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Italian, Greek Pages [424] Year 1960
Epicuro
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A cura di Graziano ,rrighetti
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Copyright© r960 e 1973 Giulio Einaudi editore s.p.a,, Torino Nuova edizione dveduta e ampliata
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INDICE GENERALE
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IX XIII
XXXVII
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I
[1] DiogenisLaertii Vita Epicuri cum testamento [2] Epistula ad Herodotum
[40]-[133] Epistularum fragmenta [134]-[137] Incertae sedis fragmen ta
483
[138]-[264] Note
735 739 745 791 i
Introduzione Sigle e abbreviazionibibliografiche
33 75 105 Il9 139 159 419 477
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Premessa
[3] Epistula ad Pythoclem [4] Epistula .ad Menoeceuro
[5] Ratae Sententiae [6] Gnomologium Vaticanum Epicureum [7]-[39] Deperditorum librorum reliquiae
Appendici Tavole di concordanza Indice dellejQnti Indice delleparoleprincipali
Indicedei nomi
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PREMESSA
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La prima edizione di questo libro si esaud presto: segno che aveva una sua ragion d'essere; e quella speranza che esprimevo allora, che esso potesse servire come base di lavoro per altri, credo di poter dire che non è andata delusa: sono convinto che alcune importanti ricerche su Epicuro in quel libro hanno, come minimo, trovato un aiuto. Mi sono accinto dopo tanto tempo al lavoro di preparare questa seconda edizione perché, come capita, i miei interessi si erano rivolti intanto verso altri campi, e, d'altronde, a resistere alle sol~ lecitazioni mi confortavano le _parole che Giorgio Pasquali ebbe a scrivere a proposito di un dotto che aveva passato, a suo parere, troppi anni di seguito della sua vita su un solo testo: « Mi par di ricordarmi che si narra degli antichi Egizi ch'essi avessero medici speciali per l'occhio destro, e medici speciali per il sinistro: aspecialisti cosi ristretti io non affiderei i miei occhi ». Dei mutamenti che questa edizione presenta rispetto alla prima non credo sia il caso di parlare; se ne accorgerà, nel caso abbia voglia di porvi attenzione, chiunque avrà avuto modo di usarle ambedue. Alcune cose soltanto mi preme dire; come prima che fra i papiri del 1tepl q.>Ùaewc,; a me sono rimasti inaccessibili quei due (nn. 1149 e 1042) malauguratamente conservati presso la Sezione Manoscritti del British Museum, dove ho potuto recarmi in seguito alla concessione di un contributo del C.N.R., che qui ringrazio. Questi ho potuto studiarli solo nei limiti in cui il vetro delle antiche cornici che li custodiscono permette di vederli, dal momento che
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Premessa
da esse non mi è stato concesso toglierli. A nulla sono valse le mie richieste. Per quanto riguarda quelli conservati a Napoli ho potuto tener conto in maniera sistematica anche dei risultati che si ottengono dall'applicazione del microscopio bioculare relativamente ai papiri 1151 del libro XV e 1413 dell'irÌterto libro 1tepl ,:p6voudel n:e::pt q:iUm:wç, ma solo sporadicamente per gli altri contenenti l'opera massima di Epicuro, dal momento che l'Officina dei Papiri è stata dotata di questo strumento solo dopo che il manoscritto di questo libro aveva iniziato il lungo iter della composizione. Vorrei avvertire ancora che i« fragmenta incertae sedis » hanno in questa edizione una parte molto pili ampia di quanto non avessero nella prima, la quale, anche se in ciò poteva apparire carente, non ne era però, come è stato erroneamente scritto, priva. Essi erano in quella, come in questa, utilizzati e riportati nella stragrande maggioranza nelle note, secondo un criterio esposto nell'introduzione. I nomi di Giorgio Pasquali, Giovanni Pugliese Carratelli, Giorgio Colli, coi quali si chiudeva la prefazione alla prima edizione di questo libro, desidero che compaiano anche in questa a testimonianza di gratitudine e di affetto grandi per quei maestri e amici, e, per il primo di loro, in questo ventesimo anniversario della sua morte, di profondo e sempre vivo rimpianto.
G.A.
