Principi Macchine Elettriche [PDF]

Michele Scarpiniti Principi di Macchine Elettriche   M ICHELE S CARPINITI Principi di Macchine Elettriche Versione

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Michele Scarpiniti

Principi di Macchine Elettriche

 

M ICHELE S CARPINITI

Principi di Macchine Elettriche Versione 2.0

Dipartimento DIET Università di Roma “La Sapienza” via Eudossiana 18, 00184 Roma

P RINCIPI DI M ACCHINE E LETTRICHE

Premessa

La seguente dispensa è rivolta agli studenti di Elettrotecnica del corso di laurea in Ingegneria della Sicurezza e Protezione della Facoltà di Ingegneria dell’Università degli studi di Roma “La Sapienza”. Questo lavoro non ha la pretesa di essere un testo esauriente sulle Macchine Elettriche, ma costituisce solamente un ausilio e completamento alle lezioni da me svolte a partire dall’anno accademico 2008-2009. Roma, 9 maggio 2012 Michele Scarpiniti

v

Indice

Premessa

vii

1

1 1 1 2 5 6 8 9 11

2

Richiami di Elettromagnetismo 1.1 Carica e intensità di corrente . . . . . . . . . 1.1.1 Carica elettrica e sua conservazione 1.1.2 Intensità di corrente . . . . . . . . . 1.2 Campo elettrico e Tensione elettrica . . . . 1.2.1 Tensione elettrica . . . . . . . . . . . 1.3 Campo ed Induzione magnetica . . . . . . . 1.3.1 Flusso di induzione . . . . . . . . . . 1.4 Le equazioni di Maxwell . . . . . . . . . . .

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I Circuiti Magnetici 2.1 Il flusso di induzione Φ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.2 La tensione magnetica o forza magnetomotrice . . . . . . . . 2.3 Relazioni costitutive dei circuiti magnetici . . . . . . . . . . . 2.3.1 Generatore di tensione magnetica . . . . . . . . . . . 2.4 Analogia tra circuiti elettrici e magnetici . . . . . . . . . . . . 2.5 Circuiti magnetici di interesse pratico . . . . . . . . . . . . . 2.6 Interazione tra un circuito elettrico e una struttura magnetica 2.6.1 Induttanza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.7 Relazione tra la tensione magnetica U e il flusso Φ - Ciclo di isteresi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.7.1 Considerazioni energetiche . . . . . . . . . . . . . . . 2.8 Perdite nei circuiti magnetici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.8.1 Perdite in regime sinusoidale . . . . . . . . . . . . . . vii

13 14 15 16 16 18 18 19 19 20 22 23 24

3

Le Macchine Elettriche 3.1 Processi di conversione dell’energia elettrica in energia meccanica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.1.1 Conversione intermedia in energia elettrostatica . . . 3.1.2 Conversione intermedia in energia elettromagnetica . 3.1.3 Confronto tra i sistemi di conversione . . . . . . . . . 3.2 Generalità sulle Macchine Rotanti . . . . . . . . . . . . . . . 3.2.1 Principio di funzionamento . . . . . . . . . . . . . . . 3.3 Struttura delle macchine rotanti . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.3.1 Perdite nelle macchine rotanti . . . . . . . . . . . . . .

28 28 29 30 31 32 34 35

Il Trasformatore 4.1 Circuito equivalente del trasformatore . . . . . . . . . . 4.1.1 Circuito equivalente elettrico del trasformatore . 4.2 Circuito semplificato: prove a vuoto ed in corto circuito 4.2.1 Prova “a vuoto” (stima di R e L) . . . . . . . . . 4.2.2 Prova “in corto circuito” (stima di R0 e L0 ) . . . 4.3 Elementi ideali derivati dal trasformatore . . . . . . . . 4.4 Il trasformatore trifase . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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37 39 40 44 44 45 45 47

Il Motore Asincrono 5.1 Il principio di funzionamento . . . . . . . . . . . . 5.2 Il circuito equivalente . . . . . . . . . . . . . . . . . 5.3 Bilancio energetico del motore asincrono . . . . . . 5.4 Determinazione della coppia . . . . . . . . . . . . 5.5 Circuito elettrico equivalente completo . . . . . . . 5.6 Fattori che influenzano la scelta del tipo di motore

. . . . . .

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51 52 56 60 62 66 72

6

La Macchina Sincrona 6.1 Principio di funzionamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6.2 Il circuito equivalente e il bilancio energetico . . . . . . . . . 6.3 Il generatore sincrono: l’alternatore . . . . . . . . . . . . . . .

75 77 79 81

7

Le Macchine in Corrente Continua 7.1 Principio di funzionamento . . . . . . . . . . 7.2 Le configurazioni delle macchine in continua 7.3 Modelli delle macchine in continua . . . . . . 7.4 Generatori di corrente continua . . . . . . . . 7.5 Motori in corrente continua . . . . . . . . . . 7.5.1 Il motore in derivazione (shunt) . . .

85 85 87 88 92 93 93

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Bibliografia

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27

95

1 Richiami di Elettromagnetismo

L

scopo del seguente capitolo è di fornire dei rapidi richiami di alcuni concetti fondamentali già acquisiti durante i corsi di Fisica, quali la definizione di carica, intensità di corrente, tensione, campo elettrico e le equazioni di Maxwell.

1.1

O

Carica e intensità di corrente

Le cariche e le correnti sono gli attori principali che determinano l’interazione elettromagnetica, come sappiamo dalla fisica. La tensione, poi, rappresenta un’importante grandezza, legata in qualche modo all’energia necessaria a spostare le cariche nel campo elettrico. Tensione ed intensità di corrente, assieme, costituiscono le principali variabili circuitali, ed è in termini di queste ultime che generalmente si analizzano i circuiti. In questo paragrafo ci occuperemo di descrivere e definire più esattamente queste grandezze.

1.1.1

Carica elettrica e sua conservazione

La carica elettrica è una proprietà intrinseca della materia, che si manifesta in generale attraverso l’interazione elettromagnetica. Il modo più diretto e più celebre attraverso cui si può svelare questa interazione è attraverso la forza d’attrazione o repulsione tra due oggetti che ne siano dotati. A causa di questa doppia possibilità alla carica è associato convenzionalmente un segno positivo (+) o negativo (-), convenzione che permette appunto di contemperare le due eventualità: le cariche di segno opposto si attraggono, mentre quelle dello stesso segno si respingono. La carica si misura in coulomb (C) nel Sistema Internazionale (SI) di unità di misura. Sappiamo, dalla fisica, che essa è associata direttamente 1

2

CAPITOLO 1. RICHIAMI DI ELETTROMAGNETISMO

ai costituenti elementari della materia a livello atomico, in particolare ai protoni ed agli elettroni. Questi ultimi sono dotati della stessa carica (in valore assoluto), ma con segno opposto. Convenzionalmente si è assunta come positiva la carica del protone. Proprietà molto importante della carica, sempre verificata in qualsivoglia esperimento fisico, è che essa si conserva: Proprietà 1 in un sistema chiuso (cioè nel quale non possano entrare od uscire cariche) la somma delle cariche positive e negative è costante nel tempo: QTot (t) = Q+ (t) + Q− (t) = cost Naturalmente in un sistema aperto essa potrà variare, ma solo in ragione dell’eventuale flusso di carica complessivo attraverso il confine del sistema stesso. Va comunque precisato che, in condizioni ordinarie, non solo si conserva la carica nel suo complesso (come somma algebrica di quella positiva e di quella negativa), ma si conservano singolarmente le aliquote di carica positiva totale Q+ e totale negativa Q− . La presenza di cariche elettriche è descritta attribuendo a ciascun punto P dello spazio un a densità volumetrica di carica ρc (P, t) in generale variabile del tempo t: ∆Q dQ = ∆τ →0 ∆τ dτ

ρc (P, t) = lim

(1.1)

essendo ∆τ un volumetto contenente P e ∆Q la carica ivi presente. Frequentemente la carica elettrica si trova distribuita in uno strato sottile. Risulta allora più opportuno attribuire a ciascun punto P di una tale superficie Σ la densità superficiale di carica σc (P, t), in generale variabile nel tempo: ∆Q dQ σc (P, t) = lim = (1.2) ∆Σ→0 ∆Σ dΣ essendo ∆Σ un’areola contenente P e ∆Q la carica ivi presente.

1.1.2

Intensità di corrente

Possiamo pensare alla corrente elettrica come un movimento “ordinato” di cariche elettriche. In relazione alla natura del mezzo in cui le cariche si muovono, la corrente elettrica può concepirsi secondo modelli diversi. Nella maggior parte delle applicazioni (metalli conduttori) essa consiste in un movimento degli elettroni liberi (gli elettroni periferici degli atomi, non stabilmente collegati ai rispettivi nuclei). In assenza di forze applicate, questi elettroni hanno un moto disordinato, a causa dell’agitazione termica, ad una velocità media di circa 100 km/s (a temperatura ambiente). Invece,

1.1. CARICA E INTENSITÀ DI CORRENTE

3

in presenza di un campo elettrico1 gli elettroni liberi vengono sollecitati ad assumere un movimento di insieme, caratterizzato da una velocità media diversa da zero. Avremo quindi una corrente elettrica di conduzione.

Fig. 1.1: Una generica superficie aperta, con il verso della normale prescelto n è attraversata da un insieme di cariche

Al moto delle cariche è intuitivo associare il concetto di intensità di corrente elettrica. Per definirla più precisamente, consideriamo una certa superficie S e scegliamo su di essa il verso della normale. Consideriamo tale verso come verso di riferimento per l’attraversamento della carica. Possiamo allora considerare la carica complessiva “netta” QS (positiva + negativa) che l’attraversa, in un determinato intervallo di tempo (t, t + ∆t), nel verso scelto, come schematicamente mostrato in Fig. 1.1. Possiamo allora definire il valor medio dell’intensità di corrente (nell’intervallo (t, t + ∆t) attraverso la superficie S come: hiS i =

∆QS QS (t + ∆t) − QS (t) = ∆t ∆t

(1.3)

Se alla definizione di intensità di corrente media applichiamo un processo al limite per ∆t → 0, riconosciamo facilmente dall’equazione (1.3) il limite di un rapporto incrementale, dunque una derivata: iS (t) =

dQS dt

(1.4)

La grandezza iS (t) così definita è l’intensità di corrente “istantanea” attraverso S. Essa rappresenta la quantità di carica che nell’unità di tempo attraversa 1

Le forze che danno origine alle correnti elettriche possono essere anche di origine diversa da quella elettrica, così come accade, ad esempio, nelle pile. In tal caso esse agiscono sul supporto materiale delle cariche.

4

CAPITOLO 1. RICHIAMI DI ELETTROMAGNETISMO

la superficie orientata S. L’intensità di corrente si misura in Ampère (A) nel Sistema Internazionale, dove 1A = 1C/1s. Il verso prescelto come positivo per l’attraversamento di S, prende il nome di verso di riferimento per l’intensità di corrente. Dalla (1.4) si ha immediatamente che la quantità di carica dQS che attraversa la superficie orientata S nell’intervallo di tempo infinitesimo dt è data da iS (t)dt. La relazione (1.4) esprime che l’intensità di corrente istantanea è pari alla derivata della carica netta che attraversa la superficie S nell’intervallo (t0 , t), con t0 arbitrario purché t0 ≤ t. Essa può altresì essere riscritta nella corrispondente forma integrale: Z t QS (t) = QS (t0 ) + iS (t)dt (1.5) t0

Esempio 1. Consideriamo un conduttore di forma allungata (come mostrato nella seguente Figura 1.2) immerso in un mezzo isolante (per esempio anche in aria). Consideriamo la superficie chiusa Σ che si realizza prendendo in considerazione due qualsiasi sezioni trasversali al conduttore, indicate con Sa ed Sb , e la superficie laterale Sl del conduttore compresa tra le stesse. In condizioni stazionarie possiamo certamente affermare che l’intensità di corrente attraverso Σ è nulla per quanto visto prima. Ma, tenuto presente che attraverso la superficie laterale non può esserci corrente elettrica (in quanto il materiale esterno è isolante), l’intensità di corrente è diversa da zero solo su Sa ed Sb . Pertanto, con riferimento al verso uscente indicato in figura, possiamo concludere che ia + ib = 0. Dunque l’intensità di corrente risulta indipendente dalla sezione del conduttore considerata in condizioni stazionarie; in particolare, scegliendo in modo concorde i due versi di riferimento per le intensità di corrente, si avrà ia = ib = i; in altri termini, per un conduttore in condizioni stazionarie è possibile definire un’unica intensità di corrente.

Fig. 1.2: Tronco di un conduttore allungato immerso in materiale isolante

1.2. CAMPO ELETTRICO E TENSIONE ELETTRICA

5

E’ utile ricordare che per definizione del campo di densità di corrente elettrica J si ha: Z J · ndS

iS =

(1.6)

S

Nel sistema internazionale l’unità di misura del campo di intensità di corrente elettrica è ampere/metro2 (A/m2 ). Se Jn = J · n fosse uniforme su S si avrebbe Jn = iS /S. Il campo densità di corrente può essere espresso in termini delle velocità medie e delle densità numeriche (numero di particelle per unità di volume). Assumendo che vi siano portatori di carica positiva q+ , con densità numerica n+ e velocità media v+ e di carica negativa q− , con densità numerica n− e velocità media v− , il campo J è dato dalla seguente espressione: J = q+ n + v + + q− n − v −

(1.7)

In un metallo gli unici portatori presenti sono gli elettroni liberi. Con riferimento al volume τ racchiuso da una superficie chiusa S e con densità di carica volumetrica ρc , vale la legge di continuità: ∇·J=−

∂ρc ∂t

(1.8)

I punti in cui la densità di carica varia nel tempo sono detti sorgenti o pozzi del campo di corrente, in quanto generano una divergenza non nulla. Dalla (1.8) si deduce che se il campo della densità di carica è costante nel tempo, allora il campo di corrente è solenoidale, cioè ha divergenza nulla: ∇·J=0

1.2

Campo elettrico e Tensione elettrica

E’ noto che una carica libera puntiforme Q posta nel punto R esercita su una carica “di prova” ∆Q posta nel punto P a distanza r da R la forza ∆Fc (P ), esprimibile con la seguente relazione, nota come legge di Coulomb: ∆Fc (P ) =

1 Q∆Q ˆ r 4πε r2

(1.9)

dove ˆ r è il versore della retta passante per R e P ed ε è un parametro chiamato permittività dielettrica o costante dielettrica, ed è misurata in Farad su metro [F/m]. Nel vuoto vale ε0 ∼ = 8.86 · 10−12 F/m. Piuttosto che la forza ∆Fc , conviene considerare la forza elettrica specifica così definita: ∆Fc dFc E(P ) = lim = (1.10) ∆Q→0 ∆Q dQ

6

CAPITOLO 1. RICHIAMI DI ELETTROMAGNETISMO

che risulta pari a Q ˆ r (1.11) 4πεr2 Il vettore Ec (P ) è indipendente da ∆Q ed essendo inoltre funzione del punto P costituisce un campo vettoriale, definito come campo elettrico. Il campo elettrico ha dimensione fisica di Newton su Coulomb [N/C], spesso espressa come Volt su metro [V/m]. Il campo elettrico in un punto P prodotto da una densità di carica volumetrica ρc (R) presente in un volume τ si ottiene dalla seguente relazione: Z 1 ρc (R) E(P ) = ˆ rdτ (1.12) 4πε τ r2 E(P ) =

Se invece è nota la densità superficiale di carica σc (R) su una superficie Σ, si ottiene: Z σc (R) 1 ˆ rdΣ (1.13) E(P ) = 4πε Σ r2 Nel caso stazionario il campo elettrico risulta conservativo, cioè è nulla la circuitazione lungo una qualsiasi linea chiusa γ: I E · tdl = 0 (1.14) γ

cioè il campo è irrotazionale, ovvero il cui rotore è nullo, che può essere riscritto in moto più compatto come: ∇×E=0

1.2.1

Tensione elettrica

Nel precedente paragrafo abbiamo trattato, da un punto di vista descrittivo, il moto delle cariche, traducendolo nel concetto di corrente elettrica e definendone la grandezza corrispondente, l’intensità di corrente. Va comunque considerato che, in presenza di campo elettrico, al moto delle cariche sarà associato un certo lavoro che, ricordiamo, si misura in joule (J) nel Sistema Internazionale. Vogliamo ora introdurre il concetto di tensione elettrica. Immaginiamo a tal fine una carica unitaria positiva che si muova dal punto A al punto B lungo una linea che denotiamo con γ (Fig. 1.3a) in presenza di un campo γ elettrico E. Chiameremo tensione VAB il lavoro compiuto dal campo elettrico su tale carica. La sua espressione è: Z γ VAB = E · tdl (1.15) γ

dove con t indichiamo il versore tangente a γ orientato da A verso B; essa si misura in volt (V) nel Sistema Internazionale, dove 1V = 1J/1C.

