Creazionismo. Il dibattito antico da Anassagora a Galeno [PDF]


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Zitiervorschau

àSSàgora a .-·

. Em . .

a Platone, dagli Atomisti agli Stmct, . da Aristotele a Galeno, il volume ripercorr le principali tappe storiche dell'acceso dibatti antico sul creazionismo. L'esame, criticamente acuto e filologicamente puntuale, degli apporti · dei maggiori filosofi o movimenti filosofici dell'antichità fornisce su tale questione un punt di riferimento essenziale per gli specialisti del pensiero antico e per coloro che si occupano ·del dibattito contemporaneo fra creazionismo . ed evoluzionismo, le cui basi storico-concett · .e teorico-argomentative sono rintracciabili, · mutatis m11tandis, proprio in quei pen e sono al fondamento della ~--==

Per Bev

David Sedley

Creazionismo Il dibattito antico da Anassagora a Galeno Edizione italiana a cura di Francesco Verde

Carocci editore

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Riprodurionc v\~u.ta i\. '&C.M\ ~\ ~ (an. 171 dc\\a. \cy,g~ '1.'1. 'a.~t~'C \\.)""' °t\. ~'\"\\

Siamo su \mcmct~

hup://www .tatUé divinità, immortali a tal punto che sopravvivono ai successivi processi di mescolanza e separazione. Quando Contesa è al suo zenit, le quartro materie elementari rimangono separare l'una dall'alrra nella

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EMPEDOCLE

loro comune stratificazione con la terra in basso e il fuoco in alto, per costituire un mondo del tutto privo di occupanti. Non appena il potere di Amore ritorna, fonde parti degli elementi per costituire cose viventi. A tempo debito, Contesa prende il sopravvento e non appena il potere di Contesa cresce, una nuova generazione di cose viventi viene prodotta. Questa doppia generazione della vita, una volta per via di Amore, una volta per via di Contesa, è la celebre doppia zoogonia di Empedocle, sulla quale i dibacciri hanno a lungo imperversato.

2.

La doppia zoogonia

Su questa doppia zoogonia ha largo corso l'opinione seguente, con le sue varianti 8 • Una fase zoogonica è governata da Amore, laltra da Contesa. La zoogonia di Amore si verifica in una fase di Amore crescente che culmina nella conversione del mondo nella sfera perfettamente omogenea (sphairos). La zoogonia di Contesa si verifica in una fase di Contesa crescente che culmina nella completa separazione dei quattro elementi. Al culmine di ciascuna di queste fasi, la vita si è inevitabilmente estinta e deve essere ricosrituira da zero nella fase successiva. Noi stessi viviamo in un'età in cui il potere di Contesa è in crescita. Ne consegue, quindi, che solamente i prodotti della zoogonia di Contesa e non di quelli di Amore abitano il nostro mondo. Un ostacolo considerevole a quest'ultimo assunto consiste nel fatto che il materiale di cui disponiamo si concentra sulla zoogonia di Amore, fino alla quasi totale esclusione della zoogonia di Contesa. Quando si arriva all'apparizione delle specie, le nostre prove testuali si riferiscono ripetutamente alla zoogonia di Amore crescente, come vedremo ampiamente confermato poi (pp. 58-60). Se queste prove sono statisticamente rappresentative del poema originale nella sua forma completa, la diffusa interpretazione che fa della nostra era una di quelle appartenenti al potere crescente di Contesa va incontro a un'anomalia: Empedocle avrà impiegato di gran lunga più tempo nello spiegare l'origine di forme di vira la cui esistenza in una parre remota della scoria del cosmo poteva soltanto congetturare e che potrebbero non aver lasciato discendenti nel mondo dove abitiamo, che nello spiegare la vita cosi come la conosciamo 9 • Mi sembra enormemente più credibile che l'eziologia della vira proposta da Empedocle, come quella proposta da altri autori, fosse incenera53

CRUZIONISMO ia sulla scoperta dell'origine della vita come noi la conosciamo. Alcuni hanno raggiunto questo agognato risultato limitando il ciclo di Empedocle a un singolo processo cosmico (quantunque ricorrente all'infinito} sono il potere crescente di Amore, con una singola zoogonia ' 0 , ma ciò va incontro alla difficoltà per cui egli parla esplicitamente, anche se enigmaricarnente, di due wogonie, l'una sotto Amore, l'altra sotto Contesa. F.cco il frammento molto discusso B17.1-8 che grazie al recente papiro di Scrasburgo sappiamo essere le linee 233-240 del poema.

Raccomerò una duplice sroria: in un rempo crebbe per essere solamenre uno

dai molti, in un aluo crebbe sepamamente di nuovo per essere molri da uno. 235

Vi è una doppia generazione dei mortali, e una doppia fine. Una di loro il venire insieme (rynodos) di tutte le cose porra alla nascita e distrugge, laddove l'altra veniva alimenrata e annullata, quando essi si stavano separando di nuovo.

E quesre cose non interrompono mai il loro continuo cambiamento, talvolta riunendosi rutte insieme in unirà a causa di Amore, 140 talvolta generandosi uno alla volta separatamente di nuovo per via dcll'osrilirà di Concesa ".

