Storia della Chiesa nella tarda antichità 8842495360, 9788842495369 [PDF]


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Italian Pages 451 Year 2000

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Table of contents :
Copertina......Page 1
Frontespizio......Page 3
Copyright......Page 4
Indice......Page 5
Prefazione......Page 12
l. I pastori del popolo di Dio......Page 16
2. Le grandi capitali del mondo ecclesiastico......Page 55
3. Le conversioni......Page 77
4. Le persecuzioni......Page 99
5. Una qualsiasi comunità, un qualsiasi vescovo del III secolo......Page 125
6. Gli imperatori e la Chiesa......Page 136
7. Le controversie dottrinali in Oriente (l): l'arianesimo......Page 180
8. Le controversie dottrinali in Oriente (2): la prima fase dei conflitti cristologici......Page 205
9. Le controversie dottrinali in Oriente (3): il concilio di Calcedonia......Page 231
10. Il matrimonio e il sesso nella teoria e nella pratica ecclesiastica......Page 290
11. La Chiesa e le donne......Page 318
12. I miracoli......Page 338
13. Il culto dei santi......Page 355
Percorso bibliografico......Page 376
Tavole cronologiche......Page 390
Indice delle persone, dei personaggi biblici e mitologici......Page 436
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Storia della Chiesa nella tarda antichità  
 8842495360, 9788842495369 [PDF]

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Ewa Wipszycka Storia della Chie a nella tarda antichità

Brtlno Mondadori

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Ewa Wipszycka Storia della Chiesa nella tarda antichità Traduzione di Vera Verdiani Scelta e commento delle immagini di Eli bieta Jastrz�bowska

La. traduzione di questo libro è stat:� finanziata dal © POLAND Po.li$h Literary Fund, istituito dal Ministero delta Culmra e delle Arti della Repubblica polacca.

Titolo originale: Kofcidl

w

i ego amyku iwiecie pcin

Tutti i diritti riservati © 2000, Paravi a :Bruno Monda dori Editori Traduzione dal polacco di Vera Verdiani

È vietata la riproduzione, anche par.dale o a uso interno didattico, con qualsiasi mezzo, non auto.rizzaw. L'editore potrà concedere a pagamento l'nutorizzazione a riprodurre una porzione non superiore a un decimo del presente volume. Le richieste di riproduzione vrumo inoltrate a: Associazione Italiana per i Dirini di Riproduzione delle Opere dell'ingegno { AIDRO), via delle Erbe 2, 20121 Milano Progetto grafico: Massa & Marci, Milano In copertina: Perugino, Consegna delle cbiavi (Cappella Sisrina)

Copyrigflled m atenal

Indice

Prefazione

Xl l

I. I pastori del popolo di Dio

2

1.1 L'Oriente greco e l'Occidente latino: la fine dell'unità

3

1.2 Chiesa e Chiese

4

1.3 Il ruolo dci vescovi nella Chiesa

6

1.4 La gestione del patrimonio ecclesiastico

8

1.5 Le elezioni dei vescovi

mediterranea

11

1.6 Due casi di elezione diametralmente opposti: Damaso

13

1.7 La sorte dei vescovi rifiutati dalle loro pecorelle

15

1.8 La provenienza sociale dci vescovi

e Ambrogio

16

1.9 Matrimonio mistico del vescovo con la sua Chiesa l. lO Cresce il ruolo dci presbiteri

17

1.11 Le carriere dei diaconi

18

1 12

19

1 13 Le caratteristiche del clero antico

Il basso clero

22

l 14 Il cursus bonorum del clero

24

115 La questione dell'astinenza sessuale del clero

26

1.17 La nascita della rete metropolitana

1.16 Relazioni tra le Chiese 27

118 Ruolo della corrispondenza tra i vescovi

29

1.19 Sinodi

34

1.20 Difficoltà nel definire la simonia

37

1.21 Simonia o munificenza

40

c

concili

2. Le grandi capitali del mondo ecclesiastico 2.1 Le strutture sovrametropolitane

41

2.2 La storia dei vescovi di Roma: un tema scottante

43

2.3 ll primato onorario del vescovo di Roma

44

2.4

La posizione del vescovo di Roma ai tempi di Costantino il Grande l cambiamenti sotto il pontificato di Giulio

46

2.5

50

2.6 Damaso e la svolta nella storia della Chiesa romana:

comincia la storia del papato

53

2.7 La supremazia Ji Alessandria sull'Egitto

55

2.8 Antiochia: la partner più Jebolc tra le grandi capitali

56

2.9 La difficile strada del vescovo di Gerusalemme alla dignità

c

sulla Libia

patriarcale 58

2.10 l modesti inizi del patriarcato di Costantinopoli

59

2.11 Le decisioni del concilio del 381 in materia di strutture

60

2.12 Costantinopoli diventa la nuova Roma

ecclesiastiche

62

3. Le conversioni 3.1 Cause della lentezza del processo di cristianizzazione

dell'impero 63

3.2 Quanti erano i cristiani a metà dci

64

3.3 Come si diventava cristiani

ii t

secolo

67

3.4 La via alla Chiesa dell'intellettuale

68

3.5 Difficoltà dei matrimoni misti

70

3.6 La religione pagana dopo la svolta costantiniana:

73

3.7 Il ruolo della violenza nella cristianizzazione Jcll'impero

74

3.8 Non bisogna vergognarsi dell'intolleranza

da una tolleranza ostile alla repressione

75 77 79

3.9 La conversione Jcgli iberi caucasici 3.10 Gli inizi Jella cristianizzazione in Etiopia 3.1 l

La conversione dci goti

3.12 Percbé la Chiesa non organizzava missioni 81 84

3.13 Barriere culturali e barriere religiose

4. Le persecuzioni 4.1 Il cristianesimo: religione di superstizione e di empietà

86

4.2 La scandalosa novità della fede cristiana

87

4.3 Condannare a morte, ma non ricercare

89

4.4 I governatori delle province di fronte ai cristiani

90

4.5 Le grandi persecuzioni del m secolo

91

4.6 Quanti furono i martiri

93

4.ì Chi erano le vittime delle persecuzioni

95

4.8 La tattica dci persecutori

97

4.9 Le persecuzioni di Diocleziano dette Grande Persecuzione

101

4.10 Persecuzioni in Africa

102

4.11 I bei tempi della Piccola Pace Ecclesiastica

104

4.12 Quanti cristiani cedettero al tempo delle persecuzioni

106

4.13 La gente comune durante le persecuzioni:

come salvare la vita senza commettere apostasia IlO

5. Una qualsiasi comunità, un qualsiasi

vescovo del 111 secolo 5.1 li cristiano in strada e alle terme 112

5.2 Chi scegliere come vescovo

114

5.3 L'ordine durante la messa

115

5.-1 L'amministrazione ùel patrimonio ecclesiastico

117

5.5 Le persecuzioni dal punto di vista ùi una normale comunità

118

5.6 Quel che doveva leggere il cristiano

119

5.7 Come mai una comunità qualunque

c

il suo pastore

meritano tanta attenzione 121

6.

Gli imperatori

c

la Chiesa

6.1 La strana moda di studiare le relazioni tra gli imperatori

e la Chiesa 123

6.2 l fondamenti religiosi del potere imperiale

125

6.3 L'atteggiamento dei cristiani verso Costantino il Grande

126

6.-1 Una pioggia di privilegi per la Chiesa

nel mondo pagano

128

6.5 Costantino al concilio di Nicea

130

6.6 Le liti tra i vescovi e gli interventi imperiali

131

6.7 La contesa tra cattolici c donatisti

136

6.8 Dubbi sul valore dci dossier

138

6.9 Il ruolo di Costantino nella fase iniLiale della controversia ariana

145 .

6.10 Mcliziani contro cattolici: la mancata unità

1-16

6.11 Costantino

149

6.12 La natura episcopale del potere di Costantino

150

6.13 Costanzo, la "bestia nera" della storiografia ecclesiastica

153

6.1-1 La nuova politica di Tcodosio il Grande: fede cristiana

156

6.15

160

6.16 «Che cosa c'entra l'imperatore con la Chiesa?»

162

6.17 Che cosa si aspettavano i vescovi dagli imperatori cristiani

della Chiesa in Egitto c

Atanasio

e ortodossia si possono imporre ormai con la forza

165

Il caso della sinagoga bruciata

7. Le

c

dd la citta punita

controversie dominali in Oriente (1): l'arianesimo

7.1 Lo stupore di Costantino di fronte ai conflitti teologici 166

7.2 Come mai il cristianesimo attribuiva tanta importanza

168

7.3 Pensiero filosofico applicato alla 13ibbia

169

7.-1 La preistoria della controversia ariana

alla teologia

171

7.5

172

7.6 HomoouJzos: come si può usare un termine non biblico

l fondamenti biblici dell'arianesimo

174

7.7 Guerra di citaLioni bibliche

175

7.8 «Inganno armeggiante col vuoto suono delle parole»

177

7.9 Quanto era forte il campo ariano?

178

7.10 Perché l'arianesimo non si diffuse in Occidente

180

7.11 Il cristiano comune di fronte alle dispute

181

7.12 Lo stile delle polemiche dottrinali

183

7.13 Se non Satana, almeno il cattivo carattere

18-1

7.14

L: vero che gli ariani negavano la divinità di Cristo?

185

7.15 Gli scomodi rigoristi

186

7.16 Le violenze perpetrate in nome della fede

188

7.17 Gli ondeggiamenù dell'opinione pubblica

190

8. Le controversie dottrinali in Oriente (2): la prima fase dei conOitti cristol ogici 8.1

L'oggetto dei conflitti cristologici

191

8.2 La tradizione antiochena e quella alessandrina

192

8.3

194

8.4 Cirillo: la sua religiosità e le sue violenze

197

8.5 Le ragioni profonde delle dispute cristologiche

198

8.6

Theotokos o anth1·opotokos?

n concilio di Efeso: gli avvenimenti prima dell'arrivo di rutti i partecipanti

200

8.7 Le. vicende di Nestorio dopo la sconfitta

202

8.8 Le Ione a Efeso non si estinguono

203

8.9 Le condizioni del compromesso

204

8.10 Nasce il monofisismo

206

8.11

207

8.12 Il "brigantaggio" eli Efeso nel449

n "faraone" Dioscoro

210

8.13 Come si manipolavano le assemblee episcopali

213

8.14 Dioscoro ricorre alla forza

216

9. Le controversie dottrinali in Oriente (3 ): il concilio

di Calcedonia 9.1 L'appello di Teodoreco a Leone Magno 218

9.2 L'imperatore si dichiara contento del "brigantaggio"

219

9J l teologi del V secolo hanno paura di pensare

220

9.4

.D capovolgimento della situazione: convocarjooe di un nuovo concilio

221

9.5 l legati pontifici durante i dibattiti

222

9.6 Burrascosi dibattiti durante il concilio

223

9.7

224

9.8 ll processo a Dioscoro e ai suoi collaboratori

229

9.9 l monaci devono obbedire ai vescovi

U Credo del concilio di Calcedooia

230

9.10 Costantinopoli dichiarata seconda città del mondo cristiano

232

9.11

234

9.12 Narura e porrata cle!J'opposizione al concilio in Oriente

2.36 238

9.13 Impossibile compromesso 9.14 La virroria di Pin-o di papa Ormisda

2.39

9.15 L'apo.logi.a della politica orientale dei papi: lo sviluppo

D conflitto tra Leone Magno e il concilio circa la posizione del patriarca di Costantinopoli

della dottrina del primato papale dopo Damaso 24.3

10. Il matrimonio e il sesso nella teoria e nella pratica ecclesiastica 10.1 Cesario di Arles

Copyrighted

m

aterial

244

10.2

Il minimo religioso del

10.3

Giaci con tua moglie al solo scopo di fare figli

\'l

secolo

Persistcn za degli dèi pagani nel cuore degli uomi ni

247

10.4

248

10.5

Brindisi di ubriachi in onore di santi e angeli

249

10.6

Il tributo delle decime

25 0

10.7

La morale coniugale secondo Basilio di Cesarea

252

10.8

Adulterio o fornicazione)

253

10.9

Trent'anni di penitenza per i peccati di sodomia c

di omosessualità

255

10.10 Matrimonio giust o, matrimonio unico

256

10.11

Da una parte i precetti ecclesiastici, dall'altra la realtà

257

10.12

259

10.13

La leg islazione sul divorzio [ divorzi nella realtà

261

10.14

J «bestiali costumi dell'ambiente pagano»

263

10.15

La morale coniugale dci pagani: come studiarla?

264

10.16

Cambiamenti dalla pa rte pagana

10.17

Due autori quasi cristiani : Plutarco

266 10.18 Amicizia 268

10.19

c

c

Musonio Rufo

salute

Da dove proviene l'avversione dei moralisti cristiani verso il sesso?

La Chiesa

le donne

271

11.

272

11.1

273

11.2

San Paolo ostile alle donne?

274

11.3

La posizione delle donne nelle comunità ebraiche e pagane

275

11 .4

Il grave problem a delle donne che profetizzano

277

11.5

Il ruo l o delle donne nei movimenti eterodossi

11.6

Tempo di vedove

c

Le lettere del corpus paolino sul ruolo delle donne nella Chiesa

279

11.7

VedO\'C canoniche e vedove giovani

282

11.8

Quando comincia il tempo delle vergini )

283

11.9

Le diaconesse

286

11.10

Il ruolo delle donne nel movimento monastico

287

11.11

Le grandi dame nella vit a della Chiesa

288

11.12

Sensibilità delle donn e al messaggio evangelico

291 292 295 297 299

12.

l miracoli

12.1

l razionalisti non sanno spiegare niente)

12.2

Cristianesimo senza miracoli?

12.3

La nostr a difficoltà a capire la fede nei miracoli

12.4

li significato religioso dei miracoli per cristiani e pagani

12.5

La tipol ogia miracol istic a

12.6 Miracoli di Asclepio 12.7

Miracoli punitivi

301

12.8 Miracoli come segno della volontà divina

304

12.9

Miracoli in occasione della morte di grandi peccatori c di santi

305

12.10 Miracoli per fermare Satana

306

12.11 l miracoli e il mcravigioso

13. Il culto dei santi

308

13.1 Tentativo di definizione 311

13.2 A quando risale il culto dci santi?

312

13.3 Ossa piu pre ziose di rare gemme

314

13.4 La differenza tra l'adorazione di Dio c il

317

13.5 Il culto dci santi: una manifestazione della

319

13.6 Il culto dei santi e la mentalità contemporanea

La testimonianza del Martirio di Policarpo cu lto

religiosit à popolare? 320

13.7 Gli inizi dello studio del culto dci santi

321

13.8 l hollandisti 13.9 Il conf1itto tra i bollandisti e i carmelitani

323 325

13.10 Interviene l'Jnquisizione sp agnola

329 Percorso bibliografico 343 Tavole cronologiche 389 Indice delle persone, dci personaggi biblici e

mitologici

dei martiri

Prefazione

Questo non vuole essere un libro sul cristianesimo antico nel suo insie­ me. Esso riguarda essenzialmente la storia dell'istituzione che siamo so­ liti chiamare "la Chiesa", nei secoli lll-\'1. Tratterò della gerarchia e della carriera ecclesiastiche, dei sinodi e dei concili che stabilivano i princìpi da seguire nell'attività pastorale, delle controversie dottrinali, dei capi ecclesiastici, del loro modo di pensare, della loro tattica, dei loro rap­ porti con le autorità laiche, del loro atteggiamento verso le leggi e le usanze in materie importanti per la Chiesa, come per esempio il matri­ monio. Dalla storia del cristianesimo antico ho cercato di ritagliare la storia della Chiesa in modo tale che essa si presentasse nitidamente, ma, al contempo, con tutte le sue complicazioni. Chiesa o Chiese? Più esatto sarebbe il plurale, anche quando abbia­ mo a che fare con l'antichità. Nella bimillenaria storia del "popolo di Dio", molto breve è stato il tempo in cui esisteva una sola Chiesa di Cristo. Tuttavia siamo abituati a dire e a scrivere "storia della Chiesa", al singolare. A quest'uso mi sono attenuta nel titolo del mio libro, c l'ho fatto perché non mi piacciono le stranezze lessicali. Il lettore constaterà che nel corso del libro non dimentico mai che esistevano (ed esistono) più Chiese, e non una sola Chiesa. La storia della Chiesa (delle Chiese) è oggetto di dispute numerose e a volte arroventate. Non si può studiarla con lo stesso freddo distacco con cui si studia, per esempio, la struttura politica delle città greche nel­ l'età ellenistica o l'andamento delle campagne galliche di Giulio Cesare. Le controversie sul passato del cristianesimo hanno più di una causa. Certamente una causa importante consiste nel fatto che le fonti di cui disponiamo per lo studio di questa o quella questione non sono abba­ stanza numerose o abbastanza degne di fede. Là dove la ricostruzione storica del passato si fonda non su attendibili informazioni provenienti dal passato stesso, ma su congetture di studiosi, è impossibile eliminare i dubbi e creare un ampio consenso. Se, per esempio, vogliamo rico­ struire il processo della cristianizzazione di un dato territorio in una data epoca, e ci mancano le informazioni indispensabili per calcolare il numero delle Chiese esistenti in quel territorio e in quell'epoca, nessuna operazione scientifica permetterà di raggiungere risultati soddisfacenti. Se sulla fase più antica della storia della Chiesa di Roma e di quella di Alessandria le nostre fonti ci forniscono ben poco, nessuna ipotesi che XI

Storia della Chiesa nella tarda antichità

uno storico proponga, per intelligente e dotta che essa sia, si salverà dalla critica impietosa dei suoi colleghi. Tuttavia altrettanto importante, come fonte di controversie sulla storia del cristianesimo, è il nostro atteggiamento verso la Chiesa quale essa è qui e ora, verso la sua forma odierna, verso La dottrina che essa professa oggi e le iniziative che oggi intraprende. Le opinioni sul passato e quelle sul presente della Chiesa sono infatti così strettamente legate tra di loro, che perfino a uno studioso che sappia osservare la disciplina intellettuale e abbia imparato a tenere sotto controllo le proprie simpatie e antipatie, riesce difficile evitare di proiettare le passioni, le inquietudini e i proble­ mi del suo tempo sui tempi passati, per Lontani che siano. All'interno della storia della Chiesa, il periodo antico costituisce un campo particolarmente delicato. Né le opere di storia della Chiesa me­ dievale, né quelle relative alla storia della Chiesa de.U'età moderna susci­ tano nei lettori quello stato di tesa vigilanza o addirittura di sospetto che di solito accompagna la lettura delle pubblicazioni riguardanti la Chiesa antica. Opinioni negative o perfino esplicite malignità a proposi­ to di papi dd xv o del XVI secolo passeranno inosservate, ma qualsiasi giudizio su uno dei grandi costruttori del papato, come Damaso o Leone Magno, sarà notato e commentato. Questo stato di cose ooo è affatto strano. 11 cristi�mesimo in tutte le sue varianti ba sempre attribuito e continua ad atrribuire un'autorità speciale alle opinioni degli autori cristiani antichi. Non per nulla questi scrittori furono chiamati Padri della Chiesa. Le loro opinioni venivano citate nel corso delle numerose controversie religiose, anche in quelle sorte molti secoli dopo la loro morte. Ancora oggi i rappresentanti delle Chiese cercano negli scritti dei Padri giustificazioni per decisioni odier­ ne; l'accordo del pensiero cristiano atmale con La dottrina formulata nella tarda antichità è considerato un argomento importante in favore delle prese di posizione di oggi. Nell'antichità (in parte prima di Costantino, in parte dopo Costantino, fin verso la fine del VI secolo) tutti i più importanti riti cristiani acquistarono una forma che sarebbe poi rimasta immutata fino a oggi, nacquero il culto dei santi e quello deUa Vergine, compa.rvero i monasteri, si sviluppò l'usanza dei pellegri­ naggi ecc. Quando si legge la lettera di Gregorio di Nazianzo che critica coloro che attribuiscono troppa importanza al pellegrinaggio a Gerusalemme (per esempio 2, 9: !>e e!>cl us ivam en te nell'ascoltare le discussioni c nel presentarne una relazione a Silvestro. A dire il vero Gelasio di Cizico, che scrisse verso la fine del v secolo, sostiene che il vero rappresentante di Roma era stato il presidente dei dibattiti Osio di Cordova, molto sti­ mato dall'imperatore. Tuttavia, gli autori più vicini al concilio non san­ no niente riguardo a questa funzione di Osio; evidentemente Gelasio trasporta in un passato per lui ormai remoto una situazione caratteristi­ ca della sua epoca. L'assenza del vescovo di Roma tra tanti personaggi che, agli inizi dd IV secolo, decidevano le sorti della Chiesa su tutto il territorio dell'im­ pero, non significa affatto che l'importanza di quel ministero si fosse drasticamente ridotta. Occorre distinguere due livelli di funzionamento del primato romano: quello delle regioni legate a Roma (prima di tutte l'ltalia, seguita dalla Gallia, dalla Spagna c, in misura molto minore, dall'Africa), e quello dell'impero nel suo complesso (che comportava l'imposizione del proprio punto di vista ai vescovi dell'Oriente greco). Il fatto che in Oriente la voce del vescovo di Roma contasse poco non significa che nelle regioni vicine a Roma non fosse in atto un processo di rafforzamento del suo potere. Nella seconda metà del Ili secolo, nell'Italia centrale si formò una solida struttura di Chiese locali sottopo­ ste a Roma; nel IV secolo la potenza del vescovo di Roma impedì il sor­ gere di metropoli nell'Italia centrale. Ce ne fornisce la prova il canone 6 del concilio di Nicea, il cui testo greco recita: «In Egitto, nella Libia e nella Pentapolis sia mantenuta l'antica consuetudine per cui il vescovo di Alessandria abbia autorità su tutte queste province, com'è consuetu­ dine anche per il vescovo di Roma. Ugualmente ad Antiochia e nelle al­ tre province siano conservati alle Chiese i loro privilegi».4 L'interpretazione di questo testo presenta tuttavia qualche problema. Durante un sinodo svoltosi a Cartagine nel 419 se ne lesse una versione leggermente diversa, tratta dall'esemplare latino dei canoni, portato da Nicea dal vescovo della città, Ceciliano, che aveva partecipato al concilio: Antiqua per Egyptum atque Penrapolim consuctudo servctur, ut Alexandrinus episcopus horum habcat sollicitudinem, quoniam et urbis Rornac episcopo si­ milis rnos est, ut in suburbicaria loca sollicituJinem gcrat; nccnon et apud Anriochiam itaque et in aliis provinciis propria iura scrvetur metropolitanis ec­ clesiis.� -- -- --

-- -- ------

Conàliorum Oecumenicorum Decreta, cit., canone 6 del concilio di Nicea. �C.M. Turner, Ecdesiae Occidentalis Monumenta luris Antiquissimae, ClarenJon Press, Oxford 1899, vol. I, p. 120. 4

45

Storù1 della Chiesa nella tarda antichità n testo di Ceciliano conteneva una frase che indicava con precisione su quali regioni il vescovo di Roma esercitasse il proprio potere ecclesiasti­ co: suburbicaria loca erano i territori della diocesi (civile, non ecclesiasti­ ca), detti Italia Suburbicaria e comprendenti l'Italia centrale e meridio­ nale. Nel testo greco invece non veniva affatto precisata la sfera del controllo ecclesiastico esercitato dal vescovo romano. n testo del cano­ ne ci è stato indubbiamente tramandato nella versione latina di Ceciliano, e non in quella greca, ed è facile spiegare come mai dal testo greco sia stata eliminata l'allusione all'Italia Suburbicaria: la cosa è comprensibile dal punto di vista dei vescovi d'Oriente, per i quali quel canone contava soprattutto come base formale del potere dei pastori di Alessandria e di Antiochia; precisare in quale parte d'Italia esercitasse il vescovo di Roma il proprio potere era un particolare del tutto seconda­ rio, tanto più che a Nicea la sua posizione non era stata oggetto di cli­ scussione, ma un semplice punto di riferimento. Viceversa sarebbe estremamente difficilé spiegare perché mai Ceciliano avrebbe dovuto aggiungere quell'informazione io un testo �he non la conteneva Negli anni del pontificato di Silvestro, Roma non esercitò quindi un ruolo importante nell'ambito della Chiesa. La situazione cambiò solo con l'avvento di papa Giwio ()37 -.352). .

2.5 I cambiamenti sotto il pontificato di Giulio n sensibile aumento di prestigio del vescovo di Roma fu dovuto in parte all'eminenza del nuovo pastore, io parte, e forse soprattutto, ai cambia­ menti .in atto ne.lle Chiese d'Oriente sconvolte dalla grande disputa dottri­ nale suscitata da Ario. Entrambi i contendenti, infatti, volevano assicurar­ si l'appoggio del vescovo di Roma e il mondo cristiano era .in preda a una febbrile attività diplomatica, con scambi di lettere e invii di delegazioni. Le iniziative dell'imperatore Costanzo, che sosteneva l'arianesimo e imponeva le sue soluzioni sia dottrinali sia personali, condussero a Roma non solo innumerevoli delegazioni, ma anche persone che, scac­ ciate dai loro episcopati, nella capitale cercavano aiuto nella lotta all'e­ resia. Nel 399 giunse il profugo più illustre, iJ vescovo di Alessandria Atanasio, che nei mesi del suo soggiorno romano ebbe il tempo neces­ sario per esercitare la propria influenza su Giulio e il suo entourage, af­ fascinati dalla personalità carismatica del potente vescovo della Chiesa egiziana. n fatto stesso che Atanasio cercasse aiuto a Roma doveva esse­ re motivo di grande soddisfazione per Giulio e le persone a lui vicine. Il suo arrivo, seguito da queJJo di altri perseguitati "niceni", fece tempora­ neamente di Roma un centro dell'opposizione all'arianesimo. Esisteva anche un altro fattore favorevole al nuovo ruolo rivestito dal vescovo di Roma nei confronti delle contese d'Oriente. Negli anni del pontificato di Giulio l'impero fu dapprima diviso fra gli imperatori Costantin o n, Costanzo n e Costante, successivamente, tra il 340 e il 46 Copyrighted

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aterial

Le grandi capttaù del mondo eccleiiastico 350, fra Costanzo 11 e Costante. Mentre Costanzo era favorevole all'aria­ nesimo, i suoi due fratelli lo avversavano. Le differenze tra i sovrani permettevano a persone come Atanasio e Giulio di mettere in atto una tattica complicata che consentisse a Costantino e a Costante di sopraffa­ re Costanzo; il quale, a sua volta, non poteva non tener conto delle pre­ ferenze dottrinali e personali dci suoi fratelli. Un fenomeno analogo, per quanto scarse siano le informazioni in nostro possesso, doveva sicu­ ramente verificarsi anche sul versante ariano, dove i vescovi filoariani cercavano l'appoggio di Costanzo. Giulio tendeva a convocare a Roma un grande raduno di vescovi sot­ to la propria guida; il suo compito sarebbe stato quello di annullare i decreti approvati dai sinodi d'Oriente e di riportare Atanasio sulla cat­ tedra episcopale di Alessandria. In questo libro ci imbatteremo a più riprese in tentativi dei vescovi ro­ mani di organizzare in Italia riunioni di vescovi d'Occidente e d'Oriente (secondo la nostra terminologia: concili); essi tuttavia non arrivarono mai a buon fine in quanto erano sgraditi all'imperatore: secondo il punto di vista della tarda antichità i concili dovevano venir organizzati dall'im­ peratore, non dal vescovo, fosse pure di una città prestigiosa come Roma. I vescovi di Roma tendevano a collocare la riunione in Italia poi­ ché erano convinti di poterne influenzare in modo determinante la com­ posizione, inserendo numerosi vescovi italici nelle delegazioni conciliari; nella loro veste di presidenti avrebbero inoltre avuto i mezzi necessari per dominarli. Per le stesse ragioni per cui appoggiavano l'idea di un concilio in Occidente, essi si opposero ripetutamente, ma come vedremo senza successo, ai progetti di convocare concili in Oriente. All'invito di Giulio il gruppo dei vescovi orientali fautori dell'ariane­ simo rispose con un rifiuto la cui motivazione è quanto mai significati­ va: gli_apostoli avevano insegnato in Occidente, ma avevano portato la � nonc"era"dunqùe motivo cFie t vescoVi Buona Novel l a dall' Oi �lei i Tali si 'rèéa"Ssero"ln Oc�idente per questioni già risolte da sinodi orientali perfettamente validi. Inoltre tali vescovi non riconoscevano il primato del vescovo di Roma. Lo si deduce dal riassunto della loro let­ tera, riportato nella Storia ecclesia�·tz"ca di Sozomeno: Riunitisi ad Antiochia, essi risposero a Giulio con una lettera elegante e avvo­ catcscamcnte elaborata, piena di ironia e non priva di gravissima minaccia. Riconoscevano in questa lettera che la Chiesa di Roma aveva, agli occhi di tutti, una posizione onorifica, in quanto era stata fin dall'inizio scuola degli apostoli c metropoli della religione, sebbene coloro che vi avevano introdotto la fede fossero venuti dall'Oriente. Tuttavia non ritenevano di dover occupa­ re il secondo posto per il fatto di non avere la superiorità per la grandezza o la popolosità della loro Chiesa: sostenevano infatri di essere superiorip�r la -

virtù e per i princìpi6

--

-- ---------

'' Sozomcno, Storia ecdeswstica, ediz. J. Bidez, JII, 8, 4-5. 47

Storia della Chiesa nella tarda antichità

Resosi conto che un sinodo generale di tutti i vescovi d'Oriente era im­ possibile, alla fine del 340 Giulio convocò un sinodo locale, al quale parteciparono una cinquantina di vescovi, tutti provenienti dall'Italia, e la cui sentenza corrispose alle aspettative di Atanasio: si dichiararono nulli i decreti emanati dai precedenti sinodi d'Oriente, che lo avevano fatto deporre dalla carica. E degna di nota la procedura finale: i vescovi espressero le loro opinioni con grida e acclamazioni, la sentenza del si­ nodo fu annunciata personalmente da Giulio e successivamente consi­ derata come iudicium episcopi romani; in tal modo il vescovo di Roma veniva a occupare un posto di giudice al di sopra dci sinodi. I vescovi d'Oriente protestarono in nome della dignità dei sinodi. Nella motivazione della sentenza, Giulio indicò il comportamento c la procedura da seguire in caso di conflitti importanti. Le persone inte­ ressate dovevano scrivere ai vescovi d'Occidente per stabilire insieme to dikaion («ciò che è giusto»). Si rendeva quindi necessaria una serie di consultazioni scritte, secondo gli usi dell'epoca passata che non cono­ sceva ancora il principio della regionalizzazione, e soprattutto (ecco la novità) il parere del vescovo di l�oma, al quale, secondo Giulio, spetta­ va il diritto della consultatio ante sentcntiam («consultazione prima del­ la sentenza»). La lettera sinodale menzionava anche la particolare atten­ zione che la Chiesa di Pietro rivolgeva ad Alessandria, che fu anch'essa «guidata dagli apostoli». Giulio si richiamava apertamente alla tradizio­ ne di Pietro: «Quello che scrivo lo scrivo nel comune interesse, c quel che vi trasmetto ci viene dal beato apostolo Pietro». Nelle sue parole ri­ suonava già il tono caratteristico della dottrina della Chiesa romana dd­ la seconda :netà del l\' secolo. Sul piano pratico, l'effetto di queste dichiarazioni romane fu piutto­ sto scarso. La mo�sa successiva infatti non spettò a Giulio, ma all'impe­ ratore Costante.. L'attivo gruppo di ves.ç_qvi presente a corte.s!Ysd.a_sgo-llince..re l'imQeratore della necessità di intervenire, e nell'autunno 343 si riunì ìl sinodo di Serdica, con a testa Osio di Cordova 1fa-s�a1irma fi­ gura afPrìnio p o�egli atti); Giulio rifiutò di partèCipare a una riu­ nione fuori Roma e vi inviò tre suoi rappresentanti: due presbiteri e un diacono, che non si misero particolarmente 111 luce nelle discussioni. l n realtà, il punto di vista romano poteva essere (c fu) perorato dai vescovi strettamente legati a Giulio. Nel corso dei dibattiti venne approvata una norma essenziale, che de­ finiva le competenze del vescovo di Roma nel caso in cui, su richiesta di un interessato, egli esaminasse la fondatezza di un verdetto emanato da un sinodo provinciale. Sollevare tale questione a Serdica significava vo­ ler legittimare e confermare a posteriori il precedente del tribunale ro­ mano del3-IO, giacché il caso esaminato era esattamente uguale a quello di Atanasio. La proposta fu enunciata da Gaudenzio, vescovo di Naisso: Il vesco\'0 Gaudenzio disse: '·A questa proposta, piena di santità, che hai p re·

sentato, si Jggiungc, se sembra bene, quanto segue: 'E qualora un vcsco\'O sia 48

Le ?,randt capita/t del mondo ecclesiastico stato deposto per un giudizio dei vescovi che dimorano nei luoghi vicini, e

(

qualora egli abbia dichiarato che egli de\'e sostenere la sua causa nella città di Roma, non si ordini un altro vescovo sulla sua cattedra dopo l'appello di co­ lui che sembra essere stato deposto, a meno che la causa sia stata decisa nel tribunale del \'eSCO\'O romano'" .7

La deliberazione del sinodo non ebbe effetti concreti immediati, e sa­ rebbe trascorso molto tempo prima che la realtà della pratica ecclesia­ stica realizzasse questo programma ambizioso; quel che è certo è che questo canone, proprio in virtù del suo intento programmatico, la dice lunga sulle aspirazioni di Roma già ai tempi di Giulio. l convenuti a Serdica parlavano c scrivevano del vescovo di Roma con la massima ri\·erenza. Nella lettera sinodale, per esempio, si dice che i vescovi ritengono opportuno presentare una relazione ad caput, id est ad Petri apostoli sedem («al capo, ossia alla sede dell'apostolo Pietro») e inoltre si prega Giulio di inviare i canoni sinodali alle altre C:hic·se. S di._mrl a delle decisioni dei�ino:fi, neanche _ � � PJI.r:o1a... Da questo punto dt vtsta, fa sttuaztonc era tdenuca a quella . oel sinodo di Arles. Attorno alla metà del IV secolo l'impero subì un violento mutamen­ to, dapprima con l'usurpazione di M_agnenzio, per effetto della quale fu ucciso�C�, i�uito,.i'iè1353, con la �clamazione a impera­ tore OiCostanzo, s11l ri .'Tali eventi ebbero immediate ri­ percussiOni negative sulla posizione del nuovo vescovo di Roma Liberia, salito al trono nel352. Malgrado le mutate condizioni, Liberia cerco dr!)roseguire la tattica cfel suo predecessore, ma, non godendo più della protezione di un imperatore filoniceno, restò esposto alle pressioni sempre più forti e brutali del vittorioso Costanzo. L'im­ peratore pretendeva da Liberia la firma di una confessione di fede for­ mulata durante un sinodo di tendenza ariana, nonché la condanna di Atanasio. Liberia mostrò dapprima grande fermezza, per cui l'imperatore, irri­ tato, lo condannò all'esilio a Berea in Tracial...facendolo trasferire da Al suoposto fu eletto vescovo un arcidia­ Roma alla chetichella cono di Liberia, felice, if quale, particolare significativo, incontrò più opposizione tra il popolo che tra il clero. Tuttavia Liberia, stanco dell'e­ silio c delle pressioni, accettò le condizioni dettate da Costanzo, il quale acconsentì al suo ritorno (aflosto 321ll . Felice abbandonò in fretta e fu__,... na ta èittà. T1 comportamento di Liberia apportò un grave danno al pre­ stigio del vescovo di Roma, che non poteva più incarnare agli occhi del mondo cristiano la linea di fedeltà intransigente alla fede e ai costumi tradizionali. Quando ad Ariminium si riunirà il grande sinodo com­ prendente i vescovi di Gallia, d'Africa e d ' ltalia, Liberio non vi invierà



;illilrioso



bé[e

(I2]2f.

_ _ ..,.

-- --- --- --- ---7 P.-P. .foannou, Dùcipltne ?,énérale anlique (1\'"-IX" siècles), Tipografia Italo· Orientale. Roma 1962, vol. 11: l.c1 Canom des Jynodes parliculiers, pp. 163-164. 49

Storia della Chiesa nella tarda amichità nemmeno un rappresentante e resterà completamente escluso dalla lot­ ta svolta dai partecipanti in difesa dell'ortodossia nicena. Tuttavia, ancora una volta la situazione doveva cambiare per effetto degli avvenimenti politici. Dopo il breve regno di Giuliano l'Apostata (361-363) l'impero venne diviso tra Valentiniano 1 (364-375) e Valente (364-378), fautori di due diverse op7ioni teologiche. Ancora una volta in Oriente s.i formò un gruppo di fautori del Credo di Nicea, bisognosi d'appog�:,rio contro l'imperatore che li perseguitava, e in quel frangente Liberio poté recuperare almeno in parte l'autorità perduta.

2.6 Damaso e la svolta nella storia della Chiesa romana: comincia la storia del papato ll cambiamento fondamentale nella storia della Chiesa romana si veri­ ficò con il pontificato di Damaso. I suoi inizi, come abbiamo visto, era­ no stati disastrosi, e anche gli anni successivi posero Damaso di fronte a prove difficili: coinvolto in un processo e accusato dai seguaci di Ursino dovette difendere con tutte le forze la propria posizione. Tuttavia fu proprio lui a contribuire in modo decisivo a una nuova formulazione del primato papale e del suo fondamento teologico, dedotti dalle parole di Cristo a Pietro riportate dal Vangelo secondo Matteo (16, 13-19): Arrivato Gesù nel territorio di Cesarea di Filippo, domandò

ai

suoi discepoli:

"La gente, chi dice cbe sia il Figlio dell'uomo?". Essi risposero: "Alcuni dicono che sei Giovanni Battista, altri Elia e altri Geremia, o uno dei proferin. "Ma voi" domandò loro "cbi dite cb'io sia?". Rispose Simon Pietro: "Tu sei il Cristo, Figlio del Dio vivente". E Gesù a lui: "Beato te, Simone, figlio di Giona, perché non la carne oé il sangue ti ha rivelato questo, ma il Padre mio che è nei cieli. E io dico a te, cbe tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte dell'inferno mai prevarranno contro di essa. A te darò Je chiavi del regno dei cieli: qualunque cosa legherai sulla terra sarà legata anche nei cieli; e qualun· que cosa scioglierai sulJa terra sarà sciolr.a anche nei cieli".

Su questo passo, oggetto dell'interesse degli esegeti a partire dalla fine del D secolo, si fondava l'asserzione dd particolare ruolo di Pietro nella diffusione della Buona NoveiJa. Pietro sarebbe stato il primo discepolo a sostenere la divinità di Cristo, e sarebbe stato lui a gettare le basi deiJa dottrina e dell'unità della Chiesa. NeJl'esegesi tradizionale il brano cita­ to veniva riferito a tutti i vescovi, in quanto eredi di Pietro grazie all'i· ninterrotta catena di consacra?ioni dai tempi apostolici. La novità della dottrina di Damaso consisteva nel formulare apertamente la tesi secon­ do cui solo il vescovo di Roma era 1'erede privilegiato di Pietro e solo a lui si riferivano le parole di Cristo appena citate. Elevando il passo di Matteo (16, 18) a fondamento del primato roma­ no, Damaso conferiva coerenza alla convinzione dell'eccezionalità di 50 Copyrigflted

m

ae t rial

Le grandi capitali del mondo ecclesiastico

Roma, convinzione di origini antichissime, profondamente radicata nel­ la coscienza dei cristiani di quella città e che assumeva varie forme. (Possiamo seguirne le tracce anche nei reperti archeologici, che docu­ mentano il legame con la persona di Pietro e glorificano il suo posto tra gli apostoli e i suoi miracoli.)

')

La dottrina che attribuiva ai vescovi di Roma il ruolo di eredi di Pietro ricevette una formulazione chiara e ampia nella decisione del si­ nodo romano convocato da Damaso nel 382 in risposta alle decisioni del concilio di Costantinopoli del 381, svoltosi senza la partecipazione dei rappresentanti di Roma.x l vescovi riuniti da Damaso approvarono il testo del Credo e il canone dell'Antico e del Nuovo Testamento, non­ ché il testo seguente: Dopo tutti gli scritti profctici, evangelici

c

apostolici sopra riportati, sui qua­

li per grazia di Dio si fonda la Chiesa cattolica, riteniamo di dover anche ri­ cordare che sebbene le Chiese cattoliche sparse sulla terra costituiscano un unico talamo di Cristo, tuttavia la santa Chiesa romana è stata posta sopra le altre Chiese non da delibere di sinodi, ma ha ricevuto il primato in virtù del­

la voce C\'angelica del nostro Signore e Salvatore: Tu es Petrus... [segue il

passo citato del Vangelo secondo Manco, 16, 18]. A ciò si è aggiunta la par­ tecipazione del beatissimo apostolo Paolo, vaso di perfezione, che non in un altro tempo, come blaterano gli eretici, ma nello stesso tempo giorno insieme con Pietro lottò

c

morì di morte gloriosa

c

c

nello stesso

ottenne la corona

del martirio nella città di Roma sotto l'imperatore Nerone. E parimenti essi fPictro

c

Paolo] consacrarono la sopraddetta Chiesa romana a Cristo

Signore, innalzandola sopra tutte le altre Chiese del mondo con la loro pre­ sem:a e il loro \'enerando trionfo. La prima sede di Pietro apostolo è dunque la Chiesa romana, senza macchia né ruga né altro del genere. La seconda



sede fu consacrata ad Alessandria a nome del beato Pietro da Marco suo discepolo ed evangelista che, mandato in Egitto da Pietro apostolo, predicò il verbo della verità e subì glorioso martirio. La terza sede del beatissimo apo­ stolo Pietro è ad Antiochia cd è considerata degna di onore perché egli lì abitò prima di venire a Roma

e

lì per la prima volta sorse il nome del nuovo

popolo cristiano.9

Questo testo, pur non accennando alle decisioni del concilio di Costantinopoli, ingaggia con esse un'aspra polemica. A differenza di Costantinopoli, Roma non avrebbe bisogno di una delibera conciliare, ossia umana, che ne precisi il rango: il vescovo di Roma deriverebbe il suo primato direttamente da Cristo.

' l papi della tarda antichità negavano ogni validità alle delibere del concilio di Cosrantinopoli, essendo irritati specialmente dal canone 3 che conferiva al vescovo di Costantinopoli il secondo posto dopo il vescovo di Roma; di tale concilio parlerò diffusamente più avanti. 'i Conciliorum Oecumenicorum Decreta, cit. 51

�'torta della Chiesa nella tarda antichztà

Indubbiamente sia il clero sia la popolazione di Roma avvertivano fortemente la presenza fisica dell'apostolo Pietro: dopotutto le sue spo­ glie mortali riposavano nella città. Ricordiamo che nel rv secolo esplose il culto dei santi, sviluppatosi a partire dalla seconda metà del secolo p recedente; le reliquie, fonte di potere miracoloso, vi svolsero un ruolo importante e sempre crescente. Il c ulto di Pietro vantava a Roma un lungo passato ed era profondamente radicato nella coscienza popolare. La secolare presenza di Pietro nella basilica vaticana era uno dci prin­ cipali argomenti a favore della posizione privilegiata del vescovo di Roma nei confronti di tutti gli altri vescovi del mondo cristiano. Questa convinzione è stata formulata in modo particolarmente chiaro da Margherita Guarducci, professoressa di epigrafia all'Università di Roma, che con entusiasmo ha preso parte agli scavi eseguiti nella basili­ ca di San Pietr o, nel corso dci quali sono stati scoperti i resti di uno scheletro identificato con lo scheletro dell'apostolo Nel suo libro, con­ statando amaramente che G iovanni Paolo 11 non si mostrava interessato ai risultati di quei lavori, Margherita Guarduc ci scrive : ,

.

D'altra parre non riesco a comprendere come mai Giovanni Paolo Il, sollecito per rutto ciò che riguarda la Chiesa, non abbia se ntito

c

non senta la necessità

d'informarsi- quasi vorrei dire, per dovere d'ufficio- direttamente e in rutti i più minuti particolari circa un vitale problema qual è quello della reale prc senza di Pietro nella basilica Vaticana. Lgli parla alle folle con illuminata sag­ gezza

c

percorre, eroicamente, le vie del mondo pe r annunciare a tutti gli uo

mini la Buona ì\:ovclla. Chissà se ogni tanto egli si ferma con particolare at­

tenzione sul pensiero che la forza della sue parole di Pastore della Chiesa uni­ versale è garantita, in ultima analisi, da quanto si trova sotto l'altare della Confessione e soprattutto dalle ossa dell'Apostolo giacenti nel secolare loculo sotterraneo? 10

Esattamente quel che pensavano i cristiani romani della tarda antichità. Se la dottrina sull'eredità di Pietro nella formulazione espressa da Damaso incontrò serie opposizioni in Oriente, nemmeno in Occidente essa fu accolta senza proteste. t\c sappiamo poco, giacché la nostra do­ cumentazione sulla storia della Chiesa latina è passata attra\'erso la cen­ sura romana (che pure qualche lacuna l'avc\'a, vista la conservazione del pamphlet contro Damaso), ed è evidente che nella cerchia del ve­ scovo di Roma nessuno si preoccupava di tramandare la memoria di posi zioni contrarie a quelle papali Sappiamo però che molti tra i vesco­ vi d'Occidente continuavano a interpretare il testo di Matteo in senso .

tradizionale, e che durante il sinodo di Aquileia dcl381 girava tra i par tecipanti un'opera che c ri ticava le pretese di Damaso al dirirto di pro­ nunciarsi in materia di dogmi al di fuori delle riunioni episcopali.

'" M. Guarducci, La lomha dz san Pietro. Una straordinaria vicenda, Ruscon i Milano 1989, pp. 140-141. 52

,

!.c grandi capttali del mondo cccleJiastico

L'atteggiamento degli imperatori nei confronti del primato romano richiederebbe un capitolo a parte; qui mi limito a osservare che nessu­ no di loro lo attaccò apertamente, il che non significa che il program­ ma di Damaso fosse totalmente accettato, soprattutto in Oriente; a questo proposito sussistono nette e comprensibili di(ferenze tra Oriente c Occidente. Colpisce in modo particolare il ritardo con il quale il pri­ mato di Roma divenne oggetto della legislazione imperiale, di solito così sollecita a conferire forza legislativa alle varie decisioni ecclesiasti­ che: la prima costituzione imperiale sull'argomento, infatti, risale al -14 5 , quindi al tempo del pontificato di_Leone Ma&.no e del regno di ntiniano III, imperatore debole e succube della carismatica perso­ nal•tad�l�

\tare

2.7 La supremazia di Alessandria sull'Egitto e sulla Libia

In precedenza ho citato il canone 6 del concilio di Nicea, che attribuiva un'eccezionale ampiezza alla sfera di potere del ve�covo di 4iessanQda, comprendente, oltre all'Egirro, la Libia (la Libya ";J [ erior o Libya Marmarica) e la Pentapolis Su i trattava, specialmente per l'Egitto, di un assat vasto. Nella valle del Nilo lo sviluppo della Chiesa fu relativamente tardivo: i primi episcopati sorsero in(atti solo nella prima metà del ll1 secolo, mentre risale alla seconda metà lo sviluppo intensivo del cristianesimo al di fuori di Alessandria. A partire da quel momento la nuova religione sembrò invece diffondersi più velocemente c più estesamente che nelle altre regioni: alle soglie del IV secolo era già profondamente radicata nelle campagne e verso la fine del \' il paganesimo era ormai ridotto a un fenomeno secondario. All'inizio del LV secolo Alessandria godeva di una solida posizione nel­ l'ambito della cultura cristiana. Clemente Alessandrino, Dionigi Ales­ sandrino e soprattutto Origene erano autorità universalmente riconosciu­ te. Riferendosi al periodo a cavallo tra il III c il I\' secolo, gli storici della dottrina cristiana parlano dell'esistenza di una corrente di pensiero che, tra virgolette, possiamo definire "scuola alessandrina". Ricordiamo a que­ sto proposito che alla fine dell'antichità Alessandria era una delle città "universitarie" c che vi affluivano folle di giovani per studiarvi, tra le al­ tre, discipline quali la matematica, la filosofia e la medicina. La presenza di innumerevoli studenti e l'esistenza di un vivo centro culturale conferi­ vano ad Alessandria un carattere dd tutto particolare. Verso la metà del IV secolo esistevano già circa settanta episcopati nel solo [gitto c circa trenta in Libia. Si trattava di episcopati piccoli, i cui titolari, soggetti alle pressioni del più potente collega di Alessandria, non riuscivano a mantenere quell'autorità che invece continuava a ca­ ratterizzare le Chiese di altre regioni orientali. Nel IV secolo i vescovi della valle del Nilo venivano consacrati dal vescovo di Alessandria, nel

p'òtèrè

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53

Storia della Chiesa nella f(jrda anticbità senso che questi non si limitava semplicemente ad approvare la scelta compiuta a livello locale, ma partecipava personalmente alla consacra­ zione. Capitava di frequente che il vescovo di Alessandria consacrasse persone che non erano state nemmeno presentate al clero locale e che non avevano niente in ·comune con la futura diocesi. Con il passare del tempo il controllo del ve.'lcovo di Alessandria su quanto avveniva nelle diocesi aumentò progressivamente mentre dimi­ nuì la capacità dei vescovi locali di esprimere un'opinione indipenden­ te, con il conseguente e rapido abbassamento del loro livello dottrinale e culturale. E inte.ressante notare che, mentre in Egitto non sorsero metropoli, ce n'erano invece nella vicina Libia. La ragione è chiara: in Libia esisteva un'antica tradizione di vita cittadina risalente ai tempi della Grande Colonizzazione, assente invece in Egitto. La mentalità delle é)jte libiche era diversa da quella delle élite egiziane, e l'abitudine ad amministrare da soli i propri affari facilitava la resistenza alJe pressioni esterne anche in ambito ecclesiastico. La Chiesa alessandrina disponeva di enormi mezzi materiali, che pro­ venivano in parte (non sappiamo quale) dalle offerte dei fedeli, in parte dalle donazioni imperiali. Questa ricchezza conferiva al vescovo di Alessandria un'enorme influenza sugli strati poveri della società, assai numerosi, influenza che consisteva anche nella possibilità di manipolare una parte della popolazione, inducendola se necessario a fomentare di­ sordini: un'arma pericolosa tra le mani di un vescovo ambizioso. Inoltre egli disponeva di un gruppo di infermieri, detti parabalaneis, che anno­ verava tnl le dnquecento e le seicento pe.rsone e che divenne una sorta di poli7Ja privata ecclesiastica, impiegata negli scontri con gli avversari. A metà del v secolo Dioscoro, uno dei vescovi più bellicosi di Alessandria, portò con sé alla rilmione episcopale di Efeso un contin­ gente di parabalaneis, che svolse una poco encomiabile azione di terrori­ smo nei confronti dei vescovi contrari a .6.rmare le decisioni da llù impo­ ste (avrò modo di tornare ancora sull'argomento). Le ricchezze accumulate oeUe mani dei vescovi alessandrini potevano servire anche fuori d'Egitto: più volte essi furono accusati di corrompe­ re gli alti funzionari e le dame della corte imperiale. Come sempre in questo genere di accuse, è difficiJe stabilire la verità, ma non si può escludere che effettivamente i vescovi recassero doni a Costantinopoli o che li inviassero per interposta persona. Almeno un caso è stato attesta­ to. L'offerta di regali a persone altolocate era comunque un consueto mezzo di captatio benevolentiae, e non sempre è possibile stabilire iJ Li­ mite esatto tra dono e corruzione. Eusebio di Cesarea, che scrisse la sua Stora i ecclesiastica all'inizio del rv secolo, non e.ra affarto sicuro dell'autenticità della tradizione cbe at­ tribuiva la fondazione della Chiesa di Alessandria all'evangelista Marco. Nelle generazioni successive quest'ombra di dubbio scomparve del tut­ to e nessuno vi fece più ailusione; per la Chiesa alessandrina la presenza '

54 Copyrighted

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aterial

Le grandt captlali del mondo ecclesiastico

dell'evangelista nei pnmt anni della propria storia costituiva una base per rivendicazioni nei confronti delle altre Chiese. I vescovi alessandrini cominciarono a estendere il loro potere al di fuori dell'Egitto fin dal 111 secolo. Come abbiamo visto, durante il con­ cilio di Nicea, quindi già nel 325, la supremazia di Alessandria sulla vi­ cina Libia era una questione scontata; non c'è da stupirsi: da secoli esi­ stevano forti vincoli di carattere economico e culturale tra l'Egitto e i territori posti a Occidente. Nel sistema amministrativo creato da Diocleziano essi costituivano un'unica diocesi, sottoposta a un unico funzionario chiamaro vlcarius. La posizione del vescovo di Alessandria corrispondeva esattamente alla posizione di questo funzionario. Il vero e proprio artefice della potenza dell'episcopato alessandrino fu Atanasio Q28-373 ) . Egli riuscì a schiacciare l'opposizione interna fonmta"'"&itmeli7i'anésimo (ne parlerò nei prossimi capitoli) e uscì vin­ citore dalla lotta contro l'eresia ariana sul proprio territorio. Atanasio si trovava quindi a capo di una Chiesa relativamente unita. Il suo presti­ gio, formarosi negli anni della lotta contro l'arianesimo, era immenso; per Roma e per tutto l'Occidente egli rappresentava il simbolo dell'or­ todossia, le sue parole erano considerate determinanti anche quando si pronunciava (cosa che teoricamente non aveva diritto di fare) su fac­ cende di altre Chiese orientali. Per questo motivo in Oriente l'operato e le opinioni del vescovo alessandrino suscitavano minore entusiasmo: tuttavia, tra coloro che erano avversari dell'arianesimo e seguaci del Credo niceno nessuno si azzardava a mettere in dubbio la sua autorità. Negli anni dell'esilio Ji Atanasio, tra Alessandria e Roma si formò una stretta alleanza che sarebbe durata fino alia metà del v secolo. Essa venne rafforzata dall'apparire di un nuovo avversario comune: il vescovo di Costantinopoli, il cui potere cresceva rapidamente. Dal punto di vista alessandrino il vescovo di Antiochia, seppur altrettanto malvisto, era molto meno pericoloso. Al tempo dell'episcopato di Teofilo sembrò che la vittoria nella contesa tra Alessandria e �opoli sa­ rebbe toccata ad Alessandria, ma per poco. Teofilo fece destituire Giovanni Crisostomo, ma non fu in grado di insediare il proprio candi­ dato sul trono episcopale di Costantinopoli. Alla sua morte Cirillo (412� n�_guerra a C:ostantin.Q..g? li, riportando un 'e o successo. n suo succe � sore dopo una iniziale vitto�ia 1 vescovo ales � . sandrmo nusct nuovamente a nmuovere dalla canea il vescovo dt Costantinopoli) riportò un'ignominiosa sconfitta, per opera non solo del­ l'imperatore, ma anche di papa (eone Magno:7\vrò occasione di tornare su questi avvenimenti nel descrivere le controversie dottrinali in Oriente.





