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Zitiervorschau

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PREFAZIONE

"Le scienze perdute", seconda opera che pubblichiamo in questa collana, inizia là dove la prima opera, "La preistoria che vive", terminava. Infatti ne "La preistoria che vive", dopo aver descritto il lento cammino del progresso e della civiltà umana, si concludeva dicendo che accanto a questa evoluzione generale svoltasi in decine di millenni, sono esistiti popoli o gruppi particolari tra i popoli, che avevano anticipato dì millenni le più audaci conquiste della scienza d'oggi, ma che non ci sarebbe stato possibile descrivere questo particolare aspetto della remota storia umana perché l'impresa avrebbe occupato un altro intero volume. "Le scienze perdute" continua quel discorso che avevamo lasciato sospeso ne "La preistoria che vive". 'Puntuali all' appuntamento col pubblico che ci ha seguiti la prima volta, dopo aver parlato di ciò che la scienza sa degli antichi, parleremo ora di ciò che gli antichi sapevano di scienza. Per scrivere questo libro abbiamo dovuto superare due difficoltà principali: 1. Il reperire i materiali che informano sulle antiche conoscenze scientifiche. 2. Lo stabilire il punto di validità delle scienze antiche che stiamo trattando. Per ciò che riguarda la prima difficoltà, il metodo che abbiamo impiegato nella riesumazione delle scienze antiche è stato il metodo delle "sacche culturali". Se le scienze antiche fossero state perdute del tutto, quest'opera non sarebbe mai stata scritta. Siccome però parecchie antiche discipline sono rimaste quasi come scienze nazionali in diversi paesi del mondo, che anziché rinnegare la cultura arcaica l'hanno modernizzata e riproposta in termini scientifici ufficiali, il reperimento delle scienze antiche si è reso possibile con relativa facilità. Più che un lavoro di ricerca si è svolto un lavoro di ristrutturazione della terminologia e di reinterpretazione del simbolismo scientifico comune a tutte le scienze antiche: es. Uovo = Specie, Dei = organi sensoriali e così via. Sotto questo aspetto il lavoro svolto dagli scienziati cinesi nella "traduzione" della terminologia simbolica della medicina orientale nella terminologia che ci è consueta, il lavoro svolto dagli scienziati giapponesi e quello a suo tempo iniziato dal premio Nobel Chandra Base, fisico indiano, per questioni analoghe in altre campi della scienza, ci hanno fornito il modello da seguire in quest'opera. La Cina, l'India e il Giappone sono infatti i principali paesi che, in via di modernizzazione, hanno pensato ad adeguare le loro culture nazionali, eredi di tradizioni antichissime risalenti alla preistoria, ai termini ed ai metodi richiesti dalla scienza ufficiale mondiale che è in definitiva la scienza svolta col metodo cartesiano: la scienza occidentale. Altri paesi, la cui cultura è elevatissima e riconosciuta eccelsa dagli stessi cinesi, indiani e giapponesi, non hanno ancora svolto tale lavoro, oppure esso è appena agli inizi- Si tratta di Thibet, Nepal, Indonesia, Indocina e così via. Altrettante sacche di cultura antica che devono ancora essere scoperte ed apprezzate. La seconda difficoltà che abbiamo segnalato è stata cosa ben più ardua da superare della prima. Infatti non è con elementi oggettivi che abbiamo dovuto fare i conti, bensì con fattori psicologici. Le scienze antiche avevano inoltrato le loro indagini su campì di studi anche differenti da quelli su cui hanno investigato i nostri scienziati. Ragion per cui, si verifica di fatto il fenomeno che in certi argomenti gli antichi ne sapevano assai dì più dei moderni. Su questi argomenti non è possibile stabilire un punto di validità sulla base delle nostre conoscenze scientifiche.

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Uno studio sulla morte, per esempio, totalmente basato su ricerche ed esperimentazioni scientifiche, esente da qualunque presupposto religioso o filosofico è appena appena agli inizi in Occidente, mentre in Nepal e in Thibet esiste un'approfonditissima scienza, fondata interamente su prove materiali e sperimentali, dei fenomeni che accompagnano la morte. Quel poco che è stato fatto finora in Occidente, in USA, URSS soprattutto, ma anche in Francia, Turchia, Brasile ha pienamente confermato le vedute delle scienze antiche. Altri elementi invece non hanno ancora avuto una conferma dalla scienza ufficiale e perciò è difficile stabilirne oggettivamente il punto di validità. Ora, coscienti delle difficoltà che incontra il divulgatore quando deve trattare argomenti che stanno ai limiti dell'ortodossia scientifica, abbiamo pensato di seguire questo sistema; abbiamo dato per certo soltanto quanto ha ricevuto conferma dalla scienza ufficiale ed il resto lo abbiamo trattato come ipotesi, poco o tanto probabili, che saranno comunque verificate in futuro. L'autore, come ben presto ci si accorgerà, è un positivista fervente. Essere un positivista significa non concedere nulla a nessuna dottrina prefabbricata, né a carattere spiritualista, né a carattere materialista, ma anzi costruire delle dottrine unicamente sulla base delle esperienze scientifiche. Quindi se in questo volume si tratta ad esempio della dottrina Yoga, non è né in omaggio al misticismo, né in omaggio alla speculazione filosofica; è soltanto perch é le scoperte che hanno compiuto gli psicobiofisici sovietici, sull'energia bioplasmica, ossia sul "Prana" dello Yoga, hanno confermato come realtà scientifica, sperimentale e matematicizzabile il fondamento stesso dello Yoga. Lo stesso sistema è stato seguito per tutti gli altri argomenti trattati. Per un positivista parlare di anima che sopravvive al corpo o di autocoscienza che si estingue con esso è una mera astrazione degna di tempi superati. Il positivista sa che sottraendo il peso di un organismo morto al peso di quando un attimo fa era ancora vivo si ottiene una differenza che nell'uomo è ad esempio 21 gr. in media: dunque una differenza dovuta ad un'entità concreta, con peso, che pertanto costruendo strumenti necessari potrà essere seguita negli uieriori sviluppi. Tutti i dibattiti sulla vita come anima o sulla vita come attività materiale sono per lui da scartare: sapremo cos'è la vita e la morte ad esperimenti compiuti, non in base a dogmi di natura spiritualistica o materialistica. Con questo spirito e secondo parametri evoluzionistici si è cercato in quest'opera di stabilire il punto di validità delle scienze antiche e delle scienze orientali. I più grandi rappresentanti della nostra scienza non sono stati mai scettici sulle scienze orientali. Huxley, il più grande interprete dell'evoluzionismo biologico, dichiara di aver trovato la soluzione dei suoi problemi solo quando ebbe studiato la dottrina Yoga. Era Huxley. Cosa importa a noi dello scetticismo dei conformisti della cultura, la cui unica istruzione è l'istruzione puramente scolastica ed ufficiale? Il trionfo dell'agopuntura, della teoria Yoga e delle altre cose, che moderni esperimenti confermano, danno ragione a uomini come Huxley nella scienza, come Schopenhauer e Bergson nella filosofia, come Teillhard de Chardin nella religione. Non danno, ragione a chi ha tentato a torto di giudicare dall'alto la scienza di uomini antichi e moderni tanto superiori a loro. Chi ha ragione un giorno prima degli altri, dice un proverbio, per un giorno è considerato stupido, poi saranno considerati tali coloro che l'han giudicato e per sempre.

INTRODUZIONE

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2800 anni fa, Aulukya, scienziato indiano, divulg ò per la prima volta il sistema scientificofilosofico Vaisheshika. Nel trattato di Aulukya si parla tra l'altro dei seguenti argomenti: I) Delle esperienze sulle forze magnetiche. II) Della circolazione dei liquidi nelle piante. III) Dello spazio senza struttura, come base della trasmissione dell'energia radiante. IV Delle radiazioni solari come base della vita sulla terra (fotosintesi). V) Del calore come causa delle variazioni molecolari. VI) Della forza di gravità come causa del peso dei corpi e come qualità inerente ad ogni entità ………materiale. VII) Della natura cinetica di ogni energia. VIII) Dell'origine della materia dall'energia e della dissoluzione della materia in energia per ………disintegrazione degli atomi. IX) Dei raggi cosmici. X) Della relatività del tempo e dello spazio rispetto al sistema dì coordinate assunte per base. È inutile dire che il sistema Vaisheshika anticipava di due-centottanta secoli le scoperte della Relatività in modo tanto sbalorditivamente preciso. Se il sistema Vaisheshika, di fronte a cui Democrito impallidisce, non è stato capito in Occidente è solo perché la scienza occidentale è giunta assai in ritardo alle stesse scoperte. Non staremo a domandarci come mai nei nostri licei si insegni tanto su Democrito e nulla sul sistema Vaisheshika, perché sappiamo già la risposta: i professori ben difficilmente studiano ciò che non era già compreso nel programma scolastico di quando andavano a scuola loro, ci domandiamo invece perché il sistema Vaisheshika sia giunto in anticipo e la scienza occidentale in ritardo alle medesime conclusioni. Chi aveva insegnato a uomini privi di una strumentazione moderna quelle cose che da noi sono state apprese mediante sperimentazione? Evidentemente non si può parlare di coincidenze. Se fossero tutte coincidenze le scoperte esatte compiute non solo dal sistema Vaisheshika, ma anche dallo Yoga, dai Tan-tra e così via, allora vorrebbe proprio dire che l'uomo ha in se la scienza infusa. Evidentemente le ricerche' venivano svolte dagli antichi in modo diverso da come si fa attualmente. Anticamente la scienza si evolveva tramite il confronto di esperienze soggettive, al contrario di oggi, che le scienze si evolvono solamente col metodo oggettivo. La scienza di oggi ha due vantaggi sulla scienza antica perché: 1° È definitiva nelle sue scoperte. È sempre possibile ripetere un esperimento che dimostra una certa cosa, non è sempre possibile avere con sé uno Yogi capace di percepire il pensiero sottile e l'energia bioplasmica, mentre un effluviografo ad alta frequenza la fotografa sempre. 2° È democratica. A tutti è possibile osservare una fotografia. Non a tutti è possibile percepire al di là della norma la parte invisibile del mondo. Ma la scienza antica aveva altri due vantaggi: 1° Era immediata e non abbisognava di dimostrazioni perché percepiva immediatamente le cose sulle quali voleva indagare. Perciò il sistema Vaisheshika aveva raggiunto 2800 anni prima di noi i nostri stessi risultati. 2° Era unitaria. Tutte le nostre scienze sono attualmente frammentarie. Studiano vari aspetti della realtà fisica, ciascuna a sé stante, e spesso in contraddizione l'una coll'altra. Le nostre infatti sono

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scienze macrocosmiche, scienze che studiano ciò che si svolge fuori dalla mente umana. Anche la psicologia è una scienza macrocosmica perché lo psicologo studia, non la sua mente, ma la mente degli altri, come il fisico studia una calamita. L'uomo invece prima di poter studiare ciò che si svolge fuori di luì, studio che necessita di strumenti tecnologici, ebbe solo la possibilità di studiare come i fenomeni si riflettono sulla sua mente. E siccome non può esistere un fenomeno che si svolga al di fuori di una mente che lo percepisca, ecco che lo studio del microcosmo equivale allo studio del macrocosmo svolto soggettivamente, ma unitariamente, perché i fenomeni sono tanti, ma la mente che tutti lì percepisce è una in ogni uomo. La stessa parola fenomeno significa: "cosa osservata". Dì tatto, se una cosa non potesse essere percepita da nessuno e non potesse nemmeno percepirsi da sé, quella cosa non esisterebbe. Noi possiamo immaginare un universo intero che si muova senza la presenza dì un essere vivente, ma in questo tradiamo che lo stiamo immaginando. Se sopprimessimo anche questa immaginazione, tutto cesserebbe di esistere. Ecco dunque che il fenomeno implica due polarità: il soggetto e l'oggetto e la scienza del microcosmo, ossia la scienza unitaria che studia il punto di unità di tutti i fenomeni: il soggetto, è stata la scienza più antica necessariamente di tutta l'umanità. Le altre scienze sono sue specializzazioni. In quest'opera noi abbiamo trattato, nella prima parte, delle scoperte della scienza più antica e dei risultati cui essa era giunta. Risultati grandi. Noi abbiamo visto come nessun fenomeno possa svolgersi fuori dalla doppia polarità soggetto/oggetto. Ebbene lo studio del microcosmo porta quindi anche allo studio della genesi stessa dei fenomeni dell'universo, perché tanto per il passato, che per il presente e per il futuro la legge della polarità psicofisica è necessariamente valida. Alle scienze macrosmiche abbiamo dedicato la seconda parte del libro. Sempre sottintendendo che anticamente, e questa è la forza delle scienze antiche, tutte le discipline si articolavano come diramazioni della scienza unitaria contrariamente a quanto è avvenuto in Occidente in cui è stata perduta l'unità della scienza con tutte le conseguenze che ciò ha avuto per la scienza stessa e dalla scienza per la vita. ________________________________________________________________________________

PARTE PRIMA

LA SCIENZA PIÙ ANTICA Da dove veniamo, dove viviamo, dove andiamo? Oh voi che conoscete l'impersonale, diteci perché viviamo qui! Diteci se dobbiamo considerare causa di tutto il tempo o la natura, la necessità o il caso oppure una suprema volontà. Oh uomini sapienti, indagate queste cose!

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(Dagli antichi Veda) ________________________________________________________________________________

COM'È DI SOTTO, COSÌ È DI SOPRA Da principio l'essere non esisteva, ma il non essere era assente. Non esistevano gli spazi siderali, né la materia contenuta negli spazi. Cosa si mosse in principio? Per quale legge si mosse? Da principio la vita non c'era, ma la morte era assente. Né esisteva cosa alcuna che segnasse il trascorrere delle ere. Solo la sostanza primordiale viveva ed oltre ad essa null'altro esisteva. Tenebra ricoperta di tenebra v'era al principio. Quest'universo era un fluttuare indistinto, allorché quel principio vitale, l'unica materia del cosmo, tramite la sua stessa potenza, iniziò ad espandersi in forma di calore attraverso gli spazi infiniti. La forza che attrae fu al principio dell'evoluzione, seme della coscienza futura. Questo seppero scoprire i saggi indagando: il legame tra l'essere e il non essere. Una barriera era stesa innanzi a loro: Esisteva un sotto? Esisteva un sopra? Il seme fu gettato. Vi fu dapprima materia inerte su cui germogliò la coscienza di sé. Chi sa, chi potrebbe veramente proclamare da dove è sorto tutto questo universo. Fu tutto per caso? Fu un piano prestabilito? Forse soltanto la sostanza primordiale lo sa. Oppure nemmeno essa lo sa?

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Questo inno stupendo non è stato dedicato al positivismo evoluzionista, sebbene attribuisca all'evoluzione l'origine della vita e della coscienza. Non è stato dedicato alla relatività di Einstein, sebbene consideri l'universo in espansione e ponga l'energia radiante, quale la luce e il calore, all'origine della materia. Quando quest'inno fu composto mancavano millenni è millenni e millenni alla nascita di un Darwin o di un Einstein. Tramandato da un'epoca indicibilmente remota, attraverso la tradizione orale e attraverso il Rigveda indiano più tardi, esso risale alla preistoria direttamente. Questo inno e tanti altri ci testimoniano un'antica cultura che aveva saputo anticipare coi Suoi metodi di ricerca le più audaci scoperte della scienza moderna. L'origine della materia dall'energia, l'origine della vita dalla materia inorganica per evoluzione, appaiono come dati di fatto scontati, già passati da oggetti di scienza ad oggetti di contemplazione poetica. Un inno di stupenda bellezza che non sarà mai studiato nei nostri licei per il solo fatto che ha la disgrazia di non essere stato scritto né in latino né in greco, sebbene superi di gran lunga in intelligenza e in profondità di pensiero qualunque autore greco e latino con millenni di anticipo. Per trovare concezioni analoghe bisogna attendere ancora secoli in Occidente, bisogna attendere l'epoca moderna con l'introduzione del concetto di evoluzione, del concetto di energia, di espansione dell'universo, perché finalmente questo inno, testimone di un’antica cultura, possa soltanto divenire comprensibile. Ma oltre a quanto abbiamo detto ora, l'inno con cui abbiamo dato Inizio alla nostra esposizione della scienza antica, ci testimonia come le correnti di pensiero che occupano oggi il mondo della cultura erano già presenti tanti millenni fa, nella stessa forma di oggi. Ad ogni concezioneeminentemente religiosa del mondo, visto come una creazione avente un fine occulto, se ne contrappone un'altra, eminentemente materialista, dove l’universo è accettato di fatto come una cosa che è sempre esistita, in cui gli esseri viventi pervenuti alla coscienza cercano di conoscere le leggi della natura, di capirne i perché e di utilizzarle. Migliaia e migliaia di anni prima che il primo filosofo occidentale, materialista o spiritualista, avesse iniziato i suoi ingenui e contraddittori pensieri. Ma differentemente da questi ultimi, l'ignoto poeta del tempo passato, a parte i dati di fatto appurati dalla sua scienza non si getta né per una tesi né per l'altra. Con freddo spirito scientifico accetta l'inconoscibilità delle origini cosmiche. Migliaia di anni dopo Einstein enuncerà lo stesso concetto: di ricostruzione in ricostruzione la scienza non può tornare indietro all'infinito. Si deve sempre fermare ad un certo punto e prima dì quel punto ogni ipotesi è possibile. Perciò optare per qualunque tesi sull'origine dell'universo è una scelta che non può avvalersi della scienza, è un atto di fede e un atto di fede non può essere mai scientifico. Migliaia di anni fa, come vedremo, la scienza di qualcuno era arrivata a questo punto e in certi settori oltre. Soprattutto era giunta al concetto di evoluzione, cui solo il secolo scorso, con reticenza, giunse l'Occidente. E con l'evoluzione furono risolti tanti problemi che solo mediante questa conoscenza possono essere risolti. Vi meraviglia tutto ciò? Se tutto questo vi suscita meraviglia, ben altre meraviglie vi riserberanno le prossime pagine, perché le scienze arcaiche in taluni campi di ricerca sono avanzate ben più della nostra attuale. Si, la scienza è una cosa molto più antica di quanto non si creda. Solo dei sedicenti scienziati si sforzano di dimostrare che la scienza è cosa di questi ultimi tempi, come solo i sedicenti filosofi dicono che la filosofia è nata tremila anni fa in Grecia, quando migliaia di anni di prima erano stati enunciati i concetti che oggi Bergson, Whitehead, Husserl appena appena riescono a concepire. Allorché l'uomo, dopo una lunga e faticosa evoluzione, divenne un animale raziocinante e il suo pensiero poté dirigere l’attenzione verso la sua stessa fonte, allora l'uomo si accorse di esistere e se ne domandò il perché.

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"Perch é vivo?" Io vivo, ecco una certezza che non potrà mai venire meno a nessuno, in tutto il presente come nel passato e così per tutto l’avvenire. Semmai infatti qualcuno dovesse constatare il contrario cesserebbe all'istante stesso anche di constatare. Quando l'uomo, divenuto raziocinante, si rese conscio di questa certezza e se ne domandò il perché, decidendo di indagare liberamente, allora si può ben dire che lo spirito scientifico fosse definitivamente entrato in lui. "Perch é vivo?" Questa è stata la più antica domanda che la mente umana si sia posta, la domanda che più direttamente riguarda ciascuno e a cui tutto è subordinato. È proprio questo l'interrogativo a cui è stato dedicato l'inno al Non-essere con cui abbiamo iniziato il primo capitolo. La scienza che si è andata lentamente formando per dare una risposta a tale interrogativo è stata la scienza più antica dell'umanità. La ritroviamo con nomi diversi in India, in Cina, in Giappone, nell'antico Egitto, in Polinesia, tra gli Shaman. Sebbene presentata con modalità molto diverse e con simboli sovente assai lontani dalla nostra mentalità, essa fu la scienza unitaria dell'umanità ancestrale. Ciononostante, nell'arco delle attuali scienze occidentali che si occupano della vita, manca una disciplina dedicata al problema. La biologia e la psicologia, che rappresentano i due poli Opposti di quest'arco, studiano i fenomeni viventi, l'una dal punto di vista chimico e fisico, l'altra dal punto di vista mentale, ma ciascuna separatamente dall'altra. Esse rispondono solo olla domanda "perché si vive?". Nessuna dice nulla della vita individuale del singolo, se non attraverso una risposta che valida per la vita in generale non spiega assolutamente niente di se stessi. La biologia definisce la vita così: L'organismo vivente è un tutto e il tutto è più della somma delle parti. Ciò che differenzia l'organismo vivente dall'oggetto inerte, dal punto di vista fisico, è il fatto che mentre l'oggetto inerte è fatto, dall'inizio alla fine dell'ultimo dei suoi frammenti, semine dagli stessi atomi, l'organismo vivente invece dal punto di vista atomico e molecolare è sottoposto costantemente ad un continuo ricambio. Gli atomi che compongono il vostro corpo oggi sono completamente diversi dagli atomi che componevano il vostro corpo dieci anni fa. Oggi quegli atomi forse compongono parte di una carota e parte di una melanzana. Tra dieci anni il vostro organismo sarà composto da atomi totalmente diversi da oggi. Non una sola particella del vostro organismo rimane al suo posto. Non di meno voi sarete sempre lo stesso individuo, tra dieci anni come oggi, come dieci anni fa. Ciò che rappresenta questo individuo è una struttura organica che rimane relativa-mente immutata e che è rappresentata in epoche diverse da materiali diversi. Ben inteso che questa struttura non è la forma del corpo, ma è ciò che struttura e organizza, in una forma utile ad uno scopo, il materiale cellulare del corpo. Questa struttura è un'entità fisica che di recente è stata anche fotografata in Urss ed altrove ed è proprio essa che forma la parte costante dell'organismo vivente, ossia l'individuo biologico. Per tutto ciò un'altra definizione che la biologia organica dà del vivente è: L'organismo vivente è un'unità che collega le varie parti, ma non si coglie analizzando le singole parti. L'unità influisce sulle parti non meno che le parti sull'unità e precede la formazione delle parti. Questo è quanto la biologia organica considera del vivente: le manifestazioni del funzionamento organico, del ricambio, della riproduzione, della formazione, della rigenerazione organica. Passando dalla biologia al polo opposto delle scienze occidentali che si occupano della vita, ossia alla psicologia, ci troviamo di fronte a tutt'altro modo di considerare la vita. Per la psicologia la vita è: la qualità posseduta dagli organismi viventi di manifestare delle qualit à psichiche. Se ci assicurassero che un sasso pensa, immediatamente considereremmo quel sasso come vivente. Ugualmente lo considereremmo vivente se ci assicurassero che ha delle sensazioni o che si muove di sua iniziativa senza attendere che il moto gli sia meccanicamente e necessariamente comunicato da qualcosa. Questo perché sia il pensiero, sia la sensibilità, sia la volontà sono qualità psichiche che possono essere presenti solo negli organismi viventi.

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Senza molto sforzo potremmo immaginare una psiche che vive senza corpo, come accade in tutte le mitologie, ma mai potremmo considerare vivente un oggetto che non pensa, non percepisce, non si muove che meccanicamente urtato o spinto. Questo oggetto non dimostra di possedere una psiche e quindi non lo consideriamo vivente. Può esistere una psicologia del cane o una psicologia delle scimmie, ma non può esistere una psicologia del pezzo di ferro o una psicologia dello zolfo. Perch é le cose inerti non possono avere una psiche, se l'avessero non sarebbero inerti. Anche gli infimi tra gli esseri viventi, i microorganismi, dimostrano di avere una psiche: fuggono se l'ambiente si inquina, attaccano, ricercano il cibo muovendosi di loro iniziativa. Per la psicologia l'essere vivente è una mente, più o meno evoluta, ma in grado di percepire, di pensare, di volere. È un "io", come dicono gli psicologi. Per la biologia l'essere vivente è una struttura organica che dirige gli scambi fisici e chimici del materiale organico. La psicologia si occupa della parte mentale della vita, la biologia si occupa della parte fisica della vita. Ma un proverbio giapponese dice che una testa senza corpo vale quanto un corpo senza testa. E in Occidente manca una disciplina scientifica che si occupa di considerare i rapporti tra mente, psiche e organismo fisiologico. Quando si parla di psiche non si deve intendere il cervello fisiologico, che è parte dell'organismo. Ciò che accade nel cervello fisiologico è oggettivo e può essere rilevato da chiunque. Ciò che accade nella psiche è soggettivo e può essere sperimentato solo dalla psiche stessa, Facciamo un esempio: se uno mi pungesse con uno spillo, chiunque dotato di opportuni strumenti potrebbe seguire un impulso elettrico che sale dalla zona offesa lungo i nervi e raggiunge il cervello, dove si trasforma in sensazione. Però, mentre l'impulso elettrico è rilevabile da tutti, anche da me stesso, avendo gli opportuni strumenti, la sensazione è soltanto mia e non la posso condividere con nessuno. Se guardo una luce rossa, nel mio cervello saranno rilevabili altrettanti impulsi elettrici, ma questi non sono la sensazione del rosso. Tale sensazione si trova nella mia psiche soltanto e non è riscontrabile in nessuna parte del cervello o dell'organismo fisico. Dire: "il cervello lo vediamo, ma la psiche no, dunque il cervello esiste, ma non la psiche" sarebbe un controsenso che equivarrebbe a dire "gli impulsi elettrochimici esistono perché li rileviamo, le sensazioni no perché non le possiamo rilevare". È chiaro che le sensazioni non esistono sul piano oggettivo della fisiologia, ma sul piano soggettivo della psiche. Così come gli impulsi elettrici sono rilevabili in tutto il loro percorso, cervello compreso, finché non diventano delle sensazioni soggettive. Del resto l'identificazione della psiche nel cervello è stata il cavallo di battaglia del razzismo. Siccome i negri hanno il cervello meno complesso negli engrammi e meno voluminoso dei bianchi i razzisti ne deducevano che per questo la loro psiche doveva essere meno intelligente (meno psiche!). Siccome il cervello della donna è meno pesante di quello dell'uomo, qualcuno voleva dedurre che le donne sono meno intelligenti degli uomini. Per fortuna queste idiozie sono state smontate in sede scientifica e quasi del tutto sradicate anche a livello di massa. Come vedremo ampiamente in seguito, psiche e cervello sono concomitanti cosi che ogni variazione introdotta nell'una parte si realizza anche nell'altra e viceversa. Questo perché l'individuo vivente è soggettivo ed oggettivo nello stesso tempo. Sarà bene mettersi d'accordo fin d'ora se la psiche debba essere considerata "spirito" o una forma speciale di materia. Uno dei "vizi" che hanno gli spiritualisti occidentali è quello di "dimostrare" l'esistenza dello spirito in base a ciò che la materia non è in grado di fare. Spiritualisti e materialisti ne sono sempre esistiti, sia in Occidente che in Oriente, e la scienza non deve occuparsi di cose che riguardano le opinioni religiose. Per ciò che ne sappiamo la psiche percepisce la materia, ma non percepisce se stessa. Essa si presuppone soltanto. Se si presuppone come materia si avrà un materialista, se si presuppone come "spirito" si avrà uno spiritualista. Ma sempre ipotesi sono. Questo lo sappiamo di certo. Tra le varie ipotesi, presso molti scienziati sovietici, sta venendo in auge la teoria della sostanza "meteterica", sostanza dappertutto presente, che negli organismi viventi diviene la psiche soggettiva. In altre opere (Lakhowsky) tale sostanza è detta "unìversione". Parleremo in seguito di questa sostanza.

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Ciò che importa è sapere come la sostanza psichica, qualunque essa sia, ha caratteristiche diverse dalla sostanza fisica. Questo è ciò che importa scientificamente, perché la scienza ha per compito dì studiare il comportamento delle cose, non sindacare sul loro carattere divino o meno. Lungo le pagine di questo trattato useremo la parola "mate-ria" intendendo "sostanza fisica" ossia lo stato solido, liquido, gassoso, radiante del mondo oggettivo. Useremo invece la parola "psiche" nel senso di "sostanza psichica" ossia la sostanza, non ancora ben definita dalla scienza, percipiente e soggettiva. Mentre la biologia dunque studia la vita dal punto di vista oggettivo, psicologia la studia dal punto di vista soggettivo. O la testa senza il corpo o il corpo senza testa. Per risolvere il quesito da cui siamo partiti invece occorre tenere conto sia della testa sia del corpo. In altre parole l'antica domanda "perché vivo?” deve essere trasformata cosi: "perché un certo organismo esprime una certa psiche e non un'altra?". Se la psiche fosse identificabile col cervello questa domanda non avrebbe risposta. Ma siccome s'è visto, che la psiche non è il cervello fisico, la risposta può essere trovata non appena si venga a conoscenza delle leggi che determinano la concomitanza psicofisica che è l'espressione della vita. Prima che l'evoluzione, come principio scientifico, fosse entrata a far parte della scienza occidentale, gli studiosi si domandavano se è la psiche che determina il cervello o se è il cervello che determina la psiche. In entrambi i casi c'era sempre qualcosa che sfuggiva al raziocinio. Se la psiche determinasse il cervello sarebbe incomprensibile come un trauma cranico potesse produrre imbecillità, afasia, perdita di memoria e così via. Se la psiche invece fosse prodotta dal cervello sarebbe impiegabile come possano esistere malattie mentali indipendenti da lesioni fisiche o addirittura come traumi mentali possano manifestarsi a livello fisico, come nel caso delle malattie psimosomatiche. Quando il concetto di evoluzione fu alfine accettato dalla scienza occidentale, finalmente si capì che i fenomeni fisici e i fenomeni psichici negli organismi viventi sono concomitanti. La psiche non genera il cervello come il cervello non genera la psiche. Le due cose sono strettamente concomitanti, in modo che ad ogni variazione introdotta sul piano soggettivo della psi-che corrisponde una variazione analoga sul piano oggettivo dell'organismo e viceversa. Tra psiche ed organismo non c'è dunque indipendenza, ma interdipendenza. Gli antichi studiosi, soprattutto orientali, conoscevano assai bene l'evoluzione e su questa base sono state costruite tutte le filosofie orientali, dal materialismo Samkhya al positivismo del Vedanta. Perciò esse hanno riconosciuto da sempre il principio dell'interdipendenza psicobiologica. La psiche è soggettiva e non è riscontrabile sul piano oggettivo dell'organismo. Le due cose, sebbene di natura diversa, sono in simbiosi tra loro nell'organismo vivente. L'uomo che assorbe un tranquillante per calmarsi, intro-duce delle variazioni fisiche nel suo cervello che si manifestano a livello psichico. Cosa impossibile se la psiche fosse indipendente dal cervello o se il cervello addirittura dipendesse dalla psiche. L'uomo a cui vengono i capelli bianchi in seguito ad uno spavento, ha subito delle variazioni che da psichiche si sono trasformate in fisiche. Cosa altrettanto impossibile se la psiche derivasse dal cervello e se ogni atto psichico derivasse da un precedente atto del cervello fisiologico. In tal caso sarebbe come dire che l'uomo si è spaventato perché gli sono venuti i capelli bianchi. Solo la concezione della simbiosi psicofisica può spiegare completamente i fatti. Gli antichi studiosi hanno espresso questo concetto di simbiosi psicofisica con la famosa frase "Com'è di sotto, così è di sopra". Questa frase che la tradizione mitologica attribuiva nientemeno che al Dio Hermes in persona stava a significare la legge dell'interdipendenza e della simbiosi psicofisica. Nell'organismo vivente la simbiosi inizia alla nascita e ter-mina alla morte. Come l'attrice si ferma dopo essersi esibita in teatro così la materia si ferma dopo essersi mostrata alla psiche, dice un poeta antico. La psiche vede ma non si muove, la materia si muove ma non vede. La loro fusione dà luogo alla crea-zione di un organismo, la loro separazione alla morte. Le leggi che

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governano tale simbiosi sono appunto quelle leggi che la più antica delle scienze umane ha riassunto nella già citata frase: "com'è di sotto, così è di sopra". Noi esporremo questa scienza che è il fulcro, centrale da cui si diramano tutte le scienze orientali e le scienze antiche. La esporremo coi metodi moderni e con gli esempi più moderni, non nella forma antica, come sì compiacciono taluni. Abbiamo detto, in Occidente una tale scienza non può esistere. Perch é la biologia studia le manifestazioni fisiologiche della vita prese a se stanti. La psicologia studia le manifestazioni della mente prese a sé stanti. Per fortuna tale scienza posseduta da tanti popoli di un tempo, allorché la scienza era ancora unitaria, non è stata perduta del tutto. Noi ci rifaremo soprattutto ai testi indiani del-V" Atmavidya", perché la terminologia indiana si adatta meglio alla nostra mentalità e alle nostre lingue indoeuropee, essendo il sanscrito la più completa ed importante delle lingue indoeuropee di cultura, più del latino e più del greco, come già abbiamo visto e come ancora di più vedremo. Atmavidya è una parola composta di due termini: Atma e Vidya. L'ultimo termine è una desinenza che significa "studio" come la nostra desinenza-logia in psicologia, filologia ecc. ecc. La parola Atma invece ha un doppio significato. Può essere tradotta sia come Psiche, sia come Vita. Etimologicamente Atma significa respiro. In greco la stessa radice è Athmos, l'aria. In tedesco, altrettanto indoeuropeo, Atmen significa respirare. In questa accezione la parola Atma equivale al greco Bios, ossia la vita fisica, di cui il fenomeno più appariscente nell'uomo è la respirazione. Quando un uomo nasce inizia la sua vita con un'inspirazione, quando muore la termina con una espirazione, tutta la vita è un alternarsi di inspirazioni e di espirazioni. Dunque finché un uomo vive c'è il soffio. Quando muore, il soffio cessa e con esso cessa di manifestarsi la sua individualità psichica e la sua vita. La seconda accezione dalla parola Atma è infatti, come abbiamo detto, psiche. Anche qui esiste lo stesso significato etimo-logico delle altre lingue. Il greco PSYKHE viene dal verbo PSYKHO = soffio. Il latino ANIMUS è comparabile al greco ANEMOS = vento. Noi stessi diciamo "spirato" e cosi via. E la parola Atma quindi vale sia come BIOS, vita, in BIOLOGIA sia come PSYKHÈ, psiche, in psicologia. L'atmavidya è la psicobiologia, la scienza che studia i rapporti tra psiche e organismo. Una scienza interamente fondata sul principio: "Com'è di sopra, così è di sotto". ________________________________________________________________________ _______

L'EVOLUZIONE UNIVERSALE I filosofi occidentali hanno discusso a lungo, molto a lungo per sapere se la materia sia stata generata dalla psiche o la psiche sia stata generata dalla materia. Hanno discusso interminabilmente a lungo su questo problema e non sono arrivati a capo eli nulla prima che il concetto di evoluzione venisse finalmente a far parte anche della cultura occidentale. Questo è stato il problema centrale della storia della nostra filosofia e tutti gli atteggiamenti sulla vita e sulla morte, sull'etica e sulla politica sono dipesi sempre dalla soluzione che le varie dottrine hanno dato al problema centrale. Se la materia fosse stata generata dalla psiche, allora l'universo intero, nella sua matrice primordiale, sarebbe risalito a qualcosa di vivente ed avrebbe avuto una finalità ultima. La psiche individuale sarebbe sopravvissuta alla morte del corpo fisico e questo sarebbe stato solamente un suo strumento. Se la psiche fosse stata generata dalla materia, la vita nel cosmo sarebbe stata solo un fenomeno secondario e tutto sarebbe stato casuale. La psiche non sarebbe stata da considerare come qualcosa che ha a disposizione un corpo, ma come un fenomeno stesso originato dalla materia organica. Da

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queste due concezioni diametralmente opposte ne derivavano due misure altrettanto diametralmente opposte di tutta la vita, dei principi morali e dello scopo da proporsi in ogni azione. Ottimi ragionamenti, ma anche ottime contraddizioni si andavano via via accumulando sia da una parte sia dall'altra del tradizionale fronte filosofico. Basterebbe la storia di questo tri-millenario fallimento per dimostrare come né l'una né l'altra delle due contrastanti ipotesi fosse giusta. Alla fine venne data una soluzione a questo problema, quando Spencer e Mill introdussero nella filosofia e nella cultura occidentale il concetto di evoluzione che Darwin, Wallace ed altri predecessori avevano scoperto nel campo naturalistico. Oggi da questa base partono tutte le filosofie serie, dal materialismo dialettico al cattolicesimo di Teillhard de Chardin. Noi ora faremo brevemente la storia di tutto questo, sia per spiegare al lettore quale sia il concetto positivistico dell'evoluzione, sia per non farlo cadere nella trappola di certe correnti pseudoculturali, purtroppo diffuse, che hanno interesse a pescare nel torbido e a dire "questi problemi non sono mai stati risolti e non saranno risolti mai". Non solo questi problemi sono stati risolti, ma sono stati risolti nello stesso modo con cui li avevano risolti gli antichi studiosi orientali e di altre civiltà. Il positivismo evolutivo ha creato il ponte di comunicazione tra la parte più elevata della nostra civilt à tecnologica e la parte più elevata delle antiche culture meditative. Sebbene per vie diverse di indagine i risultati sono stati proprio gli stessi. Non sarà un puro caso di certo.

ORIGINE E STORIA DEL CONTRASTO

Il vecchio contrasto nacque ai tempi della filosofia greca tra la scuola ionica che sosteneva che il mondo era fatto di materia e la scuola eleatica che sosteneva che la materia è un'illusione della psiche, creata da essa ad ogni istante. Dicevano questi ultimi: il passato non esiste perché è passato, il futuro non esiste perché è futuro. Esiste solo il presente, un eterno presente. Il presente è solo un istante. Come fa ad esistere il movimento? Come fa ad esistere la materia che appare sempre diversa se non può mutare? Evidentemente essa è un'illusione, un'eterna creazione della psiche. Il ragionamento degli Eleati è tuttora senza opposizione. Questo contrasto si ripeté tra Platone ed Aristotele ed i rispettivi seguaci. Per Platone il mondo era fatto di idee immobili. L'Odissea non è né l'inchiostro con cui è scritta, né le pagine su cui è scritta. È un'idea immobile che vive in se stessa e viene ripetuta un'infinità di volte nella materia. La stessa cosa succede per ciascuno dì noi. L'idea di noi stessi, la psiche, è sempre la stessa, il corpo muta completamente. La psiche quindi è eterna, i corpi saranno un'infinità, finché l'uomo non riesca a liberarsi dal giogo della materia e vivere nel mondo delle idee. Là è il mondo del bene, perché le idee sono le cose come devono essere, non come le riproduce la materia imperfettamente. Là è il mondo della verità, perché le cose non sono come appaiono, ma come sono. Là è il mondo dell'immortalità perché le idee sono immobili. Là non ci si muove e non si parla, si capisce e si gusta l'Odissea senza leggerla. Indubbiamente Platone è stato un grande genio, la sua costruzione è stata meravigliosa e per la prima volta ha saputo immaginare un paradiso che non fosse la riproduzione di un bene che si desidererebbe quaggiù. Purtroppo però era un grande genio anche Aristotele che molto più concretamente gli ha risposto che le idee sono astrazioni di una cosa materiale vista ed udita. Se un bimbo nascesse senza sensi non potrebbe avere alcuna idea. Il contrasto riecheggi ò per tutto il medioevo, nonostante fosse assolutamente accettato il dogma che il mondo fosse stato creato da Dio. Sant'Agostino seguace di Platone diceva che dentro dì noi c'è la certezza. Fuori di noi il dubbio. "Io posso dubitare di tutto, ma non posso dubitare che sto dubitando, ecco in me c'è la certezza, fuori di me l'errore". S. Tomaso che invece si ispirava ad Aristotele rispondeva che le percezioni sono l'unica cosa certa e concreta. Dentro di noi invece ci sono tutti gli errori, come dimostra il fatto che esistono mille religioni diverse e mille filosofie diverse.

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Arriviamo in epoca moderna. Il dibattito si trasferisce alla polemica tra empiristi e razionalisti. Gli empiristi dicevano che noi abbiamo continuamente delle percezioni e che per giustificarle creiamo l'ipotesi della materia. Nel fare questo cerchiamo la causa dì un effetto: percezione = effetto, materia = causa. Senonché la legge di causa ed effetto è dedotta dal comportamento della materia di cui era ancora da dimostrare l'esistenza. Questo è contraddittorio. Di sicuro ci sono solo le percezioni. Le percezioni le crea la psiche stessa e la legge di causa ed effetto è in realtà la legge psichica delle "associazioni di idee". Noi associamo le nostre percezioni in successioni costanti : fuococalore; fiammifero-fuoco, e così via. Quando infatti accade un'associazione che non ci aspettavamo allora parliamo di miracolo o la cosa ci sembra miracolosa, come per esempio: fuoco -non scottatura. I razionalisti, che sono stati i fondatori della scienza moderna, si avvalevano delle brillanti scoperte che avevano fatto per contrastare queste ipotesi. Se la materia fosse una creazione della psiche allora dovrebbe cadere sotto la sua volontà. Invece dimostra di comportarsi in modo autonomo, secondo una legge di causa ed effetto che noi dobbiamo sperimentare per conoscere e quindi non appartiene alla psiche. Questa è ciò che percepisce il movimento della materia stessa ed è ciò che dà l'unità all'essere vivente che, a differenza dell'oggetto inerte, possiede una psiche, che ha interesse di agire in un certo modo anzich é in un altro. Naturalmente gli empiristi a queste argomentazioni rispondevano così: Se la materia esiste come causa delle nostre sensazioni, qual'è allora la causa della materia? 1) La materia esiste da sempre? Impossibile, perché le vostre stesse scoperte dicono che il moto perpetuo non può esistere e se un universo materiale esistesse da sempre avrebbe esaurito da sempre ogni possibilità di moto. 2) La materia è stata creata da Dio? E allora perché non avrebbe Egli creato direttamente le percezioni? In generale gli empiristi accusavano i materialisti di dogmatismo esattamente come facevano a loro volta i materialisti con gli. spiritualisti. I materialisti dicevano agli spiritualisti: Piuttosto che considerare la materia come creata da Dio, non sarebbe più pratico considerarla senza causa? E gli empiristi dicevano ai materialisti: piuttosto che considerare le sensazioni come causate dalla "materia" non sarebbe più pratico considerarle eterne e determinantisi l'un l'altra? La vostra "materia" non è che un ente meta-fisico del tutto simile a quello che gli spiritualisti chiamano "Dio". Un ente indimostrabile che viene creduto per un atto di fede, non per un atto dell'intelletto. Voi a questo ente date la funzione di creare il mondo sensibile esattamente come gli spiritualisti fanno con Dio. Così la vostra scienza che avrebbe per postulato fondamentale eliminare ogni dogma, parte da un dogma indimostrato: l'esistenza della materia. Noi invece non vogliamo dogmi e per noi le percezioni sono l'unica base sicura su cui poter ragionare. La "materia" ipotizzata per dare una spiega-zione delle sensazioni la prendiamo per ciò che è: una ipotesi. Quando i razionalisti e gli empiristi si facevano la guerra e le polemiche si susseguivano senza posa nacque a molti studiosi l'idea di creare una conciliazione tra le due divergenti discipline di pensiero. Dopo molti tentativi ingegnosi, non troppo ben riusciti però, uno dei massimi esponenti della filosofia occidentale riuscì a trovare il punto di validità delle due dottrine divergenti: Emanuele Kant. Kant sostenne per tutte le ragioni che portavano gli empiristi che è impossibile conoscere come stanno le cose, in se stesse. É possibile solo conoscere come noi le percepiamo, cosa7 che han fatto i razionalisti. Al di là della percezione ci sono delle ipotesi, al di qua della percezione ci può essere la certezza scientifica. Certezza che si basa sui dati dei sensi che percepiscono, non sulla causa che provoca le percezioni. Ma noi è appunto nei sensi che viviamo, nella "rappresentazione" e quindi ciò che ci interessa è la scienza che studia il percettibile. Dalla "ragion pura" si passa alla ragion "pratica": "Fisica, fisica liberaci dalla metafisica". Mentre è possibile osservare e stabilire leggi che permettono di prevedere lo sviluppo e la concatenazione dei fenomeni del nostro universo sensoriale, non è possibile affatto valicare il velo

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dei sensi e capire come è fatto il mondo in se stesso, indipendentemente dal soggetto che lo percepisce. La logica umana ha come sua aspirazione valicare la barriera dei sensi e capire la realtà in sé, ma questa aspirazione è destinata a fallire perché la logica non può che lavorare esclusivamente sui dati forniti da quei sensi che essa vorrebbe superare. Dunque finché si vive nel mondo dei fenomeni è impossibile conoscere la realtà in sé. Sarà possibile conoscere tale realtà "noumenica" dopo che l'individuo come fenomeno vivente e soggettivo si sarà estinto, allorch é cesserà di percepire invece i fenomeni. La filosofia eli Kant ha determinato un'altra era nella storia del pensiero occidentale. La sua opera nel proclamare l'inconoscibilità della sostanzialità del cosmo ha quasi prevenuto, come vedremo, il positivismo evolutivo. Dopo Kant, tutto l'idealismo tedesco si è sforzato di penetrare nella realtà assoluta delle cose, oltre il velo del mondo percettibile, ma questi sforzi sono sempre falliti, proprio come aveva previsto Kant (Critica di ogni metafisica futura). Alla causa del mondo percettibile sono stati dati tanti nomi: Assoluto, Io reale, Idea ecc. Al di là di tutti questi nomi però nessuna innovazione valida è stata fatta e i vari tentativi dell'idealismo sono finiti nel nulla. Tra tutti questi tentativi ebbe una particolare importanza la filosofia di Hegel, non tanto per i suoi risultati quanto per il metodo che ha impiegato, la dialettica, che poi si è trasferito anche al materialismo. Hegel è partito dalla considerazione che ogni cosa per essere possibile deve essere anche logica. Così infatti ci si regola per escludere o affermare l'esistenza delle cose. La contraddittorietà di una cosa basta per escluderne l'esistenza mentre la sua logicità è ragione sufficiente per ritenerla come esistente, "Ciò che è reale è razionale, ciò che è razionale è reale". Ne consegue che non esiste nel mondo processo ideale che non sia realizzato così come non esiste alcun processo reale che non sia logico. Alla base dì tutto l'universo c'è dunque l'Idea che si concretizza nella natura fino a prendere coscienza di sé nello spirito. Questo vale sia per il macrocosmo che per il microcosmo. Ogni essere umano è un'idea che si realizza nella sua persona fisica e nel raggiungere l'autocoscienza prende atto della sua esistenza. Anche la storia dei popoli è la storia di un'idea che si è incarnata in quel popolo e nel corso della sua storia prende coscienza di se stessa. Anche la costruzione di Hegel, che aveva intuito il progressivo affermarsi della psiche nella materia, era magnifica, ma non resse molto bene nel suo fondamento quando il materialismo storico contestò l'idealismo affermando che "l'Idea è solo il pallido riflesso nella mente umana del reale movimento delle cose". Il materialismo storico, che ha indubbia-mente portato valide analisi nelle questioni economico-sociali, indipendentemente dalle opinioni che ciascuno può avere nei riguardi delle soluzioni che ha proposto, ha volontariamente rinunciato ad un'interpretazione filosofica dell'universo ed ha sostenuto che tali interpretazioni non sono dettate, se non in rari casi di studiosi isolati e sovente perseguitati, come Giordano Bruno che finì sul rogo, dal piacere di conoscere la verità, ma dall'interesse che hanno i governi di inculcare certe idee piuttosto che altre ai popoli cui impartiscono l'educazione tramite l'adozione di una filosofia o di una religione: "Finora i filosofi si sono sforzati di interpretare il mondo d'ora in poi si sforzino dì trasformarlo" (Marx). Senza dubbio l'atteggiamento del materialismo storico ha messo in crisi la fiducia sia nell'attendibilità degli studi filosofici, sia nella possibilità stesso della filosofia di giungere ad una soluzione dei massimi problemi universali. LA DURA RISCOPERTA DELL'EVOLUZIONE

Mentre però erano al lavoro i filosofi, erano per fortuna al lavoro anche gli scienziati. Precisamente, nell'officina della scienza si stava scoprendo il grande principio dell'evoluzione. Attraverso minacce, boicottaggi a non finire, accuse di eresie, imprigionamenti la concezione evolutiva stava per emergere finalmente anche nella cultura occidentale.

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Le prime dottrine evolutive furono duramente represse per-ché si riteneva che fossero eresie pronunciate contro la Bibbia: 1) Negavano all'uomo un'origine divina. 2) Facevano risalire il mondo ad un'età anteriore a quella concessa dalla Bibbia sommando le età dei patriarchi fino alla nascita di Cristo ai sette giorni della Creazione: 5119 a.C. In realtà la dottrina evoluzionistica contraddiceva solo alla puerile, bambinesca concezione della Bibbia che avevano gli uomini ignoranti dell'epoca, anche se essi rappresentavano la cultura ufficiale. In realtà la Bibbia è estremamente evolutiva. Si erano venute a creare le stesse condizioni che già avevano visto la polemica tra Galileo e gli aristotelici medioevali. Anche ai tempi di Galileo sembrava che l'idea che la terra gira attorno ni sole contraddicesse la Bibbia. Nella storia del pensiero occidentale il primo evoluzionista pare sia stato Cirano di Bergerac che sostenne che l'uomo potrebbe essere derivato da una scimmia che per anomalia del seme avesse procreato figli con le braccia troppo corte per camminare a quattro zampe e troppo inabili a difendersi fisicamente. Il primo che fu minacciato di rogo fu il protestante La Peyrer che si basava proprio sulla Bibbia. La Peyrer faceva notare come la Bibbia stessa dice che i due figli dì Adamo e di Eva trovarono spose fuori dall'Eden. Voleva dire che, a parte il caso d'incesto, esistevano popoli preadamitici. Adamo non avrebbe rappresentato quindi il primo uomo, ma solo il capostipite degli ebrei. Quando La Peyrer espresse le sue opinioni venne da lui un inquisitore protestante che gli descrisse accuratamente le sofferenze del rogo fino ad indurlo ad abbandonare le sue "eretiche" teorie. Quanto alle donne, gli fu risposto che le aveva fatte la Divina Provvidenza. La stessa cosa dovette accadere anche a Mendel il famoso scopritore della legge dell'ereditarietà che si chiama "Legge di Mendel". Mendel era un religioso e viveva in convento, dove aveva pazientemente fatto le sue esperienze allevando polli e seminando piselli. Furono fatte tali pressioni su di lui che mori rinnegando le sue stesse scoperte, tuttora validissime, considerate un caposaldo della genetica. In questo clima dì oscurantismo i primi evoluzionisti facevano le loro esperienze. In segreto nelle loro mani serpeggiavano i manoscritti. Un eminente scienziato fu rinchiuso alla Bastiglia perché un suo sedicente allievo si fece prestare un manoscritto incriminabile e quel sedicente allievo era una spia dell'Inquisizione. Stava per essere giustiziato quando i rivoluzionari fran-cesi lo liberarono sottraendolo alla morte durante il famoso assalto del 14 luglio. Il primo studioso occidentale che dedusse l'evoluzione con un processo scientifico è stato Haeckel. Ai tempi di Haeckel l'oscurantismo regnava ancora indisturbato. Haeckel studiò lo sviluppo fetale degli animali. Sì accorse che le specie più progredite, nel loro sviluppo fetale, passano attraverso le fasi che non vengono superate dagli animali meno progrediti. Al momento del concepimento l'uomo è una sola cellula, poi diviene un gruppo di cellule, quindi assume tutte le caratteristiche del pesce, comprese le branchie, alla fine il suo feto assomiglia a quello dei rettili, poi dei mammiferi, delle scimmie e finalmente assume la caratteristica peculiare della sua specie. Haeckel, che non voleva passare dei guai, disse nella conclusione della sua opera che, stando alle risultanze scientifiche, si sarebbe dedotto che le specie si evolvono l'una dall'altra progredendo, ma sic-come la Bibbia affermava il contrario sicuramente aveva ragione la Bibbia. L'opera di Haeckel non aveva quindi la pretesa di convincere chi era imbevuto dì oscuri pregiudizi medioevali, ma aveva invece l'intenzione di parlare tra le righe a chi era in grado di capire. E infatti l'opera di Haeckel fu la base attraverso cui si poté finalmente dimostrare in modo definitivo che l'evoluzione della natura era un dato di fatto. Tale dimostrazione fu data da due scienziati che non si conoscevano e che avevano studiato entrambi isolatamente: Darwin e Wallace. L'EVOLUZIONE NEL CAMPO NATURALISTICO

Wallace aveva studiato la distribuzione delle specie nel mondo. Aveva constatato che le zone isolate si prestano a mante-nere le forme più arcaiche di vita. Gli animali e le piante che vi vivono

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riempiono una nicchia ecologica e non sono più costrette ad evolversi. Le forme più primitive sono i microrganismi del mare, poi vengono le colonie cellulari, quindi gli animali senza scheletro, poi i pesci, gli anfibi, i rettili. Tra i rettili ed i mammi-feri la via di mezzo è conservata in Australia coi canguri e gli ornitorinchi. Dai mammiferi si passa all'uomo attraverso la fuse delle scimmie di cui pure l'uomo fa parte. L'opera dì Darwin era stata ancora più massiccia dell'opera di Wallace. Darwin aveva sottolineato come in natura nulla è discontinuo. Il passaggio tra una forma e l'altra è graduale e continuo. Ogni specie animale e ogni specie vegetale trascende gradatamente in un'altra senza interruzioni brusche. Lo stesso regno animale e il regno vegetale sono separati da confini puramente convenzionali. Dove a volte appare il salto, il vuoto è riempito da forme fossili che sono scomparse, ma che sono esistite nella storia della vita sulla terra. I fossili degli animali e delle piante più semplici e meno progredite sono contenuti in rocce che si trovano sotto rocce che contengono fossili dì ani-mali più evoluti: ciò significa che si sono formati prima. Questo dal punto di vista fisico, dal punto di vista psichico è esattamente la stessa cosa. Le virtù etiche e intellettive dell'uomo si trovano già presenti embrionalmente negli animali, tanto più embrionalmente quanto più si scende verso la materia inorganica. Tanto più appaiono evidenti quanto più si sale la scala evolutiva verso l'uomo. Fino all'epoca di Darwin e di Wallace era prevalsa incontra-stata la teoria meccanicistica della vita. Secondo il meccanicismo solo l'uomo aveva intelligenza e sensibilità in quanto era dotato di anima. Gli animali e le piante non provavano sensazione alcuna, né svolgevano alcun ragionamento, essendo queste caratteristiche dell'uomo, unico vivente con lo spirito. Questa ingenua teoria, il meccanicismo, saltò completamente con l'opera di Darwin. Darwin cita il caso di un chirurgo che aveva un cane che gli si era affezionato moltissimo. Il cane non sapeva che il chirurgo lo aveva allevato per vivisezionarlo. Sotto i ferri, col ventre squarciato e le viscere tagliate, il cane mugolando dal dolore trovava la forza di leccare le mani al suo padrone-chirurgo. Darwin fa capire chiaramente che ben difficilmente la stessa dote di fedeltà all'amicizia la si sarebbe trovata nel dottore. (Lo si sarebbe potuto sapere facendolo vivisezionare a sua volta da un suo caro amico). Una volta una bimba stava annegando in una gora quando fu vista dal gatto di casa. Questo corse immediatamente dalla madre tirandola per la gonna. La madre non riusciva a capire che volesse la bestia. Allora il gatto corse alla gora, prese tra i denti la bambola della bimba e torn ò di corsa dalla madre che questa volta capi. La figlia fu messa in salvo. I delfini hanno un linguaggio assai ricco di segnali e, con gran scalpore, si è dimostrato che istituendo delle convenzioni, gli sperimentatori possono venire a comunicare con questi ani-mali tramite strumenti che riproducono i loro suoni. Non parliamo di ciò di cui sono capaci gli elefanti, gli orsi, le scimmie che più di tutti assomigliano all'uomo. Un popolare studioso di animali raccontò che smise di andare a caccia il giorno che avendo colpito uno scimpanzé con una fucilata vide questo lamentarsi e piangere mostrandogli il sangue colle mani. Tutti questi fatti fanno cadere per sempre la teoria cartesiana che vede l'uomo come unico essere dotato di anima e di intelligenza e considera gli animali e le piante come meccanismi semoventi, "caricati" e programmati per avere reazioni fisse a momenti fissi. Per questo il beffardo Schopenhauer dice: u l'intelletto degli animali può essere negato solo da coloro cui questo intelletto manca". Cartesio si illudeva di scoprire il segreto della vita osservando nei mattatoi lo squartamento dei buoi e dei cavalli. Errori simili a quelli di Cartesio rischiano dì farli tuttora alcuni sperimentatori di laboratorio che sottopongono gli animali a stimoli per fare statistiche sulle loro reazioni. Se lo sperimentatore stesso fosse stato rinchiuso per anni, o addirittura nato, in una gabbia, si comporterebbe su per giù come quell'animale che crede di studiare. I due più grandi etologi Lorentz (premio Nobel) e Winckler sostengono che gli animali possono essere studiati positivamente solo nel loro ambiente naturale. E con questo sistema sono riusciti a fare scoperte sensazionali; che ogni

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specie ha i suoi usi e costumi, il suo linguaggio, una organizzazione sociale differente da ogni altra ecc. ecc. E non solo l'intelletto e la sensibilità non mancano agli animali, ma la sensibilità non manca nemmeno alle piante. Solo che lo psichismo della pianta è uno psichismo lento e difficile da cogliere. La pianta carnivora sente quando la vittima si è posata sulla sua trappola e secerne immediatamente il succo che permetterà la sua assimilazione, La pianta nata al buio da sola si dirige verso la luce, per la via più breve, compiendo anche giravolte labirintiche; non urta mai contro le pareti anche se per esperimento le si crea un'illusione ottica con uno specchio. La cosa non è spiegabile chimicamente. Dove maggiormente si vede all'opera lo psichismo vegetale è nel rituale sessuale. La begonia per esempio emette da uno stesso bulbo due fiori, uno maschio e l'altro femmina. Giunta l'epoca delle "nozze" il fiore maschio gira attorno al fiore femmina finché non l'ha trovato. Se il fiore femmina viene ricoperto, il fiore maschio continua durante la giornata a spostarsi. Appena l'ha trovato vi introduce il suo seme, lo feconda e muore. Se dal mondo vegetale scendiamo all'infimo scalino della scala evolutiva, alla cellula, al virus, all'ultravirus, insomma al microrganismo, ugualmente troviamo la manifestazione della psiche al suo più umile abbozzo. Anche il microrganismo scappa, si avvicina, attacca, si nutre, si muove nella direzione utile, capisce dove non deve essere e dove gli conviene andare. Quando nella storia della terra le acque del mare possedevano le sostanze e le condizioni adatte a far germogliare la vita, questa germogliò. Oggi migliaia di laboratori scientifici stanno creando la vita cellulare imitando le condizioni del mare primordiale. Gli esperimenti sono andati progredendo e Ì biologi dichiarano che è vicino il momento in cui si potranno creare addirittura nuove specie. . Darwin ha scoperto, e per ciò avrà merito immortale, che non esiste rottura tra una specie e l'altra. Tutto è progressivo. Se l'anima ce l'ha l'uomo, che l'hanno anche gli altri esseri viventi. Se qualcuno non l'ha non l'ha nemmeno l'uomo. Questo è stato lo shock che nella cultura occidentale ha provocato l'evoluzione. L'intelligenza e la sensibilità emergono dalla materia, da una fase impersonale ad una fase personalizzata e soggettiva nell'individuo vivente. E questo non era dedotto con le citazioni da testi antichi, con circonvoluzioni retoriche, ma con fior di osservazioni e prove scientifiche. Lo sviluppo fetale studiato da Haeckel, la gradualità delle specie da Darwin, la distribuzione studiata da Wallace, erano prove concrete, non arzigogoli. Tutte queste prove, alle quali se ne sono aggiunte oggi un'infinità d'altre: l'analisi dei cromosomi, l'analisi del sangue, la derivazione dal linguaggio scimmiesco del linguaggio umano e così via, dimostrano come l'evoluzione sia una realtà delle leggi naturali. IL PENSIERO EVOLUTIVO COMBATTE E RIDICOLIZZA L'OSCURANTISMO

Quando questi studi furono pubblicati vi fu uno scalpore enorme. Scandalo, polemiche a non finire. Si parlò di violazione della dignità umana, di insubordinazione socialista, si ricorse a tutti i mezzi di boicottaggio leciti e illeciti. In Italia la dottrina dell'evoluzione fu presentata per la prima volta in pubblico nel 1864, dal professore di zoologia dell'università di Torino, il prof. De Filippi. Si scatenò il finimondo. I giornali chiesero pubblicamente che il De Filippi fosse condannato dai tribunali. Il filosofo spiritualista Lambruschini agli argo-menti scientifici darwiniani rispose con una "confutazione" di questo genere: "ammettere una legge di natura che non sia stata imposta dalla Divinità, per sua libera volontà, implicherebbe una negazione della Divinità". Niccolò Tommaseo, tuttora tanto venerato nelle scuole disse: "Darwin, come si per-mette costui di mettere alla pari degli italiani non solo i russi e gli ottentotti, ma addirittura le bertucce e gli scimpanzé}". (Non commentiamo il razzismo dell'affermazione oltre che l'alto livello intellettivo). Naturalmente non mancarono pungenti reazioni anche dalla parte opposta. Barrago ad esempio pubblicò un libro dal provocante titolo: "L'uomo fatto ad immagine di Dio, è fatto anche ad immagine della scimmia".

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La conclusione del sillogismo era pungentemente blasfema. All'uomo è sempre piaciuto considerarsi come un discendente decaduto di una razza superiore anziché come un "arrivato". Disraeli, statista inglese di origine italiana disse: "tra le scimmie e gli angeli preferisco nettamente gli angeli come antenati". Il sacerdote Lambruschini si domandava "di quale utilità possa riuscire per il popolo fargli sapere che i suoi antenati sono scimmie e trattare così dinnanzi a uditori mal preparati gli argomenti che tengono agitati gli spiriti degli uomini di scienza e degli uomini timorati". Herzen rispose che "da lungo tempo non sentivamo così chiaramente espressa la brama clericale dell'ignoranza obbligatoria del popolo". Apparentemente sembrava che fosse scoppiata una lotta tra religione ed ateismo. In realtà non era così. Vi furono uomini di chiesa ferventemente evoluzionisti, cosi come degli atei che non lo erano affatto. L'abate di Brewil e Teillhard de Chardin fecero studi memorabili sull'evoluzione ed erano cattolici. In realtà non era affatto vero che la religione fosse contro l'evoluzione, era l'oscurantismo che era contro la scienza e contro la religione stessa. A tutta quella congerie che si opponeva alla diffusione della scoperta della evoluzione, basandosi su ragionamenti antiscientifici sarebbe stato proprio il caso di rispondere con le parole stesse della Bibbia: "Chi è costui che oscura l'intelligenza con ragionamenti senza scienza}". Infatti ciò che essi sostenevano era solo una loro errata antievolutiva concezione della Bibbia che invece risulta essere uno dei libri più evolutivi che siano mai stati scritti, sebbene non tutti lo sappiano. Anticamente si usava spesso illustrare un'idea con dei simboli mitologici. I vari miti della Bibbia sono raccontati da tutti Ì popoli, anche da quelli che non hanno mai avuto nulla a che vedere con essa. Nel medioevo si era persa nozione di questo fatto e così i miti vennero presi e creduti alla lettera: la terra piatta, l'uomo fatto 5119 anni a.C. e così via. Il secolo scorso qualche sedicente erudito credeva ai miti così come erano esposti, nello stesso modo con cui avrebbe loro creduto un bimbo di tre anni. E per difendere la mitologia biblica a tutti i costì era sorto il contrasto. I religiosi che capivano qualcosa invece cercarono il significato di quei miti e dì quelle allegorie comuni sia alla Bibbia sia a tantissimi altri tesi antichi. Il buon Lambruschin ì era tanto preoccupato che la mitologia biblica potesse essere meno apprezzata di quella dei Caraibi che inizia dicendo: "Un giorno una scimmia venne giù dagli alberi, si tolse il vestito di pelo e divenne un uomo..." Avrebbe preferito col Disraeli la mitologia dei Maori che inizia dicendo: "Gli uomini sono discesi da una coppia di ante-nati primitivi che abitava in cielo". Però sarebbe rimasto deluso apprendendo che quella coppia è scesa dal cielo calandosi con delle liane.

IL TRIONFO DEL POSITIVISMO HA SCONVOLTO OGNI PRECEDENTE FILOSOFIA

Che si trovi ancora oggi qualche mostro per aggiornamento scientifico che sostenga che la materia è derivata dalla psiche o la psiche dalla materia è fuori di dubbio. Così come non è difficile trovare nei paesi culturalmente arretrati chi crede nella Genesi alla lettera. Millenni di tradizione ascientifica sono duri da spazzare via. Ciò che è estraneo alla scienza non fa mai altro di meglio che ritardare. Ma l'evoluzione come principio scientifico si fece strada lo stesso, perché era giusto. E la sua accettazione ufficiale, per così dire, fu segnata dall'opera di Spencer e Mill, i fondatori del positivismo. La dottrina dell'evoluzione aveva sconvolto ogni precedente concezione filosofica. La psiche non genera la materia, la materia non genera la psiche. I vari tentativi di riportare tutto l'universo ad una sola matrice, psiche o materia che sia, scelta tra le cose note per il solo fatto che ci sono note era stata una velleità filosofica. In un universo infinito possono esistere infinite cose che non conosciamo, perché voler per forza far risalire la materia alla psiche o viceversa?. I filosofi si costruivano dei begli alberi genealogici con in testa la nonna-materia o la nonnapsiche. E tutti questi alberi genealogici erano incoerenti e contraddittori.

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La psiche è inerente alla materia stessa inorganica. Solo, nella materia inorganica essa è impersonale. Tutto il processo di evoluzione è un processo di individualizzazione. Un processo che parte dall'indifferenziato e va al differenziato. Dalle nebulose caotiche dei primordi all'individuazione delle stelle e dei pianeti. Dalla materia inorganica ai primi individui viventi. Anche il corso della storia della vita sulla terra è la storia di una incessante individualizzazione. Inizialmente nell'oceano della terra primordiale esistevano miriadi di sostanze simili a quelle necessarie per comporre la primitiva sostanza vivente. Esistevano condizioni di ambiente e temperatura ideali per il sorgere della vita. Nell'oceano primordiale accadde dunque che le sostanze necessarie si trovassero combinate assieme e la vita sorse per la prima volta e si espanse lentamente. I primi individui viventi sono rappresentati dai microorganismi. L'individualità in essi non esiste ancora, ma è diffusa in tutta la specie. Il microorganismo non si riproduce, ma si moltiplica, Una cellula iniziale si scinde in due cellule che apparentemente sembrano due individui diversi, ma sono sempre lo stesso individuo che continua a vivere segmentato in due cellule, poi in quattro, in otto e così via. Infatti quando la prima cellula di una specie di microorganismi compare, essa non invecchia ne muore, si divide in due cellule, in due microorganismi. L'individuo di prima non è né invecchiato né morto, ha solo raddoppiato il materiale che costituisce il suo corpo. Ai primordi della vita non esisteva altra forma animale o vegetale oltre ai microorganismi. La morte non era ancora comparsa sulla terra. Poi le condizioni originali che permisero alla vita di sorgere e di espandersi iniziarono a mutare e l'ambiente divenne sempre più ostile. Allora i primitivi esseri viventi iniziarono ad evolversi lentamente e così comparvero gli organismi sempre più complessi che sfruttavano con mezzi più efficienti le risorse dell'ambiente divenute precarie. Non che tutto questo sia stato calcolato dai primi esseri viventi, ma dove sono accadute delle mutazioni organiche funzionali all'ambiente in cui quegli esseri vivevano la vita si è migliorata ed evoluta. Se nei microorganismi la vita individuale è diffusa a tutta la specie, negli organismi vegetali superiori l'individualità emerge appena nella pianta che ha già una sua caratteristica propria riconoscibile fin dalla prima età. Negli animali inferiori l'individualità del singolo appena si distingue in ogni organismo. A mano a mano che si sale la scala evolutiva i singoli individui manifestano ciascuno un carattere ben distinto dall'altro. Nell'uomo si arriva al solipsismo 1. Via via che si evolvevano le condizioni fisiche degli organismi, anche le condizioni psichiche si evolvevano finché gli esseri vi-venti, almeno la parte più evoluta di essi, furono in grado non solo di subire i mutamenti d'ambiente adattandosi, ma di imporre delle modificazioni stesse all'ambiente che li aveva gene-rati. L'evoluzione della vita dalla materia inorganica, che già i laboratori di biologia sono lungo la strada di riprodurre artificialmente, ha dimostrato che né la psiche ha generato la materia, né la materia ha generato la psiche. La psiche emerge dalla materia stessa dov'era latente, immanifesta poiché impersonale. Emerge sotto forma di psiche individuale e poi si impone alla materia stessa. L'origine sia della materia, sia della psiche sono da ricercarsi in qualcosa che non è né materia né psiche, ma che inizialmente le conteneva latenti entrambi. Infatti nulla potrebbe manifestarsi nell'effetto che non fosse stato latente nella causa. Siccome però non possiamo concepire nulla che non sia un'entità materiale (percezioni) o un'entità psichica (idee), allora quel qualcosa è per noi totalmente inconcepibile e da qui si spiegano le difficoltà incontrate dai filosofi nel risalire alla matrice originaria del cosmo. DA PRINCIPIO ERA L'INCONOSCIBILE...

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Solipsismo = tesi filosofica in base alla quale il soggetto pensante non amme tte altra realtà al di fuori di se stesso e considera tutti gli altri enti soltanto come sue momentanee perc ezioni. Anche = individualismo, soggettivismo.