INTRODUZIONE
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È chiaro che i problemi che si pongono a chi voglia dare una edizione completa di Epicuro sono, per quanto riguarda la costituzione del testo, di due ordini; e ciò in corrispondenza dei due generi di tradizione che ci hanno conservato la maggior parte delle sue opere: da un lato la tradizione di Diogene Lae~zio, dall'altro i papiri ercolanesi; senza contare naturalmente tutti i frammenti e le testimonianze pervenute per tradizione indiretta che, ovviamente, l'editore è costretto ad accogliere nel testo costituito da altri, salvo a intervenire talora con l'emendazione, Diogene Laerzio ha goduto, in questi ultimi anni, di un rinnovato interesse; basti ricordare l'indagine del Biedl sulla tradizione manoscritta (1955), la magistrale traduzione annotata di Marcello Gigante (1962), l'edizione recente del Long (1964). Ma il libro X, contenente la vita di Epicuro con il testamento, le tre lettere dottrinali e la raccolta delle massime capitali, ha vissuto in fondo di una sua vita indipendente, e si è in parte sottratto alle vicende che hanno governato il resto dell'opera di Diogene Laerzio. Dal tempo degli Epicureadi Usener esso ha attirato le attenzioni e le cure di schiere di filologi intesi alla restituzione e all'esegesi del testo, tanto che ora non è piU neanche possibile stabilire un confronto, per qualità e quantità, fra il lavoro dedicato a questa parte di Diogene Laerzio e il restante della sua opera. Tutto ciò è, si, frutto del rinato interesse, da un secolo a questa parte, per la figura e l'opera di Epicuro, ma è anche vero che questo interesse non avrebbe trovato la materia adatta cui applicarsi né incentivo a svilupparsi senza il lavoro di Hermann Usener. Ogni autore antico,
Gra.çianoAm'ghetti
Introduzione
si sa, per far sentire a noi la sua voce ha bisogno dello studioso moderno che di essa si faccia il propagatore, e ciò è anche pili necessario per quelli fra gli antichi che giunsero fino a noi non confortati 'dall'amore e dall'inter½§SC pressoché ininterrotto dei posteri, ma attraverso lungo silenzio di secoli; orbene, nel caso di Epicuro si può veramente dire che grazie a Hermann Usener egli è due volte vivo e due volte grande. Le ricerche ulteriori, da quella del von der Muchll, a quelle del Biedl e del Long, hanno dimostrato che nel problema della tradizione laerziana l'impostazione generale proposta da Usener resta ancora valida; l'altro lato invece della sua attività di editore del testo di Epicuro, quello riguardante la sua opera di emendatore, si è rivelato di carattere pili caduco. È ormai proverbiale la libertà, pari del resto alla genialità,•con cui Usener trattava il testo delle tre Epistole e delle Massime Capitali: non c'è quasi pagina della sua edizione che non mostri i segni delle sue correzioni, esclusioni, trasposizioni, tanto che non poca parte del lavoro di molti critici che hanno esercitato la loro attività sul testo dell'Epicuro di Diogene Laerzio posteriormente all'Usener non in altro è consistita che nel dimostrare l'inutilità di molti dei suoi mutamenti. Anche questo, però, vorremmo dire, non è che un altro segno della vitalità del suo lavoro. Ma quali furono le ragioni che determinarono questo atteggiamento di Usener nei confronti del testo che pubblicava, atteggiamento che a noi abituati ormai a un tipo di critica testuale in genere piU prudente, appare, e non senza una punta di scandalo, la sua caratteristica precipua di editore di Epicuro? Sono varie, naturalmente, ma prescindendo da quelle di carattere generale come il particolare atteggiamento della filologia dell'epoca, la difficoltà propria del greco di Epicuro e della maniera apparentemente confusa e estremamente succinta in cui espone le sue idee particolarmente in quegli scritti, l'arretratezza dell'epoca negli studi sulla sua dottrina, ce n'è una, di fondamentale importanza, _costituita dallo stato d'animo con cui Usener si accinse al suo lavoro, stato d'animo che è espresso in una frase della prima pagina della sua prefazione: « Epicuro ut operam darem, non philosophiae Epicureae me admiratio commovit, sed ut accidit homini
