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DIOD. 10.6 = AN. DIOD. Fil. 231.23 = COST. VII PORF. De Sent. 239.18 Ὅτι ὁ Πυθαγόρας μετεμψύχωσιν ἐδόξαζε καὶ κρεοφαγίαν ὡς ἀποτρόπαιον ἡγεῖτο, πάντων τῶν ζῴων τὰς ψυχὰς μετὰ θάνατον εἰς ἕτερα ζῷα λέγων εἰσέρχεσθαι. καὶ αὐτὸς δὲ ἑαυτὸν ἔφασκεν ἐπὶ τῶν Τρωικῶν χρόνων μεμνῆσθαι γεγενημένον Εὔφορβον τὸν Πάνθου μὲν υἱόν, ἀναιρεθέντα δὲ ὑπὸ Μενελάου. Ὅτι φασὶν αὐτὸν ἐν Ἄργει ποτὲ παρεπιδημήσαντα καὶ θεασάμενον τῶν Τρωικῶν σκύλων ἀσπίδα προσηλωμένην δακρύειν. ἐρωτηθέντα δὲ ὑπὸ τῶν Ἀργείων τὴν τοῦ πάθους αἰτίαν εἰπεῖν, ὅτι τὴν ἀσπίδα ταύτην εἶχεν αὐτὸς ἐν Τροίᾳ γεγονὼς Εὔφορβος. ἀπίστως δὲ διακειμένων καὶ μανίαν αὐτοῦ καταγινωσκόντων, σημεῖον ἐρεῖν ἔφησεν ἀληθὲς τοῦ ταῦθ’ οὕτως ἔχειν· ἐκ τοῦ γὰρ ἐντὸς μέρους ἐπιγεγράφθαι τὴν ἀσπίδα γράμμασιν ἀρχαίοις ΕΥΦΟΡΒΟΥ. πάντων δὲ διὰ τὸ παράδοξον εἰπόντων καθελεῖν au)τὴν, συνέβη τὴν ἐπιγραφὴν εὑρεθῆναι.
Così Pitagora insegnava la dottrina della metempsicosi e giudicava il mangiar carne come qualcosa da evitare, dicendo che le anime di tutti gli esseri viventi sarebbero passate in altri esseri viventi dopo la morte. E lui stesso, di sé, soleva dire di serbare memoria dei tempi di Troia, perché era nato allora Euforbo figlio di Pantoo, quello ucciso da Menelao. E dicono che mentre si trovava ad Argo ed osservava fra le spoglie troiane uno scudo affisso alla parete rompesse in pianto. E subito chiestagli dagli argivi la ragione di quel dolore, egli rispose che proprio quello era lo scudo che aveva a Troia quando era nato Euforbo. E dato che stentavano a dargli fede, ed anzi iniziavano a crederlo matto, lui replicò che avrebbe dato loro un segno veritiero di quanto aveva detto: (disse che) nell’orlo interno lo scudo aveva infatti inscritte le parole DI EUFORBO, in caratteri antichi. A quella risposta assurda, tutti dissero di prendere giù lo scudo, ed accadde che l’epigrafe venne trovata. MASS. TYR. Dial. 10.2 Πυθαγόρας δὲ ὁ Σάμιος πρῶτος ἐν τοῖς Ἕλλησιν ἐτόλμησεν εἰπεῖν, ὅτι αὐτῷ τὸ μὲν σῶμα τεθνήξεται, ἡ δὲ ψυχὴ ἀναπτᾶσα οἰχήσεται ἀθανὴς καὶ ἀγήρως· καὶ γὰρ εἶναι αὐτήν, πρὶν ἥκειν δεῦρο. Ἐπίστευον δὲ αὐτῷ οἱ ἄνθρωποι ταῦτα λέγοντι, καὶ ὅτι ἤδη πρότερον γένοιτο ἐν γῇ ἐν ἄλλῳ σώματι, Εὔφορβος δὲ εἶναι ὁ Τρὼς τότε. Ἐπίστευον δὲ ὧδε· ἀφίκετο εἰς Ἀθηνᾶς νεών, οὗ πολλὰ ἦν καὶ παντοδαπὰ ἀναθήματα, ἐν δὲ τοῖς καὶ ἀσπίς, τὸ μὲν σχῆμα Φρυγία, ὑπὸ δὲ χρόνου ἐξίτηλος· εἶπεν οὖν ὅτι ‘Γνωρίζω τὴν ἀσπίδα, ἀφείλετο δέ με ὅσπερ καὶ ἀπέκτεινεν τότε ἐν Ἰλίῳ ἐν τῇ μάχῃ. Θαυμάσαντες οἱ ἐπιχώριοι τὸν λόγον, καθεῖλον τὸ ἀνάθημα, καὶ ἦν ἐπίγραμμα Παλλάδι Ἀθηνᾷ Μενέλεως ἀπὸ Εὐφόρβου.
