ’est bien au long vous ennuyer, mais je suis si affectée, que je ne puis qu’en parler... ... Je crois que vous irez bientôt enBohême: que ne puis-je là et partout vous tenir compagnie! vous m ’annoncez l’entreue du Roi de Prusse et de l’Électeur de Saxe; je suis sûre de votre pénétration, que vous les ausnehmen à fond, enchanterez, et que votre vérité et probité vous le dévouéra; mais perdonnez à mon vif intérêt de raisonner politi­ que: est ce q u’on voudroit vous éloigner de la Russie, ne seroit-ce point un art de la Prusse pour éloigner et puis se lier avec elle? pardonnez le soupçon à mon impolitique, mais qui craint le peu de sincérité de la Prusse, et sais combien elle désire s’unir à la Russie, ou vous les représenter, sûre que vous saurez mieux que moi vous en garantir; mais daignez seulement y reconnoître mon tendre intérêt. Une autre chose, dussiez vous vous moquer de moi, me tient fort à coeur. Si votre générosité, votre amour fraternel, votre noblesse d ’être le Sauveur des Souverains opprimés, vous fait faire le manifeste, je crains tout de ces démons enragés, rien de public, mais leurs infernal émissaires, feu, fer et poison. Ces monstres sont capables de tout: au nom de Dieu, usez des précautions, ne vous exposez point, conservez des jours pré­ cieux à l’État, à l ’Europe, au monde entier, à 40 millions d ’hommes, à une famille, et j ’ose dire à moi, qui vous chérit comme un frère, père, ami, bienfaiteur, et enfin uniquement; ainsi soignez-vous, et pensez que ces monstres sont capables de tout. ... Vous avez la bonté de me dire que vos affaires avec les Turques vont finir; voilà ce qui me console, car cette guerre m ’affectoit aussi. Entre-temps je vous envoie des lettres que l’Impératrice de Russie nous a écrites; et comme ce sont en réponse de celles envoyées par Serracapriola, il n’y a point de réponse. Quand le courrier de Russie viendra de Pétersbourg, l’ordre est de vous communi­ quer ce q u’il porte pour votre règle, n ’étant entrée dans cette affaire que par l’espérance et espoir de vous servir et être en quelque chose utile, chose que nous désiriorons si ardemment. Adieu, cherissime frère, donnez-nous vos ordres pour France, ce q u’il faut faire. 16 juillet P. S. Venue en ville pour y expédier le courrier, je joins encore ces lignes d ’ordre même de mon cher mari pour vous les faire savoir. Le Roi d ’Espagne par le dernier courrier écrit à son frère que les affaires de France devenant scandaleuses et de mauvais exemple pour tous les Souverains, il falloit s’unir et se concerter pour repousser par la force et empêcher le venin à operer, et que pour cette raison là il avoit exspédié un courrier à vous et au Roi de Sardaigne.36 Cela est déjà un de sûr, com­ 36 Cfr. N . B ia n c h i , Storia délia Monarchia piemontese dal 1773 al 1861, I I I , Torino, Bocca, 1879, pp. 565-66.

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mençant par vous faire l’ouverture, mal tournée, mais enfin celle que vous vouliez lui faire. Le Roi a oublié sa lettre dans son bureau, ainsi il ne peut vous en envoyer copie; mais par le premier courrier vous l ’aurez. Il compte lui répondre qu’il pensoit absolument de même, et lui envoyer la lettre ostensible et le projet que vous lui avez envoyé avec sa réponse à vous et ses fermes intentions de se prêter à tout ce qui sera dans ses forces pour aider à des Souverains aussi malheureux. Comme le Roi d ’Espagne a parlé fortement avant même la prison et toutes les avanies, il faut espérer qu’actuellement il sera bien plus irrité, et s’unira avec les forces à vos paternelles et si bienfaisantes dispositions. L ’Ambassadeur à notre Cour a eu l ’ordre par le dernier courrier de faire en sorte que nous n ’ôtions et ne rappelions point notre Ambassadeur, comme aussi d ’assurer le Roi et le Gouvernement de Naples de la bonne intelligence qui passeroit entre ces deux Cours comme auparavant: signé Montmorin. Àcton a répondu que pour ambassadeur, le n ô tre 38 ne s’y trouvant point, on n ’avoit rien à leur répondre, et que nous nous réglérons après et de concert avec ce que feroient les autres Princes d ’Europe; qu’il avoit ordre du Roi Son Maître de ne point recevoir, ni mettre sous ses yeux aucun office de l’Assemblée nationale, qu’il ne pouvoit remplir cette commission, et que sur cela le Roi se concerteroit pour aller de concert avec les autres Puissances d ’Europe. Voilà à peu près ce qui de vive voix s’est dit. Les Talleyrand sont inconsolables, ils ont envoyé net leur démission au Roi; 39 tout le monde est malheureux, mais les malheureux Princes le sont bien plus que tous les autres. Je tremble pour le 14 jullet anniversaire de la fédération, où on a fait si publiquement prier au Roi, que ceci, et ce papier q u’il a fait présenter lors de son départ, ne lui fasse mauvais jeu. À Naples tout le monde est consterné, et chacun voudroit donner des preuves de zèle et attachement: il faut conserver et ne point émousser ces précieuses qualités. N ous aurons plus de 30 mille François dans le Royaume; tous ne valent rien: amis de la constitution, parce que des misérables, ils croient devenir 37 II conte di Montmorin de Saint-Hérem, diplomatico e maresciallo di campo, era ministro degli esteri di Luigi X V I dal febbraio 1787. 38 II marchese di Circello. 39 A differenza del celebre suo nipote Charles-Maurice, che si adattò ai climi politici più vari, Louis-Marie-Anne barone di Talleyrand-Périgord non volle ricono­ scere che « l’ancien regime », di cui fu l’ultimo rappresentante a Napoli. Vi era stato inviato il 1785, fornito di importanti istruzioni che si possono vedere a p. 119 sgg. del cit. R e c u e i l ; e lì restò con la famiglia (aveva sposato mademoiselle Louise de Saint-Eugène Montigny, nipote del Calonne, che lo ebbe tra i suoi ammiratori), dopo che, non sopportando di essere, in seguito all’arresto di Luigi X V I, il ministro del­ l’assemblea nazionale, ebbe inviato a Parigi le dimissioni dalla carica sino allora degnamente coperta. Cfr. Mémoires du Prince de Talleyrand par le D u c d e B r o g l ie , I, Paris, Calmann Lévy, 1891, p. 104; S i m i o n i , p. 398 sgg.; [q ui I I , passim ].

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grands seigneurs; valets de chambre, coiffeurs, cuisiniers, gouverneurs, et un monde de petits et grands négociants; gens tous dangereux, tous fanatiques, et q u’il faut veiller pour qu’ils ne corrompent point par leurs discours les autres; cela est du plus dangereux exemple, et nous en ressentirons tous les contre-coups et effets de cette révolution, surtout si elle prend le pied q u’elle paroit menacer de prendre. J ’ose vous envoyer la liste effective de ce que nous avons en bâtimens à pouvoir mettre en mer, en forçant nos moyens pour les payer, armés: comme aussi la liste des troupes de terre, où tout au plus cinq régimens d ’infanterie on pourroit donner, et cela même coûterait peine; pour cavalerie elle n’est encore pas montée, hors un bataillon de 1300 hommes qui nous sont nécessaires pour l ’intérieur du pays. Je vous envoie tout ceci pour votre règle, mon bien cher frère; disposez, conseillez-nous à venir à vos trousses dans un ouvrage aussi glorieux que le défenseur des opprimés. Pardonnezmoi tout ce verbiage. Conservez-moi votre si chère et précieuse amitié et bonté; croyez que je suis toujours près de vous en idées, et que je suis pour la vie avec le plus sincère et tendre attachement votre bien attachée soeur, amie et servante. 7. Castellammare, le 10 août 1791 Mon très cher frère et ami. Nous attendions d ’un moment à l’autre notre courrier qui nous apportât de vos chères nouvelles, mais les affaires de Constantinople pressent et le courrier ne venant point, mon cher mari expédie celui-ci a Pétersbourg pour y porter les nouvelles; et comme il passe par Vienne je vous écris par cette occasion comme aussi pour vous dire nos nouvelles de Turquie. Nous avons reçu deux courriers consécutifs de la Porte: le dernier est du 21 juillet. Dans le premier ils montroient bonne volonté et envie de la paix et commençoint à ouvrir les yeux sur les tromperies de leurs soi-disants amis et alliés; dans le second, où à ce que l’on croit ils savoient déjà les succès des Russes, le Grand Seigneur se reccommande de faire savoir au plus vite à la Russie ses intentions. Il aurait désiré le status quo strict; mais le Divan dit s’apercevoir de la difficulté; que par conséquent, pourvu Otchakow reste comme il est démoli et la Crimée neutre, ils seraient contents; mais que surtout la plus grande promptitude fait l’objet de leurs souhaits. Mais vous saurez mieux tout cela de Gallo, auquel on envoie la dépêche de Serracapriola, afin qu’il la lise, n’ayant point temps de faire tant de copies. Je vous prie de lui dire ce q u’il vous serait agréable q u’il écrive en votre nom à Serracapriola comme ici, afin que dans cette occasion comme dans toutes nous puissions remplir ce qui vous serait agréable, d ’autant plus que nous ne sommes entrés dans cette négotiation que par ce principe de vous pouvoir servir, ce qui est ce que nous désirons le plus... 288

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Je suis charmée que votre paix avec les Turques va être signée. J ’espère que celle des Russes ne tardera point à se faire: leurs nouveaux avantages rendront les Turques plus dociles; et l ’Europe entière vous devra sa tranquillité... De la France je ne sais que ce que disent les papiers publics, et cela fait frémir. Notre règle sera de vous suivre et dépendre en tout de vous; et pour cela nous attendons le courrier avec vos lumières et ordres pour le exécuter ponctuellement... Il est à désirer que l ’affaire de la France s’apaise aussi; pour moi j ’en doute; le projet est, à ce que l ’on dit actuellement, de porter le Roi à la frontière, lui dire q u’il est libre, lui présenter la Grande Charte à signer et lui dire: ou Roi en signant la Constitution, ou rien; et c’est ce qu’ils appellent liberté. Moi il me paroit tenir le couteau sur la gorge. Au reste nous nous conformerons exactement à ce que vous ferez, et en tout vous pouvez ordonner à Gallo et à Circello par M ercy40 ou autre qui bon vous semblera, car leur ordre est de se conformer en tout et parler toujours le même langage en petit de ce que vous en grand, mais au moins exprimer les mêmes sentimens et maximes. Je crains que l’An­ gleterre, qui gagne trop à cet état de la France en commerce, manifactures étrangères, fabriquemens, ne veuille travailler de bonne foi à l’en faire sortir; l ’Espagne parle aussi bien foiblement, mais c’est manque de moyen et possibilité et pour ne pas être forcée à tirer l ’epée, au moins voilà ce que j ’en crois; pour nous nous sommes à vos ordres, trop de liens nous unissent, et puis avec un frère, père, souverain bon, juste, pacificateur on ne risque point de parler, penser ainsi et se mettre entre ses mains. J ’avoue, dans le règne passé jamais pareille proposition ne serait sortie de ma plume, car quoique bien petits, j ’iaurois craint d ’être compromise. Nous suivons en tout vos pas. Ainsi l’Ambassadeur de France, qui a 40 Florimond-Claude de Mercy-Argenteau era stato lunghi anni, dal 1766, am ba­ sciatore austriaco a Parigi. V i aveva goduto, presso la giovanissima delfina, poi regina di Francia, come m ostra la sua corrispondenza, una posizione di primo ordine. Ne era poi partito, nell’aggravarsi della situazione francese, l’ottobre 1790, inviato da Leopoldo I I al congresso dell’Aia, per trattarvi la sistemazione dei Paesi Bassi, austriaci ancora in rivolta. D i questi doveva essere il pacificatore con un saggio go­ verno iniziatosi il 4 gennaio 1791, giorno del suo arrivo a Bruxelles. D i lì avrebbe continuato a tenere corrispondenza con M aria Antonietta. Reduce da Vienna, nei Paesi Bassi austriaci s ’era fermato, per ordine della sua corte, il marchese di Circello, già collega del Mercy a Parigi. Cfr., oltre C om te d e P imodan, L e comte Florim ond Claude de M ercy-A rgenteau, Paris, Pion N ourrit, 1911, S orel , I I , p. 152 sgg.; A. W o l f e H . Z w i e d i n e c k , L ’A ustria ai tempi di M. Teresa, G iuseppe I I e Leo­ poldo I I , trad. it., Milano, Soc. ed. libr., 1904, p. 458; A. d ’A r n e t h et M. G effr o y , Marie Antoinette. Correspondance secrète cit. (voli. 3); A. d’A rneth et T. F la m m er mont . Correspondance secrète du comte de Mercy - Argenteau avec Joseph I I et Kaunitz (voli. 2), Paris, 1889-91). 289

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donné sa démission et attend son congé d ’ici à huit jours, ne sera jusqu’à ce qu’il est Ambassadeur plus reçu par nous comme vous avez fait chez vous; et comme deux jours de voir du monde et la cour viennent, ma naissance et celle de mon fils, on lui fera insinuer de ne se point pré­ senter. Quand il sera réduit à particulier, comme c’est une des victimes de la révolution, je le verrai comme particulier et sans entrée ni titres; ni nous ne recevrons ni autre Ambassadeur, ni chargé d ’affaires, ni personne. Il faut désirer que l’Assemblée entende raison, mais je prévois point comme cela peut bien finir; car ou la chose devient palliatif, et alors l’exemple est des plus funestes pour tous les Princes, et ce maudit esprit à peu peu s’insinuera partout, car cette idée liberté sonne trop agréable­ ment aux oreilles d ’un chacun, et l ’avoir vu que la force de la multitude vainque est une mauvaise connoissance que le peuple a faite; ou il faudra venir à la force, et alors il est chaudement à désirer qu’elle fasse telle terreur qu’ils n’osent s’y opposer. Car un succès des révoltés les rendroit indomptables. Dites-moi seulement s ’il est vrai que ni le Comte d ’Artois ni vous étiez informé du jour de la fuite, et que c’est le Baron de Breteuil qui pour faire un contre-parti à Artois et Calonne a manigancé et si mal arrangé avec Bouillé cette fatale fuite; ce qui est sûr c’est qu’on la savoit au point q u’il couroit des lettres de la part des gens de Breteuil que j’ai vues, qui annonçoient la fuite du Roi pour le 21. Cette imprudence est un peu forte, et cela je l’ai lu avant d ’en savoir la nouvelle, mais je l’espérois verbiage, mais n ’ai que trop vu que cela est vrai. La Reine me fait une pitié extrême: je ne sais comme elle y survit; et cela est bien la cause de tous les Rois et Souverains. Ainsi comptez sur nous, dirigez nous, heureux si nous pouvons suivre et en petite partie avoir part à la gloire de Bien­ faiteur des opprimés et de Sauveur des Souverains emprisonnés, bons et seulement foibles, mal conseillés, mais point méchants et que l’on a traités si indignement. 8. Le 23 août 1791 Les François ne vous lâcheront point: on dit ici par lettres de G ê­ nes que le Roi a demandé les Princes pour signer la charte. Si cela est, tout en est dit; l’exemple n ’est point heureux, mais enfin c’est le siècle qui court actuellement pour nous. Comptez que nous ne parlerons, ne nous remuérons et agirons qu’après vos ordres, étant de coeur, âme, confiance et opinion et par tous les liens unis à vous.

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9. Naples, le 30 août 1791 Ce courrier-ci est extraordinaire et va à Pétersbourg. Mon cher mari s ’est vivement fâché de ce que Gallo a eu l’imprudence de renvoyer en arrière les dépêches pour Pétersbourg. Comme ce que nous faisons n ’est point médiation, mais seulement suivre et dire ce que les Turques nous prient, nous ne pouvons nous empêcher, par bonne foi y étant déjà, de le dire. L ’Impératrice se tiendra à la Prusse et Angleterre, mais nous aurons rempli la Commission du Turque à nous affidée; ce qu’après l’Impératrice nous fait insinuer d ’appuyer et sonder comment sont prises les offres de la Prusse et Angleterre, c’est ce que nous ne ferons point sûrement, et jamais que pour votre service seul nous jouérions ce vilain et petit rôle. Gallo a donc fait un pas de clerc en renvoyant les dépêches; il devoit expédier selon l’ordre reçu le courrier à Pétersbourg, et puis nous écrire et raisonner; il aura la tête lavée; j ’en suis fâchée pour lui, car il s ’en désolera. Mais le Roi en a été furieux, est revenu tout de suite de Belvedere où il étoit allé le jour avant, et a exigé dans l’instant la réexpédition en Russie de façon que j ’ai renoncé au dîner pour pouvoir écrire... Les affaires de France on ne sait comme cela ira. La Constitution est un absurde que je crois ne peut ainsi aller ni exister, mais qui est suffisant pour faire naître des idées de révolte et ce mauvais esprit par tout. La réponse d ’Espagne et la lettre que le Roi vous a écrite est bien maussade; le contre projet est bien foible mal stylé, au moins si c’est le même qu’il a envoyé ici à son frère; il y parle aussi de la confidence à lui faite par K ageneck41 au sujet de la paix du Levant, et que je me fi­ gure être l ’alliance avec la Prusse et l’entrevue. Enfin je désire pour le bien de la France que cela finit; je crois que, si on pouvoit parler, la moitié du Royaume seroit pour le Roi; et, malgré toutes les rodomontades dont les papiers publics sont pleins, je crois que leur troupe comme leur marine n ’ayant plus ni chefs, ni discipline, ni subordination est nulle et point à craindre. Nous dépendrons en tout de votre direction...

10 . Naples, le 13 septembre 1791 ... De Constantinople on a appelé notre Ministre, en lui participant que l ’on a signé la paix avec la R u ssie 42 selon notre conseil sans l’inter­ vention des médiateurs, et priant pour nos bons offices afin d ’aplanir les 41 Am basciatore imperiale a M adrid. 42 I •preliminari di G alatz (11 agosto 1791), base del trattato definitivo di pace segnato poi a Jassy il 9 gennaio 1792.