Come si apprende qui, vi è una generazione di mortali nel tempo in cui runo si raccoglie insieme sotto Amore, un'altra generazione quando rutto si separa di nuovo sotto Contesa. La stessa resi della doppia zoogonia viene riproposra alrrove (B 26.4-6, citato infra, p. 57) e gli sforzi occasionali che sono stari fatti per reinterpretare questo passo come la descrizione di qualcos'altro piuttosto che della creazione di forme di vira, vanno ora incontro a un ostacolo aggiuntivo nel papiro di Strasburgo. Nelle linee 191-300 recentemente scoperte, Empedocle continua a promettere, in modo programmatico, che inizierà a raccontare al suo desrinatario Pausania uil venire insieme (synodos) 12 e il dispiegarsi (diaptyxis) della nascita», enfatizzando il significato di questa frase col ripererla nella chiusa del brano. In questa sede offro ciò che spero venga considerata una ricostruzione plausibile del testo: fa' in modo che la mia narrazione non arrivi solamente fino alle cuc orecchie.

Se, a.1eolrandomi, consideri accuracamence le cose incorno a ce, io ri mosrrerò anche ai ruoi occhi di modo che cu possa otcenerc uno scam· bio piiJ che uguale'',

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295

300

EMPEDOCLE

prima di rurro il venire insieme (synodos) e il dispiegarsi della nascita, e rutto ciò che di questa generazione ancora adesso rimane. Questo si verifica nelle razze selvatiche delle bestie che errano fra i monti. Questo si verifica nella nascita gemella dell'umanità. Questo vi è nella progenie dei fiori che hanno radici e nei grappoli d'uva che si arrampicano sulla vite. Da loro fornisci alla tua mente prove infallibili della narrazione. Tu infatti vedrai il venire insieme (synodos) e il dispiegarsi della nascira 14 •

«Il venire insieme e il dispiegarsi della nascita», enfatizzato dalla sua posizione alle linee 294 e 300, sembra contenere in nuce il tema della doppia zoogonia introdotto circa 60 linee prima 15 , alludendo congiuntamente alla zoogonia sintetizzante di Amore e a quella di Contesa che provoca divisioni. La tipica lista delle forme di vita che compare nelle linee intermedie dovrebbe dissipare a sufficienza ogni tendenza a non credere che il termine «mortali», nell'espressione del passo precedente, «doppia nascita dei mortali», significhi effettivamente gli esseri viventi organici 16 • E vi è molto di più da imparare. La doppia zoogonia è chiaramente presentata come lorigine della vita come noi stessi la conosciamo. Nelle linee 291-293 Empedocle inizia spingendo il suo destinatario Pausania a usare i propri occhi: egli non ascolterà ma vedrà anche la verità della narrazione concernente la zoogonia. Egli quindi promette di narrargli non solo la doppia generazione ma anche «tutto ciò che di questa generazione ancora adesso rimane» (294-295). Quanto segue, dunque, a mo' di ulteriore conferma, è un riferimento alla prova della doppia zoogonia ed è l'arcuale gamma delle forme di vita che viene citata come prova. Dico questo perché «Questo si verifica... » (rnfrto µtv ... i:oiito bt) 17 è la locuzione privilegiata da Empedocle per riferirsi alla prova empirica a partire dal mondo naturale 18 • Inoltre, il poeta romano Lucrezio (u 1081-1083) traduce una lista di forme di vita da Empedocle, lista che, pur non essendo identica a quella presente alle linee 296-298, non è altro che una sua variante; ed egli restituisce la locuzione di Empedocle con «Così tu troverai [" invenies sic"] la razza delle bestie che errano fra i monti, cosl ["sic"] la progenie gemella dell'umanità, cosl ["sic"] alla fine ... » ' 9 • Lucrezio possedeva una profonda conoscenza della poesia di Empedocle 20 , e la sua testimonianza conferma l'espediente linguistico empedocleo che egli sta imitando per spingere il proprio lettore a porlo di fronte alla prova del mondo naturale intorno a lui. 55

CRBZIONISMO

In queste nuove linee, quindi, Empedocle, in primo luogo, dice a Pausania di usare la prova dei propri occhi. In seguito, annuncia che gli racconterà la sua doppia zoogonia, aggiungendo che alcuni dei suoi prodotti sono ancora oggi visibili. Empedocle rende esplicito quest'ultimo punto elencando txempli gratia bestie, umani e piante - comunemente rappresentativi della Hora e della fauna odierne - come prova della doppia zoogonia. Alla linea 299, poi, aggiunge: •Da loro fornisci alla cua mente prove infallibili della narrazione», confermando ancora una volta che sono le forme di vita attualmente esistenti a costituire la sua prova 11 • E, da ultimo, ripecendo alla linea 300 che Pausania "vedrà" usando i propri occhi 11il venire insieme e il dispiegarsi della nascita», conferma che è l'intera doppia zoogonia ciò di cui gli organismi actualmence esistenti cosciruiscono la prova. Ma questo sarebbe a malapena possibile se, fra l'ultima fase in cui il potere di Amore aumentava e il nostro mondo attuale, la sfera omogenea intervenisse per annullare tutti i prodotti di Amore. È dunque tempo di riesaminare cale aspetto del ciclo cosmico empedocleo e la seguence revisione mi sembra avere una base inattaccabile nella fonte primaria. L'oscillazione canea enfatizzata fra il predominio dei due poteri deve essere compresa principalmente come un modello che si alterna all'interno di un singolo mondo. La sfera, è vero, alla fine ritornerà, ma solo dopo molci giri del ciclo (la quescione di quanti siano i giri viene discussa infra, nell'Appendice 2 al presente capitolo). Ancora più cardi, la sfera verrà cssascessadisgregatadall'acrività rinnovata di Contesa che provoca la separazione delle quattro masse elementari 21 • A seguito di quest'ano co· smogonico, Amore inizierà la sua rimonta e la prolungata oscillazione fra l'aumento del potere di Amore e l'aumento del potere di Concesa ricomincerà da capo. Eccetto i tempi marcatamente distinti in cui la sfera riappare, vi è una totale continuità fra la fase in cui cresce Amore e quella in cui cresce Contesa, tale che i prodotti di Amore, che inel udono non solo animali e piante ordinari ma anche del resto i demoni beati dalla lunga vita, sopravvivono. Quesco spiega, fra le altre cose, per quale morivo gli stessi demoni che godevano della beatitudine durante il regno di Amore 23 vengano ora condannati a un lungo esilio sono il dominio di Contesa. Se il regno di Amore fosse terminato nella sfera, i suoi prodocci sarebbero stati annullati prima di cadere in disgra:t.ia per via dd ritorno di Contesa. Che questa sia la modalità in cui il ciclo opera, sebbene non sia ricono.~ciuro nella moderna lcncracura critica, viene detto in modo prarica·

