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Italian Pages 424 Year 1993
collana LA BIBBIA NELLA STORIA diretta da Giuseppe Barbaglio
La collana si caratterizza per una lettura rigorosamente storica delle Scritture sacre , ebraiche e cristiane . A questo scopo , i libri biblici , oltre che come documenti di fede , saranno presentati come espressione di determina ti ambienti storico-culturali, punti di arrivo di un lungo cammino di espe rienze significative e di vive tradizioni , testi incessantemente riletti e re interpretati da ebrei e da cristiani . Si presuppone che la religione biblica sia essenzialmente legata a una storia e che i suoi libri sacri ne siano, per definizione, le testimonianze scrit te . Più da vicino, ci sembra fecondo criterio interpretativo la comprensione, criticamente vagliata , della Bibbia intesa come frutto della storia di Israele e delle primissime comunità cristiane suscitate dalla fede in Gesù di Nazaret e, insieme , parola sempre di nuovo ascoltata e proclamata d alle generazioni cristiane ed ebraiche dei secoli post-biblici . Il direttore della collana, i collaboratori e l a casa editrice si assumono il preciso impegno di offrire volumi capaci di abbinare all a serietà scientifica un dettato piano e accessibile a un vasto pubblico. Questi i titoli programmati:
l. L'ambiente storico-culturale delle Scritture ebraiche (A. Bonora) 2. Da Mosè a Esdra. I libri storici dell'antico Israele (E. Cortese : 1985)
3. 4. 5. 6. 7.
8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15 .
(G . Savoca: 1985)
I profeti d'Israele: voce del Dio vivente I sapienti di Israele
(G. Ravasi)
I canti di Israele. Pregh1era e vita di un popolo (G. La letteratura intertestamentaria (M. Cimosa: 1992) L'ambiente storico-culturale delle origini cristiane. ragionata
(R. Penna: 31991)
Le prime comunità cristiane
Una documentazioM
(V. Fusco)
La teologia di Paolo (G. B arbaglio) Evangelo e Vang eli. Quattro evang elisti, natari (G. Segalla: 1993) Gesù di Nazaret
Ravasi: 1986)
quattro Vangeli, qUIIIIii'O � '
(G. B arbaglio)
Gli scritti della tradizione paolina
(R. Fabris)
Omelie e catechesi cristiane nel I secolo (G. Man coni) L'apocalittica cristiana del I secolo (U. Vanni) La Bibbia nell'antichità cristiana (a cura l. Da Gesù a Origene (1993) II . Dagli scolari di Origene al V secolo
di E. Norelli)
I6. La Bibbia nel Medioevo (a cura di G. Cremascoli - C. Leonardi) 17. La Bibbia nell'epoca moderna e contemporanea (a cura di R. Fabris:
18.
1992)
La lettura ebraica delle Scritture
(S.J. Sierra)
LA BffiBIA
NELL'ANTICHITÀ CRISTIANA l. Da Gesù a Origene
a cura di ENRICO NORELLI
EDIZIONI DEHONIANE BOLOGNA
©
1993
ISBN
Centro Editoriale Oehoniano Via Nosadella, 6 40123 Bologna -
88-10-40258-8
Stampa:
Grafiche Dehoniane, Bologna
1 993
Abbreviazioni
;
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Abhandlungen zum
ACJD
christlich-judischen Dialog des Spatjudentums und Ur
Arbeiten zur Geschichte
AGSU
christentums
A cta j utl andica
AJut
A M NSU
Arbeiten und
Mitteilungen
aus dem neutestamentli
chen Seminar zu Uppsala
AnBib
Analecta biblica
ANRW
Aufstieg und Niedergang der ròmischen Welt
ASE
Annali
Anton.
Antonianum
ASeig n
di
storia dell'esegesi
Assemblées
ASNU
du
Seigneur
Acta seminarii neotestamentici upsaliensis
AThANT
Abhandlungen zur Theologie des Alten und Neuen
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Augustinianum
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Acta U niversitatis upsaliensis
BFC hTh
Beitr age zur Fòrderung
Testaments
BET h L
Bib lio theca ephemeridum theologicarum lovanien si um
Bib
Biblica
BiLe
Bibel und Leben
Bulletin of the John Rylands library
BJRL
Bulletin de Iittérature ecclésiastique
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Biblioteca patristica
BP BTh BU
Theologie
Bi ble today
BibTod
BT
christlicher
Beitr age zur histori schen Theologie
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BVC BWANT'�·r
(Paris-Tournai) ( Gòttingen) Biblische Untersuchungen Bible et vie chrétienne Beitr age zur Wissenschaft vom Alten und Neuen Te stament Bibliothèque de théologie Bibli otheca theolog i ca
5
Beihefte zur Zeitschrift fiir die neutestamentliche
BZNW
Wissenschaft CB.NT
Coniectanea biblica, New Testament series
CBFV
Cahiers bibliques de Foi et vie
CBQ
Catholic biblica} quarterly
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Corpus christianorum. Series graeca
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Corpus christianorum. Series latina
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Coniectanea neotestamentica
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CSCL
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Collana di testi patristici
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Calwer Hefte zur Forderung biblischen Glaubens
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Dizionario patristico e di antichità cristiane Études d'histoire et de philosophie religieuses
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Evangelisch-katholischer Kommentar zum NT
und christlichen Lebens
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ET
Expository times É tudes bibliques
EtB EThL
Ephemerides theologicae lovanienses
EThSt
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EvTh
Evangelische Theologie
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Filologia neotestamentica
FRLANT
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Forschung zur Bibel
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Grande lessico del Nuovo Testamento
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Int
Interpretation
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Journal of biblical literature
JETS
Journal of the evangelica} theological society Journal of the study of judaism in the persian, helleni.T
JSJ
- .., stic and roman period
JSNT JSNT.SS
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��$ Joumal for the study of the New Testament ·
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JSSt
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JThS
Journal of theological studies
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NT
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Patrologia orientalis
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Restoration quarterly
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Ricerche storico bibliche
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SBF SBL.SP
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Society of biblica) literature. Seminar papers
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Stuttgarter Bibelstudien
SBT ScC
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Sources chrétiennes
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Studi e materiali di storia delle religioni 7
SN
Studia neotestamentica
SNTS.MS
Studiorum NT societas. Monograph series
SNTU
Studien zum NT und seiner Umwelt
StANT
Studien zum Alten und Neuen Testament
STDJ
Studies on the texts of the Desert of Judah
StEv
Studia evangelica
STh
ToMMASo o'AQUINO,
StNT
Studien zum NT
StPat
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Studi e testi
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Studien zur Umwelt des Neuen
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Th Ex
Theologisceh Existenz Heute. NF
ThGl
Theologie und Glaube
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Theologische Rundschau
Testament
ThWNT
Theologisches Worterbuch zum Neuen Testament
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Theology
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christlichen Literatur
Vig.Chr.
Vigiliae christ ia nae
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Wissenschaftliche Untersuchungen zum Neuen Te stament
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ZKG
Zeitschrift fiir Kirchengeschichte
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Zeitschrift fiir katholische Theologie
ZNW
Zeitschrift fiir die neutestamentliche
[ und
Wissenschaft
die Kunde der iilteren Kirche]
ZThK
Zeitschrfit fiir Theologie und Kirche
ZWTh
Zeitschrift fiir Wissenschaftliche Theologie
Introduzione La Bibbia come problema alle origini del cristianesimo Enrico Norelli
Che la storia dell'esegesi biblica non sia un esercizio erudito, è oggi un'acquisizione consolidata. Benché il cristianesimo alle origini non fosse (lo ripeteremo ancora) una religione del libro, ma dell'in contro con Gesù vivente, nell'esperienza dello Spirito, la compren sione del senso di tale incontro, e delle conseguenze che ne deriva vano, aveva come punto
di
riferimento essenziale le Scritture d'I
sraele. Motivi diversi condussero
poi
alla costituzione di un canone
in cui le Scritture ebraiche si affiancavano a scritti cristiani che dove vano trasmettere il messaggio di Gesù e definire lo spazio e i criteri della vita di fede dei credenti nelle comunità cristiane. Queste ulti me hanno dunque continuato a vivere e a pensare la propria fede in
riferimento a quel corpus di Scritture sacre, che ha fornito di volta in volta categorie ai teologi, materiale per la liturgia, precetti e para digmi etici, impulso ai santi, ispirazione agli artisti, ma anche pezze d'appoggio a ogni genere di politiche ecclesiastiche. Gerhard Ebe ling, in un saggio celebre e suggestivo, ha potuto descrivere la storia delle chiesa come storia dell'interpretazione della Scrittura. 1 In generale, la linguistica testuale ha affinato l'analisi del testo come componente linguistica di un processo di comunicazione, ciò che obbliga a tener conto dell'universo di rappresentazioni disponi bile al fruitore di un testo come di una delle condizioni della costitu zione del senso; d'altronde, la teoria letteraria ha rivolto sempre più
la sua attenzione al ruolo del lettore come interprete.2 Accogliendo
1 G. EBELING, , in Précis de littérature comparée, diretto da P. BRu NEL- Y. CHEVREL Paris 1989, 177-214. Si veda anche U. Eco, Lector in fabula , Mila no 1979. 3 Si possono vedere le riflessioni di U. Luz nel primo volume del medesimo commento: Das Evangelium n a ch Matthiius, l. Teilband: Mt 1-7, 21989, 78-82. Sulla ricezione cf. inoltre il c. 9 di K. BERGER, Exeges e des Neuen Testaments. Neue Wege vom Text zur A us/egung, Heidelberg 31991. � Basterà richiamare l'esempio classico della pericope dell'adultera (Gv 7,538,11). La tradizione manoscritta dimostra che essa non apparteneva in origine al van gelo di Giovanni, al quale fu aggiunta probabilmente nel Il secolo. Mentre nell'edi zione critica di NESTLE (- ALANO), fino alla venticinquesima, essa era relegata in ap parato, nel «testo standard>> della ventiseiesima edizione figura nel testo, tra doppia parentesi quadra, per segnalare che si tratta di una pericope certo non appartenente al testo originario, ma che non la si è relegata in apparato «a causa della sua età molto antica, della sua tradizione e della sua dignità» (p. 7* dell'Introduzione). Ma in altre edizioni la pericope ha subìto diversa sorte: in quella di WESTcorr- HoRT (1881), per ese mpio, si trova alla fine di Gv, dove la situano numerosi manoscritti. Analogo è il caso della finale lunga di Mc (16,9-20), anch'essa in doppie parentesi quadre presso NESTLE- ALANo26: sicuramente è un'aggiunta posteriore alla più antica forma del te sto trasmessa nei manoscritti. Diverso , ma pure istruttivo per le nostre riflessioni , il caso di Gv 21: il capitolo non manca in alcun manoscritto (non potrebbe dunque , per esempio, essere messo tra doppie parentesi quadre), ma la critica letteraria assicura che si tratta di un'aggiunta posteriore al Vangelo. Nei primi due casi citati, lo svilup po testuale si situa dunque all'interno della tradizione manoscritta disponibile, nel
lO
valore permanent e del metodo storico-critico , spesso accusato di to gliere l'anima al testo quando lo seziona a11a ricerca deJle fonti e de gli stadi di composizione , sta nella possibilità, che esso fornisce, d'integrare il testo in una storia di uomini , de11a quale anche noi sia mo parte . Ora, questa storia non si è arrestata al momento in cui la costituzione di un canone ha «bloccato» la forma linguistica del te sto: quest'ultimo ha continuato a funzionare in processi di comuni cazione. E anche se le parole non ne fossero state p iù cambiate (il che è tutto da verificare , e in certi casi precisamente non è vero : si veda per esempio , in questo volume , il capitolo sui testimonia bibli ci) , il modo in cui le citazioni sono state di volta in volta ritagliate, combinate e accostate tra loro, o la maniera in cui per esempio si fa aJlusione contemporaneamente a due o anche più passi biblici che in una certa tradizione «viaggiano» insieme, tutto questo rende attenti al fatto che il testo biblico ha continuato a vivere. Si comprende dunque che l'opera La Bibbia nella storia, dedicata al «farsi» dei te sti biblici nella loro dinamica storica, si concluda con dei volumi con sacrati all'uso dei testi già divenuti Scrittura sacra , nella tradizione cristiana e in que1Ja ebraica. 5 II presente volume non è una storia dell 'uso de11e Scritture solo presso i «Padri» , cioè presso gli autori cristiani che non appartengo-
terzo, i nvece , anteriormente ad essa, ed è sicuramente più antico. Ma in tutti e tre gli esempi è legittima la domanda: qual è il testo «originale» del Vangelo? La risposta di pende dal senso che diamo al termine «Originale»: la stesura più antica? la forma più antica trasmessa nei manoscritti? la forma divenuta canonica? In ogni caso, possiamo toccare con mano il divenire dei testi biblici , e la difficoltà di «fissare>> uno stato del testo. Si aggiunga però che questo non significa l'anarchia: in realtà, come mostra la storia delle edizioni moderne del Nuovo Testamento, il numero delle varianti signifi cative è limitato, il testo è abbastanza «sicuro». Cf. K. ALA NO - B . ALANO, /l testo del Nuovo Testamento, tr. it., Genova 1987, 30-38. 5 L'interesse per la storia dell' esegesi è in crescita. Trascurando studi, spesso ec cellenti , dedicati alla storia dell'esegesi di singoli libri o parti di libri biblici, ricordia mo qui solo alcune iniziative di ampio respiro. Naturalmente la Cambridge History of the Bible, 3 voli., Cambridge 1963-1970; più di recente, la Bible de tous /es temps, Pa ris, B eauchesne, i cui primi volumi riguardano il cristianesimo antico: Le monde grec ancien et la Bible, a cura di CL . MoNOÉSERT, 1984; Le monde latin antique et la Bible, a cura di J. FoNTAI NE e Cii. PIÉTRI, 1 985; S. A ugustin et la Bible, a cura di A.-M. LA BoNNAROIÈRE, 1986. In italiano, la densa trattazione di M. SIM oN Em , Lettera elo alle goria. Un contributo alla storia dell'esegesi patristica , Roma 1985. Un consorzio di uni versità italiane (Torino , Bologna, Firenze, Roma , Bari, Catania) organizza dal 1983 convegni annuali di storia dell'esegesi, i cui atti vedono la luce dal 1984 negli An nali di storia dell'esegesi, Bologna (dal 1990 si hanno ogni anno due convegni e due volumi, dedicati rispettivamente all'esegesi giudaica e cristiana antica e medievale, e a quella moderna e contemporanea). Dal1990 vi si pubblica una «Bibliografia di sto ria dell'esegesi», a cura di P.C. BoRI- L. PERKONE- M. PEScE.
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no al Nuovo Testamento. Gli scritti confluiti in quest'ultimo rappre sentano anzi una parte rilevante della materia di questo volume , ben al di là di un capitolo preliminare . Abbiamo qui ce rcato d'illustrare l'uso delle Scritture nel cristianesimo antico, fondandoci sul presup posto che, al riguardo, non si debbano distinguere gli scritti divenuti canonici dagli altri. 6 Nessuno dei testi entrati nel Nuovo Testamento fu composto con la pretesa che fosse divinamente ispirato, tranne l'Apocalisse di Giovanni ( 1 , 1 ; 22 ,6 . 1 8- 19)- la quale , paradossal mente , restò a lungo, fino al IV secolo , ai margini del canone in Oriente . Il canone del Nuovo Testamento è il punto di arrivo di un processo di fondamentale importanza , anche se a tutt'oggi non defi nitivamente chiarito. Ci si precluderebbe qualunque comprensione storica del cristianesimo ignorando tale processo e il suo risultato, cioè che da un certo periodo in avanti - in pratica la fine del II seco lo , anche se il termine «canone)) sarà applicato alla raccolta solo nel IV - un insieme ben determinato di scritti fu considerato come un corpus di Scritture sacre . Ma, appunto, la canonicità di uno scritto diviene un fattore rilevante per l'interazione tra tale scritto e la tra dizione in cui è portato, solo a partire dal tempo in cui il canone è ri conosciuto come tale . La canonicità è determinante per comprende re la ricezione, in quanto tale testo , divenuto Scrittura , esercita un influsso normativo sulla comunità che lo riconosce come tale , sulla sua attività e sulla sua produzione teologica e letteraria. Viceversa , lo studio del testo in quanto tale , della sua formazione , delle sue in tenzioni e della sua funzione , non terrà conto della sua canonizza zione , in quanto questa non è iscritta , neppure implicitamente , nelle origini del testo stesso, ma lo raggiunge , per cosl dire , durante la sua ricezione e trasmissione , certo imprimendovi un'impronta particola re , la quale tuttavia non cambia la fond amentale indipendenza del testo rispetto alla sua qualità canonica . È chiaro che tale posizione implica delle scelte . In particolare , essa si distingue dall'approccio della cosiddetta «critica canonica», difesa in particolare da B revard S. Childs/ e secondo la quale lo stu dio dei libri appartenenti al Nuovo Testamento deve farsi a partire dalla loro «forma canonica» . Questa non è solo la forma definitiva 6 Il noi di questo capitolo introduttivo è retorico: esso riflette l'opinione del cu ratore del volume, che non è stata previamente discussa con gli altri collaboratori anche se, evidenteme nte, non si esclude affatto l'eventuale accordo di questi ultimi. 1 B.S. CHILDS, Introduction to the Old Testament as Scripture, London 1979; lo., The New Testament as Canon. An lntroduction , London 1 984.
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che essi hanno raggiunto nel canone , ma è tale forma in quar:to ri sultato di un processo inerente appunto alla loro qualità canonica, nel corso del quale sono stati progressivamente staccati dalle contin genze in cui furono composti per acquisire una funzione ecclesiale non condizionata dal tempo e dal luogo del loro uso. La reazione contro un metodo storico-critico che privilegia la dissezione del testo è comprensibile , ma non ha affatto bisogno di generare un approccio il quale - come Childs stesso riconosce - non può essere praticato a fondo che dall'interno della comunità di fede , una condizione oggi a nostro parere inammissibile da chiunque vo glia praticare l'indagine storica . L'approccio di Childs presuppone che l'iter che ha condotto i testi ammessi nel canone ad acquisire la loro forma finale sia specifico dei testi canonici , il che non solo non è provato, ma appare contraddetto dai fatti . L'esempio della redazio ne e della raccolta delle lettere paoline , addotto da Childs, si rivolge contro la sua tesi quando ci si renda conto che , come ha sottolineato di recente David Trobisch,8 il processo editoriale cui le lettere furo no sottoposte era consueto per la pubblicazione degli epistolari anti chi . I noltre , per restare nell'esempio delle lettere paoline , là dove esse furono veramente sottoposte a un processo di redazione in di retto rapporto con la loro funzione canonica , fu nel canone di Mar cione, che probabilmente Childs non si sentirebbe di riconoscere co me il canone della chiesa: ciò dimostra quanto meno che esistevano diverse possibilità alternative di «formare» i testi per includerli in un canone di Scritture. Ancora : altri testi furono sottomessi a elabora zione e trasformazione lungo la storia di comunità credenti , senza per questo divenire canonici : è il caso (per non parlare di testi gno stici) di numerose apocalissi giudaiche , a cominciare dal libro di He noch , di apocalissi cristiane , di scritti normativi (Didaché) , della fonte dei logia di Gesù (Q). In effetti , sia Marco che Q potevano, al lo stesso titolo, essere soppiantati da Matteo e Luca : se questo av venne in un caso e non nell 'altro, è assai dubbio che ciò sia dipeso dall'intrinseca qualità canonica di uno dei due e dall' assenza di tale qualità nell'altro . Ciò che permette di comprendere i testi delle origini cristiane che divennero Scrittura , nonché precisamente le ragioni e la portata della loro inclusione nel canone , è dunque , a nostro parere , proprio 8 D. TROBISCH, Die Entstehung der Paulusbriefsammlung. Studien zu den An fiingen christlicher Publizistik , Freiburg-Gottingen 1 989.
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un'indagine che li consideri, all'origine , sullo stesso piano degli altri scritti cristiani . Per questo, nel presente volume le lettere , i vangeli e l'Apocalisse verranno considerati non nel contesto del Nuovo Testa mento, ma ciascuno nel suo contesto storico , nel quale si è realizzato di volta in volta un uso particolare delle Scritture ebraiche , provoca to da una situazione determinata. Alle origini del cristianesimo sta la figura di Gesù . Per quanto profonda sia stata la trasformazione che ha condotto , dopo la sua morte , dal1a predicazione di Gesù alla predicazione su Gesù, e per quanto sia stata proprio questa svolta che ha fondato il cristianesi mo, la critica storica e la ricerca teologica sono oggi concordi nel sot tolineare l'impossibilità di separare il kerygma della chiesa primiti va , annunziante il Signore risorto , dalla vicenda storica di Gesù , an che se il rapporto tra le due entità resta e resterà problematico.9 Il fatto che abbiamo accesso a Gesù solo attraverso il kerygma non si gnifica l'impossibilità di ritrovare , a partire dalle fonti disponibili, la comprensione che Gesù aveva di Dio e della propria missione , la quale ha condizionato la comprensione che le comunità cristiane delle origini hanno avuto di Gesù , come attesta la tradizione delle sue parole. Le Scritture ebraiche , in quanto portatrici del significato attribuito all'esperienza religiosa d'Israele , costituirono un punto di confronto obbligato non solo per la riflessione dei primi cristiani su Gesù , ma già per l'attività e il messaggio di Gesù stesso, benché Ge sù non derivasse la propria autorità dalla Scrittura e certo la citasse molto meno di quanto appare nei Vangeli. È per questo che il pre-
9 Il grande libro di A. SCHWEITZER, Storia della ricerca sulla vita di Gesù ( 1 913, prima edizione nel 1907 col titolo von Reimarus zu Wrede) , tr. it. , Brescia 1987, ave va constatato in maniera definitiva il fallimento degli sforzi di scrivere una «Vita di Gesù», ripetuti attraverso tutto il XIX secolo. Accettando la te si, elaborata da Johan nes Weiss e dallo stesso Schweitzer, secondo cui Gesù aveva predicato l'avve nto im minente del regno di Dio nel quadro delle attese apocalittiche del suo tempo (e in ciò si era dunque sbagliato), Rudolf Bultmann considerò la predicazione di Gesù non co me parte della teologia del Nuovo Testamento, ma come una delle premesse di essa, appartenente ancora interamente al giudaismo; e, fond andosi sul suo importantissi mo studio della tradizione presinottica, identificò praticamente «Gesù» con lo strato più antico raggiungibile di questa tradizione, che è pur sempre postpasquale: si veda l'introduzi one al suo Gesù ( 1 925), tr. it., Brescia 1 972. Ma è stata la scuola stessa di Bultmann, a cominciare da Ernst Kasemann nel 1 953, a riproporre la ricerca sul Gesù storico come esigenza ineludibile anche della teologia. Su tali sviluppi, nonché sui fondamenti e sui criteri odierni di questa ricerca , si veda J.M. RoBI NSON , Kerygma e Gesù storico, tr. it., Brescia 1977; G. BARBAGLIO [e altri], Conoscenza storica di Gesù. A cquisizioni esegetiche e utilizzazioni nelle cristologie contemporanee, Brescia 1978.
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sente volume si apre con uno studio di Vittorio Fusco sull'uso della Scrittura da parte di Gesù. Gesù di Nazaret e i suoi discepoli riconoscevano l'autorità divina di alcuni scritti : in primo luogo la Torah , cioè i cinque libri attribuiti a Mosè , poi i Profeti , che non comprendevano solamente i quattro «maggiori» e i dodici «minori» che noi designamo con questo termi ne (questi erano i profeti «posteriori»), ma anche i profeti «anterio ri» , cioè Giosuè , Giudici, Samuele , Re . 10 La Torah era certo accet tata come Scrittura sacra verso il 400, i profeti verso il 200. Nel giu daismo postesilico si fece strada, almeno in certi ambienti, la convin zione che l'età dei profeti fosse finita, e che , di conseguenza , non vi fosse più posto per nuovi scritti ispirati. È questa la persuasione espressa verso il lOO a . C . dall' autore di l Maccabei (9 ,27; 14,4 1 ) , mentre , verso l a fine del I secolo d.C. , lo storico ebreo Flavio Giu seppe , nel difendere contro i detrattori l'attendibilità delle Scritture ebraiche anche come documento storico precisa però: «Ma da Arta serse fino al nostro tempo i singoli avvenimenti sono stati sì registra ti per iscritto , però non sono stati considerati altrettanto attendibili dei precedenti , perché non esiste l'esatta successione dei profeti» (Contro A pione l ,41) . Questa affermazione del fariseo Flavio Giu seppe si connette bene con l 'inizio del trattato A bot (entrato nella Mishnah): «Mosè ricevette la Torah dal Sinai e la trasmise a Giosuè, Giosuè agli anziani e gli anziani ai profeti ; e i profeti l'hanno tra smessa agli uomini della grande sinagoga». La grande sinagoga era , secondo questa prospettiva , l'assemblea narrata in Ne 8-10, che la Bibbia situa all'epoca di Artaserse (Ne 2 1 , ); è dunque la tradizione rabbinica che eredita la trasmissione della Legge dagli ultimi profeti (Aggeo, Zaccaria e Malachia). È vero peraltro che la cessazione del la profezia non era affatto universalmente ammessa : secondo la To sefta (Sotah 13) dopo la morte di quegli ultimi profeti lo Spirito San-
10 Non facciamo qui, naturalmente, la storia del canone ebraico . Importante (anche per il canone cristiano dell'Antico Testamento) R. T. BECKWITH, The Old Te
stament Canon of the New Testament Church and its Background in Early Judaism, London 1985. Inoltre Le canon de l'Ancien Testament. Sa formation et son histoire, a cura di J.-D. KAESTLI- 0. WERMELINGER, Genève 1 984. Sulla Bibbia ebraica e il suo uso nel giudaismo e nel cristianesimo antico cf. Mikra. Text, Trans/ation, Reading and /nterpretation ofthe Hebrew Bible in Ancient Judaism and Early Christianity, a cura di M.J. MuLDER- H. SYSLING, (Compendia Rerum ludaicarum ad Novum Te stam�ntum II/l), Assen!Maastricht-Philadelphia, 1 988. Importante anche Le canon des Ecritures. Etudes historiques, exégét iques et systématiques, a cura di C. THEOBALD, Paris 1990.
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to è stato interrotto in Israele, e tuttavia quest'ultimo può «Udire vo ci» , allusione alla Bath Qol , la voce div ina che si fa udire ora solo in maniera discontinua . E la comunità di Qumran crede alla presenza dello Spirito divino nel suo mezzo. Il libro di Daniele , scritto nel 166/165 ma messo sotto il nome di un personaggio ispirato dell'epo ca esilica , poté farsi accettare tra i profeti a Qumran , appunto, non ché dai cristiani e nei manoscritti della versione greca della Bibbia, mentre i farisei lo inserirono verso la fine degli «scritti» , attestando così che la tradizione farisaica conside rava chiuso il gruppo dei pro feti quando D aniele fece la sua comparsa . Quanto agli «scritti» (ke tubim) , essi costituivano un gruppo evidentemente ancora aperto, attestato verso la fine del II secolo a.C. dal traduttore greco del Sira cide (Prologo , vv. 2 . 10.25). Nel canone dei farisei saranno infine ac cettati Ruth , i Salmi , Giobbe , i Proverbi , Qoelet , il Cantico, le La mentazioni , Daniele , Ester, Esdra(/Neemia) e le Cronache ; il Sira cide , scritto in ebraico verso l'inizio del II secolo a . C . , tradotto in greco verso la fine del medesimo secolo, letto in Palestina (mano scritti ne sono stati ritrovati a Qumran e a Masada) , finì col non en-. trarvi . I sadducei ammettevano solo il Pentateuco ; quanto ai samari tani, anch'essi riconoscevano il solo Pentateuco , ma in una recensio ne particolare , che presenta non poche varianti . 11 Gesù convergeva evidentemente con i farisei. Ma fu la missione cristiana di lingua greca , quella degli ellenisti , a divenire decisiva , fin dai primi anni : ed essa adottò la versione gre ca di cui la diaspora giudaica si era munita progressivamente , a par tire dal III secolo a . C. Il suo nome tradizionale di Settanta è legato alla leggenda dei traduttori12 che produssero miracolosamente la versione della Torah ad Alessandria sotto Tolomeo Filadelfo (285246), e che fu propagandata dalla Lettera di Aristea , composta veri similmente nel II secolo a.C. Naturalmente , la storia è più comples sa , e in parte ancora oscura: il Pentateuco fu tradotto certo nel III se colo - questo il nucleo di verità della leggenda -, gli altri libri seguiro-
11 J.D. PuRvls. The Samaritan Pentateuch and the Ortgin of the Samantan Sect, Cambridge (Mass.), 1968. 12 Il cui numero oSCilla invero, nelle fonti antiche, tra 70 e 72: la fonte d'ispira zione della leggenda è probabilmente m Nm 1 1 , dove 70 anziani profetizzano, e poco dopo è detto che profetizzano Eldad e Modad, i quali. secondo alcuni autori antichi, devono essere aggiunti a1 70, producendo coslla c1fra 72. La Lettera di Aristea , che parla di 72 traduttori, menz10na al § 273 «i due in piÙ de1 70», mostrando cosi dJ cono scere una forma della leggenda in cui i tradutton erano 70.
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no a poco a poco , fino al I secolo d . CY La Settanta comprendeva una serie di testi assenti dalla Bibbia e braica: aggiunte a Ester, ai Salmi , a Geremia , a Daniele , nonché i libri seguenti: l Esdra , 1-4 Maccabei , Siracide , Giuditta , Tobia, Salmi di Salomone 14 Questi li bri divennero dunque parte del canone cristiano sin dagli inizi , e so lo alcuni dotti li misero in discussione fino a Lutero . Ciò non toglie che gli autori greci cristiani che utilizzavano la Settanta potessero essere consapevoli di divergenze rispetto al cano ne ebraico. 15 Si è notato che Giustino, intorno alla metà del II seco lo, non usa (nelle opere a noi pervenute) nessun testo estraneo alla Bibbia ebraica , comprese le aggiunte a Geremia ( Baruc) e a Da niele : evidentemente intendeva limitarsi , nella sua dimostrazione mediante le Scritture , ai libri ammessi dai giudei . Verso il 1 60-170, Melitone di Sardi compone le Eclogai, testimonianze su Gesù estrat te dalle Scritture : ce ne resta parte della prefazione diretta a Onesi mo , in cui Melitone afferma di aver voluto rispondere alla preoccu pazione del suo interlocutore di «conoscere con precisione i libri an tichi , il loro numero e il loro ordine», e prosegue : « Recatomi dun que in oriente , ed essendo stato fino al luogo dove fu annunziato e compiuto (il contenuto delle Scritture ) , ed avendo appreso con pre cisione i libri dell'Antico Testamento, ne ho stilato la lista e te la in vio ; eccone i titoli: cinque di Mosè , Genesi , Esodo , Numeri, Leviti co , Deuteronomio ; Gesù di Nave, Giudici , Rut ; quattro dei Re , due dei Paralipomeni; Salmi di Davide , Proverbi di Salomone , detti an che Sapienza ; Ecclesiaste , Cantico dei cantici , Giobbe ; profeti: Isaia, Geremia, i dodici in un solo libro, Daniele, Ezechiele , Esdra. Da questi appunto ho ricavato i miei estratti, distribuendoli in sei li bri» (in Eusebio di Cesarea, Storia ecclesiastica IV,26 , 1 3-14) . Dun que, la consapevolezza dell'esistenza di una Bibbia ebraica non coincidente con quella utilizzata nelle comunità cristiane ha indotto Melitone a questa verifica, la quale ha anche l'effetto di assicurare , presso i cristiani, lo statuto di Scritture sacre per questi libri . D'al=
1 3 Per tutta la problematica relativa alla Settanta è strumento di lavoro indispen sabile M. HARL- G. DoRIVAL - O. MuNNICH, La Bible grecque des Septante. Du ju da�sme hellénistique au christiamsme ancien, Paris 1 988 14 Lista dettagliata d1 G. DoRIVAL nel volume cit. alla nota precedente, 84-85. 15 Sulla formazione del canone cristiano dell'Antico Testamento si veda soprat tutto E. JuNoD, «La formation et la composition de I'Ancien Testament dans l'église grecque des qua tre premiers sJècles», in Le canon de l'Ancien Testament. Sa forma tion et son htstozre, a cura di J.-D. KAESTU- O. WERMELINGER, Genève 1 984 , 105-
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tronde , i cristiani del I e Il secolo hanno citato come Scrittura dei li bri ereditati dai giudei, ma che non sono poi entrati nel canone ebraico quando questo si è chiuso definitivamente . L'esempio più evidente è Henoch . esplicitamente citato in Gd 14 e implicitamente in Gd 6, largamente , benché tacitamente (ma questa utilizzazione tacita riguarda in questo caso tutte le Scritture) impiegato nell'Apo calisse di Giovanni, e in generale assai influente sulla letteratura cri stiana fino al III secolo. 16 Ancora verso il 202 , Tertulliano nel De cu ltu feminarum 1,3,1-3, avendo citato Henoch, polemizza con i giu dei che non l'hanno «nella loro biblioteca>>, difendendone l'autenti cità e l'autorità (anche con l'appello alla lettera di Giuda) e affer mando che i giudei lo respingono a causa delle profezie cristologiche in esso contenute . Clemente Alessandrino , da parte sua , utilizza co me Scrittura non solo Henoch , ma anche il Quarto libro di Esdra , l'Apocalisse di Sofonia , l'Apocalisse di Elia , l'Ascensione di Mosè , e altri ancora . I confini saranno tracciati da Origene . Questi, scri vendo a Giulio Africano, difenderà il contenuto della Settanta con tro il più ristretto canone ebraico , ma terrà al tempo stesso a colla zionare minuziosamente , nei suoi grandiosi Hexapla , il testo ebraico con le sue traduzioni . E se utilizzerà correntemente i deuterocanoni ci (i libri che la Settanta contiene in più) , svilupperà - attingendolo probabilmente, come pensa Junod , al giudaismo alessandrino - il concetto di apocrifi per indicare i libri giudaici esterni anche alla LXX, senza peraltro attribuire mai al termine un significato peggio rativo. Gesù 17 utilizzò dunque le Scritture del giudaismo, che costituiva no l'orizzonte entro il quale si situava il suo messaggio. Ma quest'ul timo faceva saltare il quadro entro il quale erano lette all 'epoca , per ché vi introduceva un elemento radicalmente nuovo e assolutamente centrale : la funzione di Gesù stesso quale inviato ad offrire , in ma niera unica e ultima, il perdono di Dio. Questa possibilità non passa va attraverso un ricorso alle Scritture , ma solo attraverso la sua per sona . Senza dubbio egli ha citato le Scritture meno di quel che la tra dizione gli ha attribuito. La fonte dei logia (Q) , per esempio, conte neva con ogni probabilità il racconto delle tentazioni , dove Gesù e il 16 Si veda la lista dei testi stilata da R.H. CHARLES in The Apocrypha and Pseu depigrapha of the Old Testament in English , Il: Pseudepigrapha, a cura di R.H. CHARLES , Oxford 1 9 1 3 (e ristampe), 180-184. Per il Nuovo Testamento, cf. pure ( an che ver gli altri pseudepigrafi giudaici) l'indice dell'ed. NESTLE- ALANo26, 773-775. 7 Si veda qui sotto il primo saggio di Vittorio Fusco (c. 1).
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diavolo si combattono a colpi di citazioni bibliche (Le 4,1-13 l Mt 4, 1 -11 ) , ma è probabile che questo episodio non appartenesse al più
antico strato di Q, bensì a una forma ulteriore . 18 Gesù non usava la Scrittura per provare le sue affermazioni . La sua autorità gli veniva dal suo rapporto immediato con Dio. Dopo la sua morte e l'espe rienza della resurrezione , per i suoi discepoli l'accesso alla salvezza non passava per le Scritture , ma per la fede in Gesù Signore . Con Hans von Campenhausen si deve ripetere: «Il cristianesimo non è più religione del libro in senso stretto : perché i cristiani credono alla signoria del Cristo vivente e allo Spirito presente» . 19 Ma si poneva ai cristiani il problema di sapere chi fosse Gesù , quale fosse la sua fun zione . Come Gesù si era situato in rapporto alla tradizione religiosa d'I sraele , i suoi primi discepoli lo compresero entro l'orizzonte for nito dalle Scritture : Gesù è l'intervento definitivo di Dio, punto d'arrivo di tutta la storia raccontata e interpretata nelle Scritture ebraiche. Tutta la sua vita e la sua attività vennero rilette entro que sto quadro. Non solo gli furono applicate le profezie già considerate messianiche , ma si ampliò il dossier di queste ultime, a partire dalla tradizione su di lui e in primo luogo sulla sua passione e morte . Tut te le Scritture divennero testimonianza di Cristo , un processo che di viene sistematico con Giustino alla metà del II secolo .20 Considerandosi come la comunità escatologica, i primi cristiani furono convinti che , a partire dalla resurrezione di Gesù , fosse pre sente tra loro quello Spirito divino che- come abbiamo ricordato - il giudaismo considerava assente da Israele fin dal tempo di Esdra (cf. At 2; Gv 20 ,22 ) . La liturgia celebrata nelle comunità paoline si fon dava sulla libera espressione dello Spirito, che costituiva la base per la comprensione delle Scritture . 21 Il cristianesimo ellenistico , che di venne rapidamente il protagonista della missione, si staccò dalle pratiche rituali e dalla circoncisione come segno portatore d'identi tà: l'identità del cristiano era ora definita dall'appartenenza perso nale a Gesù, e non dall'osservanza della Legge . Si creava così una
18 Cf. J.S. KwPPENBORG, The Formation of Q: Trajectories in Ancient Wisdom Collections, Philadelphia 1987. 19 H. voN CAMPENHAUSEN, Die Entstehung der christlichen Bibel, Tiibingen 1968, 5. Quest'opera rimane lo studio migliore sull e origi ni della Bibbia cristiana (fi no alla fine del II secolo); il quadro che tracciamo in queste linee se ne ispira larga
mente. 20 21
Si veda qui sotto il c. 7 . Cf. qui sotto i saggi di
Giuseppe Barbaglio e
Rinaldo Fabris
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19
tensione decisiva . Poiché le Scritture «rendevano testimonianza» a Gesù , non si poteva rinunziarvi , ma al tempo stesso non si poteva più considerarle come l'espressione ultima della Parola di Dio, per ché questa funzione era svolta ora da Gesù . I sinottici , provenienti da comunità ellenistiche di diversa composizione , integrarono nella loro narrazione su Gesù soluzioni diverse . Già Marco presenta Gesù in conflitto con le autorità giudaiche a proposito delle norme rituali , ma non arriva a far respingere da lui queste ultime . Matteo rappre senta il caso chiaro della ricerca dell'equilibrio in una comunità mi sta: nella storia di Gesù si proietta il problema della posizione della comunità nei confronti della Legge e della storia d'lsraele . 22 Matteo mantiene la tensione , ma questa non potrà resistere a lungo . A Roma , alla fine del I secolo, l a lettera d i Clemente a i Corinzi documenta un cristianesimo profondamente radicato nel giudaismo ellenistico, ma dove il problema del valore della Legge non sembra affatto preoccupante ; il richiamo a Paolo (5 ,5-7) non implica alcun riferimento alle sue posizioni verso la Legge , e anche là dove sono evocate le dispute che provocarono la corrispondenza tra Paolo e i corinzi (47 , 1-3) , si allude solo alle proskliseis , le preferenze accorda te all'uno o all'altro degli apostoli . Per Clemente, i giusti dell'Antico Testamento sono , per il cristiano, esempi di fede e di opere al tempo stesso: «Per quale ragione fu benedetto il nostro padre Abramo: non forse perché aveva praticato giustizia e verità mediante la fe de?» (3 1 ,2) . «Guardiamo: tutti i giusti si adornarono di opere buo ne , e il Signore stesso si rallegrò essendosi adornato di buone opere . Avendo dunque tale modello, applichiamoci di buona lena alla sua volontà: con tutte le nostre forze lavoriamo all'opera di giustizia» (33 ,7-8) . Si tratta di una concezione della giustizia ben radicata nel giudaismo. L'uso della Bibbia è costante , ma del tutto analogo a quello dell'omiletica sinagogale: i grandi personaggi dell'Antico Te stamento sono citati come esempi insignì dei difetti dai quali Cle mente invita i corinzi a guardarsi (la gelosia: c. 4; ai cc. 5-6 esempi tratti dalla storia dei cristiani) , o delle virtù che egli raccomanda lo ro: l'obbedienza (Henoch , Noè , Abramo, Lot , Rahab: 9-12) , l'umil-
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Si veda, da ultJmo, U. Luz, «L'évangéliste Matth1eu: un Judéo-chrétien à la croisée des chemins. Réflexions sur le pian narratif du premier évangile>>, in La mé moire et le temps Mélanges offerts a P1erre Bonnard, a cura d1 D. MARGUERAT- J . ZUMSTEIN , Genève 1991, 77-92 .
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tà (oltre al Cristo, c . 16, sono ricordati i profeti , Abramo, Giobbe , Mosè , D avid, cc . 17-18), l a sopportazione delle sofferenze (Daniele e i tre giovani nella fornace , c. 45) , l'umile intercessione (Mosè , c. 53) , e così via . La grande preghiera finale dei cc. 59-61 , che senza dubbio s'ispira alla liturgia roman a , è densa di espressioni tratte dal la Settanta. Ciò che invece manca è l'uso tipologico della Scrittura, cioè l'in terpretazione di fatti e personaggi dell'Antico Testamento come prefigurazioni del Cristo e di circostanze relative alla vicenda della chiesa cristiana . Unica eccezione è l'interpretazione della corda scarlatta di Rahab (Gs 2 , 18) come figura del sangue di Cristo, che avrebbe riscattato tutti coloro che credono e sperano in Dio (12,7): questa tipologia, che si ritroverà in Giustino (Dialogo 1 1 1 3 4 ) e poi spesso in seguito, viene , già a Clemente , da una raccolta di testimo nia cristologici di origine probabilmente palestinese . Ma questo caso unico nulla toglie al fatto che la prospettiva di Clemente sia sostan zialmente altra: egli non contrappone due testamenti , ma suppone una perfetta continuità tra Israele e la chiesa , che gli permette di as sumere senza problemi l'eredità etica del giudaismo (mentre la que stione rituale e la circoncisione sono semplicemente ignorate) . Che lo Spirito abbia parlato di Cristo nell'Antico Testamento (c. 16, con citazione di Is 53 , 1 -12 e Sal 21,7-9), che tutti i profeti abbiano an nunziato la venuta del Cristo (17, l), che anzi Cristo stesso abbia parlato di sé nell'Antico Testamento (22 , 1 ), tutto questo non fa che sottolineare la perfetta continuità . L'amore (agape) praticato dai cristiani non è che la continuazione di «quanti sono stati resi perfetti nell'amore secondo la grazia di Dio>> da Adamo sino al presente (50,3-5) . Questo scritto getta luce sul tipo di cristianesimo romano contro il quale , meno di cinquant'anni dopo , reagirà violentemente Marcione , appellandosi alla radicalità di quel Paolo che a Roma era naturalmente letto, ma , evidentemente , in una prospettiva che sem plicemente ignorava le implicazioni della sua riflessione teologica su Legge e Vangelo . 23 ,
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Agli antipodi di un simile atteggiamento sta Ignazio di Antio chia , nelle lettere a comunità dell'Asia minore composte verso il 23 Sull'uso della Scrittura in Clemente si v eda D. A. HAGNER, The Use of the O Id and the New Testament in Clement of Ro me Leiden 1973; p er un quadro d'insieme, l'mtroduzione di A. JAUBERT alla sua edizione nella collezione Sources chrétiennes: Clément de Rome, Épitre aux corinthiens, Paris 1971, 13-90. ,
21
1 1 5 , sulla via che lo condurrà a subire il martirio a Roma. 24 Esse contengono un numero molto limitato di citazioni veterotestamenta rie , quasi tutte di contenuto etico ( Sal 1 , 3 in Mag 1 3 , 1 ; Pr 3 ,34 in Ef 5 , 3 ; Pr 1 8 , 17 in Mag 1 2 ; Is 52,5 in Tr 8 , 2) ; una sola - e implicita - si applica al Cristo (Is 5 ,26 in Sm 1 , 2 ) , e sembra dipendere da un uso già tradizionale di ls 5 , 26; 49,22; 62, 10 come testimonia cristologici . Ignazio è molto più propenso a citare scritti cristiani , anche se non li considera come Scrittura: conosce una raccolta di lettere paoline comprendente Rm , 1 Cor, Gal , Ef, Fil , Col , lTs, e probabilmente i vangeli di Matteo e Giovann F 5 (la sua teologia è fortemente impron tata a Paolo e Giovanni) . Perché la sua reticenza nei confronti del l'Antico Testamento? È stato autorevolmente proposto di scorgere in questo atteggiamento un «indizio del sospetto , per non dire del l' avversione , che certi ambienti cristiani d'origine pagana nutrivano nei confronti del VT, come riflesso di un atteggiamento fortemente antigiudaizzante» . 26 Va però osservato che tutte le allusioni alla por tata cristologica delle Scritture si trovano in contesti direttamente polemici . «Certi , ignorandolo , lo ( Cristo) rinnegano , anzi sono stati piuttosto rinnegati da lui , essi che sono avvocati deHa morte piuttosto che della verità: essi che né le profezie , né la legge di Mosè hanno potuto persuadere , ma neppure , sinora, il vangelo , né le sof ferenze di ciascuno di noi . . . Conviene dunque che vi teniate lontani da siffatte persone , e che non parliate di loro né in privato né in pub blico , ma che vi atteniate ai profeti , ma particolarmente al vangelo , nel quale ci è mostrata la passione ed è compiuta la resurrezione» (Sm 5 , 1 ; 7 ,2; il verbo finale «è compiuta» sembra alludere al compi mento delle profezie nella resurrezione di Gesù) . Particolarmente chiaro in questo senso un passo della lettera ai filadelfiesi: «Ho sen tito alcuni dire: "Se non lo trovo negli archivi , non credo nel vange lo" . E quando dicevo loro: "È scritto" , mi risposero : "Questa ap punto è la questione"» (Fi/ 8 , 2) . In questo passo molto discusso , gli archivi sembrano designare le Scritture, 27 e il dibattito porta certo =
14 G li argomenti per una datazione delle lettere verso la fine del II secolo , solle vati , con diverse modalità , in particolare da R . JoLY (Le dossier d'lgnace d'Antioche, Bruxelles 1 979) e J . RIUs-CAMPS ( The Four A uthentic Letters of lgnatius, the Martyr, Rom a 1979) , non ci sembrano decisivi ; cf. in particolare CH . MUNIER , > (Horn . 2,38) .
Ciò che permette di discernere tra le pericopi vere e false è la pa rola del vero profeta, annunziato da Mosè stesso , cioè Gesù (Horn. 3 , 49-54) . È questo il senso della parola di Gesù : «Siate buoni cam biavalute» (cf. lTs 5 ,21 ) : Horn. 2,5 1 , 1 ; 3 ,50 ,2. Tale teoria non fu elaborata in funzione antimarcionita , ma si situa piuttosto sulla linea di una critica a certe parti delle Scritture già interna al giudaismo . 43 Gesù assume qui in certo modo la funzione che certi rabbi attribui scono a Elia quando ritornerà nei tempi della fine, quella cioè di chiarire tutte le difficoltà della Legge :"" ma qui la soluzione è radica le , perché si tratta di mostrare quali parti della Legge sono false . Ma questa soluzione non era semplice da adottare: avrebbe aperto la strada a infinite controversie sulla determinazione delle false perico pi. Inoltre , di fatto essa fu adottata da circoli gnostici , come mostra la concezione della diversa origine delle parti della Legge, che la tra dizione delle parole di Gesù permette di distinguere , nella Lettera a Flora di Tolomeo 3 ,8 e passirn. 45 Per la grande chiesa era più sempli ce accogliere integralmente le Scritture ebraiche. La via già indicata da Paolo si rivelò allora come la soluzione : lo Spirito presente oggi nella comunità cristiana consente una nuova , e vera, lettura della Legge , a partire da un criterio nuovo , il suo orien tamento a Cristo . La Bibbia ebraica veniva cosi salvaguardata, ma
43 Sulla dottrina delle false p,ericopi cf. G. STRECKER, Das Judenchristentum in den Pseudoklementinen , Berlin 1 98 1 , 1 66- 187. 44 Cf. P . VoLz , Die Eschatolog1e der judischen Gemeinde im neutestomentlichen Zeitalter nach de n Quellen der rabbinischen, apokalyptischen und apokryphen Litera tur, Tlibingen 1934 (rist . anast . Hildesheim 1966) , 196. 5 4 Cf. in questo volume , c. 8. § 2 . 2 .
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tutto il sistema cambiava di senso , una volta mutati i referenti .46 La comprensione della Scrittura entrava ora in gioco come il vero cam po di battaglia. Nel giudaismo , certe apocalissi e Qumran avevano già posto la questione della comprensione di un senso profondo dei testi canonici sulla base di una rivelazione . Ma nel cristianesimo un avvenimento reale , ben ancorato nella storia, la vita, morte e resur rezione di Gesù , consentiva di ripensare in maniera unitaria, in rife rimento ad esso , l'insieme della tradizione religiosa d'Israele . Così le due parti della Bibbia cristiana si sostenevano a vicenda: servendo alla dimostrazione cristologica (apodeixis è un termine chiave in Giustino) , le Scritture del giudaismo confermavano l' autorità della predicazione cristiana, ma al tempo stesso ricevevano autorità da quel Cristo che , come si cercava di dimostrare , convalidava tutta la tradizione religiosa d'Israele , benché in un senso ben diverso da quelli rappresentati nel giudaismo stesso . Gli scritti cristiani più an tichi incorporarono , nel racconto stesso dei fatti e delle parole di Gesù , i risultati della riflessione retrospettiva sull'Antico Testamen to . Il racconto della storia di Gesù nasceva quindi già solidamente radicato nelle Scritture del giudaismo, senza che peraltro questo fat to oscurasse la coscienza della radicale novità che si era realizzata in Gesù . Lo sviluppo dell'esegesi cristiana era dunque iscritto nelle sue origini. In un primo tempo , una consapevolezza nuova de1la presen za attiva de1lo Spirito nella comunità e della qualità profetica di tutti i credenti rendeva possibile un'interpretazione carismatica delle Scritture che al tempo stesso le modificava per esplicitarne il senso nascosto e ora accessibile grazie alla conoscenza consentita dalla fe de nel Cristo . È il caso della profezia nelle comunità paoline , la qua le, come ha mostrato Gerhard Dautzenberg , si esp rimeva spesso co me interpretazione carismatica delle Scritture .47 E il caso dell'Apo calisse di Giovanni, che integra una grande quantità di allusioni alle Scritture senza una sola citazione esplicita: è una specie di riscrittura della Bibbia a partire da una autocoscienza di profeta destinatario di una rivelazione.48 È, in buona parte , il caso degli elaboratori di testi46 Si può vedere W. SCHENK, «Code-Wandel und christliche ldentitat . Der Ka non des «Neuen Testamenls» als semiotisches Problem», in L inguistica Biblica, 61 ( 1988 , 87- 1 14 . 4 G. DAUTZENBERG , Urchristliche Prophetie. lhre Erforschung, ihre Vorausset zungen im Judentum und ihre Struktur im ersten Korintherbrief, Stuttgart ecc. 1975 . 48 Cf. in questo volume lo studio di Bruno Corsani.
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monia , i quali modificano e combinano le citazioni per metterne in luce il senso cristologico . Ma la rivendicazione stessa della Bibbia giudaica da parte dei cristiani condurrà progressivamente a organiz zare la dimostrazione cristologica non più su florilegi di citazioni e mediante la loro modifica , ma sulla misura dei libri biblici stessi , ri spettandone l'integrità e l'espressione . Si sviluppa così il commento sistematico . Tipico è il caso di Ippolito ,49 che procede per estratti e testimonia (anche apocrifi) nell'Anticristo, ma che produce anche commenti sistematici (Daniele , Cantico dei cantici . . . ) . 50 E la messa in opera in grande stile di una ermeneutica applicabile sistematica mente per ricavare i diversi sensi da ogni libro della Scrittura sarà, naturalmente , l'opera di Origene , che eserciterà un influsso enorme in oriente come (attraverso Rufino e Girolamo) in occidente .51 In occidente , del resto , la riflessione esegetica si era sviluppata e ap profondita con Tertulliano , Cipriano , Lattanzio , Novaziano , che avevano affinato (soprattutto il primo , in polemica con Marcione e con gli gnostici) criteri e metodi, cercando di definire le condizioni dell'interpretazione letterale e allegorica .52 L'epoca successiva vedrà lo sviluppo delle grandi scuole esegetiche , nel segno del confronto e della controversia sulla gigantesca , e spinosa, eredità di Origene .
49 Lasciando da parte la questione dell'unità o meno di autore del corpus degli scritti ippolitei, ci riferiamo qui all'autore dei commenti biblici. 50 Cf. su di lui lo studio di Emanuela Prinzivalli in questo volume . 51 Sul l'esegesi di Origene cf. il capitolo finale del presente volume , di Sandro Leanza. 52 Cf. nel presente volume il saggio di Claudio Moreschini.
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l Gesù e le Scritture di Israele .
Vittorio Fusco
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DIFFICOLTÀ DI RICOSTRUZIONE STORICA
l.
Come ha interpretato le Scritture Gesù? Il suo uso della Bibbia in che cosa si accomuna a quello dei contemporanei , ed in che cosa se ne distingue ? In che senso si può far risalire a Gesù stesso quella che poi sarà la lettura delle Scritture sviluppata dai cristiani? Nella traiettoria che va dall'interpretazione ebraica a quella cristiana , qual è la collocazione che spetta propriamente a Gesù? La risposta a questi interrogativi non è facile . Alle difficoltà sto riografiche , dovute al fatto che gran parte delle citazioni bibliche fu la comunità cristiana a collocarle sulle labbra di Gesù1 , se ne aggiun gono altre forse ancor più pesanti , legate alla tormentata storia dei rapporti fra ebraismo e cristianesimo . I cristiani di origine non giu daica, ben presto maggioranza e poi praticamente totalità nella chie sa, non sempre fedeli a quell'atteggiamento di profonda umiltà nei confronti degli ebrei raccomandata loro da Paolo (Rm 1 1 , 1 3-16) , so no caduti spesso riguardo all'Antico Testamento in due estremi : da un lato quello di una più o meno accentuata svalutazione , che li por tava ad abbandonarlo senza troppi rimpianti nelle mani dei primi proprietari , gli ebrei ; dall'altro , quello della pura e semplice appro priazione cristiana - con correlativa espropriazione degli ebrei - di quel patrimonio prezioso che essi per secoli avrebbero posseduto so lo materialmente , senza nulla veramente comprenderne .2 E questi due atteggiamenti estremi nei confronti dell' AT, il cristianesimo
Per alcuni esempt si rinvia al c. 4 , sui Vangeli e gli Atti. Cf. Barn . 4,6s: « Vi chiedo inoltre . . . di no n diven tare simili a certuni , a ccumu lando i vostri peccati col dire che la nostra alleanza è anche di quelli . È nostra, certo: invece essi l'hanno perduta per sempre già quando Mosè la ricevette . . . » (tr. F. ScoR ZA BARCELLONA, Torino 1975 , 85) . Altn testi m H. DE LUBAC , Storia e Spirito, ( Opera omma 16) , Milano 1 985 , 135s, 146s. Cf. P . C . BoRI, Il vitello d'oro. Le radici della controversia antigiUdaica, (Ricerche italiane 1 ) , Torino 1983. 1
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può essere portato ad attribuirli inconsciamente a Gesù stesso , arri vando in entrambi i casi a raffigurarsi un Gesù talmente «cristiano» da non aver più nulla di ebreo 3 • A loro volta alcuni studiosi ebrei, nel loro sforzo di riappropriarsi di Gesù , rischiano di presentarci un Gesù così ebreo da non avere più nulla a che fare con il cristianesimo. 4 Presenti sotto varie forme già nell'antichità cristiana , queste ten denze sono state radicalizzate nell'esegesi moderna, con alterne vi cende di cui essa porta ancora visibili le cicatrici . Alla fine del secolo scorso nell'area che era all'avanguardia degli studi biblici , quella del protestantesimo tedesco , la corrente «liberale» vedeva Gesù essen zialmente come un maestro di valori religiosi e morali universali (e in ultima analisi razionali) , senza alcun rapporto veramente intrinseco col giudaismo, a parte il monoteismo e la ripresa di certe categorie salvifiche (regno di Dio , Messia . . . ) intese però in realtà in maniera completamente diversa; anzi, in radicale contrasto con l'ambiente . 5 Ben presto però , anche per merito dei liberali stessi , i progressi della ricostruzione storica resero insostenibile questa ingenua mo dernizzazione ed occidentalizzazione di Gesù e imposero una risco perta della sua profonda ebraicità. Si arrivò anzi ad un capovolgi mento , che ha la sua massima espressione nella concezione di Ru-
3 Su questo fenomeno, buone riflessioni in P. G RELOT, «Rapporto fra Antico e Nuovo Testamento in Gesù Cristo» , in Problemi e prospettive di teologia fondamenta· le, a cura di R. LATOURELLE - G. O'CoLLINs , Brescia 1980, 235-257. Per alcuni mo menti sto�ci caratterizzati da questa tendenza, cf. H . -J . KRAus, L 'A ntico Testamento nella ricerca storico-critica dalla riforma ad oggi, Bologna 1975 , 641-662. 4 Così per esempio: D . FwssER, Jesus . (Biblioteca di studi storico-religiosi 7), Genova 1976; G. VERMES , Gesù l'ebreo , Roma 1983; S . BEN CHORIN , Fratello Gesù. Un punto di vista ebraico sul Nazareno, Brescia 1985 ; per gli autori meno recenti cf. G. LINDESKOG , Die Jesusfrage im neuzeitlichen Judentum. Ein Beitrag zur Geschichte der Leben-Jesu-Forschung, (AMSNU 8), Leipzig-Uppsala 1 938. Per la critica dal punto di vista esegetico a tale tendenza: S . LÉGASSE, «Jésus : Juif on non?» , in NRTh, 86( 1964) , 673-705; W . D . DAVIES, «Reflections on Judaism and Cbristianity», in L 'E vangile hier et aujourd'hui. Mélanges offerts au Prof. F.-l. Leenhardt, Genève 1968, 39-5 4; H. MERKEL , «> , tutta la tradizione successiva. Le due cose in realtà non possono essere scisse così semplicisticamente : la tradizio ne rabbinica non è un'arbitraria aggiunta umana alla parola divina , ma un continuo sforzo di interpretazione ed attualizzazione, indi spensabile perché nel volgere dei tempi e delle situazioni Israele possa continuare a vivere nella fedeltà a quella parola ; in concreto non era concepibile essere rispettosi della Torah senza esserlo anche dell'interpretazione datane da coloro che si rendevano esperti in es sa dedicando tutta la loro vita a studiarla e commentarla . E in effet ti , anche se non esita a criticarla in casi particolari , come quello del korban (Mc 7,9-13) , Gesù non la respinge mai in blocco . 23 Da un la to , egli si rivela rispettoso anche della tradizione ; dall'altro , come vedremo , la sua inaudita rivendicazione di autorità non si ferma neppure di fronte al testo della Torah. ,, .
