Storia d'Italia, Volume 7, 1919-1936 [PDF]


126 97 2MB

Italian Pages 438 Year 2006

Report DMCA / Copyright

DOWNLOAD PDF FILE

Table of contents :
Piano dell'opera......Page 1
Cover......Page 2
copyright......Page 3
L'ITALIA IN CAMICIA NERA (1919-3 gennaio 1925)......Page 6
AVVERTENZA......Page 7
L'UOMO NUOVO......Page 8
I DUE FASCISMI......Page 69
L'AGONIA DI UN REGIME......Page 87
«O ROMA, O MORTE!»......Page 103
«UN BIVACCO DI MANIPOLI»......Page 126
IL «LISTONE»......Page 140
«IL CADAVERE TRA I PIEDI»......Page 159
IL 3 GENNAIO......Page 172
L'ITALIA LITTORIA (1925-1936)......Page 184
AVVERTENZA......Page 185
PARTE PRIMA: IL REGIME......Page 187
LA FINE DELL'AVENTINO......Page 188
NASCE IL TRIBUNALE SPECIALE......Page 205
«QUOTA NOVANTA»......Page 219
LA CONCILIAZIONE......Page 241
IL DUCE E LA SUA CORTE......Page 255
IL DECENNALE......Page 269
PARTE SECONDA: L'IMPERO......Page 299
L'ODIATO PUPILLO......Page 301
LA GUERRA DI DE BONO......Page 348
LA GUERRA DI BADOGLIO......Page 373
LA FAVORITA......Page 412
POSCRITTO......Page 416
CRONOLOGIA......Page 428

Storia d'Italia, Volume 7, 1919-1936 [PDF]

  • 0 0 0
  • Gefällt Ihnen dieses papier und der download? Sie können Ihre eigene PDF-Datei in wenigen Minuten kostenlos online veröffentlichen! Anmelden
Datei wird geladen, bitte warten...
Zitiervorschau

Piano

dell'opera:

STORIA D'ITALIA Voi. I 476-1250 STORIA D'ITALIA Voi. II 1250-1600 STORIA D'ITALIA Voi. I l i 1600-1789 STORIA D'ITALIA Voi. IV 1789-1831 STORIA D'ITALIA Voi. V 1831-1861 STORIA D'ITALIA Voi. VI 1861-1919 STORIA D'ITALIA Voi. VII 1919-1936 STORIA D'ITALIA Voi. VIII 1936-1943 STORIA D'ITALIA Voi. IX 1943-1948 STORIA D'ITALIA Voi. X 1948-1965 STORIA D'ITALIA Voi. XI 1965-1993 STORIA D'ITALIA Voi. XII 1993-1997

MONTANELLI

CERVI

STORIA D'ITALIA 1919 1936 INDRO MONTANELLI

L'ITALIA IN CAMICIA NERA Dal 1919 al spennalo 192$ INDRO MONTANELLI | MARIO CERVI

L'ITALIA LITTORIA Dal 1925 al 1936

STORIA D'ITALIA Voi. V I I EDIZIONE PER OGGI pubblicata su licenza di RCS Libri S.p.A., Milano © 2006 RCS Libri S.p.A., Milano Questo volume è formato da: Indro Montanelli

LItalia in camicia: nera © 1976 Rizzoli Editore, Milano © 1999 RCS Libri S.p.A., Milano Indro Montanelli - Mario Cervi

Eltalia littoria © 1979 Rizzoli Editore, Milano © 1999 RCS Libri S.p.A., Milano Progetto grafico Studio Wise Coordinamento redazionale: Elvira Modugno Fotocomposizione: Compos 90 S.r.l., Milano

Allegato a OGGI di questa settimana NON VENDIBILE SEPARATAMENTE Direttore responsabile: Pino Belleri RCS Periodici S.p.A. Via Rizzoli 2 - 20132 Milano Registrazione Tribunale di Milano n. 145 del 12/7/1948

Tutti i diritti di copyright sono riservati

~Y~^alla violenta irruzione del fascismo nella vita politica italiam mna, alla sua trasformazione in regime, alla sua conquista toJL^r tale dello Stato e dei suoi apparati, a quelli che Renzo De Felice definì «gli anni del consenso», alla vittoriosa impresa d'Abissinia, alla proclamazione dell'Impero. Questi anni di storia d'Italia coincidono con la vicenda personale di Benito Mussolini - un oscuro maestro di provincia che era stato, di volta in volta, un agitatore socialista, un deciso avversario della campagna libica, un eccezionale giornalista, un convinto interventista, un irriducibile avversario dei socialisti e della sinistra rivoluzionaria nell'immediato dopoguerra. Mussolini conquista il potere attraverso un simulacro di rivoluzione che sarebbe stato facilissimo evitare se ciò che rimaneva dello Stato liberale e Casa Savoia avessero avuto il coraggio di ordinare all'esercito di disperdere la massa sbandata di camicie nere che marciava su Roma forte solo della altrui debolezza. Così non fu e Mussolini prese il potere, benedetto anche da quei liberali che pensavano di servirsene e poi di scaricarlo. Si sbagliarono: Mussolini era un animale politico dal fiuto incredìbile. Si impadronì dello Stato, sopravvisse alla crisi del delitto Matteotti, istituì di fatto il regime con il famoso discorso del 3 gennaio 1925, avviò una politica economica che diede buoni risultati, avviò la grande stagione delle opere pubbliche (soprattutto la bonifica dell'Agro Pontino), istituì lo Stato corporativo... In Europa e nel mondo personaggi insospettabili (Churchill, per esempio) lo ammiravano e stimavano, l'opposizione antifascista era, come disse Giorgio Amendola, ridotta a un pugno di idealisti perseguitati in Italia e all'estero. Mussolini avrebbe potuto cogliere quel momento per giungere a una pacificazione definitiva del Paese (perfino i suoi oppositori più strenui sembravano rassegnati

ad accettarla), invece, inebriato dal successo della guerra d'Africa, si illuse che l'Italia fosse una grande potenza militare e su questo, come un giocatore d'azzardo, puntò tutto: nel giro di pochi anni avrebbe perso tutto e condotto alla rovina l'Italia.

INDRO MONTANELLI (Fucecchio 1909 - Milano 2001) è stato il più grande giornalista italiano del Novecento. Laureato in legge e in scienze politiche, inviato speciale del «Corriere della Sera», fondatore del «Giornale nuovo» nel 1974 e della «Voce» nel 1994, è tornato nel 1995 al «Corriere» come editorialista. Ha scritto migliaia di articoli e oltre c i n q u a n t a libri. Tra i suoi ultimi successi, tutti pubblicati da Rizzoli, ricordiamo: Le stanze (1998), Lltalia del Novecento (con Mario Cervi, 1998), La stecca nel coro (1999), Lltalia del Millennio (con Mario Cervi, 2000), Le nuove stanze (2001). MARIO CERVI è nato a Crema (Cremona) nel 1921. Laureato in legge, ufficiale di fanteria d u r a n t e il secondo conflitto mondiale, per molti anni è stato inviato speciale del «Corriere della Sera», articolista e inviato del «Giornale» e della «Voce». E stato d i r e t t o r e del «Giornale» dal 1997 al 2001. Tra le sue opere ricordiamo Storia della guerra di Grecia (1965; ed. BUR 2001), Mussolini - Album di una vita (Rizzoli 1992), / vent'anni del «Giornale» di Montanelli (con Gian Galeazzo Biazzi Vergani, Rizzoli 1994).

Indro Montanelli

L'ITALIA IN CAMICIA NERA (1919-3 gennaio 1925)

AVVERTENZA

Sebbene io non dia molta importanza alla cosiddetta «periodizzazione», mi è parso giusto racchiudere in un volume la vicenda della conquista del potere da parte di Mussolini dalla fondazione dei Fasci (1919) alla instaurazione della, dittatura (3 gennaio 1925), e non alla marcia su Roma, che dì quella conquista fu soltanto un episodio. La vera «svolta» infatti non fu quella, come credo di aver spiegato in questo libro, ma il discorso col quale, dopo le convulsioni provocate dal caso Matteotti, il riluttante Mussolini liquidò il vecchio regime e ne fondò, o credette di fondarne, uno nuovo. Naturalmente questo non è che il prologo alla storia dell'Italia fascista, e ne prevede la continuazione. Ma non so più quando potrò darla al lettore. Scrivo queste parole alla vigilia del 20 giugno [1976], e molto dipende - si capisce- dall'esito di queste terrìbili elezioni. Ma in qualunque modo vadano, la situazione a cui daranno avvìo è certamente di quelle che concederanno ben scarso margine per lo studio e la riflessione a un giornalista impegnato come me nella battaglia politica, fino alla cima dei capelli. Non so quindi, caro lettore, quando torneremo a incontrarci sul banco di libreria. Ma sappi che la mia non è una diserzione; è solo un trasferimento - speriamo temporaneo - di "servizio" in zona più disagiata. I. M.

CAPITOLO PRIMO

L'UOMO N U O V O

Il 31 d i c e m b r e del 1920, m o k i italiani d e t t e r o a d d i o all'anno che finiva convinti che con quello n u o v o sarebbe cominciata la «normalizzazione». La crisi e c o n o m i c a e r a t u t t o r a acuta. Le industrie stentavano a riconvertirsi alla p r o d u z i o ne di pace ed e r a n o minacciate dalla p e n u r i a di materie prim e , e specialmente del c a r b o n e , p e r c h é i Paesi fornitori ne avevano ridotti gli a p p r o v v i g i o n a m e n t i . La spinta inflazionistica, con la c o n s e g u e n t e svalutazione della m o n e t a , e r a forte, e soprattutto le categorie a r e d d i t o fisso ne e r a n o grav e m e n t e colpite. Lo Stato era indebitato fino al collo. La disoccupazione in a u m e n t o . Ma sei mesi p r i m a era t o r n a t o al g o v e r n o Giovanni Giolitti. E tutti p e n s a v a n o che il vecchio navigatore n o n avrebbe ripreso il timone della barca se n o n fosse stato sicuro di poterla rimettere in rotta. Sebbene avesse già settantotto a n n i e gli ultimi sei li avesse quasi tutti trascorsi nel suo rifugio p i e m o n t e s e al di fuori della mischia, Giolitti d i m o s t r a v a , o l t r e alla solita assoluta p a d r o n a n z a della «macchina» governativa, il fiuto e il temp i s m o dei suoi giorni migliori. Le elezioni a m m i n i s t r a t i v e da lui indette in a u t u n n o avevano segnato lo stallo, e q u a e là il declino dei socialisti, che dalla fine della g u e r r a in p o i a v e v a n o t e n u t o in s u b b u g l i o il Paese coi l o r o scioperi selvaggi, le loro violenze, il loro insurrezionalismo velleitario e parolaio. E il 4 n o v e m b r e le cerimonie p e r il secondo anniversario della vittoria, che l'anno p r i m a Nitti si e r a rifiutato di celebrare p e r p a u r a di disordini sovversivi, si e r a n o svolte s o l e n n e m e n t e e senza incidenti. Ma la p r o v a p i ù c o n v i n c e n t e della g e n e r a l e v o l o n t à di 9

pace l'aveva offerta la liquidazione dell'avventura fiumana. Nitti n o n aveva osato scacciare D ' A n n u n z i o dalla città: e r a sicuro che n o n solo i nazionalisti avrebbero messo a soqquad r o le piazze, ma che a n c h e l'Esercito, o a l m e n o alcuni suoi r e p a r t i , a v r e b b e r o d i s o b b e d i t o e solidarizzato col Poeta. Giolitti r i t e n n e che questo pericolo fosse o r m a i dileguato, e i fatti gli d e t t e r o ragione. Q u a n d o il generale Caviglia gl'ingiunse di s g o m b r a r e la città, invano il Poeta lanciò un d r a m matico appello all'Italia p e r c h é scendesse p e r le strade a imp e d i r e il «Natale di sangue» o a vendicarlo. Stanca dei suoi istrionismi, l'Italia n o n si mosse, i soldati fecero il loro dover e , e il Poeta d o v e t t e m a l i n c o n i c a m e n t e ritirarsi nella sua villa di G a r d o n e biasciando invettive c o n t r o u n a patria a cui le feste s e m b r a v a n o stare p i ù a c u o r e dell'italianità di Fiume. Quest'ultima mossa, che ci riaccreditava presso gli Alleati e segnava la fine di u n a pericolosa tensione con la Jugoslavia, Giolitti n o n l'aveva tuttavia i m p r o v v i s a t a . Essa e r a il frutto di u n a l u n g a e delicata m a n o v r a sotto banco, intesa a isolare D'Annunzio da Mussolini. Questi era stato, a l m e n o a p a r o l e , il più g r a n d e sostenitore dell'impresa fiumana. Ma Giolitti si era accorto che si trattava a p p u n t o solo di parole. In realtà Mussolini aveva d a t o a D ' A n n u n z i o il suo a p p o g gio p e r c h é q u e s t o attirava m o l t e r e c l u t e sotto la b a n d i e r a della forza politica ch'egli aveva cominciato a o r g a n i z z a r e fin dal m a r z o del ' 19: il Fascio. Ma di D'Annunzio voleva servirsi, n o n servirlo. Per cui d a p p r i n c i p i o agì come suo luogot e n e n t e ; ma poi, via via che la sua forza cresceva e gli entusiasmi p e r F i u m e s'intiepidivano, cominciò a p r e n d e r e da lui le distanze, a n c h e se n o n scopertamente. Di questa complessa vicenda, d a r e m o maggiori dettagli più avanti. Ma p e r o r a si p u ò , all'ingrosso, riassumerla così. La p r i m a seria frizione fra i d u e u o m i n i avvenne al m o m e n to del t r a t t a t o di R a p a l l o c h e lasciava la Dalmazia - m e n o Zara - alla Jugoslavia, e faceva di F i u m e u n a «città libera», cioè un piccolo Stato i n d i p e n d e n t e . M e n t r e D'Annunzio de10

finiva questo trattato «un t r a d i m e n t o » , Mussolini sul Popolo d'Italia lo salutava c o m e «il m i n o r e dei mali». Q u e s t o gli valse la defezione di alcuni seguaci, indignati dal «voltafaccia», ma gli p r o c u r ò un alleato, Giolitti, che della r o t t u r a fra i d u e u o m i n i approfittò p e r isolare e liquidare quello ch'egli considerava il p i ù pericoloso. N a t u r a l m e n t e Mussolini insorse c o n t r o il «Natale di sangue» e d e n u n z i ò con parole di fuoco il «fratricidio». In realtà era b e n c o n t e n t o della ingloriosa fine dell'avventura fiumana, che lo liberava di u n o s c o m o d o alleato e di un pericoloso rivale. A Mussolini, Giolitti n o n d a v a m o l t a i m p o r t a n z a . E r a convinto che il suo Fascio n o n fosse che u n o dei tanti «gruppuscoli» nati nel disordine del d o p o g u e r r a e destinati a dissolversi con la normalizzazione. Anzi si p r o p o n e v a di strumentalizzarlo p e r t e n e r e in rispetto i socialisti. E lo disse anche a Sforza, che invece se ne mostrava p r e o c c u p a t o : «Sono dei fuochi d'artificio, che fanno m o l t o r u m o r e ma si s p e n gono rapidamente». E mai pronostico ebbe u n a più clamorosa smentita. Benito Mussolini era nato nell"83 a Dovia, u n a frazione di P r e d a p p i o in quel di Forlì. Suo p a d r e Alessandro veniva da u n a famiglia di piccoli coltivatori d i r e t t i c h e , a n d a t i in rovina, avevano d o v u t o v e n d e r e il p o d e r e , e gestiva un'officina di fabbro, ma ci si dedicava p o c o , tutto p r e s o c o m ' e r a dalla politica. Militava n e l p a r t i t o socialista, c h e allora si chiamava «internazionalista» e che ancora n o n si e r a liberato dalla sua m a t r i c e a n a r c h i c a . Di q u e s t a m a t r i c e p o r t a v a egli stesso b e n visibili le stigmate nel suo acceso massimalismo, che gli valse p r i m a l'ammonizione, e p p o i la prigione p e r sei mesi. A m m i r a t o r e di Costa e di C i p r i a n i , e b b e a n c h e qualche p a r t e nella politica locale fino a diventare prosindaco. Ma c o m e p a d r e di famiglia lasciava piuttosto a desiderare. A m a n d a r l a avanti p r o v v e d e v a la moglie, Rosa Maltoni, che faceva la maestra e l e m e n t a r e e teneva scuola in casa, in u n a stanzuccia a n n e s s a alla cucina. Di e s t r a z i o n e e formazione piccolo-borghese, essa era l'antitesi del marito: devota 11

alla Chiesa e attaccata all'ordine tradizionale. Aveva voluto il m a t r i m o n i o religioso (e A l e s s a n d r o se n ' e r a scusato coi compagni dicendo: «Sono un ateo, ma un ateo innamorato») e il battesimo dei figli. Ma, q u a n t o alla loro educazione, aveva lasciato fare al marito. Molti storici d i c o n o c h e A l e s s a n d r o c o n t ò m o l t o p e r la f o r m a z i o n e di Benito. Ma q u e s t o ci s e m b r a che valga solo p e r il carattere, i cui segni ereditari sono evidenti. Lo stesso n o m e gli fu dato in omaggio a Benito J u a r e z , il rivoluzionario messicano che pochi a n n i p r i m a aveva fatto fucilare l'imp e r a t o r e Massimiliano, così c o m e suo fratello ebbe quello di A r n a l d o i n o m a g g i o a d A r n a l d o d a Brescia. M a sul p i a n o ideologico n o n si vede che cosa Alessandro potesse insegnare al figlio p e r c h é nella sua testa c'era soltanto u n a g r a n confusione, c o m e risulta dai pochi scritti in cui si cimentò, e nei quali si leggono pensieri di questo g e n e r e : «Il socialismo è la scienza e l'excelsior che illumina il m o n d o . E u n a sublime a r m o n i a di concetti, di pensiero e d'azione che p r e c e d e al g r a n c a r r o d e l l ' u m a n o p r o g r e s s o nella sua marcia trionfale verso alla g r a n m é t a del bello, del giusto e del vero». Molto più che di questi aforismi, il r i v o l u z i o n a r i s m o di Mussolini dovette nutrirsi della miseria e delle frustrazioni che lastricano la sua fanciullezza e adolescenza. Sua sorella Edvige racconta che il b a m b i n o rimase m u t o fino a tre a n n i , t a n t o c h e lo p o r t a r o n o da un d o t t o r e , il q u a l e a v r e b b e risposto: «Parlerà, state tranquilli, p a r l e r à a n c h e t r o p p o » : un o r o s c o p o che ci s e m b r a un p o ' c o s t r u i t o a posteriori, e c h e c o m u n q u e d a p p r i n c i p i o n o n t r o v ò c o n f e r m a . F i n o all'età dei p a n t a l o n i l u n g h i , il ragazzo p a r l ò poco e quasi soltanto sotto lo stimolo dell'ira. Solitario e scontroso, trascorreva le sue giornate sui campi senza altri r a p p o r t i coi suoi coetanei che di risse e cazzottate. Q u a n d o t o r n a v a p e s t o a casa, suo p a d r e l'aizzava a vendicarsene. E questi furono i veri influssi ch'egli esercitò su di lui. Per fargli finire le elementari, sua m a d r e dovette mettercela tutta. D o p o d i c h é essa esigette che il ragazzo fosse m a n 12

d a t o al collegio dei salesiani di Faenza, il quale p r o v v i d e a d a r e l'ultimo ritocco alla sua protervia. Abituato a d o r m i r e col fratello in cucina su un materasso imbottito di foglie di g r a n t u r c o e a m a n g i a r e mattina e sera u n a z u p p a di piada e di v e r d u r a , Benito soffrì n o n della ferrea dieta del refettorio e del p a n e p i e n o di f o r m i c h e , ma della divisione della m e n s a in tre r e p a r t i secondo la classe sociale degli allievi, e della sua relegazione in quella dei poveri. N e m m e n o fra di essi si fece degli amici. Per i suoi c o n t i n u i atti di ribellione passò da un castigo all'altro, finché un giorno ricorse al coltello ficcandolo nella coscia d ' u n c o m p a g n o . E fu espulso. A c o n t i n u a r e gli studi lo m a n d a r o n o al «Giosuè C a r d u c ci» di Forlimpopoli, diretto dal fratello del poeta, Valfredo. Benito ci arrivò con l'aureola dell'accoltellatore, che in Rom a g n a è s e m p r e m o l t o a p p r e z z a t a , ci r i m a s e sette a n n i , e ne uscì nel '901 col d i p l o m a di m a e s t r o . A n c h e qui trovò il m o d o d i farsi espellere p e r indisciplina; m a C a r d u c c i , che aveva un debole p e r lui, gli consentì di seguitare a frequentare le lezioni come «esterno». Dalle testimonianze dei suoi c o m p a g n i di scuola, risulta ch'egli n o n ne cercò mai l'amicizia, ma solo la sottomissione. N o n voleva essere a m a t o , ma solo t e m u t o e a m m i r a t o , e p e r questo ricorreva a gesti teatrali c o m e q u a n d o , incaricato dagl'insegnanti di c o m m e m o r a r e Verdi, n e p r e s e s p u n t o p e r u n o s p r o l o q u i o politico c o n t r o la borghesia e il capitalismo che mise nei guai il p o vero Carducci. C o m e profìtto, se la cavava abbastanza b e n e , ma senza molto applicarsi. Fin da allora rivelava u n a straordinaria facilità a i m p a d r o n i r s i subito d ' u n a r g o m e n t o r i d u c e n d o l o all'essenziale: il c h e gli evitava Io sforzo di a p p r o f o n d i r l o . Ma sui libri di testo ci stava p o c o . Preferiva i r o m a n z i , s o p r a t t u t t o quelli «sociali» di scuola francese, da H u g o a Zola; e p e r leggerli in p a c e si ritirava nella t o r r e c a m p a n a r i a . Ma seguiva a n c h e i giornali, q u a n d o riusciva a procurarsene. Sui sedici a n n i prese contatto con la locale sezione socialista, ma n o n risulta che vi abbia militato attivamente. Infat13

ti n o n ostentò mai il distintivo d'obbligo dei socialisti r o m a gnoli: la cravatta rossa. Rimase s e m p r e fedele a quella nera, c h ' e r a il distintivo, a l t r e t t a n t o d'obbligo, dei r e p u b b l i c a n i . A n c h e c o m e l e t t u r e , alla politica n o n dedicava m o l t o temp o , forse svogliato dai cattivi c o m p e n d i di m a r x i s m o che suo p a d r e gli aveva p r o p i n a t o da b a m b i n o , e oltre i quali sarebbe a n d a t o poco anche da g r a n d e . Il suo socialismo era quello de / miserabili, n o n c h é degli opuscoli e degli articoli di Costa, di Cafiero, di C i p r i a n i e degli altri «internazionalisti» che allora a n d a v a n o p e r la m a g g i o r e . Forse l'unico classico del socialismo che gli e n t r ò nel s a n g u e c o m e il p i ù c o n g e niale fu Babeuf, di cui lesse quasi tutto e su cui compose anc h e delle cattive poesie d i s t a m p o c a r d u c c i a n o . C o m e n o n ebbe amici, così n o n ebbe amori. La sua scuola di galanteria fu il b o r d e l l o , di cui c o n s e r v ò s e m p r e lo stile g r o s s o l a n o e spicciativo. Orgoglioso della p r o p r i a virilità, la trovava inc o m p a t i b i l e con l ' a b b a n d o n o e la t e n e r e z z a . Delle m o l t e d o n n e della sua vita, n o n si concesse a nessuna, t r a n n e forse l'ultima, Claretta. Le p r e n d e v a c o m e il gallo p r e n d e la gallina. Il d i p l o m a di m a e s t r o con cui t o r n ò a casa nel '901 n o n gli servì a t r o v a r e un posto. Cercò di r e n d e r s i utile d a n d o u n a m a n o al p a d r e nell'officina, ma con poco costrutto perché e n t r a m b i d e t e s t a v a n o il lavoro; e i n t a n t o p r e n d e v a lezioni di violino da un m a e s t r o locale, un certo Montanelli, che b e n e o male gl'insegnò a strimpellarlo. Sebbene seguitasse a proclamarsi socialista, attività politica n o n ne svolse. L e sue ambizioni s e m b r a v a n o p i ù c h e altro l e t t e r a r i e p e r ché la m a g g i o r p a r t e del t e m p o lo passava a b u t t a r giù abbozzi di romanzi che poi lasciava r e g o l a r m e n t e a mezzo. Fin a l m e n t e il c o m u n e socialista di Gualtieri gli offrì u n a s u p plenza, che gli servì solo a capire di essere poco vocato alla pedagogia. Alla fine dell'anno scolastico egli scrisse all'unico c o m p a g n o di scuola con cui era rimasto in c o r r i s p o n d e n z a , Bedeschi, che lasciava il posto p e r c h é n o n lo p a g a v a n o abbastanza. Ma mentiva. N o n gli r i n n o v a v a n o l'incarico p e r 14

che, a p p e n a arrivato, aveva sedotto u n a giovane sposa che, cacciata di casa dal marito, era a n d a t a a vivere con lui: cosa che aveva scandalizzato a n c h e i socialisti, p r o p u g n a t o r i del libero a m o r e , p u r c h é praticato lontano dalle loro mogli. Fu allora che decise di e m i g r a r e in Svizzera. Vi g i u n s e nell'estate del ' 9 0 2 , e ci rimase quasi d u e a n n i e mezzo, salvo un breve r i m p a t r i o p e r u n a malattia di sua mad r e . Fu, p e r la sua formazione, un p e r i o d o i m p o r t a n t e , ma n o n p e r l'esperienza proletaria vissuta e sofferta deliberatam e n t e , c o m e d i c o n o alcuni suoi a p o l o g e t i . Mussolini fece a n c h e il manovale, il magazziniere e altri umili mestieri perché le circostanze q u a l c h e volta ve lo c o s t r i n s e r o . Ma in realtà sin d a p p r i n c i p i o egli cercò di m e t t e r e a frutto la p r o p r i a superiorità d'intelletto e di c u l t u r a sugli altri emigrati - povera gente analfabeta o semianalfabeta - dandosi ad attività organizzative e propagandistiche. C h e la politica seguitasse a interessarlo relativamente, lo dimostra il fatto ch'egli n o n cercò contatti con l'ambiente internazionale dei rivoluzionari e u r o p e i , che allora avevano in Svizzera u n a delle loro p i ù fiorenti centrali. Fra gli altri c'era a n c h e L e n i n , con cui p a r e che u n a volta si sia incontrato ma senza sapere chi fosse p e r c h é p o r t a v a un altro n o m e . Mussolini n o n e r a attratto dai loro problemi dottrinari. Voleva soltanto risolvere quello suo personale con qualche attività che lo esentasse dal lavoro m a n u a l e . E perciò prese contatto col sindacato italiano dei m u r a t o r i da cui ebbe un sussidio, e col giornale L'avvenire del lavoratore, di cui o t t e n n e la collaborazione. F u r o n o questi i primi effettivi r a p p o r t i ch'egli strinse col partito socialista, e lo fece p e r sbarcare il lunario. I proventi che ne ricavava e r a n o scarsi. Ma e b b e m o d o di rivelarsi a n c h e a se stesso, c o m e un efficace comiziante e un polemista incisivo. Sebbene poveri di c o n t e n u t o e a n c o r a pieni di smagliature, sul livello m e d i o della pubblicistica socialista di allora, i suoi articoli facevano spicco p e r concretezza e polposità. Un incidente contribuì a r e n d e r e vieppiù p o p o l a r e il suo 15

n o m e . D o p o un comizio a B e r n a in cui aveva incitato alla violenza, fu arrestato e d o p o d u e settimane di p r i g i o n e acc o m p a g n a t o alla frontiera. Ma in Svizzera le m i s u r e di polizia h a n n o vigore soltanto «cantonale», cioè r e g i o n a l e . Sicché l'espulso p o t è r i e n t r a r e d a u n altro C a n t o n e , quello d i L o s a n n a , dove lo richiamava u n a bella studentessa polacca con cui aveva intrecciato relazione. E fu qui che t o r n ò d o p o il breve r i m p a t r i o p e r la malattia di sua m a d r e . In Italia n o n voleva r e s t a r e p e r c h é di lì a q u a l c h e m e s e la sua classe sarebbe stata chiamata di leva, ed egli aveva deciso di n o n p r e sentarsi p e r manifestare p u b b l i c a m e n t e il suo antimilitaris m o . Infatti n e l l ' a p r i l e d e l '904 fu d i c h i a r a t o d i s e r t o r e e c o n d a n n a t o a un a n n o di reclusione. Un altro episodio che contribuì alla sua popolarità fu un pubblico c o n t r a d d i t t o r i o con u n p a s t o r e p r o t e s t a n t e sull'esistenza di Dio. Raccolti in opuscoli, gli a r g o m e n t i a d d o t t i da Mussolini p e r negarla a p p a i o n o b e n p o v e r a cosa. Ma ce ne fu u n o che trascinò dalla sua l'uditorio. C a v a n d o di tasca l'orologio, egli gridò: «Se Dio c'è, gli dò d u e minuti di tempo p e r fulminarmi». E incrociando le braccia attese, impavido e t e a t r a l e , la f o l g o r a z i o n e . Riscosse invece, al t e r m i n e della suspense, u n o scrosciante a p p l a u s o . Fu u n o dei suoi p r i m i riusciti e s p e r i m e n t i di m a g ì a o r a t o r i a , c h e gli valse a n c h e u n a qualifica di «esperto» di questioni religiose. In aprile fu di n u o v o espulso p e r c h é , essendogli scaduto il passaporto e n o n p o t e n d o rinnovarlo p e r la sua condizione di disertore, ne aveva falsificato la data. Stavolta dovevano c o n s e g n a r l o alla polizia italiana, che lo avrebbe avviato alla prigione. Ma a p p u n t o p e r questo i «compagni», sia italiani che svizzeri, o r g a n i z z a r o n o tali manifestazioni di p r o testa a n c h e sulla s t a m p a e in P a r l a m e n t o c h e la m i s u r a fu revocata, e il r e p r o b o , d o p o un breve soggiorno in Ticino e in Savoia, p o t è t o r n a r s e n e a L o s a n n a . Fu quella - dirà p i ù t a r d i nel b r e v e saggio autobiografico scritto nel c a r c e r e di Forlì - «un'estate di forte occupazione intellettuale». Mantenendosi alla meglio col solito lavoro propagandistico e inte16

g r a n d o n e gli scarsi proventi con saltuari impieghi, s'iscrisse all'Università p e r seguire i corsi di Vilfredo Pareto, il g r a n de e c o n o m i s t a e sociologo italiano c h e s o t t o p o n e v a a u n a critica demolitrice la democrazia e le ideologie che le fanno d a s u p p o r t o . N o n è v e r o ch'egli e b b e r a p p o r t i diretti col Maestro, c o m e dicono alcuni suoi biografi. Lo smentisce lo stesso P a r e t o in u n a l e t t e r a a Placci: «Mussolini v e n n e ai miei corsi, ma io n o n lo c o n o b b i p e r s o n a l m e n t e » . E v e r o p e r ò che il giovanotto rimase fortemente impressionato dalle sue lezioni: n o n tanto forse p e r la profondità del pensiero eh'egli n o n e r a i n g r a d o d i p e n e t r a r e , q u a n t o p e r c h é esse fornivano un p u n t e l l o d o t t r i n a r i o alle sue intuizioni. Il disprezzo p e r le teorie u m a n i t a r i e , la giustificazione della violenza c o m e forza motrice della Storia e il concetto che q u e sta avesse a p r o t a g o n i s t e le m i n o r a n z e e n o n le masse, egli già li aveva nel sangue, ereditati dal p a d r e . Ma Pareto glieli mise in bella copia, d e b i t a m e n t e autenticati sul p i a n o culturale. O r a n o n frequentava p i ù soltanto i poveri manovali, ma aveva allacciato r a p p o r t i con p e r s o n e destinate a contare sul seguito della sua avventura politica. U n a di queste era Giacinto Menotti Serrati, un socialista di Oneglia di poca scuola e di scarse e abborracciate letture, ma r e d u c e da avventure alla Jack L o n d o n . A v e n t ' a n n i e r a già delegato al p r i m o congresso del p a r t i t o , quello di G e n o v a c h e aveva p r o c l a m a t o la scissione dagli a n a r c h i c i , dei quali egli fu p o i s e m p r e il bersaglio. Lo consideravano un traditore e n o n smisero mai di d e n u n z i a r l o c o m e agente provocatore e delatore al servizio della polizia: u n ' i n f a m e c a l u n n i a . T u t t a la sua vita e r a stata un andirivieni fra t r i b u n a l e e p r i g i o n e , i n t r a m e z z a t o da espatrii e r i m p a t r i i clandestini. Aveva fatto il mozzo, lo scaricatore di p o r t o a Marsiglia, il terrazziere nel M a d a g a scar, il giornalista a New York, e finalmente e r a a p p r o d a t o in Svizzera in qualità di p r o p a g a n d i s t a e organizzatore degli emigrati italiani. La sua amicizia con Mussolini - destinata a sfociare dieci a n n i più tardi nella più accanita e irriducibile 17

inimicizia - n a c q u e soprattutto da u n a certa affinità di temp e r a m e n t o . A n c h e S e r r a t i e r a u n a u t o d i d a t t a e u n massimalista, senza originalità di pensiero e istintivamente avverso ai T u r a t i , ai Treves e agli altri «intellettuali» del p a r t i t o . Ma, a differenza di Mussolini, sapeva anche r i d e r e , a l m e n o fin q u a n d o n o n s'impermaliva p e r c h é e r a suscettibilissimo e incapace di controllare i p r o p r i furori. Un p e r s o n a g g i o ins o m m a di m e d i o c r e levatura, ma rispettabile sul p i a n o u m a n o : coraggioso, g e n e r o s o , onesto, sincero. Lo d i m o s t r ò con Mussolini a i u t a n d o l o f r a t e r n a m e n t e a scalare nel partito p o sizioni s e m p r e p i ù alte, senza mai ingelosirsene, cosa r a r a fra i politici. R o m p e r à con lui u n i c a m e n t e p e r ragioni ideologiche, e da allora gli sarà nemico nella stessa misura in cui gli era stato amico. Un altro utile i n c o n t r o fu p e r Mussolini quello con Angelica Balabanoff, p e r s o n a g g i o già di n o t e v o l e rilievo n e l socialismo internazionale. E r a u n a russa di b u o n a famiglia b o r g h e s e , c h e fin da giovanissima si e r a i m b r a n c a t a c o n quella intellighenzia rivoluzionaria da cui v e n i v a n o a n c h e i L e n i n , i Trotzky, e gli altri futuri g r a n d i del bolscevismo. A s p i n g e r c e l a e r a stata la ribellione c o n t r o la m e s c h i n i t à , lo snobismo provinciale, il sussiego di casta, i tabù del suo ceto. Essa stessa ha raccontato che, p e r u n a cerimonia nuziale, suo zio aveva fatto f e r m a r e un t r e n o p e r d a r e t e m p o agl'invitati di fare i b r i n d i s i d ' u s o m e n t r e gli altri viaggiatori aspettavano r a s s e g n a t a m e n t e seduti sui loro bagagli. A ventidue a n n i e r a espatriata e aveva girovagato p e r i Paesi occidentali, g u a d a g n a n d o s i la vita c o m e traduttrice p e r c h é aveva, come tutti i russi, g r a n disposizione alle lingue, e ne p a r lava c o r r e n t e m e n t e otto. Gli a n n i più felici li aveva trascorsi in Italia, dove fra l'altro aveva seguito le lezioni di A n t o n i o Labriola, il p i ù serio i n t e r p r e t e di M a r x . Ma, a differenza della sua compatriota A n n a Kuliscioff con cui n o n fu mai in b u o n i r a p p o r t i n o n o s t a n t e la c o m u n i t à di origine e di idee, n o n e r a soltanto un'intellettuale del socialismo. Lo praticava da militante, vivendo da proletaria fra i proletari. 18

Fu così che nel 1902, m e n t r e teneva a Ginevra un piccolo comizio a un g r u p p o di e m i g r a t i italiani, vide fra i suoi ascoltatori un giovanotto dagli occhi sbarrati e dal volto cadaverico sotto la b a r b a mal rasata. Scesa dal p o d i o , volle conoscerlo. Mussolini le si p r e s e n t ò c o m e un disperato, minato dalla sifilide e da u n a tabe ereditaria, e incapace di sopp o r t a r e qualsiasi lavoro. N o n si è mai s a p u t o con certezza se la sifilide l'avesse davvero. Ma si sa ch'egli se ne faceva quasi un v a n t o , c o m e di u n a g a r a n z i a di virilità e di successo con le d o n n e . Ad Angelica disse a n c h e c h e gli a v e v a n o offerto c i n q u a n t a franchi p e r la t r a d u z i o n e di un opuscolo di Kautsky, m a che doveva r i n u n z i a r c i p e r c h é n o n conosceva abbastanza il tedesco. Angelica, che invece lo sapeva benissim o , si offrì di aiutarlo. E così fra i d u e n a c q u e un'amicizia di cui è difficile stabilire l'esatta n a t u r a . Angelica n o n e r a bella, n o n aveva l a grazia e t e r e a e d e s a n g u e d i A n n a . M a n o n e r a n e m m e n o sgradevole, n o n o stante i fianchi massicci e gli zigomi p r o n u n c i a t i , e p p o i e r a russa, cosa che faceva g r a n d e effetto al piccolo provinciale di P r e d a p p i o . A n c h e se fra l o r o n o n d i v a m p ò la p a s s i o n e che aveva legato A n n a ad A n d r e a Costa, qualcosa ci fu, ed ebbe la sua i m p o r t a n z a . Angelica cercò d'incivilire quel selvaggio t r a s a n d a t o che passava da ostinati m u t i s m i a interminabili sproloqui conditi di o r r e n d e bestemmie. Lo sfamava, gli lavava la b i a n c h e r i a , lo iniziava, sia p u r e c o n p o c o successo, al m a r x i s m o , lo difendeva dalle accuse di u n ' a n a r chica italiana, Maria Rygier, che lo detestava e diceva di aver le p r o v e ch'egli e r a al servizio della polizia francese: un'accusa che ogni poco sarebbe t o r n a t a a circolare c o n t r o di lui e che aveva lo stesso f o n d a m e n t o di quella lanciata c o n t r o S e r r a t i . Tuttavia a n c h e Angelica p i a n o p i a n o si rese c o n t o che nel socialismo di Mussolini pesava più l'odio verso i ricchi c h e l ' a m o r e verso i p o v e r i , m e n t r e Mussolini diceva di lei che «nel suo c o r p o i succhi circolano, ma nella sua m e n t e le idee si disseccano». Il fatto è che, p u r legato a lei sul piano u m a n o , Mussolini 19

r e p u g n a v a alla sua ideologia. D o p o Pareto, le sue g r a n d i scop e r t e e r a n o Kropotkin e Sorel. Sono scelte significative. Kropotkin era il g r a n d e teorico dell'anarchia che vede nel socialismo un figlio b a s t a r d o e d e g e n e r a t o , e Sorel l'esaltatore della violenza c o m e «levatrice della Storia». Questi incontri n o n rimasero senza effetti. Da allora egli cominciò a seguire con a t t e n z i o n e il m o v i m e n t o sindacalista rivoluzionario e i suoi araldi: A r t u r o Labriola, Olivetti, De Ambris, Panunzio, Corridoni, O r a n o , alcuni dei quali r i t r o v e r e m o in posizione di precursori nel composito calderone fascista. Fin allora essi avevano militato c o m e ala rivoluzionaria del partito socialista. Ma nel '904 ne uscirono e p e r accentuare la p r o p r i a ind i p e n d e n z a f o n d a r o n o un g i o r n a l e , Avanguardia socialista. Mussolini cominciò a collaborarvi. N o n risulta che s'iscrivesse al movimento. Ma che vi aderisse ideologicamente n o n c'è dubbio, ed egli stesso lo dichiarò in u n a lettera a Prezzoline Alla fine di q u e l l ' a n n o 1904 un fatto n u o v o gli p e r m i s e di r i e n t r a r e in Italia. La R e g i n a Elena aveva d a t o alla luce l'erede al t r o n o , e c o m e s e m p r e capita in occasione di questi fausti eventi e r a stata p r o m u l g a t a un'amnistia di cui beneficiavano a n c h e i disertori a p a t t o che si p r e s e n t a s s e r o al distretto. Mussolini decise di farlo. La famiglia, che passò a salutare p r i m a di rivestire i p a n n i militari, lo trovò poco camb i a t o : gli stessi occhi spiritati n e l volto o s s u t o , p a l l i d o ed e t e r n a m e n t e mal rasato, la stessa scontrosità, gli stessi cupi silenzi interrotti da scoppi di collera a base di turpiloquio. Fu a r r u o l a t o tra i bersaglieri e destinato a un r e g g i m e n t o di Verona dove, su segnalazione della Q u e s t u r a di Forlì, lo t e n n e r o sotto s t r e t t a sorveglianza. Ma la sua c o n d o t t a fu esemplare. Di lì a poco ebbe u n a licenza p e r accorrere al capezzale di sua m a d r e , ma n o n fece in t e m p o a v e d e r l a . Q u a n t o p r o f o n d o fosse l'affetto che lo legava a lei, n o n si è mai s a p u t o con certezza. Q u a l c u n o dice ch'egli l'amava ten e r a m e n t e e ne subiva molto l'influenza, ma n o n ne esistono prove. Nel settembre del 1906 t e r m i n ò la sua ferma senza il m i n i m o incidente, tanto che insieme al c o n g e d o gli ri20

lasciarono un certificato di «buona condotta»: a un amico, il quale lo aveva invitato a svolgere p r o p a g a n d a socialista fra i commilitoni, aveva scritto u n a lettera di rifiuto. In famiglia si t r a t t e n n e d u e mesi, poi p a r t ì p e r Tolmezzo dove gli avevano offerto un posto di m a e s t r o , e fu un altro fiasco. Per sua stessa ammissione, il futuro dittatore n o n riuscì a t e n e r e in p u g n o i ragazzacci c h e gli a v e v a n o affidato, ma forse n o n fu tanto m a n c a n z a di energia, q u a n t o di vocazione: alla scuola n o n e r a p o r t a t o , e p e r di più a n c h e a Tolm e z z o i n c a p p ò i n u n ' a v v e n t u r a g a l a n t e c h e fece scandalo p e r c h é si concluse a bastonate fra lui e il m a r i t o dell'adultera. D o v e t t e t o r n a r s e n e a Dovia e a s p e t t a r e il febbraio d e l 1908 p e r avere un altro incarico, stavolta a Oneglia. E c u r i o s o c h e in t u t t o q u e s t o p e r i o d o egli n o n facesse nulla p e r allacciare r a p p o r t i p i ù stretti col p a r t i t o , c o m e se alla milizia politica r e p u g n a s s e . Ma O n e g l i a gli offrì n u o v e p r o s p e t t i v e . Il C o m u n e e r a r e t t o d a i socialisti, e a farvi il b u o n o e il cattivo t e m p o e r a n o Manlio e Lucio Serrati, fratelli del suo b u o n amico di Svizzera. Essi accolsero Mussolini con calore, e Lucio, che dirigeva La Lima, lo invitò a collaborarvi. La Lima e r a u n a rivista scalcagnata, ma scrivere e r a p e r Mussolini l'unico esercizio che v e r a m e n t e lo appassionasse. Al p u n t o che p e r gli articoli trascurò c o m e al solito gli allievi, e riperse il posto. Siccome La Lima n o n pagava, p u r cont i n u a n d o a collaborarvi egli dovette t o r n a r e a casa, ma stavolta n o n vi rimase a macerarsi in l u n g h e passeggiate solitarie. Era in atto nelle c a m p a g n e del forlivese u n a complicata faida fra mezzadri e braccianti p e r la gestione delle trebbiatrici. Mussolini v ' i n t e r v e n n e p a r t e g g i a n d o nei suoi articoli per i braccianti, ch'erano l'elemento più turbolento ed estremista. Così si trovò coinvolto in un tafferuglio che gli valse l'arresto e u n a c o n d a n n a a dodici g i o r n i di p r i g i o n e , m a a n c h e u n a certa popolarità. O r a i Mussolini n o n stavano p i ù a Dovia p e r c h é Alessand r o si e r a consolato della sua vedovanza u n e n d o s i con u n a 21

certa A n n a Guidi con cui aveva a p e r t o un'osteria a Forlì. Benito rimase con loro d u e mesi, s e m p r e i m p e g n a t o a scrivere n o n più p e r La Lima, ma p e r Pagine libere, u n a rivista che il sindacalista Olivetti p u b b l i c a v a a L u g a n o , e p e r il Pensiero romagnolo, o r g a n o della f e d e r a z i o n e r e p u b b l i c a n a , e occup a n d o s i p i ù di l e t t e r a t u r a c h e di politica. Infatti c o m p o s e a n c h e un l u n g o saggio sulla n a r r a t i v a di Beltramelli, che a dire il vero n o n rivela molto a c u m e critico. Più interessante è u n a sua postilla a u n a conferenza di Treves su Nietzsche. A n n i d o p o egli disse a un intervistatore che Nietzsche egli 10 aveva letto e p r o f o n d a m e n t e m e d i t a t o in Svizzera. Ma fin allora n o n ne aveva m a i p a r l a t o . E il sospetto che lo c o n o scesse solo s u p e r f i c i a l m e n t e e di s e c o n d a m a n o ci s e m b r a c o n f e r m a t o dai t r e articoli c h e gli d e d i c ò su Pagine libere, piuttosto rozzi e approssimativi. C e r t a m e n t e gli piacque l'esaltatore della forza e lo spregiatore della democrazia, quale egli stesso si sentiva. Ma altro n o n fu capace di vedere in lui. T u t t a v i a è significativo q u e s t o p a s s a g g i o : «Le o p e r e di Nietzsche mi h a n n o guarito del mio socialismo... Mi ha fatto particolare impressione la frase: vivete pericolosamente». Nel febbraio del 1909 p a r t ì p e r T r e n t o , e stavolta senza i m p e g n i scolastici. A q u a n t o p a r e e r a n o stati Serrati e la Balabanoff a p r o c u r a r g l i la d i r e z i o n e del p e r i o d i c o socialista locale, LAvvenire del lavoratore. Fu la sua p r i m a missione di p a r t i t o , e n o n si p r e s e n t a v a di facile assolvimento. T r e n t o allora n o n e r a a u s t r i a c a solo p e r c h é c ' e r a u n Prefetto d i Vienna. Lo e r a a n c h e c u l t u r a l m e n t e . Il partito di g r a n lunga più forte e r a quello «popolare», cioè cattolico, che aveva 11 suo leader in Alcide De Gasperi, d e p u t a t o al P a r l a m e n t o di Vienna e d i r e t t o r e del quotidiano // Trentino. La sua lotta in difesa dell'italianità della provincia n o n a n d a v a oltre l'ambito amministrativo. I cattolici trentini si battevano p e r l'auton o m i a , n o n p e r la liberazione dal «giogo austriaco», e p e r q u e s t o la l o r o «base» e r a così forte: in sostanza e r a n o d e i c o n s e r v a t o r i s t r e t t a m e n t e legati ai p o t e r i costituiti, cioè al Vescovo e a l l ' I m p e r a t o r e . 22

I socialisti e r a n o u n a esigua m i n o r a n z a che faceva capo a C e s a r e Battisti e al suo g i o r n a l e // Popolo; ma c h e , p i ù c h e dal socialismo, t r a e v a n o la loro forza d a l l ' i r r e d e n t i s m o . La loro b a n d i e r a e r a il tricolore a n c h e se al posto dello s t e m m a s a b a u d o a v r e b b e r o p r e f e r i t o la falce e m a r t e l l o . Q u e s t o , i socialisti italiani n o n c o m p r e n d e v a n o , ma lo c o m p r e s e Mussolini, c h e a l l ' i r r e d e n t i s m o n o n si c o n v e r t ì m a i , ma se ne servì p e r i suoi fini di p a r t e . Solo i m p o s t a n d o la lotta sul piano della difesa della lingua e della cultura italiana, si poteva sottrarre il socialismo t r e n t i n o all'influenza emolliente della socialdemocrazia tedesca, da un pezzo convertita agl'ideali e alla pratica del riformismo e del p a r l a m e n t a r i s m o . Perché l e bestie n e r e d i Mussolini s e g u i t a v a n o a d essere q u e s t e : nella socialdemocrazia tedesca egli combatteva Bissolati, Turati, Treves, i n s o m m a i «notabili» del socialismo italiano. Q u e s t a c a m p a g n a egli la concluse con u n a violenza che gettò lo scompiglio nell'ambiente locale avvezzo a tutt'altro galateo polemico. «Pare che consideri la vita pubblica c o m e un t o r n e o d'insulti e di bastonate» scrisse il giornale di De Gasperi, che di Mussolini e r a il bersaglio preferito. E lo stesso Battisti m o s t r ò qualche volta un certo disagio a t e n e r e le p a r t i di quello s c o m o d o e i r r u e n t e alleato. Mussolini n o n dava t r e g u a e n o n se ne dava. In sei mesi scrisse più di cento articoli, note, corsivi, e perfino racconti. Il giornale e r a la sua passione: ci passava dodici o r e al giorno, in p o c h e settim a n e ne aveva quasi r a d d o p p i a t o la t i r a t u r a e, p e r q u a n t o sgradita ai p i ù e ai meglio, la sua p r o s a aggressiva e r a riuscita a s c u o t e r e la «tradizionale apatia» di quella città. «Mi sono imposto» scriveva al suo amico T o r q u a t o Nanni. C o n De G a s p e r i , oltre a quelli giornalistici, ebbe u n o scontro diretto in un pubblico contraddittorio a Untermais, e l'antitesi fra i d u e u o m i n i si rivelò stridente: all'argomentazione serrata ma incolore di De Gasperi, Mussolini o p p o se u n ' e l o q u e n z a millenaristica, e il successo di platea fu suo. N e m m e n o la colleganza professionale riuscì a g e t t a r e un p o n t e fra loro. Fin dal p r i m o g i o r n o si detestarono, né p o 23

teva essere altrimenti, visto che i n c a r n a v a n o n o n d u e ideologie, ma d u e concezioni m o r a l i e di vita d i a m e t r a l m e n t e opposte. Le a u t o r i t à c o m i n c i a r o n o a p r e o c c u p a r s i di quell'arruff a p o p o l o , e nello spazio di p o c h i mesi gl'inflissero b e n sei c o n d a n n e , e u n d i c i s e q u e s t r i al suo g i o r n a l e . In g i u g n o il P r o c u r a t o r e d i Stato sollecitò d a V i e n n a u n d e c r e t o d i e s p u l s i o n e , ma V i e n n a lo c o n d i z i o n ò a u n a «giusta causa» che p e r il m o m e n t o mancava. A fornirla fu u n a perquisizione nell'abitazione di Mussolini in seguito a un furto in u n a Cooperativa, col quale n a t u r a l m e n t e egli n o n aveva nulla a che fare. Vi t r o v a r o n o alcuni n u m e r i dell'Avvenire del lavoratore che n o n a v r e b b e r o d o v u t o esserci p e r c h é colpiti da seq u e s t r o , e questo bastò p e r p r o v o c a r e l'arresto e la d e n u n zia. Il processo si svolse d u e settimane d o p o a p o r t e chiuse, ma n o n o s t a n t e le pressioni di V i e n n a p e r u n a c o n d a n n a che giustificasse l'espulsione, il Tribunale assolse l'imputato e lo sfratto gli fu ingiunto p e r il m a n c a t o p a g a m e n t o di u n a p r e c e d e n t e a m m e n d a . A T r e n t o ci f u r o n o p r o t e s t e , a n c h e r u m o r o s e , ma lo sciopero indetto dai socialisti fu un mezzo fiasco. In realtà la g r a n d e m a g g i o r a n z a della popolazione n o n e r a affatto scontenta di quella misura che la liberava da u n o s c o m o d o ospite. L'espulsione e r a stata u n a v e r a e p r o p r i a «crisi di rigetto» d e l l ' a m b i e n t e . E c'è chi dice che lo stesso Battisti trasse un respiro di sollievo. Per m a n c a n z a di soldi dovette r i p a r a r e n u o v a m e n t e a Forlì, dove invano tentò di farsi a s s u m e r e c o m e r e d a t t o r e al Resto del Carlino. A t e m p o perso, dava u n a m a n o nell'osteria, e fu così che l'occhio gli c a d d e sulla figlia della c o m p a g n a di suo p a d r e , Rachele. La conosceva sin da b a m b i n a , ma d'improvviso - c o m e succede alle ragazze di quell'età - la ritrovava d o n n a fatta, e fatta b e n e . Le fece la corte a m o d o suo, cioè al m o d o di un u o m o che n o n e r a abituato a farla. U n a sera la c o n d u s s e in u n a b a l e r a e, siccome lei ballò con un altro p e r c h é lui n o n sapeva, sulla via del r i t o r n o le fece le braccia 24

n e r e di lividi, d o p o d i c h é le ingiunse di lasciare l'osteria e di trasferirsi in un paese vicino, presso sua sorella. Suo p a d r e e la m a d r e di R a c h e l e e r a n o c o n t r a r i a quell'idillio. «Non hai i m p i e g o , n o n hai stipendio, hai solo la politica che farà soffrire te e la d o n n a che ti sarà vicina. Pensa a q u a n t e ne ha passate t u a m a d r e » gli disse Alessandro. Per t u t t a risposta, Benito trasse di tasca la pistola. «Se Rachele n o n mi vuole - disse -, qui ci sono sei colpi: u n o p e r lei, gli altri cinque p e r me.» C o m e potesse uccidersi cinque volte, Dio solo lo sa, ma era u n a frase delle sue, che mirava all'effetto, e l'ottenne. L'indomani r a g g i u n s e Rachele e n t r a n d o c o m e u n a ventata nella sua stanza, e le disse di sbrigarsi p e r c h é aveva molta p r e m u r a . Essa fece alla svelta fagotto delle sue p o c h e robe, r u p p e il salvadanaio, e si lasciò p o r t a r e dove lui voleva: in d u e fatiscenti stanzucce di via M e r e n d a a Forlì. Lo racconta lei nel suo libro di m e m o r i e e - forse con qualche ritocco, forse con q u a l c h e omissione -, è probabile c h e t u t t o andasse v e r a m e n t e così. Si sposarono civilmente solo cinque a n n i d o p o , q u a n d o già E d d a ne aveva q u a t t r o , p e r c h é p e r i socialisti il m a t r i m o n i o e r a un rito «borghese». Quello religioso lo c e l e b r a r o n o nel ' 2 5 , q u a n d o lui e r a già D u c e e rim u g i n a v a il C o n c o r d a t o con la Santa Sede. La l u n a di miele, egli la trascorse a r r a b a t t a n d o s i con la p e n n a p e r m e t t e r d ' a c c o r d o il d e s i n a r e c o n la cena, e n o n s e m p r e ci riuscì. Così nacque, su o r d i n a z i o n e di Battisti che glielo pubblicò a p u n t a t e s u l l ' a p p e n d i c e d e l suo g i o r n a l e , Claudia Particella l'amante del Cardinale. Le a m a n t i dei Cardinali n o n p o r t a n o f o r t u n a agli a u t o r i che l e p r e n d o n o p e r eroine. Ne aveva già fatto l'esperienza Garibaldi, che su u n a di esse aveva confezionato un p o l p e t t o n e da oscurare la gloria di Calafatimi. A Mussolini n o n a n d ò m e g l i o , a n c h e se quel c e n t o n e alla Zévaco, abborracciato e volgare, lo aiutò a sbarcare il lunario. «Un orribile libraccio» egli stesso dirà alcuni a n n i d o p o a Ludwig, d o p o aver o r d i n a t o alla polizia di farne scomparire fin l'ultima copia. Ma è curioso, e indicativo del suo polivalente t e m p e r a 25

m e n t o , c h e p r o p r i o nello stesso p e r i o d o egli desse alle s t a m p e a n c h e un saggio politico sul T r e n t i n o , che a p p a r t i e ne invece alla miglior pubblicistica del t e m p o . A suggerirgliene l'idea e r a stato Prezzolini, il d i r e t t o r e della Voce fior e n t i n a . D a p a r e c c h i o t e m p o Mussolini e r a assiduo lettore di questa rivista, che aveva d a t o un p r o f o n d o scossone alla c u l t u r a italiana m e t t e n d o n e in fuga le t a r m e , e in cui egli ritrovava molti motivi a lui congeniali: la d e n u n c i a dei vizi accademici della nostra cultura, la critica spietata del positivismo con tutti i suoi derivati u m a n i t a r i e pacifisti, l'apertura alle più m o d e r n e c o r r e n t i di p e n s i e r o da J a m e s a Nietzsche e a Sorel, ma forse p i ù a n c o r a l'aggressivo stile polemico. Q u a n t o a «mestiere» di giornalista, egli i m p a r ò m o l t o dalla Voce, e specialmente da Papini e da Salvemini. Q u a n do arrivò a T r e n t o , si mise in contatto con Prezzolini. E q u e sti, che dei talenti aveva un fiuto r a b d o m a n t i c o , scoprì Mussolini p r i m a a n c o r a c h e Mussolini scoprisse se stesso, e lo invitò a collaborare s u g g e r e n d o g l i u n a serie di articoli sull'ambiente locale e i suoi p r o b l e m i . Tutto p r e s o dal suo Avvenire, Mussolini n o n trovò il t e m p o di scriverli, o forse n o n lo r i t e n n e o p p o r t u n o . Ma, t o r n a t o a Forlì, si mise al lavoro. E così n a c q u e il Trentino veduto da un socialista, un asciutto libello che rivelava un Mussolini b e n diverso da quello, tonit r u a n t e e grossolano, che aveva a p p e n a firmato Eamante del Cardinale: un Mussolini d ' a n n a t a , p e n e t r a n t e e senz'adipe. Di soldi, il saggio gliene rese m e n o del r o m a n z o che gli aveva reso b e n poco. Ma lo qualificò c o m e scrittore politico di u n certo r a n g o . «Quello del 1909 fu un b e n triste Natale» dirà più tardi. E d d a n o n aveva a n c o r a tre mesi e dormiva nel letto dei genitori, scricchiolante di foglie di g r a n t u r c o , p e r c h é n o n avev a n o p o t u t o c o m p r a r e n e a n c h e u n a culla. C u r i o s a m e n t e , Mussolini seguitava a restare piuttosto a p p a r t a t o dai «compagni» di Forlì, e o r m a i si stava r a s s e g n a n d o a c o n c o r r e r e a u n posticino a l l ' a n a g r a f e d i A r g e n t a , q u a n d o s i p r o d u s s e l'avvenimento che doveva d a r e la svolta alla sua vita. A Forlì 26

il partito socialista languiva, soverchiato da quello repubblic a n o c h e gli c h i u d e v a ogni spazio. «Sono r e p u b b l i c a n i a n che i ciottoli delle strade» scriverà N a n n i , p r i m o biografo di Mussolini. I d i r i g e n t i p e n s a r o n o c h e b i s o g n a v a fare u n o sforzo, e lo sforzo n o n poteva essere che un giornale. Officiarono c o m e d i r e t t o r e il loro e s p o n e n t e più in vista, Bonavita; m a q u e s t i , o b e r a t o dai suoi i m p e g n i d ' a v v o c a t o , d e clinò. E così si p e n s ò di «ripiegare» su Mussolini. Perché lo consideravano un «ripiego». Mussolini scelse come testata La lotta di classe, e condusse il g i o r n a l e c o m e aveva c o n d o t t o quello di T r e n t o : scrivendolo quasi tutto di p r o p r i a m a n o e a s s u m e n d o le posizioni p i ù e s t r e m e c o n u n a violenza c h e fece c o l p o p e r s i n o n e l pubblico r o m a g n o l o , alla violenza assuefatto da s e m p r e . Fin d a p r i n c i p i o egli i m p e g n ò battaglia s u d u e fronti: d a u n a p a r t e c o n t r o i r e p u b b l i c a n i , dall'altra c o n t r o la d i r e z i o n e centrale del suo stesso p a r t i t o , allora in m a n o ai riformisti. Il netto rifiuto di qualsiasi alleanza e c o m p r o m e s s o n o n e r a certo la tattica p i ù adatta a far proseliti. Ma di questo n o n si curava, e n o n ne fece mistero. «Alla quantità noi preferiamo la qualità» scrisse r i e c h e g g i a n d o la tesi sorelliana e paretiana delle élites. Secondo lui, solo un p u g n o di u o m i n i risoluti avrebbero p o t u t o fare la rivoluzione: le masse a v r e b b e r o seguito. Q u e s t e e r a n o le sue convinzioni, ma e r a n o a n c h e le tesi c h e meglio si a d a t t a v a n o alla situazione locale. Un p a r t i t o e s i g u a m e n t e m i n o r i t a r i o , qual e r a quello socialista di Forlì nei confronti dei repubblicani, n o n poteva battersi che sull'intransigènza. Infatti, con q u e s t ' a r m a , egli conquistò subito il cosiddetto apparato con la n o m i n a a segretario della Fed e r a z i o n e . Era la p r i m a carica ch'egli ricopriva nel partito, ma d i m o s t r ò di s a p e r s e n e servire. C o m e al solito, le c a m p a g n e r o m a g n o l e e r a n o in subbuglio p e r l'annosa faida delle trebbiatrici contese fra le Cooperative dei mezzadri e quelle dei braccianti. Sebbene il r a p p o r to di forze fosse favorevole ai primi, Mussolini fu p e r i secon27

di perché più turbolenti e quindi più facilmente manovrabili su posizioni massimaliste. Perse la battaglia, ma rafforzò la p r o p r i a «base» nella lotta di «correnti» all'interno del partito, c h ' e r a il suo vero obbiettivo. La seconda battaglia fu quella, che allora metteva a soqquadro tutta l'Italia, contro la massoneria. Il partito e r a diviso p e r c h é parecchi suoi esponenti erano massoni. N o n o s t a n t e il suo irriducibile anticlericalismo, Mussolini fu p e r l'incompatibilità fra le d u e professioni di fede, e lo fu al suo solito m o d o intransigente e categorico: «Il socialismo è movimento; la massoneria immobilità. Il p r i m o è operaio, la seconda è borghese». Sebbene rozzo e sommario, il giudizio colpiva nel segno. La massoneria era la roccaforte dei g r a n d i «notabili», di cui coloro che vi e n t r a v a n o finivano p e r subire il contagio. Erano le logge le grandi animatrici della politica dei «blocchi», cioè delle alleanze con cui le forze conservatrici cercavano d i s t e m p e r a r e nel c o m p r o m e s s o quelle rivoluzionarie. N o n si era ancora giunti a u n a decision e . Ma il p r o b l e m a costituiva un p o m o di discordia, cui un u o m o di r o t t u r a come Mussolini n o n poteva rinunciare. Nel settembre del '10 si t e n n e a Milano un congresso nazionale, nel quale Mussolini si schierò, c o n t r o la d i r e z i o n e riformista, con la frazione rivoluzionaria di Lazzari, convinto di a v e r e c o n sé tutti i r o m a g n o l i . Il suo discorso n o n fu un successo: un giornale p a r l ò di lui c o m e di «un autentico c o n t a d i n o dall'oratoria a scatti». Ma, quel che è peggio, i r o magnoli si divisero: i forlivesi rimasero con Mussolini, ma i r a v e n n a t i si schierarono coi riformisti che vinsero largamente. Mussolini voleva che la sua federazione r o m p e s s e subito col partito. Vi rinunziò solo p e r d a r e t e m p o alla frazione rivoluzionaria di p r e p a r a r e u n a battaglia su scala nazionale. E a p p e n a t o r n a t o a Forlì riprese in toni a n c o r a più aspri la sua polemica antiriformista. Era chiaro che, p e r p r o c l a m a r e 10 scisma, aspettava soltanto l'occasione. L'occasione gli fu offerta dalla crisi del g o v e r n o Luzzatti. 11 Re, c o m e voleva la prassi, convocò in Quirinale i capi dei vari partiti, e Bissolati ci a n d ò in r a p p r e s e n t a n z a dei sociali28

sti. N o n indossò l'abito di cerimonia con le code, c o m e p r e scriveva l'etichetta, ci a n d ò vestito da passeggio, p e r c h é alla liturgia i socialisti italiani sono s e m p r e stati molto più sensibili dei p r e t i . Ma a n c h e c o m p i u t o senza c o d e , il suo gesto p r o v o c ò t r a l o r o il finimondo. Mussolini p r e s e la palla al balzo. «Liquidate giolittiano, m o n a r c h i c o , realista Bissolati o c i n q u a n t a sezioni federazione forlivese a b b a n d o n e r a n n o il partito» telegrafò alla Direzione. E sul giornale sciolse le briglie al suo solito stile di r o t t u r a , fatto di p e r e n t o r i e e d r a m m a t i c h e a l t e r n a t i v e : o c o n n o i o c o n t r o di n o i , o col Quirinale o col Socialismo eccetera. Bissolati n o n fu - p e r il m o m e n t o - liquidato, e Mussolini t e n n e parola trascinando la federazione forlivese alla rott u r a col partito. Il giuoco era pericoloso, ma la posta grossa: se Lazzari e gli altri r i v o l u z i o n a r i lo avessero seguito, egli s a r e b b e d i v e n t a t o il c a p o dello scisma su scala n a z i o n a l e . N o n lo s e g u i r o n o . Anzi, p u r a p p r e z z a n d o n e le intenzioni, d e p l o r a r o n o il suo gesto c o m e intempestivo, e c e r c a r o n o di farlo r e c e d e r e m a n d a n d o g l i a n c h e , in missione di pace, la Balabanoff. Mussolini fu i r r e m o v i b i l e : capiva c h e , d o p o aver tanto predicato l'intransigenza, n o n poteva p r o p r i o lui scendere al c o m p r o m e s s o . Ma capiva a n c h e che l'isolamento n o n era, alla lunga, sostenibile. A trarlo dalla scomoda situazione furono gli eventi. P r e p a r a t a in g r a n s e g r e t o da Giolitti, la «bomba» della i m p r e s a di Tripoli coglieva di sorpresa i partiti. Solo quello nazionalista, da poco costituitosi, vi consentiva p i e n a m e n t e . Gli altri e r a n o divisi, p e r c h é divisa e r a l'opinione pubblica: g e n e r i c a m e n t e favorevoli la m e d i a e piccola borghesia; contrarie le classi popolari, ma con molte sfumature e incertezze, di cui a n c h e i partiti risentivano. Quello repubblicano si e r a spaccato, ma a n c h e quello socialista e r a in crisi: la m a g gioranza dei sindacalisti e r a n o favorevoli all'impresa, i riformisti disposti ad accettarla. Ma Giolitti n o n d e t t e alle polemiche il t e m p o di svilupparsi, p o n e n d o il Paese di fronte al fatto c o m p i u t o . 29

Per Mussolini, e r a la g r a n d e occasione di uscire dal vicolo cieco in cui si e r a cacciato, e n o n se la lasciò sfuggire. Per boicottare l'impresa, lanciò l'idea dello sciopero generale, e stavolta n o n esitò a far blocco coi r e p u b b l i c a n i che a Forlì condividevano la sua posizione estremista, capitanati da un giovane t r i b u n o di facile e vigorosa oratoria: Pietro N e n n i . C o n lui Mussolini aveva s e m p r e violentemente polemizzato, ma in m a n i e r a assai diversa che con De Gasperi. Si odiavan o , ma c o m e fratelli, p e r c h é a dividerli e r a soltanto l'ideologia. «Ogni qual volta le circostanze ci p e r m e t t e v a n o di evad e r e dalle b e g h e locali, subito ci t r o v a v a m o d ' a c c o r d o p e r p r o m u o v e r e , c o m e si direbbe adesso, l'unità d'azione» scriverà N e n n i nel '47, e son parole che gli fanno o n o r e p e r c h é in q u e l m o m e n t o avrebbe avuto c o n v e n i e n z a a d i r e il contrario. Il 26 settembre insieme essi a r r i n g a r o n o , gareggiando in e s t r e m i s m o , u n a folla «oceanica», e insieme v e n n e r o arrestati pochi giorni d o p o p e r istigazione alla violenza e atti di sabotaggio. Il processo si svolse a m e t à n o v e m b r e nella stessa Forlì, e d e b b e u n a c o r n i c e d i p u b b l i c o d a g r a n d e «prima». D i fronte a quella i m p o n e n t e e f r e m e n t e platea, Mussolini la fece da m a t t a t o r e , c h i u d e n d o la p r o p r i a autodifesa con la famosa frase: «Se mi assolvete, mi fate un piacere; se mi cond a n n a t e , m i fate u n o n o r e » , c h e v e n n e accolta d a u n c r o sciante a p p l a u s o . Lo c o n d a n n a r o n o , c o m e N e n n i , a un ann o , che poi la Corte d'Appello ridusse a cinque mesi e mezzo. E fu la sua fortuna. M e n t r e in cella egli i n g a n n a v a il tempo scrivendo un'autobiografia che a tutt'oggi rimane u n o dei d o c u m e n t i p i ù credibili sul suo c o n t o p e r sincerità, distacco e senso di m i s u r a , d e n t r o il p a r t i t o socialista il r a p p o r t o di forze fra le correnti si capovolgeva, e i rivoluzionari p r e n d e v a n o il sopravvento sui riformisti. Sicché q u a n d o , con l'aureola del «martire», egli riprese il suo posto in Federazione e al giornale, p o t è t r a n q u i l l a m e n t e d i r e ai «compagni» forlivesi: «Non siamo noi che t o r n i a m o nel partito, è il partito che t o r n a a noi». 30

Il rientro fu sancito in aprile (del T 2 ) p e r c h é di lì a d u e mesi doveva svolgersi a Reggio Emilia un congresso nazionale che si a n n u n z i a v a decisivo p e r il r e g o l a m e n t o dei conti fra riformisti e rivoluzionari. E difficile d i r e se Mussolini si rese esatto conto che lì si giuocava la sua sorte. Ma sappiamo con certezza che d u r a n t e la vigilia n o n p e n s ò ad altro. D u r a n t e la prigionia, Rachele ed E d d a si e r a n o salvate dalla fame grazie ai sussidi dei «compagni», e suo p a d r e , colpito da paralisi, e r a m o r t o . Il fatto che Mussolini n o n abbia mai parlato dei p r o p r i dolori e crucci, o lo abbia fatto con estrem o p u d o r e , n o n esclude che n e fosse d u r a m e n t e p r o v a t o . Ma il suo p e n s i e r o d o m i n a n t e restava la lotta politica: tutte le sue e n e r g i e e r a n o c o n c e n t r a t e lì. Sulla tattica che i n t e n deva seguire al congresso n o n faceva misteri: «Vi partecipiamo - scriveva - allo scopo di provocare l'espulsione dal p a r tito dei riformisti, d e p u t a t i o n o , tripoleggianti e giolittiani». Era insieme il tasto p i ù p o p o l a r e e il m o d o p e r d i m o s t r a r e ch'egli n o n defletteva dalla sua linea. Il congresso si aprì il 1 luglio, e Mussolini p a r l ò il p o m e riggio d e l l ' 8 . Q u a n d o salì sul p o d i o , molti si c h i e s e r o chi fosse. I suoi casi n o n avevano avuto n e s s u n a r i s o n a n z a nazionale p e r c h é di r o t t u r e e ricuciture col partito la storia socialista era gremita, e q u a n t o ad arresti e processi n o n c'era d i r i g e n t e c h e n o n n e avesse subiti. F u o r d i R o m a g n a , egli e r a n o t o solo ai capi della c o r r e n t e rivoluzionaria: Lazzari, S e r r a t i , l a Balabanoff. L e s u e p r i m e p a r o l e c a d d e r o nella g e n e r a l e indifferenza, ma poi di colpo l'ambiente si scaldò. Il c o n g r e s s o e r a a p e r t o al p u b b l i c o , c h e vi e r a accorso in massa, g r e m i v a palchi e loggione, e manifestava la sua a p p a s s i o n a t a p a r t e c i p a z i o n e a p p l a u d e n d o , f i s c h i a n d o , interr o m p e n d o . Q u e s t a atmosfera d i comizio e r a l a p i ù c o n g e niale a Mussolini che al pubblico, p i ù che ai delegati, i m m e d i a t a m e n t e si rivolse i n t e r p r e t a n d o n e p e r f e t t a m e n t e gli u m o r i barricadieri. E qui - c r e d i a m o - la chiave del suo strepitoso successo. C o n la sua oratoria a scatti in cui le p a u s e s e m b r a v a n o con31

tare a n c h e p i ù delle p a r o l e , col suo secco e p e r e n t o r i o fraseggiato, p u n t e g g i a t o di b a t t u t e ad effetto facilmente orecchiabili, egli svolse la sua a r g o m e n t a z i o n e a s s u m e n d o s i la p a r t e c h e p i ù piaceva a quella p l a t e a : la p a r t e della «ghigliottina». Chiese l ' e p u r a z i o n e dal p a r t i t o dei «traditori», e ne fece i n o m i : Bissolati, B o n o m i , Cabrini e Podrecca. Sapeva di p e r o r a r e u n a causa già vinta, ma la battaglia si svolgeva sulla formula della scomunica. I riformisti, accorgendosi di essere o r m a i in m i n o r a n z a , si e r a n o spaccati in d u e sottocorrenti: quella di destra che cercava d i s p e r a t a m e n t e di salvare i q u a t t r o r e p r o b i , e quella di sinistra che si sarebbe contentata d ' i m p e d i r n e la squalifica m o r a l e d i c h i a r a n d o che il p a r t i t o li considerava «fuori della sua concezione politica». A l t e r n a n d o l'invettiva al sarcasmo, Mussolini chiedeva invece ch'essi fossero espulsi «per gravissima offesa allo spirito della d o t t r i n a e alla tradizione socialista». La clamorosa ovazione che salutò la fine del suo discorso d i m o s t r ò che la «base» l'aveva conquistata. Ma o r a si trattava di v e d e r e cosa sarebbe successo in sede di votazione, d o ve la parola e r a riservata ai delegati. Ma p r o p r i o qui Mussolini dimostrò di n o n essere soltanto un m a t t a t o r e da p o d i o . Fra correnti e g r u p p i egli si mosse, dietro le quinte del congresso, con l'abilità di un c o n s u m a t o professionista p e r assic u r a r e la m a g g i o r a n z a al suo o r d i n e del g i o r n o . E l'ottenne con largo margine. L'indomani la s t a m p a di tutta Italia parlava di lui c o m e deU'«uomo nuovo» del socialismo italiano, della «stella nascente»; e a n c h e all'estero la sua vittoria veniva c o m m e n t a t a con p a r o l e elogiose. L'unico c h e se ne m o strò insoddisfatto e t r o v ò da ridirci fu colui c h e Mussolini considerava il p r o p r i o m a e s t r o e ispiratore: Sorel. D u r a n t e il congresso un giornale aveva scritto che l'obbiettivo di Mussolini e r a la d i r e z i o n e dell'Avariti! Coglieva nel s e g n o , ma solo p e r i n d u z i o n e , p e r c h é Mussolini si e r a b e n g u a r d a t o dal d i r l o . Egli si m o s t r a v a soddisfatto della p r o m o z i o n e a m e m b r o della D i r e z i o n e n a z i o n a l e - quella che oggi si chiama «Comitato Centrale» - o r m a i saldamente 32

in m a n o ai rivoluzionari, e n o n aveva mosso obbiezioni alla designazione di Bacci alla g u i d a del giornale. Capiva c h e si trattava d ' u n m o m e n t a n e o ripiego p e r c h é Bacci, vecchio e m a l a n d a t o , n o n e r a che la controfigura del vecchio direttore, Treves che, uscito sconfitto dal congresso, n o n poteva più m a n t e n e r e quella posizione. Infatti il p r o b l e m a t o r n ò sul t a p p e t o d o p o tre mesi, che Mussolini n o n aveva sprecati. T o r n a t o a Forlì d o p o il trionfo di Reggio Emilia, aveva rip r e s o il suo posto, ma oltre a d i r i g e r e La lotta di classe, egli o r a collaborava alla Folla di Paolo Valera n a s c o n d e n d o s i sotto lo p s e u d o n i m o Ehomme qui cherche p e r m u o v e r e al partito delle critiche poco compatibili con la sua qualifica di m e m b r o della direzione. Fra queste critiche ce ne f u r o n o a n c h e alla c o n d u z i o n e economica dell'Avariti! che, secondo lui, era r i d o t t o al l u m i c i n o d a i t r o p p o grassi s t i p e n d i e i n d e n n i t à che distribuiva ai suoi collaboratori. Mussolini e r a m a e s t r o nel mescolare moralismo e demagogia. «C'è stato un t e m p o - scriveva - in cui il socialismo n o n e r a pratico, n o n era industriale, n o n e r a c o o p e r a t o r e , n o n e r a b a n c a r i o ; c'è stato un t e m p o in cui il socialismo significava disinteresse, fede, sacrificio, e r o i s m o . Allora c ' e r a n o dei socialisti i n n a m o r a t i dell'ideale, oggi ci sono dei socialisti - i molti, i più - innamorati del denaro.» La botta era diretta a Treves che seguitava a p e r c e p i r e u n o stipendio - allora considerato scandaloso - di 700 lire. E sulla «base» faceva effetto. In o t t o b r e Bacci gettò la s p u g n a . Fu i n t e r p e l l a t o Salvemini, sebbene nel partito ci stesse s e m p r e con un p i e d e d e n t r o e u n o fuori, ma Salvemini r i n u n c i ò . Serrati fu scartato p e r n o n p r o v o c a r e la collera e le polemiche degli anarchici che seguitavano a d e n u n z i a r l o c o m e t r a d i t o r e e spia, sebbene u n a rigorosa inchiesta avesse d i m o s t r a t o l'assoluta infondatezza di q u e s t e accuse. M e n t r e si seguitava a p r o p o r r e c a n d i d a t u r e e a bocciarle, La Folla pubblicava a p u n t a t e il discorso di Mussolini a Reggio Emilia, che sui militanti lomb a r d i , i quali ne a v e v a n o letto solo q u a l c h e r i a s s u n t o , fece g r a n d e impressione. 33

La Balabanoff dice che a p r o p o r r e Mussolini fu Lazzari, cogliendo tutti di sorpresa, e che più sorpreso di tutti si m o strò Mussolini, il quale si fece a n c h e p r e g a r e . Ci si p u ò anche c r e d e r e . C o m e giuocatore, lo era di razza. Mussolini a s s u n s e la d i r e z i o n e dell'Avariti! il 10 d i c e m b r e del '12. A Milano si era trasferito da solo, lasciando Rachele e la b a m b i n a a Forlì con l'ordine di n o n muoversi. N o n aveva ancora t r e n t ' a n n i . Il suo p r i m o gesto fu quello di r i d u r r e il p r o p r i o s t i p e n d i o da 700 a 500 lire e di n o m i n a r e c o m e c a p o - r e d a t t o r e a g g i u n t o l a Balabanoff p e r u s a r l a c o m e ostaggio: essa contava moltissimo nella c o r r e n t e rivoluzionaria, di cui la sua p r e s e n z a garantiva l'appoggio. Mussolini ne aveva bisogno p e r liberarsi delle influenze riformiste, a cominciare da quella di Treves, che seguitavano a pesare sul giornale. L'operazione n o n era facile p e r c h é i riformisti, a n c h e se avevano perso la Direzione Centrale, avevano ancora in mano molti centri di p o t e r e : il g r u p p o p a r l a m e n t a r e che faceva capo a Turati, Critica sociale - la più i m p o r t a n t e rivista di cultura socialista - e soprattutto la Confederazione G e n e r a le del Lavoro che, p e r strano che oggi possa s e m b r a r e , era in m a n o al riformista Rigola su posizioni p i ù m o d e r a t e di quelle del partito. Per m e t t e r e insieme u n a s q u a d r a sua, egli cercò collaboratori a n c h e fuori del c a m p o socialista, specialm e n t e fra i sindacalisti, ma anche fra i repubblicani, e persino tra gli anarchici. A queste scelte n o n lo sospinse soltanto il calcolo tattico, ma a n c h e le vecchie simpatie e un n a t u r a l e rispetto p e r i talenti. Di questi, molti gliene suggerì Prezzolini, ma altri li scoprì lui, e così YAvanti! diventò la palestra in cui affinarono le a r m i i giovani destinati a costituire i g r u p p i p i ù avanzati del p e n s i e r o socialista: Ordine nuovo a Torino e Soviet a Napoli. Bordiga, che fu di questi, scriveva: «I giovani sono quasi tutti con lui, su cui contano p e r un rinn o v a m e n t o del partito». E a n c h e Gramsci gli riconobbe questo m e r i t o . 34

Coi vecchi notabili, d a p p r i n c i p i o fu cauto. I p i ù d u r i attacchi c o n t r o di loro li sferrò, sotto il solito p s e u d o n i m o , sulla Folla che seguitava a mettergli a disposizione le sue pagine p e r i bassi servizi. Per l'attacco frontale aspettava l'occasione, e questa gli fu fornita dalle repressioni nelle c a m p a g n e c o n t i n u a m e n t e in subbuglio. Q u a n d o in Ciociaria sette braccianti c a d d e r o sotto il fuoco dei g e n d a r m i , si scatenò. Assassinio di Stato, La politica della strage, Il silenzio della vergogna, e r a n o i titoli degli editoriali di Mussolini, che di titoli e r a maestro. La sua prosa incendiaria colpiva e moltiplicava i lettori. E fu f a c e n d o leva su q u e s t o successo di p u b b l i c o ch'egli i m p o s e alla D i r e z i o n e le s u e tesi e s t r e m i s t e , c o m e quella che la risposta agli eccidi p o p o l a r i n o n poteva essere c h e lo s c i o p e r o g e n e r a l e , in a p e r t a p o l e m i c a c o n T u r a t i e Treves. C o s t o r o , spinti dalla Kuliscioff, c e r c a r o n o di organ i z z a r e , a l l ' i n t e r n o del p a r t i t o , un fronte c o n t r o di lui. E Mussolini rispose suìY Avanti! a c c u s a n d o l i di essersi messi c o n t r o il partito, del quale così si atteggiava ad unico interprete. Stavolta a n c h e i suoi amici rivoluzionari c o m i n c i a r o n o a preoccuparsi, e lo stesso Serrati, che lo aveva s e m p r e sosten u t o , si dissociò da lui. Ai p r i m i di m a r z o la D i r e z i o n e si r i u n ì p e r risolvere il caso. In u n a l e t t e r a a T u r a t i , la Kuliscioff si diceva sicura che o r m a i contro Mussolini si era form a t a u n a maggioranza, e forse era vero. Ma Mussolini aveva in tasca d u e briscole invincibili: un processo in corso p e r istigazione alla violenza, che costringeva m o r a l m e n t e il p a r tito a confermargli la p r o p r i a solidarietà, e il massiccio aum e n t o della tiratura del giornale, che dimostrava la «presa» esercitata dal suo d i r e t t o r e sul pubblico. Mussolini uscì confermato. E da allora fu un seguito di colpi u n o più spericolato dell'altro, ma che obbedivano a un preciso disegno tattico: scavalcare a sinistra a n c h e la Direzione rivoluzionaria appellandosi d i r e t t a m e n t e alla «base». Lo si vide dalla disinvoltura con cui liquidò la Balabanoff - c h e p u r e e r a stata u n a delle sue m a g g i o r i sostenitrici -, 35

n o n e p u r a n d o l a , ma m e t t e n d o l a in condizione di a n d a r s e n e , e d a l l ' a t t e g g i a m e n t o che p r e s e nei confronti dei sindacalisti. L ' a n n o p r i m a c o s t o r o a v e v a n o secessionato a n c h e dalla C o n f e d e r a z i o n e d e l L a v o r o p e r costituire l'usi, cioè u n a Unione Sindacale Italiana i n d i p e n d e n t e dal p a r t i t o . Il suo a n i m a t o r e e r a Filippo C o r r i d o n i , u n g i o v a n e t r i b u n o che esercitava sulle masse un forte fascino e che infatti aveva già raccolto sotto le p r o p r i e b a n d i e r e oltre 100.000 seguaci. I l p a r t i t o n a t u r a l m e n t e e r a p e r l a C o n f e d e r a z i o n e che, sebbene tuttora in m a n o al riformista Rigola, m a n t e n e va con esso dei legami a l m e n o ideologici. Mussolini d a p p r i m a n o n p r e s e posizione. M a q u a n d o Rigola sconfessò u n o sciopero b a n d i t o dall'usi, egli a sua volta sconfessò Rigola a p p o g g i a n d o C o r r i d o n i . I riformisti t o r n a r o n o n u o v a m e n te all'attacco di Mussolini c h i e d e n d o n e la testa. Ma p r o p r i o in quel m o m e n t o l'arresto e la c o n d a n n a di C o r r i d o n i p r o vocavano la violenta reazione della massa operaia che, infischiandosi della Confederazione, iniziò un altro sciopero, di cui Mussolini assunse risolutamente il p a t r o n a t o . Definito «il n e o - M a r a t dell'Avanti!», subì attacchi feroci. «Che è - si d o m a n d a v a Turati su Critica sociale - questa voce e questa parola, che vorrebb'essere voce e parola d ' u n partito d'avanguardia? Religione? Magismo? Utopia? Sport? Lett e r a t u r a ? R o m a n z o ? Nevrosi?» Ma agli o p e r a i il senso di queste d o m a n d e sfuggiva, m e n t r e n o n sfuggiva quello degli articoli di Mussolini che la via p e r colpire il c u o r e e l'immaginazione del lettore la trovavano s e m p r e . Q u a n d o in luglio la Direzione si riunì p e r pronunciarsi sulla linea politica delYAvanti!, questa fu a p p r o v a t a con sette voti favorevoli - fra cui quello del Segretario Generale, Lazzari -, t r e c o n t r a r i e d u e astensioni: quelle della Balabanoff e dello stesso Mussolini. Il quale, n o n contento della vittoria ai p u n t i , p r e s e n t ò le dimissioni p e r farsele r e s p i n g e r e all'unanimità. Il successo p o p o l a r e lo r e n d e v a intoccabile, e l'apparato vi s'inchinava. A q u e s t o p u n t o p e r ò si vide che Mussolini n o n e r a soltanto l ' u o m o che «si esalta n e l l ' a r d o r e della folla, s'illude e 36

s'inebria se v e d e in piazza c e n t o p e r s o n e che gridano», come lo definiva il suo a m i c o - n e m i c o Zibordi. L u n g i dall'ubriacarsi di quel trionfo e da p e r d e r v i il senso della misura, egli ve lo ritrovò. In vista delle elezioni che si d o v e v a n o ten e r e in a u t u n n o , egli si allineò disciplinatamente sulle posizioni del partito. Q u a n d o i sindacalisti indissero un n u o v o sciopero, n o n ne p r e s e le parti. E q u a n d o lo sciopero fallì, li attaccò c o n la stessa violenza c o n cui p o c h i mesi p r i m a li aveva sostenuti. Accettò a n c h e di portarsi c a n d i d a t o nel collegio di Forlì - dove sapeva di n o n p o t e r nulla c o n t r o il rivale r e p u b b l i c a n o -, lui che a Milano avrebbe stravinto. Ma il fatto è c h e al seggio p a r l a m e n t a r e n o n t e n e v a : il suo t r a g u a r d o era il partito. Le elezioni furono, p e r i socialisti, un notevole successo. M a l g r a d o l'amputazione dell'ala bissolatiana, essi passarono dall'8 all' 11 p e r cento e m a n d a r o n o in P a r l a m e n t o 53 d e p u tati. Mussolini esaltò la vittoria con articoli trionfalistici, e ne aveva di che: quella vittoria era in g r a n p a r t e sua, cioè della linea politica seguita dall'Avanti! O r a si trattava di t r a d u r l a in u n ' a d e g u a t a posizione di p o t e r e . E l'occasione stava p e r p r e s e n t a r s i : il c o n g r e s s o n a z i o n a l e c h e d o v e v a t e n e r s i ad Ancona nella p r i m a v e r a del '14. N o n m a n c a v a n o che pochi mesi. In questo intervallo egli b a d ò soltanto a presentarsi come l'alto i n t e r p r e t e del socialismo rivoluzionario, e p e r n o n lasciarsi c o i n v o l g e r e in b e g h e di c o r r e n t i e di g r u p p i scrisse pochi articoli, e così pacati che n o n s e m b r a v a n o n e m m e n o della sua p e n n a . G r a n p a r t e del suo t e m p o preferì dedicarlo a u n a rivista, Utopia, di cui e v i d e n t e m e n t e voleva fare il contraltare di Critica sociale, l'organo dei riformisti, p e r batterli sull'unico t e r r e n o di cui essi e r a n o t u t t o r a gl'incontrastati p a d r o n i : quello ideologico. Ma l'iniziativa riuscì soltanto a d i m o s t r a r e i limiti di Mussolini che, efficacissimo e rullante c o m e un t a m b u r o nell'articolo di battaglia vergato a caldo sotto lo stimolo degli avvenimenti, q u a n d o si trattava di elevarsi sul p i a n o della d o t t r i n a p e r d e v a il filo e a n n a s p a v a . 37

Gliene mancava la cultura cui, dai t e m p i della Svizzera, aveva aggiunto b e n poco. Di libri p e r m a n o glien'erano passati. Ma p e r sua stessa a m m i s s i o n e ne leggeva s o l i t a m e n t e «tre pagine al principio, tre nel mezzo, e tre in fondo». Gli autori che più spesso citava, oltre i soliti Sorel e Pareto, e r a n o Kautsky e la L u x e n b o u r g , ma c'è da dubitare che li conoscesse ver a m e n t e . Q u a n t o a Marx, più che quello che aveva detto, sap e v a quello che gli attribuivano i suoi divulgatori, e forse i più superficiali. Q u a l c u n o dice che p e r il lavoro meditato e a l u n g o r e s p i r o gli m a n c a v a il «fiato». Q u e s t o n o n è v e r o . Q u a n d o poteva derivarne la materia dall'osservazione e dall'esperienza, Mussolini e r a capace di saggi notevoli c o m e quello sul Trentino, ed autentiche qualità di scrittore riveler a n n o più tardi certe p a g i n e del suo Parlo con Bruno. Ma il suo disagio è evidente, p e r m a n c a n z a di puntelli e di riferimenti, sul piano concettuale. Di suo, su Utopia scrisse poco e n o n riuscì n e m m e n o a scegliere dei collaboratori che le dessero u n a linea. Ancora u n a volta i migliori successi li o t t e n n e come oratore, q u a n d o si mise in giro p e r l'Italia come conferenziere. Anche sul pubblico dei teatri, molto più esigente di quello delle piazze, il suo sapiente dosaggio di raffiche e p a u se fece effetto. Perfino Salvemini e Prezzolini, che lo u d i r o n o a Firenze, ne r i p o r t a r o n o u n a p r o f o n d a impressione. Alla vigilia d e l c o n g r e s s o , stese il bilancio del g i o r n a l e . Nei p o c h i mesi della sua d i r e z i o n e , la t i r a t u r a e r a passata da 30 a 70 mila copie c o n p u n t e di 100 mila. D o p o d i c h é partì p e r Ancona. Il congresso si a p r ì il 26 aprile con la solita relazione del Segretario G e n e r a l e Lazzari, piuttosto p e destre. N e m m e n o quella di Mussolini fece spicco. Ma il fatto è che n o n ci fu battaglia p e r m a n c a n z a di avversari. Alleg a n d o ragioni di salute, Turati aveva dato forfait, e degli altri riformisti l'unico che t e n n e la posizione fu Treves: Modigliani si allineò con la maggioranza, e Zibordi oscillò. La p o lemica si accese soltanto sulla q u e s t i o n e dei m a s s o n i , e si concluse con la p i e n a vittoria di Mussolini che i m p o s e l'espulsione. 38

I risultati del c o n g r e s s o n o n lasciavano d u b b i . Lazzari e r a confermato, ma in q u a n t o aveva fino in fondo sostenuto le tesi di Mussolini, che da quella p r o v a usciva da trionfatore e vero p a d r o n e del partito. N o n p e r nulla, a c o m m e n t o conclusivo, Azione socialista scriveva che la coppia n o n poteva essere meglio assortita; ma che, se fosse s o p r a v v e n u t o il divorzio, la «base» avrebbe seguito Mussolini, soggiogata e trascinata da «quella figura d'asceta, da quel gesto di persona c o m e agitata da un incubo, da quella voce a m o r m o r i o di foresta». Q u a n d o l'arciduca F e r d i n a n d o d'Asburgo c a d d e a Sarajevo sotto le revolverate dei terroristi serbi, Mussolini d e t t e alla notizia poco risalto. Nell'intervallo l'Italia era stata scossa da violente agitazioni c h ' e r a n o culminate nella famosa «settimana rossa» di Ancona, e in cui p e r la p r i m a volta Mussolini si e r a m o s t r a t o esitante. D a p p r i n c i p i o aveva c a p e g g i a t o con C o r r i d o n i le dimostrazioni di piazza, ma poi aveva invitato gli o p e r a i a cessare lo sciopero. Gli a r g o m e n t i n o n gli m a n cavano. Quello sciopero, la Confederazione del Lavoro n o n 10 aveva voluto; lo aveva soltanto subito, e poco d o p o disdetto, sicché o r a rischiava di sbriciolarsi in iniziative slegate. Ma 11 Mussolini di q u a l c h e m e s e p r i m a n o n si s a r e b b e lasciato influenzare da queste incertezze, anzi ne avrebbe approfittato p e r assumere ancora più risolutamente la p a r t e di protagonista. Può darsi che, col potere, fosse cresciuto in lui il senso di responsabilità. Ma forse c'entrava a n c h e u n a certa delusione, che del resto trapela da alcune sue lettere di questo p e r i o d o . N o n amava il partito: lo dimostrava la scarsa partecipazione che aveva s e m p r e dato alla sua vita, e il m o d o stesso in cui lo aveva conquistato, dal di fuori, n o n dal di d e n t r o dell'apparato, come avevano fatto e facevano gli altri dirigenti. Probabilmente n o n credeva nel potenziale rivoluzionario dei socialisti, e considerava le loro agitazioni delle «quarantottate» senza costrutto. Nel fare il bilancio della settimana rossa egli ritrovò i suoi toni taglienti e p e r e n t o r i , ma solo p e r 39

chiedere la testa di Rigola, che infatti fu costretto alle dimissioni. Altrettanta grinta mostrò contro un rinnovato attacco dei riformisti. Ma i n s o m m a c r e d i a m o che valga il giudizio espresso d o p o la sua m o r t e da N e n n i : «Plebeo era, e pareva che volesse restare, ma senza a m o r e p e r le plebi. Negli operai ai quali parlava vedeva n o n dei fratelli, ma u n a forza, un mezzo, del quale potrebbe servirsi p e r rovesciare il mondo». O r a il m o n d o voleva a n c o r a rovesciarlo, ma in quella forza cominciava a p e r d e r e fiducia. N o n è - i n t e n d i a m o c i - che u n a supposizione. Ma ci sembra abbastanza fondata. Le revolverate di Sarajevo e r a n o esplose il 28 g i u g n o , e p e r quasi tutto luglio YAvanti! seguitò a p a r l a r n e come di un episodio «doloroso, ma spiegabile», d a n d o poco risalto agli sviluppi diplomatici dell'avvenimento. Solo alla fine del m e se, q u a n d o giunse la notizia dell 'ultimatum austriaco alla Serbia, Mussolini prese u n a posizione decisa con un articolo intitolato Abbasso la guerra! che trovò consenziente tutta la sinistra italiana, f e r m a m e n t e risoluta a n z i t u t t o a n o n lasciarsi coinvolgere in un eventuale conflitto dalla p a r t e dell'Austria, cui e r a v a m o legati dal trattato della Triplice Alleanza. «Non un u o m o , né un soldo» scriveva Mussolini. E il partito lo a p p r o v ò . Ma q u a n d o ai p r i m i d'agosto l ' E u r o p a p r e s e fuoco, tutte le Potenze scesero in lizza, e all'invasione austriaca della Serbia seguì quella tedesca del Belgio e della Francia, fra Mussolini e l'apparato c o m i n c i a r o n o le p r i m e i n c r i n a t u r e . l'apparato era neutralista in senso assoluto, Mussolini con alc u n e riserve che trasparivano dagli stessi titoli del suo giornale: Lorda teutonica scatenata su tutta Europa, La sfida germanica contro Latini, Slavi e Anglosassoni eccetera. Mussolini n o n e r a ancora interventista, ma aveva p r e s o atto del fallimento dei partiti socialisti e u r o p e i , che n o n solo si e r a n o mostrati incapaci di p r e v e n i r e il conflitto; ma, u n a volta scoppiato, si e r a n o schierati coi rispettivi governi borghesi s p o s a n d o n e la «causa nazionale». E la conclusione che ne traeva era questa: che, restando sulla sua posizione neutralista, il socialismo italiano s'isolava da tutti gli altri e dalla stessa Storia. 40

Di q u e s t o dissidio, a n c o r a l a t e n t e , il p r i m o s i n t o m o lo fornì il «caso» H e r v é , il socialista francese che si era arruolato volontario. M e n t r e i d i r i g e n t i del p a r t i t o italiano lo d e n u n c i a v a n o c o m e traditore, Mussolini scriveva: «No, H e r v é che definisce - come noi p u r e la definiamo - " i m m o n d a " la g u e r r a , n o n è un g u e r r a f o n d a i o a n c h e se a n d r à alla frontiera, così c o m e n o n è un d e l i n q u e n t e il pacifico cittadino che deve d ' u n tratto r i c o r r e r e alla Browning p e r difendersi dall'attacco del b a n d i t o . Il militarismo p r u s s i a n o e p a n g e r m a nista è, dal '70 ad oggi, il b a n d i t o appostato sulle strade della civiltà e u r o p e a » . I n s o m m a , s e c o n d o lui, c'era g u e r r a e g u e r r a : quella difensiva, n e m m e n o i socialisti p o t e v a n o rifiutarla a priori. Fu questo il p u n t o su cui, via via che l'incendio si p r o p a gava, il fronte della Sinistra si r u p p e . Essa aveva u n a n i m e m e n t e riecheggiato il g r i d o Abbasso la guerra! finché e r a in v i g o r e la Triplice che ci a v r e b b e costretto a c o m b a t t e r l a a fianco degli a u s t r o - t e d e s c h i . Ma o r a che il g o v e r n o Saland r a , p u r senza d e n u n c i a r e quell'alleanza, se n ' e r a ufficialm e n t e d i s i m p e g n a t o p r o c l a m a n d o la neutralità, i repubblicani, i radicali e i socialisti riformisti c o m i n c i a r o n o a d i r e che l a n e u t r a l i t à n o n p o t e v a essere che u n t e m p o r a n e o e s p e d i e n t e , alla l u n g a insostenibile. I democratici, scriveva Salvemini, d e v o n o rifiutare e combattere l'idea nazionalista di u n a g u e r r a p e r scopi imperialistici. Ma, aggiungeva, «per resistere al nazionalismo, bisogna m e t t e r s i sul t e r r e n o dei c o n c r e t i interessi nazionali» c h e e s i g e v a n o l ' i n t e r v e n t o al fianco dei popoli che lottavano p e r la difesa dei nostri stessi valori di civiltà e libertà. A m e t à agosto ci fu un colpo di scena. I sindacalisti, che e r a n o la pattuglia avanzata della sinistra rivoluzionaria, avevano i n d e t t o u n g r a n d e comizio. Mancava C o r r i d o n i , a r r e stato p o c h i giorni p r i m a . Al suo posto, p r e s e la p a r o l a suo cognato De Ambris, che n o n p r o n u n c i ò la parola guerra, ma la fece t r a u d i r e in tutte le p i e g h e del suo discorso: «Anche il tacere, di fronte a certi delitti, significa complicità... C o m p a 41

gni, vi p o n g o la d o m a n d a : se d o m a n i la g r a n d e lotta richiedesse il nostro i n t e r v e n t o p e r i m p e d i r e il trionfo della reazione feudale, militarista, p a n g e r m a n i c a , p o t r e m o noi rifiutarlo?» Le sue p a r o l e p r o v o c a r o n o il finimondo: u n a p a r t e dell'uditorio acclamò, l'altra - forse la più n u m e r o s a - insorse g r i d a n d o al t r a d i m e n t o , e l'organizzazione sindacale - l'usi si spaccò. Anch'essi divisi, i capi o t t e n n e r o un colloquio con C o r r i d o n i in carcere. «Ricordo a n c o r a - scrive De Ambris la c o m m o z i o n e che c'invase, q u a n d o ai nostri accenni piuttosto cauti, C o r r i d o n i p r o r u p p e in u n a delle sue belle risate. Sì, la g u e r r a e r a un d o v e r e n a z i o n a l e e r i v o l u z i o n a r i o . Sì, d o v e v a m o volerla e farla...» All'uscita dal c a r c e r e , il 6 s e t t e m b r e , C o r r i d o n i lo c o n f e r m ò : «La n e u t r a l i t à è dei castrati» disse. Quasi c o n t e m p o r a n e a m e n t e si r o m p e v a a n c h e il fronte degli anarchici libertari: Rocca, Dinaie, e perfino Maria Rygier si d i c h i a r a v a n o p e r l'intervento. Arroccati su u n a posizione di netto rifiuto, restavano i socialisti, ma isolati da tutto il resto della Sinistra, e c o n d a n n a t i a u n a imbarazzante alleanza con la «maggioranza silenziosa» delle forze m o d e r a t e e conservatrici che facevano c a p o all'esecrato Giolitti. Mussolini si trovava di fronte a u n a scelta d r a m m a t i c a : istinto e t e m p e r a m e n t o lo p o r t a v a n o alla g u e r r a , ma la g u e r r a lo avrebbe p o r t a t o alla r o t t u r a col partito e alla p e r dita della sua t r i b u n a : il giornale. Per la p r i m a volta la sua c o n d o t t a si m o s t r ò esitante e a m b i g u a . Pubblicò su Utopia un articolo di P a n u n z i o in cui si s o s t e n e v a c h e la g u e r r a avrebbe dato al socialismo la vittoria in tutta l'Europa, e sulVAvanti! confutò questa tesi in n o m e dell'ortodossia di partito. Il d o p p i o giuoco n o n passò inosservato. «La diplomazia diventa s e m p r e più diffìcile p e r Mussolini - scrisse Azione socialista -, anzi p e r i d u e Mussolini, che un bel giorno, riscald a n d o s i l'ambiente, finiranno col litigare sul serio. Chi dei d u e vincerà?» M o r s o sul vivo, Mussolini r e a g ì r i n c a r a n d o sul p r o p r i o pacifismo con u n ' a g g r e s s i v i t à che d i m o s t r a v a 42

q u a n t o poco lo avesse nel sangue. Per tenerlo in riga la Direzione gli aveva messo alle costole la Balabanoff, ringhiosa g u a r d i a n a delle direttive del p a r t i t o . E a n c o r a alla fine di s e t t e m b r e egli d i c h i a r a v a g u e r r a ai g u e r r a f o n d a i nel loro stesso t o n i t r u a n t e linguaggio. Il 18 o t t o b r e (del T 4 ) , la D i r e z i o n e socialista si r i u n ì a Bologna p e r fare il p u n t o della situazione. Per strada, m e n tre si recavano al convegno, i partecipanti c o m p r a r o n o l'Avanti!, e r i m a s e r o di stucco. C ' e r a un l u n g o e d i t o r i a l e di Mussolini, il cui titolo Dalla neutralità assoluta alla neutralità attiva ed operante già diceva di tutto. C o n molta abilità vi era sostenuta questa tesi: che il d i l e m m a - o g u e r r a , o rivoluzione - era pretestuoso e artificioso: «Chi vi assicura che il gov e r n o uscito dalla rivoluzione n o n d e b b a c e r c a r e a p p u n t o in u n a g u e r r a il suo battesimo augurale?» E concludeva p o n e n d o n e un altro a risposta obbligata: «Vogliamo essere, come u o m i n i e c o m e socialisti, gli s p e t t a t o r i i n e r t i di q u e s t o d r a m m a grandioso? O n o n vogliamo esserne, in qualche m o d o e in qualche senso, i protagonisti?» Mussolini, che partecipava alla seduta, si trovò immediat a m e n t e nell'occhio del ciclone, quasi c o m p l e t a m e n t e isolato sotto u n a g r a n d i n e di accuse. Le p i ù violente gli furono mosse dai vecchi amici di un t e m p o : Serrati e la Balabanoff. Egli rispose a suo m o d o , a t t a c c a n d o invece di d i f e n d e r s i . Ma se aveva sperato di costringere il partito a cambiar rotta m e t t e n d o l o di fronte al fatto c o m p i u t o , dovette a m a r a m e n te ricredersi p e r c h é si trovò del t u t t o isolato. C o n u n o dei suoi soliti scatti, rifiutò la p r o p o s t a di a b b a n d o n a r e p e r tre mesi la direzione del giornale a l l e g a n d o motivi di salute, e rassegnò su d u e piedi le dimissioni. C h e a quella decisione dovesse arrivare, e r a n o in molti a p r e v e d e r l o . Ma p e r c h é l'avesse a tal p u n t o precipitata, dal giorno all'indomani, senza un m i n i m o di p r e p a r a z i o n e , senz a n e s s u n tentativo d i t r a r r e dalla sua q u a l c h e c o m p a g n o del direttorio, era e r i m a n e un g r a n mistero. Il giornale, p e r lui, era n o n soltanto il mezzo p e r far sentire la sua voce, ma 43

anche la sua unica risorsa di vita. Infatti, dalla sera alla mattina, si trovò sul lastrico, senza u n a lira in tasca, e p o t è tirare avanti solo grazie a d u e m i l a lire m a n d a t e g l i dal segretario della Federazione dei L a v o r a t o r i del M a r e , il sindacalista Giulietti. C o n t r a v v e n e n d o all'ordine di n o n muoversi da Forlì, accorse R a c h e l e con la b a m b i n a , p e r essere accanto nel m o m e n t o difficile a l suo u o m o , m a a n c h e p e r r e c u p e rarlo. E ora bisognava p r o v v e d e r e a n c h e a loro. Molti storici, fra cui a n c h e De Felice, avanzano il d u b b i o che il suo n o n fosse stato affatto un salto nel buio in q u a n t o aveva già solide garanzie di p o t e r lanciare un n u o v o giornale. Chi scrive c r e d e di p o t e r l o escludere sulla base delle confid e n z e fattegli in t e m p i n o n sospetti (1937) da colui che gliele avrebbe fornite, Filippo Naldi, allora fuoruscito a Parigi. Naldi era nel '14 d i r e t t o r e del Resto del Carlino di Bologna. Secondo q u a l c u n o , sarebbe stato lui a «lavorare» Mussolini p e r i n d u r l o a passare dalla p a r t e dell'interventismo su incarico del Ministro degli Esteri San Giuliano. C o n m e , Naldi smentì questa voce e me ne dimostrò l'infondatezza con d u e a r g o m e n t i che m i s e m b r a n o i n o p p u g n a b i l i : egli e r a u o m o di Giolitti, n o n di San Giuliano, e questi n o n e r a affatto interventista. Da q u a n t o mi disse, le cose si e r a n o svolte così: Q u a n d o Mussolini lasciò VAvanti!, sebbene ne fosse stato ricoperto d'ingiurie, Naldi si precipitò a Milano, e si offrì di finanziargli un n u o v o giornale. Solo chi n o n ha conosciuto Naldi p u ò stupirsi dell'offerta e annusarci sotto Dio sa quali intrallazzi. La verità è che Naldi a v e n d o il fiuto degli u o m i ni, e specialmente dei giornalisti, aveva capito che su Mussolini c'era da p u n t a r e . E, sebbene soldi n o n ne avesse n e m m e n o lui, era sicuro di p o t e r n e t r o v a r e p e r il lancio « d ' u n cavallo di quella razza». Altrettanto sicuro era di poterlo d o m a r e e strumentalizzare come elemento di r o t t u r a del fronte socialista. Infatti, a n c h e q u a n d o il fascismo lo costrinse a r i p a r a r e all'estero, seguitò s e m p r e a p a r l a r e di lui, con un misto di dispetto e di tenerezza, ma senza mai v e n a t u r e di 44

odio, c o m e di un «ragazzaccio» fuorviato da cattive c o m p a gnie. Mussolini, sulle p r i m e , n o n voleva n e m m e n o riceverlo, e all'offerta di d e n a r o si a d o m b r ò . Ma Naldi, c h ' e r a u n a sirena, p r o v v i d e subito a rassicurarlo: sarebbe stato, disse, d e n a r o pulito e senza condizionamenti: Mussolini sarebbe stato libero di difendere le cause che voleva, senza r i s p o n d e r ne a n e s s u n o . E su questa condizione l'intesa fu r a g g i u n t a . Resta da sapere dove Naldi attinse il mezzo milione che poi versò a Mussolini. A me disse c h e lo r a g g r a n e l l ò da varie parti interessate n o n all'intervento, ma alla r o t t u r a del fronte socialista. Ma n e g ò r e c i s a m e n t e di averlo avuto dall'ambasciatore francese, B a r r è r e , e di questo sono o r a m a i tutti, o quasi tutti persuasi. Dai francesi ricevette aiuti p i ù t a r d i , ma gli v e n n e r o dai socialisti. Mussolini n o n cambiò idea p e r p r e n d e r e dei soldi. Prese dei soldi p e r difendere la sua idea. E su questa idea, caso mai, che forse commise un e r r o r e . L a n c i a n d o II popolo d'Italia, egli c r e d e v a p r o b a b i l m e n t e di t r a s c i n a r s i d i e t r o il p a r t i t o socialista, o a l m e n o di c r e a r v i u n a forte scissione. Glielo aveva fatto c r e d e r e la valanga di consensi che gli era piovuta addosso da p a r t e di quei g r u p pi sindacalisti, riformisti, r e p u b b l i c a n i ed a n c h e a n a r c h i c i che si stavano c o n v e r t e n d o all'interventismo. Ma aveva sottovalutato la compattezza del partito con cui o r a doveva fare i conti. Il popolo d'Italia uscì il 15 n o v e m b r e , v e n t i c i n q u e g i o r n i d o p o le dimissioni di Mussolini àa\YAvanti! In tre settimane Naldi aveva trovato u n a vecchia tipografia e allestito u n a red a z i o n e di p o c h e s t a m b e r g h e ammobiliate con casse e cassette. In d u e o r e era già esaurito nelle edicole, e nei giorni successivi la t i r a t u r a n o n fece che a u m e n t a r e fino alle 100 mila copie. Sotto la testata, esso recava la dicitura: «Quotidiano socialista». Ed era soprattutto questo a d i s t u r b a r e Ì'Avanti! c h e passò alla controffensiva l a n c i a n d o il r i t o r n e l l o : «Chi paga?» Il 24 Mussolini fu convocato di fronte alla sezione sociali45

sta milanese, cui era iscritto, p e r r i s p o n d e r e del «tradimento». E vi si p r e s e n t ò . Fu u n a scena da «tribunale del popolo» che tuttavia n o n dovette dispiacere al suo teatrale t e m p e r a m e n t o . Alla p r e s e n z a di Serrati, Balabanoff e altri massimi dirigenti, egli fu sottoposto a un autentico linciaggio in un c o r o d'insulti, fischi e schiamazzi. Q u a n d o fu c h i a m a t o sul palcoscenico p e r difendersi, fu bersagliato da u n a g r a n d i n e di m o n e t i n e che volevano dire: «Venduto». I n v a n o Serrati, p e r dargli m o d o di p a r l a r e , si sbracciava a chiedere silenzio. T e r r e o in volto e m à d i d o di s u d o r e , Mussolini riuscì solo a far t r a u d i r e qualche frase smozzicata: «Sono p r o n t o a sottom e t t e r m i a qualsiasi c o m m i s s i o n e d'inchiesta... S o n o e rim a n g o un socialista...» Alla fine, a l z a n d o la voce fino a d o m i n a r e il t u m u l t o , g r i d ò : «Voi c r e d e t e di p e r d e r m i . V'illud e t e . Voi m i o d i a t e p e r c h é m i a m a t e ancora...» L e u l t i m e parole si p e r s e r o fra urli e sghignazzate. C i n q u e giorni d o p o la Direzione si riunì al g r a n complet o p e r e s a m i n a r e i l caso. Alcuni p r o p o s e r o d i s o t t o p o r r e Mussolini a inchiesta, ma l'espulsione e r a o r m a i decisa: r e stava solo da sceglierne la motivazione. Zerbini ed altri chiesero che venisse p r o n u n c i a t a p e r indisciplina. Ma Serrati e la Balabanoff furono irremovibili e trascinarono la maggioranza: Mussolini veniva radiato p e r «indegnità morale». U n a c e r t a r e a z i o n e in s e n o alla «base» ci fu. Al Circolo C a t t a n e o 300 giovani socialisti s e c e s s i o n a r o n o d a l p a r t i t o , altri g r u p p i in L o m b a r d i a e R o m a g n a p r e s e r o le p a r t i del «perseguitato» sino a farsi espellere. Ma il g r a n d e scisma in cui forse Mussolini aveva s p e r a t o n o n ci fu: la forza coagulante che s e m p r e sprigionano i partiti di massa ebbe la m e glio e p i a n o p i a n o riassorbì p a r e c c h i di q u e i t r a n s f u g h i . Plausi e a d e s i o n i p i o v v e r o invece da altri g r u p p i . A n o m e della Voce, Prezzolini gli telegrafò: «Partito socialista ti espelle, Italia ti accoglie», Salvemini gl'invio un caldo messaggio, e tutta la s t a m p a dell'interventismo di sinistra - radicale, rep u b b l i c a n o e socialista riformista - si schierò c o m p a t t a in suo favore. P a r t i c o l a r m e n t e entusiasta fu il Fascio Rivoluzio46

nano di Azione Internazionalista che si e r a costituito ad o p e r a dei sindacalisti c o r r i d o n i a n i . Sicché Mussolini m a n t e n n e i suoi galloni di Generale, ma di un altro esercito. Alcuni suoi a p o l o g e t i scrissero p i ù t a r d i c h e fu q u e s t o esercito a trascinare, sotto il suo c o m a n d o , l'Italia in g u e r r a . Q u e s t o è falso. Sotto la b a n d i e r a dell'interventismo si schierava un coagulo di forze disparate che n o n riuscirono mai a fondersi, e che si p o s s o n o a g g r u p p a r e in tre blocchi. Il p i ù consistente e a g g u e r r i t o era quello di destra, d o m i n a t o dai nazionalisti, che avevano il loro b a r d o in D'Annunzio. Le sue schiere n o n e r a n o n u m e r o s e , m a p o t e v a n o c o n t a r e sull'appoggio di b u o n a p a r t e della cultura e dei giornali che esercitavano la più forte influenza sull'opinione pubblica m o d e r a ta, Corriere della Sera in testa. Esso voleva la g u e r r a n o n tanto p e r il riscatto delle p r o v i n c e i r r e d e n t e , q u a n t o p e r la p r o mozione dell'Italia al r a n g o di G r a n d e Potenza militare e coloniale. Poi c'era il blocco di c e n t r o , costituito dai socialisti riformisti di Bissolati, dai radicali e da u n a p a r t e dei r e p u b blicani che vedevano nell'intervento la difesa degl'ideali democratici, in o m a g g i o ai quali essi r i n u n z i a v a n o a qualsiasi annessione di t e r r e etnicamente n o n italiane. Terzo, il blocco di sinistra, cui facevano c a p o la frazione p i ù estremista dei repubblicani, gli anarchici dissidenti e i Fasci di azione che, in omaggio al concetto sorelliano della «violenza levatrice della Storia», v e d e v a n o nella g u e r r a il p r o l o g o e lo s t r u m e n t o di u n a rivoluzione c h e spazzasse via la vecchia Italia e tutte le sue istituzioni, a cominciare dalla Monarchia. Il popolo d'Italia p r e s e subito le distanze dai nazionalisti che a loro volta n o n r i c o n o b b e r o mai in Mussolini un loro alleato, e anzi lo t r a t t a r o n o s e m p r e c o n avversione e diffidenza. Ma s e p p e abilmente conciliare le tesi di tutto l'interv e n t i s m o d e m o c r a t i c o , di c e n t r o e di sinistra, c h e n o n disponeva di altro quotidiano. Così egli si trovò accanto ai Bissolati, ai B o n o m i , ai Cabrini che tre a n n i p r i m a aveva fatto espellere dal partito, e che furono i p r i m i a tendergli la man o . Q u e s t o coacervo di forze ebbe certo la sua i m p o r t a n z a 47

p e r l'entrata dell'Italia in g u e r r a in q u a n t o r o m p e v a il fronte della sinistra pacifista, ma n o n ne fu l'elemento decisivo: l'uditorio a cui si rivolgeva, le masse socialiste e cattoliche, r i m a s e r o s o r d e ai suoi appelli a n c h e p e r c h é c o m p o s t e in g r a n p a r t e di analfabeti. D'Annunzio e il Corriere della Sera, che si r i v o l g e v a n o alla b o r g h e s i a , p e s a r o n o m o l t o p i ù di Mussolini, il quale d o v e t t e t r o v a r e in q u e s t o la verifica del suo vecchio c o n v i n c i m e n t o che a c o n t a r e e r a n o solo le minoranze. Fra i collaboratori del Popolo d'Italia c'era di tutto, da Prezzolini a P a p i n i a N e n n i a Maria Rygier, ma il g r u p p o p i ù c o m p a t t o e r a quello dei sindacalisti, capeggiati da Panunzio e Lanzillo. C'era u n o dei maggiori poeti del t e m p o , U m b e r to Saba. E c'era a n c h e , p i ù piacevole e m e n o i n g o m b r a n t e della Balabanoff, u n a bella e b r e a dai capelli rossi: M a r g h e rita Sarfatti, c h e al d i r e t t o r e n o n p r e s t a v a soltanto la sua p e n n a . Salvemini n o n si era a r r u o l a t o nella pattuglia, ma la secondava v i g o r o s a m e n t e dal di fuori, c o m e facevano Corridoni e De Ambris. Mussolini t e n n e la rotta polemizzando a s p r a m e n t e sia coi nazionalisti che coi socialisti, passati subito all'attacco sul solito r i t o r n e l l o : «Chi paga?» E r a u n a v o l g a r e c a l u n n i a cui Mussolini rispose con u n a c a l u n n i a n o n m e n o volgare: ris f o d e r a n d o c o n t r o S e r r a t i la vecchia accusa di s p i o n a g g i o lanciatagli dagli anarchici. Egli ebbe a n c h e d u e duelli, con M e r l i n o e con Treves. Verso il g o v e r n o S a l a n d r a , a s s u n s e u n a posizione di stimolo, ma a n c h e di sostanziale a p p o g g i o . S e c o n d ò i Fasci di azione rivoluzionaria nel loro tentativo di f o n d e r e sotto la loro b a n d i e r a tutto l'interventismo di sinistra. Ma q u a n d o questo decise di forzare la m a n o al govern o p r o v o c a n d o u n i n c i d e n t e alla f r o n t i e r a c o n l'Austria, Mussolini lo richiamò al senso della realtà. «Dire che noi far e m o la rivoluzione p e r o t t e n e r e la g u e r r a , è dire u n a cosa che n o n p o t r e m o m a n t e n e r e : n o n ne a b b i a m o la forza.» E caldeggiò la r e d a z i o n e di un d o c u m e n t o con cui tutti gl'in48

terventisti di sinistra, fascisti e sindacalisti compresi, s'impeg n a v a n o a s o s t e n e r e a n c h e la M o n a r c h i a se questa si fosse decisa a c o n d u r r e l'Italia all'intervento. Via via che si avvicinava il «Maggio radioso», la sua polemica coi nazionalisti s'intiepidiva, m e n t r e quella contro i socialisti e i giolittiani assumeva toni s e m p r e più aspri. «Tu mi chiedi cinque righe di prosa p e r Giolitti - scrisse a Prezzolini -. Ecco: io vorrei somministrargli cinque palle di revolver allo stomaco.» Il 6, sotto il titolo E l'ora, dedicò un entusiastico c o m m e n t o al discorso di D ' A n n u n z i o a Q u a r t o . E q u a n d o Salandra, che in tutta segretezza si e r a già i m p e g n a to a L o n d r a con gli Alleati a dichiarare la g u e r r a , accorgendosi che il P a r l a m e n t o e r a in m a g g i o r a n z a neutralista, diede le dimissioni, Mussolini uscì con questo appello: «Popolo di Milano, a te la parola. O c c u p a le strade e le piazze. II tuo grido sia: o g u e r r a o rivoluzione». Ma era disfatto p e r c h é alla rivoluzione n o n ci credeva, e parlava perfino di suicidio. Poi il Re riconfermò Salandra, la g u e r r a fu dichiarata, e col o r o c h e l'avevano voluta c i a n d a r o n o , d a C o r r i d o n i allo stesso Bissolati che, m a l g r a d o i suoi quasi s e s s a n t a n n i , si arr u o l ò c o m e sergente fra gli alpini. Mussolini a v r e b b e voluto s e g u i r n e l'esempio, ma la sua d o m a n d a di r i c h i a m o fu a c c a n t o n a t a . Subito i socialisti ne approfittarono p e r lanciare c o n t r o di lui un n u o v o ritornello: «Armiamoci e partite». Ma ancora u n a volta si trattava di calunnia. Mussolini aveva scomodato tutti i suoi amici di Roma p e r o t t e n e r e il richiamo. Lo Stato Maggiore era ostile ai volontari, e s p e c i a l m e n t e a quelli di o r i g i n e socialista, che considerava agenti d ' i n q u i n a m e n t o p e r la t r u p p a . Per rivestire il g r i g i o v e r d e , egli d o v e t t e a s p e t t a r e la mobilitazione della sua classe, che avvenne alla fine di agosto. Al fronte, s e c o n d o i suoi apologeti, Mussolini si sarebbe c o m p o r t a t o da eroe; secondo i suoi detrattori, da imboscato o quasi. Il più fedele alla verità è stato lui stesso, nel Diario che pubblicò a p u n t a t e nel suo giornale. Atti di g r a n valore n o n ne compì, forse anche p e r c h é gliene m a n c ò l'occasione. 49

