La filosofia nell'età della scienza
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Zitiervorschau

La --osofia nell'età della scienza

I lettori che desiderano informarsi sui libri e sull'insieme delle attività della Società editrice il Mulino possono consultare il sito Internet: www.mulino.it

Hilarv Putnam

La filosofia nell'età della scienza a cura di Mario De Caro e David Macarthur

Società editrice il Mulino

ISBN 978-88-15-24029-3

Edizione originale: Philosophy in an Age o/ Science. Physics, Mathematù:s and Skepticism, edited by Mario De Ca.ro and David Macarthur, Cambridge (Mass.)-London, Harvard University Press, 2012. Copyright © 2012 by Hilary Putnam. Copyright © 2012 by Società editrice il Mulino, Bologna. Traduzione di Luciana Ceri (capp. 6-8, 10, 12), Carlo Gabbani (Prefazione, Introduzione, capp. 1-5), e Paolo Tripodi (capp. 9, 11, 13). Edizione italiana a cura di Mario De Caro e David Macarthur. Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere fotocopiata, riprodotta, archiviata, memorizzata o trasmessa in qualsiasi forma o mezzo. - dettronico, meccanico, reprografico, digitale - se non nei termini previsti dalla legge che tutda il Diritto d'Autore. Per altre informazioni si veda il sito www.mulino.it/edizioni/fotocopie

Indice

Introduzione, di M. De Caro e D. Macarthur Prefazione

p.

7 53

I.

Scienza e filosofia

57

II.

Dalla meccanica quantistica all'etica e ritorno

71

III.

Corrispondere alla realtà

97

IV.

Perché non disfarsi del realismo scientifico

121

V.

Argomenti di indispensabilità in filosofia della matematica

143

Le capacità e due teorie etiche

169

VI.

VII. La dicotomia fatto/valore e i suoi critici

185

VIII. L'epistemologia della guerra ingiusta

205

IX.

Wittgenstein: un riesame

223

X.

La filosofia e l'educazione degli adulti: Stanley Cavell e lo scetticismo

237

6

INDICE

XI.

Profondità e superficie Jctell' esperienza & XII. La mente di Aristotele fe la mente contemporanea

p. 253

XIII. Come essere un sofisticato «realista ingenuo»

303

Fonti

325

Indice dei nomi

329

275

Introduzione

Hilary Putnam: un poliedrico artigiano della filosofia

Non fingiamo di dubitare in filosofia di ciò di cui non dubitiamo nei nostri cuori. C.S. Peirce Anche il più gigantesco telescopio non può avere un oculare più grande dell'occhio umano. Ludwig Wittgenstein

Uno sguardo retrospettivo

Questo volume 1 raccoglie i saggi filosofici recenti di Hilary Putnam, un filosofo che, in un'epoca di specializzazione sempre crescente, è capace di riunire in sé, con versatilità degna di altre epoche, immaginazione concettuale, genialità matematica, erudizione scientifica, interessi umanistici e sensibilità morale. Da questo punto di vista è degno di essere paragonato ad Aristotele, Leibniz, Kant, Mill o Bertrand Russell. Putnam è stato giustamente definito «la storia della filosofia recente in compendio»2 , ma, come attesta questo volume, rappresenta anche il suo possibile futuro. Una cosa che colpisce in questa nuova raccolta, la prima dopo diciotto anni, è che essa ci restituisce un Putnam nuovamente alle prese con alcune delle sue più antiche passioni filosofiche, come la logica matematica, la filosofia della matematica e la filosofia della meccanica quantistica. Si tratta di un ritorno da salutare con favore perché, come scrisse Alfred North Whitehead, «i progressi fondamentali hanno a che fare con la reinterpretazione delle idee basilari»3 • Vengono 1 Questa introduzione è stata parzialmente modificata in più punti per adattarla all'edizione italiana del volume [N.d.C.]. 2 J. Passmore, Recent Philosophers, La Salle (ill.), Open Court, 1988, p. 97. 3 Citato in W.H. Auden e L. Kronenberger, The Viking Book of Aphorisms, New York, Viking, 1966.