22 G . voN RAo , Teologia dell'Antico Testamento, I : Teo/ogia delle tradizioni sto riche d'Israele, Brescia 1 972, 235s. 31 2-321 . 23 Monografia: S. WESTERHOLM , Jesus and Scribal A uthority , ( CB. NT 10) , Lund 1978 .
42
3.1.
Il problema storico
Dopo le opposte unilateralità del passato (cf. § 1 ) , l'esegesi con temporanea generalmente riconosce l'impossibilità di ridurre Gesù al l'una o all'altra immagine troppo semplice, quella del pio rabbino pie namente ligio alla legge24 o quella , cara ai moderni , del trasgressore e del contestatore;25 non senza il rischio però di fermarsi a sua volta ad un'immagine sfuocata , oscillante , confusa , se non addirittura contrad dittoria : 26 in Gesù che di volta in volta mantiene l'obbedienza alle nor me mosaiche o addirittura la radicalizza, salvo poi in altri casi a trasgre dirle , criticarle , reinterpretarle , o addirittura abrogarle. Per quanto alieno da una «sistematicità» astratta , 27 come supporre che Gesù abbia agito opportunisticamente o capricciosamente o senza rendersi conto di quel che faceva (Harnack lo paragonava a L utero in quella fase in cui ancora non si era reso conto che le sue posizioni ormai lo ponevano fuo ri della dottrina ufficiale) . 28 S'impone uno sforzo di comprendere le motivazioni del suo atteggiamento ; di individuare un filo conduttore capace di tenere insieme tanto la continuità quanto la novità all'interno di una visione unitaria, in qualche modo «teologica» , di cui non poteva essere privo nei confronti di una realtà così importante nella vita di Israele . Qual era, insomma, il suo progetto nei confronti della Legge? Renderla ancor più rigorosa , o invece renderla più praticabile , sempli ficarla? Darne l'interpretazione autentica? Correggerla, perfezionar la, modificandone ed abrogandone alcuni elementi? D are una «nuova Legge?» Superare la Legge stessa come tale? 24 Non m olti oggi gli studiosi c h e mantengono (e radicalizzano) la posizione b u lt manniana ; fra gl i altri : W. ScHMIT H A LS , > , nel volume in onore di P. Beauchamp. 66 J. DuPONT, Le beatitudini, 1-1 1 , Roma 1 972 . 1977 .
54
1 1 ,20 Il Mt 12,28) ; le parabole commentano la situazione nuova crea ta da questo annunzio e lo difendono da obiezioni e fraintendimen ti ; 67 l'insegnamento etico descrive la nuova vita degli uomini che si convertono e accolgono il Regno ; le direttive ai discepoli precisano lo stile di vita e di azione di chi è chiamato a seguire il Maestro per dedicarsi con lui all'annunzio di questa nuova realtà. Nessuna particolare pagina biblica , di per sé , è presupposta da questa proclamazione , benché non si possa escludere che Gesù stes so abbia potuto far riferimento a testi come Is 61 , ls, in cui si trovano come concentrati i vari elementi fondamentali : il tempo della salvez za, l'invio, il gioioso messaggio per i poveri . . . 68 Più che singoli testi , sono però temi , immagini veterotestamentarie ad essere utilizzate , soprattutto nelle parabole : 69 prima fra tutte , quella del con vito , tra dizionale immagine della felicità escatologica (ls 25 ,6-9: cf. Mt 8 , 1 1 ; M c 14,25 ; Le 14, 1 5 ; 22 ,30) . Ma i l riferimento alle Scritture è dato in maniera ancor più globale e più profonda attraverso la categoria stessa di «regno di Dio» che , più di ogni altra , compendiava l'insie me delle antiche speranze di Israele . Essa infatti rinvia a tutta la vi sione biblica di Dio e dell 'uomo. Il Dio di Gesù , il Dio di cui Gesù proclama la regalità, è il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe , il Dio di Israele ; ma anche l'uomo così come lo vede Gesù , l'uomo al quale Gesù proclama il Regno di Dio come gioioso messaggio , è l'uomo come ha imparato a vederlo Israele , sotto il segno della crea zione , del peccato, e dell'attesa della salvezza . 70 La novità sta nel proclamare che l'adempimento non è più solamente futuro , ma mi steriosamente già presente ; attraverso le parole ed i gesti di Gesù la salvezza, qui e adesso , viene già offerta agli uomini : escatologia «realizzantesi» , dunque , nella quale si nasconde , almeno implicita mente , anche una cristologia . 7 1 Non si tratta di una novità di tipo teoretico, una nuova idea di Dio o dell'uomo, rispetto a quella di Israele , ma della novità di un evento; Gesù non ha semplicemente parlato di un Dio «vicino» : lo
V . Fusco , Oltre la parabola. Introduzione alle parabole di Gesù, Roma 1 983 . C f. DUPONT, Le beatitudini, l , 635-7 19. Ulteriori ipotesi , più congetturali, in O. B ETZ , «lesu Evangelium vom Gottesreich» , in Das Evangelium und die Evange lien , a cura di P. STUHLMACHER, ( WUNT 28) Tiibingen 1983 , 55-77 ; ripubblicato in BETZ, Jesus' , 232-254; B . CHILTON, A Galilean Rabbi and His Bible: Jesus own lnter 67
68
pretation o{ lsaiah , London 1984 . 69 Fusco , Oltre la parabola , 94-99. 7 0 GoPPELT, Theologie des NT, l , 76s. 7 1 1EREMIAS , Le parabole di Gesù, 270s ; Io . , Teologill del NT, Le beatitudini, l, 656-674 .
1 16- 129; DuPONT,
55
ha reso vicino. 72 E tuttavia il Dio che Gesù rende vicino in maniera inaudita e definitiva, è il medesimo Dio di cui gi à Israele aveva spe rimentato la vicinanza e la lontananza , la presenza e l'attesa ; l'even to indicibilmente nuovo è l'adempimento delle attese antiche . 4.2.
Il mistero della morte e risurrezione del Figlio dell'uomo
Dall'annunzio pubblico del Regno, Gesù a un certo punto della narrazione sinottica passa a quello della sorte che lo attende a Geru salemme , riservato ai discepoli . Qui più che altrove è impresa assai ardua voler ricostruire gli ipsissima verba di Gesù ; 73 ed ancor più ar dua voler precisare se e come Gesù stesso abbia ricollegato questi eventi alle Scritture , come fanno ripetutamente i Vangeli , in forma globale (Mc 9 , 12 ; 14,21 ) o in forma più dettagliata citando determi nati testi. Moltissimo si è discusso soprattutto sull'origine del titolo «il Fi glio dell'uomo» 74 e sulla possibilità di ricondurre a Gesù stesso - se non addirittura a prima di Gesù - la fusione di questa figura gloriosa (Dn 7 , 13s ) con quella del Servo sofferente (ls 52 , 1 3-53,12). 75 È facile constatare che nelle tre predizioni della passione (Mc 8,3 1 ; 9 ,3 1 ; 10,32-34, e rispettivi paralleli) il riferimento alle Scritture non è presente neppure in forma generica se non nella redazione lu cana della terza predizione (Le 1 8 , 3 1-33) . 76 A maggior ragione , è difficile ricondurre a Gesù quei testi in cui il riferimento della pas sione alle Scritture si fa ancor più dettagliato . Un discorso a parte andrebbe fatto per l'ultima cena (Mc 14 , 1725 par. ) , in cui parole e gesti rinviano indubbiamente a un ricco sfondo veterotestamentario, 77 però piuttosto richiamando global-
,
Lo riconosce in q ualche modo anche B ulT MA NN Gesù, 264. Uno dei tentativi più interessanti è quello di H . Sc Hii R MA NN Gesù di fronte alla propria morte. Riflessioni esegetiche e prospettive, Brescia 1983 ; però con le diffi coltà da noi sottolineate in altra sede : cf. Gesù e la sua morte. A tti della XXVII setti mana biblica, Brescia 1984 , 396-398 ; cf. anche G. GHIBERTI , ••Gesù e la sua morte se condo i racconti della cena. Alcune interpretazioni del XX secolo» , ivi, 1 29- 1 53 . 74 Bilancio recente : S . LÉGASSE , «Jésus historique e t l e Fils d e l 'homme : aperçu sur les o pinions contemporaines» , in Apocalypses et théologie de l'espérance, (LeDi v 95) , Paris 1977, 271 -298 . 75 Cf. H. C . CAVALLIN , «Tod und Auferstehung der Weisheitslehrer. Ein Beitrag zur Zeichnung des frame of reference Jesu» , in SNTU, 5 ( 1 980) , 107- 1 2 1 . 76 Cf. il capitolo s u i Sinottici , § l . l . n F. H A H N , «Di e alttestamentlichen Moti ve in der urchristlichen Abendmahlsii berlieferung» , in EvTh , 27( 1967) . 337-374 . 72 73
56
,
mente l'insieme delle premesse salvifiche: redenzione , alleanza , re gno di Dio, convito escatologico . È possibile che sullo sfondo ci siano alcuni testi particolari (Ger 3 1 ,31 ; Is 52 , 13-53 , 12) ma non pro priamente come «predizioni» nel senso della successiva apologetica cristiana. . .
5.
GES Ù E LA SAPIENZA
Resta ancora un aspetto che esige una particolare riflessione . NeJI'insegnamento etico di Gesù non sempre la motivazione è esca tologica ; spesso prevalgono motivazioni di altro tipo, fondate non sull'approssimarsi del Regno ma su uno sguardo alla realtà perenne dell'uomo , delle cose create, del loro rapporto con Dio: motivazioni cioè , in prima approssimazione , di tipo «sapienzale». 78 L'invito ad amare i nemici viene motivato con l'esigenza di imitare il comporta mento del Padre , il quale « . fa sorgere il suo sole sui buoni e sui cattivi e fa scendere la sua pioggia sui giusti e sugli ingiusti . . . » (Mt 5 ,45 11 Le 6,35) ; il distacco dai beni terreni , il fiducioso abbandono alla provvidenza , viene motivato con uno sguardo agli uccelli del cielo e ai fiori del campo, che senza affaticarsi per il loro futuro rice vono nutrimento e splendido vestito (Mt 6,25-34 Il Le 12,22-32; Mt 10,29-3 1 Il Le 12,6s) . Resta pur vero che , globalmente considerato , il messaggio di Gesù rivela una struttura di tipo profetico-escatologico e non di tipo puramente sapienziale , fondato cioè unicamente sull'autorità dell'e sperienza e della prolungata riflessione . Ciò non toglie però che al l'interno di esso non tutto venga motivato con l'approssimarsi del Regno ; è presente anche un elemento di tipo sapienziale, uno sguar do diretto alla realtà stessa delle cose . Per comprendere come esso si integri organicamente nell'insie me del messaggio di Gesù , 79 è importante ricordare queJJ'intima . .
78 D. UiHRMANN, «Der Verweis auf die Erfahrung und die Frage nach der Ge rechtigkeit» , in Jesus Christus in Historie und Theologie, 1 85 - 1 96; W. G RUN D MAN N ,
Weisheit im Horizont des Reiches Gottes. Eine Studie zur Verkundigung Jesu nach der SpruchUberlieferung Q, in Die Kirche des Anfangs. Festschrift fur H. Schurmann zum 65. Geburtstag, a cura di R. SCHNACKEN BURG , (EThSt 38) , Leipzig 1977, 1 7 5 - 1 99 ; D . ZELLER , Die weisheitlichen Mahnsprli.che bei den Synoptikern, (FzB 1 7 ) . Wurzburg 1 977.
79 S u questo punto è interessante la discussione fra i due noti esegeti cattolici A . V> , in NT und Kirche. Festschrift fiir R. Schnackenburg, a cura di J . GNILKA , Fre i burg i . B . 1974 , 371-398 . 80 U . B . M ii LLER , «Vision u nd Botschaft . Erwiigungen zur prophetischen Struk tur der Verkiindigung Jesu», in ZThK, 74(1977) , 416-448. 81 Cf. Mt 1 1 , 19 Il Le 7,35 ; Mt 12,42 Il Le 1 1 ,3 1 ; Mt 23 ,34-36 1/ Le 1 1 ,49-5 1 . 82 Per un approfondimento di questo aspetto: A. FEUI LLET, > al pa ri della cena del Signore , la presenza del Cristo nel deserto («ma la roccia era il Cristo») ; «eppure nella maggior parte di essi Dio non si compiacque , infatti furono abbattuti (passivo teologico) nel deser to» (v. 5) . L'applicazione ai credenti di Corinto specifica la seconda unità dei vv. 6- 1 3 . Il collegamento è stabilito ai vv. 6 e 1 1 : «Ora que ste cose avvennero quali nostri tjpoi affinché non fossimo noi cupidi di cose cattive , come quelli peccarono di cupidigia» ; «Ora tutte que ste cose accadevano loro typikos, e sono state scritte per nostro am monimento (eis nouthesian hemon) , di noi ai quali è venuta incontro la fine dei tempi» . Si tratta di un' applicazione di carattere morale che fa appello alla responsabilità dei battezzati in Cristo e dei parte cipanti alla Cena del Signore : non devono ripetere la condotta della maggior parte dei beneficiari dell'esodo («non come quelli») , la cui storia tragica è stata messa per iscritto per loro salutare ammoni mento (nouthesia) . L'orientamento pastorale e pratico trova confer ma negli imperativi che specificano nel contesto le due affermazioni «tipiche»: «né diventate idolatri/né fornichiamo/né mettiamo alla prova il Signore/né mormorate» (vv . 7-10) ; «Cosicché chi crede di stare saldamente in piedi veda di non cadere» (v. 12) . A che cosa s i riferiscono i due pronomi «Queste coseffutte que ste cose » (taitta/tauta panta ) che fanno da soggetto alle affermazioni «tipiche»? Alle esperienze negative dei p adri , appunto di peccato e di castigo (cf. vv. 5 e 7-10) , e non a quelle positive (battesimo in Mo sé , cibo e bevanda «spirituali») dei vv . 1 -4 . Solo la riprovazione divi n a («non si compiacque») e i castighi divini possono valere da «de terrente» per i credenti di Corinto che Paolo minacciosamente esor ta a non comportarsi come i padri , se non vogliono finire nella loro stessa perdizione . La formula ripetuta «non come quelli» (v . 6) e « non come alcuni di loro» (vv. 7 . 8 . 9 . 10) collega i due termini di con fronto in rapporto a peccato-perdizione . Senza dire che le esperien ze positive della generazione dell'esodo dei vv . 1-4 sono già state in terpretate teologicamente a partire dall'esperienza salvifica dei cre denti , come è stato detto sopra .
Korinther, Gottingen 1 969;
U . Luz, Das
Geschichtsverstiindnis des Paulus, Miincben
1 968, 1 1 7- 1 23 ; KocH , Die Schrift als Zeuge
.. . ,
21 1 -220.
81
Per questo sembra provato che il significato di tjpoi e di typik6s sia quello di esempio e modello , un esempio non da imitare ma da contraddire , appunto un esempio ammonitore. Si potrebbe dire che sono una lezione di vita , un'applicazione del detto «historia docet» vista però non come storia edificante, bensì quale storia tragica che ammonisce a non ripeterla . L'accentuazione dell'identità di espe rienze salvifiche fatte da credenti e dai padri dei vv . 1 -4 sta a dire che quelli hanno in comune con questi uno stesso passato di grazia, che sarebbe pericoloso valutare come una garanzia assoluta: «Chi crede di stare saldamente in piedi veda di non cadere». In questo contesto Paolo non solo rievoca fatti della storia dell'e sodo , narrata in Es, Nm , Dt , Sap, ma colloca una citazione esplicita al v. 7: « . Il testo greco citato , Dt 17 ,7c , ha il verbo al futuro e al singolare : «Toglierai via . . . » , ma si tratta di un singolare collettivo essendo indirizzato al popolo d'I sraele. In questo modo Paolo mette i suoi interlocutori davanti a un preciso imperativo divino e la sua imperativa esortazione appare co sì divinamente legittimata . Con la citazione biblica d i 6,16b : «Infatti saranno , dice (phesin) , i due una sola carne>> , che riporta alla lettera Gen 2 ,24 LXX , Paolo vuole dimostrare che l'unione sessuale con la prostituta fa dei due «Un solo corpo» , ma sottintende «Un solo corpo carnale» (v. 16a) . Infatti passa dal termine «corpo>>, che gli era stato imposto dall'im magine delle membra e del corpo del v. 15 , a quello di «carne>> . At tribuisce così all'unione suddetta una valutazione negativa, cui può contrapporre l'unione , di segno positivo , con il Signore in «Un solo spirito>> (v. 16c) . Ora questa esclude quella, come è detto «explicitis verbis>> al v. 1 5 : «Prendendo dunque le membra di Cristo (ne) farò membra di prostituta? Non sia mai ! >> In altre parole , Paolo argomenta basandosi sul carattere esclusi vo dell'unione dei credenti con Cristo , incompatibile con unioni ses suali consumate sotto il segno della prostituzione . A tale scopo cita il testo di Gen che fonda istituzionalmente i rapporti sessuali nel ma trimonio ; ma disattende il senso positivo originario e accentua il te-
83
nore delle parole bibliche , appunto la formula «una sola carne » , an titetica a «un solo spirito» . Per lui sarx e pneuma sono due dinami che opposte della persona, l'una all'insegna dell'egocentrismo e l'al tra espressiva di agape che è appunto «il frutto dello Spirito» (cf. Gal 5 , 1 6-26) . In breve , la citazione biblica serve da snodo del corso del suo pensiero teso a mostrare l'inconciliabilità tra l'una e l'altra unio ne : la prima «carnale» , la seconda «spirituale» . L a citazione d i 9 ,9: «Infatti nella legge d i Mosè sta scritto : Non metterai la museruola (phimoseis , ma sulla base di importanti codici Nestle-Aland preferisce il sinonimo kemoseis) al bue mentre treb bia» , che nprende alla lettera Dt 25 ,4 serve a Paolo per motivare im mediatamente il diritto di chi lavora , in concreto del soldato di pro fessione , dell'agricoltore e del pastore , di trame il necessario sosten tamento (v. 7): una motivazione non umana, ma della Scrittura ( = della Legge) , dunque d i valore divino . M a a prima vista i l testo bibli co parla di animali. Paolo fa dunque seguire alla citazione la sua in terpretazione enunciando come criterio ermeneutico il principio che Dio si preoccupa «di noi», non degli animali e che le sue parole val gono di quelli , non di questi (vv . 9b-10a) . È discusso invece se lOb sia una citazione : «Per noi infatti fu scritto : chi ara deve arare nella speranza e chi trebbia nella speranza di esserne partecipe». Diversi studiosi , tra cui Koch, 33 ritengono che «fu scritto» introduce una citazione biblica , con libera formulazione di un non meglio precisato testo biblico citato nella tradizione. Ma ci sembra più probabile la tesi negativa . La formula «Per noi fu scrit to» è risposta all'interrogativo: «Oppure per noi in ogni modo (lo) dice (Dio) ?» e questo si rifà alla domanda retorica precedente: «Forse che dei buoi Dio si dà pensiero?». Risposta e domanda ser vono tutte a spiegare il senso di Dt 25 ,4: non agli animali mentre arano e trebbiano si riferisce Dio , ma agli uomini che arano e treb biano , come precisa il v. 10. Ma per applicare la Scrittura a Paolo e Barnaba che , come tutti i predicatori del vangelo , hanno il diritto di farsi mantenere , riceven do sostentamento dal loro lavoro apostolico , l'apostolo deve passare dai lavoratori agricoli ai lavoratori della causa del vangelo , e lo fa con l'immagine del seminatore : «Se noi abbiamo seminato per voi le cose spirituali, (è) gran cosa se noi mieteremo le cose carnali?» (v .
33 84
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Dze Schrzft als Zeugll � • • • 411..1 "1
1 1 ) . Dunque la citazione biblica svolge un ruolo importante nell'af fermazione , da parte di Paolo , del proprio diritto - diritto divino - di farsi mantenere , appunto attraverso un processo ermeneutico arti colato che permette due passaggi : dagli animali agli uomini , dai la voratori agricoli ai lavoratori del vangelo . In ogni modo nel c. 9 il fi ne primario di Paolo non è quello di provare il suddetto diritto , ma di sottolineare la sua decisione di non avvalersene (cf. vv . 1 5ss) . La citazione di 1 0,26: «del Signore è la terra e ciò che la riempie» , che riproduce esattamente Sal 23 , 1 LXX , motiva (vedi «infatti» , che la introduce) l'esortazione paolina del v . 25 a mangiare senza scrupo lo di coscienza «tutto ciò che si vende al mercato» . Si tratta infatti di cose create da Dio , dunque buone di natura . Non è quindi lecito de monizzare gli idolotiti , che per se stessi si possono consumare tran quillamente . La Scrittura è liberante e Paolo vi si appella per questo . La citazione di 14,21 : «Nella legge sta scritto : Parlerò a questo popolo in lingue straniere e con labbra di stranieri , ma neanche così mi ascolteranno , dice il Signore» riproduce un testo di Is 28 , 1 1s più vicino al TM che ai LXX e profondamente cambiato da Paolo . 34 La sua funzionalità deve essere valutata ne l contesto in cui l'apostolo intende mostrare i limiti della glossolalia , parola incomprensibile e sterile per chi la sente , e la superiorità della profezia che è invece pa rola comprensibile e costruttiva . Ora se ciò vale in rapporto ai mem bri della comunità (vv . 1 - 1 9) , altrettanto si deve dire per gli estranei , per i quali la glossolalia è talmente incomprensibile da apparire una forma di pazzia , mentre la profezia è parola capace di suscitare in lo ro reazioni positive (vv . 22-25) . Paolo intende il testo biblico citato come parola riguardante la glossolalia , di cui indica il carattere di lingua straniera e dunque impossibile da capire . D 'altra parte la cita zione biblica evidenzia che in essa è Dio che parla attraverso il glos solalo. Per questo l'apostolo può definirla «un segno» per i non cre denti , ma un segno non percepito come tale , non compreso , dunque un segno inefficace . Se in altri numerosi casi la citazione biblica ser viva da conclusione di una sezione , ora e ssa introduce un nuovo ar gomento a favore della tesi generale dal capitolo: la profezia è supe riore alla glossolalia .
. .
34
Cf Kocu, Dze Schrzft als Zeuge
.
.
.
, 63-66 .
85
e
3 La Scrittura in Paolo nelle comunità paolinel
Rinaldo Fabris
: Il corpus delle sacre Scritture ebraiche alla fine del II secolo a . C . , come appare dal prologo del traduttore greco del Siracide , è già sostanzialmente formato . A partire dalla metà del III secolo a . C.
1 J . B LANK , Erwiigungen zum Schriftverstiindnis des Paulus , in Rechfertigung,
Fs. E. Kiisemann ,
J. FRIEDRICH - W. PòHLMANN - P. STVHLMACHER, Tiìbingen 1976, 37-56; J. BoNSJ RVEN, «Saint Paul et l' Ancien Testament>• , in NR Th , 65( 1 938) , 1291 47; Iv. , Exégèse rabbinique et e.régèse paulinienne, Paris 1 939; J. CoPPENS , «Les ar guments scripturaires et leur portée dans les lettres pauliniennes» , in Studiorum Pau linorum Congressus Internationalis Catholicus 1 961 , (AnBib 1 8 ) , Roma 1 963 , 243253 ; G. DAuTZENBERG , «Paulus und das Alte Testament>> , in BiKi , 37(1982) , 2 1 -27; S. DEL PARAMO, > , m MF 8 1 ( 1 981) , 70- 1 10 Non ho potuto con s ulta re . R LoNGENECKER, B1bhcal ExegesiS m the Apostobc Perwd. Grand Raptds 1984; e D JUEL, Messwnzc ExegesiS Chmtolog1cal Interpretatwn of the Old Testa m ent m Early Chmtwnzty , Phtladelphta 1987 2 Cf. , per esempto, M. GoURGUES, A la droue de D1eu Résurrectwn de Jésus et actualiSatwn du Psaume 110, 1 dans le N T , (EtB) , Pans 1978 .
105
ne chiave che questi testi assumono , quasi a metà strada tra il keryg ma più antico e le successive diverse teologie neotestamentarie , an che se altre sue congetture sono rimaste indimostrate . 3 Il materiale da esaminare sarebbe enorme . Oltre alle vere e pro prie citazioni bibliche formalmente presentate come tali, c'è tutta una gamma svariatissima di utilizzazioni , che passa attraverso le ci tazioni non esplicite , quelle di testi ritoccati o di più testi fusi insie me , le allusioni , le reminiscenze , l'uso di immagini , termini , stilemi di sapore veterotestamentario. Il rinvio all' AT si rivela così essen ziale , così radicato , che esaminare l'uso dell'AT nei primi scritti cri stiani equivale in pratica ad esaminare gli scritti stessi nella loro inte rezza . Per brevità ci si dovrà qui concentrare sulle citazioni più espli cite , sottolineando però che anche gli altri tipi di rinvio all'AT non vanno affatto considerati meno ricchi di significato teologico . Ci soffermeremo prima su alcuni esempi presi dai materiali si nottici più caratteristici - passione (§ 1 . 1 ) , miracoli (§ 1 .2) , parabole (§ 1 . 3) dai quali risulterà chiaro come la riflessione cristiana, già prima dei singoli evangelisti , tendeva a richiamarsi sempre più forte mente alle Scritture , sviluppando quanto nell'insegnamento di Gesù era presente solo in maniera più implicita e più globale . Esaminere mo poi come ognuno dei redattori , Mc (§ 2) , Mt (§ 3) , Lc-At (§ 4) , sviluppa ulteriormente questo sforzo in varie direzioni. -
1 . 1 . La passione «Scandalo per i giudei , stoltezza per i gentili» (lCor 1 , 18-25) , la passione si rivela oggetto di una prolungata riflessione dei credenti , mirante non ad eliminarne la dolorosa oscurità ma ad illuminarla al meno in parte, a vederla non come un assurdo ma come un mistero , carico di significato. 4 Nelle predizioni della passione e risurrezione, che ripetute per tre volte scandiscono tutto il cammino di Gesù verso Gerusalemme (Mc 8 ,3 1 ; 9,31 ; 10,32-34, e rispettivi paralleli) , l'accenno alle Scrit-
3 Particolarmente il voler ravvisare un metodo unitario e nconducibiie a Gesù stesso: C . H . DoDD, Secondo le Scritture. Struttura fondamentale della teologia del Nuovo Testamento , B rescia 1972 , 1 12- 1 1 5 . 133- 146. 4 Monografia: M . -L. G uBLE R , D1e fruhesten Deutungen des Todes Jesu , (080 1 5 ) , Gottingen 1977 ; cf. anche E . FLESSEMAN-VAN LEER , «Die Interpretation der Pas Sions eschichte vom Alten Testament aus» , m Zur Bedeutung des Todes Jesu , Giitersloh 1968, 79-96. . , . • • ,
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ture si ha solo nella versione lucana della terza predizione (Le 18 ,3 1 ) . Nella formulazione più originaria ci si limitava al nudo p reannunzio degli avvenimenti , oppure si rinviava al disegno di Dio in altra maniera: attraverso l'espressione «è necessario» , già tradi zionale nella letteratura apocalittica. lvi la si trova usata per rivelare che determinati avvenimenti - soprattutto dolorosi e sconcertanti per la fede - fanno parte del disegno di Dio che deve compiersi negl i ultimi tempi : persecuzioni e tribolazioni inaudite per gli eletti (Mc 1 3 ,7 par. ; Ap 1 3 , 10) ; scatenamento e apparente trionfo delle poten ze infernali (Ap 17,10; 20,3 ; cf. 2Ts 2 ,3s) ; scandali, eresie , apostasia di molti fedeli (Mt 24 , 10- 12) ; missione di inviati divini (Mc 9 , 1 1 ) , predicazione del ravvedimento a tutto Israele (At 3 , 19-21) , anche ai pagani (Mc 1 3 , 10 par . ) ; gli eventi finali in genere (Ap 1 , 1 ; 4, 1 ; 22,6) . 5 Lo scopo cui mirava l'autore apocalittico era quello di con fortare i fedeli , afflitti dal protrarsi delle sofferenze , dal ritardo del l'attesa vittoria di Dio; perciò egli fa leva proprio su questi fenome ni , sull'intensificarsi del male , invitando a leggerlo come sintomo che la lotta ormai volge al momento conclusivo. Soggiace il tema della «misura» che a un certo punto sarà colma.6 Il presupposto dun que non è che l'evento in questione sia «necessario» perché profetiz zato nelle Scritture ; tuttavia dall'idea della previsione nel disegno di Dio all'idea della previsione nelle Scritture , il passo è abbastanza breve, e i due temi finiranno per trovarsi unificati (Le 24 ,25-27 . 4447) ; nella formulazione più antica delle predizioni della passione essi però risultano ancora distinti : in essa non il rinvio alle Scritture ma l'accostamento alla tematica apocalittica ha fornito un primo raggio di luce . Una conferma è offerta anche dal racconto della passione , che ri vela tutta una serie di rinvii a testi veterotestamentari , non visti però come «profezie>> . Si tratta infatti essenzialmente di quei salmi in cui risuonava la voce del giusto sofferente . Il presupposto per l'applica zione a Gesù7 non è che quei salmi intendessero riferirsi profetica-
5
[u.r R.
E . FASCHER, «Theologische Beobachtungen zu dei» , m Neutestamentliche Stu Bultmann , a cura dJ W. ELTESTER (BZNW 2 1 ) , Berlin 2 1 957, 228-254. V . F usc o , Parola e Regno. La seztone delle parabole (Mc 4, 1 -34) nella prospet. llva marctana, (Almstana 1 3 ) , B rescia 1 980, 356-361 ; R. STUHLMANN , Das eschatolo glSche Maf3 in NT, (FRLANT 132), Gòttingen 1 983 . 7 Ovviamente non si può escludere che Gesù stesso abbia effettivamente usato come preghie ra in quel momento dei salmi , come aveva fa tto con altri salmi in altri mo menti . dten
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mente alle sofferenze del Messia anziché a quelle del salmista stesso e di tutti i fedeli sofferenti . Al contrario: proprio il fatto che già in passato tanti altri giusti avevano sofferto, erano stati perseguitati benché innocenti , si rivelava altamente significativo ; offriva una qualche risposta a chi era tentato di vedere nella crocifissione di Ge sù, nel suo essere stato «abbandonato» da Dio , la prova tangibile che Dio non era con lui , che egli dunque giustamente era stato con dannato come falso profeta. Nella luce di quei salmi , invece , proprio questo silenzio di Dio , questo essere «abbandonato» , era già stata l'esperienza di altri innocenti perseguitati ingiustamente . Più che questo o quel testo particolare inteso come «profezia» , era dunque tutto un tema, un insieme di testi, un intero filone veterotestamenta rio che veniva applicato a Gesù . Di qui poi è comprensibile che si sia passati a dare maggior peso a certe coincidenze più particolari, come la divisione delle vesti (Mc 15 ,24 ; cf. Sal 22,19) , l'abbeveratura con mistura amara (Mt 27 ,34; cf. Sal 69 ,22) . Qualcosa di analogo va detto per un terzo tema che è stato di aiuto ai primi cristiani per riflettere sulla sorte dolorosa di Gesù : quello della costante persecuzione , e spesso uccisione , degli inviati di Dio da parte del popolo ostinato (cf. Mt 23 ,37 1 1 Le 1 3 ,34 ; ecc . ) . 8 Anche qui abbiamo piuttosto l'inserimento i n una serie già prolun gata, che non un rapporto profezia/adempimento . Anche riguardo all'utilizzazione dei testi sul «Servo di YHWH» sofferente (Is 52 , 13-53 , 12) ,9 oltre a ricordare che gli antichi non co noscevano la prassi moderna di isola re i cosiddetti «quattro canti del servo di YHWH» dall'insieme del libro di Isaia, sembra necessario distinguere tra la semplice ripresa di qualche espressione particolar mente idonea ad esprimere il senso della morte di Gesù (soprattutto quelle che si incontrano nell'ultima cena : > della comunità cristiana , apertasi all' acco glienza dei pagani, contro l'accusa di infedeltà e rottura nei confron ti della rivelazione fatta a Israele (At 24 , 1 4-2 1 ; 26,6-8. 22-23) . 55 Ogni volta che le vicende storiche sembrerebbero segnare una rottura (la morte di Gesù , il battesimo dei pagani , l'attività di Paolo . . . ) , Luca intensifica il ricorso alle Scritture . 56 Non c'è da stupirsi che Lc-At abbia aiutato potentemente la chiesa antica a salvaguardare l'unit à dei due Testamenti quando venne messa in questione , soprattutto con Marcione Y Lo stesso Harnack , così sensibile tanto al fascino di Luca quanto a quello di Marcione, dovette alla fine riconoscere l'insanabile antitesi tra i due , e rinunziare alla tesi che gli era stata cara di fare di Luca l'ante signano di un cristianesimo completamente sganciato dall'Antico Testamento . 58 Più che di una finalità antignostica di Lc-At, ipotizza-
«Di e Funktion der alttestamentlichen Zitate und Anspielungen in de n Reden de r Apostelgeschichte» , in Les Actes des Ap6tres. Traditions, rédaction, théologie , a cura di J. KREMER , (BEThL 48) , Leuven 1 979, 61-79; G . BEJ ORI , «L'An tico Testamento negli Atti. Stato della ricerca e spunti di riflessione>> , in RivBib , 32( 1984) , 2 1 1 -236 : per entrambi , F. BovoN , Luc le théologien. Vingt-cinq ans de recherches (1950-1975) . Genève 21988 , 89- 1 17 («L'interprétation de I'Ancien Testament») . Ricordiamo so prattutto i vari studi di J . D u PO NT , raccolti nei due volumi Studi sugli Atti degli Apo stoli e Nuovi studi sugli Atti degli Apostoli, Roma 197 1 e 1985 ; inoltre Io. , Teologia della chiesa negli A tti degli apostoli, Bologna 1 98 4 , 61 -88 , («Punto di partenza : Pietro e le Scritture [At 2-4] » ) ; 89- 130 («Stefano e Paolo rileggono le Scritture [Al 7: 1 3 ; 28]») . Monografie : T . HoLTZ , Untersuchungen uber die alttestament/ichen Zitate bei Lukas , ( TU 1 04) , Berlin 1 968 ; M. RESE, A/ttestamentliche Motive in der Christologie des Lukas , (StNT 1 ) , Giitersloh 1969 . Cf. anche J . JERVELL , «Die Mitte der Schrift . Zum lukanischen Verstiindnis des Alten Testamentes», in D ie Mitte des Neuen Testa ments . . . , 79-96. 5� N . A . DAHL , «The Story of Abraham in Luke-Acts>> , in Studies in Luke-Acts. Essays presented in honor of P. Schubert , a cura di L. E. KECK - J.L. MARTY N , Lon don 1968, 139- 158, a p. 152 . 56 Cf. V. Fusco , «Progetto storiografico e progetto teologico nell'opera lucana» , in La storiografia nella Bibbia. Atti della XXVl!/ settimana biblica, Bologna 1986, 1 23152; G. B ETORI, , in RivBib , 36( 1988) , 81-97 . 57 Cf. per esempio IREN E O , Adv. haer. 3 , 1 0 , 1 -5 ; 3 , 1 2 , 1 - 1 4 ; 3 , 1 4 , 1 -4 ; TERTULLIA NO, A dv. Marcionem , 4,2.4; 4 ,4 . 4 ; 5 ,2. 7 ; Io. , De praescr. haer. 22, 1 1 ; 23 ,3. 58 La tesi era che Luca avrebbe ripreso da Paolo solo l'idea dell'accecamento di Israele (Al 28 ,26-28) senza quella complementare dell'illumin azione futura (cf. R m 1 1 ,25-27): in tal modo avrebbe aperto la via ad un'interpretazione puramente allego rica deii'AT e , al limite , a quell'abbandono di esso da parte dei cristiani che HARNACK
Io . ,
auspicava. Notare la modi ficazione attraverso i successivi scritti: Missione e propaga zione del Cristianesimo nei primi tre secoli, Torino 1906, p . 48; Die Apostelgeschichte.
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ta da alcuni , si tratta di una forte potenzialità antignostica; il proble ma era lo stesso degli gnostici , quello del rapporto fra i due Testa menti , posto però in senso inverso : gli interlocutori di Luca non han no difficoltà ad accettare l'Antico Testamento perché ritenuto in contrasto col Nuovo , semmai ad accettare il Nuovo se non si riesce a vederlo in continuità con l'Antico. L'opera lucana può essere ascritta alla corrente più ortodossa mente «biblicistica» , se così è lecito esprimersi, del cristianesimo primitivo . 59 Colpisce , in primo luogo , la scelta di tipo linguistico. Benché ca pace di scrivere , all'occorrenza , secondo moduli ellenistici di buon liv ello - si pensi al prologo (Le 1 , 1 -4) , al discorso all'Areopago (At 17 ,22-34) , alla scena del tumulto di Efeso (At 19 ,23-40) o all'apolo gia davanti ad Agrippa (At 2 6, 1 -32) - l'autore dei due volumi a Teo filo opta decisamente per quel greco particolarissimo che è il greco dei LXX, la traduzione della Bibbia realizzata dai giudei della dia spora grecofona: un greco inconfondibile per vocabolario, stile , for me sìntattìche che ricalcano quelle dell'originale semitico . 60 Subito dopo il prologo , di buona fattura ellenistica (Le 1 , 1 -4) , il tono cam bia improvvisamente : ci si ritrova nell'atmosfera solenne ed edifi cante della narrazione veterotestamentaria, con tutto un susseguirsi di «biblicismi» o, più precisamente , «septuagintalismi» lucani , espressioni cioè volutamente ispirate allo stile dei LXX: «giusti al cospetto del Signore . . . » «camminare in tutti i comandamenti e le prescrizioni del Signore . . . )) e via dicendo .
Leipzig 1908, 7-9 .214-217; Neue Untersuchungen zur Apostelgeschichte, Leipzig 191 1 , 4? , nota 2 . Per l a critica alla tesi dell'«antigiudaismo» lucano : P . -G. MOLLER , «Die jii dische Entscheidung gegen Jesus in der Apostelgeschichte>> , in Les Actes des Apotres. Tradition . . . , 523-531 . 59 Cf. P. SCHUBERT, , i n Neutesta mentliche Stu dien fii r R. Bultmann , a cura di W . ELTESTER , Berlin 1 954 , 1 65- 1 86 , a p. 1 71 (esigerebbe rettifica però l'accostamento un po' indifferenziato a scritti come Eb, 1Cle m , Ap , Ps-Barn ; e anche l'affermazione che per essi la Scrittura è più sacra di qua nt'? non lo sia stata per Gesù , Paolo e Giovanni) . Non ben motivato il diverso pa rere d1 SAND , «"Wie geschrieben steht . . . " . . . » , 345-347 . Come termine , in questo con tes to , è meg lio «biblicismo» che (J ERVELL, «Die Mitte . . . » . 79: Lukas ist der Fundamentalist - sit venia verbo - im Neuen Testament») ; cf. invece c u BERT , «The Structure . . . >> , 1 85: «Luke himself, with ali his Biblicism , was neither a u'lod amen talist, nor a liberai . . . » . " M aggiori particolari i n E. PLiiMACHER, Lukas als hellenisrischer Schriftsleller. Stud en zur Apostelgeschichte, (StUNT 9) , Gottingen 1 972, 38-72; W . S. KuRz, «Lur ke-Ac ts and Historiography in the Greek Bible» , in SBL. SP, 19(1980) , 283-300.
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Per quanto tale linguaggio potesse essere famigliare e congeniale all ' autore - comunque lo si voglia ipotizzare: giudeo grecofono op pure ex-pagano , eventualmente già passato attraverso l'esperienza dei «proseliti» o dei «timorati di Dio» che avevano abbracciato la fe de di Israele - siamo di fronte ad uno che vive una doppia apparte nenza culturale e si rivela padrone di diversi tipi di linguaggio: la sua dunque rimane una scelta linguistica vera e propria. Diametralmen te opposta a quella del contemporaneo Giuseppe Flavio , giudeo pa lestinese ma ambizioso di affermarsi come storiografo ellenistico , il quale, riscrivendo la narrazione biblica ad uso del pubblico dell'Im pero , non esita a far parlare patriarchi e profeti secondo i dettami della retorica greca . Significativa è anche la ripresa delle grandi categorie veterote stamentarie , prima fra tutte quella del «regno di Dio». Mentre il vangelo giovanneo si arrischia a tradurla in altre categorie forse più congeniali alla sensibilità religiosa degli ambienti cui si rivolge - vi ta , luce , verità, liberazione . . . - Luca, nonostante una certa propen sione a dare maggior spazio alla terminologia della «salvezza» , 6 1 op ta decisamente per il mantenimento di «regno di Dio» come catego ria fondamentale che riassume il contenuto della predicazione non solo prepasquale (Le 4,43 ; 8 , 1 ; 9,2. 1 1 ; 10,9 . 1 1 ; 1 1 ,20 ; 16, 16) ma an che postpasquale (At 1 ,3; 8 , 12; 14 ,22 ; 19,8; 20,25 ; 28,3 1) . 62 L'an nunzio della Chiesa benché ormai abbia come oggetto Gesù morto e risorto , rimane in p ari tempo annunzio del Regno annunziato da Gesù. Notare anche l'insistenza sul tema della «promessa» (Le 24,49; At 1 ,4; 2,33 ,39; 7 , 5 . 1 7 ; 1 3 . 23 ,32; 26,6) della «speranza di Israele» (At 26,6. 7 ; 28 ,20) ; sull'espressione «i padri», «i nostri padri» (Le 1 ,55 ,72 ; At 3,25 ; 7 , 1 1 , 12 , 15 , 19 ,38.39 ,44,45 ; 1 3 , 17 ,32,36; 1 5 , 1 0) «il Dio dei nostri padri» (At 3 , 1 3 ; 5 , 30; 22, 1 4 ; 26,6) , «il Dio di Israele» (Le 1 ,68 ; At 13 , 1 7) . Da queste scelte tutte convergenti appare chiaro che Luca , nel momento stesso in cui auspica l'inserimento del vangelo nella cultu61 Oltre al verbo sb-m5 e al sostantiVO s6ter1a usati p1ù largamente , va notato an che Sotér, Salvatore , come titolo dJ Gesù (Le 2 , 1 1 , At 5,31 , 1 3 ,23), forse m contrap poslZ!One all'usurpaz10ne d1 tale t1tolatura da parte de1 sovram ellemstlCl 62 Cf O B ETZ, ) , così co me avverrà poi a suo tempo anche con Paolo (At 21 ,28 ; 24, 12-1 3 ; 25 ,7-8; 28 , 17). Significative le omissioni , già segnalate parlando di Mc, della po lemica contro le norme di purità (Mc 7 , 1 -23) , dei contatti più signifi cativi tra Gesù e i pagani (Mc 7, 24-30; 8 , 1 -10), e , come appena no tato , delle espressioni contro il tempio . Per quanto riguarda poi la comunità postpasquale , il punto di vi sta di Luca sembra essere che la circoncisione , il culto ebraico , l'os servanza delle prescrizioni mosaiche - non attribuendo però loro , nè per i pagani nè per gli ebrei, quel valore salvifico che spetta solo a Cristo (At 1 3 , 38-39 ; 1 5 , 10- 1 1 ) - rimangono in vigore per i cristiani di origine ebraica (2,5 .46 ; 3, 1 ; 5 , 12.42; 21 ,20; 22, 12) ; attribuire a Paolo l'intento di distogliere i giudeocristiani dalla circoncisione e dalle tradizioni nazionali , è una calunnia priva di fondamento (At 21 , 17-26) . I pagani invece , come sancisce il concilio di Gerusalem me , non sono obbligati se non a quelle clausole che la Legge stessa aveva voluto estendere ai forestieri immigrati in mezzo agli ebrei (At 15, 19-2 1 . 28-29; cf. Lv 1 7-18) . Certe trasgressioni delle norme mosaiche che si rendono inevitabili anche per i giudeocristiani per avvicinarsi ai pagani , come Pietro a Cornelio , non assumono portata generale ma vengono giustificate appellandosi alla nuova volontà espressa in tal senso da Dio (At 10, 1 - 1 1 , 1 8) .
4. 3 . L'aspetto profetico delle Scritture Più che nella Legge dunque la lettura cristiana delle Scritture , per Luca , s'incentra nei profeti , o più in generale nell'aspetto profe ·tico delle Scritture . Assai spesso anche altri testi , particolarmente dei Salmi, o del Pentateuco stesso , vengono equiparati a testi profe tici : Davide «essendo profeta>> parlò della risurrezione di Cristo (At 2,30) ; Mosè preannunziò la venuta dell'inviato definitivo (At 3 ,2223 ; 7 ,37) . Significativamente , l'espressione completa «la Legge ed i profeti» o «Mosè e i profeti» (Le 1 6 , 1 6 . 29 .3 1 ; 24,27 . 44; At 1 3 , 15 ; 24 , 1 4 ; 28 ,23), o quella più generica «(tutte) le Scritture» (Le 24,27 . 34.45 ; At 1 7 ,2. 1 1 ; 18 ,24. 28), può essere sostituita, con portata altrettanto generale , da « (tutti) i profeti» (Le 1 ,70; 1 8 ,3 1 ; 24 ,25 ; At 3 , 1 8 . 2 1 .24; 7 ,42 ; 10,43 ; 13 ,27 ; 1 5 , 1 5 ; 26 ,22 . 27) . Per comprendere com'è visto in Lc-At l'adempimento delle Scritture, sarà opportuno considerare da un lato alcune importanti affermazioni di principio (§ 4.3 . 1 ) , dall'altro i testi biblici concreta1 30
me nte addotti, prima nel Vangelo (§ 4.3. 1 ) , poi negli Atti (§ 4.3.3). Sia per la concezione generale che per i testi biblici di fatto utilizzati , cercheremo di volta in volta di precisare , nella misura in cui può es sere possibile e fruttuoso in questa sede , che cosa sia opera del re dattore e che cosa invece risal ga ad una tradizione già formata. 4.3 . l . Sotto il segno dell'adempimento
Luca apre il racconto del ministero di Gesù sviluppando , al po sto del breve sommario marciano sull' annunzio del Regno (Mc 1 , 1415), una dettagliata descrizione della predica di Gesù a Nazaret (Le 4, 1 6-30) , 64 episodio che i paralleli collocano abbastanza più tardi (cf. Mc 6, 1-6 ; Mt 13 ,53-58) e che Luca invece volutamente anticipa , per farne come una chiave di lettura di tutte le successive vicende , non solo di Gesù ma anche della chiesa postpasquale . Il valore emblema tico dell'episodio, agli occhi dell'evangelista , sta , in negativo , nella rea zione di rifiuto ed ostilità dei connazionali ; in positivo , nell'an nunziare in termini programmatici tutta la missione salvifica di Ge sù. Approfittando d ella ce l e brazi o n e setti m ana le nell a si n ago ga , Gesù s i fa avanti come lettore , sceglie i l passo d i Isaia 61 , 1 -2 , e poi , a mò di omelia , commenta: .�i * f nel Nuovo ment», 113
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processo incessante di rilettura non solo la spinta che lo ha messo in moto storicamente e continua ad alimentarl o , ma anche l'orizzonte , fuori del quale non sarebbe possibile ; ma sono le Scritture , a loro volta, a fornire alla risurrezione l'orizzonte necessario perché il sen so dell'evento possa essere compreso e p roclamato.
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5 La scrittura nel Vangelo e nelle lettere di Giovanni
G i u seppe Segal l a
O.
INTRODUZIONE
0. 1 Lo «status quaestionis» Seguendo l'orientamento più recente della ricerca giovannea , che, in contrasto con la corrente ellenistica della prima metà di que sto secolo , tende ad ambientare il quarto vangelo nel mondo biblico giudaico, si sono moltiplicati gli studi su «la Scrittura in Giovanni» . 1 Tre monografie sono state dedicate all' argomento a distanza di pochi ann i : que1la di F. M. Brau n , secondo volume di un 'opera com plessiva intitolata Jean, le Théologien (Les grandes Traditions d'l srael. L'accord des Ecritures d'après le quatrième évangile) , edita nel 1964 : polemizza con la tendenza interpretativa e1lenistica ed in par ticolare con R. Bultmann e la sua interpretazione «gnostica» . Un anno dopo , nel 1965 , usciva la monografia molto precisa di E . D . Freed , limitata però allo studio accurato delle 17 o 1 8 citazioni del l' AT nel quarto vangelo allo scopo di stabilire cosa cita (la LXX po che volte) e come cita (a memoria) . Nove anni dopo, nel 1 974, usci va l'opera più comprensiva sull'argomento , nella collana scientifica della SNTS . G . Reim non vi studia solo le citazioni esplicite (come il Freed) , ma anche le allusioni a testi dell'AT e ad usi giudaici , met tendo in luce l'apporto della fondazione anticotestamentaria alla singolare cristologia di Gv , ma complicando i risultati dello studio con una teoria discutibile sulle «fonti» del Vangelo . Lo stesso Reim continuò la sua ricerca con apporti particolari dal Targum , arrivan do a proporre nel l983 un articolo sintetico su «Targum und Johan n � sevan geli um» . Qualche apporto sul testo dell'AT usato da Gv, VIene d allo studio dei testi biblici scoperti a Qumran : la monografia
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1
Cf . la bibliogra fia finale . I libri e gli articoli , che compa1ono nella bibliografia erranno citati pe r autore , prima parola dell'opera o dell'arucolo e pagina .
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del J . De Waard , del 1 966, sull'argomento viene stranamente igno rata sia dal Reim sia da R. Kysar, che nel 1975 scrive una monogra fia sulla ricerca contemporanea giovannea e vi dedica più di 40 pagi ne al nostro argome nto (pp . 102- 146) ; e la presenta in modo più bre ve nel contributo all'ANRW (25 ,3 , 1 389- 1479 ; sul nostro argomento pp . 1416- 1425 ) . A. T. Hanson , oltre a studiare alcune tematiche par ticolari , in due studi successivi , che si ripetono ( 1 980 e 1983) 2 dedica la sua attenzione alla tecnica giovannea nell'uso della «Scrittura» co me aveva fatto con Paolo . 3 Di particolare interesse è lo studio di Craig A. Evans , del 1982 , che esamina le formule di citazione in re lazione alla struttura del quarto vangelo. 4 Si sono scritte monografie e articoli su singoli temi o testi del l'AT presenti in Gv, su cui non ci fermeremo . 5 Tra questi lavori . il più significativo è quello di S . Pancaro sulla Torà nel quarto Vange lo, del 1 975 . 0.2.
Metodologia e scopo
Nostro scopo non è quello di studiare l'ambiente culturale bibli co-giudaico degli scritti giovannei , com'è il caso della maggioranza degli studi sopra menzionati . È nostra intenzione esaminare la pre senza della Scrittura e delle sue grandi tematiche in Gv ; come la usa e come la qualifica in ordine alla cristologia. Metodologicamente andrebbe distinta almeno la tradizione pa lestinese del quarto vangelo dalla sua redazione ellenistica. A mio avviso il ricorso alla Scrittura , esplicito o implicito , deriva principal mente dalla tradizione palestinese prima del 70 . Solo così si può spiegare la grande varietà «testuale» , che risale più al testo ebraico presente in Palestina in varie forme (Qumran , testo samaritano , te sto vicino al TM, il Targum) che non alla LXX (usata peraltro anche in Palestina) . Va inoltre tenuto p resente l'intervento dell'evangeli sta sul testo dell' AT in ordine al suo scopo , come ha dimostrato Menken per Gv 6,31 . 6 Per quanto riguarda, in particolare le lettere, si deve constatare che usano poco l a Scrittura (a parte il riferimento
2 Il secondo , del 1 983 , è pi ù corretto e più ampio del primo .
3
A.T. HANSON , Studies m Paul's Technique and Theology, London 1974. EvANS , «On the Quotations». 5 Non prenderemo in cons i derazione neppure due studi general i , peraltro buo · ni, ma di alta divulgazione: CIMOSA, « Giovanni» ; e LuZARRAGA , «Presentaci6n » . 6 MENKEN , «The Provenance» .
4
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a Caino in 1 Gv 3 , 1 2) , perché riflettono discussioni interne ad una com unità cristiana in ambiente culturale ellenistico. 7 l.
IL TESTO DELLA SCRITTURA ED IL SUO USO CRISTIANO IN GV
1 . 1 . Il testo e i testi della Scrittura8 Il testo ebraico che sta dietro alle citazioni di Gv non coincide mai completamente col TM ; sembra che 12,39-40 e 1 3 , 1 8 abbiano una parentela con i testi biblici di Qumran , 9 solo quattro citazioni provengono daJJa LXX: 2, 1 7 ; 1 0,34; 1 2,38; 1 9,24. Il Targum non ci serve per il testo quanto piuttosto per la sua interpretazione hagga dica e per alcune espressioni giovannee. 10 G. Reim, nel suo articolo del 1983 la sintetizza nei seguenti punti: l'azione del Logos nella sto ria dell'AT (analogia di Gv con il Dialogo di Giustino : ambedue di pendenti dal Targum?) e l' annuncio del messia-re . È evidente che l'evangelista possedeva una tradizione del testo biblico (a memoria come sostengono Barrett , Freed ed altri o alme no in parte scritta come sostiene G. Reim) molto varia. È per le quattro citazioni dalla LXX (codice B) che bisogna pensare ad un te sto scritto. Per il testo ebraico, potrebbe darsi lo ricordasse a memo ria oppure che avesse un testo scritto con lezioni diverse dall'attuale TM , fissato più tardi . Va , infine , tenuto conto dell'adattamento del testo biblico all'evento singolare di Cristo , Figlio di Dio . Regola che vale per tutto il NT. Tenuto conto di tutto ciò non si può accettare la tesi di G. Reim , che , dall'imprecisione nel citare Isaia arguisce che n on deve aver avuto davanti il testo scritto . 1 1 Data la fluidità del te sto ebraico prima della fissazione masoretica e data la libertà dell'e vangelista nell'uso dei testi , non si può dire quale testo ebraico usi .
. � Cf. su questa diversità di ambiente culturale il mio studio : «Il Dio inaccessibile d T• G i ova nni» , in Dio nella B1bbia e nelle culture ad essa contemporanee e connesse, onno
19 80 , 84-123 .
8 C � . i n appendice a questo contnbuto : Prospetto dei testi scritturistic1 citati da Go • va n m .
L
�o D E WAARD,
«A Comparative » , 6-8; 65-67 . MENK EN . « The Provenance » , che conferma la citazione del salmo 78,24 ID -v 6 ,31 ; e la sua provenienza da tradizioni giudaiche (e samaritane) sul cad1vmo di Mosè , soggetto di «diede a voi il pane dal cielo» (Gv 6.32) .
ra�)e�e
�
(dalla
REJM , Stud1en , 182-183 .
153
Come abbiamo già detto , è certo però che riflette la tradizione pale stinese . L'ambiente vitale è quello liturgico della «Sinagoga» dove si leggeva ed interpretava la Scrittura . Dal fatto che l'evangelista (o la tradizione?) traduce liberamente l'ebraico , si deve concludere che conosceva l'ebraico , ed anche l'aramaico per le allusioni a tradizioni targumiche . 1 2 1 .2.
Le formule introduttorie e la struttura del quarto Vangelo 13
Le formule introduttorie alla citazione della Scrittura nel quarto Vangelo sono singolari rispetto al resto del NT, e molto varie, in li nea con la varietà del testo scritturistico: 12 di esse sono uniche per fino all'interno del Vangelo (1 ,23 ; 2,17; 6,45 ; 7, 37-38 ; 7,42; 8,17; 10,34; 12,34; 12,38 ; 15 ,25 ; 19,28-29 ; 19,37 ) . È questo un primo trat to, che lo distingue dalle formule fisse di «compimento» , tipiche di Mt . Lo stile di Gv è solo apparentemente monotono ; in realtà è mol to variato . E tuttavia questa stessa varietà è costante e si configura quindi in stile unitario. Le due espressioni più frequenti nelle formule introduttorie so no: «com'è scritto» e «affinché si compisse la Scrittura» : la prima domina nella prima parte (Gv 1 , 1-12,36) , l'altra nella seconda (Gv 12,37-20 , 3 1 ) . Usualmente infatti il quarto Vangelo , dietro suggeri mento di C. H . Dodd , viene strutturato in due grandi parti : la prima costituisce il cosiddetto «libro dei segni)) ( 1-12) e la seconda «il libro della gloria)) (io lo chiamerei piuttosto «il libro del ritorno al Padre ))) (13-20) . Ora , notiamo che nella prima parte non ricorre mai la for mula introduttoria di compimento con hina, ma la formula di corri spondenza kathòs (1 ,23 ; 3 , 1 4 ; 6,3 1 ; 7,38; 12,14) ; ed indica la corri spondenza fra quanto annuncia o rivela la Scrittura e quanto è e fa Gesù . La seconda parte del Vangelo è caratterizzata da testi della Scrittura introdotti da hina : ben 7 su 9 (12,38; 1 3 , 18 ; 15 ,25 ; 17, 12; 19,24 . 28 . 36) e gli altri due lo implicano perché introducono un se condo testo con p alin (12 ,39-40; 19,37) . È già stato osservato da D . M . Smith nel 197614 e più recentemente, nel 1982, da Craig A . 1 2 HANSON , The Living , 130; De Waard , «A Comparative» , 65-67 cont ro BRAUN , Jean, I l , 21 , che considera l'evangelista abitualmen te dipendente dalla LX X
perché redattore «greco». 13 Per questa parte cf. EvANS, « O n the Quotations» . 14 D . M. SMITH , «The Setting and Shape of a Johanmne Narrative Source» ,
JBL , 95(1976) , 239 .
