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Italian Pages 699 Year 1991
MOISEI YAKOVLEVICH OSTROGORSKI
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A cura di G a e t a n o Quagliariello
RUSCONI
Prima edizione italiana, ottoljre 1991 Titolo originale dell'opera La démocnitìe et Ics partìs polìtìqucs Proprietà letteraria riservata Rusconi Libri S.r.L, viale Sarca 2 3 5 , 2 0 1 2 6 Milano Traduzione dal francese di Gaetano Quagliariello ISBN 88-18-92007-3
Gaeìtano Quagliariello Premessa OSTROGORSKI, GLI ANNI DI FINE SECOLO E L'AVVENTO DELLA MACXJIINA POLITICA
. . . S o l i a m o in via cccczionalc c per incidenza abbiamo avulo occasione di occuparci delia segreta innuenza esercitala sui corpi e sui iiietodi politici da quei gruppi extra-legali di uomini che si chiamano i partiti politici. Ma lo spirito e la forza del parlilo sono così essenziali all'azione della macchina governativa, come il vapore alla locomotiva... (|. Bryce, l'hc American Comniouwealth, traci, il. di A. l^runialti, La R ep u hhlica A numca na ).
Kìngmziamenti: Ringrazio lutti coloro dai quali ho ricevuto aiuto, suggerimenti, incoraggiamento. Si ringraziano il Consiglio Nazionale delle Ricerche ed il Dipartimento di Storia e Metodologìa Comparate cicH'Università dell'Aquila per il parziale contribiuo offerto alla realizzazione della presente opera. Particolare gratittidine devo ad Alain Lancillot iiresidente di Scieucc-l'o, die mi ha consentito eli consultare l'archivio dcH'Ecole Libre des Sciences Politiques, ed a Lue N e m e t , archivista del C E D E I , per l'aiuto ricevuto. N o n posso dimenticare la coilaborazione di A. Raspin, archivista della London School of Economics e di Emilia Canipocliiaro, lunzionario della Biblioteca del Senato. La mia riconoscenza va, inoltre, al personale della Biblioteca di Sciencc-Po, del D e p a n m e n t of Manuscripts della British i_,ibrary e del M o d e m Mannscript Dei^anment of Bodleian Library. Ringrazio Alain Touraine, per l'ospitalità a più riprese offerta alle mie ricerche presso l'Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales di Parigi; S. Martin L,ipset, Philippe Schmitter e io staff del Cent re of ÌÀuropean vStudy che hanno permesso al mio soggiorno di studio presso la Stanford Llnivcrsity di raggiungere i risultati auspicati. La traduzione del testo si è avvalsa della indispensabile, competente collaborazione delle dott.sse l'rancesca h'erretti e Barbara Parenzan. La consueta sollecitudine ed attenzione ha dimostrato Antonella i,a Cìreca per ogni aspetto tecnico inerente la ricerca. n mio grazie va, infine, a Maurizio G r i f f o per aver consentito ad uno sperimentato sodalizio scientifico ed umano di arricchirsi; ed a Paolo Pombeni che mi ha guidato nella ricerca, indicandomi tracce da apiirofondirc e materiale inedito da consultare. La sua disponibilità ha rappresentato (lei- me un esempio indimenticabile di collaborazione.
1.
Ostrogorskì e l'Ecole Libre dcs Sciences
Politiques
Moisei Yakovlevich Ostrogorski era nato ne! 1854 a G r o d n o , in llussia, da una famiglia ebrea nella quale egli era il maggiore di tre figli. La formazione seolastica e intellettuale di Ostrogorski si sarebbe conclusa con gli studi giuridici svolti jjresso l'Università di Pietroburgo. Attivo come pubblicista, si devono al suo impegno diversi manuali di storia destinati alla scuola mentre, impiegatosi presso il dipartimento legislativo del Ministero della Giustizia, nel 1882 ne sarebbe divenuto il responsabile. Nelle prime pubblicazioni in lingua russa è già possibile rintracciare la sua fede liberale: la precisa opzione per istituzioni rappresentative che lo avrebbe spinto verso un inevitabile contrasto con la natura autoritaria ed assolutista del regime zarista*'. Con ogni probabilità, sarebbe stata proprio la stretta autoritaria seguita all'uccisione dello zar Alessandro II, nel 1881, a spingere Ostrogorski ad abbandonare il suo posto presso il Ministero della Giustizia, e ad approdare a Parigi, presso VEcole Libre des Scieitccs Politiquei, fresca esperienza scientifico-educativa, avviata da Ernile Boutmy - al tempo, un ancora oscuro e poco noto pubblicista - proprio all'indomani della di.sfatta di Sedan ' {,)ue.s(:o ijai-iigrafo riprende e simetizza un j)recei:lenle articolo dell'autore, Alia ricerai delle fonti francesi dì Osfro^orskj. Il dibattito metodoloi'jco e gli studi partitici airiìcole ÌJbre des Sciences PoUtiqnes, in «Ricerche di Storia Politica», n. 4 (1989), pp. 77-112. Rispetto all'articolo in questione, il presente paragrafo contiene iin approfondimento delle tematiche inerenti alle scelte metodologiche di Einile Boutmy ed al rapporto tra O.strogorsk] ed i .suoi jnae.stri ori|,iinnri. -' Cfr. R. Barker and X . Howard-Johnston, 'l'he Politws and Politicai Idcas of Moiset Ostrogorski, in «Politicai Studies», voi. X X i K (1974), n. 4, p. '117. ' Per le notizie bio-bibliografiche su Einile Ga.ston Boutmy, cfr. A. l ì e [-ouville, Notice I}ìstoru]uc sur la vie et Ics travaux de M. ii/nile Castali ìioutmy, Paris 1910; L. Lévy-Hriilii, Ewile Ronimy, Pai-i.s 1906; E. D'Eidithai, Quelques dmes d'élite (1804-1912). Esquisses et souvemrs, Paris 1919, pp. 125-135. Cfr, anche, M. Rosenbauer, L'Ucole Libre des Sciences Politiqucs de ÌS7I à 1H96. L'enseiyjiement des sciences politiqucs sous la III' liépubliquc. i naugurai Di.ssertatton zur Erìangung dcs Doktorwurde der Philosophischen Facnltiit der Philipps. Univer.sit;it Marburg a.d., Lahn 1969, pp. 23-27, 2 1 0 - 2 2 4 ; P- i'avre, U-s sciences de l'Etat entre déten/iinistm- et /ihénilistile, in « Revuc fran(;ai.s'e d e .s"ociologie» (1981), limitatamente alle pp. 4 2 9 - 4 3 1 , ora
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PREMESSA
Gli scarsi contributi biografici su Ostrogorski, sono per lo più orientati a sminuire l'importanza della sua esperienza di studio francese''. In realtà, per q u a n t o le fonti della sua opera principale, La Démocratie et ies partis politiques, vadano piuttosto rintracciate nella frequentazione di ambienti e testi politici inglesi ed americani, gli anni di formazione presso Ì'ELSP risultano fondamentali per comprendere le influenze politiche e metodologiche che sottendono proprio l'indagine sui partiti politici in Inghilterra ed America. Ostrogorski, iscrittosi nel 1884 all'età di t r e n t ' a n n i aìì'ELSP, avrebbe frequentato i corsi della Section Générale che raccoglieva quanti, tra gli studenti della Scuola, non ambivano ad un esito strettamente professionale dei loro studi, o p t a n d o invece per un programma più propriamente scientifico, immaginato, come si dirà, dai fondatori stessi deìVELSP sulla base di una opzione metodologica evidente ed esplicitamente dichiarata''. Ostrogorski si sarebbe diin P, Favre, Ntiissaiices de la Scianca Politìque en Ircmcc, Paris 1990, i)[). .21-50; T.R. Osborne, A Grande Ecolc for the gmiuh corps. The recruilment aud training of the r-rcnch admìnìstrative élite in the nincteenlh centnry, New York 1983, p. 53. Per ie principali informazioni sulla biografia eli Ostrogorski, e per la valutazione dell'importanza del suo soggiorno parigino, cfr. A.W. Macmahon, Ostrogonky, Moisey Yakovlevich (1854-19 i')), voce della Encyehpaedia of the Social Sciences, N e w York 1933; S.M. Lipsct, Ostrogorskii, Moisei la., voce della hnematiomil Encyclopaedia of Social Science, N e w York 1968. G. lonesco, Moysey Ostrogorski (1854-1919) and the Theoty of the Professional Politicai Organization, in ). A. Hall (a cura di), Rediscoveries. Some Negletted Modem Etimpean Politicai Thinkers, Oxford 1986, pp. l } 9 160. Per un più completo profilo biografico di Ostrogorski, cfr. Pv. Barker and X. Howard-Johnston, The Politics and Politicai Idea of Moisei Ostrogorski cit., pp. 415419. Anche in questo caso, però, alla permanenza di Ostrogorski in l'rancia vengono dedicate poche e discutibili righe: « I n 1-rance, Ostrogorski studied until 1885 at the Ecole l.ibre des Sciences Politicjues, founded by Emile Boutmy to provide training for the administrativc and politicai rulers of the nation. The Ecole Ubre was to provide one of tlie models for the Webbs when, in 1895, they established the I.ondon School of Economics and Politicai Science. It is difficult to assess how mudi Ostrogorski gained from his time in Paris. McMahon, in his biographical note, describes Ostrogorski as stiidying under Boutmy, but there is no evidence of any particular intellectual influence or exchange. Itoutmy himself wrote on English politics, but he employed general explanatory formulas, sustained by the opinions of representative figures to whom he talked, rather than the more subtie historical method employed by Ostrogorski. iioutmy's belief, on the other band, in the need for a trained and responsible élite was shared by Ostrogorski and was one of the main themes running through his work. «Whilst at the Ecole Libre, Ostrogorski wrote a thesis on "l,es Origines du suffrage'universel", and in 1892 he published in Paris "La femme au poinl du droit public - étude d'histoire et de législation coinparée" », p. 417. ' Cfr. (^ueUjues idées sur la création d'une faculte libre d'enseignement supérienr. Lettres et programtncs, Paris 1871. Cfr. Projet d'une faciilté libre des sciences politiques. Programme des cotirs, Paris 1871, pp. 14-15. Tale programma avrebbe subito, in vista dell'inizio dei corsi, ulteriori aggiustamenti. Una successiva e piti aggiornata definizione del programma, la si incontra, infatti, in una lettera senza data spedila da Boutmy a Paul Janet, in vista dell'apertura dei corsi. Questa volta, accanto al nome
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plomato, al termine elei previsti due anni di corso, il 27 giugno 1885 "avec la distinction et le 2" prix", a sottolineare l'elevato profitto m a n t e n u t o d u r a n t e l'intero arco t^egli studi. Gli argomenti delle composizioni di esame riguardavano L'indépendance de la Grece e Les principaux sysièmes des législations étrangères sur la capaciti' de la jemrne marìée comparées cntre eux et avec le code civilfrangais'-'. Q u e s t ' u l t i m o scritto, tuttora rinvenibile nella cartella personale di Ostrogorski, presso l'archivio di Science-Po, costituiva uno schema del più maturo lavoi'o La fcmme eri paini du droit public, premiato al Concorso Rossi della Facoltà di diritto di Parigi e pubblicato nel 1892 per i tipi della Rousseau. Tale opera successivamente avrebbe ricevuto una traduzione inglese ed una tedesca'. Q u e s t o lavoro, in realtà, non sarebbe stato l'unico a risultare debitore della permanenza del suo autore presso l'ELSP. Ostrogorski, degli iiisegnamcnn, up|)aiono duelli degli i|K)tetici doceiili: Gcogmpijie ci ctl}iiogmphic, li. Gatdoz; Histoire (tiploimitiqiie, A. Sorci-, Hhtoirc inilitairc, com. Botissei; HI-mire Jes doctrincs écoiioinìqtics, A. Diinoyer; Histoire dcs proi>/ès agricole, imltislrial et commercial, E. Ijwasscur; Histoire financièrc, P. Leroydieaulieii; Histoire Coustitutionnclle, E. Boutmy; I.égislatioii comparce, A. Ribot; Droit Admiuistratif compare, M. Dupotit Wirite; Histoire Morale et Sociale, P. Jariet. La lettera in que.stione è con.sei-vata presso VArchtvio ELSP, I SI' 1, Dr 3, sdr E. Va segnalata, in questa sede, l'importanza di D u p o n t W h i t e per il dibattito che q u e s t o .saggio intende ricostruire: nominato nel 1848 Segretario Generale del Ministero deìla Giustizia, avrebbe avuto il merito di introdurre iti Erancia le idee di J.S. Mill Icfr. la traduzione di J^e Gouventcmeni rcpréscntalif {iUA))-, La liberti- (1864); sul tema dei i'ap()orli tra individui; ed intervento statale conne.sso ai suoi .siudì su Mill d r . anche il suo l.'iiidiimìti e! l'Eia!, Paris 18571. Nel 1871, agli esordi della III Repubblica, si sarebbe dichiarato per una repubblica conservatrice presieduta dal duca d ' A u m a l e (cfr. La Réptibliqiie coiiscivatrice, Pari.s Ì872). 11 Dictioiiiiaire de Biographic Vranfaise lo |>resenta come: . 4 5 - 4 6 . In particolare sui corsi di A . Leroy-Beaulieu, cfr. E c o l e Libre d e s S c i e n c e s Politiques, Assemblée Générale du 23 février 18S'I, Paris 1 8 8 4 , pp. 1 M 3 . " D e l cor.so di Ribot s o n o conservate d u e trascrizioni; cfr. Archivio BLSP, 1 S P 6, D r 4, sdr A - B , e 1 S P 8 Dr 2.
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PREMESSA
ti alla Direzione della Scuola - e le condizioni di salute non certo ottimali - avrebbero consigliato l'ormai anziano direttore di concentrare i suoi sforzi sull'organizzazione e promozione dell'ELSP, affidando ad altri il compito di perpetuare il suo magistero. Nell'anno scolastico 1889-90, il corso di Droit Comtìtutionnel veniva così a f f i d a t o per la prima volta, in supplenza, ad A n d r é Lebon, allora Capo di G a b i n e t t o del Presidente del S e n a t o " . L ' a n n o seguente l'insegnamento sarebbe stato riassunto da Boutmy: un'ultima breve parentesi prima di affidare definitivamente - nel '91'92 - la cattedra al suo antico allievo. Lebon non avrebbe mutato il programma originario, che avrebbe invece subito un sostanziale ritocco nel 1897 q u a n d o cioè egli - divenuto nel f r a t t e m p o d e p u t a t o e Ministro delle Colonie - avrebbe dovuto lasciare la Scuola ed affidare la cattedra, in supplenza, a Charles Benoist, lo studioso e uomo politico francese noto per la sua battaglia per una riforma elettorale che favorisse la rappresentanza degli interessi. Benoist, che nei suoi studi avrebbe piìi volte preso in esame la natura ed il f u n z i o n a m e n t o della macchina p a r t i t i c a " , aveva introdotto, nella parte del corso dedicata agli Stati Uniti, uno specifico tema di studio: Les partìs et le fonctìonnement de la machine polìtìque. L ' a n n o successivo la supplenza di Lebon sarebbe stata assunta da! senatore repubblicano Julies Dietz, con un ulteriore ampliamento dello spazio riservato ai partiti. Sul versante inglese, unitamente all'analisi delle varie riforme elettorali, si prendevano in esame la transformation des anciem partìs\ su quello americano, l'orgarmation des grands partis; leur hìstoìre et fòle depuis la guerre de sécession, diveniva un fondamentale capitolo di studi. Dietz presiedeva anche, con Renault, la Conférence d'Applica''' André Lebon, fondatore e Presidente dell'Association des anciens élèves et élèves de l'Ecole Libre des Sciences Politiques, allievo di Boutmy, ricevette l'incarico di docente presso la Scuola nel 1884. Fu Capo di Gabinetto del Presidente del Senato dal 1882 al 1893. In quell'anno venne eletto deputato repubblicano di Partlienay. Nel 1 8 9 4 per alcuni me.si ricoprì l'incarico di .sottosegretario del Ministero delle Colonie. Fu Ministro del Commercio e dell'Industria nel Governo Ribot (27 gennaio-1 novembre 1895), e Ministro delle Colonie nel G o v e r n o Méline (23 aprile 1896-29 giugno 1898). Per la sua attività pubblicistica, bisogna segnalare la direzio^ ne de « L ' A n n é e Politique», con lo pseudonimo di André Daniel e la collaborazione a « T e m p s » ed alla « R e v u e des Sciences Politiques». Sui temi del suffragio pubblicò con Auguste Arnauné, nel 1884, Elude sur les débats dii Parlement iniglais relatifs à la représeìitatioH proportionelle. Per la esplicita recezione da parte di Charles Benoist della materia ostrogorskiana, cfr. in particolare, C. Benoist, Le suffmge universel et l'évolution des partis politìijues, in « R e v u e des deux M o n d e s » , 1 avril 1904, pp. 520-542; C. Benoist, Cotmnent oti capte le suffrage et le patwoit\ in «Rcviic des deu.x M o n d e s » , 15 juin 1904, pp. 8 8 5 - 9 1 8 .
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tion d'hìstoirc et de politique contemporaine, de droit ìnternatìonal et de légnlatìon, collegata alla Section Générale della Scuola Questa nuova articolazione, prevista nel 1894, si andava a collocare, insieme ai Gwupes de travail, tra le strutture collaterali al corso principale di studi. Anche in cjuesto caso, il modello di orientamento era lornito dal seminario e dalla privatissima delle Università tedesche. Le Conférences d'Application si sarebbero però discostate dagli obiettivi di ricerca previsti per 1 " G r u p p i " : il loro scopo sarebbe stato, infatti, la promozione dello studio documentario e l'analisi delle lonti di prima mano. Anche in quest'ambito, l'osservazione del fenomeno partitico trovava un suo rilievo: il programma della Conjérence, diretto da Dietz e Renault, prevedeva esplicitamente, tra i soggetti di studio, l'analisi de Les partis politiques et la presse dans les différents Etats e, dunque, la raccolta di fonti primarie su ciuesto argomento T u t t a la vita àcWEcole appariva attenta alla tematica d i e in quegli stessi anni informava l'opera alla quale Ostrogorski stava lavorando. Tale considerazione però fuoriesce dalla sua genericità, se solo ci si accinge ad una pii^i ravvicinata analisi degli insegnamenti e della produzione scientifica di tjuelli che erano stati, negli anni dell'ELAT- i diretti maestri ed i punti di riferimento dello studioso russo. Un contributo, a c]uesti lini, lo o f f r o n o i rendiconti dei corsi che Ostrogorski aveva frequentato. In particolare - con speciale riteritnento al rappoi'to AmericaInghilterra - è necessario prestare attenzione ai corsi svolti da limile Ik)utmy; non solo per i ruolo che questi ricopriva nell'Efofc ma, soprattutto, per il tema dell'insegnamento che i^rendeva in considerazione ì'Histoire constitutìonnelle deptiis 1789, cu Angleterre, ìitatslìuis et France, Di tali lezioni restano due rendiconti manoscritti, stilati da due allievi della Scuola, di uno solo dei quali sono note le generalità In entrambi i casi, un'ampia parte dei rendiconti è occupata da considerazioni sul sistema elettorale inglese: Boutmy metteva in risalto come nei criteri di suddivisione dei collegi elettorali e nella
" l'cr inlormazioni .sulla Omjércnce d'apl'licalHni d r . Ecolc Libre tics Scicriccs PolhKjucs, Assciul'ìér (-iénémlt' Onìiìianv dii SiHiuuìì .?•/ /évricr Pari;; 189-4, pp. 18-19. Cfr. anchc, L'Eco/c IJInr lìes Sciences l'olitii/iies I87I-IS97, cii., pp. 102-U)'I. t"lr. /l,v,V('w/'/iY,' Cìéncralc ordituùn' àu sdf/u'dì 24 tcvner IH9-i cil., pp. 22-24. ''' il ntalìoscrilìo tfi Sylvìlis tic Boys è rinvenibile: presstì V/Ìrcòivio ìiìSì\ 1 .SP 4, l)r 1, stìi' A, .sdr B. l.a vulgata aiioriiina è invece elassilieala 1 SP 8 l)r 2.
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PREMESSA
sussistenza del voto plurimo poteva individuarsi una concezione corporativa della rappresentanza, estranea alla tradizione francese. Prendeva quindi in esame i Bilk del 1832, 1867, 1884, evidenziando la gradualità dell'ampliamento del corpo elettorale da essi assicurato; si soffermava poi sull'evoluzione dell'elettorato attivo e passivo, sulle modalità di votazione, sulla durata dello scrutinio e sulla segretezza del voto. Trattava infine il problema dell'influenza della corruzione nella dinamica elettorale ed i tentativi operati per arginare il fenomeno. All'esame della materia elettorale, egli faceva seguire - nel piano del corso - l'analisi dell'organizzazione interna della Camera dei Comuni. Q u i mostrava come i differenti sistemi di elezione potessero influire sulla c]ualità del personale parlamentare, e, soprattutto, sottolineava come la di.sciplina interna della Camera fosse garantita dalla figura dei leader dei diversi schieramenti. Sul carattere funzionale della leadership, Boutmy sarebbe tornato sovente per mostrare come tale figura tipica si fosse imposta agli esordi cleir800 e si fosse stabilizzata con l'insorgere della conflittualità tra Disraeli e Gladstone. Proprio attraverso l'analisi della leadership, Ii5outmy avrebbe p o t u t o introdurre la tematica dell'organizzazione e della strutturazione dei partiti politici. In prima istanza, egli evidenziava la realtà bipartitica della vita istituzionale inglese, rimarcando come la funzionalità del sistema imponesse d'cwoir une mìnorité forte et moclcrée. In tale contesto, la funzione della leadership appariva ambivalente, in cjuanto la disciplina della Camera non sarebbe stata altro che la conseguenza dell'ordine che i capi dei partiti - con l'assistenza dei lohìppers - sarebbero stati in grado di assicurare nei rispettivi schieramenti. Su tale aspetto, i d u e rendiconti appaiono uniformi; su quello attribuibile a Sylvius D e Boys, si legge: «Car la dhcipline ìntérieure de la Chambre n'est qu'une forme de la dhcipline des partis». Il testo anonimo, invece, dopo aver evidenziato che «sous catte direction [dei leader ] les partis ont ohserué une exacte discipline et conservé une remarquable unité», ribadisce: «La discipline ìntérieure [de la Chambre] n 'est qu 'une conséqucnce particulière de la discipline interne des partis». Il partito oligarchico assumeva, dunciue, il ruolo di garante ed assurgeva ad elemento di stabilizzazione del regime parlamentare. E su tale premessa che Boutmy avanzava apertamente il sospetto che gli ampliamenti successivi del suffragio potessero, infine, esser causa della désorganisation dei partiti tradizionali e provocare la rottura del complessivo eciuilibrio sistemico. Più specificamente, si temeva l'incrinarsi del meccanismo che fino ad allora aveva garantito la disciplina interna al partito: aliar-
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gandosi il suffragio, l ' M . P , (jMember of Parliament) si sarelibe trovato nella necessità di c o n f r o n t a r s i realmente con il proprio elettorato e, d u n q u e , nell'impossibilità di garantire il pieno ed incondizionato appoggio alla leadership. In e n t r a m b i i resoconti viene a d o m b r a t o tale c o n t r a s t o tra l'esigenza interna del sistema p a r l a m e n t a r e e l'insorgere di una dimensione nuova, sostanzialmente " e x t r a - p a r l a m e n t a r e " . II testo di D e I5oys a f f e r m a : I,oixl Grey pense que la réforme élcctoralc pourni avvier la désorganisation des partis, les députés nommés par ics bourgs pourront se troiiver placés entre la |mennce| de leurs élccteurs et celle du leader.
Pii-i sobriamente, il testo a n o n i m o individua il rischio del tram o n t o delle antiche organizzazioni di partito nell'obbligo de comples à rendrc à Icur corpi électoml, che gli M . P , avi-ebbero derivato dall'allargamento del suffragio. Del resto, le tesi che lioutrny aveva trasmesso ai suoi studenti a v r e b b e r o trovato riscontro nei suoi successivi lavori dedicati all'Inghilterra, a c o n f e r m a di una evidente corrispondenza tra la materia dei corsi e la p r o d u z i o n e pubblicistica dei principali docenti della scuola. L'analisi delle loro pubblicazioni, d u n t | u e - pur se in pii^i di un caso cronologicamente successive alla permanenza di Ostrogorski aH'EL.VP - , potrà fornire indizi utili su come la materia partitica veniva da essi a f f r o n t a t a nelle loro lezioni. In ìhsah d'une psychologie politìque du Petiplc angLiis cu XIX siccle è, forse, possibile ritrovare la più matura rappresentazione della tesi di Boutmy sulla natura oligarchica di quella d i e poi O s t r o gorski avrebbe d e f i n i t o la old society, la descrizione più vivace de la désinvokure dégagée avec laquelle une nioitié de la classe supérieure se séparé de l'aulre, (...) sans renoncer à rien des habitude.s, de.s .senliment.s, des relations sur lesquels se l o n d e l'unité de la caste '",
l-,a natura della divisione )X)litica, e l'essenza stessa del partito politico tradizionale, trovava co,sì la sua più incisiva esemplilicazione nelle parole di a m m o n i m e n t o che il giovane Coningsby, protagonista di un romanzo di Disraeli, riceve dall'anziano nonno: «Qu'cslcc à dire? Vous voterez avec volre jamille momìcur, camme nu geritle-
(..Ir. E. Bouuiiv, ìi^sai d'ina' psycho/ofjt' Paris 19(11, p. 21 1,
poìi/u/in'
du l'cup/r ii/ivjtiis au XIX
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PREMESSA
man. Vom n 'cwez pas à élaborcr vos opinione camme un philosophe ou un aventurìer » '". La tesi, secondo la quale proprio la natura oligarchica del tradizionale bipartitismo avrebbe favorito lo sviluppo del sistema istituzionale inglese nelle forme del governo parlamentare, era stata delineata da Boutmy sin dal f 8 8 7 nel suo Le développemcnl de la constitutìon et de la société politique en Angleterre '^'-. Nelle conclusioni alla prima edizione del suo studio, lioutmy poneva in evidenza come il processo democratico connesso allo sviluppo dell'industrializzazione, avesse ineluttabilmente sancito la line dell'egemonia sociale della gentry, che aveva garantito l'insorgere ed il radicarsi del sistema oligarchico. Il saggio si chiude con una professione di fede, non scevra di ingenuità, circa le sorti progressive della storia, e nella messianica attesa dell'avvento della nuova stagione d e m o c r a t i c a " . Di tale studio sarebbe apparsa una seconda edizione, undici anni più tardi '': in essa l'autore non avrebbe mutato la sostanza del corpo centrale dell'opera ma, nelle conclusioni, avrebbe sviluppato con ben altra enfasi le sue preoccupazioni legate alla constatazione del tramonto dell'antica società. In particolare, nel campo politico e dell'organizzazione istituzionale, egli individuava nel Reform Bill del 1867 l'aprirsi di un grande processo di trasformazione che la legge del 1884 avrebbe contribuito ad accelerare: E n raoins de trente années, on voit paraìtre et s'accentiier, dans la constitution, dans Ics b i s et les mocurs politiques, tous les traits caractcristiqucs auxquels o n reconnaìt l ' E t a t moderne, tei quo Toni transligiiré la " Riportato, ivi, 222. È po.s.sibiIe che Bryce aves.se in mente questo passo del romanzo di Disracli quando, scrivendo dell'America, con evidente rilei'imento alla realtà inglese, affermava: «Gli amici che vi invitano a [iranzo, ed anche i vo.stn pili intimi non votano necessariamente come voi, e sebbene le idee [lolitiche abbiano la naturale tendenza a diventare ereditarie, nessuno si .sorprende di vedere figliuoli che appartengono ad un partito diverso dal padre». J. Bryce, The American Coith monwealtb. Per comodità del lettore le citazioni di que.st'oi3era di Bryce verranno riprese dalla traduzione italiana a cura di Attilio Brunialti, La Relmbhtica y\mcricana, Torino 1916, p. 880. « Cfr. E. Boutmy, Le (ìéveloppement de la constitution et de la société en Ang/eterre, Paris 1887. Per il ruolo svolto originariamente dal sistema partitico j)ei' il consolidamento del sistema oligarchico, cfr. in [larticolare pp. 285-294. " Ivi, p. 345: « Q u e i qu'il en soit, le jour prochain où une autre organisation de l'administration locale et une autre distribution de la [iropriété foncière auront prévalu et dcplacé ics bases du pouvoir politique, la vteille Angleterre aura pour ainsi dire cliangé d'àme: l'àme d'autrefois s'évanouira quand .se dissoudra la gentry, qui en était le corijs sain et vigoureux. Un autre soufflé animera l'argile pétrie à nouveau de la démocratic britannique ». Cfr. fi. Boutmy, Le développement de la conslilntion et de la soaété politique en Angleien-e, Paris 1898.
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démocratie, le progrès des sciences posiuves, le dcveloppement des voies de e o m m u n i c a d o n ; ce sont; la souveraìneté populaire et l'unité du pouvoir, l'oinnipotence de la majorité avec une tendance au mandat impératil:, un grand besoin de justice et de progrès, i m moindre besoin de liberté, une extréme activité législative et administrative, un commencement de centralisation et inème de socialisme d ' i i t a t (...) '''.
Tale analisi che - come si dimostrerà - affondava le sue radici nella critica dei principi stessi della Rivoluzione francese, avrebbe condotto IBoutmy ad esternare dubbi e critiche circa l'evoluzione del sistema rappresentativo inglese. Q u e s t e preoccupazioni si sarebbero rese piìi intense in presenza di un nuovo soggetto istituzionale, anche esso figlio della " r o t t u r a " democratica; il partito organizzato. D e plus en plus les meinbres de ce Parlement - avrebbe scritto Boutmy - cessent d'étre des représentants q u ' o n lais.se libres de voler selon leur meilleur jugement et tendent à devenir de siniples délégués t|ui onl cliarge de voter c o m m e il plaìt, en chaque circonstance, à leurs commettants. l ì e u x grandes associations politiques, l'une conservatrice, l'auti'e libérale, ioiidées, l'une en 1867, l'autre dix ans après, .se sont emparées du droit de rédiger le programme du parti, de designer des coiididats dans cliaque eirconscription, et elles n ' o n t pas tarde à élever la prétenti(.in de dicter à ces candidats, une fois n o m m é s , la conduite à lenir dans la ( d i a m b r e à propos de chaque question importante. Burke s'élevait avec une éniotion grave, en 1774, contre les exigences indi.scrètes des élccteurs d ' u n seni collège. Quelles expressions jugerait-il aujourd'hui assez lortes poiir condamner les injonctions impératives que le con.seil centrai de la « National l.,iberal Federation j> adresse en forme de circulaire aux "caucnses" locaux, qui les iransmettent docilernent aux meinbres parlementaires du parli, non moins tlociles, à leur tour, h ces avertissements souverains?'"',
Le previsioni di ISoutmy erano funeste: se l'organizzazione extra-parlamentare avesse messo radici in Inghilterra, non solo si sarebbe assistito ad un abbassamento del tono morale delle istituzioni parlamentari ma, inoltre, le nuove forme organizzative si sarebbero dimostrate incompatibili con il regime rappresentativo garantito dalla previsione di libere elezioni". Non è difficile scorgere in tale tesi una vaga similitudine con c]uella ostrogorskiana, che tende a tarsi pili viva qualora si esamini la critica di Boutmy al partito americano. •'•> I M , P.
349.
Ivi, pp. .354-:5'j5. •'•Ivi, p. m : «Si Ics pnilique.s inaugurccs i)er la "Naliunal Ulcerai Federadon" doivenl s'accrédilcr déllnuivcmcnl cu Aoglclerre, il cu résullcra un sintiulier abai.sseinent dii Ioli inorai dans l'assemblée répuiée soiivcraiiic; la puissaiicc cflcclive passera à une aulorilé choisie en dehors iles lormcs e( cles Raranues ciue la loi a cssayé de réaliser dans les cleclions parlamenlaires: c'esl ceUc aulorilé irresponsahlc qui .se subsniuera à la vraie représtnialion du pays».
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PREMESSA
Secondo quanto emerge dai rendiconti sul corso di Diritto Costituzionale, il direttore àeìVEcole presentava il quadro delle forze partitiche in America come determinato da un cleiwage avente essenzialmente per oggetto le forme dell'organizzazione statuale: il Partito Repubblicano avrebbe optato per un potere federale forte e centralizzato; quello Democratico avrebbe favorito invece l'autonomìe des Etats'^'^. Boutmy si soffermava, quindi, sull'organizzazione interna dei democratici, segnalandone il carattere p e r m a n e n t e ed illustrando il sistema delle Convenzioni. Egli spiegava, ad esempio, come dalla Convention de Comité si giungesse alla Convention de District e, dunque, a quella d'Etó/. Il suo giudizio circa tale organizzazione non restava dubbio: «Totit cela est varìable et arbitraire» e, più avanti, avrebbe ammonito: « Ce mode de procéder met l'électeim entre les maìns de gens qui vivent de la politique» con conseguenze che oltrepassavano di gran lunga le considerazioni d ' o r d i n e morale: «C'est le mandai impératif dans tonte la force du terme, avec tout son rnanqiie de sincerità et d'autorìté » Tornava, dunque, la preoccupazione che il sistema rappresentativo potesse venire sfigurato dalla istituzionalizzazione del mandato imperativo. E proprio p a r t e n d o da tale constatazione che è possibile intravedere la fonte prima dell'opposizione di Boutmy al sistema dei partiti extra-parlamentari. I n ' d i f f e r e n t i occasioni e studi il direttore dell'Eco/e avrebbe espresso la sua opposizione all'astrattismo dottrinario della tradizione rivoluzionaria, ed avrebbe altresì manifestato la necessità di liberare la tradizione liberale europea dal nefasto influsso del retaggio deir89 Uno dei suoi bersagli critici era rappresentato dalla genericità del principio della sovranità popolare. Attraverso una riflessione che, contemporaneamente, coinvolgeva gli strumenti dell'erudizione, del metodo psicologico, della scienza giuridica, della storia e - infine - della critica politica, Boutmy s'impegnava a dimostrare l'imperfezione di una formula sulla quale si sarebbe fondata la rottura dell'ordine istituzionale tradizionale Vn segnalato come tale te.st eli Boutmy .si accordasse perfettamente con quella esposta da Bryce in The Amcrican Commonivcalth cit.; cfr. a (iroposito, J. Bryce, 'La Repubblica Amertcanti cit., pp, 8 2 9 - 8 4 5 . ''' Clr. rendiconto del corso di Boutmy di Sylvius de Boys cit. "'Cfr. E. Boiitiny, De l'opposition libérale cit.; ìm Déclaration des Droils ile l'iìomme et M. Jellitiek, in Etudes politiques, Paris 1907, p(). 119-182. Su questo saggio di Boutmy, clr. S. Riais, La déchmition des droìts de l'bomnie e du eitoyeii, Paris 1986, pp. .355-358. " Cfr. E. Boutmy, A propos de la soiivcraìnelé du peiiple, in E/tides politiijnes cit., pp. 3-115.
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La sovranità popolare avrebbe trovato, secondo Boutmy, espressione nel suffragio universale, traduzione imperfetta e parziale - seppure la piìi corretta tra quelle disponibili - dello spirito del principio stesso. Dunque, per il fondatore delVEcole, il suffragio universale cessava di rappresentare una necessaria e naturale manifestazione del corso progressivo della storia, per trasformarsi nell'affermazione di un principio vago ed astratto. Le conseguenze pratiche di tale pericolosa costruzione ideale non avrebbero tardato a riverberarsi nell'ambito istituzionale: il suffragio universale, caricato innaturalmente delle valenze ideali pi'oprie al principio della sovranità popolare, avrebbe legittimato la nascita di forze esterne alle assemblee parlamentari che, in ultima analisi, avrebbero svuotato di significato la stessa rappresentanza politica. La critica di Boutmy non lasciava margine a diflerenti interpretazioni: il sistema che avrebbe permesso ai popolo d'intervenire sulla produzione legislativa, consisteva à mettre le mandcit à la place de la rcpréseritatìon'". Tale sostituzione sarebbe stata promossa da un nuovo personale politico, che Boutmy indicava con il nome di politìcicm Ccux-ci f o n i i c n t , dans la nation, une classe speciale, classe insolente, violente, loquace et tenace, très sevère dans le contróle de l'iisage que les cléputés font de leur pouvoir, basseinent adulatrice dcs qu'ellc s'adresse à la m u l t i t u d e
Di conseguenza, la vita interna dei Parlamenti sarebbe mutata: non più guidata dalle esigenze interne dell'attività legislativa, ma dal vincolo esterno della volontà popolare, a sua volta mediata ed interpretata dalla nuova classe dei polìticìem. f deputati, dunque, avrebbero cessato «d'étre des représentants, ik ne soni plus qiie des ma/ìdataìres étroìtement liés par les rnots d'ordre qu'on Ics a chargés d'accomplir»"'\ Di f r o n t e ad un quadro politico non certo loriero di speranze, e davanti alla prospettiva di doversi piegare alla logica "brutale e ivi, p. 55, Va segnalata, anchc in questo easo, ranaloiìia con Hrvce che |)er definire i politici professionisti avrebbe utilizzato il vocabolo politiciam o la formula wani politìciam (|. Bryce, op. cit., pp. 882-892). In tal senso, Boutiny ainiare debitore a Brvce ma anche ad Ostrogorsld che avrebbe consacrato un capitolo della sua opera ai poììtr cicns. Da notare, inl'ine, che Attilio Hmnialti, curatore dell'edizione italiana dell'opera di Brvce, ricercando una traduzione de! termine, avrebbe scrino: «Qualche cosa di simile a qtielli che in Italia si chiamano paf,liella, azzcccafarlmi!.li, maiijiiacartc e simili» (). Bryce, op. cit., p. 892). •'I Cfr. E. Boutmy, A pmpos ile la rnuveraindé (...) cii., |). 55. Ivi, p. 58.
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PREMESSA
cinica" delJa forza e del numero, Boutniy scopriva Je sue carte, schierandosi apertamente tra quanti, partiti dalla critica alla Rivoluzione e sullo sfondo del "modello inglese", prendevano posizione per la rappresentanza a due gradi e per una sua revisione in senso corporativo e in direzione degli interessi: Nous sonimes, par exemplc, avcc ceux qui croient, c o m m e 'Faìne, quo le suffrage a deux degrés serait un bien pour la n-ation. N o u s sommes, avec ceux qui, en Italie et en Espagne, conscrvent le plus longtemps qu'il se pourra les rcstes d ' u n régime censitaire. N o u s sommes aiileurs avec ics partisans de la représentation des corps, de la représentation des intéréts, du vote plural (...)
Ancora una volta, il percorso di Boutmy s'imbatteva in Taine. Il pensiero dello storico della Rivoluzione francese appariva il punto di riferimento obbligato per un filone critico che avrebbe, in realtà, coinvolto numerosi docenti e studiosi che in quegli anni erano passati per VELSP. Ulteriore conferma a tale affermazione, è offerta dal giudizio espresso sul sistema partitico da un altro dei maestri di Ostrogorski. Anatole Leroy-Beaulieu, con ancora maggiore chiarezza di Boutmy, sarebbe giunto, attraverso un inequivocabile percorso intellettuale, alla richiesta di una rifondazione del liberalismo al di fuori dei principi astratti deir89'''. Anche in questo caso, l'analisi prendeva le mosse dalla critica della Rivoluzione francese di Taine. Su questo p u n t o lo storico dello zarismo avrebbe tenuto ad evidenziare quel legame esistente tra scelte metodologico-filosofiche e posizione politica che aveva caratterizzato il liberalismo di tanta parte del corpo docente dell'ELSP. Riferendosi all'ostilità mostrata da Taine nei riguardi dell'oggetto del suo pii!i noto studio, avrebbe scritto: La R e v o l u t i o n fran^aise, considérée dans son principe, est, avant tout, la revcndication des droits de l ' h o m m e , des droits d u peuple et du citoyen, en dehors de toute considération de pays, d ' e p o q u e ou de race, sans égard, en un m o t , aux influences de milieu q u i , pour notre philosophe, règnent partout en souveraines. D e ce désaccord dans le point de départ découlent, entre M . 'faine Ivi, p. 86. Cfr. A. Lcroy-Beaulieu, La Revolution et le lihéralìsvìe. Hsstiis de erìtiques et d'histoìre, Paris 1890. Ni:\VAvant-propos lo storico dello zarismo fissa con chiarezza il rapporto d'interdipcncìenza tra liberalismo francese e tradizione rivoluzionaria: «La Revolution fran(;aise et le libéralisme fran^ais sont issus l'un de l'autre; et quoique, à certains égards, opposés d'esprit et de tenipérament, ils se trouvent, ben gre, mal gré, mis en cause simukanément » (cfr. p. V i l i ) . A testimoniare l'estraneità del conservatorismo dei promotori dcH'ELSP e, in particolare, di Anatole I.,croy-Beaulieii alla vita politica ufficiale della 111 Repubblica, cfr. la fine notazione di J.JVI. iVlayeur, Lti vie politìijue sotis la troisième Répuhlique 1870-1940, Paris 1984, pp. 84-85.
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et la R é v o l u t i o n , des divcrgences de toulc sorte, qui les placent presque aux deux pòles de la pensée humaiiie'"'.
E, più avanti, avrebbe con maggiore enfasi specificato: Dans ses destruction systématiques, non moins que dans ses constructions a priori, la R é v o l u t i o n , en effet, est en révolte ouverte contre la loi de l'histoire, telle que l'a formulée M . 'Faine ''",
Chi aveva fatto propria tale "legge della storia", chi aveva informato la propria fede politica alla luce di uno storicismo filosofico e metodologico, non poteva fare a meno di deprecare il carattere razionalista, speculativo, idealista che la tradizione liberale aveva assunto a contatto con le idee della Rivoluzione. À l ' E t a t , reposant sur la tradition et la coutume, le libéralisme moderne a pretendo, lui aussi, substituer, peu à peu, un Etal l o n d é sur la liaison et la N a t u r e ' " ,
Anatole Leroy-Beaulieu s'impegnava, dunque, a sottolineare le sconfitte che, sul concreto terreno della storia, il moderno liberalismo aveva dovuto subire. Ugualmente, sul versante istituzionale - in maniera non diversa da I^outmy - evidenziava la debacle del regime rappresentativo, messo in crisi dall'insorgere delle scissioni partitiche che esso stesso aveva provocato. La previsione del futuro non assumeva, nell'analisi di Leroy-Beaulieu, tinte meno fosche che in quelle di Boutmy; Dès qu'il est libre, un pays se trouve coupé en partis, sortes d'armées civiles sans cesse en campagne, qui, toutes, ont le mème objectif, la conquète du pouvoir {...)'''.
La politica, dunc|ue, sarebbe stata destinata a franare lentamente verso l'avventurismo, richiamando a sé gii uomini privi di competenze e collocazione nella vita civile. Il rischio sarebbe stato quello di veder rinascere, sotto le mentite spoglie del regime democratico e liberale, i peggiori difetti che avevano caratterizzato Vancien régìrne-. ... le favoritisme, le népotisme, la vénalité, l'agiotage, la mendicité officielle, le pillage de la fortune [Hiblique, le trafic des places et des faveurs, en un mot, tout l'écoeurant cortège des monai'chies absoliies
La rappresentanza politica, anch'essa figlia d e i r 8 9 , aveva dunC]ue fallito nel disattendere ogni aspettativa; da essa era infine deriIvi, ''' Ivi, Ivi, Ivi, « Ivi,
pp. 88-89, p. 114. p. 139. p. 17.2. p. 175.
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PREMESSA
vato ii sistema dei partiti permanenti ed extra-parlamentari. La profezia di Taine circa le conseguenze del tentativo di applicazione del principio della sovranità popolare, riviveva così nella critica che i maestri di Ostrogorski all'EL^SP avevano mosso alla nuova realtà politica: [La soLiveraineté popukiire] interpretée par la fonie - aveva sciitto Taine - ne peut produire que la parfaite anarchie et, interprete par les chefs, elle produira le dispotisme parfait.
L'interpretazione dei pii^i accreditati maestri di Ostrogorski, e la critica al principio della sovranità popolare che ispirava la loro opposizione al partito politico, trovava, dunque, negli insegnamenti di Taine il riferimento unificante'"'. Un indizio prezioso, per rintracciare origini ed ascendenze di cjuella vena del conservatorismo liberale che manteneva nella Scuola parigina una delle sue ultime cittadelle fortificate. La recezione dell'opera di Taine da parte di Boutmy ed Anatole Leroy-Beaulieu rappresenta, infatti, un'ulteriore conferma di come i fondatori dell'ELSP t e n t a r o n o di coniugare impegno politico e scelte culturali in un unico coerente progetto sinottico, in comunicazione diretta con la tradizione della Restaurazione e, più specificamente, con le posizioni dei dottrinari. In questo senso, la stessa opera di Taine - seppur permeata da un angoscioso sentimento di sconfitta va ricompresa in quel filone di studi che considerava la Rivoluzione un problema ancora aperto; privo di uno sbocco definitivo. N o n a caso fin dal titolo dall'inecjuivocabile significato, Les origities de la Fra/ice contemporaiue, si proponeva la diagnosi dei mali del presente, attraverso una ricostruzione storica costruita su un supporto metodologico ritenuto in grado di conferirle scientificità ed oggettività. Al di là dei puntuali riferimenti analitici, dell'esplicita ammissione da parte dello storico della Rivoluzione eli un debito intellet-
Per rinl'Iii.sso eli Taine sugli ambienti deH7iL,Vi'', cfr. in particolare Notes sur l'Aiigieteire, Paris 1872; Dti mffmge tinivcrsel et de la manière de votcr, Paris 1872. Tale volume, in jiarticolare, riporta le analisi eli Taine in terna eli "governabilità" del suffragio. A questo proposito, cfr. la lettera di Taine a Ecofbey del 2 febbraio 1867, cit. in C. Digeon, Lr; crise allemande de la pensée jranfatse (1870-19I4), Pari.s 1959: « N o s Etats modcrnes sont trop grands, et forcément ils deviennent tous les jours plus réglementés... En France... ceux qui veulent cliez nous retrouver, nons n'avons plus d'éléments d'association ni d'organisation. A mon avis, notre róle est fini, du moins provisoiremenl, l'avenir est à la Prnsse, à l'Atiierique et à l'Angieterrc». Sempre su Taine, dallo stesso volume cfr. anche (ip. 215-235. Cfr. infine [•. l.eger, La jetinesse de H. Taine, Paris 1980.
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tuale nei confronti di Guizot''', degli stessi contatti che quest'ultimo ebbe, negli ultimi anni della sua vita, con i promotori della Scuola"'; era l'orizzonte prospettico nel quale Taine collocava la propria ricerca a conferirgli il ruolo di trait d'union tra Ì'ELSP e la tradizione politico-culturale del liberalismo francese della Restaurazione. In quest'orizzonte la Scuola rappresentava in c|ualche modo una soluzione; il concreto tentativo di arginare i danni che il principio della sovranità popolare nell'interpretazione democratica avrebbe potuto causare, estendendo ed amplificando l'illegittimità del privilegio; ovverossia, attribuendo, per nascita ed universalmente, diritti acquisibili solo per merito'''. L'IELSP, infatti, si poneva apertamente l'obiettivo di consacrare l'egemonia politica della borghesia attraverso la promozione di una nuova élite che ricevesse dalla propria capacità la legittimazione a governare. All'indomani della disfatta di Sedan, nel documento che avrebbe riportato la prima esposizione progettuale della nuova Ecole, Boutmy scriveva: Le privilège n'est plus; la dcmocratie ne reculera p o i n t . . . Ics classes qui se nomnient elles-mémes les classes élevées ne peuvent conserver leur hégémonie q u ' e n invoquant le di'oit des plus eapables...
Ci si trova a cospetto quasi di una traduzione in volgare del programma guizotiano dell'indicazione di uno strumento in grado di tradurre in prassi la teorizzazione della sovranità della ragione''". Dietro i continui riferimenti a Taine dei maestri piìi autorevoli •'•' Sui rappord tra Taine e Guizot cfr. P, Ro.sanvallrossima ptibblicazione in « M o v i m e n t o operaio e socialista». In [)articolare, per un'anticipazione della critica di Ostrogorski ai progranmii omnibus cfr. E.L. CJodkin, Vnforescen Tendencies ofDemocracy, Bo.ston and N e w York, pp. 186-188: « W i i a t appears mosi to concern US in the tendencies of democratic governmeni is not so m u d i the qnality of public opinion, as the way it exercises its power over the conduci of aflairs. 1 was struck reccntìy by a reinark in a [irivate letier, that "public 0[)inÌ0n is as .souml as cver, b m that the politicians" - that is, the men in control of affains - "pay just as little n l l a i tion to it as cver". There is an assinnption bere that we can gct at public opinion in some other way than ihrongh elections; that is, that w e m;iy know whal the |)ublic thinks o n any particular qnestion, withont paying attention to what men ui power, w h o seek to obey the politicai will, d o or say, as a condition of their popular existence. Is this true of any democratic coimiry.' l,s it true, in particular, of the United States of America? There are only two ways in whicli public o|>inion npon politicai c|ucstions finds expression, or is thouglit to find it. O n e is the vote at elections, the oiher is jonrnalism. But public opinion declares itsell through elections onlv at intervais ol grcater or less lenght: in England, once in five or six years; in America, once in two years, or at most in four; in France, once in four years. It is only at these [leriocls that public opinion must be sotight; at other.s, il is c o n s u k c d at tfie will of the iiiinister of sovereign, and he rarely consults it w h e n he can help it. if he thinks that its dcci.sion will be against him, and that tlie result will be a loss of power. T h e imiierfection of e!cction.s, however, a.s a means of making public opinion known, is very obvious. U is seldom, indeed, that a definite issue is subinitted to the public, like the Swiss referendum, and that the voters are asked to say yes or no. in answer to a particular question. As a rtile, it is the general |iolicy of the jiarty in jiower, on ali sorts of snbjects, which appears to determine the action of the voters. T h e bulk of them, on both sides, vote for tlieir o w n party in any event, no matter wliat course it has pnrsned, on the principle that if what it has d o n e in a particular case is noi righi, it was as nearly right as ctrcmnstances would permit. T h e remnant, or "independents", w h o tnrn the scale to o n e side or the other, liave half a dozen reasons for Iheir con.-se, or, in other words, express by ll.eir vote their oiMuions on half a dozen subjects, besides the o n e on whicli the verdict of the majority is s o u g / u . . . » .
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PREMESSA
della macchina partitica ed il professionismo da essa introdotto nella vita politica', richiamano da presso la prosa ostrogorskiana. Ancor piti, la ricetta da essi concepita e propagandata per giungere alla redenzione della politica: esaltare la virtij morale e politica connessa al principio di indipendenza. In tal senso, la loro opzione per leghe indipendenti, al fine di quanto meno limitare la potenza dei partiti, appare il riferimento pili concreto al quale la soluzione prospettata da Ostrogorski avrebbe attinto. Quest'ultima, dunque, se considerata nella sua puntualità - prescindendo dalla pii^i complessiva costruzione prospettataci dallo studioso russo (rappresentanza proporzionale, Second ballot, Adminhtratìve Commìttees parlamentari, responsabilità individuale dei ministri, ecc.) - perde, almeno in parte, l'originalità fin oggi attribuitale. N o n si vuole con ciò sostenere la perfetta corrispondenza tra le posizioni di Ostrogorski e le sue fonti di ispirazione americane. Se, infatti, le tesi dei Mugioumpi contenevano implicitamente l'opzione per uno Stato amministrativo che potesse succedere al corrotto Stato dei partiti (i più radicali tra loro sarebbero giunti a richiedere l'abolizione dei partiti ed a mettere in discussione lo stesso suffragio universale), la proposta di Ostrogorski andava letta, innanzi tutto, come un tentativo di conciliazione tra la democrazia rappresentativa - che lo sviluppo della società democratica avrebbe corrotto, ma della cjuale Ostrogorski restava uno strenuo assertore ' - e la democrazia diretta, da più parti candidata alla successione. Lo stesso Ostrogorski, del resto, discorrendo del-
' Pei- le più notevoli critiche dei miigiviim/a iil partito politico cfr. in particolare E.L. Godkin, Aristocratìc Opiniom ofDcwocmcy, in « N o r t h American Review», voi. 100, a. 1865, pii. 194-232; I t i , An Ammcan View of Popuhir Government, in « N i n e t e e n t h Century», voi. 108, a. 1886, pp. 177-190; k l . Criminal Politici, in « N o r t h American R e v i e w » , voi. 150, a. 1890, pp. 706-723; Id., The Reni Problemi ofDcmocracy, in «Atlantic M o n t h l y » , voi. 78, a. 1896. p. 1-13; i citati saggi sono ora tutti riuniti in Id., Problemi of Modem Democracy cit. di E.L. Godkin; cfr. anche The Nominating System (importante per il giudizio su The American Commonwealth di Bryce); Id.,'';'/^^ Decline of Legislatim-; k l , The Growth and Expressio/i of Public Opinion, articoli riuniti in E.L. Godkin, iìnforesecn Tendencies of Dcmocracy, Boston and N e w York 1898, pp. 48-95; 96-144; 183-226. Di II. Adam.s cfr. invece Democracy, an American Novel, N e w York 1880; per la critica di Bryce all'analisi di Adams si confronti, infine, f. Bryce, Some Aspects of American Public Life, in «Forinightly Review», voi. 32, a. 1882, pp. 6 3 4 - 6 5 5 . 1 In particolare, sul significato e le conseguenze della campagna (jresidenziale del 1884 che vide i Muawumps abbandonare il candidato reixibblicano Blanie a f.ivore di quello democratico Cleveland, cfr. D . B . Eaton, Partici and Indcpendenti, in « N o r t h American R e v i e w » , voi. C X L I V , n. 367. pp. 5 4 9 - 5 6 4 . Su un'altra rivista vicina ai liberal reformen, «Atlantic M o n t h l y » , cfr. l'emblematico articolo di H. 'Futile, The Despotiim of Party, comjiarso nel numero di settembre 1884 (voi. 54), pp. 3 7 4 - 3 8 4 . ' Cfr., m particolare, dalla seguente traduzione, pp, 5 8 0 e ss.
PREMESSA
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l'efficacia dei referendum come soluzione alla crisi in atto, non avrebbe mancato di prospettare la sua soluzione in tal guisa: ... Il referendum n o n potrebbe aver efficacia d i e con un congegno speciale adattato alla sua natura, vale a dire creato in vista d i ogni grande questione da sottoporre al popolo. M a allora ci troviamo di fronte al metodo che io raccomando. E se questo metodo viene applicato, i! referendum non ha più senso, dato che non ha altro effetto che quello di provocare dei voti distinti su ciascuno dei grandi problemi che vengono sottoposti all'opinione p u b b l i c a " ,
li ricollocare le conclusioni di Ostrogoi'ski in un giusto ambito e definirne la portata, sembra, del resto, premessa indispensabile per poter tentare un'interpretazione di tutta la sua opera, sotto l'aspetto metodologico e ideologico, rievocando così il tema accennato in apertura di cjuesto saggio, de! rapporto tra la produzione ostrogorskiana e l'ambito scientifico-politico dal cjuale essa innanzi t u t t o era scaturita: quello àeVCEcole Libre des Sciences Poliiujiies. Nonostante alcuni apprezzabili tentativi di inversione di rotta, il dibattito crìtico su Ostrogorski ha sofferto dell'attenzione assorbente riservata alle sue conclusioni, che spesso ha portato a disperdere la comprensione della cifra complessiva dell'opera. Scriveva argutamente A.L. Lowell a i5ryce all'indomani della pubblicazione della prima edizione de La Dérnocmtie et les partis poliùques'. Ostrogoi'ski starts to investigale the organi'zation ol parties as a natura! gì'owtli, and then appears to treat tliem in llie end as sometliing whicli is qiìite capable of artificial and arliitrary change".
Tale giudizio - pur nella sua sinteticità, in grazia della quale non riesce a dar conto dei tentativi ostrogorskiani di ricercare nell'evoluzione storica gli esempi e la praticabilità della soluzione da lui prospettata - sembra esprimere meglio di ogni altro, e con pili chiarezza, una generalizzata tendenza interpretativa. Sin nella prefazione di 13ryce, intatti, si può cogliere - al di là ed oltre la critica esplicita - una piìi sottile ma decisiva presa di distanza dall'opera di Ostrogorski. figli, che pur a pili riprese aveva sottolineato come il motivo di maggior interesse della ricerca ostrogorskiana andasse rintracciato nella limitatezza del suo cairipo d'indagine " - nell'interessarsi cioè alle sole forze politiche, perdendo luì, p. 4'SO. " Cl'r. leltera di A.l,. t.o\vc-ll a J. iirycc cit. ui gli esempi prospeUuU eia (-)sU"op,orsivi tielì:! cresccmc aifcrnuizionc tioìl-a single issile orfiiiiiiziilioti, cfr. in p-.irucolare, dalla .susseguente (ratliizione, le ()|). -IO?, 426-427. Per un cjuadro rìas.suiuivo clcirazìone dei sìni'Jc issne iHirtics nella vifa poliliea aniericana, eh-. A. Ranney - W. Kcndaìl, Dewoemef inni ihe Awcriaiii Pni'ly ,S';ystem, New York 1956, pp. 444-44K. " (ilr., in pailicolare, la leUera di lìrvee a Macmillan ilei ') ago.sUi 1902 eii.
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PREMESSA
volontariamente di vista le forme - , sembra avvertirci che un ambito così delimitato possa prestarsi all'indagine sulla patologia della democrazia. A condizione, però, di non ricercare in esso giudizi ultimativi sulla salute della democrazia; previsioni sui suoi esiti e, sop r a t t u t t o , strade maestre per giungere alla sua redenzione Tale implicita critica di Bryce - rintracciabile nell'ultima parte della sua prefazione - sembra riecheggiare freciuentemente, tanto che è possibile ritrovarne traccia nella critica di M.S. f J p s e t ~ il pii^i autorevole tra i commentatori contemporanei di Ostrogorski anch'essa protesa a creare una frattura tra l'approccio funzionalistico dell'analisi e l'ingenuo intellettualismo delle conclusioni". Afferma, infatti, esplicitamente Lipset: I t is obvious that Ostrogorski's .solution to the problem of party dom i n a t i o n ìs as unrealistic as his analysis of the operation of parties in his way vvas accurate
In questo senso, Lipset riprende ed amplia l'implicita critica già contenuta nella prefazione di Bryce: il tasso di democrazia di un sistema politico andrebbe ricercato non tanto in una analisi della patologia delle sue forze, c]uanto nella considerazione della sua dinamica di funzionamento. L'ingenuità delle conclusioni di Ostrogorski risiederebbe innanzi t u t t o nel non considerare che il partito ~ sebbene produttore d ' "oligarchia" al suo interno - resti, nel pilli complessivo funzionamento de! gioco istituzionale, un veicolo di democrazia ad ogni livello del sociale ' I Se, dunque, è indispensabile - pur con le precauzioni prima raccomandate - segnalare una f r a t t u r a tra il corpo dell'opera e le sue conclusioni, bisogna d'altro canto segnalare come l'accento posto principalmente sulle seconde abbia fin qui condizionato la complessiva interpretazione dell'opera, innanzi t u t t o sotto l'aspetto metodologico. E t]uanto emerge con particolare evidenza dalla polemica che vide Ostrogorski opporsi a G r a h a m Wallas e che una ricerca condotta nell'archivio della London School of Economia permette di ricostruire. Cfr, J. Bryce. Vrcface cit., pp. I.XXIV-LXXV. Da sottolineare che Ostrogorski non nascose affatto la distanza tra la sua impostazione e quella del prefatore. Si legge, infatti, in una lettera a Macinillan, proveniente da Nicder Riekenliauck bei Staus (Svizzera), del 31 agosto 1902: « . . . A s the Preface eontains remarks on points to vvhich a con,siderable portioji of iny book is devotcd, those remarks iiiiglit he referred to in the index, but after reflexion I reached the eonclusion that tliey wouid not he neeessary... ». La missiva è conservata presso il DMBL. " Sulla definizione del funzionalismo, cfr. M.S. l,.ipset eit., pp. XXIII-XXÌV. " !vi, p. I.XIV, "
Ivi,
pp.
IJVII
SS.
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Wallas, socialista di estrazione fabiana e d o c e n t e presso la London School of ìicoiiomks, si era l u n g a m e n t e interessato alla nascita ed allo sviluppo del p a r t i t o politico, per quel che riguarda gli aspetti di psicologia sociale inerenti Ja tematica. Un'analisi dei suoi corsi all'LSE a cavaliere dei d u e secoli, dedicati a The Groioth of English InstitHtìons in Town and Country or The Englhh Citizen, Fast and Presene, mostra come la tematica della machinery of dernocracy fosse ben p r e s e n t e alla sua a t t e n z i o n e e trovasse, innanzi t u t t o nel confronto tra sviluppo istituzionale a m e r i c a n o ed inglese, un b e n e v i d e n t e p u n t o di c o n t a t t o con la materia ostrogorskiana Non può, duncjue, stupire il suo interesse per l'apparizione de La Démocratie et les partis politiques, t e s t i m o n i a t o dalla sua c o r r i s p o n d e n z a con G . Trevelyan, con il quale, tra l'altro, c o n c o r d a v a la recensione del libro per il p r i m o n u m e r o di « T h e Indepenclent Review », la rivista di ascendenza socialista, la cui r e d a z i o n e ruotava a p p u n t o int o r n o agli a m b i e n t i della London School of Economics " . Per motivi redazionali la lunga e dettagliata recensione s a r e b b e ajjparsa solo nel n u m e r o d u e , ed a v r e b b e segnato un d u r o attacco alle analisi ostrogorskiane, innanzi t u t t o sotto l ' a s p e t t o metock>Iogico C.fr. in particohire, Sylkibm afa Cotme of l.eclurei oii the Cnnvìb ofiiiipjish ImtUutmm in Toim /imi Country or tije Eiii^lhh Ctlatm, Rasi and Presem, hy Graham Wallas, MA. Dell'oiHiscolo, sono rinvenibili differenti edizioni irn le carte WalIas, presso LSliA. A conferma della particolare attinenza del corso di Wallas con la materia ostrogorskiana, cfr. anche Vk- London Sc/xmt of liconomics and l'olitical Scwnce. Arranfcmcnls for ihe Session II edition, p. 10. Infine, la connessione emerge da alcune lettere di studenti che forniscono indicazioni ;;ui corsi di Wallas. Cfr. i.> tal senso la lettiini di H.!''. limington a Wallas, del 19 gennaio 1899: « . . . D u r i n g vour lectnres last terni at the School of lìconomic.s, wl.ich I had the good fortune to hear, vou alludcd once to the danger of Americanizing English Politicai organizalion... ». Cfr. anche la lettera di un altro studente, N . G . Bacon, a Wallas; « . . . t o givc a complete setting to your thoughts concerning corniption in American politics, and yonr C0iii().-iri.. finn-ambe le leitere sono conservate nelle carte Wallas presso ISHA. '' Cfr. le lettere di Ci. Trevelyan a Wallas, datate rispettivamente 28 aprile 1903 e -1 settembre 1903. Cfr. anche la lettera di G. I.owes Dickinsoiis a Wallas del 16 settembre 1903 nella quale gli comunica i niotivi per i quali la recensione, originariamente prevista sul numero i, .lia siala ifosliàpinn sul l i . Sem/m- di G. l-,owes lìickinsons, è rinvenibile un'ulteriore missiva, non datata, dedicata alla recensione scritta da Wallas al libro di Ostrogor.ski; « D e a r Wallas,... 1 have now reail your ariicle with very great interest. It is the only kind ol politicai writing that scems lo me of much use-apart, that is, from the region of itieals. 1 don't feel that 1 have the e.xperience to make any coiiinients upon it thal would be ol value. Bui 1 have a sus])icion that the fuc.'l inevitable suppression of individuai groupconvictions upon particnlar lioiiits which is the resuk of a party system means a gceater loss ol sincerity force than you seem to aclmit. I would also have liked to know whether you consider that Ostrogorski's (iicture of the kind influences of people ibai actually eonirol politics in England is m u d i e.xaggeraled... ». T n l l e le cilale missive sono conservate nelle carte Wallas (ire.s.so ISHA. Cfr, G. Wallas, Tìu- American
Analogy
cii.
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Wallas riconosceva che logna 1986, p. 246. Cl'r, C:h. Seignobos, op. cit., 1897, pp. V^Vi. hn, p. V i l i . Nel capitolo conclusivo della sua oix-ra, Seignobos pro|)oiieva una ripartizione dei (laniti europei in quattro classi: partiti conservatori as.solutisti, partiti liberali o costituzionali, (larliti liberali (larlameiitari, (jartiti democratici radicali. A due forze estreme, dunque, si sarebbe contrapposta, in funzione di liilanciamento, rinfluenza di (lue lory.c inlcrmaìie. Tale cJas.silica2ione oritiinaria si sarebbe comjilicata - sempre secondo Seignobos - per l'apiiarizione di due lorze politiche sovraiiazionali: il partilo socialista ed il partito cattolico. Per un raffronto tra la classificazione di Seignobos e le teorie di Blnntschli c, pili in i'.enerale, per rinfluenza ili Blnntschli sul pensiero liberale euro|)eo in tema di partili, d r . P. Poinbeni, l'rasforinnmo e (jiicstioiie del partito cit., pp. 2r)--2'54.
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te, Seignobos aveva indicato una precisa direzione metodologica d i e di Jì a poco avrebbe ulteriormente precisato. Nel 1901 Seignobos pubblicava La méthode hhtorìquc applìqtiée aux ìciences. sociales un agile pamphlet nel quale riprendeva e perfezionava la teorizzazione del 1887, riportata neìVIntroductìon aux études historiques saggio scritto in collaborazione con Charles Langlois. Attraverso la nuova pubblicazione, Seignobos si proponeva di dimostrare la necessità dell'integrazione tra metodo storico e scienze sociali (non casualmente, per indicare c]uest'ultimo campo di studi, si asteneva dall'utilizzare il termine "sociologia"), al fine di scongiurare la definizione di ambiti del sapere "separati", incapaci cioè di stabilire un necessario c o n t a t t o Egli fondava le sue asserzioni sul presupposto di un'insopprimibile differenza tra scienza storica e scienze sperimentali. Pur di rivendicare i tratti peculiari della ricerca storica, non evitava il rischio di collocare la propria materia tra le discipline di rango inferiore: T o u t e connaìssance historique étant iiidirecte, l'histoire est essentieliement une science de raisonnement. Sa m é t h o d e est une m é t h o d e indìrccte, par raisonnement. C'est une m é t h o d e é v i d e m m e n t inférieure, une m é t h o d e d'expédient; on l'évite tunt q u ' o n peut employer la m é t h o d e riormale, l'observation directe. O n n ' e n fait aucun usage dans toutes ies sciences générales, physique, chimie, biologie, cel]e.s qui cherchent Ics lois générales, c'est-à-dire permanentes, des phénomènes; il suffit ici d'expérimenter et d'obscrver™.
Piili precisamente, pur non negando il rilievo che le scienze sociali avrebbero d o v u t o attribuire ai sistemi di relazione, Seignobos individuava nella necessità di considerare l'elemento individuale ed i motivi di ordine psicologico inerenti alla sfera della decisione, i fenomeni che avrebbero differenziato il metodo d'analisi storica da quello utilizzato per le scienze esatte. L'opposizione di Seignobos al determinismo storico trovava punti di contatto con le tesi di Boutmy (in particolare, nella segnalazione dell'incidenza dell'invenzione e della scoperta sul corso della storia e, dunque, nel teorizzare l'impossibilità di trarre dall'analisi storica esiti previsionali) " ; essa, però, si segnalava per la sua mag' " Ch. Seignobos. Ln méthode hhtorujuc appliquce aux scioiccs sociales, Paris 1901. Cfr. Ch. Seignobos, Ch. V. Langlois, Introduction aux études historiques. Paris 1898. ''' Sull'opera di Seignobos e, in particolare, sulla sua valenza inetotlologica, cfr. P. Favre, Naissatices de la seicnce polìlique cit., p|5. 295-297, Cfr. Ch. Seignobos, La méthoilc historique eìt., [i. 5. " Ivi, pp. 298-299.
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gior n e t t e z z a e pei' l'assenza d ' o g n i tipo di accondiscendenza verso concezioni d e t e r m i n i s t i c h e . A t t r a v e r s o l'esaltazione d e l l ' e l e m e n t o individuale nella storia, Seignobos giungeva i n t a t t i a negare t e o r i c a m e n t e la supremazia della storia sociale sulla storia politica ''; a d u b i t a r e della centralità della statistica a'ia ciuale, al più, assegnava il ruolo eli scienza ausiliaria". Jigli, i n s o m m a , non si limitava a p r o p o r r e il c o s i d d e t t o storicismo psicologico come u n a v a r i a n t e al d e t e r m i n i s m o di 'l'aine ma, piuttosto, c o m e u n ' a p e r t a alternativa ad ogni t e n t a t i v o di trasferire il m e t o d o biologico in a m b i t o storico: L'historien opere avcc des documents où le canictère psychologiquc est trop niarqué pour qu'il puisse l'oublier, il n'est clone pas menacé de l'illusion biologique; il opère sur des dociiinent.s où !e.s chiffres sont l'ares, ce qui le préserve de l'iliusion q u ' o n peiit réduire les faits hi.storiques eii chifIres; il opère avec des documents où se recontrent pèle-nièlc des laits de lolite nature, ce qui le garantii contre l'abstraction logique. ... La m é l h o d e historique, si peu avancée pourtant, peul ainsi rendre quelque service aux sciences sociales, en les einpèclianl. d'adopter une méthode qui ne tiendrait pas c o m p i e d u caraclèi'e psychologiquc des faits sociaux, ou de l'impossibililé de les mesurer, ou de la nécessite de ne [)as Ics isoler
L ' o p p o s i z i o n e di Seignobos al d e t e r m i n i s m o , d u n q u e - cosi come quella di O s t r o g o r s k i - , non fuoriusciva dai contini dello storicismo, Seignobos, in particolare, riconosceva nell'evoluzione, cadenzata dal r i t m o della successione g e n e r a z i o n a l e l a legge f o n d a m e n tale della storia. A n c h e in q u e s t o caso, però, non si asteneva dal segnalare la sostanziale estraneità tra evoluzione storica ed evoluzione naturale: e n t r a m b e i n d i c h e r e b b e r o una t r a s f o r m a z i o n e nel senso Seignobos contnipponcva alhi propensione inarxisla eli considerare prevalentemente il momento economico, rimporlanza eli ima rilorma specificamente [lolitica. L'iiurodiizioiie cioè del suffragio univer.saie: « C e n e déviation de .s-eiis a coiiicidé avec l'apiiarition des écoles socialistes et semble s'ètre i)rodiii[e sous leiir iiifluence. L'klcf fond.-imemale, .siirtout des disciples de Mar.x, c'est c|ue rorgani.sation cconomiqiie esl le fondcment de tonte la .société; réformer la soeieté c'est réformer le regime économique. Tous les antres faits soeiaiix passenl aii second pian, non seuiemenl les faits intellecluels ou religieux, mais mème Ics faits politiqiies. lls ori! beau demaiider avant tont une réforme politique, le suffragc universel, moiitrant ainsi qiie l'orgaiiis:ìlk)n économiqvc est àomincc par ie regime polititjiie; daiis leur langue, le fall "social" par excellence, c'est le fait économique. Et c'est le seiis qii'ils ont finì par imposer aujourd'luii; "sciences sociales" esl devenu synortyme de science.s économiques». " Jw, p. 148. Ivi, pp. 133-154. h.'i, p. 131: «L'humanité se renouvelle par un cliangement continucl de.s génératioiis; c'est le plR-nomèiie fondamenial de rhi.sioirc; el c'e.st probablemeni la cause capitale de l'évolution sociale».
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della continuità, determinata però da cause incomparabilmente differenti T o r n a n d o alla polemica con Wallas, il mancato rinvenimento delle carte di Ostrogorski ci priva, evidentemente, della risposta del suo contraddittore. Cercando, però, tra la corrispondenza di quest'ultimo, si trova copia di una sua lettera del 3 settembre 1909 a Michael Marks Davis, che a tutti gli effetti può esser considerata una indiretta risposta allo studioso russo. L'occasione gli veniva offerta dalla pubblicazione deir«excellent » Psycological Interpretation of Society, di Davis, che gli avrebbe permesso di soffermarsi con l'autore sul rapporto intercorrente tra dimensione psicologica e realtà fattuale dell'evento politico: ... if one approaches the stimulation of social action as an art, oue ìs brought u p to what seems to me the essential point in the problem, thipart played in social action, by reasoning and by tiie conscious clforl of the m i n d when forecasting resuks, M o s t writers .seem to become either pure anti-intellectualists, like Rib o t , or pure intellcctualists, like Ostrogorski. W e bave to realise that the whole process of bringing the facts of instinct and passìon w i t h ì n tbe .sphere of conscious prediction represents a very delinite and d i l i i c u i t effort of reason. Rcason does not act in vacuo. A n d unless we think ol tlie whok' man with his thoughts and feelings being often the subject matter of bis thoughts, and his thoughts tbe stimulies of his feelings, we are certaln to become one-sided " .
Wallas, a cjuesto punto, avanzando un esempio concreto della teoria esposta, lo attingeva dal cuore stesso della materia ostrogorskiana, per poi concludere ricorrendo ad una immagine quanto mai suggestiva: The T a m m a n y organiser w h e n he malces liis plans for a campaign bas to ask himself not only how his possible supporters will feel (at picnics and elsewliere) b u t how they will think (as far as it is possible to sejjarate the two). There is an I n d i a n proverb " W h a t can a Irog in a well k n o w about politics?", W e are ali frogs in differcnt wells, and one ol the most intense efiorts in politics ìs that which has to be undertaken when we each try to imagine what the sides of each other wells look like
Al di là di una definizione del contenzioso tra la teoria riflessiva enunciata da Wallas ed il positivismo ostrogorskiano - obiettivo che ti'avalica i limiti di questo saggio - , la ricostruzione dei termini della polemica che coinvolse i due studiosi o f f r e la possibilità di deivi, pp. 14.^-153. Cfr. lii letlera eli Wallas a iVlichacl M. I3avis, spedita da lAMidra il ì settembre i 9 0 9 e conservata in copia tielle carte Wallas presso l.SìiA.
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finire con maggiore precisione le scelte metodologiche operate da Ostrogorski, nella sua opera più nota. Ostrogorski era un assertore del metodo storico. Neanche Wallas, che fino in f o n d o avrebbe confermato la sua accusa di intellettualismo, giungeva a negare questo dato di fatto. Vi sono due circostanze rinvenibili ai limiti estremi della carriera scientifica di Ostrogorski che, emblematicamente, possono esser portate a conferma di una affermazione così recisa. La prima si riferisce alla recensione di un testo di diritto pubblico, apparsa a firma di Ostrogorski sulle « Annales de F E L S P », nel 1892. I^'occasione veniva colta dall'estensore per testimoniare la propria adesione a quel metodo storico sul quale l'impianto stesso dell'ELSP sì era costituito. In tal senso, il giudizio sulla scuola « giuridica » tedesca lasciava pochi margini al dubbio; Q u e l'école « juridique » contìnue, ,s'il lui phut, à purger l'enseignement du droit public de tout élement h!,storic[uc et philo,sopliique, mais qu'elle respecte au moiiis les faits sans Ics mettre dans le Ut de Procuste de ses théories
Il concetto c|ui polemicamente affermato, tornava con freciuenza negli scritti - per lo pili schede e recensioni - di c|uesti anni, che rappresentano le prime testimonianze dell'impegno pubblicistico di Ostrogorski, all'indomani del diploma dell't'L.S'P. La sua impostazione metodologica appariva, infatti, nitida: lo studio delle ligure del diritto pubblico e, piìi generalmente, del fatto politico, avrebbe dovuto poggiare su una base rigorosamente storica per potersi dispiegare verso un'analisi che sapesse utilizzare conoscenze e fonti pluridisciplinari. La eco di c^ueste posizioni non svanisce, pur prendendo in considerazione uno scritto di venticinc|ue anni più tardo, l'ultimo prod o t t o da Ostrogorski, giunto ormai al limitare della sua esistenza terrena. Ci si riferisce alla prefazione al volume del 1916, dedicato all'evoluzione della costituzione inglese nella seconda metà dell'SOO, e che l'autore presentava come «la continuazione della famosa opera T h e English Constitution di Walter B a g e h o t » "'. Si tratta però di un riferimento tematico, ideale, ma non metodologico, l^oco più in là, infatti, Ostrogorski avrebbe specificato: C o n d i v i d e n d o senza esitazioni la concezione di base di Bagehot, tuttavia non ne ho accolto il metodo di ricerea, l'ale metodo è descrittivo-
Cfr. M. 0.str0j>0r.ski, rcccti.sione a M. Vaiilhier cit., 738. ( d f . M. Oslrogorsivi, ì.'evoluzione della Co^tiluzione iui\te:ìe 76 al par. 1 del presente saggio).
. (cir. la nota
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analitico, appena sufficiente per la conoscenza della realtà politica, assolutamente inadatto alla sua comprensione. A n c o r m e n o appropriato per questo scopo, e il m e t o d o giuridico che da noi si i m p o n e , attraverso la m a n o pesante della scuola giuridica tedesca, nella Scienza politica; esemplificando un'autentica manifestazione "della prepotenza tedesca". N o n mi concilia con questo m e t o d o n e m m e n o tutta l'amicizia e il rispetto che n u t r o per il costituzionalista inglese Dicey, che nella prefazione alla cjuinta edizione della sua opera Introductìon to the Study of Comittuùonal Law (ISS")), p r o p o n e n d o il m e t o d o giuridico, parla quasi con disprezzo del m e t o d o storico. Senza q u i entrare in polemica con i rappresentanti della scuola giuridica della Scienza politica, iniziativa che sarà assunta a tempo d e b i t o e non solo da me ma anche dai miei compagni di ideologia occidentali, mi limiterò, in questa sede, ad ima soia osservazione, m a n t e n e n d o m i nei limiti tematici del presente lavoro. I n esso verrà studiato, tra l'altro, u n o degli aspetti pili singolari dell'evoluzione costituzionale; l'elevazione, cioè, elei potere esecutivo a d e t r i m e n t o del legislativo, d o p o che nel corso degli u l t i m i secoli c o m i n c i a n d o dalla grande C o s t i t u z i o n e francese del 1789, la .sottomissione e perfino r u m i l i a z i o n e del potere esecutivo venivano considerati come condizioni indispensabili della libertà civile. C o m e spiegare tale f e n o m e n o attraverso il m e t o d o gitu'iclico? I n realtà, ogni sforzo della scuola giuridica tedesca risulterebbe insufficiente a fornire una spiegazione. 1 lettori constateranno che alla comprensione del fenomeno si p u ò giungere solo per mezzo del metodo storico, procedendo n o n solo per le grandi strade della Costituzione, ma anche per gli stretti sentieri del diritto parlamentare e dell'organizzazione partitica " .
Tra Io scritto de! 1892 e la lunga ed appas.sionata professione di fede del 1916 è compresa l'intera produzione ostrogorskiana, non esclusa ovviamente la sua opera maggiore sui partiti. Qui, in particolare, i segni del suo storicismo sono rinvenibili, non solo nel complessivo schema analitico e nella considerazione dell'economia interna della ricerca, ma persino in c|ue! capitolo di conclusioni che indusse Wallas ad accusare Ostrogorski di intellettualismo e ad annoverarlo tra cjuanti risultavano ineluttabilmente succubi della frac recnon. Per q u a n t o le proposte ostrogorskiane possano esser accusate di generica ingenuità, infatti, esse erano presentate come scaturigine del divenire storico e, innanzi tutto, come opposizione ad ogni soluzione che ricercasse la strada l e g i s l a t i v a I n tale direzione, egli venne innanzi t u t t o sospinto da una fede liberale che lo portava a diffidare di ogni processo d'istituzionalizzazione; diffidenza che, infine, marcava il suo liberalismo di una profonda vena antistatalistii. " Ivi. Cfr. Ili quc.sto .senso, dalla .seguc-iilc traduzione, le pp. 559, 563-56'!, 624 e 672-67.>.
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Tale propensione, piri volte esplicitamente affermata nel corso dell'opera, avrebbe ricercato nella sua concreta esperienza politica in Russia una ineludibile conferma: Lo Stato n o n ha il d i r i t t o di mettere il marchio alle o p i n i o n i politiche, né di stabilire le c o n d i z i o n i alle quali la p u n z o n a t u r a sarà concessa, h i nessun paese libero è stato tentato u n simile intervento. E soltanto in Russia che ci si è azzardati recentemente ad istituire dei « partiti politici legalizzati ». Stretta da vicino, l'autocrazia russa si vide costretta, nel 19(35, a consentire un simulacro di governo costituzionale. M a q u a n d o la libertà che gli era stata strajjpata in u n m o m e n t o di depressione lece nascere dei partiti politici, il governo cercò di selezionarli, a m m e t t e n d o gli inoffensivi e rifiut a n d o l'esistenza di quelli cattivi. Fu ereato un ufficio di polizia al cjuale ogni partito doveva chiedere !a « legalizzazione ». M a il governo l'usso si mostrò almeno conseguente; perseguitando i partiti « non legalizzati », abb a n d o n ò a se stessi i partiti autorizzati. L o Stato americano non sopprime nessun partito ma li regolamenta tutti... ''.
Tale opposizione ad ogni forma di regolamentazione che, come si è esemplificato, travalicava i limiti della salvaguardia delle libertà civili sfociando infine nella esplicita incomprensione delia valenza istituzionale del partito politico, si sommava e si apparentava con lo storicismo dell'autore che scorgeva nella ricerca eli una soluzione legislativa una scorciatoia di derivazione illuministica ''. Per Ostrogorski, infatti, la patologia del partito politico era innanzi tutto una conseguenza della affermazione della rcgularity, un fenomeno che nessuna legge o regolamentazione avrebbe potuto conti'astare, né tanto meno sconfiggere''"'. A c]uesto punto, appare piti limpidamente definibile il rapporto di Ostrogorski con i suoi originari maestri e con l'ambito della sua formazione scientifica. Dalla sua esperienza nìVELSP, lo studente russo non aveva tratto solo l'attenzione ad un tema di ricerca, uno schema di analisi sulla transizione dal liberalismo alla democrazia, alcune tesi particolari in tema di partiti politici. Egli sembrava farvi derivare una piìi complessa e completa attitudine metodologica che lo stesso Lipset ~ che pur ha evidenziato nell'uso di materiale non continentale uno
" Iw, pp. 608-609. p. 624: « ...l.ef;a/izztirc, ecco la panacea che da qualche tempo non ci stancò di raccomandare nella [liìi grande democrazia del mondo. I.egaìizzate la sdii da di volo e la corruzione scomparirà e i pirati [lolitici loriieranno sotto terra: legali: zaic le j)riiiiarie e l'indifferenza civica farà posto allo spirito pubblico. Alla fine, si giunti persino ad introdurre nel meccanismo dello Stato i partili politici ()ci' reiiden: inoffensiva l'azione. Il governo lendcva a diventare meccanico invece c\k pcnonaìe-. Ivi, Pi). ) >9, e s o p r a m m o p. 408.