1.2. CAMPO ELETTRICO E TENSIONE ELETTRICA

7

La relazione (1.15) può essere letta anche in questo modo: il valore medio della componente tangente del campo elettrico lungo la linea γ è dato dalla γ tensione VAB diviso la lunghezza della linea. Il verso di percorrenza di γ costituisce il verso di riferimento per la tensione. Cambiando il verso di riferimento prescelto, cambierà il verso di percorrenza della linea γ, e dunque il segno della corrispondente tensione.

Fig. 1.3: (a) Percorso lungo γ da A a B; (b) due diversi percorsi γ e γ 0 da A a B

Se la componente tangente alla linea γ del campo elettrico Et fosse γ uniforme si avrebbe Et = VAB /lγ dove lγ è la lunghezza della linea. Va subito osservato che in generale, se tra i punti A e B scegliamo un nuovo percorso γ 0 (Fig. 1.3b), la tensione risulterà in generale diversa γ γ0 VAB 6= VAB . Ha senso poi considerare anche il lavoro compiuto dal campo elettrico per spostare una carica unitaria lungo una linea chiusa Γ (orientata), a cui si dà il nome di circuitazione εΓ o “forza elettromotrice” (FEM)2 : Z εΓ = E · tdl (1.16) Γ

La circuitazione del campo elettrico εΓ è legata al campo magnetico dalla legge dell’induzione di Faraday: I dΦΓ E · tdl = − (1.17) dt Γ dove ΦΓ è il flusso del campo magnetico B concatenato con la linea chiusa Γ: Z ΦΓ = B · ndS (1.18) SΓ

SΓ è una qualsiasi superficie aperta che ha come orlo la linea Γ ed n è il verso della normale alla superficie SΓ scelto concordemente con il verso di percorrenza di Γ secondo la “regola della mano destra”. Ricordiamo che il 2

Il termine è piuttosto infelice, non trattandosi di una forza, bensì di una grandezza avente le dimensioni di una tensione, che come sappiamo, è omogenea ad un lavoro diviso per una carica. Ciò nonostante è di uso consolidato.

8

CAPITOLO 1. RICHIAMI DI ELETTROMAGNETISMO

flusso ΦΓ non dipende dalla particolare superficie SΓ scelta perché il campo magnetico è conservativo rispetto al flusso. Il flusso d’induzione magnetica ΦΓ si misura in weber (Wb) nel Sistema Internazionale, dove 1Wb = 1V·1s. Il fenomeno espresso dalla legge di Faraday è quello dell’induzione elettro-magnetica, che lega in generale le variazioni di campo magnetico al campo elettrico, ed è tra i più importanti dell’elettromagnetismo. Un’osservazione importante, a proposito della legge di Faraday (1.17) è la seguente: nel caso stazionario, quando appunto non vi sono variazioni temporali (d/dt = 0), la circuitazione εΓ risulta nulla. Come immediata conseguenza di ciò, la tensione VAB in questo caso risulta indipendente γ γ0 dalla linea γ scelta tra A e B, ovvero VAB − VAB = 0. A ciò infatti si perviene immediatamente considerando la circuitazione estesa alla linea chiusa Γ costituita dall’unione delle curve γ e γ 0 (Fig. 1.3b). In queste condizioni, esiste una grandezza fisica che chiamiamo potenziale elettrico, definita in modo tale che la tensione tra i due punti A e B può essere espressa come differenza tra il valore del potenziale elettrico nel punto A ed il valore del potenziale elettrico nel punto B: Z B γ VAB = E · tdl = V (A) − V (B) (1.19) A

Il potenziale elettrico prodotto nel punto P da una carica puntiforme Q posta nel punto R, vale: Q V (P ) = (1.20) 4πεr

1.3

Campo ed Induzione magnetica

Dati due conduttori rettilinei e paralleli c1 e c2 percorsi da corrente I1 e I2 , si verifica che si manifestano forze repulsive o attrattive (esperienza di Ampère). In particolare la forza che agisce sul tratto ∆l di c2 (vedi Figura 1.4) è esprimibile come: ∆F =

µ I1 I2 ∆l ˆ rr 2π r

(1.21)

dove il parametro µ è definito permeabilità magnetica, con dimensione fisica di Newton su Ampère quadrato [N/A2 ], pari a Henry su metro [H/m]. Nel vuoto vale µ0 = 4π · 10−7 H/m. La forza (1.21) è repulsiva le le due correnti I1 e I2 sono discordi, è attrattiva se le due correnti sono concordi. La forza ∆F si giustifica assumendo che una corrente produce effetti a distanza, esprimibili per mezzo di un campo vettoriale, detto campo di induzione magnetica ed indicato con B. In particolare si deduce dalla Figura 1.4 che la corrente I1 produce il campo B1 , riscritto come: ∆F = I2 ∆lˆ r × B1

(1.22)

1.3. CAMPO ED INDUZIONE MAGNETICA

9

Fig. 1.4: Esperienza di Ampère

Il modulo di B ha dimensione fisica di Newton su Amper per metro [N/Am], unità di misura che prende il nome di Tesla [T]. Dalle (1.21) e (1.22) si ricava il campo B prodotto da un conduttore filiforme rettilineo immerso in mezzo uniforme, esprimibile con la seguente relazione, nota anche come legge di Biot-Savart: B(P ) =

µ I ˆ rϕ 2π r

(1.23)

dove si ottiene che ˆ rr = ˆ r׈ rϕ , secondo la regola della mano destra.

1.3.1

Flusso di induzione

Quantità fondamentale associata all’induzione magnetica è il suo flusso attraverso una generica superficie aperta S orientata dal verso della normale n ˆ , definito flusso di induzione: Z ϕ(t) = B·n ˆ dS (1.24) S

che ha per dimensione fisica Tesla per metro quadro [Tm2 ], pari a Volt per secondo [Vs], unità di misura che prende il nome di Weber [Wb]. Vale la seguente proprietà fondamentale: Proprietà 2 Il flusso di induzione ϕ attraverso una generica superficie chiusa Sc è sempre nullo: I B·n ˆ dS = 0

(1.25)

Sc

In altre parole B è sempre conservativo, ovvero l’induzione magnetica è ovunque solenoidale: ∇·B=0 (1.26)

10

CAPITOLO 1. RICHIAMI DI ELETTROMAGNETISMO

Se consideriamo un numero N di superfici aperte aventi per orlo la medesima linea chiusa lc , posso verificare che sono tra loro uguali i flussi di induzione ϕi attraverso tutte le superfici Si , ∀i = 1, . . . , N . Faraday ed Henry hanno mostrato che quando varia nel tempo il flusso ϕ(t) concatenato con una linea chiusa lc (spira conduttrice), allora ai morsetti della stessa compare una tensione nota come induzione elettromagnetica o forza elettromotrice indotta (f.e.m. indotta) indicata con elc (t). Il legame tra il flusso concatenato e la f.e.m. indotta è espresso tramite la legge di Faraday-Neumann (o legge di Faraday-Henry): Z dϕc (t) d B·n ˆ dS (1.27) elc (t) = − =− dt dt S essendo S una generica superficie aperta che ha lc per orlo. Il segno meno esprime la legge di Lenz, secondo la quale ogni variazione del flusso concatenato produce un effetto che si oppone alla propria causa, ossia tale da ridurre la variazione di flusso stesso. La f.e.m. implica l’esistenza di un campo elettrico, cioè I Z ∂B E(P, t) · tdl = e = − ·n ˆ dS lc S ∂t applicando il teorema di Stokes ad entrambi i membri, ottengo: ∇×E=−

∂B ∂t

(1.28)

Inoltre nei punti dello spazio ove è presente il campo di induzione magnetica B(P, t) si considera sempre anche il campo vettoriale magnetico H(P, t), che al primo è legato dalla relazione costitutiva del campo magnetico: B(P, t) = µH(P, t)

(1.29)

dove µ è la permeabilità magnetica. Utilizzando la legge di Biot-Savart (1.23) e considerando una generica linea chiusa lc , si può verificare un risultato che va sotto il nome di legge di Ampère o legge della circuitazione: la circuitazione del campo magnetico H lungo una qualsiasi linea chiusa lc è pari alla corrente di conduzione solenoidale i(t) concatenata con lc : I H · tdl = i(t) (1.30) lc

Se il conduttore è avvolto N volte con la linea chiusa lc , allora la corrente è pari a N i: I H · tdl = N i(t) lc

(1.31)

1.4. LE EQUAZIONI DI MAXWELL

1.4

11

Le equazioni di Maxwell

Le equazioni di Maxwell sono un sistema di quattro equazioni differenziali fondamentali nello studio dei fenomeni elettromagnetici: governano infatti l’evoluzione spaziale e temporale dei campi elettrici e magnetici. Queste equazioni, dovute a James Clerk Maxwell, formano una sintesi della legge di Gauss e della legge di Ampere e, di fatto, unificano il concetto di campo elettrico e di campo magnetico all’interno del più ampio concetto di campo elettromagnetico. La notazione moderna più comune di queste equazioni fu sviluppata da Oliver Heaviside. Esse assumo la seguente forma: ∇·D=ρ

(1.32)

∇·B=0

(1.33)

∂B (1.34) ∂t ∂D ∇×H=J+ (1.35) ∂t A queste euqazioni bisogna aggiungere le relazioni costitutive del mezzo e l’espressione della densità di corrente: ∇×E=−

D = εE

(1.36)

B = µH

(1.37)

J = γE

(1.38)

dove ε = ε0 εr , µ = µ0 µr e γ è la conducibilità (misurata in mho su metro [Ω−1 m−1 ]). E’ utile ricordare anche l’espressione dell’equazione di continuità: ∇·J=−

∂ρ ∂t

(1.39)

2 I Circuiti Magnetici

L

maggior parte delle macchine elettriche quali ad esempio i trasformatori, i motori, i generatori, ecc. basano il loro funzionamento sulla interazione tra avvolgimenti elettrici e parti ferro-magnetiche. La trattazione di tali strutture richiede, preliminarmente, lo studio di una categoria di circuiti a costanti concentrate sede di fenomeni magnetici. A

Definizione 1 Si definisce circuito magnetico una regione di spazio sede di una catena di cause ed effetti di natura elettrica caratterizzata da una costante dielettrica e una conducibilità elettrica nulle ( = 0, γ = 0) e una permeabilità magnetica diversa da zero (µ > 0).

Fig. 2.1: Esempio di struttura magnetica

Con queste ipotesi l’induzione (o densità di flusso) B è diversa da zero solo nelle regioni all’interno della regione magnetica. 13

14

2.1

CAPITOLO 2. I CIRCUITI MAGNETICI

Il flusso di induzione Φ

Consideriamo una superficie chiusa S e che tagli la struttura magnetica in corrispondenza delle sezioni S1 , S2 e S3 (vedi Fig. 2.2). Per la II equazione di Maxwell si ha: I Z Z Z B · dS = B · dS + B · dS + B · dS =0, (2.1) S

S1

S2

S3

ˆ dS. in cui dS = n

Fig. 2.2: Flusso su una superficie chiusa

Definizione 2 Si definisce flusso di induzione (detto semplicemente flusso) attraverso la superficie Si la quantità scalare: Z Φi = B · dS Si

se abbiamo N sezioni, si ha: N X

Φi = 0

i=1

Una regione magnetica a connessione semplice è caratterizzata da un flusso univocamente definito ed indipendente dalla forma e posizione della superficie sulle quali è effettuato l’integrale. Proposizione 1 La somma dei flussi entranti in una superficie chiusa che tagli le varie regioni di una struttura magnetica è pari a zero. La precedente proprietà (topologica) è analoga alla I legge di Kirchhoff dei circuiti elettrici (KLC).

2.2. LA TENSIONE MAGNETICA O FORZA MAGNETOMOTRICE

2.2

15

La tensione magnetica o forza magnetomotrice

Si consideri una linea chiusa b che sia totalmente interna alla struttura magnetica. Detta S una superficie avente b come bordo per la IV equazione di Maxwell I Z H · db = J · dS (2.2) b

S

Ricordando che il vettore J rappresenta la densita di corrente, il precedente integrale e diverso da zero solo in presenza di correnti di eventuali circuiti elettrici esterni alla struttura magnetica e concatenata con essa.

Fig. 2.3: Definizione della tensione magnetica

Il campo magnetico H è infatti di tipo conservativo e quindi l’integrale su tutta la linea chiusa b è nullo I H · db = 0 b

Se consideriamo l’integrale tra due punti p1 e p2 appartenenti a b si ha una differenza di potenziale magnetico (o tensione magnetica) Zp2 H · db

Up1 ,p2 = p1

Una regione a connessione semplice è caratterizzata da una tensione magnetica definibile in modo univoco una volta che siano precisati i punti delle superfici di ingresso tra cui considerarla. Il termine Up1 ,p2 risulta essere l’effetto di una causa esterna alla struttura magnetica, dovuta per esempio, ad avvolgimenti concatenati al circuito

16

CAPITOLO 2. I CIRCUITI MAGNETICI

magnetico stesso, e pertanto va considerata come grandezza impressa dall’esterno, cioè siamo in presenza di un generatore di tensione magnetica, a tale tensione si da il nome di forza magneto-motrice o FMM. Proposizione 2 La somma algebrica delle tensioni magnetiche delle regioni toccate da una linea chiusa interna ad una struttura magnetica è uguale alla forza magnetomotrice impressa fmm da eventuali avvolgimenti concatenati con essa, coincidenti con la corrente che attraversa una superficie avente la linea considerata come bordo. La precedente proprietà (topologica) è analoga alla II legge di Kirchhoff dei circuiti elettrici (KVL). Rp2

H · db = N i

p1

Up1 ,p2 = N i

2.3

Relazioni costitutive dei circuiti magnetici

Come per i circuiti elettrici sono state definite due grandezza: una di tipo “attraverso” rappresentata dal flusso Φ; l’altra di tipo agli “estremi” rappresentata dalla tensione magnetica Up1 ,p2 . Analogamente ai circuiti elettrici possono essere definiti degli elementi circuitali “magnetici” Definizione 3 Si definisce riluttanza magnetica R (o semplicemente riluttanza) la grandezza che esprime il legame (indipendente dal tempo) tra il flusso Φ e la forza magneto-motrice U (o tensione magnetica) Up1 ,p2 = RΦ

2.3.1

Generatore di tensione magnetica

La precedente espressione, che costituisce la legge di Hopkinson, viene espressa anche secondo il seguente formalismo N i = RΦ

(2.3)

Quest’ultima espressione mette in evidenza che il flusso di un circuito magnetico dipende (vedi fig. 2.4): 1. dal numero di spire; 2. dal valore della corrente; 3. dalla riluttanza del materiale.

2.3. RELAZIONI COSTITUTIVE DEI CIRCUITI MAGNETICI

17

Fig. 2.4: Definizione di forza magneto-motrice

Osservazione 1 La determinazione del valore della riluttanza è in genere piuttosto complicato in quanto dipende: 1. dal tipo di materiale; 2. dalla forma delle superfici esterne; 3. dalla distribuzione del campo all’interno della regione considerata; 4. dalle regioni contigue che influenzano il campo vettoriale. In un semplice caso di regione cilindrica in cui il campo magnetico H e l’induzione magnetica B sono considerati uniformi e diretti secondo l’asse del cilindro. Detti con d la lunghezza e con S l’area di base, la riluttanza vale: d R= µS

Fig. 2.5: Esempio di calcolo della Riluttanza in una regione cilindrica.

18

CAPITOLO 2. I CIRCUITI MAGNETICI

Osservazione 2 La riluttanza risulta inversamente proporzionale alla permeabilita magnetica µ: materiali con permeabilità magnetica molto elevata (materiali ferro-magnetici) sono quindi particolarmente adatti per realizzare circuiti magnetici. Nei casi di interessa pratico, infatti, la permeabilità magnetica µ della regione considerata è molto maggiore di quella della regione circostante µ0 . In questi casi è giustificata l’ipotesi di considerare nullo il flusso esterno del circuito magnetico.