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difficultées qui dans les huit mois pouvoient renaître; enfin en témoignant la Porte toute la confiance dans cette Cour... On avoit dit, il y a quelques jours, que Toulon s’ètoit déclaré Roya­ liste, avoit arboré la Cocarde Blanche, mais cela ne s ’est point confirmé. Je crois qu’il est même à désirer qu’une ville seule ne commence point à donner l’alarme, mais qu’elles soient toutes de concert. Pour nous, nous sommes à attendre vos ordres et direction, prêts pour la bonne cause à faire tout, comme aussi à nous tenir tranquilles. Naples est plein de Paris, si le Roi signera ou non la Constitution; et le nombre majeur malheureusement croit q u’oui en en jugeant par la foiblesse qu’il a dé­ montrée dans toutes ses démarches... Je bénis Dieu de l ’alliance que vous daignez me dire avoir déjà ter­ minée avec la P ru sse.43 Je connois trop vos sentimens pour être sûre que ce ne peut être que l ’avantage public et la tranquillité générale qui vous y induit. Souvenez vous, cher frère, et dans tous les temps et dans toutes les occasions, que nous sommes encore plus, j ’ose dire amis que parens... Nous avons nommé nos 60 et plus d ’évêques. Jls attendent tous le mois de novembre pour aller à Rome se faire consacrer, et Rome sera inondée d ’évêques Napolitains, pourvu que le Pape ne meurt point entre­ temps, car il n ’est pas bien, quoique on le tienne très caché. Dans le cas de mort j ’espère que vous aurez l ’amitié de nous confier vos sentimens, car entre Cardinaux Allemands, Lombards, Toscans et Siciliens c’est bonne dose, et le choix d ’un Pape honnête homme et raisonnable est de grande conséquence principalement pour nous qui sommes voisins, et ces liens en tiennent plusieurs autres que dans les temps présens il seroit dangereux à briser. Ainsi je me flatte dans le cas recevoir vos ordres, et être tous d ’un sentiment et union. Adieu, mon bien cher frère: Dieu sait dans quel endroit cette lettre vous parviendra au moment où vous êtes affairé, et que ce sera une indiscrétion à moi d ’avoir osé tant vous écrire; mais pensez, cher frère, pour mon excuse que j’ai été accoutumée

43 È noto che, dopo essersi incontrato nel giugno a Milano col prussiano Bischoffswerder, sottentrato a H ertzberg nella direzione effettiva della politica, Leopoldo ebbe con Federico Guglielm o I I le famose conferenze di Pillnitz, nella sontuosa dimora estiva dell’elettore di Sassonia. Un mese prima, il 23 luglio, Kaunitz e Bischoffswerder avevano segnato a Vienna i preliminari di un non troppo sincero trattato di alleanza difensiva, cui si venne soltanto in seguito, il 7 febbraio 1792 (interessante giudizio in proposito, in una lucida relazione sulla Prussia, del giovane duca di Sicignano, più del G allo, suo maestro in diplomazia, atto a vedere la precarietà dell’amicizia austro­ prussiana nel fondamentale interesse di Berlino a non legarsi al carro viennese. A .S.N ., Est., f. 2328, Berlino, 23 marzo ’92). Cfr. S o r e l , I I , pp. 225-26, 236-37, 253 sgg., 370-71; e, per le opposte tesi intorno al valore della dichiarazione di Pillnitz, la compiuta nota del V i l l a t , L a Rivoluz. cit., p. 162. 292

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pendant 8 mois au bonheur de vous voir qui me manque bien, et que je tâche de m ’en dédommager par écrit quoique très imparfaitement... H. Le 20 septembre 1791 ... Je suis enchantée que vous êtes content de votre entrevue de Pillnitz, du Roi et Prince de Prusse, comme aussi de la famille de Saxe. Je sens que vous assurez la tranquillité et bonheur de vos États, et pouvez songer au vrai bien de tant de millions d ’hommes par ces opérations et alliances, et vous en fais mon sincer compliment. J ’ai reçu les trois papiers de France, les points par eux donnés, la réponse verbale, et ensuite le papier signé par vous et le Roi de P ru sse.44 Comme ce papier dit que vous deux êtes résolus d ’agir d ’un mutuel accord promptement avec les forces nécessaires pour obtenir le but pro­ posé, et q u’en attendant vous faites préparer les troupes, il faut espérer que le papier publié fera son effet; moi je crois que le Roi signera, et que tout en restera là. Gare que le sistèmes de liberté et force, dont les peuples seront par les faits convaincus, ne gagnent tous les É tats; les heureux seront les derniers; j ’espère que nous en seront tous les deux. En un mot nous attendrons toujours ce que vous direz. L ’Espagne paroit actuellement vouloir agir; le Portugal a accordé de grands subsides de plusieurs millions; nous attendons donc sur cela, comme en tout, votre résolution et ordres; et, j ’avoue, je crains que le tout en restera où cela en est: le Roi signera, aura son titre, aucune puissance; et les Peuples auront la preuve convainquante que leur volonté fait la loi et détruit les Empires les plus consolidés...

12 . Le 8 octobre 1791 ... Voilà l ’affaire de France terminée, mais de quelle façon honteuse. Le Roi a accepté, sanctionné, écrit cette vile lettre, allé à l’assemblée: le Président assis au côté droit, tête couverte, jambes croisées; toute l'assemblée assise, couverte; lui debout, récitant son sot compliment; il s’aperçut au milieu d ’une phrase qu’il étoit découvert et debout durant que l’assemblée étoit assise, couverte: cela l’embarassa, il s ’assit, ôta son ordre, enfin fit toutes les viletés complètes. Il nous a fait l’honneur de nous dépêcher un courrier en nous envoyant la nouvelle de cette heureuse affaire. Je crois que mon Roi dira que sa réponse sera conforme à celle des autres Puissances, à qui il est lié, car que dire d ’une pareille annonce? 44 La dichiarazione di Pillnitz (27 agosto 1791).

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on ne peut s ’en consoler, c ’est se dégrader; nous ferons et dirons après les autres. Je suis persuadée que cette bassesse même ne lui donnera point la tranquillité; les nouvelles élections, le compte des déprédations de deux ans fera encore naître du bruit. Notre soeur y a aussi parue avec son fils pour sanctionner cet acte honteux; moi je les plains; ma soeur est conduite par de mauvais entours, qui profitent de sa foiblesse, et elle dirige le Roi, et le tout ensemble est honteux, et ne peut bien finir. Il y aura du bruit et massacre interne, si même, comme il paroit, l ’externe ne s’en mêlera point; le manque de grains, de numéraire, toutes les classes mécontentes cet hiver feront du bruit, et quelque grand désordre arrivera; au moins, j ’avoue, je le crois fermement. Nous attendons vos ordres, étant de coeur et d ’attachement, devoir, liés à vous; mais, j ’avoue, je trouve la conduite du Roi vraiment méprisable; car ou pense-t-il ce qu’il a juré et souscrit, il se déthrone lui même et ses successeurs; ou ne le pense-t-il point et la peur le lui fait faire, il est vile, poltron et parjure, et ne mérite pas d ’être dans le rang où il est. Enfin la chose est très, très désagréable et d ’un exemple fâcheux pour tous, cette sanction y mettant le comble. Notre Am bassa­ deur est ôté, et le Segretaire de légation, un Tier enragé,45 a reçu le courrier pour nous présenter le beau monument: on pouvoit épargher ce courrier extraordinaire, car, j ’avoue, cela est très embarassant. À Naples toutes les têtes dangereuses rient de ce q u’il a dû passer par là, et cela sera toute part de même, et fera le plus mauvais e ffe t.46 Je trouve la lettre des Princes très noble, bien et juste dans ses principes. Je ne sais, mon très cher frère, si j’ai le bonheur de rencontrer mes idées avec

45 Francesco Cacault, già guadagnato ai principi della rivoluzione, cui, dopo le dimissioni, il Talleyrand aveva lasciato le carte dell’ambasciata e il non facile com­ pito di trattare con la corte di N apoli. S i m i o n i , I, pp. 403-404. 46 L ’opinione pubblica, come oggi diremmo, l’assillo della regina! E non soltanto di lei. V. quanto scriveva di lì a qualche anno, il 23 marzo ’93, un ambasciatore vene­ ziano, che non brillava poi per straordinario intuito (basti vedere le sue previsioni sui futuri rapporti austro-veneti, felicemente regnante Francesco I I ! ) : « . . . è cosa degna di sommo rimarco, come anche l ’infima plebe e i contadini, che per lo più dediti al loro travaglio per guadagnarsi il pane, non si curavano per l’innanzi di sapere quanto passa in Europa, facciano ora attenzione alla guerra presente e ragionino alla loro foggia, circa li motivi, che l’hanno accesa. M assim e di governo, costituzione, distinzione dei poteri, sovranità del popolo erano termini una volta solo cogniti a quegli uomini che si dedicavano allo studio della politica: ma in adesso sono sulle labbra di qualunque ceto di persone, e la rivoluzione francese opera insensibilmente un ’altra egualmente pericolosa rivoluzione nella maniera universale di pensare ». Die Relationen der Botschafter Venedigs über Österreich im achtzehnten Jahrhundert [F on tes rerum austriacarum, Zweite Abteilung: Diplomataria, X X I I B d .], Wien, K .- K . - H . - u n d Staatsdruckerei, 1863, p. 340.

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les vôtres. Comme vous êtes plus proche, et au milieu de tout cela, vous pourrez mieux décider, et je soumets mes idées à la justesse des vôtres; mais dans Péloignement je les vois comme je les mande... 13. Le 10 octobre 1791 ... Nous avons reçu un courrier de France. Le Roi par une lettre ostensible envoie la Constitution à son Cousin, disant qu’il l’a acceptée pour le bonheur de ses Peuples, mais qu’entre eux et leurs nations, c’est à dire la françoise et napolitaine, il régnera toujours une stricte corre­ spondance; puis dans une privée de sa main il lui donne la nouvelle que, quoique on lui ait offert à lui et à son fils de garder l’ordre St. Esprit, il s ’en étoit démis, et qu’il lui en donnoit part, lui l ’ayant aussi. Vous sentez que cela devient très embarassant. Par le premier courrier je vous enverrais copie de ces lettres et réponses de mon mari, qui sont fermes et prudentes et non compromissoires. Il est vivement piqué et animé de tout cela; il a reçu une lettre du 13 Septembre du Roi d ’Espagne très forte et raisonnée: il parait qu’il ne veut point rester dans l’inaction; si je puis en tirer copie, je vous l’enverrois; sans cela, ce sera pour le courrier prochain. En un mot cela ne peut rester ainsi, et je suis convaincue qu’à la longue le Roi sera la victime malgré sa pusillanimité; il y périra et y périra deshonoré, car le manque de grains et de numéraire, la nouvelle législation et les comptes que l’on forcera aux anciens à rendre causera quelque insurrection où le Roi en sera la victime; au moins je le crois ainsi... 14. Le 1. novembre 1791 ... Pour les fatales affaires de France je vois tout ce que vous m’en dites. Gallo a reçu toutes les copies des lettres du Roi d ’Espagne au mien et de ses réponses, comme aussi celle où le Roi des François annonce son acceptation et qu’il s’est ôté l ’ordre, avec les réponses de mon mari, comme aussi copie des lettres des Princes, qui de la manière la plus humble et touchante ont demandé un million de secours, assurant les biens d ’Artois, Condé, pour assurance. Nous n’avons pu débourser cette somme, mais avons promis 500 mille florins pour le moment présent, à voire ce que l’on pourra faire après. Toutes les copies, Gallo les a, avec ordre de vous les montrer si vous les voulez. Le Roi d ’Espagne a pris feu. Je crains bien, si cette fatale Constitution s ’afermisse, tout le monde s’en repentira; il est vrai qu’il est difficile que des extravagances en tout genre comme eux font puissent durer. La foiblesse du Roi est impardon­ 29=5

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nable, la conduite de notre soeur me fait bien de la peine: elle est forcée, trompée, et conduite à sa perte, le Roi et son fils. Mon Dieu, avec toutes les peines, chagrins et avilissemens déshonorans qu’elle a éprouvés, peut on encore avoir l ’ambition de régner et conter! Si elle pensoit comme moi, elle auroit dû tout faire pour remettre son throne au mari et fils, et puis se retirer, vivre dans une province, abaye, y faire du bien, se faire oublier, estimer. Peut elle plus paraître, voir ceux qui l ’ont si affreusement humiliée? si elle reste à gouverner, les mécontens qui ne peuvent man­ quer, répéteront toujours toutes les infamies et horreurs qui nous sont connus. Pour moi je lui aurais conseillé ce parti: marier sa fille, laisser élever des hommes son fils, et se retirer. Au moins on auroit dit; jeune, séduite dans une Cour perverse, l’âge l’a faite retourner à ses bons prin­ cipes. Mais ainsi cela ne finira pas bien, et le Roi, qui par la crainte d ’être tué s’avilit à ce point, ne sera point sauvé: cet hiver, disette de blés, manque de numéraire, de bois, il y aura tumulte, gare les victimes! C ’est pour tous les souverains une cruelle époque! Je vois que vous pensez ne plus agir, croyant le Roi libre; mais il s’est dit de même huit jours avant sa fuite, et le manifeste laissé l’a démenti. Qui sait s ’il ne dédira point ce q u’il fait et dit à présent? Cet hiver poussera la misère au comble, et les massacres et malheurs ne manqueront point. L ’Espagne, selon q u’elle vous aura écrit, voudrait montrer vigueur, la Russie a fait aussi des démonstrations; mais je crois que dans cette saison, comme si le concours n’est pas générale, on ne peut rien faire; et cet hiver ils se fe­ ront entre eux même le mal, car cela ne passera pas tranquillement. On dit que la Reine, et par elle le Roi, sont conseillés du fameux Cardinal de Brienne; nous verrons ce qui en sera, toujours prompts à suivre tout ce que la raison et le bon parti vous fera entreprendre. Je suis seulement fâchée que l’on a tant menacé, parlé. Car cela rend le parti mauvais plus hardi, et l’exemple des Peuples de leur droit et forces plus dangereux pour tous par cet exemple. J ’espère que votre union avec la Prusse et Russie soit sincère, léale de leur côté, et vous donne cette tranquillité pour pouvoir faire le bien de vos peuples, comme votre coeur le désire... De Toscane je ne sais rien du tout. E lle'” écrit peu de lignes chaque courrier d ’Espagne: contentement, bonheur; lui m ’écrit quelquefois comme content; on dit q u’elle se porte bien, grandit, engraisse, contente; lui frivole, leger, ne pensant q u’à l’amusement: les ingrats Toscans sen­ tiront la différence.48 Notre m inistre,9 partira à la fin de novembre; je 47 L a granduchessa Maria Luisa, figlia dei reali di Napoli. 48 D ei sospetti che circondarono Ferdinando I I I di Toscana, guidato dal suo maggiordomo M anfredini, sin dail’ascesa al granducato, prime avvisaglie di u n ’antitesi che crescerà con gli anni, dei « dispiaceri [d all’im p.] provati in quel paese stesso al quale à fatto tanto bene, e nel quale per tanti anni pacificamente aveva vissuto » (Carie Gallo, Ferd. IV a G allo, N apoli, 31 maggio ’91) è traccia nella corrisp. dei

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vous prie franchement de me donner vos ordres pour lui; je réponds de sa prudence, discrétion; c’est una volpe vecchia, point aimable, même il déplaira aux jeunes gens, mais homme sûr, à y conter. Ainsi daignez avec sûreté me communiquer vos ordres: si même vous vouliez lui envoyer un chiffre avec l ’ordre à qui il doit chiffrer, il le fera; mais pour éviter les tracasseries, soupçons et jalousies, il ne le fera q u’à notre ordre et pour vous, sans y mettre Gallo, avec lequel il n’aura aucune particulière correspondance. Cela tranquillisera à Florence, et vous en serez mieux servi; daignez seulement m ’envoyer vos ordres, bien détaillés, et soyez persuadé que ceux qui servent à nous sont aussi à votre service, l ’intérêt étant égal... 15. Portici, ce 8 novembre 1791 ... Je vois ce que vous daignez me mander sur les affaires de France. J ’ai reçu par H am ilton 50 qui est retourné à Naples une lettre de notre soeur, qui à demi mot dénote un projet. Je désire qu’il soit bon et bien combiné, mais je ne m ’attends qu’à des actes de foiblesse et d ’intrigues, et cela ne peut durer. Cet hiver produira quelque tumulte et changement quelconque... 16. Le 19 novembre 1791 ... Pour les affaires de France je ne sais rien directement, mais on assure qu’une nouvelle fuite se concerte; on nomme même les endroits, reali di N apoli con l’ambasciatore a Vienna. Leopoldo stesso aveva m olto per tempo, da Milano, m anifestato alla sorella Cristina il cruccio con cui era partito da Firenze: di essere restato cioè poco soddisfatto del figlio granduca « e molto meno di quei che lo circondano e di chi c’è rimasto con lui ». Cfr. A. R e u m o n T, Fed. Manfredini e la politica toscana dei primi anni di Ferd. I l i , in Arch. Stor. It., IV s., X X V I, 1877; L. D e S a n t i s , Fed. M anfredini e la sua politica, Roma, Ediz. della « Roma Lettera­ ria », 1909. 49 II bali Innocenzo Pignatelli. 50 II notissimo ambasciatore inglese a N apoli, tornato di quei giorni in sede, maturo sposo della bellissima Em m a (in propos. A . C u t o l o , I l matrimonio di Emma Liona, in Rass. Stor. N apol., 1, 1933, pp. 38-43, che pubblica due lettere del Castelcicala di questo nov. ’91), sulla quale, oltre al vecchio R. P a l u m b o , M. Carolina re­ gina delle D ue Sicilie. Suo carteggio con lady Em m a Ham ilton, N apoli, Jovene, 1877, A . F a u c h i e r -M a g n a n , Lady Ham ilton d ’après de nouveaux documents; Paris, Perrin, 1910; J . T u r q u a n et J . D ’A u r ia c , Une aventurière de haut vol. Lady Hamilton ambassadrice d ’Angleterre et la Révolution de N aples d ’après des documents inédits (1763-1815), 2. éd., Paris, Émile-Paul, 1915; e adesso E . C . C o n t e C o r t i , Nelsons K am pf um Lady Ham ilton, Graz, Querschnitt - Verlag, 1947.

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que tout le monde se réunira ensemble à Coblentz et que l ’on agira de concert. On nomme jour et endroit; Dieu veuille que cela réussisse mieux! un second rattrapement avec une assemblée d ’enragés, folle domme la présente, garce, quel spectacle tragique nous apprendions! enfin tout ceci me paroit la tour de Babel et une confusion a n ’v rien comprendre: on est ennemi, ami, uni, désuni, enfin cela ne s ’entend point; ce qui est clair c’est le mauvais exemple pour tous les Peuples. N ous venons d ’attrapper une espèce de catéchisme inique pour le bas peuple et surtout pour séduire les soldats, les communs, parlant insu­ bordination, égalité, etc. etc. Sous les couleurs les plus séduisantes cela entroit dans le Royaume par le moyen des chaudronniers, de ceux qui remettent, rapetassent les chaudrons cassés, la classe la plus abjecte, qui va pélérinant et auxquels on ne prend nulle garde. E t bien, ceux-là étoient chargés de ces imprimés en italien, faits pour souffler révolte, discorde contre les loix, impôts, en bref, sans raisonnement afin que cela soit à la compréhensive d ’un chacun. Vous voyez de la leur méchanceté si vous voulez, quoique vous l ’aurez; je vous enverrois cette belle pièce. Je sens bien combien tout ceci vous donne à faire, ayant tant de différens pays, telle étendue et éloignement à gouverner et veiller... 17. Le 22 novembre 1791 ... De nouvelles on ne sait rien; on assure qu’en France la Cour trame à soi una contrerévolution de trois ou quatre espèces et une fuite par les Brienne, Breteuil, etc. etc. Ici on en parle publiquement, et cela me fait trembler qu’elle n ’ait le même succès de la première et Dieu sait quelles suites; enfin tout ceci peine... 18. Le 6 décembre 1791 ... Une estafette venue de Rome porte la nouvelle que le Roi de France avec le Dauphin est échappé, arrivé auprès de Valenciennes; la Reine échappée par eau; le premier déjà arrivé. Dieu veuille que cela soit vrai; mais comme l’Évèque de Spire mande cette nouvelle à Rome, je n’ose encore la croire et tremble si elle n’est pas réussite. Enfin cela m ’inquiète vivement et je désire une prompte confirmation. Ceci change tout et on ne sait plus sur quoi tabler... 19. Le 13 décembre 1791 ... Je suis mortifiée du Poscriptum que je vous ai envoyé la semaine passée à cause de la fuite du Roi de France, mais comme une estefette 298

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venue de Rome nous l’annonçoit, que je suis par goût et confiance accou­ tumée de vous tout communiquer, je vous l’ai d ’abord écrit; mais j’ai vu par les lettres d ’autres parts qu’on a donné partout la même alarme. Je trouve cela bien cruel, car cela ne peut que produire du mal...

