Rete Ad Albero [PDF]

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Zitiervorschau

ESERCITAZIONE 2

DIMENSIONAMENTO DI UNA RETE DI CONDOTTE IN PRESSIONE CON SCHEMA AD ALBERO

Nel problema di dimensionamento (o di progetto) si richiede di trovare i diametri di una rete di condotte ad albero (Figura 1) conoscendo le portate Qj che devono transitare, le lunghezze Lj dei diversi tronchi di tubazione, ed i carichi Y nei nodi terminali.

A

E B D

C F

Figura 1. Esempio di rete ad albero con 5 lati e 2 nodi

Il problema è idraulicamente indeterminato, nel senso che presenta un numero di incognite superiore al numero di equazioni. Infatti, in una rete con N lati ed M nodi le variabili sono N+M, ossia i diametri Dj degli N tronchi di tubazione e gli Yk carichi totali negli M nodi. Le equazioni disponibili sono invece solo le N equazioni del moto uniforme su ogni tronco di tubazione, esprimibili in forma generale tramite

∆Y j = L j ⋅ i j

con ∆Yj

= perdita di carico nel ramo j-esimo e

j=1,.., n

(1)

ij = cadente piezometrica del lato j-esimo,

esprimibile in funzione dei diametri e delle portate tramite formule monomie del tipo i = k

Qm (ad Dn

esempio la formula di Strikler per moto turbolento pienamente sviluppato e la formula di Blasius per moto turbolento di tubo liscio sono esprimibili in questa forma). Le M equazioni di continuità ai Sistemi Acquedottistici – A.A. 2008/2009

nodi non sono utilizzabili, in quanto le portate sono assegnate e sono quindi necessariamente già congruenti con tali equazioni. Nel caso di Figura 1, ad esempio, il numero di incognite è pari a 7, mentre il numero di equazioni disponibili è solo 5. Per definire matematicamente il problema sono quindi necessarie due ulteriori equazioni ai nodi; in particolare, si utilizza l’equazione di minimo costo data da:

∑ jentranti

D εj + n Q mj

=

∑ juscenti

D εj + n Q mj

(2)

Il dimensionamento si effettua risolvendo il sistema di: •

M equazioni di minimo costo (una per ogni nodo interno)



N equazioni di bilancio energetico (una per ogni ramo della rete)

dove le incognite sono gli N diametri e le M altezze piezometriche nei nodi interni. Una semplificazione si ottiene considerando, invece delle equazioni del moto relative ai vari tronchi, le equazioni per i percorsi tra due serbatoi a quota piezometrica nota, in maniera tale da non includere le variabili carichi nel sistema di equazioni. In questo modo si riduce il numero di equazioni nel sistema risolutivo ad N, in quanto le incognite sono solo i diametri dei vari tratti di tubazione:

 D εj + n D εj + n = ∑  ∑ m m  jentranti Q j juscenti Q j  m r Y − Y = k Q j L ∑ fine j  iniz D nj j =1 

M equazioni, una per ogni nodo interno (3)

N-M equazioni, una per ogni percorso tra due serbatoi

dove r è il numero di rami tra il serbatoio di monte ed il serbatoio di valle. Ad esempio, nel caso di Figura 1, si avranno due equazioni analoghe alla prima delle (3), ai nodi B e D, e 3 equazioni analoghe alla seconda delle (3), per i percorsi ABC, ABDE ed ABDF, per un totale di 5 equazioni che consentono di trovare i 5 diametri incogniti.

