Opere scelte [Vol. 3] [PDF]

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Zitiervorschau

GIUSEPPE

OPERE

PEANO

SCELTE a cura

d e ir U N IO N E

M A T E M A T IC A

IT A L IA N A

e col contributo del CO N SIG LIO

N A Z IO N A L E

BELLE

VOLUME GEOMETRIA

E

R IC E R C H E

III

FONDAMENTI

M E C C A N IC A R A Z I O N A L E - V A R I E

EDIZIONI

CREMONESE

ROMA

1959

Sono

riservati

Unione

tutti

* d i r i t t i

M a t e m a t i c a

alla

I t a l i a n a

{c ) 1959 by Edizioni Cremonese, Roma

Gubbio

-

Soc.

Tipografica

“ ODERISI,,

19 5 9

P R E F A Z IO N E

A L

VOL. I l i

I lavori di G. P e a n o contenuti nel presente vol. I l i delle « Opere scelte » sono divisi — secondo il programma pubblicato nella P R E F A Z IO N E al vol. I — nelle tre categorie: Geometrìa e fonda­ menti, Meccanica razionale, Varie. Poiché (secondo detto programma) ci si è dovuti limitare alla pubblicazione di note e memorie (salvo alcuni eccezionali brevi estratti di trattati), chi vuole avere unHdea completa dei risultati conseguiti da G. P e a n o nel campo della geometria dovrà ricorrere ai trattati, specialmente alle Applicazioni geometriche del 1887 ed al Calcolo geometrico del 1888, sull’importanza dei quali rimando al passo di G. A s c o l i da me riportato neZZ'INTRODUZIONE contenuta nel vol. I. Cosicché, f r a i lavori geometrici della categoria Geometria e fondamenti, mi limito a citare i lavori giovanili sulla teoria invariantiva delle form e algebriche {2, 3, 4) ed i saggi di calcolo geome­ trico (30, 90), con alcuni brevi complementi estratti dalle Applicazioni geometriche del 1887 e dalle Lezioni di A nalisi infinit. del 1893 e pubblicati sotto il titolo: A lcuni teoremi di Peano sulle curve reali. Nella stessa categoria di lavori è invece compresa la serie pres­ soché completa dei lavori sui fondamenti delVaritmetica e sui fondamenti della geometria, salvo gli Arithm etices principia nova methodo expo­ sita (16) ed I principii di geometria logicamente esposti (18), entrambi del 1889, già pubblicati nel vol. I I di queste « Opere scelte » f r a i lavori di logica matematica per la loro importanza ideografica. I n particolare cito Vestratto del lavoro n. 99 (pubblicato col titolo: I fondamenti delParitmetica nel Formulario del 1898) ed il lavoro n. 105 (Sui num eri irrazionali, 1899) che contengono Vesposizione quasi definitiva dei fondamenti dellfaritmetica neWindirizzo di P e a n o j il lavoro n. 64 (Sui fondamenti della geometria, 1894) che contiene la redazione definitiva dei fondamenti della geometria basata sulle idee primitive di punto, segmento e moto', ed il lavoro n. 98 (Analisi della teoria dei vettori, 1898) che contiene i fondamenti della geometria

VI

basata sulle idee primitive di punto, vettore e prodotto interno di due vettori, teoria che sarà poi riprodotta in tutte le edizioni successive del Formulario [a partire da F. 1899). Fra i lavori di Meccanica razionale cito quelli sul moto del polo (79, 80, 89) e quello sul pendolo di lunghezza variabile (87). Non mi è possibile invece accennare, neppur brevemente, al con­ tenuto dei numerosi lavori raccolti nella categoria denominata Varie, in cui sono compresi lavori storici, critici, didattici e di interesse vario quali, per es., Vapplicazione della numerazione binaria alla stenografia (103), Vimportanza dei simboli in matematica (176), Vese­ cuzione tipografica delle formule (178), i problemi sul calendario (196), le operazioni sulle grandezze (197), ecc. Questi lavori provano la grande estensione del campo scientifico coltivato da G . P e a n o — secondo la sua massima — ; « è bene non restringere lo studio alla sola matematica perchè tutta la scienza è bella se la si studia per se stessa e non allo scopo di esami o di lucro ». E ssi provano inoltre che, anche negli scritti minori — come per es. nelle recensioni che per lui sono quasi sempre occasione di esporre idee originali e complementi vari suggeriti dal libro recensito —, egli lascia sempre — secondo le parole di B . S e g r e (1955) — « Vimpronta del suo spirito logico e del suo ingegno lucido ed originale ». I l volume termina con le fr a s i conclusive deWopuscolo n. 203 (Giochi di aritm etica e problemi interessanti, 1924), che sono come la sintesi delle concezioni di G. P e a n o suWinsegriamento della mate­ matica esposte nel lavoro n. 143 (Sui fondamenti dell’analisi, 1910) pure contenuto in questo volume. Le annotazioni da me premesse alla maggioranza dei lavori e le note a piè di pagina (tutte munite della sigla IL C.) sono sempre redatte secondo le norme indicate nell*AV V ERTEN ZA pubblicata nel vol. I. Ho pensato opportuno di corredare il volume di una breve aggiunta alla B IB L IO G R A FIA (Sulla vita e sulle opere di G. Peano) e di un elenco in ordine cronologico dei titoli dei lavori pubblicati nelle « Opere scelte », con ^indicazione del volume in cui si trovano e della pagina iniziale. Così, a due anni e quattro mesi dal conferimento delVincarico di curare Vedizione dei tre volumi delle « Opere scelte » di G . P e a n o (13 gennaio 1957), ho il piacere di terminare Vopera affidatami.

VII

Ciò è stato possibile per il continuo interessamento della presidenza dell*Unione Matematica Italiana e della casa editrice C r e m o n e s e . A d esse rinnovo il mio p iù vivo ringraziamento, come alla mia assisteìite D r . F u l v i a S k o f che ha continuato a coadiuvarmi efficacemente nella correzione delle bozze di stampa.

Coneluso il compito affidatomi, mi sia permesso di formulare Vaugurio che le presenti « Opere scelte » siano completate con la pubblicazione — se won di tutte le opere del P e a n o — almeno del F o r m u la r io m a tlie m a tic o .

Sul valore e Vimportanza di tale opera ho scritto ampiamente in due lavori del 1955, citati nella B i b l i o g r a f i a pubblicata nel vol. I ; qui mi limiterò a riportare il seguente giudizio conclusivo del mate­ matico polacco E . S t a m m (1933) : è « un’opera classica nella lettera­ tura matematica di ogni secolo, di valore inestimabile per gli studiosi di matematica ». Milano, m aggio 1959

U go C a s s i n a

y GEOMETRIA E FONDAMENTI

(2). UN TEOREMA SULLE FORME MULTIPLE (A tti della Reale Accad. delle Scienze di Torino, Vol. X V H , A . 1881, pp. 73-79)

I lavori n. 2, 3 e 4, collegati fra di loro e che sono fra i prim i scritti di G. P e a n o allora 23-enne, riguardano la teoria delle forme algebriche. Essi si collegano a precedenti ricerche d i A. C l e b s c h , di A. C a p e l l i e di E. D ’O v i d i o . D a notare, nel lavoro n. 3 (del 1881), il primo uso sistem atico, da parte d i G. P e a n o , del principio di induzione m atem atica per la dimostrazione dei suoi teorem i sulle formazioni invarian tive delle corrispondenze algebriche. U. C.

Dirò fo rm a multipla una funzione omogenea rispetto a più serie di variabili in numero qualunque. Formazione invariantiva di più forme multiple una funzione F intera, omogenea, dei coefficienti di queste forme, e delle variabili, tale che se si fanno in tu tte le variabili sostituzioni lineari indipendenti, ovvero non, fra loro, la funzione analoga alla F, calcolata sulle forme trasform ate sia eguale alla trasform ata di F moltiplicata per una funzione dei param etri delle sostituzioni. Caso particolare delle forme m ultiple sono le for­ me binarie doppie, che, poste eguali a zero, rappresentano corri­ spondenze fra gli elementi di due forme di prim a specie. Finora poco è fatto intorno alle formazioni invariantive sia delle corrispon­ denze, supposte le variabili assoggettate a sostituzioni indipendenti, che delle forme m ultiple più generali ; anzi fu messa in dubbio resistenza, per le corrispondenze, di un sistem a finito di formazioni invariantive, in funzione razionale intera delle quali si possa espri­ mere ogni forma invariantiva (1). Io mi propongo di dim ostrare l ’esistenza di questo sistema per le forme binarie doppie (corrispon­ denze), e per alcune altre forme m ultiple comprese nell’enunciato del seguente TEOREMA:

.

« Suppongasi esistere nelle forme multiple date

(*) A. C a p e l l i , Sulla corrispondenza (2 ,2 ). Giornale di Matematiche, 1879, pag. 70.