2.8 Antiochia: la partner più debole tra le grandi capitali Ma torniamo al canone 6 del concilio di Nicea. Accanto a Roma e ad Alessandria il canone menzionava un terzo grande episcopato: Antiochia. 55

Storia della Chiesa ncl!ti ttlrda antJcbitd Le tradizioni di Antiochia erano gloriose quanto quelle romane e nella sua storia più antica ritroviamo gli apostoli Pietro c Paolo. C:entro di for­ mazione della dottrina cristiana, il suo ruolo nei primi tempi della storia della Chiesa fu indubbiamente molto importante. Antiochia dominava tradizionalmente la Siria, la Fenicia, la Palestina e i\ la Mesopotamia settentrionale. Era ricca e colta; nel I\' secolo occupava f una posizione eccezionale tra i centri urbani d'Orienre, appartenendo alle città "capitali", vale a dire alle città in cui l'imperatore c i suoi uffici soggiornavano per lunghi periodi. Poiché la minaccia persiana costringe­ va il sovrano a sorvegliare personalmente le attività belliche sulla vicina frontiera, nel IV secolo Anriochia fu in diverse occasioni una sede impe­ riale più importante della stessa capitale ufficiale, Costantinopoli. Antiochia possedeva una solida tradizione di polis. Sorgeva in una re­ gione ricca di città fondate all'inizio dell'età ellenistica, sulle quali essa aveva sempre primeggiato, all'inizio come capitale del regno dci Seleucidi e poi come capitale della provincia della Siria, senza mai rag­ giungere, tuttavia, una posizione monopolistica paragonabile a quella di Alessandria d'Egitto. La mentalità degli abitanti di Antiochia e delle città della regione era diversa da quella degli abitanti dell'Egitto: in essa si av­ vertiva chiaramente l'eredità culturale dell'antica civiltà della polir. Nelle zone sottoposte all'influenza di Antiochia si formarono in modo naturale metropoli con una forte tendenza frondista; per il vescovo an­ tiocheno era quindi molto difficile delimitare esattamente il proprio am­ bito di potere, e ancora di più difendere le prerogative acquisite. La storia del patriarcato antiocheno è la storia del suo progressivo rim­ picciolirsi. La principale fonte di debolezza di Antiochia erano i dissidi interni. Nel secondo quarto dd IV secolo un ruolo decisivo ebbero i con­ flitti tra ariani e seguaci del Credo niceno; nel 362 nel campo niccno ini­ ziò lo scisma tra i fautori di Paolino e i sostèiiìfu-ri di Melezio, uno sci_,.,___ sma doloroso, protrattosi fino � che avvelenò i rapporti all'interno della Chiesa non solo antiochena. La storia di questa scissione mostra quanto gravi potessero essere gli effetti delle divisioni nelle Chiese, qua­ lora le parti avverse trovassero appoggio fuori della propria città (con Paolino si schierarono i vescovi di Alessandria, Atanas io e i suni sttcces­ sori, nonché, su sua raccomandazione, i vescovi occidentali; in favore di Melizio si schierarono invece vescovi orientali antiariani quali Basilio di Cesarea, Gregorio di Nazianzo e Gregorio di Nissa). L'aiuto esterno per­ metteva a piccoli gruppi, altrimenti condannati a estinguersi, di conti­ nuare a esistere durante molti decenni.

2.9 La difficile strada del vescovo di Gerusalemme alla dignità patriarcale Nel I\' secolo il prestigio dd vescovo di Gerusalemme crebbe lentamen­ te, fino a conquistare, come vedremo nei prossimi capitoli, un rango pari 56

Le grand1 capitali del mondo ecclesmstico

a quello dei vescovi di Alessandria, Antiochia e Costantinopoli nella pri­ ma metà del secolo successivo. Agli inizi del 1\' secolo Gerusalemme era tuttavia una piccola città, posta in basso nella gerarchia delle città della regione. Ricordiamoci che dopo la conquista di Tito nel 70 essa aveva praticamente cessato di esistèré.'Su11csue tovi� o -;;eva fondato una nuova città chiamata Aclia itoli;;;" (f Ùa dai nomcn gentile Aelius dell'imperatore e Capitolina aalrlOVC Capitolino, in onore del quale venne eretto un tempio per ordine del so\Tano). Agli ebrei era sta­ to vietato di stabilirvisi; è vero però che questo divieto, più tardi, non era osservato rigorosamente. La comunità cristiana di Gerusalemme, mal­ grado la prestigiosa tradizione, non svolse un ruolo particolarmente im­ portante nella storia della Chiesa, restando nell'ombra della più impor­ tante Chiesa di Cesarea, capitale della provincia di Palestina. A Cesarea oper;va-e··S'éri've\ià""("Mgene, che lasciò una splendida collezione di libri. Vescovi della città flirònopersonalità eminenti come Panfilo ed Eusebio, storico c teologo. Tra il clero di Gerusalemme c quelkT'di1':esa� porti dovevano essere piuttosto tesi, come dimostra il fatto che durante il concilio di Nicca a essi venne dedicato uno dci canoni, il canone 7, in base al quale si stabiliva che il vescovo di Aclia Capitolina-Gerusalemme doveva essere «onorato», conferendogli «quanto deriva dalla sua onore­ vole posizione», ma senza intaccare le prerogative del mctropolita, ossia del vescovo di Cesarea. Faccio osservare che in quel momento il vescovo di Cesarea era Eusebio, personaggio influente sia a corte sia tra i vescovi d'Oriente, particolarmente attento a che la propria metropoli non venis­ se danneggiata. Non è del tutto chiaro in che cosa consistesse !"'onore­ vole" posizione del vescovo di Gerusalemme. La decisione di Nicea tut­ tavia non eliminò gli attriti tra le due Chiese né tantomeno frenò le am­ bizioni di Gerusalemme; poco dopo il concilio, infatti, il vescovo di Aclia Capitolina-Gerusalemme assunse il ruolo di organizzatore di un si­ nodo dedicato alla questione di Atanasio; c veniamo inoltre a sapere che egli invadeva la sfera d'azione del metropolita, consacrando i vescovi. Un ruolo importante nel processo di espansione di Gerusalemme fu svolto da Cirillo, detto GJ;.roso.l.imirano""vescovo della cittaJal549arca al386. Ciril1o si schierò dall rte dei fautori della confessionè"d'ì'tede nicenà'; il che, se al momento g ivalsel'esiliO, in seguito, a causa della �ttor:a dell'ortodossia, si rivelò salutare per la citt�t, tanto più che Cesarea di Palestina, sua concorrente, era stata in mano agli ariani fin dall'inizio della controversia. Le ambizioni dei vescovi di Gerusalemme non derivavano però sol­ tanto da un glorioso passato. Nel mondo ormai cristiano la città aveva cominciato ad acquistare un'importanza sempre maggiore. Oggetto del­ le attenzioni di Costantino, su ordine del quale si costruivano chiese, meta di pellegrinaggio di sua madre Elena, Gerusalemme suscitava un interesse universale; il flusso dci visitatori, tra i quali si trovavano perso­ ne di ogni condizione, compresi i membri dell'élite imperiale, cresceva; il suo vescovo riceveva da loro generosi regali che ne rafforzavano la

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Storia della Chiesti nella tarda antichità posizione. Nella nuova situazione diventava sempre più forte il. desi.de­ rio di porre fine alla dipendenza (anche nominale) da Cesarea. Nella guerra più o meno aperta vinceva ora una parte, ora l'altra. La realizzazione graduale delle ambizioni del clero di Gerusalemme fu merito di Giovenale, uomo profondamente antipatico, cbe comprò la prestigiosa posizione della città con una serie di tradimenti nei confron­ ti dei suoi alleati ecclesiastici. 11

2.10 I modesti inizi del patriarcatO di Costantinopoli Quando nel 330 Costantino il Grande dette un nuovo inizio alla storia della città sul Bosforo, conferendole con l'occasione anche il proprio nome, la Chiesa di Bisanzio era una Chiesa secondaria, come se ne con­ tavano a centinaia nell'impero. La città contava poco: distrutta dopo un lungo assedio da Settimio Severo (196), era rìdotta al rango di misero centro urbano. Sede della metropoli non era Bisanzio, bensì la vicina Eraclea Tracia, e il fatto di non trovare il vescovo Alessandro tra i con­ venuti al concilio di Nicea fa capire quanto siano stati infimi gli inizi della grandiosa storia del patriarcato costantinopolitano . .Alessandro occupò a lungo la cattedra episcopale e la sua morte, avve­ nuta un anno dopo quella di Costantino (nel338), aprì un lungo e aspro conflitto tra Paolo e Macedonia, i due aspiranti alla successione. Ll­ soddisfatto di entrambi, il nuovo imperatore Costanzo II affidò la deci­ sione a un piccolo sinodo eli vescovi, che chiamarono sul trono della ca­ pitale Eusebio eli Nicomedia, sostenùore di Ario e personalità di grande rilievo. Si trattava di una traslazione, una procedura, come abbiamo vi­ sto nel primo capitolo, contraria ai canoni Eusebio, infatti, era stato pre­ cedentemente vescovo di Beirut. Con il nuovo pastore la Chiesa di Costantinopoli entrò nella storia tempestosa della controversia ariana. Dissidi interni, legati solo in parte al conflitto tra gli ariani e i loro avver­ sari, soprattutto dopo la morte di Eusebio (341), ne frenarono lo svilup­ po; a lungo sconvolta dalla lotta, che a volte degenerava in tumulti di strada, ua Paolo e Macedonia (un tempo allontanati da Costanzo TJ), la Chiesa di Costantinopoli avTebbe tardato non poco a ritrovare l'equili­ brio infranto dai vari gruppi. E utile ricordare elle in quegli anni Costantinopoli non era la sede stabile dell'imperatore: Costanzo risiedeva più spesso ad Antiocllia, e così pu r e Valente. Fu solo a partire dal regno di Arcadi o (395) che gH imperatori risiedettero stabilmente nella capitale La presenza o l'assen­ za del sovrano rivestiva un'enorme importanza per il vescovo, e non è '

.

tJ Di Giovenale parlerò più avanti, in occas.ione della storia del sinodo di Efeso del 449 e del concilio di Calcedonia del451. ln tutta la storia della Chiesa dell'antichità, Giovenale è l'unico uomo di Chiesa che io sospetti di avere avuto un atteggiamento freddo e cinico nei confronti della religione.

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Le grandi capitali del mondo ecclesiastico

un caso che la Chiesa costantinopolitana sia entrata per davvero nel suo periodo d'oro proprio alla fine del IV secolo. Nel 379, convocato dai fautori del Credo niceno privi di un pastore ortodosso, giunse a Costantinopoli Gregorio di Nazianzo, grande ora­ tore e teologo, che assunse il difficife complfo ctìf'i'ècsstrdlfe la comunità cattolica in una città dominata dagli ariani. Gregorio non riportò un grande successo, al contrario: dovette lottare con Massimo, appoggiato da Alessandria e consacrato vescovo della capita cedura con­ traria a tutti i canoni, ma che, grazie appunto all'appoggio alessandrino, era ben visto in Occidente (alla questione prese personalmente parte Ambrogio, vescovo di Milano). Il cambiamento decisivo avvenne in seguito all'intervento dell'impera­ tore. Entrato a Costantinopoli il 24 novembre 380, Teodosio il Grande impose immediatamente al vescovo della città, Demofilo, di firmare una dichiarazione di fede ortodossa; questi rifiutò, andando in esilio. Il 27

re20ri'P'ro

novembre Gregorio di Nazianzo prese possesso di Haghia Sophia e dei Santi Apostoli, le due più importanti chiese della città: inviso sia al po­ polo che al clero, dovette ricorrere ai soldati. L'ordinazione ufficiale del nuovo vescovo avvenne solo nel maggio del 381, ma gli intrighi orditi dal vescovo di Alessandria T imoteo, che non aveva rinunciato ad appog­ giare Massimo, spinsero in breve tempo Gregorio a dimettersi. Al suo posto, dalla lista dei candidati presentata dal concilio riunitosi nella città, Teodosio scelse Nettario, uomo anziano, senatore ed ex pretore che con ammirevole rtò la città alla calma e dopo alcune dif­ ficoltà, con l'aiuto dell'imperatore, allacciò rapporti corretti con le altre Chiese.

abilirrripo

2.11 La decisione del concilio dcl381 in materia di strutture ecclesiastiche Al concilio di Costantinopoli del381 convocato da Teodosio il Grande presero parte soltanto vescovi orientali (su questo concilio, fondamen­ tale per la storia della dottrina cristiana, tornerò ancora varie volte). Essi cercarono di riorganizzare la Chiesa d'Oriente allo scopo di creare strutture sovrametropolitane dai confini netti e di porre fine alle scan­ dalose guerre in atto tra le diverse Chiese. Come base fu assunta la divi­ sione amministrativa d'Oriente nelle cinque diocesi civili: Egitto, Oriente, Ponto, Asia, Tracia. .......__

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l vescovi di una diocesi non intervengano nelle Chiese situate fuori dai suoi confini, né le gettino nel disordine; ma secondo i canoni, il vescovo di Alessandria amministri solo ciò che riguarda l'Egitto, i vescovi dell'Oriente solo l'Oriente, salvi i privilegi delle Chiese di Antiochia contenuti nei canoni di Nicea; i vescovi delle diocesi dell'Asia amministrino solo l'Asia; que lli del Ponto solo il Ponto, e quelli della Tracia, la Tracia. A meno che non vengano 59

Stona della Chiesa nella Iarda antJchttà chiamati, i vescovi non escano dalla propria diocesi per ordinazioni e altri atti del loro ministero. Secondo questo canone è chiaro che le questioni di

una

prm·incia do\Tà regolarle il sinodo della stessa pro\'incia, secondo le decisioni di Nicea. Le Chiese di Dio fondate tra i popoli barbari siano go\'Crnatc se­ condo le consuetudini introdotte dai nostri padri.

2

I padri conciliari avevano tentato di porre un argine al fenomeno delle ingerenze da parte delle diverse Chiese (essi pensavano soprattutto al­ l'operato dci vescovi alessandrini, ma non solo), fenomeno che in passa­ to aveva generato confusioni e favorito l'insorgere di pericolosi scismi locali. Il testo del canone or ora citato, però, non era affatto chiaro. A parte quelli di Alessandria c di Antiochia, non venivano menzionati i vescovi dotati di un primato a livello sovrametropolitano; inoltre, il ca­ none parlava di "vescovi" al plurale, intendendo probabilmente i sinodi che riunivano i vescovi della diocesi, ma nella penultima frase si accen­ na a sinodi provinciali. Possiamo cercare di risolvere le difficoltà create da questo testo ricor­ rendo al decreto del sinodo convocato nel 382 dal vescovo di Costantinopoli, K'ettario. Secondo tale decreto le accuse contro i vesco­ vi (a condizione che non provenissero da scomunicati o da eretici) do-t vcvano essere esaminate da un sinodo provinciale; se esso si fosse di­ chiarato incompetente, la questione andava sottoposta a un sinodo «più importante», quindi a livello della diocesi civile, cui sarebbe spettata la decisione definitiva. l lJ.eq�� oltre vietava di «.!Il��tare l'imperato­ re» o diJi!esentare denunce ai tribunaleèiVilc. o riuscirono quindi a creare li cOiiCillO'del'38lci1sinodo del 382 nn stabili strutture sovrametropolitane dell'organizzazione ecclesiastica, c il citato canone 2, pur aprendo la strada all'espansione delle grandi "ca­ pitali" ecclesiastiche, non conferì loro alcuna nuova prerogativa, trac­ ciando invece dei limiti alle loro ambizioni.

2.12

Costantinopoli diventa la nuova 1\oma

Assolutamente nuova era invece la decisione contenuta nel canone 3: «Il vescovo di Costantinopoli avrà il primato d'onore dopo il vescovo di Roma, perché tale città è la nuova Roma».11 Il canone definiva esclusi­ vamente la questione del rango, non della giurisdizione (in nessuno dei testi canonici dell'epoca ·�1 pi'?ci� il conrinc�rtroFime del vescovo di Costantinopoli, ma in pratica già allora egli svolgeva un ruolo di istanza d'appello, soprattutto nei confronti della vicina Tracia, territorio di fatto "riservato" alla nuova capitale ecclesiastica). 'Conciliorum Oecumemcorum Decreta. cit., canone 6 del concilio di Costan­ tinopoli. 11 l vi, canone 3 del concilio di Costantinopoli. 60

Le grandi capita/t del mondo ecclesiastico

Alle decisioni del concilio costantinopolitano i grandi capi delle Chiese occidentali, che non vi ave\'ano preso parte, reagirono chiedendo la con­ \'Ocazione di un nuovo concilio in Occidente, al quale partecipassero i vescovi delle due parti dell'impero. A questa proposta l'imperatore Teodosio rispose gelidamente, invitando i vescovi d'Occidente a non in­ tervenire negli affari delle Chiese d'Oriente, mentre i vescovi orientali declinarono l'invito al concilio adducendo a pretesto le eccessive diffi­ coltà del lungo viaggio. L'indifferenza di Teodosio il Grande nei riguardi del punto di vista di Eoma (nonché della dottrina sull'eredità di Pietro enunciata da Damaso, che tuttavia non contestò mai pubblicamente) si comprende alla luce della doppia vittoria riportata dal sovrano (il periodo della controversia ariana si era chiuso grazie al suo intervento c la sua politica verso i goti era stata coronata dal successo), vittoria che ora gli permet­ teva di occupare una posizione di forza. Roma invece aveva perso gran parte della sua prestigiosa clientela orientale, in passato bisognosa del suo appoggio contro gli ariani e gli imperatori che li sostenevano (seb­ bene alla capitale d'Occidente continuassero a rivolgersi vescovi in cer­ ca di aiuto nelle situazioni conflittuali, una volta esaurite tutte le possi­ bilità d'appello in Oriente). È tuttavia degno di nota che nel 381 né Alessandria e né Roma sentissero il bisogno di combattere il vescovo di Costantinopoli allo scopo di !imitarne la sfera d'azione: a loro premeva soprattutto che sul trono di Costantinopoli si inscdiassc l'uomo giusto. Per lungo tempo la Chiesa di Costantinopoli non rivestì un ruolo im­ portante al di fuori dei propri confini. Essa fu il teatro della rivalità dc­ gli altri vescovi piuttosto che un protagonista nella lotta per l'egemonia nel mondo cristiano. Forse qualche grande uomo di Chiesa intuì le enormi opportunità che la capitale, una volta superate le crisi interne, avrebbe potuto offrire al pastore della comunità; tuttavia, ammesso che avesse avuto tali intuizioni, le tenne per sé. Nello studiare le vicende della Chiesa di Costantinopoli del IV secolo si deve essere consapevoli del rischio di interpretare gli eventi di quel periodo alla luce di avvenimenti successivi, una tentazione, questa, a cui fin troppi studiosi hanno finito per cedere. Gli uomini di quelle genera­ zioni non avevano il dono della chiaroveggenza; non potevano sapere che un giorno gli imperatori avrebbero smesso di spostarsi da una città all'altra per risiedere stabilmente nella capitale c che ciò avrebbe confe­ rito una posizione di primo piano ai pastori di Costantinopoli. Non po­ tevano quindi rendersi conto che il futuro della storia della Chiesa si sa­ rebbe svolto (per un certo tempo) all'insegna della lotta tra Roma e Costantinopoli.

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3. Le conversioni

Seguendo il processo di cristianizzazione del mondo mediterraneo sia­ mo colpiti dalla sua lentezza, sorprendente soprattutto nei primi cento­ cinquant'anni di vita della nuova religione. Solo verso la fine del rv se· colo i cristiani rappresenteranno una decisa maggioranza tra gli abitanti dell'impero. L'lslam, fenomeno paragonabile al cristianesimo, si diffon­ derà in modo molto più rapido.

3.1 Cause della lentezza del processo di cristianizzazione dell'impero La lentezza con cui procedette l'evangelizzazione dell'impero non deve stupirei. L'accettazione della nuova fede costituiva una vera e propria rivoluzione, comportava il distacco dal vecchio modo di pensare, di sentire e di agire, richiedeva una disponibilità originata dall'inquietudi­ ne religiosa, dalla lacerazione, dalla scontentezza, da aspirazioni non realizzate nonché dalla paura dell'aldilà. Nel l eu secolo gli abitanti del­ le città dell'impero, soddisfatti del proprio mondo, del posto che vi oc­ cupavano e degli dèi che si prendevano cura di loro, erano candidati al cristianesimo alquanto improbabili Naturalmente anche in quel mondo pervaso di superbia non mancavano persone, o addirittura interi grup­ pi, più sensibili, alla ricerca di una pienezza religiosa che il culto tradi­ zionale non offriva. Tuttavia gli ambiemi pronti ad accogliere la parola del Vangelo erano poco numerosi; collocati ai margini della comunità, erano oggeno di commiserazione se non addirittura di sospetto pronto a trasformarsi in odio (nel prossimo capilOlo, quando tratterò la proble­ matica delle persecuzioni, avrò occasione di descrivere con maggior precisione la reazione dei pagani al cristianesimo). Fu solo con la crisi del m secolo, quando nemici esterni attaccarono con successo le frontiere dell'impero distruggendo il mito dell'invinci­ bilità romana, quando la pace interna fu mrbata da pretendenti al trono in lotta per il potere, quando, infine, si approfondì la crisi delle città, terreno naturale della civiltà antica, che il numero di persone toccate dal peso delle disgrazie collettive e individuali crebbe notevolmente. Le generazioni testimoni del crollo della solida costruzione che aveva assi­ curato benessere e pace dello spirito ai loro predecessori, iniziarono a cercare febbrilmente nuovi dèi, capaci di arrecare speranza e conforto. 62 Copyrighted

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Le conversioni I cambiamenti religiosi subentrarono quindi in ragione della sofferenza toccata in sorte alle comunità del mondo romano. Coloro tra gli storici della Chiesa moderni che negano la lentezza della cristianizzazione, descrivendone l'avanzata come una rapida marcia trion­ fale, peccano di ingenuità; la fatica con cui gli uomini si staccarono dagli antichi dèi non dimostra affatto la debolezza del cristianesimo, la quale, al contrario, derivava da ciò che secoli dopo si sarebbe rivelata la sua for­ za, ossia un monoteismo senza compromessi, che esigeva una profonda trasformazione del vecchio modo di pensare e di vivere. La rete delle comunità cristiane si infittì in tempo relativamente rapido; le comunità erano piccole, circondate di diffidenza, e le assurde accuse di cui erano fatte oggetto (avvelenamenti, omicidi rituali, raffinata dissolu­ tezza) dimostrano non solo il senso di estraneità che suscitavano, ma an­ che la grande ignoranza degli accusatori. Alla fine del m secolo, gli am­ bienti fervidamente pagani avrebbero odiato con molta più forza i cristia­ ni, ma non li avrebbero più accusati di reati comuni: tutti (o quasi tutti) sapevano ormai chi fossero e come vivessero i seguaci della nuova fede.

3.2 Quanti erano i cristiani a metà del m secolo Quanti cristiani vivevano nell'impero romano all'inizio, alla metà e alla fine del TTT secolo? Quante erano a quel tempo le Chiese? Purtroppo non siamo in grado di rispondere a queste semplici e fondamentali do­ mande, poiché le fonti non ci forniscono alcun supporto. Potremmo elencare le città in cui l'esistenza delle comunità cristiane è ben docu­ mentata, ma si tratterebbe di una lista incompleta, giacché le nostre co­ noscenze sono dolorosamente carenti. La mancanza di informazioni su una data città non significa affatto che non vi fossero cristiani. Parlando in termini specialistici, direi che la prova ricavata dal silenzio delle fonti (argumentum ex silentio) in questo caso non può essere applicata. Non solo è impossibile determinare il numero dei cristiani nelle comunità, anche in quelle meglio conosciute, ma non possiamo indicare nemmeno un ordine di grandezza approssimativo. Il lettore dovrebbe convincersi che le cifre che talvolta compaiono nei libri e negli articoli (dettate dal­ l'irresistibile tentazione di tradurre semplici impressioni nel linguaggio dei numeri) sono completamente prive di fondamento. Pur rinunciando a lavorare con i numeri, possiamo tuttavia cercilfcc cli stabilire l'entità approssimativa della diffusione del cristianesimo ricor­ rendo ad argomenti indiretti. È meglio sapere poco che niente. L'analisi delle azioni della Chiesa e di quelle contro la Chiesa sembre­ rebbe indicare un aumento sensibile del numero dci cristiani attorno alla metà del m secolo. Ciò si manifesta in vari modi: le strutture orga­ nizzativc della Chiesa si complicano, le regole del suo funzionamento, prima fluide c affidate alla tradizione orale, si formalizzano, i mezzi economici a disposizione dei vescovi crescono visibilmente. Ma l'au63

Storia della China nella tarda antichità

mento delle comunità cristiane è testimoniato soprattutto dal nuovo modo di combatterle. Le persecuzioni dei cristiani nelle diverse località dell'impero ebbero un carattere sporadico fino alla metà del Ili secolo. Professare la fede in Cristo poteva comportare ovunque una condanna a morte; tuttavia non esisteva una vera e propria politica degli imperatori nei riguardi della Chiesa. Non erano stati presi provvedimenti legali che definissero il comportamento dei funzionari nei confronti delle comunità, né si attac­ cavano i cristiani contemporaneamente in tutto l'impero. Solo nel 250, per la prima volta, la Chiesa divenne oggetto di una repressione v@�a e guidata dall'alto. L'editto di J4!cio. che ordinava a tutti gli abitanti dell'impero di offrire �ificio agli dèi, colpiva naturalmente le co­ munità cristiane, perché tutti i membri di queste che non avessero par­ tecipato alle cerimonie si esponevano a gravi pene. L'imperatore agiva per ragioni religiose: di fronte alla dura crisi provocata dalle incursioni dei barbari riteneva opportuno invocare la benevolenza delle divinità, e questo era lo scopo principale dell'editto. Tuttavia, sia l'imperatore sia il suo entourage sapevano bene che i casi di disobbedienza si sarebbero avuti soprattutto tra i seguaci di Cristo. È dunque chiaro che a metà del ITT secolo le comunità cristiane dove­ vano essere numerose, ben visibili e influenti. Costituivano un nemico importante, che andava attaccato sistematicamente e distrutto. Il tempo dei pogrom sporadici era ormai chiaramente finito.

3.3 Come si diventava cristiani

Purtroppo sappiamo poco del modo in cui avvenivano le conversioni. Possiamo dire qualcosa riguardo alla preparazione al battesimo, ma in genere le fonti tacciono in merito alle circostanze che avevano portato i catecumeni a scoprire la nuova fede. Probabilmente, prima della svolta di Costantino l'elemento decisivo era l'attività individuale dei membri della comunità: erano loro a predicare il Vangelo nella cerchia dci cono­ scenti e a testimoniare con l'esempio il valore della nuova religione; non risulta infatti che le Chiese prendessero l'iniziativa di tenere pubbliche discussioni o conferenze (o perlomeno che lo facessero sistematicamen­ te), e in ogni caso l'atmosfera generale non favoriva simili iniziative. Non sappiamo nemmeno in quale misura le riunioni delle prime co­ munità cristiane fossero aperte a tutti, poiché la tendenza a rinchiudersi in gruppi coesi era molto forte. Il cristianesimo antico, infatti, univa in modo sorprendente due qualità apparentemente opposte: l'universalità (e quindi la missione di convertire tutta l'umanità) c il settarismo.' I ca-

1 Mi rendo conto del giudizio qualitativo che questo termine comporta, ma non riesco a trovarne un altro: mi riferisco alla tendenza a dar vita a gruppi net­ tamente separati dal mondo, composti di persone moralmente e teologicamente

64

Le conversioni

J tecumeni, per esempio, non potevano partecipare all'intera messa e ve­

nivano allontanati dalla riunione prima dell'inizio dell'offerta eucaristi­ ca, considerata un mistero, un segreto accessibile solo a coloro che ave­ vano ricevuto il battesimo, mentre le prediche rivolte dal vescovo ai fe­ deli erano accessibili a tutti. Nel Il! secolo, dopo che la letteratura cristiana si era ormai sviluppata, certuni scoprivano la nuova fede attraverso le letture, ma si trattava di casi isolati. Le persone colte si sentivano respinte dallo stile letterario della Bibbia, così distante dai modelli stilistici appresi nelle scuole. Le apologie del cristianesimo, che cominciarono a diffondersi verso la metà del n secolo, non erano letture adatte ai pagani, sebbene proprio a loro fossero ostensibilmente destinate: la religione pagana era trattata con orrore e i seguaci delle antiche divinità insultati senza complimenti. Sicuramente tali "difese" del cristianesimo servivano ad appagare i bi­ sogni degli stessi cristiani, rafforzando in loro la certezza di essere nel giusto; inoltre, agli occhi dci membri più colti delle comunità, esse no­ bilitavano la nuova religione, esponendo le sue verità in uno stile lette­ rario conforme alle regole classiche. Le opere non apologetiche tocca­ vano invece argomenti in grado di suscitare l'interesse delle persone già convertite al cristianesimo. Un ruolo fondamentale nella diffusione del cristianesimo ebbero in­ vece le persecuzioni. Di fronte ai processi pubblici c ai martirii nelle arene degli anfiteatri e dei circhi, furono probabilmente in molti a chie­ dersi che cosa spingesse i cristiani a conservare con tanto ardore la pro­ pria religione. Certo la maggioranza vedeva in questo una riprova del fanatismo dei seguaci di Cristo; i più sensibili però provarono interesse c simpatia per i martiri c cercarono di saperne di più sul cristianesimo entrando in contatto con le comunità. Fin dalle origini il cristianesimo annoverò tra i suoi seguaci persone delle più diverse condizioni sociali. La cosa non deve mcravigliarci, poi­ ché la crisi religiosa si manifestava a tutti i livelli della scala sociale. Naturalmente esistevano ambienti più o meno disponibili alla conversio­ ne: le donne, per esempio, erano più di altri disposte ad accogliere il Vangelo (di ciò parlerò più estesamente nel capitolo 11), mentre forti re­ sistenze si riscontravano da un lato tra l'élite che amministrava l'impero a livello centrale (senatori e cavalieri), dall'altro tra i contadini, maggior­ mente legati all'ordine morale e religioso tradizionale. Ben presto, però, il cristianesimo avrebbe fatto breccia anche in questi gruppi refrattari.2

pure, gruppi ai quali si accede mediante un'iniziazione, al fine di distinguere co­ loro che ne fanno parte da coloro che ne restano esclusi. 1 A questo proposito vorrei sottolineare in modo categorico che la divisione della storia del cristianesimo in un'epoca caratterizzata dalla conversione delle persone semplici e un'altra segnata dall'adesione dci ceti più colti e abbienti, è un'idea ormai superata dal punto di vista scientifico. Se talvolta riappare in qualche opera ciò non depone a favore degli autori. 65

Storia della Chiesa nella tarda antichità Si sono conservate pochissime descrizioni di conversioni individuali. Tra quella dì Paolo e quella di Agostino, per citare le più famose, inter­ corrono oltre tre secoli, durante i quali il mondo mediterraneo si è cri­ stianizzato. In tutto questo lungo periodo estremamente rari sono i casi in cui siamo in grado di stabilire che cosa abbia indotto una persona educata in ambiente pagano o ebraico ad abbandonare la religione tradi­ zionale per entrare in una comunità cristiana, quali fatti abbiano dato il via a questo processo, quali parole, e di chi, quali azioni, e di chi, abbia­ no spinto persone tanto diverse ad accogliere il messaggio del Vangelo. Risulta quindi difficile cogliere il meccanismo psicologico della conver­ sione, menue sembra essere più facile avanzare congetture di tipo socio­ logico. Oltretutto non dobbiamo dimenticare che nella cultura antica l'interesse per l'individuo, per le trasformazioni della sua vita interiore, per l'oscillazione di pensieri e sentimenti, per i mutamenti degli stati d'a­ nimo o per la lotta ua il freddo razionalismo e l'emotività non si spinge­ va molto lontano, o perlomeno non tanto quanto nella cultu.ra europea del XIX e XX secolo. Nella letteratura antica, o comunque antecedente a sant'Agostino, cercherenuno invano l'annotazione di stati di coscienza e di flussi di pensiero: l'analisi minuziosa degli eventi passati, che permette di ricostruire la tortuosità del percorso compiuto, noo esiste; sia la men­ talità pagana sia quella cristia.na erano prive di quei presupposti che in­ ducono a riflettere sulla metamorfosi interiore dell'individuo. Non deve quindi sorprenderei la scarsità delle testimonianze sul cammino seguito dagli individui per giungere a Dio e alla Chiesa. Lo storico che desideri ricostruire il processo di cristianizzazione del mondo antico si imbatte in un'ulteriore difficoltà. l pagani di ieri, dive­ nuti cristiani, si allontanavano cos1 nettamente dal proprio passato, cbe finivano per non capirlo più. Tutto quello che apparteneva alla vita pre­ cedente sembrava loro riprovevole o comunque poco importante. Ri­ partivano da zero, quanto mai riluttanti sia a ripensare agli atteggiamenti e alle abitudini del passato, sia a parlarne. Se scrivevano della loro con­ versione era per testimoniare pubblicamente la nuova fede e la nuova moralità, non cerro per indagare su c:he c:osa avesse provocato quella grande trasformazione. La consapevolezza dell'aiuto di Dio era più che sufficiente, e neanche per un attimo dubitavano che fosse stato proprio il suo intervento a indurii ad abbandonare la vita di prima. I cristiani che li avevano sostenuti nella conversione erano stati solo un mezzo della gra­ zia divina: occorreva quindi ringraziare Dio per l'aiuto, senza soffermarsi sull'opera dei suoi strumenti umani. Uo esempio signitìcativo di questa profonda incomprensione per il proprio passato ci viene offerto dalle apologie scritte da intellettuali cri­ stiani neoconvertiti: leggendole si direbbe che gli autori abbiano perso ogni nozione della religione pagana (che pur dovevano avere). Le apo­ logie non sono una buona fonte per la storia delle religioni antiche; lo storico che conosce la documentazione di parte pagana non crede ai propri occhi, nel constatare quanto sia diverso il quadro del paganesi66

rinhtf>ri;,l

Le conversioni

mo tratteggiato dagli autori convertiti al cristianesimo e animati dal de­ siderio di allontanarsi dal proprio passato e di condannarlo.

3.4 La via alla Chiesa dell'intellettuale Esistevano però delle eccezioni. La più famosa è quella di Giustino (100 ca.-165 ca.), nato da una ricca famiglia pagana di Flavia Ncapolis (oggi Nablus), in Palestina. Nel Dialogo con Trt/one Giustino narra le circostanze in cui avvenne la sua conversione. Ad avvicinare Giustino al cristianesimo era stata la filosofia. Nella sua ricerca della verità su Dio, il giovane si era dapprima interessato agli stoici (che costituivano la principale scuola filosofica del tempo), ma la loro dottrina gli parve sterile: per quanto studiasse, la sua conoscenza di Dio non progrediva e il maestro di Giustino diceva che si trattava di una «cognizione inutile». Il giovane allora cercò una guida spirituale in un altro filosofo, un aristotelico, il quale dopo alcuni giorni volle stabili­ re il compenso per i propri insegnamenti. Giustino ne rimase deluso, così come lo deluse il contatto con i neopitagorici. Quando il maestro di quella scuola seppe che Giustino voleva diventarne un adepto, chie­ se: «Vediamo, hai coltivato la musica, l'astronomia, la geometria? O pensi forse di poter discernere alcunché di quanto concorre alla felicità senza prima esserti istruito in queste discipline, che distolgono l'animo dalle cose materiali e lo preparano a trarre frutto da quelle spirituali, sì da giungere a contemplare il bello c il bene?». Senza lo studio di quelle discipline il neopitagorico non volle accettare Giustino, il quale riteneva ragionevoli le richieste, ma, nel suo desiderio di avvicinarsi a Dio, era troppo impaziente per dedicare anni e anni alle varie fasi dell'insegna­ mento. La persona da cui Giustino imparò di più fu un filosofo della scuola platonica: «Mi affascinava la conoscenza delle realtà incorporee e la contemplazione delle idee eccitava la mia mente. Ben presto ritenni di essere diventato un saggio c coltivavo la sciocca speranza di giungere alla visione immediata di Dio». Un giorno il giovane decise di cercare la solitudine in un luogo appar­ tato per «stare solo con se stesso senza essere disturbato». Strada facen­ do incontrò sulla riva del mare un vecchio «dall'aria mite e veneranda», che indicò a Giustino un altro modo di avvicinarsi a Dio: il Vangelo. Quanto a me, un fuoco divampò all'istante nel mio animo e [ ] trovai che que­ ...

sta era l'unica filosofia certa sono un filosofo

c

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proficua. In questo modo e per varie ragioni io

vorrei che tutti assumessero la mia stessa risoluzione e più

non si allontanassero dalle parole del Salvatore. Esse infatti incutono un certo timore e sono sufficienti a confondere coloro che deviano dalla retta strada, mentre una quiete dolcissima pervade coloro che le mettono in pratica. l

1

San Giustino, Dta/og.o con Tri/one, Edizioni Paolinc, Milano 1988, pp. 88-92. 67

Storta della Chiesa nefta tarda antichità

li racconto di Giustino non va preso troppo alla lettera: esso riprende infatti stereotipi letterari e filosofici ricalcati su modelli prestabiliti. Più che i fatti reali, ciò che conta è il modello proposto, la strada ideale che l'intellettuale dovrebbe seguire per convertirsi al cristianesimo. Poco importa, quindi, la verità della narrazione; per noi è sufficiente che Giustino abbia presentato questa versione ai suoi lettori, che evidente­ mente la ritenevano plausibile. (Naturalmente la via della ricerca filoso­ fica era accessibile solo agli i.!)t,fllett�.g_!i. non certo all'uomo qualunque N e non possiamo pretendere che simili scritti testimoniassero le esperien-(1 ze della gente comune.) Nel racconto di Giustino vorrei però sottoli­ neare la presenza dell'inquietudine e della scontentezza, premesse indi­ spensabili di ogni com;'èrsroile:a�lla con�er;ibne Ji tutti, non solo degli intellettuali.

3 .5 Difficoltà dei matrimoni misti

Per lungo tempo furono i singoli individui, e non i gruppi sociali o pro­ fessionali, ad abbracciare il cristianesimo. Spesso nella medesima fami­ glia convivevano pagani e cristiani e ciò era fonte di tensioni, conflitti, accuse reciproche e denunce alle autorità. Delle difficoltà originate dalla differenza di fede narra in modo sor­ prendentemente realistico Tertulliano (155 ca.-220 ca.), scrittore latino originario dell'Africa settentrionale: Ogni donna cristiana perciò dovrà essere necessariamente fedele nel servizio di Dio. E come mai potrebbe questa servire a due padroni, al Signore e al marito, per di più pagano? Se ella si preoccupa di aderire alle esigenze del marito pagano, cercherà di mettere in evidenza i pregi stimati dai pagani,

c

cioè la bellezza, l'acconciatura, le raffinatezze secolari e le lusinghe piuttosto oscene. Perfino i segreti dell'intimità coniugale diverranno peccaminosi. [ ... ]

Giudichi ella stessa come riuscirà a adempiere i suoi impegni nei confronti del marito [.. ]. Infatti ella avrà sempre al suo fianco un servitore del demo-. .

nio, vale a dire un procuratore solerte di questo suo padrone, incaricato di frapporre ostacoli alle buone premure

c

agli impegni dei cristiani. Le conse­

guenze saranno queste: se occorre dedicarsi alla stazione,4 il marito, proprio quel giorno, dovrà recarsi ai bagni; se bisognerà osservare il digiuno, il mari­ to, quel giorno stesso, darà un banchetto; se c'è necessità di uscire di casa, mai sopravvengono tanti lavori di casa che esigano la vigilanza sugli schiavi. Chi mai permetterebbe alla moglie di passare di rione in rione allo scopo di

visitare i fratelli, entrare nelle case più povere e perfino nei tuguri più misera­

bili) E chi mai lascerebbe di buon grado che la moglie gli si staccasse di fian­ co, quand'anche lo esigesse il suo compito per recarsi alle riunioni notturne) E chi infine sopporterebbe serenamente che durante le solennità della Pasqua

4 Cioè partecipare a una riunione dei cristiani in cui si prega stando in piedi. 68

Le conversioni ella passasse la notte fuori di casa? E chi mai consentirà, senza averne sospet­ to, che la moglie frequenti la mensa del Signore, che è motivo di tante calun­ nie ignominiose? Chi potrà tollerare che la moglie si insinui furtivamente dentro le carceri allo scopo di baciare la catena di un martire? Potrà egli ammettere che la moglie si avvicini a qualcuno dei fratelli per scambiare il bacio della pace, rechi l'acqua per lavare i piedi dei santi, s'inte­ ressi premurosamente del cibo c della bevanda per loro, desideri farlo e non pensi ad altro se non a questo? Poi, nel caso che sopravvenga un fratello da un lungo viaggio, quale ospitalità potrà ricevere in una casa a lui del tutto estranea? [. . ]

.

Così infatti il Signore afferma: "Non gettate le vostre perle innanzi ai porci, af­ finché non le calpestino c poi si rivoltino per abbattere anche voi". Vostre per­ le sono pure le testimonianze della vostra vita quotidiana. E allora, per quanto tu ti preoccupi per occultarla, tanto più la renderai motivo di sospetto, e per­ ciò tanto più ne farai oggetto di curiosità, da parre dci pagani, per conoscerla meglio. Potresti tu nasconderlo alla sua attenzione, quando fai il segno della croce sul tuo corpo, quando, con soffio, procuri di cacciare via qualcosa d'im­ puro, come anche quando ti alzi di notte per pregare? Non sembrerà forse che tu operi qualche segno di arte magica? Non saprà forse tuo marito che cosa tu prendi in segreto prima di assumere ogni altro cibo) E se saprà che si tratta di pane, non penserà forse che è proprio quello, di cui si parla? [ ]

...

Così la serva di Dio finirà per dimorare in compagnia degli dèi estranei, ed è in tale ambiente che ella sarà frastornata dalla celebrazione di tutte le solen­ nità in onore dci sovrani, al cominciare dell'anno, all'inizio dci mesi, in mezzo alle esalazioni degli incensi. Uscirà così, dalla porta di casa, tutta adorna di al­ loro

c

di lampade, come da un sito novello destinato alle riunioni a scopo di

pubbliche libidini. Ella si siederà a tavola col marito, spesso in occasione di banchetti di amici, sovente, nelle stesse tavernc. E talvolta dovrà adattarsi a occuparsi di persone malvagie, Ici che un tempo era abituata a servire i santi.

[ .. ] E della bevanda di chi presumerà d'essere partecipe? Che cosa canterà il

.

marito per lei, e che cosa canterà lei per il marito? Ella dovrà senza dubbio sentire gli echi di tutto quello che si produce nei tea­ tri, nelle tavernc

c

nell'inferno. Quale invocazione

a

Cristo? Quale alimento

alla fede, derivato dalla lettura della Scrittura? Dove la benedizione di Dio? Tutto \·i sarà estraneo, tutto ostile, tutto degno di condanna, tutto provocato dal maligno allo scopo di invalidare la salvezza.5

(

Dalla sua esposizione Tertulliano trae la conclusione seguente: «Stando così le co se , risulta che i cristi ni se contraggono il matrimonio con perseme pagane, si rendono ovviamente colpevoli di fornicazione e perciò debbono essere esclusi da ogni comunione con iT\·aféni». ùnverdetto, questo, che derivava dal rigorismo morale dell'autore: n.on...pru.:e infatti.. c molci cristiani condi�SCJ:.Qs>..lli!:ioni così radicali. I matrimoni mi­ sti urono comuni fino a cent'anni dopo Tertullìàno, e anche oltre

a ,

� 5

.

Tertulliano, Alla con.wrte, Il, -1, 3; n, 6, 1-2. 69

Storia della Chiesa nella tarda anticbità '

E facile trovare testimonianze analoghe a quella di Tertulliano, sebbene non altrettanto pittoresche e ricche di particolari; esse riguardano in­ variabilmente le donne e le loro sofferenze. Quest'attenzione c.oncen· trata sulle donne è perfettamente comprensibile alla luce di ciò che sap· piamo della loro posizione nella società; sottoposte al potere degli uo­ mini (padri, mariti, fratelli, tutori), non potevano scegliere liberamente la propria vita e, nel caso di differenze religiose, il marito trattava la mo­ glie da 1.ma posizione di forza, imponendole, se non la propria confes­ sione, perlomeno le condizioni del compromesso domestico che gli tor· navano più comode.

3.6 La religione pagana dopo la svolta costantiniana: da una tolleranza ostile alla repressione La conversione di Costantino al cristianesimo e il conseguente cambia­ mento della politica dello staro nei confronti della Chiesa crearono le nuove condizioni per la cristianizzazione dell'impero, che cominciò a procedere assai \lelocemente. A molte persone, soprattutto a quanti formavano l'apparato del potere o ne dipendevano direttamente, la conversione sembrava una scelta conveniente: facilitava la carriera sta­ tale, procurava le opportune protezioni, offriva una copertura nelle si· ruazioni pericolose. Non dobbiamo tuttavia vedere in questi vantaggi materiali il principale né tantomeno l'unico motivo che affrettò il pro· cesso di diffusione del cristianesimo. L a crisi complessiva, che aveva spinto le generazioni precedenti ad abbracciare una nuova fede, non scomparve con l'inizio del IV secolo; con il passare del tempo si fece . anz1 ptu acuta. I figli di Costantino, Costante e Costanzo, dichiararono guerra aperta aUa vecchia religione. Tta iJ341 e il356 essi emanarono ben cinque leg­ gi che proibivano il culto pagano e imponevano la chiusura dei templi. Cesset strperstitio, sacri/iciorum aboleatur insania («Cessi la superstizio· ne [dove superstitio sta senza dubbio per ''religione pagana"] e venga abolita la follia dei sacrifici») dichiara una legge di Costante.6 In un a]. tro atto Costanzo afferma che quanti oseranno offrire sacrifici agli dèi subiranno la pena della spada (Cod. Th , XVI, 10, 4). La politica di repressione per mezzo di atti legali continuò con Teodosio il Grande. Nel 38ll'imperatore proibì l'offerta di sacrifici sia di giorno che di notte, nonché la visita ai templi; le pene previste erano tuttavia più miti di quelle dettate dai figli di Costantino: invece della morte era prevista la deportazione (Cod. Th., XVI, 10, 7). L'anno seguen­ te venne promulgata una legge che proibiva l'offerta di sacrifici (Cod. Th., XVI, 10, 8). Con una legge del392 Teodosio, a nome proprio e dei figli, condannava a morte il paganesimo: .