20 . Caserte, le 22 décembre 1791 ... De nouveau nous autres relégués à la pointe de l’Europe nous ne savons rien. Les affaires de France font toujours selon les papiers d ’un chacun les discours; pour moi je crois que cela ne peut finir bien: la misère, l’hiver, les tant de différens partis et intents doivent faire naître du bruit, gare les victimes! Car ce ne sera que le courage personnel qui peut sauver entre tant de différences d ’opinions et partis. Ceci est pour les soi-disant Souverains; pour les Princes, si ils font la folie d ’entrer encore cet hiver, il y aura un massacre horrible et il n’en résultera aucun bien. L ’Espagne continue à témoigner beaucoup de force et paroit vouloir s ’unir à la Russie et Suède; je crois, et priérois mon cher mari, d ’envoyer ies copies des lettres de son frère à Gallo, afin que vous les puissiez voir: il paroit très déterminé, mais jusqu’à présent ce ne sont que paroles et non faits; il a non plus reçu la seconde notification du Roi de France disant toujours q u’il ne le reconnoissoit point comme libre; et effectivemente deux fois les sentinelles l ’ont renvoyé dans la chambre au mo­ ment qu’il vouloit sortir, ce qui ne prouve point une grande liberté. Enfin nous verrons comme cela finira, mais certainement pas bien, ni pour eux. ni pour personne à cause de l’infame exemple. Te vous plains bien aussi de ce que vous êtes si tourmenté par eux, car leur insistance n’est pas petite et le caractère d ’impudence même dans le malheur ne change point... (H .H .S.A .W ., Hausarchiv, Samtnelbànde, 90).

II. D A LLA C O R R ISPO N D E N Z A U F F IC IA L E A U STR IA CA Cobenzl a Esterhazy, 17 gennaio 1793 51 ... Nessun monarca in Europa può sperare in una completa e du­ revole sicurezza e pace secondo il provocante decreto del 15 dicembre dell’Assemblea Nazionale (nel quale viene dichiarata addirittura una lotta 51 L ’originale è in tedesco. 299

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eterna a tutti i m onarchi,52 finché questo popolo diventato indomabile per una lunga longanimità e condiscendenza non venga respinto intera­ mente, con forze riunite e potenza, nei limiti delle trattabilità sociale. Ciò sembra ora che riconosca anche l’Inghilterra e che dia il corso ai suoi preparativi seri e già predisposti; che attenda soltanto l ’adesione della Spagna, il di cui nuovo primo ministro duca di A lcudia53 sembra prendere a cuore la confusione francese almeno più del suo predeces­ sore, e soltanto abbisognare di ancora maggiore risolutezza e cognizione di causa. Nessuno potrebbe fargli comprendere d ò in modo più facile ed ef­ ficace del regio ambasciatore napoletano a Madrid principe L u zzi,51 il quale possiede l’intera fiducia non soltanto del suddetto duca di Alcudia, ma anche di entrambe le M aestà Cattoliche, e che ha quasi giornalmente occasione di parlare a tutti di affari. In ciò merita di essere ancora osservato che, non appena la Spagna e l ’Inghilterra fossero d ’accordo sul disordine della Francia (ove forse po­ trebbe essere ancora salvato da ambedue il Re non mai abbastanza da compiangere), potrebbero anche indurre subito la corte portoghese alla partecipazione, alla quale l ’attuale reggente di colà principe del Brasile sarebbe disposto con tutta l’anima, mentre se ne astiene per la dipen­ denza dalla Spagna e dall’Inghilterra. Comunico tutto il di sopra detto alla Signoria Vostra, non perché ne faccia un uso ministeriale immediato nelle presenti circostanze di costà diventate scabrose, ma perché lanci in occasione opportuna ciò come una sua propria idea... (H .H .S.A .W ., Staatskanzlei, Neapel, 18).

52 II famoso decreto della Convenzione, che assegnava alla repubblica francese il compito di stabilire un sistema di governo modellato sul proprio presso i popoli liberati. 53 Manuel de G odoy, succeduto al conte di Aranda, più schietto figlio del secolo dei lumi, e più indulgente, per conseguenza, verso la rivoluzione. 54 Su di lui cfr. (in Corresp., 2 febbr. ’93) il severo giudizio della regina: « Luzzi... l ’homme le moins écrivain et le moins clairvoyant ». E ra succeduto nell’am­ basciata spagnola al non meno mediocre principe di Raffadali. D i questi giorni era stata già decisa la sua sostituzione con uno dei migliori diplomatici di cui disponesse N apoli, Antonio Pignatelli di Belmonte (Corresp. 24 die. ’92).

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« se tutte le Potenze Italiane convenissero nella allean­ za della neutralità armata [...], sarebbe certamente questo progetto d ’un vantaggio sicuro e indifficultabile [...]. M a la prim a difficoltà [...] sarà nelle Potenze d ’Italia [...]: io prevedo che l ’Italia stessa sarà difficile a riunirsi ». M A R C H E SE DI G A L L O

La posizione assunta di fronte all’Austria, lo stesso propendere verso l’Inghilterra, la ricerca e la rivendicazione dei diritti del Regno su ter­ ritori fin itim i,1 una volontà di primato in Italia, non contrastante con intenti di collaborazione con gli altri stati, tutti questi aspetti, noti in molto varia misura, della politica dell’Acton, ci inducono a seguirlo più da vicino nel problema in cui essi confluiscono, il problema italiano, in un momento che vedeva convergere verso occidente l’interesse e le ar­ mate dell’Europa. Dei due campi aperti alla Monarchia dal suo sorgere, prevaleva adesso, davanti all’erede degli Aragonesi, sulle mete lontane e incerte del Mediterraneo, l’Italia con le sue marine indifese, con i valichi alpini tante volte superati, con la grande pianura in cui s’erano misurati senza tregua gli imperialismi indigeni e stranieri, con i limiti infine di tre secoli in­ nanzi, non cancellati dal tempo, che aveva continuato ad elidere gli orga­ nismi minori. L ’attenzione si volgeva di nuovo, da ogni parte, alla scarsa

1 Cfr. cit. [q ui a pp. 34 e 212] Parere del Cav. Acton sul Concordato in P e ­ pp. 54-55: « Si è parlato... del confine territoriale, articolo di sommo rilievo e che per la sua importanza si rimette ad altro tempo di trattare perché è oggetto troppo superiore alle presenti contese. ... Si tratta delle chiavi del Regno, dei passi e difese dalla natura stessa al medesimo costituite, le quali benché possedute dagli antichi sovrani sono state ai medesimi tolte ed usurpate in più tempi ed occasioni, onde è restato privo il Regno della propria naturai difesa per la sola parte per cui sia per terra attaccabile... Per tutti i titoli devesi questo confine ricuperare, e ritor­ narlo ai primi antichi limiti... ». lu so ,

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consistenza militare dei singoli stati: a un certo punto si riparlò di lega italiana. Con intenti diversi ne parlarono i Piemontesi, più direttamente esposti alla minaccia straniera, ne parlarono i Toscani, consci della grave impreparazione del Granducato, se ne discusse a Napoli e a Vienna, vi si pensò a Madrid. « C ’est un ancien projet de M. le Chevalier Acton que celui d ’un’espèce de confédération italique », affermava il di Castellalfer il 28 agosto 1792; ma non sappiamo se al ministro napoletano la prima idea sia ve­ nuta quando, cominciandosi a « temere disturbi in Italia » per la propa­ ganda degli emissari francesi, proposte del genere partirono da altre co rti.2 Erano scorsi soltanto alcuni anni dai grandi piani del di Floridablanca, il quale, vagheggiando, contro l’Inghilterra, una rinascita della potenza spagnola nel Mediterraneo, aveva tentato di guadagnare gli stati latini del sud d ’Europa, era riuscito ad attirare il Portogallo, e aveva proposto un’unione delle forze italiane, nuovo elemento d ’equilibrio e di sicurezza in quel m are.3 Fors’anche aveva parlato di tanto in tanto all’animo del marinaio l’esperienza della perenne minaccia africana, che aveva già creato una larga cooperazione tra gli stati più esposti. Anche dal Piemonte si era levata, dieci anni prima, una voce austera, che risuonerà più forte nel dramma della Rivoluzione, invocante « una confederazione di tutte le po­ tenze d ’Italia al solo oggetto di difendere il Litorale e il commercio e di ottenere pace stabile d a’ Barbareschi ». Confederazione che « potrebbe forse col tempo produrre altri buonissimi effetti, riunire maggiormente in un corpo la Nazione, animare e fomentare vieppiù lo spirito patriot­ tico, stringere maggiormente i vincoli naturali dei diversi Stati che l ’Italia compongono, e che hanno tante relazioni tra loro di costumi, di traffici, di parentele ». * Certo era ancora in Toscana Pietro Leopoldo, quando ne accenna­ rono a Napoli altri stati italiani; e Napoli accettò, ne fece parola al Gran-

2 A .S.T ., Leti. Min., m. 37; A .S.N ., E st., i. 4090, a Micheroux, 11 settembre 1792 [m a v. qui adesso V II, n. 125, e Appendice I, n. 13]. 3 A. T r a t c h e v s k i , L ’Espagne à l ’époque de la Révolution française, in Revue historique, XXXI (1886), p. 25. 4 L . F u s a m i , G ian Francesco Galeani — Napione di Cocconato — Passerano. V ita e opere, Torino, Baravalle e Falconieri, 1907, pp. 8-9.

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duca, che a sua volta trovò la cosa « molto a proposito » , e, deciso ad entrare nella lega come futuro Duca di Milano, s ’impegnò a indurre Ve­ nezia a farne parte. In seguito questi propositi furono superati dagli sviluppi della si­ tuazione: si pensò ad una generale coalizione europea contro la Francia; la fuga di Varennes fu tale avvenimento da far « perdere di veduta l’Italia » . 5 Veramente un anno e mezzo prima, mentre Leopoldo si preparava a raccogliere la difficile eredità del fratello, era stata oggetto di molto diverse preoccupazioni, nelle cancellerie europee, la voce, rapidamente diffusasi, di « una lega in Italia per alterare lo stato pubblico attuale e la tranquillità ». Più scottanti problemi erano sul tappeto: la Rivoluzione non era ancora entrata nel vivo degl’interessi internazionali. In Italia una questione toscana venne ad aggravare una situazione europea piena di incognite. Si sospettò che l’ambizione del nuovo capo della Monarchia austriaca avrebbe secondato le propensioni dell’ambiente aulico viennese ostili all’indipendenza del Granducato; si disse la Spagna disposta a profittare della crisi austriaca per rivendicare i vecchi diritti dei Borbone - Farnese sulla Toscana, e il Piemonte pronto a riprendere, al suo fianco, la fatale lotta contro gli Asburgo. Un’alleanza sarebbe stata stretta tra Sardegna, Spagna e Parma, con una palese funzione antiaustriaca, pronta ad attirare a sé gli altri stati della Penisola. Di vero in tutto ciò c’era soltanto la latente opposizione austro­ borbonica. Non tardarono a sopraggiungere assicurazioni da tutte le parti: a Vienna Leopoldo procedeva con un’ansia di rimuovere ostacoli, sopire rancori, assicurare la tranquillità ai sudditi e all’Europa; Madrid smen­ tiva le voci fallaci; Torino, fuori di ogni impegno con la Spagna, non era uscita dalla posizione di vigile osservatrice degli eventi. M a, a un accenno fattogli dall’Acton, il Gallo aveva risposto che il vero pericolo era nel Piemonte, bramoso di « mettersi all’incanto », con la speranza di guadagnare, « sull’esempio di due secoli », senza rischio, qualche cosa; ed aveva inoltre espresso il consiglio di comporre al più presto la vertenza con Venezia, per « la necessità in cui sarebbero le Po­ tenze d ’Italia che pensano bene e moderatamente, come il Re Nostro Signore e la Repubblica, di tenersi d ’accordo insieme ed unite per con­ servare lo stato, la pace e l ’equilibrio d ’Italia ». Non conosceva quel che 5 Cit. dispaccio a Micheroux; al marchese di G allo, 12 ottobre ’92 (cit. f. 4090).

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trapelò in seguito, che cioè proprio in quei giorni il di Breme aveva in­ viato da Vienna una lunga memoria alla sua corte, caldeggiante, nell’im­ possibilità di un’unione tra gli stati italiani, un’alleanza con l ’Inghilterra e con la Spagna, interessate allo statu quo ed all’equilibrio d ’Italia, in un’epo­ ca in cui questo stava per rompersi per il passaggio del Granduca alla testa dei domini ereditari, mentre si profilava non lontano un più grave evento, la successione dell’Arciduca Francesco, che, sposo di una principessa na­ poletana, avrebbe non soltanto finito per attrarre del tutto nell’orbita degli interessi austriaci il Regno di Sicilia, ma si sarebbe fatto egli stesso strumento dei risentimenti di Maria Carolina contro Torino. Né il grido d ’allarme restò inascoltato, poiché, qualche settimana dopo, l’urgente appello veniva trasmesso a Londra ed a Madrid. Particolari, questi, che non soltanto illuminano largamente le scarse possibilità di un’intesa italiana alla vigilia della lotta contro la Rivo­ luzione, ma che lasciano intravedere fin dal primo appello per una lega, confuso con le preoccupazioni destate dalla minaccia francese, un bisogno di serie garanzie contro il pericolo di ogni sorta di perturbazioni terri­ toriali. 6 L ’estate vedeva un notevole chiarirsi della situazione europea, col

6 L a tragica situazione di Genova, in continuo dissidio col Piemonte, era così presentata dal Micheroux il 10 marzo di quell’anno: « Ecco nuovamente sopita per ora l’animosità fra le due N azioni; ma siffatte tregue non possono essere di lunga durata, ed i Genovesi debbono doppiamente temere così l’indifferenza delle potenze estere negli affari d ’Italia, come il bisogno in cui taluna di esse potrebbe trovarsi di comperar l ’alleanza di qualche Principe Italiano, a costo di sacrificar la Repubblica ». A.S.N ., Est., 2282, corrispond. Micheroux da Torino, marzo-aprile 1790; f. 1973, Marsiconovo al Re, Torino, 3 febbraio 1790; f. 2308, N apoli, 2 marzo e Vienna, 22 marzo 1790; f. 69, Vienna, 22 marzo e 12 aprile 1790; Carte Gallo, 62, V I, Ferd. a Gallo, 4 marzo 1790, dove è riportato un interessante brano di lettera del G ran­ duca; A .S.T., Negoziaz. Vienna, m. 11 d ’addiz., Memoriale Breme 11 marzo 1970; Negoziaz. Napoli, m. 2°, cit. Nuove istruz. a Castellalfer, 20 aprile 1790; Quellen zur Geschichte der Deutschen Kaiserpolitik Oesterreichs während der Französischen Revolutionskriege (ed. A. R i t t e r von V iv e n o t) I, Wien, Braumüller, 1873, p. 481 (Kaunitz a Mercy, 6 gennaio 1790); H e l f e r t , Zeugenverhör, pp. 101 e 137; D. Car u t t i , Storia della Corte di Savoia durante la Rivoluzione e l'Im pero francese, Torino, I, Roux, 1892, p. 88 sgg.; F. D . O l m o , D ei rapporti politici fra^Torino e Genova durante la Rivoluzione francese (1792-96), in Riv, d'Italia, febbraio 1915, p. 236. Per i precedenti della questione toscana A. R e u m o n t , Geschichte Toscana's, I I , Gotha, 1877, p. 202 sgg., 235; Id., G iuseppe I I , Pietro Leopoldo e la Toscana, in Arch. Stor. It., s. I l i , t. X X IV (1876), p. 425 sgg.

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conseguente allentarsi dei rapporti Piemonte-Prussia, che una guerra avrebbe resi più intimi. Si tornava a parlare della propaganda francese in Italia; e l ’ambasciatore napoletano a Vienna ne avvertiva, con cupi colori, il ministro degli esteri: « Siamo direttamente attaccati e conviene reciprocamente aiutarsi, intendersi coi Governi d ’Italia, e formarsi un piano vigoroso di difesa ». L ’Acton, ad altri allarmi giunti da Roma, con­ veniva nella necessità di pronti rip ari.1 Q uesti propositi dai contorni così incerti, nell’inverno 91-92, men­ tre la situazione francese si aggravava paurosamente e il centro degl’inte­ ressi austriaci tornava a spostarsi verso la Germania, dovevano acqui­ stare concretezza e vigore per opera della diplomazia più avvezza, per lunga tradizione, ad abbracciare l’intero giuoco delle forze, degl’impulsi, delle reazioni italiane. Sono noti il nobile piano del Galeani Napione, l ’attività svolta dalla Corte di Torino per indurre la Repubblica di Ve­ nezia a far parte di una confederazione, il rifiuto di quel pavido go­ verno; si è detto ancora che non più fortunati furono i tentativi fatti presso gli altri sta ti.8 A Napoli Vittorio Amedeo I I I insistette « per ben cinque o sei volte » in quest’epoca per la formazione di una lega italiana, ricevendone buone assicurazioni: dopo Varennes sembrava che l ’Acton fosse disposto ad appoggiare indirettamente un intervento armato in Francia con l ’invio di alcune migliaia di uomini nella Lombardia, che avrebbero permesso alle truppe austriache di passare in Piemonte e nella Savoia. Questo era un terreno sul quale i due Regni potevano procedere 7 A .S.N ., E st., f. 6 9, Vienna, 8 luglio 1790. « On ne peut nier q u ’actuellement il soit nécessaire, utile et convenable que les gouvernements d ’Italie fassent entre eux une ligue et une union pour réprimer d ’un commun accord la fanatique inso­ lence des émissaires français », scriveva a sua volta l ’Acton il 24 luglio. J . G en d ry , Pie V I - Sa vie - Son Pontificat, Paris, Picard, s.d., ma 1905, I I , p. 100. 8 N . B ia n c h i, Storia della Monarchia piemontese dal 1773 sino al 1861, I I , T o rin o, B occa, 1878, p. 55 sg g .; C a r u t t i , I , pp. 69-70; C . A. D e G e r b a i x d i Son n az, G li ultimi anni di regno di Vittorio Am edeo I I I Re di Sardegna (1789-96), in Mi­ scellanea di Storia Italiana (R . Deputaz. d i S to ria P a tria p er le antiche P rovin cie e la L o m b ard ia), s. I l i , t. X V I I I (1 9 1 8 ), p. 287 sg g .; R o m an in , IX , p p . 184-86. Il testo d e ll’« Id e a di u n a C on federazion e d elle P otenze d ’Ita lia » d el C on te G . Fran e. N ap ion e in B ia n c h i, I I I , p p . 527-45. S u q u esta in teressan te fig u ra F u s a n i, o p . cit.; A. F o s s a t i ,

Il pensiero economico del Conte G . F. Galeani-Napione ( 1748-1830), R . Deputaz. Su b alpin a di S to ria P atria, n. C L V I I I , T o rin o , 1936; G . V o lp e , Principi di Risorgimento nel Settecento Italiano, in Riv. Stor. Italiana, 31 m arzo 1936, P- 29 sgg.

