Fondamenti del Metodo degli Elementi Finiti  
 88-7005-382-2 [PDF]

  • 0 0 0
  • Gefällt Ihnen dieses papier und der download? Sie können Ihre eigene PDF-Datei in wenigen Minuten kostenlos online veröffentlichen! Anmelden
Datei wird geladen, bitte warten...
Zitiervorschau

C. A. Brebbia J. J. Connor

FONDAMENTI DEL METODO DEGLI ELEMENTI FINITI

clup - milano

S01'tIM.ARlO

PRE~fESSA

Capitolo 1 NOZIONI PRELL'lfINARl

titolo originale: Fundamentals of finite element techniques traduzione di: Giulio Maier, Roberto Contro, Leone Corradi Dell' Acqua, Alberto Franchi, Lorenzo Jurina, Roberto Nova, Alberto Peano

1.1 1.2 1.3 1.4 1.5 1.6 1.7

Introduzione . . . . . . . . . . . . . Teoria lineare dell'elasticità Principio degli spostamenti virtuali Principio della minima energia potenziale Principio delle forze virtuali . . . . . . . . Principio della minima energia complementan Il metodo di Ritz-l{ayleigh Esercizi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

. . . . . . .......

Il Il

pago pago pago pago pago pago pago pago

20 23 24 27 37

pago pago pago pago pago pago pago

47 47 53 55 57 64 68

pago pago pago pago pago pago pago

73 73

16

Capitolo(1') IL .',fETODO DEGLI SPOSTA.\>IENTI ED IL ~fETODO DELLE FORZE NELL'ANALISI DEI SISTE~n DI TRA VI 2.1 2.2 2.3 2.4 2.5 2.6

copyright © 1973 Butterworths, London copyright © 1978 c1up cooperativa libraria universitaria del politecnico mllano . ISBN 88 - 7005 - 382 - 2 ' prima edizione: ottobre 1978 ristampa V

IV

1987

1988

stampato presso il cen~ro stampa rozzano, via mllano 99, rozzano (mi) per conto della clup, pIazza leonardo da vinci 32, 20133 milano

Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Il metodo degli spostamenti. Le strutture reticolari il metodo delle forze. Le strutture reticolari . . . . Le equazioni che governano l'analisi delle strutture reticolari Il metodo delle forze. Le travi . . . . Il metodo degli spostamenti. Le travi Esercizi . . . . . . . . . . . . . . . . . .

hj

CapitolQ

\

.

IL ~IETODO DEGLI SPOSTAMENTI. PROCEDafENTO GENERALE 3.1 3.2 3.3 3.4 3.5 3.6

Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Discretizzazione in elementi finiti e matrici degli eleIl'ilti Equazioni del sistema . . . . . Soluzione. Caso statico . . . . . . . . Soluzione. Caso dinamico . . . . . . Sommario Esercizi ..

"'

..............

.I

.....

.

82 86

87 90 90

i'

Capitol~ 4

STATI PlANI DI SFORZO E DI DEFORMAZIONE 4.1

Defmizioru

.•....................

4.1 Legami sfC'T"Zo-deformazione in stati piani . . . : : : : : : : : : : : : : : : : ' 4.3 Leggi di trasformazione . . . . . . . . . . . . . . . • . . . . . . . . . . . . . 4.4 Energia specifica di deformazione. Matrice di rigidezza estensionale . . . . . 4.5 Matrici caratteristiche dell'elemento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.6 Elementi triangolari . . . . . . . . . . . . . . . . • . . . . . . . . . . . . . . . . 4.7 Elementi rettangolari . . . . . . . . . . . . • . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.8· Elementi isop.:uametrici • . . . . . ..... Esercizi

........................................

pago pago pago pago pago pago pago p"g. pago

93 95 98

99 103 106 121 128 133

7,-1. Elem'::1ci per gusci cilindiici sottili . 1.5 Gusci di Rivoluzione . . . . . . . . .

pago 210 pago 218 pJg. 2'2-+

7.6 Elementi pçr gusci sottili rio:lSSati .. 7.7 Gusci non ribassJ.ti . . . . . . . . . . . . .

pago

Riferimenti bibliogr:ùìci

pago 235

no

Appendice 1 CapitlJlo(ì5 ì

GLOSSARlO PARZL.\LE DEI SL\IBOLI

pago

239

P.NALISI TRIDIMENSIONALE DELLO STATO DI SFORZO S. J 5.2 5.3 :;,4

Introduzione . . • . • . . . • • . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . • . . . . . . Relazioru triàirnension:l1i. Coordinate cartesiane . . . . . . . . . . . • . . • . . Elementi tetraedrici Elementi esaedrici ., . • • . . . . . . • . . . . . . . . . . . . . . . . • . . . . • . 5.5 Elementi péntaedrici . . . . . . . . . • . . . . . . • . . . . . . . . . • . . . . . . 5.6 Analisi dei solidi di rivoluzione . • • . . • . . . . . Esercizi • . • • • . . . . • • • • • . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . o

.....................

.............

.

pago pago pago pago pago pago pago

137 137 141 146 15 l 156 162

pago pago

165 165

pago pago pago pago pago

168

Capitolo 6 PL~STRE

6.1 6.2 6.3

6.4

6.5 6.6

TINlFLESSE

Introduzione . . . • . • . • • . . . . . . . . . . . . . • . . . • . • . . . . . . . . Relazioru governanti il comportamento lineare di piastre inflesse Relazioru per l'e1f!mento. Deformazioru taglianti trasversali trascurabili • . • • . . . . • . . . . . • • . . • Elementi rettangolari • . . • • • . • . • • . • • • • . • . . . • • . • . . . . . . • . Elementi triarlgolari • • • • . • • • . . • . . . . . • • • . . . . . . . . . . . . . . . Elementi con deformazioru taglianti trasversali . . . . . . • . • . • . • • • . Esercizi • • • • . . • . • • • • • . • • . . • . • • . . • • • . . • • • • . • . . • . • .

171 178 186 192

Capitolo 7

ANALISI DEI GUSCI 7.1

Introduzione ' . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ..•...•...•.•....••.•..•• 7.3 Teoria lineare dei gusci in coordinate curvilinee ortogonali . . . . . . . . • .

