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INSEGNARE L’ITALIANO COME SECONDA LINGUA DIADORI-‐ PALERMO – TRONCARELLI / Carocci Editore
PARTE PRIMA: CONTESTI DI INSEGNAMENTO – APPRENDIMENTO DELL’ITALIANO L2 Il processo di acquisizione di una lingua è determinato dall’esposizione di un individuo a un ambiente in cui siano prodotti dati linguistici. L’ambiente in cui ha luogo l’apprendimento può configurarsi come: - NATURALE = APPRENDIMENTO SPONTANEO DELLA LINGUA - FORMALE frequenza di un corso = APPRENDIMENTO GUIDATO - COMBINAZIONE DI AMBIENTE NATURALE E FORMALE = APPRENDIMENTO MISTO (l’apprendente può imparare sia attraverso la frequenza di un corso sia in ambito extrascolastico, interagendo con i parlanti nativi). Input = materiale linguistico con cui l’apprendente entra in contatto. ● Nell’apprendimento spontaneo l’input è prodotto allo scopo di realizzare la comunicazione, e l’apprendente può venire in contatto con varietà non standard della lingua. ● Nell’apprendimento guidato l’input è frutto di ricerca e selezione operate dall’insegnante in relazione agli obiettivi didattici. ● In ambiente spontaneo, i dati linguistici sono elaborati induttivamente e analizzati in modo inconsapevole o parzialmente consapevole. ● In ambiente formale l’attività sulle forme e sul funzionamento della lingua è oggetto di riflessione e di spiegazione esplicite. Output = tutte le produzioni realizzate dall’apprendente. Gli ambienti nei quali si realizza l’apprendimento si collocano in un CONTESTO. L’attuale varietà di contesti operativi per l’italiano L2 può essere ricondotta a 4 macro categorie: 1. L’italiano appreso all’estero (italiano come lingua straniera o italiano LS); 2. L’italiano appreso in Italia da studenti stranieri, che soggiornano per un periodo nel nostro paese (italiano come seconda lingua o italiano L2); 3. L’italiano appreso da oriundi italiani residenti all’estero, che si avvicinano ad essa per recuperare le loro origini familiari o etniche (italiano come lingua d’origine); 4. L’italiano appreso in Italia da figli di cittadini stranieri migranti (italiano come lingua di contatto). Fattori che condizionano il processo e l’esito dell’apprendimento: - età - lingua madre - retroterra istruttivo - la conoscenza di altre lingue straniere - il livello di competenza L2
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la motivazione -‐ lo scopo per il quale un individuo studia una lingua l’attitudine a imparare una nuova lingua lo stile cognitivo adottato.
CAPITOLO 1 L’ITALIANO LINGUA STRANIERA FUORI D’ITALIA Fuori dall’Italia l’offerta di corsi di italiano LS è garantita da realtà formative locali, scuole pubbliche e private, università, associazioni, aziende. ❖ Scuole italiane all’Estero (8 istituti italiani onnicomprensivi e 43 scuole italiane paritarie) ❖ IIC Istituti italiani di cultura (nelle capitali) ❖ MAECI (Ministero Affari Esteri e della Cooperazione internazionale – seleziona regolarmente fra gli insegnanti di ruolo nella scuola italiana il personale da inviare presso alcuni atenei stranieri per svolgere la funzione di lettori di italiano all’estero) ❖ Società Dante Alighieri (opera per la tutela e la diffusione della lingua e della cultura italiane – offre la PLIDA = certificazione di competenza nella lingua italiana). Rete di enti convenzionati con: ❖ Università per Stranieri di Siena per la somministrazione degli esami CILS (Certificazione di italiano come lingua straniera) ❖ Università per Stranieri di Perugia per la somministrazione degli esami CELI (Certificazione didattica dell’italiano lingua straniera) ❖ Consorzio ICON (Italian Culture on the Net) per l’erogazione di corsi online) è composto da 19 Università italiane. L’italiano è la quarta lingua più studiata al mondo. Una forma di armonizzazione delle offerte culturali legate all’italiano LS viene realizzata dal 2001 grazie alla Settimana della lingua italiana nel mondo (iniziativa dell’Accademia della Crusca -‐ 1582-‐83 – Vocabolario, Venezia 1612), con la quale si vuole promuovere all’estero la conoscenza e l’interesse per la lingua italiana. Caratteristiche degli apprendenti: ‘’Inizialmente’’: persone colte, religiosi, militari, commercianti (per ragioni pratiche ed economiche). Fine XIX secolo: le spinte migratorie dall’Italia verso i Paesi del Nord Europa, America e Australia) creano contatti linguistici fra lingue locali e i dialetti italiani emigrati insieme alle centinaia di uomini, donne e bambini alla ricerca di un futuro migliore. Verso questi migranti si cominciano a indirizzare i primi interventi di politica linguistica dedicati all’italiano. A loro si rivolgono i primi comitati della Società Dante Alighieri. Dalla metà del XX secolo rallentano le spinte migratorie verso l’estero. Gli immigrati stranieri si riversano ora in Italia dall’Albania, dall’Africa, dall’Oriente, dall’Est europeo e dalla Cina aumento della richiesta di italiano anche a livello scolastico nei paesi di maggiore provenienza degli immigrati (Romani, Albania, Marocco, Ucraina, ..). Alla fine degli anni 80 l’italiano fa il suo ingresso in molte nuove realtà accademiche di tutto il territorio dell’Europa orientale. Quasi contemporaneamente esplode la comunicazione via internet.
All’inizio del XXI secolo è la Cina il nuovo partner di imprese economiche e culturali nel mondo. 2006: inizia il Programma Marco Polo, per accogliere studenti cinesi nell’ambito dell’Alta formazione artistica, musicale e coreutica. ATTUALMENTE possiamo individuare i seguenti profili di apprendenti: o Bambini e adolescenti stranieri che seguono corsi di italiano curriculare nelle scuole d’obbligo del proprio paese o Bambini e adolescenti stranieri (non di origine italiana) che seguono, insieme ai bambini e adolescenti di origine italiana, i corsi di Lingua e cultura italiana integrati o inseriti nei sistemi scolastici locali. o Bambini e adolescenti stranieri iscritti nelle scuole italiane all’estero: il prestigio della lingua e della cultura italiane spinge le famiglie a offrire ai propri figli una formazione linguistico-‐culturale diversa dalla madrelingua, in una situazione di apprendimento integrato lingua – contenuto (Content and Language Integrated Learning, CLIL ha il duplice obiettivo di focalizzarsi tanto sulla disciplina insegnata che sugli aspetti grammaticali, fonetici e comunicativi della lingua straniera). o Studenti universitari fuori d’Italia o Giovani e adulti con progetto di emigrazione o Professionisti, pensionati, appassionati dell’Italia, partner di un italiano/a: si rivolgono spesso a scuole provate, alle univ. popolari,.. . o Funzionari plurilingui di istituzioni comunitarie europee (Commissione Europea) o Cibernauti: tutti coloro che sono interessati a temi inerenti l’Italia e capaci di affrontare i testi proposti in rete in italiano o in una traduzione. Motivazioni dell’apprendimento di una lingua NON MATERNA: - strumentali - integrative - culturali / intrinseche Le motivazioni spesso possono sommarsi e favorire l’apprendimento. L’italiano LS è caratterizzato oggi da una certa disomogeneità motivazionale, da cui deriva anche una pluralità di bisogni formativi à sono legati alle motivazioni allo studio della lingua straniera. Secondo questi bisogni il docente costruirà il sillabo e le attività da proporre all’apprendente. Caratteristiche dell’input L’apprendimento dell’italiano LS si svolge in un contest non italofono, ma questo non significa che vi sia totale assenza di comunicazione in lingua italiana. Oggi nel mondo circolano le varietà dell’italiano contemporaneo, largamente presenti ovunque siano parlanti nativi italiani scolarizzati in Italia, o nei mezzi scritti e audiovisivi di comunicazione di massa. In molti paesi sono poi capillarmente diffuse forme di italiano scritto o parlato che affiancano i prodotti Made in Italy. L’italiano è presente in quasi tutti i contesti sociali urbani nel mondo (nomi delle insigne dei negozi e dei prodotti legati alla moda, alla
gastronomia, all’arredamento, in cui la manifattura italiana è sinonimo di qualità e buon gusto. L’input italiano circola all’estero anche secondo gli itinerari via via tracciati dal turismo italiano nel mondo. L’italiano è endemico nelle aree in cui è piû consistente il numero di turisti italiani o là dove sono state impiantate imprese italiane o sono frequenti i contatti commerciali con l’Italia. Un’alta circolazione di italiano parlato si registra nelle aree in cui più forte è stata l’immigrazione di lavoratori italiani (es. il Canada). In certe regioni i dialetti immigrati sopravvivono fianco a fianco dell’italiano contemporaneo. Circola l’italiano anche nelle grandi metropoli in cui sono più facili l’aggregazione e l’incontro in base agli interessi comuni, o in cui vi siano rappresentanze diplomatiche italiane (Bruxelles, Strasburgo, Ginevra, NY). + zone di frontiera o quelle tradizionalmente interessate da passate frequentazioni con l’Italia (la Savoia, la Provenza, l’arco alpino, l’Austria, l’Istria, la Croazia, l’Albania, Malta, la Grecia, la Corsica, la costa nord Africana). L’italiano è oggi limitatamente presente fuori dai confine italiani come lingua ufficiale: nella Rep. di San Marino, in Svizzera; come lingua coloniale nei paesi del Corno d’Africa (Eritrea, Somalia, Etiopia). L’italiano fra non italofoni è presente anche in due forme di comunicazione internazionale: - come lingua franca in Svizzera, fra immigrati di madrelingua diversa; - come lingua ponte fra i funzionari e gli interpreti di nazionalità diverse, impegnati presso le istituzioni della Commissione Europea. Caratteristiche dell’output In un apprendimento linguistico che si realizza primariamente in un contesto guidato e isolato è possibile che gli apprendenti siano esposti a un input limitato e graduato: anche il loro output sarà quindi più ristretto e monitorabile. L’input è necessario ma non sufficiente per l’apprendimento. Per trasformarlo in un intake (acquisizione duratura) deve essere affiancato dalla pratica, cioè da un output. Attraverso la produzione orale e scritta nella lingua obiettivo e la pratica esercitativa, i processi mentali si traducono in prodotti (nelle interlingua di apprendimento degli allievi). CAPITOLO 2 L’ITALIANO LINGUA SECONDA IN ITALIA Italiano come lingua seconda o seconda lingua = lingua appresa dopo la madrelingua, quindi sinonimo di italiano per stranieri / italiano lingua non materna. Si usa italiano L2 per enfatizzare la dimensione temporale dell’apprendimento o la secondarietà della competenza nella lingua. Linguistica acquisizionale L2: iperonimo per indicare la lingua non materna appresa spontaneamente o in maniera guidata nel paese in cui è parlata. LINGUA SECONDA = lingua appresa nell’ambiente in cui si parla (il parametro diatopico è determinante per individuare le caratteristiche dell’insegnamento – apprendimento di questa lingua. Apprendimento misto contesto ideale per una situazione di apprendimento dell’italiano L2 e l’approccio più favorevole pare essere quello indicato dal Quadro comune europeo di
riferimento per le lingue. Il concetto di azione rimanda all’interazione verbale, finalizzata alla trasmissione di messaggi. La competenza di azione consiste nella capacità di interagire linguisticamente con altri individui in modo partecipativo, adeguando le forme del proprio messaggio al raggiungimento dei propri obiettivi. Didattica orientate all’azione: - accetta rischi - prende in considerazione l’allievo come individuo complete - la stessa interazione che avviene in aula ha conseguenze che trascendono il contest in cui sono proposte - riconosce l’importanza del contesto non linguistico - instaura un equilibrio dinamico fra individualismo e collettivismo - propone forme di apprendimento euristico, basate sulla scoperta autonoma delle regole di funzionamento linguistico e pragmatico dei testi. Caratteristiche degli apprendenti ● gli studenti universitari in viaggio di studio in Italia per completare la propria formazione accademica ● gli artisti, gli intellettuali e tutti quei viaggiatori per i quali il viaggio in Italia faceva parte integrante della propria formazione culturale ● i commercianti che in Italia avevano affari di ogni genere ● i prelati cattolici che facevano capo a Roma e tutti quei pellegrini che in Italia visitavano per devozione i luoghi sacri di varie figure di santi ● i soldati Siena, 1917 à nascono i primi corsi di lingua e cultura italiana per stranieri Perugia, 1921 à istituiti dei corsi di Alta Cultura per studenti stranieri. Nel 1925 un decreto del re d’Italia Vittorio Emanuele III istituisce la Regia Università italiana per stranieri di Perugia. Dopo il boom economico degli anni Sessanta l’Italia vive un momento di grande vivacità economica e culturale. Anni Settanta – Ottanta: Roma e Firenze – varie scuole private di italiano per stranieri. 1981 à livello soglia per l’italiano; documento promosso dal Consiglio d’Europa per offrire ai docenti e agli autori di materiali didattici un sillabo con i contenuti essenziali capaci di garantire lo sviluppo delle competenze necessarie alla sopravvivenza nel contatto con i parlanti nativi in Italia. 1992 à vengono istituite ufficialmente due nuove università pubbliche (Siena e Perugia). La promozione dell’italiano come lingua straniera è affidata a queste due prestigiose istituzioni accademiche. 1995 nasce il DITALS (a cui si affiancheranno CEDILS – Venezia – e DILS-‐PG – Perugia) CLUSS à Centro linguistico Università per stranieri di Siena che offre corsi di italiano per stranieri. Il settore universitario è uno degli ambiti privilegiati in cui si realizza la formazione linguistica degli stranieri in Italia.
Impatto maggiore sul territorio italiano: i programmi di studio dell’italiano e delle discipline storico-‐artistiche per gruppi di studenti statunitensi che soggiornano regolarmente in Italia per completare i propri studi (Italian Study Abroad); Erasmus: mobilità studentesca di scambio fra atenei europei, iniziata nel 1989, con sistema di trasferimento dei crediti (ECTS) – Erasmus +. Si sono aperte negli ultimi anni sezioni di italiano L2 nei centri linguistici delle varie università italiane per far fronte alle esigenze degli studenti europei ed extraeuropei in mobilità accademica. Marco Polo accordo bilaterale tra la Repubblica Popolare di Cina e la Repubblica Italiana: gli studenti possono ottenere un visto di ingresso agevolato per studiare in Italia anche senza pre conoscenze linguistiche. Turandot indirizzato agli studenti cinesi che intendono iscriversi presso le istituzioni accademiche italiane di Alta Formazione artistica, musicale, coreutica (AFAM). Altro settore: seminari, college, università ecclesiastiche che richiamano a Roma costantemente varie figure di religiosi cattolici stranieri che devono perfezionare il proprio percorso formativo in teologia prima di accedere ai vari gradini della gerarchia ecclesiastica. Corsi di italiano sono organizzati presso centro formativi o presso le stesse istituzioni pontificie. La crisi delle vocazioni tra i cittadini italiani e l’afflusso di religiosi provenienti da paesi in via di sviluppo ha fatto sì che negli ultimi anni i sacerdoti stranieri siano diventati una presenza costante nelle Chiese cattoliche italiane. Anni 70-‐80: si sono trasferiti in Italia giovani adulti immigrati in cerca di migliori condizioni di vita. I primi centri che hanno offerto formazione linguistica in italiano L2 a queste persone sono stati, oltre alle parrocchie, i Centri provinciali per l’istruzione degli adulti (2014), che offrono percorsi di istruzione di primo livello per lavoratori italiani e stranieri che non hanno ancora assolto l’obbligo scolastico del primo ciclo e percorsi di alfabetizzazione e apprendimento della lingua riservati agli stranieri. Scuole private di lingua manca ancora un censimento completo delle istituzioni e delle associazioni che offrono corsi di italiano o altre materie per rispondere a una richiesta di formazione linguistica per scopi culturali, artistici, professionali Esiste pero un’Associazione delle scuole di italiano come lingua seconda(ASILS). Intercultura à 1914, un gruppo di giovani americani decise di organizzare una rete di ambulanze in appoggio all’ospedale americano di Neuilly à American Field Service (AFS). Nel 1955 nasce l’AFS italiana, nota oggi come Intercultura, ha sede a Colle val d’Elsa e conta circa 3000 famiglie italiane. Stanno crescendo le opportunità di vacanze studio per bambini e adolescenti, e si diffonde l’abitudine, fra gli adolescenti stranieri, di frequentare il penultimo anno nei licei italiani aderendo al programma di Intercultura. I ragazzi stranieri che aderiscono a questo programma entrano a far parte della vita della famiglia che li ospita e frequentano per un anno la scuola locale come i loro figli. Oltre ai contesti pubblici e privati, esistono comunità alloglotte sul territorio nazionale a cui per legge è garantita la possibilità di mantenere e usare la propria identità linguistico-‐ culturale: minoranze linguistiche storicamente presenti in Italia: Valle d’Aosta e Piemonte (provenzali e franco – provenzali), catena alpina (tedesche), valli dolomitiche (ladine), slovena (Trieste, Gorizia, Udine), algherese (tradizione catalana in Sardegna), isole croate
di alcuni paesi del Molise, quelle di cultura albanese disseminate nell’Italia meridionale e in Sicilia, quelle parlanti griko in Calabria e Puglia. Lingua friulana e lingua sarda: vere e proprie lingue indipendenti. Legge 15 dicembre 1999, n. 482: Norma in materia di tutela delle minoranze linguistiche , che sancisce il diritto di 12 minoranze linguistiche storiche esistenti in Italia a esprimere sé stesse e le proprie culture (tre minoranze di confine, sei nuclei alloglotti sparsi nel paese, tre varietà di spiccata autonomia – tra cui il friulano e il sardo. In Italia possiamo individuare attualmente i seguenti profili di apprendenti: - bambini e adolescenti stranieri in vacanza studio in Italia - bambini e adolescenti stranieri inseriti nelle scuole internazionali e bilingui - adolescenti stranieri dei programmi intercultura - studenti universitari stranieri nei progetti di mobilità accademica - studenti universitari statunitensi dei programmi italian Study Abroad - studenti universitari cinesi dei programmi Marco Polo e Turandot - studenti e religiosi cattolici stranieri - giovani adulti e adulti che decidono di trascorrere un periodo di studio dell’italiano per motivi culturali o professionali - adulti e anziani in buen ritiro in Italia - professionisti stranieri inseriti in contesti lavorativi in Italia - adulti e giovani adulti impegnati in attività di lavoro temporaneo in Italia o con un progetto di inserimento lavorativo stabile - carcerati stranieri negli istituti di pena - cittadini italiani di madrelingua diversa Motivazioni - la scelta di realizzare un periodo di permanenza in Italia (affettiva) - motivazione strumentale: di chi in Italia lavora o cerca lavoro - motivazione integrativa: immigrati con progetto di inserimento stabile in Italia - motivazioni estrinseche: la scelta di una scuola internazionale o bilingue può essere imposta dai genitori al bambino e a;;’adolescente di madrelingua diversa A partire da queste motivazioni i docenti possono cercare d delineare i bisogni comunicativi dei propri apprendenti, tenendo conto delle possibili deviazioni rispetto al progetto originario. Caratteristiche dell’input Italia ambiente ideale per un apprendimento misto L’apprendimento dell’italiano L2 in Italia dovrebbe includere una valorizzazione delle possibilità di interazione con il territorio, tenendo conto delle competenze e degli scopi degli apprendenti. Le ore di didattica diretta svolta in classe dall’insegnante sono in interrelazione con la vita extrascolastica dello studente. FICCS (Full Immersion: Culture, Content, Service) adottate dai docenti dei programmi di italiano per i gruppi di studenti delle università americane in Italia. In un programma FICCS è prevista una profonda esperienza di pragmatica interculturale (ospitalità in famiglia,
avvicinamento e frequentazione delle strutture sociali locali, esperienze nelle attività sociali e di volontariato). Caratteristiche dell’output La complessità e la varietà dell’input a cui sono esposti gli studenti di italiano L2 in Italia sono tali da rappresentare il contesto ideale in cui è possibile che si evolvano delle competenze linguistico-‐comunicative molto avanzate, anche in tempi di soggiorno relativamente brevi. I tipi di interazione possibili sono molto vari, così come l’esposizione agli accenti ealle intonazioni regionali, a tipi fisici diversi, a gestualità e modi di comunicare che variano da zona a zona. Un contesto privilegiato in cui gli stranieri agiscono e comunicano in Italia è quello legato al tempo libero. Un altro settore è quello relativo ai contesti formali e agli argomenti settoriali relativi al proprio ambito di interessi e di attività sul territorio italiano. Le maggiori occasioni di output sono offerte nei contesti informali e spontanei di interazione. CAPITOLO 3 L’ITALIANO LINGUA D’ORIGINE All’espansione dell’italiano all’estero contribuiscono le comunità italofone residenti fuori dai confini nazionali che ne promuovono il mantenimento, la diffusione, l’insegnamento e lo studio. Oriundi italiani à l’italiano costituisce il codice di comunicazione inter-‐familiare o in uso nella comunità etnica di appartenenza, o la lingua dei propri genitori espatriati dall’Italia (recupero delle proprie origini familiari e culturali). Appare opportuno considerare gli italiani all’estero come apprendenti di italiano L2, in quanto la loro competenza si sviluppa in una situazione di contatto linguistico e culturale estranea all’esperienza del connazionale in patria. Dominio d’uso à sfere di azione o aree di interesse sociale. Es. il dominio educativo: situazioni che implicano relazioni di ruolo insegnante-‐studente, a scuola durante l’orario scolastico. L’azione didattica deve adottare situazioni metodologiche e modelli operativi che possano rispondere alle specifiche esigenze di questo contesto di insegnamento, apprendimento. Emigrazione fenomeno che ha interessato la penisola italiana per molti secoli, dalla metà dell’800 alla metà degli anni 70 del Novecento. 27 milioni di italiani che avrebbero lasciato il territorio nazionale tra il 1876 e il 1976, diretti principalmente nel territorio americano. Atteggiamento aperto nei confronti dell’incremento della popolazione della popolazione oltreoceano. Dopo un rallentamento durante i conflitti mondiali, un altro ciclo di espatri nel 1947: seconda ondata soprattutto verso Belgio, Francia, Germania, Svizzera, Venezuela, Australia, Canada.