Ma fu un b u o n soldato, coraggioso e disciplinato. I galloni di caporal m a g g i o r e n o n gli furono di certo concessi p e r un r i g u a r d o alla sua p e r s o n a . U n a circolare di C a d o r n a raccom a n d a v a di t e n e r e sotto stretta sorveglianza gl'interventisti socialisti, che oltre alla diffidenza dei C o m a n d i subivano l'ostilità d e i c o m p a g n i . La sua d o m a n d a di a m m i s s i o n e a un corso p e r allievi ufficiali v e n n e respinta, e un g i o r n o egli si sentì a p o s t r o f a r e d a u n fante i n questi t e r m i n i : «Ho u n a b u o n a notizia d a darti: h a n n o ammazzato C o r r i d o n i . C i h o gusto. C r e p i n o tutti questi interventisti!» Q u e s t o era lo stato d ' a n i m o che r e g n a v a nelle trincee. Alla fine di febbraio del '17 un lanciabombe scoppiò vicino a lui, e u n a g r a g n u o l a di schegge lo investì. Gli se ne conficcarono in t u t t e le p a r t i del c o r p o , ma specialmente nelle g a m b e , sicché arrivò all'ospedale quasi dissanguato. Le pinze del c h i r u r g o d o v e t t e r o lavorare a l u n g o p e r estrargliele, e solo d o p o un paio di mesi p o t è ricominciare a c a m m i n a r e , ma con le grucce. In g i u g n o fu c o n g e d a t o p e r invalidità, e p o t è riprendere il suo posto alla direzione del giornale. Era t e m p o p e r c h é , senza di lui, Il popolo d'Italia aveva p e r s o smalto e lettori, e a n c h e la sua linea politica aveva subito parecchie oscillazioni. Mussolini lo rimise sulla sua rotta origin a r i a di o r g a n o d e l l ' i n t e r v e n t i s m o d e m o c r a t i c o , e ve lo m a n t e n n e sino a C a p o r e t t o . Alla disfatta militare egli fu tra i pochi che s e p p e r o r e a g i r e senza p e r d e r e la testa né c a d e r e nell'isterìa. Ma a n c h e in lui il contraccolpo ideologico fu violento. C o m e n o t a g i u s t a m e n t e De Felice, fin allora egli e r a rimasto un socialista, sia p u r e «dormiente». O r a dal socialismo cominciò a staccarsi forse a n c h e p e r c h é l'esperienza di trincea gli aveva dimostrato l'impossibilità di far breccia nelle masse. L'unica carta su cui p o t e v a p u n t a r e e r a n o i combattenti che, u n a volta congedati, avrebbero avuto i loro valori da difendere e loro rivendicazioni da avanzare. La sterzata in questa n u o v a direzione fu lenta, ma contin u a . C a l d e g g i a n d o il p r o g e t t o di a s s e g n a r e in p r o p r i e t à le 50

t e r r e ai futuri r e d u c i c o n t a d i n i , scriveva: «È t e m p o che la Patria offra ai c o m b a t t e n t i l'attestazione della sua riconoscenza e della sua fiducia». E questo era perfettamente inton a t o alla sua p r e c e d e n t e linea socialista. Ma, a g g i u n g e v a , p e r assicurare alle masse rurali questo beneficio, ci vuole la vittoria. E la vittoria richiede il massimo sacrificio, anche di certe libertà. «Un conto è la democrazia; un conto è la cond o t t a d e m o c r a t i c a , o piuttosto p a r l a m e n t a r e della g u e r r a : la p i ù sublime delle stupidità umane» In t e m p o di g u e r r a , R o m a d e m o c r a t i c a accettava la dittatura.» Il 1° agosto del '18, q u a n d o o r m a i il fiato degli austriaci inchiodati sul Piave cominciava a farsi c o r t o , dalla testata del Popolo d'Italia s c o m p a r v e il sottotitolo: «Quotidiano socialista», e fu rimpiazzato da quello di: « Q u o t i d i a n o dei c o m b a t t e n t i e dei p r o d u t t o r i » . Nell'articolo di fondo il direttore spiegava così il c a m b i a m e n t o : «Quel socialista che figurava in testa al giornale aveva senso nel 1914 e voleva dire che nel 1914 si poteva essere socialisti - nel vecchio senso della parola - e nello stesso t e m p o favorevoli alla g u e r r a . Ma in seguito la parola socialista e r a d i v e n t a t a anacronistica. N o n mi diceva p i ù n i e n t e . Offriva anzi tutti gl'inconvenienti della possibile confusione con gli altri...» C'è chi v e d e , in q u e s t o m u t a m e n t o di divisa, un fatto traumatico, un r i n n e g a m e n t o , u n a r o t t u r a di Mussolini col suo passato. Noi c r e d i a m o che sia più esatto p a r l a r e di un suo r i t o r n o alle origini. Mussolini n o n fu mai un vero socialista. Anche q u a n d o spiccava nel partito come figura di primo piano, n o n lo amava e ne disprezzava gli altri dirigenti. Usava q u e s t a qualifica c o m e un'etichetta d i c o m o d o p e r c o n q u i s t a r e le masse, alle cui sorti era del tutto insensibile - c o m e aveva b e n visto la Balabanoff - e che gl'interessavano soltanto c o m e «materiale rivoluzionario» p e r la conquista del p o t e r e , il suo p o t e r e . Q u a n d o si avvide - e se ne avvide in trincea - ch'esse n o n potevano essere usate n e m m e n o p e r questo p e r c h é di potenziale rivoluzionario n o n ne avevano, r i t o r n ò alla sua vera matrice ch'era quella anarco-sin51

dacalista e superomista, cioè al solito miscuglio di Nietzsche e di Sorel. Di lì e r a v e n u t o . E lì tornava. P r o b a b i l m e n t e alla sterzata c o n t r i b u ì a n c h e u n motivo più p e d e s t r e : le difficoltà economiche in cui II popolo d'Italia si dibatteva. Subito d o p o il cambio del sottotitolo, c o m p a r v e sul g i o r n a l e m o l t a pubblicità. E r a il r i n g r a z i a m e n t o dei « p r o d u t t o r i » all'ex-socialista c h e riconosceva le loro b e n e m e r e n z e e la legittimità dei loro interessi. E fra di essi i più solleciti furono i fratelli P e r r o n e , che d o m i n a v a n o i potenti g r u p p i della «Ansaldo» e della B a n c a I t a l i a n a di S c o n t o . L'Ansaldo aveva fabbricato e v e n d u t o al g o v e r n o p i ù di u n dicimila c a n n o n i , q u a t t r o m i l a a e r o p l a n i e quasi cento navi da g u e r r a , ricavando da queste forniture profitti p r o p o r z i o nati, o forse s p r o p o r z i o n a t i . C h e q u a l c h e briciola di questi profitti sia finita n o n nella tasca di Mussolini ( l ' u o m o era, p e r s o n a l m e n t e , inaccessibile al d e n a r o ) , ma nelle e s a n g u i casse del suo giornale, è stato detto, ma n o n è stato provato. Di p r o v a t o c'è solo la massiccia pubblicità che le aziende Ansaldo cominciarono a fare sul Popolo d'Italia. Ma ancora u n a volta n o n c a d i a m o in abbaglio. Mussolini n o n cambiò rotta p e r o t t e n e r e soldi. O t t e n n e soldi p e r c h é aveva cambiato rotta. Q u e s t o c a m b i a m e n t o lo avrebbe o p e r a t o a n c h e se n o n ci fosse stato da g u a d a g n a r e nulla: glielo dettavano il fiuto e il calcolo politico, sua unica e s u p r e m a bussola. La vittoria colse di s o r p r e s a a n c h e lui. Ai p r i m i di ottob r e aveva scritto che bisognava p r e p a r a r s i a un altro a n n o di g u e r r a e che n o n i m p o r t a v a se questa si fosse decisa sui c a m p i di battaglia francesi invece che su quelli italiani. Era quello che p e n s a v a n o a n c h e Diaz e Badoglio che n o n volev a n o p r e n d e r e l'offensiva. Ma subito si c o n t r a d d i s s e : bisognava «restituire Caporetto», e la vittoria doveva essere italiana. N o n se l'aspettava così r a p i d a e facile. Q u a n d o v e n n e , scrisse t r i o n f a l m e n t e che n e s s u n altro esercito ne aveva rip o r t a t a di così vaste p r o p o r z i o n i . Ma sotto i toni trionfalistici covava l'assillo di un dopo, a cui n o n e r a p r e p a r a t o . Il s u o p r i m o t e n t a t i v o fu di c o a g u l a r e i n t o r n o a sé e al 52

suo g i o r n a l e t u t t o l ' i n t e r v e n t i s m o sia di d e s t r a che di sinistra, e p e r realizzarlo lanciò il p r o g e t t o di u n a Costituente che, sotto l'egida degli ex-combattenti avrebbe d o v u t o porre su n u o v e basi la società italiana facendovi largo p o s t o ai l a v o r a t o r i . F u u n e r r o r e . I l fronte i n t e r v e n t i s t a o r m a i e r a r o t t o , e p e r ricucirne i t r o n c o n i - quello nazionalista, c o n servatore e m o n a r c h i c o , e quello democratico, progressista e r e p u b b l i c a n o -, n o n bastava i g n o r a r e il p r o b l e m a istituzionale, c o m e faceva Mussolini. La p r o p o s t a c a d d e , e Mussolini rimase un G e n e r a l e alla ricerca di un esercito. I p r i m i a fornirgli reclute furono i futuristi, che da movim é n t o c u l t u r a l e stavano t e n t a n d o di trasformarsi in movim e n t o politico senza tuttavia riuscire a coagulare in un p r o g r a m m a i l o r o c o n t r a d d i t t o r i impulsi. I n c o m u n e a v e v a n o solo il p a s s a t o d'interventisti e valorosi c o m b a t t e n t i . Per il resto, c'era di tutto, dal nazionalismo al sovversivismo a n a r chico, t e n u t i i n s i e m e da un attivismo fine a se stesso: n o n p e r n u l l a il l o r o m o t t o e r a marciare, non marcire. Essi p e r ò e r a n o riusciti a legare al loro c a r r o gli arditi che t o r n a v a n o dalle t r i n c e e c o n la nostalgia della violenza, e b e n decisi a p e r p e t u a r l a . I fasci n a c q u e r o dalla l o r o fusione. Nel febbraio del ' 19 ce n ' e r a n o già u n a ventina. Per i futuristi e p e r il loro capo Marinetti, Mussolini n o n aveva m a i avuto molta simpatia: li considerava p o c o m e n o che ciarlatani, a n c h e se dal '15 in poi li aveva trattati da alleati e di loro si e r a avvalso nella c o m u n e lotta p e r l'interv e n t o . C o n gli arditi invece aveva stabilito fin d a p p r i n c i p i o b u o n i r a p p o r t i , tanto che aveva a n c h e p a r t e c i p a t o ad alcune l o r o a d u n a t e . Il p a t t o fra loro si saldò IT 1 g e n n a i o del T 9, in occasione del discorso di Bissolati alla Scala. Mussolini nutriva p e r Bissolati un affetto, fra i cui ingredienti forse c'era a n c h e il rimorso. Sette a n n i p r i m a e r a stato lui a farlo scacciare dal partito socialista al t e r m i n e di u n a v e e m e n t e requisitoria in cui lo aveva tacciato di t r a d i t o r e . Poi si e r a n o ritrovati sulla barricata interventista, e Bissolati n o n solo gli aveva p e r d o n a t o l'aggressione, ma lo aveva an53

che efficacemente aiutato a s u p e r a r e le sue difficoltà. Ma olt r e a q u e s t o c'era a n c h e il rispetto che l ' u o m o ispirava p e r quelle alte qualità m o r a l i che facevano di lui l'incontestato leader dell'interventismo democratico. Pochi g i o r n i p r i m a , Bissolati si e r a dimesso da Ministro p e r protesta c o n t r o O r l a n d o e S o n n i n o che insistevano p e r l'annessione della Dalmazia. Lo aveva fatto goffamente, da quel maldestro u o m o politico che era, senza fornirne i motivi, senza n e m m e n o i n f o r m a r n e i c o m p a g n i di p a r t i t o c h e infatti e r a n o rimasti al g o v e r n o . In t e r m i n i amichevoli, ma fermi, Mussolini lo aveva invitato a spiegarsi. E Bissolati aveva risposto i n d i c e n d o un comizio alla Scala. Di quella serata, Borgese fece nel suo Golia u n a ricostruzione forse un po' colorita dalla fantasia, ma sostanzialmente esatta. Palchi e platea e r a n o in m a n o ai bissolatiani. Ma il loggione era piantonato da futuristi e arditi. I dissensi cominciar o n o fin dalle p r i m e frasi, di cui Marinetti salutava la conclusione con u n o stentoreo amen! Presto urli e fischi soverchiarono la voce dell'oratore che si s m a r r ì e prese a leggere i suoi fogli senza più articolare i periodi, di furia, p e r sottrarsi il più presto possibile a quel martirio. A un tratto, fra le altre, egli distinse anche la voce sarcastica di Mussolini che gli gridava: «Rinunciatario!» Volgendosi ai vicini, m o r m o r ò : «No, lui no!» Poi, come annientato, ripose in tasca i fogli e uscì. Mussolini cercò in seguito di farsene p e r d o n a r e n o n lesinandogli p r o v e di stima e di affetto. Ma la sua partecipazione alla chiassata e r a stata calcolata. Aveva voluto r e n d e r e pubblica la sua r o t t u r a con l'interventismo democratico e la sua s a l d a t u r a coi fasci futuristi. Ma n o n si t r a t t a v a di u n a scelta di «destra», c o m e poi frettolosamente si disse. Futurismo e arditismo n o n e r a n o catalogabili secondo questa convenzionale terminologia p e r c h é d e n t r o il loro coacervo c'era, lo a b b i a m o già d e t t o , t u t t o e il c o n t r a r i o di t u t t o . Fra i suoi militanti ne r i t r o v e r e m o alcuni con D'Annunzio contro Mussolini, altri con gli «arditi del popolo» che t e n t e r a n n o di o r g a n i z z a r e u n o s q u a d r i s m o rosso c o n t r o quello n e r o , e d 54

altri ancora che si a r r u o l a r o n o sotto le b a n d i e r e repubblican e , fra le più impavide nella resistenza al fascismo. Il 2 m a r z o II popolo d'Italia indisse p e r il g i o r n o 23 u n a g r a n d e a d u n a t a di c o m b a t t e n t i ed ex-combattenti nella sede dell'Alleanza I n d u s t r i a l e e C o m m e r c i a l e in piazza S. Sepolcro a Milano. «Sarà u n ' a d u n a t a importantissima» diceva il c o m u n i c a t o . Il 9 l'invito fu r i p e t u t o , e stavolta motivato: «Il 23 m a r z o sarà creato l'antipartito, s o r g e r a n n o i Fasci di C o m b a t t i m e n t o c o n t r o d u e pericoli: q u e l l o m i s o n e i s t a d i destra e quello distruttivo di sinistra». Solo il 18 p e r ò Mussolini scese di p e r s o n a in lizza d e d i c a n d o a l l ' a v v e n i m e n t o un articolo che ne spiegava il significato: «Tenendoci fermi sul t e r r e n o dell'interventismo - né potrebb'essere altrimenti, essendo stato l'interventismo il fatto d o m i n a n t e della Nazione -, noi rivendichiamo il diritto e p r o c l a m i a m o il dovere di trasformare, se sarà inevitabile anche con metodi rivoluzionari, la vita italiana». In che senso volesse trasformarla n o n lo diceva, o lo diceva con parole che di senso ne avevano poco: «Noi vogliamo l'elevazione m a t e r i a l e e spirituale dei cittadini italiani», e via d i v a g a n d o . Il 21 v e n n e stilato l'atto di costituzione, e a firmarlo furono tre socialisti, o che si p r o c l a m a v a n o tali: Mussolini, F e r r a r i e F e r r a d i n i ; d u e sindacalisti: Michele Bianchi e Giampaoli; e d u e arditi: Vecchi e Meraviglia. L ' i n d o m a n i // popolo d'Italia a n n u n c i a v a c h e l'iniziativa aveva riscosso un e n o r m e successo e che le adesioni fioccavano. In realtà, c o m e risulta da un r a p p o r t o della polizia, i c o n v e n u t i a quella c e r i m o n i a di b a t t e s i m o , di cui p e r v e n t ' a n n i tutta l'Italia fu costretta a festeggiare s o l e n n e m e n te la r i c o r r e n z a , n o n f u r o n o p i ù di t r e c e n t o , a n c h e se poi l'onore di avervi partecipato fu rivendicato da parecchie migliaia di p e r s o n e che in q u a l c h e m o d o r i u s c i r o n o a farselo riconoscere. Il g r u p p o più c o m p a t t o e r a quello dei sindacalisti e degli anarchici che d u r a n t e la c a m p a g n a p e r l'intervento avevano dato vita ai Fasci di azione rivoluzionaria sotto le b a n d i e r e di C o r r i d o n i e De Ambris. Un altro g r u p p o 55

e r a quello d e i «trinceristi», fra i quali spiccavano n a t u r a l m e n t e gli arditi. Poi c'era la pattuglia dei futuristi, g u i d a t a p e r s o n a l m e n t e da M a r i n e t t i . E infine un c e r t o n u m e r o di avventizi, transfughi da altri movimenti e partiti - tutti p e r ò di Sinistra -, fra i quali Farinacci. Dei l o r o n o m i n o n resta traccia p e r c h é già al p r i m o congresso dei Fasci, che si t e n n e d u e a n n i d o p o a F i r e n z e , questi n o m i e r a n o s c o m p a r s i , e anzi parecchi di essi figuravano nel c a m p o avversario. Gli u m o r i di questa assemblea si possono d e d u r r e dal discorso che t e n n e Mussolini, agli u m o r i sensibilissimo e semp r e p r o n t o a intonarvisi. Chiese l'abolizione del Senato, l'estensione del voto alle d o n n e , la convocazione di un'Assemblea nazionale che decidesse la forma istituzionale e in cui i Fasci a v r e b b e r o sostenuto la causa repubblicana, e u n a r a p p r e s e n t a n z a basata n o n p i ù sugl'interessi ideologici m a s u quelli di categoria professionale, cioè il r i t o r n o alla «corporazione». Ma il tutto in un t o n o così d e m a g o g i c a m e n t e p o pulista c h e al suo c o n f r o n t o Michele Bianchi, c h e p r e s e la parola d o p o di lui, s e m b r ò Cavour. // popolo d'Italia p a r l ò di g r a n d e successo e scrisse c h e i Fasci si stavano diffondendo p e r tutto il Paese. In realtà dall ' a d u n a t a di S. Sepolcro n o n e r a uscito nulla di c o n c r e t o e q u a n t o alla diffusione dei Fasci, alla fine di q u e l l ' a n n o 1919, c o n t a v a n o i n t u t t a l a p e n i s o l a m e n o d i mille a d e r e n t i . L o stesso Mussolini, cui d ' a l t r o n d e n o n e r a stata riconosciuta n e s s u n a qualifica di capo, lo considerò un fiasco, e lo d i m o stra lo scarso interesse con cui ne seguì gli sviluppi. Se il Fascio ne e b b e sul p i a n o ideologico, q u e s t o fu d o v u t o n o n a lui, ma a De Ambris. De Ambris n o n aveva partecipato alla serata, e n e m m e n o in seguito fece atto di a d e s i o n e , r i t e n e n d o l a incompatibile con la sua carica nella usi, che s t a t u t a r i a m e n t e vietava l'app a r t e n e n z a a organizzazioni politiche. Ma nella sua rivista Rinnovamento egli a p p o g g i ò a p e r t a m e n t e il Fasciole insieme a Lanzillo e a P a n u n z i o cercò di dargli un c o n t e n u t o p r o g r a m m a t i c o che p r e v e d e v a la nazionalizzazione delle B a n 56

che, u n f i s c o s p i e t a t a m e n t e livellatore, l ' e s p r o p r i a z i o n e d i t u t t a l a t e r r a n o n coltivata d i r e t t a m e n t e dal p r o p r i e t a r i o , quella dei profìtti industriali, delle case ad affitto, e dei patrimoni superiori ad un certo a m m o n t a r e . I n s o m m a , il colpo di grazia al capitalismo. Mussolini n o n mosse obbiezioni s e m p l i c e m e n t e p e r c h é n o n c r e d e v a all'attuabilità d i u n simile p r o g r a m m a , c h e avrebbe richiesto u n a mobilitazione di masse, o r m a i inquad r a t e e congelate nei d u e g r a n d i partiti, quello socialista e quello p o p o l a r e . Si dice che in questo p e r i o d o egli fece qualche tentativo di riavvicinamento ai socialisti. Ma è u n a voce basata su elementi molto labili. E c o m u n q u e questo tentativo, a n c h e se ci fu, d u r ò poco, fino al 15 aprile del '20. Q u e l g i o r n o i socialisti a v e v a n o i n d e t t o all'Arena un g r a n d e comizio d i p r o t e s t a p e r c h é i n u n conflitto d i d u e giorni p r i m a con la polizia, c'erano scappati un m o r t o e alcuni feriti. Nazionalisti, arditi e allievi ufficiali i n s c e n a r o n o u n a c o n t r o d i m o s t r a z i o n e nelle vie del c e n t r o d o v e si scont r a r o n o coi r e d u c i dell'Arena. Li a g g r e d i r o n o a bastonate, li misero in fuga, poi assalirono la sede dell'Avariti! e la devastarono. Esercito e polizia fecero poco p e r i m p e d i r e il tafferuglio, al t e r m i n e del quale r e s t a r o n o sul selciato tre morti e u n a q u a r a n t i n a di feriti. L'episodio, il p r i m o di controffensiva squadrista organizzata, fece e n o r m e i m p r e s s i o n e in tutta Italia, le organizzazioni dei lavoratori b a n d i r o n o lo sciopero generale, e gli arditi dovettero m o n t a r e la g u a r d i a a r m a t a alla loro sede, che p e r questo da allora si chiamò // covo. Nell'accaduto, Mussolini n o n aveva responsabilità, e forse in cuor suo lo d e p r e c ò . Ma sul giornale dovette a p p r o v a r l o definendolo «movimento s p o n t a n e o di folla, m o v i m e n t o di combattenti, di p o p o l o , stufi del ricatto leninista», p e r n o n r o m p e r e con gli unici alleati di cui in quel m o m e n t o disponeva. Ma questo implicava la rinunzia a qualsiasi speranza di proselitismo nelle masse socialiste, rigettate dal s a n g u e fra le braccia del loro p a r tito. C e r c ò di r i a g g a n c i a r e gl'interventisti democratici, ma 57

questi n o n gli avevano p e r d o n a t o la gazzarra inscenata alla Scala contro il loro idolo. A trarlo da quella situazione c h e s e m b r a v a senza uscita fu la questione fiumana. Alla conferenza della pace di Parigi, i nostri r a p p r e s e n t a n t i O r l a n d o e S o n n i n o avevano ricev u t o dal P r e s i d e n t e a m e r i c a n o Wilson un secco no alla richiesta della Dalmazia, promessaci dal patto di L o n d r a del '15, e di Fiume che si era aggiunta alle altre pretese italiane p e r p r o n u n c i a m e n t o dei suoi stessi abitanti. V e d e n d o vane le loro insistenze, avevano a b b a n d o n a t o il consesso, convinti che questo li avrebbe richiamati, ed e r a n o rientrati a Roma, dove u n a folla ubriaca di parole e avida di gesti teatrali, li aveva accolti c o m e trionfatori. E r a n o soltanto degli sconfitti, e p i u t t o s t o malaccorti p e r c h é fu subito c h i a r o che gli Alleati e r a n o decisi a concludere anche senza di noi e a nostre spese. Mussolini, che fin allora aveva s e m p r e sostenuto, sia p u re criticamente, O r l a n d o , p l a u d ì alla sua i n c a u t a ritirata e chiese a g r a n voce che l'Italia procedesse di forza all'annessione di F i u m e e della Dalmazia. E q u a n d o O r l a n d o invece t o r n ò con la coda fra le g a m b e a Parigi, r u p p e con lui e lo attaccò ferocemente. C o m e in seguito dimostrò, n o n a r d e v a affatto di e n t u s i a s m o p e r la Dalmazia. Ma sulla rivendicazione di Fiume anche l'interventismo democratico e r a u n a nime. E m e t t e n d o s e n e alla testa, Mussolini usciva dall'isolamento. « Q u a n d o la diplomazia n o n avrà più niente da dire, parlerà qualcun altro, e sarà il p o p o l o fiumano e, accanto, tutto il p o p o l o italiano» scrisse, riecheggiando alcune dichiarazioni di D ' A n n u n z i o , che p r o p r i o sulla q u e s t i o n e di F i u m e si p r e p a r a v a a r i e n t r a r e in scena da p r o t a g o n i s t a . Mussolini gl'invio un t e l e g r a m m a di plauso e poi u n a lettera in cui dic h i a r a v a di m e t t e r s i «ai suoi o r d i n i » . Il Poeta gli r i s p o s e : «Sono p r o n t o . Siamo p r o n t i . La p i ù g r a n d e battaglia incomincia e io vi dico che a v r e m o la nostra quindicesima vittoria». Il 23 g i u g n o i d u e uomini s'incontrarono a Roma. Del 58

loro colloquio n o n è rimasta nessuna testimonianza. Ma dal seguito degli a v v e n i m e n t i s e m b r a d i p o t e r d e s u m e r e c h e , a n c h e s e s'intesero sul d a farsi, n o n p r o v a r o n o l ' u n o p e r l'altro nessun t r a s p o r t o . L'incontro col Poeta riabilitò Mussolini agli occhi dei nazionalisti. Per la prima volta essi gli dettero dei segni di simpatia, dei quali egli si mostrò più imbarazzato che lusingato. Il suo sogno restava quello di r i c o m p o r r e i n t o r n o a sé il vecchio fronte delle sinistre interventiste. E il m o m e n t o sembrava favorevole. Anch'esse e r a n o schierate p e r F i u m e . E anch'esse erano ben decise ad opporsi al g r a n d e sciopero - il cosiddetto scioperissimo - che i socialisti avevano in a n i m o di b a n d i r e in tutti i Paesi dell'Occidente p e r protestare contro gli aiuti che questi m a n d a v a n o agli eserciti russi fedeli allo Zar in rivolta contro il regime di Lenin. Per di più Nitti, salito al potere dopo la caduta di O r l a n d o , aveva indetto p e r n o v e m b r e le elezioni generali, che solo facendo blocco le sinistre interventiste potevano affrontare con qualche possibilità di successo. Ancora u n a volta, Mussolini ci si p r o v ò , e carte da giuocare ne aveva. Ispirato c o m ' e r a da De Ambris, il p r o g r a m ma del Fascio n o n differiva molto da quelli della usi e della UIL, e n e m m e n o da quello repubblicano. Le trattative si avv i a r o n o b e n e , e n e l c u o r e dell'estate p a r v e r o d e s t i n a t e al successo. Ma su un p u n t o l ' a c c o r d o si rivelò impossibile: l'inclusione di Mussolini nella lista da p r e s e n t a r e agli elettori. Il suo n o m e , dissero quelli dell'usi, ci alienerebbe le simp a t i e d e i socialisti s c o n t e n t i d e l loro p a r t i t o , m a n o n p e r questo disposti a schierarsi col «traditore». Q u e s t a fu, p e r Mussolini, u n a svolta decisiva. Visto n a u fragare l'ultimo tentativo di riagganciarsi alla sinistra, n o n gli restava altra scelta che quella di destra, in direzione dei nazionalisti. D ' A n n u n z i o gliene forniva l'occasione. Il 12 il Poeta gli scrisse da Venezia: «Mio caro c o m p a g n o , il d a d o è tratto. Parto ora. Domattina p r e n d e r ò Fiume con le armi. S o s t e n e t e la C a u s a v i g o r o s a m e n t e d u r a n t e il conflitto...» L'indomani II popolo d'Italia titolò con un VIVA FIUME! a ca59

r a t t e r i di scatola, e s a t t a m e n t e c o m e i giornali nazionalisti. Anche p e r Mussolini sembrava che il d a d o fosse tratto. L'impresa di F i u m e l'abbiamo raccontata ne LTtalia di Giolitti, e n o n vogliamo ripeterci. Ma qui bisogna r i v e d e r l a dall'angolatura di Mussolini p e r c h é fu su questa partita che si giuoco la sua sorte. C o n t r a r i a m e n t e a q u a n t o in seguito scrissero i suoi a p o logeti, Mussolini n o n svolse n e l l ' i m p r e s a fiumana che u n a p a r t e di «spalla». Il colpo fu organizzato da un g r u p p o di irredentisti di osservanza nazionalista, fra cui p r i m e g g i a v a n o Giuriati e Host-Venturi. E riuscì grazie alla complicità delle t r u p p e dislocate nella zona, fra le quali il Poeta reclutò a n c h e p a r e c c h i v o l o n t a r i . Sia lui c h e i suoi consiglieri e r a n o convinti che quello s a r e b b e stato l'inizio di un vasto «pronunciamento» militare che avrebbe costretto alle dimissioni il g o v e r n o di Nitti e a p e r t o la strada a u n a marcia di D'Ann u n z i o su Roma. A questa eventualità Mussolini n o n credette mai. I p r i m i g i o r n i egli s o s t e n n e c a l o r o s a m e n t e l'iniziativa. Ma q u a n d o vide che l'Esercito, p u r s i m p a t i z z a n d o , n o n si m u o v e v a , e c h e nel Paese essa n o n p r o v o c a v a contraccolpi di e n t u s i a s m o che nelle esigue schiere nazionaliste, c o m p r e s e c h e il suo bersaglio politico era fallito, e cominciò a p r e n d e r e caut a m e n t e le distanze. D ' A n n u n z i o se ne avvide subito. «Svegliatevi! E vergognatevi anche - gli scrisse -. Voi t r e m a t e di p a u r a . E le vostre p r o m e s s e ? Bucate a l m e n o la p a n c i a che vi o p p r i m e , e sgonfiatela. Altrimenti v e r r ò io q u a n d o avrò c o n s o l i d a t o q u i il m i o p o t e r e . Ma n o n vi g u a r d e r ò in faccia.» Un cicchetto in p i e n a regola, u n o dei tanti che gì'inflisse, da s u p e r i o r e a subalterno. Mussolini salvò la faccia indic e n d o u n a sottoscrizione in favore di Fiume, che fruttò quasi t r e milioni di lire, e d i c h i a r a n d o s i p r o n t o a s e c o n d a r e il Poeta in u n a m a r c i a su Trieste e a n c h e p e r u n o sbarco di suoi fedeli in M a r c h e e R o m a g n a p e r sollevarvi le p o p o l a zioni e i s t a u r a r e la R e p u b b l i c a : un p r o g e t t o nel q u a l e ci 60

s e m b r a molto improbabile che credesse. Ma a l m e n o a p a r o le n o n poteva dissociarsene: a v r e b b e p e r s o la sua clientela ormai formata in g r a n d e m a g g i o r a n z a dai «fiumani». Il 7 o t t o b r e , a b o r d o di un a e r e o , r a g g i u n s e il Poeta, ed ebbe con lui un colloquio di d u e ore, cui n e s s u n o assistette. A q u a n t o p a r e egli riuscì a dissuadere D'Annunzio dal p r e n d e r e altre iniziative dicendogli che p r i m a conveniva vedere c o m e sarebbero a n d a t e le elezioni e che, a n c h e se l'insurrezione fosse riuscita, c'era il pericolo che a i m p a d r o n i r s e n e fossero i sovversivi, i quali avevano in p u g n o le masse e p o t e v a n o fargli fare la fine di Kerenski. Sulla via del r i t o r n o , dovette a t t e r r a r e p e r via del m a l t e m p o presso U d i n e dove i carabinieri lo f e r m a r o n o e lo c o n d u s s e r o al Q u a r t i e r Generale di Badoglio. Fu il p r i m o i n c o n t r o fra i d u e u o m i n i , al t e r m i n e del quale il G e n e r a l e riferì di aver trovato in Mussolini un interlocutore ragionevole e m o d e r a t o . Pochi g i o r n i d o p o si a p r ì a F i r e n z e il p r i m o c o n g r e s s o n a z i o n a l e dei Fasci. I d e l e g a t i d i c e v a n o di r a p p r e s e n t a r e o l t r e 40 mila a d e r e n t i . Ma si t r a t t a v a di p r o p a g a n d a : gli a d e r e n t i e r a n o m e n o della metà. Mussolini ne fu l'assoluto d o m i n a t o r e . Egli aveva l'arte, grazie al corto fraseggiato e al gesto p e r e n t o r i o , di a p p a r i r e d r a s t i c o e r i s o l u t o a n c h e q u a n d o , invece di a f f r o n t a r e i p r o b l e m i , li e v a d e v a . «Noi siamo degli a n t i p r e g i u d i z i a l i s t i , degli a n t i d o t t r i n a r i , d e i problemisti; n o n abbiamo pregiudiziali n é m o n a r c h i c h e n é repubblicane»: ch'era un m o d o di n o n dire nulla avendo l'aria di d i r e chissacché. Ma su u n a cosa fu esplicito: «D'Ann u n z i o n o n si m u o v e r à p e r c h é tutti gli eventi sono favorevoli a lui». C o m u n q u e , il p r o b l e m a n o n e r a lui, ma le elezioni. P e r f e t t a m e n t e conscio che, p r e s e n t a n d o s i da solo, il Fascio sarebbe a n d a t o incontro a un clamoroso fiasco, Mussolini si era b e n g u a r d a t o dal p r e n d e r e posizione p e r lasciarsi a p e r t e tutte le alleanze. Ancora u n a volta tentò quella con le sinistre interventiste, e a n c o r a u n a volta fallì. N o n gli restavano che gli arditi, i futuristi e i reduci di g u e r r a . A Milano 61

si scelse come c o m p a g n i di lista Marinetti, Podrecca, A r t u r o Toscanini, Lanzillo e F e r r a r i . Ai Fasci di t u t t e le altre città consentì di far blocco con chi volevano, s e c o n d o le convenienze locali. Ma risultò c h e quasi tutti a v e v a n o bloccato a destra, coi nazionalisti e coi liberal-conservatori. La c a m p a g n a elettorale fu d u r a . Q u a n d o n o n e r a n o vuote, le piazze in cui si svolgevano i comizi fascisti e r a n o ostili. L'incolumità degli oratori e r a affidata a un p u g n o di legionari fatti venire a p p o s i t a m e n t e da Fiume. Ma d'incidenti ce ne furono parecchi, e a Lodi ci scappò a n c h e il m o r t o . Il risultato fu in t o n o con questo p r e a m b o l o . Nella circoscrizione di Milano, su 270 mila voti, la lista capeggiata da Mussolini n o n ne raccolse n e a n c h e cinquemila. In tutta Italia, l'unico fascista che riuscì fu un certo Coda in Liguria. I socialisti, che avevano r i p o r t a t o un clamoroso successo assicurandosi b e n 156 seggi m e n t r e 100 e r a n o andati ai «popolari» di Don Sturzo, celebrarono i funerali di Mussolini p o r t a n d o n e in giro la bara. I fascisti r e a g i r o n o lanciando contro un corteo socialista dei p e t a r d i che p r o v o c a r o n o u n a diecina di feriti. D o p o u n a perquisizione, Mussolini, Marinetti, Vecchi e altri dirigenti v e n n e r o arrestati p e r detenzione di armi. Ma Nitti ne o r d i n ò subito la scarcerazione anche su sollecitazione del d i r e t t o r e del Corriere della Sera, Luigi Albertini che, p e r q u a n t o ostile ai fascisti, e anzi p r o p r i o p e r questo, comp r e n d e v a il v a n t a g g i o c h e questi a v r e b b e r o t r a t t o dalla «persecuzione». Mussolini scrisse a D ' A n n u n z i o u n a lettera in cui fra le righe si legge l'invito a riconoscere q u a n t o giusti fossero stati i suoi consigli di p r u d e n z a . Ma, aggiungeva, la situazione era m e n o n e r a di c o m e sembrava: solo, bisognava d a r tempo al Paese di r e n d e r s i conto che la n u o v a C a m e r a era peggiore di quella p r e c e d e n t e . D o p o d i c h é affidò il messaggio a De Ambris, r a c c o m a n d a n d o g l i di t e n e r e sotto sorveglianza il bollente e imprevedibile Poeta. A Fiume, De Ambris trovò un clima assai diverso da quello che si aspettava. Svanito il sogno del « p r o n u n c i a m e n t o » 62

militare e della Marcia su Roma, i nazionalisti avevano p e r so q u o t a , e fra i legionari si era fatta s t r a d a la s p e r a n z a di realizzare il colpo d'accordo coi socialisti. U n o di essi, Mario Carli, aveva pubblicato un opuscolo, II nostro bolscevismo, che t e r m i n a v a con queste parole: «Tra Fiume e Mosca c'è forse un oceano di t e n e b r e . Ma indiscutibilmente Fiume e Mosca sono d u e rive luminose. Bisogna, al p i ù p r e s t o , g e t t a r e un p o n t e fra queste d u e rive». L'appello e r a stato raccolto anche sull'altra s p o n d a . Oltre al sindacalista Giulietti, anche il vecchio irriducibile anarchico Errico Malatesta si dichiarava p r o n t o a mettersi agli ordini di D'Annunzio. E, cosa ancora p i ù incredibile, perfino L e n i n dichiarava c h e l'unico vero rivoluzionario italiano e r a D'Annunzio. Contagiato da questi u m o r i , De Ambris, ch'era a n d a t o a F i u m e p e r sorvegliare il Poeta, ne diventò invece il princip a l e c o l l a b o r a t o r e al p o s t o di Giuriati. Fu lui infatti p o c o d o p o a ispirargli e a r e d i g e r e quella curiosa Costituzione di Stato c o r p o r a t i v o che si c h i a m ò la «Carta del Q u a r n a r o » , che p r e t e n d e v a fare di F i u m e u n a specie di S p a r t a . D'Ann u n z i o vi a g g i u n s e soltanto degli svolazzi estetici intagliati nel suo solito gusto d e c a d e n t e . Per q u a n t o irritato, Mussolini si g u a r d ò b e n e dal d e n u n ciare q u e s t o «nuovo corso». Ma, p e r tagliargli la strada, rip r e s e con m a g g i o r violenza gli attacchi ai socialisti. La sua posizione si faceva s e m p r e più difficile. La Sarfatti racconta c h e o g n i t a n t o c a d e v a in p r e d a allo sconforto, p a r l a v a di v e n d e r e il giornale e di a n d a r e a g u a d a g n a r s i il p a n e all'estero come manovale o s u o n a t o r e di violino. La tiratura del Popolo declinava, alcuni r e d a t t o r i si dimisero ed egli n o n ebbe n e a n c h e di c h e p a g a r g l i la l i q u i d a z i o n e , i Fasci e r a n o d a p p e r t u t t o in crisi, dilaniati dalla lotta intestina fra gli elem e n t i di destra e quelli di sinistra. Sia p u r e a malincuore, Mussolini dovette decidersi a o p tare p e r u n a delle d u e a n i m e . Ma in realtà la scelta e r a già p r e g i u d i c a t a . D'istinto e vocazione, n o n c'è d u b b i o che fin allora egli e r a stato un u o m o di sinistra. Ma a sinistra n o n 63

aveva r i p o r t a t o che smacchi e delusioni. I n v a n o aveva cercato di ricucirne i n t o r n o a sé i litigiosi frammenti. L'ultimo colpo a questo tentativo lo aveva dato il fiasco elettorale. Gli e l e m e n t i di o r i g i n e socialista, sindacalista, a n a r c h i c a e r e pubblicana, fra i quali c'era a n c h e N e n n i che avevano form a t o il grosso dei p r i m i Fasci, ne avevano già secessionato. Per colmare questi vuoti, n o n c'era che da spalancare le porte a conversi di tutt'altra estrazione sociale e ideologica: studenti, ex-combattenti delle ultime leve desiderosi di p e r p e t u a r e l'«avventura», scampoli della piccola e m e d i a b o r g h e sia b e n p e n s a n t e e conservatrice che invece vedevano nel fascismo la «diga» c o n t r o la sovversione, e u n a crescente falange di spostati in cerca di torbido in cui pescare. Questa trasfusione di sangue, è difficile dire se Mussolini la provocò o l'accettò. Si p u ò solo d i r e che col suo istintivo o p p o r t u n i s m o , e con la scusa del «problemismo», egli aveva lasciato t a l m e n t e nel vago l'impalcatura ideologica del suo m o v i m e n t o da c o n s e n t i r e a ciascuno d ' i n t e r p r e t a r l o c o m e meglio gli conveniva: che fu la caratteristica del fascismo anche d o p o essere diventato r e g i m e . C o m u n q u e , q u a n d o nel maggio del '20 i Fasci t e n n e r o a Milano il loro secondo congresso, egli si trovò di fronte a u n a platea del tutto diversa da quella di piazza S. Sepolcro, e p e r riaffermare la sua p o sizione di capo dovette spostarsi sensibilmente a destra. Dei diciannove m e m b r i della vecchia direzione, tutta di sinistra, ne furono rieletti solo la metà, e i d u e più autorevoli - Marinetti e Vecchi - si dimisero subito d o p o . M e n t r e si svolgevano questi dibattiti, il g o v e r n o Nitti entrava in crisi e d o p o u n a breve agonia cedeva il posto a Giolitti. L'avvenimento colse di sorpresa Mussolini, che ancora u n a volta si trovava di fronte a u n a scelta scabrosa. Schierarsi contro il vecchio statista significava sfidare tutta l'Italia m o d e r a t a e b e n p e n s a n t e , che in lui vedeva u n a garanzia di o r d i n e e di normalità. Pronunciarsi a suo favore significava sfidare D ' A n n u n z i o , a n i m a t o d a u n inestinguibile r a n c o r e verso il «boia labbrone» che nel ' 15 aveva capeggiato la resi64

stenza neutralista. Ma fu la c o r r e n t e a rimorchiarlo. In molte città, a g e n d o di p r o p r i a iniziativa, i Fasci si misero a disposizione d e i c o m a n d i militari p e r i l m a n t e n i m e n t o dell'ordine. Era chiaro che i loro nuovi a d e p t i simpatizzavano col n u o v o g o v e r n o . Per p r e v e n i r n e le reazioni, Mussolini scrisse al Poeta u n a lettera in cui, descrivendogli a tinte apocalittiche la situazione i n t e r n a del Paese, gli diceva che creare difficoltà a Giolitti significava fare il gioco dei sovversivi, contro i quali le forze patriottiche n o n e r a n o in g r a d o di lottare da sole. E sul Popolo d i e d e , sia p u r e con qualche riserva, il b e n t o r n a t o al vecchio statista. U n a volta i n c a m m i n a t i su questa china, gli avvenimenti p r e c i p i t a r o n o . C'è chi dice c h e , fin d'allora, fra Giolitti e Mussolini si stabilì, a l m e n o tacito, un patto di collaborazione in senso reazionario. Q u e s t o n o n è vero. Giolitti d e p l o r ò e p u n ì molti Prefetti e Q u e s t o r i che accettavano la collabor a z i o n e dei fascisti e ne favorivano le violenze. Ma la cosa avveniva del t u t t o s p o n t a n e a m e n t e . E r a fatale che le forze dell'ordine simpatizzassero con chi nelle e m e r g e n z e le spalleggiava, e che dal canto loro tanti moderati, spaventati dal disoi-dine, v e d e n d o che i fascisti si schieravano con l'autorità costituita e ne venivano «coperti», corressero a ingrossare le loro fila. In p o c h i mesi il m o v i m e n t o che d o p o il clam o r o s o fiasco elettorale del '19 quasi tutti, e forse a n c h e lo stesso Mussolini, avevano d a t o p e r spacciato, e r a diventato abbastanza forte p e r p a s s a r e alla controffensiva. Le p r i m e o p e r a z i o n i di «squadra» si svolsero a R o m a c o n t r o l'Avanti! che v e n n e messo a sacco, e a Pola contro la sede delle organizzazioni slave che fu incendiata. Subito d o p o l a C o n f e d e r a z i o n e G e n e r a l e d e l L a v o r o tentò u n a p r o v a di forza con l'occupazione delle fabbriche, cui a d e r i r o n o anche l'usi e I ' U I L , le vecchie alleate di Mussolini. Questi t e n n e un atteggiamento a m b i g u o . Deplorò il gesto di violenza, ma nello stesso t e m p o d e n u n c i ò la s o r d i t à degli i m p r e n d i t o r i alle rivendicazioni. Era la stessa posizione assunta da Giolitti che si rifiutò d'intervenire nella diatri65

ba, e q u a n d o Agnelli gli chiese di far s g o m b e r a r e la Fìat con la forza, rispose: «Benissimo. Darò l'ordine all'artiglieria di b o m b a r d a r l a » . Il fatto è che i Fasci stavano c e r c a n d o di organizzare dei «sindacati nazionali» in cui raccogliere i t r a n sfughi delle organizzazioni socialiste, e q u i n d i n o n volevano disgustarsi gli operai. Era l'ultimo soprassalto dell'anima socialista di Mussolini. Egli fece anche delle a p e r t u r e a Buozzi, il capo dei metalmeccanici. Ma come al solito, senza esito. L'intesa fra Mussolini e Giolitti si saldò sul p r o b l e m a di Fiume. Sviluppando la m a n o v r a , già iniziata da Nitti, di accostamento alla Jugoslavia, Giolitti stava p e r concludere con questa l'accordo di Rapallo che finalmente risolveva le scottanti p e n d e n z e fra i d u e Paesi: l'Italia avrebbe rinunziato alla Dalmazia, m e n o Zara e alcune isole, m e n t r e la Jugoslavia avrebbe riconosciuto a F i u m e lo status di «città libera». Bisognava d u n q u e che D ' A n n u n z i o se ne ritirasse, o ne venisse sloggiato con la forza. In questo secondo caso, Giolitti sapeva che n o n c'era da t e m e r e grossi contraccolpi nel Paese, ormai stanco delle bravate del Poeta e desideroso solo di normalizzazione. L'unico che poteva farne un pretesto di disordini e r a Mussolini, di cui e r a q u i n d i necessario assicurarsi a l m e n o la neutralità. Q u a n d o e c o m e s'iniziarono le trattative, è incerto. Si conosce solo il tramite attraverso cui si svolsero: il Prefetto di Milano, Lusignoli. Alla fine di s e t t e m b r e Mussolini ebbe a R o m a un incontro col Ministro degli Esteri Sforza, il g r a n d e fautore e vero artefice dell'accordo con la Jugoslavia, o r m a i in via di definizione, e s'impegnò a n o n intralciarlo. Doveva p e r ò farlo in m o d o da n o n r o m p e r e col Poeta, che n o n p o teva p u b b l i c a m e n t e r i n n e g a r e . E questo e r a un po' più difficile. Fin dall'indomani della marcia su Fiume, i suoi r a p p o r t i con D ' A n n u n z i o e r a n o stati incerti. Ma d o p o la sua «accostata» a Giolitti, si e r a n o fatti a d d i r i t t u r a tesi. E se n o n si e r a n o rotti, e r a solo p e r c h é l ' u n o aveva bisogno dell'altro. Perciò ai primi di settembre De Ambris aveva invitato Mus66

solini a F i u m e . Ma Mussolini si era fermato nel suo viaggio a Trieste, il che doveva aver molto irritato il Poeta. Alcune settimane d o p o , De Ambris gli m a n d ò un p i a n o di azione, la solita azione: sortita di D ' A n n u n z i o da F i u m e coi suoi L e g i o n a r i p e r u n a m a r c i a su R o m a , di cui i Fasci d o v e v a n o p r e d i s p o r r e il t e r r e n o e c u r a r e l'organizzazione. Ed era l'ennesima prova che il Poeta mancava totalmente di fiuto politico. Mussolini rispose c h ' e r a d'accordo, che D'Ann u n z i o era p r o p r i o l'uomo che ci voleva p e r u n a simile impresa, ma che questa n o n poteva svolgersi p r i m a della prim a v e r a del ' 2 1 . Per rinnovargli l'invito a F i u m e , D ' A n n u n zio gli m a n d ò il suo collaboratore Foscanelli. «L'invito - questi scrisse - fu accolto stancamente. Si capiva che il capo del fascismo n o n ne aveva voglia. Alle insistenze p e r c h é fissasse la data della partenza, n o n fu esplicito. Si capiva che subordinava l'accettazione a qualche altro avvenimento.» L'altro avvenimento era il trattato di Rapallo con la J u g o slavia, di cui stava p e r essere a n n u n c i a t a la c o n c l u s i o n e e che segnava la liquidazione, con le b u o n e o con le cattive, dell'impresa d a n n u n z i a n a . Tutti si aspettavano, da p a r t e di Mussolini, u n a reazione v e e m e n t e . Egli scrisse invece un articolo in cui si dichiarava «soddisfatto» di quella soluzione «migliore di tutte quelle p r e c e d e n t e m e n t e progettate», p u r c o n c l u d e n d o con u n o sperticato elogio di D'Annunzio: «Se oggi F i u m e è libera, è italiana e ha il vasto possesso del suo p o r t o e delle sue ferrovie; se oggi F i u m e è contigua all'Italia, di cui costituisce u n a specie di repubblica periferica che sarà, p e r forza di cose, italiana: se oggi Fiume respira e p u ò g u a r d a r e con fiducia al suo avvenire, lo deve soltanto a Gabriele D ' A n n u n z i o e ai suoi l e g i o n a r i e a tutti c o l o r o c h e h a n n o difeso la causa di F i u m e , d e n t r o e fuori di Fiume». Era un benservito, condito di tutti gli o n o r i , al Poeta, e insieme un invito al governo a p r o c e d e r e . L'articolo fece l'effetto di u n a b o m b a . E tre giorni d o p o , in sede di Comitato Centrale, Mussolini dovette fronteggiare l'attacco dei fascisti «fiumani», che lo accusavano di tradi67

m e n t o . F u u n a s e d u t a d r a m m a t i c a . Spalleggiato d a Cesare Rossi, Mussolini difese la p r o p r i a posizione, ma p e r n o n ess e r e m e s s o i n m i n o r a n z a d o v e t t e a c c e t t a r e u n o r d i n e del g i o r n o di c o m p r o m e s s o in cui si ribadiva la solidarietà con D'Annunzio al quale poi scrisse u n a lettera di sostanziale rip u d i o , ma condita di formale devozione. «Ed eccoci di n u o vo soli - gli rispose i n d i r e t t a m e n t e il Poeta in un pubblico discorso -, soli c o n t r o tutti, col nostro solitario coraggio. Soli c o n t r o un vasto coro di a m m o n i t o r i e di minacciatori r e m u n e r a t i . . . » Ma nello stesso t e m p o incaricò De A m b r i s di cercare a tutt'i costi un accordo col «traditore». L'incontro fra De Ambris e Mussolini e b b e l u o g o a Trieste, p r e s e n t e Foscanelli che ne ha lasciato un resoconto della cui fedeltà n o n c'è r a g i o n e di d u b i t a r e . Mussolini n o n e r a più l'uomo che al Poeta chiedeva ordini. Glieli dava. Ascoltò con aria seccata e distratta il solito p r o g e t t o di sortita da Fium e a b o r d o d i a l c u n e navi d a g u e r r a già g u a d a g n a t e alla C a u s a p e r u n o sbarco i n R o m a g n a . M a a q u e s t o p u n t o sbottò: «E Bologna rossa? E i socialisti dell'alta Italia?» Il colloquio si trascinò straccamente in un clima di reciproca sfiducia e irritazione. Alla fine Foscanelli, che ne aveva p r e s o nota, fu p r e g a t o di gettare i suoi a p p u n t i nella stufa. De Ambris p r o s e g u ì p e r R o m a alla ricerca di un accordo col g o v e r n o c h e p e r m e t t e s s e al Poeta di ritirarsi da F i u m e salvando la faccia, e alla meglio lo r a g g i u n s e . Ma il suo imprevedibile capo all'ultimo m o m e n t o lo m a n d ò all'aria ann u n z i a n d o che avrebbe resistito «fino al sacrificio s u p r e m o » . Mussolini gli fece eco a m m o n e n d o dalle c o l o n n e d e l suo giornale: «Signori del g o v e r n o : evitate, a q u a l u n q u e costo, u n a n u o v a A s p r o m o n t e » . Ma c o n t e m p o r a n e a m e n t e avvertì Lusignoli, p e r c h é lo riferisse a Giolitti, che mai avrebbe coll a b o r a t o a s p i n g e r e la N a z i o n e alla g u e r r a civile. Q u a n d o cominciò a c o r r e r e la voce della i m m i n e n t e azione militare c o n t r o F i u m e , alzò la voce p r o t e s t a n d o vivacemente, ma anche i n f o r m a n d o Lusignoli che si trattava soltanto di tattica. Il 23 d i c e m b r e , d u e giorni p r i m a che Caviglia ordinasse 68

alle sue t r u p p e di marciare su F i u m e , D'Annunzio lanciò un appello agl'italiani p e r invocarne la solidarietà. L'indomani Mussolini convocò la Direzione dei Fasci in u n a r i u n i o n e seg r e t a , c h e tale r i m a s e . S e c o n d o Lusignoli p e r ò Mussolini riuscì a far trionfare la sua tesi che quella di D'Annunzio e r a o r m a i u n a causa p e r d u t a , d a a b b a n d o n a r e a l s u o d e s t i n o . Per salvare c o m e al solito la faccia, egli dedicò al «Natale di sangue» un violento articolo intitolato Un delitto, in cui diceva c h e «sul g o v e r n o di R o m a r i c a d e il s a n g u e versato». E con questo saldò il conto col Poeta, che stava a b b a n d o n a n d o F i u m e p e r rinchiudersi nella sua villa di G a r d o n e . U n o dei tre protagonisti del giuoco era eliminato. La partita o r a si riduceva agli altri d u e : Giolitti e Mussolini.

CAPITOLO SECONDO

I D U E FASCISMI

Sullo scorcio del '20, Mussolini diceva di avere ai suoi o r d i n i 88 Fasci con 20.000 iscritti. A n c h e se la cifra r i s p o n d e v a al vero - e c'è da d u b i t a r n e -, era u n a forza modesta, come del resto aveva d i m o s t r a t o il fiasco elettorale d e l l ' a n n o p r i m a . M a p i ù che l'esiguità dei r a n g h i , c o n t a v a l a l o r o e t e r o g e neità e f r a m m e n t a z i o n e . I Fasci n o n e r a n o un p a r t i t o , né mostravano alcuna voglia di diventarlo. Si chiamavano «mov i m e n t o » , ma o g n u n o si m u o v e v a p e r c o n t o suo sotto la s p i n t a p r o p u l s i v a di q u a l c h e ras locale, ribelle a qualsiasi tentativo di direzione centralizzata. S o c i o l o g i c a m e n t e p a r l a n d o , l ' e l e m e n t o più forte e agg u e r r i t o e r a n o gli e x - c o m b a t t e n t i della piccola b o r g h e s i a u r b a n a : quella che aveva p a g a t o il p i ù forte c o n t r i b u t o di s a n g u e alla g u e r r a e che o r a p i ù g r a v e m e n t e ne p a g a v a le conseguenze dell'inflazione e della disoccupazione. In essa, sulle idee prevalevano gli u m o r i , e questi u m o r i e r a n o rivoluzionari, anzi eversivi. Il «piccolo b o r g h e s e imbestialito», c o m e s p r e z z a n t e m e n t e lo chiamava Trotzky, era imbestialito un p o ' c o n t r o tutti: c o n t r o i socialisti c h e , al r i t o r n o dalle t r i n c e e , lo a v e v a n o svillaneggiato e a g g r e d i t o , ma a n c h e c o n t r o i capitalisti «pescicani» che avevano lucrato alle sue spalle, la M o n a r c h i a , la Chiesa, i partiti, la «politica» in generale, i n s o m m a quello che oggi si chiama Xestablishment. C o n simile materiale u m a n o , p r o n t o a contestare a n c h e lui, e r a difficile p e r Mussolini fare il giuoco con un u o m o della forza e dell'esperienza di Giolitti. Ma p r o p r i o in quel m o m e n t o il fascismo subiva u n a trasfusione che ne cambiava radicalmente il s a n g u e , grazie alla conversione delle cam70

p a g n e , s p e c i a l m e n t e della P a d a n i a , della Toscana e delle Puglie. P r o p r i o p e r le sue t e n d e n z e r i v o l u z i o n a r i e , il fascismo n o n aveva fatto molta breccia nella vecchia p r o p r i e t à agrar i a , n a t u r a l m e n t e c o n s e r v a t r i c e , anzi retriva. M a q u e s t a classe, s o p r a t t u t t o in Emilia, i m p a u r i t a dalla o c c u p a z i o n e delle t e r r e , o p e r a t a dalle «leghe» rosse e bianche, nella quale aveva visto il p r o d r o m o di u n a definitiva espropriazione, aveva v e n d u t o , anzi s v e n d u t o le p r o p r i e cascine e fattorie. E i nuovi p r o p r i e t a r i , tutti ex-mezzadri, o fattori, o piccoli coltivatori diretti, p o r t a v a n o nella difesa dei loro diritti b e n altro spirito e grinta. Essi videro nei Fasci la «guardia bianca» della p r o p r i e t à e vi accorsero in massa col loro bagaglio d'idee - se così vogliamo chiamarle - reazionarie. Per loro, fascismo era sinonimo di o r d i n e , e o r d i n e era sinonimo di repressione. A inventare la tecnica della mobilitazione di squad r e e della spedizione punitiva furono loro, che p e r n u m e ro e violenza fecero presto a soverchiare la vecchia g u a r d i a cittadina. Le cifre p a r l a n o chiaro. In pochi mesi gli 88 Fasci d i v e n t a r o n o 834 e i 20 mila iscritti, 250 mila. Molte zone, e precisamente le zone agrarie come la Toscana e l'Emilia cominciarono a passare quasi i n t e r a m e n t e nelle loro mani. Questo i m p o n e n t e afflusso di ceti terrieri infuse u n o spirito n u o v o , f r a n c a m e n t e reazionario, al «movimento» mett e n d o in crisi la vecchia Direzione dei Pasella, dei Rossi, dei Bianchi eccetera. Ma p e r il m o m e n t o dava a Mussolini, nei confronti di Giolitti, u n a grossa forza contrattuale, e soprattutto gli consentiva di cambiare le carte del giuoco: egli p o teva far c r e d e r e che il fascismo fosse un elemento di stabilità e di conservazione, come in quel m o m e n t o gli conveniva. Era alle viste un evento che poteva radicalmente m u t a r e tutta la scena politica, e sul quale Giolitti faceva molto asseg n a m e n t o : il c o n g r e s s o socialista i n d e t t o a L i v o r n o p e r la m e t à di g e n n a i o (del '21). Il p a r t i t o e r a in grave crisi n o n soltanto p e r i d u r i colpi che gli avevano inferto i fascisti, la cui azione i n t i m i d a t o r i a aveva d i r a d a t o le sue falangi, ma 71

a n c h e p e r la mezza scomunica inflittagli dalla I n t e r n a z i o n a le, o r m a i i n t e r a m e n t e d o m i n a t a dai sovietici che reclamavano la sua c o m p l e t a sottomissione agli o r d i n i di Mosca. Essi e r a n o convinti che l'Italia fosse m a t u r a p e r u n a rivoluzione p r o l e t a r i a di m o d e l l o r u s s o . E fra i d i r i g e n t i italiani c'era u n a piccola frazione, capeggiata da Gramsci e Bordiga, b e n decisa a far trionfare questa tesi. Sia Giolitti c h e Mussolini s e g u i v a n o la v i c e n d a con a n sietà. Giolitti sperava che la frazione «comunista» - c o m e ormai si chiamava - si s a r e b b e staccata dal p a r t i t o trascinandosi gli e l e m e n t i massimalisti e così lasciandolo alla m e r c é dell'ala riformista capeggiata dai Turati e dai Treves, disposti a formare con lui un g o v e r n o e a «macinare» i fascisti nel giuoco p a r l a m e n t a r e . T u t t o questo invece Mussolini lo paventava, ma n o n ci c r e d e v a forse p e r c h é , essendo stato dei loro, i socialisti li conosceva meglio di Giolitti. Lo dimostrano gli articoli ch'egli dedicò al congresso, p r i m a che questo s'inaugurasse. Anche lui dava p e r scontata la secessione dei comunisti. Ma i socialisti, diceva, sarebbero rimasti quelli di p r i m a e di s e m p r e : dei massimalisti parolai, dai quali n o n c'era n u l l a da a s p e t t a r s i e coi quali e r a m e g l i o farla finita a p p r o f i t t a n d o della loro crisi p e r indire n u o v e elezioni. I fatti d i m o s t r a r o n o che, come fiuto, ne aveva più del vecchio Giolitti. I comunisti secessionarono p e r f o n d a r e il loro partito. Ma quello socialista rimase nelle m a n i dei Serrati e dei Lazzari, con cui l'accordo era impossibile. Per le elezioni, che ormai s'imponevano, a Giolitti n o n restava che un alleato: i fascisti: n o n solo p e r la forza elettorale che r a p p r e s e n t a vano, ma anche p e r c h é questo era l'unico m o d o di assorbirli in quello che oggi si chiamerebbe «l'arco costituzionale» dove la loro carica eversiva si sarebbe fatalmente s t e m p e r a t a . In q u e s t o senso va inteso il «filofascismo» che a n c o r oggi molti gli r i m p r o v e r a n o . Il suo giuoco con Mussolini n o n fu mai connivenza, ma soltanto calcolo, sia p u r e sbagliato. Grazie a lui e r a riuscito a liquidare senza t r a u m i D'Annunzio. E se gli aveva concesso u n a certa libertà di azione contro i so72

cialisti, e r a p e r c h é sperava che ciò li riducesse alla ragione, cioè alla collaborazione col governo. Se questo fosse avvenuto, n o n c'è dubbio che il fascismo si sarebbe liquefatto in pochi mesi. Siccome n o n era avvenuto, n o n restava che fagocitare Mussolini nella legalità e lasciarvelo logorare. Il fatto è p e r ò che Mussolini, m o l t o p i ù a g g u e r r i t o di q u a n t o Giolitti sospettasse, e r a p e r f e t t a m e n t e conscio d i questo p i a n o , e b e n deciso a sventarlo. Le difficoltà fra cui si m u o v e v a e r a n o grosse. Gli a g r a r i avevano d a t o al fascismo un cospicuo contributo di u o m i n i e di mezzi, ma vi portavan o a n c h e u n ottuso spirito d ' i n t r a n s i g e n z a reazionaria che ne inceppava la m a n o v r a . Per loro, Giolitti e r a un «sovversivo» con cui si doveva rifiutare qualsiasi accordo che, in vista delle elezioni, Mussolini c o n s i d e r a v a invece necessario un p o ' p e r sfuggire al pericolo di un fiasco c o m e quello del '19, un p o ' p e r d i s t r a r r e il vecchio statista dal suo e t e r n o sogno di un «fronte» coi socialisti riformisti e coi p o p o l a r i di Sturzo, da cui il fascismo sarebbe rimasto schiacciato. Q u e s t e difficoltà a p p a r i r a n n o speciose e poco credibili a coloro che Mussolini se lo r i c o r d a n o solo c o m e il Duce. Ma in quel m o m e n t o Mussolini n o n era affatto Duce, e p e r imp o r r e la sua volontà doveva c o m b a t t e r e d u r e battaglie che spesso lo costringevano a scendere a compromessi. Prima di svelare la sua intenzione di f o r m a r e con Giolitti e i suoi u o m i n i delle liste c o m u n i - i «Blocchi Nazionali» -, fece fare dai vari Fasci delle a d u n a t e regionali p e r s o n d a r n e gli u m o ri. Risultò c h ' e r a n o notevolmente discordi su quasi tutto. E fu p r o p r i o su questa d i s u n i o n e ch'egli giuoco p e r far valere, ma s e m p r e con estrema p r u d e n z a , la sua volontà. I suoi articoli sul Popolo d'Italia di q u e s t o p e r i o d o s o n o u n a vera e p r o p r i a doccia scozzese di richiami e di concessioni alle «squadre» t a n t o p i ù u b r i a c h e di violenza q u a n t o più sicuro e completo si delineava il loro trionfo sulle piazze e nelle strade. Per g a r a n t i r s e n e la docilità, n o n si fece scrupolo di richiamare nel giuoco p r o p r i o l ' u o m o che tanto aveva faticato ad escludere: D'Annunzio. 73

Deluso dalle ultime vicende di Fiume, il Poeta si era rinchiuso nella villa di G a r d o n e d i c e n d o che mai p i ù sarebbe t o r n a t o n e l l ' a r e n a politica, ma n o n p o t e v a tagliare i p o n t i coi suoi u o m i n i che lo stringevano d'assedio. Foscanelli, Mecheri e soprattutto De Ambris e r a n o ancora convinti che nel n o m e di D ' A n n u n z i o si poteva giuocare la c a l l a della rivoluzione, avevano raccolto i r e d u c i di F i u m e in u n a Federazione N a z i o n a l e d e i L e g i o n a r i , e fondato alcuni p e r i o d i c i p e r t e n e r n e vivo lo spirito. I r a p p o r t i di questi u o m i n i col fascismo e r a n o complessi e c o n t r a d d i t t o r i . I dirigenti, che sapevano c o m e stavano le cose, covavano p e r Mussolini un sordo r a n c o r e . Ma la cosiddetta «base», p u r essendo rimasta traumatizzata dal suo voltafaccia al m o m e n t o del trattato di Rapallo, simpatizzava con le «squadre», nelle quali del resto c'era t u t t o un filone d a n n u n z i a n o c h e s'incarnava n e l ras della Venezia Giulia: Marsich. P u r c e r c a n d o di r e s t a r fuori dalla mischia, il Poeta a p p o g g i a v a gli sforzi di De A m b r i s , l a n c i a n d o di q u a n d o in q u a n d o ai suoi fedeli dei messaggi da Sibilla conditi di frasi latine tipo Undique fidus undique firmus, ma s e m p r e incitanti a tenersi al r i p a r o dai «contagi». Oltre al dispetto, egli n u t r i va p e r Mussolini il disprezzo d e l l ' u o m o di cultura p e r il rozzo m a n e g g i o n e . Ma nello stesso t e m p o , i m p r e s s i o n a t o dai suoi successi, n o n voleva inimicarselo. N o n si sa b e n e se fu di sua testa o p e r s u g g e r i m e n t o di q u a l c u n o che il 28 m a r z o egli m a n d ò a Mussolini d u e legionari p e r sollecitare un inc o n t r o c o n lui. Mussolini n o n c h i e d e v a d i m e g l i o . S a p e v a che di lì a u n a settimana Giolitti avrebbe sciolto la C a m e r a e a p e r t o la c a m p a g n a elettorale: n o n gli restavano q u i n d i che pochi giorni p e r gettare la maschera e a n n u n z i a r e ai suoi la decisione di e n t r a r e nei Blocchi Nazionali: con la c a r t a di D'Annunzio nella manica, la cosa gli sarebbe riuscita più facile. «Rompo un lungo silenzio» gli scrisse subito, ed e r a n o infatti p i ù di q u a t t r o mesi che n o n aveva p i ù avuto r a p p o r t i con lui, «dovuto a un disagio morale, provocato più o m e n o

in b u o n a fede da taluni individui vissuti in m a r g i n e alla trag e d i a f i u m a n a . . . S a r ò i m m a n c a b i l m e n t e d a voi m a r t e d ì prossimo 5 aprile.» Ma p r i m a del 5 aprile a n d ò a p a r l a r e ai «camerati» di B o l o g n a e di F e r r a r a , i più riottosi, i p i ù repubblicani, e q u i n d i i più difficili da convertire all'idea delle elezioni nel blocco d ' o r d i n e giolittiano che implicava la fed e l t à alle istituzioni. D o p o a v e r d a t o a n n u n z i o della sua prossima visita a G a r d o n e , disse: «Non sentite voi che il tim o n e passa p e r un trapasso s p o n t a n e o da Giovanni Giolitti a Gabriele D'Annunzio, l ' u o m o nuovo?» Subito corse la voce che a n c h e il Poeta i n t e n d e v a p o r r e la sua c a n d i d a t u r a e la partecipazione al blocco n o n incontrò più opposizione. Il 5, c o m e promesso, Mussolini a n d ò a G a r d o n e . Del colloquio, n o n si sa nulla. Ma a l m e n o in p a r t e si p u ò ricostruirlo da d u e messaggi di D ' A n n u n z i o : u n o a De Ambris in cui lo invitava a presentarsi c a n d i d a t o in u n a lista i n d i p e n d e n t e a P a r m a ma senza s c e n d e r e in polemica coi fascisti p e r c h é Mussolini si era i m p e g n a t o a rispettare «lo spirito della Costituzione fiumana»; l'altro a Calza Bini, p e r rassicurarlo che la sua qualità di legionario n o n era affatto incompatibile con quella di dirigente del Fascio r o m a n o . Questi d u e diversi l i n g u a g g i fanno p r e s u m e r e che l'inc o n t r o fra i d u e u o m i n i si svolse all'insegna dell'ambiguità; ma c h e a n c h e se n o n p r e s e i m p e g n i , D ' A n n u n z i o si lasciò irretire da Mussolini, cui u n a sola cosa p r e m e v a : che il Poeta n o n gli si mettesse di traverso e lasciasse c r e d e r e di essere d'accordo con lui. De Ambris se ne rese conto e protestò con violenza: «Se l'opera nostra - scrisse al C o m a n d a n t e -, condotta in mezzo a difficoltà di ogni sorta, ti sembra d e g n a di approvazione, fa' che si possa pubblicare u n a tua parola che valga a t r o n c a r e le chiacchiere a r b i t r a r i e e a c o n f e r m a r c i , davanti a tutti i legionari, la tua fiducia. Se invece n o n credi di p o t e r d i r e questa p a r o l a , s a p r e m o tutti - o a l m e n o io quel che resta da fare». Avendo o t t e n u t o ciò che voleva, d u e giorni d o p o Mussolini faceva ratificare dal C o m i t a t o C e n t r a l e dei Fasci l'ade75

sione ai Blocchi Nazionali, ma senza r i n u n c i a r e alle m i s u r e di sicurezza. Disposto a e n t r a r e nel g i u o c o di Giolitti, ma n o n a r e s t a r n e p r i g i o n i e r o , lasciò subito i n t e n d e r e che p e r la c o m p o s i z i o n e delle liste bisognava fare i conti con lui, e che se in alcune circoscrizioni i fascisti dovevano mettersi al r i m o r c h i o dei giolittiani, in altre e r a n o i giolittiani che d o vevano mettersi al r i m o r c h i o dei fascisti. Allergie ideologiche ne mostrò p o c h e . Coi nazionalisti l'alleanza e r a già cosa fatta; ma in alcune province egli lasciò liberi i suoi di accordarsi a n c h e coi p o p o l a r i . Screzi ce ne furono parecchi, ma quasi tutti di o r d i n e p e r s o n a l e . Il Blocco di Milano rischiò di fallire p e r c h é il d i r e t t o r e del Corriere della Sera, senatore Albertini, cercò di p o r r e un veto che poi dovette rimangiarsi, alla iscrizione di Mussolini. Q u e s t i a sua volta lo pose a Filippo Naldi, l ' u o m o che gli aveva d a t o i mezzi p e r fondare Il popolo d'Italia. N o n tutte le forze di democrazia laica che facevano capo a Giolitti avevano accettato di b u o n g r a d o l'alleanza coi fascisti: m a l g r a d o la sua amicizia col vecchio statista, il senatore Frassati, p e r esempio, direttore de La Stampa, aveva qualificato l'operazione un «pasticcio» e p r e d e t t o che, m e t t e n d o in fuga molti elettori m o d e r a t i , a v r e b b e giovato soltanto a Mussolini. Questi dal canto suo si affrettò a fornire materia ai sospetti di d o p p i o giuoco r i n c a r a n d o nella truculenza del suo linguaggio, d a n d o m a n o a n c o r a p i ù libera alle «squadre» che ne a p p r o f i t t a r o n o l a r g a m e n t e , e p r e n d e n d o le distanze dai suoi stessi alleati. Da Giolitti, che ormai n o n poteva più fare macchina indietro, egli aveva o t t e n u t o quello che gli conveniva: l'ammissione del fascismo nell'arco costituzionale e il suo riconoscimento c o m e insostituibile g a r a n t e dell'ordine. O r a voleva d i m o s t r a r e che l ' o r d i n e poteva r e s t a u r a r l o soltanto lui: lo Stato di Giolitti n o n ne era più in g r a d o . Anzi il 10 maggio, alla vigilia del voto, giunse a scrivere che, d o p o le elezioni, il p o t e r e , caso mai, doveva essere affidato a Sal a n d r a : «Giolitti n o n p u ò p r e t e n d e r e di g o v e r n a r e la nazio76

ne all'infinito. È vecchio ed è anche oltrepassato». Così Mussolini teneva fede ai patti. Q u a n t o a Salandra, gli professava stima p r o p r i o p e r c h é - come i successivi fatti d i m o s t r a r o n o n o n ne aveva p u n t a : lo preferiva a Giolitti p e r c h é lo considerava un avversario molto più facile da battere. Il r e s p o n s o delle u r n e , c h e fu conosciuto il 15 m a g g i o , diede ragione a Frassati e fu p e r Giolitti u n a grossa delusion e . I socialisti, di cui si p r e v e d e v a il crollo, p e r s e r o solo 34 seggi, di cui la m e t à a n d a r o n o ai comunisti che ne e b b e r o 16. I p o p o l a r i ne g u a d a g n a r o n o 7, a r r i v a n d o così a 107. I Blocchi n e o t t e n n e r o 2 7 5 , che r a p p r e s e n t a v a n o u n a b u o n a maggioranza, ma insidiata dalla eterogeneità delle alleanze. D e n t r o di essi, i fascisti e b b e r o 45 eletti, e Mussolini r i p o r t ò un mezzo plebiscito sia a Milano che a Bologna. C o m e rivalsa alla funebre farsa inscenatagli dai socialisti nel '19, Mussolini sciolse a s t o r m o le c a m p a n e della vittoria, e dichiarò subito che i fascisti n o n avrebbero mai partecipato a un g o v e r n o di Giolitti e si sarebbero astenuti dal p r e n d e r e p a r t e alla s e d u t a i n a u g u r a t i v a della n u o v a legislatura con relativo discorso del Re p e r c h é n o n avevano ancora deciso se e r a n o p e r la Monarchia o p e r la Repubblica. A questo p u n t o forse Giolitti capì che il suo p i a n o di attir a r e Mussolini nel g i u o c o p a r l a m e n t a r e e di m a c i n a r v e l o era fallito. Il rifiuto dei fascisti di p a r t e c i p a r e al g o v e r n o significava ch'essi si p r o p o n e v a n o di c o n t i n u a r e nel Paese la lotta a r m a t a , p e r rintuzzare la quale sarebbe occorso un p o t e r e stabile e a u t o r e v o l e , un Esercito e u n a Polizia sicuri, u n a pubblica opinione favorevoli: tutte condizioni che m a n cavano. Per tenersi in piedi, avrebbe d o v u t o appoggiarsi al p u n t e l l o infido dei p o p o l a r i di D o n Sturzo, da s e m p r e suo nemico. E il 15 giugno preferì dimettersi, passando la m a n o a B o n o m i , il transfuga del socialismo che insieme a Bissolati, a Cabrini e a Podrecca Mussolini aveva fatto espellere dal partito, e che o r a militava in u n a delle tante frazioni d e m o cratiche. Questo avveniva a m e t à g i u g n o (del ' 2 1 , si capisce). 77

D o p o D'Annunzio, Mussolini si era così liberato dell'avversario che più temeva. Ma doveva ancora vedersela coi suoi, e n o n e r a facile p e r c h é n o n ne p o s s e d e v a lo s t r u m e n t o : il p a r t i t o . Le n u o v e leve a g r a r i e a v e v a n o p o r t a t o alla ribalta degli u o m i n i nuovi e di notevole personalità c o m e G r a n d i , Balbo, Farinacci, Arpinati, ma n o n avevano m u t a t o la natura del m o v i m e n t o che restava ancora disarticolato. Il Comitato Centrale n o n aveva quasi alcun p o t e r e sulle «squadre», ciascuna delle quali era legata da un vincolo quasi medievalesco al ras locale: Arpinati a Bologna, Balbo a Ferrara, Farinacci a C r e m o n a eccetera. S e c o n d o De Felice, lo stesso Mussolini n o n si r e n d e v a esatto conto di questa situazione. E solo così si spiega il primo dei suoi e r r o r i tattici, che lo condusse a u n a crisi p e r p o co mortale. Egli vedeva abbastanza c h i a r a m e n t e le prospettive che gli si a p r i v a n o e che, c o n t r a r i a m e n t e alle a p p a r e n ze, n o n e r a n o rosee. Le s q u a d r e o r m a i i m p o n e v a n o la loro legge nelle piazze, nelle fabbriche, nelle c a m p a g n e . Q u e s t o riempiva di soddisfazione gli agrari, i quali alla politica n o n c h i e d e v a n o altro che u n ' a z i o n e repressiva. Ma i ceti m e d i u r b a n i n o n si contentavano di così poco. Essi volevano l'ordine e avevano simpatizzato coi fascisti finché questi avevano combattuto la violenza rossa. Ma ora che questa violenza s'illanguidiva, dei fascisti sentivano m e n o il bisogno. Occorreva offrir loro qualche altra cosa. Occorreva offrir loro u n a politica, che n o n fosse soltanto quella del m a n g a n e l l o e dell'olio di ricino. Di q u e s t o , Mussolini e r a cosciente, così c o m e lo e r a del fatto che, legandosi t r o p p o s t r e t t a m e n t e agli agrari e al capitalismo, rischiava di d i v e n t a r n e la «guardia bianca»: cosa r i p u g n a n t e n o n soltanto al suo fiuto, ma a n c h e al suo temp e r a m e n t o , che se n o n era p r e c i s a m e n t e quello del rivoluzionario, era p e r ò quello del c a p o - p o p o l o , del t r i b u n o d e m a g o g o . A differenza dei suoi «gerarchi», Mussolini n o n si lascerà mai abbagliare dal m o n d o b o r g h e s e e dai suoi giardini di Armida. Il retaggio socialista faceva di lui un «uomo 78

di massa», e s e m p r e lo rimase. L'etichetta di «destra» a cui l'alleanza coi nazionalisti e la massiccia p r e v a l e n z a degli a g r a r i lo c o n d a n n a v a n o , gli pesava, e i suoi se n ' e r a n o accorti. Q u a n d o si era trattato di far loro inghiottire l'adesione ai Blocchi giolittiani, n o n o s t a n t e l'abile e s p r e g i u d i c a t o ricorso alla carta di D ' A n n u n z i o , molti squadristi a v e v a n o infilato nelle loro canzoni g u e r r e s c h e un ritornello che, con c h i a r a allusione ai suoi trascorsi socialisti, diceva: «Chi ha tradito, tradirà». E q u a n d o egli aveva deciso l'astensione del g r u p p o p a r l a m e n t a r e dalla s e d u t a r e a l e alla C a m e r a p e r n o n c o m p r o m e t t e r e l e p r o p r i e pregiudiziali r e p u b b l i c a n e , b e n 19 d e p u t a t i su 34 gli si e r a n o schierati c o n t r o costringendolo a u n a soluzione di c o m p r o m e s s o . O r a l a situazione e r a q u e s t a . Coi suoi q u a r a n t a c i n q u e «onorevoli», egli r a p p r e s e n t a v a in Parlamento u n a forza che poteva a n c h e giuocare le sue carte, ma a patto di n o n restare isolata. Q u a l i alleanze fossero possibili, Mussolini si g u a r d ò dal dirlo. Egli aveva salutato il n u o v o g o v e r n o come «un g o v e r n o c a m p a t o in aria p o i c h é fascismo e socialismo restano a n c o r a fuori della porta», e questo a p p a r i g l i a m e n t o aveva dato fastidio a molti fascisti. Ma il 5 luglio, m e n t r e Bon o m i c o m p o n e v a faticosamente la lista dei Ministri da p r e sentare al Re, sia sulYAvanti! che sul Popolo d'Italia c o m p a r v e la notizia che u n a delegazione fascista e u n a delegazione socialista stavano n e g o z i a n d o un «patto di pacificazione». Il contraccolpo fu i m m e d i a t o . I dirigenti dei Fasci emiliani e veneti chiesero, anzi imposero l'immediata convocazione del Consiglio nazionale, m e n t r e le s q u a d r e , p e r far n a u fragare il p a t t o , moltiplicavano le loro razzie e aggressioni. Il Consiglio si t e n n e a Milano il 12, e Mussolini si accorse subito di aver sottovalutato l'opposizione. A n c h e il ras fiorentino P e r r o n e C o m p a g n i si schierò dalla p a r t e di Marsich e Farinacci fieramente avversi al patto. Fra gli stessi «camerati» milanesi, che r a p p r e s e n t a v a n o la vecchia g u a r d i a del «Fascio primigenio», solo Cesare Rossi e r a incondizionatam e n t e p e r il p a t t o , di cui forse e r a stato il vero i s p i r a t o r e . 79

L'altro v e t e r a n o , Pasella, p r e s e n t ò u n o r d i n e del g i o r n o compromissorio e t e n t e n n a n t e . C o n la p r o n t e z z a di riflessi che lo distingueva, Mussolini evitò lo scontro frontale r i p i e g a n d o sulla p r o p o s t a di Pasella, c h ' e r a quella di accantonare p e r il m o m e n t o il patto, lasciando p e r ò i singoli Fasci liberi di p r o c e d e r e ad accordi locali coi socialisti e t e n e n d o la p o r t a a p e r t a a quello, globale, con la C o n f e d e r a z i o n e G e n e r a l e del Lavoro, dei cui dirigenti Buozzi, Baldesi, Colombino - Mussolini tessè l'elogio. C o n t e n t a n d o s i del mezzo successo c h ' e r a a n c h e un mezzo insuccesso, egli sperava p r o b a b i l m e n t e di r i p r e n d e r e la p a r t i t a q u a n d o i suoi avversari si fossero convinti del p e r i colo mortale che li minacciava: la formazione di un g o v e r n o con socialisti e p o p o l a r i p e r m e t t e r e fuori legge un fascismo isolato. Ma le s q u a d r e si affrettarono a r e n d e r e irreparabile la r o t t u r a . M e n t r e a n c o r a a Milano si discuteva, millecinq u e c e n t o squadristi occupavano militarmente la ribelle Treviso. E pochi giorni d o p o , u n a massiccia spedizione punitiva fu lanciata c o n t r o Sarzana. Q u i p e r ò a v v e n n e un fatto n u o v o che volse l'episodio a favore di Mussolini. In attesa con l'arma al p i e d e sull'itinerario delle s q u a d r e , stavolta n o n c'erano soltanto gli «arditi del popolo», cioè i r e p a r t i a r m a t i che socialisti e comunisti avevano organizzato p e r c o n t r a p p o r l i a quelli fascisti. C'erano a n c h e i carabinieri, che ebbero presto ragione degli assalitori. Nello s c o n t r o ci f u r o n o p a r e c c h i m o r t i , alcuni d e i quali e r a n o stati finiti dalle roncole e dai forconi dei contadini inferociti. In pubblico n a t u r a l m e n t e Mussolini d e p l o r ò l'eccidio dei suoi, ma p a r l a n d o n e c o n Rossi ebbe p a r o l e di fuoco p e r i responsabili di quelle dissennate imprese, «gli ufficiali pagatori delle varie A g r a r i e c h e s o g n a n o la s o p p r e s s i o n e delle leghe o p e r a i e e l ' a n n u l l a m e n t o delle conquiste sindacali». Si ribellava alla camicia di forza che la reazione t e r r i e r a cercava d'imporgli. «Un cerchio di odio si sta s t r i n g e n d o i n t o r n o al fascismo: bisogna spezzarlo.» 80

Per t e n t a r e di spezzarlo, convocò a Roma, dove si trovava, il Consiglio n a z i o n a l e , a cui fece i n g h i o t t i r e la r i p r e s a delle trattative p e r la pacificazione e u n a «circolare» da spedire a tutti i Fasci p e r c h é si astenessero dalle violenze e dall e spedizioni p u n i t i v e . C o n t e m p o r a n e a m e n t e pubblicò u n articolo, Ritorno al principio, in cui diceva p r e s s a p p o c o q u e sto: che il vero fascismo era quello del '19, nato p e r la difesa della Nazione, n o n di certi interessi di classe, e che a questo bisognava o r a t o r n a r e , s t r a p p a n d o l o ai professionisti dello «sterminismo». In p a r o l e p o v e r e : il fascismo e r a un movim e n t o di masse e p e r le masse, n o n la «guardia bianca» degli agrari e del capitalismo in g e n e r e . Ma ancora u n a volta dovette p r e n d e r e atto che la sua posizione di Duce e r a tutt'altro che affermata. Marsich e Farinacci scesero con lui in g u e r r a a p e r t a r a s s e g n a n d o le dimissioni dal Comitato Centrale, m e n t r e l'»uomo nuovo» del fascismo bolognese, Dino G r a n d i , a d d i r i t t u r a lo ridicolizzava sul settimanale del partito, Eassalto. Stavolta le d u e a n i m e del fascismo e r a n o di fronte, e n o n si poteva evitarne lo scontro, che poi era la conseguenza della crisi iniziata da q u a n d o lo s q u a d r i s m o a g r a r i o e p r o v i n ciale aveva sopraffatto il nucleo sindacal-futurista di piazza S. Sepolcro. S e c o n d o Mussolini, il fascismo n o n aveva c h e d u e alternative: o la rivoluzione, o il patto di pacificazione. Siccome la p r i m a sarebbe stata il suicidio, n o n restava che la seconda. Ma i suoi avversari rovesciavano l ' a r g o m e n t a z i o n e . Per gli squadristi, il suicidio sarebbe stata la pacificazione, che li avrebbe costretti a smobilitare. D o p o d i c h é , cosa a v r e b b e r o fatto loro e i loro rasi E cosa di loro avrebbero fatto i socialisti, u n a volta d i s a r m a t e e disciolte le s q u a d r e ? A l t r e t t a n t o motivato e r a il dissenso dei sindacalisti, che o r a t r o v a v a n o i n G r a n d i u n a g g u e r r i t o c a m p i o n e . G i o v a n e avvocato d i B o l o g n a c h e aveva fatto il suo a p p r e n d i s t a t o in t r i n c e a , G r a n d i e r a un fascista della seconda leva, quella agraria, ma d'ispirazione d a n n u n z i a n a e più vicino ai C o r r i d o n i e ai De 81

Ambris che alla p a r t e p a d r o n a l e e conservatrice. Egli aveva attivamente collaborato a sviluppare u n a organizzazione sindacale fascista c h e in Emilia già cominciava a c o n t r a p porsi a quelle socialiste. Parecchi lavoratori vi a c c o r r e v a n o u n p o ' p e r p a u r a , u n p o ' p e r attrazione dei m a n g a n e l l i . I l fascino della violenza e r a il solo vantaggio che il sindacalismo fascista aveva su quello socialista. Se vi avesse rinunziato, l'organizzazione sarebbe a n d a t a in rovina. O che sottovalutasse queste forze contrarie, o che si considerasse o r m a i i m p e g n a t o a «tirare diritto», Mussolini spinse avanti le trattative, e le concluse il 2 agosto nell'ufficio del Presidente della C a m e r a , De Nicola, dove il patto v e n n e firm a t o . B o n o m i , c h e ne aveva seguito con ansia la v i c e n d a , esultò. La pacificazione, oltre a r a p p r e s e n t a r e u n a garanzia di o r d i n e pubblico, spianava la strada alla collaborazione, o p e r lo m e n o a u n a opposizione più m o r b i d a , che gli avrebbe p e r m e s s o di riuscire là dove Giolitti aveva fallito. I n realtà l a firma del p a t t o , l u n g i d a l c h i u d e r e , a p r i v a u n a n u o v a fase, e a n c o r a p i ù r o v e n t e , fra Mussolini e lo squadrismo. Regione p e r regione, i ras avevano chiamato a raccolta i loro u o m i n i e d a t o avvio a u n a pioggia di o r d i n i del g i o r n o che r i p u d i a v a n o il p a t t o e ne contestavano l'autore talvolta p e r s i n o sbeffeggiandolo. Q u a l c u n o n o n si cont e n t ò delle p a r o l e . G r a n d i e Balbo si r e c a r o n o a d d i r i t t u r a da D'Annunzio p e r offrirgli la successione di Mussolini alla g u i d a della rivoluzione fascista. G r a n d i ha raccontato a chi scrive che il Poeta, d o p o averli c o m p u n t a m e n t e ascoltati, rispose che p r i m a doveva «consultare le stelle». Per tre notti le i n t e r r o g ò , ma le stelle n o n risposero p e r c h é e r a n o coperte dalle nuvole. E i d u e se ne t o r n a r o n o a casa, p e r s e m p r e guariti dalla loro infatuazione d a n n u n z i a n a . Mussolini reagì all'aggressione da u o m o deciso a giuocare il t u t t o p e r t u t t o . «Se il fascismo n o n mi s e g u e - scrisse sul suo giornale -, n e s s u n o p o t r à obbligarmi a seguire il fascismo.» E p o c h i g i o r n i d o p o , a t t a c c a n d o f r o n t a l m e n t e G r a n d i e rinfacciandogli la sua qualità di «convertito dell'ul82

tima ora», aggiungeva: «La prossima settimana sarà la settim a n a dell'esame di coscienza del fascismo italiano. I risultati m ' i n d i c h e r a n n o la s t r a d a da s e g u i r e . Molti r o s p i ho inghiottito in questi ultimi tempi, e molte solidarietà accettato p e r carità di fascismo. Ma a t u t t o c'è un limite, e io s o n o g i u n t o a questo limite. Il fascismo p u ò fare a m e n o di me? Certo, ma anch'io posso fare a m e n o del fascismo. C'è posto p e r tutto in Italia: anche p e r t r e n t a fascismi, il che significa, poi, p e r nessun fascismo». L'esame di coscienza fu fatto il 16 agosto a Bologna, dove si r i u n ì il «vertice» del fascismo p a d a n o . E p e r s i n o il p i ù mussoliniano dei ras, il ferrarese Italo Balbo, bocciò il patto e chiese la convocazione di un Congresso nazionale che ne sancisse la decadenza. Mussolini rispose d u e giorni d o p o sul suo giornale: «La partita è o r m a i chiusa. Chi è sconfitto, d e ve a n d a r s e n e . E io me ne vado dai primi posti. Resto, e spero di p o t e r restare, semplice gregario del Fascio milanese». L'impressione suscitata dalle sue dimissioni, subito seguite da quelle di Cesare Rossi da vicesegretario del partito, fu e n o r m e e contraddittoria. G r a n p a r t e di quella borghesia liberal-conservatrice, che si riconosceva nel Corriere della Sera di Albertini e c h e verso Mussolini si e r a s e m p r e m o s t r a t a diffidente, n o n nascose le sue preoccupazioni. Ma il colmo dell'insipienza lo toccarono i socialisti che si a b b a n d o n a r o no al t r i p u d i o e a n n u n z i a r o n o b a l d a n z o s a m e n t e u n a ripresa in g r a n d e stile della loro azione rivoluzionaria, provocando i m m e d i a t a m e n t e un r i p e n s a m e n t o dei fascisti dissidenti. Probabilmente, Mussolini aveva contato a n c h e su questo. C e r t o , aveva contato sul fatto che fra questi dissidenti n o n ce n ' e r a n e s s u n o che potesse aspirare a p r e n d e r e il suo p o sto. C o m u n q u e , u n a cosa è sicura: quel posto, egli n o n aveva n e s s u n a i n t e n z i o n e di lasciarlo. Rossi, che conosceva il suo u o m o meglio di tutti, fu il p r i m o a capirlo. I suoi scatti confidò a De Ambris - s e m b r a n o impulsivi e s p o n t a n e i : in r e a l t à s o n o s e m p r e calcolati. E difficile del r e s t o c r e d e r e ch'egli volesse rimettersi nella c o n d i z i o n e , in cui si e r a già 83

trovato coi socialisti, di r e p r o b o r i n n e g a t o : stavolta sarebbe stata la fine della sua carriera politica. O s t e n t a n d o il p i ù g r a n d e distacco, e lasciando c o r r e r e molte voci sulle sue intenzioni di ritiro, aspettò che fossero i suoi avversari a p r e n d e r e l'iniziativa di un riavvicinamento. L'attesa n o n fu lunga. A fine agosto si riunì a Firenze il Consiglio nazionale, e G r a n d i , che ne fu il d o m i n a t o r e , vi assunse la p a r t e di «pontiere» facendo votare un o r d i n e del giorno con cui il patto di pacificazione n o n veniva né a p p r o v a t o né bocciato, ma lasciato alla discrezione dei vari Fasci c o m e già era, e facendo r e s p i n g e r e le dimissioni sia di Mussolini e di Rossi che di Marsich e Farinacci. Mussolini n o n d i e d e segno né di soddisfazione né di dis a p p u n t o . Sapeva che quelle decisioni e r a n o interlocutorie p e r c h é la vera partita si sarebbe giuocata al C o n g r e s s o nazionale, già indetto p e r n o v e m b r e . Tutte le sue mosse furono di p r e p a r a z i o n e a questo evento, e recano il segno di u n a cautela in netto contrasto con l'impulsività che amava attribuirsi. Sacrificò agli avversari l'uomo da essi più odiato, Cesare Rossi, facendolo d e c a d e r e da vicesegretario, ma contin u a n d o a tenerlo presso di sé come consigliere personale, e s p i n g e n d o invece avanti un altro suo fido, Michele Bianchi. Per il resto, lasciò fare agli altri, i m p e g n a n d o s i solo, ma n o n di persona, con u n a serie di articoli delegati ad altri collabor a t o r i del g i o r n a l e , sul p u n t o c h e gli stava p i ù a c u o r e : la trasformazione del «movimento» in «partito», che gli avrebbe dato il m o d o di controllarlo meglio. N o n a b b a n d o n ò tuttavia la sua m a s c h e r a di sdegnato Achille, e i suoi interventi, sia alla C a m e r a che sul giornale, furono r a d i e brevi. Anche q u a n d o a M o d e n a ci fu battaglia a p e r t a fra s q u a d r i s t i e g u a r d i e regie, che si saldò con otto m o r t i e u n a ventina di feriti, si limitò a c o m m e m o r a r e i caduti. La sua azione giornalistica la riprese in p i e n o solo in ottobre, alla vigilia del congresso socialista, spiegandovi tutte le sue risorse di tattico c o n s u m a t o . «Sarà il mese della ping u e v e n d e m m i a turatiana» scrisse. C h e credesse v e r a m e n t e 84

alla vittoria di Turati, è dubbio. Ma è certissimo che la temeva c o m e la p e g g i o r e delle j a t t u r e e voleva, a n n u n c i a n d o l a in questi t e r m i n i , aizzare i massimalisti. Il successo dell'ala riformista di T u r a t i a v r e b b e significato a b r e v e s c a d e n z a i socialisti al governo, e q u i n d i l'isolamento del fascismo, e la sua m o r t e p e r c o n s u n z i o n e . M a n o n a v v e n n e . A n c o r a u n a volta il massimalismo ebbe la meglio, e grazie ad esso a isolarsi furono di n u o v o i socialisti. Mussolini trasse un respiro di sollievo, anzi di tripudio, che trapelava dal suo c o m m e n to: «Il fascismo ha o r a dinanzi a sé un giuoco di vaste possibilità. Può fare g r a n d i cose - "cose", n o n "gesti"; "fatti", n o n "parole" - p u r c h é sappia cogliere in sintesi le necessità dell'ora». E il discorso era rivolto n o n solo ai socialisti, ma anche ai fascisti. Q u a n t o avesse r a g i o n e , lo d i m o s t r ò subito d o p o il Congresso dei p o p o l a r i , i quali d o v e t t e r o p r e n d e r e atto della impossibilità di un'accostata ai socialisti, che s e m p r e più res p i n g e v a n o o g n i f o r m a di c o l l a b o r a z i o n e e si c h i u d e v a n o nel g h e t t o . Mussolini n e a p p r o f i t t ò i m m e d i a t a m e n t e p e r gettar loro un p o n t e . «I r a p p o r t i fra popolarismo e fascismo n o n possono esser basati su pregiudiziali anticlericali o, peggio, anticattoliche, che n o n s o n o nella n o s t r a mentalità» scrisse s p u d o r a t a m e n t e il vecchio b e s t e m m i a t o r e che aveva sfidato Dio a f u l m i n a r l o sul colpo. «C'è u n a d e s t r a con la quale il fascismo p u ò vivere in r a p p o r t i di b u o n vicinato.» Questa parola destra, fin allora egli aveva cercato s e m p r e di evitarla. O r a l'accettava c o m e un ramoscello d'ulivo ai suoi avversari interni. Il 7 n o v e m b r e , q u a n d o all'Augusteo di R o m a si r i u n ì il terzo Congresso nazionale del fascismo, i giuochi e r a n o già fatti. Grandi, che tutti aspettavano di v e d e r e m e r g e r e come l'antagonista di Mussolini, t e n n e un discorso che di risoluto aveva soltanto gli accenti. Egli difese il p r o p r i o o p e r a t o , e cioè l'opposizione al patto di pacificazione, solo p e r ragioni retrospettive in q u a n t o il p r o b l e m a n o n era più d'attualità essendo stato risolto, caso p e r caso, dai singoli Fasci, e corse 85

ad a b b r a c c i a r e Mussolini. Q u e s t i insistè sul p a t t o , ma lasciando c h i a r a m e n t e i n t e n d e r e che lo considerava solo merce di scambio: era p r o n t o a rinunciarci se gli altri accettavano la t r a s f o r m a z i o n e del m o v i m e n t o in p a r t i t o . E così avv e n n e . Per p u n t o d ' o n o r e , G r a n d i , Giuriati e Marsich votar o n o contro. Ma furono i soli, e anch'essi poi accettarono di far p a r t e della n u o v a commissione esecutiva. A segretario fu eletto Michele Bianchi, mussoliniano sicuro, con q u a t t r o vic e s e g r e t a r i , di cui t r e (Starace, Teruzzi e Marinelli) e r a n o mezze figure manovrabili a bacchetta. L'unico vero opposit o r e di Mussolini, Farinacci, e s p o n e n t e e c a m p i o n e dei ras provinciali, v e n n e escluso da tutti gli organi direttivi. Mussolini aveva vinto, e la sua vittoria significava che il fascismo, a b b a n d o n a t a la p r e t e s a di p r e s e n t a r s i come m o v i m e n t o rivoluzionario di sinistra, quale lo a v r e b b e r o voluto G r a n d i , Farinacci e Marsich, p r e s e n t a v a la sua c a n d i d a t u r a a forza e g e m o n e della destra e infilava la «via p a r l a m e n t a r e » al p o tere. C'era un pericolo, e Mussolini lo capì subito: che questa svolta a d e s t r a m e t t e s s e il p a r t i t o alla m e r c é della sua ala r e a z i o n a r i a i n c a r n a t a s o p r a t t u t t o dal ras p i e m o n t e s e De Vecchi, u o m o di p o c o cervello, ma t u t t o T r o n o e Altare, e che q u i n d i poteva a n c h e t o r n a r c o m o d o p e r il futuro. Q u e sta ala era n a t u r a l m e n t e sostenuta dai nazionalisti che nella sua vittoria v e d e v a n o u n a vittoria loro e già se n ' e r a n o imbaldanziti. Mussolini, che p e r i nazionalisti seguitava a covare le antipatie del vecchio rivoluzionario, sventò subito la minaccia s c a t e n a n d o , o meglio facendo scatenare dai suoi u n a polemica contro di loro. G r a n d i scrisse a chiare lettere che i nazionalisti avevano poco di che t r i p u d i a r e : n o n e r a n o i fascisti che dovevano identificarsi in loro, ma loro nei fascisti. I nazionalisti p r o t e s t a r o n o con veemenza, e sul piano ideologico ne avevano di che. Ma il r a p p o r t o di forza - unica cosa che in politica conta - dava ragione ai loro avversari. Sia p u re fra risse, m a l u m o r i e bronci, le «camicie azzurre» di Fe86

derzoni s'integrarono s e m p r e di più con quelle n e r e di Mussolini fino a p e r d e r v i c o m p l e t a m e n t e la loro identità. Di defezioni i m p o r t a n t i , il n u o v o corso ne p r o v o c ò u n a sola: quella di Marsich, il ras del fascismo giuliano. G r a n gal a n t u o m o e a r d e n t e patriota, Marsich n o n aveva mai avuto idee politiche molto chiare. L'avventura fiumana e la devozione a D ' A n n u n z i o gliele avevano vieppiù confuse. Il p r e testo della r o t t u r a fu u n a intervista di Mussolini che si dichiarava p r o n t o a u n a collaborazione con Giolitti. In realtà egli n o n sapeva p e r d o n a r g l i di u s u r p a r e il posto che secondo lui spettava soltanto al Poeta. Per un certo t e m p o la sua lettera di r i p u d i o fu t e n u t a segreta. Q u a n d o fu pubblicata dal giornale dei Legionari, Mussolini aveva già circoscritto e liquidato il caso. N o n t r a s c u r ò tuttavia di sfruttarlo p e r ribadire la sua linea. Marsich, disse al Consiglio nazionale, sog n a v a la c o n q u i s t a del p o t e r e p e r la via r i v o l u z i o n a r i a di u n a marcia su Roma. Il fascismo r i p u d i a tutto questo: a Roma c'è già, e vuole restarci con tutt'altri mezzi. O r m a i aveva capito che la m a s c h e r a d e l l ' u o m o d ' o r d i n e era quella che più gli conveniva.

CAPITOLO TERZO

L'AGONIA DI UN R E G I M E

B o n o m i , che vi aveva p u n t a t o tutte le sue carte, n o n sopravvisse al fallimento del patto di pacificazione. L'ordine intern o , o r m a i sfuggito al controllo dei pubblici p o t e r i , e r a alla m e r c é delle s q u a d r e che avevano risolto a loro favore la p a r tita della violenza. Q u e s t a aveva i suoi epicentri in Padania e in Toscana, le z o n e d o m i n a t e dagli a g r a r i , e la r o t t u r a di e q u i l i b r i o fra quelli c h e oggi si c h i a m e r e b b e r o «gli o p p o s t i estremismi», e r a s o p r a v v e n u t a t r a la fine d e l '20 e il p r i n c i p i o d e l ' 2 1 , q u a n d o a p p u n t o gli a g r a r i a v e v a n o p r e s o n e i Fasci il sop r a v v e n t o . U n o degli episodi decisivi e r a stato quello di Palazzo d'Accursio, il Municipio di Bologna, il giorno in cui vi si era insediata la n u o v a Giunta socialista. N e m m e n o oggi si sa con p r e c i s i o n e chi ne fu r e s p o n s a b i l e . M e n t r e la folla a s p e t t a v a in piazza che il s i n d a c o p a r l a s s e , a l c u n e b o m b e c a d d e r o dal tetto. Il pubblico che assiepava la sala consiliare ne r i t e n n e responsabili i r a p p r e s e n t a n t i della m i n o r a n z a e si mise a s p a r a r e c o n t r o di essa. L'avvocato liberale Giordani v e n n e a b b a t t u t o a revolverate, il suo collega Colliva ferito, m e n t r e in piazza si c o n t a r o n o u n a diecina di cadaveri. L'aggressione fu attribuita ai socialisti, c o n t r o cui l ' i n d o m a n i si s c a t e n a r o n o le s q u a d r e di Arpinati, il ras di Bologna, e del suo l u o g o t e n e n t e Bonaccorsi. La città fu sotto il c o n t r o l l o dei loro manganelli. Un mese d o p o , fu la volta di Ferrara. In origine, il Fascio di Ferrara e r a stato il più rivoluzionario e a sinistra di tutti. Lo aveva f o n d a t o un t e m e r a r i o gigante, ex-bersagliere tat u a t o di ferite e di m e d a g l i e , Gaggioli. Ma di proseliti ne

aveva fatti p o c h i p e r c h é la borghesia t e r r i e r a n o n si fidava dei suoi a t t e g g i a m e n t i sovversivi. A n c o r a alla fine d e l '20 e r a n o i n t u t t o u n a q u a r a n t i n a , conosciuti p e r s o p r a n n o m i (Sciagura, Finestrachiusa ecc.). Ma poi era arrivato Balbo. Balbo n o n aveva aderito al p r i m o fascismo p e r c h é n o n lo trovava, p e r i suoi gusti, abbastanza r e p u b b l i c a n o . T o r n a t o dalla g u e r r a , p e r la quale si era a r r u o l a t o poco p i ù che ragazzo c o m e ufficiale degli Alpini, aveva r i p r e s o a Firenze i suoi studi universitari. Fu l'Associazione Agraria c h e lo ric h i a m ò a F e r r a r a p e r c h é p r e n d e s s e in m a n o gli squadristi locali e desse loro u n a riassettata borghese. Per le sue gesta di trincea, p e r il suo coraggio, p e r la sua loquela facile, anche se inceppata dalla lisca, aveva tutte le carte in regola p e r incutere rispetto agli squadristi e p a u r a ai socialisti. N o n gli m a n c a v a n o n e m m e n o dei d o n i di calore u m a n o , di g e n e r o sità e di allegrezza goliardica che gli valsero qualche simpatia fra gli stessi nemici. Q u a n d o il Prefetto proibì il m a n g a nello, Balbo a r m ò i suoi u o m i n i di stoccafissi che, picchiati con e n e r g i a sulla testa degli avversari, vi p r o d u c e v a n o gli stessi effetti; e che p o i facevano da p i a t t o forte di g r a n d i m a n g i a t e conviviali cui talvolta v e n i v a n o invitate le stesse vittime. Gaggioli e gli altri della sua b a n d a t e n t a r o n o a l u n g o di c o n t e n d e r e a Balbo la s u p r e m a z i a nel Fascio ferrarese. La rivalità era p u r a m e n t e di p o t e r e personale, ma aveva a n c h e un suo rozzo risvolto ideologico. Anarchico convertito dalla g u e r r a al nazionalismo, Gaggioli era tagliato nello stesso leg n o dei fascisti rivoluzionari di piazza S. Sepolcro, e a tutto era disposto fuorché a fare lo s c h e r a n o della borghesia agraria. Ma solo questa poteva d a r e alle s q u a d r e i mezzi p e r div e n t a r e un vero m o v i m e n t o politico, e n a t u r a l m e n t e li dette a Balbo che, oltre al resto, possedeva a n c h e un notevole talento organizzativo. Q u a n d o , nell'aprile del ' 2 1 , Mussolini v e n n e a F e r r a r a , Balbo gli fece t r o v a r e in piazza Ariostea t r e n t a m i l a «camerati» fatti affluire con tutti i mezzi dalle p r o v i n c e della P a d a n i a . Fra essi i Gaggioli e gli altri della 89

sua razza e r a n o o r a m a i ridotti ad esigua m i n o r a n z a gregaria. Analoga sorte aveva subito il Fascio fiorentino o meglio i Fasci p e r c h é f i n d a p r i n c i p i o c e n ' e r a n o stati d u e . U n o , quello p i ù a u t e n t i c o , faceva c a p o a u n a mezza d o z z i n a di c i o m p i rotti a qualsiasi a v v e n t u r a : Banchelli d e t t o «il Mago», D u m i n i , Frullini e i d u e fratelli Nenciolini; l'altro, signorile, in cui militavano i più bei n o m i dell'aristocrazia terriera toscana. La faida fra queste d u e fazioni avrebbe anche p o t u t o arrivare al s a n g u e se a conciliarla n o n fosse interven u t o un m e d i a t o r e che aveva b u o n i titoli al rispetto sia dell'una che dell'altra. Dino P e r r o n e C o m p a g n i era m a r c h e s e ed ex-ufficiale di cavalleria: il che lo accreditava presso i n o bili che lo sentivano dei loro. Ma ai ciompi lo r e n d e v a simpatico l'essere stato d e g r a d a t o p e r debiti di giuoco e il suo m o d o di vivere da r o t t a m e fra bische e d o n n e . Così fu lui a e m e r g e r e e a diventare il capo di tutti, secondato da un certo T a m b u r i n i che si g u a d a g n a v a la vita c o m p i l a n d o biglietti da visita grazie al suo unico talento: la calligrafìa. La fusione avvenne ai p r i m i del ' 2 1 , sul sangue. Un anarchico lanciò u n a b o m b a in via T o r n a b u o n i p r o v o c a n d o d u e morti e u n a ventina di feriti. P e r r o n e C o m p a g n i assunse subito la direzione della rappresaglia in cui tutti si t r o v a r o n o uniti. Per d u e giorni la città echeggiò di spari. U n o studente fascista, G i o v a n n i B e r t a , che voleva r a g g i u n g e r e la sua s q u a d r a oltre l'Arno, fu a g g r e d i t o sul p o n t e dai socialisti c h e , d o p o averlo lanciato oltre la spalletta, gli recisero le m a n i a g g r a p p a t e a u n a sporgenza. Gli scontri si fecero ancora più fitti e sanguinosi. A Scandicci i socialisti drizzarono barricate che T a m b u r i n i e s p u g n ò lanciandovi c o n t r o i suoi camion. I rossi t e n t a r o n o la rivincita a Empoli, q u a n d o un motociclista traversò il paese u r l a n d o che i fascisti e r a n o in a r r i v o . Tutti c o r s e r o ai fucili, e q u a n d o s o p r a g g i u n s e r o i d u e convogli li p r e s e r o sotto il loro fuoco incrociato. U n o , carico di morti e di feriti, riuscì a proseguire. L'altro fu bloccato dalla folla inferocita che ne linciò selvaggiamente i pas90

seggeri. Solo a massacro ultimato, si r e s e r o c o n t o che n o n di fascisti si trattava, ma di poveri m a r i n a i in trasferta da Liv o r n o . I fascisti accorsero subito d o p o , da Firenze, p e r infliggere il castigo, che fu d u r o . E da allora le spedizioni p u nitive in tutta la Toscana n o n si c o n t a r o n o più a n c h e p e r c h é queste consentivano ai vari ras di mettersi in luce e di rinsald a r e il p r o p r i o p r i m a t o . Q u e l l o d i C a r r a r a , R e n a t o Ricci, c h e s e m b r a v a u n brig a n t e albanese p e r via del l u n g h i s s i m o fez a p p u n t i t o sulla testa, aveva acquistato g r a n prestigio p e r l'energia con cui aveva d o m a t o gli anarchici che in quella città avevano la loro roccaforte. Ma n o n riusciva ad aver r a g i o n e di Sarzana, d o v e i fascisti n o n osavano n e m m e n o e n t r a r e . Ci si p r o v ò lui di p e r s o n a . Ma d o p o aver lasciato p e r strada morti e feriti, salvò la pelle solo grazie a l l ' i n t e r v e n t o dei c a r a b i n i e r i c h e lo r i n c h i u s e r o in p r i g i o n e . La s q u a d r e si m o s s e r o da tutta la Toscana p e r liberarlo, e fu u n a delle p r o v e generali di mobilitazione su g r a n d e scala. Stavolta p e r ò i carabinieri, che di solito ai fascisti lasciavano m a n o libera, s p a r a r o n o . I fascisti, che n o n se l'aspettavano, si dispersero p e r i campi, e i contadini ne fecero scempio. Il conto fu saldato da u n a ventina di morti e u n a trentina di feriti. Ma n a t u r a l m e n t e si trattava di un saldo provvisorio p e r c h é subito d o p o i fascisti vollero la rivalsa, e a n d a r o n o a cercarsela s o p r a t t u t t o nelle c a m p a g n e fra Arezzo e Grosseto, le z o n e p i ù r u r a l i e p i ù rosse della Toscana. Ne andava di mezzo anche gente che n o n aveva nulla a che fare con questi «opposti estremismi», e Roccastrada a n d ò add i r i t t u r a devastata. P e r r o n e C o m p a g n i organizzava queste i m p r e s e a n c h e p e r d a r e m o d o ai D u m i n i e ai Nenciolini di sfogarvi i loro uzzoli di violenza. L'unione fra i d u e Fasci restava p r e c a r i a e n o n fu mai c o m p l e t a m e n t e r a g g i u n t a . I ciompi si rifiutavano di fare la g u a r d i a bianca dei signori i quali fecero abbattere Pirro Nenciolini a revolverate. A questo s q u a d r i s m o diviso e rissoso faceva eccezione solo C r e m o n a p e r c h é il ras che vi d o m i n a v a lo aveva p r e s o sin 91

da p r i n c i p i o e c o n t i n u a v a a t e n e r l o s a l d a m e n t e in p u g n o . Roberto Farinacci era u n o dei pochissimi capi fascisti, forse l'unico, che n o n avesse m e r i t i combattentistici. D u r a n t e la g u e r r a , e r a rimasto a casa, o meglio in stazione p e r c h é e r a impiegato delle ferrovie, e come tale esentato dal richiamo. I suoi avversari infatti lo chiamavano «Tettoia», e d a p p r i n c i pio n o n lo avevano preso molto sul serio anche p e r c h é n o n amava mettersi in p r i m a fila, e nelle spedizioni punitive arrivava a cose fatte. In c o m p e n s o p e r ò era dotato di un senso politico, che sin dagl'inizi gli aveva p e r m e s s o d ' i n t r a v e d e r e a b b a s t a n z a c h i a r a m e n t e Io s v i l u p p o d e l fascismo. Subito aveva c o m p r e s o la necessità di appoggiarsi agli agrari, p a r t i c o l a r m e n t e forti in quella provincia, e di far leva sui loro mezzi p e r u n a soluzione rivoluzionaria. Fra i suoi squadristi n o n c'erano dissidenze: e r a n o tutti p e r lui, che n o n e r a affatto p e r Mussolini e p e r i suoi «compromessi». Nel '21 era stato eletto d e p u t a t o , ma siccome n o n aveva ancora i 25 anni prescritti dalla legge, alla C a m e r a n o n aveva avuto il tempo d'illustrarsi se n o n p e r un gesto teatrale che si era ritorto c o n t r o di lui. Affrontato f o n . Misiano, socialista ex-disertore, gli aveva ingiunto di consegnargli la pistola, che poi aveva gettato sul tavolo del C a p o del G o v e r n o , Giolitti, dicendogli: «Se la tenga». «Non posso p e r c h é n o n ho il p o r t o d'arme» aveva risposto p a c a t a m e n t e Giolitti. Rientrato a C r e m o n a , Farinacci aveva p r e s o in p u g n o la città nel più semplice e i n c r u e n t o dei m o d i : t e n e n d o in stato di p e r m a n e n t e occupazione le sedi della Provincia e del C o m u n e e c o m p o r t a n d o s i c o m e se ne fosse lui il titolare. Il Prefetto chiese a R o m a cosa doveva fare. «Applichi il codice» gli risposero dal Ministero. E siccome il codice n o n cont e m p l a v a un simile caso, il Prefetto lasciò fare. E r a il m o m e n t o in cui Balbo faceva le sue p r o v e generali di mobilitazione. Fra le camicie n e r e che si stavano c o n c e n t r a n d o c'er a n o a n c h e quelle di Farinacci, ma n o n c'era Farinacci che n o n amava quelle sagre e n o n voleva mescolarsi con gli altri. Egli era già in piena rotta con Mussolini p e r via del pat92

to di pacificazione, e n o n i n t e n d e v a piegarsi, ma n o n intendeva n e m m e n o confondersi coi Balbo, i G r a n d i e gli Arpinati forse p e r c h é ne p r e v e d e v a p r o s s i m a la sottomissione. Fin da allora egli aspirava a porsi c o m e alternativa di Mussolini, cioè c o m e capo della opposizione i n t e r n a , quale poi sarebbe rimasto fino alla Repubblica di Salò. N e l M e z z o g i o r n o lo s q u a d r i s m o fu tale soltanto in Puglia, zona agraria p e r eccellenza, e trovò subito un capo in u n g r a n d e f e u d a t a r i o locale, C a r a d o n n a . Q u a n d o Balbo s u o n ò i c o r n i d e l l ' a d u n a t a a R a v e n n a p e r far c a p i r e ai r o magnoli c h ' e r a inutile c o n t i n u a r e la lotta, ma a n c h e p e r amm o n i r e Mussolini c h ' e r a inutile fare la pace, tutti r i m a s e r o sconcertati dall'arrivo di un m a n i p o l o di u o m i n i a cavallo: e r a n o gli squadristi di C a r a d o n n a , che aveva d a t o la caccia ai socialisti delle M u r g e c o m e gl'inglesi d a n n o la caccia alla v o l p e . O g n u n o infatti nell'esercito fascista p o r t a v a la sua u n i f o r m e , o se ne i n v e n t a v a u n a . Ma tutti i n s i e m e e r a n o u n a t r u p p a a c c a m p a t a in t e r r a di conquista, e b e n decisi a t r a t t a r e l'Italia c o m e tale. L'operazione s o g n a t a da Giolitti di assorbire il fascismo e di t r i t u r a r l o nel giuoco p a r l a m e n tare si rivelava s e m p r e p i ù improbabile, e c o m u n q u e t r o p po al di sopra delle possibilità di un B o n o m i . Era stato l'episodio p i ù i n c r u e n t o , quello di C r e m o n a , a m e t t e r e in crisi il g o v e r n o e s p o n e n d o l o al ridicolo e d i m o s t r a n d o n e l'impotenza. L'ultima s p i n t a alla crisi la d e t t e il crack della B a n c a di Sconto. Q u e s t a Banca era dei fratelli P e r r o n e , i quali speravano di risolvere con essa, cioè col risparmio ch'essa riusciva a r a s t r e l l a r e dalle tasche d e i d e p o s i t a n t i , le gravi difficoltà in cui si dibatteva la loro a z i e n d a siderurgica «Ansaldo» che, d o p o gl'immensi profitti di g u e r r a , n o n riusciva a ridimensionare i p r o p r i impianti sulle più m o d e s t e esigenze di pace. I P e r r o n e , che già pochi a n n i p r i m a avevano tentato d ' i m p a d r o n i r s i a n c h e della Banca C o m m e r c i a l e , ci si rip r o v a r o n o , ma i n u t i l m e n t e . Si rivolsero alla Banca d'Italia 93

c h i e d e n d o l e d i c o n s o r z i a r e altri q u a t t r o Istituti p e r fare fronte ai creditori. Ma B o n o m i si rifiutò di far p a g a r e a tutti gl'italiani gli e r r o r i dei P e r r o n e , la Banca di Sconto dovette c h i u d e r e gli sportelli, molte aziende creditrici fallirono, e il panico dilagò insieme alla disoccupazione. L'episodio tuttavia n o n avrebbe sortito effetti decisivi se n o n si fosse innestato in u n a p i ù vasta crisi politica. La maggioranza liberale, su cui B o n o m i si reggeva, e che n o n aveva mai avuto organica consistenza, era vieppiù divisa. D u e suoi g r u p p i , quello di «Democrazia liberale» e quello di «Democrazia sociale» si fusero f o r m a n d o n e u n o solo che si chiamò « G r u p p o democratico» e che, forte di circa 150 d e p u t a t i , si p r o p o n e v a d i rovesciare B o n o m i p e r r i c o n d u r r e a l p o t e r e Giolitti; ma ebbe c o n t r o di sé tutta la costellazione dei g r u p pi che facevano c a p o agli altri tre notabili del liberalismo: O r l a n d o , Salandra e Nitti. In questa situazione, l'unico sicuro a p p o g g i o di B o n o m i e r a n o i p o p o l a r i di Sturzo. A n c h e costoro e r a n o divisi. C o m e nella d e m o c r a z i a cristiana di oggi, la cosiddetta «base», d o m i n a t a da Miglioli e dalle sue «leghe bianche», era c o m p l e t a m e n t e spostata a sinistra, vedeva nel fascismo il vero nemico da c o m b a t t e r e , e a n c h e p e r questo avrebbe voluto l'alleanza coi socialisti. Costoro p e r ò , fedeli alla loro vocazione del ghetto, vi si rifiutar o n o , d a n d o così b u o n e carte a Sturzo p e r c o n t i n u a r e la collaborazione col g o v e r n o centrista di B o n o m i , di cui o r m a i egli era l'arbitro. Nel gennaio del '22 il p a p a B e n e d e t t o XV morì, e p e r la p r i m a volta dalla breccia di Porta Pia il g o v e r n o p r e s e uffic i a l m e n t e p a r t e al lutto della Chiesa f a c e n d o e s p o r r e nei pubblici edifici le b a n d i e r e a mezz'asta e m a n d a n d o il Ministro della Giustizia, c h ' e r a un p o p o l a r e , a fare u n a visita di condoglianze in Vaticano. Il gesto suscitò le ire dei liberali, fedeli alla tradizione laica del Risorgimento, e divise vieppiù la precaria maggioranza di B o n o m i . Il n u o v o Pontefice, che assunse il n o m e di Pio X I , e r a il Cardinale Ratti: un lombardo che, già conservatore p e r formazione familiare e di am94

biente, lo era diventato ancora di più d o p o l'esperienza fatta come N u n z i o in Polonia, dove aveva visto all'opera il bolscevismo e ne aveva contratto l'orrore. C o m e Arcivescovo di Milano si e r a g u a d a g n a t a la simpatia dei fascisti facendone b e n e d i r e in chiesa i gagliardetti. E a p p e n a eletto, p e r la prima volta dal 1870, spalancò il balcone su piazza San Pietro p e r i m p a r t i r e la benedizione Urbi et Orbi. In questa situazione, n a t u r a l m e n t e , lo s q u a d r i s m o guazzava. Sebbene seguitasse ad agitare lo spauracchio della rivoluzione rossa, questa e r a già stata debellata, o meglio si era auto-debellata. Indebolito dalla secessione comunista, il partito socialista si era p r a t i c a m e n t e dissolto in tre tronconi in g u e r r a tra loro su t u t t o . A d e s t r a la frazione di Turati e dei riformisti che v o l e v a n o la collaborazione coi liberali e coi p o p o l a r i p e r un governo che arginasse la violenza squadrista. A sinistra, un g r u p p o che chiedeva la sottomissione del partito alla «Terza Internazionale» di L e n i n , cioè la sua trasformazione in un partito c o m u n i s t a di o b b e d i e n z a m o scovita. Al centro, i massimalisti di Serrati che n o n volevano nessuna collaborazione con n e s s u n o , né coi popolari, né coi liberali, né coi comunisti, b e n decisi a «restare se stessi», cioè a consumarsi nella loro solitaria impotenza. E r a n o stati questi ultimi a vincere il congresso di Milano. Ma la stavano pag a n d o cara. Le g r a n d i confederazioni sindacali - C G L , U S I e U I L - s e m p r e più si distaccavano da loro, e nel febbraio (del '22) si u n i r o n o in u n a «Alleanza del Lavoro» r o m p e n d o i ponti col partito. Q u e s t o p a n o r a m a suggerisce l'impressione che b e n p o chi si r e n d e s s e r o conto della i m m i n e n z a e gravità del pericolo fascista. Gli stessi socialisti, che p u r e ne s u b i v a n o p i ù d i r e t t a m e n t e le c o n s e g u e n z e , n o n r i u s c i v a n o a s u p e r a r e , p e r farvi fronte, le p r o p r i e divisioni e allergie. E q u a n t o ai liberali e ai popolari, sembrava che gli u n i e gli altri avessero più a c u o r e le vecchie d i s p u t e sulla scuola laica e sui rituali risorgimentali che n o n la difesa della democrazia. Infatti fu p r o p r i o p e r reazione all'arrendevolezza di B o n o m i 95

ai popolari e ai suoi atti di o m a g g i o alla Chiesa, che il G r u p po D e m o c r a t i c o si ritirò d a l g o v e r n o m e t t e n d o l o in crisi. Era la fine di febbraio del '22, n o n m a n c a v a n o che dieci m e si alla Marcia su Roma. Era u n a classica «crisi al buio» p e r c h é n e s s u n o aveva in tasca la ricetta p e r risolverla, o meglio o g n u n o aveva la sua, inconciliabile con quella degli altri. I giolittiani, com'è logico, rivolevano Giolitti, c o n t r o cui p e r ò si s c h i e r a v a n o n o n soltanto i popolari di Sturzo che nutriva p e r lui la più insanabile a n t i p a t i a , e n a t u r a l m e n t e i socialisti fedeli alla l o r o divisa «contro tutti»; ma a n c h e gli altri g r u p p i liberali che facevano capo a O r l a n d o , Salandra e Nitti. Solo alcuni di essi, c o m e A m e n d o l a e Frassati, v e d e v a n o con chiarezza la necessità di u n a coalizione c h e si p r o p o n e s s e c o m e c o m p i t o p r i m a r i o la lotta al fascismo, e perciò chiesero che la C a m e ra p e r intanto si pronunciasse p e r un drastico rafforzamento dell'ordine pubblico contro tutte le violenze. Ma Mussolini scompigliò subito le c a r t e del giuoco f a c e n d o v o t a r e la m o z i o n e dai suoi 45 d e p u t a t i e anzi a s s u m e n d o n e il p a t r o n a t o c o m e se delle violenze egli fosse n o n il r e s p o n s a b i l e , ma la vittima. Fu la p i ù l u n g a crisi della storia p a r l a m e n t a r e italiana p r o p r i o nel m o m e n t o in cui più urgeva un g o v e r n o che governasse. In seguito Sturzo n e g ò di aver o p p o s t o un veto a Giolitti, e forse f o r m a l m e n t e è v e r o n e l senso che lo lasciò p r o n u n c i a r e dal partito. Ma i giolittiani, se n o n e r a n o abbastanza forti p e r fare da soli un Ministero, lo e r a n o tuttavia q u a n t o bastava p e r i m p e d i r e che lo facessero altri. E inutile qui r i d i p a n a r e la complicata matassa dei giuochi, dei d o p p i g i u o c h i , delle e s t e n u a n t i trattative c h e si p r o t r a s s e r o p e r settimane. Quella che infine fu trovata era la solita soluzione di c o m p r o m e s s o : n o n p o t e n d o Giolitti, i giolittiani riuscirono a p o r t a r e al g o v e r n o u n o dei suoi «ascari» p i ù fedeli, ma a n c h e dei più sbiaditi: Luigi Facta. Facta e r a un bravo avvocato di provincia p i e m o n t e s e con t u t t e le virtù, ma a n c h e con tutti i limiti del suo a m b i e n t e : 96

un u o m o p r o b o e integro, che d o p o t r e n t a n n i di vita parlam e n t a r e n e aveva o r m a i u n a c e r t a e s p e r i e n z a , aveva ricop e r t o con o n o r e alcune cariche ministeriali, n o n aveva altra ambizione che quella di servire fedelmente il suo C a p o , né altre idee che quelle di lui. Tutto gli si poteva c h i e d e r e fuorché risolutezza e immaginazione, cioè p r o p r i o le qualità che più u r g e v a n o . Ma forse fu p r o p r i o p e r questo che i popolari decisero di a p p o g g i a r l o : s p e r a v a n o di tenerlo prigioniero c o m e avevano fatto con B o n o m i . Mussolini aveva seguito la v i c e n d a con c o m p r e n s i b i l e a n sietà. La crisi di g o v e r n o a n d a v a t u t t a a suo v a n t a g g i o in q u a n t o rivelava l'inefficienza del P a r l a m e n t o e la d e c o m p o sizione dei partiti tradizionali. Ma p o t e v a a n c h e risolversi col r i t o r n o al p o t e r e di Giolitti, l'unico u o m o che egli seguitava a t e m e r e . La n o m i n a di Facta, a n c h e se la criticò, n o n gli dispiacque di certo. Egli n o n aveva ormai alcun dubbio sulla strada da seguire, a n c h e se n o n era di suo gusto. E r a n o stati gli agrari a ingrossare di u o m i n i le fila del fascismo, e o r a e r a n o gl'industriali che ne u n g e v a n o le r u o t e . Su questi finanziamenti si è m o l t o r o m a n z a t o fino a p a r l a r e di «pioggia d'oro». N o n è così. S e c o n d o gli accertamenti di De Felice, i regolari contrib u t i d e l l ' i n d u s t r i a al fascismo c o m i n c i a r o n o tra la fine del '21 e gl'inizi del '22, e n o n s u p e r a r o n o mai le 200.000 lire al mese che, a n c h e nella valuta di quei tempi, e r a n o u n a cifra piuttosto m o d e s t a . Ma questa veniva versata alla d i r e z i o n e del partito. E questo era il fatto n u o v o . Sin allora i contributi e r a n o stati quelli, ancora più modesti, versati dagli agrari, ma d i r e t t a m e n t e ai ras provinciali che a n c h e da questo traev a n o la l o r o riottosa forza. Gl'industriali d a v a n o invece al partito che così poteva cominciare a rafforzare le sue strutt u r e centrali. , Q u e s t a conversione del g r a n d e capitalismo u r b a n o al fin a n z i a m e n t o del fascismo era il frutto della n u o v a posizione 97

assunta da Mussolini in favore dell'iniziativa privata e cont r o lo statalismo. Egli aveva o r m a i accettato la sua p a r t e di d i f e n s o r e della b o r g h e s i a , e p e r a d e g u a r v i s i n o n esitò a r o m p e r e di n u o v o con D'Annunzio. Dopo la schiarita della visita a G a r d o n e , che nell'aprile del '21 gli era tanto servita a bloccare la dissidenza dello squadrismo d a n n u n z i a n o , i suoi r a p p o r t i col Poeta si e r a n o nuovam e n t e deteriorati. P u r senza rinunziare alla sua parte di oracolo al di sopra della mischia, D'Annunzio n o n risparmiava strali al fascismo, che definiva u n o «schiavismo agrario». Tanto che alcuni dirigenti della Confederazione del Lavoro, Baidesi e D'Aragona, p e n s a r o n o di servirsi di lui come dell'antiMussolini. N o n è stato mai del tutto chiarito come si sviluppò questa trama. Essa ebbe p e r i n t e r m e d i a r i De Ambris e Giulietti, il capo della Federazione dei Lavoratori del Mare, ent r a m b i fiumani. Ma c ' e n t r ò a n c h e Nitti, d i m e n t i c o del «cagoia» che D'Annunzio gli aveva a p p i o p p a t o . Prima Baldesi, poi D'Aragona a n d a r o n o a G a r d o n e , vi furono benissimo accolti, ma probabilmente ricevettero la stessa risposta che avev a n o ricevuto G r a n d i e Balbo. Al Poeta piaceva moltissimo venire sollecitato c o m e il g r a n d e a r b i t r o e règolo della vita italiana; m a , p u r i n c o r a g g i a n d o tutte le s p e r a n z e , i m p e g n i n o n ne p r e n d e v a con nessuno. C o m u n q u e , la m a n o v r a a largo raggio di cui si parlò, che avrebbe dovuto c o n d u r r e , sotto il p a t r o n a t o del C o m a n d a n t e , a u n a coalizione fra Nitti, i popolari e i socialisti, n o n ebbe il t e m p o di svilupparsi. Facta aveva d i r a m a t o ai Prefetti e ai Questori l'ordine p e r e n t o r i o d ' i m p e d i r e le violenze fasciste. Ma la m a g g i o r a n z a d e i Prefetti e dei Q u e s t o r i n o n a v e v a n o n e s s u n a voglia di obbedire; e i pochi che ne avevano voglia - c o m e il Prefetto Mori di Bologna, il p i ù risoluto e coraggioso di tutti - n o n ne a v e v a n o i mezzi. Così il m a n g a n e l l o i m p e r v e r s a v a e il s a n g u e correva. Farinacci teneva C r e m o n a nel t e r r o r e . Balbo aveva fatto della Padania u n a piazza d ' a r m i p e r le esercitazioni delle sue camicie n e r e . Da Bologna le s q u a d r e di Arp i n a t i e Bonaccorsi t e n e v a n o le c a m p a g n e n e l l ' i n c u b o dei 98

loro raids. N o n c'era giorno senza morti. E n o n c'era m o r t e che n o n venisse ripagata con altre morti. Q u e s t o «sterminismo» era la croce n o n soltanto di Facta, ma a n c h e di Mussolini, che ne vedeva c o m p r o m e s s a la sua m a s c h e r a di rispettabilità b o r g h e s e . Egli cercava di richiam a r e i riottosi dalle colonne del suo giornale: «Quell'alone di simpatia che ci seguì nel 1921 si è attenuato» ammoniva. Ma, d o p o la lezione subita al t e m p o del patto di pacificazion e , n o n osava p r e n d e r e r i s o l u t a m e n t e d i p e t t o l e s q u a d r e scatenate. N o n e r a a n c o r a «il Duce»; e il p a r t i t o , t u t t o r a in e m b r i o n e , n o n gli p e r m e t t e v a di m e t t e r e la m o r d a c c h i a ai ras e alle loro s q u a d r e . Ma capiva che se quell'anarchia fosse continuata, il fascismo si sarebbe i r r e p a r a b i l m e n t e squalificato agli occhi della pubblica opinione. C o m e al solito, furono i socialisti a riaccreditarlo. Alla fine di maggio, u n a frazione della fazione riformista, capeggiata dal d e p u t a t o Zirardini, approvò un ordine del giorno che invitava il partito a uscire dal suo isolamento e a collaborare con un governo che s'impegnasse a u n a lotta risoluta contro il fascismo. Questo invito era vigorosamente avallato dalle organizzazioni sindacali, dissanguate dalle diserzioni dei lavoratori che un p o ' sotto la minaccia del m a n g a n e l l o , un p o ' p e r c h é avevano perso ogni fiducia nei loro dirigenti di partito, accorrevano sempre più numerosi nei sindacati fascisti. Ma Serrati e i suoi compagni di direzione respinsero l'appello. Le violenze fasciste r a d d o p p i a r o n o . A C r e m o n a Farinacci fece incendiare la casa di Miglioli e d i s t r u g g e r e tutte le sedi delle «leghe bianche». Facta, accusato di debolezza e fin a n c o di connivenza, fu battuto e rassegnò le dimissioni, in fondo c o n t e n t o di trarsi da quelle peste e di t o r n a r s e n e al suo studio d'avvocato in P i e m o n t e : riconosceva che le cose e r a n o più g r a n d i di lui e sperava di lasciare il mestolo a Giolitti, l'unico in g r a d o di a p p i a n a r l e . Stavolta T u r a t i , incitato da A n n a Kuliscioff, t r o v ò il coraggio di ribellarsi alla inerzia del partito, si dichiarò disposto a collaborare con il governo, e con e n o r m e scandalo dei 99

c o m p a g n i «si prostituì a salire le scale del Quirinale», cioè a conferire col Re sulla p e r s o n a a cui affidare il m a n d a t o . Nat u r a l m e n t e egli pensava a Giolitti, che n o n aveva mai smesso di p e n s a r e a lui. E Mussolini t r e m ò . A n c h e dimezzati, i socialisti al governo insieme a Giolitti e ai popolari significav a n o l'isolamento del fascismo. I n g i u n s e a Farinacci di ric h i a m a r e all'ordine le s q u a d r e c r e m o n e s i , ma n o n riuscì a i m p e d i r e la g r a n d e mobilitazione che Balbo aveva i n d e t t o in R o m a g n a dove si stavano c o n c e n t r a n d o 60.000 fascisti. Ma Giolitti declinò l'invito, anzi n o n si mosse n e m m e n o da Vichy dove in quel m o m e n t o si trovava. N o n aveva nessuna intenzione, scrisse in u n a lettera a Malagodi, di capeggiare «un ibrido connubio social-popolare» che avrebbe solo condotto l'Italia alla g u e r r a civile. I motivi di quel rifiuto n o n sono mai stati del tutto chiariti. La g u e r r a civile c'era già, e solo un accordo fra socialisti e popolari poteva d a r e a un gov e r n o la forza p e r sedarla. Ma p e r questo forse Giolitti p e n sava che occorrevano tutti i socialisti, e n o n u n a frazione. E a n c h e possibile che in lui covasse il r a n c o r e verso Sturzo p e r via del veto che gli aveva posto pochi mesi p r i m a . Ma l'ipotesi che più somiglia al p e r s o n a g g i o è ch'egli considerasse ormai impossibile un governo che n o n facesse posto ai fascisti. O r l a n d o , i n t e r p e l l a t o p e r p r i m o , n o n riuscì a f o r m a r e u n a m a g g i o r a n z a di c e n t r o - d e s t r a . Si p r o v ò B o n o m i a form a r n e u n a d i c e n t r o - s i n i s t r a , m a T u r a t i n o n gli d e t t e i n t e m p o la garanzia della sua collaborazione. F u r o n o chiamati, ma inutilmente, M e d a e De Nava. T e n t ò di n u o v o Orland o , ma senza successo. Il 30 luglio il Re m a n d ò a richiamare Facta e con le lacrime agli occhi, lo scongiurò di f o r m a r e un n u o v o g o v e r n o . Facta vi si dispose senza e n t u s i a s m o , forse convinto di n o n riuscire. Invece lo accettarono, ma p e r stanchezza e p e r c h é frattanto era successo qualcosa che aveva fin a l m e n t e a p e r t o gli occhi a tutti, anche ai socialisti. A Balbo, c h e stava facendo le sue m a r c e e c o n t r o m a r c e p e r la Padania, e r a giunto un t e l e g r a m m a in cui il ras di Ravenna, Ettore Muti, lo scongiurava di accorrere p e r c h é , d o 100

po un d u r o s c o n t r o a fuoco coi sovversivi, questi si e r a n o i m p a d r o n i t i della città. Balbo marciò su R a v e n n a alla testa delle sue s q u a d r e , d o p o avervi fatto affiggere dei manifesti con cui invitava i «sovversivi» ad a b b a n d o n a r l a , mise a sacco la Casa del Popolo repubblicana e diede alle fiamme la sede delle cooperative socialiste. Di fronte a questa n u o v a provocazione l'Alleanza del Lavoro indisse lo sciopero generale p e r il 1° agosto. Sturzo definì quella decisione, nel m o m e n t o in cui Facta cercava fatic o s a m e n t e di costituire il suo s e c o n d o g o v e r n o e l ' o r d i n e pubblico e r a nelle m a n i di Q u e s t o r i e Prefetti di cui n o n ci si poteva fidare, « m o r a l m e n t e un delitto, politicamente un e r r o r e » . E aveva r a g i o n e . Lo sciopero g e n e r a l e e r a la cosa che più atterriva i ceti m e d i italiani, e sembrava fatto a p p o sta p e r riaccreditare ai loro occhi il fascismo. Mussolini infatti n o n si lasciò s c a p p a r e l'occasione. Egli mobilitò i fascisti d i c h i a r a n d o che se lo Stato n o n fosse stato in g r a d o di far f u n z i o n a r e i pubblici servizi, ci a v r e b b e r o pensato loro a m a n d a r l i avanti. Forse n o n ce ne sarebbe stat o n e m m e n o b i s o g n o p e r c h é allo s c i o p e r o a d e r i r o n o solo alcune categorie di lavoratori, e p e r m e t à a n c h e quelle. Ma ai fascisti n o n p a r v e v e r o m o s t r a r e alla cittadinanza ch'essi e r a n o in g r a d o di assolvere quei servizi m o b i l i t a n d o i p r o p r i tecnici e m e t t e n d o l i alla guida dei convogli. Nell'assenza dello Stato, essi ne assumevano le funzioni. Il 3 agosto l'Alleanza e r a c o s t r e t t a a p r o c l a m a r e la fine dello sciopero r i c o n o s c e n d o n e il fallimento («E stato la n o stra Caporetto» scrisse m e s t a m e n t e La giustizia). E le squad r e , riabilitate agli occhi della pubblica o p i n i o n e da quella p r o v a di forza, p a s s a r o n o alla controffensiva r o v e s c i a n d o con la violenza le amministrazioni socialiste nelle città in cui a n c o r a resistevano. Esse riuscirono a c o n s e r v a r e solo Torino e P a r m a , d o v e ci fu u n a v e r a e p r o p r i a battaglia fra le s q u a d r e di Balbo e gli o p e r a i trincerati n e l l ' O l t r e t o r r e n t e . Stavolta Mussolini n o n cercò di trattenere le s q u a d r e , anzi ne vantò le gesta. «In q u a r a n t o t t ' o r e di violenza sistemati101

ca - sciisse - abbiamo o t t e n u t o quello che n o n a v r e m m o ott e n u t o in q u a r a n t o t t ' a n n i di prediche.» Col fiuto che lo distingueva aveva capito che o r m a i la pubblica opinione vedeva nel fascismo, e n o n nello Stato, l'unica forza in g r a d o di «far a n d a r e avanti le cose» e n o n era più disposta a sottilizzare sui metodi: lo sciopero generale le aveva fatto paventare il caos. E la reazione era questa: che l'ufficio tesseramento era s e m p r e più affollato di gente che chiedeva l'iscrizione. Q u e s t o p e r ò n o n significa che Mussolini avesse o r m a i la partita in p u g n o , avesse scelto la strada da battere, e su questa avanzasse col suo p a r t i t o c o m p a t t o , senza p i ù esitazioni sulla tattica da seguire. Per il m o m e n t o , egli e r a sicuro solo di d u e cose: che «la Storia a n d a v a a destra», c o m e aveva scritto a chiare lettere sul suo giornale d a n d o un definitivo a d d i o ai suoi ricordi e alle sue nostalgie di c a p o p o p o l o rivoluzionario, cioè r i n n e g a n d o le pregiudiziali ideologiche da cui e r a n o partiti i fondatori del p r i m o Fascio di piazza S. Sepolcro; e che l'avvenire del fascismo era di diventare la forza e g e m o n e e t r a e n t e di tutta la borghesia conservatrice p e r il m o m e n t o sparpagliata fra nazionalisti, liberali salandrini e a n c h e popolari dell'ala destra. Q u e s t e e r a n o le forze ch'egli d o v e v a c o a g u l a r e , ma sul m o d o di farlo era tutt'altro che sicuro anche p e r c h é n o n sapeva fino a che p u n t o i suoi lo avrebbero secondato. Q u a n do aveva inneggiato alla violenza delle s q u a d r e , lo aveva fatto p e r r i p r e n d e r l e in m a n o . Ma in realtà quella violenza si e r a scatenata al di fuori di lui, e in molti casi, c o m e a C r e m o n a , in p o l e m i c a c o n lui c h e ne v e d e v a i d e l e t e r i effetti sulla pubblica opinione m o d e r a t a di cui considerava necessario l'appoggio. Lo sciopero generale aveva salvato il fascismo facendogli r i g u a d a g n a r e tutti i favori che la d a n z a selvaggia d e l m a n g a n e l l o gli a v e v a n o a l i e n a t o . Ma o r a bisognava i m p e d i r e che la d a n z a ricominciasse. Bisognava «legalizzare» il m a n g a n e l l o , cioè m e t t e r l o d e f i n i t i v a m e n t e al servizio dell'ordine costituito, anzi farlo a p p a r i r e come l'elem e n t o necessario a ricostituire l'ordine. 102

S o p r a t t u t t o a q u e s t o c o m p i t o Mussolini si d e d i c ò , lasciando quasi i n t e r a m e n t e a Michele Bianchi, l u o g o t e n e n t e sicuro e b u o n organizzatore, l'attività di partito, e al fratello A r n a l d o la direzione effettiva del giornale. Egli stava o r a la maggior p a r t e del t e m p o a Roma, dove aveva p r e s o in affitto un m o d e s t o a p p a r t a m e n t o in via Rasella. Fece a n c h e , p e r a g g i o r n a r s i sulla situazione i n t e r n a z i o n a l e , u n viaggio i n G e r m a n i a , dove ebbe colloqui con S t r e s e m a n n e con Rathen a u . Ma quella italiana voleva sorvegliarla dalla capitale, sic u r o c o m ' e r a che il r e g i m e fosse o r m a i alla vigilia della bancarotta e q u i n d i che n o n ci fosse che da aspettare e cogliere il m o m e n t o o p p o r t u n o p e r seppellirlo. Sui giuochi che svolse dietro le quinte ci sono più s u p p o sizioni che d o c u m e n t i . E certo ch'egli tentò un'accostata alla M o n a r c h i a , ma p e r via indiretta, attraverso C o r r a d i n i che, c o m e capo dei nazionalisti, era n a t u r a l m e n t e p e r s o n a molto grata a Corte, e il Duca d'Aosta. N o n s a p p i a m o se Mussolini scelse questo interlocutore p e r c h é ignorava q u a n t o il Re diffidasse di lui, o p e r c h é lo sapeva. S e m b r a in ogni caso accertato che il Duca si m o s t r ò disposto ad a s s u m e r e la Reggenza e ad a p r i r e le p o r t e del p o t e r e al fascismo nel caso in cui il Re avesse cercato di sbarrargliele. E n o n è impossibile che Vittorio E m a n u e l e ne abbia s a p u t o qualcosa p e r c h é il timore di essere sbalzato dal t r o n o dal cugino alleato dei fascisti n o n smise mai di ossessionarlo e pesò molto sulle successive decisioni. Altre accostate Mussolini le tentò con Sturzo, con cui ebbe un colloquio, ma senza risultati, e con Nitti. Ma c'è da d u b i t a r e ch'egli volesse c o n d u r l e a c o n c l u s i o n e . E p i ù p r o b a b i l e c h e egli volesse far b a l e n a r e a questi u o m i n i la possibilità di un accordo con lui p e r r e n d e r l i a n c o r a più intransigenti nei confronti di Giolitti. A Milano t o r n ò verso la metà di agosto, cioè d o p o il fallim e n t o dello s c i o p e r o che r e n d e v a o r m a i s u p e r f l u e t u t t e queste t r a m e . La battaglia nelle piazze e r a vinta, e o r m a i era chiaro che il r e g i m e n o n era più in g r a d o di t e n e r testa alle s q u a d r e trionfanti.

CAPITOLO QUARTO

«O ROMA, O MORTE!»

