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Letteratura tedesca (3) – A. Fambrini Il romanzo tedesco del 2° Novecento, nel periodo del 2° dopoguerra dal 1945 fino ad oggi. Durante il periodo del nazionalsocialismo i letterati prendono diverse strade: -
Chi si adatta; Chi crede alle ideologie naziste, creando una lingua al fine propagandistico; “emigrazione interna”, ovvero coloro che rimasero in Germania dissentendo, spesso vennero torturati, catturati, mentre altri scrivevano in codice o opere disimpegnate; Emigrazione all’estero, si ricorda: o Brecht, socialista, va in vari Paesi ma infine si stabilisce in USA, dove però non riesce a integrarsi. Dopo la guerra si stabilirà a Berlino est ma non vorrà mai la tessera del partito, per essere libero di dissentire. o T. Mann, borghese e conservatore, vinse il Premio Nobel. Si trasferisce in California, dove scrive il Doktor Faustus. Successivamente va in Svizzera, Paese ricco e neutrale. o W. Benjamin dalla Francia cerca di scappare in Portogallo ma, ormai senza speranze, si toglie la vita.
Nel dopoguerra la letteratura tedesca è spezzata, così come la Germania che è divisa in zone d’influenza francese, inglese, americana e russa. Berlino stessa ne è l’emblema, divisa tra USA e URSS, le quali rispettivamente occupano la parte occidentale, più ricca, e orientale, socialista. La prima fu la Repubblica Federale di Germania (Bundesrepublik Deutschland o BRD) per un periodo fu isolata ma, grazie ad un aeroporto, riuscì sempre a rifornire la città ed essere autonoma. Inoltre, attirò molti giovani e fu molto attiva intellettualmente. La seconda fu la Repubblica Democratica Tedesca (Deutsche Demokratische Republik o DDR), occupava i quartieri più popolari dove vivevano i lavoratori pronti ad accettare il socialismo. Incentivò vari dibattiti culturali e la nascita di case editrici. Di letteratura tedesca si parla anche in Austria, dove la lingua ufficiale è quella tedesca; così come in Svizzera. Si trova però anche una minoranza tedesca in Italia, nel Südtirol, dove vivono tutt’oggi autori interessanti ma che vive in contrasto con gli italiani. Anche nel Lussemburgo vive una percentuale del 33 % di tedeschi. Con la caduta del terzo Reich, la letteratura tedesca di trovava anche di fronte ad una lingua che rappresenta le macerie, la povertà: una lingua che non poteva più essere quella che era prima della guerra. Per questo si è cominciato a fare tabula rasa, a ricostruire una lingua nuova attraverso un procedimento radicale, definito “Kahlschlag” (disboscamento). Tra i primi a lavorare in questo senso fu Günter Eich, poeta e drammaturgo tedesco che vinse il premio del Gruppo 47 (centro culturale fondato nel dopoguerra da giovani autori che tentarono di rifondare la letteratura tedesca. Iniziatore fu Richter, ma importanti furono anche Andersch e Böll), con la sua poesia “Inventur” (Inventario). Dies ist meine Mütze, (Questo è il mio berretto, dies ist mein Mantel, (questo il mio mantello, hier mein Rasierzeug (qui il mio rasoio im Beutel aus Leinen. (nel sacco di lino Konservenbüchse: (Scatola da conserva: Mein Teller, mein Becher, (Il mio piatto, il mio bicchiere, ich hab in das Weißblech (Ho inciso nella latta bianca den Namen geritzt. (il nome. Geritzt hier mit diesem (Inciso qui con questo kostbaren Nagel, (chiodo molto prezioso, den vor begehrlichen (che dai bramosi Augen ich berge. (occhi nascondo.
Im Brotbeutel sind (Nel cestino del pane ci sono ein Paar wollene Socken (un paio di calze di lana und einiges, was ich (e alcune cose, che io niemand verrate, (non dico a nessuno, so dient es als Kissen (così esso serve come cuscino nachts meinem Kopf. (di notte alla mia testa. Die Pappe hier liegt (Il cartone sta qua zwischen mir und der Erde. (tra me e la terra. Die Bleistiftmine (La mina della matita lieb ich am meisten: (è la cosa che mi è più cara: Tags schreibt sie mir Verse, (di giorno mi scrive i versi, die nachts ich erdacht. (che ho pensato di notte. Dies ist mein Notizbuch, (Questo è il mio taccuino, dies meine Zeltbahn, (questo il mio telone, dies ist mein Handtuch, (questo è il mio asciugamano, dies ist mein Zwirn. (questo è il mio filo per cucire.) Parla di un soldato in tempo di guerra che vuole riprendere una nuova vita e descrive tutti gli oggetti che ha davanti, senza compassione emotiva. Ciò simboleggia il ricominciare da zero ma dagli elementi più umili, come la matita e la carta. La poesia è semplice, descrittiva che parla di una vita ridotta all’osso, dove la lingua risulta essere oggettiva, neutra ma con contenuti costruttivi positivi. Egli quindi vuole depurare la lingua dai retaggi del nazismo. Partendo dalla rivoluzione ungherese del 1956, ci fu una significativa caduta del sostegno alle idee del bolscevismo nelle nazioni occidentali. Essa fu una sollevazione armata di spirito antisovietico scaturita nell'allora Ungheria socialista che venne alla fine duramente repressa dall'intervento armato delle truppe sovietiche. Morirono in molti e si ferirono in altrettanti, per questo una grande fetta degli ungheresi lasciarono il proprio Paese rifugiandosi in Occidente. La rivoluzione in Cecoslovacchia nel 1968, conosciuta come Primavera di Praga, seguì quella ungherese nella liberalizzazione politica dal controllo dell'Unione Sovietica, nel tentativo da parte di concedere nuovi diritti ai cittadini. Questi però non furono concessi dai sovietici che, dopo il fallimento dei negoziati, inviarono migliaia di soldati e carri armati del Patto di Varsavia ad occupare il paese. Si verificò una ondata di emigrazione verso i paesi dell'Europa occidentale, mentre le proteste furono all'ordine del giorno. La Cecoslovacchia rimase occupata fino al momento della caduta del muro di Berlino che segnò la fine del blocco sovietico. Alla fine degli anni ’70 e inizi degli ’80 la divisione tra Germania est e ovest comincia a vacillare, ci fu una forte crisi. Nel 1985, alla morte del vecchio segretario del partito socialista, sale Gorbaciov, ultimo segretario generale del Partito Comunista dell'Unione Sovietica fino al 1991. Egli fu propugnatore dei processi di riforma legati alla riorganizzazione dell'economia e della struttura politica e sociale del Paese (perestrojka) e ad una nuova attitudine a non celare le difficoltà, a discuterne liberamente "in modo trasparente" e criticamente (glasnost'). Fu, quindi, protagonista nella catena di eventi che portarono alla dissoluzione dell'URSS e alla riunificazione della Germania; artefice, con la sua politica, della fine della guerra fredda. La Germania est, con a capo Honecker, comincia ad essere refrattaria all’Unione Sovietica e alla sua politica ufficiale, furono quindi anni difficili, l’economia andava male e i beni pubblici mancavano di manutenzione. Honecker cercò di costruire relazioni amichevoli con gli stati europei del blocco occidentale, fallendo. Così il SED (Partito di Unità Socialista di Germania) cerca la simpatia della Cina (la protesta di piazza Tienanmen vide la partecipazione di studenti, intellettuali e operai contro la repressione del governo cinese in tema di diritti umani e libertà di espressione. Nonostante l’esito drammatico e un numero complessivo di vittime, gli eventi in Cina infervorarono ancor di più gli animi dei manifestanti europei, dando nuovo slancio alle rivolte contro i regimi dell'URSS che avrebbero portato alla caduta del muro di Berlino e alla dissoluzione dell'Unione Sovietica, evento che segna ufficialmente la fine
della guerra fredda) e della Romania ma non ricevette molto aiuto. Furono sempre maggiori le fughe dall’est all’ovest, quindi furono aperte le frontiere con l’Ungheria (tipico luogo di villeggiatura) nel settembre del 1989. L’8 Ottobre 1989 a Lipsia e a Dresda ci furono delle manifestazioni dai numeri notevoli, nelle quali il popolo diceva “Wir sind das Volk, ein Volk”. Alla celebrazione dei 40 anni della DDR partecipa Gorbaciov ma si comporta in modo molto freddo con il capo di stato, così, il 18 ottobre 1989 Honecker si dimette. Gli succedette tra le proteste contro il regime Krenz, il quale non riuscì nel tentativo di mantenere il regime al potere e fu costretto a dimettersi qualche settimana dopo la caduta del Muro di Berlino. Tra le proteste più significative ci fu quella del 4 Novembre 1989, quando una folla immensa invase Alexander Platz per delle nuove riforme e per la democrazia. Modrow, successivo Presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Democratica Tedesca, rimase in carica dal 13 novembre 1989 al 12 aprile 1990. Dal 1989 è stato membro del PDS ed è stato presidente onorario del partito Die Linke. Il 9 Novembre 1989 si aprono le frontiere occidentali, dopo quanto afferma il portavoce del SED Schabowski, la gente si avvia in massa ai punti di passaggio. Lothar de Maizière ha condotto le trattative con Helmut Kohl per arrivare rapidamente alla riunificazione tedesca, che culminarono nella firma del Trattato sullo stato finale della Germania del 31 agosto 1990 tra la Repubblica federale di Germania e la Repubblica democratica tedesca sullo scioglimento della RDT, la sua adesione alla Repubblica federale di Germania e all'unità tedesca. Il 2 dicembre 1990 le prime elezioni del paese unito. I partiti politici che parteciparono alla competizione elettorale erano gli stessi della Germania Ovest con a capo Kohl; eccezion fatta per il Partito del Socialismo Democratico, nato nello stesso anno, in cui confluirono alcuni membri del SED, con a capo Modrow. Vinse il cancelliere Helmut Kohl. La parte occidentale ha una grande forza economica. De Maizière vuole un’unione monetaria, così si converte la valuta ma ciò crea una crisi. La costituzione è quella occidentale. La parte orientale viene divisa in 5 Bundesländer: Sassonia, Sassonia-Anhalt, Turingia, Brandeburgo, Meclemburgo-Pomerania Anteriore. Viene inoltre “annessa” a quella occidentale, ma vi è una distanza enorme tra le due, tanto che l’est si sente inferiore e viene visto come un parassita. Molti, a livello lavorativo, vengono trasferiti da est a ovest, anche perché i salari a est erano più bassi; si ha una forte perdita di posti di lavoro, un ridimensionamento di luoghi pubblici, come scuole. Il 90% delle industrie vengono chiuse. Si vive da un lato un senso di trionfo ma dall’altro di difficoltà, tanto che porta a ciò che è stato chiamato “Ostalgie”, ovvero il rimpianto della gente dell’est per come vivevano prima. Questo sentimento sarà diffuso in letteratura così come in cinematografia. T. Brussig nasce nel 1964 a Berlino est. Non scrive molto ma la sua opera importante è Helden wie wir (eroi come noi) che racconta la caduta del muro e la successiva unità, attraverso il punto di vista grottesco di un personaggio megalomane. Inoltre, prende a modello C. Wolf come rappresentante della DDR, parodiandola. Fu fatto anche il film nel 1999. Dopo questo Brussig non sarà più all’altezza.
F. Dürrenmatt Nato nel 1921 in un contesto provinciale della Svizzera, utilizza un linguaggio da manuale, un tedesco privo dagli influssi dialettali o flessioni particolari, ovvero il cosiddetto “Hochdeutsch”. Agli esordi fu molto influenzato dall’assurdo kafkiano, che con lui diventa laico. Lo ritroviamo principalmente nei suoi racconti brevi: o o o
Der Tunnel – ad una prima stesura si parla di un treno che “precipita nel grembo di Dio”, ma ad una seconda stesura, già laica, s’intende il treno come simbolo di un’esistenza che porta al nulla; Die Panne (La panne) – attraverso una comicità patetica, introduce il tema dell’autenticità della vita; Der Sturz (La caduta) – introduce la metafora del gioco di scacchi per rappresentare uno Stato, quello svizzero, che gioca con potere come con la vita;
Per quanto riguarda l’attività di drammaturgo, ricordiamo: o
Es steht geschrieben (Sta scritto) – il titolo allude al carattere biblico, quello che fa l’autore è una rivolta contro gli statuti della chiesa;
o o o o
Romulus der Große (Romolo il Grande) – già più maturo, usa la sua vena satirica su un mondo tramontato, rappresentando anche l’attualità; Der Blinde (Il cieco) – teatro post-espressionista; Der Besuch der alten Dame (La visita della vecchia signora); Die Physiker (I fisici) – considerato commedia, si avvicina più ad essere una tragi-commedia che narra di un fisico nucleare, Möbius, che scopre la formula universale del sistema per tutte le scoperte. Onde evitare che i suoi studi finiscano nelle mani sbagliate (porterebbe alla distruzione dell’umanità) si fa internare in una casa di cura, Les Cerisièrs, fingendosi pazzo. Lo seguono, inscenando la stessa malattia, un agente segreto americano che fa finta di credere di essere Newton, e una spia comunista, che dice di credersi Einstein, rappresentanti rispettivamente del blocco occidentale americano e quello orientale sovietico. Questi intendono impadronirsi della formula segreta, ma al termine della pièce l'unica persona che riuscirà a ottenere le carte sarà la proprietaria della clinica, Mathilde von Zahnd. L'unica vera folle, che intende assoggettare tutto il mondo con la scoperta di Möbius. Lei rappresenta il destino e il come non si possa sfuggire da esso che ha connotazioni caotiche e casuali. Tutto ciò sottolinea la responsabilità dello scienziato davanti alla scienza, una responsabilità che può essere consapevole o non, e che ricorda la bomba atomica. L’autore scrive 21 punti di commento al testo, i quali sono l’espressione della sua visione delle cose, della realtà: “ 1. Io non parto da una tesi, bensì da una storia. 2. Se si parte da una storia, bisogna pensarla fino alla sua estrema conclusione. 3. Una storia è pensata fino alla sua estrema conclusione quando ha preso il peggiore sviluppo possibile. 4. Il peggiore sviluppo possibile non si può prevedere. Avviene per caso. 5. L’arte dell’autore drammatico consiste nel far intervenire il caso nell’azione in maniera quanto più efficace possibile. 6. L’azione drammatica si basa sugli esseri umani. 7. Nell’azione drammatica il caso consiste in chi incontra per caso chi e dove e quando. 8. Quanto più sistematicamente agiscono gli uomini, tanto più efficacemente può il caso colpirli. 9. Gli uomini che agiscono sistematicamente vogliono raggiungere un determinato obiettivo. Il caso li colpisce nel modo più grave, quando raggiungono grazie ad esso il contrario del loro obiettivo, e cioè quel che temono e cercano di evitare (per esempio: Edipo). 10. Una tale storia è grottesca, ma non assurda (contraria al senso comune). 11. Essa è paradossale. 12. Gli autori drammatici, come i logici, non possono evitare il paradosso. 13. I fisici, come i logici, non possono evitare il paradosso. 14. Un dramma che tratti di fisici deve essere paradossale. 15. Non può avere per obiettivo il contenuto della fisica, ma solo i suoi effetti. 16. Il contenuto della fisica riguarda solo i fisici, i suoi effetti riguardano tutti. 17. Ciò che riguarda tutti può essere risolto soltanto da tutti. 18. Ogni tentativo del singolo di risolvere per conto suo ciò che riguarda tutti è destinato a fallire. 19. Nel paradosso si rivela la verità. 20. Chi si trova di fronte al paradosso si espone alla realtà. 21. L’opera drammatica può indurre lo spettatore a esporsi alla realtà, ma non può costringerlo ad affrontarla o addirittura a risolverla. “ Tutte queste riportano una dimensione di pessimismo ma anche di paradosso che vede la vita svolgersi come una storia, nella quale vige il grottesco, mentre l’assurdo risulta essere irrealizzabile. La letteratura viene vista come scienza, fonte di conoscenza. L’ultimo punto è una critica a Brecht, il
quale vedeva l’arte drammatica come un modo di cambiare la realtà, ma per Dürrenmatt per cambiarla davvero bisognava agire. Infine, ma non per importanza, il suo lavoro romanzesco: o
o
o
Der Richter und sein Henker (Il giudice e il suo boia) – storia tradizionale poliziesca con i suoi cliché, come l’investigatore Berlach. Egli è un uomo arido, acido. Non è un uomo d’azione, ma di riflessione profonda che vive all’interno di un’atmosfera cupa che ricorda il mondo degli anni ’40-’50, periodo di transizione, nel quale i carnefici del Terzo Reich sono ancora in circolazione. Vige però l’impossibilità di trovare la verità in un mondo dove vige il caos, che spesso si traveste da caso, e gli uomini cercano di dare senso alla vita, finendo per arrendersi. Ciò sta a sottolineare l’incoerenza del mondo. Der Verdacht (Il sospetto) – Berlach ritorna ma più decaduto e malato. Il romanzo riflette sulla responsabilità del nazismo sulla morte di innocenti, puntando l’accusa alla Svizzera di essere stata neutrale, di aver chiuso gli occhi davanti alla tragedia. Da qui nasce la consapevolezza del senso di colpa. Justiz (Giustizia) – romanzo che iniziò precedentemente ma che concluse solo nel 1985, è un thriller legale, di processo.