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dei maggiori pregi deJJ'opera di Ostrogorski - non ha p o t u t o fare a meno di evidenziare In Ostrogorski, infatti, non solo si ritrova lo storicismo dei suoi propri maestri ma persino il medesimo tentativo di sottrarsi ai suoi esiti deterministici, attraverso l'esaltazione dell'elemento psicologico, con lo scopo di conciliare orientamento metodologico ed ideologia politica. Nell'opera ostrogorskiana, l'esplicazione concreta di tale tentativo può apparire grossolana (si tenga a mente la lettera di LoweJl sulla contrapposizione tra il corpus dell'opera e le sue conclusioni) rispetto alle teorizzazioni di Boutmy, il rapporto tra analisi del passato ed esiti previsionali è piuttosto posto in termini di assoluta rottura che di differenziazione. Nella sua costruzione generale, l'impostazione metodologica appare però per molti aspetti coincidente. E d in questo schema il ricorso alla psicologia sodale sembra uno dei tratti analitici in grado di confermare tale supposta vicinanza. Per individuare motivi e portata della differenziazione tra tesi ostrogorskiane e posizioni prevalenti nel suo ambito di formazione parigino, è necessario piuttosto considerare le ideologie di f o n d o dalle quali la critica partitica scaturiva, e, soprattutto, la progettualità politica che essa intendeva favorire. E necessario, dunque, ricercare l'eventuale diversità di intenti all'interno di quello spazio di disponibilità che la propensione positivistica determinava nell'origtnario rigore' storicistico, non accontentandosi di accomunare propensioni ideali e progettualità dal segno d i f f e r e n t e nella genericità di un non precisato liberalismo. L'opposizione al partito dei maestri di Ostrogorski, i quali trovano nella critica di Taine il loro p u n t o di riferimento unificante, presupponeva un liberalismo élitista e conservatore. Le soluzioni da essi prospettate, però, apparivano ben Cfr. M . S . Lijxset tit., ji. X: «lli.s major book.s, tlic i w o volumcs of Dcmocriscy and the Orgamzatìon of Politicai Partici, aro aii anuiysis of tlic Briti.sh niid Amcj ican party systcm.s, and, as miicii, more directly relevant te on-going concern.s in tìiese two than the writings of A c t o n or Michel.s, vvliìch deal miich more witli Euroi)can materials». Il passo va messo in connessione con quanto lo stesso Lipset afferma alcune pagine più avanti, a p. X V ; « . . . T o a certain degree, this tiispute represented a divisìon betwecn German and French thinkers. In Germany, Hegel and most of bis followers tended to emphasize the role of the state, and much of whal was lo become G e r m a n politicai scitnce s t e m m c d from this iradition. In France, men like Saint Simdn, Proudlion, C o m t e , Tocc]uevillc and Durkheim were o n the side of .society. This was, of course, in large p a n ii politicai controversy: thosc w h o stressed the role of the state tended to favour a strong state,; those w h o emphasized society wanted to see the power of the state limited, or perhaps e v e n abolished. Ostrogorski, as a Russian liberal w h o had studied for niany years in France and w h o in fact wrote in France, was both intellectnally and politically a child of f'rench political-sociological thought». " Cfr. la nota 9 del presente paragralo.
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più radicali rispetto alla tradizioJie di pensiero alla quale apparteneva il loro ispiratore, e dalla quale - come si è d e t t o - anch'essi avevano tratto spunto. Questi clocenti, attraverso la critica ai principi d e ! r 8 9 e l'analisi dei danni causati dalla trasposizione nella realtà fattuale di un'idea astratta, ciucila della sovranità popolare, avevano sostanzialmente chiuso i propri conti con il processo democratico in atto, rilevando come esso concedesse nuova vita, sotto mentite spoglie, alle più odiose ingiustizie òi. p. 607. ' Ivi.
PREMESSA.
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Anche in c|uesto caso, se si può lilevare una certa consonanza tra l'analisi di Ostrogorski e cjuella dei suoi maestri, bisogna d'altro canto notare come le rispettive posizioni si facciano distanti allorquando si passi alla considerazione delle conseguenze tratte da dette analisi. 11 punto in questione esemplifica assai bene la lontananza ideale dei due approcci che pure, in sede analitica, presentavano - come si è detto - non pochi punti di contatto: Q u a n d o si dice che il popolo è incapace di governarsi e che il suffragio universale ed il parlamentarismo di con.seguenza sono un'assurdità, se altra ve n ' ò mai - avrebbe scritto Ostrogorski, esemplificando così posizioni a lui ben note -, io sono d'accordo sul p r i m o p u n t o , ma trovo che la conclusione che se ne trae è del t u t t o sbagliata; la (unzione politica delle masse in ima democrazia non è di govei'narla, non ne sarebbero probabilmente capaci. Si avrà un bel investirle di tutti i diritti di iniziativa popolare, di legislazione diretta, di governo diretto, e sempre una piccola minoranza d i e governerà, in democrazia come in autocrazia. La proprietà naturale di ogni potere è di concentrarsi, è come la legge gravitazionale dell'ordine .sociale. M a è necessario che la minoranza dirigente sia tenuta in scacco. La h i n z i o n e delle masse in democrazia non è di governare, ma di intimidire i governanti''''.
Su c|ueste basi egli giungeva a determinare la legittimità, non solo pratica ma teorica, del suffragio universale. Ostrogorski, dunc|ue, non chiudeva la porta in faccia al processo di democratizzazione in atto. Egli non riteneva che la democrazia avesse ineluttabilmente fallito nei suoi esiti'"' e, a partire da posizioni liberali, era apertamente alla ricerca di una sintesi, di un punto di incontro. La riflessione dedicata al tema della sovranità popolare - tema ricorrente, come si è visto, negli ambienti dell'E'LA'P - sarebbe servita ad esemplificare cjuest'ansia di collegamento e, insieme, avrebbe stabilito definitivamente la distanza dalle tesi dei suoi maesti'i: ... 1 principi teorici del governo m o d e r n o non h a n n o altra base. Ix- dottrine della sovranità del [iO[io!o, del contratto .sociale, della volontà geiiw-ale, queste dottrine tanto criticale e denigrate forniscono allo Slato m o d e r n o un f o n d a m e n t o incrollabile se è cementato con il [irincipio dell'unione in sostituzione dell'unità
Da tale premessa - che non lascia adito a dubbi circa la sua disponibilità nei confronti della democrazia e la sostanziale estraneità agli obiettivi concreti che promuoveva la critica [partitica di alcu"•• Ivi, p. 6 1 6 . lui, p. 677: «...Perciò è {jrcinaluro parlare, coinè .si c i a a o , del ialliiTienlo della democrazia, essa è ancora ben lontana dall'aver dello la sua ullinia parola e nienle può prevederne il corso... >•. hn, p. 63').
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PREMESSA
ni suoi "maggiori" dcll'ELSP c o n f r o n t o con Rousseau;
- egli avrelibe a f l r o n t a t o il decisivo
La « v o l o n t à » generale di Rousseau, in cui risiede la sovranità del popolo, è la volontà costante di u n « essere morale », che ha un'esistenza propria al di fuori e ai di sopra delle volontà particolari ed è investito di un potere assoluto, u n o e indivisibile. ... che sia d o v u t o all'influenza delle idee politiche dell'antichità, che Rousseau aveva subito, o che provenga da un'altra fonte, l'errore di ragionaiiiento che lo ha portato a c]uesto mostruoso risultato dipende unicamente dal fatto che egli ha considerato la volontà generale come un'entità, mentre in realtà non è, come direbbero i filosofi, un essere ma un fenomeno; è l'espressione dei rapporti tra due esseri, la manifestazione delle volontà particolari che tendono ad u n o scopo c o m u n e , o jier riprendere i termini usati prima, la risultante delle volontà particolari che si manifestano nei riguardi di un obiettivo comune...''".
Q u e l l o che si evidenziava era il c o n l l i t t o tra il c o n c e t t o di unità ed il concecco d i utiione. O s t r o g o r s k i t o r n a v a , duncjue, su! nodo cruciale di t u t t o il d i b a t t i t o post-rivoluzionario che a v r e b b e rappres e n t a t o un " p r o b l e m a a p e r t o " per t u t t o il X I X secolo: la indivisibilità della sovranità popolare e, c o r r e l a t i v a m e n t e , l'enucleazione di U!ia concezione integrale della r a p p r e s e n t a n z a che lìon lasciava spazio a d i f f e r e n z i a z i o n i di sorta''*'. L ' i m p r e s s i o n e è che egli, per mancanza di u n a visione d'insieme - per essersi cioè o c c u p a t o delle sole forze politiche, p e r d e n d o v o l o n t a r i a m e n t e di vista il pivi complessivo c p a d r o istituzionale abbia trasferito in u n a m b i t o piìi limitato, tìuello del p a r t i t o , la problematica dei r a p p o r t i tra S t a t o e società civile. L ' o m b r a del giacobinismo e dei suoi e f f e t t i , che aveva rappres e n t a t o la preoccupazione di t u t t o il liberalismo francese dell'SOO, si proiettava minacciosa sulle n u o v e f o r m e dell'organizzazione politica: il partito, c o m e luogo d o m i n a t o da m i n o r a n z e occulte e irresponsabili è, dunc]ue, t r a m i t e inadeguato tra società civile e Stato. In tal senso, la soluzione ostrogorskiana - lega o p a r t i t o temp o r a n e o o, ancora, organizzazione a siffg/e hsiie - a p p a r e c o m e una sintesi tra un principio di u n i t à e un principio di diversità. L ' u n i t à dei consociati, i n f a t t i , r i s u l t e r e b b e assoluta non m e n o che nel parti-
'
Ivi, pp, 639-640. "''«Sur le j)l;m de l'imaginairc collectif, ia Représenuilìoii .se irouve dcs lors investie de l'aura gloricii.se qui entouniìt ia .souveraiiieté. C e n e "gioire" ,sc voit dans ia personiic du dépiité qui repracMe en ini toute la iiation, cornine cu une image conceiitrée». L. Jaiime, Ecbcc an Ubéralìsmc. Les jtwabìm et l'État, Paris i 9 9 0 , p. j'!. Di I.. Jauine, sul più complessivo tema del rapiiorlo sovranità-.suffragio, cfr. La sovranità lUìZioiKile in I-nmcia dalla Rivoiiaume a De Catilìe, or;i in «Rieei-clie di Sioria Ptilitica», n. 5 (]99()), pp. 4.3-59,
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to p e r m a n e n t e , ma non eterna: gli a d e r e n t i r i a c q u i s t e r e b b e r o t u t t a la loro libertà solo una volta perseguito lo scopo. In tale ipotesi O s t r o g o r s k i concretizzava il teorizzato passaggio dal principio di u n i t à a cjuello di unione; in essa ricercava la conciliazione del liberalismo con l'idea stessa di .sovranità popolare. N o n a v r e b b e , dunque, esitato ad a f l e r m a r e : Una volta sostituita cjuesta nozione lc|uella del pi'incipio di iinionel a quella che ha servito da p u n t o di partenza ai ragionamenti di Rousseau, tutto si concatena nelle dottrine della sovranità del popolo, della volontà generale e del contratto soci:ìle con una logica co.sì rigorosa q u a n t o lo è in apparenza la logica di Rousseau. Le incongruenze che egli ha accumulato .spariscono e le critiche contra|)postc a tali tlottrine si annullano... "'.
La proposta di O s t r o g o r s k i in tema di partiti politici, nella sua sinteticità, e p r e s c i n d e n d o da ogni successiva specilicazione e complicazione, voleva innanzi t u t t o servire a p r o m u o v e r e tale sostitirzione; il p a r t i t o t e m j j o r a n e o r a p p r e s e n t a v a il veicolo del principio di " u n i o n e " cbe si sarebbe voluto sostituire a quello di " u n i t à " insito nella nozione stessa di regnlarìty. Di f r o n t e alla fosca r a p p r e s e n t a z i o n e della vita interna al partito e della sua n e f a s t a influenza sulla vita politica e su quella delle istituzioni, Ostrogorski retoi'icamente si d o m a n d a v a : « O o m e uscirne? N o n resterà d u n q u e cbe rinunciare a costituire dei partiti? » ", Egli si diceva conscio del f a t t o c h e la ci'escente complessità della d i m e n s i o n e sociale rendesse inevitabile il ricorso a s t r u m e n t i cbe lacilitassero l'unione degli sforzi individuali, e i n t e n d e v a , c o n s e g u e n t e m e n t e , sottrarre la propria critica ad ogni t e n t a z i o n e regressiva '', Su questa strada, però, non giunse a cogliere la inevitabile deriva istituzionale del p a r t i l o politico, p r e t e r e n d o consegnare alla suggestione di una impi'obabile ipotesi organizzativa l'onere della mediazione. Anche sotto q u e s t o as[)etto, così come nel r a p p o r t o con l'ambito nel quale la sua ricerca si enucleò, O s t r o g o r s k i appare un autore di transizione nel quale f o r m a z i o n e metodologica e definizione ideale, m a t u r a t e p r e v a l e n t e m e n t e in a m b i t o francese, si c o m b i n a n o con la f r e q u e n t a z i o n e di fonti inglesi e, s o p r a t t u t t o , americane. Un travagliato percorso intellettuale, d i f f i c i l m e n t e riconducibile ad una schema ticti d efi n i zi one. T u t t o ciò, forse, potrà aiutarci a meglio c o m p r e n d e r e la strana storia della sua recezione: ispiratore, al t e m p o stesso, di critici della Dalla segiiciUi; !ratlu'/,it.)!K' d r . p. 6-10. Jm, pp. 627-t>2K. Ivi: « l.a coinplcssuà della vita sociale ha re.so necessaria pììi che mai runione degli sforzi individuali. l,o svihip|)0 della vita pubblica, chiamando ogni cittadino a [)artecipare al i'.ovei'nc], l'obblig.a atl inlendersi con i suoi ciinclflatljjii per ;t.ss(>lvcrc il suo dovere civico».
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PREMESSA
democrazia quali Augustin Cochin e Charles Benoist che, anche attraverso la sua critica, avrebbero intravisto la deriva verso il leghismo di estrema destra, e, in un contesto differente, del tentativo unitario di Salvemini e di una vena di democrazia radicale nostrana, che sarebbe giunta a lambire il tentativo a z i o n i s t a " . E questa, però, materia per un d i f f e r e n t e ed ulteriore capitolo che, in gran parte, attende ancora di essere scritto.
l'er la vcccyjone di ().sarogor.s-ìci da parte deli'e.sti'cnia de.stra iratice.se, cfr. P, Rosanvallon, Lire Ostrogorski, in M. Ostrogorski, La Démocratie ci les partìs polili(/ues, 1%-is 1979, in particolare pp. 19-21. Sulla recezione da parte del gruppo unitario, cfr. invece G. Quagliariello, Sulla foritnta di Ostrogorski in Italia: partitismo e leghismo neir«l]uità» di Salvemini, in G . Quagliariello (a cm-a di). Il partito politico nella Belle Epoque. Il dibattito sul/a forma-partito tu Italia tra '800 e '900, iVlilano 1990, pp. 7 1 1 - 7 4 f .
C R O N O L O G I A E S S E N Z I A L E D E L L A VITA DI MOISEI YAKOVLEVfCII OSTROGORSKI
1854 1882 1884 1885 1892
1896 1902 1903 1904 1906
1913 1916 1919
Nasce a Groclno. Viene nominato capo del dipartimento legislativo del Ministero della Giustizia. Emigra in Francia. Si isci'ive a\VEcole Libre des Scienccs l'oUliqnes (ELSP). Si diploma all'ELSP, conseguendo il 2" premio. Pubblica per i tipi della Roussou Lcs fcmmcs an poinl de oue du droil public, lavoro premialo al "Concorso Rossi" della i'acoltà di Diritto di Parigi. Viaggio negli Stati Uniti. Pubblica per i tipi di iVIacmillan l'edizione inglese di La democrazia e rorganizzazione dei partiti politici. Pubblica per i tipi di Calman-Levy l'originale edizione Irancese di La democrazia e l'organizzazione dei paniti politici. Ritorna in Russia. Viene eletto deputato alla 1 Duma nel Collegio di Grodno. Partecipa alla Conferenza Interpariamentai'e, svoltasi a l.ondra, come membro della delegazione russa. Viene colpito da grave malattia. Pubblica in russo L'evohizione della Cosiituzione inglese. Muore a I^ietroburgo.
C R O N I S T O R I A DEL L I B R O
1887
1888-1889
189.3
189.5
Conferenze di Ostrogorski sul partito americano per i Grotipes de Imvail di Diritto Pubblico e Privato dell'ELSP, diretto dai Professori Alexandre Ribot, Gabriel Alix, Louis-Jean Renani e André Lebon. Le conferenze si svolsero, rispettivamente, il 30 marzo, il 29 aprile ed il 4 maggioLe esposizioni rientravano in un filone di studi partitici che, negli anni successivi, si sarebbe ulteriormente sviluppato. Una riprova è offerta dallo spoglio degli Annuari della Société dcs anciem élèvcs ci élèvcs de l'Ecole dcs Sciences PoUtiqua. Tra i titoli delle letture, vale ricordare Lej pariis polilkjues et Ics tnouvcmcnìs populaìra cu Espai'jie, par L. Abrami {Anmuiirc, anncc 1900), Le partì Uhéral cniglais, par M . Brunel {Anniiatrc, année 1906, Paris 1907); Lrt représenlatio/i proportionellc et Ics pariis politìcjties, jiar J . Devys (Amitniìrc, année, Paris 1908); La siliuition acttiellc des parth cn Belgiqnc, par J . Devys; Le sacìalisme et le mouvement onvrìer cn Angletcm\ p a r j . Bardoux; l.e socialisme et le moiivemcnl onvrìer en Espagi/e, par A, Marvand; Le socialisme et le motweuictn oiwrier cu Allentarne, par G. Isambert; Le socialisme et le niotiuement oitvrier et ugraire en Russie, par M . Da Motta; Le socialisme et le mouvement ouvrier en Italie, par A, Gilbert Gidel (Aìimuiirc, atinée 1908, Paris 1909); La crise du parti rcpiihlicain aiix Etats U f j i s , par M . Gilles (AmMiire, amiéc 1910, Paris 1911). Pubblicazione di tre artìcoli dedicati a De l'organisation des Partii PoUtiques aux Elats-lìtm, nelle « Annalcs de l'Ecole Libre des Sciences Politic]ues ». 1 tre saggi sarebbero stati riuniti in un opuscolo autonomo nel i 8 8 9 , per i tipi dell'editore b'élix Alcan. Pubblicazione sul numero di luglio-agosto della « Revue Historiciue » del saggio Lcs origines des associations politiqucs et des organisations de parti en Angleterre-, in giugno sul « Politicai Science Quarterly » Ostrogorski pubblica la versione inglese del medesimo contributo con il titolo The Introduction of the Cauctts into England. ! due articoli coincidono, tranne per poche varianti, con i primi due capitoli del secondo libro dell'edizione delinitiva dell'opera. Luglio: accordo con l'editore Macmillan per l'edizione in lingua inglese del libro.
CRONISTORIA DEL LIBRO
1896
1898
1899 1900 1902
(903
1908 1910
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Settembre: viaggio in Inghilterra per raccogliere il materiale che avrebbe consentito la conclusione del saggio dedicato alla Gran Bretagna, Viaggio di Ostrogorski negli Stati Uniti che avrebbe portato alla decisione di riscrivere la parte americana. Ostrogorski avrebbe tracciato un rendiconto del suo viaggio in una lettera indirizzata al suo prelatore James Bryce: avrebbe attraversato il Paese alla ricerca di fonti di prima mano; partecipando alle Convenzioni ed intervistando i hosses. Il lavoro di ricerca sulle fonti a stampa sarebbe stato atteso da Ostrogorski nella Basto// Puhl/c Libmiy. Una nota bibliografica aggiunta all'edizione del 1910 ci informa delle principali fonti a stain[)a utilizzate da Ostrogorski. Le principali tonti orali, inglesi ed americane, sono citate in calce alla Anthor's Preface della [iriina edizione dell'opera. Dicembre: accettazione da parte di James Bryce dell'incarico di prefare l'opera. L,a pi'efazione sarebbe stata ricbicsta a Bryce dall'editore Macmillan, all'indomani dell'accordo tra la sua casa ed Osti'ogorski. D'altro canto, la corrispondenza di Bryce attesta un rapporto ejiistolarc tra lo studioso inglese e l'esule russo risalente sino al 1889Novembre: rendiconto di Bryce all'editore Macmillan sull'opera. Gennaio: pubblicazione sull'a American l listorical Review » del saggio The Rise and Vali of the Hon/inating Ca/h ci/s, Legish/tìve ami Congressìonal. Ottobre: pubblicazione dell'edizione inglese. L'opera è tradotta dall'originale francese da Frederick Clarke, ì-/ci/i in the l^eg/slat/ve Asse/nhlies, ed una nota liibliografica con la specificazione delle lotiti a stampa uti-
90
1912
1916
CRONISTORIA DEL LIBRO
lizzate, Pubblicazione della nuova edizione francese rivista ed abbreviata. Il libro, rispetto alle precedenti edizioni, contiene una revisiotie sostanziale del saggio dedicato all'Inghilterra. Pubblicaziotie in lingua russa dei volume Evoluzione della costituzione inglese. Il libro riunisce -alcuni articoli pubblicati nel 1913 sul « Messaggero d'Europa » e riprende parte del materiale che Ostrogorski aveva utilizzato nella sua opera sui partiti.
Nota: Ostrogorski muore nel 1919. Dopo la sua morte l'edizione originaria in lingua inglese è stata ristampata in anastatica nel 1970 dalla Haskell House Publishers, New York. Tra le edizioni abbreviate si ricordano quella francese de! 1979 curata da Pierre Rosanvallon, e csviella americana del 1982 in due volumi prefati e curati da Seyinour Martin Lipset.
C A R T E DI O S T R O G O R S K l NEGLI A R C H I V I PUBBLICI E PRIVATI
ARCHIVIO
DI SCIENCE-PO,
PARIS
Testi dei componimenti di esame di Ostrogorski, svolti presso VEcoìc Libre (Ics Sck'Hccs Polìtiqucs. Les principaux systèmes des légisku ioiis étrangères sur la capacité de la ferame mariée, comparés entrc eiix et avec le code civil lraiier Bedford Ì2 Upper Bedlord 12 Up|ier Bedford Les Bains (Valais), 12 Ujiper Bedford
92
CARTE DI OSTROGORSKI NEGLI ARCHIVI PUBBLICI E PRIVATI
Lettera di Ostrogorski a George A. Macmillan, Paris, 132 m e d'Assas, 7 Décembre 1895. Lettera di Ostrogorski a George A. Macmillan, Paris, 132 rue d'Assas, 24 Février 1896. Lettera di Ostrogorski a George A. Macmillan, London, 40 Bedford Place, W . C . , Aprii, 20th 1896. Lettera di Ostrogorski a George A. Macmillan, La Bessonar sur Ballaignes, Switzerland, July, lOth 1897. Lettera di Ostrogorski a George A. Macmillan, La Bessonai- sur Ballaignes, Switzerland, July, 16th 1897. Lettera di Ostrogorski a George A. Macmillan, Paris, 132 rue d'Assas, January, 7th 1899, Lettera di Ostrogorski a George A. Macmillan, Paris, 132 rue d'Assas, 24 Décembre 1901. Lettera di Ostrogorski a George A. Macmillan, Paris, 132 rue d'Assas, 7 Avril 1902. Lettera di Ostrogorski a George A. Macmillan, Paris, 132 rue d'Assas, 10 Avril 1902. Lettera di Ostrogorski a George A. Macmillan, Paris, 132 rue d'Assas, 15 Avril 1902. Lettera di Ostrogorski a George A. Macmillan, Paris, 132 rue d'Assas, 15 Avril 1902. Lettera di 0,strogorski a George A. Macmillan, Paris, 132 rue d'Assas, 3 Juin 1902. Lettera di Ostrogorski a George A. Macmillan, Kurhaus Fluhli (Canton Luzern - Switzerland), July, I4teen 1902. Lettera di Ostrogorski a George A. Macmillan, Sanatorium Oberwaid bei St. Gallen - Switzerland, July, 22nd 1902. Lettera di Ostrogorski a George A. Macmillan, Pension Aschwanden Sechisberg - Switzerland, August, 16th 1902. Lettera di Ostrogorski a George A. Macmillan, Nieder Rickenbach bei Stans - Switzerkuid, August, 31th 1902. Lettera di Ostrogorski a George A. Macmillan, Paris, 132 rue d'Assas, 23 Novembre 1902. Lettera di Ostrogorski a George A. Macmillan, Paris, 132 rue d'Assas, 25 Novembre 1902. Lettera di Ostrogorski a George A. Macmillan, Paris, 132 rue d'Assas, 30 Novembre 1902. Lettera di Ostrogorski a George A. Macmillan, St. Petersburg, Ligorska, January, 25th 1903. Lettera di Ostrogorski a George A. Macmillan, St. Petersburg, Ligorska, Japuary, 27th 1903. Lettera di Ostrogorski a George A. Macmillan, St. Petersburg, Ligorska, October, 8th 1906. Lettera di Ostrogorski a George A. Macmillan, St. Petersburg, Ligorska, October, 23rd 1908. Lettera di Ostrogorski a George A. Macmillan, St. Petersburg, Wassili ostrov, 5 Line, n. 10, October, ISteen 1909, Lettera di Ostrogorski a George A. Macmillan, s.L, December, 2nd 1910.
CARTE DI OSTROGORSKI N E G U ARCHIVI PUBBLICI E PRIVATI
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Lettera di Ostrogorslci a George A. Macmillan, St. Petersburg, Wassili ostrov, 5 Line, n. 10, Aprii, IStcen 1913. Lettera di Adeiine Ostrogor.ski a George A. Macmillan, St. Peter.sbui-g, November, 12th 1913. Lettera di Adeiine Ostrogorski a George A. Macmillan, St. Petersburg, Wassili ostrov, 5 Line, n. 10, June, 20th 1914. Lettera di Adeiine Ostrogorski a George A. Macmillan, s.l., November, 26th 1914. ARCHIVIO DELLA LONDON riCAL SCIENCE
SCHOOL
OE ECONOMICS
AND
POIJ-
Lettera di Ostrogorski a Graham Wallas, Marichamn, Finl.and, August, 29th 1903. Lettera di Ostrogorski a Graham Wallas, London, 38 Bloonisburv str., W . C . , July, 2 h h 1909. Lettera di Ostrogorski a Graham Wallas, London, 38 Bloom.sbui'v .str., W . C . , July, 27th 1909. Lettera di Ostrogorski a Graham Wallas, Keswiok, 'l'be Park Hotel, August, L5tecn/16teen 1909. Lettera di Ostrogorski a Graham WaUas, St. I\'tersbin'g, Ligovk-a, September, 30th 1913. R A R E BOOK AND MANUSCRIPT LIBRARY TY IN THE CITY OE NEW YORK
- COIAIMBIA
UNIVERSP
Copia di una lettera di Frederick W . Molls a M . Osti'ogorski, consei'vata in Ilolls Letterbook, voi. 16, p. 41.
* U l t e r i o r i r i c c r c l i e n e g l i a r d i i v i e b i b l i o t c c l i e a m e r i c a n e ( B e n l l e y HìstOJ-ical L ì ! ) r a r y ; H a r v a r d U n i v e r s i t y Archivc.s; 'i'iie i ì o i i g h t o n L.iiirary - H a r v u r t l Uì5Ìver.sily; l i r o w i i U n i v e r s i t y L i l i r a r y - D e p a r t m e n t of iVIaiiuscripts; C o r n e l l U n i v e r s i t y Library - D e p a r t m e n t of M a n u s c r i p t s a n d U n i v e r s i t y A r c h i v e s ì le.sc ad a c c e r t a r e e v e i m i a l i c o r r i s p o n d e n z e t r a O s t r o g o r s k i e A n d r e w D. W h i t e , A b b o t t L.awrence L o w e l l , Ric l i a r d Roger.s ISowker e l''rederich W . I l o l l s (le cui c a r t e non sono c o n s e r v a l e u n i c a m c i u e alla C o l u m b i a U n i v e r s i t y ) , h a n n o d a t o e s i l i n e g a i i v i .
PRINCIPALI RECENSIONI A L L ' O P E R A DI O S T R O G O R S K I
J.R. Seeley, The impartìal Uudy of politìa,
in « The Contemporary Re-
v i e w » , v o i LIV, luglio 1888, pp. 52-65, Dunning, W m . A , , De l'orgatiisatìoit des parlis politìqiies aux Etats-Vuh, in « P o l i t i c a i Science Quurterly », voi. IV, 1889, n. 2, pp. 327-328. Detnocratìc Govcnimetits, in « N e w York T i m e s » . 15 lìovembre 1902, p. 794. Oslrogorski's Work OH Dcmocnwy ii>itl Politicai Orgainmtioii, in « N e w York T i m e s » , 27 dicembre 1902, p. 938. C. Bouglé, recensione a La démocratìe et PorgariKatìon dcs partis poUtiqnes, in « L ' A n n c c Sociologique », 1902-1903, pp. 457-463, Segnalazione de La Dcmocratie et l'organKatìon dcs partis politiqiies, in « Revue Historique », voi. 82, maggio-agosto 1903, p. 274. A . W , Small, recensione a Democracy and the Organhation of Politicai Parties, in « T h e American fournal of Sociology », gennaio 1903, voi. V i l i , n. 4, pp. 563-565. Segnalazione de La Démocratie et l'organisation des parlis politiques, in « Revue de droit public et de la Science Politique en France et a l'étranger », gennaio-giugno 1903, p. 12. Democracy and the Organisatìon of Politicai Parties, in « The Literary W o r l d » , voi. X X X I V , febbraio 1903, n. 2, pp. 28-29, La démocratie et l'organisation dcs partis politiques^ in « Le T e m p s » , 19 febbraio 1903, p. 3. Democracy and Politicai Parties, in « T h e Independent. A. W e e k l y Magazin e » , voi. 55, 26 febbraio 1903, pp. 502-503, Machine Politics the Nemesis of Democracy, in « Liberty Review », marzo 1903, pp. 111-115J . M . Finley, recensione a Democracy and Parties, in « Books New and Old », v o i XCI, n. DXLV, marzo 1903, pp, 422-425. E. Burritt Smith, recensione a Democracy and the Organisatìon of Politicai Parties, in « T h e .Dia!», voi. X X X I V , 16 marzo 1903, pp. 194-197. A.L. Lowell, recensione a Dcmocracy and the Organisatìon of Politicai Parties, in « A m e r i c a n Ilistorical R e v i e w » , voi. VILI, n. 3, aprile 1903. pp. 519-521.
S e n z a alciii]!i prcte.sa di c o m p l e t e z z a , .si riportano di seguito ie p r i n c i p a l i l'ec e n s i o n i pul:)blicate su r i v i s t e e g i o r n a l i di tjiiei Paesi ~ F r a n c i a , iughiitcrr-a, U S A c h e a pili i l p r e s e h a n n o accolto e d i z i o n i d e l l ' o p e r a di Ostrogor,ski. La c i r c o s t a n z a d e l l a p r i m a c d i z i o u e i t a l i a n a ci p o r t a a c i t a r e a n c h e le vecenssoiìi c h e il iihro iin ricev u t o nel n o s t r o P a e s e .
PRINCIPALI RECENSIONI ALL'OPERA DI OSTROGORSKI
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Popular Government and the Party System, in « T h e S p e a k e r » , 11 aprile 1903, pp. 41-42. Diaholus ex machina, in « T h e Nation », 23 aprile 1903, voi. 76, n. 1974, pp. 3,56-358. A. Johnson, recensione a Democracy and the Organisation of Politicai Parties, in « T h e Yale R e v i e w . A Quarterly Journal of History and Politicai S c i e n c e » , voi. XII, n. 1, maggio 1903,' pp. 97-99, The Party System in England, in « T h e Saturday R e v i e w » , 23 maggio 1903, pp. 654-655. Russia/I Itidiclmcnt of Politicai Parties, in « New York Tribune J!]u.strated Suppleraent », 24 maggio 1903, p. 11. The Stndy of Popular Government, in « T h e Quai-terly R e v i e w » , voi. 2 0 3 , luglio 1903, pp. 170-191. A. Esmein, recensione a La Démocratie et !'organisation des parlis poUticjties, in « Revue Politique et Parlamentaire », n. 109, IO luglio 1903, pp. 119132. A. Esmein, recensione a La Démocratie et l'organisation des partis poUtiqnes, in « R e v u e Politique et P a r l a m e n t a i r e » , n. 110, 10 agosto 1903, pp. 357368. B.E. Sbiìwbuugb, recensione ii Democrticy and the Organmitìon of Politicai Parties, in « T h e l o w a Journal », voi. 1, n. 4, ottobre 1903, jjp. 539-541. G. Wallas, The American Analogy, in « T h e Independent R e v i e w » , a. ! (1903), n. 2, pp. 503-516. l ' . J . Goodnow, recensione a Democracy and the Organisation o j Politicai Parties, in « P o l i t i c a i Science Q u a r t e r l y » , voi. X V I i l . 1903, n. 2, pp. 3 32334. C. Péguy, recensione a La Démocratie et l'organisation des partis poUtiqucs, in « C a h i e r de la Quinzine », 1903, Douzième Cahier de la quatrième serie, pp. 31-60. A. Crespi, L'organizzazione dei partiti politici nella democrazia, in « C r i t i c a S o c i a l e » , a. XIII, n. 22, 16 novembre 1903, pp. 346-352. Segnalazione de La Démocratie et l'organisation des partis polittqnes, in « La Cultin-a Sociale. Supplemento bibliognifico mensile.», a. X, n. 5, 1904,
„ P-
..
E. Berth, Politique et socialisme, in « L e Mouvement S o c i a l i s t e » , n. 132, gennaio 1904, pp. 5-37, C. Benoist, Le s u f f r a g e univeysel et ì'évolntion des partis poUtiques, in « R e vue des Deux Mondes », voi. 2, i aprile 1904, pp. 520-544. - Commcnl on capte le s u f f r a g e et le potwoir. La "machine", in « Revue des Deux M o n d e s » , voi. 3, 15 giugno 1904, pp. 885-918. The Stndy of Popular Governmenls, in « T h e Quarterly R e v i e w » , voi. 203, n. 405, ottobre 1905, pp. 387-410. T . I I . S . Escott, l'he Pml, Present and Vuture of the Middle Classes, in « l'ortnightly R e v i e w » , luglio-dicembre 1907, pp. 109-121. A.V. Dicey, English Party Government, in « Q u a r t e r l y R e v i e w » , voi. 210, aprile 1909, n. 419, pp. 604-627. C . M . Marvey, A Russuin on America. Ostrogorski's Work on "Democracy and Parties in the United States" Brought Down lo Date, in « N e w Yoi'k T i m e s » , 5 novembre 1910, p. 6 2 L
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PRINCIPALI RECENSIONI ALL'OPERA DI OSTROGORSKI
Dernocmcy and the Party System in the United States. A Stiidy in Extm-Constitutional Government, in « T h e N a t i o n » , 15 novembre 1910, p. 585. Democracy and the Party System, in « The annals of the American Acaclemy of Politicai and Social S c i e n c e » , voi, X X X V I I , n. 1, gennaio 1911, pp. 229-230. A. Johnson, recensione a Democracy and the Party System in the United States: a Study in Extra-Constitutional Government, in « The Yale Review. A quarterly Journal of Ilistory and Politicai Sciences», voi. X I X , n. 4, febbraio 1911, pp. 440-441. J . Macy, recensione a Democracy and the Party System in the United States: A Study in Extra-Constitutional Government, in « The American Politicai Science R e v i e w » , voi. V, n. 3, agosto 1911, pp. 472-474. H. Lagardelle, recensione a La Démocratie et l'organisation des partis politiijues, in « L e Mouvement Socialiste», n. 245, novembre 1912, pp, 313318. Democracy and the Organisation of Politicai Partìes, in « Politicai Science Q u a r t e r l y » , voi. X X I X , marzo 1914, n. 1, pp. 161-162. L. Emery, Partiti e Unione, in « L ' U n i t à » , n. 15-16, 12 aprile 1919, p, 94. Democracy and the Organisation of Politicai Partìes, in « Christian Centiiry », 22 luglio 1964, p. 937. Democracy and the Organisation of Politicai Parties, in « The Journal of American History », voi. LI, n. 4, marzo 1965, pp. 779-780. W . J . Dannhauser, recensione a Democracy and the Organisation oj Politicai Parties, in « T h e American Journal of Sociology », voi, 72, n. 1, luglio 1966, pp. 116-117,
LA DEMOCRAZIA E I PARTITI POLITICI
PREFAZIONE ALLA NUOVA EDIZIONE
Subito dopo la pubblicazione de La democrazia e Vorganizzazione dei partiti politici, nella stamj^a europea ed americana fu espresso pili volte il desiderio di rendere quest'opera accessibile al grande pubblico e che, a cjuesto proposito, sarebbe stato opportuno pubblicare una versione ridotta o tar uscire, a parte, gli ultimi capitoli. Mi sono arreso a tjuesta opinione ed ho inti'apreso il riiacimento della mia opera. Allo stesso tempo ho ritenuto di doverne hire una revisione completa per aggiornarla. Ilo duric|ue nuovamente ripreso tutta l'indagine che me ne aveva fornito gli elementi ed ho ripetuto le mie ricerche sul luogo, sia in Inghilterra sia negli Stati Uniti. Durante i dodici anni trascorsi dal compimento del mio libro, l'evoluzione politica dei paesi anglosassoni è stata segnata da nuovi fenomeni che si impongono, a diversi livelli, all'attenzione di tutti coloro che si interessano al problema della democrazia. Basti pensare all'avvento del partito operaio in Ingliilterra, ai movimenti diretti negli Stati Uniti, contro l'oligarchia plutocratica e contro la corruzione dei partiti e ai tentativi di incorporare i partiti americani nella macchina dello Stato. Accanto ai grandi avvenimenti, c[uali i suddetti, che sono stati c|ui analizzati in maniera specilica, molti fatti di minore importanza - piccoli aspetti impercettibilmente sviluppatisi, giorno dopo giorno, nella vita politica - hanno modificato in molte situazioni i dettagli del quadro che avevo tracciato; senza cambiare, per altro, le conclusioni cui ero giunto. Parigi, ottobre 1911
PREFAZIONE ALLA PRIMA EDIZIONE
In questo libro analizzo il funzionamento del governo democratico. Ma non sono le istituzioni l'oggetto di quest'opera; non è alle forme politiche, bensì alle forze politiche che mi rivolgo. Fino a questo momento ci si era applicati in maniera troppo esclusiva allo studio delle forme politiche. Lo stesso metodo di osservazione, introdotto nella scienza politica con L'Esprit des Lois, è stato applicato di preferenza alle istituzioni, alle leggi, trascurando quasi totalmente, per molto tempo, gli uomini concreti che le creano e le mettono in opera. L'idea stessa delle forze politiche distinte dalle forme politiche non era chiaramente percepita. Essa, celata in un primo tempo dalla relativa semplicità della vita politica, nella cjuale forme e forze sembravano confondersi, ebbe difficoltà ad emanciparsi anche dopo il grande sviluppo del pensiero politico e l'avvento della libertà del XVIII secolo. Questo secolo era infatti dominato troppo profondamente dalla concezione metafisica deiruomo - considerato la base universale e immutabile dell'ordine politico - e dalla concezione meccanicistica dell'ordine morale. D'altra parte, fu necessaria l'esperienza e la pratica della libertà, perché il ruolo delle volontà attive e delle loro varie combinazioni nella vita politica potesse affermarsi e risaltare in piena luce. Man mano che il governo democratico si sviluppava, rendendo piìi complessa la vita politica, si ampliava anche e si complicava il libero gioco delle forze politiche. Diventò così sempre più necessario, per la migliore attuazione dei fini dello Stato, acquisire un'esatta conoscenza del gioco delle forze politiche. Ma come acquisire tale conoscenza.^ Nello stesso modo in cui si conoscono le forze della natura; entrambe si percepiscono nel movimento, che è necessario osservare. Bisogna applicare il metodo dell'osservazione all'azione politica, bisogna osservare le manifestazioni di questa azione, ed esse ci riveleranno le disposizioni, le tendenze dello spirito, gli atti volontari che fanno funzionare la società politica. Queste osservazioni avranno tanto piià valore se verteranno su atti che assumono aspetti pili o meno regolari, in modo piìi o meno metodico. In altri termini, il metodo piti adatto a studiare le forze politiche è quello di studiare i metodi politici.
PREFAZIONE ALLA P R I M A EDIZIONE
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Ben inteso, questo studio non potrà limitarsi all'analisi puramente formale dei procedimenti politici. Esso avrebbe, in t^uesto caso, solo un interesse di pura erudizione, e, dal punto di vista pratico, servirebbe tutt'al piìi solo ai manipolatori politici in cerca di ricette. Per comprendere realmente il carattere dell'azione sociale, bisogna studiarne le modalità in rapporto al carattere di coloro che le realizzano e le condizioni sociali e politiche nelle quali le loro volontà si formano e si manifestano. Solo così inteso, lo studio dei metodi politici avrà, oltre ad una portata filosofica, una vera utilità pratica. Uno studio dei metodi del governo democratico co.sì concepito, studio di psicologia sociale e politica fondato sull'osservazione, è cjuello che ho voluto affrontare, e che costituisce l'oggetto del libro. Per la realizzazione di questo disegno bisognava in primo luogo trovare nella vita politica un ambito nel cjuale le modalità d'azione fossero in cjualche modo raccolte e sistemate; un ambito che potesse fornire una sfera delimitata all'osservazione e un punto di riferimento fisso per l'osservatore. Ho creduto di trovare tutto questo nella vita dei partiti politici organizzati. Per |)artiti organizzati non intendo solo t]uelli presenti sulla scena parlamentare - che è ormai solo il palcoscenico dove si rappresenta l'azione preparata altrove ma organizzati nel Paese stesso, su una base piìi o meno larga e comprensiva. Là dove cjuesta vita dei partiti si sviluppa, es.sa canalizza i sentimenti politici e le volontà attive dei cittadini. per definizione l'applicazione continua dei metodi di azione della società politica. L'organizzazione reale dei partiti mi pareva offrisse il punto di osservazione e che, nel suo sviluppo, fosse possibile rintracciare i riferimenti storici necessari a seguire l'evolversi delle tendenze e delle forze politiche stesse. Tale approccio mi avrebbe consentito di risalire dal presente al passato; dagli effetti alle cause, e di considerare nel suo insieme il funzionamento del Governo democratico, non confinato nell'ambito inanimato delle forme politiche, ma al centro della società (vivente). t diversi paesi a l'egime democratico non si prestavano nello stesso modo allo studio delle forze politiche, nell'ambito dei partiti organizzati, [lerelié la vita dei partiti e la loro organizzazione non presentano ovunque la stessa ampiezza e la stessa regolarità, tn c]uasi tutti i paesi del continente europeo, l'organizzazione dei partiti funzioìianli regolarmente al di fuori del Parlamento è ancora poco sviluppata. 1 cjuadri dirigenti dei partiti si formano alla vigilia delle elezioni e si disgregano l^en presto; i contingenti dei partiti spesso non rappresentano che masse fluttuanti. Due paesi si sono trovati, da
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questo punto di vista, più avanti degli altri. Sono l'Inghilterra e gli Stati Uniti che, per il maggiore sviluppo della libertà, dovrebbero già trovarsi alla testa dell'umanità politica ad altri titoli. Lo studio dei fenomeni politici che mi sono proposto poteva, dunque, esser condotto con maggior profitto in questi due paesi e, per la verità, non poteva essere affrontato con l'ampiezza desiderata che in questi paesi. Qui, infatti, ho trovato gli elementi per il mio lavoro. Tuttavia la portata dell'opera non si limita ai paesi anglosassoni, essa tocca anche, mutath miitanih, gli altri paesi a regime democratico. A tal fine, non è necessario accettare in tutto il suo rigore la dottrina di Augusto Comte, secondo la eguale, in ogni momento della storia, il popolo la cui evoluzione è la più avanzata rappresenterebbe l'umanità intera. La diversità dei caratteri nazionali e dei precedenti storici non deve essere ignorata, ma i tratti comuni a diversi paesi predominano nella civiltà attuale; le istituzioni politiche sono scolpite sullo stesso modello, le condizioni sociali portate dall'evoluzione economica si rassomigliano e gli uomini, di conseguenza, subiscono influenze simili e intraprendono percorsi paralleli. La natura dello studio che ho intrapreso ha fatto sì che la maggior parte di questi elementi fosse raccolta sul campo e non in biblioteca. Se l'organizzazione dei partiti è sbocciata e si è sviluppata nel mondo anglosassone, lo stesso non accadeva per la documentazione in materia, si tratti del presente oppure del passato della organizzazione dei partiti. Da c]uesto punto di vista mi sono trovato di fronte al buio piìi completo cjuando, una ciuindicina di anni fa, ho dato inizio alla mia opera. I fatti riportati non sono stati evidentemente giudicati degni dell'attenzione degli storici e dei pensatori politici. Sulla stampa essi erano relegati al ruolo di piccole notizie senza importanza, a meno che non intervenissero scandali o abusi politici. I lavori d'insieme sull'argomento mancavano completamente. Le informazioni che si potevano trovare nelle collezioni di vecchi giornali, negli articoli delle riviste, negli opuscoli, o anche nelle opere più o meno importanti o in documenti ufficiali, attendevano ancora una rilettura scientifica. Si trattava di introdurre, per la prima volta nella scienza politica, tutto questo insieme di fatti. Dopo aver dato un'occhiata all'organizzazione dei partiti inglesi, mi sono rivolto all'America, dove la già lunga permanenza di un regime democratico e dell'organizzazione popolare dei partiti prometteva una maggior messe di fonti d'informazione ed una prospettiva più ampia sui fenomeni che volevo osservare. Mi ponevo su un terreno storico e cercavo di tracciare una mappa dello sviluppo del regime dei partiti e della loro organizzazione nel paese, durante il primo secolo di vita della Repubblica americana. Il risultato di questo lavoro fu pre-
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sentalo al pubblico sotto forma di una serie di articoli inseriti nelle «Annales des sciences politiques» del 1888-1889. Nel momento in cui terminava la pubblicazione di questi articoli sulla rivista, uscì l'opera monumentale di M. Bryce, The American Commonwealth, nella quale, per la prima volta, lu fatta una descrizione metodica del sistema attuale dei partiti, che fu una rivelazione non solo per i lettori del vecchio continente, ma per gli stessi americani. In Inghilterra, l'organizzazione dei partiti fondata su base popolare era cosa di creazione molto recente e lo studio presentò difficoltà decisamente più grandi rispetto a quello dei partiti americani. Per stabilirne gli elementi, ho dovuto dedicarmi ad una lunga e scrupolosa inchiesta, condotta nella stessa Inghilterra e basata in gran parte su testimonianze dirette e sull'osservazione immediata della vita politica in generale e del funzionamento dell'organizzazione dei partiti in particolare. Spesso ho dovuto raccogliere io stesso la materia grezza destinata alle successive generalizzazioni; cercarla di città in città, dedicarmi a indagini contraddittorie, per ricavare la verità, oscurata da competizioni politiche o semplicemente dalle rivalità locali. I fatti e le impressioni, così come i rari documenti che raccoglievo, mi conducevano a generalizzazioni che verificavo costantemente, mettendomi in contatto con gli uomini e le cose. Scomponevo le mie generalizzazioni in cfuestioni concrete e spesso terra terra, che sottoponevo ai miei interlocutori, che non erano per me solo testimoni, ma soggetti d'osservazione diretta, appartenessero al personale organizzativo dei partiti o ad altri gruppi della società, l^icomponevo poi le mie generalizzazioni aggiungendo o tagliando dei tratti a seconda delle nuove impressioni assunte. Avendo così lavorato per degli anni nelle diverse regioni del paese, senza trascurare il lavoro in biblioteca per impiantare la parte storica, ho creduto di essere giunto a delle conclusioni degne di essere presentate al pubblico. Fornisco questi dettagli perché ritengo di dover dar conto al pubblico del metodo seguito, per consentirgli di valutare la mia responsabilità, che certamente è notevole. I^aramente posso trincerarmi dietro autorità esterne, citare autori nella parte contemporanea del mio lavoro; tutte le informazioni che mi sono state fornite, tutte le impressioni che mi sono state comunicate, sono state assunte con beneficio d'inventario. Ne facevo l'uso che ritenevo più conveniente, in tutta libertà e, oso dire, in tutta onestà. Sono il solo responsabile delle valutazioni dei fatti che fio presentato e spesso dell'autenticità dei fatti stessi, perché a mia volta mi presentavo al pubblico nel ruolo di testimone. Riconosco la responsabilità che mi spetta e l'assumo tutta pienamente. Quanto ho appena detto si riferisce anche alla parte americana della mia inchiesta, che ho intrapreso dopo avere esaurito l'argomento in Inghilterra. Acquistata la padronanza
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del metodo che avevo sperimentato nel corso delle mie ricerche inglesi, ripresi su nuove basi la ricerca americana, e l'ho continuata secondo questo metodo negli Stati Uniti. Sono così riuscito a selezionare un insieme di dati che, sotto la forma di uno studio scientifico, storico e critico del regime dei partiti organizzati, è in realtà uno studio del funzionamento del governo delle democrazie e dei problemi vitali che esso pone alla società attuale e che impegnano tutto il futuro della nostra civiltà politica. I fatti diversi, che sono stati finora sdegnosamente gettati tra gli scarti della storia e della cronaca politica corrente, mi hanno permesso di elevarmi, passo dopo passo, alle più alte generalizzazioni del pensiero e dell'arte politica. Se il rispetto c]uasi religioso del quale siamo abituati a circondare, fin dalla nostra giovinezza, i nomi di coloro che hanno inciso nella storia del pensiero, ci permettesse di servirci delle forme linguistiche che essi adoperavano per commentare le loro opere; se fosse lecito applicare le loro formule ad un modesto lavoro, avrei potuto evocare il motto: Proles mie rnatre creata. Non io dico per farmene un vanto: investigatore della vita politica, avendola osservata dal vivo, in mezzo al flusso perpetuo di fenomeni difficili da afferrare come l'acqua del fiume, ho ricevuto molte lezioni d'umiltà. Non lo dico neppure per scusarmi, per giustificare lo scarto tra il mio progetto e la sua esecuzione: onestamente ho fatto ciò che ho potuto. Avendo concepito l'ambizione di uno studio scientifico, cioè libero, immune da passione, la mia principale preoccupazione era l'indipendenza assoluta dello spirito nell'osservazione e la completa sincerità nell'esposizione dei suoi risultati. Ho detto tutto ciò che mi sembrava vero, senza prestare attenzione a considerazioni estranee, senza temere le accuse di parzialità che mi si potrebbero fare, senza temere vieppiù di essere incongruente facendo convivere il bene e il male nella stessa società, nello stesso ambiente, nello stesso ordine di concezioni o aspirazioni politiche. Il solo timore che avrei potuto avere a cjuesto riguardo era di trovarmi ad essere o almeno sembrare l'interprete di un partito, il portavoce di una setta. Ma spero di essere sfuggito a questo pericolo, ed è con convinzione che faccio mie le parole di un celebre scrittore che fu anche un uomo d'azione: « Invio questo libro nel mondo, con la speranza che.dispiacerà a tutte le sette politiche». Prima di deporre la penna ho il dovere di ricordare le numerose collaborazioni che ho ricevuto, in Inghilterra come negli Stati Uniti, nel compimento della mia opera. Non avrei mai potuto portarla a termine senza queste collaborazioni, che ho trovato ovunque sul mio cammino e che mi sono state fornite ampiamente e sinceramente sotto le forme più diverse: incontri personali, comunicazione
PREFAZIONE ALLA PRIMA EDIZIONE
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di documenti, risposte scritte a questionari, note redatte appositamente per me su alcune questioni, ecc., ecc. Parigi, marzo 1902
M.O.
INTRODUZIONE
L'avvento della democrazia ha infranto i vecchi ciuadri della società politica. La gerarchia delle classi e la loro coesione interna sono state distrutte e i legami sociali tradizionali che univano l'individuo alla collettività si sono spezzati. Da cjuel momento si pose il problema di sapere in quali nuovi ambiti far rientrare i membri della società, per garantirle la sopravvivenza. La canonizzazione del numero nello Stato complicò le cose: come avrebbe potuto la folla di vecchi e giovani, colti e ignoranti, ricchi e proletari, ora arbitri dei loro destini politici, messa insieme alla rinfusa, dar corpo al nuovo ruolo di « sovrano »? La forma rappresentativa adottata dalle democrazie moderne risolve il problema solo in apparenza. Questo in realtà sussiste ancora: non è forse dalla massa che nasce la rappresentanza nazionale? Sotto la pressione degli avvenimenti e seguendo procedimenti piuttosto empirici, alcune democrazie hanno cercato, senza aver mai probabilmente considerato il jjroblema nel suo insieme e definito tutti gli aspetti, di dargli una soluzione. Questa consisterebbe nella metodica organizzazione delle masse elettorali, per via extra-costituzionale, nella forma di partiti rigidi e permanenti, l^'esperienza, già molto avanti nei paesi anglosassoni d'FAiropa e d'America, acciuista, una volta realizzata, una grande importanza. In ciuali condizioni essa è stata avviata? Quali ne sono stati il cammino e lo sviluppo? Quale la sua influenza sulla vita politica? Ci conduce alla possibilità di riconcjuistare in una nuova sintesi la società politica uscita dalla rivoluzione democratica? Infine, eguali sono i risultati che ci ha dato o che promette? La risposta a cjueste domande non sarà meno interessante per lo storico che per il pensatore politico e per il politico che pensa. Lo storico, per elaborarla con maggior chiarezza, e il politico per coglierla meglio, hanno un ugual bisogno di rendersi conto esattamente di tutti gli aspetti del problema, nel loro successivo sviluppo. Di tutti i paesi a regime democratico, compresa la Francia, è l'Inghilterra che si presta meglio a questo lavoro. Nella democrazia francese uscita dalla Rivoluzione, il nuovo ordine di cose è stato più d'una volta rimesso in discussione e bruscamente interrotto nel suo corso, co.sì che l'evoluzione della nuova
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INTRODUZIONE
società non offre sempre agli occhi del ricercatore una derivazione diretta e ben distinta delle cause e degli effetti. Sotto questo profilo l'Inghilterra contemporanea presenta degli incomparabili vantaggi. Due generazioni fa era ancora una società aristocratica e feudale; oggi è completamente trascinata nella corrente democratica, senza che vi sia la minima velleità di risalirla, di contestare i risultati acquisiti. L'evoluzione democratica dell'Inghilterra, circoscritta in uno spazio di tempo più ristretto ed ininterrotta nel suo corso, si svolge sotto gli occhi dello spettatore, con l'ordine regolare di un processo logico, nel quale premesse e conseguenze necessariamente si legano. E così anche, in particolare, per il problema del ciuale ci proponiamo lo studio. Cominciando, per ciueste ragioni, dall'Inghilterra, per prima cosa considereremo, seguendo il piano indicato, l'unità dell'antica società inglese, con i suoi vincoli naturali e la sua coesione, per così dire, organica. In seguito ci renderemo conto della sua disgregazione, per arrivare ai tentativi fatti per ricondurla all'unità sul terreno politico. Ci impegneremo sulla strada dell'organizzazione metodica delle masse elettorali, e la seguiremo particolarmente, finché ci sarà possibile, nella sua evoluzione. Giunti al termine, torneremo al punto di partenza per osservare, da questa prospettiva, l'orizzonte che avremo scoperto, e da qui esamineremo le vie praticate e percorse allo scopo di determinare, per quanto possibile, la direzione della strada maestra che dovrebbe condurre alla meta sognata.
LIBRO PRIMO
CMpitolo 1 L'ANTICA
LINRRÀ
L Lo stato della società politica inglese alla vigilia della sua trasformazione può riassumersi in un solo concetto: il dominio assoluto dell'aristocrazia. Il potere di questa classe era (ondato quasi completamente sui beni materiali e sul suo potere sociale; per nulla sui privilegi di casta. Padrona del suolo, essa concentrava nelle proprie mani la ricchezza pubblica, non avendo ancora il patrimonio mobiliare l'importanza che acquisirà più tardi. Grazie, dunque, alla sua ricchezza essa occupava tutte le vie d'accesso al potere. Le funzioni pubbliche erano per la maggior parte cariche puramente onorifiche, non retrif)uite. Era anzi necessario dichiarare un reddito considerevole per accedere a c)ueste cariche. Si esigeva un elevato censo per avere il diritto di partecipare all'elezione dei deputati, per aspirare ad un seggio alla Camera, per esser nominati giudici di pace, per far parte di un collegio giudicante, per ottenere un incarico nell'esercito o anche nella milizia. Potere legislativo, amministrazione locale, forze armate erano così nelle mani di uomini che disponessero di tempo liliero e di ricchezza. Poiché le città erano poche, poco importanti e abitate principalmente da commercianti e artigiani, il tipico uomo ricco e libero era il grosso proprietario terriero, lo ujuirc. La capitale e la corte non esercitavano su di lui il fascino che esercitavano, invece, sul gentiluomo francese deWancien régime. Egli risiedeva nelle sue terre per la maggior parte dell'anno. Bastava la sua ricchezza a far gravitare intorno a lui tutto il vicinato. fja sua cjualità di lamllord che affittava le sue terre ad un certo numero di fittavoli, generalmente senza contratto, i^oneva costoro sotto la sua più assoluta dipendenza. A questa influenza d'ordine privato veniva spesso ad aggiungersi nello %quirc una vasta autorità d'ordine pubblico che gli proveniva dal ruolo che ricopriva nell'amministrazione locale; nel self-government della contea, affidato dalla Corona ai notabili locali, a titolo onorifico. I proprietari terrieri erano i soli ritenuti veramente interessati al benessere del paese, solo
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loro erano padroni del gioco - avevano a stake in the countty Solo loro erano dei gentlemen, titolo che sfugge a qua!unc]ue definizione precisa, ma che, supremo, qualificava l'uomo. Così i lamllords costituivano una società a parte, o meglio la società. Un uomo che era negli affari, fosse stato anche banchiere, non era considerato del bel mondo. Ma se un uomo della classe media si distingueva per intelligenza, lavoro, o semplicemente per relazioni di parentela, e se viveva gentlemenlike, niente impediva che fosse ammesso nella cerchia della classe dirigente, poiché non esistevano barriere legali tra le classi. Così, pur restando esclusiva, questa società non era chiusa. Con questa riserva, essa regnava senza limitazioni, non incontrando l'opposizione, come nella Francia del XVIII secolo, né della borghesia che viveva nella mediocrità e non aveva ancora alcuna coscienza di se stessa; né dei giuristi, ridotti all'esercizio di una professione alimentata dalla clientela aristocratica; né del iclj-governmcnt comunale, privo di vitalità; né dell'ordine ecclesiastico, che per origine, aspirazioni e gusti dei suoi membri appartenenti alla gentry non era che una succursale della classe dirigente. II. La struttura dell'ordinamento politico che c]uesta classe dominava, apportava, dal suo canto, un altro elemento di unità. Nel circondario rurale il giudice di pace, principale funzionario del ielf-governnfcnt, è amministratore e giudice al tempo stesso. La sua competenza abbraccia tutti gli aspetti della vita pubblica dei distretto. Indipendente da una burocrazia centrale, il self-goverirmeiit ha una sua propria gerarchia, ma ogni istanza superiore non è che un'amplificazione degli stessi eleménti che ne formano la base principale: i giudici di pace riuniti ogni quindici giorni in petty sessions, poi, in maggior numero, ogni tre mesi in qtuirter sessions. E nonostante la scala salga, essi restano tutti, ad ogni livello, ad uguale dìstanza dagli uomini e dalle cose con cui hanno a che fare. Sempre secondo lo stesso effetto ottico, la scala conduce direttamente al supremo potere nello Stato. I tre cenarti dei membri del Parlamento sono passati attraverso il self-govcrmncnt della contea o ne fanno ancora parte. I pari del regno, i capi dell'aristocrazia che formano con il re la Camera dei Lord, occupano nelle contee il posto di lord-luogotenente, comandano la milizia o esercitano altre funzioni onorifiche del self-government locale. Infine, in c|uesto continuo intreccio, si trova coinvolto il governo della Chiesa stessa. I capi del clero, i vescovi, raggiungono i capi dell'aristocrazia alla Camera dei Lord e ' Let£cr;ilmcn£c, l'espressione va tviiclotlii avere tntcvcnù in cainfkigna, in questo ca.so, avere interessi solidali nel paese. IN.d.T.]
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decidono insieme tanto delle cose temporali c|uanto di quelle spirituali. Lo spirito e il modo di funzionare dei diversi poteri pubblici accentuano il carattere di unità a cui è improntato l'intero ordine politico e sociale. Per il trionfo del regime parlamentare, il re è ridotto all'impotenza. L'asse del governo è trasferito dal king in cauncìl (re in Consiglio) al king in parUament (re in l^arlamento), ma formalmente resta sempre il re. I ministri designati clalla Camera sono i suoi «consiglieri segreti». Nell'amministrazione locale, tutti i funzionari onorifici che rappresentano la società ricevono il loro mandato da lui, e non dal popolo. La monarchia sembrava così sempre il centro nel quale tutti i raggi della politica si riunivano. Il I^arlamento ha la realtà del potere, con la sanzione della Corona data per scontata. Rappresentante diretto della nazione, il Parlamento esercita per conto suo la sovranità, presa nel suo insieme. Il potere legislativo e il potere esecutivo sono riuniti in esso. Ciò che è stato chiamato Gabinetto non è che un comitato della Camera. Leggi, regolamenti, decreti non sono delimitati da linee di competenza. Ogni atto superiore dell'autorità pubblica proviene dai Lord e dai Comuni uniti alla Corona, cioè dalla società e dallo Stato uniti in una sola realtà. I^er completare l'unità, lo Stato integra l'ordine spirituale facendo della religione una religione di Stato. Le funzioni pulibliche, i mandati elettivi, nel Parlamento come nei corpi locali, sono accessibili solo ai membri della Chiesa ufficiale. Le università si aprono solo a coloro che dichiarano in via preliminare di professare la religione di Stato. Identificandosi così con la Chiesa, lo Stato dà alla società politica il sigillo supremo dell'unità morale. III. In questo Stato e in questa società, che ne era dell'individuo? Ciò che abbiamo visto ci fa già presagire che non avesse una grande importanza. In effetti, in ogni campo, l'ordine pubblico della vecchia Inghilterra segna la subordinazione dell'individuo alla collettività. Sempre e ovunc]ue l'individuo non è che una parte perduta nell'insieme, che un umile servitore anonimo delia collettività, si tratti di onori o di doveri pubblici, dell'esercizio di diritti civici o privati. Sì, l'ordine privato stesso non sfugge alla tendenza a subordinare l'individuo, a dispetto del linguaggio magnilocpente di Chatham: « L a tempesta e la pioggia possono penetrare nella capanna dell'operaio inglese, ma il re non entra »; e delle dissertazioni di Blakstone sulle «libertà naturali» del!'«umanità primitiva» che l'Inghilterra soia avrebbe conservato. Senza dubbio, le «libertà naturali » degli individui esìstono, e sono ri.sjiettate finché non minacciano da vicino o da lontano la collettività. Ma non appena sorge conflitto di interessi, la legge interviene e calpesta la personalità
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umana, a volte con raffinata crudeltà. Nella vita sociale, l'individuo è diminuito ancor più cfie nell'ordine legale. L'uomo non può mai « essere se stesso ». La società gli impone mille obblighi ai quali non può sottrarsi senza mettere in discussione i suoi diritti al titolo di gentleman. Invisibile e ovunque presente nella vita, la nozione di gentleman sottomette ad una regola generale e uniforme, a una disciplina implacabile, ogni membro della società, non lasciando nulla alle sue inclinazioni personali, dalla coscienza religiosa fino alla pettinatura. Ma se nella società politica inglese l'individuo non era che un atomo nella collettività, non sempre era un atomo isolato nello spazio. Senza parlare del regime rappresentativo, ogni inglese era associato nella vita di tutti i giorni dal •self-government locale a un'opera comune perseguita nell'interesse generale. In questa cooperazione costante sul terreno dei bisogni immediati della popolazione, gli uomini imparavano a conoscersi, ad intendersi e ad agire insieme in vista di un fine che superava la loro stessa persona. Si formava così una sorta di corrente dello spirito sociale. Partendo dall'alto della società politica, tale corrente scendeva abbastanza in basso da arrivare, sebbene sempre più sottile, fino al popolo comune, in cjuanto non era ostacolata da barriere come quelle che in Francia separavano, attraverso privilegi, la nazione in piccoli gruppi isolati. Attraversando ininterrotta la comunità inglese da un capo all'altro, la corrente di spirito sociale riuscì, anche in assenza di una completa unione morale tra i diversi elementi delia società, a raggrupparli intorno a uomini che si era abituati a vedere sempre in funzione di comando. Capifila nella società, questi leader avevano anche un ruolo guida nello Stato. La loro autorità politica non era che la traduzione del loro potere sociale che poggiava sul legame fra gli uomini, esattamente come all'epoca del basso Medioevo che ha prodotto il signore ed il vassallo. IV. In queste condizioni, il funzionamento del meccanismo politico era estremamente semplice. In vista delle elezioni al Parlamento, gli squires più in vista nella contea si riunivano in comitato ristretto e sceglievano il candidato. Tutti i membri della loro classe lo appoggiavano per fiducia o per convenienza. Gli altri elettori, poco numerosi a causa del censo elevato, abituati da sempre a gravitare intorno ai grandi landlords, seguivano la loro tendenza abituale. I collegi urbani non sfuggivano neanch'essi all'influenza dell'aristocrazia terriera. In molti borghi, i grandi proprietari esercitavano un potere diretto in qualità di proprietari del terreno sul quale gli agglomerati urbani sorgevano. In un modo o nell'altro gli eletti erano quasi tutti della classe aristocratica, figli di lord, parenti prossimi di
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lord, o altre persone sulle quali gli aristocratici, che gli aprivano le porte del Parlamento, potevano contare. In base ad una tabella compilata verso il 1815, c'erano alla Camera dei Comuni 471 membri che dovevano il loro seggio al f avore di 144 pari e di 123 commoners\ 16 membri erano nominati dal Governo; e soltanto 171 deputati erano eletti per suffragio popolare. Portati in Parlamento dalle stesse influenze, appartenendo c;iuasi tutti alla stessa classe sociale, essi si facevano portatori degli stessi stati d'animo, degli stessi sentimenti. Lo spirito di corpo sociale imponeva ad ogni membro l'obbligo di seguire il suo gruppo, il suo partito. Separarsene, anche solo per un momento, era da traditore, o ancora peggio, non era degno di un gentleman. «Voi voterete, signore, con la vostra famiglia, non dovete considerare le vostre opinioni, come farebbe un filosofo o un avventuriero», disse Lord Monmouth a suo nipote in un romanzo di Disraeli. Così i membri indipendenti erano molto rari alla Camera. La divisione in partiti politici non intaccava minimamente l'omogeneità dell'insieme; essa agevolava anzi il raggruppamento e conservava la coesione nei ranghi. Compartimenti di uno stesso ambito sociale separati da rivalità o da rancori e un po' dai principi, i luhigs e i torìes del Parlamento si confondevano nello stesso .spirito e nelle stesse passioni. La disciplina sociale faceva di ogni partito una catena vivente che nulla poteva spezzare: afflusso di idee, pressione dell'opinione pubblica, rivolta degli individui, tutto ciò era impotente. Un numero considerevole di membri della Camera non erano nientemeno che « filosofi », Le idee non potevano causare gravi danni neanche nella minoranza intelligente della Camera. Le questioni controverse non erano numerose né tanto meno di recente definizione; si era, infatti, allora lenti a sollevare problemi, e lunghi nel ri.solverli. Un uomo d i e entrasse nella politica poteva definire un programma che avrebbe seguito per tutta la vita. Era raramente sorpreso da una cjuestione imprevista che avrebbe rischiato di dargli, d'un tratto, un nuovo orientamento. La pressione dell'opinione pubblica, salvo casi eccezionali, pesava ancor meno sull'uomo politico. Esisteva a malapena un'opinione pubblica al di fuori del mondo parlamentare e dei saloni che vi conducevano. Essa mancava di organi: piattaforme elettorali, meetings non esistevano; le comunicazioni erano difficili; la stampa, schiacciata sotto pesanti norme fiscali, aveva una circolazione estremamente limitata. Il grande pubblico si interessava poco alla politica. Essa era la passione di una élite, lo sport di una aristocrazia. Si sapeva poco e male ciò che accadeva in Parlamento; i resoconti delle sedute erano molto sommari; gli scrutini non erano mai pubblicati, tranne in grandi occasioni, cjuanclo si facevano circolare liste private. Gli elettori avevano dunque serie difficoltà a seguire.
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anche se lo avessero voluto, la condotta dei loro deputati. Questi, da parte loro, non tenevano affatto ad essere controllati, e si opponevano alla divulgazione dei loro voti. Consideravano il segreto fondamentale per la loro indipendenza. Più sfuggivano al controllo dell'opinione pubblica, più i loro obblighi verso il partito ed i suoi leader diventavano pressanti. Le velleità di rivolta individuale svanivano da sole. A meno di passare nel campo nemico, che avrebbe fatto il ribelle? Dove avrebbe trovato per lo meno un appoggio morale, visto che l'opinione pubblica era senza potere? Così, i due grandi partiti rimanevano sempre compatti, in perfetta disciplina. Un Gabinetto che si appoggiava sul partito di maggioranza era sicuro del suo futuro, il governo si esercitava con coerenza, e lo Stato godeva di stabilità.
Capitolo 2 DISGREGAZIONE DELL'ANTICA SOCIETÀ I. Per cjuanto solido nella sua unità, cjuesto ordine politico e sociale dell'Inghilterra era troppo limitato per abbracciare l'intera vita nazionale. La maggior parte della nazione riceveva appena ciualche raggio di luce e di calore da questa società di gentlemen, da questa Chiesa aristocratica, da questa religione di Stato stesa in paragrafi, da quest'ordine politico esclusivo. L'individuo, è vero, non era molestato come nei paesi del continente; la situazione materiale del popolo non era troppo miserabile prima della rivoluzione industriale; i sentimenti della classe dirigente per le classi inferiori non erano affatto malevoli. Ma questa classe dirigente non faceva nulla per affrancare le masse dall'ignoranza nella quale marcivano, per elevare il loro spirito, per far sentire loro che anch'esse avevano a stake in the countiy, per aprir loro uno spazio d'azione civica che consentisse alla personalità individuale di poter spiccare il volo. Ma verso la metà del XVIII secolo l'appello cristiano di John Wesley all'animo umano riecheggia sul territorio anglosassone, e sveglia le masse popolari dal loro letargo. Facendo appello alla coscienza individuale dell'uomo affinché abbandonasse le sue cattive abitudini, Wesley ne fa l'arbitro unico della fede, e separando quest'ultima dalla Chiesa ufficiale con i suoi dogmi e la sua disciplina, dà il via all'emancipazione dell'individuo. Il revival religioso, provocato da Wesley tra gli strati pii^i bassi del popolo, trova un'eco nelle classi medie e superiori. Qui gli evangelici, senza separarsi dalla Chiesa ufficiale, si assumono il compito di riportarvi trionfante la fede del
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Vangelo, la religione del cuore. Alla morale fredda ed elitaria della Chiesa oppongono la pietà personale, la responsabilità individuale di ogni anima davanti al suo Creatore. Passando dai sentimenti alle opere, inaugurano, nella società inglese della seconda metà del XVIII secolo, un grande movimento filantropico: fondando una quantità di opere pie, di società missionarie, di associazioni bibliche, per la piij grande gloria del Cristo, gli evangelici si dimostrano anche pieni di sollecitudine per le miserie del mondo sociale. Impegnati ad apportarvi un rimedio, evocano sempre e ovunciue la realtà miserabile alla coscienza umana. Mostrano l'uomo nei criminale, un fratello nel negro. Un nuovo soggetto è così introdotto, dall'alto, nel mondo sociale e politico dell'Inghilterra aristocratica: la fellow creature, « l'uomo ». Ormai non lascerà più le scene. Mentre il movimento filantropico si estende, un'altra corrente, nata su un versante opposto, giunge all'appuntamento, confluendo in esso ed aumentandone la portata. All'immediatezza dell'emozione religiosa viene così ad aggiungersi l'emozione mediata del pensiero. La buona società, stanca di sentimenti convenzionali, vuole provare sensazioni reali, emozioni autentiche. L'uomo sensibile fa la sua comparsa. Lo si acclama. La letteratura del tempo si potrebbe denominare « la biblioteca dell'uomo sensibile », dice Taine. Da un'altra direzione giungono gli inni alla natura, veementi e commossi, di Rousseau. Si è toccati; si comincia a sospirare « i l ritorno alla natura ». Ci si diletta a scoprire in se stessi il sentimento, il cuore, e si lascia con la fantasia l'isola natale alla ricerca di soggetti commoventi. La sensibilità pubblica scopre i selvaggi, i pagani, (gli abitanti dei Caraibi) maltrattati dell'isola di Saint-Vincent; la coscienza pubblica consegna Warren Hastings alla riprovazione popolare per i torti commessi ai danni dei piccoli sovrani indiani. Anche in questo caso, si è di fronte a jellow creatura. Le conclusioni politiche e sociali che da questa nozione delr « u o m o » si trasferiscono nell'ideologia in Francia, non sono così evidenti, di primo acchito, per gli Inglesi. Ma anche in Inghilterra vi si arriva, esattamente come in Francia. Vi si arriva per un'altra via, o piuttosto si prende un sentiero laterale per sfociare ben presto sulla grande strada dell'ideologia. II. Il revival religioso e il sentimentalismo, portando l'anima ad un ritorno a se stessa, pongono all'uomo il problema dei suoi doveri. Ma questi doveri devono limitarsi alla condotta della vita privata? No, risponde il moralista più popolare del secolo, Paley: essi si riferiscono anche alla vita pubblica, alla quale la coscienza individuale è altrettanto interessata. Gli uomini, dice Priestley, vivono in società per loro reciproco profitto. Di conseguenza, l'utile e la felici-
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tà dei componenti della società devono essere tenuti presenti in ogni questione che riguardi lo Stato. E chi è giudice cii ciò che è utile ai singoli componenti? Sarebbe come chiedersi chi conosca meglio il proprio interesse. La risposta è evidente; sono i componenti stessi, ogni singolo individuo. E questa la conclusione obbligata. Così, sospinta dagli avvenimenti, la teoria di Priestley stava per cambiare il volto politico e sociale dell'Inghilterra. Trascorse mezzo secolo prima di passare dalla teoria alla pratica. Durante questo periodo il pensiero inglese lavorò senza tregua per precisare e sviluppare i termini delle enunciazioni di Priestley, e per trarne le conseguenze nell'ordine speculativo e nella pratica. Molti altri fattori cooperano allo stesso risultato. Innanzi tutto la nuova scienza dell'economia politica, facendosi interprete dei nuovi interessi creati dal grande sviluppo del commercio e dell'industria, scosse l'Inghilterra verso la metà del XVIII secolo. Dalla moralità della razza anglosassone si sprigionarono cjuelle volontà tenaci, cjuelle energie implacabili, quelle iniziative ardite, che durante i secoli si erano accumulate. Si lasci loro libertà di iniziativa, e il mondo gli apparterrà: questa affermazione, proclamata nel fermento delle forze nazionali, prese forma sotto la penna di Adam Smith, che senza riprendere la formula francese del laissez faire, lahsez [nmer, la sviluppò attraverso tutta la sua opera, rivendicando per l'individuo la libertà d'azione. La creazioiie della Repubblica americana e la Rivoluzione francese con la sua Dichiarazione dei Diritti dell'uomo e del cittadino realizzano nei fatti ed esaltano l'idea dell'individuo autonomo. I libri di Paine e di Godwin, The rights of man, e An inquiry concerning the principles of politicos justice, la commentano e la volgarizzano: il primo facendo ricorso ad una dialettica appassionata, l'altro attraverso una logica implacabile che giunge senza esitazioni alle estreme conseguenze, laddove lo stesso Rousseau non era mai arrivato. Malgrado le loro esagerazioni, questi scrittori conquistano l'attenzione pubblica per l'odio verso tutto ciò che ostacola lo sviluppo della personalità umana, per la loro fede nell'uomo e nella ragione. Gli eccessi della Rivoluzione francese provocano nella società inglese una reazione violenta contro le French ideas. Ma le idées frangaises, le idee di libertà, trovano comunque un rifugio nell'anima stessa dell'Inghilterra; esse si riparano dietro la filosofia utilitaristica, così corlnaturata al genio positivo inglese per i suoi principi, ma altrettanto rivoluzionaria nella sua applicazione pratica. Invano i rappresentanti di cpesta filosofia dopo Paley si accanirono a confutare il contratto sociale e a negare i diritti naturali; il loro utilitarismo doveva in realtà aprire una breccia formidabile nella vecchia fortezza politica. Priestley e Paley cominciarono, Bentham portò a termine l'o-
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pera. Affrontando, innanzi tutto, con la sua rara capacità d'analisi, l'ordine legale esistente, pieno di incoerenze, e applicando ad ogni istituzione il criterio dell'utilità, Bentham «mette a nudo cjuesto guazzabuglio ed invita gli uomini a liberarsi dalla tirannia dell'autorità e dalla saggezza degli antichi ». Poi cerca di ricostruire l'ordine sociale su nuove basi. La coscienza morale dell'uomo o il diritto di natura invocati dai filosofi francesi non avrebbero potuto costituirne un fondamento, in cjuanto concezioni arbitrarie o finzioni, metafore. Respingendo il razionalismo a priori, Bentliam crede di rintracciare nell'esperienza la prova che la natura abbia posto l'uomo sotto l'impero del piacere e del dolore; a tali sensazioni noi dovremmo tutte le nostre idee; ad esse ricondurremmo tutti i nostri giudizi e le determinazioni della nostra vita. Questa tendenza a cercare il piacere e ad evitare il dolore, sia fisico che morale, eterna e irresistibile com'è, costituisce la nostra regola di comportamento: bisogna che ciascuno segua il proprio interesse, assuma l'utilità come parametro delle azioni valutando le loro conseguenze con un semplice calcolo; redigendo il bilancio dei [liaceri e delle jiene. l^oiché ognuno jiossiede il comune senso dell'utilità, ognuno è giudice di ciò che gli è utile. Non resta che lasciarlo fare. Temere il bellunt omnium cantra omnes, è come disconoscere i veri motivi delle azioni umane; data la reciproca dipendenza degli uomini nella società, non solo per la soddisfazione di bisogni materiali, ma per la gioia ugualmente naturale della stima e dell'affetto dei propri simili, l'egoismo diventa necessariamente altruismo. « Ija società e strutturata in modo che lavorando per il nostro individuale benessere, lavoriamo per il benessere generale. » L'intervento dello Stato, dei governanti, sarebbe di conseguenza inutile e persino pericoloso. La legge non deve intervenii'e se non jjer impedire che gli uomini si nuocciano tra di loro. Ma poiché i governanti, seguendo la strada naturale dell'egoismo, esercitano l'autorità pubblica solo nel loro interesse personale, contro l'interesse generale, tiuesta autorità deve essere trasferita dalle mani di pochi alle mani della maggioranza. Solo così si potrà assicurare il maggior benessere per il maggior numero, che è il fine della morale e della politica. HI. ficonomia politica, utilitarismo empirico, dottrina dei diritti dell'uomo sotto il suo volto francese o sotto la maschera inglese della filosofia utilitaristica di Bentham, convergono tutti verso uno stesso fine e tendono a costituire una nuova cosmogonia sociale il cui punto di partenza e line è l'individuo e non l'insieme; nella cjuale non è pii^i la collettività che diffonde sull'individuo il suo calore e la sua luce, ma l'individiio stesso ne è il focolare. (^)uesta concezio-
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ne, così lontana dallo spirito che si sprigionava dall'ordine di cose tradizionale, non avrebbe potuto imporsi da sola alle intelligenze se l'ordine tradizionale non fosse stato battuto, nello stesso tempo su diversi punti. Un'idea sociale, per quanto grande sia la sua lorza ascendente, non può farsi strada se non occupando il vuoto che le si crea davanti grazie all'azione psicologica di fatti materiali o psichici. La società inglese del primo quarto del XIX secolo ha subito entrambe le azioni. L'azione materiale fu esercitata dalla rivoluzione industriale di cui si parlerà più in là. In campo morale fu ancora Bentham che contribuì maggiormente a creare una situazione di spirito adatta alle nuove idee. Sottomettendo ad un esame dettagliato le istituzioni inglesi, facendo emergere il marciume accumulato durante i secoli, egli ha spezzato il fascino della continuità storica, ha fatto vacillare negli animi la fede nella perfezione delle istituzioni inglesi, ha piegato l'orgoglio insulare. Bentham non ha ottenuto questo risultato solo grazie alla sua azione personale, ma soprattutto grazie all'azione dei suoi discepoli, che divulgavano la parola del maestro poco conosciuta al grande pubblico nella sua fonte primaria. Questi discepoli, un piccolo gruppo di uomini eccelsi che si chiamavano essi stessi phtlosophtcal raclicak, « combattevano sistematicamente, senza debolezze, delle opinioni generalmente accjuisite », come dice il più illustre tra di loro, J.S. Mill. Assalivano l'aristocrazia terriera, la magistratura onorifica, la Chiesa ufficiale, e ogni istituzione che serviva da strumento al dominio di una classe, al benessere di pochi opposto al «benessere dei più». Esaltavano i beni mobiliari e la borghesia che li deteneva. Limitando il compito dello Stato alla tutela delle persone e dei beni, non si stancavano di reclamare la libertà individuale in tutti i campi e contro tutti. In sintonia con gli economisti, combattevano con ardore il sistema protezionista e reclamavano il libero scambio. Infine, ed era l'elemento fondamentale della loro fede politica, essi chiedevano il suffragio democratico. Queste idee aprirono nella coscienza pubblica una breccia che andava allargandosi sempre più. Le relazioni con l'estero, divenute più frequenti dopo la guerra, agevolavano questo movimento. Un altro contributo è apportato dalla letteratura, dove regnava già la rivolta, il romanticismo. Qui il modello classico è capovolto: si cerca ormai l'ispirazione nel fondo della propria anima, non nel mondo esteriore le cui regole uniformi pesano come piombo sull'individuo. Ognuno dei canti di Byron, che dal suo lontano esilio volontario ad Albione, riempie l'atmosfera di dubbio, soffia la rivolta nei cuori e negli spiriti.