«Roma, alma R o m a , ti d a r a i tu a un beccaio?» aveva esclam a t o D ' A n n u n z i o . All'idea che Mussolini fosse davvero sul p u n t o d ' i m p a d r o n i r s e n e , il Poeta a b b a n d o n ò il suo attegg i a m e n t o di oracolo e scese in lizza. Egli m a n d ò a Napoli il suo segretario A n t o n g i n i con un messaggio p e r Nitti in cui lo invitava a un i n c o n t r o di pacificazione e collaborazione. Nitti accettò, ma a c o n d i z i o n e c h e vi p a r t e c i p a s s e a n c h e Mussolini, a n c h e lui ormai p e n s a n d o , c o m e Giolitti, che l'unico m o d o di combattere il fascismo fosse di p o r t a r l o a condividere le responsabilità del p o t e r e . N o n si sa con q u a n t o entusiasmo, D'Annunzio accettò, e l ' a p p u n t a m e n t o fu fissato al 19 agosto nella villa - p a r e - del b a r o n e Avezzana in Toscana. Ma il 14 giunse a Nitti un t e l e g r a m m a dal Vittoriale in cui si a n n u n z i a v a che il Poeta era c a d u t o dalla finestra e versava in gravi condizioni. L a c o i n c i d e n z a e r a t r o p p o vistosa p e r n o n d a r l u o g o a sospetti. N a t u r a l m e n t e si p a r l ò di un attentato fascista, ma ne m a n c a qualsiasi prova. Forse il segreto di quell'incidente sta in u n a delle t a n t e lettere del Poeta alla pianista Baccarà che gli teneva compagnia, e che n o n ha mai voluto darle in pasto al pubblico n e m m e n o q u a n d o , vecchia e malata, cadde in miseria. C r e d i a m o tuttavia di p o t e r escludere che l'episodio avesse risvolti politici. Fortuito o provocato, tutto lascia c r e d e r e che si trattò p r o p r i o solo di un incidente, e cred i a m o di p o t e r a g g i u n g e r e che n o n modificò il corso della Storia. L'incontro n o n avrebbe p r o d o t t o nulla: a farlo fallire avrebbe p r o v v e d u t o Mussolini, o r m a i deciso a fare da sé. P r o p r i o in q u e i g i o r n i di f e r r a g o s t o si r i u n ì a Milano il 104

C o m i t a t o C e n t r a l e del p a r t i t o fascista, che affrontò il p r o b l e m a di f o n d o : c o n q u i s t a del p o t e r e p e r via legalitaria o p e r via rivoluzionaria? Per la via legalitaria si p r o n u n c i ò ris o l u t a m e n t e G r a n d i , il cui p e n s i e r o politico aveva subito u n a r a p i d a e radicale evoluzione: disgustato dalle violenze degli squadristi, dai quali si e r a t e n u t o piuttosto a p p a r t a t o , egli temeva che, c o n q u i s t a n d o il p o t e r e con la forza, il fascismo sarebbe rimasto loro prigioniero. Per la soluzione rivoluzionaria furono invece Bianchi, Balbo e Farinacci. Mussolini n o n si p r o n u n c i ò . Si limitò a fare u n a diagnosi della situazione c h e d i m o s t r a il suo r e a l i s m o e t e m p i s m o . N o n si p o t e v a , disse, lasciar p a s s a r e un altro i n v e r n o che a v r e b b e p o t u t o r i m e s c o l a r e t u t t e le c a r t e del g i u o c o . Ciò n o n implica n e c e s s a r i a m e n t e c h e l a c o n q u i s t a d e l p o t e r e d e b b a farsi con u n a marcia di camicie n e r e su R o m a , ma a questa eventualità bisogna p r e p a r a r s i p e r c h é p o t r e b b e r e n dersi necessaria. Perciò fu deciso di unificare le organizzazioni militari sotto un c o m a n d o s u p r e m o di cui Balbo fu subito l'anima. Ma da molti indizi risulta che a questa soluzione Mussolini credeva p o c o : voleva s e m p l i c e m e n t e m e t t e r l a fra le c a r t e del suo giuoco c o m e a r m a di minaccia e di ricatto. Egli aveva ormai la precisa sensazione che nessuno dei possibili successori di Facta avrebbe accettato di f o r m a r e un g o v e r n o senza la p a r t e c i p a z i o n e d e i fascisti. N o n e r a d e l t u t t o sicuro di quale gli convenisse di più, ma e r a del tutto certo di quale gli convenisse di m e n o : Giolitti. «Se t o r n a al p o t e r e lui - disse a Rossi -, siamo fottuti. C o m e ha fatto s p a r a r e su D'Annunzio, farebbe s p a r a r e su di noi.» Anche la soluzione di un tripartito Nitti-Mussolini-D'Annunzio era ormai da scartare p e r c h é in esso la figura d o m i n a n t e s a r e b b e stato il Poeta, frattanto ristabilitosi dalle conseguenze dell'incidente. Poteva esserci u n a soluzione O r l a n d o , ma anche O r l a n d o contava d'imbarcarvi D'Annunzio. Poteva esserci la soluzione Salandra, ma Salandra significava lo sposalizio col più smaccato conservatorismo, m e n t r e Mussolini n o n voleva a n c o r a ri105

n u n z i a r e a qualche possibilità d'intesa con le sinistre, e p p o i r a p p r e s e n t a v a la sfida a Giolitti, c h e Mussolini p a v e n t a v a n o n soltanto c o m e alleato, ma a n c h e c o m e nemico. I n s o m m a , di tutte, la soluzione migliore era ancora Facta che, c o m e l u o g o t e n e n t e di Giolitti, ne godeva la protezione senza p o s s e d e r n e le capacità. De Felice sostiene c h e Facta aveva p i ù polso ed e r a m e n o succubo di Giolitti di q u a n t o in g e n e r e si c r e d a . P u ò darsi. C o m u n q u e , se Mussolini p u n t ò su di lui, fu di certo p e r c h é lo considerava n o n il più, ma il m e n o qualificato a fare fronte alla situazione. E i fatti d i m o s t r a r o n o che aveva visto giusto. Volendo riassumerlo all'ingrosso, il p a n o r a m a dei cosiddetti «schieramenti» si p r e s e n t a v a così. D o p o il fallimento dello sciopero generale, l'Alleanza del Lavoro che aveva cercato di r i u n i r e tutte le forze politiche e sindacali di sinistra, si era c o m p l e t a m e n t e disintegrata: lo dimostrava la crescita t u m u l t u o s a dei sindacati fascisti passati da 4 0 0 a 700 mila iscritti. D e n t r o il partito socialista, si era o r m a i alla vigilia della r o t t u r a - che si sarebbe c o n s u m a t a ai p r i m i di o t t o b r e fra i riformisti di Turati e i massimalisti di Serrati. Questi ultimi, a v e n d o accettato tutti i diktat della I n t e r n a z i o n a l e di Mosca, ne g o d e v a n o o r a l'appoggio ed e r a n o p r o n t i a fondersi coi comunisti c o m e a p p u n t o Mosca voleva. Ma a n c h e fra i comunisti c'era r o t t u r a . L'ala destra di Tasca e r a p r o n t a ad obbedire. Ma la sinistra n o n voleva s a p e r n e . Il suo capo, Bordiga, n o n faceva differenze fra Giolitti, Turati, Sturzo e Mussolini, e rifiutava la p a r t e c i p a z i o n e a q u a l u n q u e coalizione antifascista, anzi dichiarava: «Se i fascisti abbattessero la baracca p a r l a m e n t a r e , ne s a r e m m o lietissimi». Al centro e a destra n o n c'era più nulla, se n o n le clientele personali dei g r a n d i «notabili», fra i quali era o r m a i aperta la g a r a a l l ' a c c a p a r r a m e n t o dei favori di Mussolini. Gli unici decisi a resistergli e a c h i e d e r e u n a coalizione antifascista e r a n o il Ministro d e g l ' I n t e r n i Taddei, quello delle Colonie A m e n d o l a , quello della G u e r r a Soleri, e Cocco-Ortu, il cui g r u p p o d e m o c r a t i c o si e r a p e r ò dissolto. Al g r i d o di 106

«organizzarsi o morire», un g r u p p o di liberali tentò di organizzare un n u o v o partito che inventò a n c h e u n a camicia color kaki da c o n t r a p p o r r e a quelle n e r e . Esso t e n n e a Bolog n a un congresso dal quale risultò che la m a g g i o r a n z a era composta di conservatori d'ispirazione nazionalista o salandrina, c o m u n q u e filofascista, tanto che G r a n d i potè scrivere che c'era da stupirsi n o n avesse eletto Mussolini a suo presidente. Sulla strada del p o t e r e restava d u n q u e un solo ostacolo, il Re, che significava le Forze A r m a t e . In mezzo ad esse, le simpatie p e r il fascismo e r a n o forti, anzi c'erano dei G e n e rali c o m e De B o n o , Fara e C e c c h e r i n i c h e in esso a p e r t a m e n t e m i l i t a v a n o . Ma a n c h e i d u e p i ù prestigiosi artefici della vittoria, Diaz e T h a o n di Revel, n o n n a s c o n d e v a n o la loro p r o p e n s i o n e p e r Mussolini, che n o n p e r d e v a occasione p e r r i c o r d a r e a tutti che solo grazie al fascismo gli ufficiali p o t e v a n o p o r t a r e la divisa senza rischio di venire insultati e sputacchiati. Tuttavia nel suo insieme l'Esercito n o n e r a da «pronunciamento», e in ogni caso avrebbe obbedito agli ordini del Re. Questi si g u a r d a v a b e n e dallo scoprire le p r o p r i e intenzioni, forse a n c h e p e r c h é a n c o r a n o n n e aveva. U n g i o r n o aveva chiesto a Facta: «Ma q u e s t o Mussolini, c'è poi da fidarsene?» Lo aveva conosciuto d u r a n t e la g u e r r a , un giorno c h ' e r a a n d a t o a visitare l'ospedale da c a m p o in cui il cap o r a l e dei bersaglieri Mussolini e r a ricoverato p e r le ferite di u n a granata. E con la m e m o r i a che si ritrovava n o n c'è da meravigliarsi c h e si r i c o r d a s s e di lui, già a b b a s t a n z a n o t o p e r la sua azione interventista. Lo aveva rivisto u n a seconda volta da d e p u t a t o in u n a cerimonia ufficiale. Ma n o n aveva avuto con lui veri e p r o p r i r a p p o r t i , certo n o n i g n o r a v a le professioni di fede r e p u b b l i c a n a del p r i m o fascismo, e o r a forse si chiedeva q u a n t o si potesse c r e d e r e alla sua conversione monarchica. Secondo alcuni storici, a s m o n t a r e le sue diffidenze furono la Regina M a d r e Margherita e il Duca d'Aosta. Ma la co107

sa è poco credibile, anzi si p u ò senz'altro scartarla. Effettivam e n t e Margherita, più che filofascista, era fascista, ma sul figlio n o n poteva nulla n e m m e n o come m a d r e p e r c h é n o n lo e r a mai stata. Q u a n t o al Duca d'Aosta, se influì, fu p r o p r i o p e r le r a g i o n i o p p o s t e a quelle c h e si d i c o n o . P a r e ch'egli avesse r e a l m e n t e assolto la missione p r o p o s t a g l i da C o r r a dini p e r conto di Mussolini, e cercato di p e r s u a d e r e il Re ad affidarsi al fascismo. Ma se la missione e b b e b u o n esito fu p e r c h é il Re, il q u a l e d e t e s t a v a e diffidava d e l c u g i n o , sos p e t t ò subito c h e questi si p r e p a r a s s e a d e t r o n i z z a r l o con l'aiuto del fascismo. Q u e s t o timore pesò moltissimo sulla sua successiva condotta, e lo stesso Mussolini colse tutti i p r e t e sti p e r servirsene di ricatto moltiplicando gli atti d'omaggio al Duca d'Aosta e d i c h i a r a n d o p u b b l i c a m e n t e in un discorso a U d i n e : «La C o r o n a n o n è in giuoco p u r c h é n o n voglia, essa, m e t t e r s i in giuoco». N o n la M o n a r c h i a , ma la C o r o n a , che poteva a n c h e - egli sottintendeva - cambiare testa. C'era poi anche un altro ostacolo, sebbene m i n o r e : il solito D'Annunzio, che aveva ricominciato ad agitarsi, ma nelle solite c o n t r a d d i t t o r i e direzioni. Da u n a p a r t e dava spago ai sindacalisti rivoluzionari De Ambris e Giulietti ricevendo gli uomini della Confederazione Generale del Lavoro, Baldesi e D ' A r a g o n a . Dall'altra m a n t e n e v a i r a p p o r t i con O r l a n d o , ch'era anche a n d a t o a trovarlo a G a r d o n e , con Nitti, e ora si parlava perfino di un suo incontro con l'arcinemico Giolitti, «il macellaio di Fiume», in vista di u n a generale pacificazion e , che avrebbe dovuto tagliare la strada a Mussolini. Il 3 agosto il Poeta era a Milano p e r sue private ragioni. I fascisti v e n n e r o a p r e l e v a r l o quasi di forza in a l b e r g o , lo c o n d u s s e r o nel palazzo del C o m u n e p r o p r i o allora da essi conquistato a suon di manganelli, lo spinsero al balcone, lo costrinsero a p a r l a r e . Davanti a u n a folla acclamante, D'Ann u n z i o n o n e r a u o m o d a resistere, e p a r l ò . L e s u e p a r o l e f u r o n o in r e a l t à un invito alla p a c e , ma il l o r o significato n o n contava. Contava soltanto il fatto ch'egli parlava dall'alto d ' u n municipio occupato con la violenza. 108

Fu forse a n c h e p e r vendicarsi d e l l ' i n g a n n o in cui i fascisti lo a v e v a n o t r a t t o c h e , t o r n a t o a G a r d o n e , r i p r e s e c o n m a g g i o r lena a trescare c o n t r o di loro, e q u a n d o Facta gli p r o p o s e d i c a p e g g i a r e u n a gigantesca m a r c i a s u R o m a d i e x - c o m b a t t e n t i p e r celebrarvi il 4 n o v e m b r e , a n n i v e r s a r i o della vittoria, accettò. N e i d i s e g n i di Facta, la m a r c i a di D ' A n n u n z i o , c h e p o i s a r e b b e r i m a s t o nella capitale c o m e suo n u m e p r o t e t t o r e , avrebbe p r e v e n u t o e i m p e d i t o quella di Mussolini. Molte cose lasciano c r e d e r e che sia stato questo a p p u n t a m e n t o del 4 n o v e m b r e a precipitare le decisioni di Mussolini. Ma bisogna a n c h e subito a g g i u n g e r e che queste decisioni r i g u a r d a v a n o soltanto la data, p e r c h é la situazione le r e n deva c o m u n q u e inevitabili. Questa era ormai c o m p l e t a m e n te nelle m a n i dei fascisti che d o m i n a v a n o le piazze, disponevano delle amministrazioni locali, stavano raccogliendo nei loro sindacati masse s e m p r e più n u t r i t e di lavoratori, e p o tevano c o n t a r e sulla benevola neutralità, e in moltissimi casi s u l l ' a p e r t a complicità delle forze d e l l ' o r d i n e e della b u r o crazia. Il g r a n d e economista e sociologo P a r e t o , che aveva s e m p r e seguito con simpatia il fascismo, e di cui Mussolini si proclamava allievo, gli aveva m a n d a t o a dire: «O o r a o mai più». Ma Mussolini ne era conscio. Egli n o n poteva ulteriorm e n t e dilazionare u n a conquista del p o t e r e che i suoi u o m i ni sentivano o r m a i a p o r t a t a di m a n o e che le stesse condizioni finanziarie del partito i m p o n e v a n o . Da q u a n d o alle m o d e s t e sovvenzioni degli a g r a r i si erano a g g i u n t e quelle, m o l t o p i ù cospicue, degl'industriali, il fascismo poteva c o n t a r e su un gettito rilevante. Ma n e m m e no q u e s t o p o t e v a s o p p e r i r e ai bisogni della Milizia in cui e r a n o state i n q u a d r a t e , p e r meglio controllarle, le s q u a d r e . Il c o m a n d o generale e r a stato affidato a Balbo e De Vecchi, cui p o i si e r a a g g i u n t o , in qualità di «tecnico», De B o n o . Questi era un G e n e r a l e dell'Esercito, che sino a pochi mesi p r i m a aveva simpatizzato più con l'antifascismo che col fascismo, e aveva a n c h e collaborato c o m e e s p e r t o militare al 109

Mondo di A m e n d o l a . Poi, p e r r e c u p e r a r e il r i t a r d o , aveva dato tali segni di zelo fascista che Soleri lo aveva messo fuori q u a d r o . Q u a n d o fu deciso di affiancare a Balbo e a De Vecchi un G e n e r a l e vero, i p r i m i candidati alla n o m i n a fur o n o Gandolfo e Capello. Ma Gandolfo e r a malato, e contro Capello militavano molte cose: l'ombra di Caporetto, la sua affiliazione alla massoneria, la fama di G e n e r a l e da p r o n u n c i a m e n t o , e s o p r a t t u t t o il fatto ch'egli e r a inviso a Diaz e a Badoglio, di cui conveniva conservare i favori. Ecco p e r c h é la scelta c a d d e su De Bono. Nella Milizia, Mussolini n o n aveva m o l t a fiducia, ma la riteneva necessaria p e r controllare le indocili s q u a d r e , e ora d o v e v a m a n t e n e r l a e a s s e g n a r l e un c o m p i t o , il q u a l e n o n poteva essere altro che la conquista dello Stato. «Se in Italia ci fosse un g o v e r n o d e g n o di questo n o m e - disse u n a volta a C e s a r e Rossi -, oggi stesso d o v r e b b e m a n d a r e q u i i suoi carabinieri a scioglierci e ad o c c u p a r e le nostre sedi. N o n è concepibile un'organizzazione a r m a t a con tanto di q u a d r i e di r e g o l a m e n t o in u n o Stato c h e ha il suo esercito e la sua polizia. Soltanto che in Italia lo Stato n o n c'è. E inutile, d o b b i a m o p e r forza a n d a r e al p o t e r e noi. A l t r i m e n t i la storia d'Italia diventa u n a pochade.» Q u a n t o precaria tuttavia fosse questa organizzazione militare lo d i m o s t r a il fatto c h e g r a n p a r t e delle azioni squadriste seguitavano a svolgersi al di fuori e all'insaputa di essa. A fine s e t t e m b r e u n o dei più turbolenti ras locali, Giunta, p r o p o s e a Mussolini u n ' a z i o n e in g r a n d e a T r e n t o e a Bolzano, dove il fascismo stentava ad affermarsi. Mussolini gliene dette l'assenso forse p e r c h é pensava che quell'impresa nelle t e r r e r e d e n t e avrebbe vieppiù m a r c a t o il c a r a t t e r e nazionale e patriottico del fascismo. Ma si dimenticò di consultare i triumviri della Milizia e perfino d'informarli. Essi a p p r e s e r o dai giornali le gesta di G i u n t a che p e r il suo raid mobilitò migliaia di u o m i n i e lo c o n d u s s e senza esclusione di colpi. Forse queste dimenticanze e r a n o volute. D o p o averla co110

stituita, egli voleva d i m o s t r a r e alla Milizia che a n c h e in campo militare il p o t e r e decisionale spettava soltanto a lui, e che lui i n t e n d e v a esercitarlo senza controlli da p a r t e di nessun o . Infatti le sue i n t e n z i o n i n o n le confidava n e m m e n o al segretario del partito, Bianchi, di cui apprezzava la fedeltà e l ' i m p e g n o , m a n o n l'intelligenza: l o considerava angoloso, settario, puntiglioso, vendicativo e privo d ' i n t u i t o politico. L'unico c o n cui si apriva seguitava ad essere C e s a r e Rossi, l ' u o m o che gli era stato accanto dal p r i m o m o m e n t o , lo aveva seguito in t u t t e le s u e p a l i n o d i e e gli d a v a s e m p r e d e i consigli che c o r r i s p o n d e v a n o ai suoi desideri. Il suo p i a n o si definì ai p r i m i di o t t o b r e . R e n d e n d o s i c o n t o c h e gli a v v e n i m e n t i e r a n o p i ù g r a n d i di lui, Facta moltiplicò le sue pressioni su Giolitti, m a n d a n d o g l i a D r e n e r ò il Ministro della G u e r r a Soleri e il Prefetto di Milano, Lusignoli, a scongiurarlo di venire a p r e n d e r e il suo posto. A sua volta Giolitti si servì di Lusignoli p e r n e g o z i a r e c o n Mussolini, che si m o s t r ò disposto all'accordo, ma solo p e r tirarlo in l u n g o : bisognava a tutti i costi i m p e d i r e che D'Annunzio, calando a R o m a il 4 n o v e m b r e , vi trovasse c o m e Capo del G o v e r n o Giolitti e gli riconciliasse il combattentismo nazionale. L 1 1 ottobre Mussolini a n d ò a G a r d o n e p e r dissuadere il Poeta. Di q u e s t o colloquio, che si svolse nel p i ù g r a n d e segreto, n o n r i m a n g o n o testimonianze. Si sa soltanto questo: che subito d o p o Mussolini o r d i n ò lo scioglimento del sindacato fascista dei marittimi, i quali v e n n e r o invitati a rientrare nella F e d e r a z i o n e del M a r e di Giulietti. Q u e s t a m i s u r a , che suscitò le ire dei fascisti genovesi, e r a e v i d e n t e m e n t e il prezzo p a g a t o p e r la sua r i n u n z i a al Poeta, che di Giulietti era l'alto p r o t e t t o r e . Ma p a r e che q u e s t a r i n u n z i a fosse rimasta allo stato di vaga p r o m e s s a e che Mussolini se ne fidasse poco. L'indomani egli convocò a Milano i capi della Milizia, e li mise di fronte a u n a decisione già p r e s a : il 21 il c o m a n d o doveva essere a s s u n t o d a u n Q u a d r u m v i r a t o c o m p o s t o d a 111

Balbo, Bianchi, De Vecchi e De B o n o che a v r e b b e r o provv e d u t o al c o n c e n t r a m e n t o delle s q u a d r e e alla fissazione degl'itinerari p e r u n a marcia concentrica su Roma. Per coprire questi p r e p a r a t i v i , il 24 si s a r e b b e i n d e t t a u n a g r a n d e a d u n a t a a Napoli, d o v e già da t e m p o e r a in p r o g r a m m a la r i u n i o n e del Consiglio n a z i o n a l e d e l p a r t i t o . « C r e d o c h e tutti sarete d'accordo» disse. De Vecchi e De B o n o , c h e di cose militari u n p o ' s ' i n t e n d e v a n o , n o n l o e r a n o affatto: m a n c a v a n o le armi, mancava l ' i n q u a d r a m e n t o , mancava sop r a t t u t t o il t e m p o . Ma Mussolini tagliò corto: e r a p r o p r i o la m a n c a n z a d i t e m p o , disse, che i m p e d i v a d i p e r d e r n e dell'altro. Più tardi fu chiaro che alla marcia n o n credeva n e m m e n o lui, anzi lui m e n o di tutti. Ma gliene bastava la minaccia. D u e g i o r n i d o p o , in un articolo, Esercito e Fascismo, egli attaccava v i o l e n t e m e n t e Badoglio p e r u n a frase che gli era stata attribuita: «Al p r i m o fuoco, tutto il fascismo crollerà». N o n si è mai saputo se questa frase fosse stata effettivamente p r o n u n c i a t a . Sul m o m e n t o , Badoglio la smentì. Ma venti a n n i d o p o , c a d u t o il r e g i m e , la confermò. C o m u n q u e i fatti che avevano spinto Mussolini all'attacco e r a n o questi. V e d e n d o c h e le trattative c o n Giolitti a n d a v a n o p e r le l u n g h e , Facta e Soleri avevano deciso di p r e n d e r e q u a l c h e p r e c a u z i o n e c o n t r o un possibile golpe. Avevano convocato p r i m a Diaz e Badoglio, che si e r a n o mostrati ottimisti sulla lealtà dell'Esercito, e poi il generale Pugliese, che c o m a n d a va il presidio di R o m a . Questi era stato il più risoluto: aveva chiesto rinforzi e già a p p r o n t a t o un p i a n o p e r la difesa della capitale. T r a n q u i l l i z z a t o , Facta n o n fece n u l l a p e r i m p e d i r e la g r a n d e mobilitazione delle 30 mila camicie n e r e convocate a Napoli. Diede solo o r d i n e di sorvegliare che n o n fossero a r m a t e e di d e v i a r e da R o m a i t r e n i c h e le t r a s p o r t a v a n o . Mussolini p e r ò e r a inquieto. Egli n o n i n t e n d e v a affatto conquistare il p o t e r e con la violenza; ma sapeva che la minaccia della violenza poteva avere effetto solo se il Re e l'Esercito, 112

che facevano t u t t ' u n o , n o n si fossero schierati in favore delle istituzioni. U n a decisa p r e s a di posizione in questo senso a v r e b b e r e s o inefficace il ricatto. Ma la p r e s a di posizione n o n v e n n e . Pugliese fu tra i p o c h i Generali che c r e d e t t e r o alla ferma decisione della C o r o n a di opporsi al colpo di mano fascista, e che fecero di tutto p e r rintuzzarlo. Coi rinforzi di u o m i n i e mezzi che Facta e Soleri gli avevano dato, egli si sentiva in g r a d o di r e s p i n g e r e qualsiasi attacco. Mussolini partì p e r Napoli il 23, e a R o m a n o n si fermò che p o c h e o r e p e r u n i n c o n t r o con Salandra. Questi h a scritto nelle sue m e m o r i e c h e Mussolini p a r l ò p i u t t o s t o b r u s c a m e n t e , da u o m o sicuro del fatto suo. Voleva le i m m e d i a t e dimissioni di Facta, ed e r a p r o n t o ad a p p o g g i a r e un Ministero Salandra in cui ai fascisti fossero riservati cinque Ministeri, ma nel quale egli n o n sarebbe e n t r a t o p e r meglio ten e r e in p u g n o le s q u a d r e . «Al che osservai che sarebbe stata assai difficile, anzi pietosa, la situazione del Ministro dell'Int e r n o con lui fuori a capo delle s q u a d r e armate.» Mussolini n o n t e n n e conto dell'obbiezione, insistè che n o n c'era tempo da p e r d e r e , e ripartì. Napoli brulicava di camicie n e r e . Ne e r a n o arrivate circa 60 mila c h e sfilarono p e r o r e con labari e gagliardetti sotto u n a p i o g g i a d i f i o r i . C o m e u n i f o r m i e disciplina, e r a u n a specie di a r m a t a Brancaleone, in cui spiccava la solita cavalleria rusticana di C a r a d o n n a . Ma c o m e prova di forza e sfida alle istituzioni, aveva la sua efficacia. Mussolini t e n n e d u e discorsi. U n o a l t e a t r o San C a r l o , g r e m i t o della N a p o l i b o r g h e s e e b e n p e n s a n t e , cui si p r e sentò c o m e il difensore della legalità e il r e s t a u r a t o r e dell ' o r d i n e , r i s c u o t e n d o caldi consensi. A d a p p l a u d i r e i n u n palco c'era a n c h e B e n e d e t t o Croce. De Ruggiero, che gli sed e v a a c c a n t o , gli chiese: «Ma n o n vi s e m b r a un p o ' istrione?» «Sì - rispose Croce -, ma i politici d e v o n o essere un po' istrioni.» L'altro discorso Mussolini lo p r o n u n c i ò nel p o m e riggio in piazza San Carlo alle sue camicie n e r e con b e n altri 113

accenti: « P r e n d e r e m o p e r la gola la vecchia classe dirigente...» eccetera. Ma n o n si sa se p e r effetto di regìa o p e r l'autentica fede m o n a r c h i c a della folla meridionale, q u a n d o fece un'allusione al Re, la piazza scoppiò in un frenetico a p plauso che si protrasse a l u n g o . De Vecchi racconta che, trovandosi sul palco accanto a lui, lo prese p e r un braccio e gli disse di g r i d a r e a n c h e lui viva il Re. «Non rispose. Ripetei: - G r i d a viva il Re! - N o n disse nulla. Insistetti p e r la terza volta, e lui mi rispose secco: - No, finiscila! - G u a r d ò la folla e disse: - Basta che gridino loro. Basta e avanza! -» Il Consiglio nazionale lo r i u n ì la sera all'Hotel Vesuvio, ma solo p e r impartirgli le seguenti direttive. In tutta Italia le s q u a d r e dovevano essere messe in pre-allarme il 26. Il 27 sarebbe cominciata la mobilitazione. Alla mezzanotte il p a r tito a v r e b b e r i m e s s o tutti i p o t e r i al Q u a d r u m v i r a t o c h e a v r e b b e p o s t o il suo q u a r t i e r g e n e r a l e a P e r u g i a . Il 28, in tutte le città, si doveva p r o c e d e r e all'occupazione degli uffici pubblici: p r e f e t t u r e , q u e s t u r e , stazioni ferroviarie, centrali telegrafiche e telefoniche. Subito d o p o , le s q u a d r e d o vevano c o n c e n t r a r s i a Tivoli, M o n t e r o t o n d o e Santa Marinella p e r lo «scatto concentrico» delle colonne sulla capitale. Dati questi s o m m a r i ordini, Mussolini ripartì p e r Milano lasciando a Bianchi il c o m p i t o di c h i u d e r e il Consiglio, che o r m a i n o n aveva più nulla da d i r e . L'unico che t e n t ò di rim e t t e r e in discussione le decisioni fu G r a n d i che, r i e n t r a t o p r o p r i o allora da Ginevra, era all'oscuro di tutto. Balbo, ch'era suo amico fraterno ma lo sapeva ostile al gesto di forza, lo aveva fatto n o m i n a r e C a p o di stato maggiore del Q u a d r u m virato. «Così righerai dritto» gli disse. Ma G r a n d i volle ugualm e n t e d i r e la sua. P e r c h é , disse, r i c o r r e r e a u n a soluzione violenta che p u ò spaccare il Paese, mettere in crisi le istituzioni e le squadre alle prese con l'Esercito, q u a n d o ormai l'Italia era col fascismo che poteva prendersela q u a n d o voleva per la via legale delle elezioni? Ma le sue d o m a n d e c a d d e r o in un distratto silenzio. «A Napoli ci piove - disse Bianchi -, che ci stiamo a fare? Io vado a Roma.» E la seduta fu sciolta. 114

Le notizie c h e da N a p o l i e r a n o g i u n t e a Facta a v e v a n o rinforzato la sua p r o p e n s i o n e a n u t r i r e fiducia. Tutto si era svolto senza incidenti, e il discorso di Mussolini al San Carlo era quello di un u o m o che si p r e p a r a v a più a g o v e r n a r e che a r i v o l u z i o n a r e il Paese. Q u a n t o alle sue i n t e m p e r a n z e in piazza, e r a a p p u n t o r o b a da piazza. Così egli riferì in un tel e g r a m m a al Re che in quel m o m e n t o si trovava a San Rossore. Poi, a q u a n t o p a r e , scrisse u n a l u n g a lettera a Mussolini, di cui n o n si è mai trovata traccia, e v i d e n t e m e n t e invitandolo a p a r t e c i p a r e al g o v e r n o . Egli fu q u i n d i m o l t o s o r p r e s o q u a n d o , il 26, S a l a n d r a v e n n e a dirgli che i fascisti r e c l a m a v a n o le sue dimissioni e si p r e p a r a v a n o a marciare sulla capitale, e che perciò occorreva r i c h i a m a r e subito il Re p e r p r e n d e r e le decisioni che l ' e m e r g e n z a r i c h i e d e v a . S a l a n d r a e r a stato incaricato d i quella missione da De Vecchi e Costanzo C i a n o c h e , di rit o r n o da Napoli, e r a n o a n d a t i a trovarlo p e r informarlo di cosa si p r e p a r a v a . N o n è chiaro p e r c h é lo avessero fatto. E c h i a r o s o l t a n t o c h e , s e b b e n e fascisti della p r i m i s s i m a o r a , l'uno e l'altro di tradizione e formazione militari e r a n o più fedeli al Re che a Mussolini, e alla marcia p r e f e r i v a n o u n a soluzione pacifica d ' a c c o r d o con la M o n a r c h i a , grazie alla formazione d ' u n g o v e r n o Salandra-Mussolini. A q u e s t o p u n t o comincia u n a specie di balletto di cui, o p e r m a n c a n z a o p e r c o n t r a d d i t t o r i e t à di t e s t i m o n i a n z e , è impossibile ricostruire tutte le «figure». Facta, a q u a n t o pare, n o n c r e d e t t e a S a l a n d r a . E r a c o n v i n t o che Mussolini bluffasse e c h e preferisse g o v e r n a r e con lui. Perciò n o n i n f o r m ò il Re e convocò un Consiglio d e i Ministri d o v e parlò di dimissioni, ma solo p e r i m p e d i r e che le desse Riccio che, e s s e n d o un l u o g o t e n e n t e di S a l a n d r a , aveva t u t t o l'interesse ad a p r i r e la crisi. La decisione fu che tutti i Ministri rassegnassero le dimissioni a lui, dandogli p i e n a facoltà di rimpiazzarli con fascisti q u a n d o fosse stato r a g g i u n t o il c o m p r o m e s s o con Mussolini. Alla s e d u t a m a n c a v a n o i d u e uomini più f e r m a m e n t e decisi a resistere: A m e n d o l a e Tad115

dei. Soltanto d o p o la mezzanotte Facta telegrafò al Re che la situazione «consigliava» il suo r i t o r n o a Roma. T u t t a la g i o r n a t a del 27 fu spesa a costituire g o v e r n i . O g n u n o aveva in tasca il suo. De Vecchi e G r a n d i si battevano p e r Salandra che telefonò a Mussolini, c e r c a n d o di convincerlo a venire a R o m a . Bianchi, che si e r a fermato nella capitale e si batteva p e r tutto il p o t e r e a Mussolini, scrisse a De Vecchi u n a lettera di fuoco in cui lo accusava di diserzione, e ne m a n d ò copia al suo capo. In tutto questo tramestìo Facta seguitava a n u t r i r e fiducia che Mussolini volesse invece accordarsi con lui. Ma i t e l e g r a m m i c h e g i u n g e v a n o dai prefetti e questori delle varie città n o n c o n f e r m a v a n o q u e ste speranze. Anticipando gli ordini che fissavano l'azione al 28, le s q u a d r e di C r e m o n a , Pisa e Firenze l'avevano già iniziata o c c u p a n d o parecchi pubblici uffici e p r o v o c a n d o incidenti. Il Re arrivò da San Rossore alle otto di sera. Era di pessimo u m o r e e, s e c o n d o Soleri, disse a Facta, c h ' e r a a n d a t o a riceverlo alla stazione, che si rifiutava di deliberare «sotto la p r e s s i o n e dei moschetti fascisti». E r a il p r i m o a c c e n n o allo stato d'assedio. Del colloquio che si svolse poco d o p o fra lui e il Primo Ministro a Villa Savoia, m a n c a u n a versione ufficiale. Secondo Facta, il Re gli disse che quella gente (cioè i fascisti) a R o m a n o n li voleva, e che piuttosto che aprirgliene le p o r t e , preferiva a n d a r s e n e in c a m p a g n a con mafumna e 'l me masnà, con sua moglie e suo figlio. S e c o n d o il g e n e r a l e C i t t a d i n i , a i u t a n t e di c a m p o d e l Re, q u e s t i invece disse a Facta di presentargli delle p r o p o s t e condivise da tutto il gov e r n o , «poi v e d r ò io cosa si deve fare». Ma questo n o n conc o r d a con un'altra versione secondo cui Facta, che frattanto aveva ricevuto u n a telefonata di Lusignoli che n o n lasciava p i ù alcun d u b b i o sulle intenzioni di Mussolini di r e s p i n g e r e qualsiasi c o m p r o m e s s o , avrebbe invece p r e s e n t a t o le dimissioni. Forse le d e t t e , e il Re le r e s p i n s e . C o m u n q u e , di accertato, c'è soltanto questo fatto incredibile, che, d o p o quel colloquio, Facta a n d ò a d o r m i r e c o m e se nulla fosse. 116

Lo svegliarono nel cuor della n o t t e b u t t a n d o g l i sul letto un fascio di telegrammi. Le colonne fasciste e r a n o in marcia verso i loro p u n t i di c o n c e n t r a m e n t o . Molti viaggiavano sui treni d o p o averli assaltati e a v e r n e fatto s c e n d e r e i passeggeri; altri su c a m i o n sgangherati, in bicicletta, a piedi. Eran o s o m m a r i a m e n t e e q u i p a g g i a t i i n fogge p i ù b a n d i t e s c h e che militari, a r m a t i p e r lo più di fucili da caccia, e battevano i denti p e r il f r e d d o p e r c h é pioveva c o m e Dio la m a n d a v a . N o n c'era o m b r a di disciplina, e n e a n c h e di collegamenti. I capi-colonna, Igliori a M o n t e r o t o n d o , P e r r o n e C o m p a g n i a Santa Marinella, n o n riuscivano a m e t t e r s i in c o n t a t t o , coi mezzi e sulle s t r a d e di allora, coi Q u a d r u m v i r i istallati all'Hotel Brufani di Perugia, che poi e r a n o tre p e r c h é De Vecchi era rimasto a R o m a , a t e n t a r e con Ciano e G r a n d i delle «combinazioni» n o n che favorissero, ma che impedissero la marcia, ch'egli stesso avrebbe d o v u t o c o m a n d a r e . Il Consiglio dei Ministri si riunì al Viminale nella luce livida dell'alba: e r a n o le 6. P r i m a di arrivarci, Facta e r a passato al Ministero della G u e r r a dove si e r a incontrato col Ministro Soleri, col Ministro d e g l ' I n t e r n i Taddei, e con Pugliese, tutti e t r e risoluti a resistere c o n la forza alla forza. Al Consiglio la discussione fu breve p e r c h é , secondo Paratore, il G e n e r a l e Cittadini, che vi p r e s e p a r t e , disse che se il gov e r n o si rifiutava di p r o c l a m a r e lo Stato d ' a s s e d i o , il Re avrebbe abdicato. Ma l'episodio è c o n t r o v e r s o . Da altre testimonianze, risulta che Cittadini e r a lì solo p e r raccogliere notizie, e questa versione ci convince molto di più. C o m u n q u e , la decisione dello stato d'assedio n o n sollevò obbiezioni. Siccome n e s s u n o aveva mai r e d a t t o un p r o c l a m a di quel g e n e r e , T a d d e i r i s p o l v e r ò quello di Pelloux d e l '98 e, a p portativi i d o v u t i a g g i o r n a m e n t i , ne fece t i r a r le copie da m a n d a r e ai prefetti e da affiggere sui m u r i della città. N e l m o m e n t o in cui gli attacchini c o m i n c i a v a n o il l o r o lavoro, cioè verso le otto e mezzo, Facta si recava dal Re al Quirinale p e r fargli a p p o r r e la firma, che tutti consideravano scontata. E qui avvenne il colpo di scena. Il Re, che ave117

va trascorso la notte in piedi, q u a n d o vide la bozza del p r o clama, a n d ò su tutte le furie, anzi s t r a p p ò a d d i r i t t u r a il testo dalle m a n i del Primo Ministro, e lo chiuse in un cassetto c o m e se gli scottasse le mani. Q u a n d o poi seppe ch'era stato d i r a m a t o a n c h e all'agenzia ufficiale Stefani, la sua collera n o n conobbe limiti. «Queste decisioni - disse - spettano solt a n t o a me... D o p o lo stato d'assedio n o n c'è c h e la g u e r r a civile...» E concluse: «Ora bisogna che u n o di noi d u e si sacrifichi». Per la p r i m a e forse ultima volta, Facta riuscì a trovare u n a b a t t u t a : «Vostra Maestà n o n ha b i s o g n o di d i r e a chi tocca». E prese c o n g e d o . Cosa fosse sopravvenuto a far m u t a r e idea al Re, è tuttora materia di c o n g e t t u r e . Q u a l c u n o dice che c'era già un acc o r d o segreto fra lui e Mussolini, ma questa voce n o n trova conferma in nulla, anzi è smentita da molte cose, e da ultimo dall'atteggiamento che il Re aveva assunto la sera preced e n t e . C h e Facta avesse d a t o al colloquio di Villa Savoia u n ' i n t e r p r e t a z i o n e un p o ' personale, è possibile. Ma a n c h e se n o n aveva p a r l a t o esplicitamente di stato d'assedio, l'intenzione di resistere il Re l'aveva mostrata. Secondo altri, a spaventarlo fu l'atteggiamento del Duca d'Aosta che, d i s o b b e d e n d o a l l ' o r d i n e ricevuto di r e s t a r e a Torino, si e r a trasferito a Bevagna, a pochi chilometri da Per u g i a , sede del Q u a d r u m v i r a t o . La figlia di Facta, d o p o la c a d u t a del fascismo, r a c c o n t ò che, d u r a n t e il colloquio col p a d r e , il Re n o n aveva fatto che ripetere: «C'è il Duca d'Aosta, c'è il Duca d'Aosta...» C e r t a m e n t e questi era in contatto con De Vecchi, che da Napoli lo aveva informato di ciò che si p r e p a r a v a . De Vecchi p e r ò , fedelissimo al suo Sovrano, lo aveva fatto p e r s p i n g e r e il Duca ad agire su di lui, n o n p e r p r o v o c a r e u n a crisi dinastica. Infatti, c a d u t o il fascismo, il Re disse al Senatore Bergamini di n o n aver avuto alcun elem e n t o p e r dubitare della lealtà del cugino nel '22 e che, caso mai, l'idea di metterlo sul t r o n o e r a stata ventilata dai nazionalisti, Federzoni e C o r r a d i n i . Ciò n o n esclude che nell'emergenza egli abbia p a v e n t a t o 118

a n c h e q u e s t a e v e n t u a l i t à . Ma a d e c i d e r l o ad a n n u l l a r e lo stato d'assedio furono c e r t a m e n t e altri elementi, e cioè i par e r i delle p e r s o n e ch'egli consultò quella n o t t e . Fra queste p e r s o n e , si dice, ci fu Diaz che, i n t e r r o g a t o sull'assegnamento che si poteva fare sull'Esercito, avrebbe italianamente risposto: «L'Esercito farà il suo d o v e r e , ma sarà meglio n o n metterlo alla prova». A dire questo n o n fu c e r t a m e n t e Diaz che quella notte si trovava a Firenze, ma forse lo disse qualche altro: il g r a n d e a m m i r a g l i o T h a o n di Revel, o il G e n e rale Pecori G i r a l d i , o Baistrocchi, o Grazioli. N o n f u r o n o c o m u n q u e i più d i r e t t a m e n t e interessati, cioè il C a p o di stato m a g g i o r e Badoglio e il c o m a n d a n t e del p r e s i d i o di Rom a , Pugliese, che n o n v e n n e r o convocati. C o m e mai? E legittimo il sospetto che il Re n o n volle sentirli p e r c h é li sapeva e n t r a m b i decisi a usare la forza. L'enigma potrebb'essere risolto solo il g i o r n o in cui i Savoia si decidessero ad a p r i r e gli archivi di famiglia. Ma noi c r e d i a m o ch'esso n o n abbia u n a sola chiave. Forse sull'animo del Re p e s a r o n o , in quella notte insonne, molte cose vicine e l o n t a n e : il ricordo della c a m e r a a r d e n t e di suo p a d r e ucciso da Bresci; la seduta di Montecitorio che, q u a n d o egli vi si e r a presentato, i centocinquanta d e p u t a t i socialisti avevano a b b a n d o n a t o al canto di «Bandiera rossa»; lo s p a p p o l a m e n t o dello Stato in quei q u a t t r o a n n i di d o p o g u e r r a fra c o n t i n u e crisi di g o v e r n o e guerriglia civile; e infine le manifestazioni di fede m o n a r c h i c a che u l t i m a m e n t e e r a n o salite dalle piazze fasciste. Ma si tratta solo di c o n g e t t u r e . Tanti a n n i d o p o , il Re disse che quella n o t t e e r a stato i n f o r m a t o che b e n 100.000 camicie n e r e e r a n o in m a r c i a su R o m a e che soltanto a cose fatte aveva s a p u t o da Mussolini che invece e r a n o solo 30.000. Ma ciò r e n d e ancora più incomprensibile ch'egli n o n chiedesse informazioni a Badoglio, a Pugliese e al M i n i s t r o d e g l ' I n t e r n i T a d d e i , gli unici in g r a d o di dargliene. Alle nove e t r e n t a , q u a n d o t o r n ò al Viminale p e r inform a r e i colleghi della decisione del Sovrano, Facta e r a «palli119

do e disfatto», e alcuni ebbero l'impressione che n o n si fosse mostrato abbastanza fermo. C h i a m ò al telefono Giolitti, che n o n si e r a mai mosso dal suo rifugio p i e m o n t e s e . Lo informò di tutto, e lo supplicò di accorrere a Roma. Giolitti disse che avrebbe p r e s o il t r e n o la sera, ma n o n p o t è farlo p e r c h é o r m a i la linea ferroviaria era interrotta. Alle undici e mezzo, d o p o aver dettato un dispaccio che revocava lo stato d'assedio, Facta t o r n ò al Quirinale p e r l'atto formale delle dimissioni, e il Re avviò la n o r m a l e p r o c e d u r a delle «consultazioni». Il P r e s i d e n t e della C a m e r a De Nicola e Cocco-Ortu gli consigliarono di aspettare Giolitti. Ma il Re aveva già il suo candidato. Mussolini, in tutto questo frattempo, n o n aveva d a t o segni di vita, e n e m m e n o i suoi intimi sapevano cosa pensasse di fare. Di ciò che accadeva a R o m a era informato o r a p e r o r a p e r c h é nel Consiglio dei Ministri c'era u n a q u i n t a c o l o n n a di Salandra, Riccio, che riferiva al suo capo, il quale riferiva a De Vecchi, Ciano, G r a n d i e Federzoni, che a loro volta riferivano a lui. E lui stava a sentire, ma n o n si p r o n u n c i a v a . La sera del 27 la folla c h e g r e m i v a il t e a t r o M a n z o n i n o n g u a r d a v a il palcoscenico su cui si recitava 77 Cigno di Molnar, ma un palco alla cui b a l a u s t r a si affacciava, posato sul d o r s o delle m a n i incrociate, il volto di Mussolini, c h ' e r a lì con la moglie e la figlia. Q u a n d o Luigi Freddi, r e d a t t o r e del suo giornale, v ' i r r u p p e trafelato, gli fece c e n n o di n o n dis t u r b a r e , e a s p e t t ò la fine dell'atto p e r c h i e d e r g l i di quali messaggi era latore. I m e s s a g g i e r a n o gravi. A n t i c i p a n d o - c o m e a b b i a m o detto - gli ordini, le s q u a d r e e r a n o passate all'azione e la sit u a z i o n e stava p r e c i p i t a n d o q u a n d o a n c o r a n o n s i sapeva c o m e a v r e b b e r o reagito il Re e l'Esercito. Mussolini r i e n t r ò al g i o r n a l e e si mise a s t e n d e r e il p r o c l a m a della «marcia» alle camicie n e r e , m e n t r e Rossi e Finzi facevano il giro degli altri giornali p e r invitarli a r i p r e n d e r e la notizia che l'insurrezione era cominciata. Il giuoco o r a si faceva grosso. Il te120

lefono squillava in continuazione, ma n o n s e m p r e Mussolini staccava il ricevitore. Lo passava ad altri facendosene poi r i a s s u m e r e le notizie p e r evitare d ' i m p e g n a r s i con risposte o direttive. Su u n a di queste telefonate la controversia è ancora aperta. Federzoni asserisce di aver parlato quella notte con Mussolini dal Ministero d e g l ' I n t e r n i p e r dirgli che il Consiglio dei Ministri aveva deciso lo stato d'assedio, ma che il Re n o n l'avrebbe firmato. Se fosse vero, bisognerebbe d e d u r n e che il Re aveva preso quella risoluzione p r i m a che Facta andasse da lui con la bozza del proclama e ch'egli volesse farlo sapere, attraverso Federzoni, a Mussolini. U n a cosa è certa: Mussolini, che più tardi avrebbe aspram e n t e r i m p r o v e r a t o a De Vecchi e a G r a n d i di aver «tradito la causa della rivoluzione» c e r c a n d o u n a soluzione «moderata» della crisi, si g u a r d ò b e n e dallo sconfessarli sul m o m e n t o , anzi si giovò di loro p e r t e n e r e in piedi u n a trattativa su cui avrebbe p o t u t o alla p e g g i o r i p i e g a r e : egli sapeva benissimo che le sue s q u a d r e n o n potevano sfidare l'Esercito e che, in caso di stato d'assedio, avrebbe d o v u t o smobilitarle. Salvemini dice che aveva già p r o n t o il passaporto p e r s c a p p a r e in Svizzera, ma q u e s t o è a s s o l u t a m e n t e falso. Le a r m i che aveva fatto a m m a s s a r e nella sede del giornale e i cavalli di frisia di cui aveva circondato l'edificio e r a n o p u r a m e s s i n s c e n a : egli sapeva b e n i s s i m o c h e lo s c o n t r o con le Forze A r m a t e n o n ci sarebbe stato. Ma era deciso a giuocare la p a r t i t a fino in fondo, e lo faceva con assoluta freddezza. Di tutti i protagonisti, n o n c'è d u b b i o che fu lui a v e d e r e più chiaro e più l u n g o . La giornata del 28 cominciò male. Dentro i cavalli di frisia, gli squadristi che, al c o m a n d o di Galbiati, m o n t a v a n o la guardia al Popolo, si aspettavano un attacco della polizia che sembrava i m m i n e n t e . D o p o u n a n o t t e i n s o n n e , Mussolini, più pallido del solito sotto la b a r b a l u n g a , seguitava a ricevere messaggi cui n o n dava risposta. Nella notte Bianchi gli aveva telefonato più volte da Perugia p e r scongiurarlo di rifiutare 121

q u a l u n q u e offerta, ma lui era rimasto nel vago, e tutti e r a n o convinti ch'egli si preparasse a qualche soluzione di c o m p r o messo con Salandra, con O r l a n d o , e forse anche con Giolitti. Ma il nazionalista Rocco, futuro Ministro della Giustizia, ch'era a n d a t o a parlargli in mattinata, lo aveva invece trovato fermissimo: voleva tutto il p o t e r e , n o n e r a disposto a spartirlo con nessuno. Forse p e r ò anche questa era commedia: Mussolini sapeva che i nazionalisti e r a n o quelli che più assiduamente lavoravano a un Ministero Salandra-Mussolini, n o n tanto p e r a m o r e di S a l a n d r a , q u a n t o p e r i n g a b b i a r e Mussolini e d e c u r t a r n e la vittoria, e lui voleva con l'intransigenza tenere alto il prezzo della concessione, se avesse dovuto piegarvisi. Ma q u a n d o g i u n s e la notizia c h e lo stato d'assedio e r a stato revocato, la c o m m e d i a diventò realtà. Nel p r i m o p o m e r i g g i o u n g r u p p o d ' i n d u s t r i a l i milanesi ( B e n n i , C o n t i , Crespi, De Capitani e Olivetti), d o p o essersi concertati con Albertini, p e n e t r a r o n o nel suo fortilizio p e r t e n t a r e di convincerlo alla collaborazione con Salandra. Ma lo t r o v a r o n o irriducibile. Egli n o n sapeva m o l t o b e n e cosa stesse succed e n d o a R o m a a n c h e p e r c h é voleva d a r e a d i v e d e r e che n o n se ne curava. Ma lo intuiva. A R o m a succedeva questo: che p r o p r i o nel m o m e n t o in cui Mussolini parlava con gl'industriali, il Re parlava con Salandra. Questi, giuocando di abilità, gli p r o p o s e di d a r e l'incarico a O r l a n d o nella s p e r a n z a di farvelo «bruciare». Ma n o n ce ne fu il t e m p o . Accorrendo in g r a n furia da Perugia, De Vecchi disse al Re che n o n c'era t e m p o da p e r d e r e in manovre dilatorie: l'unico con cui Mussolini fosse disposto a collaborare era Salandra, il quale v e n n e p e r t a n t o richiamato e, sull'affidamento di De Vecchi, accettò l'offerta. In serata il Giornale d'Italia uscì con u n ' e d i z i o n e s t r a o r d i n a r i a c h e annunciava la formazione di un governo Salandra-Mussolini. A questa soluzione, oltre a De Vecchi, lavorarono tutto il g i o r n o , febbrilmente, Ciano, G r a n d i , Marinelli, Polverelli e Postiglione. U n o d o p o l'altro, tutti s c o n g i u r a r o n o Mussolini di venire a R o m a p e r p o r t a r e avanti la trattativa. Ma Musso122

lini n o n si mosse n e m m e n o q u a n d o la stessa p r e g h i e r a gli v e n n e rivolta, s e m p r e p e r telefono, da Cittadini p e r espresso incarico del Re. Era o r m a i t a l m e n t e sicuro del fatto suo che scrisse a D'Annunzio: «Le ultime notizie c o r o n a n o il nostro trionfo. L'Italia d a d o m a n i a v r à u n g o v e r n o . S a r e m o abbastanza discreti e intelligenti p e r n o n a b u s a r e della n o stra vittoria». A questa vittoria voleva associarlo, ma p e r fargli capire che n o n e r a più il caso di opporvisi. D o p o d i c h é si mise a c o m p i l a r e la lista dei m e m b r i del suo g o v e r n o , che poi lesse p e r telefono ad Albertini chiedendogli un p a r e r e . La suspense n o n d u r ò che p o c h e o r e , ed e b b e il suo m o m e n t o p i ù d r a m m a t i c o poco d o p o m e z z a n o t t e q u a n d o D e Vecchi e i suoi amici si r i u n i r o n o nella r e d a z i o n e r o m a n a del Resto del Carlino a piazza C o l o n n a p e r un ultimo tentativo d ' i n d u r r e Mussolini al n e g o z i a t o . Fu De Vecchi a chiamarlo. Ma, al m o m e n t o di p a r l a r e con lui, passò il ricevitore a G r a n d i , che a sua volta lo passò a Polverelli. Questi, d a p p r i n c i p i o lusingato dell'incarico, d e b u t t ò d i c e n d o che p a r lava in n o m e del Re, ma poi si mise a farfugliare e concluse: «Ecco, c'è qui anche Grandi». E gli ripassò il ricevitore. La risposta di Mussolini fu b r u s c a e tagliente. «Non ho fatto quel che ho fatto - disse - p e r provocare la resurrezione di D o n A n t o n i o Salandra.» E a g g i u n s e altre c o n s i d e r a zioni da cui gl'interlocutori c a p i r o n o che, d o p o essersi servito di loro c o m e «copertura», ora egli li considerava, e magari si riservava di denunziarli, c o m e i «deviazionisti di d e stra» e i «traditori della rivoluzione». B u t t a t o giù il ricevitore, si mise a vergare un articolo di fondo in cui ribadiva i concetti già espressi a voce: «La vittoria n o n p u ò essere m u t i l a t a d a c o m b i n a z i o n i d e l l ' u l t i m a ora. Per a r r i v a r e a u n a t r a n s a z i o n e S a l a n d r a n o n valeva la p e n a di mobilitare. Il g o v e r n o dev'essere n e t t a m e n t e fascista». E, a v u t e n e in m a n o le p r i m e copie, ne spedì un fascio a Perugia p e r rassicurare Bianchi e Balbo, e un altro a R o m a p e r togliere le ultime speranze di c o m p r o m e s s o a chi ancora ne nutriva. 123

Ma n o n ne n u t r i v a p i ù n e s s u n o . Alle 9 del m a t t i n o (del 29) De Vecchi, Ciano e G r a n d i , con gli abiti gualciti e gli occhi arrossati dalla veglia, c o m u n i c a r o n o a Salandra che n o n c'era nulla da fare. S a l a n d r a ne chiese p e r telefono conferma ad Albertini. E subito d o p o a n d ò al Quirinale p e r declin a r e l'incarico. Il Re convocò n u o v a m e n t e De Vecchi e lo p r e g ò di c o m u n i c a r e a Mussolini che era p r o n t o a offrirgli l'incarico. Ma Mussolini n o n si lasciò c o m m u o v e r e n e m m e no da questo messaggio. «Va b e n e , va b e n e - rispose -, ma lo voglio n e r o su bianco. A p p e n a riceverò il t e l e g r a m m a di Cittadini, p a r t i r ò in aeroplano.» Il t e l e g r a m m a di Cittadini g i u n s e a m e z z o g i o r n o : «Sua Maestà il Re m'incarica di p r e g a r l a di recarsi al più presto a R o m a d e s i d e r a n d o darle l'incarico di f o r m a r e il n u o v o ministero». Solo allora i nervi di Mussolini cedettero di colpo. C e s a r e Rossi, c h e gli e r a a c c a n t o , r a c c o n t a che d o p o aver letto quelle parole Mussolini sbiancò e, accartocciando il foglio nella m a n o convulsa, disse al fratello con voce rotta: «Se a ifoss a ba'», se ci fosse il babbo. Partì alle otto di sera, ma n o n in a e r e o , e arrivò a R o m a alle 11 del 30, con molto r i t a r d o p e r c h é il t r e n o dovette fermarsi a molte stazioni dove i fascisti avevano p r e p a r a t o manifestazioni di o m a g g i o e di giubilo. «Tra p o c h e o r e - a n n u n c i ò - l'Italia n o n avrà soltanto un ministero, avrà un governo.» Trascorse infatti le l u n g h e o r e di viaggio a ritoccare la lista dei Ministri che aveva compilato la sera p r i m a e com u n i c a t o ad Albertini. Il giornalista A m b r o s i n i , che lo acc o m p a g n a v a , la vide e t r o v ò il m o d o di c o m u n i c a r l a alla Stampa. Ma q u a n d o il giornale la pubblicò, essa e r a già cambiata p e r le r a g i o n i che d i r e m o . D o p o aver d e p o s t o il suo scarso bagaglio all'Hotel Savoia, si p r e s e n t ò - in camicia nera - al Quirinale. «Maestà - disse al Re - vi p o r t o l'Italia di Vittorio Veneto.» Il colloquio d u r ò u n ' o r a , e Mussolini tenne ad a s s i c u r a r e c h e a v r e b b e evitato qualsiasi d i s o r d i n e e formato un governo con larga partecipazione di personalità n o n fasciste e possibilmente rappresentative anche di «forze 124

popolari». Promise di comunicargliene l'elenco la sera stessa, e alle sei m a n t e n n e la parola. Nell'elenco di fascisti ce n ' e r a n o tre soli, e fra i p i ù m o d e rati: Oviglio alla Giustizia, De Stefani alle Finanze, e Giuriati alle T e r r e Liberate. C ' e r a n o d u e democratici: Carnazza ai Lavori Pubblici e Rossi all'Industria e C o m m e r c i o . D u e «popolari»: T a n g o r r a al Tesoro e Cavazzoni al Lavoro. Un liberale: De Capitani all'Agricoltura. Un demosociale: C o l o n n a di Cesarò alle Poste. Un solo nazionalista: Federzoni alle Colonie. Un i n d i p e n d e n t e : Gentile, all'Istruzione. E alle Forze A r m a t e d u e militari c e r t a m e n t e gratissimi al Re: Diaz e T h a o n di Revel. Solo d o p o aver varato il Ministero, Mussolini si r i c o r d ò delle sue camicie n e r e che i n t a n t o avevano c o n t i n u a t o , all'oscuro di tutto, e sotto la pioggia b a t t e n t e , a intirizzire di freddo e di fame, nei loro a c c a n t o n a m e n t i di M o n t e r o t o n d o e Santa Marinella. I n v a n o chiedevano lumi ai Q u a d r u m v i r i di Perugia. I Q u a d r u m v i r i ne sapevano q u a n t o loro, m e n o De Vecchi che stette quasi s e m p r e a R o m a a fare, c o m e poi disse, «il capo degli assedianti nella fortezza». Ricevettero l ' o r d i n e di m a r c i a r e su R o m a il 30, q u a n d o già Mussolini ne aveva p r e s o saldo possesso e si disponeva a t e n e r e la sua p r i m a r i u n i o n e di Gabinetto. Ci a r r i v a r o n o alla spicciolata e con tutti i mezzi: chi in t r e n o , chi in camion, chi in bicicletta. Ma da 30.000 che e r a n o - se lo e r a n o -, p e r strada d i v e n t a r o n o 70.000, ed altri ne t r o v a r o n o ad aspettarli in città. C o m e al solito, gl'italiani c o r r e v a n o in aiuto del vincitore. Un p o ' forse p e r c h é inviperiti dalla l u n g a attesa sotto l'acqua, un po' p e r salvare la faccia della «marcia rivoluzionaria», si d i e d e r o a p r o v o c a r e gli o p e r a i del q u a r t i e r e di S. Lorenzo, dove ci furono u n a dozzina di morti. Mussolini i m p a r t ì alla polizia e all'esercito o r d i n i severissimi d'imp e d i r e a q u a l u n q u e costo altri tumulti. Gli scalmanati se la rifecero s o p r a t t u t t o con gli alberghi, le t r a t t o r i e , i caffè, le taverne e i bordelli dove gozzovigliarono tutta la notte senza p a g a r e il c o n t o . L'indomani sfilarono sotto il Q u i r i n a l e , 125

dove il Re li salutò dal balcone, affiancato da Diaz e T h a o n di Revel, m a s c h e r a n d o il disgusto che doveva p r o c u r a r g l i quell'esercito di P a n c h o Villa irto di p u g n a l i , m a n g a n e l l i e schioppi banditeschi. Mescolati a quella scalcinata orda, c'er a n o a n c h e ufficiali di alto r a n g o , con le loro divise e m e d a glie: fra tutti, dice Soleri, spiccava Capello, abbigliato e gesticolante «come u n g e n e r a l e s u d - a m e r i c a n o » . Salvemini r a c c o n t a che u n p r e t e , g u a r d a n d o quello spettacolo, disse s c o t e n d o la testa: «Noi, nel '70, R o m a la d i f e n d e m m o m e glio». La sfilata d u r ò sei ore. Poi, su o r d i n e di Mussolini, i marciatori v e n n e r o avviati alla stazione e r i s p e d i t i alle sedi di origine. La rivoluzione era finita. O meglio, n o n e r a mai cominciata.

CAPITOLO Q U I N T O

«UN BIVACCO DI MANIPOLI»

Mussolini aveva c o m p o s t o il suo g o v e r n o in p o c h e o r e , ma e r a n o state o r e intensissime. Il suo p r i m o scrupolo era stato quello di d i m o s t r a r e che il fascismo n o n e r a avido di «posti» ed era disposto ad accettare la collaborazione di tutti gli u o mini di valore. Egli voleva d a r e al suo Ministero u n ' i m p r o n ta meritocratica se n o n p r o p r i o tecnocratica, a n c h e p e r c h é n o n si fidava m o l t o dei suoi, quasi tutti giovani ed e s p e r t i solo di b a s t o n e e rivoltella. I tre che aveva scelto - Oviglio, De Stefani e Giuriati - e r a n o fra i m e n o in vista c o m e capi di s q u a d r e . C o m u n q u e i d u e portafogli più i m p o r t a n t i , gli Esteri e gl'Interni, li aveva tenuti p e r sé. Ma altre d u e cose volle subito sottolineare. La p r i m a è che n o n i n t e n d e v a trattare con le segreterie degli altri partiti che accettavano di collaborare con lui, lasciando ad esse la d e s i g n a z i o n e degli u o m i n i d a c o o p t a r e nel suo Ministero: gli u o m i n i se li scelse da sé, i n t e r p e l l a n d o l i o facendoli interpellare d i r e t t a m e n t e . Di u n o di essi, Gentile, che n o n era mai stato fascista, n o n conosceva n e m m e n o il n o m e . Glielo p r o p o s e , p e r la pubblica istruzione, Lanzillo. Ed egli dovette r e s t a r e p i u t t o s t o s t u p i t o q u a n d o , all'offerta, Gentile rispose p o n e n d o d u e c o n d i z i o n i : c h e fossero ristabilite l e pubbliche libertà e i n t r o d o t t o nelle scuole secondarie l'esame di Stato. Mussolini promise. Ma il suo sforzo m a g g i o r e fu quello di sottrarsi subito ad ogni c o n d i z i o n a m e n t o di destra. Tutti e r a n o convinti ch'egli avrebbe chiamato al suo fianco Salandra p e r garantirsi l'app o g g i o delle forze conservatrici. I n v e c e n o n n e p r e s e i n considerazione n e m m e n o l'eventualità, e t e n n e a m a r c a r e 129

subito le distanze dagli u o m i n i che si e r a n o a d o p e r a t i p e r u n a «combinazione» con lui. Fu p e r questo che subito rinfacciò b r u t a l m e n t e a De Vecchi di aver cercato di sabotare e mutilare la vittoria m e n t r e «io ero sulle barricate a rischiare la vita, non a lavorare p e r pateracchi ministeriali dell'ultima ora», e d o p o aver r i m p r o v e r a t o a G r a n d i di n o n aver avuto fiducia «nella sua stella», lo mise a d d i r i t t u r a sotto inchiesta e lo t e n n e in q u a r a n t e n a p e r d u e anni. E difficile p e n s a r e ch'egli credesse v e r a m e n t e a un loro t r a d i m e n t o . Ma gli faceva c o m o d o fingere di c r e d e r c i p e r t e n e r e a b a d a , m e t t e n d o l e in stato d'accusa, le forze di d e stra ch'essi i n c a r n a v a n o . Coloro di cui più diffidava e r a n o i nazionalisti, legatissimi al g r u p p o salandrino, che del resto reciprocavano il suo atteggiamento. E il vero motivo p e r cui t e n n e p e r sé il portafogli degli Esteri fu p e r n o n darlo a Fed e r z o n i , che lo considerava u n a sua spettanza e che v e n n e invece relegato alle Colonie. C o m e al solito, Mussolini n o n voleva essere etichettato «di destra» e tentava di d a r e al suo g o v e r n o un carattere socialmente a p e r t o . Offrì un portafogli a n c h e al repubblicano C o m a n d i n i che rifiutò. Ma l'operazione riuscì coi «popolari» che, di fronte al suo invito, si divisero. C o n t r a r i si dichiar a r o n o la sinistra e il g r u p p o di c e n t r o c h e faceva c a p o a Don Sturzo. Ma la destra e i centristi di De Gasperi, a p p o g giati dalla Chiesa, si d i c h i a r a r o n o invece favorevoli, ed ebb e r o p a r t i t a vinta p e r c h é D o n S t u r z o , c o n t r o le sue battagliere abitudini, s e n t e n d o - c o m e disse Donati a Salvemini «la sconfessione e la scomunica p e n d e r g l i sul capo», lo piego. Così T a n g o r r a a n d ò al Tesoro, e Cavazzoni al Lavoro. Mussolini p e r ò covava un disegno ancora più ambizioso: quello di a t t r a r r e nella c o m b i n a z i o n e a n c h e i socialisti. E difficile dire se lo volesse p e r nostalgia dei vecchi compagni, o p e r un complesso di colpa nei loro confronti: qui si e n t r a nella psicologìa del p e r s o n a g g i o che autorizza tutte le illazioni e n o n ne legittima nessuna. Ma fatto sta che, c o m e dice Repaci, egli restava l ' u o m o del «patto di pacificazione», 130

quale del resto cercherà invano di ridiventare alla vigilia del delitto Matteotti e sul finire della sua vita a Salò. Il m o m e n t o sembrava favorevole. I socialisti e r a n o o r m a i i r r e p a r a b i l m e n t e divisi. L'ala riformista di Turati, che contava quasi la m e t à degli effettivi del P S I , si era staccata dal partito p e r costituirne un altro a u t o n o m o , il P S U , e la Confeder a z i o n e G e n e r a l e del L a v o r o n e aveva p r e s o p r e t e s t o p e r d i c h i a r a r s i i n d i p e n d e n t e d a e n t r a m b i . F u s u q u e s t a che Mussolini esercitò le sue p r e s s i o n i r i m a n d a n d o a un m o m e n t o p i ù favorevole e v e n t u a l i trattative con T u r a t i . Per farlo si servì di un curioso personaggio, che v e d r e m o ricomp a r i r e s e m p r e nelle sue funzioni di m e d i a t o r e al t e m p o della Repubblica Sociale: il giornalista socialista Carlo Silvestri che, p r i m a p u p i l l o di T u r a t i , e r a poi passato al Corriere di Albertini. La sera del 30 egli fece p e r v e n i r e a Mussolini un biglietto in cui gli diceva che i suoi s o n d a g g i p r e s s o i capi della C o n f e d e r a z i o n e avevano avuto esito positivo: Baldesi accettava di e n t r a r e nel suo governo, e Buozzi si disponeva a s e g u i r n e l'esempio. «Ma - avvertiva - bisogna fare in fretta, e i m p e d i r e che da p a r t e di coloro che sono rimasti sbalorditi dalla rivelazione del vostro p i a n o - e, voi mi capite, n o n alludo ai socialisti - si cerchi di forzare la situazione.» N o n è chiaro se l'offerta a Baldesi e Buozzi (e q u a l c u n o dice a n c h e a D'Aragona) fosse stata fatta e accettata a titolo p e r sonale, senza i m p e g n o da p a r t e della C o n f e d e r a z i o n e . Silvestri ha poi detto che n o n solo la C o n f e d e r a z i o n e , ma anche il P S U ne discusse e vi dette il suo assenso. Ma De Felice lo contesta, e crediamo che abbia ragione. C o m u n q u e , q u a n d o il biglietto raggiunse il destinatario, questi già si era accorto della impraticabilità del suo piano. A v u t o n e s e n t o r e , il p a r t i t o fascista era in a g i t a z i o n e . N o n voleva s a p e r n e l'ala conservatrice che faceva capo a De Vecchi, n o n volevano s a p e r n e i nazionalisti, n o n volevano sap e r n e gli squadristi s e m p r e a n i m a t i dall'odio verso i «sovversivi», n o n volevano soprattutto s a p e r n e , p e r ragioni conc o r r e n z i a l i , i sindacalisti. E Mussolini, che già i n c o n t r a v a 131

qualche difficoltà a far ingoiare ai suoi quel Ministero che li escludeva da molti posti, n o n si sentì di rischiare u n a crisi analoga a quella del «patto di pacificazione». Q u a n d o , alle sette di sera di q u e l c o n v u l s o 30 o t t o b r e , egli rese nota la lista dei Ministri, Bianchi e Marinelli diedero p e r protesta le dimissioni. Ma Mussolini le respinse. E a Mastromattei, che si lamentava di quella pacifica e i n c r u e n ta conclusione della «marcia», rispose: «Il s a n g u e si p a g a col sangue, e io n o n voglio fare la fine di Cola di Rienzo». Il 16 n o v e m b r e p r e s e n t ò il g o v e r n o alla C a m e r a p e r c h i e d e r n e la fiducia. C o m e dosaggio di lusinghe, di minacce e di ricatto, quel discorso r a p p r e s e n t a u n o dei «classici» del suo r e p e r t o r i o . «Con trecentomila fascisti armati di tutto p u n t o - disse moltiplicando p e r dieci la cifra reale -, potevo castigare tutti coloro che h a n n o diffamato e tentato d'infangare il fascismo. Potevo fare di quest'aula sorda e grigia un bivacco di manipoli, potevo s p r a n g a r e il p a r l a m e n t o e costituire un governo esclusivamente di fascisti». La solita pausa, g r a v i d a d i minaccia. Poi: «Potevo: m a n o n h o , a l m e n o i n questo p r i m o t e m p o , voluto». La C a m e r a gli votò la fiducia con 306 sì c o n t r o 116 N O , e subito d o p o gli concesse i pieni poteri p e r un a n n o . Il Senato seguì l'esempio d u e settimane d o p o d a n d o g l i u n a maggioranza ancora più forte: 196 contro 19. C o m e Mussolini aveva detto nel suo discorso, il Parl a m e n t o , se voleva s o p r a v v i v e r e , d o v e v a a d a t t a r s i alla coscienza n a z i o n a l e . E la coscienza n a z i o n a l e voleva c h e si adattasse a Mussolini. Il Paese, nella sua s t r a g r a n d e maggioranza, aveva accettato il fatto c o m p i u t o con un respiro di sollievo. Era stanco. T r e a n n i di g u e r r a civile gli avevano ispirato un solo desiderio: l'ordine, e il fascismo lo p r o m e t t e v a . Della libertà, visto l'uso che in quei tre a n n i se n'era fatto, si curava poco, e del resto Mussolini p r o m e t t e v a a n c h e quella. Un fatto p e r ò va subito rilevato, che t r a s p a r e a n c h e dai ricordi d'infanzia di chi scrive: la fiducia andava a Mussolini, n o n al fascismo. Anzi, p e r 132

essere più esatti, a n d a v a a Mussolini in q u a n t o «domatore» del fascismo. Mio n o n n o , vecchio liberale gioiittiano e sindaco del paese, disse al capo delle s q u a d r e locali che lo avev a n o t o r m e n t a t o : «Finalmente è v e n u t o il castigamatti che m e t t e r à a posto a n c h e voi». Il mito di Mussolini n a c q u e in quei giorni, n o n tra i fascisti, ma c o n t r o i fascisti, e Cesare Rossi ne coniò lo slogan: «Prima mussoliniani, poi fascisti». Lo condivise a n c h e la classe d i r i g e n t e , e n o n soltanto - c o m e poi si disse - quella di destra. Le lettere di Giolitti ai suoi amici p a r l a n o chiaro: n o n bisognava ostacolare Mussolini «che ha tratto il Paese dal fosso in cui finiva p e r i m p u t r i dire». E Nitti: «Bisogna che l'esperimento fascista si compia indisturbato: n e s s u n a opposizione deve venire da p a r t e nostra». Ma n o n d i v e r s a m e n t e la pensava A m e n d o l a , secondo cui o c c o r r e v a a i u t a r e Mussolini a r i p r i s t i n a r e la legalità; m e n t r e Salvemini a n d a v a oltre a u g u r a n d o s i che Mussolini spazzasse via «queste vecchie m u m m i e e canaglie» della vecchia classe politica. «Se Mussolini venisse a m o r i r e , e avessim o u n ministero Turati, r i t o r n e r e m m o p a r i p a r i all'antico. Motivo p e r cui bisogna che Mussolini g o d a di u n a salute di ferro, fino a q u a n d o n o n m u o i a n o tutti i Turati.» Ma è curioso che lo stesso Turati, c o m e risulta dall'epistolario della Kuliscioff, riconosceva che la pacificazione poteva ottenerla solo Mussolini. N o n b i s o g n a t u t t a v i a e q u i v o c a r e . In questi consensi ci sarà stata a n c h e della codardia, della stanchezza e della volontà di capitolazione. Ma c'era a n c h e un atto di contrizion e . La vecchia classe politica sapeva di a v e r fallito il suo compito di g u a r d i a n a delle istituzioni, e si r e n d e v a conto di essere caduta, di fronte alla pubblica coscienza, nel più totale discredito. In queste condizioni, e r a logico ch'essa vedesse in Mussolini l'unico u o m o in g r a d o , p e r l'intatto prestigio che gli conferiva la sua «novità», di addossarsi i compiti ai quali essa aveva coscienza di essere stata impari. Lo vedeva i n s o m m a c o m e «l'uomo dell'emergenza» destinato ad esaurirsi con l'emergenza. E la Kuliscioff lo diceva chiaro: «Biso133

g n a ch'egli possa p e r c o r r e r e tutta la sua p a r a b o l a , dovesse r i m a n e r e anche un paio d ' a n n i al potere...» Poi, essa sottint e n d e v a - c o m e tutti gli altri -, i partiti tradizionali avrebbero r i p r e s o in m a n o il mestolo di un Paese normalizzato, fac e n d o tesoro della lezione. In questa coralità di consensi, gli unici a fare stecca erano p r o p r i o i fascisti, che p a v e n t a v a n o ciò che gli altri sperav a n o . Essi capivano che Mussolini li aveva giuocati mobilitandoli solo p e r finta, e si sentivano defraudati della «rivoluzione». L'aborto della «marcia» li aveva lasciati con la bocca a m a r a e n o n si e r a svolto senza incidenti. Per f e r m a r l e , G r a n d i aveva d o v u t o c o r r e r e i n c o n t r o alle s q u a d r e di Bottai c h e volevano a tutti i costi p r e n d e r e R o m a d'assalto. E all'ordine di smobilitazione d o p o la sfilata sotto il Quirinale, esse avevano risposto i n v a d e n d o e d e v a s t a n d o le sedi di alcuni giornali. Altre violenze ci furono in tutta Italia, e Nitti si salvò a stento dalla bastonatura. Ma il pericolo p i ù grave essi lo v e d e v a n o nella «vendita delle i n d u l g e n z e » , da cui il fascismo sentiva minacciata la sua «purezza», e p i ù a n c o r a forse insidiate le sue «privative». Prontissimi c o m e al solito a c o r r e r e in aiuto del vincitore, gl'italiani facevano ressa agli uffici tesseramento del p a r tito, che n o n resistevano a pressioni e circonvenzioni. Specialmente nel Sud, che al fascismo e r a s e m p r e rimasto piuttosto allergico, i vecchi m a n e g g i o n i del clientelismo scoprivano improvvisamente in se stessi u n a irrefrenabile vocazione fascista, e p e r t r a d u r l a in tessere q u a n d o queste gli venivano rifiutate, s'iscrivevano in massa al partito nazionalista che in un battibaleno vide decuplicati i suoi effettivi. A un certo p u n t o , c o m e peso n u m e r i c o , i «Sempre Pronti», come si c h i a m a v a n o gli squadristi di F e d e r z o n i , che invece della camicia n e r a p o r t a v a n o la camicia azzurra, rischiarono quasi di sopraffare quelli di Mussolini. Di fronte a q u e s t e «provocazioni», nei vecchi squadristi t o r n a v a ad affiorare il f o n d o massimalista e p a l i n g e n e t i c o che aveva a n i m a t o il p r i m o m o v i m e n t o . Essi n o n volevano 134

inserirsi nelle s t r u t t u r e dello Stato liberale. Volevano sovvertirle. E v e d e n d o nella «normalizzazione» il pericolo che Mussolini se ne lasciasse c a t t u r a r e , c e r c a r o n o d ' i m p e d i r l a r i c o r r e n d o di n u o v o al s a n g u e . All'ordine di m a n t e n e r e la disciplina e di r i s p e t t a r e la vita e la libertà dei cittadini risposero con u n a r i p r e s a di b a s t o n a t u r e e di spedizioni p u nitive. Il 18 d i c e m b r e a Torino furono uccisi v e n t i d u e o p e rai, e altri tredici m o r t i ci f u r o n o p o c o d o p o alla Spezia. C o n t r o Molinella, superstite isolotto del miglior socialismo riformista, che aveva resistito grazie alla forza delle sue coop e r a t i v e a g r a r i e e all'energia e all'idealismo del loro organizzatore Massarenti, si scatenarono attacchi su attacchi. Fu in q u e s t o clima che m a t u r a r o n o alcuni d e i p e g g i o r i delitti del fascismo come l'assassinio di Don Minzoni, un sacerdote decorato di medaglia d ' a r g e n t o , a Ferrara. A questa ripresa di violenza che metteva in pericolo tutta la sua azione, Mussolini reagì con tre mosse. La p r i m a fu l'istituzione di un G r a n Consiglio del Fascismo col quale egli contava di a s s u m e r e un più diretto controllo del p a r t i t o imp e g n a n d o i capi che ne facevano p a r t e ad avallare le sue d e cisioni e a farle accettare dai militanti. Sul p i a n o costituzionale questa specie di Politburo fu s e m p r e un rebus nel senso che sia la sua c o m p o s i z i o n e che i suoi p o t e r i r i m a s e r o n e l vago: tant'è vero che nella seduta del 25 luglio '43 - l'ultima e la sola che abbia contato v e r a m e n t e qualcosa - si discusse se le sue e r a n o decisioni a cui a n c h e il D u c e dovesse attenersi, o soltanto p a r e r i ch'egli p o t e s s e s e g u i r e o rifiutare. C o m u n q u e , è certo ch'egli Io concepì, c o m e dice De Felice, come qualcosa di mezzo fra un «consiglio di palazzo» destinato ad avallare le sue volontà e a d a r loro m a g g i o r vigore, e u n a «camera di compensazione» in cui lasciar sfogare ed esaurire i contrasti interni del partito. Col t e m p o la n a t u r a i b r i d a di q u e s t ' o r g a n o e l'incertezza delle s u e a t t r i b u z i o n i v e n n e r o a galla, e infatti esso n o n esercitò alcun peso. Ma lì p e r lì p e r m i s e a Mussolini di r i p r e n d e r e alla meglio il controllo su un partito che gli sfuggiva. 135

Fu grazie e in forza di esso, riunito p e r la p r i m a volta nella n o t t e fra il 15 e il 16 d i c e m b r e ch'egli p o t è v a r a r e la sec o n d a e p i ù i m p o r t a n t e m i s u r a : l'istituzione di un v e r o e p r o p r i o esercito fascista, la Milizia volontaria per la sicurezza nazionale, forte di 300.000 u o m i n i i m p e g n a t i p e r g i u r a m e n to alla fedeltà n o n al Re, ma al Duce. La decisione e r a grave, e molti tuttora si c h i e d o n o c o m e p o t è essere accettata da un P a r l a m e n t o a n c o r a in larga m a g g i o r a n z a n o n fascista, e s o p r a t t u t t o dal Re, che si vedeva nascere in casa u n a forza a r m a t a in c o n c o r r e n z a con quella regolare. Il fatto è che tutti si r e s e r o conto che Mussolini n o n aveva altro mezzo p e r v e n i r e a c a p o della riottosità delle s q u a d r e e r i d u r l e al rispetto della disciplina. Anzi, a capirlo più e meglio degli altri f u r o n o p r o p r i o gli o p p o s i t o r i c h e d a u n c o r p o militarm e n t e i n q u a d r a t o e r e s p o n s a b i l i z z a t o si s e n t i v a n o m o l t o m e n o minacciati c h e d a s q u a d r a c c e alla m e r c é dei p r o p r i s a n g u i n a r i uzzoli. Forti m a l u m o r i v e n n e r o invece dall'Esercito, geloso delle sue p r e r o g a t i v e e privative, e grosse resistenze dalle s q u a d r e , restie a un i n q u a d r a m e n t o che avrebbe distrutto la loro a u t o n o m i a e soffocato la loro carica rivoluzionaria. Infatti n o n tutte si lasciarono assorbire; alcune si s t r i n s e r o i n t o r n o ai vecchi ras c h e le a v e v a n o g u i d a t e nei tempi della lotta e che condividevano i loro u m o r i . La terza m i s u r a normalizzatrice fu la fusione coi nazionalisti, o meglio il loro assorbimento. Federzoni avrebbe voluto resistere, ma n o n ne aveva la forza: sapeva benissimo che le reclute affluite all'ultima ora nel suo m o v i m e n t o erano d'accatto e n o n c h i e d e v a n o di meglio che di essere traghettate nel Fascio e nella sua Milizia, in cui i S e m p r e P r o n ti e n t r a r o n o con slancio. Così i p r o b l e m i più u r g e n t i furono a l m e n o provvisoriam e n t e risolti, e la normalizzazione p o t è p r e n d e r e il suo faticoso avvìo. A n c h e Mussolini cercava di normalizzarsi, ma senza r i n u n ziare a i n t r o d u r r e nell'esercizio delle sue funzioni un «nuo136

vo stile». Aveva p r e s o in affitto un m o d e s t o a p p a r t a m e n t o in via Rasella, ma n o n ci aveva c h i a m a t o Rachele ed E d d a , che preferiva lasciare a Milano. Ad accudirgli p r o v v e d e v a un certo Cirillo T a m b a r a , qualcosa di mezzo fra il c a m e r i e r e e il gorilla, che si e r a fatto a p p r e z z a r e soprattutto p e r il m o do con cui cucinava il piatto preferito di Mussolini: il m i n e strone con la c o t e n n a di maiale. Ma in casa il Duce ci stava poco. Si alzava alle sei, usciva poco d o p o le sette, e alle otto e r a già nel suo ufficio di palazzo Chigi, sede del Ministero degli Esteri, attaccato al telefono p e r controllare se tutti erano al loro posto. «Voglio da q u a r a n t a a cinquantamila uomini che funzionino c o m e un c o n g e g n o di orologeria» aveva detto p r e n d e n d o possesso della sua carica. E la b u r o c r a z i a r o m a n a rispose a questo appello all'efficienza nel suo solito m o d o : m o s t r a n d o s e n e entusiasta, d a n d o spettacolo di g r a n d e solerzia, m a o p p o n e n d o alle innovazioni u n a resistenza di g o m m a . Fu essa a infliggere la p r i m a sconfitta a Mussolini c h e p r e t e n d e v a i m p o r l e l'orario unico: l'accanimento e la tenacia con cui difese il suo secolare diritto al desinare e alla pennechella, restano memorabili. Mussolini p e r ò n o n si a r r e n d e v a . N o n aveva ancora quar a n t a n n i , era al meglio delle sue risorse ed energie e, poco pratico dell'ambiente r o m a n o e della sua incalcolabile forza passiva, e r a c o n v i n t o di riuscire a scuoterlo col suo attivismo. «Non s o n o qui di passaggio - disse -, ma p e r starci e g o v e r n a r e . Gl'italiani d e v o n o o b b e d i r e e o b b e d i r a n n o , dovessi lottare contro amici, nemici, perfino contro me stesso.» U n a pioggia di decreti si abbatté sul Paese, che i n t e n d e v a n o r e g o l a r e la vita dei cittadini fin nei m i n i m i dettagli. Gli automobilisti dovettero i m p a r a r e a n o n s u o n a r e il clacson, sev e r a m e n t e proibito; i p e d o n i a c a m m i n a r e solo sul marciapiede di sinistra; e con g r a n disperazione del p o e t a Trilussa v e n n e r o ridotte a mal partito le «botticelle», cioè le carrozze a cavallo, s e g n o di u n a R o m a arcaica e provinciale. La società r o m a n a cercò i n v a n o di c a t t u r a r e Mussolini, c o m e s e m p r e aveva fatto con tutti gl'invasori. L'uomo e r a 137

allergico alla m o n d a n i t à e nella cosiddetta «società» si sentiva spaesato e a disagio. Seguitava a n o n c u r a r e il p r o p r i o g u a r d a r o b a , e l'unica concessione che faceva a quella ch'egli credeva l'eleganza e r a n o le g h e t t e che portava s e m p r e , anche sull'abito di c e r i m o n i a . Il g i o r n o in cui p r e s e possesso del suo ufficio, vi si p r e s e n t ò con u n a giacca a righe verdi e rosse, che sembrava il plaid d ' u n cavallo. Il diplomatico Barone-Russo cui era stato d i s c r e t a m e n t e affidato l'incarico di rimetterlo un p o ' in sesto, p e n ò parecchio a p e r s u a d e r l o che sotto la marsina n o n si poteva indossare u n a camicia di lino bianco coi polsini rosa. All'esigenze del cerimoniale si ribellava c o m e un cavallo b r a d o alla cavezza, e alla sua p r i m a sortita m o n d a n a - un p r a n z o all'Ambasciata d ' I n g h i l t e r r a -, tutti t r a t t e n n e r o il fiato p e r le gaffes che avrebbe p o t u t o far e . Invece n o n ne fece n e s s u n a anche grazie al tatto dell'ambasciatrice Sybil G r a h a m che, s e d u t a accanto a lui, gl'inseg n ò senza p a r e r e c o m e si maneggiava il coltello del pesce e c o m e si sorbiva il b r o d o in tazza. Mussolini fece del suo m e glio. Ma, a c c o m i a t a n d o s i , disse alla signora: «Non sapevo che gl'inglesi b e v o n o la minestra c o m e se fosse birra». Barone-Russo scoprì abbastanza prestò il p u n t o debole del ribelle: la p a u r a del ridicolo. Fu a g i t a n d o g l i d a v a n t i agli occhi questo s p a u r a c c h i o che gli fece s m e t t e r e l'abitudine d'infilarsi il tovagliolo nel colletto e d ' i n z u p p a r e il p a n e nel vino. Questi suoi rustici m o d i t e n e v a n o in allarme soprattutto il Ministero degli Esteri di cui egli aveva assunto il portafoglio. Mussolini n o n aveva m o l t a c o n o s c e n z a dei p r o b l e m i internazionali, di cui sin allora si e r a s e m p r e occupato solo ai fini della politica i n t e r n a . Ma sapeva di n o n averla, e sin d a p p r i n c i p i o accettò d i lasciarvisi c o n d u r r e p e r m a n o dal Segretario generale C o n t a r m i . Contarini e r a un esperto diplomatico di carriera, cresciuto alla scuola di San Giuliano di cui condivideva l'impostazione. Di formazione nazionalista, ma m o d e r a t a , egli vedeva la collocazione dell'Italia nel vecchio fronte occidentale ma in u n a d i g n i t o s a p o s i z i o n e di p a r i t à con Francia e In138

ghilterra. C h e Mussolini intendesse svolgere in questo concerto u n a politica di prestigio, n o n gli dispiaceva. Fin d a p principio si a d o p e r ò soltanto a smussarne gli angoli, ma n o n è vero che, c o m e dice Guariglia, il vero Ministro degli Esteri fu lui. Mussolini si avvalse della sua e s p e r i e n z a e ne accettò i consigli, ma d e t t e subito a d i v e d e r e c h e la politica estera voleva farla da sé. I criteri a cui la ispirò furono soprattutto, se n o n esclusiv a m e n t e , quelli della presenza e del prestigio che gli occorrev a n o p e r rafforzare la sua posizione a l l ' i n t e r n o . Il 16 n o v e m b r e , p o c o p i ù d i d u e s e t t i m a n e d o p o l a c o n q u i s t a del p o t e r e , volle p r e n d e r e p e r s o n a l m e n t e p a r t e alla conferenza della p a c e fra Grecia e T u r c h i a i n s i e m e al P r e s i d e n t e d e l Consiglio francese, Poincaré, e al Ministro degli Esteri inglese C u r z o n . Ma invece di raggiungerli a L o s a n n a , dove si teneva la r i u n i o n e , p r e t e s e che fossero l o r o a r a g g i u n g e r e lui a Territet. Poincaré e C u r z o n gli d e t t e r o soddisfazione, e in c o m p e n s o t r o v a r o n o in lui il p i ù ragionevole degl'interlocutori. L'accordo fra i tre fu presto r a g g i u n t o , e in privati colloqui Mussolini c r e d e t t e di a v e r s t r a p p a t o a C u r z o n un preciso i m p e g n o a ridiscutere la questione dei Mandati cioè di quei territori del Medio O r i e n t e , la cui a m m i n i s t r a z i o n e era stata affidata, sia p u r e a titolo t e m p o r a n e o , alle Potenze occidentali. In pubbliche dichiarazioni, C u r z o n p a r l ò di lui come di «un u o m o d'incredibile energia e dal p u g n o di ferro», ma in u n a lettera privata al collega B o n a r Law lo definì «un pericoloso d e m a g o g o privo di scrupoli». I famosi i m p e gni si rivelarono poi delle platoniche dichiarazioni di b u o n a volontà, ma Mussolini t o r n ò in Italia con un accredito internazionale, e tutta la s t a m p a parlò della sua missione c o m e di un g r a n d e successo che restituiva all'Italia il suo r a n g o di G r a n d e Potenza. Fu tuttavia subito chiaro che, a p a r t e queste affermazioni di prestigio, Mussolini n o n voleva c o r r e r e avventure. D o p o aver dato con tanta insistenza di «rinunciatari» a tutti coloro che avevano cercato un a c c o r d o con la Jugoslavia p e r Fiu139

me e la Dalmazia, a p p e n a arrivato al p o t e r e si affrettò a dargli e s e c u z i o n e i n g i u n g e n d o a fascisti e nazionalisti di n o n c r e a r e complicazioni. Il p u n t o su cui fu i r r e m o v i b i l e , ma b e n s a p e n d o di n o n rischiarvi nulla, fu il D o d e c a n e s o che l'Italia occupava solo a titolo t e m p o r a n e o , e di cui l'Inghilt e r r a chiedeva la restituzione alla Grecia. Mussolini replicò con forza che il p r o b l e m a era legato a quello dei Mandati: se da questi l'Italia restava esclusa, n o n poteva r i n u n z i a r e alla sovranità su quelle isole, e la conferenza di L o s a n n a gli dette ragione. Ma accanto a q u e s t e iniziative, di cui la s t a m p a p a r l a v a esaltandole, e in cui lo z a m p i n o di C o n t a r i n i è abbastanza visibile, Mussolini ne p r e s e p e r c o n t o suo u n ' a l t r a , di cui n e s s u n o allora s e p p e nulla. A p p e n a a r r i v a t o al p o t e r e egli affidò al p r o p r i o segretario personale, Chiavolini, il compito di procurargli un incontro col Cardinale Gasparri, il vero règolo politico della Santa Sede. Chiavolini si rivolse al conte C a r l o Santucci, P r e s i d e n t e del Banco di R o m a e p e r s o naggio molto influente in Vaticano. Santucci, che aveva un palazzo con d u e ingressi, lo mise a disposizione dei d u e uomini, che vi si d e t t e r o convegno passando dalle d u e diverse p o r t e in m o d o da n o n d a r nell'occhio, u n a sera della seconda m e t à di gennaio (la data n o n è accertata con precisione). S e c o n d o qualche storico fu l'avvìo delle laboriose trattative c h e sei a n n i d o p o sfociarono nella Conciliazione. Q u e s t o n o n è del tutto esatto. Secondo la testimonianza di Santucci, al t e r m i n e del l u n g o colloquio cui egli n o n aveva assistito, il C a r d i n a l e gli disse che «per o r a siamo intesi che n o n conv e n g a affrontare in p i e n o la q u e s t i o n e r o m a n a » . Ciò vuol d i r e c h e n e a v e v a n o p a r l a t o , m a solo p e r darsi r e c i p r o c a m e n t e u n a p r o v a di b u o n a volontà e r a g g i u n g e r e più facilm e n t e l'accordo su altre cose. Quella c h e p i ù stava a c u o r e a G a s p a r r i e r a il B a n c o di R o m a , che finanziava t u t t e le organizzazioni cattoliche e il loro giornale Corriere d'Italia, e che in quel m o m e n t o versava in condizioni d i s p e r a t e . G a s p a r r i chiese a Mussolini di 140

s o c c o r r e r l o , Mussolini s ' i m p e g n ò a farlo, e lo fece p e r c h é anche a lui stava a c u o r e qualcosa p e r la quale Gasparri poteva essergli di g r a n d e e decisivo aiuto. Della m a g g i o r a n z a di cui disponeva alla C a m e r a , i p o p o l a r i e r a n o il g r u p p o più c o m p a t t o , anzi l'unico g r u p p o c o m p a t t o p e r c h é le altre forze di centro e di destra e r a n o o r a m a i frantumate. Ma il p a r tito n o n e r a affatto c o n c o r d e nell'atteggiamento verso il fascismo. L'ala d e s t r a e r a a d d i r i t t u r a p e r la collaborazione al governo, cui infatti aveva prestato d u e suoi u o m i n i - Cavazzoni e T a n g o r r a - c o m e Ministri, e alcuni altri c o m e Sottosegretari. L'ala sinistra capeggiata da Miglioli e r a risolutam e n t e p e r l'opposizione. La m a g g i o r a n z a di c e n t r o , guidata da Sturzo e De Gasperi, e r a contro la collaborazione e p e r un a p p o g g i o condizionato da molte riserve. Queste tre tend e n z e stavano p e r venire a confronto nel congresso del p a r tito che si doveva t e n e r e a Torino in aprile. E Mussolini sapeva che u n a cosa sola avrebbe p o t u t o i n d u r r e Sturzo, sicuro vincitore, a m u t a r e a t t e g g i a m e n t o o ad a b b a n d o n a r e la partita: un richiamo della Santa Sede. C e r t o , egli n o n lo chiese esplicitamente a G a s p a r r i . Ma p r o b a b i l m e n t e glielo fece capire al suo solito m o d o : cedendo a tutte le sue richieste p e r q u a n t o riguardava n o n solo il Banco di R o m a , ma a n c h e la parificazione delle scuole private (quasi tutte in m a n o ai preti) a quelle dello Stato, l'inseg n a m e n t o religioso, il ripristino del Crocifisso nelle aule, la lotta c o n t r o la m a s s o n e r i a , e infine a n c h e a d o m b r a n d o la possibilità, sia p u r e p r o i e t t a t a i n u n a v v e n i r e l o n t a n o , d i u n a conciliazione fra Stato e Chiesa; ma anche facendo p r e sente la difficoltà, p e r lui, di legare le m a n i alle s q u a d r e fasciste c o n t r o le organizzazioni e le leghe cattoliche se queste c o n t i n u a v a n o a farsi r a p p r e s e n t a r e da un p a r t i t o c h e si schierava c o n t r o il g o v e r n o fascista. Gasparri n o n era u o m o da scandalizzarsi di un simile ricatto. Vecchio arnese di Curia t e m p o r a l e , esperto solo di affari t e r r e n i , scettico sugli u o m i n i , rotto a t u t t e le loro astuzie e p r o n t o a ricambiarle, dovette anzi trovare di suo gusto 141

il linguaggio del suo interlocutore. E infatti, u s c e n d o , disse a Santucci: «È un u o m o di p r i m ' o r d i n e : sono molto soddisfatto del colloquio». Anche Mussolini lo era, c o m e disse ad Acerbo. Q u a n t o alla questione r o m a n a , forse un solo i m p e g n o avevano p r e s o l ' u n o con l'altro: quello di p r o s e g u i r e i loro contatti attraverso un fiduciario, il p a d r e gesuita Tacchi Venturi, che infatti da allora iniziò la sua furtiva spola fra i d u e uomini, e che fu il vero tessitore della lunga t r a m a che p o r t ò alla Conciliazione. Ma Duce e C a r d i n a l e si e r a n o studiati, e si e r a n o piaciuti, o p e r lo m e n o n o n si e r a n o dispiaciuti.

CAPITOLO SESTO

IL «LISTONE»

P r e s e n t a n d o il suo g o v e r n o alla C a m e r a , Mussolini aveva d e t t o ch'essa d o v e v a «sentire la sua p a r t i c o l a r e posizione c h e la r e n d e passibile di scioglimento fra d u e g i o r n i o fra d u e anni». Era u n a minaccia, ma con la pistola scarica. Mussolini aveva chiesto al Re di firmargli un d e c r e t o in bianco p e r attuarla q u a n d o gli fosse convenuto, ma il Re glielo aveva rifiutato. Egli tuttavia si r e n d e v a c o n t o c h e con p o c h e diecine di d e p u t a t i n o n avrebbe p o t u t o tirare avanti a lungo o avrebbe d o v u t o farlo a prezzo di compromessi paralizzanti. E perciò fin dal p r i m o m o m e n t o mise allo studio u n a riforma della legge elettorale che gli permettesse di contare su u n a m a g g i o r a n z a stabile. Favorevoli al p r o g e t t o e r a n o Giolitti, S a l a n d r a e quasi tutti i vecchi notabili del m o n d o liberale che s p e r a v a n o in un r i t o r n o al collegio u n i n o m i n a l e , su cui si e r a n o s e m p r e fondate le loro fortune. Ma a l l ' a b b a n d o n o della p r o p o r z i o nale si s a r e b b e r o o p p o s t i , oltre c h e i socialisti, i p o p o l a r i , c h e da essa t r a e v a n o la loro forza. I n o l t r e a n c h e in c a m p o fascista, c ' e r a n o divergenze di o p i n i o n i : Farinacci p r o p e n deva p e r un r i t o r n o p u r o e semplice al collegio u n i n o m i n a le, Bianchi p e r un sistema maggioritario che garantisse d u e terzi dei posti alla lista che avesse o t t e n u t o la m a g g i o r a n z a relativa. Mussolini, c o m e al solito, n o n si p r o n u n c i a v a , ma da u n ' i n t e r v i s t a a un g i o r n a l e francese s e m b r a v a che p r o p e n d e s s e p e r il voto p l u r i m o : «E a s s u r d o - aveva d e t t o c o n c e d e r e gli stessi privilegi a un u o m o incolto e a un rettore d'Università». Ma poi su questa tesi n o n t o r n ò più. Il G r a n Consiglio affrontò il p r o b l e m a in m a r z o , il 25 143

aprile o p t ò p e r la p r o p o s t a Bianchi contro quella Farinacci, e incaricò Acerbo di t r a d u r l a in un p r o g e t t o di legge. Mussolini lo p r e s e n t ò ai p r i m i di g i u g n o alla C a m e r a , e questa lo diede in esame a u n a Commissione di cui facevano p a r t e tutti i maggiori e s p o n e n t i dei vari partiti da Giolitti e Saland r a p e r i liberali, a B o n o m i p e r i socialisti riformisti, a Turati, a Lazzari, al comunista Graziadei, a De Gasperi p e r i popolari. I contrasti furono aspri, ma alla fine la Commissione a p p r o v ò il concetto informatore della riforma. O r a p e r ò era la C a m e r a che doveva pronunciarsi, ed era chiaro che tutto sarebbe dipeso dai popolari: se costoro fossero stati compatti nel rifiuto, il p r o g e t t o sarebbe stato bocciato, e Mussolini avrebbe subito u n a disfatta catastrofica. Per il rifiuto era Don Sturzo che il congresso del partito, tenutosi poco p r i m a a Torino, aveva confermato segretario. Per venire a capo della sua opposizione, bisognava toglierlo di mezzo. E p e r toglierlo di mezzo, n o n c'era che un m o d o : i n d u r r e la Santa Sede a revocargli l'appoggio. Per r a g g i u n gere questo fine, Mussolini ricorse alle sue solite a r m i della lusinga e della minaccia. Presso il Vaticano, egli poteva vant a r e solide b e n e m e r e n z e : aveva rimesso il crocefisso nelle scuole, reso obbligatorio l ' i n s e g n a m e n t o religioso, esentato i seminaristi dal servizio militare, migliorato le condizioni e c o n o m i c h e del clero, e infine avviato il colloquio con Gas p a r r i . Q u e s t o p e r ò n o n aveva i m p e d i t o all'Osservatore Romano di p l a u d i r e alla riconferma di Sturzo, che a T o r i n o si era b a t t u t o su tesi n e t t a m e n t e anticollaborazioniste. La c a m p a g n a che contro di lui si scatenò sulla stampa fascista fu c e r t a m e n t e voluta da Mussolini. E a l t r e t t a n t o p u ò dirsi del minaccioso e offensivo atteggiamento che gli squadristi assunsero nei confronti dei preti e delle loro istituzioni. Egli ne t e n n e in freno la violenza, ma se ne servì, facendo b e n capire in Vaticano che avrebbe p o t u t o egli stesso esserne sopraffatto se n o n se ne eliminava la causa. Il Vaticano n o n o p p o s e molte resistenze e, p i ù c h e D o n S t u r z o , b a d ò a salvare la faccia. In un articolo sul Corriere 144

d'Italia, g i o r n a l e m o l t o vicino alla C u r i a , m o n s i g n o r Pucci invitò il p r e t e siciliano a trarsi da p a r t e . De Gasperi, che di Sturzo era il braccio destro p u r senza condividerne a p p i e n o l'intransigenza, cercò di p a r a r e il colpo m e t t e n d o in dubbio in u n a intervista c h e la p a r o l a di Pucci fosse quella della S a n t a S e d e . Pucci rispose c h e , a n c h e se la sua p a r o l a n o n era quella della Santa Sede, ne rispecchiava l'opinione, e la Santa Sede n o n smentì. Nello stesso m o m e n t o i cattolici nazionali, che già avevano secessionato dal partito, r e d a s s e r o un proclama di adesione al g o v e r n o e alla riforma elettorale che v e n n e sottoscritto a n c h e da molti dignitari della C o r t e Pontificia. Sturzo capì l'antifona e, a n c o r a u n a volta piegandosi al volere della Chiesa, rassegnò le dimissioni da segretario. Era il 10 luglio (del '23), p r o p r i o il giorno in cui alla Cam e r a iniziava il dibattito sul disegno di legge. Restava ancora da v e d e r e cosa a v r e b b e r o fatto i d e p u t a t i p o p o l a r i d o p o il ritiro del loro capo. In loro n o m e p a r l ò un giovane parlam e n t a r e toscano, G r o n c h i , p e r rilanciare il p r o g e t t o di un c o m p r o m e s s o p r o p o s t o da De G a s p e r i : la lista v i n c e n t e avrebbe avuto i tre quinti dei posti a condizione che avesse ottenuto u n a quotazione di almeno il quaranta per cento. Ma Mussolini, che già aveva rifiutato quella p r o p o s t a , t o r n ò a rifiutarla, e molti p e n s a r o n o che quella r o t t u r a preludesse alla sua disfatta. Q u a n d o p r e s e la parola, tutti si aspettavano un discorso violento, c o m ' e r a solito farne q u a n d o , esaurite le a r m i della blandizie, ricorreva all'intimidazione. N o n fu così. D u e storici n o n certo teneri verso di lui, Salvatorelli e Mira, riconoscono ch'egli p r o n u n c i ò in quella occasione il discorso p i ù «parlamentare» della sua c a r r i e r a , u n v e r o capolavoro p e r m o d e r a z i o n e e senso di m i s u r a , che colse c o n t r o p i e d e gli avversari e ne s c o m p a g i n ò il blocco. B o n o m i e i liberali di A m e n d o l a a b b a n d o n a r o n o il no e decisero di astenersi. Anche il f r o n t e dei socialisti t u r a t i a n i si r u p p e : p e r bocca di D'Aragona, i sindacalisti della C O L si d i c h i a r a r o n o i n d i p e n 145

d e n t i dal partito. Ma lo s g r e t o l a m e n t o più grave e decisivo fu quello dei p o p o l a r i . Per i m p e d i r l o e t e n e r e uniti i suoi, D e G a s p e r i ricorse a u n e n n e s i m o c o m p r o m e s s o , p r o p o n e n d o nella sua replica che i popolari votassero la fiducia al g o v e r n o p u r r i b a d e n d o il no alla riforma. Ma n o n riuscì a ricucirne le fila. Alla testa del loro g r u p p o , Vassallo e Cavazzoni saltarono il fosso, molti altri a n n u n c i a r o n o l'astensione, e da quel m o m e n t o fu chiaro che il g o v e r n o aveva partita vinta. Messo ai voti, il p r o g e t t o ne raccolse 235 contro 139 e 77 schede bianche. Forte di quel successo, Mussolini evitò di c o m p r o m e t t e r lo con mosse precipitose, e m a n d ò in vacanza i d e p u t a t i senza a c c e n n a r e a prossime elezioni. In realtà n o n pensava ad altro, e tutto quello che fece in quei tre mesi, lo fece in vista di esse. A n c h e gli a v v e n i m e n t i i n t e r n a z i o n a l i egli li sfruttò u n i c a m e n t e a fini di p r o p a g a n d a elettorale, e p r o p r i o p e r questo rischiò di compiervi e r r o r i irreparabili. Il t r a t t a t o di L o s a n n a , c h e assegnava definitivamente il Dodecaneso all'Italia, aveva ancor più guastato i nostri r a p porti con la Grecia, e a invelenirli u l t e r i o r m e n t e era insorto, o meglio si era rinfocolato, il p r o b l e m a dell'Albania. La Grecia a s p i r a v a ad a n n e t t e r s e n e le r e g i o n i m e r i d i o n a l i c o m e p a r t e i n t e g r a n t e d e l suo E p i r o . L'Italia c o n t e s t a v a q u e s t e pretese, era riuscita a farle r e s p i n g e r e dagli Alleati, e aveva m a n d a t o u n a commissione militare, guidata dal generale Tellini, a fissare la frontiera fra i d u e Paesi nel m o d o più favorevole all'Albania. Ad A t e n e ci f u r o n o c l a m o r o s e d i m o strazioni antitaliane e violenti attacchi della s t a m p a a Mussolini che, esasperato, o r d i n ò il c o n c e n t r a m e n t o della flotta a Taranto. La t e n s i o n e e r a già al m a s s i m o q u a n d o , il 27 agosto, g i u n s e notizia c h e Tellini e i suoi c o l l a b o r a t o r i e r a n o stati t r u c i d a t i m e n t r e c o m p i v a n o u n a r i c o g n i z i o n e . L'episodio s e m b r a v a fatto a p p o s t a p e r offrire a Mussolini il d e s t r o di 146

m o s t r a r e agl'italiani la sua energia: tanto che, n o n essendosene mai trovati i responsabili, q u a l c u n o avanzò poi l'ipotesi che ad organizzare sotto banco l'eccidio fosse stato lui stesso. Ma ne m a n c a qualsiasi p r o v a , e la cosa ci s e m b r a p o c o credibile. La reazione di Mussolini fu sconsiderata, ma di sicuro effetto p r o p a g a n d i s t i c o . Alla Grecia fu inviato un ultimatum con cui le si i n g i u n g e v a di fare, nello spazio di v e n t i q u a t tr'ore, le scuse, di p a g a r e u n ' i n d e n n i t à di c i n q u a n t a milioni, e di p u n i r e con la m o r t e i colpevoli. Era chiaro che la Grecia n o n poteva accettare: facendolo, si sarebbe riconosciuta responsabile dell'accaduto. Cercò con u n a risposta dilatoria di g u a d a g n a r e t e m p o , ma Mussolini n o n glielo dette. Il 31 agosto la flotta si p r e s e n t ò al largo di Corfù, e ne intimò la resa. Il c o m a n d a n t e della piazza rifiutò, e le navi a p r i r o n o il fuoco sul castello veneziano della città. Pare che questi n o n fossero gli ordini impartiti da Mussolini che più tardi definì «superfluo» quel gesto, e l'ammiraglio T h a o n di Revel, Ministro della Marina, rivolse un rimp r o v e r o al c o m a n d a n t e della s q u a d r a che, se agì di testa sua, avrebbe meritato b e n peggio. Nel castello n o n c'era n e m m e n o u n a g u a r n i g i o n e . C ' e r a n o soltanto dei p r o f u g h i dalla Turchia, di cui u n a ventina r i m a s e r o sotto le macerie, sulle quali i marinai, sbarcati subito d o p o , issarono il tricolore. L'insensato gesto p i a c q u e agl'italiani, ma mise la Grecia dalla p a r t e della r a g i o n e e a t t i r ò sull'Italia i fulmini della Società delle Nazioni che lo c o n d a n n ò quasi all'unanimità. Mussolini ne fu sconcertato. Sebbene a r a p p r e s e n t a r e l'Italia ci avesse m a n d a t o u n a personalità a u t o r e v o l e c o m e Sal a n d r a , egli n o n attribuiva n e s s u n a i m p o r t a n z a a quel consesso, e minacciò di a b b a n d o n a r l o se esso insisteva a interferire in u n a questione che, coinvolgendo l'onore e la dignità nazionale, egli giudicava di sua esclusiva spettanza. Saland r a fece del suo meglio p e r evitare la rottura, e ci riuscì grazie alle divisioni c h e già m i n a v a n o la Società. La F r a n c i a aveva interesse a garantirsi l'appoggio italiano nelle sue dia147

tribe coi tedeschi p e r la Ruhr, e la stessa Inghilterra, p u r erg e n d o s i a p a l a d i n a della Grecia, si mostrava d e s i d e r o s a di u n a pacifica composizione. Per arrivarci, si finì p e r accettare la tesi di Mussolini sec o n d o la quale n o n era la Società che doveva p r o n u n c i a r s i , ma la C o n f e r e n z a degli Ambasciatori, da cui d i p e n d e v a la commissione militare di Tellini. P u r r e n d e n d o s i conto della infondatezza di questa tesi, Salandra la sostenne con la sua abilità di avvocato m e r i d i o n a l e . E a n c h e la Grecia finì p e r piegarvisi q u a n d o vide dileguare la speranza di un «fronte» con la Jugoslavia. Mussolini infatti aveva corso a n c h e questo rischio riattizzando, p r o p r i o sul più bello della crisi con la Grecia, la questione di F i u m e . Siccome la commissione mista italo-jugoslava n o n riusciva a fare passi avanti p e r la delimitazione dei confini e p e r l ' o r d i n a m e n t o dello «Stato libero» della città c o n v e n u t o a L o c a m o , egli m a n d ò ad a s s u m e r n e il c o m a n d o il G e n e r a l e G i a r d i n o . In pratica, questo significava l'annessione p u r a e semplice di Fiume, la Jugoslavia protestò, e subito la Grecia le p r o p o s e un p a t t o difensivo c o n t r o l'Italia. Ma il re Alessandro e il C a p o del G o v e r n o Pasic, e n t r a m b i di t e m p e r a m e n t o autoritario e q u i n d i simpatizzanti di Mussolini, n o n vollero s a p e r n e e, salvata la faccia con la nota di protesta, si r a s s e g n a r o n o al fatto c o m p i u t o . La Conferenza degli Ambasciatori avallò le richieste dell'Italia alla Grecia, anzi le fece sue. E con questo ingegnoso s t r a t a g e m m a p r o c e d u r a l e impose alla Grecia di d a r n e soddisfazione n o n all'Italia, ma alla Conferenza. Forte di q u e sto v e r d e t t o , l ' I n g h i l t e r r a chiese all'Italia lo s g o m b e r o imm e d i a t o di Corfù, c h ' e r a la v e r a posta del giuoco. L o n d r a sospettava che Mussolini volesse fare di Corfù un altro Dodecaneso che, occupato nel '12 a titolo t e m p o r a n e o , era poi r i m a s t o d e f i n i t i v a m e n t e italiano. E il sospetto n o n e r a del tutto infondato: secondo Guariglia, a n c h e se n o n se la p r o p o n e v a , Mussolini s p e r a v a che gli a v v e n i m e n t i gli consentissero di p r o c e d e r e all'annessione. 148

Infatti n o n vi r i n u n z i ò subito. Alla richiesta inglese, rispose mobilitando la flotta, e p e r alcuni giorni sulla stampa fascista i minacciosi accenti del Mare nostrum r i s u o n a r o n o a piena orchestra. Ma la diplomazia inglese capì che tanta bald a n z a e aggressività e r a n o di p u r a platea e t e n n e d u r o , p u r c o n c e d e n d o a Mussolini t u t t e le s c a p p a t o i e p e r salvare la faccia. Egli s u b o r d i n ò l'evacuazione dell'isola al castigo degli assassini. Ma, siccome gli assassini n o n v e n n e r o scoperti, si a c c o n t e n t ò del r i s a r c i m e n t o di 50 milioni e l a r g e n d o n e dieci ai rifugiati greci che a v e v a n o fatto le spese del b o m b a r d a m e n t o , e ritirò la flotta. In sostanza, si e r a a r r e s o , ma senza r i n u n c i a r e a quegli atteggiamenti gladiatori che gli p r o c u r a v a n o popolarità nel Paese. La s t a m p a fascista ebbe b u o n i p r e t e s t i p e r scrivere ch'egli aveva umiliato la Società delle Nazioni, t e n u t o testa all'Inghilterra, e p e r stabilire un raffronto fra lui e Giolitti che nel '20 aveva inghiottito senza reagire l'uccisione di d u e nostri ufficiali a Spalato. I n t u t t o q u e s t o c ' e r a a n c h e d e l v e r o . L a Società d e l l e Nazioni usciva malissimo dalla p r o v a , e n o n si s a r e b b e mai r i p r e s a dal discredito c h e g l i e n ' e r a d e r i v a t o . Ma Mussolini, s e b b e n e ai fini p r o p a g a n d i s t i c i avesse s a p u t o t r a r r e dalla v i c e n d a il m a s s i m o p r o f ì t t o , ne e r a r i m a s t o p r o f o n d a m e n t e a m a r e g g i a t o . P a r l a n d o n e c o n g l ' i n t i m i , l a definì «una gratuita e i m p u d e n t e mistificazione ai d a n n i dell'Italia». E Ciano racconta nel suo Diario che a n c o r a tanti a n n i d o p o Mussolini gli aveva d e t t o di avere «dal 1923 un conto in sospeso, e i greci s'illudono se p e n s a n o ch'egli abbia d a t o il c o l p o di s p u g n a » . C'è da c h i e d e r s i q u a n t o q u e s t o r a n c o r e abbia influito sulla decisione di attaccare la Grecia nel '40 c o n t r o ogni strategica convenienza. Ma qui si e n t r a nell'opinabile. Liquidato l'incidente e segnatolo all'attivo del p r o p r i o p r e stigio, egli si r i d e t t e a n i m a e c o r p o ai p r e p a r a t i v i delle elezioni. Per p r e s e n t a r v e l o con p r o b a b i l i t à di successo, biso149

gnava confezionare al fascismo un abito n u o v o , che lo r e n desse p i ù rispettabile e accetto a u n a pubblica o p i n i o n e in g r a n d e m a g g i o r a n z a m o d e r a t a . E l ' i m p r e s a n o n e r a facile p e r le resistenze del t u r b o l e n t o e l e m e n t o squadrista. Sin dall'indomani della marcia su Roma, si era delineato in seno al partito un m o v i m e n t o «revisionista» che aveva sostenuto le tesi «normalizzatrici» del disarmo delle s q u a d r e e d e l l ' a b b a n d o n o della violenza. La p u n t a e s t r e m a di questa t e n d e n z a e r a stato G r a n d i , c h e aveva p e r f i n o ventilato lo scioglimento di tutti i partiti, c o m p r e s o quello fascista. A p o tere conquistato, egli diceva, il fascismo s'identificava o r m a i con la Nazione, e doveva farne sue tutte le istanze, dimentic a n d o quelle di p a r t e . Forse, a ispirargli questi p r o p o s i t i , c'era a n c h e un interesse personale: G r a n d i n o n era mai stato p o p o l a r e d e n t r o il p a r t i t o . Ma n o n e r a il solo a covarli. Sia p u r e in m a n i e r a più sfumata, queste e r a n o anche le tesi di Bottai, che p e r sostenerle aveva fondato u n a rivista, Critica fascista, affidata soprattutto all'agile e abile p e n n a di Massimo Rocca, un c u r i o s o e i n q u i e t o p e r s o n a g g i o c h e aveva militato nelle fila degli anarchici, poi e r a stato u n o squadrista fra i p i ù accesi e risoluti, e ora, nella lotta c o n t r o gl'intransigenti, si mostrava più intransigente di loro. In questa diatriba, Mussolini n o n aveva p r e s o posizione. Ma ci sono abbastanza e l e m e n t i p e r p o t e r d i r e che n o n gli dispiaceva e c h e , se n o n p r o m o s s o , egli aveva c e r t a m e n t e facilitato la fondazione di un q u o t i d i a n o , il Corriere italiano che, sotto la d i r e z i o n e di Filippelli, e r a d i v e n t a t o l'organo ufficiale dei revisionisti c o n t r o Cremona Nuova di Farinacci. Tutto era fra loro materia di contrasto. Ma particolarmente era destinato a diventarlo il criterio con cui si doveva proced e r e a formare la lista dei candidati in vista dell'elezioni n o n a n c o r a a n n u n c i a t e , m a o r m a i inevitabili. G l ' i n t r a n s i g e n t i n a t u r a l m e n t e le volevano riservate ai fascisti di p r o v a t a fede, i cosiddetti «antemarcia». I revisionisti le volevano allargate a tutte le p e r s o n e di provata capacità e competenza, da qualsiasi c a m p o venissero. Era s e m p r e lo stesso d i l e m m a se 150

la rivoluzione dovesse d i v e n t a r e Stato o se lo Stato dovesse d i v e n t a r e s t r u m e n t o della rivoluzione, m a r e s o a c u t o dal p r o b l e m a i m m e d i a t o e concreto della scelta dei candidati. La p o l e m i c a toccò tali p u n t i di a s p r e z z a che la G i u n t a esecutiva del p a r t i t o d o v e t t e i n t e r v e n i r e . C o m e cittadella dei vecchi fascisti, essa accolse il p u n t o di vista di Farinacci, ed espulse Rocca. Ma questo c o m p o r t a v a la «purga» di tutto il revisionismo, di fronte alla quale Mussolini n o n poteva m a n t e n e r e la sua neutralità. I pochi segni che fin allora egli aveva d a t o e r a n o parsi in favore dei revisionisti. «Possiamo, d o b b i a m o regalare a chi v o r r à p r e n d e r s e l i - aveva scritto a Farinacci in agosto - c e n t o o d u e c e n t o m i l a fascisti che, invece di facilitare, complicano b a l o r d a m e n t e l'opera del gov e r n o fascista», e allo stesso m o t i v o e r a n o i s p i r a t e le s u e «circolari» ai Prefetti, con cui li invitava ad affermare semp r e , sull'autorità del p a r t i t o , l'autorità dello Stato. A Filippelli il suo a t t e g g i a m e n t o s e m b r a v a t a l m e n t e c h i a r o c h e , d o p o la c a d u t a di Rocca, scrisse: «A q u a n d o l ' e s p u l s i o n e dell'on. Mussolini?» In realtà, vista a posteriori, la sua e r a la solita tattica: acc e n d e r e il fuoco, lasciare che altri vi si bruciassero le mani, e p p o i i n t e r v e n i r e c o m e paciere al di sopra delle p a r t i . Conosciute le decisioni della Giunta, egli pose Yaut aut: o q u e sta le revocava, o lui faceva atto di solidarietà con Rocca. Alla G i u n t a n o n restò che dimettersi r i m e t t e n d o l'ultima parola a lui, che a sua volta la rimise al G r a n Consiglio. Il risultato fu il solito colpo al c e r c h i o e l'altro alla b o t t e ; un completo r i m a n e g g i a m e n t o degli organi dirigenti del partito con la n o m i n a del «duro» G i u n t a a segretario politico, la c o n f e r m a dell'autorità prefettizia nelle province, un totale atto di sottomissione del partito al suo Duce, l'addolcimento della c o n d a n n a di Rocca in u n a s o s p e n s i o n e di t r e mesi. N e m m e n o stavolta Mussolini si e r a p r o n u n c i a t o fra revisionisti e intransigenti, ma aveva i m p e d i t o il trionfo degli u n i sugli altri p e r c h é gli facevano c o m o d o e n t r a m b i : gli u n i p e r d i m o s t r a r e le sue intenzioni distensive, gli altri p e r tenersi 151

in m a n o la carta della violenza c o n t r o i recalcitranti. E intanto risultava c o m e l'unico vincente di u n a p a r t i t a in cui tutti gli altri avevano perso. Quale tipo di partito e di Stato avesse in testa è p e r ò difficile dire, e c r e d i a m o che abbia r a g i o n e De Felice q u a n d o scrive che n o n ne aveva in testa nessuno. C o m e al solito, egli navigava senza un p i a n o preciso, affidandosi ai venti, e cont a n d o solo sul p r o p r i o fiuto p e r r e s t a r n e sul filo. Nulla dim o s t r a che in q u e l m o m e n t o egli pensasse a un r e g i m e , e basta v e d e r e il m o d o in cui aveva scatenato e chiuso quella singolare battaglia del revisionismo, che gli e r a servita solo p e r r i d u r r e all'obbedienza il partito e r e n d e r l o docile all'operazione cosmetica cui intendeva sottoporlo p e r vincere le elezioni. Per il m o m e n t o , il suo t r a g u a r d o era solo q u e s t o . Al resto, avrebbe pensato d o p o . Anche le opposizioni n o n p e n s a v a n o ad altro, e si p r e p a ravano alla battaglia con tale pessimismo che molti p r o p o s e ro di n o n combatterla n e m m e n o . L'idea partì dai repubblicani. Dati i vantaggi che la n u o v a legge elettorale assicurava alla lista governativa, essi dissero, e il ricatto della violenza che i fascisti n o n avrebbero m a n c a t o di esercitare, la migliore a r m a di difesa e r a l'astensione: se questa avesse s u p e r a t o il cinquanta p e r cento, p e r Mussolini sarebbe stata u n a «disfatta morale» che lo avrebbe costretto alle dimissioni. Q u e sta t e n d e n z a a spostare la battaglia dal p i a n o politico a quello morale e r a un p r e l u d i o dell'Aventino, e infatti trovò subit o u n a r d e n t e sostenitore i n A m e n d o l a , c h e dell'Aventino sarebbe stato di lì a poco l'anima e la coscienza. In un p r i m o m o m e n t o questa tesi fu sostenuta a n c h e da un giovane e s p o n e n t e del partito socialista riformista di Turati: Giacomo Matteotti, d e p u t a t o di Rovigo, c h e i c o m p a gni chiamavano «Tempesta» p e r il suo t e m p e r a m e n t o battagliero. Sebbene figlio di ricchi p r o p r i e t a r i terrieri, militava nel p a r t i t o fin d a l l ' a d o l e s c e n z a , e i fascisti n o n e r a n o m a i riusciti ad averne ragione n e m m e n o con le aggressioni. Ma fu a p p u n t o q u e s t o spirito p u g n a c e che subito d o p o lo in152

dusse a rifiutare la tesi astensionista. Molti socialisti, egli disse a T u r a t i , n o n c h i e d o n o di m e g l i o che di essere esentati dalla lotta, e l'astensione n o n farebbe che incoraggiare la lor o viltà. B i s o g n a v a n o n solo i m p e g n a r v i s i , m a a n c h e inasprirla, in m o d o da n o n lasciare s c a m p o agl'indecisi: o di q u a o di là. Ci f u r o n o , fra i vari g r u p p i , conciliaboli e discussioni, a n c h e roventi. Ma alla fine l'idea dell'astensione fu a b b a n d o n a t a . La C a m e r a fu sciolta il 25 gennaio (del '24), e le elezioni indette p e r il 6 di aprile. Ma subito fu chiaro che Mussolini i n t e n d e v a d a r loro il carattere n o n di u n a battaglia fascista, ma di un plebiscito p r ò o contro la politica fin lì perseguita. E lo disse a un Consiglio nazionale del p a r t i t o r i u n i t o il 28 g e n n a i o a palazzo Venezia. N i e n t e n o r m a l i z z a z i o n e , dichiarò, se con questa parola si voleva i n t e n d e r e lo sbaraccam e n t o del fascismo e della sua Milizia, che restavano intoccabili. Ma n i e n t e n e p p u r e «veteranismo» e «diciannovismo». In parole povere: quali che ne fossero i meriti, i fascisti dell a p r i m a o r a n o n d o v e v a n o p r e t e n d e r e a l m o n o p o l i o dei posti. A p a r t e gli e s p o n e n t i della sinistra che «noi seguiteremo a c o m b a t t e r e col vecchio vigore delle camicie nere», il fascismo i n t e n d e v a accogliere nelle sue file, «al di fuori, al di sopra e c o n t r o i partiti, tutti quegli u o m i n i del popolarismo, del liberalismo e delle frazioni della democrazia sociale che sono disposti a darci la loro attiva e disinteressata collaborazione, r e s t a n d o b e n e inteso che la m a g g i o r a n z a dev'essere riservata al nostro partito». Era u n a chiara indicazione di c o m e egli avrebbe c o m p o sto la sua lista di candidati, che infatti fu subito ribattezzata «il listone» p e r il suo c o m p o s i t o c a r a t t e r e di L e g i o n e Straniera. R i p r e n d e n d o la tattica che già aveva usato p e r formare il suo p r i m o M i n i s t e r o a l l ' i n d o m a n i della Marcia, egli n o n volle t r a t t a r e coi p a r t i t i . T r a t t ò coi singoli u o m i n i s b r a n c a n d o fra loro quelli che più si dimostravano p r o p e n s i alla collaborazione. Q u e s t a mossa mise in crisi sia gli u o m i n i che i partiti, spe153

cialmente quello liberale, che alla fine se la cavò lasciando liberi i p r o p r i iscritti di fare a testa loro. Ci furono d r a m m i di coscienza e d r a m m i di ambizione. E n t r ò nel listone Salandra, ma p o n e n d o come condizione di portarsi dietro un g r u p p o di fedeli. Vi e n t r ò , sia p u r e «con i m m e n s a perplessità», O r l a n d o . Vi e n t r ò De Nicola. Ma n o n vi e n t r ò Giolitti, n o n o s t a n t e i ponti d ' o r o che Mussolini gli faceva. Un p r e a n n u n c i o di c o m e si s a r e b b e conclusa la lotta lo dette lo schieramento in cui l'opposizione vi scese. M e n t r e i fascisti p r e s e n t a v a n o d u e sole liste, quella nazionale o «listone» e u n a lista «bis» limitata a quattro regioni (Toscana, Lazio-Umbria, Abruzzi e Puglie) nelle quali si sentivano abbastanza forti da sfidare a n c h e la c o n c o r r e n z a della p r i m a lista, l'opposizione ne p r e s e n t a v a b e n v e n t u n o , n o n essendo n e m m e n o i r a g g r u p p a m e n t i più similari riusciti a far blocco t r a l o r o . Perfino la m a s s o n e r i a , n o n o s t a n t e l'ostracismo comminatole da Mussolini, si divise: quella di piazza del Gesù col fascismo, quella di palazzo Giustiniani con l'antifascismo. D u r a n t e la c a m p a g n a e l e t t o r a l e , il g o v e r n o fece o g n i sforzo p e r m a n t e n e r e l'ordine. Gli conveniva p e r d u e motivi: anzitutto p e r accreditare la m a s c h e r a di rispettabilità che Mussolini voleva dargli e da cui d i p e n d e v a il voto m o d e r a to; e p p o i p e r evitare le astensioni, che sarebbero state certam e n t e i n t e r p r e t a t e c o m e un tacito rifiuto del fascismo. Ma n e m m e n o i suoi Prefetti riuscirono a i m p e d i r e le violenze. Esse si e s e r c i t a r o n o s o p r a t t u t t o c o n t r o i fascisti dissidenti, che facevano capo a Cesare Forni, Misuri, Padovani, Corgini e Sala. E si capisce p e r c h é . Invisi sia ai fascisti che agli antifascisti, essi n o n avevano né babbo né m a m m a , n o n potev a n o i n v o c a r e p r o t e z i o n e dai p r i m i , n é solidarietà dai secondi. Ma n o n f u r o n o l o r o soli a far le spese d e l l ' e s t r e m i s m o squadrista, risvegliato dal clima r o v e n t e dei comizi e delle polemiche di stampa. Un candidato massimalista fu ucciso a Reggio Emilia, A m e n d o l a a g g r e d i t o e b a s t o n a t o a R o m a . 154

A n c h e i «popolari» s u b i r o n o tali a n g h e r i e che, n o n o s t a n t e lo scarso conto in cui li teneva, la Chiesa dovette d e p l o r a r e le violenze fasciste. L'indisciplina delle s q u a d r e r e n d e v a furioso Mussolini, che tuttavia n o n osava combatterla a viso a p e r t o . «Questa è l'ultima volta c h e si fanno le elezioni così - disse a C e s a r e Rossi -. La p r o s s i m a volta v o t e r ò io p e r tutti», e forse n o n i m m a g i n a v a q u a n t o fosse nel vero. Via via che il 6 aprile si avvicinava, d i v e n t a v a s e m p r e p i ù n e r v o s o e pessimista sui risultati. Alle u r n e a n d a r o n o il 64 p e r cento degli elettori che, p e r le m e d i e italiane, e r a u n a b u o n a p e r c e n t u a l e : oltre il 5 in più della p r e c e d e n t e consultazione. Il p r i m o pericolo, quello dell'astensione in massa, era stato evitato. Poi v e n n e r o le altre cifre. Su circa 7 milioni di voti validi, il listone e la lista bis ne raccolsero 4 milioni e 650 mila, p a r i al 66 p e r cento. Più tardi si disse che c'erano stati dei brogli e che p e r esempio la m a g g i o r p a r t e dell'oltre mezzo milione di voti a n n u l lati e r a n o p e r f e t t a m e n t e validi e avevano solo il torto di essere a n d a t i all'opposizione. Ma Gobetti, u n o degli antifascisti più intransigenti, ma anche più onesti, contestò la contestazione: a n c h e se dei brogli c'erano stati, disse, n o n avevano alterato il senso del p r o n u n c i a m e n t o p o p o l a r e : sia p u r e più p e r i demeriti degli avversari che p e r i meriti suoi, il fascismo aveva vinto: p e r sovvertire questa realtà, bisognava anzitutto riconoscerla. La n u o v a C a m e r a si a p r ì il 24 maggio, festa nazionale p e r ché era la ricorrenza dell'ingresso dell'Italia in g u e r r a , e nel discorso con cui, c o m e al solito, i n a u g u r a v a la legislatura, il Re salutò i d e p u t a t i c o m e «la g e n e r a z i o n e della vittoria». Quelli fascisti, in camicia n e r a , esultavano c o n s i d e r a n d o definitivo e irreversibile il loro trionfo. E infatti dal p u n t o di vista n u m e r i c o , la loro m a g g i o r a n z a era schiacciante. Fra listone e lista bis avevano conquistato 374 seggi, lasciandone poco più di cento a un'opposizione demoralizza155

ta e divisa. I socialisti, rispetto alla legislatura p r e c e d e n t e , e r a n o calati da 123 a 46, i popolari da 108 a 39, e la galassia dei g r u p p i democratici da 124 si era ridotta a 30. Solo i comunisti - fatto significativo - avevano g u a d a g n a t o passando d a 15 a 19. Tutti avevano dichiarato che il fatto di essere riusciti a sop r a v v i v e r e m a l g r a d o le c o n d i z i o n i di s v a n t a g g i o in cui li aveva messi la n u o v a legge elettorale e le i n t i m i d a z i o n i di cui e r a n o stati fatti segno d u r a n t e la c a m p a g n a , dimostrava che il fascismo aveva vinto solo u n a battaglia e che la g u e r r a cominciava ora. M a i n r e a l t à q u e s t a g u e r r a n o n s a p e v a n o c o m e farla, e n o n riuscivano a t r o v a r e fra loro un a c c o r d o p e r u n a strategia c o m u n e . T u t t o questo p e r ò n o n ubriacava Mussolini che, col suo solito realismo, vedeva a n c h e il rovescio della medaglia. L'analisi dei risultati dimostrava che la vittoria e r a m e n o brill a n t e di q u a n t o risultasse sul p i a n o a r i t m e t i c o . A r e n d e r l a schiacciante era stato il sottoproletariato del Sud, che aveva c o m e al solito votato, secondo la vecchia logica delle «clientele», n o n p e r u n a scelta ideologica, ma p e r il partito di gov e r n o : p r o n t o a c a m b i a r e , se q u e s t o p a r t i t o d o m a n i fosse cambiato. I ceti operai del N o r d il fascismo lo avevano rifiutato m e t t e n d o n e in m i n o r a n z a il listone. Era q u e s t o che p r e o c c u p a v a Mussolini, ed è di qui che bisogna p a r t i r e p e r c o m p r e n d e r e q u a n t o avvenne subito d o p o . C o m e dice De Felice, la m a n o v r a di Mussolini era perfett a m e n t e riuscita sul c e n t r o e sulla destra, d o v e n o n e r a rim a s t o , a fargli o p p o s i z i o n e , che q u a l c h e n o t a b i l e a titolo p e r s o n a l e c o m e Giolitti. D a q u e s t a p a r t e , n o n aveva più n i e n t e da t e m e r e . L'opposizione gli veniva tutta da sinistra, ed era p r o p r i o questo che lo preoccupava. C o m e forza, n o n e r a g r a n c h é . Divisi o r m a i in d u e partiti - quello riformista di Turati (PSU), e quello massimalista di Serrati (PSI) - i socialisti, a n c h e s o m m a t i ai comunisti, n o n r a p p r e s e n t a v a n o più che un milione di voti rispetto ai quasi d u e che avevano assommato fin allora. Ma e r a n o i depositari dell'etichetta di 156

«sinistra» cui Mussolini n o n aveva mai cessato di a n e l a r e , a n c h e a costo di mettersi contro il p r o p r i o partito. N o n voleva passare p e r un u o m o di destra, o delle destre. Ed ecco p e r c h é , subito d o p o la vittoria, si affrettò a lanciare qualche sonda verso gli sconfitti. Q u i si e n t r a in un capitolo molto discusso, e che farà ancora molto discutere p e r l'impossibilità di d a r e concretezza di p r o v a a quelle che sono soltanto delle ipotesi. Ch'egli intendesse svuotare i socialisti a t t i r a n d o n e le t r u p p e nei p r o pri r a n g h i , a n a l o g a m e n t e a q u a n t o aveva fatto con liberali, conservatori e nazionalisti, n o n c'è d u b b i o . E n o n c'è d u b bio n e m m e n o che il suo bersaglio preferito fosse la Confed e r a z i o n e G e n e r a l e del Lavoro. Ci s'era p r o v a t o col «patto di pacificazione». Ci s'era provato subito d o p o la Marcia su Roma. Ed è abbastanza dimostrato che stava p e r riprovarcisi all'indomani della vittoria elettorale del 6 aprile. Lasciamo stare le testimonianze di Carlo Silvestri che, ess e n d o stato o essendosi s e m p r e c o n s i d e r a t o l'ispiratore di questa m a n o v r a , l'ha p r o b a b i l m e n t e molto r o m a n z a t a . Egli dice di aver a v u t o in visione d i r e t t a m e n t e da Mussolini, al t e m p o di Salò, i d o c u m e n t i che dimostravano il suo tentativ o d i t r o v a r e u n a c c o r d o n o n solo c o n l a C o n f e d e r a z i o n e G e n e r a l e del L a v o r o , ma a n c h e coi socialisti t u r a t i a n i del P S U . Ma questi d o c u m e n t i , che facevano p a r t e d e i fascicoli r i g u a r d a n t i il delitto Matteotti, si p e r s e r o nella fuga di Mussolini verso la m o r t e a Dongo. Tuttavia qualcosa di vero nelle affermazioni di Silvestri c'è, p e r c h é lo r i c o n o b b e a n c h e Cesare Rossi in un articolo scritto d o p o la Liberazione. Più convincenti sono altre d u e t e s t i m o n i a n z e . U n a è di G i u n t a che, d e p o n e n d o sul processo Matteotti d o p o la cad u t a del fascismo, dichiarò: «Mussolini n o n ebbe il coraggio di p o r t a r e i socialisti al g o v e r n o nel '22, ma li avrebbe p o r tati alla fine di g i u g n o del '24», e precisò anche i n o m i di coloro che i n t e n d e v a invitarvi: D'Aragona o Casalini ai Lavori Pubblici, e T i t o Zaniboni - un socialista turatiano pluridecorato di g u e r r a - c o m e sottosegretario alla Presidenza. L'al157

tra è di U m b e r t o I I , che dice di aver avuto da suo p a d r e la conferma di queste intenzioni di Mussolini. A tutto questo possiamo credere senz'altro, anche perché queste intenzioni Mussolini le aveva covate s e m p r e . In quali tentativi si siano concretate, n o n si sa. Si sa p e r ò che i socialisti qualcosa si aspettavano, e che fra loro c'erano anche dei «possibilisti» che si m o s t r a v a n o p r o p e n s i a p r e n d e r li in considerazione. Lo dice Turati nelle sue lettere alla Kuliscioff: «Troppi nostri sono stanchi di stare di c o n t i n u o coi p u g n i tesi e n o n d o m a n d a n o di meglio che un po' di deferite, c o m e i soldati della n o s t r a g u e r r a che s'inviavano delle bottiglie di vino dalle n o s t r e trincee alla trincea o p p o s t a , e viceversa. Io v a d o f a c e n d o la p r o p a g a n d a del r e s t a r e immobili nel nostro t r i n c e r a m e n t o . Q u a n d o v e d o Gonzales a braccetto con Terzaghi o sento Modigliani scherzare coi vari Ciano e Finzi e C o r b i n o nel b a n c o dei ministri mi sento venir male». Il bisogno di detente lo avvertivano infatti a n c h e molti fascisti. E fu in questo clima che prese avvìo la seconda o n d a ta revisionista. La sollevò il solito i n d o m i t o Rocca, spalleggiato - ma p i ù c a u t a m e n t e - da Bottai, e subito violentem e n t e bersagliato da Farinacci. Mussolini fu seccatissimo di questa polemica. O r d i n ò a Rocca di smetterla, ma Rocca rispose con u n a infuocata replica a Farinacci: «Ed o r a chiedi la mia espulsione. Ed io r a c c a t t e r ò la bolla di e s p u l s i o n e e me l ' a p p e n d e r ò al p e t t o c o m e la medaglia c o m m e m o r a t i v a di u n a vittoria, c o m e la consacrazione definitiva del mio cor a g g i o e della mia fede». Fu la fine di quell'eretico un p o ' esibizionista e chisciottesco, ma impavido e g e n e r o s o . Scacciato dal partito, d o p o il delitto Matteotti a n d ò a fare il fuoruscito in Francia, dove visse u n a vita g r a m a , inviso sia ai fascisti che agli antifascisti. Può s e m b r a r e s t r a n o che Mussolini castigasse così severamente l'uomo che, p r o p u g n a n d o la distensione contro l'estremismo, favoriva in fondo il suo disegno di accordo coi socialisti. Ma questo accordo, p e r negoziarlo da u n a posizio158

ne di forza, egli voleva farlo a n o m e di tutto il fascismo, e n o n con l'aria di esservi trascinato da u n a sola «frazione». Ma a n c h e fra i socialisti le resistenze alla distensione erano forti, e a i n c a r n a r n e lo spirito era Matteotti. «Rispetto alla d i t t a t u r a fascista - aveva scritto a T u r a t i - è necessario p r e n d e r e u n a t t e g g i a m e n t o diverso d a quello t e n u t o sin qui; la nostra resistenza al r e g i m e dell'arbitrio deve essere p i ù attiva; n o n c e d e r e s u n e s s u n p u n t o ; n o n a b b a n d o n a r e n e s s u n a posizione senza le p i ù recise, le p i ù alte p r o t e s t e . N e s s u n o p u ò lusingarsi che il fascismo d o m i n a n t e d e p o n g a le a r m i e restituisca la libertà al p o p o l o italiano; tutto ciò che esso ottiene lo sospinge a nuovi arbitrii, a n u o v i soprusi. E la sua essenza, la sua origine, la sua unica forza; ed è il temp e r a m e n t o stesso che lo dirige. Perciò un partito di classe e di n e t t a opposizione n o n p u ò raccogliere c h e quelli i quali siano decisi a u n a resistenza senza limiti, con disciplina ferma, tutta diretta ad un fine.» Ed è chiara l'allusione ai «compagni» che vacillavano e si mostravano disposti alla resa. Il 30 m a g g i o Matteotti p r e s e la parola dal suo banco di d e p u t a t o . Il suo discorso, che avrebbe p o t u t o esaurirsi in m e n o d i u n ' o r a , n e d u r ò q u a t t r o p e r c h é c o n t i n u a m e n t e interr o t t o dai fischi e dagli urli dei fascisti. P r e s i d e n t e dell'Ass e m b l e a e r a E n r i c o D e Nicola, c h e i n v a n o s c a m p a n e l l a v a p e r r i p o r t a r e la calma. I fascisti, q u a n d o n o n urlavano, picchiavano ritmicamente i p u g n i sul banco p e r coprire la voce dell'oratore che, i m p e r t e r r i t o , diceva dei risultati elettorali del 6 a p r i l e : « C o n t r o la l o r o convalida, noi p r e s e n t i a m o questa p u r a e semplice eccezione: che la lista di m a g g i o r a n za governativa, la quale n o m i n a l m e n t e ha o t t e n u t o u n a votazione di q u a t t r o milioni e tanti voti, cotesta n o n li ha ottenuti di fatto e liberamente». Scoppiò il putiferio. Matteotti aspettò che si placasse, poi cominciò ad elencare le prove del clima di violenza che aveva falsato il verdetto p o p o l a r e . Ad ogni tempesta di fischi e minacce, Matteotti r i s p o n d e v a : «Io e s p o n g o fatti che n o n d o 159

vrebbero provocare r u m o r e . I fatti o sono veri, o li dimostrate falsi». «Voi svalorizzate il Parlamento» urlò u n a voce. «E allora sciogliete il Parlamento.» Farinacci esplose: «Va' a finire che faremo sul serio quello che n o n abbiamo fatto!» «Fareste il vostro mestiere» ribatté Matteotti, e ricominciò a motivare le sue d e n u n c e nel solito frastuono. «Onorevoli colleghi, io d e p l o r o quello che accade...» ripeteva De Nicola, e rivolgendosi a Matteotti, lo sollecitò: «Concluda, onorevole Matteotti. N o n provochi incidenti». Matteotti s'infuriò: «Ma che maniera è questa! Lei deve tutelare il mio diritto di parlare». «Sì, ma ho a n c h e quello di r a c c o m a n d a r l e la p r u d e n z a » ribatté De Nicola, c o m e p r e s a g o di q u a n t o sarebbe a c c a d u t o . «Io chiedo d i parlare n o n p r u d e n t e m e n t e n é i m p r u d e n t e m e n t e , ma p a r l a m e n t a r m e n t e » ribatté Matteotti, e riprese la sua requisitoria intesa a chiedere l'invalidazione delle elezioni del 6 aprile. Q u a n d o ebbe finito, nel solito u r a g a n o di grida e minacce, disse, rivolto ai suoi vicini di banco: «Ho detto quel che dovevo dire, ora sta a voi p r e p a r a r e la mia orazione funebre». Q u i si p o n e la d o m a n d a p e r c h é mai Matteotti avesse p r o n u n c i a t o un discorso così s c o p e r t a m e n t e provocatorio. Come dice De Felice, n o n è pensabile ch'egli sperasse di otten e r e da quella C a m e r a il riconoscimento della p r o p r i a invalidità. E v i d e n t e m e n t e , egli si p r o p o n e v a di spezzare sul nascere, a n c h e a rischio della p r o p r i a vita, le t e n d e n z e affiorate nel p r o p r i o partito a qualche c o m p r o m e s s o col fascismo, r i c r e a n d o u n ' a t m o s f e r a da scontro frontale. E così dovette i n t e n d e r l a anche Mussolini. M u t o e i m m o b i l e , egli aveva seguito il discorso di Matteotti senza mai i n t e r r o m p e r l o , e anzi d a n d o segno di fastidio p e r il chiasso che facevano i suoi. Ma il volto pallido e tirato d e n u n c i a v a il suo furore. Q u a n d o l'avversario ebbe fin i t o , si alzò di scatto, a t t r a v e r s ò l'aula a passi concitati, e rientrò a palazzo Chigi. Nell'anticamera del suo ufficio s'imbattè in Marinelli, e lo investì: «Che fa la Ceka? ...Che fa Dumini? ...Se n o n foste d e i vigliacchi, n e s s u n o a v r e b b e mai osato p r o n u n c i a r e un simile discorso!» 160

Questi scoppi di collera e r a n o in lui frequentissimi, ma si esaurivano in se stessi, come riconobbe lo stesso Cesare Rossi nella sua testimonianza di accusa c o n t r o di lui. E tutto lascia c r e d e r e che anche quella volta fu così. Mussolini sapeva benissimo che quella famigerata Ceka era soltanto u n a squadracela di avanzi di galera, di cui ci si poteva servire p e r bassi servizi di b a s t o n a t u r e , specialmente contro i dissidenti del fascismo c o m e C e s a r e Forni, che d a l o r o e r a stato r i d o t t o quasi in fin di vita, ma n o n p e r o p e r a z i o n i di alta criminalità c o m e quel caso avrebbe richiesto. C o m u n q u e , q u a n d o il 7 giugno si ripresentò alla C a m e r a p e r p r o n u n c i a r e il suo discorso, Mussolini diede l'impressione di aver c o m p l e t a m e n t e d i m e n t i c a t o l'episodio. Tutti si aspettavano da lui, come replica a quello di Matteotti, un discorso aggressivo e minaccioso, e invece egli ne p r o n u n c i ò u n o e s t r e m a m e n t e m o d e r a t o e p i e n o , c o m e oggi si dice, di «aperture», che fra l'altro conteneva questo passaggio: «Da venti mesi a questa p a r t e n o n c'è nulla di n u o v o nella politica italiana da p a r t e dell'opposizione. Se r i t o r n o col mio p e n s i e r o a t u t t o quello che è a v v e n u t o , vedo che tutte le opposizioni si sono fissate nei soliti atteggiamenti. N o n ho visto che un atteggiamento più riservato da p a r t e della Confederazione G e n e r a l e del Lavoro, e mi è p a r s o un certo m o m e n t o che f o n . Modigliani, con l'acutezza che è un suo requisito direi quasi congenito, in u n a serie di polemiche che p o t r e b b e r o chiamarsi crepuscolari p e r c h é n o n sono v e n u t e a risultati concreti, ha cercato di disimbottigliare, di disincagliare quella p a r t e ancora possibile di socialismo da posizione aprioristiche, e q u i n d i negative. Ne riparleremo». Forse n o n e r a un'offerta, m a n o n e r a c e r t a m e n t e u n a r o t t u r a . C o m u n q u e , n o n e r a l ' a t t e g g i a m e n t o di u n o che si d i s p o n e s s e a d a r e un seguito alle minacciose p a r o l e p r o nunziate all'indirizzo di Matteotti. P u r t r o p p o , queste parole e r a n o state p r o n u n c i a t e d a v a n t i a Marinelli, il p i ù zelante, ottuso e cinico collaboratore di Mussolini.