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L'inconoscibile è inteso come la materia più primitiva, la sostanza più sottile che forma l'universo. Tutto l'universo e tutte le cose dell'universo sono manifestazioni di questa sostanza. Mentre le manifestazioni della sostanza durano un arco definito di tempo, la sostanza inconoscibile invece è quella che è e non si crea né si distrugge. Questa sostanza doveva contenere in embrione tutte le caratteristiche di ciò che si sarebbe manifestato. Perché se nella causa non fossero state presenti tutte le caratteristiche, sia della psiche che della materia, mai queste caratteristiche avrebbero potuto manifestarsi negli effetti. Osserviamo come si comportano gli oggetti. Sia dal punto di vista fisico che psichico, tutto ciò che esiste è fatto di qualcosa, è una sostanza. Quando un oggetto si disgrega, ciò che viene perduto è solo una conformazione. La quantità di sostanza resta sempre la stessa, non una sola briciola di sostanza si perde nell'universo. Distrutta una cosa, la sostanza che la componeva passa a formare altre cose. Tutto si trasforma in continuazione e non una sola briciola di sostanza può andare persa. Tutto ciò che osserviamo emerge dalla sostanza primordiale, viene identificato come oggetto (materia) o si identifica come soggetto (psiche). Poi è costretto, presto o tardi, a finire e la sostanza che Io componeva si disperde e passa a formare altre aggregazioni. Tutto, psiche e materia, parte dalla sostanza primordiale e alla sostanza primordiale fa ritorno. Tutto scorre, tranne il necessario substrato di ogni cosa. Questo è il motivo per cui quando ci guardiamo dall'esterno ci troviamo soggetti al tempo, alle età. Quando invece ci guardiamo dall'interno, allora ci scopriamo sempre e soltanto al presente. Perché anche noi siamo fatti della sostanza primordiale che è fuori dal tempo. Solo gli oggetti che essa forma subiscono il divenire della nascita, della vita, della fine. Ma la loro esistenza è una conformazione della sostanza primordiale che è in eterno, in un presente eterno appunto. Così quando noi consideriamo la nostra esistenza dall'esterno vediamo che siamo soggetti ad un inizio, ad una durata e ad una fine. Ma quando ci guardiamo dal nostro interno, allora vediamo che siamo degli esseri che conoscono solo il presente, t cui l'inizio, la durata e la fine sono nomi privi di realtà. "Voi non siete mai nati né morti, il resto è tutta mitologia", dice un commentatore del positivismo orientale. Ben inteso che quel "voi" non allude a quell'io personale dì cui abbiamo coscienza e che vorremmo salvare, ma alla so-stanza reale di quell'io che ci è inconscia e che è la sua causa. Essa è fuori dal tempo perché è ciò che percepisce il passare Bel tempo e il passare del tempo non è altro che il continuo aggregarsi e disgregarsi di elementi con cui la psiche personale viene in contatto e che le permettono di prendere nozione di se stessa. In altre parole il punto fisso davanti al quale si alter-nano le sensazioni fisiche e psichiche è necessariamente fermo e uno. È il substrato del continuo susseguirsi delle personalità apparenti che vanno e vengono dinanzi a questo testimone che e uno con la sostanza di tutti gli esseri, così che se questo sparisse tutto l'universo sparirebbe con lui. Il positivismo occidentale per una via diversa è giunto alle medesime conclusioni. Ciò che nasce e muore è solo l'espressione formale della sostanza reale degli esseri. Se la sostanza reale sparisse dovrebbe allora sparire tutto l'universo e invece nulla si crea e nulla si distrugge. Le conformazioni soltanto si susseguono in continuazione perché esse dipendono dalla vitalità della sostanza primordiale che è l'unica materia reale di lutti gli esseri, proprio come dice la poesia che abbiamo posto all'inizio del prossimo capitolo. Potete paragonare la sostanza primordiale a del mercurio mosso avanti e indietro dentro una vasca. Sulla superficie del mercurio si creeranno delle increspature, che nascono e spariscono, la sostanza che le forma emerge e sì rimmerge nel tutto, ma la globalità, la quantità di materia rimane quella che era. La sostanza primordiale a differenza di quella vasca di mercurio ha in se stessa la forza di agitarsi creando le forme, perché' è la radice di ogni vita, Se infatti la vita non le fosse inerente, l'universo intero sarebbe stato da sempre immobile. Se la sostanza iniziale non avesse avuto inerentemente le facoltà psichiche, allora la materia sarebbe stata da sempre inerte, perché, per una fondamentale ed elementare legge fisica, nella

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materia il moto perpetuo non può esistere, l'attrito universale avrebbe fatto cessare qualunque movimento, né sarebbe potuta intervenire qualcosa a spezzare l'iniziale immobilità della mate-ria. La fisica più recente ha persino potuto calcolare la data dell'inizio della manifestazione materiale dell'universo: 17.000.000.000 di anni fa. Analogamente, se presupporreste la sostanza iniziale sotto forma di psiche senza darle gli attributi propri della materia, allora avreste avuto una psiche iniziale addormentata dall'eternità che non si sarebbe destata mai, ne mai nulla avrebbe potuto intervenire a modificare il suo stato d'inerzia, Solo il concetto evolutivo di una sostanza iniziale, che conteneva involute le qualità materiali e psichiche e dalla quale in seguito, nella manifestazione cosmica, si sono evolute la materia e la psiche, può spiegare interamente i fatti in accordo colla scienza al di fuori di un atto di fede contro la logica. Questa è stata la lezione che il positivismo evoluzionista ha dato alla filosofia occidentale. Una lezione che si sta tramutando nella capacità di ricreare in laboratorio la vita, attraverso la ricostruzione del processo di individuazione della psiche ottenuto artificialmente. Un giorno non solo si potrà creare anche l'uomo in laboratorio, ma anche specie completamente nuove. La concezione evoluzionistica del mondo sostiene, per riassumere, che la sostanza primordiale non sì crea e non si distrugge, ma è in eterno. Tutte le cose che invece sono iniziate nel tempo sono necessariamente portate a disgregarsi. Disgregarsi, ma non cessare nella loro sostanza reale perché la sostanza non può essere soppressa. Ogni cosa soggetta al divenire, psiche e materia che sia, passa incessantemente da aggregazione ad aggregazione, determinando cosi l'evoluzione delle cose, sia l'evoluzione psichica dimostrata dai viventi sia l'evoluzione materiale dimostrata dalla storia astronomica (che non abbiamo trattato per non dilungarci troppo). Ogni psiche individuale è emersa dalla vitalità impersonale della sostanza primordiale che li conteneva latente e nel costante evolversi cui è soggetta si è individualizzata sempre di più. Tra psiche e materia non esiste nemmeno differenza sostanziale perché sia l'una che l'altra sono i due poli opposti della manifestazione di una medesima inconoscibile sostanza. Se così non fosse non sarebbero mai stati possibili i legami che legano l'una entità all'altra creando le premesse per la simbiosi psicofisica che è alla base stessa della vita individuale. IL MATERIALISMO DIALETTICO E IL CATTOLICESIMO DI TEILLHARD DE CHARDIN SONO I DUE POLI OPPOSTI DELL'ATTUALE PENSIERO POSITIVO OCCIDENTALE

Come abbiamo detto, a questo concetto positivista della sostanza statica del mondo, che genera delle forme in continua evoluzione, si ispirano tutte le filosofie moderne di valore, dal materialismo dialettico al cattolicesimo progressista di Teillhard ile Chardin. Il materialismo dialettico sostiene che nel divenire delle cose si creano dei salti, dei mutamenti di stato, in cui si determina l'emergenza di nuove leggi non deducibili dalle leggi dello stato precedente, così come le leggi dei vapori non sono deducibili dalle leggi dei liquidi. Scaldando Ì liquidi si hanno i gas con leggi nuove rispetto a quelli. Nel corso del tempo, dalle combinazioni materiali è emersa lii psiche individuale che ha determinato nei viventi leggi nuove non deducibili da quelle della materia ancora inorganica. Nella materia inorganica le leggi materiali prevalgono su quelle psichiche. Nelle sostanze organiche le leggi psichiche prevalgono su quelle materiali e influiscono su di esse quanto esse su quelle psichiche: il rapporto dialettico. La sostanza primordiale è ciò che forma il substrato del divenire ed ha in sé inerenti le leggi che si manifestano nei fenomeni. Per Teillhard de Chardin, al lato opposto della concezione evoluzionistica, questo substrato è Dio. Teillhard de Chardin dà una interpretazione finalistica del cosmo. Dal substrato inconoscibile, che per lui è Dio, parte ogni manifestazione. Un atomo i composto da diverse particelle elementari. Una cellula da milioni di atomi. Un organismo da milioni di cellule. Man mano che la psiche si evolve usa una quantità sempre maggiore di materia e si personalizza sempre di più. Per il filosofo

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cattolico lo scopo dell'evoluzione è l'unità universale, in cui le singole psichi ritornano all'inconoscibile Dio e con lui formano un soggetto unico, venendo a conoscerlo e venendo a conoscere attraverso di lui l'universo intero. Teillhard de Chardin ha saputo per primo dare una versione evoluzionistica della Bibbia. Egli paragona il lemure, o comunque la specie da cui discende l'uomo nella sua forma attuale, all'argilla di cui si è servito Dio per plasmare il nuovo essere. Nella Bibbia egli vede esposti, con simboli adatti alla mentalità di un popolo non troppo colto di tanti millenni fa, i princìpi del divenire e della finalità cosmica. IL POSITIVISMO HA MESSO LA SCIENZA OCCIDENTALE ALLA PARI CON LA SCIENZA ORIENTALE

Abbiamo spiegato che cos'è l'evoluzione e l'importanza che ha avuto la sua scoperta in tutti i campi. Ma dobbiamo consta-tare che l'evoluzione scoperta un secolo fa dalla scienza occidentale è in realtà una riscoperta. Vedremo come un concetto evolutivo della vita e del cosmo sia presente già nella filosofia di popoli addirittura all'età della pietra. L'evoluzione, abbiamo detto, è il principio base di tutte le scienze, filosofie e persino religioni d'Oriente. L'induismo ha trovato il suo Teillhard de Chardin secoli e secoli fa, poiché come il buddhismo è interamente fondato sull'evoluzione. Anche il cristianesimo primitivo, come vedremo, era evolutivo. Se non fosse stato per l'oscurantismo oggi la nostra scienza sarebbe ben più avanti di dove è giunta. E nel caso in questione l'evoluzione era già un punto fermo nella scienza ionica. Anche l’atmavidya che stiamo trattando è una scienza evolutiva dunque. Anch'essa perciò ammette un substrato statico, fuori dal divenire che è l'unica sostanza delle cose. Le cose sono emersioni dì questo substrato e si evolvono poiché' necessariamente sottomesse al divenire del tempo. L'atmavidya lascia ciascuno libero di pensare il substrato come Dio o come materia. Che la sostanza primordiale sia stata cosciente o abbia avuto la natura di un impulso cieco, che in altri termini abbia avuto in se i caratteri della divinità o della forza bruta, l'atmavidya lascia a ciascuno di pensarla come vuole. Per evitare che nascessero contrasti e liti inutili del tipo di quelli che sono sortì in Europa, gli studiosi antichi hanno definito la sostanza primordiale: Tat, che in sanscrito significa "quello". Quella cosa, qualunque essa sia. In principio esisteva quello soltanto, fatto di tenebra, indistinto, senza caratteristica, interamente addormentato in se stesso. I.'inevolvibile che fa evolvere il mondo materiale e spiegando la sua energia dissolve le tenebre. Sempre impercettibile dai sensi, eternamente involuto, è fatto di tutti gli elementi {che si manifestano nell'universo). L'universo è ancora quello che si manifesta a se stesso. Come si vede questi versi avrebbero fatto ben gongolare Spencer e tanti altri più recenti di lui. Dopo tanti millenni si è ritornati agli stessi concetti. Il prossimo capitolo lo dedicheremo proprio a questo argomento: l'antichità che hanno questi studi. I n Oriente vi è una tendenza opposta a quella che si riscontra in Occidente. Mentre da noi si fa di tutto per dimostrare che la scienza è nata due giorni fa, in Oriente si cerca sempre di stabilire la giusta antichità che hanno gli studi dì tutti i rami. ________________________________________________________________________________

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L'INCONOSCIBILE Cos'è quello conoscendo cui tutto divien conosciuto come conoscendo la creta vien nota la sostanza reale di tutto ciò che è fatto di creta? Le forme dei singoli oggetti non son che sforzi di voce. L'unica realt à che essi hanno resta sempre la creta. In questi versi tratti dai Veda, i più antichi documenti dell'India, il concetto di inconoscibile appare negli stessi termini con cui lo ha esposto Spencer. La sostanza universale è paragonata alla creta di cui i singoli oggetti non sono che forme identificate come "cose", ossia non sono che nomi. La vera sostanza di cui ogni forma evanescente è fatta è la sottile materia primordiale dell'universo. Sono passati tanti millenni per ritornare allo stesso concetto. Sembra impossibile eppure è proprio vero che una serie enorme di scoperte e di conquiste della scienza antica siano state rispolverate oggi dopo essere state tacciate di ingenuità, dì fa-vola. Da migliaia di anni i cinesi viaggiavano con la bussola, da noi nel medioevo, solo qualche secolo fa, la bussola era considerata uno "strumento demoniaco". Quando poi i viaggi imposero il suo uso pratico, si dette subito allo strumento un "inventore" occidentale: Flavio Gioia. Oggi ancora moltissimi medici e biologi non sanno Tabe della medicina orientale, mentre qualunque medico orientale conosce la nostra medicina. Sono stati trovati in Cina aghi clinici da agopuntura in pietra, risalenti all'età della pietra cinese. Finché si è potuto in tutti i manuali di storia della medicina si è parlato dell 'agopuntura come di una concezione vagamente filosofica, per il solo fatto che nella scienza occidentale mancavano li nozioni per poter giustificare gli effetti dell'agopuntura: canali che non sì vedevano, energie che non si vedevano e cosi via. Oggi siffatte energie sono state persino fotografate. I neolitici cinesi avevano ragione, i moderni manuali di storia della medicina, con loro "superiorità" cattedratica, erano nel torto e nel li irto dell'ignorante. Eratostene aveva calcolato il volume della terra. Gli antichi indiani conoscevano in astronomia lo spostamento graduale del bolo rispetto alla stella polare e la conseguente precessione de-j »!i equinozi. Da noi fino a qualche secolo fa era pericoloso dire che la terra è rotonda e gira attorno al sole. E potremmo continuare per pagine e per pagine a narrare le cose giuste che sono state segnalate e che non sono state credute. Quando un'opera di valore appare, da qualunque parte venga e chiunque l'abbia scritta, subito la meschinità universale sì pronuncia anche senza far congressi. La parola d'ordine è: "che nessuna sappia nulla" e ancora "la gente crede che siamo soltanto noi a sapere, dunque diciamo alla gente che quell'opera non vale nulla". La meschinità fa fatica a studiare, ha dispiacere che le sue concezioni vengano rovesciate da una verità più evidente. "Vate finta di non vedere". Oppure "parlatene sempre male, deridete, fate in modo che la gente non sappia". È un triste retroscena della nostra civiltà. La civiltà in cui nasce la "vera scienza" con qualche millennio di ritardo. In cui nasce sempre "anche la vera filosofia, la vera religione, la vera etica" e sempre con qualche vero millennio di ritardo. Quando si è costretti a riconoscere che una scoperta antica era valida le si accoppia un nome moderno e soprattutto uno "scopritore" moderno. Così è stato fatto per l'evoluzione universale, per l'origine energetica e vibratoria della materia, per l'origine della vita dovuta all'azione di fotosintesi della luce solare, ecc. ecc. Darwin e Wallace hanno riscoperto per una via indipendente un'antica conoscenza dell'umanità. L'origine della psiche e della materia come differenziazioni da un'unica sostanza primordiale, la costante emersione della

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psiche dalla materia nel processo detto di evoluzione erano conoscenze antichissime e gli antichi c'erano arrivati per vie diverse, ma c'erano arrivati ugualmente. I cultori dell'atmavidya avevano ragionato cosi: La psiche non può esistere senza materia perché è ciò che percepisce la materia. Senza il materiale percepibile giacerebbe in un sonno senza fine. La materia non può esistere senza psi-che, perché per esistere necessita dello spazio vuoto che la con-tenga. Lo spazio vuoto già non è più materiale, perché è ciò che contiene la materia. Voi potrete sopprimere tutta la materia di un determinato spazio, ma non potrete sopprimere anche lo spazio stesso. Nemmeno con l'immaginazione, perché finché la vostra mente funziona non potete sopprimere quella che è una delle sue due principali funzioni: lo spazio. Anche gli psicologi moderni sono concordi nel ritenere che lo spazio è una funzione della mente. L'altra funzione della mente è il tempo per cui vale Io stesso discorso. La relatività di Einstein ha portato una notevole conferma sperimentale di tutto ciò. Lo spazio non ha consistenza materiale eppure è curvo. Una cosa che ha forma e non ha materia può solo avere consistenza mentale. Non vediamo mai il triangolo, ma solo oggetti triangolari. Un triangolo senza materia, come pura forma geometrica, è una creazione mentale. Lo spazio è curvo e non ha materia perché è ciò che contiene la materia, dunque è una creazione psichica. Aveva ragione dunque l'atmavidya, aveva ragione millenni prima che in Occidente si potessero capire soltanto questi ragionamenti. Ci vollero i tempi di Kant prima che un filosofo occidentale riuscisse a fare ragionamenti analoghi. Quando Kant enunciò il principio talmente evidente che lo spazio è una "categoria psichica" che si riempie delle percezioni materiali, si parlò di "lo legislatore dell'universo" e tutto ciò fu definito la "rivoluzione kantiana". I professori di filosofia non sapevano che la "rivoluzione kantiana" gli studiosi dell'atmavidya, così come tutti i popoli di cui parleremo tra un po', l'avevano fatta millenni prima di Kant. Tra questi popoli alcuni vivono tuttora a livello paleolitico e le loro origini culturali risalgono a millenni dì anni fa. Gli storici della filosofia, in massima parte non sanno tutto questo, lo ignorano e perciò continueranno a parlare della "rivoluzione kantiana" come dì un vertice a cui solo da poco tempo si è giunti. Ciò che vale per questo argomento vale soprattutto per il concetto di evoluzione sentito e descritto da tutti i popoli antichi. Citiamo a mo' di esempio quanto Diodoro Siculo dice dell'origine della vita e dell'evoluzione: "Alle origini delle cose lo spazio e la materia che v'è in esso erano fusi assieme. L'universo non aveva l'aspetto discontinuo di oggi. In seguito i corpi si separarono e il mondo iniziò a prendere la forma colla quale ci si presenta attualmente. Gli elementi allo stato gassoso ebbero un movimento continuo. Le radiazioni in virtù del loro minimo peso riempirono gli spazi vuoti. Il sole, e come il sole l'intera legione degli astri, si era formato in seguito al consolidamento dei primitivi elementi radianti. Essi dell'impulso originario conservano tutt'oggì la spinta che li fa roteare nel cielo. Gli elementi allo stato liquido e solido erano ancora mesco-lati assieme quando a motivo del loro peso maggiore si disposero all'interno dei gas e delle radiazioni che continuarono a roteare loro intorno. Quindi i liquidi divennero gli oceani e i so-lidi formarono le terre emerse, ancora molli e limacciose. Il sole batteva sulla superficie della terra e sotto la sua azione essa iniziò a divenire più arida e compatta. L'azione combinata del calore sul suolo umido iniziò a for-mare una sorta di materia fermentante. Nei crepacci, nelle escrescenze della terra si vennero a formare delle sottili membrane. Era la prima materia vivente che si nutriva dei vapori condensati durante la notte, mentre durante il giorno diveniva sempre più consistente sotto l'influenza delle radiazioni solari. Infine questi primi germi di vita, dopo aver compiuto i primi stadi della loro evoluzione abbandonarono la loro primitiva membrana protettiva e divennero tutti gli animali di tutte le specie. Alcuni si avvantaggiarono dell'elemento aereo e divennero uccelli. Altri si avvantaggiarono meglio dell'ambiente terrestre e divennero rettili, che in seguito diedero origine ad ogni sorta di

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animali terricoli. Altri ancora si trovarono avvantaggiati nel restare in ambiente acqueo e divennero i pesci. Più tardi la terra si secc ò ancora di più sotto l'azione dei raggi solari. I venti ne spazzarono la superficie e la terra stessa non fu più in grado dì far germogliare la vita. Da allora gli es-seri che erano nati si propagarono riproducendosi di generazione in generazione, ciascuno dando luogo a discendenza della sua stessa specie". Questo brano è semplicemente meraviglioso. La scienza moderna conosce ovviamente molto di più di Diodoro i particolari dell’evoluzione, ma non si può dubitare della mentalità evoluzionista di Diodoro. Eppure, voi non crederete, non abbiamo trovato un testo scolastico di filosofia che citi questo vero veggente della scienza. Tutto questo spirito evolutivo nel medioevo si spense, stritolato dai più meschini pregiudizi e si ritardarono così di mille anni le scoperte fondamentali della scienza e della filosofia. Altro che Kant e Darwin avrebbe raggiunto la nostra cultura se le scienze antiche non fossero state completamente fraintese o peggio boicottate nel tenebroso medioevo Ì cui residui tuttora inquinano la parte migliore della nostra cultura! Nel simbolismo antico lo spazio veniva chiamato il "cielo", mentre la materia in generale veniva chiamata la "terra". La vita, colla ramificazione delle specie, veniva paragonata ad un albero. È inutile dire come questi simboli ritornino con tanta frequenza in tutti i testi antichi e forniscano la chiave per l'interpretazione del pensiero scientifico di un tempo. Per leggere i testi antichi bisogna però essere preparati e questo per due motivi: 1) Perché l'ideale antico era fondere la scienza colla poesia. Oggi per la maggior parte Ì trattati scientifici sono addirittura soporiferi. Una volta l'ideale sarebbe stato quello dì far scrivere la Relatività colla penna di Omero. 2) Perché le convenzioni linguistiche sono ovviamente mu-tate. Quando noi diciamo "specie" diciamo in realtà "faccia, somiglianza", alludendo alla similitudine che ci fa considerare dì una sola categoria un genere di viventi. In sanscrito si usa un'altra similitudine: uovo, per indicare tutte le cellule discese da un unica matrice, da un unico "uovo" (questo termine lo si usa anche in biologia moderna). Sempre nel gergo degli autori sanscriti, le primissime cellule viventi dalle quali si sono differenziate tutte le altre vengono chiamate "l'uovo d'oro". Una delle cose su cui gli antichi hanno insistito di più è stata l'origine della vita sulla terra a causa dell'azione di sintesi che hanno svolto le radiazioni solari. Per tutto questo ad esempio la "Legge di Manu" dice parlando dell'origine della vita "Un uovo d'oro ricoperto dai raggi del sole". Scienza e poesia. Ma tutto questo non viene nemmeno capito, nemmeno si tenta di capirlo. Si dice: "un uovo d'oro"? che assurdità, è un mito. Però per interpretare la Bibbia molto più cara agli occidentali della Legge di Manu si è disposti a fare qualunque concessione. Teillhard de Chardin è riuscito a vedere un lemure dentro il fango con cui Elohim ha fatto l'uomo. Questo è giustissimo, però è giusto che uno sforzo per penetrare al di là delle semplici parole sia fatto anche per tutti gli altri testi antichi. Un altro dei simboli che appaiono di frequente è il simbolo dell'uovo cosmico, che allude alla matrice da cui prese ad espandersi il mondo. Uovo perché in esso era latente la vita. Altrove (Empedocle ecc.) viene chiamato lo Sfero. La scienza moderna ha quasi appurato che l'universo si è espanso a partire da un centro universale che conteneva in una densità spaventosa tutta la materia del cosmo. Altro che miti! I miti li hanno in testa coloro che giudicano tanto dall'alto il pensiero antico. Se gli archeologi del futuro dovessero giudicare le nostre opere di scienza con la stessa leggerezza e falsa "superiorità" con cui i moderni giudicano le opere antiche dovrebbero concludere che noi viviamo di favole. Una frase come: "La materia organica manifesta la psiche" dovrebbero leggerla: "la madre dei corpi mostra il respiro". Ne giudicherebbero che i biologi del ventesimo secolo erano come dei fanciulli alle prese con cose più grandi di loro.

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La stessa cosa succede quando gli occidentali leggono i testi antichi o i testi orientali senza darsi la pena di conoscere il significato profondo delle parole. Oltre al simbolo cielo-terra, un altro simbolo universale era quello dei "quattro elementi": terra, aria, acqua, fuoco. Questi indicavano i quattro stati della materia e dell'energia fisica. La terra indicava lo stato solido, l'acqua lo stato liquido, l'aria lo stato gassoso e infine il fuoco indicava lo stato radiante, ossia le radiazioni quali luce, calore, elettricità e cosi via. Infine " amore " ed " odio " erano intesi rispettivamente come la forza di gravitazione, quella che attira l'un l'altro i corpi e li unisce e come forza di repulsione, che fa respingere le sostanze. Così Empedocle dice che il mondo è formato da quattro "elementi", la terra, l'acqua, l'aria, il fuoco dalla cui combinazione e disgiunzione nascono e si disgregano tutte le cose, unite dall'amore e separate dall'odio. Solo la nous riesce ad essere indi-pendente e ad agire di sua iniziativa violando il rigido determinismo della materia ìnerte. Con questo voleva dire che l'universo si presenta in quattro forme principali: lo stato radiante, lo stato gassoso, liquido e solido della materia. Ciò che unisce le particelle è la forza d'attra-zione e ciò che le disgiunge è la forza di repulsione. Solo la psiche riesce ad agire di sua iniziativa mutando volontariamente il corso degli avvenimenti materiali. Aveva dunque una concezione del mondo che qualunque fisico sottoscriverebbe. Eraclito parla "della via in su" e della "vìa in giù". La via in giù è il fatto che il mondo nasce dal fuoco che diventa aria, che diventa acqua che diventa terra e poi ricomincia la via in su. Per cui l'essenza più sottile del mondo è il fuoco. Il mondo è fuoco condensato, in qualunque stato si trovi. Voleva dire che l'intima essenza del mondo era fatto della sostanza di cui è fatta la luce: ossia lo stato radiante della ma-teria. Oggi la più moderna fisica ha confermato questa intuizione. La materia è energia "condensata". L'universo si espande e si restringe. Proprio come Eraclito ed Empedocle intuivano. Ma è inutile domandare che questo entri nella testa di alcuni professori di filosofia che continueranno a credere e ad insegnare che il fuoco cui alludevano Empedocle ed Eraclito è quello che serve a far bollire le castagne, l'aria quella che fa asciugare i panni, l'acqua quella che serve a lavarsi i piedi, la terra infine quella che si mette nei vasi per coltivare i fiorì sul davanzale. Constatiamo perciò che mentre i filosofi antichissimi erano in realtà degli scienziati che vedevano chiaro, molti tra Ì filosofi più recenti hanno travisato il significato dì ciò che intendevano i più antichi. I testi tradotti e riportati in quest'opera sono stati esposti in modo che venisse rispettato più il contenuto della forma letterale. Sarà sgradito ai filosofi, ma è consono a far capire ciò che si intendeva dire. "Meglio che i grammatici ci biasimino piuttosto che non ci capisca la gente" (S. Tomaso). Daremo ora uno sguardo d'insieme agli studi svolti nell'antichità dai vari popoli per accertarci di certe conquiste che erano state fatte assai più indietro nel tempo di quanto comunemente sia risaputo. Accerteremo da quanti millenni era stata fatta la "rivoluzione kantiana" prima che Kant lo sapesse. Da parte naturalmente di "incivili" la cui filosofia non è "vera filosofia". Inizieremo dalla scienza sino-nippon ìca. La sequenza cosmogonica è sempre rispettata cosi come è sostenuto anche dalla scienza moderna: Nasce l'energia - la materia - dalle acque emergono i continenti - nelle acque nasce la vita - la vita si evolve. I concetti di spazio – tempo - materia sono chiarissimi sempre e cosi il concetto del substrato statico del divenire mobile. Sentiamo dunque quanto raccontano i cinesi sulle origini. Allorché lo spazio e la materia in esso contenuta non sì erano ancora manifestati il mondo era qualcosa di indefinibile. È questo che chiamiamo il grande inizio. Quali tenebre, quale immensità immobile e silenziosa di cui non si sarebbe potuto dire da cosa provenissero! Il grande inizio produsse lo spazio e nello spazio prese forma l'universo spazio-tempo quando la prima energia fisica comparve. L'energia primordiale era qualcosa di definito. 1 suoi elementi più leggeri formarono il firmamento; poi gli elementi più pesanti si condensarono. Che potenza di cui non si sarebbe potuto dire dove sarebbe giunta! La forza d'attrazione e la forza centrifuga (In e Yang

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nella loro manifestazione primordiale) stabilirono la loro attività lungo gli otto confini dell'universo. Sostanze dure e sostanze molli si compenetravano allorché iniziavano a prendere forma miriadi di esseri. Nulla da dire. Siamo d'accordo con l'Autore di tanto tempo fa. A parte il non ancora chiaro concetto di massa che viene confuso col peso tutto il resto è perfetto. La materia è resa possibile dal fatto che l'energia si presenta polarizzata positivamente (Yang secondo i cinesi) e negativamente, (In secondo i cinesi). Se vi fosse una sola polarità non sarebbe possibile nessuna aggregazione, perché cariche identiche tendono a respingersi. Siamo d'accordo anche con Ho-Chang Kong perciò: "Ciò che il principio supremo della cose ha fatto per primo è l'unit à da cui procedono il principio positivo e negativo della materia, da cui procedono a loro volta tutte le forme di energia ". Abbandoniamo la Cina di cui un filosofo famoso in una sua " Storia del pensiero scientifico " ha detto che " nonostante la raffinatezza del pensiero dal punto di vista scientifico è praticamente nulla". Se il bravo filosofo però non conosceva l'agopuntura o la cromoterapia o altre scienze cinesi sarà stata una mera coincidenza. Passiamo al tetto del mondo: il Thibet. La filosofia tibetana è tra le più importanti del mondo. Essa paragona l'universo ad una costruzione continua fatta sempre con lo stesso materiale, come con una certa quantità di mattoni si può a costruire un numero praticamente infinito di edifici diversi. L'universo per i tibetani è una costruzione sempre diversa, in perpetuo mutare, fatta partendo dallo stesso materiale. Questo materiale è la sostanza e l'universo è il perpetuo mutare di essa, La sostanza che lo forma in milioni di modi diversi ogni momento è sempre identica a se stessa. Solo che Ì tibetani considerano il materiale come vivente, traendo da se stesso la forza di dare luogo a tutte le combina-zioni senza intervento di terzi. Tutto nasce dalla creazione, ma la creazione non nasce da nulla. Essa c'è sempre stata. È questa creazione l'essenza vera di ciò che è nato, dura e deve sparire. È questa creazione ciò che si chiama l'essere, l'essenza della vita che si manifesta. In principio lo spazio non esisteva, né in esso v'era qualcosa di tangibile. L'universo non aveva né il carattere dell'essere né il carattere del non essere. Era ciò che vìen chiamato il mondo in potenza. Nemmeno il tempo allora trascorreva e le ere non seguivano alle ere. Sovente nei testi orientali si trova la frase "non aveva né il carattere dell'essere né il carattere del non essere". Noi riscontriamo che esiste il luminoso perché in altro momento sperimentiamo il buio. La presenza delle cose fisiche o mentali viene riscontrata perché abbiamo la possibilità di constatarne l'assenza. Noi non potremmo accorgerci mai della presenza di una cosa di cui non abbiamo sperimentato l'assenza e viceversa. Al tempo in cui non era ancora comparsa la vita come poteva darsi che qualcuno riscontrasse la presenza o l'assenza di qualcosa? Con gran sorpresa degli scienziati occidentali ci si è accorti che accanto alle elevatissime concezioni filosofiche i tibetani possedevano altrettanto precise conoscenze naturalistiche e sempre in senso evolutivo. Consideravano l'uomo come una scimmia particolare che a poco a poco si era evoluta attraversando gli stadi del cannibalismo e della lotta coi propri simili fino a raggiungere in parte la sapienza. I tibetani hanno anche precise conoscenze sull'origine delle razze e cosi via. A quel tempo v'erano in alto sulle montagne i ghiacciai e le rocce. Tra i crepacci si annidavano le fiere selvagge. In basso v’erano le pianure e le foreste e in esse regnavano gli elefanti e 'avana tra gli alberi i richiami di ogni sorta di uccelli. L'uomo non c'era. Non v'era traccia di umanità. Ma nelle zone temperate esistevano le scimmie... La nascita dell'uomo è vista come una mentalità nuova insorta in un tipo di scimmia fino allora del tutto identica alle altre. Questa nuova mentalità viene simbolicamente espressa colla figura del "demone delle rocce" sempre arso dal desiderio di chi non è mai contento di ciò che ha e vorrebbe

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sempre qualcosa di nuovo. In altre parole è questa la differenza sostanziale tra l'uomo e l'animale. Mentre l'uomo cerca la felicità e si annoia di ciò che ha, l'animale è pago quando sfugge l'infelicità. Nello stato d'inerzia mentale si trova bene finché non interviene qualcosa di fisico a disturbarlo: fame, sete, desiderio sessuale, indolenzimento muscolare, pericoli esterni, ecc. I primi uomini erano ricoperti di pelo rossiccio, ma non avevano la coda. Non parlavano ancora, ma poi imparavano lentamente ad usare il linguaggio. Alcuni di essi erano violenti e brutali e attaccavano ì loro simili, li legavano e poi si nutrivan delle loro carni, ma altri invece amavano la conoscenza e la meditazione. Da questi nacquero i sapienti che fecero da guida all'evoluzione dell'umanità. Dal Tibet, nella nostra corsa ad Occidente, dovremmo passare all'India. Abbiamo già segnalato fin dalla prima pagina il mirabile accordo tra la scienza indiana vecchia di millenni e la più moderna fisica, biologia e cosmologia. Nelle prossime pagine noi segnaleremo altre affermazioni della scienza indiana che fino a qualche anno fa erano rigettate dai nostri studiosi e che hanno avuto conferma sperimentale in URSS, in USA ed altrove. Ci limiteremo perciò a dire che tutta la cosiddetta mitologia indiana, di cui parleremo più avanti, è una esposizione simbolica di realtà scientifiche. Lo stesso discorso che sovente vale anche per altre cosiddette mitologie. Per esempio, prendiamo la famosissima dea Kalì che danza nera e nuda con una faccia terribile. Non c'è dubbio che il popolino creda all'esistenza di una tale dea come un personaggio vero e reale fatto proprio così. Ma il sapiente indiano, quello che ha costruito una tale immagine, ha sempre saputo che la dea Kalì simboleggia lo spazio, il vuoto. Nera perché lo spazio in se stesso è buio, nuda perché Io spazio contiene tutto, ma nulla può contenerlo . Naturalmente ì meschini hanno bisogno di credere che gli indù siano dei superstiziosi e non guardano in profondit à nelle cose. Citeremo soltanto un breve ed antico verso delle Upanishad. Parola, palesati a me quale fondamento della mente! Mente, palesati a me quale fondamento della parola! L'alma null’altro era che quello, in principio. Null’altro brillava oltre ad esso. Da quello procedono i mondi: il celeste oceano dello spazio, le radiazioni luminose, la cosmica potenza della morte (del tempo). Lo spazio cosmico avvolge il vuoto e il vuoto è la sua essenza. Le radiazioni lo riempiono. Qui, come altrove, le radiazioni sono viste come la radice della materia contenuta nello spazio cosmico, la cui essenza è il vuoto, ossia una funzione mentale priva di materia. Dall'India, nella nostra corsa ad Occidente, passiamo attraverso un'altra zona teatro dello sviluppo di una grande civiltà: la Sumeria. I sumeri furono grandissimi evoluzionisti e non solo negli aspetti sostanziali dell'evoluzione, ma anche negli aspetti formali. Calcolarono con precisione anche le date della formazione dell'uomo, l'epoca delle glaciazioni (i diluvi) e cosi via. Ciò che Spencer chiamava l'inconoscibile, i sumeri lo chiamavano l'abisso, rendendo così l'idea della sua immensità insondabile. I sumeri consideravano, in accordo colla scienza moderna e con le altre scienze antiche, l'energia radiante alla base della materia. Però accentuavano più la percezione in forma di calore che la percezione in forma di luce dell'energia radiante. Infine il vuoto era considerato come la "madre" del divenire, ossia il luogo che contiene tutto ciò che è sottoposto al tempo.

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Quando lo spazio non era ancora scisso dalla materia quando la materia non era ancora stata scissa dallo spazio l'Abisso fu il loro generatore. Il vuoto fu la madre da cui tutto è uscito. V'era allora una oscurità profonda in cui non v'era scintilla di luce allorché un vento infuocato prese a soffiare senza riposo . . . . . Quando spazio e materia (cielo e terra letteralmente) non erano ancora stati scissi significa ovviamente quando nell'inconoscibile entità psichica e fisica non s'erano ancora differenziati. L'origine dell'uomo i sumeri la vedevano cosi: Quando l'uomo comparve ignorava il pane per nutrirsi ignorava il vestito per coprirsi mangiava erbe come i montoni beveva l'acqua dei ruscelli. Avevano dunque dedotto anche l'origine erbivora dell'uomo. Connessa coi testi sumeri e coi testi egizi, di cui parleremo tra un po', è la Bibbia che considera l'inconoscibile nei termini della divinità: Da principio creò Dio il cielo e la terra e la terra era informe e vuota e sulla superficie delle acque soffiava lo spirito di Dio. In altri termini: "In principio la sostanza primordiale si manifestò come spazio, entità psichica, e materia, entità fisica. In seguito il racconto biblico narra i vari avvenimenti cosmo-logici, geologici e biologici esattamente nella stessa sequenza con cui essi si verificarono realmente. Dall'apparizione della luce fino alla comparsa dell'uomo, attraverso le fasi intermedie: la nascita della vita nelle acque, la sua uscita dalle acque e così vìa. Altro che avvalersi della Bibbia per contrastare l'evoluzione! Abbiamo esposto questo argomento ampiamente in "La preistoria che vive". La cultura biblica si esprimeva quasi esclusiva-mente per simboli. Essa fu influenzata in senso evolutivo dai sumeri e dagli egiziani. Si ritrovano nella Bibbia interi brani tratti senza cambiare una virgola dei testi sumeri ed egiziani, come vedremo a suo tempo. Non fa quindi meraviglia se la Genesi biblica inizia praticamente colle stesse parole del testo su-mero riportato e soprattutto del testo egizio che stiamo per ripor-tare. Sempre più ad Occidente troviamo la grande cultura egizia. La scienza egiziana fu evoluzionista per eccellenza, come si vedrà e attribuiva l'origine della manifestazione fisica dell'uni-verso all'energia primordiale, la materia nella sua forma più sottile o protomateria, che ini2iò a pervadere lo spazio: il Chaos. Secondo la scienza egizia la gravitazione, ossia la forza che attrae» detta allegoricamente "desiderio" per le sue affinità colla facoltà psichica della tendenza o del desiderio, ebbe questa origine; "Da principio era il Chaos ed il Chaos era tenebra informe e l'energia primordiale fluttuava nel Chaos. Il Chaos non aveva fine e così esso restò per coni ed eonì di tempo. L'energia primordiale fu mossa dai suoi stessi principi e si mescolò al vuoto e nacque la forza che attrae che fu il primo principio di ogni j cosa. Dall'unione dell'energia e del vuoto nacque il seme dell'universo dalla forma di sfera. E da questo seme nacquero le costellazioni del cielo, il sole, la luna presero a brillare. All'inizio nacquero degli esseri viventi ancor privi d'intelligenza, ma da questi nacquero gli esseri intelligenti. La lotta degli elementi, la violenza delle intemperie, costrinsero i viventi ,

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svegliare la loro intelligenza dal torpore. Più tardi i sessi $l\ separarono e gli esseri viventi maschi e femmine iniziarono , cercarsi sulla superficie della terra e nelle profondit à dell'oceano". Anche gli egizi era d'accordo dunque colla scienza moderna o meglio la scienza moderna è d'accordo cogli egizi. L'evoluzione è considerata come il frutto del superamento delle difficolt à fisiche da parte degli esseri viventi costretti a sviluppare l'intelligenza dal torpore primordiale. Dell'antico Egitto parleremo nelle prossime pagine, a suo tempo, quando diremo di ben altre meraviglie che la Sfinge ha in serbo per noi moderni. Intanto acciocché non sorga il dubbio che l'antichità di questi testi risalga soltanto agli inizi dell'epoca storica e non oltre, voglio citare i testi di alcuni popoli "selvaggi". Qui la potenza poetica e la cultura toccano veramente vertici grandiosi. Ecco i concetti evoluzionisti dai polinesiani. Egli era. (La materia prima dell'universo, indistruttibile). Noi lo chiamiamo Taora. Esisteva nel nulla. Non v'era né spazio, né materia, né uomini. Se avesse chiamato, nulla avrebbe risposto. Esisteva da solo. Era l'universo in se stesso. Ne era il germe e la base. l'unico antenato di tutti. Da esso ogni cosa trasse il suo essere. Era il grande unico da tempi immemorabili. Si sviluppò in solitudine, genitore di se stesso. Aveva miriadi di nature. Era contemporaneamente il sotto e il sopra. La mente e la materia. Rimase al buio per milioni di epoche. L’universo era come un uovo roteante, nello spazio infinito. Senza il firmamento, senza i soli, senza i pianeti, senza lune senza i mari. Tenebra, tenebra fitta soltanto. "Universo involuto" era il nome della sua essenza. Finalmente uscì dal suo guscio. Visse in quel cielo dalla illimitata oscurità. ignorando ogni luce esteriore. Dentro di lui c'era il germe futuro di questo: memoria, pensiero, meditazione, osservazione. Questi quattro scoprirono il mondo. Anche qui tra i neolitici polinesiani le stesse concezioni del più avanzato positivismo, La staticità della materia primordiale che è senza essere nulla in particolare e forma la base del divenire, contenendo in sé latenti gli elementi delle manifestazioni future. Dovrete ammettere però che, a parità di concetti, ce ne vogliono dei soporiferi trattati filosofici dei nostri tempi per raggiungere la superba bellezza di questo canto praticamente senza età. Fossero stati scritti in latino o in greco testi di questo genere li saprebbero a memoria anche le piastrelle dei pavimenti. Ma siccome sono stati scritti dai polinesiani, popoli incivili, allora non vengono insegnati da nessuna parte. La realtà è che

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i pontefici della filosofia (o sedicenti tali) li ignorano semplicemente. D'altro canto se non li ignorassero smetterebbero di considerarsi tanto pontefici. Sentiamo cosa dicono gli abitanti delle isole Marchesi: Nel principio esisteva lo spazio lo spazio nell'alto cielo. La tenebra riempiva tutto. Il silenzio era intrecciato lassù. Non v'era voce, non v'era suono. Non creatura viva. Non esisteva la luce: solo buia e nera notte. Notte governata dalla tenebra. Il silenzio era uno spirito diffuso Val grembo delle tenebre uscì la luce. Potere vittorioso della vigorosa vita. Questi concetti, li abbiamo citati per dare un'idea dell'antichità di certe conquiste umane, per provare l'antichità di quella scienza unitaria che stiamo trattando. Se essa non risalisse al perìodo unitario dell'umanità, come potrebbero interi popoli conservare gli stessi rigorosi concetti? Abbiamo citato i passi dei popoli neolitici, dei popoli che vivono al livello della "pietra levigata". Ora citeremo i passi dei popoli che vivono ancora al livello della pietra grezza, del "paleolitico". I Wicitas, indios del texas chiamano l'inconoscibile "colui-che-non-è conosciuto-sulla-terra". Ecco cosa narrano delle origini cosmiche e dell'evoluzione. Al principio dei tempi le stelle non esistevano e il sole non era ancora nato. Non v'era nulla di ciò che c'è adesso. Il tempo non trascorreva e Colui-che-è-sconosciuto-sulla-terra era l'unica cosa che esisteva. Alle sue origini il mondo era composto di acqua e di terra mescolate informemente al suolo. La terra galleggiava nell'acqua ed alla fine della sua formazione da "colui-che-non-è-conosciuto-sulla-terra" nacque l'uomo. In seguito, narra il mito, l'uomo visse ascoltando delle voci interiori che lo incitavano di continuo verso "uno stato migliore di quello attuale" finché ebbe tutto ciò di cui aveva bisogno. Alle soglie tra preistoria e storia, nei Misteri Orfici, la cui letteratura, chissà perché, non è quasi mai riportata nelle antologie comuni della letteratura greca, si parlava dell'inconoscibile principio vivente così: Primogenito, dalla duplice natura (psiche e materia), grande che vaghi nell'etere, tu canto, nto dall'uovo, esultante dalle ali d'oro dalla voce del toro, genitore degli dei beati e del genere umano. Indicibile, segreto, strepitante germoglio risplendente col tuo sguardo dissipasti la tenebrosa nebbia. Muovendo dappertutto il cosmo con l'impeto delle tue ali. Portasti la sacra luce per cui io ti chiamo Fanès. Pensiamo di aver dimostrato l'antichità dell'atmavidya. Una scienza che a diversi livelli dì profondità è riflessa da tutti i popoli colti dell'antichità. Esistono due possibili teorie sull'ori-gine dell'atmavidya: 1) Che sia un'antica scienza posseduta dal-l'uomo quando era ancora una specie unitaria, non divisa in tanti popoli e razze dislocati senza comunicazioni tra loro come oggi. 2) Che

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sia invece un'acquisizione dei vari popoli avvenuta a diversi livelli, ma indipendentemente in ciascun popolo. Gli orientali sostengono la prima. Dicono che l'attuale fase umana, Homo Sapiens, ha ereditato questa scienza dai popoli precedenti. In seguito la scienza stessa si sarebbe modificata in relazione alle esigenze della zona in cui Ì vari popoli sapiens sono andati ad abitare. Abbiamo dimostrato, pensiamo, come con più o meno pre-cisione, il concetto di evoluzione fosse insito nel pensiero ance-strale dell'uomo. Dai primitivi fino all'antichità nessuno ha du-bitato di ciò. Vi fu una breve parentesi nel periodo dell'oscuran-tismo medioevale e alla fine questo concetto fu rispolverato e riaccettato tramite l'opera dei naturalisti. Da sempre come oggi fu chiaro che la sostanza primordiale conteneva in sé, in potenza, sia la psiche che la materia, viceversa non avrebbe potuto manifestarsi negli effetti ciò che non sia stato latente nella causa. A poco a poco lungo il processo di manife-stazione cosmica la psiche è emersa dallo stadio impersonale e ha dato origine alle prime manifestazioni viventi. Materia e psiche non sono da considerarsi due cose differenti, ma i poli opposti della medesima sostanza che non è conoscibile. Se lo fosse sarebbe stata conosciuta da un pezzo. Se psiche e materia non fossero la stessa sostanza non potrebbe avvenire la loro simbiosi, né vi sarebbe ragione alcuna per cui una volontà possa controllare la materia, o perché un moto materiale del cervello fosse percepibile in sensazione. Questa simbiosi è possibile per-ché esistono degli intermediari che noi nei prossimi capìtoli impareremo a conoscere. ________________________________________________________________________________

L'ENERGIA BIOPLASMICÀ "Come il sovrano ingiunge ai governanti: "governate que-sta città", "governate quella città", similmente il Prana dirige le differenti essenze del corpo". Se noi credessimo ai miracoli, diremmo che ogni giorno, sotto i nostri occhi, accadono miriadi di miracoli e che noi stessi siamo continuamente autori di miracoli. Se per esempio vedessimo un uomo che scrive con una penna, ma senza tenerla in mano e fossimo certi che quella penna non è mossa da nessuna forza conosciuta o sconosciuta, diremmo che la cosa ha del miracoloso. Cosi come avrebbe del miracoloso vedere l'acqua di un ruscello che sale anziché scendere, vedere una sedia che svolazza da sola, sempre ben inteso ad essere certi che non intervengono forze ignote a produrre quell'effetto. Ora, accade ogni giorno sotto i nostri occhi che uomini, ani-mali, piante muovano... i loro organismi con un atto di volontà. Studiamo cosa accade quando per esempio muoviamo un braccio. Allorché decidiamo di muovere un braccio, sorgono nel nostro cervello degli impulsi elettrochimici che si propagano lungo Ì nervi congiunti al cervello, raggiungono i muscoli del braccio che si contraggono dando luogo al movimento desiderato. Tutta la sequenza avviene rapidissimamente. La nostra volontà dunque è in grado di far sorgere nel cervello degli impulsi elettrochimici e sappiamo che gli impulsi elettrochimici in se stessi non sono affatto soggetti alla nostra volontà. Se cosi fosse, allora saremmo in grado di fare sorgere impulsi elettrochimici nel cervello di un altro o di modificarne la direzione in un circuito sperimentale costruito appositamente. Questo non accade. Se dunque la nostra volontà non può far scattare degli impulsi elettrici fuori dal cervello, ma lo può dentro il nostro cervello, significa che all'interno di esso esiste una sostanza che, soggetta alla volontà, è nello stesso tempo in grado di alterare il dinamismo elettrochimico dell'organismo. Se questa sostanza mancasse non sarebbe affatto possibile l'atto di muovere volontariamente una parte dell'organismo, oppure l'atto di generare degli impulsi elettrochimici col solo desiderio sarebbe del tutto miracoloso. Contrariamente a certi filosofi, i biofisici antichi e moderni han sempre scelto la prima ipotesi: quella parte della materia che la volontà riesce a controllare facendo partire da essa il

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processo che porta ai movimenti volontari dell'organismo si chiama "energia bioplasmica". L'energia bioplasmica è stata mostrata con certezza per la prima volta in Occidente dal fisico indiano Bose, premio Nobel, ed è stata anche fotografata recentemente in Urss ed altrove, grazie al progresso tecnologico moderno. L'energia bioplasmica risulta presente negli organismi viventi, assente negli organismi morti. (In fin dei conti morire vuol dire proprio questo: la perdita da parte della psiche del controllo sull'organismo). Risulta altresì differente in forma, colore, intensità a seconda dello stato di salute psicofisico del soggetto vivente. In altre parole l'energia bioplasmica è quella parte della materia, che, soggetta alla psiche, permette la simbiosi psicofisica che è l'essenza della vita. Quando la scienza dell'agopuntura cinese non era ancora collaudata presso di noi, molti medici rimanevano perplessi alla descrizione dei metodi impiegati dagli ago-puntori: l'inserzione di aghetti sulla pelle, senza toccare minimamente i nervi o i muscoli. E siccome coll'agopuntura si fanno parti con taglio cesareo completamente indolori, si guarisce una quantità di malattie e i pazienti si dichiarano soddisfatti, la domanda rituale dei medici era: "Con che principio agisce una medicina che non si basa sui nervi, sui muscoli, su organi visibili anatomicamente? ". L'agopuntura e del pari la medicina giapponese e quella indiana, si fondano su modificazioni apportate alla distribuzione dell'energia bioplasmica, le quali modificazioni a loro volta influenzano il funzionamento del corpo e delle cellule. La colpa del fatto che la medicina occidentale non sapesse spiegare gli effetti della medicina orientale risale proprio al fatto che In Occidente la scienze sono divise, cosicché il fisico non sa quello che fa il medico, il biologo non sa quello che fa lo psicologo, il chimico non sa quello che il parapsicologo accerta. Comunque sia, l'energia bioplasmica era notissima fin dall'antichità sia in Oriente sia in altre civiltà antiche, quali l'egiziana, che la chiamavano con nomi diversi. Nelle scienze indiane e nell'atmavidya l'energia bioplasmica si chiama "energia pra-nica" o più semplicemente "prana". La parola prana significa etimologicamente "inspirazione", perché l'organismo vivente inala il prana nell'atto inspìratorio. Gli antichi studiosi si erano accorti che un animale con le narici tappate inizia a respirare colla bocca, ma dopo un po' muore. L'uomo è l'unico animale che fa un'eccezione apparente, perché avendo dei fori aperti in fondo alla bocca riesce a respi-rare, per così dire, un po' col naso anche quando respira colla bocca. La ragione di questo fatto è che il prana non può essere assimilato colla respirazione boccale e quindi un animale a cui viene impedita l'assimilazione di questa energia deve usare quella di riserva finché muore. Durante i mesi della gestazione il feto assorbe una quantità di prana che servir à di scorta durante la vita. Durante la vita poi il soggetto userà costantemente il prana che inspira dall'aria. Ricorrerà invece alla riserva nel momento del bisogno. Malattie, ferite aperte, sforzi, cattivo ambiente fisico esigono che venga usata la riserva che l'individuo tiene con sé. Quando la riserva va in esaurimento l'individuo muore. Questo è il motivo per cui gli uomini che compiono in continuazione sforzi estenuanti muoiono precocemente, è anche il motivo per cui certi luoghi, ricchi dal punto dì vista pranico, facilitano il prolungamento della vita, come il Caucaso. La ragione non sta nella "purezza" sull'aria. Sulle Alpi, pur essendovi l'aria pura, la durata media della vita è bassa, mentre il Caucaso è la terra dei centenari pur essendovi condizioni di vita immensamente più sfavorevoli che nelle Alpi. Sebbene il prana sia assorbito durante la respirazione, la quantità assorbita è minore della quantità spesa. L'organismo dopo aver compiuto diverse ore di sforzo sente l'esigenza di ricaricarsi più nettamente. Allora subentra il desiderio di dor-mire. Se viene impedito ad un uomo di dormire subentrerà uno stato dì catalessi dovuto all'assenza del prana, oppure subentrerà un infarto o comunque altri disturbi gravi. Tutte queste cose sono state dimostrate dal fisico Bose. Egli dimostrò sperimen-talmente che le radiazioni pratiche emesse dalle piante e dagli animali diminuiscono quando vengano sottoposti ai narcotici. Si ha contemporaneamente sonno e prolungando l'azione di di-spersione pranìca subentra la morte.

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Forme speciali di prana vengono assorbite dagli alimenti. Questo è il motivo per cui due cibi, con la stessa combinazione i nimica, possono avere effetti assai diversi sull'organismo. I cibi Sintetici possono solo in parte sopperire ai cibi naturali. Ma gli effetti dei cibi sintetici sono noti a tutti. A lungo andare fini-scono per ammalare la persona. Infine il prana sulla terra, come la maggior parte delle energie, viene dal sole .e questo è il motivo per cui il sole ha degli eliciti che non possono essere, almeno per ora, riprodotti artificialmente. Finché il prana è nell'organismo la morte non può subentrare. I fachiri ad esempio che si fanno seppellire per diversi, mesi, ossia restano senza mangiare e senza respirare per un periodo assai superiore alla durata consentita a qualunque orga-nismo umano, realizzano questo facendosi tagliare il frenulo della lingua e allungando poi artificialmente la lìngua stessa finché quésta possa appoggiarsi al fondo della gola, dove abbiamo visto si trova nell'uomo l'entrata del prana, Bloccando il prana all'interno dell'organismo, la mancanza di aria e di cibo provoca solo uno svenimento prolungato, ma non può provocare la morte. È comunque ovvio che questo fenomeno non sarebbe spiegato senza la conoscenza del prana. Il bello è che questo fenomeno è conosciuto da quasi un secolo in Occidente perché i medici inglesi in India l'hanno constatato e controllato. Tuttavia ci si è ben guardati dal prenderlo in considerazione. Evidentemente esso dimostrava che oltre all'ossigeno, all'acqua, ai cibi ed al calore esisteva anche qualche altra sostanza indispensabile alla vita e più ancora di quelle menzio-nate, visto che con l'energia bioplasmka si vive senza ossigeno, mentre non si vive coll'ossigeno senza energia bìoplasmica. Ma siccome questo fenomeno urtava le comuni concezioni mediche e biologiche occidentali lo si è etichettato col termine di "parapsichico" in modo che medici e biologi non avessero la scomodità di dover rettificare le loro teorie. Il controllo del prana permette a chi lo sa adoperare di prolungare la sua vita a piacere. Esiste una scienza dedicata a tale scopo che si chiama Hatha-Yoga con la quale si può anche curare quasi tutte le malattie senza medicine, Il letterato cinese Li-Tcheng-Yu che era uno hatha-yogin mori nel Tche-Tchuan nel 1936 alla veneranda tà di 256 anni. Ai suoi tempi in Cina non esisteva l'anagrafe. Però i più vecchi della sua città, che erano vecchi centenari, si ricordavano di averlo visto sempre col suo aspetto normale. Morendo lasciò una vedova di 64 anni. Dai registri tenuti al tempio risultava che era la sua ventiquattresima moglie, in linea di successione, poiché non si era mai sposato con più di una donna per volta. Lo Hatha-Yoga insegna gradatamente a portare sotto il con-trollo della volontà tutti gli organi del corpo. Una serie di organi è apparentemente posta fuori dal controllo della volontà: lo stomaco, il cuore e le funzioni organiche. Ma la medicina psi-cosomatica ha dimostrato che anche questi organi sono sottoposti alla volontà inconscia dell'individuo. Viceversa sarebbero impossibili le malattie di cuore, di intestino, di fegato dovute a cattive condizioni psichiche. Sarebbero altresì impossibili le guarigioni psicosomatiche che sovente paiono miracolose e non dì meno sono una realtà. Il responsabile, sia delle malattie psicosomatiche, sia degli effetti psicosomatici, sia delle guarigioni psicosomatiche è pro-prio il prana. In grado di esercitare effetti sul materiale cellulare il prana viene comandato dal subconscio del soggetto. Un uomo con l'ap-parato auricolare perfetto, ma che non sente nulla a causa di ne-vrosi non fa che bloccare l'apparato uditivo inconsciamente. Se l'intermediario pranico non esistesse sarebbe impossibile non avere la sensazione dell'udito. La stessa cosa succede quando si imbiancano Ì capelli per lo spavento, quando insorge il mal di cuore per un dispiacere in un organismo prima perfetto. È lo stesso procedimento con cui si producono le stigmate negli uomini religiosi. Quando un organismo difetta del prana si ha lo stato di astenia senza che vi corrisponda una lesione organica. La più antica medicina del mondo che si pratica tuttora in certi paesi, con "guaritori" ad hoc preparati ha come meccanismo il cedimento della propria energia pranica

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all'individuo malato, esat-tamente come il donatore di sangue cede il suo sangue con una trasfusione. Si chiama "Pranaterapia". Le guarigioni dette "spontanee" sono uno conoscenza vec-chissima della medicina. Ma anche qui si è preferito ignorare i fatti o definirli "miracoli", modo quest'ultimo sempre elegante per non arrivare alla resa dei conti, ossia a spiegare Ì fenomeni sul serio. Gerard Croizet, già famosissimo per le sue capacità psicometriche, ben presentato anche dalla TV italiana al grosso pubblico, è un ottimo pranaterapista e centinaia di persone per esperienza personale e diretta attestano di aver avuto guarigione completa, o solo qualche benefizio, o almeno lenimento del dolore da parte delle applicazioni di Croizet. Infatti l'energia pranica ha un potere dolorifugo eccezionale e su questo principio vengono svolte le famosissime anestesie da agopontura. A proposito della pranaterapia facciamo seguire un articolo tratto recentemente da un giornale acciocché il lettore si renda conto dell'efficacia che può avere questa forma di medicina se esercitata da persone dotate. Da "Il Giorno" 15-1-1973". Una bambina jugoslava di 5 anni, Selena Hairovic, affetta fin dalla nascita da una paralisi cerebrale che le impediva di camminare e di stare seduta, ha cominciato a muovere i primi passi dopo un ciclo di applicazioni di "pranaterapia" compiute dalla "guaritrice" napoletana ÌSSora Valente. La pranaterapia consiste nell'imposizioni delle mani a distanza sulle parti ammalate. Se-lena Hairovic è potuta venire a Napoli e sottoporsi alle cure per l'intervento (anche finanziario) del cantante Gianni Nazzaro che ha conosciuto la bambina mentre si trovava in Jugoslavia assieme alla moglie Nada che è cittadina jugoslava". Infine si tenga conto che Tagopontura agisce esattamente sugli stessi principi della pranaterapia di cui rappresenta una meccanìcizzazione. In questo non c'è nulla di taumaturgico, ma solo utilizzazione di una forma naturale che da molto tempo è nota all'umanità. Sarebbe interessante individuare coloro che hanno possibilità di estrinsecare la propria sovrabbondante energia pranica, così come sarebbe pure utile mettere a tacere i truffatori e i falsi guaritori. Quello che la maggior parte della gente non sa è che esistono strumenti meccanici in grado di rilevare chi ha o non ha queste facoltà. Per chi volesse ulteriormente documentarsi su questi fenomeni consigliamo il trattato classico dello psicologo Janet: "Le medicazioni psicologiche". Come si vede gli scienziati seri non hanno disdegnato di studiare questi campi. Un'altra fenomenologia che si deve all'azione del prana è l'effetto di particolari luoghi, fiumi e così via. Sovente in questi luoghi vengono costruiti dei templi. Così Lourdes era meta di pellegrinaggio, è stato accertato, fin dalla preistoria e ciò per la miracolosità attribuita alle sue acque. La miracolosità di queste acque è stata assurdamente contestata per il fatto che non è mai accaduto una sola volta che fosse restituito un arto man-cante. Esistono animali che hanno la possibilità dì rigenerare le parti mancanti, come la lucertola, ma l'uomo non è tra questi. Negli organismi viventi esistono due tipi di cellule: le cellule somatiche e le cellule seminali. Da una cellula seminale può nascere sìa un'altra cellula seminale che una cellula somatica, ossìa una cellula specializzata nelle funzioni. La lucertola riesce a rigenerare un arto tagliato, la coda e così via, perché ha una enorme quantità di cellule seminali non specializzate, distribuite tra i tessuti. Nell'uomo le cellule indifferenziate sono scarsissime e quindi in esso non può avvenire la rigenerazione di un arto mancante. L'energia pranica dà vitalità alle cellule, ma non realizza il miracolo di trasformare le cellule somatiche in cellule indiffe-renziate. Nella fenomenologia delle guarigioni spontanee avve-nute nei luoghi terapeutici si è avuto il caso di rimarginazioni quasi istantanee di ferite. Il prana ha permesso una moltiplica-zione più rapida delle cellule, ma non la trasformazione di un tipo di cellula in un'altro tipo di cellula. In casi del tutto particolari l'energia bioplasmica può estrincarsi fuori dall'organismo e allora prende il nome di energia "edenica", dal greco Ektos = fuori. L'energìa ectenica è stata studiata da eminenti scienziati quali Crooks, Crawford, Ochoro-wìcz. Gli esperimenti fatti sull'energia ectenica

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riguardano i fa-mosi fenomeni di levitazione e di telecinesi, questi ultimi molto più frequenti dei primi. I fenomeni di telecinesi consistono nella capacità che dimostrano certi soggetti di poter spostare a distanza oggetti non troppo pesanti, ma nemmeno troppo leggeri. Molti parapsicologi, trascurando di documentarsi sulle scoperte della fisica, considerano "l'ectoplasma" come uno "speciale fluido che possiedono certe persone dette medium". Questa è una spiegazione soprannaturale di fenomeni che la parapsicologìa dovrebbe togliere dal soprannaturale. Se l'ectoplasma ce l'aves-sero i medium, allora dovrebbero averlo tutti, perché è assurdo che la natura crei dei privilegiati donando un fluido che non serve a nulla. L'esperienza ha sempre dimostrato che ciò che è evidente in alcuni è latente in tutti gli altri, ma c'è. Le indagini hanno permesso di appurare molte particolarità dell'energia ectenica. Durante un fenomeno di telecinesi il soggetto emittente aumenta il suo peso tanto quanto il peso dell'oggetto sollevato. Gli oggetti non vengono sollevati nell'acqua distillata. Il lampo al magnesio fa interrompere immediatamente la telecinesi. I raggi ectenici lasciano traccia sulla lastra di vetro affumicata o cosparsa di polvere sottile. Non penetrano nella superficie dell'acqua saponata, ma spostano le bollicine, senza spezzarle. Chiudono Ì circuiti elettrici preparati sperimentalmente, scaricano corpi elettrizzati. Ochorowich ha fotografato e radiografato i raggi ectenici che si presentano discontinui, punteggiati, presentano anche striature inclinate, caratteristica dei fluidi in rotazione. A chi interessasse approfondire l'argomento consigliamo i documenti originali: Annali di scienza fisiche 1909 pag. 307; 1901 pag. 204; I raggi rigidi e i raggi Xx in: Annali di Scienze fisiche apriledicembre 1910 e infine l'opera del fisico Crawford "La meccanica fisica", Parigi Payot 1923. L'energia ectenica si chiama in sanscrito apana. Per ora diremo solamente qualche parola sulle caratteristiche delPapana o energia ectenica perché esse ci danno la chiave per spiegare una serie di fatti paraspichici dì cui la maggior parte ignora la spiegazione corretta. La medicina orientale ci verrà Invece in aiuto. L'energia ectenica che sposta a distanza gli oggetti seguendo la volontà del telecineta, altro non è che l'energia bioplasmica estrinsecata. Sovente i medium risultano essere lesionati al cervello, alla scatola cranica. Se la medicina orientale fosse conosciuta da noi i fenomeni metapsichici sarebbero assai meno "misteriosi" ed "occulti" di quanto non si creda. Una lesione ai centri motori del corpo, ossia una lesione là dove il prana riceve l'ordine di agire, provoca una perdita di prana sovente manovrata dall'inconscio del soggetto. Siccome il prana ha un certo potere sulla materia, ecco che questo genera spostamenti di oggetti. Non si tratta di un fenomeno spiritico, ma di un fenomeno biologico. Perché un fatto di questo genere si verifichi infatti occorre la presenza di un essere vìvente. Si tratta di un impiego eccezionale della stessa forza che normalmente impieghiamo per muovere il corpo, non si tratta di una proprietà speciale dei medium. In realtà, ciascuno è il "medium" dì se stesso. A volte i fenomeni di telecinesi avvengono, e soprattuto ai ragazzi in età pubescenti, spontaneamente. Allora ingenerano spavento. Sovente la gente ha attribuito questi fenomeni agli "spiriti" dei trapassati, come se ci fosse bisogno di assumere un corpo se lo spìrito fosse in grado di padroneggiare da sé la materia. Esiste così tutta una serie di fenomeni parapsicologici che sono inconsciamente svolti dal soggetto e che vengono attribuiti a volontà a lui estranee. Fenomeni periodici di spostamenti de-gli oggetti, apparizioni fluorescenti e così via. Noi dobbiamo gettare su questi fatti la nostra indagine dissacratoria e raziona-lizzante, togliendoli dal soprannaturale. È sintomatico il fatto che accadano soprattutto a ragazzi pubescenti, vedremo più avanti come l'energia sessuale sia intimamente collegata coll'ener-gia pran ìca. Inoltre dobbiamo dire che, notoriamente, la paura ingigantisce i fenomeni, facendo vedere di più di quello che c'è stato e magari producendo il fenomeno che si desidererebbe evitare, come chi sogna la madre morta per la paura che muoia veramente. Fatti strani in questo campo non mancano. Il nostro famo-sissimo Cesare Lombroso nel 1900 studiò il caso di una cantina che il popolino non esitava a definire infestata da "spiriti". Le bottiglie che vi erano depositate si alzavano e volteggiavano per l'aria con la più grande fantasia. Si

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spezzavano al suolo presso di luì. L'inconsciente autore di questo chiassoso fenomeno era un ragazzo di tredici anni. Nello studio interpretativo di questi fatti, indipendente-mente dal meccanismo fisico che li svolge, si è cimentata la scuola di psicoanalisi di Freud. SÌ potrebbero riempire diverse altre pagine di questa fenomenologia che scientificamente si chiama torzbismo. La cosa esorbita dal nostro compito e perciò rimanderemo il lettore che volesse occuparsene a trattati più specialistici. Terminiamo sottolineando a maggior prova della natura non sovrannaturale e non spiritica di questi fenomeni che que-sti fatti non cessavano affatto cogli esorcismi ma con una seria terapìa psicoanalìtica, in altre parole né gli spìriti né il povero diavolo c'entrano nulla in tutto questo. La scuola psìco analitica di Freud ha preso in istudio casi in cui un soggetto subisce lesioni che hanno per agente fisico lo stesso agente che sì manifesta nei fenomeni come quello delle stigmate, ossìa l'energìa bioplasmica. Wassilko ebbe in cura una ragazza rumena che produceva fenomeni di telecinesi e andava soggetta a morsi e graffi mentre dormiva in parti del corpo che non poteva raggiungere da sola. Ella attribuiva questi fatti a un essere detto "Dracon il diavolo". L'analisi freudiana ha rivelato che Dracon era il suo senso di colpa per un peccato "particolarmente inconfessabile" che giaceva latente nell'inconscio. Fu appurato che ogni atto telecinetico corrispondeva ad un tipo di rimorso. {Rendiconti del Congresso di Parigi p. 119). La scuola freudiana di cui Wassilko faceva parte si è occupata del lato psicologico del fenomeno, ma è chiarissimo che l'agente che ha permesso a degli impulsi psichici di realizzarsi nel campo fisiologico è l'energia bioplasmica. Dopo questa digressione sull'energia ectenica, estrinsecazio-ne del prana, torniamo alle funzioni fisiologiche di questo, alle funzioni normali. II prana è una forza che dal punto di vista fisico ha diverse caratteristiche in comune con l'elettricità. Una di queste è il fatto di presentarsi polarizzata positivamente o negativamente. Una corrente pranica avviene perché un polo positivo è collegato ad un polo negativo tramite una sostanza che faccia da buon conduttore. Alla nascita la tensione è al massimo. Quando la tensione si scarica l'uomo non ha più la forza da far agire sulla materia del suo corpo. Questo significa morire: perdere il controllo del proprio corpo, controllo che avviene per mezzo del-l'energia pranica. Durante tutta la vita lo squilibrio tra il polo positivo e il polo negativo della forza pranica si va lentamente attenuando. Dapprima prevale la forza negativa su quella posi-tiva, poi questa tensione si va attenuando sempre più. Alla fine si ha la morte, l'organismo si spegne come una vecchia pila che si scarica. È la morte per vecchiaia. Avviene in realtà solo dopo i cento anni. Il soggetto muore addormentandosi, talvolta mentre si appisola seduto, talvolta addirittura, è successo, durante un colpo di sonno mentre leggeva un giornale. In una civiltà come la nostra è difficile morire di vecchiaia. È tanto frequente morire in seguito a malattia o per incidente che ci sembra che la morte di vecchiaia nemmeno esista. Un cuore umano conservato in un bagno biologico batte indefinitamente. Lo stesso cuore dentro il corpo umano ha una parabola ben definita. Eccovi spiegata la ragione: il bagno bio-logico fornisce la vitalità al cuore indefinitavamente. Il corpo umano non fornisce indefinitivamente la vitalità al cuore e agli altri organi. La vitalità consiste nella differenza di potenziale tra i due poli pianici. Questi due poli si chiamano in sanscrito Ida e Pingala, negativo e positivo. In cinese invece si chiamano In e Yang. Sovente nei libri di storia della medicina si legge che In e Yang sono due concetti filosofici, che l'agopuntura si fonda sulla filosofia. Questa interpretazione è errata. Le parole In e Yang hanno in cinese diversi significati a seconda di cosa si sta trattando, analogamente alle parole italiane "positivo e nega-tivo". In medicina In indica la polarità negativa dell'energia pranica e Yang la polarità positiva. La stessa divisione ritorna nella medicina giapponese dove Ida si chiama In e Pingala si chiama Yo. L'energia pranica in un organismo vivente non è disposta a casaccio come nell'atmosfera o quando si deposita sugli oggetti inerti.