7.2 Idealizzazione con elementi piatti

pago 195 pago 195 pago 200

Appendice 2 FOR.\lULE Dr rNTEGR..\.ZlONE NtnfERICA

pago 243

PREMESSA

Dopo essere stato oggetto di una vasta attività di ricerca, particolannente intensa nella seconda metà degli anni '60, il metodo degli elementi fmiti si è diffuso nella ingegneria pratica con singolare rapidità e successo. Mentre gli interessi di ricerca si andavano spostando sulle basi matematiche e sui raffmamenti computazionali, specialmente per analisi non lineari, il metodo e le relative tecniche di calcolo hanno trovato crescente spazio sia negli studi universitari di ingegneria sia nell"'istruzione pennanente" per l'aggiornamento degli ingegneri; nello stesso tempo hanno dato luogo ad una anlpia letteratura di tipo sistematico e trattatistico soprattutto di lingua inglese. Tra i numerosi libri oggi disponibili, alcuni dei quali da vari punti di vista eccellenti, questo di Brebbia e Connor si segnala per una scelta di finalità decisamente didattiche ed applicative e per un buon compromesso tra concisione e chiarezza, tra brevità ed ampiezza di contenuti. Inoltre, in base ad una esperienza di vari anni nel presentare ad allievi ingegneri civili di indirizzo strutturistico alcune nozioni sul metodo degli elementi finiti, mi pare che fra le trattazioni straniere quella qui tradotta più facilmente si annonizzi ed integri nel contesto dell'attuale nostro curriculum di studi in ingegneria. La limitazione all'analisi strutturale lineare con l'approccio negli spostamenti non è probabilmente da considerarsi troppo restrittiva, in vista del carattere introduttivo del testo e del fatto che questo ambito rappresenta il nucleo intorno al quale si è storicamente sviluppata l'onnai ampia tematica degli elementi fmiti e dal quale ancor oggi ogni trattazione pratica non può prescindere, anche se intesa ad abbracciare campi meno tradizionali e consolidati. Pertanto appare ragionevole ritenere che il libro possa riuscire utile pure ad allievi ingegneri e ad ingegneri con interessi culturali e profe~sionali non limitati al settore strutturistico o anche ad esso estranei. Ambedue gli Autori hanno dato significativi contributi di ricerca nel campo degli elementi finiti e soprattutto hanno maturato una solida esperienza di insegnamento in scuole, come il Massachusetts Institute of Tecbnology e l'Università di Southampton, dove a questo campo ed al più generale campo della meccanica computazionale viene da tempo riservato considerevole spazio didattico. Agosto 1978

Giulio Maier

Il

1. NOZIONI PRELIMINARI

1.1 Introduzione I metodi degli elementi fIniti sono tecniche atte ad approssimare le equazioni differenziali che governano un sistema continuo con un sistema di equazioni algebriche I ~I in un numero fInito di incognite. Ladiffusione di questi metodi è soprattutto dovuta alla facilità con cui essi possono essere tradotti in programmi di calcolo. Inizialmente tali tecniche furono sviluppate per problemi strutturali, ma in seguito sono state estese ed applicate a numerosi problemi di campo. Nel presente testo la trattazione è limitata alle applicazioni in meccanica dei solidi. " Una ~~~r~Jizzazione delcontinuo è il primo passo. Si tratta anzitutto di suddividere iI dominio in sottodomini, detti elementi finiti, e di scegliere dei punti, chiamati t nodi sul confine tra elementi contigui o nell'interno degli elementi. ,Misure di spo~ ~tamentLodi sforzi nei nodi sono poi assunte come varIabili incognite; m un punto generico di un elemento sono espresse in termini di variabili nodali mediante funzioni d'interpolazione, Infme le equazioni algebriche risolventi sono generate mediante (5) l'impiego di un principio variazionale. La fIg. 1.1 presenta alcuni tipici elementi fmiti per vari tipi di problemi. Elementi quadrllateri e triangolari sono usati per lo studio di lastre (in regime membranale) e di piastre (inflesse). Le volte sono discretizzate in elementi piani o in elementi curvi. Gli elementi curvi suno piu adatti, ma richiedono una generazione piu onerosa, in tennini di tempo, delle relative matrici. Solidi di rotazione vengono discretizzati con elementi ad anello (toroidali). La discretizzazione di corpi tridimensionali può essere effettuata con elementi tetraedrici o esaedrici aventi facce piane o curve. Poiché i me!oqi peL~lementif"miti sL fondano su certi principi variazionali, comince· 7t p

per qualsiasi flu =1= O .

In base alla (1.29) si ottiene una delimitazione per U c

(uc )

,..; appross.

l.S)Principio delle forze virtuali

uc

(1.33)

Questo risultato indica che un campo di spostamenti congruenti approssimati corrisponde ad una struttura che è non meno rigida della effettiva e che pertanto fornisce confini inferiori per lo spostamento.

Esempio 2 Si consideri una molla lineare di rigidezza k, soggetta !Id un carico P (fig. 1.6). I vari tennini di energia sono

In quanto segue considereremo solo sistemi 'geometricamente lineari' nel senso precisato al paragrafo 1.2. fi si propone di stabilire un principio variazionale che equivalga ~le condizioni di congruenza. Si può interpretare tale risultato come il duale del principio degli spostamenti virtu'ali che abbiamo visto essere equivalente alle equazioni di equilibrio. Anzitutto moltiplichiamo ciascuna relazione deformazioni-spostamenti per una "I, .\ 'tensione virtuale' corrispondente ed integriamo:

III [(e" - al/jax) Lla.à (ey - avja;) Llay + ...

({) = tku 2 Q=-Fu

I

Volume

+(Yxv-au/av-av/ax) Llixv+ ... ] dxdydz == O

Poi integriamo per parti i termini che contengono derivate degli spostamenti ed imponiamo che le tensioni soddisfino le equazioni di equilibrio in sede indefinita (1.3) e sul contorno (1.4). Un campo di sforzi che rispetti l'equilibrio si dirà 'staticamente ammissibile'. La precedente. diviene

JII (e.,:LlC1 + €yLlC1y+ ... +r.,y"Llix.v+ ... ) dxdydz x

= #s (u ilp., + v Llpy+ W Llpz) dS fIg. 1.6 Molla con carico

L'equazione di equilibrio si ricava imponendo la stazionarieta di

1T p

per arbitrari u

(1.34)

Questo risultato esprime il principio delle forze virtuali. Esso è valido per qualsiasi comportamento di materiale, ma a condizione che ci sia linearita in senso geometri- } co-cinemltico. Si noti che € e U sono deformazioni e spostamenti effettivi, mentre il sistema di quantita virtuali (Lla, Llp) deve essere staticamente ammissibile ma del resto può essere arbitrario.

r

24

25

1.6 Principio della minima energia complementare

JJJlie T Lla e dx d)' dz

li 2 n e = li 2 ({)e =

Senza perdita di generalita il campo tensionale può essere espresso come a = ap+a e

(1.35)

dove a p (campo tensionale 'primario') soddisfa le equazioni di equilibrio e le condizioni statiche al contorno su Sa e ae (telmine 'correttivo') rappresenta un sistema di sforzi autoequilibrato, staticamente ammissibile con Pc = Osu Sa. Vogliamo giungere ad un principio variazionale per Ge . Assumendo !::.oe come sforzi virtuali ed osservando che !::.p == Osu Sa, la (1.34) si può scrivere ( 1.36) Per interpretare (1.36) come condizione di stazionarieta di un funzionale di dobbiamo defmire una funzione Ve(a) tale che

0e

alla seguente formulazione alternativa delle relazioni costitutive: Ex

YXy

= avc!'òox = aVe/orx)'

Ey

ì'zx

= aVe/aa)'

= aVe/orzx

Ez

Y)'z

= oVe/'èa =

z

aVc!'òryz

(1.38)

= Ca = Ve = !faTCa (v+veì== aTe ({)e =

f I f Ve d(volume)

a = {al> 02 ... è1n} P = BP P = {Pl>

(1.40) (1.41 )

Operando su

01f e

si ottiene

JJJ BTCB dx d)' dz

d =

JJs. RTU ciS

per qualsiasi !::.oe

(1.43)

(1.47)

Abbiamo dimostrato che 1fe è stazionaria rispetto alle tensioni correttIve 0e' Per cogliere il significato meccanico di a1T c /ap useremo la (1.34). Assumendo un sistema virtuale definito da ai, !::.Pi , l'irltegrale di superficie su Sa si riduce a!::.Pi ui dove Uj è lo spostamento nella direzione di Pi ; quindi si può scrivere: Pj = (

rff ? :;/ dx dy dz- fLiF :;; ciS) AP

la quale fornisce:

la condizione di stazionarieta risulta

ed appare identica alla (1.36). Dunque le tensioni effettive (quelle per le quali sono soddisfatti sia equilibrio che congruenza) corrispondono ad un valore stazionario di 1fe'