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EMPEDOCLE

mente esplicito dal testo di Empedocle. Il frammento B 26 include le seguenti linee: A vicenda essi dominano, mencre il ciclo fa il suo corso, e periscono e si accrescono l'uno nell'alcro nella vicenda che è stata loro assegnata. In sé sono gli stessi ma infiltrandosi l'uno nell'alcro divengono esseri umani e le genie delle altre bestie, alcune volte quando si raccolgono insieme per via di Amore in un unico ordine dcl mondo, altre volte quando di nuovo vengono singolarmence separati per via ddl'osrilirà di Contesa, fino a quando, accrescendosi insieme in maniera unitaria, essi - la totalità vengono sottomessi 14.

I quattro elementi per via del loro costante interscambio (1-3), diventano le materie della zoogonia (4) - più specificamente, di una zoogonia nella fase di Amore crescente (5), dell'altra nella fase di Contesa crescente (6). Che questo "ciclo" non sia interrotto a ogni giro dalla sfera diventa chiaro alla linea 7 - una linea la cui aggiunta risulta cosi fastidiosa per la visione tradizionale del ciclo che uno studioso del calibro di Wilamowitz 2 s propose la sua espunzione. Le linee 5-7 ci dicono che le radici assumono la forma di cose viventi per il fatto che si congiungono vicendevolmente (5) grazie ad Amore in un processo di unificazione cosmica e ( 6) sono costrette a separarsi grazie a Contesa, fino a quando alla fine (7) sono unificate tutte insieme nella sfera. Se la sfera fosse semplicemente il culmine di ciascuna fase di Amore crescente, la successione di queste tre linee non avrebbe senso 26 . Ora che abbiamo visto come vi siano buoni motivi per accertare che la storia del mondo si snodi in continuità fra le fasi di Amore e le fasi di Contesa, cosicché le zoogonie delle fasi passate possono contenere dei superstiti nella nostra, possiamo passare a determinare in che cosa consista la doppia zoogonia. Occorre richiamare una nota testimonianza di Aezio (v 19.5 = A 72) 27 : Empedocle dice che le prime generazioni degli animali e delle pian1. te non avvennero affatto in modo uniforme e completo, bensl disarticolato, con membra che non crescevano insieme; z. le seconde, quando le parti stavano crescendo insieme, erano come apparizioni [dbwÀ.oqiavEiç]; 57

CREAZIONISMO

3. 11: rerzc erano quelle degli esseri dalla natura complera [oÀ.ol. Nd· lu miunlc ili E111pcdudr, ciò che viene all:1lm:r111111 sono rnrnr;1 1w111i ni e donne 111;1 esseri sessualmente indiffore111.iari non divt'rsa11u·11tt· d:1i:li 11lhc1·i, 1i11id urg1111ismi noni J:1ll11 trrm d1c in dlrttì t'~li rn11sicl•L1va (A 711) ~rncr~ti nello srcsso tempo da Contesa (dr. 11licrior111ct1tt· i11/ì·11). F.1si rirnharnnu rnstiruiti ;1lh1 svelta t:umc lllt'l'Ì so11uprod1111 i (o ne. .iò si spieg.i probabilmente in seguito al mancato compkwi1c:nto del T1mt0-Crizia, la cui ultima parte mancante avrebbe poIUll' btni~imo dimostrarsi il suo contesto nacurale. ~on 1i è. dunque, alcuna ragione per sospettare che il De mi urgo di Platoll( non sia riuscito in alcun modo a raggiungere la migliore disposirionc possibile della materia e men che meno che la materia abbia resistito alla pcisuasione, cosi da limitare il buon esito del!' opera del Demiurgo. Il che non significa che il mondo sia perfetto in ogni dettaglio ma la questione imponante è che tipo di imperfezioni contenga e se almeno in teoria fossero evitabili. Per prendere un famoso esempio dal Timeo, gli dei che crearono la 1esa umana la fecero più fragile di quanto sarebbe stato ideale. Essi ambbcro potuto imbottire i nostri crani di carne in maniera tanto magnifica quanto fecero per le noscre cosce ma il guadagno in termini di durabiliià sarebbe staro minore dello scapito in termini di sensibilità li-4C1·75C7) 61 • Grazie alle loro abilità, essi furono in grado di ottenere un parziale rimedio a questo difetto, convogliando cerci residui verso l'CS!fmo anravc!SO i follicoli per produrre la copertura protettiva dei capelli che offrì una notevole misura di imbottitura senza diminuire la !Clllibiliià, come avrebbe fatto un'imbottitura di carne (76b1-d3). Il risulwo noo fu perfetto, ma non v'è dubbio che essi presero la migliore decisione possibile. l.a progcnazione del mondo, riffettendoci un poco, deve essere piena di compromessi del genere. Ma sembra bizzarro, e non è cosa che O'ovi conferme nel resto, attribuire questi compromessi all'intransigenza ddla materia. Prescindendo completamente dalla acquiescenza o meno dt:lla nwcria, ogni anigiano razionale deve scegliere fra i vantaggi e gli wanUf,gi in concorrenza. Si supponga, per esempio, che vi fossero alcuni vanuggi nel fare la resta quadrata. Se fosse stato cosl, le ragioni per iacrificare qllfS!i vantaggi a favore dei vantaggi derivanti da una testa ro· ronda non avrebbero avuto nulla a che fare con la natura della materia ma unicammrccon l'impossibilità di fare nello stesso tempo qualcosa di roumdo e di quadrato e la necessità di scegliere se quella forma fosse, tuno 10mmaro, la pii.i utile. Parimenti, nel caso della fragilità della testa, vienedc:rwdiclacombinazione di durabilità e sensibilità sia impossibile da raggiungere, non nella maceria in quanto tale ma nei tessuti viventi che devono CMC1C ioggeui alla generazione e alla crescita'". Qualsiasi ragione Timeo ~ avere in mente per questa affermazione, egli sia 132