CAPITOLO SETTIMO

«IL CADAVERE T R A I PIEDI»

Il 10 giugno era un sabato, e faceva un gran caldo. Matteotti, che abitava nei pressi di quello che è oggi il Ministero della Marina, uscì di casa verso le quattro, e prese il Lungotevere p e r avviarsi verso Montecitorio. N o n si avvide, o forse si avvide t r o p p o tardi, di un'automobile in sosta sotto i platani. Quell'automobile era lì ferma da tanto t e m p o che il portinaio di u n a casa lì nei pressi, insospettito, ne aveva notato il n u m e r o . A b o r d o c ' e r a n o cinque u o m i n i : D u m i n i , Volpi, Viola, P o v e r o m o , Malacria. E r a n o essi la famosa Ceka a cui aveva alluso Mussolini. Q u a n d o Matteotti giunse alla loro altezza, gli b a l z a r o n o addosso. Matteotti si difese c o m e potè, e seguitò a dibattersi a n c h e q u a n d o lo e b b e r o ficcato a forza nella macchina, che partì a tutta velocità verso Ponte Milvio. Riuscì a n c h e a gettare dal finestrino la sua tessera di d e p u t a t o nella speranza di a t t i r a r e l'attenzione dei passanti. S e m b r a che a un certo m o m e n t o egli tirasse un calcio così violento nei testicoli di Viola c h e questi accecato dall'ira, gli vibrò u n a p u g n a l a t a recidendogli la carotide. Col m o r t o in m a n o , i c i n q u e p e r s e r o la testa. D u m i n i , c h ' e r a al volante, si mise a girovagare senza bussola p e r le stradette di c a m p a g n a . Solo sul far della sera si fermò in un b o s c h e t t o - il b o s c h e t t o della Q u a r t a r e l l a -, e lì decise di seppellire il cadavere. N o n a v e n d o n e gli attrezzi, scavarono col crickett u n a fossa p r o f o n d a m e n o di mezzo m e t r o , ci ficc a r o n o a forza il m o r t o piegato in d u e , r i e n t r a r o n o a Roma, e nella n o t t e D u m i n i si p r e s e n t ò a Marinelli p e r riferirgli l'accaduto. 162

Q u i , il filo dei fatti si p e r d e in un groviglio di t e s t i m o n i a n z e c o n t r a d d i t t o r i e . N o n s a p p i a m o c o m e Marinelli accolse la notizia, n o n s a p p i a m o c o m e la r i p o r t ò a Mussolini, n o n s a p p i a m o come questi reagì. C'è chi dice che Marinelli uscì dal colloquio p i a n g e n d o c o m e un b a m b i n o d u r a m e n t e castigato. Ma n o n sono che voci. I fiumi d'inchiostro che sono corsi su questo episodio e le risultanze dei d u e processi di cui fu oggetto - sia di quello, poco attendibile, che si svolse subito d o p o , in r e g i m e fascista; sia di quello che si svolse nel '47 - n o n sono bastati a ricostruire con esattezza la meccanica degli avvenimenti. T o r n i a m o a quelli accertati. La notizia della scomparsa di Matteotti fu data n a t u r a l m e n t e la n o t t e stessa ai suoi amici dalla moglie s g o m e n t a . Sulla s t a m p a t r a p e l ò solo il 12, q u a n d o già la C a m e r a t u m u l t u a n t e c h i a m a v a Mussolini a fornire spiegazioni. L'uomo, che portava sul volto i segni di u n a notte insonne, dichiarò di essere all'oscuro di tutto e di a v e r e già i m p a r t i t o rigorosi o r d i n i di ricerca alla polizia, c o m p r e s a quella di frontiera. Sapeva invece t u t t o , m e n o il bosco in cui e r a sepolto il cadavere p e r c h é questo n o n riuscivano p i ù a ubicarlo n e m m e n o gli a u t o r i del delitto; e accennava alla frontiera p e r d a r credito a u n a voce che dava M a t t e o t t i p e r e s p a t r i a t o c l a n d e s t i n a m e n t e . L'opposizione accolse le s u e p a r o l e con g r i d a e t u m u l t i , e il d e p u t a t o r e pubblicano Chiesa lo accusò di voler c o p r i r e le responsabilità dei criminali, riconoscendosene in tal m o d o complice. Probabilmente, in quel m o m e n t o , egli sperava di abbuiare la vicenda. Ma il portinaio che aveva notato il n u m e r o di targa dell'automobile lo segnalò alla polizia che fece p r e s t o a identificare il p r o p r i e t a r i o della macchina: era Filippelli, il direttore del Corriere italiano, il quale l'aveva prestata a Dumini. La notizia era già sui giornali. E a questo p u n t o n o n era più possibile fermare le indagini. La n o t t e si r i u n ì il G r a n Consiglio, al t e r m i n e del quale fu emesso un laconico comunicato in cui si diceva ch'era stata presa in esame «la situazione politica generale». Natural163

m e n t e si e r a discusso invece del delitto, e qui e r a n o esplosi tutti i contrasti, ideologici e personali, che covavano in seno al «vertice» fascista. Il pretesto e r a t r o p p o b u o n o p e r far cad e r e alcune teste, e Mussolini si accorse che le più bersagliate e r a n o quelle di Marinelli, che godeva della generale antipatia, di Finzi p e r le illecite speculazioni che gli venivano attribuite a n c h e d a l l ' o p p o s i z i o n e , e s o p r a t t u t t o di Rossi p e r l'ascendente che tutti gli accreditavano su di lui. Forse n o n fu detto esplicitamente. Ma i capri espiatori e r a n o già designati. Quasi nelle stesse o r e si riunivano i capi della opposizione che, su sollecitazione di A m e n d o l a e di Turati, decisero di d i s e r t a r e le s e d u t e della C a m e r a fin q u a n d o il g o v e r n o n o n avesse chiarito le p r o p r i e responsabilità. N o n era ancora quello che poi si c h i a m ò «l'Aventino», cioè il definitivo ritiro degli oppositori c o m e gesto di c o n d a n n a m o r a l e del regime. Ma vi preludeva. Fu d u n q u e a u n ' a u l a p o p o l a t a soltanto di d e p u t a t i della sua maggioranza, a n c h e se questa era p r o f o n d a m e n t e scossa e divisa, che Mussolini si r i p r e s e n t ò l ' i n d o m a n i , 13, p i ù r i n f r a n c a t o , e c o n un p i a n o di difesa o r m a i stabilito. N o n c'era più dubbio, disse, che si trattasse di delitto. Ma i colpevoli e r a n o già stati identificati, e d u e di essi (Dumini e Putato) arrestati: il che dimostrava che la Giustizia seguiva il suo corso e lo a v r e b b e seguito fino al c o m p l e t o a c c e r t a m e n t o delle responsabilità, quali c h e fossero. «Se c'è q u a l c u n o in quest'aula - aggiunse - che abbia diritto più di tutti di essere a d d o l o r a t o e, a g g i u n g e r e i , e s a s p e r a t o , sono io. Solo un mio n e m i c o , che da l u n g h e notti avesse p e n s a t o a q u a l c h e cosa di diabolico, poteva effettuare questo delitto, che oggi ci p e r c u o t e di o r r o r e e ci s t r a p p a grida d'indignazione.» Dopodiché, con un colpo a sorpresa c e r t a m e n t e concertato con lui, il P r e s i d e n t e Rocco a g g i o r n ò i lavori della C a m e r a sine die, togliendo così ai nemici del r e g i m e il più autorevole p o dio da cui parlare. Fu allora c h e T u r a t i si accorse d e l l ' e r r o r e c o m m e s s o . 164

«Non ti dico - scrisse alla Kuliscioff - come sono pentito del n o s t r o gesto. A n o i p a r v e necessario. Ma il M i n i s t e r o , p i ù furbo di noi, ne profittò subito p e r liberarsi della C a m e r a p e r sette mesi. E la C a m e r a voleva dire la sola t r i b u n a possibile, la sola trincea, il solo controllo.» E solo curioso che, p u r e s s e n d o s e n e r e s o così b e n e c o n t o , T u r a t i fu poi t r a quelli che p i ù insistettero p e r d a r e a l ritiro u n c a r a t t e r e p e r m a n e n t e e definitivo. Liberato dalla C a m e r a , Mussolini n o n lo e r a p e r ò dalla s t a m p a che, t u t t o r a libera, n o n gli dava t r e g u a . I giornali avevano r a d d o p p i a t o le loro t i r a t u r e , e si facevano concorrenza in sensazionalismo con titoli a tutta pagina. L'impressione generale era che il r e g i m e fosse agli sgoccioli, molti fascisti gettavano via o s t e n t a t a m e n t e il distintivo, e i capi dell'opposizione videro rifiorire i n t o r n o a loro molte amicizie che c r e d e v a n o o r m a i appassite. D ' A n n u n z i o e r a uscito dal suo silenzio p e r d a r e un'intervista in cui parlava di «fetida ruina». Circolava la voce di imminenti dimissioni di Mussolini, e Sforza a d d i r i t t u r a p r o p o n e v a ai suoi amici di n o n aspettare i carabinieri e di a n d a r loro a palazzo Chigi ad arrestare l'inquilino. Questi sembrava distrutto. La sua anticamera era vuota. E l'usciere Q u i n t o N a v a r r a ha r a c c o n t a t o nelle sue m e m o rie che u n g i o r n o , n o n s e n t e n d o p i ù v e n i r e a l c u n r u m o r e dalla stanza del Duce, ne aveva socchiuso la p o r t a e lo aveva visto, in ginocchio su u n a p o l t r o n a , che batteva la testa contro il m u r o . La p o l e m i c a sui giornali si faceva s e m p r e p i ù r o v e n t e . Quelli fascisti sostenevano la tesi del «cadavere gettato tra i piedi di Mussolini» dai suoi nemici fuorusciti e massoni con la connivenza di alcuni traditori fascisti, e l'allusione era diretta s o p r a t t u t t o a Cesare Rossi. La s t a m p a antifascista sosteneva invece che Matteotti era stato soppresso p e r i m p e dirgli di fare le «rivelazioni» che aveva in serbo sugli affari che fiorivano all'ombra del r e g i m e , e di cui aveva già consegnato la d o c u m e n t a z i o n e a Turati. 165

La p r i m a ipotesi c a d d e subito p e r m a n c a n z a di elementi su cui fondarla. Nella seconda forse qualcosa di vero c'era. Matteotti, che di finanze s'intendeva, sapeva molte cose su c e r t e concessioni di r i c e r c h e p e t r o l i f e r e alla Sinclair Company e altri casi di speculazione: vi aveva accennato anche in un articolo su un periodico inglese. Ma n o n si trattava di cose da m e t t e r e in crisi il g o v e r n o , e lo d i m o s t r a il fatto che Turati n o n p r o d u s s e m a i i d o c u m e n t i di cui avrebbe avuto la copia. U n a terza ipotesi, che d o p o la Liberazione fu r i p r e s a da Carlo Silvestri, e che fornisce a r g o m e n t i a quella del «cadavere gettato fra i piedi di Mussolini», è che Matteotti v e n n e soppresso dai «falchi» del fascismo p e r creare un «caso» che impedisse l'accordo con la Confederazione G e n e r a l e del Lavoro, a cui Mussolini n o n aveva smesso di p e n s a r e . Di tutte queste c o n g e t t u r e , poco o nulla r i m a n e . O r a m a i quasi tutti gli storici c o n s e n t o n o su u n a genesi del delitto molto p i ù semplice, a l m e n o c o m e meccanica di svolgimento: quella fornita da Cesare Rossi nel suo «Memoriale». In Mussolini, disse Rossi, un fondo di criminalità c'era: lo riconosceva a n c h e suo fratello A r n a l d o . Ed era stato questo fondo a ispirargli, d o p o la requisitoria di Matteotti alla C a m e ra, la famosa e fatale invocazione alla Ceka. Quella frase basta ad attribuire a Mussolini la responsabilità m o r a l e del d e litto. Ma n o n si era t r a d o t t a in un esplicito m a n d a t o . Mussolini e r a un politico t r o p p o accorto p e r n o n capire le conseg u e n z e di un simile assassinio, e che ne venisse colto di cont r o p i e d e lo dimostra lo stesso s m a r r i m e n t o con cui vi reagì. A t r a d u r r e il suo scoppio di furore in un o r d i n e di castigo fu Marinelli, e il gesto somiglia d ' a l t r o n d e al p e r s o n a g gio: un H i m m l e r in sedicesimo, ottuso b u r o c r a t e della violenza e carrierista ambizioso, assolutamente privo di qualità sia politiche che u m a n e . La Ceka era sua, la considerava u n a specie di milizia personale, e solo da lui d i p e n d e v a . La sera del G r a n Consiglio egli aveva detto a Rossi e a Finzi che l'ord i n e d i m e t t e r l a i n m o t o gli e r a v e n u t o d a Mussolini. M a 166

Rossi n o n ci aveva c r e d u t o , e i fatti gli h a n n o dato ragione. Vent'anni d o p o , c o n d a n n a t o a m o r t e dal Tribunale di Verona insieme agli altri «traditori» del 25 luglio, Marinelli confidò a Pareschi e a Cianetti, suoi c o m p a g n i di p r i g i o n e , che l'ordine l'aveva d a t o lui, convinto di e s a u d i r e i desideri del D u c e . Resta solo da s a p e r e se l ' o r d i n e fu di u c c i d e r e Matteotti, o di «dargli u n a lezione» c o m ' e r a nello stile squadrista. N a t u r a l m e n t e gli esecutori sostennero s e m p r e che uccid e r e n o n volevano, e che la vittima gli m o r ì in m a n o . Alla loro parola n a t u r a l m e n t e n o n si p u ò c r e d e r e . Ma il m o d o in cui si svolsero le cose dimostra ch'essi avevano agito da p e r sone a t t e r r i t e dal loro p r o p r i o misfatto e che n o n avevano nulla predisposto n e m m e n o p e r occultare il cadavere. Ma il cadavere c'era, e con esso o r m a i Mussolini doveva fare i conti. Il 14 g i u g n o i Ministri «moderati» del suo gov e r n o - Gentile, Federzoni, Oviglio e De Stefani - gli mettevano a disposizione i loro portafogli p e r dargli m o d o - scrissero nella loro lettera di dimissioni - di f o r m a r e un n u o v o Ministero che favorisse la «conciliazione nazionale». Mussolini i g n o r ò la lettera, ma c o m p r e s e che qualche soddisfazione d o v e v a d a r l a , e si decise al sacrificio di d u e d e i c a p r i espiatori già designati: Rossi e Finzi. C h i e d e n d o le loro dimissioni, ad e n t r a m b i disse che si trattava di «una necessità tattica del m o m e n t o » . Essi a c c e t t a r o n o di d a r l e , ma subito d o p o si accorsero di essere sotto sorveglianza della polizia. Nascosto in casa di un amico, Rossi m a n d ò a Mussolini u n a lettera ricattatoria in cui lo minacciava di rivelare i retroscena di tutte le violenze, nelle quali lo stesso Mussolini e r a implicato c o m e m a n d a n t e . A n c h e Finzi si mise a s t e n d e r e un m e m o r i a l e , d i cui d i e d e l e t t u r a a n c h e a d alcuni e s p o n e n t i d e l l ' o p p o s i z i o n e . Ma Mussolini riuscì a p l a c a r l o in un sec o n d o colloquio. La terza vittima fu De B o n o , liquidato come c a p o della polizia p e r scarsa efficienza e sostituito con un funzionario di c a r r i e r a che desse il senso della «normalizzazione». Infine v e n n e arrestato Marinelli p e r i suoi riconosciuti r a p p o r t i con la Ceka. 167

La posizione di Mussolini r i m a n e v a precaria. Ma egli capiva che i pericoli n o n gli venivano dall'opposizione, specie o r a che si e r a ritirata definitivamente sull'Aventino, e n e m m e n o dalla piazza che, t u t t o s o m m a t o , e r a r i m a s t a quieta: gli stessi comunisti riconoscevano che a un m o t o rivoluzion a r i o n o n c'era n e m m e n o da p e n s a r e . I q u a t t r o quinti d e gl'italiani e r a n o in q u e l m o m e n t o schierati c o n t r o il fascis m o . Ma a s p e t t a v a n o c h e q u a l c u n o venisse a liberarli. E questo qualcuno n o n poteva essere che il Re. Nel m o m e n t o in cui e r a scoppiato l'affare Matteotti, il Re e r a in viaggio in S p a g n a e in Inghilterra. Rientrò il 16, e fu c e r t a m e n t e c o n t r e p i d a z i o n e che l ' i n d o m a n i Mussolini si recò al Quirinale. Sapeva benissimo che, se il Re si fosse dissociato da lui, era finita. E lo sapevano anche i suoi avversari, che infatti incontro al Re avevano m a n d a t o il C o n t e Campello. Questi salì sul t r e n o reale a Livorno, e p e r il resto del viaggio fino alla Capitale fece al Re il q u a d r o più n e r o della situazione. Il Re, c o m e al solito, ascoltò. E, c o m e al solito, t a c q u e . Forse p e r c h é n o n aveva a n c o r a deciso l'atteggiam e n t o da p r e n d e r e . O forse p e r c h é lo aveva già deciso. N o n d i v e r s a m e n t e d o v e t t e c o m p o r t a r s i l ' i n d o m a n i con Mussolini, q u a n d o questi a n d ò a riferirgli. Si va p e r i n d u zioni p e r c h é del colloquio m a n c a u n r e s o c o n t o . Mussolini n o n c'era a n d a t o a m a n i vuote. Nella cartella portava il decreto di n o m i n a di Federzoni a Ministro d e l l ' I n t e r n o , scelta c e r t a m e n t e gradita al Re e che r a p p r e s e n t a v a u n a garanzia di d i s t e n s i o n e . Il Re firmò il d e c r e t o , n o n p r e s e i m p e g n i , ma n o n diede n e m m e n o segno di voler p r e n d e r e iniziative. C o m e poi ha d e t t o suo figlio, si e r a già f o r m a t o la convinzione che Mussolini fosse del tutto estraneo al delitto. Abbastanza rassicurato sulle intenzioni del Re, Mussolini si p r e s e n t ò in Senato il 24 p e r quella che, c o m e scrisse nei suoi a p p u n t i , egli c o n s i d e r a v a «una battaglia pericolosa». Q u i gli oppositori n o n e r a n o andati sull'Aventino. E r a n o in aula, e p a r l a r o n o p e r bocca di Albertini, Sforza e Abbiate. Mussolini fu pacato e rassicurante. Disse che le indagini sul 168

delitto sarebbero continuate fino all'accertamento di tutte le responsabilità «alte o basse» che fossero, che la Giustizia sar e b b e stata inflessibile nel castigo e che l'obbiettivo del gov e r n o restava quello di s e m p r e : «la n o r m a l i t à politica e la pacificazione nazionale». M e n t r e il dibattito era tuttora in corso l'Osservatore Romano fece u d i r e la parola della Chiesa: era a s s u r d o p r e t e n d e r e che il fascismo si suicidasse e sparisse. E n o n m e n o assurdo e r a p e n s a r e c h e q u e s t o p o t e s s e a v v e n i r e senza p r o v o c a r e nel Paese spaccature e dilacerazioni. «Non si a p r i r e b b e forse il solito salto nel buio? - concludeva il giornale -. Q u e s t e inquietanti d o m a n d e sono nella m e n t e e sul labbro dei più.» Fu questa p a u r a del «salto nel buio» che alla fine prevalse nell'aula e ne d e t e r m i n ò il voto: 225 favorevoli, 21 contrari e 6 astenuti. «Voto i m p o r t a n t i s s i m o - scrisse Mussolini nei suoi a p p u n t i -, oserei dire decisivo. Il Senato in u n ' o r a difficile, nel p i e n o della t e m p e s t a politica e m o r a l e , si schierava quasi u n a n i m e col G o v e r n o . Ciò serviva da indicazione alla Corona.» Era vero. Ma quel voto n o n e r a affatto fascista, c o m e p o i fu c o n s i d e r a t o . Le r a g i o n i di esso e r a n o spiegate in u n ' i n t e r v i s t a di B e n e d e t t o C r o c e che e r a stato tra i favorevoli: ed e r a n o le ragioni di un m o d e r a t i s m o che t u t t o r a v e d e v a in Mussolini un r e s t a u r a t o r e d e l l ' o r d i n e e pensava, s o s t e n e n d o l o , di sottrarlo alle spinte eversive dell'estremismo fascista - al quale faceva risalire il delitto -, fac e n d o di lui lo s t r u m e n t o di u n a r e s t a u r a z i o n e liberal-conservatrice. N o n si trattava di farneticazioni p e r c h é , c o m e i fatti dim o s t r a r o n o , lo stesso Mussolini voleva m a r c i a r e su q u e s t a s t r a d a . F o r t e del successo r i p o r t a t o in S e n a t o , il 1° luglio p r o c e d e t t e a un rimpasto del g o v e r n o , da cui uscirono Gentile, Carnazza e C o r b i n o p e r fare posto a Casati, Sarrocchi, Nava e L a n z a di Scalea. E r a n o q u a t t r o n o m i rassicuranti: i p r i m i d u e liberali s a l a n d r i n i , N a v a u n e x - p o p o l a r e legato da stretta amicizia al Papa, L a n z a un nazionalista graditissimo al Re. E fra i n u o v i sottosegretari figurava, a g l ' I n t e r n i , 169

Dino G r a n d i , fascista con tutti i crismi, ma a n c h e garanzia di m o d e r a z i o n e . Forse su questa strada normalizzatrice Mussolini avrebbe m a r c i a t o a un passo a n c o r a p i ù r a p i d o e r i s o l u t o , se n o n avesse d o v u t o fare i conti coi suoi. Provocato dall'ondata di s d e g n o che il delitto seguitava a suscitare e dalle diserzioni che ne e r a n o seguite, il vecchio s q u a d r i s m o aveva rialzato la testa. Nostalgici di u n a «rivoluzione» di cui si sentivano def r a u d a t i , s o p r a t t u t t o gli emiliani e i toscani r e c l a m a v a n o u n a «seconda ondata» che r o m p e s s e gli o r m e g g i con la vecchia Italia liberale e democratica, ne spazzasse i resti e, libera da c o m p r o m e s s i , attuasse le istanze d e l fascismo p i ù e s t r e m o , c o m p r e s a quella r e p u b b l i c a n a . A Firenze, il 9 luglio, migliaia di v e t e r a n i del m a n g a n e l l o sfilarono p e r le strade lanciando abbasso a Mussolini ed evviva a Farinacci, considerato l'interprete più qualificato di questo stato d'animo. Fu b u o n p e r Mussolini che Farinacci n o n ne approfittasse. Farinacci n o n aveva m a n c a t o di far rilevare sul suo giornale q u a n t a r a g i o n e egli avesse avuto di o p p o r s i alla «soluzione costituzionale» scelta da Mussolini al t e m p o della Marcia su R o m a accettando l'investitura dalle m a n i del Re e dal voto del P a r l a m e n t o invece che dalle «baionette delle camicie nere». Ma p u r p u n g o l a n d o l o a r i p r e n d e r e l'iniziativa rivoluzionaria e ad agire in conseguenza, n o n p r e s e posizione c o n t r o Mussolini e gli r i m a s e sostanzialmente fedele. Altri p e r ò a s s u n s e r o a t t e g g i a m e n t i di a p e r t a dissidenza, e fra questi ci fu M a l a p a r t e che sul suo p e r i o d i c o Conquista dello Stato si fece il portavoce dello s q u a d r i s m o più intransigente. Forse sperava, cavalcandone la tigre, di capeggiare un m o v i m e n t o politico, ma poi si c o n t e n t ò di t r a m u t a r l o in letterario. Il suo appello alle «sane forze» della provincia, le uniche in g r a d o di r i g e n e r a r e con la loro violenza la vita italiana, purificandola da calcoli e compromessi, diventò il manifesto di Strapaese c h e , grazie a d u e u o m i n i migliori di lui, Longanesi e Maccari, difese la cultura e il gusto di u n a certa 170

Italia tradizionale c o n t r o le p a c c h i a n e r i e del trionfante fascismo «littorio». Stretto e incalzato fra le d u e o p p o s t e esigenze di rassicur a r e d a u n a p a r t e l'Italia m o d e r a t a del Re, dell'Esercito e del Senato, e dall'altra di t e n e r e in briglia il partito che, rec l a m a n d o la «seconda ondata», rischiava di sfuggirgli di man o , Mussolini t e n n e il solito a t t e g g i a m e n t o oscillante. Il 22 luglio, in G r a n Consiglio, egli si dichiarò p r o n t o a n c h e alla violenza, se fosse stata necessaria. Disse c h e n o n a v r e b b e consentito a n e s s u n o di fare «il processo al regime» che a p p a r t e n e v a solo alla Storia. Garantì che «la Milizia n o n si tocca», e d i e d e soddisfazione a Farinacci consentendogli di ass u m e r e la difesa di D u m i n i . Aggiunse p e r ò che a n c h e la rivoluzione richiede i suoi s t r a t a g e m m i e furberie: chiedeva perciò c o m p r e n s i o n e e aiuto. Ma il 16 agosto v e n n e il colpo di scena che mise a r e p e n taglio la sua d o p p i a m a n o v r a . Il caso volle che un g u a r d i a caccia passasse col s u o c a n e nel bosco della Q u a r t a r e l l a . Il c a n e p u n t ò il n a s o p e r t e r r a e cominciò a scavare furiosam e n t e . Affiorarono d e i resti u m a n i : e r a n o quelli d i Matteotti. N e s s u n o aveva mai dubitato che il d e p u t a t o socialista fosse stato ucciso, e la m a c a b r a s c o p e r t a n o n rivelava q u i n d i n i e n t e di n u o v o , ma rilanciò l ' o n d a t a d e l l ' i n d i g n a z i o n e e d e l l ' o r r o r e . Ancora abbastanza liberi, i giornali dell'opposizione d i e d e r o fondo al r e p e r t o r i o sensazionalistico, aggiung e n d o a n c h e particolari di fantasia sulle sevizie cui la vittima sarebbe stata sottoposta. Quelli fascisti r e p l i c a r o n o con v e e m e n z a a p p e l l a n d o s i alle s q u a d r e , ci f u r o n o tafferugli con morti e feriti, e il difficile equilibrio che Mussolini aveva trovato fra gli o p p o s t i estremismi si r u p p e . Per r i p r e n d e r e in m a n o la situazione, egli scese n u o v a m e n t e in piazza ten e n d o comizi in varie città e a l t e r n a n d o c o m e al solito le p r o m e s s e alle m i n a c c e . P a r l a n d o a i m i n a t o r i d e l M o n t e Amiata disse: «Il giorno in cui i nostri nemici uscissero dalla vociferazione molesta p e r a n d a r e alle cose c o n c r e t e , q u e l 171

g i o r n o noi di costoro f a r e m m o le s t r a m e p e r gli a c c a m p a m e n t i delle camicie nere». R i m b a l z a t a a R o m a , la frase p r o v o c ò fra i liberali fiancheggiatori un serio allarme che indusse Sarrocchi e gasati a p r e s e n t a r e le dimissioni. Mussolini riuscì a fargliele ritirare, ma un altro colpo all'opera di distensione lo inferse un esaltato dell'antifascismo u c c i d e n d o a revolverate il d e p u t a to fascista A r m a n d o Casalini c h e fra l'altro e r a dei più m o d e r a t i . La r e a z i o n e fascista fu violenta, r i c o m i n c i a r o n o le b a s t o n a t u r e e gli assalti specialmente alle logge massoniche. E s e m p r e più difficile si fece p e r Mussolini il compito di ten e r e unita u n a maggioranza, la cui c o m p o n e n t e liberal-conservatrice si scollava s e m p r e di più da quella fascista. Q u e s t o processo s e m b r a v a o r m a i irreversibile. Gl'industriali, che p r e n d e v a n o il la da Albertini e dal suo Corriere della Sera, p r e s e n t a r o n o al g o v e r n o un d o c u m e n t o in cui lo s'invitava a ripristinare tutte le libertà statutarie e in pratica a sciogliere la Milizia. Nel loro congresso di Livorno i liberali affermarono la loro «piena i n d i p e n d e n z a nell'esercizio del m a n d a t o p a r l a m e n t a r e » , cioè il diritto dei loro r a p p r e sentanti eletti nel «listone» a ritirarsi dalla m a g g i o r a n z a . E le p o t e n t i associazioni dei combattenti e dei mutilati, che già nei loro congressi dell'estate avevano p r e s o le distanze dal g o v e r n o , a n n u n z i a r o n o che n o n avrebbero partecipato alle manifestazioni del 28 o t t o b r e , s e c o n d o a n n i v e r s a r i o della Marcia su R o m a . Q u e s t a s c a d e n z a , c o m e quella del 4 n o v e m b r e , diventò p e r Mussolini un incubo. Tutte le forze fasciste v e n n e r o mobilitate p e r r i e m p i r e le piazze. Ma le piazze f u r o n o r i e m p i t e solo da esse, d a n d o così alla p u b b l i c a o p i n i o n e il senso e la m i s u r a del loro isolamento. N e m m e n o q u e s t o tuttavia riuscì a s c h i o d a r e l'Aventino dalla sua i n c o n c l u d e n z a . Salvo la «questione morale» sulla quale si e r a n o trovati tutti d'accordo, ma che impediva loro di t o r n a r e alla C a m e r a , unico t e r r e n o sul quale a v r e b b e r o p o t u t o svolgere u n a proficua azione di lotta, i suoi e s p o n e n ti n o n riuscivano a trovare p u n t i d'intesa tra loro. Un accor172

do tattico fra socialisti e p o p o l a r i e r a violentemente contestato sia dai massimalisti che dalla Chiesa. Turati ne era scorato («Non si conclude nulla» aveva scritto alla Kuliscioff), e lo stesso Amendola, ispiratore e a n i m a della secessione, fermissimo sul p i a n o m o r a l e , su quello politico si mostrava tent e n n a n t e e irresoluto. Alla fine di luglio egli aveva ricevuto da Filippelli un m e m o r i a l e di difesa che e r a di accusa a Mussolini, e un d o c u m e n t o , a n c o r a p i ù i m p o r t a n t e p e r le sue rivelazioni, gli e r a p e r v e n u t o ai p r i m i di agosto: il memoriale di Cesare Rossi, che aveva dato seguito alla sua minaccia. Se fosse rimasto alla C a m e r a , A m e n d o l a avrebbe potuto p o r t a r l o in discussione. Fuori, n o n gli restava che farne m a t e r i a d i u n a c a m p a g n a d i s t a m p a , m a t u t t o r a esitava a servirsene. Constatata la p r o p r i a i m p o t e n z a , alcuni aventiniani p e n s a r o n o di rivolgersi al solito D ' A n n u n z i o . Ma il Poeta n o n ne volle sapere a d d u c e n d o i suoi anni, le condizioni di salute, e i doveri che - disse - gli restavano da assolvere verso la Poesia. Forse p e r ò la chiave del suo rifiuto sta in u n a ricevuta di 5 milioni e 2 0 0 mila lire ( u n a cifra colossale, a quei tempi) fatte p a g a r e da Mussolini al Poeta p e r l'acquisto dei suoi manoscritti. Così si giunse alla r i a p e r t u r a della C a m e r a , il 12 novemb r e . Stavolta l'opposizione c'era: la pattuglia dei comunisti che, stanchi delle chiacchiere dell'Aventino, avevano deciso di r i p r e n d e r e il loro posto in aula. Il discorso di Mussolini fu l u n g o e, c o m e s e m p r e avveniva q u a n d o lo allungava, scialbo. La p a r t i t a del resto n o n si giuocava lì. Si giuocava nei corridoi, e tutti gli occhi in quel m o m e n t o e r a n o rivolti - c o m e s e m p r e nelle e m e r g e n z e p a r l a m e n t a r i - a Giolitti, che n o n e r a i n t e r v e n u t o alla p r i m a seduta p e r n o n derogare alla p r o p r i a tattica attendista. Giolitti n o n aveva fin allora scoperto le sue carte, ma aveva vivamente d e p l o r a t o la secessione dell'Aventino, c o m m e n t a n d o ironicamente: «Questo Mussolini ha tutte le fortune. A me l'opposizione non ha mai d a t o t r e g u a . A lui lascia libero il c a m p o » . Da allora si 173

e r a t e n u t o sulle sue. Ma un suo incontro con O r l a n d o bastò ad a c c e n d e r e le fantasie. La Kuliscioff scrisse a T u r a t i c h e bisognava favorire l'alleanza fra i d u e che avrebbe d a t o coraggio al Re p e r intervenire. Poi si cominciò a dire che ai tre si s a r e b b e u n i t o a n c h e S a l a n d r a : il c h e a v r e b b e definitivam e n t e tolto a Mussolini la maggioranza. Ma di t u t t o q u e s t o al p r i m o voto - quello sulla politica estera - n o n si vide nulla. Il bilancio passò con 315 voti favorevoli, 6 contrari e 26 astenuti. Fra i contrari ci fu Giolitti, fra gli a s t e n u t i O r l a n d o . Seguì la discussione sul bilancio d e l l ' I n t e r n o , molto più spinosa p e r c h é r i g u a r d a v a l'ordine pubblico. Mussolini stavolta fu più incisivo, ma il voto a n d ò p e g g i o : i c o n t r a r i salirono a 17 e - cosa p i ù grave - Salandra, p u r dichiarandosi favorevole, fece un intervento molto critico, che indicava la volontà di p r e n d e r e le distanze. A questo p u n t o A m e n d o l a si scosse e consegnò i d u e m e moriali a B o n o m i p e r c h é li portasse in visione al Re. Il Re r i n g r a z i ò p e r la fiducia, consultò i d o c u m e n t i , e li restituì dicendo che i mittenti avevano sbagliato indirizzo. N o n d o vevano m a n d a r l i a lui, ma portarli alla C a m e r a e sollecitare su di essi un dibattito che solo in quella sede poteva c o n d u r re a qualche risultato. C'è chi dice ch'egli aveva o r m a i deciso di sostenere fino in fondo Mussolini l e g a n d o così, irrevoc a b i l m e n t e , le sorti della M o n a r c h i a a q u e l l e del r e g i m e . Q u e s t o somiglia poco al p e r s o n a g g i o , p e r sua n a t u r a cauto e possibilista. Ma è probabile che un fondo di vero ci sia nel senso ch'egli n o n si fidava c o m p l e t a m e n t e di Mussolini, ma si fidava ancora m e n o dei suoi avversari ed e r a convinto che costoro, se avessero r i p r e s o il mestolo in m a n o , a v r e b b e r o ricreato il caos del d o p o g u e r r a . C o m u n q u e , a u n a cosa era assolutamente deciso: a n o n farsi coinvolgere nella lotta p o litica, come del resto gli dettava la Costituzione di cui, q u a n do gli faceva c o m o d o , sapeva r i c o r d a r s i . «Io sono s o r d o e cieco - ripeteva a c h i u n q u e gli sollecitava un intervento: - i miei occhi e i miei orecchi sono la C a m e r a e il Senato.»

CAPITOLO OTTAVO

IL 3 G E N N A I O

Il Senato si r i u n ì il 3 dicembre, in un'atmosfera che n o n lasciava presagire nulla di b u o n o . I suoi u m o r i li aveva lasciati t r a p e l a r e pochi giorni p r i m a n e g a n d o la convalida di otto n u o v i m e m b r i p r o p o s t i d a l g o v e r n o . Per di p i ù i militari, c h e in S e n a t o a v e v a n o u n a n o t e v o l e e a u t o r e v o l e r a p p r e sentanza, e r a n o in subbuglio contro un p r o g e t t o di riforma, e l a b o r a t o dal Ministro della G u e r r a , G e n e r a l e Di Giorgio, che p r e v e d e v a u n a riduzione di effettivi. Il fatto che Mussolini lo avesse avallato dimostra che di cose militari n o n capiva nulla: altrimenti si sarebbe accorto che quel p r o g e t t o , in sé saggio, era destinato a provocare il m a l c o n t e n t o degli alti gradi dei quali invece in quel m o m e n t o egli aveva particolare bisogno. Il p r i m o a p a r l a r e fu Albertini, che p r o n u n c i ò un discorso di n e t t a e drastica opposizione: ma il suo a t t e g g i a m e n t o e r a scontato. A d a r e il segno delle incertezze che r e g n a v a n o in S e n a t o fu l ' i n t e r v e n t o di E t t o r e C o n t i , u n a delle figure più prestigiose del m o n d o i m p r e n d i t o r i a l e . Egli riconobbe le b e n e m e r e n z e del governo, ma contestò al fascismo la p r e tesa d ' i n q u a d r a r e t u t t e le masse fasciste nei suoi sindacati ad esclusione degli altri, cioè di quelli socialisti e cattolici, e concluse c h i e d e n d o s i se il fascismo n o n avesse e s a u r i t o la sua funzione r i p r i s t i n a n d o le condizioni necessarie all'esercizio della libertà. A questo discorso, che fece molta impressione p e r c h é dim o s t r a v a la volontà della g r a n d e i n d u s t r i a di p r e n d e r e le distanze dal r e g i m e , s e g u i r o n o quelli dei G e n e r a l i Giardino, Zuppelli e Tassoni che n o n si limitarono alla critica del 175

p r o g e t t o Di Giorgio, e a t t a c c a r o n o a p e r t a m e n t e la Milizia. Le loro parole furono p r e s e p e r u n a c a m p a n a a m o r t o , perché n e s s u n o d u b i t ò che fossero state c o n c o r d a t e col Re: e tutti ne v i d e r o la c o n f e r m a n e l fatto che il Ministro della Real Casa, Mattioli Pasqualini, a b b a n d o n ò l'aula p r i m a del voto, e il Generale Brusati, ex-aiutante di c a m p o di Vittorio E m a n u e l e , votò contro. Mussolini ebbe il senso del pericolo e lo d i m o s t r ò nella sua replica c e r c a n d o a sua volta di spaventare i Senatori. Al fascismo, disse, n o n c'erano che d u e alternative: o il c o m u nismo, a cui o r m a i l'opposizione aveva spianato la strada fac e n d o di esso la sua forza-guida, o un g o v e r n o militare, che è s e m p r e un r i m e d i o t e m p o r a n e o «Potrà d u r a r e - disse p e r sei, p e r dodici mesi. Ma d o p o le passioni riesploderebb e r o , e s a r e m m o daccapo.» Queste parole o t t e n n e r o il loro effetto. Alla votazione, ci furono 206 sì, 54 N O , e 35 astenuti. Ma, p e r q u a n t o ancora abbastanza larga, questa vittoria lo era m e n o di quella otten u t a in g i u g n o , q u a n d o i c o n t r a r i e r a n o stati 21 e gli astenuti 6. Lo sfaldamento della m a g g i o r a n z a ridiede a n i m o all'opposizione nella stessa misura in cui lo toglieva all'ala m o d e r a t a del fascismo. Raffaele Paolucci, che al prestigio del g r a n d e c h i r u r g o univa quello della medaglia d ' o r o conquistata in g u e r r a , riunì il 20 d i c e m b r e a casa sua u n a q u a r a n tina di d e p u t a t i fascisti p e r i m p e g n a r l i ad esercitare su Mussolini u n a p r e s s i o n e che lo i n d u c e s s e a farla finita con l'estremismo squadrista, ad a n d a r e in fondo all'affare Matteotti c o l p e n d o senza r i g u a r d i chi e r a da colpire, a ripristinare la legalità in tutto il suo rigore, e a varare u n a riforma elettorale che sancisse il r i t o r n o al collegio u n i n o m i n a l e . N o n fu u n a congiura. L'indomani Paolucci a n d ò da Mussolini p e r informarlo delle decisioni prese in quel lungo conciliabolo, ma qui - egli ha r a c c o n t a t o nelle sue m e m o r i e «mi trovai di fronte ad un magistrale colpo di scena: Mussolini depositava al banco della Presidenza il p r o g e t t o di legge che ripristinava il collegio uninominale». 176

Q u i De Felice ha rilevato, nei ricordi di Paolucci, un err o r e di d a t e in q u a n t o il colpo a s o r p r e s a di Mussolini avv e n n e il 20, n o n il 2 1 . Ma il particolare ci s e m b r a di scarsa i m p o r t a n z a . Ciò che interessa sapere è c o m e e p e r c h é Mussolini si fosse infilata, t r a le c a r t e del giuoco, quella della riforma elettorale, e a cosa mirasse g e t t a n d o l a sul tavolo in quel m o m e n t o . La m o r s a in cui egli si trovava si faceva s e m p r e p i ù stretta. L'indomani stesso del voto in Senato, il 6 dicembre, il dir e t t o r e del giornale del partito p o p o l a r e - Il popolo -, Donati, aveva p r e s e n t a t o d e n u n c i a c o n t r o De B o n o p e r complicità, quale capo della polizia, nel delitto Matteotti. Secondo Salvemini, era stato lo stesso Mussolini a costringervelo, fac e n d o t r a f u g a r e e p u b b l i c a r e alcuni scampoli dell'incartam e n t o , p e r d u e motivi: p r i m a d i t u t t o p e r c h é l a d e n u n c i a bloccava il p r o c e d i m e n t o giudiziario già in corso p e r l'assassinio, e p p o i p e r c h é rinfocolava i contrasti tra gli aventiniani, molti dei quali disapprovavano l'iniziativa di Donati, che in realtà n o n portava all'accusa elementi nuovi, anzi la inficiava con dati piuttosto discutibili. Quella di Salvemini è soltanto un'ipotesi. Ma n o n è un'ipotesi che i fascisti si sentissero s e m p r e p i ù minacciati e s e m p r e m e n o p r o t e t t i dal loro t e n t e n n a n t e capo. Dieci giorni d o p o , un g r u p p o di oppositori chiese alla C a m e r a l'autorizzazione a p r o c e d e r e , cioè la c o n s e g n a alla Giustizia o r d i n a r i a dell'on. Giunta, che della C a m e r a era vicepresidente, p e r aggressioni e violenze. Farinacci e Bianchi i n s o r s e r o , ma Mussolini li r i c h i a m ò seccam e n t e all'ordine i n g i u n g e n d o a Giunta, che aveva già dato le dimissioni, di m a n t e n e r l e e di mettersi a disposizione del Magistrato. Ma ad e s a s p e r a r e a n c o r a di p i ù il vecchio s q u a d r i s m o e r a n o le voci, che si facevano s e m p r e più insistenti, di un seg r e t o a c c o r d o fra Mussolini e i liberali p e r la cessione dei suoi poteri a Salandra in cambio di un'amnistia, che avrebbe costituito u n a sanatoria p e r tutti i fascisti che si sentivano in qualche m o d o compromessi, r i m a n d a n d o l i a casa. N o n si 177

è mai saputo con esattezza cosa ci fosse di vero in questa storia, di cui si parlava anche nei giornali. Ma a r e n d e r l a verisimile e r a n o gli a t t e g g i a m e n t i di Mussolini che a n c h e in G r a n Consiglio, p a r e , u n a volta aveva accennato alla possibilità di c e d e r e il passo a un g o v e r n o n o n Salandra, ma Orlando. Riteniamo di p o t e r escludere che Mussolini avesse realm e n t e intenzione di a b b a n d o n a r e la partita. Ma n o n esclud i a m o affatto che, p e r seguitare a giuocarla, egli abbia a n c h e n e g o z i a t o o finto di n e g o z i a r e coi capi liberali della maggioranza, in m o d o da tenerli a n c o r a legati a sé p e r guad a g n a r e t e m p o . S c r i v e n d o n e alla Kuliscioff, T u r a t i le dava p e r sicura u n a trattativa p e r l a f o r m a z i o n e d i u n g o v e r n o S a l a n d r a con l'appoggio di Giolitti e di O r l a n d o , e aggiungeva che il Re sotto sotto la favoriva. Quest'ultimo particolare era c e r t a m e n t e di fantasia, ma n o n c'è d u b b i o che la maggioranza su cui il g o v e r n o si reggeva mostrava chiari segni di frana. T u t t o ciò Mussolini doveva averlo previsto da t e m p o , o a l m e n o messo nel n o v e r o delle possibilità: solo così si spiega il fatto che già d u e mesi p r i m a egli avesse pensato alla riforma elettorale, e ne avesse affidato il p r o g e t t o a Federzoni e a G r a n d i , cioè a d u e m o d e r a t i in g r a d o d ' i n t e r p r e t a r e al meglio gli scopi a cui doveva servire. Probabilmente voleva soltanto p r e m u n i r s i . M a q u a n d o s e p p e della iniziativa d i Paolucci - e lo s e p p e c e r t a m e n t e p r i m a che questi venisse a p a r l a r g l i e n e - , capì che n o n c'era p i ù t e m p o d a p e r d e r e . Dietro Paolucci c'era Campello. E se a n c h e dietro Campello n o n c'era il Re, i fascisti m o d e r a t i p o t e v a n o p e n s a r e che ci fosse e che q u i n d i convenisse a b b a n d o n a r e ormai al suo destino un g o v e r n o o r m a i t r o p p o c o m p r o m e s s o con l'estremismo e coi suoi delitti. Fu allora che Mussolini tirò fuori il suo colpo a sorpresa. E che tutti ne fossero presi di c o n t r o p i e d e , lo testimonia Sal a n d r a : «Cessata la p r i m a impressione di sbalordimento, fu chiaro lo scopo della mossa di Mussolini: a t t e r r i r e le opposi178

zioni, ma soprattutto s g o m i n a r e i nuclei della m a g g i o r a n z a che d i m o s t r a v a n o velleità d ' i n d i p e n d e n z a . Si deve riconoscere che Mussolini vi riuscì mirabilmente». Il ripristino del collegio u n i n o m i n a l e colpiva infatti al c u o r e i partiti di massa socialisti e popolari che dal sistema p r o p o r z i o n a l e traevano i m a g g i o r i v a n t a g g i , rivalutava i «notabili» liberali che p o t e v a n o c o n t a r e sul maggior seguito personale, e metteva i fascisti alla m e r c é di Mussolini che poteva includerli o scartarli dalla lista dei candidati. Lo sconcerto fu e n o r m e . Il Corriere della Sera, che fin allor a aveva t e n u t o l ' a t t e g g i a m e n t o p i ù r i s o l u t a m e n t e ostile, scrisse: «Corre l'obbligo di dire che, d o p o aver escogitato le riforme più strampalate e reazionarie, consapevole o inconsapevole, il Ministero viene alla fine avanti con u n a p r o p o sta che si p u ò o n e s t a m e n t e c h i a m a r e ricostruttrice». Era la voce di tutta la pubblica o p i n i o n e m o d e r a t a , da S a l a n d r a a Giolitti, c h e vedeva nella iniziativa la p r o p r i a rivincita. La s t a m p a fascista si divise. Gli estremisti r i m a s e r o estremisti, ma si accorsero di essere s e m p r e p i ù soli, p e r c h é quella che si chiamava «la palude», cioè il fascismo legalitario, il fascismo dei «padri di famiglia», c h ' e r a s e m p r e n u m e r i c a m e n t e il più forte, si allineò subito, un p o ' p e r le sue convinzioni liberaleggianti, u n po' p e r garantirsi u n «posto». L'opposizione violenta v e n n e , c o m ' e r a logico, dall'Aventino. Esso o r a poteva valutare l ' e r r o r e commesso a b b a n d o n a n d o la sede p a r l a m e n t a r e . E p e r r o m p e r e il p r o p r i o isol a m e n t o , decise la «sortita», r i c o r r e n d o finalmente ai docum e n t i che aveva in m a n o p e r i n c r i m i n a r e Mussolini. D o p o l'inutile presentazione al Re, Salandra dice che il m e m o r i a l e Rossi v e n n e offerto al C a r d i n a l e G a s p a r r i p e r c h é se ne facesse il b a n d i t o r e avallandolo con la sua autorità; se questo fosse v e r o , b i s o g n e r e b b e d e d u r n e c h e i capi dell'antifascismo avevano poco cervello o lo avevano perso. Nessuno com u n q u e volle p r e n d e r e in m a n o la patata bollente. N o n restava che la pubblicazione. Il 27 d i c e m b r e Mondo di A m e n d o l a pubblicava la p r i 179

ma p u n t a t a del m e m o r i a l e Rossi. Le rivelazioni e r a n o gravi soprattutto in q u a n t o p o r t a v a n o la firma della p e r s o n a m e glio qualificata a farle, ma l'impressione che suscitarono era attutita dalla m a n c a n z a della sorpresa: il c o n t e n u t o di quel m e m o r i a l e era già in g r a n p a r t e noto, l'Aventino l'aveva lasciato p e r t r o p p o t e m p o nei suoi cassetti. Tuttavia delle reazioni ci furono in seno allo stesso g o v e r n o . Al Consiglio dei Ministri del 30 d i c e m b r e Casati e Sarrocchi s o s t e n n e r o che il g o v e r n o doveva d a r e le dimissioni e mettersi a disposizione della Giustizia. E r a n o convinti di avere l'appoggio di Federzoni, che si era i m p e g n a t o a darglielo. Ma q u a n d o Casati disse che p r o p r i o a Federzoni toccava p r e n d e r e la successione di Mussolini, Federzoni si dissociò. Stando al diario di Salandra, che c e r t a m e n t e aveva suggerito la mossa di Casati e Sarrocchi, o a l m e n o l'aveva a p p r o v a t a , Mussolini rispose minacciando di scatenare le s q u a d r e . Sebbene ne m a n c h i il verbale, la seduta fu tempestosa e rischiò di concludersi con u n a crisi di governo che avrebbe a p e r t o la strada a qualsiasi a v v e n t u r a . Ma p r o b a b i l m e n t e fu p r o p r i o p e r evitare l'avv e n t u r a che i d u e militari, Di Giorgio e T h a o n di Revel, si schierarono a favore di Mussolini. Evitate p e r un pelo le dimissioni, la sorte del g o v e r n o restava tuttavia a p p e s a a un filo. A v v e r t e n d o c h e la m a g g i o ranza si sfaldava, le s q u a d r e si ricostituivano p e r conto p r o prio d a n d o n u o v a m e n t e m a n o al manganello, sfidando i Prefetti e i Q u e s t o r i di F e d e r z o n i e r i s c h i a n d o di m e t t e r e Mussolini nelle condizioni di Facta. I loro giornali lo dicevan o e s p l i c i t a m e n t e f a c e n d o bersaglio dei l o r o attacchi n o n l'opposizione, ma il fascismo m o d e r a t o e i suoi Ministri, specialmente Federzoni, De Stefani e Oviglio. I più violenti erano LImpero di Carli e Settimelli, la Conquista dello Stato di C u r z i o S u c k e r t (più t a r d i M a l a p a r t e ) , c h e a d d i r i t t u r a minacciava un «fascismo c o n t r o Mussolini». Q u e s t o i n t r a n s i gentismo n o n aveva u n capo p e r c h é n é Farinacci n é Balbo vollero esserlo, ma ciò lo r e n d e v a anche più pericoloso perché lo lasciava alla m e r c é di iniziative irresponsabili. Dieci180

mila squadristi a r m a t i di tutto p u n t o convergevano da tutte le città toscane su Firenze, decisi a farne la loro Vandea. Era c h i a r o che, a n c h e se Mussolini avesse c e d u t o , il fascismo n o n avrebbe disarmato. Di c e d e r e , Mussolini n o n aveva n e s s u n a i n t e n z i o n e . Ma n o n aveva n e m m e n o quella di a t t u a r e un colpo di forza, come d i m o s t r a n o gli sforzi che faceva, o che lasciava fare da Federzoni p e r riaffermare l'ordine pubblico c o n t r o i disordini delle s q u a d r e . N o n c'è un solo d o c u m e n t o né u n a sola testimonianza da cui si possa d e d u r r e ch'egli pensava a un colpo di Stato. L'uomo n o n amava i rischi, li aveva affrontati di r a d o e solo q u a n d o aveva poco da p e r d e r e . O r a ch'era in giuoco la cosa a cui p i ù t e n e v a , il p o t e r e , e r a d i v e n t a t o a n c o r a p i ù cauto. Sapeva benissimo che un colpo di forza, se n o n fosse riuscito, lo a v r e b b e messo alle p r e s e col Re e l'Esercito, le sole forze che gli facevano v e r a m e n t e p a u r a ; e, se fosse riuscito, lo a v r e b b e lasciato alla m e r c é dello squadrismo, che n o n era mai riuscito a d o m a r e . Aveva ancora la speranza di cavarsela con u n a di quelle «combinazioni» parlamentari, delle quali e r a maestro. A m e t t e r l o c o n le spalle al m u r o f u r o n o i Consoli della Milizia. Guidati da Galbiati e Tarabella, u n a q u a r a n t i n a di loro si r e c a r o n o il 31 d i c e m b r e a palazzo Chigi con la scusa di fare a Mussolini gli a u g u r i p e r il n u o v o a n n o . Su questo incontro forse si è un p o ' r o m a n z a t o . Q u a l c u n o ha detto che i Consoli p e n e t r a r o n o quasi di forza nell'ufficio di Mussolini e si disposero i n t o r n o a lui, la m a n o sul p u g n a l e c o m e p r o n ti a s g u a i n a r l o . Q u e s t o a p p a r t i e n e forse al m e l o d r a m m a . Ma lo scontro fu d u r o . C o n la consueta risolutezza, Tarabella pose Yaut aut: o Mussolini affrontava di petto la situazione a s s u m e n d o n e la responsabilità, o q u e s t a r e s p o n s a b i l i t à se l'assumevano i Consoli consegnandosi s p o n t a n e a m e n t e alla Giustizia e l i b e r a n d o da o g n i vincolo di disciplina le squadre. Spaurito e disfatto, Mussolini tentò di tergiversare, ma Tarabella fu p e r e n t o r i o . I fascisti avevano capito, disse, ch'egli 181

stava p e r sacrificare p a r t i t o e Milizia, ma p e r impedirglielo e r a n o p r o n t i a n c h e a disfarsi di lui, e Mussolini dovette ced e r e , i m p e g n a n d o s i a m e t t e r e a t a c e r e l ' o p p o s i z i o n e . Ma n o n ne era molto convinto, e i suoi interlocutori se n'accorsero. Poche o r e d o p o essi si r i u n i r o n o con altri «camerati» in casa di un certo Vizzoni. Era p r e s e n t e a n c h e Raoul Palermi, capo della massoneria. Da un r a p p o r t o della polizia risulta che fu avanzata a n c h e l'ipotesi di «far fuori» Mussolini «con d u e colpi di rivoltella». Del gesto di forza dei Consoli n o n fu data n a t u r a l m e n t e notizia, ma tutti sentivano c h e si e r a o r m a i arrivati all'ora della verità. I diecimila squadristi toscani stavano m e t t e n d o a s o q q u a d r o Firenze, dove avevano incendiato il Nuovo giornale, anche molte altre città e r a n o in subbuglio, e si profilava il pericolo di u n o scontro in g r a n d e con la forza pubblica. «Viviamo g i o r n i di passione» scriveva T u r a t i alla Kuliscioff, d a n d o l e notizia di tutte le m a n o v r e che s'intrecciavano p e r la successione al p o t e r e . E r a n o le solite m a n o v r e : Giolitti con O r l a n d o , ma Salandra n o n voleva. O r l a n d o con S a l a n d r a , ma n o n voleva Giolitti. In q u e s t o groviglio di rivalità p e r s o n a l i , il c a p o socialista riconosceva che l'unica s p e r a n z a e r a il Re. Da q u a n t o gli aveva d e t t o g i u b i l a n d o Sforza, al ricevimento di C a p o d a n n o in Quirinale, il Re aveva piantato in asso Mussolini c h ' e r a rimasto c o m p l e t a m e n t e isolato in un a n g o l o della sala: né Giolitti, né S a l a n d r a , né O r l a n d o , e n e m m e n o Diaz e T h a o n di Revel gli si e r a n o avvicinati: u n a scena che ci s e m b r a poco credibile. O r m a i , diceva Turati, l'unico p r o b l e m a era quello di «trovare il m o d o p e r la ritirata del d u c e , che al consiglio di a n d a r s e n e rispond e r e b b e soltanto con questo eloquente bisillabo: dove?». La verità è che Turati e tutti gli altri oppositori scambiavano p e r realtà i loro desideri. Mussolini n o n e r a affatto deciso a m a n t e n e r e la p r o m e s s a strappatagli dai Consoli, ma lo e r a r i s o l u t a m e n t e a c o n s e r v a r e il p o t e r e . Per m e t t e r e a tacere le opposizioni senza r i c o r r e r e al colpo di Stato, n o n c'era che un m o d o : sciogliere la C a m e r a : con la n u o v a legge 182

elettorale avrebbe p o t u t o p r o c u r a r s e n e un'altra in cui l'opposizione sarebbe stata del tutto i m p o t e n t e . Ma p e r sciogliere la C a m e r a , ci voleva il c o n s e n s o d e l Re, e chiederglielo era u n a mossa azzardata. Se il Re lo avesse accordato, sarebbe stata la p r o v a che la C o r o n a , e q u i n d i l'Esercito, aveva fatto la sua scelta in favore del fascismo. Ma se lo avesse n e gato? Mussolini decise di g i u o c a r e la carta. La m a t t i n a d e l 2 gennaio a n d ò al Quirinale, ma n o n parlò al Re del suo p r o getto. Poi redasse il decreto di scioglimento e incaricò il Sottosegretario alla Presidenza, S u a r d o , di p o r t a r l o al Re p e r la firma. S a p p i a m o da un a p p u n t o dello stesso S u a r d o che il Re si m o s t r ò «turbato» della p r o p o s t a , e s o p r a t t u t t o sorp r e s o c h e Mussolini, nella sua visita d i p o c h e o r e p r i m a , n o n gliene avesse p a r l a t o . S u a r d o fece del suo meglio p e r convincere il Re che n o n c'era altro da fare p e r r i d u r r e alla r a g i o n e gli o p p o s i t o r i che, disse, i n q u i n a v a n o a n c h e l'ambiente del Quirinale (e l'allusione e r a soprattutto a Campello). Il Re era perplesso. Disse - e r a il suo solito ritornello che avrebbe preferito abdicare piuttosto che venir m e n o alla Costituzione, c o m ' e r a nelle tradizioni della sua Casa. E alla fine concluse: «Dica al Presidente che io firmo il decreto, ma c h e voglio c o n s e g n a r l o a lui p e r s o n a l m e n t e e c h e perciò lo a t t e n d o qui subito». Ma q u a n d o Mussolini arrivò in Quirinale - ed era già la t a r d a serata -, il Re aveva modificato la sua decisione. Del colloquio m a n c a , c o m e al solito, un testo. Ma lo si p u ò ind u r r e dai fatti che seguirono. Il Re n o n firmò il decreto, ma disse a Mussolini, o gli lasciò i n t e n d e r e , che lo avrebbe fatto se la C a m e r a gli avesse r i n n o v a t o la fiducia e a p p r o v a t o la legge elettorale, e c o m u n q u e solo d o p o la conclusione del processo p e r il delitto Matteotti, c h e n o n p o t e v a esaurirsi prima dell'autunno. Era un sì che equivaleva a un no p e r c h é , d o p o il p r o n u n ciamento dei Consoli, Mussolini capiva che fino a l l ' a u t u n n o le s q u a d r e n o n poteva t e n e r l e in p u g n o . N o n s a p p i a m o se 183

lo disse al Re. N o n s a p p i a m o se lo informò di q u a n t o si p r o p o n e v a di dire l'indomani alla C a m e r a . In a n n i recenti, l'exRe U m b e r t o ha dichiarato che suo p a d r e era c o m p l e t a m e n te a l l ' o s c u r o delle i n t e n z i o n i di Mussolini. E ci c r e d i a m o senz'altro a n c h e p e r c h é è molto probabile che quelle intenzioni Mussolini n o n le avesse a n c o r a m a t u r a t e . I m p u l s i v o ma irresoluto, a n c o r a esitava davanti al colpo di forza, e fino a quel m o m e n t o aveva cercato di evitarlo. Ma d u r a n t e la notte dovette convincersi che altro n o n gli restava: a n c h e se n o n a v e v a n o accarezzato il p u g n a l e , q u e i Consoli stretti a tenaglia i n t o r n o a lui lo avevano traumatizzato. La C a m e r a si riunì nel p o m e r i g g i o del 3. Q u a n d o si alzò a p r e n d e r e la p a r o l a , Mussolini a p p a r v e «pallido e teso». C o m e s e m p r e faceva nei m o m e n t i di e m e r g e n z a , giuoco sulla sorpresa, cogliendo tutti di c o n t r o p i e d e con u n a d o m a n da c h e p a r e v a a u d a c e e p r o v o c a t o r i a : «L'articolo 47 dello Statuto dice: La Camera dei Deputati ha il diritto di accusare i Ministri del Re e di tradurli dinanzi all'Alta Corte di Giustizia». Pausa. «Chiedo f o r m a l m e n t e se in q u e s t a C a m e r a , o fuori di questa C a m e r a , c'è q u a l c u n o che voglia valersi dell'articolo 47.» La p a t t u g l i a dei d e p u t a t i fascisti, forse colti di s o r p r e s a a n c h e loro, balzò in piedi a c c l a m a n d o m e n t r e tutti gli altri t a c e v a n o s b a l o r d i t i . Mussolini c o n t i n u ò : «Il m i o discorso sarà d u n q u e chiarissimo e tale da d e t e r m i n a r e u n a chiarificazione assoluta. Voi i n t e n d e t e che d o p o aver l u n g a m e n t e c a m m i n a t o i n s i e m e c o n d e i c o m p a g n i di viaggio, ai quali del resto a n d r e b b e s e m p r e la nostra g r a t i t u d i n e p e r quello c h e h a n n o fatto, è n e c e s s a r i a u n a sosta p e r v e d e r e se la stessa s t r a d a con gli stessi c o m p a g n i p u ò essere a n c o r a p e r corsa nell'avvenire». Era la d e n u n c i a delle alleanze su cui il fascismo si e r a retto fin allora e Yaut aut a coloro che le avev a n o accettate: o col fascismo fino in fondo, o fuori d e l fascismo. E il fascismo e r a lui, Mussolini. «Dichiaro qui, al cospetto di q u e s t a Assemblea e al cospetto di t u t t o il p o p o l o italiano, c h e io a s s u m o , io solo, la r e s p o n s a b i l i t à politica, 184

m o r a l e , storica, di tutto q u a n t o è avvenuto.» E c o m e trascin a t o dalle p r o p r i e p a r o l e (il discorso n o n e r a scritto, e in molti p u n t i a p p a r e i m p r o v v i s a t o ) a g g i u n s e t e a t r a l m e n t e : «Se le frasi più o m e n o storpiate bastano p e r impiccare un u o m o , fuori il palo e fuori la corda. Se il fascismo n o n è stato che olio di ricino e m a n g a n e l l o , e n o n invece u n a passione s u p e r b a della migliore gioventù italiana, a me la colpa. Se il fascismo è stato un'associazione a d e l i n q u e r e , io sono il capo di questa associazione a delinquere!» E giù con q u e ste frasi p i ù da comizio di piazza che da aula p a r l a m e n t a r e , ma che e r a n o destinate a un g r a n d e effetto sulle p a g i n e dei giornali, fino alla logica conclusione che del semplice «effetto» a n d a v a al di là: «Voi avete c r e d u t o che il fascismo fosse finito p e r c h é io lo c o m p r i m e v o , che fosse m o r t o p e r c h é io lo castigavo, e poi avevo a n c h e la crudeltà di dirlo. Ma se io mettessi la centesima p a r t e dell'energia che ho messo a c o m p r i m e r l o , a scatenarlo, voi vedreste allora. N o n ci sarà bisogno di questo p e r ché il g o v e r n o è abbastanza forte p e r stroncare in p i e n o definitivamente la sedizione dell'Aventino. L'Italia, o signori, vuole la pace, vuole la tranquillità, vuole la calma laboriosa. Noi questa tranquillità, questa calma laboriosa, gliela d a r e mo con l'amore, se è possibile, e con la forza, se sarà necessario. State certi che nelle q u a r a n t o t t ' o r e successive a questo mio discorso, la situazione sarà chiarita su tutta l'area». Nelle q u a r a n t o t t ' o r e successive, Casati e Sarrocchi si dimisero, sostituiti da Fedele e Giuriati, e a n c h e Oviglio, inviso al vecchio fascismo, d o v e t t e lasciare il p o s t o a Rocco; le sedute della C a m e r a v e n n e r o sospese; e u n a pioggia di «riservate» si a b b a t t é sui Prefetti. Essi d o v e v a n o p r o v v e d e r e «allo scioglimento di t u t t e le organizzazioni che sotto qualsiasi p r e t e s t o possano raccogliere elementi turbolenti o che c o m u n q u e t e n d a n o a sovvertire i p o t e r i dello Stato»: u n a direttiva che si prestava a qualsiasi applicazione, ma che era controbilanciata da un t e l e g r a m m a ancora più riservato che autorizzava a m i s u r e n o n m e n o rigorose contro i fascisti che 185

avessero cercato di approfittare della favorevole situazione p e r c o m m e t t e r e violenze e soprusi. Infine v e n n e r o chiamate in vigore le n o r m e repressive della libertà di stampa, che fin allora e r a n o rimaste sulla carta. E p p u r e , molti n o n c a p i r o n o che col discorso del 3 g e n naio il fascismo cambiava volto, e diventava dittatura. N o n lo capì il Re, che si dolse, ma a mezza voce soltanto, di n o n e s s e r n e stato i n f o r m a t o . N o n lo capì l'Aventino che i n t e r p r e t ò l'accaduto n o n c o m e un epilogo, ma c o m e l'inizio della «fase e s t r e m a del conflitto fra la d o m i n a z i o n e fascista e il Paese». N o n lo capì Turati che lo scambiò p e r u n o «dei soliti bluff p e r disorientare e spaventare le passere». Lo capirono b e n e soltanto d u e giovani giornalisti, Adolfo T i n o e Arm a n d o Zanetti, che sulla loro rivista, Rinascita liberale, scrissero: «L'on. Mussolini ha ritrovato il suo ruolo. S'era p e r d u to in questi ultimi t e m p i - n o n si p u ò dire se p e r p u r a ingenuità o p e r studiato calcolo - dietro a contraddittori e caotici segni di pacificazione. Aveva b a t t u t o tutte le strade e gettati tutti i p o n t i verso tutte le rive. Ma alla fine n o n gli è rimasto che t o r n a r e al suo istinto, o meglio - e la parola forse gli sarà gradita - al suo p r o f o n d o genio. La normalizzazione p e r lui e p e r la sua forma mentis n o n ha avuto e n o n p u ò avere senso alcuno». Resterebbe solo da sapere con che a n i m o Mussolini s'investì, il 3 g e n n a i o , nella p a r t e di d i t t a t o r e . Se, c o m e molti s o s t e n g o n o , gli sforzi che fino a q u e l m o m e n t o aveva fatto p e r evitarla e r a n o stati solo u n giuoco p e r d i m o s t r a r e che n o n e r a lui a volerla, ma gli eventi a imporgliela, bisogna riconoscere che come giuocatore sapeva il fatto suo.

Indro Montanelli - Mario Cervi

L'ITALIA LITTORIA (1925-1936)

AVVERTENZA

Completamente assorbito dal giornale che ho fondato e dirigo, temevo di non poter più riprendere questa Storia, rimasta a/f Italia in camicia n e r a di due anni e mezzo fa. Se sono riuscito a farlo, è perché ho trovato in Mario Cervi un collaboratore ideale e particolarmente congeniale. Ecco il caso di un libro a quattro mani, di cui sfidiamo qualunque lettore a riconoscere cosa è d'un autore e cosa dell'altro: tanto esso è nato da un continuo colloquio e compenetrazione fra i due. Il volume comprende il decennio che va dal '25, inizio della dittatura, al '36, conquista dell'Abissìnia, quando parve che Regime e Paese si fossero per sempre identificati. Il titolo quindi non poteva essere che L'Italia littoria: essa lo fu, piaccia o non piaccia. Noi abbiamo cercato di spiegare perché lo fu, e come, proprio nel momento del suo maggior trionfo, il fascismo e il suo Duce entrarono in crisi. Per uno dei due autori si tratta di esperienza vissuta. Il volume successivo, che arriverà all'ingresso dell'Italia nella seconda guerra mondiale, il 10 giugno 1940, sarà invece esperienza di entrambi. Questi libri dispiaceranno sia ai fascisti che agli antifascisti. Ma noi non li abbiamo scritti per piacere né agli uni né agli altri. I.M.

PARTE PRIMA

IL REGIME

CAPITOLO PRIMO

LA F I N E D E L L ' A V E N T I N O

Il discorso del 3 g e n n a i o 1925 p r e s e tutti c o n t r o p i e d e . La sfida di Mussolini alla C a m e r a , la d e n u n c i a delle alleanze con i fiancheggiatori esitanti, l'avvertimento che «nelle quar a n t o t t o r e successive a q u e s t o mio discorso la situazione sarà chiarita su tutta l'area», avevano m u t a t o r a d i c a l m e n t e il q u a d r o politico. N o n si era trattato solo di parole. Fedele alla minaccia p r o n u n c i a t a davanti ai d e p u t a t i , Mussolini rim a n e g g i ò , a p p u n t o nelle q u a r a n t o t t ' o r e successive, il ministero, e con u n a serie di disposizioni ai Prefetti o r d i n ò «lo s c i o g l i m e n t o di t u t t e le organizzazioni c h e sotto qualsiasi p r e t e s t o p o s s a n o raccogliere e l e m e n t i t u r b o l e n t i o che com u n q u e t e n d a n o a sovvertire i poteri dello Stato». Era l'inizio della dittatura. Era stato preso in c o n t r o p i e d e a n c h e il Re. Questi, second o u n a t e s t i m o n i a n z a d i C i n o Macrelli, n o n solo n o n e r a stato informato del discorso da Mussolini, ma d o p o che e r a stato p r o n u n c i a t o a v r e b b e a v u t o i n t e n z i o n e d ' i n t e r v e n i r e sollecitando le dimissioni dei d u e ministri militari, il g e n e rale Di Giorgio e l'ammiraglio T h a o n di Revel. S e m p r e sec o n d o questa testimonianza il conte Campello e il g e n e r a l e Cittadini - vicini al Re e ostili al fascismo - avrebbero detto ad A m e n d o l a di n o n p r e n d e r e iniziative p e r c h é ormai il Sov r a n o era deciso a m e t t e r e alla p o r t a Mussolini e il suo governo. Mussolini aveva avuto un'ottima ragione p e r precipitare le cose, con il colpo di scena del 3 gennaio: l'ultimo dell'anno u n a q u a r a n t i n a di Consoli della Milizia gli aveva fatto visita a Palazzo Chigi, con il pretesto di a u g u r a r g l i b u o n Ca193

p o d a n n o ; ma il loro vero p r o p o s i t o era di i n d u r l o ad agire risolutamente, e se occorreva violentemente, contro l'opposizione. Se n o n l'avesse fatto - m i n a c c i a r o n o - la Milizia a v r e b b e p r e s o l'iniziativa «liberando da o g n i vincolo di disciplina le squadre». A questa ragione se ne a g g i u n g e r e b b e , se fosse vero q u a n t o riferito da Macrelli, u n ' a l t r a forse p i ù forte. Mussolini avrebbe precipitato le cose n o n solo e n o n tanto p e r l'imposizione dei Consoli, q u a n t o p e r p r e v e n i r e il passo del Re, m e t t e n d o l o di f r o n t e al fatto c o m p i u t o . Ma noi c r e d i a m o che le cose si siano svolte altrimenti. È molto p r o b a b i l e che C a m p e l l o e Cittadini, simpatizzanti dell'opposizione, avessero cercato di spingere il Re a quel passo, e che il Re avesse d a t o u n a delle sue sibilline risposte, ch'essi avevano i n t e r p r e t a t o secondo i loro desideri. Giovanni A m e n d o l a , il più tenace ispiratore dell'Aventin o , c r e d e t t e alla loro versione, t a n t ' è vero che il 4 g e n n a i o inviò a Cittadini un messaggio che aveva p e r destinatario il Re: «Sorga fieramente il Re» eccetera. C e r t a m e n t e informato da lui, a n c h e T u r a t i p e n s a v a al Re: «Il duello n o n è soltanto con noi - scriveva alla Kuliscioff- ma è anche, e forse più, collo stesso Quirinale». E il fatto che a n c h e i socialisti contassero sull'iniziativa del Re, ch'essi avevano clamorosam e n t e insultato a b b a n d o n a n d o al suo ingresso l'aula parlam e n t a r e , la dice abbastanza l u n g a sulla risolutezza dell'opposizione. Il g i o r n o stesso del discorso, S a l a n d r a e Giolitti s'incont r a r o n o . Era la p r i m a volta che q u e s t o avveniva dal 1915, q u a n d o Giolitti aveva b r u s c a m e n t e r o t t o con S a l a n d r a , acc u s a n d o l o d i «tradimento» p e r aver p o r t a t o , c o n t r o gl'impegni assunti con lui, l'Italia in g u e r r a . Poiché del colloquio abbiamo solo la versione di Salandra, n o n sappiamo se Giolitti gli chiese se e r a soddisfatto di ciò che la g u e r r a aveva provocato. C o m u n q u e , il colloquio fu infruttuoso. Salandra p r o p o s e di a n d a r e con lui e O r l a n d o dal Re p e r saggiare le sue intenzioni, ma Giolitti lo escluse. «Si risaprebbe - disse e p a r r e b b e un p r o n u n c i a m e n t o . » E se Giolitti si rifiutò di 194

c o m p i e r e il passo, vuol dire che lo riteneva inutile, cioè che il Re n o n aveva nessuna intenzione di muoversi. Q u a n t o all'Aventino, invece d i s t r i n g e r s i i n t o r n o alla p r o p r i a b a n d i e r a , si disunì vieppiù e si perse in un m a r e di chiacchiere. Alcuni, fra cui lo stesso Turati, volevano tornare in aula e r i p r e n d e r v i la loro battaglia di opposizione. Ma A m e n d o l a , fedele alla sua idea della « c o n d a n n a m o r a l e » , riuscì a n c o r a a imporla. Solo l'8 gennaio l'Aventino formulò la sua risposta a Mussolini in un d o c u m e n t o che lo stesso Salvemini definì «un capolavoro di p e d a n t e r i a p r e t e n z i o s a e inutile», e che r a p p r e s e n t ò in sostanza il suo t e s t a m e n t o . In realtà, c o m e forza di o p p o s i z i o n e , n o n e r a m a i esistito. L'uomo che lo aveva ideato, Amendola, era sul p i a n o m o r a le d e g n o del più alto rispetto. Ma, malinconico e introverso, chiuso nel suo p u r i t a n i s m o , e senza n e s s u n a p r e s a sulla pubblica o p i n i o n e , n o n era affatto un politico. Alcuni lo avev a n o seguito c o n d i v i d e n d o n e l'intenzione: c h ' e r a quella di costituire il p u n t o di r i f e r i m e n t o p e r la coscienza civile di un paese che ne e r a c o s p i c u a m e n t e sprovvisto. Ma i p i ù lo avevano fatto p e r sottrarsi agli scomodi e ai pericoli di u n a o p p o s i z i o n e in aula, faccia a faccia coi fascisti. N e s s u n o di loro aveva r i n u n z i a t o alle p r o p r i e piccole b e g h e di partito, di g r u p p o e di c o r r e n t e . Ma p r o p r i o questo spettacolo d'imp o t e n z a e di faziosità aveva scoraggiato la pubblica o p i n i o n e antifascista. L'affare Matteotti gli aveva offerto u n a g r a n d e occasione. Il paese aveva avuto un sincero soprassalto di s d e g n o che se avesse trovato in Parlamento un risoluto i n t e r p r e t e avrebbe messo Mussolini alle corde. Ma bisognava capire che gli sdegni sono t e m p o r a n e i , s p e c i a l m e n t e i n Italia. L a g u e r r a d i l o g o r a m e n t o fatta dall'Aventino con le d e n u n c e , m o k e delle quali infondate, e coi memoriali, alcuni dei quali falsi, n o n poteva che stancare, alla l u n g a , la pubblica o p i n i o n e . N o n osiamo d i r e che Mussolini aveva tergiversato p e r sei mesi a p p u n t o p e r d a r e t e m p o a questo processo di m a t u r a r e . Ma sia stato l'istinto a suggerirglielo, o le circostanze a i m p o r 195

glielo, è certo che p r e s e le decisioni del 3 g e n n a i o q u a n d o o r m a i il paese era disposto ad accettarle, e forse in cuor suo le sollecitava n o n p e r c h é avesse acquistato m a g g i o r fiducia in Mussolini ma p e r c h é aveva c o m p l e t a m e n t e p e r s o quella nei suoi oppositori. E questo vale p e r il Re come p e r l'uomo della strada. Nei mesi successivi Mussolini si mosse tra a p p a r e n t i oscillazioni m a r i s p e t t a n d o u n a ferrea logica del p o t e r e , c o m e s e m p r e gli accadeva q u a n d o e r a m e g l i o assistito dal s u o g r a n d e fiuto politico. Il fascismo «rivoluzionario», che mal s o p p o r t a v a la normalizzazione ed e r a insofferente dei vincoli costituzionali i m p o s t i dalla m o n a r c h i a , doveva a v e r e , d o p o il 3 gennaio, u n a soddisfazione. Mussolini, che p u r voleva s o v r a p p o r r e lo Stato al Partito, p i ù che il Partito allo Stato, gli diede questa soddisfazione affidando la Segreteria del P N F a Farinacci. Tra i d u e u o m i n i n o n correva b u o n sang u e . Il ras di C r e m o n a era s e m p r e stato il capo dell'ala fascista più intransigente e riottosa. N o n approvava, a volte p r o babilmente n o n capiva, le mosse tattiche di Mussolini, le sue concessioni ai m o d e r a t i legalitari, ancora incerti di fronte al f e n o m e n o fascista, le s u e r e s i d u e esitazioni nel p r o c e d e r e sulla strada della dittatura. Farinacci era inoltre più sensibile alle esigenze degli a g r a r i - ossia degli spalleggiatori del fascismo più violento e rozzo - che n o n a quelle degli industriali: e tra le d u e categorie esisteva un obbiettivo conflitto di interessi, in t e m a di p r o t e z i o n i s m o e di tariffe doganali. Ma Farinacci era a n c h e l'unico e s p o n e n t e del fascismo che potesse t e n e r e a b a d a l ' i r r e q u i e t a periferia dello s q u a d r i smo, e darle la sensazione di avere avuto, nella svolta del 3 gennaio, u n a totale vittoria. La n o m i n a di Farinacci fu decisa all'unanimità, dal G r a n Consiglio, il 12 febbraio. Tre giorni d o p o , il 15 febbraio, il C a p o del g o v e r n o c a d e v a m a l a t o p e r u n attacco d i ulcera che gli organi di informazione del R e g i m e t e n t a r o n o di gab e l l a r e c o m e u n a n o r m a l e influenza, ma c h e fu serio e p r e o c c u p a n t e tanto che si temette p e r la sua vita. Solo a fi196

ne febbraio Mussolini p o t è r i p r e n d e r e l'attività, sia p u r e rim a n e n d o in casa, e solo un m e s e d o p o , il 23 m a r z o , r i a p p a r v e in p u b b l i c o c o n un discorso dal b a l c o n e di Palazzo Chigi nel quale, con voce di n u o v o vigorosa, esordì: «Non so resistere al d e s i d e r i o di farvi s e n t i r e la mia voce a n c h e p e r d i m o s t r a r e che l'infermità n o n mi ha tolto la parola». E aggiunse: «Siamo a p r i m a v e r a e adesso viene il bello... la rip r e s a i n t e g r a l e d e l l ' a z i o n e fascista, s e m p r e e d o v u n q u e , c o n t r o c h i u n q u e » . L a d e b o l e z z a della o p p o s i z i o n e , l a p r o f o n d a apatia del paese, lo spregiudicato uso degli strum e n t i legali e la intimidazione delle «squadre» c o n s e n t i r o no al fascismo di ritrovare, d o p o la tempestosa fine del '24, u n a b u o n a stagione. Gli avversari del Regime avevano quasi del tutto p e r d u t o l'unico s t r u m e n t o del q u a l e p o t e s s e r o servirsi - d o p o c h e l'Aventino li aveva privati della t r i b u n a p a r l a m e n t a r e - p e r r i b a t t e r e le tesi d e l g o v e r n o : la s t a m p a . C o n le a r m i della diffida, o del s e q u e s t r o , o della s o p p r e s s i o n e definitiva, il g o v e r n o c o n t r o l l a v a s e m p r e p i ù s t r e t t a m e n t e i giornali. Q u a l c h e volta i fulmini del ministero d e l l ' I n t e r n o si abbattevano a n c h e su pubblicazioni fasciste, colpevoli di eccessivo zelo o di deviazionismo. M e n t r e Farinacci era segretario del partito il suo quotidiano, Cremona Nuova (che p r e s t o adottò un'altra testata, Il Regime fascista), fu sequestrato anch'esso. A p r o v o c a r e i fulmini di Mussolini e r a stato il passo di un discorso dello stesso Farinacci, r i p o r t a t o dal giornale, in cui si affermava che il delitto Matteotti aveva rafforzato il fascismo. Farinacci, u o m o di p o c h e ma tenaci convinzioni, tentò di difendere la sua tesi. Mussolini obbiettò che «malgrado il delitto Matteotti il fascismo ha t e n u t o d u r o » : il che era b e n diverso. Ma le vittime abituali e r a n o i giornali ostili o semplicemente i n d i p e n d e n t i . All'inizio d e l l ' a u t u n n o 1925 finiva in Italia il sindacalismo libero. Il 2 ottobre, a Palazzo Vidoni (sede della Segreteria del P N F ) , veniva firmato un «patto» in base al quale «la C o n f e d e r a z i o n e g e n e r a l e d e l l ' i n d u s t r i a riconosce nella 197

Confederazione delle C o r p o r a z i o n i fasciste e nelle organizzazioni s u e d i p e n d e n t i la r a p p r e s e n t a n z a esclusiva delle m a e s t r a n z e lavoratrici» e d ' a l t r o c a n t o «la C o n f e d e r a z i o n e delle C o r p o r a z i o n i fasciste riconosce nella C o n f e d e r a z i o n e dell'industria e nelle organizzazioni sue d i p e n d e n t i la r a p p r e s e n t a n z a esclusiva d e l l ' i n d u s t r i a » . L a C o n f e d e r a z i o n e generale del Lavoro n o n riuscì a p r o m u o v e r e alcuna manifestazione di p r o t e s t a . Dalle C a m e r e del L a v o r o locali, interpellate, era arrivata u n a serie scoraggiante di risposte negative. «La pressione avversaria è e n o r m e , n o n è possibile qualsiasi azione» scriveva Bologna, «oggi c o m e oggi c'è poco da fare» scriveva Savona, solo a Milano e a R o m a p a r e si p o tesse t e n t a r e qualcosa: ma n o n lo si t e n t ò . Q u a l c h e g i o r n o d o p o l a C G L pubblicò u n manifesto nel q u a l e e s p r i m e v a l a c o n v i n z i o n e che «il p a t t o accettato dai s u d d e t t i signori rim a r r à u n pezzo d i c a r t a p e r c h é i l a v o r a t o r i t r o v e r a n n o e g u a l m e n t e il m o d o di difendere i loro interessi». E r a n o solo parole. C o n il p a t t o di Palazzo Vidoni Mussolini e r a t o r n a t o in b u o n i r a p p o r t i con gli industriali c o n t r o i quali aveva giuocato nei mesi p r e c e d e n t i - o aveva lasciato giuocare da Rossoni, il c h e fa lo stesso - la carta di un sindacalismo fascista aggressivo, che p e r q u a l c h e t e m p o aveva g a r e g g i a t o in rivendicazionismo con le organizzazioni «rosse», e che aveva p r o m o s s o u n d u r o sciopero dei metalmeccanici. Altre n u b i n e i r a p p o r t i c o n i l « p a d r o n a t o » e r a n o d e r i v a t e d a taluni p r o v v e d i m e n t i finanziari e v a l u t a r i c o n cui il m i n i s t r o De Stefani aveva d e p r e s s o le b o r s e , da t e m p o in p r e d a a un euforico rialzo. La sostituzione di De Stefani con Volpi aveva r a s s i c u r a t o l'alta finanza e la g r a n d e i n d u s t r i a , c h e nel designato riconoscevano u n o dei loro esponenti. Da allora a n c h e nei m o m e n t i di attrito della «quota novanta» - Mussolini fu p e r il p a d r o n a t o , se n o n s e m p r e un i n t e r l o c u t o r e ideale, il male m i n o r e . Alla C a m e r a , assenti gli aventiniani, Mussolini n o n aveva problemi. Un p r o g e t t o di legge elettorale che ripristinava il 198

collegio u n i n o m i n a l e fu a p p r o v a t o con 307 voti favorevoli e 33 c o n t r a r i (tra gli ultimi O r l a n d o e Giolitti). Più t a r d i la C a m e r a varava a d d i r i t t u r a un pacchetto gigantesco di 2.376 decreti legge. Q u a l c h e m a g g i o r e difficoltà il fascismo aveva in Senato, p e r il carattere vitalizio e l'origine reale della carica, e p e r il prestigio p e r s o n a l e di alcuni tra i c o m p o n e n t i l'Assemblea. Della scarsa docilità del Senato, dove forte era l'influenza m o n a r c h i c a e quella dei militari, si e r a avuta u n a p r o v a allorché vi e r a a n d a t o in discussione un p r o g e t t o del ministro della G u e r r a generale Di Giorgio sul r i o r d i n a m e n t o dell'Esercito, p r o g e t t o osteggiato d a p a t r i e glorie c o m e G i a r d i n o , C a d o r n a , Diaz, Caviglia, Pecori Giraldi. Mussolini, che del p r o g e t t o si era dichiarato fautore, lo a b b a n d o n ò , con u n a delle sue mosse da prestigiatore, ma a v e n d o l'aria di n o n r i n n e g a r l o : e profittò della occasione p e r destituire il p o v e r o Di Giorgio, e p e r a s s u m e r e l'interim dei dicasteri militari, il che gli assicurava un più saldo controllo sulle Forze A r m a t e . Nel c o n t e m p o n o m i n a v a sottosegretario alla G u e r ra il generale Ugo Cavallero, che si e r a m a n t e n u t o n e u t r a l e nella d i s p u t a , e che piaceva p e r f i n o a Farinacci, e C a p o di stato m a g g i o r e dell'Esercito Pietro Badoglio. Per completare l'azione di a c c a p a r r a m e n t o delle organizzazioni militari, Mussolini insediò inoltre dei commissari al vertice della Associazione nazionale combattenti il cui p r e s i d e n t e , on. Viola, era antifascista. Più del P a r l a m e n t o , più degli intellettuali antifascisti che avevano diffuso un loro nobile e politicamente sterile manifesto, r e d a t t o d a B e n e d e t t o C r o c e , p i ù della o p p o s i z i o n e a v e n t i n i a n a , Mussolini ebbe a t e m e r e , nella s e c o n d a m e t à del '25, il rinfocolarsi della violenza delle s q u a d r e d'azione, che a l l a r m a v a i fiancheggiatori, r i a c c e n d e v a le diffidenze del Re, irritava la Chiesa. Tre forze che Mussolini n o n voleva p r o v o c a r e g r a t u i t a m e n t e . E curioso n o t a r e che in un primo m o m e n t o Farinacci, volendo r i o r d i n a r e e disciplinare il partito, aveva agito c o n t r o elementi «ultra», che p u r e p o t e vano s e m b r a r e vicini alle sue posizioni: così furono puniti e 199

poi radiati dal P N F quei Consoli Tarabella e Galbiati che avevano capeggiato la «rivolta» di fine d ' a n n o , e che solo alcuni a n n i d o p o f u r o n o riammessi nelle file fasciste (Galbiati rip r e s e la c a r r i e r a , t a n t o c h e il 25 luglio 1943 lo t r o v e r à al G r a n Consiglio di Palazzo Venezia c o m e c o m a n d a n t e generale della Milizia). C o n i suoi m e t o d i caporaleschi, Farinacci o t t e n n e che il congresso del partito - q u a r t o e ultimo nella storia del fascismo - si tenesse, in g i u g n o , in u n a atmosfera di o r d i n a r i a amministrazione. Ma se da u n a p a r t e egli e r a stato il r i o r g a n i z z a t o r e del partito, e ne aveva stroncato eresie e scissioni, dall'altra, p e r la sua p e r s o n a l i t à e p e r le sue idee, e r a un i s p i r a t o r e e un p r o t e t t o r e della violenza. C o n t r o il ministro d e l l ' I n t e r n o Federzoni, che i n t e n d e v a ripristinare la legalità autoritaria - e affermare l'autorità dei Prefetti -, Farinacci tollerava, p r o teggeva, incoraggiava le incursioni delle s q u a d r e . Nei conflitti cadevano sia antifascisti sia fascisti: ma p e r il segretario del partito ogni scontro e r a causato da «provocazioni» degli oppositori, che n o n si e r a n o a d e g u a t i alle condizioni di resa imposte dal fascismo. Nel Veneto, in R o m a g n a , s o p r a t t u t t o in Toscana dove i m p e r v e r s a v a n o squadracce tra le p i ù truci, si moltiplicarono aggressioni, invasioni di studi di o p p o sitori, saccheggi e distruzioni di tipografie, uccisioni. In u n a delle azioni punitive di questo p e r i o d o fu percosso e seriamente ferito A m e n d o l a , che n o n si sarebbe più riavuto del tutto dalle botte dei manganellatori e sarebbe m o r to l'anno successivo, esule, in Francia. In altre v e n n e r o colpiti u o m i n i del m o v i m e n t o cattolico, talché ^Osservatore Romano protestò con durezza. Il ministro d e l l ' I n t e r n o , scrisse, parlava un linguaggio di pacificazione, ma Farinacci e le sue s q u a d r e lo contraddicevano nelle parole e nei fatti. Cremona Nuova ribatté, a n o m e di Farinacci, a s s e r e n d o che «in certe circostanze la violenza è virtù cristiana in q u a n t o serve quella cosa che al cristianesimo n o n è davvero indifferente, la civiltà che da esso r i p e t e la sua origine». Si arrivò così, in un crescente rigurgito di m a n g a n e l l a t e e 200

di olio di ricino, ai p r i m i di o t t o b r e , q u a n d o a F i r e n z e si c o n t a r o n o vari morti, a l m e n o otto. U n a squadracela aveva voluto d a r e u n a lezione a un massone devastando la sua abitazione (le società segrete, ossia la massoneria, e r a n o state vietate p e r legge, e venivano perseguitate). Nella sparatoria d e r i v a t a n e u n estremista n e r o , certo L u p o r i n i , e r a rimasto ucciso. La rappresaglia fascista era stata indiscriminatamente sanguinosa, ed e r a dilagata p e r tutta la Toscana. T r a gli altri e r a n o stati assassinati l'avv. Consolo e l'ex-deputato socialista Pilati, cui e r a stata mossa l'accusa di c o m p i l a r e un giornaletto antifascista. Squallidi m o v e n t i privati si intrecciarono, c o m e avviene di frequente, alla molla politica. Un a p p a r t e n e n t e alla s q u a d r a c e l a che aveva m a s s a c r a t o Pilati era legato alla t e n u t a r i a di un bordello, sfrattata pochi giorni p r i m a dall'avvocato, divenuto amministratore dello stabile. Farinacci si era precipitato sul posto più p e r giustificare la «reazione» fascista che p e r individuare e p u n i r e i r e s p o n sabili. Italo Balbo, spedito d ' u r g e n z a a Firenze quale commissario s t r a o r d i n a r i o della Federazione fascista, n o n aiutò la n o r m a l i z z a z i o n e , t a n t o c h e F e d e r z o n i o r d i n ò al n u o v o prefetto, Regard, di n o n t e n e r conto di ciò che il Q u a d r u m viro disponesse. Il c i n q u e o t t o b r e il G r a n Consiglio t e n n e u n a r i u n i o n e , dedicata ufficialmente ad a r g o m e n t i già fissati in p r e c e d e n za, ma in realtà i n c e n t r a t a sugli incidenti toscani. Farinacci n o n poteva a n c o r a essere sostituito. Anzi il G r a n Consiglio deliberò un o r d i n e del g i o r n o che elogiava la sua azione, e lo esortava a perseguirla e perfezionarla. In realtà la discussione e r a stata accesa, e Mussolini aveva d e p l o r a t o con veem e n z a la sortita degli estremisti fiorentini, che disturbava i suoi piani, e lo metteva in difficoltà con il Re e con le forze politiche disposte a collaborare con il fascismo, p u r c h é n o n esagerasse. U n o r d i n e del g i o r n o c h e , d i v e r s a m e n t e d a quello di plauso a Farinacci, doveva r i m a n e r e riservato, ma che i Prefetti e r a n o incaricati di t r a s m e t t e r e ai dirigenti fascisti, dispose «lo scioglimento i m m e d i a t o di qualsiasi for201

m a z i o n e squadristica, la iscrizione degli ex-squadristi nelle legioni regolari della Milizia, la espulsione dal partito di chi n o n o t t e m p e r a s s e all'ordine». L'alto là d e l G r a n Consiglio alla ripresa dello s q u a d r i s m o dissolse le rinate i n q u i e t u d i n i del Re, o r m a i s e m p r e più largo di elogi p e r Mussolini. In effetti Mussolini voleva v e d e r trionfare n o n la illegalità, ma la legalità della Rivoluzione. Lo spartiacque tra i d u e concetti è spesso, negli Stati autoritari, incerto. Ma la differenza sostanziale è questa: la p u n i z i o n e e r e p r e s s i o n e degli oppositori doveva venire, secondo Mussolini, dall'autorità, n o n da iniziative di g r u p p i o di individui. C o n ciò egli poteva dosare i provvedimenti secondo circostanze e valutazioni politiche, che n o n intendeva affidare al caso o peggio ancora ai criteri di estremisti e di ras locali. La p i ù perfetta d i m o strazione di questo criterio Mussolini la diede tra la fine del 1925 e la fine del 1926, q u a n d o spazzò via gli ultimi residui di libertà di stampa, di opposizione politica, di garanzie legali fissate dallo Statuto albertino, ma scegliendo l'ora e il m o do con tale tempismo da attuare la g r a n d e «purga» senza inc o n t r a r e ostacoli n é d a p a r t e della C o r o n a , n é d a p a r t e d i simpatizzanti c h e tuttavia c o n s e r v a v a n o q u a l c h e s c r u p o l o giuridico. I pretesti p e r realizzare tutti gli obbiettivi di cui aveva posto le p r e m e s s e con il discorso del t r e g e n n a i o gli f u r o n o offerti da u n a serie di attentati alla sua p e r s o n a , rimasti allo stato di progetto o portati ad esecuzione. Il p r i m o , e politicamente il più i m p o r t a n t e , d i v e n n e n o t o con l'arresto, o r d i n a t o il 4 n o v e m b r e 1925, dell'on. Tito Zam b o n i (a Roma) e del g e n e r a l e Luigi Capello (a Torino). Lo Zamboni - che la polizia teneva d'occhio da l u n g a data - e r a stato sorpreso nella camera 90, al quinto p i a n o dell'albergo D r a g o n i , d a d o v e a v r e b b e voluto s p a r a r e , c o n u n fucile Mannlicher a cannocchiale, c o n t r o Mussolini, di cui e r a p r e visto un discorso da Palazzo Chigi p e r celebrare l'anniversario della Vittoria. L'arma sarebbe stata p u n t a t a , da u n a cinq u a n t i n a di metri di distanza, sul balcone del Palazzo. Zaniboni, socialista turatiano, si era c o m p o r t a t o b e n e in g u e r r a , 202

con gli alpini, r a g g i u n g e n d o il g r a d o di m a g g i o r e : ed e r a p l u r i d e c o r a t o . Aveva c o n d o t t o c o n t r o il fascismo, d o p o la Marcia su Roma, u n a lotta affannosa e donchisciottesca, tent a n d o le p i ù diverse s t r a d e , da u n a c o n t r a p p o s i z i o n e Mussolini-D'Annunzio al colpo di Stato a t t u a t o da p o c h e centinaia di u o m i n i decisi a tutto. Infine si e r a deciso alla eliminazione fisica dell'«oppressore». «Alla violenza - questo e r a diventato il suo c r e d o - bisogna o p p o r r e la violenza.» N o n s p e r a v a p i ù n e l Re, d a l q u a l e si e r a fatto ricevere d u e volte senza o t t e n e r n e nulla, aveva g u a s t a t o i r a p p o r t i con l'Aventino, aveva intessuto e m b r i o n i di utopistici accordi i n s u r r e z i o n a l i c o n i fratelli G a r i b a l d i , S a n t e e Ricciotti. Dall'estero gli era arrivato qualche incoraggiamento, in p a r ticolare del radicale francese H e r r i o t e del vecchio d e m o cratico cecoslovacco Masaryk. La m a s s o n e r i a di Palazzo Giustiniani gli aveva elargito a un certo p u n t o u n a s o m m a m o d e s t a a n c h e p e r quei tempi, cinquemila lire, ma poi n o n aveva più voluto s a p e r n e dei suoi progetti. In questa ricerca di sostegni Zaniboni si era imbattuto in Carlo Quaglia e Luigi Capello. Il Quaglia, s t u d e n t e , vicino alle idee del partito p o p o l a r e , e b b e nella v i c e n d a u n r u o l o s p r e g e v o l e , p e r c h é fingeva di collaborare c o n Zaniboni e nel c o n t e m p o informava la polizia. Capello, massone, si e r a lasciato d a p p r i m a allettare d a i p r o p o s i t i dello Z a n i b o n i , d i m o s t r a n d o s i u n a volta di più stratega avventato, ma p a r e che q u a n d o fu catt u r a t o - si p r e p a r a v a a espatriare - avesse già lasciato cadere t u t t o . L'itinerario u m a n o e politico di Capello e r a stato imprevedibile e t o r t u o s o , motivato da interessi personali e da suggestioni contingenti p i ù che da veri ideali. Luigi Capello aveva c o m a n d a t o in g u e r r a la II a r m a t a , la m a g g i o r e dell'Esercito italiano, c o n i suoi q u a t t r o c e n t o m i l a u o m i n i . P r o p r i o l ' a r m a t a nella quale e r a n o e n t r a t i c o m e il coltello nel b u r r o , la tragica notte di C a p o r e t t o , i cunei delle divisioni tedesche inviate sul fronte italiano p e r u n a offensiva d e molitrice. La responsabilità del disastro e r a stata fatta ricad e r e , dalla c o m m i s s i o n e d'inchiesta, p r i n c i p a l m e n t e su di 203

lui, p e r la ostinazione con cui, o b b e d e n d o a un p r o p r i o disegno strategico, aveva trasgredito, o applicato con reticenza, gli ordini impartiti da C a d o r n a affinché la II a r m a t a assumesse u n o s c h i e r a m e n t o p i ù difensivo. N o n e r a tipo che si rassegnasse alla oscurità. Aveva scritto libri p e r discolparsi, ed e r a diventato fascista. D o p o la Marcia su R o m a lo si vide sfilare con le colonne di camicie n e r e in u n a strana tenuta fuori o r d i n a n z a , che a un osservatore sarcastico r i c o r d ò l ' i m m a g i n e d i u n g e n e r a l e s u d a m e r i c a n o . M a l'atteggiam e n t o del fascismo verso la m a s s o n e r i a (e forse a n c h e gli onori e le riabilitazioni di cui avevano g o d u t o i C a d o r n a e i Badoglio, ma n o n lui) risospinsero Capello, che nella loggia di Palazzo Giustiniani occupava u n a posizione e m i n e n t e , tra le file dell'antifascismo. C o m e sintomo della esistenza di u n a opposizione a r m a t a la c o n g i u r a Zaniboni aveva assai scarso rilievo. Dietro Zaniboni e Capello n o n c'era nulla. E n t r a m b i furono c o n d a n n a ti a t r e n t ' a n n i di c a r c e r e , ma d o p o un p e r i o d o di d u r a segregazione o t t e n n e r o u n a mitigazione del t r a t t a m e n t o : Zan i b o n i fu trasferito al confino di Ponza, C a p e l l o passò in ospedale e nel 1936 v e n n e scarcerato. Se il complotto e r a stato velleitario e quasi risibile, il suo s f r u t t a m e n t o politico e b b e invece u n a i m p o r t a n z a d i p r i m ' o r d i n e . Mussolini si era visto offrire su un piatto d'arg e n t o il p r e t e s t o di cui aveva bisogno p e r i n d u r i r e il Regim e . A loro volta i fiancheggiatori desiderosi di salvare la coscienza avevano un pretesto p e r a m m e t t e r e che, di fronte al c o m p o r t a m e n t o criminale della opposizione, un giro di vite d i v e n t a v a inevitabile. Crisi di coscienza s u b i t a n e e colsero così le p r o p r i e t à di quei giornali che e r a n o rimasti indipendenti, e che, p u r a v e n d o a t t e n u a t o gli atteggiamenti antifascisti m a n t e n u t i d u r a n t e la crisi Matteotti, si p e r m e t t e v a n o a n c o r a delle critiche. Cambiò direttore, tra gli altri, il Corriere della Sera. Luigi Alberimi dovette lasciare, insieme al fratello Alberto, la g u i d a del m a g g i o r q u o t i d i a n o italiano. Gli Albertini e r a n o qualcosa di più che «la direzione» nel Corrie204

re della Sera: n o n solo p e r c h é possedevano u n a q u o t a di p r o prietà, ma soprattutto p e r c h é avevano legato il loro n o m e , e il loro prestigio, a u n a politica c o e r e n t e e intransigente, da g r a n d i borghesi illuminati. Alla d i r e z i o n e fu insediato Piet r o Croci, u n r e d a t t o r e d i n o n spiccato rilievo che c o m p ì q u i e t a m e n t e l ' o p e r a d i «conformizzazione» del g i o r n a l e . Q u e s t o n o n f u c h e u n o dei segni d i u n « a d e g u a m e n t o » a l R e g i m e c h e p r e n d e v a p r o p o r z i o n i s e m p r e p i ù massicce, tanto che Balbo osservava, in u n a lettera, che «non si trova più un antifascista a pagarlo a peso d'oro». L'Aventino avvertì, c o n i r r i m e d i a b i l e r i t a r d o , l ' u m o r e d i b u o n a p a r t e del paese: e capì che Mussolini n o n si e r a abb a n d o n a t o i m m e d i a t a m e n t e , d o p o l'arresto di Zaniboni e Capello, a spettacolari misure repressive - rifiutò p e r il m o m e n t o il ripristino della p e n a di m o r t e che gli veniva richiesto a g r a n voce da molti - p r o p r i o p e r consentire che il p r o cesso di fascistizzazione m o r b i d a si svolgesse senza sussulti. Evirati i g r a n d i giornali di opposizione, vessati i quotidiani di p a r t i t o (alcuni, c o m e La Rivoluzione liberale e II Popolo, e r a n o stati costretti a c h i u d e r e ) , l'Aventino poteva riacquistare u n a voce solo t o r n a n d o in aula. I comunisti l'avevano capito quasi i m m e d i a t a m e n t e , ed infatti si e r a n o ripresentati alle sedute. In altri g r u p p i la t e n d e n z a al r i t o r n o acquistava forza crescente. Ma a questo p u n t o , reso forte, nella sua intransigenza, dal complotto Zaniboni, politicamente provvidenziale, Mussolini e r a risoluto a s b a r r a r e l o r o il passo. Gli aventiniani n o n a v r e b b e r o p o t u t o rovesciare i r a p p o r t i di forza in un P a r l a m e n t o dove la maggioranza governativa era solida. Ma le loro critiche e le loro polemiche sarebbero state fastidiose. In u n a C a m e r a s t r a o r d i n a r i a m e n t e docile, e s f r u t t a n d o il m o m e n t o favorevole, Mussolini e r a riuscito a far passare quasi si trattasse di ordinaria amministrazione, tra il novembre e il gennaio, u n a serie di m i s u r e che d a v a n o s e m p r e più all'Italia il colore del Regime. Regolamentazioni sulla stam205

pa e le società segrete, esonero dei funzionari pubblici «infidi», revoca della cittadinanza ai fuorusciti, accresciute comp e t e n z e dei Prefetti, disciplina dei contratti di lavoro, n u o v e prerogative del C a p o del g o v e r n o (che acquistava u n a posizione fortissima e a u t o n o m a e rispondeva delle sue decisioni solo alla Corona, n o n più al Parlamento), facoltà dell'esecutivo d i e m a n a r e n o r m e g i u r i d i c h e . Q u e s t o g r a n lavoro p a r l a m e n t a r e , c h e m e t t e v a lo s p o l v e r i n o a t u t t o ciò che il g o v e r n o p r e p a r a v a , l a C a m e r a l o aveva c o m p i u t o a n c h e grazie alla sua r i a p e r t u r a a n t i c i p a t a , il 18 n o v e m b r e (del '25): r i a p e r t u r a c h e Mussolini aveva decisa, f i d a n d o sulla sorpresa, p r o p r i o p e r n o n lasciare t e m p o all'Aventino, «responsabile m o r a l e della c o n g i u r a Zaniboni», di organizzare il r i e n t r o . Q u a l c h e d e p u t a t o a v e n t i n i a n o si p r o v ò , isolatam e n t e , a r i e n t r a r e a Montecitorio: ne fu cacciato a viva forza. Era il p r e a n n u n c i o di q u e l che sarebbe a v v e n u t o q u a n do fosse stato tentato l'ingresso in massa. Ai p r i m i di g e n n a i o del '26, c o m u n q u e , i «popolari» di De G a s p e r i decisero di s c e n d e r e d a l l ' A v e n t i n o . P r i m a di p a s s a r e alla esecuzione di questa delibera del loro g r u p p o avviarono tuttavia, con cautela d e m o c r i s t i a n a ante luterani, contatti con i fascisti. Volevano sapere cosa li attendesse. Ne o t t e n n e r o , in risposta, un ultimatum. I fascisti e r a n o disposti a riammetterli, a p p r e s e r o , se avessero p r e v e n t i v a m e n t e dichiarato di riconoscere «il fatto c o m p i u t o della rivoluzione fascista», e il fallimento dell'Aventino «perché n o n esisteva u n a q u e s t i o n e m o r a l e che investisse il G o v e r n o fascista»: e se avessero inoltre p r o m e s s o di esercitare alla C a m e r a n o n u n a «opposizione p r e c o n c e t t a e pregiudiziale» m a u n a «eventuale critica ai disegni di legge». Ci mancava poco, ins o m m a , che i fascisti p r e t e n d e s s e r o dagli oppositori, p e r tollerare che r i p r e n d e s s e r o il loro posto, u n a dichiarazione di fascismo. I «popolari» n o n p o t e v a n o subire l'ukase, ma n o n vollero n e p p u r e r i n u n c i a r e ai loro propositi di r i e n t r o . Scelsero, p e r l'azione, u n m o m e n t o che - i l l u d e n d o s i d i g r a n l u n g a 206

sugli scrupoli e sulla sensibilità dei fascisti - ritenevano favorevole: la c o m m e m o r a z i o n e a M o n t e c i t o r i o , il 16 g e n n a i o 1926, della r e g i n a M a r g h e r i t a , m o r t a ai p r i m i d e l l ' a n n o a B o r d i g h e r a . Un g r u p p o di p o p o l a r i e di demosociali riuscì effettivamente a p e n e t r a r e nell'aula, e p o t è ascoltare le orazioni celebrative del P r e s i d e n t e dell'Assemblea, C a s e r t a n o , e del ministro d e l l ' I n t e r n o Federzoni. Ma subito d o p o i p i ù brutali tra i d e p u t a t i fascisti a g g r e d i r o n o gli «intrusi», li p r e s e r o a ceffoni, p u g n i , calci, b u t t a n d o l i l e t t e r a l m e n t e fuori da Montecitorio, dove e r a n o stati m a n d a t i dagli elettori. Il P r e s i d e n t e n o n i n t e r v e n n e . Mussolini spinse la sua t r a c o tanza fino al p u n t o di p r e n d e r e la parola, il 17 gennaio, nella stessa aula, e di definire «inaudito» n o n già ciò che i fascisti a v e v a n o fatto, ma il c o m p o r t a m e n t o degli u o m i n i c h e «furtivamente si e r a n o insinuati» nell'aula «al r i p a r o di u n a g r a n d e m o r t a » : cosicché la «indignazione» dei d e p u t a t i fascisti e r a p i e n a m e n t e giustificata. D a q u e l m o m e n t o o g n i velleità d i r i t o r n o degli a v e n t i n i a n i cessò. U n a n n o d o p o , come v e d r e m o , essi furono dichiarati d e c a d u t i dal m a n d a t o parlamentare. A fine m a r z o del 1926 Farinacci fu destituito - con il rituale plauso del G r a n Consiglio p e r l'opera svolta - dalla carica di s e g r e t a r i o d e l P N F . A sostituirlo v e n n e c h i a m a t o A u g u s t o Turati. Il ras di C r e m o n a e r a stato m o l t o utile a Mussolini p e r offrire, in un p e r i o d o delicato, garanzie agli estremisti, e p e r riassestare con m a n o d u r a e metodi spicciativi la macchina del partito. Ma era un p e r s o n a g g i o i n g o m b r a n t e , irr u e n t o , chiassoso, che aveva del fascismo u n a c o n c e z i o n e p e r s o n a l e , e n o n r i n u n c i a v a a sostenerla. Le u l t i m e n o i e p r i m a del siluramento le aveva date a Mussolini accettando la difesa di D u m i n i , u n o degli i m p u t a t i p e r il delitto Matteotti, d u r a n t e il p r o c e s s o c e l e b r a t o , a p p u n t o in m a r z o , a Chieti. E r a n o stati rinviati a giudizio D u m i n i , Malacria, Pov e r o m o , Volpi, Viola, i m p u t a t i di o m i c i d i o v o l o n t a r i o ma n o n p r e m e d i t a t o , commesso p e r «odio di partito». Mussoli207

ni aveva la pretesa che il dibattimento n o n assumesse accentuazioni politiche, e si svolgesse «tra l'indifferenza della nazione» o n d e evitare - scrisse - che «l'Italia t o r n i a matteottizzarsi d o p o d u e a n n i dalla guarigione». L'intervento, c o m e avvocato difensore, del segretario del partito, di sicuro n o n rispondeva a questi concetti. Ma Mussolini ci si rassegnò, r a c c o m a n d a n d o tuttavia a Farinacci di m o d e r a r e la sua ansia di trasformare il processo agli uccisori di Matteotti in un processo agli oppositori del fascismo. Il processo finì alla svelta, con la c o n d a n n a di D u m i n i , Pover o m o e Volpi a cinque a n n i undici mesi e venti giorni (cond a n n a che, grazie a q u a t t r o anni di amnistia, si ridusse a p o ca cosa) e con la assoluzione di Malacria e Viola. Ma alcune i m p e n n a t e farinacciane i r r i t a r o n o e g u a l m e n t e Mussolini, che inviò al segretario-avvocato u n a lettera p u n g e n t e , p e r ché «nessuna p r o m e s s a e r a stata m a n t e n u t a » . Anche in questa occasione Farinacci n o n incassò t a c e n d o . Replicò scriv e n d o di essersi a t t e n u t o ai patti. «Il processo è d i v e n t a t o politico? Ma q u e s t o lo si sapeva da t e m p o , a l t r i m e n t i n o n sarei a Chieti» osservava piuttosto p e r t i n e n t e m e n t e . E, concludeva con un tocco d e g n o del suo fair play, «Matteotti fu da vivo un g r a n porco». Farinacci fu d u n q u e , alla fin fine, l'ultima vittima dell'affare Matteotti, e si r i n t a n ò , d o p o d'allora, nel suo inattaccabile feudo c r e m o n e s e , deciso a interp r e t a r e con u n a coerenza di cui gli va dato atto l'anima dell ' e s t r e m i s m o fascista. Il c h e lo p o r t ò p i ù volte a un passo dalla espulsione. Ma quel passo n o n fu mai c o m p i u t o . Turati, affiancato da quattro vice-segretari, Arpinati, Melchiori, Ricci e Starace, era un giornalista bresciano. Era arrivato al fascismo piuttosto in ritardo, nel 1920, sull'onda delle sue convinzioni nazionaliste e interventiste. Era senza dubbio un intransigente, con qualche venatura populista (aveva infatti incoraggiato lo sciopero dei metallurgici). Ma nei q u a t t r o a n n i e mezzo d u r a n t e i quali resse la Segreteria - la gestione più lunga, fatta eccezione p e r quella staraciana d i m o s t r ò di s a p e r i n t e r p r e t a r e la politica di Mussolini. 208

Espulse a decine di migliaia gli elementi più violenti, estremisti, rissosi, limitò l'afflusso delle d o m a n d e di iscrizione - che aveva assunto proporzioni di valanga - ma, m e n o drastico di Farinacci, acconsentì a i m m e t t e r e nel c o r p o del partito molti che, come lui, venivano da correnti «affini», e che servirono ad a n n a c q u a r n e l'impronta squadristica. Un n u o vo statuto del p a r t i t o abolì o g n i «elezionismo», secondo un t e r m i n e fascista dalla inequivocabile sottolineatura spregiativa. Le n o m i n e e r a n o decretate dall'alto, la periferia doveva ricevere o r d i n i dal c e n t r o , e il c e n t r o dai vertici. In questa costruzione p i r a m i d a l e Mussolini assumeva u n a dimension e , a n c h e statutaria, del t u t t o p a r t i c o l a r e . C o m e C a p o del G r a n Consiglio - al quale il partito doveva obbedienza - come C a p o del partito, c o m e C a p o del g o v e r n o , veniva posto al di sopra e al di là di ogni possibile c o n d i z i o n a m e n t o . Era la traduzione, in termini di statuto, di concetti che Mussolini n o n si stancava di r i p e t e r e nei suoi discorsi: «Le mie parole v e n g o n o d o p o i fatti i quali n o n t r a g g o n o origine da assemblee, né da preventivi consigli od ispirazioni di individui, di g r u p p i o di circoli: sono decisioni c h e io m a t u r o da solo e delle quali, come è giusto, n e s s u n o p u ò essere a preventiva conoscenza; n e m m e n o gli interessati, c h e p o s s o n o essere gradevolmente sorpresi anche q u a n d o lasciano il posto». Augusto Turati intendeva probabilmente cambiare il partito, «normalizzarlo» i m b o r g h e s e n d o l o , ripulirlo e s t r o m e t t e n d o gli «ultra», ma i n t e n d e v a a n c h e conservargli u n a influenza decisiva nella vita politica italiana. Se questo, c o m e sembra, era il suo disegno, si sbagliò, p e r la semplice ragione che Mussolini ne aveva un altro. Il p a r t i t o , p e r lui, doveva essere soltanto u n o s t r u m e n t o da usare in caso di necessità, ma solo in caso di necessità, a sua richiesta. Eccellente organizzatore, u o m o intelligente, T u r a t i finì p e r c o n s e g n a r e al successore il partito che Mussolini desiderava. N o n più u n a cassa di risonanza di fermenti politici, a n c h e se n o n a n c o r a la m u m m i a imbellettata del p e r i o d o staraciano.

