La dottrina delle visioni del mondo [PDF]

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Università di Catania Dipartimento di Scienze Storiche Antropologìche Geografiche Centro di Studi per la Storia della Filosofia in Sicilia Saggi e Testi _ 14 _

PUBBLICAZIONI DEL CENTRO DI STUDI PER LA STORIA DELLA FILOSOFIA IN SICILIA

Direttore: coiumno DOLLO

1. COSMO GUASTELLA, Saggi sulla teoria della conoscenza, volume pri-

mo, tomo primo: Sui limiti e l'oggetto della conoscenza a piiowi, con introduzione e a cura di C. Dollo, Padova, Cedam, 1972, pp. LXXII-352 (esaurito). 2. COSMO GUASTELLA, Saggi sulla teoria della conoscenza, volume primo, tomo secondo: Filosofia della metafisica. Parte prima - La Causa efficiente, con introduzione e a cura di C. Dollo, Padova, Cedam, 1973, pp. LXXXVI-710 (esaurito). 3. CORRADO DOLLO, Filosofia e scienze in Sicilia, Padova, Cedam, 1979, pp. 461.

4. GIANCARLO MAGNANO sAN Lio, Individualità e ragione in Max Horkheimer, Catania, Ed. del Centro, 1992, pp. 321. 5. GIUSEPPE BENTIVEGNA, Filosofia e teologia morale in G. A. De Cosmi, Catania, Ed. del Centro, 1992, pp. 86. 6. Filosofia e Scienze nella Sicilia dei Secolo XVI e XVII- Vol. I - Le Idee - Relazioni di G. C-iarrizzo, A. Brigaglia, C. Micheli, S. Moscheo, F.

Trevisani, O. Trabucco, A. Ottaviani, C. Dollo, D. Bertoloni Meli, U. Baldini, S. Burgio. A cura di C. Dollo, Catania, Ed. del Centro, 1996, pp. 252. 7. Filosofia e Scienze nella Sicilia dei Secoli XVI e XVII - Vol. Il - I testi Marco Antonio Alaymo, Consigli Politico-Medici. Introduzione e cura di C. Dollo, Catania, Ed. del Centro, 1996, pp. 258.

8. cRH1sT1AN voN Ei›11tENrELs, Argomenmziom' metafisiche in nferimenw a Emil Du Bois-Reymond, introduzione, traduzione e note di G. Magnano San Lio, Catania, Ed. del Centro, 1996, pp. 96. 9. EMERICO AMARI, Critica e sto-ria di una scienza delle legislazioni comparate - Libro II: Della Storia (1854-56); inedito a cura di G. Bentìvegna, Catania, Ed. del Centro, 1996, pp. 196.

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10. G1ovAN BATTISTA HQDIERNA, Atmanacho delle grandezze del Mondo sensibile nel quale anco si spiegano gli Ornamenti del Cielo e della Terra, introduzione e cura di C. Dollo, Catania, Ed. del Centro, 1997, pp. 106.

11. Giustina B1¬:NTivizcNA, Saggi per la storia della filosofia nella Sicilia dell'Ottocento' scienze dell'umanità e ideologia in Benedetto Castiglia, Catania, Ed. del Centro, 1997, pp. 47.

12. GIUSEPPE BENTIVEGNA, Saggi per la storia della filosofia nella Sicilia dell'Ottocento: utilitaiismo e cattolicesimo in Vito D'Ondes Reggio, S. Maria di Licodia, Edizioni Aesse, 1997, pp. 144.

13. WILHELM DILTHEY, Il movimento poetico efilosofico in Germania tra il 1770 ed il 180(Z introduzione, traduzione e note di Giancarlo Magnano San Lio, S. Maria di Licodia, Edizioni Aesse, 1997, pp. 56. 14. WILHELM DILTHEY, La dottrina delle visioni del mondo. Trattati perla filosofia della filosoƒia, introduzione, traduzione e note di Giancarlo Magnano San Lio, S. Maria di Licodia, Edizioni Acsse, 1997, pp.

432.

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Wilhelm Dilthey

LA DOTTRINA DELLE VISIONI DEL MONDO TRATTATI PER LA FILOSOFIA DELLA FILOSOFIA

introduzione, traduzione e note di

Giancarlo Magnano San Lio

© Edizioni Aesse, 1997

© Giancarlo Magnano San Lio, 1997

INTRODUZIONE

STORICITÀ E FONDAZIONE IN DILTHEY

Dilthey si occupò delle visioni del mondo e della filosofia della flosofia soprattutto alla fine del proprio percorso intellettuale, benché non mancassero anche in precedenza specifici rimandi a tali questionil. Gli interessi diltheyani spaziarono in una prospettiva assai ampia che rende certamente limitativo inquadrare l'autore entro coordinate filosofiche tradizionali e rigidamente delimitate: tale situazione risulta evidente dalle opere già edite, che tematizzano questioni religiose, estetiche, etiche, pedagogiche, gnoseologiche, psicologiche, in una parola filosofiche nel senso più ampio, ed è ancor meglio comprensibile se si guarda alla ricchezza, argomentativa prima che meramente quantitativa, del Nachlaß diltheyanoz. Tale situazione ha fatto sì che il procedere de]l'opera diltheyana non fosse sempre lineare e unidirezionale, caratterizzandosi, al contrario, per Yintrecciarsi ed il sovrapporsi, al suo interno, di questioni quantomai articolate e diversificate. Ne]l'ambito di una parabola intellettuale tanto complessa ed articolata è ovvio che ci siano state delle argomentazioni che l'autore e, poi, i suoi interpreti, hanno riconosciuto come fondamentali: infatti, a]l'interno della filosofia diltheyana e della critica che intorno ad essa si è esercitata si sono evidenziati due grandi punti di aggregazione tematica, riscontrabili il primo nella problematizzazione autonoma delle Geisteswissenschaften e l'altro nel tentativo di una fondazione psicologica delle stesse. Inoltre, la questione ermeneutica suscitata dal filosofo di Biebrich ha stimolato non poco, specie di recente, l'interesse della critica storico-filosofica. Il primo nucleo di indagine analitica, nell'opera diltheyana, è stato riconosciuto nel tentativo di fondare l'autonomia gnoseologica delle Geisteswissenschaften, anche rispetto all'ipotesi 7

riduzionistica sostenuta dalla dilagante cultura positivistica: esso ha preso forma soprattutto nella Einleitung in die Geisteswissenschaftens, negli anni '80 del secolo scorso, e su di esso si è poi concentrata una rilevante parte dell'attenzione critica degli interpreti de]l'opera diltheyana4. L'altro ambito d'interessi della filosofia diltheyana, sviluppatosi negli anni '90 e racchiuso nelle opere che fanno capo alle Ideen über eine beschreibende und zergliedernde Psychologieä,

concerne il tentativo di pervenire ad una fondazione psicologica delle scienze dello spirito, insieme alla necessità di procedere ad una nuova tematizzazione dei metodi e degli strumenti

della ancor giovane scienza psicologicae. L'ambito della fondazione gnoseologica delle Geisteswissenschaflen e quello, con esso direttamente connesso, della necessità di una nuova autonoma esplicitazione della psicologia rispetto alle ipotesi esplicativo-causali delle Naturwissenschaften hanno certamente costituito non solo due grandi centri d'interesse dell'analisi diltheyana ma, anche, una non trascurabile fonte per le discussioni che hanno percorso, con modalità e sviluppi diversificati, l'intera filosofia del Novecento: ad essi sono stati dedicati, non senza ragione, le maggiori attenzioni degli interpreti dell'opera diltheyana. Il volume che raccoglie gli scritti diltheyani intorno alla Weltanschauungslehre ed alla Philosophie der Philosophie7, che di seguito presentiamo nella traduzione italiana, ci è parso

particolarmente interessante perché può rappresentare, se non dal punto di vista strettamente temporale certamente a livello di contenuti, una prospettiva di lettura a.ll'interno della quale sembrano raccogliersi le linee fondamentali lungo le quali si sono sviluppate le più importanti questioni diltheyane. In particolare, le dottrine esposte in tali pagine, offrono la possibilità di inquadrare in una prospettiva in qualche modo unitaria, anche se, tuttavia, non sistematica, l'interesse di Dilthey per il sapere storico, concretizzatosi nelle notevoli analisi di importanti segmenti di storia filosofica affidate a diverse sue considerevoli operes, e quello, in un certo senso più teoretico, in direzione della fondazione gnoseologica delle scienze umane, cui egli dedicò numerose ed ormai celebri pagine9. Tali interessi, 8

che hanno segnato in modo pregnante l'intera parabola speculativa diltheyana, ora procedendo parallelamente, ora intersecandosi fino a sovrapporsi, sembrano ricomporsi, in qualche misura, proprio nella Weltanschauungslehre e nella Philosophie der Philosophie.

Non è però possibile, se non altro perché ciò starebbe in stridente contrasto con l'intenzione filosofica autentica di Dilthey, considerare le ultime importanti dottrine, alle quali qui facciamo riferimento, come la codificazione sistematica della speculazione diltheyana; ma, nonostante ciò, rimane evidente che esse rappresentano l'ultimo grande tentativo dell'autore di pervenire ad unintegrazione, non sempre consapevolmente tematizzata, della prospettiva storico-filosofica della sua ricerca e delle motivazioni gnoseologico-teoretiche che l'hanno, in qualche modo, caratterizzata. La lettura delle pagine raccolte da Groethuysen nell'ottavo volume delle Gesammelte Schriƒl ten diltheyane, sebbene esse siano talvolta viziate da un certa frammentarietà e da qualche punto oscurow, forse perché non erano ancora del tutto approntate, da Dilthey, per la pubblicazione, risulta interessante proprio perché rende possibile, al di là di ogni schema sistematico, rintracciare in esse la confluenza della tematizzazione storico-filosofica e di quella gnoseologica, che sono, entrambe, componenti essenziali dell'opera diltheyana e devono, quindi, necessariamente essere considerate nella loro costitutiva interconnessione: solo tale prospettiva di lettura critica rende possibile una visione organica dell'intero, vasto ed articolato Denkweg diltheyano, al di là di ogni

tentativo di far risaltare, al suo interno, l'una o l'altra tematica a discapito delle rimanenti. In altri termini, nonostante l'indubbia complessità (legata anche ad aspetti, per così dire, quantitativi, dal momento che Dilthey non soltanto fu scrittore assai fecondo, ma, anche, concepì le proprie opere sempre in modo assai sofferto, riscrivendo innumerevoli volte, come risulta dal copioso Nachlaß, le stesse pagine) delle argomentazioni diltheyane, che spinge, necessariamente, l'interprete a soffermarsi su parti specifiche delle stesse, ci sembra fondamentale rileggere il percorso speculativo del filosofo di Biebrich a partire dalle ultime dottrine, che possono costituire il punto di par9

tenza per una ricomposizione, sebbene problematica piuttosto che sistematica, delle principali argomentazioni che ne hanno segnato il lungo cammino intellettuale. Le ultime importanti dottrine diltheyane, affidate per lo più agli scritti poi raccolti nell”ottavo volume delle Gesammelte Schriflen, rappresentano il punto di arrivo problematico delle tematiche fondamentali che hanno segnato il percorso intellettuale di Dilthey fin dalla sua complessa formazione, in un'epoca attraversata da grandi movimenti culturaliu. L'interesse religioso, che ebbe notevole importanza per la

formazione della Weltanschauungslehre, fu presente in modo costante per tutto il procedere dell'attività di Dilthey, anche se egli si spostò, ben presto, da una considerazione pratica della vita religiosa ad un'attenzione specifica per la lettura storica dei fenomeni religiosi nel più ampio ambito dell'esperienza umana complessivalz. Tale interesse per la religione ebbe, indubbiamente, un'in1portanza rilevante in ordine alla formazio-

ne della Weltanschauungslehre: non a caso nella tipologia delle visioni del mondo Dilthey assegnò un posto significativo proprio all'esperienza maturata in ambito religiosol . Analoga attenzione venne riservata, costantemente, da Dilthey allesperienza estetica, vissuta in modo significativo sul piano personale ma, anche, considerata come un elemento fondamentale che porta alla creazione di una vera e propria Weltanschauung e attorno al quale si sviluppa, nella storia, un importante segmento del sapere intorno all'uomo. L'esperienza personaleu venne, anche qui, accompagnata da un interesse per il fenomeno storico dell'esperienza artistica nelle sue diverse formelã, e non ci sembra casuale che Dilthey dedicasse la sua Antríttsvorlesung all'Università di Basilea proprio ad una trattazione comparata dell'esperienza poetica e di quella filosofica nella Germania di fine Settecentols. Esperienza religiosa e considerazione estetica affiancarono sempre, nella convinzione diltheyana, la filosofia come capacità dell'uomo di costituire delle Weltanschauungen storiche, che si sviluppano proprio in questi tre ambiti disciplìnariw.

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La filosoña veniva considerata, secondo Pinsegnamento di Trendelenburg, in chiave essenzialmente storica, al di là della costruzione sistematica, che aveva trovato la massima espressione nel sistema hegelianols. La storicizzazione della filosofia e, più in generale, di tutte le forme del sapere intorno all'uom0 divenne per Dilthey fondamentale e giocò un ruolo determinante nella formulazione e nell'articolazione della Weltanschauungslehre e della Philosophie der Philosophie: le creazioni dell'uomo sono sempre riconducibili alle condizioni storiche che le hanno generate, anche se proprio la convinzione dell'esistenza di alcune coordinate comuni nell'ambito delle diverse visioni del mondo portò Dilthey alla formulazione, ottenuta per via comparativa, di una tipologia delle Weltanschauungen che si sono succedute nel corso della storia, così da evitare i possibili esiti relativistici. L'elaborazione di una teoria delle visioni del mondo rispondeva, da un lato, all'interesse storico di Dilthey, incoraggiato dallinsegnamento di Trendelenburg ed ulteriormente alimentato dal contatto con alcuni esponenti della 'Scuola storica', che egli conobbe negli anni della formazione a Berlino, e, dall'altro, dalle motivazioni gnoseologiche che gli venivano dalla ripresa (in quegli anni particolarmente vigorosa) del kantismo e, anche, dalla necessità di venir fuori dal riduzionismo gnoseologico del positivismo, che non rendeva giustizia alle scienze umane. Dalla 'Scuola storica' Dilthey riprese l'esigenza di una storicizzazione del sapere che tenesse conto dell'individualità e

della particolarità delle creazioni dell'uomo nella storia, a fronte del dilagante modello esplicativo-causale delle scienze della natura, sostenuto dal positivismo e teso a ignorare la specificità delle scienze umane come pure la rilevanza, in esse, della dimensione individualelg. Ma, al di là dell'esigenza di storicizzazione degli eventi, Dilthey riconosceva l'incapacità degli esponenti della 'Scuola storica' di operare una fondazione rigorosa delle Geisteswissenschaften che ne salvaguardasse la dignità scientifica in una prospettiva che fosse altra rispetto a quella delle Naturwissenschafien:

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«E in simile incertezza quanto ai fondamenti delle scienze dello spirito gli studiosi ora si restrinsero alla semplice descrizione, ora s'accontentarono di una interpretazione ingegnosa ma soggettiva, ora tornarono a gettarsi nelle braccia d'una metafisica che, a chi Faccoglie in buona fede, promette principi capaci di trasformare la vita pratica››2°.

La formazione sostanzialmente kantiana spingeva Dilthey in direzione di una rigorosa riflessione gnoseologica che doveva andare oltre le istanze individualizzanti (ma, tuttavia, non ancora in grado di assicurare una fondazione delle scienze umane) della 'Scuola storica'. L'istanza fondativa, di esplicita deri-

vazione kantiana, era, in Dilthey, continuamente alimentata dal confronto con le correnti neokantiane a quel tempo dominanti, specie in ambito accademicom. L'esigenza era quella di recuperare il rigoroso criticismo kantiano, dopo le degenerazioni teoretiche dei sistemi idealistici22. Dilthey muoveva dal riconoscimento dell'importanza del tentativo kantiano di stabilire una solida fondazione gnoseologica, ma intendeva superare l'astoricità del discorso kantiano in direzione di una critica della ragione storicazg, in grado, quindi, di unire all'istanza gnoseologica quella in ordine alla storicizzazione del sapere ed alla fondazione, in tale prospettiva, delle scienze umaneu. L'istanza fondativa di derivazione kantiana si compenetrava, qui, con l'esigenza di una storicizzazione del sapere, che risentiva degli insegnamenti di Trendelenburg e degli influssi degli esponenti della “Scuola storica', e di una considerazione più specifica delle scienze umane, che cercava di far fronte all'assolutizzazione positivistica del modello gnoseologico delle Naturwissenschaƒìenzs. Il rapporto con il positivismo si innestava nella già complessa evoluzione dell'opera diltheyana: si trattava, d'altronde, di un confronto inevitabile per chi, come Dilthey, pur subendo in qualche misura le suggestioni delle istanze positivistiche in direzione della necessità di un sapere rigorosamente scientifico, cercava uno spazio autonomo per le diverse esigenze delle Geisteswissenschaflfen rispetto a quelle delle Naturwissenschaflenas. Dilthey, infatti, da un lato vedeva nellancoraggio positivistico al 12

dato empirico un valido strumento per sfuggire alle capziosità dei sistemi idealistici (ed alla filosofia della storia che li caratterizzava) ma, dall'altro, era ben cosciente dei rischi legati alPassolutizzazione del metodo esplicativo-causale, che certamente finiva per snaturare ogni possibilità di conoscenza specifica del dato storico (e la sociologia positivistica, come sapere totalizzante, era, per Dilthey, un chiaro esempio di tale stato di cose)27.

La dottrina delle visioni del mondo sembra in qualche modo raccogliere queste diverse ed eterogenee istanze della speculazione diltheyana, cercando di coniugare la necessità di una fondazione scientifica delle scienze umane con la loro irriducibilità entro la dimensione esplicativo-quantitativa del modello uniformante delle scienze della natura: si trattava, in altri termini, di riconoscere la dimensione individualizzante del mondo storico fornendola di una solida fondazione in grado di evitare i possibili esiti relativistici senza, però, riproporre improbabili sistematiche di tipo metafisico. Un tentativo, dunque, assai problematico, di trovare un punto di equilibrio tra storicità e fondazione del sapere intorno all'uomo: equilibrio che non

viene certamente raggiunto in una qualche formula definitiva, ma che viene problematizzato, in modo antidogmatico, nell'opera diltheyana, all'interno della quale tale dottrina delle visioni del mondo rappresenta, appunto, un importante momento di riunificazione problematica delle diverse istanze fon-

damentali. Negli anni '80 Dilthey aveva tentato, soprattutto nel primo libro della Einleitung, di giungere ad una chiara delimitazione delle Geisteswissenschaften rispetto alle Naturwissenschaften, evidenziando laZtparticolarità, oggettuale e metodologica, di tali scienze umane ; il problema della fondazione delle scienze umane, proprio a causa della diflicoltà di mediare istanza scientifico-fondativa e considerazione storico-individuale, non veniva però risolto in quella sede, tanto che Dilthey continuò a lavorarvi fino alla fine della sua vita”. Negli anni '90, in una serie di opere che trovano la loro più compiuta espressione nelle Ideen e si sviluppano intorno ad essa, Dilthey tentò di pervenire alla fondazione delle Geisteswis13

senschaflen a partire da una nuova psicologia analitica e descrittivaao. Ma, anche qui, restava difficile, per Dilthey, trovare quel punto di equilibrio tra la fondazione gnoseologica delle scienze umane e la loro considerazione nella dimensione, costitutiva, storico-individualizzante. In particolare, restava difiìcile tematizzare la scientificità di un ambito di sapere fondato sull'Erlebnis, che restava per lo più affidato ad una dimensione interiore mai perfettamente esplicitabile e, dunque, difficilmente trasponibile su un piano di oggettività che ne rendesse possibile una conoscenza in qualche modo scientificasl. La nuova psicologia analitico-descrittiva da un lato, come metodo di studio dei fattori psicologici, tralasciava il modello di spiegazione fondato sull”esplicazione causale, d'altro lato, però, non era in grado di fondare in modo scientifico le Geisteswissenschaften.

A tale stato di cose (del quale Dilthey era ben cosciente) si aggiunse, inoltre, la ben nota polemica con Ebbinghaus, che convinse ancor più il filosofo di Biebrich dell'effettiva impraticabilità della strada intrapresa con il tentativo di fondazione psicologica in chiave analitico-descrittivasz. La critica di Ebbinghaus non faceva altro che evidenziare le difficoltà, in ordine alla fondazione gnoseologica delle scienze dello spirito per mezzo della psicologia analitica e descrittiva, di cui Dilthey era già ben cosciente. Sostanzialmente, crollava l'idea, centrale nell'economia dell'impostazione del discorso fondativo diltheyano, di poter edificare un gruppo di scienze sulla sola esperienza interna, che, sostanzialmente, non sembrava indagabile con sufficiente oggettività e rigore scientifico33. Il procedimento analitico-descrittivo riferito all'Erlebnis non era in grado di assicurare l'oggettività necessaria ad ogni forma di conoscenza scientifica. Così Dilthey andò tralasciando, nella seconda metà degli

anni '90, il tentativo di fondazione psicologica delle scienze dello spirito operato nel periodo precedente, cercando di percorrere una via diversa che, pur mantenendo la differenziazione tra Geisteswissenschaften e Naturwissenschaften, rendesse possibile una più rigorosa fondazione delle scienze umane. E proprio in tale mutamento di prospettiva si fece strada, con più 14

decisione, la Weltanschauungslehre, destinata ad assumere un'importanza centrale nell'ambito della filosofia diltheyana dell'ultimo periodo. Ad incrementare Pinsicurezza diltheyana a proposito della fondazione in chiave psicologica era intervenuta, tra l'altro, la ben nota polemica con Windelband a proposito della distinzione tra Geisteswissenschaften e Naturwissenschaftenal; inoltre, Windelband riconduceva la psicologia, per il suo metodo esplicativo, alle scienze della natura, vanificando alla base, così, il tentativo di fondazione diltheyano basato proprio sulla distinzione oggettuale tra Naturwissenschaflen e Geisteswissenschaften e sul riferimento di queste ultime alla psicologia analitico-descrittiva. Le polemiche con Ebbinghaus e con Windelband accentuarono l'insoddisfazione di Dilthey rispetto alle convinzioni psicologico-fondative sviluppate intorno alle Ideengô. A partire dalla seconda metà degli anni '90 egli si orientò, progressivamente, verso un'interpretazione del sapere intorno all'uomo basata sullindagine ermeneutica a partire dalle oggettivazioni stori-

che. L'Erlebnis, come esperienza vissuta attraverso la quale

comprendere il mondo umano, era stato posto da Dilthey, come elemento caratterizzante le Geisteswissenschaften, in opposizione alla causalità esplicativa propria delle Naturwissenschaftense. Dopo le incertezze e le polemiche legate alle Ideen, per cercare di superare la soggettività cui rimaneva legato l'Erlebnis e che rendeva problematica la fondazione scientifica delle scienze dello spirito, Dilthey sposto l'attenzione dal nesso Erlebnis-Verstehen, come fondamento gnoseologico del mondo spirituale, a quello Erlebnis-Ausdruck-Verstehen, dove proprio l'Ausdruck sembrava, in qualche modo, rendere meno problematica la fondazione oggettiva delle Geisteswissensclzaflenw. Dilthey aveva tentato, fin dalla Einleitung, di dare fondazione autonoma alle Geisteswissenschaften attraverso l'Erlebnis come elemento di base della comprensione del mondo umano, incontrando difficoltà enormi q8uando si trattava di garantire oggettività alle scienze umane : a partire da questo punto, 15

poi, Pattenzione diltheyana andò spostandosi verso la possibilità di espressione e di comprensione dell'Erlebnis. L'Ausdruck, sul quale Dilthey poneva l'accento in maniera progressivamente più marcata, rappresentava proprio la difficile mediazione tra la soggettività dell'esperienza vissuta ed il processo di comprensione che ad essa deve fare riferimento. Il processo ermeneutico deve ripercorrere a ritroso il passaggio dall'Erlebnis alla sua espressione nella storia: in tal modo di-

viene fondamentale, in una prospettiva più ampia, comprendere le Weltanschauungen come oggettivazioni delle esperienze umane, mai definitive né schematizzabili, eppure ricavabili,

comparativamente, dal.l'analisi del corso storico. All'Erlebnis come base della possibile autonomia e specificità delle Geisteswissenschaften è naturalmente connesso il concetto, ormai notissimo, di Verstehen39. Il nesso Erlebnis-Verstehen è fondamentale nell'opera diltheyana, perché stabilisce l'autonomia delle Geisteswissenschaften e la loro sostanziale eterogeneità rispetto alle Naturwissenschaften. Ma è solo con il passaggio dal nesso ErlebnisVerstehen a quello Erlebnis-Ausdruck-Verstehen che Dilthey

operava, di fatto, la trasposizione della soggettività dell'esperienza vissuta nell'oggettività dell'espressione storica, rendendo così più plausibile il discorso scientifico intorno alle Geisteswissenschaften, anche se, va detto, egli non riteneva possibile la perfetta trasposizione dell'Erlebnis nell'Ausdruck, anche perché questo avrebbe riaperto, in definitiva, la possibilità di un nuovo riduzionismo gnoseologico, fondato sulla presunta perfetta esplicabilità del dato storico-umano, oltre che di quello fisico-naturale. Così, l'oggettività nella quale l'Erlebnis, seppure parzialmente, si manifesta è fondamentalmente diversa rispetto a quella su cui si applica la spiegazione esplicativocausale: Poggettivazione storica delle creazioni umane può essere colta soltanto attraverso il processo della comprensione e non nella prospettiva esplicativo-causale propria delle Naturwissenschaften.

Il Verstehcn, nel suo riferimento agli Erlebnisse, rimane, dunque, un momento fondamentale ed imprescindibile nell'ambito delle Geisteswissenschaften, mentre l'Ausdruck costi16

tuisce la mediazione, ora essenziale, tra esperienza vissuta e processo ermeneuticow. Si tratta, qui, del problema direttamente connesso con la Weltanschauungslehre: tale teoria rappresenta, schematicamente, il tentativo di mediazione tra la soggettività inevitabile cui rimanevano legati i primi tentativi diltheyani in direzione di una fondazione delle Geisteswissenschaften e la necessità di rinvenire una qualche forma di oggettività che rendesse possibile, ora, parlare di scientificità an-

che in relazione al sapere intorno all'uomo. L'attenzione si spostava, così, dalla comprensione immediata, in qualche modo invalidata dalla connotazione soggettivistica, degli Erlebnisse all'indagine ermeneutica delle espressioni che li rappresentano, visto che «le scienze dello spirito poggiano sul rapporto di Erlebnis, espressione e intendere. Così il loro sviluppo dipende sia dalPapprofondimento degli Erlebnisse che dalla crescente tendenza all'esaurimento del loro contenuto, ed è nel medesimo tempo condizionato dall'estensione dell'intendere all”intera oggettivazione dello spirito e dalla penetrazione sempre più compiuta e metodica del contenuto spirituale entro le diverse manifesta-

zioni della v1ta»'“.

In riferimento a quanto abbiamo detto, non sembra un caso che Dilthey, nell'ultimo decennio della sua vita, sia tornato ad

occuparsi in modo più diretto della nozione di spirito oggettivo

che era stata di Hegel”. Qui è evidente la nuova accentuazione data da Dilthey all'indagine storico-storiografica, benché sempre in relazione al problema della fondazione gnoseologica delle Geisteswissenschaflen, con cui dovette fare i conti per tutto lo svolgersi della propria parabola intellettuale. Dilthey intendeva per spirito oggettivo l'elemento espressivo della spiritualità umana, quindi, il dato dal quale muovere in ogni processo di comprensione del mondo umano; ma, nell'ambito di quesfiinterpretazione mancava, però, ogni possibile tentativo di ricavare una connessione logica necessaria degli eventi della storia, ed in questo la differenza con Hegel era decisamente marcataß. Dilthey, inoltre, rifiutava il panlogismo 17

hegeliano nella misura in cui finiva per affermare la piena esplicabilità della vita nei concetti: egli riteneva, infatti, che la vita, nella sua essenza, non fosse mai pienamente esplicitabile, perché di essa è possibile svelare solo singoli, mutevoli aspetti, ma ogni pretesa di disvelarla nella sua interezza è destinata a fallire. Era questa, in fondo, la fuorviante radicalizzazione del sistema hegeliano, che aveva finito per snaturare la storicità degli eventi con il loro inquadramento in una logica sistematica e necessaria: Dilthey apprezzava la fine capacità di analisi storica di Hegel, ma ne condannava le fuorvianti pretese sistematichefl. Dilthey voleva procedere all'ana]isi storica senza però ricadere nella filosofia della storia; e, d'altra parte, egli non voleva, neanche, considerare la storia come semplice somma di fatti individuali, concepibili nel più completo isolamento reciproco: Yoggettivazione degli Erlebnisse avrebbe dovuto rendere pos-

sibile la fondazione delle Geisteswissenschaflen, ma non avrebbe dovuto comportate la razionalizzazione necessaria degli eventi storici. Tutto ciò si mostrava perfettamente coerente con l'ipotesi che sosteneva la Weltanschauungslehre: cioè riuscire a comprendere le oggettivazioni storiche nella loro individualità cercando, però, di rinvenire, per via comparativa, degli elementi comuni, sebbene al di fuori da ogni dogmatizzazione di natura metafisica. In questa prospettiva, tesa al rinvenimento di un punto di equilibrio tra individualità ed universalità, Dilthey riprendeva il concetto di connessione dinamica (Wirkungszusammem hang)4'5, come caratterizzazione unitaria degli elementi del mondo storico. La connessione dinamica ha nell'ambito delle Geisteswissenschaften la stessa funzione che la più nota connessione causale ha in quello delle Naturwissenschaflen. Essa tenta di operare un'essenziale mediazione tra Pindividualità dei fatti spirituali e la necessità di rintracciare, al loro interno, gli elementi generali che ne rendono possibile la conoscenza scientifica. Era, in fondo, la necessità, poi perfezionata con la Weltanschauungslehre, di trasferire la singolarità propria degli eventi spirituali in una dimensione in qualche modo sovraindividuale, in grado di evitare i possibili esiti relativistici 18

e, quindi, di fondare una conoscenza in qualche modo oggettiva dei fatti spirituali. In questo senso Dilthey parlava di connessione dinamica, distinguendola da quella causale per la sua capacità di produrre valori e di realizzare scopi. Il mondo spirituale si caratterizza, dunque, come un insieme di eventi tra loro interconnessi che tendono alla statuizione di valori e all'attuazione di fini. La connessione dinamica, quindi, caratterizza in modo determinante il mondo umano, rendendo possibile la successiva differenziazione tra Geisteswissenschaften e Naturwissenschaflen. Caratteristica fondamentale di tale connessione dinamica,

che rimanda a quella connessione psichica che Dilthey aveva ripetutamente cercato di caratterizzareß, è la sostanziale autocentralità. L'autocentralità della connessione dinamica è la sua capacità organizzare in una struttura unitaria tutte le esperienze che provengono dall'esterno, tendendo a costituire un orizzonte chiuso. La connessione dinamica diviene il fondamento del sapere spirituale perché consente di andare oltre lo studio atomistico delle individualità del mondo storico e, al tempo stesso, rende possibile evitare le schematizzazioni tipiche della connessione causale nell'ambito della realtà naturale. Così essa si trova strettamente connessa con la Weltanschauungslehre. Con quest'ultima Dilthey tentava di intraprendere una via diversa per cercare di cogliere il mondo spirituale in una dimensione attendibile, ma pur sempre al di fuori da ogni riduzionismo e da ogni relativismo. Anche la teoria dellautocentralità delle epoche storiche, direttamente legata a quella della connessione dinamica, tentava una possibile mediazione tra oggettività scientifica e relativismo storico, nell'ambito delle Geisteswissenschaflen. L'autocentralità implica la riconduzione di tutte le forme spirituali dell'uomo all'orizzonte storico nel quale si sono formate e, nello stesso tempo, il loro porsi in relazione con il passato e con il futuro: le singole epoche, pur costituendo un orizzonte chiuso, sono tuttavia parte della più ampia totalità universale, entro la quale vanno comprese. Per questa via Dilthey doveva avviarsi alla formulazione della teoria delle visioni del mondo come ten19

tativo di mediazione problematica tra la costitutiva individualità degli eventi storici e la necessità di ricondurre essi stessi, comparativamente e per grandi linee, ad elementi in qualche modo raggruppabili, in grado di evitare ogni possibile esito relativistico della critica della ragione storica. é Con la Weltanschauungslehre il complesso percorso speculativo di Dilthey sembra trovare un possibile elemento di me-

diazione tra le istanze fondamentali che lo avevano in precedenza caratterizzato". La critica della ragione storica, di cui Dilthey aveva voluto occuparsi fm dagli anni giovanili, si era articolata attraverso i due momenti fondamentali della fondazione gnoseologica delle Geisteswissenschaften e della loro riconduzione al fondamento psicologico: adesso, con la Weltanschauungslehre, Dilthey compiva un tentativo, problematico e mai risolto in formule

definitive, di stabil.ire un punto d'equilibrio tra la necessità della storicizzazione (individualizzante) delle scienze umane e la fondazione scientifica di queste stesse. La necessità di rinvenire un nuovo modello di organizzazione delle scienze umane scaturiva dalla constatazione, evidente sul piano dell'indagine storico-storiografica, del dilagare dello scetticismo proprio a partire dall'irrisolvibile contraddittorietà delle diverse sistematiche filosofiche che hanno scandito le fasi della storia umana: «Tra le cause che alimentano continuamente lo scetticismo una delle più incidenti è Fanarchia dei sistemi filosofici. Tra la coscienza storica della loro illimitata molteplicità e la pretesa, di ciascuno di essi, di possedere una validità universale sussiste una contraddizione, la quale sostiene lo spirito scettico in modo molto più potente di qualsivoglia argomentazione sistematica››48.

La storicità di ogni sapere intorno all'uomo contrasta a tal punto con la pretesa validità universale di ogni sistema filosofico che appare impossibile prevedere una qualche soluzione che possa avallare le pretese di un sistema a discapito di quelle degli altri: 20

«Sconfinata, caotica, la molteplicità dei sistemi ñlosofici sta dietro a noi e si propaga intorno a noi. In ogni epoca, da quando esistono, essi si sono combattuti ed esclusi reciprocamente. E non si mostra alcuna speranza di poter giungere ad una scelta tra loro››49.

In tal modo la coscienza storica finisce per mostrare la relatività di ogni dottrina filosofica e, di conseguenza, per annientarne la pretesa di validità universale, incrementando i possibili esiti scettico-relativisticião. Il problema di Dilthey era di evitare tali possibili esiti relativistici senza, però, ricadere in improbabili formulazioni sistematiche, che la coscienza storica avrebbe inesorabilmente vanificato; l'unica strada percorribile in tale direzione sembrava essere quella della comprensione storico-filosofica dell'uomo a partire non già dalle datità esterne ma, piuttosto, dalla vita vissuta. Si trattava, in altri termini, di uno spostamento del piano della ricerca che metteva in primo piano, ora, il processo di comprensione (non esclusivamente teoretica) del corso storico, cioè di determinare i modi e le possibilità attraverso cui l'uomo esperisce la vita ed il mondo, se è vero che «la filosofia deve cercare la connessione interna delle sue conoscenze non nel mondo ma nell'uomo››si .

La Weltanschauungslehre rappresenta proprio il tentativo diltheyano di comprendere il diverso atteggiarsi, nella storia, dell'uomo nei confronti del mondo, a partire dalla vitaãz, per rintracciarne, comparativamente, elementi comini e caratteristiche costanti. solo a partire dalla vita che diviene possibile comprendere le diverse oggettivazioni rappresentate dalle Weltanschauungenm e risolvere, non già in termini sistematici quanto, piuttosto, in una prospettiva problematica, le contraddizioni che la coscienza storica mette in evidenza all'interno dei diversi sistemi filosofici:

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«La vita vissuta dell'uomo - la volontà dell'uomo moderno è di comprendere ciò. La molteplicità dei sistemi che cercano di comprendere la connessione del mondo sta ora in evidente connessione con la vita; essa è una delle più importanti ed illuminanti creazioni della medesima, e così lo stesso sviluppo della coscienza storica, che ha esercitato un'opera tanto distruttiva nell'ambito dei sistemi importanti, dovrà esserci di aiuto per eliminare Paspra contraddizione tra la pretesa di validità universale in ogni sistema filosofico e Panarchia storica di questi sistemi››54.

Le Weltanschauungen costituiscono le fondamentali tipologie delle interpretazioni del mondo così come esse si sono sviluppate, sovrapponendosi, nelle diverse epoche. Il luogo d'origine comune delle visioni del mondo è, dunque, la vita, dalla quale proviene ogni forma di oggettivazione che, a partire da essa, si esplica in una forma sempre particolare e diversificataãö. C'è, dunque, un elemento comune che sta alla base di ogni forma di oggettivazione e lo storico deve rintracciare, nelle diverse Weltanschauungen, gli elementi comuni che le hanno generate, a partire dalla vita. In tal modo, esse hanno un fondamento comune che serve a garantire loro fondazione e stabilità, pur sottraendole agli esiti scetticorelativistici, proprio perché nessuna di esse può dirsi più o meno autentica rispetto alle altre, dal momento che ognuna esprime solo aspetti particolari della vita, e sempre da una ben precisa prospettiva, senza poterla mai esaurire in tutti i suoi aspetti. Ciascun uomo stabilizza le proprie esperienze della vita e, gradualmente, le traspone, mediante il confronto con quelle degli altri, in una prospettiva comune che viene progressivamente perfezionata, fino a divenire una vera e propria Weltanschauung, un atteggiamento complessivo dell'uomo (considerato non soltanto dal punto di vista teoretico-razionale) nei confronti del mondoãe. Dilthey tiene a ribadire come il carattere della visione del mondo non sia assolutamente riconducibile alla pretesa di validità universale della scienza, poiché essa proviene dalla totalità della vita, mai interamente assimilabile ad un qualche oggetto dell'attenzione scientifica: 22

«Ma sempre, nelle esperienze particolari come in quelle universali, i tipi di certezza e il carattere della formulazione delle medesime sono assolutamente diversi dalla validità universale di tipo scientifico. Il pensiero scientifico può controllare il metodo siil quale si basa la sua sicurezza, può formulare esattamente e fondare i suoi principi: il sorgere del nostro sapere dalla vita non può essere controllato allo stesso modo e non possono essere elaborate formule sicure del medesimo» gpl.

Dilthey sostiene che la stratificazione e l'ampliamento delle esperienze della vita non riescono mai a rendere ragione del significato ultimo della vita nella sua complessità, per cui nes-

suna spiegazione della stessa può assumere validità universale e definitivaãs. La vita non si lascia ridurre entro concetti scientifici assimilabili, per certezza ed esaustività, a quelli delle Naturwissenschaften, dunque le visioni del mondo sono altro rispetto alle interpretazioni scientifico-sistematiche: più

si tenta di fondare rigorosamente tale forma di conoscenza della vita, più aumentano le contraddizioni e le incongruenze tra le diverse ipotesi e, anche, all'interno di una stessa ipotesiãg. L'enigma della vita appare irrisolvibile dal punto di vista della certezza scientifica: l'uomo non può conoscerla nella sua essenza, ma deve limitarsi ad alcuni aspetti espressi dalle visioni del mondo e, dunque, essenzialmente storici, cioè fortemente condizionati dai contesti nei quali hanno avuto origine. Questo spiega perché possano aversi, come di fatto è avvenuto, Weltanschauungen tra loro contrastanti, quando non contraddittorie, ma questo, piuttosto che spingere verso conclusioni scettiche, deve portare al riconoscimento della storicità delle stesse mantenendo fermo, però, il presupposto che le accomuna: ciascuna di esse esprime una parte dell'unica verità, la vita, che non può mai essere interamente codificata nei concetti scientifici tipici delle scienze della natura. In tal modo Dilthey tentava di trovare una soluzione (che, comunque, doveva essere problematica), tra la costitutiva storicità del sapere intorno all'uomo e la necessità di fondare lo stesso in una prospettiva in grado di andare oltre ogni ipotesi soggettivistica. 23

Le disposizioni di vita esprimono i differenti modi di atteggiarsi nei confronti della vitaeo, e da qui prendono forma le diverse Weltanschauungen come tentativi di spiegare i fatti sconosciuti a partire da quelli noti, tentando di costituire un°interpretazione complessiva del mondo che, però, rimane sempre condizionata dal contesto nel quale si è generatael. Dilthey sostiene, poi, che le varie visioni del mondo sviluppatesi nella storia siano raggruppabili, per via comparativa e, sempre, per

grandi linee, perché esse sono sorte dal medesimo bisogno, che l'uomo avverte in tutte le epoche, di chiarire il mistero della vita e, anche, dal modo in cui tale bisogno si è sviluppato nei diversi contesti storici: da qui scaturiscono le diverse tipologie interpretative che, però, presentano alcune caratteristiche comuni che ricompaiono in forme e tempi diversi. E, d'altra parte, l'elemento comune che le unisce è proprio la vita, alla quale tutte, fondamentalmente, si riferiscono nel tentativo di chiarirla. Inoltre, qui, per Dilthey, si coglie appieno la differenza tra Naturwissenschaften e Geisteswissenschaften: le prime, prendendo spunto da situazioni ben delimitate e circoscritte, si preoccupano di cogliere le relazioni causali tra i fenomeni, mentre il sapere intorno ai fatti spirituali (e qui Dilthey si riferisce, in modo particolare, ad arte, religione e filosofia) vuole comprendere la totalità della vita e del mondoez. La visione del mondo prende forma dalla necessità di orientarsi nella vita, chiarisce sempre più aspetti della stessam e,

infine, a partire dalle convinzioni così ricavate, cerca di fornire all'uomo un orientamento pratico in grado di guidarne i comportamenti. Dilthey collocava la formazione delle diverse visioni del mondo in un orizzonte antropologico assai ampio, attribuendo loro, cioè, non soltanto un significato teoretico ma, anche, un importante compito di apertura pratica al mondo. Il

sapere non è fine a se stesso, ma ha una chiara connotazione pratica. In questo senso Dilthey sottolineava come la struttura propria della visione del mondo si fondasse sulla struttura psichica stessa. In altri termini, le visioni del mondo sono connessioni strutturali che riguardano Patteggiamento nei confronti della vita ed esprimono la struttura della vita psichicafl.

La Weltanschauung trae origine dalla struttura psichica, alla 24

quale spetta connettere gli elementi caotici legati al mistero della vita, cercare di rielaborarli in modo sempre più completo, per tirarne fuori, poi, precisi modelli di comportamento: «Questa è la struttura della visione del mondo. Ciò che nell'enigma della vita è confuso, è contenuto come un fascio di compiti, viene qui elevato ad una connessione consapevole e necessaria di problemi e soluzioni››65.

In tal modo è possibile, per Dilthey, affermare che l'evoluzione della visione del mondo procede sempre nel rispetto sequenziale dei diversi gradi psichici, dunque è possibile porre un elemento di raffronto tra l'evolversi delle varie Weltan-

schauungen nella storia e gli elementi strutturali della psiche: «Questo sviluppo si svolge in gradi di regola determinati dall'interno: da ciò segue che ogni visione del mondo ha uno sviluppo ed in questo giunge all'esplicazione di ciò che è contenuto in essa: allora essa ottiene nel corso del tempo, a poco a poco, durata, solidità e potenza: essa è un prodotto della storia»6 .

Le visioni del mondo si sviluppano in modo differente e il potere, la solidità e la durata delle stesse dipendono dalla loro capacità di organizzarsi in maniera sempre più complessa e convincente, di offrire una spiegazione più completa possibile del mistero della vita; così tra di esse si sviluppa una lotta per la preminenza, dove a sopravvivere sono sempre le più solide,

mentre le altre vengono rapidamente messe da parte: «Si manifesta, così, una relazione regolare in virtù della quale l'anima, spinta dal continuo mutamento delle impressioni e dei destini e dalla potenza del mondo esterno, deve tendere ad una saldezza interiore per potere opporsi a tutto ciò: così essa viene condotta dal mutamento, dalfinstabilità, dallo scorrere e dal fluire della sua condizione, delle sue visioni della vita, al duraturo apprezzamento della vita ed a fini sicuri. Le visioni del mondo che favoriscono la comprensione della vita, che conducono ad obiettivi vitali utili, si conservano e rimuovono quelle che meno si prestano in tal senso. Così, tra di esse ha luogo una selezione. E nella successione delle generazioni tra queste

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visioni del mondo le più vitali si sviluppano, ora, in una forma sempre più perfetta›› 7.

Le diverse visioni del mondo possono, pertanto, essere messe a confronto, ma non può mai dirsi che una sia più autentica delle altre o che tutte possano essere ricondotte ad una, proprio perché ognuna ha delle caratteristiche precise che sono frutto delle diverse componenti che ne sono all'origine68 e che non sono riconducibili al mero elemento teoretico: «Le visioni del mondo non sono prodotti del pensiero. Esse non scaturiscono dalla semplice volontà di conoscere. La comprensione della realtà è un momento importante nella loro formazione, ma è, certamente, soltanto un momento. Esse vengono fuori dalfatteggiamento vitale, dall'esperienza della vita, dalla struttura della nostra totalità psichica. L'innalzamento della vita alla coscienza nella conoscenza della realtà, nell'apprezzamento della vita e nell'adempimento della volontà è il lento e difficile lavoro che l'umanità ha compiuto nello sviluppo delle

visioni della vi:a»69.

È da sottolineare come Dilthey, nel rileggere comparativamente il succedersi, nella storia, delle diverse visioni del mondo, voglia evitare qualsiasi possibile filosofia della storia (contro la quale, d'altra parte, si era più volte espresso in modo risoluto) che possa introdurre una qualche necessità causale all'interno del loro succedersi: sebbene siano rinvenibili degli elementi comuni, rintracciabili a partire dalla comune origine dalla vita, le Weltanschauungen non lasciano spazio alla statuizione di una rigorosa legge relativa alla loro formazione, ché sarebbe, questo, un ricadere nelle ipotesi sistematicometafisíche che Dilthey aveva sempre voluto evitare. Con la Weltanschauungslehre Dilthey cercava di ricomporre quella frattura, che sembrava percorrere, nella sua interezza, la sua speculazione, tra storicizzazione del sapere intorno all'uomo e istanze fondative delle scienze umane. Con essa cercava un possibile punto d'incontro tra storicità e fondazione delle scienze dello spirito, sebbene tale via sia stata percorsa sempre con consapevolezza critica e come ipotesi problematica, 26

e non certo come modello di spiegazione sistematico, che, inevitabilmente, sarebbe stato smentito dal procedere della vicenda storica. In altri termini, con essa Dilthey individuava un possibile, problematico, punto di equilibrio tra le ipotesi estreme alle quali la sua filosofia cercava di non doversi piegare, cioè quella relativistica e, d'altro lato, quella metafisica. In tal senso, va detto che la Weltanschauungslehre rappresenta un momento significativo del Denkweg diltheyano perché in essa convergono istanza storica e fondazione gnoseologica delle scienze umane, cioè le due grandi direttrici lungo le quali si era sviluppata la sua speculazione, sempre ben articolata tra interesse storico e formulazione teoretica. Attraverso la dottrina delle visioni del mondo Dilthey riuniva idealmente il percorso dell'indagine storico-storiografica seguito fin dall'inizio e la problematica (altrettanto determinante nell'economia della sua parabola intellettuale) relativa alla fondazione delle Geisteswissenschaflen; con essa la critica della ragione storica sembrava avviarsi verso quella possibile soluzione del contrasto tra relativismo storico e scienza esplicativocausale che Dilthey aveva da sempre ricercato. Trattando della tipologia delle visioni del mondo, Dilthey rileva come esse prendano forma nell'ambito religioso, artistico e metafisico. Qui, infatti, a differenza di quanto avviene altrove, si tenta di raggiungere una visione dell'esperienza della vi-

ta nella sua totalitàw. Se è vero che arte, religione e filosofia sono accomunate da questo voler cogliere la vita nella sua complessità, va detto anche che anche tra di esse esistono delle differenze specifiche: «Ma queste visioni del mondo sono però differenziate, nel genio religioso, in quello artistico ed in quello metafisico, secondo la loro legge di formazione, la loro struttura ed i loro tipi››71.

La visione del mondo è, inizialmente, una semplice ipotesi teorica di spiegazione del mondo, successivamente viene a costituire un preciso modo di orientarsi nella vita e, infine, finisce per assumere una valenza pragmatica come modalità di in27

tervento nella vita pratica secondo determinati fini ed ideali.

Ciascuno dei tre momenti di determinazione della visione del mondo conserva sempre quanto acquisito dal precedente: questo avviene perché vi è una corrispondenza precisa con la struttura dinamica della vita psichica, nell'ambito della quale i diversi momenti e le varie attività formano una totalità organica. La visione del mondo religiosa” nasce, fondamentalmente,

come tentativo di attribuire alla divinità la responsabilità degli eventi mondani e come volontà di ingraziarsi tale divinità, così da renderla benevola73. Così sorgono le 'professioni' religiose, i sacerdoziu e, in definitiva, i sistemi religiosi, che tentato di risolvere il mistero della vita75. La religiosità primitiva viene sviluppandosi, soprattutto per opera delle grandi personalità, dando vita a Weltanschauungen sempre più elaborate che mantengono alcuni elementi costanti, come la dottrina della fede o l'istituzione della preghieram. Pur non mancando somiglianze, le visioni del mondo religiose sono alquanto diverse da quelle metafisiche perché conservano, nel loro fondamento, alcuni elementi mai perfettamente esplicitabili, che fanno assumere loro caratteristiche di unilateralità e, alla fine, ne determinano il soccombere di fronte alla più esaustiva metafisicaw. Nonostante i suoi limiti, però, la Weltanschauung religiosa è di grande importanza perché permette all'uomo, fin dai tempi più remoti, di ottenere una prima spiegazione del mistero della vita: proprio per questo Dilthey ne parla come di una delle tre forme tipologiche fondamentali divisione del mondo nell'ambito della storia umana. La visione del mondo artistica nasce dall'estrapolazione di un singolo elemento dal contesto e dalla sua utilizzazione come espressione delle relazioni vitali fondamentali: «La significatività dell'opera d'arte consiste nel fatto che un elemento singolare, un dato sensibile viene separato dal nesso di causa ed effetto e viene innalzato ad espressione ideale dei rapporti vitali, come essi ci parlano come colore e forma, simmetria e proporzione, accordi di toni e ritmo, processo psichico e accadimento››78.

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In realtà Dilthey sostiene che la visione del mondo artistica derivi dalla religione e che soltanto in un secondo momento, isolandosi dalla sua matrice originaria, si sviluppi nel suo significato più autentico”. Tra le arti un posto particolare spetta alla poesia, perché essa riesce ad esprimere i fatti al di fuori dai vincoli causali che dominano, con necessità, gli eventigo, ampliando così in

modo considerevole lo spazio espressivo dell'uomo8l.

Ma, al di là di quanto dice a proposito della religione e dell'arte, Dilthey riserva maggiore attenzione alla visione del mondo metafisica, che si origina quando la religione pretende di avere validità universale, travalicando i limiti che le sono propri. La validità universale è, infatti, ciò che caratterizza, differenziandola dall'arte e dalla religione, la visione del mondo metafisica: «Se la visione del mondo viene così innalzata ad una connessione concettuale, se questa viene fondata scientificamente e si presenta, così, con la pretesa di validità universale, allora sorge la metafisica, La storia mostra che dovunque essa si presenti lo sviluppo religioso l”ha preparata, la poesia la influenza e la disposizione vitale delle nazioni, il loro apprezzamento della vita ed il loro ideale agiscono su di essa. La volontà di un sapere universalmente valido dà a questa nuova forma della visione del mondo una struttura particolare››82.

La metafisica si è sviluppata in costante rapporto con la scienza, poiché anch”essa ha sempre cercato di conoscere la realtà e la vita in modo universalmente validow, ed ha avuto una relazione importante, nel suo evolversi, anche con la cultura mondana, maturata in ambito extrascientifico84. Ogni sistema metafisico è condizionato dalla sua collocazione storica: «Ognuno di questi sistemi metafisici è condizionato dal posto che occupa nella storia; esso è dipendente da una certa situazione dei problemi ed è determinato dai concetti che da ciò scaturiscono››85.

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Ma se, da un lato, la genesi di un sistema metafisico è condizionata dalla sua collocazione storica, dall'altro tra gli scopi di un tale sistema vi è sempre quello, ritenuto fondamentale, di partecipare all'edificazione di un sistema metafisico unitario che possa esplicitare la vita in modo sempre più esaustivo. In questo procedere la metafisica utilizza anche i risultati delle scienze positive, ampliando la loro prospettiva settoriale in una concezione della realtà che pretende di essere totale ed esaustiva: «Ma ciò che separa questi compiti della metafisica dal lavoro

delle scienze positive è la volontà di sottoporre ai metodi scien-

tifici, che si sono formati peri singoli ambiti del sapere, la connessione dell”universo e della vita stessa. Tali metodi, nell'aspirare all'incondizionato, oltrepassano i limiti dei modi di procedere delle scienze particolari››86.

Ma, sebbene tale pretesa di universalità sia in essi sempre presente, la coscienza storica mostra che i diversi sistemi metafisici che si sono succeduti nella storia siano stati spesso tra loro in contraddizione, condizionando in modo determinante la possibilità di una più ampia e completa conoscenza della realtà nella sua totalità: «La coscienza storica ci riconduce dietro la tendenza dei metafisici ad un sistema unitario universalmente valido, dietro le differenze, da ciò scaturenti, che dividono gli intellettuali, e, alla fine, dietro la riunificazione di queste differenze in classiñcazioni. Tale coscienza storica assume come proprio oggetto la contraddizione, effettivamente esistente, dei sistemi nella loro disposizione complessiva. Essa vede queste disposizioni complessive in connessione con il corso della religione e della poesia. Essa mostra come tutto il lavoro concettuale metafisico non abbia compiuto un solo passo avanti in direzione di un sistema l1I1it31'l0››8 .