4

Gi u s e p p e

peano

una serie di variabili binarie x i e assoggettate a sostituzioni indipendenti da quelle a cui si assoggettano le altre variabili j si ordinino le forme date rispetto alle x : f — fo %i + m f i xT * 1 x 2 + • ■ • g = Po x î + n gì x l~ 1 x2 + .... dove le f o t A > - •• So > Si !•• • • ■ • ( 2) sono forme non contenenti le x } ma che possono contenere le altre variabili. Se le forme (2) ammettono un sistema finito di forme in ­ variantive fondamentali, esiste pure tale sistema per le forme date ». Dividerò la dimostrazione in tre parti : a] — Sia F una forma invariantiva del sistem a dato (1) j la si ordini rispetto alla a?, e sia : F = Fo'tff + p Fi tcf~l x,, + . . . le forme F 0 , F i , . . . sono formazioni invariantive del sistema (2). In fatti, mantenendo fìsse le x , si facciano nelle altre variabili tra ­ sformazioni qualunque, e si rappresentino colle stesse lettere accen­ tate le trasform ate delle funzioni precedenti j sarà : f ' — f o %T ~b m f i æT 1 #2 + * • * • 0 ' — ffó

0 i X i -1 x 2 “H • • • •

F ' = F i x ? + p Fi x ? - 1 afa + . . . J e si calcoli sulle trasform ate la forma analoga di F } e sia : F " = n , x ? + p F [ ’ x r 1x2 + . . . y essendo F una forma invariantiva, sarà identicamente F " = h F ', dove h è funzione dei param etri delle sostituzioni eseguite, ed eguagliando in questa identità i successivi coefficienti di #2, si avrà: Fi' = ftF J,

F i' = f t F Ì . . . ,

il che prova appunto che F 0 , F iy . . . sono formazioni invariantive del sistema (2). Si suppose nell’enunciato del teorema che il sistema (2) am­ m etta un numero finito di forme fondamentali, e siano esse J ^2 i • 4 • > le F 0 , F j , . . . sono funzioni razionali intere delle (3), ossia formazione invariantiva del sistema (1) è funzione razionale delle a? e di un numero finito di funzioni (3) non contenenti

• • • (3) « ogni intera le x ».

UN TEOREMA SULLE FORME MULTIPLE

5

b] — Si può trovare un sistema finito di forme invariantive del sistema (1), tale che in funzione razionale intera (lineare) dei coefficienti nelle x di esse si possano esprimere le P. In fatti pon­ gasi A co = -ì- ( - ^ y i -fq \o x i

o %2

y2 ), dove co è una funzione di grado ì

g in a?, e le ÿ sono variabili cogredienti colle x ; pongasi inoltre A%co = A (A a>), ecc. Si calcoli la funzione analoga alla P sul se­ guente sistema : f,

A f,

A * f,...A ™ f

9,

dg,

A * g , . . . An g

s i o tte rr à u n a fo r m a i n v a r ia n t iv a Q , c o n t e n e n t e x , y, e l e v a r ia b ili c h e c o m p a r iv a n o i n

P, e la si p o tr à o r d in a r e s e c o n d o l e p o t e n z e d e l

d e t e r m in a n t e (#y) ( C l e b s c h , B i n a r e n F o r m e n , § 7), e s i a v r à :

Q=

+ [xy)

+ (xy)2 Ai~2x + • . • ,

dove q è il grado a cui Q contiene y, e le , . . . riantive contenenti x e non y : (p — = (ab? 0, oppure $ > 0, una parte dello scorrimento sarà lo scorrimento di / o su / o su p 7 che dà risu ltati noti ; se fi > 0 e y > 0, una parte dello scorrimento sarà lo scorrimento di / su D z l, moltiplicato per gli altri fattori ; quindi, comunque sia formato F, lo scorrimento di / su esso non dà altre forme fondamentali che le cinque note. Quindi conchiudendo diremo che una corrispondenza (2, 1) am­ m ette cinque formazioni invariantive fondamentali, che sono: 1.a la forma d ata / che posta eguale a zero individua la corri­ spondenza (2, 1) ì ad ogni elemento | corrispondono due elementi x , e questi formano una involuzione quadratica. 2.a la forma di secondo grado in x : D = 0, che rappresenta due elementi a?, i quali, a causa dell’identità (aD)2 a$ = 0 dividono arm o­ nicam ente tu tte le coppie della involuzione nella x ; essi sono quindi i punti doppi dell’involuzione. 3.a la forma di secondo grado in £ : A — {ab)2 a$ fi$ , che poten­ dosi considerare come il discrim inante di / rispetto alle x , rappre­ senta i punti £ cui corrispondono coppie di punti coincidenti. 4.a la corrispondenza (2, 1) p —p ^ (={aD)axDx = (/0 )14,

B = (/0 )22.

Le forme invariantive di quarto grado si otterranno facendo gli scorrimenti di / sulle forme m, n, p ; e siccome in queste tre forme entrano i simboli di 0, essi entreranno pure nello scorrimento ; e quindi le forme di quarto grado si otterranno facendo gli scorrimenti di 0 sulle forme di 2° grado 0, D, A :

(É>0)o2 = tl t'I (è»' f = E*

.

(18)

22

GIUSEPPE PEANO

m-ic= (tt'f $1# { = *4

( 1?)

(00)1 I = J - B /

(20)

(06)22 = ( tt'f ( W f = C (dA)m = { è A ) tld s 4 = 2 r l el

(21) (22)

(0 J)o2 = . . . = - i - l ì / - - i - A 0

(23)

(0D)1O = 2 4 Of

(24)

(er«)20 =

(25)

B/ —

Quindi le forme invarianti ve di quarto grado sono cinque r. s, E, E, C. Potrem o esprimere in funzione delle forme note altri, scorrimenti che dànno luogo a forme di quarto grado j si avrà, eseguiti i calcoli : (fp)i0 = r

y (./»01 = *

( / i» 20= - Ì E

,

( / i» ) , i =

j j E/

- r A 0 +

( / i >)21 = 0

(26> (2 ‘ )

(fP \2 = ~ \ v

(28) (29)

(3 ° )

identicamente,

( f p ) l8 = 0 ,

(M * = 0

(31) (32) ■ (33)

(DD)20 = - ì - A D + E (D D )40 = - | - A * - 2 C

, ,

( J J ) 0? = - Ì - A J + E

(34) (35)

( J d )01 = - | - A * - 2O

(36) (37)

ecc. F ra le^ forme precedenti passano alcune identità, che converrà stabilire. Si è trovato m = (/0)1O= (/^ìoì (formolo 6 e 15) : quindi m si può in doppio modo considerare come un Jacobiano, ed avre­ mo due espressioni pel suo quadrato : » 2 = - 4 - K /A o e* ’» 2 =

— Y

[(//W ^ 2 -

.

= - y

2 ( / e t s o / e + W s o / 2] = — 2 (/z f)„ 2 / d +

E/ 2

( ^ ) 02/ 2]

- 2, ) - Ì - ( y A * + * ) /* »

FORMAZIONI INVARIANTIVE DELLE CORRISPONDENZE

23

e paragonando queste due espressioni, dopo aver diviso per A, si trova l’identità : T>A = 02 + A / 2 — 4 p / , . (38) e con questa : — 2w2 = J 0 2 + E/ 2

,

— 2n2 = D03 + E / 2.

(39) (40)

U n’altra identità si ricava da quella che esprime il prodotto degli scorrimenti (01) e (10) di due forme bilineari, moltiplicandola per simboli in modo da renderla applicabile a forme di gradi qua­ lunque. Si à in generale — 2 (/irto, {fg)i o = ( f f ) n g* — 2 {fg )„ fg + (gg)Hf 2 , e posto, invece di g, 0, si avrà : -

ossia :



= ( / A i 02 -

2 ( / 0)H/ 0 + W t i / 2 ,

— 2ffl» = 03 — 2/0p + - Ì - B / 3 .

(41)

O

Questa identità è però contenuta nelle precedenti ; e si può ricavare dalle (39) e (40) moltiplicandole ed avendo riguardo alla identità (38); si troverà il quadrato della (41); quindi essa è con­ ten u ta nelle precedenti irrazionalmente. Le forme di 5° grado si otterranno facendo gli scorrimenti di / sulle forme del quarto grado : r ~ ifp )io = ~2 ~(OA)0i

,

$ = (fp)oi — y

(0D)1O,

E = (00)O2 = -

,

E = (00)2O = -

2 (fp)20

2 {fp)

e sul prodotto V A ; ma a causa dell’identità (38) questi ultim i scor­ rim enti si possono tralasciare, e negli altri ci compariranno i sim­ boli di p ; onde essi si possono ottenere facendo gli scorrimenti di p sulle forme di 2° grado 0, D, A ; e si avrà : (p 6)i„ = qx xs

,

(p 9)n =

>4

(42) e (43)

(p6)m = {at)(a& ( « 0 ( » > s # î# '!= l (atXat'Xtt'iaiâtdiKadjâf — («#')#{] = - \

(i>0).i = X c/ + à - B0

1

(44)

(46)

24

GIUSEPPE PEANO

{p9)ti = 0

,

{pQ)w = 0

(47) (48)

^ AB (pA)01 = . . . =

)i0 =

A » — fc

(50) (51)

(2>^)o2= M (* ^ ) ( « ‘4)(^)M a^I= (« * )(“ 'J)2(^^)M i^f^{—•{at)(xA)(ÿA)aJzai Ae'! 2 ora (a^)2 al A] = — A / —2 p , e quindi il primo termine, clie è lo ô scorrimento (1,1) di 6 su questa espressione varrà 2 (p0)i t — y A (/0),, = Y C / + ~ B0 — y A p ; analogamente (# J )2 4 4 = -i- B / ---- A0 ; ed il secondo term ine varrà ü

ô

— y B ( / A l + y A (0/)l l = - y B0 + y Ap , e sostituendo : (2>A2= 4 c / - 4 B 0 _ y A^ ’ e ( ^D)2O==Y c / _ T B e - T A^- (52) (53) Quindi le forme fondamentali di quinto grado 9 =

(i> % > * =

sono due :

20 = (pt)(ap)(at) 4 n\ &2 e = (0/-)2o = -

(i»«)2o = T | ; .