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IV. Mentre si compiva la rivoluzione nell'ordine delle idee, un'altra rivoluzione giungeva a termine nell'ordine dei fatti. Questa si attuava parallelamente alla prima, dalla seconda metà del XVIH secolo. I^u la trasformazione industriale del paese, condotta dalle grandi invenzioni meccaniche: il filatoio con i suoi numerosi perfezionamenti e la macchina a vapore. Questa trasformazione fece vacillare da cima a fondo l'edificio della vecchia Inghilterra. Le campagne e l'agricoltura furono abbandonate per le città. Il Nord dell'Inghilterra, ricco di carbone e in grado di alimentare la macchina a vapore, vide sorgere immensi agglomerati destinati al lavoro industriale. La materia prima vi si trasformava come al tocco di una bacchetta magica, le fabbriche producevano senza tregua, in c]uesto grandioso sviluppo dell'industria, lo sforzo incfividuale, lo spirito imprenditoriale ottenevano successi senza precedenti. Una folla di uomini fu in grado di uscire dai ranghi: manifatturieri, ca|iirani d'industi'ia, commercianti, imprenditori, uomini arricchiti con le professioni liberali. Vennero a costoro nuovi gusti, nuove idee, e soprattutto nuovi desideri e nuove amliizioni. Parecchi uomini riuscirono a penetrare nella « società », producendo cjualche turbamento nei suoi ranghi. Invano questa cercò di trincerarsi dietro il suo esclusivismo aristocratico. Fu attaccata su un altro fronte: il suo ruolo di classe dirigente nello Stato venne messo in dubbio. Essa deteneva il potere attraverso il monopolio del suffragio elettorale assegnato con im criterio stabile a determinati gruppi di cittadini. Tutti i nuovi arrivati, e notoriamente gli abitanti delle grandi città create o sviluppatesi grazie alla crescita dell'industria, erano così esclusi dal diritto elettorale. Le idee che agitavano l'Inghilterra dalla seconda metà del XVIII secolo avevano ora al loro servizio la forza materiale delle masse urbane, e l'antica classe dirigente capitolò. 11 suffragio fu accordato dal Refortn Bill del 1832 ad ogni abitante di città che dichiarasse un certo reddito; il monopolio della rappresentanza parlamentare fu co,sì tolto all'aristocrazia. Le riforme che seguirono a quella del 1832 andavano nello stesso senso, frantumavano gli antichi quadri e spezzavano i legami tradizionali nella società. 1 legami dello Stato con la Chiesa ufficiale furono allentati a partire dal 1828, e di anno in anno diventarono sempre pii^i labili. La soppressione delle Corporation e dei Test Acts, nel 1828, aprì ai dissidenti le funzioni pubbliche e il Parlamento. L'emancipazione dei cattolici nel 1829 introdusse sulla scena politica gli aborriti «papisti». La riforma municipale del 1835 soppresse il governo oligarchico delle città consegnandolo alla massa dei contribuenti. La riforma dell'assi-
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stenza pubblica su base rappresentativa, attraverso la Poor Lcnv, ed altre riforme nell'amministrazione locale oscurarono il ruolo della gentìj nei più importanti settori del self-government locale. La demolizione del regime protezionista, portata a termine nel 1846 con l'abrogazione delle leggi sui cereali, fu il colpo di grazia all'influenza dei landlords', non solo dal punto di vista economico, ma anche da cjuello sociale. Il ridimensionamento delle loro entrate non gli permetteva piti di praticare l'ospitalità, di mostrare la liberalità di una volta verso gli umili, ed inoltre essi non possedevano pii^i la stessa forza d'attrazione. I nuovi mezzi di locomozione e di comunicazione, introdotti tra il 1830 e il 1840, modificarono ancor piti gli antichi rapporti. Nello stato di parziale isolamento nel cjuale si viveva prima dell'avvento della ferrovia, tutti gli interessi locali gravitavano nell'orbita dei grandi proprietari terrieri. La ferrovia spezzò i legami materiali esistenti. L'effetto morale che la facilità delle comunicazioni produsse con la scoperta di nuovi mondi, di nuovi orizzonti, fu un elemento di disgregazione ancora più forte. V. L'erede di cjuell'ordine di cose che se ne andava così in brandelli, come chiedevano da mezzo secolo i rappresentanti dell'ideologia, altri non era che quell'entità della quale essi si fecero difen.sori: l'individuo. 11 revival religioso gli aveva insegnato che aveva una sua propria anima; le leggi sull'emancipazione della coscienza religiosa gliene danno atto. L'economia politica e la filosofia avevano proclamato che aveva interessi suoi propri, e di conseguenza diritti tutti suoi. Il Rejorm Bill del 1832 glieli riconosce, fondando la cjualità di elettore su una base mutevole e razionale, e facendo così del suffragio politico un diritto « al portatore ». La soppressione delle restrizioni fiscali affranca l'uomo dagli ostacoli posti alla sua attività e lo lancia nella libera concorrenza sfrenata. La ferrovia, il telegrafo e la posta da un penny, rendendo volontario l'avvicinamento o la separazione di uomini e cose, portano a termine l'emancipazione dell'individuo. Non ha che da desiderarlo, ed è trasportato a 100 leghe di distanza; parla con l'altra parte del mondo ed ottiene risposta^ le forze della natura sono sempre pronte a ricevere i suoi ordini. E vero che c]uesta esaltazione dell'individuo si era soprattutto manifestata nella classe media, e che molti fenomeni che avevano contribuito all'emancipazione del singolo non tardarono essi stessi a porgli nuovi limiti. Lo sviluppo industriale, infatti, ha molto facilitato il libero esprimersi dell'individualità ma, al tempo stesso, ha creato il servo della gleba accanto al capitano d'industria. Le ferrovie, che spezzarono i rapporti di vassallaggio locali, vi sostituirono una nuova dipendenza, centralizzando i mer-
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cati e la circolazione delle ricchezze. La posta e il telegrafo, contribuendo alia centralizzazione, contribuirono anche a tare dell'individuo un satellite del movimento del cjuale la capitale o la grande città divenivano il centro. Tuttavia i nuovi legami, puramente meccanici, non partecipando alle torme di coesione che cementavano l'antica società, non solo non erano in grado di arrestarne la disgregazione, ma anzi l'accentuavano. Essendo cessati i tradizionali rapporti interpersonali, ed essendosi esteso l'orizzonte sociale, l'individuo si isolava alquanto nella società trasformata. Quando l'industria, da domestica che era, si l'ece manifatturiera, le relazioni dirette tra i padroni delle fabbriche e le masse mutevoli degli operai divennero impossibili. Assembrati in branchi nelle fabbriche, gli operai erano legati ira di loro solo dal caso. Le nuove condizioni del commercio contribuirono anche a cambiare i rapporti interpersonali, sostituendo alle antiche relazioni stabili tra compratore e venditore l'incostanza della nuova clientela. Il movimento che disgregava la vecchia società inglese si manifestava così sotto un doppio aspetto: frantumando i vecchi quadri, esso liberava l'individuo; liberandolo, l'isolava. Ma la rivoluzione non si fermava qui: il processo che isolava e separava, a sua volta dava origine a un nuovo sviluppo del movimento individualista che ne costituiva quasi la sintesi: essa livellava. Distruggendo la concretezza dei rapporti, la logica dei fatti come quella delle idee, apriva la strada alle categorie generali. Qui come altrove lu l'industrialismo a dare l'impulso. Nella massa che lavorava nelle fabbriche, il manifatturiero non distingueva che ì'opemio, e il lavoratore immaginava il proprietario della fabbrica solo come il aiiìiialista, il padrone. Man mano che, grazie alle nuove condizioni di esistenza, l'orizzonte sociale si allargava nella prassi così come nel pensiero, il processo di astrazione toccava tutti i rapporti sociali. Deconcretizzch va le personalità negli spiriti, e le risolveva in categorie generali. 11 cambiamento delle concezioni trascinava con sé quello dei principi di comportamento. Effettivamente, è difficile provare alletto per molti operai che si conoscono appena di vista; non si può essere cordiali con tutti i compagni di viaggio in ferrovìa; si può essere caritatevoli verso degli individui poveri, ma non si può esserlo verso la classe dei poveri. Riservati solo a casi particolari, i sentimenti di alletto, di cordialità e di carità, generalizzandosi, si riducevano ad una semplice disposizione alla correttezza, ad esser giusti verso chiunque ed a rispettare la personalità umana fin nel piti umile e ne! più infelice membro della società. I rapporti sociali dovevano essere ormai regolati da principi generali; meno intensi torse, ma abbastanza comprensivi da potere accogliere tutta la massa mutevole delle unità da cui d'ora in poi sarebbero state composte le categorie socia-
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li astratte e, dunque, in grado di fornire loro, pur nella dispersione, un nuovo terreno di contatto. VI. Per sua natura legato alla società, lo Stato attraversava la stessa crisi di disgregazione. La separazione dalla Chiesa e la stessa evoluzione sociale lo rendevano più personale ma, allo stesso tempo, gli toglievano coesione. Non formando più un'entità unica e indivisibile con la società, che ne era contemporaneamente fondamento e cemento, lo Stato cessava esso stesso d'essere unico e indivisibile. Il self-government locale non era più legato al governo parlamentare dalla catena ininterrotta di una classe dirigente unica e unita. Ognuno dei due ambiti aveva ormai la propria esistenza, un personale distinto, mezzi e metodi d'azione differenziati. Disgiunti l'uno dall'altro, si sbriciolavano ulteriormente. Il self-government si spezzettava sistematicamente: le riforme nell'amministrazione locale, dettate dal nuovo spirito o dai nuovi bisogni e introdotte, secondo le abitudini legislative inglesi, gradualmente, senza un piano organico d'insieme, portavano in ogni caso alla creazione di nuove attribuzioni elettive con nuove circoscrizioni che non coincidevano affatto con le altre divisioni del governo locale. Ogni autorità tassava per proprio conto i suoi amministrati e aveva il suo budget con il suo esercizio finanziario indipendente. Non c'erano più quadri fissi dell'amministrazione locale con un centro che unificasse le differenti attività. Nello stesso tempo, per far fronte alle nuove esigenze di una civiltà ogni giorno più complessa, il legislatore credette di dover immettere nei servizi locali una grande quantità di impiegati salariati, e, per maggior sicurezza, li pose sotto la sorveglianza delle autorità di Londra. Il funzionarismo e la centralizzazione entravano così nel profondo dell'amministrazione locale e ne allontanavano i rappresentanti della società. Questi lasciavano fare, sia perché il self-government così trasformato non si presentava come terreno favorevole all'azione, sia perché essi stessi non ci tenevano. In effetti quando la borghesia ebbe ottenuto il potere politico, il suo entusiasmo civico si raffreddò rapidamente, e Disraeli potè con ragione denunciare la « nuova classe dirigente che non dirige ». Anche nel principale centro della vita politica, il Parlamento, l'antica molla non tardò ad allentarsi. 'La stessa fatidica data del 1846, che segnò l'eclissi dell'antica società, mise in evidenza tale evento. Facendo accettare ai suoi sostenitori l'abrogazione delle leggi sui cereali, sir Robert Peel spaccò il partito storico dei conservatori. Questo rappresentava l'opposizione del landed interest, che incarnava la vecchia Inghilterra, alla nuova società industriale. La soppressione delle leggi sui cereali, dopo tante altre riforme, cancellava questo antagonismo. Nello stesso
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tempo, una frazione considerevole del partito tory, fedele ai suoi ricordi e alle sue passioni, rifiutò di seguire PeeI nella sua evoluzione e formò un gruppo indipendente, opposto sia a Peel che ai ivhigs. Il dualismo perdette d'un colpo la sua ragion d'essere storica e la sua base materiale. Ormai alla Camera non c'era più una maggioranza. Il Parlamento andava parcellizzandosi. Presto in tutte le file parlamentari i legami tradizionali di partito si allentarono; non vi fu più disciplina, non si potè più contare sui sostenitori. Nel 1855, Greville nota: « Non c'è nessuno che riconosca doveri di fedeltà o almeno di legame con il partito, o che sembri tenere a c|ualcuno o a ciualcosa ». L'individuo si emancipava in Parlamento come altrove. I veterani della politica si lamentavano della perversità di cjuesti nuovi costumi, ma non provavano abbastanza indignazione per biasimare VinconsKtency and ìmìnccrìty di cui davano prova i membri di tutti i partiti. Questi censori, come tutti i laudatore^ tcmpom acti, non sospettavano, tenacemente avvinghiati alle nozioni tradizionali, di applicare una vecchia morale a un nuovo mondo, o per lo meno a un mondo in trasformazione. Il Parlamento non presentava più l'antico spessore semplicemente perché la società non Io possedeva più. La moltiplicazione crescente delle sfumature sociali, la differenziazione delle nuove tendenze arrivarono fino alla Camera, per a.uanto fosse stretto allora il passaggio che vi conduceva. La fedeltà dell'uomo ligio, che era l'anima del governo dei partiti, cessò di essere una virtù per l'uomo politico; i quadri fissi dei due partiti classici costruiti su questo principio, e che si riteneva dovessero condurre ai due schieramenti tutte le tendenze e le aspirazioni, diventarono troppo stretti per abbracciare i rapporti multipli e variabili della vita politica. Così la disgregazione dell'antica società ingle.se doveva logicamente terminare con la rovina del governo di partito che raj)presentava la sua suprema formula nell'ordine politico. Quest'ordine, protetto dal parlamentarismo, chiedeva, esattamente come l'ordine sociale, un principio di direzione più comprensivo e un campo d'azione più ampio.
Capitolo 3 TENTATIVI DI CONTRORIVQLUZIONE I. La nuova direzione impressa alla società dalla filosofia individualistica e dalla trasformazione industriale, provocò presto l'allarme su diversi fronti e suscitò dei tentativi di ritorno al passato. Il primo tentativo di reazione venne dalla Chiesa. Fu contro di essa
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che nacque la prima rivolta dell'individuo oppresso, poiché la coscienza individuale cercava di affermarsi nei suoi rapporti con Dio. Quando persino lo Stato si vide obbligato, a partire dal 1828, a rompere uno dopo l'altro i vincoli legali che collegavano il cittadino alla Chiesa, la stessa illusione di una conformità esteriore venne distrutta. Alcuni campioni della Chiesa si levarono allora ad Oxford per ristabilire l'antica unità. Cercarono di riaffermarla attraverso un ritorno romantico al primitivo, al cristianesimo dei primi secoli, alla tradizione della Chiesa cattolica, universale. Predicando il ritorno ai vecchi dogmi precedenti la riforma, gli iniziatori del «movimento di Oxford » introdussero nel culto quelle cerimonie, quegli scenari che lusingano e cullano i sensi, e soggiogano cosi l'anima. Alla ragione sostituirono il sentimento; alla fede interiore che assolve essi opposero la Chiesa visibile alla quale è sufficiente associarsi con l'osservanza di riti esteriori e uniformi per ottenere la salvezza dell'anima. Nel confronto tra la coscienza individuale e Dio interposero i preti, depositari della tradizione e dell'autorità della Chiesa, e dispensarono caritatevolmente l'uomo dal ragionamento e dalle sue angosce. Ma per imporre le loro dottrine furono obbligati essi stessi a fare appello all'opinione pubblica. Attaccati, sì dichiararono per la libera discussione. La controversia scatenò così una bufera e non fece che allontanare ancor di più la società dall'unità religiosa. Ma nello stesso tempo essa rese più intensa la vita religiosa dei differenti gruppi tra i quali i credenti si erano divisi, e la setta degli uomini di Oxford fu la prima ad attingervi energia vitale. In guerra per l'autorità e la tradizione, essi erano riusciti solo a dimostrare come nella società moderna il principio di vita più sicuro fosse ancora la libertà. II. Dopo i romantici della Chiesa vennero i romantici del castello per ristabilire l'antica fede politica che univa le classi e gli individui. Alla testa di questo movimento si pose Disraeli, che era allora all'inizio della sua carriera politica. Egli vedeva l'atomismo sociale dominare ovunque nell'Inghilterra di allora. Tutto non era che disorganizzazione e demoralizzazione: « La regina d'Inghilterra regna su due nazioni: i ricchi e i poveri. Le classi sono sollevate le une contro le altre. Nei distretti manifatturieri, niente più società, null'akro che un aggregato». «Come potrebbero gli elementi della nazione fondersi di nuovo? » attraverso una nuova distribuzione del potere politico? Sarebbe ricadere nel vecchio errore che consiste nel credere che la felicità nazionale possa essere affidata alle istituzioni politiche. Un'istituzione politica non è che la macchina, mentre la forza motrice è costituita dal carattere nazionale. Dopo la pace si preconizzava la ricostruzione della società su una base puramente
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razionale, sulla base di motivi materiali e di calcolo, sul principio clell'utilità. Il tentativo era fallito, naturalmente, perché il potere della ragione è ben limitato. La passione e l'immaginazione sono infinitamente piìj potenti. « Il mezzo piìi sicuro di elevare il carattere di un popolo, è di fare appello ai suoi affetti. » Così Disraeli riteneva che bisognasse riaccendere nei cuori la fiamma degli antichi sentimenti: l'attaccamento al Trono e alla Chiesa, e le simpatie sociali tra il popolo e i suoi leader naturali. Per attuare c]uesto programma, si costituì un partito sotto il nome di Giovane Inghilterra, dove, accanto a Disraeli, presero posto parecchi giovani della buona società, ossessionati da sogni romantici. Per loro ispirazione, la sollecitudine per gli umili divenne di moda tra l'aristocrazia terriera. I kuullords provvedevano generosamente ai bisogni dei loro contadini, accrescevano il benessere di costoro, organizzavano delle feste popolari; le fanciulle delle grandi casate facevano «pellegrinaggi di carità» attraverso i villaggi; i giovani lord giocavano a cricket con i contadini. In cambio di c]uesti bei modi, i contadini dovevano essere docili e sottomessi ai Icmdlords in ogni circostanza. Il movimento non andò molto oltre c|ueste manifestazioni idilliache. La fiamma degli antichi sentimenti che la Giovane Inghilterra aveva voluto riaccendere si trovò ad essere solo un fuoco d'artificio. Il sentimento non poteva resistere ai fatti, l'immaginazione era impotente per cambiare la realtà. La società inglese non era più nella condizione feudale in cui regnavano tra le classi t]uei rapporti di cui la Giovane Inghilterra voleva vedere la ricostituzione. IH. Un successo molto più felice toccò a un altro campione partito in guerra contro la nuova società sorta dal benthamismo e dall'industrialismo: Thomas Carlyle. Come Disraeli, Carlyle deplorava la distruzione dell'antica fede sociale; come lui, egli non vedeva nei cambiamenti costituzionali che un miserabile espediente, e aspettava la salvezza solo dal ristabilimento della leadership sociale fondata sulla coscienza del dovere dei condottieri e di coloro che i condottieri avrebbero diretto. Denunciando con veemenza il materialismo dell'era meccanica e l'anarchia del lamcz-Jaire, egli affermava la necessità di un ideale per ogni società che voglia vivere, ed esortava i suoi compatrioti ad impregnarsi del sentimento del elovere. « Il resto », cioè la soluzione pratica della crisi sociale, « sarebbe venuto da solo», come nel Vangelo. Egli chiamava al potere una nuova aristocrazia, non di nascita, ma di sentimenti; perché gli uomini hanno bisogno di essere condotti e diretti da superiori, di grado o di forza, a dispetto delle menzognere dottrine della democrazia che «porta solo a zero», che non è fatta che di «ombre delle cose, di forme benthamiste aride come il vento dell'est». Ma come libera-
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re questa aristocrazia di spirilo e di cuore, come riconoscere i veri aristocratici per affidargli il governo? A questo punto nessuna risposta da Carlyle. Egli si accontentava di riversare i suoi sarcasmi su! suffragio, e di lasciare esplodere il suo disprezzo e il suo odio per la democrazia. L'effetto della predicazione di Carlyle fu enorme. L'animo inglese, con il suo fondo di emozioni contenute, con la sua fibra religiosa, non è mai insensibile agli appelli che gli si rivolgono; bisogna solo parlare alto e forte, e dare l'impressione di sentire realmente ciò che gli si dice. Senza rivelare il senso del Verbo, senza indicare una via d'orientamento, il nuovo profeta riusciva sempre a riscuotere gli animi. Colpiva molto l'immaginazione, ma toccava appena la ragione e i nervi tesi non tardarono a rilassarsi. Si vide così che per stroncare il movimento che sospingeva gli spiriti sulla via dell'individualismo, non bastava dichiarare, a gran voce, che le formule benthamiane erano « aride come il vento dell'est », IV. L'unica soluzione positiva che fu proposta per ricondurre la società ad un'esistenza organica venne da parte di alcuni riformatori che erano stati particolarmente colpiti dagli effetti del regime industriale sul destino materiale degli operai. Essi vedevano il principio della libera concorrenza, così caro all'economia politica, aumentare il potere dei forti e diminuire t]uello dei deboli, e mettere costoro alla mercé dei primi, che non conoscevano né giustizia né pietà. Concepirono cjuindi l'idea di entrare in lotta con la «concorrenza» sul terreno pratico. L'azione fu intrapresa da Fr.D. Maurice e Charles Kingsley, ministri della Chiesa ufficiale, ma uomini dal cuore generoso e di larghe vedute. Alla concorrenza che divide, che arma l'uomo contro il suo simile, vollero opporre l'associazione industriale, ma animata dallo spirito cristiano. I^erché l'associazione non avrebbe mai potuto vincere la concorrenza senza la cooperazione fraterna, senza lo spirito di sacrificio, senza la subordinazione dell'io; e quest'istanza, solo il cristianesimo poteva darla all'associazione; non il cristianesimo dogmatico, ma il cristianesimo morale, il cristianesimo di Cristo. Con questo spirito, i socialisti cristiani - come Kingsley, Maurice e i loro amici si chiamarono -- fondarono a Londra un'associazione cooperativa di sarti, in cui i profitti erano divisi tra tutti in parti uguali. Il successo di cjuesta associazione provocò la formazione di molte altre. La società centrale, diretta da Kingsley e dai suoi amici, sognava di inglobare a poco a poco l'intero paese in ciueste associazioni cooperative; essa voleva fare una realtà del principio che aveva inscritto in testa ai suoi statuti: « La società umana è un corpo composto da piìi membri e non un coaceivo di atomi che si combattono ». Ma ben presto le società comincia-
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rono a declinare: l'egoismo della natura umana si risvegliò là come altrove; gelosie e rivalità scoppiarono tra i membri; ognuno tirava dalla sua parte. Le associazioni si sciolsero. Questi quattro movimenti di reazione all'individualismo, provenienti da origini diverse e che agivano su gruppi diversi della società, presentavano una grande affinità, non solo per lo scopo che perseguivano, ma per lo spirito e per i metodi d'azione che adoperavano e che li fecero arrivare allo stesso risultato negativo. Tutti erano caratterizzati dalla mancanza di senso della realtà, tendevano all'assoluto, come del resto lo stesso benthamismo, contro il cjuale essi si erano mobilitati: gli uni vedevano la salvezza nel ritorno alla teocrazia, mentre l'emancipazione della coscienza religiosa era ormai un fatto compiuto; gli altri volevano riaffermare con i sentimenti del tempo feudale una società disgregata, mentre lo spirito feudale era definitivamente svanito; gli altri ancora si profondevano in imprecazioni contro la democrazia gridando che rappresentava uno zero mentre c|uesta «scorreva già a profusione»; gli altri, infine, ignorando il lato egoista dell'uomo, opponevano al principio assoluto dell'interesse il principio non meno assoluto del sacrificio e dell'abnegazione per ottenere l'equilibrio sociale. Credevano tutti di offrire l'antidoto al male, mentre non affermavano che la sua antitesi. Bisognava sempre trovare la sintesi, f^artiti dal cuore, gli appelli di Carlyle, di Kingsley, di Dickens, che ha fatto dei suoi romanzi una tribuna, e di tanti altri, hanno trovato un'eco nei cuori. Hanno colpito i sentimenti della società, ma non hanno cambiato il suo pensiero colato nello stampo dell'individualismo.
Capitolo 4 TRIONFO I3EFINITi:VO DEL NUOVO ORDINE 1. La campagna sentimentale provocata dagli eccessi dell'industrializzazione aveva tuttavia lasciato nel fondo degli animi uno di quegli stati di malessere che, per quanto vaghi e indeterminati siano, di giorno in giorno, di ora in ora, corrodono il cuore e scalzano le antiche convinzioni per far posto alle nuove, forse ancora sconosciute. Eppure l'uomo non chiede di meglio che di essere rassicurato nelle sue opinioni, e gli basta ascoltare una parola, una sola parola detta con autorità, per allontanare i suoi dubbi. La società inglese degli anni 1848-1860 ebbe piìi di una parola; ottenne, o credette di ottenere, delle vere e proprie dimostrazioni. L'abolizione dei diritti sui cereali nel 1846, e l'altra grande misura libero-scambi-
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Sta, l'abrogazione delle leggi di navigazione, adottata nel 1849, furono seguite da una ripresa straordinaria del commercio e dell'industria. L'entusiasmo che provocava questo movimento ascendente delle forze economiche dell'Inghilterra, e il benessere che diffondeva in tutte le classi della società, comprese le masse operaie, mitigavano il malcontento e dimostravano l'eccellenza del metodo del libero gioco degli interessi. La teoria, dal canto suo, apportava ai fatti una consacrazione dottrinale. La Scuola di Manchester se ne occupò sul versante della borghesia. I mcmchestermen erano uomini appartenenti alle classi commerciali e industriali, e non si perdevano certo dietro astrazioni; ma l'aspetto economico della teoria del Icmsez-faìre li conquistò. Credendo di trovare in questa massima la soluzione generale ai problemi posti dai bisogni pratici, essi ne fecero la loro filosofia, tutta la loro filosofia. Secondo la Scuola di Manchester, la libera concorrenza, l'astensione dello Stato da ogni intervento nella produzione e nella distribuzione delle ricchezze, fossero esse a favore dei ricchi o a vantaggio dei poveri, infine il free tracie (libero scambio) tra cittadini e tra nazioni sarebbe stato come una legge divina (la «legge internazionale dell'Onnipotente» secondo l'espressione di Cobden) che abbraccia nei suoi benefici l'ordine materiale e l'ordine morale, la vita interna di un paese e i rapporti internazionali. Permettendo ad ognuno l'impiego più lucrativo delle sue risorse, la libera concorrenza avrebbe sviluppato nell'individuo la fiducia nelle sue forze, lo spirito di virile indipendenza, il rispetto di se stesso. Volgendo gli sforzi degli uomini verso l'emulazione pacifica nel campo dell'industria, il free (rade avrebbe assicurato la pace tra i popoli o la maggior gloria della civiltà e del suo progresso continuo. Questa dottrina altro non era che la traduzione, ad uso di commercianti e industriali, della vulgata del vangelo dell'individualismo razionalista. IL Nello stesso periodo, a questo vangelo fu data una nuova interpretazione che sembrò essere una nuova rivelazione. Dall'alto della filosofia fu proclamato, in un modo che sembrava allontanare per sempre ogni tipo di dubbio, che la nozione dell'individuo autonomo era una verità eterna fondata sulla ragione. L'élite intellettuale, un po' scossa da Carlyle e dagli altri, recuperò o piuttosto consolidò 'la sua fede, ed acclamò colui al quale era debitrice: John Stuart Mill. La dottrina di Mill, in fondo, era quella di Bentham. Partiva dalla stessa concezione utilitaristica, e si appellava allo stesso metodo di osservazione e di esperienza. Anche per lui l'uomo non può volere e perseguire che ciò che è piacevole. Ma poiché il benessere individuale non è realizzabile pienamente se non nel benessere generale, l'egoismo, per diventare una verità, deve trasformarsi in al-
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truismo. Mill arriva così alla conclusione che la società deve lasciare l'individuo libero in tutto ciò che lo riguarda. «L'individuo è sovrano su se stesso, sul suo corpo e sul suo spirito, e non solo nei riguardi dello Stato ma anche verso l'opinione pubblica, la cui tirannia non è meno oppressiva di cjuella dello Stato. » Libero nella sua esistenza morale e sociale, egli deve esserlo ugualmente nell'ordine economico, nel tjuale il lahsez-fatre deve essere la regola generale, alla cjuale non è permessa alcuna deroga se non per qualche ragione importante. Pur riproducendo così la dottrina di Bentham, Mill vi apportò delle modifiche che, senza toglierle nulla della sua essenza e del suo valore pratico, senza eliminarne neanche i diletti, le conierì tuttavia un aspetto piìi generoso, più ampio, e t]uesto tu d'importanza capitale per il suo successo nell'opinione pubblica. Prendendo come punto di partenza delle azioni umane il desiderio del piacere - Mill valuta il piacere non solo c]uantitativamente, ma anche ciualitativamente - , lo giustifica con il «sentimento di dignità che posseggono tutti gli esseri umani », e giunge in fine a rintracciare il criterio della morale utilitaria non, come Bentham, nel maggior benessere di colui che agisce, ma nella somma maggiore di benessere generale. Erede universale dell'economia politica individualistica, Mill inaugura la sua successione aprendo le porte ai suoi avversari, senza accordai' loro tuttavia la possibilità di dividerne il possesso. Rinuncia al rigore del principio del laissez-Jaire; più di chiunciue altro dei suoi predecessori egli ammette eccezioni al dogma degli economisti ortodossi, e lui stesso se ne fa il teorico. Giunge addirittura ad abbracciare l'eresia che nega il carattere assoluto della proprietà. Infine, per colmo di indulgenza verso i suoi avversari, i socialisti, ammette che la proprietà individuale non è che una delle modalità possibili di distribuzione delle ricchezze, modalità che un giorno potrà sparire. Mill è più deciso sulla forma ideale di governo: presso ogni popolo uscito dall'infanzia, non può esserci un sistema migliore di quello della democrazia rappresentativa. Tuttavia gli riconosce egli stesso delle «infermità e pericoli» e cerca dei rimedi. Le incongruenze della sua dottrina, ne accrescono il successo, dando al pubblico un'impressione seducente, insieme di imparzialità e di sincerità, di arditezza e di apertura mentale. Tuttavia dopo tutte le concessioni e tutte le anticipazioni che Mill aveva fatto, il parametro dell'ordine morale, sociale e politico restava l'individuo; tutti i rapporti sociali e politici sono riferiti, nell'analisi di Mill, all'individuo solo l'interesse individuale è esaminato sotto una nuo' La l i b e r t à i n d i v i d u a l e d e v e essere ii p r i n c i p i o s u p r e m o della società p e r c h é : l i c e m e n t e S i r J o h n , cjuancio gii si parla, n Ijaronccly c o n i e r i s c e lo s t e s s o t i t o l o , ma e r e d i t a r i o , in linea m a s c h i l e n e i r o r d i n e di {>riiì'!o^.ieniluni. L a parìa c o n i e r j . s c e allo .ste.s.so m o d o i [iloli di b a r o n e , v i s c o n t e , c o n t e (cari), m a r c h e s e e d u c a .
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valori farebbero più fatica a ditendersi dall'accusa che la loro politica e la loro opera legislativa vengono influenzate dal denaro versato nelle casse del partito: i birrai sono da molto tempo tra i generosi finanziatori del partito toiy, e questo non li dimentica affatto quando è al potere; i protezionisti, che si sono appena attaccati al suo carro, non sono meno generosi, e per lo stesso motivo. Le soddisfazioni di una specie o di un'altra che tali finanziatori possono aspettarsi dalla riconoscenza del quartier generale spiegano in parte la circostanza prima menzionata, e cioè che le grandi sottoscrizioni politiche locali si fanno più rare: i donatori preferiscono versare il loro denaro nel fondo centrale del partito, è un investimento più sicuro. Ecco ancora una ragione che attenua la vitalità politica locale ed accentua l'influenza del centro. V, Dopo la preparazione dei collegi elettorali in vista del combattimento, il secondo e principale compito dell'Organizzazione centrale è quello di organizzare l'opinione pubblica nel partito, di suscitare l'unità di sentimenti per assicurare un'azione compatta di tutti i contingenti al momento decisivo. Tale compito è assolto dalla Federazione nazionale, finché si tratta di quanto accade esteriormente sulla scena politica, ma dietro le quinte sono spesso i leader a tenere i fili, I delegati delle Associazioni affiliate sono chiamati a partecipare a riunioni periodiche per stabilire il programma del partito, esprimere le loro opinioni sulla politica del governo del paese, per prendere posizione, infine, riguardo a tutto ciò che concerne la vita dello Stato. Queste sedute nazionali del partito hanno luogo una volta all'anno, in provincia, in città di volta in volta diverse. I capi supremi del partito - quando il partito è al potere è il primo ministro accompagnato da alcuni membri del gabinetto - rendono più importanti cjueste solennità con la loro presenza e vi pronunciano lunghi discorsi. Ciò nonostante, tali riunioni mancano di vitalità e d'importanza reale. Sebbene si supponga costituiscano il parlamento del partito, esse non sono affatto assemblee deliberanti. Nell'idea dei capi del Caucus, espressa già molto tempo fa, le riunioni de! delegati non devono avere altro fine che quello di proclamare di fronte al paese i punti sui quali l'intero partito è d'accordo. «Questa non è, » spiegava il presidente della Federazione alla famosa riunione di Newcastle «voglio essere molto preciso su cjuesto punto, c]uesta non è una riunione per discutere le c]uestioni. » I delegati, dichiarava, sono venuti non per esprimere le loro opinioni, ma per constatare quali sono le ciuestioni che il leader liberale può affrontare, con la certezza di avere alle spalle il partito liberale unito come un sol uomo. Il compito della f^'derazione consisterebbe, quindi, non nel creare e plasmare l'opinione, ma unicamente nel dichiararla.
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nel tarla tuoriuscire da! luogo nel quale giace. A c|uesto scopo, il comitato esecutivo della l'ederazione invita tutti gli anni le Associazioni locali a indicargli i problemi die le preoccupano e, secondo le risposte ricevute e le intormazioni die possiede, stabilisce l'ordine del giorno della conterenza annuale. IDurante i due giorni della conferenza, è materialmente impossibile pronunciarsi sui differenti punti de! programma. I/umile delegato ha appena cinque minuti |ier il suo discorso. Lo si ascolta distrattamente, l'attenzione infatti è già stata dispensata alle arringhe dei grandi leader. Manca nei discorsi lo spirito critico, di contraddizione. Non è ammesso alcun emendamento alle risoluzioni, predisposte in anticipo dal comitato esecutivo. Queste risoluzioni, presentate da oratori designati anch'essi in anticipo, vengono votate in genere per acclamazione. La portata politica della riunione si riduce a una grande dimostruzioiic di partito, nella quale gli spettatori, convenuti da diverse parti del paese, sentono i loro cuori fiattere all'unisono, ed attingono l'entusiasmo per le battaglie da combattere. Queste manifestazioni contribuiscono a formare l'opinione pubblica solo indirettamente, tornendo un veicolo pufiblicitario in più alle idee che si agitano nel partito. Lo staliilirsi di questo stato di cose lia incontrato non poclie resistenze. Il lettore ha già avuto modo di conoscere la campagna dei liberali indi]3endenti contro il « liberalismo ufficiale », ed il loro tentativo di fare della l''ederazione un vero parlamento di opinione, invece di abbandonarsi nelle mani dei ivire-l)ullcn del quartier generale. Sotto la pressione degli scontenti venne intrapresa, dopo il 1895, la revisione della costituzione federale in senso più rappresentativo e democratico. Ma lo si fece cosi bene che il jiotere nella Federazione divenne ancor più centralizzato. Le competenze del comitato esecutivo si trovarono ad essere ancor più l'afforzate. E ixiiché il personale di questo comitato non varia molto, la direzione della l'ederazione è nelle mani di una consorteria. It is a dose corporation, secondo la descrizione che ne ha data un rappresentante di un'im[lortante Associazione locale. Ma in pubblico le ]:)roteste non si tanno più sentire. Molti membri si rendono conto della loro impotenza, ne sono irritati, ma tacciono. Del resto questa «consorteria» non persegue nessun fine interessato o soi'dido. Votata al partito ed ai suoi leader, cerca di appianare loro la strada reprimendo gli ardori ed in generale le manifestazioni dell'oiiinione publilica che le sembra possano mettere in difficoltà i leader nella loro strategia o tattica. VI. 'f'uttavia, non saretibe giusto credere che i capi della l'ederazione e i leader ufficiali alleati siano padroni assoluti della situa-
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zione. Il loro potere sull'opinione pubblica del partito è considerevolmente attenuato nella pratica, per questa duplice ed elementare ragione: non si può mai costringere né ingabbiare l'opinione pubblica. Arrivata alla maggiore età, l'opinione pubblica dispone di se stessa; si da, si lascia sedurre, la si può circuire, ma sempre con la sua complicità, confessata o tacita. D'altra parte, l'opinione pubblica non è affatto fissa ed immutabile. Impulsiva e instabile per natura, l'opinione pufiblica può essere portata a seguire solo la direzione per la quale propende, anche se in modo latente. Probabilmente, poiché queste tendenze sono di ordine morale, esse possono essere forgiate o modificate dalla forza di volontà umana che agisce sugli animi. Il livello intellettuale e l'energia politica dei diversi amliienti offrono una resistenza variabile a questa azione esercitata dall'esterno, ma nessun aml^iente vi sfugge, come in nessun caso l'opinione pubblica che abbia già un minimo di coscienza di se stessa risulta completamente passiva. Ovunque essa obbedisce ad impulsi diversi, a volte spontanei, a volte esteriori e in maggiore o in minore misura artificiali. E al tempo stesso despota capricciosa e docile schiava. Così, i suoi interpreti e le sue guide, per condurla, sono costretti a seguirla: le danno l'impulso nello stesso attimo in cui lo ricevono. Lo stato attuale della società politica inglese impone, in modo particolare, questo gioco in partita doppia. Come si è notato, l'Inglese è sempre disposto to look up verso uomini « superiori » che gli ispirano Soggezione, per motivi diversi. Ma si sono ugualmente notati i progressi compiuti dallo spirito democratico, a seguito della trasformazione politica e industriale; si è potuto constatare che se io spirito democratico non è ancora penetrato profondamente nell'animo nazionale, ha nondimeno incisivamente toccato i rapporti politici. Così, se la passività della maggioranza lascia una considerevole libertà d'azione nella direzione del partito agli uomini che si sono messi a capo dell'Organizzazione, essi sono nondimeno costretti, per usare il potere che hanno ottenuto, a sondare ogni pollice del terreno sotto i loro piedi, a regolare la loro andatura sulle disposizioni dei loro seguaci. Sorvegliano lo stato spirituale nei diversi ranghi del partito, scrutano, apprezzano, valutano i bisogni e le aspirazioni che agitano il paese per attribuirli, eventualmente, al partito, se in questo modo è possil^ile guadagnare voti. Perché, per grande fhe sia nei wire-pulkrs la sincera preoccupazione per l'interesse pufiblico, il loro animo è sempre dominato dall'angoscia delle successive elezioni. Pur regolando la loro ancfatura sull'opinione pubblica, i grandi ivire-pullers sono fatalmente costretti a seguirne le tracce un po' a tentoni. Per necessità completano da soli i dati imperfetti forniti dall'osservazione, senza rendersene forse conto. Oppure prevengono l'opinione pubblica in modo deliberato, con considerazioni
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di pubblico interesse, nel senso in cui essi lo intendono, o di strategia di partito. In ogni caso, non si potrebbe comunc^ue arrivare a nulla senza l'assenso o la complicità della pubblica opinione. Per assicurare quell'accordo che manca, o per darne almeno l'illusione, l'Organizzazione centrale si applica, quando il tempo lo permette, a educare, come si suol dire, l'opinione pubblica sull'argomento, agitando le accjue sui punti in c]uestione. 1 mezzi d'azione sono quelli ordinariamente utilizzati dal Caucus per la propaganda, solo il vapore è a pressione più alta, VII. L'Organizzazione centrale, mobilitando i suoi aderenti, incombe su tutti coloro che non appartengono a tali categorie. Perché è virtii caratteristica dell'opinione pubblica c]uella di crescere come una valanga. Come cjuesta, infatti, essa nasce da un impulso primario al quale si aggiunge la consapevolezza degli esseri viventi che vanno a ingrossarla, e che hanno bisogno di vedere, di sentire la massa crescere ed aumentare, per adeiirvi. L'agitazione perseguita dall'Organizzazione non ha altro fine che quello di fornire a piìi riprese questa dimostrazione. Sapientemente plasmate con la leva delr « entusiasmo », le varie manifestazioni, ispirate o dirette dai wirepullen in capo, e simultaneamente rappresentate in pili luoghi e su vastissima scala, hanno l'effetto di scuotere in tutto il paese l'immensa folla degli indifferenti e dei neutrali. L'illusione della forza impiegata, data soprattutto dalle chiacchiere suscitate, impressiona gli indecisi, gli apatici, gli uomini privi di convinzione, i vili che si schierano sempre accanto ai forti, ed arriva fino a intimidire gli avversari. Se solo raramente questi ultimi si convertono, po.ssono facilmente essere portati ad astenersi o a rallentare il loro cammino sotto lo sconcertante clamore delle imprecazioni e delle minacce del giudizio popolare. Meno si è in grado di distinguere nettamente la voce del popolo che tutti invocano, più facilmente ci si lascia commuovere dal rumore confuso in mezzo al quale si suppone esso parli. L'essenziale è riuscire a rendere questo rumore intenso. Nel produrre tale effetto, il valore del Caucus è inestimabile. Abituati a seguire la spinta dell'Organizzazione centrale, le rispondono come un'eco risponde alla voce. I loire-pullen possono così aprire il fuoco su tutta la linea al momento desiderato; « sguinzagliano » le Associazioni per produrre « proteste nazionali », « dichiarazioni nazionali », « mandati popolari ». Le Associazioni non devono neppure darsi da fare per trovare uno stile, spesso ricevono dal quartier generale addirittura la formula della risoluzione che sarà votata con entusiasmo. In pochissimo tempo la posta o il telegrafo avranno diffuso massicciamente le riso-
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lozioni volate, e si potrà trionfalmente alfermare che « il paese ha parlato ». L'opinione pubblica viene creata dai partiti, secondo i bisogni della guerra che si fanno l'un l'altro e di cui essa rappresenta il nerbo. Nel tempo in cui il potere si raggiungeva e si manteneva solo attraverso la forza materiale, era il denaro che torniva tale forza; e cjuando non si aveva abbastanza contante, se ne emetteva di nuovo, sia alterando la moneta, sia più tardi, con il progresso della civiltà, emettendo assegni. Ormai le truppe mercenarie sono incapaci di sostenere un governo, le guardie svizzere non possono piìi difendere un regime. E a colpi di opinione pubblica che si regolano gli affari del paese. Ma ecco che i capi cercano ancora di procurarsi il nuovo nerbo della guerra con modi altrettanto sbrigativi che nell'antichità: falobricano l'opinione pubblica come si emettono assegni, fi Caucus, con le sue succursali, è la banca di emissione del nuovo valore finanziario, che sostituisce e rinforza le operazioni dell'altro moderno strumento di circolazione d'energia morale, che è la stampa. Certo, l'operazione ha i suoi limiti, accade anche che l'agitazione sollevata faccia fiasco e che i loìrc-pnllers si accorgano, troppo tardi, che hanno emesso - per riprendere la metafora economica ~ più moneta di quanta ne potesse sopportare il mercato, nonostante la sua capacità e abitudine di assorbimento. Con questa riserva, le manifestazioni organizzate dell'opinione pubblica Vanno sempre piìi o meno a buon fine. E ciò che è più notevole, è che impressionano non solo la folla, ma anche i capi supremi del partito, al punto che questi, ministri o leader dell'opposizione, vanno a cercarvi lo stimolo per la loro energia e per la loro volontà. Ad un cenno fatto dal quartier generale, le richieste e le risoluzioni votate dai Caucus locali cominciano a piovere come grandine, protestando tutta la loro tinabated conjitlcticc (fiducia niente affatto diminuita), tDnioewbìg loyalty (lealtà invariata), stroiìg coudcmiiattoii (energica condanna) degli avversari, eccetera. IDi primo acchito, sembra strano che i leader, che ben sanno cosa significhi parlare, diano peso a dimostrazioni fittizie. Ma tutto cjuesto è spiegato da ragioni inerenti alla sensibilità caratteristica degli uomini che agiscono di fronte ai publolico. È un fatto noto che molti artisti, che hanno lasciato un nome immortale nella storia del teatro, avevano un bisogno imperioso dell'accompagnamento della claquc per mantenersi alla loro abituale elevatezza di esecuzione. Nelle condizioni della vita politica contemporanea, gli uomini politici, che non sempre sono grandi artisti, possono ancor meno rinunciare agli applausi della claque. f^^'organizzazione del Caucus la fornisce, ancora una volta, congiuntamente alla stampa del partito. reazione nervosa che provoca nei capi di partito li rende, in larga misura.
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vittime ciell'illusione che avevano contribuito a creare. Non sono pili gli applausi della claquc che credono di sentire, ma i battiti di cuori che vibrano all'unisono con i loro, spontaneamente e liberamente. In ultima analisi, il ruolo dell'Organizzazione centrale, che obbedisca alla spinta della Federazione o a ciucila del tohip, è abbastanza considerevole, sia nella sfera organizzativa, sia nella direzione del partito, sebbene, a c|uest'ultimo riguardo, la sua influenza sia soggetta a molte limitazioni. Nei tempi di calma, l'Organizzazione centrale può contare sull'adesione delle Associazioni locali, sul consenso dell'opinione pubLilica che vi si collega. Ma nei momenti di tempesta, nei cjuali l'anima nazionale tende molto verso una direzione determinata, l'Organizzazione sarebbe incapace di risalire la corrente, tutto il suo ivire-pulling e tutto il prestigio di cui gode nei Caucus risulterebliero completamente inutili. Accanto all'Organizzazione centrale ufficiale, esiste anche una grande organizzazione liberale indipendente. E la National Reform Uiiìon di Manchester, di cui si è parlato a lungo nella parte storica di cjuesto studio. Abbiamo visto che Vlìnion, che rappresentava in origine una corrente politica opposta a cfuella del Caucus, è scomparsa di fronte all'organizzazione di Birmingham, divenuta il portavoce ufficiale del partito. In ciuesti ultimi anni Vlìnion ha cercato di riprendersi e di raggruppare intorno a sé gli elementi piìi avanzati del partito e desiderosi di emanciparsi dair« iifficialismo » del Caucus centrale. Ma poiché non ha mai contestato apertamente il partito e continua a cooperare con esso alle elezioni, è sempre l'organizzazione ufficiale, ortodossa, unita ai capi del partito, che comanda ed esercita l'autorità e l'influenza legate ad un'organizzazione di partito. VIII. Ot'ii-'^i tutto cfuello che è stato appena detto sull'Organizzazione centrale del partito liberale è valido anche per c|uclla del partito conservatore. Vi sono tuttavia tra i due delle differenze considerevoli sia nella forma che nel contenuto. II meccanismo dell'Organizzazione centrale t:ory è costruito sullo stesso modello di c|uello dell'Organizzazione liberale: un'Assemblea federale ed un consiglio federale che rappresentano l'insieme delle Associazioni locali federate, cioè Vlìnìone ìiazìonale delle Aswciazioni costitiiziorialì e conservatrici, e accanto a tali organi |3opoIari un altro, non elettivo: l'antica organizzazione dei leader, il Central Conservative Office. Si ricordi che la direzione del partito fu seriamente disputata al Central Office dall'Unione nazionale c]uando, su istigazione di lord Randolph Churchill e dei suoi amici, il principio democratico penetrò nel partito. Dopo la caduta di lord Randolph però, i leader ed il Central
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Office ripresero in mano la situazione, con nuova efficacia. Le due organizzazioni si sono collegate in modo simile a quanto accaduto nel quartier generale liberale: il capo degli uffici del Central Office., correntemente designato con il nome di chief comavative agerit, divenne anche segretario generale dell'Unione nazionale (tale doppio incarico era, del resto, già stato previsto al tempo in cui Mr. Gorst occupava il posto di chief agcni). Inoltre, il chief agent ed il luhip sono stati ammessi d'ufficio al Consiglio della l'ederazione popolare, Ma non si è stabilita fra le due organizzazioni un legame stretto come quello esistente nell'Organizzazione liberale fra la l'ederazione popolare e gli uffici dei leader. Alcuni anni fa, le loro relazioni sì sono fatte addirittura molto tese ed il loro punto di contatto, rappresentato dal segretario generale in comune, venne meno per cjualche tempo. Il Central Office e i leader erano troppo portati a guardare l'Unione dall'alto in basso: con ogni probafsilità, pur non potendo più disconoscere le nuove forze incarnate dal Caucus del loro partito, il loro peso si faceva ancora molto sentire sul piatto della bilancia. Tutti gli affari importanti vengono portati a termine solo nel Central Office-, è 11 che si decidono le candidature, anche se sempre con le riserve imposte dal nuovo spirito di indipendenza, sviluppatosi assieme alle Associazioni popolari. La resistenza locale opposta al cjuartier generale esplode a volte con un'asprezza che i vecchi leader tcny dell'epoca anteriore al Caucus, ben recente tuttavia, non avrebbero neppure potuto concepire. E sempre il Central Office che raccoglie i fondi segreti e li spende con la stessa discrezione dell'analoga istituzione del partito liberale. Il crescente spirito d'indipendenza nel partito mal sopportava il potere assoluto del Central Office, e dopo la grande sconfitta toty del 1906, gli ha strappato una concessione: è stato creato, sotto la presidenza del lohip, un comitato consultivo di sette membri, dei Cjuali quattro sono nominati dal lohip e tre dal Consiglio dell'Unione nazionale. Questo comitato, in realtà, non esercita alcun potere diretto, il suo compito è quello di portare i leader a conoscenza dello stato d'animo del partito e di accostarli all'opinione pubblica. L'effetto pratico di questa riforma non si è fatto ancora sentire. Il Central Office resta, dunque, un'Organizzazione molto centralizzata ed autoritaria. Essa agisce sul paese per il tramite di otto agenti gene' rali, uno dei quali per la Scozia. La designazione dei candidati e la possibilità di disporre dei fondi segreti mettono le Associazioni locali nelle sue mani. Queste funzioni sono generalmente assolte con una ristrettezza mentale maggiore di quella dimostrata dai Ixlierali. I candidati raccomandati, lo sono ciuasi sempre in virtù del loro rango sociale o del loro denaro. Del resto, anche i candidati die le Associazioni locali trovano da sole, vengono prescelti per le stesse ra-
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gioiii. Questa circostanza, unita al lievitare delle spese a carico del candidato e del deputato, spiega la crescente penuria di uomini di Stato provenienti dal partito conservatore. La guida dell'Unione nazionale delle Associazioni è aflidata ad un Consiglio che fino a questi ultimi tempi era costituito da un numero estremamente ridotto di per;:one e composto da politici di terzo o quart'ordine che formavano una consorteria. Quando, dopo la disfatta del 1906, si reclamò la riorganizzazione del partito su tutta la linea in senso più democratico, anche il Consiglio dell'Unione venne ritoccato. Fu riorganizzato, e si ammisero fino a duecento membri in gran parte nominati dalle organizzazioni locali. Vennero estese anche le competenze del Consiglio centrale, al c|uale furono trasferite la sorveglianza sulle Associazioni locali, la programmazione degli oratori e la distribuzione della «letteratura» politica, compiti fino ad allora spettanti al Central Office. Fra l'Unione e le Associazioni locali esisteva un corpo intermedio composto da dieci federazioni regionali. Per sviluppare la vitalità politica locale, esse sono state sostituite da organizzazioni centrali in ogni contea, per un numero di quaranta circa. Questi caml^iamenti non hanno accresciuto molto l'influenza dell'Unione che resta piuttosto mediocre, al livello di quella esercitata dalla Federazione liberale, se non ancora meno imjjortante. Infatti, l'Unione delle Associazioni costituzionali e conservatrici ha più che altro funzione di rappresentanza. Le conferenze annuali dell'Unione presentano lo stesso carattere di rappresentanza di c]uelle dei liberali e, allo stesso modo, attirano l'attenzione di tutto il paese; i gl'aneli capi del partito in persona vi partecipano per tenervi discorsi. In queste riunioni c'è maggior libertà di discussione che in cjuelle del Caucus liberale. 1 ivire-inillen tory non si ojspongono, la trovano addirittura cosa utile come «valvola di sfogo», a safety valve to let off the gas. 'f'uttavia, nonostante tale maggiore libertà nei dibattiti, le,decisioni del parlamento toìy restano sprovviste di sanzione. Contrariamente ai leader liberali, i capi del partito tory non si ritengono impegnati e legati dalle risoluzioni adottate dalle riunioni dei delegati; ciueste risoluzioni non diventano ipso facto articoli del programma del conservatorismo ufficiale. Ma poiché le conferenze dell'UHZOW pretendono, a torto o a ragione, di essere espressione dell'opinione del partito, esse in certe circostanze, assurgono a fattore determinante della vita politica c|uotidiana, come si è visto, di recente, c|uando |. Chamberlain si è «impossessato» dell'Unione conducendola a pronunciarsi in favore dei suoi progetti protezionisti. In questo caso, lo stesso Central Office si vide obbligato a seguire l'Unione. Certo, queste esplosioni di energia nel Caucus toiy si verificano solo eccezionalmente, in tempi ordinari, l'Organizzazione popolare subisce le pressioni del Cenimi Office, con più docili-
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tà di quanto non faccia l'Organizzazione liberale, ed assolve, per quanto riguarda il gioco dell'opinione pubblica, le stesse funzioni della sua rivale liberale. Esegue tutti i movimenti necessari per simulare l'esplosione spontanea dei sentimenti partitici: al segnale dato dal Central Office, le Associazioni locali votano risoluzioni sulla politica del giorno, inviano in massa lettere ai leader, ingiunzioni ai deputati, e così via. L'economia del gioco della macchina toìy non fa che accentuare e portare a compimento i tratti propri di entrambe le Organizzazioni, laddove su un'ampia base pii^i o meno popolare, si erge il potere di alcuni tvire-pullen\ il tutto torma un insieme quasi organico.
Capitolo 6 O R G A N I Z Z A Z I O N I AUSILIARIE I. Accanto o alle spalle delie armate regolari delle Organizzazioni partitiche si trovano le truppe irregolari, anch'esse inquadrate e disciplinate, ma che intervengono solo a titolo di ausiliarie. Fra c]uest;e, il primo posto appartiene ai battaglioni di amazzoni, Associazioni di partito formate esclusivamente o in gran parte da donne. Il regime costituzionale e le usanze dell'Inghilterra hanno sempre tenuto a distanza le donne dalla vita politica. E sul finire del X V I I I secolo, in c|uell'epoca inc]uieta, che le donne appaiono sulla scena politica. Le società popolari, fondate verso il 1792 sotto l'influenza della I^ivoluzione francese, come i club di Parigi, vantavano soci di entrambi i sessi, cittadini e cittadine (citizcnnessei). Nelle associazioni segrete che ebbero ampia diffusione negli anni 1815-1820, le donne assistevano in gran numero alle sedute e furono ammesse al voto. Ben presto il loro ruolo nel movimento divenne così considerevole che furono fondate Associazioni composte esclusivamente da donne e dotate di un apparato di chair-iuonicn (presidenti), committee-wonien (donne del comitato), eccetera. Le donne delle classi superiori, appartenenti all'aristocrazia ed alla borghesia dimostrarono per molto tempo interesse per la politica solo nel caso in cui toccasse il loro circolo ristretto o anche gli uomini che erano loro vicini. Le si vede, a volte, adoperarsi per essi come canvassen, ma raramente. Una di queste signore, la duchessa di Devonshire, si è resa celebre per lo zelo con cui praticava il canvass per il suo amico, l'illustre oratore whig Fox; un giorno non esitò ad accordare un bacio ad un macellaio in cambio della promessa di votare per il candidato che patrocinava.
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La rivoluzione politica e sociale, ojierata nel 1832, che migliorò la situazione della classe media, non ha avuto efletti sul ruolo politico delle donne. Dopo l'avvento della democrazia, nel 1867, la situazione cambiò considerevolmente in seguito alla campagna per l'uguaglianza politica delle donne, che ha latto grandi progressi grazie a J.S, Mill, e a causa della vasta estensione del diritto di voto, che richiedeva nuovi mezzi d'azione sugli elettori divenuti piìi numerosi. Fu sollecitato l'aiuto delle donne, e alle elezioni del 1868, esse ebbero per la prima volta una parte molto im]3ortante nel canvass. Allo stesso tempo, tu inaugurata una nuova usanza: le donne parlarono alle riunioni pubbliche, in un pruno momento per patrocinare la causa dei diritti elettorali del loro sesso, poi sulla politica dei |iartiti. La causa fece comunque grandi progressi anche nel campo legislativo: le donne ottennero il diritto di votare alle elezioni municipali (nel 1869) e alle elezioni dei comitati scolastici (nel 1870). Alle elezioni generali del 1880 si offrirono con grande energia come canvcmers e come oratori alla riunione elettorale. IDa entrambe le parti esse combattevano come franchi tiratori, isolatamente, senza alcuna oi'ganizzazione. 11. Furono i conservatori che per primi inquadrarono i contingenti femminili, e fu la Primmse Lcagnc a fornire i quadri. Si conoscono le circostanze nelle quali questa Organizzazione venne fondata. I membri del «cjuarto partito», con lord II. Churchill alla loro testa, desiderosi di emancipare il torysmo dalla camarilla aristocratica, e di infondergli nuova vita avvicinandolo ai sentimenti popolari, immaginarono di creare un'alleanza sentimentale fra le masse ed il torysmo, per mezzo di una lega fondata al di fuori dell'organizzazione ortodossa del partito e rivolgendo un sincero appello agli affetti ed alle emozioni popolari. La L,ega avrebbe coperto il paese di una rete di confraternite di cui facevano parte uomini pervasi dall'onore e dalla gloria della patria inglese, ed uniti fra loro, sotto gli auspici della memoria venerata di lord 15eaconsfielcl, nel culto degli autentici principi conservatori. Gli inizi della Lega furono modesti, le reclute non raggiunsero un elevato numero. iVlan mano che i suoi ranghi si allargavano, l'ostilità contro i leader aristocratici, che animava il piccolo nucleo di uomini del «quarto partito», lungi dal comunicarsi di vicino in vicino, si disperdeva. Intanto la Lega venne aperta alle donne. Fu probabilmente una grande deroga alla tradizione; ma considerandosi non tanto un'associazione politica di tipo classico, quanto piuttosto una milizia «d'ordine morale» nella società politica dell'Inghilterra, essa ritenne lecito e utile ricliiamare alla lotta tutte le forze vive della società. Infatti, la Lega finse di rinunciare, nel reclutamento dei suoi
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aderenti, non solo alla distinzione dei sessi, ma anche a quella delle classi, delle condizioni sociali, delle religioni e addirittura dei partiti. Dichiarò di votarsi alla difesa della religione, delle istituzioni fondamentali del Regno, e del suo prestigio imperiale. L'entrata delle donne nella Lega ne costituì la fortuna. A partire da questo momento (1884), il numero dei suoi membri cominciò a crescere con rapidità vertiginosa. Le donne trascinavano gli uomini, ed in poco tempo le ramificazioni cfella Lega si estesero ai c^uattro angoli del Regno, per formare in meno di dieci anni una formidabile milizia toìj che contava fra le sue file pili di un milione di persone, che sorpassava l'armata regolare del partito tory non solo per numero, ma spesso anche per forza e combattività. Dico milizia toìy perché le pretese o le intenzioni della Lega di innalzarsi al di sopra dei partiti sono rimaste del tutto teoriche. Fin dal primo momento essa si è identificata con il partito toìy, le sue sezioni sono diventate rapidamente una controparte dell'organizzazione regolare del torysmo, con le medesime divisioni territoriali, ed offrono i loro sforzi agli stessi uomini: i deputati o i candidati locali del partito. i n . L'organizzazione della Lega è sapiente e curiosa al tempo stesso. Essa presenta una bizzarra combinazione di cianfrusaglie anticiuarie e moderni macchinari ben congegnati. Il primo elemento siml)oleggia, sembra, le preoccupazioni per l'onore e la cavalleria delle quali i fondatori della Lega erano pervasi. Ogni aderente di entrambi i sessi, dopo aver firmato l'impegno solenne a difendere la religione, gli Stati del Regno, e il prestigio dell'Impero britannico, riceve un titolo particolare che varia secondo l'ammontare della quota versata: quello di socio se sottoscrive solo la c]uota minima, c]uello di cavaliere o dama se lui o lei versano una mezza corona in piti ogni anno, per il tributo dato al tesoro centrale della Lega. Entrando nella cavalleria con il grado di knight barbinger, i membri possono, grazie a servigi particolarmente nobili, essere innalzati alla dignità di knight cornpanion, e le dame possono essere promosse alVOrdine del merito-, con una ghinea all'anno gli uomini sono ammessi nel Capitolo imperiale della Prinirose League con il titolo di knight imperiai, e le donne nel Ladies Grand Council oj the Primrose League. Ognuna di ciueste dignità è attestata da un diploma e simboleggiata da insegne particolari alle quali si aggiungono diversi tipi di ciondoli, fibbie e spille ad uso dei membri. Queste insegne vengono ostentate alle riunioni della Lega ed in altre circostanze solenni; ci si addobba con un mazzetto di primule il giorno in cui ricorre l'anniversario della morte di lord Beaconsfield. Inoltre, speciali decorazioni vengono conferite ai membri piti meritevoli dalla Grande Stella con
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i suoi cinque gradi, fino ai semplici fermagli d'onore, [..e liste dei decorati appaiono regolarmente nella Gazzetta Ufficiale della Lega. Tutti i membri appartenenti alle differenti denominazioni sono raggruppati in una gerarchia che si estende dagli angoli piìi remoti del Regno fino a l.ondra. Ovunque vi siano almeno tredici membri, essi possono organizzarsi in sezione locale o Abitazione, dopo avere ottenuto a questo effetto lettere patenti dell'autorità suprema della Lega, che si chiama Gran Consiglio. 1 delegati delle Abitazioni locali si riuniscono una volta all'anno a fxindra. Questa riunione forma la Grande Abitazione, che si presume abbia la funzione del parlamento rispetto al potere esecutivo della Lega, al Gran Consiglio, alla testa del quale si trovano un gran maestro, quattro vice gran maestri, con un cancelliere ed un vice cancelliere. Anche le Abitazioni locali possiedono una complessa gerarchia di dignitari. Indipendente dall'Organizzazione regolare del partito conservatore, la Lega la asseconda sempre nel suo compito. Appena si apre il periodo elettorale ogni Abitazione si mette a completa disposizione dell'Associazione o del candidato toìj. Offre in questo momento supremo l'appoggio estremamente prezioso delle signore canvassers, che percorrono la circoscrizione da un capo all'altro con un'energia ed uno zelo senza limiti né misura. Le pii^i dotate, ogni sera tengono discorsi in favore del candidato tory. Altre si incaricano del fastidioso compito della scrittura, copiano le liste, mettono gli indirizzi sulle circolari, le distribuiscono, conducono gli elettori allo scrutinio. L'attività delle dame non sì allenta nell'intervallo tra le elezioni. Avendo piìi tempo libero degli uomini e approfittando del beneficio di appartenere al sesso debole che permette loro di mescolarsi alla popolazione con maggiore liliertà - senza cioè far troppo notare il loro carattere di emissarie politiche - le dame agiscono sotterraneamente sulla circoscrizione elettorale in modo continuo. Esse «spiegano i principi della Lega » nel loro applicarsi alle questioni del giorno; prodigano informazioni all'elettore popolare, gettando la luce della verità sulle « menzogne dei radicali ». La loro argomentazione è troppo spesso rinforzata, a quanto si dice, da argomenti ad hominem di natura assolutamente materiale, da piccoli doni in denaro, in combustibile o in alimenti, e da promesse di lavori futuri. La Lega respinge con indignazione, ben inteso, queste accuse. Al di fuori di questa forma familiare di educazione politica, la Lega diffonde ugualmente delucidazioni per mezzo di conferenze, di meeting, e di puliblicazioni, soprattutto di leaflets distribuiti instancabilmente e con molto metodo dalle signore. IV. Tuttavia, la |3ropaganda dottrinale non costituisce il grande scopo della Lega. La sua vera arma di combattimento, quella
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che Utilizza mirabilmente, è l'azione sociale, posta in atto per raggiungere «l'unione delle classi», al contrario dei radicali che «sollevano classe contro classe e uomo contro uomo ». La Lega spalanca le sue porte a persone di ogni condizione, fino alla pii^i umile: ai piccoli bottegai, agli artigiani, ai braccianti, alle lavandaie, alle cameriere, riservandogli gli stessi gradi di cavalieri e dame. Una volta insieme, i membri delle classi superiori e ricche prodigano loro le buone maniere per provare con evidenza che i nobili ed i ricchi « sono amici della povera gente»: così il fuoco acceso nei cuori popolari dagli agitatori radicali, si doma da solo. A tale scopo, la Lega ha elaborato tutta la liturgia per la comunione delle classi per mezzo delle feste che già conosciamo: dai semplici teas (riunioni di the) fino agli high class entertaìnments e fctes (divertimenti e feste di grado superiore), con balli, ciuadri viventi, esercizi di ventriloquio, prestidigitazione, clown e così via. Viene, inoltre, offerta la leccornia dell'eloquenza politica, ma non è la pii^i prodigata né tanto meno la pii^i ricercata; l'oratore, anche se è un membro del Parlamento, ha un ruolo di secondo piano nelle riunioni della Primrose Leaguc. Senza parlare del piacere dato dalle bibite fornite a prezzi eccezionalmente bassi - che hanno attirato sulla Primrose Leagne i severi moniti dei giudici, che già abbiamo considerato nel caso delle Associazioni e delle loro « riunioni sociali » - , i ritrovi della Lega offrono molte altre attrattive di natura meno materiale. Per l'esistenza monotona della piccola borghesia e del popolo esse rappresentano - fin dai modesti teas - una distrazione, attraente per più motivi, fra i quali la presenza delle donne non è il meno importante. I giovani vi trovano un'occasione onesta di incontro con le ragazze, e per estendere all'ordine sentimentale il rispettivo ruolo di cavalieri e dame che è stato loro conferito per la difesa dell'ordine sociale. L'unione dei sessi viene così a completare !'«unione delle classi»: essa ha procurato alla Lega numerose adesioni, forse altrettanto numerose di quelle dovute air« unità delle classi », che offre non solo alla gioventti, ma a tutte le età, una delle soddisfazioni più apprezzate in Lighilterra: il piacere partecipato di entrare in contatto con gente di rango sociale superiore. Grazie alla quota di uno scellino o di sei pence si diventa colleghi di persone titolate o semplicemente ricche, si ottiene l'accesso ai loro saloni ed ai parchi, che essi mettono a disposizione della Lega per le sue riunioni, e 11 anche i pii;i umili possono sfiorare i potenti della terra. Se si possiede un po' di tranquillità economica, di tempo libero e di ingegno, si può prendei" parte all'opera della Lega, e addirittura sedere ai comitati che si riuniscono nelle Abitazioni, accanto alle mogli o alle figlie di lord. Se tale fortuna è negata alla donna piccolo borghese, le potrebbe toccare l'onore di aiutare le gran dame a preparare il the e le tartine per
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le innumerevoli feste della Lega. Suo marito o suo fratello cavaliere, che passa la vita a vendere mostarda o candele, riceverà la sua tazza di tè proprio dalle mani di una dama che è una grande lady. Le dame ed i cavalieri più in vista nei loro territori firovinciali sono a loro volta innalzati fino all'Olimpo di I_,ondra dalla catena dell'Organizzazione, che collega le Abitazioni locali alla Grande Abitazione e ai Grandi Consigli. Ogni delegato locale è ammesso ai ricevimenti che danno le nobilissime signore del Gran Consiglio in occasione della riunione annuale, e addirittura duchesse in carne ed ossa e ministri o ex ministri fanno gli onori di casa. Co.sì, su tutta la linea, l'amor proprio e la vanità abilmente messi in azione fanno seguire passo passo ai membri della Ix'ga un partito politico, spesso al di là o indipendentemente da ogni convinzione politica. Ecco perché i capi, preoccupati del saggio impiego dei loro mezzi, non si stancano di dire alle loro dame: Do noi argue, iake them in socìally (Non discutete, ma attirateli socialmente). E la parola d'ordine che riassume tutta la strategia e tutta la tattica della Primro.se League. La Lega prospera soprattutto nei distretti rurali, dove l'influenza sociale esercita un'attrazione maggiore e dove la popolazione è più sensibile alle particolari tecniche di propaganda proprie della Lega. Tuttavia anche le città sono spesso una buona base operativa. Attualmente, la Lega conta probabilmente più di duemila Abitazioni, con più di un milione di membri. Questo prodigioso successo non può certo essere spiegato solo con il gusto del popolo inglese per le distrazioni e le soddislazioni legate alla vanità che la Lega offre. Ila cause più profonde. Innanzi tutto, la Primrose League è realmente riuscita ad abbassare un po' le barriere di classe che ancora si innalzano cosi alte in Inghilterra, a dispetto dei progressi democratici. Lo spirito di classe faceva del piccolo bottegaio, dell'artigiano, una specie di paria sociale il cui solo contatto sporcava. Su cjuesta piaga aperta, la Primrose League lia versato il suo balsamo, poco importa se composto da un'amalgama di ingredienti grossolani. ID'altro canto, le condizioni politiche richiedevano invano, da più di mezzo secolo, un cemento sociale; esse non avevano trovato che il cemento artificiale del partito con la sua macchina sempre più perfezionata. La Primrose League è riuscita ad offrire, come punto di unione per tutti gli uomini di buona volontà, principi più generali e più generosi dei dogmi limitati e settai'i del partito, essa sfoggia sul suo vessillo le parole: costituzione, patria, religione, senza epiteto. Le fantasie furono colpite, gli animi in cui si agitava silenziosamente un desiderio di fraternità politica, meno cosciente di ciucilo di fraternità sociale, ma non meno reale, ne furono toccati. Anche in ciuesto caso aveva poca importanza che si trattasse solo di un'iliu-
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sione, e che, in realtà, la Lega affermasse i principi inalienabili di un partito. In cjuesta circostanza, ed assai di più per quanto riguardava l'unione delle classi, essa offriva piombo grezzo al posto di oro puro; ma, per chi lo ignori, la moneta falsa non ha forse lo stesso valore di quella vera? E vero però che alla lunga la moneta falsa svilisce il mercato. In campo morale le cose non vanno diversamente, la moneta falsa svilisce il carattere nazionale. V. L'entrata in scena della Prbnrose Leagtie, che aveva prestato al partito tory un aiuto inatteso ed estremamente attivo, provocò una grande sorpresa nei liberali ed essi si decisero ben presto ad adoperare contro i loro avversari la stessa arma, ad opporre alle Abitazioni delle Primule le Associazioni delle donne liberali. Inaugurato da sforzi isolati, il movimento si estese a poco a poco, e nel 1886 aveva già un numero di associazioni femminili sufficiente a costituire una federazione. Le Associazioni sono organizzate rappresentativamente per mezzo di delegazioni ai differenti livelli, dotate di un self-government assoluto, al contrario delle Primule, dirette autocraticamente dal centro. Un altro tratto che le distingue dalle loro rivali toìy è la loro composizione esclusivamente femminile. Entrando nell'arena partitica, le donne liberali si sono create un ideale più elevato di quello che vedevano delinearsi nelle pratiche delle Primrose Dames. La loro propaganda non doveva mirare solo agli uomini, agli elettori, ma'rivolgersi soprattutto alle donne, per risvegliare in loro il senso civico, l'interesse per la cosa pubblica, che la mancanza di educazione e le consuetudini avevano impedito loro di provare lino ad allora. Per quanto riguarda i mezzi d'azione, le Associazioni si proposero di fare appello solo all'intelligenza ed al senso morale. L'importanza delle Associazioni formate dalle donne liberali varia molto da un luogo all'altro. Alcune contano fino a mille o millecinc|uecento membri, mentre altre non arrivano al centinaio ed hanno un'esistenza intermittente. La grande maggioranza dei membri è composta da mogli di operai, ma sono le donne appartenenti alla borghesia che dirigono e, per così dire, fanno vivere l'Organizzazione. L'elemento aristocratico non manca assolutamente, ma è poco importante e non regge nessun confronto con il corteo di signore titolate e di ladies che può esibire la Primrose Lcague. Le riuniopi più consuete per le Associazioni delle donne liberali sono, come per le Primroses, i tea meetings ed altri social meetings ravvivati da musica strumentale e soprattutto vocale, ma senza ventriloquio, né clown, né «unione delle classi» che si opera nell'avvicinamento di duchesse e pescivendole. Un'altra Organizzazione delle donne liberali creata recentemente e di cui si parlerà ancora, ha cercato di copiare in tutto la Primrose League. D'altronde, le Associazioni delle
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donne liberali, che si guardano bene dal fare altrettanto, non sono tuttavia riuscite a portare la propaganda politica all'elevatezza morale che avevano concepito. I pochi sforzi molto sinceri e molto seri che sono stati fatti per dar seguito ai progetti di educazione civica non hanno avuto grande sviluppo, bloccati talora dalle enormi difficoltà del compito, tal altra dalle preoccupazioni elettorali che hanno assorbito le donne liberali c]uasi c]uanto le Prìrnrosc Dames. Anche per il partito liberale, le Associazioni femminili sono diventate una sorta di prolungamento della macchina di partito. Come le Prìmrose Dames, esse hanno una parte molto considerevole nel awvass, con la differenza che nel campo liberale non sono unicamente le ladies, ma anche le donne de! popolo che sono mobilitate ed inviate a fare la campagna, e queste ultime non sono affatto le meno zelanti. Le donne parlano anche alle riunioni pubbliche accanto ad oratori del sesso forte, f^'eloquenza politica è relativamente più sviluppata e meglio rappresentata dalle donne liberali che dalle Priinrose Dames. Su richiesta delle Associazioni locali o dei candidati in odore di elezione, la Federazione delle donne invia da Londra i suoi migliori oratori in tutto il paese. I^e Prinirosc Dames raramente si allontanano da casa, operano di preferenza nel vicinato, do\'e sono conosciute e dove il loro nome, da solo, è una garanzia. Le donne, come gli oratori dell'altro sesso, parlano ora molto spesso all'aperto, ed in uno stile appropriato agli ascoltatori da crocicchio. fj'aiuto che le donne Ulcerali dedite alla politica danno al loro partito assume di anno in anno proporzioni piti vaste. Tuttavia, la guadagnare, per così dire, molto meno di quanto non taccia la Lega della Primula per il partito conservatore: le donne liberali appartenenti alle Associazioni sono infinitamente inferiori alle Primule, per numero e influenza sociale. Inoltre, sono divise esse stesse sulla grave c]uestione del voto alle donne, diventata naturalmente ancor più attuale da quando i partiti hanno chiamato le donne a prender parte alle loro lotte politiche. Poiché conoscono la fatica, molte di esse chiedono anche l'onore e reclamano energicamente il diritto al voto politico. Respinta in un primo tempo sullo sfondo dall'Organizzazione delle donne liberali, la questione finì successivamente col provocare uno scisma. I campioni intrattaf^ili dei diritti politici delle donne si impadronirono del Consiglio della l'ederazione e inalberarono le loro rivendicazioni. La minoranza, preoccupata più per gli interessi del partito che per il voto femminile, si ritirò e fondò un'organizzazione indipendente, con il nome di Associazione liberale nazionale delle donne. Un certo numero di Associazioni locali passò dalla parte delle dissidenti, ma la grande maggioranza (quasi 800 Associazioni con più di 120.000 membri) è rimasta affiliata alla F'e-
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clerazione. Così, esistono ormai due organizzazioni politiche di donne che lavorano per il partito liberale. Poiché l'azione sociale della Prìmrose League sembrava irresistibile a molte donne liberali, t]ueste immaginarono di combatterla con le sue stesse armi e crearono un'organizzazione concorrente dal nome di Social Liberal Council, che organizza riunioni ricreative sotto la presidenza di grandi signori, mogli di lord che professano la fede liberale. Questa Organizzazione fu fondata da donne appartenenti al mondo ufficiale del partito liberale, con l'approvazione del tulnp, che trova positivo tutto ciò che può portare voti al partito. In questa circostanza, però, molti liberali non furono dello stesso avviso e reputarono che non spettasse a dei liberali e democratici esibire duchesse e contesse all'amministrazione delle folle. Il Social Liberal Council agisce soprattutto nei distretti rurali con un successo molto modesto: non dispone di signore titolate, di denaro, né di grandi parchi o saloni in quantità elevata, come le Primule. 1 liberali ed i conservatori non sono gli unici a possedere organizzazioni femminili. Anche i Liberali unionisti nati in seguito alla crisi del Llome Rule irlandese nel 1886, e che esistono tutt'oggi pii!i o meno nominalmente, ed il partito del lavoro hanno le loro associazioni femminili. Se ne trovano anche tra le Organizzazioni speciali, come la Tariff Rcform Leagtic e la Free Tracie Dnion. VI, 'Così, nella continua lotta tra le differenti correnti di opinione pubblica o i differenti interessi organizzati, nessuno dei combattenti crede di poter fare a meno dell'aiuto delle donne. E stato necessario tutto l'accanimento dei partiti perché si raggiungesse ciuesto estremo. Nei primi tempi, gli uomini hanno trovato molta difficoltà ad abituarsi all'intervento delle donne nella politica militante, ed esso è ancora lungi dal riscuotere la loro unanime approvazione. Le vecchie concezioni sociali sul ruolo della donna non sono ancora scomparse. I mariti, in particolare, non sempre vedono di buon occhio l'attività politica delle loro mogli, in parte per una certa gelosia legata al ruolo, in parte a causa elei tempo che la politica assorbe e del trambusto che provoca. Ci sono anche persone che sono scandalizzate dall'energia esagerata che le donne a volte impiegano esponendosi di persona nelle campagne elettorali, e dai procedim^jnti insoliti che utilizzano'. Tuttavia il numero di questi spiriti
' C o m e nei c a s o tlL-lla d o n n a c h e a c c o m p a g n a il m a r i t o a t u l l e ic r i u n i o n i e ì e l torali e c h e , negli i n t e r v a l l i tra i di.scor.si, c a n t a c a n z o n i per d i v e r l i r e la l o l l a ; r e c i t a n d o p o e s i e da c a f f è c o n c e r t o lia s p e s s o più s u c c e s s o di t u t t i gii o r a t o r i e g u a d a g n a r e a ì n i e n l e voti per lo s c r u t i n i o . S e sa a d o p e r a r e la r i m a , a v o l l e g i u n g e lirio a c a n z o n a r e il c o n c o r r e n t e del m a r i t o , di r i u n i o n e in r i u n i o n e .
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moralisti va diminuendo; le donne die si occupano di politica godono già della prescrizione. Le donne, dal canto loro, hanno risposto con grande sollecitudine all'appello dei partiti, molto più di quanto non avessero fatto nell'occupare il posto che il legislatore aveva concesso loro nell'amministrazione locale. La politica dei partiti evidentemente, anche a livello extra-costituzionale, offriva loro un campo d'azione più attraente ed anche più emotivo, in tutte le accezioni di c|uesto termine, fino al più elevato. La fantasia della donna di tendenze liberali, animata dal desiderio, forse vago e neliuloso, della più grande felicità possibile per il più gran numero di persone, le mostrava il mezzo per contriliuirvi nell'accodarsi al carro del «partito lilierale», La Primro.se Dame lia colto la felice occasione di salvare delle anime dalla dannazione radicale, di strappare vittime al mostro bi'amoso della rivoluzione e dell'ateismo. l_,anciandosi nell'arena della vita pubblica, le donne inglesi trovavano il mezzo per dare maggiore intensità alle loro virtù domestiche; la loro devozione alla famiglia vedeva spalancarsi nuovi orizzonti fino ad allora sconosciuti: ecco una donna che, senza tregua, ogni giorno, lavora per lar ottenei'e al marito il favore dei suoi futuri elettori; eccone un'altra die, dall'apertura del periodo elettorale, abbandona tutto, la casa, i piaceri, che fa discorsi su ciiscorsi e, a viva forza, conquista un seggio in l^arlamento per suo marito; ecco una madre che corre dal Nord al Sud del paese per parlare davanti agli elettori per suo figlio che è alle prime armi in politica; là una sorella combatte per il proprio fratello. Molte altre donne sono attratte dal desiderio di mostrarsi, di esifsirsi sotto le luci della rifsalta. Trasportate sulla scena politica dalle donne, tali motivazioni contribuiscono ad alimentare rcsihizionimio, che invade sempre più la società inglese e die vela come un'ombra la più fiera e nobile tipologia cii donna inglese; quella die pi'ofessa la massima: hti?nani nihil a me alìcnum piito, si lascia andare ancor più facilmente alle esagerazioni in cjuanto l'interesse della «buona causa», cioè del partito, con la sua autorità morale, le fornisce un alibi. VIL Dopo le organizzazioni femminili, che in genere assecondano le Organizzazioni regolari, troviamo le organizzazioni particolari di oratori predisposti a parlare alle riunioni politiche. Esse vennero inaugurate da un gruppo di giovani colti di ojjinione lilierale, alla vigilia delle elezioni del 1880, quando il partito liberale stava per sferrare l'estremo assalto ai tones comandati da lord fieaconsfield in persona. Igieni di entusiasmo, essi attraversarono il paese comliattendo per la lenona causa, diffondendo il verbo, il loro ardore ed il loro talento contriliuirono al trionfo del partilo liberale, ed
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essi decisero di darsi un'organizzazione permanente che, in ricordo delle elezioni nelle quali si trovavano alle prime armi, prese il nome di Club deU'SO (Eighty Club). La Società si propose di raggruppare Vélite della gioventù liberale affinché si votasse al servizio del liberalismo e illuminasse l'opinione pubblica sulle ciuestioni politiche con una scienza più approfondita e con un linguaggio più elevato di quello che offriva l'usuale retorica delle riunioni politiche. La parte che i membri àaVi'Bìghty Club ebbero nelle campagne elettorali divenne importante. La loro cooperazione con il partito ufficiale, così come l'affluenza di nuovi membri, dei ciuali molti entravano nei club proprio a causa delle sue relazioni con l'Organizzazione di partito, non tardarono a far sparire negli « 80 » la primitiva concezione di una confraternita di predicatori delle dottrine liberali. Presi nell'ingranaggio di partito, essi si trasformarono, per forza di cose, da apostoli che erano in servitori del culto. Il Club fornì oratori alle Associazioni liberali per i loro meeting. Queste si rivolgono ad esso come ad un ufficio di collocamento. I servizi degli oratori sono del resto forniti gratuitamente. Raggruppamento di oratori, l'Iiigbiy Club è allo stesso tempo un vivaio di candidati alla carica di deputato. I conservatori, a loro volta, hanno dato vita ad uno speciale corpo di oratori con il nome di United Club, che rende ai tories gli stessi servizi deir« 80 » ai liberali e ugualmente rappresenta un pezzo dell'a macchina di partito. Più tardi vennero creati, sullo stesso modello, alcuni club regionali. Dopo le elezioni del 1895, i liberali formarono a Manchester il « Club del 95 », che serve principalmente la regione del Lancashire, e nel 1899 a Leeds il «Club del 9 9 » per lo Yorkshire. Dopo questi club di oratori più o meno affermati, sono entrate in lizza altre organizzazioni di oratori in erba. Scoraggiata dal carattere meccanico del Caucus completamente assorbito dal compito di partito e indifferente all'educazione politica, e d'altra parte eccitato dall'ardore contagioso dei socialisti, la gioventù liberale cercò di crearsi delle organizzazioni proprie. Furono così formate, nell'ultimo decennio, la « Lega dei giovani liberali » con ramificazioni nel paese; delle « Associazioni liberali cadette »; la società dei « Giovani scozzesi » in Scozia. I loro membri si dedicano allo studio comune delle questioni politiche con spirito libero e disinteressato, e si esercitano a parlare. Questo movimento ha avuto benefici effetti ed ha suscitato in diversi luoghi una certa attività intellettuale della gioventù, rinfrescando l'atmosfera abitudinaria del liberalismo ufficiale. Questo non ha del resto tardato a prendere al rimorchio la gioventù. Essa asseconda le associazioni regolari di partito alle elezioni o anche nell'intervallo fra le elezioni. Le «Associazioni liberali ca-
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dette» dello Yorkshite, unite in una Federazione, sono le pii~i interessanti. I conservatori non sono rimasti indietro ed hanno creato in più luoiihi delle «Associazioni unioniste cadette», ed anche la Prìmrose Leai>//c ha formato delle «ramificazioni giovanili». V t l l . Accanto alle organizzazioni ausiliarie se ne possono distinguere altre che svolgono solo la funzione di alleate, clic concedono il loro aiuto all'uno o all'altro partito, a seconda che sia favorevole od ostile alla causa particolare per la quale esse combattono. Le principali di tali tematiche particolari erano connesse, fino agli ultimi tempi, alla Chiesa o all'osteria, il monopolio della Cliiesa costituita, così opprimente per lungo tempo per i non-conformisti, li ha spinti a organizzarsi per ottenere la separazione fra Chiesa e Stato {disestablhhrnoìt), mentre i danni che il bere ha prodotto nella società inglese, soprattutto nella classe lavoratrice, hanno fatto nascere associazioni die scesei'o in guerra per ottenere dal l^arlamento misure legislative contro la vendita degli alcolici. Minacciati nei loro interessi, gli osti si organizzarono, a loro volta, in tutto il territorio del Regno. La Chiesa, già provvista di un'organizzazione - il clero - , la rinforzò con una speciale istituzione difensiva. Poiché i liberali avevano .sempre combattuto per la libertà di coscienza e la laicizzazione dello Stato, e poiché la Chiesa anglicana era sempre stata la rocca sulla quale sedeva il torysmo, le due organizzazioni, lavorando una per arrivare al àhcuahlisbmcnt della Chiesa, l'altra per impedirlo, si schierarono in modo del tutto naturale, una dalla parte del partito liberale, l'altra dalla parte del partito conservatore. D'altro canto i liberali, essendo stati i primi a sposare in Parlamento la causa della temperanza, spinsero gli osti fra le braccia dei tona, che li accolsero molto volentieri. Si stallili così, per forza di cose, un'azione comune fra i partiti e le organizzazioni in questione che, senza essere loro feudi, rendevano loro grandi servizi. Le organizzazioni non-conformiste militanti sono la IJhemUon Society, che rivendica la separazione ira Stato e C,hie.sa, e soprattutto il Free Church Councìl di recente fondazione. Intrattenendo rapporti molto stretti con le Organizzazioni liberali, esse intervengono in tutte le elezioni con i loro agenti disseminati in tutto il paese. Dalla parte della Chiesa costituita, si erge in sua difesa il Central ConnnMee jor Church dejencc aud instructioti, che ha come obiettivo quello di riunire, in vista dell'azione, il clero ed i laici, raggruppandoli in associazioni locali e comitati diocesani, nei quali un ampio spazio è lasciato alle donne. L/altra organizzazione alleata ai tones, il cui aiuto è molto più diretto e sicuramente più efficace, è l'associazione degli osti, The
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Liccrised Vìctuallcn Association. Finanziata dai grandi birrai e distillatori, ha esteso la sua rete - per non dire la sua tela di ragno - su tutto il paese. Tranne rare eccezioni, gli osti esercitano a favore del candidato toìj l'influenza che possono esercitare sugli elettori. Il ptiblican è guida della coscienza dei suoi clienti, spesso molto piì^i di cjuanto non lo sia il clergyrnan. Rifornisce l'uomo del popolo incolto che frequenta quotidianamente il suo piccolo caffè di bevande e di idee allo stesso tempo. Il partito liberale, dal canto suo, può contare sulla grande organizzazione di temperanza ì'hc United Kingdom Allicuice, che vanta molti aderenti nel paese. Ma sono alleati il cui aiuto a volte costa caro. Nell'intransigenza del loro virtuoso ardore non tengono sufficientemente conto delle usanze e fanno perdere molti voti al partito liberale. I X . In questi ultimi anni, alcune organizzazioni speciali che difendono cause di ordine economico, hanno acquistato un'importanza eccezionale nelle lotte politiche. I progetti protezionistici di Chamberlain crearono l'occasione per la loro entrata in scena. Fu per combattere cjuesti progetti che venne creata, ne! 1903, la ¥rec Trade Union, e un po' di tempo dopo fu formata, per tenerle testa, la Tcirìff Reform League. Il duello di queste due Leghe riempì per alcuni anni la vita politica inglese, e per un momento respinse ciuasi sullo sfondo le organizzazioni regolari dei partiti. La Tadff Reform League, creata su ispirazione di J . Chamberlain, portò alla più alta perfezione i diversi metodi di agitazione politica, concentrando i suoi sforzi su una questione unica e adottando come metodo l'azione ad hominem, sotto gli aspetti piìi vari e ingegnosi. Dopo aver cercato all'inizio, secondo l'antica abitudine, di conquistare i leading men, cambiò direzione, puntando suir« uomo della strada », e cercò di conquistarli uno ad uno, da un capo all'altro del Regno. In ogni luogo la Lega, perlustrando gli ambienti popolari, scopre alcune persone inclini a seguirla, domanda loro gli indirizzi di amici e conoscenti, ed invia a ciascuno di essi una lettera degli uffici di Londra che sollecita la loro adesione. Quando ha ricevuto una quarantina o una cinquantina di risposte favorevoli, la Lega invia sul luogo un «organizzatore» che vi fonda una «ramificazione». Avendo così costituito una base operativa, la Lega da inizio ad un accanito assedio al luogo, utilizzando missionari, distribuzioni di stampati, meeting. Seguendo da vicino la campagna elettorale si è già intravista la Tarìff Reform League all'opera. I missionari, a volte riconoscibili, a volte in incognito, vanno di città in città, parlando nelle strade, agli incroci, nelle osterie, passando di casa in casa, argomentando, spiegando, citando fatti e cifre, veri o falsi, cercando di colpire le fantasie con racconti di pretese esperienze personali.