Ma i contrasti che si instaurano tra i diversi sistemi metafisici non sono da attribuire ad una presunta incapacità dell'uomo e della sua ragione, quanto, piuttosto, al fatto che 30

ognuno di tali sistemi è fondato sulla multiformità della vita, e, poiché la vita non può mai essere colta nella sua interezza,

ogni sistema riesce a renderne ragione soltanto di alcuni, parziali aspetti, e sempre in riferimento al contesto storico nel quale esso viene a costituirsiss. Le diverse visioni del mondo esprimono aspetti parziali della realtà e, dunque, ciascuna conserva una propria irriducibile originalità che ne impedisce, di fatto, la riduzione alle altre: «La coscienza storica rompe le ultime catene che filosofia e ricerca della natura non potevano spezzare. L'uomo sta ora qui completamente libero. Ma essa salva, nello stesso tempo, nell'uomo l'unità della sua anima, lo sguardo ad una connessione delle cose sebbene imperscrutabile tuttavia manifesta per la vitalità della nostra essenza. Vogliamo venerare serenamente una parte di verità in ognuna di queste visioni del mondo. E se il corso della nostra vita ci porta vicino soltanto singole parti

della connessione imperscrutabile - quando la verità della visione del mondo che esprime questa parte ci coglie in modo vitale, allora noi possiamo abbandonarci a questo tranquillamente: la verità è presente in tutte loro››89.

In questa prospettiva, volta a sottolineare la specificità di ogni singola visione del mondo e la sua irriducibilità alle altre, Dilthey utilizza il metodo della comparazione storica, che sembra l'unico sistema per pervenire ad un raggruppamento, per linee comuni, delle stesse senza operare riduzionismi né arbitrarie articolazioni sistematiche. La Weltanschauungslehre è proprio tale tentativo di riconoscere, attraverso l'esercizio della coscienza storica, la storicità di ogni visione del mondo e, ad un tempo, il ripetersi, per linee generali, di alcune caratteristiche comuni all'interno di esse che sembrano rendere possibile un sapere storico pur sempre in grado di sfuggire agli esiti individualistico-relativistici, evitando, d'altro lato, possibili ricadute in improbabili sistematiche di natura metafisica. Per via comparativa Dilthey individua tre grandi tipologie di visione del mondo metafisica che si sono succedute, ripetendosi in momenti diversi, nel corso della storia: il naturalismo, 31

l'idea.lismo della libertà e Yidealismo oggettivo. La comparazione storica, però, rende possibile ricavare un modello di interpretazione della storia della metafisica che non vuole essere nulla più che una possibile ipotesi ermeneutica, al di là da ogni pretesa di rinvenire rigide determinazioni necessarie all'interno della storia, cosa che sarebbe in aperta contraddizione con la coscienza storica: «Questo è anche il senso in cui propongo una differenziazione in tre tipi fondamentali. Per una tale ripartizione non c'è nessun altro mezzo di aiuto che la comparazione storica. Il suo punto di partenza è che ogni mente metafisica al cospetto dell'enigma della vita svolge, a partire da un determinato punto, per così dire, l'intrico di tale vita; questo punto è condizionato dal suo atteggiamento nei confronti della vita, e a partire da esso si forma la struttura singolare del suo sistema. Possiamo, ora, ordinare i sistemi in gruppi secondo la relazione di dipendenza, di affinità, di attrazione e di repulsione reciproche. Ma qui si manifesta una difficoltà che è propria di ogni comparazione storica. Essa deve applicare, in un'anticipazione, una misura per la sua scelta delle caratteristiche in ciò che essa compara, e questa misura determina, poi, il procedere ulteriore. Allora ciò che propongo ha un carattere assolutamente provvisorio. Il nucleo, in questo, può essere solamente Pintuizione che è scaturita dalla lunga consuetudine con i sistemi metafisici. Già la loro comprensione in una formula storica può soltanto avere un carattere soggettivo»90.

Dilthey afferma chiaramente che la tipologia delle visioni del mondo da lui proposta è solo un modello interpretativo che vuole evitare sia le dogmatizzazioni, che la coscienza storica mostra come inadeguate, che il relativismo, che potrebbe essere l'altra conseguenza estrema della critica della ragione storica; essa è, in altri termini un tentativo, metodologico più che contenutistico, di rinvenire un modello di generalizzazione, sebbene flessibile e problematico, all'intero della conoscenza storica, nella prospettiva di un possibile equilibrio tra codificazione metafisica e relativismo storico.

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Nell'ambito dei tre di tipi di Weltanschauungen metafisiche affermatesi nella storia, il naturalismo è quello che si afferma con una certa immediatezza: esso considera l'uomo riconducendolo, essenzialmente, al dato corporeo ed inserendolo nella natura come sua parte costituente”. In tale prospettiva l'uomo viene considerato esclusivamente in base alla sua corporeità: in modo coerente, si affermano il sensismo gnoseologica, il materialismo metafisico e l'inserzione conciliativa dell'uomo nel

mondo materialegz. Ogni sforzo viene concentrato, quindi, nel tentativo di dominare le forze naturali cui l'uomo è direttamente collegatogg.

Dilthey segue lo sviluppo del naturalismo attraverso l'opera di alcuni filosofi che, sebbene con prospettive ed intenzioni diverse, hanno evidenziato la medesima concezione di fondo volta a considerare l'uomo come corporeità armonicamente inserita nella totalità delle forze naturali; tra questi Protagora (con il suo sensismo), Carneade (con il suo probabilismo), fino a Hume (dove il sensismo sfociava nella teoria scettica) e, infine, ai positivistim. Prese corpo, così, il sistema meccanicistico per la spiegazione della natura, che escludeva ogni finalismo ed ogni riferimento a valorigö. A partire dall'antichità, il naturalismo elaborò, in modo sempre più perfetto, un ideale di vita sostanzialmente basato sulfintegrazione uomo-natura, cercando spiegazioni sempre più articolate per rendere conto dei piaceri spiritualigs. Ma proprio Yimpossibilità di fornire spiegazioni plausibili dei cosiddetti fenomeni spirituali, che sono tanta parte dell'esistenza umana, doveva costituire uno dei motivi principali delle ripetute crisi delle visioni del mondo naturalistiche nel procedere della vicenda storica. Accanto al naturalismo prese forma, nella società ateniese, il secondo tipo di visione del mondo metafisica, l'idealismo della libertà, sorto in aperto contrasto proprio con il naturalismom. L'ambito spirituale veniva ora mantenuto in una sfera di completa indipendenza dalla materialitàgs; si affermava l'idea di Dio come essere spirituale al di sopra di ogni necessità fisica, idea che si venne poi articolando in modo sempre più complesso con il cristianesimo”.

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L'idealismo della libertà prese forma con Socrate, sisviluppò con Platone e, soprattutto, con il cristianesimo, fino a raggiungere i suoi migliori risultati con la filosofia trascendentale tedesca, all'interno della quale veniva esaltato il carattere fondamentale della volontà come aspirazione all'infinito1°°. Anche tale visione del mondo, però, cominciò ben presto a perdere vigore, perché difficilmente riusciva a fondare in modo non contraddittorio i propri presupposti, finendo per innestare un con-

fronto dialettico tra le ipotesi possibili che, alla fine, finiva per mettere in risalto Pinadeguatezza di tutte questewl. Ma anch'essa, come le altre, si ripete continuamente nella storia proprio perché, originandosi dalla vita, risulta comunque insopprimibile. La terza forma di Weltanschauung metafisica che Dilthey ricava dalla storia per via comparativa è l'idealismo oggettivo: Eraclito, Bruno, Herder, Goethe, Hegel e Schleiermacher, fiirono alcuni tra gli autori di maggiore rilievo nell'ambito di tale concezioneloz. Essi, sostanzialmente si opponevano al naturalismo ed all'idealismo della libertàloš, e sul fondamento di tale opposizione sviluppavano principi ed elementi che, in qualche modo, avevano degli evidenti punti fondamentali in comunem. Nell'ambito dell'idealismo oggettivo il soggetto veniva per così dire sganciato dalla conoscenza scientifica legata ai bisogni pratici e da una visione personalistica della vita, per fare riferimento alla totalità dell'universo come luogo fondamentale in cui si giocano le vicende della vita ed alla cui luce, solamente, può essere inquadrata l'esistenza singola, in una prospettiva che privilegiava l'idea di armonia universalewö. Il relativo processo gnoseologico si fondava, in linea di massima, sull'intuizione dei sinåoli elementi nel quadro d'insieme della totalità complessival . Per l'idealismo oggettivo i fenomeni del mondo da una parte sono assoggettati alle leggi fisiche, e dunque possono essere analizzati dalla scienza, ma, dall'altra, rimandano alla connessione vitale che lega ogni cosa alla totalità e che

non può essere indagata dalla scienza, ma solo rivissuta nelYesperienza interna, che è di ben altra natura rispetto ad ogni procedimento scientificom. Ma proprio la concezione di una totalità mai scomponibile ed analizzabile attraverso il procedi34

mento scientifico implica, nell'ovvia esclusione della possibilità di una conoscenza della realtà perfetta ed esaustiva, che ogni forma di conoscenza possa rendere ragione solo di singoli aspetti della totalità, ma mai di questa nella sua dimensione complessiva: da qui si sviluppa il limite di tale visione del mondo, che ne determina la decadenza, poiché l'incapacità di forni.re conoscenze più ampie scatena, anche qui, la lotta dialettica tra le diverse ipotesi di spiegazione della realtà, che,

ora, restando impelicate in gravi contraddizioni, si escludono vicendevolmentel . Alla luce delfimpossibilità di un qualunque sistema metafisico di proporsi come dominante, in via definitiva, rispetto agli altri, Dilthey ribadisce la convinzione, prima espressa per via teorica ed ora confermata dalla rilettura comparativa delle vicende della storia filosofica, secondo la quale si può soltanto giungere ad una considerazione storica dell'uniformità con cui si vengono formando le singole teorie metafisiche (cosa che sembra lasciare aperta una via per sfuggire agli esiti relativistico-scettici), ma tale uniformità non deve essere considerata più che un modello ermeneutico. Con la Weltanschauungslehre la critica della ragione storica trova la sua espressione più compiuta, nel tentativo di mediare, in ambito storico, tra la soggettività dell'esperienza umana e la necessaria oggettività (anche se qui si tratta, va ribadito, di una forma di oggettività diversa rispetto a quella propria delle Naturwissenschaften) delle scienze umane. In questo quadro, la metafisica non necessita di ulteriori articolazioni, piuttosto essa deve essere compresa, nella sue diverse forme, sul piano storico, tenendo sempre sullo sfondo la vita come luogo comune dell'origine di tutte le visioni del mondo metafisiche (e non). La Weltanschauungslehre è proprio il tentativo (problematico, ma, proprio per questo, assai fecondo) di mediazione tra il relativismo, esito possibile di un'eventuale risoluzione storiografica della metafisica, e la necessità di una conoscenza scientifica del sapere intorno all'uomo, al di là dell'applicazione a tale ambito di conoscenze dell'inadeguato modello esplicativo-causale delle Naturwissenschaften. Tentativo, 35

questo, problematico e mai risolto in formule definitive e sistematiche, che doveva rimanere un modello ermeneutico sostanzialmente ricavato, per via comparativa, dalla storia e mai codificato in formule metafisiche con la pretesa di validità universale. La critica della ragione storica si compie con il riconoscimento della storicità della filosofia: questa ha sempre cercato di raggiungere una fondazione ultima della realtà, anche se nessun sistema filosofico compiuto ha mai neanche potuto avvicinarsi ad una conoscenza della totalità della vita, poiché

ognuno di questi è rimasto inevitabilmente ancorato alle condizioni storico-culturali nelle quali si è generato. Con la storicizzazione della filosofia, che si compie proprio attraverso la Weltanschauungslehre e la Philosophie der Philosophie, Dilthey sembra aver definitivamente spostato la sua attenzione dall'ipotesi psicologico-fondativa all'analisi storicoermeneutica come tentativo di comprensione della vita. Il fallimento (nel senso del loro inevitabile superamento a partire

dalle irrisolvibili contraddizioni che lì si sviluppano) di tutti i sistemi filosofici succedutisi nella storia indica che l'essenza della filosofia non può essere rinvenuta in una qualche formula fondativa ma, piuttosto, deve consistere nella possibile rilettura dei fatti storici attraverso le diverse visioni del mondo che ne hanno rapãšresentato, nel corso del tempo, le motivazioni fondamentali . D'altra parte, la storia della filosofia, considerata nella sua forma metafisica, ha evidenziato l'illusorietà di ogni tentativo di reperire un sistema di sapere unitario, anche se fa parte della natura dell'uomo cercare incessantemente una fondazione oggettiva del sapere che gli dia sicurezza: da qui si genera una palese antinomia tra la pretesa assolutezza di ogni sistema metafisico e la molteplicità dei sistemi di tale natura che si sviluppano nella storiauo. La coscienza storica deve evidenzia-

re la relatività di tutti i sistemi metafisicim, e ciò a partire dalle loro contraddizioni e della false conclusioni cui vanno incontrouz. E tuttavia la coscienza storica non deve fermarsi a

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questo, ma, invece, deve procedere (comparativamente) al rinvenimento di possibili elementi comuni tra i diversi sistemim. Per questa via Dilthey perviene all'altra grande idea che trova spazio, accanto alla Weltanschauungslehre, in questi scritti raccolti nel volume che di seguito presentiamo nella traduzione italiana, cioè quella di una Philosophie der Philosophie. Essa scaturisce dalla necessità di trovare un'essenza della filosofia in grado di garantirne il significato antirelativi-

stico pur senza ricadere in improbabili oggettivismi di natura metafisicaln. Bisogna, a tal fine, rileggere la storia filosofica per rintracciare, all'interno delle diverse concezioni, gli elementi costanti, sebbene al di fuori da ogni connotazione conte-

nutistica (che risulterebbe, inevitabilmente, dogmatica e, dunque, destinata ad essere oltrepassata). ln altri termini, è necessario conoscere le linee generali lungo le quali si è sviluppata la filosofia senza cercare, però, di dedurre un nucleo comune che ne rappresenti, in qualche modo, l'essenza. Al contrario, proprio quest'analisi mostra Pimpossibilità di un'univoca definizione contenutistica della filosofia. La filosofia della filosofia è, quindi, la capacità di operare tale lettura della storia filosofica evitando di ridurre quest'ultima a concettualizzazioni dogmatiche e senza, però, ricadere in posizioni relativistiche. Il succedersi delle visioni del mondo rimanda alla vita, ed è proprio in virtù di questo riferimento che le Weltanschauungen

sono relative, poiché nessuna può aspirare ad una piena oggettività. A parti.re da questa relatività, che, però, non vuole essere mero relativismo, Dilthey sposta l'attenzione dalla ricerca sull'essenza della filosofia a quella sulla determinazione della sua funzione nella storians. La filosofia, quindi, va compresa nella sua complessa relazione con la struttura vitale, al di là di qualsiasi formula definitoria. Dilthey riteneva fondamentale, per definire l'essenza della filosofia, analizzare la storia filosofica per trarne delle indicazioni in tal senso significativens. Sostanzialmente, egli ricostruiva la storia filosofica, nelle sue manifestazioni fondamentali, con il preciso scopo di mostrare Yimpossibilità di pervenire ad una definizione univoca dell'essenza della filosofia. Ogni prospettiva si mostrava, in tal senso, unilaterale, dal momento 37

che non risultava possibile ricavare un'essenza definitiva della filosofia che tenesse conto di tutti i suoi aspetti costitutivi; però, a parere di Dilthey, era possibile, attraverso l'indagine storico-filosofica, mostrare il carattere costitutivamente storico della filosofiam. E tuttavia la scoperta dell'essenza relativa della concettualizzazione filosofica non doveva portare necessariamente al relativismo scettico ma, piuttosto, sembrava suggerire una nuova concezione della filosofia: «Questo è infatti il risultato principale dell'esame condotto sullo sviluppo storico: una connessione storica consecutiva, in sé conclusa, conduce dalla conoscenza metafisica dei Greci, che mirarono a risolvere in termini universalmente validi il grande mistero del mondo e della vita, fino ai più radicali positivisti o scettici del presente; tutto ciò che è avvenuto nella filosofia è in qualche modo determinato da questo punto di partenza, dal suo problema fondamentale, e sono state percorse tutte le possibilità di atteggiamento dello spirito umano di fronte al mistero del mondo e della vita. In questa connessione storica la funzione di ogni particolare dottrina filosofica sta nel realizzare una certa possibilità sotto le condizioni date; ognuna ha espresso un tratto essenziale della filosofia, e l'ha posto in luce attraverso la sua limitazione rispetto alla connessione teleologica in cui è condizionata - come parte di un tutto, in cui soltanto sta la totale verità. Questo complesso fatto storico si spiega in quanto la filosofia è una funzione nella connessione finale della società,

determinata dal compito a essa proprio. Realizzandosi nelle sue posizioni particolari, questa funzione è condizionata dal suo rapporto con la totalità e al tempo stesso dalla situazione culturale che il tempo, il luogo, i rapporti di vita, la personalità costituiscono. Perciò essa non sopporta nessuna rigida delimitazionã secondo un determinato oggetto o un determinato metodo» _

La filosofia viene chiarita secondo la sua funzione storica, come costante tentativo, cioè, di fornire soluzioni, sempre mutevoli, all'enigma della vita: ciò che, in questo procedere, rimane costante, la sua essenza, non è un particolare elemento contenutistico ma, piuttosto, proprio questo suo carattere funzio-

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nale che si mantiene identico nonostante il mutare dei contenuti. In tal modo la filosofia sembra poter sfuggire agli esiti relativistici proprio in virtù del suo carattere funzionale, che permane costante nelle diverse epoche storiche: essa fa riferimento, da un lato, ad una dimensione complessiva ed unitaria, cioè al mistero della vita, mentre, dall'altro, è sempre in relazione con i diversi contesti nei quali via via si sviluppa. Le Weltanschauungen possono formarsi secondo modelli che, seppure a grandi linee, si ripetono nella storia: ciò è riconducibile proprio al fatto che l'uomo, pur essendo storicamente determinato, fa sempre riferimento, a prescindere dall'epoca nella quale opera, alla connessione strutturale della vita, che ne costituisce la determinazione essenziale; la filosofia della filosofia vuole, per l'appunto, rintracciare l'autentica essenza della filosofia a partire dalla storicizzazione delle varie Weltanschauungen, evidenziando, però, anche l'essenziale relazione con la connessione strutturale che le attualizza secondo linee di sviluppo in qualche modo costanti. Le visioni del mondo dischiudono, dunque, ognuna da una prospettiva diversa, un particolare tratto della vita, che ne costituisce la comune origine, e la coscienza storica deve indagarle ricollocandole nei vari contesti storici e, d'altra parte, evidenziandone il dato comune nel continuo riferirsi, tutte, alla vita, evitando così i possibili esiti relativistici: «Così dell'enorme lavoro dello spirito metafisico rimane la coscienza storica, che lo ripete in sé e sperimenta in esso l'insondabile profondità del mondo. Non la relatività di ogni intuizione del mondo è l'ultima parola dello spirito, che le ha tutte percorse, bensì la sovranità dello spirito di fronte a ognuna di esse, e al tempo stesso la coscienza positiva del fatto che nelle diverse maniere di atteggiarsi dello spirito esiste per noi la realtà unica del mondo. È compito della dottrina dell'intuizione del mondo rappresentare metodicamente in base all'analisi del corso storico della religiosità, della poesia e della metafisica, in antitesi col relativismo, la relazione dello spirito umano con il mistero del mondo e

della vi¢a»“°.

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La conoscenza filosofica rappresenta il tentativo di connettere tra loro le conoscenze di una data epocam, così che l'uomo possa superare, per suo tramite, la precarietà delle proprie condizioni di vita, in una dimensione in qualche modo sottratta alla relativitàm. E proprio tale capacità della filosofia di offrire, in qualche modo, sicurezza rappresenta la sua stessa essenza, in una dimensione antirelativistica: «Questa funzione generale della filosofia si manifesta sotto le diverse condizioni di vita storica, in tutte le sue funzioni, che abbiamo preso in esame. Funzioni particolari di grande energia sorgono dalle differenti condizioni della vita: Pelaborazione dell'intuizione del mondo a validità universale, la riflessione del sapere intorno a se stesso, il rapporto delle teorie, che si formano nelle varie cormessioni finali, con la connessione di

tutto il sapere, uno spirito di critica, di connessione universale e di fondazione che pervade tutta la cultura. Esse appaiono tutte come funzioni particolari, fondate sull'essenza unitaria della filosofia. Questa si adatta infatti in ogni luogo allo sviluppo della cultura, e a tutte le condizioni della sua situazione storica: così si spiega il continuo differenziarsi dei suoi compiti, la flessibilità e la mobilità in cui essa ora si esplica nell'ampiezza del sistema, ora fa valere tutta la sua forza nei vari problemi e trasferisce Yenergia del suo lavoro a sempre nuovi compiti››122.

La filosofia innalza alla coscienza le relazioni vitali che appartengono all'uomo già nella dimensione precategoriale, e, in

tal modo, contribuisce alla risoluzione delle questioni enigmatiche che rendono insicura la vita umana: «Filosofia è, perciò, una caratteristica personale, un modo del carattere al quale, in ogni tempo, si è attribuito il compito di liberare l'animo dalla tradizione, dai dogmi, dai pregiudizi, dalla potenza degli affetti istintivi, perfino dal dominio di ciò che ci limita dall'esterno. Un tipo di energia logica e di coscienza superiore che è applicato ad ogni cosa, che cerca dappertutto connessione. La coscienza si manifesta, dappertutto, nella cliiarificazione tramite concetti' nella trasformazione della visione

nella connessione logica››1§3.

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Ma tale forma di chiarificazione concettuale compiuta dalla filosofia non conduce ad una qualche verità definitiva ma, piuttosto, rende possibile, per l'uomo, il progressivo chiarimento dei suoi rapporti con la totalità della vita. Così la storia flosofica non costituisce un processo teleologicamente orientato, ma, invece, uno sviluppo della capacità umana di relazionarsi con la vita, secondo le diverse indicazioni delle varie epoche ed

al di fuori da qualsiasi filosofia della storia: «Questo non consiste nell'avvicinarsi ad una conoscenza assoluta, per esempio, nel sistema positivistico, ad una situazione di perfezione: ciò che oggi credono la maggior parte dei filosofi. Tuttavia, esso può essere mostrato in modo indipendente da ogni speranza sistematica. Esso consiste nella crescente coscienza dello spirito umano circa il suo agire, gli obiettivi ed i presupposti di questo, visti come una totalità››12 .

La filosofia è, quindi, il tentativo di chiarire concettualmente le relazioni tra l'uomo e la vita, anche se questo compito non si compie mai perfettamente perché la totalità della vita risulta inesplicabile nei concetti: ciò spiega il continuo mutare dei sistemi filosofici, dal momento che nessuno di essi rappresenta la verità in modo perfetto e definitivo, benché di nessuno possa dirsi che sia, sostanzialmente, erroneo. La vita può essere compresa in modo solo parziale, ed ogni sistema filosofico che si accosta ad essa risulta irrimediabilmente segnato da questa limitatezza. Ma proprio da questo nasce l'esigenza del superamento di ogni prospettiva relativistica in una visione storica in grado di comprendere, al di là dai riduzionismi concettuali e sistematici, la totalità dei rapporti che legano l'uomo con la vitalzä. In tale direzione, Dilthey vuole andare oltre la lettura relativistica della storia filosofica perché fermarsi alla constatazione della relatività di ogni concezione filosofica non arreca

alcuna utilità all'uomo, mentre è certamente più utile, invece, riandare all'origine di tale relatività per cercare di coglierne, all`interno della dimensione storica, il fondamento:

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«Una filosofia che ha coscienza della propria relatività, che riconosce la legge della finitezza e della soggettività sotto la quale sta, è Yinutile amenità del dotto: essa non compie più la sua funzione; se ogni sistema metafisico è relativo, è soggetto alla dialettica dell'esclusione reciproca nella storia, allora lo

spirito umano deve cercare di ritornare alle relazioni oggettivamente conoscibili della filosofia sistematica, nel suo sviluppo e nelle sue forme, con la natura dell'uomo, con gli oggetti ad essa dati, con i suoi ideali e con i suoi fini. Se le intuizioni della vita e del mondo mutano e si trasformano, allora l'autoriflessione storica, che ha dietro di sé quella filosofica, deve ricercare il sicuro fondamento di ogni storicità, della lotta delle intuizioni del mondo, nella vita umana e nei suoi rapporti con ciò che le sta di fronte e agisce su di essa. La filosofia deve diventare, come fenomeno storico-umano, essa stessa oggettiva››126.

Ma l'oggettività della filosofia non è di tipo metafisico, piu tosto essa è da ricondurre alla funzione che esercita nell'amb1-

to della vicenda umana, più che ad una qualche definizione sistematica: «Cos'è la filosofia? Essa non può essere determinata né attraverso l'oggetto né attraverso il metodo. Coloro che assegnano la teoria della conoscenza o la ricerca psicologica o la connessione enciclopedica delle scienze come suo ambito particolare determinano soltanto ciò che appare come un oggetto della filosofia per un dato tempo ed a partire da un determinato punto di vista, il quale oggetto rimane riservato ad essa dopo così tanti processi di differenziazione. Ciò è quanto viene ancora salvato d'un importante ambito passato. La storia deve essere interrogata su cosa sia la filosofia. Essa mostra il mutamento nell'oggetto, le differenze nel metodo; soltanto la funzione della filosofia nella società umana e nella sua cultura è ciò che si conserva in questo cambiamento»m.

La filosofia non è, dunque, la risoluzione sistematica di un qualche problema ma, piuttosto, essa rappresenta l'intero atteggiamento dell'uomo di fronte all'enigma della vita:

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«La filosofia è così nient'affatto limitata ad una qualche determinata risposta alla questione dell'enigma della vita; essa è questo domandare e rispondere in genere. Essa è definibile solo attraverso la funzione che esercita all'interno della società e della sua cultura››128.

La Philosophie der Philosophie rappresenta l'essenza della filosofia come funzione del rapporto dell'uomo con la totalità della vita, nelle diverse epoche storiche, ed esclude qualsiasi sistematica concettuale universalmente valida. Nella storia filosofica ciò che si mantiene costante è la funzione della filosofia, la sua capacità di organizzare, in modo funzionale alle varie epoche, la totalità dei rapporti umani con la vita; i contenuti, invece, sono destinati a scomparire per essere sostituiti da quelli via via ritenuti più adeguati al mutare delle condizioni storiche. La filosofia, però, non deve scadere nella visione relativistica ma, invece, deve elevarsi a quella prospettiva più ampia rappresentata dalla Philosophie der Philosophie. La relatività delle varie concezioni filosofiche viene così inquadra-

ta in una prospettiva storica più ampia, alla luce della quale è possibile rintracciare, all'interno di esse, gli atteggiamenti complessivi che segnano la relazione dell'uomo con la vita: «“La lama”, così io continuai, “del relativismo storico, che ha, per così dire, fatto a pezzi ogni metafisica e religione, deve anche produrre la cura. Dobbiamo soltanto essere coscienziosi. Dobbiamo rendere la filosofia stessa oggetto della filosofia. È necessaria una scienza che abbia per oggettoi sistemi stessi attraverso i concetti storico-evolutivi ed il metodo comparatiVo1›»l29_

Concludendo, possiamo dire che la Philosophie der Philosophie rappresenti, in un certo senso, il completamento della Weltanschauungslehre in quanto, a partire dal raffronto comparativo tra le varie visioni del mondo, rende un'immagine della filosofia innovativa e, almeno tendenzialmente, priva di riferimenti metafisici. Essa rappresenta, dunque, il prodotto della coscienza storica, realizzata nell'analisi della storia della filosofia e, insieme, il venire a compimento di quell'istanza fon43

dativa delle scienze umane che aveva impegnato Dilthey fin dai suoi primi tentativi filosofici. La coscienza storica, dopo aver lavorato in direzione della dissoluzione della metafisica, assumeva, per così dire, una connotazione in qualche modo positiva proprio con la statuizione del carattere funzionale della filosofia: le prospettive scettico-relativistiche venivano evitate proprio grazie alla considerazione della funzione costante della filosofia, come capacità di riconnettere, nelle diffe-

renti epoche storiche, la totalità degli atteggiamenti umani nei confronti della vita. Philosophie der Philosophie e Weltanschauungslehre rappresentano, dunque, il compimento, seppur problematico, della filosofia diltheyana, nella misura in cui

viene lì raggiunto un possibile punto di equilibrio tra la necessità, ineludibile, di una critica della ragione storica e l'esigenza, altrettanto inderogabile, di una fondazione scientifica delle scienze umane; esse rappresentano il ricongiungersi, sebbene, anche qui, in una prospettiva essenzialmente critica, delle due istanze fondamentali che hanno percorso l'intera parabola speculativa diltheyana, e cioè quella relativa alla ricerca storicofilosofica e quella più direttamente legata alla fondazione delle Geisteswissenschaften.

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NOTE l È indicativo, a tal fme, pur senza voler ricostruire, neppure sinteticamente, l'intero percorso filosofico diltheyano, osservare come gli scritti poi raccolti nel vol.VIII delle Gesammelte Schriflen (delle quali, com'è noto, sono già stati editi oltre venti volumi dei trentadue previsti: tale edizione, tuttora in corso, ebbe inizio subito dopo la morte di Dilthey presso Teubner, a Stoccarda, per essere poi continuata, dal vol.X]II in poi, da Vandenhoeck & Ruprecht, a Gottinga) non siano riconducibili ad un periodo ben delimitato, ma si succedettero, senza una preventiva programmazione sistematica, nel corso di molti anni. 2 Dilthey lasciò, alla sua morte, im enorme numero di pagine manoscritto, poi raccolte dai suoi allievi, che costituiscono, ancora, un'assai interessante fonte di questioni e di problematiche legate a.ll'opera del filosofo di Biebrich: molte di

queste pagine sono tuttora inedite. Il Nachlaß diltheyano si trova per buona parte a Berlino, presso la BerlinBranderburgische Akademie der Wissenschaflen, diviso (secondo l'ordine dato da P.Ritter nel 1912) in tre parti: 1) Manoscritti per lo studio dello spirito tedesco; 2) Manoscritti per il Leben Schleiermachers; 3) Manoscritti per la sistematica e la storia della filosofia (lì abbiamo potuto consultare, per la Weltanschauungslehre, soprattutto i fascicoli 135, 136, 137, 138, 139, 147). Una più ridotta ma assai interessante raccolta di manoscritti si trova a Gottinga, presso la Niedersächsische Staats- und Universilätsbibliothek (ove vi sono, tra l'altro, gli importanti lasciti letterari dei coniugi Misch e di H.Nohl, fonti di preziose informazioni sulla filosofia diltheyana; li, inoltre, è conservata una buona parte della corrispondenza diltheyana nonché dei carteggi relativi alle complesse vicende editoriali dei suoi scritti clic, dopo la sua morte, tennero occupati alcuni dei suoi allievi più vicini). Infme, a Bochum, presso la Dilthey-Forschungsslelle diretta da F.Rodi (che ci ha accolto, con grande disponibilità, per un lungo periodo di studio), si acquisisce progressivamente, in fotocopia, materiale manoscritto di Dilthey, che tuttora viene utilizzato per l'edizione delle Gesammelte Schriƒìen. La bibliografia diltheyana, primaria e secondaria, è quanto mai ricca ed articolata, motivo per cui qui, dato il carattere introduttivo di questo scritto e, quindi, per non appesantirlo eccessivamente, rendiamo soltanto i riferimenti bibliografici fondamentali, mentre per ogni notizia ulteriore rimandiamo ai re-

lativi repertori bibliografici già esistenti, tra cui soprattutto: U.I-Ierrmann, Bibliographie Wilhelm Dilthey. Quellen und Lileratur, Weinlieim-Berlin-Basel, Beltz, 1969; inoltre, si vedano gli aggiornamenti bibliografici curati da H.U.Lessing sul Dilthey-Jahrbuch ƒìir Philosophie und Geschichte der Geisteswissenscha/ìen (1983, 1, pp.281-288; 1984, 2, pp.351-358; 1985, 3, pp.275284) e l'ulteriore aggiornamento contenuto nella nostra tesi di dottorato, La Weltanschauungslehre e la Philosophie der Philosophie nell'opera di Wilhelm Dilthey, Catania, 1995, alle pp.283-297. 3Einleitung in die Geisteswissenschaƒìen. Versuch einer Grundlegung für das Studium der Gesellschafl und der Geschichte, in Gesammelte Schriflen (d'ora in avanti: G.S.), vol.I: Einleilung in die Geisteswissenschaflen. Versuch einer Grundlegung fiir das Studium der Gesellschafl und der Geschichte, a cura di

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B.Groethuysen, 1922 (com'è noto, la pubblicazione delle G.S., della quale dicevamo nella nota precedente, ha visto numerose edizioni assolutamente invariate, motivo per il quale in sede di citazione non facciamo riferimento ad una particolare di esse, fatta salva l'i.ndicazione della data di prima edizione di ogni volume, in occasione della prima citazione); trad. it.: Introduzione alle scienze dello spirito. Ricerca di una fondazione per lo studio della società e della storia, a cura di G.A.De Toni, Firenze, La Nuova Italia, 1974. 4 Si. v., per questo, R.Aron, La philosophie critùšue de l'Histoire. Essai sur une theorie allemande de l'histoire, Paris, Vrin, 1964 , pp.29-46 e I-I.U.Lessing, Die Idee einer Kritik der historischen Vernunfl. Wilhelm Diltheys erkenntnistheoretisch-logisch-methodologische Grundlegung der Geisteswissenschafien, Freiburg-München, Alber, 1984, pp.105-131. 5 Ideen über eine beschreibende und zergliedernde Psychologie, in G.S., vol.V: Die geistige Welt. Einleitung in die Philosophie des Lebens, la parte: Abbandlungen zur Grundlegung der Geisteswissenschflen, a cura di G. Misch, 1924, pp.139-240 (trad. it.: Idee su una psicologia analitica e descrittiva, in A.Marini (a cura di), Wilhelm Dilthey. Per la fondazione delle scienze dello spirito. Scritti editi e inediti (1860-1896), Milano, Angeli, 1985, pp.351-446). G Anche su tale argomentazione la critica si è soffermata a lungo; si v., tra le più rilevanti interpretazioni critiche a proposito, soprattutto R.Aron, La philasophie critique de l'Histoire. Essai sur une théorie allemande de l'histoire, cit., pp.47-64; H.U.Lessing, Die Idee einer Kritik der historischen Vernunfl. Wilhelm Diltheys erkenntnistheoretisch-logisch-methodologische Grundlegung der Geisteswissenschaflen, cit., pp.258-282; A.Marini, Alle origini della filosofia contemporanea: Wilhelm Dilthey. Antinomie dell'esperienza, fondazione temporale del mondo umano, epistemologia della connessione, Firenze, La Nuova Italia, 1984, specie alle pp.96-121 (dove, nell'Appendice, pp.197-284, sono riprese diverse pagine delle Ideen); T.Kornbichler, Deutsche Geschichtsschreibung im 19. Jahrhundert. Wilhelm Dilthey und die Begründung der modernen Geschichtswissenschafl, Pfaffenweiler, Centaurus-Verlagsgesellschaflz, 1986, pp.257-266. 7 Si tratta del vol.VIII delle G.S.: Weltanschauungslehre. Abhandlungen zur Philosophie der Philosophie, a cura di B.Groethuysen, 1931. 8 Si v., per esempio, le pregevoli analisi storico-filosofiche contenute nel vol.II delle G.S.: Weltanschauung und Analyse des Menschen seit Reinassance und Reformation, a cura di G.Misch, 1914 (trad. it.: L'analisi dell'uomo e Fintuizione della natura. Dal Rinascimento al secolo XVIII, a cura di G.San.na, Firenze, La Nuova Italia, 1974 (rist. anas.)): tale opera rappresenta una delle migliori esemplificazioni della metodologia di ricerca storico-filosofica di Dilthey. 911 riferimento immediato è qui, naturalmente, alla Einleitung in die Geisteswissenschaflen, cit. lo Per questo si v., infia, la Nota alla traduzione. 11 ll dato biografico assume, qui, un'evidente rilevanza non soltanto quando si osserva che Dilthey visse in un periodo storico segnato da grandi eventi culturali (e non) ma, anche, quando si oonsidera la notevole estensione temporale della sua vita, dagli anni '30 del secolo scorso fino a quasi la prima guerra mon-

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díale: egli, infatti, fu a contatto con le più eterogenee correnti culturali e con molte importanti flgure del movimento flosofico di tale, lungo periodo storico. 12 È noto che Dilthey studiò teologia ad Heidelberg durante la giovinezza (1852/53), destinato, com'era, ad assumere il ruolo di pastore che già era stato del padre e del nonno; ben presto, però, l'attenzione per i fenomeni religiosi, che fu costante per tutto l'arco di svolgimento del suo pensiero, si spostò, in lui, in direzione di una rilettura storica degli stessi, e, contemporaneamente, gli venne meno ogni interesse specifico per l'incarico religioso verso il quale, inizialmente,

sembrava avviato. 13 Per l'importanza della religione nell'economia del pensiero diltheyano si v. G.Misch, Vorbericht, in W.Dilthey, G.S., vol.V, cit., specie alle pp.XXII-}Ø(1II (di alcune pagine fondamentali di tale Vorbericht è uscita una nostra traduzione italiana in Archivio di Storia della Cultura, Napoli, Morano, 1996, Di, pp.367412); H.Nohl, Theologie und Philosophie in der Entwicklung Wilhelm Diltheys, in Die Sammlung, 1959, 14, pp.19-23; P.Hossfeld, Wilhelm Diltheys Stellung zur Religion und seine philosophischen Voraussetzungen, in Theologie und Glaube, 1962, 52, pp.107-121; G.Cacciatore, Il problema della religione in Dilthey, in G.Gembillo (a cura di), Storicismo come tradizione. Studi in onore di Girolamo Cotroneo, Messina, Perna, 1994, pp.41-91. 14 L'arte costituì sempre un momento di attrazione per Dilthey, come testimonia il grande interesse per la musica e per la poesia che lo accompagno fin dagli anni della giovinezza: per questo è indicativo leggere i numerosi passi delle lettere e dei diari giovanili in cui egli si sofferma a rillettere su tali questioni (C.Dilthey-Misch (a cura di), Der junge Dilthey. Ein Lebensbild in Briefen und Tagebüchern 1852-1870, Stuttgart, Teubner e Göttingen, Vandenhoeck & Ruprecht, 19602), come pure il significativo carteggio giovanile con i coniugi Scholz (Briefe Wilhelm Diltheys an Bernhard und Luise Scholz (1859-1864), in Sitzungberichte der Preussischen Akademie der Wissenscha/ìen, Phil. hist. Klasse, 1933, X), rallinati musicisti. Anche negli anni successivi tale interesse per il fenomeno a.rtistico rimase costante, come testimoniano, ad esempio, diverse pagine degli scritti che qui di seguito presentiamo nella traduzione italiana e, anche, il fitto carteggio che Dilthey tenne con Yorck von Wartenburg per circa un ventennio (Brieƒìvechsel zwischen Wilhelm Dilthey und dem Grafen Paul Yorck von Wartenburg 1877-1897, a cura di S. von der Schulenburg, Halle, Niemayer, 1923; trad. it.: Paul Yorck von Wartenburg-Wilhelm Dilthey. Carteggio, a cura di F.Donadio, Napoli, Guida, 1983). 15 Per l'importanza dell'esperienza artistica, secondo Dilthey, nel quadro di un

sapere complessivo intorno all'uomo si v. G.Misch, Vom Lebens- und Gedankenkreis Wilhelm Diltheys, Frankfurt a.M., Schulte-Bulmke, p.12. Per la storicizzazione dell'esperienza artistica in Dilthey si v. A.Negri, Saggi sullo storicisnw tedesco: Dilthey e Meinecke, Milano, Feltrinelli, 1959, p.47. Inoltre, per quanto riguarda l'importanza della musica in Dilthey si v. P.L.Frank, W.Dilthey's contribution to the aesthetics of music, in Journal of Aesthetics and Art Criticism, 1956, pp.477-480; inoltre, rimane sempre pregevole anche l'agile scritto di G.Marini, Dilthey filosofo della musica, Napoli, Guida,

1973.

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Infine, per una considerazione dell'estetica inquadrata nella più generale discussione filosofica è di indubbio interesse lo scritto di F.Rodi Morplwlogie und Hermeneutik. Zur Methode von Diltheys Aesthetik, Stuttgart-Berlin-Köln-Mainz, Kohlhammer, 1969. 16 Si tratta della breve ma efficace Die dichterische und philosophisce Bewegung in Deutschland 1770-1800, ora in G.S., vol.V., cit., pp.12-27; qui Dilthey studia il movimento poetico e flosofico nella Germania dell'ultimo trentennio del Settecento anche per rintracciarvi le origini, complesse, della propria esistenza spirituale: per questo si v. G.Misch, Vorbericht, cit., p.X. H Dilthey, pur trattando talvolta, anche per comprensibili questioni legate ad esigenze di ricerca, separatamente di arte, religione e filosofia, tende ad averne una considerazione in qualche modo unitaria, considerandole come parti (non esaurienti) della complessiva esperienza spirituale dell'uomo. 18 L'influsso di Trendelenburg su Dilthey, in direzione della storicizzazione del sapere intorno all'uomo, fu determinante: si v., per questo, M.Ermarth, Wilhelm Dilthey: The Critique of Historical Reason, Chicago-London, 'l`he University of Chicago Press, 1978, pp.59-62; e J.Wach, Die Typenlehre Trendelenburgs und ihr Einƒluss aufDilthey, Tübingen, Mohr, 1926. 19 Sul rapporto tra Dilthey e gli esponenti della grande storiografia tedesca dell'Ottocento si v. G.Cacciatore, Vita e forme della scienza storica. Saggi sulla

storiografia di Dilthey, Napoli, Morano, 1985, specie alle pp.141-217; e, in generale, 'l`.Kombichler, Deutsche Geschjclússchreibung im 19. Jahrhundert. Wilhelm Dilthey und die Begründung der modernen Geisteswissenschafl, cit.

20111 Einzemmg, cit., pp.xv1-xvn (ma. it. cit. pn). 21 G.Cacciatore, in Storicismo problematico e metodo critico, Napoli, Guida, 1993, alle pp.215-247, rillette sui rapporti Dilthey-Rickert, e, a p.215, inserisce 1m'utile nota bibliografica sul noto dibattito Dilthey-Windelband. 22 Per la formazione diltheyana nell'ambito dei rapporti tra problematica kantiana ed idealismo tedesco si v. M.Ermarth, Wilhelm Dilthey: The Critique of Historical Reason, cit., pp.38-52. 23 L'espressione critica della ragione storica, che vuole proporre, sostanzialmente, un allargamento del criticismo kantiano alla considerazione storica, si trova, in Dilthey, già negli appunti degli anni giovanili, per essere poi continuamente ribadita fmo alle ultime opere, come il Plan der Fortsetzung zum Auƒbau dcr geschichI.lichen Welt in den Geisteswissenscha/ìen, in G.S., vol.Vll: Der Au/bau der geschichtlichen Welt in den Geisteswissenschaflen, a cura di

B.Groethuysen, 1927, pp.191-293 (trad. it.: Nuovi studi per la costruzione del mondo storico nelle scienze della spirito, in P.Rossi (a cura di), Critica della ragione storica, Torino, Einaudi, 1954, pp.293-384). 24 Sul confronto diltheyano con le posizioni kantiane si v. R.Aron, La philosophie critique de l'Histoire. Essai sur une théorie allemande de l'histoire, cit., pp.21-111; J .F.Suter, Philosophie et Histoire chez Wilhelm Dilthey, Basel, Verlag für Recht und Gesellschaft, 1960, pp.49-72; H.P.Rickman, Wilhelm Dilthey. Pioneer of the Human Studies, Berkeley-Los Angeles-London, University of California Press, 1979, pp.123-142; H.lneichen, Diltheys Kant-Kritik, in Dilthey-

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Jahrbuch fiir Philosophie und Geschichte der Geisteswissenschaflen, 1984, 2, ppål-64. Questo ampliamento della prospettiva kantiana in direzione di una specifica ed appropriata articolazione delle scienze umane è ben evidenziato da P.Rossi in Lo storicismo tedesco contemporaneo, Torino, Einaudi, 1956, p.41. 26 Per i rapporti di Dilthey con il positivismo è utile vedere l'Introduzione di G.Cacciatore all'edizione italiana dell'opera diltheyana in cui forse sono più evidenti le suggestioni che il positivismo esercitava su Dilthey, benché questi si mantenesse, poi, su posizioni di attenzione critica: si tratta di Uber das Studium der Geschichte der Wissenschaflen vom Menschen, der Gesellschaft und dem Staat, ora in G.S., vol.V, cit., pp.31-73 (trad. it., a cura di G.Cacciatore: Lo studio delle scienze umane, sociali e politiche, Napoli, Morano, 1975). 27 Per la critica della filosofia della storia e della sociologia nella loro (diversa) pretesa di fornire un sapere totalizzante, critica che Dilthey conduce nelle ben note pagine della Einleitung, si v. F.Bianco, Introduzione a Dilthey, Roma-Bari, Laterza, 1985, pp.49-58. 28 Il tema dei rapporti tra Geisteswissenschaflen e Naturwissenschafien è f.n troppo noto perché se ne renda qui necessaria la trattazione; si v., tra i lavori che si soflermano su tale questione, J.F.Suter, Phibsophie et Histoire chez Wilhelm Dilthey, cit., pp.38-48; e H.U.Lessing, Die Idee einer Kritik der historischen Vernunƒì. Wilhelm Diltheys erkenntnistheoretisch-logisch-methodologische Grundle%ng der Geisteswissenschaflen, cit., pp.151-159. È noto che Dilthey tentò, per tutto il corso della sua vita, di portare a ter-

mine tali tentativi di fondazione gnoseologica delle Geisteswissenschaflen, anche se non pervenne mai ad una definitiva risoluzione della questione. Per questo risulta interessante vedere il suo tentativo, spesso ripreso e più volte riformulato, di scrivere il secondo volume della Einleitung: si tratta delle pagine poi rac-

colte nel vol.X[X delle G.S., Grundlegung der Wissenschaflen vom Menschen, der Gesellschafl und der Geschichte. Ausarbeitungen und Entwürƒè zum zweiten Band der Einleitung in die Geisteswissenschaflen (ca.1870-1895), a cura di H.Johach e F.Rodi, 1982. Su tale tentativo di pervenire alla realizzazione del piano complessivo della Einleitung sono interessanti, di F.Rodi: La ricostruzione del sistema della "Introduzione alle scienze dello spirito”, cont. in F.Bianco (a cura di), Dilthey e il pensiero del Novecento, Milano, Angeli, 1988 2, pp.168-178 e Genesi e struttura della 'Introduzione alle scienze dello spirito' di Dilthey, cont. in G.Cacciatorc-G.Cantillo (a cura di), Wilhelm Dilthey. Critica della metafisica e ršàgione storica, Bologna, ll Mulino, 1985, pp.187-203.

Su tale intento fondativo sviluppatosi attorno ad una psicologia analiticodescrittiva si v. supra, nota 6 e, anche, G.Misch, Vorbericht, cit., pp.LX1XLXXIV. 31 Qui facciamo semplicemente un cenno (tenendo presente la ricostruzione storico-critica delle argomentazioni che interessano in modo più diretto questo lavoro) alle importanti e complesse questioni che hanno attraversato la speculazione diltheyana, dandone per scontata la conoscenza: non sarebbe stato certo

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possibile indugiare, in questa sede, su tali questioni, sulle quali, d'altra parte, esiste già una copiosa ed articolata bibliografia (cfr. supra, nota 2). 32 Ebbinghaus, trai maggiori sostenitori della psicologia sperimentale, pubblicò la sua critica delle Ideen diltheyane nel 1896, sulla rivista Zeitschrifl fiir Psychologie und Physiologie der Sinnesorgane, IX, 1895-96, pp.161-205. Il titolo di tale intervento è: Uber erklärende und beschreibende Psyclwlogie (trad. it.: Psicologia esplicativa e psicologia descrittiva, in A.Marini (a cura di), Materiali per Dilthey. Ebbinghaus, Yorck-Dilthey, Wundt, Windelband: aspetti del dibattito

sulla psicologia, Milano, Unicopli, 1979, pp.1-56). La critica di Ebbinghaus, al di là dei suoi contenuti specifici, aveva propositi radicali perché mirava ad evidenziare la sostanziale disinformazione diltheyana a proposito della scienza psicologica del tempo e, di conseguenza, l'inconsistenza del suo tentativo di riformare in senso analitico-descrittivo tale ambito di sapere. L'accusa di fondo era già abbastanza per screditare il tentativo diltheyano in direzione dell'elaborazione di una psicologia analitico-descrittiva: le premesse da cui partiva tale tentativo erano mal fondate, quando non addirittura errate e, dunque, non potevano che produrre conclusioni fuorvianti. 33 Sono interessanti, per comprendere l'ampiezza delle questioni suscitate dalle Ideen, la lettera di Yorck a Dilthey del 3.11.95 e quella di Dilthey a Yorck del 3-10.11.95 (in Briefiuechsel zwischen Wilhelm Dilthey und dem Grafen Paul

Yorck von Wartenburg 1877-1897, cit., pp.195-199; trad. it. cit. pp.301-305). È un peccato, come dice giustamente F.Donadio nell'edizione italiana del Carteggio da lui curata (p.177), che siano andate perdute le due lettere di Dilthey a Yorck nelle quali si faceva più esplicito riferimento alle critiche di Ebbinghaus. La polemica e fin troppo nota perche sia qui necessario richiamarla. Essa prese l'avvio dalla Rektoratsrede, dal titolo Geschichte und Naturwissenschafl, che Windelband tenne a Strasburgo nel 1894 ed alla quale Dilthey rispose con il saggio poi intitolato [Uber vergleichende Psychologie]. Beiträge zum Studium, der Indiuidualitãt, edito allora in Sitzungberichte der königlich preußischen Akademie der Wissenschaƒìen; tale saggio si trova ora in G.S., vol.V, cit., pp.241316 (trad. it.: [Sulla psicologia comparativa]. Contributi allo studio dell'individualità, in A.Marini (a cura di), Wilhelm Dilthey. Per la fondazione delle scienze dello spirito. Scritti editi e inediti 1860-1896, cit., pp.44'7-518). 35 Si v., per questo, M. Ermarth, Wilhelm Dilthey: The Critique of Historical Reason, cit., pp.181-216. 36 Sul concetto di Erlebnis nell'opera diltheyana si v. O.F.Bollnow, Dilthey. Eine Einfiihrung in seine Philosophie, Schaffhausen, Novalis Verlag, 19804,

pp.114-118; e E.Betti, Teoria generale dell'interpretazione, Milano, Giuffrè, 1955, vol.l, p.141 e sgg. 37 E tuttavia, come nota F.Bianco, in Comprensione, spiegazione, interpretazione, cont. in P.Rossi (a cura di), Max Weber e l'analisi del mondo moderno, Torino, Einaudi, 1981, pp.55-57 l'Erlebnis (o l'Erleben, come poi dirà Dilthey) rimaneva comunque centrale nell'ec0n0mia del discorso filosofico diltheyano. L'Ausdruck offriva soltanto la possibilità di mediare la soggettività degli Erleb-

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nisse in una dimensione divenuta oggettiva, e dunque più facilmente indagabile in modo scientifico. 38 Per un'a.na.lisi più ampia del concetto di Erlebnis si v. K.Sauerland, Diltheys Erlebnisbegrifif Entstehung, Glanzzeit und Verkümmerung eines literaturhistorischen Begrifiš, Berlin-New York, De Gruyter, 1972. Inoltre, si v. F.Tessitore, Il senso della storia universale, Milano, Garzanti, 1987, pp.278-283, ove viene sottolineato il ruolo fondativo dell'Erlebnis diltheyano, al di là delle assolutizzazioni proprie della filosofia della storia e della sociologia. Infme, per la relazione esperienza esterna/esperienza interna nella prospettiva diltheyana si v. M.Ermarth, Wilhelm Dilthey: The Critique ofHistorical Reason, cit., pp.97-108. 39 Sul Verstehen diltheyano si v. C.Cüppers, Die erkenntnistheoretischen Grundgedanken Wilhelm Diltheys dargestellt in ihrem historischen und systematischen Zusammenhange, Leipzig, Teubner, 1933, pp.118-152; K.O.Apel, Das Verstehen (eine Problemgeschichte als Begriflfsgeschichte), in Archiv fiir Begriƒfsgeschichte, 1955, 1, pp.142-199; Hlneichen, Erkenntnistheorie und geschichtlich-gesellschaflliche Welt. Diltheys Logik der Geisteswissenschaflen, Frankfurt a.M., Klostermann, 1975, p.56; R.A.Makkrc-el, Dilthey. Philosopher of the IIuman Studies, Princeton, Princeton University Press, 1975, pp.251-262; R.A.Makkreel, Dilthey und die interpretierenden Wissenschaflen: Die Rolle von

Erklären und Verstehen, in Dilthey-Jahrbuch ƒìir Philosophie und Geschichte der Geisteswissenschaften, 1983, 1, pp.57-73; K.O.Apel, Diltheys Unterscheidung von `Erklären' und 'Verstehen' im Lichte der Problematik der modernen Wissenschaflstheorie, in E.W.Orth (a cura di), Dilthey und die Philosophie der Gegenwart, Freiburg-München, 1985, pp.285-347; M.Ermarth, Wilhelm Dilthey: The Critique of Historical Reason, cit., pp.241-321; 'I`.Kornbiclilor, Deutsche Geschichtsschreibung im 19. Jahrhundert. Wilhelm Dilthey und die Begründung der modernen Geschichtswissenschaƒì', cit., pp.266-276; H.H.Gander, Positivismus als Metaphysik. Voraussetzungen und Grundstrukturen von Diltheys Grundlegung der Geisteswissenschaflen, Freiburg-München, Alber, 1988, pp. 228-281. Infine, per il significato del Verstehen nell'“ultimo Dilthey' si v. G. Cacciatore, La lancia di Odino. Teorie e metodi della scienza storica tra Ottocento e Novecento, Milano, Guerini, 1994, pp.25-54. 40 Per quanto riguarda il significato dell'Ausdruck, nella sua costitutiva connessione con il Verstehen, si v. G.Misch, Vorbericht, cit., pp.LXXXVI-XCV; C.Cüppers, Die erkenntnistheoretischen Grundgedanken Wilhelm Diltheys dargestellt in ihrem historischen und systematischen Zusammenhange, cit., pp.110118; O.F.Bollnow, Dilthey. Eine Einfiìhrung in seine Philosophie, cit., pp.167209; P.Rossi, Critica della ragione storica, cit., pp.21-27; A.Negri, Saggi sullo storicisnw tedesco: Dilthey e Meinecke, cit., pp.144-152; P.Rossi, Lo storicisnw tedesco contemporaneo, cit., pp,74-76; H.Diwald, Wilhelm Dilthey. Erkenntnistheorie und Philosophie der Geschichte, Göttingen-Berlin-Frankfurt, Musterschmidt Verlag, 1963, pp.153-170; H.Ineichen, Erkenntnistheorie und geschicht-gesellschaflliche Welt. Diltheys Logik der Geisteswissenscluiften, cit., pp.200-222; G.Cacciatore, Scienza e filosofia in Dilthey, Napoli, Guida, 1976, vol.II, pp.90-133; E.S.Kim, Anthropologie und Hermeneutik. Die Explication einer Fragestellung W.Diltheys in den Schriƒìen von G.Misch, H.Plessner und

51

O.F.Bollnow, Bochum, 1985, pp.183-184; E.Mazzare]la, Storia Metafisica Ontologia, Napoli, Morano, 1987, pp.32-38. il In Der Auƒbau der geschichtlichen Welt in den Geisteswissenschafien, in G.S., vol.VIl, cit., p.131 (trad. it. cit. p.214).