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PLATONE

presentando la restrizione come provocata dalle esigenze della biologia, non dalla natura della materia. Vi è un ulteriore tipo di manchevolezza nel mondo di cui Timeo è profondamente consapevole: la cattiveria morale o vizio, cosl come si mostra par excellence negli esseri umani. Noi, di conseguenza, dobbiamo chiederci come Platone renda conto della sua inclusione nel piano del mondo e se egli consideri ciò, perlomeno, come un insuccesso della creazione divina. Perché, in verità, dovettero esserci in assoluto degli esseri umani? Il morivo primo della creazione degli esseri umani è metafisico (39e3-4oa2, 41b7-d3). La generica Forma di Animale, su cui il mondo è stato modellato, contiene al suo interno quattro sottogeneri, quelli degli animali associati rispettivamente al fuoco (gli dei celesti), all'aria, all'acqua e alla terra; e sotto ciascuno di questi tre tipi inferiori, cadono rune le specie individuali aviarie, acquatiche e terrestri. Se il mondo non fosse stato fatto analogamente per contenere gli animali di rurre queste innumerevoli specie, non avrebbe incarnato il suo modello, il genere di Animale nel modo più accurato e così sarebbe stato incompleto in modo evitabile. Ciò fu perché dopo la creazione degli dei astrali di fuoco, il Demiurgo assegnò loro il compito di costruire rutti i rimanenti animali (se pensiamo che le Forme preesistenti delle specie animali includono tutti i possibili animali 6 \ allora, guardando alle Forme, il Demiurgo avrebbe creato, nei termini della metafisica platonica, la stessa ampia biodiversità conseguita dall'Amore di Empedocle tramite mezzi sperimentali, quando Amore combinò le parti del corpo in rune le possibili permutazioni per trovare quale sarebbe sopravvissuta) 64 . Le istruzioni degli dei minori erano che questi animali inferiori, gli abitanti dell'aria, dell'acqua e della terra, dovevano essere ordinati gerarchicamente. Il principio strutturale sottostante all'intero regno animale doveva essere (42b2-d2) che le anime immortali trasmigranti avrebbero abitato una specie dopo l'altra in un ordine sistematico, iniziando con l'incarnazione nell'uomo, dopo la quale sarebbero potute retrocedere o progredire secondo la qualità delle vite che avevano condotto. La prima retrocessione è dall'uomo alla donna e da Il in giù fino a una bestia adeguata. L'avanzamento può portare un'anima a livello della donna o dell'uomo o, se ha condotto una vira autenticamente filosofica, perfino oltre il ciclo di incarnazioni per dimorare in eterno nell'astro assegnato. Possiamo dire, dunque. che, da un lato, la necessità che il mondo sia la migliore e più completa incarnazione possibile del suo modello richie133

CREAZIONISMO

se l'inclusione dì un ~no animale:: completo, e, dall'altro, la suprema capacità dd Demiurgo dì realizzare un progetto intelligente conscgul il risult1to ~ qU(St1 clCll.Ìone venne disposta per il migliore uso possibile, il miglÌ di vista, egli starebbe rendendo la diffusione, te· 204