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d ’accordo fino a un certo punto; di lì a qualche tempo apparivano in contrasto la tendenza sarda ad un atteggiamento offensivo, che avrebbe portato, coerentemente agl’interessi di quella corte, all’occupazione di territori del Delfinato, e la ferma decisione del governo di Napoli di' assumere nuovi obblighi soltanto per la difesa dell’Ita lia .9 Dissenso non passeggero; ché anzi in esso riviveva il dissidio fondamentale tra le due Monarchie, ma che non riuscì a far tacere la speranza concepita da ambedue i governi di mettersi insieme al timone in una navigazione che si prevedeva difficile: all’indomani dei nuovi accordi austro-prussiani e della dichiarazione di guerra della Francia al Re di Boemia e d ’Ungheria, i due più forti stati italiani iniziavano delle trat­ tative per un’intesa. G li eventi incalzavano, travolgendo previsioni e pre­ parativi; Vienna spediva circolari in tutti i sensi, sollecitando i governi a definire le loro posizion i.10 Il 10 maggio 1792 il di Castellalfer riceveva l ’ordine di chiedere all’Acton su quale concorso napoletano si potesse contare nella difesa dell’Italia contro la Francia della Rivoluzione. Ai timori concepiti a tal proposito dava rilievo la corrispondenza da Genova del Semonville col Dumouriez, di cui pervenivano a Torino alcuni estratti, che quella corte, il 16, si affrettava a spedire a Napoli. Erano confermati i minacciosi preparativi militari in Provenza e gli ar­ mamenti navali di Tolone; per conseguenza avanzavano febbrilmente le difese piemontesi sulle Alpi, e si sperava che le corti d ’Italia avver­ tissero il pericolo e che il Re di Napoli non tardasse ad unire le sue forze al Piemonte e all’Austria. Le conferenze che il ministro sardo ebbe con l ’Acton dovevano for­ nire la prova della buona volontà di quest’ultimo, ma anche delle diffi­ coltà di ogni genere contro le quali inesorabilmente si urtava. Era chiaro che l ’atteggiamento di Napoli sarebbe dipeso soprattutto dalle decisioni dei gabinetti di M adrid e di Vienna. Un primo esame delle forze siciliane non poteva nascondere deficienze tanto gravi, che avrebbero consentito 9 A .S.T., Lett. Min., m. 36, Napoli, 30 agosto 1791; Negoziaz. Napoli, m. 2, Istruzioni al conte di N one; A .S.N ., cit. dispaccio a Micheroux dell’l l settembre 92. 10 Cfr. Quellen, I I , pp. 1-8, e, per le propensioni del nuovo R e di Boemia e d ’Ungheria Francesco I I , A. S o r e l , L ’Europe et la Revolution française, I I , 1889, p. 373 sgg. I l carteggio del di Castellalfer col Re e col ministro degli esteri d ’Hauleville concernente le trattative sardo-borboniche è a Torino nel m. 37 Lett. Min., che ci risparmieremo di citare in seguito.

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al Regno di assumere una parte negli avvenimenti soltanto se fosse stato sicuro di concreti appoggi sul mare e per terra. Il di Castellalfer sin dai primi colloqui si sentì rispondere che occorreva attendere che Vienna chiarisse quale sforzo fosse disposta a sostenere in Italia. D a parte sua Napoli si mostrava propensa a inviare truppe in Lombardia e in Toscana, la quale ultima era veramente sfornita di ogni mezzo di difesa. L ’Acton, che non tralasciava occasione per elogiare, come con calore fece una volta davanti a commensali tedeschi ed ungheresi, il fermo at­ teggiamento della Corte di Torino, era realmente convinto che la causa del Piemonte fosse la causa di tutti i principi italiani, e riusciva nel giu­ gno a mettere in assetto di guerra una divisione di fanteria e una brigata di cavalleria. Era quanto, per il momento, Napoli poteva dare; e il mi­ nistro affermava di voler concorrere con l’intervento diretto, « le seul moyen de former et donner une certame energie au militaire de ce Pays, que l’on a si longtemps negligé », anziché, come pure suggeriva l’Austria, con aiuti finanziari, che del resto non avrebbero presentato minori dif­ ficoltà. Si profilava sempre meglio in quei negoziati napoletani una di­ stinzione di grande importanza, la quale veniva incontro alle direttive della diplomazia piemontese, che non mancò di esprimere, per bocca del d ’Hauteville, il proprio compiacimento: la distinzione tra la grande coalizione antifrancese e i mezzi particolarmente atti alla sicurezza dell’Italia. E si percorreva a ritroso il cammino battuto dall’Austria, che, dopo una fugace attenzione dedicata da Leopoldo ai bisogni della Peni­ sola, aveva soffocato, nel vasto quadro dei propri interessi, quel pro­ blema destinato a riprendere vigore al contatto diretto tra due stati italiani. Ma per il momento non fu possibile ottenere dall’Acton assicu­ razioni meno generiche, mentre Torino non riusciva a far tacere di tratto in tratto le sue particolari esigenze: si coglie a volo la sua impazienza di aprirsi il varco nelle belle vallate alpine, che la rinunzia strappatale da Napoli le precludeva. Tanto più che meglio del suo rappresentante quella corte aveva colto nell’inerzia spagnola il motivo fondamentale delle esitazioni napoletane. 11 Queste erano molto più gravi di quanto si voleva far credere al mi­ nistro piemontese. 11 V. soprattutto il Re a Castell., 8 agosto 1792, e cfr. C a r u t t i , I, p. 185.

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Sin dall’anno precedente l’Acton non si era fatto molte illusioni sulla sincerità, la vastità e la durata della nuova alleanza tra Vienna e Berlino, che alla maggior parte degli osservatori sembrò suscitatrice di un radicale spostamento nei rapporti europei. N é forse condivideva l’en­ tusiasmo del Gallo per « i bravi Austriaci e Prussiani che non disertano e non capiscono filosofia ». Contro la Francia aveva operato concreta­ mente, rafforzando l’avvicinamento austro-spagnolo, che avrebbe dovuto mettere al sicuro le Sicilie e l ’Italia e offrire a Ferdinando di Borbone nuovi, insospettati vantaggi materiali e morali. Era, nella svolta che si veniva compiendo nel campo internazionale, un sistema di larghe ga­ ranzie: la Monarchia risorta indipendente al centro del Mediterraneo, lanciandosi nella grande lotta, offriva a Vienna il mezzo di sottrarsi, nel fallimento dell’alleanza con Versailles, ai freddi calcoli dell’« alleato tra­ dizionale », e indicava a Madrid, restata priva anch’essa di ogni appoggio nel continente, l’unico aiuto possibile contro il dispotismo marittimo del popolo, che nell’incertezza generale doveva diventare la prepotente guida delle coalizioni. Al principio del ’92, sotto questa grande illusione, « le intenzioni del Re sono le più fervorose e decise » in caso di guerra; egli « concor­ rerà sempre col massimo zelo a rivendicare i dritti e la dignità della So­ vranità in generale e della sua Famiglia in particolare; ... la sua inter­ venzione puoi essere più efficace e più eseguibile per mare che per terra ». Ma nel maggio, quando Madrid dà segni indubbi di stanchezza, si profi­ lerà dal mare incustodito la minaccia francese. Dilegua la speranza che una flotta ispano-napoletana, « giunta... forse anche alle poche forze che possono dare le Potenze Italiane », riesca ad allontanare il pericolo imminente; a Vienna cominciano i maneggi1 degli stati italiani « per invocare l’assistenza di più d ’uno in difesa dell’Italia e del Mediterraneo » di fronte alla crescente arroganza di una « gente, che da che ha riconosciuto quali sono i dritti dell’Uomo e del Cittadino, non rispetta più i dritti di nessun individuo e di nessuna società ». Il giorno stesso in cui l’Acton ha assicurato il di Castellalfer che avrebbe spedito a Vienna « un office... des plus pressants... sur la partie du concert qui regarde l’Italie », egli scrive al Gallo di preparativi fran­ cesi nel Mediterraneo, che obbligano il Re alla difesa delle coste minac­ ciate: « Solo il Re in questa dura e custosissima impresa, ha tutto a te­ mere dal nemico, niente a sperare dagli amici, che la distanza che gli di­ 310

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vide mette fuori del caso di poterlo difendere. Con queste verità palpa­ bili alla mano, non sarà difficile di persuadere il Principe di Kaunitz e codesto Sovrano della fisica impotenza di S. M. di concorrere... ad alcuna sorte di contingente sia in truppe, sia in marina, sia in denaro, ... finché non trovisi dissipata del tutto o rimossa in forma sicura la minaccia... di operazioni ostili contro questi Regni » . 12 Lo stesso linguaggio l ’Acton teneva con gli inviati austriaci. La pri­ mavera e l ’estate passarono senza che né l ’incaricato di affari Hudelist, né l ’ambasciatore conte di Esterhazy potessero ottenere alcuna promessa di aiuti napoletani. Al contrario l ’Acton seppe sfuggire ad impegni con­ creti, prospettando le difficoltà militari e finanziarie del Regno, aggra­ vate da una situazione diplomatica sfavorevole. I rappresentanti impe­ riali, d ’altra parte, ai quali la Regina non celava l ’odio per la Farncia e con quali voti ella accompagnasse le armate austriache, ebbero agio di constatare che non si trattava di pretesti. In ultimo l ’Esterhazy non potè tacere che a Napoli non difettavano le buone intenzioni, ma i mezzi; e che, appoggiata dalla Spagna, quella corte avrebbe dato quanto poteva. Ma intanto, nel fallimento, che si delineava sempre più chiaro, della sperata unione generale europea, l’Acton si sottraeva con prudenza al pericolo di un’alleanza con l ’Austria, di cui toccò al Piemonte di provare, non molto dopo, le funeste conseguenze. E forse era vero, ed aveva questo significato, l’elogio, di cui l’Hudelist ebbe sentore i primi di maggio, che il ministro napoletano avrebbe fatto della politica del Tanucci, il quale, non aderendo al patto di famiglia, aveva risparmiato al Regno « molte guerre e fastidi ». Nemmeno furono comunicate all’Esterhazy le decisioni prese in un consiglio di Stato un mese dopo, in cui gli interessi italiani dovettero essere oggetto di ampia discussione, se trapelò l’intenzione di dichiarare all’inviato della Legislativa che l’esempio della Spagna non avrebbe trat­ tenuto Napoli « dal procedere contro la Francia, insieme con tutte le altre potenze, non appena fosse aggredita l’Italia » . 13 12 A .S.N ., E st., {. 2308, Vienna, 4 ottobre 1791; f. 70, Vienna 16 gennaio e 28 maggio 1792; N apoli, 11 maggio 1792 (cfr. S i m i o n i , Le origini, I , p. 421). 13 H .H .S.A .W ., St. K., Neapel, f. 11, H udelist a Kaunitz, N apoli, 5 mag­ gio 1792; Esterhazy a Kaunitz, N apoli, 23 maggio, 2 e 9 giugno 1792. Circa le condizioni della Corte di N apoli l ’H udelist rileva che « realmente essa non ha nè danaro, nè truppe sufficienti per difendere se stessa in caso di un’aggressione, e nelle attuali circostanze non potrebbe tentare senza rischio nuove imposte »; e l’Esterhazy, il

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Q uesta dichiarazione, che il Franchetti mette in dubbio, forse ebbe realmente luogo di lì a non molto; 14 ad ogni modo al ministero inglese si palesò, con altra franchezza, lo stesso giugno, l’imperiosa necessità in cui Napoli si trovava di venir meno alla decisione di scendere in campo soltanto nel caso di una estesa lega europea, « qualora avesse effetto l’in­ vasione di cui è minacciata l ’Italia. Non essendo — spiegava l ’Acton — il Re Nostro Signore la Potenza meno rispettabile che in essa regna e governa, esige il suo decoro, esigono li suoi interessi e le relazioni che deve aver cogli altri Principi, e specialmente col Re di Sardegna, che egli vi prenda parte [alla guerra], ... senza perder di mira la sicurezza de’ propri Regni. In questo caso che potrebbe alterare lo statu quo dell’Italia, lo che non potrebbe essere indifferente alla Gran Brettagna, spera S. M. che possa verificarsi quello indicato da M ilord [G ren ville], in cui ve­ nissero attaccati li suoi alleati, fra’ quali contandosi il Re di Sardegna, contro di cui sembrano rivolte le ostilità francesi, non potrebbe l’Inghil­ terra non correre alla sua difesa ». Gli accenni alla Sardegna non erano insinceri né casuali, ché se in altre corti i rappresentanti napoletani seguirono con molto interesse le disperate richieste di aiuti dei colleghi piemontesi, a Londra ed a Madrid si ebbe, in questi mesi, quando più quando meno, una vera collaborazione fra i ministri delle due corti italiane. Soprattutto a Londra fu­ rono frequenti gli abboccamenti dei diplomatici sardo e napoletano, i quali unirono vanamente i loro sforzi nella speranza che una squadra inglese apparisse nel Mediterraneo. Ma al principe di Castelcicala già dal 18 maggio il Grenville ha cor­ tesemente dichiarato che, quanto al « concerto », l’Inghilterra per il mo­ mento « non può né deve mischiarsene »; ed ha cercato in seguito di calmare la crescente ansia del ministro di Napoli, irridendo flemmatica­ 9 giugno, aggiunge interessanti particolari: « Conformément aux ordres que Votre Altesse m ’a donnés..., j’ai jetté un coup d ’oeil éxact sur tout ce qui regarde la partie cavaleresque du pays. J ’ai trouvé que cette partie avoit extrêmement dégénérée. Je n ’ai pas vu même le jour de gala un seul bel attelage ou cheval de selle, appartenant aux particuliers. J ’ai été au manège et aux écuries de la Cour; j’ai trouvé l’un et l’autre très m a l tenu au dessous de ce que je m ’étois figuré ». Cfr. H e l f e r t , M. Karolina, Anklagen u. Vertheidigung, Wien, Faesy, 1884, pp. 11-13. 14 D ispaccio Fontana, N apoli, 21 agosto 1792, in R o m a n in , IX, pp. 474-75; Castell. a H aut., N apoli, 7 agosto 1792, in Arch. e m . cit.; F r a n c h e t t i , Le relaz. diplomatiche fra la corte di N apoli e la Francia dal 1791 al 1793, in Riv. Stor. del Risorg. Italiano, I (1896), p. 610.

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mente alle forze francesi. Secondo lui « circa l’Italia... la Francia non ne avrebbe sicuramente intorbidata la pace e la quiete: non vi erano a Tolone due o tre vascelli di linea armati, mancanti di officiali che li co­ mandassero, di soldati e di marinai, e quei pochi che di questi ultimi esistevano trovavansi in uno stato di vera insubordinazione ». Di più sono convinti a Londra che se mai « qualche fregata francese potesse fare qualche insulto sui mari d ’Italia, ... S. M. Siciliana ha delle forze consi­ derevoli per respingere tali attentati o per meglio dire insolenze di qual­ che pazzo o fanatico e farsi rispettare » . 15 « Che volete che io faccia? » ; « vorrebbe Ella che mi tirassi addosso la guerra? » ; « stando quieti i Francesi rispetto alla Spagna, non deve questa Corte che stare a vedere per ora l’esito delle cose » ; « Italia, la Sicilia e lo Stato Pontificio non hanno che temere », andava ripetendo il conte di Aranda alle perorazioni, che presso la Corte di Madrid face­ vano, in favore del Piemonte, il nunzio pontificio, il ministro di Napoli, l’ambasciatore di Vienna. Era cosa nuova quest’accordo tra i rappresen­ tanti degli stati italiani accomunati dallo stesso pericolo, tale da suggerire al ministro di Carlo IV una risposta meno secca: nell’ottobre « egli si faceva carico del pericolo in cui potrebbero essere esposte le loro Corti, ma non sapeva vedere altro scampo da rimediarvi se non quello di unirsi fra di loro, e mettersi a fare argine alla piena » . 16 L ’interessato consiglio giungeva tardi, che proprio in quei giorni l’angosciosa situazione internazionale, ampliando progressivamente il

15 A .S.N ., E st., f. 2 320 (cifre da Londra), corrispond. 1792, passim .; i passi ri­ portati nei dispacci da N apoli, 12 giugno, da Londra, 18 maggio, 3 e 7 agosto. 16 A .S.N ., Est., f. 2 3 30, Aranjuez, 29 maggio, S. Ildefonso, 23 ottobre, S. Lorenzo, 6 e 13 novembre 1792. Il 31 ottobre il M arsiconovo, m inistro di Ferdinando IV a Torino, tenuto all’oscuro delle importanti trattative sardo-napoletane di quei giorni, scriveva: « Sento parlare di Lega Italica, che questo Incaricato di Spagna promove non so bene con qual fondamento, facendone parola con ogni M inistro ». A .S.N ., Est., f. 1995. V. anche (Carte Gallo, 62, V I I I ) le deplorazioni di Re Ferdinando: « L ’In ­ ghilterra per i suoi principi d ’ingrandimento non fa quel che potrebbe fare; e la Spagna, nonostante che io abbia posto con le spalle al muro, non si muove, come io vorrei, non so perché, mentre si sarebbe potuto far ora sommo o n o re » (N apoli, 11 ottobre); « L a Spagna promette grandi cose, o per meglio dire fin’ora à promesso, senza però far nulla di positivo; ed ora che sente ritirate le armate cioncarra (sic) dell’intutto; l ’Inghilterra che veramente potrebbe metter fine a tanta baldanza nem­ meno si vuol muovere: vedi dunque per noi che bel divertimento è questo di vivere in continuo scuomodo » (Caserta, 9 novembre).

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campo delle conferenze tra l ’Acton ed il di Castellalfer, dava luogo a vasti piani in questo senso. In quelle conferenze si era parlato tante volte dello scarso affida­ mento che si poteva fare sulle corti nelle quali più si contava, l’Austria e la Spagna; e tante volte il ministro piemontese aveva avuto l’impres­ sione dell’opera disgregatrice di quei governi rispetto a una collaborazione sardo-napoletana. Tutto ciò non poteva non aggravare l’atmosfera, già poco limpida, in cui i colloqui procedevano, sì che il rappresentante di Vittorio Amedeo I I I si guardò bene per lungo tempo dal chiedere degli aiuti napoletani sulla frontiera del Nizzardo. Finalmente, gli ultimi di luglio, da vaghe espressioni dell’Acton, gli parve di cogliere il desiderio di quel ministro di stringere un’alleanza diretta col Piemonte, sulla base della sicurezza dell’Italia. Era quanto Torino cercava; ma neppure allora l’ambasciatore, privo di istruzioni, ebbe l ’ardire di fare dei passi decisivi. Ancora più cauto lo rendeva la sua corte, a ragione diffidente di un governo, la cui azione si rivelava sempre più subordinata alla condotta della Spagna. Passò un mese prima che egli potesse riportare il regolatore della politica napoletana su quel terreno. « L ’ayant porté peu à peu à renou­ veler les assurances du parti pris par le Roi de Naples de défendre l ’Italie par tout où Elle serait attaquée, — scriveva il 28 agosto — je saisis ce moment pour flatter l ’amour propre dont il est richement pour­ vu, et j ’observai qu’il étoit digne effectivement du Ministre qui avoit eu le courage de secouer le vieux préjugé qui faisoit de Naples une province de l’Espagne, de faire suivre actuellement à cet État un système qui lui mérite la reconnaissance de l ’Italie et la considération de l’Europe ». Il suo Re, aveva soggiunto, avrebbe volentieri accolto delle proposte na­ poletane concernenti la comune difesa. L ’Acton prese tempo per una risposta; e l’ambasciatore era costretto a concludere malinconicamente: « Ce que je pourrais vous en dire en attendant est peu sûr, car je vois parfaitement que le Ministre lui même ne sait trop le parti q u’il doit prendre. Il voit d ’un côté le moment d ’ef­ fectuer un projet [d i confederazione] immaginé par lui depuis longtemps et regardé comme propre à illustrer son Ministère; il craint de l’autre la réalité des vues que l ’on nous a attribuées du côté de l ’Espagne princi­ palement, laquelle a travaillé, j ’en suis sûr, à exciter icy contre nous de la méfiance ». Invece dopo qualche giorno il ministro napoletano avanzò proposte 314