(56)

t i- .

(57)

analogamente (/* )* =

( 0 * ) u = - ( P * ) 0, =

(fq )oì è-decom ponibile, essendo q un Jacobiano; (fq)n à un term ine {pt) (pa) ta ax {noi) n{t a f , il quale è parte dello scorrimento (1 , 0) di 9 su {pa) {noe) p x ax n$ a$ , il quale è decomponibile ; {fq)02 à un a parte dello scorrimento che è (p t)p x tx ax n\ (a#)2 , il quale contiene il fattore effettivo B, e quindi è decomponibile j. (/#)12 à 2 2 una parte dello scorrimento che è : {pt){pa) ax tx n^ ( a # ) , che ammette

25

FORMAZIONI INVARIANTIVE DELLE CORRISPONDENZE

il fattore effettivo B ; lo stesso fattore ammette una parte dello scorrimento (fq)zz ; e lo scorrimento (2, 1) di / su q à una sua parte che si può considerare come scorrimento (2,0) di 0 su { p a ^ ^ p ^ n ^ , risultato anche questo decomponibile. , Scambiando le lettere latine colle greche, si deduce che tu tti gli altri scorrimenti di / su le non dànno forme nuove ; quindi le forme di sesto grado sono due : T{ = (ap)(at)(pt) al jrf

e

' T* = (a7i)(aê)(nû) a lp i tl •

Potremo quindi esprimere in funzione delle forme trovate altri scorrimenti che dànno luogo a forme invariantive di grado non su ­ periore al sesto ; e si avrà : (M ìo = — -j- 2 + ^ - B / 0 — A02 — C / 2 . O

(64)

In modo analogo si potrebbe ottenere u n ’altra identità parago­ nando i due sviluppi del quadrato di q ; ma più semplicemente as­ sumasi per un momento per forma data 0, e si rappresentino colle stesse lettere accentuate le forme invariantive calcolate in questa ipotesi ; si avrà ì f ' = 6 , fl' = | B / ,

, D' = E , J ' = E , A' = C,

e sostituendo nella (38) : E E = - i - B 2/ 2 H -O 02 — y ü

(65)

Le forme finora trovate / , D, A, 0, A, w, fi, p, B, r, s, E, E, C, 2, k, T, T costituiscono il sistema completo di forme invariantive.

26

GIUSEPPE PEANO

Suppongasi iuvero dimostrato che tu tte le forme invariantive i cui gradi nei coefficienti non superino un numero dato N siano funzioni intere delle forme precedenti j dimostrerò che questa proposizione sussiste anche per le forme di grado N -{- 1 . Invero per ottenere le forme di grado N + 1 bisognerà fare i successivi scorrimenti di f sulle forme di grado N, che per ipotesi sono prodotti di potenze delle forme precedenti j ma questi prodotti dànno risultati decom­ ponibili, e quindi noti, se vi compaiono come fattori o invarianti A B C, o forme invariantive i cui gradi rispetto ambe le variabili non siano minori dei gradi di / ; quindi non vi potranno comparire / , 0, j), m, r, qì n, s, le $ e dovremo lim itarci a fare gli scorrimenti di / su prodotti di D, A, E, E, T, T, e precisamente sui prodotti di una delle D, E, T ed una delle A, E, T, ossia DA, DE, ZIE, EE, D T, J T , ET, ET, T T ; e a causa delle identità (38) e (65) sarà inutile il fare gli scorrimenti su DA e su EE. (fT)io è decomponibile essendo T = ---- ^-(D E)10. 2i ( / T )20 à una sua parte che è ax {htf p i {a.è){ocn)(nd') e quindi, contenendo il fattore (b tf contiene il ftittore effettivo B, ed è de­ componibile. Analogamente saranno decomponibili ( / T )01 ed ( / T ) 08. Lo scorrim ento. (/, T x T)y si o tterrà facendo lo scorrimento (i 0) di / su T, e poi lo scorrimento (0 j) di T su questo j ma il primo scorrimento essendo decomponibile, lo sarà pure il secondo j per la stessa ragione dànno risu ltati decomponibili gli scorrimenti di / su T J , TE, TD, TE. Rimangono a farsi gli scorrimenti (1,1), (1,2), (2,1), (2,2), di / su D E e su A'E. (/, D E)lt si può ottenere facendo lo scorrimento (10) di / s u D , e si trova n = ( / D )10 = ( / 0 )O1 e poi lo scorrimento (01) di questa espressione su E,* ma il risultato sarà decomponibile essendo n un Jacobiano. (/, D E )12 si ottiene facendo lo scorrimento (02) di / su E, e si trova una forma di quinto grado esprimibile in funzione delle note, e quindi del tipo b A p + j u m + (vC + qA * )f essendo X} fi, v, g coefficienti numerici, e poi lo scorrimento (10) di D su questa espressione j il risultato è evidentem ente decomponibile ; per la stessa ragione è decomponibile (/, DE)22.

FORMAZIONI INVARIANTIVE DELLE CORRISPONDENZE

27

Finalm ente è pure decomponibile (/, DE)2j , perchè basta fare questo scorrimento nella identità (64) per averlo espresso in funzione di forme note. Scambiando le lettere latine colle greche, si trova che gli scor­ rim enti di / sul prodotto zi E non dànno forme nuove. Potremo quindi conchiudere la trattazione precedente col dire che una corrispondenza (2,2) ammette 18 forme invariantive fondam entali, cioè : 1° 2° 3° 4° 5°

Tre Tre Tre Tre Tre

corrispondenze (2,2): la data / , B — i> = ( /0 ) n . invarianti : A = { f f )22, B = (/0 )22, C = (00)22 = (fp)22. corrispondenze (2,4): m = (/9 )10, r ~ ( f p ) i0, = (j?0)lo« corrispondenze (4,2) : n = ( / 0)o, , 8 — (f p )0l, k = (p9)0 i. funzioni contenenti la sola x :

D =

( / / ) 02

,

E =

T = - y ( D E ) 10.

(0 0 )O2

6° Tre funzioni contenenti la sola £ : J = ( / / ) 20 ,

E = (00)2O



ï

=

- f ( ^ E ) 0 l.

F ra queste 18 forme invariantive passano numerose relazioni j già vedemmo le identità (38), (64), (65), che esprimono in funzione di / , 0, p le qu an tità T>A, D E + E J , EE ; altre se ne possono trovare osservando che / , 0, p sono tre forme quadratiche nelle x , di cui co­ nosciamo tu tte le forme invariantive : (/&)io = m . ( f f l io = r

1

(BPho = — 2 s (ffh o = A t

(00)JO = E , (J)J))20 = — — (AE + CA) (M io = 0 , (fpho = - y E ,

m ì0 = - L BA ;

e l ’invariante simultaneo delle tre forme quadratiche è T j quindi si possono applicare ad esse tu tte le identità che si trovano nel C le b s c h , Binar en Formen § 58, ed esprimere in funzione di A, E, / , 0, p i prodotti mm, mr, mq, rr, rq, qq, mri \ r T f qrl\ T* (forinole (3), (4), (5) del trattato) j la prim a è l’identità (39) j l’ultim a sarebbe : J 2T 2 =

E

0

- i - E

E

— -=-BA

- - B A

- ^ ( A E + C A)

(66)

28

GIUSEPPE PEANO

e le formule (7) e (9) del trattato dànno : — /2 —

*

^

A

0

/

0

E

0 =

_ 4 ' e

— 1~ b a

f

o

- 4 -(a b + c j ) p

0.

(67)

(6 8 )

p o

Inoltre quella teoria ci fornisce metodi semplici per esprimere in funzione delle forme note gli scorrimenti delle fo rm e /, 0, p , »i, r , q considerate come funzioni della sola a?; fra questi ne ricorderò uno solo : (mr) (mq) (rq) p* e*

= — -ì- T2.