154
m
Evans , 1 5 che 12,37-43 non costituisce la conclusione del «libro dei se gni » (come sostenevano Bultman n , Dodd ed altri) , ma piuttosto la tra nsizione ed il legame col seguente racconto della passione . Il comp imento della Scrittura (plerothé-i) inizia proprio quando Gesù viene respinto (12,37-40) . Il rifiuto di Gesù viene spiegato come compimento della profezia di Is 6 , 10, un testimonium della tradizio ne cristiana primitiva (Mt 13 ,14-15 parr. ed At 28 ,26-27) . 16 Tutti i te sti che seguono riguardano la passione e morte di Gesù , letta non so lo come compimento della Scrittura e quindi della volontà di Dio , ma anche nel senso che Gesù , compiendo la volontà di Dio, compie la sua opera di salvezza . Lo dice la singolare ed unica introduzione all'«Ho sete» in 19 ,28 : «affinché fosse portata a compimento (te leiothé-i) la Scrittura (Gesù) dice : Ho sete». Dopo questo gesto, Ge sù stesso pronuncia la sua ultima parola: «tetélestai» (19 ,30) . In tal modo alla passione e morte di Gesù viene tolto il carattere scandalo so , perché si pone sul piano di una volontà di Dio , preannunciata nella Scrittura e realizzata in Gesù . 1 7 Il modo di citare la Scrittura contribuisce perciò a configurare in modo più preciso le due grandi parti in cui si struttura il quarto van gelo, in quanto , a mio avviso, 12,37-40 con quanto segue , costituisce la cerniera fra le due : conclusione del «libro dei segni» (1-12) , ma anche introduzione al «libro del ritorno al Padre» (13-20) . La Scrittura rivela anticipatamente la persona e l'opera di Gesù ; ma solo se interpretata alla luce della fede cristiana . La Scrittura , in terpretata in modo giudaico , può divenire invece un impedimento a credere in lui come lo provano gli interventi critici della folla nella prima parte del Vangelo (6,3 1 ; 7 ,42 ; 12 ,34), che mette in questione la me ssianicità di Gesù . E pone il problema cruciale dell'interpreta zione giudaica e cristiana dell'An tico Testamento, che ricomparirà in primo piano nel Dialogo con Trifone di Giustino, nel II secolo . 1 .3.
L'interpretazione della Scrittura : dalla tipologia verso la metafora
Si amo così giunti al punto più cruciale e cioè alla tecnica inter preta tiva di Gv e al suo principio ermeneutico . Ci fermeremo alla te cni ca , accennando solo al principio e rmeneutico , che riprendere15 EvA NS
1�
, «On the Quotations » , 8 1 -82 . C . H . Dooo , Secondo le Scritture, (Studi biblici 1 6) , rescia 1 972 (orig 1 952) , : o n t ro E . K.ASEMANN , 11 quale affe rma «che l'msenmento della stona della PassiO ne costituisce inevitabilmente un problema» per il q ua rto evangelista (L'enig ma del quarto Vangelo [ ori gin . , Jesu letzter Wi/le) , Torino 1 977, 20) .
36
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155
mo più ampiamente dopo aver parlato delle tradizioni bibliche, pre senti nel quarto vangelo . Si seguiranno sostanzialmente gli studi di A. T. Hanson del 1980 e del 1 983 , con qualche complemento critico . Hanson distingue cinque tecniche n ell'uso della Scrittura. l . Gv usa, anzitutto, la Scrittura , perché gli è pervenuta dalla tradizione , come risulta da testi citati anche in altre parti del NT. Ol tre a 1 ,23 e 12, 1 3- 1 4 , aggiungerei all'elenco di Hanson anche 12,38 . 39-40, che conclude la prima parte del vangelo ed apre la se conda. 2. Cita la Scrittura con l'introduzione formale: hina plérothé-i (ho l6gos) . Come abbiamo sopra n otato, tutte queste citazioni ri guardano il rifiuto , la passione e la morte di Gesù . Inoltre , tutte ec cetto due , sono citate od alluse anche nei Vangeli sinottici o in altre parti del NT. Le due sue proprie sono il Sal 69 ,4 in 1 5 ,25 ed Es 1 2,46 in 19 , 36 ; anche quest'ultimo testo però trova una corrispondenza in 1Cor 5 ,7 : «Cristo , nostra pasqua , è stato immolato» . Queste nove citazioni intendono dimostrare che n ella passione e morte di Gesù si compie la Scrittura. 3. La Scrittura è citata esplicitamente , ma senza l'introduzione formale. Le sei citazioni di questo tipo sono proprie esclusivamente di Gv e si riferiscono alla cristologia soteriologica e quasi tutte, di rettamente o indirettamente , alla passione-morte di Gesù . Il Sal 69, 9a, citato in 2, 1 7: «Lo zelo per la tua casa mi consume rà» : un dialogo in cui il Figlio parla al Padre , è una profezia della passione-morte , interpretata simbolicamente dal seguente detto di Gesù : «Distruggete questo santuario e in tre giorni lo farò risorgere» (2, 19). Alla Scrittura (Sal 69,9a) e alla parola di Gesù i discepoli cre dettero , quando, dopo la morte-risurrezione , se ne ricordarono (2,22) . Gesù , con la sua morte-risurrezione, diverrà il nuovo tempio di Dio, in cui si potrà adorare il Padre «in Spirito e verità» . A Nm 21 ,8-9 fa riferimento Gv 3 1 4 : il serpente nel deserto, in n alzato su un palo da Mosè perché , guardandolo , venissero salvati quanti erano morsi dai serpenti velenosi . Ora, come osserva Han son , 1 8 in Sap 16 ,6-7 il serpente di bronzo viene chiamato symbolon di liberazione e la LXX traduce l'asta o palo con sémeion : ambed u e per evitare anche solo il sospetto di idolatria (cf. 2Re 1 8 ,4) . Quest a interpretazione «Simbolica» passa a significare Gesù crocifisso come ,
18
156
HA NSON ,
The
Ltving,
1 18- 1 19 .
«il segno più grande di tutti» (cf. anche Gv 2, 18-19, dove ai giudei che chiedono un segno Gesù risponde , rimandando alla sua morte risurrezione) . In 6,31 la folla cita il Sal 78,24 con allusione ad Es 16,4. 19 Gesù offre una sua duplice interpretazione cristologico-eucaristica; la se conda , nel contesto dell'«omelia» si riferisce alla morte sacrificale : «il p ane che io darò è la mia carne per (hyper) la vita del mondo» (6,5l c) . In 6, 45 viene citato fs 54, 13. Eliminando «i tuoi (di Sion) figli» dal testo originale , lo universalizza: «Tutti saranno discepoli di Dio» . Potrebbe darsi che t ale universalizzazione sia stata suggerita dal contesto della LXX, che due vv . dopo (54 , 15) traduce erronea me nte gor yiigor con «Ecco i proseliti verranno a te» . 20 Gv 7,37-39 rimanda ad una «Scrittura» difficilmente identificabi le; fo rse si tratta di un insieme di testi , che ricordano l'acqua o la roccia (Is 28 , 16(?) ; Zac 14,8 ; Sal 40,8 ( LXX) .21 Nel contesto il riferi mento concreto è alla glorificazione di Gesù , cui è legato il dono del lo Spirito , significato dai «fiumi di acqua viva» . Ora, la glorificazio ne di Gesù per Gv coincide con la sua morte . In Gv 10, 34-36 Gesù arguisce contro i giudei che lo accusano di bestemmia perché «Si è fatto figlio di Dio » , citando il Sal 82, 6. Se condo Hanson22 qui parlerebbe «il Verbo di Dio» (10,35) contro i giudei increduli, in analogia con l'accusa originaria del salmo ai giu dici ingiusti . Secondo J . B arr invece si avrebbe un chiaro supera mento dell' AT come canone, perché l'evangelista cerca nel Sal 82,6 una testimonianza dell'incarnazione , un evento assolutamente nuo vo. Così farebbe dire al testo il contrario di quello che era il senso orig ina rio. 23 Per la verità l'evangelista segue le usuali regole di inter pretazi one, praticate nel suo ambiente palestinese , dove un testo poteva ben essere estrapolato dal suo contesto . Certo , l'interpreta-
19 20 2 1
c f. MENKEN , «The Provenance».
H AN S O N ,
The Livrng, 119 REIM, Stud1en, 56-88; HANSON , The LIVIng, 120 ; M.E. BoiSMARD , «De son cou leront des fleuves d'eau (Jn VII , 38) , m RB, 65( 1958) , 522-546; A. FEmL LET, fleuve s d'eau vive de Jo. VII,38>> , in: Parole de D1eu et Sacerdoce Études p res en t�es à S Exc. Mgr Weber, Tourna1-Paris 1962 , 107-120; P GRELOT , «La cita sc pturaire de Jean VII , 38 » , m RB, 66(1959) , 369-374 ; 67(1960) , 224-235 ; Io. , II , 38 : e a u du ro cher ou eau du tem p ie?» m RB, 70(1963) , 43-5 1 ; PINTo D A VA, «GIOvanni» H AN S ON , The Livmg , 121 . l. B ARR Holy Smpture, Oxford 1983 , 82.
ventre«L s e ��n � s1�an �
157
zione è cristiana e il contesto di Gv 10 ,31-36 orienta alla morte di Gesù per bestemmia (cf. Lv 24 , 16 ; Mt 26,65/Mc 14,64) . 4 . La Scrittura non è citata, ma allusa come fondamento della cristologia giovannea . Tale tecnica allusiva si riscontrerebbe nei set te testi seguenti. È ormai opinione comune fra gli esegeti che Gv 1,14 alluda alla teofania del Sinai , che comprende Es 33, 18-23; 34, 5-9, dove si parla della visione della «gloria velata» (Es 33 , 1 8 . 22) e di una rivelazione del Dio «grande in grazia e fedeltà» (Es 34 ,6) : espressione quest'ul tima corrispondente a «pieno di grazia e di verità» in Gv 1 , 14. 24 Il verbo incarnato è la presenza salvifica di Dio in mezzo a noi . Tale presenza si rivela appunto nella gloria dell'Unigenito , «pieno di gra zia e di verità» . «Voi vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio ascendere e di scendere sul figlio dell'uomo» ( Gv l ,51 ) . Tutti i commenti ravvisano in questo detto di Gesù una citazione implicita di Gen 28, 12. Il testo ebraico di Gen 28 , 12 parla solo di angeli che salivano e scendevano. La traduzione aramaica del Targum aggiunge anche il motivo : gli angeli scendevano per contemplare «il giusto», di cui fino allora ave vano conosciuto solo l'immagine celeste . 25 Gesù , figlio dell'uomo , Verbo incarnato , sostituisce Israele-Giacobbe come antitipo . Secon do Hanson26 invece si alluderebbe alla tradizione rabbinica del tem pio , di cui era anticipazione «la casa di Dio» in Bethel ; in questo ca so Giacobbe stesso avrebbe visto al sommo della scala il Logos pree sistente . Contro tale interpretazione però parla il verbo al futuro («vedrete») , che rimanda ad una teofania futura del figlio dell'uomo o nel figlio dell'uomo , che difatti inizia subito dopo con il primo se gno a Cana. 27 Ritengo quindi più sicura l'allusione all'interpetazione targumica. In Gv 5,35 , dove Giovanni B attista viene chiamato «lampada (lychnos) ardente e splendente» si ha forse un'allusione al Sa/ 131
24 Cf. S . A . PANIMOLLE, // dono della Legge e la Grazia della Verità , Roma 1 973, 366-367 Giustamente il Panimolle osserva che l'espressione giovannea non dipende dalla LXX (p. 364 , nota 241 ) , ma direttamente dall'ebraico e dall'aramaico ; e confer· ma così la nostra tesi che la tradizione e/o l'evangelista conoscevano l'ebraico e l'ara· mai co . 25 REIM, «Targum» , 7; Studien, 101- 102; M. McNAMARA , Il Targum e il Nuovo Testamento, (Studi biblici 5) , Bologna 1978 (orig. 1972) , 172-173 . 26 HANSON, The New , 1 1 1 - 1 14. n Se ne parla in tal senso GIUSTINO nel Dia/. 58,15; 86 ,1 7 , non è detto che m Gv 1 ,5 1 abbia lo stesso senso (contro Hanson). 158
(1 32), 16-1 7.28 Quivi si dice : «Ho preparato una lampada (lychnon) al m io Cristo» (v. 1 7b) . Per di più vi si sente un'eco del tema dell'a galliasis, pure comune : > farebbe pensare alla risurrezione. L a metafora del «dormire» per «morire» è però talmente diffusa nell'antichità greca , da non po terla derivare da un testo così specifico come Gb 14,12. Gv 12, 19.32 sarebbe stilato sotto l'influsso di Gb 22 ,32-33: nella versione greca (>, in Kairos, 19(1977) , 14-21 ; M. E . Sr o NE , «The Benediction of the Mmlm» , in J ThS, 33( 1 982) , 19·61 ; B I N Y AMIN B EN-ZION, «Birkat-Ha-Minim and the Ein Gedi Inscription» , in Immanuel, 2 1 ( 1987) , 68-89 . Il Pancaro ne distingue cinque , ma il terzo e il quarto sono praticam ente uguali .
43
162
din amento giuridico» . 4. In 1 , 17 ; 7, 19 .23 . 49 è intesa nel senso più co m prensivo «as the body of teaching revealed to Moses which con sti tute s the foundation of the whole socia1-religious life and thought o f l srael» . 44 Come t ale è presente in tutti i testi con n6mos. La «Leg
ge » , interpretata alla luce della fede , e non del giudaismo normativo di J amnia, si identifica con la «Scrittura» , che rende testimoni anza a Gesù . La «Le gge» per i giudei era un dato di fatto assoluto, che non si doveva cambiare ; per i giudeo-cristiani della comunit à giovannea invece era una promessa , che si doveva compie re in Gesù . La Legge
di Mosè è quindi in funzione di Gesù , che porta a compimento la ri
velazione
(1 , 17) .
2. 1 . 2. La legge (Torà) come storia La Legge o Pentateuco come «storia della salvezza» , che prelude e prepara la rivelazione salvifica di Gesù è la prospettiva più fre quente in Gv. Possiamo distinguere , nel Pentateuco , i tre grandi ci cli : il ciclo della preistoria , quello dei patriarchi e quello di Mosè . Le
proposte strutturali tipologiche totalizzanti , come quella dell ' « Eso do» , proposta d a
H.
Sahlin ,45 sono state tutte scartate dalla critica ,
anche se taluni elementi di esse rimangono sempre validi .
2 . 1 .2 . 1 . Il ciclo della preistoria (Gen 1-3) Le allusioni si limitano ai primi tre capitoli del Genesi . Anzitut to , a Gen 1 , 1 allude l 'inizio del prologo di Giovan n i : « In
era iJ Logos» ; e al «settimo giorno ,
in
cui Dio
principio compì (synetélesen)
l'opera sua» (Gen 2,2) corrisponde il compimento dell' opera di Ge sù in Gv (4,34 ; 5 ,30 ; 6,38 ; 1 7 , 4) , che trova la sua conclusion e nelle ultime parole sulla croce : « È compiuto» (19 ,30) . 46 Gen 2 ,7, che par
la del «soffio della vita» immesso d a Dio nel primo uomo , formato di cre ta e per il quale diviene una «persona vivente» fa pensare al soffio del Signore risorto sui suoi discepoli , con cui dona lo Spirito ,
che attraverso il loro ministero darà la vita spirituale (20 ,22-23) . Il racconto della tentazione del serpente in Gen 3 , 1 -6 (inganno e mor-
�
PAN CARo, The Law, 5 1 5 . SAHLI N , Zur Typologie. 46 La tes i di P. BoRGEN , che la
5
struttura del prologo va letta primariamente sulla è discutibile, anche se suggestiva («Logos was the 14( 1972) , 1 1 5-130) .
esposizione di Gn l , lss , t�Igsehtd»1, una in NT,
163
te) , riletta da Sa p 2,24 , dove il serpente viene identificato col «diavolo» sta dietro alle parole di Gesù in Gv 8 ,44b : «Lui (il diavolo) era omicida fin dal principio e nella verità non rimase , perché la verità non è in lui . . . » . I l racconto di Adamo ed Eva finisce con l'esclusione dei primi uo mini dalla «vita» (Gen 3 ,22), mentre Gv finisce con la promessa della «Vita» a chi crede in Gesù , Cristo e Figlio di Dio (20,3 1 ) . 2. 1 .2.2. Il ciclo dei patriarchi (Gen 12-50) In Gv vengono nominati i patriarchi Abramo , Giacobbe e Giu seppe , mentre forse si allude ad Isacco . A b ramo viene nominato 1 1 volte , tutte nel capo 8 (33 . 37 . 39 (3volte) .40. 52-53 . 56. 57-58) sempre come modello della fede in Gesù . Giacobbe è ricordato 3 volte in 4,5 . 6. 12, ed implicitamente in 1 , 5 1 ; Giuseppe una volta sola, in rela zione a suo padre Giacobbe ( 4,5). È invece discusso se in Gv vi sia un riferimento implicito ad Isacco . Sembra , in ogni caso , implicito nel fatto che Abramo previde «Con gioia» il giorno di Gesù ; certa mente nel compimento della promessa di lsacco ( Gv 8,56 Giub 1 5 , 15-17; 16 , 1 5 -21 e TOnqelos a Gn 1 7 , 17) . 47 Isacco , figlio della promessa di Dio e della fede di Abramo , è tipo di Gesù , futuro Mes sia e servo , che offre la sua vita. =
2. 1 . 2.3 . Il ciclo di Mosè (Esodo-Deuteronomio) Mosè ricorre ben 12 volte in Gv ( 1 , 17.46 ; 3 , 14 ; 5 , 45-46 ; 6,32; 7 , 19 . 22 (due volte ) .23 ; 9 ,28-29) , mentre in M t solo 7 , 8 in Mc e 10 in Le. Anche la figura di Mosè , come la Legge , viene utilizzata pro o contro Gesù: contro Gesù dai giudei , che si ritengono «discepoli di Mosè» (6,32 ; 9 ,28-29) ; in favore di Gesù dai discepoli di Gesù ( 1 ,46 ; 3 , 14) e da lui stesso (5 ,45-46) . Mosè però viene anche qualificato co me «mediatore della Legge» ( 1 , 17 ; 7 , 1 9 . 22 (due volte) . 23) , mentre Gesù è creatore della grazia (vita) e della verità o rivelazione del Pa dre ( 1 , 17- 18). Se vogliamo penetrare più profondamente nel rapporto che Gv istituisce fra Mosè e Gesù, possiamo distinguere Mosè come «profe ta» , che preannuncia il futuro profeta escatologico (Dt 1 8, 1 5-18) e come «inviato di Dio» al suo popolo per guidarlo alla terra prom essa con «segni e prodigi» .
47 J. SWETNAM, Jesus and Isaac, (AnBi 94) , Roma 1981 , 125-127; un rapp ort o p1ù ampio, anche se meno ngoroso , viene proposto da BoNNET, Le «Midrash» , 74-7 7 .
164
2. 1 . 2 . 3 . 1 . Il profeta come Mosè Che Dt 1 8 , 15-18 sia stato interpretato nel senso del «profeta escato logico» lo si può arguire già dall' AT: il «servo di J HWH» del De utero isaia potrebbe essere una reinterpretazione di Mosè , chia mato «servo di Dio» in Es 14,31 . 48 L'interesse per il «profet a escato logico» è presente anche in Qumran (4QT ; CD 6, 1 1 ; 1QS 9 , 10- 1 1 ) e nel Taheb della tradizione samaritana, una specie di «Moses redivi vus» secondo il McDonald .49 La proclamazione di Gesù , «profeta escatologico» , non viene solo acclamata dal popolo entusiasta (6 , 1 4 ;7 ,40) , ma espressa anche dall'evangelista (7 ,45-52) e pronun ciata dallo stesso Gesù (5,46) . L'identificazione del «profeta» col «re» in Gv 6 , 14- 1 5 è stata studiata da W . A . Meeks ; egli identifica una tradizione giudaica, che risalirebbe almeno al II secolo a . C . e che arriva fino al medioevo , per la quale Mosè è insieme «profeta e re ideale di Israele» . 50 Quanto al rapporto tra le due figure , giusta mente , a mio avviso , G. Reim conclude che «Gesù è il profeta che porta tratti regali e non viceversa . . . Sul p rofeta cade l' accento nel Vangelo di Giovanni» . 51 Tale tesi si fonda sulla critica dello stesso Gesù al tentativo da parte del popolo di farlo re (se ne va solo sul monte : 6, 1 5 ) e sulla spiegazione che egli dà a Pilato del suo titolo di «re» (18,37) . 2. 1 .2.3.2. La tipologia di Mosè nella cristologia giovannea G. Reim riassume in quattro punti questa tipologia, che mi per metto di sintetizzare per quanto mi sembra fondata. 52 Mosè è inviato da Dio al suo popolo (Es 3 , 12 . 15 ; 4 , 1 -5 . 12 . 1 5) . Gesù è pure l'inviato del Padre per rivelare i l suo nome agli uomini e mediante la fede portarli alla vita. Ma vi sono anche molte differen ze, di cui le più importanti sono : l'unicità del rapporto di Gesù col
_48 È la tesi di G. VON RAD: «È assai probabile , a nostro avviso , che anche Il Deu teroJs aia come il Deuteronomio vivesse insento in una tradizione animata dall"attesa del pro feta come Mosè . . . Se l'interpretazione del servo di Dio come "profeta simile a Mo s�" , è giusto , è colmato pure quel vuoto che si avverte con tanto disagio tra questi nh e il resto del messaggio del Deuteroisaia» ( Teologia dell'A T, Il , Brescia 1974 , 5 -��6; ed . or. : Theo/ogie des A T, Il, 273-74). J . McDoNALD , The Theo/ogy of the Samarrtans, London 1964 , 36. MEEKS , The Prophet-King. � REJM, Studzen , 1 29 . 5 REIM, Studzen , 1 30-1 5 3 . , •r: : . , ..,,, -'•1, �-.;t1J ' '
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165
Padre «che l'ha mandato» e il fatto che Gesù a sua volta invia il Pa raclito ( 16,7 ss ) ed i suoi discepoli ( 1 3 ,20 ; 1 7 , 1 8 ; 20 ,21) . Le opere di Mosè e quelle di Gesù. Mosè opera dei semeia (Es 4 ,5 . 17 ; Nm 14,22) come Gesù (Gv 2, 1 1 ; 3 ,2; 6,2. 14; 12 ,37) . Il popo lo d'Israele vedrà «le opere del Signore» (Es 34,10) , e le opere di Dio si rivelano in Gesù (Gv 9 , 3 ) . Così l 'espressione «segni e prodi gi» compare sia in Dt 34, 1 1 che in Gv 4,48. Tra le opere di Mosè vanno ricordate in particolare : il miracolo della manna (Gv 6,3 1 ) , che i l popolo vorrebbe Gesù ripetesse , mentre egli la reinterpreta affermando : «Mio Padre vi dà il vero pane dal cielo» (6 ,32) , che si reduplica in Gesù stesso (6,35) e nel cibo che egli darà (6 ,27 . 5 1 c) . Gesù certo compie dei «segni» ; m a è egli stesso i l più grande «se gno» . La stessa cosa si deve dire del «serpente innalzato da Mosè nel deserto>> (Nm 2 1 ,8-9) , tipo del Figlio dell'uomo , che dev'essere in nalzato: «affinché chiunque creda in lui , abbia vita eterna» (Gv 3 , 14- 1 5 ) . Anche qui, a differenza del serpente di bronzo, elevato da Mosè , è Gesù stesso colui che sarà innalzato come «segno di sal vezza» . II fine dei «segni ed opere», nel ciclo di Mosè , è il credere. Nel l' «Esodo» ricorrono le stesse forme del «Credere» che si trovano in Gv : in forma assoluta (Es 4,3 1 ; Gv 1 ,7) ;53 «credere» col dativo (Es 4, 1 ; Gv 5 ,46; «credere» con eis ed accusativo (Es 14,3 1 ; Gv 14 , 1 ) . Mosè vede la gloria di Dio (Es 33 , 18-34 ,6) . Però G v nega decisa mente che qualcuno abbia visto Dio; solo «I'Unigenito Dio che è nel seno del Padre lui l'ha rivelato» (1 , 18 ; cf. 6 ,46) . Egli era presso Dio ancora prima di essere inviato nel mondo (7 ,29) . Nel confronto con Mosè viene affermata la superiorità e singolarità di Gesù . Mentre Mosè è mediatore della Legge (Gv 1 , 17a) , Gesù è autore della grazia e della verità ; ed inoltre dà un comandamento nuovo ( 1 3 , 34-35) . Altri paralleli con la tipologia mosaica sono le mormorazioni nel deserto contro Mosè e le mormorazioni contro Gesù (Es 16 ,2-3 e Gv 6,41-42) . Forse anche l' acqua fatta sgorgare dalla roccia ha influito sul tema dell'acqua in Gv ( 4, 10. 14; 6,35; 7 ,37-38) . Il ciclo di Mosè è perciò quello che più ha influito sulla configu razione della cristologia giovannea.
53
166
L'uso a ssoluto si trov a peraltro anche
m ls
7 , 9 ; 28 , 16
2.2.
I profeti
Va distinto il ciclo narrati v o dei profeti « Elia ed Eliseo» dalle trad izioni dei profeti scrittori . Ambedue sono presenti nel quarto vangel o . 2. 2 . 1 . Il ciclo di «Elia-Eliseo»
Il contatto col ciclo di Elia è rappresentato da due miracoli: dell'olio e della farina , in cui la vedova «fece come Elia aveva ello qu ( 1 Re 1 7 , 1 5 ; cf. Gv 2,5) ; e quello del figlio della vedova risu tto» de scit ato , nel cui racconto si leggono le due espressioni : «Che c'è fra me e te?» ( 1 Re 17 , 1 8 ; cf Gv 2 ,4) e «Vedi , vive tuo figlio» ( I Re 17 ,23 ; cf. Gv 4 ,50) . Il contatto col ciclo di Eliseo si limita al miracolo della moltipli cazione dei pani «di orzo}} (2Re 4 ,42-43; cf. Gv 6 ,9- 13) . Più discuti bile mi sembra il contatto di Gv 9,7 (Gesù dice al cieco nato: Va a la varti nella piscina) e 2Re 5 , 10-14 (Eliseo comanda a Naaman siro di andarsi a lavare nel Giordano) . 2.2.2. I profeti scrittori ed Isaia
«Nessun libro dell' AT ha più fortemente caratterizzato la teolo gia di Gv quanto il Deuteroisaia (ls 40-55) » - afferma G . Reim. 54 Io stesso ho condotto una breve ricerca sul tema della fede come op zione fondamentale in Isaia ed in Giovanni , concludendo alla pro fonda affinità delle due teologie . 55 Ma veniamo ai dati. Le citazioni esplicite sono le seguenti: Giovanni
l ,23 6,45 12, 15 12,38 12 ,40
Isaia
40, 3 54, 1 3 40 ,9 ; 62, 1 1 (?) 53 , 1 6 ,9
De i qu attro passi sicuri (ls 6,9; 40,3; 53 , 1 ; 54 , 1 3 ) , tre sono del Deu teroisaia e riguardano il tema della fede in Gesù . Lo stesso si può di re delle seguenti allusioni sicure:
:
RErM, Studten , 1 83 SEGALLA, «la fede»
G
167
Giovanni
3,16; 11,25 . . . 8,24 . 28 1 3 ,19
e spesso
3 ,14 ; 1 2 ,23
Isaia
7 ,9c; 28 , 1 6 43 , 1 0 ; 52 ,6
(«lo sono») 46 , 10 (preannunci) 11 ,12 ; 52 ,13
(?)56
Non solo il «Credere» in relazione ad un'esistenza solida ed autenti ca , ma anche la sua realizzazione interiore mediante l'insegnamento del Padre ed il suo contenuto specifico vengono letti con l'aiuto di Isaia. Diversi autori sostengono che i n Gv l , 29 si avrebbe un riferi mento al Servo di YHWH , condotto al macello «come un agnello» (ls 53 ,7 ) . 57 Quanto agli altri profeti , Gv sembra abbia utilizzato Ez 34,13-23 per il tema del pastore e delle pecore disperse da raccogliere (Gv 10 ,16) , per quanto la promessa della «raccolta dei dispersi» si legga anche in Is 49 ,5-6 (cf. Gv 11 , 51-52) . Di «Zaccaria» vengono citati due testi : il re umile per Gesù che e ntra in Gerusalemme (9 , 9 Gv 1 2 , 15) e il trafitto per la trafissione del costato (12 , 10/Gv 1 9 , 37) . Dn 7 , 13-14 ha offerto il tema del «Figlio dell'uomo» ( 5 , 22 . 27 . . ) , rein terpretato in chiave di escatologia presenziale ; il Figlio dell'uomo in fatti per Gv è l'Incarnato . Mi 5 ,1 è il testo di riferimento dell'aspet tativa popolare del Messia da Betlemme e dalla stirpe di Davide ( Gv .
7 , 42) .
Le profezie, che preannunciano la realizzazione futura di un pia no di Dio (Is 6 , 9 ; 40 ,3 ; 53 ,1; 54 ,13 ; Zc 9 , 9 ; 12 ,10 ; Mi 5 ,1) vengono riportate da Gv soprattutto per rispondere al problema drammatico dell'incredulità di Israele , nonostante i tanti segni operati da Gesù . Le allusioni ad alcuni testi profetici mirano invece ad interpretare la persona di Gesù in rapporto a Dio («lo sono>>), agli uomini ed alla storia . 2.3. I Salmi ed i Sapienziali
I «Salmi» spiccano fra gli «scritti» perché ricorrono in Gv con una frequenza pari a quella del Deuteroisaia. Ecco le citazioni espli cite:
56
Is 52, 1 3 è l'inizio del quarto carme del Servo di YHWH. 57 C . K . BARREIT, The Lamb of God, in NTS, 1 ( 1954155) , 210..218; H. HEoEll MAN N , in Hexapla, Targum und Peschitta, Gùtersloh 1954, 132 (cb. da REIM, Stu-
/s 53
dien , 177) . 168
GiovMni
Salmi
2,17 6,3 1
>l
10,34 12,13 13 , 18 15 ,25 19 ,24 19 ,27
1 7 , 12
69 , 10 78 ,24 (La prova di Menken è convincente ) 58 82 ,6 1 18,25-26 41 , 10 69 ,5 22 , 19 69 ,22
Inoltre , secondo J. Beutler Sal 42-43 farebbe da sfondo unitario a Gv 14. 59 Tra i salmi , quello citato con più frequenza è il 69 , cosiddet to «il salmo della passione c morte di Gesù», il più proprio di Gv . Il Sal 22 , pure «salmo della passione» era invece comune alla tradizio ne cristiana delle origini . Strano è l'uso del Sal 82 ,6 come testimonio della divinità di Gesù . Quattro degli otto testi dei salmi si riferiscono alla passione e il Sal 69 , 10 (Gv 2 , 1 7) ne è una profezia . Anche i sal mi, come i «profeti» aiutano a comprendere il fatto tragico della morte di Gesù e l'odio che l'ha causata (Sal 4 1 , 10 e 69 ,5 ) , mentre nelle circostanze della morte l'evangelista vede un «Compimento» della volontà e dell'opera salvifica di Dio in Gesù. Quanto ai Sapienziali, quello che è stato più studiato sotto il pro filo del suo utilizzo in Gv è il libro della Sapienza, 61l anche se lo Zie ner confessa che non vi è contatto verbal e , ma solo affinità nell'in terpretazione dei «segni�� dell'esodo (serpente , manna ed acqua) e nell ' importanza del tema «morte-vita» e di quello della fede. Si trat ta quindi più di tematiche comuni che di testi utilizzati . Per quanto rigu arda la preesistenza e la mediazione cosmica e salvifica della Sa pienza e la loro presenza nel prologo di Giovanni (Pr 3 , 19 ; 8,22-23 ; Sir 24,9ss ; Sap 6 ,22) , particolarmente significativa è la vicinanza di Gv 1 , 1 a Pr 8 ,22 . 27 . 30; e di Gv 1 ,4 a Pr 3 , 18; 8,35. E peraltro rimane se m pre aperto il problema dell'assenza del termine sophia nel quar t o Va ngelo . 61
58
LET,
MENKEN , «The Provenance».
59 BEUTLER, Habt.
O a BRAU N , Jean , I I , 1 1 5-150; e ZIENER, ( p . 1 37 ) .
169
La sapienza è , inoltre , emanazione della gloria dell'Altissimo (Sap 7,26) come Gesù rivela la gloria del Padre (Gv 1 , 1 4 ; 8,50 . . . ) . Un terzo tratto comune alla sapienza ed al Logos incarnato è il fatto che scende da Dio per porre la sua dimora fra gli uomini (Pr 8,31 ; Sir 24 ,8; Bar 3 ,37; Sap 9 , 10/Gv 1 , 14) . Infine, intorno al tema dell'invito al banchetto sapienziale (Pr 9 , 5 ; Sir 24, 19-21/Gv 6,35) si rivela una serie di altre affinità: l'educa re i discepoli nelle cose celesti (Sap 9 , 16- 18) , nella verità , la rivela zione dei misteri di Dio (Pr 8 ,7 ; Sap 6 ,22) , il condurli alla vita (Pr 8 ,32-35) e all'immortalità (Sap 6, 1 8- 1 9) . Perfino il «Paradito» nel senso di «Consolatore» trova delle corrispondenze nei libri sapien ziali (Pr 8 ,4-7 ; Sir 17 ,24-25 , Sap 1 , 1-10) . Nonostante un così lungo elenco d i affinità, si tratta sempre di un influsso indiretto sul quarto vangelo . L'influsso più significativo è quello sulla preesistenza del Logos e della sua azione mediatrice nel la creazione e nell'opera della salvezza. La novità assoluta del quarto Vangelo è però l'incarnazione. La venuta del Logos in mezzo agli uomini è mediata i nfatti dalla incar nazione . Così siamo introdotti alla conclusione valutativa, in cui esa mineremo il principio ermeneutico unitario che opera nella lettura giovannea della Scrittura : la cristologia.
3.
LA CRISTOLOGIA : CODICE CON CUI GV LEGGE LA SCRITIURA
G. Reim , a conclusione della sua ricerca sull'AT in Gv , scrive un capitolo intitolato : «Il fondamento anticotestamentario della cristo logia propria di Gv». 62 Per quanto interessante, rimane ancora mol to analitico , diviso fra la ricerca della tradizione giovannea anticote stamentaria e neotestamentaria; ed inoltre si limita ai titoli cristolo gici . Io vorrei invece delineare una sintesi piuttosto che riprendere un'analisi ; una sintesi che si riferisca a tutta la Scrittura usata per il lustrare la persona e la missione del Figlio di Dio , inviato dal Padre. Ora , in Gv , la Scrittura viene considerata , globalmente sotto il pro filo della rivelazione : rivelazione storica , che conteneva i grandi sim boli di Gesù e della sua opera salvifica. Tutta la Scrittura viene pen �
62
170
REIM, Studien,
247-26 1 .
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sata come una grande profezia simbolica di Gesù : le azioni salvifiche e le parole profetiche in essa fissate. Per comprendere come funziona tale rivelazione nella cristolo gi a gio vannea , occorre distinguere quanto viene obliterato o critica to e q uanto viene valorizzato . 3. 1 .
Critica all'interpretazione giudaica della Scrittura
La Legge in quanto «Legge dei giudei» ( 1 8 ,3 1 ; 19 ,7) , com'era cio è interpretata da loro , in particolare dopo la caduta di Gerusa lemme (70 d . C . ) , viene dai cristiani rifiutata o criticata, in quanto fu fatta valere ingiustamente contro Gesù (7, 1 9-5 1 ) fino alla sua con danna a morte ( 1 8 ,3 1 ; 1 9 ,6) . Pertanto la Legge , così interpretata, per rifiutare la fede in Gesù , appellandosi a Mosè , non è più la Scrit tura e l'autentica legge di Mosè (5 ,45-47) . Credere alla Legge come «Scrittura» apre la via per credere alle «parole di Gesù» (5 ,47) . Nei Vangeli sinottici viene criticata «la tradizione dei padri» (Mt 15 ,2/Mc 7 ,3) in funzione dell'etica del Regno, predicata da Gesù . Nel quarto Vangelo invece viene criticata l'interpretazione giudaica della Legge in relazione alla fede in Gesù . La vera , autentica inter pretazione della Legge è quella cristiana che la interpreta partendo da Gesù e considerandola quindi come «figura» di lui e come invito a credere in lui . «Credere» è il comandamento fondamentale , illu strato con la figura di Mosè (Gv 5) e di Abramo (Gv 8) . Per quanto riguarda l'aspettativa messianica : manca in Gv il tito lo cristologico «figlio di David» , presente invece nella tradizione si nottica e particolarmente in Mt (9,27 , 12 ,3 .23 ; 1 5 ,22 ; 20,30-3 1 ; 21 ,9. 1 5 ; 22 ,42) . L'interpretazione messianica , i n chiave politica, ri corre solo sulla bocca del popolo (Gv 7 ,41-42 ; 12,34; cf. 1 ,49) . La di ch iarazione che Gesù è «re» viene sempre reinterpretata : in 1 ,5 1 «re d'Is raele» in 1 ,49 diviene «Figlio dell'uomo» ; in 6 , 1 5 Gesù fugge da solo sul monte quando il popolo vuoi rapirlo per farlo «re» ; il clou di questa reinterpretazione si ha nel colloquio di Gesù con Pilato , dove e gli inte rpreta il suo regno come «Un regno dall'alto» ed egli è «re», ma « ve nuto nel mondo per rendere testimonianza alla verità» . . . fi no alla morte ( 1 8 ,36-37 ; cf. 1 9 , 1 1 ) . Il black-out sul «figlio di David» significa che Gesù è Messia , non in quanto «figlio di David», ma in qu an to « figlio di Dio» (Gv 1 1 ,27 ; 20,31) . Un passaggio esplicito si re gistra i nvece nei sinottici ; tipico al riguardo il vangelo dell'infanzia 171
di Mt 1-2, dove si passa dal «Messia, figlio di David» della tradizio ne all'«Emmanuele, figlio di Dio» del redattore . 63 Sembra che la stessa cosa valga, anche se meno certa , per il tema della «sapienza», identificata dai «giudei» con la Legge , e perciò non utilizzabile per la cristologia giovannea della rivelazione . Per tale cristologia il termine migliore era quello di «Logos» , che si rifaceva anche alla memra Adonai della tradizione targumica, legata pure al la luce . 64 3 .2.
Uso simbolico della Scrittura
Gv della Scrittura utilizza le tradizioni più arcaiche e quindi ve nerande . Perché? Perché meglio si prestavano alla simbolizzazione. La legge di Mosè , per se stessa, è testimone di Gesù (5 ,45-47 ; 7 ,51 ; 8, 12-20) . L'evangelista deve aver avuto dinanzi soprattutto l'annun cio del «profeta come me» (è Mosè che parla) di Dt 1 8 , 15-18, identi ficato col Messia nella tradizione samaritana ed in alcuni strati della tradizione giudaica. l salmi , d'altro canto , e in particolare il Sal 82 ,6 (Gv 10,34) testimoniano l'autorità divina di Gesù. Il ciclo arcaico della preistoria (Gen 1-3 , cf. Sap 2,24) preannun cia l'attività del Logos incarnato nella creazione e nella liberazione dal peccato del mondo e dal «diavolo» , che ne è l'origine (Gv 8 ,44) . Il ciclo dei patriarchi , in particolare di Abramo e di Giacobbe, viene richiamato , perché in Abramo Gv vede la veneranda «figura» del credente in Gesù ; e nel «pozzo di Giacobbe» il simbolo del poz zo interiore di acqua viva che zampilla verso la vita eterna, dono di Gesù alla samaritana ( 4,6- 1 5 ) . M a il ciclo più utilizzato in favore di Gesù è indubbiamente quel lo di Mosè: oltre al titolo di «profeta escatologico», vengono da esso assunti i simboli del serpente , della manna e dell'acqua . In Gesù tut ti i simboli vengono personalizzati : il serpente è il tipo del «figli o dell'uomo» innalzato ; la manna è il tipo del «vero pane dal cielo» , che è Gesù; l'acqua è simbolo dello Spirito , che Gesù glorificato da rà (7 ,37-39) .
63 G. SEGALLA , Una storia annunciata. l racconti dell'infanzia in Matteo , Brescia 1 9 8 7, 1 37- 139 . 64 M . M cN AMARA , «Logos o f the Fourth Gospel and Memra o f the Palest lman Targum» , in E T, 79( 1968) , 1 15- 1 1 8.
172
L'evangelista ritorna indietro all'arcaico , all'archè, per dire la si n gol arità «divina» di Gesù e l'unicità della salvezza, portata da lui «a co mpime nto». Anche il ciclo profetico di Elia-Eliseo serve a preannunciare «i compiuti da Gesù . Il profeta «Isaia» viene invocato per testi ni» g se moni are con l' «io sono» la divinità di Gesù. Egli è anche il profeta, che predice la reazione di fede e di incredulità alla rivelazione di Ge sù . La figura danielica del «Figlio dell'uomo» viene identificata con la pe rsona di Gesù, Verbo incarnato . 65 Il suo «discendere dal cielo» (interpretazione giovannea del «Venire con le nubi del cielo») e la sua trascendenza misteriosa. Lo stesso vale per i grandi simboli del «pastore» e dell'«unico gregge» , riaggregato intorno a lui ; della vite e della vigna, del tempio , che egli sostituirà con la sua morte risu rrezione , trasformando il culto templare nel culto «in Spirito e verità». Questo uso simbolico della Scrittura permette a Gv di leggervi la cristologia elevata del « Figlio inviato dal Padre», del «Logos incar nato» , del «Figlio dell'uomo , disceso dal cielo» ; ed inoltre la sua drammatica vicenda umano-divina, che si conclude col «Compimen to» della croce ed il suo significato , rivelato dalla trafissione . La Scrittura viene in tal modo Ietta complessivamente come «figura», orientante alla «verità» , che è Gesù . In questo senso , «verità» e «ve ro» in Gv rimandano al grande codice simbolico dell'AT, la cui chia ve interpretativa è Gesù , l'agnello che apre i sette sigilli della storia (Ap 5,9- 10) . La maestosa distanza degli avvenimenti , dei personaggi e delle parole sacre permette la loro elevata simbolizzazione ; un ca so analogo è la rimeditazione simbolico-poetica del libro della «Sa pienza)) , che rimane però nell'ambito di una «meditazione sulla sto ria)) passata per compiacersi dell'amore di Dio per il suo popolo ; mentre Gv ricorre ai grandi simboli del passato per superarli nella «verità)) del presente : la persona di Gesù. Nell'ambiente giudaico dopo il 70 era impossibile tale simbolizzazione , perché l'interpreta zione della Legge e del messianismo era troppo legata ad esigenze ed asp ettative immediate : l'interpretazione della Legge si consolida nel la t radizione rabbinica , quella delle aspettative messianiche sfo cia nei movimenti rivoluzionari antiromani fino a Bar Kokeba.
5 Su tema cristologico giovanneo la migliore monografia è quella di F.J . �OL6ONEY, questo The Johannine Son of Man, (Biblioteca di scienze religiose 14) , Roma 1 978.
173
In conclusione, per Gv la Scrittura non è né Legge né storia in senso giudaico-nazionalistico . Sia come Legge sia come storia divie ne promessa e «figura» della venuta e della missione di Gesù. La ri velazione simbolica della Scrittura è continuata e portata a compi mento in Gesù, in quanto egli come «Figlio» incarnato è la rivelazio ne personale del Padre nella storia. Gesù, simbolo supremo ed ulti mo, non rimanda più ad altre verità ulteriori , all'interno della storia (come l 'A T) , ma rimanda verticalmente al Padre, all'unità con lui nell'essere e nell'opera salvifica. È questa la verità ultima che peral tro sarà pienamente svelata solo «presso il Padre» ( 1 7 ,24) .
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GES Ù CRISTO , LA SUA PERSONA E LA SUA OPERA
3.
Un altro ambito per il quale Giovanni ricorre massicciamente al la Scrittura - per essere più esatti , alle sue immagini e al suo linguag gio - è quello dei titoli cristologici e delle visioni del Cristo . Ne ab biamo alcuni esempi già all'inizio del primo capitolo . Nel v . 5 Gesù Cristo è chiamato «il testimone fedele» , «il primo genito dei morti» e «il principe dei re della terra» . Per il primo titolo c'è chi indica come fonte Is 55 ,4 («Ecco io l'ho costituito testimone fra i popoli») , altri Sal 89 ,38 («testimone fedele nel cielo»: il Salmo attribuisce questa caratteristica alla luna , ma le parole , il loro caso e il loro ordine - salvo ((nel cielo» - sono quelle del nostro passo) . Per il secondo titolo sarebbe stato difficile trovare una parola biblica da citare , dal momento che esso presuppone la risurrezione di Ge sù e la sua conseguenza nella risurrezione dei credenti. I comment atori pensano però che Giovanni possa aver attinto dalle Scritture l'ide a di ((primogenito» , forse di nuovo dal Sal 89 , che al v. 28 prome tte di costituire Davide come «primogenito» (di Dio) e come «il pi ù al to fra i re della terra» (LXX il più alto dei regnanti della terra) . . ' 24
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A . VANHOYE, «L'utiilsation du livre
.
. . »,
464 .
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Dopo la dossologia del v . Sb-6 Giovanni confessa la sua speranza escat ologica (v. 7) . «Ecco , viene suJ1e nubi» ricorda Dn 7, 1 3 (usato lib era mente come accade anche in Mt 24 ,30b) . «E ognuno lo vedrà, an che quelli che lo trafissero , e tutte le nazioni della terra si batte ranno per lui il petto» ricorda Zc 12, 1 0 «Guarderanno a colui che b anno trafitto . Ne faranno il lutto . . . ». Più che la fedeltà con cui è ri p ortato il passo profetico (per quanto riguarda il testo dei LXX l'i de ntità verbale è limitata al verbo kopsontai che corrisponde nel p asso di Zc a «ne faranno il lutto» e in Ap a «si batteranno per lui il pett o») è significativo che anche Mt 24 ,30 citi assieme , in uno stesso versetto, Zc 12, 10 e Dn 7 , 1 3 . Doveva dunque esistere un a tradizio ne eseg etica che abbinava questi testi , tradizione antecedente Mat teo e Giovanni e indipendente dal testo dei LXX forse risaliva al testo ebraico? - che era usata come testimonium cristologico dai pri mi cristiani . Nel testo di Zaccaria sono le stesse persone a vedere co lui che hanno trafitto e a battersi il petto . Invece Ap 1 ,7 e Mt 24 ,3 sotto l'influenza di Dn 7 , 13 tendono ad estendere questo guardare a tutte le tribù della terra e non solo a «quelli che lo trafissero» . 25 Un secondo blocco di riferimenti alle Scritture appare nella vi sione inaugurale di Giovanni , Ap 1 , 12ss . In mezzo a sette candelabri d'oro il veggente vede «uno simile a figlio d'uomo» : siamo di nuovo in pieno nel libro di D aniele, cf. Dn 7 , 1 3 . Il v . 18 ci assicura che il personaggio apparso a Giovanni è il Cristo risorto . Egli indossa «Un abito lungo fino ai piedi (poderés)» ed è «Cinto con una fascia d'oro» al petto . Giovanni si ispira probabilmente a Ez 9 ,2. 1 1 (LXX. Le no stre traduzioni correnti , fatte sul testo ebraico , non menzionano l 'a bito che arriva ai piedi) . Si è supposto talvolta che Giovanni volesse descrivere dei paramenti sacerdotali : Es 28,4 infatti parla di pode rés . Ma il personaggio della visione di Ez 9 non risulta essere stato un sac erdote. Un elemento descrittivo ulteriore è che «i capelli della testa erano candidi , simili a lana . . . come neve» (v. 14) . È un parti colare che potrebbe essere stato desunto dalla visione di Dn 7 ,9 . In ve ce i l paragone dei piedi con il bronzo splendente ricorda Dn 10,6 qu an to all'immagine (la terminologia è diversa ) . L'in dipendenza di Giovanni d a l testo dei LXX emerge nel v . 1 5 b «la su a voce e ra simile a l fragore di grandi acque» . Q u i egli riprodu-
1
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2.>
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1
Cf
la discussione del rapporto fra q uesti quattro pass1 (Ap l, Mt 24 , Dn 7, Zc
n B . LINDARS , New Testament Apologeuc. The doctrmal szgmficance of O T quo2)10Ins
. London 1961 , 21978, 122-127. Lindars prende in considerazione anche Gv
193
ce in greco il testo ebraico di Ez 43 ,2 e non quello greco , che dice in vece: « Voce di un esercito , come voce di molti che raddoppiavan o». L'importanza di quest'osservazione aumenta se notiamo che la cita zione del testo non è brevissima e corrisponde quasi esattamente al l'ebraico . 26 Concludiamo questo capitolo sul Cristo e i suoi titoli passando in rassegna rapidamente altre definizioni cristologiche nei capitoli suc cessivi . In 2 ,23 il Cristo si presenta come «Colui che scruta le reni e i cuo ri e che a ciascuno retribuirà secondo le sue opere» (cit . dalla Bibbia delle Paoline. Qui la Bibbia CEI parafrasa) . È un richiamo a Ger 1 7 , 10: «lo , il Signore , scruto il cuore ed esamino le reni per retribui re a ciascuno secondo la propria condotta» (id . ) . In 3 , 7 Cristo è «Co lui che ha la chiave di Davide: quando egli apre nessuno chiude , e quando chiude nessuno apre». C'è una reminiscenza di Is 22,22 ma non si può parlare di citazione. In 5 ,5 l'Agnello è presentato come «il leone della tribù di Giuda» (cf. Gen 49,9 - solo una reminiscen za) e come «il germoglio di Davide». Il termine «germoglio» ricorda Is 1 1 , 1 0 , che però dice «di lesse» (no n : di Davide . lesse era suo pa dre). Infine citiamo il titolo «Signore dei signori e Re dei re» ( 17 , 14) che non cita un libro canonico ma quello di Enoc : «Signore dei si gnori , Dio degli dèi , Re dei re» (9,4) . I passi seguenti non sono titoli cristologici , ma servono ugual mente a definire le funzioni del Cristo . Nella sua apparizione su un cavallo bianco ( 1 9 , 1 1 - 1 6) viene precisato che egli «giudica e combat te con giustizia» (questo ricorda ls 1 1 ,4 «Egli [il germoglio di lesse] giudicherà con giustizia))). Il suo mantello intriso di sangue (v. 13) ricorda il soccorritore che viene da Edom in Is 63 , 1 con le vesti ti nte di rosso , ma è anche meno di una reminiscenza. I nvece il v. 15 è molto vicino al Sal 2 ,9a . Ne abbiamo già parlato nel § 2.2. 4.
I CREDENTI , LA CHIESA
Questi due temi sono già compresi , per forza di cose , in non po· chi dei passi citati nei capitoli precedenti (giudizio e castigo ; promes· se e realizzazioni) . Specialmente in quest'ultimo , i passi tratti d al le
26
194
A. VANHOYE, «L'utihsatJOD du hvre
. .
. », 447-448.
let te re alle sette chiese e quelli relativi alla Gerusalemme celeste coinv olgono direttamente il popolo dei credenti che rimangono fe de li. Vale la pena ricordare però un passo significativo della dossolo gia ini ziale: «A colui che . . . ha fatto di noi un regno di sacerdoti » (1 ,6) . U na traduzione più letterale dovrebbe dire : «ha fatto di noi un re gno , sacerdoti» per il suo Dio e Padre . 27 L'espressione è gram m ati calmente ostica. Charles ritiene che significhi : «ha fatto di noi un re gno , ciascun membro del quale è un sacerdote per D io» . Altri conte sta quest'interpretazione . «Regno» sarebbe un caso di astratto pe r il concreto : re e sacerdoti compongono il santo popolo di Dio . 28 Altri ancora preferisce vedere una sottolineatura più forte sul termi ne sacerdoti , mettendone in evidenza il carattere concreto e il riferi mento diretto a singoli membri del popolo cristiano (mentre «re gno» è impersonale e astratto). È la vocazione ad essere tutti quanti sacerdoti di Dio - q ualcosa che è già accaduto , perché il verbo è al l'aoristo . 29 La fonte della formula usata da Giovanni potrebbero es sere le versioni greche di Simmaco e di Teodozione , che hanno la stessa formulazione ostica ; i LXX migliorano la forma, (ma forse modificano il concetto) dicendo «Sacerdozio regale» , e Aquila «re gno di sacerdoti» . Gli stessi termini si trovano di nuovo in 5 , 10 (uniti però dalla co pula «e») . Mentre in 1 ,6 il termine più importante del binomio sem bra essere «sacerdoti» , qui l'enfasi cade su «regno» (sottolineato nelle parole seguenti: «e regneranno sopra la terra») . Se il sacerdo zio spirituale per tutti i popoli , che i credenti condividono col Cristo , è già una realtà presente , il regnare invece appartiene al futuro esca tologi co e Giovanni lo sottolinea in 22,5 («regneranno nei secoli dei secoli» ) . Un altro riferimento importante al popolo dei credenti l o trovia mo nei due passi paralleli 7 , 1 -17 e 1 4, 1 -5 . Il parallelismo consiste n e ll'annunzi o che nonostante i castighi rappresentati dai primi quat tro sugg elli (c. 6) e nonostante l'apparizione della bestia che sale dal ma re e d ella bestia che sale dalla terra (c. 13) Dio veglia sui suoi
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Così A. WIKENHAUSER, L 'Apocalisse di Giovanni, Brescia 21 968, 43. G . R . BEASLEY MURRAY , The Book ofRevelation , London 1974, 57s, che si nfà BILLERBECK Sostanzialmente s1mile E . LoHMEYER, Die Offenbarung des 0 a�nes, Tu bingen 21953 . 11 . 75 9 U . B . MULLER, Die Offenbarung des Johannes , Giitersloh-Wurzburg 1984,
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195 \
eletti . Questo è il senso dei due passi citati. In entrambi sono num e rosi i riferimenti alle Scritture . «Non avranno più fame , non avran no più sete , non li colpirà il sole né arsura di sorta>> (7 , 16) riprende Is 49 , 10. La promessa che Dio sarà il loro pastore , li guiderà alle sor genti dell'acqua della vita, asciugherà le loro lacrime echeggia oltre a ls 49 , 10 il Sal 23, 1 e Ez 34,23 ; poi Is 25 ,8. Queste promesse stanno in rapporto dialettico con i passi che parlano delle prove che non ri sparmieranno i credenti : 6 , 1 1 parla esplicitamente del loro martirio e così anche 1 3, 1 5 . Le promesse dei cc. 7 e 14 non garantiscono una posizione di privilegio (essere risparmiati dalla persecuzione) ma una assistenza divina che permetta ai credenti di passarvi attraverso senza che la loro fede venga meno .
CONCLUSIONI a. Come fanno notare molti studiosi dell'Apocalisse , è evidente che il libro è permeato di Antico Testamento e che questo è così per ché la mente del suo autore ne era nutrita e il suo pensiero si forma va nelle categorie e con il linguaggio dell' Antico Testamento . Perciò non ha bisogno di ricorrere al metodo della «citazione» formale. b. L'analisi dei testi biblici a cui più spesso l'Apocalisse allude ci porta a concludere che si tratta del ciclo dell'Esodo , dei profeti esili ci e post-esilici , e - fra gli «scritti» - di Daniele e dei Salmi . Si tratta cioè dei testi biblici che parlano dell'elezione di Israele a essere il popolo santo di Dio, di quelli che affrontano il problema della di subbidienza (idolatria, spesso etichettata come prostituzione) , del castigo , e della restaurazione (cioè della speranza) . La prevalenza degli scritti esilici e post-esilici è in armonia con il genere apocalitti co dell'ultimo libro del canone . c. Il ricorso alle Scritture d'Israele non è fatto con interesse sto rico o in prospettiva storica , bensì sovrapponendo o identificando il popolo dei credenti in Cristo con il popolo di Dio del passato . Attra verso l'equiparazione delle esperienze dei due momenti Giovan ni legittima l'appropriazione delle promesse e delle prospettive escato logiche annunziate dagli scritti del giudaismo . d. La giustificazione implicita per una lettura cristocentrica de gli scritti d' Israele consiste nel fatto che come ora si è detto G iovan n P0 si considera parte di quel popolo e di quella storia, perché è sto(cf. 1 ,4. 9ss ) non ho inteso suggerire né avallare alcuna JdentJficazione tra lu1 e l'a ut�: re del quarto Vangelo. Il problema è estraneo all'argomento dJ queste pag�n e. S u 1 30
196
Vogho precisare che usando per l'autore dell'Apocalisse il nome «Giovan ni,.
ria della ricerca, da parte di Dio, di un popolo che sulla terra lo ser va e te stimoni a chi ancora non lo conosce la sua volontà di salvezza
u ni ve rsa le e di comunione universale con l'umanità senza limitazio ne alcu na. Non vi è contrapposizione fra i due tempi (e fra i due Te sta m en ti) . Il fine della storia dei rapporti fra Dio e gli uomini e sim bole ggiato visivamente dall alber o della vita e dal fiume dell'acqua della vita - due simboli , anzi due realtà spirituali che gettano un pon te fra il tempo prima di Gesù Cristo e il tempo dopo Gesù Cristo che è anche il nostro . '
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�sso cf
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B. CoRSANI , L 'Apocalisse.
tone al NT,
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Guida alla lettura, Torino 198'1, a.. e iD., lntrodu II · Epistole e Apocaltsse, Torino 1975 , 303sa.
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7 Il dibattito con il giudaismo nel II secolo . Testimonia ; B arnaba ; Giustino
E nrico Norelli
t.