Per comprendere il romanzo La promessa (Das Versprechen, 1957) bisogna però prima fare una distinzione introdotta da J. P. Manchette (saggista, critico, scrittore francese che collaborò a varie riviste poliziesche negli anni ’70) tra genere noir e giallo:
Genere noir = si basa sull’atmosfera che contempla la violenza, dove è più importante la modalità d’investigazione che il mistero in sé. Il padre di questo genere è Chandler. Genere di sinistra, rivoluzionario che mostra come l’ordine del diritto non sia equo e che quindi non vi sia una giustizia di riferimento. Critica la società borghese e capitalistica per scardinarla, spesso attraverso la presentazione di personaggi ambigui. Genere giallo = si basa sull’enigma che parte da un gioco ad incastri fino al normale scioglimento del nodo, attraverso una logica razionale. Quindi vige un ordine costituito, dove importanti sono gli indizi e il ragionamento, ma soprattutto dove vi è una giustizia.
Quindi altro importante romanzo è La promessa (Das Versprechen, 1957) romanzo giallo pubblicato nel 1958, che inizialmente era stato scritto dall'autore svizzero come sceneggiatura per il film “Il mostro di Mägendorf” (Es geschah am hellichten Tag) di Ladislao Vajda, il quale risente delle influenze del cinema post-impressionista tedesco degli anni ’50. Questo film però non corrisponde al romanzo, in quanto presenta uno scioglimento felice, dove il maniaco omicida di bambini viene catturato, mentre nel romanzo il colpevole resta impunito. Successivamente vennero inscenati altri film basati sul romanzo, come “La Promessa” del 1979 e “La Promessa” (The Pledge) del 2001, il quale a differenza del romanzo, ambientato nella Svizzera degli anni Cinquanta, qui ci troviamo in una provincia americana del Nevada ai giorni nostri. Il sottotitolo del romanzo è emblematico: “un requiem per il romanzo giallo”. L’autore vuole intendere che dopo il suo romanzo non sarà più possibile scrivere un poliziesco, ponendo una pietra tombale sul genere e criticando la figura del detective, definito ormai ottocentesco, attraverso una voce fuoricampo che percorre tutto il romanzo in un commento/visione sul genere dell’autore stesso.
Trama: Un ex comandante di polizia racconta ad uno scrittore, che ha tenuto una conferenza sul romanzo giallo, che la realtà in cui si trovano ad operare i veri poliziotti è molto diversa dagli intrecci e dalle soluzioni inventate dagli autori. Il comandante inizia a raccontare di un suo ex investigatore, il migliore, il commissario Matthäi, gelido e infallibile. La vicenda risale ad una decina di anni prima. Un ambulante scoprì per caso un delitto raccapricciante: Gritli Moser, una bambina di sette anni, era stata barbaramente uccisa in un bosco. I sospetti della polizia e dei cittadini caddero subito sull'ambulante, sospetti rafforzati, oltre che
da certi precedenti, da alcune coincidenze. Matthäi, di fronte al dolore dei genitori della vittima rimase molto turbato e promise di trovare l'assassino della giovane vittima, una promessa che gli avrebbe cambiato radicalmente la vita. Matthäi non era per nulla convinto della colpevolezza dell'ambulante, ma non venne creduto. Un collega ambizioso e altezzoso, dopo un estenuante interrogatorio, riuscì a strappare all'indiziato un'ammissione di colpevolezza, ma questi si impiccò non appena venne incarcerato. Caso risolto per tutti tranne Matthäi. Matthäi era, in quei giorni, in procinto di trasferirsi all'estero per assumere un incarico molto prestigioso, ma proprio prima di imbarcarsi, ebbe un ripensamento e non partì, causando non pochi imbarazzi internazionali e facendogli perdere il posto al commissariato. Alla base della rinuncia stava la promessa fatta e la convinzione che l'assassino avrebbe colpito ancora. Da comune cittadino, per quanto si adoperasse nella ricerca del criminale, Matthäi non riuscì a trovare quasi niente. Aveva però una certezza: si trattava di un assassino seriale, e un disegno della giovane vittima lo ritraeva, molto alto, alla guida di una grande macchina nera straniera. Un giorno, per caso, parlando con dei ragazzi esperti di pesca e degli stratagemmi che si devono adottare se si vogliono catturare i pesci, ebbe una intuizione. Doveva preparare una trappola, un'esca per l'assassino, fargli la posta, attenderlo al varco, indirizzarlo verso un nuovo crimine. Basandosi sull'indizio della macchina nera Matthäi acquistò una stazione di servizio con la speranza che prima o poi l'assassino potesse fermarsi a fare rifornimento. Per completare la trappola prese in casa un'ex prostituta con una figlia, Annamaria, che aveva le stesse caratteristiche di Gritli. Cominciò l'attesa, una lunga attesa, divenuta ormai unica ragione di vita. Un giorno Annamaria tornò a casa con dei cioccolatini, uno degli indizi, ed ammise che a darglieli era stato un mago. Il giorno successivo, Matthäi la seguì di nascosto scoprendo il luogo del bosco dove presumibilmente la bimba attendeva lo sconosciuto. Avvertì la polizia e gli ex colleghi, i quali, sebbene riluttanti, decisero di tendere un tranello al presunto maniaco. Si appostarono per giorni, ma non successe nulla, e decisero di abbandonare l'operazione. Matthäi, in preda ad una depressione profonda, si diede all'alcol. La conclusione inaspettata avvenne molti anni dopo quando il comandante, colui che sta raccontando la storia, venne chiamato al capezzale di una vecchia ormai moribonda. Con riluttanza si era recato dall'anziana donna, immaginando un generoso lascito alla polizia. Ciò che ascoltò fu invece del tutto inatteso. Con candore la donna confessò che l'assassino di diverse bambine, l'ultima era stata Gritli, era suo marito Albertuccio, afflitto da disagi mentali. Invano aveva cercato di dissuaderlo dal compiere quegli atti, ci aveva provato anche il giorno che era partito con la Buick nera per incontrarsi con Annamaria. Quel giorno però era morto in un incidente. Il comandante, dopo questa rivelazione, raggiunse Matthäi raccontandogli tutto. Ma ormai l'ex commissario era totalmente preso dalla sua follia e non aveva capito nulla. Ora è ancora là nella decrepita stazione ad aspettare.
Analisi: l’autore si incarna nella voce dell’io narrante, ovvero il comandante A, ma anche nel punto di vista dello scrittore che ha tenuto la conferenza, il quale non ha una voce propria ma ascolta. Da questa inizia la riflessione sul romanzo giallo e sulla letteratura in generale, compreso il romanzo. Il pubblico si aspetta sempre un finale chiuso, una soluzione magari positiva altrimenti rimane insoddisfatto ma alla consolazione l’autore contrappone la realtà cruda dei fatti. La critica che introduce è diretta alla letteratura come fonte illusoria per l’uomo che tenta in tutti i modi di spiegare tutto razionalmente, di mettere ordine ma ciò è impossibile perché tutto è soggetto al CASO, così come vuole il CAOS. Quest’ultimo ci fa capire come non ci sia ordine nella realtà e ciò che fa il romanzo è solo cercare di venire a patti con i progetti dei lettori creando però una realtà fittizia. Infatti, quello che fa l’autore è ricordarci di essere dentro un romanzo, dentro una finzione rielaborando materiali dando loro un ordine e quindi compiendo un abuso rispetto alla realtà. Mette in risalto le pecche di un romanzo, soffermandosi sul genere poliziesco. Nel romanzo non si hanno altri punti di vista oltre quello del comandante A e i personaggi mancano di scavo psicologico, sottolineando una profonda sfiducia nel genere umano. Ci troviamo in Svizzera, descritto come un Paese malsano, legato molto alle dinamiche mercantili. La piccola provincia di cui si parla è molto chiusa e poco incline ad accogliere chi viene da fuori, non trova spazio per chi si mostra essere diverso rispetto alla regola e, di conseguenza, costruisce la sua identità nell’isolamento. Questo da un lato rafforza l’economica, ma dall’altro introduce il tema della pazzia e della massa, la quale,
smarrendo il proprio Super-Io, costruisce una coscienza comune, divenendo una sorta di animale che risponde solo ai propri stimoli. Proprio questi portano spesso, all’interno del romanzo, ad una riflessione sulla violenza, fisica e verbale, che rimanda ad esperienze storiche ai tempi recenti (totalitarismo). L’atmosfera riflette quest’aria opprimente, cupa anche sotto l’aspetto meteorologico che richiama una condizione interiore, la condizione umana di squallore e miseria. Protagonista è Matthäi. Egli viene inizialmente descritto fisicamente e caratterialmente come uomo freddo e reticente, poco incline alle debolezze quasi come un giustiziere, tipico personaggio da genere noir, ma anche capace come leader, soprattutto nella manipolazione della mente della massa. Il caso in cui s’imbatte, un enigma apparentemente insolubile, funge da svolta nella sua vita che però lo porterà alla rovina. La bambina del caso ricorda la fiaba di Cappuccetto Rosso ma, riprendendo la teoria dello scrittore, la sua fiaba non ha un lieto fine, anzi viene stravolta. L’investigatore, parlando ai genitori della bambina di ciò che le è capitato, rimane colpito dalla madre, la quale gli chiede di prometterle di trovare il colpevole. Ciò pone Matthäi difronte ad un dilemma di coscienza; quella promessa che cercherà di mantenere e finirà per vivere per onorarla. Quando però Matthäi perde il suo lavoro, il suo successore, personaggio rampante e ambiguo, permette alla polizia di andare oltre ciò che dovrebbe fare. Infatti, durante l’interrogatorio all’ambulante, questo viene pressato così tanto da confessare un crimine che non ha commesso. Questo interrogatorio è una delle forme di violenza presenti all’interno del romanzo e rappresenta un meccanismo perverso costruito per far capire come la realtà possa essere fabbricata. Tutti quindi si convincono della colpevolezza dell’ambulante, anche il commissario A che racconta sembra sempre più convinto ma Matthäi non si dà per vinto, si sente incompleto. Al momento di partire, quando vede dei bambini creando una sorta di suspence tipica del genere poliziesco, decide di non partire più, perché quello che deve fare è mantenere la promessa. Questa parte ricorda molto classici della letteratura tedesca, come “Morte a Venezia” di T. Mann, dove il protagonista vuole abbandonare la città a causa del colera incombente ma, al momento di partire, non parte. Il destino di Matthäi adesso è quello di aspettare, ma nell’attesa di agire. Nel romanzo l’incontro con lo psichiatra rappresenta uno spartiacque molto importante sotto l’aspetto tematico, in quanto si porta avanti l’indagine al fine di individuare il colpevole, dandoci nuove informazioni e indizi che ci spiegano il perché Matthäi sia incerto sulla colpevolezza dell’ambulante; ma anche sotto l’aspetto intimo del personaggio stesso, il quale vive in una fase di debolezza tra normalità e follia. Di conseguenza egli cambia anche fisicamente, si trascura e diventa un emarginato. La pompa di benzina che compra rappresenta la sua condizione di miseria e squallore, ma è comunque posta in una zona strategica e viene usata per la pesca. Come esca viene usata Annemarie, una bambina molto simile alle altre vittime. Il piano che ha in mente Matthäi è folle, perché non vede realmente come potrebbe succedere. Infatti, egli va oltre i sentimenti che prova per la bambina, divenendo un Abramo che sacrifica il figlio per salvare il resto, in un gesto però disumano. Tutto procede senza novità quando improvvisamente la bambina sembra aver incontrato l’assassino. Questo avvenimento fa ripartire nel lettore la speranza in uno scioglimento felice ma quello che fa l’autore è di giocare con ironia rispetto ai vari generi. Infatti, la soluzione non avviene. Il romanzo si conclude in modo grottesco, perché la bambina diventa la vittima di chi doveva proteggerla, viene attaccata e umiliata dalla massa di gente colta ma frustrata perché non riesce a raggiungere il suo scopo. Qui interviene un discorso politico dell’autore, incerto sul potere rappresentato dalla polizia, dalla giustizia. La bambina, da bella e innocente, diventa un mostriciattolo usato dagli adulti e questa sua condizione viene rappresentata poi dal fatto che, insieme a sua madre, diventerà una prostituta (perdita di innocenza e viene usata). Matthäi quindi peggiora, rimanendo confinato nel suo sogno, esiliato in una realtà frutto solo della sua fantasia, si dà all’alcool. Ma all’estrema conclusione si ha il requiem, perché lui aveva ragione. È intervenuto il caso che ha portato Matthäi a trovare la verità ma ormai troppo tardi, nel caos della signora morente che parla si ritrova il paradosso della realtà, così come in Albertuccio che, prima di andare ad uccidere la bambina, muore in un incidente. Matthäi continua ad aspettare, ormai pazzo, un qualcosa che non c’è più.