Progetto di acquedotti consortili L’estendersi delle infrastrutture di approvvigionamento idrico ha portato necessariamente all’interconnessione di acquedotti singoli, producendo acquedotti consortili, in cui una condotta principale collega la fonte di approvvigionamento al centro più importante o comunque terminale, mentre lungo il tracciato, in punti ben precisi, si diramano delle derivazioni, ognuna a servizio di un singolo Comune o centro abitato (Figura 2). Sistemi Acquedottistici – A.A. 2008/2009

Q2

Q3

Q1 Q4

Figura 2. Esempio di acquedotto consortile

In tal modo possono ottenersi dei grossi vantaggi economici, poiché il costo di un acquedotto più grande non è di molto superiore a quello di uno più piccolo ma la spesa totale viene suddivisa fra più servizi. Esempio: se il costo dell'acquedotto dipendesse solo dalla tubazione, nell'ipotesi di condotta unica, validità della legge di Strickler e utilizzo di un coefficiente di costo ε=1.5, il raddoppio della portata comporterebbe un aumento del 30% del diametro, e quindi solo del 50% dei costi. Possono inoltre aversi innegabili vantaggi tecnici, data la maggiore affidabilità e sicurezza di gestione e manutenzione di una singola opera, anche se grossa: si pensi ad esempio al rischio di rottura della condotta interrata; più tubazioni vi sono (nel caso di più acquedotti indipendenti) maggiore è il rischio, anche a parità di possibilità di manutenzione. In realtà un grosso acquedotto consortile è meglio mantenuto, poiché più Comuni associati possono permettersi di impiegare una squadra di operai e tecnici appositi, là dove il singolo Comune avrebbe sicuramente trovato più difficoltà economiche. Tutto ciò vale effettivamente solo se si trova una fonte di approvvigionamento di capacità adatte.

Dimensionamento di un acquedotto consortile Nell'ipotesi che le condotte in derivazione siano meno importanti di quella principale (il primo problema di progetto è quindi la determinazione della condotta), si può considerare il problema solo sul profilo dell'asta principale. Si ha quindi in ogni nodo un solo tratto entrante ed un solo tratto uscente (Figura 2). L'equazione (2) si semplifica pertanto notevolmente ed assume la forma

ε +n

ε +n

Din Dout = =K m Qinm Qout Sistemi Acquedottistici – A.A. 2008/2009

(4)

dove K è una costante e si sono indicate le portate ed i diametri dei tratti entranti ed uscenti dal nodo con i pedici in ed out. Dalla (4) si ricava immediatamente che, in ogni tratto dell’acquedotto consortile, i diametri sono legati alle portate per mezzo della relazione

D=K

1 n +ε

Q

m n +ε

.

(5)

Note le portate ed i valori dei vari coefficienti nella (5), il problema del dimensionamento si riduce quindi alla stima del coefficiente K. Si consideri a tal fine l’equazione del moto lungo l’intero acquedotto consortile, costituito da N tronchi (N=5 in Figura 2) N

Q mj

j =1

D nj

z1 − z 2 = ∑ k

(6)

Lj

dove z1 e z2 sono le quote dei serbatoi di monte e di valle. Sostituendo la (5) nella (6) si ottiene

N

k

z1 − z 2 =

n

K

∑Q

m− j

m⋅n n +ε

N

k

Lj =

n

ε + n j =1

K

∑Q

m⋅ε n +ε j

Lj

(7)

ε + n j =1

da cui si ricava  k K =   z1 − z 2

N

∑Q j =1

m⋅ε n +ε j

 L j  

(ε + n )

n

(8)

Una “formula pratica” utilizzata talvolta per il dimensionamento di acquedotti consortili si ricava con i parametri ε=1, m=2 ed n=5 (costi linearmente dipendenti dal diametro e formula di Darcy per le perdite). Si ottengono dalla (5)

D=K

1

6

⋅3 Q

(9)

dove K si ricava dalla (8):

 k K =   z1 − z 2

6

N

∑ j =1

3

 5 Q j L j  . 

Sistemi Acquedottistici – A.A. 2008/2009

(10)

Si ricorda che il dimensionamento va fatto con i coefficienti di scabrezza relativi a tubi usati e che i diametri ricavati sono diametri teorici, da sostituire successivamente con diametri commerciali. Bisogna inoltre verificare che le condizioni di carico su ogni punto delle rete rientrino nei limiti di buon funzionamento (5-100 m di carico).

Sistemi Acquedottistici – A.A. 2008/2009