F =

(1.39)

Uj L;

linc = O

(1.46)

= RP

ne = ipTFP - PTd

(1.42) 0e,

pz -. -pn} p

dove ai, ~. defmiscono la soluzione relativa al valore unitario di Pi , da interpretare come sirlgola forza agente su Sa. Si noti che ai contiene sia la distribuzione particolare (op) che correttiva (oe)' Mediante la (1.46) ed ipotizzando comportamento elastico lirleare, l'energia complementare totale assume la forma

e si definisca il funzionale dell'energia complementare totale come

Esprimendo 1fe come funzionale di

p.45 )

Tale risultato sarà ora utilizzato per stabilire un limite superiore al valore di certi spostamenti. Si consideri una struttura soggetta ad un irlsieme discreto di forze P I , P 2 , ... ,Pn . Poniamo P ={pd ed esprimiamo sforzi e reazioni nella forma

Inoltre, per defmizione (cfr. fig. 1.5) Si ponga

r

ne appross. ~ ne esa tt o

Per materiali elastici lineari

e

e

Pc .ché Cf è defmita positiva per materiali stabili, il punto di stazionarieta é un minimo relativo. Quirldi l'energia complementare totale per un campo di tensioni approssimato o~a) è maggiore o eguale al valore vero.

(1.37)

Ve si chiama densita di energia complementare. La defmizione precedente conduce

(1.44)

JJJLla[C t,a dx d)' dz

=

Uj

=

a

j

(1.48)

"

apjne

Generalizzando il risultato, osserviamo che U

= {Ul, U2

•.• Un}

= FP-d

(J .49)

dove F è la matrice di cedevolezza (o flessibilita) della struttura e d rappresenta il contributo dei cedimenti vincolari. Quando TI =Ol'energia 1T e si riduce a (1.50)

27

26 Lo spostamento nella direzione di P è determinato da Se F è determinata' in base ad una soluzione staticamente anunissibile approssimata, 1T è maggiore o eguale al valore esatto e, pertanto, gli spostanlenti ufa) approssic

= onc/oP = (LIAE)(P-X)

L'ultima eguaglianza discende dall'espressione generale

mati rappresentano delimitazioni superiori

ula) ;;.: Uiesatto i

li

=

1,2 ... n

(1.51)

Avevamo in precedenza dimostrato che l'approccio negli spostamenti fornisce una delimitazione inferiore per gli spostamenti. Applicando ambedue gli approcéi allo stesso problema si possono delimitare bilateralmente spostamenti della soluzione esatta.

LI

= onc/oP = onc/oP+(onc/oX) (dX/dP)

tenendo presente che il sistema effettivo di forze soddisfa la

ònc/òX = O 1.7 Il metodo di Ritz-Rayleigh Si consideri il problema di determinare la funzione incognita y(x) che corrisponde ad un valore stazionario del funzionale

Esempio 3 Si consideri la semplice struttura reticolare simmetrica di fig. 1.7. L'azione assiale nelle due aste è data da

f~ I(y, oy/ox) dx (1.52)

y(O) = y(L) = O

p F=V2 2

Nel metodo di Rayleigh·Ritz y viene approssimata con uno sviluppo in un numero '''"JJ.nito di termini

///

/

I =

n

~~

Y "'"

L ~045.:4,E

A,E

~p,u fig. 1.7 Struttura reticolare; A area: E modulo elastico

Calcolando 1Te , nell'ipotesi che non ci siano cedimenti vincolari

ne = me

= 2(tF2L/AE) = P2L/2AE

u = dne/dP = PL/AE Supponiamo di inserire una terza asta. La struttura è ora iperstatica. Sia X la forza nell'asta verticale. Calcoliamo 1T c

ne = 2({L/AE)[{(P-X)2]+{(L/AE)X2 c...o: (L/2AE) (P2 - 2PX + 2X2) Si è visto che il vero sistema di forze interne rende stazionaria 1To :

fme

= (onc/oX) oX = O

per 5X qualsiasi

07ic/oX = -P+2X = O

cf!;(0) = cf!;(L) = O

= P/2

i=1,2 ... n

(1.54)

Sostituendo y ed imponendo la stazionarieta di I rispetto a q l, q2, ... , qn, si giunge a n equazioni nelle coordinate generalizzate

j = 1,2 ...

J1

(1.55)

Queste equazioni saranno lineari nelle q se f è di secondo grado in y e in dy/dx. Le condizioni necessarie per la convergenza del metodo sono:

1. Le funzioni approssimanti devono essere continue fino all'ordine minore di uno rispetto al piu alto ordine di derivazione presente nella funzione integranda (ordine zero nell'esempio precedente). 2~ Le funzioni devono soddisfare individualmente le condizioni al contorno (negli spostamenti su Su quando I = 1Tp ). Funzioni che soddisfano i due requisiti precedenti sono dette ammissibili. Infme,

3. L'insieme di funzioni deve essere completo. Sia F(x) una funzione ammissibile. Per completezza si intende che l"errore quadratico medio' si annulla allirnite

da cui X

(l.53)

dove le qi sono costanti indeterminate dette coordinate generalizzate e le cMx) sono assegnate funzioni di x. Le funzioni devono essere continue ma le loro derivate prime possono essere discontinue. Inoltre ciascuna funzione soddisfa le condizioni ai limiti imposte su y

oI/oqj = O

e derivando rispetto' a P, otteniamo

L q;cf!;(x) ;=1

lim n_oo

iL (F - .f o

.

,=1

q;cf!;)2 dx

=O

28

29

Polinomi e funzioru trigonometriche sono esempi di scelte possibili od opportune per il metodo di Ritz.

dove ciascuna funzione rt>j è continua fino all'ordine zero e soddisfa le condizioni cinematiche al contorno su Su. I parametri qj sono chiamati spostamenti generalizzati. Sostituendo per u, v, w in (b) e ponendo q ={q 1, Q2, ••• , q(3n + 3l}' si giunge a

Per controllare la convergenza si considerano almeno due soluzioni approssimate. Quando il metodo si applica ad un funzionale che, come 7rp, nel punto di stazionarieta presenta anche un minimo relativo, si può misurare la convergenza confrontando valori successivi del funzionale ottenuti con la seguente successione:

y(2)

qi1)4>1 = qi2)4>1 + q~2)4>2

y(j)

=

y(l)

=

qF)4>l

(1.56)

V =}

=

i

j

Ora introduciamo in (a) le espressioni della densita di energia di deformazione e degli spostamenti, ottenendo così:

+ q~j)4>2 + ... + q)j)4>}

:rp = -}q TKq - q Tp + costante

Poiché lo sviluppo j-esimo contiene tutte le funzioni comprese nel precedente e poiché I è minimizzato ad ogni passo, si può affermare che I(l) ~ I(2) ~ ••• ~ 1\"

LL

L

B/q/ = Bq D [Br B/q/q} - 2( eò D Baqtl + eòD€o €

Interpretiamo K come matrice di rigidezza generalizzata e P come vettore delle forze generalizzate. I loro elementi tipici sono calcolabili con le

\!.:ll)

La (l.56) è detta una successione minimizzante. L'impiego di una successione mini>mizzante assicura una convergenza monotona del funzionale. Si ricordi pero che le funzioni devono essere ammissibili e formare un insieme completo affinché la soluzione converga alla soluzione esatta.