M. Frisch
Nasce nel 1911 a Zurigo, anche lui svizzero. Inizia i suoi studi in germanistica e letteratura tedesca ma poi sospende iniziando a lavorare come giornalista per il giornale svizzero Neue Zürcher Zeitung, dove si privilegiavano i feuilleton. Successivamente si laurea in architettura e lavora come architetto fino alla metà degli anni ’50, ma non si distinse particolarmente. Viaggiò molto, primo viaggio fu in Germania, dove non si schiera politicamente ma è attivo contro l’antisemitismo, si riconosce nell’ambiente ebraico anche grazie alla sua fidanzata ebrea Käte Rubensohn. Si sposa inizialmente con Gertrud Constanze von Meyenburg ma non dura molto a causa delle varie partner dell’autore. Gli anni della guerra li vive in Svizzera, dove si dedica alla collaborazione con il teatro di Zurigo, per il quale scrive varie opere. Conosce Brecht e Dürrenmatt e successivamente vive un periodo di riflessione in seguito all’assegnazione di una borsa di studio che gli permise di andare negli USA e starci per un anno. Proprio grazie a questa lascerà definitivamente la carriera di architetto per darsi alla scrittura. A Roma convive con Ingeborg Bachmann, sua seconda moglie, scrittrice che nel suo “Malina” parla anche di Frisch come uomo promiscuo. Infine, si risposerà con Marianne Oellers, donna emancipata e promiscua. Muore nel 1991 in Svizzera. I suoi scritti sono molto semplici sotto l’aspetto linguistico, il suo tedesco è standard, scolastico ma sotto l’aspetto stilistico risulta più complicato. Infatti, egli procede per allusioni ed ellissi, spesso inizia in medias res, utilizza digressioni, prolessi e analessi che smontano la narrazione lineare. Per questo si distanzia da Dürrenmatt, il quale invece procede in modo regolare senza vuoti di senso. Inoltre, la realtà che rappresenta Frisch è basata su un principio probabilistico. La fama di Frisch è più forte di quello di Dürrenmatt ma comunque meno durevole. Per quanto riguarda il teatro riprende le modalità di Brecht ma ne critica il principio del teatro brechtiano, come fece Dürrenmatt. I suoi primi scritti sono principalmente articoli di carattere autobiografico, sul mondo giovanile, sul suo legame con la Svizzera. Successivamente questi vengono visti male dall’autore stesso, perché inizia anche la riflessione sulla sua terra, soprattutto sotto l’aspetto politico. Il suo periodo più fiorente si colloca tra anni ’50 e ’60, mentre le opere postume, spesso incompiute, sono considerate meno rappresentative. I suoi romanzi: o o
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Jürg Reinhart – primo romanzo in assoluto del 1934; Antwort aus der Stille (Il silenzio. Un racconto dalla montagna) – secondo romanzo del 1937, contesta l’importanza della scrittura per la vita, sostituendo la letteratura alla pragmaticità della vita borghese, del lavoro. Paradossale, preannuncia il suo cambiamento e vince il ConradFerdinand-Meyer-Preis; Tagebuch 1946 - 1949 (Diario d'antepace: 1946-1949) – sorta di zibaldone di pensieri e trame narrative; Stiller – di successo internazionale, prende la decisione di lasciare il lavoro di architetto per darsi alla letteratura; Homo Faber: Ein Bericht (Homo Faber: resoconto, 1957) Mein Name sei Gantenbein (Il mio nome sia Gantenbein)
I tre protagonisti di questi ultimi tre romanzi sono un trittico di personaggi legati al nome, dove Stille si presenta sotto falso nome (“Ich bin nicht Stille”), Faber è un nome-omen e quindi il suo nome rappresenta un atteggiamento, Gantenbein invece propone il problema dell’autenticazione. o
Montauk – opera barocca autobiografica, ebbe meno successo.
Opere teatrali: o o
Nun singen sie wieder (Adesso cantano ancora) – fu accusato di rappresentare il nazismo in modo troppo morbido; Santa Cruz – tematizza il contrasto tra vita borghese e vita di bohème/d’arte, attraverso una serie di personaggi che vanno contro le proprie passioni che riprendono l’elemento autobiografico del suo
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lavoro di architetto svolto suo malgrado. Ciò che dice qui è che è possibile non tradire l’arte e restare attaccato alla parte solida della vita; Die Chinesische Mauer (La muraglia cinese) – venne riscritto più volte; è un dramma farsesco tra serietà e farsa che mette in scena la responsabilità dello scienziato e della scienza, attraverso la teorizzazione della catastrofe nucleare; Don Juan oder Die Liebe zur Geometrie (Don Giovanni o l'amore per la geometria) Biedermann und die Brandstifter (Omobono e gli incendiari) – dramma farsesco sui pericoli della realtà che ci circonda, attraverso un personaggio che nega l’evidenza; Andorra – contro il razzismo, l’antisemitismo e l’intolleranza; Graf Öderland – fu un insuccesso e venne accusato di eccessiva complessità e tendenza al nichilismo; Triptychon (Trittico).
Homo Faber: Ein Bericht (Homo Faber: resoconto, 1957) il romanzo, scritto in prima persona, racconta in retrospettiva gli avvenimenti strani e fatidici che succedono negli ultimi cinque mesi della vita del protagonista: Walter Faber. È diviso in due parti o tappe: 1. Una sorta di resoconto di viaggio scritto da Faber, malato, sotto forma di flashback nella camera di un albergo a Caracas. Va dagli eventi accaduti dalla partenza ritardata dell'aereo a New York alla morte di Sabeth. 2. Un breve epilogo. Il presente del narratore, mentre sta nella camera dell'albergo a Caracas, malato. Racconta dal ricovero ad Atene. Le ultime pagine sono caratterizzate solo da orari. La storia raccontata dal protagonista ha però anche un antefatto, il quale viene introdotto (la storia con Hanna…) in modo ellittico all’interno della storia. Spesso si ritrovano momenti di forte critica politica dell’autore.
Trama: Durante il volo dagli Stati Uniti all'America Centrale, Walter Faber fa la conoscenza di Herbert Hencke, il fratello del suo vecchio amico Joachim, che si è sposato con Hanna, l'amore giovanile di Faber. Un giorno, dopo un atterraggio di emergenza in Messico, Faber decide spontaneamente di associarsi a Herbert per aiutarlo a cercare suo fratello. Dopo aver vissuto quasi un'odissea per la giungla dell'America Centrale, lo trovano nella sua casa – impiccato. Mentre Herbert decide di rimanere sul luogo, Faber ritorna a New York da solo. Qua, si incontra con la sua ex-amante Ivy che vuole assolutamente sposarsi con lui. Lui, invece, non vuole e decide di andare in Europa in nave. Sulla nave, fa conoscenza di Elisabeth, una ragazza giovane e bella, che gli ricorda Hanna e con cui comincia una relazione amorosa. Arrivati in Francia si separano. Più tardi, però, si rivedono a Parigi. Insieme intraprendono un viaggio romantico attraverso la Francia del Sud, l'Italia e la Grecia. Un giorno, ad Avignone, Faber è così affascinato, emozionato e agitato da un'eclisse di luna da abbandonarsi ed avere un rapporto sessuale con Sabeth (così la chiama Faber) – senza sapere, però, che in realtà Sabeth è sua figlia. (Quando Hanna e Faber si erano separati, lei era incinta. Insieme avevano deciso che lei avrebbe abortito, ma poi Hanna aveva tenuto il bambino senza farlo sapere a Faber. Durante la conversazione con Sabeth, Faber avrebbe potuto dedurre che lei era la figlia di Hanna, ma pensava che fosse la figlia di Joachim.) Il fatto che Sabeth è la figlia di Faber viene rivelato dal narratore retrospettivo, mentre Faber è felice con Sabeth. Tuttavia, quest'amore incestuoso finisce tragicamente: Sabeth viene morsa da un serpente su una spiaggia in Grecia e, volendo sfuggire da suo padre nudo che vuole aiutarla, cade a terra e si ferisce la testa. Un po' più tardi, muore in un ospedale ad Atene. Non muore però per il veleno del serpente, bensì per i postumi della frattura al cranio, quindi proprio per la paura provata, in stato confusionale, nei confronti del padre. Qui in Atene, al capezzale della figlia morente, Faber incontra Hanna e apprende che Sabeth era sua figlia. Decide allora di licenziarsi per rimanere con Hanna e sposarla. Va a New York per disdire il suo appartamento, prima di andare a vedere Herbert in Guatemala. Interrompe il suo ultimo grande viaggio (va
anche a Düsseldorf e Zurigo) per passare quattro giorni all'Avana, dove si gode la vita, si rilassa, ma anche riesce ad accettare la morte – anche la propria. Infatti, non solo rimpiange la morte di sua figlia, ma si rende anche conto che la sua morte sta avvicinandosi. I suoi problemi con lo stomaco che si fanno notare sempre più spesso nel corso della storia risultano essere causati da un cancro. Questa è la diagnosi che fanno i medici ad Atene, dopo che Faber vi è ritornato e ha avuto un collasso. Mentre aspetta l'operazione, finisce il suo resoconto: le ultime parole del libro sono “08.05 ore. Arrivano.” L'esito dell'operazione rimane sconosciuto…
Analisi: questo romanzo può essere considerato un rifacimento moderno di una tragedia classica, nella quale il DESTINO gioca un ruolo fondamentale, proprio per il suo svolgimento tragico. Il protagonista è Walter Faber, uomo pratico, matematico, concreto, prosaico, usa termini non comuni alla gente. “Faber”, il cognome del protagonista, deriva dalla parola latina per “artigiano” o – più moderno – “tecnico”. “Homo Faber” è il nome che gli dà Hanna; inoltre, è il prototipo del razionalista. Vive un’avversione contro la natura, perché glorifica la tecnica; ha un’idea dispregiativa dell'uomo e della donna e, di fatti, ha un’incapacità di legarsi a una donna. Vive in uno stato di noia e tedio, non accetta i sentimenti e il cambiamento. In questo personaggio Frisch realizza il suo gemello cattivo, ovvero ciò che non vorrebbe mai essere, criticando il punto di vista puramente tecnico sul mondo così come la discriminazione della donna. Herbert è contrapposto a Faber, in quanto uomo amante dell’esperienza. Ha residui di nazionalsocialismo, è un conservatore che gioca con i luoghi comuni del nazismo. Con ciò Frisch vuole fare capire come il pregiudizio e quella cultura non siano decaduti del tutto dopo la fine del Terzo Reich. Hanna, suo primo amore, fu la donna con la quale voleva sposarsi. Rappresenta l’immagine di una donna soddisfatta, sicura di sé e realizzata, la quale è riuscita ad andare avanti, ad accettare il cambiamento. Lei è un’idealista, crede nel mito e incarna un principio femminile che include il concetto di destino. È una madre assoluta, insieme di forze irrazionali che prevalgono sulla ragione. Ha sempre avuto simpatie per il comunismo. Frisch raffigura questa donna come Käte Rubensohn. Joachim rappresenta la forza del passato che in Faber riecheggia sempre con il quale deve fare i conti. Sabeth rappresenta una parte di Hanna. Ivy rappresenta il concetto che Faber ha delle donne, ovvero l’edera che soffoca, un parassita. Incarnazione del modello americano, la ripugna. Marcel artista americano, rappresenta l’immagine dell’hippie che vive nell’attimo e alla contemplazione piuttosto che allo sfruttamento. Sign. Pieper, secondo marito di Hanna, rappresenta un altro Faber, incarnazione del principio razionale e virile. Prigioniero in un campo di detenzione, Hanna lo sposa e lo salva. Durante la rivolta operaia della DDR, Pieper sostiene le forze repressive. È un approfittatore, personaggio spregevole. Il racconto inizia in un luogo non luogo, ovvero durante un volo quando Herbert cerca il dialogo con Faber ma egli vuole stare solo, odia la compagnia e il contatto, cosa che prelude alla tragedia che avverrà in seguito. L’avaria dell’aereo così come il suo primo malessere sono i primi segni della sua fine, alla quale lui cerca di scappare ma non può perché dal destino non si può sfuggire. La sua paura è quella di essere inorganico, come preannunciano i suoi sogni che descrivono il suo destino riprendendo modelli classici come T.Mann in “Der Tod in Venedig”. Anche il suo linguaggio con le sue similitudini procreative tra nascita e morte esprimono la sua paura. Cerca sin da subito di calcolare tutto sulla base di statistiche, di esorcizzare i suoi sentimenti. Nella catena di probabilità accade la prima circostanza improbabile, Herbert è il fratello dell’amico d’infanzia di Faber, Joachim. Faber porta sempre con sé una macchina da presa che rappresenta la sua adesione alla realtà, la ripresa è una testimonianza della realtà che non dev’essere spiegata ed è anche un modo per far rivivere il passato. Riprende anche la luna, simbolo dei poeti, un paesaggio stupendo che però non lo colpisce affatto, cosa che invece emoziona Herbert. Questa differenza poi si fa sempre più palpabile da come Faber riporta ciò che dice Herbert, il quale risulta essere insofferente. Il viaggio che segue, attraverso un paesaggio primitivo, introduce lo sprofondamento di Faber nel proprio io. Questo