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provate sotto l'uno o l'altro regime fiscale. I missionari e gli oratori formano un personale scelto. Prima cfi iniziare la campagna, superano un esame. Per la maggior parte sono operai o vecchi operai che sanno avvicinare il popolo. La Lega assume con particolare sollecitudine i socialisti che si lasciano convertire per un compenso conveniente; essi sono infatti i migliori dehaten. ÌDisponenclo di grandi risorse pecuniarie, fornite principalmente da persone che sperano di ottenere c]ualche guadagno col regime protezionista, la Lega mette in piedi tutta un'armata di oratori che parlano per tutto l'anno, ogni giorno. La «letteratura» distribuita è notevole per ricchezza e varietà; per ogni gruppo professionale vengono pubblicati opuscoli e Icaflcts particolari che riportano fatti e cifre relativi alla loro specifica occupazione. Ogni anno vengono distriliuite decine di migliaia di opuscoli. Anche la stampa viene utilizzata: articoli già pronti per l'inserzione sono forniti a 450 giornali. L'immagine è diffusa in tutte le dimensioni, dalla cartolina illustrata fino al manifesto enorme. Si ricordi, a cjuesto proposito, il ciuadro che illustrava la miseria portata dal frcc tmde in un interno operaio. L'affissione è fatta in modo da attirare costantemente l'attenzione del passante, secondo le tecniche della pubblicità commerciale, i negozi che esibiscono i prodotti stranieri che fanno concorrenza ai prodotti inglesi (dumping shops) sono aumentati. La f^ega lavora per conto proprio, ma poiché è riuscita a conc]uistare il partito unionista gli presta il suo aiuto fornendogli oratori per i suoi meeting ordinari ed anche durante la campagna elettorale. f^a sua rivale, la Iree Tmdc Dmon, adopera piì) o meno gli stessi metodi, ma con piìi cautele e scrupoli. Anch'essa distribuisce stampati in gran numero, organizza meeting, ha un |iersonale molto numeroso di oratori e di àcbaten, li invia in missione speciale per un certo periodo, eccetera. 11 suo successo è stato molto grande fin dagli esordi. Non essendo legata ad un partito, ma ad una causa specifica, l'Unione ha ottenuto l'appoggio di uomini politici sia liberali che toì-y e anche liberali unionisti - tutti insieme hanno preso posto nel suo comitato direttivo - , un avvenimento fino ad oggi mai visto. 1 suoi oratori e conferenzieri attiravano allo stesso modo ascoltatori di diverse tendenze politiche. Non stentavano affatto - come accadeva per gli oratori dei partiti se c|uesti non erano dei big guns - a riunire un uditorio. La gente accorreva spontaneamente per ascoltarli dibattere la c|uestione del libero scamicio e del protezionismo, lirobaliilmente perclié questo problema toccava i bisogni i^iìi elementari dell'esistenza, ma anche perché si sentiva che il dibattito verteva su qualcosa di reale, di vivo, di ben determinato, e non sulle divergenze fittizie e le vaghe generalità delle quali in genere, stra-
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boccavano le arringhe dei partiti. L'aspetto della vita politica apparve trasformato: l'elettore inglese, fonclamentalmente apatico, era irriconoscibile. Quando le riforme del bilancio proposte da Lloyd George presero il primo posto nelle preoccupazioni politiche, Asquith e IJoyd George stessi suggerirono la formazione di una lega speciale per difendere il bilancio di fronte agli elettori. Fu creata la Budget League, nel 1909, e per crearle un'opposizione fu fondata una Budget Protest League. Sorta dal nulla, la Budget League si attivò formidabilmente e a viva forza ottenne la vittoria. Raggiunto il suo scopo, si è poi dissolta. L'intervento delle leghe e delle organizzazioni speciali nelle lotte elettorali è diventato un fatto costante: esse forniscono evidentemente una presa più efficace, anche se passeggera, sugli elettori; permettono anche di spendere, per loro tramite, molto denaro nella campagna elettorale, senza che c]ueste spese compaiano sul conto dei candidati, che devono attenersi ad un massimo di spese prefissato dalla Lega. La situazione elettorale, complicatasi a causa di questi interventi, è diventata ancora più complessa in seguito alla recente entrata sulla scena politica dei partiti operai e socialisti.
Capitolo 1 ORGANIZZAZIONI O P E R A I E E S O C I A L I S T E I. Abbiamo visto in cjuali circostanze si è formato il partito operaio, per assumere un atteggiamento indipendente e addirittura ostile nei confronti dei partiti tradizionali. Gli operai furono invitati ad abbandonare questi partiti, perché i liberali rappresentavano, non meno dei tones, la classe capitalista, che sfrutta politicamente ed economicamente le masse, e poiché non avevano nulla da aspettarsi dai partiti esistenti per il miglioramento delle loro condizioni, i lavoratori avrebbero dovuto prendere nelle proprie mani la loro causa. Avrebbero dovuto inviare propri deputati in Parlamento, come anche alle Assemblee locali, per combattere la lotta del proletariato contro la classe capitalista. Ulndipendcnt Labour Party, creato a questo scopo nel 1893, con un programma socialista, non ebbe grande successo. Fu diverso quando alcuni anni dopo riuscì a trascinare le Trade-Unions nell'azione politica e formò con loro un'alleanza elettorale con il semplice nome di Labour Party. Quest'ultimo rappresenta una federazione delle trade uniom, dell'Indiperidefit La-
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bour Party (ILP), delia Società Fabiana socialista e della Lega laburista delle clontie. Ognuna di queste organizzazioni ha la sua vita autonoma al di fuori della Federazione. In quest'ultima l'ILP esercita di fatto un ruolo predominante e direttivo: vi occupa una posizione un po' analoga a cjuella della Prussia nella confederazione germanica. Di conseguenza, l'ILP deve essere esaminato a parte ed in primo luogo. Ai suoi esordi, l'ILl^ si fece portatore di un programma socialista dei piìi estremisti, ma ben presto si moderò. Proclama sempre che il suo fine ultimo è la costituzione dello Stato socialista e che per questo scopo agirà come ]^arte del movimento socialista internazionale. Ma rinvia la scadenza della nazionalizzazione della terra e del capitale e nell'attesa, si accontenta di riforme meno radicali per meglio adattarsi al temperamento inglese. In tal modo ha fattivamente operato per introdurre il socialismo in Inghilterra. Il numero dei suoi aderenti non è considerevole; da 25.000 a 30.000, disseminati per tutto il paese a piccoli gruppi. La quasi totalità dei suoi membri appartiene alla classe operaia, anclie se può contare su un debole appoggio di quella parte della piccola borghesia che si trova in una situazione economica simile a cjuella degli artigiani, e di alcune persone colte, fra le quali si contano anche docenti universitari. I contingenti operai comprendono da un lato il fior fiore del tradeunionismo - operai molto intelligenti e di nobili aspirazioni - , dall'altro una massa ignorante, spesso proveniente dai bassifondi della società: disoccupati e relitti sociali. La grande molla del movimento è costituita dall'entusiasmo morale che anima i suoi membri. Questo li riempie di un fervore religioso, che aspira a portare il regno della giustizia sulla terra. Sono entrati a far parte del movimento predicatori di sette non-conformiste, metodisti, quacqueri. Molti di loro continuano a predicare la domenica. Lo zelo e l'ènergia che contraddistinguono i membri dell'fl^P ne hanno fatto dei propagandisti notevoli. Non avendo stampa a loro disposizione, come i borgliesi, né sale |3er le riunioni, hanno stabilito il teatro della loro attività agli incroci delle strade e nei parchi pufsblici. I vecchi partiti sono stati obbligati, come già sappiamo, a seguire i socialisti su cpresto terreno. Adesso l'fLP ha già risorse economiche che gli permettono di affittare sale, o anche costruire edifici e club propri. Ma la parola all'allerto resta sempre la sua principale arma di combattimento. Ogni domenica, organizza contemporaneamente quindici o venti meeting, nei parclii e nelle strade di ogni grande città. Gli oratori si formano seguendo corsi speciali, dove si esercitano all'esposizione e al contraddittorio. Anche in questo i socialisti hanno dato l'esempio ai loro avversari borgliesi. Un corpo di «propagandisti» selezionato dal centro percorre sistematicamente il paese per portare il verbo e per dirigere e stimolare gli oratori locali. Un incentivo ancora
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più forte proviene dalla campagna annuale degli « oratori nazionali », di oratori cioè di rinomanza nazionale, che si dividono fra loro le diverse regioni del paese. I meeting non sono solo un mezzo di propaganda, ma alimentano anche la cassa del partito con le fruttuose sottoscrizioni che vi vengono fatte. La propaganda attraverso lo stampato occupa ora, per i socialisti, quasi lo stesso spazio della parola, gli opuscoli a buon mercato vengono diffusi in massa. Ci si preoccupa però che solo la « buona » letteratura sia messa a portata del pubblico: i periodici o altri scritti, anche socialisti, ma non ortodossi, vengono eliminati. Di concezione ristretta, l'educazione politica fornita dall'ILP è inoltre limitata nel suo oggetto: tocca, infatti, sono le ciuestioni economiche. Tuttavia, ha molto contribuito ad allontanare le masse cfal loro torpore intellettuale ed ha anche dato impulso intellettuale agli avversari del socialismo, obbligandoli a studiare i problemi economici di cui si parla tanto, e a intraprendere, a loro volta, una contropropaganda. L'organizzazione dell'ILP non è estesa come quella elei partiti tradizionali, in molte circoscrizioni non esiste ed è t]uasi assente nelle circoscrizioni rurali. Nella maggior parte delle grandi città il partito ha degli «organizzatori» che reclutano gli aderenti, raccolgono le quote, distribuiscono la «letteratura», parlano alle riunioni. Gli aderenti sono raggruppati in « sezioni » riunite fra di loro, in quasi tutte le contee, in una federazione. .11 partito tiene tutti gli anni le sue assemblee, ma cjueste conferenze di delegati non hanno molta più importanza di cpelle che rivestono per i partiti tradizionali. Anche in questo caso è il comitato esecutivo, chiamato National Adminisimtive Coimcil, che tiene le fila. E vero che l'entusiasmo religioso che anima la maggior parte dei membri si autoalimenta nelle « sezioni », impedendo che l'organizzazione venga trasformata in una macchina e che la disciplina sia assoluta. Esiste nel partito un'ala sinistra che a volte si agita molto e da del filo da torcere ai leader. Ma la tendenza generale è verso la concentrazione del potere nelle mani di pochi. Nella scelta dei candidati parlamentari, il Consiglio ha di regola l'ultima parola: ogni candidatura adottata da una circoscrizione qualsiasi deve essere sanzionata dai quindici membri del Consiglio nazionale. Ma si stratta solo di una sanzione preliminare, che ancora dovrà ricevere la ratifica del Labour Party, al quale l'ILP è; affiliato. IL 11 Labour Party è la grande macchina costruita espressamente per far entrare in Parlamento candidati operai. Non si occupa della diffusione delle idee come l'ILP; non ha un credo né un programma. Coordina soltanto gli sforzi delle organizzazioni affiliate per quanto riguarda i candidati che rappresentano la causa del
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Lavoro, e riunisce in Parlamento i deputati eletti su questa piattaforma. A questo fine particolare, l'ILP e le tracle-itniom si dissolvono in qualche modo nel Labotir Party. In realtà, come vedremo r i L P mantiene il ruolo di propulsore nei confronti delle fradetiìììons, per agire con un'altra denominazione sociale che ha più risorse e più credito nel paese. Il haboiir Pariy non ha un'organizzazione locale propriamente detta: non possiede effettivi inquadrati nelle sue organizzazioni, e neppure rappresentanti diretti. E rappresentato nelle circoscrizioni elettorali, a volte da mulc-coundh, comitati unificati delle trade-unìom del luogo, a volte da società socialiste, per la maggior parte «sezioni» dell'ILP; talvolta, infine, da Labour Rcpresentatioti ComrniUeei formati da delegati di tutte le organizzazioni locali affiliate al partito. Il Labour Party vanta nondimeno una presa diretta sulle masse operaie, che pur non essendo apertamente riconosciuta, è molto reale ed è stata ottenuta grazie ai membri socialisti delle trade-mikms, collegati per la maggior parte airiLP, che ricoprono nel sindacato l'incarico di segretario o di membro del comitato. Sono questi i politici del mondo operaio, strettamente legati ai capi del partito - non altri che i leader dell'ILP - , non solo per la loro fede comune, ma anche e soprattutto per le loro aspirazioni ed ambizioni personali. Ogni segretario di trade-union sogna di diventare Labour M.P., deputato laburista. Si sforza di salire uno dopo l'altro i gradini della scala che vi conduce, si la eleggere ai corpi elettivi locali: lìoard of guardians, Educatioti Cxmimittee, ed infine al Consiglio municipale. La sua notorietà e le sue possibilità aumenteranno se ha l'appoggio dei grandi uomini del partito, se un Labour M.P. viene a parlare a suo favore nelle riunioni elettorali. Più tardi, è ancora con il loro aiuto che sarà scelto come candidato al Parlamento. Lui, dal suo canto, monta la guardia attorno all'influenza dei grandi leader nel luogo, cerca di soffocare sul nascere la rivolta contro di essi, si schiera dalla loro parte quando scoppia un conflitto. Se la sua posizione ò minacciata nel partito locale, uno dei grandi uomini del partito verrà da Londra ad aggiustare le cose. In tutto il corpo del partito si è così creata una corporazione ufficiale i cui membri - lirave persone del resto - appoggiandosi l'un l'altro manipolano il partito. Esattamente come nei partiti borghesi, la grande massa degli operai affiliati al Labour Party è apatica, ma segue volentieri i leader. Se questi li trascinano dalla parte del partito liberale, li seguiranno anche le tradc-tmìom. Pagano tutti il loro obolo per provvedere alla sussistenza del partito, ma solo perché i leader delle unioni sono riusciti ad eliminare la libera sceka, rendendo obbligatori tjuesti versamenti. Lasciati alla discrezione dei membri, i con-
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tributi alla cassa del partito avrebbero fornito appena un decimo di quello che forniscono attualmente. I segretari delle trade-nniom e gli altri militanti passano tutto il loro tempo ad organizzare le unioni per il Labour Party, ma questa attività è limitata alla propaganda e lascia quasi da parte, nell'intervallo fra le elezioni, l'organizzazione materiale ed il compito di regìstmtion che occupano un posto così importante nell'attività delle organizzazioni dei partiti tradizionali. E solo recentemente che i rappresentanti del Labour Party hanno cominciato a comparire nelle corti di registrazione, accanto agli agenti dei vecchi partiti, per difendere il diritto dei loro aderenti ad essere iscritti o mantenuti sulla lista elettorale. Poiché un partito non vive solo di entusiasmo, soprattutto man mano che si consolida, il Labour Party si occupa sempre piìi della sua macchina; ha appena creato un agente generale che dirige il lavoro elettorale nelle circoscrizioni, e si propone di servirsi di agenti elettorali locali. L'organizzazione centrale del Labour Party è rappresentata, come nel Caucus, da conferenze annuali dei delegati e da un comitato esecutivo. La somiglianza non si ferma alla struttura. Anche nel Labour Party la conferenza annuale dei delegati ha più che altro una funzione apparente. Si tratta di un'assemblea di rappresentanza dove quasi tutto è già stato deciso dietro le c]uinte dai membri più influenti del comitato esecutivo. Questi dominano l'assemblea con il potere che hanno di decidere l'ordine del giorno, di designare virtualmente il presidente che dirige i dibattiti, ed infine con il prestigio che esercitano sulla folla confusa, formata da oscuri delegati riuniti per un giorno. La maggior parte della seduta è occupata dai discorsi dei leader, non ci si attarda nella discussione e si arriva rapidamente al voto. Le opinioni discordi non prevalgono contro l'influenza dei leader, che hanno sempre l'ultima parola. Gli attacchi diretti contro di loro nel paese da parte degli intransigenti non hanno maggior successo, grazie all'appoggio che ai leader viene offerto dai loro seguaci, i segretari delle trade-unions. Gli elementi estremisti deiriLP conservano comunque nel partito uno spirito d'indipendenza, se non cii rivolta, a causa della politica moderata ed opportunista che rimproverano ai leader. Essi contengono, ma non hanno eliminato, la tendenza alla concentrazione del potere nelle mani di pqchi, che in fondo caratterizza l'organizzazione del Labour Party come c]uelle dei partiti tradizionali. In tempi ordinari, l'autorità de! comitato esecutivo è incontestabile, ed esso è finora riuscito a mantenere la politica del partito nel solco che ha tracciato, III. Un'influenza ancor più decisiva è esercitata dal comitato esecutivo, e in questo caso - in virtù della costituzione stessa del
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partito - essa interessa la scelta dei candidati per il Parlamento ed i rapporti politici che ne derivano. Per essere candidato del Labour Party, è necessario essere accettati da una società affiliata e avere l'approvazione del comitato esecutivo del partito. La società che raccomanda il candidato deve farsi carico delle sue spese elettorali. L'ILP designa alcuni candidati, ma e dalle tmde-urnom che proviene la maggior parte delle candidature. Quando l'aspirante ha trovato una union che gli presti il denaro, deve trovare una circoscrizione elettorale che gli dia i suoi voti. Una conferenza speciale del delegati delle società affiliate al partito nelle località deve adottare il candidato. Un aspirante che abbia alle spalle una trade-union ricca avrà sempre pii^i possibilità di essere adottato, indipendentemente dal suo valore personale; è come una ragazza da marito che abbia una bella dote. Le trade-unions povere, che sono la maggioranza, non hanno affatto la possibilità di avere loro rappresentanti alla Camera, tanto più che i candidati operai rivaleggiano nelle spese elettorali con i candidati borghesi. È anche accaduto che in uno scontro elettorale a tre il candidato operaio spendesse pili denaro dei suoi concorrenti liberale e tory. Questa prodigalità non fa che consolidare il monopolio delle trade-unìoììs licclie per quel che concerne le candidature. Quando il candidato è riuscito ad aggirare tutti cjuesti ostacoli, deve affrontare il comitato esecutivo centrale, senza la cui sanzione nessun fedele del partito nel paese potrebbe votarlo. Il comitato esecutivo, natiu-alrnente, non darebbe la sua approvazione ad un candidato sul qtiale non potesse contare in Parlamento. In genere la decisione del comitato è presa ulficiosamente in anticipo, in ultima analisi, un uomo povero e dallo sj^irito indipendoite ha ancora meno possibilità di diventare JVI.P., che nei partiti borghesi. Una volta installato alla Camera, il deputato operaio non ritrova la sua libertà, anzi. Per essere adottato lia dovuto firmare l'impegno di entrare nel partito parlamentare e di obbedire sempre alle sue decisioni. La sua obbedienza è assicurata molto più efficacemente che nei partiti tradizionali, fn ciuesti il whìp denuncia il deputato per la sua eccessiva indipendenza al suo Caucus locale, ma lo fa in segreto. Nel partito del lavoro, lo statuto (art. VI §/3) ingiunge espressamente al comitato esecutivo di denunciare all'organizzazione locale il deputato che non segue la retta via. Ma c'è di più: ogni deputato oj-ieraio riceve una cifra annua dalla cassa del pailito, cioè duecento sterline per sessione ordinaria, con un'indennità supplementare per la sessione straordinaria; se il deputato si rendesse indipendente, il partito |K)trebbe tagliargli i viveri, li accaduto che alcuni deputati abbiano votato secondo coscienza senza die avessero a soffrirne, ma la minaccia di essere ijrivati delle duecento sterline, che sono il loro unico mezzo di sostentamento, resta sospesa sulla
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loro testa, ed è avvertita a volte con un'amarezza non meno profonda perché inespressa. Questa costrizione formale, prevista dagli statuti del partito, ha provocalo resistenze ed ha anche ostacolato per c]ualche tempo l'ascesa del Labour Party. Le trade-tmions non sono entrate tutte nel partito dal primo momento. Fino al 1909, le grandi organizzazioni dei minatori si tenevano a distanza. Da lungo tempo i loro rappresentanti in Parlamento, insieme ad alcuni altri deputati di origine operaia, formavano alla Camera un gruppo operaio collegato al partito liberale. Il Labotir Party creato dai socialisti vedeva molto di cattivo occhio questo gruppo che, per il solo fatto di poter vantare un'esistenza consacrata dal tempo, sfidava le sue pretese al monopolio della rappresentanza operaia e gli sottraeva molti contingenti nel paese. Questi contingenti di minatori non potevano aderire al Labotir Party senza privarsi della facoltà di eleggere deputati liberi e di votare secondo le loro idee. A forza di propaganda energica e abilità, i capi del Labour Party riuscirono finalmente a strappare l'adesione delle trade-unìom dei minatori che portavano loro cjuasi mezzo milione di voti e rendeva impossibile l'esistenza di deputati operai indipendenti nei confronti del Labotir Party. Infatti, appena le tradeiinìons dei minatori entrarono in questo partito, ingiunsero ai loro deputati di sottoscrivere gli statuti, compresa la clausola che obbliga i deputati a obbedire alla parola d'ordine del partito. Quasi tutti lo fecero, ma alcuni rifiutarono (fra c]uesti vi fu Thomas Burt, il primo operaio che sia entrato in Parlamento nel 1874, e che vi siede ancora). Essi reputavano che fosse incompatibile con l'essenza stessa della rappresentanza parlamentare che un deputato prendesse l'impegno di votare secondo le indicazioni di colleghi a favore o contro una determinata misura, prima che questa fosse discussa, e obbedisse ad altri che i suoi committenti. Con un linguaggio energico Burt dichiarò: « L'uomo non può sempre comandare al suo destino, ma ognuno può e deve essere padrone della sua coscienza » (a man is not always master of bis fate, btit he may be and ought to be captatn of hh own soul). Il particolare prestigio personale di Burt impedì che egli fosse estromesso dal Parlamento; lo stesso accadde per il suo distinto collega Fenwick, ma il vecchio gruppo operaio liberale fu annientato e andò ad aumentare i ranghi parlamentari del Labour Par/y. Questa vittoria non era ancora un fatto compiuto che l'obbligo di obbedienza imposto ai deputati del Labotir Party sollevò un'altra protesta, cjuesta volta negli strati pii^i bassi del mondo operaio, che rischiò di mandare in briciole tutto l'edificio del Labour Party, costruito così laboriosamente e con tanta abilità. Le spese elettorali ed il canone di 200 sterline della quasi totalità dei deputati del Labotir
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Party provengono dalla cassa delle trade-unions, che a ciuesto scopo prelevano sui versamenti dei loro alfiliati una determinata percentuale. Ora, tra i trade-unionisti ci sono dei liberali, dei tories, degli apolitici che non hanno alcuna simpatia per il Labour Party e la sua politica. Con che diritto li si forza, essi che sono entrati nella tradeunion unicamente per la ditesa delle loro prerogative contro i padroni, per assicurarsi un aiuto in caso di disoccupazione o di malattia, con che diritto si dispone del loro denaro per mantenere un partito politico del c|uale, oltre tutto, detestano le tendenze socialiste? l^a maggioranza ha deciso co.sì. Ma ha il diritto di imporre alla minoranza le sue decisioni su argomenti diversi da quelli per i quali l'organizzazione è stata creata? Un umile operaio delle ferrovie di nome Osborne, di opinioni liberali, antisocialiste, portò la cjuestione in giudizio. I^e corti gli diedero ragione. La trade-union della c|uale faceva parte lo espulse, ma i prelievi delle trade-unions a profitto del Labour Party sono ora da considerarsi illegali. Molte trade-union^; si affrettarono a staccai'si dal Labour Party; in altre, alcuni membri, fondandosi sulla « decisione Osborne », hanno reclamato la cessazione dei prelievi. Se questo movimento si generalizza il Labour Party sarà ridotto alla fame. I contributi volontari, come abbiamo già notato, non saranno sufficienti, e lo saranno sempre meno. Infatti, già solo dopo c]ualche anno di esistenza del partito, si fa sentire un certo aftievolimento dell'entusiasmo iniziale, che obbliga il partito sempre più spesso a ricorrere al lavoro remunerato. Minacciato nella sua stessa esistenza, il Labour Party ha creduto di salvarla in un )3rimo tempo rinunciando alla famosa clausola d'obbedienza, ma c|uesta, in realtà, non rappresenta altro che la consacrazione giuridica di una situazione di fatto, che comunciue continuerebbe a sussistere. La giustizia, se fosse nuovamente chiamata a pronunciarsi, difficilmente si accontenterebfje di un cambiamento solo verbale. Così, i leader del Labour Party hanno pensato di chiedere al Parlamento una legge che legittimi prelievi obbligatori dalle trade-unions per il conseguimento di obiettivi politici. Essi sperano di ottenere questa legge con l'appoggio dei loro alleati liberali, prestano evidentemente fede all'antico detto secondo il quale il Parlamento inglese potrebbe tutto, salvo trasformare un uomo in donna. Nel frattempo, la situazione del Labour Party, pur essendo un po' precaria dal punto di vista finanziario, resta quella che era, anche jier quel che riguarda i rapporti dei deputati con il partito. Subordinati in Parlamento alla direzione del partito, non sono per questo sottratti alla sorveglianza delle organizzazioni locali. I militanti nelle circoscrizioni non li perdono di vista. Alla vigilia degli scrutini importanti, i deputati laburisti, come i loro colleghi dei partiti tradizionali, ricevono dalle sezioni locali risoluzioni, l'ingiunzio-
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ne di votare nel tale o nel tal altro modo. Il grosso dei loro committenti non è meno esigente, anzi da molti punti di vista lo è di più, nei loro confronti, che nei partiti tradizionali. I deputati operai, non essendo ricchi, non sono « salassati » come i loro colleghi borghesi, ma sono lungi dall'essere completamente al riparo da mire sul loro denaro. Molto più pressanti sono gli obblighi personali del deputato laburista. Tutti vantano diritti su di lui, tutti lo trattano con molta familiarità. Deve sempre essere a disposizione dei compagni, anche al di fuori della sua circoscrizione. La corvè della parola, alla quale sono soggetti tutti Ì deputati di tutti i partiti, diventa più pesante per il povero deputato laburista che per gli altri. Alcuni che prima di entrare in Parlamento erano conferenzieri noti e remunerati possono aumentare la loro tariffa, una volta conc|uistato il rango di M.P., ma molte volte loro stessi devono parlare gratuitamente. Coloro che non sono «stelle», in nessun caso vengono pagati, e ad essi viene continuamente richiesto di portare il verbo ora qua ora là, a maggior gloria del partito. IV. La Società Fabiana, affiliata al Labour Party accanto alr i L P ed alle tradc-uiiiom, è una società di propaganda socialista, composta quasi esclusivamente da «intellettuali», e che si rivolge a persone più o meno colte. Questi socialisti borghesi hanno assunto come patrono Quinto Fabio Massimo il temporeggiatore, pensando di poter fare avanzare meglio la loro causa attraverso una lenta infiltrazione delle idee socialiste. Sono Fabiani non solo nei metodi, ma anche nella dottrina, in quanto il loro socialismo è abbastanza esitante e indeciso: « lavorano per il trasferimento alla collettività dell'amministrazione del capitale industriale nel caso in cui questo possa esser convenientemente gestito socialmente ». La .società non propone candidati alle elezioni, non organizza le circoscrizioni per il combattimento, ma si accontenta di occuparsi soprattutto dell'educazione economica dell'opinione pubblica inglese. Organizza conferenze, corsi, gruppi di studio, fa circolare in provincia piccole biblioteche a prestito, pubblica un numero considerevole di opuscoli. Prima che la propaganda socialista arrivasse al notevole sviluppo di c|uesti ultimi anni, la Società Fabiana è stata uno dei principali strumenti di educazione politica nel paese. Ha fatto molto per rendere popolare l'idea socialista, soprattutto tra la borghesia, e per creare un vago sentimento di simpatia in suo favore. Il numero dei suoi aderenti è finora molto limitato, ma la sua influenza è penetrante. Le Organizzazioni socialiste che si ricollegano al Labour Party hanno un concorrente molto aggressivo, il Partito Social Democratico (fondato con il nome di Social Democnuic Pedenitìon: SDP), die è la più antica organizzazione socialista in Inghilterra e che conta
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Ira i suoi capi i teorici socialisti più conosciuti. Il SDP detesta l'opportunismo dell'ILP e la dottrina ondeggiante e insidiosa dei Fabiani. Pretende di rappresentare la dottrina socialista in tutta la sua purezza e in tutto il suo rigore: il socialismo rivoluzionario opposto al socialismo evoluzionista. lì settario sia nei metodi che nella dottrina. Non tollera nei suoi ranghi la minima dissidenza né libertà di movimento. I suoi candidati parlamentari sono obbligati a Hrmare in anticipo una lettera di dimissioni. Il partito persegue una propaganda molto attiva, possiede centinaia di sezioni nel paese per un totale di 18.000 membri. Ma non e ancora riuscito a lar eleggere un suo candidato in Parlamento.
Capitolo 8 IL BILANCIO 1. Giunti al termine della ricostruzione, voltiamoci per riconsiderare unitariamente, con un'occhiata, tutto il cammino percorso. L'avvento della democrazia nello Stato le pose dinanzi il problema della sua organizzazione. Il Caucus si incaricò di risolverglielo. Si propose, democratizzando la direzione dei partiti, di organizzare su base democratica l'intera vita politica del paese, fino allo stesso governo supremo. Il Caucus non è riuscito in cjuesto ambizioso disegno, ma nondimeno ha prodotto effetti duraturi nell'esistenza politica dell'Inghilterra. Infatti, il Caucus non è riuscito ad organizzare la democrazia né a dotare i partiti di un governo realmente democi'atico: ne ha realizzato la torma ma non l'essenza. I costumi della società inglese presa ne! suo insieme erano tutt'altro che democratici, e i metodi adottati dal Caucus non erano assolutamente adatti a mettere in moto il processo di democratizzazione. Le masse popolari mancavano di spontaneità e di energia politica; inopinatamente ammesse al potere, nel 1867, esse erano troppo inclini a tenersi in disparte ed a «vivere, da un punto di vista politico, di carità». Le antiche classi dirigenti avevano mantenuto il loro ascendente sociale. Ma le nuove torme democratiche, introdotte dal Caucus, non permettevano loro di esercitarlo come un tempo nella vita politica. Venutasi a trovare di fronte alla sua ufficiale decadenza e constatando, nel medesimo tempo, l'indifferenza o l'incapacità delle masse, la borghesia volle, sia per ambizione che per dovere, comporre tale contraddizione utilizzando la sua abilità, attraverso le tecniche artificiose del maiiaj'cment (manipolazione). Cercò di mantenere il potere, pur accettando
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le nuove forme democratiche. Dovendo fare i conti con i piccoli leader di quartiere, creati dall'organizzazione democratica dei partiti, ha cercato di accattivarseli con abili tecniche: gli inviti ai gcntlenien'% clubi, smoking concert'i, garden parties, ecc., nutrendo e sviluppando in loro quel sentimento di snobismo che avvelena in Inghilterra i rapporti sociali. Dopo aver conquistato i capi della piccola borghesia e della classe operaia, il Caucus, diretto da alti borghesi, prese a trascinare le masse. In un primo tempo riuscì, grazie alle sue professioni di fede democratica, a suscitare in molti ambienti popolari l'interesse per la cosa pubblica, e sembrò tendere ad allargare realmente i quadri della società politica. Ma tutto ciò durò solo un attimo. La ristretta consorteria che dietro le quinte teneva i fili, predisponendo tutto in anticipo (cut and dried) riuscì rapidamente a respingere gli spiriti sinceri, che solo pii^i tardi trovarono un rifugio nei partiti operai e socialisti. Il Caucus raggruppò attorno a sé solo i bigotti di partito e gli estremisti. La grande massa popolare ne restò fuori, immersa nell'apatia e nell'indifferenza. Per sottrarla a tale stato, il Caucus non trovò nulla di meglio dell'organizzazione, che giunse quasi a confondere con Veducazione politica. Per quest'ultima non ha fatto in realtà niente e non ha potuto fare granché. Servo del partito, assorbito dal suo servizio diretto, il Caucus non era padrone di dedicarsi alla cultura politica delle masse in modo generale e disinteressato. Mediatore elettorale che si procurava voti a destra e a manca, depositario dei pesanti programmi omnibus che raggruppavano un gran numero di questioni differenti, non gli era possibile illuminare al riguardo le menti e le coscienze, più di quanto non potesse scegliere fra esse. Le Organizzazioni speciali create recentemente per la difesa di una causa particolare, come la Free Trade-lJnion, la Budget League, cercarono, e con successo, di illuminare le masse sul tale o tal altro problema. Il Caucus, diviso fra tante iniziative, fu fatalmente portato, piuttosto che a stabilire l'intesa fra gli spiriti, a ricorrere a mezzi meccanici di unificazione. Si applicò a mantenere i suoi sostenitori uniti nella conformity esteriore e convenzionale, facendo ajjpello non tanto alla ragione, che analizza e distingue, quanto ai sentimenti; eccitando di preferenza le emozioni che turbano il giudizio e rendono prigioniera la volontà. L'adesione al partito divenne in larga misura un atto relij^ioso, una fede con un'ortodossia e quasi un culto. I programmi e l'agitazione condotta attorno ad essi lasciavano anche un limitato spazio alle idee. Agli aderenti al partito in blocco era fornito, infatti, uno ^tock di convinzioni che li dispensava da ogni sforzo personale. We noto think in battalions (ora pensiamo per battaglioni), come diceva a questo proposito un osservatore attento, un operaio del Northumberland. Ogni tentativo per affermare la libertà e l'indi-
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pendenza del pensiero politico era ormai represso, perché ogni divergenza d'opinione era un attentato all'unità del partito ed una minaccia al Caucus che si era costituito guardiano permanente di tale unità. L'ardore aggressivo degli estremisti radicali si unì all'egoismo borghese dei loìre-pullcn per soffocare nelle Associazioni ogni opposizione, ogni spirito critico. La vita di partito fu ridotta a una serie di prestazioni regolamentate. Nessuna flessibilità ed elasticità nei movimenti, gioco rigido su tutta la linea, procedimenti cut and drìed che escludono ogni spontaneità. La diffusione di idee, i conflitti di opinione, l'esternazione del sentimento politico provocato nel pubblico o, addirittura, le esplosioni di indignazione o di corruccio: tutto è prodotto come in una manifattura di Manchester o in un'officina di Birmingham. La macchina del Caucus fornisce all'ingrosso l'opinione pubblica esattamente come la macchina della Prìmrose Leaguc e della maggior parte delle associazioni produce la coinklerazione sociale, per il consumo degli eiettori che ne sono assetati. Se c'è bisogno urgente, se, nel mezzo di un aspro combattimento, le scorte morali dei capi del partito si esauriscono, da Londra viene subito ordinata una partita speciale di pubblica opinione: un semplice dispaccio telegrafico indirizzato a tutte le Associazioni di partito nel Kegno è sufficiente a far ,sl che « l a voce del paese parli ». Anche le manifestazioni individuali apparentemente più spontanee sono ormai manipolate, come 10 heckUng, le domande rivolte a bruciapelo all'oratore del meeting politico, fxì spirito scozzese esperto nelle controversie eccelleva in particolar modo in questi battibecchi e ne ha diffuso l'uso in fnghilterra. Ora anche in Scozia le domande degli hecklen sono preparate al cjuartier generale del iiartito e sono poste spesso negli stessi termini in tutto il paese. Così, l'intera azione del Caucus, i suoi metodi ed il suo spirito tendevano a stereotipare l'opinione pubblica, a ridurre tutto a un dead level (livello perfetto). La meccanizzazione ed 11 conformismo che esso stabilì in pianta stabile, hanno inaridito il pensiero politico e hanno portato alla scomparsa dell'individualità nella vita politica a tutti i suoi livelli, fino alla sfera della leadership. Le qualità che l'uomo politico deve dimostrare riguardano sempre meno la forza di carattere e l'originalità intellettuale, da quando l'adesione senza riserve alla fede ufficiale del partito è diventata la suprema virtù politica che addita l'uomo alla fiducia dei suoi concittadini. A partire dagli eletti del meeting di c|iiartiere - dove la stretta osservanza politica o lo zelo del worker la emergere dai ranghi il «politico serio» - , fino ai rappresentanti parlamentari, passando attraverso 1 consiglieri municipali obbligati a far atto di vassallaggio politico, le virtù dell'uomo pubblico sono diventate sempre più convenzionali e, per così dire, esteriori.
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IL ri più che giusto notare che cjuesto aliievolimento della personalità nei rapporti politici non era che un aspetto eli un ienomeno piìi generale che tormentava la società inglese da lungo tempo, e i cui antecedenti risalgono tanto lontano nel tempo c]uanto la trasformazione sociale inaugurata dalla rivoluzione industriale del X V i n secolo. Questa tendeva ad un livellamento che stereotipava, per così dire, l'uomo in società. I progressi continui delia civiltà materialista hanno energicamente attivato c]uesto fenomeno generalizzando i gusti, le abitudini, e costringendo spesso gli individui a farsi folla per meglio gioire delle soddisfazioni di questa civiltà che possono essere poste alla loro portata solo collettivamente. Lavoro e piacere, produzione e distribuzione dei valori materiali come di quelli spirituali, tutto diventa «organizzato», cioè sottratto alla libera volontà individuale. Allo stesso tempo, le rivendicazioni di ordine politico, economico, religioso, che tenevano l'uomo sempre sulla breccia, ottenevano soddisfazione l'una dopo l'altra, e l'individuo, un tempo permanentemente predisposto alla sfida, abbandonò le armi. Il Re/orm Bill del 1832 calmò gli ardori della borghesia, e cjuando, trentacinque anni pii^i tarcii, le masse urbane furono investite dal suffragio, presto se ne disinteressarono. Oggi l'elettore popolare afferma il suo diritto, lo esercita solo se trascinato quasi di forza dai partiti interessati, pronto però a sollevarsi e combattere strenuamente se si decidesse di privarlo nuovamente del voto. Il relativo benessere materiale, che si diffuse sempre piìi fra le masse nella seconda metà del XIX secolo, agisce dal canto suo come un narcotico, al punto che i socialisti devono ricorrere ad una formidabile propaganda per convincere gli operai che essi sono infelici. Anche la crescente tolleranza religiosa, che sfiorò l'indifferenza, ha contribuito a smussare la sensibilità dell'animo inglese. Nel campo intellettuale si produsse un analogo cedimento, grazie soprattutto alla stampa che divenne dispensatrice generale di idee precostituite, l^-r la stragrande maggioranza della borghesia e della classe operaia la lettura del giornale è ormai il più grande sforzo intellettuale del quale un uomo sia capace. Non si ha più il desiderio né il tempo di cercare da soli la propria strada, di far lavorare i propri pensieri: la sete del piacere, che si è impadronita di tutte le classi della società, la passione per lo sport che sconvolge il paese, lo vietano. Del resto, le idee alla moda non sono affatto favorevoli all'iniziativa e all'azione individuale, diffondono la fede nella efficacia delle istituzioni, nel braccio armato delle leggi, piuttosto che nel carattere personale, nel libero sforzo individuale. Nel mondo delle trade-unions, che offrono il maggior esempio di libero sforzo individuale organizzato, si manifesta un nuovo spirito che considera l'antico
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metodo playecl out (gioco vecchio) ed aspetta l'emancipazione della classe operaia dal di fuori, dal I^arlamento, che bisogna solo conquistare, perché tale scopo sia raggiunto. Non solo l'ordine sociale, ma 10 stesso campo etico è stato invaso da questa nuova ideologia: ciò d i e un tempo era considerato meritorio, le «virtìi borghesi» come 11 risparmio, effetto della perseveranza e della previdenza individuali, si trovano oggi sulla difensiva - quando non vengono semplicemente vilipese come parenti prossime dell'aliietto capitalismo - , mentre i vizi dell'individuo sono si-iesso imputati non a lui, ma all'organizzazione sociale, e per sopprimerli non è l'individuo che deve riformarsi, si dice, ma è la società che bisogna riformare. II seljhelp (aiutati) non è più la religione nazionale. Il blasone dell'Inglese ha perso il motto « Io solo e il mio diritto ». L'Inglese si abitua sempre più all'evenienza che qualcuno faccia le cose per lui. ti si potrebbe forse dire che lo spettacolo prima illustrato assurga a valore simbolico: si porta un'automobile fino alla dimora dell'umile elettore e lo si supplica di volersi dare la pena di salirvi e di voler deporre la scheda elettorale che gli è stata messa in mano! Lo spirito e i metodi del Caucus, d i e tendevano a far scomparire la personalità, erano alimentati da queste nuove tendenze sociali, così come contribuivano a svilupparle. Uno degli «organizzatori » politici inglesi più intelligenti mi diceva recentemente, per difendere le organizzazioni dei partiti: Peoplc are Icss and less ii/cliiicd to move for themsclves (si è sempre meno disjiosti ad agire per se stessi). Si potrebbe ribattere all'argomento e notare che la colpa è un po' delle stesse organizzazioni dei jjartiti. HI. Checché ne sia, è proprio a causa di questa mancanza di spontaneità e di energia politica nelle masse che la direzione degli affari del partito restò nelle mani di pochi, malgrado la riforma democratica annunciata dal Caucus. La sua sapiente organizzazione non ha fatto che centralizzare il governo dei partiti, su tutta la linea. Avendo dichiarato guerra alla leadership di partito che i rappresentanti delle antiche classi dirigenti detenevano, il Caucus non l'ha annientata, l'ha solo frantumata: gli uomini di un certo rango sociale e che possedevano una fortuna hanno dovuto accettare i piccoli leader locali creati dalla nuova organizzazione del Ciaucus. Il Caucus non ha nemmeno escluso l'elemento plutocratico dai consìgli del partito né dalla carica di deputato. Ne ha bisogno per provvedere alle spese di manutenzione della sua macchina, perché è lasciato senza risorse dal grosso dei suoi seguaci. La stessa influenza del rango sociale si è trovata ad essere un elemento indispensabile per il Caucus: incapace di far uscire dal suo stampo dei veri leader, che spicchino per una qualche superiorità al di sopra della massa, il Cau-
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cus ha dovuto accettare e spesso sollecitare i servizi dei leader di vecchia formazione, aliloassando tuttavia in loro la soglia del senso di responsabilità legato all'esercizio autonomo del potere, l^ur essendo d'ostacolo agli ardori degli estremisti del partito, i leader borghesi si lasciano trascinare molto piìi lontano di c|uanto non permettessero le loro vere convinzioni ed i loro pregiudizi, essi temono di veder diminuire ancora la loro autorità già intaccata. In ultima analisi, il monopolio della leadership, che il Caucus ha cercato di distruggere, ha solo cambiato aspetto: un po' piìi frazionato e meno lasciato alla selezione naturale operata dal gioco spontaneo delle forze sociali, è oggi pii^i laborioso e poggia di più sul tvire-pulling, pur lasciando una parte minoritaria alla responsabilità di coloro che reggono i fili. Tuttavia, da un altro punto di vista, bisogna riconoscere che le nuove forme di intervento politico hanno comunciue prodotto un cambiamento nel governo dei partiti. Hanno costretto la borghesia a condividere il potere, almeno apparentemente, con i rappresentanti delle classi inferiori. La costituzione del Caucus ha messo in evidenza un certo numero di leader, chiamati a prendere posto negli organi dirigenti del partito. Dati i rapporti sociali un tempo vigenti in Inghilterra, c]uesti uomini non avrebbero potuto affermarsi da soli. In fin dei conti, la vita interna di partito - non solo quella dei liberali ma anche ciucila dei conservatori - subì una sensibile democratizzazione. Le nuove Associazioni conservatrici, che concedevano voce in capitolo ai semplici tuorkers, hanno fatto da leva al neotorysmo delle grandi città, creato da Churchill; hanno dato forma e consistenza al « torysmo popolare» che penosamente cercava di aprirsi un varco fra le nebulose dottrine di Disraeli, le necessità pratiche connesse alla concorrenza con i liberali (dishing the Whigs) e le ambizioni del « quarto partito » e del terzo stato t(»y, hanno facilitato l'intronizzazione del terzo stato nel governo del partito, hanno concorso a introdurvi le masse popolari a titolo organico e più in generale, ad attribuire al grosso del partito più libertà di espressione, se non libertà di spirito. Anche nelle « c o n t e e » , la nuova organizzazione ha permesso la traduzione pratica della riforma elettorale del 1885, associando le masse nell'attività dei partiti politici, accanto ai gentlemen che, fino ad allora, erano gli unici ad occuparsene. L'effetto sociale fu poi ancor più evidente: il Caucus, grazie alla sua gerarchia interna e alle attribuzioni formali di potere e di influenza, ha elevato nella scala sociale il piccolo negoziante, l'artigiano, che la consuetudine manteneva in stato di inferiorità. IV. Le forme democratiche, con le quali il Caucus sembra identificarsi, hanno avuto effetti ulteriori: hanno contribuito a crea-
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re una nuova forza politica, cioè l'ortodossia di partito, ed il conseguente potere che cjuesta conferisce sui seguaci. L'orgoglio di partito esisteva ben prima della nascita del Caucus, nel regime a suffragio ristretto, però era piìi la peculiarità di una classe dirigente che una fede nazionale; non sempre era facile distinguerlo dalle rivalità dei clan aristocratici o dalle aspirazioni delle nuove classi sociali che chiedevano il loro posto al sole; vantava a malapena forza autonoma. ID'altra parte, esistevano anche delle organizzazioni di partito più o meno rudimentali, ma erano solo gruppi di liberi cittadini che non avevano nessuna autorità rappresentativa, almeno nel senso formale del termine; esistevano loìre-piillen e manager, esattamente come nel Caucus, ma l'influenza derivava loro dallo status personale. IDopo l'estensione del suffragio l'Organizzazione del Caucus, che pretese di comprendere tutta l'estensione della società politica, parve render partecipe l'intero corpo elettorale del sentimento di partito. Tale sentimento, contenuto tino ad allora nella cornice ristretta delle vecchie classi dirigenti, assurse a fede nazionale. Non aveva importanza che, in realtà, la grande massa restasse in disparte. I\'rché una religione sia considerata nazionale, non è necessario che tutti i membri della nazione siano credenti e praticanti, è sufficiente che essa possa contare su un'organizzazione ecclesiastica ramificata su tutto il territorio nazionale. Organizzando la religione di partito su base piìi larga, attraverso un governo rappresentativo, il Caucus dava nello stesso tempo vita ad un'autorità consacrata. I^robabilmente, la c|ualità rappresentativa di tale autorità costituiva ancora una convenzione. C.ome si è constatato, osservando il funzionamento del Caucus, le sue Associazioni erano in realtà niente altro che piccoli gruppi di militanti che ricevevano il loro mandato da un numero c|uasi altrettanto ristretto di correligionari politici, ma il simulacro stesso della procedura elettiva, che presiedeva alla loro formazione, conferiva loro un titolo di diritto, fi sentimento di |:iartito, co.sì come i suoi interpreti, potevano ormai invocare il diritto della maggioranza che si supponeva rappresentassero e, fondandosi su questo diritto, decretavano il dovere per i seguaci del partito di conformarsi alla parola d'ordine della maggioranza e di seguire tutte le sue oscillazioni, sotto pena di slealtà morale. L/instaurazione dell'ortodossia di partito, una ed assoluta come quella della Chiesa, lu favorita in modo singolare dal sistema partitico vigente in Inghilterra: il sistema di due partiti rigidi, ognuno dei quali pretende di rappresentare la verità politica mentre l'altro rappresenterebbe la menzogna politica. 'Tcrtìum non datur. Questa situazione consacrò il potere di coercizione morale della quale la tede partitica ed i suoi servitori erano stati investiti. Si è visto che
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moki elettori popolari, disgustati dal Caucus liberale o dal Caucus k»y, non si decidevano a cambiare partito, temendo la sorte del rinnegato, e invocavano a middle party cercando un tcrtimn. Il Labotir Party glielo offrì. Il Caucus venne scosso all'improvviso, il suo potere di coercizione morale si indebolì. Nel 1905, allorché percorsi la provincia inglese alla vigilia delle elezioni generali, ho potuto rilevare, in tutte le grandi città del Nord a partire da Newcastle, Io scossone avvertito dal Caucus, sia liberale che tory, in seguito all'entrata del Laboiir Party sulla scena politica; ovunciue potevo constatare che il Caucus era diventato meno autocratico: il tertìurn era dato. Ma il rifugio socialista o semisocialista offerto dal Lahotir Party poteva offrire solo un'ospitalità limitata. Tutti coloro che non potevano accettarla restarono volenti o nolenti legati ai due partiti tradizionali ed il Caucus mantenne la propria autorità. Del resto, il tempo che ha preceduto l'avvento del Labour Party è bastato al Caucus fier dare un nuovo aspetto al regime partitico. Le nuove relazioni di autorità e di dipendenza che l'ortodossia di partito rappresentata dal Caucus stabilì, si estesero dall'Organizzazione di cjuartiere fino al f'arlamento. In ogni località gli elettori si videro olibligati a riconoscere nel Caucus il depositario unico della loro fede politica ed a seguire la sua parola d'ordine alle elezioni, perché ormai potevano votare solo per il candidato approvato dal Caucus. Quest'ultimo ha eliminato nel partito la libera concorrenza dei candidati e vi ha stabilito invece candidature uniche, ortodosse, che portano il suo marchio. I candidati ormai non potevano piìi rivolgersi direttamente agli elettori se tenevano ad essere eletti. Non potevano più proporre proprie idee politiche, differenti da quelle approvate dall'organizzazione del partito. Eletti in Parlamento, neppure lì erano padroni della loro coscienza politica. Elettori, candidati, deputati, erano in balia del nuovo potere. Nella sua marcia di concjuista, il Caucus giunse fino ai leader supremi, ma qui cozzò contro una barriera. Il nuovo potere, in così larga parte fondato su convenzioni, urtò contro una forza reale che aveva basi profondamente radicate nella società inglese. La rivoluzione industriale e le riforme politiche del XIX secolo hanno mutato molto l'aspetto della società inglese, ma non sono riuscite a distruggere completamente lo spirito che per secoli l'ha animata e che ha lasciato una profonda impronta sulle relazioni sociali: lo spirito feudale con i sentimenti di rispetto che sviluppò per la condizione sociale, per i capofila. Negli ambienti piti influenzati dal nuovo spirito - negli agglomerati urbani e industriali - esso fece vacillare, più o meno evidentemente, lo status dei detentori dell'antica autorità, dei leader locali, ma i grandi leader, protetti meglio dalla distanza e dall'immaginazione che ingrandisce ciò che è lontano.
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mantennero il loro prestigio. L'immensa pubblicità, procurata dalla stampa che amplifica tutti i fatti ed i gesti dei grandi capi politici, li circondò addirittura di una nuova aureola; sul vecchio sentimento feudale si innestò il cesarismo. Quando si verificò l'attacco del Caucus di liirmingham ed esso pretese di dettare la politica del partito e di dettar legge ai leader supremi, la violenza dell'assalto fece nascere per un attimo il timore che il Caucus stesse per conciuistare le ultime postazioni della leadership tradizionale, per installarsi come padrone nel I^arlamento stesso. I^oco tempo dopo ci si avvide che i leader erano rimasti sani e salvi. Esattamente la stessa cosa accadde sulla sponda toiy dopo l'attacco vittorioso della Democrazia tory guidata da R. Churchill: i leader, incalzati, ben presto si ripresero e riconc|uistarono il loro ascendente. Se il suolo d'Inghilterra fosse stato più livellato, più democratico, prolial")ilmente la marcia ascendente del Caucus non sarebbe stata fermata. Una delle più grandi colonie inglesi, l'Australia, che è scevra di tutte le tradizioni sociali della madrepatria e che ha respirato lo spirito democratico fin dalla nascita, ce ne dà la prova. 11 partito organizzato meglio e il più potente, il partito operaio, è formato sul modello del Caucus; la sua organizzazione è basata su Labotir leagues presenti in tutta la Confederazione. Ila il suo vertice in un Caucus a livello di Parlamento federale, pei' il quale il governo parlamentare è stato ridotto ad un sitnulacro. Quando il partito è al |)otere, i capi del |5artito e il gabinetto sono solo im « fonografo del Caucus»; il governo federale e stato completamente spogliato della sua indipendenza e della sua responsabilità. La discussione in Parlamento risulta solo una lormalità, tutto è deciso in anticipo nell'ambito del Ciaucus; il bill da esso approvato può considerarsi già adottato dal Parlamento. Il Caucus inglese non è riuscito ad affermare la sua autorità sui leader supremi del partito, di contro finì col riconoscere tacitamente la loro autorità. Costoro divennero, infatti, la vera testa della nuova Organizzazione, l^e due forze, la nuova forza democratica e l'antica potenza dei leader ufficiali del partito, si unirono, senza tuttavia confondersi, fi C'aucus, che era parte integrante della vita politica, continuava a condizionarla con le sue tendenze. tk)n il suo lavoro di tutti i giorni mutava le relazioni politiche nel paese, nelle circoscrizioni elettorali, e contribuiva con forza a trasformare la natura stessa del governo rappresentativo e del parlamentarismo inglese, come si rileverà più dettagliatamente nelle pagine successive. Ma poiché il Caucus centrale si mise da parte e non rinnovò le azioni di grande risonanza a cui aveva abituato il pubblico dalla sua entrata in scena sotto Chaml:)erlatn, alcuni osservatori, che si interessano di preferenza a ciò che succede sulla grande scena, ne dedussero la
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definitiva eclissi. L'emarginazione del Caucus centrale, se non annullò il compito eli determinare la politica del partito che questo si era arrogato, rendeva tale compito quasi solo un'apparenza. Il programma del partito proviene dai leader, le risoluzioni votate nelle riunioni annuali dei delegati hanno solo valore dichiarativo. Tuttavia, sarebbe inesatto affermare che la politica del partito sfugga completamente all'influenza del Caucus. I leader ed il Caucus si influenzarono a vicenda in modo invisibile ma reale. Quando i leader, per determinare la loro linea di condotta, cercano di valutare l'opinione pubblica, il Caucus non è l'ultimo al quale si rivolgono. D'altra parte, i recenti avvenimenti hanno dimostrato che il Caucus possiede una forza potenziale che, con il favore degli avvenimenti, può permettergli di affermare il suo potere contro i leader supremi stessi e di forzar loro la mano nella grande politica del partito. Alludo al ruolo svolto dal Caucus unionista nella lotta per il protezionismo inaugurata da Chamberlain. I leader del partito avevano paura di sollevare c]uesta grossa questione o erano anche nettamente ostili al protezionismo - essendo la stragrande maggioranza della deputazione unionista entrata in l'arlamento come liberoscambista - ma Chamberlain trascinò il Caucus dalla sua parte e la ebbe vinta nel partito. Non solo i Caucus catturati da Chamberlain cacciarono da! Parlamento quasi tutti gli unionisti ostili al protezionismo, ma il Grande Caucus con il suo voto fece della « riforma della tariffa » un articolo di fede del partito, gli impresse il sigillo dell'ortodossia partitica, in virtù delle forme rappresentative della sua organizzazione. Così, nel momento stesso in cui un grande autore americano relegava il Caucus fra i favolosi «serpenti d ' I s l a n d a » ' il Caucus interveniva per dare ad un grande partito storico una direzione che minacciava di cambiare l'aspetto economico dell'Inghilterra e il suo stesso destino. Nello stesso tempo, l'intervento del Caucus unionista in favore della causa protezionista, legata a tanti interessi privati, forniva un esempio del ruolo che avrebbe potuto svolgere al servizio degli interessi materiali, più o meno confessabili, che cercavano di imporsi al legislatore: finanziando l'Organizzazione di un partito, gli interessi di questo tipo possono trovare una formidabile leva per le loro imprese. V. La nuova forza messa al servizio dei partiti diede loro un prezioso aiuto. Già da un quarto di secolo, dopo il 1846, tormentati dal male della disgregazione, i partiti erano entrati, dopo l'estensio' A . L . L-OWELL, 'l'be ftwemmcnt of ìliif,land ( 1 9 0 8 ) , I, 5 >4, o p e r a n o t e v o l e p e r t u t t o c i ò c h e r i g u a r d a i-a s t r u t t u r a d e i r o r d i n e p o l i t i c o i n g l e s e .
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ne del sufiragio operata nel 1868, in una fase critica: il «salto nel buio » poteva far perder loro completamente l'assetto o, al contrario, permettere loro di rimontare la corrente, utilizzando la nuova forza apportata dalla massa dei nuovi elettori. Così il Caucus, che gettò la sua rete per catturare cjuesti ultimi, non fu puramente e semplicemente un'invenzione di uomini astuti c]uali Schnadhorst e Chamberlain, ma, liene o male, risponcfeva ad una esigenza della nuova situazione. 13a ciui il suo relativo successo, molto relativo in realtà. forma popolare della sua Oi'ganizzazione fornì al partito il mezzo per giungere fino alle masse, per penetrarvi piìi profondamente. I suoi ciuadri permanenti e la sua macchina gli permisero di raggrupparle pii:i facilmente e di mobilitare piìi rapidamente i suoi contingenti. Infine, esso ebbe soprattutto il merito di attirare nel partito i neutrali o gli indifferenti, così numerosi nel corpo elettorale. Con la sua attività quotidiana, con la sola sua esistenza e c|uella della sua organizzazione permanente, messa alla portata del popolo, ha prodotto la volgarizzazione della ragione sociale del partito, ne ha inculcato la nozione astratta nelle masse. Questo effetto prodotto dal Caucus è tanto piìi apprezzabile in quanto il processo psichico e logico attraverso il quale la mente popolare arriva ad impregnarsi dell'idea astratta di un partito è molto lungo. All'inizio, essa non la coglie che sotto l'aspetto concreto di un uomo, di un capo; loi la riconnette con l'aspetto pii^i generale, ma ancora materiale, de la dimora, del castello (castlc interest), con tutti coloro che protegge, senza riguardo alle loro personalità individuali. Il proprietario del castello, che possiede l'influenza politica nella località, si presenta alle fantasie come se avesse un'esistenza permanente che attraversa le generazioni, come se fosse una sola persona, nello stesso modo in cui Hodge (il tipico contadino inglese) è incapace di distinguere i padroni del castello l'uno dall'altro e dall'edificio stesso, che assume cjuasi, nella sua immaginazione, la capacità di agire. Un passo in avanti nel processo di astrazione si compie quando all'immagine dell'edificio associa l'idea di una funzione i cui successivi titolari sono concepiti come una sola persona. È il caso di quel prefetto, del quale il sindaco di paese citato da Taine diceva: « 11 signor prefetto è sempre stato benevolo con me, sebbene sia già cambiato parecchie volte». IDopo l'immagine personale si giunge al simbolo materiale, che rappresenta alla fantasia l'idea attraverso un segno esteriore in grado di colpire i sensi: come i colori che i partiti adottano e che diventano per il popolo a tal punto inseparabili dalla nozione che raffigurano, che cambiando il colore ne viene distrutta la stessa nozione. In seguito si arriva a designare i partiti con simboli astratti, con termini materiali intesi in senso figurativo, tanto che un partito viene denominato il partito alto, un altro il partito basso.
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Si giunge infine a pure astrazioni, espresse da termini quali liberale e conservatore. Poiché il livello intellettuale della società non è affatto uniforme, le concezioni successive che si susseguono nell'ordine logico, coesistono ancora nel corpo elettorale: alcuni interpretano la distinzione di colore solo nella loro fisicità e chiedono a proposito del candidato: What ìs he, blue or yelloivì (che cos'è, blu o giallo?), altri rispondendo con dignità al aitwasser che sollecita i voti: No, sir, I nevcr vote loìth the high party (No, signore, non voto mai per il partito alto). Ma il numero di persone che votano, non meno ciecamente e pili spontaneamente, per il « l i b e r a l e » o il «conservatore» è in crescente maggioranza. Schiavi delle parole, gli uomini si servono, con il progresso della conoscenza, di parole sempre piili astratte. Il Caucus ha reso popolari e imposto gli appellativi « l i b e r a l e » e toiy o « unionista », con la fede più o meno feticistica che vi è legata, ad un numero sempre pii^i grande di elettori che erano estranei ai partiti stereotipati. Allo stesso tempo, la sapiente Organizzazione del Caucus con i suoi battaglioni di workers ha prodotto una macchina per impadronirsi, cjuasi nel senso fisico del termine, degli elettori tiepidi o apatici e trascinarli, malgrado loro stessi, al voto. II Caucus non si è accontentato di moltiplicare gli effettivi dei partiti, ne ha aumentato la forza combattiva: ha organizzato la passione di partito diffondendo il dogma dell'ortodossia di partito, e vegliando su di essa con un'autorità gelosa ed implacabile, nei confronti di ogni dissidente. VI. Ma in fin dei conti i partiti non ne trassero gran giovamento. Mentre l'Organizzazione perfezionata cercava di accrescerne la forza ed assicurarne.la coesione, l'unità dei partiti era costantemente battuta in breccia ora sull'uno ora sull'altro fronte. Considerato in una prospettiva più o meno estesa, il lavoro dell'Organizzazione era comunque un lavoro di Sisifo, fi processo storico di disgregazione dei partiti andava avanti, in modo più o meno evidente, secondo le epoche e le circostanze. Anche se gli sforzi della nuova Organizzazione vennero assecondati dall'avvento di due potenti capi parlamentari, Disraeli e Gladstone, che dopo l'estensione del suffragio erano riusciti a riformare due grandi armate, l'ale scenario potè offrire l'illusione che il vecchio sistema di due partiti stereotipati si fosse risollevato, e che il suo momentaneo decadimento tosse nient'altro che un periodo transitorio, dopo il quale i partiti, come armate stanche dopo un combattimento, avevano ritrovato la loro forza e ripreso le loro posizioni. In realtà, non era affatto così; la crescente differenziazione delle condizioni sociali, degli interessi, delle aspirazioni, delle idee, che aveva fatto vacillare il bipartitismo tradizionale, avanzava con più forza che mai. La storia dei partiti,
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ed in particolare del partito liberale, diventò piti che mai storia di divisioni profonde e di continui sforzi fatti per soffocarle, con l'aiuto di un'organizzazione rigida che estrometteva dal partito i dissidenti, o per nascondere le divergenze sotto la comune ragione sociale del partito, sotto il Grande Ombrello, néVomnibus di Newcastle. liliminando i dissidenti rimasti in minoranza, li si descriveva ogni volta come im ramo morto d i e va tagliato affinché l'aligero riprenda vita, ma cjuesta operazione era continuamente da ricominciare. f^rima furono i moderati del partito liberale, i tvhigs, ad essere fatti hiori, con l'attivo aiuto del Caucus appena creato. Alla successiva occasione, le vittime furono gli avversari del Home Ride irlandese, e così via fino ai libero-scambisti conservatori, gli ultimi ad essere immolati sull'altare della coesione di partito. Tuttavia, il grido delle discordie interne si levava sempre fino al cielo, ora da un lato, ora dall'altro, e c]uella che si sarelibe voluto rappresentare come un'evoluzione organica, come il continuo rinnovamento nel quale risiede l'essenza della vita, non era altro che un susseguirsi di collii di mano, in grado a malapena di assicurare una coesione meccanica di un momento, fi metodo del Grande Ombrello, che ripai'ava le diverse aspirazioni politiche giustapjjoste alla rinfusa, non aveva ottenuto risultati migliori: la ragione sociale comune non creava una fede comune, riuniva solo sette particolari che perseguivano ognuna il proprio fine specifico. l_.'omogeneità dei partiti e solo un ricordo del passato o un sogno dell'avvenire. l-'robabilmente, si parla ancora del « liberalismo » e del « fiartito liberale», del «partito conservatore» come se fossero entità politiche, ma nei fatti è impossibile cogliere il carattere pro()rio dell'uno o dell'altro partito: non esiste piti un corpus di dottrina liberale o conservatrice, né un temperamento liberale o conservatore o, quanto meno, la differenza di temperamento non influenza l'azione politica. Le idee o le aspirazioni che da un quarto di secolo si disputano l'influenza politica hanno sostenitori e avversari in ognuno dei partiti classici: Home R/ile irlandese, imperialismo, libero scambio e protezionismo, riforma sociale, non sono monopolio di nessuno dei due, fi nuovo partito, lo stesso Laboiir Party, rappresenta piti un'organizzazione separata che non un patrimonio ideale indipendente, fi semisocialismo d i e esso porta avanti, appare oggi nello stock del partito liberale, e trova traduzione in leggi e regolamenti nella misura in cui viene accettato da quest'ultimo. Il partito detto conservatore, pur rappresentando i diritti e le pretese della proprietà, flirta con le rivendicazioni del l^avoro e anche con tendenze schiettamente socialiste, f^egatario dell'ordine aristocratico, appoggiandosi di [ireferenza alle forze che incarnano l'antico spirito feudale, questo partito è giunto, nel 19fO, a issare la bandiera della democrazia
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diretta, proponentlo di introdurre il referendum popolare su tutte le questioni importanti, sia costituzionali che di ordinaria legislazione. Gli sforzi dell'Organizzazione che cercava di mantenere unito a tutti i costi il corpo dei partiti, ne snervavano il morale. I.,a crescente importanza dell'Organizzazione, conferì nei partiti un posto preponderante agli organizzatori, e con essi si affermò innanzi tutto la preoccupazione di assicurare la coesione ad ogni costo e di ottenere il successo alle urne con qualunque mezzo. Accanto al leader si collocò il macchinista di partito. Troppo spesso le qualità di leader si confusero con cjuelle di wtre-puller, colui che tira i fili. Anche il macchinista subalterno, il tvorker, ottenne una posizione notevole. Non c'era nulla di sinistro nelle intenzioni dei luirc-ptillen e dei workers, essi credevano onestamente, se non intelligentemente, al partito, ma diffondevano nondimeno sul suolo inglese il seme del « politico professionalista ». Questo seme cominciò a germogliare. Già da qualche tempo il « l a v o r o » volontario nei partiti diventava piili raro, f)isognava ricorrere sempre più ai workers pagati. In questi ultimi anni si è molto .sviluppata Ja tipologia del politico professionista, e non solo nei vecchi partiti, ma anche nel partito socialista dell'ILl^, pur essendo questo fondato sull'entusiasmo e il disinteresse. Fino a cjuesti ultimi tempi, si supponeva che c]uesti organizzatori, conferenzieri o oratori, condividessero la fede del partito per il quale lavoravano;' adesso si trovano fra di loro semplici mercenari che solo a pagamento spacciano davanti alle folle credule gli argomenti o le frottole del partito. Si introduce così un reale elemento di degrado nella vita politica. I wire-pullers di diversi ranghi, pur essendo di una perfetta onorabilità, hanno a loro volta contribuito potentemente ad abliassare if livello morale dei partiti. Essendo incaricati della fortuna elettorale del partito, i wìre-pullen hanno lo spirito teso unicamente alle elezioni successive, il loro orizzonte politico non si spinge oltre; quel che interessa loro è il risultato immediato. Sono opportunisti d'ufficio, se così si può dire. Sempre alle prese con la realtà, manifestano un certo disprezzo per i principi e adottano spontaneamente come regola: « ogni pesce va bene per la nostra rete ». In un partito la cui fede è intatta, che vive una vita intensa, fondata su un sincerp attaccamento, i wìre-pullen occupano una posizione subordinata, limitata alla routine del compito elettorale. Ma in partiti in decadenza, la loro influenza aumenta, essi sono portatori dell'arte che deve sostituirsi alla natura che viene a mancare, e li si lascia fare, forse a malincuore, purché riescano nel loro intento. Quando i partiti inglesi persero il loro antico assetto e, nello stesso tempo, si rese necessario impadronirsi delle masse da poco ammesse al suffragio, il
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ruolo dei loirc-pullen divenne pii^i importante. Il Caucu.s tornì loro una base operativa, e installatisi in questa essi adoperarono i metodi d'azione che conosciamo, i metodi che fanno appello di preferenza alle emozioni, ai sensi, che cercano di stordire gli elettori; ricorsero alla tattica opportunista che sufiordina la politica del partito a considerazioni elettorali. Fu principalmente su loro ispirazione che la rivalità dei due partiti si ridusse a c|uella tra due aziende commerciali che si fanno concorrenza, ed anche una concorrenza sleale, cercando di «rubare i voti elettorali»" l'uno all'altro. Queste tendenze si ritrovano oggi in tutti i partiti, esse rappresentano la grande molla del partito liberale e si manifestano in modo ancor |.iiù stupefacente nel partito conservatore che, per definizione, dovrebbe rappresentare la negazione della demagogia e dell'opportunismo. L'atteggiamento ambiguo del partito conservatore in Parlamento rispetto alle pensioni di vecchiaia, ed alle «ritorme sociali» in genere, provocò un vivo risentimento in alcuni ambienti conservatori, e quando un conservatore di vecchio stampo fece notare ad un alto dignitario del Caucus che il partito avrebbe dovuto «prendere una posizione netta contro i pi'ogetti di leggi socialiste e di leggi dette opej'aie e fare così c]ualcosa per salvare il paese», l'uomo del Caucus rispose: « Al diavolo il paese, il nostro problema è vincere le elezioni » {Darmi the country. Olir hminci'i ìs to iviri electìorn). La naturale indignazione del conservatore che ricevette c]uesta risposta fu condivisa da altri vecchi tories, ma gli si fece notare che egli « sembrava ammettere che esistesse ancora un partito conservatore. Ma questo [jartùo esìste realmente? E se esiste cosa conserva? La verità è che un simile partito non esiste nella r e a l t à » ' . Infatti, se ancora vi sono dei conservatori inglesi, non esiste piìi un partito conservatore in Inghilterra. Ed è il Caucus che l'ha ucciso. Seguendo una linea di condotta opportunista e liuttandosi sulla via delle promesse fatte all'elettorato, ha respinto i principi del conservatorismo; arrogandosi il monopolio dell'ortodossia di partito e mantenendola per mezzo di un'organizzazione rigida, ha accantonato gli uomini che a quei principi tenevano. I vecchi o i veri conservatori non potevano piìi affermarsi o far ascoltare la loro voce; dovevano solo seguire i iinre-pullcn passo passo, gemendo, o eclissarsi disperando della loro causa. All'inizio, quando il Caucus, trent'anni fa, penetrò nel conservatorismo, lo ha aiutato a riaffermarsi nella competizione partitica, lo ha ringiovanito, ma tutto ciò a prez' E re.spres.sioiie eli un u o i n « di S t a l o coii.servatorc di razza, che mi d i c e v a rec e i n e i n e i i l e j j a r l a n d o del .suo [ l a r l i t o : « 1 ii'ire-ptillers sono favorevoli a ciuella che adesso si c h i a m a una "politica c o s t r u t t i v a " (sociale), per r u b a r e voti a l l ' a l t r o parlilo». ' Si v e d a la .serie di l e t t e r e nel « l ' i m e s » , 9, il), 15, e 18 .settembre 1908.
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20 della sua anima, come nella leggenda religiosa del Medioevo. Non fu il solo partito al quale il Caucus inglese, nel corso della sua carriera non ancora troppo lunga, inferse colpi mortali. Fin dal suo arrivo esso si abbatté sui vecchi partiti; ha strappato l'ultimo respiro al radicalismo classico morente, ha potentemente contribuito ad atterrare il whiggismo. Ma da nessuna parte ha provocato danni profondi come in campo conservatore. E stato lui il principale attore che ha determinato un avvenimento capitale e ricco di conseguenze: che in quel paese londaraentalniente conservatore che è l'Inghilterra non esiste piìi un partito conservatore. Ne resta solo il nome, un'organizzazione che opera sotto questo titolo. Non si sa, poi, dove le operazioni del Caucus condurranno il « partito conservatore », quello che di esso domani ne faranno, in che direzione lo spingeranno il giorno successivo, se sulla via della democrazia estrema già indicata dall'adozione del referendum, oppure su un'altra. V f l . I partiti non abbandonavano solo la loro natura, ma anche la loro forza rappresentativa materiale era in ribasso, a dispetto delle pretese del Caucus che pretendeva di consolidarli su un'accresciuta base rappresentativa. Il sistema elettorale in vigore, il sistema maggioritario con le circoscrizioni uninominali, di per se stesso falsava la rappresentanza dell'opinione pubblica. La storia elettorale inglese dell'ultimo quarto di secolo ha dimostrato che il sistema dello scrutinio uninominale porta in pratica a conferire alla maggioranza dei votanti una rappresentanza superiore al suo potenziale numerico, ed a lasciare alla minoranza una quantità di seggi minori di quella al quale la sua forza numerica le darebbe diritto. Esso, a volte, giunge addirittura ad accordare ad una minoranza di elettori la maggioranza dei seggi alla Camera, per tacere delle piccole minoranze, che vengono quasi invariabilmente escluse '. Il sistema bipartitico accentuava tale effetto, costringendo tutte le opinioni politiche, per numerose e diverse che fossero, ad accalcarsi in due schieramenti, e facendo sì che un elettore non godesse sempre della possibilità di votare per un deputato che rappresentasse le sue idee e nient'altro che le sue idee. Così, un elettore favorevole al libero scambio, e ostile al Home Rtilc irlandese - problematiche affermate nel medesimo programma di partito - è costretto a votare o per un sostenitore del Home Rtile o per il candidato rivale, il campione dei protezionismo, di modo che, in ogni caso, sarà tradito dal suo preteso rappresentante in una questione vitale, e avrà contribuito a formare una maggioranza in favore di una politica che detesta. Non gli resta C!fr. ii Libro blu del Ì 9 I 0 : R c p o r t c i t h e Rovai C^oinmi.ssit>!i a p p o i i u c t ì lo onc|iiire i m o e l e c t o r a l syslcm.s.
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d i e L'i scelta del maìe minore. Un tempo .si poteva contare su un leggero, leggerissimo correttivo a tale situazione grazie all'esistenza di pili collegi elettorali a due o tre seggi, circostanza che permette una certa varietà nella rappresentanza; per conciliare le diverse slumature politiche della circoscrizione, le differenti tendenze potevano dividersi fra loro i seggi. Inoltre, la differenza di requisiti elettorali, stabilita dalla legge per i collegi urbani e i collegi rurali, aveva come effetto c|uello di farvi nominare deputati dal differente spirito. I^e riforme elettorali tendevano a cancellare tale differenziazione; dal grande Reform Act del 1832 tino all'ultima ritorma del 1885, che ha equiparato i requisiti elettorali stabiliti dalla legge e ha suddiviso il paese in circoscrizioni uninominali mantenendo in vita solo alcuni collegi che eleggono due deputati. Poiché la lotta elettorale si limita ad un seggio disputato da due partiti, che si giocano il tutto per tutto, ciuesti dovettero organizzarsi molto bene, non solo per combattersi l'un l'altro, ma ancoi' più per affrontare un eventuale candidato indipendente, il terzo fra i due litiganti. Per trovare un più efficace rimedio alla moltiplicazione dei candidati, i servizi del Caucus con il motto di Birmingham; vote cLS yoii are told (votate secondo la parola d'ordine), vennero accettati con ancor maggiore sollecitudine. Il candidato ortodosso, prescelto dal Caucus, era il solo ammesso a sollecitare i voti degli elettori. Investito, però, direttamente dai militanti, di cui si compone in genere il Caucus, egli doveva rappresentare le loro opinioni, le loro passioni innanzi tutto. Quanto al grosso degli elettori, li rappresentava, nel caso migliore, solo parzialmente. Attraverso la molteplicità e la varietà di questioni che il sistema bipartitico permette di sottoporre disordinatamente al giudizio delle elezioni generali, il candidato raccoglie voti in ragione ora di uno, ora di un altro specifico punto del programma ufficiale; mentre molti elettori gli conferivano il voto, non tanto per testimoniargli la loro fiducia, ciuanto piuttosto per manifestare contro il partito rivale, fn tali condizioni il totale dei suoi voti e di ciucili del suo partito era nient'altro che il risultato di una somma di più minoranze. In ogni caso, era impossibile operare una distinzione dei voti, il « v e r d e t t o » degli elettori risultava fatalmente contuso ed incerto, così che era una pura convenzione parlare di « mandati » e di « volontà nazionale ». Come se non bastasse, i metodi elettorali sviluppati dal Caucus, che consistono soprattutto nell'ipnotizzare l'elettore, permettevano ancora meno di considerare le consultazioni nazionali e le maggioranze che ne derivavano come un riflesso fedele dello spirito e della volontà dell'eiettore. Così, con il favore del sistema elettorale in vigore ed a causa del regime bipartitico e del Caucus, i partiti inglesi presenta-
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vano sempre più un'immagine incompiuta, inesatta e deformata dell'opinione pubblica reale. Questa conclusione trova una conferma, almeno parziale, nelle continue fluttuazioni dei partiti, che si verificano a partire dall'ultimo quarto del XIX secolo: molti elettori cambiano ogni volta partito, reputando evidentemente che la maggioranza formata con l'appoggio dei loro voti alle ultime elezioni abbia mal rispecchiato i loro sentimenti politici. Questo fenomeno si produce con una regolarità tale che fu soprannominato lo sioitig of the penclulum (l'oscillare del pendolo). Esso comparve quasi contemporaneamente al Caucus, che doveva assicurare proprio la stabilità dei partiti. Invece della stabilità entrò nella vita dei partiti una permanente condizione di incertezza, le maggioranze erano sempre formate con l'appoggio di elementi fluttuanti ed incerti. Questo risultato si verificava tanto più facilmente in cjuanto il sistema bipartitico concede un vantaggio ai piccoli gruppi intermedi: un'infima minoranza di elettori controlla la bilancia e decide della sorte delle elezioni come di un'azione lasciata al caso. Anche la maggiore organizzazione dei partiti assicurata dal Caucus, che vi ha inquadrato tante persone neutrali, ebbe l'effetto, a prima vista paradossale, di aumentare il potere degli elettori che ne restavano fuori, i luobblers, come vengono spesso denominati. Attualmente è sufficiente che il 5 % della totalità degli elettori cambi sponda per mutare il partito al potere e la politica del governo,, e questo 5 % , che opera lo noìng of the pcndtilum è costituito, oltre che da elettori più o meno riflessivi, da una maggioranza che solo il tam tam della campagna elettorale fa uscire dai bassifondi dell'indifferenza politica. Questo significa, che lo swing of the pendulum non rappresenta l'evoluzione dell'opinione pubblica più di quanto i partiti rappresentassero lo stato dell'opinione pubblica dopo le elezioni precedenti. E se esso ha il potere di mutare la direzione del governo, non corregge però la formazione difettosa dei partiti, non ne mitiga il carattere rigido, non fa che installare al potere un partito rigido al posto di un altro. V i l i . Formati e organizzati nelle condizioni che sono appena state descritte, i partiti portavano con loro in Parlamento nuove realtà, ricche di conseguenze per il funzionamento del regime rappresentativo e parlamentare. I deputati nominati alla Camera non rappresentavano più gli elettori nel vecchio modo. L'elemento personale e locale non è più predominante nei loro rapporti con le circoscrizioni. Il candidato è molto spesso estraneo alla circoscrizione ed alla regione. Le sue qualità personali, ossia il suo carattere, non costituiscono più il suo principale titolo. Quello che gli si chiede è fondamentalmente, oltre
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alla borsa ben piena, la stretta ortodossia politica, l'adesione senza riserve alla politica del partito, ai suoi capi supremi, ed a tutte le misure che sono o saranno proposte da loro. Per vegliare sugli impegni, espliciti o impliciti, che il candidato deve prendere a questo riguardo, si è ormai costituita un'autorità speciale. E il Caucus che lo ha scelto, che gli ha dato vita politica, e che non lo perderà di vista. A prescindere dalla necessità per ogni deputato di "coccolare" gli elettori, per conservarsi il loro favore, con doni e corvè di ogni tipo, i suoi obblighi sono ormai tutti verso il Caucus e verso il « p a r t i t o » . Per il libero esercizio del suo giudizio gli resta un margine estremamente ridotto: invece che un rcprcsentatìvc è piuttosto un delegate, un sottoposto, che riceve gli ordini da! « p a r t i t o » o, per parlare più concretamente, dai leader. In una parola, il deputato siede ormai in Parlamento non tanto per rappresentare una circoscrizione, cjuanto piuttosto per rappresentare uno dei partiti, sotto l'autorità diretta del Caucus e dei leader. Le nuove condizioni che si sono create alla Camera contribuiscono a loro volta a ridurre la responsabilità, l'indipendenza e la dignità dei membri del Parlamento. La prima di tali condizioni è la procedura parlamentare, stabilita nel corso di questi ultimi trent'anni. Essa ha piegato il deputato ed accresciuto la forza dei leader. L'ostruzionismo parlamentare posto in atto dagli Irlandesi ed in generale dall'opposizione, che nell'attuale sistema partitico è spinta e quasi autorizzata a servirsi di ogni arma contro il partito al potere, ha creato la necessità di limitare l'antica libertà di parola. Venne introdotta la chiusura dei dibattiti e il diritto della maggioranza di tappare la bocca alla minoranza si accentuò sempre piìi con il susseguirsi di misure che giunsero a stabilire la «chiusura anticipata», se co-si si può dire: la durata dei dibattiti su una questione è fissata in anticipo, e appena l'orologio indica l'ultimo momento utile, cade la gliìgliottina della chiusura; tutti gli articoli del bill, anche quelli non discussi, sono immediatamente messi ai voti. Poiché la maggioranza ha affidato il compito di far funzionare questa macchina ai leader, al governo, cjuesto se ne serve allo stesso tempo, non solo contro l'opposizione ma anche contro membri o trazioni del suo proprio partito. D'altra parte, la maggiore complessità della vita sociale, e l'evoluzione delle idee sull'intervento dello Stato, hanno sensibilmente ampliato la sfera della legislazione. La Camera lece fatica ad esserne all'altezza: ad ogni sessione si produceva una vera congestione legislativa. Fu necessario scegliere, e si introdusse l'uso di assegnare la maggior parte dei giorni della settimana al bilancio ed alle altre misure importanti proposte dal governo. 11 «tempo del governo», cioè il tempo durante il c|uale si potevano discutere solo le misure
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che emanavano dall'iniziativa dei ministero, aumentava costantemente, fino al punto che ai semplici deputati (private mctnhen) restavano, per le loro proposte legislative o altre cjuestioni, solo poche ore, che essi si disputavano per mezzo dell'estrazione a sorte. In pratica, nessun bill presentato da un membro può avere esito positivo se il governo non « accorda facilitazioni » per la sua discussione, o se non lo assume a suo carico. Questo vuol dire che ormai il deputato può esercitare il suo diritto costituzionale di iniziativa legislativa solo con la mediazione o il favore del governo. E questo che decide, infatti, su quali materie si legifererà, come anche è da esso che dipende il permettere la discussione o l'opporvisi: il « tempo della Camera » è nelle sue mani. Al potere che la nuova procedura parlamentare ha concesso ai capi della maggioranza sui deputati, si aggiunse un'altra nuova forza messa al servizio dei leader: il Caucus. L'evoluzione del Caucus, che ha in una certa misura democratizzato la vita dei partiti nel paese, si è arrestata dinanzi ai leader supremi e l'ha portato a riconoscere la loro autorità. La forza che ha accumulato, il potere di coercizione morale che ha sviluppato nei confronti dei seguaci del partito, elettori e deputati, si trova, in ultima analisi, nelle mani dei leader, come un capitale sul eguale si può sempre contare in caso di bisogno. Prima dell'avvento del Caucus, sotto il regime del parlamentarismo classico, il capo del partito aveva come unico mezzo per riportare alla ragione i membri inclini alla rivolta la minaccia dello scioglimento; inoltre lo scioglimento era alla portata solo del capo del partito al potere, il capo dell'opposizione restava disarmato contro quelli dei suoi sostenitori la cui devozione non era più completa. Adesso, con il Caucus e grazie ad esso in entrambi i partiti, è sufficiente un cenno del ivèip perché ai membri recalcitranti venga intimato dalle loro rispettive Associazioni di seguire passo passo il leader, ed essi possono solo obbedire se tengono alla loro rielezione. I fondi segreti dei partiti, di cui dispongono i leader, sono un altro mezzo che permette loro di tenere al guinzaglio moki deputati che la cassa del partito ha esentato dalle spese elettorali o che ricevono uno stipendio mensile per il loro sostentamento. La vecchia risorsa del patrocinio del partito assicura ugualmente ai leader la devozione completa di un certo numero di deputati: gli uomini di legge che si irreggimentano nei partiti e che aspettano cjuasi tutti i posti lucrativi ed onorevoli di giudici superiori. Anche gli altri deputati che hanno delle ambizioni, che sognano un portafoglio o d i e desiderano soltanto il titolo di sir, devono mostrarsi docili nei confronti dei capipartito, dispensatori assoluti di tali prebende e di tali onori. Così, in tutta la sua esistenza parlamentare, in tutti i suoi movimenti, ed in tutte le sue aspirazioni, il membro del partito, che
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faccia il suo dovere o il suo interesse personale, è trascinato dai leader, e non esiste per lui alcuna via di scampo. I^are appello al corpo elettorale, all'opinione pubblica, sarebbe vano. Anche in t]uesto caso urterà ancora e sempre contro il Caucus e contro gli stessi leader. Mentre il Caucus si è interposto fra il deputato e gli elettori, per detei'minare la fortuna o la sfortuna del deputato fra gli elettori, i leader si appoggiano ormai direttamente alla grande massa elettorale; i sentimenti di loyalty di cjuesti sono rivolti ora ai leader, al di sopra del controllo dei deputati. Quest'ultimo effetto è dovuto tanto al Caucus, che fa venir meno il rispetto dell'elettore per il M.P., ciuanto ad altri fattori di ordine pii^i generale, come il propagarsi delle conoscenze e Io sviluppo delle comunicazioni e degli strumenti di informazione. I^iù istruito, l'elettore ha più coscienza del suo potere di nominare il deputato, ed allo stesso tempo non ha più bisogno del deputato locale per modellare su di lui i suoi sentimenti politici; grazie alla stampa ed al telegrafo, che lo mettono, per così dire, in contatto immediato con il grande capo del partito, può rifornirsi direttamente da lui di politica, come, nel campo materiale, per gli articoli di drogheria e simili, si rifornisce a I_,ondra àzlYiin'wersalprovider (fornitore generale). Poiché jsrova sempre il bisogno to look iip to some one (di guardare in alto verso qualcuno), l'elettore inglese ripone naturalmente nel gl'anele leader il rispetto e la devozione che non ha più l'occasione né il bisogno di manifestare per il deputato della circoscrizione. I « ranghi intermedi », nel senso di Montesciuieu ', sono stati eliminati o cancellati, per aprire la via ad una soi'ta di cesarismo popolare del quale il gran capo del partito si trova investito. Probabilmente le personalità carismatiche al massimo grado, di Gladstone e di lord lieaconsfield, hanno fortemente contribuito a stabilire la supremazia cesarea dei leader, ma cjuesta era sufficientemente sviluppata dalla situazione che ho appena esposto, perché i loro successori, pur non possedendo il dono di conquistare le fantasie popolari, potessero ottenere l'usufrutto di questo potere sulle masse. IX. Tutto questo insieme di condizioni, al centro del quale si trovano le nuove l'elazioni di partito, ha profondamente alterato il funzionamento del parlamentarismo, del governo di gabinetto. Questo strumento eminentemente delicato era considerato come ima sorta di basculla che funziona per una «serie di azioni e di reazioni fra il governo ed il Parlamento» (Bagehot), con i capi che gui• ' C f r . L'Espri/ iles loh, l i b r o II, c a p . IV, sui « r a n g h i i n t e r m e d i n e c e s s a r i ad m o n a r c h i a p e r m a n l e n e r l a a d n g n a l e di.slan7,a d a l l o .Slato d i s p o t i c o c d a l l o .Staio olare».