CAPITOLO SECONDO

NASCE IL T R I B U N A L E SPECIALE

La c o n g i u r a Zaniboni fece da p r o l o g o all'anno degli attentati, a p p u n t o il 1926. Mussolini in realtà l'aveva battezzato «anno napoleonico», in previsione dei successi che il fascis m o a v r e b b e c o n s e g u i t o . A sua volta Farinacci p a r l a v a di «anno francescano» n o n tanto riferendosi - è ovvio - alle celebrazioni del Santo di Assisi che in tutta Italia si tenevano, q u a n t o a u n a sorta di q u a r e s i m a politica. Ma la definizione del De Felice «anno degli attentati» resta senza dubbio, a posteriori, la p i ù esatta. Del p r i m o in o r d i n e di t e m p o fu responsabile Violet Gibson, irlandese di nascita, a p p a r t e n e n t e a u n a famiglia aristocratica, s e s s a n t a d u e n n e . Questa d o n n a affetta da m a n i a religiosa, che aveva in p r o g e t t o u n ' a z i o n e analoga c o n t r o il Papa, e che n o n risulta fosse stata istigata o a i u t a t a da a l c u n o , a s p e t t a v a Mussolini confusa t r a la folla assiepata, la mattina del 7 aprile 1926, l u n g o la scalinata del C a m p i d o g l i o . Il C a p o del g o v e r n o si stava a l l o n t a n a n d o , d o p o aver i n a u g u r a t o u n c o n g r e s s o i n t e r n a z i o n a l e d i chir u r g i a . P o r t a v a in testa la b o m b e t t a , un c a p o di abbigliam e n t o al quale e r a molto affezionato, p r i m a di passare alle uniformi. D'improvviso la squilibrata si fece avanti, e con u n a pistola gli s p a r ò quasi a b r u c i a p e l o . La f o r t u n a che assistette Mussolini in queste circostanze volle che egli alzasse di scatto la testa, p r o p r i o in q u e l l ' a t t i m o ; s e c o n d o u n a v e r s i o n e p e r g u a r d a r e u n a ragazza che da un balcone gli aveva buttato dei fiori, s e c o n d o u n ' a l t r a p e r s a l u t a r e r o m a n a m e n t e u n g r u p p o d i s t u d e n t i che i n t o n a v a n o Giovinezza. Q u e s t o m o v i m e n t o lo salvò. Il proiettile, anziché conficcarglisi nella 210

tempia, sbucciò la cartilagine del naso. S a n g u i n a n t e , Mussolini fu r i c o n d o t t o nella sala g r e m i t a di c h i r u r g h i , ed e b b e p e r loro a n c h e u n a battuta. «Signori, vengo a m e t t e r m i sotto le vostre c u r e professionali.» R i a p p a r v e con il naso incer o t t a t o , e così posò a n i m o s a m e n t e p e r i fotografi. Quel cerotto n o n gli dispiaceva. (Assai diversamente, cancellò tutte le udienze e si nascose al pubblico u n a volta che, sbalzato di sella da un cavallo, e r a stato costretto a medicarsi la faccia contusa.) A n n u n c i ò subito che Miss Gibson sarebbe stata soltanto espulsa, senza altre sanzioni. Il p r o g r a m m a della giornata n o n subì variazioni. Nel p o m e r i g g i o Mussolini insediò il n u o v o Direttorio del partito fascista, e dell'attentato si occ u p ò solo p e r coniare u n a delle sue più celebri massime: «Se a v a n z o , s e g u i t e m i ; se i n d i e t r e g g i o , u c c i d e t e m i ; se m u o i o , vendicatemi». Il giorno successivo consegnò il dirigibile Norge ad A m u n d s e n e q u i n d i p a r t ì p e r u n a prevista visita ufficiale in Libia. Mussolini aveva corso u n p e r i c o l o serio: m a l ' a t t e n t a t o era politicamente insignificante, p e r c h é insignificante era la personalità della colpevole. Vi furono attacchi a chi, dall'estero, fomentava le c a m p a g n e antifasciste, e vi furono critiche d u r e , negli a m b i e n t i fascisti i n t r a n s i g e n t i , al m i n i s t r o d e l l ' I n t e r n o Federzoni, accusato di scarsa vigilanza ed efficienza. Federzoni stesso, in u n a lettera a Mussolini di nove giorni d o p o , lo scongiurava di evitare, «per q u a n t o è possibile, le occasioni inutilmente rischiose». Ma in sostanza le ripercussioni furono soltanto emotive. U n m a r c h i o ideologico preciso e b b e invece l ' a t t e n t a t o dell'«anarchico individualista» Gino Lucetti: un lavoratore del m a r m o d i ventisei a n n i che e r a e m i g r a t o dalla Garfag n a n a in Francia. L'anarchico pensava di p o t e r gettare d u e b o m b e a m a n o n e l l ' i n t e r n o della Lancia di Mussolini quand'essa dal piazzale di Porta Pia avesse imboccato la via N o m e n t a n a , sul percorso verso Palazzo Chigi. L a u t o veniva da Villa Torlonia, dove Mussolini n o n si era ancora trasferito con la famiglia - lo fece solo nel 1929 - ma dove risiedeva 211

saltuariamente d'estate. Il Lucetti, sbucato da dietro u n ' e d i cola alle 10,20 dell'I 1 settembre, a p p e n a avvistata la Lancia d e l C a p o del g o v e r n o , lanciò l e b o m b e m a sbagliò m i r a . Q u i n t o N a v a r r a , l'usciere p e r s o n a l e d i Mussolini, c h e e r a nella v e t t u r a , ha r a c c o n t a t o di a v e r e u d i t o «qualcosa» colpirla v i o l e n t e m e n t e . Voltatosi, vide un u o m o con il braccio alzato, tanto che p e n s ò a u n o spettatore che avesse salutato romanamente. Mussolini p e r ò aveva intuito il pericolo. «Andate, a n d a t e , h a n n o tirato un ciottolo nella vettura» disse all'autista Bor a t t o . Era calmo. Assicurò p i ù t a r d i N a v a r r a che «se a n c h e l ' o r d i g n o fosse e n t r a t o nella v e t t u r a avrei fatto in t e m p o a rilanciarlo fuori, da vecchio bersagliere». A Palazzo Chigi e r a in attesa De B o n o , che n o n sapeva nulla dell'accaduto. «A Porta Pia mi h a n n o tirato u n a bomba» gli a n n u n c i ò Mussolini, con d e l i b e r a t a solennità. Il Q u a d r u m v i r o corse via g r i d a n d o che avrebbe «impiccato p e r s o n a l m e n t e » l'attentatore. Il Lucetti, la cui b o m b a aveva provocato qualche ferito, n o n grave, tra i passanti, fu c o n d a n n a t o a t r e n t ' a n n i di carcere, come Zaniboni e Capello. E il suo gesto servì, c o m e l'episodio dell'albergo Dragoni, a innescare richieste di più severi p r o v v e d i m e n t i c o n t r o gli antifascisti, e di r i p r i s t i n o della p e n a di m o r t e . Lucetti sostenne di n o n avere complici. Ma la sua estrazione, le sue convinzioni, la r e s i d e n z a in Francia d o v e p i ù forte e r a stato l'afflusso di antifascisti, e più n u m e r o s i e r a n o i g r u p p i o p e r a n t i p e r la c a d u t a del Regime, avallavano il sospetto, o alimentavano la tesi, che l'anarchico toscano fosse stato l'emissario di p i ù potenti congiurati. Ancora u n a volta l'antifascismo, c o m e entità politica, subiva u n a c h i a m a t a di c o r r e o , b e n c h é tutti i partiti e le organizzazioni di opposizione, p e r quel tanto che restava loro di possibilità di espressione, si fossero affrettati a d e p l o r a r e il tentativo del Lucetti, e a dissociarsi da esso. La p o l t r o n a di F e d e r z o n i era s e m p r e p i ù traballante, lo stesso fratello del D u c e , A r n a l d o , ne consigliava la sostitu212

zione. I l Direttorio del P N F aveva a p p r o v a t o u n d o c u m e n t o che c h i e d e v a l a c o n v o c a z i o n e i m m e d i a t a d e l P a r l a m e n t o «per sancire p r o v v e d i m e n t i legislativi atti a p r e v e n i r e con la sanzione capitale i delitti c o n t r o il C a p o dello Stato e il C a p o del Governo». Alla i n t r o d u z i o n e della p e n a di m o r t e si e r a del resto esplicitamente detto favorevole lo stesso Mussolini, in un discorso p r o n u n c i a t o «a caldo» il g i o r n o della b o m b a di Lucetti. Ma p o i s o p r a s s e d e t t e . Ai p r i m i di o t t o b r e Rocco aveva a p p r o n t a t o u n a legge c h e p u n i v a c o n l a p e n a capitale chi avesse attentato alle p e r s o n e del Re, del Reggente, della Regina, del principe ereditario, del C a p o del g o v e r n o . Mussolini n o n volle che la C a m e r a la discutesse subito, forse p e r rafforzare nella o p i n i o n e p u b b l i c a la s e n s a z i o n e c h e egli n o n desse i m p o r t a n z a alla sua incolumità, e p o c o si p r e o c cupasse di farla p i ù efficacemente p r o t e g g e r e ; o forse p e r ché sapeva che l a p e n a d i m o r t e trovava o p p o s i t o r i a n c h e nei settori più m o d e r a t i nel P N F . A togliere di mezzo ogni sua esitazione, n o n solo p e r q u e sto p r o v v e d i m e n t o m a p e r u n a istituzionalizzazione p i ù completa - a n c h e dal p u n t o di vista legislativo - della dittatura, s o p r a v v e n n e il 31 ottobre a Bologna il terzo attentato d e l l ' a n n o . Mussolini e r a in visita in Emilia p e r celebrarvi il q u a r t o a n n i v e r s a r i o della Marcia su R o m a , e l ' u l t i m o d e l m e s e p a r t e c i p ò , nel c a p o l u o g o , a u n a serie di c e r i m o n i e , nelle quali lo a c c o m p a g n a v a il p o t e n t e e intelligente ras locale, Arpinati, un fascista sospetto di eresia, c o m e Farinacci. Q u a n d o o r m a i Mussolini, i n a u g u r a t o il n u o v o stadio, ispezionata la Casa del fascio e a p e r t o all'Archiginnasio il quindicesimo C o n g r e s s o della società italiana p e r il p r o g r e s s o delle scienze, stava r a g g i u n g e n d o la stazione p e r r i p a r t i r e , q u a l c u n o gli sparò. La pallottola n o n lo ferì, p e r p u r o miracolo, ma trapassò la fascia dell'ordine Mauriziano che aveva a tracolla. La scena che seguì fu t u m u l t u o s a . Un ragazzo sed i c e n n e , Anteo Zamboni, v e n n e linciato da fascisti p r e s e n t i che l ' a v r e b b e r o identificato c o m e a u t o r e d e l l ' a t t e n t a t o . 213

Mussolini n o n d e n u n c i ò e m o z i o n e , e sul piazzale della stazione volle passare r e g o l a r m e n t e in rivista il picchetto d'on o r e . Poi p r o s e g u ì il suo viaggio - come previsto - r e c a n d o si in R o m a g n a , d o v e si t r a t t e n n e a n c h e nella sua t e n u t a di C a r p e n a e - fu riferito - s u o n ò il violino, essendosi complet a m e n t e dimenticato del rischio corso. Ma ci aveva pensato, e come. La decisione di n o n m u t a r e i t i n e r a r i , la p a u s a r o m a g n o l a , r i s p o n d e v a n o a un calcolo preciso: volevano rafforzare il mito del D u c e che, p r e s o di m i r a da avversari spietati, ma in qualche m o d o invulnerabile p e r un s u p e r i o r e disegno della Provvidenza, n o n si lasciava spaventare. Nulla poteva farlo deviare dai suoi p r o g r a m mi. Però, d u r a n t e q u e s t o t e m p o d'attesa, si a n d a v a p r e p a r a n d o un a l t r o 3 g e n n a i o , o un 18 b r u m a i o d e l R e g i m e . L'attentato aveva scatenato le consuete rappresaglie fasciste: c o n t r o la sede del Lavoro, il q u o t i d i a n o socialista di Genova, che fu incendiata, c o n t r o circoli e sedi del partito p o p o l a r e e della Azione cattolica, c o n t r o case di oppositori (una delle vittime fu B e n e d e t t o Croce). Addirittura, p e r ispirazione di Italo Balbo, si parlò di f o r m a r e u n a «polizia segreta ferrarese» e di s t e n d e r e liste di proscrizione. Farinacci p r o p o s e di d e p o r t a r e gli antifascisti in Somalia. Mussolini impose rapid a m e n t e l'alt a questi sfoghi violenti. Aveva in m e n t e qualcosa di assai più sistematico, concreto, e risolutivo. In u n a r i u n i o n e del Consiglio dei ministri, il 5 n o v e m b r e (sempre del '26), Federzoni e Rocco p r o p o s e r o u n a serie di m i s u r e repressive. Il ministro d e l l ' I n t e r n o si congedava con questo «canto del cigno» dalla carica, p e r passare alle Colonie. Già d o p o l'attentato Lucetti, il C a p o della polizia Crispo M o n c a d a era stato rimpiazzato da A r t u r o Bocchini, p r e fetto di Genova: un n a p o l e t a n o di 47 a n n i c h e m a n t e n n e il posto fino alla m o r t e , nel 1940. Federzoni suggerì, e il Consiglio dei ministri subito decise, che si procedesse a u n a revisione di tutti i passaporti p e r l'estero; che fossero c o n d a n nati a p e n e severe coloro che tentassero di espatriare cland e s t i n a m e n t e e i loro complici, essendo la polizia di frontie214

ra autorizzata a far uso delle armi c o n t r o i trasgressori: che fossero vietate t u t t e le p u b b l i c a z i o n i e tutti i p a r t i t i «che esplicano azione c o n t r a r i a al Regime», c h e fosse istituito il confino di polizia p e r chi commettesse atti contrari allo Stato e al Regime; che ciascun c o m a n d o di legione della Milizia disponesse di un servizio di investigazione politica. Era la fine, questa volta senza infingimenti, di tutti i p a r titi tranne' il fascista; ed e r a la cancellazione di q u a n t o restava di u n a s t a m p a i n d i p e n d e n t e . Era infine la instaurazione di u n o Stato nel quale il passaporto p e r l'estero, e l'espatrio, n o n e r a n o u n diritto dei cittadini, m a u n a benevola concessione della autorità. Q u a n d o Federzoni ebbe f i n i t o , Rocco p r e s e n t ò u n diseg n o d i legge che r i p r e n d e v a quello a p p r o n t a t o d o p o l'episodio Lucetti e sanciva la p e n a di m o r t e p e r gli a t t e n t a t o r i alle p e r s o n e dei Reali e del C a p o del g o v e r n o , e inoltre p e r chi attentasse alla p a c e pubblica o si r e n d e s s e colpevole di spionaggio. I n o l t r e il p r o g e t t o p u n i v a con la reclusione da tre a dieci a n n i i tentativi di ricostituzione dei partiti, delle associazioni, delle organizzazioni disciolte, e affidava la comp e t e n z a p e r g i u d i c a r e questi crimini a d u n T r i b u n a l e speciale p e r l a difesa dello Stato, p r e s i e d u t o d a u n g e n e r a l e delle tre a r m i o della Milizia, formato da cinque giudici scelti tra i Consoli della Milizia e da un r e l a t o r e a p p a r t e n e n t e alla m a g i s t r a t u r a militare. Le sentenze di questo T r i b u n a l e n o n a v r e b b e r o p o t u t o essere a p p e l l a t e . A n c h e d u r a n t e l a seduta del Consiglio dei ministri, Mussolini - che assumeva p e r s o n a l m e n t e , p e r l'occasione, il dicastero d e l l ' I n t e r n o affettò fastidio p e r i provvedimenti, a l m e n o nella p a r t e che si riferiva alla sua tutela, ma li r i c o n o b b e necessari «ai fini dello Stato e della tranquillità nazionale». La p e n a di m o r t e sarebbe stata utile p e r «virilizzare» il p o p o l o italiano, disse. Rocco ( u n giurista!) volle c h e l e n u o v e n o r m e , t r a n n e quella che istituiva la p e n a di m o r t e , fossero retroattive (infatti c o m p a r v e r o davanti al T r i b u n a l e speciale i familiari di Anteo Zamboni, accusati di complicità nell'attentato). Tutta215

via l'eccezionalità e anticostituzionalità del giro di vite e r a così evidente che Rocco stesso sentì il bisogno di limitarne la d u r a t a a cinque anni. L'attentato Z a m b o n i sfociò, c o m e si è a c c e n n a t o , in un processo nel quale figurarono in qualità di i m p u t a t i - tolto di mezzo c r u e n t e m e n t e il vero o p r e s u n t o protagonista, l'adolescente Anteo - il p a d r e di lui M a m m o l o , la zia Virginia T a b a r r o n i , il fratello Ludovico. La famiglia Z a m b o n i era di convinzioni v a g a m e n t e a n a r c h i c h e , il che n o n aveva i m p e dito a M a m m o l o , p e r u n a di quelle confusioni ideologiche c h e s o n o f r e q u e n t i t r a gli a n a r c h i c i , di essere in dimestichezza con Arpinati e di simpatizzare, in un p r i m o m o m e n to, p e r il fascismo. Anteo era balilla: ma odiava i tiranni, e di questa sua esaltazione p e r la libertà aveva lasciato traccia in un q u a d e r n o di cui la polizia v e n n e in possesso. Gli indizi che potevano coinvolgere nell'attentato i p a r e n t i del ragazzo e r a n o c o m u n q u e inconsistenti, t a n t o che il sostituto avvocato militare cui fu d a p p r i m a affidata la istruttoria, Vincenzo Balzano, p r o p o s e il p r o s c i o g l i m e n t o degli i m p u t a t i «per insussistenza di reato». Q u e s t a conclusione n o n p i a c q u e in alto loco, e un a l t r o , più docile magistrato militare, E m a n u e l e Landolfi, rinviò a giudizio p a d r e , zia e fratello. Il fratello fu assolto in dibattim e n t o p e r insufficienza di p r o v e , c o n d a n n a t i invece a t r e n t ' a n n i di reclusione M a m m o l o Z a m b o n i e Virginia Tab a r r o n i , s o r p r e n d e n t e m e n t e graziati nel 1932. La clemenza del fascismo verso i p r e s u n t i congiurati - in cui favore Arpinati si p r o d i g ò s e m p r e - e le sovvenzioni che Mussolini ord i n ò di largire a Ludovico Zamboni, così che egli p o t r à seg u i r e gli studi universitari, laurearsi in m e d i c i n a e c h i r u r gia, e d i v e n t a r e ufficiale m e d i c o dell'aviazione, avvalorarono la tesi che Anteo Zamboni fosse innocente, e che vero responsabile dell'attentato fosse un g r u p p o di fascisti intransigenti vicini ad Arpinati e a Farinacci. La tesi è suggestiva ma n o n fondata su elementi concreti e seri. La s m e n t ì , d o p o la c a d u t a del fascismo, M a m m o l o 216

Zamboni, affermando che Anteo «andò i n c o n t r o al martirio e alla m o r t e con la ferma volontà di liberare l'Italia dall'uomo nefasto». Ma la smentì, con il suo c o m p o r t a m e n t o , Mussolini stesso che in un r i m p a s t o ministeriale del s e t t e m b r e 1929 n o m i n ò A r p i n a t i sottosegretario a l l ' I n t e r n o . Il C a p o del g o v e r n o n o n poteva i g n o r a r e che la polizia aveva indag a t o a n c h e in d i r e z i o n e d e l fascismo d i s s i d e n t e , e, avido c o m ' e r a di informazioni di questo tipo, sarebbe c e r t a m e n t e stato posto al c o r r e n t e di ogni e l e m e n t o che avvalorasse sospetti su A r p i n a t i . A un possibile m a n d a n t e d e l l ' a t t e n t a t o n o n s a r e b b e stato affidato un incarico di tale delicatezza. Più verosimile è che Mussolini sapesse che la c o n d a n n a dei familiari di A n t e o e r a stata v o l u t a dalla r a g i o n e politica, senza alcun f o n d a m e n t o giudiziario, e abbia posto r i m e d i o , b e n e o male, a quella iniquità. Tra i fascisti più turbolenti e più insofferenti verso il p e r b e n i s m o che Mussolini e Turati a v e v a n o i m p o s t o al p a r t i t o affioravano senza d u b b i o velleità di «golpe». L'obbiettivo di esso avrebbe d o v u t o essere, più che Mussolini, la m o n a r c h i a . Era stata ventilata l'idea di un attacco a Villa Ada, la r e s i d e n z a privata del Re, p e r togliere di mezzo i Savoia e restituire il Regime alla sua originaria p u r e z z a . Ma si t r a t t ò di propositi nebulosi e inconsistenti, che n o n dovettero p r e o c c u p a r e più che tanto il C a p o del g o v e r n o . Per c o r o n a r e l'insieme di p r o v v e d i m e n t i c h e aveva d a t o al R e g i m e a n c h e di diritto - d o p o che se li e r a già presi di fatto - tutti i p o t e r i e tutti gli s t r u m e n t i di u n a d i t t a t u r a , m u n i t a di u n a sua giustizia speciale, di u n a sua polizia speciale, di un suo esercito speciale, fondata su un partito unico, m a n c a v a u n u l t i m o tocco: l a d e c a d e n z a d e i d e p u t a t i a v e n t i n i a n i , c h e n o n e r a n o a m m e s s i a M o n t e c i t o r i o , che e r a n o p o l i t i c a m e n t e paralizzati, m a c h e r a p p r e s e n t a v a n o p u r s e m p r e un simbolo di opposizione. La loro esistenza, e la sopravvivenza di quel m a n d a t o che e r a stato conferito loro dagli elettori, d e n u n c i a v a n o la sostanziale illegalità istituzionale della situazione. Q u e s t a escrescenza fastidiosa nella 217

s t r u t t u r a o r m a i o m o g e n e a del n u o v o Stato dava uggia n o n soltanto agli intransigenti c o m e Farinacci - che e r a n o semp r e in attesa di u n a «seconda ondata» rivoluzionaria - ma a n c h e a Mussolini stesso, s e p p u r e p e r r a g i o n i p r o f o n d a m e n t e d i v e r s e . L a cancellazione degli a v e n t i n i a n i doveva essere p e r Farinacci u n a u l t e r i o r e p r e m e s s a a quella soluzione finale r i v o l u z i o n a r i a c h e a v r e b b e p o r t a t o il R e g i m e verso i t r a g u a r d i fissati al suo nascere e tra i quali e r a la elim i n a z i o n e della M o n a r c h i a ; p e r Mussolini e r a la affermazione definitiva del suo p o t e r e personale, e un colpo di spug n a su un lascito sgradevole dell'affare Matteotti. Sull'onda s e m p r e dell'attentato Z a m b o n i la p r o p o s t a di d i c h i a r a r e la d e c a d e n z a dei d e p u t a t i secessionisti p a r t ì da Farinacci, c h e voleva e s c l u d e r e dalla s a n z i o n e - c o e r e n t e m e n t e , del resto - i p a r l a m e n t a r i comunisti. Sul p i a n o della logica l'ex-segretario del partito aveva ragione. I comunisti, d o p o u n a breve adesione all'Aventino, e r a n o tornati in aula, p a r t e c i p a n d o alle s e d u t e . N o n p o t e v a n o essere associati al g r u p p o degli aventiniani che e r a n o rimasti fermi nella diserzione dal P a r l a m e n t o . Ma la m o z i o n e che la C a m e r a a p p r o v ò nella sua r i u n i o n e d e l 9 n o v e m b r e 1926 - la stessa nella quale tutte le m i s u r e eccezionali p a s s a r o n o con dodici voti c o n t r a r i m e n t r e se ne c o n t a r o n o 49 al Senato - recava in testa alle firme dei p r o p o n e n t i quella del segretario del p a r t i t o A u g u s t o T u r a t i , e i n c l u d e v a i c o m u n i s t i t r a coloro che dovevano essere e p u r a t i . L'anno degli attentati si risolveva p e r Mussolini in un anno di successo politico. Anche senza le b o m b e di Lucetti e il colpo di pistola di Bologna, egli avrebbe c e r t a m e n t e proced u t o alla stretta autoritaria. Ma avrebbe d o v u t o cogliere altre occasioni, o fabbricarle: soprattutto n o n avrebbe p o t u t o così facilmente, senza l'impeto di emozione e di allarme che gli attentati avevano suscitato in u n a o p i n i o n e pubblica desiderosa o r m a i soltanto di quiete, i m p o r r e le n u o v e leggi al Re. Questi n o n p r o t e s t ò e n o n si o p p o s e alla instaurazione di u n a giustizia speciale di p a r t i t o e a l l ' e v i d e n t e s o p r u s o 218

c o n t r o ciò c h e restava del P a r l a m e n t o libero a n c h e se - lo ha scritto Mussolini in Storia di un anno - «da quel m o m e n t o si cominciò a p a r l a r e di u n a m o n a r c h i a prigioniera del partito e si compassionò il Re, ormai relegato in secondo piano, di fronte al Duce». Vittorio E m a n u e l e I I I avvertiva la debolezza sua e delle forze su cui avrebbe p o t u t o c o n t a r e p e r resistere allo spregiudicato d i n a m i s m o di Mussolini. In quei p r i m i a n n i di p o t e r e Mussolini ebbe sovente la mano felice nella scelta d e i suoi collaboratori. Poi, c o n il t r a scorrere del t e m p o p e r s e la facoltà di d i s t i n g u e r e tra capacità e servilismo. Q u a n d o diventò definitivamente il «Duce» gli adulatori del sissignore furono sovente preferiti a u o m i ni di valore. Capita a tutti i dittatori. U n a volta l'ambasciatore G i u s e p p e Salvago Raggi riferiva a Mussolini sui risultati di u n a conferenza in cui a Ginevra si era discusso di gas venefici: e avendogli il C a p o del g o v e r n o chiesto quale fosse il p e g g i o r e , Salvago Raggi rispose deciso: «L'incenso, eccellenza». Fu collocato a r i p o s o . Ma nella n o m i n a di A r t u r o Bocchini a C a p o della polizia, Mussolini ebbe u n a eccellente intuizione. Q u e s t o b u r o c r a t e capace e scettico, che n o n era mai stato e n o n fu mai un fascista convinto, che dei fascisti n o n aveva né Yhabitus psicologico né gli atteggiamenti esteriori, e p e r questo si e r a trovato in attrito con gli estremisti del partito, s e p p e d a r e a Mussolini la polizia di cui aveva bisogno. Grassoccio, b u o n g u s t a i o , sensibile al fascino femminile, Bocchini n o n aveva nulla d e l fanatico alla H i m m l e r . Evitò s e m p r e le d u r e z z e inutili e, c o m e ha scritto un avversario, usò m e t o d i «nel l o r o g e n e r e c o r r e t t i , f r e d d a m e n t e meditati» così da c r e a r e «il sistema o p p r e s s i v o m a g i s t r a l e , capace d i d u r a r e , capace d i stritolare l ' o p p o s i z i o n e senza accrescerla attraverso il prestigio del martirio». Un Fouché n o n intrigante e fedele - ma n o n si p o t è vederlo alla p r o v a del 25 luglio 1943 - che o t t e n n e il massimo di efficienza con il m i n i m o di violenza. L'organizzazione di cui Bocchini a n d ò via via d i s p o n e n 219

d o , e le a l t r e o r g a n i z z a z i o n i accessorie collegate ad essa, e r a n o i m p o n e n t i . Alla Pubblica sicurezza e ai c a r a b i n i e r i d o v e v a n o essere a g g i u n t i i servizi d i p e n d e n t i dai ministeri militari, dal m i n i s t e r o degli Esteri, dalla Milizia con le sue b r a n c h e speciali. Circa c e n t o m i l a u o m i n i cui a n d a v a n o sommati dodicimila confidenti e spie. Negli ultimi mesi del 1927 fu istituito un c o r p o di polizia segreta che Mussolini volle, con giornalistico intuito, fosse etichettato con la sigla O V R A , misteriosa e temibile a n c h e p e r la a s s o n a n z a c o n la piovra, m o s t r o m a r i n o dai tentacoli e n o r m i . Solo a posteriori la sigla fu messa in chiaro con u n a d e n o m i n a z i o n e completa: O p e r a di vigilanza e di r e p r e s s i o n e dell'antifascismo. Circa settecento agenti speciali a d d e t t i all'ovRA si servivano delle s e g n a l a z i o n i di migliaia di i n f o r m a t o r i , r e c l u t a t i in prevalenza t r a p o r t i n a i , camerieri, autisti di piazza, ma anche pescati q u a e là nei più vari ambienti, da quello universitario a quello l e t t e r a r i o . Perfino lo scrittore Pitigrilli, in quegli a n n i famosissimo, fu, è n o t o , nei r u o l i n i delI'ovRA. La polizia segreta intercettava le conversazioni telefoniche, spulciava la c o r r i s p o n d e n z a , teneva d'occhio n o n solo tutti coloro che fossero sospetti di ostilità al R e g i m e , ma a n c h e tutti c o l o r o c h e a v e s s e r o f r e q u e n t i c o n t a t t i , p e r qualsiasi motivo, con l'estero. Venivano f o r m u l a t i r a p p o r t i perfino sul c o n t e n u t o delle scritte nei vespasiani. L'Italia fu avvolta d a u n a f i t t a r e t e a l c e n t r o della quale, c o m e u n r a g n o sorn i o n e e astuto, stava a p p u n t o Bocchini, che sapeva s e m p r e tutto, e sovente n o n agiva p u r s a p e n d o . Aveva d a t o disposizioni alle a u t o r i t à p e r i f e r i c h e affinché n o n p r e n d e s s e r o l'iniziativa di a r r e s t i senza il suo c o n s e n s o . Preferiva, con antica e raffinata tecnica poliziesca, lasciar m u o v e r e le p e dine minori di eventuali nuclei di opposizione per poter a r r i v a r e ai capi. Circa diecimila antifascisti t r o v a r o n o rifugio all'estero a volte e s p a t r i a n d o in circostanze d r a m m a t i c h e , c o m e Filippo T u r a t i ( S a n d r o Pertini, Carlo Rosselli e Ferruccio Parri furono c o n d a n n a t i a dieci mesi di reclusione p e r a v e r n e favorito la fuga). 220

L e p r e o c c u p a z i o n i d i Bocchini c o n c e r n e v a n o l ' o r d i n e pubblico italiano in generale - l'ordine fascista - ma concern e v a n o a n c h e u n singolo e p p u r e a s s o r b e n t e p r o b l e m a : l a incolumità di Mussolini. D o p o l'anno degli attentati Mussolini si mosse s e m p r e in u n a cornice di poliziotti, su percorsi a t t e n t a m e n t e vigilati. F i n c h é rimase n e l l ' a p p a r t a m e n t o di via Rasella, p r i m a del trasferimento a Villa Torlonia, le strade circostanti furono chiuse al pubblico d u e volte al giorno p e r i suoi passaggi in e n t r a t a e in uscita. Q u a n d o poi passò a Villa Torlonia e a Palazzo Venezia un c o r d o n e i n i n t e r r o t t o di agenti in b o r g h e s e vegliava l u n g o il tragitto. Se viaggiava in t r e n o , la linea e r a i s p e z i o n a t a a c c u r a t a m e n t e in p r e c e denza, se visitava un edificio la polizia perlustrava ogni locale inclusi scantinati e abbaini, se mieteva il g r a n o i prestanti contadini che lo attorniavano e r a n o quasi tutti poliziotti, se n u o t a v a a Riccione i b a g n a n t i a c c a n t o a lui e r a n o u o m i n i della «presidenziale», e altri u o m i n i della presidenziale erano i valletti in p o l p e dietro la sua p o l t r o n a , d u r a n t e i b a n chetti a Palazzo Venezia. D o p o l'insediamento di Mussolini a Palazzo Venezia un caffè c o n c e r t o c h e si affacciava alla piazza d o v e t t e c h i u d e r e i b a t t e n t i p e r c h é i controlli della polizia a v e v a n o scoraggiato a n c h e i clienti p i ù affezionati. T u t t o q u e s t o il D u c e lo sapeva, t a n t o che u n a volta, in un p o d e r e , d o p o la m i e t i t u r a p r o p a g a n d i s t i c a , disse: «I veri contadini v e n g a n o avanti». L ' O V R A cominciò subito a d a r lavoro al T r i b u n a l e speciale. Nel c r e a r e q u e s t o o r g a n i s m o Mussolini e Rocco e r a n o stati ispirati da d u e motivi: quello, anzitutto, di p o t e r colpire gli e s p o n e n t i dell'antifascismo con u n a rapidità, u n a d u rezza, u n a disinvoltura e docilità all'esecutivo, che i giudici ordinari non avrebbero potuto garantire. Pur essendo in massima p a r t e di t e n d e n z a politica m o d e r a t a , e m a g a r i simpatizzante p e r il fascismo, la m a g i s t r a t u r a avvertiva t r o p p o fortemente il c o n d i z i o n a m e n t o della legalità p e r potersi pieg a r e alle e s i g e n z e di processi nei quali la r a g i o n di Stato prevaleva su ogni altro e l e m e n t o . N o n e r a n o m a n c a t e sen221

t e n z e c o r a g g i o s e e, p e r il fascismo, m o l t o fastidiose. Ma a Mussolini - che voleva, in circostanze normali, far trionfare 10 Stato sul partito - interessava a n c h e di n o n i n q u i n a r e irr i m e d i a b i l m e n t e , politicizzandola, u n a m a g i s t r a t u r a che si era sempre saputa distinguere, p e r i n d i p e n d e n z a e integrità, tra gli altri p o t e r i dello Stato. Il T r i b u n a l e speciale si p r e s t ò d u n q u e ai bassi servizi del R e g i m e , e giudicò, tra la fine del '26 e l'inizio del '29, 5.046 p e r s o n e . I c o n d a n n a t i furono m e n o di mille, ma degli altri n o n si sa quanti v e n n e ro inviati al confino. In q u e l p e r i o d o vi fu, s e c o n d o i dati raccolti da De Felice, u n a sola sentenza capitale, sei c o n d a n ne varianti tra i 25 e i 30 a n n i di reclusione, 42 tra i 15 e i 25 a n n i , t r e c e n t o s e t t a n t a t r a i 5 e i 15, le altre m i n o r i . Questi giudizi settari s c o m p a g i n a r o n o ancora più le file già assottigliate dei partiti. Quello che s e p p e meglio organizzarsi cland e s t i n a m e n t e , e che subì anche la repressione più aspra, fu 11 partito comunista. Nel «processone» del 1928 c o n t r o i dirigenti del P C I Terracini fu c o n d a n n a t o a 22 a n n i , Gramsci, Roveda e Scoccimarro a 20. Cosicché anch'esso fu p r e s t o ridotto a gruppuscoli c o n t i n u a m e n t e insidiati dalla caccia degli u o m i n i di Bocchini. In realtà la attività propagandistica, così c o m e la stampa del materiale giornalistico, si trasferì all'estero, e soprattutto a Parigi dove agiva la «Concentrazione antifascista». In un paio d ' a n n i Bocchini riuscì a sgomin a r e ogni attiva resistenza antifascista, cui la o p i n i o n e p u b blica del Paese n o n dava d'altro canto largo a p p o g g i o . Il fascismo era così definitivamente passato dalla violenza disordinata, indiscriminata e barbarica delle s q u a d r e d'azione a un sistema di sorveglianza e di repressione sistematico, razionale. Mussolini n o n era crudele. S e p p e p r e n d e r e decisioni spietate (ma p i ù che altro le p r o m e t t e v a ) : in generale rifuggì tuttavia dal sangue. Amava vanterie da t i r a n n o feroce («i miei nemici sono finiti s e m p r e in galera e qualche volta sotto i ferri chirurgici» disse u n a volta a Galeazzo Ciano), si gloriava di i n c u t e r e t i m o r e («farò c o r r e r e un brivido p e r la schiena di certi delinquenti di mia conoscenza i quali h a n 222

no usufruito finora della s t r a o r d i n a r i a c l e m e n z a del Regime»), n o n e r a g e n e r o s o verso gli avversari sconfitti che si compiaceva di umiliare verbalmente: ma anche in questo avvio della sua azione il Tribunale speciale, che e r a un Trib u n a l e iniquo, illegale e servile come tutti quelli nati da anal o g h e esigenze in a n a l o g h e circostanze, infierì assai m e n o delle Corti speciali che gli altri Stati dittatoriali a n d a v a n o e v a n n o tuttora istituendo. Il Tribunale speciale d u r ò 16 a n n i e cinque mesi. La sua ultima sentenza fu p r o n u n c i a t a il 22 luglio del 1943. In quel p e r i o d o esso i r r o g ò 27.735 anni di carcere a 4.596 imputati, e p r o n u n c i ò 42 c o n d a n n e a m o r t e , 31 delle quali f u r o n o eseguite.

CAPITOLO TERZO

« Q U O T A NOVANTA»

A questo p u n t o , eliminata ogni resistenza i n t e r n a , «normalizzato» il partito, assestati i r a p p o r t i con la Monarchia, Mussolini ebbe le maggiori preoccupazioni dalla situazione economica, e si dedicò assiduamente a p r o b l e m i che con la econ o m i a e r a n o in i n t i m a c o n n e s s i o n e : la difesa della lira, la battaglia del g r a n o , i g r a n d i lavori pubblici. Tutto questo inserito nella n u o v a s t r u t t u r a corporativa della società e della p r o d u z i o n e . Animale politico p e r eccellenza, Mussolini n o n era u n e s p e r t o d i economia, m a n e m m e n o u n ideologo intransigente che al d o g m a politico subordinasse ogni decisione economica. Procedette, a n c h e in questi settori, p r a g m a t i c a m e n t e , s e m p r e o b b e d e n d o a d u e imperativi categorici: il prestigio nazionale doveva s e m p r e e a ogni costo prevalere su esigenze tecniche; ogni riforma t e n d e v a ad affermare la s u p r e m a z i a dello Stato, e dei suoi interessi, sulle richieste e pretese settoriali. Nei primi anni del Regime l'economia era stata quasi int e r a m e n t e a b b a n d o n a t a al libero giuoco delle forze del mercato. Se ne era avvantaggiata la p r o d u z i o n e industriale: ma ne era derivato, con un i m p o n e n t e a u m e n t o della circolazione monetaria, anche un notevole i n c r e m e n t o dei prezzi (l'indice del costo della vita era pari a 657 alla fine del 1926, contro 480-500 del 1923, s e m p r e in r a p p o r t o a 1913 = 100). Le quotazioni internazionali della lira si d e t e r i o r a v a n o rapidam e n t e . N e l luglio d e l 1925 di lire ce ne volevano 145 p e r acquistare u n a sterlina, e nel luglio del 1926 ce ne volevano 154. D o p o un p r e c e d e n t e p e r i o d o di eccessiva euforia, anc h e la B o r s a crollava e il G u a r n e r i p o t e v a scrivere c h e «si 224

potè t e m e r e che u n a i m m a n e tragedia, simile a quella vissuta da altri Paesi, stesse p e r essere inflitta al p o p o l o italiano». G i u s e p p e Volpi, che p r o p r i o p e r la b u r r a s c a economica aveva rimpiazzato De Stefani nella carica di ministro delle Finanze, e r a strettamente legato al m o n d o e alla mentalità industriale. Capiva p e r f e t t a m e n t e che la lira doveva essere fermata sulla china inflazionistica: ma temeva a n c h e le conseguenze che u n a deflazione t r o p p o brusca - con il consueto corollario di u n a stasi delle e s p o r t a z i o n i e della p r o d u z i o n e avrebbe a r r e c a t o alla industria, e a n c h e alla agricoltura italiane. Q u e s t o spiega le esitazioni del ministro delle Finanze, e la sua p r o p e n s i o n e p e r un assestamento della lira su un livello - 125 lire p e r u n a sterlina - che troncasse la spirale inflazionistica senza p r o v o c a r e gli i n c o n v e n i e n t i della deflazione. Il Duce la pensava diversamente. Sentiva il bisogno di un r i s a n a m e n t o economico, m a a n c h e d i u n a b a n d i e r a p r o p a gandistica da agitare davanti agli italiani cui si c h i e d e v a n o pesanti sacrifici. Il fascismo aveva ricevuto la lira a quota n o vanta, nel 1922. Era logico che, superati gli a n n i difficili dell'assestamento, la riportasse a q u o t a novanta. Da questo rag i o n a m e n t o e s u l a v a n o e v i d e n t e m e n t e c o n s i d e r a z i o n i econ o m i c h e a n c h e e l e m e n t a r i , c o m e quella del circolante che nel f r a t t e m p o e r a stato e m e s s o d a i t o r c h i della zecca. Ma n o n e r a n o , queste, obbiezioni sufficienti a t r a t t e n e r e Mussolini che il 18 agosto 1926 p r e a n n u n c i a v a la svolta m o n e t a r i a con il discorso di Pesaro: «Voglio dirvi che noi c o n d u r r e m o con la più s t r e n u a decisione la battaglia economica in difesa della lira... fino all'ultimo r e s p i r o , fino all'ultimo s a n g u e . N o n infliggerò mai a q u e s t o p o p o l o m e r a v i g l i o s o d'Italia che da q u a t t r o a n n i lavora c o m e un e r o e e soffre c o m e un santo, l'onta m o r a l e e la catastrofe del fallimento della lira. Il Regime fascista resisterà con tutte le sue forze ai tentativi di j u g u l a z i o n e delle forze finanziarie avverse, deciso a stroncarle q u a n d o siano individuate all'interno». 225

E r a n o , ha n o t a t o il De Felice, affermazioni p r o p a g a n d i stiche, legate tuttavia alla p r o f o n d a convinzione di Mussolini che la sorte del Regime d i p e n d e s s e dalla sorte della lira. S i c u r a m e n t e esagerava. E difficile che u n a crisi economica abbatta un Regime politicamente forte. Ma ad alimentare il suo timore contribuivano con tutta probabilità i vaticini funesti della emigrazione, e in particolare di Nitti, che n o n si stancò mai di a n n u n c i a r e l'imminente crollo del fascismo a causa dei suoi e r r o r i economici, e che ancora nel 1928, dopo la i n s t a u r a z i o n e della q u o t a n o v a n t a , affermava (e sul p i a n o tecnico aveva verosimilmente ragione) che «la sua (di Mussolini) i n c o m p e t e n z a h a p o r t a t o all'Italia u n g r a n n u m e r o di assurdità, quali la stabilizzazione della lira a un tasso p a r a d o s s a l e , la d i s t r u z i o n e del r i s p a r m i o , il difetto dei p a g a m e n t i dei b u o n i del tesoro, la c a d u t a del credito p u b blico». Mussolini, con il suo «buon senso contadinesco» voleva p e r ò la rivalutazione della lira, e a D ' A n n u n z i o scriveva p r e s s ' a p o c o negli stessi g i o r n i del discorso di Pesaro che «non vivo che in u n a idea fissa, n o n p e n s o che a un problema, n o n soffro che un dolore: la lira». L'esempio tedesco lo suggestionava: «La G e r m a n i a ha rimesso in circolazione il centesimo, che avevamo ignorato da q u a n d o gli u o m i n i avevano p r e s o a m i s u r a di g r a n d e z z a p e r l o m e n o il miliardo: è q u i n d i u n ' o p e r a di r i s a n a m e n t o m o r a l e che va di conserva con il r i s a n a m e n t o economico». Di fronte alla volontà rozza di questo profano, poco poter o n o le obbiezioni degli esperti, Volpi compreso, le riluttanze e i m u g u g n i degli industriali, le resistenze degli agrari, le prospettive di disagio p e r le classi lavoratrici, che in realtà avrebbero pagato il peso m a g g i o r e della operazione. Il semplice a n n u n c i o della decisione italiana di risanare la lira ebbe sui mercati valutari un effetto drastico. Nel dicembre del 1926 u n a sterlina valeva 107 lire, e nell'aprile successivo ne valeva a p p e n a 86. Q u e s t o processo di rivalutazione era stato o n e r o s a m e n t e aiutato, nei m o m e n t i difficili, dall'Istituto dei cambi, che aveva c o n t r a t t o con la Banca d'Italia, p e r i suoi 226

interventi sui mercati, un debito di tre miliardi e mezzo di lire. Finalmente, nel d i c e m b r e del 1927, fu fissata u n a q u o tazione stabile di 92 lire e 46 centesimi p e r u n a sterlina, 19 lire p e r un dollaro. Il Duce era soddisfatto. Poteva scrivere orgogliosamente a Volpi, nella p r i m a v e r a del '27 ( q u a n d o sembrava addiritt u r a che fosse difficile f e r m a r e il g a l o p p o deflazionistico), che «in Italia e nel m o n d o la ripresa della lira è p r e s e n t a t a c o m e u n a vittoria del R e g i m e : ciò significa che il viceversa sarebbe c o n s i d e r a t o u n a disfatta del Regime». T r i o n f a t o r e sul p i a n o propagandistico e politico, il fascismo doveva tuttavia affrontare le c o n s e g u e n z e e c o n o m i c h e della rivalutazione, ossia r i p a r t i r e i sacrifici c h e essa c o m p o r t a v a . L'incid e n z a sulla p r o d u z i o n e i n d u s t r i a l e e r a stata i m m e d i a t a e sensibile. Molti stabilimenti chiusero i battenti, altri funzion a r o n o ad orario ridotto. Il n u m e r o dei disoccupati crebbe, tra il 1926 e la fine del 1927, da 181 mila a 414 mila. Anche l'agricoltura soffriva, e Farinacci lo d e n u n c i a v a s p i e g a n d o che gli allevatori uccidevano vitelli e p u l e d r i n e o n a t i , n o n essendo conveniente crescerli, e che la concimazione era ridotta alla metà. Gli industriali chiesero di p o t e r r i d u r r e i salari p e r tonificare la p r o d u z i o n e : ma la riduzione dei salari, s e n o n c o m p e n s a t a d a u n a d i m i n u z i o n e dei prezzi i n t e r n i che li adeguasse a l m e n o in p a r t e alla deflazione, doveva fatalmente tradursi in u n a p e r d i t a del p o t e r e d'acquisto delle masse a r e d d i t o fisso. Si noti, a questo r i g u a r d o , che già prima l ' i n c r e m e n t o dei salari n o n aveva seguito di p a r i passo quello della svalutazione, tanto che se il costo della vita nel 1925 era, fatto uguale a 100 il 1913, a quota 6 2 3 , i salari erano a q u o t a 5 3 3 . Le m i s u r e prese furono essenzialmente queste: l'allegger i m e n t o del carico fiscale; la riduzione dei canoni d'affitto a n o n più di q u a t t r o volte il loro a m m o n t a r e nell'anteguerra; la r i d u z i o n e in un p r i m o t e m p o degli s t i p e n d i e della ind e n n i t à caro-viveri agli statali, q u i n d i l'autorizzazione agli industriali e agli agrari p e r c h é procedessero ad analoga mi227

sura verso i loro d i p e n d e n t i . La p e r c e n t u a l e di decurtazione dei salari poteva oscillare tra il dieci e il venti p e r cento. Nello stesso t e m p o i c o m u n i v e n n e r o incaricati di fissare i prezzi dei p r i n c i p a l i g e n e r i d i c o n s u m o , con u n a sorta d i c a l m i e r e che, c o m e al solito, n o n funzionò o funzionò soltanto in m i s u r a insufficiente. Si spiega così che il ministero d e l l ' I n t e r n o segnalasse in u n o dei suoi periodici r a p p o r t i lo stato di «orgasmo e di sfiducia» della massa operaia. I n s i e m e a questi p r o v v e d i m e n t i più s t r e t t a m e n t e legati alla rivalutazione, ossia ai nodi m o n e t a r i , altri ne e r a n o stati presi in p r e c e d e n z a , e c o n t i n u a r o n o ad essere presi, p e r la difesa della p r o d u z i o n e nazionale: difesa che, nella visione nazionalistica ma a n c h e provinciale del Duce, andava attuata n o n tanto r e n d e n d o più efficiente, tecnicamente p r o g r e dita, m o d e r n a l a m a c c h i n a p r o d u t t i v a , q u a n t o facendole s c u d o c o n t r o la c o n c o r r e n z a esterna. U n a legge del 15 luglio 1926 aveva fatto obbligo a tutte le amministrazioni militari e civili dello Stato di preferire i p r o d o t t i delle industrie nazionali. F u r o n o soppressi gli esoneri doganali p e r i macchinari e i materiali i m p o r t a t i , fu m a g g i o r a t o il dazio sullo zucchero, sulla carta p e r i giornali, sulla seta artificiale, sui pesci conservati, sui semi oleosi, sui manufatti di cotone, di lino, di canapa, di lana, sui p r o d o t t i della metallurgia, delle materie plastiche, della g o m m a . Fu infine progressivamente accresciuto il dazio sul f r u m e n t o che, ripristinato nel 1925 (27 lire e 50 p e r quintale), v e n n e p o r t a t o a oltre q u a r a n t a lire nel 1928, e nel 1931 sarà a d d i r i t t u r a di 75 lire. Q u e s t a impostazione protezionistica, che ci a p p a r e oggi s u p e r a t a e d a n n o s a , a n c h e p e r c h é si risolveva in un m a g gior costo dei manufatti p e r l'acquirente, o t t e n n e p e r a l t r o il suo scopo, che era quello di stimolare la p r o d u z i o n e . La ripresa economica si delineò alla fine del 1927 e proseguì nel 1928, t a n t o che il g o v e r n a t o r e della Banca d'Italia, Stringher, citato da Franco Catalano, poteva p a r l a r e di «più celere ritmo», di «attività più gagliarda» e v a n t a r e «l'incremento delle importazioni delle materie p r i m e necessarie alle indu228

strie, l ' a u m e n t o d'insieme della occupazione operaia n o n o s t a n t e le inevitabili r i d u z i o n i di p e r s o n a l e c a g i o n a t e dalla r i o r g a n i z z a z i o n e tecnica e a m m i n i s t r a t i v a delle a z i e n d e e dalla cresciuta capacità p r o d u t t i v a della m a n o d ' o p e r a , il r a g g u a r d e v o l e a u m e n t o (13 p e r cento) nel c o n s u m o d i energia idroelettrica, i maggiori investimenti, la m i n o r e instabilità nei prezzi delle materie prime». Ma il taglio ai salari era stato e s t r e m a m e n t e d u r o : nelle industrie estrattive da u n a m e d i a mensile di 4 6 9 lire a 4 0 5 , nelle i n d u s t r i e tessili da 321 a 294, nelle varie da 487 a 3 7 1 . L ' i n t e r v e n t o c h i r u r g i c o della q u o t a n o v a n t a costò u n p r e z z o m o l t o alto agli italiani, e fu r i t e n u t o d i s s e n n a t o da molti economisti. Esso fu consentito dalla m a n c a n z a di u n a dialettica politica autentica e dallo stato di intimidazione in cui era t e n u t o il proletariato u r b a n o che era, a m m e t t e v a lo stesso Mussolini, «in g r a n p a r t e ancora l o n t a n o e se n o n più c o n t r a r i o c o m e u n a volta, assente». Tuttavia alcuni effetti positivi f u r o n o o t t e n u t i , e a v r e b b e r o p o t u t o rivelarsi p i ù fruttuosi se la crisi economica m o n d i a l e del 1929 n o n si fosse innestata su quella italiana, t a r p a n d o le ali alla ripresa. Abbiamo visto che nel complesso delle misure protezionistiche v a r a t e p e r d i f e n d e r e l a p r o d u z i o n e italiana c o n t r o l a c o n c o r r e n z a estera spiccava l ' a u m e n t o del dazio sul g r a n o . C o m e tutte le d i t t a t u r e , che sono nazionaliste a n c h e q u a n do si p r o t e s t a n o internazionaliste, quella fascista predicava la autosufficienza economica: un obbiettivo che consente al p o t e r e di d o m i n a r e meglio i fenomeni economici, sottraendoli in p a r t e a l m e n o alle c o n t i n g e n z e i n t e r n a z i o n a l i e che p r e p a r a alle e m e r g e n z e di pace e soprattutto alle e m e r g e n ze di g u e r r a . N o n è che il Duce pensasse, in quel m o m e n t o , a un qualsiasi conflitto a r m a t o : ma l'ipotesi del ricorso alle armi è s e m p r e p r e s e n t e in un Regime che vanta le q u a d r a t e legioni, che p o n e il moschetto accanto al libro, che a m m o n i sce il p o p o l o a d o r m i r e con la testa sullo zaino. L'Italia e r a tributaria all'estero di u n a q u o t a notevole del suo c o n s u m o 229

di g r a n o . Per diminuirla, era indispensabile i n c r e m e n t a r e il raccolto nazionale. La battaglia del g r a n o aveva questo fine: e il dazio sul g r a n o consentì ai p r o d u t t o r i di essere al r i p a r o dalle offerte più convenienti e da ribassi che si verificavano sui mercati esteri, e che a v r e b b e r o consentito di acquistare il g r a n o stesso a m e t à del prezzo ch'esso s p u n t a v a sul m e r cato interno. L a c a m p a g n a che a v r e b b e d o v u t o p o r t a r e a l t r a g u a r d o dei settanta milioni di tonnellate di raccolto fu appoggiata, l'abbiamo d e t t o , con m i s u r e protezionistiche, e fu s o r r e t t a da un i m m e n s o battage propagandistico. Gli esperti più lucidi s a p e v a n o benissimo che questa azione, p e r essere veram e n t e profìcua, esigeva u n o sforzo qualitativo, p r i m a ancor a c h e q u a n t i t a t i v o : e r a necessario p u n t a r e s u u n p i ù alto r e n d i m e n t o p e r ettaro, più che su u n a estensione delle cult u r e . Il dazio, in u n a visione v e r a m e n t e illuminata, avrebbe dovuto sollecitare questo miglioramento qualitativo, n o n ind u r r e gli agricoltori alla pigrizia di chi si sa inattaccabile dalla c o n c o r r e n z a . «L'aumento del dazio - scriveva u n o di loro r i s p o n d e piuttosto ad u n a t e m p o r a n e a o p p o r t u n i t à di difesa che a un p e r m a n e n t e bisogno di p r o t e z i o n e . L'aumento della p r o d u z i o n e nazionale e il ribasso del costo di p r o d u zione nelle r e g i o n i p i ù r a z i o n a l m e n t e coltivate p o t r à atten u a r e le d a n n o s e conseguenze del dazio sulla economia nazionale.» Qualcosa fu tentato, e realizzato, sul p i a n o della maggiore efficienza. Ma la battaglia del g r a n o si basò sulla quantità p i ù c h e sulla qualità. La coltura del f r u m e n t o fu estesa ad a r e e in cui e r a a n t i e c o n o m i c a , a scapito di altri p r o d o t t i agricoli - vino, olio - c h e in condizioni n o r m a l i s a r e b b e r o stati più r e m u n e r a t i v i , e che a p p a r t e n e v a n o alla tradizione locale. In definitiva i c o n s u m a t o r i p a g a r o n o il p r e z z o di questo sforzo: il che p u ò e deve scandalizzarci, ma n o n oltre u n a certa misura, se p e n s i a m o che i g r a n d i p r o g r a m m a t o r i agricoli del Mercato C o m u n e n o n sono riusciti a sfuggire, p e r p r o b l e m i a n a l o g h i , i n u n clima d i c o o p e r a z i o n e inter230

nazionale e di totale libertà, e senza le lusinghe e le imposizioni di u n a p r o p a g a n d a di Regime, ad u n a logica altrettanto distorta. In r e a l t à la battaglia del g r a n o , c o n la s u g g e s t i o n e di quella sua etichetta g u e r r i e r a , o b b e d i v a a d u n a p r o f o n d a istanza del Regime, e di Mussolini: l'ancoraggio dell'Italia ai valori di quella che fu chiamata la ruralità. Le minacce e le opposizioni n o n solo al fascismo, ma alla sua più generica e p e r e n n e ideologia, venivano, e Mussolini l'aveva perfettam e n t e capito, dalla industrializzazione r a p i d a , dalla nascita d i u n p r o l e t a r i a t o u r b a n o insensibile agli antichi r i c h i a m i della religione, della Patria, della famiglia. Per questo Mussolini a m ò assai più stare in mezzo ai veliti del grano, trebbiare p e r o r e , ballare sulle aie con le massaie fasciste, presentare il suo torace forte e tozzo in p i e n a luce, piuttosto che intrattenersi con gli operai delle fabbriche (che p e r ò subivano anch'essi, s e p p u r e in m i n o r m i s u r a , il suo fascino). Questi propositi n o n e r a n o nascosti. Il Duce n o n voleva la emigrazione dalle c a m p a g n e verso le città. «I m a t t o n i s o n o forse commestibili?» aveva chiesto u n a volta i r o n i c a m e n t e . E in un'altra occasione aveva sottolineato che «il fascismo rivendica in p i e n o il suo p r e m i n e n t e c a r a t t e r e contadino» e che «la dottrina di questo fascismo è tutta e solo e v e r a m e n t e nel canto sano del c o n t a d i n o che t o r n a a casa verso un n i d o in cui p u ò trovare la serenità calma e calda di u n a famiglia e di u n a figliolanza sorridenti al benessere nuovo». La figliolanza n u m e r o s a diventava, in questo q u a d r o idilliaco, un e l e m e n t o indispensabile. «Il n u m e r o è potenza.» La c a m p a g n a demografica lanciata nel 1927 i m p o s e questa e q u a z i o n e che r i s p o n d e v a al f o n d a m e n t o moralistico e p u r i t a n o di t u t t e le d i t t a t u r e , coincidenti in q u e s t o , s e p p u r e p e r altre s t r a d e , con l ' i n s e g n a m e n t o della Chiesa cattolica. Mussolini d a v a l'esempio. Nel s e t t e m b r e d e l l ' a n n o che segnò l'inizio della c a m p a g n a demografica gli e r a nato a Milano il q u a r t o figlio, R o m a n o , che seguiva a distanza di quasi dieci a n n i il terzogenito B r u n o . A n n a Maria v e n n e alla luce 231

nel settembre del 1929. La spinta alla natalità fu sorretta da m i s u r e legislative: la p i ù n o t a - u n a vera m a n n a p e r gli umoristi - fu la tassa sugli scapoli, che assoggettò ad un particolare tributo tre milioni di u o m i n i n o n sposati (le nubili n e r i m a s e r o i n d e n n i , r i t e n e n d o s i che fossero r i m a s t e tali n o n p e r l o r o volontà). I l r e d d i t o della tassa e r a m o d e s t o , m e n o di cento milioni a n n u i . Ma nel c o n t e m p o furono decisi privilegi di carriera p e r i d i p e n d e n t i dello Stato che fossero sposati con prole, rispetto agli altri. La «Giornata della m a d r e e del fanciullo» celebrò i fasti delle famiglie n u m e r o se, le coppie che si sposavano in infornate massicce p r o m e t tevano di d a r e al R e g i m e , trascorsi nove mesi, un c o n g r u o n u m e r o di futuri balilla, si prescrisse perfino che gli ufficiali della Milizia salutassero r o m a n a m e n t e ogni d o n n a incinta in cui si imbattessero p e r la strada. L ' O p e r a n a z i o n a l e p e r la p r o t e z i o n e della m a t e r n i t à e dell'infanzia, subito istituita, fu Io s t r u m e n t o burocratico-assistenziale della c a m p a g n a , cui il Duce prestava, con il suo linguaggio p e r e n t o r i o , motivazioni politiche e storiche. «Il coefficiente di natalità n o n è soltanto l'indice della p r o g r e d i e n t e p o t e n z a della Patria, è a n c h e quello che distinguerà dagli altri popoli e u r o p e i il p o p o l o fascista, in q u a n t o indic h e r à la sua vitalità e la sua volontà di t r a m a n d a r e questa vitalità nei secoli.» La demograficità incontrollata, sicuro indice del sottosviluppo, diventava così un vanto. Le nazioni prospere, e demograficamente anemiche, erano additate come esempi da rifiutare e da disprezzare. Queste tre direttrici di base - la difesa della lira, la battaglia del g r a n o , la c a m p a g n a demografica - f u r o n o accomp a g n a t e e integrate da un vasto p r o g r a m m a di lavori p u b blici. N e s s u n o p u ò n e g a r e che l'Italia ne avesse bisogno, e che le contingenze del m o m e n t o - con la lievitazione del n u m e r o dei disoccupati - lo r e n d e s s e r o u r g e n t e . La t e n d e n z a - p r o p r i a dei regimi autoritari - di ascrivere le o p e r e realizzate con il d e n a r o di tutti a gloria di un u o m o o di un partito, la p r o p e n s i o n e a scegliere lavori pubblici di vetrina, che 232

ne consentissero u n a utilizzazione a fini di p r o p a g a n d a , definisce meglio le caratteristiche di quel complesso di iniziative, ma n o n ne sminuisce la importanza. Fu avviata la elettrificazione della r e t e ferroviaria, c h e i n c l u d e v a 2.100 chilom e t r i a fine 1929 e ne a v r e b b e a g g i u n t i 1.600 nei q u a t t r o a n n i successivi, fu istituita l'Anas con il compito di costruire migliaia di chilometri di n u o v e s t r a d e e di a p r i r e le p r i m e a u t o s t r a d e , f u r o n o gettati q u a t t r o c e n t o n u o v i p o n t i , comp r e s o quello che doveva c o n g i u n g e r e Venezia alla terraferma, fu fortemente migliorata la rete telefonica, furono realizzati a c q u e d o t t i p e r le regioni p i ù a r i d e . I treni, s e c o n d o u n o slogan r i s a p u t o , e r a n o in o r a r i o , e il t e m p o di p e r c o r renza di un t r e n o da R o m a a Siracusa fu dimezzato. Nel 1928 e r a pubblicata la legge sulla bonifica integrale, p r e p a r a t a d a Attilio Serpieri, che p r e v e d e v a u n complesso di nuovi lavori p e r sette miliardi, q u a t t r o e mezzo dei quali destinati alla bonifica idraulica, alla irrigazione, alla raccolta di a c q u a p o t a b i l e , il resto p e r alloggi r u r a l i e p e r b o r g a t e nell'Italia meridionale e insulare. Fu deciso di «redimere» le paludi p o n t i n e , desolata l a n d a malarica a sud di R o m a che invano i m p e r a t o r i e p a p i avevano tentato di trasformare in t e r r a coltivabile, e che e r a preclusa a n c h e al pascolo p e r la malaria. Un esperto di agricoltura, il conte Valentino Orsolini Cencelli, fu incaricato di bonificare l'agro r o m a n o , studiò a f o n d o il p r o b l e m a , trasferì nella z o n a c o n t i n g e n t i di capaci contadini toscani, veneti, friulani, emiliani. All'inizio degli a n n i T r e n t a il r e c u p e r o agricolo dell'agro r o m a n o e r a un fatto c o m p i u t o . Ci f u r o n o in q u e s t o sforzo, r i p e t i a m o , m i o p i e , e r r o r i , s p e r p e r i e abusi. L'enfasi r e t o r i c a c o n cui queste realizzazioni v e n n e r o celebrate e c o m m e n t a t e sfiorava il grottesco. Ma u n o slancio, un entusiasmo, u n a volontà o u n a illusione di r i n n o v a r e l'Italia nelle sue s t r u t t u r e e nel suo a n i m o e r a n o avvertibili. I mezzi e la mentalità cui si fece ricorso e r a n o inerenti al sistema. Lo si è visto nella p r o p e n sione r u r a l e delle p r o v v i d e n z e p u b b l i c h e , lo si vide, sotto tutt'altro aspetto, nella offensiva sferrata contro la mafia. 233

Mussolini aveva deciso di m u o v e r e g u e r r a alla mafia d o p o un viaggio in Sicilia, nella t a r d a p r i m a v e r a del 1924. I grandi e s p o n e n t i della «onorata società», spalleggiatori del fascismo negli a n n i della sua presa di p o t e r e , n o n gli avevano lesinato le manifestazioni di ossequio e di d e v o z i o n e . Anzi gliene avevano date t r o p p e , e con un tono, a volte, di p r o t e zione e di complicità che al Duce e r a p a r s o , e n o n a torto, insultante. Egli capì il pericolo che il Regime potesse essere identificato, in Sicilia, con le coppole storte, e che la sua tolleranza verso i soprusi dei pezzi da novanta fosse considerata o m e r t à . Tornato a Roma, aveva convocato il 27 maggio a Palazzo Chigi De B o n o , F e d e r z o n i , alcuni alti funzionari della polizia, e chiesto a chi potesse essere affidato il compito di liquidare la mafia. De B o n o aveva spiccicato, con u n a certa esitazione, il n o m e del prefetto C e s a r e Mori, accolto dal Duce con u n a delle sue smorfie di corruccio. In effetti Mori, del quale n e s s u n o contestava le capacità, e r a sulla lista n e r a fascista. Aveva allora 52 anni. Figlio di ignoti, a b b a n d o n a t o a Pavia sulla r u o t a di un brefotrofio, aveva poi assunto il cognome dei genitori adottivi. Allievo dell'Accademia militare di Torino, vi aveva conseguito il g r a d o di sottotenente, ma poi p e r il m a t r i m o n i o con u n a ragazza che i r e g o l a m e n t i del t e m p o ritenevano i n a d e g u a t a - era senza dote - al suo status di ufficiale di carriera, aveva lasciato l'esercito. Vinceva subito d o p o un concorso p e r la ammissione alla Pubblica sicurezza e, inviato in R o m a g n a , vi si distinguerà - secondo i repubblicani locali «tristemente» - p e r il suo p u g n o di ferro. Destinato in Sicilia, p r e n d e v a di p e t t o , con la i r r u e n z a del suo carattere, la delinquenza c o m u n e - un bandito fu da lui ucciso a fucilate in u n a sorta di duello rusticano - e la mafia. S e m p r e in Sicilia p a r t e c i p a v a , d o p o C a p o r e t t o , alla lotta contro le t o r m e di disertori che si e r a n o rifugiati nell'isola, e vi praticavano il brigantaggio. Giolitti aveva da t e m p o notato la stoffa di quel poliziotto così alieno dalla ordinaria amministrazione. E si interessò con O r l a n d o , C a p o del gover234

n o , p e r c h é lo nominasse q u e s t o r e . P r o p r i o c o m e q u e s t o r e , a Bologna, Mori s'era trovato a fronteggiare le violenze delle s q u a d r e fasciste di Balbo e Arpinati. L'aveva fatto con la consueta risolutezza, attirandosi i fulmini di Balbo («Stiamo l o t t a n d o c o n t r o i partiti antinazionali protetti ignominiosam e n t e dal p r e f e t t o Mori») e dello stesso Mussolini che sul Popolo d'Italia lo definiva «servitore o t t u s o del g o v e r n o di Roma» la cui vita n o n m e r i t a v a «una goccia di s a n g u e dell'ultimo fascista di provincia». D u r a n t e u n a manifestazione fascista a B o l o g n a Mori, l'odiato «prefettissimo», e r a stato costretto a barricarsi nel Palazzo d'Accursio. Il debole Facta c o m p e n s ò Mori dei servizi resi relegandolo a Bari: e Mussolini, venti giorni d o p o la Marcia su Roma, lo sospese da ogni incarico. Si spiega, d u n q u e , la p e r p l e s s i t à del D u c e q u a n d o De B o n o e F e d e r z o n i a v e v a n o c a l d e g g i a t o la d e s i g n a z i o n e di un funzionario così m a r c h i a t o c o m e p r o c o n s o l e in Sicilia. Tuttavia Mussolini - che all'occorrenza sapeva dimenticare s u p e r ò i d u b b i . Sentiva c h e Mori faceva p e r lui in Sicilia, così c o m e Bocchini a Roma. Sul finire del 1925 il s u p e r p r e fetto d i e d e inizio, con p o t e r i p r a t i c a m e n t e illimitati, alla «pulizia» dell'isola. C o n 800 u o m i n i attaccò i banditi e mafiosi a r r o c c a t i sulle M a d o n i e , passò al setaccio b o r g a t e e città, prese nelle sue reti molti pesci piccoli ma a n c h e qualche pesce grosso, come Calogero Vizzini e Genco Russo, seguì le tracce indicate dalle lettere a n o n i m e , utilizzò spregiud i c a t a m e n t e i confidenti, fece ricorso ai mezzi p i ù b r u t a l i p e r i n d u r r e alla resa i capicosca. Confiscava p a t r i m o n i , sequestrava, q u a n d o gli p a r e v a occorresse, le d o n n e dei latitanti, faceva macellare il bestiame sulle piazze e distribuiva la c a r n e ai poveri, proclamava che «se i siciliani h a n n o p a u ra dei mafiosi li convincerò che io sono il mafioso p i ù forte di tutti». Era, ha osservato A r r i g o Petacco in u n a biografìa di Mori, p i ù u n o sceriffo che un prefetto. La m a g i s t r a t u r a agiva s o s t a n z i a l m e n t e ai suoi o r d i n i , su p r o v e discutibili, e m a n a n d o s e n t e n z e spicciative e severe. Si d i e d e r o casi di 235

mafiosi c o n d a n n a t i p e r crimini avvenuti lo stesso giorno, alla stessa ora, a centinaia di chilometri di distanza. Il garantismo legale era stato travolto dal d i n a m i s m o di questo dittat o r e d e l l ' o r d i n e p u b b l i c o siciliano. Ma, riconosciuto t u t t o q u e s t o , va p u r detto che la mafia ricevette da lui un colpo t r e m e n d o , e che p r o p r i o allora molti tra i suoi capi e gregari c e r c a r o n o scampo negli Stati Uniti, p e r sfuggire alla caccia degli u o m i n i di Mori. Si usa r i p e t e r e che il prefettissimo r i s p a r m i ò i m a g g i o r i m a n d a n t i , si insiste sulla sterilità di u n a azione solo poliziesca, n o n sociale. Obbiezioni che possono essere valide, in qualche misura, a p a t t o che n o n si voglia sottovalutare i risultati i m p o r t a n t i c h e Mori o t t e n n e . N o n si f e r m ò n e p p u r e di fronte a un e s p o n e n t e fascista che stava e m e r g e n d o , Alfredo Cucco, federale di Palermo. C o n t r o costui il superprefetto accumulò u n a d o c u m e n t a z i o n e implacabile, che i n d u s s e Mussolini a sciogliere, agli inizi del 1927, il fascio di P a l e r m o , e a consentire la incriminazione del Cucco. In questo suo ruolo di p r o c o n s o l e con p o t e r i p r e s s o c h é assoluti Mori aveva tuttavia p e r d u t o il senso del limite. Il prefetto giolittiano di Bologna era diventato un fanatico della camicia n e r a , assumeva pose gladiatorie, si compiaceva della popolarità e la sollecitava. Mussolini, che nel m a r z o del 1928 l'aveva convocato a R o m a ed esortato a « p r o v v e d e r e alla liquidazione giudiziaria della mafia nel p i ù b r e v e t e m p o possibile», t r e mesi d o p o gli concedeva il laticlavio, togliendolo dalla Sicilia. Sec o n d o u n a spiegazione che forse concede t r o p p o agli schemi marxisti, il prefettissimo fu liquidato p e r c h é , m e n a n d o colpi d'accetta nella giungla mafiosa, aveva colpito n o n solo gli esponenti minori, ma a n c h e notabili di p r i m o p i a n o , legati s a l d a m e n t e al fascismo. N o n possiamo escluderlo. Ma va p u r detto che Mori - m o r t o dimenticato nel 1942 - sembrava a un certo m o m e n t o ubriacato dalla sua «missione», e che la e m e r g e n z a poliziesca e giudiziaria da lui instaurata in Sicilia n o n poteva diventare regola in u n o Stato cui il Duce voleva d a r e connotati di normalità autoritaria. La mafia so236

pravvisse senza dubbio a Mori, ma d o p o che si era volontar i a m e n t e ibernata: e risorse a n c h e grazie al r i t o r n o di quei «boss» che p r o p r i o p e r sfuggire al g r a n d e giustiziere avevano traversato l'Oceano. Lo Stato fascista n o n poteva consentire che i conflitti tra le forze sociali si sviluppassero e risolvessero secondo u n a logica s p o n t a n e a , e perciò spesso turbolenta. La p r e m i n e n z a , affermata a o g n i pie sospinto, dell'interesse n a z i o n a l e sull'interesse individuale, esigeva che queste tensioni logoranti fossero sostituite da u n a dialettica mediata, a p p u n t o , si disse, p e r salvaguardare i beni s u p r e m i su cui vigilava lo Stato forte, saggio, o n n i p r e s e n t e . Questa concezione dei r a p p o r t i tra capitale e lavoro aveva avuto u n a p r i m a attuazione pratica, lo abbiamo visto, nei patti di Palazzo Vidoni che furono la c o n d a n n a a m o r t e del sindacalismo libero. Era u n a concezione c h e , sotto la a p p a r e n z a della imparzialità, aveva f u n z i o n a t o quasi s e m p r e , nei p r i m i a n n i del fascismo, in d a n n o dei l a v o r a t o r i . A n c h e q u a n d o - c o m e p e r l a q u o t a n o v a n t a - Mussolini si e r a trovato in contrasto con gli ambienti finanziari, la decisione da lui p r e s a n o n e r a stata favorevole alle masse: aveva semplicemente richiesto un sacrificio gravoso ai d i p e n d e n t i a r e d d i t o fisso, e imposto qualche d a n n o a n c h e agli i m p r e n d i t o r i . La legge sindacale del 1926, c h e d i e d e un assetto giuridico alla materia, e gettò le basi dello Stato corporativo, era stata p r e c e d u t a d a u n a d e l i b e r a z i o n e del G r a n Consiglio che tracciava le linee del p r o g e t t o . Essa stabiliva che «il fen o m e n o sindacale deve essere controllato e i n q u a d r a t o dallo Stato», che p e r ogni specie di impresa o categoria di lavoratori la r a p p r e s e n t a n z a sarebbe stata accordata ad un solo sindacato, fascista; che u n a m a g i s t r a t u r a ad hoc avrebbe d e finito le vertenze derivanti da r a p p o r t i di lavoro; e che infine «deve essere vietata la auto-difesa di classe, cioè la serrata e lo sciopero». La interpretazione di queste consegne del G r a n Consiglio diede luogo a qualche contrasto tra l'ala mo237

d e r a t a del fascismo, che aveva il suo i n t e r p r e t e nel g u a r d a sigilli Rocco, e che temeva anche le caute concessioni p o p u liste c h e la legge a v r e b b e p o t u t o c o n t e n e r e , e il sindacalis m o fascista di Rossoni. La C o n f i n d u s t r i a , che a p p r o v a v a calorosamente il divieto di sciopero, avrebbe voluto conservare qualche m a g g i o r e a u t o n o m i a di m o v i m e n t o p e r q u a n to r i g u a r d a v a le imprese, ma era soddisfatta. Il varo della legge sindacale fu salutato dalla s t a m p a fascista come u n a «data storica». In un messaggio «a tutti i fascisti» il Duce, con il suo vecchio tono tribunizio, spiegò che «l'ordinamento corporativo dello Stato è un fatto compiuto» e che «lo stato demo-liberale, agnostico ed imbelle, fu: al suo posto sorge lo Stato fascista». «Per la p r i m a volta nella storia del m o n d o - continuava il messaggio - u n a rivoluzione costruttiva c o m e la n o s t r a realizza pacificamente, nel c a m p o della p r o d u z i o n e e del lavoro, l ' i n q u a d r a m e n t o di t u t t e le forze economiche ed intellettuali della nazione, p e r dirigerle verso u n o scopo c o m u n e . Per la p r i m a volta si crea un sis t e m a p o t e n t e d i q u i n d i c i g r a n d i associazioni, t u t t e p o s t e sullo stesso p i a n o di parità, tutte riconosciute nei loro legittimi e conciliabili interessi dallo Stato sovrano.» Il sistema corporativo fascista, che subì successivi a d e g u a m e n t i (anche p e r c h é , secondo u n a espressione di Bottai, all'inizio le Corporazioni sembravano destinate a girare isolat e l ' u n a dall'altra, p e r d u t a m e n t e , n e l l ' o r b i t a dello Stato), n o n m u t u a v a nulla, in sostanza, dalle Corporazioni antiche; che nascevano, in g e n e r a l e , dalla esigenza, avvertita in det e r m i n a t e c a t e g o r i e , d i p r o t e g g e r s i dallo s t r a p o t e r e dello Stato. Le C o r p o r a z i o n i fasciste, cui D ' A n n u n z i o aveva dato qualche ispirazione con la Carta del C a r n a r o , furono al contrario u n a e m a n a z i o n e di quel p o t e r e . C o n esse l'ideale della pace sociale veniva perseguito togliendo alle parti p o t e n z i a l m e n t e in conflitto la libertà di scontrarsi. La s t r u t t u r a corporativa poggiava, lo abbiamo già accennato, su q u a t t r o capisaldi. 1) Il riconoscimento legale delle associazioni sindacali dei datori di lavoro e dei prestatori d ' o p e r a , e l'attri238

b u z i o n e a queste associazioni di u n a c o m p e t e n z a di diritto pubblico; 2) la disciplina giuridica dei contratti collettivi di lavoro; 3) la m a g i s t r a t u r a del lavoro p e r d i r i m e r e i conflitti.; 4) il divieto di sciopero e di serrata. Al vertice d e l l ' o r d i n a m e n t o sindacale e c o r p o r a t i v o fu poi posto il Consiglio nazionale delle Corporazioni, nel quale e r a n o r a p p r e s e n t a t e le sezioni e le sottosezioni corrispondenti ai g r a n d i r a m i della p r o d u z i o n e e della libera attività professionale e artistica. Il Consiglio nazionale delle C o r p o razioni e r a p r e s i e d u t o formalmente da Mussolini; ma in sua vece lo presiedeva di n o r m a il ministro delle Corporazioni. Le funzioni del Consiglio f u r o n o , q u a n d o il sistema r a g giunse un certo assestamento, duplici: consultive e n o r m a t i ve. Esso e s p r i m e v a un p a r e r e sulla attività legislativa dello Stato nel c a m p o sindacale e corporativo, e sui ricorsi a m m i nistrativi in materia sindacale. Inoltre, con funzioni n o r m a tive, il Consiglio coordinava le leggi sui r a p p o r t i di lavoro, e sovrintendeva alla attività assistenziale esercitata dalle associazioni sindacali. Infine il Consiglio stesso autorizzava le associazioni sindacali a d e t e r m i n a r e le tariffe p e r le prestazioni professionali e ad e m a n a r e r e g o l a m e n t i obbligatori p e r gli a p p a r t e n e n t i a u n a categoria. Scriveva u n a pubblicazione di allora: «Se si c o n s i d e r a il sistema corporativo nel suo spirito più p r o f o n d o e nelle sue più alte finalità si scorge che esso, m e n t r e si ispira a superiori principi etici quali l'autorità statale, la pacifica convivenza, la concorde collaborazione di tutte le categorie p r o d u t t i v e , il loro elevamento m o r a le e intellettuale, e s p r i m e al t e m p o stesso il più p i e n o ricon o s c i m e n t o della realtà e c o n o m i c a dei nostri giorni d o m i nata dal f e n o m e n o della c o n c o r r e n z a tra le varie economie nazionali, di fronte al q u a l e f e n o m e n o il d i v a m p a r e della lotta di classe c o n d u r r e b b e f a t a l m e n t e alla sopraffazione economica e politica. Si p o n e p e r t a n t o l'imperiosa esigenza della m a g g i o r e c o m p a t t e z z a organica delle singole c o m u nità politiche e della riaffermazione dell'unità nazionale in senso economico oltreché politico». 239

Questo discorso è fumoso, e articolato in forma oscura, come spesso nello stile degli ideologi, quale che sia la loro parte. Ma un concetto è chiaro, nel labirinto delle frasi: ogni attività economica, e gli interessi delle categorie che vi si dedicavano, dovevano r i m a n e r e subordinati alla volontà dello Stato. Le Corporazioni fasciste ebbero d u n q u e un marchio burocratico, a u t o r i t a r i o , dirigistico c o m e si d i r e b b e oggi. Ci si illuse che grazie al nuovo sistema la lotta di classe potesse essere eliminata. Certo furono eliminate le sue forme esteriori, e furono legate le m a n i ai sindacalisti combattivi. L'ordinamento favorì i datori di lavoro, (industriali o agrari, a scapito dei lavoratori. Anche gli interventi della m a g i s t r a t u r a del lavoro ris u l t a r o n o , in un p r i m o t e m p o , così lenti, da p o r r e la p a r t e più debole - i lavoratori - in u n a d r a m m a t i c a situazione di inferiorità. P r o p r i o p e r ovviare a questi inconvenienti fu adottata, nel 1930, u n a serie di provvedimenti che fece della giustizia del lavoro u n o strumento più equo. Le decisioni dei magistrati furono da allora orientate in favore dei d i p e n d e n ti: il che n o n solo diede a questi ultimi maggiori garanzie, ma indusse gli imprenditori a preferire le p r o c e d u r e e le soluzioni conciliatorie, senza più rifugiarsi sistematicamente, come era accaduto in precedenza, negli stancheggiamenti cui ogni vertenza si prestava in sede giudiziaria. L'edificio c o r p o r a t i v o , c h e e r a s e m p r e «in divenire» - Mussolini stesso aveva posto un t r a g u a r d o secolare p e r il suo c o m p l e t a m e n t o - n o n assunse mai, in realtà, le caratteristiche di un sistema organico, nel quale cioè le p r e m e s s e «ideologiche» si r i v e r b e r a s s e r o , c o m e avviene nei sistemi «socialisti», in tutti i settori della società e delle attività. T r o p p i elementi i m p e d i v a n o che questa strada fosse percorsa fino in fondo. Anzitutto il p r a g m a t i s m o del Duce che n o n voleva essere i m p r i g i o n a t o e n t r o s c h e m i t r o p p o rigidi. Q u a n d o G i u s e p p e Bottai, ministro delle Corporazioni, volle ampliare le funzioni del suo dicastero, fino a trasformarlo nel p e r n o di u n a vera p r o g r a m m a z i o n e nazionale, Mussolini lo bloccò, a s s u m e n d o n e p e r s o n a l m e n t e , nel 1933, la re240

sponsabilità. Si o p p o n e v a n o inoltre a un dirigismo coerente le resistenze della classe i m p r e n d i t o r i a l e , la vischiosità di u n a a m m i n i s t r a z i o n e che agiva p a r a l l e l a m e n t e al fascismo, senza confondersi con esso, lo spirito di iniziativa individuale e a n c h e l'anarchismo e la approssimazione italiani. Tutti elementi che, mutatis mutandis, h a n n o poi giuocato e contin u a n o a giuocare contro altri conati dirigistici - e probabilm e n t e è stata u n a fortuna - negli a n n i del d o p o g u e r r a . Isole potenti di economia liberale - o anarco-liberale - resistevano così g a g l i a r d a m e n t e accanto alle s t r u t t u r e e incrostazioni corporative, e agivano all'interno di esse. La sistemazione dei r a p p o r t i tra le classi secondo «l'etica e i principi del fascismo» fu completata con la Carta del Lav o r o , «summa» della socialità del R e g i m e , e l a b o r a t a nelle sue p r i m e s t e s u r e da G i u s e p p e Bottai, s o t t o s e g r e t a r i o e q u i n d i m i n i s t r o delle C o r p o r a z i o n i . L a f o r m u l a z i o n e d i q u e s t o d o c u m e n t o aveva n o t e v o l m e n t e a l l a r m a t o le organizzazioni dei datori di lavoro, che vedevano in esso u n a insidia alla libertà di i m p r e s a e al n o r m a l e meccanismo delle forze economiche. T a n t o tenaci furono queste resistenze che Bottai, d o p o aver tentato invano, ai primi del 1927, di conciliare i p u n t i di vista della Confindustria e del sindacalismo fascista di Rossoni, trasmise al D u c e d u e diverse versioni della «Carta», invitandolo a tagliare d ' a u t o r i t à il n o d o p e r ché «il c o n g e g n o d e l l ' o r d i n a m e n t o corporativo n o n p u ò riposare che parzialmente sul consenso delle parti», e «al suo funzionamento è indispensabile l'intervento risolutivo della volontà politica, l'azione dello Stato forte». Alla mediazione tra i d u e testi mise le m a n i Rocco, come al solito accentuando la i m p r o n t a conservatrice, poi Mussolini ricorresse il corr e t t o , e infine la n o t t e t r a il 21 e il 22 aprile 1927 il G r a n Consiglio a p p r o v ò la C a r t a che n o n aveva valore giuridico in se stessa, ma e n u n c i a v a p r i n c ì p i che la legislazione successiva avrebbe d o v u t o t r a d u r r e in concreti provvedimenti. Essa fu salutata c o m u n q u e dalla stampa fascista con ditirambi entusiastici, si scrisse che era «il p u n t o di p a r t e n z a p e r la 241

costruzione della n u o v a organizzazione della società italiana» e che realizzava «lo stato del popolo». La Carta fu, tutto sommato, u n o s t r u m e n t o propagandistico del quale Mussolini sentiva il bisogno p e r t a p p a r e con esso la bocca a q u a n t i accusavano il fascismo di essere l'espressione del g r a n d e capitale a g r a r i o e i n d u s t r i a l e . Il g r a n d e d e m a g o g o vi aveva trasfuso il suo frasario m a g n i l o q u e n t e ed efficace, già avvertibile nei d u e primi articoli: «La Nazione italiana è un organ i s m o a v e n t e fini, vita, mezzi di azione s u p e r i o r i , p e r p o tenza e d u r a t a , a quelli degli individui divisi o r a g g r u p p a t i che la c o m p o n g o n o . E u n a unità morale, politica ed economica, che si realizza i n t e g r a l m e n t e nello Stato fascista». «Il lavoro, sotto tutte le sue forme organizzative ed esecutive, intellettuali, tecniche, m a n u a l i , è un d o v e r e sociale. A q u e sto titolo, e solo a questo titolo, è tutelato dallo Stato.» Negli articoli successivi la C a r t a del L a v o r o riassumeva le concezioni c o r p o r a t i v e (l'organizzazione sindacale è libera, ma «solo il sindacato l e g a l m e n t e riconosciuto e sottoposto al controllo dello Stato ha il diritto di r a p p r e s e n t a r e legalmente tutte le categorie», «nel contratto collettivo di lavoro trova la sua espressione concreta la solidarietà tra i vari fattori della p r o d u z i o n e » ecc.); e riaffermava, p e r a l t r o , la prevalenza della iniziativa p r i v a t a sulla iniziativa pubblica n e l c a m p o i m p r e n d i t o r i a l e , passaggio q u e s t o f o r t e m e n t e voluto d a Rocco («l'intervento dello Stato nella p r o d u z i o n e economica ha luogo soltanto q u a n d o m a n c h i o sia insufficiente l'iniziativa privata o q u a n d o siano in giuoco interessi politici dello Stato»). Per q u a n t o r i g u a r d a v a i lavoratori, la Carta sancì il diritto al riposo settimanale, alle ferie, a u n a maggiore retribuzione p e r i t u r n i di notte, alla i n d e n n i t à di licenziamento; stabilì che i benefici dei contratti collettivi si estendessero ai lavoratori a domicilio, dettò criteri p e r la p r e v e n z i o n e degli infortuni e p e r la previdenza, diede base paritetica (con r a p p r e s e n t a n t i delle d u e parti) agli uffici di collocamento. Fu i n s i e m e u n a sintesi d e l c o r p o r a t i v i s m o , il s o m m a r i o di princìpi e n o r m e a difesa dei lavoratori che e r a n o o r m a i pa242

t r i m o n i o c o m u n e degli Stati civili, e un catalogo di b u o n e intenzioni. Grazie ad essa il fascismo p o t è affermare che era stata trovata u n a «terza via» sociale, diversa dal capitalismo egoista, diversa dal c o m u n i s m o collettivizzatore. L a s t r u t t u r a c o r p o r a t i v a n o n f u trasferita i n t e g r a l m e n t e , p e r il m o m e n t o , nelle assemblee legislative. Progetti di totale «corporativizzazione» della C a m e r a e del Senato furono affacciati e discussi, tra il 1927 e il 1928, q u a n d o si trattò di definire il sistema elettorale. Ma alla fine v e n n e varata u n a legge che «fascistizzava» la C a m e r a , senza tuttavia r e n d e r l a del tutto corporativa. Le n u o v e n o r m e furono a p p r o v a t e il 16 m a r z o 1928 dalla C a m e r a , d u e mesi d o p o dal Senato, in e n t r a m b e le assemblee con schiacciante m a g g i o r a n z a . Giolitti p r o n u n c i ò in quella occasione il suo u l t i m o discorso p a r l a m e n t a r e , a m m o n e n d o che veniva segnato «il decisivo distacco del R e g i m e fascista dal R e g i m e retto dallo Statuto (albertino)». Il senatore Luigi Albertini mosse anch'egli, insieme a p o c h i altri, critiche al p r o g e t t o , cui Mussolini r e plicò a s s e r e n d o che «lo Statuto n o n c'è più n o n p e r c h é sia stato r i n n e g a t o , ma p e r c h é l'Italia d'oggi è p r o f o n d a m e n t e diversa dall'Italia del 1848». C o n la legge elettorale veniva istituito un unico collegio nazionale, e i d e p u t a t i e r a n o ridotti a 400. Le confederazioni sindacali nazionali legalmente riconosciute ed alcuni enti morali e associazioni a p p o s i t a m e n t e designati avrebbero indicato mille n o m i , tra i quali il G r a n Consiglio avrebbe p r e scelto - a n c h e con a g g i u n t e di sua iniziativa tra personalità «di c h i a r a fama» - l'elenco dei q u a t t r o c e n t o . U n a m a g g i o r a n z a della m e t à più u n o dei voti alla lista u n i c a a v r e b b e p o r t a t o alla C a m e r a tutti i 400 candidati. L'elettore e r a chiam a t o a r i s p o n d e r e con un sì o con un no alla d o m a n d a «approvate voi la lista dei d e p u t a t i designati dal G r a n Consiglio nazionale del fascismo?». La legge disponeva a n c h e c o m e si dovesse p r o c e d e r e ove il voto p o p o l a r e fosse stato contrario alla lista: ipotesi che c o m u n q u e e r a fuori dalla realtà. 243

In un complesso giuoco di equilibri Mussolini fascistizzava la C a m e r a , statalizzava il fascismo e debilitava la M o n a r chia. U n a circolare del Duce ai Prefetti, agli inizi del 1927, aveva stabilito d u e p r i n c ì p i e g u a l m e n t e i m p o r t a n t i : che il prefetto era «la più alta autorità dello Stato nella provincia», n o n essendo p i ù in discussione in alcun m o d o , d u n q u e , la sua s u p r e m a z i a sul s e g r e t a r i o federale; ma c h e il p r e f e t t o era a n c h e «il r a p p r e s e n t a n t e politico del Regime Fascista» al quale «tutti i cittadini, e in p r i m o luogo quelli che h a n n o il g r a n d e privilegio ed il massimo o n o r e di militare nel fascismo, d e v o n o rispetto ed obbedienza». N o n basta. Aggiungeva la circolare che «laddove necessita il prefetto deve eccitare ed armonizzare la attività del partito nelle sue varie manifestazioni» p e r c h é «l'autorità n o n p u ò essere c o n d o t t a a mezzadria» e «il partito e le sue gerarchie... n o n sono, a rivoluzione compiuta, che u n o s t r u m e n t o consapevole della volontà dello Stato, t a n t o al c e n t r o q u a n t o alla periferia». C o n queste m i s u r e , Mussolini «burocratizzò» il fascismo e affidò al partito funzioni di parata. Per essere più forte, cont r o le residue velleità «rivoluzionarie» di alcune frange del vecchio squadrismo, confuse Stato e partito. Il partito perse ogni m o r d e n t e : e q u a n t o lo avesse p e r s o fu possibile constatarlo nella crisi del 25 luglio 1943. C o n un'altra decisione - che anch'essa avrebbe p r o d o t t o i suoi lontani effetti il 25 luglio - il G r a n Consiglio del fascis m o d i v e n n e , nel s e t t e m b r e del 1928, un «organo costituzionale dello Stato». Presieduto dal C a p o del g o v e r n o , e da lui convocato, il G r a n Consiglio era incaricato di «coordinare tutte le attività del regime», di a p p r o v a r e , come abbiamo visto, la lista dei deputati, di p r o n u n c i a r s i sulle n o m i n e del P N F , di esprimere p a r e r i «sulle questioni aventi carattere costituzionale», ivi inclusi i poteri e le attribuzioni del Re e la successione al t r o n o . Q u e s t ' u l t i m a facoltà del G r a n Consiglio sottoponeva a d d i r i t t u r a ad u n a sua valutazione politica il meccanismo ereditario e aggravava la ipoteca fascista sulla C o r o n a , anche se Mussolini si sentì in d o v e r e di p r e c i s a r e 244

che n o n vi e r a n o d u b b i sulla automaticità della ascesa al trono del principe U m b e r t o , q u a n d o il p a d r e fosse m o r t o . L'affronto alla M o n a r c h i a e r a b r u c i a n t e : ma sugli effetti che esso e b b e le t e s t i m o n i a n z e e i p a r e r i f u r o n o e r e s t a n o t u t t o r a controversi. Mussolini scrisse nella Storia di un anno che la legge sul G r a n Consiglio « d e t e r m i n ò il p r i m o grave u r t o fra m o n a r c h i a e fascismo» e che «da quel g i o r n o Vittorio Savoia cominciò a detestare Mussolini e a covare un odio t r e m e n d o contro il fascismo». S e m p r e secondo Mussolini, il Re aveva detto che «il grido della successione n o n p u ò essere che il t r a d i z i o n a l e : il Re è m o r t o ! Viva il Re!». Testimonianza di p r i m a m a n o , e che più autorevole n o n si p o t r e b b e p e n s a r e : ma recata dal Mussolini di Salò, invelenito c o n t r o la C o r o n a , e q u i n d i t e n d e n z i a l m e n t e fazioso. Tuttavia Fed e r z o n i , nelle sue m e m o r i e , h a s o s t a n z i a l m e n t e ricalcato q u e s t a traccia r a c c o n t a n d o - s e p p u r e con i n t e n z i o n i filom o n a r c h i c h e - che la legge sul G r a n Consiglio aveva lo scopo di ricattare il Principe di Piemonte, ostile al fascismo, cos t r i n g e n d o l o a un a t t e g g i a m e n t o p i ù favorevole. U m b e r t o di Savoia ha p e r a l t r o n e g a t o che la legge sul G r a n Consiglio fosse stata causa di dissapori tra il p a d r e e Mussolini. I r a p p o r t i t r a i d u e s a r e b b e r o stati p e r dieci a n n i , d a l discorso del 3 gennaio 1925 fino al 1935, s e m p r e b u o n i . Resta il fatto che Vittorio E m a n u e l e I I I , a n c h e se si sentì offeso e turbato, n o n r i t e n n e di d o v e r e s p r i m e r e in m o d o chiaro ed ufficiale questi suoi sentimenti al Duce. Egli forse n o n capì che con le n u o v e p r e r o g a t i v e del G r a n Consiglio la «diarchia», che già esisteva nei fatti, era stata istituzionalizzata, anzi addirittura costituzionalizzata. Il Duce aveva c o n g e g n a t o u n a s t r u t t u r a politica, sociale, burocratica che rispondeva ai suoi scopi. Tutto faceva capo a lui, il G r a n Consiglio, il Governo, il Partito, le Corporazioni. Lo Stato e r a fascista, e il fascismo era statalizzato. La Rivoluzione, che c o n t i n u a v a a qualificarsi tale, e r a d i v e n t a t a amministrazione.

CAPITOLO QUARTO

LA C O N C I L I A Z I O N E

La Conciliazione fu il p u n t o d'arrivo di d u e esigenze diverse ma t e n d e n t i allo stesso obbiettivo. Per la S a n t a S e d e si t r a t t a v a d i p o r r e f i n e , con u n a c c o r d o soddisfacente, che n o n sembrasse u n a resa, alla «iniqua condizione fatta al r o m a n o Pontefice». Per Mussolini si trattava di accelerare la dissoluzione di ciò che restava del partito p o p o l a r e , togliendo alla sua opposizione al R e g i m e il f o n d a m e n t o m o r a l e e politico della «Questione romana»; e di attirare inoltre verso il fascismo quelle masse cattoliche che ancora e r a n o perplesse ed esitanti. L'anticlericalismo dei fascisti della p r i m a o r a , e le declamazioni atee del Mussolini pre-fascista, n o n e r a n o stati del tutto dimenticati, a l m e n o da chi dimenticarli n o n voleva. Senza d u b b i o Mussolini e r a stato p o i largo di gesti e p r o v v e d i m e n t i che attestavano la sua ansia di ingraziarsi la Chiesa. II Crocefisso e r a t o r n a t o nelle scuole e negli ospedali, l ' i n s e g n a m e n t o religioso era stato reso obbligatorio, i seminaristi avevano o t t e n u t o l'esonero dal servizio militare, la Messa era divenuta un accessorio indispensabile di molte solenni cerimonie ufficiali. C o n la abilità tattica e la s p r e g i u d i c a t e z z a ideologica di s e m p r e , Mussolini voleva la pace con la Chiesa p e r catturare i cattolici. Sapeva che, se vi fosse riuscito, il suo p o t e r e sarebbe divenuto notevolmente più forte, e più capillare. N o n e r a disposto a dividere con la Chiesa il p r e d o m i n i o politico in alcuni settori essenziali - la lotta che mosse alle organizzazioni giovanili cattoliche fu senza q u a r t i e r e , e si concluse con la loro cancellazione - ma era disposto a largheggiare in altri settori. Q u a n t o di questa conversione corrispondesse a 246

un m u t a m e n t o di convinzioni personali è difficile dire. Nell ' u o m o o g n i a t t e g g i a m e n t o e r a s u b o r d i n a t o alle esigenze del m o m e n t o , e legittimato da esse. Questa affermazione vale p e r il m a n g i a p r e t i s m o f o r s e n n a t o della fase socialista, e vale p e r il p e r b e n i s m o cattolico degli a n n i di g o v e r n o . Si r a c c o n t a che egli abbia s e m p r e avuto carissimi un libro di p r e g h i e r e , un rosario, e u n a catenina d ' o r o con u n a m e d a glietta della M a d o n n a donatigli dalla m a d r e . Q u e s t o attacc a m e n t o , se r i s p o n d e a verità, e r a più superstizioso, o familiare, che religioso. Certo è che p e r il Natale del 1925 Benito e Rachele, già uniti in m a t r i m o n i o con il solo rito civile, si r i s p o s a r o n o davanti all'altare. Altrettanto certo è che Mussolini assistette, d u r a n t e il ventennio, solo alle cerimonie religiose impostegli dal suo r u o l o ufficiale. C o m e a b b i a m o a m p i a m e n t e riferito ne Lltalia in camicia nera, già nei mesi i m m e d i a t a m e n t e successivi alla Marcia su R o m a Mussolini aveva voluto p r e n d e r e contatto con il cardinale Gasparri, u o m o chiave della politica vaticana. A metà di g e n n a i o del 1923 il C a p o del g o v e r n o fascista e il cardinale segretario di Stato s'incontrarono s e g r e t a m e n t e , in un palazzo messo a disposizione d a l p r e s i d e n t e del B a n c o di Roma, conte Santucci, che si era prestato c o m e intermediario. Parlarono soprattutto del Banco di Roma, che finanziava le organizzazioni cattoliche, e che versava in difficili condizioni. Q u a n t o alla «Questione r o m a n a » , c o n v e n n e r o che n o n e r a il m o m e n t o di «affrontarla in pieno». Ma si e r a n o capiti, e s a p e v a n o e n t r a m b i che al c u o r e di essa s a r e b b e r o p r e s t o o t a r d i arrivati. Stabilirono i n t a n t o di c o m u n i c a r e , q u a n d o ve ne fosse bisogno, tramite il P a d r e gesuita Tacchi Venturi, che allora fece assiduamente la spola tra Mussolini e Gasparri, e che fu il p r i m o tessitore della t r a m a che p o r t ò ai Patti lateranensi. D o p o il discorso del 3 gennaio 1925 Mussolini aveva fatto un altro passo, sulla s t r a d a che p o r t a v a all'accordo con la Chiesa, n o m i n a n d o u n a commissione p e r la riforma della legislazione ecclesiastica. Di essa facevano parte sette laici e tre 247

sacerdoti. La p r e s i e d e v a il s o t t o s e g r e t a r i o Matteini, la cui estrazione politica (veniva dalla destra del partito popolare) garantiva un atteggiamento benevolo verso le esigenze della Santa Sede. Il Vaticano p r e s e le distanze dalla iniziativa, aff e r m a n d o che i tre ecclesiastici e r a n o e n t r a t i nella commissione a titolo p e r s o n a l e , n o n p e r designazione del Papa. Il q u a l e , conosciute le conclusioni della c o m m i s s i o n e stessa, che p u r e r a n o molto favorevoli alle richieste della Santa Sede, le rifiutò pregiudizialmente. La sistemazione delle p e n denze, precisò, n o n poteva avvenire p e r decisione unilaterale dello Stato italiano, ma doveva essere oggetto di negoziati. Analoga accoglienza da p a r t e di Pio XI ebbe un p r o g e t t o di riforma della legge delle Guarentigie, che era stato elaborato dal senatore Santucci, e che era stato a p p r o v a t o entusiasticam e n t e sia dal guardasigilli Rocco, sia dal cardinale Gasparri. Quest'ultimo sottopose il d o c u m e n t o all'esame del Papa che si cavò d'impaccio dicendo di trovarlo «di così difficile attuazione, che preferiva lasciare al suo successore la soluzione del difficile problema». Lo affrontò e risolse invece egli stesso, q u a t t r o a n n i d o p o . E v i d e n t e m e n t e la situazione e r a nel frattempo cambiata, agli occhi di Pio XI. Si p u ò soltanto c o n g e t t u r a r e sulle ragioni che i n d u s s e r o in quel m o m e n t o il Pontefice ad o p p o r r e un «fin de n o n - r e cevoir» alla p r o p o s t a . Le p i ù verosimili s o n o d u e . Da u n a p a r t e P a p a Ratti i n t e n d e v a a s p e t t a r e che il fascismo a n c h e se si consolidava di g i o r n o in g i o r n o desse m a g g i o r i e definitive g a r a n z i e di essere u n a c o n t r o p a r t e la cui firma n o n potesse essere rimessa, a breve distanza di t e m p o , in discussione. Dall'altra egli voleva seguire l'atteggiamento del Regime, in quel p e r i o d o di p r o f o n d e mutazioni e di instaurazione della d i t t a t u r a v e r s o le o r g a n i z z a z i o n i cattoliche. Il p a r t i t o p o p o l a r e e r a in disfacimento. Ma l'Azione cattolica r a p p r e s e n t a v a un p o l o di c o a g u l a z i o n e delle forze cattoliche al quale la Santa Sede n o n poteva né voleva rinunciare. Nel c o r p o stesso del fascismo era ancora t r o p p o p o t e n t e , e a volte violenta, la c o r r e n t e e s t r e m i s t a e i n t r a n s i g e n t e c h e 248

c h i e d e v a la cancellazione di o g n i possibile o r g a n i z z a z i o n e rivale, anche se limitata all'ambito spirituale. Mussolini era o r m a i risoluto a saltare il fosso. Il 4 maggio 1926 scrisse a Rocco: «Con p r o f o n d a fede nella missione religiosa e cattolica del p o p o l o italiano, il g o v e r n o fascista ha p r o c e d u t o m e t o d i c a m e n t e , con u n a serie di atti amministrativi e di p r o v v e d i m e n t i legislativi, a restituire allo Stato e alla n a z i o n e italiana quel c a r a t t e r e di Stato cattolico e di nazione cattolica che la politica liberale si era sforzata, d u r a n t e l u n g h i anni, di cancellare». Ma e s p o n e n t i del fascismo di assai diversa tendenza, c o m e Farinacci, che si rifaceva s e m p r e alla p u r e z z a delle origini, o c o m e il filosofo Giovanni Gentile, che difendeva la p r e m i n e n z a dello Stato a n c h e nel campo spirituale, r i m a n e v a n o su posizioni o p p o s t e . E Vittorio E m a n u e l e I I I nutriva u n a diffidenza p r o f o n d a verso la Santa Sede. Nell'estate di quello stesso 1926 furono avviate le trattative vere e p r o p r i e che, sulla scia dell'azione di Tacchi Venturi, v e n n e r o c o n d o t t e da p e r s o n a g g i a p p a r e n t e m e n t e di sec o n d o p i a n o , ma abili e discreti. Per l'Italia il consigliere di Stato D o m e n i c o B a r o n e , p e r la Santa Sede l'avvocato m a r chese Francesco Pacelli, fratello del futuro segretario di Stato e Pontefice. Fino a tutto il 1926 gli incontri e b b e r o il car a t t e r e di sondaggi, p i ù che di vero e p r o p r i o negoziato, e gli interlocutori n o n e r a n o investiti di un incarico formale. Lo e b b e r o soltanto dal p r i m o g e n n a i o del 1927, q u a n d o Bar o n e fu e s p r e s s a m e n t e delegato a «trattare p e r la d e t e r m i n a z i o n e dei r a p p o r t i tra lo Stato italiano e la Santa Sede». B a r o n e e Pacelli - quest'ultimo si sarebbe i n t r a t t e n u t o con il Papa 129 volte, p r i m a che si arrivasse alla firma - si trovarono d ' a c c o r d o sulla o p p o r t u n i t à di f o r m u l a r e gli accordi in tre d o c u m e n t i : il trattato, relativo ai r a p p o r t i tra i d u e Stati sovrani, che avrebbe sanato la ferita a p e r t a con la breccia di Porta Pia, il 20 s e t t e m b r e del 1870; il C o n c o r d a t o , r i g u a r d a n t e il ruolo della religione cattolica, e delle sue istituzioni, in Italia; infine la c o n v e n z i o n e finanziaria, in forza della 249

quale alla Santa Sede sarebbero state versate globalmente le s o m m e che le e r a n o assicurate dalla legge sulle G u a r e n t i gie, e che n o n e r a n o mai state riscosse. La disponibilità di Mussolini ad accettare, p e r i r a p p o r t i c o n la Chiesa cattolica, situazioni e c o m p r o m i s s i o n i cui lo Stato liberale n o n si s a r e b b e , p e r motivi di p r i n c i p i o , mai a d a t t a t o , facilitò l'inizio delle trattative. Gli i n t o p p i c h e si verificarono - con d u e i n t e r r u z i o n i d e l n e g o z i a t o , la p i ù lunga nella seconda metà del '27 l'altra nel maggio del 1928 d e r i v a r o n o p r e v a l e n t e m e n t e da fattori esterni. P r o p r i o m e n t r e B a r o n e e il marchese Pacelli tessevano le fila dell'accordo, si era d e t e r m i n a t a u n a crisi grave tra il Regime e la Chiesa. Mussolini aveva creato l ' O p e r a Nazionale Balilla, destinata a r i u n i r e e organizzare i ragazzi. Nel regol a m e n t o che a c c o m p a g n ò la istituzione d e l l ' O N B si disponeva che nessun'altra organizzazione giovanile potesse essere creata nei centri con m e n o di diecimila abitanti e che quelle esistenti dovessero essere sciolte. La m i s u r a colpiva i Giovani e s p l o r a t o r i (boy-scouts) cattolici e assicurava u n i l a t e r a l m e n t e allo Stato - essendo prevedibile la sua estensione ai centri maggiori - il monopolio della gioventù. Tutto ciò era t e m a di discussione p e r il C o n c o r d a t o ; e r a i n o l t r e c h i a r o che si profilava u n a minaccia p e r l'Azione cattolica, cui il divieto si sarebbe p r e s t o esteso, se il Papa avesse lasciato fare. A mezzo dell'avvocato Pacelli e del p a d r e Tacchi Venturi la Santa Sede fece sapere che la a p p r o v a z i o n e di questo reg o l a m e n t o avrebbe provocato l'insabbiamento delle trattative. Mussolini, che le voleva c o n d u r r e in p o r t o , cedette: ma solo in p a r t e . M a n t e n n e ferma la soppressione dei boy-scouts cattolici, anzi la estese ai centri fino a ventimila abitanti che n o n fossero capoluoghi di provincia. Ma comunicò nel cont e m p o che l'Azione cattolica n o n era presa di mira, e che la g a r a n z i a della sua sopravvivenza poteva essere inclusa nel C o n c o r d a t o . La Chiesa si adattò, p u r con u n a p r e s a di posizione di Pio XI il quale fece p u b b l i c a r e dall'Osservatore Romano u n a sua lettera al cardinale Gasparri. Essa diceva che i 250

p r o v v e d i m e n t i s u l l ' O p e r a Nazionale Balilla l e g i t t i m a v a n o timori e preoccupazioni, e che il Pontefice intendeva r e n d e re n o t o ai cattolici che n o n c'era stata, da p a r t e sua, c o r r e sponsabilità o acquiescenza. L'arrendevolezza della Santa Sede consentì di evitare u n a r o t t u r a . Ma, lo si è già accennato, a m e t à del '27 e fino agli inizi del '28, ci fu e g u a l m e n t e u n a sosta, che in qualche modo giovava a e n t r a m b i i contraenti. A Mussolini p e r vincere le ultime resistenze di alcuni g e r a r c h i - tra gli altri Balbo, Farinacci, A r p i n a t i - e p e r s a g g i a r e gli u m o r i del Re; alla Santa Sede p e r t e n t a r e di s t r a p p a r e q u a l c h e u l t e r i o r e concessione. D u r a n t e la p a u s a si sviluppò, sulla «Questione r o m a n a » , u n a polemica di stampa, che sicuramente fu voluta o almeno a p p r o v a t a da Mussolini. Lo d i m o s t r a la p a r t e c i p a z i o n e ad essa del fratello Arnaldo, dalle colonne del Popolo d'Italia. La polemica trasse origine dalla interpretazione che i quotidiani fascisti in g e n e r a l e avevano d a t a a tre manifestazioni religiose (in particolare il C o n g r e s s o eucaristico nazionale) t e n u t e nel s e t t e m b r e del 1927. Questi a v v e n i m e n t i consac r a v a n o , a v e v a n o scritto gli o r g a n i fascisti, l ' a r m o n i a p r o f o n d a esistente tra Religione e Stato. Al che YOsservatore Romano aveva ribattuto che certo, un c a m b i a m e n t o di atmosfera c'era stato, ma n o n p e r q u e s t o e r a cessato il dissidio che solo un ripristino totale della i n d i p e n d e n z a e libertà del Papa di fronte al m o n d o cattolico avrebbe p o t u t o sanare. La n o t a àe\YOsservatore p r o v o c a v a d u e r e p l i c h e i m p o r tanti. L u n a di A r n a l d o Mussolini, che insisteva sul carattere nazionale della «Questione r o m a n a » - e s c l u d e n d o così ogni sua internazionalizzazione - e ricordava che «l'Italia cattolica e r o m a n a ha ritrovato senza l ' a p p o r t o della Chiesa politica il vigore e la forza p e r la sua rinascita». L'altra di Giovanni Gentile che, r i m a n e n d o nell'alta sfera delle categorie filosofiche, spiegava c o m e «la s e p a r a z i o n e dello spirituale dal t e m p o r a l e è u n a utopia» e p e r t a n t o «la Q u e s t i o n e r o m a n a sarà s e m p r e viva». ^.Osservatore t o r n ò s u l l ' a r g o m e n t o , con 251

u l t e r i o r i precisazioni. Q u e s t o dibattito e b b e t e r m i n e , nell'ottobre, con un n u o v o articolo a firma di A r n a l d o Mussolini, da molti attribuito a Benito, e con u n a n o t a pubblicata su un Foglio d'ordini del partito, nota che, si fece sapere - e in p a r t i c o l a r e B a r o n e lo c o m u n i c ò a Pacelli - e r a i n t e r a m e n t e di p u g n o di Mussolini. C o n il suo consueto stile lapidario egli rilevava anzitutto c h e «per il Vaticano la Q u e s t i o n e r o m a n a n o n è di o r d i n e internazionale, ma semplicemente bilaterale», con il che venivano scongiurati «pericolosi interventi e inutili complicazioni». Aggiungeva c o m e il c o n t e n u t o degli articoli dell'Qsservatore Romano lasciasse i n t e n d e r e che n o n sarebbero state p o s t e p r e g i u d i z i a l i t e r r i t o r i a l i : e l e m e n t o positivo p e r c h é «per l'Italia fascista è e sarebbe fuori di ogni discussione un ripristino a n c h e in formato ridottissimo del p o t e r e t e m p o rale cessato nel 1870 con i n c o m m e n s u r a b i l e vantaggio - a nostro avviso - del prestigio m o r a l e della Chiesa di Roma». Infine la nota di Mussolini si rivolgeva ai fascisti a m m o n e n doli a n o n c r e d e r e né che la Questione r o m a n a fosse insolubile - il destinatario di questo passaggio era Gentile - né che fosse di agevole soluzione. «Il Regime fascista che ha d i n a n zi a sé tutto il secolo ventesimo - concludeva - p u ò riuscire là dove il demoliberalismo in ripetuti tentativi fallì.» Era in sostanza la luce v e r d e p e r ttna prosecuzione delle trattative, che infatti si s v i l u p p a r o n o nel 1928: con la ulteriore battuta di arresto in maggio, cui abbiamo già accennato, d o v u t a a n c o r a a l l ' O p e r a Nazionale Balilla, il cui m o n o polio sui giovanissimi e giovani era stato esteso, ed era p r e vedibile, anche alle città con più di ventimila abitanti. Era il colpo di grazia ai Giovani esploratori cattolici. Di fronte alla p r o t e s t a del Papa, Mussolini t e m p e r ò di p o c o , e solo form a l m e n t e , il p r o v v e d i m e n t o . La Santa Sede si rassegnò. N e l g e n n a i o d e l 1929 D o m e n i c o B a r o n e , u n o d e i d u e protagonisti del negoziato, moriva. Mussolini assunse allora di p e r s o n a il c o m p i t o di p e r f e z i o n a r e gli accordi, e più volte, in quella e s t r e m a fase, l'avvocato Pacelli si t r a t t e n n e 252

con lui d o p o cena, e fino a notte. Tutti gli scogli e r a n o stati o r m a i s u p e r a t i . Il Vaticano aveva r i n u n c i a t o a r i v e n d i c a r e il t e r r i t o r i o di Villa P a m p h i l i , il c h e aveva p l a c a t o le a p p r e n s i o n i d i V i t t o r i o E m a n u e l e I I I p e r u n e v e n t u a l e ing r a n d i m e n t o dello Stato vaticano. La i n d e n n i t à che la Santa S e d e - le cui finanze e r a n o in q u e l m o m e n t o t u t t ' a l t r o che floride - p r e t e n d e v a dallo Stato italiano e r a stata ridotta dagli o r i g i n a r i tre miliardi a un m i l i a r d o e 750 milioni, di cui un miliardo in titoli al p o r t a t o r e e il resto in contanti. I m p o r t a n t i , dal p u n t o di vista finanziario, furono a n c h e alc u n e esenzioni fiscali accordate ai b e n i e investimenti della S a n t a S e d e , esenzioni a t t o r n o alle quali si d o v e v a poi svil u p p a r e , nel d o p o g u e r r a , d u r a n t e il p a p a t o di Pio X I I , u n a l u n g a polemica. Ma più i m p o r t a n t i della convenzione finanziaria furono, n a t u r a l m e n t e , il Trattato e il C o n c o r d a t o . Il T r a t t a t o - che regolava il r a p p o r t o tra d u e Stati sovrani - aveva un p r e a m bolo di 27 articoli, e subito all'inizio ribadiva il c o n t e n u t o dell'articolo p r i m o dello Statuto albertino in forza del quale la religione cattolica apostolica r o m a n a e r a la sola religione dello Stato italiano. Riconosceva q u i n d i la piena sovranità e la esclusiva ed assoluta p o t e s t à e giurisdizione della Santa Sede sul Vaticano, c r e a n d o a tale scopo la Città del Vatican o , i cui servizi pubblici s a r e b b e r o stati a c u r a dello Stato italiano. Il trattato stabiliva quali fossero le p e r s o n e soggette alla sovranità della Santa Sede, riconosceva ad essa il diritto di legazione attiva e passiva (ossia il diritto di accreditare e ricevere missioni d i p l o m a t i c h e ) . La Santa S e d e dichiarava «definitivamente ed i r r e v o c a b i l m e n t e composta» la « Q u e stione r o m a n a » , e riconosceva il R e g n o d'Italia sotto la dinastia dei Savoia. Nel C o n c o r d a t o , r i g u a r d a n t e la posizione della Chiesa n e l l ' o r d i n a m e n t o i n t e r n o italiano, si riconosceva alla Chiesa personalità giuridica, con tutti i diritti che ne derivavano, si dava eguale riconoscimento alle «famiglie» religiose, si attribuiva «il d o v u t o ufficio ed o n o r e a l l ' i n s e g n a m e n t o religio253

so» (con u n a speciale m e n z i o n e dell'Università Cattolica di Milano), si a m m e t t e v a il r u o l o legittimo dell'Azione cattolica. Ai sacerdoti era affidata, nella celebrazione del m a t r i m o nio religioso, la funzione di ufficiali di stato civile. Si stabiliva infine c h e i s a c e r d o t i a p o s t a t i o colpiti da c e n s u r a n o n potessero o c c u p a r e uffici pubblici, e si concedeva a cardinali e vescovi u n a speciale posizione giuridica. I vescovi dovevano tuttavia g i u r a r e lealtà allo Stato, al Re e al Governo. La «Questione romana» e r a chiusa. I n d i p e n d e n t e e liber o , nei q u a r a n t a q u a t t r o chilometri q u a d r a t i della città leonina, il R o m a n o Pontefice riconosceva finalmente la legittimità d e l R e g n o d'Italia, c o n R o m a capitale. L'11 febbraio 1929, un lunedì, poco p r i m a di mezzogiorno, il corteo ufficiale che a c c o m p a g n a v a Mussolini si avviò verso il Palazzo apostolico lateranense, dove sarebbe avvenuta la cerimonia della firma. Pioveva a d i r o t t o . Il segretario di Stato, cardin a l e G a s p a r r i , a t t e n d e v a Mussolini (in r e d i n g o t e c o m e il sottosegretario agli Esteri Dino Grandi) nella vasta sala delle Missioni. Per p r i m o firmò Gasparri, q u i n d i porse la stilografica d ' o r o massiccio che il Papa gli aveva affidato a Mussolini, il quale firmò a sua volta. La p e n n a gli rimase in d o n o , a ricordo dell'avvenimento. M e n t r e Mussolini usciva, le c a m p a n e della basilica di San Giovanni in L a t e r a n o suonar o n o a festa. L'indomani, settimo anniversario della sua incoronazione, Papa Ratti fu acclamato da u n a g r a n d e folla di fedeli p e r l'accordo r a g g i u n t o c o n « l ' u o m o c h e la Provvid e n z a aveva stabilito di farci incontrare» secondo la sua stessa definizione. In tutte le chiese d'Italia si p r e g ò e si esultò p e r la Conciliazione c h e aveva r i d a t o «Dio all'Italia e l'Italia a Dio». Il g o v e r n o dichiarò 1' 11 febbraio festa nazionale. Le formalità parlamentari che avrebbero reso costituzionalmente oper a n t i i Patti del L a t e r a n o f u r o n o s u p e r a t e senza difficoltà. La n u o v a C a m e r a - eletta come v e d r e m o il 24 m a r z o - fece registrare solo d u e voti contrari, e sei il senato: quelli di Luigi Albertini, Bergamini, Croce - il filosofo aveva spiegato in 254

un discorso il suo dissenso n o n alla Conciliazione, ma al m o do in cui e r a stata realizzata -, P a t e r n o , Ruffini, Sinibaldi. Ma p r o p r i o la discussione (si fa p e r dire) in P a r l a m e n t o doveva p r e s t o d i m o s t r a r e che ciascuna delle d u e p a r t i cont r a e n t i aveva visto nei Patti qualcosa di d i v e r s o , se n o n di a n t i t e t i c o : e c h e la l o r o i n t e r p r e t a z i o n e e a p p l i c a z i o n e a v r e b b e p r o v o c a t o p i ù difficoltà di q u a n t o si p o t e s s e s u p porre. Era a c c a d u t o infatti che, forti della n u o v a o s a n n a t a intesa, le organizzazioni e i circoli cattolici, alcuni d e i quali idealm e n t e legati al filone politico del partito p o p o l a r e , si fossero sentiti autorizzati ad u n a m a g g i o r e attività. Ma nel discorso con cui p r e s e n t ò la Conciliazione alla C a m e r a Mussolini dissipò sia i timori di molti fascisti «intransigenti» sia le illusioni di q u e s t e organizzazioni sia, se esistevano, le s p e r a n z e del Vaticano. Ribadì l'esclusiva statale sulla educazione dei giovani, e q u a n t o agli «elementi cattolici» che stavano intentando «un processo al Risorgimento», avvertì che «il Regime è vigilante e che nulla gli sfugge». E sottolineò che e r a n o stati s e q u e s t r a t i «più giornali cattolici in t r e mesi c h e n e i sette a n n i p r e c e d e n t i » . Il t o n o minaccioso di Mussolini n o n e r a stato s u g g e r i t o , p r o b a b i l m e n t e , soltanto dalla reviviscenza politica dei cattolici, ma a n c h e da taluni giudizi della stampa straniera, ai quali e r a sensibilissimo. I quotidiani francesi, inglesi, americani e r a n o stati u n a n i m i nel rilevare la portata storica dell'avvenimento, e il m a r c h i o di stabilità che esso dava al R e g i m e fascista (secondo alcuni storici la Conciliazione è stata del resto, in c a m p o internazionale, il p u n t o più alto di prestigio r a g g i u n t o da Mussolini, f e r m o restando c h e p e r l ' o p i n i o n e p u b b l i c a italiana esso fu r a g g i u n t o con la g u e r r a d'Etiopia). Ma il Daily Herald, ad esempio, aveva scritto che «il P a p a diviene a n c o r a u n a volta sovrano» e «ha o t t e n u t o quello p e r cui la Chiesa lottava da mezzo secolo». Piccato, Mussolini aveva voluto d i m o s t r a r e che chi p e n sava a u n a vaticanizzazione dell'Italia sbagliava di grosso. 255

L'attacco, e in generale la crisi che si era determinata, n o n potevano essere ignorati dal Papa, che rispose con un discorso, e poi incaricò addirittura Pacelli di chiedere a Rocco che soprassedesse alla pubblicazione delle leggi derivanti dai Patti lateranensi. Lo scambio delle ratifiche dei Patti, suggello definitivo ad essi, era stato fissato p e r il 7 giugno. Due giorni p r i m a l'Osservatore Romano pubblicò il testo di u n a lettera di Pio XI al c a r d i n a l e G a s p a r r i in cui si l a m e n t a v a l'atteggiam e n t o di Mussolini e si affermava c o m u n q u e che Trattato e C o n c o r d a t o e r a n o legati e indivisibili: simul stabunt o p p u r e simul cadent. Abbastanza indifferente agli altri addebiti, che d i m o s t r a v a n o s e m m a i la sua i n d i p e n d e n z a , Mussolini n o n poteva accettare questa impostazione. In forza di essa, infatti, la «Questione r o m a n a » n o n poteva dirsi v e r a m e n t e risolta, p e r c h é un qualsiasi dissenso sulla applicazione del Concordato - ossia sui r a p p o r t i tra Stato e Chiesa nell'ambito int e r n o italiano - avrebbe p o t u t o p r o v o c a l e la rimessa in discussione del Trattato tra i d u e poteri sovrani. La vigilia del 7 g i u g n o il m a r c h e s e Pacelli fu i m p e g n a t o in u n a affannosa o p e r a di mediazione p e r c o m p o r r e il dissidio facendo la spola tra Palazzo Chigi e i Palazzi apostolici. Fu escogitata la f o r m u l a di u n a d i c h i a r a z i o n e in base alla quale «le alte parti contraenti riaffermano la loro volontà di osservare lealmente, nella parola e nello spirito, n o n solo il Trattato negli irrevocabili reciproci riconoscimenti di sovranità e nella definitiva eliminazione della Q u e s t i o n e r o m a n a , ma a n c h e il C o n c o r d a t o nelle sue alte finalità t e n d e n t i a regolare le condizioni della religione e della Chiesa in Italia». Dal braccio di ferro e r a uscito vincitore Mussolini, piuttosto che il Papa. Lo scambio delle ratifiche avvenne r e g o l a r m e n te, e il 25 luglio Pio XI sancì, r a g g i u n g e n d o piazza San Pietro, la fine della «prigionia» che i pontefici r o m a n i si e r a n o imposta dal 1870. In d i c e m b r e il Re e la Regina r e n d e v a n o visita a Pio XI. I Savoia si e r a n o essi p u r e riconciliati. Ma a n c h e d o p o di allora l'idillio tra il fascismo e la Chiesa cattolica n o n fu i n i n t e r r o t t o , anzi soffrì d e t e r i o r a m e n t i e 256

soprassalti polemici s e m p r e - almeno fino alle leggi razziali p e r lo stesso motivo: l'Azione cattolica e la Gioventù cattolica. Mussolini, che alla religione di Stato era p r o n t o a r e n d e r e o m a g g i o i n o g n i occasione, reagiva v i o l e n t e m e n t e a d ogni sospetto di inframmettenza politica educativa o sindacale delle organizzazioni cattoliche. U n a seria crisi d i v a m p ò nel 1931 - ci d i s t a c c h i a m o dalla c r o n o l o g i a degli avvenim e n t i p e r c o m p l e t a r e l'argomento - ed ebbe s p u n t o , al solito, da u n a polemica giornalistica: il che fa s u p p o r r e che la volontà di Mussolini n o n fosse estranea ad essa. Prima Critica fascista di Bottai, poi altre pubblicazioni di r e g i m e accusar o n o l'Azione cattolica di « i n v a d e r e il c a m p o d e l l ' o r d i n a m e n t o sindacale e corporativo», di voler formare u n a classe d i r i g e n t e n o n fascista, d i a d o p e r a r s i p e r i n c a n a l a r e «una p a r t e della gioventù italiana d i e t r o i vecchi p r o g r a m m i e i marciti r o t t a m i del m o n d o sturziano». Dalla stampa il p r o b l e m a si trasferì alla diplomazia, il N u n z i o apostolico Borgoncini Duca fu avvertito che il R e g i m e n o n avrebbe toller a t o la t r a s f o r m a z i o n e della Azione cattolica in un p a r t i t o politico, così c o m e n o n avrebbe tollerato «provocazioni sindacaliste». Veniva a n c h e chiesto che i vecchi capi del partito p o p o l a r e , p r i m o tra essi De Gasperi, fossero allontanati da Roma. Pio XI n o n esitò ad i m p e g n a r s i in p r i m a p e r s o n a nel rovente scambio di accuse. N o n si p u ò sostenere, alla luce dell'oggi, che alcuni suoi a r g o m e n t i fossero convincenti. L'addebito al fascismo di consentire «pubblici concorsi di atletis m o f e m m i n i l e , dei quali a n c h e il p a g a n e s i m o m o s t r ò di sentire le sconvenienze ed i pericoli», era futile. Il n o d o vero restava l'Azione cattolica, alla quale il Papa rivendicava il diritto di «portarsi anche sul t e r r e n o operaio, lavorativo, sociale». T r o p p o p e r Mussolini, risoluto a relegare s e m p r e più l'organizzazione nello stretto c a m p o dello «spirituale» e a i m p e d i r e c h e certi suoi u o m i n i d i m o s t r a s s e r o eccessivo m o r d e n t e . Si asserì che a metà maggio esponenti della Azione cattolica avevano t e n u t o r i u n i o n i p e r discutere progetti 257

ostili al Regime. Il 29 maggior 1931 Mussolini r u p p e gli indugi e o r d i n ò ai Prefetti di sciogliere «le associazioni giovanili di qualsiasi n a t u r a e g r a d o di età che n o n facciano dirett a m e n t e capo alle organizzazioni del Partito Nazionale Fascista o d e l l ' O p e r a Nazionale Balilla». La Gioventù cattolica e ogni altra b r a n c a giovanile della Azione cattolica subirono così la sorte degli Esploratori cattolici. Le loro sedi furono chiuse, il materiale che vi si trovava sequestrato. Pio XI e i vescovi p r o t e s t a r o n o (la Santa Sede aveva subito disposto affinché i vescovi stessi assumessero la «tutela e direzione» della Azione cattolica), m e n t r e si verificavano violenze di tipo squadristico. U n a d u r a n o t a della Segreteria di Stato fu r e s p i n t a dal g o v e r n o italiano. L'irritazione e l'amarezza del Papa p e r un atteggiamento che violava, a suo avviso, l'articolo 4 3 del C o n c o r d a t o , r i g u a r d a n t e a p p u n t o l'Azione cattolica, t r o v a r o n o solenne espressione nella enciclica Non abbiamo bisogno. L'enciclica d e p l o r a v a il p r o p o s i t o fascista «già in tanta p a r t e eseguito, di monopolizzare inter a m e n t e la g i o v e n t ù dalla p r i m i s s i m a fanciullezza fino all'età adulta, a tutto esclusivo vantaggio di un partito, di un r e g i m e , sulla base di u n a ideologia, che d i c h i a r a t a m e n t e si risolve in u n a v e r a e p r o p r i a statolatria p a g a n a » . N o n m a n c ò tuttavia, nella p a r t e u l t i m a del d o c u m e n t o p a p a l e , un accenno distensivo: «Noi n o n abbiamo voluto c o n d a n n a re il partito ed il Regime c o m e tali. Abbiamo inteso segnalare e c o n d a n n a r e q u a n t o , nel p r o g r a m m a e nell'azione di essi, abbiamo veduto e constatato contrario alla dottrina ed alla pratica cattolica». P u r d o p o le sue severe premesse Pio XI faceva così s a p e r e al Duce che n o n i n t e n d e v a p r o m u o v e r e u n a crociata ideologica c o n t r o i l fascismo, n é t e n t a r e u n a mobilitazione dei cattolici. Dietro il P a p a n o n c'era, fu lasciato c h i a r a m e n t e capire, D o n Sturzo. In queste contese Mussolini si trovava a suo agio, ed e r a assai abile nel c o n t e m p e r a r e toni verbali minacciosi e intransigenti con u n a sostanziale p r o p e n s i o n e all'accomodamento. Egli dispose subito, in relazione alla enciclica, che fosse vieta258

ta la c o n t e m p o r a n e a iscrizione al Partito nazionale fascista e all'Azione cattolica. Ma e r a disposto a t r a t t a r e , così c o m e il Vaticano (il cardinale Gasparri aveva fatto p e r v e n i r e a Mussolini un biglietto accorato in cui lo scongiurava di n o n aggravare la situazione e di accettare u n a ripresa dei contatti). Senonché Pio XI, u o m o di t e m p e r a m e n t o difficile, anche se in definitiva ragionevole, affidò al negoziatore prescelto, il solito p a d r e Tacchi Venturi, un messaggio che poteva semb r a r e , a tutta p r i m a , un u l t i m a t u m . O il fascismo cambiava rotta, o il Papa si sarebbe visto costretto a r i p r o v a r n e esplicit a m e n t e i princìpi. Mussolini replicò da p a r suo, si m o s t r ò , c o m e poi riferì Tacchi Venturi, c o s t e r n a t o p e r la ventilata c o n d a n n a papale, e ventilò a sua volta dimostrazioni e violenze incontrollabili da p a r t e degli italiani esacerbati se alla c o n d a n n a si fosse arrivati. Erano, questi, i preliminari appar e n t e m e n t e bellicosi di u n a pace che fu firmata il 2 settemb r e e che r a p p r e s e n t ò u n a indubbia vittoria del Duce. In base ad essa, infatti, si stabilì che l'Azione cattolica «è essenzialmente diocesana», che i suoi dirigenti n o n potevano essere scelti «tra coloro che a p p a r t e n n e r o a partiti avversi al Regime», che essa « n o n si o c c u p a affatto di politica», che «non si p r o p o n e compiti di o r d i n e sindacale», che infine i circoli giovanili avrebbero assunto la n u o v a d e n o m i n a zione di Associazioni di azione cattolica e si sarebbero limitati ad attività religiose e ricreative. D o n Sturzo, da Parigi, c o m m e n t ò a m a r e g g i a t o c h e «sarebbe occorso u n G r e g o r i o M a g n o , il quale a v r e b b e fatto il vero interesse della Chiesa affrontando la lotta ed i d a n n i attuali, sicuro p e r ò di p r e p a r a r e il trionfo finale della sua causa». Da quel m o m e n t o , fino al 1938, q u a n d o risorsero attriti soprattutto p e r l'adesione fascista al razzismo, i r a p p o r t i tra Chiesa e fascismo furono sereni e di collaborazione. Ricevuto s o l e n n e m e n t e in Vaticano ai p r i m i del 1932, l'antico anticlericale Mussolini fu insignito dell'ordine dello S p e r o n d ' O r o .