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INTRODUZIONE

qui proposte anche le riflessipni più recenti di Putnam sui perenni problemi del realis~b, sulla dicotomia fatto/valore, sullo scetticismo e sul naturaJp.smo. Dal momento che questo volume rappresenta la sesta raccolta di saggi filosofici di Putnam, esso offre un'occasione propizia per gettare uno sguardo retrospettivo sul percorso lungo e complicato compiuto da Putnam, analizzando i diversi modi in cui egli ha ripensato e riformulato i problemi filosofici, nonché le risposte a tali problemi che giudica più promettenti. I celebri «cambiamenti di opinione» di Putnam sono, in primo luogo e principalmente, prova di una intelligenza filosofica dalla grande forza creativa, più preoccupata di manifestare le virtù della curiosità, dell'immaginazione e dell'onestà, che la dubbia virtù della immutabilità intellettuale4 • Tuttavia, spesso i filosofi leggendo Putnam avvertono questi «cambiamenti» come qualcosa che richiede di essere giustificato, quasi come se fosse universalmente riconosciuto che il compito di un filosofo sia quello di attestarsi su posizioni determinate e da quel momento in poi difenderle da ogni obiezione. In contrasto con questa concezione avvocatesca della filosofia, la tendenza di Putnam a riconsiderare costantemente i problemi (le loro motivazioni, i loro fondamenti, o la loro intelligibilità) e le migliori risposte (odierne) ad essi va salutata come esempio di una filosofia di ampie vedute ed inclusiva, una forma di sperimentalismo democratico fallibilistico, che deve essere giudicato dai frutti che ottiene per tentativi ed errori. Questa concezione dimostra come Putnam abbia metabolizzato le intuizioni contenute nell'impostazione epistemologica di Dewey, stando alla quale la ricerca, nelle sue forme più elevate, è caratterizzata da una serie di virtù etiche e politiche, quali l'imparzialità, la disponibilità alle critiche e la tolleranza di un 4 Pare che si debba a Sidney Morgenbesser una battuta di grande acume: «Putnam è il filosofo quantistico. Non si può comprendere lui e la sua posizione al contempo». L'idea è che Putnam sia un filosofo così progredito che nessuno può stare al suo passo: nel tempo trascorso per comprendere la sua posizione, è già «saltato» ad un'altra! La morale è che la filosofia di Putnam non è restituita dalla sua posizione presa in un singolo momento, ma dall'intera traiettoria che ha seguito. Un'indicazione simile si deve a.Paul Franks: Putnam non lo si comprende nel modo più giusto parlando della sua «posizione» o delle sue «posizioni», ma nei termini della tensione dialettica e della complessità che si esprimono attraverso le sue varie «posizioni».