L’emigrazione nei paesi oltreoceano è configurata come un progetto di lunga durata: l’italiano ha subito un indebolimento , dovuto al restringersi dei propri domini d’uso, parallelo all’avanzare del processo di integrazione del migrante. I paesi europei hanno spesso adottato atteggiamenti e misure che non hanno promosso l’effettiva integrazione. I nostri connazionali, concependo l’espatrio come un episodio temporaneo, non si sono fortemente impegnati nel proprio inserimento nel tessuto sociale locale. La vicinanza geografica all’Italia e l’emigrazione stagionale hanno permesso continui interscambi con la lingua e la cultura d’origine, favorendo la conservazione di un buon livello di competenza nella lingua italiana. Altri attori che incidono sul grado di mantenimento dell’italiano sono la consistenza numerica e la densità demografica della comunità di connazionali. Italiano di emigrazione e differenziazione tra fasce generazionali La lingua utilizzata nelle interazioni con i connazionali della prima generazione di immigrazione non è l’italiano standard, ma una varietà substandard, fortemente interferita dal dialetto e soggetta alle pressioni esercitate dal contatto linguistico con la lingua del paese ospite, definita italiano di emigrazione. Le varietà substandard sono quelle impiegate da determinate classi socioeconomiche, o utilizzate in particolari contesti, che comprendono tratti linguistici marcati diastraticamente e/o diafasicamente. A livello lessicale: presenza sia di parole di origine dialettale, sia da prestiti e calchi provenienti dalla lingua del paese ospite. I connazionali stabilitisi all’estero hanno continuato da un lato a convergere verso forme linguistiche comuni, inglobando tratti provenienti dalle varietà locali e dall’altro hanno introdotto nuove modalità espressive, avendo acquisito in patria una maggiore competenza dell’italiano a seguito del conseguimento di un più elevato livello di scolarizzazione. Il mantenimento dell’italiano presso le comunità di nostri connazionali all’estero attraverso le differenti fasce generazionali: l’italiano di emigrazione subisce un’evoluzione con il passaggio da una generazione all’altra, caratterizzata da una lenta erosione. Il contatto con la lingua del paese ospite trasforma, già nella prima generazione, l’italiano di emigrazione in un sistema in dissolvenza: riduzione del lessico, generale semplificazione morfologica e sintattica. Gli oriundi sviluppano la competenza di un sistema semplificato che ricorda quello delle lingue pidgin (pidgin a base inglese, francese, portoghese, spagnola, ..). Con la terza generazione la produzione linguistica diventa molto frammentaria e limitata a un numero ridotto di elementi lessicali, morfologici e sintattici, fortemente interferiti dalla lingua del paese ospite slittamento dell’italiano fuori dello spazio linguistico delle giovanissime generazioni di oriundi italiani, per i quali la lingua di origine diventa una lingua straniera. Dialetto usato in modo esclusivo solo dagli anziani della prima generazione di emigrazione. L’uso dell’italiano presenta un decremento con il diminuire dell’età dei soggetti. La competenza nella lingua del paese ospite aumenta invece con l’abbassamento dell’età. Il più alto grado di competenza multipla nei due sistemi linguistici è posseduto dagli adulti di seconda generazione.
Il processo di erosione si realizza con ritmi diversi (es. Svizzera, vicinanza geografica, anche presso la terza generazione l’italiano continua a essere la lingua della socializzazione primaria). Profili di apprendenti di origine italiana Sono più di 60 milioni le persone di origine italiana residenti fuori dai confini nazionali. 1. Un primo profilo è rappresentato da esponenti di terza o quarta generazione di emigrazione in paesi caratterizzati da un basso grado di mantenimento dell’italiano, i quali decidono di studiare l’italiano per recuperare e definire la propria identità (origine familiare: una delle motivazioni). 2. Vi è anche chi ha una competenza di base nella lingua d’origine, ma decide di seguire un corso per approfondire lo studio della lingua e della cultura. 3. Ci sono poi gli adolescenti e giovani adulti che usufruiscono di un soggiorno studio in Italia. 4. Giovani adulti che seguono corsi di italiano nell’ambito del proprio percorso di studio universitario. 5. Adolescenti e bambini che frequentano la scuola nel paese ospite e inseriscono lo studio dell’italiano nell’ambito del proprio curriculo scolastico o decidono di iscriversi a una scuola bilingue. La formazione linguistica dei figli degli italiani all’estero può essere realizzata attraverso la frequenza di iniziative di tipo scolastico promosse dal MAECI: corsi finanziati da comitati e scuole locali. Nelle diverse mete di emigazione italiana all’estero i corsi hanno assunto diversi indirizzi e configurazioni a seconda delle caratteristiche e delle esigenze delle comunità. Alcuni di questi corsi si svolgono al di fuori dell’orario scolastico locale e si articolano in incontri settimanali. Molti sono invece inseriti o integrati nel sistema scolastico del paese ospite. Gli adolescenti e i bambini acquisiscono o mantengono la propria lingua d’origine anche con la frequenza di corsi offerti dagli IIC, dai comitati della Società Dante Alighieri o da scuole private. Il recupero delle proprie radici culturali e linguistiche è un’esigenza che emerge a seguito del processo di ridefinizione a cui è sottoposta l’identità individuale e sociale nell’esperienza migratoria. Input Se il corso ha luogo in un paese dove l’italiano mantiene lo status di lingua familiare e della comunità etnica, l’apprendimento si realizza in un ambiente misto, in cui l’esposizione a un input selezionato si alterna con quella a varietà substandard e diatopiche. Le varietà linguistiche diatopiche conservano una certa vitalità presso la prima generazione di emigrazione. Nei paesi in cui è possibile mantenere contatti frequenti con la madrepatria, l’esposizione dell’apprendente si estende all’italiano neostandard e all’italiano colloquiale, diffusi soprattutto attraverso la tv e la radio. Sono in circolazione pochissime pubblicazioni specificamente rivolte agli apprendenti di italiano come lingua di origine. I materiali impiegati in questi casi sono dunque quelli comunemente usati per l’insegnamento dell’italiano LS o L2.
Output Quando la lingua è appresa essenzialmente in ambiente formale, maggiori opportunità sono offerte allo sviluppo della produzione scritta. Nell’apprendimento guidato le occasioni di output sono fortemente condizionate dall’approccio scelto dal docente, dai formati in cui si realizzano le attività, dalle modalità di gestione dell’interazione didattica e dalla motivazione degli allievi a usare la lingua d’apprendimento in classe. In ambiente misto: sono numerose le occasioni di incontro con i membri della comunità, dovute alle ricorrenze italiane, che molti connazionali continuano a festeggiare all’estero, e alle iniziative, promosse e organizzate dalle varie associazioni. Anche l’estensione del gruppo familiare influisce sulle probabilità che gli oriundi italiani hanno di impiegare la lingua d’origine. Le lingue possono essere mescolate nell’espressione àrealizzazioni di produzioni mistilingue (code mixing), o commutazione di codice (code switching = uso alternato delle due lingue: può costituire una strategia pragmatica). Semilinguismo à la lingua d’origine non è più pienamente dominata e la lingua del paese ospite non è posseduta a un livello soddisfacente di padronanza. In ambito didattico la mescolanza di codici va compresa e ne va orientato l’impiego attraverso lo sviluppo di una competenza metalinguistica. CAPITOLO 4 L’ITALIANO LINGUA DI CONTATTO A partire dalla seconda metàù degli anni 80 un numero sempre più cospicuo di cittadini stranieri necessitano di apprendere la lingua per soggiornare in Italia e sostenere il proprio progetto migratorio. Crescente tendenza alla stabilità di residenza à 1,6 milioni la popolazione straniera che soggiorna in Italia da più di 5 anni. IMMIGRANT: persona che si è stabilita permanentemente in un altro paese MIGRANT: persone che si spostano in un luogo solo temporaneamente. Oggi anche bambini e adolescenti, non solo adulti, ad avere bisogno di formazione linguistica. Italiano lingua di contatto: quello insegnato e appreso dai figli di cittadini immigrati in Italia (natura composita della competenza individuale di questa tipologia di apprendenti). Questi hanno imparato l’italiano dopo il loro arrivo in Italia e l’inserimento nella scuola. Per i giovanissimi italiani di famiglia straniera mista l’italiano costituisce una lingua di contatto, cioè la lingua dell’identità primaria. L’italiano crea un territorio di confine e di contatto che rende possibile intricate sovrapposizioni, scambi, interferenze che costituiscono le risorse espressive e di identità dei soggetti. Scuola italiana à ambiente multietnico, multiculturale e plurilinguistico. La presenza di alunni con cittadinanza non italiana riflette quella della popolazione immigrata, con maggiore concentrazione nel nord. Il 20% frequenta la scuola dell’infanzia, il 35 la scuola primaria, il 23 la scuola secondaria di primo grado e il 22 la scuola secondaria di secondo grado. Gli istituti maggiormente interessati sono quelli tecnici e professionali, al centro-‐sud la presenza più consistente è nei licei.
Nomadi à alunni di etnia rom, sinti e camminanti: prevalentemente nella scuola primaria. Il romanè comprende molte varietà e solo da qualche decennio una codificazione scritta, non ancora unificata. I rom considerano la loro lingua un mezzo di coesione sociale e di definizione identitaria. Elevato tasso di dispersione scolastica che interessa questa tipologia di alunni è evidenziato dal numero decrescente di presenze nei successivi segmenti istruttivi. La consistenza complessiva della presenza straniera nella scuola italiana segnala un radicamento dell’immigrazione nel paese elaborazione di azioni didattiche mirate. PROFILI Si possono individuare diversi profili di utenti dell’italiano come lingua di contatto: - bambini e adolescenti nati all’estero, che giungono in Italia con la loro famiglia o da soli per ricongiungersi ai propri genitori. Chi è arrivato nella prima infanzia ed entra precocemente nel sistema scolastico ha maggiori opportunità di apprendimento. Per coloro i quali il soggiorno inizia più tardi, l’inserimento e l’apprendimento diventano più difficoltosi. Importante è inoltre la precedente esperienza di scolarizzazione dalla quale derivano le conoscenze già disponibili e i processi cognitivi già sviluppati. Infine la distanza tra lingua e cultura d’origine e l’italiano influisce sul processo di apprendimento. I bambini parlanti di lingue tipologicamente lontane e con altri sistemi di notazione grafica sono più disorientati di bambini che hanno come lingua madre un idioma neolatino. - minori adottati dopo la prima infanzia attraverso procedure internazionali: oltre alle consuete difficoltà ci sono quelle affettive derivate dalle dinamiche di accoglienza in una nuova famiglia. - bambini e adolescenti nati in Italia da genitori stranieri: questi alunni possono avere una competenza molto variabile dell’italiano. Alcuni hanno già frequentato dal nido bambini nativi, altri invece hanno una competenza plurilingue che comprende più varietà della lingua d’origine. Una minoranza infine ha mantenuto la sola lingua d’origine come lingua della comunicazione familiare e delle relazioni sociali. -‐ bambini figli di matrimoni misti: vari livelli di competenza linguistica. -‐ bambini e adolescenti nomadi: distanza tra una cultura a trasmissione orale come quella dei rom e una cultura scritta come quella occidentale. Tale distanza implica diverse modalità di apprendere + difficoltà di relazione che possono condurre anche a manifestazione di esclusione e chiusura da parte dei pari (diffidenza nutrita dalle famiglie verso gli zingari) difficile percorso di scolarizzazione degli alunni nomadi. -‐ minori stranieri non accompagnati, privi di un adulto legalmente responsabile di riferimento, provenienti per lo più da Egitto, Eritrea, Albania, Somalia, Gambia, che lasciano i loro paesi per trovare lavoro in Italia. Questi possono ottenere il permesso di soggiorno e rimanere in Italia fino al raggiungimento della maggiore età. Strutture di accoglienza: percorsi di integrazione che prevedono corsi di lingua italiana, l’iscrizione a scuola, o a corsi di formazione professionale. Diversi enti locali a cui spetta la tutela del minore
promuovono progetti di formazione professionale e insegnamento della lingua italiana per coloro che sono vicini alla maggiore età. -‐ minori figli di dimoranti (= cittadini stranieri appartenenti a particolari categorie professionali -‐es. diplomatici, dipendenti di banche o aziende straniere con sedi in Italia, artisti operanti nei circhi-‐ ) il cui soggiorno in Italia ha una durata prestabilita, è possibile individuare un ultimo profilo di apprendenti di italiano come lingua di contatto. L’apprendimento formale per loro si realizza come per gli altri nell’ambiente scolastico. MOTIVAZIONE Il bambino o l’adolescente straniero necessita di sviluppare un grado di competenza linguistico-‐comunicativa che gli consenta di socializzare con i pari, di esprimere le proprie esigenze e di comprendere le situazioni nella quotidianità. Dato che il suo contatto con la lingua italiana si realizza prevalentemente in ambiente scolastico, il bambino ha bisogno di conseguire livelli di competenza più elevata per comprendere le lezioni. Cumminis 1979 distingue tra un basic interpersonal communication skills (BICS) e un cognitive academic language proficiency (CALP). BICS consente l’interazione in una sfera d’azione personale e può essere conseguita nell’arco di circa due anni; la seconda dimensione della competenza è promossa dall’adozione di strategie didattiche che forniscano all’alunno strumenti per orientarsi in forme di comunicazione con un pesante carico cognitivo. Alunni stranieri: il successo scolastico di questi studenti risulta minore rispetto a quello dei compagni italiani (ritardo scolastico dovuto all’inserimento dell’alunno in una classe di età inferiore a quella anagrafica + difficoltà nell’affrontare lo studio in lingua italiana per mancanza di adeguati strumenti linguistici). Cumminis spiega il complesso legame Nell’insegnamento dell’italiano come lingua di contatto l’attenzione deve estendersi alla fase successiva al periodo di accoglienza, nella quale l’alunno necessita di transitare da uno stadio di sopravvivenza comunicativa a uno di padronanza di modalità espressive più complesse. Principio di interdipendenza linguistica opera a livello metalinguistico, rendendo possibile il trasferimento di capacità basate su strutture cognitive da un’idioma all’altro, facilitando l’acquisizione di più codici linguistici in età evolutiva. Una volta attivati, i processi cognitivi, sono disponibili per la codificazione in entrambe le lingue, dato che u meccanismo comune (common underlying proficiency) presiede al funzionamento dei due sistemi linguistici. La padronanza di più lingue permette di conseguire un elevato livello di alfabetizzazione. La motivazione dell’alunno straniero non è sempre forte. Un ruolo importante è giocato dalla questione dell’identità individuale e sociale in via di definizione nel bambino e nell’adolescente, messa in discussione con il trasferimento in Italia. In età evolutiva è difficile comprendere e condividere le ragioni che hanno spinto i propri genitori a cercare fortuna in Italia. Tale disagio passa attraverso la lingua, che, costituendo il principale mezzo di interazione con il nuovo mondo e di decodificazione della nuova realtà socioculturale, rappresenta la chiave in grado di aprire una nuova pagina del proprio diario di vita. La scuola svolge una funzione determinante: è nell’ambiente scolastico che l’alunno fa primariamente esperienza del contatto con la realtà italiana, sviluppa la percezione del
livello di accettazione e delle possibilità di integrazione nel nuovo tessuto sociale, definisce la propria identità, consolida o affievolisce la motivazione all’apprendimento della lingua. Le misure di accoglienza e l’azione didattica rivolta agli alunni stranieri dovrebbero essere tese alla riduzione dell’incidenza della componente affettiva. INPUT Lo sviluppo dell’italiano come lingua d contatto si realizza prevalentemente in situazione di apprendimento misto. La quantità e la qualità dell’input esterno alla scuola può variare notevolmente in relazione all’ambiente familiare e sociale in cui è inserito l’apprendente. Nell’ambiente familiare e sociale l’apprendente può venire in contatto con diverse varietà della lingua italiana (tra cui il foreigner talk = varietà linguistica utilizzata dai parlanti nativi per rivolgersi ai non nativi con ridotta competenza linguistica). Gli stimoli linguistici ricevuti nel contesto spontaneo di comunicazione sono caratterizzati dal fatto che si tratta di input sempre contestualizzato. La contestualizzazione dell’input è data dall’insieme delle circostanze particolari in cui si realizza l’evento comunicativo (il luogo, il tempo, i partecipanti, lo scopo della comunicazione, l’argomento della comunicazione). La comprensibilità dell’input dipende anche dall’equilibrio tra informazione linguistica ed extralinguistica. Nella comunicazione in ambiente spontaneo le difficoltà di comprensione possono essere ridotte ricorrendo alla negoziazione dei significati, cioè a una collaborazione dialogica tra gli interlocutori (tramite la semplificazione lessicale e strutturale, la ripetizione, la riformulazione, la richiesta di chiarimenti). Azione didattica adozione di un modello cooperativo di apprendimento che favorisca la collaborazione tra alunni, l’impiego di strumenti multimediali; intervento sull’input, attraverso la riduzione della complessità realizzata con la rielaborazione e il controllo della lingua utilizzata nei testi e nelle lezioni. OUTPUT Dopo l’accoglienza nell’ambiente scolastico fase di silenzio, con durata variabile, in base a fattori come la personalità e i ritmi individuali, la precedente esperienza di scolarizzazione, l’impatto con la lingua e la cultura nuove, l’atteggiamento del gruppo classe. Finito il periodo di silenzio iniziando ad emergere le prime produzioni (singole parole o formule non analizzate). Nella prima fase, detta prebasica, l’output è costituito da elementi lessicali, che formano un vocabolario minimo per la sopravvivenza, e da pochi elementi funzionali. Non vengono impiegate regole sintattiche per la formazione degli enunciati, realizzati con il semplice accostamento deli elementi lessicali. La comunicazione è fortemente dipendente dal contesto. Successivamente compaiono le frasi con un predicato verbale, non flesso, intorno al quale si dispongono gli argomenti. Questa seconda fase è detta basica, il vocabolario si arricchisce, compaiono gli avverbi, rimangono ancora ridotti gli elementi funzionali. Superata questa, c’è la fase postbasica, si amplia la morfologia e si strutturano i vari paradigmi, consentendo la coniugazione dei verbi. Viene poi superata la semplice giustapposizione di enunciati, si arriva alla subordinazione, l’apprendente mostra di saper gestire meccanismi di coesione testuale. Dopo l’acquisizione della modalità sintattica e degli strumenti di organizzazione della frase complessa, compaiono nelle produzioni scritte costruzioni nominali.