CAPITOLO Q U I N T O

IL D U C E E LA SUA C O R T E

II «plebiscito» del 24 m a r z o 1929 fu c e r t a m e n t e , dal p u n t o di vista della d e m o c r a z i a formale, u n a p a r o d i a di elezione p a r l a m e n t a r e . Gli italiani, l ' a b b i a m o già s p i e g a t o , e r a n o chiamati ad a p p r o v a r e o r e s p i n g e r e u n a lista di quattrocento candidati alla C a m e r a , tutti designati dal G r a n Consiglio del fascismo attraverso un dosaggio delle p r o p o s t e presentate dalle varie categorie e organizzazioni ammesse ad avere voce in capitolo. L'elenco degli enti che c o m p i l a r o n o i mille n o m i tra i quali il G r a n Consiglio scelse i q u a t t r o c e n t o definitivi è l u n g o e va dalla C o n f e d e r a z i o n e n a z i o n a l e degli agricoltori e degli industriali e dalla Confederazione nazionale degli operai e impiegati dell'industria al T o u r i n g Club e al Coni. Nel vaglio, f u r o n o favorite le organizzazioni pad r o n a l i , e sacrificate quelle dei p r e s t a t o r i d ' o p e r a . I quattrocento e r a n o fascisti o simpatizzanti (una c i n q u a n t i n a n o n iscritti). Tra gli iscritti un b u o n terzo era post-Marcia su Roma. Votò quasi il n o v a n t a p e r cento degli aventi diritto. I sì furono 8.519.559, i no 135.761. Il fascismo aveva stravinto. T u t t a v i a Mussolini stesso aveva a n n u n c i a t o p e r c o l m o d i p r u d e n z a , p r i m a del voto, che a n c h e u n a prevalenza d i n o n o n l'avrebbe fatto c a d e r e , in base al curioso r a g i o n a m e n t o che «una rivoluzione p u ò farsi consacrare da un plebiscito, giammai rovesciare». I suoi timori, se davvero ne aveva, e r a n o del tutto infondati. Senza d u b b i o contribuì al successo schiacciante del listone fascista l'atmosfera di costrizione, a l m e n o psicologica, in cui la consultazione e b b e luogo. Già l'astensione e r a un gesto ostile al Regime, e n o n m a n c a r o n o i mezzi p e r identi260

ficare, in taluni seggi e in talune località, i n o . Ma si p u ò affermare con certezza che, a n c h e liberi da ogni intimidazion e , gli italiani si sarebbero p r o n u n c i a t i in larga m a g g i o r a n za p e r il fascismo. Q u e s t o aveva ormai dimostrato la sua stabilità. Le opposizioni a p p a r i v a n o p i ù inconsistenti e divise di q u a n t o la loro situazione di clandestinità potesse di p e r sé sola c o m p o r t a r e . La Conciliazione aveva fatto r i v e r s a r e quasi c o m p a t t a m e n t e sulla schiera d e i prescelti dal G r a n Consiglio i voti cattolici: q u a l c h e n o m e - pochissimi in verità - era stato a d d i r i t t u r a suggerito da p a d r e Tacchi Venturi. L a s i t u a z i o n e e c o n o m i c a migliorava. M a s o p r a t t u t t o giuocava a favore del fascismo la m a n c a n z a di u n a concreta alternativa, che n o n significasse semplicemente il caos. C o n la n o m i n a di Giovanni Giuriati alla p r e s i d e n z a della C a m e ra, e di Luigi Federzoni alla presidenza del Senato, Mussolini aveva completato, in m o d o fascisticamente soddisfacente, l ' o r g a n i g r a m m a delle alte cariche dello Stato. Nel settembre egli p r o c e d e t t e a un r i m p a s t o g o v e r n a t i v o che lo liberò di tutti i ministeri che si e r a n o andati r i u n e n d o nelle sue mani, t r a n n e quello d e l l ' I n t e r n o . Aveva f i n i t o p e r essere titolare di otto portafogli: oltre a l l ' I n t e r n o , gli Esteri, la G u e r r a , la Marina, l'Aeronautica, le Colonie, le Corporazioni, i Lavori pubblici. N e l l ' a u t u n n o - c o m e p e r s o t t o l i n e a r e , forse inconsciam e n t e , il p a s s a g g i o da C a p o d e l g o v e r n o a D u c e in t u t t e maiuscole - Mussolini aveva c a m b i a t o casa lasciando l'app a r t a m e n t o di via Rasella, e aveva cambiato ufficio lasciando Palazzo Chigi. La famiglia Mussolini si e r a finalmente riunita a Villa Torlonia, sontuosa d i m o r a sulla via N o m e n tana, con q u a r a n t a stanze, 14 ettari di p a r c o , tennis, galopp a t o i o , c h e il p r i n c i p e G i o v a n n i T o r l o n i a aveva offerto e occasionalmente p r e s t a t o al dittatore da t e m p o , e p o i definitivamente c e d u t o p e r l'affitto simbolico di u n a lira al m e se. «Mi sembrava quasi incredibile - ha raccontato Rachele nelle sue m e m o r i e - io, la contadinella di Salto, sarei a n d a t a a vivere nella villa di un Torlonia... Al p i a n o t e r r e n o c'era 261

u n g r a n d e salone che m i r i c o r d a v a quello d e l T e a t r o alla Scala, e n u m e r o s e c o l o n n e di m a r m o . » Da b r a v a r e g g i o r a r o m a g n o l a R a c h e l e g u i d a v a c i n q u e p e r s o n e d i servizio: u n a r a g a z z a sua c o n t e r r a n e a , I r m a Morelli, s i incaricava del vestiario di Mussolini, che del resto p e r l'eleganza e r a u o m o di pochissime p r e t e s e , e otteneva, a n c h e q u a n d o ne aveva, risultati mediocri. Sul r e t r o della villa Rachele t e n e va un pollaio, e p r o v v e d e v a p e r s o n a l m e n t e a distribuire il becchime. La moglie di Mussolini n o n volle mai essere «presidentessa», e a Palazzo Venezia, d u r a n t e i q u i n d i c i a n n i in cui Mussolini vi trascorse g r a n p a r t e della sua g i o r n a t a , mise p i e d e solo p o c h e volte, p e r c h é d e s i d e r a v a v e d e r e m e g l i o qualche sfilata o manifestazione. In c o m p e n s o a Villa Torlonia c o m a n d a v a lei. Mussolini era a suo m o d o un u o m o casalingo. Tutte le sere infallibilmente, q u a n d o e r a a Roma, tornava in famiglia, e a n c h e d u r a n t e la l u n g a r e l a z i o n e con G a r e t t a Petacci n o n c o n t r a v v e n n e mai a questa regola. La sera il g r a n d e parco pareva t r a p u n t o di lucciole: e r a n o le sig a r e t t e che, c e r c a n d o di farsi n o t a r e il m e n o possibile, acc e n d e v a n o i poliziotti annoiati messi lì a vigilare sulla sicurezza del c a p o del fascismo. I n t a n t o , nella villa, Mussolini amava assistere d o p o cena, nella saletta cinematografica, alla p r o i e z i o n e dei d o c u m e n t a r i Luce - p e r c o n t r o l l a r n e il c o n t e n u t o - e a u n a pellicola a m e n a . Prediligeva i film comici - s o p r a t t u t t o quelli di Charlie Chaplin, fino a q u a n d o n o n fu b a n d i t o p e r le sue origini ebree e la sua ideologia antitotalitaria - ma gli piacevano anche i «western». Poco incline a r o m a n t i c h e r i e e sentimentalismi, «fan» di Stanilo e Ollio, era tuttavia affascinato dal volto enigmatico e luminoso di Greta Garbo. Un paio di mesi p r i m a del trasloco a Villa Torlonia, Mussolini attuò anche quello a Palazzo Venezia. Palazzo Chigi era intriso, storicamente, di tradizione liberale. Quei m u r i e quei saloni a p p a r i v a n o irrimediabilmente legati alla «Italietta» cui il fascismo i n t e n d e v a sostituire u n ' a l t r a Italia, p o t e n t e e or262

gogliosa. Ma u n a ragione ancora più i m p o r t a n t e aveva senza dubbio suggerito il cambiamento. Mussolini n o n voleva essere soltanto un Presidente del Consiglio, come coloro che lo avevano p r e c e d u t o alla testa dei governi succedutisi nei quasi s e t t a n t a n n i , ormai, del Regno d'Italia. Era il Duce del fascismo: un personaggio nella vita della Nazione, il cui p o t e r e assoluto doveva d u r a r e q u a n t o fosse d u r a t o il fascismo, o q u a n t o fosse d u r a t a la sua vita fisica. L'altro polo della «diarchia» sulla quale si fondava o r m a i , nella sostanza a n c h e se n o n nella lettera, l ' o r d i n a m e n t o dello Stato italiano. Vittorio Emanuele I I I aveva il Quirinale e Villa Ada, Benito Mussolini aveva Palazzo Venezia e Villa Torlonia. Con la sua mole merlata, con il suo colore cupo, il palazzo che era stato sede degli ambasciatori della Serenissima collocava Mussolini in u n a cornice severa, intimidatoria. Al piano nobile era la sala del M a p p a m o n d o , vastissima e spoglia, eccessiva ed enfatica senza dubbio p e r un Primo ministro, ma a d e g u a t a alle esigenze del Duce. Egli dispose che l'immenso locale n o n avesse altro a r r e d a m e n t o che il suo tavolo, nell'angolo o p p o s t o a quello da cui i visitatori e n t r a v a n o , tutti scattando, salvo che si trattasse di personalità straniere, nel saluto r o m a n o . Sul tavolo e r a n o un calamaio di b r o n z o con d u e leoni ai fianchi (Mussolini n o n si servì mai di stilografiche), un orologio b a r o m e t r o , un vasetto di porcellana p e r le matite che egli c o n s u m a v a fino a q u a n d o fossero diventate dei mozziconi, un tagliacarte d'argento, un asciugacarte, un abat-jour di seta gialla, u n a m i n i a t u r a della m a d r e Rosa. Q u a n d o la relazione con Claretta Petacci si consolidò, alcuni anni più avanti, fu aggiunto a questi oggetti un «bibelot» raffigurante u n a casetta e un c u o r e , sul quale e r a scritto «una c a p a n n a e il tuo cuore». Tre telefoni e r a n o a portata di m a n o del Duce, u n o collegato con il c e n t r a l i n o della p r e s i d e n z a , un altro p e r le comunicazioni i n t e r u r b a n e , un terzo «diretto». Di quest'ultimo nessuno, t r a n n e l'usciere Q u i n t o Navarra, conosceva il n u m e r o . N e m m e n o lo stesso Mussolini - a q u a n t o ha raccontato N a v a r r a - se ne ricordava. 263

In un cassetto della scrivania era u n a pistola carica, in un altro d e l d e n a r o p e r e v e n t u a l i elargizioni i m m e d i a t e . U n ' a p p o s i t a tastiera p e r le luci c o n s e n t i v a a Mussolini di graduarle, secondo l'importanza dell'interlocutore: per i più modesti, si teneva in p e n o m b r a , c o m e un idolo nel tempio. Tra il tavolo e la finestra fu collocato, d o p o la m o r t e del figlio B r u n o , un b u s t o che lo raffigurava. I g e r a r c h i e r a n o tenuti solitamente in piedi, p e r riferire e ricevere ordini. Le personalità trattate con più r i g u a r d o avevano a loro disposizione u n a poltrona. Il solo Italo Balbo osò u n a volta seder e c o n f i d e n z i a l m e n t e s u u n a n g o l o del tavolo, c h ' e r a a n ch'esso di g r a n d i d i m e n s i o n i , e a c c u r a t a m e n t e spoglio di carte. Mussolini n o n ve ne lasciava mai, a b b a n d o n a n d o l'ufficio. Portava via le p r a t i c h e in sospeso in u n a cartella di cuoio. Era molto orgoglioso della sua p u n t u a l i t à e pignoleria di funzionario: c o m e Filippo II di S p a g n a a m a v a accoppiare la o n n i p o t e n z a del c o m a n d o assoluto a u n a diligenza da b u r o c r a t e . Ai visitatori n o n era concesso di fumare (nepp u r e i m e m b r i del G r a n Consiglio p o t e v a n o farlo, d u r a n t e le sedute). La luce sul tavolo di Mussolini restava accesa anc h e q u a n d o se n ' e r a a n d a t o p e r t o r n a r e a Villa T o r l o n i a . N o n è u n a leggenda. La disposizione era stata impartita da lui, p e r s o n a l m e n t e . Il mito dell'insonne n o n è stato casuale, a p p a r t e n e v a a u n a coreografia che Mussolini istintivamente a n d a v a c r e a n d o e p e r f e z i o n a n d o di g i o r n o in g i o r n o . Essa fu completata q u a n d o v e n n e istituito il c o r p o dei Moschettieri del Duce - un altro parallelismo sintomatico con i corazzieri del Re - che e r a n o giovani volontari di famiglie della R o m a - b e n e , e i n d o s s a v a n o u n a u n i f o r m e f u n e r e a m e n t e n e r a , con un teschio ricamato sul fez. Nessun ufficio ministeriale fu trasferito a Palazzo Venezia - dove il preesistente Museo v e n n e relegato in p o c h e sale a testimoniare il carattere eccezionale di questa sede del Primo ministro. Vi t r o v a r o n o sistemazione solo gli uffici della Presidenza. U n a seconda reggia. U n ' u l t i m a p r e r o g a t i v a faceva di Palazzo Venezia u n a sede b e n più idonea di Palazzo 264

Chigi p e r le esigenze di Mussolini: la piazza. A n c h e da Palazzo Chigi Mussolini aveva a r r i n g a t o sovente la folla, affacciandosi a un balcone d'angolo così che lo potessero sentire e acclamare n o n solo coloro che si trovavano in piazza Colonna, ma a n c h e coloro che fossero in via del Corso. Ma la disponibilità di spazio p e r a d u n a t e che si avviavano ad essere s e m p r e p i ù oceaniche vi e r a limitata. Piazza Venezia offriva b e n altre possibilità: e il balcone che fu p e r a n n i la ribalta della vita politica italiana si affacciava su di essa da u n a posizione ideale. L'oratore era visibile da ogni p u n t o , lontan o q u a n t o o c c o r r e v a p e r c h é avvenisse l a t r a s f i g u r a z i o n e d a l l ' u o m o al mito, abbastanza vicino p e r p o t e r d o m i n a r e la folla e p e r c e p i r n e l'abbraccio estatico e insieme - p e r usare un t e r m i n e di cui la retorica fascista si compiacque - incandescente. A Palazzo Venezia Mussolini arrivava d'estate verso le otto del m a t t i n o , d ' i n v e r n o verso le nove e mezza. Aveva già avuto il t e m p o di d a r e u n a scorsa ai giornali, in automobile, e r i m u g i n a v a elogi o rimbrotti p e r questo e p e r quello (non riuscì mai a liberarsi, a n c h e q u a n d o fu all'apice della sua potenza, di un atteggiamento da r e d a t t o r e capo: n o n di un singolo giornale, o r m a i , ma di tutti i giornali e i giornalisti d'Italia). Sul tavolo trovava il r a p p o r t o del s e g r e t a r i o del partito, e q u i n d i p r o c e d e v a alle p r i m e udienze. L'ordine in cui esse avvenivano è e l o q u e n t e . Il Duce voleva s e m p r e conoscere a p u n t i n o la situazione dell'ordine pubblico, ed essere informato su fatti, retroscena, pettegolezzi raccolti dalla fitta r e t e degli informatori. E n t r a v a n o d u n q u e da lui, in r a p i d a successione, il c o m a n d a n t e dei c a r a b i n i e r i , il c a p o dell'ovRA, il c a p o della polizia, il sottosegretario alla presidenza, il ministro degli Esteri, il ministro della C u l t u r a p o polare, il segretario del partito, il ministro d e l l ' I n t e r n o . Relegato, q u e s t ' u l t i m o , i n u n a posizione c h e d i m o s t r a c o m e Mussolini considerasse se stesso il vero ministro dell'Interno, anche q u a n d o n o n resse ufficialmente quel dicastero. Veniva poi u n a l u n g a serie di u d i e n z e n o n di «routine», 265

che e r a i n t e r r o t t a alle d u e del p o m e r i g g i o p e r un pasto frugale (era s e m p r e t o r m e n t a t o dall'ulcera c h e gli p r o c u r a v a lancinanti dolori allo stomaco), e q u i n d i c o n t i n u a v a fino a sera. Tra le otto e mezzo e le nove tornava a Villa Torlonia. Nei giorni festivi, q u a n d o il meccanismo burocratico era paralizzato, Mussolini sedeva u g u a l m e n t e dietro la sua scrivania, irritato e smanioso p e r il vuoto che avvertiva a t t o r n o a sé. Il « m o t o r e d e l secolo» girava a v u o t o . Sul finire della g i o r n a t a Mussolini e b b e s e m p r e u n a l u n g a c o n v e r s a z i o n e con il fratello Arnaldo: l'unica p e r s o n a al m o n d o in cui avesse confidenza e a cui desse confidenza. La conversazione rig u a r d a v a p r e v a l e n t e m e n t e II Popolo d'Italia, ma sovente si estendeva ad altri argomenti. A r n a l d o fu, in qualche m o d o , la coscienza di Benito: l'attacco c a r d i a c o c h e lo fulminò a 46 a n n i n e l d i c e m b r e del 1931, accrebbe patologicamente la solitudine, ma anche l'egocentrismo del dittatore. Di qualche a n n o più giovane del fratello, A r n a l d o aveva nel fisico forti r a s s o m i g l i a n z e c o n lui: ma i tratti imperiosi di Benito si addolcivano, in Arnald o , l ' i m p i a n t o massiccio diventava p i n g u e d i n e . L'atteggiam e n t o abituale d i A r n a l d o n o n e r a dinamico, m a meditativo. Tuttavia n o n mancava di carattere né, e n t r o i limiti concessigli, di iniziativa. Di sentimenti p r o f o n d a m e n t e religiosi, aveva c o n t r i b u i t o n o t e v o l m e n t e a d e t e r m i n a r e taluni a m m o r b i d i m e n t i del Duce d u r a n t e il p e r i o d o che p r e c e d e t t e e seguì la Conciliazione. A volte Mussolini firmava testi di Arnaldo - che n o n era un cattivo articolista, anche se mancava di m o r d e n t e - a volte A r n a l d o firmava testi di Mussolini che preferiva restare nell'ombra. Il r a p p o r t o t r a i d u e fratelli fu s e m p r e lealissimo. E certo che, s c o m p a r s o A r n a l d o , il p r o cesso di deificazione del Duce, e il suo distacco dalla realtà quotidiana del paese (nonostante gli i n n u m e r e v o l i r a p p o r t i polizieschi e le i n n u m e r e v o l i u d i e n z e collettive con fotografia di g r u p p o ) p r e s e r o un r i t m o precipitoso. La solitudine fu u n a delle caratteristiche fondamentali di Mussolini, e si accentuò con il t r a s c o r r e r e degli anni. I suoi 266

i n c o n t r i a Palazzo Venezia con collaboratori abituali o con visitatori saltuari e r a n o di solito brevi, bruschi, spesso senza n e p p u r e un m i n i m o di convenevoli («Tenete, queste sono le p r a t i c h e in sospeso» disse un g i o r n o a un tale che era stato posto a capo di un g r a n d e ente economico, e il dialogo finì lì). C o n i c o m p a g n i della p r i m a o r a n o n si i n t r a t t e n e v a a l u n g o , né forse volentieri, s o p r a t t u t t o con quelli che, c o m e Balbo, G r a n d i o Farinacci, si ostinavano a rivolgerglisi con il tu. A Villa Torlonia si concedeva r a r a m e n t e un m o m e n t o di a b b a n d o n o , e il figlio Vittorio ha scritto che «non a p p a r t e neva alla famiglia» e t a n t o m e n o agli amici, p e r c h é «avendo conosciuto da vicino gli u o m i n i e la l o r o miseria ne aveva n o n solo u n ' i n t o l l e r a n z a psichica, m a a n c h e f i s i c a » . N o n a m a v a i ricevimenti, e nella sua residenza ne offrì pochissimi (a u n o di essi il M a h a t m a G a n d h i arrivò t e n e n d o al guinzaglio u n a capretta). N o n teneva salotto, c o m e Hitler, che in questo senso e r a m o l t o p i ù socievole e invitava la sera i fedelissimi, con i quali discorreva a l u n g o , o piuttosto m o n o logava, ma a l m e n o in t o n o confidenziale e amichevole. Q u e s t o a t t e g g i a m e n t o psicologico istintivo, s o m m a n d o s i al calcolo, rese più facile, p e r Mussolini, l'accettazione e insieme la regia del s u o mito. P r o i e t t a v a la sua p e r s o n a l i t à molto al di là del contingente, nella storia, vedeva in se stesso il forgiatore di un n u o v o tipo di italiano (in questa veste, s o p r a t t u t t o , descrisse se stesso a Emil L u d w i g , nei famosi colloqui), e r a il d e m i u r g o che, raccolta la p o v e r a «Italietta» prefascista, la stava t r a s f o r m a n d o in u n a p o t e n t e n a z i o n e : «Ecco - disse in un discorso del 1929 - io ho dinanzi al mio spirito la n o s t r a Italia nella sua configurazione geografica: m a r e , m o n t a g n e , fiumi, città, c a m p a g n e , p o p o l o . Seguitemi e c o m i n c i a m o dal m a r e . Il m a r e e r a negletto: il R e g i m e vi ha risospinto gli italiani. D u r a n t e questi a n n i sono scesi in m a r e colossi p o t e n t i . I p o r t i e r a n o impoveriti. Il Regime li ha attrezzati... Dal m a r e e t e r n a m e n t e mobile passiamo alle m o n t a g n e . U n a politica delle m o n t a g n e è in atto, i culmini glabri si r i c o p r o n o di alberi che la Milizia forestale pianta e 267

p r o t e g g e . . . Tra il m a r e e le m o n t a g n e si e s t e n d o n o valli e piani. La t e r r a nostra è bellissima ma angusta: trenta milioni di ettari p e r q u a r a n t a d u e milioni di u o m i n i . Un i m p e r a tivo assoluto si p o n e : bisogna d a r e la m a s s i m a fecondità a ogni zolla di terra». Era lui l'artefice del c a m b i a m e n t o , e ragionava in termini millenaristici. I suoi discorsi a s s u m e v a n o s e m p r e p i ù un taglio lapidario, enunciazioni infallibili, in q u a n t o dette dal D u c e , c h e n o n a v e v a n o b i s o g n o d i essere s o r r e t t e d a u n a a r g o m e n t a z i o n e ; alcuni tra essi s e m b r a v a n o un mosaico di slogans s o m m a r i ma efficacissimi, p e r c h é della sensibilità delle masse Mussolini ebbe s e m p r e un intuito sicuro. Ripeteva spesso di a m a r e il p o p o l o , a n c h e se la sua concezione della vita e della politica e r a elitaria. Q u e l p o p o l o lo blandiva e trasfigurava in metafore audaci fino al grottesco: «Tutto il p o p o l o , vecchi, b a m b i n i , c o n t a d i n i , o p e r a i a r m a t i ed i n e r m i sarà u n a massa u m a n a e più che u n a massa u m a n a , un bolide che p o t r à essere scagliato c o n t r o c h i u n q u e e d o vunque». C o n quella massa u m a n a egli intrecciava dialoghi a risposta obbligata. I n d o s s a v a s e m p r e p i ù di r a d o l'abito borghese - ma s e m p r e e soltanto in borghese si p r e s e n t ò al Re p e r la rituale udienza settimanale - e preferiva le uniformi. Nel 1923 aveva dichiarato in un discorso che «io n o n mi ubriaco di g r a n d e z z a : vorrei, se fosse possibile, u b r i a c a r m i di umiltà» e in effetti, ancora p e r qualche a n n o , aveva saputo c o n s e r v a r e il senso della m i s u r a , d a r e d i m o s t r a z i o n e a tratti d i u n a u m a n i t à senza p e n n a c c h i , sfoggiare u n c e r t o f r e d d o u m o r i s m o («più forte» aveva g r i d a t o u n a voce d u r a n t e un suo discorso, p e r c h é gli a l t o p a r l a n t i si e r a n o inceppati, e p r o n t o aveva ribattuto: «lo leggerete d o m a n i sul giornale»). Ma poi l'adulazione altrui e il p r o p r i o narcisismo lo avevano travolto, come accade di solito ai dittatori, soprattutto a quelli che sono di s t a m p o demagogico-messianico, i Mussolini, Hitler, P e r ó n , Fidel C a s t r o , Nasser, M a o , m e n o a quelli di s t a m p o p r e t t a m e n t e militare o b u r o c r a t i c o , Fran268

co, Salazar, Metaxas, Pinochet. S o g n a v a di t r a s f o r m a r e gli italiani in u n a n u o v a razza, anzi di trasformare l ' E u r o p a che «entro dieci a n n i sarà fascista o fascistizzata». Pronosticava l'«epoca delle camicie n e r e la quale v e d r à i fascisti integrali, cioè nati, cresciuti e vissuti i n t e r a m e n t e nel n o s t r o clima, dotati di quelle virtù che conferiscono ai popoli il privilegio del p r i m a t o nel m o n d o » In u n ' a l t r a occasione aveva d e t t o : «A volte mi s o r r i d e l'idea delle g e n e r a z i o n i di l a b o r a t o r i o , di creare cioè la classe dei g u e r r i e r i , che è s e m p r e p r o n t a a m o r i r e , la classe degli inventori che p e r s e g u e il segreto del m i s t e r o , la classe d e i giudici, la classe d e i g r a n d i c a p i t a n i d'industria, dei g r a n d i esploratori, dei g r a n d i governatori». E r a n o p i ù che altro fantasie da giornalista, ma il D u c e cui v e n i v a n o dedicati u n a vetta del M o n t e Bianco e un n u o v o tipo di r o s a scurissimo, quasi n e r o , il D u c e le cui r e l i q u i e e r a n o d i s p u t a t e dagli a m m i r a t o r i (essi si c o n t e n d e v a n o ad e s e m p i o le stoviglie che aveva usato d u r a n t e u n a colazione), il Duce che e r a «tutti noi», generale, milite, cavallerizzo, tennista, m i n a t o r e , t r e b b i a t o r e , aviatore, ciclista, s p a d a c c i n o , scrittore, automobilista, c o m m e d i o g r a f o : il D u c e che eminenti u o m i n i di g o v e r n o stranieri, come Churchill, a m m i r a vano: questo Duce la cui figura si proiettava o r m a i nella storia già d i v e n t a v a , p r i m a c h e r i c o r r e s s e r o dieci a n n i dalla Marcia su R o m a , la statua di se stesso. Per u n f e n o m e n o t a n t o i n c o n g r u o q u a n t o f r e q u e n t e Mussolini, che e r a il solerte regista del mito del Duce, ne subiva poi la suggestione. L'uomo e l'idolo convivevano in un r a p p o r t o che r e n d e v a s e m p r e più difficile il contatto con la realtà. Mussolini, che sapeva essere - e lo fu s o p r a t t u t t o nei p r i m i a n n i della sua ascesa politica - un calcolatore e un giuocatore abile e freddo, n o n trovava più modelli cui confrontarsi nell'Italia o n e l l ' E u r o p a c o n t e m p o r a n e a . Il suo alb e r o genealogico di statista a n d a v a a cercarselo molto lontano, e molto in alto. Rivelò le sue preferenze nei tre d r a m m i che tra il 1928 e il 1931 scrisse in collaborazione c o n Giovacchino Forzano, che aveva conosciuto p e r mezzo di D'An269

nunzio. I tre lavori teatrali furono: Campo di Maggio (ispirato a N a p o l e o n e ) , Villa/ranca (ispirato a C a v o u r ) , Cesare. Di essi Mussolini d i e d e la traccia («è u n a sintesi s u p e r b a p e r chiarezza ed efficacia... ella ha martellato u n a serie di bassorilievi» scriveva Forzano senza lesinare gli elogi d o p o avere ricevuto la traccia del Cesare), lasciando il compito del dialogo al collaboratore. In Italia il n o m e del Duce n o n figurò, accanto a quello di Forzano, a n c h e se il suo a p p o r t o creativo fu presto risaputo. Da Campo di Maggio e Villafranca furono tratti a n c h e i soggetti di d u e film. E significativa la scelta delle t r a m e e dei protagonisti. In Cavour, Mussolini a m m i rava il tessitore politico; in N a p o l e o n e e in Cesare i condottieri che tuttavia e r a n o stati a n c h e legislatori, maestri di civiltà. Fino a quel m o m e n t o il Duce poteva v a n t a r e successi c o m e tessitore e m a g a r i c o m e politico: ma gli mancava l'alloro del g u e r r i e r o . Nella t r i a d e dei m o d e l l i storici cui a m a v a ispirarsi u n o solo fu p e r m a n e n t e m e n t e utilizzato nella liturgia del Regim e : la r o m a n i t à . E si spiega. I n t a n t o , la simbologia e il linguaggio della r o m a n i t à e r a n o stati presenti nel fascismo fin dalle origini, anzi fin dai movimenti precursori, i fasci futuristi e il legionarismo fiumano di D'Annunzio. Il saluto (Eja Eja Eja Alala), i gradi e i n o m i dei r e p a r t i nella Milizia e r a n o stati m u t u a t i dalla fabbrica cesarea. Ma a queste ragioni se ne aggiunsero, q u a n d o il suo p o t e r e fu consolidato, e parve p o t e r r e g g e r e a d o g n i p r o v a , altre m e n o occasionali: u n a scelta di m o d e l l o storico. Mussolini e r a un a m m i r a t o r e di N a p o l e o n e , lesse s e m p r e i libri italiani che venivano pubblicati sulla vita del corso («Per evitarne gli errori», spiegava). Ma la storia di N a p o l e o n e e r a storia di Francia, e la sua e p o p e a era finita a Sant'Elena. D'altro canto Cavour era il p r o tagonista del Risorgimento, p a d r e a sua volta della «Italietta» liberale che il fascismo ripudiava, p e r l'angustia dei suoi disegni politici e la mediocrità dei suoi notabili. Si aggiunga che il Conte, t e m p e r a m e n t o i m p e t u o s o e a suo m o d o anche autoritario, aveva p e r ò s e m p r e rispettato la meccanica par270

l a m e n t a r e , era anzi stato un g r a n d i s s i m o debater, di livello b r i t a n n i c o . A n c h e q u e s t a n o n e r a u n a qualità che potesse m o l t o p i a c e r e a Mussolini, insofferente delle o p p o s i z i o n i p r o p r i o p e r c h é , nel suo p r o f o n d o disprezzo p e r gli uomini, r i t e n e v a - e s e m p r e p i ù r i t e n n e , p e r l'anchilosi m e n t a l e e psicologica che la d i t t a t u r a g e n e r a - di essere, lui solo, in g r a d o di valutare e di d e c i d e r e . N o n p e r caso alla C a m e r a era stato eretto un apposito p o d i o , p e r i suoi discorsi. Così la r o m a n i t à , vista in chiave c a r d u c c i a n a e d a n n u n ziana, d i v e n n e alla fine il sottofondo e la cornice p e r e n n e dei riti fascisti, con p u n t e di grottesco che e r a n o di origine, più che r o m a n a , r o m a g n o l a . Anche i coltivatori di f r u m e n t o a p p r e s e r o d'improvviso, con s t u p o r e , di essere i «veliti del grano». La r o m a n i t à aveva avuto confini ideali e geografici abbastanza capaci p e r c o n t e n e r e tutte le ambizioni fasciste, e sembrava legittimare l'intento di r i p o r t a r e il p o p o l o italiano a virtù r e m o t e , ma n o n s p e n t e . Mussolini ebbe q u a l c h e incertezza nello scegliere, tra i r o m a n i , il suo p e r s o n a l e p r e decessore, oscillò tra Cesare e A u g u s t o , ma poi preferì Cesare, p r o b a b i l m e n t e p e r c h é più «condottiero»: dove riaffiora il desiderio della gloria militare. Un altro a v v e n i m e n t o , in quello scorcio di t e m p o , segnò il trapasso dal Mussolini u o m o al Mussolini mito: le dimissioni di A u g u s t o T u r a t i dalla carica di s e g r e t a r i o del p a r t i t o . Turati, p u r fedele esecutore, vi aveva p o r t a t o t r o p p a personalità e t r o p p e idee. Nelle intenzioni di Mussolini, il P N F d o veva a n c o r più abdicare ad u n a reale funzione politica, sia p u r e inserita negli i n g r a n a g g i del p o t e r e personale, e semp r e p i ù d i v e n t a r e , anch'esso, un e l e m e n t o coreografico: il coro di u n ' o p e r a che aveva un solo protagonista, il t e n o r e . Per un partito siffatto Augusto Turati n o n era più il segretario a d a t t o , e infatti d o p o u n a p a r e n t e s i affidata a Giovanni Giuriati, che lasciò p e r questo la p r e s i d e n z a della C a m e r a , le redini del P N F passarono, nel 1931, al maestro di cerimonie Achille Starace. Turati, l'abbiamo già osservato, e r a stato 271

un disciplinato i n t e r p r e t e della volontà di Mussolini, aveva e p u r a t o le teste calde del vecchio fascismo, a m m a n s i t o le s q u a d r e d'azione, isolato Farinacci, messo a p u n t o la m a c china organizzativa, moralizzato o t e n t a t o di moralizzare il c o m p o r t a m e n t o dei grossi gerarchi («il fascismo - aveva detto - è u n a casa di vetro, nella quale tutti d e b b o n o e possono g u a r d a r e . Guai a chi profitta della tessera e indossa la camicia n e r a p e r c o n c l u d e r e affari che altrimenti n o n gli riuscirebbe di c o n d u r r e a termine».) Mussolini e r a d'accordo: ma p i ù sulle enunciazioni generiche che sui p r o v v e d i m e n t i singoli. Ma s o p r a t t u t t o T u r a t i aveva u n a testa p e n s a n t e , e d e s p r i m e v a u n a sua politica. U n a p r i m a volta, nel m a r z o del 1929, aveva offerto a Mussolini le sue dimissioni con u n a lettera nobile («è necessario, D u c e , che q u a l c u n o dia q u e s t o e s e m p i o , a n d a r s e n e senza chiedere nessun'altra p o l t r o n a e nessuna p e n s i o n e - a n d a r sene m e t t e n d o s i sull'attenti e d i c e n d o v i grazie p e r a v e r m i consentito di servire e p e r a v e r m i dato p i ù di quello che io meritassi p e r le m i e qualità»). Mussolini, che preferiva dim e t t e r e la gente nel m o m e n t o scelto da lui piuttosto che lasciare che si dimettesse, rifiutò, gratificando anzi il segretario del p a r t i t o di inusitati elogi. Ma nel s e t t e m b r e del 1930 le dimissioni, r i p r e s e n t a t e , f u r o n o accolte. Il dimissionario v e n n e tuttavia n o m i n a t o , a titolo p e r s o n a l e , m e m b r o del G r a n Consiglio, e p i ù tardi assunse la d i r e z i o n e del quotidiano La Stampa, a Torino. Ma questo onorevole r i t o r n o alla p r o f e s s i o n e giornalistica d u r ò p o c o . Negli stessi a m b i e n t i fascisti, dove covavano r i s e n t i m e n t i c o n t r o di lui, fu scaten a t a u n a c a m p a g n a scandalistica di e s t r e m a violenza. Pare che al sorgere di essa n o n fosse stato e s t r a n e o , p r i m a della morte, nell'imminenza del Natale 1931, n e p p u r e Arnaldo Mussolini, p r o b a b i l m e n t e insufflato da altri. A r n a l d o era un moralizzatore, e un moralista. N o n mancava di esercitare la sua influenza p e r r i m u o v e r e da posti di responsabilità i colpevoli di scorrettezze amministrative o di i n d e g n i t à morali (partì da lui il siluro che colpì il federale di Milano M a r i o 272

G i a m p a o l i , un ex fattorino c h e esibiva la sua p o t e n z a e la sua ingiustificabile ricchezza, e che proteggeva a Milano u n a corte di m a n u t e n g o l i e di ragazze allegre). A Turati n o n p o teva essere i m p u t a t o alcun a r r i c c h i m e n t o illecito. Ma semb r a avesse a Torino abitudini di vita d i s o r d i n a t e , si p a r l ò a mezza voce, o p i ù che a mezza voce, di certi suoi m o r b o s i c o m p i a c i m e n t i sessuali, si accennò a p r o p e n s i o n i p e r i giovanetti o a orge nelle quali si esibiva come sadico flagellatore. Q u a n t o ci fosse di fondato in questo, e q u a n t o le dicerie a p p a r t e n e s s e r o soltanto ad u n a m a n o v r a e ad u n a v e n d e t t a politica, è difficile dire. Certo è che l'uomo - p r i m a cacciato dalla direzione della Stampa, quindi espulso dal partito, minacciato di i n t e r n a m e n t o in clinica c o m e squilibrato, e infine inviato nel 1932 in d o r a t o confino a Rodi - si c o m p o r t ò con dignità e s e m p l a r e . N o n recriminò, n o n i m p l o r ò il p e r d o n o . Solo q u a n d o il suo nemico Starace lasciò la segreteria del P N F o t t e n n e u n a riabilitazione, e la reiscrizione.

CAPITOLO SESTO

IL D E C E N N A L E

L'Italia si stava a p p e n a r i p r e n d e n d o dal t r a u m a della «quota novanta» q u a n d o sulla sua e c o n o m i a si abbatté l ' u r a g a n o provocato dal «giovedì nero» di Wall Street. C o n la fine d'ottobre del 1929 gli Stati Uniti, che c r e d e v a n o d'essere - sono p a r o l e del p r e s i d e n t e H o o v e r - «più vicini al trionfo finale sulla miseria che in q u a l u n q u e altro m o m e n t o o paese della storia», e n t r a r o n o invece i n u n catastrofico p e r i o d o d i r e cessione. Il m o n d o ne fu sconvolto. In q u e l 1929 l'Italia, l'abbiamo accennato, aveva cominciato a r e s p i r a r e . L'indice della p r o d u z i o n e industriale, che da 100 nel 1927 era sceso a 93 nel 1929, aveva avuto l'anno d o p o u n a i m p e n n a t a fino a 120. Mussolini poteva illudersi d'avere «girato la boa». Ma si trovò di fronte u n o scoglio ancor più insidioso della «quota novanta», e p e r di più del tutto estraneo alla sua volontà e alle sue decisioni. Il riflesso del disastro di Wall Street sulla economia italiana n o n fu i m m e d i a t o . LItalia n o n si trovava in u n a posizione chiave nella s t r u t t u r a dei mercati finanziari e valutari internazionali. Le borse nazionali q u o t a v a n o quasi esclusivam e n t e titoli i n t e r n i , e i titoli italiani e r a n o p r e s s o c h é inesistenti nelle borse estere. Così, il 20 maggio 1930, Bottai, ministro delle C o r p o r a z i o n i , si azzardava ad affermare che la crisi, p e r q u a n t o grave, lo e r a m e n o di quella del '20: diagnosi che i fatti s'incaricarono p r e s t o di s m e n t i r e . D u r a n t e gli a n n i della recessione - che si protrasse, sia p u r e con and a m e n t o da ultimo decrescente, fino a tutto il 1936 - il n u m e r o dei disoccupati risultò p i ù che triplicato, da m e n o di 400 mila fino a u n a p u n t a di oltre un milione e trecentomi274

la; esportazioni e importazioni furono ridotte a circa un terzo; i prezzi all'ingrosso c r o l l a r o n o senza che si riscontrasse u n a t e n d e n z a eguale, o di eguale misura - p e r un fenomeno c o n s u e t o - nei prezzi al m i n u t o . I n d u s t r i a l i e a g r a r i inv o c a r o n o , d i c o n c e r t o , u n a u l t e r i o r e r i d u z i o n e d e i salari, d o p o quelle che già e r a n o state i m p o s t e , c o m e s a p p i a m o , con l'adozione della «quota novanta». Era questa u n a occasione ideale p e r m e t t e r e alla prova la n e o n a t a s t r u t t u r a corporativa, che avrebbe d o v u t o a p p u n t o c o n t e m p e r a r e , nelle e m e r g e n z e , gli egoismi o p p o s t i , e far p r e v a l e r e il s u p r e m o interesse del Paese in u n a visione equilibrata. Ma il meccanismo corporativo n o n funzionò. I sacrifici m a g g i o r i t o c c a r o n o , a n c o r a u n a volta, ai lavoratori dip e n d e n t i , che furono assoggettati a successive drastiche decurtazioni dei salari. F u r o n o tartassati gli o p e r a i delle i n d u strie, che si videro applicare nel 1930 un taglio dell'otto p e r cento (ne e r a esonerato solo chi guadagnasse m e n o di 12 lire al g i o r n o nelle città m a g g i o r i , m e n o di 8 lire negli altri centri, e chi lavorasse tre o m e n o giorni la settimana), e poi nel '34 un taglio del sette p e r cento. La scure si abbatté ancora p i ù p e s a n t e m e n t e sui braccianti agricoli, c h e p e r s e r o dal 20 al 25 p e r cento del salario. Al di là e al di sotto degli accordi intersindacali si verificò poi, specialmente nelle piccole i m p r e s e e nelle c a m p a g n e , u n a serie di taglieggiamenti spiccioli e, p e r u s a r e il t e r m i n e a d e g u a t o , strozzineschi, che e r a n o resi possibili dalla disperata caccia ad u n a occupazione purchessia. La s t a m p a fascista n o n m a n c ò di sottolineare ed enfatizzare il carattere m o n d i a l e della crisi, p e r r e n d e r ne gli effetti p i ù digeribili agli italiani. N o n v'è d u b b i o che il Regime avesse eccellenti ragioni, nel rivendicare questo alibi: ma n o n v'è d u b b i o a n c h e che i sacrifici n o n furono, u n a volta di più, ripartiti e q u a m e n t e , tanto che Bottai, in un a p p u n t o al Duce d e l l ' a u t u n n o 1 9 3 1 , gli chiedeva un orientam e n t o preciso: «Al p u n t o in cui si è giunti è necessario avere i n n a n z i a sé u n a scelta sicura e chiara, da p o t e r seguire senza esitazioni: devesi p e r m e t t e r e che la trincea dei mini275

mi salariali prevista dai c o n t r a t t i - la quale, si noti, è stata già rotta in più p u n t i - sia definitivamente travolta, o la si deve difendere?». Bottai interpretava la risposta del fascismo alla recessione c o m e u n a sfida lanciata, in n o m e del corporativismo, sia al «liberal-capitalismo anarchico», sia al « c o m u n i s m o collettivizzatore». «Il massimo responsabile della crisi - sostenne - è il r e g i m e individualistico liberale della p r o d u z i o n e . . . In questo g r a n d i o s o e d r a m m a t i c o cimento di istituzioni il reg i m e c o r p o r a t i v o , c h e n o n assorbe alla m a n i e r a d i M a r x l'individuo nella classe, né, alla m a n i e r a di Smith, la classe nell'individuo, r a p p r e s e n t a u n a necessità storica. Ha in sé gli elementi atti a s u p e r a r e e fronteggiare la crisi.» Giuseppe Bottai, n a t o a R o m a nel 1895, ma di p a d r e toscano e di m a d r e ligure, aveva nel fascismo u n a collocazione particolare. Vi era arrivato, giovanissimo, p e r reazione di r e d u c e dalla g u e r r a - aveva valorosamente c o m b a t t u t o negli arditi - e a t t r a v e r s o la s t r a d a del vitalismo futurista. Era stato p o e t a d ' a v a n g u a r d i a e a n t i m o n a r c h i c o accanito. La sua fede in Mussolini - che raggiungeva i toni dell'adorazione, e anche quelli dell'adulazione - e r a messa c o s t a n t e m e n t e alla p r o v a da un intellettualismo lucido e a volte t o r m e n t a t o , n o n c h é da u n a coscienza rigorosa. A n c h e Bottai auspicava u n a «seconda o n d a t a » . M a n o n alla m a n i e r a degli intransigenti farinacciani, che aspettavano s e m p r e , dalla «rivoluzione», la tabula rasa dei valori tradizionali. D o p o gli slanci estremistici dei v e n t ' a n n i Bottai si e r a placato. Preconizzava invece un assetto dello Stato che, t e n e n d o fede alle enunciazioni del Duce, realizzasse un vero corporativismo, u n a mediazione perfetta dei contrasti sociali. A r b i t r o s u p r e m o s a r e b b e r i m a s t o Mussolini p e r c h é «soltanto il C a p o p u ò avere la visione unitaria della vita dell a N a z i o n e , soltanto i l C a p o p u ò p r o c e d e r e nel c o o r d i n a m e n t o delle forze p r o d u t t i v e , spartire i compiti, c o n t e m p e r a r e le esigenze, assicurare la giustizia tra le classi, p e r c h é Egli soltanto p u ò calcolare tutti gli effetti, tutte le ripercus276

sioni, i contraccolpi che ogni atto p r o d u c e nel sistema generale della produzione». Ma, sotto la guida del Duce, il ministero delle Corporazioni avrebbe d o v u t o essere il m o t o r e di questa trasformazione e la bilancia di questi equilibri. Così Bottai p o t è a p p a r i r e nello stesso t e m p o il p i ù o r t o d o s s o e insieme il p i ù i r r e q u i e t o tra i capi fascisti. In Critica fascista aveva svolto temi polemici, s e m p r e p i ù a n n a c q u a n d o l i con il t r a s c o r r e r e degli a n n i . A t t o r n o a sé aveva raccolto molti giovani i n g e g n i - la «covata Bottai» - che e r a n o potenzialm e n t e dissidenti, e che grazie a lui rimasero convogliati nel fiume del fascismo. Ma Bottai, g e r a r c a a r r i v a t o giovane ai r a n g h i più alti del p o t e r e , rimase saldamente inserito nel sistema anche q u a n d o capì che il r a p p o r t o di Mussolini con il corporativismo era assai simile al r a p p o r t o di Mussolini con il partito: magnificava l'uno e l'altro, ma e n t r a m b i dovevano essere assoggettati alle m u t e v o l i decisioni tattiche d e l D u c e , n o n c o n d i z i o n a r l e . Bottai constatava, a l l a r m a t o , l a «mitizzazione» del Duce («non è più un u o m o , è u n a statua» c o m m e n t ò d o p o u n ' u d i e n z a ) , m a n o n s e n e staccò, f i n o a l 25 luglio 1943. Su u n a illusione si fondava d u n q u e l'interrogativo d r a m matico che Bottai rivolse a Mussolini, q u a n d o la crisi economica si delineò in tutta la sua gravità e la erosione dei r e d d i ti fissi d i v e n n e insostenibile, p e r c h é si decidesse a scegliere. Il Duce n o n scelse, ma p r o c e d e t t e con colpi di t i m o n e suggeriti dalle o p p o r t u n i t à che via via si p r e s e n t a v a n o . La voce degli i n d u s t r i a l i lo r a g g i u n g e v a a t t r a v e r s o canali d i r e t t i - Giovanni Agnelli sostava nello studio di Bottai «come se il ministro fosse lui» -, il m a l u m o r e degli operai preoccupava, quello dei contadini molto m e n o . Per questo i contadini, che accettavano la crisi con la stessa rassegnazione con cui accettavano le calamità naturali, soffrirono più di tutti. Si p u ò discutere, a questo p u n t o , se il prezzo che gli italiani p a g a r o no alla crisi sia stato m a g g i o r e o m i n o r e di quello che pagar o n o altri paesi, e altri lavoratori. Secondo i calcoli più imparziali esso fu press'a p o c o u g u a l e . Resta il fatto che il te277

n o r e di vita dei m e n o abbienti, che aveva avuto u n a spinta notevole nel «biennio rosso» '20-'22, restò bloccato o si contrasse suppergiù d u r a n t e dieci anni, p r i m a p e r effetto della «quota n o v a n t a » , p o i p e r la i n c i d e n z a della r e c e s s i o n e : e q u e s t o a v v e n n e i n u n p a e s e d o v e esistevano sacche i m p o n e n t i d i s o t t o s v i l u p p o . N o n p u ò tuttavia essere d e l t u t t o i g n o r a t o l'elemento c o r r e t t o r e e i n t e g r a t o r e r a p p r e s e n t a t o dai «benefici sociali» che le istituzioni fasciste p e r la m a t e r nità, la famiglia, l'infanzia, il dopolavoro, e così via, garantivano agli italiani. Se p e r i lavoratori il m o m e n t o e r a n e r o , p e r gli i m p r e n d i t o ri e r a buio. Dal '29 al '30 i fallimenti e r a n o a u m e n t a t i del 17 p e r c e n t o , i protesti c a m b i a r i dell'11 p e r c e n t o . C a d e v a n o soprattutto i piccoli, p e r c h é le aziende i m p o r t a n t i p o t e r o n o c o n t a r e sull'aiuto dello Stato, che r a r a m e n t e fu n e g a t o . Il D u c e se ne fece anzi v a n t o . Ha r i c o r d a t o F r a n c o C a t a l a n o che il 30 g e n n a i o 1930 egli disse, p a r l a n d o ai p o d e s t à , che «se i m p r e s e di n a v i g a z i o n e , b a n c a r i e , i n d u s t r i a l i , agricole h a n n o s u p e r a t o il p u n t o m o r t o , lo d e v o n o al g o v e r n o » , e che nell'ottobre dello stesso a n n o , i n a u g u r a n d o l'assemblea del Consiglio nazionale delle Corporazioni, elencò le società salvate: la Cosulich, «fattore essenziale d e l l ' e c o n o m i a della Venezia Giulia», le c o t o n i e r e m e r i d i o n a l i che o c c u p a v a n o diecimila o p e r a i , l'industria del m a r m o , i cotonifici del Veneto, b a n c h e del Veneto, delle Marche, di Novara. Ma n o n solo aziende o istituti m i n o r i , a p p a r t e n e n t i p r e v a l e n t e m e n t e all'area e c o n o m i c a cattolica, e r a n o in difficoltà. Anche le g r a n d i b a n c h e - C o m m e r c i a l e , C r e d i t o Italiano, B a n c o di R o m a - a v e v a n o l'acqua alla gola p e r c h é , c o m e ha spiegato Angelo Conigliaro, «si e r a n o legate a num e r o s e i m p r e s e i n d u s t r i a l i d e c o t t e di cui p o s s e d e v a n o il controllo dei capitali sociali, ma alle quali avevano fornito fin a n z i a m e n t i che a p p a r i v a n o o r m a i i r r e c u p e r a b i l i » . Dieci a n n i p r i m a la Banca Italiana di Sconto e r a stata m a n d a t a allo sfascio. Ma l'ottica fascista e r a b e n diversa da quella gio278

lituana. Lo Stato i n t r a p r e s e subito il salvataggio degli Istituti di c r e d i t o , affidando inizialmente i l o r o capitali e il loro portafoglio azionario alla Banca d'Italia, q u i n d i a u n a serie di società costituite ad hoc. La politica d e l l ' i n t e r v e n t o pubblico trovò un suo p r i m o sbocco istituzionale nella creazione (novembre 1931) dell'Istituto Mobiliare Italiano (IMI), cui e r a affidato il compito di «accordare prestiti contro garanzie reali di n a t u r a mobiliare ad i m p r e s e p r i v a t e italiane» e di a s s u m e r e e v e n t u a l m e n t e partecipazioni nelle i m p r e s e stesse. Il m o n d o della finanza fu messo in allarme da questa iniziativa che sembrava d a r e il via alla e s a u t o r a z i o n e delle i m p r e s e private. Mussolini si affrettò a p r e c i s a r e c h e s a r e b b e stato a s s u r d o c o n s i d e r a r e I ' I M I c o m e « u n o s t r u m e n t o creato o n d e p r o m u o v e r e catastrofiche trasformazioni nella s t r u t t u r a economica della società italiana», in q u a n t o si trattava soltanto di «un m e z z o p e r avviare e n e r g i c a m e n t e l'economia italiana verso la fase c o r p o r a t i v a » , ossia verso un sistema c h e «rispetta f o n d a m e n t a l m e n t e la p r o p r i e t à privata e l'iniziativa privata, ma le vuole anch'esse d e n t r o lo Stato». Il Duce rassicurava, con queste parole, gli industriali, che Bottai allarmava: salvo div e n t a r e , in altra occasione, d a v a n t i a un pubblico diverso, più bottaiano di Bottai nel d a r e alla teoria corporativa u n a i m p r o n t a populista: « N e l l ' a p p a r a t o e c o n o m i c o del m o n d o c o n t e m p o r a n e o c'è q u a l c h e cosa che si è incagliato e forse spezzato?... La parola d ' o r d i n e è questa: a n d a r e decisamente verso il p o p o l o , realizzare c o n c r e t a m e n t e la nostra civiltà economica... N o n a b b i a m o nulla da t e m e r e . Le plutocrazie degli altri paesi h a n n o t r o p p e difficoltà in casa loro p e r occuparsi delle n o s t r e questioni e dell'ulteriore sviluppo che vogliamo d a r e alla nostra rivoluzione». In realtà gl'interventi dello Stato nella economia n o n fur o n o visti da Mussolini - lo ha osservato a c u t a m e n t e De Felice - c o m e u n a delle s t r a d e da p e r c o r r e r e p e r c o m p l e t a r e l'edificio c o r p o r a t i v o , m a c o m e m i s u r e tecniche, d i v e n u t e indispensabili p e r necessità contingenti. A questi criteri ob279

bedì (23 g e n n a i o 1933) la creazione dell'iRi, che fu affidato ad Alberto B e n e d u c e , un esperto e n o n un fascista di p r i m o p i a n o . C I R I aveva scopi «riparatori», era cioè (e r e s t e r à nei d e c e n n i , p r i m a e d o p o la c a d u t a del fascismo) un ospedale o un ospizio p e r i m p r e s e in collasso, o malate, o senescenti. V a r a n d o T I R I , Mussolini si diceva certo che esso avrebbe tonificato p o t e n t e m e n t e il mercato italiano. N e s s u n a intenzione di collettivizzare l'economia, anche se lo Stato si trovò in g r a d o di c o n t r o l l a r e , c o m e scriveva Gerarchia, i tre q u a r t i del m e c c a n i s m o p r o d u t t i v o i n d u s t r i a l e e agricolo, a l m e n o p e r le g r a n d i imprese. La riluttanza del Duce a p e r c o r r e r e fino in fondo questa strada è attestata dalla cessione ai privati delle azioni della Italgas caduta in braccio allo Stato p e r u n o dei tanti collassi di quegli a n n i . Esisteva il rischio, q u a n d o la nascita dell'iRi fu a n n u n c i a ta, che i r i s p a r m i a t o r i ritirassero i loro depositi dalle Banc h e c h e in p r a t i c a e r a n o già dello Stato, ma c h e a q u e s t o p u n t o lo divenivano a n c h e formalmente. B e n e d u c e e l'allora suo giovane collaboratore D o n a t o Menichella avevano disposto che fosse s t a m p a t o in segreto, in vista di quella eventualità, qualche miliardo di lire di b a n c o n o t e , e che le banche ne fossero provviste p e r far fronte alla t e m u t a corsa agli sportelli. «Per alcuni g i o r n i - r a c c o n t ò M e n i c h e l l a a t r e n t ' a n n i di distanza - B e n e d u c e e io r e s t a m m o rinchiusi in un albergo di Milano e n t r o u n a c a m e r a dove e r a n o stati installati diversi telefoni. Q u e i telefoni squillarono spesso, m a d o p o a l c u n e o r e convulse del p r i m o g i o r n o , t o r n ò l a quiete. I ritiri dei depositi n o n furono più di qualche centinaio di milioni.» Bottai p e r s e la p o l t r o n a di ministro delle Corporazioni il 20 luglio del 1932, in occasione di un rimpasto che interessò vari dicasteri: m a , significativamente, solo di d u e Mussolini riassunse p e r s o n a l m e n t e la responsabilità; gli Esteri (sil u r a n d o Grandi) e le Corporazioni. Circa i motivi dell'allont a n a m e n t o di G r a n d i d i r e m o più avanti, t r a t t a n d o della politica e s t e r a . Q u a n t o a Bottai, ci p a r e c h e la sua disgrazia 280

- n o n definitiva, p e r c h é d o p o essere r i m a s t o n e l l ' a r e a d i p a r c h e g g i o di cariche m i n o r i , c o m e la p r e s i d e n z a dell'iNPS e il g o v e r n a t o r a t o di R o m a , sarà n o m i n a t o m i n i s t r o della E d u c a z i o n e n a z i o n a l e - trovi sufficiente s p i e g a z i o n e in q u a n t o già si è detto. Il corporativismo s e m p r e «sperimentale» e «in fieri» di Mussolini, che r i m a n d a v a alle generazioni successive il c o n s o l i d a m e n t o del sistema, diventava nella visione di Bottai u n a s t r u t t u r a organica, da realizzare p r e sto. Ma forse la goccia che fece traboccare il vaso fu un convegno di studi corporativi, indetto a p p u n t o da Bottai a Ferr a r a dal 5 all'8 m a g g i o 1932, d u e mesi e mezzo p r i m a del «cambio della guardia». Tra i tanti discorsi di routine ve ne fu, nel convegno, u n o che fece scandalo. Lo p r o n u n c i ò il filosofo Ugo Spirito, già allievo di G e n t i l e e p o i in dissenso c o n il m a e s t r o . Spirito p a r l ò di « I n d i v i d u o e Stato nella c o n c e z i o n e corporativa» s o s t e n e n d o che il corporativismo doveva segnare la fine della lotta di classe, ma nel senso che capitale e lavoro si sarebb e r o fusi, e che si sarebbe d o v u t o arrivare alla «corporazione proprietaria». C o e r e n t e m e n t e con questa impostazione, che faceva del corporativismo «il liberalismo assoluto e il com u n i s m o assoluto», S p i r i t o p r o p o n e v a c h e , c o m e p r i m i p r o v v e d i m e n t i , dovesse essere inserito u n r a p p r e s e n t a n t e dello Stato nei consigli di a m m i n i s t r a z i o n e delle m a g g i o r i a z i e n d e , e dovesse inoltre essere assicurata u n a cointeressenza, oltre al salario, ai d i p e n d e n t i . Quasi n o n bastasse, il filosofo disse che fascismo e c o m u n i s m o n o n dovevano essere contrapposti in m a n i e r a antitetica. Le proposizioni di Spirito fecero scalpore, ma furono ser i a m e n t e discusse. Bottai stesso, t i r a n d o le s o m m e , e s o r d ì r i p e t e n d o che era sua aspirazione p o r t a r e gli istituti corporativi «verso forme, n o r m e e funzioni più vaste, più profond e , p i ù o r g a n i c h e e p i ù i m p e g n a t i v e » , ma c h e Spirito e r a a n d a t o fuori d a l l ' o r d i n a m e n t o corporativo con «costruzioni a r b i t r a r i e e ipotesi personali». La r e l a z i o n e di Spirito e r a stata p r e v e n t i v a m e n t e sottoposta da Bottai a Mussolini, che 281

ne aveva autorizzata la discussione. Il che illumina la o r t o dossia del giovane ministro, ma n o n esclude che il Duce, viste le dimensioni che il p r o b l e m a andava a s s u m e n d o , e l'interesse che suscitava, abbia voluto togliere di mezzo, con il p r o m o t o r e d i q u e s t e p e r i c o l o s e manifestazioni, a n c h e l a possibilità di n u o v i «scandali». La lettera che Bottai inviò a Mussolini, c o n g e d a n d o s i dalla carica, fu un caratteristico miscuglio di dignità e di a d u l a z i o n e : «Accolgo il t u o invito con a n i m o sereno. Mi assalirà solo, talvolta, la nostalgia del C a p o , della tua presenza, del tuo ordine». In u n a Italia che tentava faticosamente - c o m e tutto il m o n do occidentale, del resto - di r i m a r g i n a r e le ferite infertele dalla crisi e c o n o m i c a m o n d i a l e , il fascismo festeggiò il d e c e n n a l e della Marcia s u R o m a . Q u e s t a r i c o r r e n z a e r a ind u b b i a m e n t e i m p o r t a n t e , p e r c h é attestava l a solidità d e l Regime a t t o r n o al quale, n o n o s t a n t e le difficoltà e gli scontenti, si a n d a v a a g g l u t i n a n d o un c o n s e n s o s e m p r e p i ù vasto: e fu celebrata con la solennità t o n i t r u a n t e che i t e m p i esigevano. La liturgia d e l l ' a n n i v e r s a r i o ebbe il suo t e m p i o m a g g i o r e nella Mostra della Rivoluzione, allestita a R o m a nel Palazzo delle esposizioni in via Nazionale, con la regia di Dino Alfieri. Gli o r g a n i z z a t o r i a v e v a n o d o v u t o s u p e r a r e , talvolta int e r p e l l a n d o il Duce, dubbi e p r o b l e m i di n o n facile soluzion e ; c o m e quello posto dalla impossibilità di trovare, p u r con i p i ù generosi calcoli, tremila caduti fascisti il cui n o m e p o tesse essere a p p o s t o ad altrettante lastre di vetro tappezzanti i m u r i di un locale della Mostra, trasformato in sacrario. Quella cifra di tremila morti, r i p e t u t a infinite volte, e r a ent r a t a nella storiografia ufficiale. Ma a m a l a p e n a e r a stato possibile r e p e r i r e c i n q u e c e n t o vittime n o n solo d i scontri a r m a t i , ma a n c h e di malattie «per cause di servizio». Minpasse fu superata, ha raccontato Enrico Mattei in u n a divert e n t e rievocazione, collocando su o g n i tessera del mosaico f u n e b r e la scritta «Presente!», g e n e r i c a e suggestiva. Alla 282

Mostra della Rivoluzione m o n t a r o n o la g u a r d i a a t u r n o gli e s p o n e n t i di o g n i classe sociale e di o g n i categoria professionale: compresi i professori universitari, che nel 1931 erano stati costretti a p r e s t a r e un g i u r a m e n t o di fedeltà al fascis m o , p r o m e t t e n d o di « f o r m a r e cittadini o p e r o s i , p r o b i , e devoti alla Patria e al Regime». Su quasi d u e m i l a docenti negli Atenei italiani, solo 14 a v e v a n o rifiutato q u e s t o atto di sottomissione. Ma negli stessi mesi in cui a s s o r d a v a gli italiani c o n un'orgia di retorica, il Regime offriva loro u n a serie di realizzazioni c o n c r e t e , e indiscutibili. Dieci a n n i d o p o la conquista del p o t e r e , Mussolini si diceva certo di avere il futuro dalla sua p a r t e , e di essere il p o r t a t o r e di u n a missione storica. Davanti alla folla milanese, il 25 ottobre del 1932, p r o c l a m ò c h e «il secolo v e n t e s i m o sarà il secolo d e l fascismo, sarà il secolo della p o t e n z a italiana, sarà il secolo d u r a n t e il quale l'Italia t o r n e r à p e r la terza volta ad essere la direttrice della civiltà u m a n a , p e r c h é fuori dei nostri princìpi n o n c'è salvezza né p e r gli individui né tanto m e n o p e r i popoli». La profezia sfociò in un finale t r a v o l g e n t e : «Tra un d e c e n n i o l ' E u r o p a sarà fascista o fascistizzata. L'antitesi in cui si divincola la civiltà c o n t e m p o r a n e a n o n si s u p e r a che in un m o d o , con la d o t t r i n a e con la saggezza di Roma». Q u e s t a t e m e r a r i a futurologia s e m b r a v a t r o v a r e fondam e n t o nelle acclamazioni delle moltitudini cui il Duce si rivolgeva e nelle affermazioni che l'Italia fascista poteva vantare, nell'ambito nazionale e nell'ambito internazionale. S e m p r e n e l l ' a u t u n n o del '32 Mussolini aveva i n a u g u r a t o Littoria, la p r i m a delle cittadine dell'agro r o m a n o bonificato, dove già si insediavano i coloni: nel giro di altri tre a n n i sarebbero sorte Sabaudia e Pontinia. G r a n d i navi scendevano dagli scali e nell'agosto del 1933 il Rex conquistò il nastro azzurro, riconoscimento spettante alla più veloce traversata atlantica, c o n g i u n g e n d o l ' E u r o p a agli Stati Uniti in q u a t t r o giorni e mezzo. Entrava in funzione l'autostrada Milano-Torino. Tra il dicembre del '30 e il gennaio del 1931 Italo Bal283

bo, ministro dell'Aeronautica, aveva guidato la crociera aer e a nell'America m e r i d i o n a l e , c o m p i u t a d a dodici i d r o v o lanti. Poi, nell'estate del 1933, volò con 22 idrovolanti, pilotati da ufficiali che sotto la uniforme a z z u r r a indossavano la camicia n e r a , da O r b e t e l l o a C h i c a g o . Per r i c o m p e n s a il Q u a d r u m v i r o , che era generale di brigata aerea, fu p r o mosso maresciallo dell'aria, c o n g r a n d e stizza d e l l ' a l t r o e più anziano Q u a d r u m v i r o De Bono, che rimase generale dell'esercito. A R o m a fu aperta, il 28 ottobre del 1932, la via dei Trionfi, e il Duce ribadì, rivolgendosi ai decorati al valore - p r e s e n t e il Re che n o n era atteso, e che e r a g i u n t o inas p e t t a t a m e n t e - che «l'Italia fascista deve t e n d e r e al p r i m a to sulla t e r r a , sul m a r e , nei cieli, nella materia e negli spiriti». La crisi e c o n o m i c a , c h e di p e r se stessa i m p o n e v a un p r o g r a m m a di o p e r e pubbliche che alleviasse la disoccupazione, facilitò nell'arco dei d u e a n n i fra il '32 e il '33 lo sforzo del Regime p e r offrire al m o n d o u n a vetrina convincente della sua efficienza e della sua vitalità, m e n t r e e n t r a v a nel secondo decennio dell'Era fascista. Protagonista p r i m a r i o di q u e s t a i m m e n s a p a r a t a fu o v v i a m e n t e Mussolini. Ma altri d u e u o m i n i , con ruoli c o m p l e t a m e n t e diversi, f u r o n o a n ch'essi protagonisti, accanto a lui: Achille Starace, segretario del partito, e g r a n d e c e r i m o n i e r e del Regime, e Balbo. Ad A u g u s t o T u r a t i e r a seguito nella carica di segretario del P N F , l ' a b b i a m o già a c c e n n a t o i n p r e c e d e n z a , Giovanni Giuriati, che d u r ò a p p e n a 14 mesi ( d a l l ' o t t o b r e del '30 al d i c e m b r e del '31) e fu un p e r s o n a g g i o di transizione. I r r e dentista, capo di gabinetto di D'Annunzio a F i u m e , Giuriati n o n e r a stato squadrista, e al fascismo era arrivato relativam e n t e tardi, nel ' 2 1 . Era u n notabile, piuttosto che u n a f i g u r a di r e a l e spicco e influenza. I n s e d i a n d o l o , il D u c e gli aveva affidato, con accenti p e r e n t o r i , il compito di e p u r a r e il p a r t i t o , di s n i d a r e la z a v o r r a , p e r c h é «il fascismo è un esercito in c a m m i n o e deve essere g a r a n t i t o con le p i ù elem e n t a r i m i s u r e di sicurezza». Giuriati p r e s e molto sul serio la consegna, t r o p p o sul serio: c o m e stava a c c a d e n d o anche 284

a Bottai p e r il corporativismo. Centoventimila iscritti furono radiati, quasi altrettanti n o n chiesero il r i n n o v o della tessera t e m e n d o di i n c o r r e r e nella p u r g a , le anzianità r e t r o d a tate furono sottoposte a un vaglio. Ma a cose fatte Mussolini rivelò a Giuriati che secondo lui i r e p r o b i n o n dovevano essere p i ù di diecimila, e che i n s o m m a il segretario del partito aveva e s a g e r a t o . Q u e s t o abbaglio, e a n c h e la s e m p r e m a g giore p r o p e n s i o n e di Mussolini a circondarsi di collaboratori docili e duttili, gli yesmen, p r o v o c ò la sostituzione di Giuriati c o n il g e r a r c a c h e , nella i n t e r a storia del fascismo, fu p e r p i ù l u n g o t e m p o alla testa del p a r t i t o , dal d i c e m b r e 1931 all'ottobre 1939: Achille Starace, già a l u n g o vicesegretario, e p r o m o t o r e , insieme a molti altri, della i n d e g n a camp a g n a c o n t r o Augusto Turati. Starace, nato a Gallipoli, in Puglia, da famiglia borghese, dip l o m a t o in ragioneria, aveva allora 42 a n n i . In g u e r r a si era battuto valorosamente c o m e ufficiale dei bersaglieri, nel fascismo e r a e n t r a t o sin dalla p r i m a ora, «distinguendosi» in azioni s q u a d r i s t e nella sua r e g i o n e d ' o r i g i n e , e nel Trentin o . Di fisico asciutto, capelli i m p o m a t a t i , salutista, maniaco delle uniformi, n o n aveva u n a collocazione politica a u t o n o ma né un seguito p e r s o n a l e . P r o p r i o i suoi difetti p i ù evidenti, la superficialità, la limitatezza di orizzonti culturali, la p r o p e n s i o n e p e r u n a p o m p a p s e ù d o g u e r r i e r a e i n effetti piuttosto sudamericana, la docilità agli ordini, fecero c a d e r e su di lui la scelta di Mussolini. I contatti tra il Duce e i suoi collaboratori si e r a n o ridotti a brevi e secchi scambi di d o m a n d e e risposte, senza mai un reale a p p r o f o n d i m e n t o dei p r o b l e m i . Per d a r e m a g g i o r s o l e n n i t à alle s u e decisioni Mussolini n o n usava n e p p u r più il sì, q u a n d o si dichiarava favorevole a un p r o v v e d i m e n t o . «Approvo» sentenziava grav e m e n t e . Q u e s t a sbrigatività a volte paralizzante metteva in imbarazzo i gerarchi più intelligenti e sensibili, che avrebbero voluto d i s c u t e r e , c a p i r e , far c a p i r e . Ma p e r Starace e r a l'ideale. 285

Egli spiegò o g n i sforzo - ed e r a c a p a c e di i m p e n s a b i l i astuzie, a volte - p e r m o n u m e n t a l i z z a r e ancor più Mussolini, che di spinte in quel senso n o n aveva molto bisogno. Ebbe il suo p r i m o colpo d'ala q u a n d o coniò la formula del «saluto al Duce!» che apriva e chiudeva ogni cerimonia, conferì alla coreografia fascista u n a i m p r o n t a s e m p r e più magniloq u e n t e , volle con maniacale tenacia regolare costumi, atteggiamenti, frasario, luci, musiche, e n t r a t e , uscite, nelle recite in divisa che n o n si stancava mai di allestire. Fu sua l'iniziativa di far scrivere D U C E in tutte lettere maiuscole in giornali e libri (anche RE godeva di analogo privilegio, ma con un uso assai p i ù p a r c o ) . F u r o n o s u e le t r o v a t e grazie alle quali, in omaggio al principio della diarchia, si cercava di citare il Re senza p e r a l t r o a n t e p o r l o a Mussolini. «Per volere del DUCE, nel n o m e a u g u s t o del RE, viene inaugurata» etc. etc. A volte eccedeva in zelo adulatorio e servile: e v e n n e redarguito. Così q u a n d o promosse u n a c a m p a g n a di abbonam e n t i al Popolo d'Italia c h e in pratica aveva carattere di imposizione e Mussolini gli ingiunse di smettere; così q u a n d o esagerò n e l l ' i m p o r r e il n o m e di Mussolini o di altri a p p a r t e n e n t i alla sua famiglia a stadi, scuole, ospedali, p o n t i e così via. T a n t o c h e il D u c e , n e l 1934, o r d i n ò ai Prefetti di p o r t e r m i n e al malvezzo. Starace aveva a n c h e disposto che ogni lettera d'ufficio dovesse concludersi con un «Viva il Duce!» analogo allo «Heil Hitler!» prescritto in G e r m a n i a . P u r mitridatizzato c o n t r o gli eccessi a d u l a t o r i , Mussolini q u e s t a volta s u b o d o r ò il rischio del ridicolo e, convocato Starace, che lo ascoltava p a t e t i c a m e n t e contrito, cominciò a passeggiare d e c l a m a n d o ipotetiche lettere: «vi a n n u n c i o che siete licenziato. Viva il Duce!», «vi c o m u n i c o che vostro figlio è d e c e d u t o . Viva il Duce!». Starace rinunciò da allora ad imitare i saluti nazisti. Maschilista («la missione delle d o n n e è fare figli»), negato al p e n s i e r o ( a n c h e se u n a volta si a z z a r d ò a criticare le poesie d i M o n t a l e ) , S t a r a c e n o n e r a u n esaltato r e della m o r t e c o m e lo s p a g n o l o Millan Astray («Viva la m u e r t e , 286

abajo la inteligencia!»), ma p i u t t o s t o della ginnastica e del m u s c o l o , a n c h ' e s s i da p r e f e r i r e all'intelligenza. O b b l i g ò i suoi c a m e r a t i p i ù in vista a saltare a t t r a v e r s o il c e r c h i o di fuoco o sulla siepe di baionette, li i m p e g n ò in corse bersaglieresche (delle quali del resto si compiaceva a n c h e l'altro bersagliere, Mussolini), u n a volta p r e t e s e dal direttorio del p a r t i t o che provasse p i ù volte, c o m e se i suoi c o m p o n e n t i fossero c o m p a r s e d ' o p e r a , il «saluto al Duce» p r i m a di essere introdotti nella sala del M a p p a m o n d o . Trascorreva o r e a disegnare n u o v e divise (una volta ebbe accanto a sé, in questa seria incombenza, il Duce in p e r s o n a ) . I suoi detti furono, a loro m o d o , memorabili. Leo Longanesi sintetizzò l'era staraciana in u n a disposizione che faceva p e r e n t o r i o divieto ai c a m e r a t i fascisti di p o r t a r e il colletto della camicia n e r a inamidato. Starace stabilì che «chi è dedito alla stretta di mano è sospetto», c h e «la cravatta n e r a svolazzante significa anarchia e socialismo», che la parola «insediare» doveva essere evitata p e r c h é connessa alla sedia «o peggio alla poltrona», che «le c u r e d i m a g r a n t i sono politicamente sospette». In queste sue connotazioni il n u o v o segretario del partito fu senza d u b b i o un p e r s o n a g g i o comico. N e s s u n o più di lui d i e d e s p u n t o alle barzellette. Ma svolse la funzione che da Mussolini gli era stata assegnata, fu l'esecutore di un p r o getto che n o n e r a suo, ma di Mussolini. A r p i n a t i , sottosegretario agli I n t e r n i , era sbottato, q u a n d o il Duce gli aveva accennato ad u n a possibile n o m i n a di Starace alla Segreteria: «Ma è un cretino!». «Certo - aveva ribattuto Mussolini ma è un cretino obbediente.» C o n l'orbace, il voi al posto del lei (letterati illustri si indussero a giustificare, con argomentazioni culturali, la norma), il passo r o m a n o , il fascismo diventò, p e r colpa di Starace, più grottesco del solito: ma era farina del sacco del Duce. La forma era strettamente legata alla sostanza. Mussolini voleva c o m p l e t a r e l'azione di s v u o t a m e n t o del P N F , togliendogli o g n i c o n t e n u t o politico, e p e r c i ò o g n i possibile ferm e n t o di discussione o di elaborazione dottrinale e cultura287

le. N o n più e p u r a z i o n e degli iscritti ma - con l'occasione del Decennale - r i a p e r t u r a delle iscrizioni, cosicché gli a p p a r t e nenti al partito passarono nel volgere di un a n n o da un milione a un milione e mezzo. Ma poi, attraverso le organizzazioni scolastiche, giovanili, paramilitari, femminili, Starace volle m e t t e r e l'uniforme a tutti gli italiani, ciascuno irreggim e n t a t o , ciascuno con i suoi distintivi, i suoi contrassegni, i suoi fez, i suoi fiocchi, il suo o r b a c e di c a t e g o r i a , u n a imm e n s a caserma nella quale movimenti, orari, a d u n a t e , canti, d i v e r t i m e n t i , l i n g u a g g i o , a v r e b b e r o d o v u t o o b b e d i r e a u n ' u n i c a o n n i p o t e n t e regia. Il p a r t i t o si confondeva con il paese. Diventava tutto e perciò, politicamente, n o n era più nulla. G o n f i a n d o l o a d i s m i s u r a , S t a r a c e lo uccideva, p e r espresso desiderio di Mussolini. L e organizzazioni fasciste p o t e r o n o v a n t a r e milioni d i aderenti, le a d u n a t e furono s e m p r e più oceaniche, le sfilate s e m p r e più marziali, i rituali s e m p r e più solenni soprattutto q u a n d o era di scena L U I . Achille S t a r a c e - c h e s e p p e poi m o r i r e b r a v a m e n t e , in piazzale Loreto, - devitalizzò e narcotizzò il P N F applicando p u n t u a l m e n t e la volontà di Mussolini. Q u e s t a fu, se vogliamo u s a r e u n a p a r o l a grossa, la sua funzione storica. Il discredito che i suoi a t t e g g i a m e n t i gaglioffi g e t t a r o n o sul fascismo - «Starace è un cafone» riconobbe più tardi Mussolini - potevano essere in larga p a r t e riconducibili al Duce, che aveva scelto, c o m e filtro delle sue istruzioni, questo p e r s o naggio m e d i o c r e e i m p o p o l a r e . Lo volle, lo difese, lo conf e r m ò fino al 1939, p e r n o m i n a r l o poi C a p o di stato m a g giore della Milizia. L'avvento di Starace alla Segreteria del p a r t i t o fu determ i n a n t e p e r la fine politica di Arpinati, il gerarca bolognese che e r a stato u n o dei m a g g i o r i e s p o n e n t i del «rassismo» squadristico: un durissimo manganellatore, ma che spiccava tra gli altri, se n o n p e r intelligenza, c e r t o p e r il c a r a t t e r e , p e r la franchezza, p e r la spregiudicatezza. C o m e sottosegretario agli I n t e r n i A r p i n a t i aveva avuto p i ù di un motivo di 288

attrito con Mussolini. I n t a n t o p e r c h é , t e n a c e m e n t e anticorp o r a t i v o , c o m m e t t e v a l ' e r r o r e d i e s p r i m e r e a d alta voce questa sua convinzione; poi p e r c h é - anche sotto l'influenza di M a r i o Missiroli - e r a p a s s a t o dalla i n t r a n s i g e n z a di un t e m p o ad atteggiamenti liberaleggianti, d i s p o n e n d o ad esempio che nei concorsi p e r assunzione nel parastato e negli enti locali la tessera del P N F n o n costituisse un titolo p r e ferenziale. Ma più a n c o r a p e r c h é n o n misurava le parole e n o n praticava l'adulazione con l'assiduità dei suoi «camerati». «L'Italia n o n è un feudo della famiglia Mussolini» aveva risposto seccamente al prefetto di Forlì, che gli aveva chiesto c o m e dovesse c o m p o r t a r s i nei r i g u a r d i di un a s p i r a n t e alla concessione delle T e r m e di C a s t r o c a r o r a c c o m a n d a t o d a d o n n a Rachele. Per a t t a c c a r e A r p i n a t i il s e g r e t a r i o del p a r t i t o p r e s e lo s p u n t o da u n a circostanza marginale, ossia p r o p r i o dalla insistenza con cui il sottosegretario agli I n t e r n i appoggiava la d o m a n d a di Missiroli p e r l'iscrizione al P N F . In un r a p p o r t o al Duce, Starace p r e s e n t ò questo fatto c o m e un pericoloso sintomo di c e d i m e n t o del ras b o l o g n e s e ad equivoche suggestioni l i b e r a l - d e m o c r a t i c h e . Avendogli Mussolini rinfacciato gli a d d e b i t i staraciani, A r p i n a t i n o n si limitò a difendersi: in un biglietto al suo accusatore Starace lo trattò di vile e di m e n t i t o r e . U n o dei d u e , a quel p u n t o , doveva pagare, e Mussolini n o n ebbe esitazioni, sacrificò Arpinati, che fu dimesso il p r i m o maggio 1933 e che aggravò la sua disgrazia indirizzando al Duce u n a lettera di commiato che in luogo delle piaggerie di rito suggellava p o c h e frasi asciutte con un sobrio «con i m m u t a t a devozione». Forte di questa e n n e sima i m p u d e n z a , Starace ripartì all'offensiva d u e giorni dopo con un l u n g o m e m o r i a l e nel quale, velenosamente, insinuava che Arpinati fosse stato implicato - come sùbito si era m o r m o r a t o - nell'attentato Z a m b o n i a Bologna. A Starace n o n bastò che Arpinati fosse politicamente fuori giuoco. Lo volle c o m e A u g u s t o Turati (e peggio di lui) p e r s o n a l m e n t e d i s t r u t t o . Ci riuscì infatti. Nel luglio del 1934 il g e r a r c a 289

sconfitto fu espulso dal partito, a r r e s t a t o con u n a quindicina di suoi amici «per avere a s s u n t o e m a n t e n u t o atteggiam e n t o p a l e s e m e n t e c o n t r a r i o alle direttive e alla u n i t à del Regime», inviato al confino p e r cinque a n n i , cui ne furono aggiunti altri cinque p e r c h é n o n aveva dato «segni di ravvedimento». Solo a g u e r r a iniziata fu liberato, ma n o n riabilitato, e si a r r u o l ò volontario. Q u a n d o compì la seconda crociera atlantica Balbo aveva 37 anni. L'esperienza e la responsabilità del p o t e r e lo avevano m a t u r a t o , p u r senza a p p a n n a r e il suo piglio da moschettiere. Dell'aeronautica e r a stato n o n soltanto il ministro ma, c o m e ha scritto Federzoni, il «padrone», e vi aveva p o r t a t o m o l t o slancio e, insieme, m o l t a i n t o l l e r a n z a verso chi n o n condividesse le sue impostazioni tecniche. Voleva fare le cose in fretta, e o t t e n e r e subito ì risultati. Le trasvolate d i e d e r o u n a indubbia conferma delle sue g r a n d i qualità di trascinatore, a n c h e se dal p u n t o di vista tecnico va p u r d e t t o , oggi, che le direttrici fondamentali di Balbo, p e r lo sviluppo della aviazione, e r a n o errate. Egli p u n t ò sull'idrovolante e sul trim o t o r e : formule, e n t r a m b e , che si d i m o s t r a r o n o p e r d e n t i , in confronto a quelle dell'aereo t e r r e s t r e e - a l m e n o finché sopravvisse la propulsione a elica - a pari n u m e r o di motori. Fu, quella di Balbo, u n a aeronautica da Regime dittatoriale, ansioso di affermazioni risonanti, e capace di realizzarle, anche se priva di un a d e g u a t o f o n d a m e n t o industriale e p r o duttivo (un f e n o m e n o analogo fu quello dei voli spaziali sovietici, e dei primati che in questo c a m p o I ' U R S S inizialmente o t t e n n e ) . Così p u r e si p u ò d i s c u t e r e sulla effettiva validità dello s t r u m e n t o bellico che Balbo consegnò al suo successore nel ministero, il sottosegretario Valle (titolare era ridiventato Mussolini), alla fine del 1933. Ne fa fede u n a lettera che lo stesso Mussolini, piuttosto malignamente, gli aveva scritto, d o p o il passaggio delle consegne: «Nella tua visita di congedo mi dicesti che mi lasciavi un totale di 3.125 apparecchi..Ho p r o c e d u t o alla necessaria discriminazione e ne consegue che tale n u m e r o si r i d u c e a quello di 911 a p p a r e c c h i , effi290

d e n t i dal p u n t o di vista bellico, alla data odierna». Balbo replicò c o n f e r m a n d o la giustezza della sua valutazione. P u r con tutte queste precisazioni, la figura di Balbo resta notevole, nel p a n o r a m a fascista: e la sua p o p o l a r i t à divenne, all'indomani delle trasvolate, i m m e n s a , n o n solo in Italia ma in tutto il m o n d o . L'uomo era stato capace di accattivarsi le folle, al di q u a e al di là dell'Oceano, aveva o t t e n u t o un trionfo senza p r e c e d e n t i a Chicago, che aveva d e d i c a t o al suo n o m e la Settima Strada, offriva l'immagine di un fascismo giovane, a r d i m e n t o s o , efficiente, u m a n o . I trascorsi violenti e r a n o dimenticati, p e r c h é e r a n o cambiati i tempi, e p e r c h é e r a cambiato lui. Mussolini, che si fregiava del titolo di «primo aviatore d'Italia», capiva l'importanza p r o p a g a n distica dei voli di Balbo ma tollerava male che il m e r i t o andasse, p e r u n a n i m e riconoscimento, al giovane Q u a d r u m v i r o , piuttosto che a lui. Balbo, che si ostinava a s t r i n g e r e la m a n o e che aveva subito assunto atteggiamenti antistaraciani, sembrava un potenziale «delfino», e q u i n d i un potenziale rivale, più che un corifeo obbediente. I sospetti e la gelosia del Duce furono alimentati dai suggerimenti che gli e r a n o p e r v e n u t i p e r la n o m i n a di Balbo a C a p o d i stato m a g g i o r e g e n e r a l e d e l l e Forze A r m a t e , m a con poteri rafforzati rispetto a quelli che la carica fino ad allora comportava. L'idea e r a stata già espressa dal segretario del partito Giuriati: «Balbo, con la crociera atlantica (la prima), ha p r o v a t o di essere un organizzatore formidabile e si è conquistato u n a fama m o n d i a l e . Poi Balbo è fascista, m e n tre Badoglio n o n lo è: tu hai bisogno di p r e p a r a r e le Forze Armate della rivoluzione fascista, n o n quelle di un q u a l u n que stato liberale». Mussolini n o n se ne d i e d e p e r inteso, e si limitò, nel luglio del 1933, a r i p r e n d e r e il ministero della G u e r r a . Poco d o p o , rientrato dalla seconda trasvolata atlantica, Balbo gli fece p e r v e n i r e un elaborato p r o g e t t o che p r e vedeva la riunificazione dei dicasteri militari in u n o solo, da affidare al Duce, un rafforzamento della aeronautica, e u n a modifica d e i p o t e r i d e l C a p o d i stato m a g g i o r e g e n e r a l e , 291

che avrebbe dovuto acquistare più autorità, e dirigere effettivamente gli i n g r a n a g g i delle Forze A r m a t e (con Badoglio la supervisione del C a p o di stato m a g g i o r e generale era assai b l a n d a ) . Balbo si a u t o c a n d i d a v a , e v i d e n t e m e n t e , all'incarico. Q u e s t a volta la r e a z i o n e di Mussolini fu a t a m b u r battente. Nel n o v e m b r e riprese p e r sé a n c h e Aeronautica e Marina, e relegò Balbo nel d o r a t o esilio del g o v e r n a t o r a t o libico. Balbo s e p p e del s i l u r a m e n t o il 5 n o v e m b r e , u n ' o r a p r i m a del ricevimento i n a u g u r a l e p e r l ' a p e r t u r a del n u o v o circolo degli aviatori, e, secondo Federzoni, ne fu «tramortito». Poi si a d a t t ò al n u o v o r u o l o p o r t a n d o v i la vitalità di sempre. Tra il 1933 e il 1934, m e n t r e Balbo tramontava, c o m e «delfino» del Duce, un n u o v o astro si affacciava sul firmamento fascista: Galeazzo C i a n o , t r e n t e n n e (era n a t o nel 1903), figlio della medaglia d'oro Costanzo, fascista della p r i m a ora e «notabile» tra i maggiori del Regime, marito di E d d a Mussolini. A n c h e se il P N F gli r i c o n o b b e a posteriori i titoli di «sciarpa littoria», e di p a r t e c i p a n t e alla Marcia su Roma, Galeazzo Ciano si era sostanzialmente disinteressato, da ragazzo, di politica. Era stato fascista, ma passivamente, da giovan o t t o che p r e f e r i v a la m o n d a n i t à salottiera e frivola alle c o n t e s e di u o m i n i e di p r i n c ì p i . Le s u e ambizioni e r a n o piuttosto letterarie e giornalistiche. Mussolini n o n aveva conosciuto a fondo il p r e t e n d e n t e p r i m a di concedergli la mano della sua intelligente e i r r e q u i e t a p r i m o g e n i t a . Le riunioni di amici n o n e r a n o u n a sua c o n s u e t u d i n e , e a n c h e se Costanzo Ciano a p p a r t e n e v a al g r u p p o dei gerarchi che più gli e r a n o fedeli, e vicini, Galeazzo, diplomatico all'inizio della carriera, e r a u n a incognita, p e r il Duce, q u a n d o il fidanz a m e n t o fu c o n s o l i d a t o , e finalmente c o r o n a t o (24 aprile 1930) da un m a t r i m o n i o sfarzoso: sposa in bianco con u n o strascico di alcuni metri, sposo in t u b a e tight, Xestablishment del R e g i m e tutto mobilitato p e r queste nozze d'eccezione. S e m m a i , nel r e n d e r e p i ù i n t i m a la conoscenza t r a E d d a e 292

Galeazzo, aveva avuto u n a p a r t e attiva A r n a l d o Mussolini, b o n a r i o zio. Nei t e l e g r a m m i che Mussolini inviava alla figlia (in C i n a assieme al m a r i t o n o m i n a t o C o n s o l e g e n e r a l e a Shanghai) Galeazzo è s e m p r e n o m i n a t o di sfuggita, alla fin e , senza u n r i f e r i m e n t o che l o r i g u a r d i p e r s o n a l m e n t e , t r a n n e u n a volta: «Mi sono sentito p e r f i n o c o m m o s s o agli elogi che Galeazzo fa di te e Rachele. Bene approvo». T o r n a t o in Italia, Ciano fu a g g r e g a t o nel '33 alla missione politico-diplomatica inviata alla c o n f e r e n z a e c o n o m i c o - m o n e t a r i a di L o n d r a , e n o n sfigurò. I n f o r m a t o della b u o n a p r o v a che il g e n e r o aveva dato, il Duce decise di conc e d e r e la luce v e r d e p e r un suo r a p i d o «cursus h o n o r u m » . In agosto - Balbo r i e n t r a v a dalla crociera a e r e a negli Stati Uniti - il giovane c o n t e C i a n o d i v e n n e c a p o dell'ufficio s t a m p a della Presidenza: assunse cioè u n a funzione di primo p i a n o nel meccanismo attraverso il quale i giornali italiani a p p r e n d e v a n o quali fossero le notizie da valorizzare e quelle da c e n s u r a r e , quale i m p o s t a z i o n e o t o n o dovessero avere le informazioni o i servizi speciali su d e t e r m i n a t i avvenimenti, a volte a n c h e quale collocazione, quali titoli, e quale d i m e n s i o n e , a n d a s s e r o riservati ad alcuni fatti. Un a n n o d o p o questa centrale delle veline, s e m p r e diretta da Galeazzo Ciano - che poi e r a l'esecutore di disposizioni di Mussolini, mai dimentico di essere il p r i m o giornalista d'Italia - fu elevata alla dignità di s o t t o s e g r e t a r i a t o p e r la S t a m p a e la p r o p a g a n d a , e poi di ministero. Q u e s t a ascesa fece intuire ai gerarchi, i cui sentimenti al r i g u a r d o furono divisi, che il «generissimo», o il «ducellino», p r e n d e v a q u o t a , e p o t e v a p r e s t o d i v e n t a r e il n u m e r o d u e del Regime. C o m e in effetti fu d u r a n t e gli a n n i in cui resse il ministero degli Esteri. Lì difetti e qualità di Ciano a p p a r v e r o in p i e n a luce: e p o s s o n o essere p i e n a m e n t e valutati dallo storico grazie a n c h e a quel d o c u m e n t o impareggiabilm e n t e prezioso che è il suo Diario. Ma, p u r s o s p e n d e n d o un giudizio finale, si p u ò dire che fin dai p r i m i passi Ciano gerarca si rivelò p e r quello che era: intelligente ma superficia293

le, velleitario più che virile, fatuo p i ù che brillante, smanioso di i m i t a r e Mussolini - a n c h e nella o s t e n t a t a r i n u n c i a a o g n i p r i n c i p i o di m o r a l i t à i n t e r n a z i o n a l e - ma p r i v o della testa, della grinta, dell'intuito di lui. Si atteggiava a r u d e , e riusciva ad essere soltanto goffo. Bel ragazzo, un p o ' del gen e r e tango, aveva p e r ò , nel m o d o di muoversi, alcunché di i n g u a r i b i l m e n t e molle. « C a m m i n a v a - ha scritto R e n z o Trionferà - divaricando i piedi come, per deformazione professionale, c a p i t a ai vecchi c a m e r i e r i di trattoria.» Le male lingue gli l a n c e r a n n o , q u a n d o firmerà il p a t t o con la G e r m a n i a , u n a b a t t u t a al c i a n u r o : «piede-piatto d'acciaio». Aveva a n c h e delle qualità. Capiva i problemi, era coraggioso - ne fa fede il m o d o in cui affrontò la fucilazione nel polig o n o di Verona, nel 1944 - aspirò alla cultura, anche se n o n la r a g g i u n s e . I suoi vizi f u r o n o ingigantiti dalla fulmineità del successo, dalla facilità con cui diventava s e m p r e più p o t e n t e , illudendosi di diventarlo p e r suo m e r i t o , e n o n p e r ché era issato a quei vertici dal Duce. In quelli che sono stati chiamati, e con ragione, gli a n n i del consenso al R e g i m e , l'antifascismo fu costretto in u n o spazio politico e p r o p a g a n d i s t i c o s e m p r e p i ù a n g u s t o , sia in Italia sia all'estero. All'interno la sorveglianza e le persecuzioni poliziesche furono senza d u b b i o d e t e r m i n a n t i nel r e n d e r e fievole, e dai più inascoltata, la voce di chi denunciava la grossolanità, la involuzione burocratica e coreografica, gli e r r o r i della dittatura. Ma anche se il bavaglio fosse stato m e no stretto le a p p r o v a z i o n i a v r e b b e r o avuto la meglio sulle critiche. S u p e r a t a la «questione morale» p o s t a d a l delitto Matteotti, restavano sui piatti della bilancia, in u n a soluzione m a g a r i semplicistica ma convincente, le realizzazioni e la tranquillità dell'Italia fascista da u n a p a r t e , le lacerazioni e il disordine degli anni prefascisti dall'altra. Il mito dei treni in orario sarà irrazionale, ma funziona, e n o n si p u ò n o n ten e r n e conto. L'antifascismo ebbe molte sfaccettature, t r o p p e anzi. Ma 294

occorre distinguere subito d u e t e n d e n z e : quella di chi p e n sava che ogni forma di opposizione potesse d a r e frutti solo se svolta all'interno, in stretto contatto con la realtà del paese e gli u m o r i della g e n t e ; e quella di chi dava p r e m i n e n t e i m p o r t a n z a all'azione i n t e r n a z i o n a l e , la sola c h e potesse avere u n ' a d e g u a t a cassa di risonanza in altre forze politiche, in o r g a n i di s t a m p a a g r a n d e diffusione, in g r u p p i di opin i o n e . La scelta fra le d u e strategie fu a volte obbligata, a volte deliberata. E r a n o restati in Italia, p e r esercitarvi u n a opposizione a n c h e netta, o u n a f r o n d a cauta, gli e s p o n e n t i del partito p o p o l a r e - con la insigne eccezione di D o n Sturzo - e la m a g g i o r a n z a degli esponenti liberali ( t r a n n e alcuni a m e n d o l i a n i ) . B e n e d e t t o C r o c e , c h e fu il p u n t o di riferim e n t o della m a g g i o r a n z a d i questi dissenzienti m o d e r a t i , scrisse poi che «di g r a n l u n g a più i m p o r t a n t e e p i ù feconda, [in c o n f r o n t o a quella all'estero, N.d.A.] e r a l'opposizione italiana dall'interno, dove si tastava q u o t i d i a n a m e n t e il polso al p o p o l o , dove o g n i g i o r n o qualcosa, a n c o r c h é piccola, veniva fatta c o n t r o l'oppressione, dove ogni g i o r n o si poteva lavorare a conservare q u a n t o più era possibile della tradizione, della civiltà e della c u l t u r a italiana, p r e p a r a n d o la riscossa e, p i ù o m e n o vicino che fosse, un avvenire migliore». Il sospetto che questo giudizio del filosofo sia stato influenzato dalla sua p e r m a n e n z a in Italia, e che la sua p e r m a n e n z a in Italia sia stata suggerita a n c h e dal desiderio di n o n a b b a n d o n a r e gli a m a t i studi, la confortevole casa, gli affetti e le amicizie, è legittimo. Detto questo, bisogna riconoscere che oltre frontiera a Croce n o n sarebbe riuscito di essere, c o m e fu, simbolo di u n a società liberale, aperta, raffinata, l'antitesi della stupidità staraciana. Per l ' o p p o s i z i o n e i n t e r n a e r a n o , in linea di p r i n c i p i o , i comunisti, a n c h e se già nel 1927 Togliatti iniziò in Svizzera il l u n g o esilio che l'avrebbe p o r t a t o a Mosca. «Noi lavoriamo in Italia - scrisse Togliatti - p e r c h é noi n e g h i a m o c h e l'abbattimento del fascismo possa verificarsi all'infuori dell'intervento delle g r a n d i masse lavoratrici.» I comunisti era295

no del resto gli unici ad aver p r e p a r a t o p e r t e m p o u n a organizzazione clandestina efficiente: e gli unici che potessero ancora contare, tra gli o p e r a i e i contadini, un certo n u m e ro di aderenti, sia p u r e valutabile in p o c h e migliaia. Inoltre i comunisti avevano u n a p r o f o n d a sfiducia nella «Concentrazione democratica» che e r a stata formata a Parigi, e che n o n ebbe perciò la loro approvazione incondizionata, ma anzi subì i loro attacchi. La r e p r e s s i o n e dell'ovRA e del Trib u n a l e speciale infierì con particolare durezza contro il P C I , portatore di u n a ideologia che - nonostante t e m p o r a n e i riavvicinamenti in c a m p o internazionale - era r i t e n u t a l'antitesi del fascismo, cui p u r e la collegavano molti c o n n o t a t i totalitari. Roma era c o n t r a p p o s t a a Mosca. Abbiamo già acc e n n a t o alle c o n d a n n e pesantissime che f u r o n o inflitte ad e s p o n e n t i del P C I e che sostanzialmente lo d e c a p i t a r o n o all'interno. Ma coloro che ne p r o s e g u i r o n o tra mille pericoli l'attività dovettero constatare che la «base» n o n rispondeva, o r i s p o n d e v a s e m p r e m e n o : t a n t o che, d o p o la vittoria in Etiopia, la d i r i g e n z a c o m u n i s t a in Italia d o v e t t e c o m p i e r e u n a conversione propagandistica, e implicitamente politica, p e r c e r c a r e di far p r o p r i o , a l m e n o in p a r t e , lo slancio patriottico c h e p e r v a d e v a o r m a i o g n i classe sociale, e c h e si traduceva in appoggio al fascismo. E m i g r a r o n o a n c h e a Parigi quasi tutti gli e s p o n e n t i p i ù in vista del socialismo e del partito repubblicano: N e n n i , Sar a g a t , Pacciardi, Labriola, Treves, T u r a t i , Buozzi, Cianca, Facchinetti e altri. La presenza di queste personalità di rilievo della vita politica italiana, molte delle quali si ostinavano a considerare l'Aventino un m o m e n t o e s e m p l a r m e n t e fulgido della lotta alla dittatura, e n o n un i m p e r d o n a b i l e e r r o r e , consentì alla C o n c e n t r a z i o n e antifascista di nascere presto, con disegni ambiziosi. Essa fu varata nel 1926 e incluse inizialmente i d u e tronconi del partito socialista, il riformista e il massimalista, il p a r t i t o r e p u b b l i c a n o , la C o n f e d e r a z i o n e g e n e r a l e del lavoro. Nell'aprile del 1927 uscì La Libertà, un settimanale che arrivò, nel suo m o m e n t o migliore, a tirare 296

20 mila copie. Il «fronte u n i c o antifascista» s e m b r a v a u n a realtà, a n c h e se A m e n d o l a e s p r i m e v a su di esso p r o f o n d o scetticismo g i u d i c a n d o coloro che ne facevano p a r t e «staccati dalle loro basi, incapaci di c o m p r e n d e r e il corso degli avvenimenti in Italia, v e r a m e n t e dei fuorusciti, degli usciti fuori dalla realtà italiana». Filippo T u r a t i , in un manifesto che recava, tra le altre le firme di N e n n i , di Salvemini, di De Ambris, di Cianca, della Balabanoff, scrisse che quello della lotta al fascismo era un p r o b l e m a c o m u n e «a tutti i proletariati e a tutti i p o p o l i civili» e che la d i t t a t u r a di Mussolini «non era u n a semplice malattia, u n a transitoria intossicazione di cui l'organismo sociale si sarebbe s p o n t a n e a m e n t e liberato», ma piuttosto il tentativo della «plutocrazia di tutti i paesi» di c o n s e r v a r e i privilegi acquisiti. Turati si mostrava più chiaroveggente - p u r nel suo schematismo ideologico di quegli esuli che a s p e t t a v a n o il vicino crollo del fascismo «sotto il peso delle p r o p r i e vergogne». Il fuoruscitismo ricevette n u o v a linfa q u a n d o si a g g i u n s e r o ad esso C a r l o Rosselli ed Emilio Lussu. M a n d a t o al confino di L i p a r i p e r la p a r t e a v u t a nella fuga di T u r a t i , Carlo Rosselli ne era fuggito, a p p u n t o con Lussu, nel luglio del 1929, e p r o p o n e v a all'antifascismo u n a formula dinamica e attiva c h e voleva p u n t a r e , q u a n d o u n a crisi si fosse aperta, «sugli obbiettivi decisivi: le armi, le masse, il potere». Molti, nella Concentrazione, furono impensieriti da un p r o g r a m m a che p r e s u p p o n e v a un lavoro di p e n e t r a z i o n e politica in Italia. Nell'ottobre di quello stesso '29 Rosselli aveva fondato il m o v i m e n t o rivoluzionario «Giustizia e Libertà» che p r o p u g n a v a a p p u n t o il p a s s a g g i o all'azione p e r c h é «in Italia la g e n t e è stufa dello spezzatino antifascista che g i u s t a m e n t e c o n s i d e r a u n a delle massime cause della n o s t r a sconfitta». In quel p e r i o d o si ebbe u n a recrudescenza di gesti spettacol a r m e n t e dimostrativi e di attentati: recrudescenza che n o n riuscì n e p p u r e a scalfire la saldezza d e l R e g i m e , ma c h e p o r t ò alla ribalta un antifascismo diverso da quello dei poli297

tici, più audace, a volte guerrigliero e terroristico. La fiamm a t a n o n appiccò alcun incendio, ma Turati ne fu confortato: «Propaganda, aeroplani, b o m b e ? Tutto meglio di nulla». U n a i m p r e s a d i n a m i t a r d a , i n u t i l m e n t e c r u d e l e , aveva già funestato il 12 aprile 1928 l'inaugurazione della Fiera di Milano, dove era atteso il Re. Pochi m i n u t i p r i m a che Vittorio E m a n u e l e I I I vi giungesse era esploso un o r d i g n o , che aveva causato venti m o r t i e q u a r a n t a feriti. I suoi a u t o r i rim a s e r o ignoti, né se ne conobbe mai la matrice politica. Più d i r e t t a m e n t e ispirata dalla ribellione di «Giustizia e Libertà» f u r o n o l'attentato di F e r n a n d o De Rosa che s p a r ò - senza colpirlo - c o n t r o il p r i n c i p e ereditario U m b e r t o , a Bruxelles, il 24 o t t o b r e 1929, e il volo di G i o v a n n i Bassanesi, nel luglio del '30. Bassanesi e r a un valdostano chiuso e taciturno - forse sintomi della malattia mentale che più tardi lo costrinse al manicomio - e, e n t r a t o a Parigi nell'orbita di «Giustizia e Libertà», aveva p r e s o il b r e v e t t o di pilota. C o n un m o n o m o t o r e F a r m a n , il cui acquisto era stato finanziato da Carlo Rosselli, decollò da un c a m p o di f o r t u n a in Svizzera I T I luglio 1930 e lanciò su Milano 150 mila manifestini antifascisti. Mussolini, furioso e insieme a m m i r a t o , se la prese con Bocchini, che faticò ad a c q u e t a r l o . Riuscito fortunosam e n t e ad a t t e r r a r e in Svizzera, Bassanesi vi fu processato, e c o n d a n n a t o a u n a lieve p e n a . L a u r o De Bosis, a u t o r e di un altro «beau geste» di stamp o d a n n u n z i a n o , e r a i l p r o d o t t o d i u n c e p p o ideologico m o l t o diverso. T r e n t e n n e era stato tra i fondatori della Alleanza Nazionale, che ebbe vita breve, e che avrebbe voluto un'azione antifascista favorita e a p p r o v a t a dalla Monarchia e dalla Chiesa. T r a coloro che i n c o r a g g i a r o n o la Alleanza Nazionale furono Benedetto Croce, Mario Vinciguerra, G i o v a n n i A n t o n i o C o l o n n a d i C e s a r ò , U m b e r t o Zanotti Bianco, p a d r e Rosa della Civiltà Cattolica ( V i n c i g u e r r a fu arrestato e la formazione si dissolse poco d o p o ) . Il p a d r e di De Bosis e r a un manager di alto livello e un letterato assai fin e , la m a d r e u n ' a m e r i c a n a . A Parigi il ragazzo n o n riscosse 298

simpatie tra i veterani del fuoruscitismo. C a m p a v a facendo il p o r t i e r e d'albergo e i n t a n t o p r e p a r a v a c o c c i u t a m e n t e la sua i m p r e s a («il mio tecnico dice che ho u n a probabilità su dieci di riuscire, ma questo è molto più di q u a n t o mi occorra»). Si alzò in volo da Marsiglia, con un piccolo m o n o m o t o re, il 3 ottobre 1931, giunse in vista di R o m a sull'imbrunire, lanciò q u a l c h e migliaio di manifesti m i r a n d o s o p r a t t u t t o a Palazzo Venezia dove già e r a n o accese, nella sala del M a p p a m o n d o , le luci dell'insonne. N o n aveva sufficiente carbur a n t e p e r a t t e r r a r e in Corsica, come progettava, e si inabissò in m a r e . L'indifferente città e t e r n a n o n si accorse dell'accaduto. U n mese p r i m a , a G e n o v a , u n d i n a m i t a r d o , D o m e n i c o B o v o n e , e r a stato g r a v e m e n t e ferito d a u n «incidente sul lavoro» m e n t r e p r e p a r a v a un o r d i g n o a orologeria. La mad r e , che viveva con lui, m o r ì nello scoppio. Bovone confessò di avere c o m p i u t o in p r e c e d e n z a alcuni gesti terroristici, e il T r i b u n a l e speciale lo c o n d a n n ò a m o r t e . Fu giustiziato. Così p u r e furono c o n d a n n a t i a m o r t e , e fucilati, tra il '31 e il ' 3 2 , Michele S c h i r r u e A n g e l o S b a r d e l l o t t o , accusati di aver p r e p a r a t o attentati alla vita del Duce. Il t e r r o r i s m o fu in quei mesi p r e o c c u p a n t e , p e r la polizia del R e g i m e (due d i p e n d e n t i delle ferrovie e r a n o stati sfracellati, a R o m a , dalla esplosione di un o r d i g n o allo scalo T i b u r t i n o ) . Mussolini sentì la necessità di p r o n u n c i a r e un d u r o m o n i t o . «La Rivoluzione che r i s p a r m i ò i suoi nemici nel 1922 li m a n d a oggi, li m a n d e r à d o m a n i al m u r o , t r a n q u i l l a m e n t e . E più forte, q u i n d i , oggi di allora. Q u a n t i fra i nostri nemici opin a n o n o n esservi rivoluzione sino a q u a n d o n o n funzionano i plotoni di esecuzione, possono p r e n d e r n e atto.» Qualche a n n o p i ù tardi (aprile 1938) il Duce doveva t o r n a r e sull ' a r g o m e n t o : «In t u t t o t r e fucilati p e r a v e r a t t e n t a t o alla mia vita o p e r aver commesso atti di t e r r o r i s m o . Avrei usato clemenza a Sbardellotto e Schirru. Ma Sbardellotto, vent i d u e n n e , c h e r i s p o s e all'invito a f i r m a r e la d o m a n d a di grazia d i c h i a r a n d o di r i m p i a n g e r e di n o n aver p o t u t o com299

piere l'attentato; ma Schirru, anarchico, ottimo c o m b a t t e n te della g r a n d e g u e r r a , che grida la sua fede davanti al plot o n e d'esecuzione, sono v e r a m e n t e u o m i n i d e g n i d i u n d e stino migliore di quello che la m o r t e ha loro riservato. Io n o n potevo i m p e d i r e alla legge di funzionare, n o n potevo, p e r debolezza o p e r sentimentalismo, g a r a n t i r e l ' i m p u n i t à ai miei nemici o p p u r e , p e r far piacere alle libertà d e m o c r a tiche, t r a s f o r m a r m i in un bersaglio a disposizione del p r i m o venuto». Carlo Rosselli e «Giustizia e Libertà», con la loro strategia d'attacco, n o n d a v a n o fastidio soltanto a Mussolini. Davano fastidio a n c h e ad e s p o n e n t i tra i più autorevoli della C o n c e n t r a z i o n e antifascista c h e d i s s e n t i v a n o d a l o r o sia p e r scrupoli legalitari, sia p e r c h é t e m e v a n o la reazione del Reg i m e . Bocchini n o n e r a u n poliziotto che volesse asprezze superflue: ma, di fronte a precise minacce, era p r o n t o a dar e u n giro d i vite. L a C o n c e n t r a z i o n e s e m b r a v a i n t a n t o rafforzarsi, a l m e n o dal p u n t o d i vista s t r u t t u r a l e , i n t a n t o p e r c h é i d u e t r o n c o n i del p a r t i t o socialista esiliato si e r a n o ricongiunti, e poi p e r c h é alla fine del 1931 Rosselli, che aveva a l u n g o diffidato della «atmosfera nebulosa e messianica» in cui i fuorusciti vivevano «alla g i o r n a t a , a t t e n d e n d o l'evento risolutivo», accettò di i m m e t t e r e «Giustizia e Libertà» nella coalizione antifascista. Questa intesa n o n d u r ò a lungo, la v a m p a t a dell'azione si esauriva, e i suoi effetti e r a n o nulli. Le sconfitte disgregarono la alleanza. T a n t o e r a sicuro il Regime che, celebrando il Decennale, aveva concesso u n a amnistia e un indulto estesi, a l m e n o parzialmente, a n c h e ai reati politici. Secondo le notizie ufficiali f u r o n o liberati 639 d e t e n u t i (su 1.059) e 595 confinati. Diversi fuorusciti, cui e r a stata inflitta la revoca della cittadinanza, la r i o t t e n n e r o : tra gli altri Salvemini e De Ambris. Nel g i u g n o d e l 1934 la C o n c e n t r a z i o n e antifascista fu sciolta, e ne diede atto Modigliani in u n a relazione che aveva il t o n o e l'amarezza di u n a orazione funebre. C o n t e m p o 300

r a n c a m e n t e La Libertà cessò le pubblicazioni. Modigliani riconobbe che l'ascesa di Hitler aveva «aiutato il Regime m u s soliniano sia a rafforzare la sua manomissione all'interno sia ad a t t e n u a r e le ostilità e le antipatie all'esterno». Queste difficoltà dell'antifascismo a v e v a n o a c c e n t u a t o la d i v e r g e n z a tra «Giustizia e Libertà» che voleva - così la definiva Modigliani - «una rivoluzione individualista» e coloro che sosten e v a n o n o n esservi possibilità di riuscire «se n o n nel g i o r n o in cui le masse a v r a n n o r i o t t e n u t o la loro capacità di azione». «Dopo le esperienze fatte militando nei g r u p p i di "Giustizia e Libertà" creati n e l l ' i n t e r n o del paese p e r lo p i ù da socialisti - continuava la relazione - alcuni c o m p a g n i in Italia sono giunti alla conclusione che e r a t e m p o di r i n u n c i a r e alle illusioni di un rivoluzionarismo a l q u a n t o primitivo, incapace di t r a s c i n a r e le masse.» (Nella t e r m i n o l o g i a attuale l'accusa è di «avventurismo».) In effetti il p i ù serio colpo a «Giustizia e Libertà» e r a stato p o r t a t o dalla infiltrazione nelle sue file di u n a spia, dal c h e e r a d e r i v a t o l ' a r r e s t o (con c o n d a n n e da sei a venti a n n i di reclusione) p e r Bauer, Parri, Ernesto Rossi e altri rimasti in patria. U m b e r t o Ceva, angosciato dal t r a d i m e n t o , si uccise in carcere. Lo stesso Modigliani citava, p r i m a di a r r i v a r e all'ultima e p i ù p e n o s a p a r t e del suo r a p p o r t o , «la sorte d e l n o s t r o eroico Pertini arrestato a Pisa e c o n d a n n a t o a dieci a n n i di reclusione». Si c o n t r a p p o n e v a n o d u n q u e , nella diagnosi di Modigliani, d u e tattiche, quella di «Giustizia e Libertà» e quella dei socialisti. Il dissidio n o n e r a sanabile. «I dirigenti all'estero di "Giustizia e Libertà" p r e t e n d e v a n o di riservarsi n o n si sa q u a l e p r e m i n e n z a di azione a l l ' i n t e r n o del p a e s e e n o n si scostarono d a l loro p i a n o di voler i m p a d r o n i r s i del movim e n t o socialista italiano. E q u a n d o ogni tentativo di un accordo si manifestò inutile, n o n ci fu p i ù nessuno che potesse c r e d e r e che la Concentrazione avrebbe p o t u t o sopravvivere a questa scossa mortale.» Tre anni d o p o lo scioglimento della C o n c e n t r a z i o n e , Carlo Rosselli e il fratello Nello furono assassinati nei d i n t o r n i di Bagnoles-sur-l'Orne da cagoulards 301

francesi, istigati da Galeazzo Ciano, divenuto ministro degli Esteri, attraverso i servizi segreti italiani. Il collasso della e m i g r a z i o n e antifascista, o a l m e n o della sua organizzazione, aveva seguito di poco, e p r o b a b i l m e n t e n o n senza motivo, un n u o v o plebiscito indetto dal Regime a cinque a n n i di distanza dal p r e c e d e n t e . Si votò il 25 marzo. I comunisti, a n c h e con un appello lanciato da G i u s e p p e Di Vittorio, che si trovava a Parigi, avevano invitato i lavoratori a n o n astenersi («Votate no!»), m e n t r e i socialisti avevano lasciato ai loro simpatizzanti la scelta tra il no e l'astensione. «Giustizia e Libertà» aveva tentato di diffondere francobolli raffiguranti antifascisti processati dal T r i b u n a l e speciale. A n d ò alle u r n e il 96,25 p e r c e n t o degli iscritti e i sì furono oltre dieci milioni c o n t r o 15 mila n o . D o b b i a m o r i p e t e r e , a n c h e p e r questo plebiscito, che la intimidazione, la costrizione psicologica, il t a m b u r e g g i a m e n t o propagandistico assicuravano in p a r t e n z a al fascismo u n a valanga di approvazioni: m a l'esiguo n u m e r o dei n o r a p p r e s e n t ò n o n solo i l frutto della dittatura, e dei suoi meccanismi, ma a n c h e il sint o m o di u n a autentica adesione di massa al fascismo. Si fosse votato in tutta libertà, Mussolini avrebbe a n c o r a trionfato, s e p p u r e in m o d o m e n o schiacciante. Lelio Basso dovette riconoscere, scrivendo a Parigi su Politica socialista, che «il fascismo è o r m a i u n ' a b i t u d i n e , u n a realtà m a g a r i a n c h e imp o r t u n a , della quale si p u ò b r o n t o l a r e o r i d e r e volta a volta, ma che nessuno p e n s e r e b b e seriamente a m e t t e r e in discussione». Perciò, secondo Basso, era ormai inutile p a r l a r e agli italiani di «difesa delle libertà democratiche», ma si doveva p a r l a r e loro «di cose che conoscono, delle esperienze che viv o n o , dei p r o b l e m i che li a n g u s t i a n o o g n i g i o r n o , di tutto quanto insomma forma da anni ormai e formerà p e r anni a n c o r a la sostanza della loro attività». In questa atmosfera deve essere i n q u a d r a t o un tentativo di r i a v v i c i n a m e n t o al fascismo - dai fuorusciti g i u d i c a t o «grave cedimento» e poco m e n o che t r a d i m e n t o - c o m p i u t o dall'ex sindaco socialista di Milano avvocato Emilio Caldara. 302

T r a m i t e u n e s p o n e n t e socialista c h e e r a r i m a s t o i n b u o n i t e r m i n i con il Duce, Caldara chiese un colloquio a Mussolini, e l ' o t t e n n e . In u n a lettera a Missiroli aveva spiegato le sue intenzioni. «Vi sono n o n pochi cittadini che da a n n i sono doverosamente in disparte, m a n t e n e n d o equilibrio di p e n s i e r o e di c o n d o t t a e fede alle l o r o idealità socialiste. O r a , di fronte agli sviluppi che il R e g i m e i n t e n d e d a r e allo Stato c o r p o r a t i v o , o r i e n t a n o r e a l i s t i c a m e n t e v e r s o questi sviluppi il loro p e n s i e r o politico. D i r e b b e r o volentieri ai lavoratori u n a parola di fede e di persuasione.» Mussolini ricevette C a l d a r a il 18 aprile 1934, lo ascoltò c o r t e s e m e n t e , affermò che le Corporazioni e r a n o «un p u n t o di partenza», e b b e un u n i c o scatto q u a n d o il suo i n t e r l o c u t o r e a c c e n n ò alla necessità di d a r e m a g g i o r e libertà ai cittadini, e ai lavoratori in particolare. «Libertà al g r u p p o , n o n all'individuo» sentenziò. C a l d a r a s e n e a n d ò , senza aver o t t e n u t o a l c u n a p r o m e s s a , e in sostanza l ' a p p r o c c i o finì lì. La verità è che Caldara n o n aveva nulla da offrire, p e r c h é la p r e s a dei partiti antifascisti sulle masse era minima, e il Duce d'altro canto n o n voleva c o n c e d e r e n e p p u r e la p i ù piccola fetta del p o tere che il Regime aveva conquistato. In questo vide giusto, d a l suo p u n t o di vista. D o p o la g u e r r a d ' E t i o p i a , in cui la popolarità del fascismo raggiunse il suo apice, lo scoraggiam e n t o degli antifascisti, e le diserzioni dalle loro file, si fecero ancora più frequenti, fino ad assumere in qualche mom e n t o un carattere di frana.

PARTE S E C O N D A

L'IMPERO

CAPITOLO SETTIMO

L'ODIATO P U P I L L O

Anche d o p o il discorso del 3 gennaio 1925, e le p r i m e misure p e r la instaurazione della dittatura, Mussolini si era mosso, in politica estera, con p r u d e n z a . Messa agli archivi l'avv e n t u r a di Corfù del 1923, aveva parlato di «politica di raccoglimento e di fermezza». Ogni tanto si concedeva, soprattutto p e r la vetrina, qualche gesto o dichiarazione gladiatoria, più ad uso i n t e r n o che e s t e r n o . Ma n o n esagerava. Gli ambasciatori delle g r a n d i p o t e n z e a Roma, o gli statisti che vi giungevano in visita, si t r o v a r o n o di fronte un interlocutore assai m e n o imprevedibile e bizzoso di q u a n t o temessero. Nella p r i m a v e r a del 1925 il ministero degli Esteri era stato «fascistizzato» affiancando al titolare, Mussolini stesso, un sottosegretario. Lo avevano chiesto alcuni a m b i e n t i del fascismo i n t r a n s i g e n t e , i quali t e m e v a n o che il loro capo p o tesse essere i m p r i g i o n a t o e irretito dalla «carriera», a n c o r a d o m i n a t a da u o m i n i tiepidi o agnostici verso il r e g i m e , di cui essi v e d e v a n o l'esecrata incarnazione nel segretario generale C o n t a r m i . Alla carica di sottosegretario fu n o m i n a t o Dino G r a n d i . La scelta era stata oculata. C o m e fascista della p r i m a o r a cui e r a n o stati p e r d o n a t i i t e n t e n n a m e n t i dell'ott o b r e 1922, G r a n d i d a v a p i e n a g a r a n z i a a l p a r t i t o ; c o m e m o d e r a t o piaceva al Re e ai conservatori. Per di più e r a intelligente, dotato di fascino personale e di comunicativa, ansioso di acquistare prestigio sul p i a n o internazionale. In politica estera Mussolini era, c o m e in quella i n t e r n a , un p r a g m a t i c o . N o n aveva un p r o g r a m m a a l u n g a gittata: mai egli formulò qualcosa che potesse essere p a r a g o n a t o al millenaristico Metri Kampf di Hitler. Ma e r a sollecitato da 307

u n a serie di motivazioni p e r m a n e n t i , e la p i ù p e r m a n e n t e di tutte era il prestigio. Voleva affermare il principio di u n a Italia «uguale» alle altre g r a n d i p o t e n z e e u r o p e e , riechegg i a n d o in q u e s t o il p e r e n n e t e m a dell'«iniquo» t r a t t a t o di Versailles e della pace «mutilata». Uguaglianza dell'Italia significava, in particolare, avversione ai disegni di e g e m o n i a continentale della Francia. Il r a p p o r t o , psicologico e politico, di Mussolini con la Francia e b b e s e m p r e le c a r a t t e r i s t i c h e dell'«amore-odio». La sua d i s o r d i n a t a c u l t u r a e r a in larga p a r t e francese, le glorie e i p e r s o n a g g i della storia di Francia - la rivoluzione, N a p o l e o n e - lo affascinavano. Ma la Francia era a n c h e u n a tipica democrazia p a r l a m e n t a r e , il m o d e l l o di quel r e g i m e che s a r e b b e poi stato r i a s s u n t o , dalla p r o p a g a n d a fascista più becera, nella formula «demo-pluto-giudo-liberal-massonico». Parigi e r a il c e n t r o di raccolta degli antifascisti emigrati o fuggiti, che vi avevano insediato le loro organizzazioni e le loro pubblicazioni, e che vi trovavano a p p o g g i e solidarietà. E p e r di più aveva, agli occhi di Mussolini, un difetto di cui n o n bisogna sottovalutare l'importanza psicologica: lasciava m a n o libera ai caricaturisti e agli chansonniers che lo p r e n d e v a n o a bersaglio. Di q u e s t a Francia c h e sotto sotto a m m i r a v a , e a cui si sentiva legato, Mussolini volle tenacem e n t e ostacolare, in quegli a n n i , i disegni e u r o p e i e balcanici, p u r senza t e n d e r e la corda oltre un certo limite. «Litigi spesso, r o t t u r a mai» aveva detto nel 1926 al ministro degli Esteri inglese Austen C h a m b e r l a i n . Ma se temeva la Francia p e r quello che era, Mussolini temeva la G e r m a n i a p e r quello che poteva diventare. HAnschluss - cioè l'unione con l'Austria - era la sua ossessione, ogni accenno dei tedeschi, anche i tedeschi ben intenzionati della Repubblica di Weimar, all'Alto Adige e alla sorte dei suoi cittadini alloglotti, lo faceva a n d a r e sulle furie. «Quella gente - dichiarò in u n a intervista del febbraio 1926 - n o n ha dim e n t i c a t o n i e n t e , n o n si è rassegnata a n i e n t e ed è ancora attaccata ai suoi sogni di ieri. Il pericolo g e r m a n i c o dovreb308

be avvicinare s e m p r e di più l'Italia e la Francia.» Ma la diffid e n z a p e r la G e r m a n i a n o n gl'impediva di essere, in linea generale, favorevole a u n a q u a l c h e revisione dei trattati di pace, intanto p e r c h é l'Italia si considerava più tra le vittime che tra i beneficiari di essi, poi p e r c h é la cancellazione delle riparazioni di g u e r r a , d o v u t e dai Paesi vinti, avrebbe comp o r t a t o a n c h e la cancellazione dei debiti di g u e r r a , di cui e r a v a m o o b e r a t i ; infine p e r c h é q u e s t a politica, p r a t i c a t a verso l ' U n g h e r i a e l'Austria, disturbava i piani francesi nel bacino d a n u b i a n o e nei Balcani. I l p u n t o f e r m o della d i p l o m a z i a m u s s o l i n i a n a e r a , p e r allora, l'amicizia dell'Inghilterra, preziosa p e r bilanciare la p o t e n z a francese e la minaccia tedesca, e indispensabile p e r o t t e n e r e via libera ad un qualche tipo di espansione nel Med i t e r r a n e o e in Africa: espansione politica ed economica che «non c o m p o r t a v a obbligatoriamente», in questa p r i m a fase, « g u e r r e p e r la conquista di t e r r i t o r i di colonizzazione». E infatti p r o p r i o a L o n d r a la politica estera fascista raccolse, inizialmente, i migliori successi. Essi f u r o n o propiziati a n che dal complesso di superiorità degli inglesi, che consideravano il fascismo un regime rozzo, ma a p p u n t o p e r questo adatto a un p o p o l o di scarsa coscienza democratica come l'italiano, e un r i m e d i o brutale ma efficace contro il «dragone rosso». II ministro degli Esteri Austen C h a m b e r l a i n , classico conservatore di stile vittoriano, strinse con il Duce r a p p o r t i anche p e r s o n a l m e n t e cordiali. Ed è n o t o che W i n s t o n C h u r chill, cancelliere dello scacchiere in quello stesso g o v e r n o Baldwin, e b b e molta a m m i r a z i o n e p e r Mussolini. Gli fece visita a Palazzo Chigi nel 1927, a c c o m p a g n a t o dalla sua g u a r d i a del c o r p o , l'ispettore di polizia Walter T h o m p s o n . Poiché Churchill, m e n t r e si a p p r e s t a v a a e n t r a r e nello studio di Mussolini, aveva il sigaro in bocca, un agente di servizio lo invitò a buttarlo. Churchill lo fece. Ma q u a n d o , varcata la soglia, si accorse che Mussolini restava s e d u t o , trasse dal p o r t a s i g a r i d ' o r o un altro Avana, lo accese c o n c u r a 309

t r a e n d o n e densi sbuffi, q u i n d i si avviò con aria p r o v o c a n t e verso la scrivania del D u c e . Ma questi, che q u a n d o u r t a v a c o n t r o q u a l c u n o capace di tenergli testa sapeva d i v e n t a r e malleabile e accattivante, trovò p e r Churchill il t o n o giusto. Lo statista inglese ne fu conquistato. Dichiarò, d o p o il colloquio, alla stampa: «Fossi stato italiano, c e r t a m e n t e sarei stato c o n voi di c u o r e , dal p r i n c i p i o alla fine della lotta vittoriosa c o n t r o gli appetiti bestiali e le passioni del leninismo». P u r nella sua iniziale cautela, la politica estera mussoliniana conteneva tuttavia, e rivelava a tratti, le c o m p o n e n t i dinam i c h e che a v r e b b e r o p o r t a t o il fascismo al suo massimo trionfo, la g u e r r a di Etiopia: e alla sua rovina, la g u e r r a m o n diale. Le dittature d e b b o n o s e m p r e muoversi, e se possibile divorare qualcosa p e r dimostrare di essere vive. Questo vale p e r la politica interna come p e r la politica estera. Il grido di dolore della g r a n d e proletaria, che si era mossa con Giolitti p e r conquistare lo «scatolone di sabbia» che solo c i n q u a n t a n ni più tardi avrebbe rivelato d'essere un forziere di o r o n e r o , riecheggiava nei discorsi di Mussolini. «Ci sono attorno all'Italia paesi che h a n n o u n a p o p o l a z i o n e inferiore alla nostra ed un territorio d o p p i o del nostro. Ed allora si c o m p r e n d e come il p r o b l e m a della espansione italiana nel m o n d o sia un p r o b l e m a di vita o di m o r t e p e r la razza italiana. Dico espansione: espansione in ogni senso, morale, politico, economico, demografico.» Mussolini in quel m o m e n t o n o n p e n s a v a ad un conflitto e u r o p e o e n o n aveva, c o n c r e t a m e n t e , dei piani p e r u n a g u e r r a coloniale. M a n o n poteva a p p a r i r e c o m e i l c o n s e r v a t o r e dello status quo. E p e r q u e s t o aveva creato - c o m ' è tipico dei dittatori - u n a «diplomazia parallela» di suoi fiduciari politici o ideologici che spesso ostacolò e contraddisse quella ufficiale e tradizionale, ma di cui n o n si deve sopravvalutare l'importanza. Qualche missione speciale, un compito vago di a p p o g g i o all'azione diplomatica affidato ai fasci all'estero, poco d'altro, p e r lungo t e m p o . Il fascismo-dittatura esordì, in politica estera, con la partecipazione a un patto (quello di L o c a m o ) che avrebbe do310

vuto i n a u g u r a r e in E u r o p a , s e c o n d o le s p e r a n z e di molti, un n u o v o p e r i o d o di c o l l a b o r a z i o n e e di p a c e . C o n q u e l trattato la Francia e la G e r m a n i a si i m p e g n a v a n o a n o n aggredirsi a g g i u n g e n d o con ciò alle g a r a n z i e già statuite nel trattato di Versailles u n a ulteriore garanzia p e r le frontiere tedesche con Francia e Belgio, m e n t r e G r a n Bretagna e Italia garantivano a loro volta questo accordo. L'iniziativa di L o c a m o e r a stata vista c o n s o s p e t t o da Mussolini, soprattutto p e r u n a ragione: essa «raddoppiava» la difesa della Francia, ma lasciava senza garanzie la frontiera del B r e n n e r o . Per p o t e r vantare u n a parità internazionale con l'Inghilterra, l'altra garante, e anche p e r n o n restare isolato, Mussolini si r a s s e g n ò a firmare. Ma n o n p e r s e p i ù occasione di d i c h i a r a r e che lo spirito di L o c a m o si a n d a v a «decolorando», che le illusioni da esso suscitate e r a n o mal riposte, e che la corsa agli a r m a m e n t i n o n ne era stata minim a m e n t e frenata: il che era vero. Per sottoscrivere il 16 o t t o b r e 1925 il trattato, Mussolini t o r n ò , da C a p o del governo, in Svizzera. A questo suo viaggio oltre frontiera n o n ne seguirono altri p e r 12 anni. Forse un i n c i d e n t e con i giornalisti c o n t r i b u ì all'avversione di Mussolini p e r gli ambienti esteri nei quali n o n fosse protetto - c o m e sarebbe accaduto in G e r m a n i a d o p o l'avvento di Hitler - dallo s c u d o di u n a p r o p a g a n d a amica, e nei quali n o n gli venisse garantita u n a «passerella» tappezzata di a p plausi ed elogi. Duecento c o r r i s p o n d e n t i incaricati di seguire i lavori della conferenza si e r a n o i m p e g n a t i a boicottare u n ' e v e n t u a l e conferenza s t a m p a del Duce che, i n f o r m a t o ne, affrontò nel salone del Palace H o t e l l'inviato del Daily Herald, G e o r g e S l o c o m b e , p o r t a v o c e dei c o r r i s p o n d e n t i esteri. «Ebbene, va s e m p r e avanti il comunismo?» d o m a n d ò Mussolini, c o r r u c c i a t o , a S l o c o m b e . « N o n s a p r e i dirvelo, n o n s o n o c o m u n i s t a » fu la risposta. «Bene, allora mi sbaglio» b o r b o t t ò Mussolini allontanandosi. Al che George Nyples, un o l a n d e s e , gli lanciò alle spalle un «già, a lei capita spesso». 311

I frutti di L o c a m o furono effìmeri, a n c h e p e r c h é in Germ a n i a , eletto il vecchio maresciallo H i n d e n b u r g alla presid e n z a della Repubblica, già si profilava il revanscismo; e la Francia reagiva alla minaccia r i a r m a n d o s i . C o n t r o la Francia si accaniva di p i ù la s t a m p a fascista: e alla Francia Mussolini p r e s e n t a v a , con a r r o g a n z a verbale, u n «Cahier d e doléances» che a n d a v a dalla spartizione ingiusta dei m a n dati coloniali allo statuto degl'italiani di Tunisi, da u n a p i ù favorevole sistemazione dei confini meridionali della Tripolitania alla m a n o libera nei Balcani, e alla situazione dei fuorusciti antifascisti. P r o p r i o nei Balcani, in quello scorcio di a n n i , l'Italia raggiungeva, con re Zog di Albania, un accordo che inseriva saldamente il piccolo Stato nell'orbita italian a , stabilendo un r a p p o r t o di alleanza e p r o t e z i o n e c h e il De Felice ha p a r a g o n a t o a quello tra l'Inghilterra e il Portogallo e che impensieriva, n a t u r a l m e n t e , la Jugoslavia. Fu in questa fase più ringhiosa che minacciosa che la politica estera italiana passò, nel settembre del 1929, da Mussolini a D i n o G r a n d i , p r o m o s s o m i n i s t r o . N o n si t r a t t ò , è evid e n t e , di u n a d e l e g a totale. Il d i t t a t o r e , al cui filtro e r a n o sottoposte a n c h e le n o m i n e m i n o r i di funzionari e dispacci giornalistici insignificanti, avocava a sé le g r a n d i decisioni. Ma queste e r a n o , in quel m o m e n t o , più insistite e p e r e n t o rie in altri settori che in quello dei r a p p o r t i internazionali, dove n o n e r a n o tanto in discussione i singoli atteggiamenti q u a n t o u n a «linea». G r a n d i aveva ricevuto la carica in occasione del g r a n d e r i m p a s t o ministeriale grazie al quale, c o m e a b b i a m o già visto, Mussolini si era spogliato di quasi tutti i ministeri che via via era a n d a t o accentrando nella sua persona. Probabilmente, alla r i n u n c i a agli affari esteri, aveva c o n t r i b u i t o anche l'impedimento dei viaggi. Sia p e r motivi di sicurezza, sia per la già a c c e n n a t a riluttanza ad affrontare a m b i e n t i stranieri freddi o ostili, il Duce mal si adattava, come sarebbe stato utile, agli scambi di visite e di incontri: e l'invio di un sottose312

gretario era a volte i n a d e g u a t o e male accetto. Ma l'avvento di G r a n d i c o m p o r t a v a qualcosa di sostanziale. G r a n d i , che nei q u a t t r o a n n i del suo sottosegretariato si era scrupolosam e n t e p r e p a r a t o al compito (aveva a n c h e i m p a r a t o ottimam e n t e l'inglese) e vi si era dimostrato perfettamente tagliato, aveva u n a sua linea, o meglio u n a sua interpretazione della linea m u s s o l i n i a n a . A n c h e lui voleva ostacolare i tentativi francesi di e g e m o n i a continentale e p o r r e l'Italia, su un piano di totale uguaglianza, nel «direttorio europeo»; anche lui appoggiava m o d e r a t a m e n t e la t e n d e n z a alla revisione delle nazioni sconfitte; anche lui invocava p e r l'Italia il diritto alla espansione verso l'Africa. Ma p e r o t t e n e r e questi scopi p u n tava su u n a politica di solidarietà e d'intesa con le d e m o c r a zie, specialmente con l'Inghilterra di cui fu s e m p r e g r a n d e a m m i r a t o r e , e su u n o s t r u m e n t o verso il quale il fascismo, nella sua ideologia e nei suoi uomini, nutriva u n a p r o f o n d a diffidenza: la Società delle Nazioni. Il r a g i o n a m e n t o di G r a n d i era semplice e, in astratto, razionale. L'Italia e r a t r o p p o debole e s o p r a t t u t t o t r o p p o p o vera p e r potersi p e r m e t t e r e u n a politica competitiva sul piano degli a r m a m e n t i . Doveva d u n q u e sostenere la tesi della parità, ma su un livello che gliela r e n d e s s e accessibile. Nello stesso t e m p o l'Italia d o v e v a evitare d i d a r e u n ' i m p r o n t a ideologica alla sua politica estera, p e r p o t e r giuocare su più scacchieri (tipico il caso degli approcci con l'Unione Sovietica, che il g o v e r n o fascista era stato del resto tra i p r i m i a riconoscere). Q u a n t o a un'eventuale - molto eventuale espansione in Africa, solo col consenso della Francia e dell ' I n g h i l t e r r a l'Italia p o t e v a p e r s e g u i r l a . E il t e r r e n o ideale p e r questo tipo di diplomazia e r a la Società delle Nazioni. Questa impostazione n o n i m p e d ì a G r a n d i di p r o m u o v e re contatti coi m o v i m e n t i filofascisti dei vari Paesi. Ma mai fino al p u n t o di t u r b a r e i r a p p o r t i coi governi. La sua diplomazia m o r b i d a offriva del fascismo - che già si era conciliato con la Chiesa - u n a i m m a g i n e rassicurante. Q u e s t o m e t o d o d i e d e inizialmente b u o n i frutti: c o m e nella conferenza na313

vale di L o n d r a del 1930 dove la Francia, che n o n i n t e n d e v a essere legata da u n a p a r i t à degli a r m a m e n t i con l'Italia, si trovò in posizione di disagio, e quasi costretta a sconfessare, dal suo p u l p i t o d e m o c r a t i c o , i b u o n i p r o p o s i t i che verbalm e n t e andava e n u n c i a n d o . Ma a l u n g o a n d a r e rivelò le sue contraddizioni. La situazione cambiava infatti più r a p i d a m e n t e di quant o G r a n d i avesse p r e v i s t o . L a G e r m a n i a , cessata praticam e n t e la sua condizione di nazione sorvegliata e giuridicam e n t e «minorata», si riaffacciava alla ribalta, m o r t o Stresem a n n , con il volto c a t t o l i c o - c o n s e r v a t o r e di B r ù n i n g e di Von Papen; e infine con i baffetti inquietanti di Hitler; Francia e I n g h i l t e r r a si riavvicinavano i n t a n t o p e r p o t e r conten e r e la r i p r e s a politica e militare tedesca. All'Italia, con la m a n o v r a c h e G r a n d i aveva ideata, restava p o c o spazio, e Mussolini ne voleva m o l t o , p e r sfruttare le sue doti di o p portunista. Il 20 luglio 1932 G r a n d i fu destituito, e inviato ambasciatore a L o n d r a . In u n o sfogo all'ambasciatore C a n t a l u p o il Duce motivò così la sua decisione: «In tre a n n i G r a n d i ha sbagliato tutto. Si è lasciato i m p r i g i o n a r e dalla Lega delle Nazioni, ha praticato u n a politica pacifista e societaria, ha fatto l ' u l t r a d e m o c r a t i c o e il s u p e r g i n e v r i n o , ha p o r t a t o l'Italia fuori dal binario rigido di u n a politica, ha c o m p r o m e s s o alc u n e ambizioni della n u o v a g e n e r a z i o n e , è a n d a t o a letto con l'Inghilterra e con la Francia, e siccome i maschi e r a n o quelli, l'Italia e r a r i m a s t a g r a v i d a di d i s a r m o » . C o n previsione azzeccata Mussolini aggiunse che p r o b a b i l m e n t e u n a g u e r r a a n d a v a p r e p a r a n d o s i s p o n t a n e a m e n t e , e forse int o r n o al 1940 sarebbe scoccata p e r l'Italia «l'ora cruciale». S e c o n d o C a n t a l u p o , Mussolini «non attribuiva all'America un ruolo di g r a n d e i m p o r t a n z a : la considerava disinteressata all'evoluzione del m o n d o m o d e r n o (sic)». Insieme a intuizioni quasi profetiche, il Duce dimostrava così la limitatezza provinciale del suo orizzonte internazionale. 314

La caduta di G r a n d i provocò esultanza in molti ambienti fascisti. Italo Balbo se ne fece i n t e r p r e t e con un articolo sul Popolo d'Italia (approvato nel suo complesso, e c e n s u r a t o in alcuni passaggi c o n s i d e r a t i t r o p p o a s p r i , da Mussolini) al quale l'ex ministro degli Esteri reagì l a m e n t a n d o n e , in u n a lettera al Duce, il t o n o «canagliesco e vigliacco». Ma a n c h e Mussolini n o n p o t è far m o l t o - t r a n n e u n a m a g g i o r e aggressività della p r o p a g a n d a , e u n a più accentuata ideologizzazione dei temi di politica estera - p e r modificare subito la linea di G r a n d i . Le svolte gli e r a n o i m p o s t e d a l l ' e s t e r o , e l'edificio e u r o p e o era squassato dal vento di Berlino. Mussolini n o n aveva capito, all'inizio, l ' i m p o r t a n z a del m o v i m e n t o nazional-socialista, né la forza politica che, sotto l'apparenza di un u o m o «un p o ' risibile e un p o ' invasato che aveva scritto u n ' o p e r a , il Mein Kampf, illeggibile» - sono parole sue - si nascondeva in Hitler. Il fallimento del putsch di M o n a c o del 1923 l'aveva convinto della goffaggine m a n o vriera del leader nazista. Il vivacchiare del suo m o v i m e n t o nelle frange della destra revanscista p e r alcuni a n n i gli fece ritenere che mai potesse arrivare al p o t e r e , e che semmai si dovesse p u n t a r e sullo Stahlhelm, la formidabile organizzazion e degli ex-combattenti. N o n m a n c a r o n o , a n c h e nel p e r i o do tra la Marcia su Roma e gli a n n i Trenta, contatti di esponenti fascisti con esponenti nazisti. Ma solo a basso livello. Esisteva t r a i d u e m o v i m e n t i , o meglio a n c o r a tra i d u e u o m i n i , un a m o r e a senso unico, n o n contraccambiato. H i tler nutriva p e r Mussolini un'ammirazione sconfinata, lo considerava un m a e s t r o , impossibilitato ad e s p r i m e r e la sua grandezza dalla qualità deteriore del materiale u m a n o di cui doveva servirsi. La debolezza di Mussolini insomma era l'Italia. Al Duce insediato nella sala del M a p p a m o n d o di Palazzo Venezia, Hitler, golpista fallito ma i n d o m a b i l e , si rivolgeva con umiltà: n o n d i r e t t a m e n t e - avrebbe trovato o g n i p o r t a sbarrata - ma attraverso intermediari: e soprattutto attraverso il m a g g i o r e G i u s e p p e Renzetti che dal 1927 al 1929 e r a stato Console generale a Lipsia, quindi fondatore e presiden315

te della C a m e r a di commercio italo-tedesca a Berlino. In effetti, al di là di queste cariche ufficiali, il Renzetti fu un anello di c o n g i u n z i o n e tra il fascismo e Hitler, il più i m p o r t a n t e esempio forse della «diplomazia parallela» di Mussolini. All'incirca q u a n d o Mussolini si i n t r a t t e n e v a con C h u r chill, Hitler gli aveva fatto p e r v e n i r e la richiesta di u n a fotografia con autografo. Il F ù h r e r aveva allora trentasette anni, e il suo partito contava q u a r a n t a n o v e m i l a iscritti. Mussolini scrisse di traverso sul m e m o r a n d u m che gli e r a p e r v e n u t o : «richiesta r e s p i n t a » . Ma l'indifferenza, quasi il disprezzo che il Duce dimostrava p e r Hitler n o n poteva d u r a re d o p o che le elezioni politiche del 14 settembre 1930 port a r o n o il nazional-socialismo al s e c o n d o p o s t o tra i partiti tedeschi e Hitler tra i p r o t a g o n i s t i della n u o v a G e r m a n i a . Da m e n o di un milione di voti, il nazismo passò a sei milioni e mezzo. Le attese dello stesso Hitler furono l a r g a m e n t e sup e r a t e . Aveva p r o n o s t i c a t o u n a c i n q u a n t i n a di d e p u t a t i al Reichstag, da dodici che ne aveva, e si trovò a c o n t a r n e 107. Anche Mussolini fu colto di sorpresa da questa irruzione sulla scena tedesca, ed e u r o p e a , delle camicie b r u n e . N o n se l'era a s p e t t a t a , e l'accolse con u n a soddisfazione di circostanza («un altro g r a n d e p a e s e d ' E u r o p a si ribella con milioni di voti al crollante mito democratico») alla quale si m e scolavano, n e p p u r e t r o p p o m a s c h e r a t i , l'imbarazzo e il tim o r e . Certo l'idea fascista, g e n e r i c a m e n t e intesa, faceva un e n o r m e passo avanti, m a p e r iniziativa d i u n p o p o l o c h e , d o v u n q u e m e t t e s s e p i e d e , sul c a m p o d i battaglia c o m e i n quello della ideologia, t e n d e v a a diventare p a d r o n e ; e Mussolini se ne r e n d e v a p e r f e t t a m e n t e c o n t o . Si a g g i u n g a a questo che Hitler n o n aveva mai nascosto, ma anzi ostentato, insieme al disprezzo razzista p e r i «meridionali», le sue m i r e p a n g e r m a n i s t i c h e . Esse escludevano, p e r u n o speciale r i g u a r d o a Mussolini, l'Alto Adige (rinuncia che tra gli stessi c o m p a g n i di fede del F ù h r e r aveva suscitato vivo malcontento). Ma includevano YAnschluss, in u n a fatale rotta di collisione con gli interessi italiani. 316

I r a p p o r t i fra il fascismo e il nazismo d i v e n t a r o n o da quel m o m e n t o p i ù stretti e frequenti, e t e n u t i a più alto livello. Le d e l e g a z i o n i fasciste ai congressi nazisti di N o r i m b e r g a c o m p r e s e r o e s p o n e n t i di p r i m o p i a n o , c o m e Bottai, e Gòring fu ricevuto in u d i e n z a da Mussolini. Ma verso Hitler il D u c e e b b e s e m p r e u n a t t e g g i a m e n t o c i r c o s p e t t o , dilazion a n d o fino ai limiti del possibile un incontro personale che d a l l ' e m u l o tedesco c o n t i n u a v a a venirgli chiesto c o n insistenza e con deferenza. Nell'ottobre del 1931 Renzetti, rifer e n d o di un colloquio (il p r i m o ) tra H i t l e r e il p r e s i d e n t e maresciallo H i n d e n b u r g , rinnovava la p r o p o s t a di u n a visita a Roma. «Hitler ha aggiunto che i capi del partito socialista h a n n o fatto le loro visite a L o n d r a e a Parigi: che egli voleva farla p r i m a a R o m a p e r la simpatia p e r l'Italia, l'ammirazione p e r il Duce, e p e r riaffermare la sua volontà di giungere a strette relazioni italo-tedesche, da completare poi con quelle tedesco-inglesi. Cosa d e b b o rispondergli?» Per il m o m e n t o Mussolini si limitò a c o n c e d e r e a Hitler - finalmente - u n a fotografia con dedica. Q u a n t o al p r o g e t t o di un viaggio del F ù h r e r a Roma, si dichiarava in linea di massima favorevole, ma con i più vari pretesti lo dilazionava. II 30 g e n n a i o del ' 3 3 , il maresciallo H i n d e n b u r g fu cos t r e t t o ad affidare a Hitler, s o s t e n u t o da tredici milioni e mezzo di voti, la carica di Cancelliere. II discepolo, che nel suo ufficio della Casa b r u n a a Monaco teneva un ritratto di Federico II di Prussia e un b u s t o del D u c e , e r a cresciuto. Poteva o r m a i rivolgersi al m a e s t r o da p a r i a p a r i . Ma n o n p e r questo a t t e n u ò i suoi toni di a m m i r a z i o n e e di rispetto verso Mussolini. Anzi, convocò subito Renzetti, e lo invitò a far s a p e r e al Duce che «dal mio posto p e r s e g u i r ò con t u t t e le mie forze quella politica di amicizia verso l'Italia che ho f i n o r a c o s t a n t e m e n t e caldeggiato». Q u i n d i t o r n ò sul t e m a ormai cronico della visita in Italia: «Ora posso a n d a r e dove voglio. E v e n t u a l m e n t e potrei r e c a r m i in a e r o p l a n o a Roma, se occorre a n c h e in via privata. Sono arrivato a questo p u n to p e r il fascismo». 317

La volontà di r e n d e r e o m a g g i o a Mussolini trovava dimostrazioni perfino toccanti nel c o m p o r t a m e n t o protocollare di Hitler. La sera del 7 febbraio 1933, d u r a n t e un sol e n n e r i c e v i m e n t o offerto da H i n d e n b u r g , il C a n c e l l i e r e diede il braccio a Elisabetta C e r r u t i , moglie dell'ambasciatore italiano che, ultimo arrivato in sede, era a n c h e in coda alle p r e c e d e n z e , e la scortò fino alla tavola i m b a n d i t a . Poi, c o n v e r s a n d o con lei d u r a n t e il p r a n z o , le disse, riferendosi a Mussolini: «Avevo t r o p p o rispetto verso quel g r a n d ' u o m o p e r d i s t u r b a r l o p r i m a d i avere r a g g i u n t o risultati positivi, ma ora le cose sono cambiate. Sono ansioso di conoscerlo». Fece u n a p a u s a , m e d i t a b o n d o , q u i n d i concluse: «Sarà il g i o r n o p i ù bello della mia vita». Mussolini c o n t i n u ò a nicc h i a r e , e H i t l e r a c o m p l e t a r e la c o n q u i s t a d e l p o t e r e . Il 5 m a r z o aveva a v u t o , in n u o v e elezioni politiche, il 44 p e r cento dei voti, il 24 m a r z o si e r a fatto riconoscere dal Reichstag i pieni poteri e il 12 d i c e m b r e , in un plebiscito trionfale, o t t e n n e il 92 p e r cento di sì. Mussolini dilazionava l ' i n c o n t r o c o n H i t l e r a n c h e p e r c h é e r a i m p e g n a t o nelle trattative p e r q u e l «Patto a q u a t t r o » , del quale aveva b u t t a t o giù u n a bozza d u r a n t e u n soggiorno alla Rocca delle C a m i n a t e , e c h e p o t e v a , a suo avviso, consolidare e razionalizzare la situazione e u r o p e a . C o n esso sperava di d a r avvio a u n a sorta di direttorio c o m p r e n d e n t e l'Italia, la Francia, la G e r m a n i a e la G r a n B r e t a g n a , legate da accordi di r e c i p r o c a c o n s u l t a z i o n e e di collaborazione. La stesura originale del Patto dava notevole soddisfazione alle t e n d e n z e revisionistiche della G e r m a n i a . Riconosceva tra l'altro che se la c o n f e r e n z a del d i s a r m o prevista p e r la p r i m a v e r a del 1934 n o n avesse a p p r o d a t o a risultati definitivi (e n o n li ebbe, in effetti), la G e r m a n i a avrebbe c o m u n q u e o t t e n u t o dalle altre tre p o t e n z e il riconoscimento della sua parità. Secondo la concezione mussoliniana, e r a meglio avere un r i a r m o tedesco controllato, piuttosto che un disarmo fittizio a c o p e r t u r a di un effettivo r i a r m o selvaggio. 318