viaggio alla ricerca di Joachim, alla ricerca del suo passato, lo porta ad una prima fase nel suo cambiamento. Riprende “Cuore di Tenebra” di Conrad, dove un uomo occidentale perde tutte le sue certezze attraverso il ritorno al primordiale. Infatti, qui il paesaggio ricorda come la civiltà offra poco, ci mostra il modo di vivere degli indios che si accontenta di esserci, in antitesi alla razza bianca. Proprio perché Faber rappresenta la razza bianca, desidera una Jeep. Marcel parla di una fine della razza bianca, che prelude alla fine di Faber, e al “American way of life” del progresso, della tecnica. La narrazione del viaggio s’interrompe per introdurre il rapporto che Faber ebbe con Hanna che lo abbandonò, lasciandogli un senso di vuoto dentro anche se ne uscì sollevato. La fine del viaggio non verrà detta, è presente una grande ellissi. Tornato alla vita normale “american way of life” è come se la rifiutasse, decide di scappare, partendo per l’Europa in nave. Il tempo della traversata è strano, così come lo spazio sono slegati da un prima e un dopo. Sempre che il tempo lì sia più lungo ma non cronologicamente ma interiormente, riprende T. Mann quando affermava come Einstein volesse dimostrare come il tempo fosse relativo, ovvero il tempo è elastico e dipende dalla percezione individuale. Qui infatti il tempo diventa non misurabile, contrariamente a quanto di solito facesse Faber. Inoltre, a bordo si è irraggiungibili, anche dalla morte e dal decadimento; la traversata rappresenta l’attraversamento di un confine e il preludio alla morte. Faber fa 50 anni, vive una fase di passaggio, conosce Sabeth che ne ha 20, la stessa età che aveva Hanna quando l’ha conosciuta e in lei ritrova qualcosa che lo destabilizza, dei tratti che gli ricordano Hanna e, nonostante provi a stare lontano da lei, non ci riesce. Cominciano a conoscersi sempre di più, fanno conversazioni astratte, attraverso le quali Faber cerca di sedurre la ragazza. Parla del “diavoletto di Maxwell”, il secondo principio della dinamica e cerca di dimostrare, anche se ormai in modo poco convinto, come l’uomo sia una macchina, priva di emozioni. La realtà è che l’uomo non potrà mai essere una macchina, quello di Faber è un desiderio astratto, ovvero quello di essere un qualcosa che non decade. Il tempo comincia ad essere visto come sinonimo di distruzione. Le parole di Faber, uomo maturo, hanno un forte peso sulla ragazza, la quale, ricevuta una proposta di matrimonio fittizia da parte sua, arrossisce e accetta scherzosamente. L’impossibilità del matrimonio diventa una possibilità, perché sa di aver fatto breccia nel cuore della ragazza, conquistando lei lui conquista l’Hanna che c’è in lei. Ma il viaggio finisce, la vita precipita nuovamente nel divenire e, in questo caso, tutto si fa tragico. Lui vuole rincontrarla, una prima volta avviene come caso forzato ma la seconda è destino e avviene l’incesto, l’atto tragico. La loro storia, per quanto riguarda il gap generazionale, ricorda Lolita (1955). Ad una riunione Faber vede nel Professor. O. che gli insegnò ad osservare la vita dalla giusta prospettiva, lo specchio di sé stesso, non riesce più a guardarsi, è un teschio dalla pelle tirata, un presagio di morte. Questa immagine è molto presente negli anni ’50, in cui l’esperienza dell’essere umano ridotto ad ossa è ancora impressa nella memoria e vicina nel tempo (stermini della Seconda Guerra Mondiale). Scopre che Sabeth è sua figlia, vive uno sconvolgimento profondo agito dal destino, tanto che il suo racconto comincia a spezzarsi tramite ellissi e salti temporali che rappresentano la sua coscienza ormai a pezzi. Le riprese che faceva con la macchina da presa adesso rappresentano qualcosa di sfuggente. Ad Atene Sabeth viene morsa da un serpente al seno, ricorda la morte di Cleopatra. Questo avvenimento, insieme alla città di Atene, riportano ad una sorta di rielaborazione del mito classico, dove Faber, con i piedi briciati e neri, sembri ricordare Edipo. Faber cerca sempre di cercare di calcolare la probabilità che Sabeth muoia per il morso, tramite le statistiche ma Hanna non crede a queste, lei crede al destino. Infatti, interviene anche qui e ucciderà la ragazza ma per una commozione celebrale. Se da un lato Faber non accetta il cambiamento ed è ancora innamorato di Hanna, dall’altro Hanna è riuscita ad andare avanti, il suo principio prevale. A New York perde la propria identità e, tornato a trovare Herbert, lo trova cambiato e realizzato. Faber non ha più un io e la malattia è la sua manifestazione. Hanna lo va a visitare sempre, anche se non dice nulla e lui pensa che la colpa sia tutta sua. Ma quello che vuole fare lei è di dimostrare a Faber come la sua vita devota alla tecnica lo abbia portato alla morte. L’incesto rappresenta una pestilenza che si espia solo con la morte. Nel corso del romanzo, si può osservare un cambiamento di Faber. Questo cambiamento si fa notare soprattutto nel linguaggio che egli usa. All'inizio, Faber racconta in modo lineare, neutrale e fedele ai fatti. Ma nel corso del romanzo si nota che in realtà Faber è un uomo sensibile e riflessivo. Nel finale rievocando
il gioco fatto con la figlia-amante, di descrivere ogni oggetto incontrato con una similitudine, il suo linguaggio si riempie di metafore e diviene poetico. Anche in principio, il racconto è solo apparentemente distaccato, spassionato. Di tanto in tanto Faber ammette che nel mondo possano esserci la bellezza nella natura o il destino, sebbene cerchi sempre di sopprimere subito tali pensieri per mezzo di argomenti razionali. Ma, comunque, non riesce a scrivere un racconto completamente sobrio o obiettivo. Inoltre, per quanto riguarda il suo atteggiamento verso il matrimonio, si vede che è abbastanza contraddittorio: da un lato rifiuta di sposarsi con Ivy, dall'altro lato, verso la fine, desidera sposare Hanna. Nel corso della trama, Faber riesce sempre meno a sopprimere i suoi sentimenti e a persistere nel suo ruolo di tecnico. Sono soprattutto le sue esperienze a Cuba che gli fanno percepire il mondo in un modo completamente diverso, scoprendone la bellezza e imparando a godersi la vita. Cambia anche il suo atteggiamento verso gli uomini: gli si avvicina un po' di più e comincia a trattarli con rispetto e affetto. Alla fine, Faber si rende conto del fatto che la sua vista tecnica sul mondo non era nemmeno sufficiente per comprenderlo.
C. Wolf Christa Ihlenfeld nasce nel 1929 a Landsberg an der Warthe (oggi Gorzów Wielkopolski – dopo il dominio prussiano passò al potere tedesco che però nel 1945, all’approssimarsi delle truppe sovietiche, dovette cederlo alla Polonia con consecutivo spostamento di quasi tutta la popolazione in Germania), prende il suo cognome dal marito Gerhard Wolf, scrittore e personaggio di spicco della DDR del quale però si sono perse le tracce. A soli 20 anni si iscrive alla Partito di Unità Socialista di Germania (SED), che nel 1949 presiede alla fondazione della Repubblica Democratica Tedesca (DDR). Inizia sin da subito a lavorare come giornalista e nel 1953 si laurea all'Università di Jena (Lipsia) con il prof. Hans Mayer (inizialmente sostenitore della DDR, fu toccato dalla Shoah quindi lascia la DDR per trasferirsi nella BRD. La sua opera più importante fu “Außenseiter”, nella quale distingue i letterati in diverse categorie: per etnia [ebrei], per orientamento sessuale [omosessuali], femminile, per scelte politiche. Dovette fare i conti con questo, in quanto egli fu un ebreo e omosessuale, marxista) discutendo una tesi su Hans Fallada (autore di lingua tedesca del 20° sec. Il suo romanzo più famoso è “Kleiner Mann, was nun?” che descrive il profilo della società tedesca fra le due guerre, attraverso la figura di un rappresentante della borghesia onesta e laboriosa, che viene avvinto nelle spirali della miseria), autore post-impressionista, che la iniziò come autrice eccentrica in contrasto con il canone, fortemente sostenuto dall’impronta realista della casa editrice Aufbau (fondata nel 1945 a Berlino, in breve tempo si impose come la principale e più prestigiosa casa editrice della Germania dell'Est). Lavora come critica letteraria presso la "neue deutsche literatur" (ndl), rivista della Deutscher Schriftstellerverband, l'unione degli scrittori della DDR. Intorno agli anni ’50 comincia a scrivere in proprio e nel 1959 entra a far parte dell’editore Mitteldeutscher Verlag Halle (la letteratura nazionale socialista che, negli anni '60 e '70, divenne un importante editore di letteratura contemporanea della RDT). Nel corso degli anni ’70 scrive più densamente, anche grazie all’arrivo di Honecker, Segretario generale del Partito di Unità Socialista di Germania della Germania Est e Presidente del Consiglio di Stato della Repubblica Democratica Tedesca dal 1971 al 1989, il quale instaurò una politica meno restrittiva e più libera. Poco dopo però si ritorno alla censura e un caso che la rappresenta è quello di Wolf Biermann, cantautore e poeta tedesco della DDR. Fortemente critico nei confronti della dittatura partitica nella RDT, fu oggetto di un divieto totale di esibizione e pubblicazione. Nel 1976, avendo criticato la DDR durante un concerto, fu privato della cittadinanza e gli fu impedito il rientro nel Paese per "grave violazione dei doveri di cittadino": tale espatrio coatto provocò grandi proteste sia nella Germania dell'Ovest sia in quella dell'Est, nella quale la stessa Christa fu partecipe. Se da un lato Christa fu solidale con le pratiche governative e rivestì vari ruoli politici, dall’altro quindi cercò di approfondire sulla strada di questo governo. Visse un progressivo cambiamento che la portò ad essere denigrata molto violentemente, soprattutto dalla stampa occidentale, la quale la denuncia di vittimismo e di una presa di posizione troppo tardiva contro Honecker e la dittatura. Inoltre, nel 1993 emerse, in seguito all'apertura degli archivi della DDR dopo l'unificazione tedesca, la notizia della collaborazione della scrittrice (pseudonimo: P.M. Margarethe) con la Stasi fra gli anni 1959-1962. In realtà il fatto fu notevolmente ridimensionato dato che dagli stessi archivi emergeva che l'informatrice manifestava
un "crescente riserbo" nei confronti della polizia tanto da indurre i servizi a chiudere i rapporti con lei. Su un articolo di giornale Reich-Ranicki descrive Christa Wolf come l’altoparlante del regime della DDR. Le sue opere: o
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Moskauer Novelle (Novella moscovita) – parla di una storia d’amore tra una donna di Berlino est e un uomo russo. Già qui introduce una delle sue più importanti tematiche, ovvero quella del rapporto tra individuo e mondo con il quale il singolo deve rapportarsi in modo coerente; Der geteilte Himmel (Il cielo diviso, 1963) – le viene assegnato il premio Heinrich Mann e nel 1964 il romanzo riceve una riduzione cinematografica per il cinema dal regista Konrad Wolf. Tratta il tema delle barriere tramite due personaggi: Manfred, uomo razionale e Rita, donna emotiva la quale vive un dilemma tra scegliere l’amore o la propria ideologia. Quello che vuole far capire l’autrice è che la società conta di più dell’individuo, il quale può realizzarsi solo ed esclusivamente in relazione ad essa, un’utopia nella quale il presente è solo una prefigurazione e la politica una base. Quindi anteporre sé stessi alla società porta ad un naufragio dell’io. Nel parlare di questo romanzo nel 1969, Christa prende ancora di più posizione a favore della società socialista; Nachdenken über Christa T. (Riflessioni su Christa T.); Selbstversuch (Mutazione, 1972) – novella in campo fantastico scientifico che esce in una rivista (raccoglieva autori che trattavano stesse tematiche, come di uomini che diventano donne e viceversa), anche in Italia in maniera ridotta. Ambientato nel futuro, racconta di un esperimento sul cambiamento di sesso, riprendendo anche il mito come con il ricordo di Tiresia. Tutto è in funzione di una prospettiva femminile e femminista; Kindheitsmuster (Trama d'infanzia, 1976) – romanzo autobiografico sulla sua infanzia durante gli anni ’30 con l’avvento del nazismo; Kein Ort. Nirgends (Nessun luogo. Da nessuna parte, 1979) – romanzo storico ma di una storia ipotetica. Racconta un incontro tra i poeti Heinrich von Kleist (outsider) e Karoline von Cunderrode (vicino al movimento romantico) nel 1804. Sono giovani, eppure prossimi alla fine. Karoline si ucciderà nel 1806, Kleist nel 1811; entrambi rappresentano una generazione che deve produrre nuovi modelli di vita perché i modelli del passato non valgono più. Sono stranieri in patria, isolati, esclusi da ogni possibilità di azione si lasciano prendere dalla disperazione. Mette in scena la difficile situazione in cui riversano gli artisti; Kassandra (1983) – in un racconto che rielabora il mito classico, parla della guerra di Troia in una prospettiva critica del mondo patriarcale, attraverso agganci all’epoca a lei contemporanea; Was bleibt (1990) – racconto già scritto nel ’79 che però non venne pubblicato a causa della censura. È una storia che cela la proiezione dell’autrice, la quale viene spiata della polizia segreta sovietica (STASI), in una critica all’intrusione in una privacy sempre violata. Lei comunque dichiara di essere fiduciosa nel partito come uno Stato che possa rappresentare il singolo. Da questo racconto inizia la polemica nei suoi confronti; Medea. Stimmen (Medea. Voci).
Nachdenken über Christa T. (Riflessioni su Christa T., 1968) primo romanzo tradotto e pubblicato in Italia; che non si fa ricondurre facilmente ad una storia, in quanto è fatto di riflessioni e congetture su Christa T., figura ispirata ad un’amica della Wolf (Christa Tabbert-Gebauer), la quale però è anche un rispecchiamento dell’autrice stessa, una sua costruzione ipotetica che si può intuire già da “Nachdenken”. Questo è il primo romanzo che, attraverso questo personaggio, mette in discussione la DDR con i suoi fallimenti ma ribadisce l’identificazione dell’autrice allo stato tedesco orientale. Si basa sulla scia di tendenza letteraria del tempo:
Letteratura congetturale = tipo che ha al centro ipotesi sulla vita, sulla posizione di un personaggio nel mondo e su ciò che egli rappresenta. L’autrice qui presenta una serie di fatti basati su appunti e
lettere scritte in vita dalla defunta ma le scene che descrive spesso sono solo congetture, anche se molto realistiche. I modelli sono: 1) “Mutmassungen über Jakob” 1959 di Uwe Johnson - ipotesi del narratore su Jacob e la sua morte; 2) “Das dritte Buch über Achim” 1961 di Uwe Johnson - atteggiamento narrativo rimarrebbe un mistero per il lettore se non venisse spiegato dal narratore. Biografia = sul modello di “Lebensläufe” 1962 di Alexander Kluge – racconti di personaggi fittizi e delle loro storie, scritti in modo arido, quasi come fossero curriculum.
Le ipotesi che presenta l’autrice e narratrice in prima persona del romanzo, Christa Wolf, vengono oggettivate in modi differenti: 1) Dalla voce narrante stessa che organizza il discorso diretto in modo progettuale, senza però farsi mancare dei ritorni indietro; 2) Dalla voce, fittizia o reale, dell’oggetto della narrazione, ovvero Christa T. che parla tramite i suoi documenti. Prima dell’inizio del romanzo vi è un motto di Becher, poeta e politico tedesco che venne canonizzato dalla DDR ma risulta estraneo al resto. La sua frase parla dell’evoluzione del sé, è scevra di ogni significato politico ma è piena di quello esistenziale. La Wolf qui lo rimanda sempre alla teoria socialista: non si può prescindere dal rapporto con gli altri, l’individuo quindi non deve e non può evolversi a discapito della società.