42 Nel 1905 Dilthey pubblicò Die Jugendgeschichte Hegels (in G.S., vol.IV: Die Jugendgeschichte Hegels

und andere Abhandlungen zur

Geschichte

des

deutschen Idealismus, a cura di H.Nohl, 1921, pp.5-190; trad. it., di G.Cavallo Guzzo: Storia della giovinezza di Hegel, in G.Cacciatore-G.Ca.ntillo (a cura di), W.Dilthey. Storia della giovinezza di Hegel e frammenti postumi, Napoli, Guida, 1986, pp.11-262), segno di Im rinnovato interesse per l'opera hegeliana e, in particolare, per la concezione hegeliana dello spirito oggettivo. F.Bianco, in Introduzione a Dilthey, cit., p.102, mette in evidenza la significatività del recupero diltheyano, negli ultimi anni della sua attività filosofica, della filosofia hegeliana: con Trendelenburg, negli anni della formazione, Dilthey aveva avvertito la necessità di rifiutare le assolutizzazioni idealisticosistematiche dell'opera di Hegel, del quale apprezzava, però, la capacità di rilettura storica degli eventi. La tarda rimeditazione, non solo in chiave criticonegativa, della filosofia hegeliana testimonia proprio della problematicità per quanto possibile priva di pregiudizi con cui Dilthey soleva rileggere la storia filosofica. Per il significato dello spirito oggettivo in Dilthey si può vedere, tra gli altri, O.F.Bollnow, Dilthey. Eine Einfithrung in seine Philosophie, cit., pp.194-200. 43 Per la rilettura, da parte di Dilthey, dell'opera hegeliana è interessante vedere quanto dioe G.Marini in Dilthey e il giovane Hegel, in F.Tessitore (a cura di), Incidenza di Hegel, Napoli, Morano, 1970, pp.791-841: qui sono posti in luce alcuni elementi comuni ed altri di differenza tra la filosofia diltheyana e quella hegeliana. Per quanto concerne il rapporto Hegel-Dilthey, si v. J .F.Suter, Philosophie et Histoire chez Wilhelm Dilthey, cit., pp.156-171; W.Stegmaier, Philosophie der Fluktuanz. Dilthey und Nietzsche, Göttingen, Vandenhoeck & Ruprecht, 1992, pp.124-142; G.Cacciatore, Storicismo problematico e metodo critico, cit., pp.105119. 44 In riferimento a questa inesplicabilità della vita nella forma concettuale si v. O.F.Bollnow, Dilthey. Eine Einfiihrung in seine Philosophie, cit., pp.70-71. 45 Si v. G.Misch, Vorbericht, cit., pp.LXXXVIII-XCII. 46 Anche in riferimento alla connessione dinamica è visibile il graduale spostamento dell'analisi diltheyana dall'ambito psicologico a quello storico: prima Dilthey aveva tentato di caratterizzare la connessione psichica, senza riuscire

ad evitare esiti soggettivistici, mentre ora la sua attenzione si ooncentrava sulla connessione dinamica nella sua essenziale funzione legata alla determinazione di un legame riscontrabile nelle oggettivazioni storiche, come esteriorizzarsi della vita, e non già esclusivamente nella dimensione interiore della connessione psichica. 47 Per quanto riguarda la Weltanschauungslehre si v. M.Frischeisen-Köhler, Wilhelm Dilthey als Philosoph, in Logos, 1912, 3, pp.29-58; G.Misch, Vom Le-

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bens- und Gedankenkreis Wilhelm Diltheys, cit., pp.28-32; L.Martinez Gomez, Los Tipos de "Weltanschauung" de Guillermo Dilthey, in Pensamiento, 1952, 8, pp.5-29; J.F.Suter, Philosophie et Histoire chez Wilhelm Dilthey, cit., pp.109-118; H.Diwald, Wilhelm Dilthey. Erkenntnistheorie und Philosophie der Geschichte, cit., pp.204-211; R.A.Makkreel, Dilthey. Philosopher of the Human Studies, cit., pp.345-356; G.Cacciatore, Scienza e filosofia in Dilthey, cit., vol.II, p.320 e sgg.; M.Erma.rt.h, Wilhelm Dilthey: The Critique ofHistorical Reason, cit., pp.321-338; F.Bianco, Introduzione a Dilthey, cit., pp.141-169; K.Acham, Il contributo di Dilthey alla filosofia della scienza e all'analisi delle visioni del mondo, cont. in F.Bianco (a cura di), Dilthey e il pensiero del Novecento, cit., pp.76-81; H.Johach,

Wilhelm Dilthey: Die Struktur der geschichtlichen Erfahrung, in J .Speck (a cura di), Grundprobleme der großen Philosophen, IV vol.: Philosophie der Neuzeit. Lotze. Dilthey. Meinong. Troeltsch. Husserl. Sirnmel, Göttingen, Vandenhoeck & Ruprecht, 1986, pp.77-82; B.M.D'Ippolito, Il sogno del filosofo. Su Dilthey e Husserl, Napoli, Morano, 1987, pp.111-126; G.Cacciatore, Storicismo problematico e metodo critico, cit., pp.156-172. 48 In Die Typen der Weltanschauung und ihre Ausbildung in den metaphysischen Systemen, in G.S., vol.VIII, cit., p.75 (infra, p.177). 49 Ibidem p.75 (infra, p.177).

5° Ibidem, pp.'17-vsanfia, p.1so). 51 Ibuzem, pas (infra, p.1so). 52 Non riprendiamo qui, volutamente e per ovvi motivi, il ben noto concetto diltheyano di Leben, su cui, d'a.ltra parte, la critica si è esercitata a lungo. 63 È interessante vedere, su tale ipotesi diltheyana delle visioni del mondo come oggettivazioni della vita, quanto dice O.F.Bollnow in Dilthey. Eine Einfilhrung in seine Philosophie, cit., p.71. 54 In Die Typen der Weltanschauung und ihre Ausbildung in den metaphysischen Systemen, cit., p.78 (infra, p.180).

ãölbidem, pas (infra, p.1s1). 56 Ibmm, pp.19¬so (infra, pp.1s2-183). Ibidem, p.80 (infra, p.183). Ibidem., pp.80›81 (infra, p.184). Ibidem, p.81 (infra, p.184). âåšßìå 6 Ibidem, pp.81-82 (infra, p.185).

1 Ibidem, p.82 (infra, pp.1s5-186). ãlbidem, p.82 (infra, pisa). «Tutte le visioni del mondo scaturiscono dall'oggettivazione di ciò che 1'uomo vivente esperisce dal mondo percependo e rappresentando, nel sentimento e nel.l'impulso, provando la sua volontà sulle cose», in Zur Weltanschauungslehre, in G.S., vol.VIII, cit., p.235 (infra, p.394). 64 In Die Typen der Weltanschauung und ihre Ausbildung in den metaphysischen Systemen, cit., pp.82-84 (infra, pp.186-188).

53

Ibidem, p.84 (infra, p.188). Ibidem, p.84 (infra, p.l88). Ibidem, pp.84-85 (infia, p.189). Ibidem, pp.85-87 (infra, pp.189-191). 8 39838? Ibidem, p.86 (infra, p.191). '70 Ibidem, p.87 (infra, p.193). 71

Ibidem, p.87 (infra, p.193).

72

Si v. Das geschichtliche Bewußtsein und die Weltanschauungen, cont. in G.S. , vol.VIII, cit., pp.43-51 (infra, pp.125-134). 73 In Die Typen der Weltanschauung und ihre Ausbildung in den metaphysisclän Systemen, cit., p.88 (infia, p.194). Ibidem, p.88 (infia, p.194). 75

Ibidem, pp.88~89 (infia, pp.194-195). 76 Ibidem, p.89 (infra, pp.195-196). '77 '78 79 80 81

Ibidem, p.90 (infra, pp.196-197). Ibidem › p.91 (infra, p.l98). Ibidem, p.91 (infia, p.198). Ibidem, pp.92-93 (infra, pp.199-200). Ibidem, p.92-93 (infra, pp.199-200). Ibidem, p.94 (infra, pp.201-202). Ibidem, p.95 (infra, pp.202-203). Ibidem, p.95 (in/ra, p.203). Ibidem, pp.95-96 (infra, p.203). Ibidem, p.97 (infra, p.205).

Ibidem, pp.97-98 (infia, pp.205-206). Ibidem, p.98 (infra, pp.206-207). In Zur Weltanschauungslehre, cit., p.225 (infia, p.383). Éšëãäã šâši In Die Typen der Weltanschauung und ihre Ausbildung in den metaphysiscgfn Systemen, cit., pp.99-100 (infra, pp.207-208). Ibidem, p.100 (infra, p.209). 92 Ibidem, p.101 (infra, p.210). Ibidem, p.101(infra, pp.210-211).

Ibidem, pp.102-104 (infia, pp.211-214). Ibidem, pp.104-105 (infra, pp.214-215). Ibidem, pp.105-107 (infra, pp.215-217).

838828

Ibidem, pp.lO7-109 (infia, pp.219-221). Ibidem, pp.107-109 (infia, pp.219-221).

54

9° Ibidem, p.11o (infra, pp.222-223). 1°°1z›idem, p.11o (infra, pp.222-223). mi Ibidem, pp.111-112 (infra, pp.223-224). loz Ibidem, pp.112-113 (infiu, pp.225-226).

1°° Ibidem, pp.112-114 (infra, pp.22s-227). 1°* Ibidem, p.114 (infra, p.22?). `l °°5 Ibidem, pp.114-115 (infra, pp.227-22,8).

1°61z›idem, p.11s (infra, p.22s›. 1°” Iblum, p.117 (in/+0, pp.230-231). 1°81z›idem, p.117 (infra, p.231›. 109 M.Riedel, in La critica diltheyana alla ragione fondante, cont. in F.Bianco (a cura di), Dilthey e il pensiero del Novecento, cit., pp.42-59, sottolinea giustamente lo spostamento dell'interesse di ricerca diltheyano dall'ambito gnoseologico-fondativo, di derivazione kantiana, a quello storicoermeneutico: qui la filosofia non è più fondazione definitiva del sapere ma, piuttosto, rilettura critica

della storia secondo modelli indicativi ricavati, per via comparativa, da essa stessa: cominciava a farsi strada, così, l'idea di una Philosophie der Philosophie come teoria del valore funzionale della filosofia.

11° In Das geschichxzicfw Bewußfsein mi die wezzamfwuungen, eat., pß (inljìrla, pp.68-69). H2 Ibidem, p.12 (infra, pp.79-80). H3 Ibidem, p.33 (infra, pp.110-111).

Ibidem, p.35 (infra, p.113). 114 Per questo si v. O.F.Bollnow, Dilthey. Eine Einfiihrung in seine Philosophie, cit., pp.92-95; e G.Ca.ntillo, Filosofia, conoscenza storica, storia della filoso-

fia, inAnnali di discipline filosofiche dell'Università di Bologna, 1983-4, 5, pp.524. 115 Scrive Misch, in Vorbericht, cit., p.CX]II: «Dilthey risponde alla domanda sulla 'essenza' della filosofia, come in genere su ciò che 'è' qualcosa, con la dimostrazione della sua 'funzione' nella vita, che è poi da comprendere a partire dalla struttura in virtù della quale essa esercita la fiinzione». 116 Dilthey compie quest'analisi della storia flosofica, al fme di determinarne l'essenza, soprattutto nell'opera Das Wesen der Philosophie, cont. in G.S., vol.V. citñáspecie alle pp.340 e sgg. (trad. it. cit. p.388 e sgg.). Ibidem, p.365 (trad. it. cit. p.420).

“B Ibidem, ppßes-366 (ma. it. cit. p.421)_ 119 Ibidem, p.406 (md. it. cit. pp.41a-474). 12° Ibwm, p.41s (md. it. cit. p.4ss›.

121 Ibidem, p.41s (md. it. cit. pp.4ss-486). 122 Ibidem, P415 (trad. it. cit. p.4ss›_ 55

123 In Das geschichtliche Bewußtsein und die Weltanschauungen, cit., p.32 (inåa, p.109). Ibidem, p.39 (infra, p.118). 125 In Zur Weltanschauungslehre, cit., p.207 e sgg. (infia, p.362 e sgg.).

126 In Das geschichtliche Bewußtsein und die Weltanschauungen, cit., p.13 (in]]},a, pp.80-81). In Zur Weltarwchauungslehre, cit., p.208 (infra, pp.363-364).

128 Ibidem, pp.211-212 (infra, ppßsv-ses). 129 Ibidem, p.234 (infra, p.:-194).

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Wilhelm Dilthey

LA DOT'I`RINA DELLE VISIONI DEL MONDO TRATTATI PER LA FILOSOFIA DELLA FILOSOFIA

NOTA ALLA TRADUZIONE

Gli scritti di Dilthey che di seguito presentiamo nella traduzione

italiana sono raccolti nel volume VIII delle Gesammelte Schriflen, dal titolo: Weltanschauungslehre. Abhandlungen zur Philosophie der Philosophie, edito per la prima volta nel 1931, a cura di B.Groethuysen. La traduzione è stata condotta sulla terza edizione invariata, Stutt-

gart/Göttingen, Teubner/Vandenhoeck & Ruprecht, 1962. Abbiamo condotto la traduzione attenendoci il più possibile al testo, anche se talvolta abbiamo incontrato non poche difficoltà dovute alla frammentarietà dei saggi, che, nella quasi totalità, l'autore non aveva ancora approntato per la stampa. Inoltre, abbiamo preferito rendere il testo nella sua interezza, sebbene qualche passo sia visibilmente incompleto o, comunque, difficilmente interpretabile. Per rendere uno stesso termine abbiamo utilizzato anche accezioni differenti, per meglio adattarlo, di volta in volta, al contesto. Abbiamo ritenuto opportuno riprodurre integralmente le parti poste in nota dal curatore dell”edizione tedesca, B.Groethuysen, nonostante non sempre siano di agevole lettura a causa della frammentarietà o dell'incompletezza dei passi diltheyani lì riprodotti; tuttavia, ci sono sembrate di grande utilità per le interessanti informazioni contenute. In tale ambito, per rendere il testo più facilmente leggibile, siamo talvolta intervenuti con maggiore decisione, pur senza stravolgerne il senso. Le note, data la loro consistenza che non ne ha permesso il riporto

in calce, sono state collocate alla fine di ogni singolo saggio cui fanno riferimento. Alcuni titoli che, al loro interno, rimandavano alle diver-

se parti di uno stesso scritto sono stati soppressi e, in tale ambito, la numerazione è stata, quindi, resa progressiva. Le note del curatore dell'edizione italiana sono contrassegnate, alla fine, dalla sigla (M), mentre le altre sono del curatore dell'edizione tedesca. Data la sostanziale assenza di note di Dilthey, abbiamo lasciato (per non appesantire ulteriormente l'apparato delle note) i suoi (pochi) rimandi ad opere note nella loro forma originaria, cioè in parentesi nel testo. Per evitare eccessivi appesantimenti, abbiamo preferito, nelle note, fornire informazioni soltanto su personaggi e opere meno noti, dando per scontata la conoscenza, al comune lettore di cose filosofiche, dei più noti autori e delle opere di larga circolazione.

59

La prima nota di ogni singolo scritto fornisce informazioni sullo stesso. In linea di massima, abbiamo preferito tradurre anche le espressioni di più diflìcile resa in lingua italiana; abbiamo reso Selbst con io, piuttosto che con sé, per dare maggiore scorrevolezza al discorso, anche se poi Pespressione Selbigkeit abbiamo dovuto tradurla con Fimpervio medesimezza, per distinguerla da Identität, resa con identità. Nella traduzione dei titoli delle varie parti, capitoli etc. ci siamo

talvolta distaccati dal semplice riporto alla lettera, per meglio renderli in italiano, dandone, comunque, segnalazione nelle note. I passi che nel testo originario erano in un carattere maggiormente spaziato li abbiamo resi, in linea di massima, in corsivo, mentre

Yinterlinea ridotta, laddove presente, è stata rispettata. I puntini sospensivi nel testo segnalano le eventuali incompletezze nello scritto diltheyano. La parentesi < > indica Yaggiunta del curatore dell'edizione tedesca. Infine, abbiamo reso in corsivo alcune episodiche espressioni caratteristiche e i titoli (sebbene incompleti) delle opere citate nel testo.

60

LA COSCIENZA STORICA E LE VISIONI DEL MONDO1

PRIMA PARTE

IL COMPITO

PRIMO CAPITOLO

L'ANTINOMIA TRA LA PRETESA DI VALIDITÀ UNIVERSALE DI OGNI INTUIZIONE DELLA VITA E DEL MONDO E LA COSCIENZA STORICA

Tra la coscienza storica del presente ed ogni tipo di metafisica come visione del mondo scientifica sussiste una contraddizione. Contro la validità oggettiva di ogni determinata visione del mondo agisce, in modo molto più incisivo di ogni argomentazione sistematica, il fatto che, storicamente, si sia sviluppato un numero illimitato di tali sistemi metafisici, che essi, in ogni epoca in cui sono esistiti, si siano combattuti ed esclusi reciprocamente, e che fino a oggi non si sia potuta operare una scelta. Dalla disputa degli antichi sistemi greci scaturì lo spirito scettico, nell'età dell'illuminismo greco. Dopo che le campagne di Alessandro svelarono agli occhi dei Greci la diversità dei costumi, delle religioni, delle intuizioni della vita e del mondo, dopo che, poi, i regni dei Diadochi mantennero davanti ai loro occhi queste diverse forme di vita, allora ebbe origine, in modo conseguente, lo scetticismo. Questo ha poi incluso nelle sue operazioni distruttiva anche i problemi dei teologi: il male e la teodicea, il conflitto della personalità e della perfezione in Dio, il fine etico dell'uomo, e le intuizioni del mondo metafisiche dello stoicismo e de1l'epicureismo produssero la convinzione che la ragione della loro metafisica fosse collocata nella disposizione d'animo, nella tendenza, posta da essa, in direzione del sommo bene. Proprio nell'ambito di questa tendenza stava, poi, anche il problema, sollevato da Ippia, di far risaltare come diritto naturale, teologia naturale, Pelemento comune nella molteplicità dei costumi, dei principi giuridici e delle teologie. La

scepsi, che in ogni caso si orientava, ora, contro il sistema naturale, rimase senza effetto in relazione al sicuro presupposto di un tipo della natura umana in mezzo alla molteplicità storica delle forme di vita umane.

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Anche il sistema ñdeistico dei più moderni popoli europei e la dogmatica filosofica dimostrata a partire dal suo sviluppo cominciavano ad essere sottoposti al dubbio, dopo che alla corte di Federico II gli arabi maomettani ed i cristiani misero a confronto le loro convinzioni e dopo che, anche, la metafisica greca e quella romana furono chiamate a questa comparazione. Ma soltanto a partire da questo periodo Yindimostrabilità dei principi che si attribuivano, a differenza da quella araba e gre-

ca, alla speculazione cristiana durata fino ad allora costituì un sicuro risultato; sembrò dato, così, un possesso comune di convinzioni umane - una rappresentazione, a dire il vero, assai erronea; glí spiriti più audaci si appoggiarono alle notizie intorno al sistema epicureo per andare ancora molto oltre nel loro dubbio. Quando, poi, la visione generale della distribuzione geografica delle forme di vita, dei costumi e dei modi di pensare umani si ampliò di secolo in secolo, fino a che essa abbraccio la sfera terrestre, allora si diffuse irresistibilmente, nella maggior parte degli uomini, un atteggiamento di pensiero scettico nei confronti di ogni dogma; la forza della fede in un sapere trascendente scemò costantemente, dapprima nelle convinzioni dei ricercatori scientifici, poi in quelle delle classi colte, da ultimo persino nelle masse dei lavoratori, e nessuna metafisica trascendente ottenne più il carattere di autorità come l'avevano posseduto, una volta, quella di Platone, di Aristotele o di San Tommaso. Sembrava resistere l”uomo come un tipo sicuro nel quale si realizza un determinato contenuto. Questo tipo di uomo aveva costituito il presupposto del pensiero romano e di quello greco. Esso era il presupposto ultimo del cristianesimo; il figlio dell'uomo, il congiungimento della divinità con questo tipo, il primo ed il secondo Adamo contenevano in sé questo presupposto. Così si fissò un paradigma di uomo con il quale si sarebbero misurati tutti i fenomeni storici. Un tale paradigma era supposto per la religione nel cristianesimo, per il diritto nella giurisprudenza romana, per l'arte nella creazione greca. Il sistema naturale prodotto nel diciassettesimo secolo era sostenuto da questo presupposto. Tale sistema era il perfezionamento del metodo dello stoicismo e degli elementi essenziali dedotti da

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esso. Questo, come si diffuse a partire dalla Francia e dall'Olanda, era un insieme di principi che dovevano far conoscere ciò che nella natura dell'uomo è dato con necessità. In tutte le diversità storiche erano contenute, secondo questo sistema naturale, forme di ordinamenti sociali e giuridici, di fede e di moralità. Questo metodo di dedurre dalla comparazione di forme di vita storiche un uomo naturale doveva trovare, in ambito intellettuale, la sua naturale espressione nell'ipotesi stoica

degli elementi essenziali che sarebbero posti nella natura umana. Sulla base di questi erano ora costruiti i diversi sistemi metafisici del diciassettesimo secolo. Questo sistema naturale

faceva posto, nel diciottesimo secolo, ad un nuovo metodo, che consisteva in un'analisi dei diversi aspetti della natura umana. Questo tipo di analisi proveniva dall'Inghilterra, dove la visione assolutamente libera delle forme vitali, dei costumi e dei modi di pensiero sconosciuti e barbarici si univa con le teorie empiristiche; essa venne trasmessa alla Francia tramite Voltaire e Montesquieu e divenne il metodo filosofico in ogni paese civile. Essa dissolse il sistema naturale, e quando, dapprima, si teneva ancora salda ad un tipo di natura umana, rispetto al quale le altre forme storiche sono deviazioni, allora certamente era più ridotto anche quello che ciò rappresentava: in modo corrispondente si trasformava la psicologia contenutistica del diciassettesimo secolo. Questa aveva posto alla base un essere che conserva se stesso, corredato con impulsi contenutistici, sviluppa necessariamente, nel suo milieu, affetti e rap-

presentazioni fondamentali. La psicologia separava, ora, le forme ed i processi in virtù dei quali si compie questo sviluppo dell'uomo: divenivano sempre più chiare le illimitate possibilità di determinare il contenuto stesso. Questa è la grande rivoluzione nella quale si costituì la psicologia analitica e formale

del diciottesimo secolo. Ma era, ancora, sempre posto alla base il tipo presente, molto sviluppato, di uomo civile europeo. Questo tipo si esprime nel concetto di umanità del diciottesimo secolo. In Herder questo concetto è ancora in conflitto con la coscienza storica che si presenta nuovamente: la storia è la mol-

teplicità, che si diffonde, delle forme umane di vita, che è posta nella forza genetica della natura umana ed inizia ad esistere 67

attraverso l'influsso delle diverse condizioni di vita geografiche, climatiche e sociali. La dottrina dello sviluppo mostra, poi, le più grandi conseguenze della coscienza storica. 'I`roviamo il primo tentativo di storia naturale di un aspetto dell'uomo nei lavori di Hume sulla storia della religione. Questi stanno lì, dapprima, solitari. La conoscenza dello sviluppo della terra, della successione delle diverse forme di vita in essa, della distribuzione delle razze in essa etc. è acquisita a partire da Buf-

fon e fino a Kant e Lamarck. D'altra parte, lo studio storico dei popoli civili cresce in lavori memorabili, e questi utilizzano dappertutto l'idea di sviluppo, a partire da Winckelmann, Les-

sing ed Herder. Da ultimo, nello studio dei popoli primitivi, viene raggiunto l'anello di congiunzione tra la dottrina scientifico-naturale dello sviluppo e le conoscenze storico-evolutive, che erano state orientate alla cultura, alla vita dello stato, alla letteratura ed all'arte dei popoli civili. L'idea di sviluppo è divenuta, con ciò, il punto di vista dominante per la conoscenza de1l'intero mondo naturale e storico. Il tipo di uomo si dissolve nel processo della storia.

L'antinomia che sorge nell'ambito di questo punto di vista

Sorge così la seguente antinomia: alla variabilità delle forme umane di esistenza corrisponde la molteplicità dei modi di pensiero, dei sistemi religiosi, degli ideali etici e dei sistemi metafisici. Questo è un fatto storico. I sistemi filosoñci cambiano come i costumi, le religioni e le disposizioni. Così essi si mostrano come prodotti storicamente condizionati. Ciò che è condizionato da relazioni storiche è anche relativo nel suo valore. Ma l'oggetto della metafisica è la conoscenza oggettiva della

connessione della realtà. Solo una tale conoscenza oggettiva sembra rendere possibile per l'uomo un atteggiamento sicuro in questa realtà, e per l'agire umano uno scopo oggettivo. Quest'antinomia non può essere risolta tramite una definizione più limitata di ciò che bisogna aspettarsi dalla metafisica. Perché la metafisica, per quanto riguarda l'ampiezza, non può mai essere limitata in modo tale che questa connessione 68

ricada, fuori da essa, nell'ignoto. Perfino un sistema che ha per oggetto soltanto l'unif`ormità nelle relazioni dei fatti è soltanto metafisica quando estende queste relazioni, ipoteticamente, al1'intera realtà, le riporta in un sistema e sostiene positivamente l'assenza di una connessione ideale all'interno della realtà. E, in relazione al grado di certezza, un sistema metafisico potrebbe certamente essere inteso come riunificazione della conoscenza di un'epoca, e ciò costituisce l'odierna incli-

nazione di mantenerlo in tale forma. Ma, innanzi tutto, una tale riunificazione non accorda la sicurezza della quale l'agire necessita, e così una tale metafisica è un'ombra irreale di ciò che in altri tempi era la metafisica. Essa non è più capace di compiere la funzione, propria di questa stessa, di offrire a coloro che si sono accertati dellinsostenibilità dei dogmi religiosi e degli ideali di vita una sicura posizione per il sentimento della vita ed un sicuro scopo per l'agire. Per il dotto potrebbe essere bello congiungere in sé, in un sistema, l'insieme del sapere della sua epoca, ma temo che ciò appaia come pedanteria al solitario che guarda con rispetto alle stelle e che vorrebbe legare a questo ignoto il valore della sua esistenza, l'obiettivo del suo agire. Ma anche tra questo schema privo di forza e la coscienza storica perdura Pantinomia. Perché l'ipotesi della possibilità di un tale sistema si basa sull'appiattimento della coscienza storica. Il tipo di collegamento del sapere di un'epoca è condizionato dall'atteggiamento della coscienza, è sempre l'espressione soggettiva e passeggera di questo; inoltre, alla base dell'ideale di vita e della visione del mondo vi è sempre uno stato d'animo: essi hanno validità solo per l'ambito storico del dominio di questo stesso. Il dominio, pressoché illimitato, della metafisica cristiana per molti secoli lo conferma, poiché essa era fondata sullo stato d'animo cristiano. Da ciò risulta l'assoluta impossibilità di un sistema che congiunge nella conoscenza oggettiva

anche solo l'estensione del sapere di una tale epoca. C'è una soluzione per questa antinomia? Se essa è possibile, allora deve essere ottenuta proprio tramite Pautoriflessione storica. Essa deve assumersi per oggetto questo ideale umano e le visioni del mondo. Deve svelare, attraverso il metodo analitico, la struttura, la connessione, 69

l'articolazione nella svariata molteplicità dei sistemi. Quando essa segue, così, il suo corso fino al punto in cui incontra un concetto di filosofia che rende spiegabile la sua stessa storia, allora sorge una prospettiva per risolvere l'antinomia tra i risultati della storia della filosofia conseguiti fino ad oggi e la sistematica filosofica durata finora: allora il compito della filosofia sarebbe compiuto in modo sufficiente rispetto al nostro bisogno, e questa filosofia si accorderebbe con la coscienza storica. Il costante mutamento dei sistemi non ci deve scoraggiare. Lo scetticismo è o vano 0... Applicazione della coscienza storica alla filosofia ed alla sua storia.

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SECONDO CAPITOLO

LA VIA DELLA SOLUZIONE2

Un'antinomia non è risolvibile sulla medesima base dalla quale ha avuto origine. Se non si può ottenere la soluzione sulla base di quei presupposti naturali tra i quali essa sussiste, allora il pensiero deve retrocedere tramite Fannullamento di questi presupposti. Così Kant con spazio, tempo e causalità. Qui la soluzione consiste nel fatto che la filosofia si rende consapevole della connessione della molteplicità dei suoi sistemi con la vita: le intuizioni del mondo rimangono conservate!

La soluzione sta nel fatto che, ancora più ampiamente che in Kant, dietro la disputa delle intuizioni del mondo viene trovato un presupposto. Queste devono essere formate oggettivamente e devono essere comprese secondo il loro rapporto con la vita, nella quale sono fondate. La contraddizione delle intuizioni del mondo l'una con l'altra rimane irrisolvibile. Le intuizioni della vita e del mondo si trovano in contraddizione, nessuna può essere realmente dimostrata, anzi ognuna può essere confutata attraverso la prova della sua insufficienza nei confronti della realtà, delle antinomie che sono poste nell'espressione razionale della stessa. Ma quando, attraverso il metodo comparativo, a partire dalla loro molteplicità, si deducono le forme principali delle stesse, allora diviene possibile semplificare il problema. Ciò avviene attraverso il metodo comparativo. E ora si mostra che queste forme fondamentali esprimono gli aspetti della vita in

rapporto al mondo posto in essa. Così si riconoscono nelle intuizioni della vita e del mondo i simboli necessari dei diversi aspetti della vita nel loro rapporto etc. Le contraddizioni sorgono, dunque, attraverso il rendersi autonomo delle immagini oggettive del mondo nella coscienza scientifica. Questo rendersi autonomo è ciò che rende un sistema metafisica.

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Se, ora, questo rendersi autonomo dell”immagine del mondo viene ripreso nella considerazione del rapporto con la vita dell'io nella quale esso è fondato, allora sorgono le seguenti conseguenze: I 1. - Le antinomie oggettive nell'immagine scientifica del mondo, come già mostrò Kant, sono riconosciute come appar-

tenenti soltanto alla simbolica dell'intuizione e del concetto. Esse sono fondate nella diversa origine nelle funzioni della

struttura. Esse sono, così, ineliminabili nel concetto autonomo di mondo. Ma il loro fondamento sta nella semplice diversità delle funzioni della nostra struttura. In questa non vi è, allora, nessuna contraddizione.

2. -Le contraddizioni tra i sistemi consistono nella multilateralità della vita, che si esprime nelle forme principali. Di nuovo, la contraddizione sta qui solo nelle immagini del mondo scientifiche oggettivamente autonome; ma se si vogliono considerare le forme principali come espressioni relative dei diversi aspetti della vita, allora in questi aspetti vi è solo una diversità, ma nessuna contraddizione. 3. - La contraddizione tra la vitalità libera con la quale l'arte esprime un ideale di vita etc., il legame dell'animo con la religiosità e la pura oggettività della metafisica consiste nel fatto che soltanto un metodo può avere ragione. Questa si risolve quando questi tipi di metodo sono riconosciuti come legami diversi delle funzioni etc. Poi essi producono, insieme soltanto, l'espressione completa della vita in un'intuizione della vita e del mondo. Così si mostra la via da percorrere per risolvere il problema. 1. - Studio storico condotto fino al metodo della comparazione etc. 2. - Psicologia. Da qui sorge: 3. - Metodo psicologico-comparativo e fondazione. Allora viene fuori il metodo dell'interpretazione storica, della comparazione storica, della connessione psichica etc.

L'applicazione di questo metodo richiede, ora, alla base del corso psichico etc., una analisi psicologica di arte, religione e filosofia come sostenitrici della visione della vita e del mondo. 72

Su ciò si fonda, poi, la ricerca delle forme fondamentali

nelle diverse epoche, la rappresentazione delle antinomie in ognuna di esse, del contrasto delle stesse, della lotta di religione, filosofia e arte etc. Da qui, infine, scaturisce la soluzioneg.

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SECONDA PARTE

FONDAZIONE STORICA E PSICOLOGICA

PRIMO CAPITOLO

LA FONDAZIONE STORICA. LA FILOSOFIA E LA vIs1ONE DELLA VITA E DEL MONDO OOME OGGETTO DELLA OOSOIENZA STORIOA4

È come se nella filosofia di questo secolo agisse un senso oscuro: soltanto quando essa perseguirà, fino al punto più profondo, lo studio del suo passato, la storia, finora sua nemica,

diventerà il suo rimedio. Il loro primo legame si realizzò nella filosofia trascendentale. Lo sviluppo della filosofia trascendentale in Germania non è soltanto contemporaneo, ma sta in una connessione interna con lo sviluppo della coscienza storica. Le radici di entrambe stavano certamente in Leibniz. La storia della filosofia, per come essa si collegava, a proposito dei singoli problemi, alle rappresentazioni delle sette ed a quelle dei placita, rassomigliava ad un antiquato gabinetto di minerali nell'ambito del quale ci si contentava soltanto di collocare il materiale raccolto secondo le rubriche tramandate. Così essa servì a Bayle per fondare il suo scetticismo. Altri la adoperavano per scegliere e collegare in modo eclettico, a partire dal patrimonio accumulato, ciò che è meglio sostenibile. La dimostrazione di uno sviluppo in una parte di essa era legata alla condizione che venissero cercate le origini, e questa ricerca richiedeva, in tutti gli ambiti, la critica storica. Con Winckelmann, Möserô e Spittlere lavoravano contemporaneamente storici della filosofia come Meinersl e Tennemanns i quali, se anche con mezzi assolutamente insufficienti, ambivano ad un tale obiettivo. La ricerca critica dell'epos omerico condotta da Fr.A.Wol.f9, quella della storia romana condotta da Niebuhr erano, poi, contemporanee alla fondazione della critica storica, nell'ambito della filosofia greca, ad opera di Schleiermacher. I compiti critici erano poi ulteriormente perseguiti, nel suo spirito, da uomini come Böckhlo, Krischen, K.F.HeI-rmannm. Ma, ora, Pelemento creativo in questa critica tedesca della fine del diciottesimo secolo e dell'inizio del di77

ciannovesimo era che essa, in tutti gli ambiti, possedeva nelle leggi oggettive, che dominano nella parte corrispettiva della cultura umana, una misura per la ricerca delle fonti, per la scelta del vero e per la sua disposizione storica; perciò era costruttiva, genialmente creativa, anzi, secondo lo spirito artistico del tempo, era più costruttiva di quanto oggi riconosciamo. A partire da Platone, Hegel e l'ultimo Schelling procedettero alla comprensione di Aristotele, e Trendelenburg, Bonitz13 e Spengel diedero luogo, anche qui, alla determinazione critica ed alla ricomprensione delle fonti esistenti. Ma contemporaneamente a questa fondazione della critica storica si realizzava, in Germania, il legame della filosofia trascendentale con la coscienza storica, sorta sotto l'influsso degli inglesi, in Winckelmann, Möser, Herder e nella scuola di Gottinga. Gli Schlegel, Schelling raggiungono, dapprima, nell'idealismo trascendentale, gradi della coscienza regolari, dati nell'io che si autodetermina. La costruzione della letteratura di Fr.Schlegel. A.W.Schlegel. La fenomenologia di Hegel etc. Tramite il congiungimento di entrambi questi fattori diventava possibile una rappresentazione storico-evolutiva della speculazione greca, come l'hanno fornita Ritter, Brandisu e Zeller. Lo sviluppo che, nello stesso tempo, la filosofia tedesca compiva illuminava il corso di quella greca affine, e quando la filosofia trascendentale ritornava all'elemento creativo nell'uomo e mostrava i gradi della storia della coscienza nel corso

dell'umanità ognuno dei grandi sistemi greci diveniva rappresentativo per il corso dello spirito umano. I francesi, che possedevano a Parigi uno smisurato materiale documentario per la filosofia del medioevo, applicavano, ora, a questo il metodo tedesco. E così veniva studiato, progressivamente, l'intero ambito della filosofia europea, se anche con la più diversa profondità. Ancora oggi ci troviamo in questo importante movimento: in fin dei conti, il rinascimento non è ancora compreso esattamente nell'ambito di questa continuità della storia del mondo. Per questo il compito non è ancora compiuto: allo stesso modo, le filosofie indiane e arabiche sono studiate e rappresentate soltanto nell'ambito di un primo slancio, tutto è in divenire.

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Ma l'elemento essenziale è proprio la visione dello sviluppo stesso. Herder possedeva ancora, nel concetto e nell'ideale di umanità, un nucleo compatto della storia ed un obiettivo. A questo corrispondevano la poesia e la religiosità del periodo. Ora, se si elimina questo, per così dire, nucleo sostanziale delPumanità, allora al suo posto non subentra la dottrina positivistica o materialistica del milieu, ma l'elemento sicuro, l'elemento ideale è costituito dalla legge del suo sviluppo posta nella natura umana, la quale coopera con le condizioni terrestri.

La realizzazione di quest'idea in Kant, Ritter, Schleiermacher, Hegel etc. deve essere criticata in modo particolareggiato. La dottrina dello sviluppo è un principio fecondo per la vita pratica, perché essa produce la coscienza della volontà di elevare l'uomo e la società ad un più alto livello. La capacità di sviluppo dell'uomo, l'attesa delle superiori, future forme di vita umane: questo è il respiro potente che sospinge innanzi a partire dalla rivoluzione francese. Così essa sposta in avanti, nell'ideale, i concetti della cui formazione si tratta nella religione e nella filosofia. Al contrario, essa aumenta l'insicurezza della

posizione metafisica e teoretico-conoscitiva. Nello stesso tempo la dottrina dello sviluppo è legata con l'universalismo, cioè con la coscienza terrestre dell'uomo, secondo la quale egli si sa sempre come parte di questa importante connessione. Allora sorge come obiettivo dell'etica quello di compiere i fini del genere umano. Quest'autoriflessione storica deve essere verificata attraverso l'analisi della natura umana. Qui la legge fondamentale: ampliamento dell'io, elevazione, oggettivazione è eternizzazione. Attraverso questo mutamento essa vince lo spirito scettico. Ciò si applica, ora, alla filosofia. Ma è già completamente eliminata la sovranità del singolo sistema, che separa, come errori, tutte le irregolarità dalla verità asservita. Quale oscurità c'è per colui che guarda la storia del mondo in questa illusione di avere preso in appalto la verità. Questo gran sacerdote di una qualche metafisica disconosce

completamente Porigine soggettiva, temporalmente e spazialmente condizionata, di ogni sistema metafisico. Poiché tutto quello che è fondato nella condizione psichica della persona, sia ciò religione o arte o metafisica, si pavoneggia invano con la pretesa di una validità oggettiva. La storia del mondo come 79

tribunale del mondo mostra ogni sistema metafisico come relativo, transitorio, effimero. Ma da ciò segue ora il vuoto scetticismo? Il genere umano deve continuamente oscillare tra fede sistematica e dubbio? La stessa analisi che prende come oggetto il passato del pensiero umano mostra la relatività di ogni singolo sistema ma, nello stesso tempo, rende comprensibili questi sistemi a partire dalla natura dell'uomo e delle cose, ricerca le leggi secondo le quali

essi si formano, la struttura che è a loro comune, le loro forme principali, la legge di costituzione e la forma interna di queste. Ciò non doveva fornire chiarimenti circa la loro relazione con la connessione oggettiva della realtà? Questa si sottrae alla nostra conoscenza diretta, le sue molteplici immagini riflesse nelle diverse teste, che appartengono alle diverse regioni ed ai diversi tempi, non devono essere in grado di darci nessun, proprio nessun chiarimento? Il filosofo trascendentale ritorna dietro ai concetti che noi formiamo sul reale, dietro alle condizioni nell'ambito delle quali li pensiamo. L'analisi della storia della filosofia o Yautoriflessione storica della filosofia su di sé ritorna dai sistemi allaß relazione del pensiero con la realtà, come essa sta davanti agli occhi del filosofo trascendentale, ma egli la ricerca aiutandosi con l'analisi storica, e la cerca come un qualcosa di storico. Tuttavia, osserviamo: c'è la dialettica, che la storia realizza nei sistemi, secondo la quale, nel loro sussistere insieme, ognuno annulla l'altro. Questa dialettica è all'opera da Talete e Pitagora, Eraclito e Parmenide: speri forse che si fermerà da-

vanti al tuo sistema? Tu dici, a me accadrà come ad ogni predecessore, io mi sottometto alla medesima legge del tempo alla quale sono sottomessi condizioni, stati e religioni. Io rispondo: una filosofia che ha coscienza della propria relatività, che riconosce la legge della finitezza e della soggettività sotto la quale sta, è l'inutile amenità del dotto: essa non compie più la sua funzione; se ogni sistema metafisico è relativo, è soggetto alla dialettica dell'esclusione reciproca nella storia, allora lo spirito umano deve cercare di ritornare alle relazioni oggettivamente conoscibili della filosofia sistematica, nel suo sviluppo e nelle sue forme, con la natura dell'uomo, con gli oggetti ad essa dati, 80

con i suoi ideali e coni suoi fini. Se le intuizioni della vita e del mondo mutano e si trasformano, allora Pautoriflessione storica, che ha dietro di sé quella filosofica, deve ricercare il sicuro fondamento di ogni storicità, della lotta delle intuizioni del mondo, nella vita umana e nei suoi rapporti con ciò che le sta di fronte e agisce su di essa. La filosofia deve diventare, come

fenomeno storico-umano, essa stessa oggettiva. Ciò richiede che essa porti alla coscienza, ampiamente ed in

modo profondo, la connessione nella quale, come fenomeno storico, sussiste. Ogni geniale filosofia creativa sorge in un'ampia connessione umana e nell'ambito di questa deve essere compresa.

Un compito che richiede, allora, innanzi tutto il maggior ampliamento possibile dell'orizzonte storico. Bisogna ottenere al più presto un chiarimento proprio a partire dall'origine della metafisica nel genere umano, la quale è, dappertutto, in relazione con la religione. La filosofia deve, alla fine, certamente essere liberata dalla falsa avversione alla teologia, dal risultato di connessioni ampiamente false, per produrre il vero congiungimento, che consiste nell'allargamento dell'analisi storica alla connessione generale. Ma ciò consiste nel fatto che entrambe producono, a partire dalla vita umana, una visione della vita e del mondo. Allo stesso modo ciò per l'arte, spe-

cialmente per la poesia. Esse devono essere, allora, tutte e tre in una qualche corrispondenzals.

La coscienza storica guarda in profondità quando ricerca le condizioni che producono nella vita etc. Questa era certamente, alla fine, Pintenzione di Kant. La conoscenza doveva divenire essa stessa oggetto, e poiché per lui la conoscenza soltanto nella verità necessaria ed universalmente valida, allora la matematica, le scienze matematiche della natura e la metafisica diventavano, per lui, un problema. La successiva filosofia trascendentale creò il concetto di un io creativo che produce, in gradi regolari, la coscienza del mondo; questo concetto doveva necessariamente condurre a lasciar emergere da questa profondità, come gradi necessari, le visioni della vita e del mondo. Qui già religione, arte, filosofia nel loro legame, ritorno alle ragioni creative. La fenomenologia di Hegel. Ma essa partiva 81

dalla relazione di soggetto ed oggetto. Così essa doveva comprendere questo processo come un processo logico, in essa l'intera energia del sentimento, la potenza dell'animo e della volontà della storia del mondo erano legate alla struttura della dialettica delle idee. Perciò essa poteva anche soltanto risolvere la religiosità e

l'arte nella logica, le idee nel pensiero. Così Strauß poteva anche sperare che i dogmi decadessero per i loro difetti logici, come se questi per ogni sistema metafisico non... Dobbiamo proseguire l'opera di questa filosofia trascendentale. Ciò che duraturo è che l'uomo è un contenuto, che questo si sviluppa proprio sul fondamento del suo etc. Ma il

soggetto diviene io, l'oggetto altro, che esiste primariamente per la volontà.

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SECONDO CAPITOLO

FONDAZIONE PSICOLOGICA

_1_ I sistemi flosofici possono essere studiati, secondo le loro proprietà fondamentali e la loro struttura, soltanto se si guardano, nella comparazione degli stessi, le diverse forme di religiosità e teologia e le forme dell'arte. A queste tre manifestazioni dello spirito umano è comune il fatto di esprimere un'intuizione della vita e del mondo. La posizione di una tale intuizione della vita e del mondo nella struttura dello spirito umano e dello sviluppo storico ottenuto attraverso essa non può essere dedotta psicologicamente. Allora una psicologia esplicativa si abbandona proprio alla problematica dei cangianti e molteplici sistemi filosofici. Ciò che nella psicologia può essere considerato sicuro non basta per una spiegazione delle più profonde manifestazioni dello spirito umano. Piuttosto, proprio dal congiungimento della descrizione e dell'analisi psicologica con l'analisi dei fatti storici bisogna aspettarsi, soltanto, la fondazione di quella psicologia contenutistica che può produrre effettivo servizio alla storia. Spiego questo con alcuni esempi. Lo studio delle grandi personalità eroiche della storia, il rivivere di ciò che lì si compie, le realtà del sacrificio per importanti scopi oggettivi rendono possibile, alla fine, soltanto la sicurezza circa la realtà della volontà, che le analisi dello psicologo analitico nello studio o nel laboratorio psicologico non danno mai. Si può, allora, rivivere come Pampliamento dell'io tramite Pammissione degli scopi oggettivi abbia per conseguenza, nella coscienza, un aumento di forza, di pace e di potenza della vita soggettiva: Spi-

noza, Leibniz, Schleiermacher ed Hegel hanno espresso implicitamente questa legge empirica. Essa non si lascia spiegare. La nostra intera vita interiore gravita in direzione delle connessioni nelle quali è inserita la nostra vita individuale: questa 83

relazione empirica si esprime come simpatia, orgoglio, sicurezza della nostra vita emotiva attraverso il consenso, brevemente, in mille modi. Essa non si lascia spiegare. Il fatto che ogni elemento interiore cerchi espressione in uno esteriore e crei, così, sempre simboli ha, probabilmente, un significato nel nostro meccanismo di riflessione, ma non è da ciò deducibile.

._2_ Tra queste relazioni contenutistiche fondamentali della nostra vita psichica le più semplici sono quelle che ho indicato

come la struttura della vita psichica. Questa stessa è, infine, condizionata dalla relazione del soggetto con il milieu nel quale tale soggetto si trova. Ho prima mostrato, inoltre, che questo milieu, come mondo esterno, come ciò che è differente dall'io, come l'altro e l'elemento oggettivo, non esprime null'altro che la relazione di opposizione, legata alla molteplicità sensoriale, alla volontà. Con ciò non è data nessuna dimostrazione della realtà del mondo esterno, una tale dimostrazione, d'altra parte, non è possibile. Ma la reciproca esteriorità di un io e di un elemento esterno ad esso è mostrata come entità empirica, dietro alla quale nessun pensiero può ritornare, ma che, anche, contiene, sempre e dappertutto, nella vita stessa questa più originale tra tutte le relazioni. Nella relazione con il milieu si dispiega, ora, la vita individuale che assimila e reagisce. La struttura della medesima fa sì che 1'unità di vita si diff`erenzi proprio per questo influsso dall'esterno e per questa reazione, e certamente in questa differenziazione si conservi,

nello stesso tempo, in modo relativo. E certamente ciò che è esterno è sempre la totalità agente: immagine del mondo, potenza generale non dispiegata, dalla quale si separa l'interesse particolare, allo stesso modo ogni scopo che realizziamo è astratto sempre soltanto attraverso la scelta e la preferenza dalla medesima connessione di valori, le cui differenziazioni sono in qualche modo percepite. Il mondo esiste, per noi, sempre in qualche grado. Ma poiché, ora, questo generale meccanismo di accorgersi, pensare ed agire è mantenuto nell'impulso e

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nel sentimento solo attraverso la nostra vita individuale, nei

gradi imperfetti della differenziazione ogni cosa è in rapporto al medesimo. Qui sta la molla, o inquietudine, nell'orologio della nostra vita. Senza ciò essa sarebbe silenziosa. Spinoza, con la sua imaginatio, ha ragione. Ogni impressione contiene, insieme con l'immagine, una certezza della vita emotiva ed impulsiva. A noi non sono mai dati la sola vita interiore o il solo mondo esterno, entrambi stanno sempre non soltanto insieme ma nel più vitale rapporto reciproco: soltanto lo sviluppo della struttura intellettuale scioglie in misura crescente questa connessione. E il nostro vedere, percepire e pensare non si stacca mai completamente da

questo rapporto. Poiché, ora, attraverso questo rapporto è determinata anche la scelta degli oggetti finali, allora per l'uomo che Pastrazione non ha ancora condotto, nella sfera del sapere e dell'occupazione, all'astratta separazione delle funzioni il mondo è come lo indica Spinoza, come grado della imaginatio: ogni cosa, nello stesso tempo, è raffigurativamente impressione sentimentale, determinazione di valore, oggetto finale. L'opera della storia è la differenziazione che, nello stesso tempo, produce rapporti più composti. La connessione acquisita della vita psichica contiene rapporti formati in modo sempre superiore, più sottile, più composto, nei quali le singole funzioni si sono separate in maniera sempre superiore e più potente.