'

6 Codex Theodosianus, X'Vl, 10, 2. 70

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aterial

Le conver.rioni

Gli imperatori Teodosio,Arcadia e Onorio a Rufina, prefetto del pretorio. A nessuno di qualsivoglia condizione [. ..l in alcun luogo, in alcuna città è consentito offrire sacrifici [. .] a statue senza vita, come pure venerare all'interno delle c ase Lari, Geni l J o Penati, accendere lumi in loro onore, bruciare incenso o appendere ghirlande. Chiunque osi offrire un sacrificio cruento o trarre vaticinio dalle interiora sarà considerato colpevole di ksa n�����; ��i )20trannq_�c�!!;: l o e �� ...,_ l';�us��o verrà e�m.!.�r2 il .� èJ..:;. er.��t,t.ç>k a!l.che se e l non avrà cercato di �yit,. sapere nicnfé'èOntro la salvezza o sulla salvezza deg i im eraton. .. . Uìipoivenerse dalla.carica, sostenendo che la consacraziOne eFf'èrn:nmt da un vescovo indegno non aveva alcun valore; inoltre si accusava il nuovo pa­ store di Cartagine di aver rifiutato, durante le persecuzioni, il cibo ai fe­ deli incarcerati. Pare che Ceciliano fosse disposto a sottoporsi una se­ conda volta alle cerimonie di consacrazione, ma per il sinodo la propo­ sta era inaccettabile. �� quindi un nuovo vescovo, Mag riQS> . Alh sua_!]orte, avve­ nuta poco dopo, il suo os o u eso da pnato di C asae N}grae, ve­ _ cl Sahara, uomo di gran­ scovo di una piccola loca ita num1 a ai limiti èf dc ener gia e coerente rigorista, che già da tempo si era fatto notare. Fu dal suo nome che gli scismatici vennero chiamati "donatisti". Costantino, che dopo la vittoria su Massenzio aveva assunto il gover­ no dell'Africa, trovò dunque divisa la sua Chiesa. Fin dall'inizio l'impe­ ratore si schierò dalla parte di Ceciliano, molto probabilmente su sug­ gerimento di Osio,9 gli fece dono di un'ingente somma di denaro e rac­ comandò al governatore di aiutarlo in ogni modo. L'esenzione dai mu­ nera doveva riguardare solo i suoi seguaci. l donatisti si appellarono all'imperatore:



Ti preghiamo, ottimo Cesare, tu che provieni da una famiglia giusta, tu, il cui padre, unico tra i cesari, non ha indetto persecuzioni, grazie alla qual cosa le Gallie sono immuni da tale delitto [ossia dalla traditio]. Poiché in Africa è in atto una contesa tra noi

e

gli altri vescovi, ci raccomandiamo alla Tua Pietà af­

finché ci faccia assegnare dci giudici delle Gallie.10

Questo testo, firmato da quattro vescovi della pars Donati, fu consegnato al governatore dell'Africa con la preghiera di trasmetterlo all'imperatore. Costantino acconsentì, nominando t�yescovig_allici.. che dovevano i!:!tffioga:fele partÙ ROm�, m presenza dd vescovo romano � La pì-oceaura subì ulteriori com-ptti:azioni quando costui aggiunse al consesso giudicante altri quattordici vescovi italici. Nell'ottobre 313 fu quindi convocato il sinodo. Dopo tre giorni di tempestose discussioni i partecipanti assolsero Ceciliano. [ donatisti respinsero la sentenza, sostenendo che Milziade non aveva diritto di giudicarli, essendo egli stesso un uomo indegno di occupare la

• Altrove i vescovi erano coerentemente ostili ai donatisti, perché non riusci­ vano a comprendere il senso di un odio così accanitO per i traditores: in altre parti dell'impero la questione non suscitava tanta emozione. 10 I testi donatisti citati si trovano nell'opera di OttatO (Optatus) di Milcvi, Adversus Parmenianum donatistam, in Corpus Scriptorum Ecclesiasticorum l,atinorum, Wien 1893, vol. XXV!, pp. 25-26.

133

Storia dello Chiesa nella tarda antichità sua carica, in quanto consacrato da Marcellino, macchiatosi, secondo i donatisti, di apostasia. Si appellarono nuovamente all'imperatore, il quale decise di rinnovare il processo, affidando la causa a un altro e più vasto consesso di vescovi, convocato ad Arles. I dibattiti si svolsero alla presenza dello stesso Costantino. Vi partecipavano trenratré vescovi e gli argomenti comprendevano varie questioni di disciplina ecclesiastica. IJ sinodo approvò dei canoni (placuit ergo praesente Spiritu Sancto et an­ gelis eiusdem: sandria; di conseguenza, la sentenza del sinodo non poteva che portare a uno scisma. Entrambe le parti iniziarono allora un periodo di intensa attività propagandistica: sia Alessandro che Ario inviarono a molti vescovi dell'Oriente cristiano let· tere che illustravano i princìpi della propria fede e le circostanze in cui era nata la controversia. � a...;u .J;4 te di Ario si schierarono fin dall'inizio Eusebio, v� dell'importa�k"Zfttà "Ji--�ò;;;e�ii;- (ai tempi di -DìoéleZiano era stata una capitale imperiale) nonc�-un altro Eusebio, il vescovo di Cesarea di Palestina. Su iniziativa di questi ultimi s1 svolse­ ro 'duè'picco1i"SSri'i'a in -Èitlniae in Palestina, che dichiararono "orto­ dosse" le opinioni di Ario. Costantino intervenne nel conflitto alla fine del 324, dopo la vittoria \ su Licinio. Su ordine dell'imperatore giunse ad Alessandria Osio, con una lettera per i due esponenti della controversia, nella quale Costantino li invitava a riconciliarsi, sottovalutando però l'oggetto del contendere (ne citerò ampi frammenti all'inizio del capitolo seguente). Ma l'effetto dell'invito fu praticamente nullo. Osio, che simpatizzava apertamente per Alessandro, prese in seguito parte al sinodo di Antiochia (inizio del 325), composto in larga maggioranza da opptlsit�o (teniamo

r

-

139

. .·. . ...

L.:impero romano nel i__

IV

secolo

SOOkm

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Confini tra l'impero Occidentale e quello Orientale Confini delle diocesi Confini delle province

Stora i della Chiesa nella tarda antichità

presente che questi sinodi minori di solito radunavano vescovi della me­ desima idea, quindi non c'è da stupirsi che prendessero decisioni diarne· tralmente opposte). Nel frattempo i due schieramenti operavano per assicurarsi l'appog­ gio dei vescovi; venivano scritte lettere aperte, trattati polemici, e gli stessi interessati, o i loro inviati, giravano da una città all'altra. L'insuccesso dei tentativi intrapresi dovette rivelare a Costantino la vera entità della controversia e la conseguente necessità di convocare un consesso di vescovi più vasto, con rappresentanti di entrambe le pani e dotato di sufficiente autorità per approvare una professione di fede va­ lida per tutti. Il modello era quello del sinodo diArles, convocato anni prima per risolvere gli scismi in Africa. Inizialmente si pensò di farlo svolgere adAncira, ma quando Costantino si rese conto che la sua pre­ senza sarebbe stata indispensabile, convocò i vescovi in una città posta vicino alla propria residenza (che nel 325 era ancora Nicomedia). Furono invitati nmi i vescovi, ma la fatica dd viaggio e le malattie dei pastori, quasi tutti in età avanzata, fecero sì che solo una minoranza ar­ rivasse a Nicea. Il sinodo radunò dunque più di duecento partecipanti, provenienti da varie diocesi d'Oriente, mentre dall'Occidente non giun. se quast nessuno. Ho già descritto l'apertw·a del consesso e l'atteggian1ento di Costan­ tino: l'imperatore voleva un ristùtato unanime, in quanto mirava alla concordia della Chiesa e non a schiacciare la parte perdente. Entrambi gli schieramenti annoveravano vescovi che egli conosceva personaLuen­ te e che stimava: Osio, Eusebio di Nicomedia, Eusebio di Cesarea e al­ tri ancora. Costantino fece dunque quanto era in suo potere per ottene­ re il risultato sperato: Ascoltava pazientemente tutti i discorsi, seguendo con la massima attenzione le proposte presentate. Ora intromettendosi, ora incoraggiando ciò che dicevano le due parti, poco a poco riuscì a conciliare le opposte pos izioni Parlando se­ .

renamente con tutti e servendosi della linj,'11a greca, che pure conosceva, sem­ pre amabilissimo e lieto, convinceva gli uni con la forza delle sue ragioni, altri li persuadeva con la preghiera ; colmava di lodi quanti esprimevano giuste opi· nioni, invitando rutti alla concordia. Così facendo, riuscl finalmente a rendere tutti concordi e unanimi su tutte le questioni prima controverse. 14

Dopo le discussioni (di cui purtroppo sappiamo poco, non essendosi conservati i protocolli del concilio) i vescovi riuniti a Nicea approvaro­ no il testo della professione di fede, firmata da tutti tranne che da due stretti seguaci libici di Ario: Secondo di Tolemaide e Teone di Marmarica. Ario fu condannato dal concilio. Se non si può J)arlare di unanimità assoluta, si trattò pur sempre di un risultato imponente, con­ siderando che tra i vescovi presenti il gruppo dei sostenitori diArio era 1q

Socrate Scolastico, Storia ecclesiastica, ediz. G.Ch. Hanson,

1,

8.

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Gli imperatori

e

la Chiesa

inizialmente molto numeroso (anche se ben lontano dal costituire la maggioranza). L'imperatore contribuì al risultato non solo con incita­ menti e spiegazioni: tutti sapevano perfettamente che i ribelli sarebbero stati esiliati. Costantino comunicò trionfalmente al mondo cristiano l'esito dei di­ battiti conciliari; dalla sua cancelleria partirono missive dirette a tutte le Chiese. L'imperatore inoltre emanò nei confronti diArio la seguente di­ sposizione: Avendo Ario seguito l'esempio di uomini empi e malvagi, merita di subire la stessa pena degli altri. Allo stesso modo che Porfirio, nemico della vera pietà c

autore di opere scellerate contro la religione cristiana, ha avuto degna mer­

cede, per cui lui stesso è ricoperto d'obbrobrio presso i posteri e i suoi empi scritti sono caduti nell'oblio, così ora abbiamo deciso che Ario

c

i suoi segua­

ci vengano detti "porfiriani" l.. ] E se qualcuno avesse nascosto un libro .

scritto da Ario, invece di prcndcrlo e gettarlo alle fiamme, sia condannato alla pena di morte.15

Il 25 luglio 325 i vescovi presero parte a un grande banchetto, indetto in occasione dei vent'anni del regno di Costantino. In seguito Eusebio narrò che i vescovi banchettarono con l'imperatore come apostoli attor­ nio a Cristo in Paradiso. L'imperatore distribuì doni, esortò nuovamen­ te all'amore, alla collaborazione, alla concordia. Ben presto si sarebbe reso conto che i vescovi erano assai lontani da quei nobili sentimenti. Due simpatizzanti diArio, Eusebio di Nicomedia e Tcognide di Nicea, che avevano firmato il Credo rifiutanaosiCiì'Sòtl:"nsciwere-tt-eesto rima­ nente, si inimicarono l'imperatore stringendo contatti con certi scontenti di Alessandria. Costantino reagì condannandoli all'esilio; nella lettera in- \ viata ai cittadini di Nicomedia ricordò tra l'altro c1ie Eusebio aveva avu­ to buoni rapporti con Licinio. I n seno alla Chiesa, ormai, il conflitto era divam paro, e non si poteva più parlare di compromessi e di tolleranza in materia di fede. Sebbene il Credo avesse suscitato vivaci riserve teologiche, nessuno aveva osato at­ taccarlo (nessuno lo fece apertamente finché visse Costantino, che non l'avrebbe mai accettato). Tuttavia ci si combatteva in ogni modo possibi­ le. Entrambe le parti intrapresero un'azione di "pulizia" dei vescovati al­ l'interno della loro sfera di innuenza, liberandosi con vari pretesti dci ve­ scovi scomodi e sostitucndoli con altri fedeli alla dottrina. Accusare un avversario di comportamento immorale in campo sessuale, per esempio, era un modo per liquidarlo; quanto poi ci fosse di vero e di falso in simili accuse (era sempre possibile presentare una donna di facili costumi che incolpasse l'ecclesiastico di dissolutezza), è impossibile saperlo. Per effetto di queste azioni di "pulizia", i fautori diArio conquistarono importanti influssi in Siria, Palestina, Fenicia e anche inAsia Minore.

1�

lvi, l, 9. 143

Storia della Chiesa nella tarda antichità Ancor prima della fine del 327 Ario, Eusebio e Teognide espressero tuttavia il desiderio di rientrare in seno alla Chiesa dopo avere firmato i documenti necessari. Il permesso di lasciare i luoghi dell'esilio fu accor­ dato da Costantino, ma la decisione di riaccoglierli fu presa da un sino­ do, certo minore, svoltosi al più tardi nel 328 a Nicomedia o a Nicea. Ario mise per iscritto la sua professione di fede, che nel complesso, seb­ bene non comparisse il termine homoousios, basilare per il Credo niceno, risultò soddisfacente. Di conseguenza, il ritorno di Eusebio e Teognide dall'esilio fu una semplice formalità. Costantino, immemore di quanto aveva precedentemente detto e scritto di Ario («è evidentemente caduto preda delle forze sataniche»), e visibilmente soddisfatto del corso degli eventi, inviò una lettera ad Alessandro in cui chiedeva di riaccogliere Ario nella Chiesa egiziana con una passionalità pari a quella impiegata un tempo nel condannarlo. Le cose però andarono diversamente. Alessandro, che era contrario, morì, e il suo successore, Atanasio, assun­ se un atteggiamento ancora più intransigente. Di fr;me alla sua opposizione, Costantino cedette. L'atteggiamento di Costantino nei confronti degli ariani non significa­ va affatto un cambiamento nella sua politica, bensì ribadiva, ancora una volta, la volontà dell'imperatore di mantenere la Chiesa unita: perché avrebbe dovuto respingere delle persone condannate, ma che riconosce­ vano i propri errori ed erano disposte ad accettare il Credo niceno) Del resto erano i vescovi riuniti nei sinodi a prendere le decisioni vincolanti, e la guerra che si svolgeva in seno alla Chiesa era sicuramente estranea e sgradita a Costantino, al quale poco importava delle ragioni che impone­ vano l'allontanamento definitivo dell'awersario. Negli ecclesiastici l'im­ peratore apprezzava la capacità di trovare un accordo, la disponibilità a lasciarsi convincere, c mal tollerava la rigidezza del rigorismo; per lui era quindi più facile essere d'accordo con i due Eusebio, autori di abili com­ promessi, che non con Atanasio. Ma nel cristianesimo era ormai in atto un conflitto che non lasciava spazio al compromesso, e questa verità Costantino non la capiva (sarebbe invece apparsa evidente ai suoi figli, cresciuti sotto gli occhi di educatori cristiani). L'imperatore probabilmente non si rendeva conto che gli ariani non avevano alcuna intenzione di schierarsi dalla parte del Credo niceno; su questo punto la sua buona fede è fuori discussione: le sue illusioni na­ scevano dal fatto che egli non sapeva valutare il peso delle controversie teologiche (me ne occuperò nel capitolo seguente), non conosceva le tecniche specifiche per condurre i conflitti dottrinali c non awertiva i pericoli in essi nascosti. Per i seguaci di Ario non era difficile conferire al testo del Credo un 'interpretazione che permettesse loro di conservare la propria dottrina, soprattuto in una versione più morbida, e di rico­ minciare a diffonderla. Inoltre sapevano bene che con il passare del tempo l'opposizione al Credo niceno sarebbe aumentata, il che conferi­ va loro ottime opportunità per il futuro. Coloro che si opponevano al ritorno di Ario e dei suoi sostenitori si rendevano conto di tutto ciò as144

Gli imperatori e La Chiesa

sai meglio dell'imperatore: dal loro punto di vista occorreva agire con la massima severità, senza sopravvalutare il significato dell'unità nella Chiesa, che tante volte ormai aveva superato con successo le lacerazioni provocate dalle eresie.

6.1 O Mcliziani contro cattolici: la mancata unità della Chiesa in Egitto

Mentre in Siria, Palestina c Asia Minore l'arianesimo estendeva la sua in­ fluenza, in Egitto le cose andarono in modo diametralmente opposto. Dopo la morte di Alessandro nel 328, fu eletto vescovo di Alessandria (non senza dissensi) Atanasio, uomo energico c ambizioso. Rigorista e ac­ ceso nemico degli ariani, pronto, per la buona causa, a ricorrere alla vio­ lenza e indifferente sia agli usi costituiti che ai canoni ecclesiastici, Atanasio divenne l'avversario della linea di Costantino; circondandosi di persone che ne condividevano il rigore c lo zelo, c cercando in Occidente l'appoggio alle sue iniziative, il nuovo vescovo di Alessandria fece naufra­ gare le speranze dell'imperatore nell'unità della Chiesa. La situazione in Egitto era complicata dalla contemporanea presenza di due gruppi ostili ad Atanasio: gli ariani e i meliziani; questi ultimi fu­ rono all'inizio i nemici più pericolosi, e proprio ai metodi necessari per sconfiggerli si devono i primi attriti tra il vescovo e l'imperatore. Lo scisma meliziano era nato in Egitto ai tempi delle persecuzioni di Diocleziano. La responsabilità di averlo provocato ricadeva su Melizio, vescovo di Licopoli_(ndl'Alto Egitto), il quale ave�criticato té"'''ietfo, vescovo di Alessandria, per il suo com ortai1i'ènto dura e e p�7.iè5n!:tffiiu tto per essere fuggito senza 1 endere i e e 1 in U'}' mÒ�ntoCOSi difficile, e in secondo luogo per avere dimostrato un'ed-" cessiva tolleranza nei riguardi degli apostati.16 Ancora al tempo delle persecuzioni, Melizio aveva cominciato a con­ sacrare nuovi vescovi, creando così le basi per la nascita di una nuova Chiesa, sebbene non fossero certo queste le sue intenzioni: a muoverlo, in quei difficili anni di repressioni, era stato esclusivamente il desiderio di assicurare il servizio ecclesiastico alle comunità che ne erano prive. Il conflitto tra meliziani e ortodossi non si estinse con il martirio di Pietro nel311; quanto a Melizio, era stato precedentemente condannato ai la­ vori forzati nelle cave di pietra. Subentrata la pace, i fautori di Melizio in Egitto erano numerosi e in molte località si formarono gerarchie pa­ rallele e il melizianesimo si diffuse soprattutto tra gli asceti.

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16 Esi stono evidenti somiglianze tra lo scisma dei donatisti c quello dei meli­ ziani anche se è diffici l e stabilire fin dove arrivino; nei lavori più recenti, gli studiosi ricercano la "vera" origine del conflitto nelle tensioni tra la Chiesa di Alessandria e le altre Chiese egiziane: pur non essendone completamente con­ vinta, non ho qui lo spazio necessario per esporre i miei dubbi. ,

145

Storia della Chiesa nella tarda antichità Il conllitro, almeno agli inizi, non rivesù un carattere dottrinale, bensì esclusivamente disciplinare. Le decisioni nei confronti dello scisma era­ no state prese dal concilio di Nicea: in in l ea di principio esse non priva­ vano gli ecclesiastici meliziani delle loro dignità, ma li subordinavano al clero consacrato dai continuatori della linea di Pietro; alla morte di un vescovo non meliziano il suo seggio poteva anche venir occupato a pie­ no titolo da un meliz.iano, ma solo con il consenso del vescovo di Alessandria e dopo la celebrazione di riti supplementari. In tal modo, con il passare del tempo, lo scisma avrebbe dovuto estinguersi. Non è questa la sede per occuparci a fondo del melizianesimo e chiari­ re come mai e per colpa di chi, nonostante tutto, esso continuasse a per­ durare. Si tratta di questioni particolarmente ingarbugliate, tanto più che la maggior patte delle notizie sui meliziani provengono dalle opere di Atanasio, loro acerrimo nemico. Sappiamo che i meliziani cercarono giustizia presso .i vescovi fuori d'Egitto nonché presso l'imperatore (tutto sommato non ben disposto nei loro confronti), accusando Atanasio di usar. loro violenza, di perseguitare i loro capi e di non lasciar .li entrare nelle chiese. Atanasio e, sulla base delle sue opere, gli storici della Chiesa Socrate, Sozomeno e Teodoreto sostengono che si trattava di calunnie e che le violenze non erano mai st.ate dimostrate. Gli storici dd XX secolo sono tuttavia propensi, più dei loro antichi predecessori, a prestare ascolto alle affermazioni dei meliziani. In Egitto è stata infatti rinvenuta una lettera scritta da un ecclesiastico meliziano, nella quale vengono det­ tagliatamente descritte le brutali azioni di Atanasio, che non esitava a ri­ correre all'aiuto dei soldati e a incarcerare i propri avversari. Si tratta di tma testimonianza estremamente interessante (senza dubbio molto pitto­ resca e particolareggiata), benché di pane; il fatto poi che la lettera non fosse destinata alla divulgazione, ne accresce ai nostri occhi la credibilità. Oggi tuttavia è impossibile stabilire chi si discostasse dalla verità: proba­ bilmente, in egual misura, entrambe le parti. Quando si giunse al giudizio episcopale, Atanasio fu in grado di di­ mostrare che alcune accuse dei suoi nemici erano false e infondate, il che non significa che lo fossero tutte. Nella relazione di Atanasio sui procedimenti intemarigli, colpisce soprattutto il silenzio relativo ai prin­ cipali capi d'accusa: il vescovo concentra la sua difesa su questioni di importanza seconda1·ia. Atanasio fu sicuramente un avversru·io pericoloso ed efficiente, che riuscì a emarginare, ma ceno non a sconfiggere definitivamente, il meli. . ztanestmo.

6.11 Costantino e Atanasio Costantino sapeva del conflitto tra i meliziani e Atanasio, nonché delle brutalità commesse dal vescovo di Alessandria (non gli arrivavano solo le accuse dei diretti interessati, ma anche i rapporti del governatore del146 Copyrighted

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Gli imperatori c la Chiesa

la città). L a sua opinione era che Atanasio costituisse un fattore destabi­ lizzante per l'unità della Chiesa, e tuttavia, fatto significativo, non prese alcuna decisione nei suoi confronti, lasciando ai sinodi episcopali il compito di emettere una sentenza. Egli però era disposto a impiegare tutto il suo potere per tradurla in pratica. Atanasio venne convocato davanti a un sinodo incaricato di giudicarlo nel 334, a Cesarea. Tuttavia, nella più totale impunità, il vescovo si rifiutò di lasciare7ttes5aiidria. L'anno seguente, quando i vescovi si riunirono a Tiro, egli fu costretto a comparire davanti ai suoi giudici. In quell'occa­ sione lo accompagnavano trenta vescovi egiziani da lui prescelti. Il sinodo di Tiro, presieduto dal metropolita di Antiochia, radunava una sessantina di-vesCovi, la maggior parte dci quali di tendenza filoariana; dell organiz­ zazione del sinodo si era occupato Eusebio di Cesarea, che aveva badato a scegliere gli clementi a lui più congeniali. Indipendentemente dal grado di fondatezza delle accuse rivoltcgli, Atanasio non poteva aspettarsi l'as­ soluzione. Sebbene non fossero in discussione le sue opinioni teologiche (le accuse riguardavano esclusivamente il suo comportamento), in realtà esse avevano una grande importanza, in quanto determinavano le simpa­ tie e le antipatie dei vescovi convenuti Rendendosi conto che sarebbe stato condannato (cosa che infatti av­ venne), senza attendere la sentenza Atanasio fuggì da Tiro, recandosi segretamente presso l'imperatore, al quale intendeva appellarsi (notia­ mo che Atanasio, perlomeno in quegli anni, non aveva remore ad ap­ pellarsi all'imperatore contro una decisione presa da un sinodo, quindi da un'istanza ecclesiastica). All'inizio di novembre riuscì a incontrare Costantino, producendo una fortissima impressione sul sovrano e convincendolo che le accuse nei propri confronti erano false. Ne è testimo­ nianza la lettera spedita ai partecipanti del sinoclo di Tiro e di cui cito qui due passi, soprattutto per mostrare lo stile e il tono dei messaggi imperiali ai vescovi: '

.

Costantino Vittorioso Massimo Augusto ai vescovi riunitisi a Tiro. Ignoro che cosa abbiate tumultuosamente c tempestosamente approvato nel vostro sino­ do, sembrerebbe però che, per mancanza di disciplina e per effetto di discor­ die, sia stata distort a la verità. Immersi nei vostri litigi, c desiderosi di mante­ nerli, non avete prestato attenzione a ciò che è grato a Dio. [. ] Voglio per­ tanto che raggiungiate al più presto la Nostra Pietà, per rendere conto perso­ nalmente del vostro operaroY ..

Nella lettera Costantino descrive anche le circostanze del suo incontro con Atanasio. Resosi conto che non avrebbe ottenuto udienza secondo la normale procedura, il vescovo attese l'imperatore sulla strada che questi percorreva a cavallo verso Costantinopoli. In un primo momento

"Citato in H.-G. Opitz, llthanasiu.r Werkc, Berlin-Leipzig 1935, vol. II, pp. 164-165. 147

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Storia della Chiesa nella Iarda antichità

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Costantino non riconobbe Atanasio, e furono gli uomini della scorta a spiegargli chi fosse l'importuno. Dapprima si rifiutò di riceverlo (l'idea di aspettarlo per strada era stata infelice, l'imperatore era sicuramente asse­ diato da schiere di postulanti), ma Atanasio riuscì a vincerne la resistenza e a ottenere il diritto di parlare in sua presenza con i partecipanti al sino­ do di Tiro. Nel prosieguo della missiva Costantino ordina quindi ai ve­ scovi di mettersi subito in viaggio: «In tal modo dimostrerete con i fatti, in mia presenza, di aver emesso una sentenza giusta e retta; non potete infatti negare che io sia vero servitore di Dio. [... ] Affrettatevi dunque e cercate di giungere fino a noi».18 Tuttavia, all'arrivo della delegazione sinodale, la situazione si capovol­ se. A carico dell'imputato, infatti, emerse una nuova accusa: all'impera­ tore venne riferito che Atanasio avrebbe minacciato di non lasciar partire dal porto di Alessandria le navi con il grano destinato a Costantinopoli. Non sappiamo chi presentasse l'accusa a Costantino né quali prove venissero addotte. Sicuramente le dichiarazioni degli avversari di Atanasio non erano sufficienti: Costantino era già stregato dal suo fascino e, conoscendo l'odio tra le due parti, non vi avrebbe presta­ to fede. Probabilmente, quella fatale minaccia Atanasio l'aveva davvero pronunciata i suoi nemici erano riusciti a presentare all'imperatore un testimone credibile. Tuttavia, nemmeno stavolta Costantino emanò una condanna (pur avendone il diritto: l'oggetto dell'accusa era ormai di competenza laica), limitandosi a esiliare Atanasio a Trcviri, città che il vescovo avrebbe la­ sciato solo dopo la mo e (337). Il comportamentodi �tino può sembrare al lettore del tutto in­ coerente: al rispetto per i vescovi egli affianca la disponibilità a un duro atto di forza, pur avendo precedentemente affermato di voler rispettare e applicare le decisioni sinodali. Il tono delle lettere appare poi irritan­ te: non si può, infatti, non essere colpiti dai continui ripensamenti, dal succedersi di insulti e complimenti rivolti alla stessa persona. È dunque legittimo chiedersi come mai l'imperatore non si rendesse conto che quei bruschi cambiamenti d'opinione potevano comprometterlo agli occhi dei sudditi. Gli storici cattolici elogiano Costantino sia per l'opera di Nicea, sia per il coerente appoggio dato ai cattolici in Africa contro i donatisti. Negativo invece, nei loro testi, è il giudizio sugli anni successivi al con­ cilio, quando, secondo loro, l'imperatore deviò dalla retta via e assunse un atteggiamento dispotico nei riguardi della Chiesa. Ma un'analisi fredda della politica imperiale dimostra come il monarca abbia adottato gli stessi metodi sia prima, sia dopo il concilio di Nicea; infatti, se si loda l'imperatore per aver mandato Ario in esilio o per avere ordinato la distruzione delle sue opere, non si può biasimarlo per avere cercato di ricondurre l'eretico in seno alla Chiesa. Inoltre, dal punto di vista dei

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\H fbid. 148

Gli imperatori e la Chiesa

cristiani vissuti all'inizio del JV secolo, l'epiteto "dispotico" appare infondato. Per i cristiani, l'imperatore rappresentava il vero capo del mondo cristiano, sebbene ciò non comportasse l'assenso automatico a tutto quel che egli diceva o faceva: poteva anche sbagliare, ma ciò non turbava la fede nel suo mandato celeste. Il fatto che l'imperatore si affi­ dasse ai sinodi, riconoscendone l'autorità nelle questioni di fede, agli occhi dei contemporanei non poteva che aumentare il suo diritto a una posizione preminente nella Chiesa. 6.12 La natura episcopale del potere di Costantino

�stantino collocava se stesso tra i vescovi della Chiesa. Nella Vita di Costantino ELsèbw ai Cesarca'narraZhe-�n giornG,"rrc;;,cndo i vescovi, l'imperatore affermò di essere anch'egli un vescovo, esprimendosi in nostra presenza all'incirca con le seguenti parole: "Voi sovrintendete a quanti fanno parte dell'organizzazione della Chiesa [ton eùo tes ekklestas]; io invece è come se fossi stato costituito da Dio vescovo di quei di fuori ltòn ektos Li:s ekklesias]

"

.

Conformemente a que­

sta sua affermazione, esercitava su tutti i sudditi un premuroso episcopato, esortandoli con tutta la forza del suo animo a seguire la via della fede.19

Questo passo, estremamente importante per la comprensione del pen­ siero di Costantino, pone seri problemi a traduttori c commentatori. La traduzione, infatti, non rende il duplice significato del termine epùko­ pos, che in greco significava non solo "vescovo", ma, soprattutto, "so­ vrintendente"; sia Costantinòè'he"�usebio, che ne rife� ar� hanno ptJita simboleggia l'immortalità. (Vaticano, Museo Pio-Cristiano)

Ercole accompagna A/ceste e Cerbero fuori dall'Ade: pittura di catacombe anonime scoperte all'incrocio tra le vie Latina e Dino Compagm; seconda metà del Il' secolo; il tema non indica un sepolcro pagano, ma un generico collegamento tra la fede m� stiana nell'aldilà e un mito conosciuto da tutti i cristiani colti.

Chiesa di San Lorenzo, a Milano, fine del IV secolo; la costruzione sacra antico-cri­ stirma a pianta centrale mes;lio conservata, di tzjJO tetraconchos (con quattro ab.ri­ dz), con empore tutt'attorno allo spazio ottagonale coperto al centro da una cupola; con torrette angolari e mausolei ottagonali attigui e s;rande atrio a portico davanti all'ingreno occidentale

Mosaico in una delle absidi di Sant'Aquilino (originariamente un mausoleo), fine del li' secolo, presso la chiesa di San Lorenzo: rappresenta Cristo che insegna, sedu­ to in mezzo al collegio apostolico su trono rialzato; il nimbo con il monogramma del nome di Cristo e lo sfondo d'oro esaltano la regalità del potere del Salvatore.

Mosaico di San Villore in Ciel d'Oro, \' secolo; oratorio alliguo alla basilica di Sant'Ambrogio a Milano: al centro della volta dorata, busto del martire Vittore e, sulle parett; i vescovi di Milano Materno e Ambrogio circondati dai martiri Felice, Nabore, Gervasio e Protasio.

Dittico d'avorio con i nomi delle casate senatoriali dei Simmachi e dei Nicomachi di Roma, anni 388-40 1; la /orma e il contenuto delle scene, in cui una sacerdotessa brucia offerte agli dèi pagam; ricalcano consapevolmente modelli cianici greco-ro­ mam; collegandosi alla tradizione antica coltivata dai senatori romani alla fine del Il' secolo. (Londra, Victoria and Albert Museum; Parigi, Museé de Cluny)

Reliquiario d'argento della chiesa di San Naznro, fine del IV secolo, con la scena, piuttosto rara, del giudizio di Salomone; le scene sugli altri lati del reliquiario rap· presentano: l'omaggio dei re Magz; Daniele tra i leoni, i tre giovanetti nel/orno ar· dente, il miracolo di Cana in Galilea e Cristo tra gli apostoli. Le tematiche sono uguali a quelle romane, ma la forma e lo stile delle rappresentazioni ricordano la plastica di Costantiuopoli. (Milano, tesoro della cattedrale di Santa Tecla)

Sarcofago di una coppia di ricchi cristiani nella basilica di Sant'Ambrogio, fine de! Il' secolo, rappresentante Cristo seduto in mezzo al collegio apostolico sullo sfondo delle cosiddette "porte della città" (la Gerusalemme celeste): una monumentale, ieratica scena di trionfo di Cristo, derivata dalla decorazione pittorica e mosaicisti­ ca delle chiese.

Base dell'obelisco di Teodosio nell'ippodromo di Costantinopoù; fine del tV secolo, raffigurante l'imperatore e i suoi coregnanti Arcadia e Valentiniano Il in un palco del cri co, circondati da alti dignitari della corte e dell'esercito; così l'imperatore sole­ va apparire al popolo in tutta la maestà del suo potere.

Cattedrale di Milano probabilmente Basilica Nova, fine del IV secolo; basilica a cin­ que navate (78 x 47 m), con transetto pure diviso in cinque navate e abside a oriente fiancheggiata da piccoli loca!t;- battistero ottagonale con otto nicchie e altrettante co­ lonne e con /onte battesimale a otto latt; al quale si ri/erùce l'epigramma consacra­ torio a otto distici di Ambrogio: per i cristiani il numero 8 era simbolo di redenzio­ ne, di resurrezione e di immortalità.

Chiesa dei Santi Apostoli (oggi San Nazaro), fine del/l' secolo, con pianta a croce greca e piccole absidi alla base dei bracci laterali della croce; probabile imitazione della chiesa metropolitana analogamente intitolata.

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Mausoleo di Galerio a Tessalonica (oggi Salonicco) delJOO, trasformato in chiesa e decorato con mosaici a fondo d'oro, con architetlure fantastiche che fanno da corni­ ce alle ùnmagini ricorrenti di altari e croci, con sotto figme di martiri e santi in posi· :r.ione orante, in primo piano; V·\f/ secolo.

Teatro romano-bizantino ad Alessandria (collina di Kom el-D1kka), Il'-VI secolo; ori­ ginariamente usato come luogo di rappresentazioni /eatrah poi sicuramente come sede di incontro di qualche popolare fazione circense. (Scavi e ricostruzione di ar­ chitetti polacchi, fotografia di A. Bodytko)

Re�ii di un quartiere del ceto medio di Alessandria, tV-VI secolo; la pro/onda identi­ ficazione degli abitanti con la fede cristiana è testimoniata dalla decorazione pittori­ ca rinvenuta nella stanza di una delle case e ra/figuarante la Madonna col Bambino in trono. (Fotografia di A. Bodytko)

Adelfia e Valeria, ricca coppia cristiana di Siracusa della prima metà del /\' secolo; sul sarcofago, eseguito in un laboratorio romano, il ritratto centrale della coppia è circondato da scene dell'Antico e del Nuovo Testamento, quali paradigmi di salvez­ za. (Siracusa, Museo Nazionale)

Romana de/unta, cristiana e sposata, ritratta in posa di preghiera nelle catacombe dei Giordani sulla via Sa/aria a Roma, seconda metà de/li' secolo.

tavoletta attaccata a a; dipint o su una na egiziana defunt cittadi ricca una Ritratto di (Parir,i, Louvrel Fayum, Il secolo. una mummia di

Cristuma de/zmta dell'Egitto, giovane madre che allatta il bambino; rilievo tomba/e policromo di Fayum, /\'secolo. (Berlino, Museum fur Spatantike und Byzanti.nische Kunst)

Console romano del 480, il cri­ sta i no Basilio; dittico d'avorio; iL dignitario indossa la veste tradi­ zionale dei consoli romani, con gli antichi attributi dello sua cari­ ca arricchiti semplicemente da una piccolo croce posta in cima allo scettro. (Firenze, Museo Na­ zionale)

Coppia cristiana dell'Africa setten­ trionale: il cosiddetto "Banchiere" (se­ duto dietro il tavolo) con la figlia (in preghiera) sulla lastra tomba/e in mosaico della cappella dei Martiri a Tabarka (Tunisia), v secolo. (Tunisi, Museo Bardo) ,

Vita agiata del Dominus Iulius di Cartagine e di sua moglie, in un mosaico del Il' secolo raffigurante la padrona di casa durante la toilette (in alto) e il padrone che va a caccia (al centro) e che riceve tributi nella tenuta di campagna (in basso). La vita quotidiana dei ricchi cittadini dell'impero pagani e cristiani (sia cattolicz; sia donati­ sii o arianz) era molto simile,· le fonti archeologiche non à danno modo di dùtin­ guerli. (Tunisi, Museo Bardo)

Pianta e proiezione assonometrica di Gerusalemme in un mosaico di Madaba, VI se­ colo, in cui si vedono strade con portici e chiese, tra cui si distingue la rotonda sopra il Santo Sepolcro (in bano al centro).

Teodorico, ariano, re degli ostrogoti di Ravenna (494-526); medaglia d'oro di Senigallia; uno dei pochi ritrai/i rimasti del fondatore delle due chiese ariane di Ravenna conservate fino a oggt; seppure rimaneggiate. (Roma, Museo Nazionale)

10. Il matrimonio e il sesso nella teoria e nella pratica ecclesiastica

I brani citati in apertura di questo capitolo !'rovengono dalle prediche di Cesario di Arles (470-542), una fonte basilare per conoscere la men­ talità dei cristiani della tarda antichità. Vediamo in esse le preoccupa­ zioni quotidiane di un pastore alle prese con i comuni peccati delle sue comunissime pecorelle. Le "tirate" di Cesario ci mostrano sia i cambia­ menti intervenuti nella morale cristiana, sia i suoi fondamenti immuta­ bili e indipendenti dallo scorrere del tempo. Infatti, leggendo le sue prediche (cosa che raccomando caldamente di fare), finiamo inevitabil­ mente per domandarci: quale di questi discorsi potrebbe venir tran­ quillamente pronunciato alla messa domenicale di una delle nostre città?

10.1 Cesario di Arles

Due parole sull'autore: Cesario di Arles era un uomo di grande, asceti­ ca religiosità. Cominciò la carriera ecclesiastica all'età eli diciotto anni, poi entrò nel celebre monastero di Lérins. Fu però costretto ad abban­ donarlo, perché le mortificazioni corporali gli avevano rovinato la salu­ te; recatosi nella città di Arles (allora Arelate), nella Gallia meridionale per esservi curato, finì per rimanervi. Entrato a far parte del clero loca­ le, divenne priore di uno dei monasteri. Anni dopo venne eletto vesco­ vo di Arles (ragion per cui viene chiamato Cesario di Arles, sebbene sia nato altrove). La sua vita episcopale fu estremamente burrascosa, poi­ ché dovette dirigere la diocesi negli anni delle guerre tra i barbari stabi­ litisi in Gallia. Chi vinceva aveva inevitabilmente delle critiche da muo­ vere alle sue precedenti decisioni politiche, e gliele faceva scontare con soggiorni in carcere. Come ogni vescovo, Cesario pronunciava una predica almeno ogni do­ menica, talvolta più spesso. Era un bravo predicatore, umanamente or­ goglioso della sua arte: inoltre sapeva quanto utili potessero riuscire i buoni esempi di predicazione ai suoi colleghi meno dotati. Incaricò quindi degli stenografi di trascrivere i suoi discorsi, inviandone poi i testi alle diocesi limitrofe. Grazie a ciò oggi gli storici dispongono di un vero e proprio tesoro: 238 prediche sui più diversi argomenti. Cesario non aveva il tempo (né probabilmente la voglia) di rivedere e correggere i 243

Storia della Chiesa netta tarda antichità suoi testi, per cui le prediche risultano costellate di colloquialismi, im­ pacci stilistici e perfino errori grammaticali. Se ciò pone problemi ai tra­ duttori, avvezzi a testi accuratamente limati dai propri autori, per lo sto­ rico questa ruvidezza di stile rappresenta un merito in più, poiché per­ mette di ascoltare la voce di un predicatore che parla a gente semplice: analfabeti, poveri della città e villici dei dintorni di Arles. I suoi ascolta­ tori sapevano poco delle verità di fede. Come vivessero e come peccasse­ ro, lo vedremo ben presto.

10.2 fl minimo religioso de] Vl secolo Agli odierni uomini di Chiesa le pretese di Cesario in fatto di cultura re­ ligiosa non parranno certo eccessive: Quanto a voi, o fratelli, vi prego e vi esorto a leggere spesso le Sacre Scritture, se siete istruiti, ad ascoltare attentamente quando leggono gli altri, se siete analfabeti. La luce dell'anima e il

suo nutrimento eterno non sono altro che la parola di Dio, senza la quale l'animo non può né vedere né vivere. [ . ] Ma . .

uno dice: "lo sono un contadino e sono continuamente occupato nei lavod della terra; non posso ascoltare la lettura

dei testi sacri e neppure leggerli".

Quanti contadini e quante contadine conoscono a memoria e cantano diaboli· che canzoni che trattano d'amore e di sconcezze! Queste cose che insegna il

diavolo possono tenerle a mente e impararle, e non possono tenere a meme ciò che moSU'a loro iJ Cristo? Quanto sarebbe pii:1 facile e preferibile per qual­ siasi contadino

o contadina, quanto sarebbe più utile studiare il simbolo, im­

parare, tenere a mente e recjtare spesso l'orazione domenicale, a.lcune antifo­ ne, i salmi. [...] Dm1que nessuno dica "non posso tenere a m ente nulla di quel che si

legge in chiesa". Senza dubbio, se vuoi, potrai.1

10.3 Giaci con tua moglie al solo scopo di fare figli NeUe prediche di Cesario un posto particolare spetta alla morale cristia­ na in materia di vita sessuale:

le volte che venite in chiesa per una festività o desiderate ricevere i sa­ cramenti di Cristo, mantenetevi prima casti per più giorni, per accostarvi al­ l'altare del Sig nore con coscienza sicura. Mantenetevi casti anche tutta la

Tutte

Quaresima fino alla fine del tempo pasquale, affmché la santa Pasqua vi trovi casti e puri. Chi è un buon cristiano non solo si mantiene casto per più giorni prima di fare la comunione, ma si unisce alla sposa

solo per fare figli, perché

si prende moglie non per soddisfare le proprie voglie ma al fine esclusivo di procreare.

1

[.] .

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San Cesario di Arles, Sermoni scelti 6, 3. ,

244 Copyrighted

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ll matrimonio e il sesso nella teoria e nella pratica ecclesiastica Vorrei rivolgervi una domanda, fratelli carissimi: chi usa della sua sposa in modo sfrenato, senza l'intenzione di far figli, se dovesse seminare il proprio campo

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un anno un numero di volte pari ai rapporti che, vinto dalla lussu­

ria, ha avuto con lei, quale raccolto potrebbe mai avere? Vediamo un po' che tipo di frutti avranno coloro che non vogliono essere continenti, se arano e seminano di continuo il loro pezzo di terra, che già hanno seminato, dal mo­ mento che, come ben sapete, nessun terreno potrà rendere il suo normale raccolto se sarà stato seminato più volte in un solo anno! Perché dunque agi­ re con il proprio corpo come nessuno vorrebbe con il proprio campo? Mi si obietta: "Sono un uomo giovane, non posso assolutamente contenermi". Forse non puoi contenerti perché mangi più del necessario, e bevi più vino di quanto convenga. Fors'anche tieni la mente occupata con pensieri vergognosi e dici spesso e volentieri tu stesso parole lascive oppure non provi timore e ver­ gogna a sentirle dire da altri. Comincia, con l'aiuto di Dio, a tenere a freno la gola, a occupare sempre la mente con pensieri casti e la lingua con parole one­ ste: e vedrai che, con l'aiuto di Dio, sarai capace di mantenere la castità. Non ti rincresca di digiunare spesso, se non te lo vieta la malattia, di alzarti presto per andare in Chiesa, affinché tu possa preservare la tua anima dalle macchie dei pensieri di libidine. E se vedi che, pur mettendo in pratica scrupolosamente questi consigli, sci ancora tormentato dagli stimoli della carne e qualche volta, per caso, cedi alla tentazione di avere rapporti con tua moglie senza intenzione di fare i'igli, aggiungi, secondo le tue possibilità, una quotidiana elemosina, perché è scritto: "Come l'acqua spegne il fuoco, così l'elemosina il peccato".2

Il precetto di castità viene suffragato dalla minaccia: Dio punirà i pecca­ tori incalliti. Prima di tutto ogni domenica o altra festività nessuno abbia rapporti con sua moglie. Tutte le volte che le donne hanno le mestruazioni bisogna ugualmen­ te astenersi dai rapporti, secondo ciò che dice il profeta: "Non ti accostare a una donna mestruata". Infatti chi avrà avuto rapporti con sua moglie quando è nel mestruo, o non si sarà astenuto di domenica o in qualunque altra festi­ vità, i figli che avrà concepito in quei giorni nasceranno lebbrosi, epilettici o qualche volta indemoniati. I lebbrosi infatti nascono di solito non da uomini saggi che sanno mantenersi casti nelle festività e nei giorni prescritti, ma so­ prattutto dagli ignoranti che non sanno contenersi. In verità, fratelli, se gli animali privi di ragione si accoppiano solo in periodi stabiliti e regolati, quan­ to più gli uomini, che sono fatti a immagine di Dio, dovrebbero comportarsi in modo simile. Ma quel che è peggio, vi sono alcuni così sfrenati e avvinazza­ ti che talvolta non si astengono neppure quando le mogli sono incinte.}

Dai tempi di Cesario di Arles la morale sessuale cristiana è certo molto cambiata. Come tutti gli ecclesiastici della tarda antichità, anche

2 I vi, 44, 4. livi, 44, 7. 245

Storia della Chiesa nella tarda antichità

Cesario era convinto che il piacere provato dall'uomo nei rapporti con il proprio partner fosse un dono diabolico da respingere. Il sesso era considerato estremamente pericoloso e doveva essere limitato alla pro­ creazione dei figli. L'impurità (nel linguaggio ecclesiastico essa indica­ va di solito i rapporti sessuali sregolati) veniva considerata il peccato più grave: la lotta contro di essa dominava l'attività pastorale della Chiesa, era oggetto di numerosi trattati morali e di precetti all'indiriz­ zo dei lettori devoti. Il motivo di tanta attenzione da parte dei moralisti ecclesiastici è un problema tutt'altro che chiaro: vi torneremo alla fine del capitolo. Ancora una considerazione a proposito delle argomentazioni di Cesario di Arles. Nessun moralista contemporaneo proporrebbe l'ele­ mosina come mezzo per neutralizzare il peccato, un peccato commesso sistematicamente e senza alcuna intenzione di rinunciarvi. Nella dottri­ na della Chiesa del XX secolo l'elemosina ha in genere un significato molto minore che nei tempi antichi e medievali. Il vescovo giudicava lucidamente la moralità del suo gregge, sapeva bene quanto il male dilagasse: Ma c'è di peggio: numerosi sono coloro che hanno concubine prima di spo­ sarsi. Dato il loro gran numero, il vescovo non può scomunicarli tutti, e tra pianti e sospiri, li tollera e attende, nella speranza che magari un giorno il Signore, nella sua bontà e misericordia, conceda loro la grazia di una peniten­ za fruttuosa con la quale possano ottenere il perdono. E poiché il male è a tal punto entrato nel costume che non lo si considera più un peccato, ecco che davanti a Dio e ai suoi angeli io dichiaro che chiunque viva con una concubi­ na, sia prima che dopo il matrimonio, commette adulterio.4

La Chiesa antica combatteva accanitamente i casi di aborto, come pure tutte le pratiche dirette a liberare la donna dalla fertilità: Nessuna donna prenda qualche pozione per abortire, perché stia sicura che sarà trascinata davanti al tribunale del Cristo con tante imputazioni, quanti saranno quelli che avrà uccisi, sia già nati, sia soltanto concepiti. [. .. ] Nessuna donna deve prendere pozioni che non la facciano più concepire, né deve bloccare in sé quella natura che Dio ha voluta feconda [. . . ] perché ella sarà ri­ tenuta colpevole di tanti omicidi quanti sono i figli che avrebbe potuto con­ cepire e partorire.5

Notiamo anche un'altra differenza tra la morale cristiana dei tempi di Cesario di Arles e la morale cristiana del XX secolo. La donna che abor­ tisce commette un peccato mortale, del quale risponderà davanti al tri­ bunale celeste. Oggi, per quanto la Chiesa avversi ogni mezzo anticon-

4 lvi, 42, 5. 'lvi, l, 12. 246

Il matrimonio e il sesso nella teoria e nella pratica ecclesiastica cezionale, nessun confessore addossa alla coscienza della donna la re­ sponsabilità dei figli non concepiti. La Chiesa di quel tempo combatteva tenacemente (anche se con mi­ nore efficacia, ma questa non era più colpa sua: essa non era in grado di abbattere consuetudini stabilite nei secoli, frutto dell'ordine sociale) la convinzione che l'osservanza della castità prima del matrimonio e l'a­ stensione da rapporti sessuali extraconiugali fosse un dovere solo delle donne, e non anche degli uomini: Vorrei tuttavia sapere se coloro che non sono sposati e che non temono né ar­ rossiscono di commettere adulterio prima del matrimonio, si augurino che la loro sposa venga violata da altri adulteri. Perché [ognuno] desidera una sposa vergine, mentre lui stesso ha perso la sua verginità? Certuni pensano forse che alle donne non sia consentito fornicare prima delle nozze, e agli uomini sì. Peggio ancora: poiché molti uomini le commettono senza timore di Dio, queste colpe gravissime e riprovevoli sono degenerate in costume e considerate così lievi e comuni da non essere più considerate pec­ cati gravi. In realtà nella fede cattolica ciò che non è permesso alle donne non lo è neanche agli uomini. 6

10.4 Persistenza degli dèi pagani nel cuore degli uomini

Malgrado i secoli di dominazione cristiana, la Gallia del VI secolo non si era ancora del tutto liberata della religione pagana, per quanto la Chiesa ne combattesse aspramente ogni manifestazione: Credo che da queste contrade sia sparita ormai, grazie ai vostri rimproveri e per ispirazione divina, quella funesta abitudine che è un resto delle sacrileghe pratiche dei pagani; ma tuttavia [...] se vedete ancora certuni rendere un culto a sorgenti o ad alberi e inoltre, come ho già detto, consultare maghi, indovini, incantatori [. .. ] rimproverateli aspramente e dite loro che chiunque commette questo peccato perde il sacramento del battesimo. [...] Perciò rimproverateli con parole molto severe; e se non vogliono emendarsi, non rivolgete loro la pa­ rola e non fateli sedere alla vostra tavola; se poi vi appartengono, batteteli an­ che con le verghe, e se ancora non si correggessero, tagliate loro i capelli.7

Attaccando ciò che restava delle pratiche pagane, Cesario di Arles ci informa su alcune di quelle credenze: E in ciò vediamo la tentazione del nemico, quando uomini stolti ritengono

che si debbano onorare giorni e calende, sole e luna. Infatti il colmo è che

6Jvi, 43, 3. 7 lvi, 13, 5. 247

Storia della Chiesa nella tarda antichità ciò di cui parliamo è talmente vero, che non solo in altri luoghi, ma perfino in questa città vi sono delle sciagurate che in onore di Giove non vogliono tessere né filare il giovedì. In queste persone il battesimo è violato e i sacra­ menti di Cristo insultati. E che dire di uomini stolti che credono di dover soccorrere la luna in travaglio, il cui globo ardente è in certe epoche oscurato da una causa celeste naturale, o tinto dal vicino ardore del sole al tramonto; essi credono all'effetto di incantesimi contro il cielo, pensando di poterlo scongiurare con il suono di una tromba o con il ridicolo tintinnio di campa­ nelle, e di propiziarsi la luna con grida sacrileghe, secondo una vera supersti­ zione pagana. E quando essa mostra all'uomo ragionevole il suo assoggetta­ mento all'ordine voluto da Dio, l'uomo le manifesta una stupida sottomissio­ ne, insultando Dio. Vi supplichiamo che ogni uomo saggio e fedele fugga e detesti tali errori.8

La notizia della santificazione del giovedì da parte dei criptopagam e quanto mai interessante. Nella settimana astrologica il giovedì era il giorno di Giove (dies lavis o lavis dies da cui l'italiano "giovedì" e il francese jeudi). L'idea di astenersi dal lavoro proprio in quel giorno na­ sceva su imitazione dell'usanza cristiana; la tradizione pagana non co­ nosceva il precetto di onorare gli dèi con un giorno di riposo settimana­ le. Colpisce anche la raccomandazione di tagliare i capelli ai pagani: se­ condo antichissime e perduranti credenze, la forza dell'uomo risiedeva appunto nei capelli (si pensi all'episodio biblico di Sansone e Dalila). Nelle prediche di Cesario un posto di riguardo è tenuto dalla lotta contro il vizio del bere.

