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Italian Pages 271 Year 1998
DIZIONARIO DI SPIRITUALITÀ BIBLICO-PATRISTICA 3 voli. all'anno abbonamento per il 1998 L. 90. 000
Volume 1: Volume 2: Volume 3: Volume 4: Volume 5: Volume 6: Volume 7: Volume 8: Volume 9: Volume 10:
Abbà-Padre Alleanza - Patto - Testamento Amore - Carità • Misericordia Apostolo - Discepolo - Missione Ascolto - Docilità - Supplica Battesimo • Purificazione - Rinascita Beatitudine - Benedizione - Maledizione Chiesa - Comunità - Popolo di Dio Conversione - Penitenza - Riconciliazione Creazione - Uomo - Donna · parte prima: nella Bibbia e nel giudaismo antico
Volume 11: Creazione - Uomo - Donna parte seconda: negli scritti dei Padri
Volume 12: Volume 13: Volume 14: Volume 15: Volume 16: Volume 17: Volume 18: Volume 19: Volume 20: Volume 21: Volume 22:
Culto divino - Liturgia Dio - Signore nella Bibbia Dio nei Padri della Chiesa Elezione - Vocazione - Predestinazione Escatologia L'Esodo nella Bibbia L'Esodo nei Padri della Chiesa L'Eucaristia nella Bibbia L'Eucaristia nei Padri della Chiesa La fede nella Bibbia La fede nei Padri della Chiesa
DIZIONARIO DI SPIRITUALITÀ BIBLICO-PATRISTICA I GRANDI TEMI DELLA S. SCRITTURA PER LA «LECTIO DIVINA»
20 LEucaristia nei Padri della· Chiesa Hanno collaborato: Manel NIN Salvatore A. PANIMOLLE Paolo SINISCALCO Manlio SODI Sergio ZINCONE
Antonio SONATO Marisa DIDONE SamuelE.FERNANDEZ Vittorino GROSSI Mario MARl"T:ANO Carlo NARDI
boria
© 1998, Edizioni Borla s.r.l. via delle Fornaci 50 - 00165 Roma
ISBN 88-263-1211-7
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Periodico quadrimestrale - Abbonamento 1998 per 11talia L. 90.000 - Per l'estero L. 140.000 - Un volume singolo L. 37.000 c.c.p. 23580004 intestato a Edizioni Boria. Autorizzazione del tribunale di Sassari n. 271 in data 28 gennaio 1992 - Anno VII, n. 2. · · Chiuso presso lo Stabilimento GRAFICA DUEMILA di Città di Castello (PG) il 15 aprile 1998
Piano generale dell'opera
Abbreviazioni e sigle più importanti L'Eucaristia nella vita della Chiesa (S.A. Panimolle) L'Eucaristia nei Padri apostolici (M. Maritano) L'Eucaristia negli Apologeti cristiani (P. Siniscalco) Reminiscenze di celebrazione eucaristica in Ireneo di Lione (M. Didone) ·L'Eucaristia in Clemente di Alessandria (C. Nardi) Le anafore dei primi secoli (M. Sodi) La dottrina sull'Eucaristia in Origene (S.E. Ferndndez) La dottrina sull'Eucaristia nei Padri antiocheni (S. Zincane) La dottrina dell'Eucaristia nei Padri cappadoci (M. NinJ . Teologia e spiritualità dell'Eucaristia negli scritti di sant'Ambrogio (A. Banato) L'Eucaristia in sant'Agostino (V. Grossi)
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ABBREVIAZIONI E SIGLE PIÙ IMPORTANTI
ABR = Australian Biblical Review Bibl = Biblica BibOr = Bibbia e Oriente BZ = Biblische Zeitschrift CCL = Corpus Christianorum - Series Latina CSEL = Corpus Scriptorum Ecclesiasticorum Latinorum DPAC =Dizionario Patristico e di Antichità Cristiane DR= The Downside Review DSBP =Dizionario di Spiritualità Biblico-Patristica EvTh = Evangelische Theologie GCS = Die griechischen christlichen Schriftsteller der ersten drei Jahrhunderte Ib. = Opera e luogo citati" immediatamente prima ID. (Ead.) =Autore appena citato Id. =Opera citata nella nota precedente ivi = Rivista o enciclopedia o fonte letteraria appena citata IKaZ = Internationale Katholische Zeitschrift JBL = Journal of Biblica} Literature JSNT =Journal for the Study of the New Testament LexThKi = Lexikon fur Theologie und Kirche Lv= Lumière et Vie MuThZ == Munchener Theologische Zeitschrift NTS = New Testament Studies PG =Patrologia Graeca (J.-P. Migne) PL = Patrologia Latina (J.-P. Migne) PP = Philosophia Patrum. Interpretations of patristic texts PSV = Parola, Spirito e Vita · RB = Revue Biblique RechAug = Recherches Augustiniennes RevEtAug = Revue des Etudes Augustiniennes RHPR = Rèwe. d'histoire et de philosophie religieuse~ RivB == Rivista Biblica (Italiana) SAEMO = Sancti Arribrosii Episcopi Mediolanensis Opera SCh = Sources Chrétiennes ThR = Theologische Rundschau TWAT = Theologisches Worterbuch zum Alten Testament TWNT = Theologisches Worterbuch zum Neuen Testament TZ = Theologische Zeitschrift · WisWeis = Wissenschaft und Weisheit ZNT = Zeitschrift fur die neutestamentliche Wissenschaft · ZThK = Zeitschrift fur Theologie und Kirche ·
Salvatore A.· Panimolle
L'Eucaristia nella vita della Chiesa
Il precedente volume del nostro DSBP ha illustrato il significato e il valore della s. Cena in base ai testi ispirati della Scrittura; esso ha documentato e mostrato come la Bibbia ci presenta il sacramento eucaristico non solo nella fase preparatoria dell'Antico Testamento e degli antichi scritti giudaici attraverso i molteplici significati e simboli della cena pasquale, della manna, dell'agnello pasquale, del banchetto escatologico, ma soprattutto nei componimenti letterari del Nuovo Testamento, che parlano esplicitamen-: te del corpo e del sangue del Signore Gesù sotto le specie del pane e del vino. Questi passi e brani eucaristici della Bibbia contengono una dottrina profondissima sulla s. Eucaristia, che i Padri, i grandi teologi, i pastori della Chiesa e gli esegeti lungo i secoli hanno tentato di comprendere e di spiegare, perché hanno percepito rettamente che questo sacramento forma il cuore della spiritualità cristiana e della vita del popolo di Dio durante il suo esodo. Nel cammino verso la patria beata, che è la Gerusalemme celeste, la Chiesa si nutre del corpo e del sangue di Cristo per at.,. tingere da questo cibo divino la forza nel suo pellegrinaggio terreno, spesso duro, faticoso, pieno di ostacoli e di seduzioni inondane, per rendere la testimonianza della fede profonda al Signore crocifisso e risorto. In una società spesso ostile ai principidel Vangelo, perché schiava dell'egoismo, del libertfoaggio, del consumismo, degli idoli del potere, della ricchezza e del successo, la Chiesa trova nella s. Cena la linfa vitale per condurre un'esistenza animata dall'agàpe, l'amore divino celebrato in questo sacramento, perché in esso si fa l'anàmnesis, il memoriale dell'amore del· Cristo che offrè se stesso morendo in croce e risorge per la redenzione dell'umanità: ·7
La s. Eucaristia costituisce il banchetto celeste della comunità cristiana, nel quale tutti i membri della famiglia di Dio si ritrovano attorno alla tavola imbandita .della Parola e del corpo e sangue del Signore e si nutrono di questi · alimenti divini, facendo memoria della passione e della risurrezione del Cristo; perciò essi sperimentano pienamente, anche se nella fede e nel segno, la grazia e la salvezza di Dio. Anzi con la partecipazione a questo sacramento è posto nel cuore e nella carne del credente il germe della gloria celeste e della risurrezione finale, il farmaco dell'immortalità, come la Chiesa ha sempre professato fin dalle origini della sua storia. Il martire Ignazio di Antiochia ha iniziato a esplicitare questo aspetto della dottrina eùcaristica. L'antifona liturgica O sacrum convivium proclama in mo . . do sintetico e ispirato la fede della Chiesa in questi effetti divini e salvifici della s. Cena: · «Mistero della Cenal ci nutriamo di Cristo, si fa memoria della sua passione, l'anima è ricolma di grazia, ç:i è donato il pegno della gloria, alleluia» 1• I padri della Chiesa se, da una parte, illustrano il simbolismo dei sacrifici e dei riti veterotestamentari sulla cena pasquale, mettendo in risalto il valore tipologico dell'agnello immolato e del pane azzimo mangiati dagli ebrei la notte di Pasqua in rapporto al sa~ramento dell'Eucaristia, dall'altra non dimenticano di sottolineare il realismo della pre:. senza del Signore Gesù sotto le specie del pane e del vino nella celebrazione della s. Cena. Anche se qualche scrittore ecclesiastico dei primi secoli, per combattere il pericolo della concezione quasi magica del sacramento, mostra il valore simbolico e spirituale del corpo e del sangue del Signore, spiegando che l'Eucaristia è un sacrificio spiri-
1 Antifona al Magnificat dei Secondi Vespri del ss. Corpo e Sàngue . di Cristo; cf. Liturgià delle Ore secondo il rito romano, CEI, Città del Vaticano 1993, 589. Il testo originale latino di questa antifona appare più eloquente: «0 sacrum convivium, in quo Christus sumitur. Recolitur memoria passionis eius; mens impletur gratia et futurae gloriae nobis pignus datur. Alleluja!».
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tuale, da nessuno dei Padri è negata la presenza reale del , Signore. nel sacramento della s. Cena. In particolare gli Apologeti dei secoli II e III, per difendere i cristiani dall'accusa di antropofagia, spiegano e mostrano che tale infamante e maligna insinuazione dei pagani contro la religione dei seguaci di Gesù è priva di qualsiasi fonqamento, perché questi credenti non uccidono una persona per mangiarla durante la cen~ eucaristica, ma compiono un rito sacro, nel quale, per ordine e per la potenza divina del Salvatore, il pane e il vino offerti a Dio durante la celebraziòne di questo sacramento sono trasformati nel corpo e nel sangue del Signore, Figlio· di Dio e redentore del mondo. La catechesi eucaristica dei Padri inoltre mostra l'importanza e l'incidenza della Eucaristia nella vita cristiana. Per tale ragione non solo si insiste sulle disposizioni spirituali necessarie per celebrare fruttuosamente la s. Cena, quali fa fede, la concordia fraterna, l'amore, l'unità, ma spesso è sottolineata la dimensione ecclesiale di questo sacramento mostrando che l'Eucaristia è il sacrificio della Chiesa. Per partecipare fruttuosamente a questo sacramento sono necessarie le disposizioni spirituali di una carità ardente e di una fede viva nel mistero sublime che si celebra. Inoltre appare indispensabile la concordia, l'amore e l'unità in seno all'assemblea orante. L'insegnamento di Gesù sulla necessità della riconciliazione con il fratello prima di presentare l'offerta sull'altare (Mt 5,23s) acquista significato pregnante e impellente soprattutto nella celebrazione comunitaria del sacrificio' eucaristico. Parimenti l'ammonimento di s. Paolo ad evitare divisioni ed egoismi nella comunità cristiana per celebrare con frutto la s. Cena (1 Cor l l,l 7ss) è di grande attualità per tutte le assemblee liturgiche. · Infine la partecipazione profonda e vitale al sacramento eucaristico fa lievitare l'impegno dei membri della Chiesa ed eleva la loro attività a favore del regho di Cristo e della società, nella fu.miglia, nella ricerca scientifica, nell' esercizio della professione ·e, in ·genere, nel lavoro quotidiano. Il corpo e il sangue del Signore,_ ricevuti con fede e amore, infondono vigore spirituale e rendono possibile la testimonianza cristiana fino all'eroismo. Come il profeta Elia, stanco e sfiduciato, riacquistò vigore nutrendosi del pane 9
prodigioso offertogli dall'angelo e continuò il suo lungo viaggio nel deserto con la forza datagli da quel cibo, cam:... minando per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l'Oreb (lRe 19,4-8), così il credente nel suo esodo verso la patria celeste, fortificato· dal corpo e dal sangue del Signore, ricevuti nella s. Eucaristia, attinge energia spirituale per vincere gli ostacoli e le stanchezze dell' esistenza terrena, le tentazioni e le seduzioni del mondo e per vivere sempre più coerentemente l'ideale del Vangelo. «Per noi cristiani è fondamentale capire che il "sì" totale e fedele di Gesù al Padre e agli uomini; che celebriamo nell'Eucaristia, significa il nostro "sì" al Padre e il nostro "sì" a tutti i fratelli e le sorelle, compresi coloro che ci criticano, non ci accettano, ci disprezzano, si oppongono a noi. L'Eucaristia sarebbe un segno vuoto se in noi non si trasformasse in forza di amore per gli altri, perché le parole: «Fate questo in memoria di me», non sono magiche. Pronunciandole, Gesù ci chiede di donare corpo e sangue, di offrire la nostra vita per tutti, di consegnarci. · E consegnarsi vuol dire avere una rÌlentd)ità muova, che prende il posto della vecchia mentalità propria di chi pensa soltanto a se stesso senza occuparsi degli altri. Per questo la "cena del Signore" che la Chiesa celebra ogni giorno, non tollera di essere messa a servizio di interessi mondani, ma esige un cuore indiviso dal momento che è destinata a formare nel tempo un unico corpo di Cristo. Essa deve accettare e assecondare lagire misericordioso di Dio. Spesso, troppo spesso, ci avviciniamo all'Eucaristia senza la seria volontà di interrogarci lealmente sul senso della nostra vita; intendiamo fare un gesto religioso, ma siamo ben lontani dal· lasciare mettere in questione la nostra esistenza dal dono totale di Gesù. Eppure nella Messa Gesù ci raggiunge con la sua Pasqua e, se ne prendiamo seriamente coscienza, pone in noi ogni volta il dinamismo dell'amore, la forza di quella carità che è riverbero dell'essere stesso di Dio. Perché l'Eucaristia ci accoglie dalle oscure regioni della nostra lontananza spirituale, ci unisce a Gesù e agli uomini e ci sospinge con Gesù e con gli uomini verso il Padre; è come un sole che attira a sé l'umanità e con essa cammina per raggiungere un termine misterioso, ma certissimo. Il cibo eucaristico configura nel tempo un popolo che espri-
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me a livello sociale, non solo individuale, la forza dello Spirito di Cristo che trasforma la. storia. In tale prospettiva è importante tma riflessione sull'urùtà concreta che la vita umana trova nell'Eucaristia. Bisogna certo evitare artificiosi conformismi tra la trascendente, misteriosa unità, attuata dall'Eucaristia e le forme di unificazione create e realizzate dagli sforzi umani nei diversi ambiti di convivenza. Ma tra la prima e le seconde esistono delle relazioni. I cristiani, che vivono nell'Eucaristia una singolare esperienza di attrazione di tutta la loro esistenza nel mistero unificante dell'amore di Dio, devono sentirsi impegnati non so. lo a ricavarne le conseguenze per i rapporti entro la comunità cristiana, bensì anche a favorire l'irraggiamento di questo mistero in ogni àmbito di convivenza. D'altro canto, ogni passo compiuto con buona volontà verso un dialogo tra le persone, verso un costume dì comprensione e di collaborazione, verso l'intesa su un'immagine di uomo di ampio respiro, costituisce un segno e una preparazione dell'unità degli uomini in Cristo. Sarà così possibile.portare all'interno della celebrazione.I.a ricchezza di tutti gli sforzi umani di unificazione» 2 •
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C.M. Martinì, RitroVare se stessi, CA.-E. Pìemme, Casale Monferra-
to 31997, 208s.