grarrimatico, librorum a Laertio Diogene servatorum obscuritas et di:fficultas ». Ebbene, credo si possa dire che se un atteggiamento del genere è pericoloso sempre, per Epicuro, almeno quale a noi la tradizione l'ha conservato, è addirittura pregiudizievole. Anche se per noi il problema della « admiratio » per la filosofia di Epicuro di cui parla Usener non si pone, è certo che pochi altri autori antichi richiedono per esser ben capiti e quindi ben pubblicati una compenetrazione altrettanto viva e completa del loro pensiero e della maniera di cui si servono per esprimerlo, ben lontana dalla curiosità suscitata dalla « obscuritas et difficultas » del testo e della sua tradizione. Non diremo certo che per Usener il testO di Epicuro non rappresentava che un'occasione per mettere alla prova una pura e semplice abilità filologica, come il tono con cui quel suo pensiero è espresso potrebbe indurre a pensare; sarebbe fare un torto alla sua grandezza; e del resto all'atto pratico il suo lavoro ha ben altra ampiçzza di vedute e ricchezza di interessi; ma è certo che a lui mancò in parte quello stimolo vivo a cercare di intendere Epicuro che è stato pregio di altri studiosi di lui tanto meno grandi. La forza del suo ingegno invece si manifesta piena nell'impostazione generale del ·lavoro, che nel suo genere resta ancora di un valore esemplare, nonostante gli ottant'anni passati. Di 'rado, è stato detto recentemente da un insigne studioso di problemi e testi epicurei, una raccolta di frammenti è stata fondata su una base piU solida, e se di un aggiornamento ha bisogno ciò è ~ovuto agli enormi progressi che da allora si sono fatti nel campo dei papiri ercolanesi. Già la raccolta della grande quantità di materiale e il suo razionale ordinamento tale da renderla uno strumento perfetto di ricerca sono testimoni di forza di lavoro e di genialità rare nella storia degli studi filologici, ma quasi ulteriore prova tangibile della sua lunga e intelligente fatica egli lasciava quel glossario epicureo inedito che costituisce una preziosa miniera di materiale, una guida dalla quale nessuno di coloro che vogliano compiere studi epicurei può prescindere. Tanto pili che li Usener non trascura i testi ercolanesi e, o li accoglie nelle restituzioni di Gomperz, o assai sovente nelle sue proprie. Se si pensa che Usener spesso lavorava sui disegni dei papiri si potrà capire come avvenga che talora quanto
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Gra:danoArrighetti
Introduzione
egli proponeva non sia pili accettabile per noi, ma come è stato detto una volta da Achille Vogliano, gli errori di un Hermann Usener sono sempre istruttivi. L'edizione di Usener fu dunque ssguita, anche se non subito, da un atteggiamento di maggior cautela nei confronti del testo cli ~picuro, Ci si rendeva conto con sempre maggior convinzione, anche per i progressi compiuti dagli studi epicurei, che sovente l'atteggiamento di disperazione nella correttezza della tradizione altro non era che impossibilità a capire. Esempi insigni di questa nuova fase degli studi epicurei, finora non superati, sono l'edizione dell' Epièuri epistulaetres et ratae sententiaedi von der Muehll (Lipsia 1922) e la traduzione di Epicuro, Opere,Frammenti, Testimonianzedi Bignone (Bari 1920) ; opera questa che talora per le ampie note critiche assume anch'essa il valore di una vera e propria edizione. L'importanza dell'edizione del von der Muehll sta dunque non solo nell'amplissimo, accurato riesame di tutta la tradizione laerziana e nell'ampia testimonianza di questo lavoro data nell'esteso apparato critico, ma nella maggiore prudenza e, dii'ei, consapevolezza con cui viene con_siderato il problema della 8L6p&ùlcrLçdel testo, tanto che questa edizione ha potuto servire di base a tutte le ricerche susseguitesi su problemi e testi epicurei. Lo studio che in occasione della presente edizione è stato fatto dei codici B e F sull'originale, e di P su copia fotografica ha Confermato pienamente quanto già detto e osservato da lui; sul suo lavoro di emendazione ancora qualcosa restava da riconsiderare, ma dato il ritmo con cui si sono seguiti nell'ultimo cinquantennio i· progressi nel campo degli studi epicurei non poteva essere altrimenti. Esponente di un atteggiamento forse ancora pill conservatore Bignone, con la sua opera di traduzione e di esegesi, mostrava nella maniera pili chiara quanto sia valido il metodo di cercare anzitutto, e direi a ogni costo, di capire per poi procedere alla restituzione e all'emendamento. Questo credo sia stato il titolo pili genuino della grandezza di Bignone nel campo delle ricerche sul testo di Epicuro. La sua traduzione era stata preceduta e fu seguita da una numerosa serie di ricerche su problemi singoli che sboccarono nel tanto discusso AristotelePerduto;opera certo non priva di mende,