10.5 Brindisi di ubriachi in onore di santi e angeli Gli uomini, o carissimi, si ubriacano con tanta facilità perché pensano che l'ubriachezza non sia peccato, o tutt'al più sia un piccolo peccato. Ma di que­ sta ignoranza i vescovi soprattutto renderanno conto nel giorno del giudizio, se non hanno voluto spiegare con frequenti prediche ai fedeli loro affidati la natura e la gravità dei mali causati dall'ubriachezza. Chi crede che l'ubria­ chezza sia un piccolo peccato, se non si correggerà e non farà penitenza per questa sua ubriachezza, un castigo eterno lo tormenterà senza rimedio.9

A tale giudizio teologico Cesario aggiunge sane considerazioni pratiche: Poiché gli uomini, a causa dell'ubriachezza, non solo saranno tormentati nel­ l'altra vita, ma anche in questa, ugualmente a causa dell'ubriachezza, sono af­ fetti spesso da numerose malattie; coloro che non pensano alla salvezza della loro anima temano almeno la sofferenza del corpo: abbiano paura del velo

SIvi, 32, 3. 9 lvi, 47, 4. 248

Il matrimonio e tl sesso nella teoria e nella pratica ecclesiastica sugli occhi e dell'indebolimento della vista, dei giri di resta e del tremito delle membra, coloro che non si spaventano dei supplizi dell'inferno. Vorrei ora sapere, fratelli carissimi, se un proprietario qualunque, padrone dì parecchi schiavi, può permettere che anche uno solo di loro diventi un ubria· eon

e. [...] Tu devi sérvire il tuo Signore precisamente come pret endi che il

tuo schiavo serva te. Dimmi, t i prego: ti par giusto che tu abbia uno schiavo sobrio e Dio ne abbia

lillO

ubriacone? E parimenti: tu ti giudichi degno di es·

sere servito da uno schiavo sobrio, e ritieni Dio indegno di avere in te uno schiavo sobrio? 10

n comportamento dei beoni di secoli fa ricorda da vicino i nostri stessi . costumt: Che tipo di comportamento è quello di questi disgra z iati ubriaconi, i quali, quando ingollauo troppo vino, deridono e criticano coloro che sono ragione· voli e vogliono bere soltanto quanto basta? Dicono loro: "Arrossite e vergo· gnatevi, perché non siete capaci di bere quanto noi". Dicono che quelli non

sono uomini. !via vedete la miseria dì questi beoni: dicono di essere uomini loro, che stanno distesi nella fogna delJ'ubriachezza, e affermano che non sono uomini quelli che statmo ben dritti, morigerati e sobri. Che tipo di comportamemo è quello di coloro che, finito già il desinare e ap·

pagata la sete, quando non possono e non devono più bere, allora, come fos­ sero nuovi venuti, arrivati giusto in quel momento, si mettono a bere alla sa· Iute dì questo e di quello, non solamente di uomini vivi, ma anche di angeli e dì antichi santi? Essi credono di render loro il più grande onore, quand o in loro nome si se ppelliscono in una smodata sbornia: e non sanno che nessun altro, com'è noto, arreca un oltraggio così grave ai sand angeli e ai santi uo· mini, che coloro i quali con il bere in loro onore si rendono co lpevo li di ucci· dere le loro anime con J'ubriachezza.11

Anche se oggi nessuno brinda più in onore di santi e di angeli, i b rindisi hanno lo stesso identico scopo che avevano secoli addietro.

10.6 Il tributo delle decime

Tra i peccati di altra natura, Cesario di Arles rimproverava alle sue pe· corelle una certa refrattarietà a pagare le decime. A quell'epoca la Chiesa cercava in tutti i modi di introdurre tale obbligo: malgrado i precetti biblici, nei secoli precedenti il pagamento delle decime non era universalmente accettato e lo compivano solo j fedeli particolarmente zelanti. La Gallia del VI secolo era molto restia ad accettare quelle nuo· ve pretese della Chiesa.

IO Jbid. . Il Ivt, 47 -) . ,

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aterial

Storia della Chiesa nella tarda antichità Altrove sta scritto: "Del Signore è la terra e ciò che la ricolma" [. . ] e noi sia­ .

mo dunque i servitori e i fattori del Signore e non so con quale diritto non lo riconosciamo come suo proprietario. Dice egli infatti: "Il bue riconosce il suo signore e l'asino la greppia del suo padrone, ma Israele non mi conosce e il mio popolo non mi comprende". Uomini stolti, che comanda di male il Signore per meritare di non essere inteso? Infatti egli parla così: "Non tarde­ rai a offrirmi le primizie dei tuoi raccolti e del tuo torchio". Se è peccato tar­ dare a dare, quanto è più grave il non aver dato affatto! E dice ancora: "Fa' omaggio al Signore dei tuoi giusti lavori, preleva per lui i frutti della tua giu­ stizia, affinché i tuoi granai si colmino di frumento e i tuoi torchi trabocchino di vino". Non offri gratuitamente ciò che presto ricupererai con tanto di inte­ ressi. Chiedi forse a chi giovi ciò che Dio accetta con l'intenzione di restitui­ re? Chiedi forse anche a chi giovi ciò che viene dato ai poveri? Se credi, è a te che giova; se non credi, hai perso tutto. Poiché le decime, fratelli carissimi, sono i tributi alle anime bisognose. Paga dunque le decime ai poveri, offri doni ai sacerdoti.12

Spiegando ai suoi uditori che le decime erano destinate ai poveri Cesario di Arles diceva, sì, la verità, ma non tutta: i beni raccolti dalla Chiesa ser­ vivano infatti a più scopi diversi. Ma il modo migliore per indurre i reni­ tenti a pagare restava sempre quello di far loro presente il sacro obbligo di aiutare i poveri. Non sempre la costruzione di una nuova chiesa basta­ va a convincere persone che non possedevano quasi niente.

10.7 La morale coniugale secondo Basilio di Cesarea Cesario di Arles non fu il solo a dedicarsi intensamente ai problemi concernenti la sfera sessuale; a leggere altri testi della tarda antichità che ci permettono di ricostruire l'attività pastorale della Chiesa, si ha l'impressione che i vescovi concentrassero la loro attenzione soprattutto su questo settore. Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, la Chiesa definì con lentezza e in modo non sempre coerente i princìpi che i sacerdoti dovevano seguire in questa inquietante materia. Inoltre la pressione della pratica, agli antipodi dei severi princìpi (avrò ancora occasione di tornare sull'argomento), induceva i vescovi meno agguerri­ ti a prendere decisioni che i loro colleghi di impostazione più rigida non sarebbero stati in grado di approvare. Dei dubbi che potevano assalire un vescovo comune ci informano le lettere inviate dal vescovo di Cesarea di Cappadocia, il grande moralista e teologo Basilio (327 ca.-379), ad Anfilochio, vescovo di Iconio. Questi scritti, detti Lettere canoniche in quanto appartengono al corpus dei te­ sti considerati normativi, sono stati redatti tra il374 e il 375; essi meri­ tano la nostra attenzione non solo perché ci consentono di conoscere

12

lvi, 33, 1-2. 250

Il matrimonio e il sesso nella teoria e nella pratica ecclesiastica

una variante severa e molto approfondita della dottrina cristiana orien­ tale nei riguardi del matrimonio, ma anche perché influenzarono la pra­ tica pastorale delle successive generazioni. Alle domande postegli da Anfilochio (di cui purtroppo non ci riman­ gono le lettere) Basilio risponde senza un evidente tentativo di sistema­ tizzazione e talvolta le sue soluzioni differiscono da una lettera all'altra. Le varie questioni trattate nelle Lettere canoniche sono state numerate ed è così che vengono tradizionalmente citate. Osserviamone qualcuna da vicino. Nelle Lettere troviamo anzitutto tracce di dubbi riguardo all'interpre­ tazione delle parole di Cristo nel Vangelo secondo Matteo (19, 3-9) sul­ la possibilità di ripudiare la moglie adultera: Allora gli si presentarono dei Farisei per temarlo e gli domandarono:

"È per­

messo a un uomo ripudiare la propria moglie per un motivo qualsiasi?". Egli rispose loro: "Non avete letto come il Creatore da principio li fece maschio e femmina? E disse: 'Per questo l'uomo lascerà il padre e la madre e si unirà con la moglie, e i due saranno una sola carne'. Quindi non sono più due, ma una sola carne. Perciò non divida l'uomo ciò che Dio ha unito". "Ma perché, allora" replicarono "Mosè ha ordinato di dare il libello del ripudio e di ri­ mandarla?" . Rispose loro: "Per la durezza del vostro cuore Mosè vi permise di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così. Però io vi dico: chi rimanda la propria donna, eccetto in caso di concubinato, e ne sposa un'altra, commette adulterio".

Naturalmente la donna di cui è stato provato l'adulterio non può con­ trarre un secondo matrimonio (così sentenzia il Vangelo), anzi secondo la tradizione dev'essere scacciata dal marito (che altrimetti condivide­ rebbe con lei il peccato d'adulterio); ma il marito innocente può con­ trarre un secondo legame? La donna può abbandonare il marito che ha commesso adulterio? Un marito colpevole abbandonato dalla moglie può prenderne un'altra? Alla prima domanda Basilio (canone 9) risponde: «li marito abban­ donato merita comprensione e la donna che convive con lui non attira condanna su di sé»Y Invece la posizione della donna in una situazione analoga è completamente diversa: Basilio le impone di restare accanto al marito infedele (a condizione però che egli rinunci al suo comporta­ mento). La moglie che decide di abbandonare il marito colpevole d'a­ dulterio (o di fornicazione se la sua partner non è sposata: vedi il cano­ ne 21 sotto riportato) non ha diritto a un secondo matrimonio, anzi verrà considerata adultera. Adulterio sarà pure il nuovo vincolo matri­ moniale contratto dal marito colpevole, e tale peccato graverà non solo sull'uomo, ma anche sulla sua nuova moglie. l! Cito i canoni di Basilio secondo la traduzione che si trova in Basilio di Cesarea, Epistolario, Edizioni Paoline, Milano 1966.

251

Storia della Chiesa nella tarda antichità

10.8 Adulterio o fornicazione? Se un uomo sposato, a un certo momento non si accontenta più del matrimo­ nio e cade nella fornicazione, giudichiamo che sia un fornicatore. Lo faccia­ mo sottostare per più tempo alla pena. Tuttavia non abbiamo una regola pre­ cisa per sottoporlo all'accusa di adulterio, se il peccato è commesso con una donna libera dal legame matrimoniale.

[ ] Ma a chi ha commesso fornicazio­ ...

ne non è proibito vivere con la propria moglie. Perciò la donna accoglierà il marito che ritorna dall'aver commesso fornicazione; il marito invece scaccerà dalla propria casa la donna che si è macchiata.

Basilio commenta il canone con queste parole: «La ragione di queste norme non è facile a spiegarsi, ma la consuetudine vuole così» (canone 21). Basilio quindi si rendeva conto che la norma tradizionale era cla­ morosamente ingiusta con le donne, punendole molto più severamente degli uomini per la medesima colpa. Le disquisizioni sulla natura del reato per definire se si trattasse di adulterio o di fornicazione non sono giochi di parole: i canoni successivi dimostrano che era preferibile esse­ re riconosciuti colpevoli di fornicazione che di adulterio. Il canone 22 recita: Coloro che possiedono una donna per averla rapita, se l'hanno rapita quando era già stata promessa a un altro, non si possono accogliere prima che sia tol­ ta a quello e ridata a colui al quale era stata promessa, per vedere se voglia prenderla o !asciarla. Se invece uno rapisce una donna libera, bisogna ripren­ dergliela, renderla ai familiari

[. . ] Se questi vogliono dargliela, si faccia il ma­ .

trimonio. Ma se rifiutano, non debbono essere costretti. Se uno possiede una donna in seguito a stupro, sia doloso che violento, si deve riconoscere punibile con la pena comminata ai fornicatori; e la pena sta­ bilita per i fornicatori è di quattro anni. Nel primo anno debbono essere te­ nuti lontani dalle preghiere pubbliche e piangere presso la porta della chiesa; nel secondo si possono ammettere, ma solo in qualità di uditori; nel terzo si possono ammettere alla confessione; nel quarto alla assemblea del popolo, ma senza il diritto alla oblazione. Soltanto dopo questo periodo possono ac­ costarsi alla comunione.

In uno dei canoni successivi Basilio prevede una pena molto più severa per i fornicatori: «Il fornicatore per sette anni sarà escluso dai sacra­ menti» (can. 59). Nei confronti degli adulteri, poi, è addirittura spieta­ to: «Colui che ha commesso adulterio, per quindici anni sarà escluso dai sacramenti: per due anni piangerà; per cinque sarà ammesso ad ascoltare; per quattro sarà tra i sottomessi; e starà per gli ultimi due anni senza comunione». (can. 58). Per avere una misura della severità della Chiesa in materia basta paragonare le sue sanzioni con la pena ap­ plicata ai reati di furto; se il colpevole confessava, la punizione durava un anno, se negava, due anni .

252

Il matrimonio e il sesso nella teoria e nella pratica ecclesiastica Non era solo la Chiesa a punire duramente gli adulteri. Per loro la leg­ ge prevedeva norme assai più severe: se l'adulterio veniva a conoscenza del giudice, fin dai tempi di Costantino il Grande gli adulteri rischiavano la morte, e dal 339, ossia dalla legge emanata dai figli di Costantino (Cod. Th., XI, 36, 4), potevano anche incorrere nell'arcaica poena cullei, che consisteva prima nella flagellazione, poi nel venir cuciti in un sacco insieme a un serpente, un gallo, una scimmia e infine nell'essere gettati in un fiume o nel mare. Nel556 Giustiniano decreta di chiudere l'adul­ tera in convento; se entro due anni il marito l'avrà perdonata, ne potrà uscire, altrimenti vi rimarrà vita natura! durante (ricordiamo che in que­ st'epoca la privazione della libertà come pena fine a se stessa non esiste ancora, e gli accusati vengono tenuti in prigione solo fino al processo). Per render onore a Giustiniano bisogna riconoscere una certa analogia tra la decisione sua e le decisioni di Ottaviano Augusto, che relegava in un'isola la fornicatrice. Inoltre Giustiniano ammette la possibilità che il marito perdoni la peccatrice, mentre Ottaviano non la prendeva nean­ che in considerazione. La legge di Giustiniano non obbliga il marito ad avviare un procedimento contro la moglie colpevole d'adulterio. Ma torniamo ai canoni di Basilio. Il canone 75: A colui che si è macchiato peccando con la propria sorella per parte di padre

o di madre, non sia concesso di stare nella casa di preghiera, fino a che non desista dalla sua condotta iniqua ed empia. Quando sia giunto a rendersi con­ to della nefandezza di questo peccato, pianga per tre anni stando presso la porta della casa di preghiera, e chiedendo, al popolo che entra per pregare, che ciascuno elevi intense preghiere per lui, avendone compassione. Dopo di ciò, per un altro triennio sia ammesso unicamente come uditore, e, una volta udito l'ammaestramento delle Sacre Scritture, sia fatto uscire e non sia ritenu­ to degno di partecipare alla preghiera. Poi, se proprio lo richiederà in lacrime e si inginocchierà dinanzi al Signore in contrizione di cuore e in vera umiltà, gli sia concesso lo stato di sottomissione per altri tre anni. Nel decimo anno sia ammesso alla preghiera dei fedeli, senza tuttavia godere del diritto di abla­ zione. Dopo aver preso parte per due anni alla preghiera con i fedeli, solo al­ lora, finalmente, sia ritenuto degno del bene della comunione.

Lo stesso valeva anche per coloro che violavano le proprie nuore (cano­ ne 76).

10.9 Trent'anni di penitenza per i peccati di sodomia e di omosessualità

«l corruttori di maschi e di animali, e gli omicidi, e gli avvelenatori, e gli adulteri e gli idolatri sono giudicati degni della medesima condanna. [. ] Non bisogna neppure che nutriamo dei dubbi se accogliere coloro che hanno fatto penitenza per trent'anni, per le turpitudini da loro ..

253

Storia della Chiesa nella tarda antichità commesse nella loro ignoranza. Infatti la loro ignoranza li rende degni di perdono» (can. 7). 14 «Colui che tiene in moglie la donna violata da lui stesso, subirà la pena prevista per la violenza, ma potrà tenerla in moglie» (can. 25). «La fornicazione non è matrimonio, e non è neppure l'inizio del ma­ trimonio. Pertanto, se è possibile separare coloro che sono uniti illegal­ mente, sarà la soluzione migliore. Se invece vogliono questa unione a ogni modo, accettino la pena dovuta alla fornicazione. Ma non si sepa­ rino, affinché non accada qualcosa di peggio!» (can. 26). «Commette adulterio la donna che convive con un altro uomo, quan­ do il proprio marito se ne è andato o si è reso irreperibile, prima di es­ sere certa della sua morte» (can. 31). «Le mogli dei soldati che si sono risposate quando i loro mariti non sono ritornati sono soggette alla stessa giurisdizione a cui sono soggette anche coloro che, a causa dell'allontanamento del marito, non ne hanno atteso il ritorno. Sennonché nel primo caso la situazione richiede mag­ gior comprensione, poiché più fondato è il sospetto di morte» (can. 36). «Colei che convive con un adultero è anch'essa un'adultera» (can. 39). «Colei che, senza scrupolo, ha sposato un uomo abbandonato tempo­ raneamente dalla propria moglie, e poi è stata allontanata da lui, perché la prima moglie è ritornata a lui, ha commesso sì fornicazione, ma senza saperlo. Perciò non le sarà precluso il matrimonio; ma sarebbe meglio se rimanesse da sposare» (can. 46) «l matrimoni celebrati senza l'assenso di coloro che hanno la facoltà di impedirli sono fornicazione. Perciò né finché vive il padre né finché vive il padrone, coloro che si uniscono sono esenti da colpa. Se i re­ sponsabili danno l'assenso, l'unione acquista il carattere di stabilità pro­ prio del matrimonio» (can. 42). «Pertanto, secondo la legge, non si deve contrarre un terzo matrimo­ nio. Per questo noi giudichiamo simili cose come feccia della Chiesa. Tuttavia non le sottoponiamo alle punizioni pubbliche, in quanto sono sempre preferibili all'incontrollata fornicazione» (can. 50). «La vedova schiava forse non pecca gravemente se accede a seconde nozze sotto la forma del rapimento. Perciò non la si deve accusare per questa colpa. Infatti non si giudicano le forme, ma la volontà. È chiaro tuttavia che resta ferma per lei la pena comminata per la bigamia [ossia la pena di un anno]» (can. 53). Il testo merita un commento. Osserviamo che Basilio tratta questa categoria di donne con molta più indulgenza delle altre. Non condanna nemmeno il finto rapimento, che altrove suscita invece in lui severe reazioni: si tratta di atteggiamento che rivela l'intelligenza del pastore di una comunità, il quale conosce bene la vita e malgrado la sua ten-

14 Si deduce da questa norma che chi non poteva addurre a sua difesa l'igno­ ranza, doveva essere escluso dalla Chiesa per sempre (anche se non è chiaro come sia possibile praticare l'omosessualità o la sodomia "nell'ignoranza"). 254

Il matrimonio e il sesso nella teora i e nella pratica ecclesiastica denza al rigorismo non dimentica la realtà dei rapporti sociali. La schiava, infatti, che è priva di mezzi propri, ba più difficoltà a vivere sola, senza l'appoggio di un uomo, che non una donna benestante. Ma in questa tolleranza di Basilio soprawive un resto della convinzione, diffusa in tutta l'antichità, che coloro che occupavano i gradini più bas­ si della scala sociale tendessero per natura all'amoralità, e che quindi non si potesse pretendere da loro ciò che si pretendeva dai membri del­ l'élite, i quali andavano trattati molto più severamente. Troviamo un interessante completamento dei testi di Basilio nei cano­ ni di Timoteo, patriarca di Alessandria dal379 al385. Domanda: «In quali giorni della settimana i coniugi devono astenersi dall'avere rapporti, e in quali giorni hanno diritto ad averne?» Risposta: Dice l'apostolo: "Non rifiutatevi reciprocamente, se non per un ceno tempo e di comune accordo, pe.r darvi alla preghiera, e poi comare nuovamente in­ s.ieme, affinché Satana non vi temi approfittando della vostra incapacità di dominarvi". È comunque indispensabile astenersi il sabato e la domenica, poiché in tali giorni si offre a Dio il sacrificio spirituale (can. 1.3)l5

10.10 Matrimonio giusto, matrimonio unico La posizione di Basilio era molto rigida: in fondo non ammetteva che il rapporto tra una sola donna e un solo uomo, conformemente alle paro­ le di Cristo: «[ ...] e i due saranno una sola carne. Quindi non sono più due, ma una sola carne». Tutte le deviazioni da questo principio suscita­ no la sua critica, tutte meritano penitenza, anche se non nella stessa mi­ sura. La donna violata o ingannata d a un bigamo farà meglio a non con­ trarre un vincolo (stavolta legale) con altri, la vedova farà bene a con­ servare il suo stato vedovile e via dicendo. Facciamo tm confronto con alcuni testi di Tertulliano: Io non ripudio l'unione dell'uomo e della donna, benedetta da Dio come il viv aio del genere umano, destinato a popolare la terra e a fomtare il mondo: pertanto essa è permessa. nei limiti però di una unione w1ica. 16 Se interpretiamo a fondo il pensiero dell'Apostolo, si dovrà dire che il secon­ do matrimonio non è altro che una specie di adulterio. Quando infarti egli O' apostolo Paolo] dice che marito e moglie hanno la preoccupazione di tro­ vare in che modo piacersi l un l'altro, vuole dire che sono preoccupati non ri­ guardo alla moralità (infatti una giusta preoccupazione non si critica), ma ri­ guardo alle cure del corpo e agli ornamenti e a ogni ricercatezza dell'eleganza '

P.-P. Joannou, Discipline générale antlque (Vf.f)( siècles), cit., vol. O: Les ca­ nons des Pères Grecs, pp. 248-249. L6 Tertulliano, Alla consorte,!, 2, l. l5

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Storia della Chiesa nella tarda antichità atta a suscitare il desiderio,

e

l'eleganza e gli ornamenti sono un mezzo per

suscitare concupiscenze carnali, il che è anche la causa dell'adulterio: non ti sembra allora che il secondo matrimonio sia affine all'adulterio, poiché in esso si ritrovano le medesime caratteristiche dell'adulterio?17

Si tratta di opinioni radicali, che i vescovi responsabili delle comunità e ben consapevoli di quanto fosse difficile mettere in pratica norme mol­ to meno severe, non potevano sottoscrivere. In sostanza Basilio era del­ la stessa opinione di Tertulliano: il secondo matrimonio contrastava con l'obbligo della purezza, attuabile solo nel rapporto tra un solo uomo e una sola donna. Se da un lato il radicalismo di Basilio e quello di Cesario di Arles ve­ nivano rafforzati dalle loro personali inclinazioni ascetiche, dall'altro erano frenati da un senso di responsabilità per la salvezza delle pecorel­ le loro affidate: i vescovi sapevano perfettamente che, a imporre obbli­ ghi troppo gravosi alle persone semplici, si rischiava l'effetto contrario, quello cioè di spingerle alla dissolutezza invece che alla pietà. Non tutti i moralisti condividevano completamente le idee di Basilio. Nella fondamentale e difficile questione riguardo all'interpretazione del succitato versetto del Vangelo secondo Matteo, le opinioni erano divise. In Oriente, in caso di adulterio della moglie prevaleva l'idea di ammette­ re non solo il divorzio, ma anche il diritto del marito a un secondo matri­ monio; in Occidente, queste unioni erano molto malviste. Girolamo le condannerà senza esclusioni, Agostino oscillerà tra le due posizioni: ini­ zialmente ammetterà la possibilità di un secondo matrimonio, poi la re­ spingerà decisamente. In Occidente invece le nuove nozze di vedovi e vedove suscitavano minori opposizioni: Agostino sosteneva addirittura che non vi fosse motivo di condannare chi contraeva tre o più matrimo­ ni, visto che Dio non aveva posto limiti in materia (ma in realtà il vesco­ vo di Ippona sconsigliava persino le seconde nozze).

10.11 Da una parte i precetti ecclesiastici, dall'altra la realtà

La realizzazione dei princìpi formulati dai Padri della Chiesa in materia di matrimonio incontrava enormi difficoltà. La legge romana, come pure gli altri sistemi giuridici dell'antichità a noi noti, contemplava in­ fatti sia il divorzio sia i successivi matrimoni, anche se non incoraggiava a contrarli, per la semplice ragione che rappresentavano un pericolo per gli interessi materiali dei figli del primo matrimonio; i pericoli risiedeva­ no soprattutto nelle seconde e successive nozze delle donne, che erano, nel matrimonio, la parte debole e quindi non in grado di difendere effi­ cacemente i propri figli di primo Ietto. Per i fedeli di quei tempi i precetti della Chiesa riguardo alle nuove 17 Tertulliano, Esortazione alla castità, 9, l. 256

Il matrimonio e il sesso nella teoria e nella pratica ecclesiastica

nozze erano molto più pesanti di quanto potrebbe sembrare oggi. Ricordiamo che la durata media della vita era bassa e che le donne mori­ vano spesso di parto o per infezioni puerperali; inoltre molte malattie, oggi non pericolose, portavano facilmente alla tomba. I matrimoni si contraevano in giovane età e alla sposa si chiedeva subito un erede. Giovani madri appena adolescenti morivano spesso durante il primo par­ to, per il quale non erano fisicamente mature. Per un giovane di circa vent'anni la cui moglie fosse morta durante la prima gravidanza senza mettere al mondo un figlio in grado di vivere, il divieto di risposarsi suo­ nava assurdo. La gente voleva avere figli, e anche molti, nella speranza che almeno due o tre riuscissero a sopravvivere alle malattie infantili. La rinuncia a generare figli era quindi un sacrificio gravissimo, a parte l'ov­ via considerazione che per un uomo in giovane età non era facile astener­ si dalla vita sessuale, e che un cristiano che osservasse scrupolosamente i precetti della fede non poteva ricorrere a rapporti con le serve, per non parlare delle prostitute. In una società dove non c'era posto per le donne sole, anche le giovani vedove incontravano numerose difficoltà per cui, oltre che da motivi personali, esse venivano indotte a un nuovo matrimo­ nio da ragioni di ordine puramente pratico.

101 . 2 La legislazione sul divorzio Possiamo farci un'idea della consistenza dell'opposizione alle restrizioni imposte dalla Chiesa seguendo la legislazione tardo-antica in materia di divorzio. Le prime vere limitazioni in materia furono introdotte da una legge di Costantino il Grande nel331 (Cod. Th., III, 16, l) che proibiva alle don­ ne di inviare ai mariti lettere di divorzio per motivi "leggeri", quali il vi­ zio del bere, del gioco d'azzardo e delle donne (intendendo la frequen­ tazione di prostitute o lo spendere soldi in mantenute). Le donne pote­ vano chiedere il divorzio solo nel caso che il marito si fosse reso colpe­ vole di omicidi, pratiche magiche e profanazione di tombe; quelle che intentavano una pratica di divorzio per motivi diversi erano punite con la perdita dei loro averi («la donna deve lasciare in casa del marito tutto quel che possiede, comprese le forcine per i capelli») e deportate in un'isola. Neanche il marito doveva sciogliere il matrimonio per futili motivi: il divorzio era ammesso solo se la moglie era infedele (argomen­ to viceversa non valido per la donna), faceva la ruffiana o praticava la magia. Il marito che in giudizio non avesse potuto dimostrare le proprie ragioni doveva rendere la dote alla moglie e perdeva il diritto di con­ trarre un nuovo matrimonio (nel caso che lo avesse fatto, la prima mo­ glie poteva portargli via la casa e la dote della nuova moglie). Le disposizioni di Costantino restarono in vigore tre decenni e furo­ no abrogate da Giuliano l'Apostata, che sicuramente (non possediamo il testo di legge) ristabilì lo stato di cose precedente. Fu solo nel 421 257

Storia della Chiesa nella tarda antichità che apparve una nuova legge, emanata dall'imperatore Onorio (Cod. Th., m, 16, 2). La donna che intentava causa di divorzio senza gravi motivi perdeva la dote e i doni ricevuti dal marito al momento del ma­ trimonio, subiva la deportazione e non poteva più risposarsi. Se riusci va a provare l'accusa di cattivo carattere del marito, veniva punita allo stesso modo, tranne che per la deportazione. Se riusciva a dimostrare gravi reati commessi dal marito, trascorsi cinque anni poteva risposarsi; l'aver posto un lasso di tempo così lungo prima del nuovo matrimonio indicava il desiderio di accertarsi che la donna avesse agito per repul­ sione nei riguardi del marito e non per desiderio di un altro uomo. L'uomo desideroso di divorziare senza fondati motivi era punito come la donna che avesse provato il «cattivo carattere» del marito e, trascor­ so un anno, sua moglie poteva contrarre un secondo matrimonio. Se in­ vece era la moglie ad avere un brutto carattere, il marito recuperava i doni fatti e dopo due anni poteva risposarsi; nel caso che la moglie avesse commesso reati, si teneva la dote e poteva risposarsi subito. Se il tentativo di sciogliere il vincolo non era fondato, il marito (o, come ab­ biamo visto, la moglie) che aveva intentato causa perdeva ciò che l'altra parte aveva messo in comune e non poteva risposarsi. Anche in questo caso però la situazione della donna era peggiore: veniva deportata (il marito no) e non poteva ottenere il perdono. Notiamo che, nei rari casi in cui la parte femminile riusciva a dimostra­ re le proprie ragioni, il legislatore le imponeva almeno un anno di inter­ vallo prima del nuovo matrimonio, e ciò non più per motivi educativi, ma pratici: bisognava accertarsi che la donna non fosse incinta, dato che il figlio nato dopo il divorzio conservava il diritto al patrimonio paterno. Nel 439 Teodosio TI emanò una nuova legge (Novellae Theodosiae 12) che imponeva alle parti che presentavano istanza di divorzio di inviare il repudium, una lettera formale con l'elenco delle accuse; l'imperatore af­ fermava che in materia di divorzio ci si doveva attenere «alle antiche leg­ gi e all'opinione dei più famosi giuristi». La legge uscì un anno dopo la pubblicazione del Codex Theodosianus, che conteneva la contrastante di­ sposizione di Onorio. Trascorsi dieci anni, Teodosio tornò a legiferare sul divorzio (Codex Iustinianus, v, 17, 8); la donna poteva chiedere il di­ vorzio anche nel caso in cui il marito la tradisse o le usasse violenza; se le accuse venivano dimostrate, recuperava la sua dote e poteva risposarsi dopo un anno (nella stessa situazione il marito poteva risposarsi imme· diatamente). Se le parti non riuscivano a dimostrare le loro ragioni, l'uo­ mo perdeva la dote e la donna doveva aspettare cinque anni prima di contrarre un nuovo matrimonio; la motivazione spiegava che era giusto che una donna, dimostratasi indegna del matrimonio, fosse privata del diritto di contrarne un altro per quel lasso di tempo. La successiva legge in materia, emanata da Anastasio nel 497 (Codex Iustinianus, V, 19, 7), riguardava i divorzi consensuali, cioè quelli in cui non si faceva appello alle colpe del coniuge. In quel caso la donna aveva il diritto di risposarsi dopo un anno, l'uomo owiamente subito. ·

258

Il matrimonio e il sesso nella teoria e nella pratica ecclesiastica

Solo nel548 Giustiniano emanò una legge che poneva sullo stesso pia­ no i due coniugi («è giusto applicare la stessa pena per lo stesso delitto»); inoltre da questo momento il coniuge colpevole avrebbe dovuto essere rinchiuso in convento fino alla morte, come sarebbe stato confermato da una legge del 556 , che vietava i divorzi consensuali. L'innovazione di Giustiniano tuttavia non venne mai applicata: il suo successore, Giustino 11, abrogò fin dal566 il divieto dei divorzi senza dichiarazione di colpa. n paragone tra il testo delle leggi emanate dai sovrani cristiani e i pre­ cetti contenuti nei canoni di Basilio e nelle prediche di Cesario di Arles risulta sorprendente. Gli imperatori intervengono controvoglia e modi­ ficano con estrema lentezza l'ordine legale costituito. La visione cristia­ na del matrimonio influisce poco sulle loro leggi, esprimendosi unica­ mente in una generica tendenza a limitare i motivi validi per il divorzio. In altri settori gli imperatori sostenevano giuridicamente i precetti della morale cristiana con molta più evidenza, basti pensare alle leggi contro gli eretici o al divieto (assoluto) di matrimoni tra ebrei e cristiani. È possibile che la Chiesa non chiedesse ai sovrani l'emanazione di leggi opportune? Ci è noto un solo caso di richiesta del genere, formu­ lata al sinodo locale di Cartagine nel 407: i vescovi iv i riuniti chiesero che si vietasse di contrarre un secondo matrimonio finché il coniuge precedente fosse stato vivo. Gli imperatori ignorarono la richiesta.

10.13 I divorzi nella realtà Se i regolamenti imperiali in materia di divorzi erano lontani dai precet­ ti morali enunciati da Basilio e da Cesario di Arles, la realtà lo era anco­ ra di più. Ce ne possiamo rendere conto leggendo i documenti su papiri trovati in Egitto. Nella metà del VI secolo ad Aphrodito, piccola località della Tebaide, un notaio redige un atto di divorzio in presenza di tre testimoni, che ap­ pongono la loro firma in calce, come prescriveva la legge. n testo è scritto in un greco barbarizzato, di non facile traduzione: Aurelio Isacco, figlio di Giovanni e di Kyra, medico del villaggio di Aphrodito del distretto di Anataiopoli, ad Aurelia Tetrompia, figlia di Giovanni e finora mia consorte, del medesimo villaggio. Avendo io, Isacco, contratto matrimo­ nio con te nella speranza di vivere e per generare figli credendo che sarei vis­ suto in pace fino alla fine dei miei giorni, ora che un demone malvagio ha pre­ so in odio il nostro matrimonio, ci siamo separati l'uno dall'altra di modo che ognuno dei due possa prendere nuovamente moglie o marito, oppure ritirarsi in convento, oppure vivere in solitudine, senza che nessuno lo impedisca.18

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Papyrus grecs d'époque byzantine, ediz.J. Maspero, Le Caire 1913, vol. n, n.

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Storia della ("biesa rtella tard(J antichità I coniugi si dividono consensualmente, senza rancori. La colpa è del «demone malvagio», è stato lui a far sì che marito e moglie non abbia­ no potuto "vivere in pace fino alla fine dei loro giorni", e non c'è nien­ te che l'uomo possa fare contro l'intervento diabolico. Una volta accet­ tato il presupposto dell'ingerenza di Satana, discutere di chi sia la re­ sponsabilità, di chi la colpa del divorzio, non ha il minimo senso. È si­ gnificativo che i divorziandi non si sentano in colpa verso la Chiesa: l'entrare in con�ento è considerato un'eventualità alla stregua di un nuovo matrimonio. Nella metà del VI secolo, dopo più di due secoli di dominazione della religione cristiana, il divorzio non è sentito come un peccato in clamoroso contrasto con la consacrazione a una pia vita d'ascesi. E vero che abbiamo a che fare con un formulario notarile d'uso corrente, ma è proprio perché si tratta di un formulario, e non di un atto redatto a uso esclusivo di un cliente, che il suo contenuto ci appa­ re cosi importante, rispecchiando una norma sociale e non una singola . . sttuaztone. Non si tratta di Wl testo eccezionale. Possediamo altri documenti te­ stimonianti che il divorzio aweniva sempre secondo i princìpi tradizio­ nali e non escludeva le persone dalla comunità dei fedeli. Il secondo testo che desidero citare non proviene dalJ'Egitto, ma dal­ la Palestina meridionale, da una località detta Nessana, posta ai limiti del deserto, e risale al 689 (da una generazione ormai vi dominano gli arabi); esso costituisce la registrazione di una procedura di tipo molto particolare. Il divorzio avviene in presenza dei notabili: il presbitero, l'arcidiacono e il diacono della chiesa locale, nonché quattro laici. La causa esaminata riguarda il presbitero Giovanni e sua moglie Nonna. TI gruppo che redige l'atto afferma che, udite le lagnanze delle parti, ha inutilmente temaro di riconciliare i coniugi. Infine Giovanni dice alla moglie: «Ti lascio scegliere. Se vuoi un giudice, non importa se del no­ stro villaggio o di fuori, lo prenderò insieme a te come giudice». Al che Nonna e sua madre dichiarano di non volere niente da Giovanni, di non volere andare insieme con lui davanti a un giudice, e di non aver preso niente dalla dote, «né da alcun altro bene, mobile o semovente» (autokinéton: il termine designava sia gli animali, sia gli schiavi). «Voglio solo che tu mi lasci libera». Giovanni risponde: «Sei libera. Non vogliamo niente niente l'uno dall'altra». Nonna aggiunge a nome suo: . Poi però, davanti alle suppliche della madre, che temeva la collera dei vicini, Gesù colpisce con il piede destro le natiche del morto e gli dice «Levati, figlio dell'iniquità: non sei degno di entrare nel riposo del padre mio, perché hai distrutto le opere che io avevo eseguito», al che il morto si alza e se ne va. Anche altri coetanei del piccolo Gesù ven­ gono fatti morire appena lo contrastano in qualche modo: «Che tu non possa ritornare vivo dalia via per cu i stai andando! E immediatamente quello stramazzò a terra e morÌ>>. «0 pessimo seme d'iniquità, figlio del­ la morte, officina di Satana! lnvero sarà senza efficacia iJ frutto del tuo seme e le tue radici senza umore e i tuoi rami aridi e non porteranno frutto. E tosto, davanti agli occhi di tutti, il ragazzo si disseccò e morì».l NelJe vite dei martiri un grande spazio veniva dedicato aUa descrizio­ ne delle loro sofferenze; con il passare del tempo i pii autori prestarono loro sempre maggior attenzione e le torture dei martiri si fecero sempre più numerose e ricercate. Nelle vite di san Giorgio scritte in Egitto tro­ viamo descrizioni orripiJanti. Un crudele sovrano ordina di chiudere il santo in una ruota di legno, internamente rivestita di lame acuminate e fatta girare dall'acqua del fiume. Dio protegge il martire dalle sofferen­ ze, ma il corpo di Giorgio è ridotto in brandelli sanguinolenti. AlJora dal cielo, su un carro trainato dai cherubini, scende Cristo, che ordina all'arcangelo Michele di raccogliere i brandelli sparpagliati e restituisce loro la vita dicendo: "La mano che ha modellato nella creta Adamo, il primo uomo, ricostituirà anche te". Cristo infonde al santo il soffio vita­ le, lo bacia e torna in cielo scortato dagli angeli. Un pio eremita egizio, errando nel deserto, trova nella sabbia il teschio di un pagano morto secoli addietro. Comincia a parlargli, come si con­ viene a un sant'uomo abimato a conversare con le mummie degli antichi sepolcri che fungono da celle ai monaci. Venuto a sapere delle spavento­ se sofferenze patite dall'anima di quell'uomo, immersa nel fiume di fuo­ co nell'inferno, si in1pietosisce e decide di chiedere a Dio di perdonarlo.

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Vangelo dello p.rudo-Matteo, in Vangeli apocrt/i, 26, 1-3; 28, 1, Einaudi,

Torino 1990.

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aterial

I miracoli

Alle preghiere del monaco Dio risponde di non poter liberare dal potere di Satana l'anima dannata. Ma l'eremita non si arrende: rimane esposto al calore spaventoso del deserto e, sotto i raggi infuocati del sole, prega eseguendo le "metanoie" (esercizi ascetici consistenti nel chinarsi profondamente fino a battere la testa in terra, recitando salmi o altri testi sacri). Dio ripete che non può far nulla per l'anima dannata. Ma il mona­ co continua imperterrito, minacciando di restare nel deserto fino alla morte. Alla fine il Signore si lascia convincere, ma non potendo traspor­ tare l'anima in paradiso e non volendo !asciarla all'inferno, l'annienta. Questi esempi (che potrei moltiplicare, essendo frequenti nei testi tardo-antichi) più che raccontare miracoli introducono nel mondo del meraviglioso, liberamente governato da una fantasia umana non ecces­ sivamente condizionata dai precetti religiosi. I Vangeli canonici dicono chiaramente che l'infanzia e la giovinezza di Gesù trascorsero come l'in­ fanzia e la giovinezza della gente comune, anche se pia. Un Dio che amava gli uomini al punto di morire per salvarli non avrebbe potuto uc­ cidere per un semplice capriccio infantile. Resuscitare un martire, mor­ to senza provare dolore, annulla il senso teologico del martirio: è un in­ tervento magico, non religioso. Da un punto di vista teologico non ci si spiega come mai Dio (onnipotente) non sia in grado di trasportare in paradiso l'anima di un peccatore; l'immortalità dell'anima rientra nei fondamenti dell'ordine cosmico stabilito da Dio: perché mai Egli do­ vrebbe infrangere tale legge solo per compiacere un asceta, così super­ bo nella sua ostinazione? In effetti il confine tra miracolo e meraviglioso non era chiaramente tracciato. Tuttavia nella tarda antichità di solito si distinguevano perfet­ tamente le cose che si dovevano credere, e che si potevano chiedere a Dio, da quelle che invece esulavano dal controllo ecclesiastico, restando nell'ambito della pura evasione fantastica. Un'evasione, beninteso, rigo­ rosamente pia.

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13. Il culto dei santi

Nella tarda antichità il ruolo di dispensieri dei miracoli divini, soprat­ tutto di quelli riguardanti le guarigioni, spettava ai santi. Nella storia del cristianesimo il loro culto fu un fenomeno estremamente importante e per molti secoli rappresentò uno dei principali elementi della devozio­ ne. Esso assunse la sua forma compiuta nella seconda metà del IV seco­ lo, sviluppandosi con sorprendente rapidità e penetrando in tutti gli strati delle comunità cristiane. Suo oggetto furono inizialmente i martiri seguiti, nel IV secolo, da venerabili asceti; un po' più tardi si comincia­ rono ad annoverare tra i santi anche i pastori del popolo di Dio, soprat­ tutto vescovi. Nel processo di formazione dell'immagine del santo un ruolo prepon­ derante venne svolto dalia letteratura: si deve a essa l'introduzione nella categoria dei santi di persone effettivamente distintesi per virtù eroiche ma che, vivendo al tempo degli imperatori cristiani, non avevano dovuto testimoniare con il sangue la loro fedeltà al Signore. Iniziatore di tal ge­ nere di opere fu Atanasio, da noi tante volte citato, con la Vita di Antonio (composta tra il 356 e il 362). Egli creò un nuovo modello di santo e un nuovo concetto di "martirio", successivamente detto "marti­ rio bianco". I fedeli, comunque, non avevano bisogno di dotte argomen­ tazioni per essere persuasi delia santità dei monaci e dei loro poteri: da quando gli asceti avevano popolato gli eremi, dedicandosi a esercizi che all'uomo comune apparivano terrificanti, ne erano assolutamente certi.