I
TESTIMONIA
Le Scritture del giudaismo fornirono ai discepoli di Gesù l'oriz zonte di comprensione per valutare il senso della sua attività e in particolare della sua morte , in relazione con l'avvenimento che fu inteso come la sua risurrezione . Le testimonianze più antiche (in particolare la tradizione già ricevuta da Paolo e riportata in l Cor 15 ,5-7) dicono che , risuscitato al terzo giorno , Gesù «fu visto» (oph the) da Cefa, poi dai dodici , poi da oltre cinquecento discepoli , quin di da Giacomo . Altre tradizioni , conservate in vangeli canonici e non canonici , parlano di queste visioni , che sono state quindi consi derate dalla critica moderna come l'origine della fede n ella risurre ziOne di Gesù . Di recente , tuttavia , si è sempre più affermata la ten denza a rivalutare la storicità del racconto della scoperta del sepol cro vuoto, che era stato a lungo visto come una leggenda secondaria a intento apologetico . 1 Certo, i discepoli di Gesù hanno vissuto , do po la sua morte, delle esperienze che li hanno condotti ad affermare che Dio lo aveva risuscitato e costituito Signore , capace di donare la salv ezza a chi abbia fede in lui come nell'Inviato di Dio . Ogni esperienza vissuta, tuttavia, acquista un senso solo se mes sa in relazione con le categorie mentali di cui si dispone . Se fatti qua li la scoperta del sepolcro vuoto e le apparizioni convinsero i disce poli ch e Gesù non aveva condiviso il comune destino degli uomini, quello di soggiacere alla morte, essi dovettero anche indurii a inter rog arsi su quale fosse allora il destino del loro maestro. Il carattere stes so dell'attività di Gesù , alla quale i suoi seguaci avevano assisti-
1 Cl assica argomentazione per Il carattere secondano delle stone del sepolcro �uoto· R BuLTMANN, Dte Geschtchte der synopllschen Traduwn , ( 1 92 1 ) , Gottmgen I I B l c. Gh argomenti a favore della stoncuà sono smtettzzatl e difesi m parti c a e a r d W L CRAIG, «The Hl.stonctty of the Empty Tomb of Jesus » , 10 NTS , 31 ( 985 ), 3 9-67
1 �79, �
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to , li orientò verso la risposta: colui che aveva mostrato una famili a rità tutta speciale con il Dio d'Israele , da lui chiamato Abba, e un a totale fiducia in lui ; che aveva annunziato la prossimità del regno di Dio e aveva vissuto di conseguenza , infrangendo le norme e le bar riere di purità che dovevano salvaguardare Israele fino all'instaura zione della signoria divina; che aveva reso presente nella sua attività l'amore di Dio per gli uomini ; questo Gesù doveva essere l'inviato atteso per inaugurare il regno di Dio . Tale attesa si fondava sulle Scritture e sulla loro tradizione interpretativa, dove però nulla era annunziato di un messia sofferente e messo a mort e . Ora, la forza di ciò che i discepoli avevano vissuto con Gesù e dopo la sua morte si manifestò proprio nell'incredibile successo dell'impresa di legittima re come messia un personaggio la cui vita e la cui sorte non somiglia vano molto a quelle previste per il messia d'Israele . A questo riguardo . l a nostra tradizione cristiana ci situa spesso in una falsa prospettiva. Le prime generazioni cristiane ricavarono dalla Bibbia una quantità di passi che furono interpretati come pro fezie di eventi della vita di Gesù , in primo luogo della sua passione: e li usarono a fini apologetici nella dura polemica contro i giudei, ac cusati di non avere compreso le proprie Scritture , non avendo rico nosciuto quel messia la cui attività e il cui destino vi erano così chia ramente annunziati. Ora , in realtà, non solo il dossier delle profezie considerate come messianiche nel giudaismo dell'epoca di Gesù era infinitamente più ridotto di quello che fu riunito dai cristiani a poste riori, sul fondamento degli eventi della vita di Gesù ; ma il carattere di tale dossier era anche profondamente diverso da quello attribui togli dai cristiani e che ancor oggi anche gli stessi non cristiani sono abituati a considerare come ovvio . Le vari e correnti del giudaismo del tempo di Gesù avevano in effetti individuato nelle Scritture dei passi che consideravano come profezie messianiche , ma non erano interessate a disporli in modo da formare una sorta di «biografia» del messia. Per rendersene conto , basta sfogliare , ad esempio, la co moda raccolta commentata di testi di P . Grelot. 2 I tratti appar ente mente biografici, quali la discendenza davidica o la nascita a B e tlemme , servono anch'essi all'intenzione fondamentale delle rifles sioni giudaiche sul messia : quella di definirne la funzione, in rapp o r to essenzialmente con i problemi posti dal presente. Così , per e sem -
2 La speranza ebraica al tempo di Gesù, tr.
200
it.
Roma
1981 .
pi o , i messia degli autori apocalittici rappresentano la soluzione al probl ema della liberazione d'Israele dal giogo dei pagani e/o del mondo dal male che lo pervade ; 3 i due messia , di Aronne e d'Israele (Regola della comunità IX, l l ) , o «il messia di Aronne e d'Israele» (Manoscritto di Damasco A , XII ,23 - XIII , 1 ; B , 1 , 10- 1 1 ; 11, 1) attesi a Qumran rispondono all'importanza centrale che il rapporto tra la funzi o ne regale e la funzione sacerdotale assume per la setta;4 nella Mis hn ah , le «impronte del messia» segnano la strada da seguire n el pres ente tenebroso in cui è necessario salv aguardare l'identità d el 5 popolo disperso . Anche il cosiddetto oroscopo del messia in ara maico , di cui resta un frammento a Qumran (4QMessAr) , se pure non è un oroscopo di Noè (da collegare all'Apocrifo della Genesi) , concerne essenzialmente caratteri generali piuttosto che dettagli biografici . I discepoli di Gesù , invece, partivano dalla vicenda storica del loro maestro , e dalla necessità di dimostrare che il crocifisso , contro ogni attesa , era il messia. Poiché erano le Scritture ebraiche a comu nicare il pensiero di Dio , la dimostrazione doveva fondarsi su di es se . Una consapevolezza esemplare del nesso tra fede nella risurre zione di Gesù e ricerca della testimonianza delle Scritture è nell'e vangelista Luca. L'ultimo capitolo del suo Vangelo è un itinerario in tre momenti verso l'acquisizione del senso della risurrezion e . La scoperta del sepolcro vuoto , fatta dalle donne , annunziata ai disce poli e verificata da Pietro (Le 24 , 1 - 1 2) , segnala il carattere nuovo del d e stino di Gesù e suscita il ricordo delle sue parole, ma non provoca la fede , bensì incredulità e sbigottimento (vv . 1 1- 12) . I discepoli in vi aggio per Emmaus (vv . 1 3-35) avevano vissuto l' esaltazione dei giorni di Gerusalemme e la speranza che Gesù fosse il messia, ma , non conoscendo il vero destino del messia , non erano in grado di ca3 La morte de l messia in 4Esd 7,29 non è neppur essa , se ben vedo , un tratto bt ografico , ma un elemento reso necessario dalla coerenza di un sistema che vuole o�n�ttere la tradizionale funzione liberatrice del messia (la quale , non a caso, è pal tdtsstma i n tale contesto) con l'esigenza di una scomparsa totale de l vecchio mondo, contaminat o dal male , prima che il nuovo possa sorgere (7 ,30-31 ) . d ," . U n doppio messia, d i Levi e d i Giuda , compare forse anche nei Testamenti dei od1�1 patriarchi: Ruben 6, 10-12; Levi 1 8 ,2-9 .
�
•
S ul messia nella tradizione rabbinica è indispensabile J. NEUSNER , Messiah in C nte t. x Israel's History and Destiny in Formative Judaism , (Studies in Judaism) , O Lanham- N
ew York-London 1988. I n generale , l a riflessione che h o abbozzato qui so pra nguardo al messia nel giudaismo è largamente debitrice alla prospettiva di N eu c� e in un seminario tenuto a Bologna nel maggio 1988 mostrò , tra l'altro , come messt a nel gi udai sm o sia propriamente un «indic tore tassonomico». a
�rer,
201
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pire l'esperienza delle donne e le parole degli angeli i quali «dicon che è vivo» . Gesù stesso s'incarica di spiegar loro come , secondo l Scritture , è proprio attraverso quella passione e morte che il mess· accede alla sua gloria (v . 26) ; inoltre , il gesto sacramentale in cui fa riconoscere forma con 22, 14-20 un'inclusione comprendente l'in tera storia della passione , la quale, così inquadrata dalla celebrazio ne pasquale , rivela il suo carattere di compimento di quella salvezz a donata da Dio di cui la pasqua ebraica è , secondo la Bibbia , l'inizi o e il paradigma . Infine , Gesù si manifesta direttamente ai discepoli (24,36-53) : ma ciò che lo fa riconoscere e suscita in loro la gioia non è l'ostensione del corpo fisico (vv . 36-43) , bensì l'appello al compi mento delle Scritture , che abbraccia questa volta non solo la passio ne e la morte , ma tutta l'esperienza vissuta dai discepoli con Gesù (v . 44a) e il perdono dei peccati che si realizzerà nella predicazione , del Vangelo di conversione (v . 47) . E questo prolungamento dell'e sperienza pasquale nella vita della chiesa che consente ai discepoli di vivere con gioia la separazione prodotta dall'ascensione di Gesù ( vv. 5 1 -53) : l'ascensione è infatti il senso vero , finalmente compreso , del la morte di Gesù come raggiungimento del Padre e presenza costan te presso di lui (cf. la coincidenza di benedizione e separazione al v. 5 1 ) . Per Luca , insomma , la fede nella risurrezione di Gesù e l'espe rienza del prolungarsi dell'evento della risurrezione nella vita della comunità dei credenti presuppongono la comprensione retta , cioè cristologica, delle Scritture . D'altra parte, il fatto che sia il Risorto a esporre l'esegesi cristologica indica al tempo stesso che quest'ultima non è una costruzione dei discepoli, ma è possibile solo a partire da quel qualcosa che si è prodotto a pasqua e che si è loro imposto: la comprensione cristologica delle Scritture è dunque resa possibile dall'evento stesso di cui rivela il significato . Se tale è il denso significato della presentazione lucana che met te in bocca al Risorto l'esegesi cristologica , non si può dubitare pe raltro che il processo di riflessione esegetica fosse l'opera accurata dei credenti stessi . È quanto chiarisce un frammento della Predica zione di Pietro , il più antico rappresentante del genere «apologia del cristianesimo» di cui ci resti qualche cosa (se si eccettua , in un certo senso , l'opera di Luca, in particolare gli Atti) . Composto con tutta probabilità in Egitto verso il l00- 1 10 , questo scritto anonimo non so : pravvive che in alcuni frammenti , citati per lo più da Clemente dt Ale)isandria. 6 Questi ci permettono d'intravvedere che esso com-
lo
6 Su di esso studio accurato di H. PAULSEN, «Das Kerygma Petri und diC: ur tradUZione christliche Apologetik» , ZKG, 88( 1 977) , 1 -37; testo dei frammenti,
202
in
con
pre nd eva un discorso del Cristo risuscitato ai discepoli , poi un bra no sulla comprensione cristologica delle Scritture , probabilmente d et to da Pietro a nome di tutto il gruppo ; infine , una predicazione di Pietro e degli altri apostoli , rivolta ai pagani e assai poco tenera con il giudaismo . Leggiamo il frammento sulla comprensione delle Scrittu re : , , «Quanto a noi , aprendo i libri dei profeti che ave vamo , i quali parlano del Cristo Gesù in parte in parabole , in parte in enigmi , in ' parte chiaramente e alla lettera , trovammo la sua venuta, la mor te , la croce e tutti gli altri castighi che i giudei gli inflissero , e la ri surrezione e l'ascensione nei cieli prima che Gerusalemme fosse fondata / così come erano state scritte tutte queste cose , ciò che egli doveva soffrire e ciò che verrà dopo di lui . Avendo dunque compreso ciò , credemmo a Dio a causa delle cose scritte in vista di lui». 8
Se la ricostruzione dell'ordine dei frammenti proposta da P aul sen (e riassunta qui sopra) è corretta , anche qui la comprensione cri sto l o gica delle Scritture segue l 'apparizione del Risorto : non è però quest'ultimo che le spiega , ma i discepoli che le esaminano . 9 A parte il termine generale «venuta», le profezie cristologiche concernono anche qui essenzialmente la passione , morte , risurrezione, ascensio ne di Gesù , ma anche - sia pure in modo ben meno preciso che in Luca - le vicende successive dei credenti («ciò che verrà dopo di lu i » ) . L'autore della Predicazione ha dunque ben presente il dossier
itali ana e commento , in M . G . MARA , «Il Kerygma Petrou» , in Studi in onore di A lber to Pin cherle , l , [ = SMSR 38 , ( 1 967)] , 3 1 4-342 . Non si deve confondere questo Keryg ma di Pietro con i cosiddetti Kerygmata di Pietro, uno scritto giudeocristiano, perdu to, che secondo gli specialisti costituirebbe la base del doppio romanzo ( Omelie e Ri conoscimen ti) trasmesso (falsamente) sotto il nome di CLEMENTE ROMANO. 7 Termine poco chi aro, al punto che si è proposto di correggere in «fosse giudi cat a» , con allusione alla distruzione di Gerusalemme interpretata come castigo divino per l'u ccisione di Gesù . Chi lo mantiene , pensa a un'allusione alla costituzione della Ge �usalemme celeste , la comunità dei salvati resa possibile dalla morte e dalla resur rezt one del Cristo . Frammen to I X secondo MARA, I V secondo PAULSEN , in CLEMENTE ALESSAN �RI N o, Stro mati 6 , 1 5 , 1 28 , 1 -2 ; mi permetto di rinviare alle mie osservazioni in «Situa han d es apocryphes pétriniens» , in Apocrypha, 2 ( 1 991 ) , 63-69 . 9 • (p 66, cf P 75 M SJMON , Versus 1srael Etude sur les relallons entre chrellens el JUI/S 01 l Em 1re Romam (135-425) , Pans 21964, 1 65 213 en 6 EdiZione d e l D1alogo E J GooosPEED, Dze altesten Apologeten , G otung r fo 1 914, 90-265 Ottima traduzione Jtabana , con mtroduzmne e note ch1are e ben m dl male , d1 G VISONA, S G1ustzno D1alogo con Trzfone, Milano 1 988 S ull ese ge si
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228
)7�
L 'a sse mtorno al quale tutto ruota è la dimostraziOne del contenuto cn sto logtco delle Scntture d'Israele , la quale permette anz1 precisa m e nte dt mostrare che queste Scntture non appartengono ptù a1 gm det , che non possono capule perché non hanno la chtave per pene tr arl e Gmstmo non perde occasione dt nbadue che 1 maestn ebre1 no n comprendono le loro Scntture (9, 1 , 34, 1 , 55 ,3, 1 12, 1-5, 1 14,5 , ecc) è la prova che tah Scntture non appartengono a loro , ma a1 cn suam , che ne captscono lo spmto (29 ,2) I cnstlam hanno compreso che Dto aveva annunziato una nuova alleanza , reahzzatast ora m Cnsto . dt conseguenza, sono ess1 d vero Israele , quello spmtuale ( 1 1 ,5) Gmstmo non crede , come lo Pseudo-Barnaba , che le prescn z1om della Legge non stano ma1 state vahde m senso letterale , ma n ttene che avrebbero dovuto essere accompagnate da una compren sione ptù profonda della volontà dt Dto, e che comunque ora, dopo la venuta dt Cnsto , esse debbano essere elevate su dt un ptano spm tuale. «E necessana ormai una seconda cuconctstone e V O I andate orgo gliosi d1 quella della carne , la nuova legge vuole che osservtate senza sosta 11 sabato e vot n tenete dt onorario nmanendo mopero st un umco gtorno, senza comprendere Il mottvo per CUI esso vt e stato prescntto , e se mangiate pane azztmo dtte dt ademptere la volonta dt Dto» 77
Gmstmo s1 serve mdubbtamente dt testzmoma anttcultuah come quelh utthzzatl dallo Pseudo-Barnaba , che attmgono specialmente alla tradtztone profettca d'Israele così Is 58, 1- 1 1 , contro d dtgmno , e cttat o m Dzalogo 15 ,2-6, e - hmttatamente a1 vv 4-10 - m Barnaba 3 , 1 -5 Sulla cuconctstone del cuore , Dza logo 28 ,2-3 ctta Ger 4,3-4 e 9 ,24-25 , che s1 ntrovano dt segutto m Barnaba 9 ,4-5 , e così vta DI ve rsamente da B arnaba , Gmstmo ammette che la ctrconctstone fu effe ttivamente prescntta agh ebre1 da Dto che prevede d futuro , co me segno dtstmttvo , affmché ess1 soh soffnssero ctò che ora soffrono (tl Dz alogo è ambientato alla fme della guerra gmdatca del 1 32-1 35) la desolazi One del paese , la dtstruztone dt Gerusalemme e d dtvteto -----SI v eda
GIUstmo particolare J D ANIELOU , Message evangellque et culture hellemstl ;u.e au. II' et III' s1ecles, Tourna1 1961 , 185-202 , W A SHo1WELL, The B1bl1ca/ Exege (� of/ lu.stm Martyr, London 1965 , G OTRANTO , Esegesi b1bl1ca e stona m G1ustmo 8 1 cf ra 63- 4) , Ban 1 979 Sulle tradiZIOni esegetiche e sm testlmoma usati da Gmstmo ppro fondito studio d1 O SKARSAUNE, The Prooffrom Prophecy A Study Ju de� ��;}(' s Proof-Text Tradltlon Text-Type, Provenance, Theolog/Cal Profile, Leim
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12 3, q UI
e ID seguitO tr di
VISONA.
229
per gli ebrei di rientrarvi. È la punizione per aver ucciso i profe ti e poi il Cristo , e per oltraggiare e perseguitare ancora i suoi segu aci ( 16,2-4) . E se i giudei hanno ricevuto l'obbligo di osserv are le p re scrizioni della Legge, ciò fu per la durezza del loro cuore , perché fossero obbligati a ricordarsi di Dio: i sacrifici perché non adorasse ro più gli idoli , il sabato perché si ricordassero del loro Signore , l' a stensione da certi cibi perché anche mangiando e bevendo av e sse ro Dio dinanzi agli occhi ( 1 9 ,6-20 , 1 ) . Accanto a queste , vi sono le nor me che restano eternamente valide , quelle della legge naturale , e che non hanno dunque bisogno della Legge dei giudei per affermarsi (93 , 1 ) ; in sintesi , dunque , è conforme alla fede di Abramo sape re «che certe prescrizioni sono date per rendere culto a Dio e ope rare secondo giustizia e che certe altre prescrizioni e pratiche sono st ate formulate o in vista del mistero di Cristo o per la durezza di cuore del vostro popolo» ( 44 ,2) . La valutazione della Legge occupa la prima parte di questo dia logo tortuoso e ricco di digressioni al punto che è difficile individuar ne una struttura: in generale , gli studiosi sono d'accordo nell'indivi duare una seconda parte dedicata a Cristo e una terza alla chiesa co me nuovo Israele . 78 La seconda parte , la più lunga , si occupa di di mostrare che Gesù è il Cristo , attraverso l'interpretazione delle Scritture . L'enunciato metodologico fondamentale è in 1 14, 1 : «A volte , infatti, lo Spirito Santo ha fatto in modo che si produces sero visibilmente eventi che erano figura di ciò che doveva accade re , a volte invece ha pronunciato parole relative ad avvenimenti fu turi parlandone come se stesse ro succedendo in quel momen to o fossero già successi. Se chi si imbatte nelle parole dei profeti non conosce q ueste regole , non può seguirle come si conviene» .
D a una parte , dunque , i rypoi, nei quali al senso letterale dell' e vento si sovrappone il senso figurale , cristologico ; dall'altra , i logoi , cioè le profezie che non hanno altro senso che quello cristolo gico , ma che sono formulate al presente o al passato , come ls 53, 7 ( « Co: me pecora è stato condotto al macello , come agnello di fronte a ch• lo tosa») o 65 ,2, che Giustino cita come esempi di questa categori a . l 78 Cf. F. M . M . SAGNARD , «Y a-t-il un pian du "Dialogue avec Tryphon ?_" », i� Mélanges Joseph de Ghellinck. S.J. , /: Antiquité, Gembloux 195 1 , 171 - 1 82, le, dopo il prologo 1-9 , le tre parti occupano rispettivamente i cc. 1 0-29 ; 30-1 08 , 'IDa 14 1 . Per OTRANTo, rispettivamente : 10-47; 4S-108 ; 109-14 1 ; per VISO NÀ la p11 parte arriva al c. 30.
peni�:;.
230
16goi sono sviluppati - seguiamo la proposta di Sagnard - nei cc. 30
(o 3 1 ) - 39 , dove sono citati e commentati soprattutto Dn 7,9-28 e Sal l lO; 72 ; 24 ; 47 ; 99 ; 45 , ed è enunciato un altro principio fonda m e ntale . Trifone avanza un'obiezione centrale del giudaismo : il m ess ia predetto dalle Scritture è glorioso , mentre il vostro Gesù non ebbe onore né gloria, e subì perfino la crocifissione , estrema maledi zione della Legge . La risposta di Giustino è che le profezie devono essere distribuite tra le due venute di Cristo : la prima , che ha già avuto luogo , nell'umiliazione (profezia fondamentale Is 52 ,1353 , 1 2) , la seconda , ancora futura , nella gloria , per il giudizio (Dn 7, 1 3 -14 ; Zc 12, 10. 12) . 79 Giustino contesta ripetutamente l ' esegesi ebraica , che riferisce i vari passi a personaggi o eventi interni alla storia d'Israele : così , esclude (33 , l ; cf. 83) che il Sal l lO possa appli carsi a Ezechia, perché questi non è mai stato «sacerdote in eterno al modo di Melchisedek» . e che il Sal 72 si applichi a Salomone (34,2.7) , perché né tutti i re si sono prostrati a lui , né ha regnato fino ai confini della terra. Ciò che qui permette di innestare la tipologia e che sarà ripreso da I reneo e Ippolito - è la comprensione stretta mente letterale del testo , e la constatazione che esso non si è realiz zato. in tali termini, nella storia d'Israele . Analogo metodo gli per metterà di negare (67 , l ; 77 , 1 -2) che le profezie sull 'Emmanuele di Is 7 , 14; 8 ,7 si riferiscano a Ezechia, come afferma Trifone . I cc . 40-42 sviluppano invece i tjpoi: l'agnello pasquale (Es 12) , i due capri (Lv 16) , i sacrifici come figura dell'eucaristia, etc. Giustino presuppone un vasto lavoro di collezione sia dei tjpoi che dei 16goi: « È Cristo in fatti che è stato annunciato come re , sacerdote , Dio , Signore , ange lo , uomo , arcistratega, pietra, bambino generato , dapprima sotto posto al patire , per salire poi al cielo e di nuovo venire nella gloria con il regno eterno : lo posso dimostrare in base a tutte le Scritture» (3 4 ,2 ) . La sua esegesi tipologica non è ancora sistematica , ma note vole è il suo lavoro di raccolta e di organizzazione delle tipologie e de i testimonia elaborati prima di lui : si pensi alle diciassette figure della cro ce/legno riunite nel c. 86 , o agli altri tjpoi della croce pre sen t a ti n ei cc . 90-9 1 . 94 . 1 1 1 , che suppongono un'intensa elaborazio n e n e lla tradizione qui ereditata da Giustino .80 Un ulteriore nesso -12
79
a 5 2 , 3 . Sarà ripreso da IRENEO, Contro le eresie 4,33 , 1 , e d a IPPOLITO , L ·!'n3�;crl iSfitopologi 44, 1 ; Commento a Daniele 4 , 1 8 , 6 .
Il
motivo
_ mio Cf. d
è
ricorrente in
GIUSTINO, Dialogo 14,8 ; 3 1 , 1 ; 32 , 1 ; 49 ,2; 1 10 ,2 ;
a rti co l o cit . alla n o t a 48.
23 1
tra l'antica e la nuova alleanza sta nel fatto che , secondo Giustin o tutte le teofanie narrate nell'Antico Testamento erano in realtà m a : nifestazioni del Logos divino preesistente (Dialogo 56-60 ; 126-1 29; 1 Apologia 63) , una concezione suggerita dall'impostazione mediopla tonica di Giustino , attenta a salvaguardare la trascendenza di Dio e quindi tendente ad attribuire a esseri subalterni le sue manifestazi o ni agli uomini. Importante è , infine , constatare come Giustino organizzi spesso i testi intorno a circostanze della vita di Gesù che gli vengono dal la tradizione evangelica. Se nel Dialogo menziona il Vangelo solo un a volta ( 100, 1 ) , egli ha conoscenza di «Memorie (apomnemoneumata) degli apostoli>>, «che sono chiamate vangeli» (J Apologia 66,3, a proposito dell'istituzione dell'eucaristia) . 81 Le definisce otto volte in questo modo , quattro semplicemente «Memorie» ; una volta, citan do Marco 3 , 1 6- 1 7 , parla di memorie di Pietro (Dialogo 106,4) , riflet tendo evidentemente la tradizione , attestata da Papia di Gerapoli e in seguito da Ireneo , che faceva di Marco l'interprete di Pietro . Da esse ricava i suoi dati : si discute se dipenda dai Vangeli canonici e da tradizioni orali e/o scritti apocrifi , oppure da un'armonia evangelica fondata sui sinottici. 82 In Dialogo 78 , per mostrare l'adempimento di Is 8 ,4, egli evoca le circostanze della nascita di Gesù combinando Matteo e Luca ; in 88,2-4 evoca il battesimo di Gesù con il particol a re di un fuoco sul Giordano , estraneo ai Vangeli canonici ma atte stato altrove ; in 88,4 nota che Gesù fabbricò aratri e gioghi , una for mulazione che si ritrova nel Vangelo dell'infanzia di Tommaso 13 , 1 . I n 102 , 5 l a frase «la mia lingua è incollata alla gola» (Sal 22, 16) è considerata come realizzata nel silenzio di Gesù davanti a Pilato (Mt 27, 13- 14) ; e l'elenco potrebbe continuare . Siamo così tornati a uno dei motivi che abbiamo sottolineato al l'inizio di questo capitolo : la costituzione del dossier dei testimonia cristologici in stretta correlazione con la trasmissione e lo svilu ppo della tradizione su Gesù . Questo rapporto , implicito nella narrazio 81 Secondo l Apologia 67 , 3 -5 , le memorie degli apostoli sono lette dura nte il culto domenicale in altern ativa agli scritti dei profeti , e su di esse si pre di � · 82 La tesi de ll'armoni a , difesa da A . J . BELLINZONI , The Sayings of Jes us m the Writings of Justin Martyr, Leide n 1967, è stata rifiutata da G. STRECKER , , in NTS, 24( 1977/78) , 297- 31 6: Pe , E. MAssAux , lnfluence de l'Evangile de saint Matthieu sur la littérature ch réuenn e avant saint lrénée, Louvain-Gembloux 1 950 , 465-570 , Giustino dipende sop rattutt o ca da Matte o . In Dialogo 8 1 ,4 GIUSTINO difende il millenarismo appellandosi aii 'Apo ·
lisse , che attribuisce a Giovanni , il discepolo del Signore .
232
n e de i V angeli , è esplicito nella trattazione di Giustino . Abbiamo a nche accennato a quanto sia problematico stabilire in quale misura t ale trat tazione sia effettivamente destinata alla polemica con i giu dei . Il fatto stesso che Giustino riutilizza largamente la prova profe t ica n ella l Apologia ( cc. 30---63 ) mostra che in ogni caso egli consi der ava questo tipo di argomentazione come adatto alla propaganda p resso i pagani . D 'altronde , sia nella l Apologia (26 ; 56; 58) che nel D ia logo (35 ; 80) è ben presente il rinvio a falsi cristiani , che bestem miano Dio : si tratta in particolare di gnostici e marcioniti . Contro di loro Giustino compose un trattato, molto influente come modello degli eresiologi successivi , perduto , al quale fanno allusione Giusti no stesso (l Apol. 26,5) , Ireneo (Contro le eresie 4,6,2) ed Eusebio di Cesarea (Storia ecci. 4, 1 1 ,8-9) . Contro gli gnostici che identifica vano con il Demiurgo , dio inferiore se non addirittura diabolico , il Dio che si rivela nell'Antico Testamento , e contro Marcione , che se parava nettamente la rivelazione contenuta nelle scritture ebraiche da quella portata da Gesù , e rifiutava totalmente la prima, è eviden te che la rivendicazione dell'Antico Testamento effettuata da Giu stino aveva una sua pertinenza non minore che contro i giudei ; si può ricordare che Pierre Prigent ha proposto di considerare il tratta to di Giustino contro Marcione e tutte le eresie come la fonte della sua argomentazione nel Dialogo con TrifoneY Ma sarebbe ridutti vo, crediamo , limitare l 'intenzione di Giustino a una sola delle cate gorie : cristiani , «eretici » , pagani , giudei . Il grande sforzo operato da Giustino per fare delle Scritture dei giudei l'Antico Testamento dei cristiani , acquisito definitivamente alla storia del cristianesimo , è , nel suo contesto storico , u n a lotta s u tutti i fronti , componente es senzia le di quel processo che condurrà, attraverso il secondo secolo , alla forma zione della «grande chiesa» . Tra la molteplicità e la fram mentarietà dei materiali esegetici esistenti prima di lui , e le grandi opere sistematiche di teologia ed esegesi che verranno con Ireneo , lppolito , Clemente e Origene , Giustino , con le sue ingenuità e i suoi li miti , ha realizzato una transizione indispensabile e di grande ric che zza.
---
. 8:
P . PRIGENT, Justin et l'Ancien Testament. L 'argumentation scripturaire du
fryapuehonde lustin contre toutes les hérésies comme source principale du Dialogue avec et
�tto questa forma a causa
de la première Apologie,
Zi oso p er lo studio dei
Paris 1 964 . La tesi sembra difficile da mantenere di varie insufficienze metodologiche ; ma il libro resta pre testimonia nell 'opera di GIUSTINO.
233
8 Gli gnostici e Marcione la risposta di Ireneo Claudio Gianotto
1.
INTRODUZIONE
Per le prime generazioni cristiane , l'interpretazione della Scrit tura si sviluppò non tanto all'interno della scuola o della liturgia, co me avveniva, per esempio , nel giudaismo contemporaneo , quanto piuttosto nell'ambito della predicazione , in particolare quella rivolta ai fratelli/rivali giudei , spesso caratterizzata da una forte carica pole mica. È in questo spirito che si formano le prime raccolte di testimo nia , un genere letterario destinato ad avere una certa fortuna anche nei secoli successivi , 1 e che si elaborano le prime interpretazioni cri stologiche di certi passi messianici dell' AT, a " olte riconosciuti come tali anche dai giudei , ma da questi non applicati al Gesù dei cristiani. Il fronte della polemica anti-giudaica impegnò duramente gli e segeti cristiani già a partire dall'epoca neotestamentaria, e in segui to soprattutto nel corso del II secolo (si pensi all'opera di autori co me lo Pseudo-Barnaba e Giustino) , ma presto cessò di coagulare in t orno a sé gli sforzi più intensi degli autori della grande chiesa , impe gnati in una battaglia ancora più aspra su di un altro fronte , che si era aperto verso la metà del II secolo , quello anti-gnostico . Anche su q u esto secondo fronte , il dibattito dottrinale si sviluppò soprat tutt o sul la base di un uso cospicuo delle Scritture / destinate , attra verso una opportuna interpretazione , a legittimare le diverse posi zioni te ologiche dei contendenti . I dottori gnostici furono esegeti e stre mamente brillanti e raffinati , e in molti casi risultarono vincenti nella competizione con i loro avversari della grande chiesa. L'inter--
1 S i pensi , per esempio , all'opera Ad Quirinum: testimoniorum libri III di CIRlA o DI CARTAGINE, (metà circa del sec. III) . È ovvio che qui ci ri fe riamo al dibattito polemico tra cristiani della grande eh · e g� ostici cristiani o più o meno cristianizzati; questo non pregiudica la possibi di . de U' e�I ste�za di sistemi o scuole gnostiche non direttamente riconducibili alla traZlone gm da1co-cr istiana , dei quali, però , in questa sede , non ci occupiamo .
p
�
lit�esa
235
pretazione delle Scritture di fatto era condotta con le stesse tecnich e e metodologie in ambedue i campi ; lo scontro polemico avvenne , dunque , a d armi pari. In questo contesto , i l successo dipendeva e s senzialmente dalla maggiore o minore abilità nell'utilizzare al me glio i mezzi a disposizione . Le due posizioni , invece , differivano ra dicalmente nei presupposti ermeneutici che guidavano le risp ettive esegesi : in sostanza , si richiamavano a due diverse teologie della r i velazione. Un discorso a parte merita il caso di Marcione , il quale , se da un lato condivideva certi presupposti ermeneutici della lettura gnost ica delle Scritture , come la contrapposizione tra AT e NT, dall'altro ne rifiutava le tecniche esegetiche di maggiore efficacia , in particolare quelle allegoriche , restando caparbiamente ancorato ad un letterali smo radicale . Il suo scontro polemico con la grande chiesa, comun que , interessò non tanto , o meglio , non soltanto i possibili modi di interpretazione della Scrittura , quanto piuttosto l'estensione della Scrittura stessa, che Marcione restrinse arbitrariamente , negando qualsiasi valore rivelativo all'AT in blocco e alla maggior parte de i li b ri del NT, fa tta eccezione per il Vangelo di Luca e alcune lettere di Paolo. Anche in questo caso , le rispettive prese di posizione sulla estensione del corpus scritturistico sono determinate da due diverse teologie della rivelazione . 2.
I GRUPPI GNOSTICI
2 . 1 . Uno sguardo particolare sul NT: l 'irrilevanza del Gesù della storia
Il principale rimprovero che gli gnostici muovono ai loro av versari della grande chiesa è diretto alla loro incapacità di coglie re il significato vero e profondo del messaggio di rivelazione port ato d� Salvatore ; il loro torto è quello di fermarsi o alla lettera del testo bt· blico , oppure alla cruda materialità degli avvenimenti della storia, senza mai riuscire a raggiungere gli «ineffabili misteri» che si c e la n o al di là dell'uno e degli altri , e che rappresentano l'essen za st es� a della rivelazione . In effetti , il postulato fondamentale della teo lo gt a della rivelazione della grande chiesa era che Dio si è rivel at o n ell _ storia e attraverso la storia, e che la sua rivelazione ha raggt unto 1 momento culminante e decisivo con l'effettiva venuta di Ge s ù sull� terra. Secondo Giustino , per esempio , il principale veicolo del la n-
�
236
vel azione divina sono gli avvenimenti stessi della «storia della sal ve zz a» (la nascita verginale di Gesù ; la sua p assione e morte sulla cro ce ; la sua risurrezione , ecc. ) , e soltanto in via subordinata le Scritt ure , che tali avvenimenti raccontano e illustrano ; anzi , la fun zione dei Vangeli e degli scritti apostolici è precisamente quella di g arantire la veridicità dei fatti , in quanto riferiti da testimoni oculari 3 atte ndibili . Un'analoga posizione assumerà qualche decennio più Ireneo .4 tardi Gli gnostici , invece , contestano radicalmente questa impostazio ne . I presupposti docetistici della loro cristologia impediscono di an n ett ere valore salvifico ai gesti che i Vangeli attribuiscono a Gesù o agli ev enti di cui egli è protagonista, comprese la sua passione , mor te e risurrezione . In questo senso , i teologi gnostici non intendono tanto negare la storicità degli avvenimenti narrati dai Vangeli , quan t o il loro valore ai fini del conseguimento della salvezza . Tutti questi avvenimenti , che peraltro coinvolgono soltanto apparentemente il Salvatore , hanno invece un significato simbolico , e insieme con i detti di Gesù, in particolare quelli trasmessi ai discepoli nel periodo successivo alla pasqua, sono i veicoli di un messaggio esoterico che soltanto gli iniziati riescono a comprendere appieno . I cristiani della grande chiesa , i quali insistono nell'affermare che il Gesù della sto ria, un uomo che visse nella carne , è il Cristo commettono un grave errore , perché si fermano all'aspetto esteriore , superficiale dei fatti , s enza coglierne il significato profondo . Questo errore , del resto, era già stato proprio degli apostoli stessi , che Gesù aveva in più occasio n i dovuto rimproverare per la loro incapacità di intendere il signifi cato profondo, simbolico delle sue parole e dei suoi gesti . 5 Non sono 3
Cf. G r usn N O , I Apol. 2 1 ·23 ; 53-54, dove l 'autore polemizza con i miti e le cre
�e nz� p agani , contrapponendo al loro carattere favolistico la veridicità dei fatti narra h da � Vange li a proposito di Gesù , veridicità garanti ta appunto dal resoconto di testi mon � oc ulari (gli apostoli) degni della massima fid u cia .
Cf. A dv. haer. 3 , 1 6 , 1 -23,6. Cf. , pe r esempio , I a E N EO , Adv. haer. 3 , 1 2 , 1 -7; 0RIGEN E , In lo , 1 3 ,35 . Quello de ll'Ig no ranza e dell'incapacità di i ntendere dei dodici , i discepoli più vicini a Gesù , è rico rrente all 'interno dello gnosticismo ; in particolare, è proprio facendo le un v� su qu sta loro caratteristica che i diversi gruppi gnostici si costruiscono una tradi lone , più o meno segret a , che permetta loro di ricollegarsi a Gesù senza passare at raverso que sti scomodi intermediari, ai qual i invece si richiamava pubblicamente la � de chie sa per fondare la propria tradizione ; si veda , a questo proposito , lo studio
5
tema
e � � a; c' PERKINS , The Gnostic Dia logue. The Early Church and the Crisis of Gnosti· Gm,, �ew York 1 980 , specialmente le parti dedicate ai personaggi della cerchia di e d Il.
d
t v e rsi dai do dici, che sono i destin atari privilegiati delle sue rivelazioni segrete ursll ante il periodo successivo alla pasqua .
237
i fatti o gli avvenimenti ad operare la redenzione, la quale è di carat, tere eminentemente spirituale , o quanto meno psichico , ma non può assolutamente interessare la corporeità e la materia; piuttosto , essi in qualche modo illustrano il processo redentivo a quanti , grazie a}, l'illuminazione gnostica, ne sappiano cogliere il significato simb oli, co . In questa prospettiva, gli autori gnostici si sono adoperati per r e, digere altri «vangeli » , di carattere più spirituale , da contrapporre ai quattro vangeli canonici , troppo interessati al «Gesù terreno» , OP' pure per sviluppare un'esegesi «spirituale» di questi stessi quattro Vangeli , al fine di dimostrare l'errore insito nell'esegesi troppo «let terale» dei loro avversari della grande chiesa . Gli gnostici , dunque , si accostano ai Vangeli tradizionali in mo do molto diverso rispetto ai cristiani della grande chiesa. Essi affer mano che i racconti evangelici , pur nella loro apparente semplicità, sono in realtà delle complesse allegorie , che illustrano in un linguag gio simbolico il processo di redenzione e altre profonde verità dottri nali . Alla stessa stregua dei poemi omerici , i Vangeli sono importan ti non tanto per i fatti che raccontano e della cui veridicità si fanno garanti , quanto piuttosto per la loro caratteristica di testi sacri , scritti in un linguaggio figurato che bisognerà decifrare attraverso il ricorso a tecniche esegetiche appropriate . 6 Ma l'abilità tecnica non basta. Per capire fino in fondo questi scritti sacri , che nascondono sotto la superficie del testo misteri di ineffabile profondità , occorre posse derne la corretta chiave di lettura , che è costituita dalla gnosi . Sol tanto colui che ha ricevuto l'illuminazione gnostica , l'iniziato , riusci rà a co gliere in tutta la sua ricchezza il senso simbolico di questi testi e a comprendere i misteri che essi racchiudono . 7 Senza questa chiave di lettura , ogni interpretazione o si fermerà al livello superficiale della lettera, oppure , qualora attraverso l'uso del metodo allegorico scandagli il testo più in profondità, riuscirà al massimo a cogliere in modo parziale , frammentario , il senso del mistero .
ti
�
:
6 Cf. IPPOLITO, Ref. 5 , 8 , 1 , dove i pera sono chiamati «inventori di una nuova � lologia>> (epheuretài kainés téchnés grammatikés ; tr. di M. SIMONErn , in Testi gnosnc in lingua greca e latina , Milano 1 993 , 65) proprio in riferimento alla loro a bilità n� mani olare tecniche esegetiche particolari per l'interpretazione allegorica dei Cf. I PPOLITO, Ref. 5 ,8,27: «Questi sono i misteri arcani dello spirito che con o· sciamo noi soli» (tr. SIMONEm).
.p
238
testi·
z . z . Tra diffidenza e rifiuto radicale :
l'ambiguità dell'AT
Se il valore rivelativo del NT si imponeva da sé per il suo collega me n to , comunque lo si volesse interpretare , con Gesù, la fo nte stes sa d ell a nuova rivelazione cristiana , p iù complesso e delicato si pre se ntava invece il problema del valore da attribuire all ' AT, un com pl es so di scritti che il cristianesimo nascente aveva ereditato dal giu dais mo . Tale problema fu sentito in modo acuto anche dagli auto ri della grande chiesa, che si sforzarono di elaborare dei criteri di in te rpretazione di questi testi , tali da conferire loro un significato coe re nt e ed omogeneo con i presupposti fondamentali del nuovo mes saggio cristiano. L'obiettivo fu raggiunto attraverso l'elaborazione di una historia sa/utis articolata in due tappe principali , un'economia antica , rap p resentata dalla legislazione mosaica e dall'AT , e un'economia nuo va, inaugurata dall'avvento di Gesù . In questo modo , i contrasti e le divergenze tra il nuovo messaggio cristiano e la vecchia religione gi udaica venivano risolti in una prospettiva temporale, che giustap poneva, senza contrapporli, il prima al dopo , il vecchio al nuovo , l'incompleto al completo , il provvisorio al definitivo , salvaguardan do così l'unicità della rivelazione divina. Sulla ba s e di questi presup posti , i fatti, i personaggi , e in particolare le profezie dell' AT veni vano tutti riferiti al loro compimento futuro , rappresentato da Gesù e dall a sua opera . Si poteva sviluppare cosi quella particolare inter pretazione d eli' AT, che noi chiamiamo tipologica, secondo la quale avve nimenti , situazioni , personaggi e istituzioni dell'antica econo mia vanno letti come prefigurazioni dei loro corrispettivi nell'econo mia nuova. È questo l'atteggiamento prevalente di Giustino , Ire neo, Ippolito ; e anche quando , accanto alla tipologia, si sviluppa cont estualmente l'allegoria di tipo morale o spirituale (come avverrà in seguito molto più diffusamente presso gli esegeti della scuola ales � a nd rin a) , il presupposto ermeneutico di fondo non v iene mai messo ID di scussio ne. La p osizione dei gruppi gnostici appare , nei confronti di questo prob le ma, più diversificata. A differenza dei cristiani della grande ch i e sa, essi contrappongono , in modo più o meno radicale , le due eco nomie , considerando quella antica situata sotto l 'influenza del D e miurgo creatore (non per niente ide ntificato con il Dio dell'AT) e dei s uoi arconti , e quella nuova caratterizzata dall'opera rivelatri ce e re dent rice del Salvatore , il cui obiettivo ultimo è quello di sot239
trarre tutti gli gnostici, depositari di una particella di luce di ori gi ne divina, alla prigionia del corpo e del mondo della materia, per re in tegrarli nel pleroma celeste . In questa prospettiva, quindi , l' AT è opera di un Demiurgo arrogante , che in esso manifesta le prop ri e intenzioni malvagie nei confronti degli uomini , e dunque neces sa riamente suscita sospetto e diffidenza . Il valore dell'AT, in que sto contesto , è direttamente dipendente dal valore attribuito all'eco no mia demiurgica . A questo proposito , si registra all'interno dei diversi gruppi gno stici una variegata gamma di posizioni, non sempre riconducibili a ti pologie comuni , ma che comunque si situano tutte nello spazio com preso tra due poli estremi : quello marcionita, di netto e radicale ri fiuto del Dio creatore e della sua opera e , conseguentemente , del l'AT che ne è il riflesso ; e quello della grande chiesa, che riconduce l'AT all'interno dell'unica economia divina e gli riconosce un valore e una funzione propedeutici ai fini del conseguimento della salvezza. Tra i sostenitori delle posizioni più radicali vanno annoverati quei gruppi che negavano i n modo pressoché assoluto qualsiasi valo re alle profezie veterotestamentarie. È questo i l caso , per esempio, dei simoniani,8 del Basilide della notizia di Ireneo ,9 di Cerdone , 10 di Cerinto , 1 1 di Saturnino12 e di diversi altri ancora. Alla base di questa diffidenza profonda sta la convinzione che l'AT sia uno scritto falso, o meglio falsificato . Lo spirito profetico che dovrebbe avere parlato attraverso i libri dell'A T, infatti , non è che lo spirito del Demiurgo, lo spirito contraffatto di un principio sostanzialmente negativo, il quale non può trasmettere altro che falsità e menzogne , nel preciso intento di mantenere gli uomini lontani dalla verità e sottomessi al suo dominio . 13 Tra i testi di Nag Hammadi , questa posizione di rifi u to radicale è sostenuta, per esempio , dal Secondo trattato del Grande Seth (NHC VII , 2) , che esprime un giudizio durissimo , messo i n bocca al Rivelatore stesso Gesù , sui diversi protagonisti della storia veterotestamentaria, da Adamo , Abramo e i patriarchi fino ai re
Cf. IRENEO , A dv . h a er . 1 ,23 ,3 . Cf. Adv. h a er . 1 ,24 , 5 . Cf. IPPOLITO , Ref. 7 ,37 , 1 ; EPtFANIO, Panarion, haer. 4 1 , 1 ,6. 11 Cf. EPIFANJO, Panarion, haer. 28, 1 ,3 . 12 Cf. IRENEO , A dv. haer. 1 .24 . 3 . 13 Cf. G . FtLORAMO - C . GJANorro , «L'interpretazione gnostica dell'Antico Te· stamento. Posizioni ermene utiche e tecniche esegetiche,., in Aug, 22(1982), 53-74, spec . 56. ,•. ;
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9 10
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oavid e Salomone e ai profeti . Tutti costoro sono oggetto di derisio ne , perché contraffazioni della vera realtà celeste, opere dell'Eb dom ade, cioè del Demiurgo e zimbelli nelle sue mani:
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«Oggetto d i derisione fu infatti Adamo, che fu formato dall'Eb domade sul modello di una figura umana contraffatta , come se fosse divenuto più forte di me e dei miei fratelli ; noi siamo inno centi nei suoi confronti , poiché non abbiamo peccato. Oggetto di derisione furono Abramo , Isacco e Giacobbe , poiché essi , padri contraffatti , ricevettero il nome dall 'Ebdomade , come se fosse di venuto più forte di me e dei miei fratelli ; noi siamo innocenti nei suoi confronti , poiché non abbiamo peccato. Oggetto di derisione fu D avid , in quanto suo figlio ricevette il nome di Figlio dell'uo mo , sotto l'influsso dell'Ebdomade , come se fosse divenuto più forte di me e dei miei compagni di stirpe . Ma noi siamo innocenti nei suoi confronti ; non abbiamo peccato . Oggetto di derisione fu Salomone , poiché pensava di essere Cristo , essendo diventato va naglorioso a causa dell'Ebdomade , come se fosse divenuto più forte di me e dei miei fratelli. Ma noi siamo innocenti nei suoi confronti ; io non ho peccato. Oggetto di derisione furono i dodici profeti , poiché entrarono in scena come imitazioni dei veri profe ti . Essi furono così contraffatti a causa dell'Ebdomade, come se fosse divenuto più forte di me e dei miei fratelli . Ma noi siamo in nocenti nei suoi confronti , poiché non abbiamo peccato . Oggetto di derisione fu Mosè , un fedele servitore , che fu denominato "l'a mico" , poiché nei suoi confronti si rese una testimonianza empia ; egli non m i ha m a i conosciuto, n é l ui n é quelli prima di lui , da Adamo a Mosè a Giovanni il Battista, nessuno di questi ha cono sciuto me né i miei fratelli» . 14
All'estremo opposto si colloca , invece , una fonte copta , ritrova sul finire del XVIII secolo e resa accessibile al pubblico degli stu d i osi grazie ai lavori di Cari Schmidt, vale a dire la Pistis Sophia . 15 ta
1 4 NHC VII,2: 62 ,27-64 , 1 ; una traduzione italiana del trattato si trova in Testi gnostici, a cura di L. MoRALDI, Torino 1982 , 305-329. 1
�5
Cf. C.
SCHMIDT,
Coptica consilio et impensis Jnstituti Rask Oerstediani edita ,
1: P!Stis Sop hia , Hauniae 1925 ; tr. tedesca in C . ScHMIDT , Koptisch-gnostische Sch rif ten , 1 : D ie Pistis Sophia. Die beiden Bucher des ]eu. Unbekanntes altgnostisches
, 3 " ed izione rivista , per incarico della Kommission fiir spiitantike Religionsge �h�lchte der deutschen Akademie der Wissenschaften zu Berlinda W. TILL. Berlin 9�9; ripubblicazione del testo copto dell'edizione di Schmidt con traduzione inglese � fianco in V. McDERMOT , Pistis Sophia. Translation and Notes , (NHS 9) . Le ide n We k
M.97 8 ; t r. it. i n Gli Apocrifi del Nuovo Testamento, a cura di M. ERBEITA , 1/1 , Casale onferra to 1975 , 368-5 1 5 ; e in Testi gnos tici , MORALDI, 473-743.
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Secondo l'autore di questo trattato, attraverso i profeti e il salmist a (i soli testi dell'AT presi in esame) ha parlato lo spirito di Cristo , di quel rivelatore , cioè , che ora, alla cerchia dei discepoli raccolti i n torno a lui dopo gli eventi pasquali per ricevere la rivelazione defini tiva, comunica in modo aperto , senza parabole e senza enigmi , il senso profondo di alcuni salmi . Questi testi, infatti , alludono , in mo do però cifrato e di difficile comprensione per i non iniziati, al miste ro degli erramenti di Sophia, ora definitivamente svelato da Gesù . 16 Posizione piuttosto singolare questa della Pistis Sophia , uno scritto databile grosso modo nella seconda metà del sec. III e quindi , al me no secondo alcuni studiosi , tipico rappresenta nte di una fase di vera e propria involuzione del movimento gnostico , che tende a perdere i suoi tratti distintivi per dissolversi nella koiné dottrinale della gran de chiesa . Più sfumata e al tempo stesso più articolata , pur restando nell'ambito di un atteggiamento moderato, si presenta, invece , la posizione assunta dalla Lettera di Tolomeo a Flora , riportataci per intero da Epifanio . 1 7 Oggetto della lettera è precisamente la contro versa questione del valore da attribuire all'A T, e più specificamente alla legge mosaica. L'autore assume una posizione che si vuole inter media tra l'accettazione . acritica e senza riserve, propria dei cristiani della grande chiesa , e il rifiuto radicale proprio dei marcioniti. Alla base della sua teoria ermeneutica sta la convinzione del carattere composito dell' AT: «Per prima cosa, dunque , bisogna sapere che tutta la legge conte nuta nel Pentateuco di Mosè non è stata legiferata da uno solo: cioè non soltanto da Dio, ma vi sono alcuni precetti che sono stati stabiliti anche dagli uomini . Le parole del Salvatore ci insegnano che essa si divide in tre parti. Una parte si riporta a Dio stesso e alla sua legislazione , la seconda a Mosè (non in quanto per suo mezzo legiferava Dio, ma in quanto spinto da suo proprio pen sie ro anche Mosè ha stabilito alcuni precetti) , la terza agli anzi ani , perché si trova che anche loro hanno proposto particolari precetti. [ . . . ] A sua volta la parte che è legge di Dio si divide in tre part i : le gislazione pura non mescolata col male , che è chiamata legge in senso proprio e che il Salvatore è venuto non ad abrogare , be nsì a perfezionare (infatti non era estranea a lui la legge che egli pe rfe zionò , ma aveva bisogno di perfezionamento , perché era i mper-
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sr
Cf. G. FJLORAMO - C. GJANOTI'O, «L'interpretazione gnostica deli ' A T.. . Cf. Panarion, haer. 33 ,3-7; tr. 1t . in SIMONETI'I, Testi gnostici . . . , 267-28
·
fetta) ; legislazione mescolata col male e con l'ingiustizia, che il Salvatore ha abrogato perché estranea alla sua natura; legislazio ne tipica e simbolica , legiferata ad immagine delle realtà spirituali e superiori : questa il Salvatore ha trasferito dall'ambito sensibile e apparente all'ambito spirituale e invisibile>> . 1 8
Attraverso questa serie di distinzioni , il corpus dell'A T perdeva l a sua compattezza monolitica e , scomposto in unità minori , diven tav a più facilmente manipolabile . Dato il carattere eterogeneo e co mpo sito dell'A T, anche il giudizio e le valutazioni di cui era fatto oggetto dovevano essere necessariamente diversificate : non si pote vano condividere né un'accettazione né un rifiuto in blocco , ma sol tanto un atteggiamento articolato che , operate le necessarie identifi cazioni , accoglieva alcune parti e ne rifiutava altre ; intendeva alla le ttera alcuni passi , mentre ne interpretava simbolicamente altri . In questo modo , abbandonando ogni rigidità eccessiva, tutte le difficol t à poste dall'interpretazione dell' AT potevano essere appianate . In particolare , ammettendo il carattere simbolico di alcune sue parti, si legittimava in sede teorica quella interpretazione allegorica che tan ta fortuna avrebbe avuto non soltanto in ambito gnostico , ma anche all'interno della grande chiesa (si pensi a Clemente , Origene e alla scuola alessandrina) . poi la parte simbolica , posta ad immagine delle realtà spiri tuali e superiori : parlo dei precetti stabili ti per le offerte , la cir concisione , il sabato, il digiuno , la pasqua, gli azimi e cose del ge nere . Tutte queste prescrizioni , che erano simboli e immagini , una volta manifestatasi la verità , sono state trasferite di significa to: sono state abrogate quanto all'apparenza e al la realizzazione corporea e sono state assunte secondo il significato spirituale , per ché i nomi restavano gli stessi ma cambiavano le realtà significa te>> . t9 «C'è
Il te sto , dunque, resta Io stesso , ma i significati cambiano: in q ue sto modo è possibile riconoscere un certo valore a realtà , istitu Zi_ oni e personaggi dell'A T, anche se essi sono stati di fatto totalmen te su perati dall'avvento di Gesù e della sua nuova rivelazione. Così facendo , n on si superava certo la dicotomia tra le due economie , che --18 19
n
r a rw.rion, haer. 33,4, 1 - 3 ; 5 , 1 -2 (tr. SIMONEm). Parw.rion, haer. 33,5 ,8-9 (tr. SIMONEm) .
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continuavano a restare contrapposte e rette da due regimi radi c a]. mente differenti ; ma, al tempo stesso , si ammetteva la possibil ità di un rapporto , benché minimo ed esilissimo, tra di esse . Questo att eg. giamento pi ù aperto e possibili sta nei confronti dell'AT compa re i n quei sistemi che in un certo senso rivalutano l'importanza del l'el e mento psichico accanto a quello pneumatico . È il caso , per esempio , del ramo italico della scuola valentiniana, rappresentato da Tolo. meo , autore della citata lettera a Flora, e da Eracleone . La riv aluta zione dell'elemento psichico comporta parallelamente un modo di verso di concepire la natura , le funzioni e lo stesso destino escatolo gico del Demiurgo ; e finisce poi per investire anche il giudizio sull' e conomia salvifica veterotestamentaria, che è lo scenario privilegiato precisamente dell'attività demiurgica. 20 Se ai racconti dell'A T (almeno in parte) è riconosciuto un signi ficato simbolico , sarà importante precisare quale sia il modello che detti racconti «significano» in modo figurativo . Si è detto che le real tà, le istituzioni , i personaggi dell'A T rimandano in modo simbolico ad altrettante realtà spirituali, inaugurate dall'avvento del Salvato re ; ma di quali realtà si tratta? Che cos'è che dà senso all'AT? È questo un problema che si pose a tutti gli interpreti della Scrittura che accettavano in qualche modo il principio ermeneutico dell'alle gori a , secondo il quale appunto il testo biblico rimanda a qualche cosa di diverso , di «altro» rispetto al senso immediato , letterale . Per i cristiani della grande chiesa questo «modello» che dava senso a tut to quanto l'A T era naturalmente rappresentato da Gesù e dalla sua vicenda, sia celeste (preesistenza, mediazione nell'atto creativo , ecc . ) sia terrena (nascita , morte e risurrezione) ; per gli gnostici , in vece , i quali , come si è detto , erano molto meno interessati alla vi cenda di Gesù nella storia , tale «modello» andava ricercato nei com plessi eventi pleromatici ed extra-pleromatici che avevano portat o ad una sorta di devoluzione del mondo divino , alla conseguente di spersione di sostanza luminosa nel mondo della materia , sottomesso al demiurgo , e al complesso processo di redenzione di tale sostanza ad opera del Salvatore ; in una parola, nel cosiddetto «mito gnosti co» che , pur nella sostanziale invarianza di struttura , assume le for me più diverse nei singoli sistemi dottrinali.
20
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Cf. FJLOKAMO
-
GJANO'JTO, «L'interpretazione gnostica dell'AT»,
58.
2 . 3 . Interpretazioni gnostiche dell'A'f'21 2.3. 1 . Interpretazioni allegoriche
Usiamo qui il termine di allegoria in senso ristretto , 22 ad indicare uel processo interpretativo che , partendo dal presupposto che il si q gnificato profondo dei testi biblici sia come nascosto dietro il velo del significato letterale , individua in ogni parola della Scrittura un ri m ando ad una realtà del mondo spirituale , attraverso associazioni e accostamenti di vario tipo . Non si tratta quindi soltanto di applicare il pas so dell' AT così com'è ad un referente diverso da quello presup posto dal contesto , ma di smontare , per così dire , il testo nei suoi va ri elementi , per individuare dietro ogni termine le relative corri spondenze . Questo metodo , molto diffuso nel mondo antico sia in ambienti pagani sia in ambienti giudaico-ellenistici e cristiani , è do cu m entato , per quanto riguarda lo gnosticismo , soprattutto dalla letteratura eresiologica. Citiamo un esempio, tratto dalla Megiile ap6phasis dei simoniani, riportata da Ippolito nelle sue Refutatio nes . Descrivendo la creazione di Adamo , assunta come prototipo della creazione di ogni uomo , sulla base del passo di Is 44 ,2 ( diven ta n el la parafrasi: «Non lasciare che gli arconti dei dodici eoni, ch e mi odiano , si prendano gioco di me>>.26
23 lPPOLITO , Ref. VI , 1 4 ,7-8; tr. it. SIMONErn ; cf. FlLORAMO - GIAN OTTO , «L'in· terpretazione gnostica deli'AT», 64-65 . . a, cf. 24 Per un' analisi dettagliata dell'interpretazione dei salmi nella Pistis Sop hr A. KRAGERUD, Die Hymnen der Pistis Sophia , Osio 1967 . 25 Ed. C . SCHMIDT 1925 (cf. nota 1 5 ) , 53; 48. 26 Pistis Sophia, ScHMIDT 1925 , 82 ; 79 .
246
Ps 129, 8: « E salverà Israele da tutte le sue colpe» diventa nella pa rafrasi: « E salverà tutte le potenze del chaos a motivo della mia trasgressione, poiché ho abbandonato il mio posto e sono scesa nel chaos».27
A lcune volte la parafrasi precede il salmo . In questi casi , il rap
p o rt o tra testo biblico e interpretazione è , per cosi dire , rovesciato . La parafrasi viene introdotta come un discorso pronunciato da Pistis
Sop hia e sono precisamente le parole di Sophia , cioè l' affermazione do ttr inale gnostica , ad essere presentate come mysterion , che ha bi so gno di essere interpretato , non il salmo , che invece viene introdot to come interpretazione , come soluzione delle parole di Sophia, quasi che queste potessero essere pienamente comprese soltanto al la luce della loro prefigurazione : «Pistis Sophia pianse molto. Pianse rivolgendosi alla Luce delle Luci che aveva contemplato fin dall 'inizio , nella quale aveva ripo sto la sua fiducia, e pronunziò questo discorso di pentimento di cendo . . . (Segue l'inno penitenziale di Sophia , che contiene l'e nunciato dottrinale gnostico , e si presenta come una parafrasi di Ps 68 . Al termine, prende la parola Maria e , rivolta a Gesù , dice: J Ascolta ora quello che io ti dirò a proposito del pentimento di So phia , che essa ha pronunciato raccontando del proprio peccato e di tutto quanto le era accaduto . La tua forza luminosa ha profeta to un tempo per bocca del profeta David nel salmo 68 . . . [Segue per intero il testo del salmo, che si pone in corrispondenza , verset to per versetto , con l'inno di pentimento di Sophia (parafrasi) . Dopo aver recitato il salmo , Maria esclama:] Signore , questa è l'interpretazione del mistero del pentimento di Pistis Sophia» .28
Altre volte , la parafrasi segue il salmo . In questi casi , il salmo viene introdotto come anticipazione , in forma velata, della rivela zio ne tra smessa dal Salvatore ; segue poi la parafrasi del salmo stes so, rip re so e spiegato versetto per versetto , con un procedimento che rico rda da vicino i pesharim di Qumran : «Giacomo si fece avanti e disse : "Mio Signore, a proposito dell'in terpretazione delle parole che tu hai detto la tua forza luminosa un tempo profetò per mezzo di D avid dicendo nel salmo 90 . . . ".