HILARY PUTNAM: UN POLIEDRICO ARTIGIANO DELLA FILOSOFIA

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ampio spettro di punti di vista alternativi. Queste virtù democratiche mettono in luce un'analogia platonica tra il sé e la società, potendosi applicare sia all'intelligenza riflessiva di chi medita per proprio conto, sia ali' ambito sociale delle discussioni, delle interazioni e delle collaborazioni che ognuno di noi intesse con altri. Un'avvertenza: lo sperimentalismo filosofico di Dewey non va confuso con il movimento denominato «filosofia sperimentale», che guarda alla filosofia come ad una forma di indagine empirica generalizzata5 • Né Putnam è fautore del naturalismo di W.V. Quine, che fa collassare complessivamente la filosofia nelle scienze. In contrasto con Quine, Putnam è ben lieto di riconoscere l'esistenza e l'importanza di verità che si possono attingere nell'impresa relativamente a priori dell'indagine concettuale. Si può cogliere bene quale sia l'approccio di Putnam alla filosofia osservando che, come egli scrive, «i compiti filosofici non sono mai portati davvero a compimento», e che «in filosofia non esiste l'ultima parola»6 • La possibilità di nuove intuizioni, nuove prospettive e nuove possibilità concettuali ed empiriche delle quali tenere conto è sempre aperta. Tra le difficoltà che chi si accosta alla lettura di Putnam incontra non c'è solo quella di dover prestare attenzione ai rapporti tra i molti Putnam che emergono dalle numerose teorie che egli ha via via difeso e dai suoi numerosi ripensamenti. Una difficoltà ulteriore posta dalla lettura dei saggi putnamiani è quella di comprendere quale sia il loro fulcro dialettico. La scorrevolezza e la piacevolezza del tono discorsivo che caratterizza la scrittura di Putnam spesso nasconde la complessità e la sottigliezza delle sue mosse filosofiche. Consideriamo, ad esempio, il celebre argomento modellistico. Non è infrequente che esso venga interpretato come un attacco scettico alla nozione di riferimento. È come se l'argomento dimostrasse che, siccome, per dirla con Putnam, «si può "skolemizzare" assolutamente tutto», allora dobbiamo concludere éhe «(senza fare appello a poteri 5 Questo genere di lavori include il confronto condotto da Stephen Stich tra le intuizioni epistemiche di studenti universitari in Occidente e nei paesi asiatici. Si veda, ad esempio, S. Nichols, S. Stich eJ. Weinberg, Normativity and Epistemic Intuitions, in «Philosophical Topics», 29 (2001), pp. 429-460. 6 Si veda il capitolo 7 del presente volume, nonché Wittgenstein and Realism, in H. Putnam, Philosophy in an Age o/ Science. Physics, Mathematics, and Skepticism, a cura di M. De Caro e D. Macarthur, Cambridge (Mass.), Harvard University Press, 2012, cap. 22.

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INTRODUZIONE

mentali di tipo non naturale) s30 delle nostre nozioni normative (ricostruzioni che possono divergere per ragioni teoriche dalla pratica quotidiana, anche se la pratica rimane un vincolo importante per questo tipo di ricostruzioni), Putnam rivela una significativa influenza dei suoi maestri positivisti.

Antiessenzialismo. L' antiessenzialismo rispetto alla verità è una tesi ben nota grazie agli scritti di Rorty, così come I' antiessenzialismo rispetto al linguaggio lo è .grazie a quelli di Wittgenstein. Ma si riconosce troppo di rado come Putnam abbia esteso questa mossa wittgensteiniana e pragmatista a tutta una gamma di nozioni filosofiche centrali, incluse - in aggiunta a verità e linguaggio - le nozioni di significato, riferimento, conoscenza, ragione, oggettività e bontà morale. Le conseguenze di questo antiessenzialismo radicale hanno ramificazioni molto estese nel pensiero di Putnam. Questo aspetto del suo pensiero si manifesta con singolare frequenza, ogni volta che egli insiste a sottolineare che, rispetto agli argomenti filosofici che di volta in volta affronta, non vuole offrire «teorie». Ma questa considerazione diventa fuorviante se non si capisce che lobiettivo polemico di Putnam è la concezione tradizionale secondo la quale le teorie filosofiche si occupano di fenomeni fissi e sostanzialmente unitari. Il suo lavoro ci è allora di aiuto per comprendere il «terreno scabro» dei fenomeni, variegati e mai completamente esauribili, sui quali verte l'indagine filosofica 31 •

Putnam ha usato questa espressione in conversazione. Il riferimento è all'osservazione di Ludwig Wittgenstein: «Torniamo sul terreno scabro!» (L. Wittgenstein, Philosophical Investigations (1953 ), Oxford, Blackwell, 1958; trad. it. Ricerche filosofiche, Torino, Einaudi, 1967, § 107). 30