Tentativo di definizione

ComincerQ. dunq]Je dalla definizione di "santità" (non delia santità in genere, ma delia santità çome veniva intesa alia fine dell'antichità); per facilitarmi il compito, ho scelto alcuni frammenti di testi agiografici, che contengono i dati indispensabili a questo proposito. In quel medesimo torno di tempo si rivelarono al vescovo [si tratta di Ambrogio, vescovo di Milano] i santi martiri Protasio e Gervasio. Essi erano seppelliti nella basilica in cui sono oggi i corpi dei martiri Nabore e Felice; ma mentre i santi martiri Nabore e Felice erano oggetto di grande venerazio­ ne, dei martiri Protasio e Gervasio non si conoscevano né i nomi né i sepol308

Il culto dei santi cri, al punto che passavano sui loro sepolcri tutti coloro che volevano giunge­ re ai cancelli che proteggevano dalle profanazioni i sepolcri dei santi martiri Nabore e Felice. Ma quando i corpi dei santi martiri furono levati e posti su lettighe, si riferisce che molti malati furono ivi guariti, e pure un cieco, di nome Severo, che ancor oggi presta religiosamente il suo servizio nella basili­ ca detta Ambrosiana, in cui furono trasferiti i corpi dei martiri, appena toccò la veste, subito ricuperò la vista. Anche gli ossessi dagli spiriti immondi veni­ vano guariti e ritornavano a casa pieni di riconoscenza. 1 L'uomo di Dio rimase curvo in preghiera con un prete, un diacono e due por­ tieri, versando lacrime abbondanti e supplicando la potenza divina di manife­ stare con la sua azione la propria abituale maestà. Quando il prete ebbe ter­ minato di pregare, il beato si rivolse in tal modo al cadavere: "In nome di Nostro Signore Gesù Cristo, santo prete Silvino, parla ai tuoi fratelli!". Quando il defunto aprì gli occhi, l'uomo di Dio ebbe qualche difficoltà a per­ suadere i presenti a restare in silenzio, tanta era la loro gioia. E di nuovo, ri­ volgendosi al defunto: "Vuoi tu" gli chiese "che chiediamo al Signore che si degni di renderti ai suoi servitori in questa vita terrena?". Ma lui rispose: "In nome di Dio, ti supplico, non obbligarmi a restare ancora quaggiù e non pri­ varmi del riposo eterno dove credevo già di trovarmi". E con questa preghie­ ra cadde nel sonno eterno.2 Un uomo enfiato dalla lebbra, di nome Teio, attratto dalle virtù di san Severino venne da molto lontano per chiedergli di risanarlo con le sue pre­ ghiere. Secondo l'uso consacrato, gli fu imposto di piangere in continuazione implorando Dio, dispensatore d'ogni grazia. Che accadde dunque? Grazie alle preghiere del sant'uomo e con l'assistenza di Dio il lebbroso fu mondato.' Un uomo in Egitto aveva un figlio paralitico. Lo portò quindi alla cella di Macario, lo lasciò davanti alla porta e se ne andò più lontano. Il bambino piangeva. Il vecchio si affacciò, lo vide e chiese: "Chi ti ha portato qui?". Il bambino rispose: "Mio padre mi ha buttato qui e se n'è andato". E il vecchio: "Alzati e raggiungilo!". E subito il ragazzo guarì, si levò e corse dal padre: e così tornarono a casa4

In tutti questitesti il sant�are come un uomo dorato da Dio di una particella del suo potere; come èliceyaoo gli autori greci, egli è "colui che porta lo Spirito Santo" e, in quanto tale, è capace di operare mira­ coli e di proteggere la gente dalle forze del male. Tale caRacità venne -

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Paolino, Vita di Ambrogio, �4. Eugippe, Vie de S. Séverin, Editions du Cerf, Paris 1991, XVI, 4-6. J lvi, XXXIV, 1-2. 4 Abba Macario Egiziano, 15, in Vita e detti dei Padri del deserto, Città Nuova Editrice, Roma 1997. 1

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Storia della Chiesa nella tarda antichità conservata nelle sue spoglie mortali, negli oggetti da .lui toccati mentre era in vita e perfino nei luoghi dei suoi soggiorni. Il santo rendeva ope­ rante la sua facoltà soprattutto per mezzo della preghiera, talvolta an­ che di un gesto; tuttavia poteva accadere che essa agisse automatica­ mente, senza l'intenzione di compiere un miracolo, per effetto di parole pronunciate casualmente. Il santo è un essere vicino a Dio, suo "amico" e "compagno": erano queste le espressioni usate a quei tempi. Egli può sfruttare la sua partico­ lare condizione per chiedere una grazia a favore di persone che lo inter­ pellano perché interceda presso Dio, vera fonte delle sue opere miracolo­ se. I teologi porranno fortemente l'accento su questo aspetto delle azioni dei santi, combattendo la diffusa tendenza a considerare i loro poteri come quasi autonomi e derivanti. esclusivamente dal loro portatore. Leggendo le opere agiografiche viene da chiedersi fino a che punto gli in­ segnamenti dei teologi in materia fossero efficaci: per molti cristiani la li­ bertà d'azione dei poteri taumaturgici arrivava più lontano di quanto la Chiesa, m i personata dai suoi grandi pensatori, fosse disposta ad accettare. E sorprendente quanto di rado i testi tardo-antichi sviluppino il tema dei santi come modello dei comportamenti cristiani. Veniamo a sapere pochissimo sulla vita dei martiri prima dd loro arresto: l'attenzione dei pii autori si concentra sulla descrizione della dimensione eroica della vita dei santi, e quindi viene dato ampio spazio alla professione di fede davanti al magistrato, alle torture, alle scene di morte. Anche le narra­ zioni di ascesi monastica preferiscono presentare il distacco dalla condi­ zione wnana, piuttosto che esempi di virtù capaci di far da modello a monaci meno ardentemente religiosi. L'insistenza sull'eroismo dei santi derivava dal bisogno di distinguerli dal resto della comunità cristiana e dal desiderio di dimostrare che, uscendo vittoriosi dalle prove, avevano superato la propria natura umana. Ai santi viene infatti conferito uno status diverso dal resto dell'wna­ nità, uno status che si manifesta nel loro speciale legame con Dio, in una forza speciale capace di sowertire l'ordine naturale delle cose, e nei doni offerti loro da Dio in cambio deJle sofferenze, della morte, dell'a­ scesi, della testimonianza di fedeltà a Cristo e della vittoria su Satana. I santi combattono contro Satana: è hù il loro vero nemico, non i cru­ deli, ottusi funzionari e la fanatica folla pagana. I monaci devono scon­ figgere il diavolo, e non semplicemente la propria debolezza dovuta al­ l'ascesi, e la ribeUione del corpo, al quale negano l'appagamento dei bi­ sogni naturali.. La vittoria dei santi è la vittoria di Dio sul nemico, è il momento del trionfo celeste. La convinzione che la tomba del santo conservasse la sua forza indu­ ceva i comuni fedeli a coUocare i propri sepolcri il più vicino possibile alla fonte miracolosa, ad sanctos ("presso i santi"). Tale usanza si mani­ festa già nel m secolo, intensificandosi nel IV, e non viene minimamente disturbata dal sorgere dei martyria, imponenti edifici che facevano da cornice al fulmineo svilupparsi del culto dei martiri. I cristiani del tem'

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Il culto del santi po facevano a gara per occupare il posto più vicino al luogo dove giace­ vano le spoglie mortali di un santo; i meno fortunati dovevano accon­ tentarsi di terreni in prossimità dell'edificio, mentre i più ricchi e in­ fluenti erano in grado di seppellire i propri cari all'interno del marty­ rion. f'lell' AI J.o �dioe�, a nartire dall'viii secolo, compare l'usanz.a di sotterrare le refiquie insieme al defunto. Lti'Saiiià"Cl1Collocarèle tombe ad sa:Zcto!; presuppone la fede nell'effi­ cacia dell'aiuto prestato al defunto dai santi che compaiono con lui da­ vanti al Giudice celeste, e che in quel momento decisivo chiederanno al Signore la grazia per l'anima peccatrice. Solo con molta fatica si poteva trovare un fondamento teologico a tale credenza: per convincersene ba­ sta leggere il trattato di sant'Agostino De cura pro mortuis gerenda, che limita drasticamente gli eventuali vantaggi derivanti al defunto dalla vi­ cinanza della fonte dotata di poteri miracolosi. Tuttavia i cristiani della tarda antichità (come pure quelli dei secoli successivi) ignoravano le ammonizioni dei teologi, incuranti della contraddizione tra le loro idee e le tesi sostenute dalla Chiesa. ·

13\.1 A quando risale il culto dei santi? () La testimonianza del Martirio di Policarpo A quanto indietro risale, nel passato del cristianesimo, il culto dei santi? Si tratta di una domanda non solo importante dal punto di vista scienti­ fico, ma anche spinosa, dato che il culto dei santi è stato duramente criti­ cato come dannoso, come un'escrescenza del cristianesimo, una conces­ sione alla pressione dell'eredità pagana, la prova di un ripudio del puro monoteismo da parte dei primi seguaci della fede di Cristo. Queste ac­ cuse al culto dei santi non vennero formulate soltanto al tempo della Riforma, quando le Chiese nate da essa lo eliminarono drasticamente dalla propria fede, ma anche alla fine del XIX secolo, quando bersaglio della critica fu il cattolicesimo nella sua forma tradizionale. Quindi, per gli storici cattolici della Chiesa, collocare il culto dei santi agli albori del cristianesimo è di estrema importanza, in quanto conferisce prestigio a esso e svalorizza gli argomenti degli avversari dottrinali e degli ancor più numerosi schernitori. TI..Qiù antico testo riconosciuto come prima testimonianza del culto dei ..s.antiè.{ma l�ttera della comunitrdi una cÌtt��Tne , alla comunità di Filomenio in Frigia,..che_ciescriv.e la..morte di.PoliGarp.o, facente funzione di vescovo a Smirne già nel primo decennio del II seco­ lo. Di Policarpo la tradizione narrava che fosse stato discepolo dell'apo­ stolo Giovanni; aveva vissuto molto a lungo, divenendo il tramite vivente tra la generazione degli apostoli e i cristiani delle generazioni successive, circostanza estremamente importante per i fautori del culto dei santi, in quanto permetteva loro di dimostrare che le persone convertite e educate alla fede cristiana dai discepoli degli apostoli non vedevano in esso niente

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Storia delta Chiesa nella tarda antichità

di deviante né di contrastante con l'essenza stessa della fede. Le date del martirio di Policarpo non si possono stabilire con certezza: le proposte degli studiosi oscillano tra il 155 e il 177 (agli effetti delle nostre conside­ razioni questo problema, fondamentale per la ricostruzione della storia delle persecuzioni, non ha grande importanza). Oltre a essere citata da Eusebio di Cesarea nella propria opera (Storia ecclesiastica, IV, 15), la lettera con la descrizione del martirio di Policarpo si è conservata come opera autonoma intitolata Il martirio di Policarpo, proveniente da una tradizione indipendente. Tra i due testi esistono al­ cune differenze che, ai nostri fini, possiamo permetterei di ignorare. Si tratta di un testo talmente importante che non possiamo fare a meno di citare per intero il passo che ci riguarda: Ma il Rivale geloso e maligno, l'Avversario della stirpe dei giusti, come vide la grandezza di quella testimonianza e la perenne irreprensibilità della sua vita, e vide che era stato cinto con la corona dell'immortalità e aveva ottenuto il premio inoppugnabile, fece i n modo che le sue spoglie non potessero venire da noi raccolte, per quanto fossimo in molti a bramare di far ciò e di aver co­ munione con la sua santa carne. Egli dunque ispirò a Nicete, padre di Erode e fratello di Alce, di andare a sollecitare dal proconsole un provvedimento che ci negasse il suo corpo. "Per evitare" disse "che, accantonando il Crocefisso, prendano a adorare costui". E a suggerirgli questo e a incalzarlo erano stati i giudei; i quali avevano preso a sorvegliarci, poiché volevamo pre­ levarlo dalla pira; senza comprendere che mai potremmo abbandonare Cristo, colui che ha patito al fine di riscattare rutti coloro per i quali ci sarà salvezza ovunque nel mondo, lui, senza macchia, per noi peccatori; e che mai potremmo venerare qualcun altro. Lui, infarti, noi adoriamo quale figlio di Dio, mentre ai martiri siamo giustamente devoti in quanto discepoli e imita­ tori del Signore e per la loro suprema fedeltà verso il proprio re e maestro; e sia dato a noi pure di farcene compagni e condiscepoli! Vista dunque l'animosità manifestata dai giudei, il centurione fece portare il corpo in vista di tutti e, secondo il costume loro, lo fece cremare. E così al termine noialtri, raccolte quelle sue ossa più preziose di rare gemme e più pure dell'oro fino, le riponemmo là dov'era di rito. E in questo luogo radu­ nandoci in esultanza e letizia ogni qual volta ci sarà possibile, ci consentirà il Signore di festeggiare la ricorrenza del suo martirio, a memoria di quanti hanno affrontato già la stessa lotta e a esercizio e preparazione di quanti la af­ fronteranno in futuro.5

13.3 Ossa più preziose di rare gemme Il comportamento delle autorità romane, che rifiutavano di consegnare il corpo, era motivato da considerazioni politiche. La tomba di una perso5 Il martirio di Policarpo, in Atti e passioni dei martiri, cit., pp. 25-27. 312

Il culto dei santi

na martirizzata per le sue convinzioni religiose poteva diventare un luo­ go di raduno per i suoi seguaci, al fine di far rivivere il ricordo delle sue azioni e rafforzare la volontà di restare fedeli alle sue idee. Manifestazioni di questo genere, irritanti per gli avversari di un dato gruppo religioso, davano adito a conflitti spesso degeneranti in tafferu­ gli, temuti moltissimo dalle autorità. Lo studio delle repressioni politiche nell'età contemporanea dimostra quanto importanti siano per la conti­ nuazione del movimento di protesta i luoghi contrassegnati dal sangue degli eroi, che conferisce loro un valore di simbolo. Le autorità preferi­ vano quindi impedire la creazione di un luogo siffatto, santificato dal sa­ crificio di una vita. In tal modo ragionava anche Diocleziano, quando ordinava di rimuovere dalle tombe i corpi dei martiri e di gettarne in mare i brandelli. Decisione così commentata da Eusebio: i pagani teme­ vano che «se le tombe fossero sopravvissute, i martiri, considerati dèi, divenissero un oggetto di culto».6 Naturalmente sia alle autorità deluse­ colo sia a Diocleziano era indifferente che i cristiani vedessero, oppure no, i martiri come dèi; quel che importava loro era di impedire il sorgere di un legame tra un dato luogo e un culto. Alla fine però, malgrado tutti i divieti, i cristiani di Smirne ottennero, secondo il testo che ci è pervenuto, i resti mortali di Policarpo, sia pure a cremazione avvenuta. Non si può fare a meno di notare con una certa perplessità l'incoerenza del funzionario responsabile; dal suo punto di vista bruciare il corpo non equivaleva a rifiutarne la consegna; per lui il rito della cremazione era altrettanto normale che la sepoltura. Nel caso dei condannati di cui si aggravava la pena con il rifiuto di consegnare le spoglie alla famiglia, dopo l'esecuzione e la cremazione le ceneri veniva­ no gettate in acqua oppure disperse al vento. Non si capisce quindi come mai le cose andassero diversamente nel caso di Policarpo, visto che le autorità intendevano impedire l'esistenza di una tomba. Può dar­ si che, pagando, i cristiani siano riusciti a mutare le loro decisioni; ma è anche possibile che il testo originario del Martirio di Po!icarpo sia stato alterato in quel punto per effetto di interventi successivi (di ciò parlerò in seguito). Il comportamento dei cristiani che cercavano di ottenere la restituzio­ ne del corpo del martire non contrastava con le usanze antiche vigenti. Anche per i pagani il seppellimento delle spoglie, con o senza cremazio­ ne, era un sacro dovere dei parenti; anche i pagani avrebbero potuto definire i resti mortali di illustri personaggi più preziosi delle gemme e dell'oro fino. Gettare le ceneri in acqua, disperderle al vento oppure abbandonare le spoglie in pasto alle bestie feroci era la forma di castigo più grave, in quanto rendeva impossibile compiere i riti senza i quali l'esistenza dell'anima nell'aldilà diventava molto più dura. Anche l'usanza di raccogliersi intorno alla tomba era comunemente praticata nell'antichità. I parenti, gli amici e i conoscenti lo facevano nei 6 Eusebio di Cesarea, Storia ecclesiastica, VIII, 6, 7. 313

Storia della Chiesa nella tarda antichità

giorni santificati dalla tradizione, soprattutto nell'anniversario della na­ scita del defunto. La riunione sulla tomba assumeva la forma di un ban­ chetto: si preparava un coperto per il morto e si credeva che egli fosse presente e partecipasse al pasto; talvolta si versavano liquidi sacrificali sulle ceneri all'interno del sarcofago o dell'urna attraverso appositi tu­ bicini. I più ricchi costruivano accanto alle tombe di famiglia un posto speciale per i banchetti, spesso coperto da una tettoia e provvisto di let­ ti sui quali, secondo l'uso antico, i commensali si sdraiavano. I banchet­ ti non dovevano essere improntati al lutto e alla tristezza, anzi si crede­ va che il morto potesse partecipare alla gioia dei presenti, rallegrarsi della loro buona salute, della loro ricchezza e dei loro successi. I cristiani non avevano motivo di ripudiare quegli usi pagani. Per il m secolo possediamo ormai testimonianze archeologiche dell'esistenza di complessi funebri appartenuti a cristiani, attrezzati esattamente come i complessi pagani. Dall'espressione, contenuta nel Martirio di Policarpo, «per quanto fossimo in molti a bramare di far ciò e di avere comunione con la sua santa carne», si deduce che i cristiani di Smirnc della metà del11 secolo consideravano le spoglie mortali del martire una materia fuori del co­ mune, con la quale i vivi potevano entrare fisicamente in contatto, rica­ vandone dei vantaggi (anche se il testo non ci dice quali). Questo ci av­ vicina al modo di considerare i santi riscontrabile, con grande dovizia di particolari, nei testi risalenti alla seconda metà delrv secolo. Non si trattava di un modo di pensare radicalmente diverso dalle idee dei pagani circa le spoglie umane rinchiuse nei sepolcri. Scrivendo «avere comunione con la sua santa carne», l'autore resta nell'ambito delle immaginazioni pagane sul potere insito nel corpo del morto. Gli antichi nutrivano spesso la convinzione (in effetti confusa e non descri­ vibile a parole) che i morti, mantenendo un contatto con il mondo so­ prattutto nel luogo della loro sepoltura, potessero esercitare sui vivi un effetto sia buono che cattivo. La tomba, del resto, non era mai un punto qualunque dello spazio, come i resti mortali non erano semplici bran­ delli di materia. La convinzione del potere insito nei morti, o perlome­ no in alcuni di loro, si accentua significativamente ai tempi dell'impero; lo si vede dai cambiamenti delle procedure magiche: è allora che si diffonde l'uso, nelle formule delle operazioni magiche, di rivolgersi ai demoni dei morti. Il morto era quindi considerato come un essere capa­ ce di agire sui vivi, purché si fosse capaci di indurlo a ciò.

13.4 La differenza tra l'adorazione di Dio

e

il culto dei martiri

Nella letteratura cristiana Il martirio di Policarpo rimane un fenomeno isolato per i successivi due secoli. Per trovare testi simili sia nel tono che nel contenuto, bisognerà aspettare il IV secolo (più la seconda che la prima metà). È un fatto che spinge a qualche riflessione; ancor più si314

Il culto dei santi

gnificativa appare la spiegazione dell'autore della lettera a proposito della differenza tra l'adorazione dovuta a Dio e il culto dei martiri: an­ che queste considerazioni non troveranno niente di analogo per un al­ tro secolo e mezzo. Il martirio di Policarpo è chiaramente polemico e fu scritto per confutare i rimproveri di quanti vedevano nel culto dei mar­ tiri un allontanamento dalla fede in un unico Dio. Ma chi mai poteva formulare rimproveri del genere? Non certo i pa­ gani, che la questione non concerneva; ma se chi li e.primeva proveniva dall'ambito cristiano, come si spiega la sparizione di questo problema dalle opere cristiane per quasi duecento anni? Possiamo certo chiederci se a muovere i rimproveri non fossero gli ebrei, ipersensibili al distacco da un rigoroso monoteismo e sempre pronti a sfruttare ogni appiglio per attaccare i cristiani. Ma è possibiJe un'eventualità del genere in un'epoca in cui i comportamenti cristiani riguardo alla sepoltura dei de­ fumi non esulava dalle usanze pagane? Possibile che i cristiani giudicas­ sero così gravi le critiche ebraiche (e così pericolose nella loro giustez­ za), da rispondervi in una lettera che descrive le persecuzioni? Si tratta di un'eventualità non impossibile, ma altamente improbabile. Le incoerenze del testo (si rifiutano ai cristiani le spoglie di Policarpo, ma si consegnano loro le sue ceneri) e la mancanza di testi analoghi nel­ la pur ricchissima letteratura cristiana dei successivi due secoli mi indu­ cono a cercare un'altra soluzione ai problemi posti dal Martirio di Policarpo. Sospetto fortemente che il testo (perlomeno nel punto che in­ teressa alla nostra analisi) si discosti dalla lettera originale inviata dalla comunità di Smirne alle Chiese vicine. Non c'è motivo di dubitare che una tale lettera sia stata effettivamente scritta: ne conosciamo altre, di carattere analogo (della corrispondenza tra le Chiese e del suo significa­ to ho parlato già nel primo capitolo); tuttavia ciò non vuoi dire che il documento ci sia pervenuto esattamente nella sua prima versione, che risale a tempi vicini all'avvenimento. Non c'è da meravigliarsi. Le opere di questo genere, circolanti in molte copie, lene in occasione di incontri annuali presso le tombe dei martiri, erano soggette a molte modifiche: venivano abbellite, sviluppate; venivano aggiunte considerazioni su temi, prima secondari, diventati importanti con il passare del tempo. Erano le normali vicissitudini delle opere che, pur essendo letterarie, non appartenevano alla letteratura classica e quindi scolastica, o ai testi sacri, trattati con il massimo rispetto come parole dello Spirito Santo. Le opere al di fuori di queste due categorie subivano cambiamenti con­ tinui, vivevano, si adattavano ai nuovi bisogni e ai nuovi gusti. Siamo, ovviamente, nel campo de!Je supposizioni e delle intuizioni impossibili da dimostrare, dato che l'argomento basilare della mancan­ za di testi di analogo contenuto non è abbastanza forte (come sempre, del resto, quando ci si richiama aU'argurnentum ex silentio, ossia al fatto che le fonri tacciano in materia). Anche ammettendo che non esistano motivi per dubitare dell'autenticità del passo del Martirio di Policarpo, dovremmo ugualmente essere molto cauti nel dedurne che nella metà 315 Copyrighted

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Storia della Chiesa nella tarda antichità del n secolo il culto dei martiri esistesse già nella forma da esso assunta in seguito. Dal testo infatti non risulta che secondo i cristiani di Smirne i resti di Policarpo potessero fare miracoli e che egli stesso potesse in­ tercedere presso il Signore a nome di coloro che glielo chiedevano. Il massimo che possiamo dire è che il cristianesimo si trova già sulla stra­ da in fondo alla quale questi atteggiamenti diventeranno comuni. La testimonianza clt>l Martirio di Policarpo non ha dunque, nella discus­ sione sull'inizio del culto dei santi, il peso che si è soliti attribuirgli; quel che invece è fuori discussione, è l'apparire di un'innovazione cristiana: la comunità di Smirne venererà Policarpo non nell'anniversario della nasci­ ta, ma in quello del martirio, giorno della sua nascita alla vita eterna. Per trovare nuovi testi riguardanti il culto dei martiri bisogna atten­ dere circa un secolo. Cipriano, vescovo di Cartagine negli anni delle persecuzioni decretate da Decio e Valeriano, scriveva nelle sue lettere: «Infine prendete nota anche del giorno della loro morte, in modo che possiamo solennemente ricordarli nel fare memoria dei martiri. [ ...] E noi qui offriamo in loro memoria ablazioni e sacrifici».7 «Sempre, ogni­ qualvolta nella ricorrenza anniversaria ricordiamo i giorni della passio­ ne dei martiri, offriamo per essi il sacrificio, voi ben lo ricordate.»8 In quanto scrive Cipriano non si trovano ancora gli elementi specifici del successivo culto dei santi, ossia l'idea dell'intercessione presso Dio e il potere miracoloso contenuto nei loro resti. Vi si sente invece il biso­ gno di ricordare i gloriosi testimoni della fede di Cristo e di rinnovare tale memoria attraverso la messa e le preghiere in loro onore nell'anni­ versario del martirio. Il mutamento nel modo di concepire i santi e il loro ruolo tra i vivi dovette verificarsi un po' più tardi, verso la fine della seconda metà del lll secolo. Anche se nessun testo dell'epoca ci conferma tale fenomeno, si tratta di una conclusione ricavata dall'esame del processo di crescita del culto dei santi agli inizi del IV secolo. Particolarmente significativo fu, alle soglie di questo secolo, il rapido sviluppo dell'architettura cri­ stiana, una delle cui caratteristiche fu la comparsa dei martyria. Sorgevano con tale rapidità e con tale estensione da farci supporre che i fedeli, radunantisi a frotte sulle tombe dei martirizzati per la fede, o in loro vicinanza, intervenissero non solo per testimoniare la costanza del loro ricordo, ma anche per cercarvi un aiuto ai propri problemi mate­ riali e terreni. Gli eremiti che in Egitto abbandonavano "il mondo" e si recavano nel deserto per combattere Satana con i mezzi forniti loro dal­ l'ascesi (tra la fine del m secolo e i primi anni del TV) furono immediata­ mente riconosciuti come "santi", portatori di poteri miracolosi e capaci di intercedere presso Dio. La velocità con cui si compie tale processo dimostra che le comunità cristiane erano già preparate a questo specifi­ co modo di concepire la santità.

7 Cipriano, Le lettere, Xli, 2. 8lvi,93,3. 316

Il culto dei santi

Negli anni della Piccola Pace, quando si cominciò a definire in modo nuovo la posizione dei martiri della Chiesa, probabilmente dovettero al­ zarsi voci di protesta da parte di chi in quel fenomeno vedeva un influs­ so pagano: fu allora, a mio parere, che uno dei redattori del Martirio di Policarpo vi inserì la difesa delle proprie ragioni, nonché il passo riguar­ dante i sacri resti e la notizia dei fedeli che si riunivano in loro vicinan­ za. A Smirne esisteva la tomba, probabilmente un cenotafio: bisognava dimostrare che la sua esistenza era testimoniata nel venerabile testo del Martirio di Policarpo e collegare il luogo di culto all'opera letteraria che lo giustificava.

13.5 Il culto dei santi: una manifestazione della religiosità popolare?

Tradizionalmente si considera il culto dei santi come un fenomeno ge­ nerato dalla religiosità popolare tendente alla concretezza, poco pro­ pensa allo spiritualismo, portata alla superstizione. Secondo i sostenito­ ri di questa tesi, per la gente semplice Dio era troppo grande, troppo distante perché la loro preghiera giungesse fino a lui; i santi patroni del­ l'aldilà apparivano più vicini, più accessibili, più sicuri. Un monoteismo coerente avrebbe richiesto una preparazione filosofica; chi non l'aveva si rifugiava sotto la protezione di creature divine più comprensibili. Un fenomeno che la Chiesa, nelle persone dei suoi grandi capi e teologi, ac­ cettava, consapevole della sua forza di attrazione nei confronti delle masse, pur tentando con scarsi risultati di sottoporlo agli indispensabili rigori teologici e di inquadrarlo in riti compatibili con la dottrina reli­ giosa. Molti studiosi che descrivono le iniziative intraprese da grandi pensatori cristiani, quali Ambrogio, Agostino, Cirillo, allo scopo di tra­ sferire solennemente le reliquie dal luogo di sepoltura alla chiesa (pro­ cedura detta "traslazione" nella terminologia ecclesiastica) dubitano quindi della loro sincerità. Agli storici del XIX e del XX secolo riesce in­ fatti difficile credere che un uomo della cultura filosofica e della sotti­ gliezza teologica di sant'Agostino, tanto per fare un esempio, non av­ vertisse la primitività del culto dei santi e non si rendesse conto che esso aveva a che fare più con il passato pagano che con il cristianesimo. Tali spiegazioni stereotipate sono divenute negli ultimi quindici anni oggetto di una critica sempre crescente. Essa si appunta innanzitutto sul concetto stesso di "religiosità popolare", concetto vago e che mal si adatta alla tarda antichità. Un ruolo capitale in questa svolta è stato esercitato dagli studi sulla religiosità pagana ai tempi dell'impero, che evidenziano le radici pagane del culto dei santi. Malgrado i giudizi correnti, il culto di uomini santi non fu un fenomeno completamente estraneo all'immaginario antico re­ lativo alle relazioni tra la sfera umana e quella divina. Ai tempi dell'impero romano, nelle nuove condizioni create dalla cri­ si della religione tradizionale, incontriamo dei santi pagani ai quali pos317

Storia della Chiesa nella tarda antichità

siamo, almeno parzialmente, applicare la definizione di "santità" for­ mulata all'inizio di questo capitolo. Dovevano essere persone scelte da­ gli dèi e da loro dotati del potere di compiere miracoli, conoscere i pen­ sieri nascosti e annunciare avvenimenti futuri. Il caso da noi meglio co­ nosciuto di un santo pagano di questo tipo è il filosofo neopitagorico Apollonio di Tiana, citato nel capitolo precedente. I santi pagani restarono un elemento marginale nella vita sociale del mondo romano, svolgendo un ruolo importante solamente negli am­ bienti filosofici. Non esercitavano una funzione di intermediari tra uo­ mini e dèi, e benché portatori di un potere sovrumano, questo potere non durava dopo la loro morte (cosa del resto comprensibile, se si con­ siderano i loro legami con la tradizione filosofica derivata da Platone i n cui i l corpo era considerato l a prigione dell'anima, e i l cadavere suscita­ va una ripugnanza religiosa), né permaneva nei luoghi e negli oggetti con i quali avevano avuto a che fare in vita. Anche il loro innalzamento al di sopra degli uomini comuni e l'avvicinamento alla divinità seguiva modalità diverse rispetto ai santi cristiani, passando attraverso l'acquisi­ zione della saggezza, gli studi filosofici e la meditazione. Gli elementi filosofici presenti nel culto dei santi pagani vanno sotto­ lineati con insistenza poiché testimoniano come il fenomeno della san­ tità non fosse estraneo alla cultura antica in genere. Niente indica neppure che l'élite cristiana fosse restia al culto dei santi. Ai tempi in cui esso acquistò la sua forma compiuta e in cui possiamo studiarlo grazie a numerose testimonianze (vale a dire nella seconda metà del IV secolo), le persone ricche e colte vi partecipavano con un fervore non minore di quello mostrato dai cristiani di basso ceto. Davanti alle cel­ le di monaci famosi vediamo i grandi di questo mondo in veste di supplì­ ci e di visitatori. L'imperatore Teodosio il Grande, prima dello scontro con l'usurpatore Eugenio sostenuto dai pagani italici, spedì un suo corti­ giano a Giovanni di Licopoli per interrogarlo sull'esito della futura cam­ pagna. Quando, con una trionfale processione notturna, si compì la tra­ slazione delle reliquie di san Foca a Costantinopoli, la cassetta contenente i suoi resti venne personalmente portata dalla moglie dell'imperatore Arcadio, che se la stringeva al petto baciandola devotamente Oa cosa ci viene raccontata da Giovanni Crisostomo, allora vescovo di Costantino­ poli, presente alla scena). Negli atteggiamenti di Ambrogio e di Agostino, nonché degli altri Padri della Chiesa, niente ci autorizza a crederli insinceri, per cui sarà meglio respingere la tentazione di spiegare il loro impegno nello svilup­ pare il culto dei santi con il desiderio di creare forme di religiosità a uso del popolino. Anche ammettendo che il culto dei santi fosse in contra­ sto con la loro cultura teologico-filosofica (il che non è poi così eviden­ te), niente ci autorizza a credere che tale contraddizione fosse loro d'in­ tralcio. La fede e la morale cristiane sono piene di simili contraddizioni, la religione non deve seguire per forza il principio della coerenza inte­ riore (questo vale per ogni religione, non solo per il cristianesimo con la 318

IL culto dei santi sua inaudita ricchezza di filoni, eredità di una lunga e burrascosa sto­ ria). Non è psicologicamente verosimile che qualcuno trattasse in modo freddo e strumentale le forme del culto verso la fine dell'età antica, quando la religione era così importante e gli uomini comuni credevano con tanto fervore alla sua verità. Ritengo quindi preferibile vedere il culto dei santi, nella sua forma compiuta, come un fenomeno proprio di una nuova civiltà, di una nuo­ va mentalità, rinunciando al tentativo di stabilire quale gruppo sociale l'abbia offerto al cristianesimo. Esso si sviluppò lentamente, incontran­ do pochi ostacoli, inglobando ispirazioni di varia natura e guadagnando in durevolezza. Dovranno passare ben dieci secoli prima che appaia una vera e propria critica nei suoi confronti, e anche allora la sua efficacia sarà limitata, visto che gli attacchi protestanti non causarono nelle cer­ chie cattoliche sostanziali cambiamenti nel rapporto verso i santi.

13.6 n culto dei santi e la mentalità contemporanea I cambiamenti (su scala sociale e non individuale) non si verificarono a causa degli attacchi che mettevano in crisi la fondatezza del culto dei santi, ma furono il risultato delle profonde trasformazioni subentrate nella mentalità europea del XIX e XX secolo, di cui ho parlato nel capi­ tolo precedente. Con il passare del tempo, nella civiltà moderna lo spa­ zio per i miracoli collegati a un punto fisico dello spazio e alle spoglie terrene dei grandi cristiani del passato, si fece sempre più esiguo, sem­ pre più difficile da preservare. Il che, contrariamente alle previsioni dei critici del culto dei santi, non produsse la sua eliminazione dalla vita religiosa della Chiesa: esso soggiacque semplicemente a sostanziali tra­ sformazioni. Nella Chiesa cattolica degli ultimi cinquant'anni il culto dei santi ha subìto un'evoluzione significativa. Oggigiorno i santi del calendario tra­ dizionale e i santi portati all'onore degli altari da Giovanni Paolo TI sono per i fedeli modelli insignì di religiosità, prova della forza di una religione capace di ispirare eroismi sovrumani e oggetto di vanto per la società che li ha espressi. Raramente si pensa a loro come a una fonte di potere miracoloso. In altre parole: non ci aspettiamo più che compiano miracoli, e quanto ai miracoli attribuiti ai santi del passato, il cattolico colto (almeno in Europa) ne parla con indulgenza, se non addirittura con fastidio, vedendovi una riprova della tipica superstizione dei nostri antenati, che oggi non può che apparire imbarazzante. n culto inteso in questa nuova forma non entra in conflitto con la mentalità moderna, ma neanche avvince nessuno. Occorrono situazioni eccezionali perché esso possa suscitare forti emozioni (come accadde nella Polonia dello stato di emergenza per il culto clandestino di don Jerzy Popieluszko; bastò però che il regime cambiasse, perché le emozioni svanissero e il culto perdesse intensità). 319

Storia della Chiesa nella tarda antichità

Il nuovo atteggiamento nei riguardi dei santi si formò nella Chiesa lentamente, a partire da ambienti in cui si coltivava una religiosità profonda e sublimata, meno bisognosa di mediazioni nei rapporti con Dio. Esso si fece strada con molta fatica nei gruppi sociali, e addirittura tra i popoli fortemente legati alla ritualità tradizionale. Quando, in nome dei bisogni della nuova religiosità, l'ultimo concilio apportò delle correzioni alle liste dei santi, eleminandone innanzitutto le figure pura­ mente leggendarie, per quanto popolari, esso incontrò nella Chiesa meno difficoltà di quante ci si sarebbe potuti aspettare. Evidentemente ci furono anche dei fedeli che se ne sentirono dolorosamente feriti, ma si trattava di gruppi sempre meno numerosi. Furono più numerose le proteste causate dall'abolizione del latino dalla liturgia, che non quelle per l'eliminazione dei santi dai registri. Il mutato atteggiamento religioso della generazione attuale fa sì che non ci rendiamo sufficientemente conto delle difficoltà incontrate dagli studiosi dei secoli passati nel vasto campo delle indagini sul culto dei santi. Oggi, anche negli ambienti più tradizionalisti, sono poche le per­ sone capaci di indignarsi per iniziative che tendono a limitare lo spazio assegnato a tale culto.

13.7 Gli inizi dello studio del culto dei santi

In passato, invece, l'approccio critico alla storia dei santi risultava estre­ mamente difficile nonché, per le persone che se ne facevano carico, ad­ dirittura pericoloso. La realizzazione di uno dei princìpi basilari della scienza, sapere aude (''abbi il coraggio di sapere"), poteva costar caro. Merita quindi dedicare un po' di spazio a un episodio che illustra bene tale verità. Gli studi sul culto dei santi non nacquero da un atteggiamento critico nei confronti di questo fenomeno (i protestanti lo respingevano in bloc­ co, per cui non avevano bisogno di dimostrarne la falsità, ai loro occhi assolutamente evidente). Gli studi critici furono intrapresi da persone che nutrivano per il culto dei santi un profondo rispetto, nato dall'amo­ re e dall'ammirazione per gli eroici cristiani del passato; esse non vole­ vano affatto eliminare i santi dagli altari, ma desideravano semplice­ mente rendere oggetto di culto soltanto quelli che lo meritavano. Raggiungere questo obbiettivo significava passare attraverso la cono­ scenza approfondita delle loro vite, dell'inizio del loro culto e dei mira­ coli a loro attribuiti (che dei miracoli potessero realmente avvenire era cosa di cui gli studiosi in questione neanche si sognavano di dubitare). La battaglia per eliminare i santi fittizi dovette partire dalla verifica del valore dei testi da cui si attingevano informazioni sui santi. Occorreva stabilire quando fossero stati composti, chi ne fossero gli autori e da dove provenissero le loro conoscenze sugli eroi descritti. Fondamentali erano anche il modo e lo stato in cui le opere antiche, tramandate di ge320

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nerazione in generazione, erano giunte fino a noi; ci si rendeva conto, in­ fatti, che i copisti che si erano succeduti nel tempo potevano aver ag­ giunto molto di propria iniziativa, abbellendo la figura del santo secon­ do i propri gusti, attribuendogli discorsi che non avrebbe mai potuto pronunciare, moltiplicando i miracoli, soprattutto i più fantastici. Nel Medioevo, e anche alle soglie dell'età moderna, le opere agiografiche go­ devano di grandissimo successo e i loro autori davano sfogo alla fantasia senza curarsi della verità storica. Il pubblico che le leggeva o le ascoltava (le opere in onore dei santi venivano spesso lette in chiesa durante le fe­ ste) era avido di conoscere le straordinarie torture e lo straordinario co­ raggio dei martiri, e la descrizione dei miracoli veniva accolta con brividi di devota eccitazione. L'aggiunta di nuovi episodi, di nuovi miracoli e di nuove torture non scandalizzava nessuno; i copisti lo facevano in perfet­ ta buona fede, a maggior gloria dei santi. Via via che gli studi sulle opere agiografiche procedevano crescevano in precisione. Gli studiosi erano in grado di ricostruire con sempre maggiore esattezza le vicende dei testi, definirne il valore storico, segna­ larvi la presenza di certi elementi stereotipati, i quali, proprio perché stereotipati, si rivelavano particolarmente sospetti. La crescente cono­ scenza dell'antichità e dell'Alto Medioevo facilitava il rifiuto di molte relazioni, dove l'accumularsi di errori lampanti indicava chiaramente come esse fossero opera di persone che ignoravano completamente l'e­ poca descritta. Con sempre maggior perspicacia gli studiosi ricostruiva­ no il processo di formazione delle varie leggende. Tali iniziative non lasciavano certo indifferente la Chiesa. I santi la cui esistenza veniva dimostrata fittizia avevano le proprie chiese, i propri al­ tari, le proprie feste. Che cosa dire ai semplici fedeli circa i risultati del­ le dotte ricerche, per evitare lo scandalo e non indebolire l'autorità del­ la Chiesa? Gli studiosi della storia del culto dei santi rappresentavano una mentalità diversa da quella delle altre pecorelle della Chiesa cattoli­ ca; affascinati dal pensiero critico, si erano troppo allontanati dai con­ fratelli. Ci sarebbero volute molte generazioni perché il cattolico medio riuscisse ad accettare senza dolore e senza scandalo le dotte novità.

13.8 I bollandisti Un ruolo importante negli studi sull'agiografia fu svolto da un gruppo di studiosi gesuiti chiamati "bollandisti", che conferirono a essi la for­ ma odierna, creando un modello di edizione critica dei testi e sostenen­ do le prime battaglie contro i difensori delle posizioni tradizionali. I bollandisti sono attivi tutt'oggi, dispongono di una splendida bibliote­ ca, anche se un po' polverosa e strutturata secondo sistemi molto tradi­ zionali (ma, a onor del vero, dotata di computer). Ogni anno compare un nuovo volume degli "Analecta Bollandiana", eccellente rivista che pubblica studi riguardanti il culto dei santi. Il loro livello è sempre ele321

Storia della Chiesa nel/.a tarda antichità vato: gli "Analecta BoUandiana" non hanno mai praticato l'apologetica, tenendosi sempre alla larga da interventi miranti a rafforzare la devozio­ ne (il che non significa che gli autori degli articoli siano privi di Lm rap­ porto emotivo con l'argomento dei loro studi). Fondatore dei bollandisti fu Héribert Rosweyde, nato nel 1569 a Utrecbt e dall60.3 attivo nel collegio gesuita di Anversa. Egli presentò alle autorità del suo ordine un progetto per allestire e pubblicare la col­ lezione di tutti i documenti riguardanti il culto dei santi. Rosweyde era un fervente veoeratore dei santi e soffriva nel vedere io mano ai fedeli testi dei quali non ci si poteva fidare, pieni di distorsioni e di aggiunte di epoche posteriori. Lo indignava l'atteggiamento degli eruditi, spesso uomini di Chiesa, che si dedicavano a studi sulla letteratura pagana del­ l'antichità, passando indifferenti accanto alle opere agiografiche («lavo­ rano notti intere per pubblicare e commentare le descrizioni delle scan­ dalose imprese di dèi ed eroi, lasciando nell'oblio le purissime glorie della Chiesa»). In effetti si trattava dei tempi eroici della filologia classi­ ca: Rosweyde voleva che i metodi elaborati dagli editori delle opere an­ tiche venissero applicati alle vite dei santi. L'opera da lui progettata doveva comprendere quindici volumi. Nel

primo avrebbero dovuto trovarsi i testi sulla vita e la morte di Cristo, nel secondo quelli sulla Madonna, nel terzo quelli sui santi più impor­ tanti. L e vite dei rimanenti santi, secondo l'ordine fornito dal calenda­ rio liturgico (elencati per date di morte), avrebbero occupato dodici vo­ lumi, uno per ogni mese. E chiaro che Rosweyde non si rendeva conto della vastità del compito assunto. Pare che il cardinale Bellarmino, venuto a conoscenza del pro­ getto, avesse esclamato: «Quest'uomo pensa di vivere duecento anni!». Per fortuna le autorità dell'ordine dei gesuiù erano meno scettiche e concessero il loro placet a Rosweyde. Questi, che non pensava affatto di ridurre la sua attività di professore, poteva lavorare allo studio sull'agio­ grafia solo nei momenti liberi. Quando, nel 1629, morì, lasciò numerosi materiali ma niente di pronto. Bellarnùno sembrava aver avuto ragione. Rosweyde, tuttavia, trovò un degno successore nella persona di Jean Bolland (dal quale in seguito prese nome la nascente istituzione). Fu lui, insieme al suo stretto collaboratore Gode&oid Henskens (o Henscheruus, nella forma latina più spesso usata), a preparare i primi volumi della hm­ ga serie intitolata: "Acta sanctorum, quotquot toro orbe coluntur vel a catbolicis scriptoribus celebrantur, quae ex antiquis monumentis Latinis, Graecis aliarumque gentium collegit, digessit, notis illustravit Joanoes Bollandus, Societatis Jesu theologus" ("Atti dei santi venerati nel mondo intero o celebrati dagli scrittori cattolici, da antiche opere latine, greche e d'altri popoli raccolse, sistemò e corredò di note Joannes BoUandus, teo­ logo della Compagnia di Gesù") I primi due volumi degli "Acta" apparvero nel 1643, l'ultimo nel 1940. La serie completa si compone di cinquanta volwni pubblicati ad Anversa, uno a Tongerloo e sedici a Bruxelles. '

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Il culto dei santi

Bollandus e Henschenius trovarono un geniale continuatore nella persona di Daniel Papebroek (nella forma latinizzata Papebrochius, da cui Papebroch). Fu lui appunto l'eroe della prima grande battaglia in­ gaggiata dagli studiosi di agiografia in difesa della loro disciplina.

13.9 Il conflitto tra i bollandisti e i carmelitani All'inizio l'opera dei bollandisti suscitò reazioni contrastanti: da un lato la si ammirava, dall'altro la si criticava accanitamente. Per fortuna le au­ torità dell'ordine, consapevoli del suo peso e della buona fede degli au­ tori, della cui religiosità non avevano motivo di dubitare, si schierarono decisamente dalla parte di questi. Tale appoggio si rivelò particolarmen­ te prezioso quando si giunse alla guerra aperta con i carmelitani. La tradizione carmelitana poneva agli inizi della storia dell'ordine il profeta Elia, menzionato nel capitolo precedente, che aveva combattuto contro il culto di Baal e di Astarte e, perseguitato dal re Achab e dalla sua sposa Izebel, aveva dovuto nascondersi nel deserto. L'opera di Elia era stata continuata dal suo discepolo Eliseo, anche lui costretto dalla collera regale a cercar rifugio nel deserto. La figura di Elia affascinava i cristiani. Gli asceti che fuggivano il mondo andando a vivere nel deserto, vedevano in lui il proprio modello biblico. In verità il soggiorno di Elia nel deserto non aveva per scopo l'ascesi, il cui concetto nel IX secolo a.C. ancora non esisteva, ma questo per i monaci non aveva importanza. I carmelitani sostenevano che i discepoli di Elia e di Eliseo erano ri­ masti sul Carmelo fino ai tempi di Cristo, tramandandosi di generazione in generazione il messaggio dei profeti, e si erano convertiti alla nuova fede, conservando le tradizionali pratiche ascetiche. Questi monaci or­ mai cristiani avrebbero superato senza danni l'invasione araba del VII se­ colo e l'islamizzazione della Palestina (i musulmani nutrivano un profondo rispetto per Elia, come pure per gli altri personaggi dell'An­ tico Testamento). Sarebbero stati i crociati a trovare sul Carmelo gli ere­ miti discendenti direttamente dal profeta e a rinforzarne le schiere rare­ fatte dal tempo, dando così origine all'ordine dei carmelitani. Sant'Alberto, patriarca di Gerusalemme (qui siamo ormai nella storia), gli conferì una regola severa che, con pochi cambiamenti, rimase in vi­ gore nei secoli successivi quando, in seguito al peggiorare della situazio­ ne in Palestina, i monaci si trasferirono in Europa. Qui l'ordine trovò una situazione propizia, divenendo una delle massime congregazioni dell'Europa moderna. Il conflitto tra bollandisti e carmelitani scoppiò in seguito alla pubbli­ cazione degli "Acta" di aprile, che contenevano materiali riguardanti sant'Alberto. In essi Papebroch scriveva chiaramente che la pia tradi­ zione che collegava i carmelitani a Elia era priva di fondamento. Lo stu­ dioso si rendeva conto a che cosa si stesse esponendo: pare addirittura 323

Storia della Chiesa nella tarda antichità

che redigesse ben otto volte i passi in questione, sottoponendoli anche ai suoi superiori dell'ordine. I carmelitani reagirono con durezza. Fu l'inizio di una guerra di pamphlet. Nel 1693 il padre provinciale dei carmelitani, Sébastién de Saint-Pau!, pubblicò un testo particolarmente violento, intitolato Exhibitio errorum, quos Daniel Papebrochius Societatz'!; Jesu suis in notis ad "Acta Sanctorum" commisi! (Esposizione degli errori commessi nelle sue note agli Acta Sanctorum da Daniel Papebrochius della Compagnia di Gesù). In questo libretto Papebroch veniva presentato come una persona che non rispettava niente e nessuno, che operava a vantaggio di infedeli e di eretici, che minacciava le tradizioni più sante, si appellava alla testimonianza di autori pagani, ebrei e arabi contro opere confer­ mate dai papi. L'autore del pamphlet ricordava inoltre che Papebroch aveva osato correggere la cronologia dei pontificati di alcuni papi, che considerava l'atto di donazione di Costantino alla Chiesa di Roma come una comu­ ne menzogna e che rifiutava la tradizione secondo la quale quest'impe­ ratore era stato battezzato dal papa Silvestro. Secondo Papebroch i rac­ conti sull'assunzione in cielo della Madonna erano leggendari, e la veri­ dicità di alcune vite di santi popolari (come santa Barbara, santa Pelagia, san Alessandro) decisamente nulla. Il delitto di Papebroch consisteva anche nel non credere nell'attività apostolica di Marta e di Maria Maddalena nei territori della Gallia, e nel rifiutare la tradizione secondo la quale san Dionigi Areopagita sa­ rebbe stato vescovo di Parigi e, dopo aver subito il martirio, se ne sa­ rebbe andato reggendo in mano la testa mozzatagli dal carnefice. Secondo i bollandisti anche i draghi delle varie vite di san Giorgio e di san Teodoro andavano considerati dei miti. Papebroch inoltre non con­ siderava autentica la relazione su san Frontone che, vissuto secondo la tradizione intorno al 150, sarebbe stato priore di un monastero di set­ tanta monaci (in realtà i primi monasteri sorsero nel secondo quarto del lV secolo in Egitto). Nell'elenco dei crimini di Papebroch il carmelitano inserì anche lo scetticismo circa l'esistenza di quadri della Madonna di­ pinti da san Luca evangelista nonché i dubbi sulle origine antiche del culto di san Giuseppe. Particolare motivo di scandalo per Sébastién de Saint-Pau! era il fatto che Papebroch negasse l'autenticità degli scritti che attestavano l'esi­ stenza di indulgenze prima del X secolo. Per lo studioso di storia della Chiesa tutti questi rimproveri (e altri ancora che qui non menziono per mancanza di spazio) suonano addirit­ tura comici: nessuno dubita più che Papebroch avesse ragione. A quel tempo però gli attacchi dei carmelitani vennero presi molto sul serio. Papebroch si difese: la sua risposta coprì novecento pagine di stampa. Con lui mossero all'attacco anche i suoi amici.

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13.10 Interviene l'Inquisizione spagnola Dalle parole, il priore dei carmelitani passò ai fatti. Gli "Acta" furono trasmessi all'Inquisizione spagnola che, nel1695 a Toledo, emanò un decreto di condanna dei libri di Henschenius (ormai passato a miglior vita da quattordici anni) e Papebroch. Si trattava degli "Acta" di marzo, aprile e maggio, nonché dei Propi!ei (sorta di ampia introduzione) di maggio. Dei libri in questione veniva proibita sia la vendita che la lettu­ ra, pena un'ammenda e la scomunica; la decisione fu immediatamente estesa al Belgio. Tali opere contengono opinioni errate, eretiche o prossime all'eresia, perico­ lose per la fede, scandalose, offensive per le orecchie devote, scismatiche, ri­ belli, sfrontate, arroganti, intrise di superbia, gravemente lesive nei confronti di molti papi, della Capitale apostolica, della Sacra congregazione dei riti, del breviario, del martirologio romano; contengono altresì opinioni infirmanti la perfezione di numerosi santi e autori, nonché giudizi irrispettosi sui Santi Padri e importanti teologi ecclesiastici. Esse offendono inoltre vari ordini, so­ prattutto l'ordine carmelitano e molti suoi scrittori appartenenti a diverse na­ zioni, tra cui in particolare quella spagnola.

[. ..]