- v 28
Pistis Sophia, ScHMIUf 1925 , 77 ; 76. Pistis Sophia, ScHMiur 1925 , 46ss (c. 32).
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247
(Segue la citazione del salmo per intero. Giacomo, quindi , ri pren de la parola e dice :) Questa, o Signore , è l'interpretazione d elle parole che tu hai pronunciato . Ascolta , che io parlerò in modo chiaro . La parola che la tua forza ha pronunciato per bocca di D a vid : 'Colui che si trova sotto la protezione dell'Altissimo sarà sot to l'ombra del Dio del cielo' , significa che Sophia ebbe fiducia nel la luce ; essa fu sotto la luce del flusso di luce che è sceso dall ' a lto per mezzo tuo . E la parola che la tua forza pronunciò per bocca di David . . . [La parafrasi prosegue in questo modo per ciascun ver setto del salmo]».29
In ambedue i casi, comunque , l'atteggiamento nei confronti del la Scrittura rimane lo stesso : la parola dell'A T ha carattere profeti co, e quindi esprime la rivelazione in modo ancora germinale ; ad es sa si contrappongono le parole di Ge sù e le interpretazioni dei disc e poli , che sono invece rivelazione esplicita e diretta . Interpretazione prefigurativa dell'A T, dunque , e anche attualizzante , per il caratte re di esemplarità della vicenda di Sophia , che lo gnostico rivive nella propria esperienza . 30 2 . 3. 2 . Esegesi protestataria
L'espressione risale ad H . Jonas / 1 che in questo modo intende sottolineare il capovolgimento paradossale e aggressivo dei valori ti pico dell'esegesi gnostica, che fa assurgere al rango di eroi positivi certe figure , dal serpente a Caino , che l'A T invece presenta sotto il segno di una inequivocabile negatività . «Invece di adottare il siste ma di valori del mito tradizionale - scrive Jonas - cerca di provare la "conoscenza" più profonda rovesciando le parti trovate nell'origina le di buono e cattivo , sublime e vile , benedetto e maledetto . Non tenta di dimostrare consenso , ma, sovvertendo in modo clamo roso , tenta di scuotere il significato degli elementi della tradizione più sal damente stabiliti e di preferenza maggiormente venerati . Non può passare inosservato il tono ribelle di questo tipo di allegoria, ed essa perciò esprime la posizione rivoluzionaria che lo gnosticismo occupa
29
Pistis Sophia , ScHMIDT 1925 ,142ss (c . 67) . Dichiarazione esplicita i n Pistis Sophia , libro I l , c. 1 00 : (ScHMIDT 1925 : 247253 ) . Sul problema più generale dell'interpretazione dell'A T nella Pistis Soph 1a , cf. FILORAMO - GIANOTTO , «L'interpretazione gnostica dell'AT» , 65-69. . un 31 H. J o NA S , Gnosis und spii.tantiker Geist, 1: Die mythologische Gnosis, G ot · gen 1934 , 2 19ss; l o . , Lo gnosticismo, Torino 1973 , 106- 1 12 . . . 30
.
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32 ne l la tard a cultura classica». L'esempio che pre se n t i a mo è t ratto dal t rattato La testimonianza veritiera , del cod . IX di Nag Hammadi .
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«(45,23) Sta scritto nella Legge a questo proposito, l quando (si dice che) Dio ordinò ad Adamo: l (25) "Puoi mangiare l da ogni albero, ma l da quello che si trova in mezzo l al paradiso non man· giare , l perché il giorno in cui ne mangerai l (30) sicuramente mo· rirai". l Ora il serpente era il più astuto l (46 , l) di tutti gli esseri vi· venti l che ci fossero nel paradiso, e l convinse Eva, dicendo : l "Il giorno in cui mangerete l (5) dall'albero che si trova nel mezzo l del paradiso, l gli occhi del vostro cuore si apriranno" . l Ed Eva gli diede retta l e allungò la mano , l ( lO) prese dall'albero (un frutto) , l (lo) mangiò e ne diede insieme anche l a suo marito. Ed imme diatamente l si accorsero di essere nudi; l e presero alcune foglie di fico l ( 1 5 ) e se ne cinsero . Ma ecco che , l sul far della sera , Dio venne l a passeggiare nel mezzo l del paradiso . Quando l Adamo lo vide , si nascose . l (20) (Dio) disse : "Adamo , dove sei?" l Quel lo rispose dicendo: l "Sono venuto sotto l'albero di fico" . l E in quel preciso momento l Dio seppe che aveva l (25) mangiato dal l'albero l a proposito del quale gli aveva ordinato: "Non mangiar ne" l Allora disse : "Chi è l (47 , 1 ) che ti ha istruito?". E Adamo rispose : l "La donna che t u m i l hai dato" . E l a donna disse: l " È il serpente che mi ha istruita" . l (5) (Dio) allora maledisse il serpen te l e lo chiamò diavolo . l E (poi) disse : " Ecco , Adamo l è diventa to come uno di noi , l sì da conoscere il male l ( lO) e il bene" . Allo ra disse : / " Cacciamolo dal paradiso , l perché non prenda (anche) l dall'albero della vita, ne mangi l e viva per sempre" . Di che tipo l . ( 1 5} è dunque questo Dio? Innanzi tutto , egli l era invidioso di ' Adamo, (per timore) che l potesse mangiare dall'albero della co noscenza . l In secondo luogo, ha chiesto: "Adamo, dove sei?"; l (20} quindi , Dio non possiede / la prescienza , vale a dire non sa fin dall'inizio (come andranno le cose) . / E infine ha detto: "Cacciamolo l fuori da questo luogo l (25) perché non possa mangiare dall'albero della vita e l (così) vivere per sempre" . l Senza dubbio, in questo modo si è smascherato , l dimostrando di essere un Dio ma ligno l (30) e invidioso. Allora l (48 ,1) che razza di Dio è questo? l Grande è , infatti , la cecità l di quanti leggono e (tuttavia) non / lo conoscono . Egli ha detto : l (5) "Sono il Dio geloso . Porterò l i peccati dei padri sui figli l fino a tre (e) quattro generazioni" . l E ha detto (inoltre) : "Renderò spesso l il loro cuore e accecherò l (10) il loro intelletto , in modo che l non possano intendere l né ' �:-· .. :
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----- . ,, . . ., 32 JONAS, Lo
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flldtlicismo, 108. 249
comprendere le cose l che sono dette" . Ma queste cose / le ha det. te per quanti credono in l ui l (15) e lo servono. Ed è (ancora) Per quanti l egli possiede nella sua discendenza l che Mosè , scriv e n do in un passo, l ha reso il serpente diavolo. l In quell'altro libro , inti tolato l (20) "Esodo " , sta scritto così : l "Ha combattuto contro 1 i maghi , quando il luogo era pieno l di serpenti secondo la loro m a). vagità , l e il bastone che era nell a mano di Mosè l (25) divenn e un serpente , e divorò l i serpenti dei maghi" . Inoltre l sta scritto: 1 "Fece un serpente l di bronzo e lo appese ad un palo l (49 ,1) [ . . . ] che l [ . . . ] e l [ . . . ] poiché colui che alzerà lo sguardo l verso questo serpente di bronzo, l (5) nessuno lo potrà corrompere , e col ui che l crederà in questo serpente di bronzo l sarà salvo ; esso , infatti è Cristo. l Quanti credono in lui l hanno ottenuto la vita , e quan ti 1 (10) non credono moriranno. Che cos'è , l dunque , questa Fede? Essi non servono l [ . . . )>> . 33
La citazione del passo genesiaco (Gen 2,16-3 ,23) presenta, ri spetto al testo biblico , alcune varianti , la cui intenzionalità e i cui obiettivi appaiono immediatamente evidenti alla luce dell'argomen tazione e s e g e tica che l'autore sviluppa nel commento . Il discorso è organizzato intorno a due punti: il primo riguarda la vera identità del Dio creatore dell' AT; il secondo la prefigurazione , attraverso la figura del serpente , del Cristo rivelatore e portatore della salvezza. In ambedue i casi , si assiste ad un radicale capovolgimento dei valori sottesi al racconto biblico . Dall'analisi del passo che ha citato , e che intende in senso letterale , l'autore desume tre caratteristiche negati ve del Dio creatore , che elenca nell'ordine : innanzi tutto , si tratta di un Dio invidioso, perché ha vietato ad Adamo di mangiare dall'al bero della conoscenza (Gen 2 , 17) ; in secondo luogo , è un D i o igno rante, perché con la domanda «Adamo , dove sei?» (Gen 3 ,9) ha di mostrato di non sapere effettivamente dove questi fosse ; infine , cac ciando Adamo dal paradiso perché non mangiasse dall'albero dell a vita e non potesse così vivere per sempre , si è rivelato un Dio mali gno e invidioso . In appoggio e a conferma di questa interpretazione del racconto genesiaco della trasgressione di Adamo , sono citati al tri due passi dell'A T: Es 20,5, dove Dio stesso afferma di essere u� Dio geloso, e Is 6 , 10, dove si rivela la mancanza di misericordia dJ
33
NHC IX/3 : 45,23-49, 1 1 ; d. C. GIANpirito contraffatt0>> .35
. ti l
Come si vede , del racconto genesiaco resta ben poco ; neppure l'impianto generale è più riconoscibile . All'autore interessa cipro porre un nuovo racconto della creazione dell 'uomo , che ricostruisce sì a partire dal modello biblico , ma con molta libertà, conservando ne solo alcuni elementi narrativi , destinati peraltro a mutare di signi ficato nel nuovo contesto . I riferimenti espliciti al testo biblico sono in effetti soltanto due : Gen 1 ,26 («Facciamo l'uomo a nostra imma gine , come nostra somiglianza>>) e Gen 2,7 («Allora il Signore Dio modellò l'uomo con la polvere del terreno e soffiò nelle sue narici un alito di vita; così l 'uomo divenne un essere vivente») ; tutto il resto, dal tema della voce dall'alto a quello dell'epifania luminosa, dalle tre fasi del processo antropogonico (l'uomo primordiale , di origine pleromatica, come modello ; creazione della contraffazione psichica del modello stesso ; plasmazione dell'uomo materiale dai quattro elementi) al motivo dell'invidia delle potenze , è estraneo al racconto genesiaco e rappresenta uno sviluppo dottrinale tipicamente gnosti co . In sere ndo nuove unità narrative e utilizzando particolari proce dimen ti stilistici e formali , l'autore persegue uno scopo preciso , que llo di ricostruire il vero mito delle origini . 36 --
I I , 1 : 14, 13-2 1 , 1 0 . Una traduzione italiana dell'Apocrifo di Giovill'll'l i , si �� :�NvarHC e in Gli Apocrifi del NT: ERBETIA , 160-183 ; e in Testi gnostici: MORALDI , 35
-
FILo 36
Cc.
RAMo,
FILoRAMO - GIANOTIO , «L'interpretazione gnostica dell'AT» , 69-73 ; G . L 'a nesa deUa f�r�e. Storia della gnosi, B ari 1 983, 139-158.
253
2 . 4 . Interpretazioni gnostiche del
NT
Il lavoro di interpretazione del NT da parte degli gnostici è in tenso , e precede quello degli esegeti della grande chiesa . Sappi amo da Eusebio37 che Basilide aveva composto 24 libri sui Vangeli ; c i so . no giunti numerosi framme n ti di un commento al Vangelo di G io vanni ad opera del valentiniano Eracleone , a conferma della p re di lezione dimostrata dagli gnostici per questo Vangelo ; ma anche i si nottici non erano affatto trascurati. 38 L'esegesi paolina nel II secolo è essenzialmente esegesi gnostica . Gli gnostici si richiamano a Paolo per la loro antropologia, la loro cristologia, la loro teologia s acra mentaria. 39 I valentiniani fanno delle lettere paoline una delle fo nti primarie della loro teologia, al punto da causare un grave imba razzo nei cristiani della grande chiesa . 40 Tra i numerosissimi esempi di ese gesi gnostica del NT che si potrebbero citare , abbiamo scelto alc uni versetti del Prologo del IV Vangelo (Gv 1 ,3-4) nell'interpretazione di tre autori valentiniani . 2. 4. 1 . Eracleone
Eracleone, che, insieme con Tolomeo , è il più noto rappresen tante del ramo italico della scuola valentiniana, fu autore , intorno alla metà del II secolo d . C . , di quello che con ogni probabilità va considerato come il primo commento al Vangelo di Giovanni . Di quest'opera sono giunti a noi 5 1 frammenti, 48 dei quali riportati da Origene nel suo Commento al Vangelo di Giovanni a scopo di confu tazione , e i tre restanti tramandati da Clemente d'Alessandria e da Fozio . 41 Riportiamo qui i due frammenti relativi a Gv 1 ,3-4: 37 Hist. ecci.
IV ,7 7 Si veda in proposito C . TuCKETI, Nag Hammadi and the Gospel Tradition, E d in b u rgh 1986. 39 Cf. , per e s em pio IRENEO, Adv. h aer 1 ,8,3; IPPOLITO, Ref VI,34-35 ; Exc. ex Theo d. 22 , 1 -5 ; 48 2 ; 67 , 1 ( antropologia) ; Exc . ex Theod. 35 , 1 (cristologia ) ; Exc. ex Theod. 22, 1 - 5 ; 80 ,3 (te o l . sacramentaria) ; si veda in P �9.Posito E. PAGELS , The Gn o· stic Paul. Gnostic Exegesis of the Pauline Letters , Plll ladelphia 1975 . Ent: 40 Cf. IRENEO , Adv. h aer 4,41 ,4. Secondo H. v N CAMPENHAUSEN , Die s teh ung der chri.�tlichen Bibel, Tii bi nge n 1 968, 1 69-17 . 207-21 3 , le epistole pas tora • sarebbero state composte preci sa m e n t e per co n fe ri re a 'i nsegnamento di P�ol o q u j u l'immagine di cui la grande ch i es a aveva bisogno per c battere lo gn o stica smo . _ problema più gene ra l e della ricezione di P aolo nel I seco o. Cf. A. LtNDEMAN.N � PaUn lus im altesten Christentum. Das Bi/d des Ap ostels und die ezeption der pau lmtsch ; Theologie in der friihchristlichen literatur bis Ma rcion , Tiibi en 1 979; E. D ASS e Der Stachel im Fleisch. Paulus in der frUhchristlichen L iteratu is lreniius, Muns 1979 . Ep 41 CLEMENTE ALEssAN D RINO, Ecl. proph. 35, 1 ; ID. , Strom. 4,71-72; fo ZJO, ,
38
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254
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, , «Ritengo che in maniera forzata e senza appoggio di testimonian ze Eracleone, discepolo di Valentino , spiegando Tutto è stato fatto per suo mezzo (Gv 1 ,3) abbia interpretato tutto riferendolo al mondo e a ciò che in esso è contenuto ed escludendo - secondo la sua ipotesi - le realtà superiori al mondo e a ciò che in esso è con tenuto . Dice infatti che né l 'eone né ciò che è contenuto nell'eone è stato fatto per mezzo del Logos , perché crede che tutto ciò è sta to creato prima del Logos. In maniera ancora più impudente , esa minando E senza di lui nulla è stato fatto (Gv 1 ,3) , senza tener conto dell'ammonimento Non a ggiunger nulla alle sue parole per non essere ripreso e ritrovarti bu giardo (Pr 30,6) , a nulla aggiunge delle cose nel mondo e nella creazione . Poiché è evidente che la sua interpretazione è forzata e contro l 'evidenza, se esclude da tutto le realtà da lui credute divine e crede che tutto indichi pro priamente la realtà destinata alla totale corruzione , non dobbia mo perdere tempo a confutare queste affermazioni che rivelano di per sè la loro assurdità . Così , p.es. , dove la Scrittura dice : Senza di lui nulla è stato fatto (Gv 1 ,3), egli senza sostegno scritturistico aggiunge delle cose nel mondo e nella creazione. Sono espressioni che non appaiono persuasive e pretendono di esser credute alla pari dei profeti e degli apostoli che con autorità e senza dover ren der conto a persona hanno lasciato ai loro discepoli e ai loro po steri scritti salutari . Eracleone intende in maniera particolare anche Tutto è stato fatto per suo mezzo (lo l ,3) e dice che quegli che ha offerto al Demiurgo la causa della creazione del mondo , cioè il Logos , è colui non dal quale (ou tòn aph 'hoii. è y ph 'hoii.) ma per mezzo del quale (tòn di'hoii.) sono state fatte tutte le cose , inten dendo l'espressione in maniera diversa dall'uso comune . Se infatti le cose stessero come egli pensa, avrebbe dovuto esser scritto che tutte le cose sono state fatte dal Logos per mezzo del Demiurgo , e non invece dal Demiurgo per mezzo del Logos. Io , interpretando per suo mezzo alla maniera consueta, non ho lasciato senza soste gno la mia interpretazione . Invece Eracleone , oltre a non trovar conferma nelle sacre Scritture per la sua interpretazione , dà l'im pressione di aver sospettato la verità e di essersi a lei opposto spu do ratamente. Infatti dice: "Non il Logos agiva per spinta di un al�
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�� (PG 101 ,984 C) . Tra
gli studi più recenti , segnaliamo M. SIMONEITI , « Eracleone e VetChr, 3(1966) , 1 1 1- 141 ; 4(1967) , 23-64 ; E . H . PAGELS , The Johannine
n e ne , in _» g
Gosp el rn Gno p stic Exegesis. Heracleon's Commentary on John , Nashville 1973 ; J . - M . s OFfET , L a méthode exégétique d'Héracléon e t d'Origène commentateurs de J n 4: Jé Samaritaine et /es Samaritains , Fribourg 1985 . Una traduzione in lingua italiana ra l_ll m e n i di Eracleone si trova in 0RIGENE, Commento a l Va ngelo di Giovanni , a ra d1 E. CoRSINI , To rino 1968 e in SIMONEITI , Testi gnostici . . . , 223-267 .
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255
tro , sì che così si intenda per suo mezzo ; ma spinto da lui un agiva"» (Origene , In lo 1 1 , 1 4).
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«In maniera quanto mai fonata Eracleone , giunto al passo Ciò che fu fatto in lui era vita (lo l, 4) , ha inteso in lui nel senso di per gli uomini sp irituali, ritenendo cioè che il Logos e gli spirituali si a no la stessa cosa, senonché neppure questo ha detto apertamente . E come per spiegare dice : "Il Logos infatti ha dato agli spiritu al i la prima formazione, quella secondo la nascita (katà tèn ghénesin ) , portando e rivelando a forma illuminazione e delineazione pro pria i germi seminati da un altro "» (Origene , In lo II,2 1 ) . 42
In questi due frammenti , Eracleone affronta il problem a d elle funzioni e delle attività del Logos. Mancano espliciti riferimenti alle vicende del mondo pleromatico o al mito di Sophia; l'esegeta gnosti co riferisce l'espressione di Gv 1 , 3a («Tutto è stato fatto per suo mezzo») alla creazione del mondo materiale , che però non è attri buita direttamente al Logos, ma a lui come causa prima attraverso l'opera del Demiurgo ,43 e fino a questo punto la sua es e gesi non si discosta apparentemente da quella della grande chiesa . Le divergen ze cominciano con l'interpretazione di Gv 1 ,3b («Senza di lui nulla è stato fatto») , che Eracleone intende in senso limitativo ( = n ull a «delle cose nel mondo e nella creazione») , mentre Ireneo , per esem pio , insisteva sul carattere onnicomprensivo e universale dell'affer mazione giovannea (cf. A dv. haer. I , 22, 1 : «Da questo "tutto" nulla è escluso»; questo è quanto sostiene anche Origene nella sua confu tazione di Eracleone : cf. fr. 1). Nell'ambito di attività del Logos, dunque , secondo Eracleone rientrano soltanto le realtà materiali e corruttibili , mentre ne sono escluse quelle propriamente pleromati che ; egli specifica , infatti , che il plé roma e quanto esso contiene non fu fatto per mezzo del Logos , ma esisteva già prima di lui . Il versetto di Gv 1 ,4 (che viene letto in connessione con 1 ,3c: «Ciò che fu fatto
42
Frammen ti
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e 2; tr. SIMONEm
( Testi
nostici
. . . , 223-225).
do sensibile e ra stato crea to dal Lo gos el Demiurgo (dia = causa strum en a · le) . Eracleone . come Origene non manca di fa gli osservare , è costretto a forzare l _ u 5110 so corrente dei termini per armonizzare il test giovanneo (che , usando a propma) e infine quella cosmica . Eracleone dedica il suo commento ad interpretare il Vangelo di Giovanni in riferimento al livello cosmico di realtà, 44 e privilegia quindi gli aspetti antropologici e soteriologici del mito gnostico (si pensi solo al suo ampio e articolato discorso sulle tre nature , obiettivo privilegiato degli attacchi polemici di Ori gene ) , l a sciandone in ombra quelli più propriamente teogonici e cosmogonici , che invece sono al centro dell'attenzione di altri commenti valentiniani agl i ste ssi � ersetti del IV Vangelo. ,
2. 4. 2 . Tolomeo
U na diversa esegesi degli stessi versetti di Gv 1 ,3-4 ci è stata tra mand ata sotto il nome di Tolomeo da Ireneo (Adv. haer. 1 ,8,5-6) . « Tutto è stato fatto per suo mezzo e senza di lui nulla è stato fatto (Gv 1 ,3) : infatti per tu tti gli eoni dopo di lui il Logos è stato causa ------n
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Nella stessa prospettiva di Eracleone si muove l'� tli ToLOMEO U e a su a Lettera a Flo ra (in EPIFANIO , Panarion, IIGatlt' �llo4a� 1:.. 44
257
formazione e generazione . E ciò che è stato fatto in lui è vita (� 1 ,4) : qui (Giovanni) ha manifestato anche la sizigia: infatti ha det to che tutte le cose sono state fatte per suo mezzo , e invece la vit a in lui . Questa perciò che è stata fatta in lui gli era più affine (01• keiotéra) delle cose fatte per suo mezzo: sta infatti insieme con Iu 1 , e per suo mezzo porta frutti . Infatti, poiché h a aggiunto: E la vita era la luce degli uomini (Gv 1 ,4) , nominando l'uomo, insieme con l'uomo con lo stesso nome ha manifestato anche la chiesa, per di mostrare con un sol nome la comunanza della sizigia: infatti d al Logos e dalla vita nascono uomo e chiesa. Ha definito la vita l uce degli uomini perché essi sono illuminati da lei , cioè sono for mati e manifestati . Questo dice anche Paolo: Tutto ciò che è manifestato è luce (Ef 5 , 1 3)».45 di
La chiave di lettura del testo evangelico , che permette di coglier ne i significati profondi , nascosti sotto il velo della lettera , è qui for nita da quella parte del mito gnostico relativo alle vicende svoltesi all'interno del pléroma celeste . L'attività creatrice del Logos (Gv 1 ,3) è riferita alla formazione degli eoni (che erano invece stati espli citamente esclusi dalla sfera d'azione del Logos nel fr . l di Eracleo ne) , e anche l'enunciato di Gv 1 ,4 , che in Eracleone aveva connotati antropologici , è inteso in riferimento alla sizigia pleromatica di Lo gos-vita. È dunque il livello pleromatico di realtà che fa da sfondo a questa seconda interpretazione valentiniana dei versetti del Prologo giovanneo . 2. 4. 3. Teodoto
Teodoto è uno dei rappresentanti del ramo orientale della scuola valentiniana. Sotto il suo nome ci è giunto , tra le opere di Clem ente Alessandrino , un complesso di citazioni frammentarie, infram mez zate in certi casi da osservazio 1 di Clemente stesso, dal tit olo: Estratti dalle opere di Teodoto e ella scuola detta orientale all'epoca di Valentino , noto anche come E cerpta ex Theodoto . I mat erial i so: no molto eterogenei, e la loro spe ifica attribuzione a Teo doto non e sempre attendibile . Si tratta co nque di dottrine genericam en t e valentiniane , che in diversi punti ncordano con quanto noi co no -
45
258
Tr. di
SJMONETI1
( Testi gnostici . . , 283) . .
sciamo del valentinianesimo da altre fonti . Ritroviamo anche qui un acce nno a Gv 1 ,3 , interpretato in una maniera ancora diversa , sia ri spetto a Eracleone sia rispetto a Tolomeo : · '
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«Allora il Salvatore subito le (a Sophia) apporta la formazione secondo la gnosi e la guarigione dalle passioni , mostrandole a partire dal Padre ingenerato le cose del Pleroma e quelle fino a lei. Avendo separato le passioni in preda alle quali essa si trovava, la rese priva di passioni ; quanto alle passioni , avendole distinte , le custodì : e non furono disperse come quelle di colei che stava al l'interno del Pleroma, ma egli ridusse a sostanza esse e anche quelle della seconda disposizione (diathesis) . Così per la manife stazione del Salvatore , Sophia diventa libera dalle passioni e sono create le cose di fuori: infatti per suo mezzo tutto è stato fatto e se n za di lui niente (Gv 1 ,3) . Per prima cosa travasò e trasformò questi elementi da passione incorporea e accidentale in materia ancora incorporea , poi allo stesso modo in combinazioni e corpi (infatti non era possibile rendere subito le passioni sostanza) ; e introdus se nei corpi una proprietà secondo natura . [ . . . ] Quanto al Logos, che era nel Principio (cioè nell'Unigenito , nell'Intelletto [now) e nella Verità [aletheia] ) , Giovanni lo indica come Cristo , Logos e Vita (zoe) ; per cui conseguentemente defi nisce Dio anche questo , che è nel Dio Intelletto . Ciò che fu fatto in lui (nel Logs) era Vita (la consorte (syzygos]) (Gv l ,3-4) : per questo il Signore dice: Io sono la Vita (Gv 1 1 ,25)».46
La chiave di lettura del versetto giovanneo è qui fornita dalle vi cende extra-pleromatiche di Sophia . Il contesto è rappresentato dal l'at tività del Salvatore , inviato dal pléroma nel kénoma per collabo rare alla salvezza dell'eone espulso . Il primo atto compiuto consiste nella separazione di Sophia dalle sue passioni e nella sua formazione se condo la gnosi ; in seguito , il Salvatore procede alla trasformazione di quest e passioni in materia incorporea , in sostanza composita e in fine in corpi . In questo caso tà pimta di Gv 1 ,3 non si riferisce più agl i eon i del pléroma , ma alle «cose di fuori», le realtà del kénoma ; ( di'a uto u non indica più la mediazione del Logos pleromatico , ma 9 ueUa del Salvatore extra-pleromatico ; e zoé non designa più l'eone 10 siz igi a con il Logos nella Tetrade pleromatica , ma l'eone Sophia se parat o dalle sue passioni , che entra in sizigia con il Salvatore nel mondo del kénoma . ----46
Exc. ex Theod. 45-46; 6,3-4; t r .
S!MONErn
( Testi gnostici . . . , 371-373 ; 357) .
259
Queste tre diverse interpretazioni di Gv l ,3-4, che corrispo n do no ai tre stadi del mito valentiniano della redenzione (fase pleroma tica ; fase kenomatica; fase cosmica) , attestano l'estrema vers atilit à degli esegeti gnostici e la loro raffinata abilità nel manipolare i te sti biblici per piegarli e adattarli ai loro presupposti teologici . Una volta accettato il principio ermeneutico dell'allegoria , secondo il qu ale la lettera del testo è solo simbolo e figura , che rimanda ad un s en so «altro», molto più ricco e profondo , che si disvela a quanti ne pos seggano la corretta chiave di lettura , era aperta la via per la le gitti mazione scritturistica di quei sistemi dottrinali che disponesse ro di esegeti particolarmente estrosi e brillanti . 3.
MARCIONE
Marcione , originario di Sinope, nel Ponto , venne a Roma verso il 140 , durante il regno dell'imperatore Antonino Pio . Accolto dap prima nella comunità cristiana della città , ben presto destò seri so spetti a motivo delle dottrine che andava diffondendo . I sospetti si mutarono rapidamente in aperta opposizione , tanto che nel 144 egli fu formalmente scomunicato da papa Igino ( 1 35-145) . Diversamente dai movimenti gnostici , che generalmente si limitarono ad essere te stimoni e rappresentanti di determinate correnti di pensiero e si die dero al massimo un'organizzazione di tipo scolastico , dopo la sepa razione dalla chiesa di Roma Marcione fondò una sua propria chie sa , che raccolse ben presto numerose adesioni e si diffuse molto ra pidamente . La tradizione eresiologica , che rappresenta per noi l'unica fonte di informazione, collega Marcione con lo gnostico Cerdone.47 Il pro· blema dei rapporti tra Marcione e lo gnosticismo è stato vivacemen te discusso e ha diviso gli studiosi ;48 senza voler entrare nel merito di
ltl-4;
3 ,4,3; TERTULLIANO, Adv. Mare. 1 ,2,3 ; cf. 47 Cf. IRENEO, Adv. haer. anche 1 ,22 ,10; 3 ,21 , 1 ; 4,17,12. U: testimonianze sono raccolte e commentat e in A. v oN HARNACK , Marcion: das Eva gelium vom fremden Gott. Eine Monographie zur Geschichte der Grundlegung der k tholischen Kirche, Leipzig 2 1924 , 31 * -39 * ; su Cer done, cf. E. PETERSON , «Cerdone• in EncCatt III , 1 3 1 3- 1 3 14 . 48 VoN HARNACK, Marcion , 3 1 * 9* , dopo u n attento esame di tutte le t e stimo nianze , esclude una dipendenza diretta Cerdone per quanto riguarda il punt o cen trale del pensiero di Marcione, la dottrina del dio straniero ; R . J . HoFfMANN. Mar cion: on the Restitution of Christianity. An Essay on the Development of Radica / Pa u linist Theology in the Second Century , Chico (Calif. ) 1984 , 40-44 , ritiene che il col l � gamento di Marcione con Cerdone sia artificioso e da attribuirsi agli sche mi ste � u : pati della tradizione eresiologica. Al contrario, E. C. B LACKMAN , Marcion and HIS � fluence , London 1948 , 68-70 si dimostra critica nei confronti della tesi di Harn ac k e 0
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260
una discussione approfondita della questione, diremo soltanto che , a nostro avviso, ]a dottrina marcionita presenta tratti strutturalmen te dive rsi da quel1a gnostica , nonostante le somiglianze di dettaglio , e i n particolare anche per quanto riguarda la teoria deU'interpreta zione della Scrittura , argomento che ci interessa in q u esta sede , ra gion per cui merita un discorso a parte . 3 . 1 . La mutilazione del NT Il punto centrale della dottrina di Marcione è rappresentato dal te la oria dei due dèi: da un lato , il creato re del mondo , identificato con il dio rivela tosi nell' AT, e daU'altro , il dio ignoto , rivelato dalla p redicazione di Gesù. Il dio dell 'A T, ca ratte rizzato dalla sua impla cabile giustizia , attraverso la legge esercita un dominio tirannico su gli uomini ; l'altro dio , invece , caratterizzato dalla sua bontà senza li miti , pur essendo del tutto estraneo agli uomin i , per puro amore e misericordia ha deciso di inviare sulla terra Gesù, di rivelarsi nella sua predicazione e di riscattare dall'opprimente sottomissione al dio giusto , attraverso la morte in croce del suo i nviato , quanti vogliano aderire al messaggio di quest'ultimo . Questo sarebbe stato , secondo Marcione , il nucleo centrale della nuova rivelazione portata da Ge sù. Ma il suo annuncio era destinato ad essere ben presto interpola to , falsificato e manomesso da «falsi apostoli» , legati alla legge giu daica , al punto da farne risultare irriconoscibile il principio fonda mentale , vale a dire la contrapposizione dei due dèi e dei rispettivi regimi . Questa verità sarebbe poi tornata a rifulgere, in seguito ad una nuova rivelazione personale , nella predicazione e nelle lettere di P aolo ; anche queste, però , non sarebbero sfuggite a nuove mano miss ioni e interpolazioni da parte dei giudaizzanti.
ti en e fon data la tesi ere iologica della dipendenza di M arcione dal maestro gn ostico ; s a n alo ga la p osi zi o n e d i H. LANGERBECK , « Z ur Auseinandersetzung von Theologie
u nd Geme indeglauben in d er romischen Gemeinde in den Jahren 135- 1 65» , in lo . ,
A ufsatze zur Gnos is a cura d i H . DoKIUE , Gottingen 1967, 167- 179 ; l in qua d ram en to ,
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de l pensiero di M arci one nell 'ambito dello gn os t ic i smo è so ste nu t o , con altri argo menti , anche da JoNAS , Lo gnosticismo , 154 ; U. BIANCH I , « M arcion : t h é o lo gi e n bibli q u e o u docteur gnostique?», in VigChr, 2 1 ( 1 967) , 1 4 1 -1 49; R . M . GRANT, Gnostici
smo e cris tia nes im o primitivo, Bologna 1976 , 134- 140; P . G . VERWEIJS , Evangeliu m nd ne ues Gesetz in der iiltesten Christenheit bis auf Marcion , U t re c h t 1960, 292-349 . . n t en t ativo di impostare in modo nuovo il pr ob lem a è quello d i B. ALAN O , « M ar c�on . Versuche e in er n eue n in te rpretation» , in ZTK, 70( 1973) , 420-447; cf. in propo s �to an che le os s erva zi oni di E. NoRELU, «La funzione di P a ol o nel pensiero di Mar cto n e .. , in Rivista biblica , 34( 1986) , 543-597, io particolare 578-586.
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261
Il primo compito che si ripropone Marcione è dunque, alla luce di queste premesse, quello di ripristinare nella sua originaria integri tà quello che egli chiama il «vangelo» di Gesù, liberandolo da tut te le aggiunte e interpolazioni intese a snaturarne il senso . A questo fi ne , egli fissa il suo canone delle scritture sacre , quelle che conte ngo no il «vangelo» di Gesù ; tale canone comprendeva soltanto il Vange lo di Luca (non intero) e l'Apostolikon , una raccolta di dieci lettere paoline ( Galati, 1 -2 Corinzi, Romani, 1-2 Tessalonicesi, Lao dicesi [ Efesini] , Colossesi, Filippesi, Filemone) . I criteri per la fissazione di questo canone sono esclusivamente interni , contenutistici: solo q uegli scritti del NT che contengono il nucleo centrale della predica zione di Gesù , vale a dire la dottrina della contrapposizione dei due dèi e delle rispettive economie , riflessa in particolare nella contrap posizione paolina di vangelo e legge , possono entrare a farvi parte; tutto il resto è frutto di interpolazioni , di falsificazioni operate dai «falsi apostoli)) . È escluso ogni riferimento ad una tradizione come garanzia di autenticità degli scritti o delle dottrine in essi contenute, argomento di importanza decisiva, invece , sia per i cristiani della grande chiesa (che rivendicavano l'autenticità della loro tradizione grazie al principio della successione apostolica , pubblicamente veri ficabile) sia per gli gnostici (che pure valorizzavano l'idea di tradi zione , anche se segreta , in contrapposizione a quella pubblica della grande chiesa) . Per Marcione, se tradizione vi è stata , si tratta di una tradizione dell'errore , della falsificazione , non della verità. I succes sori di Gesù , gli apostoli , non hanno fatto altro che falsificare il suo messaggio; Paolo lo aveva ripresentato nella sua purezza originaria, ma anche il messaggio paolino fu adulterato dai suoi successori . Solo con Marcione e con gli emend enti da lui apportati agli scritti neo testamentari si ricostituisce , l di fuori di qualsiasi tradizione , la ve rità del messaggio evange co. =
3 . 2 . Interpretazione Per giustificare la sua ttrina dei due dèi, indicando i p unti di contrasto tra l'AT e il «vang » di Gesù , Marcio ne compose le A n titesi, opera purtroppo perduta, ma comunque ancora ricost ruibile , almeno in parte, sulla base delle informazioni fornite dalla tra dizi o ne eresiologica . 49 La contrapposizione radicale tra i due dèi e i ri49 VoN HARNACK, Marc10n , 256*-31 3 * ha raccolto tutti 1 p assi verosi mil ment e p rovementi d alle Antuesi marcionite e attestati da testimonianze md1 rett e
262
spe ttivi regimi si riflette , in quest'opera , in un'analoga contrapposi zione tra i due Testamenti . Tra il «vangelo» annunciato da Gesù e la legge del dio giusto , codificata nell'AT, non vi è alcun rapporto pos si b ile . Un albero cattivo, ricordava Marcione , non può produrre buoni frutti . Del resto, l'AT stesso non nasconde le caratteristiche del dio giusto : la sua crudeltà risulta palese , per esempio , dall'episo dio di 2 Re 2 ,23-24 , dove egli permette al profeta Eliseo di vendicarsi di un gruppo di giovani che lo avevano beffeggiato facendoli sbrana re da due orse (Tertulliano , A dv. Mare. IV,23) ; e dalla prescrizione di Es 2 1 ,24: «Occhio per occhio , dente per dente . . . » (Tertulliano , Adv. Mare. 11 , 18, 1 ; IV, 16) ; la sua ignoranza è dimostrata dal fatto che egli, in Gn 3 ,9 , chiede ad Adamo : «Dove sei?» (Tertulliano , Adv. Mare. 11,25 ; IV,41 ) ;50 un dio così non può essere il padre di Gesù . La radicale contrapposizione tra legge e vangelo comportava una conse guenza importante : l'impossibilità di attribuire un qualsia si valore , fosse anche soltanto simbolico o figurativo , all'AT. Que st'ultimo si p resenta come una narrazione storica delle gesta di YHWH con il popolo ebraico, e deve essere inteso esclusivamente su questa base . Il messia di cui parla è il messia atteso dagli ebrei, destinato a ritornare sulla terra per ristabilire il potere temporale di Israele , non il messia atteso dai cristiani.51 L'A T non ammette , se condo Marcione, che un'interpretazione di tipo letterale ; esso ha senso e valore soltanto per gli ebrei , p er i quali fu scritto . In questo modo , Marcione rifiuta esplicitamente ogni interpretazione allegori ca , che permetta di riconoscere un qualche valore all' AT in funzione del messaggio cristiano . L'incompatibilità tra le due economie è in tesa in maniera così assoluta e radicale , da escludere la possibilità di qualsiasi rapporto tra di esse . L' AT non può contenere , e quindi non è in grado di comunicare , nulla che si riferisca al dio buono an nunciato da Gesù . È questa una differenza fondamentale non sol ta nto rispetto alla dottrina della grande chiesa , che riconosceva un valore rivelativo all' AT, ricupera bile soprattutto attraverso l'inter pretazione tipologica, ma anche rispetto alla tradizione gnostica, che pur con mille esitazioni e cautele , riconosceva generalmente , al � eno in ce rte parti dell'AT riferimenti , allusioni , rimandi a realtà , Si tuazi oni , personaggi del mondo divino superi ore , anche se questi (N
50
L'argomento era sfruttato anche dagli
HC IX,3 ) 47 18-23 51
Cf
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Test. ver.
263
misteri ineffabili , celati sotto la lettera del testo , si svelavano sol tan to agli iniziati. Questa concezione della radicale incompatibilità tra quanto pro viene dal dio giusto e quanto invece attiene al dio ignoto , rivelat o da Gesù , fece sì che Marcione si sforzasse di eliminare dal Vang el o di Luca e dall'epistolario paolino entrato a far parte del suo Aposto/i kon qualsiasi tratto che attestasse un qualche valore delle Scritture ebraiche in riferimento al messaggio di Gesù . Le testimonianze a noi giunte , tuttavia, rivelano che egli conservò alcune delle argomenta zioni di Paolo fondate sull'ATY Questo potrebbe indurre a pensare che Marcione abbia ammorbidito , in qualche caso , la radicalità delle sue posizioni . In realtà non è così . Tertulliano , Epìfanio e Adamanzio attestano concordemente la presenza di 1Cor 1 0 , 1 - 1 1 nell'Aposto likon di Marcione .53 In questo passo , Paolo conduce alcune riflessioni , a partire dal libro dell'Eso do , sul destino degli antenati ebrei , i quali, pur essendo tutti sotto la protezione di Dio , perirono in gran numero nel deserto a causa dei loro peccati . Al v. 6, Paolo scrive : Tauta dè rypoi hemon eghenéthe san e aggiunge , al v. 1 1 : Tauta dè typikos synébainen ekeinois, egra phe dè pròs nouthesian hemon . Ora Tertulliano riporta , come lettu ra di Marcione , la traduzione seguente: Haec autem exempla nobis sunt facta (v. 6) e Haec autem quemadmodum evenerunt illis, scripta sunt ad nos commonendos (v. 1 1 ) . Le differenze sono minime , ma significative . La prima variante consiste nel sostituire l'espressione paolina rypoi hemon con exempla nobis (dat . etico) . Se la frase pao lina , che usa il genit � o , presuppone una corrispondenza oggettiva di situazioni (ciò che 'ccadde allora è figura di ciò che può accadere a noi oggi ) , la lettur � marcionita , con l'introduzione del dativo , la tr� sforma in un'esort � zione a trarre in qualche modo profitto dal n· chiamo dì un fatto , �ccaduto nel passato , che può servire ad illustra· re una situazione d è\_pr�sente . La seconda variante trasforma l'a� verbio typikos dì Pao�n kath6s ( quemadmodum) ed elim i na d secondo dé ; in questo modo , i due enunciati di Paolo, che distingue vano l'evento del passato , inteso come prefigurazione , e la sua reg i· strazìone scritta nel presente , a scopo di ammonizione , diventa no un =
di
52
Cf . VERWEIJS , EvangellUm und neues Gesetz , 273-288 ; NoRELU , «La fu n zi on e
Pa ol o nel
53
pe nsiero di Marcione»,
TERTULLIANO ,
MANZIO, Dia/. 2 , 18 .
264
567-578. Adv. Mare. 5,7,12; EPIFANIO, Panarion, haer. 42, 1 1 ,8; AvA·
e nu nciato solo , dove la funzione prefigurativa degli eventi del passa to scompare . Il senso del passo paolino , secondo Marcione , doveva d un que essere approssimativamente questo : ciò che avvenne al po pol o di Israele nel passato ha una portat a che si risolve completa m e nte nell'ambito del regime del dio giusto : gli ebrei erano sottopo sti alla sua legge , la trasgred irono e ricevettero per questo la merita ta punizione . L'episodio del deserto perde il valore prefigurativo che aveva in Paolo , mancando i presupposti per un passaggio dal l' im perfetto al perfetto , dall'incompiuto al compiuto (condizioni im pre s cindibili per ogni tipologia) , limitandosi ad essere un esempio e mb lematico del comportamento del dio giusto e della condizione d egli uomini a lui sottomessi . La menzione del racconto biblico ha quindi soltanto il valore di monito per il cristiano , perché non ricada nella condizione dalla quale è stato sottratto grazie all'adesione al «vangelo» di Gesù . 54 4.
4. 1 .
I L «CONFLITIO DELLE INTERPRETAZIONI» NEL SEC . II: IRENEO DI LIONE E LA REA ZIONE DELLA GRANDE CHIESA Lo sviluppo dell'interpretazione tipologica55
L'interpretazione tipologica dell'AT si era già saldamente affer mata all'interno del cristianesimo primitivo fin dai tempi di Paolo, anche se si limitava di fatto al solo Pentateuco . Nel corso del II seco lo , con Giustino essa conosce una certa fortuna nell'ambito della po lemica antigiudaica , dove viene introdotta per dimostrare come Ge sù , rifiutato dai giudei , in realtà fosse stato preannunciato dalle pa role (16goi) dei profeti e prefigurato in tanti episodi e personaggi della Scrittura (t6poi) . La pol emica di Giustino , di fatto , si limita ad u na critica del letteralismo dell'esegesi giudaica , che per la sua im postazione troppo rigida non riesce appunto a cogliere la dimensio ne prefigurativa dei fatti e dei personaggi dell' A T. Il compito di Ire-
54 Cf. NORELLI , «La funzione di altro e semp io (Gal 4 ,22-26) .
Paol o nel pensiero di Marcione» , 570-578 per un
. 55 Sull' ese gesi di Ireneo cf. J . DANifiLOU , Message évangélique et culture hellémstr q u e, To umai 1 961 , 203 - 2 1 3 ; D. FARKASFALVY, «The Theology of S cri ptu re in S. Ire naeu � » , in RevBen , 78( 1 968) , 318-333 ; M. SIMONETll , «Per typica ad vera. N ote sull'e se ge si di lreneo» , in VetChr, 18(1 981 ) , 358-382.
265
neo , il quale si deve confrontare con gnostici e marcioniti , si presen ta invece molto più complesso e difficile in quanto i suoi avversari , a differenza dei giudei , da un lato riconoscevano il valore rivel ativo del NT, ma dall'altro ravvisavano una netta frattura tra AT e NT, considerando il primo come rivelazione non del Dio sommo , bensì di un dio inferiore , il Demiurgo . Nei loro confronti Ireneo non può limitarsi , come sul fronte antigiudaico , a far rilevare la continuità t ra AT e NT documentabile attraverso l'esegesi tipologica ; egli deve an che dimostrare all'interno di questa continuità il progresso della nuova economia rispetto all'antica . A questo fine egli sviluppa il concetto di rivelazione progressiva, ravvisando nell'azione del Logos , che opera già all'interno dell'eco nomia veterotestamentaria , una graduale preparazione del popolo giudaico al grande evento dell'incarnazione di Cristo. «Egli educava un popolo sempre incline a volgersi agli idoli , di sponendolo , attraverso pratiche di vario tipo , a perseverare nel servizio di Dio , richiamandolo attraverso realtà secondarie a quel le principali , attraverso realtà figurate a quelle vere , attraverso realtà temporali a quelle eterne , attraverso realtà carnali a quelle spirituali , attraverso realtà terrene a quelle celesti» (Adv. haer.
IV, 14,3).
In ordine al preannuncio e alla prefigurazione di Cristo e della chiesa cristiana , la distinzione operata da Giustino all'interno del l' AT tra typoi e L6goi non presupponeva alcun apparente progresso della rivelazione nel passaggio dagli uni agli altri . Un'evoluzione progressiva sembra invece sottesa , presso Ireneo , nel passaggio dai patriarchi ai prof t " e da questi ultimi a Cristo :
�
«Bisognav , infatti , che alcune realtà fossero preannunciate dai patriarchi , secondo le modalità proprie dei patriarch i ; che poi al tre fosser prefigurate dai profeti , secondo le modalità proprie della Legg ; e che altre ancora infine fossero presentate in forma compiuta d à, quanti hanno ricevuto la filiazione adottiva , in con· formità con � formazione manifestata nel Cristo>> (Adv . haer.
IV,25 ,3).
',,
Tuttavia , l'interesse primario di Ireneo è quello di dimostrare l'unità della rivelazione divina presente nella Scrittura a fro nte de ll a frattura/contrapposizione tra le due economie teorizzata dai suo i av · versari gnostici e marcioniti . In effetti , pur essendo enunciato in for· ma molto chiara a livello teorico , il concetto ireneano di rivelazione 266
p ro gressiva non emerge in forma altrettanto chiara neJI'esegesi con creta dei numerosi passi dell' AT che affollano gli scritti dell'eresio logo . A questo liveJio , egli preferisce insistere sul carattere unitario e glo bale della rivelazione veterotestamentaria , dove ogni profezia, ogni e vento , ogni figura si inseriscono in modo armonico come le di verse membra di un unico corpo :56 «Così come l'attività di tutto il nostro corpo si esprime attraverso le nostre membra , ma la figura dell'uomo intero non si esprime at traverso un membro solo , bensì attraverso tutte le membra , allo stesso modo avveniva con i profeti : tutti prefiguravano un solo personaggio, ma ciascuno di essi compiva l'economia in quanto membro determinato , e profetizzava l'azione di Cristo che si rife riva a questo membro» (Adv. haer. IV ,33, 10) .
La tipologia di cui fa uso Ireneo è molto tradizionale ; in certi ca si, l'autore si rifà esplicitamente all'autorità dei presbiteri che lo hanno preceduto . 57 Rispetto al precedente di Giustino , tuttavia, che pure conosce molto bene , l'eresiologo lionese amplia il campo di ap plicazione della tipologia tradizionale,58 aggiungendo numerosi altri esempi e prestando maggiore attenzione all'interpretazione dei det tagli del testo biblico . Una delle tipologie più complesse sviluppate da Ireneo è quella di Giacobbe : «Se si esaminano le azioni di Giacobbe , si constaterà come non siano vane , ma piene di economie . Innanzi tutto , si vedrà come egl i , al momento della sua nascita , afferrò il calcagno di suo fratel lo e fu chiamato per questo Giacobbe , vale a dire "colui che sop pianta" , che afferra senza essere afferrato , lega senza essere lega to , combatte e trionfa, tenendo nella mano il calcagno dell 'av versario, vale a dire la vittori a . È proprio per questo , infatti , che è nato il Signore, di cui Giacobbe prefigurava la nascita e a proposi to del quale Giovanni afferma nell'Apocalisse : "Uscì vincitore e per vincere" . Successivamente , egli ricevette il diritto di primoge nitura, quando suo fratello lo disprezzò, esattamente allo stesso
56 Su questo punto insiste in particolare SIMONETII , «Pe r typica ad vera >> , 3603 63 ; cf. anche Io. , Lettera e/o allegoria. Un contributo alla s toria dell'esegesi pa ris ica , t t R o ma 1985 , 39-40. 57 Cf. A dv . haer. 4,31 . 58 Già Giustino aveva incominciato ad estendere l' applicazione della ti pologia al dJ !� f:lel Pentateuco ; con Ire neo l'area si dilata ulteriormente e comprende in pratica tutt1 l libri storici dell'AT. . . .
•
267
modo in cui il popolo più giovane ricevette il Primogenito di t utti, il Cristo, mentre il popolo più anziano lo aveva respinto dicen do: "Noi non abbiamo altro re che Cesare" . Ora , nel Cristo c'è ogni benedizione ; per questo il popolo più giovane strappò al Padre le benedizioni del popolo più anziano , così come Giacobbe ave va strappato la benedizione di Esaù . Per questa ragione il fratello fu vittima delle angherie del fratello, così come la chiesa soffre le stesse angherie da parte di quelli della sua razza . È in terra stra niera che nacquero le dodici tribù che componevano la stirpe di Israele , perché anche il Cristo avrebbe dovuto generare in terra straniera le dodici colonne che formano il sostegno della chiesa. Ricompensa di Giacobbe furono delle pecore variegate : anche il Cristo , infatti, ha come ricompensa gli uomini i quali, provenendo dalle nazioni più svariate e dissimili , si radunano nell'unico ovile della fede , secondo la promessa del Padre : "Chiedimelo , ed io di darò in eredità le nazioni , e come possedimento i confini della ter ra" . E poiché Giacobbe fu profeta del Signore per il gran numero dei suoi figli , dovette necessariamente generare figli dalle due so relle , cosl come lo fece il Cristo dai due popoli provenienti da un solo e medesimo Padre , e anche dalle due schiave, per significare che il Cristo avrebbe presentato a Dio dei figli provenienti dai li beri e dagli schiavi secondo la carne , accordando a tutti allo stesso modo il dono dello Spirito che ci vivifica . E tutte queste cose egli le compì a motivo della più giovane , Rachele, dai begli occhi . che pref1gurava la chiesa per la quale avrebbe sofferto il Cristo» (A dv. haer. IV,2 1 ,3).
�
Accanto ad essa si possono ancora citare la tipologia Eva/Maria, che pure Iren sviluppa in modo originale rispetto alla tradizione precedente ;59 poi le vere e proprie novità , che non trovano riscon tro in Giustino i due figli di Thamar (Gen 38) figure dei giudei e dei cristiani ;60 il re no di Salomone ( l Re 3 - 1 1) typos del regno di Cri sto ;61 le mogli i Osea e di Mosè (Os l ; Es 2,16-21 ) simboli della chiesa .62 Una ma iore attenzione ai dettagli del testo biblico è ma nifesta, per esempt nell'interpretazione del precetto alimentare di Lv 1 1 , 3 , dove gli anima 1 puri che ruminano e hanno l'unghia divisa sono simbolo dei cristiani, i quali credono nel Padre e nel Figlio (un ghia divisa) e meditano la parola di Dio notte e giorno (il ruminare) ;
59 Cf. , per esempio, A dv. haer. 4,31, 1-3 ; 5,19,1 . C f . Adv. haer. 4,25 ,2. Cf. A dv. haer. 4,27 , 1 . 62 Cf. A dv. haer. 4 ,20, 12.
60 61
268
' gli a nimali impuri che ruminano, ma non hanno l unghia divisa sono ce simbolo dei giudei , che meditano le Scritture , ma credono nel ve in p adre soltanto ; infine , gli animali impuri che non ruminano , ma ban no l'unghia divisa prefigurano gli eretici , che non meditano la p arola di Dio, pur dicendo di credere nel Padre e nel Figlio.63 4.2.
La critica dell'esegesi gnostica e marcionita
4. 2 . 1 . Le obiezioni alle tecniche esegetiche degli gnostici64
Ai suoi avversari gnostici, Ireneo muove un'accusa di carattere generale , che fa parte degli stereotipi della polemica eresiologica : essi imitano in modo fraudolento il linguaggio dei cristiani della grande chiesa per sedurre i più sprovveduti; fanno passare per verità dottrine straniere ed errate , dopo averle opportunamente contraf fatte ; in fondo , non sono altro che dei falsari e dei truffatori, che si servono di argomentazioni speciose . Nel quadro di questa accusa di carattere generale, che costituisce, per così dire , l'impalcatura all'in terno della quale si sviluppa tutto il discorso eresiologico di Ireneo , rientra anche l'interpret azione gnostica delle Scritture , che viene presentata come una manovra di seduzione e di inganno . Il compito primario dell'eresiologo sarà dunque quello di denunciare e di con futare questa impostura , che consente di sovvertire l'insegnamento delle Scritture , camuffandolo sotto forme ingannatrici . Per caratte rizzare in modo emblematico l'atteggiamento gnostico nei confronti delle Scritture , Ireneo si serve di un termine particolare: pithanolo gia, che significa discorso specioso , argomento pretestuoso . Secon do l'eresiologo , infatti , l'obiettivo degli gnostici è quello di far passa re per verità , presentandole come attestate e confermate dalle Scrit tu re, dottrine che in realtà si sono inventate essi stessi . Questa ope razione fa violenza alle Scritture, alterandone l'ordine e la disposi zione , e ne falsa il significato: «Essi cercano di adattare in parabole del Signo re , sia gli
3
63
mo
do
oracoli
persuasivo ai l oro
scopi sia le
dei profeti , sia le paro le degli
Cf. Adv. haer. 5 ,8,3; si veda in proposito SIMONETII , «Per typica ad vera . . . » ,
67-:UO;S Io . ,
Esegesi e/o alleg o ria 40-41 . ,
1 . . u questo tema in particolare , cf. A . LE BouLLUEC, La n otion d'hérésie dans a ltttera ture grecque (Ile-l/le siècles) , 1 : De Justin à /rénée , Paris 1985 , 215-253 .
269
apostoli , in modo che la loro costruzione non si presenti priva dJ testimonianze ; in questo modo, alterano l'ordine e la conc atena zione delle Scritture e, per quanto è loro possibile , cambiano ct1 posto alle parti della verità. Spostano e modificano, e, trasfor mando ogm cosa , ingannano molte persone con questa Ill usione inconsistente che deriva dalle parole del Signore così adattate» (Adv . haer. 1,8,1 ) .
Ireneo insiste sul carattere perverso e subdolo della contraffazio ne operata dagli gnostici: la loro manipolazione dei testi biblici n on inficia la lettera dei loro enunciati , ma ne modifica il valore e la fun zione attraverso Io spostamento di singoli elementi e il loro inseri mento in contesti diversi . L'apparenza esteriore resta quella della parola di Dio , ma il significato ne risulta gravemente deformato. Per illustrare questo procedimento truffaldino proprio dell'esegesi gno stica, Ireneo ricorre ad un calzante paragone : gli gnostici trattereb bero le Scritture come chi scomponesse un mosaico raffigurante un re per riprodurre , con le stesse tessere disposte in modo diverso, l'immagine di un cane o di una volpe , e p o i pretendesse di far crede re ai più sprovveduti che la figura è la stessa di prima e rappresenta sempre un re. 65 L'eresiologo dimostra la sua tesi analizzando l'ese gesi del Prologo del Vangelo di Giovanni condotta da Tolomeo,66 dove il passo è inteso come una rivelazione sull'ogdoade pleromati ca. Il procedimento degli gnostici si rivela simile a quello degli ese geti di Omero, i quali raccolgono qua e là parole singole , frasi e frammenti dall'opera del poeta e le adducono a fondamento e con ferma i quanto essi stessi vogliono raccontare . Ma questi «centoni» omeri i o gnostici , come il mosaico dell'esempio , possono essere sottop sti anche al procedimento inverso , che consiste appunto nel ricond e al suo contesto originario le singole parole o frasi che ne erano st e sottratte, dimostrando così l'artificiosità della costruzio ne. A questo argo mento dello «smontaggio» dei testi scritturistici per costruire un senso nuovo , diverso da quello di partenza, se ne af fianca un altro, che lo completa: Ireneo accusa gli gnostici di utiliz zare , accanto agli scritti canonici , anche scritti apocrifi senza alcuna garanzia di verità: ' ··
65
66
270
Cf. Adv. haer. l , praef. Cf. supra , § 2.4.2 (I&ENEO, Adv.
haer
'
1 ,8,5-6) .
' ·
,
\
«Introducono inoltre surrettiziamente una fiumana immensa di Scritture apocrife e non autentiche , che hanno creato essi stessi , per suscitare lo stupore delle persone poco mtell1genti e di quanti ignorano 1 libri della verità» (Adv. haer. 1 ,20, 1 ) .