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che preludevano a negoziati di maggiore ampiezza. Egli credeva oppor­ tuna un’alleanza più estesa, che comprendesse Venezia, strappata così all’isolamento ed ai sospetti con cui la Serenissima avrebbe senza dubbio seguito un’intesa sardo-napoletana. Aveva perciò in animo di conoscere indirettamente quale accoglienza avrebbe riserbato quel Senato alla pro­ posta di una triplice alleanza, che significasse reciproca difesa contro ogni sorta di nemici. Ciò che potrebbe « plus aisement engager la Republique, laquelle se verroit garantie par là à l’occasion contre les factieux que l’on pourrais exciter dans son sein même pour troubler la forme antique de son Gouvernement ». In una conferenza successiva le osservazioni dell’ambasciatore sardo sulla evidente vanità di trattative condotte attraverso le lungaggini dei tentativi indiretti, indussero l’Acton a promettere che avrebbe fatto una proposta formale al Senato. Questa egli lesse, nella sua diletta Castel­ lammare, al rappresentante di Torino, che lo stesso giorno, 4 settembre, poteva scrivere: « A force de n’avoir l’air que pour seconder ses idées, il m ’a réussi de le porter à reprendre et à suivre cette affaire avec beau­ coup plus de chaleur que je ne m ’en étois d ’abord flatté ». E aveva mo­ tivo di compiacersi ancora di un’altra cosa, non facile ad ottenersi nella corte partenopea: il segreto era stato religiosamente mantenuto. Così, senza che per parecchio tempo nulla trapelasse, gli sforzi del diplomatico sardo furono coronati da un parziale successo: giunta la prima notizia dell’invasione francese nei territori transalpini di Vittorio Amedeo I I I , l’Acton non potè sfuggire alla promessa sovente ripetuta di concorrere alla difesa degli stati italiani, tanto più che il di Castellalfer ebbe cura di ricordargli che quelle assicurazioni avevano trattenuto la sua corte dall’oltrepassare in tempo utile la frontiera francese. In un agi­ tato consiglio di stato l’Acton riuscì, contro tutti, ad imporre la sua vo­ lontà: al Re di Sardegna al posto delle truppe napoletane, di cui si fa­ ceva sentire urgente il bisogno in Sicilia o nell’Italia Centrale, venivano offerti 400 mila ducati annui, per l ’arruolamento di un corpo di 5000 svizzeri. Nel voltafaccia generale di quei giorni, mentre i soldati piemontesi, dopo l ’umiliazione di un’ingloriosa ritirata, si andavano sistemando sulle nuove posizioni a difesa delle vallate italiane, fu un raggio di sole: il di Castellalfer si affrettò a rilevare i vantaggi di quella decisione, che in­ vece di reclute poco disciplinate dava alla Corte di Torino soldati di cui questa avrebbe potuto disporre pienamente e subito; Vittorio Amedeo 315

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fece pervenire all’Acton Pespressione della sua riconoscenza « pour la promptitude et l’energie avec laquelle ce Ministre ferme et éclairé a sçu porter sa Cour à prendre un parti si conforme en même temps à l ’em­ barras des circonstances et au veritable intérêt et à la dignité du Roi son Maître » . 17 Sembrava che anche i negoziati con Venezia fossero bene incammi­ nati. Nella primavera i pressanti inviti napoletani e papali alla Repubblica perché si decidesse « a far causa comune » con quei governi non avevano avuto esito favorevole. Ciò non trattenne PActon dallo spedire, P i i set­ tembre, al Micheroux l ’ordine di « sondare come da sé » le disposizioni di un governo che aveva da tempo rinunziato ad ogni politica attiva. Ma dovette credere prematuro inviare, secondo aveva promesso al ministro sardo, un invito formale. Una « nota privata » fece invece pervenire, per mezzo del conte Minelli, nelle mani dei Savi grandi, il Micheroux, il quale, giovane colto ed esperto delle arti diplomatiche, conosceva troppo a fondo quell’invecchiata oligarchia per farsi delle illusioni sull’esito delle trattative che gli erano state affidate. Con maraviglia sua e di coloro che lo circondavano apprese che la nota, molto ben preparata, « era stata ritrovata ragionevole e lusinghiera per la Repubblica » dai Savi, in un momento in cui la nuova dell’invasio­ ne della Savoia rendeva pensosi anche gli spiriti più inerti. Dal Savio Bat-

17 A .S .T ., o ltre al cit. m . 37 Lett. Min. (N ap o li, 3 o tto b re, e T o rin o , 17 ottobre 92), Negoziaz. Napoli, m . 3, C astell. ad A cton , 30 settem b re, e risp o sta d i A cton , 3 o ttobre. C irca il segreto in cui si erano svolte q u elle trattativ e, scriveva il d i C a­ stell. al d ’H a u t., il 9 o tto b re: « l ’on est m êm e généralem en t p ersu ad é q u e cette C our n ’a p as ju gé à p ro p o s de se prêter à n os sollicitation s, su r qu o i j ’ai reçu d e la p art de q u elq u es collègues d es com plim ens de condoleance, au xq u els j ’ai repon du d ’une m a­ nière insign ifian te » . D e i n egoziati p e r la lega fu fatta, nel settem b re, confiden za a B erlin o, m a non a V ien n a, « parce q u ’on v eu t éviter d e se d onner un air d e d épen ­ d ance »

(ad

H a u t.,

N a p o li,

25

sett.).

C fr.

H .H .S .A .W .,

St.

K.,

Neapel, f.

11,

E ste r, a C o b ., N ap o li, 25 sett. V . ancora B ia n c h i, I I , p p . 60-65, d ove son o su p erfi­ cialm ente ripo rtate, su lla b ase di un a ffrettato esam e d ei docc. piem on tesi, q u este trat­ tative, non ap p ro fo n d ite dai lavori posteriori del C a r u t t i

e d el D e G e r b a ix d i

S o n n a z nei p assi cit., né d a S im io n i, L e origini, che, fo n d an d o si q u asi esclu sivam en te su lle opere a stam p a, si so ffe rm a d u e v o lte su i ten tativi di lega italian a (I, p p . 39293 e 422-26). P er V enezia e lo S ta to P o n tificio rip eto n o cose note le recenti o pere di H . K r e t s c h m a y r , Geschichte von Venedig, I I I , S tu ttgart, P erth es, 1934, p p . 512-13, e d i L. von P asto r su P io V I (trad . it., p . 546 sgg.). L a question romaine de Pie V I à Pie X I d i G . M o l l a t (P a ris, G a b a ld a , 1932) p ren d e le m o sse d al 1796.

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tagia, che in seguito sarebbe stato tra i sostenitori più accesi della neu­ tralità, partì il consiglio di far presentare al Senato, da cui dipendeva ogni decisione in proposito, contemporaneamente dai rappresentanti di Napoli, di Vienna, di Torino e di Roma un invito ad entrare in una lega difensiva italiana. Allora veramente l’animo del rigido inglese che governava Napoli, premuto da tante ansie, ebbe un palpito nuovo: meglio dell’ambasciatore sardo, la cui corrispondenza testimonia pure ampiamente della fiducia riposta dal ministro siciliano in quell’ancora di salvezza, il segretario del Micheroux, Gabrielli, che nel breve soggiorno napoletano dal 5 al 9 ottobre ebbe « ogni dì una conferenza di tre e quasi quattro ore col Sig. Cav. Acton », riuscì a cogliere nell’interlocutore il fremito di una speranza a lungo inseguita: « Metteremo in piedi ed in istato di guerra un’armata numerosa alla difesa dell’Italia; le coste del mare sono difese... Avremo in breve un generale austriaco di grido, ed accorreremo da per tutto a salvar l’Italia. Forse potranno i Francesi invadere per un momento la Lombardia, ma non vi faranno lungo soggiorno ». Tra il 9 e il 12 ottobre si scrisse a Milano e a Vienna. A Milano al conte di Wilczek, messo al corrente delle trattative e pregato di dare facoltà all’ambasciatore cesareo a Venezia di appoggiare l’azione del col­ lega napoletano. Ma a Venezia il Micheroux doveva attendere invano che l’ambascia­ tore austriaco si facesse vivo, e non soltanto per colpa del Wilczek, che, come era naturale, non credette di prevenire le istruzioni viennesi. Si dif­ fondeva, all’opposto, la notizia che l’Imperatore avesse sollecitata rude­ mente un’alleanza attiva presso gli stati italiani. Poi, i primi di novembre, il residente napoletano assisteva a un preoccupante cambiamento dell’opi­ nione pubblica. Né il governo, né il popolo della Serenissima erano tali da assistere con virile fermezza ai progressi dei Francesi sulle A lpi: se nel Milanese un tentativo di coscrizione volontaria tra i villici falliva per il timore di rappresaglie nel caso che il temuto avversario avesse invaso il Ducato, e correva voce che « tutto fosse pronto, tutto imballato e incassato, sino l’Archivio del Governo, per trasportarsi in luogo di sicu­ rezza all’occorrenza », e che fosse intenzione degli Arciduchi e del Duca di Modena di riparare a Venezia, nell’antica Repubblica le nuove cata­ strofiche che si susseguivano dalle Fiandre al Mediterraneo erano più che sufficienti per creare uno stato d ’animo decisamente ostile al procuratore

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Pesaro, che inclinava a una politica attiva, e ad indurre il governo a « rad­ doppiare le finezze all’incaricato francese ». Cose che non potevano non destare a Napoli una forte impressione, dopo tante speranze, e che dovevano far pervenire al Micheroux i primi consigli di prudenza. I calcoli si restrinsero a Vienna, dove un complesso di fattori sem­ brava presagire a quelle trattative una piega favorevole.18

18 II carteggio Acton-Micheroux relativo a questi affari è nel cit. f. 4090 Est., do­ ve il governo borbonico raccolse fin dal 1796 i docc. concernenti i tentativi di una « Confederazione d ’Italia ». Secondo le istruzioni ministeriali, la nota del Micheroux proponeva una « Confederazione italiana, tendente non solo a garentire l ’Italia in generale da qualunque irruzione, ma particolarmente i proprj rispettivi Stati e la forma attuale d e’ di Loro rispettivi governi ». Le forze unite delle quattro maggiori potenze italiane « formerebbero un antemurale inespugnabile contro di qualunque attacco, e quindi ne risulterebbe quella perfetta tranquillità delle varie Nazioni Italiane alla quale esclusivamente si a sp ira ». D el residente di N apoli proprio in quei giorni scriveva Un confidente degli In ­ quisitori di Stato di V enezia: « giovane colto, ornato, ma imprudente, forse non nostro nemico, ma certamente non nostro amico » (Arch. Stor. It., s. I l i , t. X V III (1873), pp. 35-36; v. ancora pp. 57-58 e 235-36). Su di lui G . C a r d u c c i , La gioventù poetica di G. Fantoni, in Melica e lirica del Settecento (Opere, X IX ), B o ­ logna, Zanichelli, 1909, pp. 231-43, e per gli anni posteriori B . M a r e s c a . I l Cav. A. Micheroux nella reazione napoletana del 1799, N apoli, 1895, e L. B l a n c h , Regno di N apoli cit., pp. 30, 108, 136. L a corrispondenza G abrielli è nell’Arch. di Stato di M odena, Cane. Ducale, Disp. Amh. Estensi da Venezia, f. 153. I l G abrielli, « destrissim o ed avveduto uomo, osservatore caustico e maledico » (Arch. Stor. It., t. cit., pp. 58 e 235), segretario, co­ me abbiamo visto, del residente napoletano, era altresì in rapporto diretto col conte Munarini, ministro e consigliere di stato del D uca di M odena. Per mezzo suo la cancelleria estense potè avere notizia di una « lega italica difensiva » sin dal 25 settembre. Il M unarini espresse parere sfavorevole ad ogni impegno: « Se per timore o per evitare una incursione d e’ Francesi in Italia, una qualche potenza limitrofa alla Francia chiedesse aiuto e soccorso, non correrebbe a titolo di giustizia verun ob­ bligo agli altri Principi d ’Italia di prestarvisi, a meno che non fosse prima conclu­ dentemente provato che la Nazione Francese nelle attuali circostanze deve conside­ rarsi come nemico comune di tutti i Potentati d ’Italia. Nemmeno per interesse di buona politica dovrebbe S. A. Ser.ma prestare il chiesto aiuto, checché ne scrivano i gazzettieri. Sin qui non è stato prodotto un sol fatto dim ostrativo che i Francesi attentino alle Estere Sovranità o all’acquisto degli altrui Stati. D unque, mantenendosi neutrali i Sovrani d ’Italia nulla hanno a temere..., laddove prestando aiuto contro i Francesi arrischierebbero di esporsi a tutti i pericoli e danni della guerra » (A .S.M ., Cane. Ducale, Supremo Ministero, f. 244 F). L ’Acton invece, a corto di danaro,

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Lungi dai confini tormentati dell’Impero, la capitale degli Asburgo, che aveva visto dileguare a poco a poco la profonda crisi suscitata dalla politica di Giuseppe I I, aveva assistito più attonita che sgomenta all’incalzare degli eventi, da cui negli ultimi tempi erano state con violenza deviate le sue direttive politiche. Il giovane Lorenese che la reggeva, tanto inferiore al predecessore ed al momento, non poteva prevedere allora che l ’incendio indomabile avrebbe investito in pieno i domini aviti e la stessa famiglia, che cominciava a crescere nello sfarzo solenne della città imperiale o nell’intimità del Laxenburg. Adesso la guerra riaccesasi all’ovest incombeva sulle terre destinate a ridiventare il campo della non estintasi contesa tra Parigi e Vienna: la Germania e l ’Italia. Ma i rappresentanti degli stati italiani presso l’Imperatore ebbero modo di constatare, i mesi estivi di quell’anno, l ’intrinseca incapacità dell’Austria di contribuire efficacemente alla difesa della Penisola. Quasi confuso con quei ministri ed ambasciatori era anche un sovrano, il Gran­ duca di Toscana, il quale, in seguito alle impressioni ricevute a Vienna, rivolse dal Danubio ai maggiori stati italiani quell’appello per una co­ mune dichiarazione di neutralità, che, partito dal capo di un paese, da cui era esulato ogni spirito militare, doveva restare senza risposta. Aveva tentato anche altre vie per tutelare la neutralità del Granducato: si era diretto al Re di Napoli, cui la quiete dell’Italia centrale stava partico­ larmente a cuore, all’Inghilterra e, per mezzo dell’Imperatore, a Venezia. Lo stesso cammino, cosparso di dinieghi e di delusioni, batteva il nunzio

sembra che avesse pensato al ben fornito tesoro del Duca per un prestito a N apoli (G abrielli a Munarini, 20 ottobre). Il Wilczek, già ambasciatore a N apoli dal 1773 al 1770, era a Milano ministro plenipotenziario e presidente di quel governo. La lettera a lui dell’Acton e la risposta in data 17 ottobre nel cit. f. 4090 Est., e nei f. 204 e 203 Lom barde! Corresp. degli Archivi di Vienna dispaccio Wilczek a Cobenzl del 20 ottobre e risposta da Vienna dell’8 novembre. Interessanti notizie da Milano per questi mesi nella corrispondenza di A. Cantelli in A .S.N ., Est., 756. Ma per i rap­ porti Milano-Vienna cfr. A. G i u l i n i , Milano e Vienna alla vigilia della invasione fran­ cese nella corrisp. di due gentiluomini milanesi, in Arch. Stor. Lom bardo, s. V I, L U I (1926), pp. 122-35; D al carteggio del Conte A. Castiglioni deputato della Lom bar­ dia austriaca a Vienna, ivi, L V (1928), pp. 307-16 (vivace quadro delle incertezze viennesi nell’estate 1792 in una lettera del 28 agosto), oltre al noto e pregevole lavoro di E . R ota , L ’Austria in Lom bardia e la preparazione del movimento demo­ cratico cisalpino, Milano-Roma-Napoli, Albrighi e Segati, 1911.

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pontificio, messo in allarme dai preparativi marittimi francesi, che sem­ bravano minacciare soprattutto Civitavecchia.19 Vienna si era trovata nella necessità di coordinare tante inizia­ tive slegate. Temeva seriamente per i Paesi Bassi, per i domini italiani, per un primato nella Penisola che sapeva vulnerabile da tutti i lati. Procedeva, rispetto agli stati italiani, nel solco tracciato da Leopoldo: la coalizione europea contro la Francia. Pure dal « concerto generale, ap­ plicabile anche ai paesi d ’Italia », si staccherà, nelle esortazioni viennesi, appunto l ’Italia con un dramma tutto suo. Senza volerlo, né sospettarlo, la diplomazia austriaca adoperava, sotto l’impero della situazione, il lin­ guaggio di Torino e di Napoli. « Si presenta da sé — si scriveva nel giu­ gno a Venezia — la necessità di una stretta ed attiva unione fra i medesimi [Sovrani d ’Italia] per la comune sicurezza e difesa...; sarebbe superfluo d ’additare alla saviezza del governo veneto l’immediato e massimo inte­ resse, che ha la Repubblica d ’impedire con tutti li mezzi in suo potere, acciocché un tale sconvolgimento di cose non possa introdursi in qua­ lunque stato d ’Italia...; il Senato... non vorrà ricusarsi ad un soccorso co­ si pressante e motivato pure dai riguardi inseparabili tra di loro che si devono nella circostanza tutti li principi italiani » . 20 Non può quindi destar meraviglia la sollecitudine con cui la cancel­ leria imperiale aderì nell’ottobre, stretta appena una convenzione militare austro-piemontese,21 all’appello del Re di Sardegna perché volesse soste­ nerlo presso gli altri stati italiani nella richiesta di aiuti militari o finan­ ziari: il Cobenzl si diresse a Genova e a Lucca, a Venezia, al Pontefice, a Napoli. Allora l’inviato genovese espresse il parere della Repubblica, so­ stenendo che « le Alpi erano inaccessibili..., che quest’invasione non po­ teva riguardare che il Re di Sardegna » ; e toccò al vice-cancelliere au­ striaco ripetere quello che a Torino si era detto tante volte: « Tutti i Principi d ’Italia vi dovrebbero pensare seriamente e fare tutti una causa

19 R e u m o n t , cit. Geschichte Toscana’s, II, pp. 256-57; Federigo Manfredini e la politica toscana dei primi anni di Ferdinando I I I , in Arch. Stor. It., s. IV , XXVI (1877); A.S.N ., E st., 2308, Buda, 5 giugno 1792; Quellen, I I , p. 396 (Stadion a Cobenzl, Londra, 7 dicembre 92; cfr. A. V., Nunz. Germ ania, 683, al Nunzio Caprara in Vienna, 27 ottobre 92). 20 Quellen, I I , pp. 116-18. 21 B ia n c h i , I, pp. 670-72; C a r u t t i , I, pp. 192 e 204.