Infine, queste opere contengono ripetuti elogi degli eretici o di autori di altre dottrine meritevoli d'odio, proibite e condannate dai papi e dalla Chiesa, e che vengono sfruttate per attaccare la tradizione dei santi e della Chiesa.9

I carmelitani miravano a ottenere l'approvazione di Roma alla decisione dell'Inquisizione spagnola ma, per fortuna di Papebroch, non vi riusci­ rono. I bollandisti contavano molti sostenitori nell'entourage papale, e l'élite intellettuale dell'Europa cattolica era dalla loro parte. Ricordiamo inoltre che Papebroch aveva pubblicato gli "Acta" di aprile dopo aver ricevuto il nulla osta dei suoi superiori, i quali sapevano quel che ri­ schiavano e non avevano ceduto alla pressione dei carmelitani. Dovevano essere profondamente convinti delle ragioni dei dotti agio­ grafi, per consentire loro di pubblicare 1' opera; inoltre avevano qualche conto in sospeso con i carmelitani. Quanto al papa, pur non conside­ rando colpevole Papebroch, non poteva mettersi in urto con la Spagna per una questione, dal suo punto di vista, di così poco conto. Non con­ fermò quindi la decisione toledana ma, per dare soddisfazione al grande inquisitore, ravvisò degli errori nel catalogo dci papi contenuto negli "Acta" di maggio e, nel1700, li mise all'indice (da dove furono tolti ben duecento anni dopo, ai tempi di Leone XIII). La condanna, a dire il vero, non fu presa sul serio da nessuno e gli "Acta" in questione rimase­ ro tranquillamente sugli scaffali delle biblioteche cattoliche. Papebroch ne soffrì, dolendosi soprattutto dell'accusa d'eresia. Era

9 Citato in l I. Delehaye, A Travers trois siècles. I.:ceuvre des bollandistes, 16151915, Société des Bollandistes, Bruxelles 1920, p. 95. 325

Storia della Chiesa nella tarda antichità un fedele figlio della Chiesa, profondamente convinto delle ragioni di questa e convinto di non essersi mai scostato dalla dottrina ortodossa. Voleva owiamente essere riabilitato, non solo per motivi pratici (il man­ tenimento della decisione toledana avrebbe causato la fine dell'impresa ideata da Rosweyde), ma anche perché non accettava di vivere con il marchio di "eretico". Il papa impose il silenzio a entrambe le parti. Papebroch quindi non poté difendersi. I suoi amici, invece, cominciarono a darsi da fare dietro le quinte per indurre gli spagnoli a cambiare idea. Alla fine dell715, cin­ que mesi dopo la morte di Papebroch,l'Inquisizione ritirò la condanna. I carmelitani non rimasero convinti dalle dimostrazioni di Papebroch e continuarono ostinatamente a combatterle, con grande divertimento degli studiosi di tutto il mondo. L'ultimo libro in difesa della verità delle loro tradizioni uscì nel1930. Anche quando risultò impossibile difende­ re il profeta Elia come fondatore dell'ordine, cercarono comunque di mantenere almeno un resto di tradizione. Ne è testimonianza un curioso articolo sulla storia dei carmelitani apparso sull'Enciclopedia Cattolica, pubblicazione che possiamo considerare un'autorevole espressione degli ambienti ecclesiastici romani degli anni cinquanta del XX secolo. Da un lato l'autore non si è deciso ad affermare chiaramente che Papebroch aveva ragione, dall'altro non ha osato dire che gli awersari avevano ra­ gione (cosa che, nel XX secolo, avrebbe sprofondato uno storico nel ridi­ colo). Per salvare capra e cavoli, egli dichiara assolutamente indubbia la "paternità morale del profeta". Non so che cosa significhi "paternità morale" nel caso di un mai esi­ stito legame tra Elia i carmelitani. È escluso che i carmelitani si riallac­ ciassero al pensiero di Elia, dato che il profeta si rifugiò nel deserto per­ ché costretto e senza aver niente a che fare con l'ascesi. Tutte cose che l'autore dell'articolo sapeva fin troppo bene. Perché non trattare la tra­ dizione carmelitana come una bella leggenda, degna di rispetto ed espressione della mentalità dei tempi medievali, quando il bisogno di un appoggio biblico era sempre fortemente sentito? Un'ammissione del genere avrebbe forse infirmato il senso dell'ascesi carmelitana? L'ostinata difesa a tutti i costi (ridicolo compreso) della tradizione (caratteristica comune a molte opere di storici della Chiesa cattolici) è ormai da qualche generazione una pratica anacronistica. Rifiutando la storicità della tradizione su Elia, il cristiano odierno non "butta via il bambino insieme all'acqua sporca", non accusa di imbroglio i fondatori dell'ordine, non ne attacca la buona fede né deve dubitare che tale leg­ genda abbia esercitato una funzione positiva nella storia dell'ordine, contribuendo a formarne la specifica spiritualità. La cultura storica, prodotto degli ultimi due secoli della civiltà europea, permette la pre­ senza contemporanea di criticismo e di simpatia (per non parlare del ri­ spetto) nei confronti di idee dei nostri predecessori che da noi non sono più condivise. Nessuno ci obbliga a scegliere tra una totale accet­ tazione e un totale rifiuto. Possiamo rispettare sia i carmelitani sia 326

Il culto dei santi

Papebroch, possiamo capire come per i fratelli fosse difficile separarsi dalla leggenda e al tempo stesso ammirare il coraggio e la perspicacia del bollandista. Certo, Papebroch e la sua lotta ci sono più vicini, per lui il sapere aude era (come lo è oggi per gli studiosi degni di questo nome) un principio basilare, mentre forse troviamo più difficile mante­ nere il rispetto per i suoi avversari: ma con un po' di buona volontà pOSSiamo flUSCI rct.

327

Percorso bibliografico

In queste pagine conclusive il lettore troverà una sorta di "esame di co­ scienza" scientifico. Desidero confessare i miei debiti nei confronti di altri autori, indicare le opere cui sono largamente debitrice, i libri che mi hanno colpita sia in senso positivo che (più raramente) negativo. Con l'occasione cercherò anche di caratterizzare i vari ambienti di stu­ dio e i vari studiosi alle cui ricerche si deve la moderna ricostruzione del quadro del cristianesimo antico e tenterò di spiegare sia perché nel XIX e nel XX secolo certe questioni siano divenute oggetto di dispute ac­ cese, sia le posizioni delle parti in lotta per questioni lontane, la cui ca­ pacità di coinvolgimento rimane però immutata. Spero quindi che queste pagine non interessino esclusivamente quan­ ti già conoscono lavori da me citati. Penso con timore alla quantità di superlativi ai quali dovrò ricorrere: ma come esprimere altrimenti il ri­ spetto e l'ammirazione? Comincerò dai manuali. In cima alla lista devo collocare il primo dei cinque volumi della Nuova storia della Chiesa. Dalle origini a San Gregorio Magno, a cura di Jean Daniélou e Henri-Irenée Marrou (Marietti, Torino 1970). Gli autori erano studiosi originali e di grande levatura: Daniélou, elevato da Paolo VI alla carica cardinalizia benché non fosse vescovo (caso rarissimo e prova evidente di quanto il papa lo stimasse); Marrou, invece, professore alla Sorbona, eccellente conosci­ tore sia dell'antichità cristiana che di quella pagana. Il manuale non si conforma ai modelli fissati dalla tradizione e pone l'accento più sulla storia del Popolo di Dio che su quella dell'istituzione. La cultura storica dei due autori è eccellente; fatto curioso, certe tendenze all'apologetica si riscontrano più facilmente nella parte scritta da Marrou che nel testo del cardinale Daniélou. Il libro mi capitò tra le mani subito dopo la pubblicazione, quando cominciavo a interessarmi alla storia della Chiesa (la mia tesi di dottorato sull'industria tessile in Egitto era in cor­ so di stampa e, per il momento, ero sostanzialmente una studiosa dell'e­ conomia antica, sebbene avessi già deciso di abbandonare tale specializ­ zazione); per cui ne riportai una forte impressione. Lo conosco quasi a memoria e vi ritorno sempre con gioia immutata. Per la prima volta in un manuale mi imbattevo in un atteggiamento per me del tutto nuovo: presentando le varie tendenze dottrinali vive 329

Storia della Chiesa nella tarda antichità

nelle comunità cristiane, Daniélou le trattava con enorme rispetto, aste­ nendosi dagli apprezzamenti che di solito venivano formulati dal punto di vista di un'ortodossia invalsa in tempi molto più tardi. Mi trovavo davanti alia "teologia storica" in tutto il suo splendore, che prescindeva dagli schemi teologici del XTX e XX secolo e si sforzava di interpretare storicamente le fonti per scoprire i tratti caratteristici della cristianità dei primi secoli, e non di ricavarne tasselli per comporre un mosaico il cui disegno ci sarebbe noto in anticipo. Fui anche impressionata da un fatto minore, ma significativo: nei confronti di Giacomo e delia sua po­ sizione nella comunità gerosolimitana Daniélou usava il termine «calif­ fato». Ciò mi fece capire come egli non temesse le parole che esulavano dalla terminologia ecclesiastica tradizionale e vidi in questo un'indica­ zione preziosa. Un'esperienza altrettanto fondamentale fu la lettura di un vecchissi­ mo manuale di Louis Duchesne (1843-1922), Storia della Chiesa antica (Desclée, Roma 1911 ). Trovai particolarmente importanti il secondo e terzo volume, nella terza edizione del1908 e1910 c un lavoro pubblica­ to successivamente, L'Église au W siècle (Antiquc Libraire Fontemong, Paris 1925). Il manuale di Duchesne, nato ai tempi dei burrascosi dibat­ titi sul modernismo, finì all'indice nel1912. Benché l'autore fosse un sa­ cerdote e persona di provata religiosità, le autorità ecclesiastiche furono allarmate dal suo atteggiamento critico verso le leggende e le tradizioni. D'allora molte cose sono cambiate nella nostra visione della storia della Chiesa, anzi nel modo stesso di svolgere il mestiere di storico: tuttavia l'intelligenza, la scrupolosità, il sapere sbalorditivo e il coraggio intellet­ tuale dell'autore riescono a far dimenticare questa grande distanza. Il suo manuale è quindi più vicino alia storiografia moderna che non certe opere sorte alcuni anni fa negli ambienti delia storiografia cattolica. Durante tutta la redazione di questo libro sulla mia scrivania è sempre stato presente un altro voluminoso, ma più recente, manuale: W.H.C. Frend, The Rise o/ Christianzty (Darton, Longman and Todd, London 1989 ). Ne è autore uno dei più noti storici inglesi (e anglicani) delia Chiesa: più avanti citerò altre tra le numerose opere di Frend. Il manua­ le, estremamente utile, in confronto con gli altri due mi è parso tuttavia alquanto piatto e superficiale. A questo punto mi corre l'obbligo di citare un'altra opera impostata con schemi affini a quelli manualistici: L'Église dans l'empire romain, JV'"­ V siècles (Siney, Paris 1958) di Jean Gaudemet. L'autore, un giurista spe­ cializzato principalmente in storia delle istituzioni e noto studioso catto­ lico, ha insegnato non solo alla facoltà di legge della Sorbona, ma anche all'Istituto di diritto canonico dell'Università di Strasburgo. L'opera, ec­ cezionalmente misurata e pacata (viste le passioni suscitate dagli argo­ menti trattati, in primo luogo dalla storia del papato), è tanto più degna di rispetto in quanto scritta prima del concilio Vaticano 11. Nel 1989 è apparsa la seconda edizione, con un'ampia postilla che illustra i lavori pubblicati nei trent'anni che separano le due edizioni. Le argomentazio330

Percorso bibliografico ni della postilla sono visibilmente più audaci e più critiche nei confronti della storiografia confessionale, che d'altro canto Gaudemet aveva sem­ pre trattato con distacco, se non addirittura attaccato. La stessa soddisfazione provata nel leggere e nel consultare a più riprese l'opera di Duchesne, l'ho ritrovata compulsando i grossi tomi del­ l'Histoire des conàles (Letouzey et Ané, Paris) dell'insigne studioso tede­ sco Karl Joseph Hefele, tradotta e ampliata dal benedettino francese Henri Leclercq. I due primi volumi, ampiamente sfruttati durante la composizione di questo libro, apparvero in versione francese negli anni 1907-1908. Contano più di duemila pagine. Hefele (1809-1893) era uno storico della teologia e del diritto canonico molto esperto in materia; la sua opera, che abbraccia non solo la" storia dei sinodi e dei concili del­ l'antichità, è il lavoro di tutta una vita: i volumi uscirono tra il1855 e il 1890 (i primi sette: gli ultimi due sono di un altro autore). Nel tradurli Leclercq vi aggiunse una miriade di notizie d'ogni genere, spesso scaturi­ te dalla scoperta di nuovi testi e nuove ricerche. Aggiunse materiale so­ prattuto nel campo della storia del papato, poiché il testo di Hefele non lo soddisfaceva. In virtù del suo sapere, fu invitato a far parte del gruppo di ecclesiastici incaricati di preparare il concilio Vaticano I, nel corso del quale fu uno dei fondamentali oppositori della tesi dell'infallibilità papa­ le, riconosciuta come dogma dal concilio. Se da un lato le correzioni di Leclercq privarono l'opera della sua struttura lineare, dall'altro indubbiamente l'arricchirono. I;Histoire des conci/es contiene un'infinità di testi importanti (o di loro traduzioni), e di brevi articoli su singoli argomenti, ottenendo, ed è il meno che se ne possa dire, una ricchezza sbalorditiva. Leclercq scriveva con passione e non è difficile intuire che il suo testo è apologetico dal principio alla fine. La cosa non mi ha mai disturbata (tutt'al più può avermi diverti­ ta), mentre di solito la storiografia di tipo apologetico della seconda metà del XX secolo mi ha sempre irritata (fatto ribadito nelle pagine di questo libro). All'inizio del XX secolo la posizione apologetica era la norma (anche il discorso di Duchesne è apologetico), mentre oggi i rap­ presentanti di tale atteggiamento non hanno alcuna giustificazione: non solo come studiosi, ma nemmeno come storici rappresentanti la Chiesa cattolica (dai suoi storici la Chiesa si aspetta un'analisi del passato, non la difesa delle sue posizioni nel passato, come ai tempi del concilio di Trento e nei secoli successivi; questo almeno in teoria: in pratica le cose sono diverse). Inoltre la massa di sapere tramandata da Leclercq ai pro­ pri lettori obbliga all'ammirazione (in verità dovrebbe anche indurre a una verifica critica delle sue tesi: non si possono scrivere migliaia di pa­ gine su tanti e tali argomenti senza commettere qualche errore). La nuova serie Histoire des conciles cecuméniques (trad. it. Storia dei concili ecumenici, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1963) sotto la direzione di G. Dumeige (I. Ortiz de Urbina, Nicée et Constantinople, 1963; F.X. Murphy, P. Sherwood, Constantinople Il et 331

Storia della Chiesa nella tarda antichità

Cons"tantinople m, 1947; T. Camelot, Ephèse et Chalcédoine, 1963), è grigia, priva dei meriti dell'opera di Hefele-Leclercq, e per di più apo­ logetica secondo la vecchia e obsoleta maniera. Scrivendo il capitolo sulle grandi capitali del mondo ecclesiastico mi sono riletta con cura i due grossi volumi (1792 pagine in tutto) di Charles Pietri, Roma christiana. Recherches sur L'Église de Rome, son or­ ganisation, sa politique, son idéologie de Miltiade à Sixte m, 311-440 (École francaise de Rome, Rome 1976). L'autore, morto nel1991, è un buon rappresentante degli storici accademici cattolici francesi della Chiesa (mi scuso per l'accumulo di aggettivi, ma servono a definire). Fu allievo di Marrou nonché suo successore universitario, trascorse molti anni a Roma dirigendo École française de Rome, così importante per la vita scientifica sia francese che italiana. Lavorò al libro per molti anni con scrupolosità esemplare, servendosi di fonti letterarie e di altri gene­ ri, quali iscrizioni e reperti archeologici. Affrontò la storia dei papi con molta attenzione, ma anche con un certo distacco, trovandosi ben lon­ tano dalle tendenze apologetiche e dal rispetto cieco per la tradizione. Rispetto all'opera di Pietri per Costantinopoli, il libro di Gilbert Dagron, Costantinopoli: nascita d'una capitale, 330-451 (Einaudi, Torino 1991), è meno voluminoso ma altrettanto intelligente e autorevole per l'atteggiamento critico verso le fonti: da entrambi i testi ho appreso il me­ stiere di storico della Chiesa con gioia e spavento (i modelli sono troppo elevati per poterli uguagliare: ma con i modelli succede sempre così). Per quanto riguarda le mie letture sul tema delle conversioni, sarei ben lieta di tacerle, poiché, dopo l'enciclopedica opera di A. Harnack, Mission und Ausbreitung des Christentums in den ersten drei Jahrhunder­ ten G.C. Hinrichs'sche Buchhandlung, Leipzig 19244; trad. it. Missione e propagazione del cristianesimo nei primi tre secoli, Bocca, Torino 1906), per ovvi motivi oggi non esistono libri che trattino tale argomento in modo sistematico e scientificamente soddisfacente. Considerando quan­ to dichiaro nel capitolo, ossia la mancanza di fonti affidabili, bisogna fare buon viso a cattivo gioco. Desidero comunque citare un bellissimo libro, modello di intelligenza nel trattare la letteratura antica, che mi ha insegnato come studiare il tema delle conversioni. Mi riferisco a A.D. Nock, La conversione: società e religione nel mondo antico (Bari, Laterza 19852). Si tratta di uno studio sul fenomeno della conversione, un tenta­ tivo di ricostruire l'esperienza di quanti adottarono una religione diversa da quella in cui erano stati allevati. Il processo di cristianizzazione del­ l'impero sembra invece interessare l'autore in misura minore. Il passare del tempo non nuoce all'opera di Nock, che fu uno dei più intelligenti storici delle religioni antiche e di scienza delle religioni (connubio tutt'altro che frequente: la maggior parte degli storici della religione non ha niente di nuovo da dire nel campo della scienza delle religioni né, cosa ben peggiore, si rende conto che dovrebbe interessarsene). Se esi332

Percorso bibliografico stesse una lista di opere da far obbligatoriamente leggere a tutti gli stu­ diosi del cristianesimo antico, non esiterei ad assegnare a questo libro un posto d'onore. Sottolineo il fatto che Nock non aveva difficoltà a com· parare tra loro le sue analisi dei testi pagani e cristiani. Leggendolo ai tempi ìn cui ero ancora studentessa, compresi w1a volta per tutte che era questa la strada giusta e che non era possibile separare drasticamente il cristianesimo dal paganesimo. Oggi si tratta di W1 concetto generalmente accettato, ma nel193.3 era sorprendeotemente nuovo e altrettanto sor· prendentemente messo in atto. Nock naturalmente aveva avuto dei pre­ cursori in studiosi tedeschi che, come Richard Reitzenstein, avevano adottato lo stesso metodo verso la letteratura religiosa c ti.stiana e pagana sorte ai tempi dell'impero romano, suscitando grida di protesta da parte dei cattolici. Nock tuttavia era lontano dalla posizione di Reitzenstein, il quale riteneva che la filosofia e la religiosità pagane avessero inOui. t o in modo decisivo sul cristianesimo (sono owiamente costretta a semplifica­ re); la sua conoscenza delle religioni gli imponeva di cercare dei paralle­ lismi derivanti dalle somiglianze tra i fenomeni religiosi in sé, e non sem­ pre e soltanto da un influsso della religione A sulla religione B. Le persecuzioni dei cristiani nell'impero romano vantano un'immensa letteratura scientifica e parascientifica (tanto per usare un termine cor· tese). Ho avuto una volta la sfortuna di scrivere W10 studio comparato sullo stato delle ricerche in materia nell'arco di circa mezzo.secolo. Ho sofferto moltissimo, giacché la maggior parte dei lavori non meritava di essere letta (neanche quelli inclusi in prestigiose collane accademiche), e il considerevole sforzo che mi è costato ricercarli e studiarli si è rivela­ to infruttuoso. La schiacciante maggioranza delle opere sulle persecu­ zioni ripeteva concetti scontati, ai quali si aggiW1geva un'alta percentua­ le di errori banali. Mi ero già rassegnata a credere che non ci fosse più niente da fare e che il tema fosse stato definitivamente esaurito, ma mi sbagliavo; mi bastò prendere in mano l'opera di Giuliana Lanata, G/z" atti dei martiri come documenti processuali (Giuffré, Milano1973), per fugare il pessimismo. Si tratta di un'antologia dei testi più importanti, corredati da ottime note e da un'ampia e intelligente introduzione. A suscitare la mia ammirazione fu soprattutto la concomitanza di Uìl'au­ tentica cultura filologica con la conoscenza delle istituzioni dello stato romano. Gli effetti sono prodigiosi. Leggendo il libro di Lanata e para­ gonandolo ad altri studi sulle persecuzioni, ero impressionata dalla sor­ dità filologica della maggior parte degli studiosi dell'argomento, i quali non si erano dati la pena di verificare il valore, dal pW1to di vista filolo­ gico, dei testi da loro sfruttati. Dev'esserci qualcosa che non va nelle W1iversità moderne, se persone che hanno a che fare con opere della letteratura antica non provano alcun interesse per l'aspetto editoriale delle pubblicazioni di cui si servono. È proprio nel caso degli atti dei martiri che un continuo controllo filologico è più che mai indispensabi333 Copyrighted

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Storia della Chiesa nella tarda antichità le (e nel corso di questo libro mi sono soffermata spesso a spiegarne il perché). Due articoli sono da consigliare a chiunque si interessi alle persecu­ zioni: G.E.M. De Ste Croix, Aspects o/ the ({Great Persecution", in "Harvard Theological Review", 47 (1954), pp. 74-113 (cito volentieri questo articolo per rendere giustizia a un autore che nel saggio sulle conversioni ho ricordato senza grande simpatia: era capace di scrivere testi eccellenti); J.J. Walsh, On Christian Atheism, in "Vigiliae Christianae", 45 (1991), pp. 255-277: un articolo illuminante, che ana­ lizza i testi con esemplare precisione e dal quale si deduce che l'intelli­ genza e la professionalità storica possono portare a scoperte anche su terreni già ampiamente perlustrati. I miei impegni accademici mi avevano fortunatamente preparata allo choc prodotto dalla lettura dei lavori sui rapporti tra stato e Chiesa nel IV e v secolo. Insegnando storia antica mi ero infatti dovuta occupare del culto dei sovrani ellenistici e degli imperatori romani (per molto tempo l'università mi ha pagata per l'insegnamento di storia greca e ro­ mana, e non per quello di storia della Chiesa nella tarda antichità, da me praticato per puro interesse scientifico). In quell'occasione imparai a combattere l'opinione secondo la quale il culto dei sovrani sarebbe stato nient'altro che una sfrontata e repellente manipolazione nei con­ fronti dei sudditi: nel migliore dei casi, un atto di lealtà politica, gene­ ralmente privo di contenuto religioso. Gli studi dell'ultima generazione di storici delle religioni antiche hanno dimostrato come tali opinioni concordino poco con quanto ci dicono le fonti: il fenomeno del culto dei sovrani si capisce solo a patto di cercarne il senso non solo politico, ma anche religioso. Per cui, quando mi capitò di leggere alcuni studi sugli imperatori romani del lV secolo che non stavano dalla parte dottri­ nale giusta, sapevo già cosa fare: cercare di convincere i miei ascoltatori e lettori che la religione è una molla fondamentale delle azioni umane, e che l'imperatore e l'élite imperiale erano persone sinceramente creden­ ti, e non solo biechi manipolatori dei poveri sudditi. Gli stllclenti, giacché solo di loro posso parlare, avendo avuto modo di verificare su di loro l'effetto delle mie "tirate", restavano sordi alle mie dimostrazioni, compresi quelli che lavoravano a mio stretto contat­ to. L'eredità positivista (in cui includo anche il marxismo, che in Polonia ha avuto malgrado tutto un considerevole effetto) grava su di noi con forza incredibile. Qualunque movente delle azioni umane è buono, tranne quello religioso. Finii per diventare famosa per la mia di­ fesa della religione come molla delle azioni umane, lasciando sbalorditi i miei ascoltatori, consapevoli di non potermi in alcun modo catalogare nella tradizione storiografica cattolica. Le letture sul culto dei sovrani mi hanno convinta che, se vogliamo comprendere le relazioni tra gli imperatori e le Chiese della tarda anti­ chità, dobbiamo partire dall'opinione dei sovrani e dei loro sudditi cir334

Percorso bibliografico ca la sanzione divina che stabiliva i limiti entro i quali l'imperatore do­ veva agire: che egli avesse dei doveri impostigli da Dio era infatti fuori di dubbio. Un'accurata indagine degli avvenimenti (dell'histoire événementielle ecclesiastica) mi ha invece portata a ritenere che, nei periodi di contro­ versie teologiche, gli imperatori agivano sempre sotto l'influenza di ec­ clesiastici di questo o quel gruppo dottrinale. La lettura dell'opera di Manlio Simonetti e R.P.C. Ilanson (di cui subito parlerò) mi ha raffor­ zato la convinzione di essere nel giusto. Nel mio percorso bibliotecario mi sono imbattuta in un "horror" di cui non posso tacere: Hugo Rahner, Chiesa e struttura politica nel cristia­ nesimo primitivo (Jaca Book, Milano 1970). Si tratta di un'antologia di testi corredati da ampie introduzioni. Pubblicata per la prima volta nel 1961, fu tradotta in molte lingue e considerata un'opera estremamente autorevole, citata al posto d'onore nei vari elenchi bibliografici. Scopo del libro era chiaramente quello di dimostrare come, nei confronti dello stato, la Chiesa abbia sempre avuto ragione, come il potere fosse malva­ gio e non espletasse i suoi obblighi cristiani. Le dichiarazioni dei Padri della Chiesa e dei papi si attagliano perfettamente ai problemi del xx se­ colo dovuti alle autorità che si immischiano nelle faccende ecclesiastiche. Rahner non ha ritenuto necessario imparare qualcosa sul regime roma­ no, sull'élite del potere e sulla sua mentalità, per cui ogni volta che parla dell'aspetto non ecclesiastico accumula errori su errori. Tutto quel che trova nei testi degli autori cristiani è per lui oro colato: mai lo sfiora il pensiero che, citando in un'antologia testi polemici, sarebbe stato suo dovere appurare le usanze dei polemisti antichi (mi affretto a dichiarare che, per quanto riguarda le controversie dottrinali, erano poco lodevoli sia da una parte che dall'altra). Purtroppo i testi dell'antologia sono stati scelti da Rahner in base a princìpi elaborati dagli antichi polemisti. Leggendo quest'opera mi sono resa conto della ragione della mia vio­ lenta avversione per le antologie, malgrado la loro indubbia utilità. La se­ lezione arbitraria e il taglio dei testi deformano il quadro della realtà che il lettore deve ricavarne: difetti, questi, che costituiscono la norma e non un'eccezione dovuta alla malafede del redattore. Estrarre dei brani dal contesto al quale appartengono in primo luogo ne distorce invariabilmen­ te il senso; in secondo luogo, l'estrapolare gli avvenimenti dal contesto storico paralizza l'eventuale spirito critico del lettore. Ma le antologie han­ no un altro difetto: suggeriscono (anche se i loro autori non lo dicono) che i fatti descritti nei frammenti di testo costituiscono la regola dell'epo­ ca, mentre la Chiesa della tarda antichità fu infinitamente varia sotto ogni punto di vista: nel lV, ma anche nel v e nel VI secolo, il processo di unifica­ zione delle istituzioni, della liturgia e della dottrina era già in atto, ma tutt'altro che concluso. Naturalmente io stessa ricorro talvolta alle antolo­ gie: la letteratura cristiana è talmente vasta che anch'io, come tutti, ho bi­ sogno d'aiuto per trovarvi i testi che mi interessano ogni qualvolta affron­ to una problematica che esula dalla mia specializzazione. Cerco comun335

Storia della Chiesa nella tarda antichità que di trattare le antologie come un indice per sapere quale autore, quale opera e quale paragrafo andare a ricercare in un'edizione di tutto rispetto. Le antologie, inoltre, vanno scelte con cura: ne conosco alcune compilate in modo scrupoloso e intelligente. Un modello in materia sono due volu­ mi sorti nell'ambiente degli storici anglicani: A New Eusebius. Documents Illustrating the History o/ the Church to AD 337, a cura di J. Stevenson, ri­ visto da W.H.C. Frend (SPCK, Holy Trinity Church, London 1987); Creeds, Councils and Controversies. Documents Illustrating the History o/ the Church AD 337-461, stesso curatore (SPCK, Holy Trinity Church, London 1989). Un'altra antologia di testi patristici (e non di testi utili alla storia della Chiesa), l'opera comune di M. Simonetti e E. Prinzivalli, Letteratura cristiana antica. Antologia di testi (Piemme, Casale Monferrato 1996, 3 voll.), fornisce un valido aiuto e una guida alla letteratura. L'irritazione provata nel leggere l'antologia di Rahner derivava dal fatto che, agli inevitabili difetti propri di ogni antologia, questo autore aggiungeva i suoi personali errori sia nel modo di scegliere i testi che di commentarli. Nella lista dei libri che mi hanno più colpita, l'opera di Manlio Simonetti, La crisi ariana nel quarto secolo (Institutum Patristicum Augustinianum, Roma 1975) occupa un posto di primo piano. L'autore è un patrologo dall'immensa e sempre crescente produzione, di vasta cul­ tura storica, teologica e filologica, dotato di un'insolita autonomia di pensiero. Ho letto il libro di Simonetti un anno o due dopo la sua pub­ blicazione, con la consapevolezza di trovarmi davanti a una grande ope­ ra, che apriva un'epoca nuova nelle ricerche di storia della teologia. Simonetti indicava le basi bibliche dell'arianesimo, da lui visto non più come un'aberrazione della mente umana, ma come una tappa inevitabile del pensiero cristiano e, tenuto conto della cultura filosofica e teologica del tempo, un fenomeno degno di rispetto e di simpatetica attenzione. Tutte cose che ho cercato di trasmettere al lettore. Ho tenuto bene a mente la lezione impartitami da Simonetti, cercando di seguire le sue tracce (non solo in questo libro) nell'ambito delle mie limitate possibilità (sono una storica delle istituzioni e delle mentalità, non della teologia). A suscitare la mia ammmirazione non sono state solo le analisi teologiche e storiche, ma anche l'esemplare perspicacia con cui egli si è chiesto i mo­ tivi della sconfitta dell'arianesimo e del fatto che la Chiesa abbia proce­ duto in un'altra direzione. Si tratta di una domanda fondamentale, poiché le scelte compiute da­ gli individui nel corso delle controversie dottrinali non furono mai ca­ suali: dietro di esse stavano i bisogni di natura religiosa di tutta la co­ munità cristiana. Naturalmente alla vittoria di questa o quella corrente contribuivano anche le circostanze concrete nelle quali si sviluppavano le controversie: la personalità degli individui che vi prendevano parte, l'ambiente in cui era nata la corrente ecc. Viste in prospettiva, però, tut­ te queste cause sbiadiscono di fronte alla molla fondamentale dell'evo­ luzione religiosa: il bisogno del cuore e della mente umana. 336

Percorso bibliografico Sono stata anche un'appassionata lettrice della monumentale opera di R.P.C. Hanson, The Search /or Christian Doctrine o/ God (T. and T. Clark, Edinburgh 1988). Questo autore mi ha conquistata alla sua tesi sulla tradizionalità dell'esegesi biblica ariana e sulla geniale innovatività dei niceni; anche lui, ma in modo diverso da Simonetti, risponde alla domanda sul perché l'arianesimo sia stato sconfitto. Approfitto dell'occasione offertami dal nome di Hanson per dire due parole sull'ambiente da lui rappresentato. Da tempo ho notato come molti eccellenti lavori vedano la luce nella cerchia sia degli studiosi angli­ cani, sia degli studiosi inglesi ispirati dalle ricerche condotte dai rappre­ sentanti della "Church of England". Ho più volte avuto modo di convin­ cermi che "The Journal of Theological Studies" è una delle migliori rivi­ ste di storia del cristianesimo; The Ox/ord Dictionary o/ the Christian Church, a cura di F.L. Cross (Oxford University Press, Oxford, prima edizione 1975, seconda 1983, terza 1997), malgrado le esigue dimensio­ ni, è fatto in modo eccellente e rappresenta il maturo risultato degli sfor­ zi dell'ambiente anglicano. Come si spiega che proprio i rappresentanti della Chiesa anglicana spicchino per questa loro eccellente professionalità e cultura storica? Come mai gli studiosi che ne fanno parte si inseriscono nella corrente delle ricerche storiche e letterarie moderne, mentre i dotti rappresen­ tanti delle istituzioni accademiche di altre Chiese nella maggior parte dei casi non sembrano neanche sfiorati dai traguardi raggiunti dall'u­ manistica contemporanea? Come mai le funzioni ecclesiastiche, svolte da molti autori di opere scientifiche eccellenti e moderne sotto ogni ri­ guardo, non li inducono ad adottare posizioni apologetiche? Tutte do­ mande alle quali neanche provo a rispondere, visto il poco che so della Chiesa anglicana e delle facoltà teologiche delle università inglesi. Da questo stesso ambiente proviene un altro grande storico della Chiesa e della teologia: Henry Chadwick. Ho letto con ammirazione (e con invidia professionale) i suoi vari studi, ma in questa confessione bi­ bliografica vorrei parlare soprattutto di un suo breve testo collocato nel­ l'introduzione agli Actes du canale de Chaicédoine. Sessions III-IV. La défi� nition de la /oi (P. Cramer, Genève 1983; traduzione di A.-]. Festugière). Per la prima volta mi sono trovata di fronte al tentativo di formulare le differenze religiose tra i fautori e gli avversari del concilio di Calcedonia (le mie considerazioni nel capitolo 8 seguono quelle di Chadwick). Di so­ lito gli studiosi hanno sempre trattato l'argomento con un'irritazione do­ vuta alla convinzione che, da un punto di vista teologico, quei conflitti non avessero senso. Chadwick ha affrontato la prova con l'acuta intelli­ genza e la sensibilità religiosa a lui proprie. Leggendo i suoi lavori ho sem­ pre sentito di trovarmi di fronte a una persona che coltiva con Dio un suo rapporto personale, profondo e meditativo, che lo salvaguarda dall'assu­ mere un atteggiamento intollerante verso il suo prossimo di secoli fa. Leggendo il saggio di Chadwick mi sono resa conto di guanto forte­ mente la nuova tendenza invalsa nelle scienze storiche, che pone l'ac337

Stora i della Chiesa nella tarda antichità cento sullo studio della mentaHtà delle generazioni passate, abbia in­ fluenzato molti esponenti delle ricerche sul cristianesimo. Per dare un'i­ dea della svolta verificatasi, citerò un passo del manuale di Duchesne (menzionato all'inizio della bibliografia): Dal poco che ho potuto dime, si vede fino a che punto le questioni fossero delicate e difficili. Dato che la curiosità umana si accaniva sul mistero del Cristo, dato che l'indiscrezione dei teologi poneva sul tavolo di dissezione il dolce Salvatore, propostosi al nostro amore e alla

stra imitazione assai più

no

che alle nostre indagini filosofiche, bisognava almeno che esse venissero con­ dotte pacificamente, da uomini di provata competenza

c

prudenza, lontano

dalla folla e dalle dispute. Uno scatenamento di passioni religiose, conflitti di meuopo li, rivalità tra potentati ecclesiastici, concili chiassosi, leggi imper iali, destituzioni, esili, sommosse, scismi: ecco le condizioni in cui i teologi greci studiarono il dogma dell'incarnazione. E se si guarda a che cosa approdarono le loro controve rsie vediamo, in fondo alla prospettiva, la Chiesa orientale ir­ reparabilmente divisa, l'impero cristiano smembrato, i luogotenenti di Maometto che calpestano la Siria e l'Egitto. Tale fu il prezzo di quegli esercizi metafisici.

Siamo di fronte a una schietta quanto brillante confessione di incom­ prensione della controversia, alla sua condanna emotiva, al rifiuto di ri­ conoscerle un qualsiasi senso religioso. La curiosità umana è senz'altro un movente d'azione poderoso, tuttavia considerarla l'unico motivo della controversia significa non aver capito niente. La spiegazione di Chadwick, che è riuscito a superare l'awersione suscitata in molti di noi dai conflitti di quei tempi, è molto più profonda e chiarisce assai meglio le cose. Ritengo che la differenza tra il modo di pensare di Duchesne e quello di Chadwick sia una differenza tra gen era7joni d i storici, e non la differenza tra personalità di studiosi o tra diverse posizioni religiose.

'

E con un certo timore che mi accingo all'esame di coscienza delle mie letture per quanto riguarda il matrimonio, il sesso e le donne. Da qual­ che tempo tale problematica gode di una grande popolarità, cessando per fortuna di costituire, da un lato, il dominio esclusivo degli scrittori apologetici cattolici e, dall'altro, l'oggetto di pubblicazioni anticattoli­ che grossolane e di cattivo gusto. Il numero di libri e di articoli sul ma­ trimonio, il sesso e le donne è sterminato: purtroppo nella maggior par­ te dei casi il loro livello è spaventosamente basso. Le autrici e, più di rado, gli autori, poco amanti deJJe Chiese in genere e di quella cattolica in particolare, dimostrano senza fatica, testi antichi alla mano, come il cristianesimo abbia danneggiato le donne, causando la loro secolare schiavitù. Glì autori ecclesiastici (soprattutto queJli cattolici) difendono il cristianesimo antico cercando di dimostrare che esso manifestò sem­ pre rispetto e premura per le donne, elogiando l'amore carnale all'imer338 Copyrigflted

m

ae t rial

Percorso bzbliogra/ico no dell'istituzione matrimoniale, per cui, secondo loro, le accuse sono ingiuste. (Oggigiorno nessuno, o quasi nessuno oserebbe condannare pubblicamente Ia sfera sessuale in genere, la carnalita in genere, o met­ tere in dubbio Ia parita tra uomo e donna.) Lo scontro di posizioni risulta improduttivo: le emozioni in gioco sono talmente forti che i rappresentanti delle parti non riescono nean­ che a leggere con calma cio che scrivono gli avversari. Devo confessare che, studiando per motivi professionali pubblicazioni di preferenza an­ tifemministe, mi sono spesso chiesta come mai le argomentazioni eccle­ siastiche suonino cosl astratte e sbiadite. Naturalmente, leggendo le di­ chiarazioni di famosi fautori antichi dell'ascetismo, compreso quello femminile (Atanasio, Girolamo, Ambrogio, Basilio di Cesarea ecc.), che lodano il matrimonio come stato altrettanto degno di rispetto, li sospet­ tiamo subito di ragionare come i famosi maiali della Fattoria degli ani­ mali di Orwell, per i quali gli animali erano tutti uguali, rna i maiali «piu uguali» degli altri, dove la formula "piu uguale" ci riesce partico­ larmente odiosa. Sospetto inoltre che la nostra indifferenza per le di­ chiarazioni dei Padri della Chiesa su temi femminili derivi dal fatto che esse venivano formulate in una sociera di tipo gerarchico, dove ogni gruppo aveva il suo posto, Ia sua dignita, Ia sua perfezione, i suoi com­ piti. Alia fine del XX secolo la gerarchizzazione ci risulta non solo anti­ patica, rna addirittura incomprensibile. 0 le donne sono uguali agli uo­ mini e degne dello stesso rispetto oppure, se non lo sono, qualunque di­ chiarazione sulla !oro dignita appare ipocrita, se non addirittura bugiar­ da. Di fronte a una societa strutturata in modo gerarchico reagiamo, al­ meno sui piano teorico, con aggressivita. Oggi l'uguaglianza di tutti gli esseri umani e iscritta neUe basi stesse del nostro pensiero. ll discorso ecclesiastico, che si serve di argomenti sorti in altri tempi e in altre so­ cieta, sfiora quindi le nostre orecchie senza penetrarvi, anche quando la Chiesa in questione e "la nostra" Chiesa e non abbiamo motivo di diffi­ dare delle sue dichiarazioni. Per uno storico dell'antichita cristiana un simile atteggiamento e una vera calamita, poiche il rifiuto di comprendere la mentalita gerarchica del passato ne ostacola, e talvolta rende impossibile, Ia sua comprensio­ ne. Parlo per esperienza: a tutte le mie dimostrazioni sui fatto che Ia ca­ tegoria dell'antifemminismo non ha alcun senso nei confronti dell'anti­ chita, i miei srudenti reagiscono con tacita derisione (di solito ci siamo simpatici) o fingono di ignorarmi. Chiusa Ia parentesi delle lamentazioni, e ora di passare alle mie lecture. Mentre, lavorando al mio libro, scartabellavo montagne di atti di congres­ si e di simposi sui tema "II cristianesimo e le donne" e "ll cristianesimo, il matrimonio e la sfera erotica", ho avuto l'immensa fortuna di imbattermi in due eccellenti lavori che hanno indirizzato le mie lecture successive. n primo e un breve articolo di Monique Alexandre, Immagini di donne ai primi tempi della cristianita, nella raccolta intitolata Storza delle donne in 339

Storia della Chiesa nella tarda antichita Occidente. I.;antichitd, a cura diG. Duby eM. Perrot (Laterza, Bari 1990, pp. 465-517). L'autrice e una docente universitaria, persona di grande sa­ pere e sensibilita: ogni lavoro che esce dalla sua penna, compreso quello sulle donne, e un piccolo gioiello. fl Secondo testo, invece, e vastissimo: Joelle Beaucamp, Le Statut de fa femme d Byzance, N-VII siecle (De Boccard, Paris 1990-1992, 2 voll.). L'opera rappresenta un rarissimo caso di connubio tra il reference book, ossia un lavoro a scopo informative, e lo studio mirante a dimostrare determinate tesi, scritto a tratti con vena po­ lemica. Non conviene prendere troppo alia lettera il "Bisanzio" del titolo, giacche l'autrice allarga notevolmente il campo delle sue ricerche: nel pri­ mo volume muove Ia sua analisi della condizione giuridica delle donne dagli inizi dell'impero romano. Base degli studi di Beau camp sono state le fonti giuridiche (ovviamente e da ll che si comincia), i documenti su papi­ ri (dai quali si vede Ia realta "reale" e non il suo rifacimento letterario), e infine le fonti letterarie, che mostrano Ia "realta narrativa", creata dalla fantasia. Con esemplare (e quasi ossessiva) correttezza l'autrice compara tra !oro i frutti delle sue ricerche su tre generi di fonti, verificando inces­ santemente le une con 1'aiuto delle altre. n risultato finale e affascinante. Sulla rivoluzione negli atteggiamenti verso il sesso, il matrimonio e le donne come partner, ho letto con grande piacere e ammirazione i lavori di Paul Veyne: La poesia, l'amore, l'Occidente: l'elegia erotica romana (il Mulino, Bologna 1985) e La vita privata nell'impero romano (Laterza, Bari 1992; Veyne e curatore e parzialmente autore di quest'ottimo libro, dove c'e molto da leggere). Colloco in fondo alia lista !'opera famosa di un autore famoso che nes­ suna bibliografia, per quanto personale e fantasiosa possa essere, puo astenersi dal citare: Peter Brown, Il corpo e Ia societd: uominz; donne e astinenza sessuale nel prima cristianesimo (Einaudi, Torino 1992). Il li­ bro contiene molte tesi affascinanti, rna nel complesso mi sembra piut­ tosto confuso; il pensiero dell'autore segue spesso percorsi tortuosi. Poco dopo la sua pubblicazione me ne sono occupata per un anno in un corso di lezioni, proprio per essere costretta a leggerlo e a meditarlo con cura; piu andavo avanti, e piu il mio parere sull'opera si faceva se­ vero. In molti punti, purtroppo, ho trovato inesattezze o errori (errori da segnare "in blu", soprattutto nei capitoli sull'Egitto, ossia nel campo della mia personale specializzazione). Soprattutto provavo continua­ mente la sensazione che la realta ricostruita da Brown fosse una realta estremamente interessante, rna che Ia si potesse solo ammirare e mai ve­ rificare. Con il talento letterario posseduto da Brown una simile realta si crea eseguendo una selezione di fonti e di brani tratti dalle medesime, badando sempre a non rivelare al lettore i prindpi di tali scelte. Mi rendo conto della mia iconoclastia: le opere di Brown vengono re­ censite e citate in ginocchio. Per quanto mi riguarda, dopo lo splendi­ do Agostino d'Ippona (Einaudi, Torino 1971), ho sempre avuto l'im­ pressione che a guidare Brown non siano le fonti, rna certe idee affasci340

Percorso bibliografico nanti che nei suoi saggi e nei suoi articoli riescono sempre a prevalere sulle fonti stesse. Tali idee, aggiunte ad alcune brillanti osservazioni sui temi piu disparati, vivono come di vita propria, accostate le une alle al­ tre senza troppa cura del loro legame con cio che precede e cio che se­ gue. Capisco perfettamente come mai tanti storici (anche eccellenti) abbiano accolto con entusiasmo le opere di Brown. Potendo permet­ tersi, grazie alla loro vasta cultura, di trascurare l'aspetto "manualisti­ co" dell'opera, nei libri di Brown essi vedevano soprattutto le singole osservazioni, sfavillanti di intelligenza e quanto mai stimolanti. Le mie prime letture sul culto dei santi sono state dominate dai libri di Hippolyte Delehaye (1859-1941), grande bollandista, autore di analisi cos! magistrali dei testi agiografici che andrebbero imparate a memoria. Paul Peeters e Rene Draguet, suoi successori nella Societe des Bollandistes, non schiacciano il lettore sotto il peso della loro autorita e perfezione, rna lo invitano alia discussione grazie alle !oro sempre dotte, rna spesso folli idee. Ho conosciuto personalmente il successore di Peeters, padre Paul Devos, quando ho avuto bisogno di aiuto per le mie personali ricerche sull'Egitto. Avevo sempre ammirato i suoi studi; guardandolo nella polverosa biblioteca dei bollandisti a Bruxelles capii di dove proveniva quella sua quasi tangibile armonia scientifica, cosl lontana da ogni estremismo: davanti a me c'era un uomo intelligente, perspicace e privo della vena polemica che agitava Peeters e Draguet. Leggendo lo studio di Delehaye (A Travers trois siecles. L'ceuvre des bollandistes, 1615-1975, Societe des Bollandistes, Bruxelles 1920) e quello di Peeters (L'Oiuvre des bollandistes, Societe des Bollandistes, Bruxelles 1924; 1961) mi sono resa conto di quanto sia affascinante Ia storia dell'agiografia in se (nel senso di disciplina che studia il culto dei santi e Ia letteratura a esso collegata): raramente, pero, il tema viene trattato Secondo j princlpi della storiografia moderna. Significativo e il caso del libro di R. Aigrain, J.}Hagiographie, ses sources, ses methodes, son histoire (1935). Si tratta di un'opera considerata ormai un classico, raccomandata come manuale universitario. L'autore pero non ritiene opportuno spiegare il ruolo svolto nella storia di questa disciplina dalle polemiche dei tempi della Riforma; parlando di Delehaye, per esempio, non cita le critiche sollevate contro il culto dei santi alia fine del XX se­ colo, ne i guai capitati ai bollandisti ai tempi del conflitto con i moder­ nisti. Tutto quel che riguarda il passato, specie quello a noi piu vicino, viene abbellito: si tratta purtroppo di una caratteristica della storiogra­ fia cattolica, poco propensa a rivelare ai profani i conflitti interni alia Chiesa, desiderosa com'e di imporre la visione di un'evoluzione lineare, scorrevole, senza contrasti. Nella seconda meta del XX secolo negli ambienti universitari si intra­ presero intense ricerche sul culto dei santi, secondo una prospettiva di­ versa da quella adottata dai bollandisti. Si smise di interessarsi al fatto se un certo santo fosse veramente esistito, se la sua biografia contenesse 341

Storta della Chiesa nella tarda antichitd informazioni veritiere o fittizie, se i miracoli che gli venivano ascritti fos­ sero realmente awenuti: il principale oggetto di interesse divenne la mentalita delle persone che credevano nei santi. Questo approccio si fece faticosamente strada sulle colonne degli "Analecta Bollandiana", ma non c'e dubbio che l'immenso lavoro di erudizione svolto dalle persone legate a questa rivista ha permesso agli storici di accostarsi all'agiografia in modo nuovo, modo che ho appreso grazie a numerose letture, soprat­ tutto di autori della mia stessa generazione: Gilbert Dagron (Vie et mira­ cles de sainte Thede, Societe des Bollandistes, Bruxelles 1978), Franr;oise Thelamon (Pai"ens et chretiens au TV siecle. I.:apport de l"'Histoire ecclesia­ stique" de Ru/in d'Aquilee, Societe des Bollandistes, Bruxelles 1981), J?ernand Flusin (Miracle et histoire dans l'ceuvre de Cyrille de Scythopolis, Etudes Augustiniennes, Paris 1983 ), Leilia Cracco-Ruggini (qui non sono in grado di scegliere un titolo piuttosto che un altro dall'enorme numero dei suoi articoli) e molti altri. E insieme con i miei allievi che ho frequen­ tato questa scuola, trovando in cio una soddisfazione tutta particolare.

342

Tavole cronologiche

Storr'a della Chiesa nella tarda antichitii Lo stato romano verso il cristianesimo

Avvenimenti politici

OTIAVIANO AUGUSTO 27 a.C.19 Vlll14 d.C.