(69)

Scambiando le lettere latine colle greche si troverebbero a ltre t­ tante identità. A ltre si possono ottenere ricordando l ’identità (18) per le forme bilineari. Queste ci permettono di esprimere in funzione d i f $ p e degli invarianti i prodotti mn, ms, mie, ni, rs, rie, qn, qs, qk. Una di queste è Pidentità (41). A ltre identità poi si possono ottenere eseguendo sopra ambi i membri di un a identità qualunque uno stesso scorrimento di una forma. Ma la ricerca particolareggiata di queste identità, lo studio delle im portanti proprietà analitiche e geometriche della corrispondenza (2,2), che derivano da ciascuna delle formule ed identità precedenti, la sua costruzione, ecc. mi porterebbero fuori dei limiti che mi sono pre­ fissi ; mi limiterò solo ad accennare alle proprietà geometriche di ognuna delle 18 forme trovate. / = a? a | = 0 individua una corrispondenza (2, 2). Considero due punti £ ed , " a cui . corrispondono in / = 0 le coppie a j .= 0 , aì = e coPPia armonica con amendue sarà : {ab) ax bx *\ 0* = - i - {ab) (afi) ax bx (a{ fin + a , fi() (fi?);

FORMAZIONI INVARIANTIVE DELLE CORRISPONDENZE

29

ossia potremo assumere per equazione della coppia (aì)) (a $

f a Pv +

S Pi) — 0 ?

e facendo tendere j? verso | , quest’equazione si trasforma in | = 0, ossia 0 = 0 fa corrispondere ad ogni punto | quei due p u n ti x clie dividono armonicamente la coppia corrispondente a £ in / , e la cop­ pia corrispondente in / al punto infinitamente prossimo di £ . % ay 0L\ = ® ^ice C^ e x e una funzione qualunque : SV> y

,

Y

, 8y>

_

Syj sX i

c. y. d . ed il determ inante (X Y Z ) diventa : a?2 • • • x n

=

a*



y%

&V

Pv

Yv

Vi Vi

a*

Pz

yz

Zi

•••2

#2 * * * Zn

a2 . . . an Pi P% • • * Pn Yl Yì

• • • yn

Sostituendo si ottiene : 1 x x . . . xn

° i P» yf = s à n +

2A| (

Vi - • Vn •

. .

. a„

P\ • • • Pn

X*

posto A i2 = (abf, ecc., e l ’ultim a riduzione ottenendosi colla stessa formula che già servì per R . I determ inanti della matrice (abc) sono eguali ai coefficienti di p * , e quindi funzioni lineari degli invarianti A j sostituendo questa loro espressione in F , tu tti i termini, a meno del primo, che contengono i determ inanti della matrice (abc) al grado per es. r, vengono a contenere omogeneamente al grado r gli inva­ rian ti A , e si decomporranno in funzione di questi invarianti, e di altre forme invariantive di grado totale diminuito di 2 r; e appli­ cando a queste nuove forme lo stesso procedimento, si ricava che ogni forma invariantiva F sim ultanea di tre cubiche viene espressa in funzione di forme polari di formazioni invariantive di due cubi­ che, e degli invarianti A , che appartengono pure alla stessa categoria. I risu ltati precedenti, uniti al sistema completo noto di due cu­ biche (6), ci permettono la seguente conclusione : (°) C l e b sc h - Binttren Formen, $ 61. Ivi però presentatisi d u e covarianti li-

36

GIUSEPPE PEANÒ

« Le forme invariantive di quante si vogliano cubiche binarie appartengono a 10 tipi distinti, che sono i seguenti — ogni tipo essendo determ inato da una forma — : 1° U na delle cubiche date (covariante cubico) ; 2° Il Jacobiano di due cubiche (covariante biquadratico) ; 3° L ’Hessiano di una cubica (covariante quadratico) ; 4° Il terzo scorrimento di due cubiche (invariante) ; 5° Il covariante Q di una cubica (covariante cubico) ; 6° Il secondo scorrimento di una forma (3) su una cubica (covariante lineare) ; 7° Il risultante d ’una cubica (invariante) ; 8° Il Jacobiano di due forme del tipo 3° (covariante qua­ dratico) ; 9° Il primo scorrimento di una forma (3) con unà (6) (cova­ riante lineare) ; 10° Il risultante di due forme lineari (6) (invariante) ». P er completare la questione si potrebbe trovare il numero delle forme appartenenti ad ogni tipo, le relazioni che passano fra esse, ed i loro significati geometrici. Riguardo al numero osserverò sola­ mente che le 26 forme invariantive di due cubiche si raggruppano nei dieci tipi rispettivam ente in numero di 2, 1, 3, 1, 4, 2, 5, 3, 4, 1 ; e se le forme date sono in numero di le forme fondamen­ tali appartenenti ad ogni tipo sono rispettivam ente in numero di : n

,

-L y p r -i),

J ^ N ( N + l ) ( N + 2), J ± - Ï N ( N + 1) ( N + 2) ^ + 3 ),

_ |_ 2 T ( y + i) , -l- ( J f _ l) A r (jr+ 1 )) - g - ( f f - - l ) y ( 2T+ l ) C y + 2), ecc.

come per alcuni è evidente, e per altri si dimostra dopo alcune considerazioni.

neari appartenenti ad un undicesim o tipo, dim ostrati sovrabbondanti dal S ylvk s t e ii (Comptes'rendus, eto. nov. 1879) ed espressi in funzione dei fondam entali dal mio Chm° Prof. D’O v i d i o (A tti R, Aeo. Torino , Dicembre 1879).

(15). TEOREMI SU MASSIMI E MINIMI GEOMETRICI, E SU NORMALI A CURVE E SUPERFICIE (Rendiconti del Circolo Matematico di Palermo, Tomo I I, A . 1888, pp. 189-192)

Le proposizioni che seguono permettono di risolvere alcuni pro­ blemi di geometria infinitesimale con procedimenti basati sulla com­ posizione di segmenti, sui baricentri, e così via. Alcune di esse sono note ; ma credetti utile l’enunciarle onde far meglio scorgere la loro analogia colle seguenti, che ritengo nuove. T utte queste proposizioni sono conseguenza di formule ottenute nel mio opuscolo Calcolo geometrico secondo VAusdehnungslehre di H . O r a s s m a n n . La loro dimostrazione può essere un utile esercizio per gli studiosi.

I.

Se , r%, . . . sono le distanze d’un punto variabile P dello spazio da punti, rette e piani fissi, e f ( r t , r 2 , . . . ) è una loro fun­ zione analitica, allora la normale alla superfìcie luogo dei punti P per cui / è costante ha la direzione della risultante di forze appli­ cate al punto considerato P , dirette ai p u n ti fìssi, o normalmente df df alle rette e piani fìssi, ed eguali a . (17*|

CLYg

Si suppone che il punto P non coincida con alcuno dei p un ti dati, nè giaccia su alcuna delle rette o piani dati ; inoltre che la risu ltan te di quelle forze non sia nulla. Se per un punto P dello spazio, non giacente in alcuno dei punti, rette o piani dati, / diventa massima o minima, la risultante di quelle forze è nulla.

38

GIUSEPPE PEANO

Questa proposizione trovasi accennata nelle opere di L e ib n iz (1). E ssa fu chiaram ente enunciata dal P o i n s o t (z) ; e fu in seguito oggetto di studio di molti matematici. La risultante considerata, cam biata di segno, è il parametro differenziale del L a m é . i

II. Se, nello spazio, ri , r%, . . . sono le distanze d ’un piano varia­ bile n da p u n ti fissi, e f ( r i , rz , . . . ) è una loro funzione analitica, l’equazione / = costante determ ina un inviluppo di piani. Se n è un piano dell’inviluppo, il punto di contatto di esso colla superfìcie in ­ viluppata è il baricentro dei piedi delle perpendicolari abbassate dai punti dati sul piano tf, ai quali siano affissi pesi eguali a

(I /1

. 2

Si suppone che questo piano non passi, per alcuno dei punti dati, e che la somma dei pesi non sia nulla. E se, per una posizione speciale del piano n , la funzione / diventa massima o minima, il sistema di forze applicate al piano n come a corpo rigido, dirette secondo le normali abbassate dai punti dati sul piano n , ed eguali a

CtV^

, ~ ~ , . . . , è in equilibrio.

La prim a parte di questa proposizione fu enunciata da P. S e r ­ r e t . Si ha una proposizione analoga, più semplice, per le rette d’un piano fisso. La proposizione corrispondente per le rette dello spazio è la seguente :

III. Se p è una re tta dello spazio, , r%, . . . le sue distanze da p unti fissi, si immaginino le forze F, applicate alla re tta p , giacenti lungo le normali abbassate dai p unti dati sulla re tta p , e in gran ­ dezza eguali a

d rt

, . . . Le rette p per cui / è costante formano J

un complesso. Le rette del complesso giacenti in un piano n inviluppano una linea. Se p è una re tta siffatta, per trovarne il punto di contatto

(*) Math. Schrifterif Berlin 1849, tomo VI, pag. 233. (2) Statique , Bruxelles 1836, pag. 291.

TE O R E M I SU MASSIMI E MINIMI GEOMETRICI ECC.