2.4

Analogia tra circuiti elettrici e magnetici

Il circuito magnetico è simile (analogo) a quello elettrico a costanti concentrate, secondo la corrispondenza della tabella: Circuito elettrico maglia taglio Densità di corrente J Campo elettrico E Corrente i Tensione v Generatore di tensione Resistenza R

Circuito magnetico maglia taglio Densità di flusso B Campo magnetico H Flusso Φ Tensione magnetica U Forza magneto-motrice N i Riluttanza R

Tale analogia ha una motivazione che è diretta conseguenza delle seguenti equazioni di Maxwell ∇·B=0 ∇·J=0 B = µH J = γE

2.5

Circuiti magnetici di interesse pratico

Dal punto di vista pratico i circuiti magnetici sono costruiti con tratti di materiali ad alta permeabilità magnetica (per esempio in ferro o particolari leghe: materiali ferro magnetici) e da tratti in aria detti traferro o intraferro. I traferri vengono inseriti per ragioni costruttive: nei trasformatori per avvolgere le spire, nelle macchine elettrice per separare meccanicamente le parti statiche da quelle in movimento. Ad esempio nel caso di trasformatori il traferro e ridotto al minimo possibile (qualche decimo di millimetro) ma non puo essere del tutto eliminato per ragioni costruttive.

2.6. INTERAZIONE TRA UN CIRCUITO ELETTRICO E UNA STRUTTURA MAGNETICA19 Nel caso di macchine elettriche rotanti, sempre per ragioni costruttive, il traferro è più ampio.

2.6

Interazione tra un circuito elettrico e una struttura magnetica

La presenza di un avvolgimento elettrico concatenato con la struttura magnetica da luogo a due fenomeni distinti 1. Un’azione dell’avvolgimento elettrico sulla struttura magnetica: presenza di un generatore di forza magneto-motrice; 2. un’azione della struttura magnetica sul circuito elettrico che si esplica attraverso la presenza di una tensione ai capi dell’avvolgimento legata ai flussi variabili della struttura magnetica (legge di Faraday-Lenz).

2.6.1

Induttanza

Consideriamo la struttura in Fig. 2.6. In essa è presente una parte elettrica sede della corrente i(t) e una parte magnetica sede del flusso Φ(t).

Fig. 2.6: Interazione fra circuito magnetico e elettrico.

L’interazione tra la parte elettrica e quella magnetica può essere studiata considerando due circuiti equivalenti. Uno per la parte elettrica e l’altro per quella magnetica. L’interazione della parte magnetica nel circuito elettrico è modellata inserendo in generatore di tensione e(t) (controllato dal flusso Φ(t)) e(t) = N

dΦ(t) dt

(2.4)

20

CAPITOLO 2. I CIRCUITI MAGNETICI

Fig. 2.7: Schemi elettrici equivalenti della struttura precedente

con segno opportuno (circuito di Fig. 2.7-a)). La (2.4) è definita legge di Faraday-Lenz. L’interazione della parte elettrica su quella magnetica è modellata inserendo un generatore di forza magneto-motrice N i(t) (circuito b) di Fig. 2.7). Sostituendo all’espressione di e(t) il flusso calcolato con la legge di Hopkinson Φ(t) = N i(t)/R; si ha: e(t) =

N 2 di(t) R dt

e dalla relazione costitutiva dell’induttore L (v(t) = L di(t) dt ) si ha N2 (2.5) R Per quanto detto l’elemento costitutivo “induttore” può essere visto come il modello elettrico dell’interazione tra un circuito elettrico e un circuito magnetico. L’interazione della parte elettrica su quella magnetica è invece modellata per mezzo del generatore U (t) (controllato dalla corrente i(t)) di forza magneto-motrice. L=

2.7

Relazione tra la tensione magnetica U e il flusso Φ - Ciclo di isteresi

La legge di Ohm nei circuiti elettrici può essere interpretata come diretta conseguenza della relazione che lega la densità di corrente di conduzione J e il campo elettrico E (ovvero una sua proiezione scalare) E=

1 J ⇔ v = Ri γ

(2.6)

In precedenza abbiamo definito la riluttanza R come la grandezza che esprime il legame (indipendente dal tempo) tra il flusso Φ e la forza magnetomotrice U . Analogamente alla le legge di Ohm la relazione di Hopkinson

2.7. RELAZIONE TRA LA TENSIONE MAGNETICA U E IL FLUSSO Φ - CICLO DI ISTERESI21 può essere vista come conseguenza del legame tra la densità di flusso B e il campo magnetico H H=

1 B ⇔ Up1 ,p2 = RΦ µ

(2.7)

A differenza della legge di Ohm la cui natura e pressoché lineare, a causa delle proprietà dei materiali ferromagnetici, il legame tra la tensione magnetica e il flusso e di tipo non lineare. Per studiare il legame tra U e Φ (o tra B e H), consideriamo il dispositivo “di prova” Figura 2.8 a).

Fig. 2.8: Ciclo di isteresi

Se aumentiamo la corrente nel circuito elettrico, si ha un aumento della tensione magnetica U (e conseguentemente, del campo H). Il flusso Φ (o la sua densità B) aumentano inizialmente in modo (quasi) proporzionale (tratto 1-2 della curva di Fig. 2.8 c)). Aumentando ulteriormente il campo H si arriva ad un punto di saturazione per cui un ulteriore aumento di H non produce più un aumento della densità di flusso B (o semplicemente del flusso Φ) (punto 3 della curva di Fig. 2.8 c)). Se, a questo punto, diminuiamo (diminuendo la corrente i nell’avvolgimento) la intensità del campo magnetico H, otteniamo una diminuzione di B che risulta più contenuta (tratto 3-4). Nel caso in cui H = 0 il materiale ferroso risulta caratterizzato da una magnetizzazione residua (B > 0) (dovuta alla orientazione non a media nulla dei domini magnetici (Fig. 8 b)): il materiale si comporta come un magnete permanente. Diminuendo ulteriormente il campo (H < 0) si arriva al punto 5 e successivamente al punto di saturazione 6 di Fig. 2.8 c). Il tratto 1-3, che viene percorso solo all’inizio del processo descritto, è detto curva di prima magnetizzazione. Il ciclo descritto è detto “ciclo di isteresi”.

22

2.7.1

CAPITOLO 2. I CIRCUITI MAGNETICI

Considerazioni energetiche

La comprensione dei fenomeni energetici si semplifica notevolmente se la si analizza considerando la interazione tra avvolgimento concatenatocircuito magnetico. In questo modo, infatti, la caratterizzazione energetica del circuito magnetico può essere fatta considerando il circuito elettrico.

Fig. 2.9: Dispositivo toroidale considerato per la caratterizzazione energetica

Consideriamo il dispositivo di Figura 2.9 e supponiamo che non vi siano perdite (nel circuito elettrico e in quello magnetico). Con tale ipotesi l’energia erogata dal generatore di corrente (e immagazzinata dal circuito magnetico) è pari a Zt W =

Zt v (τ )i (τ ) dτ =

0

dΦ (τ ) N i (τ ) dτ = dτ

0

Φ(t) Z

N i (τ )dΦ 0

Considerando la lunghezza del toro pari a l e la superficie della sezione pari a S si ha H H · db = N i ⇒ Hl = N i l

dΦ = SdB sostituendo nella espressione dell’energia otteniamo ZB SlHdB

W = 0

Il prodotto Sl rappresenta il volume del toro e dividendo entrambi i membri della precedente equazione per esso, otteniamo W Wc = = Sl

ZB HdB 0

2.8. PERDITE NEI CIRCUITI MAGNETICI

23

che rappresenta l’energia (immagazzinata) per unità di volume del circuito magnetico. Osservando Fig. 2.10 a) notiamo che Wc rappresenta l’area tra la curva B − H e l’asse B. Parte di questa energia è restituita al circuito diminuendo H mentre la parte restante rimane immagazzinata nel campo residuo. Osservazione 3 Sostituendo nell’integrale l’espressione H = B/µ, si ottiene Wc = B2 /2µ. Ne segue che l’energia immagazzinata per unità di volume in un circuito magnetico è inversamente proporzionale alla permeabilità. Allora, in un circuito magnetico avente un traferro (air gap) l’energia immagazzinata nell’intero circuito coincide sostanzialmente con quella immagazzinata nel solo traferro. Infatti, il flusso nella parte in ferro e il flusso in aria sono praticamente (quasi) coincidenti mentre la permeabilità dell’aria, invece, è molto minore (103 − 104 volte) rispetto a quella del ferro (µ0 > (R1 +jωL1 ) e R//jωL >> (R2 +jωL2 ). Con tale ipotesi partendo dal schema di Fig. 4.9, è possibile arrivare ad un circuito equivalente semplificato in cui le l’impedenza (R20 + jωL02 ) viene posta in serie all’impedenza (R1 + jωL1 ). Ponendo, quindi, R0 = R1 + R20 e L0 = L1 + L02 si arriva al circuito equivalente di Figura 4.11. Il vantaggio nell’utilizzo di tale circuito, oltre alla evidente semplificazione, consiste principalmente che i parametri R0 , L0 , R e L possono essere stimate con una misura piuttosto semplice.

Fig. 4.11: Circuiti elettrico equivalente del trasformatore con grandezze riportate al primario semplificato.

4.2.1

Prova “a vuoto” (stima di R e L)

Tale prova consiste nell’alimentare il primario del trasformatore con la tensione e frequenza nominali (es. 220V a 50Hz) lasciando il secondario aperto. In tali condizioni la corrente erogata dall’alimentazione è molto bassa: corrente necessaria a stabilire un certo flusso Φ nel circuito magnetico. Essendo, R//jωL >> (R0 + jωL0 ) allora l’impedenza che “vede” l’alimentatore è proprio il parallelo R//jωL.

4.3. ELEMENTI IDEALI DERIVATI DAL TRASFORMATORE

45

La stima di R in queste condizioni è ricavata semplicemente dalla misura della potenza attiva Pa 1 V2 R = eff . Pa Ragionando in modo analogo, dalla potenza reattiva PR può essere determinato il valore dell’induttanza L come2 ωL =

4.2.2

2 Veff PR



L=

1 Veff 1 ω Ieff sin θ

Prova “in corto circuito” (stima di R0 e L0 )

Mettendo in corto circuito il secondario il parallele tra R e L viene di fatto eliminato. In questa situazione bisogna fare attenzione che la corrente nel primario non sia molto elevata tale da provocare dei danni al trasformatore: la tensione applicata al primario è in questi casi pari può andare dal 4% al 10% rispetto a quella nominale. I valori della R0 e della L0 sono ricavati con formule analoghe a quelle della prova “a vuoto”.

4.3

Elementi ideali derivati dal trasformatore

L’esame di una struttura reale e la conoscenza degli obiettivi che si vogliono raggiungere rende semplice l’individuazione di quali fenomeni sono fondamentali e quali accessori. L’entità dei fenomeni accessori può essere più o meno ridotta, idealizzando il modello che descrive la struttura. Questo processo di idealizzazione rende sempre critico l’elemento a cui si arriva, in quanto spesso i fenomeni accessori presenti nella struttura reali sono dovuti a leggi fisiche che risultano violate se essi vengono eliminati del tutto. Il livello di idealizzazione può essere più o meno spinto a seconda di ciò che si trascura. In particolare nel caso del trasformatore, ad un primo livello di idealizzazione corrisponde l’elemento ideale induttori mutuamente accoppiati, mentre ad un livello più spinto corrisponde il trasformatore ideale. Con riferimento allo schema mostrato in Figura 4.8, il primo livello di idealizzazione corrisponde ad eliminare i fenomeni accessori che provocano i resistori (R1 , R2 e R) nel circuito. In queste nuove condizioni la matrice [Z] ottenuta nel paragrafo 4.1.1, diviene " N2 N2 # N1 N2 1 1 + [Z] = s R1N N R N 2 R N 2 (4.3) 1 2 2 2 R R2 + R 1 2

2

La potenza attiva vale: Pa = 21 Re[VI∗ ] = 12 Re[Y ]v 2 = 12 vR = La potenza reattiva vale: PR = 21 Im[VI∗ ] = Veff Ieff sin θ.

2 Veff R

.

46

CAPITOLO 4. IL TRASFORMATORE

La (4.3) coincide con la relazione costitutiva degli induttori mutuamente accoppiati. In particolare da essa risultano evidenti i vincoli tipici di questo elemento ideale riguardanti i valori dei parametri. Infatti dalla (4.3) si ha   1 L1 = N12 R11 + R   (4.4) L2 = N 2 1 + 1 M=

2 R2 N1 N2 R

R

e si vede dalle (4.4) che deve essere L1 ≥ 0,

L2 ≥ 0,

L1 L2 ≥ M 2

(4.5)

Inoltre è evidente che M può essere negativo, in quanto nella struttura reale

Fig. 4.12: Induttori mutuamente accoppiati.

il segno dell’interazione tra i due avvolgimenti dipende dai versi positivi scelti per le correnti e dal modo in cui essi sono avvolti sul nucleo. Il secondo livello di idealizzazione riguarda la presenza dei flussi dispersi ed il modo in cui si genera il flusso principale. E’ evidente che il fenomeno voluto nel dispositivo è il flusso principale che si concatena con ambedue gli avvolgimenti. Il fatto che contemporaneamente alcune linee di forza dell’induzione si concatenino solo con alcune spire è un fenomeno accessorio. Nel processo di idealizzazione si elimina tale fenomeno supponendo che le riluttanze R1 e R2 dei due rami del circuito magnetico percorsi da questi flussi tendano ad infinito. In queste condizioni le (4.2) divengono V1 (s) = sN1 Φ (s) V2 (s) = sN2 Φ (s)

(4.6)

N1 V1 = =n V2 N2

(4.7)

a cui corrisponde

Il flusso principale Φ, che corrisponde al fenomeno voluto nel dispositivo, richiede per essere generato una forza magneto-motrice che dipende dalla riluttanza del materiale magnetico. E’ evidente che tale riluttanza rappresenta qualcosa di non voluto e quindi nel processo di idealizzazione viene

4.4. IL TRASFORMATORE TRIFASE

47

posto a zero. Come conseguenza di quest’ultimo livello di idealizzazione si ha dalle (4.1) N1 I1 (s) + N2 I2 (s) = 0 (4.8) a cui corrisponde I1 N2 1 =− =− I2 N1 n

(4.9)

Le due equazioni (4.7) e (4.9) costituiscono le relazioni costitutive del trasformatore ideale, illustrato in Fig. 4.13.

Fig. 4.13: Trasformatore ideale.

Da quanto detto si vede come questo elemento sia il risultato di un processo di idealizzazione molto spinto, che lo rende lontano dalla realtà. Per questa ragione tale elemento deve essere utilizzato con precauzione nel modellamento delle strutture reali, in modo da evitare assurdi fisici.

4.4

Il trasformatore trifase

Nella trasmissione ed utilizzazione dell’energia elettrica, quando sono in gioco potenze notevoli, si utilizzano i sistemi trifase di tensione e corrente. La trasformazione statica dell’energia viene effettuata in questo caso con un trasformatore trifase, costituito da un unico nucleo laminato opportunamente sagomato, sul quale sono avvolti gli avvolgimenti primari e secondari delle tre fasi. La proprietà fondamentale su cui si basa questo dispositivo è che la somma delle fasi di un sistema trifase di flussi è nulla. Tale proprietà giustifica la costruzione del circuito magnetico secondo tre percorsi identici connessi tra di loro in modo simmetrico. Una struttura magnetica completamente equilibrata è costituita da tre nuclei verticali con gli assi disposti secondo gli spigoli di un prisma triangolare equilatero, come mostrato in Figura 4.14. Questa struttura, però, è notevolmente costosa, per cui si ricorre in pratica ad una più semplice, costituiti da tre nuclei con gli assi disposti in un piano, in modo che i due gioghi di connessione superiore ed inferiore delle tre colonne risultino costituiti da pacchi lamellari ad asse rettilineo invece che circolare, come indicato in Figura 4.15. In effetti con questa disposizione si perde la simmetria della struttura, in quanto il flusso che percorre la

48

CAPITOLO 4. IL TRASFORMATORE

Fig. 4.14: Struttura completamente equilibrata di un trasformatore trifase.