TIBERIO 19 VIII 14-16

lll

37

6-37 Ponzio Pilato procuraro­

re della Giudea 30 (?) Gesu Cristo crocifisso su sentenza di Ponzio Pilato come agitatore politico. «Al di sopra del capo posero scritta Ia causa della sua condanna: "Questo e Gesu, il re dei Giudei"» (Mt 27, 37) GAIO CAL!GOLA 18 Ill 37-24

l

41 39 Conflitto con gli ebrei in

Giudea 40 L'imperatore mira alia dei­

ficazione, identificandosi con Giove CLAUDIO 25 I 41-13 X 54 42-45 Sconfitta dei mauri 43 Inizio invasione Britannia 46 Annessione della Tracia 49 «Scaccia da Roma gli ebrei perche face­ NERONE 13 X 54-9 VI 68

vane continui tumulti, sobillati da un certo ChrestOS» (Svetonio, Claudio, 25)

64 Incendio di Roma

64 Incendio di Roma e persecuzioni di

66-73 Insurrezione degli ebrei

Nerone contro i cristiani di Roma «non tanto per il delitto d'incendio, quanto come odiatori dell'umano genere» (Taciro,

in Giudea GALBA 6 VI 68-15

l

69

Annali, XV, 44) 344

Tavole cronologiche Storia della Chiesa

Letteratura e filosofia

anni 40-19 a.C. Attivita poetica di Virgilio anni 40-8 a.C. Attivita poetica di Orazio ca. 27 a.C.-17 d.C. Livio, Dalla /on­

dazione di Roma ca. 20 a.C.-17 d.C. Attivita poetica di Ovidio ca. 10-50 d.C. Attivita di Filone d 'Alessandria

ca. 38 Conversione di Paolo

40-65 Attivita letteraria di Seneca

ca. 49

II cosiddetto

"concilio

di

Gerusalemme": i pagani convertiti non devono sottoporsi alia circonci-

50-56/57 Le Lettere di san Paolo

sione ne osservare tutte le leggi ebraiche 60-62 Paolo aRoma 62 Marte di Giacomo «fratello del Signore» per sentenza del sommo sacerdote Anna II a Gerusalemme 63 (?)Pietro aRoma

345

Storia della Chiesa nella tarda antichitd Avvenimenti politici

Lo stato romano verso il cristianesimo

15 I 69-20 VI 69 69-20 XII 69 VESPASIANO 1 VII 69-23 VI 79 70 Tito conquista Gerusa­

OTTONE

V!TELLIO 2 I

lemme e distrugge il Tempio

23 VI 79-13 IX 81 80 Fine della costruzione del

TITO

Colosseo DOMIZIANO

14 lX 81-18 IX 96

81-96 Persecuzioni dirette, per motivi poli­ tici, contro i "discendenti di David" e i rappresentanti dell'aristocrazia romana (95 Flavius Clemens, Acilius Glabrio, Flavia Domitilla), accusati di ateismo e di adotta­ re usanze ebraiche; persecuzioni in Asia Minore

� ,,,� : : NERVA 18 TRAIANO

IX 96-25 I 98 25 I 98-8 VIII 117

101-102 Prima guerra contro i daci

105-106 Seconda guerra con­ tro i daci; Ia Dacia provincia romana

106 L'Arabia diventa provin­ cia romana

107 ())Simeone, vescovo di Gerusalemme, condannato a morte dal governatore come "discendente di David" e agitatore politico

107/110 (?) Martirio di Ignazio, vescovo di Antiochia

111 Lettera (X, 96) di Plinio il Giovane a Traiano sull'atteggiamento da adottare nei confronti dei cristiani: condannare a mor­ te, su denuncia non anonima, per il nomen

Christianum e il rifiuto di offrire sacrifici 111-113 Persecuzioni in Bitinia e nel Ponto intraprese da Plinio

114-117 Guerra contro i parti 116-117 Insurrezione degli ebrei a Cirene, Egitto, Meso­ potamia e Cipro

346

Tavole cronologiche

Storia della Chiesa

Letteratura e filosofia

ca. 70-107I110 lgnazio vescovo di Antiochia

70-80 Redazione dei Vangeli sinottici 75 Giuseppe Flavio, La guerra giu­ daica ca. 80-ca. 125 Attivita lctteraria di Plutarco

ca. 88 (?)-97 (?) Clemente vescovo di Roma ca. 90 Redazione degli Atti degli Apostoli ca. 93 Giuseppe Flavio, Antichitd giudaiche 95 Lettera di Clemente, vescovo di Roma, ai Corinti ca. 95 Redazione dell'Apocalisse; re­ dazione del quarto Vangelo II secolo Sviluppo delle sette gnostiche; tra gli altri: turnila, Cerinto, crate, Valentino

Menandro, Basilide,

104-109 Tacito, le Storie

Sa-

Carpo-

ca. 107 Lettere di lgnazio, vescovo di Antiochia ca. 108 Lettera di Policarpo, vescovo di Smirne, ai Filippi 109-116 Tacito, gli Annali

347

Storia della Chiesa nella tarda antichitd Avvenimenti politici

Lo stato romano verso il cristianesimo

ADRIANO 11 VIII 117-10 VII 138

Lettera di Adriano al procuratore d'Asia Minucio Fundano, che conferma la regola della condanna per il nomen

124

132-135 Rivolta di Bar Kocheba in Giudea 135 Colonia di Aelia Capi­ tolina sulle rovine di Gerusa­ lemme

Christianum

ANTONINO PIO 10 VII 138-7 lJI 161

R,

.lil '"

Martirio di Policarpo, Smirne

156

MARCO AURELIO 7 Ill 161-17 III 180 LUCIO VERO 7 III 161-I 169

vescovo di

ca. 160 Martirio di Tolomeo e Lucio a Roma 161-180 Martirii ad Atene, a Creta, in Asia Minore; cristiani della Grecia inviati nelle mmtere

(con Marco Aurelio) 161-166 Guerra contro i parti 165 (163-167) Martirio di Giustino e altri a 167 Epidemia di peste aRoma

Roma

167-180 Guerre contro i mar­

comanni 175 Usurpazione di

Avidio

Cassio

348

Tavole cronologiche

Storia della Chiesa

Letteratura e filosofia

ca. 120 Erma, II Pastore ca. 121 Svetonio, Vita dei Cesari

ca. 125 Quadratus, Apologia

ca. 140-144 Marcione di Sinope (m.

ca. 140 Frontone inizia i suoi discor­

ca. 160) a Roma

si contro i cristiani ca. 140 Giustino, Dialogo con Tri/one

ca. 144

Marcione rompe con Ia

Chiesa; il marcionismo ca. 145 Aristide, Apologia ca. 150 Lettera a Diogneto

152-153 II cinico Crescente attacca i

155 (?)- Aniceto vescovo di Roma 156 Montano di Frigia comincia a

cristiani; conflitto con Giustino ca. 155 Giustino, Apologia prima

diffondere le sue idee; il montani­ smo: prossimo awento del Regno di Dio e della Nuova Gerusalemme ca. 160 Giustino, Apologia seconda

(nella localita frigia di Pepuza); seve­ ro ascetismo; le profetesse Priscilla e Massimilla;

sinodo

riguardante

ca. 165 Taziano, Logos pros Hellenas

i

montanisti in Asia Minore

(Discorso ai greci)

165/166 Luciano, La morte di Pe­ regrina

170 Apuleio, Le Metamor/osi o l'Asino d'oro

171-180 Marco Aurelio, Ricordi ca. 175 Ermia, Irrisione dei /iloso/i pagani ca. 176 Melitone di Sardi, Apologia ca. 176 Apollinare di lerapoli, Apo­

logia 349

Storia della Chiesa nella tarda antichitli Lo stato romano verso il cristianesimo

Awenimenti politici

177 Martiri a Lugdunum e Vienna

COM MODO

17

180-31

III

XII

180 Martiri di Scillio 180-192 Martirii in Asia Minore e aRoma;

192

cristiani romani mandati nelle miniere in Sardegna

191 Roma ottiene il nome di Colonia Commodiana 192 L'imperatore prende il nome di Hercules Romanus e si identifica con Ercole 193 "Anno dei cinque impe­ ratori":

PERTINACE, DIDIO GIU­

LIANO, SETI!MIO SEVERO, CLO­ DIO ALBINO SETI!MIO SEVERO

9

IV

193-4 II

211 197-199 Guerra contro i parti; Ia Mesopotamia settentrionale diventa provincia romana

202-206 Persecuzioni in Africa settentriona­ le, aRoma, Antiochia, Cirene e Alessandria 202 Martirio di Leonida (padre di Origene) e di altri cristiani di Alessandria 203 Martirio di Perpetua, Felicita e altri a Cartagine

350

Tavole cronologiche

Scoria della Chiesa

Letteratura e filosofia

177-180 Atenagora, Ambasceria per i cristiani

178 Celso, Alethes logos (Discorso veritiero), primo grande trattato centro i cristiani ca. 180 Milziade, Apologia ca. 180 Teofilo di Antiochia, Ad Autolico

ca. 180-ca. 200 Panteno dirige Ia scuola catechetica di Alessandria ca. 180-ca. 200 Attivita letteraria di Clemente Alessandrino ca. 185 Ireneo, Contro le eresie 189-232 Demetrio vescovo di Ales­ sandria 189-199 Vittore vescovo di Roma

ca. 190-ca. 220 Attivita letteraria di Tertulliano

11-111 sec. Inizio della controversia sul­ la relazione tra Dio Padre e Cristo; varianti del monarchianesimo (Asia Minore, Roma); tra gli altri Teodoto di Bisanzio, Sabellio, Noeto, Prassea

195 Clemente Alessandrino, Pro­ trepttkos pros Hellenas (Esortazione ai greci) 199-217 Zefferino vescovo di Roma sec. Prime apologie Iarine: Tertulliano, Apologetico (ca. 197) e Minucio Felice, Ottavio (inizio Ill sec. ca. 200-ca. 235 Dione Cassie, Stort'a romana n-m

ca. 203-ca. 254 Attivita letteraria di Origene ca. 203-ca. 254 Origene dirige la scuola catechetica di Alessandria 351

Storia della Chiesa nella tarda antichita Lo stato romano verso il cristianesimo

Avvenimenti politici

208-211 Lotte in Britannia CARACALLA4 II 211-8 GETA 4

IV 217

II 211-27 II 212 (con

Caracalla) 212

La Constitutio Antoni­

niana conferisce Ia cittadinan­ za romana a tutti i provinciali liberi 215-218 Guerra contro i parti MACRINO 11 IV 217-8 VI 218 ELIOGABALO

16

V

218-11 Ill

222

ALESSANDRO

11

SEVERO

III

222-1 111235 224/226 Caduta della dinastia parta degli Arsacidi; prende il potere Artaserse 1, della dina­ stia persiana dei Sasanidi 230-232 Guerra contro Arta­ serse 234-235 Gli alamanni attacca­ no gli Agri Decumates MASSIMO TRACE 1

lll 235-5

VII

238

235-236 Persecuzioni del clero romano 236 Morte di Ponziano, vescovo di Roma,

235-238 Guerre contro i bar­

e di Ippolito, mandati nelle miniere in Sar­

bari sui Reno e sui Danubio

degna

(goti, alamanni) Inizio m 238-25 m 238 Usur­ pazione di Gordiano

I

e Gor­

diano II in Africa PUPlENO,

BALBINO,

GORDTANO

III (come imperatore: prima del

22

v238-

prima del29 VIII 238) 352

Tavole cronologiche

Storia della Chiesa

Letteratura e filosofia

210-236 Attivita letteraria di Ip­ polito a Roma

213 Tertulliano, Contra Prassea (contro il monarchianesimo) ca. 215 Filostrato, Ta eis Tyanea (Vita di Apollonio di Tiana)

Apollonian

217-222 Callisto vescovo di Roma; conflitto con Ippolito, che rimpro­ vera a Callisto l'cccessiva indulgen­ za verso i peccatori e di favorire le eres1e ca. 220 Callisto condanna Ia dottrina di Sabellio; il sabellianismo: un uni­ co Dio si manifesta come Creatore (Padre), Redentore (Figlio) e Santi­ ficatore (Spirito Santo) ca. 220 Cartaginc: nuovo battesimo degli eretici 222-230 Urbano vescovo di Roma

220-230 Sesto Giulio Africano, Chronographiai (Cronache)

c.a. 230 A Iconio (Licaonia) e a Sinnada (Frigia) nuovo battesimo degli eretici 230-235 Ponziano vescovo di Roma 232-247 Eracla vescovo di Ales­ sandria

ca. 230Ippolito, Philosophoumena. . (Contro tutte le eresie)

235-236 Antcro vcscovo di Roma

235 Origene, Eis martyrion protrep­ tikos (Esortazione a! martirio)

236-250 Fabiano vescovo di Roma

.

Prima meta del

353

III

secolo Didascalia

Storta della Chiesa nella tarda antichita Lo stato romano verso il cristianesimo

Awenimenti politici

GORDIANO

(da solo):

prima

del29 VIII 238-244

241-244 Guerra contro Sapo­ re r, re dei persiani FILIPPO ARABO 1/14

Ill 244-

prima dell'lliX 249 244-248 Guerre contro i bar­ bari

sui Danubio (goti, ala­

manni, carpi, vandali) 21JV247 Millenario diRoma 248 Ribellione di Pacaziano, Iotapiano, Uranio

'" ,,,

Ill I

248 Malgrado Ia politica tollerante dell'im­ peratore, pogrom di crisriani ad Alessandria

VI 249 Ribellione di Decio sui

Danubio Prima dell'll!X249 Sconfitta e morte di Filippo Arabo a Verona DEClO VI249- ca. 1 Vl1251

249-250 Editto di Decio che impone ai citta­

249-251 Invasione dei goti nei

dini dell'impero di offrirc sacrifici agli dei

(supplicationes) in presenza di apposite com­

Bale ani

missioni: martirio, tra gli altri, di Fabiano, ca. 1 Vll 251 Sconfitta e morte

vescovo di Roma, c di Babila, vescovo di

di Dccio

Antiochia

nella battaglia

di

Abritto contro i goti TREBONIANO GALLO ca. 1 VII

251

251-253 Politica ostile verso i cristiani, quali responsabili dell'cpidcmia

252 Epidemia aRoma 252/25.3 Sapore I conquista !'Armenia; inizio delle invasio­ ni, durate circa dieci anni 24 VII 253 Rivolta di Emiliano in Mesia EMfLIANO 24 VII-22 X253 VIII 25.3 Disfatta a Interamna e

caduta di Treboniano Gallo

VALERIANO LX253-260

25.3 Morte di Cornelio, vescovo diRoma, in esilio a Centum Cellae 253 Esilio di Lucio, vcscovo diRoma

354

Tavole cronologiche

Letteratura e filosofia

Storia della Chiesa

ca. 240-248 Interventi di Origene Inizi dell'attivita di Mani in

nelle controversie dogmatiche nel

240

corso dei vari sinodi in Oriente

Persia 240-245 Scritti di Origene contro

il

monarchianesimo ca. 242 Morte di Arnmonio Sacca, precursore del neoplatonismo, mae­ stro di Plotino ca. 244-269/270 Attivita di Plotino a Roma 246-248 Origene, Contra Celso 247-264 Dionigi vescovo di Ales­

sandria

249-258 Cipriano vescovo di Car­

tagine ca. 250 A Coma, in Egitto, nasce

ca. 250 Erodiano, Storza dell'impero

Antonio

romano

251-253 Cornelio vescovo di Roma

251 Cipriano, De catholicae ecclesiae

251 Scisma di Novato e Felicissimo

unitate (Dell'unita della Chiesa cat­

centro Cipriano, vescovo di Carta­

tolica)

gine: secondo !oro basta un libellus pacis dai con/essores perche i lapsi possano tornare alia Chiesa 251 Cartagine: condanna di Novato

e di Fclicissimo; obbligo di penitenza 251

Scisma

di

Novaziano

contro

Cornelio, vescovo di Roma, e centro

il ritorno dei lapsi alia Chiesa; i nova­

253-269/270 Plotino redige 54 trat­

zJant 252 Roma: condanna dei novaziani

dal suo discepolo Porfirio

tati, poi pubblicati come Enneadi

253-254 Lucio vescovo di Roma

355

Storia della Chiesa nella tarda antichitd Avvenimenti politici

Lo stato romano verso il cristianesimo

GALLIENO IX 253-inizio IX 258

(con Valeriano) 22 X 253 Morte di Emiliano presso Spoleto 254-258 Gallieno combatte i barbari che invadono Ia Gallia 254-258 I goti devastano i Bal­ cani e !'Asia Minore 256 Sapore conquista Nisibi, Dura Europo, Carre e Antio­ chia 256 Valeriano muove contro Sapore 257 Primo editto di Valeriano, che condan­

260 Valeriano fatto prigionie­ ro da Sapore presso Edessa 260 Dissoluzione dell'impero: indipendenza di Britannia, Gallia e Spagna (Imperium Galliarum: 260-274) e rivolra dei cap1 di Valeriano m Oriente 260-267 Odenato, re di Pal­ mira, per incarico di Gallieno governa !'Oriente, lottando contro gli usurpatori e contro Sa pore 261-268 Riforme di Gallieno

na all'esilio il clero cristiano e proibisce, pena Ia morte, l'esercizio del culto e l'in­ gresso nei cimiteri 258 Secondo editto di Valeriano, che con­ danna a morte il clero e i cristiani apparte­ nenti ai senatori e ai cavalieri Oe donne al­ l'esilio); martirio, tra gli altri, di Sisto, ve­ scovo di Roma, del diacono Lorenzo, di Fruttuoso, vescovo di Terragona 260 Editto di tolleranza di Gallieno e inizio della cosiddetta Piccola Pace Ecclesiastica

267 Invasione barbarica della Grecia 268 Sconfitta dei goti sui Nesto 268 Ribellione di Aureolo CLAUDIO II IX 268-IV 270 356

Tavole cronologiche Letteratura e filosofia

Storia della Chiesa

254-257 Stefano vescovo di Roma 255 e 256 Sinodi a Cartagine per Ia

questionc del battesimo degli eretici convertiti: neccssidt di un nuovo battesimo; Stefano contrario aile de­ cisioni di entrambi i sinodi; conflitto con Cipriano 257-258 Sisto vescovo di Roma

259-268 Dionigi, vescovo di Roma

ca. 260 conflitto tra Dionigi, vescovo di Roma, e Dionigi, vescovo di Alessandria, circa il rapporto del Pa­ dre verso il Figlio

262 Arrivo a Roma di Porfirio 264 e 268: Antiochia: condanna di

Paolo di Samosata, vescovo di An­ tiochia, per monarchianesimo e im­ moralita

357

Storia della Chiesa nella tarda antichitd Avvenimenti politici

Lo stato romano verso il cristianesimo

268 Calata degli alarnanni in ltalia e !oro sconfitta nei pres­ si del lago Benaco 269 Zenobia e Vaballato rifiu­ tano obbedienza a Claudio in Oriente 269 Disfatta dei goti a Naisso QUINTILIANO IV 270-meta 270 AURELIANO V 270-x/XI 275

270/271 Respinta l'invasione di alamanni e iutungi in Italia 271 Rivolta di Felicissimo a Roma 271 Inizio costruzione di nuo­ ve mura aRoma 271 (274) Evacuazione della Dacia 272 Liquidazione del regno di

272 Intervento di Aureliano nella questio­

Zenobia in Oriente

ne di Paolo di Sarnosata

273 Distruzione di Palmira e pacificazione dell'Egitto 274 Liquidazione dell'Impe­ rium Galliarum; restaurazio­ ne dell'unita dell'irnpero TACITO fine 275-V/Vl 276

275 Rinuncia al progctto di una grande

FLORIANO V/Vi-Vll/VIII 282

persecuzione cristiana dopo Ia morte di

277-282 Ritorno delle frontie­

Aureliano

re su Reno e Danubio CARO dopo il 28 VIII 282-esta­

te 283 282 I figli, Carino e Nume­ riano, coadiutori del regno 282/283 Spedizione centro Ia Persia; successi e morte di Caro CARINO inizio 283-inizio 285 NUMERIANO estate 283-autun­

no 284 284 lnsurrezione dei bagaudi in Gallia

284 Morte di Numeriano in Asia Minore 358

Tavole cronologiche Letteratura e filosofia

Storia della Chiesa

269-274 Felice, vescovo di Roma

269/270 Morte di Plotino

ca. 270 Antonio si ritira nel deserto

ca. 270 Dessippo, Chronike historia (Cronaca) 271-272 Porfirio, Kata christian6n (Contro i cristiani)

274 Porfirio apre a Rorna una scuola

neoplatonica 275-283 Eutichiano vescovo di Roma 277 Morte di Mani in Persia 280-300 Diffusione del manicheisrno

in Siria e nell' Africa settentrionale 282-300

Teone

vescovo

di

Ales­

sandria

283-296 Gaio, vescovo di Roma

359

Storia della Chiesa nella tarda antichitd Avvenimenti politici

Lo stato romano verso il cristianesimo

20

XI 284 Ribellione di Dio­ cleziano a Nicomedia Inverno 285 Disfatta e morte di Carino nella battaglia di Margus DJOCLEZIANO 20 XI 284-1 V

21

VII

305 285 Massimiano impe­

ratore soffoca Ia rivolta dei ba­ gaudi 286-293 Diarchia: Diocleziano aug. (lovius), Massimiano aug. (Herculius) 286-293 usurpazione di Ca­ rausio in Gallia settentrionale e in Britannia 287 Trattato con Baharam II, re di Persia; restaurazione del­ l'ordine romano in Oriente

293-303 Tetrarchia:

Diocle­ ziano aug. (Iovius), Massimia­ no aug. (Herculius), Costanzo Cloro ces. (Herculius), Gale­ rio ces. (Iovius)

293-296 Usurpazione di Al­ lecto in Britannia

296-298/299 Guerra contro

295 Martirio della recluta Massimiliano a T heveste

Narscte, re di Persia

297-298 Rivolta in Egitto

297 Martirio del mimo Gelasino a Eliopoli 298 Martirio del centurione Marcello a Tingi

299-302 Allontanamento dei cristiani dal­ l'esercito e dalla corte

31

111 302 (297?) Editto con­ tro i manichei XI 303 Vicennali aRoma

23

II 303 Distruzione della Chiesa di Nicomedia 24 m 303 Primo editto di Diocleziano centro i cristiani: ordina Ia distruzione delle chiese e il rogo dei libri; vieta le riunioni dei fedeli e toglie ai cristiani privilegi e diritti giuridici

360

Tavole cronologiche

Letteratura e filosofia

Storia della Chiesa

295/296 Arnobio, Adversus nationes 296-308 Marcellino, vescovo di Roma

(Contro i pagani)

ca. 300 Gregorio Illuminatore con­ verte a! cristianesimo Tiridate II, re di Armenia 300-311 Pietro vescovo di Ales­ sandria

ca. 300 Metodio d'Olimpo, Simposio delle dieci vergini

(464-339), al­ lievo di Porfirio, fonda a Roma Ia scuola neoplatonica siriana III-IV secolo Giamblico

302 Sossiano di Ierocle, prima edizio­ ne del Philalethes Logos (Parole det­ tate dall'amore per Ia verita) 302/303 Eusebio di Cesarea, trattato contro Ierocle

361

Storza della Chiesa nella tarda antichitii

Avvenimenti politici

Lo stato romano verso il cristianesimo

Estate 303 Secondo editto di Diocleziano, che ordina l'arresto di tutto il clero cristiano Autunno 303 Terzo editto di Diocleziano, che consente di liberare i prigionieri disposti a sacrificare agli dei II1 304 Quarto editto di Diocleziano, che im­

1 V 305 Abdicazione di Dio-

pone a tutti i sudditi dell'impero di sacrifica­ re agli dei 303-305 Numerosi martirii, soprattutto in Oriente e in Africa

cleziano e Massimiano e creazionc della seconda tetrarchia: Costanzo Cloro aug., Galerio aug., Flavio Severo ces., Mas­ simino Daia ces. 305-324 Guerre civili 25 VII 306 Morte di Costanzo;

306 Tolleranza in Occidente

Costantino proclamato "augu­ sto", rna riconosciuto solo co­ me imperatore da Galerio 28 X 306 Ribellione di Mas­ senzio a Roma

306 Quinto editto contro i cristiani in

Oriente (Massimino Daia, Galerio), che conferma l'obbligo di offrire sacrifici

2 II 307 Ritorno a! potere di Massimiano 307 Morte di Flavio Severo in Italia 307 Fallita invasione in Italia di Galerio 307/308 Dopo il fallito tenta­ tive di rovesciare Massenzio, Massimiano si rifugia presso Costantino XI 308 lncontro imperiale a

Carnunto e nuova tetrarchia: Galerio aug., Licinio aug., Co­ stantino ces., Massimino Daia ces. 308-311 Usurpazione di Do­ mizio Alessandro in Africa

308 Sesto editto contro i cristiani in Oriente

(Massimino Daia, Galerio) 308-311 Ultima ondata di grandi persecu­

zioni

310 Morte di Massimiano 5 v 311 Morte di Galerio

30 IV 311 Editto di tolleranza di Galerio 362

Tavole cronologiche Letteratura e filosofia

Storia della Chiesa

ca. 303 Morte di Porfirio 303 Sossiano lerocle, seconda edizio­

ne del Philalethes Logos

ca. 305 Sinodo a Elvira: questioni di­ sciplinari e organizzative della Chiesa 305 Cirta: severa presa di posizione nei confronti dei vescovi incerti du­ rante le persecuzioni

306/308 lnizio dello scisma melizia­ no m Egitto; Melizio, vescovo di Licopoli: Ia Chiesa dei martiri con­ rro Ia Chiesa cattolica

306/310 I cosiddetti "Atti di Pilato"

e grande azione propagandistica di Massimino Daia contro i cristiani in Oriente 306-311 Lattanzio, Divinae institutio­ nes (Isriruzioni divine)

308-309 Marcello vescovo di Roma 309-311 Eusebio vescovo di Roma

311-314 Milziade vescovo di Roma

363

Storia della Chiesa nella tarda antichita

Avvenimenti politici

Lo stato romano verso il cristianesimo

311-313 Massimino Daia continua le perse­ cuzioni in Oriente

25 XI 311 Martirio di Pietro, vescovo di Alessandria

312

Guerra

di

Costantino

contra Massenzio

28 X 312 Battaglia al Ponte Milvio e morte di Massenzio Inizio 313 Incontro tra Co­

lnizio 313 Costantino e Licinio confermano

stantino e Licinio a Milano

a Milano la politica di tolleranza verso i cri­

313 Guerra tra Licinio e Mas­

stiani

simino Daia, disfatta e morte

313 Privilegi concessi da Costantino alla

di Massimino; Costantino-Oc­

Chiesa (sgravi fiscali, leggi ereditarie, validita

cidente, Licinio-Oriente

giuridica dei giudizi episcopali)

15 VI 313 Editto eli tolleranza eli Licinio e Costantino in Oriente dopo la elisfatta di Massimino Daia Estate 313 Poco prima eli morire, Mas­ simino emana un editto eli tolleranza

316-317 Prima guerra di Co­ stantino contro Licinio

321-324 Persecuzioni di Licinio in Oriente 324 Seconda guerra tra Co-

324 Tolleranza peri cristiani

stantino e Licinio 18 rx 324 Disfatta e abdicazio­ ne di Licinio; Costantino uni­ co sovrano COSTANTINO IL GRANDE (25 VII

306) 18 rx 324-22 v 337 8 XI 324 Fondazione di Co­ stantinopoli

325 Costantino convoca il concilio eli Nicea

364

Tavole cronologiche

Storia della Chiesa

Letteratura e filosofia

311-312 Achilla vescovo di Ales­ sandria

312 lnizio dello scisma donatista in Africa: Ceciliano, vescovo di Car­ tagine, contro il candidato dei dona­ tisti, Maiorino (m. 313) 312-335 Alessandro vescovo di Bisanzio-Costantinopoli 312-238 Alessandro vescovo di Alessandria 313 Presentazione della questione donatista a Costantino 313-355 Donato vescovo di Car­ tagine (eletto dai rigoristi contro Ce­ ciliano 313 Roma: condanna dei donatisti 314 Aries: condanna dei donatisti 314-335 Silvestro vescovo di Roma

ca. 319 Primi interventi di Ario ad Alessandria; inizio dell'eresia ariana 320 Alessandria: condanna degli anam

313-314 Lattanzio, Sulfa morte dei persecutori

318-320 Scritti dogmatico-apologetici di Atanasio: Logos peri tes enanthrb­ peseos tou logou (Dell'Incarnazione del Verbo), Logos kata Hellenbn (Contro gli elleni)

324 Antiochia: condanna degli ariani

325 Concilio di Nicea: condanna di Ario: Cristo e homoousios (consu­ stanziale) al Padre

ca. 325 Eusebio di Cesarea, edizione definitiva dei Chronikoi Kanones e della Storia ecclesiastica

365

Storia della Chiesa nella tarda antichitd

Avvenimenti politici

Lo stato romano verso il cristianesimo

11 v 330 Dedica di Costan­ tinopoli

332 Disfatta dei goti 333 Inizio del conflitto con Sapore II, re dei persiani

COSTANTINO II 9 IX 337-III/fV

340 (Occidente)

22 v 337 Battesimo di Costantino sulletto di morte

COSTANZO II 9 IX 337-3 XI 361

(Oriente) COSTANTE 9 IX 337-18 I 350

(Africa, Italia, Balcani)

340 Guerra di Costantino

II

con Costante; disfatta e morte di Costantino II; Costante so­ vrano di tutto I'Occidente

341-357 Legislazione di Costanzo II e di Costante contro i pagani 341 (o 346) e 342 Divieto di offrire sacrifici

366

Tavole cronologiche

Letteratura e filosofia

Storia della Chiesa

328-373 Atanasio vescovo di Ales­ sandria

331 Esecuzione del neoplatonico So­ Prima meta del rv secolo sviluppo del movimento monastico: comunita di anacorcti (da Antonio, m. 356) e di gruppi cenobitici (da Pacomio, m.

patro, allievo di Giamblico, per vole­ re di Costantino

346)

335 Tiro: esilio di Atanasio (a Treviri) 336-338 Paolo vescovo di Costan­ tinopoli:

335-338 Discorsi di Atanasio centro gli ariani 335-337 Lettere di Atanasio

336 Morte di Ario 337-352 Giulio vescovo di Roma 337 Costantino II Iibera Atanasio dall'esilio

ca. 338 Eusebio di Cesarea, Vita di

338-341 Eusebio di Nicomedia ve-

Costantino

scovo di Costantinopoli

338 Antiochia: condanna di Ata­ nasio ed elezione del nuevo vescovo di Alessandria 339-345 Gregorio vescovo di Ales­ sandria 339-346 Secondo esilio di Atanasio (aRoma) ca. 340 Gangra: condanna di Eusta­ zio, vescovo di Sebaste, per Ia pro­ pagazione di un ascetismo radicale

ca. 340-370 Attivita letteraria di Efrem Siro (tra gli altri scritti: lnno alta Santissima Trinita)

341 Antiochia: condanna di Atanasio e nuova professione di fede senza il termine homoousios 341-342 Paolo vescovo di Costan­ tinopoli (per Ia seconda volta) 342-346 Macedonia vescovo di Costantinopoli 342/343 Serdica: i vescovi d'Oriente condannano Atanasio; i vescovi d'Oc­ cidentc favorevoli a homoousios

367

Storia della Chiesa nella tarda antichitd

Avvenimenti politici

Inizio 350 Sapore assedia Nisibi 18 I 350 Ribellione di Ma­ gnenzio in Gallia e morte di Costante 18 1 350-10 VIII 353 Usur­ pazione di Magnenzio (Bri­ tannia, Gallia, Spagna, Italia, Africa) 350-353 Lotta di Costanzo II per l'unici dell'impero 28 IX 351 Disfatta di Magnen­ zio a Mursa 351 Gallo proclamato "cesare" da Costanzo II 352 L'ltalia in mano a Co­ stanzo li 353 Disfatta e morte di Ma­ gnenzio in Gallia 354-356 Lotte contro alamanni e franchi in Gallia 355 Rivolta di Silvano in Gallia 6 XI 355 Giuliano proclamato "cesare" da Costanzo n 355-358 Lotte di Giuliano contro i barbari in Gallia

Lo stato romano verso il cristianesimo

350-353 Il pagano Magnenzio adotta una

politica di tolleranza verso i cristiani

353 Costanzo 11 accusa Atanasio di collabo­

rare con Magncnzio 353-357 Leggi di Costanzo II contro i culti

pagani (magia e vaticini)

357 Visita di Costanzo II a Roma; rimozio­ 5 X 359 Sapore II conquista

ne dal senato dell'Altare della Vittoria

Amida 11 360 A Parigi (Lutetia Pari­ siorum) Giuliano e proclamato "augusto"; guerra contro Co­ stanzo II 368

Tavole cronologiche

Storia della Chiesa

Letteratura e filosofia

346 Ritorno di Atanasio dall'esilio (su

346-350 Firmico Materno, De errore

pressioni di Costante) 346-350 Paolo vescovo di Costan­ tinopoli (per Ia terza volta) 347 Persecuzioni dei donatisti

pro/anarum religionum (Sull'errore

350-360

Macedonia vcscovo di Costantinopoli (per Ia seconda volta)

delle religioni profane), scritto dopo Ia conversione al cristianesimo 347/350 Cirillo Gerosolimitano, Katecheseis (Catechesi)

350 Atanasio, Apologetikos kata Arza­ non (Apologia contro gli ariani)

351 Sirmio: condanna di Fotino, ve­ scovo di Sirmio, per monarchiane­ simo

352-366 Liberio vescovo di Roma

355-393 Libanio, Discorsi 355 Milano: esilio di Atanasio e di Liberio

355 Felice vescovo di Roma (per vo­ lonta di Costanzo n) 356-362 Terzo esilio di Atanasio (de­ serto egiziano) 356 Giorgio, vescovo di Alessandria (ariano) 356 Morte di Antonio

356-361 Ilario di Poitiers, De Tri­ nitate (Della Santissima Trinita)

ca. 357 Atanasio, Bios kai politeza tau... Antoniou (Vita e opere del pa­ dre nostro Antonio); inizi dell'agio­ grafia 357 Aranasio, Apologhza peri tes phyges autu (Apologia per Ia propria fuga) e Apologhia pros ton basilea Ko­ stantion (Apologia a Costanzo)

369

Storia della Chiesa nella tarda antichita Awenimenti politici

3 XI 361 Morte di Costanzo II

Lo stato romano verso il cristianesimo

361-363 Restaurazione e riorganizzazione dei culti pagani (senza repressioni cruente

GIULIANO L'APOSTATA 3 XI 361-

nei confronti dei cristiani)

26 VI 363 17 VI 362 Editto di Giuliano che ostacola l'attivita degli insegnanti che professano il cristianesimo

363 Spedizione in Persia di Giuliano

GIOVIANO 27 VI 363-16 II 364

363-364 Gioviano: cnsuano (niceno), rna

363 Trattato con Sapore II;

tollerante verso i pagani; si limita a revoca­

perdita della Mesopotamia set­

re le leggi anticristiane di Giuliano

tentrionale e degli influssi in Armenia

VALENTINIANO I (Occidente) VALENTE (Oriente) 28

364-375 Valentiniano I: cristiano (niceno) rna tollerante verso i pagani e gli eretici

26 H364-17 XI 375 TIT

364-

d'Occidente

378

364-378 Valente: cristiano (ariano); conflit­

365 Rafforzamento della fron­

to con i niceni d'Oriente

tiera sui Reno 365 Ripresa della guerra con­ tra Ia Persia 365-366 Usurpazione di Pro­ copio in Oriente 366-369 Lotte di Valente con­ tra i goti 368-370 Dux Teodosio (padre del futuro imperatore Teo­ dosio I) respinge i barbari in Britannia

370

Tavole cronologiche

Storia della Chiesa

Letteratura e filosofia

360-369 Eudossio vescovo di Co-

360 Aurelio Vittore, Caesares (Gii

stantinopoli

imperatori)

360-390 Attivita letteraria di Apol­ linare di Laodicea

362 Ritorno di Atanasio ad Ales­ sandria

Seconda meta del IV secolo Attivita letteraria dei Padri Cappadoci: Ba­ silio di Cesarea, Gregorio di Na­ zianzo e Gregorio di Nissa

362 Alessandria: sinodo dei "con­ fessori', successo dei niceni (homoou­ sios), condanna dei "distruttori dello spirito" (lo Spirito Santo e con­ siderato parte della consustanziale Santissima Trinita)

362-363 Quarto esilio di Atanasio (deserto egiziano)

362-388 (412) Scisma antiocheno Ou­ ciferiano)

363 Giuliano I'Apostata, K.ata Gali­

363 Larnpsaco: condanna dell'ariane­

laion (Contro i galilei)

simo, rna professione di fede antio­ chena del 341 senza il termine ho­ moousios

364-378 Persecuzioni dei niceni da parte di Valente

365-366 Quinto esilio di Atanasio (deserto egiziano)

366 Contlitto per Ia carica di vescovo di Roma tra Damaso e Ursino 366-384 Damaso vescovo di Roma: m1z1 della cosiddetta "domina di Pietro", che sostiene il primato del vescovo di Roma nel mondo cristiano

ca. 369-ca. 405 Simmaco, Discom; Relationes, Epistualae

371

Storia della Chiesa nella tarda antichita Avvenimenti politici

Lo stato romano verso il cristianesimo

370-375 lnsurrezione di Fir­ roo in Africa, soffocata dal

dux Teodosio

374-375 Valentiniano I lotta contro quadi e sarmati sul Danubio ca. 375 Gli unni distruggono

il regno degli ostrogoti sul Mar Nero; inizio delle migra­ zioni dei popoli 17 XI 375 Morte di Valen­ tiniano 1 GRAZIANO (Occidente) 17 XI

375-383 Per influsso di Ambrogio, vescovo

375-25 III 383

di Milano, Graziano emana una serie di

VALENT!NIANO II (Occidente

editti contro pagani ed eretici

con Graziano) 22 XI 375-15 v 392 375-379 Scontri con i barbari su Reno e Danubio 376 Sollevazione dei visigoti stanziati in Tracia da Valente 9 VIII 378 Disfatta e morte di

378 Graziano respinge il titolo di Pontifex

Valente, ucciso dai visigoti a

Maximus

Adrianopoli 19 I 379 Graziano proclama Teodosio I "augusto" ceden­ dogli i Balcani e !'Oriente

372

Tavole cronologiche

Storia della Chiesa

Letteratura e filosofia

369 Eutropio, Breviarium ab urbe condita (Storia romana)

369/370 Festo, Breviarium rerum ge­

370-380 Demofli o vescovo di Co­

starum populi romani (Storia del po­ polo romano) 370-390 Attivita poetica di Ausonio

stantinopoli

370-397 Martino vescovo di Tours Padri Cappadoci: Basilio il Grande, vescovo di Cesarea di Cappadocia (370-379); Gregorio di Nissa (371394); Gregorio di Nazianzo (372-390)

373-381

Pietro

vescovo

di Ales­

sandria

374-397

Ambrogio

vescovo

di

Milano

374-397 Attivita letteraria di Am­ brogio ca. 375-400 Attivita Pallada di Alessandria

376-377 Persecuzioni dei donatisti da parte di Graziano

377-379 Sinodi di Roma, Antiochia e Alessandria: inizio delle controver­ sie cristologiche e condanna dell'a­ pollinarismo; Apollinare di Lao­ dicea: mescolanza in Cristo dell'ele­ mento divino e umano, che produce un'«unica natura incarnata del Logos divino»

373

poetica

di

Storia della Chiesa nella tarda antichita Avvenimenti politici

Lo stato romano verso il cristianesimo

TEOOOSIO I IL GRANDE (Orien­

te) 19 I 379-17 I 395 379-382 Lotte di Teodosio I

contra i visigoti nei Balcani

28 II 380 Editto di Teodosio I Sulla fede cat­

tolica 380 Battesimo di Teodosio I (niceno) 381 Teodosio I convoca il concilio di Co­

stantinopoli 381-395 Legislazione di Teodosio I contra i

pagani Graziano rimuove I'Altare della Vittoria dal senate 382 Intervento di Graziano contra il colle­ gia sacerdotale di Roma

381 382 Teodosio I stanzia i visi­

goti in Tracia come /oederati 382/383 Usurpazione di Ma­

gno Massimo in Britannia e in Gallia 383-388 Usurpazione di Ma­ gno Massimo in Occidente

383-386 Valentiniano II: tolleranza verso

pagani ed eretici

385-386 Conflitto tra Ambrogio e l'impera­

trice Giustina (ariana), madre di Valen­ tiniano II

387 Valentiniano II fugge in

Oriente 388 Intervento di Teodosio I

in Occidente; disfatta e morte di Magno Massimo e restaura­ zione di Valentiniano II

390 Conflitto tra Ambrogio e Teodosio I

per il massacre di Tessalonica 24 II 391 Editto di Teodosio I che vieta di

392 Conflitto tra Valentiniano II con Arbogaste e morte del­ ]'imperatore EUGENIO (Occidente) 22 VIII 392-6IX 394

offrire sacrifici, entrare nei templi e venera­ re gli idoli 8 XI 392 Proibizione di tutti i culti pagani e inizio della distruzione dei templi 392-394 Eugenio e Arbogaste: tentative di restaurazione dei culti pagani 393 Liquidazione dei giochi olimpici

374

Tavo!e cronologiche Storia della Chiesa

Letteratura e filosofia

380-381 Gregorio di Nazianzo ve­

ca. 380-419 (420) Attivira letteraria di Girolamo

scovo di Costantinopoli

380 e 384 Sinodi a Caesaraugusta (Saragozza) e Burdigala (Bordeaux); condanna del priscillanismo; Pri­ scilliano, vescovo di Avila: dualismo e rigido ascetismo 381-385 Timoteo vescovo di Ales­ sandria 381 Concilio di Costantinopoli: la confessione nicena e Ia confessione dell'impero; condanna dell'arianesi­ mo e delle alrre eresie; il vescovo di Cosrantinopoli viene subito dopo il vescovo di Roma 381-397 Nettario vescovo di Co­ stantinopoli

384-399 Siricio vescovo di Roma 385 Priscilliano giustiziato a Treviri

ca. 385-407 Attivita Giovanni Crisostomo

per volere di Magno Massimo 385-412 Teofilo vescovo di Ales­ sandria 386 Conversione di Agostino

ca. 385-395 Ammiano Marcellino, Rerum gestarum libri qui supersunt (I libri di storia che si sono conser­

ca. 390 Side (Pamfilia): condanna del messalianesimo (severo ascetismo, condanna del lavoro; valore fonda­ mentale della preghiera ai fini della salvezza)

letteraria

di

vati)

388 Morte del sofista Temistio (ca. 317-388) ca. 390-431 Attivira poetica di Paoli­ no da Nola

375

Storza della Chiesa nella tarda antichitd Lo stato romano verso il cristianesimo

Avvenimenti politici

394 Intervento di Teodosio

1

in Occidente; guerra con Ar­ bogaste ed Eugenio 6 IX 394 Disfatta e morte di Eugenio sul Frigido, suicidio di Arbogaste 17 I 395 Morte di Teodosio I a Milano ONORIO (Occidente) 17 I 39515 VIII 423 ARCADIO (Oriente) 17 I 395- 1 v408 395-408 Potere eli Stilicone in Occidente 395-397 Alarica, re dei visigoti, devasta i Balcani 397-398 Rivolta eli Gildone in Africa

401-402 Invasione di Alarico in

Italia 405-406 Invasione di Rada­ gaiso in Italia 31 Xll 406 Vandali, suebi e ala­ ni devastano la Gallia 407-411 Usurpazione di Co­ stantino III (Britannia, Gallia, Spagna) TEOOOSIO II (Oriente) 1 v 40828 VII 450 408 Caduta eli Stilicone 408-409 Gli unni invadono Ia Tracia 408-409 Alarica assedia Roma 409 Attalo imperatore a Roma per volere eli Alarico 409 Vandali, suebi e alani en­ trano in Spagna

Conflitto tra Giovanni Criso­ stomo, vescovo di Costantinopoli, e l'impe­ ratrice Eudossia, moglie di Arcadio

401-404

376

Tavole cronologiche

Storia della Chiesa

Letteratura e filosofia

395-410 Attivita letteraria di Rufino di Aquileia

395-404 Attivita poetica di Claudiano 395/408 Epitome de Caesarzbus 396-397 Agostino, Le Con/essioni

397-401 Agostino, vescovo di lppona; conflitti origenisti in Egitto e con­ danna di Origene (m. 254) come ere­ tico

399-412 Agostino combatte i dona­ tisti

399-401 Anastasio vescovo di Roma 402-417 lnnocenzo vescovo di Roma 405 Arsacio vescovo di Costanti­ nopoli

405 Editto contro i donatisti 406-452 Attico vescovo di Costanti­ nopoli

377

399-407 Attivira poetica di Prudenzio ca. 400 Macrobio, Saturnala i ca. 400 Sulpicio Severo, Chronika

Storia della Chiesa nella tarda antichita Lo stato romano verso il cristianesimo

Avvenimenti politici

24 VIII 410 Alarico conquista Roma

412 Divieto per i pagani di accedere aile cariche militari e civili

412 Visigoti in Gallia 413 Ribellione di Eracliano 415-421 Lotte di Costanzo in

Gallia 416 Visigoti in Spagna

420-422 Conflitto con Ia Persia

COSTANZO III (Occidente con Onorio) IV 421-21 IX 421 422 lnvasione degli unni in Tracia 422/423 Conflitto di Onorio con Ia sorella Galla Placidia e fuga di lei in Oriente con il fi­ glio Valentiniano (Ill) 15 VIII 423 Morte di Onorio

GIOVANNI

(Occidente)

XII

423-v 425 (non riconosciuto

da Teodosio II) 424 Giovanni 1nv1a Ezio a

chiedere aiuto agli unni 425 lntervento dell'esercito d'Oriente (Ardabur, Aspar) in Occidente, in favore del figlio di Galla Placidia, Valentiniano

VALENTINIANO III (Occidente) 23 X 425-16 III 455

378

Tavole cronologiche

Letteratura e filosofia

Storia della Chiesa

411 Conferenza di Cartagine: con­ danna dei donatisti 411 Cartagine: condanna del pela­ gianesimo; Pelagio: lo sforzo indivi­ duale conta piu della grazia divina 412-444 Cirillo vescovo di Alessandria 413-427 Agostino, La citta di Dio 415 Diospoli: riconoscimcnto della dottrina di Pelagio 416 Sinodi a Cartagine e Milevis: condanna del pelagianesimo 417-418 Zosimo vesovo di Roma 418-419 Conflitto tra Bonifacio ed Eulalio per Ia carica di vescovo di Roma 418-422 Bonifacio vescovo di Roma ca. 419-ca. 434 Giovanni Cassiano diffonde le idee monastiche in Oc­ cidente 420-451 Attivita cenobitica di Senute di Atripe in Egitto 422-432 Celestino vescovo di Roma

415 Morte della filosofa Ipazia ca. 417 Orosio, Historiae adversus pa­ ganos (Storia contro i pagani) 417-434 Attivita letteraria di Giovan­ ni Cassiano

ca. 420 Palladio, Lausiakon, raccolta agiografica di vite di "padri del de­ serto" ca. 420 Morte di Eunapio di Sardi (n. ca. 345), autore del Bioi sophist{m (Vite dei sofisti) e del Hypomnemata historzka (Appunti storici) ca. 423 Teodoreto di Ciro, Helle­ nik6n therapeutike (Cura delle ma­ lattie greche) . . .

Prima meta del v secolo Olimpio­ doro di Tebe, Historia

425/433 Filostorgio, Ekklesiastike hi­ storia (Storia ecclesiastical

379

Storia della Chiesa nella tarda antichitd Lo stato romano verso il cristianesimo

Awenimenti politici 425-433 R.ivalita tra Felice, Bonifacio ed Ezio per il potere in Occidente

429-442 Invasione dell'Africa da parte dei vandali 429-438 Compilazione

del

Codex Theodosianus 430 Teodosio I! paga un tribu­ to agli unni 431-432 Fallita spedizione del­ l'esercito d'Oriente in Africa

431 Teodosio II convoca il concilio di Efeso (I)

433-454 Regno di Ezio in Oc­ cidente

434 Teodosio II paga un tribu­ to agli unni

19 X 439 I vandali conquistano Cartagine

441 Attila, re degli unni, deva­ sta i Balcani ca. 441-450 Influenza dell'eu­ nuco Crisafio in Oriente

443 Teodosio II paga un tribu­ to agli unni

447 Invasione di Attila ne1 Balcani e pace in cambio del pagamento di un tributo MARCIANO (Oriente) 25 Vlll 450-261457 450 Caduta di Crisafio; potere di Aspar in Oriente (471)

449 Teodosio II convoca il concilio di Efeso (II) e appoggia il monofisismo 450 Morte di Teodosio II; Marciano e l'im­ peratrice Pulcheria contro il monofisismo

380

Tavole cronologiche

Storia della Chiesa

Letteratura e filosofia

426-427 Sinnisio vescovo di Costan­ tinopoli

428-431 Nestorio vescovo di Costan­ tinopoli

429-431 Prima fase della controversia cristologica: Cirillo contro Nestorio 430 sinodo di Roma: condanna di Nestorio

431 Efeso (!): condanna di Nestorio 431-434 Massimiano vescovo di Co­ stantinopoli

432-440 Sisto Ill vescovo di Roma 433 Formula detta "dell'unione": Cristo "consustanziale al Padre per la divinitii e consustanziale all'uomo per l'umanitii" 434-446 Prodo vescovo di Costan­ tinopoli

435 Muore Rabbula, vescovo di Edessa, propagatore della vita mona­ stica in Siria

437-449 Teodoreto di Cirro, Philo­ theos historia (Storia religiosa) 439-443 Socrate Scolastico, Storia ec­ clesiastica

444-451 Dioscoro vescovo di Ales­

444-450 Teodoreto di Cirro, Ekkle­

sandria

siastike historia (Storia ecclesiastical

446-449 Flaviano vescovo di Costan­ tinopoli

446-451 Seconda fase della contro­ versia cristologica; Eutiche e il mono­ fisismo: un'unica natura divina in Cristo (lo appoggiano Teodosio II, Dioscoro e Crisafio)

381

Meta del v secolo Attivita di Prodo (410-485), creatore della scuola neo­ platonica ateniese Meta del v secolo Nonno di Pa­ nopoli, Dyonisiaka e Metabole

Storz'a della Chiesa nella tarda antichita Lo stato romano verso il cristianesimo

Avvenimenti politici

450 Marciano rifiuta di pagare il tributo agli unni 451 Invasione di Attila in Gal­ lia e sua disfatta ai Campi Ca­ talaunici 452 Invasione di Attila in Italia; Marciano invia eserciti comro gli unni sul Danubio, obbligando Attila a ritirarsi dall'Italia .

451 Marciano convoca il concilio di Cal­ cedonia 451 Leggi contra i pagani 452 Editto di Marciano che praibisce le di­ spute cristologiche

453 Morte di Attila 454 Morte di Ezio PETRONIO MASSIMO (Occiden­

te) 17 ll!-31 v455 2-16 VI 455 Genserico, re dei vandali, saccheggia Roma AVITO (Occidente) 9 VII 45517 X456 456-472 Regno di Ricimerain Occidente LEONE I (Oriente) 7 II 457-18 I

474

457-474 Leone nofisismo

MAGGIORANO (Occidente) ces.

1 IV 457, aug. 28 XII 457-2 vrn 461 (eletto da Ricimera con il consenso di Leone 1 dopo l'ab­ dicazione forzata di Avito) 460 Fallita spedizione Africa contro i vandali

m

382

I,

calcedonio, contrail mo­

Tavole cronologiche

Letteratura e filosofia

Storia della Chiesa

448 Costantinopoli: Flaviano con­ danna Eutiche e il monofisismo 449 Efeso (n): successo del monofisi­ mo, di Eutiche e Dioscoro; Flaviano (e sua morte); Leone Magno defini­ sce il sinodo un "brigantaggio" (la­ trocn i ium) 449-458 Anatolio vescovo di Costan­ tinopoli 449 Roma: Leone Magno condanna Efeso (n) 451 Calcedonia: condanna del mono­ fisismo ed esilio di Dioscoro a Gangra (m. 454) 451-453 Sommosse anticalcedonie in Palestina, Siria ed Egitto soffocate dagli eserciti imperiali; opposizione anticalcedonia m Egitto; Timoteo Eluro e Pietro Mongo 451-457 Proterio vescovo di Ales­ sandria

ca. 453 Teodoreto di Cirro, Hairetikes kakomytha i s epitome (Compendia dell'errata dottrina ere­ tica)

ca. 456-ca. 458 Attivita poetica di 457 Sommossa monofisita ad Alessandria; uccisione di Proterio 457-460 Timoteo Eluro vescovo eli Alessandria; condanna di Calcedonia 458-471 Gennadio vescovo eli Costantinopoli 459 Morte di Simeone Stilita 460-475 Timoteo Eluro in esilio per ordine dell'imperatore Leone 460-472 Timoteo il Saggio vescovo di Alessandria (calcedonio) 383

Sidonia Apollinare

Storia della Chiesa nella tarda antichitd Lo stato romano verso il cristianesimo

Avvenimenti politici

2 vm 461 Ricimero costringe Maggiorano ad abdicare (ucci­ so il 7 vrn 461) LIBIO SEVERO (Occidente) 19 XI 465 (eletto e forse ucciso su

ordine di Ricimero)

466 Zenone lsaurico, marito di Ariadne, figlia di Leone I; conflitto con Aspar ANTEMIO (Occidente) ces. 25 m 467, aug. 17 rv 467-11 VII

472 (eletto da Leone I con il consenso di Ricimero)

468 Fallita spedizione degli eserciti d'Oriente e d'Occi­ deme in Africa contro i van­ dali

471 Morte di Aspar 472 Conflitto tra Anternio e Ricimero; Ricimero e Gundo­ bad, principe burgundo, con­ quistano Roma; morte di An­ temio OUBRIO (Occidente) IV-2 XI 472 18 vrn 472 Morte di Ricimero; potere eli Gundobad in Occi­

dente GLICERIO (Occidente) 3 III 473-19 (o 24) VI 474 (eletto

da Gundobad)

474

Glicerio deposto Giulio Nepote, inviato Leone!

da da

LEONE II (Oriente) 18 !-fine XI

474 ZENONE (Oriente, con Leone

474-491 Zenone: monofisita moderato

II) 9 11 474-9 I 475 384

Tavole cronologiche Storia della Chiesa

Letteratura e filosofia

461-468 llario vescovo di Roma

Seconda meta del

v

secolo Prisco

Panite (410/420-dopo il472) Historia

byzantiake kai ta kat' Attilan (Storia bizantina e storia di Attila)

468-483 Simplicio vescovo di Roma

471-489 Acacio vescovo di Costantinopoli (calcedonio)

385

Storia della Chiesa nella tarda antichitd Avvenimenti politici

CIULlO NEPOTE

Lo stato romano verso il cristianesimo

(Occidente)

19 (o 24) VI 474-28 vm 475 9 I 475 Ribellione di Basilisco centro Zenone BASILISCO (Oriente) 9 I 475fine VIII 476 475 Ribellione del comandan­ te in capo d'Occidente, Ore­ ste, e fuga di Giulio Nepote in Dalmazia (m. 9 V 480)

475-476 Basilisco; reazione monofisita

(Occi­ dente) 31 X 475-23 VIII 476 475-476 Regno di Oreste (pa­ dre di Romolo Augustolo) in Occidente 23 vm 476 Rivolta di Ode­ acre in Occidente, caduta di Oreste e abdicazione di Ro­ molo Augustolo Fine VIII 476 Caduta di Basilisco e ritorno al potere in Oriente di Zenone ROMOLO AUGUSTOLO

ZENONE

(Oriente)

fine VIII

476-9rv 491

386

Tavole cronologiche

Letteratura e filosofia

Storia della Chiesa

475 Ritorno di Timoteo Eluro ad

Alessandria e reazione monofisita in Egitto 475-477 Timoteo Eluro vescovo di Alessandria (per la seconda volta) 475 Efeso (III): condanna di Calce-

donia

Fine del v secolo Fulgenzio, Mythologiae ed Expositio virgilianae continentiae (Esposizione dei contenuti di Virgilio) 498-503 Zosimo, Nea historia (Nueva

storia)

387

Indice delle persone, dei personaggi biblici e mitologici

Achab, re d'Israele 874/3-853 a.C.,

Ammiano Marcellino (lat. Ammianus

marito di Izebel, 291, 323 Acolio,

m.