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comune ». Poi, seguendo quella strada sino al termine cui essa natural­ mente portava, avanzò alla Corte di Napoli una proposta concreta e im­ portante: « se convenisse... formare una Lega difensiva di tutte le potenze d ’Italia, mettendosene alla testa, alla quale dovrebbe principalmente le­ garsi il Re di Sardegna; e con questa proporre il Re alla Francia la neutralità dell’Italia, a condizione che evacuassero le sue truppe la Savoja e Nizza e tutto ciò che appartiene all’Italia ». Era un linguaggio che al marchese di Gallo doveva riuscire ostico ed oscuro. Egli operava su un piano diverso da quello su cui, proprio in quei giorni, la sua corte tentava una via di uscita alle crescenti difficoltà. Avvezzo oramai a vedere la situazione italiana attraverso una lente au­ striaca, il futuro negoziatore di Campoformio aveva acuito sino all’odio la diffidenza napoletana verso il Piemonte, si era irretito nei calcoli esa­ speranti dell’equilibrio politico. Nel giugno aveva seguito, quasi con sbigottimento, le prime trat­ tative per un’alleanza austro-piemontese contro la Francia, e aveva sentito, in quell’occasione, il dovere « di far ben riflettere [al Cobenzl] che bi­ sognava star bene in guardia sulle viste della Corte Sarda...; che la Casa d ’Austria dovea ricordarsi delle guerre passate e sopratutto che se il Re di Sardegna diverrà più potente, la prima a risentirne il peso in Italia sarà la Lombardia austriaca ». Si poteva cosi facilmente illudere che i doveri di principe italiano del suo Re non andassero oltre la difesa dello Stato Pontificio e della Toscana, per ragioni di vicinanza e di pa­ rentela. Era saldo su queste posizioni quando il Cobenzl si rivolse alla sua corte, anche per il suo tramite, per i richiesti, e da Napoli già accordati, aiuti al Piemonte. « Ne ho dimostrato — scriveva il 12 ottobre — tutta l’im possibilità...: il Re ha troppi bisogni per se stesso da mettere al coperto prima d ’occuparsi degli altri. Oltre di che la difesa di quel So­ vrano, se merita di far causa comune, il che anche è problematico, ap­ partiene piuttosto alle Potenze dell’Italia Settentrionale a Lui vicine che non al Re Nostro Signore ». E nella proposta di lega italiana scorgeva più pericoli che vantaggi: ché se da essa sarebbero venuti « la sicurezza ge­ nerale dell’Italia e il contenere il Re di Sardegna da ogni ambizione di acquisto in Francia..., l’allearsi con una Potenza attualmente in guerra sarebbe stato lo stesso che tirarsi addosso una porzione dei suoi mali e delle sue spese... Quindi il piano e l ’esecuzione dovrebbe bene esaminarsi perché la Lega non rimanesse a carico senza profitto » ; e « come questo 321

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passo potrebbe essere d ’una conseguenza generale, converrebbe innanzi ponderarlo e convenirlo per parte di S.M. con le Corti di Spagna, di Berlino e di Vienna prima di trattarlo in Italia » . 22 Il diplomatico napoletano era lontanissimo dal sospettare che quello stesso giorno il suo ministro degli esteri gli avrebbe scritto lungamen­ te, colorendogli i gravi pericoli ai quali vedeva esposta la Corte, e avan­ zando, in seguito a precedenti trattative svolte col Piemonte, la stessa proposta di una lega difensiva italiana. Quello che da alcun tempo si temeva, si era avverato: il « torrente impetuoso » si era abbattuto sugli stati sardi, che ad occidente « forma­ vano il baluardo di questa bella parte d ’Europa ». Il pericolo gravava sul­ l ’intera Penisola, abbandonata a se stessa da Spagnoli e da In g lesi.23 « Tali passi — lamentava il ministro napoletano — sono, è vero, tar­ divi: furono però fatti prima che si credesse mai ad una invasione dei Francesi: se quest’idea, trattata molti anni sono con l’Imperatore Leopol­ do, avesse avuto il suo luogo ,e un’apparenza di difesa si fosse disposta con porre in piedi i mezzi da sostenerla, non si sarebbe probabilmente veduto accorrere con tanta facilità le orde barbare che tentano a dilapida­ re, sconvolgere e distruggere ». Né, riapertosi fatalmente il problema italiano con i vecchi motivi, l’Acton si nascondeva quanto limitate fossero le risorse degli stessi due Stati più forti, quanto gravi le difficoltà di un’innovazione qu alsiasi.24

22 Quellen, I I , pp. 260, 270; H .H .S.A .W ., St. K. Neapel, f. 11, Ester, a Cobenzl, Ester, ad Acton, Acton a E ster., Napoli, 30 ottobre 1792; E ster, a Cobenzl, Napoli, 3 novembre 92; A .S.T., Leti. Min., Vienna, m. I l i , Breme ad H aut., Vienna, 14 ottobre e 12 novembre 92; A .S.G ., Lett. Min., Vienna, m. 95, n. gen.le 2612, corrispond. Balbi - Serenissimi Signori, ottobre-novembre 92; A .S.N ., E st., f. 2308, Buda, 5 giugno, Vienna, 12 ottobre 92; f. 70, Vienna, 12 ottobre 92. 23 « Non si comprende come non avessero [i Francesi] rivolte le loro forze contro di una Potenza [la Spagna] che si preparava ad attaccarli, più tosto che la­ sciare il loro Paese aperto ed indifeso. Faccia su ciò ognuno quelle riflessioni che meglio gli sembrano, egualmente che sulla sussistenza delle sicurezze date dall’In ­ ghilterra di che mai l’Italia sarebbe stata attaccata, per conchiudere se sia possibile una così mostruosa contradizione» (cancellato: « s e vi sia tra queste due Corti ed i Francesi una qualche intelligenza »). 24 « Ecco dunque l’Italia inerme attaccata già... Le sole due Sicilie ed il Pie­ monte offeriscono un sistema ed esistenza di truppa regolare, ed anche nel piede e stato di pace da troppo remota data perchè siano agguerrite ed abbiano gli ufficiali la pratica attiva... In questo stato di cose le minacce anteriormente fatte alle due 322

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G li ardeva tuttavia nell’animo una speranza: se dal primato austriaco, cui il Tanucci aveva finito per inchinarsi, cui aveva fatto appello egli stesso in qualche momento per ridare indipendenza al Regno, fosse ve­ nuto un aiuto nuovo, nella sostanza e nella forma, all’intera P en isola...25 Aveva avuto l ’accorgimento di accordarsi, operando interamente all’in­ saputa di Vienna e fuori delle direttive imperiali, con un altro stato italiano, e si illudeva adesso di poter spingere l ’Austria sulle rotaie pre­ disposte. Un problema italiano, presentato all’Austria da stati italiani, con intenti italiani: veniva spezzata, con la tradizione quasi ininterrotta del­ l ’iniziativa straniera, la via che Vienna avrebbe battuta, il secolo suc­ cessivo, sino al limite delle forze. Tutto ciò dovette pure attraversargli l’animo, perché lo abbiamo visto, sino all’ultimo, indipendente e guardingo verso la cancelleria im-

Sicilie ritornano nel pensiero con la nuova dichiarazione dei Francesi da Nizza e Chambery di correre a Roma... Nelle circostanze presenti ciò che può S.M . porre in stato di effettiva difesa sarà adottato. Poche sono le sue truppe, perchè è in pace, nè, vedo, vuole indursi S.M . facilmente ad assumere il piede di guerra: teme allarme troppo considerevole nei Popoli, non avvezzi a guerra; teme pure le spese troppo estese del piede necessario per la guerra nel momento in cui la penuria di grani ha già fatto fare sacrificii non indifferenti per mantenere la quantità del genere in quest’inverno. Tem esi pure l ’accensione delle fantasie qui rispetto ai Banchi, se con voci di guerra vi si dubitasse di sicurtà per il danaro... Tra i mezzi che deve solle­ citamente S.M . acquistare fuori, il prim o e più essenziale deve esservi un generale pratico e di reputazione da condurre al nemico le truppe delle due Sicilie se la ne­ cessità lo richiederà..., non prevalendosi in questo momento di codesti Regni soggetti... di merito e di reputazione... D esideransi inoltre cinque a sei mila sciable di caval­ leria, delle quali andiamo mancanti, e potranno anche armare quegli Albanesi che cerchiamo di avere qui sollecitamente per aumentare quel nostro corpo..., il quale con straordinari mezzi cercasi di raddoppiare... T ali misure, che sono quelle che nel momento possiam o prendere, non sono che mediocri per l’intiera Italia; le truppe imperiali non possono in numero accorrere; credo che 40 a 60 mila Svizzeri doves­ sero senza ritardo procurarsi, come per 5 mila ha già disposto il Re N ostro per il Piemonte ». 25 « Sono persuaso che S.M .I. e quel M inistero non crederanno conveniente di abbandonare l ’Italia alle massime che vanno a distruggere i governi ed il possesso per gli attuali loro Sovrani. L a Repubblica Generale che la nuova Convenzione Fran­ cese desidera stabilire da per tutto... è un Ente di Ragione nella m editata esten­ sione, ma tende, nonostante questo principio, a seminare in Italia specialmente un fermento di disordini e sconvolgimento che non sarà facile a smorzare se viene se­ condato dalle armi ed esempio di quelli forsennati. I l M odenese, Parma, la T o­ scana, lo Stato Pontificio ed altri piccoli governi si inchinarono sempre... ». 323

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periale; ma, d ’altra parte, quella strada si riallacciava più al passato che all’avvenire, nella provvisorietà dell’unione auspicata, nel ricorso allo straniero contro la minaccia straniera. Tanto bastava per rendere Vienna, la quale aveva pure concepito e tentato una collaborazione tra i governi italiani, non ostile a un disegno scaturito dall’urgente necessità di far fronte all’avanzata francese. Pieghevole alle circostanze, il Gallo s ’era messo all’opera per l’attua­ zione del « savio piano », tanto vicino « alle stesse idee che da questo gabinetto [d i Vienna] s ’erano formate ». Sicché parve in sul principio prevedere sormontabili le non lievi difficoltà. Inferiore alla fama che in seguito riuscì a procacciarsi e incapace di iniziative profonde ed audaci, egli era costante e agile nelle operazioni di rifinitura, in cui risaltava sem­ pre la sua consumata esperienza.26 Rivide vecchi trattati, traendone suggerimenti. Più difficile gli do­ veva riuscire scorgere quali pericoli si celassero dietro l’incoraggiante annuenza austriaca. D a questa fu spinto a presentare, il 25 ottobre, una nota alla can­ celleria imperiale, in cui, sulla traccia delle istruzioni ricevute, si solleci­ tava la partecipazione del Duca di Milano all’alleanza preparata a N a­ poli, e il conseguente ordine all’ambasciatore cesareo a Venezia di iniziare gli attesi passi presso la Serenissima. Era una prima concessione ai voleri di Vienna la proposta di estendere l’invito a tutti gli stati italiani. E la con­ clusione indulgeva troppo al desiderio della corte cui il documento s’indiriz­ zava di mettersi al centro delle trattative. L ’Imperatore aveva infatti richiesto che prima si fosse tutto definito tra il Re di Napoli e lui (e si affrettava a mandare, secondo la bonaria espressione del Gallo, « in risposta qualche materiale più digerito »), e poi, « convenuto ed ultimato il trattato », lo si fosse comunicato dalle due corti al Re di Sardegna. Q uest’ultimo avrebbe dovuto, nell’accettarlo, indursi a rinunziare agli aiuti che l’Austria era tenuta a fornirgli per la liberazione delle province invase. Cosa non facile, si prevedeva a Vienna,

26 Le attitudini del diplomatico napoletano suggerirono al C a p e f ig u e , L es diplo­ m a t a et hommes d'état européens, Bruxelles, Melin, Cans et C .ie , 1848, pp. 391-400, Le due de Gallo, premier ministre de Naples, in un giudizio oltremodo benevolo, un paragone col Talleyrand; ma ispirarono severi apprezzamenti ad A. A l b e r t i , in A tti del Parlamento delle D ue Sicilie, 1820-1821, IV , Bologna, Zanichelli, 1921, p. LX X X V II sg., e in V igilia di Campoformio (Arch. Ven., 1931, p. 44 sgg.). 324

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e il Gallo già accarezzava l’idea di raccogliere nelle sue mani, come altra volta nella mediazione tra Russia e Turchia, le fila delle intricate prati­ che: senonché inviare a lui, come egli proponeva, gli ordini da trasmettere a Torino, era sì un guadagnar tempo, ma significava abbandonare defini­ tivamente a Vienna il corso dei negoziati.27 Successivamente agli altri stati l’invito sarebbe stato fatto soltanto dal Re di Napoli, per evitare gli imbarazzanti sospetti che senza dubbio avrebbe suscitato una proposta avanzata da stati belligeranti, quali erano l’Austria e il Piemonte. Nei giorni che seguirono il Cobenzl redasse, con scarsa fiducia nel­ l’esito finale, con grande calcolo ad ogni modo degl’interessi austriaci, un disegno di trattato, che doveva costringere il Gallo ad un faticoso lavoro di revisione. Per esso gli stati italiani stringevano un’alleanza, col duplice fine « di difender l’Italia dall’invasione di qualunque Potenza estera, e di assistersi reciprocamente per il mantenimento del buon ordine e della pace interna ». Nel conflitto scoppiato tra il Re di Sardegna, il Duca di Milano e la Francia, gli altri otto stati si impegnavano ad osservare una rigorosa neutralità, ma dichiaravano di agire solidalmente nel caso che i Francesi avessero tentato di oltrepassare le Alpi, o operato uno sbarco sulle coste della Penisola, o attaccato un bastimento di uno degli alleati. Stabilivano di assoldare a spese comuni sei reggimenti di fanteria svizzera, che, rafforzati da un reggimento di fanteria fornito dal Re di Sardegna e da uno di cavalleria fornito dal Duca di Milano, avrebbero avuto stanza nella Lombardia austriaca. Si sarebbe provveduto ad una « cassa comune » per le spese, che avrebbe amministrata il supremo comandante delle truppe. Per quest’ultimo l’Imperatore era pronto ad offrire un suo generale... Verificandosi il casus foederis, l’armata comune si sarebbe portata, nella totalità o parzialmente, là dove il generale che le era stato preposto avesse ritenuto più urgente il soccorso. I singoli stati inoltre avrebbero 27 D i tale parere non era certamente l’Acton, che, nel novembre, incitava il mi­ nistro piemontese a farsi inviare chiare istruzioni dalla propria corte, nella speranza di una prossima conclusione delle trattative nella capitale partenopea (Castell. ad H aut., 6 novembre 92). Un anno prim a era stata fin troppo evidente la parzialità del G allo a favore dell’A ustria nei rapporti con Pietroburgo e con Costantinopoli. Cfr. N . C o r t e s e , L a mediazione napoletana nelle trattative di pace fra R ussia e Turchia nel 1790-91, N apoli, 1921 (estratto da Russia, I, 4-5), p. 25 sgg. 325

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preso misure proporzionate alle loro forze per la difesa in terra e in mare: il compito della difesa generale delle coste sarebbe stato assunto da Napoli e da Venezia. In caso di torbidi interni ogni stato avrebbe potuto contare sull’aiuto dei principi limitrofi, in proporzione delle forze disponibili e del pericolo. L ’alleanza difensiva si sarebbe convertita in offensiva non appena i Francesi avessero oltrepassato le Alpi o violato la neutralità di uno stato italiano. La confederazione si sarebbe limitata al continente: Penisola e possessi veneziani dell’Adriatico; fuori di essa sarebbero restate la Sicilia, la Sardegna e le Isole Ionie. Il Cobenzl stesso espresse all’imperial Corte le ragioni che l’avevano indotto ad accogliere la proposta napoletana, « nata nelle circostanze più imperiose »: sotto gli auspici di Vienna, con un esercito nella Lombardia al comando di un generale austriaco, con la probabilità di attrarre, al primo incidente, tutte le forze italiane nella lotta contro la Francia, la lega sarebbe stata tutt’altro che svantaggiosa agl’interessi im periali.28 Cose tanto evidenti da non potere essere tollerate dalla stessa austrofilia del Gallo. Il quale avanzò subito una serie di « osservazioni », dirette ad im­ pedire delle cagioni di conflitto in Italia e l’asservimento della lega all’Au­ stria. Propose di evitare negli articoli del trattato allusioni dirette alla Francia, « acciò non sem brane che i Principi d ’Italia si unissero per prender parte alla guerra » ; di non estendere il casus foederis « alla vio­ lazione in alto mare del Paviglione d ’uno dei contraenti », poiché la lega si limitava alla difesa del solo continente d ’Italia; di menzionare chia­ ramente Nizza e la Savoia fra le terre escluse dalla confederazione. Per l’armata comune riteneva più opportuno assoldare otto reggimenti di fanteria svizzera, ciascuno di duemila uomini, col conseguente aumento del contingente austro-piemontese, ed assegnare a queste forze quartieri più al centro d ’Italia, nei Ducati di Parma e di Modena, in Toscana e in Romagna, a garanzia della neutralità della Lega e della rapidità degli spo­ stamenti in tutti i sensi. Le potenze contraenti avrebbero dovuto obbli­ garsi a rinforzare tale esercito con proprie truppe, richiedendolo le neces­ sità della comune difesa; la difesa delle coste sarebbe stata assunta da G e­

28 V. qui i docc. I I e IV ; 30 ottobre 1792).

Quellen,

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I I , pp. 319-20 . (Cobenzl a Spielmann,

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nova, dalla Toscana e dallo Stato Pontificio, oltre che da Napoli e da Venezia. Ai quindici articoli del trattato redatto dal vicecancelliere austriaco proponeva di aggiungere alcuni altri. E , prima di tutto, « sarebbe neces­ sario che esistesse un Congresso di ministri delle Potenze alleate, i quali fossero muniti delle necessarie istruzioni e plenipotenze per decidere i casi urgenti, senza bisogno di ricorrere a lunghe negoziazioni nelle Corti rispettive ». La mancanza di un organo centrale era forse la maggiore defi­ cienza del piano Cobenzl, che in fondo lasciava l’esercito della lega in balìa del proprio comandante. L ’ambasciatore napoletano invece fissava una sede in Italia, come Venezia, dove esistessero i rappresentanti di quasi tutte le potenze confederate, e dove ai pochi principi sforniti di rappresentanza sarebbe stato agevole « accordare... istruzioni e plenipo­ tenze al ministro di un parente, come, ad es., Parma a quel di Napoli, Toscana e Modena a quel dell’Imperatore ». Il congresso così composto avrebbe dovuto, per il « regolamento politico dell’armata », tenersi a con­ tatto col generale di questa, « riceverne i rapporti e passargli le istruzioni ed ordini necessari »• Q uest’ultimo avrebbe potuto avere la collaborazione di quattro ispettori generali, inviati rispettivamente dal Re delle Due Sicilie, dal Re di Sardegna, dal Duca di Milano e dalla Repubblica di Venezia: tutti insieme avrebbero formato una commissione militare con molteplici compiti. Lo stato di guerra tra la Sardegna, Milano e la Francia rendeva in­ dispensabili dei chiarimenti che evitassero l’estendersi delle ostilità a tutta l’Italia. Si sarebbe dovuto specificare che, restando neutrale il Duca di Milano e rinunziando il Re Sardo ad ogni aiuto di questo per la ricon­ quista delle terre occupate dai Francesi, le potenze italiane non avrebbero permesso il passaggio allo straniero verso la Lombardia né dalle Alpi piemontesi, né attraverso territori neutri. Nel caso che il Re di Sardegna non avesse aderito a tale patto che implicava una rinunzia a vecchi e nuovi obblighi contratti verso i suoi stati dall’Austria, il casus foederis si sarebbe limitato alla violazione della neutralità di qualcuno degli otto stati non coinvolti nel conflitto, senza che un’invasione francese nella Lombardia austriaca attraverso il Piemonte potesse significare obbligo d ’intervento da parte di alcun principe italiano. Altri punti miravano a maggiori sicurezze: così l’invitare le potenze che avevano garantito l’assetto dell’Italia ad Aix-la-Chapelle a prendere sot­ to la propria tutela la lega; lo stringere accordi, da parte degli stati 327

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marittimi italiani, con potenze europee per la difesa del commercio e dei domini insulari non compresi nella confederazione; il « trattare direttamente colla Francia, o per mezzo delle potenze garanti dello stato d ’Italia..., per convenirsi da una parte e dall’altra circa la rispettiva neutralità del continente d ’Italia ». Il disegno Cobenzl era profondamente cambiato, sì che soltanto « do­ po molte e molte discussioni e dopo lungo combattimento di ragioni e di argomenti », la cancelleria imperiale si piegò ad accettare quelle pro­ poste. Costretto a tacere davanti alle argomentazioni del diplomatico na­ poletano, scontento della soluzione, il vicecancelliere austriaco avanzò infine un’altra idea: tener celato « tutto il sistema suddetto di neutralità », affinchè i Francesi non fossero in grado di conoscere, con « l’estensione di questa Lega italiana », i propositi e le possibilità del Re di Sardegna e deU’Imperatore; rendere pubblico un trattato in cui gli otto stati neutrali si fossero impegnati ad unirsi per la difesa dell’Italia e dei rispettivi territori « da ogni invasione o turbolenza ». Con articoli separati e segreti avrebbero aderito a tale alleanza il Re di Sardegna e il Duca di Milano, e si sarebbe stabilita la distinzione dei territori compresi o esclusi dalla lega. Su tale lavoro si attendevano le decisioni dell’Acton. Ma il tono delle conversazioni avute non poteva se non ribadire l’iniziale avversione dell’ambasciatore napoletano ad impegni di larga base. « Starsi a vedere quel che succederà senza tralasciare di prepararsi...; non esporsi... a nes­ sun sacrificio e perdita dei proprj mezzi gratuitamente », aveva già con­ sigliato il 12 ottobre; e adesso si andava sempre più persuadendo che il disegno di neutralità italiana poteva in fondo offrire garanzie ai tre belligeranti, Austria, Piemonte e Francia, ognuno dei quali avrebbe visto circoscritta la zona delle operazioni, ma sembrava destinato a riserbare sgradevoli sorprese agli altri stati italiani, desiderosi di conservare la neutralità. « Il rischio di mettersi in un malanno » sussisteva, nonostante i « patti » e le « distinzioni » da lui proposti. « Tuttavia — scriveva il 7 novembre — se tutte le Potenze Italiane convenissero nell’alleanza della neutralità armata, e se con la mediazione dell’Inghilterra e dell’Olanda, garanti dello stato d ’Italia, potesse la Lega ottenere una riconoscenza della Francia di questa neutralità, e forse una reciproca promessa e con­ venzione di neutralità, sarebbe certamente questo progetto d ’un van­ 328