39

coll’inviluppo, si proiettino normalmente le forze F sul piano n , e si compongano considerandole applicate alla re tta p , come corpo ri­ gido. Il punto d’applicazione della risultante sarà il punto cercato. Le re tte del complesso passanti per un punto P formano un cono. P er trovare un piano normale a questo cono lungo una gene­ ratrice p , si decomponga ogni forza F in una forza passante per P ed in una coppia, e si compongano queste varie coppie. Il piano passante per P e parallelo alla coppia risultante sarà il piano cercato. Se, per una posizione della re tta p nello spazio, la funzione / diventa massima o minima, le forze F si fanno equilibrio.

IV . Se, nello spazio, p è una re tta passante per un punto fisso P , e faciente gli angoli a d, a2 , . . . con rette fisse, che possiamo sup­ porre pure passanti per P, il luogo delle rette p , per cui è costante una funzione analitica /(o c j, a2 , . . . ) ^ questi angoli, è un cono. Si immaginino coppie di forze giacenti nei piani passanti per la re tta p e per ognuna delle rette fìsse, ed eguali a

, . . . Il

piano normale al cono considerato lungo la generatrice p è parallelo alla risultante di queste coppie. Se per una re tta p , / è massimo o minimo, questa risultante è nulla.

V. Se un punto P si muove nello spazio in guisa che rimanga co­ stante il volume del solido formato dalle piramidi aventi per vertice P e per basi le faccie d’una superfìcie poliedrica aperta, esso descrive un piano. Questo piano è normale alla risultante dei segmenti diretti da P normalmente alle faccie del poliedro, e proporzionali a queste faccie stesse. Questa proposizione è dovuta a S t e i n e r .

VI. Se un punto P si muove in guisa che rim anga costante l’area della superfìcie poliedrica formata dai triangoli aventi per vertice P e per basi i lati d ’una linea poligonale data, esso descrive una su­

40

GIUSEPPE PEANO

perfide. La normale a questa superficie è d iretta secondo la risul­ tan te delle forze ai>plicate in P , dirette normalmente ai lati della linea poligonale, e proporzionali a questi lati. Se per un punto P l ’area è minima, questa risultante è nulla. Nei due ultim i esercizii alla superficie poliedrica e alla linea poligonale si possono sostituire una superficie ed una linea qualunque.

Y II.

Abbiasi nello spazio una superficie o fissa, ed un piano varia­ bile n che incontri la superficie a secondo una linea chiusa. Se il piano n si muove in guisa che il volume limitato dal piano n e dalla superficie o sia costante, il punto di contatto del piano n coll’inviluppo è il baricentro dell’area piana lim itata dall’intersezione di questo piano colla superficie. Se il piano n si muove in guisa che risulti costante l ’area piana lim itata dall’intersezione del piano colla superficie, il punto di con­ ta tto del piano n coll’inviluppo è il baricentro della linea d’interse­ zione di n colla superficie data, supposto che la densità in un punto qualunque di questa liiiea sia proporzionale alla cotangente dell’an ­ golo che il piano tangente alla superficie in quel punto fa col piano n. Se il piano n si muove in guisa che risulti costante la lunghezza della linea sezione di esso piano colla superfìcie data, il punto di contatto di n col proprio inviluppo è il baricentro della linea sezio­ ne, ove si supponga la densità in un punto qualunque proporzionale al prodotto della cotangente dell’angolo che il piano tangente alla superficie fa col piano secante, moltiplicata per la curvatura della curva sezione.

(30). GLI ELEMENTI DI CALCOLO GEOMETRICO (Torino, tip. G. Candeletta 1891, pogg. 42)

I lavori principali dedicati da G. P e a n o al calcolo geometrico, ed alle sue applicazioni, sono i tr a t t a t i n. 11 (Applicazioni geometriche del calcolo infinit., 1887) e n. 14 ( Calcolo geometrico secondo V Ansdehnungslehre di S . Grassmann, 1888); oltre ad alcnui capitoli dei tr a tta ti n. 60 ( Lezioni di analisi infinit., 1893, voi. 2°) e n. 138 ( Formulario mathematico, t. V, 1908). Ma — secondo il programm a — nelle presenti ” Opere scelte „ hanno potato trovare posto solo il presente opuscolo n. 30 (del 1891) — a cni fa di comple­ mento un breve estratto del tra tta to n. 60 — ed il saggio n. 90 (del 1896). L’opuscolo n. 30, che ebbe una versione tedesca (lavoro n. 30', del 1892), costituisce la prim a esposizione didattica degli elementi di calcolo geometrico secondo l’indirizzo di G kassm ann-Pkano. In esso si fa uso solo delle formazioni geometriche di prim a specie. U. C.

PREFAZIONE I I calcolo geometrico studia le questioni geometriche, eseguendo le operazioni analitiche direttamente su gli enti geometrici, senza aver bisogno di determinarli sempre mediante le coordinate. Questo calcolo, previsto da Leibniz, f u sviluppato nel corrente secolo sotto forme di­ verse, per opera specialmente di Mobius (18 2 7 ), Bellavitis (1 8 3 2 ), Grassmann (1844) e Hamilton (1 8 5 3 ) ; i fondamenti già sono usati in molti trattati di meccanica, fìsica matematica, e calcolo infinitesimale. I l presente opuscolo (N. 1-47) contiene gli elementi del calcolo geo­ metrico. Questi permettono già di arrivare a un gran numero di ri­ sultati ; incidentalmente si dimostrano le principali formule di geome­ tria analitica ; la loro lettura presuppone sole cognizioni elementari di geometria. Per ulteriori ricerche veggasi' il mio : Calcolo Geometrico, secondo l ’Ausdehnungslelire di H. Grassmann, Torino, 1888. Nei numeri successivi sono accennate alcune dì quelle questioni di geometria infinitesimale le quali, per le teorie precedenti, acquistano form a p iù semplice. Torino, gennaio 189 i.

L ’ A utore.

42

GIUSEPPE PEANO

ELEMENTI DI CALCOLO GEOMETRICO

Tetraedri.

1. Essendo A, B, C, D dei punti, con A B CD intenderemo il tetraedro avente per vertici quei quattro punti. 2. La scrittura A B CD = 0 significa che i quattro punti giac­ ciono in uno stesso piano. Così A A B C = 0 . 3. U n tetraedro A B C D , non nullo, dicesi destrorso, se una per­ sona disposta lungo A B , col capo in A , coi piedi in B, e rivolta verso il segmento CD, ha alla sua sinistra C ed alla destra D. Si dirà sinistrorso nel caso contrario. Così ad esempio, se A B C hanno la posizione che qui è segnata, il volume A B C D sarà destrorso o sinistrorso, secondocliè D è avanti o dietro al piano della figura. 4. Per rapporto

di due tetraedri a e u , di cui il secondo

non nullo, s’intende il numero che misura il rapporto dei due vo­ lumi, preso col segno -|- se hanno lo stesso verso, col segno — se hanno verso contrario. 5. Due tetraedri a e b diconsi eguali, se hanno lo stesso volume e lo stesso verso. Se u è un tetraedro non nullo, l’eguaglianza a = 6 equivale all’eguaglianza fra i numeri ~

e



6. Quindi, fissato ad arbitrio il tetraedro «, ci sarà la corrispon­ denza univoca fra i tetraedri a e i numeri reali (positivi, nulli o a

negativi) — . Perciò i tetraedri si possono sommare e sottrarre, e a ± b

a

b

moltiplicare per num eri (reali). Si ha : --------= — zb — ; e se ?» è

GLI ELEMENTI DI CALCOLO GEOMETRICO

43

onde, permutando in un tetraedro i vertici fra loro, il tetraedro non cambia in valore assoluto, ma cambia, o non cambia segno, secondocliò il numero delle inversioni fatte è dispari o pari.

Somme di punti. 8. L ’insieme di più punti A , B, 0 , . . . cui si immaginino affisai dei numeri m, n, p , . . . si indica con m A + nB

pC + .. .