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dano senza comandare ed i membri che seguono senza essere trascinati. Il diritto e la facoltà dei deputati di ammutinarsi in ogni momento contro coloro che li guidano e, d'altra parte, l'autorità della quale i capi sono stati investiti dalla tradizione e dalla realtà del sistema partitico, mantengono fra gli uni e gli altri l'equilibrio che assicurava il funzionamento del governo e, allo stesso tempo, garantiva la libertà dell'assemblea. Tale ecjuilibrio è ora completamente spezzato a vantaggio dei leader. Un tempo, soprattutto quando quasi tutta la Camera proveniva dallo stesso ambiente sociale, il leader del partito era solamente il primm ìnter pares, adesso è un generale comandante in capo di un'armata. Consulta appena il suo stato maggiore, il front bench, e più spesso è ad un ìnner cìrcle (cerchia ristretta) di alcuni luogotenenti a cui limita le sue confidenze. Tutto il resto dell'armata riceve semplicemente gli ordini di marcia. L'obbedienza ed il rispetto cjuasi superstizioso per il capo supremo' del partito sono l'aria che tutto il partito respira, ed il suo contegno è in armonia con tale ambiente''. La missione dei deputati del partito consiste unicamente nell'essere i supporters del capo e dei suoi luogotenenti. Ai più intelligenti e di talento spetta la distinzione particolare di essere i gladiatori del partito, gli altri sono semplici automi per votare. Un tempo un deputato, pur essendo tenuto alla loyalty nei confronti del suo partito, restava giudice della propria condotta in ogni circostanza importante e non era raro che votasse contro la maggioranza del suo partito ed i suoi leader, senza subire alcuna conseguenza. Ma con il favore delle nuove condizioni, la disciplina di partito si fece più rigida di anno in anno ed il non osservarla arrivò ad essere considerato un atto di alto tradimento che andava, dunque, espiato. Il coraggio della propria opinione divenne una debolezza per il deputato, e la soggezione un'abitudine dello spirito La cieca disciplina di partito che si introduceva così alla Camera, se pur sembrava fortificare il governo di gabinetto, ne allentava la grande molla che risiede nella responsabilità ministeriale. E c]uesto non solo perché conduceva all'autocrazia dei leader: poiché l'approvazione assoluta di tutti i provvedimenti e dei comportamenti " S e il c o m p o r t a i n e m o di u n c a p o non è olim|)ico e g l a c i a l e , il l'atto s e m b r a d e g n o di cs.sere r i l e v a t o . U n c e l e b r e u o m o di .stato l i b e r a l e , s c o m p a r s o di r e c e n t e , p a r l a n d c ì m i dei c o s t u m i d e l l a C a m e r a dei C o m u n i , s o t t o l i n e a v a m o l t o l ' a f f a b i l i t à del c a p o di u n o dei g r a n d i p a r t i t i e c i t a v a q u e s t o t r a t t o c h e gli s e m b r a v a e v i d e n t e m e n t e c a r a t t e r i s t i c o : « a l tca-room I b u v e t t e j d e l l a C a m e r a p a r l a l i b e r a m e t i t e a n c h e con d e p u tati s c o n o s c i u t i e » a g g i u n s e m a l i z i o s a m e n t e il m i o i n t e r l o c u t o r e , « c i u e s t o non gli reca d a n n o » . ' U n e s e m p i o sor[>rendente si è v e r z i c a t o t i u a l c h e g i o r n o fa ( f e b b r a i o del 1 9 1 1 ) nello stesso P a r l a m e n t o : u n d e p u t a t o d e l l a m a g g i o r a n z a d e l g o v e r n o c o n s u l t ò u n c o l l e g a sulla r e d a z i o n e d e l l ' i n t e r r o g a z i o n e c h e s t a v a p e r p o r r e , e d a v e n d o r i c e v u t o la s u a a j j p r o v a z i o n e dis.se: « e a d e s s o v a d o a s o t t o p o r l a al whijì».
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governativi era diventata legge per la maggioranza, il minimo dissenso che questa manifestasse, anche su una questione del tutto secondaria, significava una dìniìmitio capith per il ministero ed impegnava la sua responsabilità laddove la natura delle cose non la metteva affatto in gioco. Tutto, fino al caso piìi futile, diventava una « questione di fiducia »". Il ministero non poteva vivere che a condizione di avere alle sue spalle la maggioranza come se c|uesta fosse la sua ombra, ed i deputati non potevano mai votare contro i ministri o un ministro senza correre il rischio di far cadere il governo e provocare lo scioglimento del I^arlamento e forse anche la fine della loro carriera politica, l'ra il ministero e la maggioranza si stipulava un patto implicito per la vita e per la morte, che annullava la loro responsabilità. Tale patto, diretto contro l'opposizione in f^arlamento, si volgeva a volte anche contro l'opinione pubblica nel paese. Un deputato che avesse votato contrariamente alle promesse fatte agli elettori, poteva invocare la scusa che se avesse votato altrimenti avrelibe provocato la caduta del governo; allo stesso modo, un ministero seguito dalla sua maggioranza poteva sfidare l'opinione del paese che gli si pronunciava nettamente contro, fino alla scadenza del mandato par amentare come, ad esempio, è accaduto pei- il gabinetto liialfour negli anni 1904-1905. Alle elezioni successive, lo siu~ ing of peudtilum della giustizia elettorale che, anche se a stento, non tarda ad attivarsi, li raggiungerà ma nell'attesa essi avranno conservato il ministero, il potere ed i suoi docili sostenitori i loro seggi, rendendo un po' meno paradossali le parole di Rousseau il quale dichiarava che « i l popolo inglese è libero solo durante l'elezione dei membri in Parlamento », Questa situazione verrà ancor più aggravata in seguito al grande cambiamento costituzionale che è appena stato operato dalla restrizione dei poteri della Camera dei Lord, che avrà ormai solo il diritto di voto sospensivo, per una durata limitata, sugli atti della Camera dei Comuni. Per quanto le prerogative della Camera dei Lord siano sembrate ingiustificabili - soprattutto a causa della sua composizione e del modo in cui tali prerogative venivano esercitate - la loro restrizione farà venir iiieno di fatto uno degli ostacoli che rallentavano la marcia del dispotismo di partito e dei suoi capì: praticamente la Camera dei Comuni libera, in avvenire, da ogni freno parlamentare, diventerà onnipotente, in teoria; nei fatti questa onnipotenza si troverà a risiedere, grazie alle condizioni delle ciuali abbiamo appena preso conoscenza, non nel partito dominante alla Ca' A v o l l e i m e m b r i d e l l a m a g g i o r a i i z : ! c h i e d o n o , con la m e d i a z i o n e del wb]p, il pernies.so di v o t a r e s e c o n d o le loro itlee, di non f a r e d e ! voto un lesi (una ciuc.stione di f i d u c i a ) , ma nella i n a g g i o r p a r t e tlei casi il n o v e n u ) non atlerisce a cilicsta r i c h i e s t a per p a u r a di v e d e r d a n n e g g i a t o il sito p r e s t i g i o .se la v o t a z i o n e l(.)sse s l a v o r e v o l e .
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mera, ma nel gabinetto, senza altra possibilità di opporglisi se non appellandosi al paese, ogni cinque anni. Certo, nella pratica le relazioni parlamentari che sono appena state descritte non presentano sempre questa rigidità. L'autocrazia dei leader, il dispotismo del gabinetto subiscono delle limitazioni come ogni assolutismo e anche più degli altri, in c]uanto non tutti i membri del Parlamento sono sottoposti al governo. Un leader parlamentare saggio - i leader dei partiti inglesi generalmente lo sono non si espone temerariamente ad una rivolta né nel paese né in Parlamento; si informa sullo stato d'animo dei suoi sostenitori, ne tiene conto e cede a volte ad una pressione più o meno forte che provenga da loro. Quando la maggioranza è forte ed omogenea, il leader può disprezzare le opinioni di piccole fazioni del partito, e non esita a farlo. Ma se la maggioranza è precaria e composita, presterà ascolto con più attenzione agli scontenti, anche se in questo caso può più facilmente obbligarli alla sottomissione, proprio perché la maggioranza è precaria. Se la maggioranza è formata da una coalizione di alcuni grandi gruppi che hanno rango di partito, ognuno di essi può forzare la mano a! capo, ma una volta stabilita l'intesa, possono solo seguirlo passo passo in ogni circostanza. I^ur tenendo conto di queste contingenze, resta comunciue vero che la Camera dei Comuni, presa fra il Caucus ed il gabinetto, non è più indipendente. Questo stato di cose, provocato principalmente dall'evoluzione del sistema dei partiti, contiene in sé quasi tutti gli elementi della decadenza della Camera che abbiamo già in parte intravisto. La Camera non esercita più il potere legislativo nell'accezione costituzionale, è il gabinetto, l'esecutivo che legifera con la sanzione della maggioranza. L'iniziativa in materia di legislazione è stata infatti praticamente sottratta ai deputati. Lungi d a i r « avere l'intera libertà di determinarsi come essa giudica consono », come accadeva dal tempo di Bagehot, la Camera non è neppure padrona del suo ordine del giorno, è, infatti il capo di gabinetto a stabilirlo. Il controllo del Parlamento sugli atti del governo è inesistente, la Camera non ha neanche la possibilità materiale di esaminare, neppure in occasione dell'approvazione del bilancio, la gestione dei dipartimenti ministeriali. L'esercizio del suo diritto di interpellanza è sottomesso all'estrazione a sorte o al consenso del gabinetto, ai de.putati non restano che le semplici interrogazioni, alle quali i ministri rispondono ciò che vogliono e se vogliono. La Camera non ha il potere di cambiare il ministero, se non vuole pagare tale azione con la propria esistenza. Essa non ha alcun ruolo diretto nella sua caduta, e quasi nessuno nella sua formazione, poiché l'intero gabinetto è stato scelto secondo i desideri del capo, che è stato designato non dal voto della Camera, ma da quello del corpo
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elettorale; finché quest'ultimo non cambia opinione, il ministero è inattaccabile. I dibattiti alla Camera dei Comuni non hanno cjuasi nessuna importanza reale, salvo cjuella di tornire ai gladiatori del partito l'occasione per distinguersi; essi non cambiano l'esito della votazione, non convincono nessuno, poiché la disciplina di partito proibisce ad ogni seguace di lasciarsi convincere. Così, gli oratori parlano davanti a banchi vuoti, salvo nelle grandi occasioni, dove, comunc[ue, la discussione è inutile, di fronte alla ghigliottina della chiusura, che da un momento all'altro cadrà sul dibattito. Questo vuol dire che la Camera dei Comuni non e più un'assemblea deliberante. Nelle condizioni in cui discute, il juibblico, assistendo ai suoi dibattiti, non ha molto da guadagnare pei- la sua istruzione politica, e quel poco che potrebbe trarne è inoltre sminuito dai resoconti della stampa a buon mercato che ricerca soprattutto il pittoresco ed il sensazionale. In una parola, la Camera non adempie più - o adempie male - alle sue funzioni, cosi riassunte da Bagehot: l^erché la Camei'a c o m p i a b e n e t suoi compiti e nece.ssarìo cfie possa a.ssolvere c o n v e n i e n t e m e n t e c i n q u e l u n z i o n i : che sia c a p a c e di e l e g g e r e bene il niiiùstero, di fare b e n e le leggi, eli ini o r m a r e bene la nazione, di esprimere b e n e la volontà n a z i o n a l e , di pre.sentarc b e n e alla nazione gli argomenti degni di a t t e n z i o n e .
L,a degenerazione della Camera tu completata e aggravata dalla decadenza dei partiti. Non essendo più uniti da un insieme di principi e di asj)irazioni, divisi in molti casi al loro stesso interno, essi sono mantenuti in vita artificiosamente. La loro grande preoccupazione è vivere, e l'impresa suprema dei leader non è compiere grandi cose, bensì mantenere in vita il partito, al punto da ricordare spesso l'adagio: proptcr vitam vivendi perdere causas (per salvare la vita, perdere le ragioni del vivere). Si fanno prodigi di destrezza, si creano capolavori di ambiguità per prevenire lo scisma nel partito e salvare l'apparenza dove manca la sostanza. IDiviso più o meno visibilmente in gruppi, dei quali ciascuno ha le sue preoccupazioni particolari, il partito ne è divenuto un sindacato, al fine di c ar loro soddisfazione, a turno, attraverso la riunione dei risjx'ttivi voti. Questo stesso metodo (noto con il nome di log-rollino) non fu |.iiù sufficiente ad assicurare al partito diviso una maggioranza, da c]uando il numero dei partiti non è più limitato a due. Il bipartitismo ha fatto il suo tempo. Ora vi sono almeno quattro partiti. I^er raggiungere una maggioranza è necessaria una coalizione di due o tre partiti, e la sua durata non |)uò evidentemente su|.ierare il fine comune da raggiungere. A prescindere da periodi di intervallo, come ad esempio c|uello verificatosi in cjuesti ultimi anni, grazie al movimento del c|uale il bilancio Lloyd George rappresentò il punto
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centrale, l'operato dei partiti, tutti presi dagli slorzi necessari a sopravvivere, è fatalmente sterile o cjiiasi sterile. Distinguendosi appena l'uno dall'altro per i loro principi ed i loro metodi, i partiti si disputano fondamentalmente il potere. I loro leader, dei quali molti sono uomini di grande valore ed a volte dei grandi capi, non possono tuttavia agire da veri statisti, anche se ne avrebbero la stoffa: non hanno, e non possono avere, un insieme definito di idee, né una linea politica determinata e coerente da seguire. La loro maggiore preoccupazione è il momentaneo vantaggio del partito. I loro programmi sono redatti soprattutto secondo le necessità della guerra che i partiti si fanno; accanto ai problemi reali suscitati dalla vita nazionale, ne sono introdotti altri che permettono di giocare « a testa o croce ». Il termine corrente the party game (il gioco di partito) illustra, infatti, il carattere predominante dei loro combattimenti. Non che i leader ed i loro sostenitori, la grande maggioranza almeno, manchino di convinzione e di sincerità, ma l'aspro perseguimento del successo per il partito le dissimula così bene che spesso è impossibile distinguere se tale successo rappresenti un mezzo o un fine. L'opposizione non è più il contrappeso tanto vantato dai teorici del parlamentarismo. La rigidità della disciplina di partito ha, infatti, ridotto l'opposizione all'impotenza, limitandone il ruolo all'ostruzionismo. Ispirata raramente a dei principi, l'opposizionp cerca soprattutto di render dura la vita del partito al potere, anche a rischio di ostacolare il governo del paese. Lungi dal frenarsi l'un l'altro, i partiti cercano di battersi in velocità; la loro politica, dominata dal bisogno di « rubare i voti », è una politica di offerte. Il partito del lavoro, pur avendo risollevato il tono della Camera dei Comuni, vi ha anche portato un elemento di amoralità: stimola le offerte. L'uomo del Caucus tory che ha espresso la massima di clamn the country (al diavolo il paese, il nostro problema è vincere le elezioni), aggiunse: « e non abbiamo intenzione di opporci a ciò che è popolare nel Labotir Party ». Così, il sistema del bipartitismo, considerato la pietra angolai'e del governo parlamentare, appare ora su tutta la linea il principale elemento di disturbo. Minato esso stesso in profondità, e mantenendosi in vita con estrema difficoltà, non fa che deteriorare più profondamente il governo parlamentare e rappresentativo. La forza che il Caucus portò ai partiti per un momento, non ha salvato il sistema, non ha fatto che esasperarlo, che tenderne la molla allo stremo. Se il Caucus gli è ancora utile, lo è come la corda per l'impiccato. X. Questi effetti del sistema partitico, già visibili da molto tempo agli occhi degli spiriti riflessivi, cominciano finalmente a col-
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pire, e sempre di piìi, anche il grosso pubblico". Si delinea già nettamente nell'opinione pubblica un movimento di rivolta contro i partiti. Il loro opportunismo che sfiora a volte il cinismo, l'evidente mancanza di sincerità dei loro comportamenti, i gesti ed i metodi con i quali si impadroniscono dell'elettore, provocano la nausea in più di un ambiente, man mano che diventano manifesti. Hanno portato non poche persone a disperare dei partiti e della politica, e a dire che i politici erano tutti degli humhttgi (buffoni). Tale impressione conc|uista anche gli amliienti socialisti, la cui esperienza partitica non è tuttavia molto lunga. Camera dei Comuni non gode più del rispetto e della fiducia di un tempo, tranne che nelle classi operaie che sono grate al Parlamento per le leggi di regolamentazione del lavoro emanate a loro tutela e che ne aspettano ancora altre. Nelle classi medie, invece, la fiducia nel I^arlamento non esiste pii^i. Gli uomini colti sono scioccati dalla degenerazione politica che i partiti ed il Caucus hanno provocato; coloro che sono in affari sono esasperati dal veder girare a vuoto, ma con enormi spese, la macchina parlamentare. Molte persone distinte preferiscono impegnarsi nei consigli di contea piuttosto che alla Camera; là almeno giungono a risultati concreti. Altri sono allontanati dal Parlamento dai numerosi obtJighi ai quali è soggetto TM.!^, e dalle spese crescenti che chiudono la porta del I^arlamento agli uomini poveri e indipendenti. Il numero di persone d i e aspirano alla carica di deputato è nondimeno considerevole, ma il titolo di M.P, non è pii^i reputato una grandissima distinzione. L'avvento di deputati operai vi ha contribuito in parte: che sarà mai questo onore che ottengono anche gli spalatori e i calderai! Il discredito dei partiti tocca anche il lealismo di partito, il no party man (l'uomo al di fuori dei partiti) aumenta e accentua lo siuing of the pendtdum, ma la grande massa degli scontenti e dei disgustati vota comunque per il proprio partito tradizionale: non ha scelta. Si cerca una via d'uscita. Alcuni desiderano un partito di mezzo, capace di mettere in difficoltà i due Caucus rivali che speculano sulla scelta obbligata tra due candidature ortodosse, un partito che sia composto di moderati, la cui voce è oggi soffocata dal Caucus. 13'altronde, non è soltanto fra i moderati che si sogna un « partito di
" i g r a n d i capi dei partiti ne c o n v e n g o n o già a p e r t a m e n t e . Nella .sednta della enumera dei C o m u n i del 2 6 aprile 1911, il p r i m o mini.slro A.st n i d i d i c h i a r ò : « S o n o d ' a c c o r d o Icon il l e a d e r deiro|>posizione| nel ncono,scere che i .sl.steina dei ()artiii è s t a l o da noi p o r t a t o , in cjviesti u l t i m i a n n i , ad u n a r i g i d i t à e ad u n a assenza di elasticità d i e non r i s p o n d o n o a f f a t t o ai veri interessi del paese. Non c ' è p e n s a t o r e cinesto o i n t e l l i g e n t e c h e non c o n d i v i d a q u e s t a o p i n i o n e , in segreto o a p e r t a m e n t e » .
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centro ». Altri, come lord I lugh C e d i , perorano pateticamente l'allentamento della disciplina di partito alla Camera, al line di ristabilire « u n governo di discussione», e propongono che accanto ai sostenitori convinti vi sia un posto per un certo numero di moderati, legati da deboli vincoli al partito, e disponibili alla persuasione. Nobile desiderio, ma come potrebbe essere esaudito? Non è lare i conti senza l'oste, i ivhips ed il Caucus? I deputati che si esponessero come «sostenitori moderati» sarebbero impietosamente immolati sull'altare del partito, alle prime elezioni successive. Su un terreno piìi solido si trovano coloro che sperano che la cieca disciplina di partito venga spezzata da grandi riforme politiclie, come la rappresentanza proporzionale ed il referendum. I^a rappresentanza proporzionale, che organizzerebbe l'opinione pubblica in modo naturale, sopprimerebbe nei collegi il monopolio del Caucus e porterebbe alla Camera piti gruppi liberi, invece dei due partiti meccanicamente tenuti insieme dalla disciplina. Q)uesto risultato è infatti molto prol^abile - esaminerò la questione più ampiamente nella conclusione del libro - ed i progressi incontestabili che l'idea della rappresentanza proporzionale fa nell'opinione pubblica sono dovuti, fra l'altro, al disgusto che il sistema dei partiti solleva. Il referendum, diventato ora all'improvviso una cjuestione di scottante attualità, sostenuto al tempo stesso dai conservatori e da uomini molto avanzati politicamente, avrebfie a sua volta, agli occhi di molti dèi suoi sostenitori, il merito di servire di rimedio contro la tirannia di partito: nel momento in cui il voto popolare potrà annullare le decisioni del Parlamento, il servilismo dei deputati nei confronti dei partiti e dei loro leader ed il log-rolling dei gruppi che danno i loro voti al sindacato d e l partito non avrebbero più valore commerciale, i partiti perderebbero la loro presa sia sugli individui singoli sia sui gruppi. Anche su questo argomento, che riguarda il problema generale della democrazia, avrò occasione di tornare. Un altro problema, posto all'ordine del giorno, anch'esso in grado di colpire il sistema dei partiti, è caratteristico dell'Inghilterra: si tratta della questione dello stipendio dei membri della Camera dei Comuni, il cui mandato non è attualmente remunerato. (.)uesta riforma permetterebbe ai candidati poco ricchi di aspirare alla carica di deputato senza ricorrere alla cassa segreta del partito e ai luhìps. Allo stesso tempo, spalancheret)be le porte del f^arlamento a bassi politicanti che cercano nella politica una fonte di lucro. Questa ultima considerazione mi ha fatto dubitare dell'utilità che deriIn un iu'ticoio n o t e v o l e , The dìseases of ihe House of Commoiis ( « T h e D u b l i n R e v i e w », luglio i 9 0 9 } . C'fr. tni o p u s c o l o clello s t e s s o n u t o r e , ÌJherlv dìul ailtorìty, London 1910.
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verebbe dairintrodurre l'indennità parlamentare in Inghilterra, pur sembrandomi questa giusta in via di principio. Ma in seguito, il continuo declino dell'indipendenza mi ha latto cambiare idea: un certo numero di deputati, non avendo più bisogno di sussidi, recupererà la libertà della propria coscienza politica; forse alla Camera entreranno cento «politici professionisti» (e non è sicuro), ma se con loro arrivano dieci uomini liberi, davvero liberi, cambierà cjualcosa in Parlamento. Ciò di cui si ha più bisogno oggi è introdurre alla Camera una corrente di aria fresca nell'atmosfera corrotta dal vento eli partito. L'azione liberatrice dell'indennità parlamentare si estendereblie fino ai candidati operai, che come gli altri, devono indossare il collare del partito per entrare in Parlamento, e camminare tenuti al guinzaglio per ottenere la loro pietanza quotidiana", I/istituzione dell'indennità parlamentare porterebbe tutti i suoi frutti solo se fosse integrata da un'altra misura che metta sul conto dello Stato le spese elettorali ufficiali Una regolamentazione legale molto più severa delle spese non ufficiali dei candidati, che le riduca al minimo, andrebbe nella stessa direzione. Non esiterò infine ad approvare il divieto del ccmvim elettorale da parte delle organizzazioni politiche. Non ignoro le difficoltà giuridiche che incontrerebbe la definizione di questa nuova misura, ma non credo che siano insormontabili. Xf. Ma esiste davvero tanto pericolo? Anche ammettendo che il declino del governo rappresentativo e parlamentare sia realmente così avanzato ed il sistema dei partiti caduto così in tiasso, la società politica e lo Stato, in fnghilterra, non stanno comunque abbastanza bene? A dire il vero, finora il male è stato limitato nei suoi effetti. Lo stato di cose descritto ha certamente svilito la figura del cittadino, ed ha portato alla decadenza del f-'arlamento e all'autocrazia o all'oligarchia di alcuni capi, ma la libertà del popolo inglese non ne è stata diminuita, e la corruzione non si è introdotta né nel governo né nella nazione. C^nusta era protetta dalla doppia difesa della sua moralità sociale e della sua moralità politica, l/idea di onore e di dignità personale d i e governava la società di un tempo, e che era espressa dalla nozione di gentleman, non è scomparsa. Il gentleman è rimasto l'ideale ed il modello per tutte le classi della società, e non si poteva salire sulla scala sociale senza avvicinarsi a questo modello nelle proprie concezioni, nelle proprie azioni e gesti. Per c|uanto le qualità morali che fanno di una persona un gentlenuin " I,o s l i p e n d i o dei d e p u h i l i è a p p e n a s t a l o s t a b i l i t o d a l l a l e g g e {agosto i ' ) l 1). I.e s p e s e r e l a t i v e alle o p e r a z i o n i e l e t l o r a l i legali (ll)C rcltmliiif, officcr's dìurgi's) sono p a g a t e c o n g i u n t a m e n t e dai c a n d i d a t i c h e a s p i r a n o al s e g g i o .
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si confondessero spesso con il loro aspetto esteriore, con i loro simboli, e si riducessero ad una respectability del tutto formale, esse stabilivano comunque una regola di condotta e facevano del carattere la misura del valore personale. Lo stesso criterio era applicato spontaneamente nelle relazioni politiche: le influenze sociali erano rimaste onnipotenti nella vita politica, e, sotto il regime del suffragio esteso, 1 leader appartenevano sempre alle classi dette superiori. In una parola, i membri del Parlamento ed i governanti erano sempre dei gentlemen. Il « gioco di partito » al ciuale si dedicavano era certo sprovvisto di elevatezza morale, ma non vi si manifestava nulla di sordido e di mercenario. I capi non sfruttavano il loro potere, sempre pili oligarchico, per arricchirsi né per arricchire i loro amici. Anche quella fra le loro pratiche che aveva odore di denaro, il traffico dei titoli e delle onorificenze, era ancora, per così dire, disinteressata: era « per il partito » che facevano questo pìccolo commercio, sconosciuto del resto al grande pubblico. Le apparenze erano salve, l'amoralità che il duro perseguimento del successo partitico aveva prodotto nella vita politica non andava molto lontano, non assumeva forme tangibili capaci di colpire gli spiriti, ed il pubblico distante dall'arena parlamentare ha mantenuto fino a c]uesti ultimi tempi la sua fede nei leader e la tranquillità del suo animo. Anche i tvire-pullers del Caucus e la stragrande maggioranza dei luorken non erano affatto dei mercenari, e non era corruzione materiale quella che diffondevano attorno a loro. Le tendenze e i metodi del Caucus, così soggetti a critica da altri punti di vista, erano attenuati o messi in difficoltà da alcune cjualità morali dell'Inglese, così come da alcune influenze sociali tradizionali. Il formalismo settario del Caucus, le sue imprese contro la libertà di coscienza politica, il suo opportunismo, le sue tecniche di intimidazione, di appello alle emozioni, di sfruttamento della credulità dell'elettore, urtavano contro una resistenza passiva proveniente dal fondo considerevole di sincerità, onestà, buon senso, fermezza, sentimento individualista d'indipendenza, accumulato nel popolo inglese. Il formalismo e la meccanizzazione politica, introdotti dal Caucus, erano attenuati anche dalla sopravvivenza delle antiche condizioni sociali che rappresentavano spesso ciò che v'era di meno accettabile nell'antico ordine di cose, ma che affermavano e continuano ad, affermare la potenza delle forze vive della società, come l'autorità dei landlorch, della Chiesa, il fascino esercitato dal rango sociale e dalla ricchezza. Un uomo ricco che fa un uso conveniente delle sue ricchezze si impone alle folle piìi di quanto non facciano uomini che rappresentano solo delle etichette, delle parole. L'influenza territoriale, come hanno dimostrato fin troppo le recenti elezioni, è ben lontana dall'essere un ricordo del passato, alle elezioni si segue
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volentieri iin « buon » latidlord, qualunque sia la sua politica, anche nelle regioni in cui l'emancipazione dal potere dei proprietari terrieri ha fatto progressi più considerevoli che altrove, per esempio in Scozia. Nel Sud dell'Inghilterra, le old country familiei, le antiche famiglie delle contee, sono ancora circondate da una particolare stima, per il solo fatto della loro antichità. Esse sono praticamente un'istituzione. Allo stesso titolo la Chiesa è sempre una tradizione ben viva che serve di punto di unione per molte persone che non fanno quasi più ricorso al suo ministero, e che disertano i suoi templi. Il prestigio del rango sociale è probabilmente diminuito, ma il lord resta la figura più affascinante per la fantasia. Lo spirito gerarchico, lo spirito di classe, sopravvive ancora nella società inglese, il popolo inglese non ha ancora smesso di essere quel che I5agehot chiamava un «popolo rispettoso», «politicamente rispettoso». La decadenza della Camera che rappresentava le liliertà del popolo, e la supremazia del potere esecutivo che si è stabilita, non hanno colpito né messo in pericolo cjueste libertà, e non avrebbero potuto farlo. La libertà è troppo radicata nei costumi inglesi, è protetta dalla coscienza nazionale, dalle nozioni e abitudini generali meglio che da qualuncjue testo legislativo. Recentemente l'eminente giurista A. Dicey raccontava di aver domandato ad un altro giurista « p i ù ferrato di lui», cjuali sarebbero state le conseguenze pratiche dell'abrogazione della Magna Charta. Questi rifletté un istante e disse d i e se la Magna Charta fosse stata abolita, ciò avrebbe potuto colpire i diritti della Corona sulle riserve eli pesca. La grande controversia sollevata nel 1909 dalla riproposizione alla Camera dei f^ord del bilancio Lloyd George, per sapere se i Lord avessero il diritto di emendare le leggi finanziarie adottate dai Comuni, ha ricordato l'ammirevole distinzione, creata dal senso politico inglese, fra ciò che è legale e ciò che ò coùituzionale. I I^ord avevano il diritto legale di trattare i bìlh finanziari come un qualsiasi bill, questo diritto non è stato abrogato da nessun testo, ma la coscienza civica lo ha in seguito annullato, perché non risponde più al sentimento del diritto coltivato dal popolo inglese, e di conseguenza non deve essere esercitato, è incostituzionale. Questo rispetto dell'opinione pubblica e della sua coscienza del bene e del male nelle cose dello Stato, rispetto che testimonia la più alta moralità politica, fa da loaluardo alla libertà. Il governo degenerato dei partiti non ha potuto corrompere neppure l'amministrazione, riempiendola delle creature del partito dominante e facendo degli impieghi pubblici moneta elettorale: la nomina e la revoca della grande massa di funzionari, che un tempo serviva gli interessi dei partiti, sono state sottratte alla loro influenza. Questo cambiamento è stato operato da una serie di atti legisla-
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tìvi e di regolamenti (il primo dei quali risale al 1853), che hanno subordinato l'entrata nel servizio pubblico ad esami e concorsi. Il fatto che il posto sia fisso fa sì che l'indipendenza dei funzionari rispetto ai partiti e ad ogni influenza politica sia garantita. XII. Bisogna, tuttavia, riconoscere che le forze di resistenza opposte all'azione disgregatrice del regime dei partiti sono piuttosto in ribasso. Il temperamento nazionale, secondo il parere di tutti, sta subendo una profonda trasformazione. La gravità, la serietà del carattere inglese cede il posto alla leggerezza, alla frivolezza. La tede salda, la fermezza di opinione è soppiantata dallo scetticismo e dall'indifferenza. L'entusiasmo morale e l'idealismo nei suoi diversi aspetti vengono deprezzati, svalutati. È vero che allo stesso tempo si fa sentire una nuova corrente che sembra provare il contrario: la consapevolezza sempre maggiore della miseria sociale e della solidarietà che c]uesta impone a tutte le classi. iVIa troppo spesso si tratta di un sentimento vago che ha qualche cosa del dilettantismo e della moda, e che è sfruttato dai partiti politici in ciò che ha di positivo: fa guadagnare, infatti, voti elettorali. D'altronde, questo stesso movimento, con il suo aspetto materialista, quello che eccita le masse, raggiunge le tendenze materialiste generali che conquistano le classi della società. Il successo e il denaro in particolare sono circondati da un culto. La forza fisica è oggetto di una specie di adorazione. L'atleta e l'eroe nazionale. Il piacere, il divertimento, sono diventati l'aspirazione generale. Il teatro, la letteratura e la stampa a buon mercato si abbassano ai nuovi gusti e li alimentano. Nelle masse popolari le nuove tendenze sociali trovano la loro espressione pii^i saliente nella crescente passione per lo sport. Anche le classi medie della società, trascinate dalla stessa passione, subiscono sempre piìi le influenze piìi raffinate della « buona società », con la sua frivolezza, il suo lasciar correre e la sua tolleranza per tutto e tutti. Il |3uritanesimo, che è stato per tanto tempo la fortezza morale e la prigione morale della classe media, cede. Insieme a questo distacco, una certa inc|uietudine penetra nell'animo inglese, la calma fiducia in sé stesso e nella sua superiorità sui vicini sembra abbandonare l'Inglese, che comincia a dubitare di sé stesso, del suo paese, della sua potenza economica, industriale, militare. L'Inglese è diventato estremamente nervoso, si abbandona facilmente al panico che i politici e i giornali « g i a l l i » sollevano. In una parola, si osserva su tutta la linea un cedimento della spinta morale dell'individuo. Le antiche influenze sociali che cjuesto era abituato a subire e che, dandogli una direzione, supplivano alla sua forza d'animo (quando non lo snervavano), declinano anch'esse. L'influenza personale dovuta al rango ed al carattere, pur restando molto evidente.
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diminuisce sotto l'azione di fatti di ordine al tem|3o stesso morale e materiale. Una maggiore indipendenza che sì manifesta nei modi, se non nel pensiero della gente comune, attenua il « rispetto ». .D'altronde, queste influenze hanno sempre pii^i difficoltà ad affermarsi negli agglomerati molto grandi. La crescita delle città, dove affluisce la maggior parte della popolazione, rende gli abitanti estranei gli uni agli altri, il loro contatto è solo superficiale, è difficile che essi si influenzino a vicenda. Questo effetto generale della civiltà contemporanea è aggravato nelle città inglesi dall'abitudine delle persone agiate a stabilire le loro abitazioni in c]uartieri appartati (nella parte ovest. West End), in «sobborghi residenziali», o anche al di fuori della città, a cinque, dieci o cjuindici chilometri. La gente comune è abbandonata a se stessa e si trova anche a vivere in c|uartieri separati. I..'influenza di grandi gruppi religiosi, che impregnava le anime, è in ribasso insieme a quella della fede, corrosa dalla tolleranza e dall'indifferenza universale. Il dment stesso, un tempo ancora il maggior fattore sociale e politico nell'esistenza della classe media, non sfugge a c|uesta tendenza. Alla crescente indifferenza in materia religiosa si aggiungono le ambizioni sociali dei non-conformisti più ricchi che si isolano volentieri, fin nei templi, trasformati in eleganti cappelle, o passano addirittura alla Chiesa anglicana più alla moda. La non-conforrnht comcìaicc, che rappresentava una sorgente di spirito pubblico, vibra con minor forza, salvo in momenti in cui la cjuestione dell'insegnamento religioso risveglia le antiche passioni religiose e le gelosie delle Chiese. Le masse operaie, nella stragrande maggioranza, non si preoccupano di religione e restano al di fuori dell'influenza delle Chiese. La fibra morale indebolita ha come completamento il senso politico smussato. Polìtics h no loriger popular (la politica non è piìi popolare), questa è l'impressione unanime della gente del mestiere. La società nel suo insieme è immei'sa nell'apatia, ha solo attimi di ardore politico. Le giovani generazioni in particolare, nelle cui mani è posto l'avvenire della democrazia inglese, non si occupano di politica. La furia con la quale vengono condotte le elezioni non è affatto caratteristica dello stato d'animo della società, è il risultato della contrapposizione tra le Organizzazioni di partito rivali; gli elettori ce la mettono tutta nella battaglia, ma pii^i che altro come sporlmeri che si rispettino. La fiamma politica non arde piì^i nei loro cuori. La libertà, come abbiamo notato, non è affatto in pericolo, ma il culto della libertà non esiste più, essa non è apprezzata. E sarebbe strano che lo fosse in una società in cui nel punto più alto è installata una plutocrazia la cui anima è fatta di cupidigia e snobismo, e nella quale le masse popolari, ai gradini bassi della scala, dedicano tutto il
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loro tempo libero allo sport fin nelle sue forme più brutali. E impossibile anche solo immaginare che oggi un ICossuth, o un Garibaldi possano essere accolti con il trasporto entusiastico che questi eroi della libertà trovarono un tempo in Inghilterra tra tutte le classi della società. Il sentimentalismo politico, per cjuanto esista, trova la sua espressione pii^i diffusa nel sentimento imperialista, sotto il suo aspetto jìngo (sciovinista), e nel crescente culto della monarchia. Quest'ultimo fa progressi notevoli nella coscienza pubblica insieme al disprezzo per il regime rappresentativo. Non si ha più la stessa fede nei governanti, si dubita che essi siano i righi meri in the righi. place. Alla mancanza di fiducia nei confronti del Parlamento comincia ad aggiungersi anche un sentimento di disprezzo, in quanto esso assomiglia ad una sala di conversazione. D'altra parte, si sente già dire che politica hecomcs less horiesi (la politica diventa meno onesta). In effetti, non si può più pretendere che la vita politica inglese sia del tutto assicurata contro la corruzione materiale. L'entrata in scena di politici mercenari, le velleità di alcuni interessi privati economici o industriali di aver presa sulla legislazione con l'appoggio e sotto le sembianze di partiti politici, ed il ruolo sempre più importante della cassa segreta dei partiti che chiede di essere alimentata, sono sintomi spiacevoli. Per il momento non presentano alcuna gravità, tuttavia non devono essere ignorati. Il governo, è vero, è sempre diretto da geiitlernen. E qualcosa, ma non è'abbastanza. Essi preservano lo Stato dalla corruzione materiale, ma non possono impedire che il Parlamento non sia più in grado di eseguire il suo compito, che il meccanismo parlamentare funzioni appena. L'insufficienza del governo parlamentare è in una certa misiu'a colmata dall'esterno, da uno strumento che si può dire « e r o i c o » ; dallo sviluppo delle attribuzioni della burocrazia. Abbiamo già visto il governo municipale poggiare sempre più sugli impiegati permanenti. La crescente complessità dell'amministrazione delle città ed il sistema dei partiti che allontana gli uomini di valore dai Consigli municipali rendono più importante il ruolo degli amministratori professionisti. Allo stesso modo, nello Stato i funzionari salariati e permanenti non fanno che guadagnare terreno. Iniziato da più di mezzo secolo, lo sviluppo della burocrazia avanza a passi da gigante in c]uesti ultimi tempi in Inghilterra. L'estensione della sfera del governo, la crescente regolamentazione, d i e ricorda già quella dei paesi del continente, e l'impotenza del Parlamento non hanno avuto solo come effetto quello di creare un'esercito di funzionari, ma anche quello di conferire loro poteri straordinari: l'amministrazione nazionale è quasi completamente nelle loro mani, la gestione delle finanze e la legislazione stessa sono sottoposte alla loro influenza. Essi legiferano anche direttamente:
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nelle leggi che approva, il Parlamento si accontenta spesso di stabilire solo le grandi linee, lasciando alle amministrazioni superiori la preoccupazione di decretare i dettagli in forma di regolamenti e in modo discrezionale. Il ricorso ai tribunali contro gli atti amministrativi, che era il tratto saliente dell'ordine pubblico inglese, è stato soppresso dalle nuove leggi, secondo le ciuali le decisioni delle amministrazioni sono definitive e non possono essere portate davanti ai tribunali. La nuova burocrazia inglese rende grandi servizi, ma la miglior burocrazia ha bisogno, per non seguire la sua naturale tendenza, di essere strettamente sorvegliata dall'opinione pubblica e dai suoi rappresentanti in Parlamento. Gli incidenti, che ogni tanto giungono fino alla stampa, confermano che la burocrazia inglese, per c|uanto sia eccellente, non è fatta di una pasta particolare. Ora la Camera dei Comuni è incapace di esercitare su di essa il controllo desiderato, non ha né il tempo né i mezzi necessari per farlo, fi suo tempo è riservato alle lotte dei blu e dei verdi dell'arena parlamentare, il tempo utile di cui dispone non è neppure sufficiente per legiferare. Inoltre, poiclié i funzionari sono sempre coperti dal loro capo in Parlamento, dal ministro, membro del gabinetto solidale, ogni critica all'amministrazione è considerata un attacco contro il governo, che la disciplina del partito ordina alla maggioranza invariabilmente di respingere. La complessità della vita politica, fatta di molte correnti che si incontrano e si incrociano, si confondono e si separano, si combattono e si neutralizzano le une con le altre, implica sempre riserve pili o meno considerevoli, attenuanti da portare al rigore logico delle definizioni date ai fenomeni. Le condizioni politiche e sociali delringliilterra sfidano, in particolar modo, il carattere assoluto delle generalizzazioni. M a pur tenendo conto il piìi possibile delle riserve e delle attenuanti nella rappresentazione dei (enomeni che sono appena stati studiati, si arriva alla conclusione ultima che il governo delTLighilterra, preso com'è Ira le influenze sociali e plutocratiche, il sistema dei partiti organizzati, la supremazia del potere esecutivo e la burocrazia invadente, non è un governo realmente popolare, li una democrazia diretta da un'oligarchia. Questa strana situazione è stata creata da tutta una combinazione di forze e movimenti, originari e derivati. Ma quando si vuole uscire da questa si urta su tutta la linea contro lo stesso ostacolo: il sistema attuale dei partiti. Ripristinare l'energia morale del cittadino? Esso è compresso dal «partito rigido » come da una morsa, Ilidare alla Camera popolare la sua indipendenza, i suoi poteri costituzionali? Questi sono ipotecati dai partiti. Recuperare il governo di discussione? Chi dovrelibe farlo? II partito di maggioranza che toglie la parola con la « g h i g l i o t t i n a » o il partito di minoranza che si difende con l'ostruzionismo? Rimet-
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tere al suo posto il potere esecutivo usurpatore, sottomettere la burocrazia ad un controllo vigile? Le esigenze della lotta dei partiti lo proteggono come una muraglia. In ultima analisi, il tentativo di organizzare la democrazia per mezzo dei partiti rigidi sembra dunc]ue aver portato in Inghilterra a risultati che distruggono la democrazia. Sono forse le condizioni sociali dell'Inghilterra, ancora penetrata dalle antiche influenze, che hanno contribuito a produrre cjuesta forma ibrida di democrazia oligarchica? In altre parole, il fallimento è dovuto agli elementi sociali che dovevano essere organizzati, oppure al metodo con il quale sono stati organizzati? Il problema dell'organizzazione delle masse elettorali si pose anche in una società politica, uscita dal fianco dell'Inghilterra stessa, ma non legata alle influenze sociali del «vecchio p a e s e » natale, e attraversata in pieno dalle correnti di democrazia politica e sociale al tempo stesso. I l o nominato gli Stati Uniti. Per la soluzione del problema vi è stato applicato lo stesso metodo, l'organizzazione sotto forma di partiti rigidi e permanenti. Pur essendosi prodotta in condizioni diverse, o piuttosto grazie alla relativa diversità delle condizioni sociali ed economiche, l'esperienza americana potrebbe far luce sul problema dell'organizzazione della democrazia che ci preoccupa. Siamo così portati logicamente allo studio del regime dei partiti nella grande Repubblica americana. Seguendo il criterio adottato per l'Inghilterra, esaminerò nelle sue linee essenziali, prima lo sviluppo storico, poi il funzionamento attuale dell'organizzazione dei partiti politici negli Stati Uniti.
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Capitolo I LE PRIME ORGANIZZAZIONI DI PARTITO NEGLI STATI UNITI I. I germi dell'organizztizione politica extra-costitnzionale della Repubblica americana si ritrovano nei cltib del periodo coloniale. Questi club, che fiorivano soprattutto a Boston, divennero, all'approssimarsi della I^ivoluzione americana, un centro di discussioni politiche, da dove ben presto partì la resistenza agli atti arbitrari del Parlamento britannico. Tra cjuesti club di Boston spiccava in modo particolare il Caucm club, che comprendeva l'elite del partito patriota. Nelle riunioni, più o meno segrete, che erano indicate con t]uesto strano nome, destinato a così straordinaria fortuna, e la cui origine divide ancora gli eruditi', ci si occupava già da tempo della cosa pubblica, sia degli affari in corso dinanzi all'Assemblea coloniale, sia e soprattutto delle elezioni locali, l^a prima menzione di tali riunioni risale ad un'epoca anteriore più di mezzo secolo prima della Rivoluzione americana. Il Caucus di Boston ebbe un ruolo importante durante la Rivoluzione. È all'iniziativa dei suoi membri e soprattutto ad uno di loro, Samuel Adams, che si deve la creazione dei «comitati di corrispondenza», di cjuesta formidabile organizzazione del partito patriota, che preparò la Rivoluzione e l'indipendenza. La secessione delle colonie mise fine al compito dei comitati di corrispondenza. Qualche anno più tardi, il contagio della Rivoluzione francese fece nascere negli Stati Uniti, come in Inghilterra, delle organizzazioni politiche a base permanente, sotto forma di « Società Democratiche », che erano un'imitazione del Club dei Giacobini di Parigi. Queste società si diffusero presto in tutti gli Stati, nelle città e nei ' S e c o i i t l o a l c u n i , il l e r n i i i i e caucm v e r r c b l i e d a g l i I n d i a n i a b o r i g e n i d e l l ' A n i c r i c a d e ! N o r d , d a l l a p a r o l a hMW-kdu>-tva$ c h e nel l o r o l i n g u a g g i o .significa p a r l a r coiLsigliare. U n ' a h r a i p o t e s i i a d e r i v a r e caucus tlalla p a r o l a ingle.se calker o caulker ( c a l a f a t o ) , d a l l e esiire.s.sioni caulkcrs' meeting o caulkcn club, d i cui .si s a r e b b e a l t e r a t a la p r o n u n c i a . I . ' a p p e l l a t i v o di r i u n i o n i d i C a l a f a t i s a r e b b e s t a t o a t t r i b u i t o ai [ ) o l i t i c i tli Hoston c o n i n t e n z i o n e i n g i u r i o . s a , o p e r c h é si r i u n i v a n o in u n l o c a l e c h e e r a s t a t o un t e m p o luogo di incontro dei c a l a f a t i , ecc. e c c e t e r a .
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villaggi. Ma seguendo troppo fedelmente il loro modello parigino, divennero un elemento di disturbo e una minaccia per l'ordine pubblico, al punto che il presidente Washington ritenne suo dovere denunciarle al Paese. Così, nel giro di qualche anno, scomparvero, per l'avversione dell'opinione pubblica. Un'organizzazione extra-costituzionale permanente si fece attendere ancora per parecchi anni. Le lotte elettorali, allora, seminavano zizzania non tanto tra partiti divisi nettamente da principi e programmi quanto tra fazioni agitate da rivalità locali e personali. Anche sulla grande scena della vita politica della nuova Repubblica, nel Congresso degli Stati Uniti, la divisione in partiti, provocata da divergenze di interpretazione della Costituzione, impiegò del tempo a prendere piede e ad assumere una forma organica. L'organizzazione locale di partito procedette naturalmente con ancor maggiore lentezza; in ogni caso, non aveva all'inizio nessun bisogno di una struttura rigida, perché il numero degli elettori era in genere limitato da condizioni di censo, perché la percentuale di cariche elettive non era elevata e, infine, perché nella società americana, soprattutto nella Nuova Inghilterra, esisteva ancora una classe dirigente, ovvero uomini che, grazie alla loro ricchezza e condizione sociale, s'imponevano alla fiducia dei concittadini che accettavano la loro guida senza proteste. I candidati venivano designati durante un town meeting o countìj meeting, ma, di fatto, ciueste riunioni generali non facevano che ratificare le scelte stabilite precedentemente dalle piccole consorterie dei leader. In Pensilvania, dove la lotta delle fazioni era particolarmente accesa, un'organizzazione elettiva di partito cominciò a prendere forma più presto che altrove; ma per molto tempo procedette a sprazzi, per cui risulta difficile rilevarne un'evoluzione regolare. Per designare dei candidati alle cariche elettive che oltrepassavano i limiti di contea, si riunivano delegati provenienti da differenti località. La composizione di queste riunioni, però, non era affatto regolare e troppo spesso la rappresentanza delle località non era né completa, né diretta. Del resto, le decisioni che vi si prendevano non impegnavano nessuno, né gli elettori, né i candidati si consideravano vincolati dalle nominatiom' fatte: spesso i concorrenti alle cariche elettive che non erano stati accettati, mantenevano ugualmente la loro candidatura e si presentavano direttamente al corpo elettorale. I partiti trovarono presto un riferimento fisso per la loro esiLa noviìncUtoìi^ c l i c è ii t e r m i n e inipiegaLo per e s p i ' i m e r e la d e s i g n a z i o n e elei c a n d i d a t i ai posti e l e t t i v i , i n d i c a , nel l i n g u a g g i o p o l i t i c o i n g l e s e , s o l t a n t o la p r i m a f a s e d e l l a p r o c e d u r a e l e t t o r a l e , c]uella c h e p r e c e d e Velezione in cui gli e l e t t o r i si jiron i i n c i a n o d e f i n i t i v a m e n t e sui c a n d i d a t i d e s i g n a t i .
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stenza extra-coslituzionale nella slessa struttura costituzionale, nelle Legislature, nei corpi legislativi dei singoli Stati e, in seguito, nel Congresso degli Stati U n i t i ' . Per le cariche elettive conlerite in ogni Stato dall'insieme degli elettori, come il posto di governatore 0 la funzione di elettore presidenziale, l'intesa preliminare sui candidati non si poteva convenientemente raggiungere se non in una riunione unica, per tutto lo Stato. M a organizzare in modo regolare tali riunioni non era affatto facile in tempi ordinari, sia a causa delle vie di comunicazione di allora, che rendevano un viaggio al capoluogo dello Stato un grosso problema, c]uasi un'impresa rischiosa, sia per la difficoltà di trovare uomini liberi da impegni e disposti a spostarsi per un compito temporaneo. Eppure, alcuni uomini che godevano della fiducia degli elettori dello Stato si trovavano già riuniti nel capoluogo in cjuanto membri della Legislatura. Non erano loro i pili adatti per indicare ai committenti i nomi dei candidati che avrebbero potuto raccogliere il maggior numero di suffragi nello Stato? Questa considerazione venne in mente innanzi tutto agli stessi membri delle Legislature, che assunsero l'incarico di designare 1 candidati da sostenere nella lista generale dello Stato, f membri di ambedue le camere, appartenenti allo stesso partito, si riunivano ufficiosamente, in genere nello stesso palazzo legislativo, facevano le loro scelte e le portavano a conoscenza degli elettori mediante un indirizzo (proclama) che firmavano individualmente. A volte si aggiungevano le firme di altri cittadini illustri che si trovavano in c]uel momento nel capoluogo, per dare pii^i peso alla raccomandazione fatta dai legislatori. La prassi della raccomandazione dei candidati per Io Stato si generalizzò presto in tutta l'Unione. 11 corpo elettorale vi acconsentiva di buon grado. La Legislatura rappresentava bene gli elementi più importanti di questo corpo elettorale, comprendeva in gran numero gli uomini della «classe d i r i g e n t e » di un tempo, che erano ancora considerati i capi naturali della società, e accanto ad essi una percentuale sempre crescente di giovani politici spinti dal fermento democratico che senza tregua agitava il paese. Il carattere privato di queste riunioni ufficiose tenute dai membri delle l,egislature gli ' E i i i i u i l c r i c o r d a r e le g r a n d i l i n e e d e l i a .sU'nllura c o s t i t u z i o n a l e ilelia R e p u b blica a i i ì e r t c a n a ; la sua ioritia I c d e r a t t v a lui p o r t a t o alla c r e a z i o n e , in o g n i S t a t o d e b l ' U n i o n e , di un p o t e r e l e g i s l a t i v o e d e.secutivo i n d i p e n d e n t i , di u n a l . e g ì s l a t u r a e tli un g o v e r n ; i t o r e e l e t t o dal popolo, m e n t r e l ' U n i o n e è s t a t a d o t a t a di un c o r p o legislat i v o s p e c i a l e , il C o n g r e s s o d e g l i S t a t i U n i t i , f o r m a t o da una (.Camera dei rai^iiresent a n t i e l e t t i d a i c i t t a d i n i d e i v a r i S t a t i , m b a s e alla p o p o l a z i o n e , e da un S e n a t o in cui ogni S t a t o , i n d i p e n d e n t e m e n t e d a l l a p o p o l a z i o n e , è r a p p r e s e n t a l o ila i l u e m e m b r i n o m i n a t i d a l l a l,,egislatura d e l l o S t a t o . A ca|io del |)Otere e.secutivo d e l l ' U n i o n e vi .sono il pre.sidelite e il v i c e p r e s i d e n l e , e l e t t i in s e c o i u l o j>,rado dagli e l e t l o r i .scelti allo scopo in t u t t i gli S t a t i .
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valsero l'appellativo di caucus, per analogia con i conciliaboli organizzali dal Caucus di Boston prima della Rivoluzione. Il nome di «Caucus legislativo» divenne il loro titolo formale in tutti gli Stati. Un'istituzione analoga si formò presto in seno allo stesso Congresso. IL Già da qualche tempo i membri federalisti del Congresso, in primo luogo i senatori, avevano preso l'abitudine di tenere riunioni informali soprannominate col nome familiare di Caucus, per fissare in anticipo la loro linea di condotta durante le sedute sulle questioni pii^i importanti. Le decisioni prese dalla maggioranza dei membri presenti erano considerate un impegno d'onore per la minoranza, conferendo, così, ai loro conciliaboli unii siinzione morule e c]uasi un titolo legale. All'approssimarsi delle elezioni presidenziali del 1800, i membri del partito federalista al Congresso si impossessarono di una materia che era addirittura estranea alle competenze del Congresso: designarono i candidati alla presidenza ed alla vicepresidenza dell'Unione e adoperarono tutta la loro influenza personale per farli accettare agli elettori. Il Caucus circondò de) più gran segreto tutti i suoi maneggi. Nondimeno cjuesti suscitarono le proteste dell'opposizione che denunciò « il conclave giacobino » e « l'arroganza di un certo numero di membri del Congresso che si riuniscono in Caucus elettorale per indirizzare i cittadini nell'esercizio dei loro diritti costituzionali ». Questo non impedì, però, agli stessi repubblicani, ai membri antifederalisti del Congresso, di tenere un Caucus, ugualmente segreto, per la designazione dei candidati alle due cariche supreme dell'esecutivo dell'Unione. Alle successive elezioni presidenziali, nel 18(34, il Caucus congressuale riapparve, ma stavolta non fu piìi segreto. I membri repubblicani del Congresso si riunirono pubblicamente per decidere le candidature, con tutte le formalità delle assemblee deliberanti, come se dovessero agire in virtili del loro mandato. I federalisti, c]uasi scomparsi come partito dopo la vittoria di Jefferson nel 1801, rinunciarono per sempre a tenere dei Caucus. Ormai non si riunì piìi che un solo Caucus congressuale, il Caucus repubblicano, che entrava in scena regolarmente ogni quattro anni all'approssimarsi delle elezioni presidenziali. Più di una volta si è contestato con vivacità, in seno allo stesso Caucus e nel paese, il ruolo extra-costituzionale per non dire anticostituzionale ' che esso ha assunto. Le sue decisioC o m e e n o t o , gii a u t o r i d e l l a C o s t i t u z i o n e p r e o c c u p a r o n o oioito d e l i e particolari p r e c a u z i o n i da p r e n d e r e p e r a.ssicurare la .scelta d e g l i u o m i n i ])iìi d e g n i alla m a g i s t r a t u r a s u p r e m a e p e r s o t t r a r l a a l l ' i n t r i g o e d alla c o r r u z i o n e . E s i t a v a n o n e l l ' a f f i d a r e l ' e i e z i o n e alle m a s s e p o p o l a r i t u m u l t u o s e e p r i v e di g i u d i z i o , m a n o n d i m e n o t e m e v a n o di r i m e t t e r l a ad u n ' a s s e m b l e a . T r a la d e m o c r a z i a d i r e t t a e l ' o l i g a r c h i a , cre^
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ni, però, furono immancabilmente accettate. Gli elettori che dovevano, secondo la Costituzione, scegliere in tutta libertà il magistrato supremo, si limitarono a registrare la decisione presa a Wasliington dal Caucus congressuale. Il loro voto non era che una formalità. L'autorità del Caucus congressuale, che faceva accettare le sue raccomandazioni con tanta sollecitudine e rendeva la nomination equivalente all'elezione, poggiava su due circostanze. Gli uomini che componevano il Caucus erano espressione nella capitale dell'Unione, e ad un livello anche più alto, del medesimo elemento politico e sociale rappresentato dai membri del Caucus legislativo negli Stati: vale a dire la leadership di capi naturali la cui autorità era ancora ammessa e tacitamente riconosciuta. D'altra parte, i membri del C.aucus rappresentavano interessi supremi che imponevano di seguire fedelmente la parola d'ordine, da qualsiasi parte venisse. A torto o a ragione, gli antifederalisti credevano che la Repubblica e la libertà corressero pericolo mortale e che fossero minacciate dai federalisti, il cui ideale politico era la monarchia costituzionale inglese, e che, non fidandosi del popolo, della sua intelligenza e virtù, sognavano un governo autoritario. Il partito federalista ben presto scomparve, ma il ricordo dei pericoli reali o immaginari che aveva fatto correre alla libertà e all'uguglianza, gli sopravvisse e per molto tempo ancora fu uno spauracchio che i capi del partito vincitore non mancavano di agitare per affermare il loro potere. Allo scopo di prevenire cjualsiasi ritorno offensivo dei federalisti, i repubblicani dovevano guardarsi dalle divisioni, ed è per evitarle, per concentrare tutte le forze del partito nella grande lotta elettorale per la presidenza, che il Caucus congressuale offriva olibligatoriamente i suoi buoni uffici. III. Tuttavia le due grandi forze, sociale e politica, della leadership e dell'imperativo categorico del partito, sulle c|uali poggiava il Caucus, cominciarono a scemare lentamente ma inarrestabilmente a partire dall'inizio del secolo, che aveva visto l'avvento di Jefferson ed il trionfo, nelle teorie di governo, delle dottrine democratiche. La scomparsa dei federalisti metteva fine alla divisione in partiti ed il celebre motto di Jefferson: « N o i siamo tutti repubblicani, noi siamo tutti federalisti», doveva di lì a poco divenii'e esprest l c U c i o d i i i ì d f v i d u a r c un ( e r n u n e i n t e n i i e d i o ni un c o r p o .speciaie di e l e U o r i scelti d a l p o p o l o . Q u e s t i u o m i n i , scelti al di f u o r i d e ì l ' a i n f o i e n t e u f f i c i a l e (i m e m b r i d e l CÀingresso e d i futr/ionari d e g l i S t a t i l l t i i t i e r a n o t n e l e g g i b i i i ) , in ttitta l ' U n i o n e , e i n c a r i c a t i di u n a m i s s i o n e a s s o l u t a m e n t e t e m p o r a n e a c h e a v r e b b e a v u t o i n i z i o e f i n e con Io s c r u t i n i o , s a r e b b e r t ) s t a t i i n a c c e s s i b i l i ad o p e r a z i o n i di c o r r u z i o n e e non si s a r e b b e r t ì i s p i r a t i c h e alia loro c o s c i e n z a e i n t e l l i g e n z a , le s t e s s e c h e gli a v r e b b e r o v a l s o la f i d u c i a dei c o n c i t t a d i n i .
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sione delia realtà. Quando iVIonroe giunse al potere {nel 1817), le vecchie linee di demarcazione erano definitivamente cancellate; era iniziata nella vita politica « l ' e r a dei buoni sentimenti» (the era of good feelings). Nonostante ciò, il Caucus congressuale, presentando i suoi candidati, ripeteva il vecchio ritornello esortando il popolo a stringersi intorno ad essi per far fronte a! nemico; invocava la causa sovrana del partito quando il « partito » non aveva pii^i una causa specifica e non era che un ricordo del passato. D'altra parte il prestigio della leadership era sistematicamente scalzato, da un cjuarto di secolo, dall'evoluzione sociale ed economica che caratterizzava la Repubblica americana. L'eclisse dei federalisti, espressione vivente del governo dei leader, lo privava di una delle sue più solide basi. L'influenza de! clero, che era stato uno dei più forti sostegni dei federalisti, era respinta dalla società laica. Dall'altro lato degli Allegheny, sul suolo vergine dell'Ovest, si andava costituendo un nuovo mondo, libero da tutte le tradizioni perché privo di passato, imbevuto di eguaglianza perché i suoi abitanti, tutti nuovi arrivati, tutti parvenu, si somigliavano. E questo paese dell'Ovest guadagnava di giorno in giorno in popolazione, in ricchezza e in importanza politica. Anche i vecchi Stati vedevano il loro commercio e la loro industria svilupparsi straordinariamente; ma la loro nuova prosperità agiva piuttosto da solvente del vecchio ordine di cose: creava una nuova classe di ricchi formata dai commercianti e dai manifatturieri arricchiti; questi nuovi ricchi scavalcarono i vecchi senza prendere, però, il loro posto nella stima e nel rispetto del popolo. La rapida crescita delle città contribuì a distruggere gli antichi legami sociali. Contemporaneamente, l'individuo veniva sollecitato direttamente dagli uomini e dalle cose a scrollarsi di dosso i vecchi vincoli o ciò che gli veniva presentato come tale. II trionfo di Jefferson, nel 1801, diede un impulso straordinario alla propaganda delle idee democratiche, le avvolse in un culto quasi religioso. Gli uomini politici ripetevano a gara che la voce del popolo è la voce di Dio, che davanti alla maestà del popolo tutti si sarebbero dovuti inchinare. Alcuni scrittori volgarizzavano e precisavano queste idee. Le lezioni di vita che il cittadino americano riceveva non erano meno stimolanti. Il benessere aumentava con una rapidità senza pari. La serie delle grandi invenzioni che caratterizzò l'inizio del XIX secolo, le ricchezze naturali che provenivano dalla terra, rendevano tutti partecipi dei benefici della rivoluzione economica. L'animo del cittadino americano si riempiva d'orgoglio, della sicurezza dell'uomo che basta a sé stesso, che non conosce superiori. L'élite dei cittadini che nel Congresso o nella Legislatura del suo Stato riunita in Caucus,
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gli dettava la sua linea di condotta, la scelta dei suoi mandatari, gli apparve come una banda di usurpatori. IV. Ver.so la fine della seconda presidenza Monroe, tutta l'Unione fu agitata da una violenta polemica sulla successiva riunione del Caucus congressuale; ne discuteva la stampa che alimentava i convegni, le Legislature di Stato votavano risoluzioni al riguardo. La maggior parte delle numerose manifestazioni pubbliche furono contrarie al Caucus. I convegni popolari, c|uasi senza eccezione, condannarono le nominatiom fatte dal Caucus come un'usurpazione flagrante dei diritti del popolo '. Le Legislature di Stato erano ancora più divise. L'agitazione sollevata nel paese contro il Caucus congressuale ed ancor più le discordie all'interno del Congresso, divi,so stavolta tra più candidati, fecero abbandonare a questi ultimi l'idea di ottenere dal Caucus l'ambita nommation. Un solo candidato, Crawford, resistette. La riunione del Caucus ebbe luogo nel palazzo del Congresso il 14 febbraio 1824. Su 2 f 6 membri, però, soltanto 66 avevano risposto all'appello. Crawford raccolse la quasi unanimità dei suffragi, ma quest'unanimità non era che quella di una piccola minoranza del partito ed il risultato non fece che mettere in evidenza l'incapacità in cui si trovava il Caucus di svolgere la funzione di concentrazione che costituiva la sua ragion d'essere. Poco dopo i suoi sostenitori dovettero affrontare una grande battaglia scatenata contro di loro all'interno del Congresso. Al momento della discussione sulla legge elettorale, si avviò al Senato un appassionante dibattito sul Caucus. Furono pronunciate lunghe requisitorie contro « il potere straordinario che esso stesso si era creato, maggiore di quello costituzionale», e il cui mantenimento avrebbe aperto la porta ai più grandi abusi ed alla corruzione, lisso costituiva, si diceva, un'usurpazione tanto più allarmante della sovranità del popolo in quanto veniva esercitato nell'ambito corrotto del [>atrocinìo e dell'influenza dell'esecutivo. Fatemi presidente e io vi farò ministro o segretario di Stato, o in ogni caso vi assegnerò un buon posto corrispondente alle vostre necessità, se non proprio alle vostre capacità. Nel pensiero degli autori della Costituzione, il presidente ed il Congresso dovevano farsi da contrappeso, ma, col sistema adesso in uso, il beneficio di cjuesta salutare disposizione andava perso. « 11 t e m p o è g i u n t o in cui le m a c c h i n a z i o n i di alctini che c e r c a n o di i m p o r r e la loro c o n d o t t a ai /«//, p e r q u a n t o i n d i r e t t o sia il m o d o in cui si p r e s e n t a n o , s a r a n n o a c c o l t e con la f e r m e z z a c h e si a d d i c e a d un [jopolo gelo.so d e i suoi d i r i t t i . . . La sola f o n t e i n c o n t e s t a b i l e d a cui p o s s o n o e m a n a r e le d e s i g n a z i o n i alle c a r i c h e è il [lopolo s t e s s o . È a lui c h e a p p a r t i e n e il d i r i t t o di s c e l t a , e lui solo p u ò p r e n d e r e s e n z a sconv e n i e n z a le di,sposizioni p r e l i m i n a r i » (Ri.soluzioiii v o t a t e n e l l ' O h i o nel 182.3).
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LIBRO QUARTO
I difensori del Cauctis, molto piii numerosi al Senato, reagirono con grande arroganza verso i loro avversari: la raccomandazione del Caucus non avrebbe avuto nessun peso se fosse stata contraria ai desideri del popolo. E dal frutto che si riconosce l'albero. Qual è stato il risultato della pratica del Caucus durante vent'anni? La Costituzione è stata violata? La nostra prosperità non è oggetto di ammirazione? Ogni nazione che desidera rompere le catene della schiavitù non ha lo sguardo rivolto verso di noi come ad un laro che la deve guidare? Ecco i frutti del sistema che è stato seguito nell'elezione presidenziale dal 1800 ad oggi e che il popolo e i piìi grandi uomini del paese hanno sostenuto. In un governo popolare in cui molti alti funzionari vengono eletti, vi deve essere un modo prestabilito per concentrare i voti del popolo. Il caucus system è cei'tamente il miglior modo possibile. II dibattito durò tre giorni, più di venti oratori vi presero parte. Per farla finita, il Senato aggiornò la discussione a data da destinarsi. Ma era evidente a tutti che la causa era stata giudicata. «11 re Caucus è deposto» si diceva da ogni parte. E non vi fu alcun tentativo di restaurazione, essendo trojspo grande l'animosità che aveva sollevato contro di sé nel paese. L'affondamento del Caucus congressuale trascinò con sé c]uello di tutto il sistema delle nominatìons alle cariche elettive da parte dei vari Caucus. Anche i Caucus legislativi degli Stati furono cancellati di fronte alla marea montante della corrente democratica. Essi erano già stati intaccati prima dell'esplosione del sentimento democratico avvenuta nella terza decade del XIX secolo. Nei Caucus legislativi, composti soltanto dai membri del partito della Legislatura, i distretti in cui questo partito era in minoranza non erano rappresentati, ciononostante vi si prendevano decisioni che impegnavano il partito nell'intero Stato. Per prevenire le lagnanze espresse su c]uesto punto, ! Caucus si decisero, negli ultimi anni della prima decade, ad ammettere al loro interno alcuni delegati eletti ad hoc dai membri del partito nei distretti che non avevano rappresentanza nella Legislatura. La breccia era aperta e andò gradatamente allargandosi per far piazza pulita del popolo. A poco a poco la partecipazione dei membri eletti, da eccezione divenne la regola: i candidati erano designati nelle convenzioni dei delegati di contea, in cui i membri • della Legislatura non dovevano avere seggi se non in mancanza di inviati speciali della contea. Il termine « convenzione », impiegato sin dall'inizio per denominare le riunioni di cittadini di varie località, divenne, frattanto, il titolo consacrato delle riunioni rappresentative di delegati. Le convenzioni miste fecero alla fine posto a convenzioni composte unicamente da delegati popolari appositamente eletti. La prima convenzione pura fu organizzata in Pensilvania nel
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1817. Nella maggior parte degli altri Stati il Caucus legislativo scomparve pivi lentamente. Nello Stato di New York il Caucus legislativo restò padrone fino al 1824, malgrado i reiterati tentativi fatti per soppiantarlo. La forza dell'inerzia popolare, la potenza dell'abitudine ed il prestigio della leadership resistettero per un po' alla coi'rente crescente della democrazia.
Capitolo 2 L'ISTITUZIONE DEL SISTEMA DELLE CONVENZIONI l. Con la scomparsa del Caucus congressuale, nel 1824, (iniva un'era della vita politica degli Stati Uniti ed un'altra stava peiiniziare. Per il momento, però, la scena politica non presentava che rovine e caos: i vecchi partiti erano sciolti, i nuovi non erano ancora nati; la leadership condannata; il regime extra-costituzionale del Caucus, ovvero la base operativa dei partiti e dei leader, era smontato e la nuova organizzazione aiipena abbozzata. Questo disordine divenne lampante nella lotta che si apriva per la designazione dei candidati presidenziali. II fiasco dell'ultimo Caucus congressuale non lece che complicare la situazione. Al posto della raccomandazione regolamentare di un candidato unico, vi furono da diverse parti manifestazioni pubbliche a favore ora di uno ora dell'altro partecipante alla competizione. Scaturivano, contemporaneamente, dalle Legislature di Stato, da assemblee informali dei membri di Legislature riimiti in Caucus, da convenzioni di Stato composte imicamente di delegati ed infine da grandi convegni di cittadini. Dappertutto ci si pronunciava, si proclamavano le proprie preferenze e lo si taceva con zelo febbrile, come per volersi ripagare della lunga astensione imposta al popolo dal potere esclusivo detenuto un tempo dal Caucus congressuale. Ma al voto Hnale nel collegio degli elettori, nessun candidato alla presidenza raccolse la maggioranza dei suffragi e, secondo la Costituzione, l'elezione fu affidata alla Camera dei rappresentanti. Questa scelse, fra i tre candidati che avevano ottenuto più voti nel collegio elettorale, Jackson, John Quincy Adams e Crawford, il secondo, uomo di Stato tra i più eminenti, di consumata esperienza, dal carattere austero che ricordava le antiche virtù. Non appena il nuovo presidente assunse le sue lunzioni, i suoi ri\'a]i meno fortunati ed i loro seguaci al Congresso iniziarono una guerra senza tregua e senza pietà contro la sua amministrazione. II grande artefice di questa coalizione era il senatore di New York,
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Martin Van Buren, rimasto celebre nella storia degli Stati Uniti come uno dei protagonisti e degli antenati dei grandi manager e dei ivire-pulkn di alto bordo. Individuando in uno dei candidati, Jackson, l'uomo del futuro, si adoperò per creare in suo favore un partito. Insediato al Senato, attrasse degli uomini avidi e mise insieme, tra le rovine lasciate dai vecchi partiti disciolti, fazioni e consorterie che non avevano tra loro niente in comune, né aspirazioni politiche, né una linea di condotta determinata, e le aizzò in un'opposizione sistematica all'amministrazione di Quincy Adams. Destinato a diventare il «partito democratico», questo partito non era intanto che una coalizione di persone senza princìpi, senza carattere proprio e non poteva aver successo che a condizione di sviluppare una forte organizzazione che abbracciasse tutto il paese. Van Buren si adoperò per soddisfare c]uesta necessità con la competenza eccezionale che aveva acquisito in un lungo apprendistato nel suo Stato natale, dove si era presto diffusa l'arte del politico. IL II ruolo svolto al riguardo dallo Stato di New York ed i precedenti così creati sono di tale importanza che meritano di essere esaminati in modo specifico. La massa eterogenea della popolazione cosmopolita della grande metropoli atlantica aveva presto reso impossibile il governo austero di una classe dirigente come c]uella che il suolo puritano della Nuova Inghilterra aveva prodotto. La vita politica di New York si era trasformata da molto tempo in una serie ininterrotta di lotte tra condottieri* rivali. A volte questi provenivano da grandi famiglie che potevano vantare una numerosa clientela plebea, come gli optimates di Roma; a volte erano dei parvenu che si coalizzavano, in genere con i patrizi. Pii:i intelligente della plebe romana, meno miserabile e, soprattutto, pii^i cosciente della sua qualità « di uomo e di cittadino », la popolazione di New York richiedeva di essere manipolata con abilità, con sapienza, per essere attirata in uno dei due campi rivali. La necessità fece nascere gli uomini e creò i metodi d'azione. Tra i primi maestri nella manipolazione della materia elettorale, ai quali rimonta la tradizione, vi fu Aaron Burr, lo stesso che, dopo essere giunto alla vicepresidenza della Repubblica, condusse una lunga e miserabile esistenza da Caino, aborrito come assassino di Hamilton e traditore della patria. Dotato del talento di capopopolo, pieno di risorse e di fascino personale, Burr seppe circondarsi di uomini dalla natura simile, che a molta abilità e attivismo univano una dedizione senza limiti al loro capo. Su tutto lo Stato formavano come una rete le cui maglie servivano a stringere gli elettori. La loro forza d'attrazione era costituita da una co* In italiano nel tosto, corsivo nostro
(ii.d.t.).