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taggio sicuro ed indifficultabile. E credo che... tanto le dette Potenze Marittime quanto la Francia stessa sarebbero interessate e troverebbero il loro vantaggio nell’effettuazione di questo piano. Ma la prima difficoltà... sarà nelle Potenze d ’Italia...: il Gran Duca citerà l’articolo della Gazzetta di Toscana, dove ha fatto stampare che mentre tutte le altre Potenze d ’Italia tremano, esso non teme nulla, sotto l ’ombra della fraterna ami­ cizia dei Giacobini; le repubbliche divise in partiti diranno che non te­ mono un’altra repubblica; e così io prevedo che l'Italia stessa sarà dif­ ficile a riunirsi. Allora l ’alleanza di Napoli sola, o anche del Papa, con Milano e Sardegna potrebbe divenire più di carico e pericolo che di van­ taggio ». Giustissim i timori, che trovano conferma nei colloqui del Cobenzl con l’ambasciatore sardo a Vienna, il quale ultimo condivideva perfetta­ mente la scarsa fiducia del vicecancelliere austriaco in un’unione generale italiana, ma riteneva opportuno e urgente trar profitto dalle buone di­ sposizioni napoletane, che egli interpretava a modo suo, come un indizio dell’impazienza di Maria Carolina di staccarsi dall’indirizzo spagnolo, tanto la proposta di quell’alleanza gli sembrava inconciliabile con un program­ ma di neutralità. Era il solito tirar l’acqua al proprio mulino, che avrebbe indebolito sin dall’origine la coalizione europea, e di cui offriva certo un’altra prova la crudezza con cui il Cobenzl, inasprito fors’anche dalla resistenza napoletana, ripetè al di Breme che non avrebbe consentito alcun passo ai suoi ministri in Italia, prima che le basi del trattato fossero state get­ tate a Vienna. Opportunamente il Gallo richiamava l’attenzione del governo sulle « cautele che bisognerebbe prendere nel caso che si assoldasse in Italia l’armata svizzera di otto reggimenti o più, acciò mai questo corpo di forza straniera non potesse riuscire di danno e di pericolo per la stessa Libertà Italiana, se qualche estera Potenza un giorno o l ’altro se ne rendesse padrona ». In tale stato di cose all’ambasciatore napoletano sembrava più con­ creta un’alleanza con le potenze marittime: la via che Napoli avrebbe poi battuta dopo drammatiche circostanze, ma che portava ugualmente alla guerra. Ma allora egli, messo in allarme dalle notizie che giungevano sempre più frequenti di preparativi navali della Francia, inclinava, d ’altra parte, a un certo ottimismo circa una prossima fine delle ostilità; e ripe­ tutamente espresse, quel novembre, il proprio convincimento che una 329

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pace (« il maggior male che potesse farsi alla Francia ») avrebbe scatenato nella nuova Repubblica passioni e contrasti violenti, ma sarebbe stata la fine di un « flagello » per gli altri belligeranti. 29 Con tante incognite appariva, vista da un osservatorio di prim ’ordine, la situazione europea! Eppure non sembra che i dubbi deH’ambasciatore, che propensioni contrastanti dividevano dal segretario degli Esteri, riu­ scissero a raffreddare in sulle prime quella specie di entusiasmo con cui questi si era accinto all’impresa nuova e suggestiva. A un certo punto, tra la fine di ottobre e i primi di novembre, la via gli era apparsa sgombra e seducente: incline ad una politica attiva Ve­ nezia, che raddoppiava le forze di Terraferma; l’Austria, di fronte al secolare nemico, fattasi sostenitrice del Piemonte presso gli stati italiani. Nelle frequenti conferenze con l’ambasciatore sardo aveva ripetuto su tutti i toni che egli riteneva, nei preoccupanti momenti che si attraversavano, rispondente ad una fondamentale necessità italiana la lega. Bisognava af­ frettarsi, concludere prima che la notizia si divulgasse: a Napoli tutto era pronto; Totino non indugiasse oltre nell’inviare le attese istruzioni ai propri rappresentanti presso la Serenissima e il Re di Sicilia. Queste disposizioni di spirito dovevano chiudergli gli occhi su tanti indizi poco rassicuranti, che a Venezia e a Vienna non erano sfuggiti allo sguardo, più vigile e ansioso, di Torino, e riserbavano al piano confede­ rativo giunto, verso la fine della seconda decade di novembre, da Vienna un’accoglienza favorevole. 29 « ...Quanto a questa disgraziata Potenza [A u stria], che è stata così infelicemente sacrificata, se avrà da fare la guerra, la farà col massimo vigore. M a se con dignità potrà evitarla e far la pace nel modo che conviene al suo decoro ed alla sua nobiltà di pensare, la farà sicuramente, essendo S.M . sommamente aliena da continuar questo flagello alla Sua Nazione... Bisogna persuadersi che la guerra non si farà per ottener più nulla, in nessun modo, ma solo per forzarsi i Francesi a far la pace ed a lasciarci tranquilli. Posta questa situazione di cose, che è pur troppo vera, e non potendo lusingarsi di giunger più colla forza a metter quella Nazione nel rispetto e nell’ordine dovuto..., il partito più desiderabile è di ritirarsi con dignità il più presto che sia possibile ». A .S.N ., E st., f. 70, Vienna, 15 novembre 1792. Nel cit. f. 4090 il carteggio, breve e interessante (N apoli, 12 ottobre e 8 dicembre, Vienna, cifra s.d., 6 e 7 novembre 1792, 10 gennaio 1793), Acton-Gallo intorno alla lega, con i docc. relativi. G li originali della nota G allo del 25 ottobre e del disegno di trattato del Cobenzl negli Archivi di Vienna, St. K., Neapel, f. 21; Vortràge, f. 227. N ell’ultimo fascio il rapporto e la nota pubblicati, come i due che precedono, tra i D o c u m e n t i . La corrispondenza Hauteville-Breme a Torino nel cit. m. I l i Lett. Min. (soprattutto H aut. a Breme, 31 ottobre, e risposta da Vienna del 15 novembre). 330

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Forse in quei medesimi giorni si posava sul tavolo di lavoro del mi­ nistro degli Esteri un « Compendio di alcune politiche riflessioni per vantaggio dell’Italia » . 30 L ’ignoto autore partiva da considerazioni d ’in­ dole geografica: l ’unità d ’Italia, circondata dai monti e dal mare a sua difesa. E tuttavia, deplorava, l ’Italia è smembrata e la sua è una storia di « gagliardissime rivoluzioni e scosse che più e più volte la sfigurarono a segno di renderla di secolo in secolo non più riconoscibile per quella del secolo precedente ». Veramente tragico destino, quando si pensi che basterebbe secondare « il fine della stessa natura » per renderla « ad ogni oltramontano ed oltramarino attentato formidabile e inaccessibile ». « La formazione di una Difensiva Confederazione nell’Italia, la unio­ ne delle sue parti e delle sue divise forze in un corpo, questa sarebbe la grande arte, con cui secondare le intenzioni e i desideri della natura ». Aleggiava in quelle pagine un sogno non nuovo, ma che doveva di lì a pochi anni sorridere ed infiammare con altra forza: « i diversi interessi in un sol punto di vista riunire e di molti un solo formare, che interesse nazionale diventa ». Mani italiane avevano tessuto quella trama, nata, nel­ l’epoca di una « calamitosa » rivoluzione, dalla necessità di difendersi da sopraffazioni straniere in terra e in mare, di soffocare dissensi tra gli stati della Penisola, di domare interne sollevazioni. Della Confederazione dovrebbe, sì, far parte il capo della Monarchia austriaca, ma soltanto « sotto la rispettabile qualità di Signore dei Ducati di Milano e di Mantova »; nel suo territorio rientrano i possessi veneziani tutti sino all’Ionio; e se non vi si possono ammettere le rimanenti terre italiane, M alta, Corsica, Istria e Friuli austriaco, non si cela la speranza che anche esse, mutate le circostanze che al presente le tengono disgiunte, vengano a coronare il bello edifizio. Data la natura della lega, essa non avrà un capo se non in caso di guerra. Questo sarà il sovrano dello stato aggredito; ma si stabilisce in precedenza che esso, che dovrà assumere il comando dell’armata o nomi­ narne il generale supremo, non potrà essere scelto se non tra gli stati più esposti a un’invasione straniera: i Regni di Sardegna e di Sicilia, le Repubbliche di Genova e di Venezia, il Granducato di Toscana e lo Stato Pontificio. Il « capo interinale » convocherà presso la propria corte il « Col­ 30 Senza data; ma dal contesto appare scritto a breve distanza dall’invasione francese della Savoia e di Nizza. A .S.N ., Carte Acton, voi. 32, ins. 1.

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legio » della Confederazione, formato da ministri straordinari dei ri­ spettivi stati. A tale organo toccherà il compito di prendere le decisioni politiche e militari. Comandante supremo dell’armata marittima sarà l’ammiraglio veneto, se la flotta opererà a levante; l’ammiraglio napoletano nel caso opposto. Uno stemma comune, « nazionale », dovrebbe scendere sulle varie ban­ diere; un’unica uniforme dovrebbe vestire la truppa. La religione sarà per tutti gli stati la cattolica. Contrarie alla natura della Confederazione sono ritenute le alleanze sia difensive che offensive con stati esteri; permessi i trattati di com­ mercio, molto vantaggiosi all’Italia. Una garanzia potrebbe venire alla) Confederazione soltanto da due potenze: la Monarchia austriaca, inte­ ressata ad essa, e l’Inghilterra, che ragioni commerciali e politiche avvi­ cinano alle cose italiane. Ma sarà data all’Italia la possibilità di difendersi con mezzi suoi: lo stato aggredito potrà contare su una forza terrestre di 120 mila uomini, su di una flotta di 200 vele, pronte ad accorrere in suo aiuto al primo allarme! Alla luce delle grandi possibilità che sarebbero venute dall’attuazione di quel disegno si rivedeva il passato, si presagiva un avvenire di flori­ dezza e di g lo ria.31 31 « ...Si crede di potere con franchezza asserire che se l’Italia avesse da molto tempo formata la proposta Confederazione, nè la Repubblica di Venezia si lagne­ rebbe ora della già fatta perdita delli tre Regni, Cipro, Candia e M orea, nè quella di Genova avrebbe veduto togliersi dal di lei dominio l’Isola di Corsica, nè final­ mente si sarebbero ultimamente veduti con tanto ardire dai Francesi ostilmente invasi gli stati di S.M . Sarda... TLa Confederazione] alla società degli abitatori d ’Italia una vita assai felice prepara. Prepara una maggiore produttrice agricoltura, un meglio in­ teso e meno intralciato commercio prima, e seconda vere sorgenti delle nazionali ric­ chezze; prepara una anche maggiore e più sana cultura delle scienze e delle belle e utili arti per le quali scosso e, direm così, elettrizzato l’amor nazionale maggiore della Nazione nella Nazione stessa sentir si faccia, e per cui tolto venga il quanto ridicolo, altrettanto, nel caso nostro, sciocco nome di forestiero, che fin qui ha dovuto intendersi dare ogni Italiano, che dalla natia Patria alcune miglia portato siasi in altre città pure della stessa Italia. D a questi vantaggi e preparativi non può non risvegliarsi quella industria, quella emulazione, quello zelo, che già per due volte hanno fissato l’epoche della gloria dell’Italia, pel numero dei valorosi di lei eroi, dei profondi di lei scrittori e dei perspicaci di lei artisti, e ricomparire per la terza volta più sagace, più vigile e più forte a rendersi più celebre, più fam osa e più attiva ». 332

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Le « riflessioni » erano dedicate all’Acton. Il quale avrebbe potuto da esse attingere idee e calore nelle controproposte da inviare a Vienna. A questo lavoro, fece egli intendere al ministro sardo, si sarebbe accinto quanto prima. Ma il di Castellalfer ebbe soltanto il modo di osservare che il piano stabilito a Vienna era ben accetto e che il ministro napoletano aveva tutta la buona intenzione di portarlo a compimento. Per il mo­ mento la Corte aveva un’infinità di preoccupazioni che avrebbero reso impossibile di esaminarlo con la necessaria calma. Il giorno stesso, 20 novembre, in cui comunicava al d ’Hauteville l’arrivo del piano Cobenzl, l’ambasciatore inviava una notizia d ’indole molto diversa: l ’inatteso rico­ noscimento da parte del governo di Napoli dell’ambasciatore della Re­ pubblica francese. La Corte aveva imboccato la via delle concessioni, che dovevano purtroppo giungere molto oltre; e sono noti i motivi che l’indussero a quel passo e agli altri che seguirono: la squadra francese aveva chiarito il disegno, a lungo temuto, di spiegare le vele su Napoli e su Civita­ vecchia. L ’imminente pericolo svelava appieno le consapute deficienze dei Prin­ cipi e del paese: l ’esaltazione nervosa della Regina, la noncuranza e la pusillanimità del Re, l ’allarme di un popolo privo di tradizioni militari, l ’impreparazione generale che andava dal personale dei ministeri alle forze armate. Il quadro morale e materiale che si presentò al ministro sardo lo indusse ad augurarsi che Napoli potesse almeno mantenere una neutralità che le consentisse di non troncare il sussidio alla sua corte. Sicché non fu difficile profezia quella del d ’Hauteville, il quale al rappresentante pie­ montese a Roma, che gli aveva di fresco riferito le buone intenzioni del Pontefice, sempre più chiaramente incline ad una confederazione italiana, al punto che « non sarà necessario molto studio per fare accedere questa Corte, ma sarà essa più sollecita di entrarci, che li altri di ammettercela », secondo questi scriveva il 10 novembre, manifestava, la fine dello stesso mese, il proprio pessimismo: « dovrei sbagliare, ma non manca forse motivo a temere che essa [unione] non sia prevenuta dalle minaccianti dimande de’ Francesi e da una neutralità, pretesa colla forza alla mano, ed accordata per necessità da uno dopo l ’altro dei vari Principi d ’Italia ». E il 12 dicembre poteva già considerare il disegno di lega tra i maggiori stati italiani « svanito e perduto da che la Corte di Vienna, cui la sem­ plicità di esso non tornava forse a grado vi eccitò contro delle difficoltà, ed ha progettato a suo luogo un piano di difesa ed alleanza armata, di cui, 333

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sebbene non si abbia che una confusa nozione puossi però prevedere ab­ bastanza che e tempo richiederà assai e calma a concertarlo ed ha specialmente in oggetto poi la difesa della Lombardia austriaca. La Corte di Napoli — aggiungeva — non ci ha peranco fatto conoscere a tal riguardo le sue idee, ma sono cangiate pur troppo le sue circostanze, e con esse quelle d ’Italia, minacciata in oggi da una invasione » . 32 Infatti i colloqui tra il di Castellalfer e l’Acton erano stati in quelle settimane rari e frettolosi. Due giorni dopo le prime comunicazioni, che avevano lasciato il ministro sardo perplesso, di fronte a un disegno note­ volmente diverso da quello tracciato a Napoli, il segretario degli Esteri stesso aveva portato il discorso su quel programma di unione che sem­ brava stargli particolarmente a cuore; e il di Castellalfer aveva colto l’oc­ casione per dirgli che stimava troppo lunga la piega presa dalle trattative, ed opportuno un ritorno ai primitivi propositi, la quadruplice alleanza difensiva, rimandando a miglior tempo i negoziati per una confedera­ zione permanente e generale. Poi, stretta la Corte da imperiose necessità, si fece silenzio sull’argomento. Silenzio che l’Acton parve non voler rom­ pere, trascorsa già la prima decade del dicembre, durante una lunga con­ ferenza con l’inviato sardo, il quale si vide costretto a chiedergli se avesse preparate le controproposte al piano della cancelleria viennese. La risposta mirava evidentemente a tagliar corto: il ministro na­ poletano aveva sottoposto al Consiglio di Stato le proposte viennesi e le osservazioni del rappresentante di Torino; ma si era dovuto constatare l ’ovvia contradizione tra la neutralità che la Confederazione si proponeva e gli obblighi di aiuti militari per la riconquista dei territori invasi, con­ tratti dall’Imperatore verso il Re Sardo. Crollarono le ultime speranze piemontesi, e le istruzioni di Torino si restrinsero a non precludersi la ripresa delle trattative in epoca più propizia. Erano questi in fondo anche i propositi dell’Acton, manifestati a Vienna fin dall’8 dicembre. A dissuaderlo da passi intempestivi si era aggiunta alla voce del Gallo quella del Micheroux, e forse aveva fatto maggiore effetto. Il residente a Venezia fin dal 10 novembre dal silenzio di Vienna aveva arguito la cattiva volontà di quel governo, e si era pre­ 32 F. O l m o , La Rivoluzione francese nelle relazioni diplomatiche di un ministro piemontese a Roma {1792-96), Milano-Roma-Napoli, Albrighi, Segati e C ., 1915, pp. 103, 107 sgg.; C a r u t t i , I, pp. 69-70.