Trama: La narratrice e Christa T. si conoscono a scuola in un villaggio a due ore da Berlino nel novembre del 1943. Christa T., figlia di un insegnante di scuola di paese, viene da Eichholz, a soli 50 chilometri di distanza, vicino a Friedeberg. Poi si perdono di vista nel 1945, ma si incontrano di nuovo nel 1952 all'Università di Lipsia in ambito di studi pedagogici. Christa T. legge Dostoevskij, così come altri e scrive sulla "strada verso sé stessi", cercando di affermarsi; si avvicina alle cose. Durante i suoi molti anni come insegnante a Lipsia, Christa T., è considerata irrealistica, a volte sparisce, ma ritorna sempre. Non segue il desiderio dei genitori di assumere il lavoro di suo padre. Il 22 maggio 1954 Christa T. completò i suoi studi. A Lipsia conobbe Justus, un veterinario, che sposò nel 1956. Nello stesso anno nasce sua figlia Anna. A volte Justus visita i suoi parenti nella Germania occidentale. Durante il loro matrimonio di sette anni, nascono altri due figli. Spesso Justus e Christa T. viaggiano insieme. Più tardi, la coppia decide di rimanere in campagna dove Justus lavora come veterinario. La coppia costruisce una casa, solitaria, su una piccola collina vicino al lago. Costruire nella RDT, la quale predicava l’abolizione della proprietà privata, significa uno distacco da essa. Il matrimonio è felice ma solo una volta Christa T. si concede una relazione con un amico di caccia di Justus. Christa T. ingerisce tonnellate di prednisone per la leucemia. Nell'autunno del 1962 Christa T. dà alla luce il suo terzo figlio, una ragazza, che però muore. Christa T. muore il febbraio successivo.
Analisi: la narratrice ricostruisce il rapporto di amicizia con Christa T. dagli anni della scuola (’40) fino alla sua prematura morte (’60). La loro amicizia viene usata come paradigma di una condizione umana più generale, nella quale la protagonista rappresenta una possibile evoluzione dell’io. Infatti, sin da subito viene descritta come diversa, che sfida le convenzioni in una ricerca costante di sé stessa e, per questo, suscita diffidenza con questa sua area di mistero. Quasi tutto il romanzo si ambienta in zone di provincia tedesche, privilegiando un rapporto diretto con la natura e le cose che rende Christa una sorta di ragazza primitiva, che arriva dalla foresta. Per un periodo lei scompare dalla circolazione, durante gli anni di guerra ma poi ritorna nel periodo della costruzione dello stato socialista, al quale lei è contraria e che dimostra scrivendo spesso, in un ambiente dove il flusso di coscienza veniva denigrato perché considerato borghese. La narratrice quindi cerca di spiegare il suo periodo di assenza attraverso delle congetture che la vedono partire verso occidente, verso il cuore della Germania, troviamo il modello di Goethe con “Hermann und
Dorothea”, l’epos classico omerico di due amanti separati dalla guerra, profughi che fuggono. Christa T. acquisisce una maturità nuova, grazie anche alla lettura di vari autori tedeschi, che rappresenta una sua volontà di costruirsi un’identità basata sugli esempi più nobili tedeschi. Le parole di un inno nazista riecheggiano in una contraddizione che però viene sciolta dalla risposta a “come faremo a rialzarci?”, anche se implicita, ovvero tramite il socialismo. Questo è rappresentato da figure come la sig.ra Schmidt che rappresenta la certezza e che agisce secondo i dettami del partito, in questo caso mettendo dei cartelli che però Christa strappa. Lei rappresenta infatti colei che mette in dubbio tutto e che serve agli altri per fare lo stesso, non sente mai stabilità (in una sorta di malattia che poi la porterà alla morte) ma va comunque avanti e spinge anche gli altri a farlo, in una ricerca continua di sé. Lei rappresenta la nuova direzione dell’uomo, in un periodo in cui l’ansia di certezze soffoca la spinta dell’uomo a migliorare sé stesso. Ma ciò che vuole far capire l’autrice è che entrambe le figure servono: chi pone certezze e che le mette in dubbio. Infatti, se da un lato si pensava che bisognava sacrificarsi nel presente per un qualcosa che prima o poi sarebbe arrivato, dall’altro Christa T. ha la pretesa di pensare all’adesso, vedendo l’utopia sensata solo come progetto che, però, dev’essere corroborato nell’ora, ovvero deve avere i suoi presupposti nel presente. La Wolf mette in contrapposizione da un lato il pensiero degli intellettuali dell’epoca, i quali ricominciavano dalle macerie sulla base di un progetto futuro, dall’altro quello dei giovani agli inizi degli anni ’50. Il presente per cui vive Christa ha la pretesa di essere perfetto, lei ricerca la perfezione e la sua prima manifestazione ha i tratti dell’amore con Kostja, ragazzo troppo superficiale che riprende il modello amoroso di Goethe nel quadrilatero amoroso. Questo grande amore però le fa mettere in discussione il suo “se non ora, quando” che ripercorre tutta la sua filosofia di vita nel romanzo. Così comincia a rinnegare la parte più razionale di sé stessa, aprendosi invece a quella più irrazionale attraverso la figura dell’indovino chiamato “Il Generale”, il quale le premonisce la sua morte. Di questa morte precoce la narratrice ha già posto, in giro per il romanzo, dei presentimenti da parte della protagonista. Così Christa si lascia andare, prova tutto e questo permette all’autrice anche di parlare della premonizione sulla morte dell’amica. Il lavoro di tesi della protagonista è basato su un autore di metà/fine Ottocento, ovvero Theodor Storm. Quest’ultimo fu in un primo momento legato al realismo ma, con la sua ultima opera, si aprì a tematiche come premonizioni e fantasmi. Questa tesi sorprende la narratrice, perché è più segnata da interrogativi (soprattutto sentimentali) che certezze, rappresentando a pieno Christa T. Questo autore infatti viene analizzato come modello di ricerca e non di stabilità, di solitudine e dolore all’interno di una società che non comprende e che riflette il periodo in cui vive Christa T. Attraverso questo passaggio nel romanzo capiamo come la Wolf fosse capace di lettura critica della letteratura e nella lettura di autori antichi in chiave attuale. Sulla sua attività di maestra sono presenti molte reticenze ma questo passaggio influenza il romanzo a Bildungsroman che sposta il personaggio da uno stato immaturo a uno maturo, anche se in questo caso non vi è una progressione nella forma, perché Christa muore. Emblematico è l’episodio dell’uomo che gioca con un gatto che, una volta graffiata la moglie, viene ucciso (scena che viene ripresa nel film “Novecento” di Bertolucci, dove un rospo viene ucciso a morsi). Questo rappresenta l’abbrutimento non insito nella natura umana e della nuova società, dovuto a certi regimi che lo fanno riaffiorare dallo stato profondo dell’essere. La riflessione della Wolf qui vuole ricordare ciò che sono stati i tedeschi sotto il nazismo ma anche come nella sua epoca la strada porta verso una sorte di positivismo, dove si scagliano il principio femminile rappresentato dalla maestra che deve muovere qualcosa nel bambino, indicandogli la strada; contro la violenza del principio maschile. Justus è un nome-omen, ha un amore armonico con Christa ed è veterinario, cosa simbolica dopo la brutalità di animali maltrattati, che rappresenta la cura ad una ferita. I suoi genitori sono della parte occidentale che la Wolf descrive come “ da drüben”, che ricorda “il cielo diviso” e che designa l’altra parte, lassù, oltre il muro; rappresentando una Berlino sdoppiata in cui ciascuno poteva immaginare un sé diverso e opposto. Nella sua famiglia la cugina mantiene i pregiudizi sull’est, riguardanti le rivolte avvenute in Ungheria nel ’56 contro i regimi socialisti che vennero placate con il sangue. La Wolf qui mostra inquietudine e fastidio al pensiero che dall’ovest possa essere visto il socialismo come un fallimento; inoltre critica chi nota gli errori e generalizza, parlando del socialismo come qualcosa di impossibile, perché lei pensa che questa utopia sia lontana ma comunque possibile. Christa T.
ha delle figlie con nomi brevi, si avvera quindi una parte della premonizione dell’indovino, così cresce in lei uno stato d’animo d’attesa dovuto all’avverarsi della profezia che riprende un tema classico. Anche nel nuovo paese dove va a vivere viene vista come diversa e fuori dagli schemi, quindi è solitaria e nasce in lei una nuova utopia: quella domestica, basata sulle sue abitudini in casa. Viene criticata dalla narratrice quando s’innamora di un amico del marito, perché vuole sentire ancora una volta di essere viva prima di morire. Viene accusa da bovarismo, perché non si accontenta di ciò che ha, non pone limiti a sé stessa, vuole andare oltre, perché se si ferma lei ha paura di quanto banale sia la vita. Qui s’intravede un ammonimento da parte della Wolf per quanto riguarda la situazione nella DDR, nella quale se ci si ferma si arriva alla fine. Nell’ultima parte del romanzo arriva la fine, lei emette la sua sentenza sulla realtà, una sentenza morale e nel 1963 si ammala. Nella malattia però c’è ancora la volontà di vita, perché rimane incinta. La sua morte viene raccontata attraverso termini naturalistici, oggettivi che durante il romanzo quasi mai sono stati usati. Non vi è simbologia di alcun tipo, Christa muore come qualsiasi altro essere umano ma rimarrà il suo senso di esserci nell’istante che viene rappresentato dalla poesia di Brecht “Ricordo di Marie A.” su un suo amore giovanile. Questa riflette sull’essere umano come essere effimero ma ciò che conta è l’esperienza della vita e ricorre per tutto il romanzo, la prima volta quando lei ha il suo prima innamoramento, un amore concreto e per ultimo nel finale, quando lei muore.
P.Handke Nasce nel 1942 a Griffen, in Austria al confine con la Jugoslavia. La madre, austriaca, apparteneva ad una minoranza slovena e il padre reale era un ufficiale tedesco, mentre quello adottivo fu quello da cui prese il cognome. Di questo lui non seppe fino alla maturità. Inizialmente studia in Austria in ambito cattolico, ma poi ne prende le distanze per studiare giurisprudenza presso l'Università di Graz, ma senza laurearsi, perché si è dedicato presto alla letteratura in modo esclusivo e molto assorbente, prima attraverso dei pezzi teatrali, poi con racconti, romanzi, saggi, poesie e diari, ai quali si può aggiungere anche qualche esperienza di sceneggiatore per il cinema. Si trasferì spesso con la famiglia, andò anche a Berlino per poi tornare nella provincia austriaca. Egli rappresenta gli influssi delle avanguardie degli anni ’60 e la rivolta culturale del ’68, difatti, partecipando ad una riunione del gruppo 47 (ormai un’istituzione nel ’66, che porta avanti una battaglia ormai vinta), li interrompe e li critica, accaparrandosi il consenso di alcuni che gli diedero ragione. Intorno agli anni ’70 cambia il registro, anche a causa del suicidio della madre che lo sconvolse e matura un sodalizio con il regista Wim Wenders, con il quale collabora alla scrittura e sceneggiatura di film. Negli anni ’90 tornerà a dare scalpore, durante le guerre balcaniche, a favore della Serbia perché si sentiva legato a quel tormentato territorio, anche per via della madre. I suoi romanzi: o o o o
Die Hornissen (I calabroni) – testo sperimentale che rimanda al mondo bucolico in cui lui è cresciuto; Der Hausierer (L'ambulante, 1967) – riprende il genere poliziesco ma con lo sguardo verso una tradizione che vuole rompere; Die Angst des Tormanns beim Elfmeter (Prima del calcio di rigore, 1970) Wunschloses Unglück (Infelicità senza desideri, 1972) – materiale biografico e autobiografico, perché parla della figura della madre che si è suicidata e il rapporto d’affezione con lei, attraverso un narratore che dice “io”. Ha due tendenze principali: da un lato il ricorso a modi tradizionali per raccontare la vicenda biografica della madre, dall’altro la costante sperimentale. Il romanzo e breve e si può dividere in tre blocchi: il primo e il terzo in cui il narratore esprime le sue reazioni alla morte della madre e quindi il bisogno di scrivere di lei per superare l’angoscia; il secondo riguarda la biografia della madre che nasce in un villaggio e cerca sempre di scappare dalla sua chiusura. Rimane incinta di un ufficiale sposato, avrà vari aborti e sarà costretta ad una vita di pura facciata, dandosi alla famiglia. Il suo suicidio viene descritto nel dettaglio, un Freimord che simboleggia la
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propria libertà individuale ma anche resa definitiva ad una società che l’ha soppressa anche nella procedura del suicidio stesso, quando ha cura della forma esteriore. Il suo fallimento viene presentato sotto forma di narrazione frammentaria (spesso interrompe la storia della madre con piccoli saggi), di pezzi che non hanno un legame l’uno con l’altro, in un linguaggio che si sforza a raccontare ciò che è accaduto ma lo fa con difficoltà. Qui troviamo una critica al linguaggio che spesso è violento, così come nella letteratura, la stessa che ha reso passiva la madre che si identificava con i personaggi. Per questo il narratore si distanzia dalla materia narrata. Si ha un finale non convenzionale, nel quale si cerca di giustificare la mancanza di parole in un horror vacui della coscienza. Die linkshändige Frau (La donna mancina, 1976) Don Juan (erzählt von ihm selbst) (Don Giovanni [raccontato da lui stesso], 2004) – cerca di riportare il mito mediterraneo alla banalità della quotidianità.
Opere teatrali: o o
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Weissagung (Profezia, 1966) – ha a che fare con l’oracolo, contiene frasi che sono dei modi di dire mostrati al pubblico privi della loro contenuto metaforico; Publikumsbeschimpfung und andere Sprechstücke (Insulti al pubblico, 1966) – non è un‘opera drammaturgica perché non vi è azione, sono provocazioni da parte dell’attore che sollecita il pubblico attraverso insulti, brutte parole. Viene definita da Peymann un’opera rock; Selbstbezichtigung (Autodiffamazione)
Poesia: o
Die Innenwelt der Außenwelt der Innenwelt (Il mondo interno dell'esterno dell'interno, 1969) – raccolta di liriche che, attraverso un gioco di parole, svolgono una ricerca sulla lingua.
Sceneggiatura: o
Der Himmel über Berlin (Il cielo sopra Berlino), con Wim Wenders, 1987.
Saggi: o
Eine winterliche Reise zu den Flüssen Donau, Save, Morawa und Drina oder Gerechtigkeit für Serbien (Un viaggio d'inverno ai fiumi Danubio, Sava, Morava e Drina, ovvero giustizia per la Serbia, 1996) – testo di rivendicazione per la Serbia.