Fig. 4.15: Struttura usuale del trasformatore trifase.

colonna centrale incontra una riluttanza inferiore di quella incontrata dai flussi che percorrono le colonne esterne. Tuttavia, lo squilibrio che deriva da questo fatto è assai modesto, per cui è possibile continuare a considerare la struttura magnetica equilibrata. L’analisi del trasformatore trifase nel caso in cui le grandezze elettriche formino sistemi trifase simmetrici e la struttura sia equilibrata sia per quanto riguarda gli avvolgimenti che la struttura magnetica, è riconducibile a quella del trasformatore monofase visto nei paragrafi precedenti, utilizzando i parametri relativi ad una qualsiasi delle tre fasi. Lo schema di principio del trasformatore trifase considerato è mostrato in Figura 4.16, in cui sono messe in evidenza le grandezze elettriche e magnetiche utilizzate per l’analisi. Per ipotesi tutte le grandezze elettriche e

4.4. IL TRASFORMATORE TRIFASE

49

Fig. 4.16: Schema di principio del trasformatore trifase con in evidenza le grandezze elettriche e magnetiche per la sua analisi. Si noti che Φ(1) + Φ(2) + Φ(3) = 0.

magnetiche formano sistemi trifase simmetrici e la struttura è equilibrata rispetto alle fasi. Ciò implica che il circuito magnetico del trasformatore è quello riportato in Figura 4.17. La tensione tra C e D di questo circuito è nulla in quanto le tensioni applicate ai tre rami in parallelo, che costituiscono il circuito, debbono formare un sistema trifase simmetrico. Di conseguenza ciascuno di questi tre rami può essere considerato separatamente in corto-circuito e coincide con lo schema della parte (c) di Figura 4.4, in cui le grandezze magnetiche ed i parametri si riferiscono ad una fase. Ne risulta allora per le grandezze magnetiche di ciascuna fase, le seguenti equazioni di equilibrio: (k)

(k)

N1 I1 + N2 I2 = (R + jωL)Φ(k) , (k) (k) N1 I1 = R1 Φ1 , (k) (k) N2 I2 = R2 Φ2 ,

(4.10)

in cui l’apice k si riferisce alla k-esima fase (k = 1, 2, 3). Le equazioni di equilibrio delle tensioni degli avvolgimenti sono diretta-

50

CAPITOLO 4. IL TRASFORMATORE

Fig. 4.17: Circuito magnetico del trasformatore trifase equilibrato.

mente deducibili per ispezione visiva, cioè   (k) (k) (k) V1 = R1 I1 + jωN1 Φ(k) + Φ1 ,   (k) (k) (k) V2 = R2 I2 + jωN2 Φ(k) + Φ1 ,

(4.11)

in cui l’apice k si riferisce alla k-esima fase. Le (4.10) e (4.11) fanno vedere che per ognuna delle tre fasi del trasformatore trifase possiamo scrivere le stesse equazioni che abbiamo usato nel caso del trasformatore monofase per ricavarne il circuito equivalente. Ciò implica la seguente procedura di analisi: Proprietà 3 Un trasformatore trifase simmetrico può essere analizzato considerando il trasformatore monofase ottenuto mediante i parametri elettrici e magnetici di una delle fasi. Le grandezze elettriche e magnetiche delle altre fasi possono essere ottenute successivamente, tenendo conto della simmetria delle grandezze elettriche presenti nella struttura di interesse.

5 Il Motore Asincrono

L

macchina asincrona o a induzione è un particolare tipo di macchina elettrica rotante che può essere utilizzata sia come generatore che come motore, anche se quest’ultima è la modalità di utilizzo più diffusa e comune nelle applicazioni. Esistono macchine asincrone sia trifasi che monofasi, largamente utilizzate per potenze modeste. Anche in una macchina asincrona i valori nominali individuano il funzionamento ideale della macchina. I principali valori nominali sono elencati in Tabella 5.1. Tensione e corrente nominali di indotto hanno il significato di A

Pn Vn In cosφn fn nn Cn sn

potenza nominale [VA, W] tensione nominale di indotto [V] corrente nominale di indotto [A] fattore di potenza nominale frequenza nominale [Hz] velocità nominale di rotazione [giri/minuto] coppia nominale all’albero [Nm] scorrimento nominale [%]

Tabella 5.1: Valori nominali per la macchina sincrona

valori efficaci. La potenza nominale ha significato di potenza convertita ed è espressa in W. Per i motori asincroni vale la seguente relazione (vedi (6.1)) P n = Cn

2π nn 60

(5.1)

Lo scorrimento è una quantità caratteristica della macchina asincrona, che definisce la variazione relativa della velocità del rotore rispetto a quella di “sincronismo”, che sarà definita in seguito. L’avvolgimento di statore di una macchina asincrona è simile a quello di una macchina sincrona. Il vantaggio fondamentale di una macchina a 51

52

CAPITOLO 5. IL MOTORE ASINCRONO

induzione (usata prevalentemente come motore) è che il rotore non richiede una eccitazione separata.

5.1

Il principio di funzionamento

Le due configurazioni tipiche sono rotore a gabbia di scoiattolo (vedi Figura 5.1) e rotore avvolto. Il primo contiene, unite ad esso, delle barre conduttrici corto-circuitate all’estremità. Il secondo consiste di un avvolgimento multifase simile a quello usato per lo statore, ma in corto-circuito.

Fig. 5.1: Il rotore a gabbia di scoiattolo

Nella maggior parte dei motori asincroni non è richiesto un collegamento elettrico esterno per il rotore, ciò che consente una costruzione semplice e robusta, senza bisogno di collettori ad anello o spazzole. Diversamente dal motore sincrono, il motore asincrono non opera a velocità di sincronismo, ma ad una velocità leggermente inferiore, che dipende dal carico. Nel seguito la discussione è focalizzata sul motore asincrono a gabbia di scoiattolo. Il funzionamento del motore asincrono può essere facilmente compreso, almeno in linea di principio, tenendo presente che esso può essere considerato come una generalizzazione del trasformatore trifase (vedi paragrafo 4.4) e coincide con questo in particolari condizioni. Ciò vale in modo diretto nel caso dei motori di potenza in cui l’avvolgimento rotorico è accessibile dall’esterno. Quando il rotore è bloccato il comportamento della macchina coincide esattamente con quello di un trasformatore trifase il cui primario è l’avvolgimento statorico. A causa, però, della necessaria presenza del traferro nella macchina asincrona, la riluttanza del circuito magnetico principale e le reattanze di dispersione sono maggiori che nei trasformatori a parità di potenza. Ne discende che nelle macchine asincrone la corrente di magnetizzante è più elevata che nei trasformatori (da due a quattro volte). Se chiudiamo l’avvolgimento rotorico su un carico resistivo trifase tramite

5.1. IL PRINCIPIO DI FUNZIONAMENTO

53

Fig. 5.2: Circonferenza che rappresenta la linea di mezzo del traferro nella sezione trasversale della macchina.

il sistema spazzole-anelli, si ha una circolazione di corrente in esso e un trasferimento di energia dal generatore collegato all’avvolgimento statorico al carico. La situazione è del tutto simile a quella di un trasformatore trifase chiuso su un carico trifase. Quando gli avvolgimenti sono percorsi da corrente, essendo immersi in un campo magnetico, sono soggetti ad azioni elettrodinamiche. Ciò vale in generale per il trasformatore e per la macchina; tuttavia nel caso della macchina asincrona si ha una situazione completamente diversa rispetto al trasformatore, in quanto: 1. l’avvolgimento rotorico è libero di muoversi; 2. la distribuzione spaziale dell’induzione è fissa rispetto ad un riferimento che si muove lungo il traferro (campo rotante). L’effetto di questa differenza di comportamento tra i due dispositivi è che l’azione elettrodinamica esplicata sull’avvolgimento rotorico si estrinseca in una coppia che tende a trascinare il rotore alla velocità di tale campo. Nell’intervallo d’aria tra statore e rotore, il traferro si esercitano le azioni elettrodinamiche che determinano il movimento del motore. E’ essenziale alla generazione di tale movimento, l’esistenze nel traferro del campo magnetico rotante, cioè di un campo magnetico che si “muova” lungo il traferro stesso. Tale campo viene generato dalla particolare disposizione degli avvolgimenti dello statore e dalla particolare alimentazione di questi. Per comprendere il meccanismo da cui deriva la presenza del campo rotante a partire da avvolgimenti fissi (situati sullo statore), si faccia riferimento ad uno solo degli avvolgimenti di statore e si supponga di alimentarlo con una tensione costante. Per effetto di tale eccitazione si ha nel traferro un andamento dell’induzione che può rappresentarsi come una funzione dell’angolo θ con cui si individua il generico punto del traferro (vedi Figura 5.2). Tale funzione B(θ) è evidentemente periodica, in quanto il traferro ha una lunghezza finita e percorrendolo successivamente si ritrova la stessa induzione.

54

CAPITOLO 5. IL MOTORE ASINCRONO

Tuttavia è possibile fare in modo che il periodo di tale andamento sia più corto della lunghezza del traferro. Per fare ciò è sufficiente realizzare gli avvolgimenti in forma opportuna. In questo caso l’induzione si ripete dopo un periodo λ, detto “passo polare”: è evidente che la lunghezza del traferro è uguale ad un numero interi di passi polari, cioè (5.2)

pλ = 2πr,

dove r è la distanza del traferro dall’asse di rotazione e p viene comunemente chiamato numero delle coppie polari. Quindi la funzione B(θ) soddisfa la condizione 2π B(θ) = B(θ + k ), (5.3) p in cui k è un numero intero qualsiasi. Nella pratica costruttiva si cerca di fare in modo che B(θ) abbia un andamento praticamente sinusoidale. In ogni caso qualsiasi scostamento (generalmente piccolo) da tale andamento è facilmente trattabile attraverso lo sviluppo in serie di Fourier. In base a questa ipotesi risulta, avendo scelto opportunamente l’origine degli angoli: (5.4)

B(θ) = BM cos(pθ).

La (5.4) vale nell’ipotesi che l’avvolgimento considerato sia alimentato da una tensione costante, indipendente dal tempo. Usualmente, invece, l’eccitazione è di tipo sinusoidale nel tempo e quindi tale sarà anche l’induzione, nell’ipotesi di strutture lineari. Tale ipotesi è accettabile con buona approssimazione in quanto nel motore asincrono il flusso principale ha un percorso anche in aria (traferro), che fornisce il contributo principale alla riluttanza. Perciò si ha che B(θ, t) = BM cos(ωt) cos(pθ), (5.5) avendo scelto opportunamente l’origine dei tempi. Nell’ambito delle ipotesi semplificative precedenti, l’induzione dovuta ai tre avvolgimenti (considerando un sistema trifase simmetrico diretto ed equilibrato) è B1 = BM cos (ωt) cos (pθ)  , B2 = BM cos ωt − 2π 3  cos pθ − 4π B3 = BM cos ωt − 3 cos pθ −

2π 3 , 4π 3 ,



(5.6)

e quindi l’induzione complessiva dovuto all’avvolgimento statorico, per il principio di sovrapposizione degli effetti, è data da Bt = B1 + B2 + B3 = 21 BM [cos (ωt   + pθ) + cos (ωt  − pθ)] + + 21 BM  cos ωt + pθ − 4π + cos (ωt − pθ) 3 + + 21 BM cos ωt + pθ − 8π + cos (ωt − pθ) = 3 3 = 2 BM cos (ωt − pθ) .

(5.7)

5.1. IL PRINCIPIO DI FUNZIONAMENTO

55

Dalla (5.7) vediamo che l’avvolgimento fisso statorico genera un’induzione nel traferro avente un andamento sinusoidale, fisso rispetto ad un riferimento che ruota ad una velocità angolare costante pari a ωs =

dθ ω = . dt p

(5.8)

Tale velocità si ottiene dalla (5.7) andando a determinare il legame tra t e θ per il quale l’argomento del coseno si mantiene costante, cioè d (ωt − pθ) = 0. dt La (5.7) mette in evidenza che la velocità di sincronismo dipende solo dalla pulsazione delle tensioni di eccitazione e dal numero delle coppie polari. In particolare si vede come al crescere di p, diminuisca tale velocità, che è vicina a quella di funzionamento della macchina. Osservazione 4 La derivazione della (5.7) è stata fatta nell’ipotesi che il sistema trifase delle tensioni di eccitazione sia diretto. Se esso invece è di tipo inverso si ricava facilmente, procedendo allo stesso modo, che 3 Bt = BM cos(ωt + pθ), 2

(5.9)

che mete in evidenza come in questo caso il campo rotante ruoti in senso contrario al precedente, cioè nel verso degli angoli decrescenti. L’osservazione precedente può essere riassunta nella seguente Proprietà 4 In un motore asincrono alternando il senso ciclico delle fasi di alimentazione, se ne ottiene l’inversione di marcia. L’avvolgimento rotorico è dello stesso tipo di quello statorico o riconducibile a questo nel caso di motori a gabbia di scoiattolo. Si supponga di avere tale avvolgimento aperto ed il rotore fermo. E’ evidente che in esso si esplicano grandezze elettriche aventi la stessa pulsazione di quelle che agiscono sullo statore: infatti siamo in una situazione identica a quella di un trasformatore trifase funzionante a vuoto. Nel caso invece di rotore in movimento occorre considerare la composizione dei due moti rotatori, del campo magnetico e del rotore stesso. Precisamente, se indichiamo con ωm la velocità angolare del rotore, presa positiva se concorde con quella del campo, la pulsazione delle tensioni indotte nel rotore è ωr = |ωs − ωm | p. In effetti, nel caso del motore ωm è sempre inferiore a ωs perciò la relazione precedente può essere riscritta come ωr = (ωs − ωm )p.

(5.10)

56

CAPITOLO 5. IL MOTORE ASINCRONO

Nell’esprimere la pulsazione ωr si preferisce utilizzare al posto di ωm una grandezza che misura il discostamento di ωm da ωs , cioè s=1−

ωm . ωs

(5.11)

Tale grandezza prende il nome di scorrimento ed è legata al fatto che il motore funziona con velocità di rotazione molto vicina a ωs . In funzione dello scorrimento, risulta ωm = (1 − s)ωs ,

(5.12)

ωr = spωs = sω.

(5.13)

Nel caso più generale in cui il rotore si muove e l’avvolgimento rotorico è chiuso, occorre considerare accanto l’induzione dovuta all’avvolgimento statorico quella dovuto all’avvolgimento rotorico. E’ facile intuire, però, che l’andamento complessivo dell’induzione risulta poco alterata rispetto a quella vista in precedenza, in quanto dal punto di vista dell’avvolgimento statorico è cambiata solo la corrente da esso erogata. Come in un trasformatore trifase il flusso d’induzione principale è poco variabile con il carico, essendo l’alimentazione del primario costante. Inoltre la componente dell’induzione nel traferro dovuta all’avvolgimento rotorico deve necessariamente ruotare alla velocità ωs , poiché solo in questo caso essa provoca tensioni indotte nell’avvolgimento statorico della stessa pulsazione ω di quelle circolanti in tale avvolgimento. In conclusione, quindi, in ogni situazione di funzionamento esiste un campo magnetico rotante alla velocità di sincronismo. Quanto detto, può essere riassunto nella seguente Proprietà 5 In un motore asincrono con rotore in movimento ad una velocità costante, il campo magnetico generato nel traferro ruota alla velocità di sincronismo, qualsiasi sia la velocità del rotore e la chiusura dell’avvolgimento rotorico. La pulsazione delle grandezze elettriche che sono applicate all’avvolgimento rotorico è uguale a quella dell’eccitazione moltiplicata per lo scorrimento.

5.2

Il circuito equivalente

In questo paragrafo vengono analizzati i circuiti elettrici e magnetici con cui è possibile analizzare il funzionamento del motore asincrono. Tali circuiti sono di tipo trifase, in quanto l’alimentazione trifase è essenziale alla generazione del campo magnetico rotante. Comunque è sufficiente limitare l’attenzione ad una sola fase, tenendo conto dell’ipotesi di eccitazioni simmetriche e strutture equilibrate. Si consideri perciò una fase dello statore e la corrispondente del rotore e si supponga che il rotore sia in movimento con velocità angolare uguale a

5.2. IL CIRCUITO EQUIVALENTE

57

ωm . Se lo statore è alimentato con una tensione di pulsazione ω, il circuito elettrico dell’avvolgimento statorico è quello indicato in Figura 5.3, in cui RS è la resistenza elettrica dello statore, ES è la tensione indotta dal campo rotante e IS è la corrente di statore. Le grandezze elettriche precedenti sono fasori relativi alla pulsazione ω; per tale morivo vengono contrassegnati con una barra al di sotto. Il circuito elettrico del rotore è invece mostrato nella

Fig. 5.3: Circuito elettrico di una fase dell’avvolgimento statorico. I fasori si riferiscono alla pulsazione ω.

¯ r indica la tensione indotta su tale circuito Figura 5.4.In esso la quantità E per effetto del campo rotante, ¯Ir indica la corrente che scorre nel rotore, Rr la resistenza dell’avvolgimento rotorico e ZC un’impedenza di carico esterna, corrispondente al bipolo collegato agli anelli del collettore. Per quanto è stato detto al paragrafo precedente, essendo il rotore in movimento, la pulsazione delle grandezze elettriche nel rotore è pari a ωr . Quindi in regime permanente sinusoidale i fasori delle grandezze indicate devono essere considerati a pulsazione ωr . Per distinguere i fasori relativi a tale pulsazione da quelli relativi alla pulsazione ω, si pone su di essi una barra al di sopra invece che al di sotto.