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Dei vari stati in cui l'energia pranica si presenta, lo stato più denso viene a formare una struttura organica rigida, recen-temente fotografata e studiata a fondo sia dai biofisici, sia da tutti coloro che hanno voluto penetrare nei sistemi della medi-cina orientale. La struttura organica è formata da una serie enorme di con-dotti all'interno dei quali scorre l'energia bioplasmica nelle forme più leggere. I condotti si chiamano nadis e sono ì meridiani dell'agopontura cinese. Le nadis o meridiani si incontrano i grossi plessi che sono chiamati cakra. La struttura organica bioplasmica è alimentata attraverso un costante ricambio dalla materia bioplasmica che assorbe nell'ina-lazione del respiro. E con questo la nostra esposizione delle virtù e dei vizi dell'energìa pranica che allaccia la volontà alla materia, è finita. Il suo studio dimostra come psiche e materia siano in realtà i due poli opposti della stessa sostanza, viceversa non potrebbe esistere nemmeno l'intermediario. Abbiamo colto l'occasione fornitaci dall'aver trattato questo argomento per spiegare come funzioni la medicina orientale, per spiegare come si verifichino i fenomeni psicosomatici e certe guarigioni nonché malattie spontanee. Dalla medicina orientale abbiamo imparato anche la spiegazione razionale di fenomeni metapsichici aventi una base fisica. A molti che già si sono interessati di Yoga può interessare come si faccia percepire il prana o energia bioplasmica anche senza ricorrere a costose apparecchiature di laboratorio o senza faticosissimi esercizi di concentrazione, I sistemi in uso nella medicina orientale, soprattuto cinesi, per vedere l'energia bio-plasmica sono numerossissimi. L'energia pranica è una forza di natura come tante altre. Chiunque può percepire il prana se sì mette in condizioni di farlo. Il metodo più semplice per percepirlo è il metodo Kilner. Si riempie una vaschetta di dicianina, che è un derivato del catrame e attraverso di essa sì osserva un corpo vivente. Si noterà come l'emanazione pranica esiste solo presso i viventi, gli organismi morti non ce l'hanno più. Si noterà anche come ogni per-sona abbia una sua "formula pranica" in relazione alla sua salute psicosomatica. Siccome noi non vogliamo essere evasivi e vendere le nuvole, come fanno certi "mistici" e "occultisti", ma amiamo dare indicazioni precise per esperimenti utili, per essere ancora più precisi e risparmiare le strade a chi tra i lettori decidesse di fare l'esperienza diciamo che la dicianina è in vendita alla Pfalz Bauer a dollari 9,50 e a dollari 16,50 — 126-04 Nor-thern BVD — Flushing N. Y. 11368 USA (New York). Do-vrebbero esistere rappresentanti in Italia. ________________________________________________________________________________

IL MONDO DELLE FORME Senza la forma la materia è cieca, senza la materia la forma è vuota.

(Aristotele).

Un organismo vivente si differenzia da un oggetto inerte non solo perché manifesta delle qualità psichiche, ma anche perché mentre un oggetto inerte è costituito sempre dal mede-simo materiale, dal suo inizio fino alla sua fine, un organismo vivente ha di costante solo una struttura e il materiale di cui il suo corpo è formato va e viene, non è mai lo stesso, è in continuo ricambio. Dal punto di vista della materia, il vostro organismo di oggi è completamente diverso da quello di dieci anni fa e da quello che avrete fra dieci anni. Non un solo atomo del vostro orga-nismo è rimasto al suo posto. Anche l'apparato nervoso che è costituito dalle stesse cellule fino alla morte, dal punto di vista materiale è completamente rinnovato ogni tanto tempo. Ciò che forma il vostro organismo oggi, domani formerà l'organismo di una carota e di un cavolfiore e forse anche di qualche oggetto inerte.

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Un portacenere invece finché non viene annientato anche nei suoi eventuali frammenti è costituito sempre dagli stessi atomi e non si rinnova mai. Per gli oggetti inerti la materia è tutto. Per gli organismi viventi la materia è qualcosa che va e viene continuamente, dentro e fuori da una struttura che è ferma. Nonostante però il materiale di un corpo vivente vada e venga di continuo e non sia mai lo stesso, l'individuo resta sempre lo stesso. Il materiale del vostro corpo è completamente mutato, ma voi siete sempre la stessa psiche. Le sensazioni che provate oggi sono sempre le vostre, come quelle che provavate dieci anni fa con un organismo materialmente differente. Dunque la psiche, prima di esprimersi attraverso gli apparati fisici del corpo si esprime attraverso una struttura costante. Questa struttura costante è ciò che allaccia la psiche col suo organismo fisico rendendo possibili i fenomeni psicosomatici ed una gran quantità di altri fenomeni. Questa struttura organica è stata recentemente fotografata e studiata, nel suo comportamento fisico e psichico in URSS inizialmente e poi in diversi altri paesi del mondo. L'equipe del laboratorio per le ricerche psicobiofisiche di Alma Ata in Kazakistan diretto dai Proli". Kìrlian, Inyushin, Grishenko, Vorobev, Shouiski, Gibadulin e Federova, hanno costruito, colla collaborazione estera del prof. Rodriguez, uno strumento rivelatore detto " effluvio grafo ad alta tensione" o più semplicemente "camera Kirlian", dal nome del suo ideatore, che ha permesso di vedere e fotografare quello che in un primo tempo è stato chiamato "corpo psichico di un essere vivente", in seguito "struttura bioplasmica dell'organismo vivente". L'organismo bioplasmico è stato descritto come segue: "una sorta di costellazione elementare assomigliante al plasma, composta di elettroni ionizzati, protoni ed altre particelle, ma anche da altre energie. Non si tratta di un sistema caotico. È un organismo totalmente unificato con se stesso, che agisce come unità e produce il suo stesso campo magnetico che costituisce a sua volta la base dei campi biologici. Questo corpo fatto solo da energie è l'invisibile matrice che presiede all'intercambio vitate delle cellule. L'innesto di un braccio embrionaria al posto de-stinato alla gamba in un animale in formazione non si sviluppa come braccio, ma come gamba denotando la presenza di un campo organizzatore che impone alla materia una sua programmazione ". Esattamente la stessa descrizione che da millenni i medici cinesi, indiani, giapponesi, i biologi tantrici e gli antichi egiziani facevano dell'organismo pranico. Ora queste descrizioni sono state confermate da una realtà sperimentabile a piacere, A proposito delle guarigioni psichiche di cui abbiamo parlato precedentemente gli scienziati sovietici dell'equipe di Alma Ata hanno dichiarato: ''Interventi psichici realizzati nei delicati tessuti bioplasmici eliminano il male fisico perché giustamente il supporto patologico situato nel corpo della materia sottile è eliminato". Per quanto riguarda il materiale di cui è formato il corpo bioplasmico gli scienziati hanno dichiarato che non si tratta di energia elettrica, ma di una forma di materia ancora sconosciuta alla fisica occidentale, "che attende di essere debitamente classificata". Gli scienziati sovietici hanno altresì dichiarato che tale sostanza, che si rende visibile come una sorta di bioluminescenza, dimostra di poter creare dei campi magnetici e di essere sensibile alla situazione psicologica del soggetto, cosicché stati d'ira, stati di gioia, di paura influiscono immediatamente sul corpo bioplasmico e questo sul materiale cellulare, proprio come la medicina orientale ha sempre dichiarato. Il celebre psicologo Jung aveva studiato a lungo le malattìe e le guarigioni psicosomatiche. Egli aveva notato come una per-sona malata di una malattia immaginaria possa avere gli stessi dolori e le stesse sensazioni di una persona veramente malata di quel male. Aveva notato poi come una persona affetta da malattia immaginaria potesse ad un certo punto realizzare e mate-rializzare la malattia che finiva per diventare vera e concreta. Evidentemente ciò accade attraverso le stesse vie per le quali uno spavento fa diventare i capelli bianchi. Non esistono nervi speciali per far imbiancare i capelli a chi si spaventa. Così come non esistono nervi speciali per far venire il cancro dove un malato immaginario se l'è immaginato.

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Jung diceva: "sarebbe assai vantaggioso per la scienza am-mettere che l'essere vivente oltre a possedere un organismo -fi-sico, possiede anche un organismo "sottile" il quale ba il com-pito di allacciare la psiche col corpo fisiologico. Quando un uo-mo soffre veri dolori per una malattia che a livello fisico non esiste, è perché tale malattia psichica si concretizza dapprima nella sede sottile. Questa "sede sottile" di Jung sarebbe stato il vero luogo di ricezione delle sensazioni. Senonch é ai tempi di Jung la scienza occidentale non aveva la minima prova per poter presupporre la realtà di un "corpo sottile", ossia di una struttura fìssa, sede della sensibilità, dalla quale la materia entra ed esce. Oggi invece non è più così e questo per due semplicissimi motivi: 1) Perché la struttura organica è stata fotografata, misurata, pesata, sia degli scienziati sovietici, sia in altre parti della terra. 2) Perché l'agopuntura cinese è venuta a far parte della nostra medicina ufficiale e i suoi risultati sono sempre mag-giormente confermati. L'agopuntura è basata esclusivamente, non su modificazioni apportate al materiale cellulare dell'organismo, ma su modifiche apportate direttamente alla struttura organica, ai fluidi in essa scorrenti, come abbiamo già mostrato. Questa struttura organica che Jung chiamava "corpo sottile" non è poi tanto sottile come egli si immaginava. Ha un peso, si può rilevare fisicamente in tanti modi, è fotografarle con accorgimenti tecnici che per essere praticati necessitano di un'attrezzatura completa. Nonostante la scoperta della struttura bioplasmica sia stata fatta sperimentalmente fin dal 1968, abbiamo notato che in nessun libro di medicina se ne parla, in nessun libro di biolo-gia se ne parla e tanto meno nelle scuole è stata data comunicazione della scoperta, mentre in USA, in URSS e in tanti altri paesi scienziati eminenti sono al lavoro per aumentare le conoscenze su questa entità organica e psìchica ad un tempo che ha il compito di allacciare psiche e materia cellulare. La cosa riguarda da vicino biologici, psicologi, medici, parapsicologi. Ma sono ben pochi sia i medici che gli psicologi che i biologi che i parapsicologi, purtroppo, che sanno ed utilizzano questa scoperta. Poco tempo fa in un dibattito televisivo sulle medicine orientali ho sentito colle mìe orecchie medici che sì domandavano se è veramente possibile curare "con la filosofia", poiché mancavano delle minime nozioni sulla struttura bio-plasmica che è la sede d'azione della medicina orientale. E il bello è che se tale struttura è stata finalmente fotografata lo si deve proprio agli studi che sono stati fatti per primi da valenti medici. Ecco un regalo ancora dei tanti che la frammentazione delle discipline purtroppo ci dà. Le fotografie scattate sono appunto di vari organismi viventi fotografati opportunamente, che presentano il materiale cellulare disposto sulla struttura organica che risulta come un alone luminoso sovrapposto ad esso. La fotografia della struttura organica ha rivelato che essa è soggetta a mutamenti nel colore, nell'intensità, nella direzione del metabolismo a seconda dello stato di salute psicosomatico della persona o dell'organismo. Essa è ciò che permette di trasmettere a livello fisico ciò che accade nella psiche e viceversa. Rispetto all'organismo fisiologico, rappresenta la forma costante rivestita di materiale cellulare variabilissimo. Tutto questo è stato concluso dagli scienziati sovietici per-fettamente d'accordo colla medicina orientale. Essi hanno fatto un esperimento di capitale importanza per le sue implicazioni nel campo evolutivo. Hanno invertito, con un intervento chirurgico, la posizione delle gambe di una salamandra inserendo le zampe anteriori al posto delle zampe posteriori e viceversa. II risultato è stato che le zampe anteriori inserite al posto delle zampe posteriori si sono trasformate in zampe posteriori, modificando totalmente la struttura fisiologica; lo stesso è successo alle gambe posteriori che si sono trasfor-mate in gambe anteriori. Questo esperimento ed altri analoghi confermano che: esiste negli organismi viventi una struttura organica che si inca-rica di mantenere la loro forma costante intervenendo quando avvengono lesioni traumatiche nell'organismo. Infatti la struttura organica è stata anche misurata mediante strumenti dagli stessi scienziati sovietici. Essi hanno provato a misurare con strumenti rivelatori di campì magnetici ciò che sì svolgeva nella parte corrispondente alla coda amputata di

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una salamandra o di una lucertola. Come si sa questo genere di animali è in grado di rigenerare le parti mancanti, fino ad un certo punto. Hanno potuto constatare che dalla parte mancante del corpo di una lucertola permane un campo magnetico della forma e dimensioni della coda che ricrescerà, della zampa che ricrescerà e così via. Dunque mentre l'asportazione di una parte della salamandra o di una lucertola o di un qualunque corpo vivente organizzato comporta la distruzione, almeno momentanea della parte staccata, non comporta la minima distruzione della corrispon-dente parte bioplasmica. Questi esperimenti hanno finalmente reso possibile dare una spiegazione scientifica di quel notissimo fenomeno popolarmente noto come "l'arto fantasma". Quando vengono amputati gli arti, il soggetto mantiene tutta la sensibilità dell'arto mancante, lo sente muoversi, lo percepisce presente. La spiegazione ufficiale è stata che si trattava di una proiezione del cervello lungo i nervi. Ma questa spiega-zione, che già vacillava prima, è stata debellata quando alcuni pazienti che soffrivano dolori lancinanti all'arto mancante si sono fatti asportare tutti i nervi e il dolore persisteva. Chi ha dato una "spiegazione" di quel genere l'ha data senza nessunissima base sperimentale. Gli esperimenti hanno dimostrato che l'arto mancante è mancante a livello cellulare, ma a livello strutturale esso esìste ancora, per questo si ha la percezione del braccio e della gamba mancante come se fosse al suo posto. Via via che il tempo trascorre l'arto amputato è sentito sempre più vicino al moncherino fino ad essere percepito come se fosse attaccato. Infatti una delle caratteristiche dell'organismo pranico è l'elasticità, la capacità di contrarsi e di dilatarsi. Le nuove conoscenze acquisite dalla scienza ufficiale tramite l'apporto della medicina orientale e della psico-biofisica che, si sarà ben notato, sta facendo passi da gigante, permettono di gettare luce razionale su un gruppo di fenomeni della percezione che sono assai frequenti, soprattutto in certi settori spe-cializzati della psichiatrìa e che non trovano alcun'altra spie-gazione al di fuori del solito appello ad entità metafisiche, Noi non abbiamo nulla contro la metafisica, ma che si ricorra ad ipotesi animistiche o comunque metafisiche per spiegare tutto quello che non quadra nella fisica e nella medicina ufficiale ci sembra un abuso. Un certo gruppo di fenomeni sono dovuti alla scissione dell'organismo pranico dall'organismo fisiologico. L'organismo pranico non percepisce più attraverso i sensi ordinari, ma attraverso i corrispondenti organi pranici. Il caso più frequente che di sicuro la maggior parte dei lettori avrà visto coi suoi occhi se addirittura qualcuno non lo compie regolarmente è il caso del sonnambulismo. Il sonnambulo cammina completamente addormentato, cogli occhi chiusi dimostrando un senso dell'equilibrio superiore a quello che possiede normalmente. Nonostante gli occhi chiusi vede a perfezione tutti gli oggetti. Da dove proverebbe mai la possibilità di vedere senza occhi se non esistesse una seconda sensibilità, in realtà interamente con-nessa con quella normale? Concludiamo dicendo che la conoscenza dell'organismo pra-nico ci permette di dare la spiegazione razionale di un fenomeno stranoto alla parapsicologia, all'ipnotismo sperimentale e alle iniziazioni rituali e segrete di tutti i popoli primitivi non uno escluso: lo sdoppiamento. I casi volgarmente detti di sdoppia-mento sono citati da fonti autorevolissime e degne della mas-sima stima. Il soggetto può staccarsi dal suo corpo e può vederlo, può andare in un luogo lontano e descrivere ciò che vi si trova. Il dottor Ferrod, sindaco di Narbonne, aveva studiato questo fenomeno dello sdoppiamento su un soggetto capace di eseguirlo che si chiamava Alexis. Il soggetto "entrava" negli appartamenti dei vari dottori che partecipavano all'esperimento e descriveva l'ubicazione di oggetti appositamente disposti per la prova. Il prof. Grasset mandò una volta a Ferroul un plico sigillato in un modo particolare, con una busta di stagnola dentro la quale v'era un foglio con scritte delle cose. Il soggetto in un minuto e mezzo disse ciò che il plico conteneva e lesse il biglietto, perfettamente. Il caso accadde il 28-10-1897. Il rapporto ufficiale è in "Annali" di Scienza Psichiche 1896 P. 196; 1897 P. 326. Il medesimo fenomeno fu constatato da uno dei fondatori della psicoanalisi: Richet.

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Alla Duk University il Dott. Hart ha registrato ben 249 casi simili. I soggetti "visitavano" luoghi descrivendo perfettamente gli oggetti e le cose che si trovavano. Tutti, all'unanimità, hanno dichiarato che avevano la netta impressione di trovarsi in qualcosa di leggero ma assolutamente della forma del corpo. (E. S. P. Congresso di Utrecht Rap. n. 1). Modernamente l'esperimento è stato ripetuto da numerosi ricercatori di ipnosi e di parapsicologia. Se il soggetto sdoppiato, ossia il cui organismo pranico è scisso artificialmente dall'orga-nismo fisiologico, non potesse, per errore, più ritornare nel suo corpo se ne avrebbe la morte e purtroppo ciò è successo durante gli esperimenti di ipnosi. È comunque quello che succede rego-larmente quando si muore, come rivelano le prove sperimentali: l'organismo pranico non è più presente nel cadavere. Vi abbiamo presentato, senza trascurare mai la documentazione, le caratteristiche dell'organismo pranico o struttura bio-plasmica dell'individuo vivente, sede della sensibilità psichica, attore di numerosi fenomeni parapsicologici. Abbiamo presentato in base a studi moderni uno conoscenza assai antica dell'umanità. Gli antichi di molte civiltà percepivano la struttura organica senza la camera Kirlian fabbricata in Urss dall'omonimo Kirlian. La percepivano attraverso una dura pratica psicofisica direttamente. Perciò se ne trova nozione in molti popoli antichi, nozione che di recente la tecnologia moderna ha rivelato esatta. In atmavidya tale struttura si chiama Ray. L'agopuntura la chiama P'u. I greci la chiamavano Enormon. Gli egiziani la chiamavano Ka. I giapponesi la chiamano "il corpo dei 12.000 Keiraku (le nadis)". Nello Yoga si insegnano i metodi per venirne a conoscenza diretta, come facevano gli antichi. Ora permetteteci di fare qualche critica, dolorosa ma pur-troppo necessaria a certi atteggiamenti della nostra cultura. Non vi stiamo a descrivere i salti mortali fatti da alcuni filosofi occidentali per spiegare come possa la volontà determinare degli effetti concreti sulla materia. A parte quelli per cui non esiste il movimento e che non hanno bisogno di spiegarsi la cosa, per certi altri invece non esìste la volontà. Tutto si muove automaticamente e noi crediamo soltanto di volere. Per Malebranche invece ciò che si incarica di concretizzare in un movimento materiale un atto di volontà era Dio in persona. O non esiste il moto, o non esiste la volontà o interviene Dio. Queste sono le tre ipotesi, e non solo in questo campo, della filosofia occidentale. Non è forse vero signori storici della filosofia occidentale che scrivete regolarmente che la filosofia orientale non è la "vera filosofia?" La vera filosofia è solo quella occidentale, c'è scritto in tutti i testi! Caspita che filosofia pro-fonda. A pochi filosofi è venuto in mente che potesse esistere una parte della materia che è soggetta alla volontà direttamente. O non esiste volontà, o non esiste movimento o interviene Dio. Questo sì che vuol dire ragionare! Filosofi a parte (non tutti i filosofi sono come quelli citati per fortuna) un motivo che ha rallentato e che tuttora rallenta la diffusione delle acquisizioni scientifiche è la divisione della scienza, già diverse volte esecrata. In tutte le università di medicina orientali si insegna accu-ratamente come è fatto l'organismo pranico e come attraverso di esso si cura la gente. Mentre in Cina, in India, in Giappone si studia la medicina occidentale, da noi quasi mai si studia la medicina orientale e quelli che la studiano lo fanno per proprio conto e per propria iniziativa. Questo è l'effetto negativo della divisione delle scienze. Non si sospetta nemmeno che nell'ago-puntura cinese ci sono nozioni che interesserebbero strettamente U biologo, il parapsicologo e anche il fisico. Viene considerata una cosa che tutt'al più può interessare qualche medico alla ricerca di sistemi non ortodossi. Tutto questo rallenta non poco la ricerca scientifica. Lo psi-cologo Jung era arrivato al suo "corpo sottile" per una via indipendente da quella seguita dallo scienziato sovietico Kirlian. Diversi biologi l'hanno presupposto indipendentemente dagli studi testé nominati e i parapsicologi c'erano arrivati o ci sarebbero arrivati per loro conto. La stessa cosa vale per i medici che hanno iniziato a presupporne l'esistenza quando hanno visto che la sensazione dell'arto mancante permane nonostante i nervi vengano asportati. Un altro motivo infine che ha rallentato non poco la ricerca scientifica in questo settore è stata l'opera frenante degli "scettici" che non servono a nulla, ma si intrufolano ovunque. Per definizione

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lo scetticismo può solo rallentare il riconoscimento dì una nozione scientifica, ma non può assolutamente aumentare le nozioni scientifiche. Un medico ha detto: "Lo scettico rifiutando di considerare gli argomenti altrui, si ritiene un superuomo e per tanto ha sempre torto ". E di fatto le scoperte della biofisica sovietica hanno dato torto a coloro che fino a qualche anno fa erano tanto "scettici" sull'esistenza della struttura bioplasmica. Ignoranza e scetticismo vanno sempre a braccetto. Abbiamo consta-tato che effettivamente la maggior parte degli "scettici" ignora del tutto gli argomenti a sostegno della tesi sulla quale sono scettici. I sonnambuli vedono ad occhi chiusi, la parapsicologia at-testa i fenomeni di sdoppiamento e le percezioni extrasensoriali, la medicina attesta che l'arto mancante permane a livello di percezione nonostante che i nervi siano asportati, tutti gli altri fenomeni citati non possono essere spiegati al di fuori dell'organismo pranico, ma gli scettici ignorano la medicina orientale, la parapsicologia e tutto il resto. Prendiamo per esempio la medicina. Fino a qualche tempo fa l'agopuntura, abbiamo detto, veniva scambiata per qualcosa di mistico e di magico, oggi si sa bene che di mistico non c'è nulla e che dare una giustificazione mistica all'agopuntura era in effetti lo sforzo di giustificare dei risultati constatati da parte di medici che non sapevano nemmeno dell'esistenza del corpo bioplasmico, principio fondamentale della medicina cinese ed orientale. Se essi avessero conosciuto la teoria del corpo bioplasmico, oggi divenuta certezza grazie ai sovietici, sarebbe stato facile per loro sapere mediante cosa agisce l'agopuntura, ma siccome non sapevano, allora accusavano i cinesi di "misticismo" se non addirittura di superstizione. Ecco ad esempio cosa dicono due eminenti storici della me-dicina a proposito dell'agopuntura cinese: A proposito dell'energia pranica: "Un'identificazione di que-sto impalpabile quid con qualche entità organica ci sembra im-possibile ed assurda: la sua natura magica è evidente" A proposito dell'organismo pranico; "Anche tra i meridiani cinesi e i canali "mistici" indiani può essere fatto un parallelo, essendo in ogni caso impossibile un'identificazione con organi anatomici reali". L’elaborazione operata in India delle dottrine ascetico-mi-nrt((Wittite dalla medicina vera e propria rivela chiaramente il suo carattere magico. In Cina invece ì dati misticofilosofici fondamentali sono stati rivestiti da un'apparente struttura scientifica...". I due grandissimi "storici" della medicina che hanno fatto queste affermazioni sono Fiorenzola e Parenti. Per quanto ri-guarda l'energia pranica consigliamo ai valenti storici di consultare gli Annali di Scienza Fisiche da noi citati quando abbiamo parlato dell'energia bioplasmica e dell'energia ectenica. Così potranno rendersi conto di quanto fossero mìstiche e magiche ener-gìe già note alla fisica e sperimentate strumentalmente da un sacco di tempo. Per quanto riguarda il corpo pranico, detto dai sovietici "corpo bioplasmico", consigliamo di guardare le fotografìe fatte nei laboratori di Alma Ata in URSS, così ci diranno come mai tali entità tanto mistiche, tanto filosofiche e tanto magiche si possano fotografare e si possano rilevare con opportuni strumenti. La loro opera "Medicina e Magia nell'antico Oriente" è piena di affermazioni di questo genere che sono il più lampante effetto dì ciò che capita ad affrontare le scienze orientali, sintetiche, con una cultura specialistica. Così non trovando nella medicina occidentale l'equivalente dei meridiani cinesi, gli scienziatoni in questione li hanno definiti "mistici", senza troppi complimenti. Tutte le definizioni errate dovute all'ignoranza delle basi fondamentali di quella medicina che siffatti teorici credevano di poter giudi-care dall'alto, ha avuto il solo effetto di ritardare l'avanzata scientifica e l'entrata della medicina orientale nei nostri paesi, con danno naturalmente e soprattutto dei malati. Ma non solo gli scettici ignorano i fatti, ma sovente fan finta di ignorarli. Dove maggiormente han perso la faccia è stata nell'opposizione che han fatto all'inizio della scienza parapsico-logica, Oggi in USA, in URSS, in Germania, in Inghilterra e in tutto il mondo la parapsicologia è riconosciuta neDe università quale scienza ufficiale. La parapsicologia ha avuto dei duri esordi a causa dello scetticismo che veniva da coloro che non avevano svolto un solo esperimento. Il volto attuale dell'oscurantismo medioevale è lo scetticismo, che nel negare l'evidenza di fenomeni attestati da studiosi seri, perché possono provocare un rovescio nelle proprie concezioni, ha sempre

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dimostrato una profonda vigliaccheria scientifica. A questo proposito vale la pena citare quanto è accaduto a Lakhowsky, celebre biofisico, allorché ha costruito un apparecchio detto "radiocelluloscillatore" col quale ha curato casi di esaurimento fisico, nervoso, ha ottenuto casi di ringiovanimento e persino guarigione in casi di cancro. Il radiocelluloscillatore funzionava sul principio che ogni organismo emette una vibrazione cellulare propria e personale e che la malattia proviene da un alterarsi di tale vibrazione in talune parti del corpo. Naturalmente non mancarono gli "scettici" a scagliarsi contro le novità scientìfiche con lo stesso spirito di quell'esaltato aristotelico medioevale che non volle mai guardare col binocolo di Galileo per non constatare che Aristotele aveva torto. Una volta dei pazienti di Lakhowsky riferirono che il loro medico personale aveva definito ciarlataneria la teoria di Lakhowsky e aveva loro consigliato di smettere le applicazioni con il radiocelluloscillatore, nonostante ne avessero avuto dei benefici. Quando Lakhowsky lo seppe ebbe un impeto di stizza. Non per la critica gratuita, ma perché quel medico che aveva sconsigliato l'apparecchio ai suoi pazienti, il giorno prima aveva pregato Lakhowsky per lettera di voler riparare il suo radiocelluloscillatore che si era guastato. Questi sono gli "scettici", ecco che cosa valgono, anche moralmente. "... e da uno conoscili tutti" (Virgilio). Lakhowsky ha annichilito gli scettici pubblicando tutto su uno dei suoi libri e noi perpetuiamo la memoria dell'avvenimento altamente educativo. Noi abbiamo visto come l'organismo pranico sia indistrutti-bile. Qual'è la sua destinazione dopo la morte fisiologica? L'arto mancante di cui noi abbiamo studiato sperimental-mente la fenomenologia si trova nelle condizioni di un intero organismo pranico dopo la morte. Queste cose le vedremo nei prossimi capitoli, per adesso citiamo un caso opposto a quelli descritti. Se un uomo imparasse esercitandosi a manovrare direttamente il suo organismo pranico potrebbe sdoppiarsi a volontà ma anche realizzare quanto ha realizzato il sig. Eugenio Garzon ambasciatore uruguaiano a Parigi. Bollettino dell'Agenzia Havas: 15 Gennaio 1940 Il caso patologico del prof. Eugenio Garzon appassiona i medici che lo hanno seguito, i prof. Sergent, Mario Saenz, Rodri-guez Ramons. — Il caso del prof. Eugenio Garzon è eccezionale — ha dichiarato uno di questi medici. In effetti sette giorni prima della sua morte l'odore che emanava da lui, il pullulare della flora microbica, l'aspetto organico avrebbero potuto far pensare che ci sì trovasse in presenza dì un cadavere. Il giorno della sua morte, 13 gennaio 1940, il sig. Eugenio Garzon presentava assolutamente l'aspetto di un cadavere seppellito da sette giorni. D'altra parte il legame esistente tra volontà di vivere e la vita era stato di un'estrema evidenza in Eugenio Garzon. Infatti essendo stato da più di dieci anni da un punto di vista clinico, condannato, egli aveva sempre affermato con volontà: "morrò solo quando vorrò" Cinque minuti prima della sua morte fisica Eugenio Garzon aveva detto alla governante: "ora muoio", Aveva 97 anni". È chiaro che il decesso era avvenuto dal punto di vista fisico sette giorni prima, da sette giorni egli muoveva quello che non era altro che il suo cadavere, come il telecineta muove un oggetto a distanza. Il cuore non era percettibile, il respiro nemmeno. Ma l'organismo pranico che il Sig. Eugenio Garzon sapeva controllare era perfettamente sano. Cosa succede all'organismo pranico dunque quando alla morte non è più in grado di padroneggiare l'organismo fisico? Ecco, abbiamo introdotto scientificamente lo studio della morte, come non è mai stato fatto in Occidente in nessuna opera. ________________________________________________________________________________

INTRODUZIONE ALLA SCIENZA DELLA MORTE ~ 44 ~

Della morte non sapeva nulla, ma temeva tutto. (Jack London) È necessario, prima di procedere allo studio dei fenomeni che accompagnano quel fenomeno psicobiologico che si chiama morte, liberarci dai fattori emozionali che rendono poco ogget-tiva l'analisi dei dati e in seguito fare una critica fredda e tagliente delle teorie sbagliate che sull'argomento sono state emes-se. Per quanto riguarda i fattori emozionali, non occorrerà molto per dimostrare che per la maggior parte gli uomini evitano di studiare la morte a causa della feticistica paura che hanno sull'argomento. Ecco per esempio la macabra visione della morte che un antico testo.ci dà: "Come dappertutto l'ombra combatte la luce, dappertutto la morte, potenza cosmogonica, è presente ed attiva, ma na-scosta ed invisibile. Regina degli spaventi, essa è avvertita anche dagli animali. Il cane al suo avvicinarsi emette lugubri lamenti. Nessun mortale l'ha mai vista, eppure essa è vicina. Nessuno si sente destinato a morire, ma quando l'ora è giunta sì deve soccombere. Vegliate su chi sta per addormentarsi. Mai, mai come ora la vostra amicizia gli è stata tanto necessaria. Il medico sentita la sua arte vinta lo abbandona. Il prete impartite le ultime benedizioni lo abbandona. Lo abbandonano il padre e la madre, i fratelli e gli amici. Eppure quando l'ultimo respiro è stato esa-lato, quando i suoi occhi sono stati chiusi per sempre, egli non è lontano. È prigioniero nel suo cadavare. Pieno delle sensa-zioni dell'esistenza soffre ora di più per dover abbandonare la sua effigie di quando vi si contorceva dentro dal dolore. Sente spezzati i legami corporei e non può trovarne degli altri. Si spaventa allora e rabbrividisce. Si slancia, ma ricade senza inizia-tiva in una nuova agonìa dì terrori. Prigioniero del suo cadavere, posseduto da luì, straziato dal suo annientamento e dalla yn-.i decomposizione. Nemmeno lo stato dei pazzi più incurabili d'i hi pallida idea delle sue postume sofferenze che possono durare secoli. Non vede che la notte, non ode che l'inaudibile, non misura che l'incommensurabile. Non ha altro pensiero che la vertigine della paura. La sua individualità cerca se stessa in quelle viscere disgregate. La sua persona oramai straniera a se stessa si insegue attraverso quel cervello spento e quel cuore inanimato, senza mai raggiungersi. Sospesa nel pozzo divoratore dell'abisso che l'assenza del sole gli ha riaperto, tremante, intontita vorrebbe gridare ma non ha polmoni che rispondano. Vorrebbe sbracciarsi dalla disperazione, ma non ha braccia. Vorrebbe piangere di desolazione, ma gli occhi le mancano. L'individualità resta vagabonda in preda al terrore, chiusa in quel cadavere decomposto come in una seconda tomba." La "regina degli spaventi", sempre sottintesa, raramente chiamata per nome, è tuttora, come un tempo, il cardine sul quale si fondano i rapporti umani. Il rispetto reciproco e il rispetto delle leggi sono basati sulla quantità di paura che la forza altrui riesce ad infondere e la morte è la "regina degli spaventi". Sono curiose le reazioni umane di fronte alla morte. I bigotti si inventano paradisi a buon mercato, ottenuti biascicando ipocrite preghiere, ipocrite poiché fondate esclusivamente sull'egoismo di una buona sorte nell'aldilà, come accade nella maggior parte dei casi, perché han paura del peggio a causa della loro cattiva coscienza. Sono pochi quelli che amano un Dio che non hanno mai visto. I più lo temono perché "non si sa mai". Talvolta il ricco, identificando nel suo inconscio una parte di sé nei suoi beni, studia a lungo a chi lasciare l'eredità. Così cerca inconsciamente di fabbricarsi una relativa immortalità assicurando la continuità dei suoi beni. Taluni si rifiutano addirittura di pensarci dalla paura che hanno. Proiettano i loro terrori sugli altri e dicono: "Se tu pensi a ciò che può esservi dopo la morte significa che hai paura di morire". E così rifugiandosi in una spavalda esibizione dì indifferenza cercano di convincere se stessi a rassegnarsi subito. Il ragionamento più frequente che fanno nella propria intimità è questo: "Dopo la morte probabilmente non c'è più nulla, ma se ci fosse qualcosa tanto meglio, però non ci si deve illudere". La paura della morte è una cosa viscerale, non è dovuta a ragionamenti ed astrazioni. Nessuno ha paura "dell'annullamento del suo io". Questo è un concetto inapplicabile, astratto come Io zero

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matematico che non corrisponde a nessuna realtà materiale. La paura non è di morire; ma di vivere la morte. È la paura di sentire annullate le proprie capacità fisiche, di sentirsi strappare brutalmente dalle cose conosciute ed amate verso l'ignoto denso di terrori bui. Il testo che abbiamo riportato è un lampante esempio di fantasie orride che di fatto la mente umana fa ed ha sempre fatto, sebbene non sempre, per timore di essere scambiati per pavidi, siano state espresse con quella angosciosa sincerità come le troviamo nel testo citato. Gli argomenti che noi abbiamo trattato fin qui ci hanno condotti a dover affrontare lo studio della morte dal punto di vista scientifico. Gli esperimenti riportati ci permetteranno di dare uno sguardo complessivo a quanto sulla morte è stato finora scientificamente accertato. Data l'importanza però della cosa, prima di passare ad uno studio scientifico sull'argomento, sarà bene dare uno sguardo alle concezioni tradizionali e a quelle filosofiche. La morte è sempre stata vista in quattro modi differenti: — Come un passaggio ad una vita eterna: Entelechia. — Come passaggio ad un'altra vita mortale: Metempsicosi. — Come "azzeramento" dell'individuo: Catalisi — Come sospensione della simbiosi psicosomatica: Palin-genesi. La prima di queste ipotesi è stata sostenuta soprattutto da gente umile sulla base esclusiva della fede popolare, nella speranza dì un intervento divino che faccia giustizia delle azioni umane, soprattutto dove questa giustizia non è stata attuata sui vivi. Il nome entelechia significa appunto completamento, compensazione ed allude al premio ed alla punizione con cui la divinità compenserebbe gli atti umani. La seconda di queste ipotesi occupa una posizione veramente assai strana nel quadro della cultura mondiale. Mentre la vediamo sostenuta quasi universalmente dai popoli primitivi ed è insita nel pensiero infantile anteriormente all'istruzione rice-vuta dagli adulti, la vediamo anche sostenuta a spada tratta dai più grandi pensatori dell'umanità, sia atei che religiosi, sia orientali che occidentali, sìa moderni che antichi. A parte l'urnanime consenso di tutte le religioni e filosofìe orientali, con un seguito dì oltre un miliardo dì persone, la me-tempsicosi è stata sostenuta da quasi tutta la filosofia antica oc-cidentale, Nel medioevo la sostennero ancora S. Bonaventura, Origene, in parte anche S. Agostino. Tra gli eretici la sostennero Giordano Bruno e Tommaso Campanella. Non fu questo, ma altri Ì motivi per cui furono considerati eretici. In epoca moderna, il maggior rappresentante del razionalismo, Leibnitz e il maggior rappresentante della corrente opposta, l'empirismo, Hume sostennero questa teoria. Hume diceva che la dottrina della metempsicosi è la più razionale delle teorie sulla morte che siano state emesse. Il movimento che sintetizzò l'empirismo e il razionalismo, l'idealismo, sostenne la metempsi-cosi nella maggior parte dei suoi rappresentanti. La filosofia di Kant ha con essa numerosi punti di contatto, e cosi la filosofia di Schelling. Fichte la sostenne molto duramente e con Fichte anche Hegel, il fondatore della dialettica. Abbiamo nominato solo una piccolissima parte di coloro che l'hanno sostenuta tra Ì grandi pensatori occidentali. Cartesio, sebbene non si sia occupato del problema ha lasciato nelle sue opere, considerate il fondamento della scienza moderna, tutte le premesse per dedurre la metempsicosi, Tra gli uomini politici di maggior rilievo sostennero la me-tempsicosi il nostro Mazzini, fondatore del partito repubblicano oltre che i famosi sociologi indiani Aurobindo Sri, Krishnamurti e l'immancabile Gandhi. Le altre correnti politiche non si sono interessate al problema. La terza dottrina della catalisi o dissoluzione non trova ri-scontro nelle tradizioni popolari di nessun posto e di nessuna epoca. Essa è stata introdotta dall'alto per reagire contro le religioni popolari che sostenevano l'entelechia, allo scopo di appoggiare la diffusione di idee politiche ostacolate dalla presenza delle religioni. Resta la quarta ipotesi della palingenesi, che è l'unica soste-nula a livello scientifico, sia in Oriente che in Occidente. È estra-nea ad ogni tradizione religiosa, sebbene non escluda una visione religiosa del mondo.

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I principali scienziati occidentali che sì sono occupati della morte dal punto dì vista evoluzionistico sono stati Flammarion, Huxley, Lakhowsky. Flammarion è stato un celeberrimo astro-nomo, uno dei pionieri dell'evoluzione uno dei pruni parapsico-logi, nonché anche uno scrittore. Huxley è considerato come il più grande interprete dell'evoluzione, biologo di sommo valore, studioso di scienze orientali e sociologo. Lakhowsky è stato uno dei primissimi a dimostrare l'origine della vita per fotosintesi, biofisico e fisico relativista è stato anche un medico di eccezione ed ha fatto scoperte importanti sulle vibrazioni cellulari soma-tiche e cerebrali degli organismi viventi. Tutti e tre questi scienziati si sono occupati del problema della morte e si sono trovati d'accordo con la palingenesi. Anche l'atmavidya è d'accordo colla palingenesi e nei prossimi due capitoli noi esporremo i fonda-menti di questa teoria scientifica. Come abbiamo già detto la palingenesi, sebbene non escluda una più ampia visione religiosa non è legata a nessun concetto religioso. La sostengono i buddhisti e i giainisti che negano espressamente l'anima e Dio. La sostennero per primi i mate-rialisti orientali. Per ciò che riguarda la morte anche il materialismo orientale sostiene che con il disfarsi degli elementi fisici che compongono una personalità, un'individualità, si disfa anche l'entità mentale in questione. Solo che gli elementi fisici che compongono la personalità sono, oltre al corpo fisiologico, anche la struttura bioplasmica, il campo organizzatore. Siccome la durata di una struttura bioplasmica è più lunga della durata di un corpo fisico, ne consegue che la struttura bioplasmica £a a tempo a vedere diversi corpi fisiologici. Del resto il suo compito nel quadro delle legge biologiche è quello di coordinare lo sviluppo del materiale cellulare e quindi la struttura deve necessariamente essergli pre-cedente. Che sopravviva alla morte fisica poi è stradimostrato dalle antichissime osservazioni, rifatte in tempi moderni, dei fenomeni di sdoppiamento, della sensibilità sonnambolica e di tutte quelle manifestazioni che ne attestano la vitalità indipen-dentemente dal funzionamento degli organi fisiologici. Palingenesi significa "rigenerazione", ossia lo stesso campo organizzatore che ha coordinato lo sviluppo e la riproduzione di un organismo cellulare serve alla specie per organizzarne altri. Questi campi organizzatori sono a diversi livelli individualizzati e sono la sede fisica degli "io" umani ed animali. Come sì vede la palingenesi è una teoria che non poggia su nessun dato reli-gioso. In Occidente è stata sostenuta da Schopenhauer che era addirittura antireligioso e da Goethe, nonché diversi altri pen-satori, soprattutto scientifici, come già abbiamo detto. Noi nei prossimi due capitoli esporremo abbastanza estesamente la teoria della palingenesi. Ma prima diamo uno sguardo critico alle altre tre tradizionali dottrine che al 9996 han for-mato la storia della filosofia dell'umanità. La dottrina della morte come un passaggio ad una vita eterna è stata sostenuta soprattutto da S. Tomaso che ha ragionato in questo modo: Tutti gli esseri umani indistintamente tendono alla felicità. Qualunque azione compiano la compiono perché dà loro più sod-disfazione il compierla che il non compierla. Anche il martire che muore per un'idea, muore perché la sua coscienza si sente più soddisfatta così che diversamente. Ora, a meno che Dio non avesse voluto far del male alle sue creature per la sola soddisfa-zione di far loro del male, nel qual caso avrebbe creato un mondo diverso da quello che c'è, significa che il bene e la felicità cia-scuno la deve ottenere mediante delle azioni. Infatti anche nel caso che Dio avesse voluto dare soltanto del bene alle sue creature avrebbe fatto un mondo diverso da quello che c'è. Quindi a seconda delle azioni Dio concede il bene o il male agli esseri umani, che dotati di raziocinio possono scegliere il loro comportamento. Tutti gli esseri tendono alla perfezione e ciò che non hanno potuto raggiungere in vita quale premio delle loro azioni verrà concesso da Dio nell'aldilà. Questa dottrina è esclusivamente religiosa perché si basa sui dogmi che esiste Dio e che esistendo si occupi delle vicende umane, che esiste l'anima e che possa continuare ad essere raziocinante dopo la morte (si noti che basta un trauma fisico per far perdere il raziocinio e che basta un'ingestione dì sostanze adeguate per far crollare ogni freno inibitorio). ,

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Anche dal punto di vista religioso questa dottrina ha subito critiche asprissime. Innanzi tutto essa non spiega perché Dio faccia gli esseri diseguali tra di loro. Certi intelligenti, certi meno intelligenti, alcuni addirittura idioti. Certi hanno tendenze, certi altri altre tendenze, Se tutti fossero uguali alla nascita, allora sarebbe un conto, ma siccome certi partono troppo avvantaggiati e certi altri troppo svantaggiati, non si spiega che razza di giustizia divina sia mai questa. Un bimbo nasce nell'ambiente più malfamato, soggetto alle più cattive influenze. Un'altro nasce nell'ambiente migliore colla più adeguata educazione. È chiaro che il primo avrà ben più sforzi e ben più rischi da correre. Sup-poniamo che all'epoca dei "primi peccati" il primo muoia. Andrà all'inferno per tutta l'eternità. È giusto tutto questo? Stando a quanto è stato detto e scritto, se un bimbo muore prima del battesimo non avrà mai il paradiso. Non parliamo poi degli animali che non essendo raziocinanti non hanno né premio né punizione di ciò che fanno. Però anch'essi soffrono e gioiscono. Dunque quelli che soffrono avranno la loro sofferenza gratuitamente quale gentile dono del Creatore. S. Tomaso è stato uno dei più grandi geni della filosofia, però la cultura medioevale che gli faceva da base non ha potuto fargli evitare le contraddizioni in cui è caduto. Infatti il punto debole del ragionamento di S. Tomaso non sta nella logica, ma piuttosto nei dati scientifici coi quali lavorava. Se nel Medioevo fosse stata conosciuta l'esistenza della struttura bioplasmica, anche le deduzioni di S. Tomaso sarebbero state diverse come sarebbero state diverse le deduzioni di Aristotele se avesse avuto il telescopio. Gli antichi greci cono-scevano l'esistenza della struttura bioplasmica e la conoscevano anche i primi cristiani che la chiamavano con vari nomi: corpo del desiderio, corpo glorioso e così via; è superfluo spiegare il perché di questi nomi. Poi nel medioevo colla barbarie e l'oscurantismo si sono perse molte nozioni che sono state pian piano ricostruite e la ricostruzione dura tuttora perché come ben si vede non è ancora completa. Nel medioevo si è arrivati persino a sostenere che Dio manda all'inferno i bimbi morti prima del battesimo. Se questo fosse vero si sarebbe dovuto dedurre che Dio odia i bambini di un odio diabolico! Infatti egli sapeva a priori elfi sarebbe morto senza battesimo. Perché mai avrebbe dovuto crearli? Per regalare loro tante sofferenze gratuite? Evidentemente quei teologi che hanno potuto sostenere simili interpretazioni della volontà divina hanno proiettato sulla loro immagine divina quanto di peggiore e putrido c'era dentro di loro. Dio ci guardi da simili sedicenti teologi. Per trovare delle giustificazioni alla presenza del male nel mondo, sono stati fatti letteralmente i salti mortali da parte dei filosofi. S. Paolo diceva che il vasaio fa dei suoi vasi ciò che vuole. Ma i vasi non sono esseri sensibili. Se un vasaio facesse dei suoi figli ciò che vuole allo stesso modo dei vasi, verrebbe immediatamente giudicato un criminale. Il filosofo Leibnitz ha detto che Dio ha creato il migliore universo possibile. Se avesse voluto creare un universo diverso lo avrebbe dovuto creare peggiore. Quindi se avesse dovuto evitare quella che ci sembra la peggiore delle ingiustizie, avrebbe dovuto creare un universo peggiore, poiché diverso. La risposta gli viene da Buddha due millenni prima: "Se Dio non ha voluto evitare il male, è un criminale; se non ha potuto evitarlo, allora non è Dio". La critica più feroce contro la dottrina dell'entelechia è stata fatta dal terribile pensatore Arthur Schopenhauer: "Dio vede il presente, il passato e il futuro. Crea le anime sapendo che peccheranno e le crea lo stesso. Poi soffre per i loro peccati, Bisogna concludere che Dio è un masochista"'. In breve, la dottrina dell'entelechia, scientificamente nulla, non soddisfa nemmeno dal punto di vista religioso. Veniamo ora alla seconda dottrina che è stata scelta da molti religiosi per ovviare le contraddizioni che offre il concetto dì entelechia e che, nello stesso tempo, si ritrova in tantissime filosofie completamente atee, anche in Occidente. La dottrina della metempsicosi si fonda sul reciproco rapporto del fisico col metafisico. Accanto ad un'entità fisica, il corpo, esiste un'entità metafisica, l'anima. Mentre il corpo è fatto dì miriadi di particelle variabilissime, l'anima è invece quella cosa che le unifica in un'unico essere

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sensibile. Quindi mentre il corpo può disgregarsi nei suoi componenti elementari, l'anima no, perché è unitaria. Se l'anima fosse composta da più parti, allora dovremmo domandarci quale di queste parti si sente vivere. In questi termini è stata esposta la metempsicosi da Platone: l'anima indistruttibile perché non composta, vive sempre al presente, per le stesse vie con cui è venuta a fare parte di un corpo verr à a far parte di altri corpi, finché dureranno le cause che l'hanno spinta già ad incarnarsi una volta. Dopo Platone, negli stessi termini, la metempsicosi è stata sostenuta da vari platonici cristiani, con l'aggiunta di un Dio verso cui tutta la metempsicosi tenderebbe, quale fine ultimo dell'avventura terrena. S. Bonaventura sosteneva che la creazione tende a ricon-giungersi al Dio da cui è partita. Infatti se prima della creazione non esisteva nulla fuorché Dio, evidentemente la creazione stessa è una parte di Dio e quindi è assurdo pensare che possa perdersi per la strada una parte di Dio. Dunque il peccato o gli sbagli possono ritardare "l'itinerario della mente a Dio", ma non arrestarla. Ammesso il dogma dell'esistenza di Dio, per fede, non esiste altra soluzione al problema della morte che quella di S. Bonaventura, a meno di non cadere nelle mille e una contraddizione che hanno caratterizzato la dottrina esposta precedentemente dell'entelechia. I sostenitori della metempsicosi fanno rilevare che questa è l'unica dottrina che riesca a conciliare l'etica colla scienza. Oltre a S. Bonaventura quasi tutto il cristianesimo primitivo sostenne la dottrina della metempsicosi. Il fondatore del movi-mento cristiano, Cristo stesso, parlava della metempsicosi come di una cosa scontata. Ecco cosa disse personalmente Cristo sulla morte: "Quando lo spirito immondo è uscito dall'uomo, va errando in luoghi aridi in cerca di riposo. Non trovandone, dice: Che faccio? Io me ne ritorno nella mia dimora, da dove sono uscito. Tornatovi la ritrova linda e pulita". (Luca 11-24). Questa era dunque l'opinione di Cristo su cosa accade all'individuo vivente quando è fuori dalla simbiosi colla specie, ossia quando è fuori dalla "sua dimora": "se ne ritorna alla dimora da dove è uscito", ossia se ne torna in seno alla specie, in una nuova simbiosi e perciò lasciando un corpo vecchio, ferito o malato e prendendo nuova personalità in un nuovo corpo, Cristo dice che troverà la sua dimora "linda e pulita". Un altro punto in cui il cristianesimo coincide coll'induismo è quando dice che quanto descritto accade solo allo "spirito immondo", ossia alla psiche che non si è ancora liberata dalla sua individualità e perciò è costretta da tutte le leggi biologiche e naturali, ivi compresa anche l'evoluzione palingenetica e quella ambientale. Il famoso dogma della "resurrezione della carne" dovrebbe essere interpretato in questo senso, non nel senso che al Giudizio Universale risorgeranno i corpi, perché il proprio corpo è in perenne mutamento e le particelle che lo componevano quando si avevano dieci anni non sono le stesse che lo com-pongono a ottanta. Vere o false che siano tutte queste cose, solo lo sviluppo futuro della scienza potrà del tutto confermarle o smentirle. Per il momento la nostra analisi ci permette dì segnalare un'altra affinità tra il cristianesimo, l'induismo e il buddhismo. Lo scopo della pratica cristiana era ritenuto il liberarsi dal dualismo nascita-morte (l'inferno), raggiungere la disgregazione dell'individualità e abitare "in cielo", ossia perdere h limita-zione della psiche personale nell'impersonale che ha per corrispondente fisico null'altro che il vuoto. Come si vede l'aderenza del cristianesimo coll'induismo e, in questo punto soprattutto, col buddhismo è completa. L'unica differenza è che mentre l'induismo parla in termini filosofici e dice l'io individuale, il buddhismo parla in termini scientifici e dice "la psiche personale" oppure il "sé relativo", il cristianesimo invece diceva "lo spirito" perché parlava in termini religiosi. Cristo aveva detto ai suoi discepoli: "a voi parlerò chiaramente, ma ad essi (il popolo) convien che si parli per parabole". E cosi infatti fece. Da quel momento l'insegnamento esoterico ed exoterico del cristianesimo si andarono sempre di più scindendo. Se a livello teologico la questione rimase aperta, a livello popolare, sia nel mondo cristiano, sia nel mondo islamico, pre-

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valse la dottrina della morte come passaggio ad uno stato definitivo. La mentalità statica del medioevo non poteva decidere che così. Un'epoca buia e senza cultura, superstiziosa e dall'oscurantismo sanguinario che accendeva roghi ovunque, non poteva che lasciar prevalere una dottrina che non spiega per esempio per-ché il Creatore non si preoccupi dei bambini che muoiono senza battesimo, nonostante Cristo stesso avesse sostenuto ben altre dottrine sulla morte. Naturalmente queste sono colpe non certamente della reli-gione, ma dell'oscurantismo statico che impediva di vedere il progresso in tutte le costruzioni della natura. Nel mondo islamico si abolì addirittura il concetto di merito e si passò a quello di predestinazione. Invece quando in epoca moderna, dopo la Rivoluzione Francese, fu data libertà agli studiosi e il principio dimenticato dell'evoluzione si fece strada, il popolo iniziò ad avere forti dubbi sulla funzione creatrice della divinità. La promessa scientifica dì realizzare la vita in laboratorio aveva escluso la divinità dalla creazione delle specie, la dimostrazione dell'orìgine dell'uomo da specie animali, l'aveva esclusa dalla creazione dell'uomo razionale. La materia inerte, che per evoluzione dà origine alla vita e all'uomo, poteva essere anche increata. Dio diventava un puro atto di iede senza funzioni nel quadro delle leggi universali. Non mancarono studiosi come Teillhard de Chardin che si diedero a conciliare le teorie religiose con la scienza. Secondo quest'ultimo Dio dà origine alla materia e la materia dà origine alla vita. Le entità viventi man mano che il tempo passa sì evolvono e raggruppano una quantità sempre più complessa di materia. Tutto tende a tornare all'Uno da cui proviene. Siccome Dìo ha creato il mondo colla sua volontà ne consegue che se un solo essere si perdesse, si perderebbe la volontà stessa di Dio. Quindi, non potendo questo essere, ne consegue che "non sì muore che in parte". Le azioni sbagliate ritardano a scapito dell'individuo la sua riunione con Dio. Si ritorna dunque al concetto di S, Bonaventura, che è tipicamente induista. Dopo i lavori di Teillhard de Chardin nacque un vasto movimento di religiosi che si proponeva di conciliare i dati della scienza con la scoperta dell'evoluzione e gli insegnamenti religiosi. La metempsicosi, per cui un'anima si evolve tramite le sue stesse esperienze, sembr ò essere il punto d'incontro tra la scienza fisica e le tradizioni morali di origine religiosa, non solo cri-stiane, ma dì tutto il mondo. Non possiamo esporre tutti gli argomenti con cui la metem-psicosi è stata sostenuta dai razionalisti, dagli empiristi e dagli idealisti. Essa si fonda su un dualismo metafisico/fisico. Le proprietà dell'intelligenza, della sensibilità, della volontà, ecc. sono attribuite al metafìsico, mentre le qualità di peso, massa, velocità, movimento, volume sono attribuite al fisico. Mentre il fisico si può provare e sperimentare, il metafisico sfugge all'esperimento e quindi una dottrina che ammetta il me-tafisico non sarà mai verificabile. D'altro canto se il metafisico fosse soggetto ad essere sperimentato cesserebbe di essere trascendente e sarebbe fisico. La metempsicosi resta quindi una dottrina etica e la scienza non conosce etica. La finalità universale implicitamente ammessa da tutte le dottrine fondate sulla metem-psicosi si basa su una necessità etica dell'uomo, ma il fatto che l'uomo senta tale necessità non significa che essa esista veramente. Pertanto la metempsicosi è una dottrina che esula dal campo della scienza poiché la scienza deduce le leggi della na-tura dall'osservazione dei fenomeni ottenuta in laboratorio o sul luogo dove si svolgono, Veniamo dunque alla terza dottrina sulla morte: la catalisi o dissoluzione dell'individuo. Questa dottrina è stata esposta per la prima volta dal filosofo greco Democrito. Per Democrito il mondo era fatto di un ammasso di atomi in eterno, vorticoso moto. Tutte le cose che esistono sono rag-gruppamenti di atomi formatisi per caso. Per caso sono nati anche gli esseri viventi che si sono riprodotti. La loro morte consiste nella disgregazione degli atomi che componevano i loro organismi. Perciò la loro individualità prodotto, come tutte le cose dell'universo, di tali atomi si disgregava col disgregarsi del corpo. Per quanto sia passato un paio di millenni e più dall'epoca di Democrito ad oggi, il determinismo non ha argomenti migliori per sostenere la medesima tesi. Democrito pensava che gli atomi non essendo sospesi a nulla cadessero nel vuoto infinito incessantemente. Gli atomi più pesanti superavano in velocità quelli più leggeri che restavano

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indietro. Questo sarebbe stato il motivo per cui abbiamo l'im-pressione che il fuoco salga in alto e il ferro affondi nell'acqua. Accanto al nostro universo Democrito vedeva infiniti altri universi in eterna discesa nello spazio e tra un universo e l'altro metteva gli dei. La teoria dì Democrito vacillò quando gli fu chiesto che mano abbia mosso il primo atomo visto che ogni moto tende per attrito ad estinguersi e quindi non può durare in eterno. Quando è stata scoperta la legge fisica che il moto perpetuo non può esistere e che tutto ciò che si muove è destinato a cessare di muoversi, la dottrina di Democrito ha taciuto per sempre. Oggi la scoperta della gravitazione universale impedisce di conservare accanto alle contraddizioni democritiche anche la poesia delle sue immagini cosmogoniche: gli infiniti universi in caduta sempiterna, gli dei che abitano gli iperspazi. Sono rimaste solo le contraddizioni. Il determinismo urta la scienza moderna e la fisica ufficiale che ha definito la vita "energia arbitraria" per la sua capacità di variare il movimento prederminato della materia con atti volitivi. Questo può accadere perché l'organismo vivente presenta la caratteristica della volontà che è assente nella materia inerte. Tramite la volontà l'organismo vivente genera degli effetti che non si sarebbero generati da sé nella concatenazione degli avveni-menti materiali. Per questo la vita è definita dalla fisica "energia arbitraria", perché la causa degli effetti materiali ottenuti dalla volontà non risale agli oggetti, ma all'energia di cui dispone la psiche per poter influire sulla materia. Mentre dunque la materia inerte si muove per cause iniziali, l'organismo vivente si muove per cause finali. Una roccia si stacca perché colpita dal fulmine. Il fulmine si è scagliato perché due nuvole si sono scontrate, le nuvole si sono incontrate perché il vento ha soffiato e il vento ha soffiato perché si era creato un vuoto d'aria che si era generato... In ogni caso nella materia inerte vediamo che ogni effetto è generato da una causa che lo ha pre-ceduto, che si era verificata prima nel tempo. Il cane va a man-giare per placare l'istinto della fame. Si accoppia per lenire il languore del sesso insoddisfatto, fugge per mettersi in salvo da un pericolo. In ogni caso un organismo vivente si muove per raggiungere un fine, che si sarà realizzato dopo nel tempo. Quindi la causa del moto dei viventi dal punto di vista materiale non esiste ancora. Il vivente sì muove per raggiungere uno scopo futuro e perché questo accada in lui deve esserci una psiche volitiva e contemporaneamente una psiche sensibile, dal mo-mento che tutto ciò che si vuole, lo si vuole per percepirlo. Fin qui la scienza oggettiva occidentale e il materialismo Samkhya sono pienamente d'accordo sulla stessa base di par-tenza. L'organismo vivente sì differenzia dall'oggetto inerte perché presenta una psiche sensibile che pertanto sceglie il comportamento volontariamente. Anche i più infimi tra gli esseri viventi, i microrganismi, presentano questa caratteristica della volontà che spezza di sua iniziativa il meccanicismo della materia inerte, trasformandola in materia vivente, che si muove ed agisce da sola, verso uno scopo. I microrganismi anzich é riprodursi si moltiplicano suddivi-dendosi a metà, continuamente. In questo assomigliano al cri-stallo che si spezza in due o più parti, mantenendo in ogni parte la forma originale. Ma tra il microorganismo e l'ameba, il virus o l'ultravirus c'è tutta la differenza che intercorre tra il mondo dei viventi e il mondo della materia ancora inerte. Il cristallo si spezza solo se urtato dall'esterno, il microorganismo invece lo fa da sé. In lìnea teorica una cellula potrebbe allargarsi a dismisura senza scindersi mai. Invece giunta ad una certa dimensione sì scinde e diviene due cellule. È questa serie di atti arbitrari che consentono di definirla vivente. Se essa si spezzasse meccanicamente per un intervento esteriore, allora non sarebbe affatto vivente. Non avrebbe nulla di vivo. Allo stesso modo se noi facessimo scendere lungo un per-corso accidentato una pallina di metallo, se lungo questo percorso accidentato mettessimo delle leve che sono collegate ad un oggetto mobile e che sollecitate producessero dei movimenti in tale oggetto, uno spettatore ignaro del meccanismo vedrebbe l'oggetto muoversi come di sua iniziativa e sarebbe tentato di considerarlo vivo, Se noi avessimo una macchina elettronica, questo è l'esempio di uno scienziato moderno, che fosse programmata per far uscire a casaccio dei numeri su uno schermo e invece, contrariamente ad

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ogni aspettativa, facesse uscire sempre uno stesso numero, noi concluderemmo che quella macchina è vivente, perché dimostrerebbe un'iniziativa personale contraria alla legge dell'inerzia. Osserviamo dunque un organismo vivente evoluto come l'uomo. Dal suo cervello partono degli impulsi elettrici che contraggono i nervi e producono il moto dei muscoli che sono governati meccanicamente e necessariamente dal cervello. Ma la volontà del soggetto dirige anche il lavoro del cervello. Se la volontà fosse prodotta dal lavoro stesso del cervello, allora essa non esisterebbe e sarebbe solo illusoria. Il più feroce dei criminali non avrebbe la minima responsabilità di ciò che ha fatto. Se ha voluto uccidere è perché il suo cervello si è mosso in un certo modo. Egli non avrebbe avuto nessuna possibilità di modificare tale lavorio del cervello essendo la sua volontà un prodotto e non la causa di questo lavorio. Abbiamo già visto tutti gli assurdi cui si va incontro nel ritenere la psiche un prodotto del cervello. A meno di non considerare la volontà inesistente dobbiamo ammettere che la volontà dirige il cervello che a sua volta dirige l'organismo. Se invece volessimo considerare la volontà inesistente, dovremmo ammettere che tutti gli atti del presente, del passato e dell'avvenire sono predeterminati dall'origine, che guarda caso, non ci sarebbe stata mai. Non si può dire che sia una teoria fatta di tutta coerenza quella dei deterministi. Dobbiamo quindi concludere che è la volontà che dirige il cervello. Ora la scoperta dell'energica bioplasmica ha confermato, come abbiamo visto, questa ipotesi. Volontariamente non possiamo minimamente suscitare degli impulsi elettrici. Come fa dunque la nostra volontà a generare o a determinare l'impulso elettrico che parte dal cervello per contrarre i nervi e i muscoli? Questo avviene tramite l'energia pranica o bioplasmica che soggetta alla volontà ha a sua volta un certo potere sulla materia. Quando un uomo esaurisce la sua energia pranica, muore, come abbiamo visto. Morire significa che la volontà del soggetto non è più in grado di manovrare il corpo, perché l'intermediario è sparito. La conclusione di questi ragionamenti, fin qui interamente comuni alla scienza occidentale ed alla scienza orientale, è che la volontà quando rimane priva del supporto organico che la manifesta non viene affatto distrutta, perché come abbiamo visto se la volontà avesse una causa non sarebbe volontà. Essa invece per le stesse vie, note o ignote, con cui è stata proiettata su un organismo, si proietterà su un altro organismo. Ed essendo la volontà una facoltà della psiche, ne consegue che questo accade alla psiche stessa, essendo impossibile concepire una volontà non riferita ad una psiche. E di fatto gli esperimenti condotti in sede psicobiofìsica hanno confermato a livello sperimentale l'esattezza di questi ragionamenti teorici. Uova di uccello fecondate da un solo giorno reagiscono fortemente quando si spezza un uovo fecondato della medesima specie in loro presenza (Naturalmente occorrono strumenti sensibilissimi per rivelare meccanicamente questo efletto). Questo esperimento dimostra che la psiche è già presente, con tutto il suo spirito di conservazione o volontà di vivere, quando ancora il cervello fisico non è formato. Dunque il cervello non è ciò che produce la psiche, ma ciò che fa da ponte tra essa e l'organismo. La psiche vìveva anche separata da esso. Perciò oggi sono finiti Ì tempi in cui Vogt diceva " II cervello è l'organo che secerne pensiero". Quindi se qualcuno vi dice che la volontà e le altre doti psichiche sono prodotto dell'attività cere-brale, non rispondetegli più come si faceva una volta: "tu, parli così perché vuoi esonerarti dalla responsabilità morale", ma ditegli: "tu parli così perché sei un ignorante". Altre difficoltà che caratterizzano il determinismo sono le seguenti: — Se anche esistesse un universo da sempre e da sempre fosse in moto (ammesso e non concesso), ogni movimento avreb-be dovuto trasmettersi da corpo a corpo dall'infinito passato ad oggi. Ne conseguirebbe che il presente non sarebbe ancora giunto, non potendo essere trascorsa tutta l'eternità. Invece si vìve solo in un eterno presente. — Nessun elemento materiale è sensibile, perciò i viventi non dovrebbero essere sensibili, non potendo manifestarsi in una combinazione ciò che è latente nei componenti, È difficile pensare che i deterministi non si siano accorti di tutte queste contraddizioni. Forse però se ne sono accorti, ma fingono il contrario. Noi abbiamo visto già a sufficienza argo-menti per cui la psiche non può essere dedotta dalla materia, questo è un ulteriore argomento che si aggiunge.