31

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INTRODUZIONE

Ad esempio, anche se Put~am accetta che il riferimento dei termini empirici abbia vincol! causali, al contrario di ciò che hanno pensato molti critici, Fgli nega di voler proporre una teoria del riferimento. Questo non significa che Putnam stia adottando una concezione «quietista» del ruolo della filosofia in quest'ambito. È più giusto pensare che intenda sostenere che il riferimento non ha essenza e perciò non esiste una singola cosa in cui consiste la relazione di riferimento, anche se vi è indubbiamente un singolo predicato «si riferisce» che usiamo in vari modi3 2 • Nel quadro alternativo tratteggiato da Putnam esiste una famiglia (ampliabile) di usi del termine «si riferisce», che sono diversi nei diversi casi, a seconda dell' «oggetto» in questione: riferirsi a tavoli e sedie è cosa diversa da riferirsi a numeri, e questo è a sua volta diverso da riferirsi a particelle subatomiche, e così via. L'importanza centrale di questa prospettiva radicalmente antiessenzialista emerge, però, più chiaramente se consideriamo che essa ha conseguenze per la stessa nozione di significato. Questo è un importante punto di consonanza tra il pensiero di Putnam e quello di Wittgenstein (ed anche di Austin)3 3 • Dal punto di vista di Putnam - un punto di vista le cui implicazioni radicali sono state largamente non comprese o ignorate (Charles Travis costituisce un'eccezione degna di nota)3 4 - non sono semplicemente le definizioni del dizionario e una costruzione ben strutturata a livello grammaticale a stabilire il significato di un enunciato composto di parole appartenenti alla lingua standard (anche se va ricordato che Putnam si preoccupa di rilevare che la conoscenza delle definizioni standard del dizionario è inderogabile sul piano linguistico per i parlanti competenti, che essa riguarda le singole parole e forma Ja base dell'importante campo della semantica lessicale).

32 Putnam segue Peirce nel concepire il riferimento come un predicato triadico: la persona P fa riferimento all'oggetto O attraverso il simbolo S. 33 Tra i maggiori filosofi, Putnam è uno dei pochi che continua a rivolgersi ad Austin per le sue intuizioni filosofiche. Un altro è Cavell, con il quale Putnam ha anche altri interessanti aspetti in comune in fatto di prospettive e obiettivi filosofici. Ad esempio, la definizione di Cavell della filosofia come «educazione degli adulti» è la definizione d'elezione per Putnam: si veda il capitolo 10 di questo volume. 34 Ch. Travis, The Uses o/ Sense, Oxford, Oxford University Press, 1989.

HILARY PUTNAM: UN POLIEDRICO ARTIGIANO DELLA FILOSOFIA

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La determinazione del significato, così come esso è impiegato da un parlante in una determinata situazione della vita reale - che per maggior chiarezza Putnam definisce il «senso» di una parola, in contrasto con il «significato» che si trova sul dizionario --.:, dipende da un gran numero di proprietà della situazione d'uso: chi sta parlando? A chi? Dopo cosa? In quali circostanze? Detto altrimenti, in sé gli enunciati non hanno un unico significato ben definito (o un'unica condizione di verità), ma uno spettro, indefinitamente estendibile, di sensi sensibili alla circostanza d'uso (o interpretazioni ragionevoli). Una conseguenza immediata di questa prospettiva è che il progetto di fornire una teoria del significato - nella misura in cui tale progetto presuppone un oggetto prefissato e unitario, che può essere trattato indipendentemente dalle complicazioni della pragmatica - è una fantasticheria (per ragioni analoghe, lo stesso può dirsi, ad esempio, per il progetto che si propone di analizzare il concetto di conoscenza in termini di condizioni necessarie e sufficienti). Un aspetto decisivo della riflessione recente di Putnam è stato quello di respingere il facile contestualismo che cerca di addomesticare questo approccio wittgensteiniano al significato ristabilendo l'idea di un oggetto prefissato e stabile (un significato semantico o una condizione di verità nucleari), sulla base dell'ipotesi che esista un insieme prefissato di parametri che variano a seconda dei contesti e che possono essere saturati in base alle esigenze35 • Il rifiuto da parte di Putnam di questa risposta canonica consiste nel· dimostrare, attraverso la disamina dettagliata di molti esempi, che un insieme prefissato di parametri di questo presunto genere in realtà non esiste. Gli aspetti di cui dobbiamo tenere conto, se vogliamo determinare cosa intendiamo per mezzo delle nostre parole nelle occasioni in cui le adoperiamo, sono variabili, aperti e indefinitamente ampliabili.