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ARISTOTELE

teologicamente governata, delle specie nel mondo sublunare, dipendenrt da una complessiva disposizione cosmica la cui eternità non era di per sé esplicabile in termini di scopo ma era solamente un bruto dato di farro. È semplice vedere perché Aristotele voglia evitare qualunque dipendenza del teleologico dal non-teleologico e perché, invece, lo abbiamo già visto al contrario sottolineare che la teleologia biologica dipende da una precedente teleologia cosmica. Proprio una tale dipendenza era stata un carattere decisivo dcl testo chiave del background di Aristotele, il Timeo di Platone. U, la bontà del mondo è il primario expl.anandum e il fatto che il mondo sia tutto popolato di specie organiche, ciascuna ideata in maniera elaborata per soddisfare la propria funzione specifica, viene a sua volta spiegato come suo conuibuto a quel fine. I lettori di Aristotele hanno avuto difficoltà acredere che egli possa aver ereditato un tale ordine di priorità dal suo maestro, poiché i suoi trattati zoologici di rado menzionano la teleologia ~obale 13 e invece si concentrano sul funzionamento degli organismi individuali di per se stessi. Ma non dovremmo essere tratti in inganno da questa maggior rilevanza, poiché anche questa ha il suo background in Platone. Malgrado il Timeo, preso nel suo complesso, non lasci dubbi in merito alla sottomissione della teleologia zoologica rispetto a quella globale, vi sono le sue lunghe trattazioni di anatomia a 69Cs-86a8 e 9oet'J2.C3 che, dal punto di vista funzionale, corrispondono alla zoologia di Aristotele e queste sezioni hanno davvero molto poco da dire in merito alla prospettiva globale. Come le opere biologiche di Aristotele, esse t0no focalizzate esattamente sul funzionamento dei singoli corpi. AmmC550 che gli scritti fisici e teologici di Aristotele forniscano la prospetriva globale sulla teleologia che manca - e vedremo tra breve che lo fanno - l'atteggiamento relativamente moderato mostrato nei trattati biologici dovrebbe essere !erto come sintomatico, non della sua emancipazione da Platone, ma, anzi, di un debito con lui che permane s... Vi è stata una pronunciata riluttanza fra gli srudiosi ad attribuire ad Aristotele una tale teleologia globale ma varie e ulteriori considerazioni confermano che egli intendeva sostenerla. In aggiunta al passo del Sulk parti tkg/i animali I 1 (che per quanto ne sappia non è mai stato richiamato nel dibattito) riportato sopra, e il passo connesso di Fisic11 n 6 '198a5-13, supra, pp. 201-z), nel presente paragrafo rivisiterb brevemente alcuni degli altri testi che si riferiscono a una teleologia globale. Gli oppositori di una teleologia globale aristotelica hanno avuto poca difficolll a sbarar1.arsi a uno a uno di questi passi. considerando ciascuno di asi o 105

CREAZIONISMO

come una rempor.mca aberrazione da pane di Aristotele o come passi che Wciano adiro a interpretazioni più innocue 55 • La mia replica non è che essi non poosano essere letti di fila in questi modi alternativi ma che il loro dftno curnulacivo è di gran lunga più possente, rispetto a quello che avrebbero se considerati individualmente, e sufficiente a rendere non plausibile questa via di fuga. A questa prova cumulativa, si aggiunga la sorprendente mancanza di una conrroprova. Per I' esarrezza è stato citato un solo passo che potrebbe dfmivarnente contraddire qualsiasi idea di teleologia globale. Si erma di Fisica 117,198b8-9, dove in un compendio delle quattro cause, I.a causa finale viene riassunta come «perché è migliore così, non assoluamenre (haplis) ma relativamente all'essere di ciascuna cosa» 16 • Se •ciascuna cosa• significa ogni organismo individuale preso singolarmente, Aristotele porrebbe effettivamente star negando una teleologia globale, anche se, putroppo, nello stesso tempo starebbe respingendo la sua resi (Su/Ja generazione dtgli animali 11 1, 731b24-732a1) per cui l'impulso degli animali a riprodursi è al fine di perpetuare le loro specie. Ma qual è il vero elemento chiave del discorso? La terminologia indica che egli sta operando con la familiare distinzione "assoluto-relativo". Così quando qui asserisce che il bene presente nella sua teleologia è sempre relativo e non assoluto, il suo bersaglio porrebbe essere l'insistenza di Platone sul facto che alcune decisioni, per esempio che il mondo dovesse essere sferico, vennero prese dato che certe proprietà sono assolutamente o intrinsecamente migliori delle loro alternative, non perché non rendano buono qualcosa o qualcuno (supra, cap. 4, par. 4). Alternativamente, o in aggiunta, egli potrebbe estendere dal!' erica alla fisica la sua cri tica del Bene trascendeme e assoluto di Platone, la cui presunta irraggiungibilità da parre nostra, lo rende, dal suo punto di vista, teleologicamente irrilevante (Etica Nicomachea 1096b32-35). In ogni caso l'accento è posto sulla negazione che la sua teleologia comporti un qualche bene non relacivo. Di conseguenza non vi è alcuna ragione per cui, quando egli insiste piunosro sul facto che il bene presente sia cc relativo ali' essere di ciascuna cosa>, si dovrebbe considerare il suo riferimento come limitato a ciascun individuo discrew, prt50 singolarmente e non più in generale a «ogni cosa" - individui, specie e similmente tutto ciò che il mondo contiene 17 • Qum'unico pur.o poi, in assenza di una prova di appoggio, è ben lungi dal minare il pe~o collliiderevole della testimonianza in favore di una celcologia cosmica, a cui ora mi rivolgo. 206

6

ARISTOTELE

Ai passi sopra menzionati, si aggiunga poi l'inizio del libro A della

Metafisica. Questo è il fondamencale capitolo culminante della sua teologia, dove Aristotele parla piuttosto esplicitamente di una teleologia globale, attribuendo il bene cosmico a ciò che definisce «la natura dell'intero» (1075a11-25): Noi dobbiamo anche considerare in che modo la natura dell'incero possieda il bene e l'ottimo - se come qualcosa di separato e di per sé o come sua disposizione. O in enrrambi i modi, come un esercito? La bontà di un esercito, infatti, è nd suo ordinamento ed è anche il generale. E di più il generale, poiché egli non dipende dalla disposizione ma la disposizione dipende da lw. Tutte le cose sono in qualche modo coordinate ma non nello stesso modo - anche le creature che nuocano, le creature che volano e le pian ce. E la disposizione non è cale che l'una cosa non abbia relazione con l'altra. Esse hanno una relazione: tutte le cose infatti sono congiuntamente ordinare in relazione a una cosa. Ma è come in una casa dove i liberi hanno il minimo permesso di agire come capita ma rutto o la maggior parre di ciò che essi fanno è ordinato, mentre gli schiavi e le bestie possono fare poco nci riguardi di ciò che è comune ma agiscono per lo più come capita. Per ciascuno di loro, infatti, la natura è quel tipo di principio. Intendo dire, per esempio, che almeno ciascuno di loro deve necessariamente giungere a essere dissolto; e vi sono parimenti altre cose in cui tutto partecipa in direzione dell'intero s•.