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Mario Maritano
L'Eucaristia nei Padri apostolici
I «Padri apostolici» - come dice il nome stesso - sono quegli scrittori cristiani che vissero ai tempi degli apostoli o nel periodo immediatamente successivo 1 (quindi tra là seconda metà del I secolo e la prima metà del II sec. d.C.). Per la loro antichità ed importanza si pongono subito dopo gli scritti neotestamentari: sono il riflesso della predicazione apostolica e una preziosa testimonianza dell'attuazione del messaggio evangelico nella vita dei primi cristiani. Essi non ci hanno las,ciato opere dottrinalmente elaborate, ma composizioni brevi, ~derenti nel pensiero e nel7 la forma agli scritti biblici, espressioni della freschezza e dell'entusiasmo delle origini; hanno essenzialmente uno scopo pratico e pastorale; riflettono ambienti geografici culturali e sociali assai diversi. Sull'Eucaristia abbiamo asserzioni occasionali2, sprazzi di luci su un vissuto che precede sempre e supera la rifles· sione, fissata poi in testi essenziali e vigorosi.
1 Cf. un qualsiasi manuale di patrologia, ad es. J. Quasten, Patrologia, I, Casale Monferrato 4 1980, rist. 1997, 44; cf. anche A.-S. Di Marco, La recezione del Nuovo Testamento nei padrtapostolici, in W. Haase-H. Temporini (edd.), Aufstieg und Niedergang der romischen Welt, II,27,l, Berlin-New York 1993, 724-762, particolarmente pp. 735s. 2 Per una bibliografia sull'argomento vedi in fondo al presente contributo. Oltre alle testimonianze sull'Eucaristia al tempo dei Padri apostolici ricordate qui di seguito, abbiamo anche con molta probabilità un'allusione ad essa in un passo della lettera di Plinio, Ep. X, 96,7: i cristiani solevano radunarsiin un giorno fissato «per prendere un cibo, ma del tutto ordinario e innocente»: cf. M. Sordi, «Sacramentum" in Plin. ep. X, 96,7, in «Vetera Christianorum» 19(1982) 97-103.
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A)
L,EUCARISTIA NELLA DIDACH~
La Didachè 3 è uno · dei testi più importanti e suggestivi dell'antichità cristiana. Si presenta come un piccolo manuale di istruzioni per la catechesi, la liturgia e la disciplina della Chiesa primitiva4 • Non sarebbe un'opera omogenea, ma una compilazione di testi provenienti da diverse fonti. La data di composizione è molto discussa tra gli studiosi. Pare sia molto antica: per alcuni addirittura precederebbe la stesura dei testi neotestamentari (quindi sarebbe anteriore al 50 d.C.), per altri sarebbe da porsi verso gli ultimi· decenni del primo secolo, per altri ancora tra l'inizio e la prima metà del II secolo o più tardi5 • Di sicuro si può affermare che alcune parti. almeno sono molto arcaiche 6 é risentono dell'iniziale ambiente giudeo-cristia-
3 Il testo, molto noto nell'antichità cristiana (poi inglobato in altre compilazioni), fu scoperto dal metropolita Filotea Bryennios a Costantinopoli nel 1873 e pubblicato nel 1883. Per la molteplicità dei problemi posti da questo scritto cf. C.N. Jefford (ed.), The Didache in Context. Essays on Its Text, History and Transmission (Supplements to Novum Testamentum 77), Leiden!New York 1995; cf. anche precedentemente K. Niederwimmer, Die Didache. Kommentar zu den Apostolischen Viitern, I, Gottingen 1989 (con introduzione pp. 11-80, ampio commento pp. 81-272, bibliografia pp. 273-294) e F.E. Vokes, Life and Order in an Early Church: the Didache, in W. Haase-H. Temporini (edd.), Aufstieg und Niedergang der romischen Welt, II, 27,l, Berlin/New York 1993, 209-233. Per-l'edizione critica seguo quella di W. Rordorf-A. Tuiler, La Doctrine des Douze Apotres (Didachè) (SCh 248), Paris 1978. Una più recente edizione è quella di G. Schollgen, Didache. Zwolf-Aposteln-Lehre (Fontes christiani l), Freiburg 1991, 25-142. 1 4 La Didachè co.nsta di sedici capitoli. I primi sei contengono istruzioni morali, presentando le due "vie": quella della vita e quella della morte (argomento molto sviluppato nel giudaismo é nel cristianesimo primitivo). I capitoli 7-10 danno istruzioni liturgiche: battesimo, digiuno, la preghiera quotidiana, l'Eucaristia. Nei capitoli 11~15 si trattano varie questior.ù disciplinari, come l'accoglienza di quelli che esercitano un ministero carismatico o istituzionale, le istri.tzioni per la liturgia domenicale. Il capitolo 16- conclude l'opera in prospettiva escatologica, invitando tutti a vegliare nell'attesa della seconda venuta del Signore. . 5 Per una panoramica cf. F.E. Vokes, Life and Order, 230s. 6 Cf. J.P. Audet, La Didachè. Instruc,tions des Apotres (Études bibliques), Paris 1958. ·
no. Il luogo di redazione sarebbe stato con molta probabilità la Siria. · La Didachè ci fornisce uno dei testi più antichi riguardanti l'«Eucarìstia» 7 nei capitoli 9-10 e 14. · 1. Le preghiere «eucaristiche» in Didachè 9.;.10
Didachè 9-10 ci tramanda preghiere ·«eucaristiche» originariamente modellate su quelle giudaiche, ·le· eulogie .che iniziavano e concludevano il pasto festivo (rispettivamente Qiddush e Birkat ha-amazon). I primi cristiani le trasformarono e le rielaborarono in profondità per poterle utilizzare nelle loro assemblee: è appunto la novità cristiana che caratterizza. queste preghiere8 • Il suddetto testo presenta tre preghiere «eucaristiche»: la prima sul calice (9,2), poi sul pane spezzato, seguita dalla supplica per l'unità della Chiesa (9,3-4), infine una pre. In questa frase vi può essere anche un richiamo al rituale pagano del sacrificio, che awerii~ va swl'altare, circondato anche dal coro (d. Schoedel, Ignatius of Anc·· tioch, 171). . 145 Le due realtà «suono» o voce e «parola» non sono in realtà antitetiche, ma complementari: un suono (o una voce) senza la parola sono il segno di una presenza, il cui significato Ultimo pérò non può essere compreso; una parola senza il suono non può essere comunicata pienamente. Ignazio è già «voce», quindi strumento-'" benché li~ mitato per Dio (cf. anche Giovanni Battìsta che si definisce voce che grida nel deserto; Gv 1,23 e paralleli), - ma egli raggiunge la pienezza divenendo «parola» («16gos»: termine che Ignazio usa solo iri ri~ ferimento a Cristo: Efesini 15,2; Magnesiì 8,2; Smirnesi, inscriptio; o in espressioni generiche con significato avverbiale: .«in segno di, per amore di»: cf. Magnesii 3,2; Filadelfiesi 11, ls; Smirnesi 1011). 140 Cf., per una simile espressione, 1Cor 7,22. . . 1.47 Il vocabolo «~mitatore,> diverrà poi un termine «tecnico» per de-· 144
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e perfetto, come Cfi.sto 148 , raggiungendo così la pienezza· dell'umanità: dunque per Ignazio «è bello morire in vista di Gesù Cristo» 149 (ivi 6,1). In particolare le immagini del frumento e del pane sono dense di significato ed evocative dell'Eucaristia. Il chicco di frumento ha potenzialità che si rivelano paradossalmente proprio nel momento in cui seinbra morire 150: così Ignazio, come «frumento di Dio», attende la propria morte per portare frutto: infatti i denti delle.belve, che lo «ma. cineranno», lo renderanno «pane puro di Cristo»; Dal punto di vista alimentare, nella vita quotidiana, l'espressione «pane puro» indicava un ,. La Sua morte diverrà così, come l'Eucaristia, un «sacrificio di Dio». (Romani 6,2), un'offerta totale e completa a Lui. Il martirio e l'Eucaristia sono così due realtà che rendono possibile l'ingresso·nella vita eterna; perché per mezzo di esse l'uomo raggiunge la fonte stessa dell'esistenza e manifesta l'amore a Dio. Il martire attualizza in se stesso il significato profondo dell'Eucaristia: essere dono totale e vivificante per gli uomini, presenza di Cristo morto e risuscitato. Il martirio è dunque per Ignazio come un'offerta liturgica e comunitaria: anche la comunità ne trae beneficio, perché il sacrificio del martire - come quello dell'Eucari;. stia - diventa sorgente di salvezza per la Chiesa.
D) ALLUSIONI ALL'EUCARISTIA NEL «MARTIRIO DI POLICARPO» Policarpo, vescovo di Smirne 155 , fu discepolo degli Apostoli (particolarmente di s. Giovanni) e amico di Ignazio d'Antiochia che gli indirizzò una lettera, lodandolo per la sua pietà ed esortandolo a proseguire nella sua testimonianza di carità e di zelo. A sua volta Policarpo ebbe come affo-
sere «puro» è di essere «dentro l'altare» (Trallici.ni 7,2), quindi partecipare all'Eucaristia uniti alla Chiesa. 154 Come afferma Th. Baumeister, Die Anflinge der Theologie des Martyriums; Milnster 1980, 284; cf. anche ID., La teologia del martirio nella Chiesa antica (Traditio christiana 7), Torino 1995, 53 nota 15 (trad. it.). 155 Su Policarpo cf. W.R. Schoedel, Polycarp of Smyma and Ignatius ofAntioch, in W. Haase-H. Temporini (edd.}, Aufstieg und Niedergang der romischen Welt, II,27,l, Berlin-New York 1993, 272-358, partico• larmente pp, 276-285 {sulla lettera di Policarpo ai Filippesi) e 349358 (sul suo martirio), con bibliografia. Sul «Martirio di Polìcarpo» in particolare cf. B. Dehandschutter, The Martyrium Polycarpi: a Century of R.esearch, iVi, 485-522. Tra i volumi più recenti cf. G. Buschmann, Martyrium Polycarpi. Eine formkritische Studie. Ein Beitrag zur Frage nach Entstehung der Gatturig Mlirtyrerakte, Berlin/New York 1994'. Per il testo critico ho seguito quello edito da R. Knopf-G. Krilger-G. Rllhbach, Ausgewahlte Martyrerakten, Tiibingen 4 1965, 1-7.
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zionato e attento discepolo Ireneo (il futuro vescovo di Lione), che ricorderà sempre con commozione gli anni passati accanto a lui. Egli scrisse una lettera ai Filippesi, dando loro consigli di vita cristiana._A 86 anni fu condannato al rogo 156 , subendo «il martirio .secondo il Vangelo>> 157 • Il racconto della sua eroica testimonianza di fede - uno dei più antichi testi martirologici e un vero gioiello dell'antica letteratura cristiana - ci è giunto attraverso una lettera che la Chiesa di Smirne inviò a quella di Filomelio in Frigia: il Martirio di Policarpo. Il redattore, dopo aver descritto la persecuzione divampata a Smirne e le vicende di Policarpo (la fuga, la cattura, il processo e la condanna), così ce lo presenta, legato al palo: · come uno straordinario ariete, scelto da numeroso gregge, per essere offerto in sacrificio ( «eis prosphor{m» ), gradito olocausto, preparato per Dio (14,1).
Questo linguaggio e questa descrizione ci pongono nell'ambito del sacrificio cultuale biblico 158 : il martire «viene espli-
156 La data del martirio è controversa: generalmente quelle proposte dagli studiosi sono le tre seguenti: trà il 155-160, nel 167, nel 177. Per una presentazione delle varie posizioni cf. l'articolo di Schoedel citato nella nota precedente (354s), e per una bibliografia sulla data del martirio cf. l'articolo di Dehandschutter citato nella precedente nota (521s), a cui si devono aggiungere: S. Ronchay, Indagine sul martiri.o di San Policarpo: critica storica e fortuna agiografica di un caso giudiziari.o in Asia Minore (Nuovi studi storici. 6), Roma 1990, che però propone una data molto posteriore (tra il 260 e il 270 d.C.) e R. Cacitti, Grande Sabato. Il contesto pasquale quartodecimano nella far-· mazione della teologia del martirio (Studia Patristica Mediolanensia 19), Milano 1994, passim, particolarmente, pp. 11-38, sulla controversia secolare della datazione in relazione al «grande sabato» (Mart. Polyc. 8,1; 21). 157 Mart. Polyc. 1,1 e 19,1. Il redattore infatti sottolinea intenzionalmente numerose corrispondenze tra la passione di Cristo e quella di Policarpo. Per i legami tra l'autore del Mart. Polyc. e la Bibbia, cf. V. Saxer, Bible et hagiographie. Textes et thèmes bibliques dans _les Actes des Martyrs authentiques des premiers siècles, Bèm 1986, 27-35; cf. anche la nota seguente. 158 Per i richiami biblici cf. Eh 10,Sss; Sal 40,7-9 [LXX], Dn 3,39s [LXX]. Cf. Hamman, La preghiera. II. I primi tre secoli, 159, note 24; Baumeister, Die Anfii.nge der Theologie des Martyriums, 298; e più ampiamente J.W. Van Henten, Zum Einfluss judischer Marlyrien auf
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citamente identificato ·con l'Agnello pasquale, prossimo a quell'immolazione di cui l'Eucaristia .è mistero e sacra. mento» 159• In attesa della morte imminente, Policarpo ele~ va a Dio la sua preghiera160, guardando verso il cielo: 14,1. Signore Dio onnipotente, padre di Gesù Cristo, tuo fi"" glia ( «pais») amato e benedetto, per mezzo del quale. abbiamo appreso la conoscenza di te, Dio degli angeli e dei Principati, di tutta la creazione e di tutto il popolo dei giusti, che vivono alla tua presenza, 2. io ti benedico per aver" mi giudicato degno di questo giotno e di quest'ora, dipren~ dere parte nel numero dei martiri al calice del tuo Cristo 161 , per la risurrezione della vita eterna dell'anima e del corpo162, nell'incoquttibilità dello Spirito Santo. In mezzo a loro possa io oggi essere ammesso alla tua presenza in sacrificio («eri thysiai») pingue e gradito, come tu avevi pre~ parato e segnalato in anticipol63 e come hai realizzato, Dio · · senza menzogna e veritiero. 3. Per questo e per tutte le altre cose io ti lodo, ti benedico e ti glorifico per mezzo dell'eterno e celeste sommo sacerdote Gesù Cristo, tuo ama, to Figlio, per il quale a te, con lui e con lo Spirito santo, sia gloria ora e per i secoli futuri. Amen.
die Literatur des frahen Christentums. IL Die Apostolischen Vater, in W. Haase-H. Temporini (edd.), Aufstieg und Niedergang der romischen Welt; II,27,l, Berlin-New York 1993, 700-723, per il Mart. Polyc. particolarmente pp. 714-723 (a p. 721 pone una concordanza tra Dn 3,39s e Mart. Polyc. 14,1-2). 15 9 Cacitti, Grande Saba,to, 67s. 160 Sulla preghiera di Policarpo cf. particolarmente Hamman, La preghiera. II. I primi tre secoliJ 158-167 (più ampiamente, pp.152-167); O. Hagemeyer, Polykarps Eucharistia, in «Heiliger Diensf» 38(1984) 2lc24; D. Tripp, The Prayer of St. Polycarp and the Developmèntof Anaphoral Prayer, in «Ephemerides Liturgicae» 104(1990) 97-132; Buschmann, Marlyrium Polycarpi. Bine formkritische Studie, 262-284; C. Burini, La preghiera di Policarpo celebrazione del suo martirio, in PSV 25(1992) 185-198; Van Henten, Zum Einfluss judischer Martyrien, 719723; C. Burini,« ... questo giorno e questa ora» (Mart. Polyc. 14,2), in PSV 32(1995) 259-271, particolarmente 266-271. . 161 Per il «calice)> (che designa la passione) cf. Mc 10;38s; 14,36; Mt 20,22s; 26,39; Le 22,42; Gv 18,11. 162 Si avverte qui una specificazione in chiave antidoceta e una reminiscenza di Gv 5,29 (i buoni andranno «alla risurrezione della vita»). . · . . · . 163 · Cf. Mart. Polyc. 5,2, ove si afferma che Policarpo ebbe una viSio. ne in cui vide il suo guanciale bruciare: ne dedusse che doveva essere arso vivo.