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Stando a questa teoria diffusa negli strati ignoranti dei sedicenti materialisti, l'evoluzione si sarebbe svolta così: prima c'era materia, poi ca-sualmente questa avrebbe dato origini a combinazioni che si avvicinano a quelle necessarie per sviluppare la vita, quindi sa-rebbero nati i primi organismi sensibili, che più tardi avrebbero sviluppato il raziocinio. Ma a questo punto questi soggetti raziocinanti avrebbero dovuto scoppiare in una fragorosa risata, perché senza quel primo soggetto sensibile nulla d'altro avrebbe mai potuto avere luogo. Non sarebbe esistita la prima psiche e le sue funzioni di spazio e di tempo che permettono alla materia di esistere. Il determinismo inoltre urta la cosmologia relativista che ha stabilito per l'universo una data (sebbene ancora incerta) di inizio nel tempo. Questa volta l'intelligenza deterministica ha superato vertici sublimi. Schopenhauer dice che ciò che si poteva tollerare nel fanciullo Democrito di tremila anni fa, oggi non è più tollera-bile dai moderni. Ma, evidentemente è tollerabile se essi, poveretti, sono affetti da un trimillenario infantilismo! Penso che non abbiano tutti i torti quelli che vogliono sostituire il latino nelle scuole inferiori, un po' dì fisica non guasterebbe a certuni. Naturalmente è inutile domandare se i deterministi sanno delle scoperte sovietiche della struttura bioplasmica, degli studi sullo sdoppiamento fatti a Utrecht, e così via. Cosa volete aspettarvi da chi non conosce le leggi più elementari della fisica? Che sappia dell'energìa bioplasmica, della parapsicologia e della me-dicina orientale? Aspettiamo ancora qualche millennio per concedere un po' di respiro a questi ritardatari presuntuosi. Anche se i deterministi si autodefiniscono "materialisti" noi non dobbiamo fare l'errore di concedere loro tale onore. Il volto moderno del materialismo, il materialismo storico e dialettico, è una cosa seria. Non è un guazzabuglio di contraddizioni come il vecchio determinismo europeo. Questo 'detto indipendentemente dalle opinioni politiche del lettore che-può o meno approvare le soluzioni sociali proposte dal materialismo storico e dialettico. Il materialismo storico e dialettico esprime la rinuncia a dare un'Interpretazione del mondo asserendo l'impotenza della filosofia a non cadere in contraddizioni. "Miseria della filosofia" (Gramsci). Il compito di interpretare il mondo è lasciato dal materialismo storico e dialettico alla scienza. Non a caso la mag-gior parte degli studi in questione sono stati svolti in URSS. Non a caso gli inventori dell'effluviografo ad alta frequenza hanno dichiarato testualmente: "abbiamo costruito la macchina che permetterà di fare luce (scientificamente) sul problema della morte". Del resto il materialismo storico e dialettico si fonda sul principio opposto a quello del determinismo, I materialisti storici sostengono che è necessario conoscere le leggi che deter-minano la storia per essere in grado di alterarla volontariamente. Per i deterministi invece la volontà non esiste. Il materialismo storico ha studiato a lungo anche la questione della morte, non per sapere in che cosa consista, cosa che de-manda alla scienza, ma per sapere il perché sia stata, nel corso della storia, considerata in un modo anzich é in un altro. Ne ha tratto la conclusione che la visione della morte, come tutte le altre concezioni metafìsiche, dipende dall'interesse che hanno detentori del potere dì far credere una cosa anziché un'altra. Cosi, giusto per fare un esempio, il diavolo non è per i materialisti storici, né un personaggio né un simbolo, ma uno spauracchio inventato per far paura ai babbei, che si precipiteranno a recitare il Mea Culpa, arricchendo una classe sacerdotale che impone loro pratiche e pagamenti atti, più che a realizzare la loro salvezza celeste, a concretare la felicità terrena dei preti. Torto o ragione che abbiano i materialisti storici, è fuori di dubbio che queste critiche e queste posizioni antifilosofiche sono dello stesso tenore di quelle che il buddhismo ha rivolto ai bramini induisti. Il materialismo occidentale e il materialismo orientale, che in una vasta zona del Sud Est asiatico si trovano in alleanza (buddhismo-socialismo), differiscono tra loro per il fatto che mentre in Occidente il materialismo ha maggiormente studiato Ì problemi politici, in Oriente ha studiato soprattutto i problemi naturalistici. L'accettazione del materialismo occidentale in certi paesi d'Oriente non ha destato in quei popoli la preoccupazione di perdere la loro cultura originale, poiché

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essa è avvenuta proprio per mantenere la loro tradizionale civilt à, si siano o meno ingannati in questo, cosa che lasciamo giudicare al lettore in base alle sue convinzioni politiche. La pratica dell'agopuntura e della medicina orientale ha permesso al materialismo orientale di formulare da diversi millenni la dottrina della palingenesi, poiché in Oriente da diversi millenni era conosciuta la funzione biologica della struttura bioplasmica. Quando furono conosciuti anche da noi gli studi orientali si venne a creare un vasto movimento culturale che aveva per scopo la fusione della cultura occidentale con quella orientale. Questo movimento ebbe quali rappresentanti massimi Goethe, Schopenhauer, Wagner. Il loro lavoro spianò la strada al positivismo evoluzionista di Spencer e Mill, praticamente identico alla filo-sofia orientale, che a sua volta gettò le basi del più moderno naturalismo: Huxley, Bergson, Whitehead e così via. Accanto a questo filone eruditissimo della cultura occidentale orientalizzante, vi fu anche un filone più povero. Si tratta dei teosofi e degli antroposofi. Anche per essi lo scopo era la fusione della cultura occidentale con quella orientale, ma essi anzich é essere ispirati da spirito di ricerca scientifica erano ispirati da misticismo. Accanto a qualche notizia estremamente errata di medicina e biologia orientale si trova nelle loro opere una gran quantità di superstizioni popolari indiane e per di più si trovano "confer-mate" anche quelle europee, quale "prova" della realtà di quelle indiane. Le opere dei teosofi e degli antroposofi non sono del tutto prive di qualche ipotesi interessante, ma assai più spesso i loro autori si fanno prendere la mano dalla più sfrenata fantasia. Le radici di questo fenomeno sono dovute al fatto che la scienza ufficiale si è astenuta per troppo tempo dall'indagare sui problemi di alto interesse esistenziale, come quello per esempio della morte e siccome costa assai più fatica studiare un ponderoso trattato di Huxley che comperare uno dei tanti libercoli occulti-stici dei quali sono strapiene le librerie, ecco che c'è tutto un pubblico di lettori dell'occultismo che ama più le frottole imma-ginose di qualunque studio valido e razionale proposto da qualche studioso serio. Un pubblico dunque che amerà sempre leggere storie di fantasmi piuttosto che un trattato di parapsicologia, che preferirà sempre farsi predire il futuro colle carte piuttosto che leggere i rapporti del MIT. Torniamo invece agli studi seri svolti sulla morte da parte di grandi scienziati. I primi tentativi occidentali di svolgere una ricerca sperimentale sulla morte non han dato purtroppo un buon esito, sebbene siano stati condotti da scienziati di fama mondiale. Si tratta infatti di una delle due strade che Flammarion tentò di percorrere per venire a conoscere qualcosa in più sulla morte di quanto non si sapesse. Flammarion aveva iniziato due metodi di ricerca sulla morte: 1) la metapsichica, ossia l'uso di facoltà medianiche, nell'ipotesi che potessero essere uno strumento valido per gettare un ponte tra il fisico e il metafisico. 2) L'evoluzione come dottrina di sintesi dei fenomeni della vita e della morte. Sul primo di questi metodi divenne egli stesso scettico dopo aver svolto accurate indagini. I suoi studi sulla morte migliori sono quelli in relazione all'evoluzione. La tesi che vedeva nella medianità un mezzo possibile di collegamento tra il fisico e il metafisico ha avuto validissimi rap-presentanti, scienziati di fama mondiale come il biologo Driesch, il fisico William Croocs, lo psicologo Cesare Lombroso, che hanno fatto eminenti scoperte anche in altri campì dello scibile. La stessa tesi ha avuto però anche nemici acerrimi e altrettanto va-lidi nel campo della scienza. In che cosa consistesse la controversia tuttora perdurante tra i rappresentanti della scienza sull'argomento, tutti lo sanno. In tutte le sedute medianiche il medium risponde anche a domande che non ha letto, scrivendo automaticamente, anche ad occhi chiusi. Solitamente lo scritto viene firmato da uno "spirito-guida". I sostenitori dell'ipotesi medianica esibivano a prova delle loro affermazioni una nutrita documentazione di narrazioni svolte per scrittura medianica. In esse un personaggio morto parlava di quando era vivo e dava ragguagli per la sua identificazione che veniva regolarmente svolta. Sovente questi personaggi par-lavano dì fatti ed eventi che nessun altro conosceva al di fuori di loro e si mostravano al corrente di persone e di attività che soltanto da vìvi avrebbero potuto aver

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conosciuto. Spesso si è verificato il fatto che il medium durante la scrittura automatica scrivesse in lingue diverse dalla sua e talvolta persino in lingue antiche con una facilità che nemmeno un esperto del ramo avrebbe potuto raggiungere. Tutto questo veniva appunto ritenuto una prova della reale presenza del defunto comunicante. Gli oppositori della tesi medianica sostenevano e sostengono tuttora che gli scritti fatti sotto dettatura medianica sono l'effetto della subcoscienza dei medium, come dimostrerebbe il fatto che le associazioni mentali degli scritti medianici corrispondono a quelle che la psicoanalisi rivela esistenti nel subcosciente del medium. Se tra le persone presenti alla seduta medianica si trova un matematico il medium da risposte esatte a interrogativi su argomenti matematici. Se tra i presenti c'è un poeta, il medium scrive versi decenti, Mai dai "defunti" si è potuto conoscere qualcosa di nuovo del mondo della scienza. Questo viene esibito dai nemici della tesi medianica per dimostrare che le rivelazioni medianiche sono un effetto di telepatia subcosciente e nuli'altro. Il dibattito continua su numerosi altri argomenti prò e contro la tesi medianica, ma finora nulla di preciso è stato dimostrato. Se infine il medianismo ha avuto celebri rappresentanti del mondo della scienza, il più modesto spiritismo popolare si regge su un misticismo non molto diverso da quello che è presente tra i teosofi con cui dimostra di andare d'accordo. In questa versione minore del medianismo si notano tutti i difetti che sono presenti nelle altre metafìsiche popolari. A parte che sovente raggiunge il ridicolo per tutte quelle modalit à che sono state tratte dalla liturgia e poi grottescamente imitate, ma presenta anche una visione del mondo incoerente e contraddittoria. Il loro "mondo degli spiriti" è l'esatto prolungamento di ciò che avrebbero desiderato sulla terra: si sta bene, ciascuno ha per i suoi meriti, e soprattutto non si muore più. ________________________________________________________________________________

LA SCIENZA SPERIMENTALE DELLA MORTE – I "Pesa di più un pesce vivo o un pesce morto?" Così, con questa domanda, Paracelso affrontò per la prima volta i suoi allievi allorché iniziò ad insegnare medicina in un'università tedesca. Gli allievi sulle prime rimasero un po' meravigliati della inusitata domanda rivolta loro dal nuovo insegnante, ma riavutisi presto della loro meraviglia, iniziarono subito una. lunga, dotta, saccente discussione irta di citazioni in latino e in greco, consultando poderosi volumi aristotelici. Con giovanile ardore si iniziò tra gli studenti un vero e proprio dibattito con tutte le regole della retorica e della dialettica. Tesi, controtesi, confutazioni, dimostrazioni, proprio come i bravi professori dell'epoca avevano loro insegnato. Ma ad un certo punto, quando già la cosa minacciava di andare per le lunghe Paracelso li interruppe bruscamente dicendo: "Idioti, non avete pensato che possiamo pesare il pesce con una bilancia?". Vi fu scandalo all'università. Come si permetteva quell'oscuro professore di medicina di insegnare ai suoi allievi a preferire una bilancia al sommo Aristotele? Poteva mai una volgare bilancia sostituire le raffinatezze del sillogismo, della deduzione, dell'induzione? E se mai il responso della pesatura fosse stato diverso da quello deducibile dai testi aristotelici? Una miserabile bilancia avrebbe dunque smentito il più illustre luminare della scienza che i tempi avevano mai partorito? Per tutto ciò vi fu un grande scandalo all'università quel giorno (Vedere il volume "Paracelso, alchimistamedico-mago" di P. Mandino, collana "Mondi sconosciuti", Edizioni M.E.B., Torino). Questa era la situazione che si incontrava ai tempi di Paracelso quando si tentava di sostituire il metodo sperimentale alla stantìa scienza medioevale che si fondava su nessun altro appoggio fuorché l'autorità che la tradizione regalava a qualche illustre autore. Una tradizione che si reggeva soltanto perché non accettava di essere messa sperimentalmente alla prova dei fatti. Quando questo avvenne tutta la scienza medioevale si sciolse come burro al sole.

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Questa però è purtroppo l'esatta situazione che si riscontra in pieno ventesimo secolo quando si tenta di affrontare con la scienza sperimentale un tema che è arbitrariamente considerato di natura esclusivamente religiosa o filosofica. I più infatti pensano, ma a torto, che la morte sia qualcosa che sfugga ad ogni analisi scientifica e che la si possa affrontare solo con lunghe circonvoluzioni filosofiche oppure con una fede dogmatica. Così la morte viene considerata nel suo studio e nella sua interpretazione come un appalto in esclusiva, un "trust" dei filosofi, ed essi, come già han fatto per millenni in passato, vi si cimenteranno per altri millenni in avvenire senza che i loro argo-menti siano mai definitivamente provati o definitivamente smentiti. Oppure le varie opinioni sulla morte sono etichettate sotto il termine di "libertà religiose". Le libertà religiose sono una bellissima cosa, ma nel nostro caso non c'entrano per nulla, Anzi, un tal modo di procedere è quanto di più retrogrado ed oscurantistico si possa immaginare. Dire: "io credo così" oppure "io credo in quest'altro modo" è l'esatta antitesi dì un atteggiamento scientificamente sano. Devono essere gli esperimenti scientifici, ripetibili a volontà, suscettibili di essere interpretati attraverso la statistica matematica a decidere cosa si deve o meno credere. Per lo meno cosa si può presupporre. Anche dal punto di vista teologico l'argomento è libero e vi sono tante ipotesi contrastanti di cui solo la scienza può decidere quale sia accettabile. E la scienza sperimentale, contrariamente all'opinione dei più, sarebbe già da un pezzo in grado di indagare su quel fenomeno della vita che è la morte coi comuni mezzi di ricerca con cui già altre volte ha indagato oltre il velo di ciò che è comunemente visibile. Gli esperimenti che sono stati condotti finora paion tutti confermare all'unisono le posizioni di un'antica disciplina scientifica diffusa nel Nepal, in India, nel Thibet. Si tratta della biologia tanttìca che costituisce un ampiamente del materialismo orientale e forma la base teorica di tutte le medicine orientali, dalla agopuntura cinese alla ignieccitazione giapponese, alla medicina ayurvedica indiana. La biologia tantrica ha tanti secoli di vita e di progresso, le prime origini risalgono alla preistoria. Essa già secoli e secoli fa aveva calcolato tutte le tappe evolutive con tanta precisione da venire a conoscere esattamente anche la temperatura marina in cui si è sviluppato il protoplasma. A quel tempo la biologia occidentale non aveva ancora scoperto le cellule e meno che meno sospettava l'evoluzione delle specie. Ma la biologia tantrica è andata ben più in là dell'evoluzione e del protoplasma. Secoli di esperienza l'hanno portata dove nessun biologo occidentale ha ancora messo piede. Vi è arrivata coi suoi metodi e finora la biologia occidentale ha sempre confermato e mai smentito le affermazioni della biologia tantrica. Nessuna meraviglia dunque se la biologia tantrica inizia con la "teoria germinale " che in Occidente invece è il tetto della biologia. Questo capitolo sarà, per così dire, fuori serie nella nostra esposizione della atmavidya, ma, data la grande importanza del-l'argomento, abbiamo deciso di introdurlo lo stesso. Del resto, come vedremo, la biologia comune si è già avvalsa parecchio della biologia tantrica anche se la maggior parte dei nostri biologi non ne conosce nemmeno l'esistenza. Per quanto poi concerne gli esperimenti e gli studi svolti sulla morte, la maggior parte degli esperimentatori ha constatato i fenomeni senza riuscire ad introdurli nel contesto generale dell'evoluzione e delle leggi generali che governano gli esseri viventi. La biologia tantrica è l'unica disciplina che possa fornire il mezzo per inserire Ì fenomeni che accompagnano la morte nel quadro delle leggi della natura, mezzo che finora la scienza ufficiale non ha saputo nemmeno intravvedere. Prima però dì immergerci nei meandri della biologia tantrica sarà bene che premettiamo qualche elemento di biologia comune. Per impostare correttamente il problema della morte dal punto di vista scientifico occorre procedere così: Ai primordi della vita sulla terra, la morte come fenomeno naturale non esisteva. Gli esseri monocellulari, allora unici abitatori del pianeta, non muoiono perché si scindono a metà prima di morire ed anche prima di invecchiare. Che significato ha allora per l'evoluzione, che tende ad assicurare sempre la continuità della vita, la generazione di esseri mortali? Non è contraddittorio

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pensare che l'evoluzione, che è l'espressione stessa e il prodotto dell'adattamento degli esseri vìventi alle mutazioni ambientali allo scopo di sopravvivere, sìa diretta a trasformare esseri originanamente immortali in esseri mortali? Perch é questo è successo? O in altre parole: Che funzione ha la morie nell'economia della vita? Quando sì sarà risolto questo problema si sarà immediata-mente anche chiarito a che serve la morte e quale sia la sua natura. Ad eccezione di qualche specie di insetto, ogni essere vivente organizzato del regno animale è costituito da due tipi di cellule: Le cellule somatiche: che sono proprie e peculiari di ogni individuo. Nascono, vivono, muoiono assieme a luì. Esse sono prodotte dalle cellule seminali dei genitori, ma non possono a loro volta produrre cellule seminali. Le cellule seminali: che sono immortali rispetto all'indivìduo. Esse per segmentazione producono tutte le cellule somatiche'di tutti gli indivìdui ed anche tutte le cellule seminali. Per¬ciò esse si trasmettono vive dai progenitori fino agli ultimi discendenti. Sono proprie della specie e nascono e muoiono con la specie, quando questa si estingua bruscamente. Quando un individuo viene concepito, all'inizio è rappresentato da una sola cellula seminale. Questa cellula seminale si segmenta in due, quattro, otto cellule e così via. Raggiunto un certo numero, esse iniziano a segmentarsi divenendo tutti i tessuti del corpo. Solo una parte però diventa i vari tessuti, un'altra parte si segmenterà ancora rimanendo cellule seminali e producendo nuovi individui. Quest'ultima parte perciò non seguirà il destino delle cellule somatiche, ma si trasmetterà, sempre per segmentazione e sempre vivendo, di discendente in discendente, fino all'estinzione della specie. Le cellule seminali perciò si comportano esattamente come le prime forme di vita natanti nell'oceano della terra primordiale. A quel tempo esistevano solo cellule di questo tipo. Il problema che inizialmente ci eravamo posti si presenta ora così: che funzione hanno le cellule somatiche, soggette a perire, nel quadro della conservazione della vita? Come abbiamo detto, all'inizio della vita sulla terra esistevano solo cellule dello stesso tipo delle cellule seminali. Esse si segmentavano nel mare primordiale e non conoscevano la morte. Poi, però, le condizioni di vita nelle quali erano sorte sono divenute più aspre e queste cellule primordiali hanno dovuto emettere degli organi complementari per poter sopravvivere. Tutto questo ci è illustrato dal comportamento delle planarie che hanno conservato questo stadio evolutivo senza andare oltre. Una planaria può essere sezionata in due, tre, sei pezzi. Ogni pezzo diviene una planaria completa a sua volta. Ogni parte è in grado di ricostruire tutti gli organi mancanti che le servono. Il metodo di ricostruzione è sempre lo stesso. La planaria è formata da un certo numero di cellule seminali indifferenziate. Queste cellule si specializzano formando i vari organi del corpo. In parte si moltiplicano restando cellule indifferenziate. Quindi tutti gli organi della planaria sono emissioni, secrezioni che servono alle cellule seminali indifferenziate per meglio sopravvivere. Queste restano identiche a se stesse, sempre. La planaria come animale è dunque un organo delle sue cellule seminali perché sono queste che sopravvivono emettendosi gli organi adatti. La stessa cosa accade per i vegetali. Si prenda ad esempio il geranio: piantando una talea di geranio si ottiene tutta la pianta. Mai dal resto della pianta si ottiene il geranio. Il resto della pianta è emesso dalla talea e serve alla talea, portandogli l'umidità, il sole, l'aria e le altre cose di cui necessita per sopravvivere, Insomma, per riassumere, le forme di vita primordiali hanno dovuto organizzarsi, specializzarsi nei vari compiti allo scopo di sopravvivere. Da forme di vita unicellulari che vivevano segmentandosi all'infinito nell'acqua sono nate le forme di vita organizzate. Gli organismi sono perciò delle secrezioni delle primitive cellule marine ad uso della loro sopravvivenza e queste primitive cellule marine sono appunto sopravvissute nelle cellule seminali delle varie specie. Non che tutto questo sia stato calcolato, ma dove è accaduto, semplicemente, la vita è sopravvissuta. Dove non è accaduto le specie si sono estinte. Ce ne sono parecchie di specie estinte che non si sono evolute affatto. Altre invece hanno trovato condizioni favorevoli per continuare anche senza essersi evolute o evolvendosi solo parzialmente come la planaria.

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Adesso abbiamo chiarito a che serve la generazione di individui mortali nel quadro dell'economia della vita. I singoli indivìdui sono organi delle specie, secrezioni della specie, costituita da un gruppo di cellule che senza soluzione di continuità continuano a segmentarsi come ai tempi della prima vita. Le condizioni ottimali che si trovavano nelle acque marine sono state infatti ricostruite all'interno dei singoli esseri viventi. A quell'epoca le acque del mare erano di circa trentasette gradi. Tale temperatura è assicurata all'interno dell'organismo degli animali che vivono in ambienti soggetti a sbalzi di temperatura. (Gli insetti e gli animali a sangue freddo sono delle evo-luzioni particolari e vivono durante i mesi caldi, quando l'ambiente ricostruisce artificialmente e stagionalmente le stesse condizioni). Il grado di salinità era allora del 7/1000 e tale grado di salinità è rimasto nel nostro sangue che è il nutrimento delle cellule, anzi esistono delle affinità veramente forti tra la costituzione del sangue e quella del mare primordiale. A quei tempi la coltre di nube era spessa e la vita era protetta dalla micidìalità dei raggi ultravioletti. Oggi questa funzione la assolvono i tegumenti che impediscono alla luce di entrare all'in-terno del corpo. Anzi essa vi entra solo in misura favorevole. La respirazione assicura l'ossigeno che le cellule natanti nel mare avevano naturalmente a disposizione. Lo stomaco assicura il nu-trimento. A poco a poco la vita rappresentata allo stadio iniziale da colonie cellulari ha affidato la sua sopravvivenza alla sopravvi-venza degli individui che è venuta a formare. La vita è costituita per ogni specie dalla somma di tutte le sue cellule organizzate in singoli individui. Di questi individui tutto perisce tranne le cellule seminali, ossia la forma primordiale delle specie. Il compito dei singoli individui è portare la specie. Un tempo le cellule si segmentavano liberamente, oggi sì seg-mentano all'interno dei singoli individui che servono a ricostruir loro le condizioni necessarie perché questo avvenga. Un tempo la suddivisione dei sessi non esisteva e le funzioni maschili e femminili erano fuse all'interno della cellula. Quando la suddivisione sessuale è sorta nel regno animale e in parte anche nel regno vegetale, gli individui maschi si sono specializzati a portare la parte maschile della cellula originale della specie e viceversa gli individui femminili si sono specializzati a portare la parte femminile della cellula originaria. Quando l'accoppiamento sessuale avviene lo spermatozoo si fonde nell'ovulo, ovvero la parte maschile della cellula originaria si fonde colla parte femminile e si forma nuovamente la cellula originaria della specie, che immediatamente inizia a costruirsi l'organo che le permetterà di sopravvìvere. Inizia a costruire ossia un nuovo individuo. Prima essa si moltiplica in altre cellule seminali che saranno quelle che assicureranno a quest'altro individuo la riproduzione, poi costruisce tutti i tessuti dell'organismo destinato a proteggere tali cellule seminali. Anche qui l'utero materno assicurerà alle cellule seminali in segmentazione un ambiente simile a quello del mare primordiale, gli psicologi chiamano la sensazione inconscia di ritorno all'utero materno "sentimento oceanico" ed è naturalmente qualcosa di più di una mera coincidenza. Infatti il nuovo organo della specie nascente dovrà percorrere in quell'ambiente, che ricostruisce artificialmente le condizioni originarie in cui le prime cellule si segmentavano, tutte le tappe evolutive della specie stessa. Passerà dallo stadio monocellulare allo stadio pluricellulare. Poi attraverso le prime emissioni organiche, quindi attraverso uno stadio simile a quello del pesce, del rettile, del mammifero e infine del primate e dell'uomo. Nello sviluppo dì un feto si ripete lo sviluppo di tutta la specie, ossia l'ordine e la sequenza con cui gli organi della specie, i singoli individui, nel corso del tempo si sono adattati alla continua mutazione ambientale per sopravvivere e sopravvivendo assicurare la continuità alla specie stessa. Un tempo si riteneva che la specie fosse creata dai singoli individui al momento della riproduzione. Oggi questo concetto di creazione è superato dal concetto di trasmissione. I singoli individui si trasmettono la specie "come gli antichi corridori greci si trasmettevano la fiaccola olimpica". La specie è rappresentata infatti da un certo numero di cellule seminali dalle quali discendono tutte le cellule di tutti i nostri corpi, mentre da questi nessuna cellula seminale può nascere, ma solo

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essere trasmessa. La specie che ha emesso tutti questi corpi preesisteva a tutti ed essi ne rappresentano il mezzo di sussistenza e di moltiplicazione. Anche il concetto di discendenza è scientificamente inesatto. Nessuno è padre e nessuno è figlio. Nessuno può generare il corpo dì nessun individuo infatti. Può solo permettere alla stessa specie di forgiare un altro organo che è in rapporto alla specie esattamente come tutti i progenitori e tutti i discendenti: un prodotto. Quindi siamo tutti in rapporto di fratellanza e di sorellanza, dal più antico al più futuro individuo della nostra specie. Queste osservazioni e queste deduzioni, abbiamo detto, fanno parte tanto della biologia occidentale quanto della biologia tantrìca. C'è solo la differenza che la biologia tantrica segnalava tutto questo secoli e secoli fa. Comunque la biologia tantrica è andata ben oltre questo livello considerato in Occidente il non plus ultra della biologia moderna. Tutto ciò che abbiamo detto finora e ciò che diremo tra un po' sono solo quisquiglie, preliminari ai veri studi tannici. Affrontiamo pertanto l'ultimo argomento in comune tra la nostra biologia e la biologia tantrica, l'argomento dell'individualità, argomento veramente appena appena sfiorato dalla nostra biologia. Come abbiamo visto precedentemente parlando del processo di individualizzazione, l'individualità a livello cellulare è una individualità relativa, diffusa alla specie e non alla singola cellula. Se noi prendiamo una talea di geranio e la piantiamo appa-rentemente avremo un nuovo individuo, in realtà non avremo altro che lo stesso individuo di prima topograficamente diviso. Noi siamo abituati a misurare tutto con il nostro metro. Siccome un uomo non può vivere topograficamente diviso allora appli-chiamo questa misura dell'individualità anche alle piante che invece sopravvivono benissimo divise. La stessa cosa vale per le cellule. Il primo organismo di un certo tipo di cellula compare. È un individuo vivente: fugge, scappa, si avvicina, si alimenta e così via. Poi quest'individuo rappresentato da una sola cellula si moltiplica e diviene due cellule. L'individuo di prima non è mai morto. Semplicemente si è suddiviso in due organismi cellulari. Ora questi due organismi rappresentano lo stesso individuo che un momento prima era rappresentato da una cellula unica. Un uomo sarebbe morto se fosse stato diviso a metà, ma questo discorso non vale per quell'individuo cellulare, che non muore affatto suddividendosi a metà. Dunque tutte le cellule di una determinata specie formano un individuo unico, una sola psiche diffusa. Succede esattamente quello che succede tra nucleo cellulare e virus. La parte vivente della cellula è il nucleo che è formato dai cromosomi. I virus sono esseri viventi della stessa natura dei cromosomi. Solo che non sono riuniti in nucleo, ma sono diffusi in tutta la terra. Una specie di virus è come un nucleo cellulare diffuso dappertutto. La cellula rappresenta già l'organizzazione dei cromosomi nati nell'oceano primordiale in unità organiche. A loro volta le cellule si organizzarono nei corpi degli animali e delle piante. Quindi una specie vivente è un individuo unico che si segmenta in continuità dalle epoche primordiali e che si è viepiù organizzato. A questo punto nasce una contraddizione apparente che la biologia occidentale non sa risolvere. Se tutte le cellule di una determinata specie formano un'unica psiche diffusa come mai ciascuno di noi è una psiche a sé? Come mai ci sentiamo ciascuno un "io" a sé e non ci sentiamo invece individuo unico? Osserviamo il comportamento della vita allo stato primordiale. Se noi consideriamo qualunque animale di quelli che spezzati in più parti si trasformano in più animali, come la planaria o i vermi, vedremo che le reazioni saranno sempre le stesse. Ogni specie ha una sua modalità di reazione, un suo carattere e basta. Non esiste la psicologia di questa o di quell'altra planaria perché la psiche è globale per tutta la specie. Negli animali organizzati invece ogni individuo ha un carattere a sé stante. Non esistono due uomini con lo stesso carattere, né due cani con lo stesso carattere. Questo perché negli animali organizzati le psichi sono tante quanti sono i corpi organizzati che portano quella specie.

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Ora se tutte le cellule di una data specie sono un unico individuo e non può essere diversamente, come fanno ad esistere più psichi in una determinata specie? A questo punto, la biologia occidentale tace. La biologia tantrica prende la parola dove nessuno scienziato occidentale è ancora giunto. A questo punto infatti entra in gioco un fatto, noto alla biologia occidentale, ma negletto nella sua importanza: la simbiosi. La simbiosi è quel fenomeno per cui due o più esseri si scambiano a vicenda delle utilit à e sopravvivono entrambi. Il caso tipico è il lichene. Il lichene non è una pianta unica, ma due piante diverse: un muschio e un'alga. Il muschio ricava l'ossigeno per l'alga, che non lo sa ricavare da sé. L'alga a sua volta ricava l'umidità per il muschio che non la sa ottenere da sé. Tramite la simbiosi i due individui sopravvivono. Non che tutto questo, ripetiamo venga calcolato, dove è accaduto i due individui sono sopravvissuti. Una specie è costituita da un unico individuo cellulare che dalle epoche primordiali continua a scindere successivamente il materiale cellulare che costituisce il suo corpo, Evidentemente le singole nostre psichi individuali non sono la sua psiche ma sono in simbiosi coll'individuo cellulare, attraverso la struttura bioplasmica che impone alle cellule la sua programmazione, co¬me hanno verificato gli scienziati sovietici. Così la simbiosi avviene in questi termini: mentre l'individuo cellulare permette alle strutture bioplasmiche di ordinare i loro organismi, a loro volta questi organismi strutturati in maniera utile, curando la loro sopravvivenza, assicurano alla specie la sua continuità. Anche se volessimo considerare la specie come tanti individui quanti sono le cellule, il concetto delia simbiosi resterebbe valido perché la psiche individuale è unitaria e non è la psiche di nessuna delle miriadi di cellule che costituiscono l'organismo o il cervello fisico. (Questo secondo concetto di simbiosi non corrisponde però ai dati evolutivi e perciò non riesce a spiegare il fenomeno del subconscio collettivo). La psiche cellulare della specie rimane inconscia rispetto ai singoli individui e dà luogo a quello che Jung ha verificato pra-ticamente, senza essersi reso conto del suo perché: // subconscio collettivo. In ogni specie accanto alla coscienza dei singoli individui, c'è una psiche inconscia valida per tutti e identica per tutti. Questa psiche amministra i suoi interessi tramite lo stimolo sessuale, non avendo altro interesse che quello di moltiplicare il più possibile le sue cellule. Freud che ha studiato il subconscio umano ha riscontrato che il sesso è l'unico degli istinti capace di generare nevrosi e psicosi, capace anche di sublimarsi nell'opera di genio, ma mai abolitile. Freud si è sovente domandato il perché di tutto questo. Il perché è che la sessualit à ha origine nella sopravvivenza dell'individuo cellulare, rappresenta il suo interesse e la sua vita. Sovente l'interesse della specie è in oppo-sizione con l'interesse dell'individuo. Come nel caso del ragno che deve farsi mangiare dopo essersi accoppiato per la prima e l'ultima volta della sua vita. La piovra fa quarantamila uova per volta. Le custodisce finché non si aprono facendo una guardia tanto stretta da rifiutare ogni cibo, anche quando è spontaneamente offerto da uno sperimentatore. La sua tentazione è grande in quel momento. La piovra agita i tentacoli, sa che non le serve il non mangiare quando può farlo senza abbandonare la guardia, però resiste ugualmente fino a che muore di fame. In quell'istante esatto le uova si schiudono. Come si vede l'interesse della riproduzione è in opposizione con l'interesse individuale della piovra. Ma torna utile per l'interesse della specie, ossia dell'individuo cellulare che c'è in tutte le singole piovre e che sopravvive grazie a quell'ordine perentorio, generale, che è Ìnsito nel subconscio di tutti i singoli individui, che non può tenere conto di ogni singolo fatto e che non si cura della sopravvivenza di questa o di quella piovra, ma della sopravvivenza generale dì tutte le cellule di piovra. Grazie a quell'ordine perentorio dal cui giogo le singole piovre non sono in grado di ribellarsi la specie sopravvive. Facciamo un altro esempio. Esìste un insetto che quando si riproduce depone le uova, le seppellisce in una buca dove tornerà più tardi a deporre una preda immobilizzata dal suo ve-leno. Tale preda paralizzata si conserverà viva e fresca fin quando le uova non si schiuderanno. Quando questo succederà i nuovi nati avranno già di che nutrirsi per diverso tempo. Tutto questo è una serie di atti intelligenti e finalizzati ad un scopo. Ma non è l'intelligenza dell'insetto che dirige tutto

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questo. Infatti quando lo sperimentatore disturba il procedimento naturale delle cose, l'insetto compie atti assurdi e senza scopo. Se per esempio si mette una preda già immobilizzata da un altro insetto nella buca, quando verrà la madre scaverà la buca, vedrà che la preda è al suo posto, ricoprirà la buca e farà l'atto di andarsene. Ma appena girata vedrà la preda che aveva appena lasciato. Tornerà alla buca, scaverà, vedrà di nuovo la preda al suo posto e quindi coprirà di nuovo la buca e farà questa serie di atti a ripetizione fino all'esaurimento delle forze. Evidentemente non è l'intelligenza dell'insetto che ha concepito tutto questo ma è un'intelligenza estranea a quella dell'in-setto. È l'intelligenza della specie, dell'individuo cellulare. L'in-setto non agisce per conto suo, ma per conto della specie. Esso non capisce nulla di quello che sta facendo. Tutti i ragionamenti fatti finora servono a sottolineare come la specie sia un individuo la cui psiche ha degli interessi che solo parzialmente coincidono con quelli dei singoli individui che entrano in simbiosi con lui. L'espressione immediata della specie è la vita cellulare. L'espressione immediata dei singoli individui invece, abbiamo visto, è l'organismo pranico. Nascere significa entrare nella simbiosi. L'organismo pranico, per così dire, si riveste delle cellule che la specie fornisce. Morire significa uscire dalla simbiosi, l'organismo pranico si sveste delle cellule fornite dalla specie, così come la coda asportata della lucertola o della salamandra è spogliata delle cellule fornitele dalla specie, ma è intera nel corrispondente organo pranico. DÌ tutto questo si hanno notevoli prove sperimentali. Quando un animale organizzato nasce il suo organismo pranico è al suo posto, ha già uno psichismo ben caratterizzato a seconda della specie cui appartiene. Per studiare lo sviluppo dello psichismo dì un animale nel periodo fetale senza dover introdurre strumenti speciali nel corpo della madre o senza dover spezzare l'uovo, procedimenti che disturbano il feto stesso, si è ricorsi allo studio dei canguri. I canguri sono dei marsupiali, il feto entra nel marsupio grosso soltanto qualche millimetro e vi rimane finché non è cresciuto e in grado di provvedere a se stesso. Il canguro è quindi l'animale che per eccellenza si presta allo studio psicologico del feto. I risultati di questo studio sono stati che il feto di canguro ha tutto lo sviluppo psichico e lo psichismo particolare della sua specie in un periodo precedente a quello della formazione stessa degli organi e delle cellule cerebrali. Dunque una psiche e di conseguenza un organismo pranico, è al suo posto prima ancora che le cellule cerebrali possano funzionare. È evidente che non nascerà una psiche prodotta da quelle cellule cerebrali, ma nasceranno tra un po' delle cellule cerebrali adatte a quella psiche già formata. Il canguro è un animale che si è formato così con le sue singolari caratteristiche grazie a milioni di anni di evoluzione parti-colare in ambiente particolare, Ora, se una psiche di canguro che per formarsi necessita di milioni di anni di evoluzione particolare non è ereditata cellularmente, perché funziona prima che le cor-rispettive cellule cerebrali si siano formate, da che parte potrà venire l'organismo pranico che è l'espressione immediata di quella cellula e che funziona nel feto prima ancora che funzioni il suo cervello? È difficile pensare che tale organismo pranico non abbia già avuto qualcosa a che vedere con quella specie, ossia che non sia già adattato e formato per quel particolare tipo di simbiosi. Si potrebbe obiettare che l'organismo pranico possa essere formato dai genitori prima ancora che si sia formato il corrispondente corpo fisiologico, ma esattamente come questo. Ma non è così e se ne hanno le prove sperimentali. Supponiamo di assistere allo sviluppo fetale di una rana, come del resto di tantissime specie che sì comportano in egual modo. All'inizio noi abbiamo una sola cellula seminale completa ossia un ovulo fecondato dallo spermatozoo. Poi questa cellula si scinde in due, queste due in quattro e così via. Se noi alla prima segmentazione separiamo una delle due cellule formatesi e la facciamo sviluppare a parte, contrariamente a quanto ci si aspetterebbe non avremo due mezze rane, ma bensì due rane complete. Ognuna avrà il suo organismo pranico completo.

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Se noi aspettiamo la seconda segmentazione per separare una cellula dalle altre tre, non avremo un quarto di rana da una parte e tre quarti di rana dall'altra, ma ancora due rane complete. Una però grande tre volte più dell'altra. Questo sta a significare che una delle due rane complete ha avuto tre volte tanto materiale cellulare dell'altra da organizzare, ma l'organismo pranico non è stato affatto diviso in due. Già abbiamo visto come l'organismo pranico non possa essere diviso, non potrebbe di sicuro essere suddiviso e rimanere uguale a se stesso. Una figura asimmetrica divisa in due o in quattro non dà l'esatta forma iniziale. Dunque ogni cellula seminale viva di un animale è in grado di attirare a sé un organismo pranico completo, anche quando si trova fuori dalla procreatività dei genitori, fuori dal loro organismo. Se invece noi uccidiamo una delle due o delle prime quattro cellule senza asportarla, allora nascerà veramente mezza rana o un quarto di rana. Perché una cellula morta non è in grado di attirare un organismo pranico intero. Negli animali privi di struttura pranica, ossia negli animali che sono solo emissioni della specie senza possedere una struttura pranica succede sempre così. Lo sviluppo di un organismo è un programma che avviene in base ad uno schema fìsso, l'organismo cresce "a mosaico". Da una cellula si sviluppa una parte dell'organismo e sopprimendo quella cellula la parte corrispondente dell'organismo non si sviluppa. Nella rana, che ha un organismo pranico, questo succede solo se la cellula uccisa viene lasciata al suo posto dove blocca lo sviluppo delle altre parti, se viene asportata nascerà una tana completa. Come vedete l'organismo pranico non proviene dai genitori essendo in grado di penetrare nel feto anche quando questo non è più a contatto coi genitori. Da dove vengono dunque gli organismi pranici? Vengono dal corpo di animali della stessa specie e dello stesso sesso morti. Gli esperimenti furono condotti da Watter. Egli prese dei topi e li introdusse in una camera Wilson. La camera Wilson è una camera a nebbia dove è possibile vedere anche le conformazioni materiali più sottili. Preparò un dispositivo per raffreddare il fondo della camera Wilson in modo da provocare la morte per ;issideramento dei topi. Quindi aspettò che la morte delle cavie avvenisse. Egli notò che al momento preciso della morte l'organismo pranico del topo, visibile attraverso la nebbia, come una forma scura della stessa forma e dimensione dell'animale morto, schiz-zava fuori dal corpo esanime dell'animale dalla parte della testa. È inutile dire come questo esperimento fatto con strumenti moderni coincida con le descrizioni della morte fatte da tutti i popoli colti dell'antichità e da tutte le persone sensitive, È già difficile credere che simili descrizioni comuni a tutti i popoli con tanta copia di particolari possano essere una mera invenzione che coincide in tutte le minuzie anche quando vi siano millenni di distanza tra una fonte e l'altra e nessun contatto storico, come tra aztek ì e indoeuropei, semiti e shamani siberiani. Comunque anche a voler essere scettici oltre l'idiozia l'esperimento fatto in camera Wilson è ripetibile a volontà. Si è anche notato che quando l'organismo pranico non usciva dal corpo, il topo poteva essere rianimato, mai questo poteva avvenire dopo l'uscita della struttura pranica. Per ciò che riguarda l'uomo si hanno esattamente gli stessi dati. Lo psichiatra Kelsei attraverso i suoi studi, come i biologi che han lavorato in Australia, è arrivato alla conclusione che anche nell'uomo la psiche è presente prima che le cellule cere-brali si siano formate e risulta che l'embrione sogna, Per quanto riguarda invece la morte, è chiaro che non si può mettere una persona in camera "Wilson a cuor leggero. Ma gli esperimenti svolti con strumenti modernissimi di pesatura hanno rivelato che all'attimo esatto della morte una persona umana perde esattamente 21 grammi di peso, con qualche differenza soggettiva (dovuta all'età, alla costituzione ecc ecc). Il dottor Jacobson che ha condotto questi studi in Germania un anno fa, ha dichiarato in una sua opera sull'argomento di aver scoperto che "l'anima" pesa ventuno grammi. Se avesse conosciuto le scienze orientali avrebbe saputo che quei ventuno grammi sono esattamente il peso dell'organismo pranico, la struttura biologica, sede della trasmissione psicofisica e fisicopsichica, sede delle

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malattie e delle guarigioni psicosomatiche, sede d'azione della ormai famosa agopuntura cinese. Non ha misurato il peso dell'anima che se c'è, non pesa nulla di nulla. Ogni specie animale infatti ha il suo calo di peso al momento preciso della morte. Il topo presenta un calo di peso di 3,1 milligrammi in media. Il gatto di 0,1 g. Dunque a meno di non ammettere un mondo popolato di "anime" con pesi e misure materiali, che sarebbe un'esatta ri-produzione del mondo dei corpi, quello che si stacca è qualcosa di diverso, bisogna concludere. Del resto, si possono verificare due o tre cali di peso succes-sivo talvolta, che evidentemente non sono la seconda e la terza anima. Si tratta invece di strutture bìoplasmiche collaterali alla struttura dominante. Ma di questa fenomenologia non tratteremo in queste poche pagine perché sarebbe troppo lungo. Tutti questi sono esperimenti concreti, materiali, ripetibili a volontà, non fantasticherie verbali. Alla morte l'organismo pranico si arrotola su se stesso, an-che poco prima della morte. Questa è la causa delle contrazioni dei morenti e del fatto che indistintamente tutti i mammiferi prima di morire appoggino la testa verso il suolo. Spazialmente l'organismo pranico non va molto lontano di solito. Da quando sì scinde dall'organismo fisiologico nulla lo può più alterare, co-me si è visto e fotografato. Sarebbe ora veramente troppo lungo descrivere le leggi bioplasmìche cui è soggetta la struttura fuori dalla simbiosi, qual'è il meccanismo attraverso cui avviene l'entrata in simbiosi che corrisponde alla nascita. Non possiamo affrontare un tema così lungo, ma chiunque volesse documentarsi non ha altro da fare che studiare un valido testo dì medicina orientale. Se la strut-tura bìoplasmica resta inalterabile nei confronti della materia fisica, essa rimane invece soggetta alle leggi proprie della ma-teria bìoplasmica. Quando lo spermatozoo feconda l'ovulo si ottiene una cellula del tipo originale indifferenziato. Allora si ha l'estrinsecazione di un'energia che si chiama Kundalini e che sarebbe troppo lungo descrivere ora con tutte le sue proprietà e i mezzi adatti a rilevarla. Kundalini è la famosa "energia orgonica" che Wilhelm Reich misurava con speciali strumenti detti "orgonometri". All'atto della fecondazione questa energia viene messa in funzione e tramite un meccanismo che ora non descriviamo attrae l'organismo pranico. Quando la qualità dell'energia orgonica è corrispondente a quella della struttura bio-plasmica la simbiosi avviene, viceversa non può avvenire. La qualità orgonica dipende da vari fattori di tempo e di spazio. A questo punto saranno interessanti gli studi del Dott. Resat Bayer. Il prof. Resat Bayer, che è il presidente della Società Parapsicologica Turca, ha studiato i mezzi per poter identificare il luogo d'arrivo di una struttura bioplasmica quando si è dissociata dalla simbiosi. L'organismo pranico soggetto alle emozioni psichiche, ma non agli eventi fisiologici, può mantenere il "ricordo" di un trauma subito. È lo stesso procedimento delle malattìe psico-somatiche o delle stigmate sul corpo dei santi. Questo permette sovente l'identificazione della provenienza di un organismo pranico. A volte nascono neonati che portano segni particolari. In Turchia fu segnalato un neonato che portava nove segni nel corpo che gli provocavano un certo dolore di tipo reumatico quando mutava il tempo. Resat Bayer fece un'inchiesta se nella zona non si fosse verificato un omicidio con un uomo colpito nove volte. Il bimbo si chiamava Hamet. Dopo qualche tempo venne dal distretto di polizia di Adana una documentazione correlata di articoli di giornale di un uomo di nome Mustafà (dif-fusissimo in Turchia) che era stato ucciso in una rissa con nove colpi d'arma da fuoco, al petto e alla gola, proprio nei punti esatti che erano segnati sul corpo del ragazzo. Portato il bimbo ignaro di tutto davanti ai familiari del fu Mustafà rimase impietrito nel riconoscere "un'altra madre e un altro padre", riconobbe chiamandoli per nome esattamente i suoi "figli" e scoppiò a piangere non sapendo più che pensare. Un'altra volta era stato segnalato il caso di un bimbo, Semir, che portava le tracce di una morsicatura di serpente sul dito pollice. Semir aveva destato la curiosità dei medici perché da quel genere di serpenti non è facile scamparla. Furono fatte le inchieste e risultò che un certo fornaio di nome Kashambash decedette all'età di 40 anni per un morso di serpente al dito pol-lice. Era uno dei pochi che si vantava di saper prendere i serpenti al volo, come solo qualche vecchio delle montagne

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sapeva ancora fare. Quella volta gli era andata male e più che la morte il suo organismo pranico ha segnato l'orgoglio colpito del coraggioso Kashambash, La Società Parapsicologica Turca ha raccolto ben 150 casi come questi due e tutti particolareggiatamente documentati. Essi verranno esposti al prossimo congresso di parapsicologia che si terrà a New York. L'ultimo si è tenuto a Genova ed è stato il congresso in cui fu esibita la "camera Kirlian". Questi campi organizzatori dunque preesistono al materiale cellulare che organizzano. Le numerose esperienze svolte sullo sdoppiamento, sull'arto fantasma ecc. ecc. ne attestano ulteriormente la vitalità, al di fuori della simbiosi con il materiale cellulare. Tali campi organizzatori inoltre non provengono dai genitori, ma sono inerenti alla stessa specie e? per cosi dire a rotazione, organizzano successivamente il massimo numero di corpi che le condizioni ambientali permettono alla specie. La specie è un individuo cellulare che si moltiplica costantemente. Per sopravvivere alle mutate condizioni ambientali in cui è sorto, che rappresentano l'optimum per luì, è costretto a secernere delle strutture complementari tratte dalla sua propria energia pranica. Queste strutture tendono ad individualizzarsi e a conservare la loro stessa vita e cosi facendo permettono anche alla specie di sopravvivere. La specie secerne dunque strutture praniche nuove, com'è facile intuire, man mano che si moltiplica e si estende sulla terra, sempre ben inteso che la concorrenza con altre specie lo permetta. Secerne delle strutture praniche nuove che si aggiungono a quelle vecchie, esattamente come l'albero che abbiamo visto ( e fotografato) secerne rami e foglie nuove che formano le strutture portanti delle sue cellule. Una volta emesse queste strutture non si possono più distruggere e neanche la specie ne avrebbe l'interesse. Mentre nell'albero il corrispondente pranico dei rami e delle foglie rimane attaccato al tronco, nel regno animale questo non succede, quindi le strutture subiscono un processo di individualizzazione più potente. Man mano che questo succede le strutture si adattano all'ambiente e influiscono sulla specie stessa come la specie su di loro. La loro evoluzione rappresenta l'evoluzione della specie e questa l'evoluzione delle strutture nuove che secernerà qualora le vecchie strutture non fossero sufficienti a portarla completamente. Questo implica un costante aumento della popolazione, se la specie e i suoi individui riescono a superare la costante selezione naturale. Sia detto per inciso ciò a coloro che credono di trovare una "contestazione intelligente" alla palingenesi citando l'aumento di popolazione. Lungi da essere un argomento sfavorevole alla palingenesi questo è un argomento utilissimo a siffatta dottrina. Tutta la storia antropologica dell'uomo dimostra che le razze scomparse sono state sostituite da altre razze sempre più numerose. Anche nei rapporti tra specie e specie, nonostante il gran numero di animali estinti una cosa, fa notare un biologo, è sempre in aumento: il numero di cellule, ossia la continuazione delle cellule primordiali dell'oceano che sono sopravvissute per mezzo dell'evoluzione della specie, spesso da una forma ancestrale derivando più specie a seconda dell'ambiente e del luogo. Volpi e lupi sono due differenziazioni di una specie sola. Pipistrelli e castori sono imparentati nello stesso modo e l'uomo è parente prossimo del tarsiospettro. Dappertutto i rami divergono e si individualizzano, assumono caratteristiche proprie e divengono specie a sé, individui cellulari a sé, Poi divergono tra loro anche i singoli individui all'interno della stessa specie. Tutto ciò in accordo con le più moderne teorie evoluzionistiche che gettano il ponte di raccordo tra le antiche scienze orientali e le attuali scienze biologiche. Lungi dal contrastarsi si fondono e si aiutano, così come la medicina orientale non contrasta con quella occidentale, ma si fonde e si armonizza con essa. Infine un altro fenomeno connesso colla palingenesi è quello che riguarda la memoria. La memoria ha la sua sede fìsica in una sostanza chimica siglata RNA. Se si addestra un topo a compiere un certo lavoro e poi gli si estrae l'RNA e la si inietta in un altro topo, quest'ultimo saprà già compiere il lavoro che faceva il donatore. Anche la memoria è uno strumento della psiche avente una sede fisica e la psiche adopera la memoria che ha a disposizione. La psiche è ciò che capisce il ricordo che interpreta significativamente una certa elica di atomi. È stato detto che verrà giorno in cui impareremo la Divina Commedia con una iniezione. È una cosa detta non senza fondamento. Quando l'organismo

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pra-nico esce dalla simbiosi, tutto ciò che ha sede nella materia cellulare viene lasciato. L'RNA fa parte di questa ed è appunto per ciò che si perde memoria tra una simbiosi e l'altra. Solitamente quando i sacerdoti cattolici non sono d'accordo colla palingenesi o colla metempsicosi dicono: "perché non ce ne ricordiamo?". L'organismo pranico si porta dietro tutte le facoltà che gli competono: intelligenza, predisposizioni fisiche e psichiche ecc. Ma la memoria ha sede nella materia cellulare nell'RNA e quindi non può essere portata appresso. Cosi si presenta la morte. Proprio come diceva un filosofo stoico: "Quando ci siamo noi la morie non c'è, quando la morte c'è noi non ci siamo". Le due cose, stasi ed attività, si alternano, come tutto, nell'universo. Siamo giunti al termine della nostra esposizione. Come si vede la dottrina tantrica della palingenesi non ha in sé nulla di metafisico, nulla di religioso, nulla di "oc-culto". È una dottrina biologica ed evolutiva delle più avanzate e per di più si lascia positivamente verificare sperimentalmente, cosa che non sempre succede colle teorie metafisiche. Naturalmente questo risulterà assai strano per la maggior parte dd lettori. Abituati da una cultura millenaria a ritenere che tutto ciò che va al di là della morte debba essere per forza "spirito", "anima", "divino" e cosi vìa, la maggior parte dei lettori non riuscirà nemmeno a credere che possa esistere una scienza della morte impostata su basi esclusivamente fisiche e materiali. Eppure è proprio così. I ventuno grammi di perdita di peso che si verificano alla morte di un uomo non sono ventun grammi metafisici, sono ventuno grammi fisici e significano che prima dell'anima, se c'è, c'è qualcosa di più concreto che è par-tito per il regno delle ombre. Il nostro scopo nello scrivere questo capitolo è stato non quello di dimostrare la palingenesi, ma quello di dimostrare che è possibile indagare sulla morte. Verrà un giorno, questa è una nostra opinione personale, che la scienza saprà leggere nella morte e nei suoi fenomeni esattamente come saprà leggere nella vita e nei suoi fenomeni. Un tempo era misteriosa tanto la morte quanto la nascita, oggi la biologia ha un codice genetico che impara sempre di più a decifrare. Nel medioevo, solo qualche secolo fa, quando nascevano due gemelli si faceva un processo col quale si deci-deva quale dei due condannare a morte assieme alla madre. In-fatti si riteneva che uno dei due fosse stato fatto dal diavolo e che la madre avesse avuto rapporti carnali col medesimo. Oggi l'ereditarietà, lo studio delle leggi dì Mendel hanno reso una bazzecola spiegare il fenomeno dei gemelli in base a leggi pura-mente naturali. Il diavolo è stato dunque sfrattato da ogni luogo mentre una volta lo si vedeva dovunque. Man mano che la scienza procede il magico batte in ritirata. Questa è la realtà. E in attesa che tutto sia definitivamente chiarito, per il mo-mento sembrano proprio confermati i versi di Goethe: Fin quando non capirai la legge del ritorno sarai sempre un ospite intruso sul volto dell'ingrata terra. ________________________________________________________________________________

LA SCIENZA SPERIMENTALE DELLA MORTE -II Nel capitolo precedente abbiamo mostrato come sulla morte sia possibile, se non altro, almeno indagare. Tuttavia le in-dagini svolte sulla morte dalla biologia tantrica non studiano questo problema che solo di riflesso. La biologia tantrìca infatti studia la morte come argomento necessario da affrontarsi per conoscere i meccanismi evolutivi, La principale differenza che c'è tra la biologia tantrìca e l'atmavidya su questo argomento è che mentre la biologia tan-trica studia la morte dal punto di vista esterno, dai fenomeni che si

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presentano all'osservatore, l'atmavidya studia la morte da un punto di vista interno, dai fenomeni che occorrono al soggetto. Noi abbiamo visto come continuamente la psiche o l'io sia sottoposta a percezioni. Per cercare una causa alle percezioni è stata fatta un'ipotesi: la materia. Ma di certo esistono solo le rappresentazioni. Ora la rappresentanzione implica necessaria-mente due poli opposti: 1) Il soggetto che percepisce, ma non vien percepito. 2) L'oggetto che vien percepito, ma non percepisce. Lo sbaglio fatto dai materialisti europei è quello di credere che il soggetto che percepisce sia fatto dell'oggetto che vien per-cepito. Contraddizione in termini perché se ciò che percepisce fosse fatto da ciò che è percepito, questo implicherebbe a sua volta qualcosa di precedente che lo abbia appunto percepito. L'errore fatto dai materialisti è stato compensato dall'errore fatto dagli idealisti. Questi hanno visto l'oggetto fatto di sog-getto. Altra contraddizione in termini, perché se il percepito fosse fatto del percipiente, sarebbe sensibile e la materia non lo è, e non sarebbe percepibile perché il soggetto percepisce ma non viene percepito. Abbiamo visto anche altri ragionamenti per cui nemmeno la materia possa essere dedotta dalla psiche. L'io, la psiche che percepisce, entra in simbiosi col non-io, la materia che viene percepita. Il punto d'incontro tra l'io e il non-io è l'organismo fisico che è ad un tempo io e non-io. L'or-ganismo fisico è quella parte del non-io in cui l'io si identifica quando entra nella simbiosi. Ogni parte dell'organismo fisico è contemporaneamente io e non-io. Quando un occhio vede la mano, l'occhio fa la parte dell'io, il soggetto perc ìpiente. Quando la mano tocca l'occhio, l'occhio fa la parte del non-io, l'oggetto percepito. Finché l'or-ganismo vive l'io resta identificato col non-io dell'organismo fi-sico che perciò diventa io e non-io contemporaneamente. Quando l'organismo vivente muore l'io si dissocia dall'identificazione e l'organismo fisico diventa un blocco di materia passando cosi interamente nel non-io privo di sensibilità. Questa forza di identificazione che spinge l'io verso un orga-nismo fisico ad identificarsi totalmente si può rilevare nel fa-mosissimo esperimento ipnotico della trasposizione dei sensi. Questo esperimento è citato in qualunque manuale di ipnosi sperimentale antico o moderno. Viene dapprima tolta, tramite il suggerimento ipnotico al paziente, ogni sensibilità sul suo organismo, poi gli viene ordinato di percepire la sensibilità di un altro organismo. Siccome non tutti possono conoscere l'ipnotismo sperimen-tale, abbiamo deciso di pubblicare una delle prime sedute scien-tiche controllate che si sono svolte su questo soggetto. Ecco per esempio qualcuno degli esperimenti svolti alla Società Medica messicana Pedro Escobedo di Città del Messico pubblicati sul "Journal o fthe American Society for Psichical Research" (Agosto 1920 Voi. XIV N. 8). Ecco il documento ufficiale: ESPERIMENTI DELLA SERIE D

Testimoni autorizzati: Dr. Walter Prince, commissario investigativo della Società Americana per le ricerche psichiche, dottore in filosofia. Gustav Pegenstecher, operatore. Ricerche psicometriche in presenza di testimoni A) Fenomeni svoltisi in stato ipnotico o di trance B) Fenomeni psicometrici. C) Comunicazioni trascendentali avute in stato catalettico ……..………………………………………………………………………………………………….. Per ciò che riguarda i fenomeni obiettivamente constatati nel puro sonno ipnotico o di trance ho già rilevato il trattamento spregiudicato usato dal dr. Prìnce, per cui le osservazioni di questa serie sono necessariamente poco numerose. In ogni caso tutto ciò che il Dr. Prìnce ha consegnato alla sua

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relazione con-ferma i fatti già osservati da me (Gustav Pagenstecher) e dalla Commissione Messicana. 1- La piena eliminazione delle vie sensoriali nel soggetto posto in stato d'ipnosi, signora Maria Keyes, comprovata . dalla completa mancanza di reazione a stimoli adeguati. A) t'occhio venne sempre trovato stravolto in alto (posizione di Bell) e persino insensìbile a fasci di luce proiettati direttamente. B) L'udito venne constatato mancare poiché il soggetto non reagiva né a forti rumori né alla chiamata dì terze persone. C) I sensi del gusto e dell'odorato furono constatati egual-mente mancare dopo ripetuti risultati negativi con lo zucchero, il chinino, il sale, l'ammonìaca e l'assafetida. D) L'esame della cute, con le sue tre funzioni sensoriali concernenti la temperatura, la pressione, la sensazione dolorifica dettero risultati sempre negativi. Particolamente istruttiva riuscì la prova in cui uno dei presenti nel suo zelo di constatare in maniera inequivocabile l'eliminazione della sensibilità dolorifica giunse fino ad introdurre inattesamente uno spillo sotto l'unghia spingendolo fino all'incastro prima che io potessi fermarlo. Anche questa volta il soggetto non sì mosse. Tuttavia al risveglio la sig. Keyes lamentò forte dolore sotto l'unghia. 2 - Un trasferimento di percezioni sensoriali dall'ipnotizzatore al soggetto in trance ipnotica. A) Un raggio di luce caduto sul mio occhio provocò al soggetto un istantaneo trasalìmento e chiusura delle palpebre. Richiesta spiegazione il soggetto disse: "c'è una luce che mi acceca". B) Un trasferimento di impressioni uditive mediante l'ac-costamento di un orologio da tasca al mio orecchio cagionò il seguente risultato: Il dott. Prìnce avvicinò alternativamente il suo orologio al mio orecchio destro e poi a quello sinistro, il soggetto percepì ogni volta il battito correttamente con il suo orecchio corrispondente. Allora il dr. Prìnce chiese ad uno dei presenti un secondo orologio per provare la sensazione uditiva da entrambe le orecchie, Invece di ciò però mise l'orologio nella tasca, ponendo tuttavia le palme, contenenti ciascuna apparen-temente un orologio, alle orecchie. La risposta fu: "da un orecchio sento il tic-tac di un orologio, ma dall'altro non odo nulla; sento tuttavia qualcosa sul padiglione che mi dà noia". C) sensazioni gustative e olfattive venivano avvertite pron-tamente trasferite: ammoniaca, assafetida, sale o zucchero e chinino. Il doti. Prince pose sotto il naso dell'operatore una bottiglia vuota dopo aver chiesto una bottiglia di ammoniaca. La risposta fu "non sento alcun odore".

……………………………………………………………………………………….. Si potrebbe andare avanti per centinaia dì pagine a citare tutti questi esperimenti di trasferimento della sensibilità. Ma, a parte qualche "scettico" cadente dalle nuvole, che non conosce Tabe della ipnosi, questi esperimenti sono abbastanza noti. In tutti questi esperimenti si verifica sempre lo stesso fenomeno: l'io viene spinto tramite l'ipnosi fuori dalla identificazione col suo corpo, che pertanto rimane non-io come quando è morto (assenza di sensazioni) e viene spinto alla identificazione in un altro organismo. Naturalmente questa identificazione non può durare perché il legame naturale non esiste e quindi l'io sarà costretto in breve spazio di tempo a riidentificarsi nel suo organismo. A questo punto sorgerà spontanea la domanda: "cos'è che spinge l'organismo pranico, manifestazione primaria dell'io ad identificarsi in una matrice fisiologica anziché in un'altra?" La forza che spinge l'organismo pranico a rimanere vincolato ad una identificazione è una forza che si chiama "karma" e che è stata molto mal capita sia nelle religioni popolari orientali, sia in Occidente a causa della pessima divulgazione che è stata fatta di questo principio. Non è che se una persona ruba il suo "spìrito" dovrà reincarnarsi in una gazza ladra o se uno truffa il suo "spirito" dovrà reincarnarsi in un avvoltoio. La legge karmica altro non è che la legge d'azione e reazione pienamente agente sia sul piano fisico sia a livello psichico. Non ha in sé nulla di religioso ma è una delle forze di natura come la

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forza di coesione o l'energia cinetica. Nessuno ha nulla in contrario che di ogni fenomeno fisico si ricerchi una causa che lo ha preceduto e generato. Questo viene definito "scientifico" e lo è, Però a molti questo atteggiamento viene a mancare quando si passa dall'ordine fisico all'ordine psìchico degli avvenimenti. La psicologia ha dimostrato che il carattere delle persone ha tre matrici differenti: I) L'educazione e le influenze dell'ambiente. II) L'eredità biologica. III) Un contributo personale. Noi possiamo vedere gemelli monovulari sviluppare nello stesso ambiente caratteri ancora più differenti tra loro che con qualsiasi altra persona. Negli animali è anche evidente tutto questo: non esistono due cani con lo stesso carattere per quanto nati dalla stessa madre nello stesso parto. La psicanalisi ha dimostrato, cosa assai importante, che il carattere effettivo di una persona è il risultato della reazione di questa all'influenza ambientale. Dunque, visto che fin dalla culla i neonati manifestano caratteri diversi, con reazioni diverse, dove si è formato questo carattere? Negli avvenimenti fetali? Ma gli avvenimenti fetali sono identici per i due gemelli, non sono sufficienti a giustificare che uno divenga Leonardo e l'altro sia un babbeo. Inoltre il carattere è la reazione agli avvenimenti e perché uno reagisca in un modo l'altro in un altro è necessario che esista già una predisposizione innata. Buddha diceva che se il carattere che si manifesta peculiare ad ogni essere non fosse formato dalla legge di causa ed effetto come tutte le altre cose, ma fosse una creazione alla nascita, sa¬rebbe da considerare un miracolo e i miracoli sono solo leggi naturali non ancora conosciute. Facciamo l'esempio limite dei bambini-prodigio. Il filosofo Fichte tenne a dodici anni un corso di ideologia kantiana all'uni-versità di Jena. Non è da tutti. Mozart a quattro anni, nessuno gli aveva ancora insegnato musica, scriveva sinfonie stilisticamente perfette, non è da tutti. Haendel a undici anni aveva già composto tre opere. Si tratta di eredità? No affatto, Beethoven era figlio di semianalfabeti, il padre alcolizzato e la madre tisica. Michelangelo a otto anni disegnava tanto bene quanto il suo maestro Ghirlandaio che aveva impiegato decenni di fatica per imparare l'arte e con la quale non aveva mai superato il suo discepolo..Leibnitz in prima elementare batteva regolarmente il maestro nel calcolo. Un giorno il maestro diede ai bimbi da sommare tutti i numeri dall'uno al cento. Essi si misero al lavoro e il maestro con loro. Leibnitz dopo cinque minuti disse: ho finito, il risultato è 5050. Il maestro non credette, fece il calcolo ed era giusto. "Come hai fatto?" disse, e Leibnitz: "semplicissimo, ho notato che 100 + 1 è identico a 99 + 2 che è identico a 98 + 3 e così vìa. Allora, visto che i termini sono 100, ho fatto 101 X 100 : 2". Aveva scoperto le progressioni a sei anni. Il decifratore dell'antico egiziano, il famosisimo archeologo Champollion a tredici anni conosceva già le lingue moderne e di sua iniziativa aveva studiato quelle antiche e non solo il latino e il greco, ma anche l'arabo, il copto, il caldeo e il cinese. Fin dai primi anni aveva avuto interesse enorme per l'oricntologia e quando nacque aveva un aspetto asiatico che poi perse con l'età. Solo la legge karmìca può dare una spiegazione di questi fatti. Ogni psiche individuale retta da un organismo pranico indistruttibile ha dietro di sé una lunga storia e ciò che è il carattere è l'effetto di ciò che è stato, la causa di ciò che sarà. Se le cose si dovessero immaginare diversamente ne verrebbero due contraddizioni: 1) che la psiche coi suoi attributi è miracolosamente nata alla nascita. 2) che le conseguenze di un atto ricadano su un altro soggetto, come un reattore che funzionando su un aereo spingesse quello che viene fabbricato dopo di lui, ossìa che "le colpe dei padri ricadono sui figli" come sostiene la bibbia o il determinismo moderno a riconferma di un'origine dogmatica e religiosa del determinismo stesso. Miracoli a parte, la legge di causa ed effetto ci porta a giustificare la natura innata della soggettività in un modo ben diverso. Così infatti hanno ragionato i creatori dell'atmavidya che hanno inventato una tecnica per poter rincorrere il "filo d'Arianna" cercando dì risvegliare quei ricordi sopiti e latenti dentro di noi che, pur restando nell'oscurità dell'inconscio, dettano la più parte delle nostre reazioni. Infatti il meccanismo del carattere è quello che ha ben studiato Sigmund Freud. Un atto occorso nell'infanzia e poi dimenticato continua ad esercitare la sua influenza tutta la vita, tanto da

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determinare malattie e stati morbosi. Una ragazza che rifiutava assolutamente di bere e che andava soggetta a disidratazione è stata curata quando si ricordò che da piccola aveva avuto un profondo senso di nausea vedendo un cagnolino bere nel suo bicchiere. Un aviatore coraggiossissimo si mise a piangere come un bambino quando restò, per un incidente banale, chiuso in un ascensore al buio. La psicoanalisi ha appurato che da piccolo era rimasto incidentalmente prigioniero di una scaloia di cartone in un momento in cui a casa non c'era nessuno. Come lo seppe smise di aver paura del buio. Tutti i nevrotici e gli psicopatici creano giustificazioni artificiali per le loro malattie, ma queste giustificazioni non li guariscono. Quando presso un analista essi ricordano la vera causa della loro ma-lattia, che solitamente è un incidente banale dell'infanzia, allora guariscono e cessano di comportarsi in modo asociale. Gli antichi studiosi hanno escogitato un metodo detto "Dhy-ana-yoga", metodo d'introspezione che permette a ciascuno di scoprire e ricordare i fatti latenti nel proprio subconscio e anche di riuscire a controllare i sogni volontariamente. Questo si-stema è stato ripreso e riportato in vita dallo psichiatra Kelsey inglese e dalla collega Grant. Il sistema però è stato oggettivizzato traducendolo da una introspezione personale ad una introspezione che il medico fa sul paziente, tramite l'uso di una tecnica che si chiama "regressione ipnotica" di cui parleremo tra poco. Prima occorre riprendere il discorso fatto sulla memoria. Noi abbiamo visto come L'RNA sìa necessario per portare i ricordi alla coscienza. Tuttavia il subconscio non dimentica mai nulla e i ricordi restano nel subconscio intatti esercitando da lì la loro influenza. Quando noi siamo a contatto con qualcosa di già visto ma dimenticato immediatamente la memoria viene a galla, Questo si verifica di fatto talvolta con dei ricordi che un individuo non può avere avuto dalla sua vita trascorsa. È il caso di bambini che per esempio ricordano lingue che non hanno mai sentito parlare. Un caso presentato anche alla TV italiana è quello di una bimba portoghese che ricordò di essere vissuta da piccola a Roma, iniziò dai primissimi anni a dire parole in italiano che al suo paese nessuno aveva mai saputo. Nominò località tipiche di Roma che solo un romano poteva conoscere. Disse di essere morta prendendo in mano una penna stilografica esplosiva come durante l'ultima guerra sono state messe per davvero. Ricordò i bombardamenti di Roma e un'inchiesta che svolse una società parapsicologica accertò che quei bombardamenti erano realmente accaduti. Questo è solo un fatto, ma diverse equipes scientifiche sono attualmente al lavoro e ne stanno documentando a centinaia. È particolarmente indicativo il fatto che i ricordi spontanei provengono quasi sempre da bimbi. Il glottologo Revesz, in un libro che parla esclusivamente del linguaggio, ricorda il caso di un ragazzo nevrotico che usava forme linguistiche tedesche che non rientravano nei dialetti co-muni: Favolosi sono i casi in cui qualcuno si mette a parlare lingue sconosciute. Una ragazza soggetta a stati catalettici, mormorava nella sua trance in una lingua sconosciuta: "I modè, modè me, Palette is chè pelìchè chè chire ne cin ti vi" significava: "Madre, madre mia, calma tutto il tuo spavento, tuo figlio ti sta vicino". Il glottologo Revesz ha catalogato persino grammaticalmente forme della lingua parlata da questa ragazza ricoverata in un ospedale che certamente non aveva l'abilità grammaticale di Zahmenhof. I pronomi personali sono per esempio: Sing. Plur. Ce nini de sin hed hed I possessivi: Sing. Plur Che bi chee be chi bee

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La 3.a singolare e plurale identica e la fisionomia di questa lingua ricordano alcune lingue mediterranee, altaiche e siberiane (la ragazza normalmente parlava francese e abitava in Svizzera). A sette mesi di età Kim Ung Yon, figlio di un professore di fisica dell'università di Seul, in Corea, sapeva già leggere e scrivere, A due anni gli è stato concesso dì andare a scuola coi bimbi di sei giacch é sapeva già l'algebra, sapeva perfettamente il cinese, il tedesco, l'inglese e aveva pubblicato un intero li-bro dì poesie. Questi sono fatti che dimostrano come a dispetto dell'RNA c'è qualcosa che nella psiche umana può ricordare e che la psiche umana di un bimbo di sette mesi ha già parecchio da ricordare. Casi come questi se ne sono registrati a centinaia, e sono sempre pochi in confronto a quelli che si potrebbero conoscere se senza pregiudizi venissero organizzate opportune ricerche in proposito. Il metodo di introspezione dell'atmavidya che Kelsey e Grant hanno permesso di rivalutare dandogli un contenuto og-gettivo costituisce un secondo metodo sperimentale per lo studio della morte che si affianca alla biologia tantrica. A dire il vero non è nuovo perché lo usavano già i greci nei Misteri e gli antichi egiziani. Esso giunge alle stesse conclusioni della biologia tantrica e degli altri ricercatori ben inteso per pura coincidenza. Tutto iniziò quando Kelsey era ufficiale medico in guerra. Le necessità rendevano prezioso l'uso dell'ipnotismo per calmare ì dolori dei feriti che l'assenza di anestetici o altro impediva di lenire. Kelsey fece le sue prime esperienze tramite Vipnodmmma, nota terapia che consìste nel far rivivere una scena drammatica in stato ipnotico. Il paziente vede se stesso e si giudica e sì confronta. Cosi per la maggior parte dei casi gli shock dovuti a violenza spariscono. Terminata la guerra Kelsey continuò a praticare I'ipnodramma anche per guarire nevrosi e psicosi. Bisogna sapere che non solo la psicoanalisi ha chiarito l'importanza dei primi anni di vita nella genesi delle malattie, ma anche che il trauma della nascita e gli avvenimenti fetali hanno la loro importanza. Kelsey sì rese conto che era possibile far regredire Ì ricordi fino al periodo fetale, in un'epoca anteriore a quella in cui si sviluppano le cellule cerebrali. A questo punto si doveva riconoscere una realtà: la psiche precede la formazione dell'organo pensante. Egli rifece completamente da solo il ragionamento tantrico: l'organismo fisico viene dai genitori, ha tutti Ì caratteri dell'eredità. Da dove viene la psiche che non è ereditaria? Decise di indagare facendo regredire i ricordi dei suoi pazienti in un'epoca anteriore a quella della nascita. Si accorse che certe volte, sempre però in una minoranza di casi, la causa di una malattia men-tale era da ricercarsi in una vita passata. Permettendo di ricordare la scena trascorsa, il malato guariva. Se la scena ricordata non fosse stata vera, sappiamo per legge psicoanalitica, il malato non sarebbe guarito. Kelsey guarì malati dichiarati incurabili, manie manifestatesi fin dalla nascita, come nessuna cura psicoanalitica e psichiatrica aveva mai saputo fare. Durante la regressione il soggetto sovente assume voce diversa e parla con la tonalità che aveva all'epoca in cui, grazie all'ipnosi, è regredito. Ecco un esempio di regressione; "Le chiesi di andare più indietro, fino ad avvertire lo stesso tipo di sensazione, Disse: — Sono proprio minuscola, mi sembra dì star coricata su qualcosa di molto soffice e bianco. Mi sento comoda, ma non del tutto, ero abituata ad essere parte di una unicità". — Le chiesi di andare ancora più indietro: — Sono nell'utero, pulsa in me e attraverso me qualcosa ... è il cuore di mia madre. Non posso vedere, non ho bocca. — Le chiesi in che posizione fosse, rispose: — arrotolata — e immediatamente prese la posizione di un feto.