Die Angst des Tormanns beim Elfmeter (Prima del calcio di rigore, 1970) già dal titolo troviamo un’imprecisione, infatti in tedesco “Die Angst des Tormanns beim Elfmeter” significa “La paura del portiere per il calcio di rigore” ma la paura non dev’essere del portiere ma dell’attaccante al momento di colpire la palla. In ogni caso il titolo stesso introduce un motivo che sarà ricorrente all’interno del romanzo, soprattutto all’inizio e alla fine, sotto forma di flash oppure durante i punti salienti. Questo tema viene ripreso dalla poesia che Handke scrisse nel 1969 Die Aufstellung des 1. FC Nürnberg vom 27.1.1968 che, attraverso un gergo sportivo, riporta i cognomi dei calciatori della prima squadra del football club rappresentati più o meno nella loro formazione di gioco: WABRA LEUPOLD POPP LUDWIG MÜLLER WENAUER BLANKENBURG
STAREK STREHL BRUNGS HEINZ MÜLLER VOLKERT Spielbeginn: 15 Uhr Si tratta di una poesia concreta, avanguardistica, la quale si svincolava dalla consuetudine al fine di provocare, in questo caso usando una sorte di mimetismo estremo in contrasto con il mimetismo realista del dopo guerra. Il romanzo invece cerca di rappresentare la nostra necessità di armonia e ordine nella nostra incapacità di cogliere i nessi. Quello che fa Handke qui è infatti rappresentare tutto in modo casuale, attraverso sequenze non unite tra loro, vige un principio di caos che riprende anche la forma cinematografica. Forma una specie di quadro pieno di immagini, di oggetti e azioni ma anche di vuoti che rappresentano la realtà e l’impossibilità di catturarla nella sua totalità, riprende il predominio del particolare su tutto degli inizi del ‘900. È un racconto non lineare, nel quale il nodo poliziesco è solo intravisto in distanza. Tutto rappresenta lo sguardo critico dell’autore, in un rifiuto del realismo e anche una critica al linguaggio. Il romanzo è stato riportato in film nel 1972 da Wim Wenders “Prima del calcio di rigore” o “La paura del portiere prima del calcio di rigore”.
Trama: Josef Bloch è un ex portiere di calcio che ha da tempo dimenticato i successi e l’atmosfera dello
stadio e si è adattato a lavorare nei cantieri pur di guadagnare qualche soldo. L’uomo viene improvvisamente licenziato e l’avvenimento mina l’equilibrio della sua psiche: Josef comincia ad aggirarsi senza meta per le strade di Vienna, rimbalzando dal mercato al cinema e dallo stadio fino a una camera d’albergo che possa ripararlo dalla notte. Nel tragitto e durante la giornata Bloch, desideroso di contatto umano, cerca di chiamare le persone con le quali è rimasto in contatto, ma non riesce a trovare nessuno. La sua solitudine viene alleviata quando incontra una donna disposta a passare la notte con lui, ma Josef finisce con l’ucciderla senza alcun motivo plausibile, con un gesto irrazionale che sconvolge definitivamente la sua mente. Dopo l’omicidio lo assale il senso di colpa e comincia a sentirsi spiato, pedinato e braccato: l’angoscia che prova, nota Josef, è simile a quella che avvertiva mentre studiava l’avversario, poco prima di un calcio di rigore. In un crescendo di paranoia Bloch prova a raggiungere il confine per darsi alla fuga, una fuga impossibile perché Josef sta provando a scappare da sé stesso…
Analisi: il narratore, più che narrare, descrive; mentre il lettore è come se fosse posizionato sulle spalle del
protagonista per tutto il romanzo. Bloch era un portiere e questo conferma le nostre aspettative sin da subito riguardo il titolo. Egli si allontana dal suo quartiere basandosi sull’interpretazione di uno sguardo del capo cantiere. Ciò già ci fa capire la sua natura paradossale e non casuale, in quanto così inizia il suo percorso drammatico e lo influenzerà. Egli, infatti, è incapace d’interpretare la realtà fenomenica, i comportamenti degli altri così come dei suoi; da qui nascono i passaggi iniziali nei quali sono presenti molte domande ma non vi sono risposte, perché le cause non corrispondono alle conseguenze. Non vi è psicologia del soggetto, egli è come un manichino che compie gesti che hanno senso e non così com’è la realtà. Vengono riferiti fatti insignificanti nei loro più minuscoli dettagli, mentre vengono taciuti altri che invece potrebbero essere utili. Tutta la narrazione rappresenta il mondo di Bloch che interagisce con gli altri ma non riesce mai a creare una rete di rapporti, è impotente di fronte alla realtà, vive una sorta di autismo. Viviamo il suo punto di vista, il suo orizzonte visivo spesso tramite frasi che cercano di coprire di parole una realtà che però non viene compresa, che non ha senso. Quello che egli cerca di fare è di ovviare al problema “parole”, tramite frammenti che rappresentano il dramma di una coscienza incoerente, così come la realtà in cui è immersa. Non vi è mai un quadro d’insieme, perché la coscienza non è capace nel renderlo. Anche la località della prima e della seconda parte del romanzo appare sfocata, sembra essere Vienna o il confine meridionale dell’Austria, forse la Iugoslavia. Con l’omicidio si rimanda al genere poliziesco, nonostante non siano presenti indizi sulle indagini, anche attraverso la storia del bambino che
sembra intrecciarsi con quella di Bloch ma più che genere poliziesco, ne troviamo una eco tramite la fuga, una sorta d’inseguimento che vengono accennati tramite i giornali che vede Bloch. La metafora calcistica viene ripresa anche per simboleggiare come Bloch abbia bisogno di agire. Fa un viaggio in bus e questo viene raccontato in modo tanto ampio che sembra interminabile, attraverso una descrizione scomposta che corrisponde alla natura caotica del viaggio che intraprende. La mente di Bloch è turbata e quindi la realtà viene descritta per come appare e non per come realmente è, tramite pensieri che il lettore deve decostruire e ricostruire, trasmessi tramite un linguaggio ingannevole, fatto di giochi di rimando, di giochi di parole e corrispondenze. È un linguaggio che apre alla fantasia, che modifica la realtà e che porta ad uno sforzo immenso, perché le parole sono limitanti. Bloch quindi si sforza di andare oltre l’approssimazione ma comincia un percorso di seguito di parole che non finiscono più, fino a sfuggire dal senso reale della comunicazione. Si fissa molto sui particolari, sui dettagli quasi come fanno i bambini, perché vive una condizione immatura. Ed è qui che comincia a frammentare le frasi, a star zitto, a cercare di vivere un’esistenza di facciata, di simulazione. Proprio quest’ultima richiama l’attenzione su di lui, perché il suo imitare viene visto come sospetto, è una dimensione assurda nelle azioni che compie. Il linguaggio diviene un’espressione autonomizzata, tutto diviene suscettibile nel trasformarsi in gioco di parole, perché tutto perde il suo senso. Bloch finisce per rifiutare il linguaggio, il logos, la ragione e comincia a usare gesti, geroglifici che però, nel loro non senso, vengono fraintesi perché devono essere interpretati. Il linguaggio viene tanto scarnificato da arrivare ad usare il tratto lungo, una sospensione che dev’essere riempita in modo casuale; diviene un codice indecifrabile. Questa riflessione sul linguaggio è strettamente legata al romanzo, il quale anch’esso non presenta una storia e si conclude non concludendosi. La metafora finale è quella che dà il titolo al romanzo: il portiere prima del calcio di rigore è sospeso nell’incertezza di dove tirerà l’attaccante. In questa serie infinita di possibilità si consuma l’esistenza di Bloch che si conclude con l’atto del tiro della palla, la quale però non si sa dove arriverà. Egli percepisce un tempo che è indifferenziato, causato dal caos che vive dentro di lui. Il paradosso del romanzo è questo “falsche Bewegung”, un movimento falso che in realtà non porta a nulla ma è solo frutto della mente di colui che cerca di calcolare la realtà.
H. Böll Nasce nel 1917 da una famiglia piccolo borghese (era l’ottavo figlio) di religione cattolica a Colonia (sede arcivescovile). Studia in scuole cattoliche e si diploma durante il nazismo, cresce comunque in un ambiente ostile a questo. Lavorò come apprendista presso una libreria di Bonn, quando poi interruppe l'apprendistato e si dedicò ai suoi primi scritti. Si iscrisse al corso di laurea in letteratura tedesca e filologia classica presso l'Università di Colonia, ma ben presto venne arruolato nell'esercito. In questo periodo fece uso di sostanze stupefacenti, come la metanfetamina per sopportare il dolore fisico e psicologico. Sposò Annemarie Čech nel 1942 e con lei ebbe quattro figli, uno morì alla nascita. Fu il primo vero autore (narratore, pubblicitario, feuillettonista e anche autore di teatro ma non ebbe successo) tedesco che visse nella BRD. Le sue prime opere, legate per lo più al periodo della guerra, non ebbero molto successo. Solo intorno al 1952 acquisisce successo quando, partecipando a Bad Dürkheim ad un incontro con il Gruppo 47, vince il premio per il racconto satirico Die schwarzen Schafe (Le pecore nere) con anche un contratto editoriale. Scrive quasi ogni anno e, in questo periodo, si collocano opere importanti anche perché divenne una sorgente della CIA in funzione antisovietica per quanto riguarda personalità di spicco sotto l’aspetto culturale. Negli anni Sessanta le sue opinioni politiche contro la guerra fredda e la corsa agli armamenti gli attirarono simpatie in Unione Sovietica, senza che tuttavia lo scrittore potesse essere considerato vicino alla politica dell'URSS. Böll ospitò Solženicyn (Conservatore e anticomunista, attraverso i suoi scritti ha fatto conoscere al mondo i Gulag, i campi di lavoro forzato per i dissidenti del sistema sovietico dove fu rinchiuso per molti anni. Fu insignito del Premio Nobel per la letteratura nel 1970 e quattro anni dopo fu esiliato dall'Unione Sovietica) subito dopo l'espulsione dall'URSS. Nei suoi scritti, oltre a criticare nettamente la Germania nazista, trova altri bersagli polemici nella società postbellica: le autorità della politica, dell'economia e della chiesa, che egli accusa, ora ironicamente, ora aspramente, di conformismo, mancanza di coraggio, abuso di potere. Un suo articolo pubblicato su Der Spiegel “Will Ulrike Gnade oder freies Geleit?”, nel quale criticava il modo con cui la stampa di destra, in particolare il quotidiano Bild, si
rapportava al terrorismo e al caso umano di Ulrike Meinhof (è stata una giornalista, terrorista e rivoluzionaria tedesca, cofondatrice del gruppo armato tedesco-occidentale di estrema sinistra Rote Armee Fraktion, ebbe numerosi e fervidi contatti con membri dell'intellighenzia letteraria tedesca, tra cui Heinrich Böll e fu coinvolta anche nel movimento anti-nucleare. Nel 1972 venne catturata fu condannata alla prigione per l'attentato con esplosivo alla casa madre della casa editrice Axel Springer Verlag. Rinchiusa in cella d'isolamento e sempre più disprezzata, venne rinvenuta cadavere impiccata nel 1976. Le autorità carcerarie affermarono che si fosse suicidata, ma all'autopsia ufficiale non furono ammessi testimoni e la commissione indipendente che eseguì la seconda autopsia poté solo appurare che la morte sopraggiunse effettivamente per impiccagione o strangolamento, per effetto apparente di soffocamento e non di rottura delle vertebre cervicali. I membri della RAF sostennero tuttavia che fosse stata uccisa, senza portare però alcuna prova) nonché la critica verso la politica repressiva del governo, gli attirarono contro campagne calunniose della stampa stessa, che lo bollava come comunista amico dei terroristi; il Bild in particolare fu in prima fila. Nel 1972 gli venne conferito il Premio Nobel per la Letteratura per i suoi numerosi romanzi, racconti, saggi. I suoi ultimi anni furono di protesta, in un periodo di rinnovata guerra fredda, quando nascono le rivolte giovanile che sarà lui stesso a capeggiare. Si espresse criticamente verso la Chiesa cattolica e nel 1976 con un atto dimostrativo uscì da essa, senza peraltro rinnegare la fede. Sostenne anche negli ultimi anni il movimento pacifista, anche per il blocco di carichi nucleari tramite un blocco umano nel 1983. Sostenne anche la causa ambientale. Non scrisse più come i primi tempi e, a causa del fumo che gli provocò problemi di circolazione, morì nel 1985. I suoi romanzi: o o o o o o o o o o o o
Am Rande der Kirche (Ai margini della Chiesa, 1938) – riassume la sua posizione per quanto riguarda la chiesa, ovvero marginale ma coinvolta, già critica; Der Zug war pünktlich (Il treno era in orario, 1949) – fa parte del Trümmer- und Heimkehrerliteratur (letteratura delle macerie e sul ritorno a casa), parla di un soldato che tornando a casa la trova cambiata, non riesce bene ad ambientarsi; Wo warst du, Adam? (Dov'eri, Adamo? 1951) – sempre di argomento bellico; Und sagte kein einziges Wort (E non disse nemmeno una parola, 1953) Haus ohne Hüter (Casa senza custode, 1954) Billard um halb zehn (Biliardo alle nove e mezzo, 1959) Ansichten eines Clowns (Opinioni di un clown, 1963) – melodrammatico, parla del ritorno di un reduce nella sua città, dopo aver lavorato come clown; Ende einer Dienstfahrt (Termine di un viaggio di servizio, 1966) Gruppenbild mit Dame (Foto di gruppo con signora, 1971) – segna una svolta nel pensiero dell’autore, che si pone dalla parte degli esclusi e oppressi; Die verlorene Ehre der Katharina Blum (L'onore perduto di Katharina Blum, 1974) Frauen vor Flusslandschaft (Donne con paesaggio fluviale, 1985) – nostalgico, ritorna al paesaggio del suo passato, a Colonia; Kreuz ohne Liebe (Croce senza amore, 1998) – sul cattolicesimo.
Raccolte di racconti: o
Wanderer, kommst du nach Spa... (Viandante, se giungi a Spa..., 1950 – prende il nome da un racconto breve del 1947, contenuto nella stessa.
Lettere: o
Briefe aus dem Kriege 1939–1945 – lettere ai genitori e alle sorelle del periodo della guerra, dal patos dimesso.