KIj

=

Pi =

Kji

=

III B1DBj dxdydz

III (B1 Deo+1P() dS

dove ( ) = x, y, z dipendé dal valore di l. Infine imponiamo che 1Tp sia stazionaria rispetto agli spostamenti generalizzati

Esempio 4 per Ll q arbitrari

(c)

li funzionale dell'energia potenziale totale è definito da per cui 1tp

= fffVdxdydz- fIIilTudxdydz-IIs.,iiTUdS

dove b, Il sono forze assegnate e V è una funzione delle deformazioni. Limitiamo la discussione al comportamento lineare, cioé a relazioni lineari tra deformazioni e spostamenti ed a leggi costitutive lineari. In tale caso:

V

Kq = p

(a)

La soluzione esatta corrisponde al minimo assoluto di 1Tp ' Dunque, si può valutare la convergenza confrontando valori successivi di 1Tp determinati da una sequenza minimizzante. In virtu di (c). il valore di 1Tp in una situazione di equilibrio è (1T p )sit. equil.

= -}(€- eoY D(e - eo)

= -iqTP + costante

(b) e = LU dove L rappresenta un operatore lineare alle derivate parziali. Nel metodo di Ritz gli spostamenti sono espressi come

Esempio 5· Il funzionale energia complementare totale è defmito come

n

Il

=

L

q(3/-!-l)4>(3/+1)(X,

1=0,1 . .•

=

L

q(31+2)4>(31+2)

=

Ve =

1=0,1 . .. n

W

L

JJI Ve dxdydz- JJ~.

dove, per il caso elastico lineare

n

V

:re =

y, z)

1_ q(3/+3)

11'1

=

. e del momento al nodo 2. Si impone la continuità della rotazIOne

il momento M(x) dipende dai valori di estremità e dal carico distribuito. Può venire espresso nella forma

M

(2.65)

L/6EI

Di seguito si illustra l'ap~licazione delle equazioni (2.63) alla soluzione di due travi continue e di un telruo.

{8

82 == tp_fL ~ M dx 1jJ

= -S21 =

Esempio l

M

'L

= 1p+

= L/3EI

dx

V2=Vl+Le1 + o [-(L-X)]El dx

(Jt

S22

L

L

(M2 -M1)

1

(2.62)

(M2 -M1)

Si noti che la funzione momento e la funzione taglio risultano completamente detemùnate noti che siano i momenti di estremità. Sostituendo la (2.61) nella (2.60) si ottiene

= ;p+SUMI +S12M2 +87 e'l = tp+S21M1 +S22M2 +()g

Rotazioni -M

'4

Momento flettente

HTI)

Vl

(2.63)

dove i coethclenti di tlessibilità Sij sono tOmìti dalle seguenti relazionr

S11 S 12

I

L

x"

1 (

2

== o -El l - -) cix L

== -

S

21

i

L I X) X ,

1 (,l ~ I == o LEl

Se la trave è prismatica

Azione tagliante

(X)2 dx

1 _ SO"=::: -". o El L L

CL..

(2.64)

Reazioni

======tr=~_=M======~1-#L

CI

r~t'

2L

ug. 1..6 Trave continua. Il metodo dellb forze

..

60 61

si eguagliano i momenti di estremità degli elementi ai momenti dei nodi 1 e 3

M Il Principio della Minima Energia Potenziale Totale assicura che, se il modello di spostamento scelto soddisfa alle condizioni di ammissibilita e completezza, l'energia potenziale totale della struttura discretizzata è maggiore di quella corrispondente alla deformazione effettiva. Al crescere del numero di elementi l'energia potenziale totale converge al suo valore esatto. Questo implicl! che, nel caso di un solo carico concentrato, lo spostamento del suo punto di applicazione converge al valore esatto per valori ad esso inferiori (cfr. capitolo 1) . . Nel metodo degli spostamenti la matrice di rigidezza della struttura viene costrujta sovrapponendo per ogni nodo il contributo della matrici di rigidezza dei singoli elementi. In modo analogo, vale a dire sovrapponendo i vettori delle forze degli elementi, si genera il vettore dei carichi. InfIne si impongono le condizioni al contorno negli spostamenti.· Queste operazioni dànno luogo ad un sistema di equazioni algebriche nei parametri di spostamento incogniti. Si elencano qui di seguito le varie fasi del metodo.

,-1)

Discretizzazione del corpo, cioé scelta di elementi tra loro connessi in certi punti no dali.

2. Determinazione delle matrici di rigidezza degli elementi e dei vettori delle forze nodali. 3. Assemblaggio delle matrici di rigidezza degli elementi e dei vettori delle forze nodali per l'intero sistema di elementi e nodi (equazioni del sistema). 4) Introduzione delle condizioni al contorno. sì Soluzione delle equazioni del sistema risultante. 6Ì Calcolo delle deformazioni e degli sforzi in base agli spostamenti nodali. In questo capitolo il metodo degli spostamenti viene illustrato come procedimento generale. I quattro capitoli successivi trattano di applicazioni specifIche relative a problemi piani, all'analisi tridimensionale, alle pia,,,~ mflesse e ai gusci.

3.2 Discretizzazione in elementi finiti e matrici degli elementi Nel metodo degli elementi frniti si suddivide il corpo in elementi di volume aventi dimensioni frnite e si scelgono certi punti all'interno e sulle superfIci di contorno.

75

74

i

i' I "

Gli elementi di volume sono detti clementi 'futiti' poiché le loro dimensioni sono unite; i punti sul contorno sono chiamati punti nodali o nodi. Si numerano gli elementi e i nodi e si precisano le connessioni nodali tra gli elementi, elencando per ùgni elemento i nodi ad esso associati. In fig. 3.1 si mostra una tipica discretizzazione di un corpo bidimensionale piano sottile, sia esso una lastra o una piastra. Come nodi si sono assunti i vertici dei sei rettangoli nei quali è stata suddivisa la superficie media. Oltre ai nodi di vertice se ne possono scegliere altri lungo il contorno degli elementi.

Si defmiscono poi i parametri di spostamento nodali. !l loro numero e la loro scelta dipende dal problema. Per un problema piano negH sforzi si assumono le due componenti di spostamento nel piano. Nel caso di una piastra inflessa si può opera. re con lo spostamento trasversale e le due rotazioni della normale alla superficie media. Per l'analisi tridimensionale si assumono come parametri nodali di sposta. mento le tre componenti di spostamento u, v e w. Si definisce con U i il vettore degli spostamenti del nodo i. Gli elementi di Ui sono i parametri di spostamento nodali del nodo i, elencati in un certo ordine opportuno. Per esempio,

u,

IO

~ f~j

(3.1)

(w nodo i

nel caso tridimensionale. Si supponga che l'elemento abbia spunti nodali e siano 111, n2 ... , ns i numeri dei nodi dell'elemento. Questa notazione è illustrata in fig. 3.2. L'elemento di volume è un tetraedro a quattro nodi situati ai vertici. I numeri 111,112"" ns sono i contributi dell'elemento alla tavola delle incidenze tra nodi ed elementi. Hg. 3.1 Piastra divisa in sei elementi

Qui di seguito è riportata la tavola delle incidenze tra nodi ed elementi per l'esempio di discretizzazione sopra illustrato. (nodi

elen~a(j

Elemento nl

1 2 3

l/I.

Sii .

_' '- (-I (;

4 5 6

l 2 4 5 7 8

n\

in senso antiorario)

n2

n3

n.