35 Questa è, ad esempio, la posizione di Michael Williams circa l'uso del termine «conoscenza». Si veda Skeptlcism and Occasion-Sensitive Semantics, in Putnam, Philosophy in an Age o/ Science, cit., cap. 30.

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INTRODUZIONE

,

Visione scientifica del md,ndo e tradizione umanistica. Il tentativo di superare la dicotfmia positivista tra fatto e valore e di riconciliare le immagin~ scientifiche del mondo con gli aspetti della nostra vita bollati come non cognitivi, da parte dei positivisti, o come di seconda classe, da parte di .Quine (ad esempio l'etica, l'estetica, la religione, l'intenzionalità) fa di Putnam un erede di alcuni degli insegnamenti essenziali del pragmatismo classico. Putnam ha pubblicato di recente dei lavori su questi temi, per questo motivo qui ci soffermeremo solo brevemente su di essi3 6• Varrà la pena, tuttavia, di rimarcare un punto. La negazione da parte di Putnam dell'idea secondo cui esisterebbe una descrizione unica e completa del mondo, formulabile in qualche vocabolario privilegiato da un punto di vista metafisico (il linguaggio delle scienze naturali, per dirne uno), riflette la sua predilezione per il pluralismo concettuale. Ad esempio, una sedia può essere descritta in modo utile e veritiero nei linguaggi della fisica, della falegnameria, del design di arredi o delle convenzioni sociali senza che questi vocabolari siano riducibili a un qualche vocabolario privilegiato o fondamentale. Riguardo alla questione del rapporto fatto/valore, una delle intuizioni più importanti da parte di Putnam è stata di rilevare che una volta che si sia assunto un atteggiamento soggettivista nei confronti dei valori morali (ovvero una volta concesso che di quei valori non sia legittimo parlare in termini di verità e di giustificazione)3 7, allora, coerentemente, si dovrebbe assumere un analogo atteggiamento soggettivista anche nei confronti dei valori cognitivi, come la coerenza, la ragionevolezza, la semplicità e così via. E tuttavia i valori cognitivi sono presupposti dalla ragione in ambiti cui il metafisico non guarda affatto con sospetto come la scienza, I'epistemologia e la logica. Pertanto, se tutti i valori fossero soggettivi, allora dovrebbero esserlo anche tutti i «fatti». In questo modo Putnam pone i suoi avversari metafisici

36 H. Putnam, The Collapse of the Fact!Value Dichotomy and Other Essays, Cambridge (Mass.), Harvard University Press, 2002; trad. it. Fatto/ valore: fine di una dicotomia e altri saggi, Roma, Fazi, 2004; e Putnam, Ethics without Ontology, cit.; trad. it. Etica senza ontologia, cit. 37 Come spiega Putnam, questa tesi è normalmente sostenuta su basi metafisiche discutibili.