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noscenza approfondila dei diversi elementi del corpo elettorale e da un'arte esperta di maneggi e negoziati, sia nella composizione delle liste di candidati, sia nella distribuzione delle ricompense dopo la vittoria, sotto forma di cariche ed impieghi publilici. Dei princìpi e delle convinzioni nessuno si curava. Aaron I5urr fece scuola. Uno dei suo? discepoli piìi brillanti, ovvero il più eminente, fu Martin Van Ikiren. Al di sotto di questi grandi faccendieri elettorali si formò, prima a New York ed in seguito altrove, un numeroso personale, dedito appositamente alla politica, attirato dappertutto dal desiderio di incarichi pubblici. Dalla fondazione stessa degli Stati Uniti, le posizioni lucrative, relativamente modeste, che poteva offrire il servizio pubblico, divennero oggetto di sollecita ricerca, impensabile da parte di un popolo democratico jjer il quale l'uguaglianza delle posizioni sembrava escludere il gusto per i titoli ufficiali e in un paese dedito interamente agli affari, dove era possibile realizzare utili tali da sfidare c]ualsiasi concorrenza. Nondimeno avvenne il contrario. Per molto tempo gli aspiranti alle cariche pubbliche furono bloccati dal ristretto numero di impieghi ed ancor più dall'esistenza di una classe dirigente che, per forza di cose, deteneva tutti gli incarichi. Questo monopolio pesò non poco sul fermento democratico che caratterizzò il corso dei primi decenni del XIX secolo. Man mano, però, che la vecchia generazione fondatrice della Repubblica scompariva, che lo sviluppo del paese portava con sé c]uello dei servizi pul^blici e che i contingenti politici aumentavano per l'estensione del suffragio, la spinta verso la greppia pubblica divenne più serrata e più aspra. Si formò tutta una classe di uomini di bassa estrazione che cercarono nella politica, e di preferenza nelle sue torbide acc|ue, i mezzi di sussistenza. Le condizioni sociali e politiche di New York, indicate prima, erano particolarmente favorevoli alla nascita di cfuesto tipo di uomini. Il vicino Stato della Pensilvania, ugualmente in balìa delle fazioni e dai costumi molto democratici, aveva anch'esso ben presto aperto un varco ai politici di piccola stazza. Questi erano meno diffusi negli altri Stati, ma dovunque costituivano già, all'inizio del terzo decennio del XIX secolo, un elemento distinto della società che avviliva la politica e faceva assumere un cattivo significato al termine stesso di polìtico, il cui senso originario, etimologico, si applicava unicamente alle persone preoccupate degli affari pubblici. III. L'arte del management sviluppatasi nell'atmosfera politica di New York stava ora per essere applicata da Van Buren su più ampia scala e su un palcoscenico più vasto. Egli istituì, in tutta l'Unione, dei comitati per procacciare aderenti a Jackson e per lavorare
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il corpo elettorale con la parola e con la penna, in convegni pubblici ed in riunioni private. Il personale necessario per svolgere t]uesto lavoro, un personale scelto, era già pronto: erano i politici. Non appena J.Q. Aclams diventò presidente, nel 1825, gli amici di Jackson gridarono che la volontà del popolo era stata violata dalla scelta, da parte della Camera, di J.Q, Adams per la magistratura suprema, contro il candidato piìi suffragato dal voto popolare, Andrew Jackson. La Costituzione, certo, lasciava alla Camera la massima libertà di scelta, ma la Camera ne aveva fatto un uso contrario al principio democratico; mediante la lettera della costituzione si era defraudato il popolo dei suoi diritti! Queste denunce provocarono negli animi sinceri e credenti una profonda indignazione, una vera e propria ribellione contro i nemici del popolo. Questi nemici, erano tutti i privilegiati dall'intelligenza, dalla cultura, dalla ricchezza, dalla raffinatezza sociale. Non eccitavano soltanto la gelosia popolare per il monopolio del potere politico che detenevano e che aveva provocalo la rivolta contro il Caucus, ma irritavano ancor pii^i la sensibilità delle masse per la supremazia sociale che si arrogavano, e che li rendeva una sorta di casta sul suolo livellato del Nuovo Mondo. Il generale Jackson, invece, senza essere un demagogo lusingava più di qualsiasi altro, con le sue cjualità personali, gli istinti e le passioni popolari. I politici sfruttarono con vigore i sentimenti che spingevano le masse vei:so Jackson e, nel preparare le successive elezioni, misero nella loro campagna una violenza fino ad allora sconosciuta. Jackson fu eletto trionfalmente. I suoi amici ed egli stesso videro in ciò la vittoria del demos. Anche l'entusiasmo del demos fu immenso. Jackson gli appariva come un nuovo Giosuè, che introduceva il popolo eletto nella terra promessa strappata alle « classi illuminate », ed il popolo, in corteo dietro Jackson, accorse per prenderne possesso. « L a gente è venuta da cint]uecento leghe (e non vi erano ancora le ferrovie) per vedere Jackson », scriveva Webster « e sembrano credere veramente che il paese sia appena scampato ad un terribile |)ericolo ». Le scene che seguirono la cerimonia del giuramento del nuovo presidente furono il simbolo della rivoluzione pacifica appena verificatasi e di alcuni effetti che portava con sé. Rientranclo dal Campidoglio, il palazzo legislativo, alla Casa Bianca, la residenza presidenziale, Jackson fu preceduto, accompagnato e seguito da una folla enorme che correva come si corre in caso d'incendio. La folla fece irruzione nella Casa Bianca, riempì in un batter d'occhio tutte le sale, mischiata agli alti dignitari della Repubblica ed ai membi'i del corpo diplomatico; nel salone dei ricevimenti, gli uomini del popolo, in piedi con 1 loro stivali inzaccherati sulle poltrone rivestite di seta, erano l'immagine vivente della presa di possesso del potere
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da parte del nuovo padrone. Quando furono portati i rinfreschi, annunciati da un brusìo che fece accorrere la folla, vi fu una spinta formidabile, la porcellana, le tazze, i bicchieri, tutto volò in pezzi, delle mani ruvide intercettarono tutti i bicchieri, al punto che non restò niente per le signore, come uno storico riporta con costernazione. Questo furore con il quale il popolo si precipitò sui rinfreschi era destinato ad assumere, molto presto, un forte significato simbolico. IV. L'immenso esercito popolare che aveva appena stilato, esultante di gioia, nelle vie di Washington, rientrò a casa; ma uno dei suoi corpi rimase sulla piazza: il corpo dei razziatori, che da presso lo seguiva. Era composto di politici che volevano il loro bottino. A titolo di ricompensa per i loro servigi chiedevano posti nell'amministrazione. Riempirono l'aria di Washington come cavallette; pullulavano nelle anticamere e nei corridoi degli edifici pubblici, nelle strade adiacenti, assediavano la casa di Jackson e quelle dei suoi ministri, Jackson si affrettò a riconoscere il loro buon diritto. Il suo giornale ufficiale aveva annunciato che « avrebbe ricompensato i suoi amici e punito i nemici ». L'esecuzione iniziò immediatamente. Numerosi funzionari furono destituiti senza giudizio e senza spiegazione, per la sola ragione che ei'ano o si supponeva che fossero ostili a Jackson e che i loro posti servivano. Ogni funzionario era ormai alla mercé dei delatori. Un regno del terrore si instaurò nelle amministrazioni pubbliche. I3urante il primo anno della sua presidenza, Jackson destituì o fece destituire più di duemila persone, mentre tutti i suoi predecessori insieme non avevano destituito, dalla fondazione della l^epubblica, che 74 impiegati, di cui molti colpevoli di gravi errori. I nuovi impiegati che venivano messi al posto di quelli destituiti non avevano spesso alcuna competenza per l'impiego conferitogli, avendo come unico merito quello di « aver aiutato Jackson », La «ricompensa degli amici e la punizione dei nemici», spinta così lontano da Jackson, non era una prassi del tutto sconosciuta negli Stati Uniti. Era stata messa in auge, e già da molto tempo, nello Stato di New York ed anche in I\'nsilvania. Già all'epoca di Aaron Burr, verso la fine del XVIlf secolo, nelle lotte tra fazioni a New York, il partito vincitore faceva man bassa degli impieghi pubblici. Inaugurato durante il regime della nommatìon alle cariclie, tale sistema fu portato avanti mentre vigeva c]uello dell'elezione agli impieghi introdotta col suffragio universale nel 1821. Preso, co,sì, nella rete della sapiente organizzazione presidiata da Van Buren e dai suoi alleati, il suffragio universale conferiva gli impieghi ai politici designati a tale scopo dai ivire-pullen. lì c|uando, tempo dopo, al Se-
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nato degli Stati Uniti, Van Buren fu accusato di avere inaugurato questa prassi, uno dei suoi amici, il senatore Marcy, replicò: « I politici predicano ciò che praticano. Quando combattono per la vittoria, ammettono la loro intenzione di godere dei frutti della vittoria. Non vedono niente di male nella regola secondo cui le spoglie del nemico appartengono al vincitore ». L'espressione « le spoglie al vincitore » (to the Victor the spoils) divenne celebre e passò nel linguaggio corrente. I^'intera Unione era destinata a cadere sotto il giogo di tale sistema, perché la sua situazione politica diventò analoga a quella di New York. L'antica leadership politica esercitata dall'elite della nazione, che si irradiava da Washington, essendo stata spezzata con il Caucus congressuale, si polverizzò in mille pezzi; toccò in sorte ad una folla innumerevole di piccoli leader locali, che erano più vicini alle masse popolari, ma che troppo spesso non erano che degli avidi. Tuttavia, è ai loro .servigi che si era dovuti ricorrere per edificare il partito senza principi raccolto intorno al nome di Jackson, e per mantenere quest'aggregazione meccanica non c'era che il cemento artificiale delle « ricompense e punizioni ». Il primo ministro (Secretaiy of State) del nuovo presidente, del resto, non ebbe difficoltà ad abituarsi al sistema delle spoglie: altri non era che Martin Van Buren. A sostenere la prassi dei politici venne la dottrina, la quale stabiliva che in un governo democratico le cariche pubbliche non erano una propriètà individuale e che ogni cittadino aveva il diritto di partecipare a turno agli stipendi del servizio pubblico. Jackson proclamò apertamente cjuesta teoria nel suo primo messaggio presidenziale. Vi difese le destituzioni che aveva fatto, spiegando che il bene del servizio esigeva il cambio frecjuente dei funzionari, la rotazione, poiché i funzionari che si perpetuavano ai loro posti divenivano fatalmente indifferenti all'interesse pubblico ed il servizio perdeva di più mantenendoli ai loro posti di quanto guadagnasse dalla loro esperienza. La rotazione, dichiarava il presidente, «costituisce un principio fondamentale del credo repubblicano». L'applicazione di questi « princìpi repubblicani fondamentali », della rotazione e della divisione delle spoglie, non tardò a gettare lo scompiglio in tutta la vita pubblica. Peggiorò il servizio pubblico distruggendone la stabilità e sostituendo il merito, la competenza e lo zelo professionale cqn l'intrigo e il favoritismo, per lasciare le porte ben aperte agli avventurieri e agli avidi mercenari. Non erano che i partiti organizzati a guadagnare da questo sistema: procurava loro un esercito di agenti elettorali disseminati per l'intero paese, pronti a tutto per far trionfare il partito; ne andava, infatti, della loro fortuna.
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V. 1 quadri di questo esercito, come abbiamo già visto, furono forniti dalle convenzioni di delegati, che dal 1824 si trasformarono, attraverso un lavoro continuo, in un sistema perfetto. Fissate dapprima in modo pii^i o meno sporadico, le convenzioni si generalizzarono e si diffusero nel paese, suddividendosi, secondo le unità territoriali e le circoscrizioni elettorali, in convenzioni di Stato, di distretto, di contea, ecc. ecc., e con la loro rete finirono col coprire il paese in modo sistematico e completo. Questo lavoro, che cominciò verso la fine dell'amministrazione Monroe, non richiese meno di un quarto di secolo. Nell'Est, dove il terreno era così mirabilmente preparato, soprattutto nello Stato di New York e in Pensilvania, gli Stati dei politici, l'organizzazione detta democratica si sviluppò in fretta e s'impadronì della materia elettorale, ma non avvenne certo lo stesso ne! Sud e nell'Ovest. In alcune parti dell'Ovest, per esempio nell'Illinois, il nuovo sistema fu accolto con sospetto. Si fiutava un « trucco yankee destinato a tarpare le libertà del popolo, togliendo ai cittadini la facoltà di divenire candidati del loro stesso movimento e privando gli elettori del diritto di votare pei" i candidati di loro scelta ». Le resistenze che il sistema delle convenzioni incontrava, però, non potevano prevalere su di esso, rispondeva a troppi interessi ed esigenze, passioni e brame. Lo slancio democratico che portò Jackson al potere s'era tradotto, nell'ordinamento costituzionale, in due eventi importanti: l'introduzione del suffragio universale e la notevole estensione del principio elettivo alle cariche pubbliche. Il numero dei votanti era aumentato ed il compito di ogni elettore era divenuto, per c]uanto possibile, vasto e complesso. Molti dei nuovi membri del popolo sovrano, però, soprattutto nei centri industriali e manifatturieri che cominciavano a nascere, non s'intendevano di affari pubblici e cjuasi tutti non avevano tempo da dedicarvi. La febbre dell'arricchimento si propagava nell'intera nazione con tale intensità che, invero, l'esercizio effettivo dei suoi diritti politici era piuttosto causa di imbarazzo. Non era affatto possibile rimettersi a una determinata classe sociale, come quella che in altri tempi veniva investita di una certa egemonia morale nelle città: la leadership tradizionale non c'era piìi. Perciò, in assenza di un elemento sociale quasi organico, non restava che la risorsa di un organo fittizio per occupare l'impiego che l'indifferenza politica del popolo lasciava scoperto. E se un tale organo si fosse appena costituito, la nazione, immersa nei suoi interessi materiali, gli avrebbe volentieri lasciato i suoi poteri politici. Tuttavia, l'orgoglio ed il senso di forza, di cui la nuova democrazia americana era pervasa, non potevano ammette-
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re una sua abdicazione formale. L'americano aveva almeno bisogno dell'illusione di esercitare e di godere dei suoi diritti. La nuova istituzione introdotta nella vita politica degli Stati Uniti conciliava perfettamente tutte queste esigenze. La convenzione, designando i candidati da nominare per tutte le cariche elettive e fissando i programmi, liberava l'americano dal compito pii^i difficile per il cittadino di un paese libero e, nondimeno, sembrava lasciarlo padrone assoluto della situazione politica, poiché i membri della convenzione non erano che suoi inviati, suoi commessi. Le prerogative che la Costituzione gli aveva riconosciuto erano ancora aumentate: senza il suo intervento, non si poteva fare ormai non soltanto un deputato, ma neanche un semplice candidato. D'altra parte, le convenzioni andavano incontro ad ambizioni ed appetiti più o meno legittimi provocati dalla nascita di nuovi strati sociali. Era una scorciatoia per gli « uomini nuovi » che aspiravano a cariche elettive. Ad altri che, bramosi di una sfera di attività e di influenza pubblica, non potevano trovar posto nella cerchia limitata dell'ordinamento costituzionale, le convenzioni offrivano una sorta di succedaneo. Infine, erano anche piìi preziose per le ambizioni piìi volgari e molto piij numerose, rappresentate dalla nuova razza dei politici che cresceva e si moltiplicava, favorita dal grande progresso economico dell'epoca. Quest'ultimo non assorbì soltanto le energie individuali nel perseguimento della ricchezza, con pregiudizio dell'onesta sollecitudine richiesta dalla cosa pubblica, ma cambiò l'assetto della società sollevandola tutta come in un vortice, in cui alcuni fecero rapidamente fortuna, mentre molti altri persero terreno e furono in qualche modo respinti al di fuori dei quadri della società. Questi numerosi spostati, falliti nelle specifiche carriere, si rivolsero alla cosa pubblica e andarono ad ingrossare le file di coloro che cercavano di sfruttarla secondo i metodi di New York, fmpotenti se restavano isolati, trovarono nelle convenzioni un centro di riunione e c]uasi uno status sociale. Tutti questi vantaggi offerti, da vari punti di vista, dalle convenzioni furono ottenuti e consacrati dall'istituzione, verso la fine della prima presidenza Jackson, di un'organizzazione centrale, sotto forma di convenzioni nazionali. Poste al di sopra delle convenzioni locali, le convenzioni nazionali formarono con esse un meccanismo eJ!,tra-costituzionale completo, che diventò l'asse di governo dei partiti, installati ormai definitivamente nella Repubblica americana. Le convenzioni nazionali erano composte da delegati scelti dalle convenzioni di Stato e dalle convenzioni di distretto, le quali, a loro volta, si componevano di delegati inviati dalle convenzioni di contea, mentre questi ultimi provenivano direttamente da l'iunioni primarie di cittadini nelle città e nei distretti rurali. Mentre le conven-
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zioni locali provvedevano alle cariche elettive negli Stati ed al Congresso, le convenzioni nazionali assunsero il compito di designare i candidati alla presidenza ed alla vicepresidenza dell'Unione. Accanto alle convenzioni, che si riunivano periodicamente solo per un compito speciale e temporaneo, la nomination dei candidati, si sviluppò un'organizzazione permanente, sotto forma di comitati per ogni unità territoriale, per lo Stato, la contea, la città, il ciuartiere; questi comitati convocavano le convenzioni e le assemblee primarie, preparando gli elementi ed in genere manipolando la campagna elettorale. VI. La convenzione nazionale, che prese il posto del Caucus congressuale nella scelta dei candidati alle magistrature supreme della Repubblica, non gli succedette immediatamente. Dopo la caduta del Caucus congressuale ci fu un interregno di c]ua]clie anno. La prima convenzione nazionale fu provocata da un evento fortuito. Essendo scomparso nello Stato di New York, in maniera misteriosa, un massone che voleva scrivere un libro per svelare i segreti dell'ordine, si sparse la voce che era stato catturato ed assassinato dai massoni. L'indignazione pi'ovocata da cjuesto prestinto ci'imine sì ritorse contro la massoneria e si diffuse rapidamente da uno Stato all'altro. In poco tempo i nemici della massoneria divennei-o talmente numerosi che ritennero di poter dare battaglia elettorale in tutta l'fJnione per sloggiarla dal potere politico che, secondo loro, aveva rappresentato il suo scopo principale. Si organizzarono, tennero convenzioni per scegliere candidati alle più alte cariche elettive degli Stati e, infine, decisero di dare la scalata alla presidenza. Una convenzione generale di 114 delegati antimassoni, di varie parti dell'Unione, si riunì a Baltimora nel 1831, e designò dei candidati alla presidenza ed alla vicepresidenza. Battuti alle elezioni, gli antimassoni scomparvero presto come partito organizzato. Ma l'esempio della convenzione nazionale, da loro creata, fu immediatamente ripreso dagli avversari di Jackson, poi dai suoi seguaci. I primi si erano raccolti, alla meno peggio, sotto la comune denominazione di repubblicani nazionali (sarebbe stata presto cambiata con l'appellativo di ivhigs). Il loro piti brillante sostenitore era Henry Clay, che fu designato a dis|.-)utare la presidenza a Jackson. Una convenzione nazionale di delegati di questo partito si riunì a Baltimora nel dicembre del 1831. Essa divenne l'autentico prototipo di queste grandi assise periodiche dei partiti, che da allora fino ad oggi hanno svolto un ruolo unico nella vita politica degli Stati Uniti. Parteciparono alla convenzione 1.56 delegati in rappresentanza di 18 Stati e del distretto della Columbia. A causa delle difficoltà
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del viaggio, mancarono i rappresentanti di molti Stati. La riunione non fu meno imponente. Clay fu nominato all'unanimità. I seguaci di Jackson, i repubblicani democratici, si riunirono a loro volta in convenzione nazionale a Baltimora nel maggio 1832, non per designare il candidato alla presidenza, che era naturalmente lo stesso Jackson, ma per proclamare solennemente il candidato alla vicepresidenza. Jackson aveva scelto per c|uesto posto Martin Van Buren, per ricompensarlo della dedizione alla sua persona. Ma c]uesti non godeva di molta stima nel paese. La convenzione doveva essere il mezzo per imporlo; fu varata, prima ancora che si riunisse la convenzione dei repubblicani nazionali, dai confidenti di Jackson, che formavano intorno a lui una sorta di governo occulto, conosciuto con il nome di kìtchen-cabinet (gabinetto di cucina). Con l'appoggio dei fedeli di Jackson nei vari Stati, il kitcheri-cahinct riuscì a provocare un movimento nel paese per chiedere la convocazione di una convenzione nazionale. Questo movimento fu il primo esempio di c]uelle grandi manifestazioni di opinione, in apparenza spontanee, in realtà prodotte da una macchina, le cui forme popolari coprivano i maneggi dei wìre-pullen. La convenzione acclamò Jackson e designò Martin Van Buren alla vicepresidenza, con una notevole maggioranza. Questa convenzione adottò, nella sua procedura, alcune regole di grande importanza per il futuro. Decise che la delegazione di ogni Stato avrebbe votato in blocco a nome dell'intero Stato, vale a dire riversando su un solo candidato il totale dei voti assegnatole. Di modo che la maggioranza della delegazione non soltanto soffocava il voto dei membri dissidenti, ma si attribuiva i loro voti. Inoltre, la convenzione decise che per la scelta dei candidati e per tutte le decisioni relative, sarebbe stata necessaria la maggioranza dei due terzi di tutti i voti. L'effetto di questa regola fu che anche una maggioranza della metà più uno era ridotta in minoranza e che per uscirne era obbligata a cedere alle esigenze o alle manovre di una frazione che rappresentava la vera minoranza. La rielezione trionfale di Jackson nel 1832 confermò il suo prestigio presso le masse ed il suo potere sui « politici » che gli obbedivano a bacchetta, al punto che egli potè, come un Cesare romano, designare il suo successore. Era il fedele Martin Van Buren, vicepresidente grazie a Jackson, destinato a raccogliere l'eredità presidenziale. Ed anche questa volta fu una convenzione nazionale ad imporlo ai suffragi degli elettori. L'opposizione contro tale procedimento fu denunciata da Jackson come un crimine di lesa maestà contro il popolo. La convenzione si riunì nel 1835; era composta in gran parte da funzionari, vale a dire da persone assolutamente devote all'amministrazione. Martin Van Buren fu nominato candidato
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alla presidenza. Alcuni membri dissidenti del partito cercarono di opporgli un altro candidato, negando alla convenzione il diritto di imporre un candidato. Collocandosi sullo stesso piano, il Senato della Legislatura dell'Illinois proclamò che «qualsiasi persona eleggibile alla carica di presidente aveva l'incontestabile diritto di presentare la sua candidatura, senza l'intervento del Caucus e delle convenzioni ». « Noi disapproviamo », concludeva il Senato « il sistema delle convenzioni che il partito di Van Buren si sforza d'imporre al popolo americano, e riteniamo che tale sistema sia distruttivo della liliertà di suffragio, contrario alle istituzioni repubblicane e pericoloso per le libertà popolari». Queste proteste furono vane, il sistema delle convenzioni nazionali era instaurato per sempre nella vita politica americana ed il loro potere di disporre delle nomìnatìom non doveva essere piìi messo in discussione. Il partito tuhìg non tenne nessuna convenzione nazionale in vista dell'elezione del 1836: non era abbastanza unito. Fu la sola eccezione. All'elezione presidenziale del 1840, lohigs e democratici fecero ugualmente ricorso a convenzioni nazionali, che divennero d'allora l'unico organo centrale ufficiale dei partiti. VII. 11 funzionamento della nuova Organizzazione ha rivelato di priiiio acchito le condizioni politico-sociali malsane col favore delle c|uali era nata. 1 convegni primari, dai quali provenivano tutte le delegazioni successive che costituivano la gerarchia delle convenzioni, venivano trascurati dalla gran massa di cittadini e i politici, aiutati dai loro amici, ne divenivano facilmente i padroni, per attriliuirsi le designazioni alle cariclie pili o meno lucrative a cui aspiravano o che cercavano di mantenere. l\ tutti i suoi livelli, l'Organizzazione era piena di funzionari; questi non agivano soltanto dietro le cjuinte, ma si mostravano in massa nelle varie convenzioni in qualità di delegati e formavano molto spesso la grande maggioranza di tali assemlilee; durante il periodo elettorale, si prodigavano a favore dei candidati del loro partito. Si fecero, a piti riprese, tentativi per vietare l'intervento dei funzionari nella politica, ma senza successo. Trascuravano apertamente il loro servizio per il loro « l a v o r o » nelle organizzazioni di partito, perché solo questo « l a v o r o » contava e fruttava. « L a politica è a l i a r e del f u n z i o n a r i o - o.s,servavii un g i o r n a l e del tempo - allo stesso modo in cui l ' a g r i c o l t u r a lo è del fanncr... E il m e s t i e r e che gli dà da v i v e r e . Lgli ha, di con.scgucnza, interc.sse a trovare dei mezzi con cui potrà i m p a d r o n i r s e n e e le c o n v e n z i o n i sono isrecisaniente ciò di cui ha bisogno, f^a m o l t i t u d i n e non può a n d a r e ai ( à m c u s et! alle c o n v e n z i o n i ; CO.SÌ, q u e s t e riunioni sono, per lorza di cose, composte di l u n z i o n a r i e di
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loro a g e n t i ; e una volta c h e essi si sono messi d ' a c c o r d o sul loro uomo, questi v i e n e sostenuto c o m e se avesse r i c e v u t o la tioniinatìon regolare » .
Certo, se gli elettori si rifiutassero di votare per i candidati scelti dalla convenzione, « nessuno, c o m p o r t a n d o s i così - dice un g i o r n a l i s t a d e l l ' e p o c a - , s t a t o p u n i t o di q u e s t o t r a d i m e n t o se non con la p e r d i t a del favore p a r t i t o e con la d e n u n c i a di t r a d i m e n t o ; ma tutto ciò è quasi t a n t o per t r a t t e n e r e i ribelli q u a n t o le p e n e e le punizioni per t r a d i m e n t o , c a g i o n e e l ' i m p a l a m e n t o dei tempi passati » .
sarebbe del suo efficace l'impic-
A tpesta costrizione morale se ne aggiunse un'altra, imposta dalle necessità pratiche del voto, e che soffocò del tutto l'indipendenza degli elettori. Essendo divenuto notevole il numero delle cariche elettive e, c]uindi, delle elezioni, fu introdotto l'uso, dietro istigazione dei politici, di svolgere le elezioni agli impieghi del comune, della contea, dello Stato e cfell'Unlone tutte in una volta e utilizzando una lista unica. Per gli elettori abbandonati a se stessi diventava difficile, anzi impossibile, riempire una scheda elettorale così lunga. Le convenzioni ed i loro comitati li traevano d'imbarazzo componendo per loro la lista, il ticket, e gli elettori, volenti o nolenti, dovevano per forza accettarla e votarla per intero, poiché se non la votavano integralmente aumentavano le possibilità del partito avversario, che avrebbe invece votato per tutta la sua lista. La massa dei cittadini era ridotta, così, al ruolo di comparsa o, piuttosto, si era ridotta 'a questo ruolo allontanandosi dalla vita pubblica. Non soltanto le classi dei commercianti e degli industriali, che formavano la maggioranza della nazione, si immersero completamente negli interessi privati, ma l'indifferenza politica guadagnava anche l'elite intellettuale, gli uomini delle profesisioni liberali. Scoraggiata dal prevalere della mediocrità e dei mercenari della politica e nauseata dagli eccessi di una stampa senza pudore, che aveva preso il volo durante le campagne presidenziali di Jackson, la classe più colta della nazione si ritirò rapidamente e sdegnosamente dalla scena. La separazione della società dalla politica divenne il grosso fenomeno del periodo, la nazione era scissa in due parti del tutto distinte: una grande maggioranza che lavorava, progrediva e si arricchiva, e una piccola minoranza inquieta, piena di passioni e, soprattutto, di appetiti, che si accaparrava l'azione politica. L'amministrazione pubblica, da essa invasa, fu ben presto satura di un'aria di corruzione; abusi scandalosi, pratiche spudorate di saccheggio del fisco e del pubblico non tardarono a rivelarsi. VIIL Questi scandali, forse, non avrebbero provocato l'opinione pubblica se gli affari fossero andati bene. Ma il paese soffriva profondarnenie per la crisi economica scoppiata nel 1837, subito do-
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po il ritiro di Jackson e ravvento di Van Buren. Il partito al potere ne fu reso responsabile e per tutto il paese risuonò il grido: away iDÌtb the spoilers (abbasso i saccheggiatori). I tvhigs si otfrireino, allora, come liberatori. Contavano pur nelle loro file l'élite della società, gli uomini intelligenti e ricchi, ma, come nel campo rivale, anche cjui c'erano i politici che occupavano gli avamposti e che dirigevano tutte le operazioni. La convenzione nazionale tuhig, che si riunì, nel 1829, a Harrisburg, per designare il candidato alla presidenza, ne offrì una dimostrazione fin troppo elocjuente. Il candidato, già indicato da tutta la storia del partito che da cjuindici anni combatteva contro la democrazia jacksoniana, era il grande capo tohig Henry Clay, illustre uomo di Stato, oratore efficace e dotato di un fascino personale che soggiogava gli animi. Ma i politici temevano che egli non potesse raccogliere alle elezioni i voti di tutti gli avversari di Van Buren, tra i quali non vi erano solo tvhigs. Un candidato meno compromesso nelle lotte tra i partiti sembrò piì^i sicuro per ottenere la vittoria. Per sbarazzarsi di Clay, si ideò una procedura complicata per votare i candidati, la ciuale doveva impedire ad una maggioranza di raccogliersi su un solo nome: invece di votare in assemblea plenaria, le delegazioni degli Stati votavano ognuna a parte e ripetevano l'operazione fino a che i loro voti insieme avessero dato la maggioranza ad tm candidato. I3opo il primo scrutinio, Clay si riti'ovò in testa, ma alla fine fu messo in minoranza e si decise per un personaggio alquanto oscuro, il generale Ilarrison, uomo onorato, il cui principale titolo di merito erano le vittorie da lui riportate trent'anni prima negli scontri con le tribi^i dei Pellirosse. I^a campagna elettorale che si aprì rivelò i mezzi con i quali gli uomini, promossi dalle convenzioni, potevano essere imposti al paese malgrado la loro tnediocrità. I^ino ad allora tutti i candidati alla presidenza erano stati uomini politici piìi o meno eminenti, con una reputazione nazionale; Jackson non aveva un passato di uomo di Stato, ma era stato portato dalla corrente impetuosa della democrazia trionfante; Van l^uren era stato imposto dall'immenso prestigio di Jackson, flarrison non possedeva nessuno di questi titoli, ma l'organizzazione lohig si adoperò per «suscitare l'entusiasmo» in suo favore, con mezzi che miravano, soprattutto, a colpire l'immaginazione e ad impressionare le masse popolari. Cionvegni colossali, cortei, parate, esibizioni funambolesche di ogni tipo, canti, erano tante occasioni per gridare, per urlare il nome di Ilarrison, senza menzionare molto le viriti e le qualità che lo rendevano adatto alla suprema magistratura. Un giornale democratico dell'ìSst aveva detto, per scherzare sulla metiocrità del candidato whig, che se si fosse offerto a Ilarrison una capanna di troncfii d'albero (log cahin) e del cedro (hard cidcr) da bei'e, egli avi'ebbe i^referito restai'sene a casa nell'O-
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vest. I whigs, immediatamente, raccolsero ciò come un insulto alla povertà del loro candidato, assunsero come motto log cabin and hard cider e ne fecero il loro grido di guerra, llarrison era il candidato del log cabin, l'uomo del popolo che conduceva una vita frugale e semplice e coltivava le sue virtù, mentre Van Buren abitava in un palazzo e mangiava con le posate d'oro. Dappertutto si costruivano log cabìm, si portavano in corteo modellini per le strade, se ne facevano ornamenti per le donne, se ne coniavano medaglie. I convegni organizzati all'aperto attiravano folle immense, ci si andava con donne e bambini. Le parole scorrevano a fiumi, ma erano vuote e non cercavano di illuminare la mente e di formare delle convinzioni, ma di colpire la fantasia. Quest'effetto si otteneva soprattutto con canti politici composti per la circostanza, che, ripetuti di bocca in bocca, provocavano un vero e proprio delirio, a dispetto della loro assurdità'. Si costituirono club e associazioni di giovani in tutto il paese con il compito speciale di alimentare il chiasso. L'Unione si trasformò in un'immensa kermesse; durante mesi fu un carnevale continuo, e tutto il popolo ne fu attore. Questi mezzi riuscirono a meraviglia, il successo di Tippecanoe and Tylcr tao allo scrutinio fu clamoroso, la maggioranza ottenuta da Harrison sul rivale Van Buren sorpassò ogni speranza.
Capitolo 3 L'EVOLUZIONE DEL SISTEMA DELLE CONVENZIONI 1. Il cambio del partito al potere, provocato dalle elezioni del 1840, fece risaltare ancora di più il fatto che le abitudini ed i metodi politici inaugurati dalla democrazia jacksoniana si erano instaurati definitivamente. I tvhigs si erano gettati nella battaglia al grido di aioay luith the spoilers (abbasso i saccheggiatori), ma appena il combattimento ebbe termine, a loro volta si avventarono sulle spoglie. Come all'epoca dell'avvento di Jackson, Washington offrì lo spettacolo di una città invasa dai sollecitatori di posti. 1 nuovi mezzi di locomozione, le ferrovie, che non esistevano nel 1829, facilitarono in particolar modo quest'invasione di individui avidi. Il nuovo presidente non aveva ancora preso possesso del potere che i suoi futuri ministri furono assediati dai sollecitatori, che non erano tutti dei ' La p i ù f a m o s a di q u e s t e c a n z o n i e r a 'l'ippccanoc and ì'y/cr too. Tippecanoe e r a il n o m i g n o l o d i H a r r i s o n , d a t a g l i i n r i c o r d o d e l i a s u a v i t t o r i a sugli I n d i a n i a l ' i f ì p e c a n o c ; Tylcr e r a il n o m e dei c a n d i d a t o a l i a v i c e p r e s i d e n z a , a d o t t a t o d a l l a c o n v e n z i o n e n a z i o n a l e whig c o n t e r a p o r a n e a m e i u e a H a r r i s o n p e r la p r e s i d e n z a .
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piccoli e miserabili politici; erano nel novero: membri del Congresso e senatori degli Stati Uniti. Quando Ilarrison entrò alla Casa Bianca, la spinta diventò straordinaria, i sollecitatori perseguitavano letteralmente, giorno e notte, i ministri ed il presidente; molti aspiranti alle cariche pubbliche dormivano nei corridoi della Casa Bianca per sorprendere il presidente l'indomani appena alzato; non vi era un orario fisso per le udienze, il presidente del log cabìn si crogiolava in una semplicità che permetteva a tutti di arrivare fino a lui. Ma la sua età avanzata non potè resistere alla stanchezza e alle seccature causate dalla folla dei sollecitatori che si rinnovava senza tregua, e morì dopo un mese di presidenza. Il suo successore, che secondo la Costituzione fu il vicepresidente Tyler, era in origine un democratico, separatosi da Jackson senza convertirsi alla fede lohig. Sospetto agli uni e rinnegato dagli altri, pensò di creare un partito personale che lo avrebbe portato alla presidenza per un altro mandato. Allo scopo di reclutare aderenti, il presidente cacciò i funzionari devoti ai ivìngs e li rimpiazzò con sue creature. Non ne trasse molto profitto, poiché fu il candidato democratico autentico tinello che riportò la vittoria alle elezioni presidenziali del 1884. CTÌunto al potere, il nuovo presidente, a sua volta, mise sottosopra la pubblica amministrazione in modo ancora piÌ! completo di ciuanto non avessero fatto i suoi predecessori: c]uasi tutti i funzionari federali furono sostituiti pei" far posto ai vincitori. Da allora divenne una regola che ogni cambio di presidente comportasse di diritto c]uello di tutti gli impiegati nominad dal suo predecessore del partito avversario. Nel momento in cui il nuovo presidente assumeva le funzioni, la «ghigliottina del partito» veniva messa in moto per far trionfare il principio, detto democratico, della rotazione, essenziale, si pretendeva, per la conservazione delle libertà popolari; poiché la lotta per gli impieghi teneva desto lo spirito politico della nazione, così come la partecipazione agli onori pubblici era per il cittadino un motivo per restare fedele alle liliere istituzioni. « l i un grande principio americano», si proclamò in pieno Senato, nel 1846, « e d è alla base del nostro governo». Invano uomini come Webster e Calhoun protestarono contro C|uesta prassi e c|ueste teorie. Alla fine non vi fu neanclie pii^i bisogno di un cambio di partito al potere per procedere all'ecatombe dei funzionari: il principio della rotazione lo richiedeva anche cjuando le nuove elezioni mantenevano lo stesso partito al potere, i sazi dovevano far posto ai loi'o correligionari politici affamati. Era giusto ed ancfie necessario per mantenere l'Organizzazione del partito, come ne convenne il presidente democratico Buchanan, che succedette, nel 1857, al democratico Pierce.
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II. Essendo il « patrocinio » presidenziale diventato la sostanza vitale dei partiti organizzati, i loro sforzi principali si diressero verso le convenzioni nazionali dove si decideva la scelta dei candidati alla presidenza. Manovrate da astuti loire-pullen, le convenzioni nazionali offrirono una lunga storia di trucchi, di stratagemmi, di manovre senza scrupoli ed a volte persino di infamie. La convenzione whig di Harrisburg, nel 1839, ne diede un saggio. La convenzione democratica del 1844 ne fornì un nuovo esempio. I democratici, messi in rotta da « Tippecanoe and Tyler too », avevano rapidamente riguadagnato le loro posizioni alle elezioni congressuali e sembravano avere possibilità di successo anche più fondate alle elezioni presidenziali, dato che il paese non era stato conquistato dall'amministrazione tohig. L'orientamento generale del partito democratico indicava alla presidenza Van Buren. Ma, nel frattempo, si verificò al riguardo un avvenimento che destò timori nei tvirc-pullen del partito. La ciuestione della schiavitù, che già da c]ualche tempo agitava sordamente il paese, diventò di colpo scottante in seguito al progetto formulato dagli schiavisti di estendere il territorio della schiavitù con l'annessione della provincia messicana del Texas. Van Buren si pronunciò in maniera più o meno chiara contro l'annessione. Poiché gli schiavisti del Sud fornivano al partito democratico una parte notevole dei suoi contingenti, i capi democratici giudicarono che'Van Buren aveva seriamente compromesso le sue possibilità di successo nel Sud e, per non naufragare con lui, decisero di buttare a mare il grande capo del partito. Realizzarono il loro piano alla convenzione nazionale con l'aiuto di un espediente di procedura, così come avevano fatto i tohìgi, per sbarazzarsi di Clay. In questo caso si ricorse ad una norma secondo la cjuale i candidati alla presidenza e alla vicepresidenza dovevano raccogliere la maggioranza dei due terzi dei votanti per essere validamente designati. Alle prime due convenzioni democratiche non vi furono contrasti sulle persone da nominare e questa procedura non ebbe conseguenze. Adesso, era sufficiente un terzo dei voti per assicurare la sconfitta di Van Buren. Ai primo turno egli ottenne 151 voti su 226, ma c]uesta maggioranza assoluta non bastava più. Al secondo turno raccolse ancora meno voti; ad ogni nuovo scrutinio ne perdeva; dopo il settimo scrutinio gli amici di Van Buren ritirarono la sua candidatura. La minoranza entrò, allora, in scena con un candidato relativamente oscuro, James K. Polk, che raccolse solo 44 voti; ma la sua stessa mediocrità sembrò a molti delegati una promessa di successo. Poco conosciuto nel paese, Polk non dava ombra a nessuno ed avrebbe potuto, si dissero, riunire finalmente una maggioranza. Il nuovo scrutinio rivelò improvvisamente
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le numerose adesioni a Folk e allora iniziò una folle corsa ad ostacoli: delegazioni che avevano appena votato per altri candidati ritirarono precipitosamente il loro voto per trasferirlo a Folk; c]uando si chiuse lo scrutinio, risultò che Folk era stato nominato all'unanimità. Così, Martin Van Ikiren, l'erede politico di Jackson, il nume tutelare e quasi il creatore dell'Organizzazione democratica, era stato ripudiato a beneficio di un Folk. Nella vecchia cerchia di Jackson l'indignazione fu grande. Ma la convenzione non aveva fatto che seguire la via tracciata dagli stessi jacksoniani. I suoi memlìri ritenevano che l'autentico Anfitrione è l'Anfitrione dove si pranza. Il candidato più adatto alla presidenza non era quello di maggior valore, ma quello che aveva la possibilità di passare più facilmente, di penetrare più sicuramente nel posto da dove avrebbe aperto le porte ai suoi uomini. In questa politica dei risultati, l'unico criterio fu quello dell'opportunità, àcìVavailability. He h not availablc (non è popolare) fu ormai la condanna a morte di un candidato. L'opportunismo dei politici delle convenzioni, che tendeva ad escludere dal potere gli uomini di valore, tu ralforzato dall'opportunismo degli stessi leader più eminenti, per dare il colpo di grazia alla leadership politica. I''u ancora la campagna presidenziale del 1844 che offrì questo triste spettacolo, specialmente in campo toìrìg, Fentiti in qualche modo dell'affronto latto al loro glorioso capo Henry Clay, nella precedente elezione, questa volta i lohigs Io designarono alla presidenza per acclamazione. La convenzione nazionale whig, adottando la sua candidatura, votò per la prima volta delle risoluzioni che enunciavano i principi del [lartito, un programma (sull'esempio del partito democratico che aveva inaugurato quest'usanza ne! 1840), ma la scottante questione del Texas passò sotto silenzio, per non inimicarsi apertamente la gente del Sud. A Clay non fu permesso di mantenere la stessa riserva; nel corso della campagna elettorale fu costretto a spiegarsi; dapprima si dichiarò contrario all'annessione elei Te.xas, ma ben presto attenuò sempre più le sue dichiarazioni per non alienarsi i voti del Sud. Quest'attey^iamento fin troppo abile fece perdere a Clay i voti di molti whigs, cecisi avversari della schiavitù, e la loro defezione fu causa della sconfitta di Clay. Il suo scacco fu dolorosamente risentito in tutta l'Unione dai suoi numerosi ammiratori: uomini e donne piangevano, molti disperavano per il futuro della Repulililica e del governo democratico, vedendo preferire un Folk a Henry Clay, il grande Clay. Tuttavia, si trattava del suo scacco e non del trionfo di Folk, dovuto non tanto alle debolezze del governo po|x)lare quanto a quelle dei leader d i e non sapevano o non volevano avere il coraggio della loro opinione e che, assorti nel calcolo meschino dei voti da guadagnare o da perdere, negavano al popolo l'intera e franca veri-
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tà. Senza dubbio, la massa confusa degli elettori, sotto il regime popolare, e l'incertezza in cui si è sempre riguardo a ciò che pensano e a ciò che vogliono, demoralizza gii uomini pubblici, preoccupati di conquistare le folle, di raccogliere quanti pili suffragi possibile. Ma sono ancora più numerosi gli uomini che, mentre cercano di imporsi, vogliono schivare le responsabilità, che, invece di camminare diritti davanti al popolo, cambiano con il vento; sono ancor più questi presunti leader che disorientano le masse elettorali. Gli uomini politici eminenti che non erano eliminati dalle convenzioni si ritiravano da soli dalla lizza. Così fece Calhoun, il grande rivale dei Van Buren e dei Clay. Alla vigilia dell'elezione del 1844, si parlò per un momento della sua candidatura alla presidenza. Ma egli proibì di portarla dinanzi alla convenzione nazionale e, in una lettera resa pubblica, spiegò le sue ragioni attaccando tutto il sistema delle convenzioni. « Noi, il g e n e r a l e J a c k s o n e ki m a g g i o r parte dei l e a d e r del t e m p o - d i c e Callioun - a b b i a m o c o n t r i b u i t o a l'ovesciare il C a u c u s c o n g r e s s u a l e . . . C o m e era l o n t a n o d a l l e mie i n t e n z i o n i , ciuando aiutai a d i s t r u g g e r e il C a u cus, m e t t e r e al suo posto ciò c h e c o n s i d e r o c e n t o volte più riprovevole sotto tutti i profili! ».
Quando fu nota la designazione di Polk alla convenzione, vi fu un grido di stupore nel paese: chi è questo Polk? Ma era destino del paese ricevere dalle mani delle convenzioni candidati anche più mediocri 'per la successione dei Washington, dei Jefferson e dei Jackson. Polk non fu che l'antenato di tutta una stirpe di dark horses (cavalli oscuri) che, all'ultimo momento, riportavano la vittoria nell'ippodromo dei partiti. Poiché, in genere, alla convenzione non ci si poteva mettere d'accordo su un uomo eminente, veniva candidato, dopo parecchi intrighi, un dark borse. Dopo numerosi e sterili scrutini, il « cavallo oscuro » appariva di colpo sulla pista trascinandosi a fatica con qualche voto dietro i iieri destrieri, ma a poco a poco li distaccava per trovarsi ben presto in testa. 11 popolo non poteva farci niente. Imprigionato nel sistema delle convenzioni e nel dogma della regularity, non doveva che ratificare senza commenti le scelte fatte per suo conto, ed il senatore Benton, il vecchio luogotenente di Jackson, non si discostava dal vero nel dire: « l i popolo non ha più potere sulla scelta della persona che d e v e essere il suo p r e s i d e n t e d i q u a n t o ne a b b i a n o i s u d d i t i di un m o n a r c a e r e d i t a r i o sulla nascita del b a m b i n o che d o v r à un g i o r n o r e g n a r e su di loro » .
III. Eppure, la rete che questo sistema aveva gettato sulla democrazia americana si stringeva, sia per l'aumentata forza dei vecchi legami, sia per quelli nuovi che vennero ad aggiungersi. Il lealismo di partito, incarnato nell'Organizzazione, si esaltava e si
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inaspriva. I! partito divenne una specie di Chiesa che non ammetteva nessuna dissidenza. I contingenti al servizio dell'etichetta del partito si sviluppavano sempre di piìi. In primo luogo si moltiplicò la classe dei cercatori di impiego. Più il sistema delle spoglie e della rotazione si radicava, più cresceva il numero della gente che si metteva in fila. Contemporaneamente, nuovo e ingente materiale venne fornito dall'elemento straniero, introdotto dalla continua immigrazione. Questa, dal 1831, assunse proporzioni notevoli ed ogni anno rovesciava sul suolo americano masse sempre più grandi di emigrati, che venivano soprattutto dall'Irlanda e dalla Germania Grazie alle facilitazioni delle leggi americane sulla naturalizzazione, gli immigrati cominciarono, dopo un breve soggiorno, a godere dei diritti di cittadini degli Stati Uniti, ignoranti, senza alcuna educazione politica, cjuesti nuovi cittadini si lasciavano arruolare subito nell'Organizzazione del partito e ne seguivano ciecamente la parola d'ordine. Piccole cariche elettive o distribuzioni di denaro o di bevande alcoliche li mantenevano, soprattutto gli irlandesi, fedeli al partito. Infine, oltre all'orda crescente dei politici professionisti e alla massa malleabile degli immigrati, l'Organizzazione del partito attinse, dopo il 1840, nuova forza dal problema della schiavitù, che gli legò più solidamente che mai gli strati superiori della società, di ceppo americano, colta e agiata. Que.sto problema, aleggiante da tempo nella penombra, si affacciò sull'orizzonte politico dell'Unione americana, durante il decennio 1840-1850, in tutta la sua grandezza e proiettò sulla società del Nord una luce cruda e irritante. Tranne una piccola élite risoluta e spinta verso la tiuestione della schiavitù da passioni violente e generose, nessuno voleva affrontarla; disturbava le abitudini di una società immersa negli affari, offendeva le convenienze, feriva i suoi interessi, poiché chiedeva un esame di coscienza e forse degli atti concreti. I\'r evitare l'orribile visione, cjuale sistema migliore che chiudere gli occhi? Ma, allora, per muoversi sul piano politico, era necessario un appoggio fisso, una specie di corrimano da seguire automaticamente. L'Organizzazione del partito forniva questo corrimano: uno camminava col suo partito diritto davanti a sé senza preoccuparsi del resto, senza lasciarsi fermare neanche dagli scandali del sistema delle spoglie e dalla prostituzione della politica alle amfiizioni ed agli appetiti volgari d i e fiorivano all'ombra di tale Organizzazione. fV. Ma i partiti tradizionali non erano in grado di mantenere l'equilibrio dello statm quo, visto che essi stessi non avevano più ' Il n u m e r o clci-li imminui i l i i r a n l e il d e c e n n i o 1 8 3 1 - 1 8 4 0 s u p e r ò il m e z z o mil i o n e , d u r a m e il d e c e n n i o succc.s.sivo, 184 1 - 1 8 5 0 , r;i).j;uinse qua.si il m i l i o n e e m e z z o .
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nessuna base reale; la sola cosa che gli restava era la ragione sociale. Le divergenze relative alle questioni finanziarle ed economiche, che avevano consolidato i jacksoniani ed i loro avversari in due partiti rivali, da tempo non avevano più senso. La sola ciuestione che agitava veramente il paese, la c|uestione della schiaviti!, provocava divergenze che non coincidevano con la divisione in whigs e democratici pili di quanto facessero gli sterili problemi del loro vecchio credo. In seno ad ognuno di questi partiti vi erano avversari così come difensori della schiavitù; gli uomini del Sud, sia che appartenessero al partito tohìg o a quello democratico, erano in genere favorevoli a questa « istituzione domestica » della loro regione, mentre i democratici e i ivhigs del Nord, soprattutto i democratici, erano divisi al riguardo, essendo la maggioranza, comunque, ostile all'estensione della schiavitù. Il riassetto dei partiti su una base reale non si sarebbe di conseguenza potuto operare se non con lo scioglimento delle vecchie organizzazioni. Ma c]ueste si aggrappavano alla vita e non volevano scomparire. Temendone gli effetti, non trovarono di meglio che sopprimere la causa o, almeno, ignorarla. Organizzarono una cospirazione fatta di equivoci e di silenzio intorno al grande problema nazionale che rivendicava una soluzione e, per lunghi anni, i partiti decrepiti cercarono di resistere, contro la logica delle cose, mediante trucchi, menzogne e palinodie senza line. L'Organizzazione ivhig si distinse in particolar modo per questo atteggiamento. Subordinando tutto alla preoccupazione suprema di conservare i suoi c^uadri, di restare un'organizzazione nazionale, accettò la politica del pipistrello, che mostrava le ali agli uccelli e fraternizzava con i topi. Sembrava che questa tattica gli riuscisse a meraviglia, al punto da valergli la presidenza della Repubblica alle elezioni del 1848. Ma appena i vincitori iniziarono il festino, lo spettro della schiavitù apparve minaccioso, terrificante. Gli schiavisti diventavano sempre più aggressivi nelle loro ambizioni di estendere il dominio territoriale della schiavitù, parlavano anche di scioglimento dell'Unione. Allo stesso tempo, negli Stati del Nord, la rivolta delle coscienze contro la schiavitù e contro le pretese dei suoi sostenitori si accentuava e operava nelle file luhìg una scissione sempre più profonda. Per evitarla, l'Organizzazione trovò cjuest'ingegnosa ricetta: toagrec to disagree (acconsentire a non essere d'accordo), e continuare a portare il marchio whig. Ma la divisione irrimediabile tra i •whigs del Sud ed i tuhigs antischiavisti si manifestava in ogni occasione. La convenzione nazionale del 1852 tentò addirittura di stabilire tra loro un accordo apparente mediante un ultimo equivoco, scegliendo, in onore del Nord, un candidato incolore, un «eroe militare», e adottando un programma conveniente al Sud, quasi ugna-
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le a quello che la convenzione clemocralica aveva adottato ciuindici giorni prima. Questa volta si era passata la misura, i ivhigs del Sud ritennero più sicuro votare per il candidato democratico che faceva tutt'uno con il programma, gli avversari dell'estensione della schiavitù facevano affidamento su un candidato indipendente e non restò che una minoranza liìhig a «sostenere il candidato, pur sputando sul programma sul quale si reggeva». Questo candidato fu battuto ed il «partito whig» rimase sul campo di battaglia. I^'Organizzazione non disperò di riportarlo in vita. Ma la decomposizione fu ancor più orrenda. Molti whig che provavano un odio sincero [ler la schiavitù e preferivano la libertà umana all'integrità del loro partito, non avevano atteso l'ultimo momento per separarsi dall'Organizzazione ed attestarsi su un programma nettamente e meramente antischiavista. Ma per molti anni dovettero lottare non solo per difendere e diffondere le loro opinioni, bensì per esercitare lo stesso diritto di organizzarsi sul loro terreno specifico. I.a concezione dei partiti come delle specie di Chiese che si fanno carico di tutti gli interessi morali dei credenti, della loro anima, considerata a tal fine una e indivisibile, era talmente penetrata nelle menti, che il fatto di costituire un partito per difendere una causa specifica, e niente altro d i e c]uesta, sembrava immorale in sé, condannabile in sommo grado: non si entra in una Chiesa per affermare la propria tede in un dogma unico. Co.sl, la prima Organizzazione antischiavista, che si costituì con il nome di Liberty l^arty, credette suo dovere discolparsi solennemente da questa eresia, nel suo programma del 1834, senza riuscirvi. Quando il movimento avviato dal I_,iberty l^arty ebbe nuovo slancio alla vigilia delle elezioni presidenziali del 1848, sotto forma del l'ree SoiI Party, i suoi aderenti, provenienti in gran parte dai whig, furono infamati come traditori e rinnegati. Gli stessi avversari sinceri dell'estensione della schiavitù trovarono semplicemente assurda la concezione di un simile partito «fondato su un'idea unica». Alla lunga, il disgusto ispirato dalla condotta del partito ivhig allontanò da esso la maggior parte dei suoi aderenti. Restavano ancora dei rottami whig, qua e là, che rifiutarono di sciogliersi, simili a quei vermi schiacciati le cui membra separate si muovono ancora. Ma presto rientrarono nella polvere, la via era già libera e tutti gli avversari dell'estensione della schiavitù, il cui numero aumentò con particolare rapidità verso il f854, sotto la spinta delle provocazioni degli schiavisti, poterono liberamente unirsi e fare corpo per cjuanto varia fosse la loro origine e divergenti le loro opinioni su altre questioni. Questo corpo ricevette ben presto il nome di partito rcpubbliauio. Nato negli Stati dell'Ovest, dove l'organizzazione di partito era meno sviluppata che nell'Est e dove, di conseguenza, era più
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facile che nascessero movimenti popolari spontanei, si era esteso, verso il 1856, a tutto il Nord. Ad una delle due organizzazioni di partito stereotipate che impedivano ostinatamente ed egoisticamente la soluzione del problema vitale della Repubblica, si sostituì, cosi, un'organizzazione viva, tutta franchezza e abnegazione, che non poteva mancare di far prendere posizione netta alle forze ammassate dalla parte opposta. V. L'Organizzazione democratica, ugualmente divisa al suo interno sulla questione della schiavitù, contribuiva, a sua volta, ad impedire il riassetto dei partiti. Nei contingenti del partito democratico formatosi con Jackson, gli schiavisti del Sud erano in minoranza; la maggioranza del partito, proveniente soprattutto dal Nord e dal Nord-Ovest, non era favorevole all'estensione della schiaviti!. Ma dal 1844 la minoranza s'era impadronita del timone in seguito al voltafaccia della convenzione nazionale democratica che abbandonò Van Buren e adottò un candidato favorevole all'annessione del Texas, per non rischiare i frutti della vittoria elettorale, le « spog l i e » . Dopo aver consegnato il partito alla minoranza schiavista, l'Organizzazione manteneva l'alleanza disuguale tra le due frazioni mediante espedienti e manovre. Le convenzioni nazionali democratiche svolsero, in t]uesta occasione, un gioco per molti aspetti simile a quello delle convenzioni ivhig. Ma non poteva durare a lungo. Gli schiavisti, sempre pii^i sopraffatti dallo sviluppo del lavoro libero nei nuovi Territori e innervositi dall'opposizione crescente dell'opinione degli Stati liberi, sentirono il terreno mancargli sotto i piedi e decisero di giocare il tutto per tutto. Abituati a trainare a rimorchio i politici del Nord con la sola minaccia di separarsi dal partito e dall'Unione, chiesero all'autorità federale un riconoscimento formale del diritto di possedere schiavi in tutti i Territori, come qualsiasi altra proprietà. I politici del Nord non potevano accogliere la loro nuova richiesta senza perdere la maggior parte degli aderenti nel Nord, e la scissione ebbe luogo. Questa fu dichiarata definitivamente alla convenzione nazionale del partito che si riunì nel 1860 a Charlestown. Invano i delegati del Nord proposero un programma lambiccato sul tipo di quelli di cui le convenzioni nazionali avevano il segreto; i delegati del Sud si ritirarono dalla convenzione, si riunirono in una convenzione separata e adottarono un programma nettamente schiavista. Il simulacro dell'unità del partito scomparve; la lunga lotta tra l'equivoco alimentato dall'Organizzazione e la cruda verità delle aspirazioni schiaviste era finita. Una volta realizzatasi la disgregazione delle vecchie organizzazioni, il principio della libertà da un lato e quello dello schiavismo dall'altro potevano porsi l'uno di fronte all'altro, scontrarsi aperta-
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mente e definire il loro conflitto. Ma il conflitto non poteva piti e.ssere ri,solto pacificamente, era troppo tardi; il Sud si era sbilanciato troppo nelle sue richieste per permettere che fossero respinte con un semplice verdetto elettorale. Vedendosi sempre più stretto dal mondo della libertà emergente, dal «grande deserto dell'Ovest», e sentendo in pericolo la sua «istituzione domestica» malgrado i raggiri verbali ideati dalle Organizzazioni di partito, il Sud era obbligato a cercare sempre nuovi appoggi, a rincarare senza tregua le sue pretese. Lo schiavismo diventava di giorno in giorno più aggressivo e intrattabile, dato che la resistenza che gli si opponeva era abitualmente fatta di concessioni, e poiché non aveva davanti a sé che dei partiti pronti a tutto pur di prolungare la loro esistenza, cjuesti si facevano guidare da organizzazioni che, avendo sempre sulle labl:ira l'amore per l'Unione, non erano che venali mezzane. Quando l'elezione di Lincoln alla presidenza annunciò il trionfo dei partito dei princìpi, lo schiavismo credette di udir suonare la campana a morto del suo dominio nell'Unione e denunciò il patto federale. Il Nord corse alle armi per difendere l'integrità dell'Unione, fi conflitto dello schiavismo stava per essere risolto col ferro e col fuoco.
Calntolo 4 L'EVOl^UZIONE DEL SISTEMA DELLE CONVENZIONI (seguito) I. I vecchi partiti affondarono nella crisi determinata dalla t]uestione dello schiavismo, ma il sistema d'organizzazione con il quale resistevano contro venti e maree gli sopravvisse. 1 «republilicani », che rappresentavano la nuova corrente nella vita dei partiti, adottarono la macchina dell'organizzazione in voga; l'uso di essa era talmente comune che s'impose da sé quasi naturalmente. Man mano che aumentava la sua potenza, il nuovo partito attirava a sé i professionisti ed i parassiti della politica che cercano di nutrirsi della sostanza dei partiti; la macchina delle convenzioni, che avevano appreso a maneggiare con tanta arte, tornì loro ogni facilitazione per entrare in gioco. 1 princìpi morali che erano alla base del partito « repubfjlicano » e il nobile entusiasmo che animava i suoi aderenti, non permisero ai politici interessati di divenirne i padroni, nondimeno essi formavano un elemento considerevole del partito. Nella stessa designazione di Lincoln, la parte avuta dai professionisti tu almeno tanto grande quanto quella della spontaneità e della devozione ai princìpi, fn effetti, questa scelta tu decisa da considerazioni
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di availability, secondo la tradizione delle convenzioni nazionali; ma pei- una volta i tvire-pulkn della convenzione si erano sbagliati. Lincoln si rivelò uomo di coraggio, di volontà e di grandezza d'animo, come ne nascono pochi nel corso dei secoli. Ma se queste eminenti qualità lo aiutarono a vincere la formidabile ribellione del Sud, non potè impiegarle contro le tradizioni politiche ereditate dalle vecchie organizzazioni di partito, contro la rotazione ed il sistema delle spoglie. Avendo la secessione rigettato la maggior parte dei democratici dalla parte dei nemici dell'Unione, il partito repubblicano restò il suo principale, se non il solo, appoggio e la salvezza stessa dell'Unione sembrò esigere che il partito repubblicano fosse sostenuto a qualsiasi prezzo e che i posti pubblici fossero affidati unicamente ai suoi aderenti. Così, l'orda dei cercatori d'impiego, il cui principale titolo era il loro repubblìcaneùmo, ebbe rapidamente causa vinta. Per far loro posto, si procedette ad una delle piti spaventose ecatombi di funzionari che la storia dell'amministrazione pubblica americana abbia mai conosciuto. II. Dopo la guerra, l'Organizzazione repubblicana invase il Sud. Questo paese, fino ad allora, era sfuggito quasi completamente ai metodi del sistema introdotto dalla democrazia jacksoniana dopo l'eclisse delia leadership incarnata dal Caucus legislativo. Le condizioni sociali ed economiche che avevano favorito l'instaurarsi e lo sviluppo dell'organizzazione popolare di partito nel Nord e nell'Ovest non esistevano affatto nel Sud. Il Sud e il resto dell'Unione formavano, infatti, due nazioni, due razze differenti, ciascuna con una distinta civiltà. In pieno regno del vapore, il Sud schiavista restava un paese essenzialmente, agricolo, con una popolazione sparsa e agglomerati urbani relativamente poco numerosi e poco importanti. Il lavoro servile escludeva qualsiasi libera iniziativa e manteneva il Sud ai margini del movimento economico che trascinava in un vortice il Nord e l'Ovest. Aveva reso impossibile l'avvento di una forte classe media, composta di piccoli coltivatori, come quelli che costituivano la forza morale della Nuova Inghilterra, di industriali, di manifatturieri, di commercianti affermati, di artigiani specializzati che trovavano nella loro indipendenza materiale e nel successo, riportato dalla loro volontà tenace e libera da ostacoli, la coscienza de|la loro dignità di uomini e cittadini. Al di sotto di un numero abbastanza ristretto di piantatori si trovava immediatamente, oltre agli schiavi negri, una massa miserabile di uomini di razza bianca (meati whites), che marcivano nell'ignoranza e nella povertà, padroni del loro corpo, ma tenuti dalla loro miseria in una stretta dipendenza economica e politica rispetto ai piantatori. Detentori unici della ricchezza, questi ultimi formavano nello Stato una classe dirigente
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(SEGUITO)
che era l'aperta negazione deila democrazia; la lorma repubblicana sancita dalia Costituzione dell'Unione celava un potere oligarchico esercitato da qualche migliaio di ricchi piantatori. Attirando nella sua orbita i piantatori meno ricchi ed i liberi prolessionisti delle città, questa classe esercitava una leadership sociale e politica assoluta. Questo stato di cose creava un'atmosfera politica molto slavorevole alla nascita ed allo sviluppo dei due elementi principali della vita politica degli Stati del Nord, vale a dire il lormalismo democratico, che si era impadronito delle menti, e la specie dei politici mercenari che, con il favore di tale formalismo, si erano impadroniti del meccanismo politico. La massa degli elettori non aveva bisogno della nozione astratta di regularìty, né delle decisioni formali delle convenzioni, sedicenti rappresentative, per stabilire la propria condotta politica; gli elettori seguivano tutti con lede cieca gli uomini a cui erano legati come da vincoli teudali; ogni grande himiglia aveva la sua clientela politica con i vassalli e i valvassori che accorrevano appena chiamati. D'altra parte, indipendentemente anche dalle restrizioni del suffragio che prevalevano nei vecchi Stati del Sud, la politica e le principali cariche pubbliche erano di fatto monopolio della classe dirigente, f^a politica era per questa non tanto una carriera quanto una vocazione, i giovani di buona famiglia vi venivano presto avviati. Era cjuasi sempre in questa classe e tra gli uomini che gravitavano intorno ad essa che venivano reclutati i membri delle assemblee legislative e, in particolare, quelli del Congresso. Le altre cariche elettive erano poco numerose, alla maggior parte degli impieghi provvedeva l'esecutivo o la Legislatura. Anche la necessità di una macchina elettorale di partito non si faceva sentire qui allo stesso modo che nel Nord e nell'Ovest, ed il sistema delle convenzioni non aveva assunto nel Sud la stessa importanza. Molto spesso i candidati si presentavano da soli agli elettori senza aver ricevuto l'investitura di una qualsivoglia convenzione, cosa divenuta nel Nord quasi materialmente impossibile. Non vi era neanche bisogno, nel Sud, di comitati per « l a v o r a r e » gli elettori, f candidati generalmente non si immischiavano nella cucina elettorale, il loro proprio campo d'azione era la tribuna dove si offrivano ai pubblico e si oHrivano a loro stessi, nei dibattiti in contraddittorio con i candidati rivali, dei tornei di parole che lusingavano il loro gusto della cavalleria. Il vincitore del dibattito era anche il vincitore dello scrutinio. Pur monopolizzando la politica, i membri della classe dirigente non facevano delle cariche pubbliche un mezzo per arricchirsi, cercavano piuttosto di soddisfare la dignità, l'orgoglio. I piccoli posti che non ne offrivano affatto erano lasciati a gente molto simile al tipo dei « p o l i t i c i » del Nord, ma, per tjuesta stessa ragione, il tipo era, nel
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Sud, sparuto e mingherlino, i professionisti della politica vi avevano una parte del tutto secondaria. Tutto ciò cambiò dopo la guerra civile, quando i vincitori accordarono il suffragio alla massa ignorante e abbrutita dei negri affrancati e decapitarono la vecchia leadership privando dei diritti politici gli uomini che si erano schierati a favore della secessione. La vecchia società politica fu dissolta e la nuova non presentava che elementi incoerenti. Il partito repubblicano si incaricò di tenerli uniti, sia per consolidare i risultati della sua vittoria, in particolare l'emancipazione dei negri, sia per perpetuarsi al potere. A tale scopo utilizzò la macchina dell'organizzazione di partito in uso nel Nord. I negri vi si adattarono con una rapidità straordinaria; senza capire niente delle cose della politica, ne afferrarono mirabilmente il lato esteriore, i procedimenti e gli stratagemmi organizzativi, i trucchi ed i cavilli di procedura delle assemblee, e in capo a poco tempo manovrarono le convenzioni e i comitati come dei veterani. Erano diretti da bianchi accorsi in parte dagli Stati del Nord e soprannominati dai vinti con il nomignolo divenuto famoso di carpct baggers, trasportato poi in Inghilterra. Questi avventurieri trovarono dei soci sul posto, nella persona dei «bianchi miserabili» sciolti dai loro vecchi legami sociali con la caduta dello schiavismo (gli scalaiuags, come furono soprannominati nel Sud) e, con l'aiuto dei negri reclutati nell'Organizzazione repubblicana, si impadronirono della macchina elettorale. Installati al potere, i negri e le loro guide bianche si dedicarono ad un saccheggio senza precedenti dell'erario pubblico. Facevano votare ai legislatori rendite di Stato destinate a pagare le spese di lavori pubblici mai intrapresi e spartivano tra loro il denaro realizzato, anche a costo di far pagare nuove imposte ai contribuenti; emettevano direttamente mandati di pagamento fraudolenti o maggioravano in modo del tutto fantastico le spese fatte per l'arredamento degli uffici, ecc., riempendoli, ad esempio, di pendole da 480 dollari ognuna, di lampadari da 650 dollari. Le cariche pubbliche venivano distribuite ad analfabeti; in uno Stato, vi erano pii^i di duecento magistrati negri che non sapevano né leggere né scrivere; la giustizia si vendeva come al mercato. Mentre i leader dell'Organizzazione, per la maggior [^arte volg h i spoiktnen, si preoccupavano delle spoglie da raccogliere, i grandi capi muovevano i fili da Washington, decidevano le candidature per i posti pii^i importanti negli Stati del Sud e facevano manovrare, ai loro fini politici, i leader di questi Stati, senza sapere o senza voler sapere ciò che avveniva sotto il governo dei carpet biiggers. Era necessario che l'Organizzazione repubblicana nei Sud fosse tenuta in piedi a qualsiasi prezzo. Lo stesso governo federale, l'amministra-
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•zione del presidente Grant, mise pii^i volte la forza armata a disposizione dell'Organizzazione nelle lotte elettorali. I^e malefatte dell'Organizzazione repubblicana, che sfruttava il voto negro, non tardarono a spingere all'opposizione quasi tutta la popolazione onesta di razza bianca; l'umiliazione di essere governati dagli schiavi di ieri e di venire saccheggiati senza jiietà dai loro capi, i carpei haggcn e gli scalatvags, fece dimenticare ai bianchi tutte le loro divergenze politiche. Si raccolsero sotto l'insegna del partito democratico senza nessuna preoccupazione per i princìpi, ma unicamente in quanto opposto al partito repubblicano, al partito dei neri; votavano invariabilmente i provvedimenti ed i candidati del partito democratico, buoni o cattivi che fossero. L'intero Sud si irrigidì in questo atteggiamento, che gli valse il soprannome di Soliti South, fi lormalismo politico pervase la sua vita. L.a relativa libertà di sfiirito nei confronti dei partiti, che c'era prima della guerra nelle elezioni locali ed anche, in minor misura, nelle altre, scomparve completamente. L'Organizzazione di partito, co.sì debole nel Sud prima della guerra, vi si insediò sovrana con il suo stesso sistema delle nomìnatìom regolari. I bianchi trincerati dietro l'Organizzazione del partito democratico riuscirono rapidamente per Jas et nefcK a sloggiare i repubblicani dal Sud e a ridurre i negri all'impotenza. Cionondimeno, il Solid South rimase: i polìtici vegliavano su di esso per conservare il loro impiego. Entrati in scena sotto l'aspetto di carpet haggcn, di scalatvags e di sottopolitici negri, come repubblicani, si insediarono ben presto anche nel campo opjxisto. f vecchi leader democratici, avendo ripreso il loro ascendente, non poterono esercitare pili la loro influenza politica alle vecchie condizioni, dopo l'estensione del suffragio e lo sviluppo del sistema dell'Organizzazione di partito nel Sud. Avevano bisogno di numerosi intermediari tra di loro e le masse elettorali. Tale ruolo fu subito coperto da mercenari innalzanti il vessillo democratico. I.a tranquillità generale e la meravigliosa trasformazione economica che il Sud subì doiK) la guerra non fecero che accrescere le occasioni dei | ) o l Ì L Ì c i professionisti, assorbendo le forze vive del paese nell'industria e nel commercio e rendendo la situazione politico-sociale simile a quella del Nord. I^er non essere disturbati nel godimento delle «spoglie», i politici facevano in modo che le popolazioni, malgrado i profondi cambiamenti sopravvenuti, conservassero le loro vecchie posizioni. Gli uni continuavano a suonare le campane a martello contro la «dominazione dei negri» e gli altri ad «agitare la camicia sanguinante » della guerra inti-apresa contro i « ribelli », Poiché si presumeva che il pericolo fosse sempre presente, i fedeli dei partiti dovevano continuare a votare ciecamente per loro, e non soltanto nel Sud, ma dovunque ci fossero dei «repubblicani» e dei «democratici».
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Tutta l'Unione fu, così, resa solidale dal Solici South, a maggior profitto dell'Organizzazione dei partiti. Molti altri effetti della guerra, che sorpassarono di molto la portata del nuovo stato di cose creato nel Sud, si aggiunsero per dare nuovo slancio all'Organizzazione. III. La guerra provocò profondi cambiamenti nell'intera vita della nazione; impresse un nuovo carattere ai suoi rapporti politici, economici e morali. Nell'ordinamento politico si verificò uno sviluppo eccessivo della centralizzazione. L'autorità dell'Unione sugli Stati aumentò, tanto nel campo costituzionale, quanto nella vita politica di tutti i giorni. Nella vita economica si manifestò una concentrazione ancora più grande. L'estensione che avevano avuto le ferrovie ed il telegrafo annullava le distanze e metteva fine all'isolamento relativo nei quale le popolazioni degli Stati avevano vissuto fino ad allora. Le grandi imprese industriali, create da una concentrazione enorme di piccoli capitali ed estese da un capo all'altro dell'Unione, raccoglievano gli abitanti dei diversi Stati attorno ad interessi comuni. Restituita, dopo la fine delle ostilità, alle occupazioni pacifiche, la popolazione si lanciò, con un ardore tanto più grande in quanto da tempo contenuto ed ostacolato dalle angosce della guerra, alla ricerca della ricchezza, to makc money. Col favore delle variazioni di valore della carta moneta, abbondantemente emessa per esigenze di guerra, la speculazione invase tutto, e presto non conobbe più limiti. Le inclinazioni e gli appetiti ebbero libero corso. Tutto sembrava permesso. Il successo o il desiderio di successo parevano legittimare tutto. Questo grossolano materialismo raddoppiò con l'entusiasmo frenetico provocato dalla guerra. Si erano fatti sacrifici enormi per l'Unione, si era invocata la libertà di milioni di schiavi; ci si gloriava di ciò, ci si inebriava di patriottismo tanto più volentieri e sinceramente in quanto mascherava meglio il declino del carattere nazionale. Per valorizzare questo patriottismo si ripose nel partito dell'Unione, il partito repubblicano, il sentimento che c|uello ispirava, come un capitale da conservare e far fruttare; si riversò sul partito tutto l'entusiasmo morale accumulato nella lotta ed il patriottismo di partito crebbe. Molto potente prima della guerra, esso era già quasi una superstizione; da allora divenne una passione. Nato dalle convenienze e dalle competizioni interessate, si depurò nel crogiolo della guerra civile per apparire nello splendore dell'ideale. L'esaltazione del patriottismo di partito non fece che consegnare con maggior sicurezza il cittadino mani e piedi legati al partito, incarnato nella sua Organizzazione. L'Organizzazione, mentre vedeva allargarsi le fonti morali della sua influenza, realizzava nel suo meccanismo dei perfezionamenti importanti, nel senso della centralizzazione, che aumentava la sua
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presa materiale sulle masse elettorali. Favorita dall'estensione straordinaria delle ferrovie e dei telegraio, l'aumentata centralizzazione collegò più potentemente tra loro le diverse parti dell'Organizzazione e rafforzò i legami che tenevano uniti i fedeli al partito. Ma con tutto ciò l'Organizzazione restava più che mai priva di vita spontanea e autentica. Il potere assoluto delle piccole consorterie di manipolatori che sistemavano tutto dietro le ciuinte resuscitò il vecchio appellativo di caucvs nel senso di conciliabolo segreto, di cricca, per applicarlo al sistema democratizzato dell'Organizzazione dei partiti. 1 politici professionisti operavano, sotto la guida di manager e di ivire-pullen, con una tale sinci'onia e con una così perfetta indifferenza o incoscienza del bene e del male, da evocare l'idea di un meccanismo funzionante automaticamente e ciecamente, di una macchina. L'effetto sembrò identico a tal punto che il termine machine fu dato all'Organizzazione come un nomignolo che porta tutt'oggi, preferito anche a cjuello di cancus. IV. Trainando a rimorchio tutto il corpo elettorale, l'Organizzazione potè così imporsi più (acilmerU:e ai poteri pubblici creati con l'elezione. Particolarmente a cuore gli stava l'esecutivo, che deteneva i posti del servizio federale di cui l'Organizzazione aveva bisogno per alimentare la sua macchina. Dopo l'introduzione del sistema delle spoglie, essa aveva sempre pesantemente influito sull'esercizio del patrocinio presidenziale. Era l'Organizzazioue del partito, una convenzione di suoi delegati, che aveva designato il presidente, che l'aveva forse fatto uscire dall'ombra; erano gli innumerevoli comitati di cfuesta Organizzazione d i e lavoravano il corpo elettorale per far convergere i voti sul suo nome; insomma, era una creatura dell'Organizzazione. I\)teva egli dimenticarla una volta al [lotere, non aveva contratto degli obblighi verso i suoi capi, anche senza avere assunto impegni espliciti? Lo stesso Lancoln, alle prese con ciuesta inevitabile situazione, dovette capitolare più di una volta. Perciò, non c'è da meravigliarsi che i successori del grande presidente non abbiano mostrato maggiore fermezza, fi pensiero della rielezione, che ossessiona quasi tutti i presidenti eletti per la prima volta, non poteva che aumentare la loro disposizione conciliante verso i capi locali dell'Organizzazione. Tuttavia gli obblighi |ìersonali non erano i soli che il presidente contraeva. II sistema di partito aveva fatto del capo dello Stato un capo di partito o un pi'ocuratore che, arrivando alla Casa I5ianca, riceveva in deposito la ricchezz;i del partito. Siccome il successo del partito alle elezioni dipendeva dall'efficienza dell'Organizzazione, il presidente doveva ben guardarsi dall'indebolirla, da! raflrecldare lo zelo e l'ardore dei numerosi tvorkcn che conducevano le truppe elet-
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torali. Così, quando dopo la battaglia un capo d'organizzazione locale veniva a chiedere al presidente di dare ai suoi luogotenenti i posti che gli aveva promesso, il presidente non poteva che eseguire; se rifiutava rovinava, con il credito dei capi locali, le prospettive del partito nel distretto. Infine, le necessità costituzionali della sua posizione obbligavano il presidente a cercare l'appoggio dei membri del Congresso. La Costituzione aveva avuto un bel stabilire la separazione assoluta dei poteri, e organizzare il legislativo, l'esecutivo e il giudiziario come poteri coordinati che si facevano da contrappeso l'un l'altro: più l'Unione si sviluppava, pii^i la sua vita politica diveniva complessa, meno diveniva possibile per il legislativo e l'esecutivo agire separatamente o a distanza. Che riguardasse l'opera legislativa o le allocazioni di bilancio annuali, l'esecutivo doveva avere un abboccamento e trattare con il legislativo. Ma poiché non potevano incontrarsi in pubblico, i rappresentanti di ambedue i poteri furono portati a negoziare e a mercanteggiare in disparte, negli angoli, dove il legislativo, forte del suo potere di adottare o di rigettare i hills, aveva la partita vinta. Inoltre, il legislativo aveva una presa formale sull'esecutivo, in virti^i della stessa Costituzione che, rinunciando in alcuni casi specifici al principio della separazione dei poteri, sottometteva all'approvazione del Senato la ratifica dei trattati e delle nomìtìcUions agli impieghi importanti. Incalzato da varie parti dal legislativo, l'esecutivo fu obbligato a cedergli il passo e, per vivere, fu ridotto a comprare la collaborazione dei membri del Congresso con i favori a sua disposizione. Verso la metà del XIX secolo, ciuesta prassi divenne regolare, e Pierce e Buchanan mercanteggiavano con il legislativo, come al mercato, i posti che distribuivano ai protetti dei senatori e dei rappresentanti. Allo stesso tempo il legislativo era diventato la piazzaforte dei capi dell'Organizzazione del partito. 1 seggi al Congresso erano il maggior premio elettorale che fosse possibile concjuistare con l'aiuto dell'Organizzazione, i suoi capi locali naturalmente li bramavano per sé e, quando la Macchina ebbe acquistato una forza che le permise di operare a colpo sicuro, piazzò sistematicamente i suoi leader in queste alte cariche elettive. E, quindi, ad essi che si deve il fallimento del beneficio della superiorità acquisita dal legi.slativo sull'esecutivo. Forti della sua debolezza, i capi dell'Organizzazione, mascherati da membri del Congresso, obbligarono l'esecutivo ad abbandonare loro senza riserve il patrocinio federale. Nelle prime file dei beneficiari di questo privilegio furono i senatori, ai quali il loro potere costituzionale, così come il prestigio specifico del loro mandato di rappresentanti di Stati sovrani, davano maggiore influenza.
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Presiedevano regolarmente alla ripartizione degli impieghi nei loro Stati. 11 Senato, investito dalla Costituzione del potere di confermare, con la maggioranza dei voti, le norninatiom presidenziali importanti, aveva riconosciuto, per la legge non scritta della cortesìa del Senato, il diritto esclusivo dei senatori di ogni Stato di accettare o di rigettare le proposte del presidente relative al loro Stato; tutti gli altri senatori si schieravano dalla parte dei loro colleghi senza esaminare il caso. In cjueste condizioni, era inutile per il presidente respingere le raccomandazioni dei senatori. La prassi comportava certo delle eccezioni ma, in genere e di fatto, il presidente aveva la firma e il senatore la scelta. In ultima analisi, il governo istituito con la Costituzione fu spogliato di una delle sue funzioni essenziali a profitto di un'organizzazione privata, che ormai si ergeva di fronte ad esso come una specie di controgoverno. V. Questa era la situazione c]uando GJrant si insediò alla Casa Bianca. 11 suo immenso prestigio e la fiducia illimitata delle masse repubblicane che l'avevano portato al potere non poterono niente contro di essa. Dopo c|ualche debole tentativo di resistenza, ne divenne complice. L'Organizzazione diede corso più liberamente che mai alle truppe mercenarie che la affollavano e inaugurò nella vita pubblica una nuova era di scandali e di corruzione, che ricordò e superò i peggiori giorni di Jackson. L'opinione pubblica, nella sua gran massa, non protestava, lasciava lare tutto, ipnotizzata dai pericoli immaginari che minacciavano l'Unione da parte del Sud «ribelle ». « Si aveva sempre paura dei leoni morti della secessione e della schiavitù, più che dei cani vivi della corruzione pubblica ». Con Grant al potere, si era almeno sicuri che l'ordine delle cose, fissato dalle sue vittorie, non sarebbe stato rimesso in tjuestione, e poi gli affari andavano abbastanza bene, si guadagnava facilmente denaro. Il successore di Grant, Ilayes, che alla convenzione nazionale repubblicana era passato come un dark borse, si rivelò un perfetto onest'uomo. Accettantfo la candidatura, si dichiarò nemico del sistema delle spoglie: « Questo sistema deve essere abolito. K necessario che la riforma sia vera, radicale e completa». Dna volta eletto (nel 1876), si adoperò risolutamente a realizzare le sue promesse. Ma, allora, la maggior parte dei capi del partito che l'aveva portato al potere, i capi dell'Organizzazione, si sollevarono contro di lui. Su istigazione del capo dell'Organizzazione di New York, e senatore di questo Stato, Roscoe Ckìnkling, il Senato, usando il suo diritto di rigettare le nomìnatìons presidenziali, tenne in scacco il presidente e paralizzò i suoi sforzi per liberare il servizio pubblico dai politici, riayes si scoraggiò e cedette. Per una buona nomination ne faceva due cattive, sotto la pressione del partito. L'aspetto dell'Organizza-
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zione divenne più decente, ma la Macchina andava sempre a pieno ritmo. Forte dell'esperienza di Hayes, il suo successore, Gariield, non manifestò per nulla l'intenzione di togliere ai membri del Congresso la nomination agli impieghi. Ma, pur prestandosi al sistema delle spoglie, suscitò contro di sé, dal momento del suo insediamento, la violenta animosità del iamoso Roscoe Conkling, per aver fatto alcune nomination^ scavalcandolo o, addirittura contrastandolo: Conkling se la legò al dito, e tra il presidente ed il senatore scoppiò un grave conflitto che rivelò fino a che punto potevano arrivare le insolenti pretese dei potenti capi della Macchina. Nel frattempo, le brame suscitate dalle spoglie furono la causa di uno shock altrettanto grave: in mezzo all'orda dei postulanti di posti che avevano invaso Washington, uno, deluso o al limite della pazienza, assassinò il presidente. La scossa che l'opinione pubblica ricevette da questa line tragica contribuì a far adottare al Congresso una legge che sottraeva al favoritismo dell'amministrazione o, che era lo stesso, alle esigenze dei membri del Congresso, un certo numero di impieghi, riservandoli a persone ammesse per concorso. Questa riforma, promulgata nel 1883, tu il punto di partenza di un importante movimento nella vita politica degli Stati Uniti, come vedremo pii^i avanti, ma non potè ristabilire il libero esercizio della prerogativa presidenziale in fatto di nomination, né mettere fine alla sua sopraffazione da parte dei membri del Congresso. E sufficiente, per il momento, sottolineare che le nominatiotis per le c]uali il presidente deve ottenere la conferma dal Senato non sono state toccate dalla nuova legge, essendo, in questo caso, l'intervento dello Stato previsto dalla Costituzione. Il primo effetto concreto prodotto dal risveglio dell'opinione pubblica tu di rompere le file dell'Organizzazione repubblicana, di mettere fine al monopolio del potere ch'essa deteneva da cjuasi un ciuarto di secolo e di portare alla presidenza, sotto la bandiera democratica, un uomo dal coraggio civico e dall'onestà a tutta prova, Grover Cleveland. Ma la carriera di ciuesto presidente, che fece tanto scalpore per come esercitava con indipendenza il potere esecutivo, ha dimostrato, come meglio non si potrebbe, cjuanto è difficile j)er il presidente, per non dire impossibile, nelle condizioni spiegate prima, domare l'Organizzazione del partito. Sul terreno dei grandi problemi economici, come cjiielli del sistema monetario e delle tariffe doganali, che influivano direttamente sul benessere materiale delle masse e tenevano desta la loro suscettibilità, il presidente intraprese contro il Senato fazioso una coraggiosa guerra, in particolare durante il suo secondo mandato (1893-1897); ma quando si trattava
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di norninatiom agli impieghi, questo ardore battagliero diminuiva e si mitigava con delle mutue concessioni. Il presidente repubblicano che riempì l'interregno democratico tra la prima e la seconda presidenza Cleveland, Benjamin liarrison, riprese le peggiori tradizioni del sistema delle spoglie. Nel corso di un anno, 30.000 impiegati del dipartimento delle poste iurono sostituiti senza nessun'altra ragione che t]uella di essere democratici. La prostituzione delle cariche pubbliche al partito raggiunse il suo culmine estendendosi allo stesso gabinetto, messo in un certo senso all'incanto: il proprietario di un grande magazzino di moda, a Filadeliia, fu ricompensato con un posto ministeriale per aver tornito al comitato che conduceva la campagna presidenziale dei fondi considerevoli, di cui una gran parte era stata notoriamente impiegata per l'acciuisto di voti. Si creò il precedente, e latti analoghi si verificarono sotto ogni amministrazione seguente, sotto Cleveland, sotto McKinley. L'atteggiamento generale di McKinley di fronte al sistema delle spoglie fu tutt'altro che rivoluzionario. Forte dell'esperienza del suo predecessore, Cleveland, egli volle prima di tutto fare jsace col Senato e con il suo partito e, fin dal primo giorno, abdicò in favore dei membri del Congresso il suo potere di nomination agli impieghi, così morbidamente e così completamente quasi fosse stato prescritto formalmente dalla Costituzione. Il suo successore, Roosevelt, con tutto il suo coraggio, tutta la sua enorme popolarità nel paese, non riuscì più di Cleveland a domare il Senato. Del resto, non ci teneva a inimicarsi l'Organizzazione del partito e, pur mostrando una certa indipendenza, cercava di andare d'accordo con essa il più possibile e di esserle gradito. Il presidente Talt continuò la tradizione. VI. Detenendo di fatto la nomination agli impieghi pubblici, l'Organizzazione del partito decise ben presto di sottomettere tutti i liuizionari ad una imposta diretta e proporzionale. Questa prassi fu introdotta sotto le amministrazioni democratiche, nel decennio 1840-1850, timidamente e lentamente ed in gran segreto. Nel corso del decennio successivo ebbe grande diffusione e, con Buchanan, era già ben consolidata. Ma era riservato alla Macchina repubblicana, dopo la guerra, portare alla perfezione il sistema elei contributi, o piuttosto delle estorsioni. Eissa lo fece con una serenità ed una disinvoltura jierlette. In tutta l'Unione, i funzionari federali furono costretti a pagare ima percentuale sul loro stipendio a tìtolo di contributo, detto eufemisticamente, «volontario». Ben presto vi furono fino a cinque categorie d'imposizione {asseswieìits) inflitte ai poveri impiegati: federale, statale, comunale, di ciuartiere, di distretto, e s|5esso erano tassati da più comitati contemporaneamente.