2 3 5 6 8 9

5 6 8 9 Il 12

4 5 7 8 lO

~r

nz

fig. 3.2 Elemento tetraedrale. s =4

Si possono assegnare i numeri dei nodi in un ordine qualsiasi ma, dal punto di vista della traduzione del metodo in programma di calcolo, è più conveniente elencarli se~ofld0J:lI1\,et:Sc,- Q1'efìssato seguendOil contorno dell'elemento. Il vettore contenente i sottovettori degli spostamenti nodati di un elemento è detto vettore degli spostamenti nodali dell'elemento ed è indicato con

un:

Il

Un

La suddivisione del continuo in elementi è l'operazione più delicata del metodo. Un criterio generale non esiste. Tuttavia dalla esperienza sono emerse alcune indicazioni tra le quali le più importanti sono:

1. Elementi di forma irregolare come rettangoli lunghl e sottili e triangoli appiattiti sono da evitare. Quadrati e triangoli equilateri forniscono i risultati più accurati. 2. Nelle zone in cui si ha concentrazione d"'gli sforzi (elevati gradienti di sforzo) è necessario disporre un numero di nodi maggiore che nelle regioni in cui gli sforzi variano lentamente. 3. Per valutare l'accuratezza dei risultati è opportuno risolvere lo stesso esempio con una suddivisione più fitta. In tal modo ~j :l'Ili, una misura della convergenza. Inoltre si dovrebbe sempre controllare il risultato dal punto di vista statico.

=

unI}

u

f

t

(3.2)

Un,

Si introducano ora le espressioni degli spostamenti deflniti nel dominio dell'elemento in funzione di un insieme di paran1etri C

~(1\)v\)

(3.3)

in cui A contiene funzioni assegnate (di x, y, z) e Cl: sono parametri detti 'cool":inatt generalizzate'. La relazione tra Cl: e è defrnita valutando (3.3) nei nodi dell'cle· mento. Ne consegue

un

77

76

un == Co:

(3.4)

L'ordine di o: deve essere uguale o maggiore dell'ordine di un. Questa trattazione è limitata al caso in cui C è una matrice quadrata e non singolare. InfIne, invertendo (3.4) e sostituendo in (3.3), si ottiene

(3.5) Invece di utilizzare (3.3), si potrebbe determinare (3.5) direttamente usando funzioni di interpolazione. Il procedimento prima delineato è quello 'originario'. L'impiego di funzioni di interpolazione è posteriore ed è molto più conveniente. Se ne discu terà in dettaglio nel capitolo 4. Nel metodo di Rayleigh-Ritz si utilizza un unico sviluppo delle funzioni spostamento per tutto il dominio. Inoltre gli spostamenti gencralizzati non vengol10 normalmente identifIcati con gli spostamenti in punti particolari. Nel metodo deg!i~~emen~ ti finiti si assumono come spostame"ntLg~l1~ri!1j~~:l.!LgIi~~P5)staIl1~ntil1odali, _il_modelIodCs]Jostamento èlimitat~unicamente al dominio dell'elemento e non èguindi e-;t~so~'ilit~I()__4~!TIirtio deL~grpo. Tranne queste differenze, le fasi del procedimento sono le stesse. Introducendo gli sviluppi delle funzioni spostamento nel Principio degli Spostamenti Virtuali si ottiene un insieme di equazioni algebriche che pongono in relazione gli spostamenti nodali e le forze nodali generalizzate. Nel seguito si delineano le fasi del procedimento e si determinano le matrici dei vari elementi. Il Principio degli Spostamenti Virtuali è stato scritto nella forma (cfr. (1.16)) JJJoTOed(volume)

= IIIbToud(volume)+ Jl}To U dS

(3.6)

li principio, essendo una condizione di equilibrio, è indipendente dal comportamen-

L'equazione (3.8) è il punto di partenza per il metodo di Rayleigh-Ritz che consiste nell'esprimere le componenti dello spostamento in termini di assegnate funzioni (di x, y, z) e di parametri arbitrari. Introducendo gli svg_~_PJ~i~delle Kllfl:?;ioni spostarrlento in (3.8), eseguendo la necessaria integrazione ed addizionando i coefficienti omoTogIU"srottiene-un siStema cii equazioni algebriche lineari che legano i parametri afCaiicruappIicatf(coiiie si è VIsto nei capitoli 1 e 2). l)ato"aHi-Ieespressioni degli spostamenti ora considerati riguardano un singolo elemento, occorre scrivere il Principio degli Spostamenti Virtuali per l'intera strut-

relc

tura

I

o = D(e - eo)

!~,-------

ne

=

f [JJJ (oeTDEo+ouTb) d(volume)+ ISsa ouTp dS]

(3.9)

elemento n

e

in cui ne indica il numero totale di elementi e Il raccoglie le assegnate forze esterne di superfIcie. ~er _~~!1!eri!:..e.~~.'l:r_f!.t:!_e_~~__~!J~e.neralità alla trattazione si tiene conto del 9~0111J()rtamento dinamico defmendo il vettore b ._ b

= b- QU

(3.10)

in cui b è assegnato, p è la densità; il punto posto sopra una variabile indica derivazione rispetto al tempo (3.11) ~~~I2~_~l:!n...2~__.cl.e..~r!!l.~!()l1i. Applicando le relazioni deformazioni-spostamenti a (3.5) si ha (nell'ipotesi di linearità geometrica)

III t(). del m.ateriale, sia esso elastico o inelàsÙco. Limitando la trattazione a materiali elastico-lineari si. possono esprimere le relazioni sforzi-deformazioni

[J J J oeTDe d(volume)] elemento n

Illfl'lP\·cl ~jJu __

e = BUn

(3.12)

in cui B contiene assegnate funzioni delle coordinate. Gli sforzi sono determinati da (3.7)

in cui 130 sono le deformazioni iniziali non associate a sforZI, ad esempio deformazioni dovute alla temperatura. In generale D è simmetrica e positiva per un materiale reale (D degenera in una matrice semidefmita positiva se si assume che il materiale sia incompressibile). La forma di D dipende dal materiale, a seconda che esso sia isotropo, ortotropo o anisotropo. Interpretando opportunamente D e €o si può applicare (3.7) anche ad un materiale lineare a tratti. Sostituendo l'espressione di a e portando a secondo membro il termine concernente €o ,(3.6) diviene

o = D(e - eo) = Poiché B è indipendente dagli spostarnenti,

00+

DBU"

oe = B oU"

III

oeTDe d(volume) = c'ìU", TJJI BTDB d(volume)U n I

= oUn. TKUn (3.8)

Quando il materiale è elastico ed il carico è indipendente dal tempo, (3.8) è la condizione di stazionarieta per il funzionale dell'energia potenziale; si possono così applicare le condizioni di convergenza discusse nel capitolo 1.