Pitagora di Samo fu il primo fra gli elleni ad osar tanto da dire che il corpo poteva anche morirgli, ma che l’anima avrebbe abitato altrove immortale e sempre giovane. E che infatti così era, e che era giunta già due vole. Gli uomini lo credevano mentre raccontava queste cose, e che lui per la prima volta era nato in un corpo diverso, ed era allora Euforbo il Troiano. E credevano a questo: giunse al tempio di Atene, dove vi erano molte e diverse spoglie, e fra di esse anche uno scudo che portava l’insegna frigia, ma era già consunto per il tempo. E quello disse: «riconosco questo scudo, me lo prese proprio colui che mi uccise allora, ad Ilio, in battaglia». E tutti gli astanti rimasero stupiti da quel discorso, e presero giù la spoglia, e vi era l’epigramma «A Pallade Atena dedicò Menelao da Euforbo».
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Scholia in Iliadem, 17. 17 – 20 ἱστορία. φασὶ Πυθαγόραν ἐν τῷ κατὰ τὸ Ἄργος Ἡραίῳ ἀσπίδα χαλκῆν θεασάμενον εἰπεῖν ὡς ταύτην φορῶν ἀνῄρηται ὑπὸ Μενελάου ὢν Εὔφορβος. στρέψαντας δὲ Ἀργείους τὴν ἀσπίδα ἰδεῖν ἐπίγραμμα Εὐφόρβου.
Storia / racconto: dicono che Pitagora guardando nello scudo di bronzo, quello nell’Heraion ad Argo, disse che fosse stato ucciso da Menelao proprio mentre lo portava, quando al tempo era Euforbo. E si racconta che tutti gli argivi gridassero dalla sorpresa al vedere nello scudo l’epigramma DI EUFORBO. PAUS. II, 17, 5 ἐν δὲ τῷ προνάῳ τῇ μὲν Χάριτες ἀγάλματά ἐστιν ἀρχαῖα, ἐν δεξιᾷ δὲ κλίνη τῆς Ἥρας καὶ ἀνάθημα ἀσπὶς ἣν Μενέλαός ποτε ἀφείλετο Εὔφορβον ἐν Ἰλίῳ
E nel pronao vi sono le statue antiche della Cariti, a destra il letto di Era e lo scudo in dedica che Menelao un tempo strappò ad Euforbo, ad Ilio. Ant. Gr. Epig, irr. 35.2 = DIOG. LAERT. 8. 48.2 Εἰς Πυθαγόραν. Τὰς φρένας ἢν ἐθέλῃς τὰς Πυθαγόραο νοῆσαι, ἀσπίδος Εὐφόρβου βλέψον ἐς ὀμφάλιον. Φησὶ γὰρ οὗτος, Ἐγὼν ἦν πρόβροτος· ὃς δ’ ὅτε οὐκ ἦν, φάσκων ὥς τις ἔην, οὔτις ἔην ὅτ’ ἔην.