Il patto fu p r e s e n t a t o c o m e un c o m p l e t a m e n t o di quello di L o c a m o e u n a integrazione del sistema societario. Mussolini si professava a n c o r a , se n o n un patito della Lega, alm e n o u n suo c o r r e t t o sostenitore. P r o p r i o p e r c h é q u e l sistema e r a malato, n o n e r a possibile a b b a n d o n a r e il suo capezzale, disse. In realtà il Patto a q u a t t r o t e n d e v a a diventare n o n il tonico, ma il s u r r o g a t o di u n a Società delle Nazioni o r m a i in stato agonico: i giapponesi se n ' e r a n o ritirati rifiutando il suo arbitrato nel loro conflitto con la Cina, e il 19 ottobre 1933 la G e r m a n i a imitò il loro esempio. Al p r o g e t t o del Patto a q u a t t r o , benissimo p r e s e n t a t o e illustrato dall'ambasciatore G r a n d i , gli inglesi d i e d e r o u n ' a p provazione d a p p r i m a fervida, q u i n d i m e n o calorosa p e r c h é le mosse ravvicinate e brutali di Hitler lo r e n d e v a n o sospetto e poco credibile c o m e c o n t r a e n t e . L'Inghilterra aveva in quel m o m e n t o un g o v e r n o di coalizione, definito «nazionale», capeggiato da Ramsay Mac D o n a l d , laburista di antica osservanza cui tuttavia la m a g g i o r a n z a del p a r t i t o n e g a v a o r m a i ogni fiducia. Mac Donald aveva p e r s o la sua fede nella d e m o c r a z i a . «Noi siamo vecchi - d o v e v a c o n f i d a r e ad amici francesi i n u n m o m e n t o d i a b b a n d o n o - , u n a n u o v a energia si è i m p a d r o n i t a del m o n d o . Adesso ha conquistato a n c h e l a G e r m a n i a . C h i n e p u ò calcolare l e c o n s e g u e n z e ? T e m o p e r voi e p e r noi che ci batterà.» P u r scettico sui suoi benefici, Mac D o n a l d accettò, nella sua concezione g e n e r a le, il Patto, e confermò questa p r o p e n s i o n e d u r a n t e u n a visita a R o m a insieme al ministro degli Esteri Simon, che poi d i c h i a r ò ai C o m u n i : «L'Europa i n t e r a d e v e essere g r a t a al C a p o del g o v e r n o italiano p e r l'opera da lui svolta in queste settimane difficili». A n c h e H i t l e r si m o s t r ò favorevole al Patto c h e r a p p r e sentava p e r lui un m a r c h i o di rispettabilità e u n a consacrazione di eguaglianza. I più ostili furono i francesi b e n c h é il loro ambasciatore a R o m a , De J o u v e n e l , g r a n d e a m m i r a t o re di Mussolini, ne avesse caldeggiato il p r o g e t t o . Il «direttorio e u r o p e o » , o «Club della pace» s e c o n d o la definizione 319

a m m o r b i d i t a di Mac D o n a l d , e r a inviso agli stati m i n o r i , e di conseguenza alla Piccola Intesa (Cecoslovacchia, Jugoslavia e Romania), della quale la Francia era protettrice. H e r riot era stato sferzante. Per la Francia il Patto o era inutile o e r a d a n n o s o . D a l a d i e r e Paul B o n c o u r i n o g n i m o d o n o n dissero di n o , ma c o n d i z i o n a r o n o il loro sì a molte modifiche, e Io si capisce. Parigi t e n d e v a più a f o r m a r e un fronte unico contro il revanscismo tedesco che a sottoscrivere intese cui lo stesso Hitler partecipasse. Ma nella visuale di Mussolini, Italia e I n g h i l t e r r a - c o m e a L o c a m o , e a n c o r a m e glio che a L o c a m o - avrebbero dovuto essere i g e n d a r m i , o i giudici conciliatori, di u n a E u r o p a avvelenata dal cronico dissidio franco-tedesco. Alla riuscita del Patto a q u a t t r o , sua creatura, e dimostrazione - d o p o il s i l u r a m e n t o di G r a n d i - che nelle sue mani la politica estera acquistava b e n altro vigore, Mussolini teneva moltissimo. P u r di vararlo accettò varianti, a g g i u n t e , soppressioni di frasi che in effetti ne stravolgevano il significato originario. Basterà un esempio. Nella stesura del Duce, l'articolo 3 suonava: «La Francia, la G r a n B r e t a g n a e l'Italia dichiarano che, ove la conferenza del disarmo n o n conduca c h e a risultati parziali, la p a r i t à di diritti riconosciuta alla G e r m a n i a deve avere u n a portata effettiva, e la G e r m a n i a si i m p e g n a a realizzare tale parità di diritti con u n a gradazione c h e r i s u l t e r à da a c c o r d i successivi da p r e n d e r e fra le q u a t t r o p o t e n z e , p e r la n o r m a l e via diplomatica. Uguali acc o r d i le q u a t t r o p o t e n z e si i m p e g n a n o a p r e n d e r e p e r q u a n t o r i g u a r d a la parità p e r l'Austria, l ' U n g h e r i a , la Bulgaria». Ed eccone il testo definitivo: «Le alte parti contraenti si i m p e g n a n o a fare tutti i loro sforzi p e r assicurare il successo della conferenza del d i s a r m o , e si riservano, nel caso in cui la conferenza lasciasse in sospeso questioni in cui esse siano s p e c i a l m e n t e interessate, di r i p r e n d e r n e l'esame tra loro m e d i a n t e l'applicazione d e l p r e s e n t e p a t t o , al fine di assicurarne la soluzione nei m o d i appropriati». Così riveduto e corretto, il Patto diventava u n a delle soli320

te «lettere d'intenti» che p r e v e d e v a concertazioni r e c i p r o che p e r r e a l i z z a r e , s e m p r e n e l l ' a m b i t o della Società delle Nazioni, u n a politica di collaborazione d i r e t t a al m a n t e n i m e n t o della pace. In più, c'era u n a p r o m e s s a di cooperazione economica, e un accenno alla revisione dei trattati, che è c o n t e n u t o nell'articolo tre da noi trascritto. L'entrata in vig o r e del Patto e r a s u b o r d i n a t a alla ratifica dei P a r l a m e n t i . Esso doveva d u r a r e dieci anni. Prima di p a r t e c i p a r e alla cerimonia della sigla del Patto, a R o m a , il 7 g i u g n o 1933, Mussolini aveva s p i e g a t o , q u e l giorno stesso, in un discorso al Senato, che «la posizione d'equilibrio c h e , p e r la l o r o p o s i z i o n e e p e r i fattori n a t u r a l i che le c a r a t t e r i z z a n o , Italia e I n g h i l t e r r a sono c h i a m a t e a r a p p r e s e n t a r e in Europa... trova nel Patto a q u a t t r o n u o v a e s p r e s s i o n e e n u o v e possibilità di fecondi e costruttivi sviluppi». E più avanti: «La G e r m a n i a esiste nel c u o r e dell'Eur o p a con la sua massa i m p o n e n t e di sessantacinque milioni di abitanti; con la sua storia, la sua cultura, le sue necessità: u n a politica v e r a m e n t e e u r o p e a e diretta al m a n t e n i m e n t o della pace n o n si p u ò fare senza la G e r m a n i a o, peggio ancora, c o n t r o la Germania». Ma alla resa dei conti, il Patto fu ratificato soltanto dall'Italia e dalla G e r m a n i a . In effetti n o n e n t r ò mai in vigore. Alla vigilia della firma del Patto a q u a t t r o il Cancelliere austriaco Engelbert Dollfuss era a R o m a , p e r u n a visita a Mussolini che ne aveva a v u t o , in occasione del l o r o p r i m o inc o n t r o in aprile, u n a i m p r e s s i o n e positiva: «Malgrado (sic) la sua minuscola statura, è un u o m o di i n g e g n o , dotato anche di volontà». Dollfuss aveva u n a radice politica cristianosociale, ma si stava i n c a m m i n a n d o verso un r e g i m e autoritario più p e r la forza delle circostanze che p e r sua volontà. La sua posizione era precaria. Era attaccato v i o l e n t e m e n t e da sinistra, ad o p e r a dei socialdemocratici, assai forti, e dei comunisti; ed e r a insidiato con azioni palesi o s o t t e r r a n e e , organizzate oltre frontiera dai nazional-socialisti. In quelle 321

condizioni, n o n gli restava che s p e r a r e in u n a garanzia delle maggiori p o t e n z e e u r o p e e . Ma ebbe p r o n t o ascolto solo a Roma, dove tuttavia Mussolini gli chiedeva in cambio di «fascistizzare» l'Austria, e di d a r e u n a p o s i z i o n e di m a g g i o r spicco alle Heimwehren del principe S t a h r e m b e r g . E r a n o queste u n a organizzazione paramilitare di destra, c h e si p o n e v a c o m e c o n c o r r e n t e del n a z i s m o e n e m i c a deiYAnschluss. Le Heimwehren r e c a v a n o l ' i m p r o n t a del loro c a p o , c o n s e r v a t o r e e filo-autoritario, c h e tuttavia nella sec o n d a g u e r r a m o n d i a l e c o m b a t t é con l'aviazione alleata. II piccolo Cancelliere, c h e aveva a g g i o r n a t o sine die il p a r l a m e n t o e messo fuori legge il p a r t i t o c o m u n i s t a , si risolse a fine g i u g n o 1933 al g r a n passo di d i c h i a r a r e illegale il nazional-socialismo. Motivazioni p e r il p r o v v e d i m e n t o ne aveva a iosa. La vita politica dell'Austria e r a p u n t e g g i a t a da attentati terroristici, s c o n f i n a m e n t i , lanci di volantini che e s o r t a v a n o alla rivolta c o n t r o il g o v e r n o , sorvoli a r b i t r a r i . Ma ne fu attizzato l'odio di Hitler che considerava il governo di Dollfuss u n a «mostruosità» e un impaccio ai suoi disegni: a n c h e p e r c h é adesso n o n gli p o t e v a n o essere r i m p r o verati eccessivi peccati di democrazia e di p a r l a m e n t a r i s m o . Il 19 e 20 agosto il D u c e e Dollfuss e b b e r o l u n g h e conversazioni a Riccione, nella villa Mussolini. Il Cancelliere austriaco e r a a c c o m p a g n a t o dalla graziosa moglie Alwine, c h e aveva t r o v a t o l'Adriatico di suo g u s t o , e p r o m e s s o di t o r n a r v i a n c h e l ' a n n o successivo, p e r le vacanze. Mussolini riconfermò il suo a p p o g g i o all'Austria, e rinnovò al Cancelliere la richiesta di accentuare il carattere filofascista del suo g o v e r n o , d a n d o m a g g i o r e spazio al principe S t a h r e m b e r g e ai suoi u o m i n i . Il Duce suggeriva inoltre che Dollfuss facesse u n a dichiarazione di amicizia verso tutte le nazioni compresa la G e r m a n i a , ma che ribadisse «le storiche e inalienabili funzioni di un'Austria i n d i p e n d e n t e » n o n c h é «le particolari relazioni con l ' U n g h e r i a e l'Italia». Dollfuss si a d e g u ò . L'11 settembre, in un discorso a Vienna, a n n u n c i ò la nascita dello «Stato tedesco cristiano-sociale 322

dell'Austria a base corporativa». Decretò anche limitazioni alla libertà di stampa e di riunione. Ma esitava a trasformare il suo regime in dittatura. La spinta decisiva gli fu data dai moti di Vienna e di Linz del febbraio 1934, d u r a n t e i quali la folla operaia, in massima parte raccolta sotto le bandiere socialdemocratiche (ma invano i capi tentarono di placarne il furore), manifestò violentemente contro il governo. I n t e r v e n n e la t r u p p a , e in tre giorni di scontri 300 morti rimasero sul terren o . Dollfuss sciolse il p a r t i t o socialista, e nel m a g g i o p r o mulgò u n a n u o v a Costituzione che aveva ancora qualche riverbero cattolico (si richiamava alle encicliche Rerum novarum e Quadragesimo anno) ma che in pratica istituiva u n o Stato autoritario, federale, corporativo, con assemblee esclusivamente consultive. La mossa esasperò Hitler che voleva, sì, la «fascistizzazione» dell'Austria, ma sotto il segno della unità germanica, di cui l'Austria doveva diventare la «marca» meridionale. Il suo atteggiamento si fece così minaccioso che Italia, Francia e I n g h i l t e r r a decisero di frenarne l'aggressività con u n a nota congiunta, che sottolineava la «necessità di m a n t e n e r e la indipendenza e la integrità territoriale dell'Austria». L'atmosfera italo-tedesca e r a d u n q u e t u t t ' a l t r o che idilliaca q u a n d o , nel g i u g n o del 1934, si arrivò a quell'incontro col D u c e , che H i t l e r aveva t a n t o a g o g n a t o . Q u e s t a volta il «contatto personale» p r e m e v a a n c h e a Mussolini che sperava di p o t e r m e t t e r e in c h i a r o , in m o d o c o n f o r m e alle sue speranze, la questione austriaca: e fu facilitato da u n a visita a R o m a di Von P a p e n che Hitler aveva inserito nel suo gov e r n o con la carica di vice-cancelliere. Von P a p e n aveva maggior considerazione p e r il Duce che p e r il F ù h r e r : «Hitler aveva s e m p r e u n a l e g g e r a aria d ' i n c e r t e z z a , c o m e s e cercasse la sua via, m e n t r e Mussolini era calmo, dignitoso, e si d i m o s t r a v a s e m p r e p a d r o n e di qualsiasi a r g o m e n t o » . Mussolini e Von P a p e n si videro tre volte, e nell'ultima conversazione fu stabilito che il 14 giugno Hitler sarebbe venuto a Venezia, ma che si sarebbe trattato di un contatto p e r sonale tra i d u e Capi di governo, n o n di u n a visita di Stato. 323

Il 14 giugno 1934 era un giovedì soleggiato di t a r d a prim a v e r a . Mussolini aspettava, in divisa di caporale d ' o n o r e della Milizia, lo Junker che a t t e r r ò sulla pista dell'aeroporto di San Niccolò di Lido. Q u a n d o Hitler si affacciò al portello dell'aereo, il Duce sussurrò al g e n e r o Galeazzo Ciano, allora capo del suo ufficio stampa: «Non mi piace», e la frase fu udita da un giornalista americano, Gerald Strina. Il Fiihrer indossava u n i m p e r m e a b i l e cachi con c i n t u r a , s u u n abito grigio, aveva scarpe di vernice, copriva il famoso ciuffo con un cappello di feltro. Era pallido, e il contrasto tra quel suo d i m e s s o a b b i g l i a m e n t o b o r g h e s e e lo s c h i e r a m e n t o di u n i f o r m i fasciste lo irritò. «Perché n o n mi avete d e t t o che dovevo vestire l'uniforme?» r i m p r o v e r ò all'ambasciatore a R o m a Von Hassel. L'incontro fu a p p a r e n t e m e n t e c o r d i a l e , con u n a n o t a protettiva e di superiorità nel Duce, che batté familiarmente u n a m a n o sulle spalle di Hitler. («Adolfo davanti a Cesare» titolò un suo famoso articolo il giornalista francese Bér a u d ) . Quel p o m e r i g g i o i d u e dittatori ebbero il loro p r i m o colloquio nella Villa Pisani, a Stra. Fu un tète-à-tète senza testimoni e senza i n t e r p r e t e , p e r c h é Mussolini, che si piccava di conoscere b e n e il tedesco, aveva voluto così. In effetti egli p a r l a v a tedesco meglio d i q u a n t o alcuni p r e t e n d a n o , m a n o n abbastanza p e r p o t e r cogliere tutto ciò che veniva detto t o r r e n t i z i a m e n t e da Hitler nei suoi sfoghi politico-profetici («Un furore di logica all'infinito, e all'infinita ricerca di un c o r p o , di un s a n g u e originario e feroce, di q u a dalla ragione» confiderà poi Mussolini alla sorella). L'incontro, questo è certo, fu piuttosto u n o scontro, perché il Duce pose i m m e d i a t a m e n t e sul t a p p e t o la questione austriaca. N o n si sa q u a n t o fossero fondate le informazioni diffuse dalla s t a m p a i n t e r n a z i o n a l e ( e r a n o 4 0 0 gli inviati speciali o c o r r i s p o n d e n t i presenti) che accennò a p u g n i battuti sul tavolo e a scoppi di voci accalorate nei quali spiccava la parola Òsterreìch, Austria. Ma di un idillio n o n si trattò sic u r a m e n t e . Hitler si disse c o m u n q u e disposto a fissare, per 324

l'Austria, alcuni p u n t i fermi, il p r i m o dei quali e r a u n a rinuncia dlVAnschluss «che n o n era realizzabile internazionalm e n t e » (dove è facile scorgere u n a t r a s p a r e n t e arrière pensée). Voleva p e r a l t r o la sostituzione di Dollfuss, n u o v e elezioni, e d o p o di esse l'inclusione nel g o v e r n o di e s p o n e n t i nazisti. Mussolini prese nota. L'indomani il Duce e il Fiihrer discussero n u o v a m e n t e al L i d o , p a s s e g g i a n d o sull'erba, e a f f r o n t a r o n o t e m i m e n o scottanti. Il d i s a r m o , la Società delle Nazioni, l'antisemitismo, i r a p p o r t i con la Chiesa. Hitler ribadì che nella Società delle Nazioni n o n sarebbe r i e n t r a t o , p e r c h é la considerava inutile. Q u a n t o a l d i s a r m o , c o n c o r d a r o n o c h e e r a fallito: Mussolini spiegò che avrebbe fatto costruire, visto il naufragio delle trattative con la Francia sul naviglio da g u e r r a , d u e corazzate da 35 mila tonnellate. Ma n e s s u n a vera intesa fu r a g g i u n t a , a n c h e s e i n u n discorso i n piazza S a n M a r c o - d o v e la folla r i s e r v ò a lui tutti gli a p p l a u s i - Mussolini spiegò che «Hitler ed io ci siamo incontrati n o n già p e r rifare e n e m m e n o modificare la carta politica d e l l ' E u r o p a e del m o n d o . . . ma p e r t e n t a r e di d i s p e r d e r e le n u v o l e che offuscano l'orizzonte». La p a r t e protocollare della visita n o n ebbe smalto, u n a passeggiata in motoscafo p e r i canali fu guastata a Mussolini da un e n n e s i m o m o n o l o g o di Hitler, la colazione al Golf club del Lido e r a stata noiosa (un c a m e r i e r e aveva versato sale, anziché zucchero, nel caffè del F ù h r e r ) . Q u a n d o , la m a t t i n a del 16 g i u g n o , lo Junker decollò, Mussolini s e m b r ò liberato da un p e s o . Quella «scimmietta chiacchierona» l'aveva indispettito. «Merita u n a lezione» si sfogò con un ufficiale. E a Badoglio: «Hitler è un semplice fonografo a sette voci». Tutt'altra impressione ricavò invece Hitler. Renzetti, che aveva p a r t e c i p a t o subito d o p o il r i t o r n o del F ù h r e r a un p r a n z o ristretto da lui offerto, riferì queste sue parole: «Sono felice che l'incontro mi abbia dato la possibilità n o n solo di c o n f e r m a r e la mia o p i n i o n e ma altresì di ampliarla. U o mini come Mussolini nascono u n a volta ogni mille anni, e la 325

G e r m a n i a p u ò essere lieta che egli sia italiano e n o n francese. I o , ed è n a t u r a l e , mi s o n o trovato a l q u a n t o impacciato c o n i l D u c e , m a s o n o felice d i aver p o t u t o p a r l a r e l u n g a m e n t e con lui». A n c h e fatta un p o ' di tara, p e r il sottinteso adulatorio verso Mussolini che Renzetti p u ò avere posto nel suo r a p p o r t o , resta in esso, a nostro avviso, u n a larga p a r t e di verità. H i t l e r n o n cessò mai di a m m i r a r e Mussolini. Ma questo s e n t i m e n t o personale n o n poteva modificare un corso politico che gli e r a d e t t a t o da un fanatismo lucido e implacabile. Di che pasta fosse fatto l'ometto cui aveva riserbato la sua altezzosa c o n d i s c e n d e n z a a Venezia, Mussolini p o t è constatarlo d u e volte, nel volgere di p o c h e settimane. Il 30 g i u g n o 1934, nella «notte dei l u n g h i coltelli», Hitler aveva stermin a t o il capo delle SA R o h m , i suoi u o m i n i p i ù fidati, il generale Schleicher, oppositori della più varia estrazione, in tutto un migliaio di p e r s o n e . Il D u c e ne fu i m p r e s s i o n a t o , e con Rachele si sfogò c o n t r o q u e l l ' u o m o «spiritato e feroce», c h e aveva ucciso «i c a m e r a t i che lo a v e v a n o a i u t a t o a conq u i s t a r e il p o t e r e » . «Sarebbe - a g g i u n s e - c o m e se io a m mazzassi o facessi a m m a z z a r e D i n o G r a n d i , Italo Balbo, G i u s e p p e Bottai», senza m i n i m a m e n t e sospettare che quel g i o r n o sarebbe arrivato, a n c h e p e r lui. Il s a n g u e della «notte dei l u n g h i coltelli» n o n si era ancora seccato, c h e a l t r o ne corse, e in circostanze a n c o r a più d r a m m a t i c h e . Il 25 luglio i nazisti austriaci vollero accelerare i tempi, e realizzare subito YAnschluss. Il putsch fu sventato dalle forze dell'ordine; ma i rivoltosi che avevano assalito la Cancelleria uccisero Dollfuss: aveva q u a r a n t u n o anni. Hitler sconfessò p u b b l i c a m e n t e l'azione: ed è possibile che essa fosse d o v u t a all'iniziativa dei nazisti locali. Ma è certo che il p i a n o insurrezionale, a n c h e se p e r avventura n o n concord a t o e p r e m a t u r o , si i n q u a d r a v a p e r f e t t a m e n t e in u n a politica c h e dell 'Anschluss faceva u n o dei suoi m a g g i o r i e irrinunciabili obbiettivi. La tragedia p o n e v a a Mussolini, insie^ 1

326

m e a l p r o b l e m a politico, che e r a t r e m e n d o , a n c h e u n p r o b l e m a u m a n o . L'agonia d i Dollfuss e r a d u r a t a t r e o r e . Gli s c h e r a n i nazisti, c h e i n d o s s a v a n o u n i f o r m i a u s t r i a c h e , lo avevano i n t r a p p o l a t o nella Cancelleria, la stessa dove d o p o il Congresso di Vienna del 1815 era stata firmata la pace p o st-napoleonica. Nove tra gli assalitori avevano q u i n d i forzato le p o r t e e sparato alla gola del Cancelliere, che s'era diss a n g u a t o l e n t a m e n t e , m o r m o r a n d o ad alcuni tra i suoi che lo assistevano: «Volevo solo la pace, Dio li perdoni» e raccom a n d a n d o poi che il suo amico Mussolini si p r e n d e s s e c u r a della moglie e dei figli. Alwine Dollfuss e r a da 11 g i o r n i a Riccione ospite dei Mussolini insieme ai suoi bimbi. Per la famiglia del Cancelliere e r a stata affittata u n a villa poco l o n t a n a da quella del D u c e . Dollfuss d o v e v a r a g g i u n g e r l i : anzi il g i o r n o p r e c e d e n t e si e r a consultato con il c o r r i s p o n d e n t e del Popolo d'Italia a Vienna, E u g e n i o Morreale, p e r la scelta del regalo da p o r t a r e al D u c e . M o r r e a l e stesso, a putsch a v v e n u t o , aveva m e s s o in a l l a r m e il s o t t o s e g r e t a r i o agli Esteri Suvich c h e n o n riusciva a t r o v a r e Mussolini, a n c h e lui sull'Adriatico. Suvich si e r a allora rivolto al sottosegretario alla G u e r r a , il generale Federico Baistrocchi, e finalmente il Duce e r a stato r a g g i u n t o , e s o m m a r i a m e n t e ragguagliato. Negato forse alla vera amicizia, Mussolini provava tuttavia p e r Dollfuss il s e n t i m e n t o p i ù vicino all'amicizia di cui si sentisse capace. Solo a sera, a c c o m p a g n a t o da R a c h e l e , si decise a recarsi, sotto la pioggia, alla villa dei Dollfuss, p e r d a r e ad Alwine - che e r a già coricata e li accolse in vestaglia - la notizia. Le disse esitante, in tedesco, che il m a r i t o e r a «gravemente ferito». Ma l'espressione di e n t r a m b i e la solennità della visita lasciavano c h i a r a m e n t e trapelare la verità. In quelle stesse o r e il D u c e o r d i n ò che q u a t t r o divisioni di stanza al confine n o r d - o r i e n t a l e fossero messe in allarme, e che alcuni reparti si attestassero sulla linea di frontiera. La sera, r i e n t r a t o a R o m a , c h i a m ò a r a p p o r t o Baistrocchi e il s o t t o s e g r e t a r i o a l l ' A e r o n a u t i c a Valle. I n t a n t o a V i e n n a il 327

p r e s i d e n t e della Repubblica Miklas aveva affidato la carica di Cancelliere a un altro cattolico, K u r t v o n S c h u s c h n i g g , evitando ogni vuoto istituzionale e di p o t e r e . I golpisti, che dalla r a d i o di cui si e r a n o i m p a d r o n i t i avevano già proclam a t o che il g o v e r n o sarebbe passato al loro capo, von Rintelen, e r a n o stati t e m p o r a n e a m e n t e sconfitti. I «volontari» nazisti che e r a n o p r o n t i al confine austro-bavarese n o n si moss e r o . N o n solo l ' I n g h i l t e r r a , m a a n c h e l a Francia d i e d e r o p i e n a a p p r o v a z i o n e all'iniziativa di Mussolini. N o n accadde nulla di irreparabile. Chi aveva evocato p e r l'occasione l'ombra di Sarajevo fu smentito dai fatti. Se l'Eur o p a aveva s u p e r a t o u n m o m e n t o d i t e n s i o n e p e r i c o l o s o - altre t r e g u e dello stesso tipo si s a r e b b e r o succedute, p r i ma della catastrofe - g r a n p a r t e del merito doveva essere riconosciuto alla risolutezza di Mussolini, la cui azione e r a stata a c c o m p a g n a t a da u n a violenta c a m p a g n a antitedesca della s t a m p a italiana: e nulla su di essa veniva pubblicato che n o n fosse stato p r e v e n t i v a m e n t e a p p r o v a t o nelle g r a n d i linee, e controllato a posteriori dal Duce in persona. Gli articoli dedicati alla G e r m a n i a sottolineavano p i u t t o s t o le differ e n z e che n o n le affinità t r a fascismo e nazismo, m e t t e n d o in rilievo di quest'ultimo quelle caratteristiche - il razzismo, l'antisemitismo - c h e p i ù lo r e n d e v a n o odioso. Mussolini contribuì all'offensiva giornalistica con corsivi a n o n i m i ma d o v u t i alla sua p e n n a , sul Popolo d'Italia, e a n c h e con qualc h e inequivocabile a c c e n n o nei discorsi: «Trenta secoli di storia ci p e r m e t t o n o di g u a r d a r e con s o v r a n a pietà talune d o t t r i n e di oltr'Alpe, sostenute dalla p r o g e n i e di gente che ignorava la scrittura, con la quale t r a m a n d a r e i d o c u m e n t i della p r o p r i a vita, nel t e m p o in cui R o m a aveva Cesare, Virgilio e Augusto». Fu quello il m o m e n t o peggiore dei r a p p o r t i tra i d u e dittatori (intanto ai p r i m i di agosto del 1934, m o r t o H i n d e n b u r g , Hitler diveniva C a p o dello Stato) e l'ambasciatore von Hassel n o n m a n c ò di fare le sue rimostranze p e r la virulenza degli attacchi. Tuttavia il dialogo diplomatico e le relazio328

ni tra i d u e partiti e r a n o m e n o deteriorati di q u a n t o a p p a risse in superficie. La polemica antitedesca, che risvegliava negli italiani sentimenti p r o f o n d a m e n t e radicati, e trovava un largo consenso nell'opinione pubblica, rispondeva anche a un preciso fine politico. Il Duce voleva un riavvicinamento alla Francia; e lo voleva p e r o t t e n e r e la luce v e r d e alla conquista dell'Etiopia. S'era convinto che se con la G e r m a nia si fosse di n u o v o arrivati alle strette p e r YAnschluss, Ing h i l t e r r a e Francia n o n si s a r e b b e r o i m p e g n a t e a f o n d o . «Avremo la disgrazia della G e r m a n i a al B r e n n e r o - aveva detto a Dino G r a n d i - la sola alternativa che ci r i m a n e è l'Africa.» Forse q u e l l ' i d e a dell'Etiopia Mussolini la m a t u r a v a da un pezzo. Ma la spinta risolutiva gliel'avevano data gli avvenimenti austriaci. Nella sua concezione dei blocchi, delle aree di influenza e a n c h e delle iniziative di prestigio, ogni mossa di un avversario o a n c h e di un alleato, se n o n si poteva impedirla, doveva essere r i p a g a t a con u n a mossa a n a l o g a altrove. Su q u e s t o p r i n c i p i o si b a s e r à a n c h e la s c i a g u r a t a g u e r r a di Grecia. C e r t a m e n t e a n c h e altri motivi vi influirono. U n a g u e r r a coloniale, d i r e t t a verso un Paese a r r e t r a t o e schiavista che aveva inflitto all'Italia la s a n g u i n o s a umiliazione di A d u a , p r e s e n t a v a diversi v a n t a g g i e p o c h i i n c o n v e n i e n t i . Si a m m a n t a v a di scopi civilizzatori, d a v a lavoro alle fabbriche, u n a sistemazione in divisa ai disoccupati, u n a soddisfazione all'orgoglio nazionale, possibilità di sfogo demografico, gloria al Duce. Nella prospettiva di oggi, d o p o il r a p i d o crollo dei più p o t e n t i i m p e r i coloniali, e l'affermarsi di un'Africa frantumata, i n d i p e n d e n t e e rissosa, quel disegno politico ed economico a p p a r e rozzo, i n g e n u o , e s o p r a t t u t t o in i r r i m e diabile r i t a r d o sui t e m p i . Ma tale n o n a p p a r i v a allora n e p p u r e a statisti esperti e smaliziati. Tale s o p r a t t u t t o n o n a p pariva agli italiani. Perché il disegno riuscisse senza grossi i n t o p p i ci voleva 329

l'assenso francese e l'assenso b r i t a n n i c o . Le d u e p o t e n z e e r a n o tra l'altro interessate alle vicende etiopiche in forza di un trattato che Italia, Francia e I n g h i l t e r r a avevano stipulato nel 1906, q u a n d o Menelik era a m m a l a t o , p e r assicurarsi la s p a r t i z i o n e delle spoglie se il Paese si fosse d i s i n t e g r a t o p e r le s p i n t e c e n t r i f u g h e . L ' I n g h i l t e r r a volle allora fosse chiaro che n o n si dovevano toccare le fonti del Nilo, la Francia che la ferrovia Gibuti-Addis Abeba e r a inviolabile, con la striscia di territorio che le stava attorno. All'Italia era lasciata u n a zona di influenza al n o r d , all'est e al sud dell'Etiopia, con la p r o s p e t t i v a di un c o l l e g a m e n t o t e r r i t o r i a l e t r a Eritrea e Somalia. Si trattava d u n q u e di c o n v i n c e r e Francia e I n g h i l t e r r a . Mussolini cominciò dalla Francia anche se con essa n o n era facile trattare, n o n solo p e r le obbiettive divergenze di interessi e di politica, ma a n c h e p e r l'instabilità dei suoi governi, che provocava u n a vertiginosa successione di p r i m i ministri e di ministri degli Esteri. In q u a t t r o mesi, tra la fine del '33 e l'inizio del '34, Si e r a n o avvicendati cinque governi, lo scandalo Stavisky scuoteva il Paese, e u n a manifestazione di d e s t r a si e r a conclusa con un p e s a n t e bilancio di morti e feriti. Ma nel frattempo sulla scena politica acquistava rilievo un u o m o c h e e r a assai meglio d i s p o s t o dei suoi p r e d e c e s s o r i verso i r e g i m i a u t o r i t a r i d'Italia e a n c h e di G e r m a n i a : Pierre Lavai, ministro degli Esteri p r i m a di Doum e r g u e , e q u i n d i di F l a n d i n . Il p r e d e c e s s o r e di Lavai, B a r t h o u , era stato assassinato il 9 ottobre 1934 a Marsiglia, insieme al re Alessandro di Jugoslavia, dai terroristi «ustascia». Il fascismo, se n o n la diplomazia ufficiale italiana, aveva r a p p o r t i stretti con il c a p o «ustascia» Ante Pavelic, che, fuggito dal suo Paese, d i m o r a v a s o p r a t t u t t o in Italia, d o v e aveva costituito u n a «base» operativa, e in U n g h e r i a : cosicché Mussolini fu additato da molti - tra gli altri Sforza e Salvemini - come il m a n d a n t e della strage. L'ipotesi n o n semb r a abbia f o n d a m e n t o s o p r a t t u t t o p e r il m o m e n t o in cui i t e r r o r i s t i a g i r o n o . Allora il D u c e voleva l ' a c c o r d o c o n la 330

Francia, e a s p e t t a v a u n a visita di B a r t h o u a R o m a . Sta di fatto, p e r a l t r o , che Pavelic, a r r e s t a t o a T o r i n o , n o n fu mai estradato. Lavai n o n nutriva, verso Mussolini e q u i n d i verso l'Italia fascista, ostilità ideologiche. E r a s p r e g i u d i c a t o , ambizioso, amava la diplomazia diretta. C o n Mussolini, come ha osservato il Baer nel suo libro sulla g u e r r a italo-etiopica, era fatto p e r intendersi. Aveva la stessa età del Duce, le stesse origini umili, la stessa esperienza socialista. Col suo p u n g e n t e piglio polemico, Leon Blum aveva sottolineato: «I d u e statisti si r i c o n o s c e r a n n o a v i c e n d a alla p r i m a occhiata. T u t t o quello che d o v r a n n o fare, p e r stabilire un contatto di carattere i n t i m o , sarà di scambiarsi i loro ricordi». A Lavai p r e meva di o t t e n e r e un successo personale, che consolidasse la sua posizione e lo radicasse nella p o l t r o n a di ministro degli Esteri, assegnatagli f o r t u n o s a m e n t e . Sapeva di avere c o n t r o di sé il g r a n d e notabile radicale H e r r i o t , ma sapeva a n c h e che il p r e s i d e n t e d e l Consiglio F l a n d i n , p u r legatissimo a H e r r i o t , simpatizzava con Mussolini. Nella c o n c e z i o n e di Lavai il r a f f o r z a m e n t o dei l e g a m i franco-italiani a v r e b b e d o v u t o bilanciare il minaccioso d i n a m i s m o della G e r m a n i a , che a n c h e d o p o il fallito putsch di V i e n n a perseguiva implacabilmente la riconquista di posizioni di forza e di prestigio. La p r o p a g a n d a tedesca p e r la riunificazione della Saar alla G e r m a n i a , dalla quale il trattato di Versailles l'aveva staccata, era stata intensa, spettacolare, e coronata da un clamoroso successo. Il plebiscito del 13 g e n n a i o '35 d i e d e 477.119 voti p e r il r i t o r n o della r e g i o n e alla G e r m a n i a , 2.124 p e r l'unione alla Francia. Ma l'Italia p o t e v a essere «catturata» solo d a n d o l e il via p e r u n ' e s p a n s i o n e v e r s o l'Abissinia. N o n esistevano p i ù d u b b i in p r o p o s i t o . L'incidente di Ual-Ual, ai p r i m i di dic e m b r e 1934, aveva offerto alla s t a m p a fascista l'occasione p e r r e n d e r e palese, c o m e di p i ù n o n si sarebbe p o t u t o d e siderare, il d i s e g n o mussoliniano di passare all'azione verso l ' i m p e r o del N e g u s Neghesti, il re dei re. Ual-Ual e r a il 331

L'Etiopia nel 1935

n o m e di u n a località dove esistevano dei pozzi di vitale imp o r t a n z a , p e r le popolazioni del confine somalo-etiopico. Il territorio era di a p p a r t e n e n z a incerta. L'Etiopia lo rivendicava, s o s t e n e n d o che esso si trovava alcune decine di chilom e t r i a l l ' i n t e r n o della linea ( p e r a l t r o m o l t o contestata) di confine. I somali c o n s i d e r a v a n o q u e l l a z o n a e q u e i pozzi s t o r i c a m e n t e legati al l o r o g r u p p o razziale e alla loro esistenza. (La q u e s t i o n e è t u t t o r a d i b a t t u t a , c o m e h a d i m o s t r a t o il conflitto s o m a l o - e t i o p i c o del 1977.) Dal 1925 un presidio italiano, f o r m a t o n o r m a l m e n t e d a d u b a t , vigilava sui pozzi. Poiché a R o m a rullavano s e m p r e più forti i t a m b u r i della g u e r r a c o n t r o l'Etiopia, Hailé Selassié p e n s ò di svolgere qualche azione di molestia verso questo avamposto italiano d e l l ' O g a d e n . N o n lo fece in p r i m a p e r s o n a , ma servendosi di b a n d e a r m a t e , capeggiate da ras minori, che p o t e v a n o essere sconfessati q u a n d o la loro a z i o n e avesse p r o v o c a t o complicazioni. Ad a g g r o v i g l i a r e a n c o r p i ù la confusione c r e a t a da q u e s t e s c o r r e r i e , e r a s o p r a v v e n u t a la sosta da quelle parti di u n a commissione anglo-etiopica p e r i confini, c h e tuttavia levò le t e n d e p r i m a dello s c o n t r o a r m a t o . Accadde c o m u n q u e che i d u b a t e gli irregolari abissini (questi ultimi anche più di mille in certi m o m e n t i ) si fronteggiassero con il dito sul grilletto. L'ordine alle t r u p p e italo-somale e r a di n o n s p a r a r e se n o n provocate. Lo furono. Il p o m e riggio del 5 d i c e m b r e ('34) p a r t ì da u n o dei d u e schieramenti (non si saprà mai quale) il solito colpo di fucile, fu ingaggiato un c o m b a t t i m e n t o c h e i d u b a t c o n c l u s e r o a loro favore. C o n le luci dell'alba, il 6, si c o n t a r o n o sul t e r r e n o u n a t r e n t i n a di m o r t i e un centinaio di feriti in c a m p o italian o , oltre cento morti tra gli abissini. Si è s e m p r e sospettato che lo s c o n t r o di Ual-Ual fosse stato organizzato o a l m e n o p r o v o c a t o dagli italiani, p e r c r e a r e un casus belli s e c o n d o u n a tecnica antica q u a n t o la storia delle g u e r r e . Ma nessun d o c u m e n t o , e n e s s u n a testimonianza lo conferma. Va inoltre osservato che, in eventualità del g e n e r e , la g u e r r a segue 333

quasi subito l'incidente, e d o p o Ual-Ual vi fu invece un lungo p e r i o d o di trattative e di p r e p a r a z i o n e . D i r e m o p i ù avanti delle c o n s e g u e n z e d i Ual-Ual. L o s c o n t r o n o n e b b e c o m u n q u e riflessi s u l l ' a c c o r d o c o n l a Francia, se n o n quello di far capire a Lavai che la c a m p a g n a c o n t r o l'Etiopia e r a vicina. Palazzo Chigi e il Q u a i d ' O r s a y a v e v a n o p r e p a r a t o l a b o r i o s a m e n t e , sul finire del 1934, lo schema di un'intesa g e n e r a l e tra i d u e Paesi. E r a n o insorte difficoltà, in q u a l c h e m o m e n t o si e r a t e m u t o un naufragio dell'iniziativa. Q u a n d o Lavai g i u n s e a R o m a il 4 g e n n a i o 1935, l'accordo n o n e r a ancora stato perfezionato, e fu comp l e t a t o solo nel corso di colloqui del m i n i s t r o degli Esteri francese con Mussolini. La trattativa giunse in p o r t o p e r c h é gli obbiettivi dei d u e i n t e r l o c u t o r i si i n t e g r a v a n o perfettam e n t e . Il Duce voleva la luce v e r d e p e r l'Etiopia; Lavai voleva l'appoggio italiano nel braccio di ferro franco-tedesco. Per e n t r a m b i i contraenti il n o d o austriaco era sullo sfondo. Mussolini rifiutava di essere «pietrificato al B r e n n e r o » , ma m a n t e n e v a f e r m a la decisione di o p p o r s i , fino a c h e fosse possibile, alf'Anschluss. Lavai s p e r a v a c h e , liquidata la facc e n d a coloniale, l'Italia riconcentrasse le sue forze al confine settentrionale e si a u g u r a v a che p e r questa operazione ci fosse t e m p o a sufficienza. A Roma, il 7 gennaio, Italia e Francia a d d i v e n n e r o n o n a un accordo ma a u n a articolata serie di accordi, sette in tutto, alcuni dei quali rimasero segreti. C o n f o r m e alla tradizione diplomatica e r a la dichiarazione g e n e r a l e con la quale i d u e Paesi, c o n f e r m a t a la «tradizionale amicizia», si i m p e g n a v a n o a collaborare p e r il m a n t e n i m e n t o della pace, e a risolvere le loro future controversie sia attraverso la Società delle Nazioni, sia attraverso la Corte p e r m a n e n t e di giustizia i n t e r n a z i o n a l e . Italia e Francia p r o m e t t e v a n o a n c h e di consultarsi ove l ' i n d i p e n d e n z a e l'integrità dell'Austria foss e r o state minacciate «in vista delle m i s u r e da p r e n d e r e » , p o t e n d o s i a n c h e c h i e d e r e , in questa azione, il concorso di altri Stati. Per il d i s a r m o si stabiliva che, in caso di un accor334

do sulla limitazione degli a r m a m e n t i , i d u e governi cooperassero affinché ciascuno dei d u e Paesi avesse, in r a p p o r t o alla G e r m a n i a , «i vantaggi che fossero giustificati da ciascuno di essi». Seguiva la p a r t e dedicata alle questioni coloniali. L'Italia, che aveva s e m p r e l a m e n t a t o l'ingiustizia fattale a Versailles nella suddivisione delle spoglie coloniali n e m i c h e , otteneva 114 mila chilometri q u a d r a t i di d e s e r t o nel sud libico e un t r a t t o di costa ( v e n t u n mila c h i l o m e t r i q u a d r a t i ) f r o n t e g giante, alla frontiera tra l'Eritrea e la Somalia francese, lo stretto di Bab e l - M a n d e b . Per la Tunisia, sulla quale l'Italia rivendicava u n a ipoteca in base al trattato del 1896, si stabiliva che lo speciale statuto previsto p e r i cittadini italiani fosse p r o r o g a t o s e c o n d o le varie situazioni, fino al 1945, o al 1955, o al 1965, fermo r e s t a n d o che d o p o il 1965 la Francia n o n a v r e b b e p i ù a v u t o alcun obbligo p a r t i c o l a r e . I n complesso, Lavai aveva liquidato le questioni p e n d e n t i a b u o n prezzo. La fetta di sabbia che ci dava p u ò avere o r a i m p o r tanza notevole, o m a g a r i grandissima, p e r i giacimenti p e troliferi, ma allora era soltanto u n a «espressione geografica» senza rilievo politico od economico. In aggiunta, Lavai dava quel che n o n e r a suo, ossia libertà di ingresso in Etiopia. Q u e s t o capitolo degli accordi n o n e r a scritto n a t u r a l m e n t e in termini espliciti, tanto che il ministro degli Esteri francese p o t è in seguito asserire, in malafede, di n o n aver affatto voluto i n t e n d e r e ciò che Mussolini intese. La formula con cui il patto segreto fu r e d a t t o era tortuosa. Mussolini scrisse a Lavai u n a lettera nella quale accusava ricevuta di u n a lettera dello stesso Lavai trascrivendola p e r i n t e r o . In essa si leggeva che «il governo francese n o n avrebbe ricercato in Etiopia la soddisfazione di altri suoi interessi che n o n fossero quelli economici relativi al traffico della ferrovia Gibuti-Addis Abeba». Ma ancora più e l o q u e n t e era, p u r nella sua evasività, il s e c o n d o p a r a g r a f o di un altro d o c u m e n t o nel quale si precisava che «il g o v e r n o francese si i m p e g n a , p e r q u a n t o r i g u a r d a l'Etiopia - a n c h e nel caso di modifica335

zioni dello status quo nella regione in oggetto -, a n o n ricercare alcun vantaggio t r a n n e etc. etc». O t t e n u t o il placet della Francia, Mussolini mirava ad avere quello, possibilmente altrettanto preciso, ma in m a n c a n za di meglio anche sottinteso, della G r a n Bretagna. Il frenetico H i t l e r gli d i e d e u n a m a n o d e l i b e r a n d o , il 16 m a r z o 1935, il ripristino del servizio militare obbligatorio, e fissando in 36 divisioni gli effettivi dell'esercito tedesco: livello di p o t e n z a che sarebbe stato ammissibile con p o c h e p r e o c c u pazioni se la unilateralità e la progressività famelica della rivincita tedesca n o n avessero fatto capire che quella era solo u n a t a p p a , alla quale il F ù h r e r n o n si sarebbe fermato. Ma la «cattura» d e l l ' I n g h i l t e r r a si rivelò, n o n o s t a n t e il l u n g o flirt con Mussolini degli a n n i p r e c e d e n t i , assai p r o b l e m a t i ca. Il «premier» Mac D o n a l d e r a t r o p p o sensibile alla opin i o n e pubblica p e r p o t e r accettare, c o m e Lavai, i p r o g e t t i di Mussolini; e nello stesso t e m p o t r o p p o irresoluto p e r tentare di bloccarli con un atteggiamento di ferma ostilità. N o n credette - o anche se lo credeva fu nell'impossibilità di agire in conseguenza - che la alleanza di Mussolini c o n t r o il pericolo tedesco valesse il sacrificio dell'Etiopia. La m i n a di Ual-Ual stava i n t a n t o p r o d u c e n d o i suoi guasti. Italiani ed etiopici si e r a n o scambiati vibrate note di protesta, ciascuna parte riversando sull'altra la responsabilità dell'accad u t o . L'Italia si fondava sull'elemento, incontestabile, della presenza di b a n d e a r m a t e abissine intorno ad Ual-Ual. Pretese p e r t a n t o scuse ufficiali, gli o n o r i alla b a n d i e r a - il che significava riconoscimento della sovranità italiana sui pozzi - la c o n s e g n a del ras che aveva g u i d a t o l'attacco, d u e c e n t o m i l a talleri di Maria Teresa come indennizzo (il che corrispondeva a un milione e mezzo di lire del tempo). Fu anche inizialmente rifiutato, da p a r t e italiana, di sottoporre l'incidente al giudizio di u n a commissione arbitrale prevista da un trattato del 1928. Hailé Selassié compì allora u n a mossa che proiettava la questione italo-etiopica sullo scacchiere internazionale m o n 336

diale: si rivolse alla Società delle Nazioni, invocando quell'articolo 11 del Patto societario secondo il quale «ogni g u e r r a o minaccia di guerra... sarà considerata come interessante l'intera Società delle Nazioni e questa p r e n d e r à ogni iniziativa che possa risultare o p p o r t u n a ed efficace». L'iniziativa etiopica n o n ebbe b u o n a accoglienza da p a r t e della Francia e dell'Inghilterra, le d u e potenze che n o r m a l m e n t e r i u s c i v a n o a p i l o t a r e le decisioni della L e g a . N o n p i a c q u e n a t u r a l m e n t e a Lavai, che voleva favorire l'Italia; m a n o n p i a c q u e n e p p u r e a l suo collega Simon, c h e aveva visto q u a n t o poco la Società delle Nazioni riuscisse a contrastare la m a r c i a c a d e n z a t a della G e r m a n i a nazista sulla via della potenza, e che preferiva agire, verso l'Italia con i m e todi della diplomazia tradizionale. I d u e ministri t r o v a r o n o un alleato nel segretario generale della Società delle Nazioni, J o s e p h Avenol, che n o n dimenticava di essere francese e si sentiva l e g a t o alla politica del g o v e r n o di Parigi. Si agg i u n g a che l'Etiopia n o n aveva, dal p u n t o di vista del suo r e g i m e i n t e r n o , le carte così in regola da potersi p r e s e n t a r e come antagonista democratica del dittatore Mussolini. C o n m a n o v r e laboriose fu evitato che il Consiglio della Lega - p r e s s a p p o c o c o r r i s p o n d e n t e al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite - esaminasse, nella sua seduta dell'11 gennaio 1935, la richiesta etiopica, e alla fine il ministro degli Esteri di Addis Abeba acconsentì di ripiegare su u n a p r o c e d u r a di arbitrato che o r a a n c h e l'Italia accettava. Avenol si illudeva forse di essersi liberato d e l tizzone acceso di Ual-Ual. Ma a questo p u n t o , m e n t r e in Italia cresceva la febb r e della g u e r r a africana, Hailé Selassié allargò il p r o b l e m a , i n v o c a n d o dal Consiglio della Lega u n i n t e r v e n t o n o n p e r Ual-Ual, m a p e r l ' a t t e g g i a m e n t o aggressivo italiano nella sua globalità. Listanza etiopica giaceva sulla scrivania di Avenol q u a n d o i Capi di g o v e r n o italiano, francese e inglese si r i u n i r o n o a Stresa dall'I 1 al 14 aprile p e r discutere del «revanscismo» tedesco. Ma se questo era il p u n t o ufficiale all'ordine del gior337

n o n o n v'è d u b b i o che l'occasione e r a propizia a n c h e p e r trattare l'affare etiopico. Mussolini, titolare del dicastero degli Esteri, era con il sottosegretario Suvich, Mac Donald e Sim o n e r a n o gli inglesi, F l a n d i n e Lavai i francesi. Sull'argom e n t o principale il comunicato finale fu abbastanza esplicito anche se il Duce sapeva q u a n t e esitazioni e reticenze sopravvivessero nel fronte antitedesco («Non posso essere s e m p r e io a minacciare di passare la frontiera del Brennero!» aveva c o m m e n t a t o con un collaboratore). Sull'Etiopia invece silenzio, n o n solo a livello ufficiale, ma anche tra le quinte. Un passo della dichiarazione c o m u n e affermava, nel testo p r o p o s t o , che «le tre p o t e n z e , l'obbiettivo della cui politica è il m a n t e n i m e n t o collettivo della pace nel contesto della Società delle Nazioni, si t r o v a n o c o m p l e t a m e n t e d'accordo nell'opporsi, con tutti i mezzi possibili, a qualsiasi r i p u dio unilaterale dei trattati che possa m e t t e r e in pericolo la pace ed a g i r a n n o in stretta e cordiale collaborazione a questo scopo». Q u a n d o la frase fu posta all'esame dei tre Capi di g o v e r n o , Mussolini pretese u n a modifica. Si doveva scrivere, disse, «che possa m e t t e r e in pericolo la pace dell'Europa». S e g u i r o n o l u n g h i istanti di silenzio. «Mac Donald - ha scritto il Barros - g u a r d ò Simon, e così fece Sir Robert Vansittart, il s o t t o s e g r e t a r i o p e r m a n e n t e del F o r e i g n Office.» Anche Flandin tacque, e Lavai sorrise come a s s e n t e n d o . La variante del Duce, in forza della quale l'impegno dei tre p e r la pace escludeva l'Africa, fu accettata. Mussolini r i t e n n e che, sia p u r e storcendo la bocca e m u g u g n a n d o , l'Inghilterra si sarebbe rassegnata alla manomissione italiana dell'Etiopia. E forse n o n aveva tutti i torti. Chi tace c o n s e n t e . E s e c o n d o G r a n d i , Mac D o n a l d gli avrebbe detto che l'Inghilterra, «essendo u n a lady, a p p r e z z a la vigorosa iniziativa maschile, p u r c h é le cose siano fatte con discrezione, n o n in pubblico» (ma la frase ci sembra più di rep e r t o r i o italiano che di m a r c a britannica). In seguito gl'inglesi sostennero che essi avevano preferito n o n interloquire p e r agevolare «una soluzione amichevo338

le tra Italia ed Etiopia». Ma la s p i e g a z i o n e n o n c o n v i n c e . M e n t r e i tre e r a n o a Stresa, già convogli di t r u p p e italiane e r a n o avviati verso l ' E r i t r e a e la Somalia, e gl'inglesi n o n p o t e v a n o i g n o r a r l o visto lo s t a m b u r e g g i a m e n t o p r o p a g a n distico che ne faceva la stampa italiana. In realtà il g o v e r n o «nazionale» di Mac D o n a l d si trovava, di fronte alla i n t r a p r e n d e n z a mussoliniana, in imbarazzo: e le sue ambiguità furono segno n o n della «perfidia albionica» c o m e p o i s o s t e n n e la p r o p a g a n d a fascista, ma di u n a t o r m e n t o s a indecisione. Negli a n n i dell'idillio tra gli inglesi e Mussolini, quest'ultimo era r i t e n u t o , dal Foreign Office, un elemento i n g o m b r a n t e ma a n c h e stabilizzante della politica e u r o p e a . La G r a n B r e t a g n a aveva u n a visuale imperiale, ossia mondiale, il Duce, n o n o s t a n t e tutto, e r a confinato in un r u o l o settoriale, e in esso svolgeva u n a funzione utile sia verso la G e r m a n i a sia verso la Francia. O r a che Hitler m e n a v a f e n d e n t i c o n t r o l'assetto uscito d a Versailles, Mussolini e r a riuscito a r e g o l a r e le questioni p e n d e n t i con la Francia, f o r m a n d o con quest'ultima un c o n t r a p p e s o alla p r e s s i o n e tedesca. Q u a l c h e strizzata d'occhio del fascismo agli arabi poteva avere infastidito l'Inghilterra, ma n o n tanto da g u a s t a r n e la benevolenza p e r Mussolini. La faccenda etiopica cambiava r a d i c a l m e n t e la situazione. Un r a p p o r t o o r d i n a t o dal g o v e r n o di L o n d r a affermò, è vero, che in Etiopia l'Inghilterra n o n aveva «interessi vitali» tali da i m p o r r e la resistenza ad u n a conquista italiana anche se, dal p u n t o di vista della difesa imperiale, «un'Etiopia ind i p e n d e n t e sarebbe preferibile ad u n a Etiopia italiana». Ma, visto in prospettiva n o n immediata, il c a m b i a m e n t o della situazione appariva più p r e o c c u p a n t e : l'Italia avrebbe p o t u t o g u a r d a r e d a l l ' E t i o p i a all'Egitto, p e r s i n o a u n c o n g i u n g i m e n t o territoriale con la Libia, i movimenti indipendentisti avrebbero trovato u n a n u o v a forza cui appoggiarsi, il filoar a b i s m o verbale e p r o p a g a n d i s t i c o del fascismo d i v e n t a v a u n campanello d'allarme. N o n m e n o influenti, p e r sollecitare l a o p p o s i z i o n e d i 339

Mac Donald e del suo successore Baldwin, e r a n o i motivi di politica i n t e r n a . La o p p o s i z i o n e laburista, che e r a s e m p r e stata molto d u r a c o n t r o il fascismo, e che ora, affacciatosi il pericolo hitleriano, aveva r a d d o p p i a t o le sue d e n u n c e della minaccia totalitaria, p r e t e n d e v a che l'Inghilterra desse pieno a p p o g g i o alla Società delle Nazioni, ai suoi princìpi, alle sue p r o c e d u r e . Il g o v e r n o n o n poteva i g n o r a r e questo m o to d ' o p i n i o n e che aveva trovato i m p o n e n t e a p p o g g i o in un r e f e r e n d u m sui p r o b l e m i della pace, il famoso «peace ballo t». C o n esso 11 milioni e mezzo d'inglesi si e r a n o p r o n u n ciati p e r u n a politica pacifista, p r o p u g n a n d o (87 p e r cento) sanzioni e c o n o m i c h e c o n t r o un aggressore e a n c h e (59 p e r cento) sanzioni militari. I g o v e r n a n t i inglesi n o n c r e d e v a n o nella efficacia della Società delle Nazioni c o m e risolutrice di conflitti. Ma n o n p o t e v a n o n e p p u r e r i n n e g a r l a , se n o n volevano essere clam o r o s a m e n t e sconfessati dalle u r n e . E r a n o i n s o m m a alle prese con la q u a d r a t u r a del circolo. O g n i statista si sarebbe trovato nei guai: ma Mac Donald e Simon si c o m p o r t a r o n o , a n c h e t e n u t o conto delle circostanze, con particolare volubilità e goffaggine. Riuscirono a illudere ed esasperare, volta a volta, Mussolini, e a sacrificare l'Etiopia senza farsi amica l'Italia. Da Stresa Simon, Lavai, e il b a r o n e Aloisi che alla Conferenza aveva partecipato c o m e funzionario, e r a n o partiti dir e t t a m e n t e p e r il Consiglio del 15 aprile 1935 della Società delle Nazioni. Il t e m a n o n e r a p i ù soltanto U a l - U a l ma la p r e p a r a z i o n e italiana della g u e r r a . Aloisi obiettò che, essendo stata avviata u n a p r o c e d u r a di arbitrato, n o n c'era motivo di dilatare i limiti di un i n c i d e n t e di frontiera. Lavai si associò. T e d e Hawariate, il delegato etiopico, era p r o n t o ad a c c o n s e n t i r e . Ma a q u e s t o p u n t o S i m o n i n t e r v e n n e , d'improvviso, p e r c h i e d e r e che già a m a g g i o il Consiglio conoscesse i n o m i degli arbitri, e i termini e n t r o i quali avrebbero riferito. Era un colpo basso alla m a n o v r a italiana, la quale m i r a v a a far sì che la trattativa si p r o t r a e s s e fino al fatto 340

c o m p i u t o dell'invasione. Lavai a i u t ò a sventarlo. Ma l'impressione a Palazzo Chigi fu e n o r m e . Il silenzio di Stresa era stato sostituito da un atto di a p e r t a ostilità. G r a n d i a L o n d r a chiese u d i e n z a a Simon. In p r e c e d e n z a aveva detto chiaro e t o n d o al sottosegretario Vansittart che l'Italia c h i e d e v a la collaborazione della G r a n B r e t a g n a affinché l ' i m p r e s a africana si esaurisse «nel m i n o r t e m p o e con il m i n o r d i s p e n d i o di mezzi possibile». Solo così l'Ing h i l t e r r a poteva avere u n a alleata forte in E u r o p a . Vansittart t e n t ò di e l u d e r e la d o m a n d a t e s s e n d o g r a n d i elogi di Mussolini e r i m p r o v e r a n d o g l i , i n c o n g r u e n t e m e n t e , di n o n a v e r e sollevato a Stresa il p r o b l e m a etiopico. P r e g ò infine l'ambasciatore di considerare l'imbarazzo del suo governo e concluse c h ' e r a meglio r i n u n c i a r e a conversazioni bilaterali sull'argomento. Era u n a confessione d i i m p o t e n z a . G r a n d i informò Mussolini che l'Inghilterra avrebbe strillato un po', ma senza c r e a r e grossi fastidi. Di Mussolini si p u ò dire tutto il male che si vuole, a p r o posito della g u e r r a d ' E t i o p i a , m a a l m e n o u n m e r i t o n o n p u ò essergli contestato: quello di avere agito, verso inglesi e francesi, con sincerità assoluta. Spiegò cosa voleva fare, e p e r c h é lo voleva fare. N o n cercò di dissimulare che la p r o c e d u r a arbitrale p e r Ual-Ual e r a soltanto u n a finzione diplomatica e giuridica, cui l'Italia ricorreva p e r g u a d a g n a r e t e m p o . O r m a i si era tagliato i ponti alle spalle. N e l l ' u l t i m a d e c a d e di m a g g i o il n o d o d e l l ' a r b i t r a t o italo-etiopico, e della m i s u r a in cui la Società delle Nazioni avrebbe p o t u t o interferirvi, t o r n ò a Ginevra. C o n s o r p r e s a degli inglesi e dei francesi, Mussolini accettò, p e r bocca di Aloisi (che n o n se l'aspettava n e m m e n o lui), u n a soluzione dilatoria. La p r o c e d u r a di riconciliazione e arbitrato doveva essere p o r t a t a a t e r m i n e e n t r o il 25 agosto. Il Consiglio della L e g a - che f o r m a l m e n t e d e l i b e r ò q u e s t o a c c o r d o , in realtà messo a p u n t o dai «grandi» - si sarebbe occupato della vertenza se i q u a t t r o arbitri - d u e p e r ciascun c o n t e n d e n te - che e r a n o stati designati n o n fossero riusciti a designar341

ne un quinto, imparziale, e n t r o il 25 luglio, o se e n t r o il 25 agosto n o n si fosse arrivati a un c o m p o n i m e n t o . Ancora u n a volta e r a stato evitato che il Consiglio affrontasse nella sua totalità il problema. Ma n o n p e r questo Mussolini m o d e r ò il suo tono: anche p e r c h é aveva capito, con il suo fiuto p e r gli u m o r i delle masse, che la trasformazione della contesa con l'Etiopia in u n a contesa italo-inglese aveva risvegliato negli italiani antichi rancori, e li liberava da antiche frustrazioni. N o n e r a più, e n o n e r a soltanto, quella italiana, l'azione di un Paese che voleva l e g i t t i m a m e n t e e s p a n d e r s i a spese di u n o stato barbarico p e r d a r e sfogo alla sua popolazione, lavoro alle sue braccia, gloria ai suoi soldati, e p e r lavare l'onta di Adua: era anche il duello tra un p o p o l o giovane, dinamico, p o v e r o , e un p o p o l o egoista, pasciuto, abituato a com a n d a r e in casa d'altri. Tra il m a g g i o e il g i u g n o il «fronte di Stresa», che aveva coalizzato l'Italia, la Francia e l ' I n g h i l t e r r a c o n t r o il «ritorno» tedesco, si sgretolò s e m p r e più. Il Duce compì, sia p u r e c a u t a m e n t e , dei passi p e r stabilire migliori r a p p o r t i con Hitler, a n c h e se il r e g i m e nazista aveva inizialmente adottato, nei r i g u a r d i della questione abissina, un a t t e g g i a m e n t o distaccato, e s e m m a i b e n e v o l o , verso Hailé Selassié. L'ambasciatore a Berlino, C e r r u t i , p e r il quale Hitler aveva m a t u rato u n a avversione profonda, fu trasferito a Parigi, e sostituito con Attolico. A q u e s t o p u n t o ci fu, nel c o m p l e s s o giuoco, un b r u s c o c a m b i a m e n t o di p e d i n e . L'Inghilterra, già ai ferri corti con l'Italia, si trovò al limite di r o t t u r a a n c h e con la Francia p e r via del p a t t o navale stipulato, all'insaputa di Parigi, con la G e r m a n i a , che concedeva alla flotta di superficie di quest'ultima u n a consistenza pari al 35 p e r cento della flotta britannica, e alla flotta s o t t o m a r i n a un tonnellaggio p a r i a quello dei Paesi del C o m m o n w e a l t h . Tutto questo era stato combin a t o d a S i m o n che p e r ò n o n p o t è f i r m a r e i l p a t t o p e r c h é f r a t t a n t o il g o v e r n o di L o n d r a e r a c a m b i a t o . Al p o s t o di Mac Donald c'era Baldwin, e a quello di Simon c'era Samuel 342

Hoare. Hoare si era occupato per quattro anni dell'India. Arrivava al Foreign Office senza u n a esperienza internazionale globale. Era un u o m o sensibile e piuttosto schivo, che si illuse d a p p r i m a di stabilire migliori r a p p o r t i con Mussolini i n v i a n d o g l i delle l e t t e r e p e r s o n a l i a r i c o r d o di r e m o t i contatti d u r a n t e la p r i m a g u e r r a m o n d i a l e . T e n e n t e colonnello dell'esercito inglese sul fronte italiano, H o a r e aveva esortato Mussolini, c o m e d i r e t t o r e del Popolo d'Italia, a p r o digarsi p e r galvanizzare la resistenza i n t e r n a d o p o Caporetto. Ma q u e s t e m o z i o n i degli affetti f u r o n o r e s p i n t e seccam e n t e dal Duce. Accanto a H o a r e si e r a insediato negli uffici del Foreign Office, come titolare del n e o n a t o dicastero p e r i r a p p o r t i con la Società delle Nazioni, A n t h o n y E d e n , t r e n t o t t e n n e , consid e r a t o u n a stella nascente sull'orizzonte politico britannico. E d e n e r a un «societario» convinto, e la sua stessa carica lo obbligava a u n a sorta di p a t r i o t t i s m o g i n e v r i n o . Si e r a dim o s t r a t o cauto, verso l'Italia, in un discorso ai C o m u n i nel quale, r i s p o n d e n d o alle accuse di debolezza e di acquiescenza verso la o r m a i evidente volontà aggressiva italiana, aveva risposto che «per un principio f o n d a m e n t a l e del diritto britannico c h i u n q u e è i n n o c e n t e finché n o n ne sia stata provata la colpevolezza». Ma n o n fu scelto felicemente c o m e latore a Mussolini di u n a p r o p o s t a di soluzione della v e r t e n z a con l'Etiopia. E d e n e r a il p r o d o t t o di un'alta scuola diplomatica e politica, conosceva gli a r g o m e n t i di cui si occupava, era un n e goziatore pacato, aveva p r e s e n z a ed eleganza, e r a a n i m a t o da sinceri sentimenti democratici. Ma era anche t r o p p o poco duttile, t r o p p o poco spregiudicato, forse t r o p p o poco intelligente ( q u a n d o n o n fu solo l ' e s e c u t o r e di d i r e t t i v e di C h u r c h i l l fallì, c o m e u o m o d i g o v e r n o ) p e r affrontare u n avversario della statura di Mussolini in u n a situazione diven u t a i n c a n d e s c e n t e . I suoi p r i n c ì p i , la sua f o r m a z i o n e , gli r e n d e v a n o difficile capire n o n soltanto la logica del suo in343

terlocutore, ma il processo passionale e propagandistico attraverso il quale u n a dittatura p u ò trovarsi, su un p r o b l e m a che le p r o c u r i oltretutto un entusiastico consenso p o p o l a r e , al p u n t o di n o n ritorno. E d e n giunse a R o m a il 23 giugno 1935. Prima di arrivarvi, aveva fatto sosta a Parigi, ma ai francesi n o n aveva detto u n a parola della p r o p o s t a che si accingeva ad avanzare. La p r e m e s s a che E d e n si sentì in d o v e r e di p o r r e all'inizio del p r i m o colloquio con il Duce n o n era la più adatta a spianare il t e r r e n o . Egli precisò che il g o v e r n o inglese era «irrevocab i l m e n t e i m p e g n a t o » verso la Società delle Nazioni, e c h e n o n a v r e b b e tollerato senza r e a g i r e iniziative c h e n e comp r o m e t t e s s e r o le sorti. Q u i n d i a v a n z ò l'offerta della quale era stato incaricato. La G r a n Bretagna avrebbe p o t u t o cedere agli abissini la baia di Zeila e un piccolo territorio annesso, nella Somalia britannica, così da d a r e al Paese u n o sbocco al m a r e . I n c o m p e n s o l'Italia a v r e b b e p o t u t o i n c a m e r a r e l a provincia d e l l ' O g a d e n , al confine t r a Etiopia e Somalia italiana, e ottenere concessioni economiche e di altro g e n e r e . La risposta di Mussolini fu un i m m e d i a t o e secco n o . Egli ne chiarì q u i n d i le ragioni. C o n lo sbocco al m a r e , sia p u r e a spese degli inglesi, l'Etiopia si s a r e b b e rafforzata, a v r e b b e p o t u t o rifornirsi di a r m i più facilmente, e avrebbe precluso definitivamente la possibilità di stabilire u n a continuità territoriale tra Eritrea e Somalia italiana. Q u e s t o tipo di soluzione avrebbe inoltre irrobustito in Etiopia n o n la presenza e influenza italiana, ma quella d e l l ' I n g h i l t e r r a . S e c o n d o Mussolini, restavano a p e r t e solo d u e soluzioni: l'una pacifica, in forza della quale passassero all'Italia i territori abissini n o n di razza etiopica, con in p i ù il «controllo» italiano del n u c l e o c e n t r a l e , c h e s a r e b b e rimasto i n d i p e n d e n t e ; l'altra violenta, che a v r e b b e significato la cancellazione dell'Etiopia, c o m e Stato, dalla carta geografica. I d u e si lasciarono in u n a atmosfera di p r o f o n d a reciproca ostilità. Tuttavia E d e n chiese, ed o t t e n n e , un secondo colloquio, che si svolse nel p o m e r i g g i o del 25 giugno. Nel cor344

so di esso Mussolini indicò specificamente i territori che sar e b b e r o stati lasciati ad Hailé Selassié (da s o t t o p o r r e tuttavia a un r e g i m e «tipo Egitto o Marocco»). E d e n ribatté c h e « p u r t r o p p o il p u n t o di vista italiano n o n è condiviso dalla G r a n Bretagna» ma aggiunse, in un ultimo sforzo di diplomazia, che il t e m p o poteva ancora a c c o m o d a r e le cose. O r m a i , m e n t r e la m a c c h i n a militare italiana stava già p r o d u c e n d o u n o sforzo che, in r a p p o r t o ai mezzi del Paese, e r a e n o r m e , l'offerta inglese risultava, p e g g i o che inutile, p r o v o c a t o r i a . Il d i p l o m a t i c o Raffaele Guariglia, c h e n o n brillava c e r t o p e r zelo fascista e c h e s a r à il m i n i s t r o degli Esteri di Badoglio, scrisse d o p o la g u e r r a che nella mossa b r i t a n n i c a « n o n si p o t e v a p i ù d i r e se p r e d o m i n a s s e l'ottusità, l ' i m p r o n t i t u d i n e o il disprezzo assoluto n o n tanto verso la politica italiana, q u a n t o verso il popolo italiano, fascista o n o n fascista c h e fosse». Guariglia espresse a d d i r i t t u r a a m mirazione p e r la «calma» e la «pazienza» di Mussolini. In effetti l ' O g a d e n n o n era allettante («non sono un collezionista di deserti» aveva osservato il Duce). La radice dello scontro e r a nei fatti. Ma è a n c h e v e r o che i d u e statisti p r o v a r o n o u n a reciproca repulsione. Quel «gelido figurino» indispose il figlio del fabbro; E d e n a sua volta s e n t e n z i ò c h e il D u c e «non è un gentleman». C o n la tracotanza sgarbata che affiorava nel suo carattere, q u a n d ' e r a di cattivo u m o r e , Mussolini volle r e n d e r e clam o r o s o il contrasto tra la sua personalità e quella del giovane ministro inglese in occasione del ricevimento che, la sera del 24 g i u g n o , fu offerto in o n o r e dell'ospite all'albergo Excelsior. D o p o essersi riposato, nel pomeriggio, in u n o chalet c h e aveva a disposizione nella t e n u t a di Castel P o r z i a n o , Mussolini era t o r n a t o a Palazzo Venezia in abbigliamento da d o p o spiaggia: p a n t a l o n c i n i bianchi, giacca con rinforzi ai gomiti - citiamo da Duce! Duce! di Richard Collier - camicia col colletto a p e r t o . E fu in quella t e n u t a che si p r e s e n t ò al b a n c h e t t o , d o v e E d e n e r a i n a b b i g l i a m e n t o formale, i g n o r a n d o l o d e l i b e r a t a m e n t e d u r a n t e l a conversazione. Q u a n 345

d o , alla fine, il diplomatico Pansa, sollecitato dall'ambasciatore inglese D r u m m o n d (poi L o r d Perth), lo aveva invitato ad avvicinarsi a E d e n , affinché il disaccordo n o n risultasse evidente, il Duce aveva replicato: «La distanza tra noi è esattamente uguale. Se vuole parlare con me, che venga qui lui». Quasi n o n bastasse, Mussolini trovò m o d o di infliggere a E d e n u n u l t e r i o r e affronto, i n occasione d i u n a colazione - ultima incombenza prevista dal protocollo - a Castelfusan o . Faceva gli o n o r i di casa il s o t t o s e g r e t a r i o Suvich, c h e aveva scusato il Duce, t r a t t e n u t o a R o m a da «impegni inderogabili». Gli invitati - con un E d e n g a r b a t o e a p p a r e n t e m e n t e sereno - e r a n o alla frutta q u a n d o «il ritmo r u m o r o s o di un m o t o r e a scoppio - ha scritto Federzoni - fece volgere gli occhi verso il m a r e . Un motoscafo costeggiava l e n t a m e n te la spiaggia alla m i n i m a distanza possibile, n o n c r e d o a più di cinquanta metri dalla terrazza. Ritto in piedi a p r u a , immobile, g u a r d a n d o avanti, stava Mussolini». Forse il D u c e stesso si accorse, più tardi, di avere ecceduto. Il diplomatico R e n a t o Bova Scoppa ha p o r t a t o u n a testimonianza che n o n smentisce, ma integra le precedenti. Mussolini, ricevendolo a Palazzo Venezia il 5 g e n n a i o del 1936, gli d i c h i a r ò : «So quali sono le voci che circolano a G i n e v r a a p r o p o s i t o del viaggio di E d e n . Smentite nella m a n i e r a più categorica che io lo abbia accolto e trattato in m o d o scortese. Io ho accolto E d e n nelle forme più cortesi possibili, e sino al t e r m i n e della visita i nostri r a p p o r t i personali sono stati di n o r m a l e cordialità. Il dissidio è p u r a m e n t e politico e resta aperto». Ai primi di agosto E d e n , Lavai e Aloisi - dove si vede come il ministro inglese collaborasse ancora, sia p u r e , probabilmente, a malincuore, p e r t e n e r e la controversia al di fuori dal Consiglio della L e g a - c o n c o r d a r o n o a G i n e v r a un e n n e s i m o c o m p r o m e s s o . La famosa commissione arbitrale p e r U a l - U a l n o n s i s a r e b b e o c c u p a t a del p r o b l e m a delle frontiere, n o n a v r e b b e cioè stabilito a chi a p p a r t e n e s s e r o 1 pozzi, r e s t r i n g e n d o invece il suo compito alle responsabilità 346

degli scontri. Tuttavia, se n o n si fosse arrivati a u n a «sentenza» e n t r o il p r i m o di s e t t e m b r e , il q u a t t r o dello stesso mese il Consiglio della Società delle Nazioni avrebbe intrap r e s o «l'esame generale, nei suoi diversi aspetti, delle relazioni t r a Italia ed Etiopia». Aloisi accettò p e r c h é e r a altro t e m p o g u a d a g n a t o . Mussolini n o n chiedeva altro. Allo stesso Aloisi disse I T I agosto: «Dovete agire p i ù da combattente che da d i p l o m a t i c o , da fascista p i ù che da n e g o z i a t o r e . A n c h e se mi a c c o r d a n o t u t t o , preferisco v e n d i c a r e A d u a . Sono già p r o n t o » . I n q u e s t e condizioni, a n c h e u n n u o v o p i a n o che Lavai - divenuto p r i m o ministro - ed E d e n p r e s e n t a r o n o ad Aloisi, a Parigi, tra il 16 e il 18 agosto 1935, d u r a n t e u n a serie di riunioni, n o n aveva possibilità di accoglimento. Lavai si arrovellava p e r trovare u n a formula accettabile dal Duce. Sentiva crescere, in Francia, un m o t o di opinione pubblica che, a l l a r m a t o dal revanscismo tedesco e dal n u o v o d i n a m i s m o fascista, esigeva d a l g o v e r n o u n a posizione i n t r a n s i g e n t e . P u r r i s o l u t o a evitare r o t t u r e , e a ostacolare l'adozione di m i s u r e e s t r e m e c o n t r o l'Italia, Lavai capiva che, senza u n a soluzione di c o m p r o m e s s o , si sarebbe trovato nella necessità di a d e r i r e a u n a qualche azione di a p p o g g i o alla Lega. Francesi e inglesi avevano escogitato un espediente ingegnoso ma tardivo: concedere all'Italia u n a specifica posizione in Etiopia in r a p p r e s e n t a n z a della Società delle Nazioni. In n o m e della Società delle Nazioni, e f o r m a l m e n t e su richiesta dell'Etiopia, l'Italia avrebbe svolto u n a missione di civiltà, che p e r a l t r o le a v r e b b e consentito u n a s o v r a i n t e n d e n z a a m m i n i s t r a t i v a ed e c o n o m i c a assai a m p i a . Il p a r a grafo del p r o g e t t o relativo alle «misure contro la schiavitù» attestava, di p e r se stesso, la scarsa qualificazione dell'Etiopia a collocarsi tra gli stati civili, e in un certo senso giustificava l'intervento italiano. L'altro paragrafo secondo il quale «questo p r o g r a m m a n o n e s c l u d e r e b b e i n alcun m o d o l a possibilità di rettifiche territoriali» s c h i u d e v a la p o r t a ad amputazioni a n c h e vistose d e l l ' I m p e r o negussita. Ma anco347

ra u n a volta il no di Mussolini fu reciso. Le proposte «potevano essere materia di discussione dieci mesi fa, e le avremmo e g u a l m e n t e respinte; ma oggi che l'Italia ha inviato in Africa 280 mila uomini e speso d u e miliardi, simili p r o p o s t e e q u i v a l g o n o a t e n t a r e di umiliare l'Italia nel p e g g i o r e dei modi». Un appello immediatamente successivo di Roosevelt che esortava a s c o n g i u r a r e la g u e r r a p e r c h é «sarebbe u n a calamità mondiale, le cui conseguenze influirebbero negativ a m e n t e sugli interessi di tutte le nazioni» v e n n e analogam e n t e accolto da u n a prevedibile ripulsa. A fine agosto la commissione arbitrale si p r o n u n c i ò sull'incidente di Ual-Ual. La commissione era stata completata con la n o m i n a del quinto arbitro, in aggiunta ai d u e di ciascuna p a r t e , Aldrovandi Marescotti e Montagna p e r l'Italia, La Pradelle e Potter p e r l'Etiopia. Il quinto voto fu affidato al g r e c o Nicolas Politis, ministro d e l suo Paese a Parigi, e n o t o giurista, il cui n o m e era stato caldeggiato da Lavai, e a p p r o v a t o da diplomatici italiani. Palazzo Chigi sperava che Politis ci facesse ottenere, a maggioranza, un verdetto largam e n t e favorevole. Se ne ebbe invece, all'unanimità, u n o che evadeva il p r o b l e m a della sovranità su Ual-Ual e delle violazioni di confine, p e r attenersi strettamente all'episodio. La responsabilità, affermò la decisione, era di e n t r a m b e le parti, ossia di nessuna. «Il primo sparo poteva essere stato accidentale», le scaramucce precedenti e successive rientravano nella tradizione locale, non esisteva d u n q u e un p r o b l e m a di riparazioni, di scuse, di indennizzi. Addis Abeba n o n fu malcontenta del lodo. A Roma dissero: «Politis ci ha traditi». O r a la p a r o l a tornava alla Società delle Nazioni. C o n t r o l'Italia veniva ventilata l'applicazione di quell'articolo 16 del Patto secondo il quale, se u n o dei m e m b r i della Lega ricorreva alla g u e r r a «si considera ipso facto che abbia commesso un a t t o di g u e r r a c o n t r o tutti gli altri m e m b r i . . . i quali lo s o t t o p o r r a n n o i m m e d i a t a m e n t e alla rottura di ogni relazione commerciale o finanziaria, al divieto di ogni r a p p o r t o fra i p r o p r i cittadini e quelli dello Stato che abbia infranto il 348

Patto, e all'impedimento di ogni r a p p o r t o fra i cittadini dello Stato che viola il p a t t o e quelli di o g n i altro Stato, sia o n o n sia m e m b r o della Società delle Nazioni». E r a n o le sanzioni economiche, ma i r r i m e d i a b i l m e n t e svuotate di conten u t o , a priori, dall'assenza degli Stati Uniti, che della Lega n o n facevano p a r t e , e di altre p o t e n z e i n d u s t r i a l i c o m e la G e r m a n i a e il G i a p p o n e , uscitene da p o c o . Il secondo p a r a grafo dello stesso articolo 16 p r e v e d e v a le sanzioni militari: «Sarà in tal caso (quello previsto dal p a r a g r a f o p r e c e d e n t e ) d o v e r e del Consiglio r a c c o m a n d a r e ai diversi governi interessati di m e t t e r e a disposizione gli effettivi militari, navali e aerei, con cui i m e m b r i della Società c o n t r i b u i r a n n o rispettivamente alle Forze A r m a t e destinate a far rispettare gli imp e g n i della Società». Solo alcuni d e l e g a t i m i n o r i g i u n s e r o a G i n e v r a , p e r il Consiglio che si aprì il q u a t t r o s e t t e m b r e , risoluti a far la voce grossa contro l'Italia. Lo e r a n o gli scandinavi, lo e r a n o le nazioni della Piccola I n t e s a . Ma quelli c h e c o m a n d a v a n o , inglesi e francesi, p o r t a r o n o a Ginevra t u t t e le loro incertezze e contraddizioni. E d e n e r a spinto all'intransigenza dalla sua p e r s o n a l e p r o p e n s i o n e , dalle sollecitazioni dell'opinione pubblica britannica, da un significativo voto degli iscritti alle Trade Unìons c h e c o n t r e milioni di sì c o n t r o m e n o di duecentomila no avevano chiesto le sanzioni. Ma n o n poteva d i m e n t i c a r e gli a m m o n i m e n t i d e l l ' A m m i r a g l i a t o sulla debolezza militare inglese, i rischi di conflitto con l'Italia, la minaccia tedesca. A sua volta Lavai, p u r a v e n d o comunicato a Mussolini che la Francia n o n a v r e b b e p o t u t o dissociarsi dalla Lega, voleva salvare l'accordo di g e n n a i o : a n c h e p e r ché, a v e n d o chiesto esplicitamente a E d e n se l ' I n g h i l t e r r a s a r e b b e stata così sollecita nello s c h i e r a r s i a fianco di u n a Francia a g g r e d i t a , q u a n t o s e m b r a v a volerlo essere nello schierarsi a fianco dell'Abissinia, si e r a sentito d a r e u n a risposta evasiva. Il Duce affettava ormai indifferenza p e r q u a n t o avveniva alla Società delle Nazioni. I diplomatici c h e e r a n o incaricati 349

di c o m b a t t e r e la battaglia in seno alla Lega furono lasciati, in quest'ultima fase, quasi senza istruzioni. Di loro iniziativa avevano p r e p a r a t o un m e m o r i a l e che, p e r legittimare l'imm e d i a t a azione italiana, p r e s e n t a v a nella luce p i ù c r u d a , con motivazioni spesso valide, il g o v e r n o abissino, sottolineava il disordine i n t e r n o , il proliferare di eserciti locali p i ù simili a b a n d e a r m a t e che ad accolite di r e p a r t i regolari, il sopravvivere di usanze b a r b a r e , più r i p u g n a n t e tra tutte la schiavitù. L'Etiopia era i n d e g n a di sedere a Ginevra, e l'Italia si a p p r e s t a v a a c o m p i e r e u n ' o p e r a z i o n e di igiene internazionale (i termini n o n furono questi, ma il loro significato sì). La tesi italiana, ribattuta da T e d e H a w a r i a t e , dal giurista francese Gastone J è z e che r a p p r e s e n t a v a anch'egli l'Etiopia, dal d e l e g a t o sovietico Litvinov (l'Urss e r a da p o c o e n t r a t a nella Lega), aveva, dal p u n t o di vista dialettico, un difetto grave: d e n u n c i a v a la situazione abissina n o n p e r invocare un'azione internazionale, m a p e r fare accettare u n a conquista unilaterale. E d e n e Lavai si espressero, nei loro interventi al Consiglio, con cautela, a u s p i c a n d o al solito u n a soluzione n e g o ziata. Il Consiglio n o m i n ò u n a c o m m i s s i o n e - f o r m a t a da G r a n Bretagna, Francia, Polonia, Spagna, Turchia e presied u t a dallo s p a g n o l o De M a d a r i a g a - che esaminasse i r a p porti tra Italia ed Etiopia. I delegati dei d u e Paesi interessati e r a n o esclusi p e r c h é Aloisi aveva rifiutato di s e d e r e allo stesso tavolo degli etiopici. Il 9 settembre 1935 si aprì, s e m p r e a Ginevra, la sedicesima Assemblea della Società delle Nazioni (finora il caso itaio-etiopico e r a stato discusso soltanto dal Consiglio), cui partecipò il ministro degli Esteri inglese H o a r e . Questi ebbe u n a serie intensa di colloqui con Lavai. E n t r a m b i decisero che «dovevano, se possibile, evitare di p r o v o c a r e Mussolini a un'ostilità a p e r t a , e che o g n i sanzione e c o n o m i c a decisa dalla Lega doveva essere applicata con p r u d e n z a e gradatam e n t e » . F u r o n o i n o l t r e c o n c o r d i «nell'escludere sanzioni militari, nel n o n a d o t t a r e alcun p r o v v e d i m e n t o d i blocco 350

navale, nel n o n p r e v e d e r e n e a n c h e la c h i u s u r a del Canale d i Suez: n e l l ' e s c l u d e r e i n u n a p a r o l a t u t t o q u a n t o potesse p o r t a r e alla guerra». Ma l ' H o a r e realista e rassegnato delle conversazioni con Lavai lasciò il posto, nel discorso all'Assemblea, a un H o a r e a p p a r e n t e m e n t e risoluto, il quale p r o c l a m ò che «la Società delle N a z i o n i è l'alfiere, e il mio Paese lo è c o n essa, del m a n t e n i m e n t o collettivo del p a t t o nella sua interezza e, in particolare, della resistenza tenace e collettiva a tutti gli atti di a g g r e s s i o n e n o n provocata». Il ministro degli Esteri inglese riscosse un e n o r m e successo, che lo lasciò s t u p i t o . I più avevano d e d o t t o dalle sue parole che l'Inghilterra stava p e r f e r m a r e Mussolini a qualsiasi costo. Le bastava tranciare l'esile filo dei rifornimenti costretti ad attraversare il Canale di Suez. A Palazzo Chigi vi fu un m o m e n t o di viva ansia. T u t t a v i a Mussolini n o n d i e d e s e g n o d i r a l l e n t a m e n t o nei suoi preparativi, anzi li m e n z i o n ò esplicitamente nel com u n i c a t o seguito a un Consiglio dei ministri. C o m ' è nella logica di t u t t e le d i t t a t u r e , quella fascista si servì a meraviglia dell'ostilità della L e g a p e r scaricare c o n t r o di essa le passioni r e p r e s s e del Paese. D o p o il discorso di H o a r e si ebbe un altro ancor più tangibile e temibile segno di irrigidimento dell'Inghilterra. Alla m e t à di settembre l'Ammiragliato trasferì nel Mediterraneo g r a n p a r t e della Home Fleet, in pratica «ogni nave disponibile di cui ci si immaginava di p o t e r fare a meno». Era u n a forza i m p o n e n t e : 144 u n i t à p e r un totale di 800 mila tonnellate. Il Duce n a t u r a l m e n t e n o n voleva la g u e r r a con l'Inghilterra. Ma n o n poteva più t o r n a r e indietro. Era in giuoco, a quel p u n t o , la sopravvivenza del suo r e g i m e . C o m e i m m e diata c o n t r o m o s s a , a n n u n c i ò l'invio di d u e divisioni in Libia, così da far t e m e r e u n a invasione dell'Egitto. Ma nello stesso t e m p o avvertiva che «la politica dell'Italia n o n ha mire i m m e d i a t e o r e m o t e che possano ferire gli interessi della G r a n Bretagna». 351

L a situazione era abbastanza paradossale. G r a n n u m e r o di osservatori riteneva i m m i n e n t e la g u e r r a tra i d u e Paesi e u r o p e i , e n t r a m b i i m p r e p a r a t i a sostenerla, e decisi a n o n farla. Infatti q u a n d o Mussolini, a fine s e t t e m b r e , d o m a n d ò che gli inglesi d i c h i a r a s s e r o f o r m a l m e n t e di n o n voler int r a p r e n d e r e azioni belliche o b l o c c a r e il C a n a l e di Suez, p r o m e t t e n d o in cambio di r i n u n c i a r e a certe «precauzioni militari», L o n d r a gli fornì c o n sollievo gli affidamenti richiesti. H o a r e fece di più. Scrisse p e r s o n a l m e n t e a Mussolini che la G r a n B r e t a g n a n o n i n t e n d e v a umiliare l'Italia, ma vederla «forte e p r o s p e r a » . In ogni caso, assicurò H o a r e , le u n i c h e s a n z i o n i c o n t r o l'Italia s a r e b b e r o state d i n a t u r a economica. Il Comitato dei cinque che e r a stato insediato nel Consiglio della Società delle Nazioni compì diligentemente il suo lavoro, a p p r o n t a n d o u n e n n e s i m o p r o g e t t o d i soluzione della c o n t e s a t r a Italia ed Etiopia - u n a s o r t a di m a n d a t o collettivo con particolari incarichi all'Italia - che poteva essere b u o n o o cattivo, ma e r a o r m a i inutile. Ovviamente l'Italia disse n o . Gli appelli di Hailé Selassié alla Società delle Nazioni diventavano s e m p r e più pressanti e disperati. L'imp e r a t o r e visse quelle u l t i m e g i o r n a t e i n u n ' a t m o s f e r a t r a g u e r r i e r a e piedigrottesca. Nell'ultima settimana di settemb r e cadeva la festa del Mascal, e u n a m o l t i t u d i n e di soldati e r a affluita nella capitale p e r sfilare, b a n c h e t t a r e , ballare, e g r i d a r e la sua fiducia in u n a r a p i d a vittoria sull'Italia. Il N e gus attese il 28 s e t t e m b r e p e r firmare l ' o r d i n e di mobilitazione generale: quell'ordine che, costituendo di p e r se stesso u n a provocazione, e un atto di ostilità diretta, rese superflua s e c o n d o l'Italia la d i c h i a r a z i o n e di g u e r r a . A n c o r a il p r i m o ottobre il Duce aveva detto ad Aloisi che se avesse ott e n u t o «le g r a n d i r e g i o n i vassalle dell'Abissinia, l'affare si s a r e b b e p o t u t o sistemare», c o n f e r m a n d o il n o n rifiuto, e forse il desiderio, di u n a soluzione parziale ma poco costosa. A De B o n o aveva telegrafato le sue ultime direttive: «Decisione inesorabile contro gli armati, rispetto e u m a n i t à p e r 352

le popolazioni inermi», versione a g g i o r n a t a del «parcere subiectis et debellare super bos». Il 2 o t t o b r e , di m a t t i n a , Mussolini fu ricevuto al Q u i r i n a l e dal Re. Vittorio E m a n u e l e era stato a l u n g o perplesso sulla o p p o r t u n i t à dell'impresa, riecheggiando in questo le obbiezioni di g e n e r a l i e a m m i r a g l i , c o m p r e s o Badoglio. Ma o r a gli disse: «Duce vada avanti. Sono io alle sue spalle. Avanti le dico». Alle sei e mezzo del p o m e r i g g i o il Duce si affacciò al balcone di Palazzo Venezia. La piazza era n e r e g g i a n t e di folla. Altre moltitudini a t t e n d e v a n o nelle piazze di tutta Italia davanti agli altoparlanti della radio. Venti milioni di italiani, disse Mussolini, e r a n o in ascolto. Forse n o n esagerava. Fu, il suo, un discorso suggestivo e d e m a g o g i c a m e n t e sap i e n t e , nel quale l'Italia e r a la vittima, e la Lega delle Nazioni la sopraffattrice. All'Italia era stato negato «un posto al sole». A t t o r n o al tavolo della «esosa pace» n o n le e r a n o toccate che «scarse briciole del ricco bottino coloniale». «Abbiamo pazientato - t u o n ò - tredici a n n i d u r a n t e i quali si è ancora più stretto il cerchio degli egoismi che soffocano la nostra vitalità. C o n l'Etiopia abbiamo pazientato q u a r a n t a anni. O r a basta!». Disse che «alle sanzioni e c o n o m i c h e o p p o r r e m o la nostra disciplina, la nostra sobrietà, il nostro spirito di sacrificio» e che «alle sanzioni militari r i s p o n d e r e m o con m i s u r e militari, ad atti di g u e r r a risponderemo con atti di g u e r r a » . Promise infine: «Noi faremo tutto il possibile perché questo conflitto di carattere coloniale n o n assuma il carattere e la p o r t a t a di un conflitto europeo». Il 3 ottobre 1935, alle cinque del mattino, le a v a n g u a r d i e v a r c a r o n o il M a r e b , fiumiciattolo che divideva, a n o r d di Adua, l'Eritrea dal territorio abissino e che p e r molti italiani era «la frontiera della vergogna». Il d a d o era tratto. Cominciava la c a m p a g n a d'Etiopia.

CAPITOLO OTTAVO LA G U E R R A DI DE B O N O

Il m e z z o g i o r n o del d u e ottobre 1935 il g e n e r a l e Emilio De Bono, Q u a d r u m v i r o della rivoluzione, alto commissario in Africa Orientale dal gennaio p r e c e d e n t e , c o m a n d a n t e superiore delle t r u p p e p e r la conquista dell'Etiopia, si e r a trasferito da À s m a r a a Coatit, un villaggio c h e distava u n a cinq u a n t i n a di chilometri dalla frontiera del M a r e b . Lì era stato i m p i a n t a t o , in b a r a c c h e p i u t t o s t o c o m o d e ( « T r o p p o comode» osserverà a c i d a m e n t e Badoglio in un suo r a p p o r t o a Mussolini), il Q u a r t i e r generale. De B o n o aveva allora s e t t a n t ' a n n i , e i n s e g u i v a a n c o r a u n a gloria militare che gli si e r a s e m p r e ostinatamente rifiutata. Il c o m a n d o delle operazioni c o n t r o l'Etiopia e r a stato un suo vecchio sogno, già da q u a n d o era ministro delle Colonie. N e l l ' a u t u n n o del 1933 si era p r e s e n t a t o al Duce cui si rivolgeva (era-uno dei pochi) con il confidenziale «tu» e gli aveva detto: «Senti, se ci sarà u n a g u e r r a laggiù tu - se me ne ritieni d e g n o e capace - dovresti c o n c e d e r e a me l'onore di condurla». Ha riferito lo stesso De B o n o che Mussolini gli rispose: «Certamente», e avendogli il Q u a d r u m v i r o chiesto se n o n lo considerasse t r o p p o vecchio, aveva aggiunto: «No, p e r c h é n o n bisogna p e r d e r e tempo». La scelta di De B o n o n o n spiaceva a Mussolini, p e r almeno tre ragioni. Essendo nota la mediocrità del Q u a d r u m v i r o c o m e stratega e c o m e organizzatore, il m e r i t o della vittoria sarebbe stato attribuito più largamente al Duce; la g u i d a di De B o n o avrebbe «fascistizzato» la g u e r r a ; esistevano b u o n e probabilità che si arrivasse a u n a soluzione di c o m p r o m e s so, sul p i a n o i n t e r n a z i o n a l e , p r i m a che la c a m p a g n a assu354

messe dimensioni impegnative, e p e r un compito di questo g e n e r e De B o n o e r a l ' u o m o ideale. Poi si p o t e v a s e m p r e cambiarlo. In realtà Mussolini voleva essere, sia p u r e da Palazzo Venezia, il condottiero della g u e r r a . N o n a caso aveva ripreso i dicasteri militari e il ministero delle Colonie, ai sottosegretariati aveva scelto o confermato u o m i n i di sua completa fiducia: i generali Federico Baistrocchi e Valle all'Esercito e alla Aeronautica, l'ammiraglio C a v a g n a r i alla Marina, Lessona alle Colonie. Nelle direttive segrete che il Duce aveva d i r a m a t o a p o c h i d i r e t t i c o l l a b o r a t o r i il 30 d i c e m b r e del 1934 e r a n o r i a s s u n t e le linee della sua a z i o n e . «Per u n a g u e r r a r a p i d a e definitiva ma che sarà s e m p r e d u r a , si d e vono p r e d i s p o r r e g r a n d i mezzi. Accanto ai 60 mila indigeni si d e v o n o m a n d a r e a l m e n o altrettanti m e t r o p o l i t a n i . Bisog n a c o n c e n t r a r e a l m e n o 250 a p p a r e c c h i in Eritrea e 50 in Somalia. C a r r i armati, 150 in Eritrea e 50 in Somalia. Superiorità assoluta di artiglieria. Dovizia di munizioni. I 60 mila soldati della metropoli, meglio a n c o r a se 100 mila, d e v o n o esser p r o n t i in Eritrea p e r l'ottobre del 1935.» Q u e s t e cifre, che già p r o s p e t t a v a n o l'invio di un c o r p o di spedizione quale mai si e r a visto in Africa, furono poi largam e n t e s u p e r a t e , a l m e n o p e r l e t r u p p e d i t e r r a . Mussolini era ossessionato dalla catastrofe di q u a r a n t a n n i p r i m a . «Per p o c h e migliaia di u o m i n i che n o n c ' e r a n o - aveva d e t t o p e r d e m m o ad Adua. Non commetterò mai quest'errore. Voglio p e c c a r e p e r eccesso n o n p e r difetto.» Il p r i m o scaglione della Gavinana cominciò a sbarcare a Massaua a m e t à aprile del '35 e fino a l l ' o t t o b r e si a m m a s s a r o n o in E r i t r e a - p r e v a l e n t e m e n t e - e in Somalia cinque divisioni dell'esercito e cinque di camicie n e r e . Oltre 200 mila u o m i n i di cui settemila ufficiali, seimila mitragliatrici, s e t t e c e n t o pezzi d'artiglieria, c e n t o c i n q u a n t a c a r r i a r m a t i , c e n t o c i n q u a n t a aerei da caccia e da b o m b a r d a m e n t o . L ' a r m a m e n t o e l'equip a g g i a m e n t o del c o r p o di spedizione e r a n o , se raffrontati alle e s i g e n z e di u n a g u e r r a m o d e r n a , e ai p r o g r e s s i della 355

tecnica, piuttosto m o d e s t i . A p p e n a q u a t t r o a n n i d o p o i tedeschi a v r e b b e r o fatto v e d e r e , nel conflitto e u r o p e o , quale «salto di qualità» si fosse verificato nell'arte della g u e r r a . Ma p e r u n a impresa coloniale, realizzata da un paese povero, lo sforzo deve essere considerato di dimensioni gigantesche. I n s i e m e ai soldati, p a r t i v a n o p e r l'Africa a n c h e i lavoratori, inizialmente diecimila, s e c o n d o le richieste di De Bon o , poi p r o g r e s s i v a m e n t e cresciuti fino a oltre c e n t o m i l a . Essi dovevano essere impiegati soprattutto p e r i n g r a n d i r e il p o r t o di Massaua, p e r migliorare la s t r a d a Massaua-Asmara, p e r costruire edifici e baraccamenti, p e r allestire impianti idrici. I segretari federali profittarono di questa occasione p e r s p e d i r e in Eritrea e in Somalia elementi indesiderabili, disoccupati che e r a n o tali soprattutto p e r la scarsa voglia di lavorare, intellettuali disadattati. De B o n o l a m e n t ò che «in q u e i p r i m i scaglioni fu inviato giù c h i u n q u e , senza scelta, senza nessuna garanzia fisica né morale. Fra di essi ce n'erano che n o n avevano mai p r e s o un attrezzo di lavoro in man o : si trovavano 12 maestri di scuola, 4 farmacisti, 3 avvocati, 9 orologiai, parecchi barbieri». La profusione dei mezzi, l'affarismo di appaltatori e trafficanti, la rivalità e la m a n c a n z a di c o o r d i n a m e n t o t r a le Forze A r m a t e , d e t e r m i n a r o n o r u b e r i e e s p e r p e r i , c o m e s e m p r e in circostanze di questo g e n e r e . Un certo m o m e n t o l'intendente del c o r p o di spedizione, il brillante e capace generale Dall'Ora, aveva telegrafato o r d i n a n d o di s o s p e n d e r e l'invio della paglia e del foraggio p e r i muli, p e r c h é era impossibile sbarcarli. Il ministero della G u e r r a n o n se ne diede p e r inteso, e le navi cariche rimasero al largo di Massaua, in attesa, p e r settimane, e a volte perfino tre o q u a t t r o mesi. L'aeronautica - lo ha raccontato Lessona - aveva sostenuto la tesi che n o n si potessero costruire c a m p i d'aviazione sull'altopiano eritreo, dove la quota r e n d e v a difficile il decollo, ma che si dovesse realizzarli nel bassopiano. Q u a n d o questi ultimi furono p r o n t i , con le loro dotazioni di forni, frigoriferi, ventilatori, docce, sedi p o c o m e n o c h e m o n u m e n t a l i 356

p e r i c o m a n d i , ci si accorse che n o n servivano, e si allestirono s u l l ' a l t o p i a n o - da d o v e si decollava b e n i s s i m o - a e r o porti definiti «sussidiari» che invece furono quelli r e a l m e n t e operanti. Il Duce «vide g r a n d e » , p e r c h é aveva fretta, e p e r c h é voleva p r e m u n i r s i c o n t r o le q u e r i m o n i e dei generali. A volte r a d d o p p i ò , semplicemente, ciò che gli era stato chiesto. Lo sforzo militare d i e d e alla nazione u n a frustata economica e morale. L'industria ne fu tonificata, il miraggio delle n u o v e t e r r e , delle n u o v e ricchezze, del n u o v o «posto al sole», accese le fantasie. Tra i volontari c'erano di certo a n c h e emarginati e avventurieri; ma c'erano a n c h e molti sinceri patrioti, che p e n s a v a n o di contribuire alla grandezza dell'Italia e, insieme, alla civilizzazione di un paese b a r b a r o . I p r o g e t t i di Mussolini i n c o n t r a r o n o le m a g g i o r i diffidenze e le più ostinate obbiezioni p r o p r i o tra gli alti comandi dell'Esercito. De B o n o era entusiasta p e r c h é il c o m a n d o e r a stato affidato a lui; ma t r a i professionisti dello stato m a g g i o r e i suoi giudizi g o d e v a n o di scarsissima considerazione. Egli p r e t e n d e v a che potessero bastare, p e r la conquista dell'Etiopia, 60 mila soldati indigeni, e 20 mila nazionali, oltre a quelli c h e già si t r o v a v a n o in E r i t r e a e in Somalia. Un calcolo c h e B a d o g l i o , i n t e r p e l l a t o nella sua q u a l i t à di C a p o di stato m a g g i o r e generale, invertì; secondo lui occorrevano trentamila indigeni, ma centomila soldati metropolitani e a r m a m e n t i a profusione (l'una e l'altra previsione, lo abbiamo visto, s u p e r a t e da ciò che Mussolini mise a disposizione dei generali). Fu d a p p r i m a perplesso il sottosegretario alla G u e r r a , Baistrocchi, che t e m e v a r i m a n e s s e r o p e r i colosamente sguarnite, con l'impegno africano, le frontiere nazionali, ma poi divenne, o a l m e n o si mostrò, un caldo sostenitore della c a m p a g n a . Più a l u n g o ostile rimase B a d o glio, in p a r t e p e r motivi tecnici, in p a r t e p e r c h é riecheggiava i dubbi del Re. Vittorio E m a n u e l e I I I era angosciato dalla eventualità di un conflitto a p e r t o con l'Inghilterra. I suoi incontri col Du357

ce furono, nei mesi di p r e p a r a z i o n e della g u e r r a , prevalent e m e n t e protocollari (le u d i e n z e p e r la firma dei d o c u m e n ti) e n o n frequenti. Nel corso di essi il t e m a etiopico n o n fu mai trattato a f o n d o . C o m e s e m p r e in queste e v e n i e n z e , il Re si t r i n c e r a v a n e l suo r i d o t t o «costituzionale», r i p e t e v a che la g u i d a politica del paese spettava al g o v e r n o , preferiva i n s o m m a fare a r r i v a r e a Mussolini i suoi consigli p e r iscritto, o p e r vie i n d i r e t t e . Così, in u n a l e t t e r a gli raccom a n d a v a di trovare il m o d o «di evitare un u r t o violento con l ' I n g h i l t e r r a ( p e r c h é ) q u e s t a s a r e b b e u n a faccenda della massima gravità p e r l'Italia, dati i d u b b i che si p o t r e b b e r o n u t r i r e r i g u a r d o all'atteggiamento della Francia». Badoglio riecheggiava le preoccupazioni del Re. «La g u e r r a - scrisse a De B o n o - a n c h e con risultato a noi p i e n a m e n t e favorevole, r a p p r e s e n t e r à s e m p r e p e r il paese u n o sforzo onerosissim o . Calcoli p u r e approssimativi d a n n o u n a spesa n o n lontana dai sei miliardi, ossia all'incirca un terzo della nostra riserva a u r e a . . . Siffatta g r a v e incisione nella finanza a p p o r t e r à c o m e c o n s e g u e n z a che t u t t o il m a t e r i a l e (equipaggiam e n t o , m u n i z i o n a m e n t o , q u a d r u p e d i ecc.) n o n p o t r à essere sostituito che assai l e n t a m e n t e nelle dotazioni dell'esercito, c o m e a c c a d d e nella s p e d i z i o n e libica. L'esercito q u i n d i attraverserà u n a d o p p i a crisi: d u r a n t e le operazioni, p e r la considerevole sottrazione di forze; d o p o la c a m p a g n a , p e r il lento rifornimento delle dotazioni.» S a p e n d o che il D u c e voleva la g u e r r a all'Etiopia, B a d o glio, nello stile della sua p r u d e n z a p i e m o n t e s e e contadina, n o n aveva c o m u n q u e d e t t o d i n o , n é t a n t o m e n o s i e r a dimesso. Aveva preferito p r o s p e t t a r e le difficoltà dell'impresa, a volte ragionevolmente, contro la faciloneria del Q u a d r u m viro, a volte i n g i g a n t e n d o l e . Aveva ad e s e m p i o chiesto, alla fine del 1934, d u e o tre a n n i di dilazione p e r c h é la macchina militare fosse a p u n t o : il che c o m p r o m e t t e v a irrimediabilm e n t e i piani mussoliniani. Il Duce gli aveva t a p p a t o la bocca, lo si è visto, d a n d o a lui e a De B o n o tutto ciò che chiedevano, e più di q u a n t o chiedessero. Tutto, salvo il t e m p o . 358

Sotto questi contrasti c ' e r a n o , n a t u r a l m e n t e , rivalità e ambizioni p e r s o n a l i . Il c o m a n d o della c a m p a g n a africana faceva gola a tutti i capi militari di p r i m o p i a n o , che consid e r a v a n o De B o n o il m e n o qualificato a esercitarlo. Si e r a subito fatto avanti Baistrocchi, c h e n o n p e r d e v a occasione p e r p r o n u n c i a r e giudizi taglienti sul Q u a d r u m v i r o . A Lessona aveva chiesto che caldeggiasse presso Mussolini l'idea di r i u n i r e in u n a sola p e r s o n a - la sua si capisce - il sottosegretariato alla G u e r r a e la carica di c o m a n d a n t e delle t r u p p e . Così, sosteneva, s a r e b b e r o stati eliminati a u t o m a t i c a m e n t e i possibili contrasti t r a R o m a e il Q u a r t i e r g e n e r a l e in Africa. Q u a n d o si rese conto che la partita, p e r quel che lo r i g u a r d a v a , e r a persa, il Baistrocchi p r o p o s e il n o m e del generale Pirzio Biroli, così da togliere di mezzo sia De B o n o sia Badoglio, questa o m b r a i m p o n e n t e e i n c o m b e n t e sulle Forze A r m a t e Italiane. Badoglio, nella sua azione di stancheggiamento, sembrava volersi t e n e r e fuori dalla mischia p e r il c o m a n d o . Ma era solo u n a finzione. Un giorno, nell'anticamera di Palazzo Venezia, avendovi incontrato Lessona che, c o m e sottosegretario alle Colonie, usciva da u n ' u d i e n z a del Duce, lo apostrofò con amarezza: «Si r e n d e conto il C a p o del g o v e r n o della responsabilità che si assume affidando il c o m a n d o delle t r u p pe in Africa a un generale esonerato dal servizio d o p o la prima g u e r r a m o n d i a l e , m e n t r e è a n c o r a vivo il maresciallo che ha condotto le nostre a r m a t e a Vittorio Veneto?». Infine c'era, più d e l u s o e i n q u i e t o di tutti, Graziani c h e , e s s e n d o stato «gonfiato» dalla p r o p a g a n d a fascista p e r le sue i m p r e se c o n t r o i ribelli in Libia, si credeva v e r a m e n t e un Lyautey, ne aveva assunto i toni d r a m m a t i c i e teatrali e considerava le i m p r e s e coloniali c o m e sue n a t u r a l i spettanze. Relegato invece al c o m a n d o delle forze dislocate in Somalia, cui e r a affidato un c o m p i t o secondario, m o r d e v a il freno, e faceva dire da sua moglie che bisognava spazzar via i vecchi, Badoglio c o m p r e s o , e far largo alle forze giovani. Ma Mussolini resistette alle pressioni. De B o n o , se n o n a l t r o , e r a docile. 359

Aveva predisposto l'inizio delle operazioni p e r il cinque ottobre; ma q u a n d o il Duce gli ingiunse di iniziare l'avanzata sulle p r i m e o r e del 3 ottobre, obbedì. Da settentrione mossero d u n q u e le colonne del più p o t e n t e esercito e u r o p e o di cui l'Africa avesse m e m o r i a . La linea del f r o n t e e r a divisa fra t r e c o r p i d ' a r m a t a . Sulla d e s t r a il II C o r p o , del g e n e r a l e Maraviglia, che aveva p e r p r i m o imp o r t a n t e obbiettivo Adua; al centro il C o r p o d'Armata indig e n o di Pirzio Biroli, che si spingeva verso le a m b e dell'Enticciò; sulla sinistra il I C o r p o del generale Santini che p u n tava su Adigrat. I r e p a r t i n o n i n c o n t r a r o n o resistenza alcuna. Marciavano pazienti ed entusiasti con la loro dotazione d i c e n t o d i e c i c a r t u c c e , viveri p e r q u a t t r o g i o r n i , d u e litri d'acqua a testa, s c o p r e n d o passo a passo, su piste e sentieri polverosi, la n u o v a t e r r a . Gli ascari d a v a n o sfogo alle loro fantasie, e sparacchiavano (gli unici colpi di a r m a da fuoco della giornata), qualche fante, di origine contadina, ha raccontato il giornalista Cesco Tomaselli, si chinava a raccogliere u n a m a n c i a t a di t e r r a , e la sbriciolava p e r s a g g i a r n e la grana, calcolando la qualità e quantità dei raccolti che se ne sarebbero potuti ricavare. I b o m b a r d i e r i avevano cominciato a m a r t e l l a r e gli obbiettivi, Galeazzo C i a n o e Alessandro Pavolini, volontari nell'aviazione così c o m e i figli del Duce Vittorio e B r u n o , attaccarono con i loro trimotori Adua, accolti da u n a certa reazione contraerea. Si trattò in sostanza di u n a faticosa passeggiata, il cui esito e r a atteso a Roma, da Mussolini, con ansia comprensibile, a n c h e se del tutto s p r o p o r z i o n a t a alle difficoltà imposte dal n e m i c o , p e r il m o m e n t o inesistente. Il D u c e aveva cominciato a t e m p e s t a r e il p o v e r o Lessona, al ministero delle Colonie, fin dal m e z z o g i o r n o . Ma dal Q u a r t i e r g e n e r a l e di Coatit n o n era giunto alcun messaggio. Alle q u a t t r o e mezzo del p o m e r i g g i o e r a già crucciato p e r il r i t a r d o , alle otto di s e r a a r r a b b i a t o , e a m e z z a n o t t e furioso. «Aveva o r m a i p e r s o il controllo dei suoi nervi: mi telefonava ogni cinque 360

Le prime fasi dell'offensiva di De Bono

m i n u t i p r e s o da un'ansia febbrile che io giustificavo, ma che mi metteva in un imbarazzo penoso.» C o n infiniti sforzi Lessona e r a riuscito a c o m u n i c a r e con un funzionario civile dell'Asinara dal quale aveva soltanto avuto la conferma dell'inizio delle operazioni. Lasciando quella sera Palazzo Venezia p e r Villa Torlonia, Mussolini p a r l ò di silurare il silenzioso De B o n o . Le notizie a r r i v a r o n o all'alba ed e r a n o soddisfacenti. Mussolini si placò, e De B o n o si salvò. Q u e s t a m a n c a n z a d i c o n t a t t i aveva u n a s p i e g a z i o n e m o l t o s e m p l i c e . M e n t r e esisteva da t e m p o u n a collaudata rete di comunicazioni della marina, alla vigilia dell'attacco l'Esercito aveva riv e n d i c a t o l ' o n o r e di assolvere q u e s t o c o m p i t o c o n gli impianti - un inutile d o p p i o n e - che aveva nel frattempo allestito. Il risultato s'era visto. Le operazioni militari ebbero a n d a m e n t o analogo a n c h e nei tre giorni successivi. Pochi e sporadici i segni della p r e senza di a r m a t i etiopici. Il cinque ottobre fu presa Adigrat, il 6 la sconfitta di A d u a era vendicata con la conquista della città che poi, c o n s t a t a r o n o i nostri soldati, e r a u n a b o r g a t a miserabile, p o p o l a t a da n e r i pacifici e famelici, che si stringevano a t t o r n o agli occupanti p e r a v e r n e un'elemosina. Ma in Italia, dove n o n si sapeva che quella «battaglia» era costata al II C o r p o d ' a r m a t a , in t u t t o e p e r t u t t o , un ufficiale m o r t o , tre feriti tra gli italiani, u n a c i n q u a n t i n a tra le t r u p pe di colore, la conquista di A d u a , p e r tutto ciò che questo n o m e evocava, suscitò u n ' o n d a t a d i e n t u s i a s m o nel q u a l e v e r a m e n t e n o n c'era nulla di orchestrato. La famosa «onta» di cui tutti i testi scolastici, e a n c h e i ricordi degli anziani recavano traccia, era stata lavata. Mussolini stesso, che amava atteggiamenti da impassibile, questa volta n o n s e p p e finger e . II solito Lessona, che ebbe con lui i p i ù assidui contatti nel p e r i o d o della c a m p a g n a , ce lo ha così descritto: «Il suo viso si i r r a d i ò di gioia. Un bisogno irresistibile di cordialità lo prese, e fu affabile c o m e n o n mai. Volle che lo accompagnassi in automobile fino a Villa Torlonia. Mi disse: "Oggi è u n a g r a n d e data p e r il fascismo"». 362

La marcia verso A d u a e r a stata un rischio n o n calcolato, e a v r e b b e p o t u t o costarci serie p e r d i t e , se ci fosse stato un nemico in g r a d o d'infliggercele. Il t e r r e n o su cui p r o c e d e vano le t r u p p e del secondo C o r p o d ' a r m a t a era m o n t a g n o so, con macchie a volte fitte, e percorso soltanto da d u e m u lattiere. Badoglio, che essendo stato da subalterno p e r d u e a n n i di g u a r n i g i o n e in Eritrea conosceva benissimo quelle zone, aveva s u g g e r i t o a suo t e m p o che su quella direttrice fosse lanciata solo qualche b a n d a , tutt'al più con l'appoggio di u n a brigata indigena. Vi furono invece avviati 30 mila u o mini, attraverso un unico p o n t e sul Mareb. Scrisse successiv a m e n t e Badoglio in un r a p p o r t o , v a l u t a n d o (non benevolm e n t e ) q u e s t a azione: «La f o r t u n a ci ha assistiti. A b b i a m o avuto di fronte un solenne m i n c h i o n e : ras Sejum ha d i m o strato di avere le stesse caratteristiche, n o t e v o l m e n t e p e g g i o r a t e , di suo p a d r e ras Mangascià... Se invece di Sejum avessimo avuto di fronte un ras Alula, c e r t a m e n t e a v r e m m o a v u t o a l c u n e migliaia di p e r d i t e . Sia d u n q u e l o d a t o ras Sejum Mangascià». Il generale Maravigna e il generale Villa Santa, c h e c o m a n d a v a l a divisione G a v i n a n a , e n t r a t a p e r p r i m a in Adua, la pensavano tuttavia diversamente, ed erano fieri del loro piano. Maravigna si era affrettato a presentare a De B o n o u n a lunga lista di decorazioni da distribuire, lista che era stata, p e r decenza, bocciata. Se i soldati n o n a v e v a n o d o v u t o d a r p r o v a di e r o i s m o , essendo p r a t i c a m e n t e mancata ogni resistenza, era stato tuttavia chiesto loro molto sacrificio. La m a n c a n z a di vie di com u n i c a z i o n e , e l'avanzata di d e c i n e di migliaia di u o m i n i , a v e v a n o tagliato i c o r d o n i ombelicali che d e v o n o u n i r e la t r u p p a di p r i m a linea alla sussistenza. A un certo p u n t o fanti, militi, alpini, a v e v a n o d o v u t o cibarsi c o n il g r a n o t u r c o raccolto nei campi, e arrostito alla meglio. Gli operai si eran o c o m u n q u e messi i m m e d i a t a m e n t e all'opera p e r a p r i r e n u o v e strade e allargare le piste esistenti, sulle quali avvent u r o s a m e n t e avanzavano, coi loro pesanti carichi, i camionisti, che f u r o n o i veri eroi di quella g u e r r a : ne m o r i r o n o a 363

centinaia, precipitati nei b u r r o n i , o caduti negli agguati. La popolazione sembrava fraternizzare volentieri con gli «invasori» che d i e d e r o notizia del b a n d o civilizzatore e m a n a t o da De B o n o . La schiavitù e r a soppressa. Q u e s t o p r o v v e d i m e n to c h e , nella feudale società etiopica, aveva u n a p o r t a t a rivoluzionaria, n o n fu accolto con l'entusiasmo che il generale si aspettava. «Devo d i r e - r i c o r d e r à nelle sue m e m o r i e che il b a n d o n o n fece g r a n d e effetto sui p r o p r i e t a r i di schiavi, e forse m e n o sugli stessi schiavi liberati. Molti di costoro, a p p u n t o lasciati in libertà, si p r e s e n t a r o n o alle nostre autorità d o m a n d a n d o : "E adesso chi mi dà da mangiare?".» Vari sintomi l a s c i a r o n o c a p i r e che le forze c e n t r i f u g h e stavano già cominciando ad agire tra gli abissini, e che l'opp o r t u n i s m o e il t r a d i m e n t o l a v o r a v a n o in n o s t r o favore. Senza a s p e t t a r e m o l t o , il capitolo c o p t o della c a t t e d r a l e di A x u m si p r e s e n t ò ad A d u a p e r riconoscere l'autorità italiana, e subito d o p o A x u m stessa e r a presa senza colpo ferire. De B o n o e b b e la soddisfazione di un i n g r e s s o trionfale, a cavallo, nella città santa, e ricevette i b a t t i m a n i di u n a folla di indigeni «istruita - lo raccontò lui stesso - p e r c h é a p p l a u disse» a g g i u n g e n d o : « N o n e r o t a n t o i n g e n u o d a r i t e n e r e quei plausi sinceri». S e m p r e in quella primissima fase della c a m p a g n a il degiac Hailé Selassié Gugsa, g e n e r o dell'imperatore, si consegnò agli avamposti italiani, seguito da milled u e c e n t o u o m i n i con fucili e otto mitragliatrici. A Gugsa era stata affidata l'avanguardia dell'armata di ras Sejum. Il Negus gli aveva confermato il c o m a n d o a n c h e q u a n d o l'avevano informato che il degiac era foraggiato dagli italiani. Filosoficamente, Hailé Selassié aveva osservato che molti suoi ras incassavano quattrini italiani, ma che, tuttavia, r i m a n e vano fedeli all'Etiopia. Nel caso specifico si sbagliava. La m a n c a n z a di un vero contatto tra i d u e eserciti nemici derivava da d u e motivi: la disorganizzazione, e lo «spontaneismo» della s t r u t t u r a militare etiopica; e il deliberato p r o posito del N e g u s di lasciare s g o m b r a u n a fascia di confine p e r r a g i o n i politiche. Alla Società delle Nazioni egli aveva 364

assicurato la evacuazione del t e r r i t o r i o p e r u n a p r o f o n d i t à di t r e n t a chilometri, così che n o n potesse essergli i m p u t a t a la responsabilità di i n c i d e n t i e p e r d i m o s t r a r e inequivocabilmente che gli aggressori e r a n o gli italiani. All'inizio delle o p e r a z i o n i la c o p e r t u r a del fronte e r a g a r a n t i t a principalm e n t e da ras Sejum che aveva i suoi t r e n t a o q u a r a n t a m i l a u o m i n i a s u d di A d u a , u n ' o t t a n t i n a di c h i l o m e t r i l o n t a n o dal confine, e c h e d o p o a v e r inviato q u a l c h e r e p a r t o in a v a n s c o p e r t a , i m p e g n a n d o l o in s c a r a m u c c e , r i n u n c i ò a ogni velleità di contrastare l'attacco. Già abbiamo visto cosa pensasse Badoglio di Sejum. Il colonnello russo Konovaloff, c h e fu s u o consigliere m i l i t a r e , ne a p p r e z z a v a la cortesia, ma lasciò scritto che q u a n d o gli aveva chiesto dove fossero le carte topografiche, si era sentito r i s p o n d e r e : «Non ve ne p r e o c c u p a t e . Io posso fare a m e n o delle carte. Ras Cassa se ne interessa molto, è capace di studiarle p e r o r e intere. Ma a me n o n dicono niente. N o n vi affaticate». Nella zona di Macallè, con un q u a r a n t a o cinquantamila uomini - era difficile valutare la consistenza di quegli eserciti quasi «personali», ed elastici nella consistenza dei reparti si a c c a m p a v a ras Cassa D a r g h i è , c u g i n o in s e c o n d o g r a d o del N e g u s , u o m o p i ù di chiesa che di g u e r r a . In suo aiuto s o p r a g g i u n g e v a , c o n la m a g g i o r e a r m a t a etiopica - 70-80 mila u o m i n i - e la m e g l i o e q u i p a g g i a t a , il m i n i s t r o della G u e r r a ras Mulughietà, che vantava notevoli glorie g u e r r i e re nella lotta alle rivolte dei feudatari periferici, ma che era u l t r a s e t t a n t e n n e , e b e v i t o r e accanito. Infine d a l G o g g i a m saliva verso il Tacazzè, con q u a r a n t a m i l a u o m i n i , ras Hailé Selassié I m m i r ù n o n a n c o r a q u a r a n t e n n e che p o t e v a minacciare lo s c h i e r a m e n t o italiano sul fianco d e s t r o , e alle spalle. Ma questa r a d u n a t a avveniva a piedi, da e n o r m i distanze, con l'intermezzo di t a p p e pigre, nel disordine di com a n d i espressi da un paese dove il 96 p e r cento della p o p o lazione era analfabeta, e se Addis Abeba, la capitale, poteva essere considerata u n a città dei t e m p i feudali, il resto della nazione e r a più indietro ancora, nei b u i secoli barbarici. 365

D'altro canto gli etiopici e r a n o t r o p p o orgogliosi p e r acc e t t a r e i consigli di tecnici militari stranieri, e a n c o r m e n o p e r affidare loro il c o m a n d o di r e p a r t i : consigli e c o m a n d o c h e d e l r e s t o e r a difficile d a r e e impossibile e s e r c i t a r e da p a r t e d i chi avesse u n a p r e p a r a z i o n e , u n a t r a d i z i o n e , u n a logica militare e u r o p e a . Attorno al N e g u s - p r i m a ad Addis Abeba, poi nel suo Q u a r t i e r generale di Dessiè - e a n c h e acc a n t o ai suoi ras vi f u r o n o esperti militari, alcuni seri, altri piuttosto ciarlatani e avventurieri. Ma n o n influirono decis a m e n t e sulle operazioni. U n o solo tra loro, un greco, certo Kàravasilis, g u i d ò u n a c o l o n n a d e l l ' a r m a t a di ras Desta sul fronte della Somalia. Gli altri, il g e n e r a l e t u r c o W e h i b Pascià, un g r u p p o di belgi il cui e s p o n e n t e p i ù alto in g r a d o era il colonnello L e o p o l d Ruel, il capitano svedese T a m m , il m a g g i o r e svizzero Wittlin, il c a p i t a n o c u b a n o Del Valle, il già citato russo Konovaloff, r e s t a r o n o nelle retrovie, a organizzare, p e r quel poco che potevano, e a suggerire. Qualche pilota s t r a n i e r o n o n e b b e c o m p i t i bellici. I vecchi Potez e Fokker della aviazione abissina, nulla c o m e forza a r m a t a , fur o n o adibiti soprattutto al t r a s p o r t o d e l l ' I m p e r a t o r e e della sua famiglia, e a rifornimenti di medicinali e di armi. M e n t r e l e t r u p p e italiane p r e n d e v a n o f i a t o , nell'attesa che la macchina logistica e di sistemazione stradale consentisse u n a ripresa dell'avanzata, Mussolini decideva di inviare in Eritrea, p e r u n a ispezione, il maresciallo Badoglio e il sottosegretario Lessona. Aveva, il Duce, la sensazione che la p a u s a n o n fosse d o v u t a soltanto alle esigenze della p r e p a r a zione p e r il prossimo balzo, ma a n c h e al lassismo di De Bon o , che era o r i e n t a t o verso u n a g u e r r a l u n g a . E Mussolini - p e r ragioni di politica i n t e r n a ed estera già accennate nelle p a g i n e p r e c e d e n t i , e sulle quali r i t o r n e r e m o p r e s t o - la voleva «lampo». Il 12 o t t o b r e i d u e c o n t r o l l o r i l a s c i a r o n o Napoli a b o r d o del Conte Grande. Fu stabilito che a De Bono avrebbero detto di voler valutare le possibilità di u n a p u n t a ta verso il S u d a n a n g l o - e g i z i a n o . De B o n o , che n o n e r a sciocco al p u n t o da b e r e questa p a n z a n a , si i m p u n t ò subito 366

q u a n d o li vide. «Se dovessi subire un ispezione di controllo del mio o p e r a t o - disse a Lessona -, telegraferei al Duce le mie dimissioni.» Al r i t o r n o in Italia i d u e p r e s e n t a r o n o a Mussolini r a p p o r t i paralleli, e s o s t a n z i a l m e n t e c o i n c i d e n t i nei giudizi. Quello di Badoglio e r a acuto e ricco di b u o n senso: ma ricco a n c h e di osservazioni velenose verso De B o n o , probabilm e n t e giustificate, in massima p a r t e , dagli e r r o r i del g e n e rale, che venivano tuttavia i m p i e t o s a m e n t e sottolineati. Reso il d o v u t o e parsimonioso o m a g g i o al «rimarchevolissimo» lavoro fatto da De B o n o , Badoglio lo accusava di essere imbibito della speciale «psicologia eritrea». Poiché nella p r i m a g u e r r a di A d u a il generale di San Marzano, r e s t a n d o fermo e a s p e t t a n d o che gli abissini si dissolvessero p e r la incapacità di organizzare i rifornimenti, n o n aveva avuto guai, e i suoi successori a v e v a n o invece b r i l l a n t e m e n t e m a n o v r a t o , ma e r a n o incappati in u n a catastrofe, i c o m a n d i nostri riten e v a n o , secondo Badoglio, che la strategia di San M a r z a n o fosse giusta. De B o n o e il suo C a p o di stato m a g g i o r e Gabba a s p e t t a v a n o i n s o m m a , su forti posizioni, che gli abissini si p r e s e n t a s s e r o , e p o i si r i t i r a s s e r o p e r m a n c a n z a di viveri. «Sono subito i n t e r v e n u t o - scriveva nel r a p p o r t o Badoglio d i c h i a r a n d o che se Vostra Eccellenza (Mussolini) avesse desiderato tale linea di c o n d o t t a avrebbe inviato in colonia al p i ù t r e divisioni di rinforzo e n o n l ' e q u i v a l e n t e di otto, q u a n t e ne sono state finora sbarcate... Nel colloquio che ho avuto con lui p r i m a della p a r t e n z a da Coatit De B o n o assic u r ò c h e a v r e b b e disposto p e r l'avanzata s u Macallè, m a concluse d i c e n d o c h e n o n r i t e n e v a affatto necessaria u n a battaglia.» E r a c h i a r o c h e , s e c o n d o B a d o g l i o , di f r o n t e al «minchione» ras Sejum Mangascià stava un altro m i n c h i o n e , De Bono, e che solo lui, Badoglio, avrebbe p o t u t o r i m e t t e r e in sesto la situazione. La relazione di Badoglio fu p r e s e n t a t a il 3 n o v e m b r e , Io stesso g i o r n o in cui De B o n o , m o l t o di malavoglia, aveva iniziato l'offensiva verso Macallè. D u r a n t e l'assenza di Ba367

doglio e di Lessona il Duce aveva b o m b a r d a t o De B o n o di telegrammi p e r ottenere che entro la metà di novembre «tutto il Tigrai fino a Macallè ed oltre deve essere nostro», poi aveva preteso che l'attacco scattasse il cinque n o v e m b r e . De B o n o nicchiava, s p i e g a n d o che le linee di r i f o r n i m e n t o si s a r e b b e r o distese pericolosamente p e r quasi c e n t o chilometri, e aveva invitato il C a p o del g o v e r n o a stare in g u a r dia «contro qualche faciloneria che p o t r e b b e esserti riferita da Lessona e m a g a r i a n c h e da Badoglio». Ma Mussolini p r e m e v a implacabile. «Per sincronizzare le esigenze politiche con quelle militari ti o r d i n o di r i p r e n d e r e l'azione obbiettivo Macallè-Tacazzè la m a t t i n a del 3 n o v e m b r e . Il 3 o t t o b r e a n d ò b e n e , adesso a n d r à meglio.» In sei giorni, e con il solo i n t o p p o di u n o scontro, peralt r o b r e v e , con a r m a t i etiopici, fu realizzata la conquista di Macallè, che vendicava Galliano, ma scopriva il fianco d e stro dello s c h i e r a m e n t o italiano, n o n essendo stata seguita c o o r d i n a t a m e n t e d a u n p r o g r e s s o dei r e p a r t i c h e e r a n o giunti ad Adua. E ancora Mussolini, spinto dalle sue ragioni politiche e s u g g e s t i o n a t o dall'eco di n o m i r i t o r n a n t i dalla storia patria, i n g i u n g e v a a De B o n o di m u o v e r e «senza indugio» verso l'Amba Alagi. Al che De B o n o replicava — ed è p r o b a b i l e avesse r a g i o n e - c h e «a p a r t e d o l o r o s o r i c o r d o storico c h e s e c o n d o m e n o n a b b i s o g n a d i r i v e n d i c a z i o n e , posizione di A m b a Alagi n o n ha alcuna i m p o r t a n z a strategica et est tatticamente difettosa p e r c h é aggirevole ovunque». Forse con q u e l dispaccio De B o n o s e g n ò la fine della sua breve c a m p a g n a d'Africa. Mussolini, che scalpitava d'impazienza ed era sotto l'impressione dei r a p p o r t i negativi di Badoglio e di L e s s o n a , si e r a c o n v i n t o c h e il Q u a d r u m v i r o avesse fatto il suo t e m p o . Scoccava l'ora del m a r c h e s e del Sabotino (per gli a m m i ratori) o del responsabile di C a p o r e t t o (per i denigratori). A un c o m a n d a n t e in capo fascista ne seguiva u n o che n o n era né fascista né antifascista. E r a esclusivamente b a d o g l i a n o . In un colloquio con Lessona, Mussolini gli aveva elencato i 368

n o m i degli aspiranti alla successione di De B o n o : Italo Balb o , C e s a r e M a r i a De Vecchi, Baistrocchi, G r a z i a n i , B a d o glio. «Quest'ultima è la soluzione da adottarsi» aveva subito precisato. Il maresciallo fu convocato a Palazzo Venezia, d o ve il D u c e gli a n n u n c i ò : «Ho deciso di inviarvi in Africa ad a s s u m e r e il c o m a n d o . Siete disposto ad accettare?». B a d o glio e r a dispostissimo, e Mussolini rinviò p i ù particolareggiate istruzioni a u n a successiva udienza. Q u e s t a tuttavia t a r d a v a a v e n i r e , un p o ' p e r c h é il D u c e n o n sapeva i n qual m o d o i n f o r m a r e D e B o n o , u n p o ' p e r ché l'ambiente r o m a n o , che aveva molto sparlato di De Bon o , o r a che la successione e r a assegnata a Badoglio, sparlava di Badoglio. Si e r a quasi a m e t à n o v e m b r e , e Mussolini d'improvviso si risolse a licenziare ufficialmente De B o n o , ma p e r d o r a r gli la pillola gli a n n u n c i ò la n o m i n a a maresciallo d'Italia (qualche mese d o p o gli fu a n c h e conferito il collare dell'Annunziata). Per Badoglio fu p r e n o t a t o un alloggio su un piroscafo in p a r t e n z a il 17 n o v e m b r e , ma Mussolini, q u a n d o seppe della data, fece u n a smorfia contrariata. «Questa data n o n mi piace. Il 17 è un n u m e r o sfortunato.» La nave lasciò perciò Napoli con 24 o r e di r i t a r d o , il 18. P r i m a di imbarcarsi B a d o g l i o aveva telegrafato al Q u a r t i e r g e n e r a l e in Etiopia d i c o n c e n t r a r e 244 b o c c h e d a fuoco nella z o n a d i Macallè. La sua vocazione di artigliere, che si e r a espressa in occasioni fauste e anche in occasioni rovinose, tornava ad affiorare. La g u e r r a e r a sostanzialmente ferma, in attesa del n u o v o capo, e delle sue decisioni. La fretta di Mussolini n o n era irragionevole. Egli stava lott a n d o c o n t r o il t e m p o . Sul p i a n o politico, p e r l i q u i d a r e al più presto la «pendenza» etiopica, e r i p r e n d e r e il colloquio con l e g r a n d i p o t e n z e e u r o p e e . Sul p i a n o e c o n o m i c o , p e r evitare che le sanzioni p r o d u c e s s e r o d a n n i gravi. La Lega, sotto l'impulso inglese, aveva p r e s o le sue deliberazioni con sollecitudine, d o p o l'inizio delle ostilità. Il 7 o t t o b r e l'Italia 369

fu c o n d a n n a t a in q u a n t o , s c a t e n a n d o un conflitto, «aveva c o m m e s s o u n atto d i g u e r r a c o n t r o tutti gli altri m e m b r i della Società delle Nazioni». Q u a t t r o g i o r n i d o p o f u r o n o decise le sanzioni economiche, alle quali a d e r i r o n o cinquant a d u e Stati m e m b r i (si dissociarono solo l'Austria, l ' U n g h e ria e l'Albania). Q u a n t o alla Svizzera, che a p p a r t e n e v a alla Lega, ma n o n voleva trasgredire la sua tradizionale n e u t r a lità, si a t t e n n e a un criterio del tutto particolare. Attuò rigor o s a m e n t e l'embargo delle a r m i sia p e r l'Italia, sia p e r l'Etiopia, e p u r rifiutando di limitare gli scambi con l'Italia si i m p e g n ò a n o n dilatarli oltre i livelli del 1934. C o n le sanzioni gli Stati a d e r e n t i alla Lega p r o m e t t e v a n o di applicare all'Italia, oltre all'ovvio e m b a r g o delle f o r n i t u r e di a r m i e munizioni, anche il divieto di importazione e di esportazione di u n a lista di m e r c i necessarie alla g u e r r a , lista dalla quale fu tuttavia escluso l'indispensabile petrolio. Nelle stesse s e d u t e societarie fu affidato alla Francia e all'Inghilterra, su p r o p o s t a belga, il c o m p i t o di svolgere ulteriori trattative p e r un accordo tra i belligeranti. In quei limiti, le sanzioni n o n i m p e d i v a n o a Mussolini di p o r t a r e a t e r m i n e la c a m p a g n a d'Etiopia, e p e r certi aspetti gli e r a n o utili. C o n s o l i d a v a n o il fronte i n t e r n o , suscitando nella o p i n i o n e pubblica italiana i n d i g n a z i o n e p e r il r i g o r e di nazioni p r o s p e r e che, essendo divenute tali a n c h e grazie a n u m e r o s e conquiste e r a p i n e coloniali, si m o s t r a v a n o int r a n s i g e n t i e p u r i t a n e solo nei r i g u a r d i dell'Italia p r o l e t a ria; consentivano di d a r e u n a giustificazione i n o p p u g n a b i l e alle m i s u r e da «economia di guerra» che venivano adottate; i m p r i m e v a n o u n a spinta decisiva a quella t e n d e n z a nazionalista e autarchica, in economia, che ogni r e g i m e forte cova e alimenta; p u n g o l a v a n o i c o m b a t t e n t i a far p r e s t o , p e r d a r e u n a lezione al m o n d o ostile. Più che nelle sanzioni così c o m e e r a n o state deliberate, il pericolo e r a in un loro inas p r i m e n t o , che E d e n p r o p u g n a v a , e in u n a adesione ad esse, dall'esterno, di un colosso economico c o m e gli Stati Uniti. E vero che il settanta p e r cento del c o m m e r c i o estero ita370

liano si svolgeva con nazioni aderenti alla rappresaglia. Ma l'esclusione dall'embargo di p r o d o t t i essenziali, e l'esistenza di mercati alternativi di a p p r o v v i g i o n a m e n t o - basta pensare a quello tedesco - facevano intravvedere difficoltà, n o n la catastrofe. Mussolini confessò a Hitler d u r a n t e la conferenza di Monaco che «se la Lega delle Nazioni avesse seguito il consiglio di E d e n ed esteso al petrolio le sanzioni contro l'Italia, nello spazio di otto giorni avrei d o v u t o b a t t e r e in ritirata in Abissinia». Le sanzioni p r o d u s s e r o tra gli italiani, sul p i a n o emotivo, un effetto e n o r m e . Un p o p o l o così poco a n i m a t o da spirito civico e di solidarietà fu c e m e n t a t o nella sua opposizione allo straniero dalla minaccia dello «strangolamento», ingigantita e drammatizzata, nei suoi effetti, da un'abile, martellante p r o p a g a n d a . Nella «giornata della fede», il 18 d i c e m b r e , un mese d o p o che le sanzioni e r a n o e n t r a t e in vigore, fu offerta alla Patria la v e r a nuziale d ' o r o , sostituita da u n ' a l t r a di metallo vile, e l'esempio v e n n e d a t o dalla R e g i n a Elena che c o m p ì quel gesto sul Vittoriano, con g r a n d e solennità, ad attestare che la casa Savoia sosteneva t o t a l m e n t e il fascismo. Milioni di italiani d i e d e r o la loro fede con gesto «generoso e sentito» come ha scritto Z a n g r a n d i . Vi fu u n a o n d a t a di xenofobia economica, ma a n c h e psicologica e perfino letteraria, i t e r m i n i leghista e sanzionista assunsero un significato spregiativo, e t u t t o ciò che r i g u a r d a v a l ' I n g h i l t e r r a e gli inglesi («il p o p o l o dai c i n q u e pasti») d i v e n n e oggetto di s c h e r n o . Gli italiani v e n n e r o ossessionantemente esortati a boicottare i p r o d o t t i sanzionisti e a scegliere s e m p r e i p r o dotti d i casa, a n c h e q u a n d o e r a n o s u r r o g a t i scadenti. Nel c a m p o tessile fu d a t o sviluppo alle stoffe nazionali, canapa, lino, ginestra, l'orbace sardo che Starace volle fosse adottato p e r le uniformi dei gerarchi, la l a n a ricavata dal latte. La lignite fu r i t e n u t a un valido sostituto del c a r b o n e . Si p r o c e dette alla raccolta dei rottami metallici, e perfino la b e v a n d a più cara agli italiani - il caffè - fu sostituita da un intruglio abissino piuttosto simile al tè, il carcadè. 371

Questa volontà di «fare da sé», che c o m e concezione econ o m i c a a v r e b b e a v u t o il n o m e grecizzante di «autarchia», e r a p e r molti aspetti velleitaria, insensata, comica. Ma trovò r i s p o n d e n z a p r o f o n d a , b i s o g n a p u r dirlo, nei c u o r i degli italiani di allora. C h a b o d ha rilevato il grave e r r o r e inglese d i « r e n d e r e a u n certo m o m e n t o p o p o l a r e u n a g u e r r a che altrimenti n o n lo sarebbe mai stata». Carlo Rosselli disse che e r a necessario «riconoscere con franchezza virile che il fascismo, a l m e n o sul p i a n o i n t e r n o , che è poi quello che più di o g n i altro ci c o n c e r n e , esce rafforzato, consolidato da q u e sta crisi». La polemica anti inglese si colorò, ed era inevitabile in quel clima e in quel contesto politico, di tabù e divieti grotteschi. Gli scrittori britannici furono banditi con p o c h e eccezioni: l'una quella di Shakespeare, p e r c h é a n c h e il M i n c u l p o p e Starace n o n avevano il coraggio di e p u r a r e dal p a n o r a m a letterario il più g r a n d e d r a m m a t u r g o di tutti i tempi; un'altra, quella di Shaw, p e r c h é l'irlandese bastian contrario aveva recisamente d e p l o r a t o le sanzioni. Ma u n a l u n g a serie di espressioni di uso c o r r e n t e , di n o m i di cinematografi e di ritrovi, fu censurata in odio alla perfida Albione. C a d d e sotto i rigori anti inglesi a n c h e l'albergo E d e n di Roma, il cui nome n o n aveva o v v i a m e n t e nulla a c h e fare con il m i n i s t r o sanzionista, m a c h e , v e n n e spiegato, p o t e v a u r t a r e , p e r i l casuale accostamento, la «suscettibilità degli italiani». Se la raccolta dell'oro e dei rottami di ferro aveva un valore s o p r a t t u t t o propagandistico, altri p r o v v e d i m e n t i adottati nella i m m i n e n z a delle sanzioni, o subito d o p o , m i r a r o no a realizzare u n a economia di g u e r r a «pianificata». Insieme al ministro delle Finanze R T h a o n di Revel, altri d u e uomini e b b e r o un r u o l o di spicco nel n u o v o corso: il sottosegretario agli scambi e valute, Felice G u a r n e r i , e il commissario generale p e r le fabbricazioni di g u e r r a , il vecchio generale Dallolio che già aveva a v u t o c o m p i t i a n a l o g h i nel ' 1 5 - T 8 . Le importazioni furono sottoposte a un controllo e a un taglio severo, v e n n e r i p r i s t i n a t o il m o n o p o l i o statale 372

degli scambi valutari, e fu fatto obbligo a tutti di c e d e r e allo Stato i crediti esteri. La Banca d'Italia v e n n e esonerata dall'obbligo di avere u n a riserva in o r o e in valuta pregiata n o n inferiore al q u a r a n t a p e r cento del circolante. F u r o n o p e n a lizzati i c o n s u m i v o l u t t u a r i , si t e n t ò di a l l a r g a r e u l t e r i o r m e n t e la sfera statale della economia, così da r e n d e r l a m e glio regolabile dall'alto, in vista delle esigenze imposte dalla g u e r r a e dall'assedio economico m o n d i a l e . La situazione eccezionale provocò u n a lievitazione notevole dei prezzi interni, quasi il 37 p e r cento d a l l ' a u t u n n o del '34 a l l ' a u t u n n o del '36. Nello stesso p e r i o d o si verificò u n a d i m i n u z i o n e di oltre il 10 p e r cento nei salari reali, che n o n avevano t e n u t o il passo con l'inflazione. Ma la g u e r r a , tonificando le attività industriali, e assorb e n d o alcune centinaia di migliaia di u o m i n i giovani, allargava g r a n d e m e n t e la possibilità di t r o v a r e u n a occupazion e . È o p p o r t u n o r i c o r d a r e che nel m o m e n t o d i m a s s i m a p r e s e n z a di italiani - soldati e o p e r a i - in Africa Orientale, se ne c o n t a r o n o q u a t t r o c e n t o m i l a o più. Se le sanzioni fossero d u r a t e a l u n g o , a v r e b b e r o imposto, a n c h e nei limiti in cui f u r o n o applicate, un costo notevole all'economia italiana. Nel p e r i o d o in cui o p e r a r o n o , le importazioni di m i n e rali di ferro d i m i n u i r o n o del 75 p e r cento, quelle di lana del 60, quelle di acciaio in lingotti e di cotone del 50, quelle di c a r b o n e d e l 2 0 . Ma n o n d u r a r o n o a l u n g o , e, r i p e t i a m o , esclusero il petrolio. Il fascismo ne ebbe, tutto s o m m a t o , più vantaggi che svantaggi. La g u e r r a n o n aveva bloccato l'attività d i p l o m a t i c a . Anzi Mussolini, che p e r il fronte i n t e r n o ostentava verso la G r a n Bretagna u n a intransigenza aggressiva, si dimostrava, attraverso i canali diplomatici, n o n solo disposto a d a r e alle d u e maggiori p o t e n z e sanzioniste ogni assicurazione, ma a n c h e a c h i u d e r e la partita etiopica con un c o m p r o m e s s o . Già il 4 ottobre egli aveva incaricato l'ambasciatore G r a n d i di far sap e r e al m i n i s t r o degli Esteri inglese H o a r e che l'Italia e r a 373

disposta ad a t t u a r e u n a smobilitazione di forze nel Mediterr a n e o . Ai francesi, un paio di settimane d o p o , il Duce ripeteva lo stesso discorso, a g g i u n g e n d o che il conflitto in Africa a v r e b b e p o t u t o essere c o m p o s t o a s s e g n a n d o i n definitiva sovranità all'Italia i territori abissini occupati, r i v e d e n d o le altre frontiere, affidando all'Italia stessa un m a n d a t o sulle regioni periferiche, e n o n a p p a r t e n e n t i al g r u p p o amarico, del paese (con la conseguenza di stabilire u n a contiguità territoriale tra Eritrea e Somalia), c o n c e d e n d o infine u n o sbocco al m a r e all'Etiopia nella baia di Assab. Gli inglesi n o n risposero, o d i e d e r o risposte scoraggianti, ai sondaggi italiani. I conservatori n o n e r a n o entusiasti delle sanzioni, tutt'altro, e consentivano che esse fossero applicate con indulgenza (a Suez, ad esempio, le navi italiane venivano r e g o l a r m e n t e rifornite di c a r b u r a n t e ) . Ma n o n potevano avventurarsi in u n a politica di riavvicinamento all'Italia, p e r c h é le elezioni politiche incombevano - furono tenute a m e t à n o v e m b r e - e larga p a r t e della opinione pubblica era animata da un p r o f o n d o risentimento contro il fascismo a g g r e s s o r e . Q u a n d o , celebrate le elezioni, il g o v e r n o «nazionale» ebbe s a l d a m e n t e c o n f e r m a t o la sua m a g g i o r a n z a , d i v e n n e possibile r i a n n o d a r e u n a trattativa. Il p r i m o ministro Baldwin e il ministro degli Esteri H o a r e c o n t i n u a v a n o ad i n t e r p r e t a r e , nel gabinetto inglese, la t e n d e n z a morbida, p r e o c c u p a t i c o m ' e r a n o d a u n definitivo s c i v o l a m e n t o d i Mussolini tra le braccia di Hitler. E d e n restava l ' i n t e r p r e t e della linea «societaria». P r o p r i o p e r questo E d e n fu escluso dagli approcci p e r un accordo che e b b e r o c o m e p r o t a g o n i sti, al livello di funzionari, Vansittart e G r a n d i , e a livello di politici il Duce da u n a p a r t e , Baldwin e H o a r e dall'altra. Gli inglesi si dissero d a p p r i m a disposti a c e d e r e all'Italia A d u a e Adigrat (ma n o n A x u m , in q u a n t o era la città santa degli abissini), inoltre la Dancalia e I'Ogaden, in più l'Italia avrebbe o t t e n u t o in certa misura un m o n o p o l i o economico in Etiopia, i m p e g n a n d o s i ad assicurare all'Etiopia u n o sbocco al m a r e . Era t r o p p o poco p e r l'appetito di Mussolini che 374

disse di n o . A quel p u n t o e n t r ò in scena anche Lavai. H o a r e aveva lasciato l'Inghilterra ai primi di dicembre p e r trascorr e r e , si disse ufficialmente, un p e r i o d o di vacanza in Svizzera. Sostò invece a Parigi, d o v ' e r a a n c h e Vansittart, e mise a p u n t o con Lavai un p i a n o di pace. L'iniziativa fu resa p u b blica da un c o m u n i c a t o c h e p a r l a v a di «spirito di conciliazione» e di «intima amicizia franco-britannica», a g g i u n g e n do che il p r o g e t t o sarebbe stato sottoposto al g o v e r n o inglese e, se da esso accettato, ai governi italiano ed etiopico n o n ché alla Società delle Nazioni. In base al piano l'Italia avrebbe o t t e n u t o dall'Etiopia, in sovranità assoluta, un territorio che allargava la colonia eritrea includendovi il Tigrai orientale e spingendola con un c u n e o fin quasi a Dessiè, e un altro territorio fra I'Ogaden e la Somalia. Inoltre sarebbe stata assegnata all'Italia nel m e r i d i o n e dell'Etiopia u n a vasta area di « e s p a n s i o n e e c o n o m i c a e di colonizzazione»: z o n a che tranciava p r a t i c a m e n t e il paese s e g u e n d o l'ottavo parallelo ( u n c e n t i n a i o di c h i l o m e t r i a s u d di Addis Abeba) ed estendendosi fino al confine con il S u d a n e il Kenia. L'Etiopia avrebbe ricevuto in cambio u n o sbocco al m a r e , preferibilmente ad Assab. Nel g o v e r n o inglese vi f u r o n o vivi contrasti ma il p i a n o passò, e 1' 11 d i c e m b r e fu trasmesso a Mussolini, al N e g u s e a G i n e v r a . Addis A b e b a r e s p i n s e , quasi a giro di posta, il p i a n o , che le i m p o n e v a sacrifici e «premiava l'aggressore». Mussolini n o n ne e r a soddisfatto - Aloisi ha scritto c h e lo trovò «assai cattivo» - ma p a r e v a disposto ad accettarlo alm e n o come base di discussione. Sembra tra l'altro che Lavai si fosse t e n u t o in c o n t a t t o telefonico con Palazzo Venezia, d u r a n t e la r e d a z i o n e della p r o p o s t a . La perplessità di Mussolini e r a accresciuta dalla disparità di p a r e r i che egli a n d a va r a c c o g l i e n d o tra i «vertici» civili e militari. C o n t r a r i o al c o m p r o m e s s o e r a Badoglio, e «pour cause». Da poco arrivato al Q u a r t i e r g e n e r a l e , d o v e stava p r e p a r a n d o la «sua» g u e r r a , si s a r e b b e sentito d e f r a u d a t o della gloria militare che dalla conquista dell'Etiopia si r i p r o m e t t e v a . La g u e r r a 375

L'assetto dell'Etiopia secondo il Piano Laval-Hoare

«totale» trovava oggi il p i ù risoluto fautore nell'avversario di ieri. C o n t r a r i e r a n o a n c h e alcuni a m b i e n t i fascisti. Così Lessona riferisce di aver s u g g e r i t o al Duce «che bisognava contenersi in m a n i e r a da n o n a p p a r i r e noi a rifiutarlo, ma che accettarlo n o n sarebbe stato conveniente». Favorevole invece all'accoglimento e r a il m i n i s t r o della Stampa e p r o p a g a n d a Galeazzo Ciano, che risentiva p r o b a bilmente degli u m o r i del ministero degli Esteri, con il quale m a n t e n e v a assidui contatti. I diplomatici «tifavano» infatti p e r il p i a n o , s e c o n d o il r a g i o n a m e n t o giolittiano c h e esso dava «parecchio» all'Italia, senza alcun sacrificio o rischio. Il Duce aveva già deciso di r i s p o n d e r e , se n o n con un sì netto, a l m e n o con un «sì, ma...». Poiché la soluzione n o n e r a tale da a p p a g a r e le fantasie, e da alzare u l t e r i o r m e n t e il piedistallo di trionfi di Mussolini, questi volle d i v i d e r n e la r e sponsabilità, u n a volta tanto, con il G r a n Consiglio del fascismo, che p e r l'occasione gli t o r n a v a utile. E lo convocò p e r il 18 d i c e m b r e , p r e d i s p o n e n d o a n c h e il c o m u n i c a t o che, a Consiglio concluso, sarebbe stato d i r a m a t o : comunicato che a v r e b b e c o n s i d e r a t o «le p r o p o s t e in p a r o l a c o m e possibile base di discussione, lasciando al g o v e r n o di formulare le riserve necessarie a salvaguardare i diritti della Nazione». Ma il v a r o del p i a n o i n c o n t r a v a difficoltà i n s u p e r a b i l i p r o p r i o in casa di chi se ne era fatto p r o m o t o r e . E d e n , a Ginevra, sabotava sostanzialmente l'azione di H o a r e , tanto che si poteva facilmente p r e v e d e r e che la Società delle Nazioni avrebbe votato c o n t r o la formula adottata: questo b e n c h é il s e g r e t a r i o g e n e r a l e della L e g a Avenol ritenesse p e r s o n a l m e n t e c h e i l p i a n o e r a «sostanzialmente equo». U n a indiscrezione giornalistica francese, d o v u t a a M a d a m e Tabouis e a Pertinax, c o m m e n t a t o r i politici a c c a n i t a m e n t e «societari» e antifascisti, mise il m o n d o , e in particolare l'Inghilterra, al c o r r e n t e di tutti i particolari del p r o g e t t o Laval-Hoar e . Il m i n i s t r o degli Esteri b r i t a n n i c o si t r o v ò al c e n t r o di u n a bufera politica di violenza i m p r e s s i o n a n t e . Tuttavia la s e d u t a d e l G r a n Consiglio c o m i n c i ò r e g o l a r m e n t e . P o c h e 377

o r e p r i m a , p a r l a n d o alla i n a u g u r a z i o n e d i Pontinia ( d o p o Littoria e Sabaudia la terza città creata sull'«agro redento»), Mussolini aveva ribadito che «il Regime tirerà diritto». U n a frase ad effetto che copriva la p r o p e n s i o n e p e r un accordo tutto s o m m a t o abbastanza vantaggioso, soprattutto se fosse stato possibile migliorarlo u l t e r i o r m e n t e . Nella discussione del G r a n Consiglio la m a g g i o r a n z a si dichiarò p e r l'accettazione del p i a n o Hoare-Laval. Particol a r m e n t e esplicito in p r o p o s i t o fu Alberto De Stefani. Cont r a r i o , c o m e al solito, l'oltranzista Farinacci. Il Duce aveva fatto p r e c e d e r e il dibattito da u n a esposizione n e u t r a , che presentava i p r ò e i contro imparzialmente, nello stile di un m a g i s t r a t o b r i t a n n i c o . N o n si arrivò a risoluzioni di sorta, n é alla e m a n a z i o n e del c o m u n i c a t o , p e r c h é i n t o r n o alla m e z z a n o t t e G r a n d i c o m u n i c ò d a L o n d r a che H o a r e s i e r a dimesso. Baldwin, che p u r e aveva p a r t e c i p a t o alla elaborazione del p r o g e t t o , si e r a disfatto del ministro degli Esteri, divenuto i n g o m b r a n t e , e lo aveva sostituito con E d e n , il difensore della Società delle Nazioni. Mussolini fu così costretto a lasciar c a d e r e la s p e r a n z a di v i n c e r e la g u e r r a senza combatterla. Secondo Lessona egli e r a soddisfatto p e r il fall i m e n t o del p i a n o . «Il N e g u s e l ' I n g h i l t e r r a ci h a n n o tolto d'imbarazzo» disse al sottosegretario alle Colonie. Ma p o t e va essere u n a soddisfazione di m a n i e r a . Il Duce e r a d o m i nato da un incubo: l'estensione delle sanzioni al petrolio.