I l ricorso a scritti extra-canonici rientra a pieno titolo i n quel dimento di contraffazione e falsificazione che Ireneo riconosce oce r p come tipico dei suoi avversari . L'obiettivo è sempre lo stesso: ca mu ffare le dottrine teologiche , cosmologiche e antropologiche gno stiche , frutto della fantasia morbosa e perversa degli eretici , sotto il trave stimento della verità cristiana. 4.2.2. Un criterio esterno di legittimazion e dell'esegesi: la nor matività della tradizione ecclesiastica garantita dal p rin cip io di successione ap ostolica
L'obiezione di uno smontaggio e rimontaggio indebiti del testo biblico mossa da lreneo ai suoi avversari gnostici , e il conseguente sm ascheramento dell'inganno sotteso a tale operazione, pur dimo strandosi senz'altro efficace ai fini della polemica , non risolveva il problema alla radice. Ireneo se ne accorse in particolare al momento di confutare l'esegesi allegorica gnostica dei numeri e dei nomi pro pri. In questi casi , l'obiezione dello smontaggio non era applicabile ; era in questione non più una procedura esegetica, ma un presuppo sto ermeneutico, quello dell'allegoria, che riconosce la possibilità di cogliere , al di là della lettera del testo, un senso «altro» , più profon do . L'imbarazzo di Ireneo doveva essere grande ; egli non poteva ri fiutare il presupposto ermeneutico in se stesso , in quanto stava alla base anche della sua esegesi , volta ad interpretare in chiave cristolo gica l'AT. La strada da imboccare era un'altra. L'eresiologo è costretto ad ammettere il carattere «ambiguo» di ce rti passi scritturistici, che si prestano ad essere interpretati in sensi dive rsi da quello letterale; in questi casi , l'obiezione mossa agli gno stici è quella di compiacersi di ciò che è poco chiaro e di dispiegare all'i nfinit o , in una ricerca tanto inutile quanto vana, le possibilità of ferte dalle «parabole e allegorie» della Scrittura: (A dv. haer. 1 ,3 ,6) . «Volendo spiegare i passi oscuri delle Scritture - oscuri non i n re lazione ad un altro Dio, ma alle "economie" di Dio - si sono co struiti un altro Dio, intrecciando in questo modo corde con la sab bia, come si è detto, e facendo sorgere un problema più gran de in aggiunta ad un problema minore . Non si risolve un problema con un altro problema ; le persone intelligenti non risolvono un'ambi guità con un'altra ambiguità, né un enigma con un altro enigma ancora più grande ; queste cose si risolvono a partire da ciò che è manifesto, coerente e chiaro» (A dv. haer. Il , lO . l ) .
L'argomento della chiarezza, unità, armonia delle Scritture cui ricorre lreneo in questi passi si rivela però troppo generico e difficil mente verificabile ; tanto che il primo a non attenervisi è proprio Ire neo stesso.67 L'eresiologo si rende conto di questo , e allora imbocca l'unica via praticabile per confutare alla radice la legittimità dell'ese gesi gnostica: il ricorso ad un criterio esterno. Il contrasto tra gnosti ci e cristiani della grande chiesa sul problema dell'esegesi delle Scrit ture non si riduce ad uno scontro tra tecniche o metodologie, che spesso sono le stesse nei due campi avversi , ma tra due ermeneuti che . Quello che separa i due contendenti è l'hyp6thesis che comanda e guida le rispettive esegesi : per gli uni è il mito gnostico , per gli altri il complesso tradizionale delle dottrine tramandate dagli apostoli at traverso la successione episcopale , la regula veritatis . Su questo pia no, il contrasto è irriducibile e ogni discussione diventa superflua:
__ - -
«Così accadrà a colui che conserva in sé , in modo fermo, la regola della verità ricevuta al momento del battesimo: costui riconoscerà i nomi , le frasi e le parabole provenienti dalle Scritture , ma non ri conoscerà il sistema blasfemo inventato da quella gente» (Adv. haer. 1 ,9,4) . «Per qu�sta ragione bisogna ascoltare i presbiteri che sono ne lla chiesa;- essi sono i successori degli apostoli , come abbiam o di m o str� . e , con la successione nell'episcopato , hanno ricevuto il ca: risma sicuro della verità secondo il beneplacito del Padre . Tutti gb
B9�'
67 Il carattere apologetico di questo argomento è stato sottolineato da N. Offenbarung. Gnosis und gnostischer Mythos bei /reniius von Lyon , M ii nch e n l d ' 79-87; inoltre , il caratter e a volte molto sofisticato dell'esegesi allegorica pra uca�a � lren � o , che è ben lontana dal pre � uppo r re la « � �iarezza» del dato scritturi �t ico , e a to dimostrato da A. 0RBE, Parabolas evangeilcas en San /reneo , Madnd 197
t ·
272
altri , che sono separati dalla successione originaria, dovunque si radunino , vanno considerati come sospetti : sono eretici dallo spi rito falso, o scismati ci pieni di orgoglio e sufficienza, oppure anco ra ipocriti ch e agiscono soltanto per lucro e vanagloria» (Adv. haer. IV,26,2) .
Lo sforzo principale di lreneo è senz'altro rivolto alla confuta zi o ne dell'esegesi gnostica . Egli, tuttavia , non trascura gli altri av versari , in particolare Marcione . Contro quest'ultimo, evidentemen te , dat o il singolare atteggiamento da lui assunto nei confronti delle Scrittu re, non potevano valere le stesse obiezioni avanzate nei con fronti degli gnostici , o quanto meno non tutte . L'eresiologo, comun que , non si sottrae al suo compito. Come nell'ambito della polemica antignostica , egli deve insistere sull'unicità di Dio e la continuità della rivelazione nelle due economie ; ma per rispondere alla singo lare obiezione di Marcione , deve fare uno sforzo supplementare per inquadrare Paolo nella successione ai dodici , sottolineando la per fetta consonanza del suo insegnamento con quello degli apostoli . Anche nei confronti di Marcione , si assiste ad un ricorso massiccio agli stereotipi della tradizione eresiologica. All 'ipocrisia ingannatri ce degli gnostici viene contrapposta l'impudenza sfacciata di Marcio ne ; se quelli aggiungevano al corpus tradizionale delle Scritture apo crifi da loro stessi composti, quest'ultimo senza alcun ritegno si per mette di mutilare le Scritture (circumcidere Scripturas: A dv. haer. 1,27, 4) . Ed è proprio per contrastare questi due atteggiamenti con trapposti , ma altrettanto riprovevoli, di gnostici e marcioniti , che Ire neo fa ricorso alla famosa regola, secondo la quale non bisogna né aggi ungere né togliere nulla alla Scrittura. 68 Anche in questo ca so , il criterio di fondo resta quello del principio di tradizione , il qua le , così come garantisce la legittimità dell'esegesi , delimita anche l'e ste nsio ne del corpus scritturistico richiamandosi ad un autorità che si v u ole fondata in Gesù stesso e nei suoi apostoli.
-t'
68
C f . Adv. haer. 4 ,33,8 ; 5
1.
,30, 3��tmete: prostheinai mete aphelein ,
E BoutLU EC ,
Si veda in proposito W . C . VAN UNNI K , «De la dans l'histoire du canon», in VigChr, 3(1949) , 1-
La notion d'hérésie I , 250-253.
273
9 I Vangeli giudeo-cristiani l
l
••
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Luigi Cirillo
l
INTR ODUZIONE Le comunità giudeo-cristiane avevano Vangeli loro propri, i cui mi no sono citati dai Padri e dagli antichi scrittori ecclesiastici : Van gelo dei nazareni , Vangelo secondo gli ebrei (o degli ebrei) , Vange lo de gli ebioniti, Vangelo dei dodici . I nomi dei primi due si trovano ancor a citati nei commentari esegetici medievali. In molti casi gli au tori riportano un breve frammento o un estratto del Vangelo che ci t ano e , talvolta, indicano anche il nome dei suoi lettori , l'uso che se ne faceva e il luogo in cui lo si utilizzava. A queste poche notizie , pe raltro non sempre chiare , si riduce tutta la documentazione sui Van geli giudeo-cristiani che è riportata nella seconda parte del presente lavoro. Questi V angeli si sono perduti sia perché furono considerati apocrifi o spurii dalla grande chiesa, con la sola eccezione del Van gelo secondo gli ebrei che , stando ad Eusebio di Cesarea , Storia ec cleszastica , 3 , 25 ,5 , veniva classificato da alcuni tra i libri sacri, ma principalmente perché le comunità giudeo-cristiane si estinsero a poco a poco, trovandosi ormai ai margini della storia cristiana a par tire grosso modo dalla seconda metà del secondo secolo circa, tran ne pro ba bilmente i nazareni di Siria, come si può dedurre dalla Di dasca/ia . 1
Il lavoro che tende a ricostruire il contenuto dei Vangeli giudeo cristiani, a precisarne il numero e ad attribuire i singoli frammenti al V angelo di provenienza è estremamente arduo proprio per la man canza di notizie certe . Perciò non deve meravigliare il fatto che nella -1 Cf G STRECKER
m W BAUER, Orthodoxy and Heresy m Earliest Chrrsllamty, lo on S nd , C M Press 1972 , 244ss (tr mglese d1 Rechtglaubrgkelt und Ketzem rm alteC hrr 111en stentum , Tubmgen 21 964) , RAY A PRITZ , Nazarene Jewrsh chrrstzamty (from
sr
dee en d of the New Testament perrod untll rts drsappearance m the fourth century) , Leio 1 988
275
storia della ricerca si incontrino opinioni diverse sull'argo men to · senza alcun dubbio uno dei più intricati della letteratura c ris tian � apocrifa. Diciamo anche che nelle posizioni attuali non si reg ist rano progressi sostanziali rispetto al passato. Il «(Vangelo) giu da ico» messo in evidenza da Schmidtke (nel suo volume citato nella bi blio. grafia riportata alla fine) e i frammenti medievali pubblicati dal B i schoff (articolo menzionato nella bibliografia) non hanno apportato novità considerevoli alla documentazione già esistente. Superata la tesi antica di due diverse rielaborazioni di un un ico Vangelo giudeo-cristiano, oggi sono messe a confronto due te orie quella che parla di due e quella che tratta invece di tre Vang eli . L� prima viene così formulata: l ) Vangelo dei nazare ni Vangelo se condo gli ebrei , 2) Vangelo degli ebioniti o Vangelo dei dod ici . La seconda teoria invece è stata presentata in due modi divers i. A . Schmidtke parla l ) del Vangelo dei nazareni, 2) del Vangelo degli ebrei Vangelo degli ebioniti, 3) del Vangelo dei dodici (che non sarebbe un Vangelo giudeo-cristiano propriamente detto) . Ma la te si di Schmidtke è stata criticata, oggi non è sostenuta più da nessu no. A loro volta , H. Waitz e poi Ph . Vielhauer (nelle rispettive ope re citate nella bibliografia) hanno distinto così i Vangeli giudeocri stiani: l ) il Vangelo dei nazareni, 2) il Vangelo secondo gli ebrei, 3) il Vangelo degli ebioniti o Vangelo dei dodici . Le teorie citate si basano sulle testimonianze degli autori antichi , testimonianze che passiamo a riesaminare qui di seguito. =
=
l.
/ INTERPRETAZIONE DELLE TESTIMON �
l . Probabilmente il testo di Papia di Gerapoli sul Va ngelo di Matteo, nella sua opera perduta Esegesi delle parole del Sign ore, da tata tra il l 30/140 d . C . (testo citato da Eusebio, Hist. ecci. 3 , 39 , 16). è una testimonianza i ndiretta e la più antica del Vangelo dei naza r� ni. 2 Papia scriveva così : «Matteo dunque raccolse i detti (16goi) T lingua ebraica (hebraidi dialékto-i) e ciascuno Ii interpretò (her"! e neusen ) come ne era capace» . Questa citazione ha dato luogo ad t n· terpretazioni più diverse . I termini l6goi e hebraidi dialékto- i han no
2 A. S cHMIDTKE, Neue Fragmente und
Evangelien ( TU 37( 1 ) , Leipzig 191 1 , 46ss.
276
n
Untersuchungen zu den judench riStfIChe
fat to cre dere che l'apostolo Matteo sarebbe stato l'autore di uno scritto che raccoglieva detti separati di Gesù in dialetto ebraico (in a ra maico giudeo-palestinese) , di cui l'attuale Vangelo di Matteo in r co sa re � be un � � raduzi one e un rifacimento . Secondo alcuni stu g e _ dio s i lo scntto ongmale dJ Matteo ( proto-Matteo) avrebbe avuto u na s omiglianza con la fonte Q. Ma l'obiezione più forte che si può fa re a qu esta interpretazione del testo di Papia è che essa non tiene cont o dello scopo dell'autore e del contesto storico in cui scriveva. papi a d ifendeva il Vangelo di Matteo così come immediatamente pr im a , sempre nella citazione di Eusebio (Hist. ecci. 3 ,39 , 15) , aveva parl ato a favore del Vangelo di Marco, mettendo in evidenza che i due a utori avevano scritto in modo semplice non curandosi delle leg g i d ella retorica. 3 La difesa dei due Vangeli da parte di Papia fa sup porre che essi fossero oggetto di critiche e di attacchi da parte degli er etici . 4 In questo contesto la frase di Papia: «Matteo raccolse i lo gia» non può significare qualcosa di diverso dalla composizione del Vangelo canonico di Matteo che al tempo in cui Papia scriveva era ben noto nelle comunità cristiane. Per cui l6gia non può significare «detti separati» che Matteo avrebbe raccolto ; il termine indica inve ce l'intera narrazione evangelica: le parole e le azioni di Gesù , come nel testo precedente del resto , in cui tà hypò tou kyriou è lechthénta è prakthénta (le parole e le azioni del Signore) corrisponde esattamen te a tà kyriakà l6gia (le parole del Signore) . I «detti» , come in altri testi di quel tempo , indicano la parte per il tutto . 5 Lo conferma s . Ireneo, A dversus haereses , 3 , 1 , 1 (cf. anche Hist. ecci. 5 ,8 , 2 ) . L' auto re , il quale dipende da Papia per quanto riguarda la notizia sul Van gelo d i Matteo , scritto nella lingua propria degli ebrei , non parla più di lo gia ma appunto di Vangelo . Da cui si ricava che Papia , così co me l'ave va co mpreso I reneo, parlava del nostro Vangelo di Matteo . Ma q uando Papia diceva che Matteo aveva scritto «in lingua ebra ica» (per cui il Matteo in greco sarebbe una traduzione) si sba gliava , perché in nessun modo il Vangelo di Matteo può essere con=
-3
S� questo argomento e per quanto riguarda l'interpretazione dei testi di Papia
cf J KUR ZINGER, Papias von H1erapolis und die Evangelien des Neuen Testaments , . R b
�\�ns u rg 1 983 . Cf. anche U . H J. KoRTNER, : BAUER, Orthodoxy and Heresy . . . , 184ss.
19
rnot
Papias von Hierapolis , Gottmgen
204ss
1 Cf . R . GRYSoN , «A propos du témoignage de Papias sur Matthieu. Le sens du
ogl on ch ez les Pères du second siècle» , in EThL , 41(1965) , 530-547.
277
siderato come una traduzione di un testo anteriore in lingu a se mi ti ca. Inoltre , non abbiamo alcuna prova che Papia conoscesse un pro. to-Matteo «in lingua ebraica» , né esiste nell'antichità un testimone e garante di questo testo. 6 La fonte Q non può essere identificata cot proto-Matteo . Si aggiunga infine che tutti gli autori , i quali parlano di un Matteo aramaico , specialmente s . Girolamo (vedi dopo ) , di pendono proprio dalla falsa tradizione che prende il via d a Pa pia . Allora , che cosa può aver fatto pensare che Matteo aveva scritto il Vangelo in ebraico? Molto probabilmente la versione/revisi one ara maica del Matteo canonico , fatta dai nazareni agli inizi del II secolo ( = Vangelo dei nazareni) , testo che Papia identificò con l'originale del Vangelo canonico di Matteo . Un errore comprensibile del resto: se Matteo era un ebreo aveva scritto in lingua ebraica . In questo contesto Papia va ricordato anche perché , sempre se condo Eusebio (Hist. ecci. 3 , 39 , 1 7) , esponeva «Un'altra storia ri guardante la donna accusata di molti peccati davanti al Signore», storia di cui non si conosce l'esatta identità letteraria e che comun que non può essere identificata con la pericope giovannea (Gv 7 ,538 , 1 1 ) , anche se Rufino (nella sua traduzione di Eusebio) riteneva che si trattasse proprio della pericope «de muliere adultera» del Vangelo di Giovanni . Eusebio invece credeva che la storia esposta da Papia fosse nel Vangelo secondo gli ebrei . Ma forse si trattava in realtà del Vangelo dei nazareni , che è l'unico Vangelo giudeocristia no che Eusebio conosceva direttamente (vedi dopo) . 2. Parlando di Egesippo e della sua opera Memorie (che si può datare intorno al 180 d . C . ) Eusebio scrive: «Egli cita certe cose dal Vangelo secondo gli ebrei e dal (Vangelo) siriaco e in particolare dalla lingua ebraica, dimostrando così di essere un ebreo conve rti to» (Hist. ecci. 4,22,8). Da questo testo si deduce che Egesippo con os� va due vangeli , il Vangelo secondo gli ebrei e il siriaco . Secon do d parere cti molti, sembra che non si possa identificare il secondo col primo . Il Vangelo «siriaco» è il Vangelo dei nazareni , scritto , c ome ctirà s . Girolamo (cf. frammento n . 33) «syroque sermone se d he braicis litteris» , cioè in aramaico . E questo spiega le citazioni di Ege sippo fatte , come dice Eusebio, «dalla lingua ebraica». Il Van gelo secondo gli ebrei invece, come vedremo , era scritto in gre co . E use-
em
6
Su questo argomento cf. P.
judenchriStilches Evangelium? ,
278
i ·· · �
,
-
uum
NEPPER-CHIUS11!J...t• .Jhrs Matthims Evange
Aahrus 1958.
,
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�
biO , i l quale conosceva molto bene il Vangelo dei nazareni (cf. fram
me nti n. 4 e 5 ) , soltanto qui lo chiama «siriaco» , probabilmente per ché I o stesso Egesippo lo denominav a così . 7 In nessun altro luogo mol tre Eusebio chiama il Vangelo secon do gli ebrei Vangelo siriaco (cf. Hist. ecci. 3 ,25 , 5 ; 27 ,4 ; 37 , 19) , per cui non è giustificato intende re «V a ngelo siriaco» come una sorta di apposizione di «Van gelo se con d o gli ebrei» . 3. Q uella di s . Ireneo, A dv. haer. 1 , 26 ,2 è la prima testimo ,
,1ianza che ci sia giunta sugli ebioniti come gruppo giudeo-cristiano eretico. La notizia redatta verso la fine del Il secolo risale ad una tra dizione di poco anteriore . La separazione di questo gruppo dalla chiesa ufficiale deve essere avvenuta durante la seconda metà del Il secolo perché s. Giustino, nel suo Dialogo con Trifone 47,2, dice che i giudeo-cristiani devono essere accolti come fratelli , da cui si dedu ce c he essi facevano parte ancora della Grande chiesa al tempo della redazione del Dialogo . Ma a differenza di Giustino, Ireneo non ave va una conoscenza diretta dei giudeo-cristiani e degli ebioniti , sape v a però , come dice nel testo indicato sopra, che gli ebioniti adopera va no soltanto il Vangelo chiamato «secondo Matteo» e che , parten do da esso , si facevano false idee riguardo al Signore . Non si trattava quindi del Vangelo canonico di Matteo, ma di un testo che rispec chiava la loro cristologia e in particolare la negazione della concezio ne verginale di Gesù (cf. Adv. haer. 3 , 2 1 , 1 ; 5 , 1 ,3) . Il presupposto di tale dottrina era, come dice lo stesso Ireneo nella prima di queste due citazioni , il testo di Isaia, 7 , 1 4, nella traduzione greca di Teodo zione e di Aquila , i quali rendevano l'ebraico 'alma' con neiinis: «Ecco una giovane donna concepirà e partorirà un figlio» . La prova scrittu ristica della concezione verginale che si basava sulla traduzio ne del l'ebraico ' alma'con parthenos era così eliminata. L'ebionita Si mm aco leggeva il testo di Isaia citato in Mt 1 ,23 , in questa forma e giunge va alla stessa conclusione (cf. Hist. ecci. 6 , 17) . 4. Cl emente Alessandrino e Origene , grosso modo nella prima me tà del III secolo , sono i principali testimoni di un Vangelo chia mat o «Secon do gli ebrei» , di cui si servivano i giudeo-cristiani del terri torio di Alessandria, in Egitto. Da questo testo Clemente cita un logion ap ocrifo di Gesù (frammento n. l a) , e dopo lo ripete in
----7
Scmaotu.,
Neue
Fragmente. . . ,
51ss.
279
una versione più lunga (n. 1 b) , ma senza indicarne la prove nienza Questa versione è il testo completo del secondo dei sei logi a che so� no citati nel Papiro di Ossirinco n . 654 e corrisponde sostanzi al m en. te al logion 2 del Vangelo di Tommaso scoperto a Nag Ham m adi B . Tale logion ha un significato gnostico ben marcato. A sua volta Origene, nel Commento al Vangelo di Giovanni e nelle Omelie sul profeta Geremia , cita un altro logion dello stesso Vangelo, in cui Gesù chiama lo Spirito Santo sua madre e dice di es sere stato preso da lui per i capelli , come Ezechiele e Abacuc , e tra sportato sul «grande monte Tabor» (frammento n. 2) . Pro bab il me n te questo logion faceva parte del contesto delle tentazioni di Gesù (cf. Mt 4, 1 - 1 1 par . ) , come diremo. Il titolo di madre di Ges ù, dato allo Spirito Santo , è una delle dottrine giudeo-cristiane più caratteri stiche , in cui è implicita la professione di fede nella concezione ver ginale di Gesù e quindi la diversa concezione cristologica di questo Vangelo rispetto a quello degli ebioniti , come si diceva sopra . II fat to che il Vangelo secondo gli ebrei sia attestato in Egitto per l a pri ma volta, da autori del luogo , come Clemente e Origene , e che u n suo logion sia affine ai logia di Gesù citati nel Papiro di Ossirinco fa supporre che fu scritto proprio in Egitto, in un ambiente cioè in cui i giudeo-cristiani erano a contatto con gli gnostici . Ciò che va messo bene in evidenza in questo contesto è che la parola «ebrei» non fa riferimento alla cultura e alla lingua ebraica, ma al popolo e alla nazionalità ebraica. «Ebrei>> sono i giudeo· cristiani di Egitto, che si gloriavano della loro appartenenza al popo lo ebraico, ma parlavano il greco come gli altri giudei di Egitto . Il lo ro Vangelo perciò era scritto in greco. Un caso analogo, nel Nu ovo Testamento , è rappresentato dalla Lettera agli Ebrei: un testo in greco destinato appunto ai cristiani di nazionalità ebraica . Va ricor dato che in questo stesso ambiente operava un altro gruppo , quello degli «egiziani» , i quali costituivano la comunità degli etnico-cristi a ni dell'Egitto ed avevano un Vangelo proprio, il Vangelo de gli e gi ziani, caratterizzato da una forte tendenza encratita.9 Nella prima omelia sul Vangelo di Luca ( 1 , 1 ) Origene menzion a un Vangelo eretico «iuxta duodecim apostolos» , 10 Vangelo che in seII EII 8 Cf. New Testament Apocrypha, a cura di E. HENNECKE - W. ScHNEE M ELC (tr. mglese a cura di R. M eL . WILSoN) , I, London 1 963 . 98ss. 9 Cf. SCHMIDTKE , Neue fragmente . . . , 50-53. JT1 1 0 M. RAuER, i n G CS 49, 5 ,2-4 , nel l a traduzione di s. Gtrolamo, «eva ngebU
iuxta d uodectm apostolos».
280
uito sarà ricordato da altri autori . 1 1 Di esso non ci è pervenuta nes g un a cit azione . H. Waitz e molti s tudiosi con lui ritengono che si del Vangelo degli ebioniti . 12 Secondo Schmidtke invece sareb
�ratti be
il Vangelo di una setta della Siri a , i Qiiqaj e Y
Nel la revisione latina del commento d i Origene a l Vangelo d i t tv{a teo (cf. frammento n . 3) s i trova una pericope che s i presenta co me un a variante di Mt 1 9 , 1 6-24 e che viene attribuita ad «un certo
vange lo dal titolo secondo gli ebrei» . Schmidtke ha dimostrato ch e l a ci tazione non è di Origene . 14 La formula : «evangelium quod dici tor s ecundum hebraeos , si tamen placet . . . » richiama piuttosto lo sti
le di Girolamo. Vielhauer ipotizza la dal Vangel o dei nazareni . 15
b)
provenienza di detta pericope
5. E usebio di Cesarea parla a) del « Vangelo secondo gli ebrei» ,
di u n Vangelo scritto i n caratteri ebraici , c) del Vangelo «siria
co)) . Il primo è menzionato quattro volte : è i l Vangelo degli ebrei
che si sono convertiti a Cristo» e che alcuni annoverano tra i libri ca
non i ci (Hist. ecci. , 3,25 ,5) ; è i l Vangelo di u n gruppo di ebioniti che professa la concezione verginale di Gesù (3 ,27 , 4) ; è il testo dal quale Papi a citava la pericope d eli' «adultera» (3 ,31 , 1 7, questo però è il pa rere di Eusebio) ; è infine un Vangelo conosciuto da Egesippo
(4,22 ,8).
Normalmente il «Vangelo secondo gli ebrei » dovrebbe cor
risp o ndere al Vangelo dei giudeocristiani di Egitto , di cui sopra ; in ogni caso non può i dentificarsi col Vangelo degli ebioniti tout court,
come dice Schmidtke , perché gli ebioniti , come risulta dalla testimo
nianza di Ireneo, rinnegavano la concezione verginale di Gesù . 16 Il
Vangelo scritto in ebraico invece è quello dal quale Euse bio nella Theophania cita due frammenti (cf. n n . 4 e 5), di cui uno ci è giunto
in greco e l 'altro nella versione siriaca di quest'opera . Anche se il Gressmann ha distinto il frammento della
Teofania in greco da quel
la che aveva conosciuto il traduttore siriaco , non ci sono dubbi che il
S . AMBROGIO , In Le ev. expos. 1 ,2 : SChr 45bis , 46 ; S. GIROLAMO, In Mt ev. 17A ; lo . , A dv . Pelag. , 3 ,2 (cf. frammento n. 33); FILIPPO D I SI ecci. : TU 512 ( 1 988) , 169 , nota 4; BED A , In Le ev. expos. l , prol . : PL 92, C ; TEOFILATIO, Enarr. m ev . Le , prol . : PG 1 23 , 692A . H. W AITZ , «Das Evangelium der Zwolf Apostel (Ebionitenevangelium) » , in d 1 3 ( 1 912) , 338ss . 14 SCHMIDTKE , Neue Fragmente . . . , 1 73s . !l SCHMIDTKE, Neue Fragmente . . . , 94-96. ,l,.!.. _ _ • • . l� P H . _YIELHAUER i n New Testament Apocrypha, I, ua · � · ' ' . ' Cf. d parere diverso di BAU ER , Orthodoxy ond �-··• ·51, nota 34. u
comm. , prol : PL 26,
� Hist.
7.�
28 1
testo greco sia un estratto della Teofania di Eusebio e ch e i d u frammenti provengano dal Vangelo scritto in caratteri ebraici , eh Eusebio aveva conosciuto quasi certamente nella biblioteca di Ces a
e
rea . Il frammento in greco si rapporta alla parabola di Mt
�
25,14-30
10,34 . Il r ap: porto col Matteo canonico fa pensare che il testo dal quale ci ta Eu sebio fosse la versione aramaica del Vangelo di Matteo fatta d ai na
mentre quello tradotto dal siriaco spiega il testo di Mt
zareni (il Vangelo dei nazareni) . I l « siriaco» infine è uno dei due vangeli di Egesippo (vedi sopra) , dal quale l ' autore prendev a le ci t a zioni ebraiche e che corrisponde perciò al Vangelo dei n az are ni . Ciò posto , non ci sono dubbi che Eusebio conoscesse il Va n gelo
aramaico meglio del Vangelo secondo gli ebrei , perché il pr im o era a Cesarea ; del resto è da esso che h a citato i due frammenti . Ci s a
rebbe da chiedersi se lo storico , almeno in qualche caso , col titolo «Vangelo secondo gli ebrei» non intendesse il V angelo de l la biblio
teca di Cesarea , scritto alla maniera ebraica o in caratteri ebraici . Questo spiegherebbe , per esempio , perché Eusebio.-J.ocalizzava la «storia» citata da Papia nel «Vangelo secondo gli ebrei»
3,39 , 17) . 6.
(Hist. ecci.
Nella traduzione copta di un discorso di Cirillo di Gerusalem
me sulla Theotokos , pubblicato dal B u d ge (cf.
infra , §2,
n.
6) , si tro
va una strana citazione del Vangelo degli e brei . M. R. J ames , rispon
dendo a V. Burch , dimostrò che questo discorso di Cirillo è spurio . 17 Cirillo racconta l 'incontro avuto con un monaco di Maiòma (presso
Gaza) , sospetto di eresi a , il quale espone come avvenne la nascita di Cristo , citando appunto il Vangelo degli ebre i . Quando Cristo volle venire nel mondo , Dio lo affidò ad una grande potenza che era nei
cieli , di nome Michele . La potenza venne nel mondo e si chiamò Mari a . Cristo dimorò nel suo seno per sette mesi e poi venne alla lu
ce . Quando al termine della sua vita mortale fu messo in cro ce , il Pa
dre lo prese in cielo con sé . La cristologia qui esposta quindi è ch ia· ramente gnostico-doceta e rimanda ad un ambiente sincre tistico d el l ' Egitto . 1 8 Per quanto riguarda l ' affermazione della nascita vergi n ale
del Cristo questo testo concorda con il contenuto del frammen to n . 2 citato da Origene , ma presenta una diversa concezione del la madr e
1 7 Cf. V. B uRCH , in JThS, 21(1920) , 310 e la risposta di M. R. JThS, 22( 1921), 160s. 18 Cf. BAuER, Orthodoxy and Heresy . . , 53 (e note ) . .
282
JAMES, « Tit ol o» . in
de l Cri sto , che nella citazione di Origene è lo Spirito S anto. Proba
te il racconto del monaco di Maiòma corrisponde ad una ver bi t rn e n sione defo rmata del Vangelo secondo gli ebrei .
7. E pifanio conosceva due Vangeli giudeo-cristiani , il Vangelo dei n azareni (Pan. haer. 29) e il Vangelo degli ebioniti (Pan . haer.
30) . D a quest 'ultimo Epifanio copiò sette frammenti (cfr . , infra , nn . 7-13) e ne è perciò il principale testimon e , anche se si ignora dove e
qu an do l'abbia conosciuto . L a trattazione che Epifanio fa dei nazareni è farraginosa . Solo al e cun noti zie sono storicamente attendibili : a) i nazareni vivono nel te rritorio di Be rea (Aleppo) in Celesiria (29 , 7, 7), b) h anno un cano ne bibl ico che comprende i libri dell 'Antico e del Nuovo Testamento (7 ,2) , leggono l' Antico Testamento in ebraico e sono degli ottimi co noscit ori di questa lingua (7 ,4) , c) per quanto riguarda il Nuovo Te s t arne nto «hanno il Vangelo secondo Matteo intero e in ebraico , che da l oro viene conservato diligentemente così come fu scritto all'inizio in caratteri ebraici» (9 ,4) . Con quest'ultima notizia Epifani o, nella li nea della falsa tradizione instaurata da Papia, identifica il Vangelo
dei nazaren i , scritto in lettere ebraiche , con l'originale e braico del Vangelo di Matteo. Ma è un'informazione che non si può accogliere , in quanto è priva di fondamento : Epifanio non conosceva diretta men t e il Vangelo dei nazareni , ne parlava solo per sentito dire . Diverso è invece il rapporto di Epifanio col Vangelo degl i ebio ni t i , di cui l' autore aveva una conoscenza diretta . Epifanio ne indica il titolo : «Secondo Matteo» , titolo già indicato da Ireneo , e lo distin gue dall' omon imo Vangelo dei nazareni , in quanto il primo è decur tato e falsificato (Pan. haer. 30 , 13 ,2) . Poi Epifanio aggiunge che gli eb i o niti lo chiamano «secondo gli ebrei» , perché soltanto Matteo predi cò e scrisse un Vangelo in caratteri ebraici (3 ,7) . Ma questa no tizi a co ntiene due errori : essa confonde il Vangelo degli ebioniti col V a gelo n «secondo gli ebrei» , di cui parlava Eusebio (Hist. ecci.
III ,2 7 , 4) e interpreta q uesto titolo sulla base della falsa tradizione ri gua rda nte il proto-Matteo ebraico (di cui per altro aveva già parlato o
s p ra : Pan. haer. 29 ,9 ,4) . Su queste basi Epifanio poteva dire che il Y n gelo degli ebioniti veniva chiamato « Vangelo ebraico» (ebrai � to ùto kaloùsin: 30, 13 ,2) . Si tratta in realtà di una serie di illa ZlO fil d ovute al fatto che Epifanio non sapeva cosa fosse il «Vangelo secondo gli ebrei » . 1 9
k�Jn �è
----;;--Not are che aell'haer. 46, 1 ,9 il titolo «secondo gli ebrei• 6 dato anche al Dia1�sar on
�·"'
di TAZIANO.
283
8.
S . Girolamo
è
l' autore che ci ha tramandato il m aggior nurne.
ro di frammenti di Vangeli giudeo-cristiani, ma la loro identificazio . ne rimane un problem a non del tutto risolto dalla critica . Inna n z it ut.
to deve esser e chiaro che Girolamo , in tutti i suoi scritti , av ev a i n mente un solo Vangelo giudeo-cristiano , il Vangelo dei n aza re n i , e
ad esso attribuiva i titoli e le citazioni di altri Vangeli, che t rov ava qua e là riportati nei testi che leggeva . Girolamo e b be mod o d i co . nascere il Vangelo dei nazareni dagli stessi nazareni (durante la sua permanenza nel deserto di Calcide dalla fine del 374 o inizio de l 375 sino al 376-77) e di vederlo con tutta probabilità nella biblio teca di Cesarea (si recò in questa città tra il 386 e il 389) . Infatti seco ndo la testimonianza di Eusebio, riportata sopra , a Cesarea vi era un esem
plare del Vangelo in caratteri ebraic i . 20
Riguardo a questo vangelo Girolamo f a u n a serie di affermazi o
ni . Lo chiama Vangelo ebraico (cf. frammenti n n .
1 4 . 1 5 . 18 . 19.20.
e dice che corrisponde al Vangelo autentico scritto da Matteo (nn . 14. 1 8 . 22 . 26) , gli attribuisce i l titolo «secondo gli apo
22 .26 . 27 . 28)
stoli» oppure «secondo Matteo» (n. 33) e lo mette in relazione con gli ebioniti (n .
22) ,
ma molto più spesso identifica il Vangelo dei
nazareni col Vangelo secondo gli ebrei (nn . 16. 17 . 2 1 . 24 . 30 . 32. 33) ; inoltre afferma di averl o trascritto col permesso dei nazareni (n.
1 8)
e di averlo tradotto in greco e i n latino (n .
17,
cf. n.
19). Ma
dato che quasi tutte queste affermazioni non corrispondono a veri
tà, alcuni studiosi , come B ardy e Vielhauer , sono molto scettici nei
confronti delle testimon ianze di Girolamo e dubitano fi nanche che
Girolamo abbia conosciuto il Vangelo in questione . Schmidtke , a sua volta , lo accusa di soverchieri a , in quanto Girolamo avreb be 2 avuto di questo Vangelo soltanto informazioni di seconda mano . 1 infatti se Girolamo avesse trascritto e tradotto veramente il Van gelo dei nazareni , si sarebbe reso conto , da buon filologo q ual er a ,
E
che questo testo non poteva essere l'originale del Matteo grec o . a Ma forse s i è troppo esigenti con Girolamo . Cerchiamo d i capire l e· s es sua posizione e di salvare nelle sue citazioni ciò che merita di re salvato . L' autore aveva conosciuto personalmente il Van gel o
i 20 Il deserto di Calcide non è lontano da Berea in Celesiria , sede dei na z aren i come sappiamo anche da EPIFANio , Pan. haer. , 29, 7 ,7 . Sui rapporti di Girol a!fi 0 co a nazareni cf. Ep. 125, 12 a Rustico. Per quanto ri guarda la conoscenza della btb ho te di Cesarea da parte di Girolamo cf. De viris 75 . 21 ScHMIDTKE, Neue Fragmente. . . , 66s.
�
284
b co e , trasportato dall'entusiasmo e più ancora dalla falsa tradi e rai
zione sul proto-Matteo , ritenne di aver scoperto l 'ori ginale scritto d a l l ' apostolo Matteo . Certamente non verificò se il Matteo greco po tev a es sere una traduzione del Vangelo dei nazareni . L'opera di Gi
rol a mo consistette nel copiare e tradurre alcuni passi di questo testo , s ec ial m ente quelli che a lui apparivano più caratteristici , ripromet p te n d osi forse di portare a compimento il lavoro in un'altra occasione . Co munq ue sbagliò parlandone come se si trattasse di una cosa già
fatt a . 22
I
titoli «secondo gli apostoli» , «secondo Matteo» e l' attribu
zion e de l V angelo dei nazareni agli ebioniti dipendono dalle letture di G irolamo . Come abbiamo visto , Origene parlava del Vangelo dei do di ci Apostoli , mentre Epifanio parl ava del Vangelo secondo Mat teo , del Vangelo dei nazareni e di quello degli e bioniti . E poiché Gi ro l amo conosceva un solo V angelo giudeo-cristian o , ritenne che tutti questi titoli si riferissero al suo Vangelo . La stessa cosa avvenne col
Van g elo secondo gli ebrei che Girolamo conobbe dai commentari di Origene , come si vede dai frammenti n.
16 . 30 . 3 1 , i n cui Girolamo ri
pete il logion che era stato citato da Origene (cf . n . 2, anche n . 17) , e pensò che l 'espressione euanghélion kath 'hebraious si riferisse al Vangelo ebraico dei nazareni , dando all' espressione stessa un signifi
cato linguistico (Vangelo scritto alla maniera ebraica) , mentre essa aveva origin ariamente un significato etnico . Sarebbe un errore per
ciò identificare
il Vangelo dei n azareni col Vangelo degli ebrei . Si
tratta invece di due vangeli distinti come indicano i due frammenti n.
28 e 33 . Dato che nel primo Gesù riceve il battesimo da Giovanni e
ne l secondo lo rifiut a , i due frammenti normalmente non dovrebbero appart e nere allo stesso Vangelo . E dato che il primo frammento pre
se nt a q ualche affinità col Vangelo secondo gli ebrei ,23 il secondo do vre bbe appartenere al Vangelo dei nazareni . 24
Vielhauer ha indicato quali sono i criteri da seguire nell'attribu zio ne dei frammenti al Vangelo dei nazareni o al V angelo secondo gli eb rei : l ) appartengono al Vangelo dei nazareni quei frammenti
-d 1 e
22
In realtà no n
esiste alcuna t ra cci a
di un lavoro di tr� scrizione o di traduzione Gtrolamo . t Lo S pi rito Santo chiama Gesù suo figlio (cf. frammento n . 2 ) e suo riposo ( n . 1 ) . E s e si considera i l fatto che esiste u n terzo frammento relativo a l �e l Vangelo degli ebioniti (cf. n. 10) , è ragio n evo l risalire a tre vangeli giudeo
�angelo dei nazareni che sare bbe st a a fatta da s. 24
�r�el�o
tsttam .
e
battesimo, 285
che hanno una base semitica e un' affi nità col materiale sinottico e
specialmente col Vangelo di Matteo , dato che tutte le testimonianz e convergono sul fatto che il Vangelo dei nazareni era una sorta di tar. gum aramaico del Vangelo greco di Matteo ; 2) si assegnano i n vece
al Vangelo secondo gli ebrei quei frammenti che presentano affi n i tà con quelli citati da Clemente e da Origene , che sono i princip ali ga. ranti di questo Vangelo , oppure q uei frammenti che presum ibil m en
te Girolamo conobbe da Origene , come nel caso del testo relativo a Giacomo e citato nel
De viris, 2
(in cui appunto si fa il nome di O ri
gene che utilizza il V angelo secondo gli ebrei) . 25
Resta comun que molto difficile decidere caso per caso . Si po. trebbero attribuire al V angelo dei nazareni a) i frammenti cita ti ne l commento a Matteo (nn . 20-25) , data appunto la natura di ques t' o pera , b) le indicazioni riguardanti le lezioni aramaiche ( cf. nn. 14.21 .24 e 26) , 26 c) l ' affermazione che alla morte di Gesù sia cro lla to l ' architrave del tempio e non il velo del tempio (cf. nn. d) i due frammenti citati da Girolamo ne ll
33 . 34) ,
'
25 . 27) , 27 Ad v. Pelag. , 3 ,2 (n n.
il primo perché proviene dal Vangelo che si conservava a Ce
sarea e che
è
affine al testo di Mt
materia di Mt
18 ,22 .
commento a
Ez 18,7
3 , 1 4 , il secondo
perché svilup p a la
Ma la derivazione dei due frammenti dal Van
gelo dei nazareni , quello citato nel commento a Ef (nn .
1 5 . 32) , è
5 ,4
e quello del
ritenuta i mprobabile . 28
Altrettanto problematico è decidere quali frammenti provengo
È probabile che appartengano a questo testo a) quelli citati nei tre commenti , a Michea , a Isai a , a
no dal Vangelo secondo gli ebrei . Ezechiele ( = nn . O rigene nel
1 6 . 30 . 3 1) , data la loro affinità col logion citato da Commento al Vangelo di Giovanni (= n . 22) , b) l' appa
rizione del Risorto a Giacomo ( mento a Origene ,
c)
=
n . 1 7 ) perché Girolamo fa riferi
il testo relativo al battesimo di Gesù nel com-
2!i
PH . VIELHAUER in New Testament Apocrypha, I , 134s. . Notare però che VIELHAUER , in New Testament Apocrypha, l, 134, giud1ca er rata la spie gazione del nome «Barabba» come «figlio del loro maestro» (cf. fra m m e n to n . 24) . Il n o m e «mahar•• al posto di epioU.Sios (n. 2 1 ) sarebbe una mera conge ttura 16
di Girolamo . . . l.:1 11 Cf. anche GIUSEPPE fLAVIO quando parla della d istruzione del te mp1o m Be /ud . 6 ,293-300. I nazareni possono aver considerato la fine del t e m pio co me la puro zione di Dio per la morte di Gesù. le 28 M al g rado il fatto che il primo logion sia introdotto dalle parol e : «Co m giamo anche nel vangelo ebraico » . a. VIELHAUER in New Testament Ap ocryp a, ' 135 .
� r
286
IJlento a Jsaia
(In ls 1 1 ,2 =
n . 28) per la sua anal o g ia con i frammenti
ci t a t i ris pettivamente da Clemente ( = n .
l)
e da Ori gene ( = n . 2) .
Mol to discussa è invece l ' appartenenza del logion citato nel De viris. 16 ( = n . 1 9) e ripetuto nel commento a Isaia ( = n. 29) al Van lo dei nazareni: «Ecco toccatemi e vedete , io non sono un de mo ge nio (un o spirito) senza corpo» . Nel De viris Girolamo commette due e rro ri: a) dice che l'intero passo , in cui è cit ato il logion , appartiene lette ra di Ignazio a Policarpo , mentre esso s i trova nella lettera esa di Smirn e , 3 , 1 s ; b) le parole : «Realmente l ' ho visto29 nel chi alla rne anche dopo la risurrezion e e credo che sia proprio lui» a ca a s l u
al l a
so no p a role di Ignazio , mentre il testo che si riferisce all ' apparizione
de l Risorto comincia da : «E quando venne da coloro che erano con Pietro , disse loro . . . ». Schmidtke ha già fatto notare che Girolamo no n leggeva direttamente le lettere di Ignazio , ma la Storia ecclesia stica di Euse bio , 3,36 , 1 1 , in cui è citata appunto la l e t tera di Ign azio alla comunità di Smirne . Il primo errore si può forse spiegare suppo nen do che Girolamo abbia creduto che l a le ttera fosse indirizzata a Pol i carpo , dato che questi era vescovo di Smirne . Notiamo però che
Eusebio non conosceva la fonte da cui Ign azio aveva citato il logion
(ouk oid'hopothen) .
Ora , secondo la testimonianza di O rigene nella
prefazione al De principiis , l' espressione : «Non sum daemonium in corporeum» era nella Doctrina Petri (che dovrebbe corrispon dere all'apocrifo
kerygma Pétrou) .
Girolamo invece dice che questa
esp re ssione si leggeva nel suo Vangelo giudeocristiano . Lagrange e Waitz hanno creduto a Girolam o . 30 Il Waitz prende in considerazio n e anche la testi mon ianza di Origene e dice che Ignazio e l a Doc
trin a Petri hanno
attinto liberamente dal Vangelo dei nazareni . Viel h aue r i nvece ritiene del tutto errata l ' attribuzione del logion ad un Va ngelo giudeo-cristiano ed esamina la possibilità che possa trattar si sem plicemente d i una formulazione diversa del testo del Vangelo di Luc a 24 ,39 dovuta a I gnazio e che d a lui sia passa t a nella cosiddet ta D octrina Petri (o l'inverso) , a parte il fatto che non è assoluta m en t e ce rto che q uesta opera sia l 'equivalente del Kerjgma Pé
tro u.3 1
In ogni caso n on sembra che il Vangelo dei nazareni esistesse
--
: Notare che Girolaii}O cambia oida in vidi . . M . LAGRANGE, « L'Evangile sel o n !es Hébre �X», m R.B 31(1992) , 32 1 . H . _ . sogennante JUdenchnstbchen Evangeben», i n �rz, « N e ue Untersuchungen iiber d1e �· 36(1 937) , 64ss . • .
W
VIELHAUER in
New Testament Apocripha, l , 129s.
287
già nella prima decade del II
secolo e che I gnazio citasse un Van ge l o
diverso dai Vangeli ufficialmente accolt i .
9. I l « (Vangelo) giudaico» . A . Schmidtke ha fatto conoscere un certo numero di varianti al Vangelo di Matteo , le quali vengono ri portate come glosse marginali da alcuni manoscritti greci dei van geli
tò Joudai'k6n Y Stando al parere di Schmidtke , il «giudaico>> era una rece nsione del Vangelo di Matt eo con delle varianti caratteristiche e si trov ava a Gerusalemm e in u na
con l'indicazione della fonte :
370 e il d . C . Il titolo fa pensare alla lingua del testo, l' aramaico , in cui era redatto il Vangelo dei nazareni (Pan. haer. 29,9 , 4, cf. 30, 1 3 , 2) .
basilica del monte Sion , ove sarebbe stato collazionato tra il
500
Non ci sono prove per dire che le varianti provengano dal comme nto di Apollinare di Laodicea al Vangelo di Matteo . La relazione d el «giudaico» col Vangelo di Matteo e il fatto che la variante a Matteo
1 8,22 ( = n . 45 ) corrisponda al logion citato da Girolamo nell'Adv. Pelag. 3 ,2 ( = n . 34) fanno pensare ad un legame stretto tra il «giu daico» e il Vangelo dei nazareni .
10. La notizia di Teodoreto d i Ciro ( t 460 d . C. circa) , Haereti carum fabula rum compendium 2 , 1 33 sugli ebioniti e il loro Vangel o , è di seconda mano , in quanto dipende da Eusebio , Hist. ecci. 3 ,27,4
(gli ebioniti accettano soltanto il Vangelo secondo gli ebrei) e da Ire
neo ,
1 ,26 ,2
(gli e bioniti utilizzano il V angelo secondo Matteo) . Poi,
nella stessa opera ,
2,2,
Teodoreto dice che i nazareni utilizzano il
Vangelo secondo Pietro : informazione comunque poco sicura per ché non ben documentata.
poli
300
11. Secondo la sticometria di Niceforo , patriarca di Costantino·
(806-81 8 d . C . ) ,
il Vangelo secondo gli ebrei contava
2 . 200 linee,
in meno rispetto a quelle del Vangelo di Matteo . 34
12. Riferimenti a vangeli giudeo-cristiani si trovano infine nella
tradizione medievale : Aimone di Auxerre (frammento n.
49) , Catechesi celtica del codice bretone Vat . Regin. Lat. 50) , Sedulio Scotto (n. 5 1 ) , i commentari irlandesi di cui il Bi-
da Riga (n.
49 (n .
32
SCHMIDTKE, Neue Fragmen te. . . , 1-32 .
34
C. DE
33
288
48) , Piet ro
PG 83 , 388s . BooR, Nicephori
archiep. Const. opuscula historica, Le1pzig
1·
1 880, 1
sch off in Sacris Erudiri 6 ( nn . 5 2- 5 7) e la Historia passionis domini (n n . 58-63) che lo stesso B ischoff ha fatto conoscere . Tutte queste tes timonianze , secondo il parere del Bischoff, risalgono ad una me =
desi ma fon te, al Vangelo degli ebrei tradotto da s. Girolamo e con servatosi in tutto o in parte nella tradizione irlandese fino al IX seco lo . Si può osservare che il frammen to citato da Aimone di A uxerre (n.
48)
corrisponde a quello della
Historia passionis fol . 55r ( n .
62) , i
tes ti del commento a Matteo (nn . 5 2 . 5 4) corrispondono a quelli del commento a Luca (nn . 56 . 57) , la precisazione riguardante la spacca
tura dell ' architrave del tempio (n.
63)
l'abbiamo già letta in s. Giro
lamo (nn . 25 . 27 ) , come anche quella riguardante il miracolo fatto al l 'uomo dalla mano paralizzata (nn . 22 e 53 ) . Ma se la fonte delle ci
tazioni medievali dei Vangeli giudeo-cristiani è s . Girolamo , si pone
anche qui il problema di distinguere le citazioni provenienti dal Van
gelo dei n azareni e quelle provenienti invece dal Vangelo degli
ebrei . 35 Il titolo «Vangelo secondo gli ebrei» si legge soltanto in Se dulio Scotto ( n .
51).
Ma dato che in quest'ultimo frammento si parla
della venuta dei magi , che
è
raccontata nel Vangelo di Matteo , ci si
chiede se questo frammento non derivi , a sua volta , dal Vangelo dei
nazareni che si basava sul Vangelo di Matteo , come è stato detto so
pra . D ' altra parte l a citazione del Vangelo degli ebrei nel frammen to n .
55
si addice di più al Vangelo dei nazareni . Se
è
così , nella tra
dizione medievale si sarebbero conservate dell e citazioni del Vange
lo dei nazareni forse proprio a causa del fatto che si trattava di un te
sto esente da contenuti ereticali . Si ricordi comunque che l ' autentici tà di queste citazioni
è
discutibile .
In conclusione , analizzando le testimonianze dell' antichità cri
stiana sembra che si possa confermare la teoria di H. Waitz come
quella che meglio si attiene alla critica delle fon t i e che si debba par lare perciò di tre Vangeli giudeo-cristiani : ni ,
2.
1.1.
il Vangelo degli ebionit i ,
3.
l.
il Vangelo dei nazare
il Vangelo secondo gli ebrei .
Il Vangelo dei nazareni
È il Vangelo rappresentato dal maggior numero di testimonian ze : d a Egesippo , Eusebio ( Theophania, nn . 4 e 5 ) , Epifanio (Pan. h aer.
gelo
29 ,9 ,4) , Pseudo-Origene (n.
3) ,
s . Girolamo (molti frammen�: i
·-
�
.... . ..
�··
.,.
..,...... , .. ..
Il Vangelo dei nazareni è ricordato ne i fraiiiJltia. lell AIJ�ci.•. A9, il Vandegli ebrei invece nei frammenti nn . 50.55. Jli;"!N"·· · • • �· ·.
35
289
ti) , dal « (Vangelo) giudaico» , e dai commentari medievali . Pr ob a bilmente il primo a parlare del Vangelo dei nazareni è Papia n el te sto sul Vangelo di Matteo , per cui la data di composizione di q uesto vangelo giudeo cristiano sarebbe di poco anteriore agli anni 1 30-140 d.C. I l titolo «Vangelo dei nazareni» non è adoperato dagli autori an tichi ; esso si trova per la prima volta nei testi medievali (cf. nn . 48 . 49 . 5 8-63) . Gli antichi indicavano questo Vangelo con espressi on i diverse che facevano riferimento o all'apostolo Matteo, a l quale ve niva attribuito , oppure alla lingua semitica , in cui era scritto , o an che ai nazareni che lo adoperavano. Era un testo scritto in caratteri ebraici Eusebio, (nn . 4 . 5 ) , detto perciò Vangelo secondo Matteo in ebraico (Epifania) , Vangelo ebraico , scritto in lettere ebraiche , Vangelo secondo Matteo (Girolamo , nn . 14. 1 5 . 18 . 23 . 27 . 28) , Van gelo che adoperavano i nazareni (Girolamo, nn. 22. 23 . 28 . 29 , cf. an che Epifania) . S . Girolamo lo chiamava anche «Vangelo secondo gli ebrei» (cf. nn . 16. 1 7 . 30) e «Vangelo secondo gli apostoli» (cf. n . 33) , riferendo al Vangelo dei nazareni titoli di altri Vangeli giudeo cristiani . Ma non è da escludere che con l 'espressione «Vangelo se condo gli ebrei» s. Girolamo alludesse alla lingua in cui era scritto i l Vangelo dei nazareni . Questo Vangelo infatti era redatto in aramaico, 36 la lingua dei nazareni della Celesiria . E fu proprio qui , nel circondario di Berea, che s . Girolamo vide questo testo. Ricordiamo che un esemplare era anche a Cesarea nella biblioteca di Eusebio . I caratteri ebraici con cui era scritto questo Vangelo e il fatto che esso era attribuito all'a postolo Matteo fecero sì che in alcuni ambienti venisse considerato come l'originale del Vangelo canonico di Matteo (come il proto Matteo , cf. Papia) . Per quanto riguarda la forma letteraria, il Vangelo dei n azareni doveva essere una versione aramaica del Matteo canonico e nel lo stesso tempo una sua rielaborazione di tipo targumico . Per qu anto attiene invece al suo contenuto, si può parlare forse di una risc rit tu ra della tradizione sinottica e mattaica in particolare , e pens are che l 'apocrifo rappresentasse uno stadio ulteriore della stessa tradizio ne . Questo Vangelo aveva un carattere secondario rispetto al Mat teo canonico e si deve perciò escludere che si trattasse del prat o-
36
290
11
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Waitij)............. ._ stato scritto in gre-
Alcuni autori , come H . co e dopo tradotto m aramaico .
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N. �,·,r. , ,,, ,;.,,h• Ht· �
rJ a tte o . D ai frammenti si vede che non doveva contenere dottrine
d iv er se da quelle professate da lla chiesa ufficia l e e che esprimeva be n e l ' i deologia dei nazareni , eretici soltanto perché rifiutavano l 'e
vo lu zio ne della chiesa e continuavano a vivere nella tradizione semi ti c a del cristianesimo primitivo . In alcuni casi si nota che la materia d i Matte o v i ene ampliata o sdoppiat a . Così nel frammento n. 3 , cita
to dallo Pseudo-Orige ne , la pericope di Mt 1 9 , 16-24 dà origine ad un ra cco nto che tratta di due uomini ricch i . 37 In seguito al comando di Ge sù di dividere l e proprie ricchezze e di dare il ricavato ai poveri il
n cco co minciò a grattarsi la testa indicando che tale comando non gli piacev a . È chiaro quindi che siamo davanti ad un caso di riscrittu
ra d ella pericope mattaica in forma novellistica : caratteristica evi dent e di uno stadio tardivo della tradizione . Nel frammento n . 22 riportato da Girolamo , il racconto del mi raco l o , in Mt 1 2 ,9- 1 3 , assume invece una coloritura più popolare . È det t o infatti che l 'uomo dalla mano paralizzata e ra un muratore ed aveva quindi bisogno della mano per lavorare e procacciarsi il neces
sario pe r vivere , diversamente avrebbe dovuto mendicare . I l carat
tere popolare del Vangelo dei nazareni verrà accentuato nella tradi
zione esegetica medievale ( vedi dopo) . In qualche caso si dava mag giore incisività al testo di Matteo ampliandolo , come capita nel frammento n.
34
riguardante i l perdono (cf. Mt
1 8 ,22) :
bisogna per
don are non sette volte al giorno ma settanta vol t e sette , perché an
che i più santi possono commettere una mancanza . In questo fram mento non si tratta quindi di un nuovo logion , m a d ello stesso logion mattaico ampliato . Vedere a questo proposito anche il «( Vangelo)
giudaico» (n . 45) . Alquanto diverso sembra e ssere il caso dei due frammenti n . 15 e 32 :38 in essi , partendo dalla base di Mt 5 ,22 e 1 8 ,6, v en gono creati quasi due nuovi logi a . Nel pri m o il versetto di Mat teo vi ene spie gato così : «Non siate mai lieti se non quando guardate
il vost ro frate llo co n amore » . Nel secondo invece tra i più gravi pec
cati dev e essere m essa ogni azione capace di « rattristare lo spirito d el proprio frate llo» . Si danno anche i casi in cui un testo di Matteo viene prese nta to e interp retato in modo diverso . Eusebio dice che n el Vangelo in carat te ri ebr aici vi era una parabola che richiam ava quella di Mt 25 , 14i '
, ,
37 Ma si è conservato so l tanto il dialogo tra Gesù e il secoado dei due. Nel Matteo cano nico -rinvece si parla di un uomo ricco . 38
Amme sso che denvino dal Vangelo dei nazareni!
291
30. In essa però il padrone castigav a un servo che aveva con dotto una vita dissoluta . non colui che aveva nascosto il talento . Il s erv o dalla vita dissoluta ricorda q uello di Mt 24 , 29 (cf. anche Le 15 , 30 ) .
Lo stesso Eusebi o , n e lla Teofania in siriaco (n . 5) , riporta la s pie g a zione che si dava di Mt 10,34-36 riguardo cioè alla division e de i membri all'interno di una famigli a . Il motivo della separazione è l 'e è un'idea espressa specialmente in
lezione divina ; e dato che questa
Gv 17 l ' autore ricorrev a alla te rminologia giovanne a . Il fram me nto che si le gge ne ll A d v . Pelag. , 3 ,2 (n . 33) non è una tradizione dive rs a da quella riportata da Mt 3 , 14- 1 5 , in cui Gesù si fa battezz are d a '
Giovanni . Nel nostro frammento invece è citato un Jogion di Gesù ,
il quale dichiara di non ave re peccato e di non ave re bisogno di fa rsi
battezzare . Il logion corregge Mt
3 , 15
e mette in evidenza l 'impecca
bilità di Gesù . Esso manifesta perciò l ' opinione cristologica dei na zareni a tale riguardo .39
Molti framme nti sono de l le varianti testuali del Vangelo di Mat
teo : nn .