Per Pitagora. Se vuoi conoscere l’animo di Pitagora, guarda fisso nell’onfalo dello scudo di Euforbo. Dice infatti: io ero prima un mortale. Colui che un tempo non era, dicendo che allora era, nessuno era quando era.
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DIOG. LAERT. VP. 8.1.7 = HER. PON. fr. 89 W. τοῦτόν (sc. Πυθαγόραν) φησιν Ἡρακλείδης ὁ Ποντικὸς περὶ αὑτοῦ τάδε λέγειν, ὡς εἴη ποτὲ γεγονὼς Αἰθαλίδης καὶ Ἑρμοῦ υἱὸς νομισθείη, τὸν δ’ Ἑρμῆν εἰπεῖν αὐτῷ ἑλέσθαι ὅτι ἂν βούληται πλὴν ἀθανασίας. αἰτήσασθαι οὖν ζῶντα καὶ τελευτῶντα μνήμην ἔχειν τῶν συμβαινόντων. ἐν μὲν οὖν τῇ ζωῇ πάντων διαμνημονεῦσαι, ἐπεὶ δὲ ἀποθάνοι, τηρῆσαι τὴν αὐτὴν μνήμην. χρόνῳ δ’ ὕστερον εἰς Εὔφορβον ἐλθεῖν καὶ ὑπὸ Μενέλεω τρωθῆναι. ὁ δ’ Εὔφορβος ἔλεγεν ὡς Αἰθαλίδης ποτὲ γεγόνοι καὶ ὅτι παρ’ Ἑρμοῦ τὸ δῶρον λάβοι καὶ τὴν τῆς ψυχῆς περιπόλησιν, ὡς περιεπολήθη καὶ εἰς ὅσα φυτὰ καὶ ζῷα παρεγένετο καὶ ὅσα ἡ ψυχὴ ἐν τῷ Ἅιδῃ ἔπαθε καὶ αἱ λοιπαὶ τίνα ὑπομένουσιν. ἐπειδὴ δὲ Εὔφορβος ἀποθάνοι, μεταβῆναι τὴν ψυχὴν αὐτοῦ εἰς Ἑρμότιμον, ὃς καὶ αὐτὸς πίστιν θέλων δοῦναι ἐπανῆλθεν εἰς Βραγχίδας καὶ εἰσελθὼν εἰς τὸ τοῦ Ἀπόλλωνος ἱερὸν ἐπέδειξεν ἣν Μενέλαος ἀνέθηκεν ἀσπίδα (ἔφη γὰρ αὐτόν, ὅτ’ ἀπέπλει ἐκ Τροίας, ἀναθεῖναι τῷ Ἀπόλλωνι τὴν ἀσπίδα διασεσηπυῖαν ἤδη, μόνον δὲ διαμένειν τὸ ἐλεφάντινον πρόσωπον)
Eraclide Pontico ci racconta come costui (Pitagora) dicesse su di sé le seguenti cose: che era al tempo nato Etalide, ritenuto figlio di Ermes, e che Ermes in persona gli avesse detto di scegliere per sé ciò che volesse, eccetto l’immortalità. Ed egli chiese di mantenere la memoria degli eventi, vivo o morto che fosse. In vita, si ricordò di ogni cosa, e dopo la sua morte mantenne questa memoria In seguito la sua anima giunse in Euforbo e venne uccisa da Menelao. Anche Euforbo diceva che era stato un tempo Etalide, e che aveva ricevuto da Ermes come dono il continuo vagare dell’anima, così che era in costante trasmigrazione entrando in quanto nasceva, animali o piante, e che poteva ricordare quanto la sua anima aveva sofferto nell’Ade e le altre cose. Dopo che Euforbo fu morto, (Eraclide P. dice che) la sua anima trasmigrò in Ermotimo, e dato che costui voleva rendere testimonianza vera si recò a Bracchide, ed entrato nel tempio di Apollo indicò lo scudo, quello che Menelao aveva dedicato (dico quello che dedicò ad Apollo quando navigava da Troia, uno scudo già tutto consunto nella pelle, di cui era rimasto l’omfalos in avorio). IAMB. VP 14.63 = PORF. VP 26 – 27 τὰ γὰρ ἱστορούμενα περὶ τῆς ἐν Μυκήναις ἀνακειμένης σὺν Τρωϊκοῖς λαφύροις τῇ Ἀργείᾳ Ἥρᾳ Εὐφόρβου τοῦ Φρυγὸς τούτου ἀσπίδος παρίεμεν ὡς πάνυ δημώδη. πλὴν ὅ γε διὰ πάντων τούτων βουλόμεθα δεικνύναι, ἐκεῖνό ἐστιν, ὅτι αὐτός τε ἐγίγνωσκε τοὺς προτέρους ἑαυτοῦ βίους καὶ τῆς τῶν ἄλλων ἐπιμελείας ἐντεῦθεν ἤρχετο, ὑπομιμνήσκων αὐτοὺς ἧς εἶχον πρότερον ζωῆς.