(3.14)

ed il termine a primo membro in (3.9) diviene

(elemento n)

II J (oeTDe) d(volume) = I JI (c'ìeTDEo+ouTb) d(vòlume)

(3.13)

(3.15)

K e detta matrice di ri$laezzadell'elemento. Si nottchej3.J5)~èJa. '''-'lriazion~U" n

iJI

~.e ~a matn~ f·

I temlIDl11manel1tl onnano

UJJ(oeTD€o+ DuTb) d(volume)+ •l'I Du p dslJ(elemen~o ~ = bU", II ff (BTDE.o+

= [~l

;2

L'andamento delle defonnazioni si ottiene derivando u e (4.50):

(4.55)

V

(a)

Quando p e h sono costanti, (a) si riduce a

m~e:; G211

If>vn

un = {UI 'In

ff Qh dA = [If Qh!;i~j dA]

m =

(4.59)

Le forze nodali sono dovute alle forze di volume, alle forze di superficie e alle defolTIlazioni termiche. Si consideri una distribuzione lineare di forze di volume e temperatura:

e ricordando la

b = ;lb1 + ~2b2 + ~ab3 T

== If>b

(4.60)

= ;lTd-çJ2+;aT3 = If>T

dove bj e TI sono i valori ai nodi. Gli sforzi iniziali si trovano come fCG x D Sl1 +CGyDS12+ CG xyD sla)



= - DsEo == -lCGxDs12+CGyDS22+7 = t~2';a(3~3-1) 4>s = -H3';1(3';a - I) 4>0 = 'H3~1(3~1- I) cf>c = 27';1;2;3

4.6.4 Elementi triangolari a deformazione quadratica Gli spostamenti vengono espressi da polinomi completi del terzo grado. Ogni componente di spostamento contiene lO parametri e pertanto si devono assegnare 20 quantità di spostamento nodale per ogni elemento. Al flne di soddisfare la congruenza degli spostamenti ai bordi, la funzione di spostamento relativa a un Iato deve dipendere solo dalle quantità di spostamento nodale relative al lato stesso. Pertanto, poiché la funzione è una cubica, sono necessarie quattro quantità nodali per defutire la distribuzione degli spostamenti su un Iato.

9

V

(4.74)

Al fme di ridurre la larghezza della banda si cerca di utilizzare solo nodi di vertice. Poiché sono necessarie quattro quantità nodali per la congruenza tra gli elementi si devono considerare anche derivate della funzione spostamento, vale a dire la matrice degli spostamenti no dali per un nodo di vertice neve essere di dimensionI (6 X

n.

Ili

=

{lii Ili, x lIi,y L'i Vi,.t L'i, y}

(4.75)

Servono inoltre due quantità no dali non relative al contomo. In genere risulta conveniente assumere gli spostamenti del baricentro (U CI ve). Il modello è rappresentato in fig. 4.12(b). Felippa s ha sviluppato le appropriate forme polinomiali in termini di coordinate triangolari.

L

X

2 (u,v)

un: {u"uz,'" U9,U

C}

L

(o)

2

X

U~{u"u~ "',y'''' ~yl Uc} (b)

hg.4.1L

Elementi triangolari a deformazione quadratica. (a) Le variabili nodali sono gli spostamenti ai nodi; (b) le variabili nO1111 + cf>2 l1 1,.t

+ 1 = m~1+3;2+3~3)-7;1.;2;3 ;y4>, z+ 4>;z4>,y)] d(volume) e Kuv , ~lW, ... , Kww hanno unafonna analoga. Si noti che solo sei prodotti devono essere integrati quando le proprieta del materiale sono costanti sull'elemento:

5.3 Elementi tetraedrici 5.3.1 Coordinate tetraedriche

(5.11)

5.2.4 Matrice di massa M

J

~ Iff e4>'4> d(volume) ~ [m m

dove

(5.12)

La fig. 5; 1 mostra un tetraedro orientato arbitrariamente. Le coordinate 'naturali' sono le distanze relative lungo i Iati 4-1, 4-2 e 4-3. La faccia opposta al nodo i è la faccia iesima. Per definizione ~j = O sulla faccia iesima. Le relazioni tra le coordinat!, cartesiane e quelle tetraedriche sono ottenute uguagliando il vettore posizione r espresso in termini dei due insiemi di coordinate:

;1

1 punto

m =

=

P

III e4>T4> d(volume)

xi+yJ+zk =;i +;t!41eI+;2/42eZ+;3/43e3 Inodo 4

(5.16)

dove

5.2.5 Vettore dei carichi p=

JII (BTD€o+c;pTb) d(volume)+ Jl" cpTp dS = I~:)

x = ';lX1 +;ZXZ+;3X3+ (I -;1 -;2 - ;3)X4 y = ;lY1+;2Y2+;3Y3+(I-;I-;2-;3)Y4 z = ;1 Z1 +;2Zz+;3Z3+(1- ;1-;2 -;3)Z4 (0,0,0) 4

P

IV

PII =

I I I ( - 4>:xa~ - 4>;y~y - 4>;;(~.• + b.. 4>T) d( volume)

(5.13)

Faccia l ';1 =0

f

+ Is"p,.4>T dS

3(0,0,1)

e Pv, Pw hanno una fonna analoga. Se i carichi e le variazioni di temperatura sono specificate. ai nodi, la loro distribuzione all'interno dell'elemento può essere definita in tennini di funzioni di interpolazione. Sia l nel nodoj { jj = O in tutti gli altri nodi dell'elemento

f = [ji,j2, ... ]

(5.14)

e si scriva T = fTn

b., = fb~~

P-,

= f*p;

(5.15)

dove f* e p~ sono specializzate per un lato particolare. Se il materiale possiede proprieta variabili all'interno dell'elemento si può procedere allo stesso modo. Si noti che f == l/J quando le variabili nodali sono tuTte traslazioni. b ci6 che segue, l'attenzione sarà posta sulla fonnulazione di l/J per vari tipi. di

I (I,O,O)

2 (0,1,0)

z

)-y x fig. 5.1 Sistema di coordinate naturali del tetraedro

Invertendo le (5.16) si hanno ~e relazioni desiderate, cioè ~; = ~;(x, y, z) per

j == 1,2,3. La fonna delle (~.16) suggerisce di porre

142 143 (5.17)

e di esplÌ111ere le funzioni di interpolazione in tennini di al ,~2, ~3) e ~4. Questo modo di plOcedere è stato utilizzato anche per l'elemento triangolare piano (~l , ~2 coordinate indipendenti e

b

==

Quando F è una combinazione di potenze intere delle coordinate esiste un'espressione esplicita per l'integrale:

III

l--b ....:b). Si scriva l'espressione di ~j come

~.i = ~v (2VY+ap'+b jy+cjz)

j = 1,2,3,4

i

J kt/

i!j! k! l!

_

~1~2;3"4 d(volume) - 6V (i+j+k+I+3)!

(5.23)

Gli integrali di superficie vengono calcolati per mezzo della (4.53). Si deve soltanto porre la coordinata corrispondente uguale a O. Ad esempio

in cui V è il volume del tetraedro e i coefficienti sono delle costanti che dipendono

II ;2:3"4

dalle coordinate nodalL

jtk;:/

6V = valore assoluto di

Xl

X2

X3

Yl

Y2

J'3

ZI

Z2

Z3

~41 I Z4

faCCia l

dA => 2A 1

(

]

.i! k! l! '+k+I+2)!

(5.24)

dove

IiI

(5.18)

= area della faccia l

)'4

xn

o;

01;

Xa} X = Ij>xn

X2, •••

La trasformazione è indicata nella figura. Si possono consentire lati curvi utilizzando funzioni di ordine superiore. Per esempio, =

oz

oC

(lo stesso vale per y e z)

X"

oy

o; ~ ox oy ol] Or] ox oy

OX

(Ij> definita dalle (5.35»

(Io stesso vale per y ~ z) dà una variazione quadratica su un lato

17 =+1

(5.37)

=(

valore di

or or • Or) ag X or] oe d~t dr] de

= (valore assoluto di IJI) dg dr] de

(5.39)

Poiché J è variabile, l'integrazione numerica non è evitabile. Le formule per la quadratura gaussiana tridimensionale sono elencate nell'Appendice 2. Se le variabili nodali sono solo traslazioni (non loro derivate) e le trasformazioni delle coordinate hanno la stessa forma delle espansioni della funzione spostamento, l'elemento è detto 'isoparametrico'. x = Ij>xn ti

=

Ij>u n

y = Ij>yn V

z = Ij>zn

= Ij>v"

W

=Ij>w"

(5.40)

Per garantire la convergenza, le espressioni delle coordinate devono contenere un polinomio lineare completo, cioè devono soddisfare la condizione n

L 1;; = ;=1

X.u

2 fig. 5.7 Esaedro isoparametrico del primo ordine

!