Fig. 5.4: Circuito elettrico di una fase dell’avvolgimento rotorico. I fasori si riferiscono alla pulsazione ωr .

Si scelga ora, come sistema di riferimento, un sistema fisso rispetto

58

CAPITOLO 5. IL MOTORE ASINCRONO

allo statore. Allora tutte le grandezze magnetiche, in base alla (5.7), hanno pulsazione pari a ω. Il circuito magnetico si presenta come nella parte (a) di Figura 5.5 ed il relativo circuito equivalente è quello riportato nella parte (b) della stessa figura. Nel circuito equivalente di Figura 5.5(b) si è indicata

Fig. 5.5: Circuito magnetico e relativo circuito equivalente. I simboli riportati sono fasori relativi alla pulsazione ω.

con RS la riluttanza del percorso concatenato solo con lo statore, con Rr la riluttanza del percorso concatenato solo con il rotore e con R la riluttanza relativa al flusso principale Φ. E’ da notare che quest’ultimo attraversa necessariamente un tratto in aria per la presenza del traferro. Perciò in questo caso non è necessario inserire un induttore per tener conto delle perdite, come fatto nel caso del trasformatore (vedi paragrafo 4.1). La quantità NS IS rappresenta la forza magneto-motrice relativa all’avvolgimento statorico: è evidente che tale quantità è un fasore di pulsazione ω. La quantità Nr Ir rappresenta la forza magneto-motrice impressa dalle correnti che scorrono nel rotore. In tal caso la pulsazione è ancora uguale a ω, in quanto nel riferimento scelto la corrente Ir risulta variabile sia a causa della pulsazione

5.2. IL CIRCUITO EQUIVALENTE

59

propria delle correnti che scorrono nell’avvolgimento rotorico, sia per il fatto che quest’ultimo ruota con velocità angolare ωm . Quindi la quantità Ir è anch’essa un fasore avente pulsazione ω, ma di valore uguale a quello riportato nel circuito in Figura 5.4 per indicare la corrente rotorica ¯Ir . Quanto detto costituisce una proprietà molti importante del motore asincrono: Proprietà 6 In un motore asincrono, le correnti rotoriche generano un campo rotante avente la stessa velocità angolare ωs del campo rotante generato dallo statore. Perciò in un riferimento fisso tali due campi risultano entrambi variabili con pulsazione ω. Il circuito magnetico mostrato in Figura 5.5 mette in rilievo la somiglianza del motore asincrono con il trasformatore. Tuttavia la differenza più importante è rappresentata dalla presenza del traferro che rende in questo caso di valore più elevata la riluttanza relativo al flusso principale e rende poco importanti le perdite nel ferro ad esso associate. Inoltre in questo caso risultano più grandi i flussi dispersi, che possono attraversare anche tratti interamente nel ferro; per questa ragione in alcuni casi potrebbe essere opportuno inserire due induttori in parallelo a RS e Rr di Figura 5.5(b). ¯ r ai rispettivi flussi, Le relazioni che legano le tensioni indotte ES e E sono le seguenti ES = jωNS (Φ + ΦS ), (5.14) ¯ r = jωr Nr (Φ ¯ +Φ ¯ r ), E

(5.15)

avendo barrato in alto i fasori che si riferiscono alla pulsazione ωr . La relazione (5.14) si riferisce all’interazione del campo rotante con il circuito statorico; è evidente che in tal caso la pulsazione da considerare è ω. La relazione (5.15) si riferisce all’interazione del campo rotante con il rotore; in tal caso è evidente che il campo appare variabile a pulsazione ωr , a causa della rotazione del rotore. Quindi nella (5.15) occorre considerare tale pulsazione ed inoltre i fasori relativi al flusso, pur essendo di valore identico a quelli considerati in Figura 5.5(b), si riferiscono alla pulsazione ωr . Risolvendo il circuito di Figura 5.5(b), si ottiene ΦS = R1S NS IS , Φr = R1r Nr Ir , 1 (NS IS + Nr Ir ) . Φ= R

(5.16)

Sostituendo la (5.16) nelle (5.14) e (5.15), e ricordando la (5.13), si ottiene 

1 R

+

1 RS



1 IS + jωNS Nr R I ,  r ¯ r = jωr NS Nr 1 ¯IS + jωr N 2 1 + 1 ¯Ir . E r R R Rr

ES = jωNS2

(5.17)

60

CAPITOLO 5. IL MOTORE ASINCRONO

Fig. 5.6: Circuito equivalente elettrico del motore asincrono. I due induttori lavorano a pulsazione diversa, come esplicitamente indicato.

Le due relazioni precedenti sono simili a quelle di due induttori mutuamente accoppiati, con la differenza che nel caso presente i due induttori sono percorsi da grandezze elettriche aventi pulsazione diversa. Tale differenza va indicata esplicitamente, come fatto in Figura 5.6, che fornisce un primo circuito equivalente elettrico del motore asincrono, relativamente ad una fase. Con riferimento alla Figura 5.6 e dal confronto con le (5.17), si ottengono i valori dei parametri caratteristici degli induttori mutuamente accoppiati:

Lr = M=

5.3





1 + 1 ,  R RS 1 + R1r , Nr2 R 1 NS Nr R .

LS = NS2

(5.18)

Bilancio energetico del motore asincrono

Attraverso l’utilizzo del circuito equivalente elettrico in Figura 5.6 è possibile determinare il bilancio energetico del motore asincrono. Mediante l’utilizzo del circuito in Figura 5.6 calcoliamo la potenza attiva PS trasferita dall’avvolgimento statorico al campo rotante 1 PS = Re {ES I∗S } , 2

(5.19)

e la potenza attiva Pr che tale campo cede all’avvolgimento rotorico 1  ¯ ¯∗ Pr = − Re E r Ir . 2

(5.20)

Tenendo conto dei valori dei componenti, si ha n  1 PS = 12 Re jωNS2 R + = =

1 RS

1 − 21 ωNS Nr R Im {Ir I∗S } − 21 ωM Im {Ir I∗S } ,

=



1 IS I∗S + jωNS Nr R Ir I∗S

o

= (5.21)

5.3. BILANCIO ENERGETICO DEL MOTORE ASINCRONO

61

dove l’ultima riga è stata ottenute ricordando le (5.18), e analogamente n  1 ¯ ¯∗ 1 IS Ir + jωr Nr2 R + Pr = − 21 Re jωr NS Nr R  1 1 ∗ ¯ ¯ = 2 ωr NS NrR Im IS Ir = = 21 ωr M Im ¯IS ¯I∗r .

1 Rr



o ¯Ir ¯I∗ = r (5.22)

 Poiché è Im ¯IS ¯I∗r = −Im {Ir I∗S }, si vede che tra le potenze PS e Pr sussiste la seguente relazione PS Pr , (5.23) = ω ωr e cioè le potenze sono proporzionali alle rispettive pulsazioni. Ricordando la relazione (5.13), relativa allo scorrimento, la (5.23) può essere riscritta nel modo seguente Pr = sPS (5.24) La (5.24) rappresenta un’altra relazione fondamentale della macchina asincrona e si può esprimere con la seguente proprietà: Proprietà 7 In un motore asincrono la potenza Pr assorbita dall’avvolgimento rotorico è uguale al prodotto della potenza PS ceduta dall’avvolgimento statorico al campo magnetico rotante moltiplicata per lo scorrimento. Dalla (5.24) si vede che il bilancio energetico risulta soddisfatto solo per s = 1, corrispondente al rotore fermo. Quindi per 0 ≤ s < 1, solo una parte della potenza ceduta dall’avvolgimento statorico al circuito magnetico viene da questo restituita sotto forma elettrica all’avvolgimento rotorico. Poiché il circuito magnetico di Figura 5.6(b) non assorbe potenza attiva, ciò implica che la rappresentazione circuitale del dispositivo non è completa, in quanto non torna il bilancio energetico. Occorre infatti aggiungere un’ulteriore parte riguardante il comportamento meccanico della macchina. Nel caso presente è sufficiente caratterizzare tale circuito meccanico solo grossolanamente. A tale scopo si ricordi che la forza che si esercita su un conduttore percorso da una corrente ed immerso in un campo di induzione magnetica è proporzionale ad entrambe queste due grandezze. Ciò implica che la coppia meccanica che agisce sul rotore per effetto delle forze che si esercitano sui conduttori rotorici immersi nel campo rotante è proporzionale al flusso ϕ del campo rotante ed alla corrente ir che scorre nell’avvolgimento rotorico. Tenendo conto dell’analogia della mobilità meccanica, le grandezze applicate al circuito meccanico corrispondente al rotore sono la coppia e la velocità angolare, ne deriva per il rotore lo schema di Figura 5.7. Mediante tale schema risulta chiaramente possibile far quadrare il bilancio energetico. Infatti esso implica che la potenza fornita dall’avvolgimento statorico al circuito magnetico viene da questo integralmente restituita all’avvolgimento rotorico ed al circuito meccanico.

62

CAPITOLO 5. IL MOTORE ASINCRONO

Fig. 5.7: Circuito meccanico del rotore, in cui J è il momento di inerzia del rotore, ωm è la velocità angolare, C è la coppia meccanica e i0 è la coppia impressa.

Non è necessario utilizzare direttamente il circuito meccanico in Figura 5.7. Infatti dalla (5.23) deduciamo che la potenza attiva ceduta al circuito meccanico, cioè la potenza meccanica Pm fornita al rotore per fase, vale Pm = PS − Pr = (1 − s)PS .

(5.25)

Lèespressione (5.25) permette di valutare il rendimento del motore asincrono. Si ottiene, infatti Pm η= = 1 − s. (5.26) PS Si vede quindi che l’utilizzazione di una macchina asincrona è conveniente per valori dello scorrimento prossimi a zero e cioè in vicinanza della velocità di sincronismo. D’altra parte, valori di rendimento pari a uno non possono essere raggiunti in quanto non è possibile utilizzare la macchina per scorrimenti nulli. Il valore del rendimento dato dalla (5.26), rappresenta ovviamente un valore limite massimo, in quanto nel suo calcolo non è stata tenuto in conto l’esistenza di perdite di vario tipo, quali quelle associate alla corrente statorica per effetto Joule, alle correnti parassite nel circuito magnetico, all’attrito, alla ventilazione, ecc. E’ importante notare, invece, che le perdite per effetto Joule nell’avvolgimento rotorico sono già tenute in conto nella (5.26), in quanto direttamente legate al funzionamento della macchina.

5.4

Determinazione della coppia

Un aspetto di grande importanza nella descrizione di una macchina elettrica è rappresentato dalla determinazione della coppia meccanica che agisce sull’asse del motore e che rende utilizzabile la macchina nelle applicazioni. E’ da tenere presente che ciò che interessa non è solo il valore della coppia, ma anche il suo andamento in funzione della velocità angolare (caratteristica meccanica). E’ evidente che la conoscenza di tale caratteristica serve a definire in modo quantitativo i vari campi di applicazione della macchina stessa.

5.4. DETERMINAZIONE DELLA COPPIA

63

Nel caso di motore asincrono l’andamento della coppia in funzione della velocità angolare dipende dall’impedenza di chiusura del circuito rotorico, i quale, come si è detto, può essere chiuso in corto-circuito (caso del motore a gabbia di scoiattolo) oppure su di un carico esterno attraverso gli anelli del collettore. Infatti, poiché la potenza meccanica (e quindi la coppia) dipende dal valore della corrente rotorica e poiché la frequenza di tale corrente dipende dallo scorrimento (e quindi dalla velocità del rotore), è evidente che a seconda del tipo di carico utilizzato si avranno differenti andamenti della coppia. Nel seguito si supporrà resistivo e pari a Rc tale carico. La determinazione della caratteristica meccanica è molto semplice, tenendo conto che la coppia applicata al rotore vale: C=3

Pm , ωm

(5.27)

supponendo, come fatto finora, che Pm rappresenti la potenza meccanica ceduta al rotore per fase. Infatti è possibile ricondurre il calcolo di Pm , utilizzando le (5.25) e (5.21), al calcolo delle correnti rotorica e statorica, cioè Pm = −

1−s ωM Im {Ir I∗S } . 2

(5.28)

Tali correnti possono essere dedotte dal circuito equivalente elettrico di Figura 5.6; in particolare conviene esprimere la (5.28) in termini della sola Ir . Dall’equilibrio della maglia rotorica in Figura 5.6, si ha jωr M ¯IS + (R + jωr Lr )¯Ir = 0,

(5.29)

dove si è posto R = Rr + Rc . Tenendo conto che i fasori sono uguali nei due riferimenti (fisso e rotorico), si ricava ¯IS = R + jωr Lr ¯Ir , (5.30) −jωr M che sostituita nella (5.28) da n o R−jωr Lr ¯ 2 Pm = − 1−s ωM Im Ir = 2 jωr M 2 2 = 1−s ω R ¯Ir = 1−s R ¯Ir . 2 ωr

(5.31)

2s

L’espressione (5.31) mette in evidenza che per il calcolo della coppia è sufficiente determinare solo la corrente rotorica. Tale corrente può essere ottenuta analizzando su base maglie il circuito equivalente elettrico di Figura 5.6, cioè aggiungendo alla (5.29) l’equazione di equilibrio della maglia statorica: VS = (RS + jωLS )IS + jωM Ir .

(5.32)

64

CAPITOLO 5. IL MOTORE ASINCRONO

Fig. 5.8: Caratteristica meccanica del motore asincrono.

Eliminando IS dalle (5.32) e (5.29), si ha h i r Lr ) VS = jωM − (RS +jωLjωS r)(R+jω Ir = M h   i LS Lr RRS RLS = jω M − M + j ωr M − sM − LrMRS Ir .

(5.33)

Ricavando il valore di Ir dalla (5.33) e sostituendola nella (5.31) e quest’ultima nella (5.27), è possibile ricavare l’espressione della coppia meccanica C=

3Pm 3Pm 3 |VS |2 M 2 = = ωm ωs (1 − s) 2ωs L2S A1

dove A2 =



RS ωLS 2 2 RSLM , 2 S

A1 = 1 +

 A3 = ω 2 Lr −

2

R s

 R 2 s

+ A2

R s



, + A3

(5.34)

,

M2 LS

2

 2 + RS LLSr .

La caratteristica meccanica è ottenibile riportando in un grafico la (5.34). Si ottiene la curva tipica del motore asincrono di Figura 5.8, il cui massimo è individuabile ponendo a zero la derivata di C rispetto a s. Poiché C nella (5.34) è funzione di R/s, conviene effettuare il calcolo della derivata rispetto a questa variabile, ottenendo ∂C =0 ∂(R/s)



 2  2 R R R R A1 + A2 + A3 − 2A1 − A2 = 0, (5.35) s s s s

5.4. DETERMINAZIONE DELLA COPPIA da cui si ottiene

r smax = (Rr + Rc )

65

A1 . A3

(5.36)

Inserendo tale valore nella (5.34) si ottiene il valore massimo Cmax della coppia, cioè 3 M 2 |VS |2 1 √ Cmax = . (5.37) 2 2 ωs LS A2 + 2 A1 A3 Dall’esame di Figura 5.8 e delle formule (5.36) e (5.37) si possono ricavare le seguenti proprietà del motore asincrono: 1. alla velocità di sincronismo la coppia meccanica è nulla. Quindi ωm non può mai raggiungere in un motore asincrono la velocità di sincronismo; 2. la velocità in corrispondenza alla quale la coppia è massima è funzione tra l’altro della resistenza di carico e può quindi essere variata cambiando tale resistenza; 3. il valore della coppia massima non dipende dalla resistenza di carico; 4. la coppia di spunto (a rotore fermo) può essere molto inferiore di quella massima. Queste proprietà permettono di gestire nel modo migliore possibile le prestazioni della macchina a seconda delle esigenza di esercizio, in particolare nelle due fasi tipiche di funzionamento: l’avviamento ed il regime a velocità costante. Nel primo caso l’esigenza più importante da soddisfare è quella di avere la massima coppia possibile. Ciò è facilmente ottenibile in base alle proprietà 2 e 3 precedenti inserendo nei motori a collettore un reostato di avviamento opportuno. Infatti, dalla (5.36) si vede che scegliendo Rc in modo che sia smax = 1, si ha proprio la coppia massima allo spunto. E’ da notare che nei motori privi di collettore, in cui l’avvolgimento rotorico è a gabbia di scoiattolo, si raggiunge un risultato analogo utilizzando due distinti avvolgimenti (motore a doppia gabbia di scoiattolo). Per quanto riguarda il funzionamento a regime a velocità costante, la prestazione che più interessa è il rendimento, fornito dalla (5.26). Da tale formula si vede che conviene avere a regime lo scorrimento più basso possibile, ciò che richiede di ridurre il più possibile la resistenza dell’avvolgimento rotorico. Per questa ragione nei motori a collettori è previsto un dispositivo automatico che mette in corto-circuito gli avvolgimenti rotorici dopo l’avviamento, escludendo il dispositivo spazzole-anelli. Il funzionamento a regime è tuttavia possibile solo in una zona limitata della caratteristica meccanica: quella in cui la coppia decresce con la velocità. Infatti solo in tale zona la macchina è stabile dal punto di vista meccanico

66

CAPITOLO 5. IL MOTORE ASINCRONO

Fig. 5.9: Caratteristica meccanica a regime del motore asincrono.