Marcellinus), ca. 330-ca. 395, stori­

nel 382/383, vescovo di

Tessalonica, 155

co romano di Antiochia, 12-13 Anastasio Oat. Flavius Anastasius), ca.

Adamo, bibl., 272,306

430-518, imperatore d'Oriente 491-

Adriano Oat. Publius Aelius Hadria­

518, 237-238,241, 258

nus), 76-138, imperatore 117-138,

Anatolio, vescovo di Costantinopoli 449-458, 221, 226, 232-233

57 Acacio (gr. Akakios), vescovo di Co­

Andrea (gr. Andreas), m. prima del

stantinopoli 471-489, 237-238

449, vescovo di Samosata, teologo

Aigrain R., 241

legato a Giovanni d'Antiochia, 199

Alarico {lat. Alaricus), ca. 370-410, re

Andromaca (gr. Andromache), mit.,

dei visigoti 392-410, 82

moglie di Ettore, principe troiano,

Alberto, san (Alberto Avogardo), ca. 1149-1214,

patriarca

di

265

Gerusa­

Anfilochio, ca. 340-ca. 396, vescovo di

Alee, sorella di Nicete di Smirne (dal

Antero, vescovo di Roma 235-236,

lemme 1204-1214,323

Iconio, 250-251

Martirio di Policarpo), 312

302

Alessandro (gr. Aleksandros), vescovo di Alessandria

312-328, 18,

Antonio (gr. Antonios) Abate, detto Magno, ca. 250-356, anacoreta, pre­

139,

cursore del movimento monastico

1#1�1�1�1�1�1�3W Alessandro (gr. Aleksandros), vesco­ vo di Bisanzio-Costantinopoli 312-

in Egitto, 304-305, 308 Anullino {lat. Gaius Annius Anul­

335,58

linus),

Alessandro, san, 324 Alexandre M., 339 Alfio

Ceciliano

Apelle, {lat.

console

295,

proconsole

d'Africa 303-304, 102 Alfius

Cae;

cilianus), duovir di Abtunga nel

II

sec., discepolo di Marcione,

fondatore della setta gnostica, 277 Apollinare (gr. Apollinarios, lat. Apol­

303, accusatore del vescovo Felice,

linaris)

136-137

Laodicea ca. 360-390, teologo e poe­

310-390, vescovo

di

ta, creatore dell'eresia apollinarista,

Ambrogio Oat. Ambrosius Aurelius), ca. 337-397, vescovo di Milano 374397, scrittore e teologo, Padre della

ca.

191,196 Apollonio (gr. Apollonios, lat. Apol­

Chiesa, 9, 11, 13, 59, 78, 156-159,

lonius) di Tiana, ca. 40-ca. 120, au­

161-162, 180, 186, 302, 308, 317-

tore di miracoli e filosofo, 99, 296-

318,341

297, 318 389

Storia della Chiesa nella tarda antichitd Bach, Johann Sebastian, compositore,

Arcadio Oat. Flavius Arcadius), ca.

118

377-408, imperatore d'Oriente 395-

Bacurio (gr. Bacurio, lat. Bacurius),

408, figlio di Teodosio il Grande, 58,

seconda meta del IV sec., coman­

71, 318

dantc al servizio di Teodosio il

Ario (gr. Areios), 256-336, presbitero

Grande, 73

di Alessandria, fondarore dell'eresia

Barbara, santa, 324 Barsauma, m. nel 458, monaco, segua­

ariana, 46, 58, 139, 142-144, 148, 162,

165-166, 169-174, 176,

180,

ce di Eutiche, 208, 211, 213-214

182-184, 208, 226, 304

Bartok, Bela, compositore, 118

Asclepio, dio greco dell'arte medica,

Basilio {lat. Basilius), legato di papa

299-300

Leone I a Calcedonia (451), 220

Astarte, massima dea della Siria e del­

Basilio (gr. Basileios, lat. Basilius) det­

la Fenicia, 323 Atanasio (gr. Athanasios), ca. 296-373,

to il Grande, ca. 327-379, vescovo

vescovo di Alessandria 328-373, esi­

di Cesarea di Cappadocia 370-379,

liato cinque volte come difensore

scrittore e teologo, uno dei cosid­

del Credo niceno: 335-337, 339-346,

detti

356-362, 362-363, 365-366, 16, 18,

185, 250-256, 259, 261-262, 341

179-180,

ca.

184, 186, 188,

459,

vescovo

di

Seleucia

in

lsauria ca. 440-ca. 459, 223, 225, 227

191-192, 226, 233, 302, 304, 308,

Basilisco (gr. Basiliskos), ca. 430-476,

341

imperatore d'Oriente 475-476, 163,

Agostino Oat. Aurelius Augustinus),

241

354-430, vescovo di Ippona 396430,

176,

Basilio (gr. Basileios, lat. Basilius), m.

46-49, 55-57, 78, 144-148, 150-152, 174-176,

Padri Cappadoci, 56,

scrittore

e

teologo

Beaucamp]., 340

Iatino,

Bellarmino (Bellarmin) Roberto, xvr­

Padre della Chiesa, 66, 157, 256,

XVIL sec., cardinale, 322

311, 317-318

Aussenzio

(lat. Auxentius),

Bolland Jean (Johannes Bollandus),

m. nel

XVII sec., gesuita, 322

374, vescovo ariano di Milano 355-

Bonifacio (lat. Bonifacius), legato di

374, 13, 179

papa Leone I al concilio di Calce­

Aureliano Oat. Lucius Domitius Aure­ lianus),

ca.

214-275,

donia nel 451, 220

imperatore

Brown P., 340-341

270-275, 131

Buterico (gr. Buterikos, lat. Butericus),

Aurelia Tetrompia, meta del VI sec., moglie di Aurelio Isacco di Aphro­

goto,

dito in Egitto, 259

tum) di Teodosio il Grande, assassi­

comandante

(magister

mili­

nato nel 390 a Tessalonica, 156

Aurelio Ammonio, nel 304 letrore della chiesa di Chysis in Egitto, 107-108

Caifa, arciprete ebreo 18-36, 182

Aurelio Isacco, meta del VI sec., medi­ co del villaggio di Aphrodito in

Camelot T., 332

Egitto, 259

Candidiano (gr. Kandidianos), comes (comes domesticorum) di Teodosio

Aurelio Sereno, nel 304 scrivano a

II e suo rappresentante al concilio

Chysis in Egitto, 107

di Efeso (L) nel 431, 200-202 Baal, dio semita del sole, della tempe­

Carpocratc (gr. Karpokrates), gnostico di Alessandria, 277

sta e del bel tempo, 291, 323 390

ll

sec.,

Indice delle persone, dei personaggi biblici e mitologici Catullo (lat. Gaius Valerius Catullus),

64, 70, 76, 91, 98-99, 116, 125-131,

ca. 84-ca. 54 a.C., poeta romano, 264

133-139, 142-151, 160, 162, 165,

Ceciliano (lat. Caecilianus), vescovo

166, 169, 178, 253, 257, 303-304,

di Cartagine dal 311/312, 45-46,

318, 323

Costantino

131-135, 231

Celestino {lat. Caelestinus), vescovo di Roma 422-432, 193-194, 199

337-340,

Celso (gr. Kelsos), II sec., filosofo pla­ tonico, autore di un trattato contro di

Aries

Arelatensis),

{lat. Flavius Claudius

figlio

di Costantino il

Grande, 46 Costanzo I Oat. Gaius Flavius Valerius

i cristiani, 288-289 Cesario

11

Constantinus), 316-340, imperatore

Constantius), ca. 250-306, impera­ Oat.

Caesarius

tore 293-306 (membro della 1 e

470-542, vescovo di

Aries (Arelate) 502-542, 243-250,

II

tetrarchia), 46, 97 Costanzo

Oat.

II

Flavius

Iulius

Constantius), 317-361, imperatore

256, 259, 261, 268

Chadwick H., 337-338

337-361, figlio

Cipriano (lat. Gaius Thascius Caeci­

Grande, 11, 46-47, 49, 58, 70-71,

di Costantino

lianus Cyprianus), ca. 200-258, vc­

74, 79-80, 138, 150-153,

scovo di Cartagine 249-258, scrittore

178, 303

il

160-162,

e teologo, Padre della Chiesa, 30, 44,

Cracco-Ruggini L., 342

92-93, 95-96, 104-105, 152, 316

Crisafio (gr. Chrysafios), meta del v

Cirillo (gr. Kyrillos, lat. Cyrillus), det­

sec., eunuco, collaboratore (primi­

to Alessandrino, m. 444, vescovo di

cerius sacri cubicult) di Teodosio

Alessandria 412-444, scrittore e teo­

fautore di Eutiche, 204

logo, 55, 182, 187, 194-196, 198207,

215-216, 218, 220,

Culciano

n,

{lat. Clodius Culcianus),

prefetto d'Egitto 303 e 305-313, 95,

222-224,

107

227-228, 234-238

Cirillo (gr. Kyrillos, lat. Cyrillus), detto Gerosolimitano, ca. 313-386, vesco­

Dagron G., 332

vo di Gerusalemme ca. 349, scrittore

Damaso (lat. Damasus), 305-384, ve­ scovo di Roma 366-384, XII, 11-13,

e predicatore, 57, 303, 317 Ciro (gr. Kyros), m . 642, vescovo di

42-43, 50-53, 61, 153,

Alessandria 631-642, 189

186,

217,

232, 238-239, 241

Ciro, santo, patrono del santuario di

Danielou J., 41, 329-330 David,

Menuthis presso Alessandria, 297

re

d'lsraele

1012/1011-

972/971 a.C., 159

Clemente Alessandrino (gr. Klemens Clemens

Decio {lat. Gaius Messius Quintus

Alexandrinus, in realta Titus Flavius

Decius Traianus), ca. 200-251, im­

Aleksandrinos,

lat.

Clemens), ca. 140-ca. 215, filosofo

peratore 249-251, 64, 89-91, 105,

greco cristiano, capo della scuola ca­

316

Delehaye H., 341

techetica di Alessandria, 53, 267 Cornelio {lat. Cornelius), vescovo di Costantino

I

Oat.

Derdziuk E., 104-105 Devos P., 341

Roma 251-253, 20 Flavius

Valerius

Diodoro (gr. Diodoros), ca. 330-393,

Constantinus) il Grande, 272/273-

vescovo di Tarso 378-393, teologo,

337, imperatore 306-337, figlio di

prese parte aile controversie cristo­

Costanzo I, XII, 20, 44-45, 47, 57-58,

logiche, 191-192

391

Storia della Chiesa nella tarda antichita Diocleziano (lat. Gaius Aurelius Va­ lerius

Diocletianus),

ca.

storianus dell'imperatore Teodosio

244-ca.

II e suo rappresentante al sinodo di

313, imperatore 284-305, creatore

Efeso (11) nel 449, 209,211

della Tetrarchia, 26, 30, 55, 73, 86,

Epifanio (gr. Epifaneios), ca. 315-403,

91, 96-97, 99-102, 104, 106, 108,

vescovo di Salamina a Cipro 365-

124-125, 131,

139,

145,

295-296,

403, 174, 277

313

Epitteto (gr. Epiktetos, lat. Epictetus),

Dionigi (gr. Dionysius), vescovo di

ca. 50-ca. 138, filosofo stoico, 265

Alessandria 247-264, 27-28, 53, 95-

Ercole (gr. Herakles), mit., 124

96, 173, 176

Ermia Sozomeno, vedi Sozomeno

Dionigi (lat. Dionysius), vescovo di

Erode (gr. Herodes), prima meta del

Roma 259-268, 28, 176

11

Dionigi Areopagita, santo, 324

sec., figlio di Nicete di Smirne

(dal Martirio di Policarpo), 312

Dioscoro, m. 454, vescovo di Ales­

Esiodo (gr. Hesiodos), ca. 700 a.C.,

sandria 444-451, condannato all'esi­

poeta greco, 302

lio dal concilio di Calcedonia, 54-55,

Errore, mit., principe troiano, 265

206-214, 216, 218, 220-225, 227-228,

Eudossia (lat. Licinia Eudoxia), 422-

232-233, 235

462, figlia di Teodosio II, moglie

Domiziano (lat. Titus Flavius Domi­

dell'imperatore Valeminiano Ill e

tianus), 51-96, imperatore 81-96,

poi di Petronio Massimo, 107

88

Eugenio (lat. Flavius Eugenius), m.

Domno, vescovo di Amiochia 441-

394, imperatore d'Occidente 392-

449, privato delle sue dignita dal si­

394,

nodo di Efeso (u), 209, 214-216

Teodosio il Grande, 318

Donato, m. ca. 350/355, vescovo di

usurpatore

sconfitto

da

Eulogio (gr. Eulogios), tribuno (tribu­

Casae Nigrae in Numidia, vescovo

nus et

di Cartagine 313-355, capo dei do­

Teodosio ll e suo rappresentante a!

natisti, 133-135, 138, 160

notarius praetorianus)

di

sinodo di Efeso (II) nel 449, 209

Draguet R., 341

Eunomio (gr. Eunomios), ca. 335-394,

Duchesne L., 330-331, 339

vescovo di Cizico, fondatore della

Dumeige G., 331

setta degli anomei, 182, 226 Eusebio (gr. Eusebios), vescovo di

Edesio, meta del rv sec., apostolo

Ancira 440-dopo 45 1 , 214, 223, 232

d'Etiopia, 77-78

Eusebio (gr. Eusebios), 260-339/340,

Elena (gr. Helene),

sec., compagna

vescovo di Cesarea di Palestina,

di Simon Mago, considerata l'incar­

313-339/340, difensore di Ario, au­

I

nazione dell'Ennoia (prima idea),

tore della Storia ecclesiastica, 1, 27,

277

30, 54, 57, 92-93, 96, 98-104, 129,

Elena Oat. Flavia Iulia Helena), m. 327,

madre

di

Costantino

139, 142-144, 146, 148, 150, 174,

il

Grande, 57, 128, 303

182,277, 297, 302, 312-313

Eusebio (gr. Eusebios), vescovo di

Elia, IX sec. a.C., profeta bib!., 50,

Dorilaio dal 448, 205, 211, 213-214,

291-292, 323, 326

223-225

Eliseo, seconda meta del IX sec. a.C.,

Eusebio (gr. Eusebios), ca. 295-359,

profeta bibl., discepolo di Elia, 323

vescovo di Emesa 440-prima del

Elpidio (gr. Helpidios), comes consi392

448, 179

Indice delle persone, dei personaggi biblici e mitologici Eusebio (gr. Eusebios), vescovo di

433, storico della Chiesa di Borisso

Nicomedia ca. 318-338, precedente­ mente vescovo di Berito, poi vesco­

in Cappadocia, 180

Filostrato

vo di Costantinopoli 338-341, difen­

(gr.

Filostratos,

lat.

Philostratus), ca. 178-ca. 248, sofi­

sore di Ario, 16, 58, 79, 129, 139,

sta della cerchia dell'imperatrice

142-144, 178, 304

Giulia Domna, autore della Vita di

Eustazio (gr. Eustathios), meta del v sec., vescovo di Berito, 223, 225

Apollonio di Tiana, 296 Flaviano (gr. Flabianos, lat. Flavia­

Eutiche, ca. 378-ca. 454, monaco di

nus), vescovo di Antiochia 381-404

Costantinopoli, uno dei creatori del

dopo Melizio, contrario a Paolino;

monofisismo, condannato a Calce­ donia nel 451, 203-207, 209, 211-

scisma antiocheno, 155 Flaviano (gr. Flabianos, lat. Flavianus) vescovo di Costantinopoli 446-449,

213, 218, 220, 225-228, 234, 237

Eva, bibl., 271-272 Evagrio

(gr. Euagrios),

deposto dal sinodo di Efeso (II), detto

Sco­

206,

lastico, ca. 535-ca. 594, autore di

208-209,

211-212,

214-216,

218, 220-221, 223

Flavio Severo (lat. Flavius Valerius

una Storza eccleszastica, 182-183

Severus), ca. 250-307, imperatore 305-307 (membro della II tetrachia),

Fabiano (lat. Fabianus), vescovo di Roma 236-250, 302

97

Felice (lat. Felix), III-IV sec., vescovo di

Flusin B., 342

Abtunga, accusato di traditio, 132,

Foca (gr. Fokas, lat. Phocas), san, 318

134, 136-137

Fotino (gr. Foteinos, lat. Photinus), ca. 310-376, vescovo di Sirmio 343-

Felice Oat. Felix), m. nel 365, vescovo di Roma 355-358 (365) durante l'esi­

351, condannato per monarchiane­

lio del vescovo Liberio, 11, 49

simo, 179

Felice (lat. Felix), vescovo di Roma

Frend W.H.C., 330 Fritigil, seconda meta del IV sec., prin­

483-492, 237

cipessa marcomanna convertita a!

Felice (lat. Felix), martire venerate a

cristianesimo, 78

Milano, 308-309 Felicita (lat. Felicita), martire cartagi­

Frontone, san, 324 Frumenzio, meta del IV sec., apostolo

nese nel 303, 296 Festugiere A.-J., 337

d'Etiopia, vescovo di Aksum in

Filea, vescovo di Tmuis, martire nel

Etiopia, 77-78

306/307, 95, 295 Filippo (gr. Filippos, lat. Philippus),

Gaina, m. nel 400, comandante (magi­ ster utriusque militiae) romano di

apostolo, 175

origine gota, capo della rivolta in

Filippo (gr. Filippos, lat. Philippus),

Oriente, 82

uno dei "sette" aiutanti (diaconi) de­

Galeno (gr. Galenos, lat. Claudius

gli apostoli, 275

Galenus), 129-199, uno dei pili fa­

Filosseno (gr. Ksenajos), vescovo di

mosi medici dell'antichita, 300

Mabbug 485-518/519,236 sec., profetessa della cer­

Galerio (lat. Gaius Galerius Valerius

chia di Apelle, discepolo di Mar­

Maximianus), ca. 250-311, impera­

Filomena,

11

tore 293-311 (membro della

cione, 277 Filostorgio (gr. Filostorgios), ca. 368393

tetrachia), 91, 97-99, 104

I

e

II

Storia della Chiesa nella tarda antichita Licinius

Giovanni (gr. Ioannes), presbitero di

Egnatius Gallienus), 218-268, impe­

Alessandria, segretario (primicerius

Gallieno

{lat.

Publius

ratore 253-268, figlio di Valeriano,

notariorum) al sinodo di Efeso (II)

91

nel 449, 210, 212

Galilei, Galilee, 1564-1642, fisico e

Giovanni (gr. Ioannes), seconda meta del VII sec., presbitero di Nessana,

astronomo, 93 Galla Placidia Oat. Galla Placidia), ca. 390-450,

figlia

di

Teodosio

il

260

Giovanni

Crisostomo

(gr.

loannes

Grande, madre eli Valentiniano 111,

Chrysostomos), ca. 350-407, vesco­

218

vo di Costaminopoli 397-404, ora­ tore e scrittore, 55, 81-82,162, 186,

Gaudemet]., 330-331 Gaudenzio

(gr.

Gaudenzio,

Gaudentius), vescovo

di

lat.

Naisso

194-195,199,262,284,287,318

Giovanni

Gelasio {lat. Gelasius), vescovo di

Giovanni

Mosco

Moschos), ca.

Roma 492-496, 237-238, 241 Gelasio (gr. Gelasios) di Cizico, v sec., storico della Chiesa, 45

(gr.

Ioannes

(gr.

Ioannes

550-619,

agiografo

greco, 189 Giovanni Paolo II, papa, 52,319

Geremia, ca. 650-dopo 586, prof. bib!.,

Giovanni, san, patrono del santuario di Menuthis presso Alessandria, 297

50

Gesu

Battista

Baptistes), bib!., 50,281

fino al342/343, 48

Cristo

Christos

=

(gr.

Iesou

Christos;

Giovanni (gr. loannes) di Licopoli, m. 394, monaco della Tebaide,318

Unto, Messia), 35, 50,

82, 99, 111, 171, 173-175, 182, 190-

Gioviano (lat. Flavius Iovianus), 331364, imperatore 363-364, 283

191, 197, 205n., 224, 271, 281, 303,

Giove (lat. Iuppiter), massima divinita

305-307,309, 322-323

Girolamo {lat. Sophronius Eusebius Hieronymus), ca. 340-420, scrittore

romana, 57, 124, 248 Giovenale

Iatino, redattore della Vulgata, Pa­

Iunius

Giovenale (gr. Iuvcnalis), m. 458, ve­

nerate a Milano, 308

scovo

Giona, padre dell' apostolo Pietro, 50

di

Gerusalemme

422-458,

58n., 199, 209-210, 214-215, 221,

Giorgio, san, 301,306,324

223,225,228,233, 235

Giovanni (gr. loannes, lat. Johannes), apostolo, autore del quarto Van­

Giuda, apostolo, 161 Giuliano

gelo, 167,171,174-175,311

I' Apostata

Claudius

Giovanni (gr. Ioannes), prima meta

Oat.

Iulianus),

imperatore

del V sec., vescovo di Antiochia e

Decimus

no, 85

dre della Chiesa, 12,34,256,288 Gervasio (lat. Gervasius), martire ve-

428-441/442, 199

(lat.

Iuvenalis), ca. 60-130, poeta roma­

361-363,

Flavius

331/332-363, nipote

di

Costantino il Grande, 50, 99, 153,

n.-202,204

182,257, 305

Giovanni (gr. Ioannes), comes (comes

Giulio Oat. Iulius), vescovo di Poz­

sacrarum largitionum) di Teodosio II

zuoli, legato di papa Leone I a! si­

nodo di Efeso (II) nel 449, 209-210

e suo rappresentante al concilio di

Efeso (I) nel431, 202

Giulio {lat. Julius), vescovo di Roma

Giovanni (gr. Ioannes), meta del VI

sec., padre di Aurelia Tetrompia di

337-352,46-49 Giuseppe di Nazareth, marito di Ma­

Aphrodite in Egitto, 259

ria, madre di Gesu, 306,324 394

Jndice delle persone, dei personaggi biblici e mitologici Giustina Oat. Justina Flavia), m. 338, madre di Valenriniano II, ariana, 153 Giustiniano

1

il Grande Oat. Flavius

Petrus Sabbatius Iustinianus), ca. 482-565, imperatore d'Oriente 527565, nipote di Giustino I, 2, 24, 37-

ca. 100-ca. 165, scrittore cristiano Palestina,

228

lgnazio

(gr.

lgnatios),

vescovo

di

Antiochia ca. 70-107/110, martiriz­ zato aRoma, 104-105 Ilario (lat. Hilarius), m. 468, legato di papa Leone I al sinodo di Efeso (II)

38, 71, 189,253, 259

Giustino (gr. Ioustinos, lat. Iustinus), della

Iba, vescovo di Edessa, 435-457,215,

martirizzato

a

nel 449, vescovo di Roma 461-468, 209-210, 213,215

Ilario

(lat.

Hilarius)

di

Poitiers

(Pictavium), ca. 315-367, vescovo di

Roma, 67-68 Oat. Iustinus), 450-527, im­

Poitiers ca. 350-367, scrittore Iati­

peratore d'Oriente 518-527, 238-

no, difensore del Credo di Nicea

Giustino

I

contro gli ariani, 150, 161-162, 174

239

Giustino

II

(lat. lustinus), ca. 520-578,

Imerio

Oat.

Himerius,

imperatore d'Oriente 565-578, ni­

Comerius), IV

pote di Giustiniano il Grande, 259

Tarragona, 22

Graziano 359-383,

Oat.

Flavius

imperatore

Gratianus), d'Occidente

375-383, figlio di Valentiniano

1,

Eumerius,

sec., vescovo

di

Ingenzio Oat. lngenrius) inizi IV sec., coinvolto nella questione di Felice, vescovo di Abtunga, 137 Innocenzo I {lat. Innocentius), vesco­

153

Gregorio I Oat. Gregorius) Magno, ca. 540-604, vescovo di Roma 590-604,

vo diRoma 402-417,239 lpazia (gr. Hypathia), m. 415, filosofa di Alessandria famosa per la sua

36

Gregorio VII Oat. Gregorius), papa

bellezza e intelligenza, assassinata dai cristiani, 187

1073-1085, 42 Gregorio (gr. Gregorios) di Nazianzo,

Ippocrate (gr. Hippokrates) di Cos,

ca. 329-390, vescovo di Sasima 372-

ca. 460-ca. 367 a.C., massimo medi­

390, vescovo di Costantinopoli 379-

co dell'anrichita, 300

381, scrittore e teologo, uno dei co­ siddetti Padri Cappadoci,

XII,

56-

Gregorio (gr. Gregorios) di Nissa, 33di

Nissa

scrittore greco, cristiano, 176 Ireneo (gr. Eirenaios, lat. Irenaeus),

57, 155, 174, 176, 185, 191

394, vescovo

Ippolito (gr. Hippolytos), ca. 170-23 5,

371-394,

scrittore e teologo, uno dei cosid­ detti Padri Cappadoci, fratello di Basilio di Cesarea, 56, 174, 176,

ca. 140-ca. 202, vescovo di Lione (Lugdunum), 176 Isaia, VIII sec. a.C., profeta bibl., 8182

Izebel, IX sec. a.C., moglie di Achab, re d'Israele, 291, 323

180, 191

Guarducci M., 52

lsidoro (gr. lsidoros) di Pelusio, ca. 360-ca. 440, epistolografo greco,

Hanson R.P.C., 335, 337

36,194-195, 203

Harnack A., 332 Hefele K.J., 331-332

Koyre A., 93

Henskens, Godefroid Oat. Hensche­

Kopres, III/IV sec., cnsuano di Os­

nius),

m.

1681, gesuita, 322

sirinco in Egitto, 106, 108 Kung H., 218

Storia della Chiesa nella tarda antichitii

Kyra, madre di Aurelio lsacco, di

Macario, vescovo di Gerusalemme,

Aphrodite in Egitto, 259

ca. 313-334, 127 Macario (gr. Makarios) Egiziano, det­

Lanata G., 333

to il Grande, ca. 300-ca. 390, mona­

Leclercq H., 331-332

co egizio, 309

Leone

l

Oat. Leo), 401-474, impera­

Macedonia, m. ca. 374, vescovo di

tore d'Oriente 457-474, 35, 71,

Costantinopoli 342-346 e 350-360,

163

avversario del vescovo Paolo, 58, 182

Leone

l

Oat. Leo) Magno, vescovo di

Roma 440-461,

XII,

Marcella, 325/335-410, cristiana di aristocratica famiglia romana, 288

41, 43, 53, 55,

121, 163, 193, 204-205, 207-208, 210, 215-218, 220-223, 225,

Marcellina, II sec., gnostica della cer­ chia

228,

di

Carpocrate,

operante

a

Roma, 277

232-234, 237, 239, 241-242

Marcellino (lat. Marcellinus), vescovo

Leone XIII, papa 1878-1903, 325

di Roma 296-304, accusato di apo­

Libanio, 314-393, retore pagano greco

stasia, 12, 134

di Antiochia, 210 Liberio Oat. Liberius), vescovo di Ro­

Marcello (gr. Markellos), m. ca. 374,

ma 352-366, esiliato in Tracia negli

vescovo di Ancira ca. 314-335/336,

anni 355-358, 11-12, 49-50

teologo di tendenze sabelliane, 152,

Licinio

(lat.

Valerius

Licinianus

Licinius), ca. 265-325, imperatore

175

Marciano (lat. Marcianus), 392-457,

308-324, cognate e rivale di Co­

imperatore d'Oriente 450-457, 231-

stantino il Grande, 91, 98-99, 132,

232, 234-235

Marcione (gr. Markion), ca. 85-ca.

139, 143, 165

Luca (gr. Lukas, lat. Lucas), autore

160, eresiarca di Sinope nel Ponto,

del terzo Vangelo, 324

277

Lucenzio Oat. Lucentius), vescovo, le­ gato di papa Leone

I

Marco (gr. Markos, lat. Marcus), auto­

al concilio di

re del secondo Vangelo, 51, 54, 171,

Calcedonia nel451, 220-222, 231

175, 207

Luciano (gr. Lukianos), 250-312, pre­

Marco Aurelio Oat. Marcus Aelius

sbitero di Antiochia, teologo e mar­

Aurelius Verus), 121-180, imperato­

tire, 98

re

Luciano (gr. Lukianos, lat. Lucianus) ca. 120-190, scrittore e retore greco di Samosata, 117

161-180, 87, 89, 267-268

Maria, madre di Gesu, 196, 226, 238, 281, 306

Maria Maddalena, bib!., 277, 324

Lucifero Oat. Lucifer), m. 371, vesco­ vo di Cagliari (Calares) in Sardegna

Marrou H., 41, 329, 332 Massenzio

(lat.

Marcus

Aurelius

prima del 353-371, esiliato in Pale­

Valerius Maxentius), ca. 283-312,

stina negli anni 355-362, 150-151,

imperatore

161-162, 185

Costantino

306-312, il

Grande,

rivale

di

sconfitto

presso il Ponte Milvio, 98-99, 133 Magnenzio

Oat.

Flavius

Magnus

Massimiano (gr. Maksimianos), vesco­

Magnentius), ca. 300-353, impera­ tore 350-353, capo della ribellione

vo di Costantinopoli 431-434, 203 Massimiano

Oat.

Marcus

Aurelius

contro Costante, sconfitto da Co­

Valerius Maximianus), ca. 250-310,

stanzo ll, 49, 304

imperatore 285-305, 306-308, 310 396

lndice delle persone, dei personaggi biblici e mitologici

(membro della l tetrarchia), suocero

Nabore, martire venerato a Milano,

di Costantino il Grande, 97, 124 Massimilla (lat. Maximilla),

11

308-309

sec.,

Nerone (lat. Nero Claudius Caesar

profetessa della cerchia di Mon­

Drusus Germanicus), 37-68, impe­

tano, 277

ratore 54-68, 51, 84, 86

Massimino Daia Oat. Gaius Valerius

Nestorio (gr. Nestorios), 383-ca. 451,

Galerius Maximinus, detto Daia),

vescovo di Costantinopoli 428-431,

ca. 270-313,

imperatore 305-313

condannato come eresiarca dal con­

(membro della II tetrarchia), 97-

cilio di Efeso (!) nel 431, 176, 182,

100, 104

184, 187, 192-196, 198-205, 208,

Massimo, vescovo di Costantinopoli

213, 217-218, 222, 224, 226, 228,

380-381, protetto da Pietro, vesco­

234-235, 237-238

vo di Alessandria, contro Gregorio

Nettario, vescovo di Costantinopoli 381-397,9, 59-60

di Nazianzo e Demofilo, 59 Matteo

(gr.

Matthaios,

lat.

Mat­

Nicete, prima meta del If sec., padre

thaeus), apostolo, autore del primo

di Erode di Smirne, fratello di Alee

Vangelo, 12, 50-52, 239, 251, 256 Melezio,

ca.

310-381,

vescovo

(dal Martirto di Policarpo), 312 di

Nicomaco Flaviano Oat. Virius Nicho­

Sebaste 358 e di Beroa 359-360 (?),

machus Flavianus), ca. 334-394, con­

vescovo di Antiochia 360-381; nel

sole 394, rappresentante dell'aristo­ crazia pagana romana, 157

362 Lucifero di Calares consacro contro di lui Paolino, dando inizio

Nino (Nina), secondo Ia tradizione schiava cristiana grazie alia quale gli

allo scisma antiocheno, 56, 185-186 Melizio,

m.

ca.

325,

vescovo

iberi caucasici, nel 328 ca., accetta­

di

rono il battesimo, 77

Licopoli, iniziatore dello scisma me­

Nock A.D., 332-333

liziano in Egitto, 56, 145, 152, 155 Memnone, vescovo di Efeso ca. 428-

Nonna, seconda meta del Vll sec., mo­ glie

440, 199, 201-202 Mensurio (lat. Mensurius),

m.

scovo di Olympos in Licia, filosofo,

del

presbitero

Giovanni

di

Nessana, 260

311, ve­

Novaziano (lat. Novatianus), meta del Ill sec., capo dei rigoristi romani e

102, 131-132

creatore dello scisma novaziano, 30

Metrodoro, prima meta del tv sec., fi­ losofo di Tiro, 77

Olimpia (gr. Olympias), rv/v sec., dia­

Michele, bib!., arcangclo, 306

conessa arnica di Giovanni Criso­

Milziade Oat. Melchiades), vescovo di

stomo, 284, 287

Roma 311- 31 4, 44, 133

Omero (gr. Homeros), poeta greco,

Milosz, Czeslaw, poeta e saggista, 72 Mose, bib!., 82, 118, 239, 251, 291 Montano,

ll

sec.,

eresiarca

265

della

Onorio Oat. Flavius Honorius), 384423, imperatore d'Occidente 395-

Frigia, 7, 277 Mosco, vedi Giovanni Mosco

423, figlio di Teodosio il Grande,

Murphy F.X., 331

71, 258

Musonio Rufo (lat. Gaius Musonius

Orazio (lat. Quintus Horatius Flac­ cus), 65-8 a.C., poeta Iatino, 118

Rufus), ca. 20/30-ca. 81, filosofo stoico, 264-268

Origene (gr. Origenes), ca. 185-ca. 254, filosofo e teologo cristiano di 397

. Storia della Chiesa nella tarda antichitd Alessandria, 30, 53, 57, 107, 173,

concilio di Calcedonia nel 451, 220-

186, 224-225, 276, 288-289, 305

221, 225-226, 231

Peeters P., 341

Ormisda, m. 523, vescovo di Roma

Pelagia, santa, 324

514-523, 238-239

Peregrina Oat. Peregrinus Proteus),

Ortiz de Urbina 1., 331

m. 165, filosofo cinico, temporanea­

Osio {lat. Hosius, Ossius), ca. 257-

mente cristiano, 117

357, vescovo di Cordova, 45, 48,

Perpetua, 181-203, martire di Carta­

130, 133, 139,142, 160-162, 165

gine,296

Ottaviano Augusto {lat. Gaius lulius

Pietro

Caesar Octavianus), 63 a.C.-14 d.C.,

(Simone,

gr.

Petros,

lat.

Petrus),apostolo, 34, 43, 48-52, 56,

imperatore 27 a.C.-14 d.C.,253

61,

Ovidio Oat. Publius Ovidius Naso),

128, 153, 164, 207, 216, 225,

239, 240-241, 275, 297

43 a.C.-17 d.C.,poeta romano, 264

Pietro (gr. Petros), m. 311, vescovo di Alessandria 300-311, martire, 98,

Panfilo, m. 309/310, vescovo di Cesa­

108-109

rea palestinese, maestro di Eusebio

Pietro (gr. Petros), m. 381, vescovo di

di Cesarea 72,57

Alessandria 373-381, esiliato negli

Pansofia, meta del v sec., cortigiana

anni 373-378 a causa della sua fede

alessandrina, 225

nel Credo di Nicea, 131, 145-146

Paolino (gr. Paulinos)), m. 388, vesco­

Pietro (gr. Petros) Follone, vescovo di

vo di Antiochia 362-388, consacrato

Antiochia 470 e 485-489, 236

contro Melezio da Lucifero di Cala­

Pietri Ch., 332

res: da qui lo scisma amiocheno, 56,

Pilato, vedi Ponzio Pilato

155, 185-186

Pindaro (gr. Pindaros),ca. 518-ca. 438

Paolino {lat. Paulinus), m. ca. 422, se­

d.C.,poeta greco, 302

gretario e biografo di Ambrogio, ve­

Platone (gr. Plato), 427-347 a.C., filo­

scovo di Milano, 13, 78, 156-157,302

sofo greco, 318

Paolo (gr. Paulos, lat. Paulus), aposto­

Plauto Oat. Titus Maccius Plautus),

lo, 16, 43, 51, 56, 66, 81-82, 166-

ca. 250-184 a.C., commediografo

167, 216, 255, 262, 272-277, 281,

romano,85

285, 287-288, 297

Paolo Oat. Paulus), vescovo di Tivoli,

Plinio il Giovane (lat. Gaius Plinius Caecilius Secundus "Minor"), ca.

nel 366 consacro vescovo di Roma

62-ca. 113, scrittore romano, 85,

Ursino contro Damaso, 11

88-90, 285

Paolo VI, papa 1963-1978,41,331

Plutarco (gr. Plutarchos) di Cheronea,

Paolo (gr. Paulos) di Samosata, vesco­

prima 50-ca. 125, filosofo e bio­

vo di Antiochia 260-272, condannato dai sinodi di Antiochia (264, 265,

grafo greco, 264-268 Policarpo (gr. Polykarpos), vescovo di

268) per monarchianesimo, 30 , 58,

Smirne ca. 96-156 (?), martire, 31 1-

131,193

313, 315-316

Papebroek, Daniel Oat. Papebrochius,

Ponzio Pilato (lat. Pontius Pilatus),

da cui Papebroch), m. 1715, gesuita,

procuratore della Giudea 26-37, 84,

323

303

Pascasino Oat. Paschasinus), vescovo di Lilibeo, legato di papa Leone l al

Popieluszko,Jerzy, sacerdote, 319 Porfirio (gr. Porfyrios,lat. Porphyrius),

398

lndice delle persone, dei personaggi biblici e mitologici

ca. 232-ca. 303, scrittore e filosofo

Severino (lat. Severinus), m. 482, ere­

greco, discepolo di Platone,99, 143

mira orientale, missionario a Norico,

Proclo (gr. Prok.los, lat. Proclus), pro­

309

console dell'Asia nel 449,213

Severo (gr. Seueros), m. 538, vescovo

Protasio (lat. Protasius), martire vene­

monofisita di Antiochia 512-518,37

rato a Milano,308

Severo Oat. Severus), il cieco della

Proterio, vescovo di Alessandria 451-

Vita di Ambrogio, 309

457,235

Sherwood P., 331

Priscilla Oat. Priscilla), l! sec., profe­

Sisto Ill Oat. Sixtus), vescovo di Roma

tessa della cerchia di Montano,

432-440, 203 Silvestro Oat. Silvester), vescovo di

277

Pulcheria, 399-453, figlia di Arcadio,

Roma 314-335,44-46, 324

moglie di Marciano, 214, 218, 220,

Silvino Oat. Silvinus), il morto nella

232

Vita di Severino, 309

Simmaco, vescovo di Roma 498-514, Quintilla Oat. Quintilla), ll sec., profe­

241

tessa della cerchia di Montano, 277

Simplicio Oat. Simplicius), vescovo di Roma 468-483, 163, 239

Rahner H., 335-336

Sinesio (gr. Synesios) di Cirene, ca.

Reitzenstein R., 333

370-ca. 415, filosofo neoplatonico e

Rosweyde, Heribert, 1569-1629, ge­

poeta greco, 9

suita,322, 326

Siricio (lat. Syricius), vescovo di Roma

Rufino (lat. Flavius Rufinus), m. 395, magister

o/ficiorum

392, prefetto

388, console

pretorio

d'Oriente

392-395, 158 Rufino

(lat.

Tyrranius

384-399, 22-23, 239 Simon Mago (gr. Simeon Magos, lat. Simon Magus), bib!., 34, 277 Simonetti M., 335-337

Rufinus) di

Socrate

Aquileia, 345-410/411, scrittore Iati­

Scolastico

(gr.

Sokrates

Scholastikos), ca. 380-ca. 450, stori­

no cristiano, autore di una Storia del­

co greco, autore di una Storia eccle­

la Chiesa, 75, 77-78, 156, 302-305

siastica, 11, 146, 175-176, 183, 186187, 304

Sabellio (gr. Sabellios) detto il Libico, 11-111

Sofocle, 496-406 a.C., tragediografo

sec., eresiarca libico, 170

greco,265

Secondo (gr. Sekundos), prima meta

Sofronio, vescovo di Gerusalemme

del IV sec., vescovo di Tolemaide in Libia, fautore di Ario, esiliato, 142

634-638, 297-300 Solone, ca. 640/630-559 a.C., legisla­

Secondo, inizi del IV sec., vescovo di Tigisi, awersario di Ceciliano ve­

tore e poeta ateniese, 265 Sossiano !erode, Ill/tv sec., neoplato­

scovo di Cartagine, 102, 133

nico, autore di un trattato contro i

Seleucidi, dinastia ellenistica, 56

cristiani, 99, 296

Serapione, m. ca. 362, vescovo di

Sozomeno (gr. Hermias Sozomenos),

Tmuis 339-359, esiliato per aver fa­

m. 450, storico greco, autore eli una

vorito Atanasio,305

Storta ecclesiastica, 47,

Settimio Severo Oat. Lucius Septimius

146,

156-

157, 186, 304

Severus Pertinax), 145-211, impera­

Ste Croix G.E.M. de, 73, 334

tore 193-211,58, 302

Stefano 399

(gr.

Stefanos),

vescovo

di

Storia della Chiesa nella tarda antichitd Efeso ca. 446-451, deposto dalla ca­

Teognide (gr. Theognis), m. ca. 342,

rica dal concilio di Calcedonia, 210,

vescovo di Nicea, fautore di Ario,

213

negli anni 325-328 esiliato in Gallia,

Svetonio

(lat.

Gaius

Suetonius

Tranquillus), ca. 69-dopo 122 (140?),

143-144 Teone (gr. Theonas), prima meta del IV sec., vescovo di Marmarica in

storico romano, 85-86

Libia, fautore di Ario, esiliato, 142 Tacito (lat. Publius Cornelius Tacitus),

Tertulliano

(lat.

Quintus

Septimus

ca. 55-ca. 120, storico romano, 84-

Florens Tertullianus), ca. 155-ca. 220,

85, 89-90, 118

scrittore Iatino cristiano, 68-70, 85-

Talasio (gr. Thalassios), vescovo di

86, 96, 107, 176, 255-256, 277, 283

Cesarea di Cappadocia 439-dopo

Thelamon F., 344

451, precedentemente alto funzio­

Tiberio (lat. Tiberius Claudius Nero,

nario imperiale (ca. 430 comes re­

dopo l'adozione da parte di Ottavia­

rum privatarum, prima del 439.pre­

no Augusto Tiberius Iulius Caesar), 42 a.C.-37 d.C., imperatore 14-37,

fetto pretoria dell'illirico), 232 Teio,

il

malato della

Vita

84

di San

Timoteo

Severino, 309

(gr.

Tirnotheos,

lat.

Timotheus), destinatario di due let­

Teodoreto (gr. Theodoretos), 386 o

tere dell'apostolo Paolo, 273

393-ca. 446, vescovo di Cirro 423449 e 451-ca. 466, scrittore e teologo

Tirnoreo (gr. Timotheos), vescovo di

di Antiochia, difensore di Nestorio,

Alessandria 379-385, 59, 155, 235, 255

146, 157-159, 193, 199, 205, 207-

Tirnoteo

208, 213, 215-219, 222, 228, 241 ziano,

accusatore di Dioscoro

460

Mopsuestia

392-428,

"Eluro"

e

475-477, capo della fazione

anticalcedonia in Egitto, 163, 237

Teodoro (gr. Theodoros), ca. 350-428, di

Timotheos)

nola"), vescovo di Alessandria 457-

a

Calcedonia nel 451, 224 vescovo

(gr.

("Gatto" o pili proriamente "Don­

Teodoro (gr. Theodoros), diacono egi­

Tiro (gr. Titos, lat. Titus), destinatario della

scrittore greco cristiano, 191-192 Teodoro, san, 324

lettera dell'apostolo Paolo,

262, 273

Teodosio I (lat. Flavius Theodosius) il

Tiro (lat. Titus Flavius Vespasianus), 39-81, irnperatore 79-81, 57

Grande, 347-395, imperatore 379395, 2, 59, 61, 70-72, 122, 153-159,

Traiano (lat. Marcus Ulpius Traianus), 53-117, imperatore 98-117, 88-89

162, 178-179, 318 Teodosio II (lat. Flavius Theodosius),

Tribigildo (lat. Tribigildus), capo della

401-450, imperatore d'Oriente 408-

rivolta dei goti nel 399 in Asia

450, figlio di Arcadio, 198, 202-204,

Minore, 82

207-210, 214, 216, 218, 220, 233, Ulfila (gr. Ulfilas), ca. 311-383 o 381,

258 Teofilo

(gr.

Theofilos), vescovo di

vescovo dei goti ca. 341-383 (381),

Alessandria 385-412, 55, 186, 194-

ariano, 79, 178 Unerico (lat. Huneric), re dei vandali

195, 202, 206 Teofilo (gr. Theofilos) Indio, IV sec., apostolo

degli

hymiariti

dello

in Mrica 477-484, ariano, 21 Ursacio

Yemen, 79

(lat. Ursacius), vescovo di

Singiduno ca. 335-371, ariano, 179 400

lndice delle persone, dei personaggi biblici e mitologici Orsino Oat. Ursinus), nel366 eletto ve­ scovo di Roma contro Damaso, 11-

Venere Oat. Venus), dea romana dell'a­ more,JOJ Veyne P., 340

13,50

Villio {lat. Lucius villius Annalis), tri­ Valente (lat. Flavius Valens), ca. 328-

buno del popolo nel 180 a.C. e auto­

378, imperatore d'Oriente 364-378,

re di una Iegge regolante il corso del­ la carriera politica, 23

50, 58, 153

Valente (lat. Valens), vescovo di Mursa

Vincenzo Oat. Vincentius), presbitero,

prima del 335-dopo il 367, ariano,

legato di papa Silvestro al concilio di

179

Nicea nel325, 45

Valentiniano

Valen­

Vito Oat. Vito), presbitero, legato di

tinianus),321-375, imperatore d'Oc­

papa Silvestro al concilio di Nicea

I

Oat.

Flavius

cidente364-375, 50, 153 Valentiniano

II

Oat.

nel325,45

Flavius

Valen­

Vivenzio Oat. Viventius), prefetto di

tinianus), 371-392, imperatore d'Oc­

Roma nel366, protettore di Damaso

cidente 375-392,

contro Ursino, 12

figlio di Valen­

tiniano I, 153 Valentiniano Ill Oat. Flavius Placidus

Walsh J.J., 334

Valentinianus), 419-455, imperatore d'Occidente

425-455,

figlio

di

Zaccaria (gr. Zacharias), m. dopo il

Costanzo 11 e di Galla Placidia, 53,

536, vescovo di Mitilene, storico mo­

218,220

nofisita della Chiesa, 234

Valeriano

Licinius

Zenone Oat. Flavius Zeno, piu propria­

Valerianus), ca. 193-dopo il 260, im­

Oat.

Publius

mente Tarasi.kodissos), ca. 430-491,

peratore 253- 260, 30, 91, 95, 102,

dell'Isauria, imperatore 474-491, 237-238

105, 316

401

d'Oriente

Wipszycka, Ewa.

Storia della Chiesa nella tarda anrichita I Ewa Wipszycka. - [Milano] : Bruno Mondadori, [2000]. 416 p., 32 b/n di tav.: ill.; 21 em.- (Sintesi). Tit. orig.: Kofcio/ w fwiecie pdinego antyku ISBN 88-424-9536-0: L. 50.000.

1. Chiesa- Storia- Sec. 3.-5. 270.1 Scheda catalogra/ica a cura di CAeB, Milano.

Ristampa 0 12 345

Stampato per conro della casa cditricc presso Grafica 2 emme (Milano)

Anno 2000 01 02 03

Questo volume affronta in modo nuovo le questioni principali della storia della cristianità dal m al v secolo. '

E un libro scritto contro la visione apologetica della storia delia Chiesa nel-

l'antichità, dal punto di vista di una grande studiosa che apprezza troppo il patrimonio di tale istituzione per credere che la sua storia abbia bisogno di abbellimenti agiografici. Vautrice presenta il formarsi della Chiesa e della sua dottrina come un pro­ cesso complicato, drammatico, impossibile da costringere in giudizi.

Ewa Wipszycka insegna Storia antica all'Università di Varsavia. Si è specia­ lizzata in storia deU'Egitto da AJessandro Magno agli arabi e in storia della Chiesa. Ha pubblicato numerosi articoli scientifici e divulgativi ed è autrice, tra l'altro, del best seller l'ademecum dello storico della Grecia e della Roma antiche (PWN, Warszawa 1979) e di L'antichità vi.sta 1:n modo polemico (\VP, Warszawa 1994).

ISBN 88-424-9536·0

LiTe 50.000 € 25,82

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