_3_ Da qui risulta, come prima legge dello sviluppo del nostro tentativo di regolarci nel mondo pensando, di innalzare la nostra vita alla coscienza - questa caratteristica indeducibile in noi -, che come l'io ed il mondo sono correlati così lo sono l'ideale di vita e l'intuizione del mondo. Essi stanno in un rapporto interno che cerchiamo, poi, di innalzare alla coscienza. Sorge una visione della vita e del mondo come totalità relativa; espressione della vita. Il suo rapporto con la vita non è quello del pensiero con gli altri stati spirituali, ma quello della vita con la coscienza di ciò 85

che l'uomo vive, esperisce, vede, nella sua totalità, nel rapporto tra vita individuale e mondo. Perché il mondo come grandezza indipendente è una semplice astrazione. L'oggetto sussiste soltanto in relazione al soggetto, come correlato di questo. Ciò deve essere riconosciuto come valido. Ma poiché il mondo non esiste per noi in virtù di un atteggiamento semplicemente rappresentativo, allora diciamo che Poggettualità è il correlato dell'io. E poiché, ora, la totalità, se anche soltanto come caos

sensibile, è sempre presente ed è solo separata da questo vedere, percepire e pensare, allora diciamo che il mondo è sempre soltanto il correlato dell'io. Questo rendere cosciente della vita come mondo è, sempre in relazione allo schema di un elemento esteriore nell'ambito del quale è attiva la nostra vita individuale, la nostra propria essenza psicologica; l'elemento interiore, che si manifesta nelFesteriore, è sempre la forma del nostro comprendere: così viviamo sempre in simboli. La vita propria è inspiegabile, il rapporto della stessa con il mondo è, allo stesso modo, inspiegabile: possediamo l'unità della nostra esistenza e del suo rapporto con il mondo sempre soltanto nella connessione cosciente dell'intuizione del mondo e del...17

_4_ Comprendiamo i rapporti tra io e mondo contenuti nella no-

stra struttura, che sono importanti per la comprensione della natura di una visione della vita e del mondo. L'io si esprime conformemente alla sua struttura. Nel modo in cui esso è strutturato in senso psico-fisico, in ciò sono date le funzioni nelle quali si differenzia la sua vita. Ho mostrato in precedenza come sorga, così, una connessione teleologica nella quale l'io diviene fondamento di uno sviluppo. La molla in questo orologio è costituita dalla struttura e dalla legalità della nostra vita impulsiva ed emotiva. Così sorgono nell'io i rapporti elementari tra questa vita emotiva di impulsi con l'altro, ciò che è esterno, che è dato nella vita sensoriale. Mettiamo in pratica il principio che anche l'io non è mai senza quest'altro, o 86

il mondo, rispetto al quale si trova in opposizione, in rapporto al quale ogni determinatezza emotiva, ogni stato istintuale, certamente, è dapprima presente. Sappiamo così poco di una disposizione spaziale che esisterebbe prima della molteplicità sensoriale, o di una capacità di vedere il blu prima delle afl`ezioni, così come del modo come la struttura diventa sensazione soltanto nello stimolo, di come la natura della molteplicità di stimoli nell'occhio e nel tatto appare solo come spazialità: così,

ora, anche sentimento ed impulso esistono soltanto ne]l'altro, in rapporto al quale essi sorgono: non sappiamo nulla della struttura della vita impulsiva prima della molteplicità degli

stimoli: esse procedono insieme. E allora sono sempre insieme anche molteplicità sensoriale e realtà sentita, anche sentimento e valore sentimentale di ciò che determina, impulso e oggetto

dell'impulso. E poiché, ora, nel caos sensoriale che si sviluppa in relazione con il mondo si separano soltanto questi singoli rapporti dell'io con ciò che viene messo in risalto del reale, delle determinazioni di valore, degli oggetti impulsivi, degli oggetti finali, poiché proprio il reale messo in risalto è valutato secondo i rapporti della struttura, proprio la determinazione di valore diviene oggetto finale, quindi in questi punti distinti e messi in risalto l'intera vita unisce, proprio nella sua reazione, tutte queste determinazioni, allora l”altro, o il mondo, diviene in tali punti immagine, valore, oggetto impulsivo, oggetto finale: esso riceve tutti i predicati che scaturiscono da qui, è il substrato (cioè ciò che si oppone, il molteplice sensoriale, ciò che si rapporta a]l'io) di tutti questi predicati, è pieno di vita e di rapporti vitali. Astrattamente questo substrato sarebbe stato indicato come sostanza o essere: i suoi predicati come attributi, accidenti, proprietà e attività. Questa è la rappresentazione primaria del mondo, che, dunque, è il correlato dell'autoco-

scienza. Proprio in virtù del carattere teleologico della struttura entrambi, l'io, corredato con la coscienza di sé, e la rappresentazione del mondo, si sviluppano, nel corso della vita, sempre in un rapporto reciproco. Questo sviluppo è legato alle dif-

ferenziazioni delle funzioni. In quanto la vita individuale è strutturata teleologicamente, alla coscienza della sua condizione si accosta quella della connessione interna delle sue deter87

minazioni di valore e dei suoi scopi: questa è Forigine di ogni ideale di vita. Il lavoro interno, nel quale viene regolata la vita sentimentale impulsiva, è la tecnica religioso-morale. L'immagine del mondo riceve, così, le caratteristiche successive. Come anche l'opposizione, il valore dell'impressione e del sentimento possono essere distribuiti svariatamente, nell'orizzonte del nostro io, nella molteplicità sensoriale, come anche gli oggetti possono essere separati, nel mutamento, secondo la relazione di coordinazione di un molteplice: così ogni cosa messa in risalto nell'unità della prospettiva e del soggetto comprendente è esteriormente coordinata in una unità ed è sempre più collegata interiormente. Poiché noi, ora, viviamo Yopposizione solo come volontà, ciò, innanzi tutto, è per noi un elemento intenzionale che può essere corredato con predicati della volontà; ma questi dipendono dalla relazione dei singoli oggetti con la volontà, poiché questa ha una relazione soltanto con gli oggetti, non con la totalità del mondo. Bene e male sono predicati dell'utile e del dannoso. Categorie di forza e causa, di sostanza, di essenza. Graduazioni di valore sono assegnate alle singole parti del mondo secondo la relazione con il nostro io. Nell'ambito di questi semplici rapporti sussistono svariate possibilità di concezioni del mondo. _5_ Ora, lo sviluppo si articola nel modo seguente: Nella struttura le funzioni sono legate attraverso rapporti. Lo sviluppo consiste in una duplicità. Da una parte nella difierenziazione, nel potente e provocato sviluppo delle singole fun-

zioni. Perché l'elemento primo nello sviluppo dell'umanità è che le funzioni vitali, per così dire, ottengano la libera potenza, nella quale esse si muovono in completa indipendenza e divengono coscienti di ciò che sta in loro. La coscienza di questo in Nietzsche. L'esperienza vissuta nelle più potenti, più unilaterali personalità della storia: personalità che percorrono pericolosamente il loro cammino, vanno per sé incontro all'annientamento. 88

Poi la complementare parte dello sviluppo attraverso i rap-

porti. - Ora, della prima. La percezione degli oggetti serve alla vita impulsiva già nell'animale; si differenzia nei vari processi di pensiero; comunque, se esiste un'originaria disposizione nel piacere per il pensiero e per la sua evidenza, nel piacere per l'estensione razionale oltre gli oggetti - e a tal fine parla la felicità della visione, indipendente dalla vita individuale -: a poco a poco l'intelli-

genza occupata con Pimmagine del mondo si stacca con più grande autonomia dalla vita istintiva ed emotiva; allora comincia l'astrarre da ciò che nella relazione con la vita individuale è dato con l'immagine del mondo; c'è già una prima, enorme astrazione quando gli antichissimi greci abbracciano con lo sguardo e analizzano matematicamente una totalità interamente vivente, senza mescolare in questa osservazione spiriti buoni o cattivi. Seguiremo i gradi nei quali, poi, si compie questa differenziazione. La sua condizione è - come, anche, sarebbe da spiegare - che al nostro processo di conoscenza spetti una gioia di svariata natura: allora esso diviene qualcosa che ha di per sé un valore. Un processo che ha sempre luogo. Ma esso si compie con particolare energia nelle scuole sacerdotali, poi nella società pitagorica. A questo processo corrisponde la determinazione dell'immagine del mondo attraverso le caratteristiche di una condizione generale unitaria, nella quale le forze degli spiriti buoni e maligni vengono eliminate.

E poi viene il tempo in cui il pensiero, nel1'adattamento all'ordinamento oggettivo, tira fuori anche questa caratteristica: il mondo diviene, per esso, meccanismo. Anche così può ancora rimanere l'ombra dell'essenza del mondo; la macchina può anche essere regolata o diretta da un diomacchina. La macchina per sé è irreale, insussistente. Ma questa concezione contiene in sé la possibilità di realiz-

zare gli scopi dell'uomo; proprio quando ha perduto in sé scopo ed essenza, proprio quando il capo-officina che regola i suoi scopi, per così dire, è venuto meno, essa è ora lo strumento disinteressato in mano dell'uomo. Così la comprendono, ora, i grandi matematici e fisici francesi nel diciottesimo secolo: come 89

per l'imperatore romano tutte le cose sono oggetti, così anche qui l'universo diviene oggetto per la volontà supportata dalla scienza. Questo si trasmette alla società. E, ora, il tempo del positivismo. Il suo universo è un teatro fatto, accidentalmente, su misura per Pintelligenza, attraverso la combinazione delle uniformità, ed è materiale per l'organizzazione di natura e società. Vengono eliminati da]l'immagine del mondo i predicati sensoriali, poi lo spazio, infine le tramandate determinazioni fondamentali di ogni vita: sostanzialità, forza e unità degli oggetti. Un processo che lascia, alla fine, solo il computo con i fenomeni. Ma esso stesso consiste, tuttavia, soltanto nella conseguenza di un pensare che, nella rinuncia alla comprensione dell'essenza, rende il pensiero strumento di dominio. Di fronte a tale dominio Yautonomizzazione dell'immagine del mondo consiste in un universo al quale il pensiero gioiosamente mondano conferisce un valore di per se stesso, completamente separato dalla vita individuale: questa si sacrifica. Allo stesso modo, dalla struttura della vita psichica si separano disposizione, struttura e sviluppo interno della vita impulsiva ed emotiva. Nella connessione naturale, nella quale la vita impulsiva ed emotiva è legata con i valori di questo mondo, la cultura e l'incivilimento formano un sistema di valori dell'esistenza nel quale la persona trova il suo appagamento. Lì l'uomo realizza, nell'ambito naturale dei bisogni, valori ed appagamenti, un io ed un mondo sempre più completi, nell'aumento della gioiosa attività vitale dell'esistenza che si soddisfa. Ma anche qui si compie la dialettica storica della contrarietà e della molteplicità posta nella struttura e nelle condizioni esistenziali. Ordinamento economico, vita sociale mostrano la loro doppiezza. Si dissolve la struttura che ancora circondava l'uomo da ogni parte. Che cosa rimane? Quando sono avvertiti i limiti del nostro agire, allora sorge la tecnica religioso-morale interiore, che cerca di raggiungere la beatitudine dell'animo attraverso la regolazione, non attra-

verso la soddisfazione. In questo sviluppo si isola la sensibilità 90

nella persona dedita ai piaceri: questa regola la vita quando riduce il pensare e l'agire a strumenti occasionali e passeggeri dell'imperante sensibilità. I più alti sentimenti divengono i massimi strumenti di godimento. Ricordo e attesa divengono cose estremamente auspicabili. O, sullo stesso fondamento, avviene una svolta opposta. Si isola la religiosità dalle sue connessioni naturali. Questo è un potente processo storicomondano: si compie in ogni clero e in tutte le società monacensi, sedi della più profonda beatitudine mistica. Lì vi sono il sacerdote di Osiris, il Buddha, il San Francesco, il mistico contemplativo. O l'arte. Un terzo processo di differenziazione porterà il volere allo sviluppo isolato e dominante. Anche qui sorgono diverse forme. Dalla sostanzialità della connessione finale, nella quale l'uomo è nato, nella quale l'uomo naturale realizza l'ambito della sua esistenza, la volontà si separa quando questa connessione è infranta o gli è divenuta indifferente. Allora la volontà che calcola si libera dai legami e diviene essa stessa oggetto. Volontà di dominio, volontà di potenza, che vuole se stessa, la geniale forma della sua capacità di potenza. Un processo spaventoso! Nulla di più ridicolo che un flosofo potesse ammirare ciò come

lo scopo proprio della natura con noi uomini e come il suo punto più alto! La tirannide, il sistema di dominio imperiale romano, i condottieri ed i principi del rinascimento, l”ideale di Machiavelli. E, come contrario, la volontà che trova il suo obiettivo nella forma della sua legge. Così lo stoico, che nell'unità, nella rassegnazione, nella costanza e nell'atarassia della volontà, e Kant, il quale la legge etc.

_5_ Questa diiferenziazione e separazione delle funzioni dalla vita è un lato costantemente attivo nello sviluppo della struttura. Ma soltanto uno! Perché, d'altro lato, i rapporti contenuti nella struttura assumono sempre nuove forme all'interno della vita psicofisica. Queste forme di relazione sono propriamente ciò che, in prima linea, le leggi di sviluppo del contenuto psi91

chico determinano. Le loro trasformazioni contengono i fondamenti psicofisici di spiegazione per i più importanti fenomeni storici. I rapporti tra le funzioni ed i processi psichici che si producono in esse, o condizioni psichiche, sono, innanzi tutto, di natura primaria: essi sono l'oggetto della psicologia elementare. Riguardo a ciò due sono le cose da tenere ferme dal punto di vista metodico. La conoscenza storico-evolutiva ci costringe ad

accettare che la differenziazione in sensi e, all'interno di essa, nella varietà di questi, la comparsa della memoria o delle capacità deduttive si siano compiute a poco a poco, in connessione con il perfezionamento della struttura fisica. Questo fatto perché così dobbiamo certamente indicarlo - sembra gettare una luce sulla differenziazione nella persona umana individuale. Possiamo concedere l'uno e l'altro ai ricercatori della natura, quello come quasi sicuro, questo come assolutamente possibile; ma non ci possiamo assolutamente formare una rappresentazione o un concetto di un tale processo: l'intelletto non può ritornare dietro la vita, della quale esso è funzione. E mi sembra che proprio Papplicazione della dottrina dello sviluppo al mondo spirituale richieda di sviluppare, in modo deciso, il concetto di tale vita. La psicologia esplicativa in Condillac, nella scuola ideologica, in Herbart e adesso, in modo assolutamente coerente, in Spencer... doveva ridurre sensazioni, rappresentazioni, urti e vibrazioni a primari fatti omogenei. Così, quando essa trasferiva l'atomistica nell'ambito spi1'ituale...18, cadeva nella contraddizione di fare così sorgere, nella combinazione di tali elementi, condizioni psichiche che nella percezione interna sono completamente altre. Anche l'ipotesi di una forza psichica unitaria non può qui mutare nulla, se essa è compresa come un elemento semplice, un elemento che si comporta secondo leggi meccaniche. Tutti questi tentativi di spie-

gazione si mostrano, a partire dal principio della conoscenza, come assurdi: la struttura contenuta nella vita è la condizione del conoscere, la conoscenza non può ritornare dietro di essa. 'l\1ttavia, una volta si mostrava una tale conoscenza che separava reciprocamente le diversità funzionali. L'a.rtifizio della

conoscenza della natura è quello di porre alla base delle rela92

zioni di incomparabili toni, colori etc. le relazioni di grandezza, alla base dei movimenti i differenziali etc. Nessuna conoscenza della natura dà una reciproca, reale soluzione di questi contenuti. Anche il principio delle qualità secondarie etc. è soltanto un principio ipotetico di sostegno, dietro al quale è fissata una connessione di relazioni per noi irrisolvibile. Esattamente allo stesso modo ci si comporta nell'ambito della psicologia riguardo l'aspetto secondo il quale essa deve accettare come date le differenze strutturali, sebbene sappia che esse stesse non sono un elemento ultimo. Solo che essa, come già mise in rilievo Kant, non ha proprio, nelle relazioni di grandezza, il mezzo per portare queste, per così dire, ad un piano. Kant considerò ciò come

immodificabile, Herbart, Fechner e gli psicofisici non hanno potuto cambiare nulla a tutto questo. Qui rimane una questione. Tanto plausibili sono le discussioni di coloro i quali spiegano ciò come assolutamente impossibile, e tuttavia essi non sono convincenti, in quanto nessuna legge interna della nostra struttura comprende la loro impossibilità come valida per ogni tempo. Ma in senso rigoroso non sarebbe neanche esplicativa una psicologia che producesse realmente le relazioni di grandezza tra i fatti psichici. Così ciò è rimasto nell'ambito di una psicologia analiticodescrittiva. Come psicologia elementare essa ha per oggetto i rapporti tra le funzioni, le condizioni e gli stati psichici che in esse si presentano. Qui si manifesta, ora, una seconda limitazione della psicologia, la quale sembra, almeno per il momento, insuperabile. La relazione dei fatti psichici individuali con l'unità psichica non può essere accertata. Lo spostamento alla rappresentazione atomica naufraga contro il principio prodotto da me, e subito dopo da James: le immagini sottostanno ad un processo di trasformazione. Poiché, ora, le sensazioni non si presentano mai isolate, ma sempre soltanto in immagini, quindi è impossibile che possano essere comprese come singolarità, poiché esse, inoltre, allo stesso modo sono crescenti in intensità, decre-

scenti, variabili nella qualità: allora devono essere, innanzi tutto, definitivamente abbandonate le unità costanti. Ma un secondo principio mostra che anche le immagini sono sempre 93

in relazione con la connessione etc. Ciò riconduce alla stessa regola della conoscenza: la molteplicità di condizioni, immagini, concetti, relazioni logiche è sempre psichicamente data, nella percezione interna, come sostenuta da un'unità. Questa è

proprio la vita psichica. Noi siamo capaci di viverla, ma non di riandare dietro essa tramite i concetti. Ed anche questa relazione ha, naturalmente, il suo correlato nell'immagine del mondo e nei tentativi della sua analisi concettuale. Qui ci rendiamo generalmente comprensibile il lavoro metafisico fatto per rendere comprensibile la relazione degli elementi del mondo con la connessione nella quale essi

stanno. Vano il tentativo di Democrito di rendere comprensibile l'unità della totalità del mondo a partire dagli atomi! Ammanierate le monadi di Leibniz che, teleologicamente condizio-

nate, senza l'agire reciproco, difficile da pensare, formano una totalità! Sempre nuovamente, da Giordano fmo a Lotzelg e Fechner, le maniere, nel modo di una coscienza etc.! Tali considerazioni mostrano anticipatamente: le stesse difficoltà che la vita psichica oppone al comprendere si ripetono nel suo correlato, nel concetto di mondo, e se la metafisica lo separa dall'io e vuole renderlo comprensibile come un elemento indipendente, allora essa naufraga. Il suo destino poteva mettere in guardia la psicologia! Ci sono certamente, qui come lì, le stesse difficoltà, la stessa ambiguità della vita, le stesse antinomie del conoscere che presuppone la sua comprensibilità. Abbozziamo, ora, la psicologia analitico-descrittiva elementare. Presuppongo la dottrina della struttura data da me etc. Pensiamo, ora, una tale unità in differenti posti, impressa, che si forma liberamente etc., le funzioni della sua struttura, per così dire, accentuate in diverse relazioni di forza. Allora sorgono le variazioni di cui la totalità è capace. E, nello stesso tempo, cerchiamo di comprendere le trasformazioni che si presentano sotto condizioni- mutevoli, trasformazioni che i rapporti elementari attraversano. Nella coscienza immediata, innanzi tutto, la vita istintuale è più strettamente legata con Pautoconservazíone. Ma in noi le caratteristiche simpatiche hanno etc. L'ampliamento del nostro 94

io, che comprende nel sentimento natura e società, è, come ampliamento del sentimento, nello stesso tempo, elevamento del sentimento.

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TERZO CAPITOLO

I METODI PER COMPRENDERE LA STORIA DELLE VISIONI DELLA VITA E DEL MONDO

Dalle convinzioni ottenute circa la psicologia risultano, se si aggiunge lo studio storico delle intuizioni della vita e del mondo, come esso si è sviluppato nelle storie della filosofia, dei dogmi e delle opere letterarie, alcune determinazioni sui metodi attraverso i quali ci si può avvicinare alla connessione storica interna. Poiché la psicologia può comprendere i rapporti di contenuto etc., allora essa è realmente in grado di incrementare lo studio storico. La psicologia dei popoli fu un colpo arguto. Essa, in realtà, ha anche spiegato semplicemente i processi storici attraverso la documentazione delle forme psichiche nelle quali essi scorrono. Ma essa naufragava in ciò etc.2° Ma la psicologia non è una scienza esplicativa. Allora il metodo non è lo stesso di quello adoperato nella scienza matematica della natura. Essa non può spiegare etc. Il metodo può solo essere ricerca delle connessioni etc. Completamento delle stesse come interpretazione. Processo dal noto a1l'ignoto, cioè dai fatti storici alla connessione, che sta dietro essi, nella sua legalità. 1. - Connessioni. 2. - Metodo comparativo. 3. - Interpretazione psicologica.

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Intuizioni della vita e del mondo Prima legge La vita e l°accentuazione mutevole dei momenti strutturali fondamentali hanno per conseguenza che l'intuizione della vita e del mondo si esprime, sempre e dovunque, in contrasti. Il principio di Hegel secondo cui i sistemi filosofici sarebbero

rappresentazioni delle epoche ha influenzato considerevolmente le storie della filosofia. I fatti stanno in contraddizione con questo. Seconda legge Questi contrasti sempre su un fondamento comune. Legge La creazione di un grado e di una forma di vita spirituale, nella quale questa si è oggettivata, non porta in sé nessuna coscienza della sua origine. Allora essa può essere portatrice di un nuovo contenuto spirituale, di nuovi fini etc. Così nella parola viene sma.rrita la coscienza della sua origine da un'altra radice e ciò etc. Così i culti religiosi, i santuari, le forme etc., portatori di nuove rappresentazioni...21 Nella lingua, nella religione, nella metafisica e nell'arte si realizza, così, la totalità psichica nei suoi tre aspetti e secondo le sue relazioni fondamentali”.

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TERZA PARTE

ARTE, RELIGIONE E FILOSOFIA COME FORME DELLA VISIONE DEL MONDO E DELLA VITA

PRIMO CAPITOLO

ARTE COME RAPPRESENTAZIONE DI UN'INTUIZIONE DEL MONDO E DELLA VITA

Metodi di studio delle opere d'arte. Struttura di un'opera d'arte.

Forme come unità di intuizione della vita e del mondo e tecnicaß L'arte è, nel confronto tra le intuizioni della vita e del mon-

do, la maggiormente neutrale tra tutte le forme in cui esse si rappresentano. È un grande errore porla, con i romantici, in rapporto con la religione, come lâgata, nelle sue attività superiori, con il contenuto di questa... Vediamo come le sue forme più semplici nei popoli primitivi etc. - Le sue caratteristiche sono qui, innanzi tutto, variabilità di grado estremo, essa non è ancora separata dalla persona, la canzone cambia in ogni nuovo momento, la melodia muta costantemente, la danza è etc., la pantomima viene prodotta al momento. Così risultano l'essere vincolata alla persona, la continua variabilità, la sconfinata molteplicità. Il processo del suo sviluppo è scelta, riflessione continua, che supera Yinstabile, separazione dal soggetto, solidità della forma in misura crescente25. L'arte, innanzi tutto, rappresenta direttamente la vita,

nella canzone, in modo poetico e musicale. E questo, certamente, in modo intuitivo, nella semplice oggettivazione della vita interna o nel più semplice linguaggio figurato della nostra vita, nella melodia etc.2G Quando essa, poi, si abbandona ai sogni di ciò che è perfetto, alla fantasia di un amore corrisposto etc., allora in essa si formano le singole, forti caratteristiche di un ideale di vita. Cause perché la canzone primissima forma poetica - Il venir fuori dell'epico dalla canzone nei Veda etc. Oggettivazione dell'ideale di vita” e della condizione di vita circostante nel canto epico. Poiché la poesia procede dalla vita e dall'uomo, l'imma-

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gine del mondo è il quadro delle condizioni umane e la connessione del mondo è l'ordinamento delle stesse28.

Analisi dezrariezg Le grandi posizioni storiche della coscienza si esprimono, secondo il tempo ed i popoli, nella disposizione comune; questa

si esprime nell'intuizione della vita, essa condiziona nell'intelletto la visione del mondo, nella volontà l'ideale di vita. Ma questa disposizione comune guida anche gli artisti. Anche per Parte sussiste una costante connessione di pro-

prietà all'interno della sua storicità. Questa connessione è determinata dal rapporto tra la fantasia e le proprietà oggettive del mondo, le quali, tramite essa, sono innalzate alla coscienza. Perciò anche l'arte ha da dire qualcosa che non può essere espressa in nessun'altra forma di espressione della vita umana, cioè ciò che vede la fantasia. Ma questo è il carattere tipico della realtà individuale. Chiamiamo motivo una relazione al singolo che porta in sé un

carattere tipico. Chiamiamo materia di un artista la realtà individuale suscettibile di un tale trattamento. Quindi, anche qui la conoscenza storica della visione artistica della vita e del mondo di un'epoca è legata all'analisi, alla combinazione dei diversi fenomeni ed ambiti contemporanei, alla comparazione ed alla riproduzione psichica. La più esatta

prova di una tale conoscenza sta nel rinvenimento del rapporto tra il contenuto storico della fantasia e la tecnica. Ogni cosa che l'uomo è capace di vedere nel mondo è sempre il rapporto della sua vita con le sue proprietà, che egli non è capace di mutare. Attraverso Fimmodifìcabile legge fondamentale della sua posizione, egli è legato a queste relazioni. Ciò che vede, sogna o pensa come questo mondo è sempre questa relazione, null'altro. Il suo mondo è altrettanto poco un prodotto della sua vita quanto esso è uno stato di fatto oggettivo. L'uno è da ritenere possibile così poco quanto l'altro. Quindi, ogni interpretazione dei fenomeni che ci circondano dipende dalla differenziazione e dal legame delle funzioni che comprendono il 102

mondo ma, d'altro lato, dal carattere oggettivo di questo, che diviene, così, comprensibile. Una tale relazione di funzioni lascia vedere nel mondo qualcosa che altrimenti non sarebbe per noi visibile. Ma ciò che è così visibile è, come espressione di questa relazione, solo un simbolo dell'enigmatica connessione del mondo. Questa connessione stessa, per come essa è oggettivamente, non cade mai nell'ambito della nostra coscienza. Da qui risulta che nella fantasia, per l'artista, esattamente

allo stesso modo come per il religioso o per il filosofo, nasce qualcosa che è un simbolo della realtà.

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SECONDO CAPITOLO

RELIGIOSITÀ Dottrina storico-religiosa del metodo Il metodo storico-religioso è soltanto Papplicazione di quello storico-universale all'oggetto particolare. Connessione. Comparazione. Interpretazione psicologica. Attraverso questi mezzi, procede da ciò che è dato empiricamente e storicamente alla connessione, non data, dello stesso secondo leggi.

Primo principio L'analisi psicologica della religiosità diede come risultato, innanzi tutto, che la stessa, come espressione della struttura etc., non costituisce una connessione spiegabile a partire da essa stessa; piuttosto, tutti i mutamenti religiosi stanno in connessione con gli ideali attivi nella vita del popolo, con la coscienza delle condizioni di vita che è raggiunta nella poesia etc., con il perfezionamento che l`immagine del mondo ha ottenuto attraverso la riflessione ed il perfezionamento dei principi scientifici. Vita economica, costumi, arte, letteratura e scienze: in questa connessione si compiono anche i mutamenti religiosiw.

Secondo principio Ma in questa connessione vi è un'autonoma connessione finale. L'interna dialettica dei dogmi di Baur la espresse in abstracto. Ritschlm. Harnacksz. La particolare natura della religiosità lascia determinare meglio la natura di questa connessione: 1. - Ci sono, per così dire, etimi che in un determinato ambito di religioni comunemente etc.

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2. - Questi ambiti religiosi entrano reciprocamente in relazione. C'è una storia generale delle religioni che nello sviluppo della religione, dei popoli cristiani, nel buddismo, nel maomettismo etc.

Qui il cattolicesimo è particolarmente istruttivo. Universalità dell'accoglienza33.

Religiosità e sua oggettivazione nella simbolica figurata, nel dogma, nella teologia e nella speculazione religiosa

Prime rappresentazioni. La vita religiosa ha per suo corre-

lato la visione delle forze divine. Come l'io esiste soltanto in rapporto all'oggetto o al mondo, così il processo religioso esiste solo in rapporto alla forza divina attiva che in esso è sentita e vissuta. Ma ciò che è vissuto è soltanto la presenza dell'ignoto e dellingovernabile, che, per così dire, produce ancora effetti dietro gli oggetti valutabili e conoscibili. Perché l'uomo primitivo non sa nulla delle cause delle sue malattie, della pazzia etc. Ma la divinità o l'essenza demoniaca è un soggetto, contemplato in questi effetti, che sembra adatto a produrre tali effetti. Un soggetto rappresentabile, quindi determinabile sensorialmente, viene, per mezzo del pensiero analogico, così rappresentato, qui, negli effetti sentiti. La realtà autonoma apparirà, in modo sempre più energico, in una forma percettibile.

Perciò ogni essenza divina è un simbolo, e certamente il più soggettivo portatore di effetti. L'incl.inazione alla personificazione è, così, inseparabile dal processo fantastico della religiosità. Ora, nel mondo sensibile c'è soltanto un numero limitato di etimi, per così dire, di simboli primari che possono essere così affini. La metafora religiosa etc. Realizzazione dell'oggettivazione sensibile in processi simbolici, metaforici. Essi sono, per così dire, le parti sintattiche fondamentali.

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Oggettivazioni Questi simboli devono essere compresi nella connessione dell'immagine del mondo. Il pensiero concettuale è presente in questa esattamente allo stesso modo come deve anche essere adoperato per procurare una chiarificazione concettuale ed un'analisi di questi simboli. Con ciò comincia un enorme, e mai compiuto, lavoro del clero di tutti i popoli. Nei simboli religiosi è esperita, per la prima volta, l`intuizione della vita e del mondo; poiché non l'ha prodotta l'intelletto, essa non può neanche essere spiegata razio-

nalmente. Il tentativo di fare questo produce le antinomie che lacerano e dissolvono l'intuizione religiosa della vita e del mondo. Esse si basano sulla multilateralità o duplicità, per l'intelletto, di ogni prodotto della rappresentazione religiosa secondo la vita contenuta in esso. Così sorge la dialettica interna del processo dogmatico nell'ambito di ogni religiosità che si innalza all'oggettività di un'immagine del mondo reale. Questa ha dissolto tutte le religioni una dopo l'altra. Così sorgono il tradizionalismo e la mistica come mezzi per interrompere questo processo. Ma poiché essi, acriticamente, non svelano il fondamento nella relazione delle esperienze vissute religiose e delle rappresentazioni religiose, allora anch'essi si dimostrano impotenti.

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TERZO CAPITOLO

FILOSOFIA COME RAPPRESENTAZIONE CONCETTUALE DI UN'INTUIZIONE DEL MONDO E DELLA VITA

Introduzione Sistemi. Voglio dimostrare che anche i sistemi filosofici, altrettanto bene come le religioni o le opere d'arte, contengono un'intuizione della vita e del mondo che non è fondata nel pensiero concettuale, ma nella vita delle persone che li produssero. Questo si mostra ogniqualvolta un sistema viene considerato in senso storico-evolutivo. Ma deve, nello stesso tempo, essere introdotto un modo di considerazione universale che fornisca, in modo generale, questa dimostrazione per l'intera sistematica filosofica. Innanzi tutto, ogni sistema contiene pre-

supposti indimostrabili. Esso va oltre il semplice legame di principi dimostrati. Lo stesso positivismo non contiene soltanto conoscenze scientifico-naturali e relazioni di queste con il no-

stro sapere dei fenomeni psichici. Quando i sistemi filosofici vogliono rendere una totalità della rappresentazione del mondo scadono nelle antinomie che, in tal modo, sono inevitabili.

Come essi si pongano oltre queste, come essi procedano in ciò con forza, in modo completamente differente rispetto alle avvedute scienze empiriche, ciò è stato spesso criticato, ma sarebbe completamente inspiegabile se essi non fossero spinti in avanti da una così forte volontà di esprimere una disposizione d'animo che essi non vogliono farsi sbarrare la via dai dissidi insormontabili delle antinomie. Il critico che studia a fondo un tale filosofo osserva facilmente come egli si sia atteggiato in modo insufficiente rispetto

alla multilateralità delle cose. Anche questo sarebbe incomprensibile se il filosofo fosse guidato da una considerazione imparziale, razionale. Allo stesso modo, da ciò risulta, positivamente, che ogni filosofia comprende come qualcosa di prezioso l'elevamento dalla 107

coscienza sensibile alla connessione delle cose, che essa vede in ciò una liberazione dell”anima. Un determinato comportamento sentimentale, visto assolutamente in generale, si esprime nella semplice forma del pen-

siero filosofico. Questo è analogo a quello religioso ed a quello artistico. - Quanto più si amplia la nostra simpatia, cioè la nostra gioia per la connessione vitale con le parti del mondo, quanto più noi, osservando, ci dedichiamo all'oggettività, tanto più facilmente superiamo gli impedimenti contenuti nella nostra posizione particolare, tanto più ampio diviene il nostro sentimento della vita: perciò gli antichi hanno sempre messo in

risalto, con grande semplicità, questo valore pratico dell'atteggiamento filosofico. La potenza della visione della vita e del mondo sull'animo

Prima legge L'ampliamento dell'io, il suo abbandono all'oggettività, dà all'individuo anche un ampliamento della sua intera vita, gli dà tranquillità nel cambiamento delle condizioni, stabilità. Così la semplice forma del comportamento religioso, artistico o filosofico contiene un elevamento della vita individuale.

Il concetto più generale di un sistema filosofico e la struttura dello stesso La caratteristica distintiva dei filosofi doveva essere compresa nel modo più autentico e semplice al tempo della prima formazione di una filosofia a sé stante. Eraclito e la scuola socratica esprimono ciò in modo concorde. Cerchiamo una formu-

la il più possibile generale. Il filosofo eleva alla coscienza ciò che l'uomo rappresentando e pensando, costruendo ed agendo fa a partire dai semplici impulsi in lui originari; gli è proprio un tipo superiore di riflessione. Ma ogni consapevolezza supe108

riore si manifesta nel fatto che vengono chiarite le esperienze vissute, le esperienze nelle loro parti e le relazioni di queste. Perciò l'energia logica è indispensabile per l'opera del filosofo.

Così sorge in lui una coscienza logica superiore che porta in una chiara connessione le operazioni istintive naturali. Egli mostra dappertutto la riflessività di Epimeteo; dalle singole conoscenze della natura sorge per lui il compito cosciente di comprendere la connessione dell'intera natura. Dagli scopi

degli uomini e della società, dalle leggi etiche delle religioni nascono per lui i compiti consapevoli di ricercare il bene massimo per gli individui e per la società, le regole massime della

vita personale e politica, la loro connessione ed il loro fondamento legale. Dappertutto egli mette il suo lavoro di concetti, la sua avvedutezza logica, la sua coscienza superiore, fondata sull'evidente forza, che si rende autonoma, del concetto. La coscienza logica, che si dispiega in relazione alle visioni oggettive, agli ideali ed ai beni, crea così una connessione logica, e questa cerca nelle radici delle cose sostegno e fondamento legale del proprio fare. A partire da tale coscienza, che si volge liberamente ovunque, che deve sottomettere ogni cosa, sorge, come attaccata ad essa, l'intenzione di fondare le sue attività vitali in modo autonomo rispetto alla capacità dell'intelletto o della ragione, ed i mezzi per eseguire ciò stanno nella potenza del pensiero logico. Filosofia è, perciò, una caratteristica personale, un modo del carattere al quale, in ogni tempo, si è attribuito il compito di liberare l'animo dalla tradizione, dai dogmi, dai pregiudizi, dalla potenza degli affetti istintivi, perfino dal dominio di ciò che ci limita dall'esterno. Un tipo di energia logica e di coscienza superiore che è applicato ad ogni cosa, che cerca dappertutto connessione. La coscienza si manifesta, dappertutto, nella chiarificazione tramite concetti; nella trasformazione della visione nella connessione logica. Questo è anche il senso in cui noi ci serviamo di questa parola in modo assolutamente generale. C'è un comportamento filosofico che non contiene nulla della professione di un filosofo specialistaal. In ogni poeta che si innalza ad un ideale di vita ed a una visione del mondo, sebbene questa sia espressa soltanto nella connessione delle im109

magini che egli colloca davanti alla nostra fantasia, c'è, secondo la convinzione generale, una parte di filosofia. Perché in questo c'è un rendersi coscienti della vita nella sua connessione generale, nel suo senso assolutamente universale, fondato sul fatto di accettare ogni fenomeno vitale nella superiore avvedutezza. Perciò il filosofo è nato come il poeta; al vero filosofo spetta genialità come al vero poeta. Allora il flosofo penetra, così, la comune radice della vita,

innanzi tutto in virtù della sua intenzione originaria, quando la sua energia logica cerca di innalzare alla chiara coscienza e connessione l'immagine del mondo, gli ideali ed i fmi del suo

tempo. Egli getta la luce del pensiero logico su queste radici della vita e della realtà. La struttura di ogni sistema filosofico è condizionata da questa relazione primaria, cioè da come le

realizzazioni del pensiero possano anche continuare nei flosofi. Questa energia logica, che rinviene la connessione e le radici della vita e della realtà, è sempre ciò che in lui è attivo. Dove essa manca, lì non vi è nessuna disposizione filosofica. Scetticismo, coscienza critica, autoriflessione storica hanno sempre davanti a sé come oggetto, come pure come vita propria, questa tendenza filosofica alla connessione ed all'unità della realtà. Ciò costituisce, positivamente o negativamente, dogmaticamente o criticamente, il problema del filosofo. Così, se il suo risultato fosse scettico egli sarebbe filosofo soltanto in virtù di questa sua energia logica che penetra nelle radici delle cose. Ciò che così sorge in lui è un prodotto vitale, perché la connessione della vita stessa, come essa lega l'autocoscienza, il

sentimento della nostra esistenza in essa contenuto, con il concetto di mondo e questo con gli obiettivi pratici delle persona e dell'umanità deve essere innalzata alla coscienza. La struttura di ogni sistema, quindi, precede il congiungimento del concetto di mondo con l'ideale pratico, fa seguito al penetrante andare alla ricerca dei fondamenti legali, delle possibilità della conoscenza. In Platone questa struttura si sviluppa nella completa separazione delle parti; ogni sistema successivo poteva solo differenziare le parti di questa totalità vivente; ogni filosofia scettica o critica può riferire il suo lavoro solo a questa connessione, che è proprio la positività presente in essa: così essa 110

partecipa a questa struttura solo quando innalza la medesima, per così dire, ad una superiore potenza. Questa essenza vitale mostra una struttura come un organismo; essa è un individuo che, come tale, appartiene ad una

classe; essa, se deve avere vitalità, deve essere nutrita dal sangue di un uomo, e secondo tale vitalità le è assegnata una durata limitata, una capacità di manifestarsi determinata.

Cerchiamo di penetrare più profondamente in questa struttura. Come totalità vivente, come creazione di una persona in cui questa riversa ogni cosa, i suoi concetti come i suoi ideali, essa è sostenuta da una disposizione d'animo, da un'atmosfera dominante: la profondità e Poriginalità di queste decidono, in prima linea, del suo destino. Ma questa non ha mai ricevuto, in un sistema, la sua espressione in una argomentazione logica coerente ed in una connessione completa. I critici della scuola hegeliana congiungono, perciò, i sistemi così che in ognuno è mostrata una contraddizione che il successivo risolve. Ma questa non è la reale costituzione logica di un sistema. La critica può mostrare, piuttosto, in ogni caso la multilateralità delle conseguenze contenute in esso. Già una semplice contraddizione, come quella contenuta negli attributi di Spinoza o nella cosa in sé di Kant, permette sempre una duplice tendenza in direzione del suo annullamento. Ma i sistemi sono, soprattutto, completamente disgregati dalle contraddizioni e dalle false conclusioni; essi scelgono un lato delle cose ed eliminano gli altri, mutilano la vita in virtù di una forte volontà. Essi vivono

in virtù della forza di un'idea fondamentale e di una disposizione d'animo attiva in essi, a dispetto della loro fragilità logica. È notevole che questo non abbia già provocato ancora maggiore meraviglia. Ma, invece di vedere questo in modo imparziale, gli storici lo hanno per lo più nascosto dietro un semplice raccontare uno dopo l”altro o dietro congiungimenti logici artificiosi o superficiali. Noi avremo da cercare la spiegazione nelle antinomie con le quali ogni sistema lotta, nella multilateralità della realtà vivente, nell'anfibolia in virtù della quale ogni vita può essere compresa, dalla riflessione, in díversi aspetti.

lll

Penetriamo ancora più in profondità quando cerchiamo di comprendere il processo nel quale sono sorti i sistemi nei filosofi: questo deve, però, trovare la sua espressione nella loro struttura. Conosco poche autoconfessioni di filosofi su questo processo. Un punto di Schopenhauer mette in rilievo come il suo sistema si sia costituito in una concezione alla maniera di

un'opera d'arte, in un modo a lui stesso inconsapevole. Credo che la descrizione del genio alla fine dell'Idealismus transzen-

dentalen di Schelling gli stesse, in questo senso, davanti agli occhi come paradigma: ma ciò avveniva per il suo stesso produrre, non soltanto per la descrizione di questo. Così sorgeva la stessa filosofia della natura di Schelling e, probabilmente, an-

che il sistema di Eraclito. Ma i maggiori e più profondi sistemi sono il risultato di atti creativi ampiamente estesi. Di ciò sono esempi significativi Spinoza, che procede da un panteismo vivente, Kant, che dalla costruzione storico-evolutiva di una teoria meccanicistica, la quale ha per presupposto un ordinamento finale, progredisce verso il suo idealismo della libertà. Proprio quando il punto di vista precedente diviene un elemento immanente del sistema più tardo, allora sorgono le sintesi di

più idee centrali. Queste devono essere spiegate sempre storicamente, ed in esse stanno sempre pericoli per la concordanza logica del sistema. Il concetto di perfezione, che deve consistere nella pienezza della realtà, non concorda con il meccanismo del sistema spinoziano. La metafisica oggettivamente valida, che Hegel riprese da Schelling, non concorda con la sua invenzione

della dialettica storica. In questa rappresentazione generale i sistemi filosofici sono stati visti, innanzi tutto, come creazioni isolate. Si mostrerà, più avanti, che essi sono legati con i movimenti religiosi proprio per la volontà di risa.l.ire alle origini delle cose - cosa che dapprima vide, assai in abstracto, Schleiermacher. Allo stesso modo, essi si mostreranno, riguardo l'ideale di vita e l'attribuzione di valore, in connessione con la socievolezza, con l'arte e con ln letteratura. La disposizione d'animo del filosofo sussiste nelle più ampie connessioni della storia, nelle quali riceve la sua determinatezza. E proprio l'esistenza di queste connessioni

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contiene l'attestazione storica per ciò che qui è stato dedotto a partire dalla struttura dei sistemi.

Classificazioni dei sistemi fin qui adottate o Le relazioni logiche tra sistemi secondo i singoli punti di vista Riconoscemmo che un sistema è un tipo di essenza vivente, un organismo, nutrito dal sangue di un filosofo, tramite ciò vitale, che combatte con gli altri.

La biologia, che ha davanti a sé un'entità presente di essere vivente, cominciò con i tentativi del suo ordinamento attraverso l'analisi e la comparazione; essa cercava tipi e soltanto più tardi arrivò, tramite un ordinamento genealogico degli stessi, ad una definitiva costituzione delle relazioni reciproche di queste forme vitali. La considerazione dei sistemi filosofici percorre una via opposta. Questi sistemi sono dati nel corso storico; il

compito è stato, dapprima, la connessione dello sviluppo storico, alla quale essi appartengono. Ma, anche, il compito della conoscenza non è risolvibile da questo lato solamente. Dobbiamo aggiungere alla storia la comparazione, l'analisi e la considerazione logica. La comparazione dei sistemi l'uno con l'altro produce, nell'ambito dei diversi punti di vista che sono contenuti nelle parti

della loro struttura, classificazioni che sono in uso da lungo tempo. Nel punto centrale della struttura di un sistema sussiste la distinzione metafisica di materialismo e spiritualismo, dualismo e monismo idealistico. Ancora prima sorsero, poi, le separazioni teoretico-conoscitive in empirismo e razionalismo, in dogmatismo e criticismo. Avanti quelle in eudemonismo ed idealismo morale, etica individuale ed etica sociale etc. Non cerchiamo, qui, di completare queste distinzioni. E chiaro che ognuna di queste non assegna il sistema, come una totalità, ad una classe: una singola parte della sua struttura, una parte della totalità vivente è posta alla base della divisione. Tra queste, la classificazione nell'ambito dei punti di vista metafisici 113

coglie il centro della struttura di ogni sistema metafisico. Ma essa, anche, classifica soltanto questa. Allora questi sistemi, come possibilità del punto di vista dogmatico, si devono differenziare da quelli critici. Secondo un'ulteriore relazione naturale, ogni sistema materialistico è empiristico e, nella sua etica, eudemonistico. Allo stesso modo il panteismo, il teismo etc. Esiste un tipo di gioco combinatorio. Con ciò sono esaurite le relazioni necessarie tra questi elementi di divisione. Una di-

mostrazione che non si può penetrare così da]l'esterno nelle relazioni logiche che sussistono tra i sistemi secondo la loro struttura. Ma, nello stesso tempo, già qui si mostra che analisi

e comparazione, separate dalla storia evolutiva nella quale i sistemi sono dati, possono procurare soltanto visioni orientative provvisorie.

Il principio più generale dello sviluppo dei sistemi filosofici, come principio dello sviluppo dei loro concetti Dalla comparazione e dalla classificazione delle singole parti dei sistemi ci volgiamo al tentativo di analizzarli come totalità e di sottoporli ad un trattamento comparativo. Innanzi tutto, determinate diversità strutturali dei sistemi risultano, ancora prima di proseguire nella considerazione del loro contenuto, a partire dalle semplici relazioni logiche che scaturiscono dal concetto di sistema come totalità che vuole conoscere, attraverso concetti, la connessione di realtà e vita. I sistemi, come un tipo di totalità vivente, combattono l'uno con l'altro, come fanno le creature viventi. All'osservatore superficiale la loro intera storia può sembrare come una lotta degli stessi l'uno con l'altro; noi ritorniamo sempre di nuovo fino alle concezioni primitive, fino al loro sempre sconfinato, indeterminato brulichio; nella lotta per il dominio si compie una scelta; le fantasie confuse delle mitologie babilonesi o messicane vengono meno; rimane soltanto ciò che può essere innalzato alla razionalità; vengono costruite razionalmente semplici concezioni fondamentali; ma, come queste, con lo stesso diritto, urtano l'una con l'altra, sorgono in questa lotta per 114

l'esistenza forme più composte, che sono maggiormente capaci di spiegazione. Perché la vitalità non è qui nient'altro che la capacità di spiegazione del reale. Ma questa capacità dipende da due condizioni, dalla chiarezza logica, priva di contraddizioni, di una connessione e dalla sua capacità di spiegare il reale e di porre in una soddisfacente funzionalità ciò che è attivo nel sentimento e nella volontà. Così si riunivano in Platone la dottrina de]l'essere e quella del divenire, il panteismo e la

dottrina delle forme venivano riprese dallo stoicismo attraverso il concetto di forza individuale della cosa, che si manifesta nella forma, e questa era, metafisicamente, la massima combi-

nazione etica dell*antichità: il concetto greco di mondo, il concetto romano di vita e il concetto orientale di religione si riunivano nella patristica e nella filosofia medievale. Dopo che il secolo diciassettesimo aveva reso, per mezzo della dinamica, la teoria meccanica del mondo capace di spiegare il reale, il panpsichismo dell'epoca antica veniva abbandonato; così la teleologia dell'antichità, nella quale, secondo la formula di Aristotele, fine, forma e causa agente coincidevano, si trasformava nella nuova combinazione leibniziana dell'intuizione meccanica del mondo con quella teleologica. Le costruzioni filosofiche divengono sempre più ampie e complicate. La complicazione aumenta ancora, poi, quando anche in questo sistema ripresa la dottrina della libertà, vengono legati panteismo e teismo, eudemonismo, etica sociale ed assolutezza idealistica

della formula etica. Lotze, Fechner, Renouvierss etc. mostrano tale sistematica altamente complicata. Possiamo, così, stabilire la regola generale: le visioni del mondo e della vita sono risultate da semplici concezioni e assumono nello sviluppo forme più composte, che cercano di abbracciare sempre più le diverse parti del reale come la scienza, progressivamente, le individua. A]l'inizio prevalgono l'elemento arbitrario, quello casuale, l'umore dell'animo e della fantasia, ed essi si trasformano in forme sempre più razionali; in seguito a ciò, il numero delle possibilità si riduce costantemente tramite un tipo di scelta: quindi, come secondo l`ipotesi biologica della scuola epicurea e di Diderot, da una molteplicità sconfinata di costruzioni arbitrariamente umorali sorge, progressivamente, un sempre più 115

delimitato numero di classi di costruzioni sempre più razionali e composte. E certamente l'intuizione della vita e del mondo ha attraversato i seguenti, regolari gradi: 1. Sistemi dogrnatici. 2. L'elevazione delle attività umane, specialmente dei metodi filosoñci, alla coscienza, nella scuola socratica. 3. L'aumento di questo rendere cosciente fino al metodo trascendentale (degenerazione: scetticismo). 4. Regola, legge e forma delle in-

tuizioni della vita devono essere trovate attraverso l'autoriflessione storica. Metodo descrittivo e comparativo. Fenomenologia della sistematica filosofica. Da qui segue che nel tempo ha luogo un regolare sviluppo

della struttura delle visioni della vita e del mondo umane e dei sistemi che le fissano in concetti, nella misura in cui, innanzi tutto, si guarda questa struttura soltanto in modo puramente formale. Si considera poi, di nuovo, il modo in cui l'intuizione del mondo è legata avanti e indietro nella struttura di un sistema: così anche questa cambia secondo una legge di sviluppo. La filosofia, vista storicamente, è la coscienza, che si sviluppa, di ciò che l'uomo fa pensando, creando ed agendo. Questa coscienza, come una visione del mondo, è, così, solo un caso di questa autoriflessione filosofica. Dove questa si presenta, li vi è la filosofia, non importa quale forma e struttura essa assuma. La funzione della filosofia deve essere dedotta dalla legge fondamentale della struttura. L'individuo si rappresenta empiricamente come unità funzionale all'interno di un sistema. Essa stessa è ciò che si trova, in conformità all'esperienza di sé, in un certo tipo di tensione nel sentimento e nell'impu1so. Impressioni esterne etc. Ora, ogni totalità storica sussiste a partire dagli individui. Così le stesse funzioni si devono costituire, qui, in più ampie connessioni finali. La società viene tenuta unita attraverso le forme dellorganizzazione esterna. Queste hanno nella famigjlåa il loro elemento fondamentale - esse si differenziano etc. La sua più semplice struttura è trovata da Platone. Ma proprio questo spirito dellautoriflessione spinge di nuovo indietro 116

fino ai presupposti. Così il centro di gravità della sua struttura si trasffšçisce sempre di nuovo indietro, alle condizioni della coSCEQTLZG

.

In questa autoriflessione sta, cioè, un'importante attività orientata ai presupposti della coscienza, negativamente e positivamente orientata, che penetra, in modo potente, in profondità: un modo di lavorare sotto terra, un lavorqspoco rassicurante, sospetto per la maggior parte degli uomini .

La prima forma di progresso nella filosofia è, perciò, il rinvenire di tutti i problemi che la realtà racchiude, e delle relazioni tra essi, poi il graduale elevamento e rendere cosciente di

ogni presupposto sotto cui sta il pensiero umano. Compito in Platone, soggettività dei sensi, spazio come fenomeno, categorie come forme della coscienza etc. L'odio contro la filosofia come operazione negativa a partire da Protagora e Socrate. Infinità ed immensità di questo processo. Ci sono sempre barriere che ci limitano. Tumultuoso sforzo di liberarsi completamente di esse in Feuerbach, Schopenhauer e Nietzsche. Impossibilità di ciò; perché si urta, qui, proprio nella storicità della coscienza umana come una proprietà fondamentale della stessa. Il compito positivo di elevare alla coscienza i presupposti sotto i quali l'uomo vive e pensa: Kant. La caratteristica di necessità e universalità. Il positivismo e le semplici dipendenze logiche”.

Storia dello sviluppo. Conoscenza dei sistemi e conoscenza strutturale La rappresentazione di un sistema era finora, in prevalenza, il tentativo di nascondere, attraverso un adattamento logico, le sue lacune, contraddizioni etc. Ma quando si comprende un sistema nella vita, nell'ambito della quale esso scaturisce da una disposizione d'animo, allora la sua storia evolutiva mostra, come molte possibilità, molte conclusioni errate per gettare un

ponte sulla via, sulla pericolosa via alla trascendenza, per risolvere le antinomie. Si manifesta la fragilità di ogni sistema-

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tica. Nella scienza positiva non ci sono queste conclusioni errate, perché esse non sono necessariew.

Sviluppo progressivo nella storia della filosofia. Critica delle concezioni dominanti

Questo non consiste nell'avvicinarsi ad una conoscenza assoluta, per esempio, nel sistema positivistico, ad una situazione di perfezione: ciò che oggi credono la maggior parte dei filosoñ. Tuttavia, esso può essere mostrato in modo indipendente da ogni speranza sistematica. Esso consiste nella

crescente coscienza dello spirito umano circa il suo agire, gli obiettivi ed i presupposti di questo, visti come una totalità. Questo progresso non è soltanto relativo alla teoria della conoscenza, e neanche un passaggio attraverso la metafisica in virtù di un ripiegamento verso essa. L'autoriflessione non è neanche il suo nucleo. L'io non esiste mai senza Poggettualità, la realtà a noi esterna. La riflessione sull'io è perciò, nello stesso tempo, quella sul suo rapporto con una realtà esterna e sull'origine e la ragione delle determinazioni intorno ad essa. Quindi, Yautoriflessione per sé sarebbe sempre legata, nello stesso tempo, con quella sulle determinazioni oggettive. Ma lo sviluppo delle visioni della vita e del mondo e Yautoriflessione storica che risulta da esse penetrano ancora più profondamente. È evidente una svariata molteplicità. Cerchiamo di comprendere la connessione interna.

_1_ Il mondo dato come punto di partenza di ogni intuizione della vita e del mondo Nella vita psichica i prodotti si presentano nella coscienza senza consapevolezza dell'attività della forza psichica che li produsse; perciò Poggettualità esteriore esiste senza la coscienza dei processi nei quali essa si è formata. Questa oggettualità 118

esteriore porta in sé le caratteristiche della spazialità, di una totalità continua, nella quale gli oggetti sono separati come cose e sono reciprocamente in relazione nel fare e nel patire, della differenza di essenza e casualità, della vita, della totalità. Tutto ciò è dato senza che noi siamo coscienti dell'origine. Quindi, manca la coscienza del rapporto di queste determinazioni con la vita, il correlato della quale è questa realtà esterna. _2_ L'agire cosciente dello spirito e igradi di questa consapevolezza La vita diviene cosciente del suo agire soltanto per mezzo del sentimento di fatica o di lavoro che accompagna l'attenzione volontaria, la scelta deliberata, la fatica di reprimere gli impulsi. Poiché, ora, nell'attenzione, nella scelta etc. ci sono gradi di energia e di resistenza rispetto ad essi, allora a questi devono corrispondere i gradi della coscienza dei processi. Questo è stato negato spesso; lascio anche in sospeso se, per esempio, i processi composti che così si presentano ottengano i loro differenti gradi di coscienza tramite le diverse relazioni del legame cosciente o inconsapevole degli atti psichici. Così, per esempio, come si leghino fatica intellettuale ed idea improvvisa, l'intenzione del poeta, che si volge alla connessione di un'opera, e il presentarsi spontaneo, sorto sotto questo influsso, delle singole parti. Quest'ipotesi rende alla mia osservazione ed analisi gli stessi servizi che quella dei gradi di coscienza rende in relazione agli atti semplici. Ora, conosciamo i processi primari, che si riferiscono all'approfondimento dell'unità, contenuta implicitamente nella visione della totalità, delle sue parti per mezzo di una connessione che si rende spiegabile, soltanto dai residui dei loro prodotti storici, della lingua, del mito, della favola. Il problema a proposito della dimensione nella quale collabora, in questo, l'agire cosciente volontario può, così, essere risolto soltanto per mezzo 119

di conclusioni a partire da questi residui. Chiamiamo l'atto consapevole dell'a.rbitrio del proprio agire invenzione. Allora, la questione è in quale grado, in questi processi primari, collabori Yinvenzione.