(vedi Figura 5.9, dove la caratteristica meccanica è stata disegnata per velocità ωm crescenti). La stabilità può essere accertata da un ragionamento del seguente tipo. Supponiamo che a causa di un disturbo esterno il carico meccanico sull’asse della macchina aumenti: ciò provoca una diminuzione della velocità angolare e quindi, su quel tratto di caratteristica, un aumento della coppia motrice, che quindi tende ad superare il momentaneo sovraccarico, aumentandone la velocità. Analogamente una diminuzione del carico meccanico e quindi un aumento corrispondente della velocità provocano una diminuzione della coppia motrice. Il punto di equilibrio raggiunto fra coppia motrice e coppia resistente è quindi stabile. Al contrario, il tratto crescente della curva coppia-velocità angolare è instabile meccanicamente, in quanto ogni eventuale disturbo porta il motore o nella zona stabile oppure ne provoca l’arresto. E’ perciò necessario utilizzare il motore asincrono solo nel tratto della caratteristica meccanica compreso fra la velocità corrispondente alla coppia massima e la velocità di sincronismo.

5.5

Circuito elettrico equivalente completo

La descrizione effettuata in precedenza del motore asincrono, si basa sull’uso contemporaneo di tre tipi di circuiti: 1. circuiti elettrici per gli avvolgimenti statorico e rotorico; 2. circuito magnetico per la struttura magnetica statorica e rotorica; 3. circuito meccanico per la descrizione del comportamento meccanico del rotore e dell’utilizzatore del motore.

5.5. CIRCUITO ELETTRICO EQUIVALENTE COMPLETO

67

Usualmente, tuttavia, interessa la descrizione del dispositivo che si sta esaminando, solo dal punto di vista elettrico esterno: ciò si ottiene eliminando le grandezze presenti di tipo non elettrico dalle equazioni risolventi. Nel caso di motore asincrono, nel funzionamento a velocità costante, tale eliminazione risulta complicata perché nella parte elettrica del circuito complessivo sono presenti pulsazioni diverse ed inoltre occorre entrare in maggiore dettaglio nel circuito meccanico. E’ possibile ovviare a questa complicazione ricorrendo alla seguente osservazione. Il circuito di Figura 5.6 è ottenuto eliminando dalla parte elettrica le grandezze magnetiche; in tale circuito le grandezze meccaniche intervengono per il fatto che le pulsazioni delle grandezze elettriche nei due induttori sono differenti. Tali pulsazioni appaiono esplicitamente nelle due equazioni di equilibrio (5.29) e (5.32), che occorre considerare per analizzare il circuito stesso. E’ facile però far apparire una sola pulsazione in queste equazioni, tenendo presente la (5.13). Per raggiungere questo scopo basta semplicemente dividere la (5.29) per lo scorrimento. Con questa operazione, le equazioni suddette divengono VS = (RS + jωLS )IS + jωM Ir , 0 = jωM IS + ( Rs + jωLr )Ir ,

(5.38)

tenendo conto che il valore dei fasori rimane inalterato passando da un riferimento rotorico ad uno fisso. Le equazioni (5.38) sono quelle di un motore asincrono con rotore bloccato, avente una resistenza rotorica uguale a quella effettiva divisa per lo scorrimento e chiuso su un carico resistivo uguale a quello effettivo diviso per lo scorrimento. Poiché, d’altra parte, la corrente rotorica Ir è rimasta inalterata in conseguenza della divisione precedente, ne risulta un aumento della potenza attiva assorbita dall’avvolgimento rotorico e dal carico in ragione di 1/s, cioè viene assorbita in più rispetto al caso effettivo una potenza di valore pari a 1 Pr ( − 1), s che in base alla (5.25), vale 1 sPS ( − 1) = Pm . s Il semplice artificio, quindi, di dividere per s la (5.29) provoca le seguenti variazioni: 1. gli induttori divengono di tipo normale, quali quelli che si ottengono eliminando le grandezze magnetiche in un trasformatore (funzionamento ad una sola pulsazione); 2. viene inserita una resistenza in serie al carico resistivo dipendente dallo scorrimento, che assorbe esattamente la potenza meccanica;

68

CAPITOLO 5. IL MOTORE ASINCRONO

Fig. 5.10: Circuito equivalente elettrico (per fase) del motore asincrono. Il resistore fittizio R( 1s −1) rappresenta l’effetto della parte meccanica e la potenza che assorbe è quella meccanica.

Fig. 5.11: Circuito equivalente per fase del motore asincrono, ottenuto come nel caso del trasformatore. Le grandezze sono riportate allo statore.

3. tutte le grandezze elettriche rimangono invariate salvo che i fasori si riferiscono tutti alla stessa pulsazione ω. Ciò giustifica il circuito equivalente elettrico completo di Figura 5.10 per il motore asincrono. Tale circuito è quello cercato ed è stato ottenuto ovviando alle difficoltà dette all’inizio. Lo schema di Figura 5.9 può essere anche ricavato da quello del trasformatore, poiché per quanto riguarda tutti i componenti eccetto il resistore fittizio, esso coincide con quello di un motore asincrono fermo, che come detto è identico a quello di un trasformatore. Perciò si può usare per rappresentare il motore asincrono lo schema di Figura 5.11 in cui le grandezze sono riportate allo statore (primario). Il circuito elettrico equivalente completo del motore permette di dedurre facilmente tutte le proprietà della macchina viste in precedenza. In particolare, l’espressione della coppia (5.34) è direttamente ottenibile dalla Figura 5.10 (o dalla Figura 5.11) applicando ad esempio il teorema di Thevenin, come messo in evidenza dalla Figura 5.12. Per questo circuito equivalente la tensione e l’impedenza di Thevenin valgono jωM V

VT h = RS +jωLSS , ZT h = R + jωLr +

ω2 M 2 RS +jωLS ,

(5.39)

5.5. CIRCUITO ELETTRICO EQUIVALENTE COMPLETO

69

Fig. 5.12: Applicazione del teorema di Thevenin agli schemi di Figura 5.10 e Figura 5.11. E’ R = Rr + Rc .

nel caso del circuito 5.10, ovvero VT h = ZT h =

jωL R1 +jω(L+L1 ) , 1 +jωL1 ) R + jωL2 + jωL(R R1 +jω(L+L1 ) ,

(5.40)

nel caso del circuito 5.11. Dal circuito di Figura 5.12 risulta direttamente, ad esempio 3 R C= 2 ωm



 1 |VT h |2 3 R − 1 |I|2 =  , s 2 sωs ZT h + R 1 − 1 2

(5.41)

s

che è esattamente uguale alla (5.34). L’utilità del circuito elettrico equivalente completo nelle applicazioni deriva dalla possibilità di ottenere, medianti semplici calcoli circuitali, tutte le proprietà di interesse. Esempio 2. Un motore asincrono trifase con 3 coppie polari di 10 CV, 60 Hz, 127 V (efficaci) ha le seguenti costanti del proprio circuito equivalente per fase (in Ohm) R1 = 0.24 ωL1 = 0.503

R2 = 0.144 ωL2 = 0.209

ωL = 13.25

Le perdite meccaniche, in corrispondenza di uno scorrimento del 2% (s = 0.02), si possono considerare indipendenti dal carico ed ammontano a 403 W. Calcolare la velocità, la coppia e la potenza meccanica effettivamente disponibile sull’albero, il fattore di potenza e il rendimento in corrispondenza di detto valore di scorrimento. Calcolare inoltre la coppia meccanica ottenibile da tale motore e la velocità per cui si avrebbe questa coppia nell’ipotesi che le perdite meccaniche siano quelle precedenti. Calcolare infine la coppia di spunto. Svolgimento Per determinare le varie quantità richieste si riportano in Figura 5.13 sia il circuito

70

CAPITOLO 5. IL MOTORE ASINCRONO

Fig. 5.13: Schemi utilizzati per l’analisi del motore considerato nell’esempio. I valori indicati hanno dimensioni di V e Ω. equivalente del tipo di Figura 5.11, sia quello del tipo di Figura 5.12. In ambedue i casi supponiamo che l’avvolgimento rotorico sia in corto-circuito, cioè Rc = 0. Il calcolo dei parametri dello schema (b) di Figura 5.13 viene effettuato tramite le formule (5.40), cioè VT h =

j13.25VS 0.294+j(0.25+0.503)

ZT h = 0.144 + j0.209 +

≈ 122.3, [V]

j13.25(0.294+j0.503) 0.294+j(13.25+0.503)

= 0.417 + j0.699.

Calcolo del fattore di potenza per s = 0.02 Il fattore di potenza è uguale al coseno dell’argomento dell’impedenza vista dal generatore applicato all’avvolgimento statorico nelle condizioni di funzionamento di interesse. Tale impedenza risulta: Zi = R1 + jωL1 +

( Rs2 + jωL2 )jωL R2 s

+ jω(L + L2 )

= 5.70 + j3.61.

Quindi si ha |Zi | = 6.75 e ϕi = 32.4◦ . Il fattore di potenza vale allora cos(ϕi ) = cos(32.4◦ ) = 0.844 (ritardo) Calcolo della velocità del rotore per s = 0.02 La velocità di sincronismo del motore è ωs =

ω 60 = 2π = 125.6 rad/sec 3 3

5.5. CIRCUITO ELETTRICO EQUIVALENTE COMPLETO

71

che corrisponde a 20 giri al secondo e quindi 1200 giri al minuto. La velocità del rotore è quindi ωm = (1 − s)ωs = 0.98 · 1200 = 1176 giri al minuto Calcolo della potenza meccanica e della coppia disponibile sull’albero La potenza meccanica trasferita all’albero dal campo rotante si calcola come 1 2 Pm = 3 · 0.144( − 1) |I| , s avendo espresso la corrente con il suo valore efficace. Poiché risulta 2

|I| =

(122.3)2 = 266, (0.417 + 0.144 · 49)2 + 0.6992

si ha Pm = 5630 [W] Perciò la potenza meccanica effettivamente disponibile sull’albero del motore è Pmdisp = 5630 − 403 = 5227 [W] e quindi la coppia meccanica effettiva vale C=

5227 = 42.5 [N · m] 0.98 · 125.6

E’ interessante osservare che nella situazione considerata la potenza disponibile è di soli 5227 W, corrispondenti a circa 7.1 CV, contro i 10 che la macchina potrebbe fornire. Calcolo del rendimento complessivo Il calcolo del rendimento viene effettuato, determinando la potenza erogata dal generatore applicato allo statore. Tale potenza vale 2  2 127 |VS | · 5.70 = 6053 [W] PS = 3 2 Re {Zi } = 3 6.75 |Zi | Quindi il rendimento è η=

Pmdisp 5227 = 0.864. = PS 6053

Tale valore è molto più piccolo di quello limite ottenibile con la (5.26), che vale 1 − s = 0.98. Calcolo della coppia massima e della velocità per cui si ha La coppia massima (incluse le perdite) è calcolabile con la (5.37), tenendo conto che LS = L + L1 RS = R1

Lr = L + L2 Rr = R2

M =L

Quindi si ha ωLS = ωL + ωL1 = 13.75 ωLr = ωL + ωL2 = 13.46 ωM = ωL = 13.25 RS = 0.294 Rr = 0.144

72

CAPITOLO 5. IL MOTORE ASINCRONO

Dalla (5.36) otteniamo lo scorrimento corrispondente alla coppia massima, cioè  2 RS A1 = 1 + ωL = 1 + 4.6 · 10−4 ≈ 1 S  2  2 2 A3 = ω 2 Lr − M + RS LLSr = 0.479 + 8.28 · 10−2 = 0.561 LS da cui

r smax = 0.144

A2 = 00.546

1 = 0.192 0.561

che fornisce una velocità massima pari a ωmax = (1 − smax ) · 1200 = 970 giri/minuto Quindi la coppia massima si ottiene dalla (5.37) 3(127)2 125.6



13.25 13.75

2

1 = 175 [N · m] 0.546 + 1.498

sottraendo ad essa il termine corrispondente alle perdite 403 403 ≈4 = (1 − smax )ωs 101 Perciò la coppia massima vale Cmax = 175 − 4 = 171 [N · m] Calcolo della coppia di spunto Poiché non si ha potenza meccanica in questa situazione, non si può usare il circuito di Figura 5.13. Conviene allora ricorrere alla formula (5.34), ponendo s = 1 (rotore fermo). Si ha 2

Cspunto =

5.6

3 |VS | 2ωs



M LS

2

R2 = 78 [N · m] A1 R22 + A2 R2 + A3

Fattori che influenzano la scelta del tipo di motore

I fattori che devono essere presi in considerazione nella scelta di un motore asincrono per una certa applicazione sono l’intervallo di velocità, sia minimo che massimo e la variazione di velocità. Le richieste sulla coppia sono ovviamente altrettanto importanti. Devono essere considerate la coppia iniziale e la coppia di operazione, che dipendono dal tipo di carico. La coppia iniziale può variare da qualche percento della coppia a pieno carico sino

5.6. FATTORI CHE INFLUENZANO LA SCELTA DEL TIPO DI MOTORE73 a varie volte la coppia a pieno carico. Inoltre la coppia in eccesso disponibile all’avvio determina le caratteristiche di accelerazione, per stabilire se è necessario un sistema frenante esterno. Un altro fattore che deve essere considerato è il ciclo di funzionamento del motore. Il ciclo di funzionamento, che dipende dalla natura dell’applicazione, deve essere considerato in particolare quando il motore viene utilizzato in modo ripetitivo e discontinuo. Se il motore lavora a carico zero o a carico ridotto per prolungati periodi di tempo, il ciclo di funzionamento, ossia la percentuale di tempo in cui il motore è sotto carico, costituisce un importante criterio di selezione. Infine ci sono le caratteristiche di riscaldamento del motore. I motori che funzionano a velocità ridotta possono non provvedere ad una ventilazione sufficiente, nel qual caso risulta necessaria una ventilazione forzata. In realtà ci sono anche problemi di natura dinamica. I problemi dinamici più comuni sono associati con l’avvio e l’arresto del motore e con la capacità del motore di continuare a funzionare durante disturbi transitori nel sistema di alimentazione. La Figura 5.14 mostra un motore asincrono normalmente utilizzato nelle lavatrici domestiche.

Fig. 5.14: Motore asincrono adoperato per applicazioni domestiche

6 La Macchina Sincrona

L

macchina sincrona è un particolare tipo di macchina elettrica rotante che ha velocità di rotazione rigidamente collegata alla frequenza della grandezza elettrica collegata ai morsetti. Quando funziona da generatore è detta alternatore mentre quando funziona come motore è detta motore sincrono. Non esistono differenza fondamentali tra le due condizioni e spesso la stessa macchina può funzionare sia da alternatore che da motore. Solitamente l’induttore è posto nel rotore mentre l’indotto è posto nello statore. Il rotore può essere liscio (in genere per un numero di coppie polari p ≤ 2) oppure a poli salienti o sporgenti (in genere per p ≥ 3), come illustrato in Figura 6.1. A

Fig. 6.1: Schema di una macchina sincrona a poli lisci (a) e a poli salienti (b)

Lo statore è a forma di corona cilindrica e viene realizzato in ferro lamellato (poiché l’induzione è variabile). All’interno delle cave di indotto 75

76

CAPITOLO 6. LA MACCHINA SINCRONA

Fig. 6.2: Esempio di una macchina sincrona di tipo industriale.

sono alloggiate le matasse di indotto che collegate tra loro formano uno o tre avvolgimenti di indotto (a seconda che la macchina sia monofase o trifase). I terminali degli avvolgimenti sono connessi ai morsetti principali della macchina, che vanno collegati ad una rete in regime sinusoidale monofase o trifase. Statore e rotore di una macchina sincrona di tipo industriale, possono essere osservati in Figura 6.2. I valori nominali di una macchina sincrona individuano i livelli delle principali grandezze con le quali si ottiene il funzionamento ottimale della macchina. I principali valori nominali della macchina sincrona sono elencati in Tabella 6.1. Tensione e corrente nominali di indotto hanno il significato di Pn Vn In fn Ie Ue nn Cn

potenza nominale [VA, W] tensione nominale di indotto [V] corrente nominale di indotto [A] frequenza nominale [Hz] corrente di eccitazione [A] tensione di eccitazione [V] velocità nominale di rotazione [giri/minuto] coppia nominale all’albero [Nm]

Tabella 6.1: Valori nominali per la macchina sincrona

valori efficaci. Nel caso degli alternatori la potenza nominale ha significato di potenza elettrica apparente erogata ed è espressa in VA; nel caso dei motori ha invece significato di potenza resa all’albero ed è espressa in W. Per i motori sincroni vale la seguente relazione P n = Cn

2π nn 60

(6.1)

6.1. PRINCIPIO DI FUNZIONAMENTO

77

In pratica, comunque, i motori sincroni non sono molto usati. Innanzitutto c’è il fatto che essi devono funzionare a velocità costante (a meno che non sia disponibile una sorgente alternata a frequenza variabile) e che non possono partire da soli. Inoltre, essi richiedono due sorgenti separate, una alternata e una continua per l’avvio. Tutti questi svantaggi vengono superati dal motore asincrono, oggetto del prossimo capitolo.