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di fronte ad un difficile dilemma: o essi ammettono la sua tesi, oppure devono trattare come non cognitivi anche ambiti che invece sono paradigmaticamente considerati come cognitivi. Questa seconda opzione, tuttavia, pare insostenibile, perché presuppone che non esistano forme del discorso a carattere cognitivo o che possano essere vere o giustificate. Questo volume presenta i più recenti contributi di Putnam a un progetto nel quale è impegnato da lungo tempo: quello di rispettare profondamente la scienza, ma senza arrivare a farne un idolo e senza imporre modalità scientifiche (o matematiche, o logiche) di ragionamento o chiarezza o conoscenza l! tutti gli ambiti della nostra esistenza. Il volume include anche le più ampie riflessioni di Putnam sulle teorie fisiche contemporanee, come anche su questioni più astratte che attengono al ruolo interpretativo cruciale che la filosofia gioca nelle scienze. Lungo tutta la sua produzione, una preoccupazione decisiva per Putnam è stata quella di difendere la cruciale importanza della filosofia per le scienze, in polemica con la nefasta influenza esercitata da scienziati, anche eminenti, che spesso assumono un atteggiamento svalutativo verso la filosofia 38 • Un altro aspetto chiave del pensiero putnamiano è nella sua insistenza sull'indispensabilità della filosofia nella società moderna: ovvero in un'epoca di specializzazione accademica che spesso smarrisce il contatto con gli interessi culturali più ampi, che per le persone riflessive hanno sempre rappresentato una delle motivazioni principali ad interessarsi del pensiero filosofico. Il passaggio dal naturalismo scientifico al naturalismo liberalizzato. I primi saggi di Putnam mostravano un'adesione al realismo scientifico che persiste ancora oggi (un tema su cui diremo qualcosa in più tra breve); ma rivelavano anche l'adesione a una forma di naturalismo scientifico che oggi Putnam rifiuta. In un saggio del 1958 intitolato Unity o/ Science as a Working

38 Ad esempio, in un articolo su un quotidiano, Steven Weinberg riferisce che Richard Feynman - riecheggiando la battuta di Barnett Newman sull'estetica - avrebbe detto: «La filosofia della scienza è per gli scienziati ciò che l'ornitologia è per gli uccelli» (D. Overbye, Laws o/ Nature, Source Unknown, in «The New York Times», 18 dicembre 2007).

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Hypothesis (scritto assieme ;à Paul Oppenheim)3 9 , Putnam avanzò la famosa ipotesi sec~do cui tutte le scienze possono essere ridotte al linguaggio d~lla fisica. Ma poco tempo dopo, e dunque per parecchi decenni, Putnam è divenuto un critico convinto del naturalismo scientifico, o scientistico, nelle sue varie espressioni, quali il progetto di naturalizzazione della ragione o dell'intenzionalità e l'imposizione, degna di Procuste, di modelli di razionalità scientifica o matematica a tutti i livelli. La tendenza del naturalismo scientifico ad attaccare la normatività negandone la rilevanza, oppure tentandone la riduzione o l'eliminazione, ha portato Putnam a scrivere che «lo scientismo è ( ... ) una delle tendenze intellettuali contemporanee più pericolose»40 • Questo volume costituisce la più chiara e piena espressione dell'adesione di Putnam ad uri naturalismo liberalizzato che contrasta la tendenza riduzionistica o acriticamente scientistica che spesso trova espressione sotto la bandiera del termine «naturalismo»41. Il naturalismo liberalizzato si oppone al naturalismo scientifico, e specialmente a quelle forme ristrette o riduttive che riconoscono legittimità ed irriducibilità solo alle scienze naturali (o talora solo alla fisica): il naturalismo liberalizzato riconosce infatti la possibilità concettuale di forme di comprensione e di conoscenza non scientifiche. E tuttavia anche a questa concezione può essere a buon diritto attribuito il titolo di naturalismo: essa infatti rifiuta recisamente tutte le forme di soprannaturalismo e, tra le sue motivazioni fondamentali c'è quella di prendere seriamente le scienze (comprese le scienze 39 H. Putnam e P. Oppenheim, Unity of Science as a Working Hypothesis, in H. Feigl, M. Scriven e G. Maxwell (a cura di), Concepts, Theories and the Mind-Body Problem, in «Minnesota Studies in the Philosophy of Science», vol. 2, Minneapolis, University of Minnesota Press, 1958, pp. 3-36. 40 H. Putnam, Why There Isn't a Ready-Made World, in Id., Philosophical Papers, vol. 3, cit., p. 211. Il termine «scientismo», come lo usa Putnam, denota una concezione filosofica a suo giudizio criticabile, ovvero che la scienza possa spiegare tutto ciò che c'è da spiegare, ma questa critica non presuppone affatto (come invece spesso accade in Italia) che si possano accettare credenze incompatibili con la visione scientifica del mondo. 41 Per chiarimenti e interventi relativi alle prospettive filosofiche del naturalismo liberalizzato, si vedano le due raccolte edite da M. De Caro e D. Macarthur: Naturalism in Question, Cambridge (Mass.), Harvard University Press, 2004; trad. it. La mente e la natura. Per un naturalismo liberalizzato, Roma, Fazi, 2005; e Naturalism and Normativity, New York, Columbia University Press, 2010.