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L'obiettivo apparente di quest'imposizione era di sostenere le spese della campagna elettorale, come le spese di stampa, quelle postali ed altre spese lecite. Una parte del denaro raccolto era veramente impiegato a questo scopo; ma la maggior parte andava agli elettori venali ed ai manager locali della Macchina ed ai suoi loorkers. Il motivo addotto per costringere i contribuenti a pagare era la necessità di non lasciar andare al potere il partito avversario, che li avrebbe destituiti e avrebbe dato i loro posti ai suoi aderenti. Ma la paura di essere destituiti dal loro proprio partito o di compromettere la loro carriera, se avessero rifiutato il contributo, agiva con maggior forza sui funzionari. Né la situazione patrimoniale, né l'età, né il sesso trovavano grazia dinanzi agli esattori dei comitati. Chiunque fosse stipendiato da un'amministrazione pubblica doveva contribuire: giovani d'ufficio ( o f f i c c - b o y s ) , operai degli arsenali ma rittimi, lavandaie, per non parlare di istitutori e istitutrici. L'indilferenza, la connivenza stessa del governo, erano in genere assicurate all'Organizzazione del partito repubblicano al potere. Grant ed il suo successore Ilayes avevano emesso ordinanze che vietavano il pagamento di assessments, ma ciueste ordinanze rimasero lettera morta. Sotto la pressione dell'opinione pubblica, che diventava col tempo meno tollerante riguardo a questi abusi, la legge del 1883, già menzionata, sull'ammissione al servizio federale mediante concorso, cercò di rimediare al male degli assessments politici con delle prescrizioni form'ali, accompagnate da sanzioni penali. Questa legge ha circoscritto il male, ma è stata ben lungi dall'eliminarlo. Gli assessments prelevati ai funzionari ebbero come pendant i contributi richiesti ai candidati alle elezioni. Avendo il pregiudizio o, se si preferisce, il principio della regularity reso impossibile a qualsiasi aspirante ad un posto elettivo presentarsi agli elettori senza avere ricevuto da un'organizzazione di partito l'investitura di candidato regolare, le Macchine poterono usare Vassessmcnt nei riguardi dei candidati con un successo ancora piti sicuro che per i funzionari. Il pretesto delle spese elettorali da pagare era piìi plausibile nel caso dei candidati e da sempre questi avevano versato somme più o meno grandi alla cassa del partito; ma prima della guerra questi contributi erano abbastanza modesti, a volte addirittura minimi. Con lo sviluppo della Macchina, i contributi finanziari dei candidati diventarono rigorosamente obbligatori e furono portati a cifre esorbitanti, che superavano spesso il totale di ciò che l'ambito impiego poteva fruttare, almeno per vie lecite. Nelle grandi città, New York in testa, la prassi stabilì una sorta di tariffa per ogni categoria di impiego, a seconda della durata e dell'importanza del posto. Così, il posto di giudice, vale a dire la nomination per la candidatura, ammontava a 15.000 dollari; un seggio al Congresso era tassato 4.000
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dollari; per un mandato alla Legislatura di Stato erano richiesti 1.500 dollari, e una somma uguale per un posto di alderman (consigliere) nell'assemblea comunale, eccetera. L'impossibilità di avere accesso al servizio pubblico in altro modo fece sì che molti uomini stimati e capaci accettassero di pagare gli assessmcnK. Ma molti altri che ebbero il posto col favore del sistema degli assessments, mancavano di competenza e di onestà ed erano naturalmente portati a ricavare dal loro posto quanto piì^i potevano, durante la breve durata delle loro cariche elettive. La stessa magistratura superiore non venne risparmiata e vi furono giudici (fortunatamente il caso non era molto frequente) il cui unico titolo era il contributo che avevano versato alla Macchina. Così, il servizio pubblico, già tanto svilito dalla prassi della rotazione e della divisione delle spoglie, ricevette un nuovo colpo micidiale per mano del Caucus, con il sistema degli Msesmicnts-. le cariche pubbliche erano in realtà messe all'asta. L'Organizzazione appariva definitivamente sotto i tratti che andavano delineandosi già da tempo: da maneggio politico al servizio del partito, era scesa allo stato d'impresa industriale per lo sfruttamento dei posti; comprava voti elettorali, plasmava cjuesta materia grezza trasformandola in mandati elettivi e li rivendeva col suo marchio al miglior offerente.
Capitolo 3 L'EVOLUZIONE DEL SISTEMA I3ELLE CONVENZIONI (fine) 1. Il traffico dei posti non era che la prima fase dell'industrialismo di cui il Caucus avrebbe pervaso la vita pubblica americana. Fece seguito, poi, lo sfruttamento dell'influenza legata a ciuesti posti e, soprattutto, del potere che essi conferivano sul denaro pubblico. Il caso di funzionari prevaricatori che procuravano, attraverso una commissione, contratti per forniture, appalti di lavori pubblici, ecc., si ritrova anche prima della guerra, ma su scala relativamente modesta ed in modo per così dire sporadico. Dopo la guerra queste pratiche furono sviluppate al massimo grado e divennero sistema. Insediati in un'amministrazione pubblica o in un'assemblea elettiva, i prevaricatori si unirono in sindacati per condurvi i loro attacchi contro il patrimonio pubblico. Questi maneggi di politici razziatori divennero presto molto comuni sotto il nome di nngs. Le loro operazioni furono favorite in particolar modo dal meraviglioso sviluppo del paese e soprattutto delle città. L'estesa amministrazione delle
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città e i loro lavori di ogni sorta, eli giorno in giorno più numerosi e più importanti, moltiplicavano le occasioni ed i pretesti per spese e malversazioni. I Rings apparvero in primo luogo e con più forza nella città di New York, che per prima ha sviluppato la Macchina e ne ha prodotto il tipo più perfetto sotto la forma di Tammany Hall. 11 ruolo che questa Organizzazione vi ha svolto esprime così bene l'azione della Macchina nel governo comunale che è necessario fare conoscenza con 'Tammany Hall e soffermarsi anche un po' sulla sua storia. Le sue origini hanno, allo stesso tempo, della leggenda e della storia. Il nome gli viene dal capo leggendario di una tribù indiana, Tammany o Tammanend, grande guerriero, principe generoso, insigne saggio. Quando i coloni si scrollarono di dosso la dominazione inglese, la loro fantasia si rivolse al passato, a questo eroe nato dalle viscere della stessa terra che essi volevano strappare al despota d'oltremare e si posero sotto il patrocinio della memoria di Tammanend. Questi fu canonizzato immediatamente, senza processo, e l'esercito rivoluzionario adottò il culto di san Tammany, istituendo una festa patronale. Dall'esercito passò alla società civile. Il mito locale, che si affidava alla fantasia, si complicava con l'idea contusa dell'uomo della natura e della libertà, che ossessionò gli spiriti durante tutta la seconda metà del XVIII secolo. II ritorno alla natura, alla vita primitiva, esaltato dai filosofi e dai poeti dall'altra parte dell'oceano, trovava qui la sua espressione nelle feste di Tammany, dove uomini, donne e bambini, mascherati da aborigeni, conciati con piume e code di daino, danzavano intorno ad un palo, sormontato da un berretto frigio e decorato per tutta la sua lunghezza di tomahciivks ed altri accessòri indiani. Sull'esempio della prima società di Tammany, fondata a Filadelfia, nel 1772, ne furono create molte altre, a New York, a Baltimora e altrove, ma solo ciucila di New York sopravvisse. Fu fondata nel 1789. Al nome di Tammany fu associato quello dell'autore della scoperta dell'America e si chiamò The Tammany Society or Columbian Onler. Creata come società segreta, i cui membri erano ammessi e iniziati con particolari riti, la Tammany Society si diede una bizzarra organizzazione con una nomenclatura ijidiana che doveva mettere in rilievo il suo carattere eminentemente americano: era divisa in tredici tribù, in numero uguale a c]uello degli Stati che formarono l'Unione, denominate ognuna con il nome di un animale: tigre, volpe, lupo, acjuila, eccetera. 11 comitato direttivo della società si componeva di tredici uichems (capi), fra cui un grande sachern o « nonno »; uno scagamore aveva la carica di maestro di cerimonie e un wiskinskie assolveva le più modeste funzioni di por-
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linaio. I membri si chiamavano « bravi », il locale dove si riunivano |)ortava il nome di loigwam (capanna, in indiano). Durante i primi anni della sua esistenza, la società conservò il carattere di associazione puramente patriottica e Hlantro]^ica che aveva ostentato. Ma presto vi penetrò la politica. Le tendenze chiaramente democratiche della società la avvicinavano al partito dei jeffersoniani e la convinsero ad intervenire nella grande battaglia elettorale del 1800. A partire da t^nesta epoca, la Tammany ebbe una parte sempre piìi grande nelle lotte che caratterizzavano la vita pubblica di New York. Fu il centro degli elettori più umili, attirati dalle sue tendenze popolari e mantenuti uniti dal cemento sociale delle sue riunioni e dei suoi festini fraterni. Poiché New York viveva sotto il regime censuario (fino al f 8 2 f ) , questi elettori appartenevano non tanto agli strati più bassi del popolo, quanto alla piccola borghesia ed alla categoria degli artigiani, ed erano gli uomini della media borghesia a stimolarli. Perciò, per molto tempo, la società di Tammany conservò un carattere marcato di respeckihilily. A più riprese, i suoi portavoce pronunciavano, nelle occasioni solenni del suo anniversario, delle esortazioni contro le cattive abitudini ed i vizi che regnavano nel paese, come il gioco del biliardo, gli spettacoli, gli abiti stravaganti, la corsa sfrenata al denaro. Facevano cosi appello al cittadino, supplicandolo di coltivare l'indipendenza della mente, di farne il suo criterio nella scelta dei rappresentanti e di esercitare costantemente il suo libero giudizio. 13ue grandi fatti cambiarono completamente il carattere e le tendenze della Tammany. L'introduzione del suffragio universale, avvenuta nel 1821, creava una nuova atmosfera nella ciuale le aspirazioni democratiche ormai soddisfatte persero il loro profumo mistico e il soffio puritano della piccola borghesia operosa svanì. La Tammany fu invasa dal mob element, il popolaccio. ID'altra parte, il contributo elettorale che l'Organizzazione della Tammany portava al partito repubblicano-democratico fece ben presto apprezzare e ricompensare i suoi servigi con posti messi a disposizione dei suoi membri. Questi latifundia fecero decadere la Tammany moralmente, pur sviluppando e consacrando la sua potenza. Attirarono e favorirono la presenza degli elementi mercenari. Verso l'anno f835, l'avvio della Tammany su c]uesta strada era un fatto compiuto. L'instaurazione del sistema popolare delle convenzioni, con l'estensione del metodo elettivo alle cariche pubbliche, consegnò definitivamente alla Tammany il partito democratico al quale essa rivendicava di appartenere: i seguaci della Tammany invasero le riunioni primarie del partito (primaries) e le convenzioni e fecero le iiomìnations. Padrona del partito di cui era diventata l'Organizzazione regolare, la Tammany s'impadronì della città e della sua amministrazio-
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ne, perché la maggioranza della popolazione della città di New York era legata per tradizione al partito democratico. Presto trovò notevoli rinforzi nell'immigrazione europea. L'onda dell'immigrazione, che si spandeva su tutta l'Unione dall'ingresso di New York, lasciava in questa città, come un residuo, la parte piti miserabile e debole del carico umano deposto sulla riva americana. Questa categoria di immigrati, composta in maggioranza da Irlandesi, era la preda designata dei capi della Tammany in cerca di voti inconsapevoli o venali; si lasciavano reclutare con una docilità pecorona e, con il loro numero sempre crescente, formarono una rocca sulla quale poggiava ormai la potenza della Tammany. Al vertice vi era un piccolo comitato centrale che aveva poteri discrezionali su tutta l'Organizzazione. Guidati con disciplina militare, i contingenti popolari ad essa devoti vincevano regolarmente le nomìnatiom e le elezioni, se necessario con la forza e la violenza. Era un esercito di mamelucchi democratici che sostenevano con forme repubblicane un vero e proprio sistema di dispotismo esercitato da un pugno di uomini. I^er mantenere questo esercito, la Tammany disponeva non solo di numerosi posti nell'amministrazione comunale, ma di un vasto tesoro di guerra fornito dagli cmessments che aveva cominciato a prelevare molto presto. E essa, si può dire, che ha inaugurato il sistema, diffusosi poi in tutta l'Unione. Spremeva senza pietà tutti coloro che ottenevano o aspettavano un incarico dai suoi buoni uffici. I cittadini rispettabili, troppo immersi nelle loro occupazioni, lasciavano fare senza rendersi conto di ciò che accadeva, o chiudevano volutamente gli occhi sulle malefatte della Tammany per amore del partito che essa pretendeva di servire. Essa gli forniva delle maggioranze compatte alle elezioni di Stato ed alle elezioni presidenziali e i capi democratici, anche i pii;i illustri, la sopportavano c]uando non la coccolavano. La sua qualifica di Organizzazione regolare del partito la rendeva inattaccabile dal di dentro. I membri del partito democratico insorti contro la Tammany o semplicemente dissidenti non avevano altra risorsa che uno scisma o di passare al partito opposto. Lo tentarono. Nel corso degli ultimi settant'anni si verificò, in effetti, nelle file democratiche, più di una ribellione contro la Tammany, ma senza duraturo successo. Per la maggior parte queste rivolte e queste secessioni erano originate da discussioni di famiglia. Essendo la provvista di spogKe inevitabilmente inferiore agli appetiti, quelli che si credevano lesi si accorgevano che la Tammany era un'organizzazione corrotta e si appellavano all'indignazione dei buoni cittadini. A volte i repubblicani trovavano l'occasione buona per unirsi agli scontenti e infliggere una sconfitta alla Tammany, ma la stessa organizzazione repubblicana non pensava anch'essa che alle spoglie ed era disposta a vendersi alla Tammany
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per un piatto di lenticchie. Indifferente ai princìpi ed agli interes.si del partito sotto l'insegna del quale operava, la Tammany non cercava che le vaste risorse materiali della città per sottoporle ad un saccheggio periodico. Dispiegava una rapacità, un'audacia senza pari, e una disinvoltura che davano un sapore singolarmente piccante alla cerimonia d'iniziazione dei nuovi membri della società di Tammany, dove si cantava: Sacro è il suolo dove si trova la Libertà, lì dove la vii'tù imprime il suo nome. IL I Rìrigs razziatori si stabilirono a New York, sembra, verso il 1850, ma è nel decennio successivo, 1860-1870, che giunsero al loro apogeo, ed il più famoso di tutti divenne il Ring formato da un certo Tweed. Operaio fabbricante di sedie, pigro e maldestro. Tweed lasciò presto il suo mestiere ed ogni lavoro regolare per lanciarsi nella speculazione e nella politica di Caucus. Gioviale, pieno di bonarietà, alla mano ed esuberante, seppe crearsi numerose amicizie nella plebe della città e appoggi nell'Organizzazione di partito che gli permisero di ottenere parecchi posti elettivi sempre più importanti, dove ebbe occasione di intrallazzare. Ma le ambizioni o piuttosto gli appetiti di Tweed non erano modesti, figli incontrò nell'arena comunale di New York alti personaggi oscuri come lui e altrettanto bramosi, così si unirono spontaneamente con in comune il progetto di fare man bassa sulla città. Ma come avere presa su di essa? Non dovettero cercare la leva di Archimede, era là, nascosta nelle Organizzazioni di partito che distribuivano il potere. La più potente Organizzazione era Tammany Hall (così chiamata correntemente dal nome della casa che serviva di sede per la famosa società) ed i cospiratori si indirizzarono verso di essa. Con una serie di abili manovre vi si introdussero e ne divennero i padroni, e da quel momento la città di New York fu virtualmente ai loro piedi. Tweed e i suoi tre soci costituirono il Ring direttivo. Disponendo attraverso la Tammany di nominations agli impieghi, riempirono tutta l'amministrazione comunale di loro creature, innalzarono alla magistratura uomini indegni che vendevano la giustizia « come droghieri», ma che servivano fedelmente il Ring sottraendo ai rigori della legge i suoi protetti colpevoli, o accordandogli altri favori. 1 membri del Rmg tennero per sé i posti più importanti e più influenti dell'amministrazione comunale. Grandi lavori pubblici servirono da pretesto per dare, a spese dei contribuenti, un'occupazione reale o fittizia ad una massa di gente che, in cambio, eseguiva gli ordini politici del Ring, conquistava la cittadella del partito, le primaries, e comandava gli elettori. Per aumentare il numero degli elettori ad esso devoti, il Ring favorì le naturalizzazioni in massa di stranieri.
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violando la legge. Inoltre, organizzò, su scala ugualmente molto ampia, una registrazione fraudolenta di elettori, facendo dichiarare sulle liste nomi fittizi, sotto i c]uali in seguito si votava. Allo scrutinio, gli ispettori del voto designati dal Ring falsificavano il risultato. Il governatore era il candidato del Ring. Anche la Legislatura gli era favorevole. Tweed vi aveva lui stesso un seggio, si fece eleggere senatore e riuscì anche ad arrivare alla presidenza del più importante comitato senatoriale. Coperti da tutte le parti. Tweed ed i suoi soci saccheggiarono tranquillamente l'erario della città. Ad esempio, facevano comprare da amici dei terreni che la città espropriava a prezzi inverosimili; o inventavano crediti che la città pagava senza aprir bocca; o ancora, e molto spesso, costringevano gli imprenditori ed i fornitori della città a maggiorare i conti ed a versare loro quasi tutta la differenza tra il prezzo reale e quello fittizio. Questi prezzi erano incredibilmente esorbitanti, la costruzione e l'arredamento del palazzo di giustizia ne sono rimasti un monumento perenne: secondo il preventivo, questo edificio doveva costare 250.000 dollari, ma costò da otto a tredici milioni, senza essere terminato; ogni sedia costò 407 dollari ed il resto in proporzione. Il Ring prosegui con le sue operazioni per qualche anno, libero da qualsiasi controllo: la stampa comprata taceva ed il corpo elettorale era a rimorchio della Tammany, che seguiva per lealismo di partito o per interesse personale. Il denaro distolto dai capi del Ring si diffondeva in un fiume d'oro, come già sappiamo, tra un enorme numero di elettori, sotto varie forme, sicché questi non facevano che beneficiare di questo regime di brigantaggio. Tasse non ne pagavano, erano i ricchi che le pagavano, perciò se venivano salassati, cosa c'era di male? Il numero degli elettori interessati in un modo o in un altro alla prosperità della Tammany e del suo Ring non era inferiore alla metà del corpo elettorale di New York. Per puro caso, alcuni conti fraudolenti arrivarono ad un giornale e scoppiò lo scandalo. I membri del Ring, tradendosi l'un l'altro per salvare la pelle, facilitarono l'inchiesta aperta sui loro misfatti; ma furono necessari notevoli sforzi per cacciarli via. Finalmente, il Ring fu battuto alle elezioni comunali e i suoi membri principali e gli accoliti furono portati in giudizio o costretti a fuggire o ad andare in pensione. Le operazioni del Ring costarono ai contribuenti 160 milioni di dollari a dir poco: il debito consolidato della città aumentò di pii^i di cento milioni e le spese annuali raddoppiarono. Ma la lezione non servì alla città di New York; in capo a poco tempo, quando l'attenzione dei sostenitori dell'onestà nell'amministrazione si allentò, la Tammany si riprese e nel 1874 era già di nuovo padrona del comune. Per un po' la Tammany fu più rigorosa nel-
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la scelta dei suoi candidati, unicamente per sopire la vigilanza degli elettori facendo credere di essersi pentita. Ma usò c|uesta tattica solo nei confronti degli impieghi piìi in vista, che costituivano la testa di lista. Il resto del ticket (la lista dei candidati), senza escludere i membri del consiglio comunale, era pieno come prima di uomini corrotti o volgari, l^ertezionando continuamente la sua Macchina, Tammany Hall abbracciava sempre pii^i strettamente nella sua organizzazione gli strati più bassi della popolazione ed in particolare le « classi pericolose », gli uomini che rasentano la classe criminale quando non ne fanno parte. 1 bettolieri e i tenutari di case di malaffare, irreggimentati, volenti o nolenti, nell'organizzazione di l'ammany Hall, gli servivano da sergenti addetti al reclutamento tra l'immenso proletariato e gli avanzi di galera che pullulavano a New York. Tuttavia, a capo del comune, Tammany Hall tollerava sempre persone più o meno onorevoli, che servivano di facciata. In scala più o meno grande, il saccheggio continuava. Soltanto, forti dell'esperienza di l'weed, i suoi successori cambiarono metodo; si guardarono bene dal gonfiare le tasse, diedero anzi ai contribuenti l'illusione di economie e di sgravi, ma svilupparono in compenso tutto un sistema per ricattare i privati ed estorcere fondi. Lo strumento principale di questa razzìa fu la polizia, che sottomise ad un canone regolare, secondo una tariffa fissa, tutti i cabaret, le case di malaffare, le bische; estorse denaro, con pretesti infondati o senza pretesto, a piccoli commercianti, ai quali poteva procurare fastidi. Altre attività assolutamente lecite erano ugualmente sottoposte a tributo, compagnie di battelli a vapore, società di assicurazioni, banche, ecc., pagavano una tangente in cambio della «protezione» concessa. Gli ufficiali di polizia ed anche i semplici agenti dovevano comprare il loro posto. « Di fatto, l'amministrazione della città diventò un grande mercato dove gli impiegati avrebbero potuto benissimo mettersi con dei tavolini a vendere apertamente le loro mercanzie. » La scoperta di cjuesti scandali, grazie a coraggiose iniziative private, provocò, nel 1894, una rivolta simile a quella che c'era stata contro Tweed e la sua banda. Avendo i cittadini indipendenti e i democratici indignati o gelosi della Tammany fatto causa comune con i repubblicani, la coalizione sconfisse Tammany Hall e procedette ad una pulizia nell'amministrazione, sia in senso tigurato che in quello vero e proprio del termine: riformò la polizia e fece spazzare le strade, che erano tenute, sotto il regime della Tammany, per economia, in uno stato di grande sporcizia. Alle successive elezioni, la Tammany ritornò al potere. Nel f901 una formidabile insurrezione guidata dagli indipendenti riuscì a sconfiggerla e ad instaurare una municipalità onesta e riformatrice con alla testa Seth l^ow. Ma questa amministrazione era evidentemente troppo buona per New
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York; in capo a tre anni la Tammany riconquistò il potere. Alle ultime elezioni del 1909, riuscì a far eleggere il suo candidato al posto di sindaco, ma tutti gli altri suoi candidati furono sconfitti. Il sindaco che fece nominare, Gaynor, ruppe risolutamente con tutte le tradizioni della Tammany e l'atmosfera corrotta dell'amministrazione comunale di New York fu risanata. III. Questo quadro, molto sommario, della storia di Tammany Hall e dell'amministrazione comunale di New York, che gli è strettamente legata, offre certamente uno spettacolo unico, i cui principali tratti, però, si ritrovano nella storia della maggior parte delle grandi città dell'Unione; la Tammany li ha soltanto manifestati in maniera molto piìi evidente. Del resto, alcune di queste città non subirono affatto una spartizione migliore di quella di New York e seguirono un percorso analogo e parallelo a cjuello di Tammany Hall. Cosi, quasi nello stesso momento in cui, fra l'indignazione generale, si rovesciava a New York il Ring di Tweed, nel secondo comune della Repubblica, a Filadelfia, s'installava un Rmg che avrebbe dominato la città per molti anni. Fu il Gas Ring, che è rimasto il più famoso, dopo c]uello di Tammany, negli annali della vita comunale americana. Alcuni individui ambiziosi o avidi riuscirono ad ottenere dei posti nell'amministrazione del gas, che dipendeva dal comune. Avendo ai loro ordini un gran numero di impiegati e di operai (fino a duemila), questi personaggi decisero di trasformarli in agenti politici. Metodicamente distribuiti in tutti i quartieri della città, gli impiegati dell'amministrazione del gas affollarono le primarie e, grazie al loro numero ed alla loro disciplina, aumentarono i voti a favore dei delegati che i loro principali gli indicavano in anticipo. Un uomo che non dava garanzie al Ring non poteva essere eletto né alle assemblee comunali e neanche alla Legislatura di Stato ed al Congresso; questo perché il Ring, seguendo l'esempio del suo prototipo di New York, ebbe cura di allearsi al partito politico dominante, che a Filadelfia era il partito repubblicano. In definitiva il Ring arrivò a occupare con persone sue tutta l'amministrazione comunale, la maggioranza dei consigli comunali ecì a piazzare il suo presidio nella Legislatura di Stato. Insediatosi, il Gas Ring sfruttò il patrimonio pubblico della città non meno metodicamente, ma con maggior prudenza e decenza del 'Tammany Ring-, i dirigenti del Gas Ring non rubavano così imprudentemente come Tweed & C. Ma la città di Filadelfia non si trovò certo meglio; il suo debito aumentava di tre milioni all'anno, senza che un miglioramento importante fosse introdotto nell'attrezzatura comunale; le imposte divennero sempre più pesanti; «l'incapacità, lo spreco, le strade sporche e mal pavimentate, l'acqua insa-
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lubre e nauseabonda ed una gestione negligente e costosa sono state, per anni, la regola nel governo della città ». Il Ring costruiva le maggioranze mediante frodi nei voti e nello spoglio delle schede; comprava voti all'ingrosso e al dettaglio, costringendo tutti coloro che erano stipendiati dal comune a fornire i fondi per la corruzione; gli stessi agenti di polizia non ne erano esenti. Al pari del Ring di Tammany, chiuse la bocca alla stampa con sussidi regolari, di modo che non vi fu un solo giornale a sostenere la causa dell'onestà. Ci vollero dieci anni di lotta per rovesciare il Ring. Ma, come a New York, il trionfo dei buoni cittadini non ebbe lunga durata. La città ricadde sotto la dominazione della Macchina, i cui capi la sfruttarono pii^i o meno commercialmente. Gli abusi diventarono meno palesi, ma lo sperpero non diminuì nella gestione comunale di Filadelfia. Tra le altre grandi città, molte, in particolare Washington, New Orleans, San l^rancisco. Cincinnati, Chicago, non ebbero quasi niente da invidiare a Filadelfia o a New York. Altrove i disordini comunali si verificavano su scala minore, ma in condizioni quasi analoghe, vale a dire che dappertutto l'importanza delle risorse comunali stuzzicava gli appetiti e ovunc|ue una vasta poiiolazione priva di coesione naturale e di coscienza pubblica, ma ricca di elementi fluttuanti e venali e schiava del pregiudizio della regi ila ri t y , si lasciava facilmente prendere a rimorchio dalla Macchina di partito. Questa consegnava il patrimonio comunale ai piti intraprendenti. Q)uasi tutte le città la cui popolazione superava i 100.000 abitanti, o anche le meno importanti, ebbero i loro Ring, fn c]uesti ultimi anni, molte grandi città come Saint Louis, Minneapolis, San Francisco hanno scritto pagine veramente ignominiose nella storia della corruzione comunale, condotta sotto la bandiera dei partiti politici. 1 metodi sono stati più o meno gli stessi, non vi è davvero di nuovo che il termine in gergo politico attribuito a c|uesta specie di corruzione ed ai suoi artefici: gra/t, grafters (corruzione, concussionari). Quando gli scandali arrivavano al culmine o il lardello esorbitante delle tasse diventava intollerabile, i buoni cittadini, strappati alla loro indifferenza, insorgevano, suonavano l'adunata e marciavano all'assalto del nemico della cosa pubblica trincerato dietro la Macchina del partito al potere. Si univano a c]uesto scopo con il partito rivale, strappavano dei cittadini onesti al partito dominante e riuscivano spesso a rovesciare il Ring. Ma ciueste rivolte, anclie le più fortunate, le più vittoriose da tutti i punti di vista, non erano che incidenti che interrompevano soltanto il potere costituito della Macchina. Appena liberati dal suo giogo, le città americane molto spesso vi ricadevano, per la semplice ragione che i dati di fondo della situazione restavano gli stessi. Quando la collera, accesa dagli scandali improvvisamente rivelati, si calmava e quando la vigilanza
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dei buoni cittadini aveva avuto il tempo di allentarsi, le forze permanenti sulle quali poggiava la Macchina, per un momento tenute in sospeso, si affermavano di nuovo. IV. Lo sfruttamento diretto del patrimonio comunale, secondo i metodi brutali diffusi da Tweed, fu molto presto integrato e poi sempre più rimpiazzato dallo sfruttamento indiretto. Quest'ultimo sistema fu particolarmente favorito dalla comparsa di società industriali anonime, di corponitìom, che dopo la guerra avevano avuto uno sviluppo straordinario. Grazie ad una concentrazione di capitali senza precedenti, un numero relativamente ristretto di società capitaliste s'impadronì della maggior parte delle funzioni economiche del paese. Di giorno in giorno più invadenti, le compagnie conquistarono il continente americano tanto più facilmente in quanto la libertà industriale era qui consacrata dalle nozioni e dalle tradizioni della libertà individuale e dal non-intervento dello Stato elevati a dogmi. Pur rendendo enormi servizi alla società, pur incrementando la sua vita economica con una forza ed una rapidità crescenti, le corpomtìom manifestavano brame insaziabili ed una tendenza, in certo qual modo naturale, ad aprirsi un passaggio calpestando gli interessi che incontravano sulla loro strada. Cercavano di creare monopoli schiacciando la concorrenza per fas et nefas. Piene di soldi, le compagnie li sparsero a piene mani per comprare gli aiuti e le connivenze di'cui avevano bisogno. Le loro operazioni corruttrici furono indirizzate in primo luogo verso l'amministrazione comunale, allo scopo di ottenere concessioni aventi per oggetto il diritto di gestire delle imprese di interesse pubblico utilizzando le strade pubbliche o i terreni della città: tram, ferrovia urbana, grandi linee ferroviarie in transito, lavori del gas, dell'elettricità, dell'acqua, eccetera. Le compagnie facevano in modo, molto spesso, di ottenere tali concessioni o franchigie a titolo gratuito o ad un canone irrisorio: compravano i membri dei Consigli comunali, che generalmente erano pieni, grazie alle cure del Caucus, di politici di bassa lega. Il traffico delle franchigie divenne molto comune nelle grandi città e creò una specie particolare di consiglieri comunali divenuta tristemente popolare con il nome di booclle aldermen. Questi pirati comunali, organizzati in rings o cornbines, facevano soldi senza toglierli di tasca direttamente ai contribuenti, ma le perdite non erano per questo meno grandi; poiché se le compagnie avessero pagato alle città il giusto prezzo delle franchigie, non ci sarebbe stato bisogno, come è stato stimato per New York, ad esempio, di istituire tasse comunali per coprire le spese della città. Le corporatiom ottenevano mille altri favori che consolidavano il loro monopolio, a scapito del pubblico. Pur comprando direttamente
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i boodle aldermen, !e compagnie decisero di adottare anche un altro procedimento cercando di comporre preventivamente i Consigli a loro immagine. Intervenivano con denaro e uomini nelle primarie e nelle convenzioni per farvi designare i candidati compiacenti o costruivano addirittura in tutti i suoi pezzi, per proprio uso, la Macchina di partito, secondo il metodo seguito, ad esempio, dal Gas Ring di Filadelfia; o, ancora, sovvenzionavano la Macchina esistente che, in cambio, le faceva beneficiare della sua influenza presso i suoi eletti. I rapporti di cjuesto tipo tra le Organizzazioni di partito e le corporation^ non si limitarono all'amministrazione comunale, si svilupparono ancor di più negli ambiti più vasti degli Stati e dell'Unione, dove le grandi compagnie fecero molti progressi. Con interessi che si estendevano su tutta l'area economica del paese e con un'avidità di lucro illimitata, avevano anche bisogno del favore della Legislatura e del Congresso. Tuttavia, comprare singolarmente i loro membri, come si compravano dei semplici aldermen, non era così facile, sia per il grande numero dei legislatori, che avrebbe reso l'operazione troppo costosa, sia per il loro carattere e rango più elevato, che rendeva più rischiose le imprese dirette contro la loro coscienza. Le Organizzazioni di partito fornirono molto spesso il metodo di averne ragione con meno spesa e più sicurezza; alleandosi con esse, a prezzo di forti contributi ai loro fondi, o anche pagando l'intera spesa della campagna elettorale, le corporation^ avevano presa sui deputati. « A v e v o lìisogno» dichiarò ad una commissione d'inchiesta legislativa Jay Gould, il famoso speculatore, chiamato a testimoniare, « avevo bisogno delle Legislature di quattro Stati e, per esserne padrone, ho fatto le Legislature con il mio denaro; lo ritenni più economico». Tutto ciò non escludeva la corruzione diretta dei deputati; abbastanza rara al Congresso, era molto più lrec|uente nelle Legislature di Stato; ma anche in cjueste assemblee, una gran parte o la maggior parte dei membri non erano in vendita e se si mostravano troppo compiacenti nei confronti delle corporation^, era più spesso perché la loro dipendenza dalle Organizzazioni di partito e dai loro potenti commendatari ve li obbligava. Un membro della Legislatura di New York ha pateticamente spiegato questa situazione, dicendo ad un giornalista: « Voglio essere onesto, e sono onesto, ma sono schiavo dell'Organizzazione, e se mi riliuto è la mia rovina politica ». I^er un aspetto o per un altro le Organizzazioni di partito costituivano la base operativa di tutti i grandi interessi privati nei loro tentativi di utilizzare la potenza dello Stato ai loro fini egoistici. Le compagnie ferroviarie diedero il via all'assalto condotto dal monopolio contro l'interesse generale. La costruzione dell'immensa rete
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ferroviaria, la sua amministrazione finanziaria ed il suo sfruttamento furono caratterizzati da abusi flagranti, commessi, con l'aiuto o la tolleranza dello Stato, a profitto di piccoli Ring di finanzieri e di speculatori che si imponevano con i loro generosi contributi ai fondi delle Organizzazioni di partito. Quando fu chiaro che era assolutamente necessario sottomettere le ferrovie al controllo ed alla regolamentazione dello Stato, le compagnie ingaggiarono una lotta accanita per sfuggirvi. Per molto tempo impedirono allo Stato di far ciò, sia mediante la corruzione diretta del lobby \ sia con l'intermediazione dell'Organizzazione di partito. Stringevano alleanza con le Macchine e i Rings più corrotti. Istituivano e mantenevano, a loro uso, Organizzazioni politiche che essi stessi guidavano in tutte le elezioni presidenziali, cercavano di determinare, a modo loro, le elezioni dei governatori, dei principali funzionari, dei giudici, dei membri delle Legislature, ed anche la composizione delle commissioni nelle assemblee. Nello stesso Congresso le ferrovie esercitavano un'influenza decisiva, molti dei loro magnati sedevano di persona al Senato. Ad un certo punto le compagnie ferroviarie sembrarono costituire un'autentica minaccia per la Repubblica e la libertà. Negli Stati dell'Ovest, che erano particolarmente esasperati per gli abusi delle ferrovie, si riuscì a più riprese a battere le coalizioni delle ferrovie con le Organizzazioni di partito e a far emanare leggi restrittive del potere delle compagnie, ma queste coalizioni si presero di i r e t p e n t e la rivincita. La maggior parte delle leggi emanate, spesso esagerate e poco pratiche, furono abrogate o bloccate nella loro applicazione dalle connivenze che le ferrovie avevano nelle Legislature, nelle amministrazioni e persino nei tribunali. Agli attacchi legittimi provocati dal potere monopolistico e corruttore delle ferrovie, se ne aggiunsero altri che non lo erano; l'impopolarità delle compagnie di fronte all'opinione pubblica ne fece un bersaglio per legislatori venali che presentavano bills contrari a ciuesta o a quella compagnia, col solo scopo di ottenere un riscatto in cambio della loro rinuncia. Contro c^uesti ricattatori (soprannominati Urikers) le compagnie usarono gli stessi mezzi che adoperavano per comprare le leggi di cui avevano bisogno: la corruzione del lobby e dell'influenza delle Organizzazioni di partito, alle eguali versavano regolarmente contributi, come una specie di premio assicurativo, for protectiori. Ben presto presero l'abitudine di tassarsi a favore di ambedue i partiti nello stesso Stato o nella stessa città - entrambe le Organizzazioni ne erano a conoscenza - proprio come c]uando ci si ' Loblyy ( c o r r i d o i o ) è il n o m e a t t r i b u i t o ai m e d i a t o r i nelia i c g i s l a z i o n e , m o l t o c o m u n i n e l l e as.scmblee l e g i s l a t i v e a m e r i c a n e d o v e e.sercitano il l o r o p o t e r e di .suborn a z i o n e , sia con ii d e n a r o c h e con altri m e z z i , p e r g u a d a g n a r e v o t i a f a v o r e o c o n t r o i bilh c h e i n t e r e s s a n o i loro p a d r o n i .
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assicura con piìi società di assicurazioni contro l'incendio o altri incidenti. Rapporti del tutto analoghi si instaurarono tra le Organizzazioni di partito e le varie industrie monopolistiche che tecero seguito alle ferrovie nell'evoluzione economica americana, e di cui le più importanti ottennero un'ampia notorietà sotto il nome di trmts con la Standard Oli Company (trust del petrolio) in testa. Dovevano tutte, più o meno, la loro esistenza e il loro libero sviluppo alla negligenza o all'intervento abusivo dei poteri pubblici; in ogni caso avevano interesse a non essere infastidite gratuitamente e pagavano volentieri la loro « protezione ». 1 dirigenti del trust dello zucchero, il primo in orcfine d'importanza dopo quello del petrolio, l'avevano ammesso davanti alla commissione d'inchiesta del Senato degli Stati Uniti, presentando questi metodi come naturali ed anche corretti. « Noi otteniamo una sufficiente protezione locale in cambio delle nostre sottoscrizioni». « V o i pensate che sia jaroprio corretto?»... « l o penso», rispose il dirigente del trust «che, dato il modo in cui sono attualmente diretti i partiti, sia del tutto corretto. » Mentre alcune imprese industriali, di portata più o meno locale, compravano al dettaglio la «protezione» dalle organizzazioni politiche locali, altre imprese, i cui interessi e le cui brame non potevano ottenere soddisfazione che con il favore del legislatore a Washington, si alleavano con uno dei due partiti nazionali che si disputavano l'esercizio del potere supremo. Al primo posto nel secondo gruppo di interesse si trovavano le industrie manifatturiere, sempre in cerca di tariffe doganali «protezionistiche». Tali tariffe, molto elevate durante la guerra civile per far fronte alle spese straordinarie, non dovevano avere che durata provvisoria. Ma i manifatturieri, desiderosi di conservarle, cercarono di mantenere al potere il partito repubblicano sotto i cui auspici era stata emanata la tariffa protezionistica. All'Organizzazione repubblicana fornivano « grasso », denaro, per le sue campagne elettorali, ed in cambio ottenevano per i loro prodotti tariffe protezionistiche sempre più elevate. Il bilancio poteva pur chiudersi tutti gli anni con un surplus molto elevato di entrate, ma le tariffe restavano. L'avvento di un democratico alla presidenza, nella persona di Cleveland, e l'atteggiamento termo da lui assunto contro il protezionismo esagerato non ebbero altro effetto che di stringere i legami dell'Organizzazione repubblicana con i manifatturieri e di spingerli a sforzi eccezionali. Su iniziativa del proprietario di un grande tnagazzino di moda, Wanamaker, si raccolsero per la successiva campagna presidenziale, del 1888, somme considerevoli e, a forza di corruzione, i repubblicani furono riportati al potere. Wanamaker ricevette per premio della sua intermediazione un posto ministeriale ed
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ai manifatturieri si concesse una nuova tarii'fa ancora più proibitiva delle precedenti, la tariffa divenuta famosa con il nome di McKinley t a r i f f . Le difficoltà economiche sollevate dall'esorbitanza di tale tariffa contribuirono alla rielezione di Cleveland, ma i manifatturieri si rimisero al lavoro e, con manovre sotterranee condotte in tutto il paese, indussero l'Organizzazione repubblicana ad adottare come candidato alla presidenza, per il mandato seguente, McKinley in persona. Questi ebbe la fortuna di vedere il partito avversario sposare il programma insensato del libero conio del denaro, che imponeva come tallone monetario il metallo bianco deprezzato, al tasso del suo antico rapporto con l'oro. Molti democratici, più legati al loro paese che al loro partito, se ne allontanarono e, per evitare al paese una catastrofe finanziaria, non esitarono a votare per il candidato repubblicano McKinley. Grazie al contributo di voti dei « Democratici d'oro», McKinley fu eletto. Ma, una volta alla Casa Bianca, non si ricordò che dell'aiuto dei manifatturieri e convocò in tutta fretta il Congresso in sessione straordinaria per far « rivedere la tariffa dai suoi a m i c i » e offrire ai manifatturieri una nuova tariffa apertamente protezionistica (Dingley t a r ì f j ) . L'impresa degli argenthtì condotta sotto la ragione sociale dell'Organizzazione regolare democratica, era a sua volta, in gran parte, una speculazione di grossi interessi industriali che cercavano di sfruttare a loro profitto la potenza dello Stato. La produzione crescente dell'argento, dovuta alla scoperta di nuove miniere nel Far West, abbassava continuamente il prezzo di cjuesto metallo, al punto che il rapporto tra l'argento e l'oro, che era di 16 a 1 e determinava il tallone monetario, cadeva nel commercio fino a 31 a 1. 1 produttori d'argento vollero beneficiare della differenza tra il rapporto legale e quello commerciale e chiesero il libero conio, naturalmente con la controfirma dello Stato, che avrebbe comunicato un corso forzato alla loro mercanzia. Cercando di impadronirsi, a tale scopo, dei potere, adottarono come arma da combattimento l'Organizzazione del partito democratico. Questa si lasciò vincere dai ricchi proprietari delle miniere e consegnò ai sostenitori del metallo bianco i voti della gran massa di aderenti regolari del partito. L'impresa fallì, ma non fu colpa dell'Organizzazione democratica. Come i grandi maneggi industriali o speculativi che ho appena glassato in rassegna, tutti gli altri interessi privati che avevano c|ua!cosa da sperare o da temere dallo Stato, che potevano essere colpiti dalla legislazione, pagavano il tributo alle Organizzazioni di partito, comprando in contanti il loro favore ed il loro patrocinio; e quando si tardava a sollecitarli, l'Organizzazione l'imponeva per riceverne il prezzo. Era l'applicazione letterale dei metodi di Tammany LIall ad un ambito piìi vasto. Lo sfruttamento materiale del monopolio
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elettorale, di cui l'Organizzazione di partito si era impadronita, raggiunse il suo culmine: da mediazione di posti diventò traffico di influenza politica; accanto ai mandati elettivi, l'Organizzazione vendeva il potere che essi comportavano, cominciando dalle concessioni di contratti, dagli appalti di forniture e di lavori pubblici, e finendo con la vendita della I.^egislatura o della «protezione» all'ingrosso e al dettaglio. V. l\DÌché tale commercio si era sviluppato e l'uso delle masse elettorali su cui taceva affidamento si era complicato con l'autnento e la differenziazione degli elettori, era necessaria una direzione forte. Questa doveva essere obbedita tanto piìi ciecamente in quanto mancava di base morale. l\'r evoluzione naturale, dopo la guerra civile, si incarnò nella persona dei capimacchina autocrati, che esercitavano il potere pubblico alla guisa dei « tiranni » delle città greche, fn America ebbero il nome di boss, divenuto popolare cjuanto ciucilo di ccmcus e di macchina. Questo nome di origine olandese, che vuol dire padrone, capo, lu a lungo in uso nel linguaggio corrente come appellativo rispettoso, ec[uivalente alla parola borghese adoperata con lo stesso significato dalla gente modesta. Ma dopo la guerra divenne un termine politico attribuito per sclierzo ai capi politici che, a dispetto delle apparenze democratiche, comandavano da padroni ed esercitavano un potere usurpato, fi hossisrno caratterizzò l'ultima hise dell'evoluzione della potenza extra-costituzionale, introdotta dal regime dei partiti americani. Negli Stati dove la Macchina non aveva avuto un grande sviluppo, il bossismo trovò evidentemente un terreno meno favorevole, ma la tendenza verso ciuesto regime si manifestò c]uasi dappertutto, comparendo qui con tratti molto accentuati, presentando là contorni più slocati o sluggenti, secondo le circostanze locali e le condizioni del momento, abbastanza mutevoli nella vita locale dei partiti. f^e grandi città videro per prime il diffondersi di ciuesta razza di governanti, grazie al carattere eterogeneo delle loro [jopolazioni ed agli istinti cesariani della loro numerosa plebe, sempre incline a incarnare in un uomo i suoi sentimenti politici. y\nimata da t|ueste disposizioni, la popolazione delle grandi città prestò ai politici il suo ricco capitale di lealismo personale che, trasferito progressivamente, come una lettera di cambio, con girate successive, trovava una sistemazione definitiva in un capo supremo. Quest'uomo, d i e prendeva il comando perché si dimostrava il più energico e abile a manovrare coloro che, a loro volta, saf^evano manovrare le masse popolari, non doveva far altro che trasformare in voti ed in mandati pubblici la dedizione incanalata nel partito per consolidarvi il suo dominio. Egli aveva come compito quello di tar partecipare agli utili che rea-
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lizzava tutti gli intermediari che raccoglievano e gli trasmettevano la materia prima elettorale. Il compito non era troppo pesante quando gli impiegati e le altre fonti di lucro erano abbondanti. Tutte queste condizioni si trovarono riunite in primo luogo nella città della Tammany, a New York, ed è lì che comparirono i primi boss. Tweed, la cui figura ci è familiare, fu appunto un boss che, lasciando esteriormente intatte le forme di governo popolare, aveva accaparrato di fatto tutti i poteri pubblici e governava da padrone la città. Pare che a lui per primo fosse stato affibbiato il termine di boss. La sua brillante carriera fu prematuramente interrotta dalla sua incarcerazione, ma l'alto ufficio di boss non restò a lungo vacante a New York. Anche nelle altre grandi città si affermò il dominio dei boss, ma senza presentare la stessa continuità ed ampiezza di New York o di Filadelfia. Il boss comparve anche nella sfera politica degli Stati. Nacque per le stesse esigenze delle città: l'Organizzazione diffusa in tutto lo Stato richiedeva un capo, soprattutto in vista dei suoi rapporti con l'esecutivo federale che, in virtù del sistema delle spoglie, ripartiva gli impieghi tra i loorken degli Stati e non aveva il minimo bisogno di intermediari responsabili per operare tali distribuzioni. Come già sappiamo, questo ruolo fu assunto dai senatori che erano generalmente i boss di Stato. Giunti al loro grado di boss attraverso la selezione naturale, come i loro prototipi di città, esercitavano, grazie alla loro influenza sulla Macchina di Stato, un potere analogo che, in alcuni Stati, con New York, la Pensilvania ed il Maryland in testa, rasentava l'assolutismo puro e semplice. Distribuivano le nominatìom, vale a dire designavano i candidati per la Legislatura e per le altre alte cariche di Stato; percepivano gli cmesmients-, la Legislatura di Stato, che avevano composto con la loro Macchina, era ai loro ordini. Mantenendo la loro autorità, mediante gli impieghi federali, che il presidente gli concedeva proprio in ragione di quest'autorità, i boss di Stato provavano il bisogno di avere un piede a Washington. A tale scopo, erano particolarmente preziosi i seggi al Senato, che dividevano col presidente la prerogativa della nomination alle alte cariche. Così, i boss di Stato, uscendo dalle quinte dietro le quali rimanevano spesso i boss di città, si facevano generalmente .investire del mandato senatoriale; e con il doppio titolo di boss di Stato e di senatore, potevano parlar chiaro al presidente ed imporgli la loro volontà. Il ruolo di boss senatoriale, per quanto notevole, restò tuttavia limitato agli affari del patrocinio del suo Stato; non si estendeva affatto al governo in generale, alla politica nazionale. Il bossismo come movimento in questo senso fu appena abbozzato, ma restò senza se-
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guito. Durante la presidenza Grant, si era costituito al Senato una specie di sindacato di potenti boss, soprannominato il Senatorkil Group, che con la connivenza del presidente dettava la politica del governo nazionale. Però, dopo Grant il sindacato dei boss scomparve. I boss ripiegarono sugli affari locali degli Stati e delle città. Quasi dall'inizio stesso della loro carriera, erano subito sollecitati da preoccupazioni diverse da tiuelle politiche in senso originario, nel senso europeo del termine, fi sistema delle nomination^ regolari e degli aisessments che fruttavano denaro apiiva al boss prospettive commerciali che si allargarono molto con l'espansione delle imprese capitaliste. Queste, per assicurarsi la connivenza dell'autorità pubblica, decisero, come già sappiamo, di dirigere la corruzione, per maggiore economia ed efficacia, sulle Organizzazioni di partito che facevano e disfacevano le assemblee elettive. Ma per intendersi a questo scopo con le Organizzazioni e mantenere le delicate e ininterrotte relazioni che questo disegno esigeva, i capitalisti, le corporations, avevano bisogno di intermediari che presentassero allo stesso tempo le garanzie di discrezione richieste ad un mezzano e un'influenza incontestata, fi boss politico, padrone supremo della Macchina, che era appena nata dal sistema delle spoglie, si trovò là per assumersi quest'incarico ed i capitalisti si coalizzarono con lui. Egli riscuoteva ormai le sottoscrizioni per i fondi di partito e proctirava loro, a buon mercato, la « protezione », vale a dire faceva votare alle Legislature le leggi di cui e corporatiom avevano bisogno, o respingere tjuelle che gli arrecavano danno, fi lioss accentrò l'influenza politica e ne divenne il mediatore o il mercante all'ingrosso. Man mano che si altermava in questo ruolo, soffocava il lobby, come nel commercio e nell'industria i piccoli commercianti ed i piccoli industriali cedevano il passo ai grandi magazzini ed alla fabbrica o allo stabilimento. Vivendo per lo più sulle corporatiom, il bossismo fiorì in tutto il suo splendore negli Stati dove erano concentrati i grossi interessi capitalistici o dove vi era la maggior parte delle compagnie, come New York, New Jersey, I^ensilvania. Ma quasi ovunque, dove la Macchina aveva creato il boss, egli sfruttava anche la sua posizione politica come uomo d'affari, appariva con la sua doppia faccia, la faccia cesariana e la faccia del commerciante, mediatore nella legislazione e nell'amministrazione o, quanto meno, mercante di noniinations. VI. La comparsa del boss uomo d'altari consacrava il disfacimento morale dei partiti. Questi non vivevano più che di vita artificiale. Il partito democratico non era che un partito di resistenza opposto al partito repubblicano. Quest'ultimo, nato da un problema nazionale particolare, la lotta contro l'estensione della schiavitù.
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aveva già assolto il suo compito, ma non pensava che a perpetuarsi al potere, rimpiazzando gli scomparsi principi con una disciplina cieca, cercando di ravvivare il fuoco del conflitto con il Sud che già si spegneva, coalizzandosi con gli interessi privilegiati dei manifatturieri ed evitando di prendere chiaramente posizione su altri problemi. Ma c|uesti problemi si imponevano ai partiti contro la loro volontà e vi facevano irruzione seminando la discordia nelle loro file. Presto non vi fu una sola ciuestione sulla eguale i partiti fossero d'accordo nel loro stesso interno. I repubblicani dell'Est manifatturiero erano interessati alla tariffa protezionistica, quelli dell'Ovest agricolo non ci tenevano, mentre molti democratici nell'Est ed anche nel Sud per i loro interessi erano attratti dal protezionismo. Il desiderio che si impadronì di gruppi considerevoli della popolazione in tutta l'Unione, di ottenere cioè « denaro a buon mercato » mediante l'emissione illimitata di carta moneta, lu causa dello scisma nel partito democratico (movimento dei greenbackcrs); poi, quando c]uesto desiderio prese corpo nella richiesta del conio illimitato del metallo bianco, fece nuovi danni nel partito democratico e contemporaneamente divideva il partito repubblicano, travolgendo come un ciclone gli Stati repubblicani dell'Ovest, abitati da j'armcn indebitati e in cerca di panacee che gli permettessero di rimborsare con meno numerario possibile i loro creditori, i capitalisti dell'Est. Ma i partiti non si imbarazzavano per le divisioni d i e si verificavano al loro interho. Come ai tempi del conflitto sulla schiavitìi, «consentivano a non essere d'accordo» jjer non mandare in frantumi le Organizzazioni di partito. Ogni Legislatura del Congresso, a partire dalla 43" (18731874), faceva risaltare con nuova forza il disfacimento morale dei partiti; i voti di ambedue i partiti molto spesso si confondevano. Non vi era piti alcuna linea di demarcazione fissa tra i partiti e per riconoscerli bisognava, come è stato osservato, mettere etichette ai loro memfjri. I^artiti e membri cambiavano posizione nei riguardi delle cjuestioni del giorno, secondo le probabilità più o meno grandi di accattivarsi i suffragi popolari con questo o quell'atteggiamento. Verso la fine della prima presidenza Cleveland, sembrò possibile il riassetto dei partiti su un problema specifico. Dichiarando guerra al protezionismo con il suo famoso messaggio del 1887, alla vigilia clelIp elezioni generali, Cleveland costrinse i partiti a darsi battaglia su questo terreno. Il partito democratico perse le elezioni, ma sembrò aver recuperato la sua unità morale. Non la conservò a lungo, non più del suo rivale. Presto la situazione fu di nuovo ingarbugliata dalle preoccupazioni dell'agitazione argentista, che conquistava ambedue i partiti. In ogni occasione importante, i partiti a! Congresso si mostrarono divisi sul problema dell'argento. Nel paese l'agitazione
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argentista continuava a far danni di giorno in giorno più gravi e toccò, infine, il suo culmine all'epoca della crisi del f896. Il momento del grande scontro si avvicinava ed i capì di partito tergiversavano ancora. Infine, quando diventò evidente che i democratici passavano in massa nel campo argentista e che i grossi interessi commerciali nell'Est, sui c]uali generalmente si appoggiava il partito repubblicano, erano per l'oro, il candidato repubblicano McKinley, che in Congresso aveva dato il suo appoggio agli argentisti, sembrò il sostenitore inflessibile del tallone aureo. Il partito democratico, invaso dagli argentisti, si trovò spogliato dei suoi princìpi tradizionali, cionondimeno conservò la vecchia denominazione sociale, in virtù della c]uale una massa considerevole di suoi aderenti votarono per l'argento indipendentemente dalle loro convinzioni. Non si verificò affatto, su questo problema, una riclassificazione vera e propria, naturale, dei partiti. Neanche il nuovo e grave problema dc\Vimlìerialismo posto dalla guerra con la Spagna, e che divideva protondamente gli animi, riuscì a far prendere ai partiti delle posizioni nette, poiché la divisione degli animi si manifestava in ognuno di essi. Già prima, un conflitto molto più profondo iniziava a spuntare all'orizzonte, un conflitto sociale. Annunciandosi con mosse ripetute durante l'ultimo cjuarto del XIX secolo, illuminò di un chiarore sinistro il cielo politico americano, all'eijoca della campagna elettorale del 1896. Non era soltanto la lotta del tallone aureo contro il metallo bianco, era anche la prima grande rivolta contro il potere del denaro nella società e soprattutto nello Stato. Gli elementi radicali si schierarono sotto la bandiera del partito democratico, ma l'elemento conservatore del partito se ne distaccò subito. Battuta nel 1896 e nel 1900, l'Organizzazione democratica ritornò, alle elezioni del 1904, dalla parte dei conservatori, ma allora se ne andarono i radicali e le fecero subire una sconfitta ancora più cocente. L'elemento radicale prese nuovamente il sopravvento per tar scoppiare, una volta ancora, alle elezioni del f908, le divisioni e le diserzioni continue, alle ciuali il partito lacerato dalle contraddizioni era condannato. Non possedeva che un solo elemento stabile: il Solici South. Schiavo della sua passione negrofoba, il Sud restava, come in passato, prigioniero dell'Organizzazione democratica, fornendole i suoi contingenti, sia che inalberasse la bandiera conservatrice oppure quella radicale. Senza dargli la vittoria, il Solid South accentuò soltanto il carattere forzato di quel miscuglio denominato partito democratico. Il partito repubblicano vantava una maggiore unità e - sempre più infeudato agli interessi economici privati, agli uotnini ricchi sembrava avanzare la pretesa di essere un partito conservatore capace di impedire l'affermazione del radicalismo sovversivo che veniva
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politicamente a galla. Ma non gli fu permesso di conservare questo proprio carattere, seppur così poco invidiabile. L'attentato anarchico di cui fu vittima McKinley portò alla presidenza Roosevelt, che fece il possibile per sbarazzare il partito repubblicano della sua tara plutocratica. Avendo « rubato il tuono » ai radicali democratici, Roosevelt fece la guerra ai trust ed agli altri monopoli economici. Acclamato dal paese e passando al di sopra dei partiti, inserì il radicalismo nell'azione del governo, nella legislazione, lo riabilitò presso l'opinione pubblica timorata o indifferente e attaccò al suo carro, suo malgrado, l'Organizzazione repubblicana alimentata dai plutocrati. Le differenze tra i partiti sembravano svanire fino all'ultima traccia. Come Jefferson aveva detto un secolo prima: « Noi siamo tutti repubblicani, siamo tutti federalisti », si poteva ora dire: « Siamo tutti radicali », e, come allora, sembrò che si annunciasse un'era di buoni sentimenti. Il radicalismo e i goocl feelings, come contraddizioni sociali, erano piuttosto superficiali, ma con l'aiuto della crescente prosperità del paese penetrò nella vita politica di tutti i giorni un indifferentismo da tempo sconosciuto; le lotte dei partiti persero ogni intensità; la passione di partito, sempre in ebollizione dalla guerra civile, si raffreddò. Infatti, non restò in piedi che un solo partito, cjuello di Roosevelt, il partito repubblicano, ammesso che ambedue fossero sinonimi. L'opposizione democratica al Congresso era ridotta a niente, il sistema tradizionale di due partiti, in via di decadenza' da tanto tempo, non funzionava più. Il presidente Roosevelt, eletto nel 1904 con un gran numero di voti democratici, cercò ed ottenne per la « s u a politica» l'appoggio dei democratici così come dei repubblicani e urtò contro la resistenza dei reazionari dell'una e dell'altra denominazione. Le elezioni del 1908 tornirono l'ultima prova, se ancora ne serviva una, del disfacimento definitivo dei partiti. I loro programmi si assomigliavano, il loro atteggiamento nella campagna elettorale non differiva molto, la scelta da tare non era piti tra due politiche, ma tra due persone, due candidati rivali. Le adesioni che ottenevano si incrociavano al punto da produrre nel corpo elettorale delle classificazioni co.sì barocche come quelle di Taft Democmts. La partenza di Roosevelt, che copriva con la sua bandiera il partito repubblicano, rese visibile la disintegrazione che lo minava e che si accentuava di giorno in giorno. L'elemento radicale, gli « i n s o r t i » , o i «repubblicani progressisti» come si chiamarono loro stessi, si affermarono nettamente rispetto ai « regolari », e nel Congresso tesero freneticamente la mano ai radicali democratici. Nella realtà politica i due grandi partiti non corrispondevano pii^i a niente. Superstiti di un'altra epoca, dovevano inevitabilmente far posto - si diceva da tutte le parti - a nuovi raggruppamenti che
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si stavano formando inevitabilmente, sulla base delle divergenze economiche e sociali. Questo riassetto è atteso, è annunciato, ma tarda ad arrivare e probabilmente tarderà ancora. Incontra sulla sua strada il vecchio ostacolo, le Organizzazioni comandate dai politici. La vita ha disperso i partiti, non ha importanza; bisogna mantenere intatte le Organizzazioni. Roosevelt stesso che, senza accorgersene, ha tanto contribuito al disfacimento dei partiti in questi ultimi anni, ha fatto il possibile per conservare l'Organizzazione repubblicana. Grande giustiziere dei privilegi economici, si è ben guardato dall'attaccare proprio c]uella che è, a giusto titolo, considerata la fonte degli altri privilegi, la tariffa protezionistica: temeva di « spaccare il partito» (to split, the party) alleato ai manifatturieri. Così, dopo trent'anni, la situazione resta, pur sotto aspetti un po' diversi, la stessa: i partiti disaggregati, moralmente disfatti e che non riescono ad amalgamarsi secondo affinità naturali. Le vecchie Organizzazioni rimangono, ridotte allo stato di Macchine elettorali, per manovrare le elezioni, ripartire gli elettori in due squadre rivali e farle litigare come marionette. Incapaci di dare forza vitale, di cui erano prive loro stesse, al governo rappresentativo, continuano a minarlo, dando vita sempre, di fronte ad esso, al governo extra-costituzionale che conosciamo. I suoi effetti perniciosi si manilestano con meno forza ed ampiezza, grazie ai severi colpi inflitti al sistema delle spoglie ed agli altri abusi di questo regime, di cui si parlerà in seguito: ma rimangono. Per rendersene ben conto, sia per il presente che per il passato, s'impone uno studio dettagliato del meccanismo delle Organizzazioni e del loro funzionamento.
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Capitolo 1 L'ORGANIZZAZIONE LOCALE I. L'Organizzazione di partito americana comprende tre organi principali: l'assemblea primaria dei membri del partito, dalla cjuale derivano tutti i poteri dell'Organizzazione; il comitato del partito, che ha funzione di governo interno; le convenzioni dei delegati, che designano, a nome del partito, ì candidati alle cariche elettive. Le assemblee primarie dei membri del partito nella Nuova Inghilterra ed in certi Stati tleil'Ovest sono chiamate caucm e primaries, primary electìom nelle altre parti dell'Unione. Si riuniscono in ogni quartiere della città o distretto rurale, ad intervalli abbastanza ravvicinati, per scegliere direttamente i candidati del partito agli impieghi locali e, soprattutto, per designare i delegati alle diverse convenzioni del partito che, a loro volta, scelgono i candidati per le cariche pubbliche a tutti gli altri livelli della scala gerarchica. Di regola, le primarie si compongono di tutti gii aderenti al partito, ma è necessario che l'Organizzazione di partito riconosca questa cjualifica a chi la rivendica. In cjualche grande città esiste già una selezione preliminare; qui i fedeli del partito sono raggruppati in associazioni o club permanenti e tutti c]uelli che ne sono membri hanno il diritto di far sentire la loro voce alle primarie. Il diritto discrezionale di ammissione o di esclusione che queste associazioni o questi club possiedono, li ha resi troppo spesso dei corpi chiusi e ha permesso ad una piccola frazione del partito di arrogarsi il potere di parlare e di prendere decisioni in suo nome. Nella stragrande maggioranza dei casi, l'Organizzazione del partito comincia direttamente nelle primarie, alle quali vengono ammessi gli elettori che dichiarano sia di aver votato per i candidati del partito alle ultime elezio,ni, sia, in generale, di professare la fede del partito. Sono tenuti a giustificare queste dichiarazioni nel caso fossero messe in discussione (challenged) da un membro del partito. E compito della riunione o, più spesso, del comitato decidere della contestazione. Sia nel caso che l'ammissione alle primarie sia subordinata a restrizioni, sia in quello che sia relativamente agevole, in pratica l'enorme maggioranza degli elettori si astiene dal partecipare a queste
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assemblee. La proporzione degli elettori che partecipano alle primarie varia dall'1% al 10%. Gli altri sono troppo presi dagli affari, dalle preoccupazioni domestiche o dai divertimenti. Questo è vero soprattutto nelle città; nelle campagne la riunione della prìmmy è una piccola distrazione che attira la gente in mancanza di altri spettacoli. Un gran numero di astensionisti sono fortemente incoraggiati, se non giustificati, nel loro comportamento in ciuanto la primary è c]uasi invariabilmente nelle mani di una piccola consorteria di politici. I cittadini che non fanno parte della cricca sono ridotti all'impotenza. Mentre i politici che manipolano la primary formano un blocco compatto, cjuelli si sentono smarriti e isolati. Le condizioni di vita nelle grandi città, distruggendo il vicinato dal punto di vista morale ed anche materiale, rendono estranei l'uno all'altro i cittadini rispettabili. Le liste di candidati vengono decise In anticipo dietro le tiuinte da alcuni politici che formano tra loro un Ring, una cricca. Fissi fanno lo slate (la lavagna), come si dice nel gergo dei politici. E probabile che una volta si sia utilizzata una lavagna di scuola per scrivere i nomi dei candidati da proporre e da allora la parola ha acciuistato un senso generico. Certo, ogni cittadino isuò benissimo proporre un suo candidato, ma non troverà appoggio nella riunione; d'altronde, i delegati da nominare sono spesso talmente numerosi che un'intesa preliminare si rende assolutamente necessaria. La piazzaforte del Ring alla guida dell'organizzazione locale è il comitato locale di partito. Ogni circoscrizione politica, il villaggio o il quartiere di una città, o anche la sezione di quartiere, ha un suo comitato nominato annualmente alla primary del partito. Al di sopra di questo comitato di primo grado ci sono il comitato di quartiere nelle città, che si compone generalmente di membri dei comitati di sezione, e il comitato di contea, che è il comitato centrale per la contea con le sue città e villaggi, o il comitato metropolitano nelle grandi città che hanno un'organizzazione centrale indipendente. I membri del comitato di contea e del comitato metropolitano sono designati alla convenzione della contea dai comitati di tuarcLs (c]uartieri) e di towris (agglomerati rurali) o dai rispettivi delegati di queste unità territoriali. In qualche Stato (nel Missouri, ad esempio), i comitati di contea sono composti interamente e d'ufficio dai presidenti dei comitati di quartiere o di villaggio. Così, nel suo insieme, la parte permanente dell'Organizzazione - i comitati - sono lorgiati in uno stampo accentratore. Il comitato locale, che è ritenuto l'organo esecutivo, in l'ealtà manipola tutta l'Organizzazione. E il comitato che fa generalmente lo slate, che convoca la prrmary, die sceglie a suo piacimento la data e il luogo di riunione, che regola la procedura, che presiede l'assem-
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blea fino alla nomina dell'esecutivo. Molto spesso, è anch'esso che nomina gli « ispettori », gli assessori incaricati di ricevere e di contare i voti e che possono, a richiesta, falsificare il risultato dello scrutinio. Incaricato di tenere aggiornate le liste degli aderenti al partito, il comitato decide in anticipo sul loro diritto a partecipare alle primarie. In una parola, tutto il lavoro delle primarie è cut and drìccl a cura del comitato. Una volta arrivata al potere, la consorteria vi si perpetua facilmente; possedendo una specie di ipoteca su ogni futura il comitato si fa rinominare anno dopo anno. L'influenza del comitato di contea è ancora maggiore. Governa da padrone le organizzazioni locali ed esercita prerogative a volta tiranniche. Decide senza appello di tutte le contestazioni che sorgono nell'Organizzazione. Esercita i poteri disciplinari, può sospendere o anche destituire i dignitari delle associazioni o dei comitati locali. Anzi, può liquidare un'intera organizzazione locale quando vi incontra opposizione, o negarle la qualifica di organizzazione « regolare ». II. Allo scopo di condurre le primarie a modo loro, i politici hanno elaborato una tattica ben precisa. Per prima cosa si fa di tutto per allontanare i cittadini che non fanno parte della consorteria dominante. La data della riunione viene fissata in modo che gli sia impossibile partecipare, per esempio durante i mesi piìi caldi, quando la maggior parte dei cittadini rispettabili vanno in vacanza. L'ora ed il luogo'della riunione sono scelti con lo stesso criterio; viene tenuta in luogo lontano o in vicinanze sgradevoli, se non pericolose, dove un uomo onorevole non ci tiene a metter piede. Molto spesso, e forse il più delle volte, è in una bettola o poco lontano che la primary ha luogo, o in un'autorimessa, o nel retrobottega di un droghiere. Per affermare il proprio diritto a partecipare alla prìmary è talvolta necessario fare a pugni. Per allontanare l'opposizione, i politici ricorrono anche a frodi che, con una lunga pratica, sono divenute sistema, per non dire una scienza. L'avviso regolamentare che convoca le primarie è pubblicato troppo tardi o non è pubblicato affatto, di modo che solo gli iniziati sono preavvertiti in tempo. Per ottenere lo stesso effetto, si fissano le primarie in modo del tutto inatteso, prima della data abituale. E una prìmary « improvvisa » (snap prìmaìj). Oppure la riunione è divulgata in tempo ma il King ha, avuto cura di « fare la sala », di riempirla di gente fidata o a pagamento, raccolta nelle bettole o agli angoli delle strade, che con il loro numero soffocherebbero c]ualsiasi opposizione. E una packed prìmayj. Nelle grandi città, vi sono delle compagnie ambulanti di votanti che si spostano, a comando, da un quartiere all'altro. Spesso il boss del partito opposto pi-esta gratis i suoi per la serata. Se, dopo tutto, l'opposizione è ancora troppo numerosa, viene
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ridotta con una proceciura arbitraria dal presidente della riunione, assistito dalla consorteria del Ritig. Il dibattito è soffocato, le riominatiom sono affrettate e lo slate è adottato con una serie di movimenti precisi come ad una parata militare. Si può esigere lo scrutinio segreto, ma c]uesto non garantisce niente: vengono impiegate ogni sor'a di frodi nel voto e nel conto dei suffragi. Esiste il ricorso al comitato di contea o metropolitano, ma questo non dà quasi mai torto ai manipolatori delle primarie, poiché è composto di loro amici e alleati politici. Non è raro che gli scontenti si facciano giustizia da soli durante la prìma>y, iniziando battaglie in piena regola, dove a volte scorre il sangue. L'intervento della polizia che cerca, con piìi o meno imparzialità, di assicurare l'ordine materiale e fermare i tafferugli, è abbastanza frequente. In compenso, molte primarie si svolgono nella calma plìi assoluta, e questo avviene quando non c'è opposizione al Ring dominante nel distretto. L'opposizione, se c'è, viene raramente dai buoni cittadini. Generalmente l'attacco è guidato da una fazione rivale di politici che bramano i posti a cui si accede con le primarie. Quella delle due fazioni che riporterà la vittoria alla primaiy, tacendo nominare le sue liste di delegati alle convenzioni, avrà ogni probabilità di essere riconosciuta come l'organizzazione regolare alla t]uale vanno le ricompense. Così, la primary è un affare tra i detentori degli impieghi ed i cercatori di impieghi, gli ins e gli outs, per così dire; non riguarda la massa di cittadini. Questi sono coinvolti nella lotta in maniera passiva, dai membri di ambedue i Rings di politici, che smuovono mari e monti per portare più gente possibile a votare in loro favore. Quali che siano stati gli scandali che hanno permesso ad una delle due fazioni di vincere la primaìj, il risultato è generalmente accjuisito e l'opposizione non ha che una risorsa: tjuella di andarsene, lo bolt. Si separa dalla fazione cosiddetta regolare e minaccia di combattere i suoi candidati alle elezioni. A volte va piìi lontano e convoca una primaij composta da suoi aderenti, nomina tuia lista rivale di candidati e rivendica per essa e per loro l'ortodossia del partito, denunciando la frazione rivale come usurpatrice. Ma tutte queste manifestazioni mancano quasi sempre di effetto e spesso sono anche prive di sincerità. I delegati nominati alla primary dissidente si presenteranno alla convenzione, ma non verranno ammessi, verranno sempre convalidati i delegati regolari, anche se eletti dalla minoranza del partito. Ai dissidenti non resterà che inchinarsi, non arriveranno ad un vero e proprio bolt, poiché significherebbe tagliarsi i ponti dietro le spalle, escludersi a cuor leggero dalla santa comunione con il partito e dalle sue ricompense terrene. L'atteggiamento intransigente dei dissidenti non è spesso che una manovra
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per convincere la fazione vittoriosa a promettergli una parte del bottino. Avviene che le primarie si svolgano onestamente, senza frodi né stratagemmi, ma è piuttosto l'eccezione. In certe città, non vi sono state primarie oneste a memoria d'uomo. Nell'Est, le città di New York, Filadelfia e Baltimora detengono il record delle primarie fraudolente. L'Ovest non ha molto da invidiare all'Est, senza eccettuare gli Stati rudimentali della costa del Pacifico. Nei distretti rurali la situazione è molto migliore. Le primarie sono meglio frequentate. E piti difficile, se non impossibile, commettere la maggior parte delle frodi che caratterizzano tali riunioni nelle città: non si può votare piìi volte sotto falso nome, non vi si possono introdurre persone estranee alla località ed al partito, perché la gente si conosce bene. Tuttavia, le fazioni rivali non mancano di impiegare, allo scopo di monopolizzare le primarie, trucchi di una bucolica ingenuità. Per tenere la prìmaij senza l'opposizione, il presidente, che ha messo avanti le lancette del suo oro ogio, apre precipitosamente la seduta e sbriga l'ordine del giorno a tutta birra; quando gli altri arrivano, all'ora convenuta, la prìmary è appena finita; protestano, il presidente tira fuori l'orologio, i protestatari tanno altrettanto, si confrontano gli orologi, ma il voto resta acquisito. Del resto, si è fatto ricorso, negli stessi distretti rurali, a frodi meno innocenti, vi si seguono a volte con maggiore attenzione le pratiche in uso dai manipolatori delle primarie di città. Nello Stato di New York, ad esempio, mi hanno recentemente raccontato di primarie rurali dove sono stati spesi non meno di 12.000 dollari. Sono stati portati elettori con dei treni speciali e si è generosamente distribuito denaro e bevande. i n . Le scelte dei delegati fatte nelle primarie non sono così cattive come ci si potrebbe aspettare date le procedure in uso. Tra gli eletti vi sono cittadini onorevoli che si tengono lontano dalle primarie e non sospettano i mezzi coi quali sono stati nominati. I politici delle primarie li mettono a capo delle loro liste per far passare pii^i facilmente gli altri candidati meno raccomandabili. Altre volte si astengono dal nominare uomini della propria scuderia per non sollevare contro di loro, il giorno dell'elezione, l'opinione pubblica rispettabile, se questa è molto forte nel distretto; l'elemento pii^i nobile del corpo elettorale agisce, in tal modo, da freno sui politici delle primarie, ma - e non si insisterà mai abbastanza su ciò - in misura alquanto relativa e il piìi delle volte quasi nulla. Così, il potere che le primarie esercitano si estende su tutta la linea. Esse determinano il carattere e gli atti di tutte le convenzioni che si succedono, poiché queste derivano tutte dalla primmy. Deter-
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minano le nomìnatiom a tutte le cariche pubbliche, dalla piti modesta fino a c|uella di presidente della Repubblica. E, a loro volta, t]ueste nomìnatiom decidono l'elezione, in virtù del lealismo di partito; posto davanti all'alternativa di passare al nemico o di votare per il candidato designato dall'Organizzazione del suo partito, l'elettore subisce la carta forzata del ticket che essa ha stabilito. Laddove il partito è in maggioranza, la nomination è di fatto ecjuivalente all'elezione. Cosi, tutti cjuelli che aspirano alle cariche pubbliche o che vi trafficano o che cercano di sfruttare l'influenza che comportano nell'amministrazione o nella legislazione, hanno lo sguardo rivolto alle primarie. 1 politici iniziano accampandosi e rafforzandosi nella primary: è la loro base operativa e cittadella. Il potere del boss sulla Macchina è costituito innanzi tutto dal potere che egli ha di manovrare le primarie; se ne è padrone, tiene in pugno le convenzioni e, se può far prevalere la sua volontà nelle convenzioni, trainerà a rimorchio la maggioranza del partito. Il candidato che cerca di essere adottato da una convenzione, a t]ualsiasi livello sia, deve, per riuscire, assicurarsi prima dei delegati scelti nelle primarie; sono, c]uindi, le primarie che egli « si lavora » con l'intrigo e la corruzione, quando non è la Macchina a farlo [^er lui. E anche nelle primarie e con gli stessi mezzi che cominciano spesso i loro maneggi gli uomini d'affari e gli speculatori che aspirano a contratti di forniture e di lavoii pubblici o a concessioni; l'opera del lobby si fa o si inizia nelle primarie. In una parola, tutto il regime rappre.sentativo, sul quale poggia la vita politica americana, nei partiti e nello Stato, è foggiato dalle primarie, anche se, come abbiamo appena visto, esse non sono che una frode ed ima farsa. Questo stato di cose iniziò ben presto a preoccupare. I buoni cittadini che lasciavano ai politici le primarie venivano esortati a partecipare regolarmente a queste riunioni; ma la predica restava senza effetto ed a forza di essere continuamente ripetuta con gravità, la formula esortativa attenti the primarie^ divenne una battuta. Diversi progetti, più o meno ingegnosi, fiirono proposti per riformare le primarie. Einalmente si lece anche appello al legislatore contro i malefici e astuti politici, l'utta una serie di provvedimenti legislativi furono adottati nei diversi Stati dell'Unione. Saranno esaminati in dettaglio in un successivo capitolo. Nell'attesa sarà sufficiente darne una breve idea. 11 legislatore non potè decidersi a intervenire subito nella vita dei partiti con disposizioni im)3erative. Iniziò col raccomandargli, in alcuni Stati, una regolamentazione molto accurata delle primarie più o meno simile a quella che regolava le elezioni. Tutt'al più si decise, in alcuni Stati, a comminare pene per gli atti di frode e di corruzione commessi in occasione delle primarie. Per il l'esto esse restavano libere di operare a modo loro, [^'effetto della
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regolamentazione facoltativa fu nullo, mentre gli abusi delle primarie, sempre in aumento, richiedevano un rimedio. Allora, ebbe inizio nel paese un grande movimento per rendere ufficiali le primarie. Sfociò, nella maggioranza degli Stati, in leggi che sottomisero le primarie ad una regolamentazione legale, non più facoltativa, ma obbligatoria. La legge stabilisce il modo in cui le primarie saranno convocate, la procedura che vi sarà seguita, le modalità di votazione, la costituzione dei comitati, eccetera. Le primarie sono state trasformate, così, in un ingranaggio del meccanismo dello Stato. Le consuetudini delle primarie ne hanno risentito, gli abusi che gli erano abituali sono diventati, il più delle volte se non sempre, meno evidenti, ma sono lontani dall'essere stati soppressi; i politici non sono stati affatto esclusi, al contrario, come vedremo in seguito. Restando il frutto delle primarie - le convenzioni che da esse derivavano con i candidati alle cariche pubbliche da loro scelti amaro quasi come prima, si pensò di sopprimere le convenzioni per legge. In molti Stati fu emanata una nuova serie di leggi che sostituivano, nell'Organizzazione dei partiti, il sistema rappresentativo con il sistema diretto. Istituivano delle primarie dirette in cui i membri del partito debitamente qualificati designavano, nelle condizioni legali stabilite per le elezioni, i candidati de! loro partito per la gran parte delle cariche elettive della contea o anche dello Stato. In molti posti, soprattutto nel Sud, le nominatiotn dirette, senza ricorso alle convenzioni, sono state adottate spontaneamente dagli stessi partiti, senza essere del resto applicate alle unità territoriali oltrepassanti la contea (tranne che in uno Stato). Ma il sistema legale di designazione diretta dei candidati da parte dei membri del partito e la designazione diretta alle cariche elettive dell'intero Stato sono recenti e ancora in fase sperimentale. Gli effetti che sembrano riservare o che promettono di avere saranno esaminati più avanti. In ogni caso, in più della metà degli Stati, l'antico sistema extra-legale resta in piedi e negli stessi Stati dove la legge ha introdotto le primarie dirette, le nominatiom per alcune cariche elettive, come quella di elettore presidenziale, e la scelta dei delegati alle convenzioni nazionali sono il più delle volte fatte da convenzioni di delegati. E, perciò, opportuno studiarle a loro volta.
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Capitolo 2 LE CONVENZIONI I. Il sistema delle convenzioni è molto complicato ed anche, a prima vista, abbastanza conluso. La prima complicazione è dovuta al sistema federativo americano, con la sua doppia serie di funzioni parallele in ogni Stato e nell'Unione. Uno Stato invia al Congresso dell'Unione una decina o una ventina di rappresentanti e, contemporaneamente, elegge cento o duecento membri dell'assemblea legislativa dello Stato. Di conseguenza, è suddiviso, per le elezioni lederali, in 10 o 20 distretti, e in 100 o 200 per le elezioni legislative dello Stato. I delegati del partito in uno di questi ultimi distretti non potrebbero, ciuindi, designare il candidato per im quartiere congressuale, o viceversa, senza violare il principio rappresentativo. Da c]ui la necessità di riunire due convenzioni di delegati, una composta di delegati di tutte le primarie del distretto congressuale, che designerà il candidato al Congresso, e l'altra comprendente i delegati delle primarie del distretto, molto |iiù piccolo, che deve nominare un membro dell'assemblea legislativa locale. Lo stesso dicasi di altre cariche che vengono assegnate mediante eiezione: le tunzioni giudiziarie ed i principali impieghi esecutivi, i fiosti di sel/govenimeiii locale, le cariche comunali, cosi via. Ogni carica pubblica alla quale è attribuita una circoscrizione territoriale particolare richiede, di conseguenza, una speciale convenzione di delegati per stabilire la candidatura a nome del partito interessato. Se si devono assegnare molte cariche nella stessa unità elettorale, ad esempio c|uelle dello Stato - governatore, vicegovernatore, segretario di Stato, tesoriere di Stato, Attorney General, giudici della Corte Suprema, ecc. - , le designazioni dei candidati vengono fatte in una sola convenzione, la «convenzione di Stato». Lo stesso dicasi delle cariche di contea o metropolitane, che sono assegnate, molto spesso, ma non sempre, in un'unica « convenzione di contea » o « convenzione metropolitana ». Le principali convenzioni, oltre a quelle di Stato e metropolitane, senza parlare delle convenzioni nazionali, sono: le convenzioni di distretto d'assemblea legislativa, per designare il candidato dello Stato all'assemblea legislativa; di distretto senatoriale, per scegliere il candidato dello Stato al Senato; di distretto congressuale, per designare il candidato alla Camera dei rappresentanti di Washington; le convenzioni giudiziarie. Tra le convenzioni, alcune derivano dalle primarie per elezione diretta, altre con elezioni a due o anche a tre
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turni, in particolare le convenzioni di Stato, i cui membri vengono generalmente eletti dalle convenzioni dei distretti legislativi', e le convenzioni nazionali, che derivano, almeno in parte, come vedremo, da convenzioni di Stato. Avendo riservato un capitolo particolare alle convenzioni nazionali, le spiegazioni presentate nelle pagine seguenti si riferiscono unicamente alle convenzioni di livello inferiore. Il numero dei delegati alle convenzioni non è fisso, è determinato dai rispettivi comitati di contea, metropolitani o dello Stato, secondo il totale dei suffragi raccolti in ogni località dai candidati del partito alle ultime elezioni presidenziali o, anche piti spesso, alle elezioni per il governatore dello Stato. A volte è il doppio di ciucilo dei membri della Legislatura. Le cifre assolute degli uomini delle convenzioni variano all'infinito secondo le convenzioni e gli Stati; alcune sono composte da una dozzina di membri, mentre altre ne hanno parecchie centinaia o pii^! di mille e a volte anche duemila. Ad ogni delegato è affiancato un supplente (alternate) per rimpiazzarlo in caso di impedimento. La composizione delle convenzioni dal punto di vista del carattere morale, intellettuale e sociale dei loro membri è abbastanza variegata poiché, pur essendo guidati da politici professionisti, essi non vengono reclutati esclusivamente in cjuesto ambiente. Senza dubbio, una parte notevole di ogni convenzione è riservata a cercatori di impiego o funzionari in carica e, in generale, a politici mercenari. La convenzione è per loro una specie di borsa dove comprano e vendono l'influenza politica pagabile in posti o in denaro o, per lo meno, si fanno conoscere, si stringono relazioni che frutteranno in seguito. Nella stessa categoria di delegati si trovano spesso individui che non sono altro che agenti di grossi interessi privati, di cotnpagnie ferroviarie o di altre società che cercano di introdurre le loro guarnigioni in tutte le fortezze politiche. Altri delegati, senza essere dei professionisti, soddisfano, con cjuesta posizione effimera, il loro amor proprio, non fosse altro che per la modestissima soddisfazione di vedere il loro nome stampato sul giornale locale. Accanto a c]uesta gente piccina, dalle piccole vanità, vi sono individui di rango pii^i elevato nella scala sociale, assolutamente onorevoli, che non disdegnano neanche loro gli omaggi della notorietà e che li accettano e li cercano tanto più volentieri in quanto credono, facendolo, di compiere un dovere. Infine, vi è una categoria di delegati oscuri, umili, liberi dal cani ài questi rispettabili individui e sijicei'amerjte desiderosi di svolgere il loro compito per il bene pubblico. ' TLjUisvia, negli Stati dove soiio .state i.stittiite le prinuirie direltt^-, i (Icies'.ali alle coiivetT/ioni eli Stato vengoiio nominati dagli .ste.ssi atiiliaii ai pai'Ulo.