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Questa preghiera presenta notevoli reminiscenze liturgiche164 ed è stata formulata su una struttura anaforica 165 dal redattore, che - possiamo ipotizzarlo con molta certezza".""". aveva spesso ascoltato come Policarpo prègava nella celebrazione eucaristica!1 66 . Il linguaggio, «Servendosi di nùmerosi impresti biblici dell'Antico e del Nuovo Testamento, è volutamente liturgico e permette di stabilire un parallelo tra la liturgia eucaristica che celebra la pasqua di Cristo e il martirio di Policarpo che sul rogo, divenuto per lui altare, offre se stesso al Signore Dio onnipotente» 167 . Il riferimento al «calice» (14,2) e poco dopo al« pane messo a cuocere» 168 (15,2), a cui è pàragonato il martire, accentua il richiamo all'Eucaristia 169 •. Il·martire dunque con-
164 Cf. già J.A. Robinson, Liturgica! echoes in Polycarp's prayer, in «EX:positor» Sth series, val. 9 (1899) 63-72, che pone alcuni parallelismi tra la preghiera di Policarpo e la liturgia di S. Marco. Cf. Tripp, The Prayer of St. Polycarp, 97-132, che, utilizzando,, oltre la preghiera di Policarpo, anche testi di Giustino e di Ireneo e di altri, ricavala struttura ~pecifica dell'anafora vigente nel II secolo d.C. . 165 Tra i vari elementi si ravvisano l'invocazione o epiclesi iniziale (14,1), la benedizione (14,2a), la petizione (14,2b), la dossologia fi.nale (14,3). Cf. Tripp, Id., 132, il quale conclude che la preghiera di Policarpo non è un'anafora [in senso stretto], ma ne riecheggia e ne riproduce le essenziali componenti. E. Mazza, nella parte introduttiva a ID. e monastero di Base (curatori), Segno di unità. Le più antiche eucaristie delle chiese, Magnano 1996, 71, nota 72, rileva che la preghiera di Policarpo è «ricalco di una paleoanafora». · 166 Pur tenendo conto della parte redazionale, dell'intento edificatorio della lettera, del fatto che il redattore difficilmente poteva cono" scere le esatte parole pronunciate da Policarpo sul rogo, è certo tuttavia che esse ne esprimono i sentimenti: forse il redattore ha rielaborato, in modo armonioso ed equilibrato, una preghiera spontanea e improvvisat!l del martire. Nel caso più ottimistico «it is not totally impossible that we have here the very words.of Policarp»: Tripp, Id.,
101.
Burini, La preghiera di Policarpo celebrazione del suo martirio, 195 (per gli impresti biblici, cf. ivi 195; nota 18). 168 La morte del martire è accompagnata, secondo il redattore, da 1.ln· prodigio: «Il fuoco, prendendo la forma di un muro a volta, come vela di nave gonfiata dal vento, cinse tutto all'intorno il corpo d,el martire; egli stava in mezzo non come carne che brucia, ma come pane messo a cuocere o come oro e argento saggiati al fuoco dentro la fornace. E sentimmo un profumo come cli incenso che si alzava o di qualche altro aroma prezioso» (15,2). 169 Cf. J.A. Kleist, An Early Christian Prayer, in «Orate fratres» 22 167
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tinua il sacrificio di Cristo; celebra, per così dire, tina liturgia col don:o. della propria vita 170 • La morte diventa una «vera azione di grazie», un'Eucaristia nel suo più profondo significato. esistenziale. · E) ALLUSIONI ALL'EUCARISTIA IN PAPIA DI GERAPOLI
In Papia, vescovo di Gerapoli tra la fine del I sec. e gli inizi del· II, 171 ·si, troverebbero possibili al)usioni all'Eucaristia172, presentando la teoria millenarista. Egli scrive che, quando la terrà darà abbondantissimi frutti: Ogni grappolo a\rrà diecimila acini ( ... ). Quando uno dei santi prenderà un grappolo, un altro [grappolo] griderà: «Io sono migliore, prendi me, e per mezzo mio benedici il Si-
(1948) 201-206, che rivendica il carattere eucaristico di questa preghiera in forza del ricordo del pane e del calice; anche T. Baumeister, La teologi.a del martirjo nella Chiesa antica (Traditio christiana 7), Torino 1995, 79, nota 3 (trad. it.): «i tratti eucaristici della preghiera sono indiscutibili». 17° Cf. anche il precedente paragrafo C.7 su Ignazio di Antiochia, riguardante: «Eucaristia e martirio». Inoltre, fa notare E. Bianchi, Il radicalismo cristiano. Seguire (Jesù il Signore, Torino 5 1989, 133, la chiesa di Smirne «raccontando il martirio di ( ... ) un presidente euc caristico, il vescovo Policarpo, mostra la grande equivalenza tra sa" crifido e martirio». Anche alcune «allusioni del racconto si spiegano molto meglio in quanto introducevano forse alla celebrazione eu~ caristica, nel giorno anniversario» (Hamman, La preghiera. II. I primi tre secoli, 167). Tra queste. allusioni, oltre a quella eucaristica del calice e del pane (cf. 14,2 e f5,2), ricordiamo anche il profumo d'incenso che evocava un contesto cultuale (cf. 15,2), la nave con la vela che arriva al porto, che sottolinea il compimento della propria vie ta. 171 Per uno studio e una panoramica dei vari problemi riguardanti questo autore cf. W.R. Schoedel, Papias, in W. Haase-H. Temporini (edd.), Aufstieg und Niedergang der romischen Welt, II,27,1, BerlinNèw York 1993, 235-270. Cf. anche U. Kortner, Papias von Hierapolis: Efn Beittag zur Geschichte des frUhen Christentuins, Gottingen 1983. 172 · Cf. A. McGowan,. «First Regarding the Cup ... »: Papias and the Di~ versity of Early Eucharistic Practice, in «The Journal of Theologìcal Studies» 46(1995) 551-555; cf. anche H.J. De Jonge, «Botrys Boesei», The Age of [(ronos and The Millennium in Papias of Hierapolis, in M.J. Vermaseren (ed.), Studies in Hellenistic Religions, Leidèn 1979, 37" 49. ' .
. 53.
gnore» (per me dominum benedic). Così pure un chicco di frumento darà diecimila spighe e ogni spiga avrà diecimila chicchi e ogni chicco darà dieci libbre di pura farina 173 .
Si può forse ravyi.sare in quell'invito pressante.da parte del grappolo meraviglioso: «per mezzo mio benedici il Signore» un carattere liturgico, evocando la forma della berakah (benedizione) giudaica, spesso adottata.come modello per il testo della preghiera eucaristica174 . · Anche l'accostamento con il frumento potrebbe richiama'" re l'elemento del pane necessario per la celebrazione eucaristica175, tanto più che Papia, pur nominando anche altri cibi1 76 , non collega a questi una richiesta di benedizione, che risulta specifica per il grappolo di uva e per il chicco di frumento (vino e pane). Al minimo si può concludere che quest'allusione a una benedizione del vino e per analogia a una benedizione del pane può· essere una refoterpretazione cristiana d'una tradizione giudaica 177 • CONCLUSIONE
Le fonti patristiche dell'era apostolica - pur nella loro esiguità e nella nostra difficoltà di sicura interpretazione - ci attestano che le comunità cristiane si riunivano espressamente per celebrare un rito conviviale, un pasto «eucari-. sticm>, che si rifaceva all'ultima cena del Signore, per farne memoria. I membri di queste comunità testimoniavano la propria fede nel Cristo vivo, spiritualmente presente in mezzo a loro (e l'Eucaristia non sarà mai la comme~ morazione di un defunto!), realizzavano l'unità e la riconciliazione, traevano forza per superare le persecuzioni e affrontare il martirio. Vivevano la prospettiva escatologica
173
Frammento citato da Ireneo, Adv. Haer. 5,33,3, ed. A. Rousseau,
lrénée de Lyon. Contre les hérésìes. Livre V (SCh 153), Paris 1969, 414.416. 174 Cf. McGowan, «First Regarding the Cup ... », 554. 175 Cf. McGowan, /b. e H.J. De Jonge, «Botrys», 37-49. 176 Cf. sempre nel frammento citato di Ireneo, Adv. Haer. 5,33,3, ove si menzionano «altri frutti, semi ed erbe». 177 Cf. J.-D. Dubois, Remarques sur le fragment dePapias cité par lrénéé, in «Revue d'histoire et de philosophie religieuse» 71(1991),8.
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dell'attesa del Signore, non evadendo dagli impegni del mondo, mà trasformandolo con la forza della carità e della fede. L'Eucaristia infatti si prolungava nella vita quotidiana: dallo «Spezzare insieme il pane» derivava come conseguenza l'impegno di condivisione dellerealtà spirituali e Illateriali. · Per questo l' «Eucaristia» "- termine che diverrà poi «tecnico» per indicare il rito per eccellenza di ringraziamento è il centro della vita di ogni assemblea cristiana: celebrare Dio e riconoscere i suoi interv'enti salvifici nella storia, rinnovando il memoriale della morte e risurrezione del Signore Gesù nel sacrificio eucaristico, sostiene ed edificala Chiesa. · · Bibliografia Testi
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BATIFFOL P., Études d'Histoire et ck Théologie positive. DeuXième série: L'Eucaristie. La présence réelle et la transsubstantiation, Paris 10 1930, 33-34 [Pline]. · · MANNS F., «Ante lucem» dans la lettre de Pline leleune à Trajan (Ep. X,96), in «Antonianum» 62(1987) 338-343. SORDI M., «Sacramentum» in Plin; ep. X,96, 7, in (; (cf. A. Blaise, censea in «Dict~ latin-français des Auteurs Chrétiens», Strasbourg 1954, 142s, s.v. Cf. A D'Alès, La Thèologie de Tertullien, Paris 1905, 366; J. Solario, Tex-' tos eucarlsticos, I. 90s, nota 75; G. Di Nola, Monumenta eucharistica, La testimonianza dei padri della Chiesa, I, Roma 1994, 121s, n.14. • .it Cf. Temillia.no, Cipriano, Agostino, Il Padre nostro, a cura di V. Grossi, Roma, Sls, nota -17. ·
così si evitava la difficoltà, portando a casa con sé il pane consacrato per consumarlo quando il digiuno terminava. Il pane ed il vino consacrati erano poi circondati da un grande rispetto (cf De corona 3, 4); in nessun modo le mani degli idolatri (il riferimento è a coloro che fabbricavano idoli) dovevano accostarsi al corpo del Signore, per non contaminarlo (cf. De idololatria 7, 1-3). Una pagina questa da cui si può scorgere l'usanza di ricevere nelle proprie mani l'Eucaristia. In Ad uxorem II, 4, 2 si parla di sollemnia Paschae, ossia delle solennità in occasione della Pasqua eh~ duravano l'intera notte; e si parla pure di nocturnae convocationes, da identificare forse con lazione eucaristica che di solito si teneva prima che il giorno sorgesse; cosa confermata da un passo del De corona 3, 3 e da un altro del. De fuga in persecutione 14, 1. Sappiamo pure che _per i defunti e ogni anno nel giorno della nascita al cielo dei martiri erano celebrate oblationes (cf. De corona 3,3). Non stupisce infine che il sacrificio eucaristico sia da lui annoverato tra i maggiori riti dell'iniziazione cristiana, insieme al lavacro battesimale, all'unzione e all'imposizione delle mani (cf. De resurrectione 8, 1-3; Adversus Marcionem I, 14, 3; vd. ancora De pudicitia 9, 11 e 16). 1. Agape ed Eucaristia
Lo scrittore africano dà pure una preziosa testimonianza circa l'uso delle comunità cristiane dei primi secoli di tenere l'agape; un termine con cui si designa un pasto in comune, distinto dall'Eucaristia, tramite il quale si rendeva manifesto il legame di fraternità vigente nelle chiese, al quale si aggiungeva l'aiuto ai più poveri. Si trattava dunque di un banchetto. che aveva un carattere propriamente religioso, e non solo sociale, e che era regolato da una disciplina precisa: non vi era ammessa alcuna bassezza o alcuna intemperanza; non ci si sdraiava prima di aver rivolto una preghiera a Dio; si mangiava quanto richiedevano coloro che erano affamati; si beveva per quanto era consentito a persone sobrie; si parlava come chi sa che Dio lo ascolta; ciascuno era invitato a cantare lodi in onore di Dio davanti a tutti, ispirandosi alle Sacre Scritture o lasciandosi guidare dal proprio ingegno; infine una preghiera chiudeva il convito. Tale è la descrizione che lo scrittore dà 70
dell'agape, che - egli nota - significa in greco «amore» (cf. Apologeticum 3 9, 16-19)22 • . · Tertulliano è scrittore molto. attento alla terminologia e a questo proposito si deve notare lampia gamma di parole che egli adopera per riferirsi giusto all'Eucaristia: è questo un punto privilegiato di osservazione che conferma l'opinione secondo cui egli, seppure non abbia avuto un ruolo determinante nelle origini del latino dei cristiani, «ha, però, validamente contribuito con la sua creatività linguistica all'ulteriore sviluppo della latinità cristiana e con la sua genialità letteraria ha introdotto il linguaggio biblico-cristiano nella letteratura latina, dando inizio a una tradizione linguistico-letteraria» 23 caratterizzata. Un termine da lui usato è quello di eucharistia (cf. De praescriptione haereticorum 36, 5; De pudicitia 9, 16), che è un prestito formale dal greco, come molti altrirelativi alla vita liturgico-sacramentale fatti propri dai fedelì di lingua latina. Spesso sono messi in campo nessi specifici, come eucharistiae sacramentum (cf. De corona 3,39), panis et calicis sacramentum (cf. Adversus Marcionem V, 8, 3), dominicum corpus (cf. De pudicitia 9, 16), corpus Domini (cf. De idololatria 7, 1) o ancora corpus et sanguis Christi (cf. De resurrectione mortuorum 8, 3); altre volte le espressioni colgono una realtà più larga, in cui si compie il rito dell'Eucaristia; così accade, mi sembra, per convivium dominicum (cf. Ad uxorem II, 4, 2), convivium Dei(cf. Ad uxorem II, 9, 8), cena Dei (cf. De spectaculis 13, 4l, doniinica sollemnia (cf. De fuga in persecutione 14, 1). E indubbia una ricerca espressiva nn fine a se stessa, ma tendente a tradurre in un linguaggio accessibile a tutto il «popolo di Dio» il carattere misterioso dell'Eucaristia.
22 Cf. J.A. Jungmann, Missarum sollemnia. Origini, liturgia, storia e teologia della messa romana, Torino 2 1961, 14; A.G. Hamman, agape in DPAC, I, 1983, 74 s; R. Minnerath, Les chrétiens et le monde (le et Ile siècles), Paris 1973, 301; C. Burini-E. Cavalcanti, La spiritualità delle vita quotìdiana negli scritti dei Padri, in Storia della spiritualità, a cura di L. Bouyer-E. Ancilli, Bologna 1988, 74-77. 23 V. Loi, Origini e caratteristiche della latinità cristiana, Suppl. n. 1 al «Bollettino dei classici», Accademia Naz. Dei Lincei, Roma 1978, 30.