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sociali) - il che, peraltro, secondo Putnam richiede una solida familiarità con i metodi ed i risultati dell'attività scientifica contemporanea, come ad esempio la meccanica quantistica42 • A parere di Putnam, le forme di comprensione morale, estetica o religiosa hanno carattere non scientifico, perché questi ambiti non sono coinvolti nell'attività di predizione e controllo basata sull'individuazione nel mondo di modelli causali o leggi naturali. Queste forme di comprensione fanno anche riferimento in modo ineliminabile a un punto di vista soggettivo o proprio dell'agente, del quale non è in vista alcun plausibile resoconto scientifico. Un possibile slogan per la posizione di Putnam potrebbe essere: realismo scientifico senza imperialismo scientifico. Il naturalismo liberalizzato lascia anche aperta la possibilità di un'ontologia ad un tempo non soprannaturale e di carattere non scientifico, come per esempio nel caso dei «valori» o degli «oggetti astratti» della matematica. Molti pensano peraltro che Putnam sia impegnato ontologicamente nei confronti di queste «entità», in virtù della sua nota simpatia per l'argomento di indispensabilità di Quine (il cui ragionamento conduce dalla indispensabilità della matematica nelle scienze fisiche ad una interpretazione realista della matematica). Il realismo filosofico può però essere interpretato in almeno due modi significativamente diversi: 1) in senso ontologico, ossia come l'impegno verso lesistenza di un dominio di «oggetti» che rappresentano i referenti per i termini logicamente irreggimentati del discorso (questa è l'interpretazione di Quine), oppure 2) in senso semantico, come un impegno verso l'esistenza di verità genuine in un determinato ambito (per esempio quello matematico o quello etico), senza che ciò impegni automaticamente nei confronti dell'esistenza di corrispondenti «oggetti intangibili» (e questa è l'interpretazione di Putnam). Come è diventato chiaro nei suoi lavori recenti, inclusi alcuni di quelli presenti in questo volume, Putnam non pensa che l'oggettività della matematica e dell'etica (per prendere i suoi due esempi originari) richieda, per ciascuno di questi ambiti del pensiero e del discorso, l'introduzione di un dominio speciale di «oggetti» si.Ii quali essi vertono 43 • Per stabilire e Si vedano i capitoli 2-4 di questo volume. Si veda in particolare Putnam, Ethics without Ontology, cit.; trad. it. Etica senza ontologia, cit. 42