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Chiamai il sovrintendente medico per mostrargli questo interessante fenomeno. Mentre lui stava guardando dissi: — al dieci lei lascerà il posto dove si trova — Al dieci inarcò il dorso e un'espressione di sofferenza apparve nei suoi lineamenti. Ordinandogli di uscire immediatamente ella iniziò a gemere per il dolore alla testa, poi disse "soffoco". Seguì un breve periodo di boccheggiamenti, singhiozzi, inframmezzati dal gridare che c'era odore di sangue". La paziente sottoposta a cura ipnotica aveva lamentato dolori e assumeva una posa particolare quando essi si manifestavano. Si trattava di dolori provocati da lesioni avute durante il parto e causate dal forcipe con cui la estrassero tirandola dalla testa. Un'altra paziente sessuofobica ricordò nettamente di aver sofferto quando era ancora feto i tentativi di aborto della madre. SÌ ricordò di una sensazione di bruciore intenso, di quando appena nata vide due persone "vestite di bianco" e la madre che urlava "non la voglio, non la voglio". La sua terapia rilevò che aveva senso di colpa di essere nata. Riportata con l'ipnosi al momento in cui veniva concepita disse: Sono una minuscola macchia, mi trovo in un piccolissimo posto, mi sono spostata in un posto più grande, l'ho toccato! Ed ora so quello che feci di male, non avrei dovuto nascere! Non avrei dovuto toccare la cosa bianca che si muoveva. Questa paziente aveva interpretato così i ricordi risvegliati intorno al suo concepimento. Uno dei casi salienti è stata la cura svolta da Kelsey ad un altro psichiatra, Clarkson, che aveva orrore delle piume di uccello. Sotto ipnosi ricordò: "Fui dato per morto in un campo di battaglia, non so dove né quando, ma il terreno è arido, la sabbia è pallida, affiorano le roccie grigie. Gli avvoltoi stanno spiando. Sei avvoltoi. Gravemente ferito posso ancora muovere le braccia. Quando le muovo gli avvoltoi saltellano un po' più lontano. Voi tornano vicino. Ora sento l'odore, iniziano a strapparmi la carne. Perché mi hanno lasciato lì a morire? Perché, perch é? Non c'è stato un amico a darmi il colpo di grazia. Perché mi hanno tradito? Quando fu detto al paziente che non l'avevano tradito, ma solo scambiato per morto tra i cadaveri si ebbe dalla sua indignazione e il giorno dopo se ne andò portandosi via un paio di fagiani e "tenendoli ben visibilmente, orgogliosamente, in mano". Il caso di una donna frigida che in regressione ipnotica ricordò di essere morta nel tentativo di abortire sentendo il suo sangue che sgocciolava man mano che le forze le venivano meno e tanti altri casi di questo genere sono indicativi dell'utilità generale che avrebbe la terapia della regressione ipnotica nella salute pubblica. Ma un'assurda reticenza dì origine superstiziosa o determinista, comunque oscuratistica, impedisce ai più di liberarsi di una concezione della morte come annullamento, contraria ad ogni legge fisica o biologica, o di una concezione della morte fondata sul dogma non dimostrato e assurdo di un intervento sovrannaturale della divinità. La morte è un fattore naturale e le leggi che governano la vita di una struttura pranica dopo la morte devono essere studiate con lo stesso spirito delle leggi che riguardano le strutture pranìche. Nel libro di Kelsey e della sua collaboratrice Grant sono narrate accuratamente molte terapie svolte con la regressione ipnotica. Il materiale su cui essi hanno lavorato è un materiale esclusivamente patologico. Ciononostante hanno messo in rilievo alcune cose che la nor-male psicoanalisi non ha saputo chiaramente spiegare, vedasi per esempio il caso del terrore istintivo verso certi animali: ragni, serpenti, insetti. Ogni persona ha solitamente la sua "bète d'horreur", la spiegazione classica è che l'uomo proietta i suoi bassi istinti su un animale che viene così a terrorizzarlo e pertanto il

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primitivo interpreta questo terrore come un potere divino dell'animale e ne fa il suo totem. Per Kelsey la spiega-zione è molto più "terra-terra": si tratta di animali che nella lunga storia dell'umanità hanno nuociuto e il cui terrore è ri-masto dimenticato a livello conscio. Molte volte l'ipnosi ha rivelato che dietro il terrore del ragno, del serpente e così via ci sono diverse morsicature e diverse morti. Prima di morire molti individui hanno una precisa sensazione di morte imminente. Poi segue uno stato di ipnosi in cui uno rivive una massa enorme di episodi della propria vita. Questo lo sì sa perché questa descrizione l'hanno fatta tutti gli annegati salvati "in extremis" per intervento medico, dopo che il loro organismo in via naturale sarebbe morto. Segue uno stato dì svenimento più o meno lungo. Se la morte interviene invece improvvisa non si ha perdita dì coscienza istantanea. Durante la Rivoluzione Francese si sono visti uomini decapitati che senza testa cercavano disperatamente di fuggire. Evidentemente l'organismo pranko non aveva fatto a tempo a distaccarsi. I fatti che noi abbiamo riportato in questo capitolo sono autentici e perciò ampiamente documentati da studiosi illustri. Il prof. Kelsey ha al suo attivo una lunga carriera medica e centinaia di guarigioni. I fatti occorsi a Beethoven, Mozart, Fichte ecc., sono riportati in qualunque biografia. I documenti della Società Medica Messicana Pedro Escobedo sono statali ed ufficiali e sono un caposaldo della parapsicologia come scienza in-vestigativa razionale. Anche le ricerche della Società Parapsicologica Turca stanno per diventare di pubblico dominio internazionale. Bisogna stare attenti però alle frodi in questo campo. La gente ha tanta paura di morire che è pronta ad accettare qualunque cosa pur di poter credere alla sopravvivenza. Ecco perché in questo campo è facile trovare dei furboni che speculano dandola da bere agli ingenui. Tempo fa è stato riportato per esempio sui giornali di una donna che avrebbe "ricordato" spontaneamente una decina di vite tra cui una che le sarebbe occorsa nella preistoria. Disse di essere stata inseguita da un grosso dinosauro all'epoca in cui gli uomini iniziavano a lavorare le prime pietre, Disse di essersela cavata per un pelo. Quando poi la portarono a visitare un museo di storia naturale sarebbe rimasta impietrita a guardare lo scheletro di un grosso dinosauro e volgendosi alla sorella che l'accompagnava le avrebbe detto emo-zionatissima: "sai, è proprio quello l'animale che mi ha inseguita!". I dinosauri sono scomparsi decine di milioni di anni fa, quando l'uomo non era ancora comparso e tanto meno poteva lavorare le prime selci. Se non fosse per questo " minuscolo" anacronismo di solo qualche decina di milioni di anni, la storia dovrebbe essere appena setacciata scientificamente solo per dimostrarsi possibile.. Da parte nostra abbiamo riportato obiettivamente il più possibile gli studi sulla morte. Pensiamo che nessuno possa accusarci dì inclinare per una ipotesi o per l'altra al di là della dimostrazione scientifica. Siamo stati duri contro le stupidaggini di ogni genere. Pronti a segnalare ciò che pur essendo stato studiato da uomini di valore non è stato dimostrato. Ci siamo attenuti ai dati acquisiti dalla scienza definitivamente. Riassumiamo perciò Ì vari punti in favore di questa teoria scientifica: 1) Delle quattro ipotesi sulla morte solo la palingenesi si accorda colla biologia senza contraddizioni. 2) Ogni organismo vivente è il prodotto dell'azione esercitata da un campo organizzatore bioplasmko sul materiale cellulare. Tale campo organizzatore non procede dai genitori ma da animali della stessa specie e sesso morti.

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3) L'evoluzione psichica non è spiegabile se non presuppo-nendo un costante assorbimento della psiche nel materiale cellulare (Huxley e Flammarìon). 4) Le qualità innate nel carattere non sono spiegabili né ereditariamente, né con l'influenza ambientale, essendo la personalità di ciascuno la reazione che il carattere fa all'ambiente e ai suoi mezzi fisico-cerebrali fin dalla nascita e già a livello fetale. 5) I ricordi spontanei di lingue che il soggetto non ha mai imparato, ovvero di lingue scomparse non sono spiegabili con ipotesi al di fuori della palingenesi (memoria psichica). 6) La regressione ipnotica può suscitare il ricordo di palingenesi trascorse e addirittura curare malattie mentali il cui seme non risale all'esistenza presente del soggetto. 7) I segni di nascita e quanto l'indagine ha messo in luce confermano vieppiù la palingenesi e danno o daranno il mezzo futuro per estendere le indagini palingenetiche su praticamente ogni individuo per il quale tale indagine necessiti. 8) L'ipnotismo sperimentale ha dimostrato come l'io possa staccarsi dall'identificazione con un organismo ed entrare provvisoriamente in simbiosi con un altro organismo. Vi basta? Vi sfidiamo a spiegare qualunque di questi otto punti senza far ricorso ad un'ipotesi palingenetica. Non sappiamo se gli argomenti citati sono sufficienti a provare o meno la palingenesi, ma di certo ci sono molti più punti a favore della palingenesi di quanti non ce ne siano a sostegno dell'ipotesi che il sistema solare è nato da una nebulosa o per tante altre teorie scientifiche. Bisogna ammettere che di fronte alla palingenesi qualunque altra dottrina sulla morte esce dal confronto a costole rotte. E così pensiamo di aver dimostrato in modo lampante come sia possibile indagare sulla morte coi mezzi scientifici. Di migliaia di trattati polverosi pieni di ragionamenti metafisici e filosofici non se n'è cavato mai nulla. Da quel medico, non troppo versato in metafisica ed in filosofia, che ingenuamente ha pesato dei morenti, se n'è cavato qualcosa e solo da gente come lui se ne caverà qualcosa. È tanto facile chiaccherare. "Dopo la morte non c'è più nulla" dice il determinista, "Dopo la morte lo spirito si risveglia alla vera realtà" gli risponde il panpsìchista. E sono tutte chiacchiere perché nessuno dei due ha dietro di sé una base sperimentale per poter affermare o soltanto presupporre qualcosa. "Tanto dopo la morte non si può indagare" pensano, "cos ì qualunque cosa si dica ve sempre bene", gli illusi! nulla sfugge alla scienza, nemmeno la morte. Sono passati i millenni, si sono accumulati ragionamenti e contraddizioni, citazioni in latino e in greco, come facevano gli allievi di Paracelso, ma il pesce non l'hanno ancora pesato. Quando lo peseranno, allora il "grande mistero" cesserà di essere tale. Dove c'è l'ignoranza ci sono sempre misteri. Dove le esperienze e il calcolo estendono la luce del raziocinio i misteri spariscono sempre. La scienza sperimentale già da un pezzo, ma proprio da un pezzo, sarebbe stata in grado di indagare sulla morte razionalmente. Detto tra noi, se questo non è stato fatto in Occidente, o meglio, se questi studi non sono stati diffusi è perché ad una concezione fideistica ereditata dal passato se ne è contrapposta un'altra sedicente materialista, che ha negato tutto ciò che sosteneva l'altra per il solo motivo che lo diceva l'altra. Essi, prima hanno costruito una dottrina filosofica e poi ne hanno dedotto una teoria sulla morte che andasse bene a tale teoria filosofica. Per fortuna i più grandi scienziati del mondo la pensano nel modo opposto. Prima fanno gli esperimenti e dopo, sulla base degli esperimenti svolti, traggono tutte le conclusioni filosofiche, se non han di meglio da fare. E dai più grandi scienziati del mondo che si sono occupati della questione è nata la dottrina della palingenesi. In questa dottrina non esiste l'aldiqua fisico e l'aldilà metafìsico, ma esi-ste solo

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un aldiqua in cui si svolgono tutti i fenomeni della natura. DÌ questo aldiqua noi percepiamo soltanto una parte. Così come fisicamente ad esempio percepiamo solo le radiazioni che vanno dal rosso al violetto. La parte della natura che non cade sotto il controllo dei nostri sensi fisici può essere percepita non appena questi vengano ampliati, o mediante una speciale preparazione come facevano gli antichi o mediante speciali strumenti che sostituiscono tale preparazione, via scelta dai moderni. Quando questo si verifica, una serie di fenomeni detti mi-steriosi, diventano chiari e trasparenti come il cristallo. Un giorno accadrà lo stesso per quanto riguarda lo studio della morte. Si riderà allora degli arzigogoli filosofici nichilisti o panpsichisti che siano, come oggi si ride delle "dimostrazioni" medioevali sull'impossibilità della terra di essere rotonda. E per concludere, sufficienti o insufficienti che siano stati gli argomenti esposti sulla dottrina della palingenesi, unica dottrina della morte sostenuta dagli scienziati, terminiamo comunque colle parole del celebre Huxley: "Solo un idiota dal cervello leggero può scartare tale dottrina". ________________________________________________________________________ ________

I PIANI DI CORRISPONDENZA Noi abbiamo visto come psiche e materia siano i due poli opposti della medesima sostanza. Abbiamo visto come l'energia pranica sia l'intermediario tra questi due poli. Abbiamo constatato come la psiche, dapprima diffusa nella materia, si individualizzi nel corso degli eventi. Una volta individualizzatasi è costretta ad evolversi ed evolvendosi permette anche alla specie che l'ha emessa di sopravvivere. Nel corso della sua evoluzione la psiche aumenta man mano le sue facoltà. Essa attraversa perciò diversi stadi. Questi stadi si chiamano, nella terminologia orientale, "piani di corrispondenza ". Naturalmente non è che questi livelli di evoluzione siano separati l'uno dall'altro. Sono una continuità unica. Il termine piano di corrispondenza o livello di corrispondenza è perciò convenzionale, così come è convenzionale il loro numero. Le varie scuole hanno codificato i livelli evolutivi in tre piani o in cinque o in sette, a seconda della loro precisione. Noi descriveremo questi piani di evoluzione della psiche, ossia i vari stadi mentali che la psiche attraversa nel corso della sua individualizzazione. Ci atterremo alla codificazione di Pa-tanjali, il codificatore del sistema Yoga. Moltissimi hanno sentito parlare del famoso sistema Yoga di Patanjali e degli otto scalini che lo Yogìn deve percorrere. Ora noi daremo qualche notizia in proposito, un po' più precisa, speriamo, di quanto non si riesca a saperne sfogliando i comuni libri di filosofia orientale. Gli otto scalini dello Yogin non rappresentano altro che la padronanza delle facoltà acquisite durante l'evoluzione del vivente, suddivisa in sette stadi. L'ottavo scalino corrisponde alla dissoluzione dell'individualità. I primi sette scalini invece rappresentano le varie tappe evolutive dell'uomo. Nel sistema di Patanjali si tratta dì svegliare le facoltà un tempo possedute dall'uomo, negli stadi inferiori di evoluzione e suscitare le facoltà embrionali dell'evoluzione futura. Queste si manifestano sporadicamente in individui eccezionali, ma lo yogìn serio deve farlo coscientemente e spontaneamente. I sette livelli sono detti "di corrispondenza" perché, come abbiamo detto, la

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corrispon-denza psicomateriale è assoluta, sìa per i poli opposti della medesima sostanza, sia per tutti gli stadi intermediari che sono appunto i vari "piani". I sette livelli portano nomi esotici, ma non si tarderà a ca-pire che tali nomi sono pienamente giustificati. 1 Stadio: Mente minerale. 2. Stadio: Mente cellulare. 3. Stadio: Mente vegetale. 4. Stadio: Mente animale. 5. Stadio: Mente logica (stadio attuale dell'evoluzione umana). 6. Stadio: Mente sottile. 7. Stadio: Mente enstatica. Questi stadi rappresentano i vari livelli di individualizzazione della psiche stessa. Prima di procedere oltre a descrivere i vari stadi evolutivi diamo una sguardo al meccanismo evolutivo secondo Patmavidya. Abbiamo visto che a differenza dell'evoluzione della specie, l'evoluzione del singolo non è dovuta a fattori ambientali, ma alla legge universalmente valida della conseguenza: karma. Ora vedremo in che consiste dal punto di vista fisico-meccanico tale legge. Tra le varie differenze che intercorrono fra un organismo vivente e un automatismo, almeno finché la scienza e la tecnica non saranno in grado di costruire automi vivi, che in tal caso non sarebbero più nemmeno automi, c'è questa: un automatismo ha soltanto reazioni passive, un organismo ha reazioni attive. Una macchina nei punti di maggiore uso e sforzo sì consuma e si indebolisce, contrariamente all'organismo che net punti di maggiore uso si rinforza. In un'automobile costretta a frenare continuamente, i freni si consumano e divengono inutilizzabili. Un uomo costretto ad usare le gambe per pedalare, svilupperà i muscoli delle gambe che saranno la parte più forte del corpo. La ragione di tutto questo è da ricercarsi, oramai il lettore lo avrà capito, nell'azione bioplasmica della struttura organica. II corpo bioplasmìco per dirla coi russi, o la "strututra pranica" per dirla cogli indiani sviluppa di più le cellule che l'individuo ha bisogno di usare. Dunque se gli scienziati vorranno ricostruire in laboratorio degli individui viventi complessi dovranno procurare di costruire oltreché i loro organismi fisiologici, anche i loro organismi pranici. I propri atti e le proprie esigenze modificano, sen2a che l'individuo se ne accorga, il proprio organismo in favore del com-pimento di tali atti e della soddisfazione di tali esigenze. E non solo questo accade a livello di azioni fisiche ma anche a livello di azioni psichiche. La primissima cosa di cui si sono accorti gli scienziati sovietici che hanno lavorato colla camera Kirlian è stata la constatazione che la colorazione dell'organismo pranico, ossia le sostanze pranìche che contiene, mutano in relazione al mutare dello stato psicologico del soggetto. I cinesi hanno una tecnica dì medicina, la cromoterapia, che si fonda su questa osservazione. Lo svolgimento di un lavoro fisico od intellettuale, si noti che le scienze orientali non fanno alcuna differenza tra i due generi di lavori, richiedono all'organismo pranico di assorbire una certa sostanza anziché un altra. L'organismo pranico di un lottatore è assai diverso da quello di una ballerina. Ora l'organismo pranico riesce a modificare l'organismo fisico già formato. Immaginate la sua azione e la sua influenza a livello fetale. In altre parole le predisposizioni innate si manifestano grazie a questo meccanismo. Un individuo che ha studiato molta matematica si trova predisposto ad un genere dì lavoro, a cui non è predisposto quello che ha preferito esercitarsi nella musica. Tutto il suo organismo, si svilupperà conformemente. Analogamente sarà per i desideri e per le repulsioni.

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Quando ad un individuo piace bere in realtà non è coll'organismo cellulare che beve, beve colla psiche. L'organismo cellulare sente solo male dall'atto di bere eccessivamente, reagisce con nausee e con mal di testa. La sede della sensibilità è la struttura bioplasmica, è in questa sede che l'individuo gusta il liquore. La struttura bioplasmica è indistruttibile e perciò non si ammala, ma fa nascere una sorta di contraddizione tra l'organismo fisico che viene sempre più danneggiato dall'alcool e la struttura bioplasmica che invece ne richiede sempre dì più. Anche questa è una reazione attiva. Invece di essere soddi-sfatto, man mano che beve l'organismo vivente richiede di bere sempre di più. Tutto questo modifica l'organismo pranico che a sua volta tenderà sempre maggiormente a bere. In cambio resteranno atrofizzate una serie di facoltà che potevano essere sviluppate. L'influenza fetale di tale organismo pranico sarà una predisposizione per le allucinazioni, l'ira, l'impulsività e tutto il cesto a detrimento dell'intelligenza, la prontezza di riflessi e così via. In altre parole anche se un individuo muore prima di avere raccolto il frutto positivo o negativo degli atti, con un altro organismo fisiologico tali frutti saranno raccolti. Così come si semina sarà il raccolto. Questo non per interventi superiori, ma a causa di quelle legge per cui chi sì getta dal burrone cade e chi scala la montagna sale. A questo punto abbiamo introdotto il problema etico. Le scienze orientali sostengono che non esiste il male ed il bene, ma solo errori e migliori apprezzamenti. Quello che è bene per uno è male per l'altro. Una lunga partita a scacchi, fonte di gioia per uno, può essere una noia terribile, con conseguente mal di testa per l'altro. La medicina che fa bene all'uno fa male all'altro. L'usanza che è ottima in una nazione, in un'altra può essere deleteria. Esisteva una tribù in cui tutu gli uomini formavano un unico matrimonio colle donne tutte. I bimbi nascevano senza che nemmeno si sapesse chi ne era il padre. Una situazione che da noi è solitamente dolorosa. Ma quando si obbligò questa gente al matrimonio monogamico, ne conseguì la distruzione della tribù. Il motivo di tale forma matrimoniale era il fatto che la vita, estremamente precaria della zona, aveva obbligato a poco a poco quella gente ad allevare i figli in comune, cosicché se ad un bimbo fossero morti i genitori aveva una famìglia che continuava con tutti gli altri. Dopo l'introduzione del matrimonio monogamico sono morti di fame un sacco di bimbi. Ciò che poteva essere utile in una società agricola, in cui le famiglie chiuse ereditano il campo dì generazione in generazione è stato disastroso altrove. Come si fa a credere al bene ed al male assoluto? Bene e male sono relativi da specie a specie, da zona a zona, da individuo ad individuo. A livello oggettivo bene e male non possono esistere. Possono esistere invece, anzi esistono, a livello soggettivo. Una macchina non si dispiace affatto di essere smontata. Un uomo sente male nell'essere colpito o tagliato. Ora questo male o bene che sente, non sta nella materia formante il suo corpo che non è conscia dì sé, ma sta nel come la sua psiche interpreta il danno portato al suo organismo. In stato d'ipnosi l'individuo può non sentire alcun male, tant'è che si fanno fior d'operazioni in stato d'ipnosi. Il male ed il bene soggettivi non sono esplicati a livello conscio, ma a livello inconscio. Un bimbo non ancora cosciente di sé, sente lo stesso male di un adulto. Questa constatazione che le funzioni di bene e di male della psiche siano esplicate a livello inconscio deve essere tenuta nella massima considerazione. Sono esistiti casi, ben noti a tutti, di gente che uscendo dalla loro cultura tradizionale hanno approfittato per mangiare cibi che presso di loro erano considerati tabù. Talvolta ne è conseguita persino la morte. Altre volte ne è conseguita indigestione, disturbi, nausee, diarrea, vomito. È notorio il caso m gente che per sopravvivere avrebbe dovuto mangiare carne umana e che però non ha trovato la forza per farlo. Altri hanno trovato la forza (è accaduto di recente) dopo aver cercato lungamente giustificazioni di carattere religioso. Recentemente un aereo con una squadra di

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studenti sportivi a bordo si è schiantato nelle Ande. I sopravvissuti sono stati costretti a mangiare la carne dei loro compagni che erano morti per primi. Al loro ritorno, di fronte allo scalpore che il loro gesto ha suscitato nel mondo si sono giustificati dicendo: "Anche Gesù ha delio: "mangiate questo è il mio corpo". È chiaro che Gesù non era la vera giustificazione. La giustificazione vera era la fame. I cannibali della Papuasia mangiano allegramente gli uomini, le donne e i bambini. Non fanno indigestione e hanno mille raffinatezze culinarie in proposito. La carne di vecchio è frollata e piace a chi non ha denti sani. La carne di bambino è insipida. La carne di giovane robusto è coriacea. Le orecchie si sgranocchiano come "chewingum". Il cervello umano appena estratto è considerato una delizia. In certi ristoranti malesi quest'abitudine si è trasformata nell'usanza di spaccare la testa ed estrarre il cervello ad una scimmietta, davanti al cliente che si diverte un mondo, mentre l'europeo è colto da nausea e svenimenti e non riesce a proseguire il pasto avendo assistito a tale scena. Questi esempi dimostrano come le reazioni psicosomatiche delle persone al male ed al bene non siano conscie, ma inconscie. Il cannibale mangia e uccide allegramente perché è convìnto fin nel suo inconscio di far bene, mentre l'europeo è convinto che fa del male. Il punto è questo: con giustificazioni dialettiche, discorsive, uno può tentare a livello conscio di convincersi che un'azione che sente malvagia sia buona, ma il suo subconscio non lo può ingannare. Il subconscio è precisamente ciò che governa l'organismo bioplasmico che a sua volta influisce sul corpo o sul feto. È lo stesso procedimento che fa venire il mal di cuore psicosomatico, la cecit à, la sordità, il cancro psicosomatico. Per quanto a livello conscio il soggetto dica: "non ho fatto nulla", oppure "ho fatto bene", il subconscio reputa male o reputa bene le azioni e di conseguenza agisce sull'organismo a livello psico-somatico. All'inconscio giudizio che ciascuno fa dì sé non si sfugge. Il subconscio si vendica nella misura con cui ritiene di doversi punire. Abbiamo già visto a suo tempo come, con lo stesso procedimento della stigmatizzazione, ossia attraverso l'in-termediario bioplasmico, il subcosciente infliggesse punizioni dolorose a quella ragazza romena, che non aveva fatto nulla di male, ma che inconsciamente reputava di aver fatto del male. Non è a caso che Champolin o Leibnitz o Mozart fino dai primissimi anni sapevano fare cose giudicate assolutamente impossibili per tutti gli altri. Non sarà certo per caso che alcuni nascono idioti, storpiati, oligofrenici, focomelici quando anche non esiste causa ereditaria o quando nemmeno possa esserci. Ora l'influenza si arresta, non colla morte, che l'organismo bioplasmico non muore, ma con l'esaurimento del senso dì colpa che non è controllabile consciamente. In altre parole si verifica "l'occhio per occhio, dente per dente". Gli studi fatti dal Dr. Resat Bayer hanno mostrato con estrema evidenza come l'individuo che nasce si porti dietro tutti i suoi pensieri ed atti. Ugualmente accade nel caso di suicidio, quando questo suicidio è dovuto al voler sottrarsi alle conseguenze dei propri gesti. Le predisposizioni restano e queste predisposizioni riportano la persona nella stessa situazione di prima, non potendo minimamente evitare gli stessi errori, avendo essa totalmente perso memoria, come ha rilevato anche il Dr. Kelsey. Cosi l'organismo vivente ha sempre la sua reazione attiva. Il bene gli porta bene, il male gli porta male. Meglio, un atto porta atti simili, che se la persona considera buoni, gli portano bene, se li considera male, male. A chi piace la tempesta, si può consigliare di seminare il vento. Queste teorie seguono un filo logico che in questi ultimi tempi sta per essere sempre più verificato scientificamente. In generale chi le respinge a priori è gente che ha paura di dover essere messa d'innanzi alle proprie responsabilità, sia che ne debba rendere conto ad una giustizia divina,

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sia che ne debba rendere conto alla legge di causa ed effetto operante sul piano fisico, come sul piano psichico. La maggior parte delle filosofie occidentali sono da donnic-ciola, filosofie smidollate che tendono a deresponsabilizzare le persone. Uno nasce idiota? È colpa della materia, colpa del caso (che non esiste), colpa della società, colpa degli astri oppure è l'insondabile volontà di Dio, Le filosofie orientali invece sono filosofie dure, senza sala-melecchi per nessuno. Ciascuno è causa della fortuna e della sua sfortuna anche se apparentemente interviene la morte a togliere le conseguenze dei suoi gesti. Tutto sommato questa visione orientale dell'universo è più logica che non quella occidentale dì un mondo che va avanti per eventi miracolosi, come il fatto che nasca un Beethoven, capace di comporre sinfonie completamente sordo, senza che in tanta abilità vi sìa una causa. È anche più logico di un mondo in cui la "giustizia" viene assicurata dall'intervento di una divinità gelosa, crudele e vendicativa al punto di dare punizioni infinitamente sproporzionate alle colpe, assurda in modo da dare premi infinitamente sproporzionati ai meriti. Illogica da punire e premiare ciò che prima di creare sapeva già come sarebbe andato a finire. Nella visione orientale tutto è regolato dalla legge di causa ed effetto operante nella psiche come nella materia. Gli esperimenti della Camera Kirlian e tante altre osservazioni inclinano per quest'ultima visione. Come la sostanza fisica influisce sulla sostanza psichica tramite l'intermediario bìoplasm ìco e sì fa percepire come sensazione, così la sostanza psichica tramite l'intermediario bioplasmico influisce sulla sostanza fisica determinando degli efletti. Questi effetti possono essere utili o dannosi, ma sono la conseguenza dello stato mentale. A questo proposito bisogna ribadire come non sono gli atti che determinano qualcosa, ma l'interpretazione psichica degli atti reali o immaginari. Il desiderio di bere ha gli stessi effetti bioplasmicì dell'atto reale di bere l'alcool, e così via. Se ci pensiamo bene, vediamo subito che dal punto di vista psichico chi non uccide perché non può farlo ha lo stesso demerito come chi lo ha fatto per davvero. Così chi non studia per¬ché non può farlo, è psichicamente tanto meritevole come chi ha potuto farlo. Naturalmente non si sente colpevole chi uccide per non averne potuto fare a meno e così via. La psiche soltanto può apportare delle modifiche alla struttura pranica e nessun agente fisico può influirvi, L'atmavidya quindi sostiene che nessun atto può determinare degli effetti psicosomatici, ma soltanto lo stato mentale che accompagna gli atti, sia quelli reali sia quelli che sarebbero stati reali se ciò fosse dipeso dalla volontà dell'individuo. In altre parole l'aver desiderio di uccidere e non farlo per paura del carcere o di andare all'inferno ha gli stessi effetti reali dell'averlo fatto. Perché la scelta contraria non è dovuta alla volontà, ma ad una coercizione esterna indipendente dalla volontà. La volontà sarebbe stata quella di uccidere, lo stato mentale era quello e la struttura bioplasmica riflette fedelmente lo stato mentale reale. Le conseguenze saranno quelle corrispon¬denti, in bene o in male, finché lo stato mentale non muterà. Gli effetti di uno stato mentale potranno andare avanti per dieci o cento, mille palingenesi fino a che gli effetti non si saranno esauriti e sfogati totalmente. Negli animali, non essendovi raziocinio, tutto questo non c'è ancora, ma al suo luogo esiste la conseguenza dell'azzardo. Animali di una certa specie possono reagire ad una situazione in un certo modo. Altri animali della stessa specie che vivono in un altro branco, di fronte alla stessa situazione potrebbero reagire in un altro modo. Se entrambi i modi sono riusciti utili i due branchi tenderanno a ripetere la cosa dì fronte ad una simile evenienza. Di fronte ad un animale più grosso certi potrebbero aver reagito colla fuga, altri con l'attacco. A lungo andare questo diverso comportamento potrebbe condurre selettivamente a determinare due specie addirittura differenti.

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Così se fin dall'inizio tutto questo non fosse accaduto, l'evoluzione sarebbe andata di pari passo su tutta la terra e non avremmo ora che una sola specie omogenea, anziché specie più dotate in mezzi fisici, altre più dotate nell'intelligenza, certe paurose, certe coraggiose e cosi via. Abbiamo spiegato come, a detta dell'atmavidya, si progredisce o si regredisce. Ora passiamo a descrivere i vari stadi evolutivi.

LA MENTE MINERALE

Poco più di dieci anni fa si svolse un esperimento nei laboratori biologici che impressionò profondamente il mondo della cultura. Degli scienziati presero una sostanza vivente, il mo-saico del tabacco, la suddivisero nei suoi componenti, due sostanze completamente inerti. Poi rim ìsero di nuovo assieme queste due sostanze e di nuovo si riottenne la sostanza vivente. Le due sostanze che costituiscono questa sostanza vivente non si riproducono, non fuggono, non attaccano, non si conservano, non dimostrano nessuna vitalità. Però questa vitalità è evidentemente latente in essi. Non appena vengono composte assieme accade l'autosintesi. Le due sostanze subiscono immediatamente un iniziale processo di individualizzazione. Ne viene fuori un essere vivo che tende a conservarsi. Nessuna delle due sostanze che compongono il mosaico del tabacco ha la facoltà psichica di voler sopravvivere. Ma l'unione di queste due sostanze permette a questa facoltà di manifestarsi. Prima essa era latente nella sostanza inorganica. Questo esperimento comprova come la psiche diffusa nella materia inerte, emerga in una combinazione adatta. Gli scienziati hanno indagato la psichicità della materia inerte. Il primo che ha fatto gli esperimenti necessari è stato il fisico indiano Bose, premio Nobel, Questo perché dietro di luì esisteva una cultura che da sempre ha sostenuto il princìpio che la psiche è immanente alla materia. Bose sottoponeva i metalli all'influenza degli anestetici. Constatava come essi perdessero ogni lucentezza e subissero una serie di modificazioni che non si spiegavano chimicamente o fisicamente in quanto l'a-nestetico non entrava in combinazione col metallo, né accadeva alcun altro fenomeno di ordine chimico o fisico. Pareva che il metallo si addormentasse. Bose è stato un genio, non era certo l'uomo che non co-noscesse la fisica, visto che per essa ha ricevuto il premio Nobel. La sua opera è stata dedicata a scoprire lo psichismo più rudimentale che esista. Lo psichismo non individualizzato e diffuso nella materia stessa inorganica. È appunto tale psichismo che si manifesta nel corso degli eventi naturali individualizzandosi. Le manifestazioni psichiche della materia sono molteplici e si manifestano violando il determinismo delle leggi meccaniche in un modo non ancora diretto ad un fine, Se la teoria dei "tachioni" è giusta saremmo in presenza del più piccolo essere vivente finora conosciuto. I tachioni sono delle particelle nucleari minutissime, hanno caratteristiche tali da farli presupporre come viventi, perché essi al posto di venire mossi da una causa passata sembrano attirati da una causa futura. Infatti essi muovendosi ad una velocit à superiore alla velocità della luce giungono a destinazione "prima" di essere partiti. Come si sa la relatività di Einstein ha dimostrato che se un corpo superasse la velocit à della luce giungerebbe a destinazione prima di essere partito, Se questo si realizza significa che la causa che ha mosso i tachioni è da collocarsi nel tempo, dopo che il tachione si è mosso ed esso risulta mosso da una causa finale anziché iniziale, caratteristica questa dei soli viventi. Diversi scienziati hanno scritto parecchio sui tachioni. Scienza antica e moderna dunque si fondono. La vita è diffusa dappertutto e si individualizza. Ma non v'è affatto bisogno dell'elemento carbonio perché essa si manifesti in assoluto, Sensazioni nella mente

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minerale non possono esìstere, per il semplice motivo che non esiste l'individuo che le rende proprie, ossia che le prova.

LA MENTE CELLULARE

Il livello appena successivo a quello della psiche minerale è la psiche cellulare. La cellula è il primo essere vivente con una sua individualità, Ma è una individualità diffusa a tutte le cellule che provengono da una sola matrice, che si diffonde moltiplicandosi all'infinito. Oggi sono state scoperte forme di vita cellulare non riunite dentro un'unica massa chiusa, ma diffuse. La parte vivente della cellula è costituita dai cromosomi. I virus sono come dei cromosoni non riuniti, *na diffusi. Una specie di virus è un nucleo cellulare diffuso in tutta la terra. Gli ultravirus sono una forma di vita ancora più minerale. Nel corso dell'evoluzione i primi individui semplicissimi si sono riuniti dapprima in cellule. Le individualità di questo genere sono tanto più tenui e diffuse quanto più gli organismi presi in considerazione sono elementari, All'inizio la vita era a questo livello, poi sì è organizzata in cellule e quindi nei primi vegetali. La mente cellulare ha delle sensazioni. E questo è comprovato dal fatto che noi perdiamo la sensibilità locale del nostro corpo quando le cellule di quella parte del nostro corpo muoiono. Noi siamo in simbiosi con quelle cellule e perciò sentiamo come nostre le loro sensazioni. In realtà sono sensazioni nostre e della specie, salvo che la specie si estenda a tutti gli altri individui dell'umanità. Sensazioni terribili per un solo indivi-duo, nella vita delle specie sono fuse assieme alle sensazioni di tutti gli altri individui. Nella mente cellulare le sensazioni non possono essere suddivise in gruppi per organo. Abbiamo già parlato degli studi di Huxley in proposito. Le cellule di un organismo specializzate a percepire, a pensare e così via sono nate col passare del tempo. Inizialmente queste specializzazioni non esistevano e le cellule avevano tutti gli archetipi delle sensazioni future mescolati assieme, compreso il pensiero, perché anche le cellule del cervello sono soltanto specializzazioni di facoltà cellulari che esistevano m embrione. Perciò la mente cellulare è un individuo diffuso a tutta la specie, con sensazioni di tutti i generi svolte contemporaneamente. Differenza tra il momento della percezione, della riflessione e della decisione come nella psiche individualizzata non esiste ancora, tutto è contemporaneo.

LA MENTE VEGETALE

Il regno vegetale è caratterizzato da fenomeni che sono l'esatto opposto di quelli che si verificano nel regno animale. Nel regno animale assistiamo a degli individui cellulari che emettono organi di sopravvivenza rappresentati dalle psichi individuali dei vari animali. Nel regno vegetale assistiamo al fenomeno contrario. Individui diversi ad un grado più o meno elevato di organizzazione evolutiva entrano in simbiosi tra loro e tendono a divenire un organismo unico. È il caso già citato dell'alga e del muschio, che formano in simbiosi una specie unica. Si tratta di una simbiosi perfetta,

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Altre simbiosi sono meno perfette, sovente si estendono al regno animale. Questa volta è il caso del calabrone e del trifoglio. Il trifoglio è un alimento indispensabile al calabrone che però porta il polline del trifoglio assicurandogli la riproduzione. Le manifestazioni di qualche singola pianta le abbiamo già riportate. Le manifestazioni di tutte le specie non possiamo riportarle, salvo quanto abbiamo segnalato della tendenza del regno vegetale di rifondere la psiche individuale in un individuo unico sempre più complesso. La psiche della pianta è una psiche lentissima nei suoi movimenti e l'individualità è diffusa a tutta la specie. Se per esempio tagliate una talea di geranio e la piantate, nascerà un altro geranio che è la continuazione del primo. Dall'inizio, dal primo geranio che si è individuato come specie ad oggi è sempre lo stesso individuo; la stessa psiche che si diffonde in tutto il globo. Per le altre piante è lo stesso di-scorso. Quindi lo studio dello psichismo vegetale è uno studio difficile perché si dovrebbero vedere a distanza di millenni e millenni le sue manifestazioni.

LA MENTE ANIMALE

La mente animale è l'evoluzione della mente vegetale, ma con questo non sì deve intendere che il regno animale derivi da quello vegetale. Semplicemente la psiche animale ai suoi albori è del tutto vegetativa. Gli animali più semplice quali lo zooplancton e parecchi altri non sono nemmeno distinguibili dalle piante. Esistono delle sorte di cespugli mobili nel mare che sono animali aggrovigliati. Si distinguono ben poco dalle piante carnivore e da altre piante che hanno invece la peculiarità di muoversi. Quando si parla però di mente animale si deve intendere la caratteristica evoluzione che ha preso il regno animale. Il regno vegetale è un'evoluzione oramai a sé stante che prosegue per conto proprio. La caratteristica saliente dell'evoluzione animale è, ne abbiamo già parlato, la specializzazione dei sensi. Dal primitivo senso indifferenziato della cellula si è sepa-rato l'olfatto come senso a sé, secondo l'atmavidya. La biologia moderna conferma che i processi di ossidazione, archetipi della respirazione, non mancano presso nessuna cellula. Possono invece mancare addirittura i processi archetipi della digestione, come succede in specie microorganiche che vivono nell'aria. II secondo senso che si è sviluppato a sé stante secondo l'atmavidya è stato il gusto derivato dal precedente. È inutile insistere sulle affinità tra odorato e gusto. Questo senso è collegato con i processi assimilativi. Segue il tatto termico e il tatto della pressione. Il primo sembra sia da collegare con l'abbassamento della temperatura marina che ha reso necessaria la discriminazione della temperatura; il secondo con la prima divisione, ancora a livello di microorganismi, tra animali e piante, allorché i primi hanno iniziato a nutrirsi dei secondi, Con l'inizio dei veri e propri animali organizzati si ebbe lo sviluppo dei sensi dell'udito e della vista. L'udito sembra derivato dal tatto della pressione, mentre la vista dal tatto del calore. L'udito percepisce la pressione delle onde d'aria sulla membrana dell'orecchio, mentre la vista percepisce differenze di energia radiante sulla retina. Inizialmente non esisteva la percezione del colore, Questa deriva da un aumento della sensibilità della retina. Quando la retina è eccitata del tutto si percepisce il bianco, quando è del tutto oscura si percepisce il nero. Tra il bianco ed il nero tutti gli altri colori. Infatti se voi guardate un colore con intensità e poi staccate lo sguardo

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fissandolo su un drappo incolore vedrete il colore complementare. Percepite ossìa tutto il resto della parte della retina non ancora impressionata. Negli animali però la retina può anche essere più sviluppata che nell'uomo. Nell'uomo la percezione va dal rosso al violetto, nel gatto per esempio si estende fino all'infrarosso. Gli astronauti hanno dichiarato che sovente nello spazio si percepiscono colorì che non è possibile vedere sulla terra. La percezione delle sensazioni in gruppi distinti e la loro relativa memoria permette agli animali il pensiero intellettivo. Un animale pensa per immagini sensoriali. Ogni evento viene immediatamente messo accanto ad un analogo evento ricordato. Gruppi di avvenimenti vengono ricordati assieme. Per questo l'animale che sentendo un rumore ricorda che quando ha sentito quel rumore immediatamente dopo è accaduto qualcosa di male, subito scapperà. Se si ricorda che è successo qualcosa di bello, immediatamente si avvicinerà. Se quell'avvenimento è associato al bello ed al brutto, l'animale sarà sospeso e in apprensione. Se la cosa è nuova egli la osserverà attentamente per sapere a cosa consegue e a cosa dà origine. Se tutto si svolge senza apportargli né piacere né dolore si disinteresserà alla cosa e non farà più altro. È inutile dire che anche l'uomo nei primi anni di vita ragiona cosi. Ma l'uomo ha saputo evolversi oltre questo stadio e ha sviluppato il pensiero logico. L'individualizzazione della psiche è graduale. Negli animali inferiori è appena abbozzata. La specie che ha interessi sovente contrastanti con quelli dell'individuo, come il ragno che si fa mangiare dalla femmina dopo essersi accoppiato per la prima 0 l'ultima volta, non agisce nel suo interesse. In quel momento la sua individualità è neutralizzata dalla individualità più forte della specie. Man mano che si sale la scala evolutiva l'individualità del singolo diventa più forte. Nei mammiferi sì arriva anche ad uno spiccato carattere individuale. Nell'uomo si realizza lo stato di cose opposto. Può essere addirittura l'individuo che agisce contro la specie. Perch é nell'uomo l'individualità ha raggiunto il massimo della forza.

LA MENTE LOGICA

Descrivere a fondo le leggi della mente logica occuperebbe un trattato a sé stante. Esiste una scienza in India che si occupa di questo e si chiama Nyaya. Diremo perciò qualche parola soltanto di questo "piano" di realtà in cui si trova l'umanità intera oggi, La mente logica è costituita da una facoltà che negli animali non si riscontra che in casi particolari così come in casi particolari può non riscontrarsi nell'uomo: il raziocinio. Il raziocinio consiste in questo: sostituire alle immagini sensoriali della memoria i simboli del linguaggio. Poi ragionare esclusivamente con questi simboli. Così quando diciamo "mi è venuta un'idea" vuol dire che ci è venuta in mente una combi-nazione di parole, (Kerneiz). Le leggi che governano le combinazioni dì parole costitui-scono la logica. Partiamo nella nostra esposizione dalla parola. La parola comune è un'immagine sensoriale alla quale manca qualche particolare. Facciamo un esempio, quando io dico "Cane", non vuol dire questo o quel cane, ma qualsiasi cane. Ossia io ho levato da uno o più cani particolari che ricordo la caratteristica della loro individualità personale, Così riesco a designare tutti i cani. Quando dico casa, vuol dire non quella o questa casa, ma qualunque casa. Ho tolto in questo caso alle case che la mia memoria ricorda ogni determinazione di tempo e di spazio. Con questo ho

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ricavato un simbolo che vale per tutte le case del pre-sente, del passato e del futuro ovunque si trovino. Quando l'uomo ha dovuto non solo designare oggetti ricordati, ma anche indicare cose nuove che aveva in testa, ha dovuto creare dei simboli. Per crearli doveva per forza riferirsi a qualcosa che entrasse nella sua esperienza. Ma ha dovuto togliere a questo qualcosa un particolare in modo che si adat-tasse ad un numero maggiore di oggetti. La paleolinguistica ha rivelato che inizialmente i nomi erano soltanto propri, poi è nata la capacità di astrarre dal nome proprio una caratteristica e di far indicare ad una parola solo quella caratteristica. Cosi usando quei simboli, ciascuno indicante una caratteristica, si possono ottenere idee del tutto nuove. Ora veniamo alla logica. La logica è una serie di leggi che governano Tatto della combinazione dei simboli. Noi possiamo dire: "Il cane è un animale", ma non possiamo dire: "l'animale è un cane". La logica lo impedisce. Ve-dendo un cane, poi un gatto, poi un leone si è astratto un sim-bolo che indica una caratteristica di tutti loro. La capacità di muoversi, di essere animati. Quindi l'esperienza esclude la frase "l'animale è un cane" perché ha dimostrato che esistono altri animali oltre al cane. Perché la stessa parola animale è nata storicamente in seguito a questa osservazione. La logica non è innata nell'uomo per un particolare privilegio, ma è nata con l'accumulazione di esperienze particolari. La prova di questo si può avere nel fatto che se un bimbo non impara a parlare tra l'uno e i sette anni, non impara più. La logica, nata con l'esperienza, serve ad immaginare gli effetti delle cose. Così l'uomo è divenuto l'animale che ha avuto il controllo sulla materia e la maggior previdibilità del futuro. La logica cerca infatti di imitare il più possibile l'andamento delle cose. "Gli uomini sono mortali Socrate è un uomo Socrate è mortale". Tutto dipende da l'aver visto per - esperienza sensoriale diretta: che gli uomini muoiono, che Socrate è un uomo. Solo dopo si può far della logica. Così come a loro volta i sensi si sono sviluppati dopo la percezione indifferenziata e questa dopo l'emersione della psiche dall'impersonale. Che la logica non sia innata, ma sia solo un'esperienza soggetta a tutti i limiti dell'esperienza, lo si vede quando le leggi di natura si comportano in modo "illogico". È assurdo dire che la natura si comporti illogicamente, è l'uomo che non ha ancora schemi logici in cui inserire certi fenomeni. Per esempio: "forti dosi di sostanze ottengono effetti più forti, dunque una dose più forte di medicina avrà un efletto più forte sull'organismo". Nella medicina omeopatica accade il contrario. Non è la natura che è illogica, è la logica umana che non è ancora in grado di rappresentare tutti i fenomeni linguisticamente.

LA MENTE "SOTTILE" ED "ENSTATICA"

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Se potuto avere fin da oggi non si manifestassero sporadicamente i presagì dell'evoluzione futura non si sarebbe alcun mezzo per conoscere ciò che è al di là della logica ed avremmo creduto che la mente logica fosse il massimo grado di sviluppo della mente umana. Invece fin dall'antichità si sono prodotti fenomeni psichici che han fatto presentire che qualche cosa al di là della logica esiste ancora. Anzi gli studiosi antichi si sono dati la pena di escogitare gli strumenti di allenamento per giungere a questi livelli superiori. La parapsicologia occidentale mettendo tutti i fenomeni della psiche inconsueti un'unica categoria crea una grande confusione perché confonde doti psichiche che si manifestano raramente sullo stesso piano. Tra queste invece vi sono i rimasugli di qualità trascorse, che appartennero al passato dell'uomo. Altre appartengono al suo futuro. L'atmavidya che finora abbiamo esposto come una scienza delle cause ora sì trasforma in una scienza dei fini. La differenza che esiste tra le scienze occidentali ed orientali è proprio questa: le scienze orientali sono scienze dei fini. Così in Occidente si conosce un gran numero di cause, ma in generale la gente non sa come utilizzarle per diventare più felice. In Oriente invece si conoscono i fini, ossia si conosce in che modo comportarsi e a cosa mirare per diventare più felici e svilupparsi accelerando ed impadronendosi della propria evo-luzione. Finché l'uomo non aveva raggiunto la mente logica si evolveva casualmente. Dacché la logica sì è sviluppata l'uomo stesso può divenire il padrone della propria evoluzione e della propria storia, a condizione che sappia dove deve andare, viceversa sa-rebbe come scorazzare senza meta con un'automobile potentissima. È quanto accade in Occidente. Sovente però una fuori serie guidata da un padrone che non conosce la strada arriva dopo un carretto tirato a mano. L'atmavidya diventa d'ora in poi l'esplorazione di ciò che attende all'umanità. ________________________________________________________________________________

AL DI LA' DELLA LOGICA I fatti che stiamo per descrivere sono talmente meravigliosi e talmente fuori dal comune che non saremmo creduti e saremmo tacciati di falso se non avessimo fortunatamente modo di citare le fonti d'informazione che sono ufficiali. Si tratta degli esperimenti svolti alla Società Medica Fedro Escobedo messicana, in seguito ripresi da altri ricercatori e da altri istituti di ricerca quali l'università di Utrecht, la Psa di Londra e così via. A questo tipo di fatti appartengono anche alcune delle prestazioni dell'ormai famosissimo Gerard Croizet. Noi nel capitolo presente descriveremo questi fatti e li analizzeremo alla luce dell'atmavidya. Infatti la parapsicologia occidentale fa una gran confusione nel mettere assieme facoltà che appartengono al passato dell'evoluzione, con facoltà che appartengono al futuro dell'evoluzione. La telepatia ad esempio è una facoltà che appartiene al passato dell'evoluzione umana. La si trova in pieno impiego in quasi tutto il regno animale e gli esperimenti sovietici lo confermano. La psicometria che tratteremo in queste pagine fa invece parte dell'evoluzione futura e si verifica, non come reminiscenza del passato, ma come preludio a facoltà umane nuove che stanno per germogliare. Procediamo però in ordine. La prima volta che in Occi-dente ci si rese conto delle facoltà psicometriche fu per puro caso nel 1909. A un giovane medico tedesco, il Dott. Pagenstecher, che

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lavorava in Messico, capitò un giorno, tra i clienti che visitava quotidianamente, una signora sposata, tale Maria Reyes, con la figlia Olga ancora bambina che l'accompagnava. La signora raccontò al medico che soffriva di insonnia causatagli da una grave ulcera che le procurava lancinanti dolori tutta la notte. Nonostante avesse sperimentato vari sonniferi, quali il luminal, il bromural, la codeina, e diversi altri ancora, non riusciva a vincere l'insonnia. Il Dott. Pagenstecher aveva studiato medicina all'università di Lipsia e ai suoi tempi si era appena iniziato ad adoperare l'ipnotismo come mezzo terapeutico. I lavori di Zollner, Weber, Fechner sull'ipnosi avevano suscitato vivo scalpore. Soprattutto i successi meravigliosi ottenuti con l'ipnosi dal prof. Hansen alla stessa università di Lipsia aveva profondamente impressionato gli studenti di quell'università. Fu così che il Dott. Pagenste-cher ricorse alla ipnosi per fare un'esatta diagnosi alla signora Reyes. Ma posta la paziente in stato d'ipnosi, il medico iniziò a notare uno stato di agitazione fuori dell'ordinario. Domandatele ragione di tale agitazione la paziente rispose: "la ragione è che vedo mia figlia maggiore che spia dal buco della serratura. Non voglio assolutamente essere vista in questa situazione, mia figlia si spaventerebbe". Il medico considerò questa risposta un'immaginazione della paziente e disse: "Olga va via dalla porta, tua mamma non vuole" poi rivolgendosi alla paziente disse: "Ecco fatto, la bimba è andata vìa e non la può più vedere". La signora Reyes tutt'altro che calma rispose: "Olga è alla porta, la vedo perfettamente attraverso dì essa" (la porta era di legno spesso 5 cm). Allora Pagenstecher per porre fine alla situazione andò alla porta e aprendola di sorpresa vide la bimba che stava spiando per davvero al buco della serratura "Questa constatazione, completamente inattesa fu per me una vera rivelazione, da quel giorno cominciarono con rigoroso metodo tedesco i miei studi...". Dopo dieci anni di esperimenti, il 5 dicembre 1919, Pagen-stecher fece questa comunicazione alla Società Medica Pedro Escobedo: "Per vedere non abbiamo imprescindibilmente bisogno degli occhi"; "Per udire non abbiamo imprescindibilmente bisogno delle orecchie". "Per gustare non abbiamo imprescindibilmente bisogno della lingua". "Per odorare non abbiamo imprescindibilmente bisogno del naso". L'esito di queste affermazioni fu altamente drammatico, dice Pagenstecher, la seduta fu interrotta e furono domandate spiegazioni al dottore che non tardò a darne e gli esperimenti fino ad allora svolti per dieci anni riserbatamente furono condotti da allora pubblicamente. La signora Reyes dimostrò di avere ottime facoltà paranormali, sebbene inferiori a quelle dimostrate da Croizet. Infatti mentre questi agisce da sveglio in piena coscienza, quella agiva solo previo ipnosi. Nell'ipnosi però si dimostrava cosciente. I suoi occhi si rivoltavano all'interno come se volessero guardare dentro la testa. Il corpo diventava rigido e il peso veniva regolarmente alterato. Tra le varie facoltà della signora Reyes ve n'era una in cui essa eccelleva; la psicometria. La psicometria consiste nella per-cezione di un oggetto, oltre che nelle tre dimensioni di spazio anche nella dimensione tempo. In altre parole si percepisce un oggetto con tutta la sua storia. Si percepiscono cose e personaggi che sono venuti a contatto con l'oggetto, lo scenario che circondava l'oggetto stesso. I primi esperimenti furono modesti, poi man mano sempre più spettacolari. I primi si svolsero anteriormente alla dichiarazione famosa, senza testimoni, in seguito si fecero le cose in grande,

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dando alla signora Reyes degli oggetti assai curiosi da analizzare: meteoriti, ossa di animali preistorici, lettere di naufraghi ecc. Dal 1919 in poi gli esperimenti si svolsero in via ufficiale. Ecco il primo esperimento da quella data in poi.

ESPERIMENTI SERIE A

Esperimento I: Oggetto in analisi: Un pezzo di vaso comprato appena cotto, da un operaio di un villaggio indio. Resoconto psicometrico: "Sono appoggiata ad una balza di pietra di circa ì m. di altezza. Vicino a me vi è un enorme numero di oggetti di terra: vasi, orci, coppe, che asciugano al sole su graticole di legno intrecciato. In vicinanza di un bacino pieno d'acqua vedo una gran quantità d'argilla. Dietro il muro dì pietra odo voci di uomini, ma non comprendo la loro lingua perché essi parlano un dialetto (messicano). Oltre a questo sento che un forte getto d'acqua viene pompato in un serbatoio e ne odo lo scroscio cadenzato." Esperimento II: lo stesso, oggetto dopo essere stato chiuso 15 giorni in un orologio a pendolo. Resoconto psicometrico: stessa visione, inoltre "sento un lontano rumore periodico, come se goccie d'acqua cadessero su un tetto di vetro. Odo un terzo rumore quasi melodioso." Esperimento III: Lo stesso oggetto dopo essere siato 21 giorni nella pendola. Resoconto psicometrico: Stessa visione, inoltre "odo come il passo cadenzato di soldati che marciano in distanza e di tanto in tanto il suono come di una banda militare". Esperimento IV: Lo stesso oggetto rinchiuso per quarantadue giorni nella pendola. Resoconto: Stessa visione, inoltre: "sento chiaramente il battito di un pendolo il battere dell'ora, con precisione tale da poter contare, Uno, due, tre... fino a dieci (erano le 9,30) ecc. ecc. Come si può notare più un oggetto resta a contatto con qualcosa e più fortemente e nitidamente vengono registrate e poi percepite le impressioni. Le associazioni che la signora faceva tra il suono e la banda militare erano dovute a delle sue interpretazioni di un suono vago e cadenzato perché risultò che la signora Reyes era figlia di un graduato dell'esercito. L'esperimento successivo e tutti gli altri furono fatti con oggetti che la signora Reyes non poteva vedere prima della seduta psicometrica. Esperimento V: Un pezzo di pomice acquistata in un mercato e posta 15 giorni in un pendolo. Resoconto: "Vedo davanti a me molti pesci, piccoli e grandi, dì 30, 40 cm di lunghezza, di colore verdastro. Mi sembrano siluri. L'acqua è densa e torbida, di colore grigio verde. Ma non ho l'impressione di un peso sopra di me come le altre volte. Sento il tic-tac di un orologio, molto distintamente. Sento anche il suono di campane sott'acqua? Mi sto sbagliando certamente.

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Le indagini hanno appurato che il pezzo di pomice era di origine vulcanica, rotol ò dalla cima di un colle e fu trascinato dalla pioggia alla riva di un lago dove vi rimase coperto dalle acque effettivamente torbide. Gli esperimenti successivi a quelli indicati furono svolti sotto il controllo della commissione protocollare. Gli esperimenti della serie C furono fatti mediante otto frammenti di pomice sottoposti a trattamenti assai diversi. Frammento 1) Immerso 15 giorni in una soluzione di alcool, assafetida, genziana. Frammento 2) Era il pezzo servito agli esperimenti precedenti. Frammento 3) Era stato posto 21 giorni in una densa soluzione di saccarina e poi tre notti nel ghiaccio. Frammento 4) Era stato sottoposto per un'ora a vapori di zolfo e poi appeso all'aria. Frammento 5) Era stato comprato a New York, senza trattamento. Frammento 6) Comperato in una farmacia americana. Frammento 7) Proveniva dall'Italia era stato acquistato in drogheria. Frammento 8) Comprato in una drogheria francese ed era messicano. Gli oggetti furono segnati e furono mischiati assieme in una cesta prima dell'esperimento. Ecco il protocollo del 25 gennaio 1920.

Protocollo del 25 gennaio 1920 Il 25 Gennaio si sono riuniti nella stanza di consultazione il doti, Pagenstecher e ì signori Doti. Jesus Monjaras delegato ufficiale, José Jrueste, primo presidente, Luis Vìramontes segretario, Doti. Rafael Lopez tesoriere, allo scopo di osservare alcuni esperimenti compiuti sulla signora Maria Reyes con il dì lei permesso e presentarne relazione in proposito alla Società. Il dott. Viramontes è stato nominato all'unanimità segretario, il doti. Jrueste sperimentatore. Il dott. Jrueste ha iniziato a pesare il doti. Pagenstecher e la signora Reyes rispettivamente 87,500 e 86.150 kg. Prova I; frammento n. 2: Vedo alla mia destra un monte piatto a sinistra scorgo capanne indiane ecc" (la stessa rappre-sentazione avuta nelle seduti precedenti con lo stesso oggetto). Prova II; frammento n. 7: "Vedo un monte di aspetto vulcanico. Uomini e donne rompono pietre e riempiono ceste. All'intorno vegetazione tropicale. Il costume ricorda quello dei tirolesi". Prova III, frammento n. 4: Stessa descrizione dell'esperimento 1, Inoltre "percepisco un forte odore di zolfo e sento caldo alla punta delle dita, anzi caldo bruciante". Prova IV; frammento ». 5 introdotto a caso nella seduta: Mi sento mancare l'aria, devo essere in alto, sento la terra tremare (si rende necessaria una brusca interruzione dell'esperimento). L'oggetto non era stato inizialmente destinato all'esperimento. Prova V, frammento n. 8: "Vedo una stanza molto grande con un lungo tavolo sul quale stanno molti libri, bottiglie, storte e bicchieri. Ha l'aspetto di un laboratorio un uomo sta presso il tavolo e spezza le pietre". Prova VI, frammento ». 1: Esattamente come al primo esperimento e inoltre, "sento un odore ingrato, che non so descrivere e provo un gusto amarissimo". Prova VII, frammento ». 3: Identico, inoltre "sento un gusto dolcissimo e freddo glaciale alla punta delle l'ita".

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Al termine della seduta si rifece la pesatura Doti. Pagenstecher kg 87,400, La signora Reyes 86,040 diminuita di 110 grammi. A convalida della correttezza del presente protocollo apponiamo la nostra firma Dr. Jesus Monjaras delegato speciale Dr. Luis Viramontes segretario. La notizia di questi esperimenti dilagò ai suoi tempi in tutti gli ambienti in cui si facevano ricerche psichiche e mediche. Affluirono in Messico valentissimi ricercatori quali il commissario investigativo della Società Americana per le Ricerche Psichiche Walter Prìnce, Reinking, Peter, Reiche e così via. Queste esperienze dimostrano il metodo rigido e progressivo seguito da questi scienziati nel procedere alle loro esperienze. Gli esperimenti successivi furono svolti con rigore ancora maggiore, svolgendo a posteriori delle indagini sulla provenienza degli oggetti posti in analisi alla signora Reyes. Questo per evitare il caso di una trasmissione telepatica di dati. Anche i controlli medici furono aumentati. Ci sì accorse che quando la signora Reyes veniva posta in trance ipnotica rivoltava completamente i globi oculari al punto di non percepire più alcuna luce. Gli strumenti ottici non registravano alcuna sensazione luminosa negli organi della vista nonostante le venissero inviati fasci potentissimi di luce negli occhi. Analogamente l'udito non reagiva più. L'orecchio non rispondeva a fortissimi colpi di gong suonati all'improvviso. La pelle non reagiva a punture improvvise fatte con spilli e il naso non rispondeva all'ingrato odore dell'ammoniaca. Il gusto non veniva sollecitato dal sa¬pore dell'assafetida. Alla presenza degli scienziati citati avanti si svolsero espe-rimenti di vario genere tra cui i citati fenomeni di trasposizione dei semi e di percezione in stato ipnotico dell'energia pranìca. Questa veniva percepita intorno al capo della persona, uscente dagli orifici con particolare intensità, dalla punta delle dita, bloccata da certi colori e sollecitata da altri colori. Rossa nella parte destra del corpo e blu nella parte sinistra del corpo, esattamente come c'è scritto nei libri Yoga, tantrici e cinesi di millenni e millenni fa. Furono fatti esperimenti di visione attraverso gli oggetti. Tra questi è assai curioso l'esperimento svoltosi il 2 luglio 1922 alla presenza del prof. Reiche, del dr. Reinkmg oltre che della figlia, del genero e del nipote della signora Reyes. In quella seduta si svolsero numerose prove prima della prova di introspezione che si svolse in questi termini. Sperimentatore: "Guardi dentro la mia testa, dica tutto quello che vede nell'ordine in cui lo vede". Soggetto: Vedo una gran quantità di oggetti che sembrano cavicchi conficcati nel suolo, (corno puas clavadas en el suelo). Vedo qualcosa come ossa e sotto una pelle bianca e lucente. Vedo come un sottile tessuto trasparente percorso da canali rossi e blu, sotto qualcosa, come un cervello, come quelli che ho sempre visto in cucina di vitello (!). Questo cervello si muove ad onde pulsanti. Quando lei tace il cervello resta fermo, quando lei parla il moto ondoso ricomincia." Sperimentatore: "alzando il braccio destro, cosa vede?" Soggetto: "Vedo muoversi una parte del vostro cervello". Sperimentatore: "Quale parte?, la mostri alzando il braccio". Soggetto: "Solleva il braccio destro corrispondente alla parte sinistra dello sperimentatore".

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Sperimentatore: "Si pone dietro al soggetto come è possibile che io muova il braccio destro e lei ìndica che è la parte sinistra del mio cervello che ondeggia?" Soggetto: "Non so che voglia da me, io vedo quel che vedo, non so se corrisponde o meno a ciò che vi aspettate". Lo sperimentatore aveva teso una trappola alla signora Reyes perché essa non avendo studiato medicina e non avendo nemmeno frequentato scuole, non poteva sapere che attraverso il ponte dì Varolio la parte sinistra del cervello comanda alla parte destra del corpo e viceversa. Gli esperimenti svolti con la signora Reyes furono di crescente curiosità ed interesse. Una volta le diedero da analizzare del filo di rame in parte utilizzato ed in parte non ancora utilizzato. La signora sentì delle forti scosse elettriche nel rame utilizzato. Interesse particolare suscitò l'analisi psicometrica di una meteorite che in seguito fu esaminata dal celebre astronomo Flammarion. "Sono sospesa in alto nell'aria, intorno a me vedo molti fuochi, come dei roghi che alternativamente si infiammano e si oscurano nuovamente. Vedo il sole nelle immediate vicinanze che è straordinariamente grande, all'inarca come la nostra casa vicina. (20 m di diametro). Sono costretta a chiudere gli occhi. perché la luce eccessivamente forte mi acceca. Non posso respirare. Sento qualcosa... come se la terra tremasse e delle fiamme lingueggiassero verso di me. Sento un dondolio (la psicometra si dondolava realmente sulla sedia). Mio Dicroti sento strappata con forza dal luogo in cui sono e lanciata nel "vuoto come in un movimento avvitante sempre più rapido. Ora cado in un precipizio, attraverso zone gelide, poi zone semprè più calde. Mi contraggo in me stessa, sono angosciata, devo chiudère gli occhi” Venne rapidamente tolta la meteorite dalle mani della psicometra che si svegliò eccezionalmente eccitata, tremante e piangente. L'astronomo Flammarion spiegò in seguito che la meteorite poteva provenire da un corpo disintegratosi in vicinanza del sole e la psicometra ne avrebbe percepito "l'eco" degli spazi siderali che ha attraversato, le zone gelide, prima di venire a contatto con l'atmosfera, contro cui l'attrito che faceva il corpo lanciato ad alta velocità ne provocava il progressivo riscaldamento (zone sempre più calde). Un fatto di cronaca che interessò gran parte del pubblico anche non direttamente collegato con questi esperimenti e che diede alla signota Re}'es il suo momento di celebrità fu in occasione del disastro navale che vide l'affondamento della nave Lusitania. L'affondamento della nave Lusitania è stato al centro di un'aspra polemica internazionale. La nave fu affondata dai tede-schi il 1 maggio 1915 poiché sospetta di portare munizioni al-l'Inghilterra allora in guerra con la Germania. La nave è stata affondata tra le 2 e le 4 del mattino. Sulla nave c'erano passeggeri civili di tutte le età e la presenza di dinamite ed altre armi era assolutamente segreta. Se si trattasse di un crìmine navale o di un'operazione di guerra è stato discusso a lungo. Fatto sta che i tedeschi avevano avuto ragione di sospettare, non si sa come, che la nave portasse polvere nera, perché il contenuto del carico era registrato in un atto segreto della marina militare statunitense, i passeggeri invece non sapevano nulla. Tra dozzine di navi che salpavano regolarmente non potevano immaginarsi che proprio la loro nave fosse stata presa di mira.

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Di uomini, donne, bimbi si salvò solo un messaggio che secondo l'uso marinaresco era stato rinchiuso in una bottiglia. Questo messaggio scritto su un foglio, sette anni dopo fu dato in analisi alla psicometra Reyes affinché lo analizzasse. Ecco la relazione della seduta:

Città del Messico 14 Aprile 1922 I sottoscritti testimoni oculari ed auricolari dell'esperimento psicomeirko che è stato fatto il 30 marzo 1921 nella stanza di consultazione del Dr. Pagenstecher con l'ausilio della signora Maria Reyes mediante un pezzo di carta più volte sigillato attestano: Che il precedente rapporto postipnotico che è stato autenticato dalla nostra firma corrisponde all'esatta visione che la signora Reyes ha avuto in nostra presenza allo stato di trance. ………………………………………………………………………………………………………… Dr W. Prince 44 r'd Str New York Jos. J. Gore Hotel Genova Città del Messico. Lic Starr-Hunt Av. Madero J Città del Messico. Dr L. Viramontes 8a Magnolia 193 Città del Messico. Analisi psicometrica: È notte, tra le due e le quattro del mattino, poiché le stelle non brillano più con l'abituale intensità, ma cominciano ad impallidire. Prima di vedere con chiarezza, sento un dondolio che produce capogiro. Suppongo di essere su una nave. È proprio così, si tratta di un enorme piroscafo. In coperta si trovano centinaia di persone, alcune interamente vestite, altre quasi nude. Hanno il terrore nei gesti, tremano, gli occhi sono pieni di angoscia. Sembra che attendano qualcosa di terribile. Vedo donne svenute, altre abbracciano i loro mariti, i loro bimbi. Dai loro movimenti e posizioni deduco che alcuni stanno imprecando, ma non comprendo quello che dicono perché quasi tutti parlano inglese. Fra i gruppi corrono affrettatamente ufficiali di marina in uniforme, qua e là, dando ordini e sorvegliando la ciurma, che fa tentativi di calare in acqua i battelli di salvataggio. Di tempo in tempo si levano razzi colorati rossi e blu. Forse invocano aiuto? Ma perché questo? Non comprendo come stiano le cose. In ogni caso deve star avvenendo qualcosa di terribile, quantunque apparentemente non vi sia motivo per presumere del pericolo. Il mare è calmo, il cielo è bello senza una nube che presagisca tempesta. Proprio davanti a me sta un uomo grande e grosso, dal colore chiaro della pelle, con grandi occhi neri, capelli neri e folte sopracciglia. La fronte è larga, ha barba e baffi. Valuto la sua età tra i 30 e i 40 anni; un tipo decisamente spagnolo. Sopra l'occhio destro ha una cicatrice. È uno dei pochi che sono interamente vestiti: porta calzoni bianchi, calze bianche, giacca grigia e berretto grigio da viaggio, messo un po' all'indietro. Ha un aspetto calmo ed energico. Guarda continuamente il mare. Ora strappa un foglio da un libro, estrae un lapis dalla tasca, scrive qualcosa, appoggiandosi ad una parete della cabina, sotto una lampada elettrica oscurata all'esterno. Ad un tratto una forte esplosione, seguita da una serie di altre esplosioni. Sembrano salve di mitra che scuotono la nave in tutte le fibre e la fanno come schiantare. Al momento dell'esplosione lo spagnolo interrompe lo scritto, getta uno sguardo indagatore sul mare poi ricomincia a scrivere. Arrotola il foglio tra le dita e lo rinchiude in una bottiglia. La tappa e la getta energicamente in mare con tutte le sue forze, pronunciando a mezzo voce alcune parole verso il luogo dove la bottiglia è caduta.