6.1

Principio di funzionamento

Il principio di funzionamento delle macchine in corrente alternata (AC) consiste nella generazione di un campo magnetico rotante che provoca la rotazione del rotore ad una velocità che dipende dalla velocità di rotazione del campo magnetico. Consideriamo una macchina sincrona trifase alimentate quindi da una terna equilibrata e simmetrica con pulsazione ω pari alla frequenza di linea. Le bobine in ciascun avvolgimento rotorico sono alimentate dalla corrente continua I esono sistemate in modo tale che la distribuzione di flusso generata da ciascuna bobina sia approssimativamente sinusoidale (vedi Figura 6.3). Tale distribuzione di flusso si può ottenere sistemando opportu-

Fig. 6.3: Induzione al traferro nelle macchine sincrone a poli salienti.

namente i gruppi di bobine di ciascun avvolgimento lungo la superficie del

78

CAPITOLO 6. LA MACCHINA SINCRONA

Fig. 6.4: Schema di principio di un motore sincrono.

rotore. Dal momento che le bobine sono spaziate, il flusso totale può essere ottenuto come somma dei singoli flussi degli avvolgimenti separati. Il flusso totale, per un osservatore solidale con lo statore, varia sinusoidalmente rispetto all’angolo θ ed ha ampiezza costante: B(θ) = BM sin(pθ)

(6.2)

BM è il valore massimo che si presenta in corrispondenza dell’asse di simmetria di ciascun polo, detto asse polare, ove il traferro ha spessore minimo. L’induzione si annulla in corrispondenza dell’asse mediano tra due poli, detto asse interpolare. Questa relazione è simile all’eq. (5.3) trovata per la macchina asincrona. Di conseguenza, il rotore, tramite questa corrente continua che alimenta gli avvolgimenti di indotto, forma un magnete permanente. Inoltre, dato che la tensione di linea è sinusoidale, lo sarà anche la corrente nelle bobine e quindi i flussi generati. Di conseguenza, seguendo il procedimento visto al paragrafo 5.1 per la determinazione del campo magnetico rotante, la distribuzione del flusso dovuto allo statore assume l’espressione: 3 Bt = BM cos(ωt − pθ). (6.3) 2 Il magnete permanete costituito dal rotore (che genera un campo sinusoidale), è quindi immerso in un campo magnetico che varia anche esso sinusoidalmente. Ci si troverà allora, nella situazione in cui i poli del magnete saranno opposti a quelli generati dagli avvogimenti di statore e quindi è generata una coppia che mette in rotazione il rotore (vedi Figura 6.4). Quando il rotore supererà leggermente questa posizione, troverà la polarità dell’elettromagnete invertita (per la sua natura sinusoidale) e sarà nuovamente respinto continuando la rotazione, e così via. Dal momento che il flusso risultante è generato dalle correnti che scorrono nelle bobine, la velocità di rotazione del flusso deve essere collegata alla frequenza delle correnti di fase ω. Quindi, in generale, la velocità di

6.2. IL CIRCUITO EQUIVALENTE E IL BILANCIO ENERGETICO

79

rotazione del campo magnetico è determinato dalla frequenza di eccitazione f = 2πω e dal numero di coppie polari p presenti nello statore, secondo la relazione: dθ ω ωs = = . (6.4) dt p Tale velocità si ottiene dalla (6.3) andando a determinare il legame tra t e θ per il quale l’argomento del coseno si mantiene costante, cioè d (ωt − pθ) = 0. dt La (6.4) mette in evidenza che la velocità di sincronismo è la velocità a cui ruoterà la macchina (cioè ωr = ωs ) e dipende solo dalla pulsazione delle tensioni di eccitazione e dal numero delle coppie polari. In particolare si vede come al crescere di p, diminuisca tale velocità, che è vicina a quella di funzionamento della macchina. Questo significa che il campo magnetico che ruota elettromagneticamente nello statore e il campo magnetico che ruota meccanicamente nel rotore devono restare sempre allineati. La velocità in giri/min è invece definita dalla relazione ns =

120f 60f = , 2p p

(6.5)

anche chiamata velocità sincrona. Un ragionamento analogo può essere riproposto per derivare il campo magnetico rotante per una macchina a rotore liscio. In questo caso lo spessore del traferro risulta costante lungo l’arco di ciascun polo. Una caratteristica importante di una macchina elettrica sincrona è la capacità di generare una coppia elettromagnetica costante. La struttura degli avvolgimenti è la stessa a prescindere dal fatto che la macchina sincrona sia un motore o un generatore. In un generatore la coppia elettromagnetica è una coppia di reazione che si oppone alla rotazione della macchina: è la coppia contro cui lavora il motore primo, cioè quello che tiene in movimento l’asse della macchina. In un motore, al contrario, la tensione rappresenta la forza controelettromotrice. Quindi la descrizione del campo magnetico rotante che è stata fatta, vale sia per l’azione come motore che come generatore.

6.2

Il circuito equivalente e il bilancio energetico

Anche per il motore sincrono può essere svolta un’analisi simile al motore asincrono trattato nel paragrafo 5.2. Si consideri perciò una fase dell’avvolgimento statorico e dell’avvolgimento rotorico. Si consideri anche la tensione continua V0 di alimentazione degli avvolgimenti rotorici. La Figura 6.5 riporta il circuito equivalente elettrico dello statore e del rotore

80

CAPITOLO 6. LA MACCHINA SINCRONA

Fig. 6.5: Circuito elettrico di una fase dell’avvolgimento statorico a) e rotorico b). V0 è la tensione continua di alimentazione degli avvolgimenti rotorici.

Fig. 6.6: Circuito equivalente magnetico del motore sincrono.

del mostore sincrono. Qeusta volta, a differenza del paragrafo 5.2, i due circuiti si rifereiscono alla stessa pulsazione ω. Il circuito magnetico è quindi riportato in Figura 6.6. Procedendo come nel paragrafo 5.2, si ottiene dopo simili passaggi   1 1 + R1S IS + jωNS Nr R Ir , ES = jωNS2 R   (6.6) 1 1 Er = jωNS Nr R IS + jωNr2 R + R1r Ir . Questa volta le due equazioni si riferiscono alla stessa pulsazione ω e quindi le (6.6) rappresentano un induttore mutuamente accoppiato di tipo classico. Di conseguenza il circuito equivalente elettrico del motore sincrono è riportato in Figura 6.7. Con riferimento alla Figura 6.7 e dal confronto con le (6.6), si ottengono i valori dei parametri caratteristici degli induttori mutuamente accoppiati:   LS = NS2

+

1 R + 1 NS Nr R .

Lr = Nr2 M=

1

R

1 RS , 1 Rr ,

(6.7)

Per il calcolo della coppia meccanica, si osservi che in questo caso, dato che il rotore ruota alla velocità di sincronismo, la potenza meccanica coincide

6.3. IL GENERATORE SINCRONO: L’ALTERNATORE

81

Fig. 6.7: Circuito equivalente elettrico del motore sincrono.

con la potenza attiva ceduta al rotore. Di conseguenza vale: n   o 1 1 Pm = PS = 12 Re jωNS2 R + R1S IS I∗S + jωNS Nr R Ir I∗S = 1 Im {Ir I∗S } = = − 12 ωNS Nr R = − 21 ωM Im {Ir I∗S } ,

(6.8)

Inoltre dall’equilibrio della maglia rotorica di Figura 6.7, si ha jωM IS + (R + jωLr )Ir = 0, da cui ricavo IS =

R + jωLr Ir , −jωM

(6.9)

(6.10)

che sostituita nella (6.8) fornisce 1 Pm = Rr |Ir |2 . 2

(6.11)

Dunque la coppia per il rotore che viaggia a velocità angolare ωm = ωs vale 3 Rr Pm C=3 = |Ir |2 . (6.12) ωm 2 ωs Tale coppia è costante (cioè non dipende dal carico), dipende dalla velocità di sincronismo e dalla corrente che circola nell’avvolgimento rotorico. Si ricordi che questa corrente è proporzionale sia alla corrente alternata di alimentazione della macchina che alla corrente continua che alimenta l’avvolgimento rotorico stesso. Variando quindi questa corrente continua è possibile variare la coppia meccanica generata.

6.3

Il generatore sincrono: l’alternatore

In questa macchina l’avvolgimento di campo è sul rotore e il collegamento viene fatto per mezzo di spazzole. Il campo di rotore si ottiene per mezzo di una corrente continua fornita all’avvolgimento del rotore o mediante

82

CAPITOLO 6. LA MACCHINA SINCRONA

Fig. 6.8: Alternatore trifase a quattro poli.

magneti permanenti. Il rotore viene quindi collegato ad una sorgente di potenza meccanica e ruota ad una velocità che supporremo costante. La figura 6.8 rappresenta un alternatore trifase a quattro poli, in cui i poli del rotore sono generati da una configurazione a polo saliente avvolto e i poli di statore sono il risultato di avvolgimenti inseriti nello statore secondo l’arrangiamento semplificato mostrato in figura. Ognuna delle coppie di avvolgimento contribuisce alla generazione dei poli magnetici. La distribuzione di flusso risultante è tale che il flusso compie due cicli sinusoidali lungo la circonferenza del traferro, secondo la (6.2). Si possono ovviamente immaginare configurazioni con un numero maggiore di coppie polari. Nell’alternatore a quattro poli il flusso vedrà due cicli completi in una rotazione del rotore e, quindi, la tensione generata nelle bobine oscillerà ad una frequenza doppia rispetto alla frequenza di rotazione. In generale tra i gradi elettrici θe (lo sfasamento) e i gradi meccanici θm (rotazione), sussiste la relazione: θe = pθm (6.13) dove p è il numero di coppie polari. In realtà, la tensione su una bobina della macchina percorre un ciclo ogni volta che attraversa una coppia di poli. Quindi la frequenza della tensione generata da un generatore sincrono è pn (6.14) f= 60 dove n è la velocità di rotazione in giri al minuto. Se invece la velocità viene espressa in radianti al secondo, avremo ω = pωm

(6.15)

6.3. IL GENERATORE SINCRONO: L’ALTERNATORE

83

dove ωm è la velocità di rotazione in radianti al secondo. Il numero di poli di un generatore sincrono è quindi determinato da due fattori: la frequenza desiderata per la tensione generata e la velocità di rotazione del motore primo. Da questo punto di vista c’è una notevole differenza, per esempio, tra la velocità di un generatore a turbina e quella di un generatore idroelettrico, più lento. Una delle applicazioni più diffuse dell’alternatore è per caricare la batteria di un’automobile, dove tuttavia la tensione generata viene raddrizzata per fornire potenza in continua. Comunque esistono anche alternatori in grado di generare grandi potenza e che sono di grandi dimensioni come illustrato dalla Figura 6.9.

Fig. 6.9: Alternatore per grandi potenze.

7 Le Macchine in Corrente Continua

I 7.1

brevemente di seguito i principi base del funzionamento delle macchine elettriche in corrente continua.

NTRODUCIAMO

Principio di funzionamento

Consideriamo il circuito di Figura 7.1 dove su una rotaia immersa in un campo B e priva di attrito è posta una barra conduttrice. Se alimentiamo la rotaia con tensione v continua tale da imporre sulla barra la corrente i sulla barra viene impressa una forza F data dalla relazione dF = idl × B

(7.1)

dove l rappresenta un vettore (rettilineo) parallelo alla barra scorrevole e il simbolo × rappresenta il prodotto vettoriale. Dalla semplice geometria dello schema il valore della forza risulta quindi pari a F = IlB. Consideriamo ora, con riferimento alla Fig. 7.2, una o più spire immerse in un campo magnetico con densità B. Il dispositivo si compone di: uno statore (in figura a magnete permanente), che crea il flusso magnetico di induzione B; un rotore che porta gli avvolgimenti (o armatura); un commutatore meccanico, costituito da un collettore a segmenti fra di loro isolati e da una coppia di spazzole. Per semplicità nella figura sono rappresentate due sole spire del rotore, una disegnata a linea blu e l’altra a linea rossa. Le spire fanno capo ciascuna a due segmenti opposti del collettore. Applicando alle spazzole la tensione di armatura Va , con la polarità indicata, viene fatta circolare nella spira a una corrente di armatura Ia . Per la relazione (dF = idl × B), il conduttore percorso da corrente e immerso in un campo magnetico è sede di una forza perpendicolare al conduttore stesso 85

86

CAPITOLO 7. LE MACCHINE IN CORRENTE CONTINUA

Fig. 7.1: Semplice macchina cc: barra scorrevole immersa in un campo magnetico su una rotaia conduttrice.

e alle linee di campo. I due lati della spira disposti lungo l’asse sono quindi soggetti ad una coppia che tende a far ruotare la spira in verso antiorario, nel caso illustrato. Il fenomeno può anche essere visto come una interazione fra il campo prodotto dal magnete permanente ed il campo generato dalla corrente Ia , (perpendicolare alla spira). Poiché polarità dello stesso tipo si respingono mentre si attraggono polarità di tipo opposto, la spira risulta soggetta ad una coppia che tende a farla ruotare in verso antiorario e che vale C = kBI sin α

(7.2)

dove k è una costante che dipende dalla geometria della bobina e α è l’angolo tra B e la normale al piano della bobina. La coppia, che è massima in corrispondenza della posizione della spira illustrata nel disegno, tende a diminuire fino ad annullarsi dopo una rotazione della spira di 90◦ . Il collettore però, dopo aver alimentato la spira blu, fa una rotazione di 90◦ a cavallo della posizione illustrata nel disegno e commuta l’alimentazione alla spira rossa, che diviene a sua volta sede di una coppia avente lo stesso verso della precedente. In definitiva ogni 90◦ di rotazione la corrente viene commutata da una spira all’altra sicché la coppia, pur non rimanendo costante, mantiene sempre lo stesso verso. In pratica le spire sono in numero molto elevato, sicché la coppia risulta sostanzialmente costante e la rotazione del motore uniforme.

7.2. LE CONFIGURAZIONI DELLE MACCHINE IN CONTINUA

87

Fig. 7.2: Coppia di forze agenti su una spira percorsa da corrente Ia immersa in in un campo con densità B.

7.2

Le configurazioni delle macchine in continua

Nelle macchine in corrente continua l’eccitazione di campo che fornisce la corrente di magnetizzazione può essere talvolta fornita da una sorgente esterna, nel qual caso la macchina si dice essere eccitata separatamente Lo schema circuitale del collegamento è illustrato in Figura 7.3. Ma più

Fig. 7.3: Macchina in continua a eccitazione separata.

spesso l’eccitazione di campo viene derivata dalla tensione di armatura e la macchina si dice essere auto-eccitata. Questa seconda soluzione non richiede

88

CAPITOLO 7. LE MACCHINE IN CORRENTE CONTINUA

l’uso di una sorgente separata per l’eccitazione di campo al contrario di una macchina eccitata separatamente, e quindi viene preferita. Nel caso di auto-eccitazione un metodo utilizzato per fornire l’eccitazione di campo consiste nel collegare il campo in parallelo con l’armatura. Dal momento che l’avvolgimento di campo solitamente ha una resistenza molto più alta del circuito di armatura, questo collegamento non sottrarrà troppa corrente dall’armatura. Inoltre un resistore in serie può essere aggiunto al circuito di campo per regolare la corrente di campo indipendentemente dalla tensione di armatura. Questa configurazione è detta macchina collegata in derivazione ed è illustrata in Figura 7.4. Un altro schema di auto-eccitazione

Fig. 7.4: Macchina in continua con collegamento in derivazione.

per una macchina in corrente continua, consiste nel collegare il campo in serie con l’armatura, costituendo così una macchina collegata in serie, mostrata in Figura 7.5. In questo caso l’avvolgimento di campo sosterrà l’intera corrente di armatura, per cui la bobina di campo deve avere bassa resistenza. Questa configurazione viene usata di rado per i generatori, dal momento che la tensione generata e la tensione di carico differiscono sempre per la caduta di tensione sulla bobina di campo, che cambia con la corrente di carico. Un terzo tipo di macchina in continua è quella a collegamento composto, che consiste in una combinazione delle configurazioni in derivazione e in serie.