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parato ad attendere i contrordini della sua C o rte .33 E la settimana suc­ cessiva, nel precipitare degli eventi, mentre trovavano sempre più largo credito le voci della spedizione del comandante Truguet sulle coste italiane (« usando da amico o nemico, secondo che verrà accolto »), davanti all’in­ differenza manifesta dell’Inghilterra, sembrava benedire dal profondo del cuore l’oramai palese riluttanza austriaca.34 Appariva da tutti i lati la debolezza delle basi su cui si sarebbe dovuto costruire; e l ’Acton, inducendosi ad ordinare al Gallo la sospen­ sione dei negoziati, passava malinconicamente in rassegna le indomabili divergenze dei singoli stati. L o stesso quadro, a un di presso, che l ’am­ basciatore gli aveva presentato un mese prima: ostili ad impegni o incapaci di assumerne Venezia e Genova; la Toscana e i minori stati poco propensi ad una dispendiosa neutralità armata; il Re di Sardegna difficilmente disposto a lasciar fuori del limite stabilito per la lega una parte notevole dei suoi domini. Soltanto favorevole la Corte di Roma, « perché, sprov­ veduta più di ogni altra e intimorita dalle voci che minacciano unainva­ sione nello Stato, vorrebbe bene aver soccorso e difesa ». Meccanismo troppo complesso quello che si voleva mettere in mo­ to; e il momento propizio era già passato. « Per quanto necessaria, utile e di facile riuscita — concludeva la lettera dell’8 dicembre — sarebbe stata un mese fa una tale impresa, altrettanto pericolosa e difficile sarebbe oggi il tentarla... Nelle circostanze presenti, potendosi la cosa interpetrare sinistramente, il Re Nostro Signore che ne dovrebbe portar la parola, po­

33 « ...È forza ch’io mi persuada che quella Im periai Corte non abbia giudicato [il tentativo di lega] opportuno alle sue mire e alle sue circostanze. So che questo M inistro di Sardegna ne ha il più vivo dispiacere. Piacemi almeno di non aver nulla tralasciato pel suo buon esito, talmente che io avea già fin apparecchiato un modello di Memoria da proporla ai miei colleghi; e sopratutto mi è caro che almeno il detto progetto abortisca ignoto e tra l’ombre d ’una perfetta occultazione. Im plo­ rando intanto i venerati ordini di V .E ., onde determinarmi a dimetterne ogni pen­ siero, ho l’onore ecc. » A .S.N ., E st., f. 2284. 34 « ...Credo in oggi di non dovermi più rammaricare di questa renitenza vien­ nese verso d ’un disegno che i rapidi ed inopinati cambiamenti avvenuti renderebbero oramai di rischiosa attuazione... T utto consiglia a non provocare una Nazione, la quale, in mezzo alle atrocità che commette contro de’ suoi nemici, sembra che si compiaccia d ’ostentare un sommo rispetto verso di coloro dai quali non si tiene offesa ». A .S.N ., E st., f. 4090, Venezia, 17 novembre 1792. L o stesso giorno il Se­ nato veneto, « all’invito rinnovato da Vienna di entrare nell’alleanza, replicava... vo­ lersi attenere alla massima, già precedentemente spiegata, di un’imparziale neutralità ». R o m a n in , IX, p. 199. 335

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trebbe ritrovarsi compromesso e vedere i suoi stati esposti senza speranza di soccorso. La stagione che si avanza a gran passi potrà obbligare la squadra o a ritirarsi o a prendere altra direzione. Rassettati i spiriti dai timori che la speranza della medesima ne’ mari di Genova, che vale a dire nel centro dell’Italia, tiene tutti agitati, quando le cose non prendano nel­ l’inverno altra piega, potrà allora con più agio e a mente più serena far parola di simile trattato ». L ’unione falliva: ancora una volta lo straniero avrebbe trovato l’Italia paralizzata dalla discordia e dall’egoismo. Né l’Acton aveva potuto ac­ cennare nel suo dispaccio agli odiosi calcoli austriaci, né all’intrigo che lo minacciava alle spalle. Il momento critico era ampiamente sfruttato dal partito avverso, che spiegava adesso una tremenda energia. Nessun appoggio nel campo internazionale vicino e lontano; all’inter­ no nessun’ancora, nessuna fiamma capace di ardere per il trionfo di un’idea. Forse corrivo ad un brutale eroismo soltanto il popolo, che in seguito avrebbe saputo immolarsi, ma che al presente era prudente con­ siglio trattenere, perché non aggiungesse con la sua foga incomposta materia di altri turbamenti. Più tardi, in un campo reso incandescente dal martirio, la fiaccola di quell’idea, ora appena abbozzata, sarebbe pas­ sata di mano in mano ad illuminare il cammino. Adesso il breve sogno svaniva davanti ad una realtà fredda e cruda, come l’inverno di sangue che si avanzava. Questa avrebbe fiaccato i nervi di un uomo di statura superiore al ministro di Ferdinando IV . Il quale, moralmente diverso da quello che una lunga tradizione ci ha tramandato, e non privo di intuito, di accortezza e di risorse diplomatiche, era però lungi dai possedere il calore dell’entusiasmo che cresce con gli ostacoli, ed è spasimo e perseveranza, costituisce cioè tanta parte del successo. L ’uomo dai calcoli prudenti e accorti, dall’ambizione di « figurare », era inferiore ai propositi che gli avevano riscaldato l’animo davanti alla crisi che minacciava di inghiottire la « bella parte d ’Europa », nella quale il suo sovrano cui era e si serbò fedelissimo nelle vicende più varie, aveva esteso dominio. E questi propositi manifestavano essi stessi i limiti dello spirito da cui partivano, con la visione parziale e frammentaria delle necessità italiane, con quel preannunzio di Santa Alleanza. L ’Acton lasciò cadere il disegno concepito senza eccessivo rimpianto. In quei giorni di angosciose alternative lo dominava chiaramente la fretta di svincolarsi da ogni impegno. Gli avvenimenti che seguirono dovevano maggiormente allontanarlo 336

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da piani di difficile attuazione. Il 16 dicembre la Corte cedeva ingloriosa­ mente alle arroganti ingiunzioni della squadra francese. Fu enorme la ripercussione che l ’atto di debolezza ebbe all’estero e all’interno sul pre­ stigio della Monarchia: l ’Italia si ritraeva da quel governo reso sospet­ toso e severo verso i suoi figli migliori, dominato dall’idea della riscossa e della sicurezza internazionale. Non è questo il luogo per approfondire l’esame, tanto arduo, delle responsabilità dei Sovrani e del Ministro. Parecchio ci dicono le lettere di Ferdinando e di Maria Carolina, che confermano l’incapacità di en­ trambi di affrontare una situazione che richiedeva vero spirito di sacrifi­ zio e sangue freddo. L ’inedita corrispondenza torinese mostra il ministro lottante disperatamente contro le debolezze di un ambiente malato al centro e alla periferia, e dà la responsabilità maggiore al Sovrano; ma sia la Regina che un ignoto ufficiale, il quale partecipò al consiglio in cui si discusse l ’ultimatum dell’ammiraglio francese, sembrano concordi nell’affermare che in questo l’Acton, dopo aver mostrato la superiorità dei mezzi napoletani e la sicurezza del successo nel caso che si fosse venuto alle mani, finisse col proporre l ’accordo senza dilazione. Molto probabilmente, in pericolo egli stesso non soltanto di cadere dalla carica insidiosamente contesagli, ma di essere consegnato ai Francesi secondo questi si erano pur proposti di chiedere in un primo momento, finì col cedere alla volon­ tà del Sovrano, irremovibile oramai nel proposito di evitare una rottura delle ostilità: una lotta e uno strazio che forse passano fugaci nelle righe della Regina: « Il [A cton] mérite d ’ètre plaint, surtout par les personnes qui connaissent à fond, comme moi, tout ce qu’il sent, tout ce qu’il soujfre et tout ce qu’il voudroit faire et qu’il ne peut faire » . 35 Qualche settimana dopo era sospeso il sussidio alla Corte di Torino; e vanamente il di Castellalfer sperò poi che il mutato atteggiamento del­ l’Inghilterra potesse far riprendere le trattative del sussidio stesso e della lega: i primi di marzo, avendo egli richiamato l’attenzione dell’Acton sulle nuove possibilità per un accordo tra i principi italiani, questi lasciò con frasi evasive cadere il discorso. Quel capitolo si chiudeva com’era cominciato: con l’interesse pie­ montese ad un’alleanza tra gli stati della P en isola.36

35 Correspondance, I, p. 87. 36 Per gli avvenimenti degli ultimi mesi del 1792 cfr. Simioni, Le origini, I , cap. V I, L a spedizione dell’ammiraglio L a Touche, già in Arch. Stor. Nap., X X X V II (1912), 337

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Si tornò a parlare di lega italiana un anno dopo, quando con la ca­ duta di Tolone si accentuò la pressione francese sulle Alpi. La situazione era profondamente mutata il principio del 1794, quando dall’Austria partirono nuovi incitamenti agli stati italiani, belligeranti e neutrali. Avreb­ be dovuto raccogliere le fila delle trattative un uomo di scarsa levatura,

cui aggiunge qualche particolare D e L e v is-M ire p o ix, Une expédition diplomatique et militaire. L a Touche Treville à N aples, in Revue d ’histoire diplomatique, Paris, 1926, pp. 1-33, 171-92. L a corrispondenza Castellalfer-Corte di Torino nel cit. m. 37 e per il 1793 nel m. 38 Lett. M in. Per il sussidio napoletano al Piemonte cfr. ancora cit. m. 3 N egoziai. N apoli, Castell. ad Acton, 21 dicembre 1792. L ’Acton, nel giu­ stificare la sospensione di esso, scriveva il 12 febbraio 93: « Sa M ajesté Sicilienne a trop à coeur l’intérêt entier de l ’Italie, si uni au sien propre, et ce qui concerne surtout Sa M ajesté Sarde pour ne pas avoir porté l ’attention inimaginable, et toute l ’ardeur possible à la recherche de tous les moyens capables de parer aux dangers qui nous menacent tous. Vous l ’avez vu, M onsieur, concourir avec empressement et succès, lorsqu’E lle l ’a pu, à ce même objet, et rendez sûrement justice aux sentimens qui l ’ont constamment dirigé vers ce même but » [Lett. Min., m. 38). Come accennammo [q u i p. 4 6 ], anche nelle istruzioni al Conte Piossasco di N one si scinde la responsabilità dell’Acton da quella della Corte: « A son apparition [della squadra francese], le Roi de N aples et ses conseillers, à l ’exception du Chev. Acton, furent saisis d ’une telle épouvante, qu’elle rendit inutiles tous les grands préparatifs de défense faits tant par terre que par mer, dont le Chev. Acton s’etoit occupé avec beau­ coup d ’activité. Ce M inistre n ’ayant pu leur communiquer son énergie, il ne fut question que d ’eloigner promptement le danger, en se soumettant aux conditions que l ’amiral françois et le commissaire du Pouvoir exsécutif voudroient imposer ». D ella corrispondenza dei Reali abbiamo consultato, oltre al carteggio col G allo, le lettere spedite alla coppia imperiale a Vienna (H ausarchiv, Sammelbànde, 122 e 123). Sappiamo cosi quale conto fare del « courage extraordinaire » di cui il Sovrano dava prova alla vigilia dell’arrivo delle navi francesi, secondo scriveva al G allo il 4 dicembre la Regina, che, all’indomani delle umilianti concessioni, si sentiva spa­ ventata e intenerita dalla tremenda determinazione del reai consorte « de périr au fond de ses É tats » (23 dicembre). E in realtà questi, valoroso a parole, aveva scritto all’am basciatore a Vienna il 5 maggio: «L a sc ia li venire [i Francesi], che ci vogliono aver gusto, mentre io non sono di naturale da soffrire la menoma imperti­ nenza o gradassata ». E d alla figlia aveva poi manifestato propositi fieri: « siamo ac­ cinti in caso di attacco non meritato a non soffrire che da simil canaglia ci si voglia imporre la legge, ed a difenderci come si d e v e » (13 novembre); «q u a n d o poi mi mettano con le spalle al muro, allora, secondato d a’ miei cari compatrioti, mi batterò finché ce n ’è; e, come dicono i calabresi, morto mi potrai sentire, ma non pigliato » (20 novembre). M a cambiava già il tono l ’8 dicembre: « È un vero ajuto di D io, se ne usciamo bene e non ci crepiamo, avendo anch’io da più giorni perso totalmente il sonno. L ’unica e vera consolazione che io provo in quest’occasione si è il vedere 338

V I. I L R IA P R IR S I D E L L A C R IS I D E L L A « L IB E R T À IT A LIA N A »

l ’Arciduca Ferdinando, governatore di Milano, di cui l ’irresolutezza e le arti infide riproducevano in una sfera più ristretta le ben note deficienze dell’ambiente viennese. Si trattava di stabilire a Milano il contributo di ciascuno degli stati italiani alla guerra. Era escluso il Piemonte, lo stato più direttamente mi­ nacciato, che andava, com’è noto, verso il sacrifizio di Valenciennes, ri­ nunzia, almeno temporanea, al suo programma italiano. Era compresa Ve­ nezia; ma l’Imperatore non credette di rivolgersi ad essa direttamente, temendo un rifiuto. S ’indirizzò a Napoli, perché questa Corte « riprendesse il filo » delle « aperture » fatte altra volta alla Serenissima. Fu cosi sollecitamente affidato al Micheroux il non facile compito; e questi tra il febbraio ed il marzo rinnovò vanamente il tentativo di ridare alla sonnolenta Repubblica una parte che generazioni meno fiacche avevano assolto con virile risolutezza.37 Anche le fatiche del governo di Milano dovevano approdare a scarsi risultati. L ’Arciduca tenne una discreta corrispondenza con i congiunti di Napoli, di Toscana e di Parma, trattò con qualche senatore lucchese e con qualche prelato, racimolò alcuni aiuti dalle Sicilie, da Modena e da Parma, con la quale ultima riuscì a stringere una convenzione. Siamo, come si vede, di fronte a finalità essenzialmente diverse da quelle che avevano spinto l’Acton, un anno e mezzo prima, al tentativo di stringere per la pace, non per la guerra, le forze italiane. Ed uscirebbe

l’attaccamento che fanno a gara a dimostrarci i nostri buoni N apoletani, e l ’impegno che dimostrano di sacrificarsi tutti per il nostro servizio e la difesa della Patria. Iddio vede le azioni di tutti, Egli ci ajuterà nell’occasione... ». Ampi estratti, scoperti e sfruttati dal Simioni, di una « Lettera di un Ufficiale della M arina di N apoli », che partecipò al Consiglio di Stato del 16 dicembre, nella Bibl. della Soc. N apol. di Storia Pat., X X V I, B. 3, ins. X. D a essi si rileva, tra l ’altro, la fermezza e la dignità con cui l ’Acton ricevette il messo francese. Quanto agli effetti prodotti nella capitale piemontese dall’arrendevolezza napo­ letana verso la Francia, scriveva il Marsiconovo da Torino il 23 gennaio 93: « P a r che la nostra Nazione sia divenuta proscritta a tutta la terra. Se non fosse della particolar bontà che ha a mio riguardo questo Sovrano, i Reali principi e i suoi M i­ nistri..., dovrei rinchiudermi ed evitar la vista e consorzio d ’ognuno ». A.S.N ., Est., f. 1995. Cfr. ancora Breme al R e e ad H aut., Vienna, 7 gennaio e 4 febbraio 1793 (A .S.T ., Leti. Min. A ustria, m. 112); Gherardini a CobenzI, Torino, 16 gennaio 1793 (in Mise, di Storia Italiana, s. e t. cit., p. 335 sgg.). 37 A .S.N ., E st., f. 4090, G allo ad Acton, 5 gennaio 1793 (ma 1794); carteggio Acton-Micheroux, gennaio-marzo 1794 (cfr. R o m a n in , IX , pp. 220-21).

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LA M O NARCH IA D E L L E D U E S I C I L I E

dai limiti del presente lavoro un più ampio esame delle interessanti fonti che abbiamo in proposito rinvenute.38 Noteremo bensì che a Napoli si diresse anche il gabinetto inglese, nella speranza che Ferdinando di Borbone riuscisse a indurre l ’Imperatore ad una vera cooperazione sardo-austriaca, che sembrava ed era lungi dall ’attuarsi. Occorreva convincere Vienna « che per difendere l ’Italia bi­ s o g n a i chiuderne l’ingresso; cosicché pareva che per la posizione locale essendo il Piemonte la porta dell’Italia bisognava colà fare i maggiori sforzi » . 39 Vecchi argomenti di T o rin o ,40 che dovevano sembrare insopportabili

38 Lettere dell’Arciduca Ferdinando all’Im peratore in Quellen, IV , pp. 191-92, 377, 411, 415-16; V., pp. 26-27, 35-38, 52-55 (cfr. ancora IV , 146, 194-95, 299-300, 312, 426-28; V, 18-19). Allarm i piemontesi per un sospettato congresso di Milano nella corrispondenza Priocca-d’Hauteville, in O l m o , L a Rivoluzione francese cit., p. 155 sgg., e in quella d ’Hauteville-Marchetti, A .S.T ., Leti. M in., cit. m. 38, Torino, 19 marzo 1794 (cfr. A .S.N ., E st., f. 1996, M arsiconovo ad Acton, Torino, 19 marzo 94). Il carteggio tra i Reali di N apoli e la coppia imperiale, a Vienna, Hausarchiv, Sammelbànde, f. 150, 157, 158. M a soprattutto importanti i docc. concernenti le trattative direttamente svolte dall’Arciduca Ferdinando d ’Austria-Este con gli stati italiani (A .S.M ., Cancelleria D ucale Estense, Stati Esteri, Milano, B. 26. Preceduti da un « Tableau de négociations », spedito a Vienna con lettera 10 dicembre 1794 (quest’ultima pubblicata in Quellen cit.), sono conservati i carteggi relativi agli aiuti chiesti dall’A ustria con Toscana, Parma, Roma e N apoli. L ’ultimo fascicolo con­ tiene la corrispondenza dell’Arciduca con M. Carolina e con Ferdinando IV dal maggio 1794 all’agosto 1795. Una lettera dell’Esterhazy al Wilczek, in data 31 maggio 94, m ostra la buona disposizione, soprattutto dell’Acton, a concorrere con i mezzi pos­ sibili alla difesa d ’Italia; in altra la Regina, che non si faceva neppure allora delle illusioni circa il nuovo tentativo di unione italiana (1 luglio 94), m ostra di rimpian­ gere sinceramente il fallimento della lega preparata da N apoli: « ...c’est bien à present — scrive il 3 giugno — que je pleure plus que jam ais que la liaison Italique ne s ’est point faite, nous l ’avons proposée, poussée, mais personne n ’y a voulu consentir, et actuellement on se trouve au dépourvue et ruiné intériemment de même que menacé au déhors. Voilà le fruit de cet égoisme qui a dirigé presque toutes les puissances italiennes »). 39 A .S.N ., E st., f. 630, Londra, 7 e 18 febbraio, 18 e 21 marzo 1794. Scarse o inesatte notizie sull’azione inglese in Italia per quest’anno in B ia n c h i , I I , pp. 17880, 188; C a r u t t i , I, p. 247, pedissequam ente seguito da D e G e r b a ix d i S onnaz , p. 291; M. J o l l iv e t , L es Anglais dans la Mediterranée (1794-97). Un Royaume anglo-corse, Paris, Chailley, 1896, pp. 17-18. 40 Cfr. le analoghe osservazioni di un agente sardo nel 1691, in Arch. Stor. N ap., N .S., X X I, p. 348 (C. M orandi, Torino e N apoli durante la guerra della Grande Alleanza nel carteggio diplomatico di G. B. Operti). 340

V I. I L R IA P R IR S I D E L L A C R IS I D E L L A « L IB E R T À IT A LIA N A »

al marchese di Gallo. « Non è per gelosia col Re di Sardegna, come V .E. si compiace dirmi che viene avvisato da Londra, — scriveva egli il 10 mag­ gio, accalorandosi nella difesa della politica viennese — che l ’Imperadore ha negato d ’unir tutte le sue forze ai Piemontesi: qui si è calcolato che o dovea l ’Imperadore mettere in Italia 60 mila uomini, ed assumersi esso la difesa tutta delle Alpi senza mischiarvi i Piemontesi, o non potendosi far ciò, per le tante circostanze note della Monarchia, bisogna piuttosto difendersi in casa sua, nel Milanese; perché l’unire ai Sardi una piccola forza non avrebbe prodotto altro che farla sacrificare, rimanendo poi sprovvisto il Milanese. Il Re di Sardegna avrebbe avuto forze bastanti da sé, e cogli ajuti che ha ricevuto, per difendere le montagne, se le sue truppe e i suoi ufficiali avessero voluto: non volendo essi battersi, 20 mila Austriaci, sparsi in così lunga linea di posti sarebbero stati insufficienti. Io non nego che questa separazione è stata ed è fatale all’Italia; ma come s ’à da fare se gli Italiani di quella parte non sono buoni ad altro che a fuggire? Non è colpa solo di questa Corte se l’Italia è sacrificata: essa ve n’à una parte; ve ne hanno gli Inglesi; ve ne hanno i Spagnoli; e ve ne hanno gl’italiani stessi, che senza unione, né energia nessuna han sem­ pre vacillato tra i privati interessi, l’egoismo, la paura e il giacobi­ nismo » . 41 Tuttavia di lì