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Ora mi guardo intorno e vedo gli altri passeggeri che sono venuti alla più alta disperazione. Di lontano ne vedo uno cadere, forse è un suicida. Ne scorgo un altro con la pistola puntata al palato, cade anch'esso. Chiudo gli occhi per non vedere, sento un terzo che cade vicino a me, dopo essersi perforato il cranio con un colpo alle tempie. Mando un grido dì dolore. In questo istante sento una po-tentissima esplosione. Con una rapidità incredibile la nave affonda, con tutti i passeggeri ed io con essi. Mando un grido acuto. Vedo lo spagnolo nell'attimo di affondare, alza le mani al cielo e grida: "Bios mio, mis hijos" (Dio mio, i miei bimbi). Affondiamo, poi con la stessa velocità io ritorno a galla e nel luogo dove prima c'era una nave colossale con centinaia di persone urlanti e sconvolte vedo ora una tranquilla superficie. Le onde ricoprono tutto il dramma. Nel medesimo momento in cui sono riemersa mi han tolto il foglio dalle mani. Forse …'. Quando il messaggio dopo anni dì sigillo fu finalmente aperto e letto pubblicamente era scritto in parte orizzontalmente rispettando le virgole (segno che chi scriveva era molto sereno) poi la scritta diventa tremante con le parole fuori posto (quando egli guardava il mare) le ultime parole sono gettate alla rinfusa, alcune frasi sono poste dopo la firma (vedendo che aveva ancora qualche secondo disponibile). Ecco cosa c'era scritto: El buque se hunde, adiòs mi Luisa, cuide a mis hijos que no me olviden. Que Bios te ampare y a mi tambien.

Tu Ramon Adiòs.

Le ricerche furono condotte e lo spagnolo risultò un fuoriuscito politico costretto a viaggiare con nome falso. I dati segnaletici erano i seguenti: alto, forte, naso aquilino, occhi neri, capelli neri, fronte larga, Il suo nome era Ramon Penoles. Lasciò la moglie con due bambini, di cinque e di tre anni. Il confronto grafologico ha rivelato che la grafia era esattamente identica. Il tempo che separa l'affondamento del Lusitania dalla seduta psicometrica fu impiegato per le indagini. E fu la vedova di Penoles che diede la lettera di confronto per la perizia grafologica. Viaggiando sotto falso nome lo spagnolo ha reso difficoltosa la sua identificazione. Inoltre era partito contro la volontà della moglie, di nascosto anche da essa, poiché questa temeva una disgrazia. Naturalmente, non solo la signora Reyes fu una valente psicometra. Vi furono anche altri valenti psicometri quali Edith Hawthorne, Lotte Plaat, il citato Croizet e così via. Sì eseguirono e si stanno eseguendo numerosissimi esperimenti mediante questa forma di percezione, Esperimenti di immedesimazione di una psiche in un'altra, con la percezione dei relativi stati d'animo. Immedesimazione anche in psiche animale e vegetale. Una volta il professor Denton sottopose all'analisi psicome-trica una scheggia di zanna di mastodonte ad una psicometra di nome Hawthorne. Ecco il resoconto: "Mi sento un vero animale mostruoso, con gambe poderose, testa impacciata nei movimenti e corpo colossale. Mi dirigo ad un fiume poco profondo per abbeverarmi, he mie mascelle sono così tozze e pesanti che mi divien difficile parlare. Sento che cammino su quattro zampe. Odo nella foresta echeggiare dei bramiti. Le mie orecchie sono enormemente larghe, sembrano di cuoio e quando muovo la testa mi sbatacchiano sul muso. Nelle vicinanze si trovano altri miei simili molto

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più anziani di me. Mi sento quanto mai impacciata a parlare con queste mascelle di colore scuro. Vedo un mio simile vecchissimo con le lunghe zanne che si muove a stento e ne vedo parecchi giovanissimi, siamo una mandria. Sento che posso muovere il labbro superiore in modo curioso perché posso rivoltarlo all'ins ù. Mi sembra così strano poterlo fare! Qui presso cresce una pianta più alta della mia testa, dal fusto grosso come il braccio, molto succoso, dolciastro e tenero.': Il suo gusto assomiglia a quello del frumento verde ma è più dolce. Prof. Denton: È questo il sapore che dovrebbe avere per un essere umano? Oh no!; per noi sarebbe spiacevolissimo, addirittura nau-seabondo. " Altre volte ancora fu usata la psicometria con oggetti più recenti. Vennero narrate storie o paesaggi risalenti all'epoca storica. L'Egitto, il Messico precolombiano e cosi via. Altre volte fu usata la psicometria per aiutare il lavoro di indagine della polizia. Croizet collaborò con la polizia olandese e statunitense risolvendo oltre mille casi giudicati impossibili: bimbi dispersi, uccisi, annegati e cosi via. Naturalmente non mancarono errori, ma immensamente inferiori a quelli che si compiono con l'uso del solo pensiero logico. Anzi, mentre col pensiero logico sì giunge a dedurre cose mai accadute e totalmente inesistenti, vedasi idiozie filosofiche, la psicometria può errare solo mal interpretando una percezione che esiste realmente. Una volta si fece l'esperimento di far identificare a due psicometre i resti ossei di due assassini. Esso si svolse in Germania alla presenza di alte autorità di polizia e del tribunale. L'esperimento fu fatto prima su una psicomètra, poi sull'altra, rispettivamente Helene Schnelle e H. Bùckle. In un pacco sigillato c'erano 5 calotte craniche di adulti e bimbi assassinati. Resoconto della psicomètra Schnelle: Si tratta appunto di qualcosa, come se ci fosse dentro della vita, come se qualcosa ten-tasse di difendersi... È notte sento freddo, diaccio, qualcosa di sgradevole, c'è un villaggio, una casa, polli, una casa di contadini, qualcosa di simile ad un grosso cane. Dal pacco vien fuori un freddo mortale, sinistro... Può essere che qualcuno abbia rice¬vuto qualcosa in testa? Ecco mi gira la testa, come se uno girasse su se stesso, una persona alta come me. Da dietro un assalto di sorpresa, qualcuno accorre di là nella camera posteriore, una persona semplice. Ecco qualcuno sulla piazza cade, forse qualcosa ha a che fare con un delitto. Sono diverse persone. Un piccolo bambino, no, un bambino si è così! Mi vien voglia di piangere, viene strozzato, affogato, compresso, è grande forse così... (fa il gesto con la mano) un letto, ancora un letto e una giovane donna, un uomo anziano, ancora un bambino piccolo, si è terribile... sono cattolici? C'è qualcosa di appeso nella ca¬mera, è un'acquasantiera. Mi fa male la testa... il bimbo ba l'età del nostro, due anni, Dio mio e come si fa ad uccidere un bambino? Ma nessuno di loro chiama? Ho l'impressione come se anch'essa fosse morta. Ho terribili dolori di testa. Avevano molto denaro? si dice nascosto. Una donna di servizio è stata uccisa? No? Qualcuno ha urlato del bambino. Non c'è quello di sei anni? C'è, uscendo dalla casa a sinistra, un bosco. Parlano bava¬rese, un po' largo e strascicato. La ragazza deve essere caduta sulle ginocchia, ho la sensa-zione di un aggrapparsi, l'impressione che essa si fosse ingìnocchìata piangendo. Avrebbe potuto parlare. Ver questo doveva morire. Sento un dolore di ossa spezzate. C'è un uomo, morto anch'eglì. Era alto ed è in rapporto col bimbo". ………………………………………………………………………………………………………..

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Resoconto della Buckle il giorno dopo: cosa importante da maneggiarsi con cura. Sento dentro come se vi fosse della vita. Camera con finestre alte. Qualcosa di verde nei pressi. Diverse persone vi hanno a che fare, diversi uomini sono interessati... Qualcosa di improvviso, immediato spavento, ha a che fare con la morte. Morte violenta. Spavento, due donne, tre uomini, un altro uomo, cosa complessa. Un'arma, un rullo, qualcosa di pesante, grossolano, col manico per colpire. Orribile ha un'affi-latura, ha donna uccisa non ha saputo nulla di prima... Ha saputo tutto. Ha voluto impedire il fatto, ha opposto resistenza. Ha voluto trattenere l'assassino, egli l'ha colpita, battuta, percossa, essa non è morta subito. E stramazzata ha gridato ed è caduta. Egli l'ha afferrata le ha sferrato un pugno, l'ha distesa poi se ne è andato d'un tratto, l'ha gettata rudemente giù quando essa era già morta. Ha messo il denaro e l'ha cacciato in tasca. Gli atti di violenza sono connessi col denaro. Pensiamo di aver dato un'idea dei fenomeni connessi con la psicometria. Essi si possono riassumere in tre gruppi: — Percezione degli oggetti non solo nella loro estensione nello spazio, ma anche nel tempo (passato). — Trasparenza nella percezione degli, oggetti. Non esiste un dentro e un fuori. — Percezione di pensieri, sensazioni e stati d'animo. La spiegazione dell'atmavidya è di una semplicità enorme. Il gradino evolutivo psichico superiore appena a quello del pensiero logico, discorsivo, deduttivo basato sulla "dimo-strazione" è il pensiero sottile. La logica consiste nel dedurre il passato delle cose e nel pre¬vedere lo sviluppo futuro. È cosa che riguarda una psiche che ha una percezione precìsa del tempo. Una psiche che percepisce gli oggetti in quattro dimensioni spaziali (oggetti visti dentro e fuori perciò) e in una dimensione dì tempo percorribile in due direzioni, non ha bisogno della logica per stabilire come le cose sono andate e quanto è stato determinato al presente per il futuro. Patanjali chiamava la psicometria: "pensiero sottile". Una sorta di pensiero che consiste nel percepire, non nel dedurre, nello scegliere tra il sì ed il no. Patanjali ha scritto il più grande trattato di esercizi psicofisici del mondo, mentre la filosofia occidentale, basandosi solo sul sistema inferiore di pensiero, non ha mai trovato quella per-cezione diretta della realtà che avrebbe fornito la meta unitaria d'arrivo da qualunque punto di partenza lo studioso avesse iniziato a investigare sulle realtà del mondo. Patanjali indicava il mezzo di "fissare la disciplina" sulla Stella Polare per percepire i moti delle stelle in rapporto alla Stella Polare. Ma l'atmavidya ha fatto ben di più. È andata oltre il pensiero sottile, come vedremo nel prossimo capitolo. Intanto concludiamo dicendo che questi stadi di pensiero sottile, rappresentano il futuro dell'umanità, le tappe evolutive del futuro. In questo sono d'accordo anche gli occidentali, quelli almeno che si sono occupati della questione. Dice Buchanan: "Chi dovesse dedicarsi allo studio di questa nuova scienza, vedrebbe apparire ai suoi occhi in seguito alle proprie ricerche, una spiegazione soddisfacente di tutti i segreti della natura. La terra luminosa che giace al confine tra i due mondi diverrebbe una luminosa realtà a conforto dell'uomo". Questo lo sapevano gli antichi ed è con questo mezzo che hanno intuito e scoperto cose per conoscere le quali a noi occorrono potenti strumenti, anticipando di millenni le conclusioni cui sono giunti gli scienziati moderni.

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AL DI LÀ DEL TEMPO E DELLO SPAZIO Ogni giorno vediamo il sole. Ma non è il sole ciò che ve-diamo, bensì i raggi solari e i raggi solari non sono il sole. Del resto non vediamo nemmeno i raggi solari, ma gli effetti chimici dei raggi solari sulla nostra retina e gli effetti chimici dei raggi solari sulla nostra retina non sono i raggi solari che li hanno provocati, Infine non vediamo nemmeno gli effetti chimici dei raggi solari sulla retina, ma le variazioni che questi a loro volta determinano nel nostro cervello e le variazioni cerebrali non sono gli effetti chimici dei raggi solari sulla retina. Ecco tutto ciò che vediamo: una variazione cerebrale pro-vocata dagli effetti chimici della retina che non è tali effetti. Questi sono provocati dai raggi solari, ma non sono Tfaggisolari. I raggi solari sono emanati dal sole, ma non sono il sole. Vediamo il sole ogni giorno? Vediamo gli effetti degli effetti degli effetti del sole. Ma questi effetti in terzo grado non sono il sole che crediamo di vedere, il sole è la causa della causa della loro causa. E così come non vediamo il sole e gli altri oggetti, nemmeno ne sentiamo i suoni. I suoni sono una vibrazione dell'aria. La vibrazione dell'aria provoca la vibrazione dei nostri timpani. Ma la vibrazione dei nostri timpani non è già quella dell'aria, ossia il suono in se stesso. Infine noi percepiamo la solita variazione cerebrale provocata dal moto dei timpani che ovviamente non è il moto dei timpani. Sentiamo i suoni? Niente affatto, sentiamo gli effetti degli effetti degli effetti dei suoni che non sono i suoni. Lo stesso ragionamento vale per tutte le altre percezioni. Noi non percepiamo affatto gli oggetti che tocchiamo, ma la variazione cerebrale prodotta dai nervi, sollecitati dalla pelle che è venuta in contatto cogli oggetti. E come non siamo in grado di percepire che gli effetti delle cose e non le cose, sia colla vista che con l’udito e il tatto, ugualmente facciamo con Ì sapori e cogli odori. Anche qui ciò che annusiamo ed assaporiamo sono solo variazioni cerebrali e null'altro. Questa è la nostra capacità di percepire le cose: percepiamo gli effetti delle cose, ma non le cose. L'uso degli strumenti non ci porta il minimo vantaggio. Prima di poter percepire attraverso gli strumenti un oggetto occorrerebbe percepire lo strumento, mentre non percepiamo altro che l'effetto dell'effetto dell'effetto dell'oggetto "strumento" sul nostro organismo. Sui libri dì testo si legge che i sensi sono "finestre aperte sul mondo". Errore ed errore retorico. I sensi sono solo finestre aperte al nostro interno. Ciò che si percepisce è infatti l'effetto interiore delle cose sul nostro organismo. Fuori di noi non percepiamo nulla. Esiste un sole che non vediamo, un suono che non udiamo, una terra che non tocchiamo, un'acqua che non assaporiamo ed un'aria che non annusiamo. Vediamo, udiamo, tocchiamo, assaporiamo e annusiamo solo variazioni elettriche del nostro cervello, che sono dentro i nostri corpi e non fuori di essi! Ecco la tanto decantata realtà. Una rappresentazione psichica, interna ai nostri organismi di ciò che fuori è inconoscibile. Infatti noi abbiamo l'illusione che ciò che accade dentro ai nostri cervelli costituisca un mondo esterno a noi. Le dottrine filosofiche europee sono state costruite principalmente sull'ipotesi che ciò che tocchiamo e vediamo sia la materia. Ciò che percepiamo è un nostro disegno interno, che accade nel nostro cervello ed abbiamo l'illusione che accada fuori di noi.

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La materia vera, quella che è fuori di noi non è percepibile. Ne percepiamo gli effetti in terzo grado. Siamo nella situazione di un cieco che scambia la ferita per la spada che l'ha provocata. Così le dottrine filosofiche scambiano le impressioni interne per una realtà esterna, quando fisiologia, anatomia e tutte le altre scienze dicono che è esattamente il contrario. Questi ragionamenti non solo mandano in crisi ogni dottrina filosofica che crede nell'oggettività dì ciò che noi percepiamo, ma anche tutto l'edificio della cultura moderna occidentale che pensa di studiare come sono fatte le cose fuori di noi, mentre non fa altro che studiare la sola nostra rappresentazione delle cose. Questo ragionamento è stato fatto sia dagli occidentali, sia dagli orientali. È stato fatto dai popoli che vivono a livello della pietra, come gli aborigeni australiani, e dai moderni pensatori, come il naturalista Bergson. Ciononostante la cultura occidentale non ne tiene conto alcuno. Perché? Perché ha paura. Ha paura di dover ammettere che lo scienziato che crede di studiare l'atomo non fa altro che studiare delle sue sensazioni che non provengono dall'atomo ma dal suo organismo e dagli effetti che fa lo strumento sul suo organismo. "Tutto è Maya", dice il detto indiano: immaginazione. Vediamo e percepiamo ciò che si svolge dentro di noi, ma abbiamo l'illusione che si svolga all'esterno. Non conosciamo che gli effetti in terzo grado delle cose e crediamo di conoscere le cose, perché abbiamo l'illusione che sì trovino, quegli effetti, fuori di noi e invece sono soltanto dentro di noi. Ogni scienza che studia i fenomeni è dunque una scienza di Maya. Una scienza che studia le cose come appaiono e non come sono. Gli antichi maestri dell'atmavidya, come quelli dello Yoga e dello Zen, nonché di altre grandi civiltà oggi scomparse non si sono fermati alla scienza delle illusioni, ma hanno escogitato i mezzi per capire il mondo com'è oltre i veli delle apparenze e di "maya". Ogni giorno vediamo un sole che non è che un effetto in terzo grado del sole e che noi abbiamo l'illusione che si trovi all'esterno: questo è maya. Le leggi che regolano questa illu-sione sono le leggi della scienza comune, detta "conoscenza inferiore". Ai maestri orientali di grado elevato non interessa più questa scienza dell'illusione che però forma il preliminare indispensabile per la conoscenza di ciò che non ha nessun altro valore che di apparenza. Ad essi interessa la conoscenza superiore. Deve esistere qualcosa che dà origine a quello che finora abbiamo pensato essere il sole. Conoscere quella cosa come è in sé, non come ci appare è la vera conoscenza: la conoscenza della realtà, la conoscenza "superiore". Finora noi abbiamo esposto la parte inferiore dell'atmavidya: la scienza dei fenomeni. Ora passeremo ad esporre la parte superiore: la scienza della realtà vera. Per poter percepire direttamente la realtà delle cose bisogna oltrepassare lo stadio del manas, l'attuale stadio evolutivo umano del pensiero discorsivo, bisogna poi superare anche lo stadio del pensiero sottile, che si manifesta sporadicamente. Per giungere a tanto occorrono esercizi psicofisici incredibilmente duri. Sono pochi che vi giungono. Ma tutti però possono seguire i ragionamenti per poter capire ciò che pochi dotati hanno visto e sentito. La scienza occidentale oggi appena intravvede che esiste uno stato di coscienza superiore allo stadio del pensiero discorsivo. Qui non è arrivata di sicuro nemmeno col sospetto. Siamo dunque soli, completamente in mano al Patmavidya. Non è possi-bile dire: "ecco, anche lo scienziato XY è arrivato a queste con-clusioni". Poi un giorno la filosofia occidentale capirà, coi soliti tre millenni di ritardo e si metterà in coda, giungendo alle stesse conclusioni. Così come è successo per l'energia pranica, per la quarta

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dimensione per il principio dell'evoluzione. Si metterà in coda e sosterrà di essere giunta per prima, come ha sempre fatto per mascherare la vergogna per il ritardo. Dunque abbiamo detto che noi non percepiamo le cose, ma gli effetti delle cose che non sono le cose. Questi effetti sono a noi interni, ma abbiamo l'illusione che siano esterni. Questo facilita l'impressione di realtà che crediamo di avere quando osserviamo qualcosa. Questa impressione di realtà è aumentata dalla sovrapposi-zione delle impressioni tattili e visive. Vediamo un oggetto e sen-tiamo che ha la stessa forma rivelata dal tatto. Questo ci fa dedurre che l'oggetto toccato abbia proprio quella forma. Ma il fatto è che di quell'oggetto abbiamo percepito col tatto solo gli effetti e colla vista ugualmente gli effetti. Gli effetti tattili e visivi si assomigliano. Ma né gli effetti tattili, né quelli visivi sono l'oggetto che è la causa di questi effetti. Noi al nostro interno abbiamo costruito una forma arbitraria all'oggetto, partendo dalla sensazione dì forma che fa parte solo di come noi ci rappresentiamo gli effetti. E la nostra rappresentazione è sempre arbitraria, perché è dovuta ad una interpretazione psichica altrettanto arbitraria. Un certo impulso elettrico è percepito come "rosso", perché non come verde? Un altro impulso elettrico cerebrale è percepito come "fred-do", perché non come rotondo e viceversa? Il problema che ci si pone è sapere come è fatta la realtà al di là della nostra rappresentazione di essa, che facciamo non in base alle cose, ma in base agli effetti delle cose. Tra le rappresentazioni arbitrarie c'è anche il nostro stesso corpo. Il nostro corpo è ugualmente percepito, non come è veramente, ma secondo gli effetti che sì fanno a vicenda le parti del corpo. Quindi noi non conosciamo affatto il nostro corpo, ma anche qui gli effetti in terzo grado di esso. L'occhio vede una mano, che è solo l'illusione della mano, ma non vede se stesso. Ogni papilla tattile della mano, può toccarne un'altra e può toccare l'occhio (percependo l'illusione di ciò che ha toccato), ma non può toccare se stessa. In altre parole vediamo e sentiamo un corpo che è l'effetto, in terzo grado del nostro corpo. Tuttavia per ciò che riguarda il nostro corpo il discorso è diverso. Infatti grazie alla simbiosi psicofisica noi siamo identificati col corpo. Lo percepiamo dall'esterno in base ai suoi effetti, ma lo percepiamo anche dall'interno, come sensazione immediata di esistenza e di possesso. Sia gli Yogin che gli Zen attraverso una pratica durissima staccano la propria psiche dall'identificazione col corpo, o meglio, dall'identificazione coi suoi effetti e la immergono nell'identificazione con un oggetto preso in analisi. Questo è il famoso "assorbimento", il Samadhi dello Yoga, il Satori dello Zen. Allora essi percepiscono una sensazione di esistenza inconfondibile, peculiare per ogni oggetto. Quindi passano alla percezione globale del mondo. Chi non ha provato non può farsi che un'idea indiretta di ciò che si sente due stadi al di là delle parole. Ci si può fare un'idea astratta soltanto dai ragionamenti. Come abbiamo detto, spazio e tempo sono due funzioni della psiche. Sono quelle due funzioni della psiche che permettono di avere una rappresentazione utilitaria della cose. Tale rappresentazione utilitaria delle cose è servita alla psiche per evolversi e si è sviluppata nel corso del tempo. Se alla nostra facoltà rappresentativa mancasse la funzione tempo, allora l'universo apparirebbe totalmente immobile. La storia non sarebbe possibile. L'unica scienza valida sarebbe la geometria. Se alla nostra facoltà di rappresentazione mancasse lo spazio allora tutta la materia del cosmo apparirebbe come una mobilissima successione dì punti. Non sarebbe possibile scorgere forme, né tanto meno collocazioni di oggetti l'uno rispetto all'altro. L'unica scienza valida sarebbe l'aritmetica.

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Ora abbiamo visto come noi abbiamo una rappresentazione dello spazio bidimensionale, da cui coll'esercizio ricaviamo la dimensione della profondità e una rappresentazione del tempo monodimensionale, percorribile in una sola direzione. Poi abbiamo visto come una mutazione della rappresentazione dello spazio e del tempo implichi la percezione di interi mondi sconosciuti a chi rimane legato alla comune rappresentazione descritta innanzi. Per raggiungere il pensiero eustatico occorre superare qualunque rappresentazione di spazio e di tempo e percepire gli oggetti come sono veramente, ovvero non inseriti in uno schema vuoto spazio-tempo. Questo si raggiunge appunto tramite il samadhi, direttamente, oppure con dei ragionamenti astratti indirettamente. Senza lo spazio ed il tempo gli oggetti sono senza forma, senza spazio, senza durata. Essi sono sovrapposti tutti in una sola sostanza immobile e senza dimensione. Ciò che distingue le varie cose è una qualità peculiare a ciascuna di esse. Gli avvenimenti sono interni alle cose ed hanno valore in relazione alla qualità. I movimenti sono qualcosa di interno agli oggetti, I rapporti di causa ed effetto manifestantisi nella rappresentazione dinamica sono relazioni di qualità, di cui una sconfina nell'altra nel contesto delle cose come sono e non come appaiono. Quando sì trascenda dalla nostra arbitraria, soggettiva, personale rappresentazione della cose, sottoposta allo spazio ed al tempo, gli oggetti appaiono nella loro essenza intima. Al di là del tempo non c'è né nascita né morte. Al di là dello spazio non c'è limitazione e tutto è sovrapposto, ma differenziato qualitativamente. Nella rappresentazione il nostro essere fisico è percepito come tutti gli altri oggetti, sottoposto al tempo ed allo spazio. Al di là del nostro rappresentarci il corpo in base agli effetti, esso appare come deve essere. Un oggetto fermo, immobile al di là del tempo e dello spazio. Anch'esso quindi senza nascita né morte, cosa che ritorna a favore della palingenesi. Per comprendere i rapporti tra le cose come sono in se stesse al di là della rappresentazione nello spazio e nel tempo e come diventano nella nostra rappresentazione facciamo qualche esempio. Ogni volta che mettiamo assieme rame e zinco generiamo elettricità, Il fenomeno è limitato nello "spazio e nel tempo. Nello spazio perché accade solo all'interno della pila, nel tempo perché accade da quando mettiamo assieme il rame con lo zinco fino a quando i poli non sono saturati, Eppure, nonostante la percezione dell'elettricità che possiamo avere noi sia sottoposta al tempo ed allo spazio, alla causalit à in una parola, l'elettricità è sempre la stessa in ogni tempo e luogo. Non cessa di esistere quando non vi sono le premesse per manifestarla. Esiste lo stesso in potenza, pronta a manifestarsi. Percepire l'elettricità in se stessa, al di là della manifestazione significa percepirla com'è sempre, nella sua essenza, sia quando si manifesta nel nostro scenario sia quando è latente. Altro esempio. Un corpo posto nello spazio dà origine alla gravità, ma dà origine solo alla manifestazione della gravità. Non manifestata, la gravità è pronta ad agire sempre. Entra in azione quando ne prepariamo le modalit à di manifestazione. Ma essa c'è sempre. Percepirla com'è è percepirla per davvero in se stessa, fuori dal nostro inserimento nello spazio e nel tempo, ossia percepirla nella sua essenza, illimitata, latente o in azione che sia. Il nostro essere fisico è un oggetto che in se stesso ha le stesse leggi di tutte le cose. È posto al di fuori del tempo e dello spazio. Nella nostra rappresentazone è sottoposto alla na¬scita, vita e morte. La vera natura del nostro essere fisico è detta: "corpo causale" dagli orientali, ovvero ciò che esso è al di fuori di come ci si manifesta nel tempo e nello spazio. In Occidente solo il dottissimo Schopenhauer aveva immaginato che la realtà fosse cosi al di fuori della nostra rappresentazione,

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per se stessa. Ma Schopenhauer dichiaratamente dice di aver preso le sue idee dalla cultura indiana. Solitamente si fa a Schopenhauer la critica di essere "pessimista". Ma è una critica che non regge. Ciò che rendeva pessimista lui poteva rendere gongolante un altro. Del resto quando una critica non ha altri argomenti migliori che quello di qualificare l'avversario "pessimista", significa che l'avversario, se non ha proprio dalla sua parte la forza del buon umore, ha di sicuro la forza dei buoni argomenti! Il raggiungimento del pensiero enstatico è una tappa difficilissima, ma coloro che l'hanno provata se ne dicono sommamente felici. Qui si vedono gli oggetti e il mondo come essi sono per davvero, non solo come sembrano. Quando questo stato di assorbimento è raggiunto, allora dicono i testi, "si spezza la catena di samsara" poiché lo sperimentatore assume la capacità di assorbirsi dove vuole e non più necessariamente nell'immagine di una realtà illusoria. Egli percepisce ìl suo "corpo causale", causa delle manifestazioni nella rappresentazione di maya e perciò stesso è al di fuori dei suoi stessi effetti, ossia della rappre-sentazione di sé nei vari tempi e luoghi. Questo è dunque il samadhi o il satori o l'enstasi che dir si voglia. Lo stato di coscienza in cui le cose sono percepite fuori dalla limitatezza dello stato di contingenza spaziale e temporale. Migliaia dì persone hanno ottenuto questo stato di coscienza, hanno visto le cose come sono e non come appaiono ed hanno visto se stessi nella loro vera realtà in un contesto di cose reali. Ecco per esempio come uno dei grandissimi pensatori dell'umanità, Plotino, descrive questa percezione: "Si vedono contemporaneamente tutte le cose, ma non quelle che nascono e muoiono, ma quelle che sottostanno nella loro essenza vera. Si percepisce se stessi negli altri perché tutto è cristallino e trasparente, nulla è solido, denso, oscuro e tutto è visto dentro, di fuori, di traverso contemporaneamente, La luce si scontra con la luce; ogni cosa contiene in sé tutte le altre ed è contenuta in tutte le altre. Tutto è per ogni dove, e tutte le cose sono dappertutto. Lo splendore è infinito. Tutto è grande e il minutissimo è grande come il grande. Il sole è in ogni stella ed ogni stella è il sole. E in ogni cosa vi è una qualità differente e contemporaneamente ognuna è visibile in tutte le altre. Il moto degli oggetti è tuttuno con gli oggetti che si muovono". È proprio questo quel "mondo noumenico" che Kant sognava potersi vedere da morto non immaginando che altri uomini, meno versati nella logica di lui, ma più volonterosi nel fare duri esercizi psicofisici hanno percepito da vivi e che magari, come Plotino, al di là di quella loro percezione soggettiva, non hanno mai trovato i termini per darne una dimostrazione logica. Se il pensiero enstatico è irreale per chi, come noi, non ha a disposi-zione che la logica discorsiva e lo spazio bidimensionale col tempo percorribile in una sola direzione, per coloro che hanno raggiunto il pensiero enstatico, tutto il mondo dei fenomeni cessa di esistere ed essi cesseranno di esistere ben presto per esso. In realtà si tratta della vera filosofìa. Quella che si fa coll'esercizio personale, coll'azione personale, non con le chiacchere della cattedra. È una realizzazione che in Occidente raramente è stata fatta. È una realizzazione che le dottrine sedicenti pratiche non proveranno mai. Sempre pronte a rigettare la conoscenza IK4 per l'utile, finiscono per non avere né l'uno né l'altro, come accade sempre ai troppo furbi. Eppure il vertice raggiunto non è l'ultimo, perché questo descritto è solo il "pìccolo samadhi", il "piccolo satori". Al di là del pensiero enstatico c'è una realtà ancora più vera ancora più reale che noi descriveremo nelle prossime pagine.

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Ma già a questo punto chi avesse raggiunto il piccolo samadhi o il piccolo satori, "l'enstàsi lunare", avrebbe avuto la risposta alla prima domanda dell'uomo e di ogni essere vivente: perché vivo?, la domanda da cui siamo partiti, perché avrebbe conosciuto l'essenza di se stesso e U punto preciso in cui questa essenza si colloca nel contesto della realtà universale. ________________________________________________________________________________

LA SOSTANZA PRIMORDIALE Al tempo delle origini, qual'era il fondamento del cosmo? Come, da cosa esso iniziò? Come potè stendersi lo spazio e in esso la materia? Di quello la sensibilità è in ogni luogo. Il suo aspetto è in ogni dove. Quello è in ogni atto e in ogni movimento. Qual'era la foresta e quale l'albero da cui si trassero spazio e materia? Oh sapienti, indagate queste cose! Oh sapienti, cercate il loro fondamento! (Dai Veda) "Qual'è il limite estremo della conoscenza?". Sicuramente, dopo aver descritto due forme superiori di pensiero che tra-scendono la logica, il lettore si sarà posto questa domanda. Ma prima del lettore, millenni, millenni e ancora millenni prima, questa domanda se l'erano già posta i primi pensatori. Vi ricor-date?: "Qual'è quella cosa conoscendo cui tutto divien conosciuto, come conoscendo la creta divien conosciuto tutto ciò che è fatto di creta? In tutte le esperienze che noi abbiamo descritto fin qui, per quanto elevate, c'è sempre un dualismo: il soggetto che conosce e l'oggetto che si fa conoscere. Ora questo dualismo è chiamato "l'ignoranza primordiale" perché esso si fonda sull'illusione che soggetto ed oggetto, psiche e materia, siano due cose irrimediabilmente diverse, mentre risulta ampiamente che sono solo i due poli opposti dell'attività della medesima sostanza poiché se così non fosse non potrebbero esistere nemmeno gli intermediari. Quando un soggetto psichico emerge come indivìduo è soggetto a questa illusione e talvolta a causa di una filosofia errata o impotente non ne riconosce il carattere falso nemmeno divenuto raziocinante. Noi abbiamo visto precedentemente come da combinazioni materiali la psiche impersonale inerente alla stessa materia inorganica si soggettivizzi e nel corso dell'evoluzione tenda ad individualizzarsi sempre di più, Finché c'è un soggetto, per quanto evoluto sia, che percepisce un oggetto, la sostanza primordiale non può essere percepita direttamente, ma soltanto presupposta.

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Solo quando il soggetto e l'oggetto si fondono in un'unica cosa, la sostanza primordiale potrà essere direttamente percepita. Ma in tal caso il processo dì individualizzazione che ha avuto origine lungo il corso dell'evoluzione si arresta e la percezione della sostanza universale coincide col dissolvimento della psiche individuale nella psiche impersonale che è ad un tempo soggetto ed oggetto. Finché però tutto questo non avviene la sostanza primordiale non può essere percepita, ma soltanto presupposta. L'apice dello Yoga superiore, dello Zen o del buddhismo elevato è arrivare a quella percezione con ciò che ne consegue, ma il compito dell'atmavidya è invece quello di presupporre, mediante logica, quello che lo sostanza primordiale è, quindi descrivere, per quanto approssimativamente, ciò che provano coloro che giungono alla suprema percezione. Chi non ha nessuna voglia di arrivare a tanto deve accontentarsi dì presupporre la sostanza primordiale, come presuppone l'esistenza di un raggio di luce per dare una spiegazione di una sua sensazione. Come può essere presupposta la sostanza? I primissimi pensatori hanno capito che tutto l'universo è fondato sulla legge espressa nella formula base della fisica:

NULLA SI CREA, NULLA SI DISTRUGGE

Se nulla si crea e nulla si distrugge, ne consegue che ciò che è stato un tempo, ciò che è oggi, ciò che sarà domani, è sempre esistito, esiste ed esisterà sempre. E ancora: Se nulla si crea e nulla si distrugge ciò che un tempo non c'era, ciò che oggi non c'è, ciò che non vi sarà domani, non è mai esistito, non esiste, non esisterà mai. Noterete subito la rigidezza del ragionamento, lineare come un'espressione matematica. Se la logica è logica, e se il principio che nulla si crea e nulla si distrugge è esatto, e non si vede come possa essere diversamente, le conseguenze non possono essere che queste e soltanto queste, anche se a molti filosofi dispiacciono perché devono rinunciare alle semi-mitologie che nel corso del tempo sono andati costruendo per non essere partiti da fondamenti rigidamente sicuri come è stato fatto invece, fin dai tempi più remoti, in India. Tutto ciò che non dura da sempre per sempre appare ma non è. Mentre ciò che è per davvero, non appare mai. In altre parole tutte le cose oggetto di percezione, sono sot-toposte alla durata, sono nate nel tempo e spariscono col tempo. La loro esistenza è relativa non assoluta. Esse esistono solo per un soggetto che le percepisca nel modo in cui le percepisce. La sostanza primordiale è il materiale con cui tutto il relativo è fatto. Essa c'è sempre in miriadi di forme diverse ma non si può dissolvere mai, mentre le singole cose si dissolvono. La sostanza dell'universo non si crea e non si distrugge. Le cose vanno e vengono, ma ciò di cui son fatte si aggrega sempre senza perdersi nella sua più Ìntima sostanza. Quindi "quello" è fuori dal tempo. E in un eterno presente. È questo il motivo per cui noi viviamo sempre al presente. Quando ci guardiamo come oggetto dal di fuori, ci scopriamo come cose sottoposte al tempo e quindi sempre differenti in ogni momento. Quando invece "ci sentiamo" direttamente, allora vediamo che siamo sempre al presente, perché la nostra intima natura è la stessa sostanza per tutti: la sostanza primordiale che non va e non viene, ma è in assoluto.

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Oltre a presupporla fuori dal tempo, la sostanza universale è anche fuori dallo spazio. Lo spazio è una funzione psichica che dipende dalla sostanza primordiale. Lo spazio non è il nulla, come ha dimostrato anche la Relatività. Lo spazio è una cosa con le sue leggi e le sue caratteristiche. Quindi è ancora una manifestazione della sostanza primordiale, la sua prima manifesta-zione. Infine la sostanza deve essere presupposta come vivente. Se infatti essa non fosse vivente, mai la vita e la coscienza avrebbero potuto manifestarsi nelle aggregazioni secondarie. Anche la biologia moderna riconosce che la delimitazione tra il vivente e l'inerte è una delimitazione convenzionale in quanto non si può tracciare una frontiera precisa tra il vivo e il non ancora vivo. Man mano che si procede col tempo si vanno scoprendo sempre di più nell'inorganico le radici di ciò che nell'organico si manifesta come vita, coscienza, reattività, iniziativa e tutto il resto. Semplicemente nel vivente si manifesta in forma individuale ciò che nella sostanza è presente in forma impersonale da sempre. Queste cose dette tanti millenni fa sono oggi pienamente riconosciute dalla scienza. Pienamente confermate dalla logica. 1) Ciò che non si crea e non si distrugge è fuori dal tempo. La sostanza più sottile dell'universo, da cui procede, e la psiche e la materia con tutti i gradini intermedi è fuori dal tempo. 2) Ciò che è non ha limite è fuori dallo spazio. Quindi la sostanza di cui ogni essere è fatto è fuori dal piccolo o dal grande è nell'immenso, nell'infinito. 3) La causa della vita non può essere inerte. Se fosse stata inerte tutto sarebbe giaciuto immobile, né mai la vita si sarebbe potuta manifestare. Queste sono le tre caratteristiche fondamentali della sostanza primordiale che noi possiamo attribuire tramite la logica del ragionamento. E di fatto tutte le filosofie gliele hanno sempre attribuite seppure sotto diversi nomi. Infatti quasi tutti i popoli antichi e moderni sono arrivati in un modo o nell'altro a dedurre la sostanza primordiale, chiamata poi con vari nomi ed eufemismi. La sostanza primordiale a cui nulla sì può aggiungere né si può sottrarre è il substrato di tutto ciò che si manifesta. I materialisti la chiamano MATERIA, intendendo non la comune materia atomica, ma la materia più sottile che forma qualunque aggregazione posteriore dell'universo. Gli idealisti la chiamano ASSOLUTO, intendendo la causa della primordiale attività del cosmo. I religiosi la chiamano DIVINITÀ' intendendo con questo ciò che ha dato origine all'universo. Abbiamo ben visto a suo tempo che questo concetto fondamentale dell'evoluzionismo moderno non era affatto sconosciuto alle antiche civilt à, ma anzi è stato la premessa di ogni grande tradizione culturale, sia scientifica che filosofica. Il più delle volte le civiltà antiche hanno preferito chiamarla con un nome proprio, per renderne il concetto più assimilabile dai popoli. Da qui nacquero le religioni popolari aventi un dio Altre volte sì è preferito chiamare la sostanza primordiale con altri eufemismi. La filosofìa egiziana la chiamava il TUTTO, essendo l'unica sostanza reale dell'universo e tutto il resto non essendo altro che un'emergenza temporanea da essa. Per questo gli antichi egizi avevano creato il famosissimo detto: "Il Tutto è in tutto, tutto è nel Tutto" Ossia, tutto è fatto della sostanza primordiale, per cui questa è in ogni cosa ed ogni cosa è in essa. Gli antichi indiani avevano chiamata questa sostanza primor-diale semplicemente TAT = quello, come abbiamo visto, per evitare scontri di idee. Libero il materialista di considerarla ma-teria, libero l'idealista di considerarla l'assoluto, libero il religioso di considerarla Dio. Essi avevano saputo trovare tremila armi fa' il punto d'incontro di qualunque filosofìa, a differenza della filosofia occidentale che non ha mai saputo superare le minime controversie.

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Immensità, eternità, vitalità: queste qualità il materialista le attribuisce alla materia, il religioso a Dio, l'idealista all'Assoluto. Esponendo la scienza dell'atmavidya noi attribuiremo tutto ciò a "quello", liberissimo ciascuno di vedere la sostanza creativa come materia, Assoluto, Dio o in qualunque altra veste si voglia. Infatti finché c'è un soggetto ed un oggetto qualunque denominazione della sostanza sarà sempre una simbolizzazione. L'incontro di qualsiasi punto di vista filosofico è la stessa chiave di volta del pensiero evolutivo moderno: la sostanza, che non si crea e non si distrugge e che quindi, fuori dal divenire, genera il divenire della manifestazione universale. Questo è l'unico concetto, antichissimo e modernissimo nello stesso tempo, che non sia contraddittorio in qualche punto, che allaccia la scienza alla filosofia. È evidente che la conoscenza può avanzare all'infinito ma non può oltrepassare la percezione diretta della sostanza primordiale nella sua essenza. La percezione della sostanza primordiale consiste nel per-cepire ciò che non appare ossia il substrato sostanziale di tutte le cose di cui esse non sono che temporanee emergenze. Per usare l'immagine simbolica della creta, diremo che tutta la conoscenza fondata su un soggetto e su un oggetto, corrisponde ne] nostro paragone ad un oggetto fatto di creta che percepisca altri oggetti fatti di creta. Esso avrà sempre una percezione limitata. Solo quando percepir à la creta che è in esso stesso e in tutti gli altri oggetti di creta percepir à la natura di tutto. Per tornare a noi, trasferendo alla realtà il paragone usato, diremo che finché una psiche è legata alla percezione di un qualunque oggetto esterno, sarà sempre nel dualismo e nella limitatezza. Solo quando la psiche, che non percepisce se stessa, riuscirà finalmente a percepirsi, percepirà allora la reale natura sostanziale di cui è fatta e dì cui è fatto tutto l'universo. Finché questo traguardo non è raggiunto, abbiamo detto, la sostanza primordiale, da cui ciascuno di noi è sorto e dovrà presto o tardi dissolversi, perché nulla fuori di essa è eterno, non potrà essere percepita e dovrà essere soltanto presupposta o col ragionamento dell'atmavidya o con qualunque altro ragionamento. A questo punto segnaleremo un'altra affinità, oltre tutte quelle segnalate, tra l'atmavidya e il positivismo moderno. Secondo il positivismo moderno la differenza che inter-corre tra la scienza e la religione è questa: La scienza ha per scopo lo studio delle cause delle cose. Ora solo le cose finite, sottoposte alla durata, hanno una causa che le ha portate in esistenza. Dunque il compito della scienza è lo studio del relativo, di ciò che non ha realtà assoluta. Lo studio invece di ciò che non diviene, ossia di ciò che non è nato e non sparisce, esula dal compito della scienza che non ha mezzi per indagare in esso. È stato invece il compito che nella lunga storia dell'umanità si sono imposte le religioni. Solo quando l'umanità ha iniziato a raziocinare accanto alle religioni è sorta, col medesimo scopo la filosofia. Mentre però la filosofia di tutti i tempi e di tutti i popoli si è sempre fermata, e non poteva essere diversamente, di fronte aH'"inconoscÌbile", le religioni possono essere state dei mezzi per arrivare alla percezione della sostanza primordiale. Qui si intendono le religioni nel loro aspetto puro ed originale, non le religioni quando, svuotate di ogni insegnamento, diventano degli ammassi di leggende e di rituali senza significato. Dal canto suo l'atmavidya ha sempre sostenuto che le religioni sono lo sforzo umano di cercare dì arrivare a percepire l'impercepìbile. Se oggi per esempio le radiazioni praniche sono fotografabili o registrabili diversamente, anticamente era quasi sempre un'iniziazione religiosa che portava a percepirle. E cosi le figure degli "iniziati" nelle iconografie orientali sono rappresentate con un

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alone fiammeggiante attorno alla testa. Nel cristianesimo tale alone è stato a poco a poco rappresentato da un cerchio: "l'aureola". L'orìgine che l'atmavidya attribuisce alle religioni è proprio questa: la tendenza umana a vedere l'invisìbile e a conoscere l'inconoscibile. Inoltre la tendenza a canonizzare, a codificare in una forma adatta all'epoca e alia mentalità di un popolo in un certo periodo quelle regole di condotta che permettono di raggiungere le percezioni extrasensoriali, fino alla massima per-cezione. A questo punto ritorna in argomento la questione della finalit à universale. Esiste un fine dell'evoluzione, non in senso biologico, ma in senso cosmico? Il problema si ripresenta nuovamente, Nuovamente l'atmavidya risponde: Sì e no. Non esiste una finalità intesa come dovere imposto da volontà superiore. Esiste una finalità oggettivamente ineluttabile, nel senso che tutto ciò che c'è di manifestato deve necessariamente sparire immergendosi nell'impersonale sostanza universale. Gli esseri nascono dove nascono e durano finché durano, ma alla fine tutto deve tornare all'originario. Le varie religioni, che solitamente presentano sotto forma di un dio personale la sostanza primordiale, presentano la divinità in due modi: il Dio-creatore e il Dio-distruttore. La forza che crea e che poi riassorbe le creazioni. O meglio la forza che crea gli esseri e che necessariamente ne rappresenta la conclu-sione. Gli Yogi sostengono che mentre nelle religioni indiane c'è coscienza della personalizzazione simbolica dell'impersonale, nelle religioni occidentali questa personalizzazione viene ad essere scambiata per realtà. Così, quando dicono che Dio è infinito e Io considerano personale, ossia, limitato ad un io, cadono nella contraddizione, perché non può essere limitato a nulla ciò che è infinito. Dalla personalizzazione alla mitizzazione delle forze, immaginando strane avventure che avrebbero subito personal-mente le divinità, il passo è breve. Ne nascono dei testi che poi vengano presi alla lettera dai popoli incolti costituendo un motivo di regresso. L'ideale che invece si auspica nelle filosofie orientali è quello della "religione cosmica" auspicato anche dai più grandi pensatori europei. Einstein diceva: "lo scienziato si accorge (più di ogni altro) di come il mondo è fondato sulla ragione e la logica delle leggi naturali, questo costituisce il suo senso religioso. Spinoza diceva: "Deus sive natura" ossia "Dio, oppure la natura". Il concetto di divinità non è una cosa distaccata dal cosmo, ma è il cosmo stesso, colla inflessibile logica delle sue leggi naturali. È questo lo stesso ideale che traspare in uno dei più superbi poemi dell'antichità: L'inno della beatitudine: Io sono l'inizio e la fine dei mondi; Sono la trama su cui tutto è tessuto. Nei liquidi sono il sapore. Negli astri sono la luce. Nello spazio sono la vibrazione. Nell'uomo son la virilità. Nella terra sono l'essenza. Nel sole sono splendore. Nei viventi sono la vita. In chi pensa sono il pensiero. Nei grandi sono grandezza. Negli amanti sono l'amore. …………………………………………………………………………………………………………

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Per gli ignoranti non sono che un Dio invisibile. I buddhisti e i giainisti rifiutano di considerare un Dio sotto qualunque aspetto. Per essi esiste solo la materia primordiale che è sempre in moto, come il mare che genera le onde. I singoli oggetti viventi e no, sono come le onde del mare, che appaiono e vi spariscono dentro. I buddhisti e i giainisti sono i maggiori negatori di una divinità separata dalla natura. Quando i primi europei studiarono le concezioni religiose della regione indocinese si meravigliarono molto di non aver trovato in quelle lingue nemmeno una parola adatta ad esprimere il concetto. Gli induisti considerano "gli dei" come personalizzazioni simboliche delle leggi e dei fenomeni naturali, come nel già citato caso della dea KalL L'atmavidya così è riuscita a penetrare nello studio delle religioni e ne ha chiarito la genesi. Le religioni sono dei metodi di rappresentarsi simbolicamente in forma sensibile ciò che non cade sotto la sensibilità normale. Indipendentemente poi dalle mitologie che si vengono a creare o dagli abusi che vengono perpetrati speculando sulla sincerità della fede altrui, cose che non riguardano le religioni nella loro essenza più pura. A questo punto si deve segnalare come molti occidentali commentatori della filosofia orientale non abbiano capito l'ar-gomento della "Ishvara". Solitamente essi, simili a quelli che "non scorgono la trave nel proprio occhio, ma la pagliuzza nell'occhio del compagno", gridano alla contraddizione quando sentono che gli yogin di una certa corrente parlano di un Dio personale Ishvara, mentre negano l'esistenza di tale Dio nei principi generali della filosofia. Lo yoga, come il materialismo orientale, considera il dio personale come una cornice vuota in cui l'uomo proietta il suo modello personale di perfezione. Nello yoga la figura di Ishvara viene usata dai "Bhakta" per darsi un modello di comportamento, una volta sgretolati i legami coi modelli ereditati dalla religione della loro località. Gli yogi sostengono che molti religiosi concentrandosi con-tinuamente su un'immagine della divinità, in qualunque religione, si sono imbattutti accidentalmente nella percezione della sostanza primordiale. Tutti all'unanimità l'hanno descritta come S. Bonaventura una comunione con Dio che "nessuno può imma-ginare se non chi la prova". Hanno tutti avuto la sensazione di essere la forza primordiale dell'universo, che essi nella loro cultura religiosa hanno sempre chiamato Dio. Mentre Ì singoli esseri, come le onde del mare, appaiono senza volerlo, per dissolvere la loro forma, qualità evanescente, debbono volerlo. Ma è inutile che tentino se non hanno voglia, perché comunque prima o dopo questo deve avvenire. Le religioni, sebbene tutte o prima o poi decadano, sono nella loro forma primitiva, dei metodi di massa per arrivare lentamente a fare quello che gli yogi o gli zen cercano di ottenere per direttissima. E qui possiamo porci il problema dal punto di vista personale. A cosa tendono gli esseri che vivono? Noi vediamo continuamente gli esseri prefiggersi dei fini. Ma il fine dei fini, lo scopo degli scopi è sempre uno solo: la felicità. Anche il masochista che cerca apparentemente il dolore, in realtà cerca il piacere che può ottenere tramite il dolore. Anche il martire che muore per un'idea subendo tortura ed umiliazioni, muore perché è più soddisfato nel rispetto della sua idea e dei suoi compagni che viceversa. La differenza tra l'altruista e l'egoista sta nel fatto che mentre l'egoista cerca la felicità contro l'interesse altrui, l'altruista la cerca nell'armonia con l'interesse altrui. Ma se c'è una cosa che accomuna tutti gli esseri dell'universo è la ricerca della felicità e la fuga dall'infelicità. La felicità è data dall'ottenere tutto ciò che si vuole, anzi dal non aver più nulla cui aspirare. (Non il far fìnta di non aver nulla cui aspirare). L'infelicità sta neh"aver ciò che non si vuole e nel non aver ciò che si vuole. Ne abbiamo già parlato a sufficienza di come la psiche sia stata inerente

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alla materia e con l'apparizione delle prime strutture organizzate si sia andata personalizzando sempre di più col passare del tempo e dell'evoluzione. Ebbene questa psiche inerente alla materia è la prima delle manifestazioni universali, poiché senza dì essa null'altro avrebbe mai avuto la possibilità di manifestarsi. La sua costante individualizzazione ha dato luogo agli esseri sensibili, intelligenti e raziocinanti. In ogni caso finché l'io è limitato in se stesso da una struttura esteriore che lo oggettiva, questa limitazione è la radice della nescienza e della infelicità, perché finché è così ci sarà sempre qualcosa al di fuori che sfugge al possesso e che sfugge alla comprensione. Nelle persone che hanno la fortuna-sfortuna di pensare molto, la percezione di questo stato dì finitezza si manifesta in una sensazione nota agli psicologi come solipsismo: una sensazione per cui uno si sente come unico essere vivente del mondo. Si chiede: "io sono io, gli altri chi sono?" E ancora "io so di esistere, esìstono anche gli altri o sono un sogno della mia fantasia? Perché non sento il loro essere così come sento il mìo essere? " La barriera del solipsismo non è mai stata superata in Occidente e su questa base sì articola tutto l'esistenzialismo filosofico. Essa consìste nella certezza di sentirsi esìstere e nello stesso tempo nell'improvabilità dell'esistenza di qualunque altre cosa al di fuori di sé. Anche l'obiezione che le cose sì comportano in maniera impreveduta non regge, perché le cose viste in sogno, che si sanno non avere esistenza reale, si comportano imprevedutamente e in sogno vengono credute reali. Lo stesso libro o la stessa bocca che-pronuncia le obiezioni per il soggetto fa parte del suo sogno di cui non conosce i limiti della realtà. E infatti il solipsismo, non è vincibile con le parole, ma solo tramite l'azione. Questa sensazione, in Occidente considerata sfavorevole, viene in Oriente considerata favorevolissima. Finalmente uno si accorge che essere se stesso e non un altro. Essere sravoi mente "rinchiuso nel mistero del proprio io" significa essere delimitato da qualcosa senza alcuno scopo. Tutto questo si chiama in Oriente "il risveglio dell'io". "Ebbene, perché io sono io e non un'altro io?". Infatti solo col rientro, che comunque deve arrivare, dell'io nella sostanza universale e quindi nella materia primordiale di cui anch'esso è fatto, cessano il divenire e la limitatezza, cessano pertanto anche l'infelicità o meglio la relatività della felicità. La sostanza primordiale può tutto, ma non aspira a nulla perché nulla c'è al di fuori dì lei. Conosce tutto perché è in tutto, è la coscienza assoluta, ma nello stesso tempo è inconscia perché non è limitata. La coscienza è coscienza del proprio li¬mite, del proprio io. L'uomo che è pervenuto a conoscenza di queste cose fa i suoi calcoli e dice: "mi conviene star qui ad alimentare la so-pravvivenza di una specie? Ho ancora desiderio di esistere in forma limitata sottoposto alla nascita ed alla morte oppure non ho più nulla da desiderare e voglio riunirmi alla psiche universale da cui non c'è ritorno?" Se decide che questa è una cosa che gli conviene, allora deve percorrere i due livelli evolutivi precedentemente descritti e prepararsi a percepire la vera ultima e prima essenza del suo io: la sostanza primordiale. "Come i fiumi scorrono al mare perdendovi la propria forma e nome così il sapiente, liberato dal suo nome, liberato dalla sua forma, si perde nella persona universale".

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Se veramente la morte comportasse la distruzione dell'io sarebbe facile raggiungere la propria dissoluzione, la dissoluzione della personalità limitata. Ma siccome questo pare proprio che non accada, allora sono stati escogitati tanti metodi di cui uno è lo Yoga, un altro ad esempio lo Zen. Affrontiamo per l'ennesima volta il problema della morte. Abbiamo detto che la psiche percepisce le sensazioni e allora ipotizza una loro causa: la materia. Poi però deve giustificare anche il fatto di sentirsi centro immobile del passaggio delle sensazioni, ne deduce che deve esistere un io che percepisce la materia sotto forma di sensazioni. Bene, quell'io è un'ipotesi soltanto. Il vero io è quello che ha fatto tale ipotesi. La psiche si presuppone, ma non si percepisce. Poi si identifica in ciò che ha presupposto. Ma la vera psiche è l'autrice del pensiero non il pensiero. È la pensatrice dell'idea di sé, non l'idea di se stessa. Ora se questo io è un'ipotesi illusoria, come farà la morte a distruggerla? SÌ dovrebbe distruggere la sua causa, il vero io fatto della sostanza universale. Ma la sostanza universale non si può distruggere. Quindi "se il più umile dei vermi morisse, allora ... Dio dovrebbe rendere lo spirilo" dice il poeta. Sotto l'apparente molteplicità formale, c'è l'unità sostanziale del cosmo. Nessuno conosce, è quello che conosce. Nessuno vede, è quello che vede. Nessuno agisce, è quello che agisce". Dice il Bhagavad-Gita. Dunque per giungere alla suprema realizzazione dell'evoluzione la sostanza psichica, tecnicamente parlando, deve essere isolata da tutto e cessare di pensare, venendo a percepire se stessa e quindi ciò di cui è fatta. Si verifica il vero miracolo: la conoscenza dell'inconoscibile. Questo è il limite supremo dell'evoluzione: alla fine del percorso un brandello della sostanza primordiale ritorna nel "grande oceano della vita". La creatura diventa creatrice. La descrizione di ciò che si prova nello stato di "samadhi" è stata descritta in tutti i tempi, in tutti i popoli, sempre negli stessi termini. Culture completamente diverse, mai entrate in contatto tra loro, hanno descritto questa percezione in modo identico. Tutte sono d'accordo nell'inesprimibilìtà della sensazione precisa, la percezione dì una personalità infinitamente grande nello spazio e nel tempo. Assolutamente imperturbabile e infinitamente felice. Dice lo Shivashastra: "Quando lo yogi sta per penetrare in tutte le cose, ma perché? vedrà egli stesso". Ecco invece come un moderno, un ex funzionario del governo indiano, che è arrivato alla percezione tramite il kundalini-yoga, descrive o tenta di descrivere quello che ha provato dopo anni di sforzi e dopo aver subito, per aver commesso degli errori nell'allenamento, delle crisi accompagnate da dolori sovrumani, da sofferenze peggiori di qualunque tortura. (Questo sia detto per i tanto facili sedicenti praticanti di yoga che si trovano da noi ad ogni pie sospinto, ma che dello yoga non conoscono né la base scientifica né i fini e pensano che si tratti solo di strani esercizi ginnici). "L'aspetto meraviglioso della condizione consisteva nell'im-provvisa comprensione che, benché vincolato al corpo e all'am-biente circostante, mi ero espanso in modo indescrivibile in una personalità titanica. Consapevole all'interno di un contatto diretto con un universo intensamente conscio, una meravigliosa ed inesprimibile immanenza attorno a me, Il mio corpo, il tavolo dinanzi a me, la stanza, il prato fuori e lo spazio di terra e di cielo e di là, sembravano semplici fantasmi in questo reale, interpenetrante e permeante oceano di esistenza che, per spie-garne, come meglio posso, la parte più incredibile dirò che, sembrava essere senza limiti ed estendersi in ogni direzione.

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Nello stesso tempo era un punto infinitamente piccolo. Va questo punto meraviglioso l'intera esistenza di cui il mio corpo era una parte si riversava come una radiazione. L'illimitato oceano di esistenza in cui mi trovavo era infinitamente grande ed infinitamente piccolo. Era nulla e nello stesso tempo tutto. Ero intensamente cosciente di un meraviglioso essere così concentratamente conscio in forma compatta da adombrare e superare infinitamente nella dimensione l'immagine cosmica che mi stava di fronte, non solo nell'estensione e nello splendore, ma anche nella realtà e nella sostanza. Il mondo fenomenico, nell'incessante movimento della creazione del mutamento e della dissoluzione scomparve innanzi a me. Prese l'aspetto di un sottile strato di schiuma in rapido scioglimento sulla superficie di un solido oceano ondeggiante di vita. Un velo di vapore dinanzi ad un immenso sole conscio. Il precedente cosmo dominatore era una transitoria apparenza. Il precedente io turbato dagli affanni era cresciuto nell'infinita dimensione di un vastissimo universo potente, nell'esaltante grandezza dì una immanenza maestosa di fronte alla quale il cosmo diventa un'evanescente complemento. E mi sentivo rizzare letteralmente i capelli in testa quando la parte più meravigliosa e terribile dell'essere primordiale penetrava in me. In quel preciso istante mi sentivo dilatare in ogni direzione dimentico di quanto mi circondava e immerso in una risplendente radianza. Ogni volta che viaggio in questo mondo soprasensibile vengo sopraffatto dalla meraviglia che ogni cosa del mondo normale, ogni fatto storico importante, ogni ambizione e desiderio, soprattutto la mia esistenza, la vita e la morte sembrano essere cose trite e ritrite, cose comunissime di fronte all'indescrivibile gloria all'inimmaginabile oceano di vita alle cui coste mi posso avvicinare. Proprio come un bimbo che per la prima volta si avventura fuori dalla porta di casa e si trova alle rive dell'oceano, gettando uno sguardo dietro di sé verso la sua casa e poi alla meravigliosa vista che gli si spalanca dinanzi, io mi sentivo preso tra questi due mondi. Quando guardo dentro di me sono con una maestosa esi-stenza fatta di tutta coscienza che sbejfeggia la paura e ride della morte, al cui confronto ì mari e le montagne, i soli e i pianeti non sono che briciole sparpagliate in uno spazio incandescente. Un'esistenza meravigliosa che può essere sperimentata, non de-scritta. Un'esistenza che è in tutti sebbene rimossa da tutto, infinita e inesprimibile. Quando guardo all'esterno, allora io sono ciò che ero: un comune uomo tra milioni che vivono su que¬sta terra. Un uomo comune spinto dalle necessità e dalle circostanze". Il testo più classico è sempre il Bhadavad-Gita degli indiani: Krishna disse: "Tu non puoi vedermi colla vista dell'uomo io ti conferirò la suprema percezione. Contempla dunque, contempla nello Yoga la potenza sovrana del cosmo". Sanjaya disse: "A queste parole il grande maestro svelò ad Arjuna la sua forma primordiale. Lo splendore abbagliante della sostanza suprema apparve ad un tratto. Mille soli sorti assieme sarebbero stati poca cosa al suo confronto. Apparve l'universo intero, unico grande corpo

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fatto di miriadi di parti collegate tra loro. Allora Arjuna colto da uno stupore grandioso cadde tremando in ginocchio coi capelli irti dall'immenso terrore". Arjuna disse; "Vedo nel tuo corpo tutte le potenze cosmiche! Vedo in esso tutte le sorti di esseri! Vedo in esso un numero infinito di membra! Vedo l'illimitato in ogni senso! Vedo la suprema guida dell'universo dagli aspetti infiniti! Non vi scorgo l'inizio, non scorgo Vadesso, non scorgo la fine. Come una massa di fuoco proiettata sconfinatamente in tutte le direzioni, io vedo l'invisibile, l'immenso, irradiante in tutti i sensi, il bagliore del bracere ardente del sole! Riconosco l'esistenza suprema, l'indistruttìbile sostanza, il supporto dell'intero universo! Riconosco ciò che è l'imperituro sostegno di tutte le leggi universali, l'eterna mente del cosmo. Vedo la primordiale potenza infinita senza l'inizio, senza il mezzo, senza la fine! Armata di armi infinite, ha negli occhi gli astri del cielo, nella sua bocca l'abbagliante splendore del fuoco che arde l'intero universo. Tra il cielo e la terra riempie tutto da sola! Trema il trimundio al cospetto di quella! della grande esistenza meravigliosa e terrìbile! Alla vista di questa manifestazione infinita fatta di innumerevoli visioni, dì percezioni e sensazioni senza numero i mondi tremano e io tremo con essi! Alla vista dell'energia cosmica che mette fine ai mondi, io mi dissolvo! Dove sarebbe il mio rifugio? Dove sarebbe innanzi a ciò che compenetra l'intero universo? Come le farfalle si dirigono a farsi divorare dal fuoco così la potenza fiammeggiante arde gli esseri ed essi si precipitano verso la loro dissoluzione. Con le tue spire di energia infuocate, tu distruggi gli esseri. La tua forza spaventosa arde il cosmo e lo riempie del suo abbagliante splendore. Ti ho riconosciuto finalmente: Tu sei l'origine!" Non vi staremo a domandare, perché lo abbiamo fatto già altre volte, se avete mai letto un filosofo moderno con una penna simile. Concluderemo perciò così il nostro ultimo, ma nell'insegnamento tradizionale primo, capitolo dell'atmavidya. ________________________________________________________________________________

PER CONCLUDERE Accettabile in tutto, in parte, in nulla, abbiamo esposto l'atmavidya, la "comune scienza psicofisica" dei popoli dell'antichità. L'abbiamo esposta in termini indiani, ma con nomi diversi saremmo stati in grado di esporvela in termini egìzi, cinesi, giapponesi, tibetani. È la scienza ancestrale della primitiva umanità, una scienza unitaria che tratta unitariamente ogni parte dello scibile. Riassumiamo in dodici punti quanto abbiamo dimostrato estesamente nei capitoli precedenti. 1) L'organismo vivente è una simbiosi psicofisica. La psiche dal punto di vista oggettivo non esiste, è il vuoto. 2) La psiche per evoluzione è passata dall'impersonale al personale. 3) Psiche e materia sono solo i due poli opposti della medesima sostanza che è la sostanza primordiale dell'universo.

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4) Ciò che congiunge i due poli opposti è l'energia biopla-smica che permette alla psiche di agire sulla materia. Essa è anche l'agente di alcuni fenomeni parapsicbid quando viene esteriorizzata inconsciamente. 5) L'energia bioplasmica non è distribuita a caso nell'organismo, ma forma la struttura organica da cui il materiale fisico e cellulare va e viene. La struttura organica è la sede d'azione della medicina cinese, interviene nei fenomeni parapsicologici dello sdoppiamento, sonnambulismo, ecc. ecc. Essa non viene distrutta né modificata dalla materia per cui si hanno i fenomeni di rigenerazione. La struttura può agire indipendentemente dall'organismo cellulare come quando i sonnambuli ve-dono gli oggetti ad occhi chiusi. 6) Finché esiste inconsciamente volontà di vivere la struttura pranica resta attiva e rotta la simbiosi colla materia entra in un'altra simbiosi. 7) Al momento della morte la struttura bioplasmica si stacca dall'organismo cellulare determinando un calo di peso dì 21 gr. in media. Al momento della fecondazione dell'ovulo la struttura penetra nel feto in formazione, determinando quello psichismo fetale anteriore alla formazione delle cellule cerebrali. 8) La morte assomiglia ad un fenomeno di sdoppiamento. Il soggetto "vive" una vita inconscia, Tramite l'ipnosi si è riusciti a far risvegliare ricordi di avvenimenti prenatali e prefetali e a curare malattie mentali altrimenti inguaribili. I "segni di nascita" sono processi psicosomatici di natura identica alle stigmate. 9) Le tendenze innate del carattere non provengono dai genitori ma dagli stessi individui, così come la predisposizione non ereditaria per certe malattie. I sintomi dell'evoluzione fu¬tura sono embrionalmente presenti anche in casi sporadici in certi fenomeni parapsichici. 10) Il pensiero immediatamente superiore alla logica è il pensiero sottile corrispondente alla "psicometria". 11) Lo stadio immediatamente superiore alla psicometria è il pensiero enstatico che percepisce le cose al di là della contingente rappresentazione di spazio e di tempo che ne ha una psiche evoluta fino ad un certo punto 12) Tutto è forma o qualità, nelle percezioni superiori, di una medesima sostanza. La percezione di questa sostanza coincide colla fine della possibilità di evolversi e il rientro della sostanza contenuta in una forma nella sostanza informale del

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STORIA SCONOSCIUTA DELLA SCIENZA Qualunque stato penoso in questo mondo o in qualunque altro è dovuto all'ignoranza.

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Ver mancanza di scienza ecco il mondo con i suoi dei, ancorato ai nomi e alle forme, si immagina che questa sia la realtà. Come chi stando sulla rupe di una montagna vede in basso tutta la gente, così il sapiente che tutto vede, vede, libero dal dolore, la gente immersa nel male. Ascoltate questo, voi che siete desti! E voi che dormite, svegliatevi! dal ("Cosi fu detto") ________________________________________________________________________________

L'EVOLUZIONE DELLA SCIENZA Quaranta secoli fa, lo scenario del mondo opulento, immerso da millenni nella serena prosperità di una felice età trascorsa, fu tragicamente sconvolto da eventi sanguinosi, che continuarono a succedersi per secoli e accesero i ricordi degli uomini e dei popoli di mille e mille fantasie leggendarie. Grandissime civiltà dalle monumentali città furono stritolate, genti e favelle furono schiacciate per sempre, dallo sfacelo e dal sangue di grandiosi popoli remoti stavano per sorgere nuove culture, portate da uomini invasori che, con inusitata violenza, erano dilagati nel mondo allora civile in una marea di incendi e di rovine. Le invasioni degli indoeuropei sono il velo che separa le civiltà odierne dalla storia remota dell'uomo. All'alba del secondo millennio a.C. orde di cavalieri schiamazzanti segnarono la fine ultima dì un mondo e l'inizio di un nuovo mondo, del quale facciamo parte anche noi. Quaranta secoli fa ai piedi del Caucaso, nelle steppe si stava preparando il più potente movimento di popoli che la storia universale abbia mai registrato. Le steppe, terre aspre ed immense, furono in ogni età percorse in lungo e in largo da popoli bellicosi e rudi. Dalle steppe venne sempre per l'Occidente il terribile pericolo barbaro delle invasioni, sia in epoca recente che antica, che preistorica. Unni, mongoli, tartari, furono tutti popoli che in ogni epoca incussero all'Europa mite e temperata un sacro terrore. All'alba del secondo millennio a. C. un popolo misto, gli Arjos, per dirlo nella sua lingua, decise dì spezzare gli ancestrali confini in cui fin dai tempi del mesolitico si trovava ristretto e di invadere Ì ricchi imperi del Sud prosperoso. Gli Arjos furono un popolo di valorosissimi guerrieri, esteti impareggiabili in arte, cavalieri invincibili nella battaglia. Cosa li mosse dai loro siti d'origine non ci è noto, ma quando essi si mossero il mondo intero tremò e troppo tardi, con affrettata sollecitudine, i popoli che costituirono i loro bersagli si misero a costruire mura, a formare eserciti di sbarramento. Gli Arjos avevano un'arma tradizionale: l'ascia a due lame. Poi avevano un modo tradizionale di seppellire i morti: i kur-gani. I kurgani sono tombe a forno dove il morto giacente in posizione

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fetale veniva seppellito con l'ascia da guerra ricevuta alla pubertà, con un grosso numero di doni e col suo cavallo di guerra. Quindi veniva spruzzato di ocra rossa e la tomba veniva poi chiusa. Furono proprio gli Arjos che trovarono il metodo di addomesticare il cavallo e tutti i popoli indoeuropei che derivarono da essi ebbero la passione per le corse ippiche. Tanto era vivo il culto per questo animale che anche le donne lo usavano in guerra, e i popoli circostanti, vedendoli sfrecciare sull'animale, crearono per loro i vari miti dei centauri e delle amazzoni. Oggi i kafiri, un popolo che vive ad altitudini cui il cavallo non può giungere, hanno conservato, quale elemento simbolico e rituale del loro culto, la biga trainata con un cavallo a due teste. È il ricordo delle bighe reali che gli antenati hanno tramandato e che a poco a poco si è confuso fino a creare un animale mitologico. Infine furono gli Arjos che scopersero il bronzo e un popolo derivato da loro, gli Hittiti, che scopersero il ferro. Gli Arjos inventarono la spada, la "bomba atomica della preistoria". Con questo patrimonio di armi e di conoscenze belliche i popoli della steppa partirono, stando alle loro leggende, un giorno determinato, al seguito di un condottiero, verso il mondo calmo e ricco del sud e verso tutte le direzioni dove si trovavano città, territori coltivabili, e clima temperato. Era il 2300 a.C, quanto gli Arjos si mossero dalle loro sedi ancestrali per propagarsi in tutto il mondo, iniziando una cavalcata travolgente che non conobbe né sconfitte, né battute d'arresto. Con un impeto di violenza selvaggia i terribili cavalieri delle steppe si riversarono dapprima sulle terre dei loro vicini: l'Ucraina e la Romania che erano abitate da popoli di artigiani e che vivevano col commercio dei vasi dipinti. La resistenza che essi poterono offrire fu misera in confronto all'impeto degli Arjos. Le loro capitali, allora fiorenti centri protostorici, furono incendiate; sulle macerie delle case rase al suolo dal fuoco si trovano i kurgani che gli Arjos avevano eretto per ospitare i loro morti. Conquistata la Romania e l'Ucraina gli Arjos valicarono a cavallo i Carpazi e si diressero verso un'altra importante città di allora: ErÒsd. La battaglia di ErÒsd avvenne probabilmente di sorpresa perché gli Arjos non subirono nemmeno una perdita e il loro passaggio è denunciato soltanto da cocci della loro tipica ceramica a impronte di corda oltre che dalle immancabili rovine della città incendiata. La marcia dopo la conquista di Erosd procedette ancora più travolgentemente, I popoli del Nord combatterono, ma furono completamente assimilati dalla violenza degli Arjos. Essi si unirono ai loro stessi conquistatori ed ingrossarono le file dell'esercito a cavallo. L'Europa del Nord fu letteralmente sconvolta. Cadde la Boemia, la Sassonia fu conquistata, la Turingia fu invasa, la Germania fu occupata a Nord fino a Magdeburgo, ad Est fino a Dresda, ad Ovest fino al Reno. Nelle terre del Nord i megaliti furono usati per seppellire i guerrieri morti accanto ai corpi dei loro costruttori, assai più antichi. Poi un altro ramo degli Arjos conquistò la Pomerania, furono attraversate la Vistola e l'Elba e gli invasori raggiunsero il Mar Baltico. Tutto questo, per quanto grandioso possa sembrare, costituì solo una scaramuccia iniziale in confronto a quanto stava per succedere un po' più tardi quando i nuclei dei primi guerrieri a cavallo furono seguiti dalla migrazione massiccia di intere popolazioni. Gli Arjos erano riuniti in tanti gruppi tribali che furono gli antenati dei popoli storici: Indiani, Persiani, Hittiti, Celti, Latini, Greci, Germani, Slavi, Baiti hanno il loro nucleo unitario in quel lontano popolo della steppa che si irradiò in tutte le direzioni. Il primo movimento storico di Arjos fu la tribù dei Gutei. I Gutei puntarono verso la Mesopotamia.