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Queste diverse categorie sono ripartite in modo molto disuguale nelle convenzioni. In linea di massima, si può dire che le convenzioni meno raffinate sono le convenzioni metropolitane; spesso non contano che un'accozzaglia di banditi politici, eli gente senza scrupoli. Nelle regioni rurali e in quelle prive di grandi città, le convenzioni di contea si mantengono ad un livello morale e sociale abbastanza decente. Le piti illustri sono le convenzioni di Stato, alle c]uali partecipano spesso molti cittadini rispettabili. Nell'insieme gli uomini delle convenzioni non possono affatto pretendere di rappresentare l'opinione pubblica. La parte illuminata della popolazione è al di fuori dei partiti regolari o vi aderisce solo nominalmente. Le pretese delle convenzioni di rappresentare l'opinione dei partiti sarebbero pili giustificate, ma non potrebbero essere accettate che con riserva, poiché anche tra gli aderenti convinti dei partiti, molti non vengono mai a contatto con le Organizzazioni. i l . 11 vizio dell'insufficiente rappresentatività delle convenzioni è aggravato dalla jirocedura e dalle consuetudini di queste assemblee. La convenzione viene aperta e diretta, lino alla costituzione definitiva dell'assemblea, da una persona che il comitato del partito designa a tale scopo. I poteri di c]uesto «presidente provvisorio» sono enormi: è, infatti, lui che prende o pregiudica le decisioni relative alla verifica dei mandati, poiché com|ione a suo piacere il comitato incaricato di ciò, che può impunemente invalidare i delegati debitamente eletti. I seguaci della Macchina battuti alla prirnary sollevano una contestazione fittizia e pretendono di essere debitamente eletti; o arrivano ad abbandonare (boU), tengono una nuova primaiy e vi nominano i loro delegati. Se il presidente provvisorio è loro favorevole, li ammette a partecipare, lasciando che i loro rivali, ossia i veri eletti, presentino reclamo al comitato di verifica dei poteri. Questo comitato, dopo un simulacro di esame, decide contro di essi; la convenzione, o i falsi eletti, ammessi provvisoriamente come delegati prima facie, hanno la maggioranza, si afirettano a ratificai'e le proposte del comitato e la Macchina e i suoi candidati restano padroni del campo. Perciò, è un'assioma che il « presidente tempoi'aneo è la convenzione ». Dopo avere approvato il rapporto sui seggi contestati ed eventualmente altri rapporti, la convenzione procede al suo vero compito, che consiste nella designazione dei candidati alle elezioni. Appena il voto dà un risultato definitivo ed il ticket viene fissato, la convenzione si aggiorna sìne die. Nelle convenzioni di livello superiore, in particolare nelle convenzioni di Stato, il programma è piti elaboi'ato e pii^i decorativo. La seduta viene aperta con preghiere recitate da un ecclesiastico. Il presidente temporaneo nomina, su mozioni presentate da vari meni-
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bri, oltre al comitato di verifica dei poteri, un comitato di organizzazione permanente, che proporrà i membri dell'esecutivo permanente, ed un comitato delle risoluzioni che formulerà il programma del partito con dichiarazioni sulle questioni all'ordine del giorno. Le risoluzioni sono in genere approvate senza emendamenti né discussione. Spesso vengono presentate molte altre istanze e mozioni o addirittura vengono pronunciati discorsi; di fatto questi non sono altro che intermezzi. E molto raro che queste manifestazioni di opinione abbiano un'importanza reale. Dopo i preliminari, si sceglie l'esecutivo permanente. Il presidente è generalmente un personaggio influente nel partito: gli vengono affiancati molti vicepresidenti onorari e moki segretari onorari a ricompensa della loro devozione. Prendendo possesso della poltrona, il presidente tira fuori dalla tasca un lungo discorso preparato in anticipo che, con un linguaggio più o meno ampolloso, glorifica il partito e attacca con vigore il partito rivale, mandandoli all'inferno. I candidati vengono proposti dai delegati di riguardo in discorsi elogiativi, più o meno lunghi, che, del resto, avranno una parte molto modesta nel successo degli aspiranti alla designazione. La scelta di questi ultimi è stata spesso definita già alle primarie, dove i candidati rivali procedono alla battaglia decisiva; colui che vi ha «ottenuto i delegati» (got the delegate^] raccoglierà i suffragi della convenzione: Tuttavia, soprattutto se il risultato delle primarie non è stato decisivo da questo punto di vista, la captazione dei delegati viene ripresa all'approssimarsi della convenzione; i delegati vengono assillati da tutte le parti; si fa ogni sforzo per prenderli con l'adulazione, con le buone, con le promesse di posti, di denaro o di ogni tipo di favore, o con l'intimidazione; tutti gli argomenti sono messi in gioco. L'ultimo e spesso il principale assalto è sferrato nel corso della stessa convenzione. I manager dei diversi candidati sistemano i loro « quartieri generali » negli alberghi della città nella quale si tiene la convenzione, e di là dirigono l'attacco e là ricevono in modo ospitale i delegati e le persone capaci di influenzarli. Alla vigilia della convenzione viene dedicata loro una serata. Non si è insensibili a questi segni di attenzione, ma i delegati avveduti ne richiedono di piìi concreti. Il metodo favorito sono i deak, i mercanteggiamenti tra i rappresentanti dei diversi gruppi di delegati che si spartiscono le candidature ed i posti, le spoglie che toccano ai vincitori.' Una porzione più o meno numerosa di delegati sfugge a questi mercanteggiamenti, sono coloro che costituiscono le diverse categorie di delegati rispettabili; generalmente la loro onestà è sufficiente per consegnarli ai politici. Posti di fronte a dei professionisti rotti a tutti i trucchi del mestiere, diventano facilmente loro preda. Ciò vale, in particolar modo, per i delegati rurali.
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Laddove la Macchina è padrona assoluta della situazione, alla convenzione tutto funziona come un meccanismo ad orologeria, tutto è stato cut and dried e la convenzione offre lo spettacolo, che rallegra l'anima dei manager di partito, di una convenzione armoniosa. Quando l'armonia manca nella convenzione, le fazioni rivali vi dispiegano la stessa vivacità di procedura delle primarie, fino alle risse che richiedono l'intervento della polizia, f^^a convenzione si trova spesso divisa in vari gruppi, ognuno con i suoi candidati preferiti, ma nessuno così potente da imporre le sue preferenze a tutti gli altri. Allora, per «ottenere i delegati» {getting the delcgates), gli interessati devono mettere in atto manovre diplomatiche di ogni tipo fino alla corruzione diretta. Con tutto ciò l'intesa è, a volte, estremamente difficile da raggiungere, poiché ogni gruppo rivale tiene ai suoi candidati. Gii scrutini si succedono senza risultato, nessun candidato raggiunge la maggioranza. E un dead-lock. Talvolta dura giorni, e il numero degli scrutini raggiunge cifre fantastiche; soprattutto nelle piccole convenzioni dove, a prima vista, sembrerebbe pii^i facile intendersi. n i . Qual è il carattere dei candidati che escono dalle convenzioni che abbiamo appena visto all'opera? Differisce molto secondo le diverse categorie di convenzioni. Le convenzioni di rango inferiore, vale a dire c|uelle che assegnano le cariche elettive meno importanti, producono generalmente candidati che sono decisamente negativi, dal punto di vista della moralità e dell'intelligenza. Sono i tuorkcn dell'Organizzazione e, in generale, i politici di ordine inferiore, che ottengono le nomination^ in ricompensa dei loro servigi o in ragione della posizione che si sono creati nei Caucus e nei comitati. È così, in primo luogo, per i candidati agli impieghi locali nelle città e abbastanza spesso nelle contee. Le candidature legislative, data la loro importanza per la vita politica del paese, sono le meno soddisfacenti. I candidati alla Camera dei rappresentanti a Washington sono lungi dall'essere uomini superiori. Quanto a coloro che ottengono le nominations per le Legislatui'e di Stato, lasciano ancor piti a desiderare. Spesso la loro moralità non è elevata, sebbene in alcuni Stati si sia osservato un miglioramento negli ultimi anni. Le convenzioni dei distretti legislativi rurali, meglio composte, attuano una scelta pii^i rigorosa; c'è molto spesso la possibilità che trovino uomini dabbene, se non intelligenti; ma nelle grandi città le scelte sono, nella stragrande maggioranza dei casi, deplorevoli, sebbene d'altra parte i migliori rappresentanti vengano anch'essi dalle città. Per i candidati alle cariche di prestigio, i cui titolari sono sempre sotto gli occhi dei pubblico, come il sindaco, il governatore di
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Stato, il tesoriere ed altri impiegati superiori dello Stato, i giudici supremi, la cosa è diversa. Le convenzioni, in particolare le convenzioni di Stato, fanno attenzione a scegliere per c|ueste cariche dei candidati dabbene, per non scontrarsi con l'opinione pubblica ed esporre l'Organizzazione del partito ad una rivolta e forse ad una sconfitta. A volte, anzi, la loro scelta cade su persone illustri, ma la maggior parte dei candidati dabbene sono funestati da un vizio originario, che è la debolezza di carattere, la mancanza di energia e di volontà. Sotto questo aspetto riflettono la categoria dei delegati dabbene che i politici professionisti si affiancano nelle convenzioni per comunicargli un'aria di respcctability. La loro debolezza di carattere li rende facili strumenti nelle mani dei politici astuti che sono « un potere dietro il trono più grande del trono »; ed è proprio c]uesto che spesso li fa scegliere da una Macchina di partito, o da un boss. Ma anche laddove l'Organizzazione di partito non è abbastanza corrotta o ambiziosa da dettar legge ai funzionari pubblici che le devono la loro nomination, gli uomini superiori non hanno alcuna possibilità né voglia di essere adottati dalle convenzioni. Non dobbiamo cercarne la spiegazione, essa è in queste tre parole: gctting the delegates, che sono scritte sulla porta della vita politica americana come altre tre parole lo sono sull'entrata dell'inferno di Dante. Per di più, la maggior parte delle cariche pubbliche offre un pascolo piuttosto, scarso all'ambizione o alla sete di lucro. In uno Stato non vi sono dieci posti veramente importanti. La remunerazione è modesta, in confronto a quella degli impiegati nelle imprese private. La posizione è delle più precarie, poiché i mandati elettivi sono brevi, non superano in media un lasso di due anni ed arrivano raramente a cpattro (tranne che per alcuni giudici il cui termine è di quattordici o anche di ventun anni). Le probabilità di rielezione sono cjuasi nulle. D'altra parte, le professioni liberali e l'industria e il commercio offrono, nella crescita continua del paese, un campo infinito di attività dove le menti più dotate e le energie più forti possono trovare un nobile impiego e conoscere i trionfi che lusingano l'amor proprio, eccitano la fantasia e placano la sete di ricchezza. Neanche le cariche politiche, vale a dire cjuelle considerate tali in Europa, i mandati legislativi e i posti ministeriali, possono avere molto fascino per gli Americani, o ne hanno infinitamente meno c'he nel Vecchio Mondo. L'arena politica americana è troppo piccola, divisa com'è dall'organizzazione federativa dell'Unione in un gran numero di piccoli compartimenti; le lotte che vi si svolgono, anche sulla grande scena federale, riguardando quasi esclusivamente questioni di affari, mancano di interesse drammatico e non sono fatte per attrarre dei prodi combattenti e un numeroso publilico le
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cui gliela ed applausi li eccitino e li ricompensino. La posizione di legislatore non conferisce, inoltre, titoli di nobiltà sociale, come un tempo, all'alba della vita politica americana; non c'è nobiltà sociale negli Stati Uniti, tranne forse nelle parti pii^i antiche del paese, come l'Est o il Sud, dove si possono ancora trovare delle distinzioni sociali. In ogni caso, i membri delle assemblee legislative saranno gli ultimi a beneficiarne: il discredito nel cpale sono caduti è troppo grande. Già limitata da tante condizioni piìi o meno organiche, la cerchia degli eleggibili dalle convenzioni è ancora ulteriormente ristretta da due pregiudizi che hanno la forza della consuetudine o di legge politica. L'uno ha consacrato il principio della rappresentanza locale in senso stretto, secondo cui le cariche elettive non possono essere attribuite che a persone residenti nella circoscrizione politica interessata, di modo che, ad esempio, per aspirare ad un mandato di membro del Congresso, non è sufficiente essere cittadino americano e neanche cittadino dello Stato, ma bisogna essere domiciliati nello stesso distretto congressuale che deve scegliere il suo rappresentante. Un uomo dei piìi eminenti, che goda di una reputazione nazionale ed anche universale, se non è profeta nel suo piccolo paese, non può entrare nella vita politica, né rientrarvi se ha perduto il favore dei suoi committenti o della consorteria dirigente. Ad esempio, Gladstone che, nel corso della sua movimentata carriera, ha dovuto cambiare piti volte circoscrizione elettorale, sarebbe stato escluso dal Congresso americano alla prima istanza. La limitazione degli eleggibili ai residenti locali è accompagnata da un'altra che la rende ancora più grave. L'uso ha fissato un maximum di occupazione per ogni impiego: un mandato, due o tre, ed una volta raggiunto tiuesto limite, l'eletto, cjuali che siano i meriti e i servigi che potrebbe rendere nel futuro, grazie all'esperienza acciuisita, deve ritirarsi. Nel Sud ed anche nella Nuova Inghilterra, si preferisce tuttavia conservare i buoni e vecchi servitori, ma anche là la rotazione cieca trionfa spesso grazie al pregiudizio della rappresentanza locale. Così, tutto cospira a far sì che alle convenzioni siano promossi candidati contraddistinti dal tratto comune della mediocrità. Ma, lungi dall'essere un vizio, cjuesta qualità diventa generalmente la condizione prima del loro successo alle elezioni. Conosciamo già, con la storia delle candidature presidenziali, Yavailablc candidate ed i suoi titoli. Gili stessi titoli che si applicano anche alle cariche inferiori a quella di presidente; in ogni caso il candidato piìi adatto sarà colui die non si è fatto notare né in bene né in male, che non ha avuto l'occasione di crearsi dei nemici. Alcune risorse intellettuali gli saranno sempre utili, non fa male che sia un buon oratore, ma questo non è indispensabile. Neanche il prestigio dato dalla ricchez-
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za è un fattore importante negli Stati Uniti per strappare i suffragi popolari. Il potere dell'influenza locale esercitato dal candidato lo pone, senza dubbio, in una posizione di superiorità, ma, nell'ambito della fluttuazione generale alla quale è soggetta l'esistenza del nuovo mondo, le posizioni personali cambiano con una rapidità caleidoscopica: oggi un uomo è sul piedistallo, domani è per terra. Dunque, se si pensa ai titoli di un candidato in Inghilterra, ci si rende conto di come la personalità del candidato sia più scialba nella democrazia americana. La complessità del sistema elettivo americano basterebbe da sola a spiegare la differenza. In Inghilterra, l'elettore vota per un candidato; in America vota per un lìckct, nel quale tutti i numerosi candidati sono ammassati insieme. Il candidato inglese è solo davanti alla folla, tutti gli sguardi sono concentrati su di lui; ha bisogno, piìi del suo consimile americano, di essere un buon oratore, di colpire le menti o la fantasia con le sue risorse personali. Il candidato americano non è che un ingrediente nella composizione più o meno sapiente del ticket. La sua natura specifica e distintiva ha importanza finché attiva la coesione, eccezion fatta per le cariche superiori, quelle di governatore di Stato o di sindaco. Indirizzandosi alle masse elettorali costituite da gruppi diversi, il ticket avrà presso di loro tanto più successo in cjuanto presenterà un riflesso di questi gruppi. Coloro che preparano la lista hanno cura di mettervi, secondo la composizione della popolazione elettorale, un Irlandese, un Tedesco, uno Scandinavo, un Cèco o, in un altro ordine di idee, un farmer, un ciclista di fama. IV. La regolamentazione legale delle primarie si è estesa, in una certa misura, alle convenzioni. La legge ha fatto, in cjualche Stato, tentativi abbastanza timidi per regolarne la procedura, ma senza colpire in profondità la vita di queste assemblee. In parecchi Stati, l'istituzione delle primarie dirette ebbe effetti altrettanto importanti per le convenzioni. Nello Stato del Wisconsin, che era a capo del movimento per questa riforma, e nell'Oregon, le convenzioni sono state completamente soppresse; nell'Oklahoma e nel New Jersey sono ammesse dalla legge unicamente per formulare le piattaforme dei partiti. In qualche altro Stato a primarie dirette, le convenzioni diverse dalle convenzioni di Stato o addirittura le con^venzioni congressuali sono state soppresse poiché le designazioni dei candidati sono ormai attribuite legalmente alle primarie. In ciuesti Stati, solo gli elettori presidenziali e i delegati alla convenzione nazionale o anche soltanto cjuesti ultimi vengono scelti dalle convenzioni. In altri St ati infine, laddove la legge sulla designazione dei candidati nelle primarie si applica facoltativamente, sussistono ancora molte categorie di convenzioni, al di fuori delle convenzioni
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di Stalo o delle convenzioni congressuali. Laddove le primarie dirette non sono state introdotte, il sistema delle convenzioni resta in piedi per intero. Questo sistema è stato seriamente colpito in una quindicina di Stati e in un numero più grande di Stati la nomination dei comitati è stata sottratta all'arbitrio delle convenzioni per essere attribuita alle primarie o lasciata alle convenzioni, ma a condizioni stabilite per legge. Questa prevede talora la composizione dei comitati, da quelli locali fino a quelli centrali di Stato, talaltra la loro modalità di elezione, e a volte precisa anche i loro poteri nell'Organizzazione del partito. In sei Stati la legge ha attribuito alle primarie anche la nomination dei delegati alla convenzione nazionale e, in un settimo Stato, la designazione dei membri dei comitati nazionali dei partiti.
Capitolo 3 LA CONVENZIONE NAZIONALE
1. 11 ruolo della convenzione nazionale, che sceglie i candidati alla presidenza ed alla vicepresiclenza dell'Unione è, ovviamente, importantissimo. La posta è enorme; rappresenta il premio più ambito per un cittadino americano; conlerisce, per quattro anni, poteri esecutivi che si estendono su tutto un continente e, tra gli altri, quello del patrocinio, che dà, per così dire, il diritto di vita o di morte su 350.000 funzionari sparsi per tutta l'Unione; decide della sorte dei partiti rivali, forse per molti anni. 11 cittadino che si disinteressa degli affari del suo Stato e della sua città, sebbene lo tocchino così da vicino, si appassiona all'approssimarsi delle convenzioni nazionali; per una singolare incongruenza, però, non nutre maggiore interesse del solito, cioè quasi nessun interesse, per le primarie e per le convenzioni locali, da dove uscirà, come da uno stampo, la convenzione nazionale, l^erciò, la preparazione delle convenzioni nazionali è lasciata ai politici professionisti che si riservano la stragrande maggioranza dei mandati, poiché ogni voto che contribuisce a designare il futuro presidente ha un grande valore commerciale, crea al suo possessore tìtoli di riconoscenza da parte della futura amministrazione, che si traducono in posti, da un'ambasciata in Iiuropa fino ad un ufficio jiostale nel Far West. Si può stimare in nove decimi il numero dei delegati che non perseguono altro, alla convenzione, che il loro interesse personale. Nella folla dei politici che accorrono alle convenzioni, tutti i gradi sono rappresentati: senatori
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degli Stati Uniti, governatori di Stato e finanche aspiranti a posti modesti, ed ognuno ha «un'ascia da affilare» (ati axe to grìnd). La rappresentanza alle convenzioni nazionali è stabilita su base fissa; ogni Stato vi manda, indipendentemente dalla portata del partito in questo Stato, un numero di delegati pari a due volte i suoi rappresentanti ed i senatori al Congresso; ad esempio, lo Stato di New York, che, data la sua popolazione, ha 37 membri alla Camera dei rappresentanti pii:i i due senatori concessi ad ogni Stato indistintamente, invia 78 delegati; lo Stato del Delaware, o ciucilo del Montana, che non ha che un rappresentante al Congresso ed i suoi due senatori, invia sei delegati alla convenzione. Inoltre, i Territori rappresentati al Congresso da semplici delegati senza suffragio sono autorizzati a prendere parte alle convenzioni. La loro popolazione non dovrà votare per il presidente'; ma, per sviluppare nei Territori la vita di partito, le Organizzazioni concedono loro, e concedono per cortesia al distretto di Columbia, una rappresentanza alle convenzioni, che consiste in due delegati alle convenzioni repubblicane e sei alle convenzioni democratiche. Poiché la Camera dei rappresentanti conta attualmente (nel 1911) 391 membri ed il Senato 92 per i 46 Stati, il numero dei delegati alle convenzioni nazionali è di 894^ più 12 o 36 delegati per il Territorio Indiano, cjuelli dell'Alaska, delle Isole Hawal, di Portorico, delle Filippine e per il distretto di Columbia. Inoltre, viene nominato un supplente per ogni delegato, per sostituirlo in caso di impedimento. I c]uattro delegati, che costituiscono il doppio dei senatori dello Stato, sono nominati dalle convenzioni di Stato e si chiamano delcgates at larga-, gli altri delegati, che corrispondono ai membri della Camera dei rappresentanti, vengono nominati, in numero di due per ogni distretto congressuale, dalla convenzione di distretto '. E il sistema elettivo invariabilmente seguito dal partito repubblicano, mentre i democratici, che propendono per la dottrina dei diritti degli Stati, fanno eleggere tutti i delegati nella convenzione di Stato, sia dalle rispettive delegazioni dei distretti congressuali, sia dall'insieme della convenzione. ' Gli abitanti del distretto di C o l u m b i a , che c o m p r e n d e la capitale federale, la città di Wa,shington, costruita su tin terreno n e u t r a l i z z a t o non a p p a r t e n e n t e ad alcuno S t a t o , e posto sotto la giurisdizione del Congresso, sono [jer sempre esclusi dal voto (eccetto quelli che hanno un domicilio legale altrove). Q u a n t o ai « T e r r i t o r i » , che sono le parti nuove d e l l ' U n i o n e , non ancora costituite in Stati per via del loro debole sviluppo economico e politico, non acquisiscono il diritto di votare per gli elettori presidenziali che con la loro ammissione n e l l ' U n i o n e in qualità di Stati, - Q u e s t a cifra va a u m e n t a t a in seguito a l l ' i m m i n e n t e ammissione come Stati dei Territori d e l l ' A r i z o n a e del Nuovo Messico. ' Negli Stati del W i s c o n s i n , d e l l ' O k l a h o m a , d e l l ' O r e g o n , del North D a k o t a e del N e w Jersey le leggi recenti sulle primarie d i r e t t e esigono che i delegati alle convenzioni nazionali siano nominati nelle primarie.
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Questa concezione della rappresentanza dello Stato, eminentemente accentratrice, ha ricevuto nel partito democratico un'applicazione ancora più rigorosa sotto la forma della «regola dell'unità» {unìt nile) che limita i diritti dei singoli delegati di votare secondo le loro preferenze: la convenzione di Stato, sia che scelga soltanto i 4 delegcites ai large oppure tutti i delegati, gli può ingiungere di votare in blocco, alla convenzione nazionale, secondo la decisione della maggioranza. Ad esempio, se nella delegazione di Stato di 78 membri, incaricati di votare as a unìt, 40 delegati si dichiarano per un certo candidato, i voti degli altri 38 delegati vengono contati a favore, anche se sono contrari. Le convenzioni di Stato, di tutti i partiti indistintamente, danno sjiesso ai delegati il mandato di votare per un determinato candidato alla presidenza. Tuttavia, cjuesto mandato lascia ai delegati un certo margine, di modo che, di fatto, i delegati arrivano alla convenzione nazionale con dei poteri di plenipotenziari. La convenzione si riunisce nell'estate deir«anno presidenziale», vale a dire l'anno bisestile, c]uando il popolo dovrà nominare, il primo martedì del mese di novembre, gli elettori presidenziali che, secondo la lettera della Costituzione, sceglieranno il presidente e il vicepresidente. Gli atti preparatori della convenzione sono affidati al comitato nazionale del partito, che viene eletto ogni cjuattro anni alla convenzione nazionale dalle delegazioni di tutti gli Stati e Territori che nominano ciascuno un membro. Tale comitato fissa la data e il luogo della riunione della convenzione. L'enorme affluenza di forestieri sollecitata dalla riunione della convenzione e, forse, anche l'amor proprio locale, fanno sì che varie città si disputino la convenzione ed inviino al comitato nazionale numerose deputazioni per perorare la loro causa, f postulanti s'impegnano a fornire, oltre ad una forte somma per coprire i costi della convenzione e le spese di viaggio e d'albergo dei membri del comitato nazionale e delle loro mogli, tutta l'assistenza necessaria ai forestieri, ivi compreso il bel tempo. ff. Qualche giorno prima dell'apertura della convenzione, la città dove essa avrà sede assume un aspetto particolare, a coiwcntìon aspect-, per le strade, in mezzo a bandiere e drappeggi multicolori die adornano a profusione i crocevia, gli allierglii che ospitano le delegazioni, e gli altri « quartier generali » politici, si accalca una folla enorme, a coitvcntion croiod, favorita da a convenlkm weather, die produce una baraonda continua, a conventton stìr, dal mattino alla sera ed anche oltre. L'intera città è inondata di «entusiasmo», « convention enthuùasm o, se si preferisce, preconvcntion enthmìasm. L'arrivo delle delegazioni |jrovoca le prime rumorose manifestazio-
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ni. Alla stazione di testa, un ricevimento solenne le attende. Zelanti correligionari politici, costituiti in compagnie per la durata della campagna presidenziale, e delegazioni già presenti, vanno incontro alla nuova delegazione e l'accolgono con discorsi ed applausi sottolineati dalle urla della folla, l'oi, ci si mette in marcia in corteo verso l'albergo dove la delegazione ha prenotato le camere. Al suono di pifferi e tamburi, in mezzo ad una folla delirante, i nuovi arrivati sfilano al passo, adorni d'insegne, di medaglie e di nastri con il nome del loro Stato. Ogni delegazione ha il suo « quartier generale » in un albergo che bandiere ed un'enorme insegna permettono di individuare da lontano. E il luogo d'appuntamento di tutti i cittadini dello Stato che arrivano alla convenzione, sia per prestare il loro aiuto nella campagna ai vari candidati, sia come spettatori. Se non tutti ricevono, nel quartier generale del loro Stato, una generosa ospitalità in libagioni ed in sigari, sono comunciue sicuri di ottenere dei distintivi col nome dello Stato; uomini e donne in file interminabili vengono a cercarne ed è solo dopo averne decorato il petto che si considerano in divisa e in un certo qual modo autorizzati a contribuire alla baraonda ed alla confusione da cui è invasa la città. II numero di forestieri giunti solo per assistere è enorme. E una colossale fiera che attira gente da tutte le parti. Le strade che conducono ai « quartier generali » sono talmente ingombre che si è obbligati, in alcuni momenti, a far bloccare la circolazione delle vetture e dei tram. All'interno degli alberghi è anche peggio, soprattutto la sera, quando ai visitatori forestieri si aggiungono gli abitanti della città liberi dai loro impegni. Le candidature presidenziali sono cjuasi sempre numerose. Si preannunciano molto tempo prima della riunione della convenzione come prcmlentialpossibilitics. Nel corso dell'anno che precede la riunione della convenzione, in molti Stati, l'opinione generale o piuttosto quella dei politici arriva a prendere forma a favore di un cittadino pili o meno illustre come candidato alla presidenza dell'Unione. Questo consenso lo consacra «figlio favorito» del suo Stato e lo mette in lista. Ogni convenzione nazionale si trova davanti una mezza dozzina o più di «figli favoriti», con valore e reputazione alquanto disuguali. Alcuni hanno acquisito un'esperienza politica abbastanza lunga, sia nel Congresso, sia come membri del gabinetto di governo o governatori di Stato; altri, ed il caso è più raro, quasi non hanno avuto l'occasione di dar prova di sé nella vita pubblica, ma si sono creati una posizione locale, soprattutto con attività politiche. Alcuni non sono affatto conosciuti al di fuori del loro Stato, la popolarità di altri si estende al di là di questi limiti, qualcuno gode di reputazione nazionale. Accanto a queste candidature pre-
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semate in tutta spontaneità, ve ne sono delle altre che rappresentano una speculazione pura e semplice, cjuasi una manovra ricattatoria. Un boss potente, padrone assoluto della delegazione del suo Stato, poiché questa è stata nominata dalla sua Macchina, porta avanti un candidato al solo fine di vender caro il suo ritiro. Il candidato designato per questo ruolo di pedina è forse il solo che non se ne renda conto. Con lo stesso scopo, il boss si fa a volte designare lui stesso dalla convenzione di Stato come candidato alla presidenza. Tra le candidature oneste, molte non sono presentate che per forma, senza alcuna possibilità di successo, unicamente per rendere omaggio al cittadino illustre che incarna in quella circostanza la dignità dello Stato. Può avvenire che cjualcuno dei « figli favoriti » abbia in sorte la fortuna di un dark bone che sarà nominato all'ultimo istante contro gli aspiranti più illustri, e allora si parla di dark borse possibilities; ma può anche essere che il dark borse venga da fuori e non compaia che all'ultimo momento. Il dark borse non è necessariamente un individuo oscuro; può, al contrario, essere ben noto nel paese e godere di grande popolarità, ma non sembrare imporsi come candidato alla presidenza. In compenso, alcuni candidati vengono considerati senza rivali dal primo momento. La loro grande reputazione nazionale, la posizione elevata nel partito o il carattere che affascina le lolle, gli danno una forza d'attrazione straordinaria. Non sono soltanto « figli favoriti » del loro Stato, ma « favoriti » genei'ali e la personalità dell'uno o dell'altro dei « favoriti » sembra imporsi talmente che egli diventa il «candidato logico» della situazione. Questo, però, non prova assolutamente che sarà adottato dalla convenzione; il «favorito» ha, come vedremo, probabilità anche maggiori di essere sconfitto. A qualsiasi categoria appartenga l'aspirante, tosse anche un « favorito » al piìi alto grado e « il candidato logico », la sua candidatura non potrà avanzare che a prezzo di sforzi erculei consumati durante i giorni che precedono la convenzione e nel corso della sessione stessa. Ogni aspirante dispone a tale scopo non soltanto della delegazione del suo Stato che dà battaglia con accanimento, ma di numerosi luorkers personali. I loro sforzi sono diretti non solo ai delegati, ma anche alla folla esterna, per creare un'atmosfera morale favorevole all'aspirante e che inlluirà sui delegati con il peso dell'opinione pubblica. Questa dopjiia azione di propaganda, che costituisce ciuello che nel gergo politico si chiama il boom o booming, è piena di incidenti drammatici e funamboleschi. La parte del programma destinata al pubblico esterno mira quasi esclusivamente ai sensi. Certo, gli si rivolge la parola, si improvvisano niass-rneelhn's davanti agli alberghi e, dall'alto dei balconi, gli oratori espongono la situa-
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zione politica e i meriti del candidato. Ma ci si applica di preferenza a rendere popolare il candidato con procedimenti dimostrativi, esibendo e gridando il suo nome, diffondendo la riproduzione della sua faccia. Il quartier generale di ogni candidato, munito di enormi pacchi di suoi ritratti, di togli che raccontano la sua vita gloriosa e soprattutto di distintivi con il suo nome e le sue fattezze, li distribuisce a chiunque. La parte pii^i importante del lyoom ha per teatro la strada e consiste in concerti, serenate, parate e cortei, di giorno e di notte. I figuranti dei cortei, che spesso sono volontari mossi da un « entusiasmo » disinteressato, sono importati, ed a migliaia, dallo Stalo del candidato e da fuori. Formano compagnie che hanno generalmente un abbigliamento speciale e, musica in testa, sfilano per le vie per mostrare quanto sono numerosi gli ammiratori del candidato. Piij il loro atteggiamento è spavaldo e la loro uniforme pittoresca, migliore è l'impressione della folla a favore del candidato. Accanto a questi spettacoli per gli occhi, il boom contiene, oltre alla musica, un elemento vocale molto importante che consiste nell'urlare il nome del candidato; le compagnie citate, nel corso dei loro cortei, o anche bande speciali, che contano a volte centinaia di attori, percorrono le strade lanciando grida più o meno articolate tra le quali si distingue il nome del candidato. Le conversioni prodotte dal boom della strada non possono essere importanti. Così non è attraverso il boom che si procede all'interno dei « c]uartier generali », ma con mezzi pili raffinati e che hanno per obiettivo diretto i delegati. I manager di ogni aspirante si sforzano di diffondere tra i delegati l'impressione che il loro cliente abbia più probabilità di ottenere la maggioranza dei voti, che è perciò vantaggioso raccogliersi intorno a lui invece di ostinarsi a sostenere un aspirante condannato alla sconfitta. Citano, dando un po' corso alla loro immaginazione, le delegazioni che hanno « menzionato » o anche « assunto » il loro aspirante. Qualche membro della delegazione, distaccato in « missione », visita gli altri quartier generali per fare proseliti. Sono ricevuti cortesemente e ascoltati con attenzione, ma raramente ottengono una risposta chiara. Tutti stanno in guardia, il terreno è pieno di trappole. Tutto dipende dai maneggi fatti altrove, e non si sa mai esattamente come stanno le cose; non cessano di correre voci sinistre, si vive in un'angoscia perpetua. In fondo, non si fa che mercanteggiare, si valuta, si stima, si vende, si compra, ma l'accordo è raramente concluso in termini chiari; è sottinteso che il delegato che darà il suo voto avrà dei diritti da far valere sul fortunato eletto. Soltanto un piccolo numero di delegati sono comprati direttamente in contanti. E soprattutto il caso dei delegati negri degli Stati del Sud. Vi sono negoziati laboriosi su tutta la linea; è una serie ininterrotta di conferenze, di consigli di guer-
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ra, di conciliaboli dove i leader si consumano e si esauriscono. Quando si è arrivali ad intendersi sul candidato ed il programma, non si è piì;i sicuri del risultato finale, quasi sempre la convenzione riserva grandi sorprese. III. Le sedute della convenzione nazionale sono pubbliche e attirano generalmente da dieci a quindicimila spettatori. L'organico della convenzione da solo conta quasi duemila membri, essendo composto di circa mille delegati ed altrettanti supplenti. Perciò si svolge sempre in un edificio molto grande ed in genere costruito apposta. L'apertura delle porte è attesa da una folla enorme, di cui una parte non entrerà per mancanza di biglietti. Si approfitta di questo assembramento per fare propaganda hi extremis a favore di questo o di quell'aspirante alla presidenza: i propagandisti vocali usano ciò che resta della loro voce; oratori improvvisati pronunciano cjua e là discorsi sulla situazione politica. Un'orda di galoppini offre emblemi, a torma di bastoni, di spille, di targhe con l'effigie degli aspiranti alla presidenza, di bandierine nazionali, di ventagli di carta che sono, dato il caldo, ben accetti, eccetera. L,a folla è ben disposta; mostra buon lunore e non si sa quale aria intelligente che rappresenta la grazia di stato delle folle americane. Infine, le porte si aprono, la fo la si precipita e in un batter d'occhio occupa ordinatamente tutti i posti. Nei primi momenti lo spettacolo che si presenta alla vista non manca di essere davvero imponente: lo sguardo riesce appena ad abbracciare l'anfiteatro, le gradinate e le gallerie sono gremite di gente; su questo mare umano il sole radioso di luglio gioca attraverso le migliaia di vetri che formano il tetto dell'edificio. Sulle pareti delle gallerie, dovunque bandiere e drappeggi multicolori inquadrano i ritratti dei grandi antenati della Repubblica, degli illustri presidenti. Un rumore di voci sordo e confuso riempie la grande aula come il rombo dell'Oceano che raccoglie i suoi flutti prima di scatenare la tempesta, mentre dall'alto emergono altri suoni pili distinti e melodiosi: in una galleria al di sopra del podio presidenziale, completamente nascosta dai drappeggi, un'orchestra suona delle arie popolari. Ma ecco che il chairmari del comitato nazionale sale sulla tribuna, batte sul tavolo con il gavcV^ e dichiara aperta la convenzione; dopo di che un ecclesiastico recita una preghiera per chiedere la benedizione celeste sui lavori dell'assemblea. I^'ecclesiastico viene scelto senza distinzione di culto e di setta. La convenzione repubblicana del f896 è stata aperta da un rabbino, f^a preghiera che il mi' iZ un miil'tello che rìctu'cla cnìcllo liei iìarulilDri c c!u- .st)sEÌEui.scc i! c:!ni[Kincllo pre.sidenzialc in uso ncirtiuropa conliiicnlalc.
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nistro del culto recita è di sua composizione; a volte la preghiera supera la banalità ecclesiastica, prendendo un leggero tono di libertà teologica o anche un accento di protesta contro l'ordine sociale e politico esistente"'. Dopo la preghiera la convenzione nomina l'esecutivo provvisorio. Il presidente temporaneo riceve dal presidente del comitato nazionale il gavel e pronuncia un discorso accolto da applausi e grida. E la prima esplosione di entusiasmo della lolla, che si ripeterà fin troppo spesso durante tutta la sessione. La convenzione comincia col formare i suoi t]uattro grandi comitati: di verifica dei poteri, d'organizzazione permanente, del regolamento e del programma o delle risoluzioni, composti da un membro per ogni Stato o Territorio. Quindi si aggiorna ed i comitati si mettono al lavoro per presentare il giorno dopo le loro relazioni. Le relazioni piìi importanti sono quelle del comitato di verifica dei poteri e del comitato delle risoluzioni. Il primo decide tutte le contestazioni relative ai seggi. Queste sono sempre numerose, talvolta singoli delegati si disputano il titolo, talaltra si presentano per uno Stato due delegazioni complete pretendendo ognuna di essere stata debitamente eletta. Queste rivalità non rappresentano L]uasi mai correnti d'opinione diverse, ma scaturiscono unicamente dalla concorrenza di mestiere; la delegazione che verrà ammessa potrà pretendere dei favori presso il goven^o creato dalla convenzione. Come alla convenzione di Stato, il comitato di verifica dei poteri ammette generalmente coloro che sono appoggiati dalla locale organizzazione regolare del partito; se vi sono due delegazioni complete di uno Stato, le riconcilia spesso ammettendole entrambe con un mezzo voto per ogni delegato. Dopo la relazione del comitato dei poteri, quasi sempre ratificata dalla convenzione, si svolge la relazione del comitato d'organizzazione permanente che propone i membri dell'esecutivo permanente. Questo elenco, stabilito del resto in anticipo dal Comitato nazionale, viene accettalo senza opposizione. Il presidente permanente pronuncia un lungo discorso sulla situazione politica, frequentemente e freneticamente interrotto da grida di approvazione che sono, in un certo qual modo, un acconto, offerto dalla folla, sulle urla con le quali accoglierà presto il programma che sta per essere presentato dal comitato delle risoluzioni. Il programma, che è considerato la professione di fede del partito ed il suo programma d'azione, non è in realtà che una farsa, la ' Eccone un campione: « D i o onnipotente, Padre degli uomini e G o v e r n a t o r e dell'universo, guida la .scelta di questa convenzione a f f i n c h é i suoi candidati rappresentino, con il loro c a r a t t e r e e le loro convinzioni, lo spirito della democrazia moderna, di una democrazia progressiva, di una democrazia schierata dalla pai te delle masse contro le classi e d i e cerchi di togliere dalle spalle del popolo il lardello che egli porta a ijrofitto di qualche p r i v i l e g i a t o » .
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farsa principale fra tutti gli atti di questo grande parlamento del partito. I^resenta un lungo elenco di dichiarazioni su omni re scibili et qtnbmdam aliis in materia politica, dove tutti possono trovare ciò che gli conviene, ma dove non vi è niente di im|iortante, nelle intenzioni degli autori di ciuesta prosa così come in quelle cfell'intera convenzione. E un catalogo rivisto ed aggiornato di convenzione in convenzione. Se un nuovo problema comincia ad agitare il paese, se una c]ualsiasi c]uestione, d'ordine non soltanto politico ma sociale o umanitario, preoccupa momentaneamente l'opinione pubblica, il programma si affretta a farsene eco e a mostrare a parole la sollecitudine del partito per la causa in questione. Ad esempio, avendo gli scandali del sistema delle spoglie esasperato l'opinione pubblica e messo all'ordine del giorno la « riforma della pubblica amministrazione », le piattaforme di entrambi i partiti aggiunsero subito un paragrafo energico a favore della riforma, con la quale tutti i delegati in cerca di spoglie ce l'avevano a morte, ed ogni programma futuro affermerà di nuovo la pietosa protesta. Se vi è una questione urgente che richiede una soluzione netta, i redattori del programma si sforzano di formularlo in modo abbastanza ambiguo perché possa prestarsi a interpretazioni diverse; fanno un programma « a cavalcioni » (stmddliiiji). Il lettore ricorderà die t]uesto gioco è nella tradizione delle convenzioni nazionali e conosce il ruolo che questa elusione dei problemi del giorno ha svolto nelle lotte politiche. 11 programma, oggi come ieri, non ha altro scopo che di carpire voti speculando sulla credulità degli elettori. La torma declamatoria cospira a cjuesto effetto insieme all'ambiguità di fondo. Perciò, come indicazione della linea di condotta politica della futura ainministrazione eletta in base ad esso, il programma non lia alcun valore. A questo proposito, è molto piìi importante la lettera di accettazione del candidato adottato dalla convenzione, nella quale egli espone le sue aspirazioni e le sue idee sulle grandi ciuestioni del giorno. 11 [irogramma non ha piti importanza e autorità per il Congresso. IV, Una volta adottato il programma, si chiamano in ordine alfabetico tutti gli Stati perché presentino i loro aspiranti. Quelli che ne hanno rispondono all'invito inviando alla tribuna degli oratori per sostenere i titoli dei loro Jigli favoriti o più, in generale, dei loro preferiti. Questi discorsi, i norninating speeches, sono considerati la delizia della festa. 1^'elogio dell'aspirante che hanno per oggetto, è generalmente magniloquente ed ampolloso, nel tentativo di essere allo stesso tempo persuasivo e toccante. Insiste sulle probabilità specifiche che ha l'aspirante di essere eletto, se viene adottato come candidato; racconta la sua vita, a iniziare dagli anni della giovinezza e dell'infanzia. Se sono stati operosi e duri, tanto meglio, il cuore
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del pubblico ne resterà toccato; se è stato costretto a camminare a piedi nudi, scalzo, è una vera e propria bazza; il popolo, the plaìn people (gli umili, i modesti), riconoscerà in lui onc of thcmsclves (uno di loro), e gli altri parteciperanno a tjuesta sensazione per snobismo democratico. Poiché nella società americana niente colpisce tanto come le umili origini di un uomo arrivato, come la povertà e la miseria che sono ormai solo un ricordo nella vita di un uomo. Quali che siano il vero e proprio rango e la notorietà dell'aspirante, l'oratore che fa il suo elogio non si crede mai tenuto ad avere misura nei termini che adopera per esaltarlo; è una pioggia di epiteti stravaganti e di metafore di una spudoratezza straordinaria. Si ricorre all'opera dei poeti, della mitologia, della storia moderna e di quella romana in particolare. Alla convenzione democratica del 1896, un candidato fu presentato in questi termini: « Noi vi daremo un altro Cicerone, un Cicerone per affrontare un altro Catilina ». Un altro candidato, un farrner dell'Ovest, fu presentato come « c]uesto illustre uomo di Stato e patriota Tiberio Gracco », e l'oratore scongiurava la convenzione di votare per il Gracco americano: « per le ceneri dei vostri padri; per il ricordo dei vostri grandi e venerati morti; per l'amore che portate ai vostri figli; per il dovere che avete verso la posterità, in nome di tutto ciò che è sacro agli uomini ». Nella maggior parte dei casi, gli autori di ciuesti accorati appelli sanno molto bene in anticipo che i loro clienti non hanno la minima possibilità di ottenere la maggioranza della convenzione ed anche tutti i delegati e il pubblico se ne rendono conto, cionondimeno il brano di alta eloquenza viene pronunciato ed ascoltato con convinzione; poiché, proprio come a teatro, se gli attori e gli spettatori non avessero l'aria di credere che « è accaduto», lo spettacolo non sarebbe possibile. E notevole, per la psicologia dell'elettore americano, che dopo piìi di 70 anni dalla data del primo nomìnatìng spcech conosciuto, il genere di eloquenza delle convenzioni nazionali non sia cambiato. Ecco, a titolo di documento, il testo del discorso che tu pronunciato alla convenzione Democratica del 1835, a favore della candidatura di R.M. Johnson alla vicepresidenza: Chi è costui? Se poteste, Signor Presidente, portarvi in questo inoinento nel Far W e s t , trovereste in uno dei suoi verdi ed assolati cam[)i, circondato da strumenti di lavoro, un uomo il cui abbigliamento semplice e modesto, il cui contegno franco, cordiale e senza ostentazione vi direbbero che proviene dal popolo, che ne fa ancora parte e che il suo cuore, con tutti i suoi ricordi, le sue speranze e le sue simpatie, è legato al de.stìno delle masse operose. Ma, Signore, il suo corpo malandato e la sua andatura zoppa vi diranno anche che la storia della sua vita non è soltanto il racconto delle sue azioni generose d'ospitalità o di carità venso i vicini... Quando questa nazione sanguinava da tutti i pori e agonizzava, quando la guen'a devastava con il fuoco e con la spada la vostra frontiera nord-occidentale
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ed il miglior sangue di questo paese era invano spai'so sulle sue pianure, egli abbandonò le sale calde del Congresso i)ei' i venti ghiacciati del C a n a t a ; senza aspettare la convocazione dell'ufliciale l'ecliitatore, l'adunò la cavalleria del suo Stato e, con i suoi coraggiosi volontari, si precipitò sul teatro delle ostilità, deciso a morire o a riparare l'onore nazionale... Signore, il ricordo o l'insieme delle sue gesta non poggia su cronache ammuflite ne su discorsi di Caucus o di convenzioni; le sue gesta sono state proclamate nel tuono delle battaglie vittoriose, sono state scritte sull'armatura distrutta degli invasori della sua patria... La sua gloria, come quella del nostro venerato primo magistrato, si diflonde ovunque, nel deserto come nelle cittìi tumultuose, penetrando nelle vallate lontane, innalzandosi fino alla cima delle montagne e toccando con effetti vivificanti ogni capanna oltre i monti... Si sente una voce venire dalla grande vallata dell'Ovest, da tutte le sue città e le sue campagne. Si .sente una voce venire dall'Est, dal Nord e dal Sud, si sente una voce venire dai campi dei lavoratori, dalle botteghe degli artigiani, dalle assemblee primarie del popolo, dalle convenzioni delle regioni e degli Stati, che chiede con vigore l'elevazione di questo vecchio guerriero, di ciuesto patriota provato ed incorruttibile, di questo dilensore degli infelici e degli oppressi, di questo amico della libertà e dell'uomo. Questo è. Signore, Richard M . Johnson!
Leggiamo ora iin nominathig ipccch isronunciato mezzo secolo dopo. Prendo a caso un discorso pronunciato alla convenzione repubblicana del 1884 a favore di un candidato che avrebbe ottenuto 13 voli su 813: X. è nato nella Carolina del Nord. I la sangue meridionale e, del sole e del cielo del mezzogiorno, la cavalleria generosa di una natura che aborre il cani, l'ipocrisia e la menzogna e soffre della vergogna come del dolore di una piaga. l'rentat|uattro anni fa povero bambino, i piedi nudi, senza un soldo, toccò il rude suolo del Connecticut e respirando l'aria libera, a.scoltando la parola libera e frequentando le libere scuole di questo Stato, pose le basi di un carattere virile e di una vita degna su princìpi lermi quanto le montagne immutabili del Connecticut... I^a luce cruda che si proietta su un candidato alla presidenza penetrerà invano il suo passato, che ne uscirà piìi scintillante della fiamma. L-a sua vita è nobile e le qualità del suo carattere sono assortite in modo tale che la natura potrebbe levarsi e dire all'intero univer.so: « Ecco un uomo! » La sua candidatiu'a affascinerà il popolo, poiché egli è ciò che il popolo ama: l'opera [liù nobile di Dio Onnipotente, un uomo onesto. Una tale candidatura trascinerà tutto, dalle rive battute dalle onde furiose dell'Atlantico fino alla Porta Dorala del Pacifico. Con quest'uomo eletto, in tutto il vigore dell'età e nel pieno possesso delle sue facoltà, con le nostre libere istituzioni ed il nostro dominio imperiale, non avremo più bisogno tli una statua tli Bartholdi eretta all'entrata del porto, torcia nella mano, per rappresentare il nume della libertà d i e illumina il mondo.
Lo stesso genere di eloquenza ha caratterizzato le recenti convenzioni nazionali, lino a quelle del 1908, ma a volte un'altra nota,
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più sobria, si è fatta sentire, e vi sono state pronunciate arringhe di vera eloquenza. Ogni discorso viene interrotto e chiuso da grida frenetiche; siccome si ritiene che diano la misura della popolarità dell'aspirante, che impressionino i delegati, facciano esitare i deboli, determinino a volte gli indecisi, i responsabili della campagna di ogni aspirante provocano queste manifestazioni con una claque pagata, opportunamente distribuita nell'enorme sala. E l'ultimo atto ed il più grandioso del boom organizzato a favore dell'aspirante; nell'aula della convenzione il boom diventa un'apoteosi. Appena il nome dell'aspirante viene pronunciato, i delegati guadagnati alla sua causa e la claque saltano in piedi, lanciano hurrà ed altre grida meno articolate che sono immediatamente riprese da una parte più o meno grande della folla. Questa non domanda di meglio che di far chiasso, ne ha un bisogno quasi fisiologico. E sufficiente che la cltiquc dia il segnale perché essa cada in delirio. Se l'aspirante è un favorito, un uomo molto popolare, che i pronostici mettono al primo posto nella corsa alla presidenza, il delirio raggiunge un'intensità indescrivibile. I.'oratore riesce a malapena a pronunciarne il nome che il suo ritratto, tenuto da parte, viene issato e portato in giro per la sala; tutti sono in piedi, si grida, si urla; si lanciano in aria cappelli, fazzoletti; si sventolano bandierine, ombrelli aperti. Il presidente, con il suo martello, è assolutamente impotente; invano ordina di far musica per riporttire la calma nell'assemblea, inizia un duello tra l'orchestra e la folla urlante; in certi momenti si percepiscono dei suoni di strumenti, che vengono immediatamente coperti dalle urla. Il parossismo è al culmine. Ecco un delegato che si toglie la giacca, la issa su un bastone e, agitandola a due mani, si mette a ballare, ispirandosi probabilmente al re biblico che ballava davanti all'arca. Un altro entusiasta, là, in fondo alla sala, crea lui stesso un precedente, togliendosi le scarpe e agitandole una su un ombrello e l'altra su un bastone. La folla non cede che alla stanchezza, alla spossatezza. Alla fine, il lungo elenco degli elogi è terminato; stanchi dell'eloquenza e snervati dagli enormi sforzi fisici consumati, tutti respirano prima di affrontare le nuove e supreme emozioni che procureranno gli scrutini. V. La votazione dei candidati viene aperta con l'appello nortjinale di ogni Stato, in ordine alfabetico. Il chairman della delegazione dichiara a chi dà i suoi voti. Alle convenzioni democratiche convergono tutti su un unico candidato, che è quello della maggioranza dei delegati iunìt mie). Alle convenzioni repubblicane, dove ogni delegato conserva il diritto di votare secondo le sue preferenze personali, il chahman della delegazione dichiara, eventualmente, più candidati indicando quanti voti sono attribuiti a ciascuno. La mag-
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gìoranza dei voti che un aspirante deve raccogliere per essere proclamato candidato è la maggioranza semplice per i repubblicani, e t]uella dei due terzi per i democratici. Le manovre e gli intrighi relativi alla persona del futuro presidente, che sono stati imessuti da manager e da potenti boss di Stato, possono intrangersi contro la forza dell'opinione pubblica che, a volte, impone alla convenzione il suo candidato con un'istanza inesorabile. Tuttavia, ciuesta pressione diretta dell'opinione pubblica si è, fino ad ora, verificata molto raramente. Al momento dell'apertura dello scrutinio, la situazione è generalmente ancora molto incerta, poiché dipende interatnente da intrighi e manovre che, pur svolgendosi senza sosta, non hanno ancora avuto esito. Perciò, il primo scrutinio non è t]uasi mai decisivo, dà a malapena indicazioni approssimative sulle terze rivali, non serve che a passarle in rassegna. Durante i primi scrutini, la grande preoccupazione degli aspiranti e dei loro sostenitori è di logorare i rivali, soprattutto i favoriti, di mettere fuori combattimento gli aspiranti più importanti, per sgombrare il terreno. Non si fa che battersi, si concedono e si ritirano voti agli aspiranti, si prestano voti per uno scrutinio, li si rendono onestamente allo scrutinio successivo. Da parte loro, i lavoriti, come gli aspiranti di second'ordine, cercano di guadagnarsi i voti degli aspiranti di minore importanza, lo get theìr urcngth. Quando i delegati favorevoli a questi ultimi hanno avuto la certezza, dopo cjualche scrutinio, che i loro candidati non hanno piti speranze, passano, con la coscienza tranquilla, nel campo di un aspirante pila accreditato, Ma è necessario che individuino bene il vincente, che si mettano dalla parte del piìi cwailahle candidate. Conosciamo già le condizioni generali di availahìlity e basta aggiungere che l'aspirante alla presidenza deve riunirle al pili alto livello in tutto ciò che riguarda le viriti negative dell'impiego. Quanto alle altre c|ualità, se l'aspirante gode di una certa popolarità, se è personalmente « magnetico», tanto meglio, sarà una buona carta vincente nel gioco elettorale. Neanche il suo aspetto fisico è di poca importanza. La sua posizione politica, forse molto mediocre, è suscettibile di essere vantaggiosamente compensata da c]uella del suo Stato natale. Se ciuest'ulùmo è uno Stato « incerto », dove i parlili si controbilanciano, non resisterà alla tentazione di vedere uno dei suoi figli portato alla presidenza e darà cjuesta volta la maggioranza al suo partito, maggioranza che sarà forse decisiva per la vittoria del partito in tutta l'Unione c]uando si tratta, ad esempio, di un grande Stato come New York che dispone di 37 voti nel collegio elettorale. Un tale Stato è, di conseguenza, considerato come un pivotal state e il suo aspirante si trova ad essere un candidato availahle. Può benissimo verificarsi, ed è il caso piìi frequente, che dopo
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molti scrutini nessuno dei due favoriti riesca a raccogliere abbastanza voti per ottenere la maggioranza. E il momento per i dark, bona di entrare in Uzza. Non bisogna che anticipino questo moment;o; se avanzano ai primi scrutini per disputare il terreno ai favoriti, corrono il rischio di essere immediatamente gettati a terra senza alcuna possibilità di rialzarsi. I^a loro forza consiste proprio nella qualità di ripiego che possiedono e non potranno farla valere che quando la stanchezza comincerà ad impadronirsi dell'assemblea. Ogni scrutinio è seguito da tutti con ansia estrema. Durante l'appello degli Stati, i seguaci degli aspiranti applaudono e lanciano grida di gioia appena una delegazione dichiara di votare per il loro preferito. Quando viene proclamato il risultato dello scrutinio, è un'esplosione di entusiasmo - che finisce spesso in una contusione colossale - ad accogliere il maggior numero di voti ottenuti da un aspirante. Se agli scrutini seguenti i voti continuano ad aumentare, la folla dei delegati e degli spettatori diviene delirante. Urla più o meno umane, grida liestiali, cappelli gettati in aria, grandi ombrelli rossi aperti, bandiere e gonfaloni sventolati, con frenesia riaprono il pandemonio. Lo stendardo dello Stato dell'aspirante in questione, piantato davanti ai seggi dei suoi delegati, viene strappato; in un batter d'occhio è circondato da stendardi di molti altri Stati che gli rendono omaggio e tutti partono in corteo, tacendo più volte il giro per i corridoi della sala. La seduta è di fatto interrotta. Allo scrutinio successivo, l'eroe di questa manifestazione forse perderà voti e l'astro di un nuovo aspirante splenderà di colpo; con l'incostanza propria delle folle, la convenzione, dimenticando colui che aveva acclamato appena mezz'ora prima, si rivolgerà con frenesia al nuovo favorit;o momentaneo dalla sorte. L'incertezza del risultato finale continua fino allo scrutinio nel quale un aspirante, che ha già una buona votazione, vede passare nel suo campo un importante gruppo di delegati che rinunciano al loro o ai loro aspiranti. Questo cambiamento di fronte, che non tarda a diventare contagioso, costituisce la crhì (the break) e porta al culmine la sovraeccitazione del pubblico. Con i nervi tesi al massimo, il pubblico attende cjuesto momento drammatico dopo il secondo scrutinio ed ogni volta si dice: sarà la volta buona. Appena il break scoppia, tutto il pubblico è come preso da epilessia, batte il parquet con i piedi, urla, gli stendardi vengono pprtati in processione, ecc., secondo i procedimenti che già conosciamo. Il politico la cui influenza ha determinato il break, naturalmente non sarà malvisto dal candidato divenuto presidente, e potrà contare su un'ambasciata o un'altra «cosa buona». A volte lo scrutinio con cui si è prodotta la crisi è l'ultimo, altre volte occorrono ancora uno scrutinio o due per riunire la maggioranza intorno al nome del fortunato vincitore, ma il suo successo
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si accentua ad ogni momento e, prima o dopo, « approderà » (will be laridcd). Quando il trionfo sembra abbastanza certo, una specie di panico si impadronisce dei delegati che avevano votato fino ad allora per altri aspiranti, si precipitano verso il vincitore in una corsa folle, chiamata stampedc. Gli uni dopo gli altri, hanno fretta di rettificare il loro voto dell'istante precedente prima che lo scrutinio sia chiuso. Simili cambiamenti di voto non servono più al vincitore, che ha già una sua maggioranza, ma i delegati, desiderosi di « salire sul suo treno» (to gei in bis «band wagon»), lo fanno lo stesso, nella speranza di crearsi titoli di benemerenza nei riguardi del futuro presidente. Appena il risultato dell'ultimo scrutinio è annunciato, il sostenitore di uno degli aspiranti battuti propone alia convenzione di proclamare il loro fortunato rivale candidato all'unanimità. I^a proposta è accettata ed una confusione colossale, secondo tutte le regole, con la danza degli stendardi, saluta il felice avvenimento; l'orchestra intona il « Salve al Capo » (lìail to the Chìcf) ed il pubblico va in delirio per una mezz'ora aH'incii'ca. Resta ancora, però, da scegliere il candidato alla vicepresidenza. Questo compito non prende molto tempo alla convenzione; non che gli aspiranti alla seconda carica siano meno numerosi, ma perché l'assemblea è già snervata ed inoltre non ha l'abitudine di attribuire molta importanza al posto di vicepresidente, la cui influenza nel governo dell'Unione e nella distribuzione dei posti è nulla. Le convenzioni concedono t]uesto onore ad uno degli aspiranti alla presidenza battuti, come premio di consolazione, o ad un cittadino di una regione diversa da ciucila del candidato adottato per la suprema magistratura. Se t]uesti è di uno Stato dell'Ovest, si dà la vicepresidenza ad un uomo dell'Est. E necessario, se possibile, che c|uesta persona sia, per di più, molto ricca, a man ivìth a band (un uomo col barile), che possa contribuire con una forte somma alle spese della cami^agna elettorale, ed è spesso un compito da milionario. La procedura per la scelta dei candidato alla vicepresiclenza è del tutto simile a c|uella per la presidenza: appello degli Stati, presentazione degli aspiranti con discorsi declamatori in cui appaiono, nello sfavillìo di tutte le glorie, scrutini consecutivi e urla della folla; ma cfueste tradiscono già una certa stanchezza, le braccia si muovono macchinalmente, le voci sono rauche. Infine, dopo una sessione di molti giorni, si è giunti al termine e la convenzione si aggiorna nne die. È finita. Oltrepassata la soglia dell'edificio, si respira con sollievo la leggera brezza che tempera il caldo torrido di luglio, si torna in sé, si riscopre la propria sensibilità, smorzata in mezzo al pandemonio nel cpiale si è vissuti per giorni. Si raccolgono le impressioni e ci si rende conto della gigantesca parodia delle istituzioni popolari alla cjuale si è appena assistito.
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Una folla di gente avida, di funzionari o di cercatori di posti, mascherati da delegati del popolo, con il pretesto di tenere il gran consiglio del partito, si sono dati ad intrighi e manovre il cui oggetto era la suprema magistratura della piìi grande repubblica dei due mondi, la successione dei Washington e dei Jefferson. Con un rispetto rituale delle forme fin nel minimo dettaglio della procedura, hanno fatto finta di deliberare per proclamare delle risoluzioni stabilite in precedenza da un manipolo di tvìre-pullcn nei comitati e nei Caucus privati; hanno pronunciato, come il credo proposto alla devozione del partito, un mucchio di frasi vuote, vaghe, abborracciate da qualche esperto nell'arte del parlare senza dir niente e adottate anche pii^i affrettatamente senza esame e senza convinzione; battendosi il petto, hanno supplicato l'assemblea di adottare degli aspiranti al successo nei quali non avevano la minima fede; hanno votato in pubblico per candidati di cui complottavano la sconfitta. Non obbedendo che al loro proprio interesse e alla paura, hanno subito senza resistere la pressione delle gallerie. Queste gallerie rappresentavano l'opinione popolare; erano composte da una claquc e da una calca in delirio che, in circostanze ordinarie, non potrebbe essere formata che da ospiti di tutti i manicomi del paese, simultaneamente evasi. E tutti i fedeli del partito, dall'Atlantico al Pacifico, hanno il dovere, sotto pena di apostasia, di votare per l'eletto di questa assemblea. Tuttavia, cjuando dallo spettacolo del eguale si è stati appena testimoni si torna indietro col pensiero e si passa in rassegna la stirpe dei presidenti, si constata che se non sono stati tutti dei grandi uomini - lungi da ciò - sono stati tutti uomini onorevoli, e non si può evitare di ripetere il dettcì americano: « Vi è un buon IDio per gii ubriachi, per i bambini e per gli Stati Uniti! ». IVIa, ripensandoci, c'è, naturalmente, in questo mondo, il potere tutelare. Questo potere risiede nel popolo che non voterà per un uomo poco raccomandabile. fi timore del popolo è l'inizio della saggezza dei politici, come vedremo cenando avremo esaminato i loro modi e le loro maniere. Ma cionondimeno, la convenzione nazionale presenta il carattere di uno scandalo pubblico e le ultime convenzioni nazionali, quelle del 1908, l'hanno messo in luce in modo particolare. Perciò, ci si è posti in modo serio il problema di considerare se non tosse il caso di tenere le convenzioni a porte chiuse, ammettendovi soltanto i rappresentanti della stampa.
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Capitolo 4 LA CAMPAGNA ELETTORALE L Quando sulla convenzione cala il sipario, le noniinations fatte dai partiti rivali devono essere sottoposte al popolo sovrano. Fino ad ora il popolo non si è visto, sebbene se ne parlasse molto; tutti lo invocavano, agivano in suo nome, prendevano impegni jier esso, ma tutti cjuesti provenivano cjuasi interamente dalla classe dei politici professionisti. Finora vi è stata una compenetrazione molto più flebile tra l'Organizzazione di partito ed il corpo elettorale di ciuanta ne abbiamo constatata in Inghilterra. Qui l'azione dell'Organizzazione sugli elettori è concentrata negli sforzi spesi durante il breve lasso del periodo elettorale e non è solo una metafora dire che l'Organizzazione dei partiti americani strappa al cor 30 elettorale in un sol colpo il verdetto, in un assalto furioso. Il risu tato non è meno brillante, al contrario; giacché l'esercito assediarne fornito dall'Organizzazione americana è infinitamente superiore alle truppe del Caucm inglese come comando, l'ecliUamento, addestramerìto e disciplina. È il momento di passare in rassegna questp esercito assediante. Cominceremo dal grande stato maggiore. È rappresentato, in primo luogo, dai « comitati nazionali » di ogni partito. Ogni quattro anni, alla convenzione nazionale, la delegazione di ogni Stato e di ogni Territorio nomina un rappresentante al comitato nazionale, che conta, perciò, più di cinquanta membri, 11 suo compito principale consiste nel dirigere la campagna presidenziale in tutta l'Unione. IJopo la fine della campagna, il comitato nazionale cade in letargo per risvegliarsi al termine dei tre anni con l'approssimarsi della convenzione nazionale successiva, che esso convocherà e della quale sarà incaricato tino alla sua costituzione definitiva. Solo il presidente del comitato, il clMivman, può essere considerato un'autorità permanente e, se è una forte personalità, in grado di esercitare un'inHuenza politica. Una tendenza di questo tipo ha i^reso torma durante la presidenza di McKinley. Ma, di solito, il chaìrman nazionale Ila una certa autorità presso il presidente della Repubblica, se è del suo partilo, soprattutto per la distribuzione dei posti. Designato teoricamente dal comitato, il chaìrman è di tatto scelto dal candidato alla presidenza, che è il primo interessato a che la campagna sia condotta da un eccellente comandante. Non è necessario che taccia parte del comitato, può essei'e scelto al di fuori di esso. II chaìrman
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dirige la campagna dal suo c]uartier generale a Chicago o a New York, assistito da un piccolo comitato esecutivo. I membri del comitato nazionale operano d'abitudine sul posto nei loro rispettivi Stati, come dei comandanti di corpo. 11 chaìrman nazionale esercita i poteri di un comandante in capo nei confronti di tutti. Tuttavia, sono il tatto e le altre qualità diplomatiche, che egli deve possedere al pii^i alto livello, che fanno dei suoi poteri una realtà. Va da sé che prima di tutto deve essere un grande organizzatore. Il compito piìi delicato che spetta al chairman, o al chaìrman insieme al tesoriere, è di procurarsi il nerbo della guerra. Fa appello per i fondi ai fedeli del partito, ai clienti del partito, se questo ne ha di particolari, come i manifatturieri che beneficiano della politica protezionistica del partito repubblicano; gli amici intimi del candidato alla presidenza ed alla vicepresidenza non sono i meno sollecitati. Un chaìrman abile, ingegnoso ed energico arriva sempre a riempire la cassa. Ma l'importante è farne buon uso. Come un generale dell'esercito che sceglie i punti strategici per disporre le sue truppe, il chaìrman nazionale distribuisce e concentra sapientemente le sue risorse finanziarie nei diversi punti dell'enorme campo di battaglia elettorale che è l'Unione. I poteri del chaìrman in tutte le questioni di finanza sono discrezionali, non ne rende conto a nessuno. Per giunta, le spese restano segrete, poiché molte di esse non potrebbero sopportare la luce del giorno. Così, almeno era fino alle ultime elezioni presidenziali del 1908. Anche le competenze lecite del comitato nazionale, che consistono principalmente nel condurre su tutto il territorio della Repubblica la campagna oratoria e pubblicistica in favore del ticket del partito, hanno bisogno di forti somme. A fianco del comitato nazionale, ognuno dei due grandi partiti ha un altro comitato centrale, a Washington, il comitato congressuale, composto da membri del Congresso scelti, all'inizio della Legislatura, dai loro correligionari politici della Camera e del Senato. Il comitato congressuale ha il dovere di assicurare il successo dei candidati del partito alle elezioni congressuali. Le preoccupazioni di politica generale gli sono ancora più estranee che al comitato nazionale. Il comitato congressuale interviene attivamente nella campagna elettorale durante gli o f f - y e a r s , vale a dire gli anni in cui le elezioni congressuali, che si tengono ogni due anni, non coincidono con l'elezione presidenziale. Su domanda dei candidati interessati, spedisce loro oratori e «letteratura politica» da distribuire, e anche denaro. All'apertura della campagna presidenziale, mette tutte le sue risorse a disposizione del comitato nazionale, rinunciando alla sua iniziativa personale anche in ciò che riguarda le elezioni con-
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gressuali, poiché neìl'wanno presidenziale» tutte le elezioni sono legate alla sorte della lotta per la presidenza. Le lunzioni che il comitato nazionale svolge in tutta l'Unione vengono esercitate in sottordine in ogni Stato dal comitato di Stato e nelle contee dal comitato di contea. Questa tripla serie di comitati, moltiplicata per il numero delle contee che supera le 2.500, torma tanti raggi che dal centro raggiungono la circonferenza elettorale. L'organico di questi comitati comprende esclusivamente gli ufficiali degli eserciti delle Organizzazioni, dagli ufficiali generali tino agli ufficiali subalterni. Al di sotto di loro si dispiegano i grandi battaglioni dei soldati e dei sottoufficiali incjuadrati nei comitati locali. Il totale di c]ueste truppe, sommando tutti i partiti, potrebbe essere stimato, in modo del tutto approssimativo, dai 900.000 ad un milione di uomini, senza contare il corpo ufficiali fornito dai comitati superiori, che non comprende meno di 50.000 persone. Mentre in Inghilterra i militanti delle Associazioni dei partiti sono quasi tutti dei dilettanti, non sono mossi che da considerazioni sentimentali e non subiscono la disciplina che nella misura che sembra loro sufficiente per le esigenze della causa e compatibile con la loro dignità personale, negli Stati Uniti quasi tutti quelli che compongono l'enorme esercito delle Organizzazioni dei partiti sono professionisti rotti al mestiere e spinti dal mutevole sovrano dell'interesse personale. In effetti, sono loro stessi, per la maggior parte, candidati o aspiranti a dei posti o anche in cerca di procurarne a parenti o ad amici. Sono obbligati, per raggiungere il loro scopo, a lavorare per altri candidati del partito, a tutti i livelli della scala, con lo stesso zelo che dispiegherebbero per uno solo di essi, poiché ogni candidatura non è che un atomo, che una linea del ticket del partito che l'elettore medio accetta o respinge in blocco. Votando per Taft come presidente, voterà con lo stesso gesto per i candidati repubblicani alle altre cariche: a quelle di governatore di Stato, congramian. eccetera. Tra tutti i comitati, dal comitato nazionale tino a quello di un punto sperduto del Far West, si stabilisce, di conseguenza, una cooperazione fondata sulla pii^! stretta solidarietà di interesse. Questo esercito costituisce la macchina regolare e permanente dell'Organizzazione. Aumenta, durante la campagna, per la presenza di numerosi volontari, che si dividono in tre categorie: una è composta da umili servitori ingaggiati dai comitati e pagati a cottimo; la seconda è anch'essa formata da singoli collaboratori, ma spinti dalla devozione al partito, dall'entusiasmo per la causa; e, infine, la terza categoria comprende volontari costituiti in corpi, milizie organizzate per la circostanza. Il tipo pii^i comune di questi corpi di franchi tiratori è tornito dai club.
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II, I club politici americani sono molto diversi dai club inglesi. Per prima cosa, non vi sono in America club centrali di partito, come il Cariton o il National Liberal Club a Londra; l'organizzazione federativa degli Stati Uniti e la mancanza di una capitale, ovviamente, vi si oppongono. Inoltre, i club politici permanenti non sono negli Stati Uniti né numerosi né influenti. A New York, a Filadelfia ed in molti altri centri importanti vi sono grandi club di partito, ma sono pili mondani che politici e, come tutti i club americani, sono meno democratici di quelli inglesi. L'assenza di una nobiltà, di una classe superiore, creata per legge o riconosciuta dalle usanze, è supplita in alcune città americane da consorterie che costituiscono circoli chiusi. Non vi si entra che dando prova del proprio valore o di ciò che viene riconosciuto come tale. Questa tendenza all'esclusivismo sociale non ha risparmiato i grandi club politici. Ma con tutto ciò, sono molto meno omogenei dei club inglesi dal punto di vista delle idee politiche, perché le considerazioni sociali occupano un posto troppo grande nel reclutamento e soprattutto perché i loro membri cambiano sempre più frecjuentemente di partito, sempre restando membri del club. Infine, le relazioni sociali negli Stati Uniti, quantunque a volte odiosamente strette. Sono superiiciali e, nella vita caleidoscopica degli Americani, mancano della stabilità che gli darebbe la forza di un cemento politico. A fianco di questi club politici, che si differenziano poco dai non politici, ve ne sono altri, in molte grandi città, di tipo meno eletto, i cui membri sono quasi tutti uomini politici e, per la maggior parte, politici di bassa lega. Oltre che dai mercenari della politica, dai loorkers, non sono frequentati che da coloro che comprano la loro influenza, come gli imprenditori di lavori |3ubblici e i fornitori delle amministrazioni. Il piìi illustre di questi club, se co.sì ci si può esprimere, è il club democratico di Tammany Hall, a New York, I club dei politici cercano anch'essi, come le A.ssociazioni di partito inglesi, di riunire la politica ed il piacere, organizzando d'inverno balli, e gite d'estate, ma, anche in c]uesti casi, i politici restano tra loro senza attirare la massa del corpo elettorale, come invece avviene in Inghilterra. Negli ultimi anni del XIX secolo sono stati fatti tentativi per estendere la rete dei club permanenti e allargare un po' il loro reclutamento, I repubblicani e i democratici hanno fondato dei club popolari in tutti i punti del territorio e li hanno riuniti in federazioni nazionali. Ma la maggior parte di cjuesti club non hanno che un'esistenza nominale, a malapena un club su cento ha la sua sede: generalmente si affitta una sala per la circostanza e le riunioni sono molto rare, I membri dei club sono in gran parte cercatori di posti o giovani attratti dalle qualifiche di presidente, di
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vicepresidente e di altre cariche che i club mettono a disposizione della loro giovanile vanità. Esistono, tuttavia, dei club permanenti, e sono molto numerosi, che, senza j^ortare ciuesto nome e senza avere alcun rapporto apparente con la politica, esercitano un'influenza elettorale notevolissima. Sono le bettole, soprattutto nelle grandi città, dove gli uomini del popolo formano la loro opinione su tutte le cose, sotto gli auspici del bettoliere che è la loro guida, il loro direttore di coscienza. Le Organizzazioni di partito ed i candidati hanno nei bettolieri i collaboratori piìi preziosi per manipolare la materia elettorale. Naturalmente, le bettole non ospitano che la feccia della popolazione. f^er mettere le mani sugli elettori degli strati superiori, gli organizzatori elettorali suppliscono al debole sviluppo dei club politici permanenti con dei club temporanei creati per la durata della campagna. Questi cmnpaign clnbs sono composti da cittadini che in tempi ordinari non si interessano molto o non si interessano affatto alla politica. La grande scadenza dell'elezione presidenziale gli ricorda il dovere civico e ottemperano devotamente a c|uesto appello sacro e si irreggimentano in un club che porta i colori del loro partito o del suo candidato alla presidenza della Repubblica. IDurante i due o tre mesi che durerà la campagna si riuniscono c|uasi tutte le sere, ascoltano discorsi che esaltano il candidato, cantano canti politici, si riempiono d'entusiasmo per il ticket del partito e diffondono intorno ad essi c]uesto entusiasmo, nel cluli e fuori. Questo mutuo addestramento si compie tanto più facilmente in cjuanto molto spesso non sono delle aggregazioni fortuite di elementi riuniti a caso, ma dei raggruppamenti riuniti secondo affinità più o meno naturali, come la comunanza di occuiiazione, di razza, di religione. Tra i catrh paign clubs vi è una specie [iarticolare - i niarchìng cliibs (club ambulanti) - che hanno l'incarico di andare in corteo e di fare chiasso per le strade e sulle piazze pubbliche, in onore del partito e dei suoi candidati. Abbiamo già incontrato simili club nella città dove si teneva la convenzione nazionale; vi facevano della propaganda ginnica e vocale a favore degli aspiranti alla presidenza. 1-,'utilità che c|uesti club presentano per i partiti è duplice: contribuiscono potentemente a mantenere vivo r « entusiasmo » e inducono ad arruolarsi sotto le loro bandiere i giovani elettori attratti dalla loro organizzazione quasi militare; i membri portano un'uniforme speciale ed hanno vari gl'adi, capitano, colonnello, eccetera. In questi ultimi anni la manìa dei campaign clnbs ha conquistato le scuole, i collcges. Quasi in ogni college o università si formano, per la durata della campagna, club di studenti che danno il loro aiuto ai partiti, con la parola o con altre forme di propaganda. Il numero degli elettori arruolato nei campaign clnbs è certa-
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mente notevolissimo; non potrà essere inferiore ad un milione e mezzo o due milioni. Se si aggiungono a queste milizie volontarie i combattenti ingaggiati al soldo, si otterrà in tutto, con l'esercito regolare delle Organizzazioni di partito, l'enorme totale di quattro milioni di militanti su una popolazione elettorale di 16 18.000.000. Vale a dire che vi è un militante, impegnato nella lotta anima e corpo, su quattro o cinciue elettori. III. E le donne? Il grande ruolo di ausiliarie delle Organizzazioni regolari di partito che il lettore ha visto assumere dalle donne in Inghilterra, non ha il suo corrispettivo negli Stati Uniti? Conoscendo la condizione eccezionalmente indipendente delle donne al di là dell'Atlantico, ci si aspetterebbe che siano impegnate nella politica militante con anche maggior ardore. In realtà, non è co.sl. Procedendo, da più di mezzo secolo, di conquista in conquista nell'ambito sociale, le donne americane sono rimaste al di fuori dell'ordinamento politico, sia perché loro stesse non hanno manifestato un desiderio abbastanza forte di entrarvi, sia a causa della resistenza opposta dagli uomini. Le rivendicazioni organizzate dei «diritti delle donne» erano pur cominciate negli Stati Uniti più presto che in Inghilterra, verso la fine della prima metà del XIX secolo, ma non incontravano che indifferenza e ostilità. Fino a c[uel giorno, è a malapena in qualche Stato rudimentale del Far West (Wyoming, Utah, Colorado, Idaho, Washington) che le donne hanno ottenuto i diritti politici e in un sesto Stato dell'Ovest (Kansas) i diritti di elettori comunali, mentre in Inghilterra le donne vengono ammesse, nell'intero paese, a votare in tutte le elezioni locali. La questione del suffragio delle donne è portata dai suoi sostenitori con tenacia, di anno in anno, dinanzi alle varie Legislature di Stato, ma è invariabilmente respinta, sia dall'una o dall'altra Camera della Legislatura, sia, quando si è riusciti a strappargli il voto e l'assenso dell'esecutivo, dal popolo, che deve ratificare i cambiamenti costituzionali. Invece, nell'ambito non politico, l'opinione pubblica ed il legislatore si sono mostrati molto piìi disposti a dare spazio alle donne: gli hanno riconosciuto gradualmente il diritto di seguire le vocazioni e di esercitare le professioni che volevano, fino a quella di avvocato e persino di ministro del culto in alcune Chiese; hanno rilevato le disuguaglianze tradizionali nella condizione civile della donna e soprattutto della donna sposata. Nella vita sociale, era già superiore all'uomo, da lui circondata di una deferenza eccezionale, che sprigiona un vago profumo di cavalleria medievale. Risparmiando accuratamente alla donna, nelle classi agiate, od anche appena agiate, finanche la conoscenza delle preoccupazioni relative alla lotta per l'esistenza, prendendo su di sé tutti i carichi e tutti i pensieri, Tuo-
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mo le assicura del tempo libero che lei sa spesso come riempire dedicandosi a coltivare lo spirito. Le donne portate all'azione trovano un nobile impiego alle loro capacità nei movimenti morali e filantropici dove rendono servizi considerevoli. La «politica pratica» è l'ultimo oggetto che tenta la loro ambizione; è stata resa troppo spregevole dalle machina e dai boss. Nei cinc]ue Stati nei quali le donne godono del voto, prendono parte più o meno grande, piuttosto meno grande, alle lotte elettorali. Nel resto dell'Unione, non vi sono stati, fino a c]uesti ultimi tempi, che esempi isolati di loro interventi nella vita politica. Si può citare nei vecchi partiti qualche caso di donne delegate alla convenzione nel Far West. Durante le campagne elettorali non si incontravano affatto donne che facessero il canvim. Non parlavano neanche nei meeting, tranne che nell'Ovest, dove la donna che affrontava la tribuna non scandalizzava la buona gente della nuova contrada; e più ci si allontanava dall'Iist, meno il caso era raro. La campagna presidenziale del 1896 ha introdotto, sotto questo aspetto, dei cambiamenti abbastanza importanti. Nell'Est come nell'Ovest, molte donne divennero oratori in riunioni elettorali. In molti luoghi, le donne, come gli uomini, si organizzarono in carnpcùgn clubs. Sembra anche die fossero formati dei marchìng cluhs composti da donne e che cpieste svolgessero manovre militari per le strade con la precisione di veterani. IDopo questa celebre campagna, la parte delle donne nelle lotte elettorali è aumentata, ma non ancora in misura considerevole. Si sono formati dei club femminili per la durata delia campagna, vi è anche una Lega di club repubblicani di donne. I^e donne fanno un po' di canvass e distribuiscono della «letteratura». Alle ultitne elezioni presidenziali, nel 1908, organizzarono, a New York e a 13oston, dei meeting con oratori del pro|3rio sesso. Molto più importante è il ruolo che le donne svolgono nei « terzi partiti », reclutati fra le classi sociali per così dire speciali, come i proibizionisti e i socialisti. I! partito proibizionista, che è piuttosto un'organizzazione filantro]5Ìca avente per fine la soppressione della vendita delle bevande alcoliche, fu il primo a incoraggiare la collaborazione delle donne. Nelle loro convenzioni, si incontravano costantemente delle donne delegate. I socialisti, che sono appena venuti alla ribalta della politica americana, contano molte donne tra i loro militanti. Mentre l'enorme maggioranza delle donne si teneva a distanza dai partiti politici, molte iniziarono ad avere un ruolo notevole nell'azione pubblica al di luori dei partiti od anche in opposizione ai partiti regolari. La jirofonda corruzione che i partiti hanno portato nella vita pubblica suscita sempre più dei tentativi per sloggiarli, in particolare per allontanarli dall'amministrazione comunale, che hanno contaminato di più e con la quale la politica di partito ha meno
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rapporti legittimi. Obbedendo agli stessi sentimenti che le avevano portate all'azione sociale in campo filantropico, molte donne sono scese nell'arena per combattere a favore del risanamento della vita comunale; costituiscono anche, a questo scopo, delle organizzazioni speciali e prendono parte attiva alle campagne elettorali. Allo stesso tempo, le donne danno prova di molta energia per migliorare le condizioni sanitarie, si occupano del problema degli alloggi operai, dei parchi e degli spazi per il tempo libero. Organizzate in tutta l'Unione in club e in federazioni di club, cercano, con l'azione comune, di seguire da vicino e di influenzare l'opera delle Legislature relativa alle condizioni di lavoro di donne e bambini, ottengono leggi e regolamenti migliori in cjuesti campi come anche per le scuole, eccetera. E questa influenza che le donne esercitano sulla legislazione è in costante aumento. IV. Questo per ciò che riguarda i contingenti dell'Organizzazione di partito e le sue truppe di volontari. I contingenti da affrontare, quelli degli elettori, sono determinati, come in Inghilterra, con la registmtion, che negli Stati Uniti è molto meno complicata. Ciò non dipende soltanto dalla circostanza che i titoli richiesti per essere elettore in Inghilterra sono molteplici, di origine e di natura diverse, mentre negli Stati Uniti predomina il suffragio degli adulti, puro e semplice. In molti Stati dell'Unione il diritto di voto è sottoposto a còndizioni piìi numerose che in parecchi paesi europei a suffragio universale'. Un'altra ragione è data dalla differente concezione del diritto di voto nella democrazia americana e nella madrepatria. La legislazione inglese in mateiia esprime la concezione tradizionale che considera il voto come un privilegio; nelle leggi americane appare piuttosto come un diritto naturale. La legge e la giurisprudenza inglesi circondano l'iscrizione nelle liste elettorali di molte restrizioni e formalità, per cui l'elettore è alquanto ostacolato nel godere del proprio diritto; negli Stati Uniti la legge si preoccupa di ' Oltre alle condizioni generali di età e di re.sidenza, alcuni S t a t i , come il MassacÌ!U.setts, la Pensilvania e la maggior p a r i e degli Stati del S u d , esigono il pagamento di una tassa di captazione (poli tax) o di tasse comunali; il Rhode Island non amm e t t e ai voto comunale che i contribuenti titolari di beni jier un valore minimo di 134 dollari; la C o s t i t u z i o n e del Connecticut decreta un censo intellettuale e morale;