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2. Apologetica tertuflianea a) Contro le accuse dei pagani
Proprio tale carattere pro.voca i frailltèndimenti dei pagani e fa nascere· 1e pesanti accuse da loro rivolte in proposito contro i cristiani. È noto illfatti che gli apologeti di lingua greca già del II secolo avevano confutato come calunnie prive di ogni prova i crimina occulta (insieme ai crimina manifesta, consistenti nei crimina religionis e neicrimina maiestatis) che erano loro rinfacciati dai pagani. Tra le accuse più atroci vi erano quelle di antropofagia24 , che anche Tertulliano menziona per dimostrare, valendosi dello strumento retorico della ritorsione, che non i cristiani, . ma i loro accusatori si macchiano di quelle nefandezze 25 • Le accuse di infanticidio e di antropofagia mosse ai cristiani hanno certamente la loro radice in lina falsa inter- · pretazione della celebrazione eucaristica e, se mai, mettono in rilievo la difficoltà di fronte a cui si trovavano i cristiani nel presentare questo rito dell'iniziazione e della vita cristiana. b) Contro Marciane: realismo dell'Eucaristia
Un altro· aspetto, meno noto del precedente, che prende a spunto anche il pane e il vino consacrati, è costituito dalla polemica assai viva ed· impegnata che lo scrittore cristiano mena contro Marciane e il marcionismo. Si comprende quindi· il motivo per cui la quasi totalità dei brani. in questione si trovino nell'Adversus Marcionem. Si sa che il marcionismo opponeva un Dio benigno e misericordioso, padre di Gesù Cristo, a un Dio giusto e severo - non cattivo nella sua essenza - espresso dall'Antico Testamen.:, to. Questo secondo Dio sarebbe stato il creatore e signore di questo mondo, scadente e decaduto, anche per il fatto di essere materiale (donde l'ascesi rigorosa predicata da
24 Cf. per esempio, Giustino, I Apològia 26; II Apologia 12; Atenagora, l.egatio 3, 1; 31, 1; 35, lss; Teofilo, Ad Autolicum III,4.15. 25 Cf. Tertulliano, Ad nationes I, 7, 19-34; Apologeticum cc. 7-9. Anche Minucio Felice fa esporre al pagano Cecilio, nel discorso che tiene nell'Octavius (9, 5-6), le medesime accuse.
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Marcione, che proprio per questo sosteneva che Gesù aveva assunto un corpo apparente e non reale). Ora come l'acqua è necessaria per il battesimo e l'olio per la confermazione, così è necessario il pane (e il vino) per compiere il rito eucaristico; in altre parole Gesù nei suoi sacramenti ha avuto bisogno di servirsi della materia, ha avuto bisogno dell'elemosina del creatore: in sacramentis propriis egens mendicitatibus creatoris (cf. Adversus Marcionem I, 14, 3). Di conseguenza, osserva ironicamente Tertulliano, nessuno è da ritenere più sfrontato di colui che su un pane alieno pronuncia il proprio rendimento di grazie a un altro Dio (cf. Adversus MarcionemI, 23, 9). In altri passi lo scrittore afferma, anche con punte sarcastiche rivolte a Marciane, che il mistero del pane e del calice trova proprio nel Vangelo una conferma nella realtà del corpo e del sangue del Signore, non in quel fantasma, di cui parla Marciane. La dimostrazione dell'esistenza effettiva della carne è poi confermata dalla testimonianza del sangue. È impossibile dunque sostenere la non materialità del corpo di Cristo (cf. Àdversus Marcionem IV, 40, 1-6; V, 8, 3). In questo medesimo quadro antimarcionita l'autore adduce quali prefigurazioni veterotestamentarie dell'Eucaristia due brani desunti rispettivamerite da Isaia 63,1-3 («Chi è costui che viene da Edom; da Bozra con le vesti tinte di rosso ....Perché rossa è la tua veste e i tuoi abiti come quelli di chi pigia nel tino?» e dalla Genesi 49,11 (in quest'ultimo si dice che in Giuda, dalla cui· tribù doveva discendere l'origine della carne di Cristo, era figurato Gesù stesso: «Egli laverà riel vino la sua stola e nel sangue dell'uva il suo mantello. Commenta Tertulliano: «Così anche ora ha consacrato (consecravit) nel vino il suo sangue, Egli che uri tempo ha prefigurato (figuravit) il vino nel sangue» (Adversus Marcionem IV, 40, 6) .
. Fra l'altro, è qui evidente la volontà dello scrittore di sottolineare l'unità tra l'antica e la nuova economia, confermata anche da un altro passo del profeta Geremia ( 11, 19) che cìta: «''Venite, mettiamo il legno nel suo pane", cioè la croce nel suo corpo» (cf. Adversus Marcionem III, 19, 3-4). Dal punto di vista teologico bisogna notare che il pensiero tertullianeo non sembra mutare nelle varie fasi della sua evoluzione religiosa, dal periodo ''cattolico» a quello decisamente «montanista». Il «Sacramento del pane e del cali73
ce» gli fa riprendere e sottolineare alcuni idee di natura teologica, cosmologica e antropologica più volte da lui riprese in relazione ad altri contesti, in polemica contro dottrine gnostiche e marcionite. La prima riguarda l'unico Dio, che è concepito quale creatore di tutte le cose, le quali sono dunque buone. La seconda riguarda Cristo che si serve delle cose create per portare a termine il disegno salvifico: usa lacqua per battezzare i suoi fedeli; lolio per dar loro l'unzione; una mescolanza di latte e miele per nutrire simbolicamente coloro che sono nati da poco ·alla vita so~ prannaturale; il pane, quo ipsum corpus suum repraesen;.. tat 26 (cf. Adversus Marcionem I, 14, 3; cf. anche ibidem I, 23, 9). La terza idea riguarda l'unità dell'uomo che è intreccio inscindibile di carne e anima; la carne è il cardine della salvezza; attraverso di essa infatti è reso possibile il legame che Dio stabilisce con l'anima: la carne si nutre del corpo e del sangue di Cristo, perché anchel'anima si sazi di Dio, così come riceve il lavacro, perché l'anima sia pu~ rificata; ha l'unzione, perché l'anima sia consacrata; riceve il sigillo, perché l'anima sia fortificata; le si· impongono le mani perché l'anima sia illuminata dallo Spirito (cf. De resurrectione mortuorum 8, 1 3 )27 • Certamente l'Eucaristia ha, secondo il pensiero dello scrittore africano, un posto centrale nella fede della Chiesa: a riprova di ciò basti leggere ciò che dice nel De praescriptione haereticorum, opera scritta nel periodo «cattolico»; ivi egli, in una sorta di regula {idei, afferma che la chiesa di Roma, insieme alle chiese dell'Africa unite con lei, conosce un solo Dio, creatore dell'universo, e Gesù Cristo, nato dalla Vergine Maria, figlio di Dio; unisce l'Antico e il Nuovo Testamento, di dove attinge la propria fede, fede che suggella con l'acqua, riveste con lo Spirito sarito, nu'tre con l'Eucaristìa.
Sul senso del verbo repraesentare, vd. sotto. Sull'antropologia e sulla concezione di Dio creatore in Tertulliano, cf. P. Siniscalco, Ricerche sul «De resurrectione» di Tertulliano, Roma 1966, 112ss.140ss epassim.
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3. Presenza reale e simbolismo
Circa la presenza reale di Cristo nell'Eucaristia secondo Tertulliano, è necessario osservare che se vi sono - come ·si è visto - parecchie espressioni che formalmente e chiaramente la affermano, altre sono diversamente interpretabili e nel corso > 94(1960), 136-146; J. Quasten, Patrologia, Torino 1967, 571s; V. Saxer, Figura corporis et sanguinis Domini. Une formule eucharistique des premiers .siècles chez Tertullien, Hippolyte et Ambroise, in «Rivista d'Archeologia cristiana» 47(1971) 65-89; W. Rordorf et alii, L'eucharistie des premzers siècles, Paris 1976; J. Betz, Eucharistie in der Schrift und Patristik, in Handbuch der Dogmengeschichte IV, 4a, Frei- · burg 1979; G. Di Nola, Monumenta eucharistica. La testimonianza dei Padri della Chiesa, I, Roma 1994, 117-134.
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Marisa Didone
Reminiscenze di celebrazione eucaristica in Ireneo di Lione
il motivo della continuità tra vecchia e nuova alleanza, sempre presente. nell'opera di Ireneo di Lione, viene ribadito anche nella trattazione del tema dell'Eucaristia 1 • A tale con~ tinuità è strettamente connesso il concetto della unicità2 di Dio Creatore e Padre di Gesù Cristo, autore dei due Testamenti, il quale, come prescriveva agli antichi le oblazioni e i sacrifici, così ai popoli della nuova alleanza chiede una nuova oblazione che è l'Eucaristia. Il vescovo di Lione non dimentica coloro contro i quali è· indirizzata l'intera opera dell'Adversus Haereses: gli eretici. E con il fervore e la precisione che sempre lo contraddistinguono, ma soprattutto col conforto costante della s. Scrittura, di cui è profondo conoscitore e attraverso la testimonianza della quale egli sostiene le sue tesi e stronca quelle degli avversari, gli interessa innanzitutto ribadire, in questa sede, il senso dei sacrifici dell'antica alleanza se~ condo l'insegnamento d~i profe_ti per passare poi a parlare del sacrificio della nuova alleanza. Allo stesso modo ritiene doveroso ricordare che nell'un caso e nell'altro tutto è richiesto e tutto è fatto per il bene dell'uomo stesso:
1 Cf. Adv. Haer. IV, 5, 17-19. Già in Adv. Haer. III, 12,12 Ireneo ha èspresso il .desiderio di esporre, come farà poi nel corso della :Sua opera, «la causa della differenza tra i Testamenti, la loro unità e la loro armonia». · 2 Sin dai primi due libri dell'Adversus Haereses Ireneo ha affrontato più volte, con fermezza, contro gli eretici, il tema dell'unicità di Dio, basandosi sulla testimonianza delle parole dei profeti, del Signore e degli apostoli, allo scopo di abbattere la loro esegesi erronea, Cf. Adv. Haer. Il, 2,6; 9,1; 11,1-2; 32,5; 35,2.4; III,12,12; 25,7.
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«Ora che Dio non prescrisse loro le cerimonie contenute nella Legge perché avesse bisogno del loro culto, lo indicano sovrabbondantemente i profeti; e ancora che Dio domanda l'offerta degli uomini per il bene dell'uomo stesso che la presenta, l'ha insegnato chiàramente il Signore, com.e dimostreremo» 3 .
Sono, dunque, proprio le parole quemadmodum osten.demus di Adv. Haer. IV, 17,l a fard intuite, in anticipo, come Ireneo intende impostare le sue riflessioni sull'Eucaristia in generale e sui momenti di celebrazione eucaristica in particolare.
A) /
SACRIFICI DELL'ANTICA ALLEANZA
Molte citazioni profetiche4 vengono in soccorso di. Ireneo per dimostrare che agli uomini dell'antica alleanza «Dio non domandava ... sacrifici ed olocausti, ma la fede, l'obbedienza e la giustizia per la loro salvezza» 5 •
1. Segno dell'Eucaristia I termini sacrificium, holocaustum, nelle citazioni, assumono valore di «Segno», dì «Simbolo»; le citazioni, invece, proclamano la misericordia di Dio del Vecchio Testamen,. to precisando, in tal modo, il motivo per cui furono istituiti i sacrifiGL Ma il grande valore delle citazioni profetiche è. quello di preannunciare la volontà di Dio che si espri- · merà nelle parole del Signore. Le parole di Osea 6,6: «Gradisco la pietà più del sacrificio e la conoscenza di Dio più che gli olocausti»
riassumono il contenuto di tutte le altre citazioni e, a loro volta, consentono' a Matteo di riproporre lo stesso con~ cetto nelle parole del Signore:
Adv. Haer. IV, 17,1. . lSam 15,22; Sal 33,13-15; 39,7; 49,9-15; 50,18s; Is 1,11; 16-18; 43,23s; 58,6-9; 66,2; Ger 6,20; 7,2-4.21-25; 9,24; 11,15; Zc 7,9s; 8,16s. 5 Adv. Haer. IV,17,4.
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«Se aveste compreso che cosa significa: Gradisco la pietà · · più del sacrificio, non avreste condannato degli innocen. tÌ»6.
.
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Secondo Ireneo~ sono proprio queste espressioni a rafforzare la convinzione che, quando i profeti denunciavano i loro concittadini per aver anteposto i sacrifici e gli alo. causti alla fede, a.Il'obbedienza a Dio e alla giustizia, assumevano il ruolo di predicatori della verità e di accusatori della comune stoltezza. Inoltre la citazione di Mt 12,7 dà autorevolezza all'insegnamento dei profeti negato invece dagli gnostici. Contro la teoria di costoro lo scrittore dimostra che, nonostante la diversità delle prescrizioni esteriori, sono comuni alla vecchia e alla nuova alleanza la. fede, l'obbedienza e la giustizia, cui si aggiunge anche la misericordia, come ha proclamato Osea (6,6) e come ha ri- · cordato il Signore stesso (Mt 12,7). In Adv. Haer. IV, 17,5, con un passaggio non facilmente comprensibile7 , Ireneo stabilisce un legame tra l'esortazione rivolta. ai discepoli di offrire a Dio le primizie delle ·sue .creature perché non divenissero «né sterili né ingrati» e la formula istituzionale di Cristo, pronunciata nell'ultima cena, attraverso la quale egli istituisce la nuova forma di oblazione, cioè l'Eucaristia: «Prese il pane che proviene dalla creazione e rese grazie dicendo: "Questo è il mio corpo" 8• E similmente dichiarò che la coppa,· derivata dalla creazione di cui noi siamo parte, è. suo sangue ~d oblazione nuova della nuova alleanza9 , quell'oblazione che .la Chiesa ha ricevuto dagli apostoli e in tutto quanto il mondo. offre a Dio, che ci dà il nutrimento come primizia dei suoi doni nella nuova alleanza» 10 •
Basandosi su queste parole il vescovo di Lione ·dimostra
Mt 12,7. Ireneo, in seguito, dimostrerà come le parole dei profeti si realizzeranno nella parola eucaristica «questo è il mio corpo, questo è il mio sangue». Cf. Adv. Haer. IV, 17,5-19,1. 7 Probabilmente Ireneo, profondo e attento conoscitore della Sacra Scrittura, ricorda 1Cor l 1,24s, in cui Cristo comanda ai suoi discepoli, nell'ultima cena: «fate questo in memoria di me», espressione ignorata nei quattro evangelisti. .~ Mt 26,26. 9 Cf. Mt 26,28. 10 Adv. Haer. IV, 17,5. 6
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che l'offerta (Eucaristia) della Chiesa porta a compimento i sacrifici antichi, secondo la predizione di Malachia, che indicava chiaramente che il primo popolo avrebbe cessato di offrire sacrifici a Dio al quale, in ogni luogo, sarebbe stato offerto un «sacrificio puro» e il suo nome sarebbe stato glorificato tra tutti i popoli: · «Non mi compiaccio di voi, dice il Signore onnipotente, e non accetter 32 • La distinzi~ne tra «poppare» e «bere» 33 gli permette di ravvisare nel latte non solo il nutrimento elementare. dei nuovi· battezzati 34 all'inizio del cammino della vita cristiana35 , ma anche la
Gv 9, 9; Mt 21, 5. cf. 2. 7; Mc 11, 2. 4. 5. 7; Le l9, 30. 33. 35; Gv 12, 15. . 22 Pd I, 5, 15, 3. 23 Gn 49, 11. 24 Cf. Gn 49, 11. 25 Pd I, 5, 15, 3. 26 Ib. 27 QDS 29, 4; 37, 6; cf. Pr 2, 26, 2; Pd I, 6, 45, 1. 28 Cf. Ippolito, trad. apost. 18. 19, 21. 29 Pd I, 6, 34, 3-52, 3. 30 3, 8. 17: «la terra che fa sgorgare latte e miele», in Pd I, 6, 34, 3. 31 lCor 3, 2: opposizione «latte», «cibo solido», in Pd I, 6, 34, 3. 32 Il. XIII, Ss, in Pd I, 6, 36, l., 33 Pd I, 6, 36, 4 34 Cf. Ippolito, trad. apost. 18. 19. 21. 3 s Pd I, 6, 34, 3-52, 3. 21
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«gnosi, che a partir dalla catechesi nutre» i cristiani progrediti nella fede 36 «in vista della vita etema» 37 • 3. Sangue e carne
Il motivo del latte doveva assumere connotati eucaristici, oltre che battesimali ed escatologici 38, tanto più che facevà la sua comparsa anche nel rito della messa39• A questo proposito è sintomatico il passaggio dall'immagine del latte a quella del sangue. Secondo Clemente, nella Scrittura «''bere" si dice a proposito dei perfetti, "poppare" degli infanti»40: ne è prova il fatto che «il Signore dice: Il mio sangue è vera bevanda 41 • Forse, dicendo:·Vi ho dato da bere latte»42, Paolo «fece allusione àlla gioia perfetta presente nel latte identificato con il Logos, allusione alla conoscenza della verità», mentre «quanto è aggiunto di seguito: Non cibo solido, perché non ne eravate capaci 43 , può fare allusione alla rivelazione, evidente nel mondo che verrà, faccia a faccia 44 , come se fosse ·· · del cibo solido» 45 •
Per Clemente, «làtte del gregge» è «il Signore» 46 • «Latte» e «cibo solido», di cui parla Paolo47, non sono radicalmente . diversi, «ma essenzialmente la stessa realtà» 48 : «Così il Logos è lo Stesso o fluido e tenero, come latte, o compatto e rappreso, come cibo solido» 49 • Clement~ identifica il «lat-
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Ib. Pd I, 6, 36, 4, con allusioni e commento di lCor 3, 2: opposizione
«la.tte», «cibo solido». · Pass. Perp. et Felic. 4, 9. 39 Ippolito, trad. apost. 21. 40 Pd I, 6, 36, 4. 41 Gv 6, 55. 42 lCor 3,2. 43 Jb. 44 lCor 13,12. 45 Pd I, 6, 36, 5: cf. lCor 3, 2. 46 Pd I, 6, 37, 3. 47 lCor 3, 2. . 48 Pd I, 6, 37, 3. 49 Jb.