Die verlorene Ehre der Katharina Blum (L'onore perduto di Katharina Blum, 1974) romanzo breve, ha 58 capitoli brevi che ricordano degli articoli di giornale, i quali procedono come documentario, ovvero
vengono descritti i fatti per verosimiglianza, come fossero reali documenti. È di lettura facile, privo di sperimentalismi, d’intrattenimento morale e anche moralista anche se in forma minoritaria. Riporta anche parti poliziesche, tramite il delitto dell’inizio e la soluzione dello stesso ed è anche una sorta di commedia nera, nella quale i delitti minori, anche se eventi tragici, vengono riportati con leggerezza. Esce a puntate nel 1974 in Der Spiegel con le illustrazioni Vogelgesang. Il sottotitolo “come la violenza può nascere e dove può condurre” anticipa il tema principale del romanzo: la violenza delle parole. Il pericolo sta in certi modi di fare informazione, soprattutto l’autore intende la forte potenza di cui godevano i giornali scandalistici che in quegli anni erano molto di successo in una società tedesca borghese e capitalista, dove i valori erano il successo e il consenso che portano alla disumanizzazione. Per questo quello che fa Böll qui è di ammonire coloro che creano una sorta di situazione di caccia alle streghe. Egli si riferisce a Springer e al Bild Zeitung, tutti sapevano che si trattava di questo ma lui fu attento a non lasciare adito ad appigli, per questo, anche se accusato di calunnia da parte di Springer, fu assolto. Karl Carstens, membro della CDU (Unione CristianoDemocratica di Germania) e Presidente del Bundestag, ha denunciato l'autore come un sostenitore del terrorismo di sinistra per il suo romanzo. Dal romanzo fu tratto un film per la televisione “The Lost Honor of Kathryn Beck” nel 1984 ma quello importante fu il film cinematografico del 1975 “Il caso Katharina Blum”, diretto da Volker Schlöndorff e Margarethe von Trotta. Quest’ultimo, prodotto durante un periodo di controversie politiche nella Germania occidentale (il clima politico di panico sul terrorismo nella Germania occidentale degli anni '70), scava in profondità nelle violazioni dei diritti umani in quello che dovrebbe essere un paese pacifico e democratico, e mette in luce la reale natura vendicativa della stampa scandalistica e la tendenza di diffondere bugie e distorcere i fatti. Quello che fanno i registi infatti è di porre l'accento sul trattamento vendicativo e duro di una donna innocente da parte del pubblico, della polizia e dei media. Il film ha un inizio e una fine diversi rispetto al romanzo, infatti inizia cronologicamente con l'arrivo di Ludwig Götten nel luogo in cui incontrerà successivamente Katharina Blum a una festa e, mentre il libro termina con la prigionia di Katharina Blum, il film si chiude con la scena del funerale di Tötges, durante il quale il suo editore condanna, in maniera molto ipocrita, l'omicidio del suo collaboratore come una violazione della libertà di stampa. Ritornando al romanzo, esso si basa su principalmente due modelli letterari: 1. Die Fastnachtsbeichte (confessione di carnevale) di Carl Zuckmayer = è uno degli esempi più noti della letteratura tedesca sul carnevale di Magonza; da qui si riprende l’ambientazione carnascialesca cittadina; 2. Der Verbrecher aus verlorener Ehre (l’onore perduto del criminale) di Schiller = del 1776, è una delle prime storie di criminalità e parla del declino sociale di un giovane, il quale, costretto dalla povertà, commette crimini. Da questo viene ripresa la forma, anche se in chiave più moderna, e anche dei motivi di carattere intimo: Il tentativo di riconquista di un onore perduto; Rappresentare un personaggio con il quale il lettore possa identificarsi; Tentare di ricostruire l’identità di un assassino.
Trama: Nel 1974, quattro giorni dopo la festa della Weiberfastnacht, dove Katharina, 27enne, conosce Ludwig Götten, chiama il commissario Moeding e confessa di aver ucciso un giornalista dello Zeitung. La storia prosegue con un flashback. Katharina ha incontrato Götten alla festa di un'amica, passa la serata con lui e la mattina dopo la polizia bussa alla sua porta per portarla alla centrale ed interrogarla. L'uomo da lei incontrato è un rapinatore di banca ricercato dalla polizia, la quale sospetta che Katharina lo stia aiutando. La vicenda giunge presto al tabloid locale, Die Zeitung, che invia un giornalista esperto del mestiere, Tötges, ad investigare sul fatto. Tötges scandaglia in profondità la vita di Katharina, contattando tutti i suoi amici e familiari, incluso l'ex marito. Dipinge quindi Katharina come attiva complice di Götten e comunista pericolosa per la Germania. Katharina decide che l'unica cosa da fare è tirare fuori la sua storia. Accetta di rilasciare un'intervista a Tötges, convinta che possa servire a chiarire la situazione. Ma ciò che Tötges pubblica non rispecchia minimamente quanto si erano detti. Al contrario parla di quanto lei sia "fredda e calcolatrice" ed inizia ad insinuare sospetti su suo padre e suo fratello. Katharina sente quindi l'esigenza di sapere che tipo di uomo sia realmente Tötges, capace di distruggerle la vita con tanta spietatezza. Vuole
solo vederlo in faccia, sebbene ammetta di aver portato con sé una pistola. Si reca quindi al locale di ritrovo dei giornalisti ma lui non si fa vedere, così dopo due ore torna a casa. Tötges però la segue fino alla sua abitazione, suona il campanello e s'introduce in casa chiamandola "fiorellino" e "piccolo fiore" (in tedesco forme vezzeggiative del suo cognome, Blum). Si chiede perché lei abbia un'aria tanto allibita, quindi le propone di fare "bum-bum", volgare sinonimo di sesso. Katharina pensa, "Lo chiama fare bum-bum? E va bene", estrae la pistola dalla borsa e gli spara. Dopo il fatto vaga per la città per qualche ora, prima di recarsi a casa del commissario a confessare l'omicidio.
Analisi: il tutto si svolge nell’arco di 5 giorni, quelli del carnevale. A Colonia vi è il carnevale più
movimentato di tutta la Germania, inizia la sera prima del Giovedì Grasso (Weiberfastnacht) quando le donne diventano padrone degli uomini, presentandosi davanti a loro e tagliando loro le cravatte in simbolo di potenza nei loro confronti, gli uomini devono sottomettersi e quindi devono fare tutto ciò che le donne dicono. Nel romanzo Colonia viene battezzata “Gemmelsbroich”, ovvero una città vicino al Reno (perché broich è usato spesso per i paesi a sud e a nord del Reno). Il narratore è esterno, si manifesta come ingegnere di parole tramite fonti finte delle quali però il lettore non può dubitare. Si apre con la cronaca dell’omicidio, riempiendosi sempre di più di fatti cerca, nel corso dei capitoli, di spiegare ciò che viene scritto nei primi. Infatti, i primi due capitoli sono delle specie di preamboli metodologici, con paragrafi molto brevi che intendono fotografare eventi particolari. Nel 2° capitolo la metafora fluviale è emblematica, infatti allude ad un metodo di costruzione nel quale la finalità è quella di mettere ordine tra gli eventi che apparentemente si presentano scollegati. Nel 3° capitolo, soprattutto nel primo paragrafo, vengono approfondite le circostanze dei fatti accaduti. I personaggi:
Katharina Blum – nome parlante “Blum” significa fiore, purezza, bellezza e grazia. L’autore fa di lei un quadro benevolo, quasi agiografico, tramite la forma dell’interrogatorio. È una giovane ragazza apolitica che vive in un quartiere piccolo borghese dal nome pittoresco. Abituata a fare economia anche di parole e di sentimenti, viene definita arida e bigotta, priva di passione. In realtà chi la definisce così sbaglia perché lei cerca la verità attraverso le parole, non accetta approssimazioni o sbagli perché sbagliare nel parlare significa sbagliare i rapporti con il mondo e, in più, lei si innamora. Lei è riuscita a farsi strada grazie alla sua intelligenza, sviluppando una corazza contro i molestatori. Sin da piccola ha dovuto lavorare (suo padre morì quando lei aveva sei anni) e, già da questo, riprende la storia di Cenerentola nella versione dei fratelli Grimm. Infatti, lei, domestica, la domenica si reca alla festa da ballo e incontra colui di cui si innamora, il suo “principe azzurro”. Sempre ottimista per il futuro, ricostruisce con la sua figura una sorta di fiaba nera. Ludwig Götten – nome parlante che significa dio, luce. Un uomo in fuga che certamente ha commesso dei reati ma che è stato trasformato in mostro dal clima di sospetto dell'epoca. Quello che fa l’autore è di insinuare il dubbio, infatti vi è una sospensione quando si parla dei suoi crimini e questo fa pensare che lui possa far parte terrorismo. Erwin Beizmenne - Detective capo commissario incaricato del caso. Werner Tötges – nome parlante che significa morte e che anticipa la sua fine. Il giornalista d'assalto che incarna i principi di assoluto cinismo, in quanto capovolge totalmente la realtà e questo rappresenta l’anti deontologia professionale che segue l’intento accusatorio, critico. Dr. Trude Blorna e Dr. Hubert Blorna - Principali datori di lavoro di Katharina, buona parte del racconto segue il loro punto di vista, pur con narratore esterno. Trude è un architetto, conosciuta come "Trude la rossa" per il colore dei capelli (nella deformazione della stampa, a causa di tale colore, diventerà un'estremista di sinistra), è la coscienza parlante; Hubert è un avvocato di successo, stima ed apprezza Katharina e soffre molto per quanto le capita, vivendolo come un crollo di valori. Else Woltersheim - Madrina e amica di Katharina. Offrendo una festa a casa sua per la Weiberfastnacht (la notte del carnevale delle donne) determina l'incontro fra Katharina e Ludwig. È risoluta contro l’autorità della stampa, difende Kat nonostante la mancanza di speranza.
Maria Blum - Madre di Katharina morta durante il corso degli eventi. Werner Tötges la va a cercare poco prima che si sottoponga a un intervento di rimozione di un tumore e la interroga insistentemente, provocandone la morte. Wilhelm Brettloh - Operaio tessile e primo marito di Katharina. Descritto come una persona squallida. Walter Möding - Assistente del commissario Beizmenne. Dr. Kluthen - Secondo datore di lavoro di Katharina che, in quanto libera professionista del lavoro domestico, distribuisce la sua settimana di lavoro fra alcune famiglie private e l'organizzazione di buffet per cerimonie e convegni. Peter Hach - Avvocato e amico di Hubert Blorna. Alois Sträubleder - Industriale e cliente di Hubert Blorna. Ha una casa di campagna di cui ha costretto Katharina ad accettare le chiavi nella speranza di sedurla; la donna le userà per nascondere Götten. Sarà lui poi a parlare di lei come colei che lo voleva sedurre. Adolf Schönne - la sua morte non è chiara. Konrad Beiters - Coinquilino di Else Woltersheim. Katharina ottiene da lui la pistola per uccidere Tötges.
Nel 18° capitolo vi è l’interrogatorio molto dettagliato, dove però vengono rivelate delle incongruenze su Kat, ovvero i km della sua auto sono di più rispetto a quelli che percorre per andare al lavoro; ha un anello molto prezioso e sembra inverosimile che si sia concessa a Götten la sera stessa del loro incontro. Il giornale DIE ZEITUNG scrive in maniera surrettizia, sfruttando alcune sfumature per costruire titoli scandalistici. Spesso l’autore forza la mano parlando di questo giornale, al quale affibbia un uso spregiudicato di un lessico conservatore che stigmatizza il socialismo, in una deformazione costante della realtà dei fatti. Questo giornale vive di una prassi disumana improntata alla vendita, allo scandalo, il quale capo è chiuso ai cambiamenti del periodo. Tra i mascheramenti della festa ricorre quello dello sceicco, il quale all’epoca era una figura importante, perché periodo di crisi del petrolio e da figure come queste dipendeva la salute economica mondiale. Kat viene fatta oggetto di persecuzione, la sua posta viene bombardata di lettere minatorie. Anche nelle persone che la conoscono s’insinua il dubbio verso di lei. Oltre lei viene attaccata, nell’edizione domenicale del giornale (BILD AM SONNTAG era l’edizione della domenica del BILD ZEITUNG), la coppia che le da lavoro e anche la sua madrina, la quale madre vive nella DDR per scelta. Arriva l’ultimo giorno, la domenica, l’autore diventa lapidario e chiude la catena di eventi. La narrazione passa al presente come se si svolgesse sotto gli occhi del narratore, non racconta del processo ma ne allude. Kat racconta come sono andate realmente le cose, apre una sorta di squarcio di azzurro, anche se non si hanno certezze di felicità future, infatti si parla del futuro altrui. È un finale malinconico perché fa pensare come anche le persone di cui ci si potrebbe fidare, vengono influenzate dal giornale.
W.G.Sebald Winfried Georg Sebald erano nomi che a lui non piacevano, perché tipici nomi ottocenteschi, in un’eco di un passato che gli pesava (nazismo). Infatti, in famiglia e anche fuori, si faceva chiamare Max. Nasce nel 1944 in Baviera ma si trasferisce in Inghilterra nel 1970. Il suo dottorato di ricerca fu su un autore ottocentesco e poi ottenne la cattedra come professore di letteratura tedesca all’università di Norwich. Tornerà raramente nella città natale. Il suo successo arrivò tardi e la sua morte presto, causata da un incidente stradale. Verranno pubblicate sue opere anche dopo la morte. Le sue opere: o o o
Nach der Natur. Ein Elementargedicht (Secondo natura. Un poema elementare) – poema semplice che liricizza le forme della natura; Schwindel. Gefühle. (Vertigini. Sentimenti, 1990) – primo romanzo/cronaca di viaggio sulle orme di Kafka, ebbe discreto successo; Die Ausgewanderten. (Gli emigrati);
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Die Ringe des Saturn. Eine englische Wallfahrt. (i cerchi di Saturno. Un pellegrinaggio inglese); Austerlitz. – opera più famosa, è un reportage di conversazione con un barbone. Il titolo si riferisce ad un personaggio napoleonico ma nel testo rappresenta un luogo, ovvero una stazione ferroviaria di Parigi; Campo Santo – su un viaggio in Corsica, esce dopo la morte.
Die Ausgewanderten. (Gli emigrati, 1992) è una raccolta di quattro racconti tra testo scritto e iconografia. Il suo sottotitolo “quattro lunghi racconti” depista dalla realtà, ovvero che i racconti sono di diverse lunghezze ma sempre brevi. Ciò che è lunga è la storia dei personaggi, che rispecchia le contraddizioni del ‘900. Come libro ebbe molto successo, soprattutto all’estero come in USA dove i temi di esilio e sradicamento erano molto sentiti. Sebald parla molto della persecuzione degli ebrei, privilegiando le sfumature tipiche del postmodernismo, ed è proprio per questo che attira l’attenzione degli USA, dove negli anni ’90 si assisteva ad una grande ripresa di scenari importanti nella storia del ‘900.