e anche notevoli: farraginosa, talora slegata e verbosa, unilaterale se si vuole nell'impostazione e nella dimostrazione del suo assunto, ma alla quale però resta il pregio di aver messo in luce per la prima volta con chiarezza una nuova prospettiva, di aver apèrto definitivamente un nuovo orizzonte nel campo dei nostri studi. Il problema in essa studiato dei rapporti Platone-Aristotele-Epicuro è ancora pieno di attualità, ed è grazie alla chiara impostazione di esso che tanti progressi sono stati compiuti negli ultimi decenni. Se la scelta dell'ideale che Epicuro assegnava alla filosofia, la felicità dell'upmo, era la naturale reazione alla dissoluzione della città-stato nella quale l'uomo-cittadino aveva trovato tradizionalmente la possibilità di attuare se stesso e di soddisfare le sue aspirazioni, la sua battaglia polemica era diretta contro quelle scuole, l'Accademia e il Peripato, che a tale mutata situazione e alle difficoltà che essa proponeva non avevano saputo trovare soluzioni adeguate. Per questo Epicuro a quella delle scuole antagoniste non oppose un'altra cultura (anzi non ebbe scrupolo ad adottare quelle parti del patrimonio dottrinale di quelle che si adattassero al suo sistema) ma un diverso genere di vita, una diversa maniera di concepire il mondo e l'uomo. Di tutto questo Bignone crediamo avesse chiara consapevolezza; e se talora, forse spesso, potrà accadere che sia impossibile essere d'accordo con lui su alcune questioni particolari, ciò nulla toglie alla genialità della sua ricerca. Non molto dopo quella di Bignone veniva pubblicata un'altra traduzione di Epicuro, con testo a fronte, ad opera del pili noto studioso moderno inglese di Epicuro e Lucrezio, C. Bailey (Oxford 1926). L'impostazione del lavoro era simile a quella di Bignone, cioè con esigenze essenzialmente esegetiche, anche se l'interesse per questioni pili minute del testo era pili continuo e pressante a causa della presenza nel lavoro dell'originale greco. Nella schiera degli esegeti di Epicuro, cioè nel filone di ricerche che ha avuto il suo primo esponente illustre in Bignone, rientra pienamente anche Carlo Diano. Anch'egli partiva dal tipo di contributo di «nota critica» che ha ormai tutta una sua tradizione nel campo degli studi epicurei (alla formazione della quale ha contribuito egli stesso autorevolmente in non poca parte), e che consiste
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GrazianoArrighe.tti
Introduzione
nel porre a proposito di un passo singolo anzitutto il problema delrinterpretazione nella maniera piU ampia e precisa per poi giungere come logica conclusione 1alla restituzione del testo; dava inoltre due contributi di mole e impegno ben piU ampi rappresentati l'uno dalla serie di articoli sJ La psicologiadi Epicuroe la teoria dellepassioni,che costituiscono una vera e propria opera monografica sulla dottrina dell'anima e l'etica epicurea, l'altro dalla raccolta dei testi etici epicurei nella quale, oltre a quanto già comparso negli Epicurea e al Gnomologio Vaticano, venivano pubblicati i papiri 1056, 697, 1191 contenenti uno dei testi pili in.teressanti che Ercolano ci abbia restituito. Ottimo conoscitore dei testi e della problematica aristotelica Diano procedeva sulla strada già intrapresa da Bignone, nonostante che con lui si ponesse spesso su un piano di decisa polemica. La figura di Epicuro, che Bignone aveva indagato nei suoi atteggiamenti polemici nei confronti di Platone e di Aristotele, risultava dalle ricerche di Diano di una maggiore completezza: vale a dire debitrice, soprattutto nei confronti di Aristotele, di non piccola parte di quei principi dottrinali fondamentali che costituiscono l'ossatura del suo sistema etico e della sua psicologia. Non solo, ma il tratto pili caratteristico delle ricerche di Diano consisteva nell'utilizzazione, accanto a quella dei testi tradizionali, di quanto del 1t:e:pl> N. S. XXIII 1949 59 ss,
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' Sigle e abbreviazionibibliografiche
Sigle e abbreviazionibibliografiche
XLVIII
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XLIX
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