Proprio quali strutture egli incenda includere in questa natura cosmica è inceno e non è un argomento su cui ho incenzione di soffermarmi a lungo qui, ma il più ampio concesto non lascia dubbi sul fatto che essa inizi con il divino motore immobile e con le rotazioni celesti che ispira; lascia anche pochi dubbi sul fano che essa si estenda verso il basso almeno fino al ciclo delle stagioni, al tempo, alla scala naturar e ali' ecologia terrestre 59 • Ma come può il mondo, nel suo complesso, avere una "natura"? Le nature a cui il principale interesse di Aristotele è rivolto sono quelle degli organismi individuali e il mondo per lui non è, come era stato per Platone, un organismo vivence 60 • Nel passo riponato sopra, comunque, quando Aristotele parla della natura del mondo come un bene cosmico realizzato, la paragona non alla natura di un animale ma alla struttura gerarchica di un esercito o di una casa. E in Politica I 2 chiarisce come una città o una casa - di per sé una struttura non organica, malgrado consista primariamente di organismi - abbia una natura che:, di certo, è precedente alle nature dei suoi componenti umani individual07

CREAZIOSISMO

li. poichc' qu~ti sono su..- parei. Specificamente (i252b30-34), questa narura è IJ. lì.,m1a .:omplm. del sistema politico e sociale, identificabile an.:h( wn la SILI causa finale 61 • Sembra, dunque, che qualunque sistema .:oll..-nivo naturale composto da sostanze narurali discrete, sia esso un ~r.:it,,, una G1sa. una città o un mondo, abbia come sua natura la sua .:omplessa funzionalità, essendo questa, in modo irriducibile, un fine in ~unra alla funzionalità individuale dei suoi vari componenti 62 • Si ,"Onsideri ora il passo di Fisica u 8 riporraro per incero supra, alle pp. 1'}9-200 bi_ Qui Aristotele sosciene esplicitamenre che in narura tlltti gli i:\"CllU regolari devono essere al fine di qualcosa e include sorto questa generalizzazione il caso specifico della pioggia. La pioggia estiva, egli afti:rma. è rara ed è disposto a considerare la sua comparsa come un mero aa:idente: se un imprevedibile acquazzone esrivo manda in rovina i raccolti di qualcuno sull'aia, ciò potrebbe essere considerato un accidente, non lo scopo per cui la pioggia è caduca. Ma la pioggia invernale, da cui dipende la crescita delle colture, è normale ed egli chiarisce che ciò serve a uno scopo. Quale scopo? Alrrove, quando considera la pioggia di per se stessa 6•, egli è interessato solamente a richiamarsi ai processi materiali di evaporazione, condensazione ecc. Ma quella circoscrirra prospettiva non teleologica è perfettamente compatibile con I'alrra che vede il tempo meteorologico come parte di una natura cosmica intrinsecamente finalistica 61 che fra le altre cose supporta lagricoltura, come suggerisce fortemente il riferimento alla crescita delle colture 66 • Porremmo pensare la pior,gia aristotelica come il sudore umano 67 • Consideraro isolatamente, il sudore è un liquido mosso da cause puramente materiali come il riscaldamenco, il raffreddamento, l'evaporazione e il peso. Nondimeno, la sua comparsa è allo stesso tempo parte di una struttura biologica finalistica all'incm10 della quale il sudore è finalizzato a uno scopo ovviamente benefico. '.'lei mondo di Aristotele, la pioggia è molro simile al sudore. Una simile spiegazione dalla duplice prospettiva dà conto di un altro carattere della teleologia cosmica che Arisrorele rende esplicitamente noto in Polilica I 8, per l'incredulità di molti dei suoi ammiratori. Le specie inferiori esistono al fine di quelle superiori (i256b10-22): Anche al momcmo della nascita, alcuni animali generano nello sresso tempo nurri· memo 1ufficien1c fino a quando la loro prole possa procurarsene: da sé - per esempio. runi gli animali che producono larve o depongono uova. I vivipari hanno il nurrimcnru in sr Hc"i per la loro prole per un cerro periodo di tempo, la soscam.;1 chiama12 lane. Quindi i: ahrc:uanto chiaro che: dovremmo anche supporre che. 208

6

ARISTOTELE

dopo la nascita, le piante esiscano al fine degli animali e gli alcri animali al 6ne dell'umanicà- gli animali domcscici sia per l'ucilicà che per il cibo e la maggior parre se non 1u1ti gli animali selvarici per il cibo e per altri aiu1i, come mareria per i vestici e altre utilità. Se, dunque, la nacura non fa nulla di incompleto o senza scopo, è necessario che la nacura li abbia facci cucci in vista dell'umanità 68 •