Visione d'insieme degl'atti psichici che collaborano alla formazione dei processi primari4 , e il problema di determinare il loro collaborare Dalle radici42 derivano altre parole etc. attraverso appercezione etc. Nella religione tropo, metafora etc. I ricercatori, che riconducono tutti questi processi ai processi appercettivi, alle unioni etc., hanno in ciò un principio dell'agire inconsapevole. Che questo principio sia efficace è fuori questione; ma la sua interpretazione è problematica. Ma, innanzi tutto, questo appercepire meccanico non è l'unico processo. Io ho, nelle immagini, metamorfosi. Questo è, piuttosto, un tipo di sviluppo organico, una manifestazione ed uno sviluppo di immagini etc. Per la connessione esso è la vita della totalità, che lo contiene implicitamente; tale totalità viene messa in evidenza attraverso la relazione dell'interiore all'esteriore 0 Yimmedesimazione.

Ma, allora, ci si chiede in quale proporzione regnino, inoltre, gli atti coscienti di comparazione, subordinazione del paragonabile sotto una posseduta, vivente connessione in un ambito etc., quindi l'invenzione. Questi processi sarebbero stati analo-

ghi a quelli scientifici e artistici. 'I`utti questi processi sussistono nella vita psichica e ci si chiede soltanto in quale misura possiamo determinare la loro partecipazione alla lingua, al mito, alla favola etc.

Caratteristiche oggettive dei residui Ora, noi troviamo oggettivamente come caratteristiche della connessione che sorge nella religiosità il trasferimento delle connessioni conosciute all'ignoto e la soggettivizzazione o sostanzializzazione delle stesse. Questi sono, allora, gli stessi 120

processi che sono attivi anche nella formazione della metafisica. La forza che agisce nelle cose, conformemente alla volontà, l'ipotesi di un intelletto superiore nelle azioni istintive, altrimenti inspiegabili per la comprensione della stessa, l'ipotesi di una superiore forza spirituale negli astri sono di tale natura. Ad esse si accosta Yinterpretazione della vita attraverso la soggettivizzazione delle costruzioni oggettive, ed essa condiziona l'ipotesi di una separabile, eterna sostanza in esse. A questi spostamenti si aggiunge quello di connessione, così la spiegazione a partire dalla riproduzione, dalla famiglia, la dualità sessuale, la spiegazione a partire dalla guerra etc. dall'evoluzione etc. Vogliamo chiamare questo tropo, metafora etc.

Caratteristiche soggettive nella trasmissione Le religioni si attribuiscono validità oggettiva e concepiscono la loro nascita come rivelazione, illuminazione etc. In ciò è contenuto un elemento duplice: l'asserzione di un processo ma, nello stesso tempo, l'asserzione che nello stesso spontaneamente e, per quanto grande sia anche il lavoro fatto in tal senso dal soggetto umano, alla fine tuttavia senza il suo intervento...43 La forma di comunicazione della religione è per noi soltanto neg1'inni etc. Non possiamo accettare, ora, che la loro produzione sia semplice rappresentazione. Perciò anche entusiasmo, illuminazione etc. La spiegazione di questi concetti sta nel fatto che il soggetto religioso è consapevole del lavoro di comprensione de1l'ignoto e dell'indominabile nelle forze e nella loro connessione, ma nello stesso tempo a lui sono poi giunte, come senza il suo intervento, le illuminazioni.

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QUARTA PARTE

s'1¬oRIA DELLo sv1LU1›Po DELLE 1NTU1z1oN1 DELLA VITA E DEL MoNDo“

PRIMO CAPITOLO

LIVELLO PRIMITIVO Sensibilità e religiosità

La concezione del mondo sensibile-naturale e la religiosità

sono state avversarie tanto accanite in tuttii tempi perché entrambe sono fondate sulle condizioni dell'autocoscienza immediata. Questo è il contrasto originario nel costante antagonismo tra le intuizioni della vita e del mondo.

L'intuizione sensibile-naturale della vita e del mondo e l'arte 1. - Abbiamo riconosciuto che ogni forma di vita impulsiva ed emotiva deve produrre nello sviluppo naturale una coscienza di sé e un ideale di vita, e che essa ha per suo correlato una concezione del mondo che, però, in qualche modo esiste sempre come totalità. In modo analogo avviene anche riguardo al punto di vista della vita sensibile etc. Ma questa deve essere compresa in modo non ammanierato. Amore, sentimento eroico della vita, volontà di potenza, volontà di possesso e relativa gioia, amicizia e partecipazione alla fortuna ed alla potenza

della stirpe: questi sono i più forti sentimenti dell'uomo sensibile-naturale. Il loro innalzamento alla coscienza e la oggettivazione si compiono, innanzi tutto, nell'arte. Le prime forme dell'intuizione umana della vita e del mondo sono quelle dell'intuizione della vita e del mondo sensibile-

naturale e della religiosità. Questo è il primo contrasto che si sviluppa in essa, ed essa si sviluppa sempre in contrasti a causa della multilateralità della vita e delle diverse accentuazioni dei suoi principali momenti strutturali. Ciò viene studiato al meglio nei residui di arte e poesia presso i popoli primitivi e nelle culture antiche. Vicino alle canzoni magiche si trovano sempre canzoni d'amore etc.

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La sensibilità ingenua si abbandona al soddisfacimento della vita istintuale, alla rappresentazione dei sentimenti. Ogni forma di rappresentazione è la sua espressione: danza, canzone d'amore, farsa etc. Al livello primitivo la religiosità non sta in alcuna contraddizione con l'esistenza sensibile. Anzi, essa ne è il completamento psicologicamente necessario. E ai più bassi livelli di vita questa relazione si ripresenta sempre.

La religione è innanzi tutto, ai livelli primitivi, la relazione dell'intero io, con tutti i suoi bisogni, le sua angosce esistenziali, le immagini fantastiche che Pincertezza dell'esistenza suscita, con Pinconoscibile e con l'indominabile intorno ad esso. È ancora piccolo l'ambito nel quale la sua volontà sottopone gli oggetti naturali agli scopi e il suo conoscere lì rende comprensibili per mezzo di relazioni causali. Quando il troglodita etc. Intorno a questo stretto ambito familiare sta l'ignoto, l'indomi-

nabile. L'oscurità si affaccia tutt'intorno a questo punto illuminato. E da questa oscurità guardano, come occhi di animale rapace, le indominabili ed inconoscibili forze della natura. La sua forma è affettività e tecnica magica per influenzare l'indominabile, in qualche modo, per così dire, supplichevole 0 minaccioso. Una tecnica magica affascinante che è esercitata con disinvoltura accanto alla caccia o alla pesca. Essa è tanto necessaria come lo è per l'uomo diminuire o rompere la pressione di questo mondo esterno, illuminare l'oscurità circostante, spiegare le tenebre che circondano l'origine e la fine della propria esistenza. Così si costituiscono forme di rappresentazione, di culto, funzioni sacerdotali, tutte dominate dalla medesima caratteristica. Le forme di rappresentazione di tutti i gradi primitivi di religione sono, innanzi tutto, condizionate dal fatto che l”immagine del mondo è legata nell'unità, in rapporti imperfetti, soltanto a partire dal caos sensibile. Quest'unità costituisce soltanto lo sfondo incomprensibile dal quale le forze provengono. Questa tendenza di isolare dall'ignoto forze individuali, come portatrici di eƒfetti incomprensibili, secondo certi criteri è, in

sostanza, ciò che è stato indicato come feticismo e che ancora 126

oggi è spesso indicato in tal modo; ma ciò non è di per sé una forma di religiosità primaria, ma soltanto una caratteristica o una proprietà della stessa. La seconda caratteristica della religiosità primitiva è il restare legati dei sentimenti e delle rappresentazioni dell'ignoto che agisce, dell'indominabile, al fenomeno sensibile, quindi agli oggetti dati sensorialmente. Ancora non è presente la separazione di una qualche rappresentazione di forza da ciò che è da-

to sensorialmente. Attraverso una specie di inversione del processo nel quale la vita individuale si rappresenta, manifesta ed agisce negli elementi, nei gesti e nei suoni di questi, og-

getti o animali o persone umane sono visti come portatori di forze straordinarie. E a questo livello tali forze non abbisognano di stare in nessuna relazione comprensibile con le proprietà visibili degli oggetti. Come nella vita del selvaggio umore, caso, capriccio giocano un ruolo assai importante, la scelta dell'oggetto magico, affascinante, demoniaco o divino non si compie in modo logicamente spiegabile. Inoltre, ciò che oppone resistenza, opprime, nuoce, allo stesso modo ciò che si mostra giovevole, è rappresentato, al livello primitivo, come fornito di una volontà. E deve essere rappresentato così perché ogni attività è comprensibile soltanto come manifestazione di una volontà o come connessa con una tale volontà. Le medicine sono fltri magici; nella pazzia si manifestano demoni; la sfortuna di guerra, che non è spiegabile, richiede l'ipotesi di forze che intervengono: e le divinità ex ma-

china di Omero sono, proprio come i residui di un antichissimo modo di pensare, inadeguato al grado di cultura raggiunto, per come esse sono, arretratezze. Così sorgono i predicati della divinità giovevole e funesta. Come poi divinità o demonio è sempre ciò che agisce. Nelle spade è nascosta una forza magica che un'essenza demoniaca deve avere messo dentro magicamente: pietre o alberi presso i quali è stato sacrificato con effetto sorprendente vengono sempre più riempiti dalla fantasia con storie di forze magiche e divengono così, sempre di più, sede di un elemento demoniaco: come, poi, questo avviene ancora oggi nel caso della popolazione rurale nell'antichissimo Calvario. E i campi di grano portano in sé, per come essi sono carichi di spi127

ghe, qualcosa di demoniaco che concede loro sviluppo (Usenerß: divinità momentanee). Queste sono le caratteristiche di una religiosità primitiva. Esse sarebbero state certamente più incomplete, se queste rappresentazioni, legate a quella del mondo, del divino, del demoniaco e del magico non fossero entrate in connessione con le primitive concezioni che sono legate all'io. Credenza negli antenati, nei defunti e nelle anime come

concezione originaria. Spiegazioni insuflìcienti. Al nostro contenuto psichico appartiene anche la caratteristica che il sentimento della vita in noi accetta la morte solo come fattore esterno, ma non la può comprendere realmente. Esperiamo questa incomprensibilità della morte in ogni notizia improvvisa di un caso di morte, dove le impressioni sensoriali non danno aiuto. In fondo, la sicurezza con cui viviamo alla giornata si basa su questa incapacità di pensare la vita che si interrompe. Così l'uomo primitivo pensa sempre di continuare a vivere etc.

Il legame di questa concezione di continuità con la credenza nei demoni, nella divinità, nella magia è, ora, il punto cruciale proprio della religiosità primitiva, e questo punto di connessione tra io e mondo nella religiosità rimane sempre l'elemento decisivo. Una religione è compresa sempre soltanto a partire da questo punto di riferimento. Questo, di solito, non è stato giustamente riconosciuto dai ricercatori religiosi. Come la morte è per la coscienza primaria il più grande di tutti i mali, l'oscurità che l'avvolge, la sede dell'estremo terrore e della spaventosità, così si deve venerare intensamente ogni forza di natura demoniaca o divina alleggerisce il destino di morte; è preziosa ogni usanza che alleggerisce queste esperienze ai parenti; si deve custodire ogni relazione con i parenti deceduti. Culti, venerazioni etc. Questi rapporti ancora nel cattolicesimo per mezzo della dottrina del purgatorio etc. Rappresentazioni della morte. Principio di analogia. Straordinariaås molteplicità di queste forme religiose. Come licheni e muschi. Principio psicologico della loro costruzione etc. Culto e sacerdozio sono perciò valutati, innanzi tutto, in relazione agli effetti magici. Gli istituti religiosi ed i culti sono 128

determinati ad influenzare, attraverso azioni religiose, demoni, dei etc. Ed è, fno ad oggi, ancora così. Le moderne rappresentazioni della religione non possono essere riportate a questo.

Leggi di formazione delle rappresentazioni, separate dal percepire sensibile, di divinità, demoni, storie di divinità 7

Livello dell'agricoltura. - Religione della tribù, della città e del popolo. Livello dell'agricoltura, regolarità. Prevalere delle rappresentazioni, nella vita spirituale, sulle percezioni.

1. - Separazione delle forze divine dalla visibilità. Invisibili, ma capaci di apparire. - 2.48 - Esse sono portatrici di funzioni regolari. Come la vita procede all'articolazione economica ed

alla divisione del lavoro, così anche le divinità divengono etc. 3. - Culto come azione. Sacrificio. Sacerdote. - 4. - Fede nell'immorta]ità. - 5. - Le teologie del politeismo come allineamenti esteriori dei rapporti metaforici. Omero. Eddalg. Finlandia etc. - 6. - Loro insufficienza.

Differenze fondamentali

Bel e Astartew etc. Jahwe come Dio di orda. Cause che nei diversi popoli hanno impedito che essi passassero ad una dottrina unitaria.

Nei Greci c'è Poggettivazione sensibile che scompone in immagini e rapporti figurati. Limite del pensiero greco, il fatto che esso non potesse comprendere la forza vitale etc. Nei Romani la divisione burocratica delle funzioni etc.

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SEOONDO CAPITOLO 1 POPOLI ORIENTAL151 Il clero dei grandi stati civili orientali e il monismo religioso

Ci sono due momenti che portano il processo religioso ad un più alto sviluppo. L'uno è intellettuale, l'altro, se lo si vuole chiamare così, di natura morale. Quello si basa sull'ipotesi del pensiero razionale, delle conclusioni composite e dei sentimenti ideali nei diversi processi. L'altro procede dalle profondità ultime della religiosità stessa: anzi, la religiosità in senso superiore sorge soltanto lì. Lì sta il punto di svolta proprio della storia della religione. Esso è risultato proprio da un falso intellettualismo, quando si è reso il monoteismo come proprio ed esclusivo punto di svolta dello sviluppo religioso. Lo spirito divinatorio che vive nelle Reden über Religion ha già riconosciuto ciò.

_152_ Il clero delle diverse religioni, le società religiose corporative sviluppano, innanzi tutto, concetti intorno ad una vita che soddisfi le divinità. Ciò si estende, gradualmente, dai sacrifici e dalle preghiere ad un intero ordinamento vitale, che corrisponde ai sentimenti etici e sociali della società nella quale essi vivono. Tale ordinamento vitale non è da nessuna parte e mai una creazione della religiosità; esso si sviluppa, dalle profondità della natura umana, nel grembo della società; ma dappertutto ciò avviene, nello stesso tempo, obbligatoriamente, in connessione con un concetto di aflinità della natura umana, di rapporto interno della stessa e dei valori prodotti in essa con

un ordinamento superiore nel quale l'uomo è compreso. Il possesso di casa o le pietre di confine sono sempre in qualche modo sacri perché esiste una volontà divina di tale natura, so130

no divinità la cui funzione è quella di proteggere le relazioni sociali. Da qui deriva l'altro aspetto secondo il quale le proprietà sociali ed etiche, che sono stimabili per l”uomo, sono poste a custodia nelle volontà di queste divinità.

E ora si sviluppa, nel clero, nei misteri, nelle società corporative religiose, l'esperienza di come Pannullamento degli impulsi e degli affetti sensibili nel silenzio religioso dell'animo accordi una beatitudine interamente nuova e sconosciuta alla vi-

ta mondana durata fino ad allora. Non si potrà pensare in modo abbastanza intenso l'impronta con la quale questa esperienza ha toccato gli animi prediletti. Nel guscio protettivo dell'agire magico sulla divinità si rafforza questo piacevole, sottile

nucleo: religiosità in senso più ristretto. Qui è la sede della tecnica sacerdotale, o sviluppatasi nei misteri etc., di epurazione e purificazione, di beatitudine nel rapporto religioso. Essa è stata l'istitutrice dei popoli d'allora per un'eticità più raffinata. Ad essa legata la beatitudine futura, lì sviluppava quel legame profondo del distacco dall'aldiqua sensibile con l'accesso ad una felicità trascendente. Ma dietro questo legame cresceva l'altro, quello della abnegazione, con la pace già raggiunta nell'aldiqua. Il genere umano si sviluppa per mezzo di una relazione regolare secondo la quale ciò che si è ottenuto per una determinata connessione finale diviene ora utilizzabile per nuovi scopi, momento di un nuovo sviluppo. Questa relazione sta alla base

della costruzione sintetica dello sviluppo che Schelling ha rappresentato nel suo idealismo trascendentale. Essa è stata formulata da Wundt, in ambito ristretto, come principio etc. I prodotti non portano in sé nessuna coscienza della loro origine; allora essi possono diventare portatori di nuove funzioni supe-

riori. Applichiamo questo alla religiosità. La religiosità magica, i suoi culti, i sacrifici, il clero, i misteri e le società corporative, l'enorrne apparato nel quale essi si sviluppano, specialmente nei grandi stati pianeggianti orientali, come sostenitori della loro cultura superiore, costituiscono una tecnica etico-religiosa, una coscienza, raggiunta attraverso ciò, di beatitudine, danno ad essa forme esteriori nell`ambito della sua struttura isolata dal mondo, e ora questo processo 131

etico-religioso interno si può separare dallo scopo di produrre effetti magici sull'agire delle divinità; le forme religiose di esistenza che sono così create possono diventare portatrici di sviluppi interni orientati al soggetto stesso e che trovano il loro obiettivo nella sua beatitudine terrena e celeste. L”uomo rinuncia a cambiare il suo destino esteriore e si crea un destino interiore. Si è compiuta un'evoluzione che dalla terribile pressione che gravava sugli uomini nelle condizioni sociali di

enorme oppressione, negli spaventosi regni dell'Est e poi, di nuovo, del medioevo europeo si sviluppa nella massima potenza con enorme forza. Se Ranke ha visto nel processo religioso il nucleo della storia dei popoli orientali, allora questo non è storicamente obiettivo: quivi è certamente la verità, a tal proposito, vista secondo il lato religioso, e presto noi vedremo anche l'altro aspetto intellettuale del medesimo processo. Il Libro dei morti egizianoäs ed i misteriãl', i... assiri, babilonesi, i... indiani, sono le potenti testimonianze di questo processo: più violente che le piramidi, i castelli reali etc.: i monumenti spaventosi di uno sconfinato potere sovrano. Poiché essi hanno un'interna grandezzaãö. Entro nel giardino di un convento: dalle società religiose corporative, asceticamente chiuse, sorgono i sentimenti religiosi di pace, di silenziosa tranquillità mondana, di libertà interiore dai rumorosi affetti del mondo, in quanto tutti questi sono alimentati dalle regole dell'isolamento: tale interno silenzio e tale armonia ci parlano simbolicamente da questi cortili e giardini conventuali, si comunicano a noi con forza irresistibile. Questi simboli sono più profondi della forza, della potenza volontaria di resistere senza limite, delle caratteristiche rocche e dei castelli dell'epoca micenea o di Firenze o in Germania etc. Legami di potenza irresistibile che sorgono in tal modo: in modo più compiuto, certamente, nel cattolicesimo. Culto magico, sacrificio; il suo nucleo fino nella messa; suscita la coscienza di un mondo soprasensibile condiscendente, anzi chiamato giù.

Un processo astratto, spoglio non sarebbe capace di rendere ciò plausibile all'animo. Le creazioni più forti dell'arte umana sono inseparabili dal culto e dalla sua magia. Esse sono simboli di quelle azioni e di quegli stati d'animo potenti. Campane, duo132

mo romanico, gotico, l'arte della liturgia, il simbolo della messa: il cortile del convento ed il silenzioso giardino del convento: un mondo! Così ai romantici poteva sembrare che vi fosse arte assolutamente reale soltanto lì dove essa era simbolo della religiosità. E come nucleo, dietro tutta questa magia, questa simbolica dell'arte, il profondo processo del compimento della trascendenza interiore, attraverso Pabnegazione, nella beatitudine trascendente.

_11_ Ma questo grande processo ha, nello stesso tempo, un potente aspetto intellettuale. Clero, astronomi etc. Così si compie, per mezzo del concetto ottenuto di connessione ed unità del mondo, la trasformazione nel monismo delle rappresentazioni religiose che presentano diviso l'agi.re dell'ignoto, dellimperscrutabile, dell'indominabile. Questo processo è, per la storia delle visioni della vita e del mondo nel genere umano, di significato altrettanto profondo come quello religioso per quella della religione: entrambi sono reciprocamente legati dall'interno. Sta anche qui il punto fondamentale per Finterpretazione storica della relazione di io e mondo, della comunanza della trasformazione. È una determinatezza della vita che produce le trasformazioni secondo i diversi aspetti. Nella religiosità egizia ed indogermanica la coscienza dell'unità, dellaifmità etc. dello spirito umano con la divinità, che è ciò che è già contenuto nei miti, si manifesta nell'unítà dell'immagine del mondo etc. Dottrina della trasmigrazione delle anime come l'invenzione di porre in un legame interno nascita e morte e di legare entrambe con la vita universale sentita. O come dualismo nello stesso tempo due regni, due luoghi trascendenti etc. Sviluppo semitico. Dio di orda. Rapporto servile

etc.

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Le forme della religiosità monistica dell'Est sono condizionate dalle determinazioni aƒfettive, che stanno nella religiosità, sulla connessione del mondo. Falsa interpretazione della speculazione indiana quando viene separata, da Deussenw, dal processo religioso, dalla preghiera, dalla meditazione religiosa, dalla concezione circa il destino dell'anima. Essa è sostenuta da ciò. Relazioni57 dell'arte, nei diversi popoli orientali, con la loro intuizione della vita e del mondo. Poiché le intuizioni della vita e del mondo di un'epoca si manifestano nell'arte, nella religione e nella filosofia come in

diverse forme di espressione, allora l'arte degli assiri, degli egizi etc. deve potere essere compresa anche come espressione di questa visione della vita e del mondo. Simbolica, che nei popoli orientali separa le forme dagli oggetti e dagli esseri viventi e le porta in combinazioni escogitate dalla fantasia. Arte semitica nello stesso tempo naturalistica e fantastica. La grande statua seduta degli egizi è il primo tipo di una maestà che supera ciò che è comunemente umano. Nella sua fissa tranquillità, nelle mani poggiate, non vi è la trascendenza della morte?

Forme delle dottrine religiose dell'unità in Oriente Tentativo di speculazione concettuale che le innalza ad una connessione cosmica. Risoluzione di tutte queste forme tramite la dialettica, che porta alla coscienza le loro antinomie, della loro storia dogmatica. Conclusione: l'ampio campo di rovine delle religioni orientali. Le particolari antinomie che scaturiscono nel carattere religioso-affettivo del concetto di Dio così sortoss.

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TERZO CAPITOLO* I POPOLI DEL MEDITERRANEO

Si forma ora una metafisica liberata dai fondamenti religiosi. Intendiamo per metafisica la forma della filosofia che I

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tratta scientificamente la connessione del mondo concepita nella relazione con la vita, come se essa fosse un'oggettività indipendente da questa vita. Tale metodo presuppone l'esisten-

za della scienza. Si tratterà dei rapporti, contenuti nell'immagine del mondo, di unità, connessione, sostanza nei suoi accidenti, essenza nella molteplicità casuale così come se questi concetti fossero espressioni razionalmente chiare di relazioni oggettive. _ 1 __ I GRECI

Caratteristica generale Nessun popolo poteva essere più adatto di quello greco a produrre una tale metafisica. Essi avevano separato la matematica dal bisogno pratico e dai passatempi mistici. Essi avevano liberato Pastronomia dai suoi rapporti originari con le credenze religiose. Sebbene anch'essi continuassero a considerare gli astri come dei, avevano provveduto a sottoporre la stessa immagine del mondo ad operazioni puramente scientifiche. Le proprietà fondamentali della metafisica greca si basano sulle proprietà del popolo greco, che possono essere indagate nella fede nelle divinità di tale popolo, nella sua arte e nella

sua scienza. Perché la vita spirituale di un popolo è un'unità indivisibile. Nello spirito greco regnano la rafligurabilità, l'oggettivazione, il pensiero geometrico. Esso comprende l'universo 135

e le leggi della simmetria, della proporzione e della forma. La separazione della forma geometrica, che si compì nella società corporativa pitagorica, fu la grande scuola dell'arte greca. Simmetria, armonia e proporzione cercano una purissima espässione nel tempio e nel suo ordinamento di colonne. Sem-

per

è certamente vicinissimo alla comprensione di quest'ar-

chitettura quando la spiega a partire dalla decorazione esterna, quindi dalla raffigurabilità della forma come tale. Ma il

tempio è un'opera d'a.rte complessiva, e come il suo ornamento generale così anche la sua scultura è retta da un ordinamento geometrico. Proprio una tale opera d'arte complessiva è il

dramma greco, come Richard Wagner ha giustamente riconosciuto. Esso è un'azione simmetricamente costruita, dove il

mezzo di costruzione che lega le parti dell'azione sono i cori, paragonabili alle colonne del tempio. Così anche le persone non esistono in relazione alle loro passioni soggettive o al loro carattere, ma sono inquadrate nell'azione simmetrica. L'azione stessa ha per oggetto la produzione dell'ordine divino a partire dal disordine della vita. I discorsi sono ordinati simmetricamente ed antiteticamente. Il punto più alto non è costituito dalla passione ma dal pathos, che è regolato in relazione alle idee più alte. Le sue creazioni scultoree più alte, perfino i ritratti, sono sospesi in un etere di bellezza formale in sé riposante, non gravato da alcun lavoro intellettuale. È come se con essa non si desse nessuna opposizione, nessuna dura realtà e

nessuna lotta. La comparsa della forma all'interno dell'immagine visiva, la sua continuità nel cui ambito gli oggetti si separano: questa è la concezione naturale del mondo, quest'espressione presa nel senso più ampio. Orizzonte, emisfero, terra piana sono le sue più prossime determinazioni naturali. Clima e natura lasciavano vivere i greci in queste stesse. Presso di loro si compì, dapprima, la separazione cosciente dell'elemento geometrico, la comprensione delle forme come sue delimitazioni spaziali. La

metafisica nasce quando questa immagine del mondo come elemento autonomo, indipendente dal soggetto, diviene oggetto dell`interpretazione scientifica sostenuta dalla geometria. La metafisica si separa, ora, dalla connessione religiosa. 136

La separazione della speculazione dai suoi fondamenti religiosi si compì, in Grecia, sulla base dellautonomizzazione delle scienze.

Come per una legge interna viene fuori, ora, immediatamente in Grecia una scomposizione della metafisica nelle sue forme fondamentali, ognuna di esse nelle relazioni che le hanno, d'a.llora in poi, sempre sostenute, ma nei limiti dello spi.rito greco. Esse subiscono trasformazioni, ma tutti gli sviluppi successivi si collegano ad esse.

Democrito e la metafisica della conoscenza naturale Anche Democrito ha come base quest'immagine del mondo. Gli atomi sono le forme fondamentali che si muovono nello spazio continuo. La loro concezione come unità di forza va così indietro che le forme di movimento, in ogni caso, sono descritte soltanto geometricamente. In Democrito il movimento scientifico è orientato, in contrasto con tutte le difficoltà di pensiero, alla fondazione della conoscenza naturale ed alla subordinazione dei fatti spirituali a quest'u1tima. Chiamo questo punto di vista metafisica della conoscenza naturale. La designazione di materialismo è giusta

soltanto per il fatto che gli atomi psichici sono pensati fisicamente e la loro combinazione nella vita psichica si disperde dopo la morte...61 La designazione di positivismo è giusta nella

misura in cui il punto di vista della conoscenza naturale sottomette i fatti spirituali; ma la conoscenza della fenomenalità dei fatti naturali così come quella del carattere soggettivo delle rappresentazioni causali e sostanziali che il positivismo storico possiede non sono ancora presenti. Il positivismo è soltanto la trasformazione critica della metafisica della conoscenza naturale. Come ognuno dei grandi sistemi tipici, anche questo è circondato da sistemi che sono scaturiti dalla stessa motivazione

storica ma l'hanno sviluppata in modo meno chiaro. Anassagora, Ippocrate etc.

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In modo corrispondente, i risultati duraturi di questi grandi ricercatori sono i principi della conoscenza della natura che hanno costituito in comune e che Democrito alla più nitida espressione. Principi della conoscenza: nesso causale, dal nulla nulla, fenomenalità dell'elemento sensibile, subordinazione all'intelletto, atteggiamento dello stesso. Al contrario, i fondamenti stessi contengono, ora, le antinomie. Di queste una parte è vista - spazio, movimento -, ma non quelle contenute nel concetto di tempo, le quali, per così dire, non stanno all'interno della raffigurabilità del mondo. I greci si contentano con la risoluzione attraverso la successione dei periodi.

Il prendere coscienza delle antinomie che sono contenute nel fondamento di questo punto di vista fu opera della dialettica eleatica e della scepsi sofistica. Esse stesse sono sulla diversa origine degli elementi dell'immagine del mondo: dello spazio, del movimento e dell'ordine intellettuale. Il pensiero matematico, che si sviluppa nella raflìgurabilità del mondo e analizza lo spazio, richiede illimitata divisibilità, d'altro lato infinitezza. Il fisico vototov, - spazio vuoto ed unità che agiscono reciprocamente, ma richiedono opposizioni. Si rende poi manifesta Vinsufiìcienza dei fondamenti contenuti nell'intelletto. L'ultimo fondamento di spiegazione del mondo è la realtà concreta, la pura effettività. Ma questa è il caso contenuto nel sentimento della vita. L'io potente di per se stesso diviene un'i]lusione poiché la sua unità e compattezza non possono essere dedotte dagli aggregati di atomi psichici. E quando Democrito differenzia tra i valori dei beni gli manca, così, il principio della profondità della connessione del mondo, che è in grado di fondare una tale differenziazione; brevemente, l'immagine del mondo è, attraverso questa metafisica, separata dal soggetto per il quale esiste. Essa è scomposta, alla maniera greca, in unità figurate, e queste sono per l'intelletto scientifico-naturale le sostenitrici dei processi di movimento. Così l'intero sentimento della vita nega Festeriorizzazione della connessione del mondo in questo sistema.

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La disputa insolubile con la religiosità e con il pensiero artistico conduce, in questo sistema, alle antinomie, alla sua insufiicienza in relazione alla multilateralità della vita. Invano era il concetto indimostrabile degli dei come ideali religiosi etc.: proprio queste concessioni all'oracolo etc. Ma ancora meno il forestiero ionico poteva trovare comprensione nella città dei templi, delle statue divine, al cospetto dell'acropol.i con la sua moltitudine di statue, dove il teatro etc..

“Io årrivai ad Atene”, dice Democrito, “ma nessuno mi riconobbe” . In questa stessa città, dalla sua popolazione di vecchi

credenti, si elevava l'uomo che a partire dall'autoriflessione nella connessione vivente etc. E Platone etc. Platone e l'idealismo dell'entusiasmo e dell'idea

La comparsa della forma all'interno dell'immagine visiva, la continuità situata in questa, dalla quale l'oggetto si forma: questo è, ora, il presupposto fondamentale, allo stesso modo come per Democrito, così anche per Platone. Il mondo è l'insieme delle forme, immaginate nell'å'zrezp0v, delle singole cose. Platone è sui generis. Un idealismo oggettivo, che vede nel mondo una sindesmosi delle idee, ma nello stesso tempo sostiene la trascendenza di questo mondo di idee, anzi la sua en-

tità unica: questa è una posizione che pensava insieme dualismo e monismo, trascendenza ed immanenza, in un modo che più tardi non sarebbe stato possibile. Proprio questo moltiplicò l'ampiezza della sua azione. Ma che egli fosse capace di questo si può comprendere solamente a partire dalla natura spirituale greca. 1. - Egli riprende, nel suo sistema, il provento del grande movimento religioso, trasmesso dai pitagorici: la graduazione dello spirito dalla sensibilità, come potenza vitale, come ideale e come intuizione del mondo, alla beatitudine in un mondo trascendente, nella sua duplicità come processo dell'animo e come processo intellettuale. Ma quando realizza in senso storico-

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sistematico il principio della filosofia socratica, come avvedutezza circa tutta la vita psichica, egli comprende nella sofistica la conseguenza del punto di vista sensibile; scopre nel mondo greco della bellezza, nell'arte, nell'eros etc. un più alto grado di questo processo - allo stesso modo della religiosità come grado -, ed anche nella metafisica si nutre dei gradi precedenti, il bene ed il

bello come elementi nel mondo intellegibile. Principio: afiìnità dello spirito umano con il divino, perciò nostalgia di esso etc.

2. - Tuttavia lo stesso Platone compie la separazione delle determinazioni del reale dalla vita, nella quale esse sono fondate. Ciò avviene tramite il ragionamento, che per l'idealismo

oggettivo determina il fondamento legale duraturo. a) Indipendenza del pensiero dal percepire, dell'etico dal piacere. Afñnità di pensiero ed essere, divisione della bellezza ed idea, di volontà di ragione e di idee che si lasciano rappresentare nel sensibile. Sul primo principio si basa la teoria della conoscenza, sul secondo il Simposio, sul terzo la Repubblica come scienza della realizzazione del giusto nel mondo sensibile. b) Le determinazioni che noi cogliamo nel pensiero devono essere, secondo questo principio, quelle di ciò che esiste. Con ciò è stabilito il principio di una scienza di ciò che esiste come un qualcosa di indipendente = metafisica.

Antinomie nella metafisica di Platone

La più profonda antinomia nella di Platone è la separazione, posta in ogni idealismo come metafisica, del concetto metafisico di realtà e il rapporto di questa realtà buona e bella con l'io vivente, nel quale queste proprietà dell'immagine del mondo sono fondate. Questa è l'antinomia che sussiste, in genere, tra idealismo e metafisica. Essa è irrisolvibile all'interno della metafisica, piuttosto . La successiva antinomia è quella tra la graduazione religiosa, artistica etc. ed il mondo oggettivo.

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Relazione di Platone con l'idealismo della volontà

Platone è per questo una fonte di vita costante. Ma intellettualizza la trascendenza. Così piega sempre questo idealismo, nello stesso tempo è la fonte, che scorre continuamente, di tale ripiegamento. Le possibilità che stanno nella concezione delle idee.

Lo stoicismo

Lo stoicismo è il terzo potente sistema dell'antichità etc. _ 11 _ L'INTUIZIONE ROMANA DELLA VITA E DEL MONDO

La dimostrazione dell'intuizione fondamentale qui presentata è che essa può sussistere, senza produrre una filosofia peculiare, originalmente soltanto nei concetti vitali che si manifestano in tutti gli ambiti spirituali. Per Patteggiamento romano della volontà etc.G3 La sua caratteristica più distinta è l'esteriorità della teleologia. Questa rimane incompresa finché non si capisce che la natura deve diventare cosa per la volontà di potenza. L'espressione di ciò è da

cercare nella trattazione poetica della natura da parte dei romani. Nelle ville etc. la natura è trasformata in espressione e mezzo di ciò che l'uomo fa e riceve in essa. La poesia agricola, di ville e giardini, è efficace nella trasformazione dell'esteriorità della natura. Essa è la più alta espressione della capacità

artistica romana. L'esercizio artistico romano e la poesia romana si manifestano nella duplicità della rappresentazione dell'operosa vita bellicosa e della sua connessione finale storico-politica e, d'altro lato, del godimento riposante. Perché la volontà intensa, che si muove nella ferma determinazione finale attraverso il vincolo

condizionato della volontà e attraverso lo sforzo, ha il suo ne141

cessario completamento solo nel godimento, nella dolce tranquillità del lusso. Questo si sviluppa, così, nella cultura che progredisce, presso gli spartani, presso i romani; si manifesta ne1l'intensa vita rischiosa del soldato etc. Perciò presso i romani la poesia agricola, l'idillio, il simbolo della beatitudine pastorale, la vita di villa ed il suo lusso, la raflinatezza somma della piacevole esistenza ricca di godimento. Struttura della volontà nella lingua latina. Platone e Cicerone. Invisibilità. La visione richiede coordinazione.

Consideriamo entrambi questi aspetti. La rappresentazione epica e drammatica della storia del tempo in azioni di guerra e nella vita politica. Virgilio, per mezzo della leggenda di Enea, innalza artisticamente l'idea romana di potenza mondana in una connessione finale divina. Il ritratto romano è espressione di potenza come figura imperiale. La sua trattazione naturalistica è il mezzo di espressione per la realtà che non si può in qualche modo classificare e dominare tramite la visione estetica ed il pensiero, la quale piuttosto sta lì senza che si possa aggiungere qualcosa. Essa oppone resistenza anche al tentativo di subordinarla esteticamente ad un tipo, come qualcosa di assolutamente scostante e potente per se stesso. Ogni elevazione all'idealità spinge lontano e sublima, per così dire rarefa'. Queste potenze per se stesse oppongono resistenza, la loro realtà volontaria preme su ogni esistenza che le circonda, anche sull'osservatore. Da que-

st'animazione deriva una pressione. Il rinnovamento greco-romano della speculazione orientale e l'arte La religiosità, come connessione dell'animo, porta in Oriente, nella speculazione condizionata da tale connessione, il carattere spirituale nella divinità, con ciò la coscienza della sua pienezza infinita, la relazione emanatistica. Con questo è in contrasto Pintellettualità greca e, in modo corrispondente ad 142

essa, l'essere sostanziale della divinità. L'annullamento di questo contrasto si compie nel neoplatonismo. La forma sicura della realtà si risolve nella semplice fenomenalità; a questa appartiene, in contrasto con la rigida tranquillità dell'essere divino, la serie completa dei gradi delle manifestazioni dello stesso. In modo particolare Logos e Pneuma sono, secondo la loro essenza, emanazioni dell'essere immobile e ogni corporeità nel Logos che appare può essere solo fenomeno (Platone, Aristotele, la gnosi, il neoplatonismo). Il Logos cala giù da questo

mondo nel regno della fenomenalità, dellombreggiatura, nell'incertezza, e da qui il cammino della salvezza procede come daläelemento i.rrequieto, dalla pena del fenomeno, nel silenzio .

_ In _ ARTE CRISTIANA ANTICA

L'ambito figurativo religioso dell'arte cristiana antica ha il suo punto centrale nel Cristo sofferente. Ad egli fanno seguito i

martiri, i santi e Maria. Ognuna di queste figure è inserita come immagine di culto delfarchitettonica delle chiese. Questa è l'espressione del rapporto tra il mondo trascendente, che si mostra nel reale santuario della chiesa, e lo spazio per i credenti che si vogliono avvicinare ad esso. Uimmagine di culto è, così, l'espressione di questo soprannaturale, come esso si sacrifica quotidianamente nella messa. Così il Cristo che si sacrifica, che soffre è, poi, colui che domina la chiesa, che trionfa, l'originario oggetto fondamentale del culto. Questo richiede che tutte le caratteristiche della sofferenza, delfannientamento del sensibile nel corpo

crocifisso, il sangue delle sue ferite, vengano espressi senza alcun riguardo per il gusto artistico. L'energia etica, che in San Bernardo ed in San Francesco si manifesta come trascendenza della volontà, cioè come assoluta capacità di abnegazione, da parte di questa, degli stimoli e delle forze del mondo, è il risultato della vita monacale. Perciò lo sviluppo dei tipi di arte cristiana che vanno oltre l'immagine di culto è legato, altrettanto 143

bene nel regno bizantino come in Occidente, agli influssi del monachesimo. Nello sviluppo dell'arte religiosa l'immagine di culto, il rilievo che racconta in modo epico ed il monumento sepolcrale sono punti di partenza indipendenti, completamente diversi. L'immagine di culto è, nell'intera tradizione dei popoli orientali, un'immagine in sé riposante. Nell'arte bizantina questa si associa ai tipi divini, in modo corrispondente al dog-

ma del corpo di Cristo che si manifesta; certamente il massimo ideale artistico dell°apparizione della divinità nella figura di Cristo è Cristo come signore del mondo. In modo completamen-

te contrario comincia lo sviluppo romano del sacrificio della messa, che stabilisce il punto centrale dell'intero culto come l'atto trascendente dello scendere miracoloso della divinità. Poi il Cristo che si sacrifica, quindi quello crocifisso, è il massimo ideale di culto. Il medesimo esprime, innanzi tutto, prevalentemente la sofferenza fisica. Ma poi, nel grande sviluppo del dodicesimo e del tredicesimo secolo, dappertutto in connessione con la mistica, l'espressione di un dolore spirituale, insieme con l'elevazione soprasensibile oltre il medesimo, prende il po-

sto del dolore fisico. Qui si riesce a creare un tipo di Cristo, ora, attraverso la costruzione ideale del volto, indipendentemente dal movimento momentaneo, ma specialmente attraverso il contrasto interno di una pace e di una silenziosità che si trovano aldilà del dolore, nella profondità dell'anima. Così è, nei rilievi della passione di Cristo all'esterno del duomo dedica-

to a Stefanoeô, il volto di Cristo dall'ossatura potentemente modellata - quello di un uomo che è ben capace di realizzare, nonostante tutti gli ostacoli, ciò che egli deve. L'altra immagine di culto è quella di Maria. Anche questa , innanzi tutto, dall'evidenziazione della sofferenza; ma mentre, ora, gli idoli greci stanno tutti per sé, in quest'immagine di culto è dato un rapporto, una relazione vitale, quella con il bambino Gesù. Questa ha così, dall'inizio, una profondità

che deriva dalla più profonda natura del cristianesimo. Perché in questa le persone principali sono in un rapporto vitale interno. Maria sta in tale rapporto con Cristo, Cristo con Dio, il massimo compimento della vita umana, il fervore lega recipro144

camente le persone religiose. Così sorge, ora, quel rapporto che è arrivato ad espressione artistica innanzi tutto nelle immagini di Maria. Questa Maria divinizzata esprime nel rapporto con il bambino Gesù, in mezzo alla felicità di madre, la coscienza soprannaturale di ogni prossima sofferenza, poiché per lei, come persona soprasensibile-divina, il tempo non esiste. Ma, nello stesso tempo, nel rilievo e nella pittura si sviluppava l'arte narrativa dello scultore e del pittore, specialmente

in relazione alle rappresentazioni delle nazioni sul Calvario, quella nei lati esterni delle chiese, contenente l'epos dei vangeli analizzato nelle sue scene principali. Questa materia contiene

due pregi artisticamente importantissimi. L'intera arte greca, se si prescinde dalle scene di congedo dai rilievi tombali, non conteneva le ultime profondità della vita, i rapporti toccanti e decisivi così come quelli tra Cristo, Maria e Giovanni. Questi trovano una più alta espressione, in rapporto all'elemento realistico del momento, nella crocifissione e nella sepoltura. Tutta l'arte dal tredicesimo fino al sedicesimo secolo lavora a dare rilievo specialmente alla delicata relazione di Giovanni con la madre di Dio. Ma gli stessi rapporti si esprimono in modo an-

cora più fine nel tema del congedo di Cristo da Maria, perché qui, di nuovo, il dolore è scaturito dalla coscienza atemporale di ogni futuro di sacrificio. Non il dolore fisico, ma il trascendente sguardo in avanti nel sacrificio e nella separazione costituiscono, qui, la situazione fondamentale. Questo tema è trattato due volte nel rilievo nella chiesa dedicata a Stefano. Il volto di Maria non è alterato da un dolore quasi fisico, ma è come plasmato attraverso lo sguardo atemporale nel prossimo sacrificio. Cristo nobilissimo nella figura, i tratti di nuovo profondamente tagliati, al di là di ciò che è consueto in ambito umano. Così essi hanno un'interna solidità di struttura. Egli si asciuga una lacrima dagli occhi. Il suo viso è, in tutte queste rappresentazioni, virile, devoto e di grande forza. Il secondo motivo assai efficace di questo epos è il contrasto della bruta forza mondana, dell'astuzia comune, con le persone sante. Il contrasto rende possibile la trattazione drammatica delle scene. Nei rilievi della chiesa dedicata a Stefano ciò è già

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assolutamente compreso. Gli conferiscono massima evidenza i potenti cavalli, i cavalieri armati. I monumenti sepolcrali ricevono l'effetto a.rtistico per lo più attraverso il contrasto del sarcofago con la potenza vitale della persona ritratta. Questo è il loro motivo fondamentale. Infine, le opere del medioevo si comprendono giustamente solo nel loro rapporto con l'opera d'arte complessiva del duomo gotico. Di ciò la chiesa dedicata a Stefano è un notevole esem-

pio, poiché essa è ancora oggi il punto di culto centrale di una grande città cattolica. Vista dall'esterno, quest'immensa massa di pietra sembra sciolta in una spiritualità che aspira al cielo. Ogni cosa in essa si solleva in alto, come se non offrisse nessuna resistenza materiale. Lo spiritualismo trascendente ha trovato qui il suo simbolo assolutamente corrispondente. Ora, dall'esterno quest'impressione è ancora rafforzata da rilievi, statue e figure di animali, così dall'interno l'immagine è un'altra, ancora completamente diversa. I poderosi fasci di colonne sono animati dappertutto da statue inserite, sotto e sopra le quali è sviluppata l'architettura gotica portante e coperta con volte. Allo stesso modo le pareti sono animate da immagini, statue ed ornamenti architettonici. Il pulpito è in relazione architettonica con il fascio di colonne, sopra al quale esso si attorciglia all'insù, e da esso guardano, poi, di nuovo fuori le figure ritratte di tre importanti predicatori, in una lavorazione naturalistica quasi spaventevole.

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QUARTO CAPITOLO

I POPOLI DELL'EUROPA PIU RECENTE E LA LORO CONNESSIONE CON L'OCCIDENTE _1_ MEDIOEVO

La situazione di dominio della chiesa romana 1. Nucleo, che è indipendente dal cattolicesimo. - 2. Paolo: l'unico sacrificio che causa la riconciliazione con il duro, giusto Dio dei giudei, davanti al quale nessuno è giusto. Errore, Paolo non ha agito, in Ritschl etc.! L'idea di sacrificio diviene, attraverso di lui, di nuovo centro anche della reli-

giosità cristiana. Ma essa riceve, nello stesso tempo, una generalizzazione mistica. Rinuncia, sofferenza portata con trascendente superiorità della volontà, garantiscono la trascendenza della perso-

na di fede di fronte al putrescente mondo sensibile. Simboli, catacombe. La croce come simbolo. Il martire come garanzia continua di questa esperienza. Espressione della stessa nel simbolo poetico: nella letteratura leggendaria. Espressione leggendaria: la miseria dei primi cristiani. Espressione nella vita: l'eremita ed il monachesimo. In tutto questo vi è l'ampio, storicamente leggendario, retroscena e lo sfondo del cattolicesimo romano. 3.66 La potenza del cattolicesimo sugli animi fino a questo giorno viene cercata, di regola, in uno o in un paio di momenti. Richiediamo proprio sempre i singoli fondamenti. In realtà, essa si basa sul fatto che in questo impero romano si riuniscono tutte le forze attive della religiosità che il mondo antico aveva prodotto. Proprio questo patrimonio, che comprende tutti i lati della natura umana, è attivo fino alla più piccola chiesa di villaggio. Lì non vi è una singola corda che potrebbe spezzarsi: vi 147

è un tessuto, indistruttibilmente intrecciato, di corde grosse e più fini. a) C'è, innanzi tutto, la sopravvivenza del magismo della religiosità primitiva. Questo rimane in vigore tanto a lungo quando nella massa non sono ancora divenute dominanti la conoscenza delle leggi di natura e la critica storica e finché non

si è ancora sviluppato un più rigoroso sentimento morale e la sua applicazione alla connessione delle cose in Dio. Nelle città e nei lavoratori il primo elemento è gradualmente in via di sviluppo, l'altro può, certamente anche ora, già diminuire la potenza di questo magismo nella popolazione contadina. Culto = punto centrale di questo magismo dei processi sacramentali. Questo magismo della religiosità, che si esprime nella funzione cultuale-divina magica, deve sempre nella struttura della chiesa la sede della trascendenza, l'altare etc., ma dal luogo della comunità. Esso deve quindi trasformare questo luogo, con i mezzi, presenti nel mondo sensibile, di colore, splendore, oro etc., in un simbolo della trascendenza. Deve, allo stesso modo, il culto etc. Per mezzo delle azioni di culto magiche il mondo trascendente si cala giù sull'altare e da esso ai credenti. In tal modo la trascendenza è più capace di sollevare in sé i sentimenti sensibili. Così l'arte diviene organo della religiosità magica nella chiesa cattolica.

Il correlato costante della religiosità magica è un clero che ha la forza di produrre effetti magici. Ma a partire da questo magismo si sostengono, tuttavia, le più profonde esigenze cristiane, che sono fondate nella coscienza della trascendenza, ed anche i sussidi magici rimangono legati a.ll'osservanza di queste. Dal clero sorgono la vita eremitica e gli ordini monastici, che realizzano le abnegazioni fondate nella coscienza della trascendenza della volontà religiosa. Essi si formano in Oriente come in Occidente. Con questa relazione volontaria si lega la via alla visione divina formulata dai neoplatonici. L'esperienza della beatitudine e della pace profonda

raggiunta nella connessione con il magismo, esperienza che riesce ad ottenere la separazione dal mondo, possiede ora la sua validità in modo completamente indipendente dal magismo 148

sensibile. Essa viene separata dalla sua origine. Ciò conduce al raggiungimento di un superiore grado etico-religioso del cristianesimo in San Francesco e in San Bernardo, dove compare la pace divina come obiettivo ultimo della separazione dal

mondo. Con ciò si presenta l'elemento che ha prodotto i massimi effetti nel medioevo. Da esso sono condizionati Dante,

Giotto, i mistici, Wolframm, Petrarca etc. Quest'influsso è sostenuto dai simboli artistici che questo più alto grado della re-

ligiosità si crea. Nel cortile e nel giardino del monastero la pace che dà la separazione dal mondo si esprime in un simbolo così potente che questo, forse, oggi agisce in modo più toccante

dell'espressione di aspraés minacciosa forza nei vecchi palazzi simili a castelli. Strozzi etc. Formazione della leggenda di Graleg etc.7°. Vi è qui la più grande forza che il cattolicesimo sugli animi profondi”.

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IL LIMITE DELLA coNcEzIoNE DELLA VITA DEL cA'I'roLIcEsIMo E IL RINASCIMENTO” È stato detto, spesso ed a ragione, che, per così dire, la prima lingua del nuovo spirito in Italia, dove ogni cosa parla in gesti, è stata la pittura. Ora sorge la questione se, tuttavia, Leonardo, Raffaello e Michelangelo siano e rimangano le massime manifestazioni di quest'arte italiana, e certamente pro-

prio nelle loro immagini religiose, in ciò sta il nuovo che hanno espresso questi pittori. Gli antichi si muovono nell'ambito di una serie di chiari tipi vitali. In ciò consisteva già il fatto che essi, in uno sviluppo ulteriore, potessero innalzare questi in un perfezionamento sempre più maturo. Nella pittura religiosa cristiana la bellezza è il mezzo di rappresentazione per uno stato d'animo trascendente. Con ciò intendo la separazione della volontà dai suoi moventi sensibili. Questa sta, ora, in opposizione interna con il mezzo di espressione della bellezza. Così anche le immagini di culto esprimono, poi, in rappresentazioni crude, non belle, innanzi 149

tutto proprio questo punto centrale del cristianesimo, cioè quello di sopportare la volontà e di sacrificarsi, e immagini di tale natura sono sempre vicinissime alla devozione cattolica. Quando, ora, ipittori cosiddetti grandi si deliziano nello splendore della bellezza della vita, sostenuti dalla società del rinascimento e dagli esempi degli antichi, essi si dedicano, già nella scelta dei motivi, a quegli argomenti che, per così di.re, presentano punti in comune con questi due opposti modi di compor-

tamento dell'anima. Ma spinge ancora più a fondo come essi, proprio nel legame interno di entrambi, vadano oltre i chiari tipi vitali degli antichi, in un miscuglio, in un'impermeabile profondità. Perché proprio nel manifestarsi dello stato d'animo trascendente nel mezzo della bellezza sensibile consiste l'impenetrabilità che ci guarda da queste immagini. Sono così sorti i due più alti tipi. L'oggetto prediletto dei pittori di quest'epoca è Maria. Ma in lei essi esprimono l'opposizione misteriosa della madre e della trascendente purezza. In ciò stava un compito che non poteva mai essere interamente risolto, uno stimolo costante per illimitati tentativi. Così si comprende come gli artisti di questo periodo non siano stanchi di esprimere l'ineffabile in sempre nuove rappresentazioni. L'altro ideale è Cristo. Il Cristo sofferente, l'immagine artistica particolare, ritorna dietro all'immagine della condizione del medesimo o dietro al suo trionfo come giudice del mondo.