Nel percorso evolutivo di acquisizione, la L1 rappresenta un insieme di conoscenze da cui l’apprendente attinge sia per processare la L2 sia per esprimersi. Transfer più frequenti tra lingue tipologicamente o geneticamente vicine. Il trasferimento di elementi fonologici risulta più frequente di quello di elementi lessicali, a loro volta più consistenti di quelli sintattici e morfologici. Interazione promuove l’acquisizione linguistica; contribuisce allo sviluppo delle strutture sintattiche. L’adozione di un modello cooperativo di apprendimento consente di promuovere la partecipazione dell’alunno straniero ad attività interazionali, con ricadute positive sullo sviluppo linguistico. CAPITOLO 5 COORDINATE PER L’APPRENDIMENTO DI UNA LINGUA NON MATERNA Lingua à mezzo di interazione sociale. Nella prospettiva attuale non è più l’insegnamento a determinare l’apprendimento, ma sono le modalità di acquisizione linguistica a orientare le scelte metodologiche e le pratiche didattiche. Diverse teorie dell’apprendimento: - comportamentismo: l’apprendimento di una lingua consiste nell’acquisizione di abitudini senso motorie, di carattere inconscio, derivate dall’associazione di una particolare risposta a un determinato stimolo, proveniente dall’ambiente. L’acquisizione di un’abitudine è favorita: dall’imitazione, dalla frequenza, dal rinforzo (= consiste nel feedback che l’apprendente riceve dall’ambiente quando realizza una risposta a seguito di uno stimolo). Un bambino impara quindi a parlare perché imita l’uso di una parola. Questa associazione è rinforzata dalle reazioni dei genitori e l’acquisizione della parola è favorita dalla frequenza con cui è associata allo stimolo. Nell’insegnamento di una lingua straniera e quindi nella pratica didattica viene posto l’accento sulla discriminazione di suoni e sulle strutture. Il lessico assume un ruolo di secondo piano. Dato che apprendere significa sviluppare abitudini senso motorie, l’insieme di quelle acquisite imparando la lingua madre può costituire una fonte di interferenza. Quest’ultima è quindi una fonte potenziale di errore, che si verifica quando la lingua madre e la lingua straniera presentano differenze strutturali. Quando invece le due lingue presentano analogie strutturali, il transfer ha esito positivo. L’individuazione, tramite l’analisi contrastiva, delle strutture critiche consente di contrastare l’interferenza causata da transfer negativo attraverso nuovi condizionamenti, da attuare con l’overlearning, cioè con la presentazione allo studente di una grande quantità di stimoli-‐risposta relativi a tali strutture. - L’apprendimento linguistico è un complesso processo, che, come afferma Chomsky, non può essere ridotto alla mera formazione di abitudini. (Chomsky principi cognitivisti) meccanismo innato di acquisizione – LAD (language acquisition device). Nel modello chomskiano, gli influssi ambientali rivestono importanza solo come insieme di opportunità offerte all’apprendimento, che si verifica perché i dati
linguistici vengono messi in relazione agli universali, cioè ai principi e ai parametri comuni a tutte le lingue del mondo, che costituiscono la grammatica universale – GU. la teoria comportamentista, non indagando sui processi mentali e non riconoscendo un’elaborazione dell’input fornito all’apprendente, ritiene che il risultato dell’apprendimento (output) non si discosti dai dati forniti (input). In altre parole, il discente apprende l’insieme di strutture che gli vengono presentate. il cognitivismo, invece, prevede un’elaborazione dei dati in input da parte del dispositivo mentale innato, dando come esito dell’apprendimento la conoscenza implicita di un sistema di regole linguistiche. ERRORE LINGUISTICO E LO SVILUPPO DELL’INTERLINGUA Nella prospettiva cognitivista la nozione di errore assume una nuova valenza: l’errore diventa una manifestazione di apprendimento. Si sviluppa un nuovo filone di ricerca, l’analisi degli errori attraverso lo studio delle forme scorrette presenti nelle produzioni degli apprendenti, tenta di risalire al tipo di ipotesi formulate allo scopo di individuare i processi di apprendimento utilizzati e di descrivere le caratteristiche della competenza parziale della L2. Interlingua la versione della grammatica posseduta dall’apprendente nelle diverse fasi di apprendimento, è un sistema linguistico a sé stante, che evolve a seguito dell’introduzione di nuove regole, derivate dalle ipotesi verificate e accertate. Il termine è introdotto da Selinker nel 1972, per designare la competenza parziale e transitoria di chi apprende una L2. Esistenza, dietro le produzioni poco articolate e devianti di coloro che stanno imparando una nuova lingua, di un sistema strutturato. Pit Corder considera la lingua dell’apprendente un continuum caratterizzato dalla combinazione di ristrutturazione e di ricreazione. La ristrutturazione dell’interlingua è dovuta alla graduale trasformazione del sistema della L1, inizialmente trasferito; la ricreazione è connessa alla formulazione di ipotesi sul funzionamento della lingua di arrivo ed è provata dalla presenza di errori di sviluppo. L’evoluzione del continuum interlinguistico può arrestarsi e ipotesi scorrette continuano a governare l’esecuzione: questo processo di arresto si chiama fossilizzazione.
Negli anni 80 si sviluppa un’autonoma prospettiva di studio, la linguistica acquisizionale, per la quale diventa oggetto privilegiato di indagine l’apprendimento in contesto spontaneo di una L2. Le ricerche hanno evidenziato l’articolazione in fasi del percorso di acquisizione linguistico, attraversate da tutti gli apprendenti, indipendenti dalla L1 e basate sulla ricostruzione di regole sempre più efficaci per la comunicazione. Una delle prime sequenze individuate per l’italiano riguarda l’acquisizione della morfologia verbale: presente infinito>aux+part pass.>imperfetto>futuro>condizionale>congiuntivo L’ordine in cui le forme emergono è implicazionale, cioè, se il sistema interlinguistico possiede una forma, ne fanno parte anche quelle che la precedono nella sequenza. La presenza di una forma nel sistema non comporta che l’apprendente sia in grado di usarla in
modo corretto e sistematico nell’esecuzione e tanto meno di descriverne l’uso attraverso l’esplicitazione di una regola. In linea generale, gli studi sulle sequenze di acquisizione in diverse lingue mostrano che, dopo le prime fasi in cui operano principi cognitivi e semantico-‐pragmatico universali, l’apprendente si dirige verso le strutture particolarmente salienti della L2. Le sequenze acquisizionali sono state messe in relazione al concetto di marcatezza: si considerano marcate le forme linguistiche che sono meno frequenti, più complesse morfologicamente e meno versatili. PROCESSABILITÀ DELL’INPUT La teoria della processabilità (Pienemann 1998) prevede che in ogni stadio di sviluppo l’apprendente possa disporre di procedure di elaborazione cognitiva, che gli consentano di produrre e comprendere solo le forme linguistiche che è in grado di processare in quello stadio. Ogni procedura costituisce un prerequisito per l’acquisizione di quella di livello successivo. Al primo livello della gerarchia l’apprendente si limita a identificare lemmi, che vengono imparati senza essere analizzati. Nella fase successiva inizia l’analisi delle forme linguistiche e le parole vengono assegnate a categorie. La parola incomincia a presentare marche morfologiche. In questa fase l’apprendente continua a considerare le parole separatamente. Con la fase sintagmatica l’apprendente comincia ad assemblare parole e a trovare accordi. Solo a livello successivo si ha uno scambio di comunicazione tra sintagmi che consente la formazione di frasi. Nell’ultima fase l’apprendente acquisisce le procedure per produrre proposizioni subordinate. L’interlingua è caratterizzata da una forte variabilità, da una variazione intrasoggettiva e intersoggettiva. Per spiegare la variabilità a cui l’interlingua è soggetta, Pienemann ricorre alla nozione di “spazio delle ipotesi”. L’interlingua è variabile perché cambia nel tempo, da individuo a individuo e anche nelle produzioni dello stesso apprendente. Le scelte tra le forme dell’interlingua dipendono da fattori come la situazione di discorso, il grado di formalità, lo stile, ma anche dalla pianificazione e dal grado di monitoraggio della produzione. La teoria della processabilità costituisce una teoria psicolinguistica applicabile all’acquisizione di quasi tutte le L2. SOCIOINTERAZIONISMO Nonostante le variaizioni individuali, i diversi stadi di acquisizione della lingua si susseguono secondo un ordine più o meno fisso scarsa influenza dell’ambiente sul processo di acquisizione della lingua, che procede secondo un ordine naturale di sviluppo. Cognitivismo e comportamentismo: entrambe le teorie considerano l’apprendimento linguistico come fenomeno che riguarda il singolo individuo. La comunicazione è però un fatto sociale, che consente l’interazione tra gli individui. Ipotesi sociointerazionista l’acquisizione della lingua è il risultato degli sforzi collaborativi tra apprendente e i suoi interlocutori. Bruner, studiando l’acquisizione infantile del linguaggio, afferma che l’apprendimento linguistico ha inizio quando l’adulto e il bambino entrano in interazione reciproca, producendo un input che attiva il LAD. Si crea così una struttura di interazione (format). È la cooperazione tra adulto e bambino che rende possibile lo sviluppo della competenza
linguistica. Il dispositivo per l’acquisizione del linguaggio non potrebbe essere attivato senza il contributo dell’adulto, che fornisce un sistema di supporto (LASS: language acquisition support system). Analogamente, nell’apprendimento di una lingua straniera, l’apprendente impara la lingua come risultato della partecipazione alla comunicazione. Nella conversazione tra parlante nativo e apprendente straniero l’input linguistico è caratterizzato da continui aggiustamenti, attuati in base al feedback fornito dall’apprendente, in modo da evitare intralci nella comunicazione. Questa cooperazione è definita negoziazione dei significati. Nel corso dell’interazione l’apprendente ha la possibilità di verificare le ipotesi formulate sul funzionamento della L2. L’ipotesi sciointerazionista rivaluta il ruolo dell’ambiente e dell’input. Second language acquisition theory Stephen Krashen una L2 viene acquisita solo se vengono compresi messaggi e viene fornito un inut comprensibile. L’input è ritenuto comprensibile solo quando si colloca allo stadio immediatamente successivo a quello raggiunto dall’apprendente nello sviluppo dell’interlingua. Si conoscono solo sequenze acquisizionali relative ad alcune aree della lingua. In un contesto educativo è compito dell’insegnante selezionare l’input. L’apprendimento è un processo consapevole e razionale. L’acquisizione è un processo subconscio che agisce sulla memoria a lungo termine. Solo ciò che viene acquisito entra stabilmente a far parte della competenza. L’insegnamento esplicito delle regole grammaticali ha per Krashen un ruolo marginale. La funzione principale che Krashen attribuisce alla conoscenza della regola grammaticale è quella di monitor, di controllo della produzione. L’attivazione del monitor è però possibile solo quando si dispone dei tempi necessari per la processazione delle regole (es. produzione scritta). L’apprendente quando comunica ha a disposizione tre tipi di regole: - regole già automatizzate che costituiscono il risultato dell’acquisizione naturale - regole non automatizzate che possono essere usate solo quando si verificano le condizioni favorevoli - regole che si sono automatizzate come il risultato della pratica e dell’uso La comunicazione fluente viene raggiunta quando le strutture sono automatizzate e utilizzate nella comunicazione senza riflettere. Sharwood Smith spiega come la conoscenza appresa possa trasformarsi in conoscenza acquisita con la pratica: l’input fornisce informazioni per la revisione e la ristrutturazione della conoscenza esplicita e implicita. il flusso dell’informazione da una fonte di conoscenza all’altra è mediato dall’output dell’apprendente.. Il modello di Sharwood prende in considerazione la dimensione affettiva dell’apprendimento. Anche Krashen ipotizza l’esistenza di un filtro affettivo, ossia di stati emozionali che possono intervenire nell’elaborazione dell’input impedendo che diventi intake. Perché si verifichi l’acquisizione è anche necessario che non venga attivato il filtro affettivo. Se il filtro viene attivato, i dai vengono collocati nella memoria a breve termine e non passano ai centri dell’acquisizione stabile e definitiva. L’attivazione del filtro affettivo è legata a fattori personali.