7.3

Modelli delle macchine in continua

Quando si stabilisce una eccitazione di campo, un flusso magnetico Φ viene generato dalla corrente di campo If . Dall’equazione (7.2) sappiamo che la coppia che agisce sul rotore è proporzionale al prodotto del campo

7.3. MODELLI DELLE MACCHINE IN CONTINUA

89

Fig. 7.5: Macchina in continua con collegamento in serie.

magnetico per la corrente nel filo che porta il carico. Quest’ultima corrente è la corrente di armatura Ia . Assumendo che, grazie al commutatore, l’angolo di coppia γ sia mantenuto molto vicino a 90◦ , per cui sin γ ∼ = 1, otteniamo la seguente espressione per la coppia in una macchina in continua C = kT ΦIa

(7.3)

La potenza meccanica generata (o assorbita) è pari al prodotto della coppia della macchina per la velocità meccanica di rotazione ωm rad/s ed è quindi data da Pm = ωm C = ωm kT ΦIa (7.4) Ricordando ora che la rotazione dei conduttori dell’armatura nel campo generato dall’eccitazione di campo causa una forza contro-elettromotrice Eb in una direzione che si oppone alla rotazione dell’armatura, che è data da Eb = ka ωm

(7.5)

dove ka viene detta costante di armatura ed è determinata dalla geometria e dalle proprietà magnetiche della struttura. La tensione Eb rappresenta la contro-tensione nel caso di un motore e la tensione generata nel caso di un generatore. Quindi la potenza elettrica dissipata (o generata) dalla macchina è data dal prodotto della forza contro-elettromotrice per la corrente di armatura: Pe = Eb Ia (7.6) Le costanti kT e ka nelle (7.3) e (7.5) dipendono da fattori geometrici, come le dimensioni del rotore e il numero di spire nell’avvolgimento di armatura e delle proprietà del materiale magnetico. Nel caso di conversione ideale

90

CAPITOLO 7. LE MACCHINE IN CORRENTE CONTINUA

dell’energia è Pm = Pe , per cui vale ka = kT . In generale, assumeremo una tale conversione ideale dell’energia. La costante ka è data da ka =

pN πM

(7.7)

dove p è il numero di coppie polari, N è il numero di spire per bobina e M è il numero di percorsi paralleli nell’avvolgimento di armatura. Il modello circuitale di una macchina in corrente continua può essere rappresentata come in Figura 7.6 per il funzionamento come motore, e come in Figura 7.7 per il funzionamento come generatore.

Fig. 7.6: Circuito equivalente della macchina in corrente continua usata come motore.

Fig. 7.7: Circuito equivalente della macchina in corrente continua usata come generatore.

Per distinguere tra questi due diversi modi di funzionamento è importante notare la direzione di riferimento per il flusso di corrente nell’armatura e per la coppia sviluppata. L’eccitazione di campo è mostrata come una tensione Vf che genera una corrente di campo If che passa attraverso il resistore variabile Rf e attraverso la bobina di campo Lf . Il resistore variabile consente la regolazione dell’eccitazione di campo. Il circuito di armatura,

7.3. MODELLI DELLE MACCHINE IN CONTINUA

91

d’altra parte, consiste di una sorgente di tensione che rappresenta la forza contro-elettromotrice Eb , la resistenza di armatura Ra e la tensione di armatura Va . Questo modello vale sia per il generatore che per il motore. Quando Va < Eb , la macchina funziona come un generatore (Ia esce dalla macchina); quando Va > Eb , la macchina funziona come motore (Ia entra nella macchina). Quindi, con riferimento alla Figura 7.6 e Figura 7.7, il funzionamento di una macchina in corrente continua nel caso stazionario (e quindi gli induttori sono sostituiti da corto circuiti), viene descritta dalle seguenti equazioni: V −If + Rff = 0 (7.8) Va − Ra Ia − Eb = 0 quando funziona come motore, e V

−If + Rff = 0 Va + Ra Ia − Eb = 0

(7.9)

quando funziona come un generatore. Il modello circuitale appena introdotto consente di descrivere il comportamento dinamico della macchina, per mezzo delle seguenti due equazioni dinamiche: a (t) − Eb (t) = 0 Va (t) − Ra Ia (t) − La dIdt (7.10) dIf (t) Vf (t) − Rf If (t) − Lf dt = 0 Queste equazioni possono essere collegate al funzionamento della macchina in presenza di un carico. Se assumiamo che il motore sia rigidamente connesso a un carico inerziale con momento di inerzia J e che le perdite per attrito nel carico siano rappresentate da un coefficiente di attrito viscoso b, allora la coppia sviluppata dalla macchina può essere scritta nella forma dωm (t) (7.11) dt dove CL è la coppia di carico. Tipicamente CL o è costante o è funzione della velocità ωm del motore. Poiché la coppia è collegata alle correnti di armatura e di campo, tramite l’equazione (7.3) si ottiene C(t) = CL + bωm (t) + J

dωm (t) (7.12) dt Nel caso di macchine a eccitazione separata è possibile una ulteriore semplificazione, dal momento che il flusso è determinato da una eccitazione di campo separata, per cui è ka ΦIa (t) = CL + bωm (t) + J

Nf If = kf If (7.13) R dove Nf è il numero di spire nella bobina di campo, R è la riluttanza della struttura e If è la corrente di campo. Φ=

92

CAPITOLO 7. LE MACCHINE IN CORRENTE CONTINUA

7.4

Generatori di corrente continua

Per analizzare le prestazioni di un generatore di corrente continua, sarebbe utile avere una caratteristica a circuito aperto in grado di predire la tensione generata quando la macchina viene fatta ruotare alla velocità costante ωm da un motore primo. L’arrangiamento usuale è quello di comandare la macchina alla velocità nominale per mezzo di un motore primo e poi, senza carico collegato ai morsetti terminali, la tensione di armatura viene registrata mentre la corrente di campo viene fatta salire da zero ad un valore sufficiente per produrre una tensione di armatura superiore a quella nominale. Dal momento che i terminali di carico sono in circuito aperto è Ia = 0 e Eb = Va , mentre dal momento che ka Φ = Eb /ωm , la curva di magnetizzazione rende possibile determinare il valore ka Φ corrispondente ad una data corrente di campo If per la velocità nominale. La Figura 7.8

Fig. 7.8: Curva di magnetizzazione per una macchina in corrente continua.

mostra una tipica curva di magnetizzazione. Si noti che la tensione di armatura è diversa da zero anche quando non c’è corrente di campo. Questo fenomeno è dovuto alla magnetizzazione residua del nucleo magnetico. Le curve tratteggiate di Figura 7.8 sono dette curve della resistenza di campo e rappresentano la tensione che compare nell’avvolgimento di campo più il resistore variabile (reostato Rf , vedi Figura 7.7) in funzione della corrente di campo. Quindi la pendenza della linea è pari alla resistenza Rf del circuito di campo. Il funzionamento di un generatore di corrente continua può essere capito facendo riferimento alla curva di magnetizzazione. Appena l’armatura viene collegata attraverso il circuito in derivazione (shunt) costituito dall’avvolgimento di campo più il reostato, una corrente inizia a fluire attraverso l’avvolgimento e farà aumentare la f.e.m. sull’armatura. Questo processo

7.5. MOTORI IN CORRENTE CONTINUA

93

continua fino a quando le due curve si incontrano, ossia sino a che la corrente che passa nell’avvolgimento di campo è esattamente quella necessaria a indurre la f.e.m.. Cambiando la regolazione del reostato il punto di funzionamento all’intersezione delle due curve può essere spostato e il generatore può essere regolato in modo da fornire diverse tensioni. Con riferimento alla Figura 7.7, le equazioni che descrivono il comportamento dalla macchina in corrente continua come generatore sono le seguenti: Eb = ka Φωm (7.14) C = ωPm = EωbmIa = ka ΦIa Va = Eb − Ra Ia

7.5

Motori in corrente continua

I motori in corrente continua sono ampiamente utilizzati in applicazioni che richiedono un accurato controllo della velocità, per esempio, nei servosistemi. Avendo sviluppato un modello circuitale e un metodo di analisi per i generatori in corrente continua, possiamo estendere questi risultati al caso dei motori in corrente continua, dal momento che questi non sono altro che generatori in cui ingresso e uscita si scambiano di ruolo. Le equazioni che governano il comportamento di un motore in corrente continua sono simili a quelle del generatore e, con riferimento alla Figura 7.6, sono: Eb = ka Φωm (7.15) C = ωPm = EωbmIa = ka ΦIa Va = Eb + Ra Ia Notate che l’unica differenza tra la (7.14) e la (7.15) consiste nell’ultima equazione, dove la tensione di sorgente è ora pari alla somma delle f.e.m. e della caduta di tensione sulla resistenza di armatura.

7.5.1

Il motore in derivazione (shunt)

In un motore a derivazione la corrente di armatura si calcola, a partire dalla tensione di alimentazione Vs , come Ia =

Vs − ka Φωm Ra

(7.16)

Una espressione alternativa per la corrente di armatura Ia è data anche dalla equazione (7.15), cioè C = ka ΦIa , per cui Ia =

C ka Φ

(7.17)

94

CAPITOLO 7. LE MACCHINE IN CORRENTE CONTINUA

E’ quindi possibile mettere in relazione la coppia con la velocità del motore, tramite le equazioni (7.16) e (7.17): C Vs − ka Φωm = ka Φ Ra

(7.18)

L’equazione (7.18) descrive la caratteristica stazionaria coppia-velocità del motore in derivazione. Osserviamo che se Vs , ka , Φ e Ra sono fissate, allora dall’eq. (7.18) la velocità del motore è direttamente collegata alla corrente di armatura. Consideriamo ora il caso in cui il carico applicato al motore venga improvvisamente aumentato, provocando una caduta di velocità del motore. Quando la velocità del motore diminuisce la corrente di armatura cresce, secondo la eq. (7.16). La corrente di armatura in eccesso fa sì che il motore sviluppi una coppia addizionale, secondo l’eq. (7.17) sino a che non si raggiunge un nuovo equilibrio tra la maggior corrente di armatura, la coppia sviluppata e la minor velocità di rotazione. Il punto di equilibrio è determinato dal bilancio della potenza meccanica ed elettrica, secondo la relazione EB Ia = Cωm (7.19) Quindi il motore in corrente continua in derivazione reagirà a variazioni del carico modificando la sua velocità di rotazione in modo da preservare l’equilibrio delle potenze. La curva coppia-velocità del motore in derivazione si può ottenere riscrivendo l’equazione (7.16) che collega la velocità alla corrente di armatura: ωm =

Vs − Ra Ia Vs Ra C = − ka Φ ka Φ (ka Φ)2

(7.20)

Per interpretare l’equazione (7.20) si può iniziare a considerare il motore funzionante alla velocità e alla coppia nominali. Quando la coppia di carico diminuisce, anche la corrente di armatura diminuirà, provocando un aumento della velocità in accordo con la (7.20). L’aumento della velocità dipende dalla grandezza della caduta di tensione Ra Ia sulla resistenza di armatura. La variazione di velocità sarà dello stesso ordine di grandezza di questa caduta (tipicamente del 10%). Questo corrisponde ad una regolazione della velocità abbastanza buona, il che costituisce una interessante caratteristica dei motori in corrente continua in derivazione. Un ragionamento analogo può essere fatto se la coppia di carico aumenta.

Bibliografia

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95

Indice analitico

Albero, 34 Alternatore, 75, 81 Ampère, 4 Esperienza, 8 Anelli, 35 Archi Porta-spazzole, 35 Armatura Corrente di, 85 Tensione di, 85 Asse Interpolare, 78 Polare, 78 Auto-eccitazione, 87 Autotrasformatori, 37 Avviamento, 65 Avvolgimenti, 37 Avvolgimenti di Indotto, 76 Bilancio Energetico, 60 Biot-Savart, 9 Bobine di Eccitazione, 33 Campo Conservativo, 6 Elettrico, 6 Induzione Magnetica, 8 Irrotazionale, 6 Magnetico, 10

Campo di Induzione Magnetica, 8 Campo Elettrico, 6 Campo Magnetico Rotante, 53, 77 Canali Radiali, 34 Canali Radiali, 34 Caratteristica Meccanica, 62, 64 Carcassa, 34 Carica, 1 Conservazione, 2 Densità Superficiale, 2 Densità Volumetrica, 2 Ccostante Dielettrica, 5 Ciclo di Funzionamento, 73 Circuitazione, 7 Collegamento Composto, 88 in Derivazione, 88 in Serie, 88 Collettore, 85 Commutatore Meccanico, 85 Conducibilità, 11 Conduzione, 3 Conservazione Carica, 2 Contatti Striscianti, 35 97

98 Coppia, 53, 86 DC, 89 di Operazione, 72 di Spunto, 65 Iniziale, 72 Meccanica, 61, 62, 80 Coppie Polari, 54 Coppie Polari, 35 Corrente, 2 Densità, 5 di Armatura, 85 di Conduzione, 3 Correnti, 1 Costante di Armatura, 89 Coulomb, 1 Legge di, 5 Curva della Resistenza di Campo, 92 di Magnetizzazione, 92 Cuscinetti, 34 Densità di Corrente, 5 Densità Superficiale di Carica, 2 Densità Volumetrica di Carica, 2 Dielettrico Costante, 5 Permittività, 5 Eccitazione Separata, 87 Equazioni Maxwell, 11 Esperienza di Ampère, 8 Faraday Legge di, 7 FEM, 7 Indotta, 10 Ferro Lamellato, 34 Flusso di Induzione, 9 Flusso Polare, 33 Forza Contro-elettromotrice, 89

INDICE ANALITICO Magneto-motrice, 58 Forza Elettromotrice, 7 Gabbia di Scoiattolo, 52 Generatore, 31 Gradi Elettrici, 82 Meccanici, 82 Heaviside, 11 Indotto, 33, 35 Induttore, 33, 34 Induttori Mutuamente Accoppiati, 45 Induzione Elettromagnetica, 10 Flusso, 9 Induzione Elettromagnetica, 10 Intensità di Corrente Istantanea, 3 Intervallo di Velocità, 72 Intraferro, 18 Lavoro, 6 Legge Ampère, 10 Biot-Savart, 9 Continuità, 5 della Circuitazione, 10 di Coulomb, 5 Faraday-Henry, 10 Faraday-Neumann, 10 Lenz, 10 Legge di Continuità, 5 Legge di Faraday, 7 Macchina Composta, 88 in Derivazione, 88 in Serie, 88 Macchina a Induzione, 51 Macchina Asincrona, 51 Macchina Sincrona, 75 Macchine Elettriche

INDICE ANALITICO cc, 85 Corrente Continua, 85 Magneti Permanenti, 33 Magnetizzazione, 92 Residua, 92 Matasse di Indotto, 76 Maxwell, 11 Equazioni, 11 Motore, 31 Primo, 79 Motore Sincrono, 75 Nucleo Ferromagnetico, 34 Pacchi, 34 Passo Polare, 54 Permeabilità Magnetica, 8 Permittività Dielettrica, 5 Poli, 33, 35 Salienti, 75 Sporgenti, 75 Potenza Meccanica, 89 Potenziale, 8 Magnetico, 15 Pozzi, 5 Prodotto Vettoriale, 85 Prova a Vuoto, 44 in Cortocircuito, 45 Regime Velocità Costante, 65 Regola Mano Destra, 9 Rendimento, 36, 62 Reostato, 92 Riluttanza, 52 Riscaldamento, 73 Rotante Campo Magnetico, 53 Rotore, 6, 34, 85 a Gabbia di Scoiattolo, 52 Avvolto, 52

99 Liscio, 75 Scorrimento, 51, 56 Scudi di Estremità, 34 Semipasso Polare, 35 SI, 1 Sistema Internazionale, 1 Sistemi Trifase, 47 Solenoidale, 5 Sorgenti, 5 Spazzole, 35, 85 Spira, 86 Statore, 34, 85 Tensione, 1, 6 di Armatura, 85 Magnetica, 15 Tesla, 9 Traferro, 18, 34, 53 Trasformatore, 37 di Potenza, 37 Ideale, 45 Trifase, 47 Valori Nominali, 38, 76 Variazione di Velocità, 72 Velocità di Sincronismo, 55, 79 Velocità Sincrona, 79 Volt, 6 Weber, 8, 9