Qui questa profondità nasce dall'opposizione della trascendenza con la bellezza. Trascendenza è qui proprio la profondità della volontà che ha sacrificato ogni elemento sensibile e va così incontro al sacrificio della vita, o ha ciò dietro di sé; così lo circonda un alito di distanza e di estraneità dal mondo. Elevazione oltre la temporalità e oltre ogni cosa che essa muove. Ne sono espressione la tranquillità del volto e dei movimenti, un colorito pallido, per così dire liberato dai bollori 'del sangue, il dominio degli occhi nel volto, nei quali, anzi, l'interiorità, per così dire, spinge verso l'esterno, una bocca espressiva, arcuata, ma che è stretta o tremante come espressione della sofferenza passata e vinta. Questi mezzi di rappresentazione sono, ora, vecchi. Ma essi divengono, qui, mezzi di espressione nell'ambito della bellezza assoluta. In questo legame, che contiene, 150

tramite il contrasto insito in esso, qualcosa di misterioso, di impenetrabile, sta di nuovo un compito infinito che spinge a cercare la sua soluzione per vie diverse. Da Leonardo all'elevazione, che in Tiziano si rappresenta come distinzione (mani etc.), come massima aristocrazia dello spirito, ma con la tessitura misteriosa dell'estraneità del mondo, delfimmaterialità negli occhi, con il colore pallido, con la tranquillità in etc., e al giudice del mondo di Michelangelo, che possiede la trascenden-

za della volontà nell'elevazione morale della legge etica divina incarnata. Michelangelo risolve il massimo problema di trovare un'espressione per la divinità. L'ideale di Zeus era, per così di-

re, la massima potenza fisica come volontà finale: egli domina e lotta, lotta e domina. L'idea di creazione è proprio l'annullamento della connessione causale fisica nell'interiorità che vede vuole senza resistenza: le immagini che le aleggiano attorno in bontà manifesta etc. Perciò non un uomo all'apice della forza, ma Poggettivazione di saggezza e mitezza, che si china benevolmente verso l'uomo, in una solenne figura di vecchio, la cui propria bellezza, per così dire, porta in sé l'idea di ogni bellezza del mondo. Cerco la connessione con un altro pensiero di Michelangelo. Leonardo? Il Michelangelo di Vasari a Graz non è Pespressione di un uomo sovrano nel vedere artistico, come Raffaello si rappresenta con i suoi occhi che guardano idealmente nell'ampiezza dei fenomeni: egli è volontà che combatte in modo assoluto, che ha dietro di sé un immenso lavoro ed un'immensa sofferenza dell'anima, nelle profonde, grandissime rughe malinconia, sofferenze passate e fatica, nel fervore degli ultimi anni, che sembra consumarlo, un indomabile creare e voler realizzare. La sovranità di quest'uomo è che egli non vuole riconoscere nessuna limitazione alla sua fervida potenza creativa. Questo fervore etc. esprime, dai grandi occhi raggianti che penetrano, per così dire, in un'immagine ideale che aleggia davanti agli

occhi, come sia necessario, per lui, compiere un lavoro importante. Potente bruttezza.

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Tra i concetti si erge quello di infinità come perfezione. Questo è espresso dai massimi pittori nella profondità inesauribile di una interiorità. Un altro progresso oltre gli antichi sta nel riferimento drammatico dei movimenti alla connessione di un'azione. I gesti espressivi degli antichi, nei quali vi era di più che nel volto, questo è ripreso in ogni arte. Arte drammatica di Leonardo.

-IIIIL LIMITE DELLA CONCEZIONE DELLA VITA DEL CA'I'l`OLICESIMO E LA RIFORMA

Il cattolicesimo riconosce il processo religioso soltanto nella subordinazione al suo organismo di dominio, in linea di massima chiuso. Così Yapprofondimento di questo processo nella vita monastica è legato, in ogni caso, alla subordinazione al dominio del Papa. L'espressione di ciò è il voto di ubbidienza. Così la sua disposizione vitale è una delimitazione volontaria della vitalità della nostra natura. Perché il processo religioso voleva sacrificare l'intero mondo sensibile alla costituzione trascendente della vita: ma la potenza della persona, il suo comportamento libero, creativo di fronte al mondo non appartiene a questo mondo sensibile.

Proprio dalla classe di monaci e sacerdoti si levò, perciò, Popposizione protestante. Essa voleva mettere in risalto ciò che il secolo quindicesimo ha compiuto in tutti gli ambiti. Questo importante secolo, che produce nelle città una nuova società borghese, vuole creare all'interno di questa società borghese un elemento nuovo. Un ordinamento intellettuale o artistico, religioso o sociale. Così, la libertà luterana di un uomo cristiano è orientata a produrre dalla soggettività cristiana un ordinamento ad essa adeguato, quindi un regno di Dio come regno della libertà. La contraddizione interna dell'esistente ordinamento ecclesiastico di dominio e della relazione di ogni fede con la vita interiore che la sostiene, una contraddizione che all'in-

terno della religiosità cattolica rimane ineliminabile, determi152

na i riformatori ad andare avanti da una conseguenza all'altra fino all'annullamento della religiosità cattolica. Soltanto nel corso di questo sviluppo Lutero trae la conclusione irrecusabile, che era preparata nella condizione di vita del secolo quindicesimo, che l'interiorità religiosa sia in grado di produrre un nuovo ordinamento cristiano soltanto quando essa si manif`esta nel mondo del lavoro. Lutero viene rovesciato quando Ritschl produce, come sua idea fondamentale, questa

opposizione alla abnegazione come il principio del monachesimo, l'idea della santificazione religiosa della professione. Si doveva decidere se questo movimento avrebbe realmente tolto di

mezzo il significato magico del culto. Qui sta la causa a partire dalla quale la disputa sulla comunione doveva divenire di significato decisivo. Lutero svincolava certamente il processo magico della comunione dal sacerdote, ma egli non lo voleva abbandonare. L'arte protestante è l'espressione di questo mutato atteggiamento della coscienza. Un'espressione molto più fine, più

espressiva di tutte le dogmatiche. L'arte deve abbandonare la sua relazione interna con il culto. Essa è ancora ora, in quanto religiosa, solo uninterpretazione della Bibbia, e quest'interpretazione, che è rivolta alla realtà dei processi più profondi, non sensibili e non raffigurabili, deve rinunciare all'ampio racconto epico della leggenda religiosa, all'azione di culto dell'immagine: nella profondità non rañigurabile e non sensibile dei caratteri religiosi può soltanto essere posta un'interpretazione della

Bibbia che ha da dire qualcosa di nuovo. Questa nuova arte religiosa protestante viene fuori in modo più marcato dall'opposizione, fondata nel culto, di un mondo religioso ideale contro la realtà mondana. Essa vuole comprendere, nella profondi-

tà psicologica, ciò che è accaduto, lo vuole lasciar vedere come un elemento reale in mezzo a tutte le altre realtà. Così sorgeva l'arte religiosa protestante di Dürer74 e degli olandesi.

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_IV_ IL LIMITE DELLA CONCEZIONE DELLA VITA E DEL MONDO DELLA CA'l'I`OLICITA E LA NUOVA EPOCA NELLA LE'l'l`ERAT-URA ETC.

Filosofia del rinascimento La sua dipendenza dall'antichità è spiegata spesso. Da me è cercata in rapporto allo stoicismo etc. Tratti comuni: panpsichismo, che rimane anche dove la dottrina delle idee crolla. I

concetti dominanti: la totalità e le parti in essa contenute, riferite ad essa con teleologia immanente, prendono il posto della subordinazione del particolare all'universale. Questa la nuova caratteristica da Cusano etc., dove è implicito il concetto panteistico di universo.

Il nuovo del vero rinascimento: il soggetto può esprimere la sua condizione dell'animo, indipendentemente, in una visione della vita e del mondo che lo circonda come un'atmosfera. Questa è la conseguenza del lavoro negativo che travolse scolastica ed autorità e della potenza positiva della persona. Esiste una possibilità sconfinata di come la potenza del soggetto può manifestarsi nella visione del mondo e della vita indipendente. Egli cerca di esprimersi lì nella pienezza della sua personalità. La forma letteraria. Il lavoro concettuale della scolastica è disprezzato, e questa semplice e quasi vuota possibilità ed ener-

gia ricorre a diversi sistemi degli antichi, nei quali le diverse visioni della vita e del mondo etc. Ma questa pienezza della persona ha in sé l”intera interiorità del medioevo, per questa concreta pienezza essa cerca, nell'ambito di un'ambiziosa società borghese rinnovata dal punto di vista economico-sociale e fortemente produttiva, un nuovo ordinamento indipendente, capace di considerare il futuro. Un nuovo ordinamento economico-sociale o artistico o religioso o economico. Ciò che vi si aggiunge nel rinascimento consiste, innanzi tutto, in questa attesa di un futuro interamente nuovo, che corrisponda alle scatenate forze della volontà. Negli antichi sono contenuti i lavori preparatori. Non ci si sente legati: Raffaello vuole tra154

sforrnare Roma. Michelangelo porta in sé un mondo artistico completamente nuovo etc. La Città del sole di Campanella e i

nuovi ideali politico-sociali etc. _V_ CONTRORIFORMA La sventura del Papato era stata che l'Italia, circondata dagli stati nazionali che prosperavano, si vide posta davanti al compito di effettuare la sua indipendenza e la sua unità nazionale: questo compito mondano doveva occupare i Pontefici, implicati in queste lotte dal possesso di domini mondani. Lo stato della chiesa aveva certamente pensato, un momento, di porsi alla testa degli stati italiani, poi esso era stato messo da parte dalle stesse grandi potenze cattoliche. Nello stesso tempo, ora, le idee dei secoli quindicesimo e sedicesimo hanno sempre più indebolito le energie religiose degli ordini monastici, che avevano mantenuto un'unità interna nell'intero mondo cattolico. Così, l'esteriorizzazione del cattolicesimo in un”associazione sovrana era condizionata dalla posizione storico-mondana, prima che nascesse la Riforma, ed è dal punto di vista storico completamente ingiustificato attribuire alla Riforma la svolta che ora sopravviene nel cattolicesimo. 'I`uttavia essa, ora, è sta-

ta rinforzata straordinariamente dalla Riforma. Anche qui, di nuovo, è assai istruttivo lo sguardo all'arte religiosa. Questa cercava ora, staccata dalla connessione con il nuovo movimento spirituale, attraverso il massimo incremento degli effetti drammatici fino al teatrale, di raggiungere d'altro lato i suoi effetti attraverso uno smisurato sentimentalismo. Il contrasto di trascendenza e mondanità si esprimeva in modo massimamente caratteristico, in Spagna, nell'antitesi tra la rappresentazione naturalistica della realtà del mondo e l'estrema rappresentazione appassionatamente, anzi spietatamente marcata del sacrificio della persona nelle immagini della croce, nei tormenti dei martiri, nei monaci in estasi. Viene perduto l'equilibrio interno di una disposizione d'animo unitaria. 155

QUINTA PARTE

SOLUZIONE DELLA CONTROVERSIA TRA OGNI FORMA DI VISIONE DELLA VITA E DEL MONDO E LA cOscIENzA STORIOAI5

Antinomie 1. - Ogni filosofia sorge nell'ambito della disputa con entrambi questi insiemi del sapere umano. In quanto cerca una conoscenza oggettiva della connessione del mondo, nell'ambito del distacco di questa connessione medesima dalla vita, nella quale essa è data, la chiamo metafisica. Come metafisica essa deve trasportarenella connessione spazio-temporale del mondo oggettivo le vite e la connessione fondata da queste e deve cercare i concetti attraverso i quali vengono determinate le relazioni tra queste. 2. - Nell'ambito di entrambi gli aspetti sorgono antinomie appena questi sono supposti oggettivi e conoscibili. Queste aumentano quando essi devono essere pensati insieme. Sorgono le impossibilità di pensare insieme le manifestazioni della vita e le uniformità della natura esterna. a) Unitas compositionis - e connessione della totalità. b) Necessità e libertà. 3. ~ Le insufficienze della deduzione, che, quando il postulato della deduzione è tenuto fermo, in ogni caso si rovesciano in antinomie. Dubois-Reymond da completare. Non costanza di fatti secondo legge dello sviluppo. Dalla connessione meccanica non struttura della vita, dall'inconsapevole non ciò che è consapevole, dalla necessità non coscienza della libertà, dalla connessione legale nell'unifoi-rnità nessun valore. Dalle insufiicienze sorgono i paralogismi. Tra di essi non sono da comprendere paralogismi casuali, ma paralogismi che sorgono necessariamente dalla pretesa di unità delle esperienze vissute e, perciò, sono sempre ricorrentils. 4. - Ulteriori antinomie che sorgono dal legame delle tre visioni del mondo.

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Antinomie metafisiche Già nel concetto di unità assoluta vi è un'irrisolvibile antinomia. Essa, rievocando il Parmenide di Platone, è sviluppata nel Bruno” di Schelling e soltanto apparentemente risolta. Nell'unità deve essere contenuto il contrario. Io pongo un'unità che collega l'unità ed il contrario, così ciò procede in infinitum.

Vita è multilateralità, passaggio in contrasti reali, opposizione delle forze. Questa realtà, già espressa nel mito, del nostro sentimento della vita è distorta e caricaturata nel princi-

pio della ragione logica della contraddizione. Il processo del distinguersi, del differenziare è nella vita. Riconduciamo questo, alla fine, al soggetto, all'oggetto, ma anche questo è intellettualisticamente distorto. Ma la vita: sebbene essa è tutto ciò, nello stesso tempo in essa vi è connessione. Non tale da nascere dalla tesi ed antitesi, dalla sintesi, ma essa stessa è originaria. Contrasto, contraddizione, anfibolia, tesi, antitesi e sintesi sono compresi da diversi punti di vista, che si riferiscono tutti a queste stesse relazioni nel reale e nel pensiero concettuale. Il metodo di Hegel presuppone, in fondo, Pirraggiungibilità della vita per mezzo del concetto. Anche il concetto di sviluppo contiene tali . L'apparenza di potere produrre, anzi addirittura risolvere, con questo concetto ogni cosa possibile scaturisce solo da ciò, poiché tutte le possibilità consistono nel presupposto che attraverso il tempo diviene qualcosa che non è. Possiamo descrivere evoluzioni, ma non sappiamo come in questo avvenga che dalla tendenza risulti l'elemento superiore.

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Multilateralità di ogni vivente secondo i differenti mezzi della SUG, COfl1pI'€nSl0n€

_1_ Viviamo e comprendiamo il vivente fuori di noi e in noi o lo analizziamo razionalmente, o, infine, stiamo in relazioni volontarie con esso in quanto è fuori di noi. In quest'ultimo caso sorgono, dapprima, le unità contrastanti, ognuna delle quali è divisa dall'altra. Nel primo caso sono dati significato ed essenza. Ma l'analisi razionale trova solo connessione, separazione e relazione degli elementi. Come, ora, tutto questo è sempre presente per noi in ciò, questo non è mai dato in un tipo di comprensione. Allora nessuno di questi modi lo esaurisce. E tuttavia possiamo usare sempre soltanto uno di essi deliberatamente, con la volontà di conoscere. Perciò

esso è, in quanto è fuori di noi, imperscrutabile, in quanto è vissuto internamente, rimane incomprensibile. Sappiamo come

esso è e che cosa esso è. Ma l'intelletto non lo comprende mai. Esso è nello stesso tempo libero e necessario, è adeguata unità di vita e deve, tuttavia, essere scomposto in parti dall'intelletto e, a partire da queste, deve essere riunito.

_11_ Questa multilateralità ha come conseguenza che l'interpretazione dello stesso vivente nella scienza muta sempre in modo repentino. Essa abbandona, insoddisfatta, l'una di queste com-

prensioni e si ributta nelle altre. Così, nel pensiero filosofico sussiste effettivamente una dialettica storica. Nella comprensione della quale, attraverso Hegel, è giusto che i concetti dedotti da questi diversi modi di considerazione logicamente presi si escludano reciprocamente. Ma è erroneo che essi siano messi fuori attraverso atti logici,

piuttosto essi sono contenuti nella vita.

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Multilateralità degli ideali individuali e sociali Questa multilateralità deve, ora, anche venir fuori, se a partire dalle relazioni vitali devono essere dedotti obiettivi. Perché in queste relazioni stanno sempre diversi lati, ognuno dei quali racchiude possibilità di sviluppo. Sembra utile aumentare la spontaneità degli individui nella società. Le riforme in Prussia all'inizio del nostro secolo hanno perseguito con coscienza un

tale proposito ed hanno, con questo, ottenuto molto. Ma può sembrare utile, allo stesso modo, ridurre le frizioni della vita individuale e della spontaneità attraverso il rafforzamento della connessione razionale nella totalità sociale: la politica sociale di Federico il Grande e il socialismo del nostro secolo si pongono questo obiettivo. I signori feudali spasimano per la naturale divisione dei corpi sociali basata sulle relazioni di forza. Ogni ideale di tale natura contiene la possibilità di uno sviluppo di forza unilaterale. Così si è mostrato, anche qui un tipo di dialettica di natura storica. I principi vanno in rovina, sono allora ripresi principi opposti, e anch°essi si mostrano fruttuosi soltanto per un periodo.

Punto fondamentale del tragico

Pensare: relazione di elementi. Questo in contrasto con il concetto di vita della totalità. Ma il tragico è che possiamo avere questo concetto vitale solo in questa forma. Pensare come etc... essenza. Separazione di causa ed effetto. Qui sta, Ora, anche la libertà. Perché anche nel tempo vi è insieme simultaneità nella medesimezza, e così qui il problema è il medesimo. - Anche qui la metafisica è solo interpretazione intellettualela.

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NOTE 1 Il trattato Das geschichtliche Bewußtsein und die Weltanschuuungen è per buona parte autografo di Dilthey, e presenta una compiuta paginazione. Il trattato non ha alcun titolo. Esso comprende diverse redazioni, nelle quali il compito originariamente posto riceve una sempre ulteriore estensione.

Abbozzo originario L'abbozzo originario si trova in un quaderno con le seguenti paginazioui: 5: 194-202, 206, 209-219. Inoltre, forse vi appartengono i fogli, inseriti nel quaderno, 5: 205, 207 e 208 (un completamento inserito nell'abbozzo originario, 5: 198 e

1: 80-82 non viene qui preso in considerazione. Cfr., per questo, più sotto). Disposizione dell'abbozzo originario: I. (da indicare, probabilmente, come cap.1): “L'antinomia tra la pretesa di validità universale di ogni visione della vita e del mondo e la coscienza storica”. 5: 194-198. Capitolo 2: “La fondazione storica. La filosofia e la visione della vita e del mondo come oggetto della coscienza storica”. 5: 199-209. Inoltre, poi, all'interno del capitolo 2 si trovano, senza indicazione numerica, i seguenti titoli: 5: 208. “Concetto generale di im sistema filosofico e struttura dello stesso”. 5: 215. “Classificazione dei sistemi fm qui adottata o le relazioni logiche tra sistemi secondo i singoli pimti di vista”. 5: 216. “Principio generale della suddivisione dei sistemi filosofici, come principio dello sviluppo dei loro concetti”.

Seconda redazione completata

Tra il cap.1 della parte II e il cap.3 della parte III sono inseriti i capitoli, qui riprodotti nel testo, che sono numerati da p.20 fino a 74, mentre il retro di p.19 contiene Pindicazione: 75. Innanzi tutto vi è un terzo capitolo: “Fondazione psicologica” (pp.20-56). Poi, come qua.rt.o capitolo: “I metodi per comprendere la storia delle visioni della vita e del mondo”, 11: 37 (p.58). Da qui in poi vi sono due paginazioni parallele: 1) 11: 38. 5: 467-470. 5: 474-478. pp.59-69, pp.71-74 (la p.70 manca). 2) 5: 483-487. 489-496. pp.59-83. Mentre la prima di queste paginazioni viene conservata, la seconda viene modificata: p.59 diviene p.96 etc. (cfr., per questo, più sotto). Si deve presumere, probabilmente, che tra questi abbozzi paginati l'ultimo nominato sia temporalmente il primo. Dopo aver delineato uno schizzo dei metodi per comprendere la storia delle visioni del mondo e della vita, Dilthey si volge alle visioni del mondo religiose. Ma, nello stesso tempo, tocca anche il problema dell'arte primitiva. Ciò

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lo conduce ad ulteriori argomentazioni, tanto sul1'arte come anche sulla religiosità, che si trovano nel secondo abbozzo paginato. Cfr. nel testo: terza parte, cap.1: “L'arte come rappresentazione di u.n'intuizione della vita e del mondo”, e cap.2: “Religiosità”.

Dopo subentra di nuovo, con p.75, il testo originario del trattato. La parte «Il concetto generale di un sistema flosofico e la struttura dello stesso», che ora, allo stesso modo come le parti seguenti originarie, porta il titolo comune: “Settimo capitolo. Filosofia come rappresentazione concettuale di un'intuizione della vita e del mondo", per cui Findicazione cap.7 corrisponde alla precedente indicazione cap.6 (Religiosità). Così si ha la seconda redazione completata del trattato, paginata 1-95. Questa redazione si differenzia dalla prima soprattutto perché la discussione si estende non soltanto alla filosofia, ma anche a1l'a.rte ed alla religiosità. L'intenzione di un tale ampliamento era già accennata nel titolo de1l'originario cap.2 (“La fondazione storica. La flosofia e la visione della vita e del mondo come oggetto della coscienza storica") ed era indicata nelle originarie argomentazioni conclusive della parte, precedente la prima parte, del capitolo (5:206; p.19).

Terza redazione Rimaneva, ancora, il secondo abbozzo paginato, sopra indicato, della prosecuzione da p.58 (5: 483 sgg.). Questo deve servire come prosecuzione della parte qui indicata come seconda redazione completata del trattato. A questo scopo è cambiata la paginazione: da p.59 diviene p.96 (seguendo a p.95) etc. Ma manca, però, un effettivo passaggio dalle argomentazioni conclusive sulla metafisica alle argomentazioni, nuovamente inserite, sulla religione. Come passaggio si utilizza, ora, una serie di fogli indicati con “a p.95". La redazione così completata del trattato, che qui indichiamo come terza redazione, comprende le pagine 1-147 (2: 19). Inoltre, vi è, come progetto, una paginazione fino a p.151 (2: 21). Questa redazione completata giimge fino alla conclusione della parte IV, cap.4, I. parte. Seguono fogli non paginati, che si riferiscono alla prosecuzione della parte IV, cap.4 (2: 54-57, 61, 62, 48, 59, 60), e, inoltre, una serie di schizzi abbozzati che dovevano servire per la conclusione dell'intero trattato: 2: 218, 220, 222, 223, 225, 228, 235, 236, 237, 238, 247. Per la disposizione dell'intero trattato, oltre ai titoli che si trovano nel testo del trattato stesso, bisognava prendere in considerazione, ancora, alcuni abbozzi di disposizione scritti sulle buste: 5: 204, 192 e 2: 234. Il primo di questi abbozzi di disposizione (5: 204) contiene sopra, sulla pagina, l'osservazione: “da p.20", cioè dal cap. “Fondazione psicologica” (11: 18). Questa disposizione si riferisce alla seconda redazione completata, e cioè alle argomentazioni lì aggiunte tra p.20 e p.75 della prima redazione. Essa comprende i capitoli 3-6. Nello stesso tempo, successivamente, scritta con la matita, viene aggiunta sul foglio 5: 204 una disposizione di parti che deve servire come sopratitolo per i precedenti capitoli: parte ll e Ill. Il secondo abbozzo di disposizione in 5: 192 contiene, come completamento: quarta parte, e in 2: 234: quinta parte.

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Mentre riuniamo, sotto parte I, entrambi i primi capitoli, conformemente a questa indicazione, manteniamo ima disposizione integrale del1'i.ntero trattato che poniamo alla base, e numeriamo i singoli capitoli in modo corrispondente.

Inoltre, nel manoscritto di Dilthey manca un'indicazione per la parte I, poiché il nuovo abbozzo di disposizione, che contiene la suddivisione in parti, comincia soltanto con la parte II. Abbiamo scelto per la parte I l'indicazione “Il compito”. Il titolo indicato con I.: “L'antinomia tra la pretesa di validità universale di ogni intuizione della vita e del mondo e la coscienza storica” diviene il titolo del cap.1, al quale si unisce il capitolo, aggiunto più tardi (cap.2), “La via della soluzione”. 2 Qui seguiva originariamente quella parte indicata come parte Il (“Fondazione storica e psicologica": cap.I: “La fondazione storica. La flosofia e la visione della vita e del mondo come oggetto della coscienza storica"). Più tardi era aggiunta la parte I, cap.2, e quindi esistono due redazioni, la prima della quali conclude con le parole: “Le intuizioni del mondo rimangono conservate”, mentre la seconda comincia con le parole: “La soluzione sta nel fatto che...". Dalla seconda redazione (1: 80-82) risulta evidente che questo capitolo, indicato come 3, doveva precedere il capitolo 2 (cioè il capitolo qui indicato come parte II, cap.1), com'era anche evidente già dalla prima redazione (5: 198), nella quale l'abbozzo per il “3. capitolo” è inserito nello spazio lasciato libero tra il cap.1 e il cap.2. Anche dal punto di vista contenutistico ciò appare plausibile. Nella stesura della seconda redazione Dilthey aveva già preso in considerazione la nuova disposizione delle parti. Così, dopo il cap.2 (“La via della soluzione") doveva seguire ima nuova parte, indicata come Il, con il titolo: “Fondazione storica e psicologica', come risulta da un abbozzo di disposizione che si trova alla fme della seconda redazione. Questo è il titolo che si ritrova anche nell'abbozzo di disposizione 5: 204 e che è stato riprodotto nel testo. Doveva poi seguire come titolo: “Primo capitolo. Applicazione". Questo titolo sarebbe probabilmente da completare, da 51198, con: “Applicazione della coscienza storica alla filosofia ed alla sua storia". Questa è una parte della proposizione conclusiva del cap.I (risp.

parte I), che si trova, sottolineata, a margine, vicino al titolo: 2. capitolo, così che essa assume Yapparenza di un titolo. Questo titolo sarebbe poi subentrato al posto del titolo riprodotto: “La fondazione storica della coscienza storica. La filosofia e la visione del mondo e della vita come oggetto della coscienza storica”. 3 Segue l'abbozzo di disposizione menzionato nella nota precedente: “Seconda parte. Fondazione storica e psicologica. 1. capitolo. Appl. etc”. 4 Abbiamo reso qui, come prima e di seguito, in tale forma, per renderlo più leggibile, il titolo originario che letteralmente avrebbe dovuto essere reso con: “Fondazione storica: la coscienza storica, come essa ha per suo oggetto, in generešla filosofia e, inoltre, la visione della vita e del mondo”. (M) Justus Möser (1720-1794), storico, autore, tra l'altro, delle Patriotiscluz Phantasien (1774-1778), una raccolta di biografie di grandi personaggi della storia tedesca. (M) 6 Ludwig Timotheus Spittler (1752-1810), storico e pubblicista, docente a Tubinga, scrisse un Entwurfder Geschichte der Europäischen Stauten (1793). (M)

165

7 Christoph Meiners (1747-1810), professore a Gottinga, studioso di etnografia e di tradizioni religiose, sosteneva che la religione (le cui prime manifestazioni furono forme di feticismo) scaturisce dall'ignoranza dei popoli. Tra le sue opere Versuch über die Religionsgeschíchte der ältesten Völker ( 1774-75) e Allgemeine Geschichte der Religionen (2 voll., 1806-O7). (M)

8 wuheim Gomisb Tsimemmm (1761-1819), su»-ico dana fiiosofia, docenfs B Jena e Marburgo, tradusse in tedesco opere di Hume e Locke; scrisse una pon(lc(rosa Geschichte der Philosophie ( 11 voll., 1798-1819). (M) J Friedrich August Wolf (1759-1824), filologo classico, professore ad Halle e a Berlino, autore dei Prolegomena ad Homerum (1795), concepì Yesercizio filologico, al di là dall'accezione meramente tecnica, come ricostruzione interdisciplinare càclla totalità della vita nei diversi contesti storici. (M) 1 August Böckh (1785-1867), filologo e storico, docente ad Heidelberg e a Berlino, allievo di F.A.Wol.f, sostenne e sviluppò, di questi, la concezione della filologia come ricostruzione della vita di un popolo nella sua totalità; tra i suoi scritti Untersuchungen über das kosmische System des Platon (1852) e Die Staatshaushaltung der Athener (2 voll., 1817). (M) 11 August Bernhard Krische, filologo e storico della filosofia vissuto nel secolo

scorso, autore di importanti Forschungen aufdem Gebiete der allen Philosophie (1840). (M) 12 Karl Friedrich Herrmann (1804-1855), filologo classico, docente a.ll'Università di Gottinga, autore di un Lehrbuch der griechischen Antiquitäten (3 voll., 1831-52, lla ed. in 4 voll., 1882 e sgg.); alcune delle sue numerose dissertazioni storiche e filologiche sono raccolte in Gesammelte Abhandlungen (1849). (M) 13 Hermann Bonitz (1814-1888), filologo, scrisse Plalonische Studien (1858-60) e un pregevole Index Aristotelicus (1870). (M) H Christian August Brandis (1790-1867), docente di filosofia all'Università di Bonn, risentì dell'influsso di Schleiermacher; tra le sue opere Handbuch der Geschichte der griechisch-römischen Philosophie (1835-36) e Geschichte der Entwicklung der griechischen Philosophie und ihrer Nachwirkung im römischen Reiclw (1862-64). (M) 15 Nel testo: “su”. 16 Annotazioni manoscritte. (Difficilmente leggibile): “Nella profondità della filosofia trascendentale a parti.re da questa psicologia”. 17

.

.

Testo interrotto qui.

18 Segue una parte di proposizione difficilmente leggibile: “di cui il presupposto era, tuttavia, proprio il conseguimento spirituale del mondo fenomenico...".

19 Rudolf Hermann Lotze (1817-1881), filosofo, professore a Gottinga e a Berlino, autore di Metaphysik (1841), Logik (1843) e di un System der Philosophie (1874-79). (M) 20 A margine, annotazione manoscritta di Dilthey: “Il mio precedente manoscritto”.

166

21

Poi segue nel testo: “Così”, come inizio di una nuova proposizione non comiuta.

p 22

L'ultima proposizione si trova su un foglio a parte (11: 39), che è inserito dog) p.59 (11: 38).

Titolo della parte e del capitolo secondo l'abbozzo di disposizione di 5: 204. Il titolo del capitolo si trova anche nel testo: 5: 467. A margine si trova, lì, anche il soäotitolo qui riprodotto, che nell'abbozzo di disposizione manca. Conclusione illeggibile. 25 A margine: “Inoltre il nuovo libro: Einleitung in die Literaturgeschichte".

58€

In parentesi: “Ogni cosa che io ho di ciò".

A margine: “In quale senso un'opera d'arte ha un ideale di vita etc.? Rispostzšsnella introduzione”. Segue un abbozzo convenientemente disposto: “Forme delfintruizione del mondo nell'arte e forme della tecnica (oon facciata). Rappresentazione delfesistenza naturale nell'arte-religiosità (culto, simbolo etc). 29Adesso passaggio alla parte storica” (5: 470). Su un foglio (5: 468, 469) aggiimto non paginato, posto tra 5: 467 e 470 (p.62 e 63). 30

Seguono alcune proposizioni difficilmente leggibili:

u

Questo non è stato

messo in risalto in modo sufficiente dalla scuola di Ritschl. In contrasto a quella di Baur, che essa... a partire da quello ha di gran lunga il più grande merito... geåio di Ritschl di caratterizzare le forme della religiosità". Albert Ritschl (1822-1889), teologo protestante, docente a Bonn e Gottinga; subì l'influsso di Kant e di Schleiermacher; tra le sue opere Rechtsfertigung und Vešãöhnung (1870-74) e Unterricht in der christlichen Religion (1874). (M) Adolf von Harnack (1851-1930), teologo luterano, docente a Lipsia, Mar-

burgo e Berlino, allievo di A.Ritschl, fu tra i più prestigiosi rappresentanti del protestantesimo liberale. Organizzatore delle edizioni critiche dei Griechischen christlichen Schriflsteller e dei Texte und Untersuchungen, che costituiscono foiêši importanti per lo studio del cristianesimo antico. (M) A ciò segue una pagina con un abbozzo di disposizione: “Struttura della religiosità. Culto come punto centrale. Forme di questa struttura. Leggi di sviluppo. 1. Connessione con la totalità. 2. Continuità... etc. 3. Radici etc. tropo, metafora etc.". 34 35

A margine: “Amleto sulla filosofia. Orazio etc.".

Charles Renouvier (1815-1903), filosofo francese, tra i massimi esponenti del neokantismo in Francia, utilizzò e sviluppò l'apriori kantiano, rifiutando, però, il concetto di cosa in sé; scrisse un Essaìs de critique générale (5 voll., 1854-97) e una Philosophie aruzlitique de l'histoire (1896-97). (M)

167



,,

,.

.

. .

.

Segue: All mterno...". Manoscntto poi interrotto. Da “La funzione” fmo a

“All'int,erno”: aggiunta successiva.

37 Qui si uniscono, probabilmente, le argomentazioni successive, che portano sopra il margine l'indicazione: “a p.95” (dettato). “Da questo punto di vista u.n sistema metafisico oggettivamente valido poteva essere giustificato. Ma dal pimto di vista della storia dello sviluppo in Hegel, questa era, rispetto al presupposto, una contraddizione. Allora sorge la seguente antinomia: la coscienza storica, il pensiero storico, è incompatibile con l'asserzione della validità duratura, oggettiva di un sistema metafisico. Sorge ora, così, il concetto di un sistema metafisico come riimificazione delle conoscenze di un'epoca, così questo da Im lato non è sufficiente per il bisogno di agire, dall'altro non trae completamente le conseguenze del punto di vista storico. Anzi, è un appiattimento dello stesso. Questo collegamento del sapere di un'epoca deve essere compreso, inoltre, in quanto condizionato dalla posizione della coscienza di tale epoca. Da ciò risulta, allora, l'assoluta impossibilità di un sistema oggettivamente valido per tutte le epoche. Com'è risolvibile questo conflitto?”. Poi segue una nuova parte, il cui titolo originariamente suonava: L'aumento progressivo dei principi validi con certezza. Più tardi cancellato. Al posto di questo, scritto a margine, nuovo titolo: Dall'essenza della filosofia seguono le forme del suo procedere

“Se si comprende la filosofia storicamente, allora essa è la coscienza, che si sviluppa, di ciò che l'uomo fa pensando, creando ed agendo. Questa si compie, in genere, in modo fortuito ed episodico, ma nella filosofia, invece, in modo intenzionale e universale. Filosofia è, perciò, autoriflessione. Da ciò risulta, innanzi tutto, \m'importante attività orientata, negativamente e positivamente, ai presupposti del conoscere, potente, che penetra in profondità, un modo di lavorare sotto terra, un lavoro poco rassicurante, sospetto per la maggior parte degli uomini". L'ultima proposizione è identica alle argomentazioni qui riprodotte nel testo del trattato. Le argomentazioni seguenti nel testo seguono immediatamente la proposizione conclusiva delle considerazioni qui riprodotte in appendice. A 2: 239 si trova, autografa di Dilthey, Posservazione: “a p.95”. Ciò vale per le argomentazioni che ora seguono, fmo alla parte IV. Queste servono tanto a completare le precedenti considerazioni sulla filosofia quanto, anche, a passare alle successive argomentazioni sulla religiosità. In riferimento al contenuto, per la precedente come per le successive argomentazioni, bisogna osservare che lo spostamento del centro di gravità della struttura della filosofia sempre ulteriormente indietro nelle condizioni della coscienza doveva essere indicato dal principio come un modo “di lavoro sotto terra...”, da cui poi sarebbe risultata la dialettica interna dei punti di vista filosofici. Ma ora, nella successiva rielaborazione, è riconosciuto, innanzi tutto, che da questo “punto di vista" potrebbe essere giustificato un sistema metafisico ogget-

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tivamente valido. Ma, in seguito a ciò viene realizzato che questo dal “punto di vista della storia dello sviluppo in Hegel” non sia possibile. Dalla contraddizione di entrambi questi punti di vista sarebbe poi risultata l'antinomia. Ma rimane degno di nota, inoltre, un atteggiamento, in prevalenza positivo, di Dilthey nei confronti dei risultati dello sviluppo filosofico, come si evidenziava già nel titolo: “Dall'essenza della filosofia seguono le forme del suo procedere”, e più chiaramente ancora nel titolo originario, successivamente cancellato: “L'aumento progressivo dei principi validi con certezza”. La proposizione, qui poi di nuovo ripresa, che originariamente costituiva la conclusione di “p.95” (5: 219): “Da ciò risulta” fino a: “per la maggior parte degli uomini” non ha qui più, giustamente, collocazione. 38 Osservazione di Dilthey, a margine: “La forma appartiene alla storia della filosofia". 39 Da “La prima forma” fno a “dipendenze logiche”, dettato. 40 Poi segue: “Esempio di Kant. Dalla sua storia dello sviluppo 1. - Leibniz. 2. - Riduzione della teodicea teleologica, perché gli diviene chiaro il concetto di libertà”. 41 Nel testo: “etc.". Completiamo dal precedente: “Processi (che si riferiscono ad approfondire l'unità, implicitamente contenuta nella visione della totalità, de4låe sue parti per mezzo di una connessione che si rende chiaribile)". Cfr. più sopra: “Ci sono per così dire etimi, che in im determinato ambito di religioni comunemente...”. Poi di nuovo: "Ora, nel mondo sensibile c'è soltanto un numero limitato di etimi, per così dire, di simboli primari..". Successivamente a qšiesto, sulla metafora religiosa. La proposizione si interrompe qui. 44 Indicato da Dilthey come “Terzo capitolo: Sensibilità e religiosità". La numerazione III corrisponde ad una disposizione precedente. Seguiamo qui l'abbozzo della nuova disposizione (5: 192), nella quale, in prosecuzione della disposizione di 5: 204, è aggiunta alle parti lì date (1-3) una nuova parte (4) con la suddivisione capitoli 1 e 2. Per le argomentazioni seguenti cfr., tra l'altro, la lettera di Dilthey al conte Yorck del 10 marzo 1896, in: Briefiuechsel zwischen Wilhelm Dilthey und dem Graƒèn Paul Yorck von Wartenburg, 1923, p.209 sg. [trad. it., a cura di F.Donadio, Wilhelm Dilthey-Paul Yorck von Wartenburg. Carteggio 1877-1897, Napoli, Guida, 1983, pp.314-316 (M)]. 45 Hermann Usener (1834-1905), filologo classico e storico delle religioni, si occupò di retorica classica e di religiosità greca. Insegnò a Berna, Greifswald e Bonn; scrisse delle Religiorisgeschichtliche Untersuchungen (3 voll., 1889-96). Utilizzò le espressioni di “divinità momentanee” (Augenblicksgötter) e di “dišinità funzionali” (Sondergötter), cui Dilthey fa qui riferimento. (M) Da “Straordinaria molteplicità” fmo a “loro costruzione": aggiunta a margine (5: 487). 47 Foglio staccato con Yiscrizione: inserito qui (5: 488). 48 L'indicazione numerica 1, conformemente alla precedente: 1, è cambiata in 2. Allo stesso modo, il corrispondente mutamento dei numeri successivi.

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49 Il riferimento è, qui, ad antiche raccolte di opere religiose che fanno capo alla mitologia della tradizione scandinava. (M) 50 Qui Dilthey si riferisce a figure divine della mitologia antica. (M) 51 Titolo secondo l'indicazione di disposizione sulla busta 5: 192. 52 Qui la cifra I è inserita in modo corrispondente alla cifra II successivamente seãpente nel testo. Qui Dilthey si riferisce al Libro dei morti egiziano, tradizionalmente ritenuto di origine divina, che costituiva una raccolta di formule, inni e preghiere che, scritte su un papiro, venivano poste accanto al defunto per indicargli la via da percorrere dopo il trapasso. (M) 54 Dilthey ripete questa espressione diverse volte nel testo, e dal contesto sembra che si riferisca si misteri religioso-sacerdotali in generale piuttosto che, come potrebbe apparire in questo pimto, alla più specifica, antica tradizione reli%'š›sa africana. (M) Segue nel testo: “Schopenhauer aveva probabilmente ragione. Nelle Upanisad [Si tratta di testi sacri induisti che costituiscono l'ultima parte della rivelazione vedica (M)] etc.". 56 Paul Deussen (1845-1919), storico della filosofia e indianista, docente a Kiel; tra le sue opere Die elemente der Metaphysik (1877) e Sechzig Upanishad's des Veda, aus dem Sanskrit übersetzen (1897). (M) 57 Da “Relazioni” fino a “fantastica": foglio inserito (5: 497).

58 Poi segue nel testo: “Soluzione delle orientali etc. r› . 59 Indicazione “Terzo capitolo" aggiunta qui come prosecuzione della disposizione data sulla busta 5: 192 e lì non completata.

G0 Gottfried Semper (1803-1979), architetto, docente all'Accademia di Dresda e, poi, al Politecnico di Zurigo; sostenitore dello stile neorinascimentale, fu tra i maggiori teorici dell'arte e dell'architettura del diciannovesimo secolo e assettoresdella teoria funzionalista dell'a.rchitettura. (M) 1 Nel testo: un punto interrogativo. Dopo il punto e virgola segue una proposizione, non conclusa, che comincia con “ma”. G2 Citazione completata a partire dai Fr. d. Presocratici di Diels 55 B. 116. 63 Cfr., inoltre, Dilthey, Ges. Schr. vol.II, p.8 sgg. 64 Vi sono, poi, le seguenti argomentazioni: “Non sono i monaci bizantini, nel cristianesimo, i sostenitori dell'applicazione di quest'idea? La conseguenza di questa comprensione è il vocalismo, che nel monachesimo trovava i suoi fanatici. (L'orda monastica di Athos [At.hos, monte greco che, con i suoi numerosi monasteri, divenne centro della religiosità cristiano-ortodossa a partire dal decimo secolo (M)]). Credo che la comprensione del mio amico, clic è profondissima, debba essere così completata, che Parte bizantina scaturisce da questi congiimgimenti del greco con l'orientale. I monaci, anche lì come in Occidente, non sono in relazione con il movimento artistico?". Poi il seguente schizzo (2: 7):

170

“Congiungimento del pensiero greco e romano con quello orientale Questo congiungimento si poteva compiere soltanto in virtù dei concetti analoghi in queste tre visioni popolari di vita e mondo. Questi consistev ano nella graduazione di Platone dal mondo sensibile alla trascendenza, nel Logos spermatikos dello stoicismo, che è fondato nella relazione del Logos con l'esistenza individuale, per cui questa una totalità etc.". G6 Qui e di seguito Dilthey si riferisce, con ogni probabilità, al duomo di Vienna. (M) ai Da Dilthey numerato come 2a. Prima della prossima parte Dilthey aveva posto il numero 1, che

è mutato in a, alla quale parte, con Pomissione delle

suddivisioni con indicazione numerica, corrisponde il b seguente nel testo. 67 Wolfram von Eschenbach (1170-1225 ca.), poeta tedesco, autore del Parsifal (1200-16 ca.). (M) 68 Antica famiglia fiorentina neoguelfa, divisa in diversi rami, famosa per le sua accanita opposizione ai Medici, ebbe diversi componenti di rilievo, tra cui Palla (1372-1462), umanista e uomo politico; Tito Vespasiano (1424-1505), esponente di rilievo dell'umanesi.mo ferrarese; Lorenzo (prima metà del sedicesimo secolo), cardinale e arcivescovo di Sens; Bernardo (1581-1644), famoso pittore; Filippo (1489-1538), uomo politico, mercante e letterato, che godette della protezione di Leone X e Clemente VII; Carlo (1587-1670), cui si deve la Raccolta

Strozziana, importante repertorio di codici antichi e manoscritti; Giovanni Battista, tra l'altro vescovo di Firenze tra il 1700 e il 1703, Di rilievo fu la costruzione del Palazzo Strozzi, a Firenze, avviata nel 1489 ed ultimata qualche anno più tardi. (M)

69 La leggenda di San Gral, di antica origine e sviluppatasi soprattutto nel romanzo francese del tredicesimo secolo, costituì un tentativo eretico di combattere la supremazia della Chiesa cattolica e di imporre un'autorità ecclesiastica alternativa a quella di Roma. (M) 70 Segue: “All'i.nterno...". Poi: “Cerco nella letteratura e nell'a.rte ogni cosa così sorta. I consorzi di costruttori edili e il gotico". 71 Seguono alcime proposizioni difficilmente leggibili: “In Dante si congiunge etc. con rinnovamento di (?) Platone ('?) la sua opera di prosa lo stoicismo (?), confer Firenze etc. Allora in uno spirito forte l'indipendenza dell'ordinamento vitale etico, religioso, trascendente dalla chiesa, la sua enorme serietà. Dante non si liberava dalla chiesa intellettualmente, ma volontariamente. La coscienza etica è compresa come contegno individuale" (si interrompe, conclusione illeggibile). 72 Rendiamo qui la numerazione dei paragrafi in ordine progressivo. (M)

73 Tiwlo originale; “Rinascimento”. 74 Albrecht Dürer (1471-1528), pittore e grafico, utilizzò le conoscenze dell'arte italiana, tedesca e fiamminga distinguendosi per la capacità nell'arte dell'autoritratto (alcuni dei quali conservati al Louvre e al Prado) e per quella di inci-

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sore; cercò di pervenire a nuove teorizzazioni della bellezza, umana e divina, lasìciando numerosi capolavori, anche teorici, e riscuotendo grande successo. (M) 5 Singoli fogli senza paginazione e titolo. Sulla parte anteriore della busta (2: 234), sulla quale si trova il titolo sopra riprodotto, Dilthey ha scritto il seguente schizzo: u_1_

L'autorillessione storica convalida, in un certo senso, l'analisi di Kant. An-

che questi aveva differenziato tre diversi modi di comportamento; a questi corrispondono, secondo lui, gli aspetti della realtà. Il meccanicismo ha il suo limite nella teleologia; questa deve riconoscere la volontà etica al di là della sua. A ciò corrispondono i tre possibili atteggiamenti della coscienza, quelli di rappresentazione, di sentimento e di volontà, a questi, poi, le tre forme fondamentali dei sistemi. Questo punto di vista di Kant è condizionato dalla separazione delle tre facoltà.

_2_ Egli stesso accetta, così, la profonda relazione dell'io con il mondo posto da lui come limite, oggetto di conoscenza, oggetto finale. Le intuizioni del mondo esprimono la profondità della vita umana. 1. - La relazione oggettiva del meccanicismo è un'esperienza oggettiva, che è fondata nel rapporto della vita con un altro, nel quale si delimita. La pressione è un contenuto di sentimento etc., il movimento... La suddivisione di questi tre punti di vista è stata determinata dalla accentuazione interiore della vita". 76 A margine: “Dalla connessione dei fatti e delle legalità in un'unità come separabile (?) divinità. (Anche qui Kant falsamente... connessione dell'u.niverso soltanto il proseguire etc.)".

77 Qui Dilthey si riferisce, probabilmente, a1l'opera di Schelling, del 1802, Bruno oder über das natürliche Prinzip der Dinge. (M) 78 Aggiungiamo qui alcune argomentazioni di Dilthey scritte su fogli non paginati e che possono servire al completamento delle argomentazioni date nella parte V del testo (2: 238, 247, 235):

“Dialettica e problematica dei possibili punti di vista metafisici La dialettica contenuta nelle antinomie della conoscenza del mondo spinge avanti. Anche questa parte del sistema di Kant deve essere rielaborata in una storia dello sviluppo. Essere e divenire Dialettica intellettuale, che procede dalle antinomie dei concetti di esperienza.

l 72

Dialettica morale, che procede dalla multilateralità della volontà che pone fmi. Utilità. Autoconservazione. Il bene indipendente da ciò nell'antica scuola. Sviluppo tecnico di questa dialettica tramite Carneade. Le posizioni dello stoicismo determinate in tal modo etc. Perfezionamento della scepsi. Essa ha come conseguenza che la metafisica ora seguente si presenta come fllosofia del sentimento. Ma in quest'epoca manca la coscienza storica. Allora eclettismo. Il vero senso della parola: raccolta dei punti di vista che colgono, attraverso la comparazione, il comune nel diverso. Anfibolia dei sociali etc. concetti La medesima anfibolia deve stare anche nel pensiero della visione del valore (7). Dove nella società viene posto un obiettivo, esso presuppone un concetto di

valore. Questo non è innanzi tutto fissabile nella coscienza. Esso si sviluppa inconsciamente in modo antitetico. Visione del mondo come simbolo La visione della vita e del mondo è una realtà vivente nella società. Essa trova libera espressione. L'artista le dà la forma della raffigurazione. Così essa può etc. Nel lambicco del filosofo sono distillati gli elementi concettuali. Applicazione 1. - Anche la dottrina della libertà è un simbolo trascendente per la condotta di vita eroica dell'idealismo della libertà. Il suo contenuto vitale consiste nel fatto che la volontà non si trova legata, come suo destino, al suo milieu ed ai suoi antecedenti. 2. - Immortalità. In ogni uomo benignamente grande si ripete lo stesso. Solo nell'esistenza di tale uomo è garantita la coscienza del valore assoluto della persona, nella quale è eliminata la caducità della stessa. Perciò il più importante e più profondo caso della simbolica religiosa è che nella resurrezione di Cristo è garantita quella di tutti i veramente credenti. Questo e in Paolo il punto maggiormente profondo e veramente imperscrutabile dal pimto di vista mistico: l'uomo è una totalità psioofisica, che è innalzata oltre l'essere riprovevole solo attraverso il valore dell'io raggiunto nella fede. La profondità contenuta nella rinunzia, nella sofferenza, sostenute in modo superiore, garantisce l'immortale valore dell'io. Simbolo della croce. L'elevata figura di Cristo dei Bizantini: Cristo

come signore del mondo, Dante, Wolfram, Lope [Lope Felix de Vega Carpio, 1562-1635, drammaturgo e poeta spagnolo; sacerdote, fu autore fecondissimo e dedicò considerevoli sforzi alla rappresentazione di tematiche religiose (M)], Calderon [Pedro Calderon de la Barca, 1600-1681, drammaturgo spagnolo, sacerdote; le sue opere trattano principalmente argomenti religiosi (M)], la scuola spagnola, che sempre il martirio per oggetto...".

173

I TIPI DI VISIONE DEL MONDO E IL LORO SVILUPPO NEI SISTEMI METAFISICI1

INTRODUZIONE LA DISPUTA TRA I SISTEMI

_1_ Tra le cause che alimentano continuamente lo scetticismo una delle più incidenti è l'anarchia dei sistemi flosofici. Tra la coscienza storica della loro illimitata molteplicità e la pretesa,

di ciascuno di essi, di possedere una validità universale sussiste una contraddizione, la quale sostiene lo spirito scettico in modo molto più potente di qualsivoglia argomentazione sistematica. Sconfinata, caotica, la molteplicità dei sistemi flosofici sta dietro a noi e si propaga intorno a noi. In ogni epoca, da quando esistono, essi si sono combattuti ed esclusi reciprocamente. E non si mostra alcuna speranza di poter giungere ad una scelta tra loro. La storia della filosofia attesta questo effetto della disputa tra i sistemi filosofici, le visioni religiose ed i principi etici in relazione all'aumento della scepsi. La lotta tra le spiegazioni del mondo in ambito greco favorì, nell'epoca dell'illuminismo greco, la filosofia del dubbio. Quando le campagne militari di Alessandro e l'unione di popoli diversi in regni più grandi portarono davanti agli occhi dei greci le diversità dei costumi,

delle religioni, delle intuizioni della vita e del mondo, si formarono le scuole scettiche, ed esse estesero le loro operazioni disgreganti anche ai problemi della teologia - il male e la teodicea, il conflitto tra la personalità della divinità e la sua infinitezza e perfezione - ed alle ipotesi sul fine etico dell'uomo. Anche il sistema fideistico dei più moderni popoli europei e la loro dogmatica filosofica vennero seriamente sconvolti a partire dal periodo in cui alla corte di Federico II di Svevia i maomettani ed i cristiani comparavano reciprocamente le loro convinzioni e da quando la filosofia di Ibn Roschd e di Aristotele entrò nell'orizzonte degli intellettuali scolastici. E, a partire dal periodo 177

in cui risorgeva l'antichità, in cui gli scrittori greci e romani venivano compresi per le loro motivazioni effettive e l'epoca delle scoperte geografiche insegnava a conoscere in misura crescente la molteplicità dei climi, dei popoli e dei loro modi di pensare sul nostro pianeta, scompariva completamente la sicurezza degli uomini circa le loro convinzioni, fino ad allora delimitate in modo preciso. Oggi i diversi modi di credere vengono fissati con cura dai viaggiatori, i potenti, importanti fenomeni delle convinzioni religiose e metafisiche nel clero dei popoli d'Oriente, nelle città-stato greche, nella cultura araba vengono da noi registrati ed analizzati. Riguardiamo allo

sterminato campo di rovine delle tradizioni religiose, delle asserzioni metafisiche, dei sistemi dimostrati: lo spirito umano ha, per molti secoli, cercato e provato possibilità di ogni tipo per fondare scientificamente, rappresentare poeticamente o

pronunciare religiosamente la connessione delle cose, e la metodica, critica, ricerca storica analizza ogni frammento, ogni residuo di questo lungo lavoro del nostro genere. Ognuno di questi sistemi esclude l'altro, lo confuta, ma nessuno riesce a provare se stesso: non troviamo nelle fonti della storia nulla del pacifico intrattenimento della Scuola di Atene di Raffaello, che era Yespressione della tendenza eclettica di quei giorni. Così la contraddizione tra la coscienza storica che si sviluppa e

la pretesa di validità universale delle filosofie è diventata sempre più stridente, e la disposizione rispetto ad un nuovo, dilettevole desiderio nei confronti di nuovi sistemi filosofici è diventata sempre più generale, quali che siano il pubblico che essi sono capaci di raccogliere intorno a sé ed il tempo per cui sono capaci di trattenerlo.