COSTRUTTIVISMO Esso considera la conoscenza come il risultato di una costruzione attiva del soggetto, socialmente negoziata e condivisa. Il risultato dell’apprendimento è la conoscenza costruita attivamente dall’apprendente, che integra nuove conoscenze con quelle già esistenti/disponibili. Piaget ha dimostrato che fin dalla nascita il bambino ha un ruolo attivo nell’apprendimento ed elabora le proprie conoscenze attraverso la manipolazione, l’esplorazione, l’osservazione. Gli schemi e le strutture mentali si modificano grazie al contributo di nuovi dati. Jonassen considera la conoscenza come il risultato di una negoziazione interna, basata sulla revisine e sul modellamento di strutture mentali, e di una negoziazione sociale con altri individui. La conoscenza è strettamente connessa alla situazione in cui ha luogo l’apprendimento, e si realizza anche in relazione a fattori affettivi. La costruzione della conoscenza da parte dell’apprendente deriva dalla comunicazione interpersonale. L’importanza per l’apprendimento dell’interazione sociale è stata evidenziata anche da Vygotskij: per lo psicologo russo lo sviluppo cognitivo è reso possibile da una matrice neurobiologica, e da una culturale. L’azione collaborativa fornisce all’apprendente il supporto per svolgere compiti che ancora non è in grado di eseguire individualmente. Nell’ottica costruttivista l’apprendimento consiste nel prodursi di rappresentazioni multiple della conoscenza, promosse dall’adozione di una metodologia fondata su collaborazione, autonomia, consapevolezza dei processi conoscitivi messi in atto dal discente e allestimento di ambienti formativi che permettano la manifestazione di zone di sviluppo prossimali. impiego di strategie e tecniche che promuovano un apprendimento attivo e partecipativo, e sviluppino abilità metacognitive: la metacognizione è un concetto che indica il controllo e il potenziamento delle prestazioni metacognitive (uso consapevole di conoscenze, comportamenti, strategie). Il costruttivismo ha dato vita a una serie di soluzioni basate sull’allestimento di ambienti formali, i cui presupposti comuni sono costituiti da: - enfasi sulla costruzione della conoscenza piuttosto che sulla riproduzione del sapere - incremento della motivazione e dell’interattività - presentazione dei compiti autentici - partecipazione del discente alla selezione dei contenuti e alla produzione dei materiali - importanza di attività basate sulla negoziazione interpersonale e sulla cooperazione - valorizzazione delle differenze individuali - possibilità di realizzare itinerari didattici personalizzati Ambiente di apprendimento uno spazio, reale o virtuale, entro il quale gli studenti interagiscono tra loro o con il docente, dispongono di risorse per l’apprendimento e possono impiegare strumenti di lavoro. E-‐learning à ambiente virtuale di apprendimento, realizzato tramite una piattaforma, cioè un software specifico, all’interno del quale è possibile erogare informazione, gestire e monitorare i percorsi formativi degli utenti e accedere a una serie di strumenti di
comunicazione e di servizi. L’e-‐learning consente di realizzare forme delocalizzate di formazione, favorendo la creazione di comunità di apprendimento. Un ruolo centrale è assunto dall’interazione tra gli attori del processo formativo: svolgimento collaborativo di compiti, che rendono la formazione online integrativa di quella in presenza. + a-‐learning = assisted learning; b-‐learning = blended learning = combinazione di formazione in presenza e formazione delocalizzata con strumentazione e-‐learning. È nel campo dell’insegnamento con l’ausilio delle nuove tecnologie educative che il costruttivismo offre il suo maggiore contributo alla didattica delle lingue. L’e-‐learning si fonda sulla dimensione sociale e collaborativa dell’apprendimento. APPRENDIMENTO LINGUISTICO E FASCE D’ETÀ Il percorso di acquisizione linguistica procede attraversando fasi simili per tutti gli apprendenti, indipendentemente dalla loro L1 e dall’età somiglianze nel percorso seguito, ma differenze relativamente a tempi, modalità e ai risultati conseguiti in fasce d’età diverse. Bambini conseguono livelli più elevati di competenza in periodi più prolungati di esposizione alla L2. I migliori esiti a breve termine degli adolescenti e degli adulti sono da attribuire a capacità cognitive complesse ed elaborate, a una maggiore conoscenza del mondo e a una migliore consapevolezza del funzionamento di una lingua. Krashen l’apprendimento linguistico in età adulta si caratterizza per un uso più esteso del monitor. L’adulto è indotto a riflettere sul funzionamento della lingua e a utilizzare la conoscenza consapevole delle regole per pianificare, guidare e controllare la propria esecuzione. L’apprendimento di una L2 da parte dei bambini non può avvalersi di strutture cognitive o concettuali già acquisite e consolidate. -‐ impiego di differenti capacità cognitive e conoscenze -‐ periodo critico, dopo il quale non sarebbe più possibile conseguire elevati livelli di competenza nella L2. Da un punto di vista neurobiologico, ai due emisferi cerebrali, sono attribuite funzioni diverse. Le aree deputate al funzionamento del linguaggio sono localizzate nell’emisfero sinistro, specializzato anche nel pensiero convergente e in funzioni analitiche e logiche. L’emisfero destro è specializzato nell’esecuzione di compiti basati sulla gestione simultanea di dati e nell’elaborazione di stimoli non verbali, ma assolve funzioni anche legate all’uso metaforico del linguaggio e relative agli aspetti prosodici e pragmatici della lingua. L’attribuzione delle diverse funzioni ai due emisferi costituisce un processo definito lateralizzazione, che raggiunge il suo completamento con la pubertà. Penfield e Roberts collocano intorno ai 9 anni la soglia al di sotto della quale si possono apprendere più lingue senza difficoltà. Lenneberg lo colloca a 12 anni, periodo oltre il quale si ridurrebbe la plasticità cerebrale e sarebbe più difficile apprendere la lingua. Studi successivi hanno dimostrato che non si può individuare un periodo critico per l’apprendimento di una L2, ma sono riscontrabili più periodi sensibili, in relazione a diverse aree della lingua: la fonologia rappresenta il livello maggiormente sensibile. In alcuni individui, già verso i 6 anni si verifica una riduzione della capacità di apprendimento della fonologia. Il lessico e la pragmatica sono invece aree che non conoscono periodi
sensibili, poiché l’apprendimento di unità lessicali e di aspetti pragmatici del linguaggio può continuare per tutto l’arco della vita. Da un unto di vista neurologico, il presentarsi di diversi periodi sensibili all’apprendimento di una L2 è stato correlato alla mielinizzazione dei neuroni. Le connessioni che si stabiliscono nel corso dello sviluppo cognitivo tra i neuroni vengono avvolte da una sostanza di rivestimento, la mielina. La mielinizzazione rallenta lo stabilirsi di nuove connessioni neuronali. Le reti di neuroni legate al controllo degli aspetti fonologici e grammaticali della lingua riceverebbero il rivestimento mielinico per prime. Le reti più diffuse ed estese connesse alla semantica e alla pragmatica manterrebbero invece la loro plasticità anche in età adulta. INTERROGATIVI se la mielinizzazione riduce la creazione di nuove connessioni tra neuroni, nell’apprendimento di una l2 dopo l’adolescenza le nuove reti neurali dovrebbero localizzarsi in una zona cerebrale diversa. Paradis ritiene che ciò non è assodato e che le reti neurali relative alle diverse lingue potrebbero risiedere nelle stesse aree corticali. Danesi sositene che nelle prime fasi dell’apprendimento di una L2 è soprattutto l’emisfero a entrare in gioco, poiché l’apprendente fa ricorso a conoscenze di carattere generale. Successivamente, il ruolo di questo emisfero si affievolisce. IPOTESI PSICOLINGUISTICA In ambito innatista vi sono 3 posizioni riguardo il ruolo della GU nell’apprendimento della L2: - possibilità di accesso diretto alla GU, di cui vengono utilizzati i principi - possibilità di accesso indiretto alla GU, realizzato attraverso i valori dei parametri fissati per la L1, per cui l’apprendente trasferisce inizialmente questi valori dalla sua lingua madre e acquisisce solo successivamente quelli relativi alla l2 - impossibilità di accesso alla GU. L’apprendimento di una seconda lingua si realizzerebbe facendo ricorso ad altre facoltà cognitive, come la capacità generale di risolvere un problema. L’età in cui si realizza l’apprendimento di una L2 rinvia anche a differenze motivazionali e psicoaffettive: i bambini che si trasferiscono in un altro paese hanno più facilità degli adulti nell’apprendimento per via di una maggiore capacità di adeguarsi al nuovo contesto e del desiderio di interagire con il gruppo dei pari. Un basso livello motivazionale può invece caratterizzare l’apprendimento infantile dell’italiano come lingua straniera. I bambini non riescono a cogliere utilità e importanza di conoscere altre lingue, che spesso imparano per scelta dei genitori o perché previste dal curriculo scolastico. Fase adolescenziale à trasformazione del filtro affettivo, più sensibile alle dinamiche relazionali tra pari. L’apprendente non trova più naturali la correzione e l’intervento assidui del docente, che possono interferire con l’immagine di sé e con la relazione col gruppo dei pari. Ha quindi valenza formativa importante l’approccio didattico basato sull’apprendimento collaborativo. L’adozione di un simile approccio consente di superare i limiti di concentrazione dell’adolescente, che si impegna per elevare i propri tempi di attenzione.
Età adulta solida motivazione. L’adulto ha una propria identità e immagine sociale, inoltre può presentare delle resistenze riguardo alle scelte metodologiche. L’approccio da impiegare con apprendenti adulti deve fondarsi sul rispetto dell’esigenza di sistematizzazione e astrazione, sul coinvolgimento degli studenti nelle scelte relative ai contenuti e alle soluzioni metodologiche, sull’esplicitazione degli obiettivi e delle tecniche didattiche che ne consentono il conseguimento.
PARTE SECONDA: INSEGNARE LA LINGUA, INSEGNARE LA GRAMMATICA
Alcuni approcci e metodi sviluppatisi nel secolo scorso presuppongono la pressochè completa marginalizzazione dell’insegnamento grammaticale. Fra le ragioni che hanno indotto psicologi, linguisti e glottodidatti a dubitare dell’insegnamento della grammatica: - all’apprendimento di una lingua sono deputate strutture mentali innate - le cpmpetenze procedurali sono più importanti di quelle dichiarative 1. Che ruolo ha l’insegnamento della grammatica nella didattica dell’italiano L2? 2. Quali sono le competenze necessarie per apprendere una lingua seconda? 3. Quando insegniamo la grammatica dell’italiano, a quale varietà di lingua facciamo riferimento? CAPITOLO 6 RIFLESSIONE GRAMMATICALE E APPRENDIMENTO Grammatica: insieme delle regole che determinano il funzionamento di un sistema linguistico. Docente discente: aiutante dell’allievo nel processo di scoperta delle regole e dei molteplici usi e varietà della lingua. Apprendente: protagonista di attività cognitive complesse. Riflessione metalinguistica e metacomunicativa: momento ineludibile in ogni equilibrato processo di comunicazione didattica, cioè di comunicazione finalizzata allo sviluppo di una competenza linguistico-‐comunicativa. La riflessione sulla lingua riveste un valore formativo, consente di attivare abilità cognitive più generali, utili per migliorare le capacità di apprendimento generale. Il fatto che la lingua sia governata da regole non significa che il parlante ne sia consapevole.Distinzione: conoscenza implicita (inconsapevole) e una conoscenza esplicita (consapevole) delle regole. La prima si conquista in modo procedurale, la seconda si ottiene normalmente attraverso un percorso di istruzione scolastica. (CONOSCENZA DICHIARATIVA e CONOSCENZA PROCEDURALE). Nella L1 la memoria procedurale gestisce e organizza le informazioni grammaticali, mentre alla memoria dichiarativa è attribuita la gestione delle informazioni lessicali. Nella L2 la memoria dichiarativa può gestire anche lei le informazioni grammaticali. La psicolinguista Ellen Bialystock osserva che non si può pensare a una netta dicotomia che oppone la totale inconsapevolezza alla piena consapevolezza, piuttosto a un continuum in cui si possono individuare tre stadi:
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conoscenza non analizzata (gli elementi linguistici vengono passivamente memorizzati); conoscenza analizzata ( gli elementi linguistici sono analizzati ma la conoscenza è ancora implicita). In questo stadio: capacità di uso creativo del linguaggio, cioè riuscire a formulare enunciati grammaticali mai ascoltati in precedenza, e la capacità di formulare giudizi sulla grammaticalità di un enunciato, senza però essere in grado di spiegare il perché. Piena consapevolezza: capacità di riconoscere le regole negli elementi linguistici e di verbalizzarle.
A un apprendente di italiano L2 possono essere sufficienti la consapevolezza procedurale e una parziale conoscenza dichiarativa delle regole della lingua che sta apprendendo. A un aspirante docente di italiano L2 occorre invece elaborare la piena consapevolezza. Il docente di italiano L2 deve essere consapevole dei limiti entro cui può dispiegarsi la riflessione grammaticale nell’ambito del percorso curriculare, delle varie modalità in cui essa può realizzarsi e del peso specifico diverso che è opportuno di volta in volta attribuirle. Grammatica – dal greco grammatiké tékhne (= arte, tecnica della scrittura), nel senso di capacità di tracciare correttamente i caratteri alfabetici in età classica: insieme di regole che governano l’uso corretto della lingua (intesa per lo più come lingua scritta). Grammatiche teoriche: cercano di descrivere i fatti linguistici alla luce di una teoria di riferimento. Opere destinate agli specialisti. Non fanno parte degli strumenti di lavoro del docente di lingua. Grammatiche descrittive: strumenti di consultazione per il linguista e per il lettore non specialista. A una grammatica descrittiva è richiesta l’esaustività, e si propone di descrivere anche quei settori che nessuna teoria riesce a spiegare. Grande grammatica italiana di consultazione – 3 volumi, 1988 – Lorenzo Renzi fondata sul modello teorico generativo, depurato dagli aspetti più tecnici per consentirne l’utilizzabilità a un pubblico non specialista. Comincia dalla Frase e scende un po’ alla volta alle “parti del discorso”. Grammatica italiana. Italiano comune e lingua letteraria – Luca Serianni – 1988 si propone come strumento di consultazione ampio e tendenzialmente esaustivo (“il nostro scopo era quello empirico di descrivere più compiutamente di quanto si fosse fatto finora il funzionamento della lingua nazionale”). ordinamento usuale degli argomenti, dal piccolo al grande (grafia, fonetica, morfologia, sintassi). “Il modello di italiano che è alla base della nostra trattazione è l’italiano comune: quello che chiunque scrive, e che è anche parato dalle persone colte in circostanze non troppo informali”. Per Serianni il grammatico non deve rinunciare a interpretare il sentimento della lingua percepita dalla comunità dei parlanti. Attenzione per la variabilità sociale, contestuale, geografica+ tentativo di evidenziare che l’italiano contemporaneo è saldamente ancorato nelle sue strutture a una secolare tradizione di uso scritto e letterario della lingua. Grammatiche normative: hanno come obiettivo discriminare le forme e gli usi corretti della lingua da quelli scorretti.
Grammatiche didattiche o pedagogiche: hanno lo scopo di facilitare l’apprendimento della propria lingua o di una lingua seconda. Caratteristiche di queste grammatiche: la non esaustività, ossia una selezione preliminare dei fatti linguistici oggetto di analisi in relazione ai bisogni del destinatario, e l’ecletticità, cioè la libertà dell’autore di attingere a più teorie. Le regole di una grammatica per apprendenti dovrebbero aspirare ad essere il depositato della naturale grammaticalità delle lingue. La nozione stessa di lingua è intrinsecamente dipendente da quella di grammatica. Si possono considerare grammatiche didattiche anche le sezioni grammaticali inserite in un manuale di italiano. Le grammatiche didattiche rappresentano per l’apprendente strumenti di consultazione. E LE GRAMMATICHE DI ITALIANO PER STRANIERI? Sono strumenti che condividono alcune caratteristiche delle grammatiche descrittive (esaustività) e altre delle grammatiche didattiche (la funzione pratica e operativa, la chiarezza del linguaggio, l’importanza riservata all’individuazione di regole facilmente utilizzabili dall’apprendente). Ma quali dovrebbero essere le loro caratteristiche? -‐ Dovrebbero rinunciare il più possibile alle nozioni di grammatica generale; -‐ Non dovrebbero dare nulla per scontato; -‐ l’autore deve fornire spiegazioni a volte minuziose, forse superflue per il lettore madrelingua; -‐ l’approccio di una GID dovrebbe variare a seconda del tipo di fenomeni trattati: nei capitoli dedicati ai settori più vincolanti sarebbe opportuno che una GIS mirasse al massimo gradi di analiticità, nei capitoli dedicati alla sintassi della frase e del periodo una GIS dovrebbe fornire una risposta alle seguenti questioni: come si esprime nei vari contesti una domanda, un dubbio, un’ipotesi, un rapporto di causa-‐effetto. Come si collegano due azioni legate da un rapporto temporale di contemporaneità, anteriorità, posteriorità? La consapevolezza delle regole favorisce, e se si in che natura, la competenza d’uso della lingua che si vuole apprendere? La regola proposta sui libri segue un tragitto radicalmente diverso da quello dell’apprendente del suo percorso di scoperta della regola. Lo sviluppo dell’interlingua è il risultato di un processo di elaborazione dell’input e della sua progressiva trasformazione in regole. Apprendenti spontanei si verificano alcune condizioni ideali per studiare lo sviluppo dell’interlingua. In una prima fase di immersione nella realtà comunicativa della lingua target, l’apprendente si confronta con un flusso indistinto di suoni. Lo sviluppo dell’interlingua è descrivibile come un graduale percorso di trasformazione di questo flusso indistinto in unità discrete. L’apprendente, superata questa prima fase, compie un lavorio di analisi dell’input per giungere alla trasformazione dei chunks lessicali in unità discrete. Per comunicare si ha bisogno in primo luogo di saper portare a termine dei compiti: salutare presentarsi, porre una domanda.. . Per svolgere queste funzioni linguistiche abbiamo bisogno di forme linguistiche adeguate. L’apprendente, per arrivare alla regola, parte dalla funzione, per abbinare poi gradualmente delle funzioni delle forme linguistiche.
La grammatica segue il percorso inverso: si parte dalla forma per arrivare solo in un secondo momento a dare informazioni sulle funzioni svolte dalla forma precedentemente presentata. Per l’apprendente la formazione di un paradigma, cioè di uno schema di flessione, è il punto di arrivo di un lungo processo di elaborazione, mentre nella grammatica è la prima informazione offerta all’utente. Processazione dell’input = abbinamento di funzioni e forme, scoprendo che: - una funzione può essere svolta da più forme - una forma può svolgere più funzioni (parla/prenda,) - esistono forme ambigue (io/loro sono) - esistono forme irregolari Elaborazione di strategie di apprendimento: - lessicalizzazione: si usa il lessico per fornire l’informazione sul tempo verbale che non si è per il momento in grado di gestire morfologicamente) - sovraestensione di paradigmi (corruto, venito,una problema..) - l’evitamento (cancellazione provvisoria di elementi strutturali difficili (es, omissione dell’ausiliare nel passato prossimo) - l’elaborazione autonoma L’insegnante deve concentrarsi su alcune operazioni fondamentali utili a fluidificare e a velocizzare le tappe stesse: selezionare, graduare, ordinare l’input; velocizzare il padroneggiamento delle funzioni; velocizzare l’abbinamento forme-‐funzioni; ridurre i tempi di sovraestensione delle regole; stimolare l’apprendente a utilizzare pienamente il ventaglio di possibilità offerte dal sistema; gestire opportunamente il feedback correttivo. METODO INDUTTIVO E DEDUTTIVO Deduttivo à dal generale al particolare. Presentazione della regola, memorizzazione della regola, verifica della validità della regola (e delle eccezioni) tramite lo svolgimento di esercizi. Induttivo à dal particolare al generale. Metodo che rende l’apprendente il protagonista di un percorso di scoperta della regola a partire dagli usi. Vantaggi: l’apprendente assume un ruolo attivo nel percorso didattico, le regole individuate sono più facilmente memorizzabili, stimola l’attitudine all’osservazione, alla scoperta di regolarità, alla capacità di formulare ipotesi. I dati precedono l’elaborazione delle ipotesi e l’individuazione delle regole. MA NON tutti i settori della gramamtica si prestano ad essere appresi induttivamente. Grammatica e metodo di insegnamento Fine 800: diffusione del metodo naturale e dei metodi diretti, basati sul primato della lingua e della comunicazione, escludendo la riflessione sulle forme linguistiche. Analogamente marginalizzata era l’attività di riflessione metalinguistica nel metodo audio-‐ orale, di impronta comportamentista (Stati Uniti, dopoguerra) l’apprendimento della L2 si svolgeva tramite lo svolgimento di esercizi effettuati con l’ausilio di tecnologie, che avevano come obiettivo la fissazione mnemonica di abitudini linguistiche, non di regole.
L’idea comportamentista fu messa in discussione dalla teoria generativista e dalla psicologia cognitiva, che giungevano a negare la possibilità di un apprendimento linguistico di tipo automatico e meccanicistico. Robert Lado sulla base di un confronto tra L1 e lingua oggetto di studio, si possono enucleare aree di sovrapponibilità, che generano un transfer positivo e facilitano l’apprendimento, e aree di diversità, che generano un transfer negativo e sono di ostacolo per l’apprendimento. Il glottodidatta deve tradurre in opportune attività didattiche i risultati della comparazione. Natural Approach fondato sulle teorie di Krashen e Terrell, basato sulla distinzione tra acquisizione e apprendimento. Per Krashen lo sviluppo della competenza metalinguistica agisce e ha effetti esclusivamente sull’apprendimento. La verifica dell’apprendente si concretizza attraverso il monitor, la capacità di controllo e di eventuale autocorrezione, attivata solo in situazioni che consentono di progettare distesamente il messaggio (es. produzione scritta). CAPITOLO 7 LE COMPETENZE PER L’APPRENDIMENTO DELL’ITALIANO L2 Padronanza delle forme linguistiche padronanza degli usi Forme linguistiche processo (strategie necessarie per comunicare efficacemente) Questo duplice mutamento di prospettiva ha imposto un ribaltamento delle metodologie: da esercizi basati su attività di lettura e scrittura, si è passati ad attività finalizzate alo sviluppo integrato delle 4 abilità fondamentali. Modello di competenza secondo gli approcci comunicativi Competenza comunicativa Linguistica Extralinguistica -‐grammaticale -‐ sociopraagmatica-‐ testuale Consiglio d’Europa: tra gi obiettivi: l’integrazione fra i cittadini degli Stati membri e la diffuzione delle lingue per promuovere la coesione e il dialogo fra i popoli. 1971: Progetto lingue moderne: a una commissione di esperti viene affidato il compito di dare un nuovo impulso alla diffusione delle lingue comunitarie attraverso l’individuazione di obiettivi e metodi condivisi. Fra gli obiettivi del gruppo di lavoro la definizione del livello minimo (livello soglia) di conoscenze linguistiche necessarie a un particolare tipo di destinatario (cittadino europeo adulto) per sopravvivere, stabilire e mantenere contatti sociali con i parlanti di un paese straniero.