·
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te» 50 con la prima essenziale «predicazione», latte comunque «Versato in abbondanza» 51 , e il «cibo solido» 52 con «la fede rappresa in virtù della catechesi», fede «che prende corpo nell'anima stessa» 53 • Quindi nota:, «Anche il Signore in un altro punto ha presentato un nutrimento del genere in un modo diverso, quando, nel Vangelo secondo Giovanni, dice mediante raffronti (dià symb6lon ): Mangiate .le mie carni e bevete il mio sangue 54 , chiamando con i termini diversi di cibo e bevan.da55 l'evidenza della fede -e della promessa. Per loro mezzo la Chiesa, costituita da molte membra come un essere umano, è irrorata e cresce, trova fondamento e compattezza da tutti e due gli elementi, dal corpo della fede e dall'anima della speranza, come anche il Signore dalla carne e dal sangue. In effetti, sangue 56 della fede è la speranza, per effetto della quale la fede trova coesione come in virtù di un'anima. Ma se la speranza svanisce, come quando è sgorgato via del sangue, si dissolve la vitalità della fede» 57 •
Clemente sembra contemplare vari significati nel «latte» attinente alla vita del battezzato: c'è il latte della catechesi elementare per i principianti, ancora alla mammella, e quello destinato ad essere bevuto ·dai perfetti. Clemente mette quest'ultimo in relazione con il sangue del Logos, dai toni eucaristici, in attesa del cibo solido escatologico 58 • In ambito fisico si verifica una sostanziale identificazione tra «sangue» il «primo elemento che si genera nell'essere umano», «per taluni» addirittura «essenza dell'anima», e il «latte», «più produttivo e sottile del sangue» 59 • Un'altra identificazione è tra «Sangue» e «carne», dal momento che il «Sangue», «più umido della carne», «è» appunto «un'ùmìda came» 60 • Ora, il sangue «attraverso il cordone ombeli-
so
lCor 3, 2.
Pd I, 6, 38, 1. 52 lCor 3, 2. 53 Pd I, 6, 38, 1. 54 Cf. Gv 6, 53. 55. 56. 55 Gv 6, 55. 56 Cf. Gv 6, 53. 55. 56 51 Pd I, 6, 38, 2-3. 5s Pd I. 6, 36, 4-5; 38, 1. 59 Pd I, 6, 39, 1. 60 Ib.
SI
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cale della matrice» «viene somministrato all'embrione», oppure «Si trasforma»·in «latte» nelle «mammelle» della puer~ . pera per il «nutrimento» dell'«infante» 61 . Insomma, il «San. gue» della madre «subisce un mutamento nella sua qualità e non nell'essenza» 62 , per divenire latte «assai nutriente e dolcissimo»63. Clemente, senza soluzione di continuità, istituisce un rapporto tra la nàtura e la grazia: secondo lui, «sotto ogni aspetto somiglia» al latte «il nutrimento nell'ambito dello Spirito» (pneumatike trophé), «dolce a motivo della &razia, nutriente, in quanto» garanzia di «vitalità», perché «si è manifestato come latte» anche «il sangue del Logos» 64 • D'altra parte, l'espressione «nutrimento nell'ambito dello Spirito» insieme a «bevanda» e «vita eterna», ha un significàto eucaristiconella Didaché65 , come probabilmente in Clemente66. 4. La manna del nuovo popolo
Significativo, dal punto di vista di un'implicita dottrina eu. caristica, è anche un riferimento alla manna67 . Secondo Clemente, il «nutrimento», costituito dal latte, «è appropriato e adatto al bambino appena formato e nato, elaborato com'è da Dio nutritore e padre di coloro che vengono generati e rigenerati: allo stesso modo la manna fluiva dal cielo agli antichi ebrei, nutrimento celeste degli angeli 68 • È per questo che ancora le nutrici usano chiamare manna la prima boccata di latte che sgorga, con lo stesso nome di quel nutrimento)) 69 • .
Di nuovo, è un passaggio logico dalla generazione· umana alla rinascita battesimale, in un contesto eucaristico con-
1Pd I, 6, 39, 2; cf. 39, 3-40, 1. Pd I, 6, 40, 1. 63 Pd I, 6, 40, 2. 64 Ib. 6
62
6S
10, 3 .
Pd I, 6, 41,. 3; 49, 3; 50, 3; cf. 4 . Es 16, 1. 15; Sai 78, 25; 105, 40; Sap 16, 20; 19, 22; Gv 6, 3L 49. 68 Sal78, 25; 105, 40; Sap 16, 20; 19, 22; Gv 6, 31. 49. 69 Pd I, 6, 41, 3.
.6 6 . 67
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trassegnato dalla manna, con richiami eucaristici del Vangelo di Giovanni7°, impliciti in Clemente71 • Segue un'apertura ecclesiologica: t) battezzati; - dice Clemente -, ceche il Signore somministra: offre carne e versa 88 sangue 89, e nulla manca ai bambini», figli di Dio nel · battesimo, «per la crescita)> 90 • Segl.lono altri spunti implicitamente eucaristici: 92 , come anche di lasciare il «Vecchio nutrimento», quello del mondo del peccato: «assumendo un altro stile di vita, quello del Cristo, riceviamo l'ordine di accoglierlo, se possibile, di deporlo in noi stessi e di mettere il Salvatore nel petto. Con un altro ter- . mine chiama carne lo Spirito santo, perché la carne è effetto della forgiatura dallo Spirito santo. Parlando di sangue, si riferisce allusivamente al Logos, perché il Logos è riversato sull'esistenza come un sangue ·ricco: e il Signore è la mescolanza di ambedue, il nutrimento degli infanti, Lui, il Signore che è Spirito e Logos. ll nutrimento, vale a dire il Signore Gesù, vale a dire il Logos di Dio, è Spirito che si incarna, è carne celeste che riceve la santificazione. Il nutrimento è il latte del Padre: soltanto da questo siamo allattati noi infanti. Lui, il Lo~os amato 93 e nostro nutritore, versò per noi il suo sangue 4 , per salvare l'umanità» 95 •
È evidente la dipendenza dalle parole di Cristo nella Cena96. . 6. Il nutrimento del Cristo Dopo alcune considerazioni sul >, Logos che «è bevuto», in quanto «nutrimento della verità» 103 , come sostiene Clemente sulla base delle parole di Paolo: «Vi ho dato da berelatte» 104 • Il Logos è come «latte» e viceversa, «latte» come «nutrimento» 105, perché «la bevanda» è un «nutrimento l,l.mido»; ma «la medesima realtà», ilLogos, «è, inteso sotto l'uno o l'altro aspetto; cibo e bevanda». A scopo esplicativo,.Clemente introduce ìl paragone del «formaggio», che non è altro che «Un accagliarsi del latte o latte accagliato» 106: insomma «un'unica essenza somministra i due tipi di «nutrimento», come per i ccbambini al petto il latte è sufficiente come bevanda e nutrimerito» solido 107 • Di nuovo, Clemente passa ad applicazioni cristologiche: sulla base delle parole di Gesù identifica il «cibo» con la realizzazione della e< Volontà di Dio» 108 , che Clemente seml5ra mettere.in relazione con il.1.976, 33, n.1) [:,~f«Eforse noi saremo così sproweduti da pensare che l'apostolo, il /'\}urue.è sfato inviato a predicare la parola di Dio, abbia portato con (~.~del latte per darlo da bere ai Corinzi?» (Commento ai Romani; IX, ,,~; PG XIV 1235c; trad. F. Cocchini, Genova 1986, II, 137). Cf. '.'Jhirl4,2; lCor 3,2; Eh 5,12s. '.;f6 Pornmento a Matteo X,25 (GCS X 34; trad. G. Di Nola, 170). ~~-·-
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Gesù guarì i loro malati, e soltanto dopo 'offrì i pani della benedizione, cioè, l'Eucaristia 17 • La guàrigione; in questo caso, è simbolo del progresso nella. capacità di accogliere misteri più profondi. Origene attualizza la relazione evangelica: quelli che sono ancora malati non sono capaci di ricevere il corpo e il sangue del Signore. Ognuno riceve il Logos secondo la propria capacità, e l'Eucaristia è un mistero troppo grande per i deboli. Questa còrtcezione non è questione di esoterismo ma di pedagogia: l'Eucaristia, perché è un cibo per i sani, danneggia i malati: Non temi di ricevere il corpo di Cristo accostandoti all'eucaristia? ... Non ti ricordi di ciò che è scritto: «per questo molti fra voi sono infermi, malati e molti sono morti»? Perché molti soho infermi? Perché non scrutano nel loro intimo, non esaminano se stessi e non capiscono cosa significhi essere in comunione con la chiesa, o accedere a misteri tanto numerosi e tanto grandi (accedere ad tanta et tam eximia sacramenta). Accade loro quello che capita a chi ha la febbre, quando vuol prendere prima del tempo il cibo delle persone sane e così si rovina da solo 18 •
L'alimento spirituale - come quello corporale..:.. fortifica i forti ma danneggia i malati. Per Origene l'Eucaristia è il corpo di Cristo che ha la forza (dynamis) di santificare coloro che lo ricevono degnamente e di indebolire o anche uccidere coloro che si accostano ad essa indegnamente. La santificazione dei giusti però non si realizza: in maniera «automatica», ma secondo l'analogia della fede 19 • È ben nota l'insistenza origeniana sul libero arbitrio (in polemica con gli gnostici); questo porta l'Alessandri.no ad insistere sulle disposizioni personali piuttosto che sull'efficacia del sacramento come tale. Il Commento a Matteo tramanda uno dei testi origeniani più controversi riguardo alla dottrina eucaristica. A propòsito delle parole di Gesù :parole di Cristo sembra uno dei tratti più caratteristici della dottrina origeniana sull'Eucaristia. CONCLUSIONE
_Ifa quanto si è visto, la dottrina eucaristica di Origene de__ Ve essere létta nel contesto di tutto il suo pensiero. Solo ;çosì si capisce, altrimenti si intende male. In definitiva, };Eucaristia -secondo Origene - contiene il Corpo e il San,: ., )'. Nelle Regole, Basilio insiste sulla p:;i.rtetip(iziòne al
corpo e sangue di Cristo con timore e con fede (Reg. Brevius tract. CLXXII, 1196). Nell'opera di Basilio, per quanto riguarda l'Eucaristia, dobbiamo acèennare ancora all'epistola 93 (PG XXXII, 484), documento importante sull'Eucaristia e la storia della comunione eucaristica. In questa lettera, l'autore indica l'abitudine di conservare la comunione in case particolari, la pratica della comunione frequente e la fede nella presenza nell'Eucaristia del corpo e del sangue del Signore. Inoltre Basilio accenna all'uso di comunicarsi, nei giorni di domenica, mercoledì, venerdì e sabato e anche nei giorni in cui si commemora· qualche santo. La lettéra contiene anche l'indicazione dell'uso tra i monaci non sacerdoti di conservare la comunione nelle loro celle e di comunicarsi da soli.
8) LITURGIA DI SAN BASILIO La liturgia di san Basilio è la seconda anafora importante delle Chiese bizantine, dopo quella attribuita a san Giovanni Crisostomo. Ne abbiamo due redazioni, una di tradizione· alessandrina, più breve e con una teologia più ar".' caica, probabilmente ancora aritenicena; e una di tradizione antiochena, più lunga e con un teologia più evoluta, molto. vicina alla teologia di Basilio. Probabilmente Basilio si è servito di un testo già esistente nella Chiesa di Cappadocia e lo ha rielaborato con il proprio pensiero; a partire di qui, sotto la paternità autorevole del grande cappadoce, diverse Chiese hanno preso il formulario liturgico basiliano. Nei secoli VI-VII abbiamo due riferimenti all'anafora di san Basilio: Leonzio di Bisanzio (543) e il Concilio In Trullo (692). Vorrei sottolineare alcuni aspetti propri del1'anafora di san Basilio: 1. San Basilio - e lanafora ne rispecchia chiaramente la teologia - si è trovato sia con la conclusione della crisi ariana, sia in piena crisi pneumatomaca;l'anafora dunque rispecchia una teologia trinitaria molto chiara: lo Spirito è in rapporto col Figlio ed è allo stesso tempo fonte di santificazione: «Padre onnipotente e adorabile ... invisibile, irraggiungibile, indeserivibile ... Padre del Signore nostro Gesù Cristo, il nostro grande Dio e Salvatore, oggetto della nostra spe.:. ranza... Per mezzo di lui si è manifestato lo Spirito santo,
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lo Spirito di Verità ... fonte di santificazione ... » (prefazio).