Questo insieme si dirà ancìie Somma di p unti, o Forma geome­ trica (di prim a specie), o, per brevità, F. 9. Dicesi prodotto d’una forma geometrica S = m A + nB + pG + . . . per una terna di punti P Q R , la somma dei tetraedri : SP Q R = {mA + n B - f p C + . . . ) P Q R = m A P Q R + + nB P Q R + pC P Q R - f - . . 10. Si dice che una forma geometrica S è nulla, e si scrive S = 0, se, comunque si prendano i tre p unti P Q R , si ha SP Q R = 0. Es. A — A — 0. 11. Due formazioni geometriche S ed S ' diconsi eguali (£ = S '), se, comunque si prendano i punti P Q R , si ha SP Q R = S'P Q R . Due P differenti solo per l’ordine dei term ini sono fra loro eguali. 12. Essendo A e B dei punti, ed m ed n dei numeri, l’equa­ zione m A = nB significa che i p unti A e B coincidono, e che i num eri m ed n sono fra loro eguali. Infatti, se il piano PQ R passa per A , sarà A P Q R = 0 , onde dovrà essere B P Q R = 0 , ossia ogni piano passante per A passa pure per B } quindi A e B coincidono. Prendasi ora un piano P Q R non passante per A ; si avrà A P Q R = B P Q R j e dovendo essere m A P Q R = n B P Q R , sarà m = n. 13. Sono n aturali le convenzioni seguenti : Quando in una forma geometrica un punto non ha coefficiente s’intende che esso sia l’unità. Così A — B indica l ’insieme dei punti A e B coi coefficienti l e — 1. Essendo S — m A + n B + . . . e S ' = m 'A ' + n 'B ' + . . . due F, per loro somma intenderemo la F che si ottiene scrivendo i ter­

44

GIUSEPPE PEANO

m in i d i

S ' d o p o q u e lli d i S :

8 + 8' = m i + nB + . . . + m 'A ' + n 'B ' + . . . P er prodotto di 8 = m A nB + . . . per un numero le si in ­ tende la F che si ottiene moltiplicando i coefficienti di S per le : JcS — IcmA + IcnB + . . . A Quando ci farà comodo, scriveremo A m al posto di mA , e — . * m invece di — A . m

, ■

.

Riduzione delle F. 14. Teorema. Se A e B sono due punti, e m ed n due numeri tali che m + n ^ 0, allora la somma m A -|- n B si può ridurre ad (ììi + n) C, ove 0 è il punto che divide il segmento A B in parti in ­ versamente proporzionali ad m ed n, internam ente se m ed n hanno lo stesso segno, esternam ente se segno contrario ; vale a dire tale che

= —

ten en d o con to dei seg n i.

GB m Infatti, prendansi ad arbitrio i tre punti PQR. Se il piano PQ R risulta parallelo ad A B , sarà A P Q R = B P Q R = CPQR,

perchè tetraedri aventi la stessa base, e altezze eguali ; onde sarà tìiA P Q R — |- n B P Q R = (ìw -|- w) CPQR, Se il piano P Q R non è parallelo ad A B , sia X il loro punto d ’incontro. Si ha dalla definizione di G, mAG

nBO = 0,

ossia m (XG — X A ) + n (XC — X B ) = 0 , o ancora m X A + n X B == (m + ji) XC. Ora i PQR, sono sate da A , menti X A , tare ; onde

tetraedri A P Q R , B P Q R , CPQR, aventi la stessa base proporzionali alle altezze, cioè alle perpendicolari abbas­ B , C su PQ R ; queste altezze sono proporzionali ai seg­ X B , X C per una nota proposizione di Geometria elemen-, sarà m A P Q R + n B P Q R = (m + n) CPQR.

ÒLI ELEMENTI DI CALCOLO GEOMETRICO

45

Pertanto, comunque si prenda il triangolo P Q R si ha (mA + nB) P Q R = (m + n) CPQRy

vale a dire

* mA

n B = (m + n) 0.

15. EserciziL a). A -|- B rappresenta il punto medio di A e B col coefficiente 2 ; onde il punto medio di A B sarà espresso da A + B 2



fi). Posto G = 2A — B , sarà G un punto. L’equazione prece­ dente si può pure scrivere 2A — B C7 onde A sarà il punto me­ dio fra B e G. y). Preso un punto qualunque G della retta A B , si possono sempre determinare due numeri m e n, non amendue nulli, tali che risulti (m -f* n) G = m A -j- nB. Basta prendere i numeri m ed n proporzionali ai segmenti GB e AG, tenendo conto dei segni. 16. Dicesi massa d’una forma S = m A + nB -|- pG -|- . . . , la somma dei coefficienti m + n + p + . . . 17. Teorema. Ogni F la cui massa non è nulla, è riduttibile ad

un punto solo avente per coefficiente la massa della F data. Infatti le somme dei coefficienti non possono essere due a due nulle ; poiché se m, n, p non sono nulli, non può essere ad un tempo m n = 0, m p = 0, n p — 0. Suppongasi m + n ^ 0 ; al­ lora m A + nB è riduttibile ad (m -f- n) X , ove X è un punto deter­ minato j e quindi m A + nB + pG + . . . = (m + ») X + pG -j- . . . ;

così la forma data è ridotta ad un’altra con un punto di meno, e le masse delle due forme sono eguali. Così continuando si ha il teorema. 18. Il punto 0 cui è riduttibile m A nB pC , sup­ posto m - ^ - n - ^ - p - ^ ' . ' ^ O , dicesi baricentro del sistema dato. Esso è definito dalla eguaglianza: ( m - \ - n - { ’ p - { - > . . ) G = m A -[- n B + pG + • • •

ovvero ^ _m A nB -|- pG -|- . . . m -f- n -j- p + . . .

19. Esercizio a). Essendo A , B , G i tre vertici di un triangolo, il suo baricentro è - i - (A -f- B -f- G) j per esso passano le mediane ü

46

GIUSEPPE PEANO

A + B\

del triangolo, cioè le rette

e si

dividono nel rapporto 1 : 2. /9). B C — A rappresenta il punto d ’incontro delle parallele condotte da B e da C ai lati opposti. A -\-B B + G 04- A x y). Il baricentro del triangolo — ^ ~ ^ — è ancora Z

2

±-(A + B + C ). Ò). Costruire il triangolo AB C , conoscendone il baricentro G, il punto K che divide il lato BG nel rapporto 1 : 2, e il punto K che divide esternam ente il lato A G pure nel rapporto 1 : 2 . Si avranno le equazioni A -)- B G = 3G, 2B C = 3H, 2A — C = K , che risolte danno :

A = ^ G -± -H + ± -K ,

B ------ i - e + ^ H + 4 - i r ,

C = 3 G -± -M -± K . e). Essendo A , B, 0, D i vertici d ’un tetraedro, il baricentro - i - (A + B + 0 + D) si trova sulle 4 rette che uniscono un verticé A col baricentro - ì - (B -f- G + D) della faccia opposta, e le divide iJ

nel rapporto 3 : 1 ; esso sta pure sulle 3 rette che uniscono i punti medii — (A 2

B) e — (0 + D) di due spigoli opposti, e ne è il 2

punto medio. £). Essendo A B C tre punti non collineari, e J> un punto del piano A B C , si possono determ inare tre numeri p non tu tti nulli, tali che si abbia (m + n

p) D = m A + n B + p G .

rj). Essendo A , B , C, D quattro p unti non complanari, ed E un punto qualunque, si possono determ inare quattro numeri m, n , P j q non tu tti nulli, in modo che si abbia {m -f- n + p + q) E — m A -f- nB -|- pG + qD. Vettori.

20. Qui ci occuperemo delle F la cui massa è nulla. Definizione, Dicesi vettore la differenza B — A di due punti A e B.

GLI ELEMENTI DI CALCOLO GEOMETRICO

47

Il punto A dicesi origine, il punto B termine del vettore. Per verso di B — A s ’intende quello da A a B . Nelle figure si suol rappresentare un vettore mediante il segmento di re tta che ne unisce gli estremi, e una freccia che ne indica il verso. Si ha B — A + A = B , ossia un vettore aggiunto alla sua origine dà il suo termine. 21. Teorema. Affinchè due vettori B — A e B ' — A ' siano eguali, è necessario e sufficiente che i segmenti A B e A ' B ' siano paralleli, eguali in lunghezza, e diretti nello stesso verso. B 4- A ' Infatti, dire che B — A = B ' — A ' equivale a dire —------- = B ' 4- A — — , ossia il punto medio di B A ' coincide col punto medio di À A B ' j e questo equivale alle condizioni geometriche precedenti. 22. Problema. Costrurre la somma O (B — A) di un punto 0 e d*un vettore B — A . Si costruisca il punto X tale che X — O = B — A , vale a dire si porti da 0 il segmento OX, eguale, parallelo e nello stesso verso di A B j sarà X = 0 (B — A). 23. Problema. C ostrurre la somma di più vettori I , I 2 . . . I n . Si prenda un punto arbitrario 0 ; si costruiscano i punti X i X2 . . . X n in modo che sia Xi = 0 + It ,

X2 = X , -)- J 2 , . . . X — X„_i + I n.

Sarà : X n — 0 = li + li + •• . + I n . Il poligono i cui vertici sono 0, X tì X 2, . . . X n dicesi, in Mec­ canica, il poligono delle traslazioni. 24. Teorema. Ogni F la cui massa è nulla, è riduttibile ad un vettore. Sia S una F di massa nulla ; preso ad arbitrio un punto P , la 8 + P ha per massa 1, onde è riduttibile (N. 17) ad un punto Q = 8 -|- P. Di qui si ricava 8 = Q — P, ossia S è ridotta ad un vettore. Questo vettore può anche annullarsi. 25. Il prodotto di un vettore I per un numero x è un vettore parallelo ad X, rivolto nello stesso verso o verso opposto secondochè x è positivo o negativo, e la cui lunghezza sta a quella di I come x : 1. Infatti, se I = B — A , sarà x i — x B — x A una F di massa x — x = 0, onde è riduttibile ad un vettore. F atto C — A = x{B — A ), AC sarà C = x B + (1 — x) A ; onde - - = x .