(5.41)

dove n è il numero totale di nodi dell'elemento. Per completezza, verranno fatti ora alcuni commenti sul modo in cui viene tenuto in conto il carico distribuito sulla superficie. Si consideri la faccia ç = + l indicata in fig. 5.8. Si defmisca lo spostamento e la distribuzione di carico sulla superficie in termini di funzioni bidimensionali di interpolazione e di quantità nodali relative alla faccia:

/

151

150

u*,

~ contengono le traslazioni dei nodi e i valori delle forze no dali per la faccia

t::::: + 1

4>"

= ti>"'(~, 'I})

u = q,*y. } Px

Il vettore di forze nodali corrispondente è (vedi (5.13)

= 4>P~

(5.43) sulla faccia

t == + 1

(5.42)

Per valutare l'integrale è necessario esprimere l'area infinitesirna cIS ilI termini di d~, e d'TI. Per definizione,

or or dS = d;d1J l WXa i"

I

= G d;drl

(5.44)

1/ C=+l

L'espansione del prodotto scalare dà G = (gI+g~+g5)]/2

Cly 3z gl = (Cl; 3'1} y

x

g2

= (W" 'ari { OX

fig. 5.8 Integrazione sulla superficie

Cly

oy

0~7 a~

(5.45)

.., C=+ l

OX dY )

g3 = (,'a-'[ 01] -- orl-

y

OZ)

-è7i ar t=+1 OX oz ox OZ) o;

v

=>

(li w)

Pm cos

,-z da

ne

-PBnsin

ne

n-esimo modo simmetrico

(a)

(a) viene detta soluzione simmetrica che viene ottenuta attraverso la corrispondente forma ridotta della (5.54):

e

II O[OE!r dA = II (b, Àu+bz ÀW) r dA+ )~,,cp, Àu+pz Àw) r dS El

=

BI(U,

(5.55)

w)

PenCOs

La soluzione per, v è detta soluzione 'antisimmetrica' ed è ottenuta con la

II ar

r dA =

oE2

E2

n-esimo modo antisimmetrico

II bo Àv r dA + J~ del piano medio e le rotazioni equivalenti {3x e {3y della normale rispetto agli assi X e Y. Queste quantità sono illustrate in fig. 6.3. Il termine 'equivalente' è utilizzato per indicare equivalenza di lavoli. Ad esempio, {3x è definito dalla relazione .,L, lt/2

I-"'2

Piano medio fig. 6.1 Sistema di riferimento

(6.3)

Cf

xu dz = M.,px

(6.4)

La forma bidimensionale del principio degli spostamenti virtuali è ottenuta moltiplicando le equazioni di equilibrio indefinite e al contorno per gli incrementi di spostamento corrispondenti e Integrando per parti. Si ottiene

II (MxoXx+ MxyoX.: +Mx )' ,y+hx Qy = M xy, x+ M).,). +by

Legame spostamenti-defonnazioni, (6.6) e (6.7) Legame sforzi-defonnazioni, (6.11) o (6.12) Nel paragrafo successivo, questa fonnulazione verra specializzata al caso di deformazioni taglianti trascurabili. La fornmlazione ad elementi flDiti del caso generale sarà discussa nel paragrafo 6.6.

6.3 Relazioni per l'elemento - Deformazioni taglianti trasversali trascurabili Nell'ipotesi di trascurabilità delle defonnazioni taglianti trasversali, le rotazioni non sono quantità indipendenti ma risultano legate a w dalle (6.8)

{3x =-owjox

{3y =-owjoy

Le defonnazioni flessionali generalizzate quindi risultano esprimibili in tunzlOnt! delle derivate seconde di w (6.13) X =-{w,xx, W,J'y, 2w,xy} e il principio degli spostamenti virtuali si riduce alla seguente espressione

(6.15)

Discuteremo ora brevemente sul modo di generare la matrice di rigidezza flessionale Db e quindi passeremo ad illustrare la fonnulazione di modelli agli spostamenti per elementi flDiti. Assumeremo che gli spostamenti nel piano varino linearmente con z e determineremo quindi le defonnazioni nel piano attraverso il legame defonnazioni"spostamenti:

u = z{3x =-z(owjox)

v = z{3y =-z(owjoy)

(6.l6)

quindi €

In generale, Db e Dt sono matrici sinunetriche e defInite positive. Riassumendo, le relazioni che governano il comportamento lineare di una piastra inflessa sono Equazioni diluilibrio, (6.2) e (6.3)

w}

= {Ex c)' YXy}

= zX

Gli sforzi saranno calcolati sulla base del legame sforzi-defonnazioni, ricordando che la trattazione è stata ristretta al caso in cui l'asse z rappresenta una direzione privilegiata per le proprietà del materiale. Le relazioni complete sono defInite dalle (4.7). Nella teoria ingegneristica delle piastre le componenti di sforzo in direzione nonnale al piano medio vengono trascurate, si usano cioè le relazioni (4. IO) per stati piani di sforzo: O' = {D'x O'y T xy } = D(€-ex]') Sostituendo a nelle equazioni che deflDiscono M e considerando una variazione di temperatura lineare si ottiene

M =

Jza dz

T = zTg

Db =

Jz2D dz

Mo = -Tg

e quindi

n fatto

Jz2Dex dz

(6.17)

che le defonnazioni nel piano e quelle flessionali siano disaccoppiate im-

plica

JzD dz = O JzDex dz = O

(6.18)

cioè, D e o: devono essere funzioni simmetriche di z. L'espressione della densità di energia di deformazione consegue dalla defmizione:

171

170

L'espressione delle deformazioni generalizzate si ottiene differenziando che implica

(6.19)

X = BU"

xx) =- j «j>"uj ,yyUn

Le leggi di trasformazione per M e X sono le stesse che per a e e

M*

= TO'M

dove Ta e Te

SOllO

= TO'Db(TO'y

(MT oX- bT .6.u) dA -

n.

Isa pT.6.u dS]

= O

(6.22)

dove ne rappresenta il numero totale di elementi. Gli spostamenti nodali 'essenziali' sono w e le due rotazioni ~x == -w x e {3y "" - IV,y' .periV\ , 1>2, .... sono le funzioni di fOlma. Dal momento che le deformazioni generalizzate contengono le derivate seconde di IV, la congruenza tra gli elementi richiede che non solo IV ma anche la sua derivata normale alV/an sia continua attraverso la linea di separazione tra due elementi. Inoltre, perché siano rappresentabili moti rigidi e stati di deformazione costante lo sviluppo di w dovrà contenere un polinomio completo del secondo ordine in x e y.

+ i termini aggiuntivi che sì ritengono necessari.

(6.25)

Le funzioni dì fOffin sono in genere qttenut.;; sulla base di coordinate locali. Di questo si discuterà succ, x)'+ ;xy. yy») dA

(6.29)

Se X o Y sono assi di simmetria del materiale si ha

Db13 = Db23 = M~y = O e l'espressione di K si semplifica notevolmente. Nel seguito si discuterà come ottenere ljJ per vari elementi rettangolari e triangolari. Si presenteranno anche i risultati di confronti che mettono in luce l'accuratezza delle diverse ipotesi.