2. L'azione di grazie a Dio viene sottolineata largamente a partire della creazione fino alla redenzione operata da Cristo: «Tu hai fatto l'uomo dalla polvere della terra e l'hai fatto a tua immagine, l'hai messo in paradiso e gli hai promesso l'immortalità ... Tu l'hai allontanato dal paradiso e l'hai messo in questo mondo e l'hai fatto ritornare alla terra da dove l'avevi preso; ma hai preparato per lui la salvezza per mezzo di una seconda nascita nel Cristo stesso ... » (anamnesi).
3. La soteriològia operata da Cristo è· molto accentuata nell'anafora: «Egli ha fatto di noi un popolo scelto, sacerdozio- regale, una nazione santa .... Egli stesso si è consegnato alla morte, di cui noi eravamo schiavi, venduti al peccato. Disceso agli inferi per la croce per portare a termine in se stesso tutte le cose, ha dissipato le angosce dèlla morte. Risuscitato al terzo giorno, ha preparato per ogni carne il cammino della risurrezione dai morti, perché non era possibile che l'autore della vita fosse sottomesso alla corruzione ... » (anamnesi). . · 4. Nell'epidesi, la discesa dello Spirito è legata strettamen. te all'opera della salvez:Za: « •.• Venga il tuo Spirito santo su qi noi e su questi doni, li benedica, li santifichi... e faccia di questo pane il Corpo prezioso di nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo ... ». S~ La fine dell'epiclesi prende~chiaramente un senso ecclesiologico: «E noi che partecipiamo allo stesso Pane e allo stesso Calice, fa' che siamo uniti gli uni gli altri nella coml,lllione dell'unico Santo Spirito ... » •
.·.· .· Seguono poi le intercessioni che hanno ancora questo ca···.· :rattere ecclesiale: «Ricordati, Signore, della tua Chiesa santa, cattolica e apostolica, sparsa attraverso il mondo; donale la pace, poiché · tu stesso l'hai acquistata per mezzo del sangue di Cristo ... >) (commemorazioni). · · ;>:' .
La teologia trinitaria dell'anafora di Basilio è quella che . troviamo nel Suo trattato Sullo Spirito santo, una teologia 203
che raccoglie soprattutto le posizioni cristologiche e pneu'" matologiche della seconda metà del .IV sec.
C) GREGORIO
DI NA.ZIANZO
L'amico di Basilio non ha neppure lui un trattato diretto sull'Eucaristia, ma in diversi passi delle sue lettere àccerina al mistero del corpo e del sangue di Cristo, a cui bisogna partecipare con fede e senza esitazione; come Basilio, anche Gregorio crede alla presenza del corpo e del sangue di Cristo sotto le specie del pane e del vino, senza altre spiegazioni; indica ancora che il sacerdote, con la sua parola, fa scendere il Verbo di Dio e che, servendosi delle sue parole come di un coltello, separa il corpo e. il sangue del Salvatore (Epist. CLXXI, PG XXXVIl,281). Insiste sul carattere sacrifièale dell'Eucaristia; l'offerta di Cristo al Padre diventa tipo e modello dell'offerta di ogni cristiano a Dio. .
D)
GREGORIO DI NISSA
La dottrina: eucaristica di Gregorio di Nissa è in qualche modo più esplicita di quella degli altri cappadoci. Il pane e il vino ordinari vengono consacrati con una «parola mistica» (Oratio de baptisrno Christi, PG XLVI, 581); l'Euca~ ristia quindi dà al corpo umano mortale il privilegio dell'incorruttibilità, fatto che suppone la presenza del corpo immortale e incorruttibile di Cristo nel sacramento; l'unione del corpo umano mortale col corpo di Cristo procura all'uo~ mo l'immortalità. Nell'Oratio catechetica magna, dove l'autore intende spiegare il ruolo dei sacramenti del battesimo e dell'Eucaristia come strumenti che applicano la redenzione di Cristo, Gregorio argomenta così sugli effetti dell'Eucaristia: la natura umana ·si compone di due elementi, corpo ed anima, e ambedue devono unirsi al Salvatore e partecipare della sua vita immortale; l'anima lo fa per mezzo della fede, che riceve nel battesimo, mentre il corpo lo fa per mezzo dell'Eucaristia che gli· dà l'immortalità. L'autore si chiede ancora sul come avviene che ogni giorno, ovunque, tanti fedeli cristiani si comunichino allo stesso corpo e sangue di Cristo; l'autore risponde insistendo sul-
204
>iJa forza della parola dì Dio .e della preghiera nella santifirt::azione dei doni(Orat. Cat. Mag. X.LV, 96-97). Gregorio si \serve del termine·- «Conversìone»·per parlare della presen' za del corpo di Cristo presente nell'Eucaristia; quando Cri>: sto, nella sua vita terrestre, si nutriva di parie e di vino, con __ la digestione li assimilava al suo corpo; anche adesso, quin_- - di, per anologia, per la forza della parola di Dio, il pane e _il vino vengono cambiati istantaneamente nel corpo e il sangue del Verbo. Allo stesso modo deglialtri cappadoci, · anche Gregorio insiste, chiaramente senza -nessuna pole•_- _- mica, sulla presenzadel corpo di Cristo nel pane e nel vi'ìetri [Bible de Tous les Temps 2], Paris 1985, 391-392. Il tema del:laScrittura, cibo offerto alla masticazione dei fedeli attraverso il «Ser;,~fiio dei denti» svolto dai ministri della Chiesa, è trattato nell'Omelia )/I/sul Cantico dei Cantici di Gregorio di Nissa (GNO 6,225). Cf. G.'J..Gàrgano, La teria d.i Gregorio di Nissa sul Cantico dei Cantici. /n:::'@gi.ne su alcune indicazioni di metodo esegetico [Orientalia Christia~ii;:lAnalecta 216],
('117.
Pont. Inst. StudiorumOrientalum, Roma 1981, 167-
>":.··: .•-. -,._>'.
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La parola di Dio è, in sintesi, umi «manna spirituale», una spiritalis sapientia, che nutre e addolcisce l'animo del saggio. «Ma v'è la manna spirituale (spiritale manna), cioè la pioggia della spirituale sapienza, che [ ... J irrora la mente degli uomini pii e dolcifica la loro bocca. Chi comprende l'infusione della grazia divina, ne prova diletto e non cerca altro cibo e non vive di solo pane, ma di ogni parola di Dio. Chi· è più curioso, cerca che cosa sia questo cibo che è più dolce del miele. Gli risponde il ministro di Dio: "Questo è il pane che Dio ti ha dato da mangiare" (Es 16,15). Che cosa sia questo pane, ascolta: "La parola, dice, disposta da )Jio" (Es 16,16). Questa disposizione divina, dunque, quest'alimento nutre l'animo del sapiente e illumina e dolcifica risplendendo col bagliore della verità e dilettando - come un favo, così con la dolcezza di varie virtù e col discorso della sapienza: "Favi di miele, infatti, sono i discorsi buoni" (Pv 16,24), come sta scritto nei Proverbi» 16 • ·
La Scrittura è nutrimento indispensabile per la nostra crescita spirituale, poiché illumina, vivifica e diletta la mente con i suoi divini ammaestramenti e con allettanti esempi di vita virtuosa. In rapporto all'Eucaristia, anch'essa acquista valore sacramentale. «Bevi dunque tutti e due i calici, dell'Antico e del Nuovo Testamento, perché in entrambi bevi Cristo. BeVi Cristo, che è la vite; bevi Cristo, che è la pietra che ha sprizzato l'acqua; bevi Cristo, che è la fontana di vita; bevi Cristo; che è il fiume la cui corrente feconda la città di Dio; bevi Cristo, che è la pace; bevi Cristo, che "è il ventre da cui sgor~ gano vene d'acqua viva" (Gv 7,38); bevi Cristo, per bere il suo discorso! Il suo discorso è l'Antico Testamento (senno eius testamentum ... vetus)! il suo discorso è il Nuovo Te~ stamento (senno eius testamentum ... novum). La Scrittura divina si beve, la Scrittura divina si divora, quando il succo della parola eterna discende nelle vene della m!!nte e nelle energie. dell'anima: così, "non di solo pane vive l'uomo, ma di ogni parola di:Dio" (Le 4,4), Bevi questa parola (hoc verbum bibe), ma bevila secondo il suo ordine: prima nell'Antico Testamento, e "passa presto" (Is 9,1) a berla anche nel Nuovo Testamento» 17 •
16 Lett. 54 [=Maur. 64], 2 (SAEMO 20,98s). Cf. Filone, Defuga et inv. 25,137-139 (OPhA 17,204-207). 17 Com. Sal. 1,33 (SAEMO 7,80s).
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Approfondendo il rapporto typus/veritas sulla base del con'." frqnto tré( glieventi prefigurativi dell'AT (es., lacqua sca~ _•turita dalla roccia) è i benefici della redenzione di ,Cristo - -efficacemente presenti nell'Eucaristiét, l'autore sviluppa il -tema dell'unione mistica dell'uomo con la parola divina, considerata tappa intermedia,' ma essenziale, per accedere al gradino superiore, quello «"trasumanante" dell'eb-. brezza mistica» in- cui ci è dato di bere il sangue- di Cristo18. In quanto parola di Cristo, la lettura dei due Testamenti ci mette già in comunicazione con Colui che_ è la __ fonte prima della vita e «sacramento» dell'incontro con Dio; -··--ma dopo aver bevuto alla Scrittura divina fino a irrorare levene "dell'anima ngenerandola, occorrerà attingere allo stesso sacramento del suo corpo e del suo sangue, per es• sere santificati e divinizzati. Emerge così un rapporto di pari dignità e di continuità tra il calice delle Scritture e il calice eucaristico: in entrambi è presente Cristo; dall'uno e çlall'altro si beve Cristo: bibe Christum, ut bibas sanguinem qào redemptus es, bibe Christum, ut bibas sérmonem eius 19 •
>
2; Sacramentorum participatio e dono dell'Eucaristia { _I,llustrati i «misteri contenuti nella Scrittura», che già reat;Jizzano a livello di fede _ cedenti alimenti rispetto a quello «più sostanzioso» (validior): Cristo stesso 51 • È questo il «pane nutriente (pinguis panis)» 52 , messo dal Verbo incarnato a disposizione degli uomini, quando egli venne «povero perliberarci dall'indigenza» e «Con la sua povertà [assunt':l «per causa nostra»], rese tutti ricchi (cf. 2Cor 8,9)». -.___ Ed è proprio questo il dono che Cristo ci offre nell'Euca Po e «Suo [vero] pane» (Gn 49,20): pane abbondante che - sazia la fame dell'uomo e lo fortifica (cf. Gv 6,35). «È davvero nutriente il pane, chi inangia del quale non avrà più fame. Gesù diede questo_ pane agli apostoli, perché lo distribuissero al popolo dei fedeli e oggi dà a noi quello che il sacerdote stesso ogni giorno consacra con le sue paro-
> le»s3. ,c;:·pai pani, messi da Gesù a disposizione delle folle (Mt ~'j::]5,36s), il pensiero del Vescovo corre spontaneo all'EucaX::tìstia, al corpo donato/spezzato, offerto una volta per_tut~rtèsul.Calvario e ora ripresentato/riattualizzato nel sacrifi:tF.qi ~3..-,-,
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ij.?&'1!,ff!; senza madre, senza genealogi.a ...
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») che Melchisedek diventa tiCf. Daniélou, Bible et Liturgie, 196-206. hAA,13 (SAEMO 17,92s). h5,l,3 (SAEMO 17,102s). Saér. 5,13s (SAEMO 17,102-105). ).S,lA(SAEMO 17,104s). ~'iJ6hanny, L'eucharistie centre de l'histoire du salut, 135s. Caino e Ab. 1,8,31 (SAEM02/l,226-229).
. ra del Figlio di Dio.
lf~H::-
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o, per usare una formula a lui càra, mortis dominicae sacramenta96. · «Conosci poi quanto sia grande questo sacramento. Osserva che cosa dice: "Ogni volta che farete questo, rinnoverete il mio ricordo, finché (o non ritorni" ( 1Cor 11,26). E il vescovo dice: "Memori dunque della sua gloriosissima passione e della risurrezione dagli inferi e. dell'ascensione al cielo, ti offriamo quest'ostia, ostia spirituale, ostia incruenta, questo pane santo e il calice della vita eterna. E ti chiediamo e supplichiamo di ricevere questa offerta sul tuo altare"» 97 •
Mediante le parole della consacrazione, le offerte .si tramutano nell'ostia spirituale98 • E che cosa avviene? «Tu senti parlare di carne, senti parlare di sangue, e apprendi il mistero della morte del Signore». Conseguentemente, «noi ogni volta che riceviamo i sacramenti che, grazie al mistero della sacra preghiera, si trasfigurano nella carne e nel sangue, annunciamo la morte del Signore» 99 •
Sulla base di Gv 6,55 («Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda»), Ambrogio ribadisce che il corpo e il sangue di Cristo si rendono presenti sull'altare «in un aspetto diverso», sotto le specie del parte e del vino, per cui il sacrificio della croce vi è attivamente presente con .tutta la sua efficacia salvifica ed è reso a noi accessibile ad opera dello stesso Cristo, il Figlio di .Dio incarnato; · Nel quarto sermone del De sacramentis, tenuto ai neofiti nell'ottava di Pasqua in un anno compreso tra il 380 e il .· 390, Ambrogio riporta il testo dell'anafora, secondo il primo Canone del Messale Romano.
96 Cf.Fede 4,10,124 (SAEMO 15,312); cf.Sacr. 5,3,12 (SAEMO 17,106s} e Com Sal. 43,37 (SAEMO 8,128s): «E osserva come i nostri padri se- .·· questravano un agnello e lo mangiavano, prefigurando così la passione del Signore Gesù (domini Iesu passionem), il cui sacramento (sacramento) è il nostro cibo quotidiano». 97 Sacr. 4,6,26s (SAEMO 17,lOOs). 98 Sulla trasformazione delle specie del pane e del vino si vedano i seguenti testi: Sacr. 4,4,14; 5,21-23 (SAEMO 17,92s.112s); Mist. 9,52 (SAEMO 17,162-165); lncarn. 4,23 (SAEMO 16,388s) dove, parimenti al trattato Fede 4,10,123 (SAEMO 15,312s}, è usafo il verbo trasfigurare, sinonimo di transformare/transferre, per indicare la trasforma" zione degli elementi eucaristici nel corpo e nel sangue di Cristo. 99 Fede 4,10,124 (SAEMO 15,312-315}.
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«Vuoi sapere come si consacra mediante le parole divine? Ascolta queste parole. Dice il vescovo: "Fa' che per noi questa offerta sia ratificata, spirituale, gradita, perché è la fi~ gura del corpo e del sangue di nostro Signore Gesù Cristo. Egli, la vigilia della sua passione, prese il pane nelle sue mani sante, levò gli occhi al cielo rendendo grazie a te, Padre sa.Ìlto, Dio onnipotente ed eterno, lo benedisse, lo spezzò e, dopo averlo spezzato, lo diede ai suoi discepoli dicendo: 'Prendete e mangiatene tutti: questo è infatti il mio corpo che sarà spezzato per molti'"; Fa' attenzione! "Nello stesso modo, dopo .aver cenato, la vigilia della sua passione, prese anche il calice, levò gli occhi al cielo rendendo grazie a te, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno, lo benedisse, lo diede ai suoi apostoli e discepoli dicendo: 'Prendete e bevetene tutti: questo infatti è il mio sangue"'» 100 •
L'autore.sottolinea il potere del senno Christi e dell'intera ·prece eucaristica, la cosiddetta·anamnesi, di «trasformare letamente diverse: il pane diventa il «Suo corpo», il calice si tramuta nel«sangue che ha redento il popolo» 101 • Il ,· tp.émoriale della Cena diviene annuncio e proclamazione )Jella «morte del Signore» {lCor 11,26), del sacrificio uni·}C:o di Cristo reso presente nell'Eucaristia «per la remissio. · tualità eucaristica. • 13Com. Sai. 118 21,4 (SAEMO 10,370s)~ 13'.Ib. Cf. Johanny, L'eucharistie centre de l'histoire du salut, 153 e 215· '.220. . .