Competenza linguistica capacità di comunicare efficacemente nella lingua di studio attraverso lo sviluppo armonico delle 4 abilità primarie. È fondamentale la preliminare analisi dei bisogni comunicativi del discente come punto di partenza per la programmazione e la loro traduzione in opportuni obiettivi di apprendimento, intesi come unità discrete e capitalizzabili. A partire dall’analisi dei bisogni dei discenti si possono individuare le situazioni e gli atti comunicativi più rilevanti e a essi è possibile correlare le forme linguistiche adatte a esprimerli. Le situazioni comunicative possono essere raggruppate in una categoria sovraordinata: i domini, intesi come sfere d’azione o ambiti d’interesse relativi alla vita sociale. In relazione ai destinatari dei livelli soglia, i domini individuati come fondamentali sono 4: il gruppo dei pari, l’istruzione, le trattative commerciali, l’uso dei servizi pubblici. Sempre a partire dall’analisi dei bisogni, si possono individuare le nozioni più comuni che l’apprendente avrà necessità di utilizzare (nozioni generali, di ordine astratto, e nozioni specifiche, di ordine semantico, relative a settori specifici). L’insieme delle forme linguistiche abbinate agli atti comunicativi e alle nozioni determina il carico di lavoro: nel livello soglia italiano tale carico è di 1500 unità, intese sia come lessemi sia come liste di espressioni e frasi. le situazioni e gli scopi dell’agire linguistico diventano il perno della programmazione e le unità grammaticali e lessicali corrispondenti sono subordinate a essi. IL QUADRO COMUNE EUROPEO DI RIFERIMENTO PER LE LINGUE Primi anni Novanta: obiettivo à agevolare la cooperazione internazionale nell’ambito dell’educazione linguistica, fornire basi solide e condivise per la certificazione delle competenze, coordinare il lavoro di docenti, studenti, autori di corsi di lingue e responsabili delle istituzioni educative. Caratteristiche: essere aperto, dinamico e non dogmatico. Non deve abbracciare un metodo unico di insegnamento, escludendo gli altri. 1’ versione: su internet – 1996/ 2’ versione cartacea – 2001 Nel processo di apprendimento di una lingua sono incluse anche competenze generali, in quanto non si può scindere l’apprendimento della cultura da quello della lingua (le competenze generali fanno riferimento alla competenza culturale, che si realizza attraverso conoscenze dichiarative (sapere) e procedurali (saper fare), relative ad attività sociali, abitudini, organizzazione del tempo libero. à formazione di una competenza multiculturale. Competenza esistenziale (personalità, carattere); capacità euristiche e di studio (saper apprendere), un insieme di abilità cognitive e metacognitive. Le competenze linguistico-‐comunicative sono cosî suddivise nel QCDR: - LINGUISTICA - SOCIOLINGUISTICA (es. regole di cortesia, differenze di registro, varietà linguistiche) - PRAGMATICA (discorsivo, funzionale, pianificazione del testo) LIVELLI : (A, B, C) A1 Contatto A2 Sopravvivenza B1 Soglia B2 Progresso
C1 Efficacia C2 Padronanza Per gli scopi generali del QCER sono individuati 4 domini fondamentali: 1. Personale 2. Pubblico 3. Professionale 4. Educativo Modelli di competenza linguistica Proviamo a rappresentare l’evoluzione della nozione di competenza linguistica. I tre modelli sono immaginati come sottoinsiemi inclusivi e interdipendenti (la competenza comunicativa include quella grammaticale e le competenze generali e quella culturale affiancano e integrano quella comunicativa). Quello che cambia fra i tre modelli è il peso specifico dei contenuti linguistici in rapporto alle altre componenti: si ha la subordinazione dei contenuti linguistici agli obiettivi funzionali. Con il modello proposto dal QCER si assiste a una rivisitazione del concetto di competenza che vede nelle abilità linguistico comunicative solo una delle componenti in gioco nel processo di apprendimento linguistico. Competenza fonologico-‐ortografica qualsiasi attività di ricezione e produzione orale contribuisce allo sviluppo della competenza fonologica dell’apprendente. Le attività per il rinforzo della competenza fonologica e prosodica si basano principalmente sull’ascolto e sul riconoscimento di coppie di parole o brevi frasi scelte per richiamare l’attenzione su specifici suoni, accenti, intonazioni ( necessità di disporre in aula sussidi tecnologici). Le attività sulla pronuncia sono di norma centrate sugli aspetti fonologici, non su quelli fonetici. L’obiettivo di un insegnante di italiano per stranieri non è quello di offrire un modello di pronuncia standard, quanto soffermarsi: - sulle principali opposizioni fonologiche che caratterizzano il sistema dell’italiano al netto delle differenze regionali; - su opposizioni di difficile realizzazione per molti parlanti stranieri (intensità consonantica, o realizzazione di fonemi “marcati”); - distinzione tra vocali toniche aperte e chiuse, anteriori e posteriori; - la distinzione tra fricativa alveolare sorda e sonora in posizione intervocalica (s-‐z); - la distinzione tra affricata sorda e sonora in posizione intervocalica (ts-‐tz); Tra le ragioni del basso rendimento funzionale di queste distinzioni si ricorda: - danno luogo a coppie minime; - sono occultate dalla trascrizione grafica (i simboli grafici non consentono di distinguere l’apertura della vocale in bello, la sonorità o sordità della consonante di casa, chiesa, zio, zappa..); - non abbiamo nessuno strumento didatticamente utile per spiegare che la e di bello è aperta mentre quella di fresco è chiusa; - la loro pronuncia è caratterizzata da forte differenziazione regionale.
La componente prosodica è di solito piuttosto trascurata, anche nell’educazione linguistica dell’italiano L1. Pertanto, il docente di italiano L2 dovrà curare la distinzione fra le tre tonie fondamentali (conclusiva, sospensiva, interrogativa). Per quanto riguarda l’accento, curerà la capacità dell’apprendente di utilizzare in modo appropriato: - la corretta collocazione dell’accento fonetico; - le caratteristiche e i contesti d’uso dell’accento enfatico e contrastivo; - l’accento ortografico e le norme che ne disciplinano l’uso in italiano. Competenza grammaticale il dominio della grammatica per il QCER viene a coincidere in buona sostanza con la morfologia e la sintassi. I descrittori della correttezza grammaticale distinguono tra la capacità dell’apprendente di dominare un repertorio memorizzato di frasi e formule, e il loro graduale trasformarsi in conoscenze sistematiche. A fare la differenza tra efficacia C1 e padronanza C2 è la capacità di controllo grammaticale della propria produzione, indipendentemente dalle situazioni e dal livello di stress comunicativo. Alcune coordinate per la costruzione di un sillabo: - l’ordine di presentazione delle strutture dev’essere correlato ali obiettivi comunicativi e funzionali; - occorre costruire un sillabo a spirale, che dia la possibilità di ritornare in momenti diversi su differenti aspetti delle medesime strutture; - è necessario armonizzare le tappe dell’apprendimento formale a quelle di apprendimento spontaneo. Esistono delle sequenze acquisizionali dell’italiano, e “capire come avvenga l’apprendimento spontaneo è prioritario alla scelta di insegnamento che più efficacemente lo possa assecondare”. Manfred Pienemann: ipotesi di insegnabilità l’oridne di acquisizione naturale non può essere modificato dal percorso di apprendimento, quello che può fare l’istruzione formale è accelerare il passaggio da una fase della sequenza di apprendimento a quella successiva.; - eventuali dissimetrie tra ordine di acquisizione naturale e sequenza nel sillabo possono verificarsi nel caso in cui si debba fornire agli apprendenti strutture complesse che per la loro rilevanza funzionale siano necessarie in una fase precoce del corso, prima che l’apprendente sia pronto a riflettere sulla loro funzione interna al sistema linguistico. Occorre distinguere tra la presentazione di una struttura come item inanalizzato e la sua analisi linguistica (es. il presentarsi in tutte le prime unità dei manuali: richiede la coniugazione dei verbi pronominali, che in italiano è piuttosto complessa. In questo caso si presenta come elemento unico, da memorizzare). Tecniche didattiche per lo sviluppo della competenza grammaticale: le funzioni degli esercizi per la riflessione grammaticale sono 4: - scoprire le regole - verificare i limiti di applicabilità di una regola - interiorizzare le regole - riutilizzare le regole in fase produttiva
Per interiorizzare le regole si po’ ricorrere ai pattern dirll, perché premettono la fissazione della regola come abitudine automatica e irriflessa. Per riutilizzare le regole l’insegnante deve lavorare principalmente con esercizi di produzione guidata, orale e scritta (orale: role play, role taking, role making; scritta: si può partire dalla trasformazione di una sequenza di vignette in un testo narrativo per giungere alla produzione libera di un testo su un determinato argomento). Competenza lessicale capacità di padroneggiare le combinazioni di parole e le solidarietà semantico-‐sintagmatiche tra esse che si realizzano nella lingua di studio. Il linguaggio consiste in un lessico grammaticalizzato, non in grammatica lessicalizzata. Nello studio iniziale del processo di apprendimento spontaneo di una lingua si evidenzia la primarietà della componente lessicale, in quanto l’apprendente tende a processare tutto l’input a lui comprensibile come lista di elementi lessicali inanalizzati. Nel Lexical Approach si insiste sull’importanza dei chunks lessicali. I mattoni lessicali possono avere differenti dimensioni (dalla singola parola a espressioni fisse o idiomatiche. Possono essere costituiti da coppie di parole che co-‐occorrono stabilmente nella lingua di studio (es. prendere una decisione). I mattoni lessicali possono anche essere espressioni più o meno ampie, usate come demarcativi testuali. Nell’impianto del QCER la competenza lessicale e quella grammaticale sono considerate parti della competenza linguistica. I due parametri fondamentali individuati nel QCER per valutare la competenza lessicale son l’ampiezza (aspetto quantitativo) e la padronanza (aspetto qualitativo). La competenza lessicale comprende: - elementi grammaticali: parole appartenenti a classi chiuse - elementi lessicali: parole isolate, espressioni fisse. Termini lessicalmente pieni (classi aperte) e parole grammaticali (classi chiuse). (si stima che il vocabolario mentale di una persona adulta colta oscilli tra le 25.000 e le 50.000 parole). La competenza di una parola comprende proprietà di tipo: - semantico (le varie accezioni; gli usi figurati; gli usi connettivi – es. perbenismo, moralismo.. connotazione positiva o negativa, che si affianca al significato denotativo di base; le relazioni di significato con le altre parole - morfologico-‐derivativo (la capacità di creare le parole derivate a partire da una parola di base e di distinguere i processi di derivazione teoricamente possibili da quelli effettivamente praticati); - sintattico: es. regalare è un verbo che richiede 3 argomenti; Si ritiene che la conoscenza di 2000-‐3000parole corrisponda a un buon livello di competenza. In ogni caso, con il progredire della competenza generale la dimensione qualitativa assume un peso via via maggiore rispetto alla componente quantitativa. Per quanto riguarda le tecniche didattiche per lo sviluppo della competenza lessicale, il problema essenziale è la fissazione mnemonica, agevolata dalla contestualizzazione delle unità lessicali: si usano visualizzazioni accompagnate da immagini di campi lessicali omogenei o di riproduzioni che raffigurano una scena con l’indicazione degli elementi lessicali caratteristici di quel contesto. Quando si esce dal dominio delle parole isolate
bisogna prestare particolare attenzione alla spiegazione del significato e ad approntare opportune attività di riuso delle espressioni idiomatiche. Utili sono i diagrammi che evidenziano i rapporti associativi fra le parole. Si può ricorrere anche ad attività ludico-‐enigmistiche che stimolano il passaggio dalla definizione della parola cruciverba, indovinelli), la capacità di parafrasare un termine o l’arricchimento del lessico a partire da attività concentrate sul significante (anagrammi, scarti, cambi, zeppe). Dovrebbe poi essere parte integrante del percorso di sviluppo della competenza lessicale, l’addestramento all’uso autonomo del dizionario. Competenza sociolinguistica capacità di gestire la comunicazione in relazione alla dimensione sociale. (differenza di registro-‐ particolare modalità di realizzazione del codice, in relazione alla situazione molto formale, formale, neutro, informale, familiare, intimo). La competenza sociolinguistica si realizza nella capacità di padroneggiare specifiche aree dell’interazione linguistica. Ai livelli iniziali dell’insegnamento (fino al B1) è opportuno concentrarsi sul registro neutro (quello che i parlanti nativi usano tra loro in condizioni diafasiche non marcate e quello che si aspettano di udire da un parlante straniero). Massima cautela le differenze di registro sono difficili da dominare anche per i parlanti nativi. Solo dal B2 interviene la competenza di registro. La competenza sociolinguistica comprende anche la capacità di riconoscere i principali marcatori linguistici, cioè quegli usi che consentono di identificare la provenienza regionale, la classe sociale, l’ambiente lavorativo del parlante. Tra questi: - elementi prosodici (intonazione e accento); - elementi morfologici (es. uso di ‘codesto’ in Toscana); - elementi sintattici (es. uso di passato remoto da parte dei parlanti settentrionali); - elementi lessicali. Competenza pragmatica il QCER ribadisce l’assoluta centralità della capacità dell’utente di usare testi per portare a termine i compiti linguistici attraverso opportune strategie. La comunicazione e l’apprendimento implicano l’esecuzione di compiti che non sono esclusivamente linguistici. Questi compiti richiedono l’impiego di strategie di comunicazione e di apprendimento. Nella misura in cui, per portarli a termine, si ricorre ad attività linguistiche, è necessario un trattamento di testi, orali o scritti. C.p.; capacità dell’utente di concepire, strutturare e adattare al contesto i propri messaggi (competenza discorsiva), i quali sono usati per realizzare funzioni comunicative (competenza funzionale) e sono progettati tenendo conto di copioni interazionali codificati (competenza di pianificazione). Generi vs tipi testuali i tipi testuali sono entità astratte e poco soggette alla variazione interlinguistica. I generi testuali sono le realizzazioni concrete dei tipi testuali nelle varie epoche e nelle diverse tradizioni culturali. Nel modello proposto dal QCER la capacità di concepire, strutturare e realizzare i testi si fonda sull’integrazione di abilità riferibili a tre livelli: le microfunzioni (atti comunicativi), le macrofunzioni (descrizione, narrazione, commento, esposizione, interpretazione, spiegazione, dimostrazione, istruzioni, argomentazione, persuasione..), gli schemi interazionali. La competenza pragmatica prevede anche la capacità di usare appropriatamente gli schemi interazionali sottesi alle varie modalità di scambio comunicativo codificate in una
lingua/cultura. Tali schemi interazionali costituiscono una sorta di copioni che pongono l’utente in grado di gestire efficacemente le interazioni comunicative, dalle più semplici alle più complesse. Tipi testuali: -‐ testi orali (es. annunci pubblici, istruzioni, discorsi pubblici, lezioni, esposizioni, riti, notizie radio,..); -‐ testi scritti (ibri, giornali, volantini, insegne,..) L’analisi dei testi e le relative applicazioni didattiche si fondano su due piani: 1 le caratteristiche costitutive di un testo, indipendenti dal tipo (per esempio le regole che governano la coerenza e la coesione); 2 le caratteristiche di un determinato ipo di testo (per esempio l’uso dei tempi e odi verbali varia in un testo narrativo, descrittivo, regolativo). CAPITOLO 8 QUALE ITALIANO INSEGNARE? Complessità sociolinguistica dell’italiano. È fondamentale per l’insegnante di italiano L2 evitare l’eccessivo scollamento tra la lingua utilizzata in aula e quella effettivamente presente nelle situazioni comunicative quotidiane. ● Fin dagli esordi 500eschi, forte divario tra i modelli ideali e gli usi concreti; ● Insegnamento dell’italiano nella scuola postunitaria, imperniato sull’addestramento alla lingua scritta e in genere distante dalle esigenze comunicative concrete dei discenti; ● Primi anni ’70: esigenza di un rinnovamento degli obiettivi e delle pratiche di insegnamento. Il nuovo approccio all’insegnamento della lingua doveva essere fondato sull’armonico sviluppo delle 4 abilità fondamentali e sull’attenzione alle diverse varietà del repertorio. … lo sforzo didattico dei docenti della scuola deve oggi concentrarsi su rinnovate basi metodologiche, sull’insegnamento delle varietà ormali, non avendo lo studente molte occasioni di confrontarsi con modelli elaborati di lingua al di fuori dell’istruzione scolastica. Secondo il linguista rumento E. Coseriu, nella descrizione di una lingua bisogna distinguere 3 livelli di analisi: il sistema, la norma, e l’uso (tripartizione che puô essere intesa come ampliamento della dicotomia saussuriana langue/parole). Norma degli utenti o norma sociale. Luca Serianni: mentre il sistema ha una sua validità potenziale, la norma può essere individuata solo concretamente. (G. Nencioni: la norma è dentro i testi e i discorsi dei parlanti). La comunità dei parlanti esercita un’azione normativa pur in assenza di un controllo dall’alto e finisce con l’orientare il cambiamento linguistico. Oscillazioni nell’uso è necessario che una solida conoscenza delle regole e degli usi della lingua italiana e delle principali dinamiche di variazione sociolinguistica facciano parte del bagaglio formativo del docente di italiano L2. Nel QCER la progressiva padronanza dei registri in relazione al contesto della comunicazione viene presa in considerazione a partire dal livello B2. . . Non è del tutto agevole individuare una varietà di lingua neutra, priva di connotazioni regionali, sociali o istituzionali. Caratteristiche di una varietà standard: l’elaborazione di una varietà standard deriva da un processo di selezione. Si può sviluppare il modello comune a partire da una tra le varietà usate in un preciso momento storico o costruire una koinè frutto della commistione di varietà diverse. Alla selezione del modello seguono la codificazione grammaticale a opera di singoli autori o istituzioni a ciò deputate, l’allargamento a una più ampia base di utenti e l’estensione delle funzioni. La nozione di standard può dunque essere usata in almeno 3 accezioni: 1. standard normativo: varietà di lingua, codificata dalle grammatiche e dai dizionari; 2. standard statistico: varietà di lingua più diffusa in una comunità di parlanti; 3. standard sociologico: modello interiorizzato dalla maggioranza dei componenti di una comunità. Ristandardizzazione progressiva accettazione nella lingua parlata e poi in quella scritta di fenomeni a lungo considerati scorretti. Le forze determinanti sono perciò i cambiamenti nella norma interiorizzata dai parlanti, l’atteggiamento dei grammatici di fronte ai casi di confine tra accettabilità e non accettabilità di un fenomeno. A livello orale è problematico individuare una varietà comune priva di caratterizzazioni geografiche. In sintesi, il quadro delle tendenze in atto nell’italiano contemporaneo: - dicotomia piuttosto marcata fra un polo di espressione formale e un polo di espressione informale; - lessico, fonologia e intonazione ancora piuttosto sensibili alla variazione geografica; - nella lingua parlata opera la tendenza alla semplificazione paradigmatica; - tendenza alla ristandardizzazione (nello scritto e nel parlato); - diminuzione del tasso di normatività delle grammatiche; - maggiore tolleranza dei parlanti nei confronti di alcuni fenomeni del neostandard. **È difficile immaginare il confine tra usi corretti e usi scorretti come una linea netta. Questa mutata sensibilità comporta il fatto che un determinato uso sia considerato accettabile in alcuni contesti e non accettabile in altri. ** à progressivo avvicinamento tra l’italiano delle grammatiche e quello dell’uso, dando luogo a una zona di intersezione (l’italiano comune). In tale area possiamo al momento individuare un esempio concreto di quella varietà neutra che il QCER individua come fulcro dell’azione didattica. (vedi libro da p238 a p245) CAPITOLO 9 PROGETTAZIONE E PROGRAMMAZIONE DIDATTICA La progettazione dell’azione didattica costituisce una componente essenziale e integrante dell’insegnamento. Un minimo grado di progettualità è sempre alla base dei materiali presentati e delle attività proposte. L’insegnante deve estendersi all’intero percorso di
insegnamento, di cui le singole lezioni fanno organicamente parte → ricerca di metodi idonei per organizzare corsi e sistemi educativi. La definizione del sillabo costituisce solo una parte dell’attività di progettazione didattica, che comprende anche l’individuazione degli obiettivi, la scelta dei materiali, dei sussidi e delle procedure operative che ne permettono il conseguimento. (progettare un corso di apprendimento = che cosa insegnare, come farlo, a quale scopo). Curricolo = insieme delle decisioni prese per pianificare, organizzare, implementare, e valutare un progetto di insegnamento, che comprende la definizione di un programma (mete e obiettivi da conseguire), l’elaborazione di un sillabo. Curricolo in ambito scolastico = percorso seguito dallo studente in un ordine di scuola / = percorso formativo offerto da un’istituzione scolastica per una disciplina specifica. Balboni: sono componenti dell'attività curricolare l’individuazione dei fini e degli obiettivi di apprendimento, la selezione dei materiali e dei mezzi per realizzare l’insegnamento. Programmazione → secondo livello dell'attività di pianificazione. Programmare = strutturare il percorso di apprendimento in unità, moduli. Altri autori si riferiscono a questo 2 livello col termine progettazione. Duplice articolazione dell'attività di progettazione di un percorso di apprendimento -‐-‐> primo livello: strutturazione dell’azione didattica (macroprogettazione); attività di definizione delle finalità formative e degli obiettivi di apprendimento (programmazione); secondo livello: microprogettazione (definizione di come deve essere organizzato l’insegnamento sul piano operativo, affinché si promuova l’apprendimento). A questo livello vengono precisati le modalità di presentazione dei materiali, le tecniche da utilizzare per lo sviluppo delle diverse abilità e l’acquisizione delle conoscenze previste, le procedure da impiegare per promuovere l’interazione comunicativa in classe. Questi 2 livelli di articolazione sono realizzati in 3 momenti diversi: 1. elaborazione da parte del collegio dei docenti del POF: viene definita l'identità dell’istituto scolastico, vengono delineate le scelte culturali, didattiche e organizzative, identificate le finalità formative e gli strumenti per conseguirle, indicati i criteri di monitoraggio e autovalutazione. 2. La macroprogettazione del percorso didattico viene completata in un secondo momento, in cui sono stabiliti dal Consiglio di classe, interclasse e di intersezione, gli obiettivi didattici trasversali, pluridisciplinari e disciplinari. 3. microprogettazione della dimensione operativa dell'azione didattica. L’italiano L2 è oggi insegnato in una pluralità di contesti. Nell'insegnamento linguistico le finalità di un progetto didattico assumono una valenza educativa. Il QCER indica le mete da conseguire con l'insegnamento delle lingue, le quali consistono nello sviluppo del plurilinguismo e del pluriculturalismo. Il plurilinguismo non coincide con il multilinguismo: l’approccio plurilingue pone l’accento sul concetto di integrazione. La conoscenza di una lingua è parziale perfino quando si tratta di lingua madre o nativa. nessuno ha una padronanza equilibrata delle diverse componenti di una lingua. Alle finalità indicate dal QCER si affiancano finalità istituzionali, formulate a livello ministeriale e non localmente da ogni singolo istituto, perché rispecchiano le necessità generali della società. (es.valorizzazione della diversità e dell identità linguistico culturale).