43

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INTRODUZIONE

giustificare le pretese di verit'.à dei discorsi razionali in questi ambiti è sufficiente che essf implichino pratiche normative loro proprie (anche se naturdlmente non è facile dire che cosa significhi «pensare correttamente» in un ambito come l'etica). Un altro aspetto importante del naturalismo liberalizzato di Putnam sta nella sua difesa di un atteggiamento realistico nei riguardi delle scienze stesse: egli invita, cioè, i filosofi ad adottare un'attitudine di fondo di tipo pratico rispetto alla evidente pluralità e disunità delle scienze (incluse le scienze sociali e umane), piuttosto che accontentarsi di una speculazione, fatta largamente a tavolino, su ciò che le scienze sono o devono essere. Ancora una volta, il compito di Putnam in proposito è consistito in gran parte nel tentativo di superare l'eredità metafisica nascosta degli atteggiamenti positivisti verso la scienza, come il riduzionismo, l' antirealismo e il monismo. La filosofia nell'età della scienza La dimensione teorica. Una delle intuizioni decisive di Wittgenstein è che tipicamente (anche se spesso inconsapevolmente) noi pensiamo ai fenomeni complessi del mondo - quali le persone, la scienza, il linguaggio, la politica, l'arte e la religione - rapportandoli ad immagini o modelli schematici. Questa idea può essere applicata allo stesso Putnam, osservando che molti dei suoi contributi di ieri e di oggi possono essere considerati come una risposta all'immagine secondo cui le scienze ci fornirebbero una concezione del mondo assoluta e indipendente dai giudizi di valore - un insieme di «oggetti» consacrati sul piano metafisico - così da garantire nozioni privilegiate di verità e riferimento. E questa descrizione può anche essere arricchita, immaginando che questi «oggetti» entrino in contatto con la mente a livello causale, non cognitivo. Molte delle idee .di Putnam possono essere lette come critica dell'idea che una tale proposta possa essere presa alla lettera (ad esempio, interpretandola come una metafisica che, ispirandosi alla scienza, ci dice una volta per tutte come stanno le cose). Il titolo di questo volume, La fi'loso/ia nell'età della scienza, è in questo senso molto appropriato. Per questo titolo, però, ci sono anche altre due ragioni. Una è il naturalismo liberalizzato esaminato in precedenza. Un'altra

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è la consapevolezza del fatto che oggi la sfida principale che la filosofia (intesa come forma di indagine relativamente autonoma) si trova ad affrontare è quella di spiegare il ruolo che essa può svolgere alla luce dei grandi successi della scienza moderna e della società dei consumi basata sulla tecnologia che la scienza ha reso possibile. I positivisti logici ritenevano che la filosofia fosse essenzialmente filosofia della logica del discorso scientifico. Putnam ha della filosofia un'idea più complessa e meno restrittiva, che ne coglie gli aspetti di sovrapposizione con le scienze, ma legittima anche l'esistenza di ambiti, come le sue dimensioni interpretative e critiche, in virtù dei quali la filosofia si differenzia dalle scienze. Inoltre, in aggiunta alla dimensione teorica, Putnam riconosce alla filosofia anche una dimensione morale. D'altra parte, la rilevanza che per la filosofia hanno la scienza e le discussioni sulla scienza può essere compresa anche guardando al ruolo fondamentale che esse giocano nelle discussioni concernenti tanto le dimensioni teoriche quanto quelle pratiche dell'esistenza. Da una ricognizione dei temi cari a Putnam - un approccio artigianale alla filosofia; un'epistemologia fallibilistica e antiscettica; il pluralismo concettuale; la relatività concettuale; il realismo diretto in filosofia della percezione (che è parte di un più vasto realismo del senso comune); l'interdipendenza di fatti e valori e di fatti e convenzioni; la conciliazione della (filosofia della) scienza e dell'etica, incluso il tentativo di rendere giustizia al mondo della vita quotidiana; un naturalismo liberalizzato, e così via - è difficile sfuggire alla conclusione che Putnam vada considerato a buon diritto uno dei due padri fondatori del neopragmatismo. L'altro è Richard Rorty. L'accesa discussione tra Putnam e Rorty44 , soprattutto rispetto al modo corretto di concepire la dimensione normativa della verità e della giustificazione (nonché la loro connessione), non dovrebbe oscurare la grande importanza dei loro sforzi congiunti per articolare e rinverdire una forma di pragmatismo appropriata alla nostra epoca; un pragmatismo, cioè, che abbia la forza di assimilare 44 Si veda ad esempio H. Putnam, Richard Rorty on Reality and Justi/ication, e R. Rorty, Reply to Putnam, in R. Brandom (a cura di), Rorty and His Critics, Oxford, Blackwell, 2000, pp. 81-87 e 87-89. Anche H. Putnam, Realism with a Human Pace, in Id., Realism with a Human Pace, cit., pp. 3-29 (trad. it. Realismo dal volto umano, cit., pp. 105-139) e R. Rorty, Putnam and the Relativist Menace, in , 90 (1993), 9, pp. 443-461.

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