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6,51); c'è l'olio della.santificazione ... C'è anche quel calice "così meraviglioso" che dà l'ebbrezza, o "così efficace". Il testo greco porta infatti "kratiston", cioè "potente", "forte", "efficace": efficace perché lava le infamie e le cancella. Buo-· na è dunque l'ebbrezza del calice di salvezzaii 138 •
Cibo di natura spirituale, l'Eucaristia si presenta come esca spiritalis, vero nutrimento dell'anima che sostenta e «rallegra il cuore dell'uomo» più efficacemente di quello materiale139. Motivo ispiratore è la citazione di Ct 5,1 («Mangiate, amici miei, e bevete e inebriatevi» ) 140 , con c_ui la Chiesa. invita i fedeli alla mensa eucaristica e offre loro questo '>, che danno forza e letizia. Nelle · specie eucaristiche è presente il corpo reale di Cristo, corpo originato dallo Spirito santo (corpus ... divini spiritus) 141 , e vi opera lo stesso Spirito di Dio protagonista del concepimento verginale di Gesù. Come «Spiritus ante faciem nostram » (cf. Lam 4,20), il Paraclito tocca i sensi spirituali dell'uomo e li inebria con la dolcezza di questo mistico cibo (cf. Sal 33,9) 142 .
Com. Sal. 35,19 (SAEMO 7,134s). Cf. Misteri 9,58 (SAEMO 17,166s). 14° Cf. anche Caino e Ab. 1,5,19 (SAEMO 2/I,206-209); Sacr. 5,3,15 (SAEMO 17, 108s). . 141 Cf. Misteri 9,57s (SAEMO l 7,166s); Lazzati, Motivi eucaristici nell'opera di S. Ambrogio, 123-125. 142 La dottrina dei sensi spirituali, già presente in Origene, ritorna in Ambrogio il cui pensiero risente in parte dell'influsso neoplatonico, soprattutto nel De Isaac. Per il vescovo milanese tuttavia si tratta di una dottrina essenzialmente biblica (l'interiorità è il vero luogo dell'immagine di Dio) e solo secondariamente neoplatonica, che consente di superare il dualismo platonico, stabilendo una correlazione tra sensi fisici e sensi spirituali. Dato l'interesse del vescovo milanese per i temi mistici, tale dottrina trova largo impiego nella sua esegesi. Per quanto concerne la sua componente origeniana, si veda K, Rahner, Le début d'une doctrìne des cinq sens spirìtuels chez Orìgène, in «Revue d'Ascétique et de Mystique» 13(1932) 113-145; M.Harl, La «bouche» et le «coeur» de l'apotre: deux images bibliques du «sens divin» de l'homme, in Forma Futuri. Studi M. Pellegrino, Torino 1975; 17-42; invece, sullo sviluppo che la medesima presenta negli scritti di Ambrogio, si veda G. Madec, L'homme intérieur selon sainiAmbroise, in Ambroise de Milan. XVI centénaire de son élection épìscopa~. le, Paris 1974, 288-306, che rinvia soprattutto ai numerosi passi dell'Exp. ps. CXVIII. 138
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Invitando i discepoli a sfamare le folle («Date loro voi stessi da mangiare», Mt 14,16), Gesù promette di dare loro in cibo il «SUO corpo» vivificante, sorgente di vita eterna 143 , e il calice dell'allegrezza. · «"Date voi [stessi] loro da mangiare, perché non vengano meno per strada!" (Mt 14,16). Tu possiedi il cibo degli apostoli. Mangialo, ~· non ti indebolirai! Mangia prima quel cibo, per poter poi passare al cibo di Cristo, al cibo del corpo del Signore, alle vivande sacramentali (epulas sacramenti), a quel calice che fa inebriare i sensi (cf. Sai 22,5) e li veste dell'allegrezza che nasce dalla remissione del peccato; che li spoglia delle preoccupazioni di questo mondo, della paura della morte e degli affanni. Questa è dunque un'ebbrezza che non fa barcollare il corpo, ma lo fa rialzare» 144 •
La riflessione catechetico-liturgica di Ambrogio segue i ritmi dell'iriiziazione cristiana e la particolare partecipazione dei catecumeni ai ritisacramentali ad essa connessi precedono le lèctiones della Messa; quindi, si dà spazio alla salmodia cantata, precedente la convocazione dell'assemblea eucaristica145 , infine, si celebra il caeleste sacramentum, ossia il sacrificio eucaristico vero e proprio. 3. Pane inesauribile
Ho già fatto notare come nel pane moltiplicato e distribuito dagli apostolì Ambrogio veda un esplicito rimando all'Eucaristia; occorre, tuttavia, meglio specificare che questo .è il pane inesauribile, messo dalla Chiesa a disposizione degli uomini. " «Ha pure un significato mistico il fatto che il popolo viene saziato durante quel pasto, mentre gli apostoli lo servono:
Cf. Com. Sal. 118 8,48 (SAEMO 9,362s). Com. Sal. 118 15,28 (SAEMO 10,158-161) .. Sul tema della sobria .ebrietas, si vede l'Inno Splendor paternae gloriae, str.. 6. w. 3-4 (testo ·.critico di W. Bulst; Hymni Latini antiquissimi I.XXV. Psalmi III, Hei.delberg 1956, 40) e il mio: S. Ambrogio. Inni, 121-124 con relativa bi'bliografia. . . . · 145 Cf. Com. Sal. 118 8,48 (SAEMO 9,360s), già citato nel capitolo re..Jti.tivo all'eucarestia-celeste medicina (cf. nota 132). Sull'argomento, ·siveda E. Cattaneo, Il Breviario ambrosiano. Note storiche e illustra/tive, Milano 1943,21 e nota 14. 143 144
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in quell'essere saziati vien dato il segno che la· fame è stata eternamente vinta, perché colui che riceve ilcorpo di Cristo non avrà più fame, mentre nel servizio degli apostoli è preannunziata la distribuzione del corpoe del sangue dd Signore» 146 •
Con freschezza d'ispirazione e abilità stilistica· Ambrogio paragona il pane, dispensato dagli apostoli alle folle, al fluire delle correnti d'acqua sotterranee. Similmente all'acqua che sgorga a fiotti continui, il pane della fractio panis trabocca. Nel prodigio operato da Gesù ilpane si moltiplica tra le mani degli apostoli che lo distribuiscono .allà folla affamata; nell'Eucaristia il mistico cibo cresce sotto gli occhi dei ministri della Chiesa e in bocca di chi lo mangia. Come stupirsi delle «perenni correnti d'acqua» e non meravigliarsi che da limpide sorgenti sgorghino fiotti conti~ nui, se perfino il pane trabocca e rigurgita l'inigazione di una sostanza molto compatta?>> 147 . «E questo fa certamente stupire ... questo pane, che Gesù spezza ..:. e in senso mi~ stico è senz'altro il Verbo di Dio e il parlare di Cristo. - mentre si divide, cresce ... Questo pane [ ... ] sovrabbonda palesemente anche se in modo incredibile, mentre si spezza, mentre si distribuisce, mentre si mangia e non se ne avverte alcun calo» 148 • \
Conformemente all'inno Jnluminans altissimus (str. 4-8) 149 , Ambrogio presenta l'Eucaristia come pane misterioso e sovrabbondante, che aumenta prodigiosamente, mentre viene spezzato e distribuito ai fedeli, e, rifacendosi al prodigio di Cana di Galilea (Gv 2, 1-11), descritto nello stesso inno (str. 4-5) 150 , immagina che parimenti anche nella cele~
Esp. Luc. 6,84 (SAEMO 12,72s). Esp. Lu.e. 6,85 (SAEMO 12,72s). 148 Esp. Luc. 6,86 (SAEMO 12,74s). 149 Si vedano le affinità tematiche e stilistiche tra le due opere indi- · cate nel mio: S. Ambrogio, Inni, 1992, 183-185. Il testo critico dell'inno è riprodotto da Bulst, Hymni Latini, 45. 150 Inno 7, str. 4 (Bulst, Hymni Latini, 45): «Oppure che tu abbia infuso nelle idrie piene d'acqua il sapor del vino. Ne attinse il servo;' ben consapevole che non le aveva riempite». Str. 5: «Vedendo che . l'acqua prendeva il colore e che i fiumi inebriavano, si stupisce che.· gli elementi, trasformati, passino ad altri usi» (trad. dal mio: S. A~·< brogiot Inni> 195). ··~ 146
141
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brazione eucaristica il pane consacrato cresca e sopravanzi, senza venir meno e senza esaurirsi . .··Inno 7, str. 6:_ «Così pure, mentre dividi i cinque pani per i cinquemila uomini, nella bocca, sotto i denti di coloro che mangiavano, il eibo cresceva». Expositionis Euangelii secundum Lucam: «Qui, per la gente che sta mangiando, i pezzi di pane crescono, mentre si consumano (crescunt suis fragmenta dispendiis) e da cinque pani si raccolgono .avanzi ben maggiori del totale, là gli elementi sono cambiati in un altro aspetto, e la natura né soffre diminuzioni, né riconosce i suoi prodotti, ma riconosce i suoi usi» 151 •
Non è un pane alla nostra portata, ossia un pane materiale, quello offerto da Cristo, se era in grado di sfamare «popoli interi», né è un cibo di scarso pregio, dal momento che, mentre gli apostoli lo distribuivano, «cresceva nella bocca di quanti lo mangiavano»; «sembrava [ .. .infatti] dato per nutrire il corpo, mentre [in realtà] si prendeva come cibo della salvezza eterna» 152 • Straordinario, dunque, Il.on solo per la sua natura ma anche per la sua funzione. Attraversò questo procedimento simbolico-interpretativo, Ambrogio presenta l'Eucaristi~ come un pane/cibo singolare,-incredibilmente ricco e abbondante, sempre disponi~ bile e alla portata di tutti, capace di dare completa rispo.:. sta alle attese dell'uomo, anzitutto sul piano materiale - lo testimoniano le folle sfamate da Gesù, -, quindi particolarmente su quello spirituale - il pane della moltiplicazione, infatti, era figura del pane eucaristico -; infine, coerentemente con la sua interpretazione esegetica, l'autore attribuisce al sacramento .eucaristico significato totalizzante ed escatologico, poiché investe tutto l'uomo e anticipa il suo futuro. · ·
4... .in funzione della plenitudo ecclesiae 'J,'interpretazione ecclesiologica appare una delle costanti .gell'esegesi ambrosiana. I motivi ispiratori sono ricavati .~aì Sindttici e dal Cantico dei Cantici.
~ì.FBsp.
Luc; 6,87 (SAEMO 12,74s).
~~ 2 .Esp. Luc. 6,88 (SAEMO 12,76s).
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Già nel racconto evangelico del miracolo dei pani, i quat~ tremila, saziati dai pani moltiplicati da Gesù (Mt 15,29-39; Mc 8,1-9) e «radunati dalle quattro parti delmondo»,rappresentano la Chiesa153 ; analogamente, i gruppi di cinquanta, seduti per terra (Mc 6,40), simboleggiano il popolo che appartiene alla Chiesa quando è ben consolidata» 154 • Così, applicando il metodo allegorico, Ambrogio identifica le folle saziate dai pani di Cristo con i figli della Chiesa, nutriti dai sacramenti. Ma è soprattutto dalla simbologia conviviale e sponsale del Cantico che Ambrogio ricava l'interpretazione ecclesiologica in funzione eucaristica. L'esegesi allegorico-conviviale ha immediata attinenza con l'Eucaristia. Costoro «ricevevano il nutrimento di una grazia più grande, secondo quanto sta scritto: ''Molti verranno dall'oriente e dall'occidente, e da settentrione e dal mezzogiorno e siede- . ranno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel Regno dei cieli" (Mt 8,11)» 155 • «Con questi sacramenti Cristo nutre la Chiesa, con essi la sostanza dell'anima si corrobora, e, a buon diritto, vedendone il progresso nella grazia, egli le dice: "Come sono diventati belli i tuoi semi, sorella mia sposa, . come sono stati resi belli dal vino ... Sei un giardino cintato, sorella mia sposa, un giardino cintato, una fonte sigillata" (Ct 4,10-12)» 156 • Grata per i sacramenti, la. Chiesa/sposa del Cantico, esorta i suoi figli ad accostarsi al «banchetto della Sapienza» in convivio ecclesiae 157 , dicendo: «Mangiate, amici miei, be- .. · vete e inebriatevi, fratelli mìei» (Ct 5, 1) 158 • Lì è presente Cri- . . sto stesso, «sacerdote e vittima», con chiara allusione al- .; l'Eucaristia, che prende l'iniziativa e invita tutti al suo hanchetto (cf. Pr 9,1), nel quale ci sono molti posti (Gv 14,2) e ad ognuno vengono offerti beni a sazietà, semplicità di ):;.:,
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~1: Cf. Caino e Ab. 1,5,19 (SAEMO 2/I, 208s) e Mist. 9,58 (SAEMOO;"( l 7, l 66s), in cui l'autore, indirizzandosi a «quelli che sono vicini (proxì~ J: mos)», si rivolge probabilmente ai catecumeni che si preparano arb/1$ cevere i sacramenti dell'iniziazione cristiana. · ·. ~tl 1sa Mist. 9,58 (SAEMO 17,166s). '
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vita e comunione piena-e definitiva con Dio in Cristo 159 • Per .Ambrogio, Ja mensa, alla quale gli amici dello sposo sono invitati, rappresenta non solo fa cena eucaristica ma · anche il giardino/paradiso (cf. Ct 5,1), nel quale Cristo è entrato per unirsi alla Chiesa, sua sposal60 • . «Poniti al fianco di questo convitato che ha preso posto allà tua tavola e unisciti a Dio. Non disdegnare la mensa che Cristo ha preferito, dicendo: "Sono entrato nel mio giardino, sorella, mia sposa, ho vendemmiato la mirra con i miei aromi, ho mangiato il mio pane con il mio miele e ho bevuto il vino con il mio latte" (Ct 5,1). Nel giardino, cioè nel Paradiso, è il convito della Chiesa: dove stava Adamo prima di commettere il peccato» 161 •
Nella Chiesa si ricreano dunque le condizioni di vita paradisiaca, che la guidano alla pienezza del suo sviluppo, e l'uomo può finalmente mangiare il pane, il miele, il vino, il latte, ossia i eibi messianici che simboleggiano la vita nuova e ne favoriscono la crescita fino al raggiungimento della piena maturità in Cristo e della «più intima comunione con Dio in Cristo sul modello di quella trinitaria» 162 • Sono cibi di natura spirituale, che si identificano con il corpo di Cristo 163 e per mezzo dei quali Egli «nutre la Chie,.. sa» (pascit ecclesiam, Ct 4,10-12, secondo i LXX) 164 e l'anima credente 165; per cui quando Cristo accetta l'invito della sposa/Chiesa e scende «nel suo giardino» (Ct 4,16), vie-
.