Modelli di progettazione didattica → è possibile ricondurre le diverse metodologie progettuali a due matrici: quella con andamento lineare e quella con struttura reticolare. lineare: concezione dell’apprendimento come un processo di accumulazione progressiva di conoscenze e abilità. Il percorso didattico ha dunque una struttura sequenziale e segmentabile. (matrice comportamentista) reticolare: l’apprendimento è un processo di scoperta, costruzione personale della conoscenza, che si realizza percorrendo itinerari costellati da nodi interconnessi, raggiungibili da ciascun apprendente seguendo tragitti diversi. La progettazione per obiettivi costituisce il modello maggiormente utilizzato. Qualsiasi modello di progettazione non può prescindere dall’individuazione degli obiettivi che si intendono conseguire con l’azione formativa. Mager (1978) precisa che la buona formulazione di un obiettivo deve dare risposta a tre domande: 1. che cosa lo studente deve essere in grado di fare 2. avendo a disposizione che cosa 3. con quale grado di accuratezza Inoltre, gli obiettivi devono essere disaggregabili in sotto-‐obiettivi, ossia in capacità parziali che consentono di acquisire abilità più complesse (concezione gerarchica degli apprendimenti → obiettivi generali, intermedi e finali). Dalla definizione degli obiettivi dipendono le scelte relative alla selezione e alla progressione dei contenuti di insegnamenti, cioè agli elementi linguistici da inserire nel sillabo e alla loro sequenziazione. Ogni progetto didattico e un'ipotesi di lavoro , elaborata e da realizzare. Ciò comporta un costante adattamento alle condizioni di insegnamento. Nelle progettazioni realizzate oggi, gli obiettivi sono definiti in termini di competenze, cioè di capacità di usare consapevolmente ed efficacemente conoscenze, abilità, motivazioni e atteggiamenti per effettuare prestazioni orientate al conseguimento di uno scopo. La nozione di competenza si estende alla padronanza dei processi mentali che sono alla base dell’esecuzione. La competenza implica il ‘saper essere’ dell’individuo. Le decisioni relative agli obiettivi da includere nel programma di apprendimento non possono prescindere da considerazioni sui bisogni degli apprendenti. Progettazione per sfondi integratori → si fonda sul principio gestaltico, secondo il quale le nostre percezioni costituiscono un'unità strutturata, in cui il rapporto tra le diverse parti è colto unitariamente in relazione a un contesto. lo sfondo integratore fornisce un contesto, che permette di vedere la realtà esterna in una determinata prospettiva , di costruire un’immagine complessa e di metterla in relazione con la realtà interna al soggetto apprendente. lo sfondo ha una valenza motivazionale, stimolando il bambino alla scoperta. Nella progettazione per sfondi integratori si ricorre a tre tipi principali di sfondi: -‐ sfondo metaforico, che permette ai bambini di ristrutturare il significato di una situazione problematica, introducendo attraverso una metafora una prospettiva diversa di osservazione; -‐ sfondo narrativo, ossia una storia entro la quale si collocano e acquisiscono significato i diversi compiti di apprendimento. è quello maggiormente utilizzato; -‐ sfondo di simulazione di contesti, che consiste nella riproduzione in scala di un ambiente particolare, attraverso cui stabilire connessioni tra le diverse attività, riconducendole a un quadro di riferimento spaziale.
Nella progettazione per sfondi integratori gli obiettivi di apprendimento sono individuati in relazione a diversi campi di esperienza e conseguiti attraverso percorsi esperienziali non lineari, che coinvolgono attivamente il bambino, lasciandolo libero di seguire i propri ritmi e di descrivere il proprio itinerario (tenendo conto delle caratteristiche individuali). La forma di verifica è l’osservazione sistematica dei bambini nel corso delle attività didattiche, in modo che si possa giungere alla riflessione e alla valutazione delle competenze sviluppate e del percorso realizzato. Ogni bambino conserva materiali esemplificativi delle attività svolte e delle esperienze compiute. Progettazione per compiti (task based) àdi tipo reticolare. Basato su compiti, cioè su attività che implicano l’uso della lingua (es. compilare una tabella in base alle informazioni contenute in un testo). Task: compito, attività da realizzare in classe, in cui la lingua è usata con scopo comunicativo. L’apprendimento è il risultato del ricorso a meccanismi naturali di acquisizione. Il compito è l’unità di base delle scelte da operare sul paino pedagogico nella pianificazione di interventi didattici. Sono individuabili tre orientamenti nella selezione di compiti al fine della costruzione di un percorso di apprendimento. Il primo ritiene che i compiti debbano essere scelti a partire dalle forme linguistiche, il secondo orientamento considera prioritaria per la selezione dei compiti la connessione con il mondo reale, che consente l’attivazione della negoziazione dei significati. Il terzo orientamento sostiene l’importanza della naturalezza del compito, ma riconosce il ruolo svolto dal focus, cioè dall’attenzione rivolta alle forme linguistiche, nello sviluppo dell’interlingua. Occorre prevedere segmenti più ampi di progettazione costituiti da sequenze di compiti. Una volta che i compiti sono stati selezionati ed è stata ideata una sequenza, è necessario volgere l’attenzione alle scelte operative, relative all’articolazione del compito (pre task, post task). La fase di preparazione conduce gradualmente allo svolgimento del compito. Le attività della fase di post task hanno la funzione di guidare lo studente alla riflessione linguistica. È importante attuare cicli di monitoraggio, che implicano l’autocontrollo e l’autovalutazione degli studenti e mirano a individuare gli apprendimenti effettivamente realizzati. Fasi della progettazione didattica Qualunque si a il modello di progettazione adottato, vanno considerati: la situazione in cui si realizza il corso, i bisogni degli apprendenti, la definizione del sillabo (l’insieme dei contenuti linguistici, pragmatici, sociolinguistici e culturali), il sistema di verifica da adottare per monitorare il processo di apprendimento e accertare che gli obiettivi siano stati conseguiti. Una volta terminata la pianificazione del percorso à microprogettazione: definizione delle modalità operative tramite cui conseguire gli obiettivi individuati. La fase conclusiva della progettazione è costituita dalla costruzione delle unità didattiche, dei nuclei progettuali, dei singoli task che devono essere presentati in classe o dei Learning Object da implementare su una piattaforma per la formazione a distanza.
Sul piano del contesto operativo nel quale si realizza il corso di italiano, devono essere prese in esame variabili quali: -‐ specificità dell’istituzione in cui il corso viene tenuto; -‐ durata complessiva dell’intervento didattico e scansione degli incontri -‐ disponibilità di mezzi tecnologici -‐ caratteristiche degli spazi in cui si tengono le lezioni Queste variabili, entro una certa misura, possono essere modificate, mentre quelle legate all’utente costituiscono precondizioni da cui la progettazione del percorso didattico deve muovere (es. l’ambiente socioculturale degli apprendenti, + età degli allievi, il livello di competenza linguistico-‐comunicativa, l’eventuale conoscenza di lingue straniere e la precedente esperienza di scolarizzazione. Non si può progettare il corso di italiano senza raccordarlo con quello di altre lingue. Il QCER raccomanda di non procedere a progettazioni separate per ciascuna lingua. Bisogno di chi apprende àpunto di partenza per la specificazione degli obiettivi di apprendimento. Due tipologie di bisogni: soggettivi: necessità relative ai singoli apprendenti; oggettivi: derivati dagli scopi e dalle mete per cui la lingua viene appresa. L’identificazione dei bisogni può essere effettuata tramite questionari o interviste. L’analisi dei bisogni può essere condotta a vari livelli di generalità, al fine di: circoscrivere i domini entro i quali l’apprendente userà la lingua per partecipare a situazione di comunicazione; identificare i tipi di situazione a cui prenderanno parte; individuare l’organizzazione dell’informazione e le forme linguistiche impiegate nei tipi di testi e discorsi che dovranno essere in grado di comprendere e produrre. I bisogni da soddisfare con l’intervento didattico riguardano le competenze generali dell’individuo, il suo sviluppo cognitivo, la sua consapevolezza interculturale e la sua capacità di apprendere le lingue. La definizione del sillabo à la selezione delle forme linguistiche da far rientrare nel sillabo può essere operata sulla base delle indicazioni fornite dall’analisi dei bisogni, che consentono di restringere gli elementi da includere come contenuti del corso. Dall’analisi dei bisogni possono essere tratte indicazioni anche per la sequenziazione dei contenuti. L’ordine di presentazione può essere correlato agli obiettivi: viene presentato prima ciò che risulta maggiormente funzionale ai fini comunicativi nei tipi di situazione a cui gli studenti intendono prendere parte. “Sillabi proposizionali” – in questa categoria si collocano i sillabi formali, organizzati secondo criteri linguistici e volti soprattutto al raggiungimento dell’accuratezza nella produzione, e i sillabi funzionali, che selezionano e sequenziano i contenuti in relazione alle esigenze linguistiche degli apprendenti. Sillabi procedurali – costruiti secondo categorie linguistiche e le decisioni inerenti i contenuti e l’organizzazione sono prese dall’insegnante. Sillabi processuali – l’apprendente è coinvolto nel processo decisionale relativo al corso di lingua. Questi sono sillabi basati sulla negoziazione tra docente e studenti delle decisioni relative al corso di lingua. L’elaborazione del sillabo processuale non può essere realizzata con tutti i profili di apprendenti.
Verifica – ogni progetto didattico per essere completo deve prevedere la definizione degli strumenti di verifica che saranno adottati, i criteri di valutazione ai quali si farà riferimento e gli indicatori di monitoraggio che saranno considerati rilevanti. Nella progettazione per sfondi integratori la forma di verifica adottata è quella del test diffuso, cioè dell’osservazione sistematica dei bambini durante lo svolgimento delle attività didattiche. Accanto alla verifica eterodiretta dell’insegnante, assume un ruolo preminente l’autovalutazione da parte dell’allievo. Progettazione di percorsi di apprendimento online – la progettazione dell’intervento didattico nella formazione a distanza costituisce un requisito imprescindibile. L’insegnamento della lingua online avviene in larga parte con l’ausilio di strumenti tecnologici di comunicazione asincrona – ambiente di apprendimento virtuale. Ciò non significa che non possono essere apportate modifiche in corso di svolgimento, ma le correzioni devono essere ridotte al minimo. -‐ scelta dell’infrastruttura tecnologica; -‐ caratteristiche dell’ambiente di apprendimento à può essere pensato con gradi diversi di interattività e possono essere privilegiate forme diverse di comunicazione (la comunicazione uno a uno tra docente e studente, quella uno a molti del docente che si rivolge al gruppo o alla classe virtuale, quella molti a molti degli studenti che collaborano allo svolgimento di attività); -‐ individuazione delle figure che intervengono nei processi di progettazione, produzione ed erogazione del corso e i compiti loro assegnati il ruolo della verifica. Nella formazione in presenza la fase di progettazione è individuale, mentre in quella a distanza è un lavoro di équipe, che coinvolge più figure professionali (progettista didattico – stesura del progetto; i realizzatori di materiali didattici; l’information broker – che ricerca risorse di rete da collegare tramite link ai materiali del corso; il docente esperto di insegnamento dell’italiano, che gestisce l’erogazione del corso; il tutor – moderatore; il personal trainer – che gestisce le interazioni uno a uno con gli studenti) à alcune di queste figure possono essere gestite da una stessa persona. CAPITOLO 10 MODELLI OPERATIVI Microprogettazione à pianificazione dei segmenti in cui si articola il macropercorso ideato dal docente. Unità di lavoro à iperonimo in grado di comprendere ogni forma di apprendimento guidato (condivisione degli sforzi da parte di entrambe le componenti dell’intervento – il lavoro del docente e dei suoi allievi). Le principali tappe dei modelli operativi adottati fino ad oggi nel campo dell’insegnamento della seconda lingua: -‐ lezione: dal verbo latino legēre, e rimanda alla lettura ex catedra (vaso pieno del docente – vasi vuori degli allievi, da riempire con le conoscenze del docente).