20.23 . 25 . 26 . 35 . 36 . 38 . 39 . 40 . 4 1 . 42 . 44 . 45 ,
34; 46. Altre va 52.53 , cf. 22 ; 54 e
cf.
rian ti sono indicate nei commentari irlandesi : nn .
nella Historia passionis domini: n . 58. Tra tutte queste varianti po trebbe ave re un 'importanza particolare quella indicata nel fram mento n . 25 (cf. anche n . 26 e 63) e re lativa a M t 27 ,5 1 : alla morte di
Cristo si spezzò l' architrave del tempio (e non già il v elo del tem
pio ) . Con questo testo verrebbe fortemente acce ntuata la fine del
l ' antica Alleanza giudaica rappresentata appunto dal te mpio di Ge rusalemme . Con riferime n to a Mt
7 ,23
viene citato il seguente lo
gioo : «A nche se voi siete sul mio petto e non fate la volon tà del Pa
39 ) . La va circa d . C . ) : « A nche se s iete
dre mio che è nei cieli , io vi scacce rò dal mio petto» (n .
riante si trova anche in 2Cl e m .
4,5 (140
riuniti con me sul mio petto e non osservate i miei precetti , vi scacce
rò e vi dirò: allontanatevi da me , non vi conosco , non so donde sia t e , ope ratori di iniquità» . Que sto dunque non un è logion origin ale , ma una m escolanza di elementi sinottici e giovannei . 40 In Mt
27,65
invece un'altra variante fa dire al testo che la custodia de l sepol cro
39 La pressione di Maria e dei fratelli di Gesù su di l ui affinché si face sse ba tt ez· . zare da Giovanni era ricordata anche nel libro dal titolo > , 329 e la critica di V!ELHAUER, New Testament Apocrypha, l , 1 4 1 ss. '3 Così intesero i t raduttori copti ( venientem , saidico . crastinum , boairico) . Cf. A.t t 1 6, 1 1 ; 20, 1 5 , in cui è adoperata la forma fe mm i ni le tè-i epioU5e-i = l'indomani . .. A nche per questo testo cf. RES C H , Agrapha , 237 e la critica di V!ELHAUER , Ne w Testament Apocrypha , l , 142. Sul termine epioU5ios cf . C. SPICQ , Note di Lessi cogra[la neotestamentaria , l , Brescia 1982 , 622ss . r ' ' N e i commentari irlandesi s u L e 1 0, 1 3 ( = n . 5 5 ) s i precisa che i miracoli o pera1 da G esù a Chorozain e a Bethsaida (cf. Mt 1 1 ,21 e Le 10, 13) furono cinquantatre .
293
è stata riportata anche da s . Giu Dialogo 78 ,5 , e nel Protovangelo di Giacomo, 18 , 1 ; 1 9 ; 21 , 3. 46 Historia passionis (n . 60) un fram mento spiega pe rché l 'apo.
grotta , secondo una tradizione che stino , Nella
sto lo Giovanni e ra conosciuto dal sommo sacerdote (come si le gge in Gv 1 8 ,5 ) : essendo figlio del pescatore Ze bedeo (cf. Mc 1 , 1 9 ) ave. va portato il pesce al palazzo di Anna e Caifa .
1 .2.
Il Vangelo secondo gli ebrei
La prima notizia intorno a questo Vangelo è quella di Egesi ppo . Su bito dopo e sso è attestato da Clemente Alessandrino (cf. fram mento n . l) e da Origene (n. 2) . S. Girolamo ne riporta alcune cita
zioni attribuendole però al Vangelo dei nazareni . Niceforo di Co stan tinopoli n e indica il numero de gli stichi . Alcuni e retici de l la Pa lesti n a m eridionale , nel IV secol o , lo avevano in grande considera
zione , ma si trattava forse di una versione deformata del Vangelo se
condo gli ebrei , come si vede dal testo copto pubblicato dal Budge e attribuito a Cirillo di Gerusalemme .
Il titolo è citato da Clemente e da Orige n e :
ghélion .
kath 'hebraious euan
Era il Vangelo dei giudeo-cristiani di Egitto (forse del terri
torio di Alessandria ) , come sembra dalle testimonianze concordi di
Clemente e di Orige ne , come anche dall' affinità del frammento n . l
con il logion del Papiro di Ossirinco . Questo Vangelo fu scritto in greco verso la metà del
II
secolo , dato che Egesippo lo utilizzava.
S econdo l a testimonianza di Eusebio,
lion kath 'hebraious
Hist. ecc/. III ,27,4, l'euanghé
e ra adoperato da un gruppo di ebioniti , che cre
d ev ano nella concezion e verginale di Gesù . Epifanio ,
XXX ,3 ,7, comprese che
Pan . , haer.
questo Vangelo fosse quello di tutta la se tta degli e bi oniti , per cui identificò il Vangelo katà Matthaion e il Van gelo kath 'hebraious. 47 Schmidtke trae argomento d a questa citazio
ne pe r identificare il Vangelo secondo gli ebrei col Vangelo degli ebioniti , 48 ma a torto perché non si spiega come i frammenti n . 2 e 6 potessero appartenere al Vangelo degli ebioniti , i quali negav an o la concezione verginale di Gesù (vedi dopo ) .
Cf. W. B AUER , Das Leben Jesu im Zeitalter der neutestamentlischen ApoTubmgen 1 909 , 6lss . 337 47 Come fa osservare K. HoLL nell 'edizione critica del Panarwn: GCS 25 . (citato da WAITZ , «Neue Untersuchungen . . . », 78). 48 SCH MIDTKE , Neue Fragmente . . . , 242ss; cf . 32-40 . 46
kryphen ,
294
L e poche indicazioni che abbiamo del Vangelo secondo gli ebrei n o n ci pe rmettono di definire la natura del testo che tuttavia non do ve va avere rapporti particolari con i Vangeli canonici e soprattutto
co n que llo secondo Matteo , se lo si confronta con il Vangelo dei n a za re ni e c o l Vangelo degli ebioniti (come vedremo dopo) . Il logion citato due volte da Clemente Alessandrino è un agra phon . Confrontandolo con il logion 2 del Vangelo di Tommaso e
con la dive rsa redazio n e greca de llo stesso logion nel Papiro di Ossi rin co 6 54, si ottiene la struttura originaria del testo , in cui venivano i n dic ate cinque tappe della vita spirituale : cercare , trovare , stupirsi , regnare , riposarsi . Ora , questi verbi assumono significati diversi a
seconda del contesto al quale appartengono . Cosl essi possono avere o il significato che dava a questi termini la tradizione semitica (per
6,25-28; 5 1 ,26s . ; Mt 7 , 7s . ; Le 1 1 , 9 s . ) , oppure il se nso con cui li adope rava la tradizione filosofica elle nistica e soprattutto la tradi
es . Sir
zione ermetica
( Corp. herm. 4 .2 ; 9 , 1 0 ; 1 3 ,20 ; 14 . 4 ) .49 In anapausis
per q uanto riguarda in particolare il te rmine
ogni caso ,
adoperato
nel logion , il suo uso da parte dei giudeo-cristiani sem bra certo , e si
tratta anche di un uso molto antico . 5° Questo termin e infatti è atte
87,5 come titolo di una profezia dei Padri della setta battista «sul riposo del corpo» e indicava l a venuta escato stato n el Codice di Mani ,
logica del Profeta di verità con particolare rife rime nto al suo riposo
dopo la corsa attraverso i secoli . 5 1 Per cui sembra che il logion del
Vangelo degli ebrei , citato due volte da Clemente Alessandrino , sia
di origine giudeo-cristiana e che da questa tradizione si a passato a
quella gnostica , proprio perché esprimeva bene l ' essere dell'uomo che nella sua e sistenza passa continuamente dal movimento ( ricer ca ) al riposo (conquista della verità) , in un processo di n atura spiri tu ale che non conosce fine .
Il frammento n . 2 (cf. n n . 30. 3 1 ) doveva forse riferirsi ad un epi so dio delle tentazioni di Gesù : preso dallo Spirito Santo , alla manie ra di Ezechiele e di Abacuc (cf. Ez
8,3
14,36) , Gesù vie n e tra 4,8: un monte molto alto) .
e Dn
sportato sul grande monte Tabor (cf. Mt
Ma l ' importanza teologica di questo testo sta nel fatto che Gesù
H . ·C H . PuECH, En quete de la Gnose , II: Sur l' Évangile selon Thomas , P ari s 76s. PH VIELHAUER, NA PA USIS. Zum gn ostichen Hintergrund des Tho lllas �vCf. angeliums», in TB , «A 3 1 ( 1965) , 2 1 5-234 . rot . Cf . Co dex Manzchm c us Colomensis, 87 ,5. Ed . L. KoENEN-C. RoEM E R (Papyoglca Colomens 1a , 1 4) , Koln 1 988. . 19
'9
78 ,
'°
'
,,
·l
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" ' ,.
295
chiama lo Spirito Santo sua madre . In questo modo i giudeo-cr is tia n i affermavano la concezione verginale di Gesù e la sua divin it à . Lo
Spirito Santo , al quale è dovuta la n ascita di Gesù già nella trad iz iO ne canonica di Le 1 ,35 , viene presentato come una donna sul la base del fatto che « Spirito» nelle lingue semitiche è di gen e re fem mi n ile
�
Il frammento n . 28 si riferisce al battesimo di Gesù e c on ti e n una cristologia diversa da quella dei Vange li sinottici e anch e d a quella del Vangelo d egli ebioniti . I suoi elementi più importa nti so
n o : a) non è la « Voce dall' alto» che rivela la divinità di Gesù (cf . Mc 1 , 1 1 ; Le 3 ,22 D) ma lo Spirito Santo che era disceso su di l ui ; b) l a
discesa dello Spirito Santo avviene dopo che Gesù ha lasciato l ' a c qua (cf. Mt 3 , 1 6 e Mc 3 , 10) ; c) il posarsi de llo Spirito corrisponde a Gv 1 ,32 ( . . . kaì émeinen ep'aut6n) ; d) que st'azione significa , a diffe re nza della tradizione canonic a , che lo Spirito ha trov a to il «riposo»
d efinitivo in Gesù . Per cui lo scopo principale del testo non
è
quello
di rivelare la divinità di Gesù (come vedremo nel Vangelo degli
ebioniti ) , ma quello di mettere in evide nza l ' unione definitiva dello
Spirito con Gesù . In questa unione viene in un certo modo riassunta tutta l a teologia della rivelazione profe tica . Dicendo che lo Spirito in
tutti i profeti attende la ven uta di suo Figlio que sto Vangelo espri meva la tesi della rivelazione ciclica portata a compimento da una
cate n a di ri velatori e che si conclude con Gesù , sigillo dei profeti .
L' «intera fonte dello SpiritO>> che si posa su di lui significa che la ri
velazione ha toccato , in Gesù , la punt a più alta della sua espressio n e . Non è forse un caso il fatto che un concetto analogo a questo ve nga espresso nella lettera agli Ebrei
l , 1- 2 ,
un testo che a sua volta
riguarda i cristiani di nazionalità ebraica (gli «ebrei>> appunto) c he
parlavano il greco . Questo concetto fondamentale d ella teologia
giudeocristiana trove rà in seguito la sua formulazione ne lla teoria pseudo-clementina del Profeta di verità che a ttrave rsa i secoli sotto nomi diversi e alla fine trova il riposo (Horn.
3 , 20, 2 ; Ree. 22 ,4) . 52
(antipausis, requies)
nel Cristo
'2 Lo Spirito Santo parla come l'ipostasi divina della Sapienza della le.t te ra tur a sapienziale giudaica . Come la Sapienza cercò mutilmente il «riposo>> in tu tti 1 po p oli pnma d1 trovarlo in Israele (cf. Sir 24 ,7) , così lo Spirito cercò il suo «riposo•• in tutti 1 profeti finché non lo trovò in Cristo . A questo contesto s1 sono ispirati qu egli a mb ien · n u che , come i battisti di Mani (cf. nota S l ) . le Pseudo-clementine e gli gnos tici h an o e parlato del Liberatore prees1stente che si incarna in un personaggio scelt o pe r nvel a r la «Conoscenza>>·salvezza . Cf. la nota 50. •.
2 96
S ta ndo al raccon to del mon aco di Maiòma nei pressi di Gaza , n e lla c itazione di Cirillo di Ge rusale mme (cf. n . 6) , il Vangelo se con do gli e brei parlav a della pree sistenza di Cristo e de lla sua nasci
ta . e spie gava inoltre perché lo Spiri to Santo è sua m adre . Quando
c ri sto volle sce ndere in te rra , Dio chiamò «una grande potenza» che è in c ielo , cioè l' arcangelo Michele , ed affidò Cristo alle sue cure . La po ten za sce se nel mondo e si chiamò Mari a . Cristo fu nel suo seno
pe r s ette mesi prima di essere generato . D a que sto testo si ricavano due dati importanti : a) l a preesistenza è la caratteristica di Cristo e di sua madre , b) la madre di Cristo è l'in carnazione dell' arcangelo Michele , che è una potenza celeste .
W.
Bauer attira l' atte nzione sul
ruolo di Michele nei Papiri magici e nei testi gnostici , 53 cosa che con ferma l ' appartenenza del Vangelo secondo gli e bre i all'ambiente
egiziano . La potenza celeste si incarna affinché i l Cristo possa diven
tare suo figlio . L a rappresentazione dello Spirito Santo come l 'ar
cangelo Michele è un elemento caratteristico della cristologia giu
di Isaia 9,33-36. Lo è di natura femminile (co
deo-cristian a , che si trova anche nell'Ascensione Spirito Santo quindi si incarna e , dato che
me si diceva sopra) , prende la forma di una donna. L'intero fram
mento esprime una cristologia gnostico-doce ta , in cui il docetismo viene esteso anche alla m adre di Cristo . Se il testo relativo a Giacomo di Gerusalemme nel De viris ,
2 fa
ceva parte veramente del Vange lo secondo gli ebre i , questo vangelo parlava anche degli avve nimenti pasquali e faceva di Giacomo il pri mo testimone del Risorto , contro la tradizione citata in 1 Cor ove i l primo testimone è Pietro . Così
è
1 5 ,7,
e vidente l'inte nzione di voler
correggere la tradizione anteriore e di voler dare a Giacomo , in
quanto capo appunto della chiesa de gli e brei , 54 l a precedenza su Pie tro . Un altro eleme nto va messo in evide nza in q uesto testo . Contra ri amente a quanto si arriva a compre ndere dall a tradizione canoni
ca , ove sembra che all 'ultima Cena abbiano preso parte solo i dodi ci , nel Vangelo secondo gli ebrei Giacomo vi partecipò e in questa circos ta nza assicurò che avre bbe osservato un digiuno totale , finché no n ave sse visto il Signore risorto dai morti . Come si osserva , questo
v oto d i Giacomo viene espre sso mediante le parole di Gesù in Mc e Mt (cioè di non bere più del frutto della vite fino al gtorn o in cui lo b e rrà , nuovo , nel regno di Dio ) . Di qui sembra che
1�, 25
---
26,29
53 Cf. la nota 18. S4 Cf. PSEUDO-CLEMENTE , Lettere Il Giacomo 1 , 1 , e
t•
.
.��;,�· · Lt:llriNI ili � ·
·
1 ,1.
297
lo scopo dell'apparizione del Risorto a Giacomo non sia stato d ì re t tamente quello dì dimostrare a Giacomo la realtà della risurrezi on e bensì quello di sciogliere il suo voto riguardante il digiuno. Prob a bii : mente l'intera pericope doveva avere attinenza con particolari p rati che cultuali dei giudeo-cristiani .
.
1 . 3 . Il Vangelo degli ebioniti
II testimone più autorevole di questo Vangelo è s . Epìfanio me diante la citazione dei sette estratti citati nell hae r 30 del Panarion (cf. frammenti nn. 7 13) . Prima di lui, verso la fine del II secol o, ne aveva parlato s . Ireneo ( 1 ,26,2; cf. 3 , 1 1 ,7) . Il titolo «Vangelo de gli ebioniti» non è originario. Nella tradizione di Ireneo questo Vange lo veniva attribuito all'apostolo Matteo e chiamato secondo Matteo e co sì anche nella testimonianza di Epifania (tò katà Matthafon evan ghélion , ( Pan . , haer. 30,3,7; cf. 1 3 ,2) . Ma , come è stato già detto so pra, Epifanio confuse il «Vangelo secondo gli ebrei» di cui parlava Eusebio , Hist. ecci. , 3 ,27 ,4 (a proposito di alcuni e bioniti) col Van gelo degli ebioniti tout court e scrisse che gli ebioniti chiamano il Vangelo katà Matthaion anche katà hebraious , spiegando poi l'iden tificazione in base al fatto che Matteo fu il solo a scrivere i1 Vangelo in ebraico e in caratteri ebraici ( Pan . , haer. 30 ,3,7) . In realtà con queste parole Epifanio identificava il Vangelo degli e bioniti anche col Vangelo dei nazareni . Probabilmente un altro titolo che si dava al Vangelo degli ebio niti era «Vangelo dei dodici (apostoli)» , titolo menzionato da Orige· ne . In realtà il Vangelo degli ebioniti , come vedremo subito dopo analizzando il primo frammento (cf. n . 7) , dava un 'importanza par· ticolare al gruppo dei dodici , in quanto erano stati scelti per dare te stimonianza a Israe le , e in questo gruppo veniva messo in risalto Matteo. L'identificazione del «Vangelo dei dodici» col Vangelo del la setta dei Qiiqàje , come voleva Schmidtke , deve essere abbando nata dopo la critica fatta dal Waitz. 55 Il Vangelo degli ebioniti era scritto in greco , come si vede dal se condo frammento (cf. n . 8) in cui il giuoco di parole tra akrides (del testo canonico di Mt 3 ,4) e enkrls (frittella) è possibile solo in greco. Anche questo Vangelo fu scritto intorno alla metà del Il seco lo , da'
.
-
55 Cf. supra le
tersuchungen
298
. .
. »,
not� 12, 13 e H. WAITZ, in ZNW, 14,(1913), 46; ID. , «Neue UJJ·
791.
to ch e Ire neo è il primo autore a parlarne . Ma non si sa dove fu re d atto . Vielhauer pensa alla Transgiordania , ove vivevano gli ebioni ti e ove Epifani o ne avrebbe copiato i sette estratti . 56 A queste citazioni di Epifanio si riduce tutto ciò che è rimasto del va ngelo. G. Strecker ha dimostrato contro Waitz che nelle Pseu d o -cle mentine non esiste alcun testo del Vangelo degli ebioniti come 57 di n essun altro Vangelo giudeo-cristiano . Il Vangelo degli ebioniti era un Vangelo di tipo sinottico . D . rtr Be and dimostra che i n esso i testi della tradizione sinottica veni va no armonizzati sulla base della narrazione del Vangelo di Mat teo . 5 8 L'autore perciò sarebbe stato un precursore di Taziano nell'a dot tare il criterio dell'«armonia» dei testi evangelici . Ma Taziano , come è noto , prenderà come trama del racconto evangelico il Van gelo di Giovanni . Il Vangelo degli ebioniti cominciava con la predicazione del Bat tista, come si vede dal frammento n. 9 con cui iniziava la narrazione . I n questo Vangelo perciò non si parlava dell'infanzia di Gesù . I l te sto di questo frammento presenta alcune analogie con Le l ,5 (cf. : «Al tempo di Erode , re della Giudea , avvenne ») , Le 3 ,2 (il sacerdo zio di Anna e Caifa) , Mc 1 ,4s. e Le 3 ,3 (la predicazione del battesi mo di penitenza) e poi di nuovo con Le l ,5 (la discendenza di Gio vanni dalla stirpe di Aronne) , con Mc. 1 ,5 e Mt 3 ,5 (tutti andavano da Giovanni per farsi battezzare) . Nel frammento n . 7 (il primo citato da Epifanio) parlano gli apo stoli e raccontano come avvenne la loro chiamata . L'autore , armo nizzando Le 3 ,23 e 6 , 1 3 , colloca l'elezione degli apostoli all'inizio del ministero di Gesù , quando questi aveva circa trent'anni, e alla luce della cristologia ebionita parla di Gesù come di «un certo uo mo» ( eghénet6 tis anér) . Una tale presentazione fa supporre che pre ce dente mente non si parlava della nascita verginale di Gesù e di tut to ciò che poteva far capire che Gesù era un uomo diverso dagli al tri. Poi , Gesù presenta i suoi apostoli . Questo avviene a Cafarnao in cas a di Simone , soprannominato Pietro . Una tale struttura del rac conto fa supporre che l'autore contin uava a seguire il testo di Luca come b ase , citando Le 4 , 3 1 (par. Mc 1 ,2 1 ) + 4 , 38 e i ntegrandolo con 56
VIELHAUER, in New Testament Apocryph a , l , 1 5 6 . STRECKER D as Judenchristentum i n der Pseudoklementinen ,
57 G .
Berl in 198 1 , 1 3 6 . ' . 58 D . A . BERTRAND , ne ure au Dwtessaron» ,
( TU 70/2) ,
«L'Évangile des ébionites : une h armo nie évan geliq ue antéin NTS, 26( 1980) , 548-563 .
299
Mt 4 , 1 8 . Importante a q uesto punto è notare che gli apostoli c i ta n o un logion di Gesù , il quale dichiara di averli chiamati mentre p a ssa va lungo il lago di Tiberiade ( Mc l , 1 6 e M t 4 , 18) , ma si riv olge di rettamente a Matteo, dando un particolare risalto alla sua chiama t a Questo logion è costruito mediante un'altra armonizzazione di testi . prendendo però come base il Vangelo di Matteo: 4 , 18 (par . Mc 1 .16 + Gv 6, 1 : lago di Tibe riade) , ( 10,2-4 : i nomi degli apostoli) , 9 , 9 (la chiamata di Matteo) . Nella list a mancano i nomi di quattro ap o s toli: Filippo , B artolomeo , Tommaso , Giacomo di Alfeo. D'alt ra pa rte Pietro non è il primo ad essere nominato e Matteo ha un tratta me n to particolare . In risalto è messa anche , nello stesso logion , la co lle gialità degli apostoli . Di qui forse il titolo del Vangelo degli eb ioniti come «Vangelo dei dodici » . Un significato particolare , infine , h a la frase con cui si chiude il frammento : gli apostoli sono stati chia m ati affinché diano testimonianza a Israele (heis martyrion tou Hisraél) . Donde la deduzione probabile che gli ebioniti esclude ssero i pa gani dalla loro attività missionaria . Nella sezione evangelica che è rappresentata dal frammento n. 8 si parlava di nuovo del Battista . Si può forse pensare che le parole eghéneto Jo{mnes baptizon fossero in qualche modo il seguito del frammento n . 9 che termina con kaì exerchonto pròs autòn pantes: tutti andavano da Giovanni a farsi battezzare e si recarono da lui an che dei farisei e tutta Gerusalemme . L'inizio di questo nuovo fram me nto richiama il testo di Mc 1 ,4 (piuttosto che quello di Mt 3 , 1 ) , ma l'arrivo dei farisei e degli abitanti di Gerusalemme per farsi bat tezzare è la materia di Mt 3 ,7 + 3 ,5 (cf. anche Mc 1 ,5 ) . La caratteri stica del frammento è la presentazione di Giovanni come un vege ta riano che viveva secondo le regole della setta ebionita . 59 Per questo , Giovanni non mangiava le cavallette , akrides , come fa invece in Mt 3 ,4 e Mc 1 ,6 . Il suo cibo è fatto soltanto da miele selvatico (m éli agrion) che aveva il gusto della manna, come un dolce cotto all'oli o. Per ottenere questo risultato l'autore del Vangelo ricorre ad un giuoco di parole , cambiando la voce akris (cavalletta) in enkris (dol ce o frittella) , un termine che era adoperato nella traduzion e greca di Es 16,31 e Nm 1 1 ,8 . Oltre al fatto che questa sostituzione e ra pos sibile solo in greco , il testo dimostra anche che l'autore del Vange lo conosceva l'Antico Testamento secondo il testo greco della Settan t a . Per quanto riguarda la sua struttura, il frammento è bas a to sul l'uso di Mc 1 ,4; Mt 3 ,5-7 ; Mt 3 ,4; Mc 1 ,6. =
59
300
Cf.
Pan. , haer. 30, 1 5 ,3 ;
PsEuoo-CLEM ENTE: Hom.
12,6,4: Ree. 7,6 ,4.
Il frammento n . 10 riguarda ancora il ministero del B attista . I l te s to di Le 3 , 21 in esso citato collegava questo frammento co l rac co n to c he precedeva e che non conosciamo: «Dopo che il popolo fu batt ez zato» ( L e 3 ,21 ) venne anche Gesù a ricevere il b attesimo di Gio vanni (Mc 1 ,9; cf. Mt 3 , 13) . Anche q uesto frammento esprime i dee c ristologiche ebionite . La sua struttura è formata dall'uso dei te st i dei tre Sinottici a rmonizzati tra loro i quali danno origine ad un nu ov o racconto , ad un nuovo testo . Alla frase iniziale , che può rap pre sen tare il titolo di questa pericope (il b attesimo di Gesù) , segue ,_
la ma teria sinottica di Mc l , 10; M t 3 , 16; Le 3 ,22: dopo il battesimo , i ci eli si aprirono e lo Spirito Santo discese in forma di colomba . Ora , me nt re i testi canonici dicono concordemente che lo Spirito stesso logion
(E.
viene ripetuto n elle Homiliae in leremiam XV, VI , p. 128 ,27s) .
KLosTERMANN : GCS ,
PSEUD0-0RIGENE
Commentarii in Matthaeum tom . XV, 14 (Mt 19, 16-30): '
3.
In un certo Vangelo chiamato secondo gli ebrei - se tuttavia lo si vuole accettare non come autorità ma per la spiegazione della
Vangelo copto d1 Tommaso, logion 2; Pap. Osszrinco n . 654, 1 . 5-9 (B.P. A.S. HuNT, Ox. Pap. W, London 1904, 3s) . W . SCHNEEMELCHER ID New Testament Apocrypha, 1 ,98ss . 63 Cf. Mc 1 , 12 ; Mt 4 , 1 . 62
Cf.
G REN FE LL 64
65
Cf. E z Cf. Mt
8 , 3 ; D n 1 4,36. 4,8.
'
J
303
questione che è stata posta - sta scritto: Un altro ricco gli do man. dò :66 Maestro che debbo fare di bene per vivere? Questi gli rispo. se: Uomo , pratica la Legge e i profeti. Il ricco gli rispose : L'ho fat to, Il Maestro gli disse : Va' , vendi tutto ciò che possiedi , distribu i scilo ai poveri, poi vieni e seguìmi. Ma il ricco incominciò a grat tarsi la testa, non gli piacque (l'invito) . Il Signore gli disse: come puoi affermare di aver praticato la Legge e i profeti ? Nella Le gge sta scritto : Amerai il prossimo tuo come te stesso ,67 ed ecco che molti tuoi fratelli , fi gli di Abramo , sono coperti di sporcizia e muoiono di fame mentre la tua casa è piena di molti beni e non ne esce proprio nulla per quelli! E rivolto al suo discepolo Simone, che sedeva accanto a lui, disse: Simone , figlio di Giona, è più faci le che un cammello passi per la cruna dì un ago, che un ncco ( en tri) nel regno dei cieli . (E. KLOSTERMANN E. BENZ : GCS XL, pp. 389, 1 5-3 90 ,7) . -
EusEBIO
m CESAREA
Theophania
IV,
22:
. . il Vangelo che ci è p ervenuto in caratteri ebraici non ri volgeva la minaccia a colui che aveva nascosto (il talento) ma a co lui che aveva condotto una vita dissoluta. (Il padrone) aveva infat ti tre servi , uno che aveva sperperato le sostanze del suo padrone con prostitute e flautiste,611 il secondo che aveva fatto fruttificare il guadagno e il terzo che aveva nascosto il talento ;69 e allora il pri mo fu accolto, il secondo fu solo rimproverato , mentre il terzo fu messo in prigione . Mi chiedo se la minaccia che secondo Matteo, stando alla lettera, nell 'ordine è comminata contro colui che non aveva fatto nulla, si riferisce non a costui ma per epanalepsi al pri mo che aveva mangiato e bevuto con gli ubriaconi. (PG 24 , 685D-688A) .
4.
.
Theophania syr. IV, 12 (su Mt 10,34-36) : 5.
Ma egli insegnò (quale fosse) la causa della divisione delle anime che doveva accadere nelle famiglie , come abbiamo trovato in qualche parte nel Vangelo che in lingua ebraica è (diffuso) tra i
66
67
68
69
71)
304
Cf. Mt 19, 16-24. Lv 1 9 , 1 8 . Cf. O x pap. 840 , Col . Cf. Mt 25 , 14-30. Cf. Gv 15,16. 19.
II
36.
giudei, in esso è detto: Io mi scelgo70 i migliori, quelli che mi dà il Padre mio71 che è nei cieli.72 (H. GRESSMANN : GCS Xl/2, p. 183,26-30) . QJtiLLO DI GERUSALEMME Discorso su Maria « Theotokos»: 6. Nel Vangelo degli ebrei sta scritto che quando Cristo volle scendere in terra dagli uomini , Dio Padre chiamò una grande po tenza che è nei cieli , di nome Michele , ed affidò Cristo alla sua cu ra. La potenza scese nel mondo e si chiamò Maria. Cristo dimorò nel suo seno per sette mesi . Poi ella lo generò (viene riassunta la vita del Cristo dalla nascita alla morte) . Dopo che l 'ebbero innal zato sulla croce , il Padre lo prese in cielo con sé - Cirillo chiese : in quale passo dei quattro Vangeli viene detto che la santa vergine Maria è una potenza? Il monaco rispose : nel Vangelo scritto per gli ebrei . Allora Cirillo replicò: sono forse cinque i Vangeli ? Qual è il quinto? Il monaco rispose : è il Vangelo che fu scritto per gli ebrei . (E . A. WALUS BuDGE: Miscellaneous Coptic Texts in the Dilllect of Upper Egypt, 191 5 , p . 60 (copto) 637 (inglese ) . EPIFANI O
Panarion, haer. XXX, 13 ,2-3: 7.
. . . nel Vangelo da loro ( = gli ebioniti) chiamato «secondo Matteo» che non è completo in tutto ma è stato falsificato e decur tato (lo chiamano ebraico) è detto: Ci fu un uomo di nome Gesù, di circa trent'annf\ il quale ci scelse .74 E giunto a Cafarnao /� andò in casa di Simone,76 soprannominato Pietro ,n apri la bocca e disse : mentre passavo lungo il lago di Tiberiade78 scelsi Giovanni e Giacomo , figli di Zebedeo , e Simone e Andrea e Taddeo e Simo ne lo Zelota e Giuda Iscariota,79 e chiamai anche te , Matteo , che
' ' l ' '·
71 72
73
Cf.
Gv 17 ,6.7 .9 1 1 . 12 ; 1 8 ,9 . l •i 7 ,21 . Le 3 ,23 . Le 6 , 1 3 . •' Mc 1 ,21 ; Le 4 ,3 1 . Mc 1 ,29; Le 4,38. Mt 4, 18. d i T1benade : Gv 6,1 .23 ; 21 . 1) . Mc 1 , 16; Mt 4 , 1 8 (laaO d i Galilea; Mt 10,2-4 par. Mancano i nomi di quìdlro apostoli : Filippo, Bartolomeo , 1 ;, Giacomo di Alfeo. •
Cf. Mt
Cf. 74 Cf. 75 Cf. 76 Cf. n Cf. 78 Cf. 79 Cf.
lommaso,
•.•
305
sedevi al telonio , e tu mi seguisti .80 Voglio dunque dodici apostoli a testimonianza per Israele.81 (K. HoLL: GCS XXV , pp. 349, 1-350,2).
che
voi si ate
Panarion, haer. XXX 1 3 ,4 : E avvenne che mentre Giovanni battezzava82 s i recarono da lui dei Farisei e furono battezzati83 e (così) tutta Gerusalem me . 84 E Giovanni aveva una veste d i peli d i cammello e una c intu ra di pelle intorno ai fianchi . E il suo cibo , dice , era del miele selv ati· co,8' che aveva un gusto come quello della manna, come una frit· tella cotta all'olio .!!() (Dicono così) per trasformare la parol a di ve. rità in menzogna e per mettere un dolce fatto con miele al post o di cavallette . (HoLL, p. 350,2-7) .
8.
Panarion, haer. XXX, 1 3 ,6: L'inizio del loro Vangelo è questo: Al tempo di Erode , re della Giudea ,87 (sotto il sommo sacerdote Caifa88 avvenne che (un certo chiamato) Giovanni venne a battezzare nel fiume Gtordano con un battesimo di penitenza89, di lui si diceva che fosse della stir pe del sacerdote Aronne e figlio di Zaccaria e di Elisabetta90, e tutti andavano da lui .91 (HoLL, p . 350, 7-12). 9.
Panarion, haer. XXX, 13 ,7-8 : IO. E dopo aver detto molte altre cose , (il Vangelo) continua (così) : Dopo che il popolo fu battezzato92 , venne anche Gesù e fu battezzato da Giovanni. 93 E quando salì dall'acqua, i cieli si apri rono e vide lo Spirito santo in forma di colomba scendere94 ed en-
110 81 82
83 84
85 86
87
88
89
90 91
92
93
94
306
Cf. Cf. Cf. Cf. Cf. Cf. Cf. Cf. Cf. Cf. Cf Cf. Cf. Cf. Cf.
Mt 9,9.
Mt 10,2 .6; Mc 3 , 14; Le 6,13 . M c 1 ,4; Mt 3 , 1 . ,\ ' ' Mt 3,7. Mt 3 ,5 ; M c 1 ,5 . M t 3 ,4; M c 1 ,6. . \ ' ì, Es 16,31 ; N m 1 1 ,8. Le 1 ,5 . L e 3 ,2 . Mc 1 ,4s; Le 3 , 3 . ,, ,J · Le 1 ,5 . i Mc 1 ,5 ; Mt 3,5. L e 3 ,2la. -':-1;; 1' lt" "''.iT '7 ..,.... T: -rh' ' Le 3.21b; Mc 1 ,9; Mt 3,13. ilt·���� r)!> r1 • : 1 · · :, , Mt 3 ,16; Mc 1 ,10; Le 3 ,22. -' ·•1/ 1 1 . i '
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,
·
trare in lui. E una voce dal cielo disse : Tu sei il mio figlio diletto . in te mi sono compiaciuto . 95 e poi : Oggi ti ho generato.% E subito una grande luce illuminò il luogo. Ciò vedendo (c'è scritto) Gio vanni gli dice : Chi sei , Signore? E di nuovo una voce (venne) a lui dal cielo: Questi è il mio figlio diletto in cui mi sono compiaciu to . 97 E allora (il testo racconta) Giovanni cadde ai suoi piedi e dis se: Ti prego , Signore , tu battezzami . Ma egli (Gesù) lo distolse di cendo: Lascia, conviene che così si adem pia ogni cosa . 98 (HoLL, pp. 350, 12-351 ,6) .
Panarion, haer. XXX, 1 4,5: 11. Inoltre essi non ammettono che egli (Gesù) fosse u n uo mo, come sembra a causa di ciò che disse il Salvatore quando gli annunziarono: Ecco tua madre e i tuoi fratelli stanno fuori , e cioè : chi è mia madre e chi sono i miei fratelli? E stendendo la mano verso i discepoli disse : Questi sono m iei fratelli , mia madre e mie sorelle . Coloro che fanno la volontà del Padre mio sono miei fra telli , mia madre e sorelle.99 (HoLL, p . 351 ,21 -26) .
Panarion, haer. XXX, 1 6 ,5 : 12. Come dice il loro Vangelo (che ho) indicato: Sono venuto per abolire100 i sacrifici , e se non desisterete dal sacrificare , non si allontanerà da voi l'ira. 101 (HoLL , p. 354, 7-9) .
Panarion, haer. XXX, 22 ,4: 13. Ma essi , avendo cancellato di loro stessa iniziativa l'ordine della verità , hanno cambiato ciò che è detto e che è chiaro a tutti dal contesto delle parole, e fanno dire ai discepoli: Dove vuoi che ti prepariamo da mangiare la pasqua? E fanno rispondere a lui : Ho forse desiderato mangiare carne con voi in questa pasqua?102 (HoLL, p. 363 ,1-6) .
Cf. Mc 1 , 1 1 (Le 3 ,22) . 2,7; cf. Le 3,22D. Cf. Mt 3 , 17 . Cf. Mt 3 , 15 . : Cf. Mt 12 ,47-50. Cf. Mt 5 , 1 7 . Cf. Gv 3 ,36. Cf. Mt 26 , 1 7 ; Mc 1 4 , 12. 95
96
97
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307
GIROLAMO
Ep. 20,5
(a D amaso ,
383
circa d . c . ) :
14. Infine Matteo , il quale compose il Vangelo i n ebraico scrisse cosl : Osianna barrama, cioè: osanna nell'alto103• (J. LABOURT; Col/ection Budé l, p. 83 , 1 5-17)
Comm. in Ep h .
(su
5 , 4 ) ( 386-87
'
d.c.):
15. Come leggiamo anche nel Vangelo ebraico che i l Signore parlando ai discepoli disse : Non siate ma1 lieti se non qua ndo guardate il vostro fratello con amore . (PL 26, (ed. 1845 ) , 5 20 A-B)
Comm. in Mich. (su 7,6) (391
circa d . C . ) :
16. E l a nuora s i leva contro l a suocera, cosa che nel linguag gio figurato sembra difficile a comprendersi , ma se qualcuno legge il Cantico dei cant1ci e si rende conto che lo sposo dell'anima è la parola di Dio , e crede nel Vangelo che ho tradotto recentemente, (Vangelo) scritto secondo gli ebrei , in cui il Salvatore (la persona del salvatore) dice : Poco fa mia madre , lo Spirito Santo/04 mi ha preso per uno dei miei capelli , 105 non avrebbe difficoltà a dire che la parola di Dio procede dallo Spirito e che l'anima, sposa della parola, ha una suocera, lo Spirito santo , che in ebraico è di genere femminile ed è chiamato rua (ruah) . (M . ADRIAEN : CChrL. LXXVI , p. 5 13).
De vir. ili. 2 (393
d . C. ) :
17. Giacomo è colui sul conto del quale anche l'apostolo Paolo scrive ai galati : Degli apostoli poi non vidi nessun altro se non Giacomo, il fratello del Signore ; 106 di questo (argomento) , pa rla no spesso gli Atti degli apostoli ; anche il Vangelo che si chiama «secondo gli ebrei>> , che recentemente ho tradotto in greco e in la tino e del quale fa uso spesso Origene , dopo la risurrezione del Salvatore , narra: Dopo aver dato il sudario al servo del sacerdote, il Signore andò da Giacomo e gli apparve . 107 (Giacomo infatti ave-
103 104 105
l� � \ ,. l J ( ... ' '�� . '
Mt
Cf. Cf . 106 C f. 107 Cf.
308
21 ,9; Mc 1 1 ,9 ; Gv 1%,13. Mc 1 , 1 2; Mt 4, 1 . Cf. -�. tnm.calo a. 2. �tc -:-�·t:: . . Ez 8,3; D n 14,36. Gal 2, 19. \ :· t , l> l �,�n , 1Cor 15 ,7. -·
' .
·--
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l
•
va giurato che dal momento in cui aveva bevuto il calice del Signo re non avrebbe più preso cibo fino a quando108 non l'avesse visto risorto dai dormienti) . E, poco dopo , (dice) ancora: Portate la ta vola e il cibo , disse il Signore . (A questo) è aggiunto subito dopo : prese il pane e benedisse e (lo) spezzò e (lo) diede 109 a Giacomo il Giusto, e gli disse : fratello mio , mangia il tuo pane, poiché il Fi glio dell' uomo è risorto dai dormienti . (A. CERESA-GASTALDO , 1988 , pp. 76-78) .
De vir. ili. 3 : 18. Matteo , chiamato anche Levi , d a pubblicano divenuto apostolo , fu il primo in Giudea che scrisse il Vangelo di Cristo, in lettere e parole ebraiche , per coloro che dalla circoncisione si era no convertiti ; ma chi poi lo abbia tradotto in greco non è sufficien temente accertato . Comunque (questo) stesso (Vangelo) ebraico si trova tuttora nella biblioteca di Cesarea, che il martire Panfilo raccolse con somma diligenza. I nazareni che sono a Berea, città della Siria , e che utilizzano questo libro mi permisero anche di co piarlo. Va notato che in esso ogniqualvolta l'evangelista, o diret tamente o per bocca del divin Salvatore , fa ricorso alle testimo nianze dell'Antico Testamento non segue il testo della Settanta ma quello ebraico , come nei due passi : Dall'Egitto ho chiamato mio Figlio1 10 e: Perché sarà chiamato nazireo. 1 1 1 (CERESA- GASTALDO , p p . 78-80) .
De vir. ili. 16: 19. Ignazio giunto per mare a Smirne , dove era vescovo Poli carpo , uditore di Giovanni , scrisse una lettera agli efesini , una ai cristiani di Magnesia, una a quelli di Tralles e una ai romani , poi ripartito di là scrisse ai cristiani di Filadelfia e di Smirne e in parti colare a Policarpo , raccomandandogli la chiesa di Antiochia. In quest'ultima lettera Ignazio mette anche una testimonianza sulla : persona di Cristo, prendendola dal Vangelo che ho da poco tra dotto , dicendo: Realmente io l'ho visto nella sua carne anche do po la risurrezione e credo che era proprio lui ; e quando venne da
108
Cf. Mc 14 ,25 ; Mt 26,29. Cf. Mc 14,22; Mt 26,26. Mt 2 , 1 5 . 111 M t 2 ,23 ( m a nazoraios). 109 1 10
309
Pietro e da quelli che erano con lui disse loro: Ecco toccate mi e vedete , non sono uno Spirito senza corpo . E subito lo toccaro no e credettero. (CERESA-GASTALDO, p. 106) .
Comm. in Matth. (su 2,5) (398
d.C.):
E d essi gli dissero: I n Betlemme d i Giudea. Questo è un errore dei copisti , crediamo infatti che l'evangelista all'inizio ab bia scritto come leggiamo nell'ori ginale ebraico : di Giuda e non di 20.
Giudea. 1 12
(D . HuRST
-
M. ADRIAEN : CChrL LXXVII, p. 13) .
Comm. i n Matth. (su 6, 1 1) : 21. Nel Vangelo che si chiama secondo gli ebrei al posto dì pa ne soprasostanziale ho trovato mahar che significa «per domani>>, di modo che il senso (della richiesta) è: «Dacci oggi il n ostro pa ne113 per domani , cioè (per il) futuro» . (HURST - ADRIAEN , p. 37) .
Comm. in Matth. (su 12,13) : 22.
Nel Vangelo adoperato dai nazareni e dagli ebioniti , che recentemente ho tradotto dall'ebraico in greco e che da molto è detto l'autentico (Vangelo) di Matteo , quest'uomo dalla mano pa ralizzata1 14 è un muratore e chiede aiuto con queste parole : «Ero muratore e mi procacciavo il vitto con le mie mani : Ti prego , Ge sù , di ridarmi la sanità affinché io non debba mendicare vergogno samente il cibo». (HURST - ADRIAEN , p . 90 ) .
Comm. i n Matth. (su 23 ,35): 23.
Nel Vangelo che adoperano i nazareni al posto di «Figlio di Barachia>> troviamo scritto «Figlio di Ioiada>> . 115 (HURST • ADRIAEN , p. 220).
112
l
\1
• •
Mt 2,5. .: · - · ... . � .: . .. ..-� �.J.M. .l.. , 113 r�•. ?S: ·' f . �. Mt 6 , 1 1 . 114 M t 12,13. 115 Cf. 2Cr 24,20-22; Zc 1,1. . I Hh , ,, . ,• . • l!
310
·
Comm. in Matth . (su 27 , 16) : 24. Ma allora Pilato aveva un prigioniero insigne che si chia mava Barabba1 16• Nel vangelo che è scritto secondo gli ebrei (il nome di) costui è interpretato > , m Orpheus , N S , 1 ( 1 980) .
IO
cf E
320ss
6 Cf M
SIMONEITJ, ,
10 Annab della Facoltà d1 Lettere e Magtstero , ( U m versità d 1 Caghan ) , 28( 1960) , 3-71
7 1 DANIÉLO U , Messaggw evangeltco e cultura el/emsllca , Bo l o gn a 1 975 , cf c I V · « Ippohto e l ' e s t e nsw ne della upologta » , 305-321 .
321
le del tradizionalismo dell'esegesi di lppolito è la presenza nelle sue opere di simbologie complesse e dettagliate aventi con il contest o in cui sono inserite legami logici piuttosto deboli: esse appaiono come il frutto , rielaborato ulteriormente dalla fantasia di Ippolito , di t emi catechetici molto antichi e venerandi, di origine giudeo-cristia n a .s Non è un caso che i più significativi di tali simboli compaiano in Su l l'Anticristo , il cui carattere arcaico non sfuggì a Fozio (Bibl. 202) : la carne di Cristo è veste rivestita dal Logos, intessuta sul telaio de lla passione ; il suo ordito è lo Spirito Santo , il filo la grazia e così vi a (Ant. 4). Il simbolo telaio = croce rimanda a quello albero della na ve croce , e forse ne deriva;9 questo , a sua volta, è uno degli ele menti della celeberrima simbologia della chiesa come nave che lp polito (Ant. 59) introduce quale commento a ls 1 8 , 1-2: =
« E d egli (l'Anticristo) [ . . . ] co mincerà a diffondere decreti contro i santi ( . . . ] , com e dice Isai a : "Gu ai , terra , vele di barche oltre i fiu
mi d'Etiopi a , tu che mandi per mare pegni e lettere di papiro a
una � ente altera e a un popolo straniero e aspro : chi è al di là di lui? E una gente che spera ed è stata calpestata " . Qual è dunque il
popolo che spera e che viene calpestato se non noi , che sperando nel Figlio di Dio siamo pe rseguitati , calpestati dagli u omini infe deli e malvagi ? "Vele di barche" infatti sono le chies e ; " mare" poi
è
il mondo, nel q u ale la chies a , come una nave in mare ,
è sbattuta
sì dalla tempest a , ma non affonda. Ha infatti con sé l'esperto ti moniere Cristo. Inoltre, po rta in mezzo anche il trofeo che
è con
tro la morte . in q u an to procede reggendo la croce del Signore . La sua prora
è
infatti l'oriente , la poppa l'occidente , lo scafo cavo
è il
mezzogiorn o , due timoni i due testamenti , le cinghie tese intorno come l ' amore del Cristo che tiene stretta la chies a , e porta co n s é , nella forma del " lavacro della rigene razione" , un serbatoio d'ac qua che rinnova i credenti . Ha in dotazione una vela splen dente sotto forma dello Spirito che viene dal cielo , me diante il q uale
vengono sigillati quanti credono a Dio. L'accompagnano pu re delle ancore di ferro , i santi precetti dati da Cristo in persona , che sono solidi come ferro . Ha poi anche rem atori a destra e a sinistr a nella forma dei santi angeli custod i , mediante i q uali la chi esa è sempre consolidata e protetta . Vi è poi in essa una scala ch e con · duce in alto alla ci ma dell'albero , sotto fo rma di un'immagi ne del
J . DANIÉLOU , La teologia del giudeo-cristianesimo, Bologna 1 974 , 365ss . G . Q . REJJNERS , «Cross symbolism in Hyppolytus>> , in Melanges C. Moh r mann, Utrecht-Antwerpen 1973 , 1 4 ; H. RAHNER , « La croce come albero e an tenna » . in L ecclesiologia dei Padri. Simboli della chiesa , Roma 1 97 1 , 6 1 1 -689 . 8
9 '
322
·t.
segno della passione di Cristo , che trascina i fedeli fa ce ndo l i salire
per i ci e li . Le vele di cima che si u n i sco no in al t o alla pun t a del rappresentate dalle schiere di pro feti martiri e apo 10 stoli che vanno a t ro va re il loro riposo nel regno di C risto .
su
l ' albero sono
,
Questa affascinante simbolpgia per le dimensioni assunte e l'e s trins ecità del collegamento con Isaia appare un'aggiunta voluta e in qu alche modo forzata al discorso delle tribolazioni della chiesa . Nei s ucce ssivi sviluppi dell'esegesi gli interpreti più avvertiti tenderanno a ri fiutare questo svisceramento minuzioso dei dettagli impliciti di ogni singolo simbolo . Per esempio , Didimo il Cieco (IV sec . ) , espo nente della tradizione esegetica alessandrina matura, dirà con chia rezza che ogni simbolo deve essere preso in considerazione esclusi vamente per l'aspetto corrispondente alla realtà spirituale che rap pre senta e non per tutte le altre possibili implicazioni . U Rispetto al Sull'Anticristo che , presentandosi come un collage scritturistico , po teva favorire le digressioni e gli sviluppi a latere, altre opere esegeti che ippolitiane , per esempio il Commento alle benedizioni, mostra no segni di evoluzione verso una maggiore organicità : l' attenzione dell 'interprete si concentra quasi esclusivamente sui particolari di ogni versetto preso in esame . Ma si tratta pur sempre di una tenden za non perfettamente compiuta giacché l'interpretazione di qualche dettaglio testuale viene ugualmente omessa per trascuratezza o per difficoltà di inserimento : 12 non manca neppure , d'altra parte , l'am plificazione simbolica . A proposito di Gen 49 ,2 1 («Neftali è un tron co ben sviluppato che aggiunge bellezza ai suoi frutti») Ippolito inte gra in modo sottinteso Gv 15 , 1 («io sono la vera vite e il padre mio è il vignaiolo») e ciò gli permette (Ben. Giac. 25) di introdurre la sim bologia Cristo vite , con definizione allegorica di ogni elemento collegato al concetto di vite (tralci , grappoli , vendemmiatori , cesti , torchi ecc . ) . Vale anche per Ippolito l a distinzione i n prospettiva ermeneuti ca, enunciata chiaramente per la prima volta da Giustino ( Tryph. =
10
Trad. NORELLI , (Firenze 1 987) , 138- 1 41 . La pecora , per fare un esempio , è simbolo dell'anima che segue Cristo pasto re , nella prima fase della sua maturazione spirituale , in virtù della sua docilità e n? n è n ecessario prendere in considerazione il fatto che produce lana o rumina e così VI a . Cf. E . PRINZIVALLI , Didimo il Cieco e l'interpretazione dei Salmi, L'Aquila-Roma 11
1 988 , 34 . 12
Pe r esempio Ippolito non so ttolinea il pa r tico l are della cecità di !sacco che non qu adra bene con la presentazione di detto patriarca quale rypos di Dio Padre .
323
1 14,1 ) fra i rypoi sopra menzionati , presenti nelle parti stori co. narrative della Scrittura, e i l6goi (le profezie) . Tale distinz io ne comporta nel primo caso la compresenza di un doppio livello int e r pretativo , cioè il piano letterale della storia veterotestamentaria , e quello tipologico, aggiunto senza negazione del primo, che addita i n Cristo e nella chiesa l'inveramento dell a storia di lsraele . 13 Nel se condo caso , invece , la profezia non ha altro senso che quello de ri vante dalla sua interpretazione o decodificazione , che dir si vo glia , sempre cristologica per Ippolito , non concedendo egli alcuno spazio ad una parziale realizzazione delle promesse su Israele medesimo. Si seguono bene gli effetti di tale distinzione nel Co mmen to alle bene dizioni: le parti narrative sono sottoposte al doppio livello di lettu r a , quello letterale (poco sottolineato per la verità) e quello tipologico , mentre le parti profetiche (cioè tutte le parole delle benedizio ni) so no intese a un solo livello di lettura. Così Rebecca (Ben. Giac. 4-6) che manda il figlio minore , Giacobbe , da !sacco (Ecci. 8; Demetr. 22 ) , e inoltre le figure del Vecchio Testamento : Melchise dec e Salomone (Epist. 63 ,4-5 ; cf. 63 , 14) ; Elia (Op . et elem. 17). Al tre tipologie sono quella della manna , che prefigura la eucaristia (Epist. 69 , 14) ; l'ottavo giorno dalla nascita , nel quale , secondo la legge giudaica , aveva luogo la circoncisione , racchiudeva un mistero che si rivelò nella sua pienezza con la venuta di Cristo . Infatti Cristo risorse l'ottavo giorno , cioè il primo dopo il sabato , dandoci così la circoncisione spirituale «in imagine» (Epist. 64 , 4 ) Cipriano, del re sto , distingue con chiarezza tra imago e veritas nell'interpretazio ne scritturistica (cf. Demetr. 23 ; Zel. et li v. 1 7) . Nel contemporaneo corpus p seudocipraneo67 si ripresentano le medesime interpretazioni tipologiche , segno di un'ampia diffusione '
=
,
.
66 È la famosa dott rina che risale a Filone Alessandrino , e che ebbe a mpi o sv i · luppo in Origene e nei suoi i m i t a to ri (Am brogio , G rego rio di Nissa, ecc. ) : cf. H. LE· WY , Sobria Ebrietas , Giesse n 1929. Tale d o ttrina, pe rò , fu assai rara nella cristi ani tà
occidentale prima del IV secolo. 6 7 Su di esso , per i problemi relativi alla d at azi o n e e all'ambiente , cf. H. Kocfl , Cyprianische Untersuchungen, B o n n 1926, 334ss.
356
ne lle comunità cristiane dei medesimi canoni ìnterpretativi : tipo del Ia Chiesa sono l'arca di Noè (Ad Novat. 2 e 5) e Rebecca (De mont. Sina et Sion 3) ; 6� Cristo è sol salutis (cf. MI 4,2; A d Vig . 6) ; il sacra m ento del battesino fu già preannunciato da Dio, quando la colom ba fu fatta uscire dall'arca (Ad Novat. 3) . Anche il De bono pudici tiae sembra ricorrere ad una raccolta di exempla quando celebra i p regi di quella virtù (c. 8 ) ; interessante , infine, la problematica e sposta nel suo esordio dal De monti bus Sina et Sion , che stabilisce con chiarezza che gli argomenti (capi tu la ) «quae in vetere testamen to figuraliter scripta sunt per nova testam e nto spiritaliter intellegen da sunt , quae per Chrtstum in veritate adimpleta sunt» . 1 .3.
Novaziano
C on Novaziano , infine , si ripresentano , sia pure in forma più sintetica , tutti i problemi che si erano finora incontrati negli autori africani : Novaziano, infatti , in quanto presbitero romano, ci appare come il rappresentante di un altro am b iente , per cui anche per lui deve essere posto , in via preliminare , il problema del testo biblico , che non poteva essere né quello di Tertulliano (là dove esisteva) , né l'Afra . Come osserva il Loi , 69 riprendendo gli studi del D' Alès , 70 Novaziano ci attesta l'esistenza, nella chiesa romana , di un testo fis so in latino ( l a Vetus romana) , diverso dall'Afra , esistenza confer mata dal fatto che molti degli stessi fenomeni lessicologici e sintattici che si incontrano nell'opera di Novaziano sembrano essere stati de terminati proprio dal testo scritturistico da lui usato. Ma si è osser vato anche 71 che alcune peculiarità di tale testo trovano corrispon denze in certe traduzioni latine del Diatessaron di Taziano e si è pen sato che un originale del Diatessaron sarebbe stato tradotto in lati no , in Roma , in modo da influenzare il testo biblico ufficiale. Il Loi72
68 Questa operett a , v e r a m e nte è dal DANIÉLOU (Le o rigin i . . . . 22) ante datata al II s ecolo d . C . Tuttav i a , insieme co n altri studiosi , noi acce ttiamo , per ora , l a datazio
ne tradizionale (Il secolo) . h'l Per queste pagi ne cì basiamo su quanto osserva V. LO! i n : NovAZIANo , La Tri nità. Introduzione, testo critico, traduzione, commento, glossario e indici, a cura di V . Lo1 . Torino 1 97 5 , 38-4 1 . '° Cf. A. D' ALÈS , Novatien . Etude sur la théologie rom a in e au milieu du III' siè cle , Paris 1925 . " Cf. A . BAUMSTARK, «Die Evangeliencitate Novatians und das Diatessaron», in Oriens Christianus , 5 ( 1 930) , 2ss. n Cf. NoVAZIANO, La Trinità, 38-40. • >
357
è più cauto a questo proposito: tracciando un confronto tra la Vetus latina e il testo di Novaziano , osserva che quest'ultimo presenta p un ti di contatto con quella , ma anche varie lezioni peculiari a lui sol tanto ; trae infine la conclusione che il testo biblico di Novaziano non si differenzia sostanzialmente da quello della Vetus latina e dal te st o della Vulgata ; che , inoltre, la presenza di vocaboli e nessi seman tici propri del linguaggio biblico nel De Trinitate fa pensare all'esiste nza di un linguaggio biblico latino da tempo affermatosi nella chiesa d i Roma . Il testo ivi usato doveva probabilmente comprendere interi libri tradotti in latino , tra i quali dovevano figurare quasi certament e q uelli del Nuovo Testamento, senza, tuttavia, che si debba arrivare alla conclusione che esistesse addirittura un testo ufficiale della chie sa romana . Quanto alla interpretazione novazianea, troviamo un'interes sante interpretazione cosmologica della visione di Ez 1 ,5 ( De Trin . 8 ,44-45) , che doveva risalire a una tradizione anteriore e della quale si trovano elementi in Filone Alessandrino (Cher. 2 1 ; Vit. Mos. 2,97ss) ;73 le profezie messianiche del Vecchio Testamento (Dt 1 8 , 1 5 ; Is 1 1 , 1 ; 7 , 1 4 ; 35 ,5-6; 55 ,3 e 4-5) si trovano anche in Novazia no (De Trin. 9 ,48) , con la precisazione (9 ,46) che Cristo ha portato a compimento «le ombre e le immagini di tutti i misteri divini median te la presenza della verità incarnata»: concetti e termini specifici del l'esegesi allegorica . Anche Novaziano (come già Tertulliano) legge nelle profezie il parlare del profeta ex persona Patris o ex persona Fi lii (cf. Os 1 ,7 ; De Trin. 12,62) .74 I due Testamenti si sostengono l'un l'altro, fornendosi reciprocamente autorità (De Trin. 17,97) , per cui
73 A questo proposito l ' am i co Enrico Norelli mi [a sapere (cito le sue parole pre cise) che «Nella tradizione mistica gi udaica si ha la ma'aseh merkabhah, letteralm ente " opera del carro" , i n t erp r eta zi one cosmologica esoterica della visione di Ezechiele l , accanto alla ma' as eh bereshit, "opera della creazione " . interpretazione mistica co s m ologica di Gen . Testimonianze rabbiniche : Mishn a h Hagigah 2 , 1 ; Tosephta, Hag. 2 , 1 . Questa mistica sembr a praticata già n e l I seco lo d . C . nella cerchia mistica di R. Solo m on b . Zakkay , cf. Tos ep h ta cit . , e Talmud bab. , Hag . 2 , 1 . A l tre tes timo nianze nei supplementi al Targu m di Ezechiele e nel t ra tt a t o Re'huyot yeqezqel ( V isi on i di Ezechiele). Traduzione di tutti i tes ti , con studio , in N . S ED , La mystiq ue cosmologi que juive , Paris-Berlin-New York 198 1 , pp. 1 1 -73 . Fondamentali gli studi di G. ScH O · LEM , Major Tren ds in Jewish Mysticism , New York 3 1 954 e Jewish Gnosllcism, Mer kabah Mysticism ond Talm udic Tradition . New York 21 965 . V. a nche J . GRUENWAL�, Apocalyptic and Merka bah Mysticism , L eiden- Kèil n 1 980 . r testi giudaici sono re l �tt vame nte tardi, ma la prassi sembra risalire ce rtamente al I secolo {per Qumran vedi la
liturgia in C. N EwsoME , Songs of the Sabbath Sacrifice: o Criticai Edition , A tla nta (G e orgia) 1 985)» . 7 4 Questo si ntagma era g i à presente i n Tertulliano, cf. BRA UN , Deus . . . , 212-220.