Cf. Caino e Ab. 1,5,19 (SAEMO 2/I, 208-211). 160 G. Toscani, Teologia della chiesa in sant'Ambrogio [SPM3], Milano 1974, 238, osserva in proposito:«[ ... ] Nella chiesa l'umanità può conseguire una conveniente purificazione e ritornare al paradiso»; egli osse:rva che «il procedimento ha inizio con la fede, si sviluppa con il battesimo, continua mediante un'adeguata ascesi, si perfeziona nella partecipazione all'eucarestia e si compie in cielo, dove la salvezza sarà definitivamente assicurata. Cf. anche Id., 442-453; S. Pasquetto, Morte in Adamo e novità di vita in Cri.sto nella dottrina di S. Ambrog?.o, Venezia 1967, 51-55; C. Morino, Il ritorno al paradiso di Adamo dn S. Ambrogio. Itinerario spirituale, Città del Vaticano 1952, 48-50. 1 61 Caino e Ab. 1,5,19 (SAEMO 2/I, 208s). . >.l62 Jb. Cf. Toscani, Teologia della chiesa, 451; Pasquetto, Morte in Ada.:mo e novità in Cri.sto, 56s. ·· -}~3 Mist. 57-58 (SAEMO. l 7,166s). Id., 55 (SAEMO 17,164s). Sacr. 3,14 (SAEMO 17,108s): 159
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ne a saziarla con la pienezza del suo «cibo» e della sua «be:vanda», e, in tale modo, le comunica una gioia incontaminata166. · · «il Signore Gesù ha accolto volentieri quest'invito e con celeste benevolenza ha risposto alla sua Chiesa: "Sono sceso nel mio giardino, ho raccolto la mirra con i miei profumi. Ho mangiato il mio pane con il mio miele, ho bevuto il mio vino con il mio latte. Mangiate, dice, fratelli miei, e inebriatevi" ·(et 5,1)» 167 .
Il secondo filone interpretativo allegorico-sponsale, fecondo di sviluppi eucaristici, compare_nel De sacramentis e nell'Expositio psalmi CXVIII. · Riflettendo su Ct 1,4 («Il re mi ha introdotto nella sua stanza intima»), Ambrogio vi coglie anzitutto un implicito rimando all'inesauribile ricchezza dell'Eucaristia: immagina una «riserva, o dispensa (promptuarium!cellarium)» colma di «buone vivande» e di «cibi [così] svariati» e succulenti, da rendere particolarmente squisito il«:pranzo», arricchito «da numerosissime portate (plurimis epulis)» 168 .. L'Eucarestia, come la Scrittura, dispone di una varietà di piatti e può, pertanto, soddisfare le attese dell'uomo al di là di ogni aspettativa. Quindi, egli dichiara di voler ricercare il senso mistico del testo per un plenius cognoscere, ossia «per poter accedere alle più riposte profondità dei misteri celesti· e perché si spalanchi lo scrigno dei tesori di sapienza e di scienza nascosti in Cristo (Col 2,3)» 169 . A tal fine, egli identifica le «"mammelle (ubera)" della Chiesa (Ct 8,1)» con i «Sacramenti (sacramenta= progetto divino rivelato nella Scrittura) del Vecchio Testamento e del Vangelo» e con i sacramenti dell'iniziazione cristiana, tra cui principalmente il battesimo e, allusivamente, l'Eucaristia170 . «"Trovandoti, dice, fuori di casa ti bacerò", cioè, trovandoti fuori del corpo ti abbraccerò col ba,cio della misticà pa-
166 Dopo aver citato Ct 5,1, Ambrogio osserva: «Tu vedi che questa gioia è tale da non essere contaminata dalla sozzura di nessun peccato» (Sacr. 5,3,17: SAEMO 17,108s). 161 Sacr. 3,14-15 (SAEMO 17,108s). 168 Cf. Sacr. 5,2, 11 (SAEMO 17, 106s). 169 Cf. Com. Sal. 118 1,16 (SAEMO 9,78s). 170 Cf. Origene, Om. sull'Es. 2,3 (SCh 321,90-99).
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ce. "Nessuno" ti "disprezzerà", nessuno ti caccerà, ti introd,urrò nelle "sta.nze appartate (in penetralia)'' e nei misteri della madre Chiesa (arcana ecclesiae) ein tutti i segreti del mistero (secreta mysterii), affinché tu beva alla"coppa" (poculum) dellagra.Zia spirituale (cf Ct 8,1-2)» 171 •
Ambrogio si riferisce probabilmente al cammino che i catecumeni stanno facendo in preparazione della pasqua. Ispirandosi a Ct 8,ls, osserva che essi prima succhiano il latte della parola di Dio contenuta nelle Scritture, poi ricevono i sacramenti che comunicano loro la grazia dello Spirito santo; in tal modo, entrano nella piena comprensione del mistero di Cristo, insegnato dalla Chiesa, e ven-' gono interiormente illuminati e abbeverati al poculum gratiae spiritalis. · Infine, Ambrogio si sofferma sulla celebre espressione di Ct 1;2: «Mi baci con i baci della-sua bocca», e vi vede indicata in primo luogo la grazia dello Spirito santo, in secondo luogo il mistero della passione-morte-risurrezione di Cristo, in terzo luogo il bacio che la Chiesa/sposa riceve dal Cristo/sposo, non appena è stata introdotta nella.sua stanza intima (in cubiculum, sci. Christi)in qualità di sposata (quasi nupta) 172 • Riallacciandosi, infine, tramite quello che viene definito procedimento di «esegesi allargata» 173 , alla citazione di Mt 6,6, stabilisce «l'identità tra il corpo di · Cristo e la Chiesa» 174 • «Stanza intima della Chiesa è il corpo di Cristo. Il re l'ha introdotta in tutti i misteri più intimi; a lei ha dato [infatti] le chiavi per aprirsi gli scrigni dei tesori della conoscenza delle realtà sacre, per spalancare le porte prima chiuse, per conoscere la grazia del riposo, il sonno del morto, la potenza della risurrezione. In quell'intima stanza la sposa ha scoperto le opere di giustizia del Signore Gesù ... , ha appreso come Dio rende giusfo, 175 •
Mort. Valent .. 75 (SAEMO 18,204-207). Cf. Com. Sai. 118 1,4 (SAEMO 9,64s): Ella infatti «non solo è entrata nella stanza nuziale (thalamum), ma ha anche ottenuto le chiavi d'un legittim() rapporto nuziale (claves copulae)». 173• Cf. Sant'Ambrogio. Opere esegetiche LXII. Esposizione del vangelo secondo Luca [SAEMO 11], a cura di G. Coppa; Milano-Roma 1978,40. 174 Cf. Toscani, Teologia della chiesa, 181. 11s Com. Sal. 118 l,16s (SAEMO 9,78s). 171
- 172
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Senza voler forzare il significato del testo, mi sembra che Ambrogio qui intenda affermare che l'Eucaristia fa la Chiesa e la Chiesa si riconosce nell'_Eucaristia, poiché in essa si dischiude e si rende intelligibile un universo nuovo, iniziato con l'Incamaziòne e culminante con la morte-risurrezione e con il ritorno glorioso di Cristo. L'Eucaristia appare, pertanto, come il sacramento della pienezza, che disvela la profondità dei misteri o, per così dire, il Mistero nella sua totalità. In quanto sorgente di vita e segno dell'amore di Dio perennemente rivelato e sempre rinnovato, essa si definisce come mysterium sublime, che tutto unifi.:. ca e ricapitola, preludio e segno della nuova creazione finalmente redenta e riconciliata, «grazia del riposo», pienezza della risurrezione 176 • · 5. Pegno di risurrezione e anticipo della vita definitiva
Per quanto straordinario, il «pane del cielo», di cui hanno beneficiato i giudei nel deserto (Es 16,2-36), non è ancora quello «Vero» e definitivo, ma solo l'«ombra» del pane eucaristico che Dio avrebbe dato al popolo più giovane, cioè · alla Chiesa. «Avevo avuto anche prima un miracoloso pane del cielo (sta scritto imatti: "Ha dato loro da mangiare· un pane del cielo", Gv 6,31), ma quello non era il vero pane, ma solo: un'ombra di quello che doveva venire (futuri umbra). Il pane del Cielo, quello vero, mi è stato tenuto in serbo dal Padre (cf. Gv 6,33). Per me è disceso dal Cielo quel pane di Dio che dà la vita a questo mondo. Non è disceso per i giu~ ·. dei né per la Sinagoga: è disceso invece per la Chiesa, per il popolo di Dio più giovane. Come infatti può essere disceso per i giudei il pane che dà la vita, se tutti essi, .ché mangiano quel pane (cioè la manna, che i giudici hanno ritenuto vero pane, cf. Gv 6,31.49), sono morti nel deserto? Come può essere disceso per la Sinagoga, dal momento che ogni sinagoga è perita e si è spenta, sfinita da un eterno di·> giuno di fede? Tant'è vero che, se quello ricevuto fosse stato il vero pane, non avrebbero detto: "Signore, dacci sempre di questo pane!" (Gv 6,34)» 177 •
1.76 177
Cf. Johanny, L'eucharistie centre de l'histoire du salut, 182-185. Com. Sal. 118 18,27 (SAEMO 10,266s).
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.Così, mentre «i padri che hanno mangiato la manna hanno continuato ad aver fame» e sono morti; il «pane di Dio», che è fonte di vita (cf. Gv 6,35) è tale che chi lo mangia «non può morire»1 1 s. Come il battesimo e la penitenza 179, il pane eucaristico non solo sazia la nostra fame e ci libera dailacci del male, ma illumina i nostri occhi e ci comunica la vita immortale 180 •. «Questo è il pane della vita (cf. Gv 6,35): dunque, chi mangia la vita non può morire. Come potrà morire chi ha per cibo la vita (cui cibus vita)? Come potrà venir meno chi ha la vita come sostentamento?» 18 1•
L'Eucaristia dunque, e non i sacrifici pagani, incapaci di purificare interiormente l'uomo e di salvarlo 182 , trasforma tutto l'uomo, poiché gli comunica il Cristo-vita e lo fa partecipe della vita eterna; pertanto, per conseguire la «vita
Cf. Com. Sal 118 18,26-28 (SAEMO 10,266s). Com. Sai. 38,38 (SAEMO 7,374s): «[ ... ] Chi non riceve il perdono · . è come se vivesse in esilio e continua a restare nella maledizione del Sl,!O ramingare. È quaggiù dunque che bisogna chiedere il perdono, perché quaggiù è stato detto: "Beati voi che piangete, perché riderete" (Le 6,21). Questo è il posto adatto a chiedere perdono. Piangiamo allora.sulla terra per ottenere misericordia. Se il peccato non verrà perdonato quaggiù, non godremo il riposo [lassù]; se non ci sarà il riposo,· non ci sarà la vita eterna, non esisteremo». . 18° Com. Sal. 118 18,26-28 (SAEMO 10,266-269): «Accostatevi a Lui · e saziatevi: Egli è pane. Accostatevi a Lui e bevete: Egli è sorgente. Accostatevi a Lui e rischiaratevi: Egli è foce. Accostatevi a Lui e di..' ventate liberi: "Dove c'è lo spirito del Signore, là c'è la libertà" (2Cor k.3, 17). Accostatevi a Lui e liberatevi dai lacci: Egli è perdono dei pecfc cati (cf. Ef 1,7)». In quanto segno riconducibile alla debolezza e alla ::? povertà del Verbo incarnato, l'Eucaristia diventa il venerabile sacrat'> mentum della mensa caekstis (cf. Sal 22,5) che comunica la straor:g,,-dìnaria ricchezza di Cristo, poiché «Il signore Gesù si è fatto povero, {]da ricco che era, per arricchire... [noi] con la sua miseria (2Cor 8,9)». ~ii\Iltema della povertà di Cristo, collegato con la ricchezza della menìt:i ~a eucaristica, ritorna in Com. Sal. 40,5 (SAEMO 8,40s): «Qual è dunKe;·gue ·questa povertà che rende ricchi? Riflettiamoci e rivolgiamoci a \'< questo venerabile sacramento! [... ] Sta scritto... , è imbandita davani:ì>ti a te una mensa celeste. Che meraviglia il calice che dà l'ebbrezza :;:;\(poculum inebrians)! Questa è la ricchezza della semplicità ed in esii'. sà-dimora la preziosa povertà di Cristo».·. ~,/:1 81 Com. Sal. 118 18,28 (SAEMO 10,266s). !Y.f !82 Cf. Com. Sal. 40,5 (SAEMO 8,40s); Prudenzio, Peristeph., 10, 1011;r~:TOSO (CSEL 61,407s). · 178
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~Ii.e.
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eterna» e conquistare il regnum dei, occorre -mangiare il corpo di Cristo, il panem vitae che ci dà la forza di raggiungere la meta del nostro pellegrinaggio: la patria celeste183. Per l'efficacia salvifica e la sovrabbondante ricchezza di «misteri celesti» di cui è portatrice 184 , essa appare davvero come poculum inebrians, calice che disseta il cuore dell'uomo «al torrente delle delizie» (cE Sai 35,9), fiume di grazia che, analogamente a quello uscito da Eden che ha irrigato il giardino (cf. Gn 2,10), inonda le nostre anime, sorgente inesauribile di luce, di pace e di gioia 185 . CONCLUSIONE
Riflettendo sul rapporto che intercorre tra parola rivelata e sacramento del corpo dato e del sangue versato, Ambrogio sottolinea in primo luogo l'analogia e l'inseparabilità di queste due realtà: la Scrittura, considerata cibo e nutrimento spirituale, e l'Eucaristia, pane forte e nutriente, necessario per la nostra crescita spirituale. Egli stabilisce una continuità tra questi secreta mysterii e arcana ecclesiae 186 , segno dell'azione potente e della sapiente pedagogia divina che non fa mancare ai credenti il cibo in cui è presente Cristo e il vino da cui si beve Cristo. Vertice dell'iniziazione cristiana, l'Eucaristia è in sommo grado il sacramento che completa l'inserimento in Cristo e perfeziona la conoscenza del fatto cristiano corrie evento misteriocentrico che coinvolge il neofita nello stile e nelle disposizioni di Gesù. ·
183 Cf. Com. Sai. 118 15,28 (SAEMO 10,158s); Bene Mort. 2,2,5 (SAEMO 3, 134s): in contesto penitenziale, l'autore invita a seguire !'.atteggiamento esemplare di Davide per poter .conseguire il regno di Dio: «"lo sono uno straniero davanti a.te, e un pellegrino come tutti i miei padri" (Sal 38,13). E pertanto, come un pellegrino, [Davide] si
affrettava verso quella patria comune di tutti i santi, chiedendo ... che gli fossero rimessi i peccati prima di lasciare la vita. Chi non avrà ricevuto qui la remissione dei peccati, non potrà essere là: ivi no~ sarà, però, chi non sarà stato in grado di giungere alla vita eterna, poiché la vita eterna è la remissione dei peccati (vita aetema remissio peccatorum)». 184 Ib. Cf. anche Com. Sal. 1,41 (SAEMO 7,88-91). 18 5 Cf. Com. Sai. 35,21 (SAEMO 7,136s). 186 Cf. Mort. Valent. 75 (SAEMO 18,206).
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L'importanza dell'Eucaristia per la vita del cristiano emerge soprattutto dal confronto con le figure che l'hanno pre·ceduta: la manna (Es 16,2-36), l'acqua scaturita dalla roccia (Es 7, 1-7), i doni. offerti da Melchisedek ad Abramo (Gn 14,18). Tra quèsti «tipi» e i «misteri» dei cristiani c'è continuità sul piano simbolico ma discontinuità - quindi un vero e proprio salto di qualità - sul piano veritativo, concernente l'origine, la realtà costitutiva e l'efficacia di queste realtà. La superiorità dell'Eucaristia nei confronti della manna deriva in primo luogo dall'antichità, poi dal suo potere di trasformare l'uomo e di santificarlo, infine dal fatto che l'una appartiene all'ordine della grazia, l'altra a quello della natura. Stabilita la differenza, l'autore si mostra particolarmente attento a valorizzare il simbolismo delle «figùre» e dei ~