CAPITOLO N O N O

LA G U E R R A DI B A D O G L I O

Ai p r i m i di d i c e m b r e , q u a n d o Badoglio p r e s e in p u g n o le redini della g u e r r a , n o n e r a a n c o r a avvenuto il contatto tra il c o r p o di spedizione italiano e il grosso dell'esercito abissin o . Meglio così, e il maresciallo lo sapeva perfettamente. Lo schieramento delle sue t r u p p e , c o m e si era v e n u t o d e t e r m i n a n d o , e r a squilibrato e vulnerabile: doveva essere rettificato d'urgenza. Per farlo, e p e r n o n essere più «per aria come siamo ora», s e c o n d o l'espressione curiosa che usò in un tel e g r a m m a a Mussolini, gli occorreva u n a sosta piuttosto lunga. Era facile, a q u e l p u n t o , a d d o s s a r e le colpe a De B o n o , che tuttavia, b i s o g n a riconoscerglielo, aveva p r o s p e t t a t o , senza o t t e n e r e soddisfazione, le stesse difficoltà e le stesse esigenze che o r a affacciava B a d o g l i o . Ma il D u c e lo aveva costretto a quel balzo su Macallè che aveva allungato il fronte, i n s e r e n d o v i un p r o f o n d o c u n e o , e che aveva scoperto il fianco d e s t r o , al cui r i p a r o e r a n o il T e m b i e n e la riconquistata A d u a . Il maresciallo aveva posto il suo Q u a r t i e r generale a Enda J e s u s di Macallè, in prossimità del fortino Galliano. Era, i l suo, u n c o m a n d o a t t e n d a t o , «austero», m a a n c h e m o l t o articolato, con un ufficio politico e un centro p e r i giornalisti: questi ultimi, tenuti a l q u a n t o alla larga, a l m e n o in quelle p r i m e s e t t i m a n e in cui c'era p o c o da dirgli, e B a d o g l i o era di u m o r e scontroso. Col maresciallo, lo «stile» del Q u a r tier generale e r a cambiato. De B o n o aveva dato all'azione di c o m a n d o u n a i m p r o n t a politica e paternalistica, «governatoriale». Il vecchio Q u a d r u m v i r o si e r a sforzato di sottolin e a r e il carattere fascista e quello civilizzatore della g u e r r a : 379

p e r scrupoli u m a n i t a r i aveva prescritto all'aviazione di colp i r e solo gli a c c a m p a m e n t i e le t r u p p e in m o v i m e n t o , n o n i centri abitati e le t o r m e di fuggiaschi. Il maresciallo o p e r ò da tecnico e da professionista, senza crudeltà inutili, ma anche senza alcuna esitazione. N a t u r a l m e n t e d o v e t t e lui p u r e a d a t t a r s i alle necessità della p r o p a g a n d a , e far b u o n viso ai p e r s o n a g g i i n g o m b r a n ti che dall'Italia gli p i o m b a v a n o nel teatro di operazioni p e r esercitare u n a funzione di r a p p r e s e n t a n z a o p e r arraffare u n a medaglia al valore, qualche volta meritata, e molte volte n o . Il Duca di B e r g a m o e r a v i c e - c o m a n d a n t e della divisione G r a n Sasso, il Duca di Pistoia assunse il c o m a n d o delle camicie n e r e della 23 Marzo, il senatore S u a r d o , Galeazzo Ciano, Farinacci, Bottai, Scorza, Piero Parini, Dolfin, Casini, i figli di Mussolini Vittorio e B r u n o , l'accademico e p o e t a futurista Marinetti - che c a n d i d a m e n t e si p r e s e n t ò al Q u a r tier g e n e r a l e a v e n d o p e r tutto bagaglio u n a borsa da avvocato - a r r i v a r o n o in Africa p e r «dare l'esempio». Più t a r d i un professore di latino volle esaltare le gesta dei familiari di Mussolini in un b r a n o di versione p e r le scuole m e d i e infer i o r i c h e - citiamo da La Guerra di Abissinia di A n g e l o Del Boca - recava testualmente: «Digni qui l a u d e n t u r s u n t B r u no et Victorio Ducis filii, qui c u m a d m i n i s t r o G. C i a n o aud a c t e r h o s t i u m p r o p u g n a c u l a demoliti sunt, etc. e t c » , p e r dire i n s o m m a che i Mussolini e Ciano e r a n o valorosi aviatori, e distruggevano postazioni n e m i c h e . Ma, concesso al mito fascista e imperiale ciò che n o n p o teva essergli negato, Badoglio ebbe un solo obbiettivo: accum u l a r e tanti mezzi e tante forze da p o t e r r a p i d a m e n t e sgom i n a r le a r m a t e del N e g u s , q u a n d o fosse arrivata l'ora dei g r a n d i scontri. M o d i f i c a n d o la r i p a r t i z i o n e delle forze disposta da De B o n o , c r e ò il t e r z o C o r p o d ' a r m a t a (da a g g i u n g e r e ai tre esistenti), che fu dislocato, insieme al p r i m o , a sud di Macallè. Il s e c o n d o C o r p o d ' a r m a t a p r o t e g g e v a il s e t t o r e Adua-Axum, sul fianco destro, al centro la divisione Gavina380

na «copriva» il T e m b i e n . Il C o r p o d ' a r m a t a eritreo, a ovest di Macallè, era, s e c o n d o le p a r o l e di Badoglio, «non vincolato ad alcuna posizione e p r o n t o alla manovra». Infine d u e divisioni di camicie n e r e in arrivo dall'Italia e r a n o destinate alla riserva, a disposizione del c o m a n d o superiore. In totale nove divisioni nazionali e d u e eritree sull'altopiano: a Graziani, in Somalia, veniva lasciato un r u o l o m i n o r e , e infatti le disposizioni che Badoglio gli aveva inviato, c o n t r a r i a n d o lo n o n poco, parlavano di «difensiva molto attiva p e r attrarre e m a n t e n e r e nello scacchiere somalo il m a g g i o r n u m e r o di forze nemiche». Il 15 d i c e m b r e forti a v a n g u a r d i e d e l l ' a r m a t a di ras I m m i r ù giunsero al fiume Tacazzè, pattugliato da b a n d e indigene al c o m a n d o di ufficiali italiani. Le t r u p p e di I m m i r ù si e r a n o mosse, i n b u o n a p a r t e , dalla r e g i o n e d i D e b r a Marcos, mille chilometri l o n t a n o , e avevano subito, c a m m i n facendo, b o m b a r d a m e n t i e mitragliamenti aerei. Per di più le avevano assottigliate l e defezioni. M a e r a p u r s e m p r e u n a massa di q u a l c h e decina di migliaia di u o m i n i quella che si faceva sotto. U n a sua c o l o n n a riuscì a i m p a d r o n i r s i della s t r e t t a di D e m b e g u i n à , p u n t o obbligato di passaggio p e r chi dal Tacazzè volesse a p r i r s i il varco verso lo Scirè, le posizioni di Selaclacà, e q u i n d i A x u m e A d u a . Gli ascari del « g r u p p o bande», che e r a n o al c o m a n d o del m a g g i o r e Criniti, rischiar o n o di restare intrappolati. Tre carri L3 - di quel tipo cioè c h e aveva m e r i t a t o , p e r la sua fragilità, il s o p r a n n o m e di «scatole di sardine» - n o n riuscirono a r o m p e r e l'accerchiam e n t o , e gli ascari dovettero i m p e g n a r s i in furiosi assalti anche alla baionetta p e r sfuggire alla tagliola. Ma avevano p e r d u t o , tra m o r t i e feriti, 9 ufficiali, 22 soldati nazionali, 370 eritrei. L'episodio irritò p r o f o n d a m e n t e B a d o g l i o , e nello stesso t e m p o lo p r e o c c u p ò . «Era p u r s e m p r e un nostro insuccesso» fortemente vantato dagli abissini e p r o p a g a n d a t o dalla s t a m p a i n t e r n a z i o n a l e : e delineava un possibile aggir a m e n t o del fianco destro. Per di più questo n o n era l'unico 381

sintomo del risveglio etiopico. Anche le t r u p p e di ras Cassa arrivavano, nel T e m b i e n , a rafforzare quelle di ras Sejum, e i r e p a r t i di ras Mulughietà si avvicinavano a Macallè. Badoglio riteneva improbabile che i c o m a n d a n t i etiopici, divisi da rivalità, sprovvisti di u n a chiara visione del fronte nella sua interezza, potessero avere in m e n t e un p i a n o strategico globale: c o m e quello ad e s e m p i o di i n c h i o d a r e il grosso del c o r p o di spedizione italiano a Macallè e i n t a n t o s f o n d a r e verso A d u a e l'Eritrea. T r a l'altro t r a il Q u a r t i e r g e n e r a l e d e i vari ras i c o l l e g a m e n t i e r a n o incerti: ras I m m i r ù n o n riuscì mai ad avere un servizio r a d i o efficiente, e le notizie gli g i u n g e v a n o a distanza di settimane. In ogni caso Badoglio n o n voleva s o r p r e s e . «Lo s c h i e r a m e n t o a cord o n e che il n e m i c o aveva a s s u n t o mi aveva obbligato - ha scritto - ad a d o t t a r e u n o s c h i e r a m e n t o analogo. In tal m o do le t r u p p e giudicate in un p r i m o t e m p o necessarie e sufficienti p e r c o n d u r r e la g u e r r a finirono p e r risultare insufficienti.» Egli decise p e r t a n t o di accorciare alcuni settori del fronte, a n c h e a b b a n d o n a n d o t e m p o r a n e a m e n t e posizioni i m p o r t a n t i - c o m e quella di Selaclacà - e di c h i e d e r e a Roma d u e altre divisioni. Mussolini acconsentì i m m e d i a t a m e n te, e inoltre ne offrì u n a terza, che Badoglio accettò senza esitare, p u r s a p e n d o c h e q u e s t a g e n e r o s i t à del D u c e nel p r o f o n d e r e uomini e mezzi sottintendeva il desiderio di u n a p r o n t a offensiva. C o n t r o q u e s t o Badoglio che n o n solo segnava il passo, ma si faceva togliere q u a l c h e fetta dei territori conquistati da De B o n o , Mussolini aveva scatti di malum o r e che il suo «entourage» (in particolare Baistrocchi, amico di Graziani) n o n mancava di attizzare. P r o p r i o p e r placare le impazienze del Duce Badoglio gli telegrafava, d u r a n t e quel «periodo nero», che «è s e m p r e stata mia n o r m a essere meticoloso nella p r e p a r a z i o n e p e r p o t e r e s s e r e i r r u e n t o nell'azione». Ai p r i m i di gennaio del 1936, d o p o d u e mesi di stasi delle o p e r a z i o n i , Badoglio aveva u n a g r a n voglia di «togliersi dallo stomaco» il p e s o d e l l ' A m b a A r a d a m , della q u a l e da 383

Macallè poteva v e d e r e il profilo massiccio, c u l m i n a n t e n o n in u n a vetta, ma in un p i a n o r o . S e n o n c h é l'attività delle arm a t e di ras Cassa - cui il N e g u s aveva affidato il c o m a n d o s u p r e m o del suo esercito nel n o r d - e di ras Sejum verso il T e m b i e n lo convinse a c a m b i a r e idea. Segnalò a Mussolini che era costretto a s o s p e n d e r e la p r o g e t t a t a offensiva a sud di Macallè, e mise a p u n t o il p i a n o di quella c h e fu poi da lui stesso definita «la p r i m a battaglia del Tembien». La minaccia c h e Badoglio avvertiva e r a a n a l o g a a quella che gli veniva da ras I m m i r ù : u n o s f o n d a m e n t o verso l'Eritrea e un a g g i r a m e n t o delle n o s t r e posizioni. N e l caso di I m m i r ù il pericolo si delineava alla e s t r e m a d e s t r a dello s c h i e r a m e n to; nel caso del T e m b i e n , si profilava invece u n a m a n o v r a avversaria che spezzasse in d u e il fronte italiano, vi creasse un varco, attraverso il passo U a r i e u e il passo Abarò, verso le r e t r o v i e , e insidiasse da t e r g o Macallè da u n a p a r t e , e A d u a dall'altra. Q u e s t o disegno era s i c u r a m e n t e s p r o p o r z i o n a t o , se n o n alle ambizioni, certo alle possibilità abissine. Ma ancora u n a volta Badoglio volle evitare ogni rischio, e si risolse a p r e n d e r e in c o n t r o p i e d e ras Cassa e ras Sejum, scagliando cont r o di loro t r e forti c o l o n n e . Nello stesso t e m p o ras M u l u ghietà e ras I m m i r ù a v r e b b e r o d o v u t o essere i m p e g n a t i in o p e r a z i o n i diversive, così da evitare che inviassero dalle ali rinforzi al c e n t r o dello s c h i e r a m e n t o abissino. La m a n o v r a italiana d o v e v a far p e r n o sulle posizioni di passo U a r i e u dalle quali u n a c o l o n n a si s a r e b b e mossa verso Abbi A d d i «quel t a n t o c h e e r a necessario p e r l'assolvimento d e l suo c o m p i t o dimostrativo, ma senza c o r r e r e il rischio di essere staccata dal passo». La citazione è di Badoglio che la volle in corsivo, nel suo libro sulla g u e r r a d'Etiopia, i n t e n d e n d o dim o s t r a r e che la m a n c a t a esecuzione di questi precetti aveva c o m p r o m e s s o l'esito della battaglia. Il 19 gennaio, c o m e p r e m e s s a all'attacco, il neo-costituito I I I C o r p o d ' a r m a t a di Bastico usciva dalle posizioni di Macallè e p e n e t r a v a nel p u n t o di giunzione tra le a r m a t e di ras 384

Mulughietà e di ras Cassa. Il 20 le tre colonne del T e m b i e n d a v a n o corso alla prevista avanzata, che incontrava resistenza, ma r a g g i u n g e v a i suoi p r i m i obbiettivi. Il 21 g e n n a i o sopravveniva l'incidente che segnò, p e r Badoglio, il m o m e n t o p e g g i o r e della c a m p a g n a . L a c o l o n n a che e r a uscita d a l c a m p o t r i n c e r a t o di passo U a r i e u , f o r m a t a da militi al com a n d o del generale Diamanti, si e r a spinta t r o p p o innanzi. Le t r u p p e di ras Sejum l'avevano p r e s a in u n a m o r s a alla quale si era p o t u t a sottrarre solo p e r d e n d o 355 u o m i n i , tra morti e feriti, e t o r n a n d o alle posizioni del passo, t e n u t e dalla divisione 28 O t t o b r e . Ma la fortunata azione aveva imbaldanzito gli etiopici, che si e r a n o b u t t a t i sulle fortificazioni, ed a v e v a n o costretto i militi a r i p i e g a r e dai t r i n c e r a m e n t i periferici. Dal Q u a r t i e r generale del N e g u s veniva d i r a m a t o u n b o l l e t t i n o trionfale, c h e a n n u n c i a v a l ' a n n i e n t a m e n t o della c o l o n n a D i a m a n t i e della divisione 28 O t t o b r e , n o n ché la cattura di 29 c a n n o n i , 175 mitragliatrici e 2.654 fucili. E r a n o le consuete esagerazioni dei fantasiosi comunicati d i Addis Abeba. L a 2 8 O t t o b r e e r a assediata, m a t e n e v a , rifornita a n c h e con aviolanci. La seconda divisione eritrea, che avrebbe p o t u t o accorrere in difesa del presidio di passo U a r i e u , si e r a mossa in r i t a r d o . Scarseggiava, a passo Uarieu, l'acqua. Gli attaccanti p r e m e v a n o guidati dai d u e figli di ras Cassa, Averrà e U o n d u o s s e . Un cappellano, il d o m e n i c a n o R e g i n a l d o Giuliani, fu ucciso con u n a sciabolata, m e n t r e dava l'estrema u n z i o n e a u n m o r e n t e , d u r a n t e u n o dei t r e m e n d i c o r p o a c o r p o di quelle giornate. Badoglio, da E n d a J e s u s , seguiva le sorti della battaglia con p r e o c c u p a z i o n e , in qualche m o m e n t o con angoscia. Dispose le m i s u r e affinché i difensori del passo fossero soccorsi, ma nello stesso t e m p o o r d i n ò «lo s t u d i o delle m o d a l i t à d a s e g u i r e p e r u n a e v e n t u a l e ritirata d a Macallè». Q u e s t o p e r c h é «pensare al peggio e p r e p a r a r s i a fronteggiarlo e a d o m i n a r l o è da forti». La notte dal 23 al 24 gennaio il m a r e sciallo n o n d o r m ì . «Rimase tutta la notte nella t e n d a del com a n d o - ha r i c o r d a t o Paolo Monelli - accanto al telefono. 385

S e d u t o sopra u n o sgabello, il c a p p o t t o indosso, la mantellina sulle ginocchia c o m e u n a coperta. Ascoltava m u t o le r a r e comunicazioni, il viso impietrito nella luce c r u d a della lamp a d a a incandescenza. O g n i tanto dettava un o r d i n e . T u t t a la notte n o n si mosse, n o n chiese un caffè, n o n disse u n a parola che n o n fossero q u e i brevi o r d i n i , quelle d o m a n d e al telefono. Q u a n d o sull'alba giunse la notizia che aspettava, l ' o m b r a di un sorriso gli distese il volto.» La crisi e r a stata superata, u n a colonna al c o m a n d o del generale Vaccarisi si era ricongiunta con la g u a r n i g i o n e di passo Uarieu, la p r e s sione nemica a n d a v a calando. Badoglio sostenne che la battaglia era stata vinta da lui «perché era riuscito a p r e v e n i r e e a s t r o n c a r e l'offensiva dell'avversario». S e n o n c h é B a d o glio e r a in Africa n o n p e r i m p e d i r e conquiste abissine, ma p e r conquistare l'Abissinia, e sapeva che questo tipo di vittorie a Mussolini n o n poteva piacere. Il c o m a n d a n t e etiopico ras Cassa spiegò a posteriori la sua r i n u n c i a al p r o s e g u i m e n t o della offensiva con l'uso dei gas tossici, e in particolare dell'iprite, un terribile vescicante, da p a r t e degli italiani. Su questo a r g o m e n t o c r e d i a m o possano essere dette alcune cose n o n controverse. In alcune occasioni gl'italiani fecero uso dei gas. Lo ha a m m e s s o , sia p u r e a scopo riduttivo, Lessona, secondo il quale il g e n e r a l e Graziani decise di far sganciare, p e r intimidazione e p e r diritto di rappresaglia, «tre, dico tre, piccole b o m b e a gas sul campo nemico teatro di tanta ferocia». La ferocia era stata esercitata sullo sventurato pilota Minniti che gli abissini avevano catturato sul fronte somalo, e q u i n d i ucciso, decapitato, m u tilato. La sua testa fu p o r t a t a in s e g n o di m a c a b r o trionfo p e r la r e g i o n e (scempio analogo, con t o r t u r e ed evirazioni, fu riservato ad altri prigionieri). Dell'uso dei gas in m i s u r a assai più consistente di quella indicata dal Lessona fa c e n n o un v o l u m e ufficiale italiano nel quale si attesta che 5 aerei del fronte somalo lanciarono «kg 1.700 gas». Mussolini stesso, a Graziani che il 16 d i c e m b r e 1935 aveva chiesto «libertà di azione» p e r i gas, rispose che autorizzava il loro impiego 387

«nel caso V.E. lo ritenga necessario p e r s u p r e m e ragioni difesa». I gas furono usati dagl'italiani, così come le pallottole esplosive « d u m - d u m » furono usate dagli abissini. Né l'una né l'altra di queste b a r b a r e a r m i fu adottata su tale scala, e con tale frequenza, da aver p o t u t o sensibilmente modificare il corso del conflitto: questo è tanto vero che molti combattenti italiani p o t e r o n o n e g a r e in perfetta b u o n a fede che ai gas si fosse fatto ricorso. La p r i m a battaglia del T e m b i e n e r a stata d u r a : lo era stata p e r gli abissini (ottomila u o m i n i fuori combattimento, quasi nessuna residua scorta di viveri e di munizioni) e lo e r a stata a n c h e p e r il c o r p o di spedizione italiano: tra m o r t i e feriti 60 ufficiali, 605 nazionali, 417 eritrei. Badoglio riconobbe che le t r u p p e del N e g u s avevano c o m b a t t u t o «con valore e accanimento». Ma aveva a n c h e p o t u t o constatare che le arm a t e etiopiche n o n formavano un vero esercito, p e r c h é i ras e r a n o invidiosi l'uno dell'altro. Mulughietà n o n riconosceva la supremazia di ras Cassa e gli rifiutava rinforzi: cosicché il N e g u s e r a stato costretto a inviarli, i rinforzi che ras Cassa invocava, da Q u o r a m , a sei g i o r n i di m a r c i a , m e n t r e dall'Amba A r a d a m s a r e b b e r o giunti in p o c h e o r e . Badoglio si sentiva d u n q u e rassicurato, anche se le forze che lo fronteggiavano e r a n o s e m p r e consistenti: 80 mila u o m i n i di ras M u l u g h i e t à , 30 mila di ras Cassa e ras Sejum nel T e m b i e n - già le loro a r m a t e si e r a n o f o r t e m e n t e r i d o t t e - 30 o 40 mila di ras I m m i r ù nello Scirè, 15 o ventimila u o m i n i nella zona del lago Ascianghi. In tutto, quasi 200 mila armati e in p i ù u n a riserva a disposizione del N e g u s , ma lontanissima, dislocata tra Dessiè e Addis Abeba. A q u e s t o p u n t o Badoglio p o t e v a finalmente p a s s a r e all'offensiva, e liberarsi di q u e l l ' i n c u b o che e r a l'Amba Arad a m : fortilizio n a t u r a l e largo otto chilometri e p r o f o n d o tre. Il 9 febbraio egli convocò, i n c o n s u e t a m e n t e , i giornalisti, e spiegò l o r o il p i a n o di quella c h e s a r e b b e stata definita la «battaglia dell'Endertà». «Ho deciso - disse secondo il reso389

conto di quello scrupoloso cronista che fu Cesco Tomaselli di d a r battaglia al ras M u l u g h i e t à . D o m a n i , l u n e d ì 10 febb r a i o , i l p r i m o C o r p o d ' a r m a t a inizierà u n m o v i m e n t o i n avanti p e r p r e n d e r e u n a linea a sud dell'attuale. D o p o d o m a n i t a n t o il p r i m o C o r p o q u a n t o il terzo a v a n z e r a n n o su d u e colonne p e r ricongiungersi ad Antalò, a sud del massiccio d e l l ' A r a d a m . La cosa sarà grossa, anzi grossissima. Io m u o v e r ò u n a massa di settantamila uomini.» Per fiaccare il m o r a l e degli abissini fu rovesciato su di loro, da d u e c e n t o pezzi di artiglieria, un u r a g a n o di proiettili, m e n t r e 170 aerei b o m b a r d a v a n o dal cielo. Badoglio seguiva l'avanzata da un osservatorio sull'Amba G h e d e m , f u m a n d o , e sventolando, c o m e p e r distrarsi, u n o scacciamosche dai crini bianchi. Così lo descrisse Marinetti: «forte, un po' curvo c o m e un antico arco / di g u e r r a o meglio c o m e u n a delle sue / balestre d ' a u t o c a r r o il maresciallo Badoglio / a g g u a n t a nella l e n t e del suo canocchiale / tutta la sua battaglia». La reazione di ras Mulughietà fu incerta, quasi smarrita. L'inferno di fuoco lo aveva sconvolto, e i contrattacchi furono sporadici e disordinati. Il Negus, che aveva s a p u t o della offensiva il giorno 11, tento di i n d u r r e ras Cassa a soccorrere ras M u l u g h i e t à , ma l ' o r d i n e giunse a destinazione, o alm e n o così fu d e t t o , solo il 15 febbraio, q u a n d o il m i n i s t r o della G u e r r a aveva già d a t o l'ordine di ritirata alle sue t r u p p e . Il favore tra ras era stato ricambiato. Il grosso dell'armata di ras M u l u g h i e t à sfuggì a l l ' a c c e r c h i a m e n t o . L'onore di issare il tricolore sulla vetta fu, p e r ragioni politico-propag a n d i s t i c h e , concesso alle camicie n e r e della divisione 23 Marzo, anziché agli alpini della Pusteria, che se ne risentiron o , e n o n lo nascosero. In u n o dei combattimenti dei giorni p r e c e d e n t i aveva meritato u n a medaglia d ' a r g e n t o Giuseppe Bottai. Nel r i p i e g a m e n t o , l ' a r m a t a di ras M u l u g h i e t à si s b a n d ò p a u r o s a m e n t e p e r le incursioni incessanti dell'aviazione italiana, cui e r a stato affidato lo s f r u t t a m e n t o del successo, e p e r gli attacchi alle spalle dei guerriglieri Azebò Galla, tra391

dizionali nemici degli scioani d o m i n a t o r i , che n o n d a v a n o t r e g u a ai fuggiaschi. Un figlio di ras Mulughietà fu ucciso e m u t i l a t o da l o r o : la castrazione dei n e m i c i r i e n t r a v a nello stile di g u e r r a di q u e s t e b a n d e . Il ras, che e r a t o r n a t o alla r e t r o g u a r d i a p e r scagliarsi contro gli Azebò Galla e vendicare il figlio, fu colpito e ucciso, n o n si sa se dalla raffica di mitragliatrice di un c a c c i a b o m b a r d i e r e o dai guerriglieri. Le t r u p p e di Badoglio avevano d o v u t o registrare circa 800 tra morti e feriti, le p e r d i t e degli abissini a s s o m m a r o n o a circa ventimila u o m i n i . In pratica, l'armata di ras Mulughietà, come u n i t à organica - a n c h e nei limiti in cui q u e s t o t e r m i n e r i m a n e valido p e r l'esercito del N e g u s - n o n esisteva più. O r a Badoglio doveva regolare, d o p o il conto con ras Mulughietà, a n c h e il conto con ras Cassa e ras Sejum, che nella p r i m a battaglia del T e m b i e n gli avevano p r o c u r a t o n o n p o che ansie. Ma la seconda battaglia del Tembien sarebbe stata, nello stesso t e m p o , la p r i m a fase di un disegno a larghissimo r a g g i o s t r a t e g i c o , c h e d o v e v a d i s t r u g g e r e l'esercito abissino. Ras Cassa e ras Sejum, avuta notizia, sia p u r e in rit a r d o , della disfatta di ras Mulughietà, sentivano i n c o m b e r e l'attacco italiano. A ras Cassa si p r e s e n t a v a n o - ed egli le aveva p r o s p e t t a t e al N e g u s in u n a serie di comunicazioni radio che il nostro servizio d'intercettazione e decrittazione captava r e g o l a r m e n t e - tre possibilità. O p r o c e d e r e verso n o r d ovest, t e n t a n d o di c o n g i u n g e r s i alle forze di ras I m m i r ù ; o ripiegare a sud est, t e n t a n d o di aggregarsi a ciò che restava della a r m a t a di ras Mulughietà; o restare sul posto, e resistere. In realtà i soldati di ras Cassa e di ras Sejum n o n avevano p i ù s c a m p o . N o n a p p e n a si e r a conclusa la c o n q u i s t a dell'Amba A r a d a m il terzo C o r p o d ' a r m a t a era stato spostato grazie a n c h e all'apertura di u n a pista di 80 chilometri - nella i m p e r v i a r e g i o n e di Gaela: ossia alle spalle delle forze abissine del T e m b i e n , che avevano d a v a n t i a loro il C o r p o d ' a r m a t a eritreo. Il N e g u s consigliava c o m u n q u e a ras Cassa di unirsi a ras M u l u g h i e t à : e nello stesso dispaccio a n n u n c i a v a c h e d a l 393

Q u a r t i e r g e n e r a l e di Dessiè si era mosso verso n o r d , p r o b a bilmente nella speranza di r e c u p e r a r e e r i o r d i n a r e in qualche m o d o gli u o m i n i di ras M u l u g h i e t à . Gli abissini d e l T e m b i e n si difesero con valore, e a t t a c c a r o n o con g r a n d e sprezzo d e l p e r i c o l o , favoriti d a u n t e r r e n o irto d i picchi scoscesi: c o m e quella A m b a U o r c che 150 rocciatori dovettero r a g g i u n g e r e con u n ' a u d a c e scalata n o t t u r n a . Ma la sorte delle t r u p p e di ras Cassa e r a segnata, e il 29 l'armata dei d u e ras e r a a n n i e n t a t a , con p e r d i t e m i n i m e del c o r p o d i spedizione - m e n o di 600 u o m i n i t r a m o r t i e feriti - gravi dell'avversario, a l m e n o ottomila u o m i n i . A n c h e p e r questa a r m a t a vale (e v a r r à p e r quella di ras I m m i r ù ) q u a n t o si e r a osservato p e r quella di ras M u l u g h i e t à : u n a volta b a t t u t a , u n a g r a n d e unità abissina entrava in decomposizione, p e r ché i suoi soldati e r a n o sollecitati da un solo desiderio, il rit o r n o al paese d'origine, e 51 trasformavano in sbandati. O r a , alla fine di febbraio, l'intero fronte era in movimento. Il p r i m o C o r p o d ' a r m a t a , s u p e r a t a l'Amba A r a d a m , si era mosso verso l'Amba Alagi, senza i n c o n t r a r e alcuna resistenza, e il g i o r n o 28 il tricolore vi sventolava. Il 29 febbraio il secondo C o r p o d ' a r m a t a del g e n e r a l e Maravigna, e il n e o costituito quinto C o r p o del generale Babbini, sostenevano a loro volta la battaglia dello Scirè c o n t r o ras I m m i r ù . B a d o glio aveva d u n q u e in quel m o m e n t o cinque C o r p i d ' a r m a t a in azione, 250 mila u o m i n i , il che esigeva u n o sforzo colossale della I n t e n d e n z a . L'offensiva nello Scirè e r a anch'essa c o r o n a t a da successo: o r m a i n o n poteva essere altrimenti. Ma subiva contratt e m p i che quella d e l l ' E n d e r t à e la seconda del Tembien n o n a v e v a n o d o v u t o l a m e n t a r e . U n a c o l o n n a f u p r e s a tra d u e fuochi da reparti abissini a n c h e p e r c h é , come ha scritto Badoglio, n o n e r a stata a d o t t a t a alcuna particolare m i s u r a di sicurezza «la q u a l e invece, t r a t t a n d o s i di un n e m i c o estrem a m e n t e mobile e s p e c i a l m e n t e abile nelle i m b o s c a t e , sar e b b e stata assai o p p o r t u n a » . Nei feroci c o r p o a c o r p o gli etiopici d i m o s t r a r o n o u n valore eccezionale, l'avanzata n e 395

La battaglia dello Scirè

fu r i t a r d a t a , le p e r d i t e italiane f u r o n o a n o r m a l m e n t e alte - quasi mille nazionali t r a m o r t i e feriti - ma il 3 m a r z o il grosso dell'armata di ras I m m i r ù , p u r sfuggito all'accerchiam e n t o , si ritirava s e m p r e p i ù d i s o r d i n a t a m e n t e , t o r m e n t a t o dall'aviazione e, secondo le fonti etiopiche, a n c h e dai gas. Liquidato I m m i r ù , Badoglio trovava spalancate davanti a sé le p o r t e dell'Etiopia, t r a n n e quelle della capitale, ancora difesa dalle ultime t r u p p e del N e g u s . C o l o n n e celeri venivano sguinzagliate verso i capiluogo delle regioni settentrionali. U n a di esse, al c o m a n d o del segretario del p a r t i t o Starace, aveva p u n t a t o su G o n d a r : o p e r a z i o n e che Starace condusse con quel coraggio che n e s s u n o gli ha mai negato, ma che fu u n a p a s s e g g i a t a militare, se si c o n s i d e r a che la conquista della città, e i successivi d u e mesi di scaramucce, richiesero un tributo di s a n g u e di nove m o r t i e nove feriti. Hailé Selassié e r a d i s p e r a t o , e in u n a lettera c h e c a d d e in m a n o italiana affermava che «il nostro esercito famoso p e r il suo valore ha p e r d u t o il suo n o m e , c o n d o t t o alla rovina da alcuni traditori», che ras Cassa e ras Sejum «sono con noi ma n o n h a n n o con loro alcun armato», e che infine ras I m m i r ù avrebbe d o v u t o «venire qui a m o r i r e insieme a noi». Badoglio in c o m p e n s o e r a r a g g i a n t e , aveva p o t u t o d a r e a Mussolini, in coincidenza con il q u a r a n t e s i m o anniversario di A d u a - che ricorreva il p r i m o m a r z o - l'Amba Alagi, e poteva dichiarare ai giornalisti che «il nemico ha subito u n a tale sconfitta da p e r d e r e perfino, cosa i n a u d i t a nella storia militare etiopica, ogni velleità di combattere». Sul fronte somalo, Rodolfo Graziani aveva d o v u t o adattarsi, lo sappiamo, a un ruolo m i n o r e . Badoglio gli aveva prescritto di limitarsi a i m p e g n a r e il nemico. Disponeva di u n a sola divisione n a z i o n a l e , la P e l o r i t a n a , ed e r a f r o n t e g g i a t o da t r u p p e c o n s i d e r a t e t r a le migliori dell'esercito etiopico. Q u a r a n t a m i l a u o m i n i e r a n o r a g g r u p p a t i n e l l ' a r m a t a di ras Desta D a m t u , che aveva sposato la p r i m o g e n i t a di Hailé Selassié, T a n a n y e U o r k ; altri t r e n t a m i l a e r a n o agli o r d i n i del 397

degiac Nasibù Z a m a n u e l , giovane e, p e r lo s t a n d a r d etiopico, p a r t i c o l a r m e n t e p r e p a r a t o , al cui fianco era il consigliere turco Wehib Pascià. Infine 10 mila venivano r a d u n a t i dal degiac A m d é Micael. Ras Desta ebbe p e r sua sfortuna l'ambizione di insidiare il territorio somalo a Dolo. Per realizzare questo obbiettivo r a d u n ò a Neghelli, nelle stesse settimane in cui a n c h e Badoglio, al n o r d , era sulla difensiva, le sue t r u p p e , e mosse verso il confine, attraverso 400 chilometri di t e r r e n o a r i d o e inospitale. Fu u n a m a n o v r a disastrosa. Gli attacchi aerei, le malattie, la fame, il deserto, decimarono l'armata, che arrivò esausta in vista di Dolo. Graziani l'attendeva a pie fermo, n o n solo, ma aveva p r e p a r a t o - t e n e n d o s i in contatto diretto con Mussolini, e scav a l c a n d o s o s t a n z i a l m e n t e , a n c h e se n o n f o r m a l m e n t e , il Q u a r t i e r g e n e r a l e di Badoglio - u n a reazione demolitrice. P r o p r i o a Dolo egli aveva allestito u n a unità di 14 mila u o mini, c o n 7 8 4 mitragliatrici, 2 6 c a n n o n i , 700 a u t o c a r r i , 3.700 q u a d r u p e d i , alcune decine di mezzi corazzati; e il 12 g e n n a i o la scagliò, divisa in t r e c o l o n n e - quella di c e n t r o c o m a n d a t a dal g e n e r a l e Bergonzoli, cui le t r u p p e d a r a n n o il s o p r a n n o m e di «barba elettrica» -, c o n t r o gli abissini di ras Desta. U n a volta sloggiati dalle posizioni che avevano occ u p a t o a ridosso di Dolo, a t t o r n o alle quali era stato organizzato un e m b r i o n e di servizio logistico, i soldati del Negus furono p e r d u t i . Lottavano ormai n o n p e r vincere ma p e r il cibo e soprattutto p e r l'acqua. Il giornalista S a n d r o Volta ha descritto la «massa imbestialita» degli etiopici che «si buttavano c o n t r o la m o r t e certa p e r un sorso d'acqua» ed e r a n o «falciati dalle mitragliatrici». Il 20 g e n n a i o Neghelli, stroncata ogni resistenza, era occupata senza che vi fosse sparato un colpo di fucile. A n c h e Graziani aveva così a v u t o la sua offensiva, i d e a t a e c o n d o t t a b r i l l a n t e m e n t e , ma a n c h e con schiacciante s u p e r i o r i t à di mezzi. Unica n o t a negativa, nel successo, la defezione dì quasi mille ascari della q u a r t a brigata e r i t r e a , in p a r t e passati al n e m i c o , in p a r t e sconfinati nel Kenia. E p i s o d i o n o n u n i c o , p e r c h é a n c h e sul fronte 399

n o r d lo sciumbasci A n d o m Tesfazien, che aveva p r o t e s t a t o p e r la s e p o l t u r a concessa solo ai m o r t i nazionali d o p o un c o m b a t t i m e n t o , ed era stato p u n i t o , passò in c a m p o avversario con cento uomini, cui se ne aggiunsero poi altri. Tesfazien morì d u r a n t e la guerriglia contro gli occupanti italiani tre a n n i d o p o , nel 1939, insignito da Hailé Selassié del grado di generale. Ai primi di marzo, m e n t r e Badoglio metodicamente schiantava le a r m a t e del Negus, la g u e r r a d'Etiopia passava in secondo p i a n o , nel p a n o r a m a internazionale. Hitler aveva deciso di «rimilitarizzare» la Renania, violando il divieto impostogli dal trattato di Versailles, e il 7 m a r z o le t r u p p e tedesche varcavano la linea di demarcazione tra il territorio cui a v e v a n o legittimo accesso e il t e r r i t o r i o p r o i b i t o . E r a , p e r tutta l'Europa, un n u o v o segnale d'allarme. Ma in quel m o m e n t o Mussolini, che p e n s a v a p i ù ai suoi p r o b l e m i immediati che n o n alle l o n t a n e prospettive della iniziativa tedesca, ne fu tutto s o m m a t o soddisfatto. Q u e s t o diversivo di p r i m a r i a i m p o r t a n z a stornava l'attenzione del m o n d o dalla vicenda africana, e ricordava a tutti q u a l e fosse, tra le d u e dittature, la n e r a e la b r u n a , la più temibile. Il Duce poteva inoltre r i n n o v a r e alle g r a n d i potenze sanzioniste, la Francia e l'Inghilterra, i suoi a m m o n i m e n t i : se avessero voluto p e r severare nella loro politica punitiva verso l'Italia, o inasprirla, l'Italia stessa n o n si sarebbe più sentita legata agli accordi di L o c a m o e di Stresa, che m i r a v a n o a p r e v e n i r e , «contenendo» la G e r m a n i a , il ripetersi di un conflitto franco-tedesco. In Francia il g o v e r n o Lavai era c a d u t o . Ma il suo successore, S a r r a u t (con Flandin al ministero degli Esteri), n o n m u t ò la politica p r u d e n t e , e s o s t a n z i a l m e n t e a m i c h e v o l e , verso l'Italia. Q u a n d o Blum si insediò a palazzo Matignon, d o p o la vittoria del F r o n t e p o p o l a r e , la q u e s t i o n e etiopica era stata o r m a i risolta dalle armi. Nella i m m i n e n z a del gesto di forza tedesco in R e n a n i a , del q u a l e Mussolini n o n era stato preavvertito, ma che subodorava, p e n d e v a sull'Italia la minaccia di un i n a s p r i m e n 401

to delle sanzioni: ed E d e n si batteva p e r o t t e n e r l o . Il Duce aveva messo le c a r t e in tavola, con l'ambasciatore francese De C h a m b r u n . «Io sono s e m p r e , e voi potete b e n dirlo al sig n o r F l a n d i n , nella linea di Stresa... Posso assicurarvi che n o n vi è a tutt'oggi nella sfera politica assolutamente niente fra la G e r m a n i a e m e . Il mio m o d o di v e d e r e sulla G e r m a nia r i m a n e e s a t t a m e n t e quello che e r a l ' a n n o p a s s a t o i n aprile. Ma qualsiasi a g g r a v a m e n t o delle sanzioni r i g e t t e r à n e c e s s a r i a m e n t e l'Italia in un i s o l a m e n t o da cui il suo gov e r n o avrà il d o v e r e i m p e r i o s o di farla uscire. S p e t t a alla Francia e a l l ' I n g h i l t e r r a di n o n respingerci.» La Francia n o n restò sorda a queste argomentazioni. Ancor m e n o avrebbe p o t u t o esserlo d o p o la n u o v a sfida hitleriana. Prop r i o p e r le p r e s s i o n i francesi la r i u n i o n e g i n e v r i n a , che a v r e b b e d o v u t o d e c i d e r e u n a g g r a v a m e n t o delle m i s u r e contro l'Italia, rinviò ogni deliberazione in proposito e si lim i t ò a o r d i n a r e un u l t e r i o r e sforzo di conciliazione tra le parti in conflitto. A d e r i r o n o gli etiopici e, formalmente, anche gli italiani. L a Francia e r a angosciata dai s i n t o m i d i u n riavvicinam e n t o italo-tedesco, che era ancora psicologico, più che p o litico, ma che si delineava. N o n che Hitler avesse p r e s o risol u t a m e n t e p a r t e p e r l'Italia, nella g u e r r a etiopica. Anzi, fino alla vigilia del 3 ottobre 1935, aveva rifornito di a r m i il Negus: e si capisce p e r c h é . Q u a n t o più la c a m p a g n a d u r a v a , tanto più i r a p p o r t i tra Mussolini e le p o t e n z e occidentali si d e t e r i o r a v a n o . Nello stesso t e m p o diminuiva la capacità italiana, militare e politica, di r e a g i r e a un e v e n t u a l e n u o v o colpo tedesco sull'Austria, e a u m e n t a v a la p r o p e n s i o n e italiana ad appoggiarsi al dittatore tedesco. P r o p r i o nel timore di trovarsi di fronte a un d i l e m m a di q u e s t o g e n e r e , e di n o n p o t e r sfuggirgli, Mussolini consid e r ò fino all'ultimo - a n c h e q u a n d o Badoglio f r a n t u m a v a le s u p e r s t i t i resistenze abissine - u n a soluzione n e g o z i a t a della g u e r r a . Ai p r i m i di aprile egli aveva elaborato un piano s e c o n d o il quale i q u a t t r o quinti dell'Etiopia s a r e b b e r o 402

passati, in forma diretta o nella forma del p r o t e t t o r a t o e del m a n d a t o , sotto il d o m i n i o italiano: e un nucleo centrale p i ù schiettamente scioano (un territorio con d u e c e n t o o trecento chilometri di raggio a t t o r n o ad Addis Abeba) sarebbe rimasto f o r m a l m e n t e i n d i p e n d e n t e , ma sotto il controllo italiano, in u n a situazione «irakena o marocchina». Il p r o g e t to, s o t t e r r a n e a m e n t e fatto c o n o s c e r e a Parigi e a L o n d r a , naufragò soprattutto p e r la opposizione di E d e n , la cui voce, nel g o v e r n o b r i t a n n i c o , d e t t a v a o r m a i legge. Si a r r i v ò così alla soluzione totalitaria della c a m p a g n a : quella soluzione che Mussolini aveva s e m p r e d e t t o di volere, p u r disposto, c o m e fu chiaro in molte occasioni, a più di u n a concessione che «salvasse la faccia» della Società delle Nazioni. C o n assoluta tranquillità, Badoglio si apprestava o r a a comp l e t a r e la vittoria strategica. Era così sicuro del favorevole s v i l u p p o degli a v v e n i m e n t i c h e nella p r i m a s e t t i m a n a d i m a r z o , d u r a n t e u n a sosta all'Asmara, aveva d e t t o all'intend e n t e Dall'Ora che si p r e p a r a s s e ad allestire u n a colonna di più di mille autocarri; quella che sarebbe servita p e r la conquista di Addis Abeba. U n a sola p r o s p e t t i v a lo inquietava: che il N e g u s si sottraesse all'ultima decisiva battaglia, e con le forze di cui ancora disponeva - qualcosa di più di trentamila uomini, ma abbastanza b e n e i n q u a d r a t i ed equipaggiati, dal morale tuttora alto - decidesse di a r r e t r a r e fino a Dessiè ed oltre. Il che avrebbe costretto Badoglio a i m p e g n a r e battaglia in un t e r r i t o r i o molto l o n t a n o dalle sue basi logistiche, c o n t r o u n n e m i c o sfuggente. M a Hailé Selassié, ascoltati i suoi consiglieri, aveva p r e s o u n a risoluzione con la quale mirava p r o b a b i l m e n t e a salvare, più che il suo tron o , il p r e s t i g i o suo e dei suoi soldati: a v r e b b e accettato il confronto, subito. Anzi, senza a t t e n d e r e che ad esso si arrivasse p e r iniziativa italiana, lo avrebbe provocato. Q u a l c h e centinaio di chilometri a sud di Macallè, le t r u p pe del p r i m o C o r p o d ' a r m a t a si e r a n o attestate su u n a linea c h e aveva il suo p e r n o nel villaggio di Mai C e u . D o p o le 404

La battaglia del Lago Ascianghi

asperità del n o r d , qui cominciava l'altopiano etiopico nella sua m a g g i o r e bellezza, c o n più r a r e e m e n o a s p r e c a t e n e m o n t a g n o s e . Il 21 m a r z o il N e g u s assunse il c o m a n d o dell'armata, e la fece m u o v e r e verso n o r d . A p p e n a i n f o r m a t o di q u e s t a m a n o v r a , B a d o g l i o tirò un r e s p i r o di sollievo, e telegrafò a Mussolini che la sorte del N e g u s «sia che attaccasse, sia che attendesse il mio attacco, e r a o r m a i decisa: egli sarebbe stato c o m p l e t a m e n t e battuto». Hailé Selassié scelse l'attacco: ma lo scelse con esitazioni e ritardi che c o m p r o m i sero ogni sua possibilità di successo, se p u r ne aveva, del che d u b i t i a m o . Gli a p p r e s t a m e n t i difensivi degl'italiani - c h e a v e v a n o in p r i m a linea la divisione a l p i n a Pusteria, e d u e divisioni e r i t r e e - e r a n o a n c o r a s o m m a r i e insufficienti, le linee di rifornimento diffìcili. Ma dal 24 m a r z o l'azione abissina fu rinviata al 28, infine al 3 1 : u n a settimana di ritardi d u r a n t e la quale le postazioni italiane si rafforzarono sensibilmente. Per di più gli infidi Azebò Galla, che etiopici e italiani corteggiavano a suon di talleri, o p t a r o n o , e definitivam e n t e , p e r Badoglio, a n c h e p e r c h é le casse imperiali e r a n o quasi vuote. Un ufficiale della g u a r d i a imperiale, disertore, p o r t ò nelle linee t e n u t e dalle n o s t r e tre divisioni informazioni preziose. Prima che sorgesse l'alba del 31 m a r z o tre colonne abissine, al c o m a n d o di ras Cassa, di ras Sejum e di ras Ghetacciù, mossero verso gli alpini e gli ascari. I combattimenti, che si p r o t r a s s e r o p e r l'intera giornata, furono accaniti, ma senza c h e m a i gli abissini p o t e s s e r o i n t a c c a r e le linee italiane. Q u a l c h e effimero progresso inebriava i soldati etiopici che, le spalle cariche di b o t t i n o , si p r e c i p i t a v a n o a m o s t r a r l o ai capi. L'intervento della g u a r d i a imperiale, sei battaglioni bene a r m a t i e addestrati, n o n riuscì, n e p p u r e esso, a realizzare un sia p u r e m o d e s t o e parziale sfondamento. La sera, dal suo Q u a r t i e r generale di Ajà, il Negus telegrafò all'Imperatrice che «le nostre t r u p p e h a n n o attaccato le forti posizioni n e m i c h e c o m b a t t e n d o senza tregua», che «i nostri più imp o r t a n t i e fidati soldati sono morti o feriti» e che «le nostre 406

t r u p p e p e r q u a n t o n o n siano i n g r a d o d i svolgere u n comb a t t i m e n t o d i tipo e u r o p e o h a n n o s o s t e n u t o p e r l a i n t e r a giornata il confronto con quelle italiane». Era l'ammissione della sconfitta. Il 2 aprile Hailé Selassié a b b a n d o n a v a il suo posto di com a n d o di Ajà e iniziava, con i 20 mila u o m i n i che gli restavan o , la ritirata verso il lago Ascianghi. Dietro di lui già incalzava il C o r p o d ' a r m a t a eritreo, lanciato da Badoglio all'inseg u i m e n t o . O l t r e c h e dall'aviazione e dagli Azebò Galla, le t r u p p e abissine e r a n o ormai t o r m e n t a t e anche dalle popolazioni locali le quali, vuoi in odio agli scioani, vuoi p e r desiderio di rapina, si avventavano sui fuggiaschi e li d e p r e d a v a n o . Alcuni reparti dovettero p a g a r e un pedaggio, p e r essere autorizzati a transitare. I resti d e l l ' a r m a t a etiopica e il C o r p o d ' a r m a t a eritreo p r o c e d e t t e r o ad un certo p u n t o paralleli, in u n a sorta di g a r a di velocità. Hailé Selassié si illuse p e r un m o m e n t o di p o t e r resistere in Dessiè d o v e e r a il p r i n c i p e e r e d i t a r i o Asfa U o s s e n con a l c u n e migliaia di u o m i n i . Ma p r o p r i o allora decise di c o m p i e r e un pellegrinaggio alla città santa d i Lalibelà, p e r d e n d o q u a l c h e preziosa g i o r n a t a . Q u a n d o ne t o r n ò , p e r recarsi a Dessiè, a p p r e s e che Asfa Uossen l'aveva evacuata senza combattere, e che il c o m a n d o del C o r p o d ' a r m a t a e r i t r e o vi si era già insediato il g i o r n o 15. Il 20 aprile a n c h e Badoglio era a Dessiè, m e n t r e i b r a n delli dell'armata del Negus venivano martellati dall'aviazione nella loro tragica rotta, lasciando u n a scia di morti. A Dessiè, in tutta fretta p e r n o n essere sorpreso dalla stagione delle g r a n d i piogge, il maresciallo Badoglio organizzava la marcia su Addis Abeba, a s s u m e n d o n e p e r s o n a l m e n te il c o m a n d o . Vi a v r e b b e r o partecipato u n a colonna autocarrata e d u e colonne a piedi, di protezione. La autocarrata t r a s p o r t a v a la divisione S a b a u d a r i n f o r z a t a dalla s e c o n d a brigata eritrea, da 3 g r u p p i di artiglieria di piccolo e m e d i o calibro, da u n o s q u a d r o n e di carri veloci e da r e p a r t i del genio. R e p a r t i eritrei a v r e b b e r o costituito le altre d u e colonne, che si sarebbero mosse con anticipo su quella autocarra408

ta, la cui p a r t e n z a fu disposta p e r il 26 a p r i l e . In t u t t o 10 mila soldati nazionali e 10 mila eritrei, con 1.725 automezzi. Faceva p a r t e della spedizione anche un c o n g r u o n u m e r o di cavalli, affinché Badoglio e le più i m p o r t a n t i personalità del suo seguito potessero e n t r a r e in Addis Abeba con la solennità di antichi conquistatori. Graziani, sul fronte sud, era pungolato e amareggiato dalle vittorie del suo s u p e r i o r e e rivale al n o r d . Si l a m e n t a v a senza tregua, con il maresciallo e con Mussolini, p e r c h é n o n gli e r a n o stati concessi in t e m p o i mezzi e gli uomini che aveva chiesto e che, affermava, avrebbero consentito di liquidare più r a p i d a m e n t e l'esercito etiopico. Ad Harar, lo sapeva, era atteso dal bastone di maresciallo. Ma la preparazione di questa nuova offensiva si rivelava più difficile del previsto, e alla metà di aprile l'inizio delle piogge aveva complicato ulteriorm e n t e l'organizzazione dell'avanzata. A quel p u n t o , pressato con il consueto tono imperioso dal Duce, esortato con blanda malizia da Badoglio, Graziani n o n poteva più indugiare. Tra Graziani ed H a r a r si frapponeva, oltre a 500 chilometri di deserto, anche l'ultima a r m a t a abissina che fosse ancora in piedi, quella di ras Nasibù. Circa 30 mila uomini con 500 mitragliatrici e 500 cannoni di piccolo calibro, protetti da fortificazioni che il consigliere turco Wehib Pascià aveva fatto a p p r o n tare secondo d e t t a m i tecnici molto razionali. C o n t r o di essa e r a n o schierati 30 mila uomini, quindicimila dei quali nazionali. Non u n a forza i m p o n e n t e , ma b e n e a r m a t a ed equipaggiata, e montata su automezzi. Q u a n d o il 15 aprile Mussolini telegrafò che, essendo i m m i n e n t e la presa di Dessiè, «attendo a n n u n c i o marcia su H a r a r » , Graziani ribatté che e r a u n a «profonda ferita p e r lui» il sembrare «sordo ai richiami»: ma fece finalmente m u o v e r e le tre colonne comandate dai generali Nasi, Frusci e Agostini. La resistenza etiopica fu da principio tenace. Cedette di schianto il 25 aprile, e la conquista di H a r a r fu rallentata solo dalla pioggia e dal fango. Il 9 maggio, a mezzogiorno, a v a n g u a r d i e di Badoglio e a v a n g u a r d i e di Graziani s'incontravano a Dire Daua. 410

M e n t r e Badoglio si avvicinava alla capitale, il Negus l'abb a n d o n a v a , p e r rifugiarsi all'estero, d o p o q u a l c h e velleitario p r o p o s i t o di u n i r s i a ras I m m i r ù e c o n d u r r e la g u e r r i glia nel G o g g i a m . I 23 più alti dignitari d e l l ' I m p e r o e r a n o p e r l ' a b b a n d o n o del paese. Alle 4,20 del d u e maggio Hailé Selassié, la famiglia, un centinaio di dignitari e servi (tra i notabili, ras Nasibù e Wehib Pascià che avevano a b b a n d o n a ta al suo d e s t i n o l ' a r m a t a d e l l ' O g a d e n ) p r e n d e v a n o p o s t o su un t r e n o p e r Gibuti. Graziani chiese a R o m a l'autorizzazione di b o m b a r d a r e il convoglio, c h e gli fu n e g a t a . C o n i fuggiaschi e r a un p r i g i o n i e r o , il ras H a i l ù T a c l e h a i m a n o t , che c o m a n d a v a nel Goggiam e che il Negus aveva rimosso. A Dire Daua, dove il t r e n o sostò p e i x h é Hailé Selassié voleva i n c o n t r a r e un amico, il Console inglese ad H a r a r C h a p m a n A n d r e w s , H a i l ù fu liberato o fuggì, n o n si sa b e n e , e corse a p r o m e t t e r e la sua collaborazione agl'italiani che sop r a g g i u n g e v a n o . Prima un incrociatore inglese, poi u n a nave di linea, t r a s p o r t a r o n o q u i n d i l ' I m p e r a t o r e detronizzato in E u r o p a . Ad Addis Abeba si e r a n o intanto scatenati la rappresaglia e il saccheggio di guerriglieri, briganti, sbandati, c o n t r o gli e u r o p e i e c o n t r o la p o p o l a z i o n e in g e n e r a l e . Molti edifici e r a n o stati incendiati, infiniti negozi d e p r e d a t i , e i loro p r o prietari spesso uccisi b a r b a r a m e n t e . Il colonnello russo Konovaloff ha scritto che il saccheggio fu o r d i n a t o da Hailé Selassié il q u a l e aveva r a c c o m a n d a t o , d o p o a v e r e i m p a r t i t o queste disposizioni, che fosse p r e s e r v a t o il ghebbì imperiale. D i s t r u g g e r l o «avrebbe p o r t a t o sfortuna». Molti e u r o p e i e r a n o rifugiati nelle legazioni francese e inglese, e l'arrivo degli italiani veniva invocato da tutti come u n a liberazione. Nel p o m e r i g g i o del 5 maggio Badoglio con la sua colonna a u t o c a r r a t a era in vista di Addis Abeba. Mancava ancora un paio d ' o r e all'ingresso nella capitale, ma il maresciallo decise di inviare in quel m o m e n t o a Mussolini il messaggio fatidico: «Oggi 5 m a g g i o alle o r e 16, alla testa delle t r u p p e vittoriose, sono e n t r a t o in Addis Abeba». Lasciata la sua au411

to, m o n t ò a cavallo, e così p r o c e d e t t e sotto la pioggia fitta che bagnava i volti e i n z u p p a v a le uniformi. Il g r u p p o di cavalieri giunse alla legazione d'Italia, dove fu issato il tricolor e . Addis Abeba, costellata di cadaveri di assassinati, c a d d e senza combattimento. Quella sera stessa, dal balcone di Palazzo Venezia, Mussolini a n n u n c i ò «al p o p o l o italiano e al m o n d o che la g u e r r a è finita, che la pace è ristabilita», e fu salutato da ovazioni fervide e s p o n t a n e e . Dieci volte il Duce dovette riaffacciarsi p e r r i s p o n d e r e alle acclamazioni, m e n t r e in o g n i p a r t e d'Italia altre moltitudini esultavano. (Il discorso fu t r a d o t t o in latino da Nicola Festa e la frase d ' e s o r d i o «Camicie n e r e della rivoluzione!» d i v e n t ò «Nigra s u b u c u l a i n d u t i vos novi r e r u m ordinis auctores!».) Alle 22,30 del 9 maggio, con un alt r o m e m o r a b i l e discorso, Mussolini p r o c l a m a v a l ' I m p e r o r i a p p a r s o «sui colli fatali di Roma». «Ne sarete voi degni?» chiese il Duce con u n a di quelle interrogazioni retoriche di cui tesseva sovente il suo dialogo con le folle. Gli rispose un formidabile «sì». Vittorio E m a n u e l e I I I , re d'Italia e d'Albania, assumeva, p e r sé e p e r i suoi successori, il titolo di I m p e r a t o r e d'Etiopia. Fu toccato in quei giorni il m o m e n t o più alto della p a r a bola politica e u m a n a di Mussolini. L'Etiopia era assai m e n o pacificata di q u a n t o egli avesse d i c h i a r a t o agli italiani, e le o p e r a z i o n i di «polizia coloniale» a v r e b b e r o i m p e g n a t o a l u n g o le t r u p p e italiane. Alcuni capi, c o m e ras I m m i r ù e ras Desta, c o n t i n u a r o n o la lotta con i loro clan, e ras Desta venne fucilato, d o p o la cattura, in base al principio che n o n vi e r a n o p i ù c o m b a t t i m e n t i tra eserciti, m a scontri tra forze regolari e briganti. Ma altri ras, in testa a tutti il «minchione» Sejum Mangascià, p r o m i s e r o «fedeltà e devozione» all'Italia, e il loro e s e m p i o fu seguito d a l c a p o della chiesa copta, l'abuna Kyrillos. Il Negus tentava nel frattempo di giuocare u n a estrema, d i s p e r a t a carta, p r e s e n t a n d o s i di p e r s o n a , il 30 g i u g n o 412

1936, all'Assemblea s t r a o r d i n a r i a della Società delle Nazioni. Hailé Selassié indossò, p e r l'occasione, un mantello n e r o , i n t o n a t o alla tragedia che stava vivendo. Q u a n d o salì all a t r i b u n a u n g r u p p o d i giornalisti italiani, forse esortati dall'alto, gli lanciò c o n t r o - un gesto vergognoso - u n a salva di fischi e di insulti, t a n t o c h e il r u m e n o T i t u l e s c u rivolse u n a concitata richiesta al p r e s i d e n t e Van Z e e l a n d : «Faites taire ces sauvages». Alcuni tra i disturbatori furono poi fermati dalla polizia svizzera e rispediti in Italia. Il N e g u s i n d u g i ò sulle «atrocità» italiane, ma poi aggiunse che il p r o b l e m a era p i ù vasto, che n o n r i g u a r d a v a u n ' a g gressione singola, ma la sicurezza collettiva, la esistenza della Società delle Nazioni, la moralità internazionale. «Quale risposta d o v r ò d a r e al m i o popolo?» chiese, a conclusione dell'intervento. La risposta fu che la Società delle Nazioni, ossia le p o t e n z e c h e ne e g e m o n i z z a v a n o i dibattiti, si e r a stancata del p r o b l e m a etiopico. L a p r o p o s t a del N e g u s d i u n a più d u r a c o n d a n n a dell'Italia fu respinta, la G r a n Bret a g n a ritirò p o c h i giorni d o p o la Home Fleet dal M e d i t e r r a n e o , e il 15 luglio le sanzioni furono abolite. Già molto p r i m a (22 maggio) Badoglio aveva lasciato l'Etiopia, c e d e n d o la carica di Viceré a Rodolfo Graziani, cui la vittoria p o r t ò , insieme al maresciallato, a n c h e il titolo nobiliare di m a r c h e s e di Neghelli. Il «conto» di Badoglio fu ancor più salato. A Mussolini, egli aveva p r e s e n t a t o q u a t t r o richieste: il titolo di Duca (il Re gli conferì il d u c a t o di Addis Abeba); il t r a t t a m e n t o economico di Viceré a vita, che gli fu accordato con u n a apposita legge; il d o n o di u n a villa (il ministero della G u e r r a , il ministero delle Colonie e il governatorato di R o m a r a c i m o l a r o n o a questo scopo cinque milioni, che gli f u r o n o versati in contanti, e ch'egli utilizzò p e r costruirsi u n a lussuosa r e s i d e n z a ) ; l a p r o m o z i o n e del f i g l i o Mario, diplomatico, a ministro plenipotenziario di seconda classe. Solo quest'ultima pretesa fu respinta. Vittorio E m a n u e l e I I I era ansioso di attestare la sua grat i t u d i n e s o p r a t t u t t o a Mussolini. C o m e mai p r i m a di allora 414

- e come mai, forse, d o p o - la m o n a r c h i a t e n d e v a a identificarsi c o n il fascismo. Il D u c e fu insignito della g r a n croce d e l l ' o r d i n e militare di Savoia p e r c h é «ministro delle Forze A r m a t e p r e p a r ò , condusse e vinse la più g r a n d e g u e r r a coloniale c h e la storia r i c o r d i , g u e r r a c h e egli, C a p o del gov e r n o del Re, intuì e volle p e r il prestigio, la vita e la grandezza della p a t r i a fascista». Il Re avrebbe d e s i d e r a t o a n c h e conferire a Mussolini il titolo di Principe, ma Mussolini n o n volle. («Maestà, io sono stato e voglio essere solo Mussolini... Le generazioni dei Mussolini sono s e m p r e state generazioni di contadini, e ne vado un po' orgoglioso.») All'infuori della volontà d e l R e , Mussolini fu gratificato della qualifica di «Fondatore d e l l ' I m p e r o » , dizione cui Starace si a t t e n n e da allora in p o i a n n u n c i a n d o i discorsi d e l D u c e . E c o n t r o la v o l o n t à d i Vittorio E m a n u e l e , egli ricevette p i ù t a r d i p e r d e l i b e r a z i o n e della C a m e r a , insieme al Re stesso, il g r a d o militare di «Primo Maresciallo dell'Impero». L'Italia e r a stretta a t t o r n o al Duce, e dimenticava il «buco» finanziario a p e r t o dai 12 miliardi che la g u e r r a era costata. Modesto invece il tributo di sangue. 1.304 morti in combattimento e 1.009 p e r cause di servizio tra le t r u p p e nazionali, 1.600 m o r t i tra le t r u p p e i n d i g e n e , e in più 4 5 3 o p e r a i cad u t i . E s p o n e n t i della vecchia classe liberale, c o m e Vittorio E m a n u e l e O r l a n d o , socialisti esuli c o m e A r t u r o L a b r i o l a , intellettuali «critici» c o m e Sem Benelli, si riconciliarono con il fascismo, o si riavvicinarono ad esso. La opposizione degli e m i g r a t i d i v e n n e p i ù difficile e p i ù sterile, la o p p o s i z i o n e i n t e r n a vide u l t e r i o r m e n t e ridotto il pochissimo spazio che le restava, t a n t o che i c o m u n i s t i f u r o n o costretti ad u s a r e , nella p r o p a g a n d a , tutt'altro tono, lanciando appelli a un affratellamento degli italiani: affratellamento che n o n poteva i g n o r a r e l ' e m o z i o n e p r o d o t t a nel p o p o l o dalla c o n q u i s t a d e l l ' I m p e r o . L'idolatria p e r Mussolini e r a nutrita, a tutti i livelli, e in tutte le classi sociali, a n c h e di a m m i r a z i o n e e di affetto quasi senza riserve. Ma col suo b u o n senso di «reggio415

ra» r o m a g n o l a , Rachele capiva che tutto questo era t r o p p o bello p e r d u r a r e , ed esortava il m a r i t o a ritirarsi a vita privata. «Abbiamo avuto fin t r o p p a fortuna. A n d i a m o c e n e alla Rocca.» Il s u g g e r i m e n t o di R a c h e l e e r a i n g e n u o . Mussolini si c o n s i d e r a v a insostituibile. Nel suo disprezzo p e r il prossim o , n o n intravvedeva la figura, e la statura, di un delfino. Le vicende d'Africa avevano rafforzato in lui la convinzione di v e d e r e s e m p r e giusto. E poi a m a v a il p o t e r e , l'applauso, il n e r e g g i a r e delle folle nelle piazze, perfino la coreografia staraciana.

CAPITOLO DECIMO

LA FAVORITA

Il f o n d a t o r e d e l l ' I m p e r o , a u r e o l a t o di gloria, P r i m o ministro più p o t e n t e del suo Re, ebbe da q u e l l ' a u t u n n o del 1936 qualcosa che il casalingo Vittorio E m a n u e l e I I I n o n aveva: u n a favorita. La vita sessuale di Mussolini e r a stata fino a quel m o m e n t o tanto intensa q u a n t o era stata arida la sua vita s e n t i m e n t a l e . La sua c o n c e z i o n e della famiglia e r a patriarcale, la sua concezione della società era, c o m e si direbb e oggi, maschilista. L e d o n n e n o n a v e v a n o mai c o n t a t o molto, p e r lui, n e p p u r e quelle con cui aveva m a n t e n u t o relazioni d u r a t e a n n i , c o m e M a r g h e r i t a Sarfatti. Diventato il Duce, era stato oggetto di u n a a d o r a z i o n e femminile tra l'estatico e l'isterico. N o n aveva bisogno di cercare a v v e n t u r e : queste gli si offrivano - a volte disinteressate, a volte no - a Palazzo Venezia, d o p o un filtro di polizia. L'usciere N a v a r r a ha lasciato u n ' a c c u r a t a d e s c r i z i o n e di questi i n c o n t r i , var i a n t e q u o t i d i a n a della «routine» di lavoro. E r a n o incontri frettolosi, rustici, senza un m i n i m o di conforto. Avvenivano su un l u n g o sedile in pietra della sala del M a p p a m o n d o , o su un tappeto. Mussolini n o n aveva il palato fine, nella scelta delle sue conquiste, e n o n disdegnava le t a r d o n e . Se qualcuna tra loro, illusa dalla p r i m a esperienza, si faceva t r o p p o insistente, p r o v v e d e v a Bocchini a r i c o n d u r l a alla r a g i o n e con adeguati avvertimenti. In questo carosello di visite si era inserita, dal 1932, anche Claretta Petacci: ma p e r q u a t t r o anni gli incontri e r a n o stati romantico-intellettuali. Il Duce e Claretta s ' e r a n o cas u a l m e n t e conosciuti il 24 aprile 1932, u n a domenica, sulla s t r a d a p e r Ostia. Il D u c e e r a al v o l a n t e della sua Alfa Ro418

m e o rossa - era a n c o r a il t e m p o in cui si compiaceva di guid a r e p e r s o n a l m e n t e e s p e r i c o l a t a m e n t e l'automobile - e si e r a vista la s t r a d a bloccata da u n a l u n g a limousine. I m p a ziente, aveva strombazzato p e r o t t e n e r e il passo, e Claretta, riconosciutolo, si e r a sbracciata in gesti di saluto. C l a r e t t a Petacci era allora v e n t e n n e ; u n a graziosa b r u n a dal volto vivace, dal seno o p u l e n t o , dalle g a m b e snelle e diritte. E r a n o con lei, sulla grossa macchina g u i d a t a da un autista, la sorella Myriam di nove anni, la m a d r e Giuseppina, e il fidanzato Riccardo Federici, t e n e n t e dell'aeronautica, un giovanotto prestante e serio. Lusingato e incuriosito dallo slancio di quella bella figliola, Mussolini si era accostato alla vettura dei Petacci, che aveva frenato. N o n sapeva di essersi imbattuto in u n a a m m i r a trice fanatica, che gli aveva inviato lettere traboccanti di entusiasmo p e r il politico e p e r l ' u o m o : e n t u s i a s m o espresso a n c h e in versi. Di questi sfoghi è probabile ch'egli n o n avesse avuto n e p p u r e notizia. Ma Claretta ebbe m o d o di parlargliene, nei cinque m i n u t i in cui si t r a t t e n n e r o in conversazione, m e n t r e il Federici r i m a n e v a i m p a l a t o sull'attenti. L'indomani a Palazzo Venezia Mussolini o r d i n ò di ricercare, nell'archivio della c o r r i s p o n d e n z a a lui diretta, le lettere di Claretta, e gliele fece g a l a n t e m e n t e recapitare, quasi che gli fossero state s e m p r e vicine, e p a r t i c o l a r m e n t e care. Q u i n d i invitò Claretta a Palazzo Venezia. Fino al 1936 e b b e r o u n a ventina di colloqui, s e m p r e brevi, s e m p r e corretti. All'adorazione della ragazza, Mussolini r i s p o n d e v a in t o n o p a t e r n o , a t t e g g i a n d o s i a p o t e n t e i m m a l i n c o n i t o dalla sua stessa potenza e solitudine. Il p a d r e di Claretta, d o t t o r Francesco Saverio, a p p a r t e neva al cosiddetto «generone»: t e r m i n e esclusivamente r o m a n o che stava ad indicare, nel t r a m o n t o dello Stato della Chiesa, le famiglie «che vivevano in agiatezza, r i c o p r i v a n o uffici quasi ereditari nei dicasteri pontifici, possedevano u n a vigna e t e n e v a n o u n a carrozza». Il d o t t o r Petacci discendeva a p p u n t o da u n a famiglia di quello stampo, ed era infatti 419

medico pontificio. Aveva u n a b u o n a clientela, e r a agiato, si piccava di divulgazione medica e infatti più tardi collaborò al Messaggero. Oltre a Claretta e a Myriam, aveva un figlio, Marcello: l'unico Petacci che abbia scandalosamente profittato, p e r affari e intrighi, della sua successiva posizione di «cognato morganatico». Ai progressi economici della famiglia, e alla costruzione, alcuni a n n i più t a r d i , della villa La Camilluccia a M o n t e Mario, Mussolini, a m a n t e taccagno (e questo n o n tanto per principio quanto perché attribuiva scarsissima i m p o r t a n z a al d e n a r o ) n o n d a r à alcun contributo. Al professor Petacci q u e l l e g a m e s p u r i o servirà p i ù che altro p e r r e n d e r e più accetta e meglio retribuita la sua collaborazione giornalistica; e a Myriam, che voleva fare del cin e m a e del teatro, sarà utile p e r avere spianate le vie di u n a c a r r i e r a c h e , n o n o s t a n t e q u e s t o , fu senza smalto e v e n n e troncata dalla caduta del fascismo. Un giorno d'ottobre del 1936 Claretta, il cui m a t r i m o n i o con il t e n e n t e Federici e r a stato poco f o r t u n a t o , tanto che, s e p a r a t a , e r a t o r n a t a i n famiglia, vide d u n q u e Mussolini, nella sala del M a p p a m o n d o , p e r u n a delle o r m a i c o n s u e t e c o n v e r s a z i o n i . Ma il «Duce» le si fece i n c o n t r o furioso, le disse c o m e gli risultasse, grazie alle informazioni della sua o n n i p r e s e n t e polizia, c h e lei aveva u n a n u o v a r e l a z i o n e . « M e n t r e rispettavo in voi p r i m a la fanciulla e poi la sposa, voi tradivate vostro m a r i t o con il p r i m o venuto.» Claretta, s p a u r i t a ma a n c h e lusingata da questa scena di gelosia, rispose che e r a n o c a l u n n i e , e c o m e t u t t e le scene di gelosia a n c h e quella finì nel giaciglio (di p i e t r a ) . Claretta e n t r a v a nella vita del Duce, l'avrebbe a c c o m p a g n a t o fino all'ultimo passo. La Petacci diventò da allora l'ospite fissa, quasi tutti i pom e r i g g i , d e l l ' a p p a r t a m e n t o Cybo, che p r e n d e i l n o m e d a un prelato cui il Palazzo Venezia era passato d o p o che il cardinale Pietro Barbo, divenuto p a p a con il n o m e di Paolo I I , l'aveva lasciato incompiuto. A questo a p p a r t a m e n t o si accedeva solo attraverso un ascensore privato o dalla sala Regia. 420

Sono tre locali, un'anticamera, u n o studio, e un salotto, detto dello Zodiaco p e r c h é sul soffitto a volta a z z u r r a e r a n o dipinti in o r o i segni zodiacali. Il salotto era a r r e d a t o con un divano-letto. Da esso si accedeva a u n a «toilette» che, ha annotato d i l i g e n t e m e n t e N a v a r r a , «era m u n i t a soltanto di un lavabo, di un water, di un asciugamano e di u n a saponetta. Non altro». Mussolini avrebbe p o t u t o riposarvisi d o p o la colazione, che consumava a volte su un tavolo ovale, nello studio. Ma n o n lo fece mai, p e r c h é odiava la p e n n i c h e l l a , da lui c o n s i d e r a t a u n a d e t e r i o r e a b i t u d i n e italiana, e r o m a n a in particolare. Molto r a r a m e n t e aveva p o r t a t o qualche d o n na nel salotto dello Zodiaco p e r c h é , s'è visto, preferiva esaurire la sua q u o t i d i a n a i m p r e s a a m o r o s a sul posto di lavoro. Ma c o n C l a r e t t a le sue a b i t u d i n i c a m b i a r o n o , la g i o v a n e d o n n a t r a s c o r r e v a o r e n e l l ' a p p a r t a m e n t o Cybo, leggiucc h i a n d o e p r o v a n d o qualche n u o v a vestaglia, in attesa della visita di Ben, che amava farsi aspettare, ed era sovente frettoloso. Tuttavia dal 1936 fino al 1939 a l m e n o - Mussolini aveva 54 anni, nel 1936, trenta più di Claretta - il legame fu appassionato e t e n e r o , a n c h e se n o n p e r questo il Duce int e r r u p p e i suoi r a p p o r t i con altre occasionali visitatrici. Mai egli trascorse u n a notte con Claretta a Palazzo Venezia. S'incontravano, tra molti e quasi comici sotterfugi, anche a Riccione, quand'egli vi si recava con la famiglia - i Petacci si trasferivano p e r l'occasione in un albergo di Rimini o al Terminillo, d u r a n t e qualche vacanza sciatoria. Forse in q u a l c h e m o m é n t o la Petacci ebbe l'ambizione di essere l'ispiratrice o la consigliera politica, oltre che l'amante di Mussolini. N o n vi riuscì mai, o d o v e t t e limitarsi a q u e r u l i amm o n i m e n t i sulla pochezza e sull'infido c o m p o r t a m e n t o dei suoi collaboratori (come Rachele, del resto). Così, nel 1936, Mussolini aveva tutto ciò che u n o statista «cesareo» p o t e s s e s o g n a r e : l ' o n n i p o t e n z a , u n a p o p o l a r i t à quasi senza o m b r e , l ' I m p e r o , la sua favorita. E n o n mancavano che nove a n n i a piazzale Loreto.

POSCRITTO

Se la conquista dell'Abissinia fu p e r Mussolini il m o m e n t o più alto, esso fu anche l'inizio del progressivo distacco da lui e dal fascismo delle giovani g e n e r a z i o n i c h e p i ù a r d e n t e m e n t e avevano voluto quell'impresa e vi avevano partecipato. U n o dei d u e autori di questo libro ha vissuto questo p r o cesso: gli sia consentito ricapitolarlo in p r i m a p e r s o n a c o m e testimonianza diretta. Noi giovani (di allora) n o n a v e v a m o aderito al fascismo. Ci e r a v a m o nati d e n t r o , e questo ci aveva esentato dalle scelte. In tutte le nostre case c'erano dei vecchi che r i m p i a n g e vano e ci magnificavano l'Italia liberale dei «notabili», il suo rigore amministrativo, la sua corretta finanza, la lira che faceva aggio sull'oro eccetera. Ma e r a n o vecchi, vecchio era il loro linguaggio, e il mitico r e g n o di S a t u r n o che ci descrivev a n o somigliava p o c o al r i c o r d o che noi a v e v a m o dei suoi ultimi giorni: quelli d e l l ' i m m e d i a t o d o p o g u e r r a . Per noi la liberaldemocrazia era l'impotenza, il d i s o r d i n e , le divisioni faziose e, da u l t i m o , la d i s e r z i o n e e la resa. Forse q u e s t o s o m m a r i o giudizio d i c o n d a n n a n o n e r a del t u t t o disinteressato: esso ci consentiva di a b b a n d o n a r c i con la coscienza t r a n q u i l l a al fascismo, c h ' e r a in f o n d o la soluzione p i ù com o d a . Il fascismo e r a p e r il m o m e n t o il g r e g a r i s m o caro a tutti i giovani, la divisa militare, le a d u n a t e , il coro, lo sport, la t e n d o p o l i al m a r e e in m o n t a g n a ; e p e r l'immediato d o m a n i , u n a c a r r i e r a sicura, o a l m e n o l a r g a m e n t e agevolata. L'entusiasmo è facile q u a n d o p r o c u r a a n c h e degli utili. Ma verso la m e t à degli a n n i T r e n t a le nostre prospettive c o m i n c i a r o n o a cambiare. Ci trovavamo inseriti in un regi422

me che n o n ci lasciava molti spazi, o ne lasciava solo a coloro che n o n gli p o n e v a n o e n o n si p o n e v a n o d o m a n d e . L'unico m o d o di salirvi era, in teoria, quello di «credere, obbedire, combattere», c o m e i n g i u n g e v a n o i «fogli d'ordine» del p a r t i t o staraciano; in pratica, di m e t t e r s i al seguito e al rim o r c h i o della «vecchia guardia» che faceva q u a d r a t o intorno al p o t e r e . I più se ne c o n t e n t a r o n o e si misero - qualcuno anche in perfetta b u o n a fede - in gara di zelo: ne v e n n e r o fuori delle «carriere» a n c h e r a p i d e , t u t t e b a s a t e sulla scrupolosa osservanza dei cerimoniali, sulle b a t t u t e di tacchi e di talloni, sulla r e t o r i c a m a r z i a l e , sull'imitazione, quasi s e m p r e caricaturale e ridicola, del G r a n d e C a p o . E fu q u e sto a d a r e al fascismo quei tratti buffoneschi, che h a n n o fatto la gioia dei suoi p o s t u m i (e facili) denigratori. I migliori n a t u r a l m e n t e n o n p o t e v a n o c o n t e n t a r s e n e . Anch'essi volevano fare «carriera», m a g u a d a g n a n d o s e l a o n e s t a m e n t e , cioè p o r t a n d o un serio contributo a un Regim e c h e n e aveva u r g e n t e b i s o g n o , s o p r a t t u t t o i n c a m p o ideologico e culturale. Q u i ci sembrava che ci fosse tutto da fare p e r c h é Mussolini e i suoi d i a d o c h i n o n a v e v a n o fatto nulla. Bottai e r a l'unico che aveva avuto un vago sentore di questo vuoto e aveva cercato di c o m p e n s a r l o coi lìttoriali della c u l t u r a , che a v r e b b e r o d o v u t o d i v e n t a r e la palestra delVintellighenzia fascista. Ma n o n lo furono. I m m e d i a t a m e n t e essi c a d d e r o sotto le grinfie della burocrazia di partito, che ridusse a n c h e quelli a u n a gara di zelo all'insegna della più piatta ortodossia. La nostra reazione fu il rifiuto di parteciparvi. Q u e s t a diserzione n o n e r a affatto antifascismo. Credevamo a n c o r a in Mussolini, ed e r a v a m o convinti che solo in suo n o m e s i p o t e v a c o m p i e r e u n a «rivoluzione culturale» c h e desse un c o n t e n u t o a un Regime che in realtà n o n ne aveva nessuno. Nel suo spregiudicato p r a g m a t i s m o , il Duce si era s e m p r e mostrato allergico a i m p e g n i ideologici che potessero in qualche m o d o vincolare la sua azione, lasciando inevasa la d o m a n d a : «che cosa è il fascismo?». A questa d o m a n d a 423

volevamo rispondere noi, ci sembrava che questo fosse il n o stro c o m p i t o . E qui cominciò un giuoco in cui ancor oggi è difficile dire c o m e si distribuissero b u o n a e malafede. Qualc u n o di noi p e n s a v a v e r a m e n t e che il fascismo avesse bisog n o di u n a «seconda ondata» rivoluzionaria che lo liberasse da tutto il sistema clientelare di u n a vecchia g u a r d i a già impigrita nei suoi privilegi m a n d a r i n a l i , e che Mussolini p r o p r i o questo da noi si aspettasse. Altri, più scettici e o p p o r t u nisti, p e n s a v a n o di servirsi di Mussolini p e r c o n t r a b b a n d a r e , a t t r i b u e n d o l e a lui, le p r o p r i e idee, c o m e i «moderati» del Risorgimento si e r a n o serviti di Pio IX p e r c o n t r a b b a n d a r e sotto u n a insospettabile franchigia le idee liberali. Nella p r i m a m e t à degli anni T r e n t a era stato tutto un fiorire di piccoli giornali che r o m p e v a n o la p l u m b e a e solenne a t m o s f e r a del r e g i m e e v ' i m m e t t e v a n o un c e r t o f e r v o r e . Longanesi con LItaliano e Maccari col Selvaggio e r a n o stati i p r i m i , grazie a n c h e al loro brevetto di fascisti a n t e m a r c i a e alle i m m u n i t à che gliene derivavano, a r o m p e r e il coro del c o n f o r m i s m o di R e g i m e . Ma, un p o ' p e r vocazione di artisti, un p o ' p e r p r u d e n z a , essi m a n t e n e v a n o il loro discorso sul p i a n o della cultura e del costume, che solo di riflesso investiva quello politico. Essi p e r ò i n s e g n a r o n o a tutti noi a scrivere fra le r i g h e , p e r allusioni c h e sfuggivano alla occhiuta ma ottusa censura, a p a r l a r e a n u o r a p e r c h é suocera i n t e n d a , e a colpire il Regime negli artisti, negli scrittori, negli architetti, negli urbanisti del Regime. E b b e r o u n a funzione importantissima: in n o m e della tradizione, essi difend e v a n o l'Italia prefascista r i v a l u t a n d o n e q u a n t o si p o t e v a rivalutare. Diverso fu l'atteggiamento di chi invece vedeva o voleva v e d e r e nel fascismo n o n già il r i t o r n o al passato, ma l'apert u r a a un m o n d o n u o v o , e cioè tuttora sperava di fare di esso u n a vera rivoluzione. Ad a s s u m e r e questa posizione, e a tenerla con coerenza e rigore, furono soprattutto Cantiere e L'Universale di Berto Ricci, un giovane fiorentino, professore di m a t e m a t i c a , a p p r o d a t o al fascismo da u n ' e s p e r i e n z a 424

anarchica, forse la coscienza più alta della nostra generazion e . Ricci p o n e v a l'accento s o p r a t t u t t o , anzi quasi esclusivam e n t e , sui valori morali e spirituali: p e r lui il fascismo doveva essere l'incubatrice e la scuola di un italiano antico e n u o vo, anzi n u o v o in q u a n t o antico, del quale cercò di fornire egli stesso un modello che si avvicinava in sostanza a quello stoico. Sulla s p o n d a o p p o s t a , Cantiere m e t t e v a invece l'accento sulle «strutture»: fu la p r i m a pubblicazione, credo, d'ispirazione «sociologica», e infatti g r a n p a r t e dei suoi collab o r a t o r i finirono poi in braccio al c o m u n i s m o . Dapprincipio Mussolini aveva dato segno di u n a certa attenzione alle polemiche che si scatenavano fra questi g r u p p i e g r u p p e t t i , e aveva anzi m o s t r a t o di c o m p i a c e r s e n e c o m e di u n a riprova della vivacità che il Regime sapeva infondere a n c h e nel c a m p o del p e n s i e r o . Spesso i n t e r v e n n e p e r ferm a r e la m a n o alla c e n s u r a che trovava t r o p p o spinte certe prese di posizione, e a più riprese ci ricevette p e r p r o p i n a r ci elogi, s u g g e r i m e n t i , moniti. Da o g n u n o di questi i m m e diati contatti, ch'egli sapeva c o n d u r r e da grandissimo attore, noi uscivamo n o n soltanto più c h e mai soggiogati dal suo carisma, ma anche più che mai convinti che il vero fascismo fosse quello nostro e che il Duce affidasse a noi il compito di realizzarlo a n c h e c o n t r o la vecchia g u a r d i a immobilistica e p a g a dei suoi o n o r i e privilegi. L'unica cosa c h e un p o ' ci turbava era che, queste certezze, come le dava a noi, dell'Universale, Mussolini le dava, p o n i a m o , e con lo stesso calore di convinzione, a quelli di Cantiere, che dicevano l'opposto di ciò che d i c e v a m o noi. Ma solo in seguito ci r e n d e m m o c o n t o che si trattava della sua spregiudicata tattica di semp r e : irretire tutti nel suo giuoco, facendo c r e d e r e a ciascuno che quel giuoco era il suo. Nella c a m p a g n a di Abissinia, noi v e d e m m o molte cose. Anzitutto, a n c h e i m e n o d a n n u n z i a n i di noi, la «bella avventura» di cui a v e v a m o sentito favoleggiare dai r e d u c i della g r a n d e g u e r r a , di Fiume, della Marcia su Roma. Tutto somm a t o , sotto le b a r d a t u r e «romane» e «imperiali» che il fasci425

smo le aveva imposto, l'Italia era rimasta provinciale e asfìttica. L'Africa ci allettava coi suoi vasti orizzonti, coi suoi liberi spazi, nei quali i nostri p o l m o n i avrebbero p o t u t o dilatarsi. Né il segretario federale né il capo-fabbricato e r a n o mai stati dei p e r s e c u t o r i ; ma dei grossi seccatori coi loro contin u i richiami all'osservanza dei r e g o l a m e n t i e delle liturgie, sì. E l'idea di sfuggire ai loro controlli, all'irreggimentazione delle «adunate» e al fastidio delle sagre littorie, ci estasiava. Da quel che avevamo letto, tutto agiografico, di Dogali, di Adua, di Toselli e di Galliano, ci e r a v a m o fatta l'idea che u n a g u e r r a coloniale si prestasse, molto più di quelle e u r o pee, all'iniziativa del singolo, all'impresa eroica e solitaria di cui tutti, a vent'anni, smaniavamo. Su questo elemento romantico, se ne innestava anche u n o politico e nazionalistico. Martellati dalla p r o p a g a n d a fascista, tutti a v e v a m o finito p e r c r e d e r e sul serio che, alla fine della g r a n d e g u e r r a , l'Italia fosse stata defraudata della sua vittoria, e che l'impresa d'Abissinia fosse la g r a n d e occasione p e r p o r r e r i p a r o a questa ingiustizia e p e r p r o m u o v e re il nostro Paese al livello delle G r a n d i Potenze imperiali. A quei t e m p i n o n capivamo, n o n potevamo capire che l'epoca d e g l ' i m p e r i volgeva al t r a m o n t o . E r a v a m o rimasti a Kipling. E molti di noi - c o m p r e s o chi scrive - p e n s a v a n o persino alla possibilità di restare in Etiopia anche a g u e r r a finita, p e r costruirvi u n ' a l t r a Italia, un'Italia di pionieri, libera da i n c e p p i e c o n d i z i o n a m e n t i , realizzando m a g a r i lì la palingenesi fascista di cui sognavamo. Ma la spinta più forte di tutte al nostro a r r u o l a m e n t o come volontari fu la g r a n d e speranza di g u a d a g n a r c i sul campo i galloni e i titoli alla «promozione». Di questi galloni e titoli la vecchia g u a r d i a aveva fatto il pilastro del suo p o t e r e e dei suoi m o n o p o l i . In n e s s u n Regime c o m e quello fascista, n a s t r i n i , m e d a g l i e e m e r i t i g u e r r e s c h i e r a n o t a n t o valsi a creare u n a casta dirigente e a giustificarne i privilegi. Q u e sto vizio del «reducismo» n o n era nuovo: anche l'Italia prefascista aveva avuto, a l m e n o fino all'inizio del secolo, un no426

tabilato quasi e r e d i t a r i o , basato sulle «sante m e m o r i e » del Risorgimento. Ma il fascismo lo aveva portato alle sue estrem e c o n s e g u e n z e c o r p o r a t i v e : della s u p e r d e c o r a t a vecchia g u a r d i a si poteva diventare i fàmuli, n o n i soci. E l'Abissinia ci offriva l'occasione di riscattarci da questa posizione subalt e r n a . E infatti n o n e r a t a n t o l'Abissinia c h e v o l e v a m o , q u a n t o la g u e r r a . Q u a n d o , nelle nostre guarnigioni dislocate in E r i t r e a in attesa del g r a n g i o r n o , si s p a r s e la notizia che il g r a n g i o r n o n o n ci sarebbe stato p e r c h é Mussolini si e r a messo d ' a c c o r d o con Lavai e con H o a r e p e r u n a soluzione pacifica del conflitto che ci dava gratis ciò che intend e v a m o conquistare con le a r m i , ci furono, tra noi giovani ufficiali, propositi di a m m u t i n a m e n t o , e un colonnello p r o pose persino di c r e a r e il casus belli m a r c i a n d o su Macallè. N o n voglio nobilitare t r o p p o q u e s t e i m p a z i e n z e , di cui f u m m o partecipi. Per molti, p e r i più, si trattava soltanto di «carriera». Ma p e r altri c'era qualcosa di m e n o meschino: la convinzione di essere finalmente i protagonisti di u n a nostra e p o p e a e di p o t e r «cambiare le cose», anche se n o n sapevamo b e n e c o m e e in che senso. C o m e g u e r r a , la g u e r r a ci deluse. Anche noialtri delle t r u p pe indigene che ne s o p p o r t a m m o maggiormente il peso, a v e m m o p o c h e occasioni di saziare le nostre baldanze. Salvo episodi isolati, r a r a m e n t e a v e m m o occasione di m e t t e r e a p r o v a il nostro coraggio, e solo nell'ultima battaglia, quella risolutiva del lago Ascianghi, p o t e m m o vedere in faccia il nemico. Ma quello che più ci turbò, furono la fiera delle vanità, le gare di retorica e la corsa ai p r e m i , alle decorazioni e agli scatti di g r a d o di cui f u m m o testimoni. Tutti i g e r a r chi e r a n o accorsi, p e r c o n s e r v a r e il «posto» o p e r g u a d a g n a r s e n e u n o migliore. I più i m p o r t a n t i avevano ciascuno la p r o p r i a «corte»: faceva spicco quella di Ciano, in cui ormai tutti riconoscevano il Delfino, e p e r il quale i cortigiani avevano coniato u n a strofa di sapore protosquadrista: «Vieni con noi, Toselli, / vieni con noi, Galliano, / noi siam la Di427

sperata I di Galeazzo Ciano». Farinacci, n o n t r o v a n d o nemici contro cui lanciar b o m b e , le lanciava contro i pesci del lago Ascianghi: un giorno u n a gli scoppiò nella m a n o asportandogliela, e se ne fece compensare, senza arrossirne, con u n a medaglia d'argento. Via via che un centro i m p o r t a n t e veniva conquistato, si scatenava la corsa ad occuparvi posizioni i m p o r t a n t i , c o m e quella di segretario federale. Si v i d e r o promozioni su campi su cui n o n si era svolta nessuna battaglia. O g n u n o voleva passare alla Storia come il conquistatore di qualcosa: Starace fece il diavolo a q u a t t r o p e r e n t r a r e p e r p r i m o a Gondar. E Badoglio ebbe il suo daffare p e r ten e r e in freno iniziative spericolate e p e r d i r i m e r e gelosie e rivalità. Per la marcia su Addis Abeba, d o p o l'ultima conclusiva battaglia, si d o v e t t e r o c o n t i n g e n t a r e i posti d ' i m b a r c o sugli automezzi della colonna: volevano andarci tutti. A n c h e i «quadri» e i comandi militari ci si rivelarono di modestissima levatura. I migliori e r a n o quelli delle t r u p p e i n d i g e n e che, formatisi in colonia, e r a n o rimasti fedeli all'etica e al costume dell'esercito prefascista. E r a n o u o m i n i di p o c a c u l t u r a e di p u n t e idee, ma di m o l t o m e s t i e r e , e sop r a t t u t t o di g r a n d e serietà e correttezza, che storcevano il naso allo spettacolo d'improvvisazione, avventurismo e esibizionismo che offrivano i loro colleghi metropolitani. Su tutti, il servizio che meglio funzionò fu l'Intendenza, alle p r e s e con problemi difficilissimi. Essa doveva rifornire t r u p p e i n continuo m o v i m e n t o che, s p a r p a g l i a t e s u u n fronte vastissimo, distavano spesso dalle basi centinaia di chilometri senza strade. Nonostante la rapidità con cui Badoglio fece gettare delle massicciate t r a s f o r m a n d o i n t e r e guarnigioni in cantieri e i soldati in stradini, il p r o b l e m a di r a g g i u n g e r e le forze combattenti p e n e t r a t e nell'interno dell'Abissinia sarebbe rimasto insolubile senza il concorso degli autisti civili. Dall'Italia ne erano giunti a migliaia, alcuni col p r o p r i o camion, ma i più col proposito di c o m p r a r s e n e u n o sul posto a cambiali. Se in quella g u e r r a ci fu un'epopea, fu quella dei «padroncini» che coi loro automezzi facevano la 428

spola fra t r u p p e combattenti e basi di r i f o r n i m e n t o battendo notte e giorno, in colonna o da soli, senza scorta né misure di sicurezza, impervie terre senza alcun tracciato. Molti m o r i r o n o in agguati o in fondo a precipizi. I superstiti pag a r o n o i n u n b a t t i b a l e n o l e cambiali fatte p e r c o m p r a r e l'automezzo, ne c o m p r a r o n o altri, e quasi tutti r i m a s e r o in Abissinia a n c h e d o p o la g u e r r a , a n c h e d o p o il r i t o r n o del Negus, sposati con d o n n e indigene e incapaci di riabituarsi a l l ' E u r o p a . I veri «coloniali» furono l o r o , a n i m a t i da u n o spirito d ' i m p r e s a e l e m e n t a r e e rozzo, ma che d o c u m e n t a v a tutta l'impazienza di u n a certa Italia «emergente» p e r i vincoli amministrativi e i controlli burocratici che in p a t r i a irretivano l'economia corporativa fascista. Ma furono anche i soli, e solo perché c'era assoluto bisogno di loro, che p o t e r o n o sviluppare in p i e n a libertà la loro sete d'iniziativa. D o v u n q u e l'occupazione si stabiliva, la burocrazia di Stato e di partito riaffermava le sue prerogative, e il funzionario p r e n d e v a il sopravvento sul pioniere. Tutto doveva essere regolato dall'alto, a puntiglioso ricalco del sistema metropolitano. N o n era un'altra Italia che nasceva in Abissinia, ma la stessa Italia, coi suoi gerarchi, i suoi uggiosi rituali, la sua j u n g l a di r e g o l a m e n t i c o n t r a d d i t t o r i , le sue clientele, le sue fazioni. Il nostro sogno di un m o n d o n u o v o fece presto a dissolversi. Subito d o p o la p r e s a di Addis Abeba, n o n d e s i d e r a m m o che di rientrare in patria, convinti di poterci r i m e t t e r e alla testa di un m o v i m e n t o di o p i n i o n e che, sia p u r e s e m p r e all'interno del fascismo, desse l'avvio a qualche svolta. Ma n o n ne t r o v a m m o p i ù gli s t r u m e n t i . All'inizio della guerra, molti dei giornaletti nei quali fin allora si e r a sfogata la n o s t r a i m p a z i e n z a d ' i d e e n u o v e a v e v a n o sospeso le pubblicazioni p e r c h é quasi tutti i collaboratori e r a n o stati richiamati alle armi o si e r a n o arruolati volontari. Altri erano stati chiusi d ' a u t o r i t à p e r c h é , aveva d e t t o il Minculpop (certamente su o r d i n e di Mussolini), era t e m p o di fatti, e i fatti escludevano le polemiche e le discussioni. E questa di429

retriva rimase a n c h e a i m p r e s a conclusa. N o n si p o t è n e m m e n o fare il tentativo d ' i n d u r r e Mussolini a cambiare idea. La voce dei giovani, cui sino a d u e a n n i p r i m a egli si e r a mostrato abbastanza sensibile, n o n raggiungeva p i ù il Duce che i successi nazionali e internazionali stavano cominciando a t r a s f o r m a r e nel m o n u m e n t o di se stesso. Q u a n d o mi capitò di riavvicinarlo insieme ad altri ex-ufficiali delle t r u p pe indigene, n o n lo riconobbi più. Era in posa c o m e mai lo era stato nel colloquio diretto, e forse n o n sapeva n e m m e n o chi gli stava di fronte. Fu allora che la fronda cominciò a diventare divorzio. Fino a q u e l m o m e n t o ci e r a v a m o c o n s i d e r a t i , m a l g r a d o lo s c o n t e n t o , fascisti. P r o b a b i l m e n t e , c o m e h o d e t t o , p e r com o d i t à p i ù che p e r convinzione. M a ora, p e r chi aveva u n briciolo di rispetto p e r se stesso e voleva conservarlo, la com o d i t à diventava s c o m o d a . Poco d o p o il n o s t r o r i e n t r o in patria, Mussolini decise l'intervento in Spagna. Vedevamo il Paese lanciato in a v v e n t u r e a cui, d o p o l ' e s p e r i e n z a fatta sotto le a r m i , lo s a p e v a m o i m p r e p a r a t o . Lo s v u o t a m e n t o del Regime, cioè la sua riduzione a p u r a osservanza di forme esteriori - divise, a d u n a t e , marce, veglie, formule di rito - si faceva s e m p r e più evidente. E ora veniva a m a n c a r e a n c h e l'ultima s p e r a n z a che ci aveva fin lì s o r r e t t o : quella nel genio di Mussolini. Ci r e n d e v a m o conto che quindici a n n i di p o t e r e assoluto gli a v e v a n o ottuso quel fiuto e i n t u i t o che d a p p r i n c i p i o e r a n o stati la sua infallibile bussola, e che l'uomo aveva p e r s o il contatto con la realtà. Ma dove a n d a r e , con chi, e a far che? Gli Alicata, gl'Ing r a o , e p a r e c c h i altri che, attraverso (credo) l'idealismo di Ugo Spirito e la logica del corporativismo, e r a n o a p p r o d a t i al marxismo, t r o v a r o n o subito il loro rifugio, a n c h e se clandestino: il partito comunista, nelle cui catacombe scomparvero. Per gli altri, il salto del fosso e r a più difficile. Chi scrive e b b e contatti, a Parigi, con Carlo Rosselli, grazie a u n a lettera di p r e s e n t a z i o n e di suo fratello Nello. Rosselli, che fu ucciso poco d o p o (e questa fu p e r me un'altra spinta, ab430

b a s t a n z a decisiva, alla r o t t u r a col R e g i m e ) , e r a u n u o m o e s t r e m a m e n t e vivo e sensibile, che capì subito il p r o b l e m a e l'importanza, p e r l'antifascismo, di trovare un aggancio con la g e n e r a z i o n e del secondo fascismo, in vena di diserzione. Ma i fuorusciti a cui mi p r e s e n t ò mi delusero p r o f o n d a m e n te: e r a n o fantasmi del passato, avulsi dalla realtà italiana e incapaci di c o m p r e n d e r e la crisi del Regime, che anzi molti di loro r i t e n e v a n o definitivamente affermato. Q u a n d o rientrai da Parigi, fui convocato da Bocchini. Sapeva t u t t o dei miei c o n t a t t i di Parigi: e v i d e n t e m e n t e fra i fuorusciti c'era chi l o i n f o r m a v a . M a d o p o u n a p a t e r n a l e , stracciò il r a p p o r t o . Le conclusioni che ne t r a e m m o , q u a n do r a c c o n t a i la cosa agli amici ( L o n g a n e s i , P a n n u n z i o , Brancati, Benedetti, Piovene, De Feo), fu che c'era p i ù da fidarsi della tolleranza del R e g i m e c h e dell'intelligenza dei suoi n e m i c i , e c h e il n o s t r o antifascismo n o n aveva e n o n doveva aver nulla a che fare con quello, diciamo così, storico, nel quale solo i comunisti m o s t r a v a n o di capire il travaglio della n o s t r a g e n e r a z i o n e e di s a p e r n e a p p r o f i t t a r e accogliendone a braccia a p e r t e i transfughi. Da allora il n o s t r o a t t e g g i a m e n t o fu c o n d i z i o n a t o dalla convinzione che u n a fine traumatica del fascismo, r i p o r t a n do a galla i r o t t a m i dell'antifascismo, n o n avrebbe p r o c u r a to nulla di b u o n o né a noi né al Paese. Forse ancora u n a volta questa convinzione, che ci esentava da u n a pericolosa milizia attiva, ce la facilitava a n c h e il desiderio di salvare la n o stra incolumità e i nostri c o m o d i . Ma e r a ragionevole. E fu essa a d e t t a r e , d'allora in poi, il nostro c o m p o r t a m e n t o , che fu e s a t t a m e n t e l ' o p p o s t o di quello t e n u t o fin lì. I n v e c e di d a r e u n c o n t r i b u t o a l fascismo, c o m e f i n allora a v e v a m o t e n t a t o , t i r a m m o a svuotarlo p r o p a g a n d o i n t o r n o ad esso l'incredulità e il disfattismo. In questa azione di sotterfugio, p o r t a t a avanti coi subdoli mezzi del linguaggio allusivo, dell'ironia, delle rievocazioni n o s t a l g i c h e del p a s s a t o , t r o v a m m o m o l t e p r o t e z i o n i e compiacenze a n c h e fra i più altolocati gerarchi, convinti an431

ch'essi che il R e g i m e si stava m u m m i f i c a n d o e c o m u n q u e n o n sarebbe sopravvissuto a Mussolini. Bottai fu di questi. M a l o f u a n c h e Galeazzo C i a n o , c h e p u r e d e l R e g i m e e r a considerato e si considerava il Delfino: un p o ' forse p e r leggerezza e p e r il desiderio snobbistico di atteggiarsi a p a t r o no della intellighenzia p i ù s p r e g i u d i c a t a ed e t e r o d o s s a , ma un p o ' forse a n c h e p e r a c c a p a r r a r s i consensi che gli facilitassero la successione. Il m a g g i o r e o r g a n o di questa fronda fu il settimanale Omnibus di L o n g a n e s i , che d e t t ò il modello di tutti i successivi rotocalchi, ma senza che mai più nessuno ne abbia r a g g i u n to la perfezione. Grandissimo talent scout e suggeritore, e insuperabile maestro di quel tipo di critica sul filo dell'eresia, L o n g a n e s i raccolse i n t o r n o a sé, fra giovani e vecchi, il m e glio d e l l ' i n g e g n o italiano in tutti i c a m p i , e p e r quasi d u e a n n i resistette agli assalti della censura. Era un distillato di veleni p r o t e t t o da u n a tale a r m a t u r a di gusto e d'intelligenza che n e s s u n o osava sconfessarlo a p e r t a m e n t e . Alla fine fu Mussolini che ne o r d i n ò la chiusura. O r m a i era chiaro che Vintellighenzia voltava le spalle al fascismo, cui n o n restavano che i somari zelanti. Coloro che, p u r s u posizioni d i dissenso, n o n i n t e n d e v a n o combatterlo p e r s c r u p o l o di lealtà, si t r a s s e r o in d i s p a r t e e si c h i u s e r o nel silenzio. Fu il caso di Ricci, t o r n a t o a fare il professore di matematica. Ecco il b r a n o di u n a sua lettera (è u n a testimonianza che gli debbo) a seguito di un colloquio nel quale lo avevo i n u t i l m e n t e esortato a schierarsi con noi: «Questo solo ti chiedo: di p o t e r c o n t i n u a r e a stimarti c o m e avversario, visto c h e d e v o cessare di stimarti c o m e amico e alleato. Se imbocchi la strada della dissidenza, devi batterla sino in fond o , sino alla galera o all'esilio...». N o n la battei, p e r allora, sino in f o n d o . Ma rividi Ricci a n c o r a u n a volta: a N a p o l i , q u a n d o s'imbarcava v o l o n t a r i o p e r la Libia, agl'inizi della g u e r r a m o n d i a l e . Gli chiesi p e r c h é lo faceva, lasciando la moglie e un figlio, o r a che n e m m e n o lui ci credeva più. Mi rispose: «Nella vita di un u o m o c'è posto p e r u n a conversio432

n e , e io l'ho già avuta. O r a devo affondare con la barca». E affondò: di lui r i m a n e u n a croce n e l d e s e r t o , e nella coscienza di chi gli fu amico un r i c o r d o i n q u i e t a n t e . Ci furon o , nella n o s t r a g e n e r a z i o n e , parecchi altri Ricci, a n c h e se n o n della sua l e v a t u r a i n t e l l e t t u a l e . C e n e f u r o n o a n c h e , mescolati a tanti avventurieri e canaglie nella Repubblica di Salò. Chi scrive è orgoglioso di a p p a r t e n e r e alla g e n e r a z i o n e c h e ha d a t o di questi u o m i n i . È stata l'ultima a d a r e degli uomini.

CR ON OL OG IA

1919 - 23 marzo. Fondazione del primo fascio di combattimento a Milano. 1919 - 16 aprile. La sede dell'«Avanti!» a Milano è devastata dai fascisti. 1919 - 24 aprile. Orlando e Sonnino abbandonano la conferenza di Parigi. 1919 - 28 aprile. Approvazione dello Statuto della Società delle Nazioni. 1919 - 12 settembre. D'Annunzio a Fiume. 1919 - 16 novembre. Elezioni: 156 deputati socialisti e 100 popolari entrano alla Camera. 1920 - Giugno. Giolitti al governo. 1920 - 9 settembre. Reggenza del Quarnaro. 1920 - 8-12 novembre. Convegno di Rapallo. 1920 - 21 novembre. A Bologna eccidio di palazzo Accursio. 1920 - 29 dicembre. D'Annunzio abbandona la reggenza di Fiume. 1921 - 15 maggio. Elezioni: entrano alla Camera 35 deputati fascisti e 16 comunisti. 1921 - Giugno. Il governo Bonomi subentra a Giolitti. 1921 - 3 agosto. Patto di pacificazione tra fascisti e socialisti. 1921 - 12 novembre. Il movimento fascista si trasforma in partito. 1922 - 22 gennaio. Muore Benedetto XV. 1922 - 24-25 gennaio. Convegno sindacale dei fascisti a Bologna. 1922 - 6 febbraio. È eletto papa il Cardinale Ratti (Pio XI). 445

1922 - 25 febbraio. Primo Gabinetto Facta. 1922 - 31 luglio. Sciopero generale di protesta contro le violenze fasciste. 1922 - 3 agosto. Occupazione di palazzo Marino a Milano da parte dei fascisti. 1922 - 24 ottobre. Adunata fascista a Napoli. 1922 - 27 ottobre. Facta propone la proclamazione dello stato d'assedio, che viene però respinta dal Re il giorno dopo. 1922 - 28 ottobre. Marcia su Roma. 1922 - 29 ottobre. A Mussolini viene affidato l'incarico di formare il nuovo governo. 1922 - 25 e 29 novembre. Camera e Senato accordano i pieni poteri a Mussolini. 1922 - 15 dicembre. Si costituisce il Gran Consiglio del fascismo. 1923 - 10 luglio. Don Sturzo rassegna le dimissioni da segretario del partito popolare. 1923 - 27 agosto. Viene trucidata in Grecia la missione italiana di armistizio. 1923 - 31 agosto. Occupazione di Corfù da parte delle truppe italiane. 1924 - 5 aprile. Elezioni con il nuovo sistema maggioritario. Vince il «listone». 1924 - 10 giugno. Assassinio di Giacomo Matteotti. 1924 - 16 giugno. Federzoni nuovo Ministro dell'Interno. 1924 - 27 giugno. L'opposizione parlamentare si ritira sull'Aventino. 1924 - 28 ottobre. La milizia giura fedeltà al Re. 1924 - 30 novembre. L'Aventino pone la «questione morale» al regime fascista. 1925 - 3 gennaio. Dichiarazione di Mussolini alla Camera: «Assumo, io solo, la responsabilità politica, morale, storica, di tutto quanto è avvenuto». 446

1925 - 12 febbraio. Roberto Farinacci eletto segretario del Partito Nazionale Fascista. 1925 - 2 maggio. Il generale Pietro Badoglio nominato Capo di stato maggiore. 1925 - 21 luglio. Giovanni Amendola è aggredito e percosso da un gruppo di fascisti a Montecatini. 1925 - 2 ottobre. Patto di Palazzo Vidoni. 1925 - 5-16 ottobre. Conferenza di Locamo. 1925 - 4 novembre. Arrestati il socialista Tito Zaniboni e il generale Luigi Capello, sotto l'accusa di aver organizzato un attentato a Mussolini. 1925 - 24 dicembre. Approvazione delle leggi «fascistissime». 1926 - 16 gennaio. I deputati del partito popolare, abbandonata l'astensione «aventiniana», si ripresentano alla Camera, riunita per commemorare la regina Margherita, ma ne vengono espulsi con violenza. 1926 - 31 gennaio. Entra in vigore la legge sui fuorusciti politici, che prevede la perdita della cittadinanza e la confìsca dei beni per chi svolga attività antifascista all'estero. 1926 - 30 marzo. Roberto Farinacci si dimette dalla Segreteria del partito. Il giorno successivo la carica è assunta da Augusto Turati. 1926 - 3 aprile. Istituita l'Opera Nazionale Balilla. 1926 - 7 aprile. Violet Gibson spara contro Mussolini, che rimane leggermente ferito al naso. 1926 - 2 luglio. Istituito il ministero delle Corporazioni. 1926 - 18 agosto. Discorso di Pesaro. 1926 - 11 settembre. Mussolini sfugge a un attentato dell'anarchico Gino Lucetti. 1926 - 2 ottobre. Il Consiglio dei ministri approva un disegno di legge che prevede la pena di morte per gli attentati contro il Re, il reggente, la regina, il principe ereditario e il Capo del governo. 447

1926 - 31 ottobre. Attentato contro Mussolini a Bologna: gli viene sparato contro un colpo di rivoltella, andato a vuoto. Il responsabile è individuato in Anteo Zamboni, che viene linciato. 1926 - 5 novembre. Il Consiglio dei ministri delibera lo scioglimento dei partiti d'opposizione e istituisce il confino di polizia per gli avversari politici. 1926 - 25 novembre. Istituzione del Tribunale speciale. Introdotta la pena di morte per le attività contrarie al Regime. 1927 - 13 febbraio. Istituita l'imposta sui celibi. 1927 - 21 aprile - Il Gran Consiglio approva la Carta del Lavoro. 1927 - 26 maggio - «Discorso dell'Ascensione». 1927 - 9-15 settembre. Processo contro Ferruccio Parri e Carlo Rosselli, accusati d'aver favorito la fuga dall'Italia di Filippo Turati. 1927 - 9 ottobre. Mussolini inaugura a Roma la prima mostra del grano. 1928 - 16 marzo. La Camera approva la nuova legge elettorale. 1928 - 12 aprile. Attentato alla Fiera campionaria di Milano: poco prima dell'arrivo del corteo reale per l'inaugurazione della rassegna, esplode una bomba a orologeria. Venti persone perdono la vita. 1928 - 4 giugno. Sentenza del processo contro il comitato centrale del partito comunista italiano: Gramsci, Roveda, Scoccimarro e Terracini condannati a lunghe pene detentive. 1928 - 4 agosto. Firmato ad Addis Abeba un trattato di amicizia tra l'Italia e l'Etiopia. 1928-14 ottobre. Premiati a Roma i vincitori della «battaglia del grano». 1928 - 24 dicembre. Promulgazione della legge per la bonifica integrale. 1929 - 11 febbraio. Firma dei Patti Lateranensi. 1929 - 24 marzo. Plebiscito per il Regime fascista. 448

1929 - 25 luglio. Pio XI esce dal Vaticano, ponendo fine alla clausura dei pontefici, e benedice la folla in piazza San Pietro. 1929 - 27 luglio. Carlo Rosselli, Emilio Lussu e Fausto Nitti fuggono in motoscafo dall'isola di Lipari, dove si trovavano confinati, e raggiungono la Francia. 1929 - 12 settembre. Dino Grandi assume la carica di ministro degli Esteri. 1929 - 24 ottobre. «Giovedì nero» alla Borsa di New York. 1929 - 5 dicembre. Vittorio Emanuele III e la regina Elena si recano in visita da Pio XI. 1930 - 24 aprile. Matrimonio tra Edda Mussolini e il conte Galeazzo Ciano. 1930 - 11 luglio. Bassanesi e Dolci, appartenenti al movimento «Giustizia e Libertà» e rifugiati all'estero, sorvolano Milano e lanciano sulla città manifestini di propaganda contro il Regime. 1930 - 14 settembre. Elezioni in Germania: grande avanzata del partito nazional-socialista, che passa da 12 a 107 seggi. 1930 - 24 settembre. Giovanni Giuriati eletto segretario del partito, in sostituzione del dimissionario Augusto Turati. 1930 - 17 dicembre. Da Orbetello parte per il Brasile la prima crociera aerea atlantica: una formazione di 12 idrovolanti al comando di Italo Balbo. 1931-15 maggio. Enciclica Quadragesimo anno. 1931 - 29-30 maggio. Ordinato lo scioglimento di tutte le organizzazioni giovanili che non facciano capo al Partito Nazionale Fascista o all'Opera Nazionale Balilla. 1931 - 29 giugno. Enciclica Non abbiamo bisogno. 1931 - 2 settembre. Accordo tra il governo italiano e la Santa Sede per l'Azione cattolica. 1931 - 3 ottobre. Lo scrittore A.L. De Bosis, partito dalla Francia in aeroplano, sorvola Roma lanciando manifestini antifascisti. 449

1931 - 7 dicembre. Achille Starace sostituisce Giovanni Giuriati alla Segreteria del partito. 1931 - 21 dicembre. Muore Arnaldo Mussolini. 1932 - 20 luglio. Dino Grandi destituito dalla carica di ministro degli Esteri. 1932 - 31 luglio. Elezioni in Germania: il partito nazional-socialista sfiora il 38 per cento dei suffragi e ottiene 230 seggi. 1932 - 30 agosto. Il nazional-socialista H. Gòring eletto Presidente del Reichstag. 1932 - 28 ottobre. A Roma, per l'anniversario del primo decennale, è inaugurata la Via dell'Impero (oggi Via dei Fori imperiali). 1932 -8 novembre. ED. Roosevelt eletto Presidente degli Stati Uniti. 1932 - 18 dicembre. Mussolini inaugura la città di Littoria (Latina). 1933 - 23 gennaio. Deliberata la creazione dell'Istituto per la ricostruzione industriale

(IRI).

1933 - 30 gennaio. A. Hitler Cancelliere del Reich. 1933 - 27 febbraio. Incendio del Reichstag. 1933 - 24 marzo. Hitler ottiene dal Reichstag i pieni poteri. 1933 - 27 marzo. Il Giappone esce dalla Società delle Nazioni. 1933 - 7 giugno. Firmato a Roma il Patto a quattro. 1933 - 19 giugno. Il governo austriaco, presieduto da E. Dollfuss, decreta lo scioglimento del partito nazional-socialista. 1933 - 1° luglio-12 agosto. Crociera aerea del Decennale, guidata da I. Balbo. 1933 - 19 agosto. Incontro Mussolini-Dollfuss a Riccione. 1933 - 19 ottobre. La Germania esce dalla Società delle Nazioni. 1933 - 30 ottobre. Celebrazione della prima «sagra della nuzialità». 1933 - 21 dicembre. Celebrazione della «Giornata della Madre e del Fanciullo». 450

1934 - 13 marzo. Incontro Mussolini-Dollfuss a Roma. 1934 - 25 marzo. Plebiscito per il Regime fascista. 1934 - 14-15 giugno. Incontro Mussolini-Hitler a Venezia. 1934 - 29-30 giugno. «Notte dei lunghi coltelli»: sanguinosa epurazione tra le SA del partito nazista. 1934 - 25 luglio. Tentativo di colpo di Stato in Austria, per opera dei nazisti austriaci: il Cancelliere Dollfuss viene assassinato. 1934 - 26 luglio. Quattro divisioni italiane inviate al Brennero. 1934 - 27 luglio. Il vicecancelliere tedesco Von Papen nominato ministro plenipotenziario del Reich a Vienna. 1934 - 30 luglio. Si costituisce a Vienna un ministero guidato da K. Schuschnigg. 1934 - 2 agosto. In seguito alla morte del maresciallo Hindenburg, Hitler assume anche la carica di Presidente del Reich. 1934 - 17 agosto. Luigi Longo e Pietro Nenni firmano a Parigi il patto d'unità d'azione tra il partito comunista d'Italia e il partito socialista italiano. 1934- 19 agosto. Plebiscito in Germania: sanzionato l'accentramento dei pieni poteri nella persona di Hitler, Fùhrer della nazione. 1934 - 18 settembre. EUnione Sovietica ammessa alla Società delle Nazioni. 1934 - 9 ottobre. Il re di Jugoslavia Alessandro I, in visita in Francia, è assassinato a Marsiglia da terroristi croati; anche il ministro degli Esteri francese L. Barthou perde la vita nell'attentato. 1934 - 16 novembre. Incontro Mussolini-Schuschnigg a Roma. 1934 - 5 dicembre. Incidente di Ual-Ual. 1934 - 15 dicembre. L'Etiopia si rivolge alla Società delle Nazioni per risolvere la controversia sorta con l'Italia. 1935 - 7 gennaio. Firmato a Roma l'accordo Mussolini-Laval. 451

1935 - 13 gennaio. Plebiscito nella Saar: il 90 per cento dei votanti si dichiara favorevole al ritorno della regione alla Germania. 1935 - 23 febbraio. Parte da Messina il primo contingente militare italiano diretto in Africa Orientale. 1935 - 1 ° marzo. Il territorio della Saar ritorna sotto la sovranità della Germania. 1935 - 7 marzo. Il generale Rodolfo Graziani nominato governatore della Somalia. 1935 - 16 marzo. Ripristinato il servizio militare obbligatorio in Germania. 1935 - 23 marzo. Il generale Emilio De Bono nominato comandante delle truppe italiane in Africa Orientale. 1935 - 11-14 aprile. Conferenza di Stresa. 1935 - 19 giugno. L'Etiopia chiede alla Società delle Nazioni l'invio di osservatori neutrali alle sue frontiere. 1935 - 24-25 giugno. Incontri Mussolini-Eden a Roma. 1935 - 6 luglio. Primo «sabato fascista». 1935 - 15 settembre. Leggi razziali di Norimberga. 1935 - 28 settembre. Hailé Selassié ordina la mobilitazione dell'esercito. 1935 - 3 ottobre. Inizio delle operazioni militari italiane contro l'Etiopia. 1935 - 5 ottobre. Le truppe italiane conquistano il forte di Adigrat. 1935 - 6 ottobre. Conquista di Adua. Il generale R. Graziani nominato comandante del Corpo di spedizione in Somalia. 1935 - 10-11 ottobre. L'Assemblea della Società delle Nazioni decide di applicare sanzioni economiche e finanziarie contro l'Italia. 452

1935 - 15 ottobre. Le truppe italiane occupano la città santa di Axum. 1935 - 28 ottobre. Inaugurazione di Pontinia. 1935 - 29 ottobre. Per fronteggiare le «inique sanzioni», decise restrizioni a molti generi di consumo. 1935 - 8 novembre. Le truppe italiane entrano nella città di Macallè. 1935 - 16 novembre. Il generale E. De Bono nominato maresciallo d'Italia è richiamato in patria. Il comando delle operazioni militari in Etiopia affidato al maresciallo Pietro Badoglio. 1935 - 18 novembre. Entrano in vigore le sanzioni economiche contro l'Italia. 1935 - 7-8 dicembre. Colloqui Hoare-Laval. 1935 - 18 dicembre. «Giornata della fede», dedicata all'offerta alla patria degli anelli nuziali. La regina Elena offre il proprio anello e quello del Re. 1936 - 20 gennaio. Le truppe italiane conquistano Neghelli. 1936 - 20-24 gennaio. Prima battaglia del Tembien. 1936 - 10-15 febbraio. Battaglia dell'Endertà. 1936 - 27-29 febbraio. Seconda battaglia del Tembien. 1936 - 28 febbraio. Conquista del massiccio dell'Amba Alagi. 1936 - 29 febbraio-2 marzo. Battaglia dello Scirè. 1936 - 7 marzo. La Renania occupata dalle truppe tedesche. 1936 - 31 marzo-1 ° aprile. Battaglia del Lago Ascianghi. 1936 - 15-25 aprile. Offensiva dell'Ogaden. 1936 - 2 maggio. Hailé Selassié lascia l'Etiopia. 1936 - 5 maggio. Le truppe italiane entrano in Addis Abeba. 453

1936 - 9 maggio. Proclamazione dell'Impero. Vittorio Emanuele III assume il titolo di imperatore d'Etiopia. 1936 - 9 giugno. Galeazzo Ciano nominato ministro degli Esteri. 1936 - 15 giugno. La Società delle Nazioni decreta la revoca delle sanzioni contro l'Italia. 1936 - 30 giugno. Discorso di Hailé Selassié alla Società delle Nazioni.