Trama: Il narratore in prima persona ricostruisce le biografie, in parte immaginarie, di quattro uomini di origine tedesca (tranne Henry Selwyn) dalle conversazioni con i loro amici, dai ricordi, dai diari e dagli album di foto; tutto allo scopo di scoprire il percorso della loro solitudine. A questi quattro - spazialmente, psicologicamente e socialmente - emigranti, il narratore sembra entrare in una relazione personale per caso (spesso inizia dietro la porta dei suoi vicini. In tutte le narrazioni, le storie di vita immaginarie sono mescolate con fatti biografici della vita dell'autore Sebald): Il dottor Henry Selwyn è il marito della padrona di casa di Sebald che è stato cacciato. Selwyn ha combattuto nella Prima guerra mondiale e ha un interesse nel giardinaggio e nella cura degli animali. Si confida con Sebald sull'immigrazione della sua famiglia in Inghilterra dalla Lituania e sospetta che sia questo passato segreto e alieno che ha contribuito alla dissoluzione del suo rapporto con sua moglie. Si suicida sparandosi con una pistola in bocca. Paul Bereyter era l'insegnante d'infanzia del narratore in una città citata nel testo solo come "S". Per un quarto di ebreo, trovò difficilmente un’occupazione nel periodo precedente alla Seconda Guerra Mondiale, sebbene alla fine prestò servizio nella Wehrmacht. Insegnando nella piccola scuola dopo la guerra, Bereyter ha trovato la passione per i suoi studenti mentre viveva una vita solitaria e tranquilla. Negli anni successivi, la sua vista cominciò ad avviarsi verso il fallimento e si trasferì in Francia, dove incontrò e trascorse molto tempo con la signora Landau, dalla quale il narratore ottiene la maggior parte delle sue informazioni su Bereyter. Come Selwyn, Bereyter si suicida, sdraiandosi sui binari della ferrovia. Il grande zio del narratore, Ambros Adelwarth, era il compagno di viaggio di Cosmo Solomon, un ricco aviatore americano, dotato di molta fortuna nel gioco d'azzardo e un atteggiamento ribelle nei confronti della vita. In gioventù ha accompagnato quest'uomo in Europa, in Turchia e in Asia Minore, prima che Cosmo si ammalasse e fosse mandato in un istituto psichiatrico. È implicito che potrebbero esserci stati dei sentimenti omosessuali tra i due uomini. Dopo la morte di Cosmo, Adelwarth divenne maggiordomo. Nei suoi ultimi anni, Ambros cadde vittima di un'estrema depressione che lo porterà a stare in un istituto psichiatrico dove viene sottoposto ad una terapia elettro-convulsiva sempre più frequente sotto indicazioni del fanatico direttore ma anche per volontà di lui stesso che vuole dimenticare il ricordo della sua vita con le scosse elettriche. Da giovane a Manchester il narratore fa amicizia con un pittore e disegnatore ebreo tedesco ed espatriato, Max Ferber. Egli cancella i suoi disegni dal foglio fino a 40 volte, fino a quando le incisioni della sua penna mostrano un'immagine di ciò che è scomparso; Incapace di rileggerlo, Ferber consegna a Sebald il diario di 100 pagine di sua madre che narra della storia sua storia da ragazza in un villaggio bavarese. Fu scritto mentre lei e suo marito attendevano la deportazione in Oriente e la morte. Questa sezione è scritta come una graduale scoperta da parte del narratore degli effetti dell'Olocausto su Ferber e la sua famiglia.
Analisi: tutti i racconti presentano delle commistioni tra storia e memoria. La memoria agisce tramite immagini, che dovrebbero essere considerate come prova della realtà, ma qui lasciano margini di incertezza, non si capisce se sia stata manipolata. I ricordi si mescolano tra fittizi e autentici, dei quali però si è persa la memoria. Per questo i ricordi sono come delle proiezioni fantastiche, nelle quali anche i personaggi ci vengono offerti come reali ma in realtà sono inventati, ispirati. In questo senso la scrittura di Sebald mima la Sindrome di Korsakov, malattia degenerativa del sistema nervoso nella quale frequente è il fenomeno della confabulazione: i pazienti, cioè, riempiono i loro vuoti di memoria con produzioni fantastiche deliranti. L’unica certezza è la storia del nostro tempo con i suoi eventi più importanti che sono i punti fermi di tutto il romanzo. All’interno della storia oggettiva si muovono i personaggi. Gli ultimi due racconti si dilatano, quasi perdendo la concentrazione. Primo racconto – Dr. Henry Selwyn = sin dall’inizio chi racconta sovrappone la storia personale di Sebald con quella di un narratore fittizio, tedesco che vive in Gran Bretagna. Le fotografie, testimonianze e quindi garanti di ciò che succede, qui vengono usate già dalla prima pagina per manipolare i dati del reale che vengono distorti, che sono sfuggenti. Tutto il racconto è permeato di suggestioni, impressioni, richiami e allusioni quasi come un gioco di specchi, dove i ricordi affiorano ma scompaiono. Per tutto il racconto vi è una ricorrenza dell’alternanza di lingue tra tedesco e inglese che rappresenta una rottura della continuità, riprendendo i processi mentali che sono coerenti ma non lineari che vengono dai pensieri che si sovrappongono ad altri pensieri. Il protagonista nasce nel 1882 ed è un emigrato da un villaggio della Lituania (1899), il suo vero nome è Hersch Seweryn ed è appartenente alla comunità ebraica. Il suo nome corrisponde ad un viaggio nell’incertezza e difficoltà di un uomo che ha dovuto abbandonare un mondo arcaico per uno nuovo. Anche il suo aspetto fisico rappresenta la sua situazione: uomo alto ma curvo forse per il peso della storia (il popolo ebreo che porta il peso di tutte le colpe), persona schiva e solitaria della quale si intuisce un passato doloroso. La sua storia viene introdotta dalla visione del film “L’enigma di Kaspar Hauser” del 1974, il quale racconta della comparsa nel 1828 di questo personaggio che scrisse molto ma poi scomparve in circostanze misteriose. Anche nel film stesso vi sono molte incertezze che costringono il lettore a fare degli sforzi ermeneutici. Quindi vi sono diversi livelli di esperienza con richiami a realtà altre, dove l’immaginazione è il ricordo di un qualcosa che non è mai stato. Le immagini iconografiche ricordano il Grand Tour. Il ritrovamento di un corpo in Svizzera anticipa la morte del protagonista, che avviene come suicidio del quale però vi sono notizie molto scarne. Alla fine, il racconto segue un percorso parabolico, nel quale lo scioglimento di significato rimanda a momenti precedenti, quindi i ricordi sempre più vivi ma incerti assumono un senso solo in funzione prospettica. Tutto viene fatto rientrare in una catena di coerenza (“solo adesso immagino”). Il frammento di giornale finale è un frammento di realtà, ha pure appunti scritti sopra. Il tema finale dei “morti che ritornano” è quello principale di tutto il romanzo, nel quale Selwyn è solo il primo. Tutto ciò a cui si allude è molto di più di quanto venga anticipato. Secondo racconto – Paul Bereyter = si apre con un’immagine che mostra il punto di vista di chi sta con la testa appoggiata ai binari che anticipa la notizia seguente riguardo un suicidio. La S. sta per Sonthofen, cittadina in cui Sebald si trasferisce alla fine degli anni ’50 e dove frequenta la scuola. Si ha una piccola informazione sul Terzo Reich che è legata alla professione di maestro del protagonista. All’interno del racconto il narratore presenta due linee di testimonianze: 1. I ricordi di vita che il narratore visse con Paul, suo maestro, in una sorta di memoriale autobiografico reso attraverso impressioni di un bambino intelligente in una Sonthofen in macerie, che sono le stesse umane di Paul. Lui viene descritto come sensibile e schivo, ostile alla religione; 2. Riguarda un secondo momento narrativo, nel quale il narratore parla con una donna che racconta la storia autentica di Paul, presentando un punto di vista che un bambino non poteva conoscere. Si aggiunge il dettaglio che Paul fosse per un quarto ebreo. Sebald stesso affida il senso dell’esperienza della guerra di Paul ad una frase “avrà visto più cose che gli occhi e il cuore possano trattenere”, ovvero gli orrori per i quali non si trovano parole. Infatti, caratteristico di questa parte
è la reticenza, il non detto che è rilevante, è il dolore e l’incapacità del personaggio di vivere prendendosi le proprie responsabilità che lo porteranno al suicidio. Il detto non ha sostanza, perché ciò che non viene detto è importante, percorre percorsi ineffabili che figurano una forza che vive nella realtà e che va oltre il logos. La donna è testimone di un Paul più in la con gli anni, sfuggente così come i suoi incarichi, lui stesso è qualcosa ma al tempo stesso non lo è. Negli ultimi anni della sua vita si isola sempre più e legge autori, la maggior parte di secondo piano, che fanno parte di un canone che diverge dall’ortodossia e che servono a Sebald per presentare sé stesso come autore dal taglio divergente; ma soprattutto sono morti suicidi e questo particolare anticipa la fine di Paul. Loro sono: P. Altenberg (1859 – 1919) scrittore, poeta e aforista austriaco; noto principalmente per i suoi appunti e per la sua frammentarietà che non gli fece mai concludere quasi nessuna delle sue opere. Frequentava i Cafè letterari di Vienna ed ebbe una condotta di vita disastrosa; E. Friedell (1878 – 1938) filosofo, storico, giornalista, attore, cabarettista e critico teatrale austriaco di origine ebraica. Autore di schizzi e anche feuilleton, si tolse la vita dopo l’annessione dell’Austria alla Germania; G. Trakl (1887 – 1914) poeta espressionista austriaco, divenne assistente medico sul fronte orientale, la sua psiche non resse mai il peso di ciò che visse, per questo faceva uso di sostanze stupefacenti tanto da morire di overdose; K. Mann (1906 – 1949) scrittore tedesco naturalizzato statunitense, morì suicida, per overdose di barbiturici; W. Benjamin (1892 – 1940) filosofo, scrittore, critico letterario e traduttore tedesco, si uccise per la paura d’essere arrestato; S. Zweig (1881 – 1942) scrittore, drammaturgo, giornalista, biografo, storico e poeta austriaco naturalizzato britannico, soffriva di crisi depressive dovute all'esilio e alla sua mancanza di speranza per il futuro dell'Europa, quindi si suicidò con un'overdose di barbiturici, insieme alla moglie. In questa seconda parte l’annuncio della morte di Paul viene fatto dalla donna e dal narratore che sembrano fare da coro, che viene spesso allusivamente anticipato nel racconto attraverso immagini che riguardano l’universo ferroviario come disse lo zio “bei der Eisenbahn enden” che indica il lavoro ma con “enden” si indica la fine della sua vita, quindi finire sotto un treno. Anche nella premonizione del bambino che, attraverso la sua impressione oscura, “gli era sempre parso che conducesse alla morte” anticipa il suo destino. Alla fine, si riprende l’immagine dell’inizio, dove le rotaie sono sfuggenti per la loro curva che non si sa dove porti, sono treni della deportazione, della fine, quelli legati al nazionalsocialismo che gravano sulla nostra coscienza. Terzo racconto – Ambros Adelwarth = egli è un uomo eccentrico, con caratteristiche morali e intellettuali insolite, vive una vita avventurosa e riusciva a comprendere le lingue senza averle studiate; emigra negli USA. La prima impressione dello zio è di un piccolo narratore a Wertach (città natale di Sebald), ma non lascia il segno. Vi è una continua confusione tra i piani della narrazione fittizia e autobiografica, dove la memoria e il ricordo della memoria si sovrappongono. Anche per questo il senso si genera dall’accumulo e dall’allusione dai tanti risvolti possibili. Ambros ha ruoli di primo piano in società e sarà incaricato di salvaguardare il rampollo ebreo Cosmo, il quale già dal nome allude ad una dimensione cosmica, mistica di fede laica. Tra i due si allude ad un rapporto di amore omosessuale. Avvengono fatti irrealistici e lo stesso Cosmo, personaggio che risalta quasi quando il protagonista, sembra essere avvolto nella magia. Egli infatti viene descritto come colui dalle doti paranormali, che vince sempre nel gioco, vuole provare cose nuove ma la sua caratteristica principale è l’eccesso di sensibilità che lo porta poi alla consunzione fisica e psicologica. Proprio quest’ultima sarà velocizzata dalla visione di un film, del quale però non si dice il nome. Si pensa alluda a “Dr. Mabuse, der Spieler” (Il dottor Mabuse), film del 1922 di Fritz Lang, una delle pellicole più
celebri del cinema espressionista tedesco. Il protagonista, Sandor Weltmann, medico psicoanalista, è l'incarnazione del male e ha come fine ultimo delle sue azioni la manipolazione degli individui e della realtà, tramite l'ipnosi e il magnetismo indotto. Riprende la figura di Hitler e l'ascesa del Nazismo al governo del paese, ma anche la Guerra Fredda. Le immagini che troviamo in questo racconto sono ambigue, possono essere reali come non esserlo, quindi depistano il lettore dalla realtà, inducendolo ad uno sforzo esegetico. La foto fittizia di Ambros in costume arabo fu voluta da Cosmo, come una premonizione della fine. Ricorda il loro viaggio a Gerusalemme, loro angolo di paradiso, che però fu effimero, in quanto dovettero tornare presto alla realtà. Più avanti nel racconto Ambros sembra dissolversi, con “sono andato ad Itaca” ha un significato ambiguo: da un lato riporta ad una dimensione mitologica della Grecia; dall’altro è anche una città americana dove vi è il manicomio. In quest’ultimo egli si lascerà andare all’elettroshock, quasi cercando l’oblio per lui che prova dolore perché ha troppa memoria. Si affida quindi alle cure dei medici che qui vengono descritti come eccentrici. In questa parte sono presenti inserti in inglese che rappresentano piccolo shock improvvisi. Il racconto ha un duplice fronte: 1. Quello del sogno come storia reale che lega il fantastico alla realtà; 2. Quello dell’appendice dell’agenda che Ambros cede al narratore, dove vi sono i passi principali dei viaggi con Cosmo: dall’Italia alla Grecia (premonizione di Itaca al manicomio) poi verso Costantinopoli, Beirut e Gerusalemme. Le verità sono cangianti. Quarto racconto – Max Ferber = il suo vero nome tedesco è Max Aurach, cambiando il suo nome ha presunto di poter presentarsi come personaggio reale. Il suo nuovo nome è ispirato a Frank Helmut Auerbach, un pittore tedesco naturalizzato britannico di origini ebraiche. Quello che fa questo pittore è di risolvere l'esperienza dell'essere nel mondo attraverso la pittura; infatti nelle sue opere, l'esperienza nel mondo è vista come caotica, pertanto il pittore tedesco si pone l'ambizioso compito di imporre un ordine nel caos riproducendo sulla tela quell'ideale equilibrio. Max Ferber è un personaggio tormentato, il quale vive un forte senso di colpa: quello del superstite dell’Olocausto. Artista brillante, i suoi quadri rispecchiano la sua personalità tormentata. Egli è una proiezione di Sebald stesso, così come si apprende anche dal nome “Max” con il quale si faceva chiamare in famiglia e fuori; anche lui identità frammentaria. Anche questo racconto ha spunti autobiografici per quanto riguarda l’emigrazione. Proprio questo rende Max famoso all’estero, così come Sebald. Il narratore è un testimone e amico di Max, ne segue le sue evoluzioni soprattutto nel dipingere, momenti nei quali si avviavano spesso conversazioni.