358
le t eofanie del Vecchio Testamento devono essere riferite all'inter v en to del Figlio di Dio nella vita degli uomini (17 ,98ss: le teofanie a p parse a Mosè , ad Abramo presso la quercia di Mambre , ecc. ) . 75 L'opera principale di Novaziano , il De Trinitate , è rivolta soprat tutto contro alcuni eretici , cioè i monarchiani , per cui non meravi glia trovare in Novaziano certe interpretazioni che già erano s tate di Tertulliano nell'Adversus Praxeam (ad esempio , quella di Gv 10,30: «Ego et Pater unum sumus» , e altre) ; Tertulliano è inoltre presente ass ai spesso anche con molte interpretazioni dell'A dversus Marcio nem (cf. 1 ,6; 4,25 ; 5 ,28 ; 10,50-5 1 ) anche in Novaziano si trova ( 29, 1 63) riferita alla venuta dello Spirito Santo la profezia di G\ 2 ,28 («negli ultimi giorni effonderò il mio Spirito sui servi e sulle serve mie») ; Novaziano evita, però , di riferirlo, come aveva fatto invece il cartaginese , alla predicazione di Montano .
---\
15 Sono tutti motivi che già si i ncontrano in TERTII L LIANO ( cf. A dv. Mare. , 2, 27); altrettanto dicasi per le profezie m essianiche qui immediatamente indicate . Altre os servazioni sul testo biblico di Novaziano sono presentate da E . LUPIERI , «Contributo per un'analisi delle citazioni veterotestamentarie sul De Trinitate di Novaziano» . in
A ugustinianum , 22( 1 982) ,21 1 -227.
359
12 Clemente di Alessandria!
Carlo Nardi
l.
IL SUO ITINERARIO INTELLETTUALE E SPIRITUALE , E LA SCRITTURA
La biografia spirituale di Clemente di Alessandria (150-2 1 5 cir ca) è illuminata da una ricerca appassionata di Dio e di un senso ulti mo della realtà , con tutte le risorse della mente e del cuore . Forse di origine ateniese , profondo conoscitore - anche iniziato? - dei miste ri di Eleusi , probabilmente già cristiano , approda , nel suo desiderio 1 Ogni riferi mento a pa ss i di Clemente ri nvia al testo stesso e , per altre indica zi o ni e la bibliografia pertinente , ai relativi commenti delle ed izioni e t rad uzi o n i qui citate insieme a l l e abbreviazioni delle opere : Opera omnia: Clemens A lexandrinus Werke, I-Ili ; IV: Register, a cura di O . Sri\HLIN - L. FRikHTEL - U. TREu : GCS 212.217 .39.52, Leipzig-Berlin 1936-2 1972. A Adumbrationes. Eclogae propheticae: ed. C. NA R D I , Es ratti p rofetici, (BP 4 ) , EP Firenze 1985 . Excerpta ex Theo do to : ed. FR. S AGN AR D , Extraits de Théodote, ET (SChr 23) , P a ris 1948. H Hyp otyposes . Paedagogus: ed. H . -l . MA R RO U - M . HARL, Le Pédagogue /, Pd (SChr 70) . Paris 1 960 ; CL. M o N DÉSE RT - H . - l . MARRou , Le Pé dagogue Il, (SChr 108) , Paris 1%5 : CL. MoNDÉSERT - H .-I . MARROU-CH. MATRAY , Le Pédagogue III, (SChr 1 5 8) , Paris 1965 . Protrepticus: e d . Q . CATAUDELLA, Il Pro treptico , (CPS ser. Gr. Pr 3 ) , To rin o 1940 ; CL . MoN DÉSERT, Le Protreptique , (S Ch r 2), Paris 1949 : tr. it. M . GALLON I , Il Protrettico, Roma 1 99 1 . Quis dives slJlvetur: tr. it . C. NARDI, Quale ricco si salva . Il cri QDS
t
S
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361
di sapere , ad Alessandria , dopo essersi fatto discepolo di vari ma e stri : qui incontra Panteno , come racconta con commozione in una nota autobiografica, nell'introduzione ai suoi Stromateis . «annotazioni messe i n serbo per la m i a vecchiaia, rimedio contro la dimenticanza , nient' altro che immagine e ombra di quelle paro le luminose e vive , che fm ritenuto degno d1 ascoltare , e di quegli uomini beati e davvero meritevoli d1 stima . Di questi uno . ioni co, in Grecia; altri due , nella Magna Grecia , uno oriundo della Cele siria , l'altro dell'Egit t o ; pOI altri in oriente: uno dell'Assiria, un altro in Palestina , di origine ebraica . Quando infine incontrai l'ul timo - ma per le sue capacità era il primo -, trovai ristoro. Lo ave vo rintracciato in Egitto, dove si teneva nascosto . Vera ape �icula, cogliendo i fiori del prato dei profeti e degli apostoli , generò una pura "gnosi" nelle anime degli ascoltatori . Ora , questi maestri conservavano la vera tradizione della beata dottrina e , accoglien dola di padre in figlio - pochi del resto sono quelli che assomiglia no ai padri -, la ricevevano direttamente dai santi apostoli Pietro e Giacomo, Giovanni e Paolo . Così , grazie a Dio , sono giunti a depositare anche in noi quei preziosi semi dei loro antenati e degli apostoli>> . 2
L'incontro con Panteno , tutto intento a pascersi della sapienza del Vecchio e del N uovo Testamento , i profeti e gli apostoli , è per Clemente , se non la prima , la più significativa e determinante sco perta delle Scritture cristiane , ossia di q uel corpus di scritti che egli , in base a 2Tm 3 , 1 6 , considera ispirate da Dio3 e pertanto normative in ogni ambito della vita cristiana , intellettuale e morale. Certo, q uesta pagina allusivamente autobiografica ci introduce nel suo spe cifico sentire in rapporto alla Scrittura : egli la riceve da una tradizio ne che risale agli apostoli, ma che in definitiva prende avvio dai pri mordi dell'umanità per concretizzarsi nelle profezie dell'Antico Te stamento e riflettere i suoi raggi anche sulla ricerca delle nazioni , su scitando la sapienza extrabiblica . 4 È una tradizione , che , senza alcu na opposizione a quella pubblica , episcopale , giunge a Clemente tramite anziani o presbiteri , maestri privati a titolo personale : que sti , se da un lato lo ricollegano alle fonti apostoliche , dall'altro inter pretano la dottrina data loro in consegna , avvalendosi di uno stru-
S I , 1 , 1 1 , 1-3 . S VII, 1 6 , 10 1 . 5 . 4 S l , 1 3 .57 , 1-29 , 1 82 ,3 ; II , 1 9 .97 , 1-20 , 1 26,4; V , 14 ,89 , 1- 14 1 ,4.
362
rnentario simbolico e concettuale ampi amente debitore alla filosofia greca , interessati come sono a ogni barlume di sapienza relìgiosa . 5 Tale è l'incontro di Clemente con la pagina biblica : egli concepi sce e sente la Scrittura in modo apertissimo a ogni sollecitazione in tellettuale già nel Protrettico (o Esortazione ai greci) , dove la usa per invitare i dotti pagani del tempo a prendere sul serio la proposta cri sti ana , di cui delinea lo statuto battesimale mediante i testi paolini della figliolanza adottiva. 6 Nel Pedagogo, vasta trattazione di con creta morale cristiana, la Bibbia è fonte di precettistica e parenesi . Negli Stromateis , ossia «arazzi» , vaste miscellanee dense di pensie ro , essa è fondamento all'argomentazione per la elaborazione con sapevole della scienza teologica. Le lpotiposi, di cui sono conservati alcuni frammenti (Adumbrationes) , erano invece dedicate espressa mente all'esegesi di libri biblici , a quanto riferisce Fozio. 7 Sembrano aver attinenza con le lpotip osi le Eclogae propheticae , brevi rifles sioni generalmente sulla pagina biblica ince ntrate sul progresso della vita cristiana dal battesimo all'escatologia . E per lo più sull'esegesi di testi controversi verte l'incontro scontro con lo gnosticismo negli Excerp ta ex Theodoto, estratti dalle opere del valentiniano Teodoto, che Clemente chiosa suggestivamente . 8 La Bibbia pertanto diventa per lui occasione e strumento della conoscenza religiosa dei misteri , lo spunto per l'elaborazione di una teologia dotta , che contraddistingue il cristiano clementino, intellet tualmente , moralmente e spiritualmente maturo , il «vero gnosti co» . 9 Questo , formato soprattutto nella sapienza biblica , legge tutta via il testo sacro con una precomprensione filosofica , da cui riceve i metodi per lo svil uppo di un'intelligenza razionale della fede : Cle mente non esita a chiamarla «gnosi>> 10 con un termine ambiguo e su scettibile dei più vari significati , e rivendica la legittimità di questo tipo di lettura , teorizzandone le forme e i procedimenti . Analoga mente lo «gnostico» è, a partire dalla sacra pagina, interessato a ogni questione filosofica o teologica . 1 1 5 S l , 1 3 ,57, 1-16 ,80, 5 ; I V , 2 1 , 1 30, 1-26 , 1 72 , 3 ; V, 4 , 1 9 , 1- 10,66, 5 ; VI , 9,71 , 17 , 1 4 , 1 14 ,6; VIII , 1 , 1 , 1-9,33,9; EP 27, 1-36, 2 ; fr. 24 A m 1/o. 1 , 1 . 6 Pr 9, 82,5 ; 88 , 3 ; 1 1 3 ,5 ; cf . Pd l , 6 ,33,4-34 , 1 ; S lV, 7,42,4-43, 1 ; V, 6 ,40, 1 ; VII , 1 1 ,68, 1 ; ET 27,5 ; EP 1 9 , 1-20 , 2 ; Q DS 9 , 2 . 7 Brbl. cod . 1 09 . , 8 O pe re di Clemente e uso della Scrittura : EusEBIO DI CESAREA, Hist.' ecci.
V I , 1 3 , 1-14 , 9 . 9 S I V , 3 , 1 2 , 1-8 ,62 , 3 ; 1 4 ,94 , 1 - 1 8 , 1 10 , 3 ; 2 1 , 130 , 1 -26 , 1 72 , 3 ; VI, 9,71 , 1 -14,1 1 4 ,6 ; VII , 1 , 1 , 1 - 1 4 ,88 ,7 . 10 S titolo ; II , 9,41 , 1 - 1 7 , 77 ,6 ; EP 28, 1 -36, 2 . • 1,1 11 S VIII, 1 , 1 , 1 -9,33 , 9; EP 27,6-36,2.
363
Una tradizione , dunque . che proviene da lontano . Clemente sot tolinea spesso la prevalente antichità della «filosofia barbara» , espressione con la quale intende la ri vel a zi one giudaicocristiana: 1 2 «filosofia» . per conferire un diritto di cittadinanza alla sapienza bi blica nel concerto delle filosofie accreditate nell' ambito della koine culturale dell'impero romano; «barbara» , perché non greca , eppu r foriera di una perenne tradizione che affonda le radici nella vene randa antichità dell'oriente , sempre degna di attenzione e di ris pet to , e non priva di un arcano fascino per il greco colto che sentiva rie cheggiare la benevola , seppur ironica , costatazione del sacerdote egiziano a Salone nel Timeo platonico : «Voi greci, siete sempre fan ciulli» . 1 1
2.
L E FONTI D ELLA CONOSCENZA RELIGIOSA
Né la Scrittura né la tradizione giudaicocristiana , entro la quale si inquadra la Scrittura , sono le uniche fonti del sapere teologico : a c canto alla rivelazione biblica , diremmo soprannaturale , Clemente pone le « nozioni comuni» o «naturali» , 1 4 termini e concetti stoici cui conferisce valenze gnoseologiche platonizzanti , equiparando tali no zioni alle idee innate , disseminate ovunque dal Logos divino o Sa pienza rivelatrice , effluvi appunto della Sapienza seminatrice, larga mente generosa nel dispensare verità mediante , ma anche al di là della ininterrotta tradizione storica che da Mosè giunge fino ai filo sofi greci _ 15 Grande importanza ha nella teologia clementina il Logos divino, provvidente educatore e salvatore dell'umanità , alla quale conferi sce i mezzi di salvezza e pertanto di conoscenza religiosa: Clemente si compiace delle analogie nell'esperienza religiosa di tutti i popoli , tanto d a fornirci preziose informazioni sulla religiosità dell'antico Egitto , 16 trovandovi consonanze con il dettato e il pensiero biblico,
12
S I , 1 3 ,57 , 1 - 1 6 , 80 , 5 ; 2 1 , 1 0 1 , 1-29, 182,3; V, 14,89,1-141 ,4 ; VI , 2 ,4 , 1 -5 ,43,3 ;
VIII . 1 . 1 , 1 -4 ; EP 3 2 , 1 . 13 T1m . 22b , m S l, 29, 1 80 , 1 .
14 S VIII. 1 , 2 , 4 1 5 S I , 22, 148 , 1-29 , 1 82,3. 16 s v , 4 , 19,3-2 1 , 3 .
364
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secondo un metodo comparativistico ante litteram . La filosofia , poi , è in certo qual modo per i greci quello che per gli ebrei è stato l'An tico Testamento: 1 7 Clemente attribuisce anche alla filosofia la fun zi one pedagogica rispetto a Cristo , compito che , secondo Gal 3 , 24 , assegna al Vecchio Testamento . 18 Ma l a filosofia non è del tutto indipendente rispetto al Vecchio Testament o . Clemente condivide la teoria dei furta graecorum : i fi losofi greci avrebbero mutuato la sapienza , sottraendola alla tradi zione mosaica. 1 9 L'impianto ideale non è dissimile da quello di T a ziano , feroce accusatore della cultura greca , ma lo spirito è profon damente diverso . Clemente , senza alcuna grettezza intellettuale , sottolinea con compiacimento la fecondità della sapienza biblica an che al di là dei confini storici di Israele . Sotto questo aspetto esalta il magistero universale di Mosè , conforme anche agli spunti che gli of friva il platonismo di Numenio di Apamea (II secolo) . 20 La Bibbia è espressione della profezia , concetto col quale CLE MENTE intende in senso amplissimo ogni influsso rivelativo del Logos e dello Spirito divino: profezia dunque sinonimo di rivelazione , che a sua volta tende a identificarsi con l'azione del Logos salvatore , so prattutto in quanto comunica la conoscenza del Padre . 2 1 Il Logos su scita le diverse fasi della storia della salvezza: Clemente sottolinea le varie alleanze che scandiscono l'unica storia sacra come momenti , senza iati o cesure . Del resto , contempla una progressiva assunzione dall' umano da parte del Logos: nell 'ambito di questo dinamismo di incarnazione Clemente vede il Logos prima assumere i profeti , poi u n'umanità concreta e quindi gli apostoli e la chiesa Y E con il termi ne «profeti» intende ogni personaggio dell'Antico Testamento o perché investito dal Logos di una missione rivelativa o semplicemen te perché in qualche modo prefigurazione del Cristo , secondo una lettura tipologica già tradizionale che per alcuni particolari collega la figura veterotestamentaria alla persona o all'opera del Cristo . 23
17 18
s l , 1 6 ,80 ,5--20,100,5
QDS 9 , 2 . S l, 2 1 , 101 , 1-29 , 1 82,3; V, 14,89,1-1 41 ,4, VI , 2,4,1-4,38, 1 2 . 2Q s l , 22, 148, 1-29, 182,3 . 21 Pd l, 1 ,3 , 3 ; S l, 2 ,20,3 , 20,97 ,2 ; II, 2 ,9,4 ; IV , 25 , 156, 1 , 1 62 ,5 ; V, 1 , 1 ,3 ; 12,3 ; VI, 1 5 , 1 22 , 1-123 ,3 ; VII, 2 ,2 ,2 ; 3 , 13 ,2 ; 16,6; 16 ,95 ,3 , 96 , 1 ; QDS 2,2; 6,1-7 , 1 ; 12,1 ; 23, 4 ; 27,3. 22 S VII , 2 ,8 , 1 ; E P 23, 1-3 ; QDS 37,3; E T 1 , 1 ; 26, 1 . 23 EP 6,3; 23, 1 ; S II, 16 ,73 ,3 ; III , 10,70 , 3 . 19
365
3.
LA TRADIZIONE
E
LA SCRITTURA
La Bibbia è pertanto la tradizione religiosa ispirata dallo Sp irito e suscitata dal Logos pedagogo e maestro dell'umanità /� fissata p er scritto nell'Antico e nel Nuovo Testamento . Ora, se da parte di D io vi è l 'economia del suo Logos , da parte dell'uomo , di fronte alla pro posta del Logos che si fa concreto messaggio logico e morale nella pagina biblica , occorre la fede. Clemente si dilunga spesso sulla fede per conferirle uno statuto razionale non rifiutabìle a priori dal greco contempora neo, formato dalla mentalità platonica che sulla b ase della Repubblica25 relegava la fede nell'ambito dell ' opinione e per tanto dell'apparenza , rifiutandole la dignità di scienza, capace di raggiungere il vero . Clemente invece fa leva sulla necessità di accet tare i principi primi della logica o il dato immediato della sensazione come noti di per sé e su di essi costruire l'edificio delle ulteriori di mostrazioni. Sul fondamento di queste osservazioni , di cui Clemen te è debitore alla tradizione aristotelica, rece pita ampiamente dal platonismo scolastico del tempo , equipara l'assenso della fede nelle Scritture all'assenso immediatamente dato all'evidenza dei principi o della sensazione . Pertanto la Scrittura è in luogo dei principi indi mostrabili e di per sé evidenti , fondamento inconcusso e punto di partenza per ogni argomentazione e dimostrazione. 26 Nell'ambito del Nuovo Testamento , inteso nel senso di nuova al leanza /7 Clemente , unico fra gli autori ortodossi , ammette una tra dizione apostolica privata ed esoterica, che risale agli apostoli , in particolare a Pietro , Giacomo e Giovanni , e a Cristo . 28 Questo filo ne funge anche da interpretazione teologica della tradizione aposto lica pubblica che Clemente i dentifica con la Scrittura , la quale occu pa nella sua speculazione un posto speciale per il fatto di essere pro fezia, ossia «divinamente ispirata» , secondo 2Tim 3 , 16 . 29 Certo , Cle mente intende in senso analogico il concetto di ispirazione e di pro fezia , estendendolo ad ogni sapienza religiosa: tuttavia per lui la Scrittura ha un carattere fondante e, d'altra parte , discriminante l'ortodossia dall'eresia.
24
25
Pd I, 1 , 1 ,1-4 .
VI , 5 1 1e . 1 , 1 , 1- 13,58 , 4; II, 1 , 1 , 1-7 ,35,5 ; 9,41 , 1- 1 1 ,52,7; VIII, 3 ,5 , 1-3; 6,7-7, 8 . 7:1 QDS 37,4. 28 Fr . 24 A in l lo 1 , 1 ; fr . 13 H in EusEBIO DI CESAREA , HISt. ecci. 11, 1 ,4. 29 S VII, 1 6 , 1 0 1 ,5 . 26
366
S I,
Egli ha perciò il concetto di catalogo di scritti ispirati , ricono s ciuti come tali e pertanto normativi per la fede e la vita cristiana /0 anche se il canone per Clemente è piuttosto fluido . Dell'Antico Te stamento accoglie nel corpus delle Scritture tutto quanto è trasmes so nella versione dei Settanta , compresi i cosiddetti deuterocanoni ci . In particolare cita spesso la Sapienza , ' 1 libro probabilmente del l'ambiente alessandrino platonizzannte , col quale è in speciale ac cordo per la sensibilità e i criteri esegetici . Nel Nuovo Testamento Clemente , insieme alla tradizione spiritualistica alessandrina, si tro va più in sintonia con Paolo , ma cita anche l'Apocalisse , 32 sebbene , con il testo di Mc 10,29-30 a lui peculiare , sembri rifiutare il millena rismo Y Clemente poi considera Scrittura altri testi come il Pastore di Er ma, fonte primaria per la dottrina penitenziale , 34 e l'Apocalisse'5 e la Predicazione di Pietro ,16 di cui riporta preziosi frammenti , come au torevolissima è per lui la Lettera di Barnaba , 3 7 con la quale concorda nella decisa spiritualizzazione degli eventi e istituzioni dell'Antico Testamento . 38 Tuttavia, ha il concetto di letteratura di ispirazione biblica non accettata come divina e pertanto non canonica - diremmo «libri apo crifi» , termine già usato da Clemente per indicare opere segrete gnostiche 39 -: per esempio, distingue alcuni vangeli dai quattro rico nosciuti . 40 E dagli scritti non riconosciuti Clemente attinge a larghe mani , ampiamente incentivato dalla sua solerte curiosità e passione per un certo esoterismo , trovandovi notevoli consonanze col suo pensiero . Egli sembra inoltre testimone di detti extracanonici , anche se talora è da pensare che certe frasi che attribuisce a Gesù siano in realtà sue libere rielaborazioni di passi biblici. 41 Di questa letteratu-
30
31
32
QDS 5 , 1 .
Rifenmenti i n Btblia patrisuca, l , Paris 1 975 , 2 1 9-220. S IV, 25 , 1 57, 1 ; VI , 16 , 141 ,7 .
33 QDS 4 , 1 0 ; 25 , 1 . 34
35
36
37
38
14 , 1-9.
39
S II, 1 ,3 ,5 ; 9,43,5 ; 1 2,55,3 ; VI , 1 5 , 1 3 1 ,2; EP 41 , 1 -2 . EP 4 1 ) . 2; 48 , 1 ; 49 , 1 ; in EusEBIO DI CESAREA, Hist. ecc/ VI . 14, 1 . S I , 28,182,3; VI, 5 ,39 ,1-4 1 ,3 ; VI , 48 , 1-2 . 6 ; 1 5 , 128. 1-3 ; EP 58 , 1-2 . S v, 10,63, 1 ; fr . 13 H m EuSEBIO DI CESAREA , Hest. ecci. II, 1 ,4 ; V I , 1 3 ,6 ; 1 4 , 1 . L1bri biblici citati d a Clemente : EusEBIO DI CESAREA, Hist. ecc/. VI. 1 3 ,6;
S I , 15 ,69 ,6 . S II I , 1 3 ,93 , 1 ; QDS 5 , 1 . �� Pd III , 12 ,9 1 , 3 ; S I, 1 9 ,94,5 ; 24, 1 58,2; 28 , 1 77,2; II, 1 5 ,70,5 ; III , 1 5 .97 ,4 ; V , 10,63,7; VI , 6,44,3; ET 2 , 1-3; EP 20 , 1 - 3 ; QDS 40,2. 4()
367
ra si avvale citandola o aHudendovi con somma disinvoltura e ap Libro di Enoc ,42 del Vangelo degli ebrei4� e
prezzamento , come del deiJe
Tradizioni dello Pseudo-MattiaY Di altri , di tendenza gno sti c a Vangelo secondo gli egiziani, rifiuta le concl usi o
o encratita , come il
n i , sempre però accettando quanto gli risulta positivo e vaJido . 45 De l resto , l ' attenzione per gli apocrifi è connessa all'interesse di Cle
mente per una tradizione esoterica deJ sapere : racconta quanto ha trovato nelle tradizioni relative a Giovanni sulla penetrabilit à de l corpo di Cristo , già partecipe delle prerogative del suo corpo ris or to. 46 Così in un a sua lettera recentemente scoperta , con ogni proba bilità autentica , parla di un
Vangelo segreto di Marco ,
usato dai car
pocraziani in opposizione a quello riconosciuto e canonico , riguardo a l quale dà preziose informazioni .
4.
I L TESTO BIBLICO DI CLEMENTE Non si può appurare con certezza qu ale testo biblico abbia usato
Clemente . Della Scrittura infatti h a senza dubbio una conoscenza diretta per un'assidua lettura di prima mano , ma la cita per lo più a memoria , in modo allusivo e personalissimo . Né si avvalesse anche di qualche raccolta di
è da escludere che testimonia , ossia di quei
prontuari di testi biblici per lo pi ù del Vecchio Testamento , addotti
come «testimonianze» del futuro Messia o della futura re altà cristia n a : a questo proposito
18,23 :
è
interessante ricordare la citazione di
Ez
«Non voglio la morte del peccatore , ma che si converta e vi
va» , nella forma: ( in antitesi alla figura elaborata dalla «falsa gnosi» valentiniana e basilidiana, tutta piena di sé e gretta nel comunicare la sapienza . Clemente infatti , per altro spirito irenico e signorilmente conci liante , sa essere anche polemico : a questo scopo la Scrittura gli for nisce le armi per le sue argomentazioni soprattutto contro gnostici e marcioniti , dai quali tuttavia accoglie quanto può , vale a dire tutti gli spunti esegetici che ritiene utili per l'elaborazione di un'ortodossa seppur spregiudicata intelligenza della fede . Lo gnostico clementina invece , nutrito dì sapienza biblica, è a sua volta generoso nel comu nicarla:72 la Scrittura informa tutta la sua vita , Scrittura che egli leg ge e assimila con mente e cuore aperti ad ogni vero . Certo, la ricerca di Clemente tende proprio a che la scoperta e l'accoglienza del vero e del bene sotto qualsiasi aspetto si manifesti no. Il suo metodo suscita dì primo acchito anche qualche perplessi tà: più che in virtù di un religioso ascolto della pagina biblica, pronto a seguirla ovunque , accede alla Scrittura in base a una tesi precon cetta o almeno a una precomprensione subconscia. La Scrittura in somma più che fine è mezzo . Ma forse si tratta di un'aporia che alla mente di Clemente sarebbe parsa un po' meschina: la Scrittura per lui è in funzione della salvezza dell' uomo , utile pertanto in vista del la formazione dello «gnostico» o del cristiano perfetto , secondo gli intenti di 2Tm 3 , 16. 73 In questa figura di «testimone» 74 egli riflette la
68
09 70
71
72 73
74
QDS 1 , 1-5 ,4 QDS 6, 1-27 , 2 . Q D S 2 7 ,3-38 , 3 . QDS 38 ,4-42 ,2. , S V , 4 , 1 9.2 , 24 , 2 ; 5 , 30,5 ; VII , 2 ,7,1-2 ; 7,49,4; EP 27 , 1; 30; QDS 24 , 1 . I n Pr 9,87 . 1 -2 ; S VI I , 1 6 . 101 ,5 " .. • ·.�,r- > ' S IV, 3 , 1 2 , 1-18, 1 10 , 3 . ,. ' ' , -�,. '•lv
373
sua personalità morale che esplicitò non solo nell'attività intellettua le ad Alessandria , ma anche nel suo esilio in Cappadocia a séguito del provvedimento anticristiano di Settimio Servero del 202 fino alla sua morte verso il 2 1 5 . 75 La magnanimità di Clemente si riflette nel suo uso della Scri tt u ra. Si può a buon diritto affermare che è agli antipodi di ogni fon da mentalismo . Per lui la tradizione biblica è nell'ambito dell'universa le esperienza religiosa e filosofica dell'umanità . Inoltre la pagma bi blica abbisogna di un lento, faticoso lavoro di interpretazione . Per tanto ha tentato l'inculturazione del messaggio biblico nell'elleni smo platonizzante piuttosto sincretista ed eclettico del tempo che del resto è la mentalità a lui congeniale. È parimenti alieno da ogni fideismo , perché la lettura biblica è preceduta , accompagnata e seguita dalla mediazione razionale che si fa propedeutica filosofica e offre gli strumenti linguistici e logici per l'ermeneutica e lo sviluppo della teologia. Rifiuta ogni settansmo, per la sua apertura ed esperienza universalistica , vigile nella ricerca di una sintesi fra preparazione tecnica grammaticale ed esperienza mistica di una «luce intellettuale , piena d'amore»:76 a queste condi zioni la Scrittura è lo specchio in cui Clemente si riflette, !asciandoci un approccio quanto mai personale e originale alla Bibbia, indizio delle sue intime vibrazioni .
NOTA BIBLIOGRAFICA Oltre alle storie generali dell'interpretazione biblica (B . DE MARGERIE, Introduzione alla storia dell'esegesi , 1: l Padri greci e orientali, tr. it. Roma 1983 , 90- 105 ; M . SIMON EITI , Lettera e/o allego ria. Un contributo alla storia dell'esegesi patristica , Roma 1895 , 6673 ; cf. J . PÉPIN , Mythe et allégorie. Les origines grecques et /es conte stations judéo-chrétiennes, Paris 1976 , 265-275) o alle trattazioni su Clemente (recentemente: J . B E RNA RD Klemens von Alexandrien. Glaube, Gnosis, griechischer Geist, Leipzig 1974) , sono da segnala re , per una visione d'insieme sull'uso della Scrittura da parte di Cle mente , sulla sua considerazione del testo sacro e sui criteri dell' ese..: gesi in rapporto ai suoi molteplici interessi: CL. MoNDÉSERT, CM,
75 In EusEBIO
76
374
m
CESAREA , Hist. ecci.
Cf. QDS 37 , 1-6; EP 27, 1-37,2.
.�..,.....
·� .
.... ..
V1>, 1ll,6�;J.t,N. l
'
ment d'A lexandrie. Introduction à l'étude de sa pensée religieuse à partir de I' Écriture, Paris 1944; P T H CAMELOT, «Clément et I' É cri ture» , in RB , 53( 1946) , 242-248; e R. M o RTL EY, Connaissance reli gieuse et herméneutique chez C/ément d'A lexandrie, Leiden 1973 . Quest'ultima opera ci ricollega al multiforme ambiente culturale e alle sollecitazioni avute e assunte da Clemente : la Scrittura è nel l'ambito della scienza religiosa dell'umanità, sempre rapportata alla cultura greca, in particolare al platonismo, precomprensione concet tuale e strumento esegetico , sulla scia della proposta di Filone di Alessandria: S. LI LLA, Clement of A lexandria. A Study in christian Platonism and Gnosticism , Oxford 1 97 1 ; D . WYRWA, Die christliche Platonaneignung, Berlin-New York 1983 ; A . VAN DEN HoEK , Cle ment of A lexandria and his Use of Philo in the Stromateis. An Early Christian Reshaping of a Jewish Mode/, Leiden-New York-K0ben havn-Koln 1988. Specialmente sulla filosofia come «testamento dei greci» , la teoria del furto cf. J. MucKLE , «Clement on Philosophy as a divine Testament far the Greeks» , in Phoenix , 5(195 1 ) , 79-86 ; J . H . WASZI N K , «Observations o n the appreciation of the "Philo sophy of the Barbarians"» , in Mélanges . . . Chr. Mohrmann , Utrecht 1963 , 4 1 -56; C. NARDI , «Socratismo evangelico nell' Ottavo Stroma teus (cap. l) di Clemente Alessandrino» , in Annali del Dipartimento di Filosofia dell' Università di Firenze, 4(1988) , 23-36. I rapporti del la Scrittura con la tradizione sono esplicitati da E. 0S B OR N , «Thea ching and Writing in the First Chapter of the Stromateis of Clement of Alexandria», in JThS, n . s . 1 0( 1 959) , 335-343 ; J . D A N I É LOU , «La tradition selon Clément d' Alexandrie» , in A ugustinianum , 12 ( 1 972) , 5-1 8 ; E. MùNCH , Panidosis und graphé bei Clemens von Ale xandria , Bonn 1968 ; C . NARDI , «Tradizione subapostolica e motivi platonici in Clemente Alessandrino, ecl. proph. 2 7 » in Sileno, 1 1 ( 1985) , 9 1 - 1 00. I n relazione alla credenza i n una tradizione segreta , che Clemente condivide con i maestri gnostici come criterio di inter pretazione spirituale della Bibbia, cf. E . FoRTIN , «Clement of Ale xandria and the Esoteric Tradition» , in TU 94 Studia Patristica , 9(1966) , 41-56; M . SMITH , Clement of A lexandria and a Secret Go spel of Mark, Cambridge (Mass . ) 1973 . Questioni più tecniche sul canone , sul testo biblico usato con libertà , sull'eventuale ricorso a raccolte di testimonia sono affrontate da A. M É HAT («L'hypothèse des Testimonia à l'epreuve des Stromates . Remarques sur !es cita tions de l'Ancien Testament chez Clément d'Alexandrie» , in La Bi ble et /es Pères , a cura di A. B E N OIT - P. P RIGENT, Paris 1 97 1 , 229242) , da M. MEES (D i e Zitate aus dem Neuen Testament bei Clemens . -
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,
=
375
von A lexandrien, Balii 1970) e da G . ZAPHIRIS ( Le texte de l'Évan gile selon Matthieu d'après /es citations de Clément d'Alexandrie, Gem bloux 1970) . Clemente è verosimile fonte di agrapha ed usa sp esso gli apocrifi : i contributi più significativi sono di J . RuwET ( «Cléme nt d'Alexandrie . Canon des É critures et Apocryphes» , in Bib , 2 9 ( 1 948) , 77-99 . 240-268 . 39 1 -408 ; «Les agrapha dans les oeuvres de Clément d'Alexandrie » , in Bib , 30( 1949) , 133- 1 60) . Più numerosi sono gli studi sui metodi interpretativi . J . D A N I É Lou («Typologie et allégorie chez Clément d'Alexandrie» , in TU 79 = Studia Patristica , 4(1959) , 50-57) ha messo in luce i debiti di Cle mente nei confronti della tipologia tradizionale , CL. MONDÉSERT («Le symbolisme chez Clément d' Alexandrie» , in Recherches de science religieuse, 26( 1936) , 158- 1 80) il suo uso e teoria del simbolo, U . TR E U («Etymologie und Allegorie bei Klemens von Alexan drien» , in TU 79 = Studia Patristica , 4(1961 ) , 190-2 1 1 ) , A. MÉHAT («Clément d'Alexandrie et !es sens de l' É criture , l" Stromate , 176, 1 e t 179 ,3 » , in Epektasis. Mélanges . . . J. Daniélou , Paris 1973 , 353 365) il molteplice livello di significati che Clemente scopre nella pa rola biblica, W . DEN BoER ( De Allegorese in het Werk van Clemens Alexandrinus , Leiden 1 940) e H.J. H o R N ( « Z ur Motivation der alle gorischen Schriftexegese bei Clemens Alexandrinus» , in Hermes , 97 ( 1 969) , 489-496) l 'allegoresi . L'interpretazione spirituale in genere è strumento per il progresso morale dall' assenso di fede nella parola biblica (P . - TH . CAMELOT, Foi et gnose. lntroduction à l'étude de la connaissance mystique chez Clément d'Alexandrie, Paris 1 945) me diante l'esperienza sacramentale fondata su specifici eventi e testi biblici , in special modo la Genesi e l'Esodo nel Vecchio Testamento (C. NARDI , Il battesimo in Clemente Alessandrino. Interpretazione di Eclogae propheticae 1 -26, Roma 1 984 ; «Osservazioni sulla teologia battesimale di Clemente Alessandrino» , in Rivista di ascetica e misti ca , 52( 1983) , 244-267 ; «Sintesi del pensiero battesimale di Clemente Alessandrino» , in Rivista di ascetica e mistica, 54(1985) , 338-345) fi no alla perfezione della vita cristiana del «Vero gnostico» (W. VoL KER, Der wahre Gnostiker nach Clemens A lexandrinus , Berlin-Leip zig 1952 ; A. LEVASTI , «Clemente Alessandrino iniziatore della misti ca cristiana» , in Rivista di ascetica e mistica , 36(1967) , 127- 147) , che a sua volta elabora consapevolmente il dato biblico in scienza teolo gica ( J . LEBRETON, «La théorie de la connaissance religieuse chez Clément d' Alexandrie», in Recherches de science religieuse, 1 8 (1928) , 457-488 ; Il disaccordo tra fede popolare e teologia dotta nella chiesa del terzo secolo , Milano 1 972) , lasciandosi guidare dall'amore cristiano (A. MÉ HAT, « Theòs agape. Une hypothèse sur l'obj et de la gnose orthodoxe» , in TU 94 = Studia Patristica , 9(1966) , 82-86) . 376
13 Ori gene
Sandro Leanza
La figura di Origene giganteggia n ella storia dell'esegesi biblica. Come teorico , egli è il creatore di un sistema ermeneutico che ha ca ratterizzato tutta l'interpretazione cristiana sino al Medio Evo ; co me interprete ha espletato un'attività esegetica senza pari, avendo commentato pressoché tutti i libri del Vecchio e del Nuovo Testa mento , nella triplice forma del commentario , dell'omelia, degli sco lii . 1 Tutta l'esegesi successiva è stata condizionata dalla sua forte personalità , e tutti gli i n te rpret i che sono venuti dopo di lui, anche i suoi avversari e oppositori , gli debbono qualcosa.2 l.
SENSO LETIERALE E SENSO SPIRITUALE
L'affermazione dell'esistenza nella Scrittura di un recondito e superiore significato allegorico e l'uso dell'allegoresi nell'interpreta zione del testo sacro sono fatti già attestati nell'esegesi preorigenia na. Il grande merito di Origene è pe rò quello di avere organicamen te raccolto gli spunti della tradizione precedente in un sistema erme neutico rigoroso e preciso . E questo egli fa nel IV libro del trattato Sui principi, che è dedicato quasi interamente alla Sacra Scrittura e alla maniera di interpretarla. Il punto di partenza di Origene è l'affermazione , non ignota co me s'è detto alla tradizione precedente , che la Sacra Scrittura pre-
Ve d i l'elenco delle o pere infra § 3 . Per l a fortuna d i Origene e l a sua centralità nella storia dell"esegesi, cf. H . D E LUBAC , Esegesi Medievale. I quattro sensi della Scrittura, l , Roma 1 962 , 367-547 . Sor prende invero non poco che nella recente collezione francese Bible de tous /es temps. che è di fatto una storia dell'esegesi biblica per saggi ordinati diacronicamente , non sia dedicato un capitolo specifico al grande Alessandrino . mentre ciò vien fatto. ad esempio, per uno scrittore come Gregorio di Nazianzo. il quale ha avuto nella storia dell'esegesi un'importanza decisamente assai inferiore a quella di Origene . 1
J
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377
senti oltre il senso letterale, destinato ai più , un più profondo signifi cato spirituale, riservato ai «perfetti» . Questa tesi , che sta alla base di tutto il sistema ermeneutico elaborato nel libro IV, Origene l'ave va chiaramente enunciata già all'inizio dell'opera: «Le Scritture, . . . composte per opera dello Spirito di Dio, . . . con tengono non quel solo significato che è manifesto, ma anche un al tro che sfugge ai più . Infatti ciò che è scritto è figura di misteri e immagine di realtà divine>> . 3
Questa concezione del senso letterale come figura e immagine di una superiore realtà spirituale, non è che il riflesso e l'applicazione in campo esegetico della più ampia e generale visione platonica del l'universo , secondo la quale le realtà sensibili e corporee sono im magine imperfetta delle realtà intellegibili . In quest'ottica , il senso letterale costituisce l'elemento materiale e sensibile della Scrittura, il senso spirituale ne rappresenta la realtà intellegibile ed eterna .* La reale e più remota motivazione d'ordine filosofico tuttavia scompa re , o resta per lo meno in ombra, dietro la più banale e immediata giustificazione addotta dall'esegeta , secondo la quale l'autore divino avrebbe intenzionalmente nascosto verità più profonde sotto il velo della lettera, per impedire che esse fossero facile conquista dei pigri e degli indegni: «Tali misteri , che lo Spirito aveva loro rivelato e fatto conoscere , profeti ed apostoli descrivevano simbolicamente sotto forma sia di imprese di uomini sia di prescrizioni e norme legali, perché non avvenisse che qualunque persona li avesse come esposti dinanzi ai suoi piedi per calpestarli , ma affinché colui che fosse in condizio ne di ricevere l'insegnamento, esaminando e applicandosi alle
3 De prìnc. , Praef 8 (ORIGENE. l Princìpì, a cura di M. SIMONErn , Torinc 1968 , 1 24) . 4 Un esplicito accostamento tra i due sensi biblici e la duplice realtà platoni ca mente intesa si ha in Comm. in Cant. 2,9: «Questo criterio (della realtà sensibile co me immagine di quella intellegibile) non si ha soltanto nelle creature , ma perfino la Sacra Scrittura è stata composta con tale artificio di sapienza . . . in relazione ad occulti misteri . . . (seguono esempi tratti dall'Esodo) . Tutto ciò . . . porta immagine e forma di alcune realtà nascoste . E trovi questo modo di fare non solo negli scritti degh antichi, ma anche nei fatti del nostro Signore e Salvatore che sono raccontati nei Vangeli. Se perciò abbiamo dimostrato che tutte le cose manifeste hanno rapporto con cose che sono nascoste . ne consegue che anche questo cervo sensibile e il capriolo di cui si tr at ta nel Cantico si riferiscono ad alcuni princìpi di cose incorporee ecc . » (tr. M. SIMO N ETII , ( C TP 1 ) , Roma 1976, 235-236) . •
378
profondità del senso delle parole potesse diventar partecipe di tut to l'insegnamento riguardante la volontà divina» .5
Questa fondamentale distinzione tra senso letterale e senso s pi rituale è però - come si diceva - solo il punto di partenza, e non rap presenterebbe , da sola, nessuna novità rispetto all'esegesi preceden te . La vera novità introdotta da Origene è l a teorizzazione che egli fa i n De Princ. 4,2,4 della dottrina del t riplic e senso biblico (lettera le , morale , spirituale) , fondandola su Pr. 22 ,20,6 interpretato natu ralmente i n senso allegorico , e sull'analogia istituita tra la Scrittura e l 'uomo. Come l'uomo - argomenta dunque Ori ge ne - è composto di corpo (soma) anima (psyche) e spirito (pneuma) , secondo che inse gna s. Paolo ( l Ts 5 , 23 } , così è della Scrittura che è stata destinata al l'uomo ; e a questi suoi tre elementi co rri s po nd o n o tre maniere pro gressivamente più perfette di interpretarla, e parallelamente tre di verse categorie di interpreti , i simpliciores (o incipientes) , i progre dientes , i perfecti: «Ecco quel che a noi sembra il criterio secondo il quale ci si deve dedicare alle Scritture e comprenderne il significato , un criterio ri cavato dalle stesse parole della Scrittura. Nei Pro verbi di Salomo ne troviamo questo precetto sui pensieri divini affidati allo scritto:
Nota questi concetti tre volte nel tuo animo e nella tua mente, p er ri sp o n dere pa role di verità a quelli che ti pongono questioni (Pr
22 ,20ss) . Perciò tre volte bisogna notare nella propria anima i concetti delle Sacre Scritture; così il semplice trova edificazione , per così dire , nella carne della Scrittura - indichiamo così i l senso che è più alla mano -; colui che ha un poco progredito trova edifi cazione nell'anima della Scrittura; il perfetto . . . trova edificazione nella legge spirituale , che contiene l'ombra dei beni futuri . Come infatti l'uomo è formato da corpo anima e spirito , lo stesso dob biamo pensare della Scrittura che Dio ha stabilito di dare per sal vezza degli uomini».7
, ,
� D e Princ. 4 , 2 , 7 : SrMONETII , 507-508. Cf. 4 , 2 , 8 : «Cosa straordinaria: p e r mez zo dei racconti d1 guerre , di vincitori e vinti vengono rivelati alcuni misteri a coloro che sono in grado di investigarli ; e . cosa ancor più meravigliosa , per mezzo della legge scritta vengono preannunciati i precetti della verità: e tutti questil argomenti sono esposti in modo da essere fra loro connessi, con abilità veramente degna della sapienza di Dio» (SrMoNETII , 509-510) . Vedi sull'argomento M. HARL, «Origène et les interprétations patristiques grecques de l'obscurité biblique», in Vig . Chr. . 36 ( 1 982) , 334-37 1 . 6
7
«Nota questi concetti tre volte nel tuo animo e nella tua mente» . De Princ. 4,2.4 : SIMONETII , 501-503.
379
La stessa tripartizione dei sensi biblici e la medesima analo gia coi tre elementi costitutivi dell'uomo ricorrono occasionalmente a n che altrove , ad esempio , nelle Omelie sul Levitico , dove però no n si fa più cenno alle tre categorie di fruitori del testo sacro : . 8
Dopo quanto detto , possiamo schematicamente rappresentare il sistema ermeneutico di Origene nel prospetto seguente : soma
senso corporeo
interpret . letterale
incipientes
psyché
senso psichi co
interpret . morale
progredientes
pneiima
senso spirituale
interpret . allegorica
perfecti
Quanto all'ambito e alla definizione dei rispettivi sensi , mentre non v'ha dubbio per il primo , quello corporeo, che indica senz'altro il senso storico-letterale , è più difficile stabilire con esattezza quale sia l'ambito preciso degli altri due sensi , anche perché Origene, in tutta la sua opera , è piuttosto discontinuo e non sempre rigoroso nell'uso della terminologia. Sembra comunque che il senso psichico si possa identificare grosso modo con quello che più tardi verrà chia mato senso tropo logico ; mentre il terzo senso , quello spirituale , in dica innanzitutto il senso più propriamente detto allegorico - cioè il senso tipo logico dei moderni , quello che ravvisa nei fatti e personag gi del VT altrettante figure del NT ma abbraccia anche quel tipo particolare di interpretazione, nella quale non è esclusa una compo nente gnostica, che ravvisava nelle vicende narrate nella Scrittura simboli di realtà e vicende del mondo celeste e pleromatico . 9 -,
8
9
In Lev. Horn. 5 , 5 : BAEHREI'IS, 344. Cf. in De princ. 4 ,3 ,8-12 il riferimento
di fatti veterotestamentari alle vicende delle intelligenze celesti e in particolare alla preesistenza delle anime. Di tal genere è anche l'interpretazione - che non è tuttavia del solo Origene - che vede nella parabo la del buon samaritano una allegoria della caduta e salvazione dell'uomo ( Gerusalem me Paradiso ; Gerico questo mondo ; il viandante Adamo decaduto ; i !adroni demoni ; il buon Samaritano Cristo ecc. ) : cf. S. LEAI'IZA, «Aspetti esegetici del l'opera di Paolino di Nola » . in Atti del Convegno per il XXXI cinquantenario della morte di S. Paolino di Nola , Roma 1 983 , 86ss , dove è anche indicata la bibliografia specifica sull'interpretazione patristica di questa parabola. =
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380
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Questa classificazione del t riplice senso biblico rimane tuttavia un fatto più che altro teorico, giacché nella prassi dell'esegesi O ri ge ne si attiene generalmente a quella più semplice e fondamentale di stinzione tra senso letterale e senso sp i ri t uale , della quale s'è detto
all'inizio. Del senso spirituale egli coglie , secondo il tenore del testo interpretato, ora la valenza allegorico-cristologica , ora quella p sico logica , ora quella escatologica , spesso p i ù d'una assieme , ma gene ralmente in maniera non strettamente legata alla classificazione teo rica del De principiis . Ciò è dovuto al fatto che egli non considera in realtà che un solo senso spirituale , suscettibile di un app rofo n dime n to all' infinito . 10 In questo approfondimento senza fine l'ordine dei sensi biblici teoricamente enunciato in De princ. , 4 , 2 ,4 appare per Io p i ù rovesciato, in quanto O ri ge n e spesso dà prima l ' int e rpreta z i o n e allegorico-cristologica (3° senso del De principiis) , e quindi svil u ppa un'interpretazione psicologico-individu ale che corrisponde al 2° sen so dello schema del De principiis. Si ha in tal modo un triplice livello di lettura del testo, manifestamente diverso da quello prospettato nel De principiis e che risulta costituito dalla seguente succe ssio n e : interpr. letterale
+
interpr. allegorica
+
interpr. psicologica. "
Un esempio significativo di tale interpretazione a tre livelli lo ab biamo nell 'esegesi del Cantico dei cantici, nella quale alla spiegazio ne letterale e alla tradizionale i n te rpretazi o n e allegorica (lppolito) , che vedeva nella vicenda amorosa di Sal o m o n e un'allegoria delle nozze mistiche di Cri sto con la chiesa , Origene fa seguire l 'interpre tazione psicologica, nella quale la sposa del Cantico rappresenta l'a nima. Parimenti n ell ' in t erpr e ta z ione del Sal 44 - l'epitalamio regale che nell'esegesi p a tri stic a è abitualmente collegato col testo del Can tico - la regi na - sp osa è in tesa dapprima come la Chiesa e successiva-
1° Cf. H. DE LUBAC, Storia e Spirito , Roma 1 97 1 , 205-22 1 . Cf. ne l l o stesso senso M. SJMONETII , Lettera e/o allegoria , Roma 1 985 , 82: > .
33 Anche quest'altra dottrina è di ascendenza paolina , gi acc h é Paolo per primo attirò l 'attenzione sull'assurdità di alcuni particolari veterotestamentari , se interpre tati in sen�o rigidamente letterale . Si pensi , ad esempio , a un passo come 1 Cor 9.9 e all'ironia ivi sottesa e tendente a screditare il significato letterale del divieto del Deu teronomio di mettere la m useruola al bue che trebbia ( « fo rse che Dio si occupa dei
buoi?» ) .
387
La dottrina della mancanza di senso letterale in alcuni luoghi della Scrittura fu teorizzata da Origene nel IV libro del De princi piis , soprattutto sul fondamento della manifesta assurdità e irrazio nalità di alcuni testi biblici . In 4,2 ,5 egli afferma drasticamente e senza mezzi termini: «Vi sono alcune parti della Scrittura che non hanno affatto senso corporeo , . . . sl che in esse bisogna cercare soltanto l 'anima e lo spirito» . 34 E poco più oltre, a coronamento di un lungo elenco di passi che ris ultano irrazionali e assurdi nel loro significato letterale , conclude in maniera non meno esplicita e inequivocabile : «Nessuno dubiterà che qui sono simbolicamente indicati alcuni misteri per mezzo di un fatto apparente , ma che in realtà non è av venuto . . . Alcuni di questi (fatti) non sono realmente avvenuti quanto alla lettera del testo , e sono anche irrazionali e irrealizza bili» ;35
per concludere con la duplice affermazione - che costituisce dia metralmente l'opposto della dottrina comunemente accolta dai mo dern P6 - della universalità del senso allegorico e della non-universa lità del senso letterale : «Tutta la Scrittura divina . . . nella sua totalità ha significato spiri tuale , ma non tutta ha significato letterale , poiché in più punti si dimostra che il senso letterale è impossibile»Y
In Horn. in Gen. , 2,6 egli vede nel particolare dell'arca , che è co struita in parte a tre piani e in parte a due piani (cf. Gen 6 , 16) , un simbolismo del fatto che la Scrittura non sempre presenta anche il senso letterale , ma talora solo gli altri due sensi , il morale e l'allego rico . In De princ. , 4,2 ,5 ravvisa un identico simbolismo nelle idrie delle nozze di Cana, le quali erano alcune di due , altre di tre metrete (Gv 2 , 3) :
34
SIMONETil, 504.
5 3 De Princ. 4 , 3 , 1-4: SIMONE1Tl, S l 4 , S18. 36 Cf. G. PERR ELLA , Introduzione generale alla 37 SIMONETil , 521 .
3 88
Sacra Bibbia, Torino 1948, 25S .
«Quest'espressione copertamente allude . . . al senso delle Scrittu re , che contengono a volte due misure , cioè il senso p st ch i c o e lo sp i rituale , a volte tre , là dove , oltre ai d u e sensi predetti , conten gono anche il se nso corpore0>> . 18
Questo aspetto del sistema ermeneutico origeniano è quello che maggiormente urta la nostra mentalità moderna ; e ciò spiega i vari tentativi che sono stati fatti (Prat , Daniélou , De Lubac , Crouzel , De Margerie , ecc . ) per minimizzare la portata delle affermazioni orige niane , o negare addirittura che Origene abbia insegnato la mancan za di senso letterale in alcuni luoghi della Scrittura. In realtà , basta dare uno sguardo alla sua opera esegetica , per rendersi conto come la pratica confermi e ribadisca l'insegnamento teorico . Più costrutti vo sarebbe , anziché negare una dottrina che non sembra potersi mettere in dubbio , cercare di capire le motivazioni teologiche che ne stanno alla base : le quali si debbono principalmente ricondurre alla duplice dottrina dell'ophéleia e del defectus littera e, il cui significato abbiamo chiarito più sopra . 39 Assai indicativa in tal senso è la critica che Origene muove al valore storico e al significato letterale della le gislazione mosaica, utilizzando quella stessa arma dell 'ironia che ab bia mo visto adoperata da Paolo a proposito del divieto del Deutero nomio di mettere la museruola al bue che trebbia . 41' Se mi attenessi alla lettera - argomenta Origene - in modo da interpretare le pre scrizioni legali nel senso in cui le intendono gli ebrei, arrossirei nel l' ammettere che Dio abbia dato simili leggi . Il Levitico ordina che le ' ablazioni siano cotte nel forno , in tegame o nella padella: ma è de gno di Dio legiferare sul forno , sul tegame e sulla padella? O quale utilità morale , quale istruzione edificante possono dare tali cose al cristiano? Quale vantaggio ne ricavano quelli che le interpretano al la maniera giudaica? Se dovessimo attenerci alla lettera, molto mi gliori di queste sarebbero le leggi dei roman i , degli ateniesi o degli spartani . 41 Da qui la necessità di un'interpretazione sp i rituale , che salvi la dignità e la maestà della parola divina. Origene, del resto, non fa neppure mistero di una presunzione di superiorità intellettuale degli interpreti allegoristi nei confronti dei
311
StMoNETII , 504 (tr. parzialmente modificata). Cf. supra , p 387. 40 Cf. supra , nota 3 3 . � � Horn . i n Lev . , passim . Cf. DE LuBAC, Storia e Spirito , 154-161 ; A. MoNACI CASTAGNO , Origene predicatore, Milano 1987 , 95- 127. 39
389
-;eguaci della lettera . Nel Perì pascha , commentando il precetto di mangiare le carni dell'agnello arrostite al fuoco , dopo aver identifi cato allegoricamente l' agnello con la Scrittura , assimila gli allegoristi agli esseri razionali , che si nutrono di carne cotta e ne traggono gio vamento e nutrimento , e gli ebrei e i letteralisti a coloro che , a guisa di bestie brute , divorano la carne cruda ricavandone danno : «Quelli che si attengono alle semplici parole mangiano le carni c rud e e mangiandole crude si proc ur ano morte e non vita , perché mangiano a guisa delle bestie e non degli uomini , giacché l'apo stolo ci insegna che la lettera uccide e lo spirito vivifica . I giudei mangiano le carni c r ud e quando si appoggiano alla sola lettera delle Scri tt u r e» 42 ,
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Lo stesso concetto è ribadito , con la medesima metafora , nel Commento al Vangelo di Giovanni, ancora a proposito della consu mazione rituale dell'agnello pasquale :
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2. 3 . Interpretazioni gnostiche dell'AT . . . . . . . . . . . . . 2.3. 1 . Interpretazioni allegoriche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.3.2. Esegesi protesta/aria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.3.3. Riscrittura dei racconti biblici . . . . . . . . . . . . . . . 2. 4 . Interpretazioni gnostiche del NT . . . . . . . . . . . . . . 2.4. 1 . Eracleone . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2. 4.2. Tolomeo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2. 4. 3. Teodoto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 . MARCIONE 3 . 1 . La m u t i l azione del NT . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 . 2 . Interpretazi one escl usivamente letterale del l ' AT . 4. I L «CONFLITIO DELLE I NTERPRETAZIONI» N E L SEC . I l : .
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IRENIOO DI LION E E L A R EAZION E D ELLA GRA N D E CHI ESA
4. 1 . Lo svil uppo dell' interpretazione tipologica . . . . . . 4. 2 . La critica de l l 'esegesi gnosti ca e m arcionita . . . . . 4. 2. 1 . Le obiezioni alle tecniche esegetiche degli gnostici 4. 2. 2. Un criterio esterno di legittimazione dell'esegesi: la normatività della tradizione ecclesiastica garan tita dal principio di successione apostolica . . . . . 9. I
VANG ELI GIUDEOCRISTIANI
(Luigi Cirillo) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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L'ESEGESI DI IPPOLITO
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LA BIBBIA E L'APOLOGETICA LATINA ( Claudio Moreschini) . . . . . . . . . . . . . . . . .
LA LETIIORATU RA CRISl iANA DI FRONTE A L TESTO SACRO 1 . 1 . Tert u l l i a no . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1 . 1 . 1 . L 'ispirazione delle Scritture 1 . 1 . 2. /l canone scritturistico . . . . . . . . . . . . 1 . 1 . 3. Testo greco o versione latina? . . . . . 1 . 1 . 4. Criteri di esegesi biblica . . . . . . . . . . 1 . 1 .5. Principi di esegesi tertullianea . . . . . 1 . 1 . 6. Allegorie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 . 1 . 7. Figure 1 . 1 . 8. Tertulliano e la tradizione esegetica 1 . 2 . Cipriano 1 .3 . Novaziano . .
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1 . 1 . I l Vangelo dei nazareni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 . 2 . Il Vangel o seco ndo gli ebrei . . . . . . . . . . . . . . . . 1 . 3 . Il Vange lo degli ebioniti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2. TESTIMONIANZE E FRAMM ENTI
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l . I NTERPRETAZI O N E D ELLE TESTIMONIANZE
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C LEMENTE DI ALESSANDRIA (Carlo Nardi) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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SCRIITU RA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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I L SUO ITI N ERARIO I N TELLEITUA L E E S PIRITUA L E , E
2 . LE FONTI DELLA CO N OSCE N ZA RE LIGIOSA 3 . LA fRA DIZIONE E LA ScRIITU RA 4. IL TESTO BIBLICO DI C L E M E NTE 5 . L' ERM EN EUTICA 6. LA B I B B I A E IL SUO STU DIO . . . . . . . . . . . .
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1 3 . ORI GENE (Sandro Leanza) . . . . . . . . . . . . . . l . SENSO LEITERALE E SENSO SPI RITU A LE 2 . L AL L EGOR ESI 3 . COM M E NTA RI , OMELIE, SCOLli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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3. 1 .
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S u l Vecchio Testamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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3 . 2 . Sul Nuovo Testamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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3.3.
Al tri scritti esegetici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
BIBLI O GRA F IA
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Indice dei nomi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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