I manuali di lingua straniera più direttamente derivati dal concetto di lezione presentano un percorso a tappe di tipo deduttivo, che parte dalla regola grammaticale, ne mostra gli esempi e procede con esercizi e letture, per poi concentrarsi sul lessico. Il formato della lezione è entrato in crisi nel momento in cui si sono affermate nuove teorie sulla lingua e sull’apprendimento. In realtà la lezione è ancora fortemente radicata in innumerevoli contesti di apprendimento guidato , perché è particolarmente congeniale nell’insegnamento in presenza quando: -‐ la classe è composta da un gruppo numeroso di persone con competenze omogenee e obiettivi comuni; -‐ l’insegnamento delle altre discipline adotta questo modello; -‐ il docente non di madrelingua non dispone della fluenza orale necessaria a coinvolgere la classe in attività realizzate esclusivamente nella lingua di apprendimento; -‐ il docente (di madrelingua e non) si pone l’obiettivo di fornire spiegazioni in maniera strutturata, sintetica e ragionata; La dimensione frontale dell’insegnamento viene però a caratterizzare anche contesti di apprendimento guidato a distanza quando: -‐ l’insegnamento avviene in videoconferenza; -‐ l’insegnamento si basa su videoregistrazioni da trasmettere in tempi e con modalità diverse; -‐ l’interazione online viene gestita da un tutor che fornisce soprattutto feedback collettivi sotto forma di interventi scritti rivolti a tutto il gruppo degli studenti che appartengono alla classe virtuale; Il formato della lezione presenta vari limiti, tra cui quello di non poter fornire quell’input interattivo e modificato (nell’approccio della didattica delle lingue moderne di tipo comunicativo). Nella letteratura specialista del settore è quasi scomparso ogni riferimento alla lezione come formato didattico attuale e applicabile con successo alle lingue moderne in classe. Se per lezione si intende un’unità di tempo, è possibile recuperare in un’accezione meno limitativa questo termine, per indicare le scelte operative del docente in relazione alla gestione della classe, ai testi da proporre e alle tecniche didattiche per utilizzarli. à La lezione (o incontro/lezione) indica l’incontro interattivo tra docente e allievi in classe, ne;;’ambito di un progetto formativo. -‐ unità didattica: anni Ottanta – teoria della gestalt (descrive la percezione come globalità-‐analisi-‐sintesi). Le teorie gestaltiche affermano l’esistenza di processi mentali innati che organizzano la percezione in unità coerenti che il soggetto individua in base alle loro caratteristiche comuni. Una forma (in tedesco ‘gestalt’) è considerata un’organizzazione che non può essere ricondotta alla somma degli elementi che la costituiscono.(es. vado di Rubin à si possono vedere alternativamente un vaso o due profili: l’interpretazione mentale non può basarsi solo sulle singole parti, ma deve considerare l’insieme, alternando cosí le possibili interpretazioni visive). Modello di unità didattica, ideato da G. Freddi negli anni Sessanta – il tempo dedicato al raggiungimento degli scopi dell’UD si dilata oltre l’incontro con il docente e va a coinvolgere anche le attività extrascolastiche. L’UD si articolerà nelle 3 fasi fondamentali di un approccio olistico e induttivo al testo e ai materiali didattici:
-‐globalità: comprensione generale dell’argomento (esplorazione del cotesto e del paratesto); -‐analisi: esplorazione del testo nelle sue caratteristiche linguistiche , testuali, pragmatiche, culturali; -‐sintesi: attività di reimpiego delle strutture e dei contenuti incontrati nel testo (esercizi di manipolazione o ripetizione), allo scopo di fissare o di riutilizzare creativamente i contenuti linguistici e culturali analizzati); Queste tre fasi sono precedute da una fase iniziale di motivazione (attività di brainstorming per elicitare conoscenze già possedute dagli allievi) e sono seguite da una fase finale di riflessione (si sistematizzano i fenomeni) e controllo (il docente verifica se gli obiettivi glottodidattici prefissati sono stati raggiunti e in caso affermativo si passa all’UD successiva). Danesi (italianista) à UD bimodale: gli esseri umani elaborano i messaggi utilizzando le diverse modalità che caratterizzano i due emisferi cerebrali: quello destro percepisce meglio il contesto del messaggio piuttosto che i singoli elementi al suo interno; l’emisfero sinistro percepisce meglio i singoli elementi. Quando il soggetto entra in contatto con uno stimolo nuovo attiva inizialmente le modalità dell’emisfero destro, poi intervengono le modalità dell’emisfero sinistro, infine si attiva la fase intermodale, in cui entrambi gli emisferi entrano in gioco per utilizzare in maniera autonoma le informazioni derivate dallo stimolo. UD – modello potente e di facile applicazione, ma presenta anche dei limiti: -‐ riflette soprattutto la prospettiva del docente; -‐ la realizzazione delle sue varie fasi si rivela spesso di rigida applicazione; -‐ non è applicabile facilmente nel caso di realtà di insegnamento caratterizzate dall’oscillazione delle presenze; Il modello dell’UD resta valido nella misura in cui: -‐ mette a fuoco a necessità di tenere conto dei processi mentali implicati nell’acquisizione/apprendimento della L2; -‐ rende conto del fatto che l’acquisizione della l2 non avviene solo nell’incontro con il docente, ma ha bisogno anche di attività di lavoro autonomo o da svolgere in contesto extrascolastico; -‐ contiene in sé l’idea del carico di lavoro documentabile. Nel suo saggio sull’italiano L2 nella prospettiva del QCER, Vedovelli parla di modelli operativi: si afferma il concetto di unità didattica centrata sul testo, inteso come unità fondamentale della comunicazione. Il testo, o input testuale, offre modelli di lingua, esempi di usi comunicativi, di variabili sociolinguistiche e pragmatiche, di generi e tipologie testuali; fornisce occasioni di analisi e stimoli per la discussione, fornisce occasioni di analisi, esercitazione e riflessione di tipo metalinguistico e metaculturale. Ogni messaggio che si produce in classe entra a far parte di una rete di interazioni orali e scritte che rappresentano per gli allievi terreno di coltura per lo sviluppo della propria interlingua. -‐ Unità di apprendimento àunità minime, da non confondere con le unità didattiche, che sono composte spesso da varie unità di apprendimento. L’unità minima può durare da pochi minuti a un’ora.
Attraverso le attività in classe, nelle fasi di analisi, sintesi, riflessione, si attivano quelle UDA che costituiscono i fenomeni mentali del processo che ogni studente realizza a modo proprio, riorganizzando i saperi precedenti in base alle nuove conoscenze e competenze acquisite. Le attività di analisi-‐sintesi-‐ riflessione guideranno queste UDA verso la trasformazione dell’input in intake e quindi in una nuova competenza. Le UDA non sempre si attivano secondo la sequenza prevista dal docente, che può solo sollecitarle. Il modello fondamentalmente deterministico dell’UD viene sostituito dal modello non deterministico dell’UDA, in cui una serie di variabili è legata al docente, ma in cui sono fondamentali anche i fattori individuali degli apprendenti. -‐ i Learning Object – l’idea nasce in campo informatico ed è basata su componenti (object) indipendenti l’uno dall’altro, che possono essere riassemblati in modo diverso e riutilizzati in contesti nuovi, secondo nuove esigenze di apprendimento. In informatica un LO è un vero e proprio oggetto riutilizzabile per l’apprendimento. (riutilizzabile, rintracciabile, composta da un certo numero di pagine web che combinano testi, immagini, e altri media audiovisivi). Si definisce LO ogni entità digitale o non digitale che può essere riutilizzata, o indicata come riferimento durante l’apprendimento supportato dalle nuove tecnologie. Si tratta di una risorsa didattica: -‐ modulrae (cioè autonoma e indipendente); -‐ digitale (erogabile anche a distanza); -‐ condivisibile (utilizzabile da più piattaforme e in diversi formati); -‐ facilmente reperibile o rintracciabile in rete; -‐riutilizzabile Più LO, collegati fra loro secondo sequenze diverse, permettono di costruire percorsi di apprendimento personalizzati e di rispondere ai bisogni di ogni utente senza costi aggiuntivi. Disporre di una serie di LO può rappresentare un utile sussidio all’apprendimento spontaneo o guidato della L2: può trattarsi di una serie di icone su cui cliccare per ottenere il nome o la descrizione dell’immagine, di un filmato con trascrizione del dialogo e domande di comprensione, di un testo con attività specifiche per un determinato obiettivo di apprendimento. -‐ il Modulo à dalla fine del XX secolo (dal latino modulus – modus = misura). È una parte significativa, altamente omogenea ed unitaria, di un più esteso percorso formativo, disciplinare o pluri, multi, interdisciplinare programmato. Per modulo si intende un percorso tematicamente organico che, per esempio in ambito storico o filosofico, può riguardare un periodo o una corrente di pensiero accomunati da determinati eventi o caratteristiche. Le se specificità: -‐ -‐ autonomia: sezione autosufficiente di un insieme di contenuti; -‐ flessibilità: un modulo più essere composto da più UD; -‐ raccordabilità: la successione fra moduli può essere obbligata o opzionale; -‐ complessità: un modulo deve basarsi su ambiti comunicativi complessi; -‐ valutabilità: un modulo deve essere valutabile nel suo complesso o nelle sue parti. -‐ -‐Unità di lavoro à micropercorso di apprendimento guidato, unitario, in sé concluso, valutabile, accreditabile. Si sviluppa in 3 fasi sequenziali: introduzione, svolgimento,
conclusione. Possiamo usare UDL come iperonimo di unità didattica, unità didattica bimodale, unità di apprendimento, unità didattica centrata sul testo. -‐UDL come lavoro condiviso (idea di negoziazione degli obiettivi e dei odi per raggiungerli à importanza dell’equilibrio fra il lavoro del docente e quello dell’apprendente). -‐UDL come percorso unitario e in sé concluso; -‐UDL come realizzazione progettuale: il docente dovrà selezionare le attività più adatte al contesto, decidendo il modo in cui suddividere l’UDL o aggregarla ad altre. Di questa dimensione progettuale fanno parte le scelte relative a : • formati didattici e gestone della classe; • sfruttamento dei testi; • organizzazione delle attività e dell’interazione; • costruzione dei materiali didattici; • progettazione e/o sfruttamento dei LO per l’autoapprendimento; • controllo delle attività per il raggiungimento degli obiettivi; • input, feedback e gestione dei processi psicocognitivi; -‐ UDL come valorizzazione dell’apprendimento guidato. Il docente deve fare la differenza (tra apprendimento spontaneo e guidato) attraverso: • L’incontro con il testo ottimizzato grazie a specifici strumenti linguistici e cognitivi per analizzarlo; • Un percorso induttivo guidato dal docente; • Una progettazione gestita responsabilmente dal docente; • L’attenzione rivolta all’apprendente e alle sue caratteristiche individuali. È possibile prevedere la sua realizzazione almeno in tre formati basati sull’interazione fra docente e allievi: 1. il formato dell’incontro/lezione 2. il formato dell’unità didattica 3. il formato del modulo Per garantire l’unità logica dell’UDL è indispensabile l’organizzazione in tre momenti sequenziali: 1. fase di introduzione/motivazione/attivazione/organizzazione preventiva 2. fase di svolgimento; 3. fase di conclusione (output comunicativo degli studenti). L’apprendimento orientato all’azione rappresenta la via preferita dal QCER nell’ambito dell’approccio comunicativo. CAPITOLO 11 COMUNICAZIONE DIDATTICA E GESTIONE DELLA CLASSE L’apprendimento guidato di una lingua non materna non può ridursi alla sola trasmissione del sapere metalinguistico o all’analisi consapevole del funzionamento della lingua e della cultura. Le interazioni che avvengono nel contesto della classe rappresentano un microcosmo di socialità con funzioni e regole di comportamento precise.
Classe à luogo fisico in cui avviene l’apprendimento guidato (‘grupo classe’). Contesto di scambi sociali che i soggetti sviluppano in rapporto a un generale intento di apprendimento. -‐ organizzazione dei flussi di parlato -‐ si può considerare l’interazione in classe come un insieme di relazioni potenziali. A livello qualitativo si possono alternare momenti di interazione asimmetrica (es. il docente che spiega) a momenti di interazione fra pari o con tipi di asimmetria diversi. A livello quantitativo si possono verificare tempi diversi di gestione dei turni di parola. Castellani à il docente può organizzare la lezione in base a tre modelli: -‐ -‐ a stella: lezione frontale, monologo del docente e intervento degli studenti con presa di parola non libera; -‐ a reticolo: interazione collettiva con presa di parola libera da parte del docente e degli studenti; -‐ a isolotti: lavori di gruppo e intervento del docente solo su richiesta degli studenti. L’interazione nella classe di L2 secondo i diversi approcci glottodidattici Il formato didattico scelto dal docente comporta delle conseguenze sulla densità comunicativa. Il tipo di interazione in classe cambia anche in base all’approccio metodologico adottato dal docente. Silent Way à il docente tende a restare in silenzio per favorire a produzione dello studente. La Suggestopedia, al contrario, punta molto sul potere evocativo w suggestivo della voce del docente, fortemente modificata soprattutto a livello prosodico. Total Physical Response à gli ordini verbali in L2 si traducono in azioni fisiche degli studenti. Community Language Learning à il docente ricorre secondo la necessità alla L1 o alla L2, tenendo conto in prima istanza dei bisogni del docente. Natural Approach à fa riferimento più esplicitamente alla necessità di modificare l’input in L2 a cui è esposto l’apprendente: sarà possibile un progresso nell’interlingua solo se questo input conterrà tutte le componenti comunicative (verbali e non verbali). Nei metodi che siispirano all’approccio comunicativo ( situazionale, nozionale -‐funzionale, orientata all’azione, Project work, Strategic Interaction,..) il parlato del docente assume le diverse sfaccettature che corrispondono ai diversi ruoli che questi può rivestire nel contatto con gli studenti. Qualunque sia il metodo o l’approccio didattico, è innegabile l’importanza dell’interazione fra le componenti del processo didattico. Balboni esamina le variabili in gioco, utilizzando il modello di analisi del discorso di Dell Hymes, noto come SPEAKING model: -‐ S (Setting and Scene): la scena culturale in cui agisce il docente, ma anche il luogo fisico in cui avviene l’interazione (n presenza e a distanza); -‐ P (Participants): i partecipanti e i loro ruoli; -‐ E (Ends): gli scopi e gli esiti dell’apprendimento; -‐ A (Act Sequence): gli atti comunicativi e il modo in cui danno forma all’interazione; -‐ K (Key): la chiave psicologica del discorso (tono e modo discorsivo che utilizza il docente), che può accentuare o neutralizzare in parte l’asimmetria dei ruoli; -‐ I (Instrumentalities): gli strumenti didattici per la classe, che determinano anche i tipi di testo e i modelli linguistico-‐comunicativi che affiancano l’input del docente;
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N (Norms): le norme di interazione sociale che fanno da sfondo alle interazioni comunicative dei partecipanti (sono solo parzialmente condivise, nel caso in cui i partecipanti non appartengano tutti alla stessa comunità linguistica); G (Genre): il genere comunicativo che emerge nell’interazione in classe (il monologo del docente nella spiegazione frontale, le sue sollecitazioni a parlare, le sue correzioni, ..).
Gli studi sull’interazione in classe: I primi studi sull’interazione in classe risalgono agli anni ’40 del secolo scorso negli Stati Uniti: l’analisi del comportamento degli insegnanti durante le lezioni aveva lo scopo prescrittivo di individuare i metodi e le tecniche di insegnamento più produttivi; Anni ’70: ricerca con approccio oggettivo e quantitativo di analisi, basato su una serie di comportamenti predefiniti del docente, da rilevare e registrare mediante schede di osservazione riempite dal valutatore presente in classe; Anni 80 à ricerche più descrittive e accurate: trascrizioni del parlato à analisi della conversazione di tipo etnometodologico, che parte dal presupposto che ogni interazione sia co-‐costruita dai partecipanti in base a norme interazionali implicite o esplicite, parzialmente o totalmente condivise. Osservazione dei dati spontanei raccolti in loco, in modo da poter interpretare le diverse variabili dell’intervento. David nunan à esistono forti divergenze tra il Discourse Analysis e la Conversation analysis. Un metodo di ricerca intermedio è quello dell’Interaction Analysis. In italia gli studi sull’interazione in classe iniziano alla metà degli anni ’70. Viene privilegiata un’analisi a posteriori, che permette di ricostruire la prospettiva dei partecipanti, in relazione alle variabili del contesto e tenendo conto dei diversi copioni interazionali nelle diverse culture., che rappresentano modelli di interazione sociale. Non tutte le società adottano le stesse norme di comportamento (es. regole di cortesia, durata dei convenevoli, argomenti tabù,..). Formati didattici e gestione della classe: i formati didattici in cui può realizzarsi l’interazione in classe non sempre corrispondono alla situazione tradizionale della lezione che vede contrapporsi il docente e il gruppo classe. Approccio interazionista: l’apprendiemnto è un processo sociale che avviene grazie all’interazione, in contesti specifici, con strumenti, artefatti e pratiche situate. Le modalità in cui si realizza oggi la didattica della l2 variano in base alle componenti che influenzano l’atto didattico: -‐ il canale comunicativo; -‐ le tecniche didattiche usate; -‐ il numero degli studenti coinvolti; -‐ i ruoli degli interlocutori; -‐ il formato e gli obiettivi; Le diverse combinazioni fra queste componenti danno origine a una pluralità di interazioni possibili. Nella gestione della classe di L2 entrano in gioco varie dimensioni:
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didattica: organizzazione dello spazio e del tempo (interrogazioni, spiegazioni, istruzioni, correzioni, feedback); psicologica: tecniche direttive/non direttive, gestione dell’errore, teoria del filtro affettivo, approcci umanistico-‐affettivi, multimodalità dell’apprendimento e processi mentali; sociolinguistica e interazionale: interazione fra pari, interazione asimmetrica; interlinguistica e interculturale: interazione fra parlanti non nativi, e fra parlanti nativi e non nativi, e fra non nativi che non condividono la stessa cultura. Interazione asimetrica e fra pari.
Caratteristiche generali dell’interazione istituzionale (costituite da fasi con funzioni e struttura diversa, di cui alcune strettamente legate a fini istituzionali): -‐ separazione e fissità dei ruoli dei partecipanti; -‐ prevalenza di parlato referenziale (trasmissione di informazioni) a scapito di quello interazionale (in cui ad es. le domande hanno il compito di colmare vuoti informativi degli interlocutori); -‐ rigidità e strutturazione gerarchica della dislocazione spaziale (posizione del docente alla cattedra, banchi e sedie in file o cerchio); -‐ tendenza alla non bidirezionalità dei flussi del parlato (monologo del docente, o dello studente durante l’interrogazione); -‐ sistematica violazione delle regole di cortesia (gli studenti si aspettano e accettano che il docente possa realizzare correzioni esplicite); -‐ presenza di un’agenda nascosta nota solo al docente; -‐ dipendenza della lingua scritta anche nella lingua orale (lettura ad alta voce); -‐ importanza della lingua in classe; -‐ uso di microlingue (con il lessico specifico della scuola0; -‐ situazione comunicativa tendente al registro formale; -‐ specifiche regole nella gestione dei turni da parte del docente; -‐ strutturazione prevedibile di frasi; -‐ correzioni esplicite introdotte dall’interlocutore; -‐ pause di silenzio prescritte agli studenti (es. mentre il docente spiega) o vietate (interrogazione); -‐ intonazione marcata del docente; -‐ ricchezza di glosse e parafrasi metatestuali nel parlato del docente; -‐ struttura interazionale in 3 mosse; -‐ caratteri di artificiosità dell’interazione. In una classe di L2 in cui il docente impieghi il modello dell’unità di lavoro il docente cercherà di: -‐ variare i propri ruoli; -‐ utilizzare anche il parlato interazionale nelle attività dedicate alla conversazione spontanea; -‐ favorire flussi di parlato bidirezionale con presa di parola libera; -‐ variare la dislocazione spaziale della classe; -‐ gestire in modo equilibrato gli obiettivi didattici e le regole sociali di cortesia; -‐ rendere la classe partecipe degli obiettivi e delle modalità per raggiungerli;
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promuovere momenti di interazione spontanea o mediamente controllata.