GIUSEPPE PEANO

48

La costruzione grafica di col è facile quando x è commensura­ bile; può essere difficile od anche impossibile coi comuni strumenti per x incommensurabile. 26. Essendo I e J due vettori paralleli, e il primo non nullo, si può determinare un numero x tale che J = x l. Risulta dalla pro­ posizione precedente. 27. Tre vettori diconsi complanari, se sono paralleli ad uno stesso piano. Essendo x e y due numeri reali, i vettori I , J , x l + y J sono complanari. Teorema. Se I e J sono vettori non paralleli, ogni vettore JJ complanare con essi si può decomporre nella somma di due vettori, Puno parallelo ad I e l’altro ad J. Infatti, preso ad arbitrio il punto 0, si costruiscano i punti A — 0 -j- I , B = 0 - f J y P — 0 + U. I punti 0, A , P giacciono in uno stesso piano. Da P sì conduca la parallela a OB, che incon­ tri OA nel punto M. Si avrà U = P — 0 = (M — 0) + (P — M),

e così JJ è decomposto nella somma del vettore M — 0 parallelo ad I e del vettore P — M parallelo a J. 28. Essendo / e J due vettori non paralleli, e JJ un vettore complanare con essi, si possono determinare due numeri x e y in modo che risulti JJ = x l + yJ-

Infatti, decomposto TJ in due vettori, Puno parallelo ad l e Paltro ad J , il primo si può eguagliare ad x l ed il secondo ad y J . 29. Dati tre vettori 7, *7, K non complanari, ogni vettore TJ si può decomporre nella somma di tre vettori, Puno parallelo ad I , Paltro ad J e il terzo a K . Dimostrazione analoga a quella del 'N. 27. 30. Dati tre vettori I , 0 , rappresenta un piano normale al vettore a l + bJ -f- cK. Infatti essa si può identificare colla precedente. y). La condizione di parallelismo del piano ax + by

cz + d = 0

col vettore F = l i + niJ + n K , è quella di perpendicolarità del vettore U = a I + bJ + c K e di F, ossia : al + fon + cn = 0 .

La condizione di perpendicolarità del piano e del vettore prece­ denti ò quella di parallelismo fra i vettori 27 e F, ossia l a

m b

n c

Ó). La condizione di perpendicolarità dei due piani ax + by +

m

+ à = 0

e

a'x -|- b'y + c'z + d! = 0

è quella di perpendicolarità dei vettori loro normali a l + b J e a 'I + b'J -|- c'K, ossia aa ' + bb' + cc' = 0 .

La condizione di parallelismo sarà analogamente

cE

58

GIUSEPPE PEANO

Il coseno dell’angolo formato dai due piani è eguale a quello dell’angolo formato dai vettori loro normali e quindi è dato dalla formula al N. 46, ô. e). Siano A , B , G dei punti. L’identità B — A = [B — C) — {A — 0 ),

elevata a quadrato, dà {B — A f = (B — G f + (A — G f — 2{B — G) X {A — 0),

ossia in un triangolo qualunque il quadrato d’un lato vale la somma dei quadrati degli altri due lati meno il loro doppio prodotto pel coseno dell’angolo compreso. £). Essendo A , B y 0, D quattro punti qualunque, si ha : {A — B)

x

[G — D) + (B — G)

x

(A — D) +

+ ( 0 — A) x {B — D) = 0 . 7]). Siano A , B, G i vertici d’un triangolo, e sia D il punto d’incontro delle altezze abbassate da C su A B , e da A su B G j sarà {A — B) x (G — D) = 0 , e (B — G) x {A — D) = 0; quindi, per la £, sarà pure (G — i ) X {B — J)) = 0, ossia il punto I) sta pure sulla terza altezza. Quindi : In un triangolo le tre altezze passano per uno stesso punto. 0 ). Se in un tetraedro A B G l gli spigoli opposti A B e CD sono perpendicolari, come pure B C e A D , lo saranno pure gli spi­ goli A C e B D . Conseguenza della £). 1). L’equazione della sfera di centro C e di raggio r si può scrivere (P — C f = r 2.

Linee* 48. Se un punto P è espresso in funzione d’.una variabile numerica t7 variando questa, il punto descrive un luogo (linea). (*) a). Essendo A un punto ed I un vettore dati, il punto P = = A + I t descrive la retta passante per A e parallela ad I. P). Il punto P = 0 + ove 0 è un punto fìsso, I un vettore eguale in grandezza all’unità, r una costante positiva, col variare di t descrive la circonferenza di centro 0 e di raggio r. y). Il punto P = 0 + I t + J t z ove 0 è un punto dato, I e J due vettori qualunque, descrive una parabola passante per 0, tangente ad 01, e coi diametri paralleli ad J. (*) Per alcuni complementi alla teoria delle cnrve reali ofr. il seguente estratto dal trattato.n. 60 (Lezioni d i a n a lisi i n f i n i t 1893, voi. 2°). U. C.

OLI ELEMENTI DI CALCOLO GEOMETRICO

59

ô). Il punto P = O + (a cos t - \ - i b sen t) J, ove O è un punto fisso, J un vettore in grandezza eguale ad 1, e a e b due costanti positive, vale a dire il punto di coordinate cartesiane acostf e òsentf, col variare di t descrive Vellisse di centro 0 e di semiassi a e b rivolti secondo I ed iJ. QÌt 1 0—Ì( git ,_ g—Ü E poiché cos t = — ------, sen t = ----- —-----, sostituendo si ha 2 2i

pure : P = O +

e“ +

e - “j 7.

e). Il punto P = O -f% ove 0 è un punto fisso, e A e B sono due vettori qualunque, descrive sempre un’ellisse. In­ fatti sia I un vettore in grandezza eguale all’unità di misura e di­ retto secondo la bisettrice dell’ angolo (A , B). Posto gr A = a , gr B = 6 ,' e 2« = angolo (B , A), sarà A = quindi s*« P — 0 = e r (M — G), e sostituendo : P = 0 + (B + r ) e i‘ I — re (1 + ' ) UI. x). Elica. Siano 0, J, J f K gli elementi di riferimento in coor­ dinate cartesiane. Chiamisi i l’operazione (N. 37) che eseguita sui vettori del piano 0 I J li fa rotare d’un angolo retto positivo cioè da I ad J ; onde sarà J = i l . Il punto

P = 0 + reHI + H K variando t descrive l’elica di raggio r e di passo ridotto li.

Derivate. 49. Noi considereremo degli enti variabili, d’una categoria qua­ lunque, funzioni di enti di altre categorie. Così una forma 8 è funzione d’una variabile numerica t , se, dato t , risulta determinato Essendo $ ed S0 due F, la prima variabile e la seconda fissa, diremo che lim 8 = SQ, se, comunque si prendano i tre punti P Q R } si ha lim S P Q R = 8 0P Q R . Questa definizione è analoga a quelle date ai N. 10 e 11. Risulta subito che un punto variabile ha per limite un punto fìsso, se la loro distanza tende a zero j e che un vettore ha per limite zero quando tende a zero la sua grandezza.

61

GLI ELEMENTI DI CALCOLO GEOMETRICO

50. Se f (t) rappresenta un ente d7una categoria qualunque, funzione della variabile t, estenderemo la comune definizione di derivata scrivendo

h

Affinchè questa definizione sia applicabile, è necessario che sugli enti considerati siano definite le operazioni indicate, cioè la differenza f { t + &) — /(Q ? il quoziente di questa differenza pel nu­ mero h , ed il passaggio al limite. Queste condizioni sono verificate per le Fj sicché per esse è definita la derivata. La derivata d’un vettore è pure un vettore ; e la derivata d’un punto è un vettore. Definita la derivata prima, si estenderanno le comuni definizioni delle derivate successive e degli integrali indefiniti e definiti. 51. Sussistono le comuni regole di derivazione,* sicché, essendo S, 8' delle formazioni variabili, ed x un numero variabile, si ha : d [8 + S r) = d S + dfl'f

d(x8) = x d S + S ùx, ecc.

Se gli elementi di riferimento (0, J, K ) sono fissi, e se JJ = xI -f- y J + zK , ove le coordinate sono variabili, si avrà derivando: dU dt

Se P = 0

dx dt

dy

+ dr

dn U _ ^ d nx

d tly

~dF~dt^

+ dF

xi

yJ

dz ~i~dt d uz

+

zK , derivando si ha :

accelerazione .

Essendo f { t ) una F avente derivata prima f ( t )

continua, si

/ ( O - / ( < ' ) , cioè la derivata è il limite del rapha f (£) = lim t" — r o porto fra l’ incremento della funzione e quello della variabile, ove si facciano variare tutti e due i valori dati alla variabile. Infatti basta moltiplicare per un triangolo arbitrario P Q R onde ricadere in una nota proposizione di Analisi.