6.4 Elementi rettangolari Conviene operare con un sistema di riferimento locale i cui a~si sono paralleli ai lati del rettangolo. La notazione e la numerazione dei nodi sono indicate in fig. 6.4. I nodi sono numerati percorrendo il contorno nel senso delle rotazioni posi-

172

173

x 3

y

4

"'-

.2

(tL)

~I?!W"

Sistema di riferimento locale

(6.33)

,= ;

.,1:7

7]=-J:Unjs (!2xl)

fig. 6.4 Sistema di coordinate. Elemento rettangolare del primo ordine

tive nel piano ~ - yu e le coordinate sono adimensionalizzate sulla base delle lunghezze dei lati. In genere, si inizia assumendo un'espressione polinorniale per w w =CCl+CC2~+CC31]+ •.• = Art. si assembla quindi il vettore di spostamenti nodali

Un = Co.

(a)

e quindi si inverte C, ottenendo

(6.30)

12(ClwjoY)4 4>1 = 2(?)-1)(~- I)[~-(l + ;+7])-;2- rl] 4>2 = a(1)-1)(;-1)2; 4>3 =-b(1)-1)2(;-I)1) 4>4 = 2(7]-lH(7]2+~2_·H-i1)) 4>5 = a(7]-I) ~2(~-1) 4>6 = b(1)-1)2 ~1) 4>7 = 21)~[ _1)2- ~2_ -t+ te; +1)] 4>8 = a1);2(; -1) 4>9 = b1)2!;(1)-1) 4>10 = 21)(~-1) (1)2+!;2-H-i-?J) 4>11 = a1);(~-})2 4>12 = -b~(;-l)(?]-1)

175

4>1

4;3 = b!l(~) gl(rJ) 4;5 = h(!;)fi(1)

= bh(~) gl(?]) = hU;)!2(7]) 4;11 = bh(~) g,,(I})

(P7 4>9 (6.35)

Risultati ottenuti con questo elemento (indicato con ACM-Adini, Clough, Melosh) sono diagrammati nelle figure da 6.9 a 6.12. Dal momento che la (6.34) è in grado di rappresentare tutti i moti rigidi e gli stati di deformazione costante, i risultati convergono alla soluzione esatta infittendo la discretizzazione. Tuttavia la mancanza di continuità delle derivate normali fa sì che l'energia potenziale può non essere delimitata inferiormente. Questo fatto è illustrato nelle fig. 6.11 e 6.12; mentre un modello che :oddbfi completamente la congruenza tra gli eleo menti fornisce delimitazioni inferiori sullo spostamento, i risultati dell'elemento ACM sono più grandi dei valori esatti e convergono dall'alto anziché dal basso. Torniamo alla ricerca di un elemento compatibile. Chiaramente occorre pem1ette· re una variazione cubica delle derivate normali per poter utilizzare un'unico poli· nomio sull'intero elemento. Si possono utilizzare tutti i teffi1ini al di sopra della prima linea tratteggiata nella (6.33).

w;:: equazionI:- (6.34)+OC13;21 +CG14~3~ +OC1S!;21)3+CG16;31}3

CP13

=fi(~)h(l})

4;15 = bfi(!;) g2('f)

4>2 4;4

= agl(;)fiCI]) = abg1(!;) gl(r/)

4>0 = ag2(~) 11(1}) CPs = abg2(~) gl(1) CPlO = ag2(~) 12(1}) 4>12 == abg2 g2(1]) 4>14 = agl(;)h(1)

(6.36)

m

:2 ... }

(6.63)

dove

-1J+a17~112+~ t~ 113+ (%19,>t31J .,'/ ""18,/ S'

+0:0_o ';2112+ t 3+(%22';31]2+CC~3';2113+~ t3-3 '/ CC21-.1') - '/ ""24" 11

d'

1 tratta 1 una semplice sovrap osizione ' piastre inflesse, Le (7.48) sodd' .. P I delle mterpolazioni per lastre e per , , , 1S1ano a congruenza fr gli I ' reqUiSIto dI contenere spostamenti ' 'd' B a e emenh ma violano il interpolazione bicubica per tutt' ngI o~er, For e Sclunit 29 adottarono una tuttavia soddisfare il requisito de 1 , e re gli spostamenti (48 parametri) senza , g11 spostamenti rigid' A li d ' to al c il rndro, mostrato in fig 7 9 ' l. pp can o il loro elemen, " eSSI ottennero i risultati di tavola 7,2,

t p

30

01]

Xl +X2';+CC31J+CC4';1')

= O

arj/.x-2 o; XI-li 27) e., + 4R o; ì'

c -c;

=

v = CCS+CC6';+CC7rJ+ CCs;1J

in cui al' a2, .. , ,a6 sono costanti. Si osservi che tali spostamenti contengono funzioni trigonometriche e perciò non possono essere rappresentati esattamente

~ex+~.~eo-~ ~. y+ R Gl't v;c1] v;

= {II , V , W , W ,.,w,'1,W,$'lDodei }

Y=

=O

(7.45)

o /

La prima equazione mostra che Xx non può essere non nulla isolatamente, cioè un valore costante di Xx implica una distribuzione quadratica di sforzi membrana-

/

li, Scegliendo ad esempio: (7.46) si ottiene:

+01:&1')

/I

=

v

= 0;0';+01:101')

\V =

0;7;

p =100 Ibf R =4·953 in ( =10·35 in E =10·5 x 1061bflin2 h =0'094 in v = 0'3125

:x 11 +~12~2

che fornisce:

eo =

(7.47) 0;11 , 01:12 'o

0I:10+jf'jf;~

1 XI = - 2R

(01:8 -

3a o) I xl

/.8 = xlolR Una 'opportuna' interpolazione degli spostamenti è data dalle (7.44), (7.47) e da termini addizionali. Nello scegliere questi termini addizionali occorre decidere se assegnarli alla rappresentazione di defon-nazioni membranali o flessionali. Torneremo su questo punto più tardi.

Schem

2x2

2x3

r '" tìg, 7,9 a IZZaZlOnI dm,rse per il problema del cilindr o con canchI ' , concentrati

214

215

I risultati mostrano che la soluzione converge a un valore leggermente superiore a quello analitico che si sa essere approssimato per eccesso. Bogner, For e Schmit osservarono che al tendere a zero delle dimensioni in 'Tl (b in fig. 7.8) gli spostanlenti rigidi esatti tendono verso quelli per gusci piatti e perciò basta includere i soli spostamenti rigidi di gusci piatti. L'eccellente convergenza fu attribuita all'uso dell'interpolazione bicubica per u e v che contiene spostanlenti rigidi di gusci curvi con (b/2R)4 ~ 1. Cantin e Clough31 modificarono le (7.48) includendovi gli spostamenti rigidi -X3 R

= -004 R [l-COS (1}/R) cos (b/2R)] -

~

'" """1

~

9°00000 0666666

6666666

·Sl E:'" ~ N :::

.::;

ON('f')tr\~V)V)

I:" 0\ r-... r--- ("I r'I") X) C\\OCOV')Of'-N Nr'-C'\OOO..-

"-:::

U)

o

come incognite nodali:

~

-

/ che

i

soddisfano

/ :::10 al nodoj • con i'* i sono presentate in esteso ii'). (4.84). Le leggi di trasformazione per le derivate sono

Q

28

>