_2_ Ma molto più in profondità delle conclusioni scettiche derivate dal contrasto tra le opinioni umane giungono i dubbi alimentati dal progressivo sviluppo della coscienza storica. Un tipo di uomo compiuto, fornito di un determinato contenuto, costituiva il presupposto dominante del pensiero storico dei 178

greci e dei romani. Allo stesso modo esso stava alla base della dottrina cristiana del primo e del secondo Adamo, del figlio dell'uomo. Il sistema naturale del sedicesimo secolo era ancora sostenuto dal medesimo presupposto. Tale sistema scoprì nel

cristianesimo un paradigma di religione astratto, duraturo: la teologia naturale; esso astrasse la dottrina del diritto naturale dalla giurisprudenza romana e un ideale di gusto dalla creazione artistica greca. Così, secondo questo sistema naturale in ogni diversità storica erano contenute stabili ed universali forme fondamentali di ordinamenti sociali e giuridici, di fede religiosa e di eticità. Il metodo di dedurre dalla comparazione delle forme di vita storica un elemento comune, di evidenziare dalla molteplicità dei costumi, dei principi giuridici e delle teologie un diritto naturale, una teologia naturale ed una morale razionale, per mezzo del concetto di un tipo superiore - un metodo che si era sviluppato da Ippia attraverso lo stoicismo ed il pensiero romano - dominava ancora il secolo della filosofia costruttiva. La dissoluzione di questo sistema naturale era avviata dallo spirito analitico del diciottesimo secolo. Esso prese le mosse dall'Inghilterra, dove la considerazione più libera delle forme di vita, dei costumi e dei modi di pensiero barbarici

e stranieri si incontrava con le teorie empiristiche e con l'applicazione del metodo analitico alla teoria della conoscenza, alla morale ed all'estetica. Questo spirito veniva poi trasmesso alla Francia attraverso Voltaire e Montesquieu. Hume e D'Alembert, Condillac e Destutt de Tracy videro nel fascio di impulsi e di associazioni, così essi consideravano l'uomo, sconfinate possibilità di far emergere le più svariate forme nella diversità del clima, dei costumi e dell'educazione. L'espressione classica di questo modo di considerazione storico erano la Natural History of Religion di Hume ed i suoi Dialogues concerning Natural Religion. E, a partire dai lavori di questo diciottesimo secolo, venne fuori, già ora, l'idea di sviluppo, che doveva dominare il diciannovesimo secolo. Da Buffon fino a Kant e Lamarck veniva acquisita la conoscenza dello sviluppo della terra, della successione, in essa, delle diverse forma di vita. Si sviluppava in lavori sensazionali, d'altra parte, lo studio dei popoli civili, e questi lavori applicavano dappertutto, a partire da Winckel179

mann, Lessing ed Herder, l'idea di sviluppo. Infine, nello studio dei popoli primitivi veniva trovato l'elemento di congiunzione tra la dottrina scientifico-naturale dell'evoluzione e le conoscenze storico-evolutive, che erano fondate sulla vita dello stato, sulla religione, sul diritto, sui costumi, sulla lingua, sulla poesia e sulla letteratura dei popoli. Così, ora, poteva essere realizzato il punto di vista storico-evolutivo nello studio dell'intero sviluppo naturale e storico, e il tipo di uomo si dissolveva

in questo processo di sviluppo. La dottrina dello sviluppo, così sorta, è necessariamente collegata con la conoscenza della relatività di ogni forma di vita storica. Davanti alla prospettiva che abbraccia la terra ed ogni cosa passata scompare la validità assoluta di una qualsiasi forma di vita, di disposizione, di religione o di filosofiaz. Così, lo sviluppo della coscienza storica distrugge, ancora più in profondità dello sguardo alla disputa tra i sistemi, la fede nella validità universale di qualsiasi filosofia che abbia intrapreso ad esprimere la connessione del mondo in modo rigoroso, attraverso una connessione di concetti. La filosofia deve cercare la connessione interna delle sue conoscenze non nel mondo ma nell'uomo. La vita vissuta dell'uomo - la volontà dell'uomo moderno è di comprendere ciò. La molteplicità dei sistemi che cercano di comprendere la connessione del mondo sta ora in

evidente connessione con la vita; essa è una delle più importanti ed illuminanti creazioni della medesima, e così lo stesso sviluppo della coscienza storica, che ha esercitato un'opera

tanto distruttiva nell'ambito dei sistemi importanti, dovrà esserci di aiuto per eliminare l'aspra contraddizione tra la pretesa di validità universale in ogni sistema filosofico e l'anarchia storica di questi sistemi.

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_1_ VITA E VISIONE DEL MONDO _1_ Lauita

La radice ultima della visione del mondo è la vita. Diffusa, sulla terra, in innumerevoli, singoli corsi di vita, rivissuta in ogni individuo, e, poiché si sottrae a]l'osservazione come semplice momento del presente, fissata nel riecheggiare della memoria, d'altra parte comprensibile in modo più perfetto, nella sua intera profondità, così come si è oggettivata nelle sue manifestazioni, nella comprensione e nell'interpretazione piuttosto che in ogni accorgersi ed apprendere della propria esperienza vissuta - la vita ci è presente, nel nostro sapere, in innumerevoli forme e mostra dappertutto le medesime caratteri-

stiche comuni. Tra le sue diverse forme darò rilievo ad una. Qui non spiego, non divido, soltanto analizzo lo stato di fatto che ognuno può osservare in sé. Ogni pensiero, ogni azione, in-

terna od esterna, appare come una punta concentrata e spinge avanti. Ma io vivo anche uno stato interiore di quiete; esso è sogno, gioco, svago, un guardare intorno ed una lieve vivacità -

come una base della vita. Comprendo, in esso, gli altri uomini e le altre cose, non solo come realtà che stanno, con me e tra di loro, in connessione causale: partono da me, per tutte le parti, relazioni vitali, entro in rapporto con uomini e cose, prendo posizione di fronte a loro, soddisfo le loro richieste nei miei confronti e mi aspetto da loro qualcosa. Gli uni mi rendono felice, ampliano la mia esistenza, accrescono la mia forza, gli altri esercitano su di me una forza e mi limitano. E dove, in qualche modo, la determinatezza della singola tendenza propulsiva lascia spazio all'uomo, egli nota e sente queste relazioni. L'amico è per lui una forza che eleva la sua esistenza, ogni elemento della famiglia ha un determinato posto nella sua vita, e ogni cosa che lo circonda viene da lui compresa come vita e spirito 181

che si sono in ciò oggettivati. La panca davanti alla sua porta, l'albero ombroso, la casa ed il giardino hanno in questa oggettivazione la loro essenza ed il loro significato. Così la vita di ogni individuo crea da se stessa il proprio mondo. _2_ L'esperienza della vita Dalla riflessione sulla vita nasce Yesperienza della vita. I singoli accadimenti, che il fascio di impulsi e di sentimenti produce in noi nel suo incontro con il mondo circostante e con il destino, sono raccolti, in essa, in un sapere oggettivo ed universale. Come la natura umana è sempre la medesima, così anche le caratteristiche dell'esperienza della vita sono comuni a tutti. La fugacità delle cose umane e, nello stesso tempo, la nostra forza di godere del momento; nelle nature forti, o anche in quelle più limitate, la caratteristica di oltrepassare questa fugacità tramite la costruzione di una sicura struttura della loro esistenza, e, nelle nature più delicate o più pensierose, Pinsoddisfazione per ciò e la nostalgia di un elemento veramente duraturo in un mondo invisibile; la penetrante forza delle passioni che creano, come in un sogno, immagini fantastiche, fino a quando in esse si dissolve l'illusione. Così, l'espe-

rienza della vita si forma, nei singoli, in modi differenti. Il loro sfondo comune è costituito, in tutti, dalle visioni della forza del destino, della corruttibilità di tutto ciò che possediamo, amiamo o anche odiamo e temiamo, e della stabile presenza della morte, la quale, nella sua onnipotenza, determina, per ognuno di noi, il significato ed il senso della vita. Nella catena degli individui sorge l'esperienza universale della vita. A partire dalla ripetizione regolare delle singole esperienze si forma, nella compresenza e nella successione degli uomini, una tradizione di espressioni per ciò, e queste ottengono, nel corso del tempo, un'esattezza ed una sicurezza sempre maggiori. La loro sicurezza poggia sul numero sempre crescente di casi a partire dai quali giungiamo ad una conclu182

sione, sulla subordinazione dei medesimi a generalizzazioni disponibili e sulla verifica costante. E anche dove, nel singolo caso, i principi dell'esperienza della vita non sono resi espressamente coscienti, essi agiscono su di noi. Ogni cosa che ci domina come costume, consuetudine, tradizione è fondata su tali esperienze della vita. Ma sempre, nelle esperienze particolari come in quelle universali, i tipi di certezza e il carattere della formulazione delle medesime sono assolutamente diversi dalla

validità universale di tipo scientifico. Il pensiero scientifico può controllare il metodo sul quale si basa la sua sicurezza, può formulare esattamente e fondare i suoi principi: il sorgere del nostro sapere dalla vita non può essere controllato allo stesso modo, e non possono essere elaborate formule sicure del medesimo. A queste esperienze deHa vita appartiene anche il sicuro sistema di riferimento nel quale la medesimezza dell'io è legata con le altre persone e con gli oggetti esterni. La realtà dell'io stesso, delle persone estranee, delle cose intorno a noi e le relazioni regolari tra essi costituiscono la struttura dell'esperienza della vita e della coscienza empirica che si forma in essa. L'io, le persone e le cose intorno a noi possono essere indicati

come i fattori della coscienza empirica, e questa ha la sua stabilità nelle relazioni reciproche di questi fattori. E, quali che siano le procedure delle quali il pensiero filosofico si serve per astrarre dai singoli fattori o dalle loro relazioni, questi rimangono i presupposti determinanti della vita stessa, indistruttibili allo stesso modo di essa stessa e non modificabili per mezzo di alcun pensiero, poiché essi sono fondati sull'esperienza della vita di innumerevoli generazioni. Tra queste esperienze della vita le più importanti sono quelle della realtà del mondo esterno e delle mie relazioni con esso, dal momento che esse limitano la mia esistenza, esercitano una pressione su di essa, pressione che io non posso rimuovere, dal momento che esse bloccano le mie intenzioni in una maniera inaspettata ed immodificabile. L'insieme delle mie induzioni, la somma del mio sapere si basano su questi presupposti fondati nella coscienza empirica.

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_3_ L'enigma della vita Dalle mutevoli esperienze della vita scaturisce, per la comprensione orientata alla totalità, il volto della vita, volto contraddittorio, vitalità ed al tempo stesso legge, ragione ed arbitrio, volto che offre aspetti sempre nuovi, e, dunque, forse

chiaro nei particolari ma assolutamente enigmatico nella totalità. L'anima cerca di riunire le relazioni vitali e le esperienze della vita fondate nell'ambito di queste, e non vi riesce. I punti

centrali di tutto ciò che è incomprensibile sono la riproduzione, la nascita, lo sviluppo e la morte. Il vivente sa della morte e non può tuttavia comprenderla. Dalla prima occhiata ad un defiinto, la morte risulta incomprensibile per la vita, e su ciò si basa, infine, il nostro atteggiamento nei confronti del mondo come qualcosa di altro, di estraneo e di spaventoso. Così, nel fatto della morte vi è una costrizione in direzione di rappresentazioni fantastiche che devono rendere comprensibile questo fatto; la speranza nei morti, la venerazione degli antenati, il culto dei defunti producono le rappresentazioni fondamentali della fede religiosa e della metafisica. E l'estraneità della vita aumenta quando l'uomo sperimenta nella società e nella natura la lotta permanente, la distruzione costante di un essere vivente per mezzo di un altro, la crudeltà di ciò che agisce nella natura. Scaturiscono strane contraddizioni che nell'esperienza della vita giungono alla coscienza con sempre maggiore forza e non vengono mai risolte: la fugacità universale e la volontà, in noi, di qualcosa di sicuro, la potenza della natura e l'autonomia della nostra volontà, la limitatezza di ogni cosa, e nel tempo e nello spazio, e la nostra capacità di superare ogni limite. Questi enigmi hanno occupato i sacerdoti egiziani e babilonesi tanto bene quanto oggi impegnano la predica degli ecclesiastici cristiani, Eraclito ed Hegel, il Prometeo di Eschilo tanto bene quanto il Faust di Goethe.

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_4_ Legge di formazione delle visioni del mondo

Ogni impressione significativa mostra all'uomo la vita secondo un aspetto particolare; il mondo appare in una luce diversa: quando tali esperienze si ripetono e si congiungono, sorgono i nostri stati d'animo di fronte alla vita. L'intera vita rice-

ve, a partire da una relazione vitale, una colorazione ed una interpretazione nelle anime affettive o pensierose - sorgono gli stati d'animo universali. Essi mutano come la vita mostra all'uomo sempre nuovi aspetti: ma nei diversi individui predo-

minano, secondo la loro essenza, determinati stati d'animo vitali. Gli uni si attaccano alle cose evidenti, sensibili e vivono nel godimento quotidiano, altri perseguono, tramite il caso o il destino, importanti scopi che danno durata alla loro esistenza; ci sono nature gravi che non sopportano la fugacità di ciò che amano e possiedono ed alle quali, quindi, la vita appare priva di valore e come intessuta di futilità e di sogni, o che cercano qualcosa di stabile al di là di questa terra. Tra questi importanti stati d'animo vitali i più generali sono l'ottimismo ed il pessimismo. Ma essi si articolano in molteplici gradazioni. Così il mondo sembra, a chi lo contempla da spettatore, estraneo, uno spettacolo movimentato e transitorio; al contrario, a chi

conduce la propria vita ordinatamente, secondo un piano vitale, il medesimo mondo sembra familiare, consueto: egli sta sal-

damente in esso ed appartiene ad esso. Queste disposizioni vitali, le innumerevoli gradazioni delFatteggiamento nei confronti del mondo costituiscono lo strato sotterraneo per lo sviluppo delle visioni del mondo. In queste si realizzano poi, sulla base delle esperienze della vita, nelle quali sono attive le molteplici relazioni vitali degli individui con il mondo, i tentativi di soluzione dell'enigma della vita. Proprio nelle loro forme superiori si fa valere, in modo particolare, un metodo - la comprensione di un dato incomprensibile attraverso uno più chiaro. Ciò che è chiaro diventa mezzo di compren-

sione o fondamento esplicativo per ciò che è incomprensibile. La scienza analizza, e, ora, essa sviluppa relazioni universali 185

negli stati di fatto omogenei così isolati; religione, poesia e metafisica originaria esprimono il significato ed il senso della totalità. Quella conosce, queste intendono. Una tale interpretazione del mondo, che chiarisce la sua essenza molteplice tramite una più semplice, comincia già nella lingua, ed essa si sviluppa nella metafora come rappresentanza di un'intuizione attraverso un'altra simile, che in qualche modo la chiarifica, nella personificazione, che attraverso l'umanizzazione avvicina

e rende comprensibile, o attraverso le conclusioni analogiche le quali, sulla base dell'affinità di un elemento noto, determinano il meno noto e, così, si avvicinano già al pensiero scientifico. Dappertutto dove religione, mito, poesia o metafisica originaria cercano di rendere qualcosa comprensibile e convincente, ciò avviene attraverso il medesimo metodo.

_5_ La struttura della visione del mondo Tutte le visioni del mondo contengono, quando cercano di dare una soluzione completa dell'enigma della vita, di regola la stessa struttura. Questa struttura è, in ogni caso, una connessione nella quale, sulla base di un'immagine del mondo, vengono decise le questioni intorno al significato e al senso del

mondo, e da qui sono dedotti l'ideale, il sommo bene ed i principi superiori per la condotta di vita. Essa è determinata dalla legalità psichica, secondo la quale la comprensione della realtà nel corso della vita è il fondamento per la valutazione delle condizioni e degli oggetti secondo gioia e avversione, piacere e dispiacere, assenso e dissenso, e questo apprezzamento della vita, allora, costituisce il substrato per le determinazioni della volontà. Il nostro comportamento attraversa, di regola, questi tre atteggiamenti della coscienza, e in ciò si manifesta la natura più propria della vita psichica, cioè che in tale connessione dinamica sussista il nostro substrato: le relazioni che stanno nei modi di comportarsi, secondo le quali giudico gli oggetti, provo piacere in essi ed in base alle quali sono orientato a rea186

lizzare qualcosa in essi, determinano la costruzione di questi diversi strati e costituiscono, così, la struttura dei prodotti nei quali l'intera connessione dinamica della vita psichica trova la sua espressione. Il poema lirico mostra, nella forma più semplice, questa connessione - una situazione, una serie di sentimenti e, spesso, un desiderio, un'aspirazione, un agire scaturiti da ciò. Ogni relazione vitale si sviluppa in una struttura nella quale i medesimi modi di comportamento sono strutturalmente

connessi. E così, anche le visioni del mondo sono prodotti regolari in cui si esprime questa struttura della vita psichica. Il loro fondamento è sempre un'immagine del mondo: essa sorge dal nostro atteggiamento di comprensione così come esso si snoda nella successione regolare del conoscere. Osserviamo i processi interni e gli oggetti esterni. Spieghiamo le percezioni così sorte quando rendiamo trasparenti in esse, per mezzo delle funzioni elementari del pensiero, le relazioni fondamentali del reale; se le percezioni finiscono, allora esse vengono riprodotte ed ordinate nel nostro mondo di rappresentazioni, che ci eleva oltre Paccidentalità delle percezioni; la solidità e la libertà dello spirito, che aumentano in questi gradi, il suo dominio sulla realtà si compiono, poi, nella regione dei giudizi e dei concetti, dove la connessione e l'essenza del reale vengono comprese in modo universale. Se una visione del mondo perviene ad un pieno sviluppo, allora ciò accade, innanzi tutto, di regola in questi gradi della conoscenza della realtà. E ora si costruisce su di essa un altro comportamento tipico, in un'analoga successione regolare di livelli. Nel sentimento di noi stessi godiamo del valore della nostra esistenza; attribuiamo un valore effettivo agli oggetti ed alle persone intorno a noi perché essi elevano ed ampliano la nostra esistenza: ora, determiniamo questi valori secondo le possibilità, contenute negli oggetti, che essi ci giovino o ci rechino danno; li Valutiamo e cerchiamo una misura incondizionata per questa valutazione. Così condizioni, persone e cose ricevono un significato in relazione alla totalità della realtà, e questa stessa totalità riceve un senso. Quando questi gradi del comportamento sentimentale vengono percorsi, si forma, per così dire, un secondo strato nella struttura della visione del mondo; Yimmagine del mondo diviene base 187

delfapprezzamento della vita e della comprensione del mondo. E, secondo la stessa legalità della vita psichica, dall'apprezzamento della vita e dalla comprensione del mondo sorge un superiore atteggiamento della coscienza: gli ideali, il bene massimo ed i principi superiori, nei quali la visione del mondo ottiene la sua energia pratica - per così dire la punta tramite la quale essa penetra nella vita umana, nel mondo esterno e nella profondità dell'anima. La visione del mondo diviene ora forma-

trice, organizzatrice, riformatrice! Ed anche questo strato superiore della visione del mondo si sviluppa attraverso gradi diversi. Dall'intenzione, dall'aspirazione, dalla tendenza si svi-

luppano le posizioni di scopo durature, che sono orientate alla realizzazione di una rappresentazione, il rapporto tra scopi e mezzi, la scelta tra gli scopi, la selezione dei mezzi e, alla fme, la riunificazione delle posizioni di scopo in un superiore ordinamento del nostro comportamento pratico - in un ampio piano di vita, nel bene massimo, in superiori norme dell'agire, in un ideale di formazione della vita personale e della società. Questa è la struttura della visione del mondo. Ciò che nell'enigma della vita è confuso, è contenuto come un fascio di compiti, viene qui elevato ad una connessione consapevole e necessaria di problemi e soluzioni; questo sviluppo si svolge in gradi di regola determinati dall'interno: da ciò segue che ogni visione del mondo ha uno sviluppo ed in questo giunge all'esplicazione di ciò che è contenuto in essa: allora essa ottiene nel corso del tempo, a poco a poco, durata, solidità e potenza:

essa è un prodotto della storia. _6_ La molteplicità delle visioni del mondo

Le visioni del mondo si sviluppano in condizioni diverse. Il clima, le razze, le nazioni, determinate attraverso la storia e la formazione di stati, le delimitazioni, condizionate temporalmente, secondo epoche ed età nelle quali le nazioni cooperano, si legano con le particolari condizioni che agiscono all'origine 188

della molteplicità nelle visioni del mondo. La vita, che sorge in tali condizioni specifiche, ha aspetti molto diversi, e allo stesso

modo avviene per l'uomo che comprende la vita. E tra queste diversità tipiche rientrano quelle delle singole individualità, del loro milieu e delle loro esperienze della vita. Come la terra è coperta da innumerevoli forme di vita, tra le quali vi è una lotta costante per l'esistenza e per l'ambito di estensione, così nel mondo umano si sviluppano le forme delle visioni del mon-

do ed esse combattono l'una contro l'altra per il potere sull'anima. Si manifesta, così, una relazione regolare in virtù della quale l'anima, spinta dal continuo mutamento delle impres-

sioni e dei destini e dalla potenza del mondo esterno, deve tendere ad una saldezza interiore per potere opporsi a tutto ciò: così essa viene condotta dal mutamento, dall'instabilità, dallo scorrere e dal fluire della sua condizione, delle sue visioni della vita, al duraturo apprezzamento della vita ed a fini sicuri. Le visioni del mondo che favoriscono la comprensione della vita, che conducono ad obiettivi vitali utili, si conservano e rimuovono quelle che meno si prestano in tal senso. Così, tra di esse ha luogo una selezione. E nella successione delle generazioni tra queste visioni del mondo le più vitali si sviluppano, ora, in una forma sempre più perfetta. Come la medesima struttura è attiva nella molteplicità delle forme di vita organiche, così anche le visioni del mondo, per così dire, sono costituite secondo uno stesso schema.

Il più profondo mistero della loro specificazione consiste nella regolarità che la connessione teleologica della vita psichica imprime alla struttura particolare dei prodotti delle visioni del mondo. In mezzo alfapparente accidentalità di questi prodotti sta, in ognuno di questi, una connessione finale, che scaturisce dalla reciproca dipendenza delle questioni contenute nell'enigma della vita, specialmente dalla relazione costante tra immagine del mondo, apprezzamento della vita e scopi della volontà. Una natura umana comune ed un ordinamento delYindividuazione stanno in certe relazioni vitali con la realtà, e

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questa è sempre e dappertutto la medesima, la vita mostra sempre i medesimi aspetti. In questa regolarità della struttura della visione del mondo e della sua differenziazione in singole forme si presenta, ora, un momento imprevedibile - le variazioni della vita, il mutamento delle epoche, i cambiamenti della situazione scientifica, il genio delle nazioni e degli individui: tramite ciò cambiano continuamente l'interesse per i problemi, la forza di certe idee

che scaturiscono dalla vita storica e che la dominano: nei prodotti delle visioni del mondo, secondo il luogo storico, si manifestano sempre nuove combinazioni di esperienze vitali, di disposizioni, di idee: essi sono i.rregolari in virtù dei loro elementi, delle forze di questi e del loro significato in genere. Tuttavia essi, in virtù della legalità nelle profondità della struttura e della regolarità logica, non sono aggregati ma strutture. E, ora, se si sottopongono queste strutture ad un metodo comparativo, si mostra che esse si ordinano in gruppi tra i quali sussiste una certa affinità. Come le lingue, le religioni, gli stati lasciano riconoscere, per mezzo del metodo comparativo, certi tipi, linee di sviluppo e regole di trasformazione, così la medesima cosa può essere mostrata anche in riferimento

alle visioni del mondo. Questi tipi procedono attraverso la singolarità, storicamente condizionata, dei singoli prodotti. Essi sono dappertutto condizionati dalla particolarità dell'ambito nel quale sorgono. Ma volerli derivare da ciò fu un grave errore del metodo costruttivo. Soltanto il metodo storico comparativo può avvicinarsi a1l'enunciazione di tali tipi, delle loro variazioni, dei loro sviluppi, dei loro incroci. Perciò la ricerca, di fronte ai propri risultati, deve tener sempre aperta ogni possibilità di un proseguimento. Ogni enunciazione è soltanto provvisoria. Essa è e rimane soltanto uno strumento per guardare storicamente in modo più profondo. E con il metodo storico comparativo si collega, dappertutto, l'e1aborazione del medesimo tramite Yosservazione sistematica e la conseguente interpretazione del dato storico. Anche questa interpretazione psicologica e storico-sistematica del dato storico è esposta agli errori del pensiero costruttivo, che vorrebbe porre alla base, in

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ogni ambito di ordinamento, una relazione semplice, per così dire, un impulso di formazione presente in esso. Riassumo quanto finora è stato riconosciuto in un principio fondamentale, che viene confermato, in ogni punto, dall'osservazione storica comparativa. Le visioni del mondo non sono prodotti del pensiero. Esse n'on scaturiscono dalla semplice volontà di conoscere. La comprensione della realtà è un momento importante nella loro formazione, ma è, certamente, soltanto

un momento. Esse vengono fuori dalfatteggiamento vitale, da.ll'esperienza della vita, dalla struttura della nostra totalità psichica. L'innalzamento della vita alla coscienza nella conoscenza della realtà, nelfapprezzamento della vita e nell'adempimento della volontà è il lento e difficile lavoro che l'umanità ha compiuto nello sviluppo delle visioni della vita. Questo principio fondamentale della dottrina delle visioni del mondo riceve la sua conferma quando consideriamo il corso della storia in generale ed in modo fondamentale, e attraverso questo corso viene confermata, nello stesso tempo, un'importante conseguenza del nostro principio, la quale ci riconduce al punto di partenza della presente trattazione. La formazione delle visioni del mondo è determinata da quella volontà di stabilità dell'immagine del mondo, dalfapprezzamento della vita, dall'adempimento della volontà che deriva dalla caratteristica fondamentale, rappresentata, della successione dei gradi nello sviluppo psichico. La religione, come la filosofia, cerca stabilità, influenza, dominio, validità universale. Ma su questa

via l'umanità non ha compiuto un solo passo in avanti. La reciproca lotta delle visioni del mondo non è pervenuta a nessuna decisione su alcun punto fondamentale. La storia compie una selezione tra di esse, ma i grandi tipi rimangono lì, l'uno vicino all'altro, autonomi, indimostrabili ed indistruttibili. Essi non possono essere obbligati a nessuna dimostrazione circa la propria origine, perché non possono essere dissolti da nessuna dimostrazione. I singoli gradi e le specifiche formazioni di un tipo vengono confutati, ma la loro radice nella vita perdura, continua ad agire e produce sempre nuove creazioni.

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_H_ I TIPI DI VISIONE DEL MONDO NELLA RELIGIONE, NELLA POESIA E NELLA METAFISICA

Comincio con una differenziazione, nell'ambito delle visioni del mondo, che è condizionata dagli ambiti culturali nei quali esse sorgono. Gli ambiti dell'economia, della vita sociale, del diritto e dello stato costituiscono il fondamento della cultura. In essi domina,

dovunque, una divisione del lavoro, in virtù della quale la singola persona svolge un determinato compito in un dato luogo storico del suo agire. La volontà è, qui, fissata ai compiti delimitati così dati, che le sono assegnati dalla connessione finale di un ambito. La scienza introduce in questa connessione pratica della vita, attraverso la conoscenza, una regolamentazione razionale del lavoro; così essa sta in strettissima connessione con la prassi, e,_ poiché anch'essa è sottoposta alla legge della divisione del lavoro, ogni ricercatore si propone un compito delimitato ad un determinato ambito e ad un dato punto del lavo-

ro conoscitivo. Persino la stessa filosofia è sottoposta, in una parte delle sue funzioni, a questa divisione del lavoro. Il genio religioso, poetico o metafisico, al contrario, vive in una regione nella quale è sottratto al vincolo sociale, al lavoro circoscritto

in compiti delimitati, alfautosubordinazione a ciò che è raggiungibile nei limiti del tempo e della situazione storica. Ogni considerazione di tale vincolo falsifica la sua comprensione della vita, che deve porsi di fronte a ciò che è dato in modo assolutamente spontaneo e sovrano. Essa diventa non vera già tramite la limitazione della prospettiva, tramite il riferimento ad una situazione temporale - tramite una qualunque tendenza. In tale regione della libertà sorgono e si continuano a for-

mare le visioni del mondo valide e potenti. Ma queste visioni del mondo sono però differenziate, nel genio religioso, in quello artistico ed in quello metafisico, secondo la loro legge di formazione, la loro struttura ed i loro tipi.

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_1_ La visione del mondo religiosa Le visioni del mondo religiose scaturiscono da un particolare rapporto vitale dell'uomo. Al di là di ciò che è dominabile, li dove l'uomo primitivo, come guerriero, cacciatore, lavoratore ed utilizzatore del suolo, produce trasformazioni nel mondo

esterno attraverso azioni fisiche, nella posizione razionale di scopi, l'ambito di tale agire si estende a ciò che non è accessibile, a ciò che non è raggiungibile dalla conoscenza. E come cer-

tamente gli sembrano, ora, provenire da lì effetti che gli arrecano un buon raccolto, fortuna nella caccia, successo nella guerra, come egli si scopre dipendente da qualcosa di sconosciuto nella malattia, nella follia, nella vecchiaia, nella morte, nella perdita della moglie, dei figli, del gregge, così nasce, allora, la tecnica di influenzare, tramite le sue preghiere, le sue offerte, la sua subordinazione, questa realtà incomprensibile, questo qualcosa che non si lascia dominare dall'attività fisica. Egli vorrebbe accogliere in sé le forze di esseri superiori, vorrebbe avere un buon rapporto con essi ed unirsi ad essi. Le azioni orientate a tal fine costituiscono il culto originario. Nasce il mestiere del mago, del guaritore o del sacerdote, e quando questa classe si organizza in modo sempre più sicuro, allora

in essa si riuniscono artifici, esperienze e sapere e si forma un particolare modo di vita che la separa dalle altre componenti della società. Così sorge, nelle piccole comunità chiuse dell'orda e della tribù, una tradizione di esperienza religiosa della vita, sviluppatasi nel rapporto con gli esseri superiori, e di ordinamento spirituale della vita, e dalle pratiche magiche del culto lo sviluppo di questa religiosità superstiziosa perviene, gradualmente, al processo religioso nell'ambito del quale il sentimento e la volontà dell'uomo vengono sottomessi, attraverso una disciplina interiore, alla volontà divina. Il momento deci-

sivo consiste nel modo in cui le idee religiose primitive si sviluppano sul fondamento delle esperienze vissute, che ricorrono sempre e dovunque, della nascita, della morte, della malattia, del sogno, della follia, degli interventi, malevoli o benefici, del194

l'elemento demoniaco nel corso vitale, delle strane mescolanze di ordinamento nella natura, che significa sempre una relazione teleologica di chi comprende con essa, e del destino, della forza distruttiva e del conflitto. Il secondo io nell'uomo, le forze divine nel cielo, nel sole e negli astri, l'elemento demoniaco nel bosco, nella palude e nelle acque, queste rappresentazioni fondamentali, determinate tramite i rapporti vitali, sono i punti di partenza di una vita fantastica affettivamente condizionata, che viene alimentata da sempre nuove esperienze religiose. L”influenza dell'invisibile è la categoria fondamentale della vita religiosa elementare. Il pensiero analogico combina le idee religiose nelle dottrine dell'origine del mondo e dell'uomo ed in

quella della provenienza dell'anima. Dunque l'influenza che deriva dal soprasensibile nelle cose e negli uomini dà loro un significato religioso. Queste cose e questi uomini sono sensibili, visibili, distruttibili, limitati, e tuttavia essi sono un luogo di influssi divini o demoniaci. Il

mondo è riempito da un rapporto religioso di cose e persone singole, concrete e finite, con l'invisibile, secondo il quale il loro significato religioso è racchiuso nell'influenza dell'invisibile contenuta in loro. Luoghi sacri, persone sacre, immagini divi-

ne, simboli, sacramenti sono casi particolari di questa relazione: nella religione essa ha lo stesso significato dell'elemento simbolico nell'arte e dell'elemento concettuale nella metafisica. E la tradizione diventa, all'interno della relazione religiosa,

proprio per l'oscurità della sua origine, una forza di eccezionale intensità. Questo è il fondamento di tutto lo sviluppo religioso ulteriore. Mentre ai primi livelli è attivo soprattutto lo spirito della comunità, il passaggio ai più alti gradi si compie attraverso il genio religioso, nei misteri, nella vita eremitica, nel profetismo. Nel genio religioso alle azioni particolari tra l'uomo e gli esseri superiori subentra una relazione interiore dell'intero uomo con

i medesimi. Quest'esperienza religiosa concentrata raccoglie, ora, le idee religiose elementari nelle visioni del mondo religiose, ed esse stesse hanno la loro essenza nel fatto che, qui, dalla relazione con Pinvisibile, scaturiscono Pinterpretazione della realtà, Papprezzamento della vita, e l'ideale pratico. Esse sono 195

contenute nel discorso figurativo e nelle dottrine della fede. Si basano su una disposizione vitale. Si sviluppano nella preghiera e nella meditazione. Tutte le strutture tipiche di queste visioni del mondo religiose hanno in sé, fin dal loro sorgere, il contrasto tra essenze benefiche o malefiche, tra esistenza sensibile e mondo superiore.

L'immanenza della ragione del mondo negli ordinamenti vitali e nel corso della natura, l'Uno-Tutto spirituale, che in ogni parte di ciò è connessione, verità e valore, e al quale l'esistenza singola deve ritornare, la divina volontà creatrice, che produce il mondo e crea l'uomo secondo la sua immagine o che sta in contrasto con un regno del male e per questa lotta prende al suo servizio gli uomini pii - questi sono i tipi fondamentali delle molteplici visioni del mondo religiose. E come ora, fin dal

principio, il rapporto con l'invisibile è separato dal lavoro e dal godimento negli ordinamenti dell'esistenza sociale terrena, così queste visioni del mondo religiose sono sempre in contraddi-

zione con la concezione mondana della vita: in essa si manifesta spesso, in questa contraddizione, un originario naturalismo, che ottiene la sua energia e la sua forza proprio dal contrasto con le visioni del mondo religiose. Abbiamo quindi, nelle epoche religiose, la lotta tra tipi che mostrano un'aflinità decisiva con quelli della metafisica. Il monoteismo giudaico-cristiano, la forma cinese ed indiana del panenteismo, in contrasto a ciò Patteggiamento vitale e il modo di pensare naturalistico sono i gradi preliminari e i punti di

partenza per l'ulteriore sviluppo della metafisica. Ma il rapporto religioso, con la sua magia, con le sue forze, le sue persone ed i luoghi di culto religiosi, con le sue immagini del simbolismo religioso, costituisce sempre lo sfondo delle visioni del mondo religiose, come il popolo costituisce l'ampio strato inferiore della vita ecclesiastica comunitaria. In queste visioni del mondo religiose si conserva sempre un nucleo oscuro, specificamente religioso, che il lavoro concettuale dei teologi non può

mai spiegare e fondare. Non può mai essere superata Punilateralità di un'esperienza che scaturisce dal rapporto di preghiera, di domanda, di sacrificio di sé con esseri superiori e che ot-

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tiene i predicati di questi esseri dai rapporti vitali dell'anima con essi. Da qui sorge un rapporto secondo il quale la visione del mondo religiosa è la preparazione di quella metafisica, ma non può mai risolversi in questa. La dottrina giudaico-cristiana di un Dio puramente spirituale, che crea liberamente, e delle anime formate a sua immagine si trasforma nell'idealismo monoteistico della libertà, le diverse forme della dottrina religiosa

dell'Uno-Tutto preparavano il panenteismo della metafisica, nella speculazione indiana, nei misteri e nella gnosi si sviluppava lo schema della provenienza del molteplice dall'Uno e del

ritorno ad esso che hanno sviluppato i neoplatonici, Bruno, Spinoza e Schopenhauer. E allo stesso modo è chiara la connessione che conduce dal monoteismo alla teologia scolastica degli intellettuali giudaici, arabi e cristiani e da essi a Cartesio, Wolf, Kant ed ai filosofi dell'età della restaurazione nel diciannovesimo secolo. Ma per quanto, anche, il lavoro teologico concettuale, nelle visioni del mondo religiose, possa accostarle alla metafisica, la loro legge di formazione e la loro struttura, tuttavia, le separano sempre dal pensiero metafisico. Il punto di vista unilaterale della disposizione vitale religiosa e della visione del mondo religiosa è il loro limite. L'animo religioso, con le sue esperienze, è sempre nel giusto. Ma lo spirito progressivo riconosce che il fissare dell'anima al mondo soprasensibile, questo prodotto storico della tecnica sacerdotale, manteneva in piedi efficacemente l'idea.lismo, seppure in una trasposizione artificiosa, e imponeva un disciplinamento della vita, sebbene nella rigidità ascetica, ma anche che il procedere dello spirito nella storia deve cercare atteggiamenti più liberi nei confronti della vita e del mondo - atteggiamenti che non sono legati alle tradizioni, che scaturiscono da oscure e discutibili origini.

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_2_ Gli atteggiamenti della visione del mondo nella poesia Nella religione cose ed uomini acquistavano la loro significatività attraverso la fede nella presenza, in essi, di una potenza soprasensibile. La significatività dell'opera d'arte consiste nel fatto che un elemento singolare, un dato sensibile viene se-

parato dal nesso di causa ed effetto e viene innalzato ad espressione ideale dei rapporti vitali, come essi ci parlano come colore e forma, simmetria e proporzione, accordi di toni e ritmo, processo psichico e accadimento. Vi è, ora, in ciò una ten-

denza a formare una visione del mondo? La creazione artistica non ha in sé niente in comune con una tale visione del mondo; ma la relazione della disposizione vitale dell'artista con la sua

opera ha qui prodotto, tuttavia, una relazione secondaria tra opera d'arte e visione del mondo. L'arte si è sviluppata, innanzi tutto, sotto l'influenza della religione. La materia religiosa è, innanzi tutto, il suo oggetto; gli scopi della comunità religiosa si manifestano nell'architettura e nella musica: in questa connessione l'arte ha innalzato il contenuto della religiosità al-

Peternità, nella quale vengono meno i dogmi provvisori, e da questo contenuto è scaturita la forma interna della grande arte, come attestano l'epica religiosa di Giotto nella pittura, la grande architettura ecclesiastica e la musica di Bach e di Händel. E ciò che costituisce, ora, il processo storico della relazione

dell'arte con le visioni del mondo è il fatto che in virtù di questo approfondimento religioso dell'arte in essa la disposizione vitale dell'artista è giunta alla libera espressione. Ciò non deve essere cercato nell'introduzione di una visione della vita nel-

l'opera d'arte, ma nella forma interna dei prodotti artistici. E stato fatto un tentativo degno di considerazione per provare ciò nella pittura e per mostrare l'influsso delle disposizioni vitali tipiche, dalle quali scaturisce la visione del mondo naturalistica, eroica e panenteistica, sulla forma delle opere pittoriche. Un'analoga relazione si potrebbe mostrare anche nella creazione musicale. E se, ora, artisti spiritualmente potenti come

Michelangelo, Beethoven, Richard Wagner giungono, a partire 198

da un impulso interiore, alla creazione di una visione del mondo, questa rafforzerà l'espressione della loro disposizione vitale nella forma a.rtistica. Ma, ora, tra le arti la poesia ha una relazione particolare con la visione del mondo. Perché il mezzo nell'ambito del quale essa opera, il linguaggio, le rende possibile l'espressione lirica

o epica o la rappresentazione drammatica di tutto ciò che può essere visto, udito, vissuto. Non cerco, qui, di esprimere l'es-

senza e la funzione della poesia. Quando essa libera un accadimento dal nesso dei rapporti di volontà e trasforma la sua rappresentazione in questo mondo dell'apparenza in un'espressione della natura della vita, essa libera l'anima dal

peso della realtà e, nello stesso tempo, ne rivela ad essa il significato. Mentre soddisfa il desiderio nascosto dell'uomo, racchiuso, dal proprio destino e dalle proprie decisioni vitali, nei limiti di una determinatezza vitale, di realizzare nella fantasia le possibilità vitali che egli non potrebbe realizzare, essa am-

plia il suo io e l°orizzonte delle sue esperienze vitali. Essa gli dischiude lo sguardo in un mondo superiore e più potente. Ma in tutto questo si esprime la relazione fondamentale sulla quale riposa la poesia: la vita è il suo punto di partenza; i rapporti vitali con gli uomini, le cose, la natura il suo nucleo; così, nel bisogno di riunire le esperienze scaturenti dai rapporti vitali sorgono le disposizioni vitali universali, e la connessione di ciò che viene esperito nei singoli rapporti vitali è la coscienza poetica del significato della vita. Tali disposizioni vitali univer-

sali sono alla base di Giobbe e dei Salmi, dei cori della tragedia attica, dei sonetti di Dante e di Shakespeare, della grandiosa parte conclusiva della Divina Commedia, della grande lirica di Goethe, di Schiller, dei romantici e del Faust di Goethe, dei Nibelungen di Wagner e dell'Empedokles di Hölderlin. La poesia, quindi, non vuole conoscere la realtà, come la scienza, ma

vuole lasciar vedere la significatività dell'accadimento, degli uomini e delle cose che sta nei rapporti vitali; così qui l'enigma della vita si concentra in una connessione interna di questi

rapporti vitali, la quale è intessuta di uomini, destini, circostanze di vita. In ogni grande epoca della poesia si compie di nuovo, in gradi regolari, il passaggio dalla fede e dai costumi 199

che la riguardano, che si costituiscono a partire dall'esperienza universale della vita delle comunità, al compito di rendere nuovamente comprensibile la vita a partire da se stessa. Questa era la via da Omero ai tragici attici, dalla poco originale fede cattolica alla lirica cavalleresca ed all'etica e dalla vita moderna a Schiller, Balzac, Ibsen. A questo passaggio corrisponde

la successione delle forme poetiche nella quale si costituisce l'epica, poi il dramma realizza la più alta concentrazione che

produce in una concezione della vita la connessione dei rapporti, creati dalla vita, di azione, carattere e destino, e il romanzo dispiega la sconfinata pienezza della vita ed esprime in ciò una coscienza del significato della vita.

Concludiamo! Il sorgere della poesia dalla vita la porta direttamente ad esprimere, nelfaccadimento, una visione della vita. Questa visione della vita sorge nel poeta dalla natura

della vita, compresa a partire dalla sua propria disposizione vitale. Essa si sviluppa nella storia della poesia, nella quale si avvicina gradualmente al suo obiettivo di comprendere la vita

a partire da se stessa, quando lascia agire su di sé, in piena libertà, le importanti impressioni della vita medesima. Allora la vita mostra, ora, alla poesia sempre nuovi aspetti. La poesia

indica, ora, le sconfinate possibilità di vedere la vita, di valutarla e di dare ad essa, creando, una nuova forma. L'accadimento diviene così simbolo, ma non di un pensiero ma di una connessione osservata nella vita - osservata a partire dall'esperienza della vita del poeta. Così Stendhal e Balzac vedono

nella vita un tessuto, creato dalla natura stessa, per un oscuro impulso, senza alcun fine, di illusioni, di passioni, di bellezza e di corruzione, dove la volontà potente acquisisce la vittoria per se stessa; Goethe vede in essa una forza formativa che riunisce in una connessione piena di valore le forme organiche, lo sviluppo degli uomini, come gli ordinamenti della società; Corneille e Schiller vedono in essa il teatro di azioni eroiche. E ad ognuna di queste disposizioni vitali corrisponde una forma in-

terna di poesia. Da qui ai grandi tipi di visione del mondo vi è soltanto un passo, e la connessione della letteratura con i movimenti filosofici conduce un Balzac, un Goethe, uno Schiller a questa realizzazione massima della comprensione della vita. 200

Così i tipi della visione del mondo poetica preparano quelli della metafisica, o essi trasmettono il loro influsso all'intera società. _3_ I tipi di visione del mondo nella metafisica 'lìitte le fila del discorso si intrecciano, ora, nella dottrina della struttura, dei tipi e dello sviluppo delle visioni del mondo

nella metafisica. Riassumo le relazioni che sono, qui, decisive. _1_ L'intero processo della nascita e del consolidamento delle visioni del mondo spinge all'esigenza di elevarle al sapere universalmente valido. Anche nei poeti di più alta forza intellettuale le grandi impressioni sembrano dare alla vita sempre

nuova luce: la tendenza al consolidamento spinge al di là di esse stesse. Nel nucleo delle religioni del mondo rimane qualcosa di bizzarro e di estremo che proviene dalle esperienze vissute religiose intensificate, dal fissarsi, proprio della tecnica sacerdotale, dell'anima all'invisibile, e che è inaccessibile alla ragio-

ne. L'ortodossia si irrigidisce su ciò, la mistica e lo spiritualismo cercano di riportarlo a1l'esperienza di vita, il razionalismo vuole comprenderlo e deve distruggerlo: allora la volontà di dominio nelle religioni del mondo, che si era sorretta sul-

l'esperienza interiore dei credenti, sulla tradizione e sull'autorità, viene alternata con l'esigenza della ragione di trasformare

le visioni del mondo in modo conforme a se stessa e di fondare su ciò la loro validità. Se la visione del mondo viene così innalzata ad una connessione concettuale, se questa viene fondata scientificamente e si presenta, così, con la pretesa di validità universale, allora sorge la metafisica. La storia mostra che dovunque essa si presenti lo sviluppo religioso l'ha preparata, la poesia la influenza e la disposizione vitale delle nazioni, il loro 201

apprezzamento della vita ed il loro ideale agiscono su di essa. La volontà di un sapere universalmente valido dà a questa nuova forma della visione del mondo una struttura particolare. Chi potrebbe dire in quale punto il tentativo di conoscere, che è attivo in tutte le connessioni finali della società, diventa scienza? Il sapere matematico ed astronomico dei babilonesi e degli egizi, certamente, si è liberato dai compiti pratici e dalla connessione con la casta sacerdotale ed è divenuto autonomo soltanto nelle colonie ioniche. E come ora la ricerca rendeva come proprio oggetto la totalità del mondo, la filosofia in divenire e le scienze che nascevano entrarono in una relazione reciproca strettissima. Matematica, astronomia e geografia divennero strumenti per la conoscenza del mondo. L'antico problema della soluzione de1l'enigma della vita impegnò i pitagorici o Eraclito allo stesso modo come i sacerdoti orientali. E se la crescente potenza delle scienze naturali poneva, nelle colonie, come punto centrale della filosofia il problema della spiegazione naturale, così nell'ulteriore sviluppo della filosofia vennero discusse, nelle scuole filosofiche, tutte le importanti questioni contenute nel1'enigma del mondo; esse erano tutte orientate proprio alla relazione interna tra conoscenza della realtà, orientamento della vita e compito della volontà negli individui e nella società, brevemente alla formazione di una visione del mondo. La struttura delle visioni del mondo nella metafisica era determinata, innanzi tutto, dalla loro connessione con la scienza. L'ímmag-ine sensibile del mondo veniva trasformata in quella astronomica; il mondo del sentimento e delle azioni della volontà veniva oggettivato nei concetti di valori, beni, fini e regole; l'esigenza della forma concettuale e della fondazione conduceva i ricercatori dell'enigma del mondo alla logica ed alla teoria della conoscenza come primo fondamento; lo stesso lavoro teso alla soluzione spingeva dai dati condizionati e delimitati ad un essere universale, ad una causa prima, ad un sommo bene e ad un fme ultimo; la metafisica diveniva sistema e questo procedeva, tramite Yelaborazione di rappresentazioni e concetti insufficienti, come essi si erano formati nella vita e

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nella scienza, in direzione di concetti ausiliari che oltrepassavano tutte le esperienze. Accanto alla relazione della metafisica con la scienza si aggiunse, ora di nuovo, quella con la cultura mondana. Quando la filosofia si trasmette allo spirito di ogni connessione finale nella cultura, essa riceve da ciò nuova forza e comunica a questa, nello stesso tempo, l'energia della sua idea fondamentale. Essa consolida nelle scienze i loro modi di procedere ed il loro valore conoscitivo; sviluppa le esperienze non metodiche della vita e la letteratura su di esse, traducendole in un apprezzamento universale della vita; eleva ad una connessione unitaria i concetti fondamentali del diritto, come essi sono emersi dalla pratica del negozio giuridico; essa pone in relazione ai compiti più alti della società umana i principi sulle funzioni dello stato, sulle forme di costituzione e sulla loro successione, che sono scaturiti dalla tecnica della vita politica; intraprende a provare i dogmi o, dove il loro nucleo oscuro risulti inaccessibile al pensiero concettuale, compie in questo la sua opera storicomondana di distruzione; razionalizza le forme e le regole dell'esercizio a.rtistico a partire da uno scopo de]l'arte: dappertutto essa vuole imporre la direzione della società ad opera del pensiero. E ora l'ultimo punto. Ognuno di questi sistemi metafisici è condizionato dal posto che occupa nella storia; esso è dipenden-

te da una certa situazione dei problemi ed è determinato dai concetti che da ciò scaturiscono. Così nasce la struttura di questi sistemi metafisici - la connessione logica in essi e, nello stesso tempo, la loro irregolarità condizionata in modi diversi, l'elemento rappresentativo che esprime in determinati sistemi una precisa situazione del pensiero scientifico, e, nello stesso tempo, l'elemento singolare. Perciò ogni importante sistema metafisico diviene una totalità che irradia, che illumina ogni parte della vita, alla quale appartiene. Un unico sistema universalmente valido della metafisica questa è la tendenza di tale importante movimento generale. La differenziazione, che scaturisce dalle profondità della vita, della metafisica appare a questi pensatori come un'aggiunta 203

casuale e soggettiva che deve essere eliminata. L'immenso lavoro orientato alla creazione di un'unanime connessione con-

cettuale dimostrabile, nell'ambito della quale sarebbe poi possibile risolvere metodicamente l'enigma della vita, ottiene un significato autonomo; nello sviluppo in direzione di questo obiettivo ogni sistema riceve il proprio posto tramite la situazione del lavoro concettuale. E il corso di questo lavoro si compie nei paesi civili de]l'Europa, innanzi tutto negli stati del

Mediterraneo, poi, a partire dal rinascimento, negli stati romano-germanici - e certamente in uno strato superiore che soltanto di tanto in tanto viene influenzato, in questo lavoro,

dalla religiosità lì dominante e che cerca di sottrarsi sempre più a tale influsso. _2_. In questa connessione sorgono, ora, differenze nei sistemi, fondate sul carattere razionale del lavoro metafisico. Alcune di queste indicano stadi del loro sviluppo, come quella tra dog-

matismo e criticismo. Altre differenze percorrono l'intero processo; esse scaturiscono dall'impresa della metafisica di rappresentare in una connessione quanto è contenuto nella comprensione della realtà, nell'apprezzamento della vita e nella posizione di scopi, ed il loro oggetto sono le possibilità di risol-

vere tali problemi fondamentali. Se si pensa ai fondamenti della metafisica, allora ci si presentano i contrasti di empirismo e razionalismo, di realismo ed idealismo. L'elaborazione della realtà data viene compiuta a partire dai concetti contrari di uno e molti, di divenire ed essere, di causalità e teleologia, ed a ciò corrispondono le differenze trai sistemi. I diversi punti

di vista nell'ambito dei quali viene compresa la relazione tra il fondamento del mondo ed il mondo e tra l'anima ed il corpo si esprimono nelle prospettive del deismo e del panteismo, del materialismo e dello spiritualismo. A partire dai problemi della filosofia pratica vengono prodotte altre differenze, nell'ambito delle quali metto in risalto Peudemonismo, il suo sviluppo nelPutilitarismo e la dottrina delle regole incondizionate del mon204

do morale. Tutte queste differenze hanno il loro posto nei sin-

goli ambiti della metafisica ed esse indicano le possibilità di sottoporre, a partire da concetti contrari, questi ambiti al pensiero razionale. Tutte queste possono essere viste, nella connessione di tale lavoro sistematico, come ipotesi attraverso le quali lo spi.rito metafisico si avvicina ad un sistema universalmente valido. E così sono sorti, infine, i tentativi di classificare i sistemi

metafisici nell'ambito di questi punti di vista. A partire da ciò, alle contrapposizioni, dominanti in ogni differenziazione, dei concetti nella riflessione, che è fondata nella natura di questa

stessa elaborazione concettuale metafisica, corrisponde, nel migliore dei casi, una duplicazione dei sistemi, con il contrasto tra il punto di vista realistico e quello idealistico o con uno simile. A chi potrebbe sfuggire il significato che il lavoro concettua-

le della filosofia ha avuto nei diversi ambiti? Esso prepara le scienze indipendenti, le comprende. Ho già detto prima, in modo dettagliato, di questo. Ma ciò che separa questi compiti della metafisica dal lavoro delle scienze positive è la volontà di sottoporre ai metodi scientifici, che si sono formati per i singoli ambiti del sapere, la connessione dell'universo e della vita stessa. Tali metodi, nell'aspirare all'incondizionato, oltrepassano i limiti dei modi di procedere delle scienze particolari.