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Attraversarono il Caucaso, si diressero verso la Babilonia e la Sumeria. La città di Sumer, che la leggenda vuole scampata al Diluvio, cadde sotto l'urto degli Arjos. Un altro gruppo puntò sull'Egitto, gli Hyksos. Anche qui l'invasione è stata travolgente e gli Hyksos hanno governato l'Egitto per diverso tempo. Un ulteriore gruppo di Arjos puntò verso l'Anatolia, popolata dagli abitanti di un fiorentissimo regno: gli Hatti. Quel gruppo di Arjos invase le città degli Hatti mettendole a ferro e fuoco. Il regno hattico fu letteralmente distrutto ed al suo posto sorse l'impero hittita. L'Impero nitrita si espanse in Lidia, Licia, Caria e ancora oltre. Il secondo gruppo indoeuropeo che sì mosse andò a con-quistare l'India e furono gli antenati della civiltà indiana classica alla quale ci si riferisce di solito. Le scene che l'archeologia ha rivelato sono tragiche. Mura costruite in pochi giorni, evidentemente per tentare di arrestare gli Arjos, furono abbattute come se non esistessero. Alle mura furono ammassati gli scheletri dei difensori, con i crani, le vertebre, le costole rotte dalle armi degli Arjos. Nelle città rimasero, sotto Ì cumuli di macerie, i corpi di uomini, di donne e di bambini che non erano riusciti a scappare. Negozi depredati, interi quartieri saccheggiati. Poi i segni dei bivacchi dei vincitori nelle strade ormai deserte delle millenarie città. Fiorenti officine usate come caserme e dappertutto desola-zione e terrore. Il terzo gruppo di Arjos che andò ad Oriente si fermò in Persia. Furono gli antenati dei Persiani storici, Essi si insediarono sui resti delle città della più antica civiltà elemita ed ini¬ziarono una potente marcia di espansione che a poco a poco costituì l'impero persiano. Intanto altre ondate di Arjos erano arrivate in Grecia. Gli Javonici, antenati degli Ionici storici, erano dello stesso gruppo degli Hìttiti. Gli Aivolici furono gli antenati degli Eolici storici. I Protodorici sono gli Achei di cui tramanda la storia. Furono essi a conquistare Troia che già era una conquista degli Iavonici. Oltre al gruppo dei Germani, Slavi, Baltici che per primi si spinsero verso Nord un altro gruppo di Arjos emigrò verso l'Europa settentrionale. Erano i Celti. I Celti conquistarono la Gallìa, dove stabilirono la capitale del loro impero. Poi passarono alla conquista dell'Iberia, che fu presa quasi tutta tranne qualche nucleo basco irreducìbile, che tuttora conserva lingua ed usanze proprie. Dalla Gallia passarono all'attuale Inghilterra, infatti, i Britanni erano celti la cui lìngua indoeuropea rimane tuttora in Irlanda, Cornovaglìa e Francia del Nord. I Celti, uomini dalla grande cultura druidica, ebbero un'impero protostorico grande quasi quanto quello dei Romani, che si estendeva fino in Macedonia. I Celti avevano iniziato la loro emigrazione verso la Gallia assieme ai Latini. Essi formavano ancora un'unità e le loro lingue non si erano ancora diversificate. Poi le tribù che dovevano dar origine ai popoli latini e quelle che sono all'origine di quelli celtici sì divisero e divisero i loro destini. Dapprima i Celti videro i trionfi e la fortuna, molto più tardi i loro compagni di un tempo li sommergeranno e congloberanno tutto l'impero celtico in un nuovo impero ancora più grande. Quando i Latini valicarono le Alpi e si inoltrarono verso il sud della nostra penisola, questa era già stata occupata da vari popoli indoeuropei e vi abitavano inoltre i primitivi popoli italici della preistoria. Tra i popoli preistorici che abitarono la nostra penisola furono particolarmente importanti in Italia del Nord i "Lacustri", i famosi costruttori delle palafitte, le città costruite dentro i laghi, mediante case che appoggiavano su lunghi pali infissi nel fondo.

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Nell'Italia del Sud, dove i laghi sono più rari, le palafitte si trasformarono in "terremare". Città costruite su pali, ma i pali erano infissi nel terreno, non nell'acqua. Le terremare venivano costruite in vicinanza del mare. I Latini penetrarono in tutta la penisola italica. Colonie di Latini, dal linguaggio stranamente affine a quello dei Latini del Lazio e di Roma si trovavano anche in Sicilia. Un nucleo di Latini alla ricerca di un luogo per abitarvi trovò o decise di fabbricare una terremare su un colle del centroItalia. Quel colle si chiama ancora oggi "Palatino". Miriadi di generazioni hanno continuato a pronunciare in continuit à quel nome avendo perso da millenni e millenni il suo significato originale, E quel primitivo colle su cui era sorta una preistorica terramare era appunto il "colle fatale" dal quale doveva diffondersi il primo nucleo dì ciò che sarebbe diventata la civiltà romana. Passarono i millenni e quando l'immenso impero romano decadde venne "l'era gotica". I discendenti dei Germani iniziarono ad espandersi per l'Europa. I loro discendenti andarono oltre l'oceano e divennero i fondatori dell'attuale civilt à nordamericana. Anche gli Spagnoli, popolo neolatino accanto ai Portoghesi, andarono oltre oceano e crearono le attuali nazioni sudamericane. Intanto in Occidente divennero gradatamente forti altri popoli indoeuropei che non erano mai andati troppo lontani dalle ancestrali terre d'origine; gli Slavi. Ed ecco siamo all'epoca attuale. Questa è la storia degli Arjos, del popolo che ha scoperto il ferro e che ha determinato ciò che gli antichi Greci denominavano appunto "l'età del ferro" detta dagli Indiani Kali-Yuga. II lontano popolo della steppa che aveva iniziato ad espandersi per la terra ha dato origine all'attuale fase di civiltà della storia umana. Gli Arjos arrivarono fino in Cina. I Cinesi hanno conosciuto per esperienza personale chi erano gli Arjos. Hanno conosciuto per esperienza personale il loro carattere molto più disposto a far parlare l'ascia bipenne e la spada, che le sottigliezze della metafora e della dialettica. Infatti gli Arjos hanno conquistato dei territori popolati da gente sinica e vi costruirono il regno dei Tocari. I Cinesi che invano tentarono mosse diplomatiche con questi cavalieri più violenti ed impetuosi dei Tartari e dei Mongoli li definirono, alludendo al loro carattere, "Ì vermi intrattabili". Questa è la storia di guerra e di conquista, di sangue e di epopea dei popoli arii, cavalieri della steppa, da quando infran-sero i loro confini e dilagarono per il mondo. Tutta la loro espansione è narrata da una serie di miti che formano il modello classico della letteratura epica. Gli Hìttiti raccontavano in versi la furia del Dio della tempesta, che addormentandosi aveva provocato la siccità. Poi, destato dalla puntura di un'ape sotto il naso, si infuriò attraversando zone e zone e tutto distruggendo colla potenza della sua ira. Il Dio della Tempesta era il Dio nazionale degli Hìttiti. Pare che ciò che abbia spinto gli Arjos ad abbandonare le terre degli antenati sia stata proprio la siccità. Ma più tardi il Dio della tempesta riavutosi dalla sua rabbia rese fertili e fecondi i territori che aveva precedentemente di-strutto. Gli Indiani ricordano della conquista nei Veda in cui i loro avversari sono definiti "anasas" i "senza naso" perché la carat-teristica razziale dei popoli indiani preindoeuropei era di avere il naso schiacciato. Prima di apprezzare l'antica scienza di Harappa e di Mohendjo-Daro gli Arjos avevano profondamente disprezzato il popolo che avevano battuto, definito più abile nelle arti della pace che in quelle della guerra. Ma poi le due culture si mescolarono e il pacifismo del substrato indiano si trasferì ai terribili conquistatori. Oggi l'India è il paese della non violenza gandhiana. I Greci tramandano il ricordo della loro conquista nell'Iliade. I Romani nell'Eneide che Virgilio attribuiva ad un gruppo di reduci Troiani.

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Anche nelle terre del Nord le classiche leggende immortalate nelle opere wagneriane narrano la conquista antica. Ritornano i temi antichi: il culto del cavallo nei personaggi delle Walkirie. Gli dei del Walhalla sono ancora gli stessi dei della oramai frammentata comunità indoeuropea. Thor il dio della tempesta, col fulmine in mano, non è che il Giove dei romani, Lo Zeus dei Greci, l'Indra dei primitivi Indiani. Freia la dea della giovinezza è Venere, è l'Athena dei greci. Sigfrido invulnerabile in tutto il corpo perché si era immerso nel sangue del drago è ancora la versione nordica del greco Achille e che era invulnerabile perché era stato immerso nelle acque di un fiume sacro. Sia Sigfrido che Achille sono morti perché colpiti nell'unico punto debole del loro corpo, Sigfrido nella schiena perché quando si immerse nel sangue del drago una foglia si era posata sulla schiena a sua insaputa. Achille perché era stato tenuto per un tallone quando era stato immerso nell'acqua. Gli stessi temi denunciano la comune matrice religiosa e culturale di tutti quei popoli che la storia ufficiale ci presenta come diversi e separati. E cosi come nella cultura anche nella lingua gli Arjos della steppa formarono la base da cui dovevano evolversi: latino, greco, sanscrito, persiano, germanico, slavo e così via. Le lìngue storiche da cui derivano quelle moderne. La parola P'ter degli Arjos ritorna come Pater in latino, Pater in greco, Pitàr in sanscrito, Vater in tedesco, Athir da Pathir in celtico. Il cavallo, Eqwos in indoeuropeo originale, ritorna come Acvas in sanscrito, Equus in latino, Ippos in greco dal più antico micenaìco Iqqos. Resta questa parola nel nostro equestre, equitazione e cosi via. E centinaia di parole che formavano la lingua preistorica degli Arjos oggi sono la base fondamentale da cui si dipartono le lingue moderne. Chi erano gli Arjos? Come si formò questo popolo sconosciuto della steppa che doveva ad un certo punto sovvertire il silenzioso ordine dell'Europa protostorica, dell'Egitto, dell'Asia già nel pieno della storia? Dal punto dì vista razziale gli Indoeuropei erano un miscuglio di due tipi prevalenti: la razza alpina e la razza nordica, A Nord del Caucaso, tipi appartenenti ai due tipi razziali diffusissimi in Europa si incontrarono e si mischiarono nella zona di confine. Come gli Arjos razzialmente erano un miscuglio di razze, cosi l'analisi linguistica ha rivelato che la loro lingua è l'incontro di due ceppi diversi: le lìngue urofinniche parlate dai nordici, le lingue sudcaucasiche parlate dalla matrice di razza alpina. Gli Arjos, come gruppo etnico e culturale, si formarono allorché ai piedi del Caucaso una serie di tribù furono costrette a vivere vicine. Le lingue si mescolarono e con le lingue si mesco-larono civiltà, culture, usanze. La tribù che maggiormente diede alle altre la propria lingua, cultura, scienza e religione fu proprio quella che invase l'India. Questo è il motivo per cui il sanscrito rivela il pieno vigore di una struttura linguistica che le altre lingue indoeuropee riflettono soltanto in parte. Così questa coincidenza ci permette di sapere parecchie cose sulla scienza originale degli Arjos, perché essi redassero le loro nozioni scientifiche nei famosissimi libri vedici in sanscrito. Abbiamo esposto l'origine e la diffusione delle civiltà che da quattro millenni sono all'avanguardia della storia: Gli Hittiti, gli Indiani, i Greci, i Celti, i Latini, i Germani e gli Slavi. Per dire solo dei più importanti. Tutto questo è iniziato quando la prima tribù lasciò per sempre gli angusti confini dei padri. La discesa degli Arjos ha coperto con un velo di macerie e di ceneri le civiltà precedenti e quanto era della loro cultura se ne trova solo una traccia frammentaria mischiata ai testi dei popoli indo¬europei. Qualche sopravvivenza, così come delle lingue dei predecessori, si

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trova anche ai giorni nostri nel substrato linguistico. Parole come "castagna", come "baita" non sono parole portate dagli Indoeuropei latini nella nostra lingua. Si trovavano nella nostra penisola prima dell'arrivo dei Latini e sono res ìdui di un passato che non parla oramai più che tramite questi echi fiochi e lontani. Soltanto una civiltà potè rialzarsi in piedi dopo la tempesta indoeuropea: la civìlità egiziana. È dunque logico che nei do-cumenti tanto elevati in profondit à di pensiero quanto sconosciuti degli Egiziani noi cerchiamo le notizie fondamentali sulla preistoria e la storia remota del sapere umano. Sullo sfondo della terra ormai alle soglie della storia ufficiale, ovvero della storia scritta e datata vi fu un paese che dal punto di vista culturale formava l'epicentro del mondo: l'Egitto. Verso questo paese, uomini bramosi di conoscere sì avviavano dalle loro nazioni lontane decine dì migliaia di chilometri. Dalla Cina, dall'India, dalla Persia affluivano alle scuole egizie persone di tutte le nazionalità. Perché proprio l'Egitto sia diventato l'epicentro della cultura antica non è facile a dirsi. Gli egittologi moderni dicono che l'Egitto sia stato il primo paese la cui casta sacerdotale, detentrice millenaria della cultura, abbia deciso di divulgare ì segreti fino ad allora gelosamente custoditi. Ecco quanto l'egittologo Kolpaktchi dice degli Egiziani e del molo che essi hanno tenuto nei rispetti del sapere umano: "Si mediti su quanto si conosce dei "Misteri" d'altri tempi, L'India, la Mesopotamia, la Persia conservano il pia assoluto silenzio in proposilo. I misteri biblici sono ammantati da un duplice o triplice velo cifrato. Qualche allusione di Eschilo, di Pindaro, di Plutarco e di Giamblico è quanto ci rimane dei misteri greci. Qui in Egitto tutto è chiaro, limpido, esposto in piena luce. Il tono è diretto, quasi terra a terra. È un tecnico che parla... Formule algebriche si susseguono e gradualmente si sovrappongono ". Il "tradimento dei misteri", ossia la divulgazione di ampie conoscenze un tempo tenute segrete e presso altri popoli mantenute ancora segrete è stata dunque la caratteristica saliente dell'Egitto. Perché questo sia avvenuto proprio in Egitto non è facile da stabilirsi. Comunque esiste in proposito una teoria di tipo economico-politico, L'Egitto fu il primo stato centralizzato del mondo. Una massa veramente grande di nozioni che sì insegnavano nelle scuole egìzie era diretta a fini eminentemente pratici e tutte queste nozioni avevano in comune una finalità: esse servivano a ben governare. Esisteva un insegnamento di tipo prevalentemente politico, come lo studio delle tradizioni storiche e lo studio comparativo delle religioni, diretto a trovare i punti di comunanza tra le diverse religioni per superare eventuali contrasti. Altre nozioni erano di tipo economico, come lo studio della astronomia. È importante a questo riguardo far notare quanto segue sulle origini della civiltà egiziana: L'Egitto fino dai tempi più remoti della preistoria è stato un paese ricchissimo di selvaggina e le incisioni rupestri di una certa antichità mostrano esclusivamente attività di caccia come economia base del paese. Ma un giorno, è attestato, giunsero genti misteriose da un paese non ancora definito dell'Asia. Iniziò a sorgere l'agricoltura e da quel momento in poi l'Egitto prese In sua tradizionale figura di paese agricolo, "dono del Nilo", come ci è noto attraverso la storia ufficiale. A differenza della Sumeria che si prestava per la costruzione di una imponente rete di canali, l'Egitto non poteva assicurarsi l'acqua in tutte le stagioni. Doveva aspettare le periodiche inondazioni del Nilo. Il Nilo portava la fecondità, ma portava anche distruzione e rovina. Nacque l'esigenza di regolare ogni attività del paese sulle inondazioni del grande fiume. Ora il Nilo straripa ogni qual volta la stella Sirio sorge per prima all'orizzonte. Più tardi parleremo di cosmobiologia. Al di fuori di un'ipotesi cosmobiologica non è possibile dare una spiegazione del fenomeno. Co¬munque il fenomeno accadeva regolarmente ieri, come oggi, come sempre e gli Egizi, che sul

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Nilo vivevano, più che cercare una spiegazione teorica del fatto, cercavano di sapere prevedere esattamente il ciclo del fiume. Praticamente l'astronomia egiziana si ferma qui, alla conoscenza dei moti stellari, fino al punto della loro previdibilità matematica. È stato proprio lo studio dello zodiaco caldeo-egiziano che ha portato gli studiosi di egittologia profondi ad una conclusione che è veramente sconvolgente. Il modo con cui un popolo misura il tempo ci può rivelare tantissime cose sul suo conto. Lo zodiaco di una tribù di cacciatori si presenta logicamente diverso dallo zodiaco di una civilt à marinara. Lo zodiaco in uso in Egitto era radicalmente diverso da quello che ci si aspetterebbe da un popolo di agricoltori aventi un ritmo di coltivazioni quali quello degli Egiziani, che è unico nella storia di tutti i tempi. Lo zodiaco egiziano sì rivela invece essere quello di un paese temperato. Mancano del tutto i simboli marittimi e le stagioni non corrispondono minimamente a quelle egiziane (e nemmeno caldee). Evidentemente lo zodiaco egizio-caldeo è ciò che si chiama un "prestito culturale". Ma c'è di più, le costellazioni in uso nello zodiaco caldeo-egiziano non sono indicate nel preciso punto in cui dovevano vedersi in cielo, ma in punti spostati. Segno che da quando era stato creato questo sistema di misurazione all'epoca degli Egizi storici non era più stato tarato. Lo zodiaco caldeo-egiziano era equinoziale, ossia aveva per punto di partenza il passaggio annuo del sole nell'emisfero Nord, all'equinozio di primavera corrispondente a 0° dell'Ariete. L'ultima volta che si è verificata una coincidenza tra il segno teorico dello zodiaco in questione e un reale passaggio del sole in quel punto, rivela il calcolo astronomico, è stato nell'anno 391 a.C. Ma in quell'epoca gli Egizi e i Caldei avevano il loro zodiaco da tanti millenni. La coincidenza precedente invece risale a 26.259 anni prima. Ma a questo punto sorge una difficolt à ben più spettacolare. In tale epoca esistevano uomini capaci di compiere calcoli astronomici tanto complessi? Sapete voi calcolare esattamente soltanto le eclissi? Evidentemente è un lavoro da specialisti. Lo zodiaco caldeo-egizio è stato istituito in un'epoca remota da uo¬mini che sapevano fare tutti questi calcoli e questo ci dimostra che tra una caccia e l'altra, sotto l'aspetto fiero e rozzo i primitivi avevano, da epoca immemorabile, acquisito grandi nozioni scientifiche, sebbene se ne infischiassero di farne usi tecnologici e soprattutto di divulgarle, visto ciò che son capaci di fare gli uomini quando hanno in mano le nozioni scientifiche. Che dunque qualche civiltà preistorica tra quelle note o ignote avesse posseduto una grande cultura è... astronomicamente dimostrato. Gli egizi ne furono gli eredi. Questo corrisponde a quanto gli storici greci tramandano dell'Egitto ossia che gli archìvi degli Egizi contenevano circa quaranta millenni di storia. Purtroppo gli archivi degli Egiziani non ci sono giunti. Ma i mitografi antichi dicevano che l'Egitto aveva ricevuto la sua cultura dalla scomparsa Atlantide. Nella "Preistoria che vive" abbiamo analizzato il mito di Atlantide alla luce delle varie inda-gini di antropologi celebri e ufficiali come Poisson. Abbiamo visto come il mito adantideo, poi manipolato fino a far pietà anche dai moderni purtroppo, corrisponda alla scomparsa della civilt à preistorica "magdaleniana". (Prima ancora alla civiltà musteriana}. La sommersione dell'Atlantide corrisponde effettivamente alla sommersione di ampie terre atlantiche e mediterranee al seguito del disgelo dopo l'ultima glaciazione. I Magdalenìani sono scomparsi anch'essi al seguito del repentino mutamento climatico dei loro territori. Che sia giusta o che sia sbagliata questa identificazione di una civilt à tramandataci dalle tradizioni esoteriche con una civiltà segnalataci dalla scienza razionale è sicuro che, indipendentemente dal modo con cui gli Egizi esternavano al popolo tutto questo, essi erano gli eredi culturali del passato e tutti i popoli dell'antichità attribuivano all'antico Egitto questo ruolo storico: il ruolo di

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ricordare gli eventi passati e di tramandare quella ancestrale cultura umana che le epoche del mesolitico hanno can-cellato nella miseria di un'età tristissima e sanguinaria. Stando alla tradizione greco-egizia il grande maestro divulgatore dei segreti della scienza è stato Hermes, in egiziano Toth. Siccome è sempre accaduto che uomini vengano divinizzati, ma mai è accaduto il contrario, possiamo immaginarci Hermes come un grande maestro antico che interessò moltissimo per le sue conferenze e per l'acutezza delle sue visioni i suoi discepoli al punto che questi tramandarono di lui una memoria indelebile. In realtà tutù i testi che ne parlano, ne parlano come di un uomo. Solo nella religione popolare veniva considerato un dio e gli fu attribuito quale residenza il pianeta Mercurio. Il nome stesso Hermes rivela il processo di divinizzazione cui era andata soggetta la memoria del grande maestro. Infatti Hermes significa "pietra" e l'immagine della pietra che oggi non vuol dire più nulla era stata per eoni di tempo uno dei massimi elementi cultuali dell'umanità primordiale. Prima ancora che comparisse l'Uomo di Neanderthal i presapiens possedevano il culto della pietra. Durante tutto il paleolitico questo culto perdurò modificandosi da zona a zona. Tuttora i popoli paleolitici sopravvissuti conservano alcuni elementi di questo culto un tempo universalmente diffuso, come l'usanza di gettare una pietra ogni volta che si passa davanti alla sepoltura di un uomo. Più tardi, nel mesolitico, il culto della pietra andò soggetto a nuove simbologie, si riscontrano di questo periodo pietre disegnate con simboli che più tardi tornano negli elementi culturali delle religioni classiche: le piante come il tirso, il frassino ecc. ecc. Il culto della pietra torna ancora più tardi in una forma grandiosa: nell'epoca megalitica. I dolmen, t menhir, i grandi allineamenti di megaliti e lo stile gigantesco e massiccio dì queste costruzioni è già intimamente connesso nella forma esteriore e nello spirito colle massicce costruzioni che hanno caratterizzato l'esordio della civilità egiziana classica. Pare, sebbene non sia certo, che la civiltà che ha costruito megaliti in tutto il mondo, dimostrando di conoscere l'astronomia copernicana indispensabile per la navigazione in ogni parte della tetra, sia partita dall'Egitto. La prima cosa che in Egitto si studiava era la filosofia. La filosof ìa egizia era negativa: non si può dire nulla al mondo intorno all'inconoscibile, si può dire solo ciò che non è. "Da principio era il caos, l'oceano primordiale del vuoto, nelle sue profondità insondabili il germe delle cose future flut-tuava immanifestato: la sostanza unica, ciò che esiste nella sua essenza, la sola che è fatta di se stessa, la sostanza da cui prin-cipiò lo spazio e la materia nello spazio contenuta. Padre dei padri, madre delle madri. Sempre uguale, sempre immutabile nella sua universale perfezione, sempre nell'eterno "adesso11 dall'infinito passato all'infinito futuro. La sostanza primordiale ha riempito l'universo intero senza che immagine al mondo possa fornire l'idea della sua immensità. Pervade tutto, non la si coglie in nessun luogo. Unica essenza matrice della pluralità degli esseri, È la potenza della natura, tale che la sua creatività partorisce da sempre, per sempre, senza che mai si indebolisca o che possa mai smettere". Le scienze classiche che si studiavano in Egitto erano sette ed erano articolate cosi; 1° Filosofia: Studio della sostanza primordiale nella sua essenza. 2° Ermeneutica: Studio dei mezzi per percepirla e dei simboli per descriverla. 3° Cosmologia: Studio della sua manifestazione globale. 4° Medicina; Studio della vita umana nel contesto della vita sulla terra. 5° Geodinamica: Studio della vita in generale nel contesto dell'ambiente inorganico. 6° Astronomia: Studio della terra nel contesto astronomico. 7° Psicofisica: Studio dei rapporti tra la materia e la psiche.

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Le prime tre scienze dell'istruzione egiziana erano scienze che studiavano la globalità dell'universo. La filosofia studiava l'universo nell'aspetto del substrato statico, dell'inconoscibile. Era una "filosofia negativa" quella degli Egizi perché non aveva la pretesa di dire cosa era l'inconoscibile, la sostanza primordiale, ma si limitava a dire ciò che essa non era. L'ermeneutica invece studiava le varie dottrine religiose o filosofiche che avevano in¬tuito la natura dell'inconoscibile e l'avevano chiamata e rappre-bntata nei più diversi modi; L'Abisso, il Cielo, Dio, la "Materia" : così via. Mentre in Occidente esiste attualmente una scienza, In "mitologia comparata" che studia comparativamente le varie concezioni religiose dei popoli e denota i vari simboli usati nei ÌII posti ed epoche per esprimere le concezioni metafisiche, ma iiclude di estendere le sue indagini anche alle concezioni filosofiche, in Egitto invece la storia della filosofia subiva la stessa sorte della storia delle religioni. Infatti, mi sapete dire che differenza c’è tra il definire la sostanza primordiale Dio o definirla "Materia "? Questo giusto per sottolineare l'assurdità della divisione delle filosofie in Occidente per cui il materialista si sente tanto diverso dal religioso per il solo fatto che chiama "Materia" quello che il suo avversario chiama "Dio". Gli Egiziani avevano da un pezzo superato queste scaramucce meschine, come per esempio dimostra il brano seguente. io sono la sola unità. La causa della pila. La sorgente di ogni esistenza. Io sono l'unità che esisteva prima che il tempo fosse. Prima che il sole sorgesse la prima volta ad illuminare la terra io ero. Io sono il padre di ogni essere vivente. Io sono la madre di ogni forma di vita. Io non ho né padre né madre, sono io il princìpio di ogni esistenza. Io sono l'uno dai milioni di anni, il solo uno che esiste per sempre. La mia vita è l'eternità. L'immagine mia permane in ogni manifestazione. Io sono ciò che si confonde con ciò che si vede. Lasciate che io venga onorato con immagini scolpile nelle pietre preziose, con immagini fatte di rame forgiato come l'acqua si sostituisce con l'acqua. Come non v'è acqua che si lasci imprigionare e travolge la diga che voleva trattenerla così io non sopporto di essere imprigionato nelle forme. La mia immagine è venerata dagli uomini che mi chiamano con nomi diversi. Ma essi non concepiscono che io sono sempre lo stesso la sola unità esistente da sempre.

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La mia immagine vecchia come il mondo è la vita stessa del mondo. Né la sabbia del deserto, né la mano degli uomini né nulla e nessuno potrà mai distruggere la mìa immagine. Eppure essa è soggetta al tempo e la sua fine si approssima, come si approssima la fine dei mondi ma io sono in eterno e non posso perire. Gli Egizi oltre a possedere la scienza dell'essere e dei suoi simboli possedevano anche la scienza del divenire universale, ossia lo cosmologia. La concezione cosmologica degli Egizi si è rivelata esatta in pieno dopo le scoperte della Relatività. Gli Egizi infatti consideravano la materia come "condensazione di energia" e l'energia come vibrazione. Perciò gli antichi Egizi dicevano che "nulla è in quiete, tutto è vibrazione". Queste tre scienze aventi per oggetto di indagine tre aspetti globali di considerare l'universo venivano anche ad essere tre scienze umane perché i tre modi che ha l'uomo di considerare l'universo sono tali perché l'uomo stesso è fatto in un certo modo. Se l'uomo fosse diverso sarebbero diverse anche le scienze che ha costruito. Diremo brevemente qualcosa delle altre scienze egizie. Se lo scacco ricevuto dai soliti scettici a buon mercato dalla medicina orientale non fosse stato esemplare noi avremmo esitato un po' a pubblicare quanto segue sulla medicina degli Egiziani. Una forma caratteristica della medicina egiziana era l'agopuntura auricolare. Nell'orecchio umano esistono corrispondenze con tutto l'organismo, così la diagnosi avviene sollecitando il padiglione auricolare con degli aghetti. La parte dell'orecchio corrispondente alla zona malata del corpo reagisce dolorosamente alla sollecitazione e questo è una spia diagnostica della malattia. Segue naturalmente la cura vera e propria. Un'altra forma caratteristica di medicina degli antichi egiziani era la "efHuvioterapia". Apparentemente sembra che il medico non tocchi nemmeno ìl malato in questa forma di terapia. Il medico si avvicina alla testa del malato con una sbarretta di platino arroventato e fa dei movimenti. Ciò che il medico fa realmente, è eccitare gli effluvi bioplasmici particolarmente intensi intorno alla testa. Gli antichi medici egiziani venivano, tramite esercitazioni psicofisiche, a percepire gli effluvi bioplasmici e quindi a controllarne le irregolarità. Oggi questo sistema di terapìa è stato riportato alla luce e viene attualmente sperimentato da alcuni medici inglesi che però percepiscono gli effluvi bioplasmici con speciali schermi che li rendono visibili (ad insa¬puta dì quei due storici della medicina veramente dotti in proposito); pare che ìl sistema dia qualche buon risultato per davvero. Delle altre scienze egiziane che formavano il gtuppo del "quaternario inferiore" diremo solo qualche parola. La geodinamica non è precisamente la geografìa. La geografia è una scienza statica: là c'è un monte, dietro il monte scorre un ruscello e il ruscello affluisce nel tal fiume che sorge in tal posto e si getta nel tal altro. La geodinamica studia la costituzione della terra dal punto di vista delle energie latenti che essa contiene e che si possono sfruttare. Faremo un esempio. Gli Egiziani conoscevano ed usavano ciò che i medici d'oggi chiamano il "fluido ad effetto mummifi¬cante". Certi animali hanno il cosiddetto fluido mummificante con cui uccidono la preda e la conservano indefinitamente senza che vada in putrescenza. Il fluido mummificante è presente latente anche nella specie umana. I dottori Clarac e Laguet constatarono che una signora aveva la

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possibilità di provocare la mummifica-zione di animali e piante. Anche la putrefazione veniva arrestata se in corso. Il sangue si essiccava, ma i globuli restavano inalterati. Chi volesse documentarsi legga il Bollettino dell'Istituto Generale di Psicologia Bordeaux 1904 p. 282 e 1905 Cosa sia questo fluido non sappiamo molto bene, ma non è escluso che intervenisse nei famosi e mai scoperti processi di mummificazione egiziana. Sarà ben difficile scoprirlo del resto perché difficilmente i medici si occupano di archeologia e vice-versa gli archeologi di medicina. E così una serie enorme dì cose che gli antichi sapevano noi non potremo saperle perché i nostri dotti credono sempre di poter giudicare la cultura antica con la sufficiente superiorità di chi ne sa sicuramente di più. Il caso del fluido mummificante è un caso limite, ma qualunque forza sottile o densa dell'organismo viene mediata dall'uomo e in ultima analisi sempre dalla terra. Il ciclo vitale raggiunge l'uomo che trae il suo alimento dalle piante direttamente o dagli animali che a loro volta lo traggono dai vegetali. Ma l'inizio del ciclo biologico avviene dalla terra. La geodinamica considerava la terra come un corpo vivente, un crogiuolo di vita che ha l'apice nell'uomo e i piedi nell'inorganico in cui la vitalità è latente. La geodinamica studiava le forze che può fornire la terra all'uomo e che variano da zona a zona, da stagione a stagione e da epoca ad epoca. Infine connessa colla geodinamica era l'astronomia che stu-diava i moti relativi delle stelle. Vale a dire studiava non i movimenti reali ma gli effetti visibili ed apparenti delle stelle, Così se la terra gira intorno al sole, dal punto di vista degli effetti visi-bili è il sole che gira attorno alla terra. Il motivo per cui gli Egiziani si sono interessati di più ai movimenti apparenti delle stelle che a quelli reali è che i movi¬menti apparenti segnano i ritmi di tempo. Il ciclo giornalmente percorso dal sole segna il giorno e la notte. Il ciclo mensile della luna segna i mesi e tutti quei fenomeni che rispettano tale ciclo, come le mestruazioni femminili e i giorni di fertilità e sterilità della donna. Il ciclo zodiacale del sole segna i fenomeni annui e le relative date dell'agricoltura. Fin qui il nostro calendario è identico a quello egizio. Ma quello egizio teneva in conto anche delle cose che seguono ritmi che non sono né solari né lunari ma concomitanti con altri fenomeni astronomici, soprattutto con la stella Sirio, che segna il ritmo del Nilo. La posizione della stella in questione rispetto ad altre stelle permetteva agli Egìzi di prevedere anche l'intensità e la durata dell'inondazione e di usare i relativi provvedimenti. Siccome la stella Sirio in egiziano si chiamava Sotis ne nacque il famosissimo calendario "sotiaco". Praticamente l'astronomia egiziana terminava qui a quest'uso pratico. Gli Egiziani pare conoscessero il telescopio; del resto sarebbe quasi impossibile il contrario visto che hanno inventato il vetro. Ottenere la lastra di vetro è in realtà assai più difficile che ottenere una forma concava o convessa. Quindi avranno fatto osservazioni sulle distorsioni ottiche delle forme di vetro. Infine l'ultima e la più difficile delle scienze egizie era la psicofisica. Noi abbiamo visto come la psiche sia impensabile senza la materia e la materia senza la psiche. La psicofisica egizia, che dagli Egiziani veniva chiamata "antropologia" si occupava di sapere i rapporti intercorrenti tra il soggetto e l'oggetto. Siccome agli Egizi premeva di conoscere soprattutto i rapporti tra la psiche umana e la materia, ne derivava una scienza nettamente antropologica. L'antropologia egiziana sosteneva che oltre al movimento di evoluzione esiste anche un movimento di involuzione cosmica. Il bene o il male sono relativi, ogni essere trova negli esseri di movimento opposto il principio del male. L'uomo è un essere che tende a riunirsi a ritornare dall'individuale all'universale, tutta la storia umana è la storia di un crescente tentativo di portare all'unità una frammentata umanità uscita dalle tenebre del-l'ignoranza animale. È naturale che quanto sa dì divisione, di distruzione (distruggere significa soltanto dividere) venga considerato dall'umanità come "male", come "demoniaco" e così via.

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La concezione egiziana dell'evoluzione non era dunque retti-linea, ma circolare ed emanciparsi non significava per gli Egizi rimanere eternamente nel ciclo del divenire in perpetuo mutare, ma porsi al centro della ruota. Abbiamo esposto le sette discipline che formavano l'istruzione dell'egiziano antico. Ben si intende l'istruzione del sacerdote egiziano, l'istruzione dei colti. Dalla Grecia, dalla Persia, dall'India e da più lontano ancora i dotti andavano in Egitto a studiare. In alcuni punti la cultura egizia è oggi superata. In altri punti non è nemmeno eguagliata. È il caso dell'agopuntura auricolare, dell' effluvio terapia e così via. Ci sarebbe in effetti parecchio da indagare sulla scienza egiziana, Soprattutto sulla parte più riservata di essa, Cosa possiamo dire in globalità degli Egìzi? Erano molto intelligenti, ma anche tirannici e spietati. La loro scienza non era tanto dettata dall'amore per la cultura quanto dall'amore per il potere. Però se volessimo fare un confronto con la nostra civilt à, allora dovremmo paragonare alla costruzione della piramide di Cheope, che sacrificò la bellezza di duecentomila schiavi, la situazione che il secolo scorso vigeva nelle fabbriche inglesi. Venivano impiegati al lavoro durissimo sulle prime macchine dei bambini che venivano legati perché non fuggissero. Un guardiano passava con una frusta e picchiava coloro che si addormentavano, Quasi tutti quei bimbi morivano o ci rimettevano le braccia sotto le macchine. Poco prima in Inghilterra era normale la condanna a morte per furto. Una volta un bimbo dì 11 anni fu impiccato per avere rubato un cucchiaio di argento nella casa di un ricco. La piramide di Cheope è alta 149 m. La distanza della terra dal sole è di 149.000.000 di km. I quattro angoli della piramide guardano nei quattro punti cardinali, la frazione dell'area di base per l'altezza dà il % matematico. All'interno vi sono disegnati con analoghi simboli le effemeridi astronomiche, i calcoli delle eclissi e tante altre cose. Sulle pareti sono incìse in geroglifici le previsioni futurologiche degli Egizi che si sono sempre rivelate esatte. Duecentomila schiavi hanno sudato il sangue e dato la vita perché per quattro millenni di seguito l'occhio del visitatore potesse godere. I bimbi che hanno perso le braccia e sono morti di fatica nelle fabbriche della civile Europa, pronta sempre a diffondere la civiltà ai popoli "incivili", sono stati sacrificati assoluta-mente per nulla. Non sappiamo veramente se dopo tutto gli Egizi fossero tanto tirannici come si dice, sicuramente però non nascondevano di esserlo a nessuno. Gli Egiziani avevano fatto della filosofia la base della loro cultura. Tutte le altre sei scienze della loro istruzione classica contornavano lo studio della filosofia. Ma la filosofia degli Egiziani non era una sterile serie di ragionamenti inutili. Era la "summa" delle cognizioni ricavate da tutte le altre scienze. La filosofia era ancora l'atmavidya, nella versione egiziana. Per rendere l'idea di come erano articolate le scienze antiche possiamo prendere ad esempio l'immagine della margherita. L'atmavidya nelle varie versioni locali era il centro della marghe-rita. Era la filosofia, fatta non con le chiacchiere, ma con l'allargamento delle percezioni umane che suppliva la mancanza dì strumenti e arrivava là dove nessuno strumento arriverà mai, I petali della margherita rappresentano le altre scienze, Certi popoli ne hanno ulteriormente sviluppate alcune, altri popoli altre. Se in Cina sì è sviluppata la medicina più dell'astronomia, nel Giappone si è sviluppata più la psicologìa che la medicina. Noi nelle seguenti pagine daremo un panorama delle altre scienze che gli egizi avevano iniziato cosi come sono state sviluppate dai popoli che maggiormente vi si sono dedicati. ________________________________________________________________________________

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LA SCIENZA DEI TRE "Tutti gli dei sono nel nostro interno" (i Tantra). Quando ancora non si sapeva chi fossero stati gli Arjos, dove erano vissuti e come si erano formati, già i glottologi avevano ri-costruito millimetricamente la loro lingua. Per quanto strana la cosa possa sembrare è successo proprio così. Mentre i glottologi avevano ricostruito l'ancestrale linguaggio indoeuropeo in ogni dettaglio, comprese le eccezioni grammaticali e già ne ricercavano le orìgini più lontane mettendo a confronto il ceppo indoeuropeo con altri ceppi linguistici, gli storici si dibattevano ancora per conoscere chi erano le genti che avevano parlato quella lingua tanto ben ricostruita. Si fecero varie ipotesi sulle sedi originarie degli Indoeuropei. Essi furono accostati ai costruttori dei megaliti, ai Magdaleniani preistorici, agli abitatori della Germania preistorica. Finalmente si seppe la sede esatta che avevano abitato gli Arjos, i particolari della loro avanzata e furono trovati resti linguistici scritti che hanno permesso di confermare che la ricostruzione glottologica della loro lingua era esatta. Se tutto questo è potuto accadere è per il fatto che degli Arjos restavano pochissime tracce archeologiche, mentre il 6095 degli abitanti del mondo parla lingue indoeuropee. I glottologi avevano ricostruito la fisionomia dell'antico linguaggio da ciò che hanno di comune le attuali lingue indoeuropee così come il paleontologo ricostruisce la fisionomia di un animale scomparso dalle fisionomie delle specie che ne derivano e in seguito se un fossile dell'animale originale viene scoperto, fornirà la prova della giustezza o meno della ricostruzione. Un tempo si riteneva che il latino derivasse da un dialetto greco. Però c'era la difficoltà che sia il latino che il greco tende-vano, dalle epoche più remote, ad abolire il numero dei casi della declinazione sostituendovi delle preposizioni. Il latino aveva sei casi e delle varie lingue neolatine solo il rumeno ha conservato il caso genitivo. Il greco classico aveva cinque casi e il greco moderno ne ha soltanto quattro, avendo perso il dativo, Quindi come avrebbe potuto il latino derivare da un dialetto greco se il latino ha un caso in più del greco classico? Non sorse una linguistica scientifica fin quando non si scoprì la famosissima grammatica sanscrita di Panini, che è la più vasta, completa e nello stesso tempo la più concisa gramma¬tica scientifica della storia umana. La grammatica di Panini insegnò all'Europa la classificazione fonologica dei suoni del linguagìgo, le leggi dell'apofonia e tutte le cose che formano l'ABC della glottologia come scienza. Solo allora in Occidente si potè avere una scienza linguistica con tutti gli addentellati. La grammatica di Panini e diverse altre opere indiane dello stesso valore, oltre ad aver insegnato le leggi fondamentali del linguaggio hanno insegnato il sanscrito, una lingua dai prefissi, affissi, radici, simili al greco ed al latino, con una declinazione di otto casi che presenta caratteristiche sufficienti per po¬terla ritenere come capostipite delle due lingue classiche. In un primo tempo si ritenne proprio così. Ma in seguito fu visto che il sanscrito non è il padre del latino e del greco, ma che tutte queste lingue sono derivate da un comune antenato, di esse il sanscrito è il fratello più anziano e quindi riproducente le caratteristiche paterne con maggior fedeltà.

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E così questo antenato linguistico fu ricostruito, gli storici cercarono chi lo aveva parlato e finalmente si potè leggere nel libro della storia dell'uomo sulla terra le origini e la storia remota dell'attuale fase di civiltà. Non è una coincidenza dì certo il fatto che linguisti moderni ancora senza metodo, alla ricerca di una lingua scomparsa, trovino la soluzione del loro problema nell'opera di un grammatico antico che ha loro insegnato il metodo proprio nella lìngua che essi cercavano! Il fatto è che lo studio del linguaggio, come lo studio dei suoni e dei loro effetti rientrava in una vastissima scienza che estendeva le sue indagini persino ai miti. Questa scienza formava la base investigativa per tutte le ulteriori scienze degli Arjos: l'ermeneutica. Ma procediamo per ordine, perché è difficile collegare a prima vista uno studio sui suoni e sui loro effetti con lo studio dei miti e dei simboli mentre invece il collegamento c'è. Questa espressione della cultura è completamente scomparsa dalla nostra civilt à e perciò è difficile rintracciare il filo d'Arianna. Esisteva un'ermeneutica fisica ed un'ermeneutica storica. Mentre la prima sì occupava di svolgere indagini, la seconda si occupava di esternarle, e siccome qualunque cosa doveva essere esternata tramite dei simboli, che sono le parole del linguaggio, ne consegue che quando bisogna rappresentare verbalmente delle sensazioni o delle cose che non sono usuali o giornaliere, i simboli del linguaggio comune non bastano più: occorrono delle immagini più forti, trascendenti la realtà normale. Questi nuovi simboli sono appunto le allegorie mitologiche, Iniziamo col parlare dell'ermeneutica fisica. Tutta l'ermeneutica fisica aveva per base lo studio delle vibra-zioni e dei loro efletti, Come si sa, le nostre percezioni superiori quali la vista e l'udito, sono percezioni di vibrazioni. I vari organi percettivi dell'organismo sono come radioriceventi, ciascuno per una particolare frequenza di vibrazione. Se noi avessimo un filamento che iniziasse ad oscillare lentamente, per noi sarebbe percepibile un cupo ronzio. Se il filamento iniziasse ad oscillare più velocemente per noi sarebbe percepibile un ronzìo meno cupo, che man mano si farebbe sempre più acuto fino a diventare un sibilo stridente per poi sparire completamente. A questo punto il filamento oscillante emetterebbe ciò che si chiama un "ultrasuono", Un suono non percepibile dall'orecchio umano, ma pur sempre esistente ed in grado di farsi percepire da un cane o da un altro animale. Se il filamento oscillasse ancora più velocemente l'ultrasuono uscirebbe dalla gamma di percezione uditiva di qualunque vivente. Poi se noi facessimo calare la frequenza dell'oscillazione fino ad un livello inferiore a quello da cui siamo partiti, il filamento emetterebbe ciò che si chiama un "infrasuono". Ossia un suono non percepibile dall'orecchio umano, ma pur sempre esistente. Ecco che già questo esempio ci mette in grado di capire come qualunque oggetto che si muove genera un suono, sia percepibile o meno dal nostro o da altri orecchi, e ci permette di capire come il suono udibile sia una pìccola porzione delle vibrazioni possibili. Ora supponiamo che il nostro filamento inizi ad oscillare ad una velocit à sempre maggiore, senza limiti: esso emetterebbe degli infrasuoni, poi dei suoni, poi degli ultrasuoni. Dopo emetterebbe onde elettriche, raggi infrarossi ossia raggi calorifici. Ad una velocità maggiore ancora emetterebbe tutti i colori dell'arcobaleno, dal rosso al violetto. Le radiazioni termiche si chiamano infrarosse perché sono ad una frequenza inferiore di quella del colore rosso. Tra i raggi luminosi e i raggi infrarossi c'è lo stesso rapporto che c'è tra i suoni e gli infrasuoni, trasferito alla vista. I raggi infrarossi sono immediatamente al di sotto della possibilità di percezione

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dell'occhio umano, ma sono percepibili dalla nostra pelle in forma di calore. Se noi avessimo una capacità visiva più ampia potremmo vedere il caldo e il freddo. Il gatto ha un'estensione visiva più potente dell'uomo, percepisce visivamente una parte dell'infrarosso e perciò vede al buio. Se il filamento superasse la frequenza dei raggi luminosi vio-letti, emetterebbe l'ultravioletto e quindi i raggi cosmici ed ultracosmici. Ciò che distingue una radiazione dall'altra, dal punto di vista qualitativo, è la frequenza della sua vibrazione. Noi potremmo dire che la luce è un suono ad altissima frequenza, come potrem¬mo dire che il suono è una luce a frequenza bassissima. Ogni tipo di radiazione ha poi le sue modalità di azione. Se per esempio esistessero degli esseri che potessero percepire Ì raggi X visivamente essi potrebbero vedere attraverso i muri e se li percepissero auditivamente potrebbero sentire suoni per noi inimma-ginabili. Gli Arjos avevano preso come unità di misura il suono e paragonavano qualunque radiazione ad un suono percepibile o meno, coi vari organi a nostra disposizione. Sosteneva l'ermeneutica, in accordo colla scienza moderna, che la materia proviene dall'energia, che a sua volta è una vibrazione. L'ermeneutica sostiene che l'uomo che si mette in opportuno stato psichico può modificare a sua volontà le vibrazioni delle energie naturali ed ottenere fenomeni speciali. Se tutto è vibrazione e se l'energia, base della materia, è vibrazione, se le vibrazioni possono essere paragonate a suoni udibili o meno, tutto il mondo può essere paragonato ad un grande suono, una grande parola. E questa è l'interpretazione che l'ermeneutica dà alla frase "Da principio era il Verbo...", Frase che a quanto pare non trova interpretazioni più realistiche nella nostra teologia. Le scienze antiche, sempre sintetiche, non si limitavano all'osservazione di un solo gruppo di fenomeni, ma si allargavano sempre a dare una visione generale del mondo. L'ermeneutica è oggi la scienza che serve a decifrare le lingue antiche e a tradurne i testi. Anticamente l'ermeneutica era la scienza che osservava il cosmo intero sotto l'aspetto delle vibrazioni e quindi dei suoni che sono una parte delle vibrazioni. Se gli Egizi possedevano una scienza ermeneutica gli Arjos ne furono i maestri ed essi crearono una rappresentazione ermeneu¬tica di tutte le leggi scientifiche che avevano scoperto e di tutte le concezioni filosofiche che avevano accettato. Gli Arjos consideravano il cosmo intero come una grande ed armonica vibrazione e a questa vibrazione attribuivano la na¬scita della materia, dell'energia e infine della vita. Ciò che per essi si era posto in vibrazione era la stessa sostanza psichica che fisicamente è identificabile nel vuoto. Sebbene la cosmogonia degli Arjos non fosse impostata su basi matematiche come la nostra, arrivava però alle medesime conclusioni. Anche la cosmogonia moderna considera la materia originata dall'energia, l'energìa originata da vibrazioni di un elemento sottile che prima di Einstein veniva identificato come etere cosmico ed oggi viene identificato nel vuoto. Il vuoto a sua volta è una funzione psichica. Ora la vibrazione non è soltanto il fondamento della materia, ma è anche il fondamento delle nostre percezioni. Così noi vediamo delle vibrazioni, udiamo delle vibrazioni. Comunichiamo l'esistenza dei nostri pensieri colla vibrazione, così come è tramite la vibrazione che ci rendiamo conto dell'esistenza delle cose. Laddove la nostra percezione non giunge le cose ci sfuggono, cosi come ci sfugge tutto ciò che è fatto di infrasuoni o di radiazioni ultraviolette. Esiste oggi una tecnica di fotografia che permette di fotografare le onde sonore che sfuggono alla vista per rientrare nella facoltà dell'udito. In tali fotografie si può vedere un mondo intero che vive e pulsa tra di noi senza che noi ce ne accorgiamo. Reticolati, mulinelli, figure stellate, ricurve, passano accanto a noi,

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si combinano, si attraggono e si respingono senza che noi possiamo vedere nulla. Esistono animali che percepiscono vibrazioni che noi non percepiamo. Vi sono animali come il cavallo che sentono l'acqua in qualunque punto si trovi e non muoiono mai di sete, se nel luogo dove si trovano esiste l'acqua. A questo gruppo di fenomeni va collegato il senso d'orientamento che talune specie dimostrano di possedere. A questo punto deve essere fatto il discorso dei supporti che permette di dare la spiegazione di tanti fenomeni metapsichici. Esistono nell'uomo diversi sensi latenti che normalmente non si sviluppano per il fatto che a questi sensi non corrisponde più un organo fisiologico attivo. In realtà nel nostro organismo e soprattutto nel nostro cervello esistono organi rudimentali che non esplicano più una fun-zione attiva, ma che se si sono formati e se permangono allo stato rudimentale significa che un tempo tale funzione essi l'hanno posseduta. Questi organi quando entrano spontaneamente in attività, per uno strano ritorno della natura del tutto paragona-bile alla nascita di uomini completamente pelosi o alla nascita di cavalli striati come le zebre, danno luogo ad una serie di per-cezioni denominate extranormali. Oltre però ai sensi rudimentali sono presenti nell'uomo anche facoltà di estensione dei normali sensi al di là di quello che è l'uso normale. L'estensione dei sensi può avvenire tramite degli oggetti che servono quale prolungamento dei sensi e nello stesso tempo come supporto psicologico al verificarsi dei detti fenomeni. Per fare un esempio diremo della classica bacchetta dei radioestesisti che forma il supporto per il prolungamento e l'aumento della sensibilità tattile. Un altro esempio può essere il mazzo di carte o i tarocchi per indovinare. Le carte o i tarocchi servono quale supporto psicologico e suggestivo al soggetto, che si sente appoggiato da ciò che egli considera una potenza magica o invisibile e quindi fa funzionare le sue capacità di intuizione, analisi e sintesi meglio che in altro momento. La scienza degli Arjos aveva soprattutto studiato gli effetti sulla psiche delle vibrazioni, specialmente quelle sonore. In Thibet tuttora si usa indurre il sonno ipnotico facendo suonare delle trombe, I primi fondatori della psicoanalisi, Charcot ed altri, avevano studiato gli effetti dì taluni suoni sugli stati di coscienza di certi malati. Il noto naturalista americano Charles Kellogg fu un cultore di ermeneutica fisica. Dette una dimostrazione degli effetti della vibrazione tonale sulla materia dinnanzi ad un gruppo di pompieri nel 1926. Facendo vibrare un archetto su un corista d'alluminio (strumenti tipici dell'accordatore costruiti allo scopo) produsse uno stridore simile a quella di un radiosintonizzatore. Immediatamente la fiamma gialla del gas, tenuta alta circa 15 cm e racchiusa in un tubo di vetro vuoto, scese a 15 cm diventando una fiammella vacillante di colore azzurro. Una seconda vibrazione la spense del tutto. Gli Arjos possedevano una scienza assolutamente impenetrabile nei suoi segreti che si occupava di estendere la sensibilità umana al di là della gamma normale di percezione e di ve¬dere così tantissime cose che normalmente sfuggono. Tale scienza poi, a sua volta, sì occupava di influire tramite i suoni sulle altre vibrazioni più sottili onde provocare fenomeni che nessuno esiterebbe a definire parapsichici, ma che iti realtà non lo sono. Tale scienza era il "mantravidya" e siccome tra Ì vari effetti ottenibili col mantravidya ve ne erano di terribili essa non venne mai divulgata. Gli esperti del mantravidya si aiutavano sovente mediante l'ingestione di sostanze chimiche. Tutta un'altra gamma di effetti si otteneva in tale stato. I Rasayani erano una setta, forse ancora oggi esistente in India, che provocava con questo metodo fenomeni di levitazione e telecinesi (altrove ottenuti in modo diverso), oltre che altri fenomeni. Questa tecnica di ottenere volontariamente e meccanicamen-te stati mentali atti a percepire e a fare cose normalmente im-possibili, questa specie di psìcochimica era ciò che gli egizi chia-mavano

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alchimia. Tramutare la pietra in oro significava alterare lo stato mentale in modo utile a ottenere fenomeni che forse nessuna tecnologia otterrà mai. Nel medioevo, quando si prendeva tutto alla lettera, gli alchimisti tentarono veramente di cambiare le pietre in oro. Come avevano creduto che il mondo fosse stato fatto in sei giorni di ventiquattro ore, così credettero che si potessero tramutare le pietre in oro e siccome tenevano più all'oro che a tante altre cose tentarono in tutti i modi di trovare la pietra filosofale, scoprendo invece le leggi fondamentali della chimica. Questa era la parte fisica, diciamo, dell'ermeneutica. Lo stu-dio e l'investigazione delle cose che non si vedono. Ora, l'erme-neutica era molto da vicino collegata colla religione. Noi abbiamo già visto come la religione sia lo sforzo umano di vedere e di operare al di là della porzione di mondo comunemente percepibile. È a questo punto che noi assistiamo alla nascita della rap-presentazione mitica ed allegorica dei fenomeni. Dove l'igno¬rante vede soltanto una storiella e una favola per bambini, il colto vede l'espresìone di una legge, di una pratica espressa in termini simbolici. Gli antichi usavano spesso questo sistema per nascondere certe cose agli stupidi e permettere agli intelligenti di conoscere al di là delle parole cosa esprimeva un mito o una qualunque espressione artistica. Naturalmente il tentativo dì esprimere mediante combinazioni di sensazioni ciò di cui nel mondo giornaliero non esiste una possibilità rappresentativa, non si limitava solo alla mitologia, ma si estendeva alla poesia, e persino alle arti visive e all'architettura. Le proporzioni dei tempi e il loro orientamento erano studiati in un simbolismo complesso che pochissimi conoscono interamente. La religione degli Arjos si basava totalmente sull'ermeneu-tica; mentre le religioni semitiche si fondano sul concetto di "Rivelazione" da parte della divinità, il concetto indoeuropeo ne differiva totalmente. "È assurdo", avrebbero detto i nostri antenati, "che la divinità abbia dei favoriti. Non ci sono racco-mandati nelle gerarchie celesti". Che un dio si scelga un popolo anziché un altro per fargli particolari rivelazioni è una cosa che può essere pensata soltanto da chi ha un concetto particolarmente puerile della divinità. Il concetto indoeuropeo era ermeneutico. Chi sa e può estendere al di là dei sensi normali la sua percezione può udire, vedere, percepire cose che agli altri sfuggono e quindi può comunicare agli altri ciò che ha percepito e i mezzi con cui c'è arrivato. Ecco che tra gli Arjos è nato appunto lo Yoga. Ma nasce a questo punto la difficoltà di comunicare con gli altri esperienze che evidentemente trascendono le possibilità del linguaggio comune. La rappresentazione deve essere perciò ottenuta con mezzi tratti dall'enfasi epica: è la mitologia. Il mito ha perciò sempre una base storica: o rappresenta un fatto sto-rico accaduto ad un popolo, oppure rappresenta un'esperienza ultrasensoriale che è stata fatta da un popolo o da una casta di addetti entro un popolo in un certo momento della sua storia. E così la scienza ermeneutica da passiva: investigazione del mondo invisibile, diventa attiva: sua rappresentazione allegorica tramite il mito. Che poi i miti vengano presi alla lettera e i popoli divenuti incolti non riescano più a capire quello che il mito voleva rappresentare è fatale, è la decadenza, l'ignoranza, il medioevo. Passiamo allora a vedere qual'è il significato recondito dei miti indoeuropei perché essi sono la base per capire come le religioni pagane non fossero superstizioni, ma simbolizzazioni di leggi naturali scoperte ermeneuticamente. Gli antichi Arjos avevano realizzato di fatto quella "reli-giosità cosmica" di contemplazione del grandioso evolversi della natura, quella religiosità che nella nostra epoca hanno auspicato i grandi scienziati come Einstein. Essi avevano tratto le loro convinzioni dalla scienza ermeneutica, oggi sostituita dal pro-gredire dei mezzi tecnologici.

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L'originale cultura aria era qualcosa di grandioso: scienza, filosofia, polìtica e religione erano una sola cosa. Gli Arjos vive-vano la loro religione giorno per giorno. Sul modello delle loro dottrine era fabbricato ogni rapporto ed ogni azione umana. Sulla base dell'antica cultura vedica si sono poi formate le grandi correnti culturali che oggi informano le grandiose civiltà e religioni asiatiche, dal bramanesimo, all'induismo al buddhismo. Ben inteso che il buddhismo non è stato un movimento dì riforma dell'induismo, ma un movimento che ha intravisto il metodo per diffondere la cultura indoeuropea al dì fuori dei confini dei popoli di lingua indoeuropea, verso la Cina, il Thibet, l'Indocina e il Giappone.

PENSAVANO GLI ARJOS ANTICHI:

Ogni cosa appare, dura e scompare, cosi come anche gli esseri viventi nascono, vivono e muoiono. Solo la sostanza pri-mordiale passa da formazione in formazione e non ha inizio né fine. La sostanza primordiale però deve essere vivente poiché viceversa invece di essere da sempre in moto, sarebbe da sempre assolutamente ferma. La sostanza primordiale che non nasce, né muore, è al di fuori del tempo. Se potesse parlare nel nostro linguaggio direbbe: "Io sono Colui che è". Ed ecco il significato che gli orientali attribuiscono al famoso passo biblico. La sostanza primordiale viene chiamata Brahman, il suo sim-bolo è l'assenza di simboli ed ecco perché gli antichi ebrei non potevano rappresentarla sotto nessuna forma; è contrario alla logica dare una forma all'informale. Quello non é né essere né non essere. Si manifesta in tutti i sensi e non ha sensi. Distaccato da tutto, porta tutto. Non ha qualità, ma percepisce ogni qualità. Quello è all'esterno ed all'interno degli esseri. Immobile e mobile, è sottile tanto da penetrare ovunque. ti lontano e vicino. Indivisibile risiede diviso negli esseri. È quello il loro divoratore. È quello il loro generatore. Lo chiamano la luce della luce. Ma e al di là delle tenebre. È il soggetto della conoscenza è l'oggetto che si fa conoscere. Al suo manifestarsi nel tempo la sostanza primordiale assume tre aspetti diversi che rappresentano i tre momenti di ogni cosa: Brahama: Il ruolo creativo, che è la nascita di ogni cosa. Vishnù: Il ruolo conservativo, che è la durata, la storia e l'evoluzione di qualunque cosa. Shiva: Il ruolo distruttivo, che rappresenta la fine di ogni cosa, il suo ritorno all'indifferenza primordiale. La differenza tra i nomi Brahman e Brahama è che mentre il primo nome porta la desinenza N del neutro (N anche in greco, M in latino) ed esprime la sostanza primordiale nella sua assoluta calma, Brahama invece è l'inizio di ogni cosa, il principio di ogni attività manifesta, il passaggio

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dall'immanifesto al manifesto e perciò ha per simbolo la perdita della neutralità espressa dal simbolo N. Brahama, Vishnù e Shiva sono tre personificazioni dei tre momenti e dei tre ruoli che assume Brahman, il senza simboli, quando si manifesta in tutte le cose. Brahama, Vishnù e Shiva non sono tre deità, ma tre momenti della manifestazione della sostanza primordiale Brahman: la forza che crea, crea per la forza che conserva, che conserva per la forza che distrugge, La forza che distrugge, distrugge per la forza che riorganizza il materiale, in una nuova creazione. Brahama lavora per Vishnù, che lavora per Shiva, che lavora . per Brahama nuovamente. Tutto può essere simbolizzato nella ruota cosmica. Tutto è aggregazione e disgregazione delle medesime particelle. Come giocando a dadi capitano o prima o dopo le stesse combinazioni, cosi l'intero universo è una continua aggregazione di cose che sono destinate anche nelle componenti materiali a doversi inde-rogabilmente riformare. Nella ruota cosmica si susseguono ì tre momenti dell'inizio, il mezzo e la fine, ma il centro della ruota è immobile, perché il centro è la sostanza che non ha inizio né fine. Un simbolo per indicare il divenire è la sillaba AUM, ottenuta chiudendo la bocca e le labbra progressivamente: A è la forza che crea, U è la forza che conserva, M è la forza che di¬strugge. Ma l'assoluto impersonale, il non nato è il silenzio che precede la A e segue la M. Pensiamo che il lettore abbia capito come sono stati costruiti Ì simboli e non abbia più bisogno di credere che gli indiani sono degli "ignoranti pagani". Vi facciamo notare che la Trimurti, il simbolo del dio a tre teste che non è nessuna delle tre deità, ma è in tutte e tre senza possedere un volto, è ancora il simbolo della ruota cosmica che gira perennemente, ma ha il centro in assoluta stasi. È il simbolo del substrato statico del divenire in evoluzione come in Occidente lo ha espresso il grande Spencer. Alla conoscenza dell'impersonale non si arriva con lo studio, ma con la pratica. Alla conoscenza invece delle manifestazioni si arriva con la scienza. La scienza che studiava il divenire è la più tipicamente aria che esista: la Trayavidya, etimologicamente la Triplice Scienza. La Trayavidya è stata esposta nei famosissimi Veda indiani. Rg - Veda: Conoscenza delle leggi che governano la genesi dei mondi: la cosmologia. Ayur-Veda: Conoscenza delle leggi che governano il conservarsi della vita: la medicina. Sama-Veda: La conoscenza dei fini supremi delle cose e dei modi di comportarsi per realizzarli: l'etica ed il rituale religioso, Anche la scelta delle professioni seguiva questi criteri. V'erano coloro che si dedicavano alle attività creatrici. Coloro che preferivano le attività conservatrici. Coloro che preferivano le attività distruttrici. I primi erano i sacerdoti-medici. Sacerdoti in tempo di pace, medici in tempo di guerra. Essi conoscevano la storia della tribù e guidavano il popolo. Ne curavano le menti ed i corpi in un'unica professione. Infatti essi erano i detentori della scienza e della filosofia. TI momento della creazione è il momento del pensiero. Una sinfonia non è creata quando viene suonata, ma quando viene pensata. L'esecutore può ripetere un milione di volte una sinfonia che esiste già, ma essa può venire creata una sola volta. I secondi erano contadini-metallurghi: contadini in tempo di pace, metallurghi in tempo di guerra, forgiavano le armi ai guerrieri. Il loro momento era il momento della realizzazione, quando la cosa creata nel pensiero prende consistenza nella materia e vi dura fino alla distruzione.

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Coloro che si dedicavano al momento della distruzione erano i cacciatori-guerrieri, cacciatori in tempo di pace, guerrieri in tempo di guerra. Essi erano la distruzione e la morte, preludio di una successiva creazione. Infine, a parte, c'erano coloro che si isolavano, percorrevano raminghi la foresta e diventavano Yogin. Il loro scopo era sottrarsi alla ruota cosmica del divenire e immergersi nell'impersonalità assoluta. Gli antichi Arjos oltre a considerare triplice la scienza, 1 ruoli di lavoro, le manifestazioni del divenire, consideravano triplice anche il mondo abitabile: il grandioso concetto del Trimundio. Le regioni del mondo viste dall'uomo sono tre: La regione celeste, la regione terrestre, la regione ìnfraterrestre. Nella regione celeste vi sono le stelle, le forze fecondatrici della terra. È compito dei sacerdotimedici studiare questa regione. Nel mondo terrestre vi sono i popoli amici e nemici. Vi sono gli animali da preda e quelli che possono essere predati. È compito dei guerrieri studiare tutto questo. Nel mondo Ìnfraterrestre vi sono i succhi vitali della Madre Terra che vengono fecondati dalla luna. Vi sono le vene metalliche che pulsano della vita stessa del pianeta. È compito dei contadinimetallurghi conoscere tutto questo. Quando gli Arjos invasero l'India sì accorsero che il substrato etnico del paese conquistato era immensamente più numeroso di loro. Allora decisero di chiudere le professioni. I tre schieramenti divennero le tre caste classiche: I Brahmin che conoscono le forze creatrici. I Vasyas che conoscono i modi di realizzare tangibilmente quanto è stato ideato dai primi. Gli Ksa-triyas, guerrieri, che hanno conservato il compito dì distruggere, I popoli che furono sottomessi divennero i Sudras, servi, contenti di essere stati risparmiati. I popoli ancora selvaggi che non fecero parte delle civiltà sottomesse perché vivevano nelle foreste allora come oggi, vennero considerati fuori casta, inclassificabili dal punto di vista dei ruoli sociali. Se inizialmente le tre professioni venivano scelte per ten-denze soggettive, più tardi queste divennero ereditarie, U che a lungo andare diede luogo a una distribuzione della ricchezza e della povertà che fini col nuocere all'India. Il numero dei Veda fu allora alzato a quattro sebbene la scienza che ad essi si ispira abbia conservato il suo nome originale: "trayavidya", scienza dei tre. Se il concetto di Trimurti è la base dell'evoluzione orientale, anche quanto segue è una rappresentazione allegorica dell'evoluzione. Infatti il concetto di Trimurti si applica sia ad ogni cosa singola, sia a tutto l'universo che nel suo insieme null'altro è che una cosa. Infatti, narra il mito, che Brahman volendo creare creò un uovo d'oro dove vi nacque quale forma manifestata. Un uovo d'oro che galleggiava nell'acqua, rivestito dai raggi del sole, È evidente, come abbiamo dimostrato a suo tempo, che questo mito allude alla nascita della vita nell'acqua per effetto della fotosintesi, ossia delle radiazioni cosmiche e solari. A questo punto, per narrare dell'evoluzione successiva della vita sparisce la figura di Brahman e subentra quella di Vishnù, ossia del divenire delia vita o degli esseri. In India l'evoluzione viene espressa col mito degli "Ava-taras". Il mito narra la lunga serie di avventure di Vishnù che nasce prima nel corpo di un pesce, poi una tartaruga, ossia il rettile che vìve a metà tra l'acqua e la terra. Quindi Vishnù si reincarna nel corpo di un cinghiale, il mammifero. Diviene poi un uomo-leone, oggi diremmo un preominide e in seguito un nano dalle virtù portentose. Oggi diremmo un australopiteco, alto 130 cm. L'incarnazione successiva è quella di Parasurama, l'eroe coll'ascia. Un guerriero violentissimo che sapeva discutere solo a colpi d'ascia. È inutile dire che tale eroe incarna l'uomo primitivo. Le successive rinascite fuorono Rama e

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Krishna, os-sia l'uomo evoluto capace di emanciparsi sempre di più dalla violenza e di raggiungere le supreme vette della filosofia. È probabile che il mito degli Avataras avesse sette figure in tutto. Soltanto più tardi si vollero aggiungere a queste sette figure le figure di Gandhi, di Buddha e taluni anche la figura di Cristo. Si tratta però di tentativi tardivi di sintetizzare in una unica grande religione i vari insegnamenti anche di altre civiltà, Ogni avventura ha il suo personaggio ed ogni personaggio ha la sua avventura, ogni avventura ha il suo significato recondito. Vamana, il nano, chiese ad un orgogliosissimo tiranno, straricco, la grazia di poter avere in regalo tanto territorio del potente sovrano quanto ne avrebbe coperto colle mani e coi piedi. Il sovrano acconsentì a tale modica richiesta. Allora Vamana con un piede copri tutta la terra, con una mano coprì il cielo e pose un piede sul trono del sovrano. Poi domandò: "dove devo ap¬poggiare l'altra mano?". Dove avrebbe appoggiato l'altra mano? Pensateci da soli. Non vi descriveremo più le allegorie dell'ermeneutica indiana, che è la più potente del mondo, sebbene quella, assai simile del resto, dei Misteri Orfici ed Eleusini non fosse molto da meno. Traiamo invece le somme di quanto abbiamo detto. Chi giudica le religioni orientali moderne e le religioni antiche con superbo disprezzo sentenziando che erano "politeiste", dimostra di giudicare una cosa di cui non ha capito l'Abc. Difetto questo che accomuna non pochi della specie dei presuntuosi. Della stessa specie sono naturalmente quelli che respingono una dottrina per il solo fatto che è "religiosa". Per essi il termine religioso è equivalente di "non scientifico", poiché nella loro suberba ignoranza non sanno che l'antitesi scienza-religione è tipicamente occidentale. Essi non hanno studiato altra forma di cultura oltre quella che hanno supinamente accettato dal minimo del programma ministeriale. Al tempo degli Arjos però la cultura era distribuita in forma assai diversa da come è distribuita oggi. Questo vale anche per tutti gli altri popoli antichi. Il livello medio di istruzione era assai basso. Quindi se le cognizioni scientifiche non venivano simbolizzate mediante personificazione sarebbero state ancor più incomprensibili di come lo erano esposte in forma mitologica. Facciamo un esempio classico. Sono veramente tanti che credono tutt'oggi e che hanno creduto un tempo che Adamo fosse stato il primo uomo. In ebraico Adam significa "l'umanità", "l'uomo" nel senso generale della parola, (ecco perché era maschio e femmina). Tradotta la parola Adam anziché come umanità, come Adamo, ossia personalizzando il nome, ne è venuto fuori un personaggio che contiene in sé simbolicamente virtù e difetti dell'uomo in generale. I dotti sanno l'ebraico o si possono informare con facilità sul significato delle parole, mentre i meno dotti prendono Adamo come un'unità e lo considerano una persona. Creano il mito delPAdrogino e così via. Un greco ignorante, ricco o povero che fosse, poteva credere che Crono avesse mangiato i suoi figli tranne che Zeus. Ma il greco dotto sapeva benissimo che Crono era la personificazione del tempo e che il mito voleva significare che il tempo divora tutto tranne la materia, ossia Zeus. E, guarda caso, Zeus significa etimologicamente "Luce", "bagliore". La prima manifestazione della materia fisica è la luce, il calore, insomma l'energia radiante. La Bibbia nella prima giornata o era della creazione mette la luce all'inizio del mondo fisico. In sanscrito Devas, "dio", significa luminoso, che emette luce. La genesi sumera parallela a quella ebraica mette alla prima giornata della creazione la nascita degli dei, creature luminose. Questo corrisponde alla nascita della luce nella genesi biblica.