Qui Aristotele segue il Socrate di Senofonte nel condurre l'intera gerarchia naturale nella sfera della sua teleologia, a cui viene dato un focus apenamente antropocentrico. La catena alimentare e tutti gli altri casi di dipendenza fra le specie sono casi della finalità della natura, con l'uomo come ultimo beneficiario che si colloca in cima alla gerarchia. Di nuovo, la "natura" in questione difficilmente può essere identificata con le nature delle piante e degli animali individuali, o, quanto a ciò, con la natura umana. Aristotele, infatti, non pensa certamente che ogni pane della natura delle piante o degli animali inferiori sia finalizzata agli interessi dei loro predatori, umani o di altro genere 69 ; e malgrado sia pane della natura umana sfruttarli, qui il problema per Aristotele non è evidentemente questo: per esempio, le piante esistono al fine degli animali in generale, ci sta dicendo, e questo aspetto della gerarchia non potrebbe ceno essere parte della natura umana. È piuttosto la complessa natura cosmica che si manifesta nell'ecologia interspecie del mondo 70 • Ci si è chiesti 7 ' in che modo questa teleologia della catena alimentare possa essere riconciliata con la teleologia interna che domina le opere biologiche di Aristotele. Se i maiali crescono e funzionano per la macellazione e il consumo umano, come possono nello stesso tempo crescere e funzionare in vista del proprio benessere? Nel prossimo capitolo questa stessa domanda sui maiali perdurerà come oggetto del dibattito fra gli Stoici e i loro critici. Ma mi sembra abbastanza chiaro perché ciò, in definitiva, non sia un problema per Aristotele. La tendenza naturale delle cose viventi è per la sopravvivenza, per la maturazione, per la diffusione e per l'eternità della loro specie. Non è nella natura del maiale mettersi in coda al maccacoio. Nondimeno, il facco che il mondo contenga effettivamente maiali e contenga potenzialmente arrosto di maiale 72 è un suo caraccere sistematicamente benefico che Aristotele, coerentemente con il suo punto di vista teleologico, non potrebbe attribuire al mero accidente. Proprio come la natura di un animale può essere richiamata per spiegare perché ha le parti che ha, incluse alcune che sono a servizio di altre, così anche la natura del mondo, inclusa la complessa struttura tìnalisticamcmc oricmam del regno sublunare con l'uo2.09

CREAZIONISMO

mo al suo apice. può essere invocata per spiegare perché contiene le specie, i sisremi meteorologici e altre bellezze che possiede. Ciò non contrasta in alcun modo con sforz.i di genere del tutto differente, quelli dello SIC:SSO maiale. per portare a compimento e perpetuare la propria forma piurtosro che sacrificare tali aspirazioni alla tavola apparecchiata dell'uomo. Qui. ancora una volta, la teleologia di Aristotele può essere compresa al meglio adortando una duplice prospettiva, combinando i livelli di spi~one locale e globale.

6. li platonismo di Aristotele Possiamo adesso ritornare alla questione di come la teleologia di Aristotele si sviluppò a partire dal suo background ma anche di come lo innovò. La sua gerarchia naturale dominata dall'uomo è un lascito diretto di Socme e Platone. Nell'attribuire tutta l'importanza alla realizzazione delle funne di vira organiche piuttosto che alla purificazione di anime separabili, egli è più vicino alla componente socratica piuttosto che platonica del lascito n. Dall'altro lato, nelle sue dettagliate ricerche scientifiche delle pani degli animali funzionalmente finalizzate all'intero, sta sviluppando l'approccio teleologico alla biologia che apprese da Platone 7 4. La sua importantissima innovazione nei riguardi di quel lascito risiede nella sua decisione, teologicamente motivata, di isolare dio da ogni esigenza di intervenire in natura, sia come creatore che come ammioiSiratore. Il risultato è che, mentre il mondo di Aristotele conserva rutti i valori positivi - funzionali e di altro tipo - che Platone aveva collcgaro alla divina abilità artigianale, questi sono ora spiegati, per un verso, eliminando il divino artigiano come causa motrice, per un al ero, rappraentando la natura in modo così fortemente isomorfico con l'arte ndla sua strutrura da essere in grado di produrre i suoi risultaci anche in awnza dcl controllo di un'intelligenza. Molta dell'illuminante brillantezza della biologia di Aristotele deriva da questa iniziale decisione parsimoniosa. E perfino questa decisione di isolare le attività di dio fu, come ho cercato di mostrare, la sua elaborazione di un programma essenzialmente platoniai. Arisrotde non i: un creazionista. Nondimeno il suo contributo, eccezionalmente fecondo, alla filosofia della biologia deve la sua prima ispirazione alla teoria creazionista che egli studiò nella scuola di Platone.

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7

Gli Stoici

1.

Lo Stoicismo

L'Argument from Design è diventato il membro più noto di una famiglia di argomenti che mirano a dimostrare l'esistenza di un dio creatore. Malgrado abbia coperto a quesro punto più di un secolo e mezzo di dibattito sulla creazione, da Anassagora a Epicuro, stranamente abbiamo incontrato solo un argomento che porrebbe meritare questo appellativo. Avendo eliminaro il presocratico minore Diogene di Apollonia come aurore di una sua versione, ci è rimasto Socrate che nei Memorabili di Senofonte (I 4) sostiene che gli esseri viventi sono artefatti di gran lunga superiori alle figure inanimate create dagli anisci figurativi. Dopo questo solitario passo, nel periodo dominato da Platone e Aristotele' non riappare alcuna versione dell'Argument from Design e dobbiamo attendere l'avvento dello Sroicismo, all'inizio del terzo secolo a.C., prima di assistere alla sua ricomparsa. Pressappoco lo stesso si applica più generalmente alle argomentazioni sulla creazione intelligente e sul governo del mondo. I soli altri argomenti formali o semi-formali su questa posizione nel quinto e quano secolo si ritrovano nel libro x delle Leggi di Plarone (circa 350 a.C.), dove l'ateismo viene combattuto per mezzo della dimostrazione che l'anima, tanto a livello cosmico quanto a quello locale, è, in termini causali, precedente rispetto al corpo. Non è mia intenzione minimizzare l'imponanza di questo testo classico ma mi sembra ricoprire un ruolo molto poco evidente o diretto nel pensiero stoico 2. Benché praticamente ogni parte della filosofia stoica abbia un'attinenza con il tema di quesro libro, il presence capitolo si concentrerà su ciò che reputo il contributo significativamente più decisivo dello Stoicismo al dibattico sul creazionismo, ossia il suo impegno sistematico nell'argomento formale 1, di cui la sua versione dell'Ai;gummt from Design è solo una manifestazione. 211