Alcuni tratti dell’interazione in classe definiti come ricorrenti sono in realtà culturalmente specifici. Gli studi di pragmatica transculturale hanno dimostrato che eventi comunicativi analoghi (come l’interazione didattica) si svolgono in modi diversi, in quanto da cultura a cultura: -‐ cambia il significato pragmatico attribuito a determinate scelte; -‐ cambiano le strategie comunicative; -‐ cambia il modo di gestire la cortesia; -‐ il ruolo del docente può essere associato a un maggiore o minore prestigio. La pragmatica studia i fattori che nell’interazione sociale governano le scelte linguistiche e i loro effetti sugli altri: è il livello di analisi che si occupa dell’uso della lingua e degli effetti su questa del contesto. La pragmatica transculturale studia il modo in cui le modalità pragmatiche variano da cultura a cultura; la pragmatica interculturale studia invece i fenomeni che si verificano quando membri appartenenti a culture diverse interagiscono tra loro. Atti, mosse e scambi interazionali Sinclair e Coulthard (1975) à individuazione della struttura a tripletta che caratterizza l’interazione docente-‐allievo e che prevede tre mosse fondamentali: 1.apertura dell’insegnante: può essere una domanda o l’attribuzione del turno a uno studente o altro; 2.risposta dello studente; 3.prosecuzione dell’insegnante. Jamila Boulima à ha elaborato un modello di interazione didattica specifico per la classe di lingua straniera (filias – Foreign Language Interaction Analysis System). La lezione può essere scomposta e ricomposta in una serie di atti, mosse e scambi interazionali fra docente e studenti. Un ATTO è l’unità discorsiva minima dell’interazione didattica. Uno o più atti dannoluogo a una ‘mossa’ interazionale. Più mosse organizzate costiuiscono uno ‘scambio’ comunictivo. Una serie di scambi formano una ‘sequenza’ interazionale. Più sequenze interazionali costruiscono una ‘transazione’ interazionale, cioè una delle parti di cui si compone una lezione. Atto à mossa à scambio à sequenza à transazione à lezione Caso interessante: la correzione orale degli errori nella classe di italiano L2. Riformulazione o recast (è rilevante che lo studente mostra di aver percepito il proprio errore à uptake: mossa che segnala un processo di autoriflessione che sta avvenendo nella mente dello studente). Il parlato del docente nella classe di italiano L2 Non sembra esistere un rapporto deterministico fra quantità/qualità dell’input e successo dell’apprendimento: solo l’adozione di un modello di interazione didattica basato sull’esposizione a un input modificato e interattivo sembra offrire dei vantaggi.
Modello integrato di Susan Gass: INPUT ______________> -‐ percezione dell’input -‐ comprensione dell’input -‐ accettazione dell’input (intake) -‐ integrazione dell’intake _______________> OUTPUT Il parlato del docente di L2 in classe è rilevante. Esso è caratterizzato da tratti fondamentali: fonicità e spontaneità. È volatile, non permanente e (in apparenza) meno compatto e coeso. Gli studi sociolinguistici mettono le caratteristiche formali del parlato in relazione al parametro di variazione diamesico. In questa prospettiva il parlato risulta determinato da alcune modalità di codificazione del messaggio, che si traducono in una serie di fenomeni: vedi p.332-‐333-‐334. Il parlato degli insegnanti rappresenta una varietà di lingua orale fortemente condizionata dalle variabili diafasiche della comunicazione, legate al contesto comunicativo e ai reciproci ruoli degli interlocutori. Il docente può dimostrare il suo potere interazionale quando: -‐ occupa nel parlato più tempo della controparte più debole; -‐ produce turni più lunghi -‐ pone un numero maggiore di domande -‐ apre e chiude l’interazione -‐ introduce cambiamenti di tema -‐ utilizza delle tipiche interazioni pedagogiche Interazioni asimmetricheà interazioni comunicative in cui non si realizza fra gli interagenti una parità di diritti e doveri comunicativi, ma i partecipanti si differenziano per un accesso diseguale ai poteri di gestione dell’interazione. Foreigner talk à indica la comunicazione fra nativo e non nativo, cioè la lingua con cui i nativi interagiscono con gli stranieri. Varietà diafasica, determinata dall’interlocutore., con caratteristiche comuni ad ogni lingua (vocabolario di base, strutture sintattiche semplici). Es. baby talk (omissione di elementi grammaticali, espansione di elementi grammaticali – es. uso ridondante dei pronomi, ..). Il docente di L2 come modello comunicativo Nella classe di L2 si sommano due dimensioni, quella del foreigner talk e quella del teacher talk àevita le forme substandard volontarie, risulta meno grossolanamente calibrato sulle reali competenze degli ascoltatori, usa strategie e strumenti pedagogici. Il teacher talk è una varietà di lingua semplificata impiegata dal docente nell’intento di rendere il proprio discorso comprensibile e allo scopo di facilitare l’apprendimento della disciplina. Nel caso del docente di L2, l’obiettivo è anche quello di fungere da modello per la comunicazione orale. Strategie verbali che il docente di L2 utiliza per facilitare la comprensione: -‐ uso chiaro di marcatori del discorso -‐ ripetizione dei concetti più importanti -‐ esempi concreti
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riassunti definizioni spiegazione di significati riciclo del lessico, sinonimi e parafrasi riformulazioni richiesta di comande rallentamento dell’eloquio scansione chiara delle parole enfasi sui punti più importanti del discorso mediante picchi intonativi.
Il tipo di input a cui sono esposti gli studenti nelle diverse realtà di insegnamento è caratterizzato da alcune tecniche didattiche e discorsive ricorrenti: -‐ uso di ndicatori fatici tipici della lingua parlata, che danno una sembianza di interattività al formato monologico dell’intervento orale del docente; -‐ uso di mitigatori che rispecchiano una tipica caratteristica pragmatica dell’interazione faccia a faccia (es, uso del noi che mitiga l’uso dell’imperativo – facciamo questo esercizio vs fate questo esercizio); -‐ uso di codici non verbali con finalità espressive e chiarificatrici (i gesti, i tono della voce più alto, ..); -‐ uso di strategie di trasparenza, basate su fenomeni di riduzione o di elaborazione del discorso. CAPITOLO 12 VERIFICA, (AUTO) VALUTAZIONE, CERTIFICAZIONE Nell’accezione comune, la verifica indica l’atto di accertare l’esistenza, l’autenticità e la validità di un fatto mediante opportune prove. (valutazione – dare valore; certificare – certificazione). VERO – VALIDO – CERTO Università per Stranieri di Siena – Università per Stranieri di Perugia – Università Roma Tre à sono le tre università che dagli anni novanta si occupano della ricerca e della gestione delle certificazioni di italiano L2 diffuse in Italia e nel mondo (CILS, CELI, IT). Vantaggi della verifica e della valutazione linguistica in L2 Scopo primario delle operazioni legate alla verifica e alla valutazione linguistica in L2: rendere conto di quali conoscenze o competenze in L2 possiede o ha acquisito un soggetto. Le operazioni di verifica e di valutazione permettono all’apprendente di acquisire consapevolezza e presa di coscienza dei propri punti di forza e debolezza. Il docente ha la possibilità di scoprire ciò che gli alunni hanno imparato, mediante il monitoraggio dei risultati dell’apprendimento e dell’efficacia dell’insegnamento. Limiti della verifica e della valutazione linguistica in L2 Anni ’60 àil testing di matrice strutturalista era costruito con prove basate su frasi, mirate a verificare un aspetto particolare della lingua. Anni ’70 à le teorie sociolinguistiche e psicolinguistiche promuovono l’avvento di un nuovo genere di testing pragmatico, con prove basate sui testi, intesi come unità minime di comunicazione, per verificare le abilità linguistiche singole.
Anni ’80 à forme di testing comunicativo, in cui l’obiettivo è la misurazione delle competenze linguistico-‐comunicative, caratterizzate da una maggiore complessità e indeterminatezza. Novità del QCER à la graduabilità della valutazione. Obiettivo: trovare un equilibrio fra l’indeterminatezza dell’oggetto da valutare (la lingua) e l’esplicitezza delle forme della misurazione. Le diverse modalità di verifica e valutazione linguistica in L2 I test linguistici possono essere classificati in base allo scopo, alla funzione, al momento della somministrazione, alle modalità di verifica, ad abilità e conoscenze da verificare e alle modalità di correzione e attribuzione del punteggio. SCOPO: i test di profitto (achievement test) si riferiscono ai contenuti e agli obiettivi di un corso. Il loro scopo e verificare se l’input linguistico e il materiale didattico presentato sono stati capaci di attivare i processi di apprendimento previsti; i test di livello (placement test);i test di competenza generale (proficiency test) hanno lo scopo di misurare il grado di autonomia comunicativa di un soggetto in relazione a particolari situazioni o contesti d’uso della lingua, indipendentemente dal percorso di apprendimento. FUNZIONE: i test diagnostici permettono di individuare punti deboli e punti di forza dello studente per decidere le modalita di rinforzo da mettere in atto; i test di attitudine misurano specifiche capacita di apprendimento di un soggetto. MOMENTO DELLA SOMMINISTRAZIONE: test di ingresso; test in itinere (diffusi o periodici); test finali. ABILITA E CONOSCENZE DA VERIFICARE: prove fattoriali (partono dall’assunto che la competenza comunicativa sia frazionabile e che si possano valutare separatamente le varie componenti di una lingua; prove integrate (testano il soggetto nella sua capacita di svolgere un compito attraverso le proprie competenze linguistico comunicative, mettendole in relazione con le variabili contestuali per interpretare testi e contesti della lingua e della cultura obiettivo. FORMATO: prove di riconoscimento (mettono in gioco le abilita di comprensione orale e scritta nella L2); prove di produzione; prove di interazione; prove di mediazione; prove dirette (permettono di verificare, attraverso l’osservazione diretta di una prestazione, una specifica abilita); prove indirette. INTERPRETAZIONE DEI RISULTATI: prove basate sull’esecuzione (simulazione di situazioni); prove basate sula norma (la prestazione dello studente viene valutata in base a quelle di coloro a cui e stato somministrato lo stesso test). MODALITA DI CORREZIONE E ASSEGNAZIONE DEL PUNTEGGIO: prove oggettive (a risposta chiusa, con attribuzione predefinita del punteggio in base alle risposte corrette); prove soggettive (anche se spesso la soggettivita viene limitata dall’uso di criteri, scale o griglie predefinite); prove semistrutturate (su compiti precisi, basate su elementi forniti premilinarmente) – risposte brevi a domande aperte, riassunto di un testo dato.. Le caratteristiche di una prova di verifica : -‐ validita e adeguatezza (deve permettere di ricavare dei dati significativi); -‐ rappresentativita e adeguatezza (un input troppo esiguo non permette di valutare la comprensione);
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affidabilità o attendibilità (deve poter fornire dati simili anche se somministrato in momenti diversi) fattibilità (deve essere ragionevolmente realizzabile); capacità di discriminazione (un test deve essere in grado di individuare le capacita differenziate dei candidati);
4 requisiti genereali: PACE -‐ Pertinenza – se un test riesce a verificare tutti gli elementi che vuole veramente verificare; -‐ Accettabilita – se un test e percepito come utile da entrambi le parti in gioco; -‐ Comparabilita – se il test offre dati che permettono di paragonare le prestazioni fornite dallo studente in momenti diversi del suo apprendimento; -‐ Economicita – se il test offre un rapporto ottimale fra tempo di elaborazione, tempo di correzione e i parametri di valutazione. Le certificazioni linguistiche per l’italiano L2 Association of Language Testers in Europe (ALTE) – fondata nel 1990. Esistono attualmente per ogni lingua europea degli enti formativi accreditati per l’elaborazione di test per la certificazione delle competenze linguistico–comunicative nella lingua parlata come materna nel proprio territorio di appartenenza. 1992 à furono varate il CILS di Siena e il CELI di Perugia. Alla fine dello stesso anno, a queste 2 vengono affiancate la IT di Roma Tre e la PLIDA della Societa Dante Alighieri. 2013 – Il Ministero degli Affari Esteri italiano ha lanciato il progetto Certificazione Lingua italiana di qualita (CLIQ), un sistema dic etificazione unificato, realizzato dai 4 enti certificatori (Siena-‐Roma-‐Perugia-‐Societa Dante Alighieri), al fine di permettere all’Italia di disporre di un marchio di qualita linguistica chiaramente identificabile dal pubblico straniero desideroso di studiare l’italiano. A queste certificazioni si affiancano: -‐ il certificato CLIP (Conoscenza dell’italiano a livello professionale) realizzato per la Francia dalla Camera di Commercio italiana con sede a Parigi; -‐ il certificato UNIcert, destinato agli studenti dei centri linguistici delle universita della Germania. Le certificazioni glottodidattiche per l’italiano L2 Local Examination Syndicate dell’Universita di Cambridge (UCLES) – nel 1988 introduce i primi certificati di didattica dell’inglese, seguiti poi da altre sperimentazioni per il tedesco, lo spagnolo e il francese. Nel 1994 nasce il DITALS (a Siena), sperimentata inizialmente all’estero, poi in Italia. Nel 2003 la Ca Foscari di Venezia crea un proprio centro per la formazione dei docenti (Laboratorio Itals), che elabora altre certificazioni glottodidattiche per l’italiano L2 (CEFILS, CEDILS), e successivamente anche l’universita di perugia (DILS-‐PG). L’autovalutazione All’inizio degli anni 90 parte in Svizzera un progetto sulla valutazione e autovalutazione delle competenze nelle lingue straniere, che portera all’elaborazione di una serie di descrittori in base ai quali individuare le competenze linguistico-‐comunicativa, strategica e
interculturale nella L2 (descrittori poi inseriti nel QCER e utilizzati anche per altri progetti come il PEL – Portfolio europeo per le lingue à obiettivo: favorire lo sviluppo del plurilinguismo e del pluriculturalismo. Si tratta di uno strumento paneuropeo, destinato a chi sta imparndo o ha imparato 1 o piu L2, per testimoniare i propri saperi certificati e le proprie esperienze formative in ambito linguistico). Il PEL si serve di 3 documenti: 1.il passaporto linguistico:offre una panoramica aggiornabile delle competenze linguistiche raggiunte in una o piu L2; 2. la biografia linguistica: uno strumento diacronico per l’archiviazione dei traguardi raggiunti da un individuo in merito alle competenze linguistiche in una o piu lingue straniere. 3. il dossier: un archivio in cui il soggetto inserisce i certificati e gli attestati ottenuti e tuti quei documenti che dimostrano le competenze linguistiche e le esperienze interculturali accumulate nel tempo. Altro strumento per l’autovalutazione delle competenze linguistiche: il DIALANG (Diagnosis of Foreign Language Skills) à realizzato con l’appoggio della Commissione Europeada oltre 20 istituzioni europee coordinate dall’Universita di Jyvaskyla in Finlandia, allo scopo di sviluppare un sistema di valutazione di tio diagnostico delle competenze linguistiche e di fornire un supporto online agli apprendenti. Il proetto prevede 14 lingue (tra cui l’italiano), per le quali sono previsti test e strumenti di autovalutazione. Autovalutazione delle competenze glottodidattiche L’inizio del XXI secolo vede emergere l’interesse per l’autovalutazione delle competenze dei docenti di lingue straniere. 2004, à Profilo europeo per la formazione dei docenti di lingue. Un quadro di riferimento. Documento realizzato per la Commissione Europea. Esso sintetizza in 40 punti chiave un quadro di riferimento per la realizzazione di percorsi e materiali per la formazione dei docenti di L2. Nel 2007 viene elaborato il Profilo europeo per la formazione iniziale dei docenti di lingue. Uno strumento di riflessione, realizzato per il consiglio d’Europa da un gruppo di esperti del Graz (European Centre for Modern Languages). Questo documento permette al futuro docente di valutare le proprie competenze glottodidattiche (vedi pag. 359). Esso e suddiviso in tre sezioni: affermazioni personali (personal statements à es. si chiede di riflettere sulle proprie esperienze personali di apprendimento di lingua straniera, sulle proprie aspettative,..); autovalutazione (self assesment à si fornisce una griglia per la riflessione sul proprio tirocinio); dossier: si propone al futuro docente di raccogliere le documentazioni ricevute durante il proprio percorso formativo. La Griglia di descrittori EPG (European Profiling Grid) Iniziata da Brian North e Galya Mateva di EAQUALS e portata a compimento nel 2013 grazie a un cofinanziamento della Comunita Europea. Essa si articola su tre fasi di sviuppo: 1.utente basico (il docente in formazione, non ancora qualificato, ma che gia lavora come docente di lingua); 2.utente indipendente (docente inesperto) 3.utente esperto
Ognuna di queste tre fasi e suddivisa ulteriormente, secondo lo stesso schema ad albero utilizzato dal QCER, in modo da coprire tutti e 6 i livelli: orizzontalmente la griglia individua progressivamente le fasi di sviluppo dei docenti di lingue, verticalmente permette di analizzare per ogni livello i diversi descrittori divisi in 4 aree: 1. formazione e qualifiche (comprende la competenza linguistica nella lingua obiettivo, la formazione, l’insegnamento monitorato e valutato, documentato e svolto sotto la supervisione di un mentor, l’esperienza di insegnamento della lingua); 2. competenze didattiche fondamentali (comprende la metodologia relativa alle tecniche, agli approcci, alle teorie sulla lingua e sull’apprendimento; la verifica e la valutazione, la progettazione didattica, l’interazione –ossia la gestione dei lavori di gruppo e a coppie con relativi feedback); 3. competenze generali (interculturale, la consapevolezza linguistica – capacita di dare risposte agli studenti sul funzionamento della lingua, competenze informatiche); 4. professionalità (comprende la condotta professionale, la gestione amministrativa). Ciascuna di queste aree si articola a sua volta in sottosettori, in modo da individuare 13 ambiti rilevanti in base ai quali è possibile la valutazione e l’autovalutazione delle competenze glottodidattiche: -‐l’area dedicata a formazione e qualifiche comprende à la competenza linguistica nella lingua obiettivo; la formazione; l’insegnamento monitorato e valutato, documentato e svolto sotto la supervisione di un mentor; l’esperienza di insegnamento della lingua; -‐l’area dedicata alle competenze didattiche fondamentali comprende à la metodologia (competenze e abilità) relativa alle tecniche, agli approcci, alle teorie sulla lingua e sull’apprendimento; la verifica e la valutazione, ossia la capacità di gestire le operazioni legate alla valutazione delle competenze linguistiche degli allievi (anche in riferimento ai livelli e ai descrittori individuati dal QCER); la progettazione didattica, cioè la capacità di progettare lezioni e corsi); l’interazione, cioè la gestione e il monitoraggio della classe (interazione docente –classe/gestione dei lavori di gruppo e a coppie, con relativi feedback); -‐l’area dedicata alle competenze generali comprende à la competenza interculturale (sensibilità del docente verso le questioni legate allo stretto rapporto fra lingua e cultura, e la sua capacità di promuovere anche il confronto interculturale); la consapevolezza linguistica, che riguarda la capacità di dare risposta agli studenti sul funzionamento della lingua, guidandoli alla scoperta di irregolarità ed eccezioni; le competenze informatiche; -‐l’area dedicata alla professionalità comprende à la condotta professionale (impegno individuale nella formazione didattica = capacità di promuovere la propria crescita professionale e quella dei colleghi meno esperti); la gestione amministrativa (=capacità di svolgere i propri doveri istituzionali). La capacità di autovalutare le proprie competenze didattiche è un obiettivo che ogni docente di lingua dovrebbe perseguire durante tutto l’arco della propria carriera. La griglia EPG tenta di sintetizzare le numerose variabili del ruolo che i docenti di lingua rivestono nella società, degli strumenti a loro disposizione e delle opportunità di formazione che si apriranno via via.