Quanto a ciò che si racconta circa il ben noto scudo di Euforbo frigio, quello che si trova affisso al muro assieme alle spoglie troiane nel Heraion argivo, noi preferiamo tralasciare la storia, perché davvero troppo volgare. A meno che, attraverso tutto questo, non si voglia dimostrare una cosa specifica, ovvero che aveva coscienza delle sue precedenti esistenze e che si prendeva cura degli altri a partire da questo, facendo loro ricordare quella vita precedente.
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Callimachus Iambi 191, 59 euÂren d' o( Prouse/lhnoj a?i¹si¿% si¿ttv e)n tou= D?idume/oj to\n ge/ronta kwnv/% cu/onta th\n gh=n kaiì gra/fonta to\ sxh=ma, tou)ceu=r' o( Fru\c EuÃforboj, oÀstij a)nqrw¯pwn tri¿gwna kaiì skalhna\ prw½toj eÃgraye kaiì ku/klon e/p...kh)di¿dace nhsteu/ein tw½n e)mpneo/ntwn.
Pruseleno trovò sotto una sitta di buon auspicio un vecchio mentre stava grattando la terra per della cicoria, e tracciava la figura, dico quella che scoprì il Frigio Euforbo, che per primo fra gli uomini tracciò triangoli con tutti i lati ineguali ed il circolo, ed insegnò ad astenersi dagli esseri viventi OV. Met. XV, 163 O genitus attomitum gelidae formidine mortis quid Styga, quid tenebra set nomina vana timetis, materiem vatum falsique pericula mundi? Corpora, sive rogus flamma seu tabe vetustas abstulerit, malla posse pati non ulla putetis! Morte carent animae semperque priore relicta sede novis domibus vivunt habitantque receptae: ipse ego (nam memini) Troiani tempore belli Panthoides Euphorbus eram, cui pectore quondam haesit in adverso gravis hasta minoris Atridae: cognovi clipeum, laevae gestamina nostra, nuper Abanteis templo Iunonis in Argo! O stirpe sconvolta dal terrore della gelida morte / perché temete lo Stige, le tenebre, nomi vani, di cui si nutrono i poeti, pericoli di un mondo immaginario? / Non crediate che i corpi, ve li sottragga il bruciare della fiamma o il guastarsi del tempo, possano soffrire qualcosa! Ma le anime sono libere da morte, e vivono e abitano accolte nel nuovo dopo aver abbandonato la loro antica sede: Io stesso (ora lo ricordo) ero Euforbo figlio di Panto al tempo della guerra di Troia. A cui si piantò in petto l’asta pesante del minore degli Atridi: Ho riconosciuto lo scudo, che un tempo armava il mio braccio, nel tempio di Giunone ad Argo!
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