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Gli antichi sapevano dunque tutte queste cose, i dotti da¬vano agli dei un significato allegorico e alle vicende degli dei un significato naturalistico. Solo gli ignoranti di allora potevano credere agli dei come persone vere e proprie. I dotti non vi credevano affatto. Oggi l'ignoranza consiste nel ritenere che tutti gli antichi credessero agli "dei falsi e bugiardi". Gli antichi simbolizzavano sotto l'allegoria mitica alte conoscenze scientifiche ottenute ermeneuticamente. E infatti se così non fosse come faremmo a leggere ben prima di Copernico nei frammenti orfici: "Ogni stella è un mondo. La terra è circondata dall'aria e l'aria dall'infinito spazio. Questa è l'opinione degli orfici essi di ogni stella fanno un mondo". ________________________________________________________________________ ________

L'ORGANISMO "UNIVERSO" L'uomo è stato fatto eretto affinché potesse guardare le stelle" {Ovidio). L'esperienza fatta precedentemente con l'ermeneutica ci permetterà di affrontare la scienza di un altro grande popolo dell’antichità: i Sumeri. Essi hanno sviluppato una tuttora validissima scienza cosmologica e l'hanno poi espressa mediante simboli ermeneutici. Sarà per noi interessante conoscere i fondamenti di questa scienza in gran parte perduta, conoscere come essa sia stata rappresentata e come il suo simbolismo sia in stato scambiato alla lettera divenendo una favola irriconoscibile che sì è protratta per tutto il medioevo. 1 Sumeri sono collegati per legami ancora misteriosi coi popoli di Harappa e Mohendjo Darò, ossia coi popoli dell'India anteriore alle invasioni indoeuropee. Anche le civiltà dell'India preindoeuropea avevano sviluppato la cosmologia in un modo stupefacente e l'archeologia ha portato alla luce i residui di antichi colossali osservatori astronomici. Forse è proprio dalla valle dell'Indo che arrivano i Sumeri: identici interessi culturali e identici caratteri razziali accomunano i due popoli. Le tradizioni storiche dei Sumeri asseriscono che i loro antenati provenivano da oriente del Golfo Persico. Ma un'identificazione degli antenati dei Sumeri cogli abitanti di Harappa e Mohendjo. Dopo non è possibile: nonostante le affinità razziali la lingua degli abitanti dell'Indo non ci è nota. Tale lingua è impressa su tavolette aventi la stessa scrittura dell'isola di Pasqua. A loro volta esistono una serie di affinità linguistiche tra il sumero e le lingue paleopolinesiane. Ma le altre affinità linguistiche legano i sumeri coi popoli dell'Africa nera e coi popoli del Caucaso. Sumer significa "teste nere". I Sumeri erano bianchi razzialmente ma avevano i capelli neri. La loro denominazione deve perciò risalire ad una zona in cui i capelli neri sono un'eccezione. Tale zona potrebbe essere il Caucaso, non l'India o la Polinesia. Una notevole serie di affinità lega il sumero col georgiano, tanto che Tsaratheli ha tentato di dimostrare l'origine paleogeorgiana dei Sumeri. In altre parole non si sa con precisione l'origine del dottissimo popolo della storia antichissima. I Sumeri, che furono il primo popolo a fare uso pubblico della scrittura, hanno lasciato incisa nelle tavolette mesopota-miche una superba, imponente letteratura artistica, scientifica, filosofica,

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giuridica, di critica letteraria, di storia e di cronaca. Tuttavia, disgraziatamente, non ci è giunto nulla che possa darci un'idea di dove erano i Sumeri prima del loro arrivo in Mesopo-tamia per via mare. La più antica testimonianza si riferisce ap-punto allo sbarco: In questo poema si narra dell'arrivo di Enki, evidentemente, un antico capo flotta che ha guidato il suo popolo per mare, chissà da dove, fino allo sbarco in Mesopotamia, ancora deserta, sul cui paesaggio erano visibili degli alberi agitati dal vento. Al tempo in cui gli antenati navigavano, al tempo in cui i padri navigavano, al tempo in cui Enki navigava verso terra, per ti maestro la prua della nave divorava l'acqua, come la bocca di un lupo essa divorava l'acqua. La poppa della nave per Enki batteva le onde come l'artiglio del leone. A quel tempo v'era solo una specie d'alberi che crescevan sulla sponda dell'Eufrate. Essi erano irrigati dall'Eufrate e il vento del sud si frangeva sui tronchi il vento del sud ne agitava le foglie. I Sumeri hanno comunicato la loro sapienza a tanti altri popoli, hanno insegnato loro a scrivere e forse non era superbia la definizione che i Sumeri han dato del loro arrivo in un altro poema: "La sveglia del mondo". Siamo costretti a ripetere qui qualcosa che abbiamo già esposto ampiamente nel libro "La Preistoria che vive". I Sumeri erano ottimi ingegneri. Essi hanno costruito in Mesopotamia una rete di canali di tale perfezione che un progetto iracheno attuale la vorrebbe riattivare, Il progetto esiste da tempo e per altro tempo ancora rimarrà sulla carta. I Sumeri invece la rete i canali l'hanno fatta dal nulla veramente. Quindi essi avevano ragguardevoli cognizioni di ingegneria, fisica e matematica, quante ne necessitano per fare una cosa di tale imponenza. Non meraviglia dunque se in matematica i Sumeri hanno fatto uso dì grandezze eguagliate in Europa solo qualche secolo fa. I Sumeri furono grandi evoluzionisti e conoscevano le varie tappe evolutive con grande precisione di cronologìa e di particolari. Consideravano l'uomo primitivo una bestia che mangiava vegetali, scarmigliato e intuente il pensiero degli animali, come abbiamo già mostrato nel 3° capitolo. I Sumeri ebbero in politica il primo parlamento bicamerale del mondo, varie istitu¬zioni "moderne", un regime di tipo socialista. Dopo questo breve discorso di introduzione passiamo senz'altro all'esposizione dei principi fondamentali della scienza sumera, la cui concezione era l'universo organico. I Sumeri avevano dedicato una notevole parte dei loro studi al cielo, Vedendo le mirìadi di stelle lucenti, che sono altrettanti mondi quali quello che noi abitiamo, avevano cercato di scoprire quale fosse il legame, la legge che tiene unito questo immenso insieme del cosmo. Avevano dedotto quanto ne han dedotto sempre i pensatori: il cosmo è un tutto che si manifesta e le leggi che valgono per la più pìccola particella dì materia, valgono anche per l'insieme globale delle cose. Esporremo in chiave moderna la concezione dell'universo organico.

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L'universo è formato dallo spazio e dalla materia. La materia è continuamente in movimento dentro lo spazio e questo suo muoversi genera il tempo. La materia è raggruppata in am¬massi sempre maggiori e i più grandi riuniscono in un tutt'u-nico gli aggregati minori. Si incomincia con le particelle più elementari che formano un atomo, che è un sistema solare in miniatura. Miliardi di miliardi di atomi formano i pianeti e le stelle. Come nell'atomo gli elettroni girano attorno al nucleo, cosi nei sistemi solari i pianeti girano attorno alle stelle. Le stelle col loro seguito girano attorno ad altre stelle e vengono a formare ammassi di miliardi di astri che sono le nebulose dello spazio siderale. Le nebulose possono avere nebulose minori come satelliti e a loro volta sono riunite nei grandi ammassi galattici, immensi oggetti del cielo. II nostro sole di cui noi siamo satelliti è grande 1.300.000 volte la terra, Se la terra cadesse sul sole sarebbe inghiottita come un sasso lanciato in un pozzo. Eppure il sole stesso, gigante rispetto a noi, è un mìcrobo rispetto a tantissime altre stelle. Se al posto del sole vi fosse la stella Antares, il 90% del nostro cielo sarebbe occupato dalla sfera paurosa, emanante una luce di un bagliore accecante e un calore che farebbe evaporare il mondo. La galassia che contiene il sole, contiene altri quaranta miliardi di stelle. Cos'è il sole in confronto a tutto questo? Eppure già il sole è paragonabile allo scoppio di miliardi di bombe atomiche, che esplodono da miliardi di anni e per altri miliardi di anni sono destinate a fiammeggiare prima di esaurirsi. La forza di gravità solare è tale che un uomo di settanta chili ne peserebbe diciotto milioni sul sole, Una stella pulsar, una stella fatta di soli neutroni, ha una superficie levigatissima, con "montagne" dì solo qualche millimetro di altezza. Eppure la densità della sua materia è tale che ogni decimetro cubo di essa peserebbe sulla terra decine di migliaia di chili. Se un ipotetico astronauta vi sbarcasse, la forza di gravità sarebbe tale che ne verrebbe stritolato al suolo ben peggio che se si trovasse sul sole e non scalerebbe mai le montagne alte solo qualche millimetro. Cos'è la gravità solare in confronto a quella di una pulsar? E che cos'è la gravità di una pulsar in confronto a dei corpi celesti che hanno tale forza da trattenere anche i raggi luminosi? Normalmente dal sole sì levano fiammate che potrebbero disintegrare la terra in una frazione di secondo. Ma che cos'è tutto questo in confronto all'esplosione di una stella? E in confronto alla collisione di due galassie? Tutte le stelle esplodono prima di spegnersi. Tra cinque mi-liardi di anni esploderà anche il sole e sulla terra si spegnerà ogni forma di vita per l'immane calore sprigionato, Dopo miliardi di anni di vita il sole esploderà e in poco tempo, al calore della sua esplosione, seguir à il freddo glaciale degli spazi side-rali e il buio assoluto. Ve l'immaginate due galassie che entrano in collisione? La galassia di cui fa parte il sole ha un diametro di 100.000 anni luce. In chilometri un diametro di 1.000,000.000.000.000. Due giganteschi corpi fatti ciascuno di decine di miliardi di stelle unite tra loro dalla gravità, come la gravità unisce il protone all'elettrone, si scontrano con velocità vertiginosa. La nostra galassia si sta dirigendo a velocità paurosa verso la galassia Vega e quando si incontreranno le due nebulose sarà l'apocalise per gli eventuali abitatori di qualche pianeta, tra miliardi di anni. Le distanze interstellari infatti sono immense, è questa immensità spaziale che fa durare la corsa delle stelle tempi per noi incommensurabili. La distanza tra la Terra e la Luna è circa 400.000 km. Occorre un paio di giorni per giungervi. La distanza tra la Terra e il pianeta Marte è in media 250.000.000 di lun, Occorrono tre mesi per giungervi con un razzo dei nostri. La distanza tra la Terra e il Sole è di 150.000.000 di km. Ma il pianeta più lontano conosciuto è Plutone che dista dal sole 4.400.000.000 di km. Sono cifre "astronomiche", è vero, ma cifre della vecchia astronomia. La nuova astronomia ha ben altri numeri. La stella più vicina a noi dopo il sole è lontana 40.000.000.000.000 di km, quattro

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anni-luce, È proprio per la sua "vicinanza" che è stata chiamata "Prossima del Centauro". La nebulosa di Andromeda è lontana da noi 750.000 anni luce. In km 7.500.000.000.000.000, sette quintilioni cinquecento quadrilioni di kilometri. La nebulosa di Andromeda è ancora delle più vicine. Abbiamo visto come le nebulose si riuniscano a centinaia formando dei mostruosi "atomi" che sono gli ammassi galattici. Nell'universo a noi visìbile si conoscono già miliardi di ammassi galattici. Alcuni sono lontani da noi miliardi di anni luce. Elettroni, atomi, pianeti, soli, sistemi solari, galassie, ammassi galattici. Tutto è in continuo movimento rotatorio, solidale ad un sistema più generale. Tutto è in continua vibrazione, nulla è in quiete. Esiste qualcosa che riunisce gli ammassi galattici e tutto ciò che vi può essere di ancora più grande in un unico organismo? Sì esiste! Esiste perché dappertutto la legge è una sola. Dappertutto vige la legge di causa e di effetto. Dappertutto l'idrogeno a parità di condizioni ha gli stessi effetti, ha gli stessi comportamenti. Einstein, narra la moderna leggenda, perché le leggende sono tanto antiche quanto moderne, e morto colla penna in mano cercando quanto egli chiamava "La formula universale". Cos'è la formula universale? Ogni legge della materia è ricavabile necessariamente da una legge precedente. Tutta la scienza fìsica, in tutta la sua storia, ha cercato sempre di dedurre le leggi prime da cui dipendono tutte le altre. Ma la primissima legge che determina in conseguenza il comportamento di tutta la materia del cosmo ancora non è stata scoperta. L'illustre scienziato, che ha toccato il culmine della fisica di tutti i tempi, ha dimostrato come le leggi della materia risalgano a quelle dell'energia, e stava facendo ricerche opportune per arrivare alla prima formula fisica dell'universo, ma la morte lo ha colto spezzando la sua lunga carriera di scoperte fulgide e sicure come non mai. La formula universale è ancora rinchiusa nel segreto della materia. Ma, indipendente da quale essa sia, quando la fisica del futuro forse imminente, quando un altro Einstein farà il prossimo scatto nell'ambito della scienza e avrà scoperto quella for¬mula prima, non deducibile da altre ancora più primitive, allora si potrà ben dire che la scienza fisica avrà trovato il legame colla filosofìa. Un grande commentatore di Einstein, Whitehead, dice, parlando della formula universale, che quando essa sarà scoperta, si dovrà appena spiegare perché è così e non diversamente, siccome tale legge prima non potrà dipendere da un'altra, questo perché mancherà. È qui che si arriva all'arbitrio universale, Se la formula universale fosse diversa, tutte le leggi della materia sarebbero diverse. Ma siccome la formula è quella che è, le leggi successive sono quelle che sono. Un perché della prima legge non esiste: è arbitraria, è così perché è così. È qui, a questo punto, dove si rivela l'arbitrio che ci dimostra con tutta la forza della matematica che l'universo ha un suo psichismo globale, una sua vita che non si coglie nell'analisi dei singoli frammenti di materia, ma solo nell'osservazione del.tutto, cosi come non si coglie l'individuo cane in nessuna delle sue cellule, ma solo nella globalità. È questa vita individuale del tutto universale, che tutto com-prende e da nulla è compresa, la vita latente che emerge nei sin-goli individui. Ciò che non esiste nella causa non può manife¬starsi negli effetti, ma ciò che esiste nella causa latente sì manifesta negli effetti. Così ogni individuo vìvente è un'emersione, una provvisoria formazione dì individualità che ha la sua Ìntima essenza nella psichìcità latente del cosmo, che fa sì che tutto si comporti in conseguenza di un arbitrio iniziale. E questa concezione modernissima, eretta sui calcoli di Einstein, sui ragionamenti dei suoi collaboratori, il matematico Whitehead, il fisico-filosofo Reìchenbach ed altri, tanti altri, coincide esattamente colla concezione dell'universo che avevano intuito gli antichi Sumeri e i sapienti veri di

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ogni tempo e di ogni età, da quando l'uomo senza pregiudizi, ha iniziato a studiare il cosmo e se stesso. Oltre ai Sumeri, tutti i popoli della fascia in qualche modo connessa colla loro nascita, che va dalla Polinesia, all'Indonesia, a certi paesi dell'Africa, hanno una concezione nettamen¬te organicistica dell'universo, anche magari senza possedere una cultura scientifica di valore eguale a quella dei Sumeri. I Sumeri furono i portavoce più importanti di tutto il mondo antico di questa concezione. Essa si può ritrovare simbolizzata in mille figure allegoriche nelle tradizioni di tutti i popoli che in un modo o nell'altro sono collegati con essi. Si tratta della figura simbolica dello smembramento del corpo originale. Talvolta il corpo originale dal cui smebramento nasce l'universo è un dio, tal'altra è un'uomo. A volte il corpo originale è rappresentato sotto forma dì un animale reale o di un animale chimerico. La concezione dell'universo organico viene simbolizzata nella cosmogonia sumera nella figura del "drago cosmico". Esso viveva inizialmente senza dimensione spaziale. Ma una forza arbitraria lo ha dilatato all'infinito formando tutto l'universo attuale distribuito nello spazio. La cosmologia moderna ha appurato che l'universo materiale ha iniziato ad espandersi partendo "dall'atomo primitivo", che conteneva in una spaventosa condensazione tutta la materia del cosmo. Einstein ha studiato tutta la vita e ha dimostrato la grande ipotesi dell'universo in espansione. Se si osservano le varie galassie con gli spettroscopi, tutte dimostrano di allontanarsi e di dilatarsi. Tutte si espandono incessantemente verso "l'esterno", perché si allontanano l'una dall'altra. L'universo intero dimostra di essere stato generato da un punto, un "atomo primitivo" che circa diciassette miliardi di anni fa è esploso, irradiandosi in tutte le direzioni dell'infinito, con una velocità vertiginosa. Al momento dell'esplosione v'era solo energia, vibrazione di spazio, poi nacque la materia, combinazione di energia, si formarono i corpi celesti, si attrassero in grandi sistemi, questi in grandi galassie, e queste in grandi ammassi galattici. La cosmologia moderna ha appurato anche qualcosa di più mediante l'osservazione diretta... del passato. La luce che giunge dalla Proxima Centauri arriva con quat-tro anni di ritardo, perche l'anno luce è la distanza percorsa dalla luce in un anno: 10,000 miliardi di km. La luce di Andromeda ci giunge dunque con settecentomila anni di ritardo e noi la vediamo come era settecentomila anni fa. La luce che ci giunge dalle galassie distanti sette miliardi di anni luce è la luce di sette miliardi di anni fa. Davanti alle lenti dei grandi telescopi c'è il film della grande storia universale. Le nebulose, man mano che si irradiano dal centro e se ne allontanano, aumentano la loro velocità, la aumentano sempre di più. Esistono galassie che si distanziano alla velocit à di 240.000 km al secondo, una velocit à che rasenta quella della luce. Ma ancora più in là dei limiti dell'universo visibile ci sono le galassie che raggiungono la velocit à della luce. Queste non le vedremo mai perché i raggi di luce che emanano da loro non vengono proiettati verso di noi e se li portano dietro le nebulose. Ma quando un corpo tocca e supera la velocità della luce accade il più sconvolgente, sconcertante e terrorizzante fenomeno che si possa immaginare. Un fenomeno incredibile, cui non si potrebbe credere se non lo dicesse la fisica, la più precisa delle scienze esatte dopo la matematica: accade la marcia a ritroso nel tempo. Se un'astronave partisse e se questa astronave viaggiasse per lungo tempo a una velocit à superiore a quella della luce, tornando indietro gli astronauti troverebbero la terra ancora in fiamme, avvolta dallo stretto vapore acqueo che impedisce ai raggi solari di penetrare sulla superficie.

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Se invece gli astronauti non superassero la velocità della luce, ma la rasentassero soltanto, tornando indietro vedrebbero il mondo molto più avanti nel tempo di quanto non siano in-vecchiati essi. Cosi ogni volta che facciamo un passo, terminiamo questo passo e troviamo che l'universo è impercettibilmente più avanti nel tempo di quanto non lo siamo noi! Ebbene i margini dell'universo visibile sono perciò i margini delio spazio e del tempo. Le nebulose che nel loro vorticoso, sempre più vorticoso moto di allontanamento dal centro della primordiale esplosione, raggiungono il limite della velocità della luce, iniziano a ritornare indietro nel tempo, sempre più indietro verso l'atomo primitivo, lo scoppio iniziale del cosmo. È questo l'eterno ritorno, cantato dagli antichi, che lo avevano intuito, negato dai medioevali che erano imbevuti di pregiudizi, riscoperto e confermato dalla fisica moderna, la più precisa e la più sviluppata delle scienze occidentali. Canta Eraclito: Quest'ordine del mondo è il medesimo per tutti. Non è opera degli uomini, non è opera degli dei. E sempre stato, è, sempre sarà. Fuoco vivo è tutto in eterno che al dovuto tempo fiammeggia al dovuto tempo si spegne. Questa è la visione che la moderna cosmologia ci dà dell'universo. L'universo un continuo muoversi di aggregati, riuniti in aggregati sempre maggiori, che formano una grande unità che si dilata e si restringe, continuamente. Questo negli antichi simboli fu chiamato: "il respiro del cosmo", "il pulsare dell'universo", "i giorni e le notti di Braham", "evoluzione ed involuzione". L'evoluzione che fa riunire le particelle più elementari negli atomi, nei corpi celesti e negli organismi viventi, fino agli ammassi galattici e al cosmo stesso nella sua interezza come unità. L'involuzione che porta l'unità alla diversità della sparsa materia inorganica. E il ciclo si compie in eterno per l'eternità.

LA CLESSIDRA COSMICA

La scienza Sumera paragonava l'universo e tutta la sua storia ad una clessidra rovesciata, ad un cono, praticamente, in cui il vertice superiore rappresenta l'inizio dell'universo e la base rappresenta la sua espansione massima. In principio tutto è unito, lo spazio non esiste. Poi, quando ha origine il tempo limitato, ossia il movimento della materia, la sostanza primordiale inizia ad espandersi in forma di energia radiante in tutte le direzioni. Raggiunta l'espansione massima, inizia un movimento di ritorno, e tutto ritorna alla primigenia unità. Ogni goccia nel grande universo ha lo stesso destino e la stessa origine del tutto. Parte dall'unità indifferenziata e torna all'unità indifferenziata dopo avere raggiunto il limite massimo dell'espansione. Il vertice della clessidra dal punto di vista fisico è "l'atomo primitivo" della moderna cosmogonia evolutiva, il centro del-l'universo da cui tutto ha iniziato ad espandersi e a cui tutto fa ritorno. La base della clessidra è il limite dell'universo e dello spazio stesso, dove al di là non c'è più nulla, non c'è nemmeno il vuoto per quanto inconcepibile per i nostri sensi questo possa essere.

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Ogni frammento dell'universo, dal momento della manife-stazione in poi, inizia a separarsi dagli altri, sempre di più e deve arrivare al massimo della dilatazione prima di iniziare la marcia di ritorno. La clessidra rappresenta un ciclo di manifestazione, ma l'universo in se stesso è sempre lo stesso e completamente fuori da ogni divenire. Il divenire riguarda ì singoli esseri e cose che vìvono all'interno del cosmo, non il co¬smo che in se stesso è e non diviene. E all'interno dell'universo, che è un ciclo sempiternamente al presente, gli esseri hanno i loro cicli più brevi e ciò fa loro dedurre l'esistenza di un tempo che trascorre in un'unica direzione, mentre è una dimensione che la fisica ha dimostrato per-corribile in due sensi come le dimensioni di spazio. L'atomo primitivo, il corpo originale, viene rotto nel suo equilibrio ed inizia l'espansione dell'universo con le sue leggi matematiche e il suo divenire sottoposto alla legge di causa ed effetto. Sentiamo tutto questo nei termini con cui lo esponevano i Sumeri.

La lotta contro il drago cosmico L'uno contro l'altro si scagliò, si azzuffarono, si avvinghiarono. Enlil lanciò la rete, avviluppò la madre, le lanciò sul viso i venti mortali. Essi riempirono la bocca del drago il drago iniziò ad ansimare. I venti gli riempirono la bocca, gli riempirono lo stomaco, presero il suo cuore. Allora Enlil scoccò il dardo mortale, gli trafisse il cuore, tagliandogli le viscere. Così Enlil annientò la madre e le distrusse la vita.

Lo smembramento Gettò il suo corpo a terra e lo calpestò, il vincitore calpestò la schiena e col suo spietato bastone ne sfracellò il cranio, fagliò le vene (che divennero gli oceani). Tagliò a metà il corpo del drago e con una metà formò il cielo e ordinò che le acque non fossero disperse. Poi passò ad ispezionare tutte le regioni celesti. e ne misurò l'ampia profondità. Ordinò le stelle e le dispose in forma d'animali; per stimare l'anno al susseguirsi delle costellazioni. Ordinò dodici segni di stelle divisi in tre parti. Ordinò il volger delle orbite dei pianeti erranti.

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Balla parte inferiore del Chaos (la terra), fece uscire la luna. Il corso dei mesi fu regolato. Come si vede la genesi sumera è scrìtta nello stesso stile della genesi biblica e intere frasi restano pressoché immutate. La Bibbia si presenta perciò nettamente ispirata alla cultura su¬mera, sebbene meno piena e scientifica. I Sumeri, come molti astronomi moderni, ritenevano che la luna fosse nata dalla terra distaccandosi. La terra era la parte inferiore del Chaos, ossia quella parte che fa da sostegno ai nostri piedi. Con l'andare del tempo la lotta contro il drago fu mitizzata per se stessa e ne nacquero vari miti nazionali e nazionalistici. I Babilonesi sostituirono ad Enlil il loro dio nazionale Marduk. Gli Assiri sostituirono il loro dio nazionale Assur. Gli Ebrei vi han sostituito Geova che batte il drago Leviathan e infine nel cristianesimo ne è stata tirata fuori la leggenda di S. Giorgio che abbatte il drago. Intanto che questo accadeva il primitivo significato dell'uni-verso organismo vitale è stato perduto e per ritrovarlo bisogna andare a risentire lo stesso mito, con opportune varianti, narrato e poi spiegato da un dotto polinesiano oppure leggere i testi di Whitenead, matematico e filosofo dell'era moderna. In generale la scienza sumera subì un progressivo processo di mitizzazione che arrivò alla sua infausta apoteosi nel medio-evo. I Sumeri vedevano l'universo in continuo moto, fatto della stessa materia che non può essere né creata né distrutta. Questo implica che le forme già scomparse debbano per forza tornare a costituirsi, così come gettando in continuazione gli stessi dadi debbano ricrearsi le stesse combinazioni. I Babilonesi interpretarono questa considerazione come una ricostituzione delle particelle perdute dì ogni uomo e la conse-guente resurrezione, aggiunsero poi un giudizio divino per spiegare la cosa. Ne usci il mito del Giudizio Universale. Tale e quale poi fu tramandato fino al cristianesimo. La cosmologia sumera non solo aveva un interesse teorico, ma aveva anche un interesse pratico perché essa costituiva la base di varie applica-zioni della scienza che furono più tardi ereditate dai Caldei. Considerando il cosmo un organismo solidale in tutte le sue parti, ne conseguiva che ad ogni variazione doveva conseguire una ripercussione in tutte le altre partì. Da qui nacquero una serie dì oservazionì positive che portarono ad alcuni aspetti estremamente originali del sapere sumero. I Sumeri avevano una speciale sorta di medicina che consi-steva nel guarire i malati applicando sul loro corpo delle piastre precedentemente esposte alla luminescenza stellare. Voi direte che si trattava di una superstizione astrologica. Invece no, la superstizione astrologica nacque dopo, quando i Sumeri come popolo erano già estinti. Al tempo dei Sumeri si trattava di osservazioni positive. Ve lo dimostriamo subito. All'Istituto Biochimico Italiano ed altrove sono stati fatti esperimenti di questo genere: si sparge su un assorbente una soluzione di sali minerali, per esempio di nitrato d'argento e solfato dì ferro all'195. Si lascia che la soluzione cristallizzi. La cristallizzaizone assume forme fisse in periodi astronomici fissi. Nel caso citato iniziano a formarsi delle punte di freccia nerastre sotto la congiunzione LunaMarte. Tale conformazione si delinca sempre con maggior evidenza man mano che la congiunzione procede e arriva al massimo quando i due corpi sono alla distanza minima. Poi a poco a poco la configurazione cessa. Questo dimostra, assieme ad altre prove, che il campo gravitazionale lunare influisce sui sali d'argento e quello di marte sui salì di ferro.

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Altro esperimento: £ noto che il marmo si degrada e si cor-rode sotto l'azione della luce. La luce che ci invia la luna è ben 465.000 volte inferiore di quella che ci invia il sole. Ciononostante il marmo presenta fenomeni di degradazione superiore quando è esposto alla luce lunare che a quella solare. Gli espe-rimenti di Leon Mercier, che ben inteso non è né un astrologo né un mistico, hanno dimostrato che la luce lunare è di composizione diversa della luce solare. I Sumeri erano i maestri di questa scienza ai nostri giorni completamente perduta. Dunque non fa meraviglia che i Sumeri che la conoscevano completamente coltivassero Ì campi, curas-sero i malati, mediante lo sfruttamento del cielo. D'altro canto gli antichi erano assai più severi dei moderni nel giudicare i professionisti. Il Codice di Hammurabi dimostra che a quei tempi non si tolleravano giustificazioni eticosocioculturali. Se l'architetto faceva case che crollavano o il medico curava malati che morivano, pagavano di persona, senza troppi complimenti. Quindi potete giurare che la medicina sumera valeva qualcosa. La superstizione astrologica nacque dopo. Quando i Sumeri scomparvero e la loro scienza fu ereditata dai Caldei. I Caldei, popolo semitico e assai religioso, invece di considerare gli astri come corpi emananti radiazioni di vario genere, consideravano gli astri come delle divinità. L'effetto della lumine-scenza astrale la attribuivano alla volontà stessa del dio che essi presupponevano avesse per corpo questa o quella stella. Nel medioevo, si ricordi, era assai diffusa la credenza che le stelle fossero angeli e demoni, non potendosi accettare in periodo cri-stiano l'esistenza di più dei. Ora, se ci pensate bene, è proprio questa l'origine della superstizione astrologica. Nasce coi Caldei. Essi avendo ereditato delle cognizioni le spiegavano attribuendo la loro causa alla volontà degli dei. L'astrologia moderna è una tradizione che risale ai Caldei, ma non potendosi avvalere di una base religiosa politeista tenta di giustificarsi nel misticismo o nella citazione delle coincidenze che può vantare in proposito. Quando si estinse la scienza sumera, popoli molto meno colti attribuirono a volontà personali Ì vari efletti lunari, solari ecc che avevano verificato nella vita quotidiana. È a caso che il sole si faceva trainare ogni giorno sul suo carro, o nella religione egizia su una navicella attraverso gli spazi e che avesse per figlie le ore? Demetra la Madre-terra fa fiorire tutto e poi quando tutto muore ritorna nel suo grembo. Nel suo grembo c'è il regno delle ombre, ossia il regno delle forme senza corpo, che sono assetate di sangue o detto in altro modo sono assetate di vita. Diana, la dea-Luna, non voleva avere sposi e preferiva errare libera per i campi, le selve e le foreste. Aveva una fulgida veste d'argento con diademi di stelle lucenti e la Via Lattea era il suo mantello. Essa era amica dei viandanti a cui rischiarava i sentieri e proteggeva i cacciatori, gli animali da preda che di notte andavano in giro per la foresta. La rugiada diveniva feconda sotto il suo sguardo. Chi oserebbe credere che questi miti non siano simboli chiari? Sbaglia chi crede che siano state attribuite alle stelle certe influen-ze perché la mitologìa diceva In un certo modo. Dimostra di fatto di essere completamente ignorante sulla genesi del mito. Gli antichi non avevano attribuito certi simboli alle stelle perché nella mitologia si raccontava in un certo modo, ma avevano formato una certa mitologia perché avevano constatato il susseguirsi di certi ritmi. La civiltà sumera finì quando il re babilonese Sargon il Vecchio, la cui origine era sumera, portò un attacco militare definitivo a Sumer con un esercito assai più numeroso di quello che avevano i Sumeri. La cultura sumera si spense, ma dilagò per la Mesopotamia dove divenne quella dei Babilonesi, degli Assiri, dei Caldei e degli Ebrei, ecc. ecc.

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I popoli che raccolsero la scienza sumera a brandelli, dopo la caduta di Sumer, erano tutti e cinque di stirpe semitica, Nonostante la loro reciproca inimicizia e le loro differenze, erano accomunati da una comune matrice culturale che si riflette del resto anche nella quasi assoluta assomiglianza delle loro lingue; questa comune matrice faceva sì che ad ogni nozione scientifica venisse cercata una causa metafisica. Gli Assiri e i Babilonesi hanno ereditato la parte cosmologica della scienza sumera, ne hanno fatto delle religioni astronomiche che poi hanno influenzato tutto il paganesimo, e in parte anche il cristianesimo. I Fenici e gli Ebrei invece ereditarono la parte evolutiva della scienza sumera. Di questi ultimi l'opera dì maggior rilievo che è rimasta fino ai nostri tempi è stata la Bibbia, Per ironia della sorte le reminiscenze e l'oscurantismo hanno tentato dì negare l'evoluzione avvalendosi proprio della Bibbia. Nonostante fosse estremamente chiaro che i "sei giorni della creazione" esprimono il progredire della vita proprio nello stesso modo con cui gli avvenimenti si sono svolti veramente! (V. "La preistoria che vive"). _______________________________________________________________________________

MENTE SANA IN CORPO SANO O CORPO SANO ALLA MENTE SANA? Incominceremo da questo capitolo a descrivere le varie scienze che gli Egizi chiamavano del "quaternario" cercando ogni volta quel popolo in cui esse sono state maggiormente in auge. I nizieremo perciò dalla medicina psicodinamica che studia i rapporti tra la psiche individuale e il suo organismo, per passare alla geodinamica che studia i rapporti tra le specie viventi e ìl pianeta Terra. Quindi passeremo alla cosmobiologia che studia i rapporti tra la vita sulla terra e i ritmi astronomici, non dimenticandoci che la vita è nata per fotosintesi. Infine termineremo con lo studio dei rapporti generali tra la psiche e la materia come polarità opposte della medesima sostanza. Il nostro viaggio di documentazione partirà dalla Grecia e dall'India per raggiungere l'Himalaya, proseguire nel Thibet e in Cina e terminare in Giappone. Ognuno di questi Paesi avrebbe ben di più da dirci di quanto non possiamo noi nelle poche pagine che seguono, ma cercheremo ugualmente di dare più notizie possibili. Incominceremo dunque dalla medicina psicodinamica che oggi ha un numero sempre maggiore di sostenitori tra i medici e un pubblico sempre più soddisfatto tra i pazienti. La medicina dinamica o psicomedicina è stata coltivata da quasi tutte le civiltà antiche, soprattutto dai Greci ionici che ne avevano fatto la base della cultura ionica e dagli Indiani che ne han fatta la base del sistema Yoga. Oggi invece tale forma di medicina la troviamo in Cina e in Giappone con degli aspetti molto originali e in Europa la tradizione greca è diventata a poco a poco la medicina omeopatica che Hanemann ha resuscitato dai testi ippocratici e ha reintrodotto nel mondo a lui contemporaneo. Naturalmente Hanemann prima è stato vilipeso e boicottato, poi gli scettici han dovuto come al solito ingoiarsi il loro rospkino e questo per non perdere la gloriosa tradizione. Attualmente in India la medicina dinamica si chiama medicina Ayurvedica da Ayurveda, il testo più antico in cui è trattata ancora in forma mitologica con tutti gli dei e demoni.

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Il nome di medicina dinamica proviene dal fatto che questa forma di medicina non concentra i suoi sforzi sul funzionamento statico dell'organismo: condizione dei vari organi, misura della sincronìa dei loro movimenti e cosi via, ma concentra le indagini su ciò che provoca il buono o il cattivo stato degli organi. La medicina dinamica non crede minimamente ai microbi come causa del male. I microbi sono soltanto i profittatori di una debolezza organica già esistente e la causa della malattia è il perché di tale debolezza organica. La forma che all'occasione può assumere una malattìa è del tutto contingente. La medicina dinamica si pro¬pone dì curare le malattie alle radici, a differenza della medicina statica che invece corre ai rimedi secondo la contingenza con cui un male si è verificato.

PRINCIPI GENERALI

La materia si presenta in quattro stati differenti: solido, liquido, gassoso, radiante. L'organismo umano ha funzioni che riguardano ciascuno degli stati della materia: la nutrizione, l'appagamento della sete, la respirazione, il riscaldamento e l'assimilazione di altre radiazioni quali i raggi ultravioletti. A ciascuno degli stati della materia connessi colle varie funzioni organiche poi si riferiscono i quattro sensi sottoposti direttamente al dolore o al piacere: tatto della pressione, del calore, gusto, olfatto. Infatti noi non proviamo mai dolore fisico nell'udire o nel vedere (a meno che non si tratti di una luce tanto forte da offendere i tessuti dell'occhio o un rumore tanto forte da offendere l'orecchio nel qual caso la sensazione è tattile), mentre invece i quattro sensi citati sono naturalmente sottoposti ad un giudizio di piacere e di dolore. Questo perché essi sono connessi con delle funzioni organiche, che sono connesse a loro volta coi vari stati della materia. È per esempio impossibile sentire un gusto se la cosa di cui si deve sentire il sapore non è inumidita dalla saliva. Ora il principio generale della medicina dinamica è che le forze che agiscono sulla materia inorganica agiscono anche sulla materia organica, colla differenza che nella materia inorganica sono al di fuori dell'influenza della psiche, mentre nella materia organica sono soggette allo psichismo conscio o inconscio dei soggetti. Così esiste una costante interferenza tra lo psichico e il fisico e viceversa, nel senso che le forze elementari che agiscono sulla materia agiscono anche sulla psiche e sull'intermediario bio-plasmico. Facciamo un esempio. A livello organico ai fenomeni dello stato liquido della materia corrisponde il complesso delle forze anafilattiche, ossia tutto quanto proviene dai fenomeni di assimilazione e disassimilazione dell'organismo. Questi fenomeni pur essendo meccanici sono condizionati dalla psiche individuale. Si è fatto un gran parlare a suo tempo in Francia per quanto è avvenuto ad una ragazza che soffriva di una serie di disturbi non motivati. Il padre mandò la ragazza a curarsi in campagna ed essa iniziò gradatamente a sentirsi meglio. Ma un giorno entrò in una stalla dove vi erano dei cavalli, qui fu colta da violenti capogiri e le venne una febbre altissima. Tornata a casa dopo aver finito il periodo di cura in campagna incominciò lentamente ad ammalarsi dì nuovo. Alla fine si scopri che la causa di tutta quella allergia era il crine del materasso su cui essa dormiva. Anche nella medicina occidentale questi fenomeni sono noti e la loro spiegazione coincide con quella data dalla medicina orientale. Le forze anafilattiche della ragazza erano discordanti con quelle dei cavalli ed essa ne subiva disturbi.

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La medicina ayurvedica si concentra nello studio dei fenomeni dell'anafilassi, dei fenomeni cinetici e catalitici dell'orga¬nismo che si esercitano anche nella materia inorganica, rispettivamente allo stato liquido, gassoso e radiante. Lo studio di queste tre forze organiche ed inorganiche forma la spina centrale della medicina ayurvedica: la dottrina della Tridosha. Essa invece esclude dalla medicina personale e demanda alla medicina sociale lo studio della quarta forza agente nell'orga¬nismo: la forza di coesione che è ciò che nella materia inorganica permette il fenomeno della solidificazione e della cristallizzazione della materia. La forza di cristallizzazione è direttamente collegata con la vita cellulare. Gli esperimenti che han fatto in sede biologica hanno dimostrato che certi animali sì spezzano in più parti di eguale forma e nello stesso tempo più animali possono essere compressi fino a riottenerne uno solo più grosso, con la stessa forma dei primi. Evidentemente essi si comportano come dei cristalli, cosicché la vita dei protozoi sì può paragonare a quella di un cristallo vìvente. Questa osservazione è già nota e non è il caso di tornarci su troppo. Dal punto di vista della medicina essa può riguardare lo studio delle malattie ereditarie. Connesso colla forza di coesione esiste il senso del tatto e connesso con questo senso è la sensazione d'orgasmo che serve a riprodurre la specie. Le malattie possono essere provocate da tensioni eccessive o da eccessiva rilassatezza nell'attività delle tre forze in questione. Possono essere In o possono essere Yang, come dicono i cinesi. Il medico deve sapere riequilibrare l'organismo fornendo al malato delle sostanze che sostituiscano il lavoro delle tensioni e permettano a queste di riportarsi alla normalità. Deve ossia fornire al malato piccole dosi di medicine che procurino gli stessi effetti della malattia che si deve curare, fondamento del-l'omeopatia. Quando viene disturbata la forza anafilattica si hanno malattie dello stomaco, della linfa, delle ghiandole, dei reni. Quando viene disturbata la forza di affinità chimica subentrano malattie del fegato, del pancreas, dello stomaco. Quando viene disturbata l'energia cinetica sopravvengono malattie del cuore e del sistema muscolare e nervoso, del sistema respiratorio e circolatorio. Noi diciamo che un certo individuo ha contratto la tubercolosi perché i microbi detti tubercoli hanno invaso il suo corpo, ma perché tali microbi abbiano assalito proprio lui è il punto da chiarire. In effetti esìste proprio una spiccata analogia tra il carattere mentale e il carattere fisico, tra le predisposizioni mentali e quelle fisiche. Queste predisposizioni dipendono dallo stato della struttura bioplasmica dell'individuo, cosicché certi sono soggetti fin dalla nascita a talune malattìe e certi altri ad altre malattie. I Greci che conoscevano la struttura bioplasmica e le sue funzioni avevano particolarmente sviluppato questo studio, essi erano perfettamente a conoscenza del bioplasma e lo chiamavano "enormon". I Greci avevano constatato che mentre il materiale fisiologico dell'organismo è sempre dì provenienza dai genitori e forma la specie, l'enormon ha in sé una peculiarità di carattere e di esigenze che non è ereditaria e quindi deve essersi formata altrove. Quando un uomo muore Ì tessuti del suo corpo sono vivi, ma non più unificati in un'unica psiche dall'enormon. Così quando un essere vivente nasce il materiale fisiologico proveniente dai genitori prende una nuova individualità perché va a disporsi su un'altro enormon, che non è stato altrettanto formato dai genitori in quanto non ereditario. Medicina e psicologia; I Greci sostenevano che l'enormon non è sensibile alla materia fisica se non nella misura con cui ricava da essa le sostanze sottili, le essenze. La medicina moderna chiama le "essenze" dei Greci col nome di "imponderabili". Due sostanze aventi la stessa

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combinazione chimica possono esercitare sull'organismo efletti diversissimi. La ragione sta nelle forze sottili, come la forza di coesione e così via, che sono present ì in misura diversa nelle sostanze che mangiamo, beviamo, respiriamo, e sintetizziamo attraverso la pelle. Le essenze hanno sia un effetto fisico, sia un effetto psichico. I Greci hanno applicato per primi quello che Feuerbach ha espresso colla sua famosa frase: "L'uomo è ciò che mangia". Ma i Greci erano anche dialettici e hanno intrawisto anche il fenomeno opposto: "L'uomo mangia per ciò che è". Un certo ambiente può fare in modo che un individuo sviluppi un modo di comportarsi necessario per sopravvivere e venire così a mutare il suo carattere in una direzione. Ma a sua volta il carattere del-l'indivìduo, che cerca sempre di fare quello che vuole più che può, tenderà a scegliere il modo di vivere più consono anche nel nuovo ambiente e magari contrariamente alle esigenze. La medicina greca, che è l'aspetto occidentale della medicina dinamica, aveva studiato molto bene per linee generali la corresponsione psico-organica tra carattere e costituzione. Facciamo un esempio. Una respirazione ampia, a qualunque cosa sia dovuta, purifica il sangue e si riflette su tutto il carattere. L'individuo diventa euforico, allegro, attivo. Anche però un individuo che ami la vita attiva e sia allegro ed euforico avrà una respirazione ampia. La respirazione è Ìntimamente connessa con l'energìa cinetica. L'energia cinetica si manifesta nello stato gassoso spontanea-mente e a livello organico sì manifesta nel sistema volontario. L'organismo vivente è in grado di manovrare il suo sistema volontario padroneggiando l'energia cinetica. A questo proposito è bene far osservare che la respirazione che è connessa collo stato gassoso della materia è un sistema che sta a cavallo tra il com-plesso dei sistemi volontari ed involontari dell'organismo. Questo è il motivo per cui nello Yoga la respirazione ha un posto di particolare rilievo. A questo punto si vede chiaramente come un certo carattere determina delle manifestazioni fisiche che gli sono proprie, tanto quanto certe manifestazioni fisiche possono determinare l'alterarsi del carattere. Fare tutto questo coscientemente e volontariamente è medicina dinamica. E’ inutile proibire ad uno di fumare. Se gli fa male il fumare occorre che la medicina intervenga sul carattere rimuovendo i fattori di tale desiderio. Allora soltanto si potrà dire "non ti è utile fumare, smetti". La medicina greca non aveva confini netti colla psicologia. Infatti se si viene a considerare come dialettico il rapporto psiche-soma, ne consegue che la medicina viene a fondersi colla psicologia. La scienza ionica ammetteva cosi due cause delle malattie: un motivo psicologico che è la causa endogena delle malattie e un motivo fisiologico che è la causa esogena delle malattie. Nel primo caso l'individuo sceglie un modo di comportarsi che non lo favorisce rispetto alle esigenze poste dall'ambiente. Nel secondo caso è l'ambiente che impone un modo di vivere che nuoce all'individuo. Quando la costituzione dell'enormon diventa contrastante con ciò che l'ambiente e il modo dì vivere possono fornire si ha la morte al seguito della malattia, cosi come nel caso contrario, secondo la scienza ionica si ha la nascita. Medicina e psicologia erano per i Greci i due rovesci della stessa medaglia. Il lavoro del medico consisteva nel trovare il punto di equilibrio tra le esigenze psicologiche espresse dall'enormon e le risorse ambientali e personali dell'individuo. In realtà non sappiamo dare torto ai medici greci. La medicina moderna dice che per star bene non bisogna mangiare troppo, né troppo poco, non bisogna bere e non bisogna fumare, non si deve star svegli troppo la notte, non bisogna giacere eccessivamente colle donne, non si devono prendere colpi di freddo, non si deve fare questo, quello e quell'altro. Bella forza! Cosi son capaci tutti di

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starsene sani. Ma in tal caso la vita si trasforma in un monastero. La vera medicina dovrebbe essere quella che permette ai pazienti di conservarsi sani senza togliere loro la gioia di esistere, Ai Greci piaceva divertirsi e il medico era chi si occupava di mantenere sani quei corpi coi quali si può gioire o soffrire. Per i Greci possedere un corpo da non usare sarebbe stato peggio che trovarsi nel regno delle ombre. Gli Indiani e i Greci antichi avevano dunque la stessa medicina. Mentre i Greci ne hanno sviluppato il lato godereccio, gli Indiani ne hanno sviluppato il lato conoscitivo, Dalla medicina si è passati allo Yoga. Infatti la ragione delle posizioni, respirazioni e tutte quelle cose che formano i preliminari dello hanno la loro origine nella conoscenza della medicina dinamici I Cinesi a loro volta hanno sviluppato infine la parte terapeutica traendone l'agopuntura. Questo capìtolo è necessariamente breve perché altrimenti ci saremmo dovuti addentrare in un discorso tecnico di medicina orientale. Spenderemo qualche parola invece per illustrare lo Yoga. Lo Yoga è stato descritto a sufficienza da materialisti, idealisti, spiritualisti sebbene non appartenga a nessuna di queste tre tendenze. Giustamente è stato detto che cercare di includere lo Yoga nella filosofia, medicina o psicologia occidentale sarebbe come far entrare un piede troppo grosso in una scarpa troppo piccola. Un conto è parlottare di filosofìa seduti in cattedra e un conto è praticarla di persona. Per praticarla si prevede che l'individuo sia sano nella mente e nel corpo e sappia a perfezione padroneggiare tutto il suo organismo colla mente così come tutta la sua mente coll'organismo.

LO YOGA

Lo Yoga, la più tipica delle espressioni della filosofia indiana parte perciò dalla medicina. E di fatto la medicina Yoga è la stessa, nei suoi fondamenti, medicina cinese, egiziana, giapponese e dell'antica Grecia. La medicina dinamica atta a stabilire la salute fisica in quella mentale e viceversa. Agli albori del raziocinio umano, nella vita ancora primitiva della tribù e della foresta tutta la scienza è costituita dalla credenza. In realtà tra credere e sapere esiste un rapporto reciproco tanto stretto che è ben difficile stabilire dove incominci un atto e dove finisca l'altro. Noi crediamo una cosa quando questa ci si presenta alla mente isolata. La sappiamo quando vediamo che ci si presenta in armonia con tutte le altre nozioni. Per gli uomini antichi non esisteva ancora l'organizzazione del sapere e pertanto ad essi era preclusa la scienza. Era aperta soltanto la fede. La prima conoscenza della primitiva umanità è stata costituita dalla religione. E quando diciamo la prima umanità intendiamo Ì gradini ominidici anteriori ai sapiens che erano già reli¬giosi. In effetti esiste un fondo comune a tutte le religioni che attesta la fondamentale unità dell'inconscio umano. Questo stadio di conoscenza viene chiamato PURVA MI-MAMSA = PRIMITIVA CONVINZIONE. La Purva Mimamsa è uno dei sei sistemi della filosofia indiana, dedicato a tutti gli uomini della terra, indipendentemente se colti o ignoranti. La Purva Mimansa si occupa di comparare le religioni e di sottolineare i punti comuni che formano il substrato inconscio della conoscenza umana. Quando poi gli uomini incominciano ad organizzare il loro sa-pere, perdono fiducia nelle religioni e decidono di indagare ra-zionalmente, facendo atto di non credere a nulla che non sia deducibile dai sensi o dalla logica tramite l'esperienza dei sensi, A questo secondo stadio della conoscenza nasce la scienza materiale e viene immancabilmente scoperta la natura atomica della

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materia. È lo stadio che ha raggiunto il 90% della scienza occidentale. Questo stadio era stato raggiunto dalla scienza atomica indiana diversi millenni fa e gli indiani dovevano averla ereditata da epoche ancora precedenti, visto che anche in Grecia esisteva una ramificazione della scuola atomistica. In India la conoscenza degli atomi era giunta fino a ciò che oggi si chiamano gli elettroni, protoni e così via: le componenti degli atomi densi materiali. Oltre però a questo secondo stadio della conoscenza esìstono altri quattro stadi raramente raggiunti in Europa a livello scienti-fico. Il sistema Vìshaìshika indiano rappresenta la sintesi delle conoscenze degli uomini che hanno raggiunto tale stadio. Quando la scienza materiale e la precedente credenza reli-giosa sì scontrano si hanno due opposte soluzioni: o farsi la guerra o vedere quali siano i limiti della conoscenza logica e rispettivamente della credenza intuitiva. Il sistema Nyaya si occupa di conoscere quali siano i limiti della logica. Esso costituisce tutto il complesso di conoscenze degli uomini che hanno preso coscienza che prima del pensiero logico sono esistite altre forme di pensiero e dopo la logica altre forme seguiranno. Il quarto stadio della conoscenza è rappresentato dallo studio stesso dell'evoluzione. Il sistema Samkhya, il materialismo indiano, indaga su cosa sia l'evoluzione, quale sia il suo perché e che limiti l'evoluzione stessa abbia. Quando l'individuo che studia conosce i limiti dell'evoluzione può darsi che abbia voglia di raggiungere i livelli superiori e a questo punto, dove la filosofia diventa pratica nasce lo Yoga. Esistono tre forme di Yoga superiore: Jnana-yoga, Bhakti-yoga, Tantra-yoga, che si riuniscono in una disciplina ancora superiore che si chiama Raja-yoga. Poi esiste un'enorme serie di Yoga preliminari: Din mi yoga, Krìya-yoga, Karma-yoga, Dharma-yoga, ecc. Di tutti questi Yoga in Occidente si conosce quasi esclusivamente lo I Luli-i yoga che è considerato in India il preliminare del prelimlnafg E nemmeno viene insegnato da noi integralmente, ma solo lìmi tandosi a quegli esercizi che può fare chi non percepisce il proni direttamente. Lo Hatha-yoga è una serie di nozioni teoriche < pratiche per prevenire e guarire qualunque malattia. Il Dharma-yoga tratta argomenti sociologici; iì Karma-yoga argomenti etici, il Dhyana-yoga insegna il controllo dei sogni e del subconscio. Il Bhakti-yoga insegna la padronanza della propria affettività, il Tantra-yoga insegna come si ottengono i fenomeni extranor-mali volontariamente, fino alla loro rinuncia divenuta indispensabile per proseguire. Lo Jnana-yoga insegna come si ottiene il pensiero sottile ed eustatico, la conoscenza superiore. Il Raja-yoga insegna a percepire la sostanza primordiale e ad identt-ficarvisi. Può tutto questo entrare in qualunque nostra scienza? Ho l'impressione che può accadere facilmente il contrario. Il fatto che lo Yoga fonda la pratica colla teoria non significa che non esista uno studio oggettivo dello Yoga anche al di fuori da ogni pratica. Vediamo dunque in breve la teoria Yoga in confronto colle teorie su cui si fondano le medicine greche, indiane, cinesi. Lo Yoga sostiene che ogni energia si presenta bipolare, ad un polo positivo corrisponde un polo negativo e tra i due poli viene a stabilirsi la manifestazione dell'energia. Questo vale sia per l'energia che forma la base della materia densa e sìa per l'energia che forma la base della materia sottile o bioplasmatica. Nella scienza cinese le due opposte polarità si chiamano In e Yang. In sanscrito si chiamano Ida e Pingala. Ogni oggetto è necessariamente rivestito da un alone di bioplasma che vi si deposita sopra quasi rivestendolo, qui vai la pena di osservare che esiste un'imponente serie di fenomeni che si determinano per questo fatto e si potrebbero citare un numero grandissimo di esperimenti da farsi in proposito. Taluni materiali hanno un effetto fortemente attrattivo sul bioplasma. Altri hanno un effetto fortemente repulsivo, come per esempio gli anestetici. Il perché di questa attrazione o

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repulsione sta nella natura discordante o nell'accordo tra le forze elementari presenti nell'una e nell'altra forma di materia. A livello organico accade altrettanto, solo che a tale livello il bioplasma è, parimenti all'organismo fisiologico, strutturato, Anche qui vi può essere accordo o discordanza tra le forze elementari determinando l'aderenza più o meno potente tra l'una unità e l'altra. Il compito del medico è accordarle se sono discordi, prima che si scindano, nel qual caso si verificherebbe una morte. A livello organico la polarità sia del bioplasma che dell'orga¬nismo fisiologico vede a destra il polo positivo e a sinistra il polo negativo (cnfr. Agopuntura). Tra le due polarità esiste un punto intermedio, la " Sushumna " corrispondente nell'organismo fisiologico alla colonna vertebrale. Attorno alla Sushumna nel bioplasma si intreccia un condotto che porta l'energia bioplasmica indifferenziata alla base della Sushumna e che sale attra-verso questa distribuendosi lungo le Nadis che sono i meridiani dell'agopuntura cinese, che hanno il compito di distribuirla a tutto l'organismo nelle forme adeguate. Anche i Greci conoscevano tutto questo e la Sushumna con il condotto che le porta l'energia bioplasmica alla base è stata rappresentata in vari simboli: il tirso oppure il bastone col serpente arrotolato. È importante segnalare come il Caduceo sia divenuto il simbolo universale della medicina e come da millenni lo si sia usato in Occidente nonostante si fosse assolutamente disperso il suo significato che oggi ci viene reinsegnato dai Cinesi e dagli Indiani. Se la medicina cinese si è diffusa ampia¬mente da noi, la medicina indiana attende ancora questo momento e questo momento verrà, visto che essa ha gli stessi principi di quella cinese. Quando questo succederà il suo fondatore Susruta sarà finalmente conosciuto e considerato qualcosa di più di un semplice mistico come taluni informatissimi "storici" vorrebbero darci ad intendere. L'ultimo livello della conoscenza è rappresentato nella filosofia indiana dal Vedanta, detto PUttara Mimamsa, l'ultima convinzione. Nel Vedanta la conoscenza ottenuta dalle percezioni dello Yoga si assimila alle precedenti conoscenze. In Occidente il Vedanta è stato sempre considerato una roccaforte inespugnabile e dì fatto nessun occidentale ha mai potuto azzardarsi a mettere lo zampino sul Vedanta senza suscitare bonari sorrisi di compatimento. ________________________________________________________________________________

LE FORZE ELEMENTARI L'esposizione della medicina psicodinamica che noi abbiamo precedentemente svolto ha messo in rilievo come agiscano a livello organico e quindi psicosomatico delle forze che sono distribuite anche nella materia inorganica. Lo studio di queste forze prese a sé stanti forma un vasto raggruppamento di scienze senza confini bene stabiliti tra le une e le altre che sono attualmente in auge nel Nepal, nell'Himalaya, nel Thibet. Questi posti caratterizzati da un paesaggio montagnoso, dal clima gelido, da distese silenziose, sono stati da sempre il teatro di civiltà poco conosciute e di popoli coltissimi, ma anche riservati e silenziosi.

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Questo è il motivo per cui a differenza delle scienze cinesi, delle filosofie indiane o di altre manifestazioni culturali dei popoli orientali, poco o nulla sì sa della grandissima cultura himalayana. Ciononostante tale cultura esiste e tanto essa è potente che è bastato che uno studioso occidentale, Wilhelm Reich, ne avesse studiato un po' perché questo abbia determinato la sua fortuna come studioso in quanto le sue opere sono state giudicate come qualcosa che finalmente rompe gli schemi stantii della scienza ufficiale. Grazie tanto! Non è stato mica Wilhelm Reich a rompere gli schemi, è stata la forza di una millenaria cultura che Wilhelm Reich ha parzialmente, molto parzialmente, divulgato, sostituendo tutti i nomi originali con altrettanti nomi tratti dal greco. Ciò che in sanscrito si chiama Kundalini lo ha fatto diventare "Energia orgonica" e via di questo passo. Nonostante dal punto prettamente scientifico le opere di Wilhelm Reich abbiano conosciuto la fortuna, per i motivi che abbiamo esposto, dal punto di vista etico le sue teorie non hanno avuto affatto fortuna, se non presso un certo tipo di persone. È il caso di segnalare che le teorie etiche di Wilhelm Reich non sono altrettanto himalayane come la scienza oggettiva di altre opere, ma sono personali di Wilhelm Reich. Se dunque questo studioso è morto in carcere, ciò non è dovuto alla scienza in questione, ma al fortecontrasto tra l'etica che egli proponeva e quella che era appro¬vata nel suo paese, non differente dal resto dall'etica occidentale. Nemmeno l'etica dei popoli himalayani del resto assomiglia minimamente a quella di Reich, anzi al contrario. Fatta questa breve premessa passeremo a descrivere i princìpi generali di quella scienza che non abbiamo trovato modo migliore di definire che "geodinamica". Il suo nome originale significherebbe pressapoco "Scienza dell'energia solare", senonché l'Hathavidya si occupa ben poco del sole, ma bensì della terra in rapporto all'energia solare. E’ inutile dimostrare come tutta la vita sulla terra sia in dipendenza dell'azione dell'energia solare e sia nata per effetto della fotosintesi esercitata dalle varie radiazioni di provenienza solare, tra cui l'energia bioplasmica. La fisica divide il mondo materiale in tre parti: Materia: Formata da novantadue elementi chimici, differenti l'uno dall'altro per la maggiore o minore quantità di elettroni e protoni che formano il loro nucleo. Energia: Formata da vibrazioni elementari, delle quali soltanto una parte entra nella composizione della materia. Le vibrazioni elementari sono generate dall'influenza delle forze sullo spazio vuoto. Le forze: Sono all'origine dell'energia. Sono ad un tempo fìsiche e biologiche ed agiscono sulla materia senza farne parte. La geodinamica ha specializzato particolarmente lo studio delle forze. Le forze elementari del mondo fisico sono quattro, 1: La forza di coesione e cristallizzazione. 2: La forza di assimilazione e anafilattica. 3: La forza di affinità chimica. 4: La forza cinetica, quando è latente, prima di esprimersi nell'energia cinetica. La forza di coesione e di cristallizzazione è quella forza che tiene unite le particelle della medesima sostanza. Un blocco di ferro ha le varie molecole saldamente unite tra loro dalla forza di coesione che agisce sulla materia pur senza farne parte. La forza di coesione e la forza di cristallizzazione sono in realtà la stessa cosa. Nei cristalli la forma della coesione è evidentemente la stessa forza di coesione che si manifesta in forme estremamente più complesse.

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La forza di cristallizzazione si manifesta anche nel ruolo fondamentale della genesi della vita. Su questo non c'è dubbio, né in Oriente né in Occidente. L'ultravirus è considerato oggi come il ponte di passaggio tra il cristallo e l'organismo vivente capace di attività psichica. Esperimenti recenti dimostrano che gli animali che hanno la facoltà di rigenerarsi, si rigenerano seguendo precise leggi cristalline. Ma c'è di più, se si prende una medusa e la si preme meccanicamente contro un'altra medusa, ne nascerà una medusa più grossa. In ogni caso e accaduta la realizzazione di una legge cristallina. Questo può- succedere solo agli esseri viventi che non hanno una individualità se non estesa a tutte le specie. Due uomini premuti l'uno contro l'altro morrebero, perché la loro struttura pranica è soggettiva e organizza un solo organismo alla volta. Dunque la vita nelle sue intime fondamenta è l'influenza delle più complesse forze di cristallizzazione. La stessa forza che fa solidificare le sostanze. La forza di cristallizzazione è la base dello stato solido della materia o per esprimerci come gli antichi, non solitamente capiti dai filosofi, la forza di cristallizzazione è "l'essenza di terra". La seconda, forza di assimilazione anafilattica, si manifesta nello stato liquido della materia. Organicamente è la responsa¬bile dei fenomeni di anafilassi per cui uno è allergico ad una sostanza e un altro no, la medicina che fa bene ad uno £a male all'altro, benché dal punto di vista chimico non vi siano differenze tangibili nella costituzione molecolare dei tessuti. Che l'anafi-lassi sia soggetta alla psiche è fuori dì dubbio, se si pensa che sovente l'allergia è dovuta a stati emotivi. Sempre alla forza di anafilassi è dovuto il fenomeno per cui a uno fin dalla nascita piace un cibo che l'altro odia, preferendo ricavare gli stessi elementi da un altro cibo. All'anafilassi sono da ricondursi i casi di rigetto organico. Un tessuto di un altro essere viene sentito come estraneo e rigettato dall'individuo. Lo stesso tessuto mangiato viene digerito. Questo perché la forza anafilattica che è inerente allo stato liquido delle sostanze agisce negli organismi complessi nello stomaco. Tra gli effetti parapsicologici dell'azione sul prana estrinse-cato della seconda forza vi sono per esempio le famose lacrima zioni e sanguinamenti di statue, molto comuni tra i "miracoli" del paganesimo. A questo proposito sarà bene segnalare rln diverse volte un ragazzo sardo è stato osservato in ospedale perché faceva "sgorgare l'acqua da terra". Il suo nome e la sua foto comparvero di recente più di una volta sui giornali. Se fosse più conosciuta la medicina orientale la cosa sarebbe stata definita una perdita di "Apas", sostanza bioplasmica in forma liquida, ossia sotto l'azione della forza di assimilazione e liquefazione. Sempre a questo gruppo appartengono i fenomeni come la liquefazione del sangue di San Gennaro, le terapie spontanee nelle acque di Lourdes o del Gange. La terza forza, la forza di affinità chimica, agisce nelle combi-nazioni chimiche. È una forza radiante che certe sostanze emanano e certe altre no. I catalizzanti in chimica sono sostanze che non entrano mini-mamente in combinazione ma permettono ad una reazione chimica di avvenire. Anche l'elettricità e il calore in genere contengono energia chimica e permettono a certe reazioni di avvenire. Molte reazioni si ottengono immergendo una sbarra di platino tra due sostanze inerti, altre si ottengono con una scintilla. A livello organico la forza di affinità chimica presiede al consumo e alla trasformazione in grassi dei cibi e alla produzione e al controllo della temperatura del corpo. E questa forza che rende possibili le famosissime marce sul fuoco. Per spiegare le marce sul fuoco si è ricorso all'ipotesi di "fluidi protettivi", "mutamenti della costituzione molecolare". No, non è così. Se il fluido protettivo ce l'hanno i Papuasi lo abbiamo anche noi. Se non ce l'hanno i Papuasi non l'ha nessuno. La costituzione degli atomi non viene mutata se non con la bomba atomica. Chi ha dato tutte queste

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definizioni dimostra di non sapere Tabe della psicobiofisica. L'hathavidya evidenzia come le forze che presiedono all'affinità chimica siano in parte volontarie. Chi marcia sul fuoco non fa che ritirare la sua energia chimica, conscio o inconscio che sia di ciò che fa. Se non esiste presenza di affinità chimica la combinazione non può avvenire e quindi il fuoco non attacca i tessuti. La quarta forza infine è la forza cinetica, che noi abbiamo visto essere nell'organismo vivente a disposizione della psiche che se ne serve per creare la catena di reazioni chimiche ed elettriche adatte a muovere l'organismo. Tale forza è da considerarsi come l'espressione più indiffe-renziata dell'energia bioplasmica la quale si incarica di trasfor-marla da latente in manifesta muovendo l'organismo, I casi di paralisi psichica sono dovuti al rifiuto della volontà inconscia del soggetto di manovrare la sua energia cinetica in una parte del corpo. Esiste poi una quinta forza elementare che non si manifesta nel mondo fisico. Essa è la forza nervosa. Quando noi pensiamo ad una parte del corpo immediatamente ne abbiamo una sensazione tattile. Quando noi siamo distratti non percepiamo nulla di ciò che vediamo, né udiamo un discorso quando stiamo attenti ad un altro discorso. Ciononostante il nostro cervello ha avuto tutte le impressioni esattamente come se fossimo stati attenti. Così vale per un dolore che non avvertiamo quando siamo distratti eppure c'è. La forza che fa da ponte tra la psiche e le sensazioni, che trasforma le sensazioni in percezioni precise è la forza nervosa. Un discorso ascoltato con poca attenzione ossia con poca forza nervosa non viene ricordato, anche se una sola parola non sì è perduta per il subconscio. La forza nervosa è la costituente dell'attenzione ed è ciò che trasforma la subcoscienza in coscienza. Dal punto di vista fisico essa non esiste: è il vuoto. Da ciò il suo nome sanscrito Akasha=Il vuoto. Questi sono i principi della geodinamica, scienza che si estende anche a dare la spiegazione di alcuni fenomeni parapsicologici. Una spiegazione ligia alle conoscenze della fisica, mai in contrasto con essa. Potremmo spiegare un numero ben più alto di questi fenomeni, ma in tal caso ne risulterebbe un ponderoso trattato di geodinamica. La geodinamica dopo lo studio delle forze elementari, dei fenomeni normali e di quelli per così dire extranormali cui dà luogo, si occupa di conoscere come esse sono distribuite nel nostro pianeta e con che ritmo le per-centuali si alternino. Iniziamo coli'osservare che le forze elemen¬tari sono distribuite in modo diverso sulla terra. Un certo vino che all'analisi chimica risulta essere fatto delle medesime sostanze può assumere sapori diversi in luoghi diversi. Le differenze sono da cercarsi oltre le semplici combinazioni molecolari. Certe piante medicinali possono avere effetto positivo se raccolte in campagna e non in montagna e viceversa. I cibi sintetici molecolarmente identici a quelli di origine organica non valgono quanto questi. Recenti studi fatti in Francia hanno dimostrato che la distribuzione dei casi di pazzia segue determinate linee geografiche. Naturalmente non è che sia per forza colpa della terra se un idiota è nato proprio lì. Certi fiori danno un certo profumo in un posto e un altro in un altro posto e all'analisi chimica risultano sempre identici. Come dunque le forze elementari variano da zona a zona, così esse variano anche di tempo in tempo. Il veicolo attraverso cui le forze elementari giungono sulla terra è costituito dall'emanazione del sole. L'emanazione solare, se ne ha la prova, non è costante, ma varia con un ritmo suo proprio, che l'hatbavidya studia.

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