_3_ A questo punto può essere chiarita l'idea fondamentale

dalla quale, in generale, ha preso le mosse il mio tentativo di una dottrina delle visioni del mondo, e che determina anche questo lavoro. La coscienza storica ci riconduce dietro la tendenza dei metafisici ad un sistema unitario universalmente valido, dietro le differenze, da ciò scaturenti, che dividono gli intellettuali, e, alla fme, dietro la riunificazione di queste differenze in classificazioni. Tale coscienza storica assume come proprio oggetto la contraddizione, effettivamente esistente, dei sistemi nella loro disposizione complessiva. Essa vede queste 205

disposizioni complessive in connessione con il corso della religione e della poesia. Essa mostra come tutto il lavoro concettuale metafisico non abbia compiuto un solo passo avanti in direzione di un sistema unitario. Così si vede come la contraddizione dei sistemi metafisici sia fondata sulla vita stessa, sull'esperienza della vita, sugli atteggiamenti nei confronti del problema della vita. Su tali atteggiamenti è basata la molteplicità dei sistemi e, nello stesso tempo, la possibilità di diffe-

renziare, in essi, certi tipi. Ognuno di questi tipi si occupa della conoscenza della realtà, delfapprezzamento della vita e della posizione di scopi. Essi sono indipendenti dalla forma dell'antitesi in cui i problemi fondamentali vengono risolti a partire da punti di vista contrari. L'essenza di questi tipi si manifesta in modo assolutamente chiaro quando si guarda ai grandi geni metafisici che hanno espresso, in sistemi concettuali che reclamano validità, la loro personale ed attiva disposizione vitale. La disposizione vitale degli stessi è tutt'uno con il loro carattere. Si esprime nel loro ordinamento vitale. Riempie tutte le loro azioni. Si esprime nel loro stile. E se i loro sistemi sono naturalmente condizionati dalla situazione dei concetti in cui sorgono, allora, visti storicamente, i loro concetti sono certamente soltanto strumenti ausiliari per la costruzione e la dimostrazione della loro visione del mondo. Spinoza comincia il suo trattato sulla via per raggiungere la

conoscenza perfetta con l'esperienza vitale della nullità dei dolori e delle gioie, della paura e della speranza della vita quotidiana, egli prende la decisione di cercare il vero bene, che assicura gioia eterna, e risolve questo compito, nella sua Ethica, tramite l'annullamento della schiavitù nei confronti delle passioni nella conoscenza di Dio come fondamento, che sta nel mondo, delle molte cose eflimere, e tramite l'infinito amore intellettuale, che scaturisce da tale conoscenza, nei confronti di Dio, in virtù del quale Dio, l'infinito, ama se stesso nei limitati spiriti umani. L'intero sviluppo di Fichte è espressione di una tipica disposizione d'animo - dell'autonomia della persona di fronte alla natura ed all'intero corso del mondo, e così la sua ultima parola, con la quale si chiude l'importante azione della 206

volontà di questa vita tempestosa, è l'ideale dell'uomo eroico, in cui il compito più alto della natura umana, che si realizza nella storia come teatro della vita morale, è legato all'ordine ultraterreno delle cose. E la smisurata influenza storica di Epicuro, il quale intellettualmente rimase molto indietro rispetto ai maggiori pensatori, consiste nella pura chiarezza con la quale egli ha espresso una tipica disposizione d'animo. Essa consiste nella tranquilla e serena subordinazione dell'uomo alla con-

nessione regolare della natura e nel godimento gioioso e tuttavia ponderato, dei suoi doni. Così intesa ogni naturale visione del mondo è un'intuizione che sorge dall'essere dentro la vita stessa. Le annotazioni giovanili di Hegel, che scaturirono dal venire a contatto delle sue esperienze metafisico-religiose con Pinterpretazione dei documenti cristiani originari, sono un esempio di tali intuizioni. Questo essere dentro la vita si compie nel prendere posizione nei suoi confronti, nei rapporti vitali. Questo è, anche, il senso profondo dell'espressione ardita secondo la quale il poeta sarebbe l'uomo autentico. Così a tali prese di posizione si clischiudono, ora, certi aspetti del mondo. Non oso, qui, procedere oltre. Non conosciamo la legge di formazione secondo la quale dalla vita scaturisce la differenziazione dei sistemi metafisici. Se ci vogliamo avvicinare alla comprensione dei tipi di visione del mondo, allora ci dobbiamo rivolgere alla storia. E l'elemento essenziale che la storia ha qui da insegnarci è certamente la comprensione della connessione di vita e metafisica, il collo-

carsi nella vita come punto centrale di questi sistemi, la coscienza delle grandi connessioni di sistemi che scorrono nella

storia, nell'ambito dei quali esiste un comportamento tipico poi essi potrebbero essere delimitati o divisi come si vuole. Si tratta di guardare in profondità a partire dalla vita, di seguire le importanti intenzioni della metafisica. Questo è anche il senso in cui propongo una differenziazione in tre tipi fondamentali. Per una tale ripartizione non c'è

nessun altro mezzo di aiuto che la comparazione storica. Il suo punto di partenza è che ogni mente metafisica al cospetto dell'enigma della vita svolge, a partire da un determinato punto,

per così dire, l'intrico di tale vita; questo punto è condizionato 207

dal suo atteggiamento nei confronti della vita, e a pa.rtire da esso si forma la struttura singolare del suo sistema. Possiamo, ora, ordinare i sistemi in gruppi secondo la relazione di dipendenza, di affinità, di attrazione e di repulsione reciproche. Ma

qui si manifesta una difficoltà che è propria di ogni comparazione storica. Essa deve applicare, in un'anticipazione, una misura per la sua scelta delle caratteristiche in ciò che essa compara, e questa misura determina, poi, il procedere ulteriore. Allora ciò che propongo ha un carattere assolutamente provvisorio. Il nucleo, in questo, può essere solamente l'intuizione che è scaturita dalla lunga consuetudine con i sistemi metafi-

sici. Già la loro comprensione in una formula storica può soltanto avere un carattere soggettivo. Se ci si regola, poi, in modo logicamente diverso quando, per esempio, si riuniscono entrambe le forme dell'idealismo o l'idealismo oggettivo con il naturalismo - queste ed altre simili possibilità sottopongo libe-

ramente ad ognuno. Questa differenziazione di tipi deve servire a guardare alla storia in modo più profondo, e cioè a partire dalla vita.

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_ In _ IL NATURALISMQ _1_ L'uomo si trova determinato dalla natural'. Essa comprende

il suo corpo altrettanto bene come il mondo esterno. E proprio la situazione oggettiva del proprio corpo, i potenti impulsi animali che lo scuotono, determinano il suo sentimento della vita. Così sono vecchie come l'umanità quella visione e quella considerazione della vita che realizzano il corso di tale vita nel soddisfacimento degli impulsi animali e nella sottomissione al mondo esterno, dal quale essi ottengono il loro nutrimento. Nella fame, nell'impulso sessuale, nella vecchiaia e nella morte l'uomo si vede sottoposto alle potenze demoniache della vita naturale. Egli è natura. Eraclito e l'apostolo Paolo indicano ciò, con parole simili, piene di disprezzo, come la concezione della vita della massa che non si distacca dai sensi. Essa è duratura, non c'è stata nessun'epoca nella quale non ha governato una parte degli uomini. Perfino nelle epoche del fermo dominio di una casta sacerdotale orientale esisteva questa filosofia della vita dell'uomo legato ai sensi, e anche quando il cattolicesimo represse ogni manifestazione teoretica di questo punto di vista, il discorso verteva assai spesso sugli “epicurei”; ciò che non doveva essere espresso nei principi della dottrina filosofica risuonava nelle canzoni dei provenzali, in alcune poesie cortigiane tedesche, nelle epopee francesi e tedesche di Tristano. E come Platone descriveva le vita di piacere dei proprietari e dei capitalisti e la loro dottrina del piacere, in modo assolutamente simile ciò ci si presenta, poi di nuovo, come la filosofia della vita della gente mondana nel diciottesimo secolo. Al soddisfacimento dell”animalità si aggiunge un momento in cui l'uomo è assolutamente dipendente dal proprio milieu: gioia del proprio rango e del proprio onore. Dappertutto alla base di questa concezione del mondo sta il medesimo comportamento - la subordinazione della volontà alla vita impulsiva che pervade il corpo 209

ed alle sue relazioni con il mondo esterno: il pensiero e l'attività finalistica guidata da esso sono qui al servizio di questa animalità, essi si aprono in direzione della creazione del suo soddisfacimento.

Questa disposizione vitale trova la sua espressione, innanzi tutto, in una parte considerevole della letteratura di tutti i popoli. A volte come forza integra dell'animalità, più spesso in lotta con la visione del mondo religiosa. Il suo grido di battaglia è Pemancipazione della carne. In questo contrasto contro il disciplinamento, necessario e tuttavia terribile, dell'umanità tramite la religiosità consiste il diritto storico, relativo, di questa reazione del riconoscimento, che sempre ritorna ed è attivo, della vita naturale. Quando questa disposizione vitale diviene filosofia, allora nasce il naturalismo. Questo afferma dal punto di vista teorico ciò che in essa è vita: il processo della natura è l'unica e l'intera realtà; al di fuori di esso non vi è nulla; la vita spirituale è distinta in maniera solamente formale, come coscienza delle proprietà contenute in essa, dalla natura fisica, e questa, contenutisticamente vuota, determinatezza della coscienza procede dalla realtà fisica secondo la causalità naturale. La struttura del naturalismo è, da Democrito a Hobbes e da questi al Sistème de la natureã, uniforme: sensismo come teoria della conoscenza, materialismo come metafisica e un duplice atteggiamento pratico - la volontà di godimento e la riconciliazione con il prepotente ed estraneo corso della natura, tramite la sottomissione ad esso nell'osservazione. La ragione filosofica del naturalismo sta in due proprietà fondamentali del mondo fisico. Come sono, certamente, preponderanti, all'interno della realtà data nella nostra esperienza, l'estensione e la forza delle masse fisiche! Esse circondano, come un qualcosa di smisurato e che si estende in modo continuo, i rari fenomeni spirituali: così considerati, questi sembrano come interpolazioni nel grande testo dell'ordine fisico. Perciò l'uomo naturale deve trovarsi completamente sottomesso a quest'ordinamento nella considerazione teoretica di tali relazioni. E, nello stesso tempo, la natura è la sede originaria di ogni conoscenza di uniformità. Già le esperienze della vita quotidiana insegnano ad accertare queste uniformità e a fare i 210

conti con le medesime, e le scienze positive del mondo fisico si avvicinano, attraverso lo studio di queste uniformità, alla conoscenza della connessione regolare delle stesse: così esse realizzano un ideale di conoscenza che è irraggiungibile per le scienze dello spirito fondate sull'espe1ienza della vita e sul comprendere. Ma, ora, le difficoltà contenute in questo punto di vista spingono il naturalismo, in una dialettica incessante, verso

sempre nuove formulazioni del suo atteggiamento nei confronti del mondo e della vitae. La materia da cui esso procede è un fenomeno della coscienza; così esso cade in un circolo: quello, cioè, di voler derivare da ciò che è dato solamente come fenomeno perla coscienza questa stessa. È impossibile7 dedurre dal movimento, che è dato come fenomeno della coscienza, la sensazione ed il pensiero. L'incomparabilità di questi due fatti conduce, dopo che il problema si è mostrato come irrisolvibile nei diversi tentativi, dall'antico materialismo fino al Sistème de la nature, alla correlatività positivistica del fisico e dello spirituale. Anche questa è esposta a forti dubbi. E, alla fine, la morale del naturalismo originario si mostra insufficiente rispetto al tentativo di spiegare lo sviluppo della società.

_2_ Comincio con l'aspetto teoretico-conoscitivo del naturalismo. Esso ha il suo fondamento teoretico-conoscitivo nel sensismo. Intendo per sensismo la riconduzione del processo conoscitivo o delle sue funzioni alle esperienze sensibili esterne e delle determinazioni di valore e di scopo al criterio valutativo contenuto nel piacere e nel dispiacere sensibili. Così, il sensismo è la diretta espressione filosofica della disposizione d'animo naturalistica. Perciò qui è dato, già fin dall'inizio, il problema psicogenetico del naturalismo, cioè quello di dedurre dalle singole impressioni l'unità della vita psichica come unitas compositionis. Il sensista non rifiuta né il fatto dell'esperienza interna né quello del collegamento concettuale di ciò che è dato, ma trova nell'ordinamento fisico il fondamento per ogni conoscenza della 211

connessione regolare del reale, e le proprietà del pensiero diventano per lui, naturalmente o per mezzo di una teoria, una parte dell'esperienza sensibile. La prima teoria sensistica è stata creata da Protagora. La forza razionale universale, che è attiva nel pensiero umano, nella metafisica precedente non era ancora separata dalle proprietà fisiche dell'uomo, dal processo di respirazione e dalle penetranti immagini sensibili intese in senso corporeo. Ora, Protagora insegnò che la percezione sorge dalla cooperazione di due movimenti, uno esterno e un altro organico, che ha luogo nell'uomo, e come per lui, ora, la percezione ed il pensiero erano inseparabilì, così egli derivò l'intera vita psichica dalle percezioni così sorte; spiegò anche il piacere, il dispiacere e l'impulso a partire dalla cooperazione di entrambi i due movimenti. Senza dubbio egli era un sensista. E scoprì, già allora, a partire da questo punto di vista, le conseguenze relativistiche e fenomenistiche poste in esso. La dottrina della relatività di Protagora trova ogni conoscenza, posizione di valore o determinazione finale come determinata attraverso l'elemento puramente empirico dell'organizzazione umana; così egli esclude una comparabilità di queste funzioni con i processi esterni cui esse si riferiscono. Allora la conoscenza, la determinazione di valore e la posizione di scopo hanno soltanto una validità relativa, cioè nella correlazione con questa organizzazione. Viene qui soppresso il legame tra il soggetto ed il suo oggetto nell'ipotesi di un'uguale ragione universale che agisce nell'universo e così, come simile, riconosce il simile. L'organizzazione sensibile mostra nel regno animale, che arriva fino all'uomo, le forme più diverse, e da ognuna deve sorgere un mondo completamente differente. La realtà semplicemente empirica dell'organizzazione sensibile, il legame di ogni pensiero con essa e l'inserimento di quest'organizzazione nella connessione fisica costituiscono il fondamento di ogni dottrina della relatività di tutta l'antichità. Come sono possibili, a partire da tali presupposti, l'esperienza e la scienza empirica? Questo era il problema successivo. Matematica, astronomia, geografia, biologia si sviluppavano costantemente, e la scepsi sensistica doveva rendere com212

prensibile la loro possibilità. Già la dottrina probabilistica di Carneade conteneva in sé la tendenza ad instaurare un compromesso di natura positivistica tra i presupposti sensistici e le scienze empiriches. La validità della conoscenza, nella sua scepsi, viene spostata dalle relazioni, così congeniali allo spirito greco, di riproduzione di un elemento oggettivamente esterno attraverso rappresentazioni all'accordo interiore delle percezioni l'una con l'altra e con i concetti in una connessione priva di contraddizioni. Nell'ideale della massima probabilità raggiungibile, nella distinzione dei suoi gradi, era ottenuto un punto di vista a partire dal quale, nello stesso tempo, poteva essere combattuta la metafisica e poteva essere assicurata al sapere empirico una, anche se modesta, misura di validità. Ma soltanto quando la grande epoca della fondazione della scienza matematica della natura, nel diciassettesimo secolo, ebbe riconosciuto un ordinamento della natura secondo leggi, il sensismo entrò nel suo ultimo, decisivo periodo. La scienza della natura si era costituita, ora, come sapere empirico incontestabile, e il sensismo doveva riconoscere questo fatto, doveva porsi in relazione ad esso e superare le conseguenze scettiche dell'epoca precedente. Questo fu il grande contributo di David Hume. Egli ha considerato persino la sua filosofia come la prosecuzione della scepsi accademica. E, in realtà, in lui ritornano le caratteristiche fondamentali di questa scepsi - la realtà semplicemente empirica della nostra organizzazione sensibile e del pensiero ad essa connesso; da qui segue Peliminazione di ogni relazione di riproduzione tra lo spirito che comprende ed il mondo oggettivo, quindi lo spostamento della conoscenza del mondo nel semplice accordo interiore delle percezioni l'una con l'altra e con i concetti. Ma questi principi ottengono, tramite la sua analisi, lo sviluppo più proficuo: dalle regolarità dell'accadere scaturiscono le abitudini di determinate associazioni: nella forza di associazione che sta in esse consiste il fondamento esclusivo per i concetti di sostanza e di causalità. Così sorgevano conseguenze che dovevano costituire i fondamenti del positivismo. La connessione contenutistica del mondo per mezzo dei legami di sostanza e causalità diviene un effetto secondario dei fatti animali dell'abitudine e dell'associazione; la 213

scienza empirica viene limitata alle uniformità di coesistenza e successione dei fenomeni, nell'esclusione di ogni sapere di relazioni esterne, di essenza, sostanza o causalità; tali uniformità costituiscono esattamente l'oggetto del nostro sapere dei fatti spirituali come di quelli fisici: tutte le pa.rti del mondo sono collegate in una legalità. Il sensismo è il più intimo spirito del sistema di David Hume; ma i suoi risultati più importanti si hanno nella teoria della conoscenza positivistica, a partire da D'Alembert, liberata dai presupposti metafisici; il positivismo diventò un metodo, e

il naturalismo stesso espresse, di fronte a questo punto di vista fenomenistico, in Feuerbach, Moleschott, Büchner, la “chiarezza solare del sensibile”, espresse, già in Comte, la connessione dei fatti fisici l'uno con l'altro e la dipendenza di quelli psichici da essi, come insegnava la nuova fisiologia del cervellog.

_3_ La metafisica del naturalismo ricevette il proprio fondamento meccanicistico nell'età successiva a Protagora. La spiegazione meccanica è, in sé e per sé, un metodo scientificopositivo, quindi compatibile con intuizioni del mondo assolutamente differenti: la metafisica meccanicistica sorge soltanto

quando nella realtà non viene riconosciuto null'altro che meccanismo, quando i concetti che sono per la conoscenza della natura soltanto uno strumento ausiliario del suo metodo vengono considerati come entità. Le cause dei movimenti vengono collocate nei singoli elementi materiali dell'universo, e a questi elementi vengono ricondotti, secondo un qualche metodo, i fatti spirituali. Dalla natura viene eliminata 1'interiorità che la religione, il mito e la poesia vi avevano collocato: ora essa è diventata senz'anima, e da nessuna parte una connessione unitaria pone limiti alla sua interpretazione tecnica. Soltanto questo punto di vista consente di dare al naturalismo una forma scientifica rigorosa. Il suo problema diviene, ora, quello di de-

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durre il mondo spirituale dall'ordinamento meccanico delle parti corporee secondo leggi. Un'immensa letteratura intraprese a risolvere questo compito. I suoi punti più alti sono il sistema epicureo e la sua splendida rappresentazione ad opera di Lucrezio, l'oscuro e potente sistema di Hobbes, che comprese coerentemente l'intero mondo spirituale nell'ambito del punto di vista dell'impulso vitale, dal quale scaturì, poi, la lotta per il potere degli individui, dei ceti e degli stati, nella Francia del secolo diciottesimo il sistema della natura, che espresse nelle sue piatte formule il mistero di coloro che non credono e dei libertini di tutti i tempi, e, infine, la fanatica dottrina materialistica di Feuerbach,

Büchner, Moleschott e dei loro compagni. La forza di queste teorie stava nel fatto che esse, nella loro edificazione, poggiavano sul terreno della realtà spaziale esterna, coglibile con i sensi, la quale è accessibile al pensiero

scientifico-naturale esatto. Da nessuna parte esse contenevano un residuo oscuro di forze incomprensibili. Non c'era angolo in cui poteva nascondersi un elemento spirituale autonomo o trascendente. Tutto era razionale e naturale. Perché la lotta con-

tro le forze della religiosità e di una metafisica spiritualistica, con le loro oscurità, è l'anima di questa metafisica materialistica. E la sua legittimità storica stava nel fatto di voler superare l'alleanza della chiesa con il dispotismo nella società. In un tale ordinamento di cose non c'è nessuno spazio per la considerazione del mondo dal punto di vista del valore e dello

scopo. Valori e scopi sono qui ciechi prodotti del corso della natura, i quali hanno un particolare interesse solo per l'uomo, perché egli è per sé stesso, per la sua vita interiore, punto centrale del mondo e misura ogni cosa secondo i suoi sentimenti,

le sue aspirazioni ed i suoi obiettivi. _4_ L'ideale di vita del naturalismo doveva, in virtù della sua doppia relazione con il corso della natura, essere duplice. L'uomo è schiavo del corso della natura tramite la sua passione 215

- uno schiavo astuto e calcolatore, ed egli, tuttavia, sta al di sopra di esso per mezzo della forza del pensiero. Già l'antichità sviluppò entrambi gli aspetti dell'ideale naturalisticolo. Il sensismo di Protagora conteneva già le condizioni per l'edonismo di Aiistippol . Perché nei contatti dell'organizzazione sensibile con il mondo esterno sorgono, secondo lui, come le percezioni sensoriali così anche i sentimenti ed i desideri sensibili, e questi non possono esprimere i valori og-

gettivi che sono contenuti nella realtà, ma soltanto la relazione in cui il soggetto, con la sua vita sentimentale, sta rispetto ad essi. A partire da questo, Aristippo concludeva che nel piacere,

come il migliore movimento che ha luogo nella nostra organizzazione sensibile, siano contenuti esclusivamente il criterio ed il fine del retto agire. Nella connessione fisica della nostra animalità con la natura esterna, come si evidenzia nei movimenti sensibili, devono essere cercati il criterio contenutistico e

l'obiettivo dell'arte di vivere. L'avvedutezza socratica diviene qui il gioco sovrano del pensiero formale, che fa i conti con i valori del piacere, che si innalza oltre le convenzioni, anzi oltre gli ordinamenti oggettivi della vita. Ma nella comprensione ottica e nel godimento estetico, che giocavano un ruolo tanto importante nello spirito greco, c'era un altro ideale, e anche questo stava ne]l'ambito di quella metafisica naturalistica che Democrito, Epicuro e Lucrezio hanno sostenuto. Le esperienze dell'impulso vitale condussero di fronte ad esso stesso. È la tranquillità dell'animo, che sorge in colui che accoglie in sé la connessione incrollabilmente salda e duratura dell'universo. Questa disposizione d'animo trovò la sua espressione nel poema didattico di Lucrezio. Egli riviveva in sé la potenza liberatrice della grande intuizione del mondo cosmica, astronomica e geografica che la scienza greca aveva creato. L'immenso universo, le sue leggi eterne, il sorgere dei sistemi del mondo, la storia della terra che si copre di piante ed animali e, alla fine, produce l'uomo: questa concezione gli lasciò vedere, profondamente al di sotto di sé, gli intrighi politici e le povere marionette divine del suo popolo. Anzi, la stessa vita individuale, con la sua sete di godimento e di potenza, la lotta delle singole esistenze nel teatro romano del mondo si contraeva sotto questo 216

punto di vista cosmico: “Pio è colui che guarda l'universo con spirito tranquillo”m. Già nell'antichità l'esperienza che compie, nel corso del mondo, l'uomo che desidera la felicità dei sensi aveva dissolto la rigidità della dottrina del piacere sensibile come obiettivo della vita. Il piacere spirituale duraturo era messo in risalto accanto a quello sensibile. E già la scuola epicurea aveva intrapreso a realizzare, per mezzo dell'ipotesi di uno sviluppo

progressivo, il decisivo compito di dedurre dagli elementi del piacere e del dispiacere sensibili la cultura nella sua ricchezza e nella sua grandezza. Ma soltanto l'epoca moderna adoperò strumenti ausiliari scientificamente validi per la spiegazione

naturalistica dello sviluppo spirituale. Tali erano la comprensione della vita spirituale a partire dal suo milieu, la deduzione della vita economica dagli interessi dell'individuo, la deduzione della cultura intellettuale dal progresso economico, e la teoria dell'evoluzione, che permise di porre a fondamento delle proprietà intellettuali e morali degli uomini il sommarsi delle trasformazioni minime in enormi intervalli temporali. L'ideale naturalistico come lo enunciò, dopo un lungo sviluppo culturale, Ludwig Feuerbach, l'uomo libero che riconosce i fantasmi dei suoi desideri in Dio, nell'immortalità e nell'ordinamento invisibile delle cose, ha esercitato un potente influsso sulle idee politiche, sulla letteratura e sulla poesia.

217

_ IV _ L'IDEALISMO DELLA LIBERTÀ

Procedo, di nuovo, dall'aflinità tra un grande numero di sistemi che, fondata su una disposizione vitale e su un atteggiamento nei confronti del mondo, racchiude in sé la risoluzione,

in una determinata tendenza, dei problemi contenuti nell'enigma della vita, e così congiunge questi sistemi in un secondo tipo di visione del mondo.

_1_ L'idealismo della libertà è la creazione dello spirito ateniese. L'energia sovrana che forma, che organizza diviene, in Anassagora, Socrate, Platone, Aristotele, principio della comprensione del mondola. Cicerone ha espresso con fermezza il suo accordo, il suo sentimento di affinità con Socrate e con tutti i socratici del1'epoca greca successiva. E gli illustri Apologisti e Padri cristiani si trovano in una consapevole relazione di accordo tanto con lo spirito socratico quanto con la filosofia romana. La scuola scozzese, poi, si basa interamente sulla tendenza intellettuale di Cicerone ed è, al tempo stesso, consapevole della propria comunanza con quegli antichi scrittori cri-

stiani. E proprio una tale coscienza di affinità collega con questi scrittori precedenti Kant e Jacobi, Maine de Biran e i filosofi francesi a lui affini, fino a Bergson. Questa coscienza di affinità è accompagnata da una dura polemica dei sostenitori di questa tendenza contro il sistema naturalistico. La coscienza della totale diversità dal naturalismo nella concezione della vita, nella visione del mondo e nell'ideale si afferma, in ognuno di questi intellettuali, in modo completo e, nei più profondi, con la massima intensità. Ma an-

che il contrasto con il panteismo era divenuto consapevole, in modo sempre più chiaro, per questo idealismo della personalità. Se il più antico panteismo greco si era separato dalla per219

sonificazione religiosa della divinità e dal rapporto personale con essa, così Socrate si oppose, poi di nuovo, a questo panteismo, e la filosofia romana dominante mise l'accento sulla sua affinità con Socrate. Anche la più antica filosof`ia~cristiana si sente unita con i sostenitori dell'idealismo della libertà e della personalità, tanto nell'opposizione al naturalismo quanto in quella contro il panteismo. Ed il medesimo atteggiamento sorge, poi, nella lotta della più antica filosofia cristiana contro l'idealismo oggettivo di Ibn Roschdm. Essa si manifesta, poi,

nell'epoca del rinascimento, nella lotta di Giordano Bruno contro ogni tipo di filosofia cristiana e di quest'ultima contro il nuovo panteismo di Bruno. E, a partire da questo periodo, essa prosegue nel conflitto tra Spinoza ed ogni dottrina della personalità o della libertà, tra Leibniz e parecchi difensori della dottrina della libertà, infine, poi, nella lotta tra Kant, Fichte, Jacobi, Fries ed Herbart da un lato, e Schelling, Hegel e Schleiermacher dall'altro. Tutte le grandi dispute filosofiche degli ultimi secoli ricevono il loro carattere appassionato dal congiungimento dei contrasti che scaturiscono da un problema con le differenti visioni del mondo. La disputa di Bayle contro Spinoza ha come sua radice il bisogno di libertà, in opposizione al determinismo. La disputa di Voltaire contro Leibniz è quella di un atteggiamento pratico della coscienza che prende le mosse dall'uomo e che quindi cerca, innanzi tutto, di garanti.re la libertà, contro la metafisica contemplativa fondata sull'intuizione dell'universo. Rousseau, poi, oppone, con immenso successo, una filosofia della personalità e della libertà alle diverse forme di naturalismo o di monismo. la discussione tra Jacobi e Schelling riguarda i problemi fondamentali che dividono 1'idealismo oggettivo e la filosofia della personalità, e nessuna disputa è stata mai condotta in modo più appassionato di questa. Così, anche la polemica di Herbart contro la filosofia monistica riceve la propria impetuosità dal presentimento che le grandi verità del sistema teistico sarebbero state messe in questione da questo monismo, mentre egli si innalzava certamente, nello stesso tempo, a sostenitore dell'intuizione del mondo cristiana che, nelle sue radici più profonde, è teistica. E l'amarezza con cui Fries e Ape1t15 'conducono la battaglia contro la 220

speculazione monistica è allo stesso modo condizionata dall'odio contro l'alterazione delle scienze della natura empiriche tramite Schelling ed Hegel e contro la dissoluzione del teismo cristiano sotto il velo di difesa del cristianesimo.

_2_ A questa coscienza di appartenenza reciproca e di contrasto che collega l'un l'altro i sostenitori dell'idealismo della libertà e li separa dall'idealismo oggettivo come dal naturalismo corrisponde Peffettiva affinità tra i diff`erenti sistemi di questo tipo. E certamente il legame che tiene insieme, in questi sistemi, visione del mondo, metodo e metafisica consiste nel fatto che il comportamento che si oppone con sovrano autoritarismo ad ogni datità contiene in sé l'indipendenza dell'elemento spirituale da tutte queste datità; lo spirito sa che la sua essenza è differente da ogni causalità fisica. Fichte ha visto, in una prospettiva etica profonda, la connessione tra il carattere personale di un gruppo di intellettuali e Pidealismo della libertà, in contrasto con ogni sistema naturale. Questa libera potenza dell'io si trova poi legata, nello stesso tempo, nell'ambito della

relazione con altre persone: non fisicamente, ma nell'obbligazione e nella norma etica; così sorge il concetto di un regno di persone in cui gli individui sono vincolati dalle norme e, tuttavia, sono interiormente liberi. Ora, con queste premesse è sempre collegata, in ogni tempo, la relazione degli individui lìberi, responsabili, legati interiormente dalla legge, e del regno delle persone con una causa originaria libera ed assolutamente personale. A partire dalla disposizione vitale, ciò è fondato sul fatto che la vitalità libera e spontanea si ritrova come forza che determina altre persone secondo la loro libertà, ma, nello stesso tempo, prova come in essa le altre persone siano diventate una forza dalla quale essa viene determinata in modo conispondente alla propria spontaneità. Così, questo intenzionale modo vitale di determinare ed essere determinato diviene lo schema della connessione del mondo in genere: esso viene, per così dire, proiettato nella connessione del mondo, viene ritrova221

to in ogni relazione, fino alla più comprensiva, in cui si trova il soggetto del pensiero sistematico. E così, ora, la divinità viene separata dalla connessione della causalità fisica e viene concepita come ciò che la domina - una proiezione della ragione che pone fini, che è dotata di potenza autonoma di fronte alle datità. Anassagora ed Aristotele hanno determinato filosoficamente ed espresso esattamente questo concetto di divinità tramite la relazione della divinità con la materia. Nel concetto

cristiano di creazione dal nulla, dal non-esistente, quest'idea personale di Dio riceve la sua più radicale formulazione metafisica; perché essa stessa esprime la trascendenza della divini-

tà nei confronti della legge causale che regna nel mondo naturale secondo la regola del ex nihilo nihil. E questa trascendenza di Dio per la conoscenza del mondo, che collega le sue verità secondo il principio di ragion sufficiente, viene poi giustificata criticamente in Kant: Dio esiste soltanto per la volontà, che lo richiede in virtù della sua libertà.

_3_ Così sorge la struttura che è comune, nell'ambito di questo tipo di visione del mondo, a tutti i sistemi. Dal punto di vista teoretico-conoscitivo questo tipo, non appena diviene cosciente, secondo il metodo filosofico, del suo presupposto, si fonda sui fatti della coscienza. Nella metafisica questa visione del mondo attraversa diverse forme. Essa appare, nella filosofia attica, innanzi tutto come concezione della ragione che forma, che organizza la materia nel mondo. La grande scoperta del pensiero concettuale indipendente dalla connessione naturale e della sua connessione con un ordinamento spirituale è, in Platone, il punto di partenza di questa concezione ed anche in Aristotele rimane il fondamento. Preparata dal concetto romano di volontà e dall'intuizione romana di un rapporto di governo di Dio nei confronti del mondo, si forma nel cristianesimo la seconda

concezione: la dottrina della creazione. Essa costruisce un mondo trascendente a partire dalle relazioni esperite nel com-

portamento intenzionale. I concetti di Dio propri della coscien222

za cristiana sono la relazione del padre con i suoi figli, la relazione con Dio, la provvidenza come simbolo dell'azione di governo sul mondo, giustizia, misericordials. Un lungo cammino è stato poi percorso, da lì, fino al massimo affinamento di questa coscienza di Dio nella filosofia trascendentale tedesca. In una fine ed eroica grandezza qui l'idealismo della libertà, come appare compiutamente in Schiller, costruisce il mondo soprasensibile, che esiste solamente per la volontà, perché esso vie-

ne posto a partire dal suo ideale di un'aspirazione infinita. _4_ Questa visione del mondo possiede, nei fatti della coscienza, un fondamento universalmente valido. Essa è, come la coscienza metafisica dell'uomo eroico, indistruttibile: in ogni grande natura che agisce essa si rinnova. Ma essa non è capace di fondare e di definire il suo principio irr modo scientifico ed universalmente valido. Così comincia anche qui, di nuovo, un'incessante dialettica che procede di possibilità in possibilità, ma che è, tuttavia, incapace di giungere ad una soluzione del suo problema. La volontà decisamente attiva nella famiglia, nel diritto e nello stato venne sviluppata in concetti vitali nel pensiero romano, e questi vennero, alla fine, ricondotti all'innata predisposizione per la condotta della vita. Così la sicurezza della condotta di vita riposava su un

elemento irraggiungibile ed indimostrabile. La regolarità dell'ordinamento vitale, come in un circolo, veniva fondata sui presupposti innatistici, i quali potevano, tuttavia, essere dimostrati soltanto a partire dagli ordinamenti della vita, dall'accordo dei popoli. Così la filosofia romana della vita fondava il suo idealismo della personalità. La coscienza cristiana determinò come principio di tale punto di vista la trascendenza dello spirito, la sua indipendenza da tutti gli ordinamenti naturali. Ma questa è, tuttavia, soltanto un'espressione simbolica per le esperienze della volontà nel sacrificio, nell'andare oltre il nesso naturale della motivazione per mezzo dell'abbandono della vita, per la forza di vivere per la realizzazione di un ordinamento 223

soprasensibile. L'ideale del sacro è prova di se stesso, ma nessuna formula rende possibile innalzarlo alla coscienza logica. Poi Kant e la filosofia trascendentale intrapresero a determinare ed a fondare in modo universalmente valido questa volontà ideale. Si era manifestato, di fronte al corso del mondo, un elemento incondizionato come massima norma e più alto valore. Il tentativo fallì. Ma esso si rinnovò nell'idealismo della persona francese, a partire da Maine de Biran fino a Bergson,

nella forma idealistica del pragmatismo come si presentò in James e negli intellettuali affini, e nella grande corrente della filosofia trascendentale in Germania. La sua potenza è indistruttibile, cambiano soltanto le sue forme e le sue dimostrazioni. Questa potenza si basa su una concezione della vita che procede dall'uomo che agisce e richiede una regola sicura per la posizione degli scopi. Schiller è il poeta di questo idealismo della libertà, così come Carlylem è il suo profeta ed il suo storico: Umiliato a servire un vile, Alcide viveva un tempo un'aspra dura vita in un eterna guerra: contro l'Idra ebbe a lottare ed abbattè il leone, per liberar gli amici si gettò

vivo dentro la barca del nocchiero dei morti. Ogni gravame, ogni tormento getta Pinganno della Dea implacata sulle docili spalle dell'odiato finché finisce il suo cammino finché, spogliato il suo terreno involucro, il Dio fiammante sciogliesi dall'uomo e beve le sottili aure dell'etere.

Lieto del nuovo, insolito aleggiare si leva in alto, e la visione cupa della vita terrena, cade e cadem.

224

__ V _ L'IDEALISMO OGGETTIVO19

In un'ambito di interconnessione si diffondono i sistemi che si differenziano dai due tipi descritti. Essi costituiscono la massa fondamentale propria di ogni metafisica, si estendono per

l'intera storia della filosofia, ed il loro stretto legame con gli importanti fenomeni affini della fede e del1'arte rimanda ad una visione del mondo che attraversa le religioni, la concezione

artistica ed il pensiero metafisico.

_1_ Determino l'ambito in cui questo tipo si presenta all'interno della metafisica. Proprio la massa centrale dei sistemi filosofici non può venire attribuita né al naturalismo né all'idealis1no della libertà. Senofane, Eraclito e Parrnenide e tutto ciò che li circonda, il sistema stoico, Giordano Bruno, Spinoza, Shafte-

sbury, Herder, Schelling, Hegel, Schopenhauer e Schleiermacher: tutti questi sistemi mostrano un tipo spiccatamente comune che diverge completamente dagli altri due che abbiamo rappresentato.

Essi sono reciprocamente legati da relazioni di dipendenza e da una più determinata coscienza di affinità. Lo stoicismo era cosciente della dipendenza da Eraclito; Giordano Bruno ha utilizzato, in un ampio ambito, i concetti stoici fondamentali;

Spinoza è condizionato dallo stoicismo e da quell'ambito filosofico di cui Giordano Bruno è il punto centrale. L'importante atteggiamento della coscienza proprio del rinascimento riceve in Leibniz, di fronte al rigido monismo di Spinoza, la sua più compiuta espressione. Dopo la dissoluzione delle forme sostanziali nel rinascimento, non c'è più nessuna realtà tra la

connessione divina e le singole cose; il mondo è Pesplicazione di Dio; egli si è dispiegato in esso in una sconfinata molteplicità, ogni singola cosa rispecchia, nel suo luogo, l'universo. Questo è 225

anche Patteggiamento di coscienza di Leibniz; se la sua dipendenza dalla situazione concettuale dell'epoca gli lascia comprendere la divinità come individuo, la sua dipendenza dalla cultura teologica di tale epoca lo ha spinto a porre in evidenza le relazioni con la teologia: il panenteismo rimane la sua visione fondamentale, e la concezione dell'universo come una totalità singolare in cui ogni parte è determinata attraverso l'ideale connessione di significato della totalità - questa è la nuova, im-

portante idea del suo sistema. Tale sistema è interamente determinato dalla questione del senso, del significato del mondo. Shaftesbury è colui che gli è spiritualmente più affine; egli è

influenzato tanto dallo stoicismo quanto da Giordano Bruno. Ma i grandi idealisti oggettivi della Germania vivono nella sfera d'influenza di Leibniz, condizionati da Shaftesbury per mezzo del movimento poetico tedesco, specialmente tramite Goethe ed Herder, e la loro dipendenza da Spinoza, in parte diretta, in parte mediata dal precedente movimento letterario, è dimostrata e può essere evidenziata in un ambito ancora più ampio. Così questi sistemi formano una connessione storica allo stesso modo saldamente conclusa in sé come quelle del naturalismo e dell'idealismo della libertà. Essi hanno espresso in modo assolutamente deciso, in ogni epoca, il loro contrasto con entrambi gli altri due tipi di visione del mondo. Quanto duramente Eraclito giudica il materialismo della moltitudine! In quale deciso contrasto con il sensismo epicureo stanno gli stoici! Ma essi, nello stesso tempo, sono

consapevoli, nel rinnovamento dell'ilozoismo, della loro separazione da Platone ed Aristotele. Giordano Bruno ha poi condotto, con una abnegazione senza pari, la lotta contro ogni forma di intuizione del mondo cristiana e contro ogni ideale di vita cristiano. Questa stessa abnegazione emerge, tra le catene delle dimostrazioni di Spinoza, in quelle aggiunte in stile libero, che probabilmente erano state composte, in origine, in modo indipendente, come sfogo della sua disposizione vitale. Schelling ed Hegel indirizzano manifesti e pamphlets contro l'idealismo della libertà, specialmente contro Kant, Fichte e Jacobi come filosofi della riflessione. E, non considerando l'invettiva di Schopenhauer, la critica di Schleiermacher alla dot226

trina etica costituisce un unico importante scritto polemico contro l'etica sensistica e contro la limitante etica dualistica di Kant e Fichte, in favore dell'idealismo oggettivo. Se il metodo comparativo segue questi indizi, allora esso riconosce l'affinità dei membri, così legati reciprocamente, di questo gruppo e una struttura ad essi comune, tramite la quale sono riuniti in un tipo di visione del mondo. La connessione dei principi che costituiscono la struttura di questo tipo comprende

un atteggiamento teoretico-conoscitivo e metodologico della coscienza, una formula metafisica che contiene diverse possibilità di formazione sistematica metafisica, ed un principio di formazione della vita.

_2_ L'atteggiamento teoretico-conoscitivo e metodologico della coscienza di fronte all'eriigma del mondo era, nella prima delle tre visioni del mondo, il passaggio dalla conoscenza delle uniformità nel mondo fisico alle generalizzazioni che rendevano possibile subordinare anche i fatti spirituali a questa legalità meccanica esterna. Al contrario, l'idealismo della libertà trovava nei fatti della coscienza il punto sicuro per una soluzione universalmente valida dell'enigma del mondo; esso esigeva la stabilità e l'accertabilità delle non ulteriormente risolvibili determinazioni universali della coscienza che producono, con forza spontanea, la formazione della vita e della visione del mondo nella materia della realtà esterna. Il terzo tipo di atteggiamento teoretico-conoscitivo e metodologico è assolutamente diverso da entrambi gli altri. Esso può essere consatatato allo stesso modo in Eraclito come negli stoici, in Giordano Bruno come in Spinoza ed in Shaftesbury, in Schelling, Hegel, Schopenhauer e Schleiermacher. Perché esso si fonda sulla disposizione vitale di questi intellettuali. Chiamiamo un atteggiamento contemplativo, estetico o artistico quando il soggetto in esso, per così dire, si riposa dal lavoro della conoscenza scientifico-naturale e dell'agire che sta in connessione con i nostri bisogni, con gli scopi che così sorgono e con la loro realizzazio227

ne esterna. In questo atteggiamento contemplativo la nostra vita di sentimento, nella quale ricchezza della vita, valore e felicità de]l'esistenza vengono, innanzi tutto, personalmente esperiti, si amplia in un tipo di simpatia universale. In virtù di tale ampliamento del nostro io nella simpatia universale noi riempiamo ed animiamo l'intera realtà tramite i valori che

sentiamo, tramite l'agire in cui ci realizziamo, tramite le massime idee del bello, del bene e del vero. Le disposizioni che la

realtà provoca in noi le ritroviamo, di nuovo, in essa. E nella misura in cui ampliamo il nostro particolare sentimento della vita nella partecipazione alla totalità del mondo ed esperiamo

la nostra affinità con tutti i fenomeni del reale, la gioia per la vita aumenta e la coscienza della propria forza cresce. Questa è la disposizione d'animo nella quale l'individuo si sente tutt'uno con la connessione divina delle cose e, così, imparentato con ogni altra parte di questa connessione. Nessuno ha espresso questa disposizione d'animo in modo più bello di Goethe. Egli esalta la fortuna “di sentire, di godere” la natura. “Né tu m'accordi appena il freddo stupore d'un ospite / ma, come nel cuore a un amico, mi dai / di fissare nel fondo del suo essere”. “Guidi davanti a me la schiera dei viventi/ e a riconoscere m'insegni i miei fratelli/ fra piante mute, in aria e in acque”2°. Questa disposizione d'animo trova la soluzione di tutte le dissonanze della vita in un'universale armonia delle cose. Il sentimento tragico delle contraddizioni dell'essere, la disposizione pessimistica, l'umorismo che comprende realisticamente

la limitatezza e Popprimente angustia dei fenomeni, ma che trova nella loro profondità la vittoriosa idealità del reale, sono soltanto gradi che spingono alla percezione di un'universale connessione dell'esistenza e del valore. La forma del comprendere è, in questo idealismo oggettivo, dappertutto la medesima. Non l'ordinare insieme i casi in somiglianze o uniformità, ma l'intuizione unitaria delle parti in una totalità, l'elevazione della connessione vitale a connessione del mondo. Il primo degli intellettuali di questo tipo che rifletté sul proprio metodo filosofico fu, secondo le nostra conoscenza,

Eraclito. Egli ha innalzato, in modo assai profondo, il metodo 228

contemplativo alla coscienza ed ha espresso il contrasto di questo con il pensiero personificante della fede, con la percezione sensibile che egli, presa isolatamente, tiene in scarsa considerazione, e con la cosmologia scientifica. Il filosofo rende oggetto della sua riflessione ciò che lo circonda da vicino costantemente, quotidianamente, dove egli rinviene, dunque, sempre le stesse cose. Essere in ciò che ci accade: attraverso ciò viene genialmente descritta la profonda avvedutezza nella quale i

fenomeni del corso del mondo, evidenti per la massa, diventano per il vero filosofo oggetto di stupore e di riflessione. In virtù di questo atteggiamento contemplativo, Eraclito concepiva il cor-

so del mondo dappertutto come il medesimo - il costante fluire e la corruttibilità di tutte le cose e, in esso, un ordine in un certo senso razionale presente in ogni punto. Così il sentimento

tragico del trascorrere continuo del tempo, in cui il presente è sempre e non è più, si risolve per lui nella coscienza della regolarità permanente dell'unìverso in tale succedersi. Nello stoicismo domina la stessa intuizione dell'universo come una totalità, rispetto alla quale le singole cose si comportano come parti, e nella quale esse sono tenute insieme da una forza unitaria. Esso ha eliminato la relazione di subordinazione delle cose sotto unità concettuali astratte che dominava in Platone ed Aristotele, ed al posto della relazione logica del

particolare con l'universale subentra, nel suo sistema, la relazione organica di una totalità con le sue parti: quindi quella

forma di comprensione che Kant, in modo profondo, ha posto in strettissima relazione, come intuizione della teleologia immanente dell'elemento organico, con la forma dell'intuizione estetica. E dopo che erano scomparse la sillogistica scolastica e la sistematica del mondo, che aveva utilizzato le forme sostanziali al servizio della teologia cristiana, per la fondazione di un mondo trascendente, le stesse categorie di visione del mondo, nell'epoca di transizione del medioevo, si elevano nell'epoca più moderna: la totalità e le sue parti, Pindividualità di queste parti fino alle più piccole. Già in Nicolò Cusano compare quella finissima concezione estetica dell'universo secondo la quale la cosa singola, come una contrazione della totalità, rispecchia, 229

nel suo punto, l'universo. Spinoza è il rappresentante di questa dottrina dell'Universo-Uno, ed anche la visione del mondo di Leibniz, nonostante il suo concetto di Dio fondato nella sua monadologia e connesso con la sua tendenza teologica, è scaturita da questa disposizione d'animo. La piena coscienza teoretico-conoscitiva di quest'atteggiamento contemplativo si eleva in Schelling, Schopenhauer e Schleiermacher. L'intuizione intellettuale di Schelling, Yatteggiamento estetico contemplati-

vo, libero dalla volontà, di Schopenhauer, in cui il soggetto non segue più le relazioni reciproche delle cose sulla base del principio di ragion sufficiente, ma coglie nei fenomeni l'elemento

essenziale, infine la religione delle Reden di Schleiermacher, come intuizione e sentimento dell'universo: in queste differenti forme si esprimono i diversi aspetti del medesimo atteggiamento, come è proprio di questo tipo divisione del mondo.

_3_ Da questo atteggiamento risulta la comune formula metafisica di quest'intera classe di sistemi. 'I`utti i fenomeni dell'universo sono duplici; visti da un lato, nella percezione esterna, essi sono dati come oggetti sensibili e stanno, come tali, in una connessione fisica; al contrario, considerati per così dire dall'interno, essi portano in sé una connessione vitale che viene vissuta nella nostra particolare interiorità. Così questo princi-

pio può essere espresso anche come affinità di tutte le parti delluniverso con il fondamento divino e reciprocamente. Esso corrisponde alla disposizione d'animo di una simpatia universale che nel reale, in ciò che si manifesta spazialmente, esperisce dappertutto la presenza della divinità. Questa coscienza di affinità è la caratteristica metafisica comune nella religiosità degli indiani, dei greci e dei germani, e da essa scaturisce, nella metafisica, Yimmanenza di tutte le cose, come delle parti

di una totalità, in un fondamento unitario del mondo e di tutti i valori in una connessione di significato che costituisce il senso del mondo. La contemplazione, Yintuizione, che rivive nella propria vita quella della totalità, come che questa possa inter230

pretare anche la sua vita, esperiscono nei fenomeni esteriormente dati una connessione divina interna, vitale. Infine, dal medesimo atteggiamento scaturisce come regola la concezione deterministica; perché il singolo si trova qui determinato dalla totalità, e la connessione dei fenomeni viene concepita come determinazione interna, quali che siano le determinazioni ad essa attribuite.

_4_ Ciò che sarebbe contenuto in questa formula dell'idealismo oggettivo, come costituzione della connessione del mondo, la religione, la poesia e la metafisica lo esprimono in modo alla stessa maniera soltanto simbolicom. Esso è assolutamente inconoscibile. La metafisica separa soltanto le singole parti dalla vitalità del soggetto, dalla connessione vitale della persona e le proietta, come connessione del mondo, nell'immensità. Qui scaturisce una nuova, incessante dialettica che spinge avanti da sistema a sistema fino a quando, dopo Yesaurimento di tutte le possibilità, viene riconosciuta l'irrisolvibilità del problema.

Questo fondamento del mondo è ragione o volontà? Se lo determiniamo come pensiero, allora c'è bisogno di una volontà con la quale possa sorgere qualcosa. Se lo si comprende come volontà, allora esso presuppone un pensiero che determina in senso fmalistico. Ma volontà e pensiero non si lasciano ridurre l'uno a]l'altro. Qui termina il pensiero logico del fondamento del mondo, e rimane soltanto il rispecchiarsi della vitalità in esso tramite la mistica. Se si concepisce in modo personale il fondamento del mondo, allora questo esige di essere delimitato da determinazioni concrete. Se, invece, si applica l'idea di infinità, allora scompaiono, di nuovo, tutte le sue determinazioni e qui rimane anche soltanto Yimpenetrabile, Yinconcepibile, l'oscurità della mistica. Se esso è cosciente, allora ricade nell'ambito del contrasto di soggetto ed oggetto, ma noi non possiamo renderci comprensibile come sia possibile produrre dall'inconscio la coscienza come un qualcosa di superiore; siamo di nuovo al cospetto di un elemento inafferrabile. Non possiamo 231

pensare come da_ll'unità del mondo possa divenire una molteplicità, dall'eterno qualcosa di mutevole: questo è logicamente inconcepibile. La relazione di essere e pensiero, estensione e pensiero non viene resa comprensibile attraverso la parola magica dell'identità. Così anche di questi sistemi metafisici rimane soltanto una disposizione d'animo ed una visione del mondo. Goethe ha dato la massima espressione a questa visione del mondo: Cosa sarebbe un Dio che solo dalfesterno urgesse, l”Universo facendo ruotare attorno a un dito! A lui s'addice muovere il mondo dall'interno, Natura in Sé e Sé nella Natura custodire,

così che a tutto ciò che in Lui vive e fi°eme ed è mai venga meno la Sua forza ed il Suo spirito”.

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NOTE 1 Il trattato è apparso per la pri.ma volta nel 1911, nella raccolta Weltanschauung, Philosophie und Religion (Verlag Reichl) [a cura di M.FrisclieisenKöhler, Berlin, 1911, pp.1-51. (M)]. Si tratta della rielaborazione di un trattato precedente, qui indicato come Progetto B, che si trova in 5 e 53. Per i tipi di visione del mondo è stato utilizzato l'abbozzo di un altro trattato (qui indicato come Progetto A). Questo abbozzo si trova, parimenti, in 53 e 5 (per maggiori particolari su entrambi i Progetti si v. più sotto). [Di tale scritte è stata edita, in passato, una traduzione italiana (senza le note di B.Groethuysen che concludono l'edizi0ne tedesca), di S.Barbera e P.Rossi, I tipi di intuizione del mondo e la loro elaborazione nei sistemi metafisici, eont. in P.Rossi, Lo Storicismo tedesco, Torino, Utet, 1977, pp.213-263 (M)]. L'introduzione dei tipi di visione del mondo: “La disputa tra i sistemi” è ripresa dal Progetto A, che, dal canto suo, ritorna di nuovo al trattato: Das geschichtliche Bewußtsein und die Weltanschauungen. Il Progetto B è parzialmente ripreso da: La parte: “Vita e visione del mondo”. Il sottocapitolo: “La vita” è nuovamente aggiunto. Viene aggiunto: “lI. I tipi di visione del mondo nella religione, nella poesia e nella metafisica”. Tuttavia, si deve raffrontare: Das gesehichtliclze Bewußtsein und die Weltanschauungen: III. parte. Le parti III, IV, V (“Il naturalismo", “L'idealis1no della libertà", “L'idealis1no

oggettivo") - eccetto alcune importanti omissioni - concordano per lo più letteralmente con il Progetto B. Riportiamo qui, innanzi tutto, il testo del trattato Die Typen der Weltanschauung come Dilthey l'aveva pubblicato nel 1911, e diamo, poi, quelle parti di entrambi iProgetti (A e B) che non concordano, dal punto di vista del contenuto, con il predetto trattato. Alcune importanti divergenze di minore entità sono qui elencate, in appendice, nelle annotazioni ai relativi punti del trattato. 2 Altra prosecuzione, nel Progetto A (53:22, 23, 24. 52389): “Queste opinioni si manifestano, innanzi tutto, nell'universal.ismo religioso degli spiritualisti dell'epoca della Riforma e, fondamentalmente, nel dialogo di Jean Bodin [Qui Dilthey sembra riferirsi al dialogo Heptaplomeres, che verte su argomentazioni religiose, scritto da Bodin intorno al 1593 ma rimasto inedito fino al 1841. (M)]. Nell'ambito della politica, Pimportante principio di Aristotele e della sua scuola era stato rielaborato da Montesquieu. Allora esso era stato ancora collegato con il concetto di una religione ideale e di uno stato ideale, così questa relatività di ogni forma di vita storica era stata coerentemente approfondita nelle scuole positivistiche e nella sinistra della scuola hegeliana. Nella dottrina dello sviluppo sorse, poi, la possibilità di collegare con un ideale culturale il franco riconoscimento del principio della relatività dei fenomeni storici. La volontà di innalzare ad un grado superiore l'uomo e la società si trova come espressione del principio mondano di sviluppo. Da qui deriva l'impetuoso soffio che ci sospinge in avanti, a partire dalla rivoluzione francese. Perciò, in Turgot [Anne-Robert-Jacques 'lhrgot (1727-1781), economista e uomo politico francese, animato da interessi storico-filosofici, collaborò all'E1wy-

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clopédie curandone diverse voci, oltre a scrivere parecchi saggi di natura economica. (M)], Condorcet [Marie¬lea.n-Antoine-Nicolas Caritat marchese di Condorcet (1743-1794), filosofo, matematico e uomo politico francese, fu in contatto con i maggiori esponenti dell'illuminiamo francese ed elaborò una propria concezione filosofica della storia che lo rese celebre; scrisse le Lettres d'un théologian, 1772. (M)] e negli ideologi, la filosofia della storia è collegata con una pedagogia sociale e politica, e questo collegamento passa a Comte. Ora, il compimento, il paradigma universalmente valido non è più trovato in nessuna forma di vita; ma nell'attività stessa, nella dedizione al principio del progresso, alla legge che agisce nella storia, diviene ora comprensibile qualcosa che produce i singoli fenomeni finiti, lj riproduce in sé ed è più di tutti loro. Nella realizzazione di quest'idea consiste la grandezza di Hegel, che ha innalzato il suo sistema ad una potenza vitale”.

Qui segue immediatamente: Progetto A (II. parte): “I fondamenti dello sviluppo della flosofia” Cfr. in questo volume: Handschriflliche Zusätze und Ergänzungen der Abhandlung über die Typen der Weltanschauung e l'annotazione in_proposito.

` Pierre Corneille (1606-1684), drammaturgo francese, autore versatile, spaziò tra i diversi generi di rappresentazione, riscuotendo un notevole successo. (M) 4' La proposizione ha, nel Progetto B, la seguente prosecuzione: “... ed egli cerca nello stesso tempo, automaticamente, di liberarsi dal suo dominio e di inlluenzarla in modo corrispondente ai suoi scopi”.

ffsi fifmi-,ce ai sistem de la mare di D'H