62

GIUSEPPE PEANÒ

Tangente ad una curva; differenziale dell’arco. 52. Teorema. Se il punto mobile P ha derivata ^ non nulla, Clt dP la tangente alla linea descritta da P ha la direzione di — . (I

t

Infatti, dato a t un incremento h, e detta P 4 la nuova posi­ zione del punto, sarà: tangente in P = lim retta P P i = lim retta (P, P 4— P ) = lim retta ^P,

— retta [ p ,

.

dP Se — è continua, e non nulla, la tangente in P è anche il (ir limite della congiungente due punti della curva P { e P 2 tendenti a p

__p

dp

P. Infatti anche in questo caso il vettore ~ r ---- ^ ha per limite —— . h — ^t dP 53. Teorema. Se — è continua e non nulla, il rapporto fra un Qv arco infinitesimo d® e l’incremento corrispondente d t vale d8

dP

*

Infatti siano P x e P 2 due punti dell’arco corrispondenti ai valori

di t \ pongasi òt = t%— t iy e ós = arco P t P 2. Si avrà : ds òs arc P . P 9 corda P. P 9 — = h m T7 = hm — ■ ' * X l n n -----1 2. di ot corda P , P 2 Ôt Ora,

per

le

ipotesi

fatte

t

si

ha

arc P P lim ------— co rn a i

11 g

= 1,

e

corda P | P 2 gr(P2 — P,) P s — P, dP lim------— ~—s = lim— —^—-—- = lim gr —----- —1 = gr — , onde si Oî ìj îg Ig-- - tj ha la formola a dimostrarsi. 54. Esercizii. a). Le equazioni della tangente alla da P = O x I -f- y J + z K } ossia le equazioni della per P e parallela al vettore dP — d x l + dyJ -f" (\zK, le coordinate d’un punto della tangente, sono (N. 30 X —x da?

Y —y

dy

(l C

curva descritta retta passante dette X, Ir, Z, e)

Z —z dz "

/?). Se M è un punto del piano normale , sarà {M — P ) X X dP = 0 , ossia, in coordinate cartesiane, (X — ia?) dj? -)- (3T — y) dy -\-(Z — z) dz = 0 è l’equazione del piano normale.

ÒLI ELEMENTI DI CALCOLO GEOMETRICO

63

y). Se il punto P si muove in un piano fisso, il vettore dP i —— lia la direzione della normale alla linea descritta da P. dt • ■ • > ove funzioni della posizione di P, si ha

Vu = — —v d«i

1 1 dw2

, «2 > • • • «n sono numeri

V%“h • • • ~h a ^ ~ Vw» •

^ ^ du d f dw4 . , d f dun Infatti si avrà — = - r 1- + • ■ • + ~r~ ~r~ da? d u t da? ‘ dît» da;

per ^ k

dy

e

dz

.

j

e analogamente

Sostituendo nella definizione di \ / u , si ha la formula

a dimostrarsi. Così si è in caso di trovare il parametro differenziale di una funzione analitica qualunque delle distanze del punto P da punti, rette e piani fìssi.

68

GIUSEPPE PEANO

64. L’introduzione del parametro differenziale permette di enun­ ciare sotto forma semplice le proposizioni di Analisi in cui compaio­ no le derivate di u . a). Se u è costante, si ha V %= 0 , e viceversa. . dw dw dw _ . Infetti essa equivale « se « è costante sarà — = — = — = 0 , e viceversa ». p). Se u , per una posizione di P, è massima o minima,

sarà \Ju — 0 . (jw ciw Infatti dall’ipotesi si deduce —- = — = — = 0 , onde Vw = 0 . ax dy az y ) . Dando a P uno spostamento ò P , si ha òu — (Vu - |- 0) >< X òP, ove 0 è un vettore infinitesimo con ÒP. Infatti si ha

* -(5 + -)* + (S + ')* + (£ + ')* ove a , p , y sono numeri infinitesimi con ô P ; e fatto 9 — olI -f-|- p j -|- y K si ha la formula a dimostrarsi. Questa proprietà caratteristica di \ / P potrebbe anche servire per definizione. Ô). La normale al luogo dei punti per cui « è costante, ha la direzione di V w , supposto questo vettore non nullo. Infatti siano P e P + ò P due punti del luogo ; sarà Òu = 0 , onde, per la y , sarà (Vm + 0) X onde avere la prop. a dimostrarsi ».

90

GIUSEPPE PEANO

Colla stessa sostituzione dalla 2 si ricava la 5, che si può anche scrivere sotto la forma 5', e dalla 3 la 6 . TJn altro teorema sulle operazioni ripetute è il * 7. « Conservando a, a, a il precedente significato, ed essendo b e c due numeri, allora l’eseguire su a l’operazione a, b volte, e sul risultato la stessa operazione c volte, equivale ad eseguire l’opera­ zione «, ft -f c volte ». La dimostrazione, che si fa pure per induzione, è simile a quella della'P3. Facendo nella 7 la solita sostituzione si ha la P 8 , che esprime la proprietà associativa della somma. La prop. 9, che ne esprime la proprietà commutativa, trovasi dimostrata sempre per induzione nel § 1, prop. 24 e 25 degli Arith. j?r., a cui rimando il lettore, non avendo da farci alcuna modifica­ zione. Così si hanno le proprietà fondamentali dell’addizione. Le proprietà 8 e 9 sono, in alcuni trattati d’Aritmetica (come in quello del Bertrand), date senza dimostrazione, come un principio ; e credo che questo sia ben fatto in un insegnamento secondario. Le dimostrazioni contenute in altri trattati non sono soddisfacenti. Così per dimostrare che a -j- b — b + il ragionamento « Infatti la serie di a unità alle quali siano state aggiunte b unità 1

2

3

a

1

2

b

1 + 1 + 1 + ... + 1 + 1 + 1 + ... + 1

guardata da destra a sinistra, non è altra cosa che la serie di b unità alle quali sono state aggiunte a unità, » non è trasformabile in alcuna delle forme note di ragionamento ; ed ò forse più chiaro ammettere la proposizione a dimostrarsi che la va* lidità di quel ragionamento. Le dimostrazioni rigorose di queste proprietà, e che noi abbiamo riportate, devonsi a II. G rassmann (a). Esse furono poi ripetute da H ankel (3), P eiroe , D edekind , ecc., il quale ultimo enunciò pure il principio di induzione matematica, di cui gli altri si servivano « nach einer bekannten Schlussweise », senza enunciarlo esplicita­ mente.

(2) Lehrbuch der Arithm elik, Berlin 1861. (3) Vorlee. U. d. Complexen Zahlen,

SUL CONCETTO DI NUMERO

91

§ 4. — Maggiori e Minori . a, b, c}... s N . o

Definizioni.

■1. Ò > a . = . &e a + N. 2 . a < 6 . = . b >> a. Teoremi.

3. a -j- ^ ^ 4. » < 6 . 6 < c : o . ( K ^ c. 5. f t < 6 . 0 . a + c < 6 + c« 6. a < f c . e < d : o . a - | - c < ô - | - Æ . 7. a = 1. u . a > 1. 8. a — b . u . a >» 6 . « . a &: = A. 10. a = 6 . a < b : — a. 11. a > &. a < &: =

a.

Osservazioni .

Indicando con a, 6,«. degli N, si dice (PI) che b è maggiore di a, se b è uno dei numeri che si ottengono aggiungendo ad a un nu­ mero (intero positivo). E, P2, che a < &, quando 6 > a. Le relazioni > e < soddisfano ai teoremi 3-11, la cui interpretazione è assai facile e di cui si tralascia per brevità la dimostrazione.

§ 5. — D ello zero e dell ’inversione . 1. « « IC . a e s\« • « « * ! O . fl a 0 = a 2. « ì N , D . a - | - 0 = (i

[Def.]

92

GIUSEPPE PEANO

Definizione dell’inversione.

3. a, b e K . a e a\b . y eh : o . y a — = # e (# a = y) (*) 3',

»

»

»

:o . y a — y a — Teoremi.

4.

»

»

»

'.O’.x e y o t . — . = . æ a = y

[P3 = P4]

5. s e K . a, a e s\s . x e s : o . oc a a = x G. »

» : D. x a a = x

7.

»

» . o . a? a ------- — x oc

8.

»

» . b e ~ N : o . x a — fces

9. »

* ) §3 P 3 . 0 . P 7 ]

» : o . ff(a& —) ■= #(a — 6). Osservazioni.

La scrittura a a &, già definita nel § 3 quando b è un N, si de­ finirà ora per &= 0 , e, in certi casi, per b negativo. 1. « Essendo s una classe, ed « un’operazione che trasforma gli s in «, ed a un s, allora porremo, per definizione, che a a 0 valga a » . La formola a a 0 si potrà leggere ciò che si ottiene eseguendo su a l’operazione a, nessuna volta. 2 . « Leggendo nella precedente N e + al posto di « e a, si ottiene che, essendo a un numero, a + 0 , cioè il successivo di a d’or­ dine 0 , vale a ». 3. « Essendo a e & due classi, ed a una rappresentazione de­ gli a nei &, ed y un individuo della classe &, con yx — intenderemo la classe degli individui x , il cui corrispondente x