CREAZIONISMO

Lo Stoicismo comparve intorno al 300 a.C., nel periodo immediacamente succfSSiYo all'arrivo sulla scena dell'Epicureismo. È staro in molti modi meglio inteso come una versione aggiornata della filosofia socraàct e i primi Stoici acceccavano infatti di buon grado di essere conosciuti con il nome di "Socratici" 4 • Se lo Stoicismo è indebitato tanto con Pluone quanto con Socrate, è perché gli Stoici erano del parere che i dialoghi di Platone avessero sviluppato alcune idee di Socrate nella direzione che Socrate stesso si era proposto o approvava. Nel cap. 4, infacà. ho provato a mostrare come lo sviluppo da parte di Placo ne di una fisica celeologica venisse reso noto da lui non come un tradimenco del suo maestro ma, al concrario, come un programma essenzialmenre socratico che Socrate stesso aveva richiesto. Il fondatore dello Stoicismo, Zenone di Cizio, sembra aver accettato questa convalida, repucando socraàco (almeno nello spirito) il Timeo, cosicché egli e i suoi successori stoici indusero nella loro fisica gran parte delle idee di Timeo. Zenone infatti aveva studiato da giovane per molti anni nell'Accademia, la scuola originariamente fondata da Platone, e vi è la prova forte che il Timeo e la sua interpretazione fossero all'ordine del giorno nel programma della scuola 1• li paradosso dello Stoicismo è che, per un verso, è una filosofia consapevolmente non originale, consacrata a recuperare, chiarificare e sviluppare i suoi antecedenti classici, eppure, per altro verso, l'esito è un approccio escremamence originale alle questioni filosofiche, approccio che per molti secoli fu in grado di eguagliare e talvolta di eclissare l'opera di Platone e Aristotele. Comprendere il senso di questa trasformazione. applicata alle questioni concernenti il creazionismo, sarà il mio compito primario in questo capitolo. Di cerro, l'Argument from Design nelle sue varie formulazioni figura in modo cospicuo nella teologia stoica, in una forma basata non più su statue e simili (come nella versione originaria di Socrate) ma sui brillanti risultaci dell'ingegneria del mondo ellenistico. Un esempio notevole, un argomenco scoico che si rifà alla costruzione dei congegni che imitano il moco dci corpi celesti da parre di Archimede e al cri 6 , è il primo antcudeme antico del noto paragone del mondo a un orologio elaborato da William Palc:y, per cui non si potrebbe non ammettere che vi sia stato un orologiaio 7 • Dove il Socrate di Senofonte aveva paragonato la realiu.azionc da parre dell'artista di una scacua o di un dipinco in modo sfavorevole con la fabhric:azionc da parre di dio di un essere umano reale, gli Stoici sono in grado di fare: un confronto corrispondencc a livello 212

7

GLI STOICI

del mondo nel suo complesso. Il meccanismo astronomico di Archimede era una copia in miniatura delle rotazioni celesri del mondo. Si supponga, si domandano dunque gli Sroici, che ad alcuni barbari assai remoti (i Britanni, per esempio) venisse mostrato uno di questi sofisricari meccanismi che replicano precisamente i movimenti del sole, della luna e dei pianeti: dubiterebbero per un momento che ciò fu l'opera di un'intelligenza? Eppure che cosa è il mondo, con i suoi movimenti celesti, se non una versione, di gran lunga superiore e più complessa, di quella stessa macchina? 8 Il richiamo degli Stoici ai meccanismi astronomici dell'epoca rende la loro versione deli'Argument fron Design anche più potente dell'orologio di Paley. In un'epoca di astronomia geocentrica come la loro, la somiglianza strutturale dei più avanzati congegni imitami i moti celesti con il globo celeste come lo vediamo intorno a noi era molto più grande e più diretta che nell'epoca eliocentrica di Paley. Mi rivolgerò successivamente agli alrri argomenti stoici ma prima mi dedicherò un poco alla cosmologia stoica e alle sue origini. Un problema si poneva inevirabilmeme a tutti i bendisposti !errori del Timeo: come rispondere alla resi di questo dialogo per cui il mondo ebbe un inizio ma non avrà una fine. Questa sorprendente asimmetria scosse i critici come Aristotele e gli Epicurei 9 e molti Platonici la risolsero (cfr. supra, cap. 4, par. 3) dicendo che in realtà Platone pensava che il mondo non avesse inizio e aveva descritto la sua creazione semplicemente per delucidare la sua eterna struttura provvidenziale. Questo modo di ristabilire la simmetria mette fuori causa ogni arto storico di creazione ed esige una corrispondente deletteralizzazione del richiamo esplicativo alla divina abilità artigianale. Arisrorele, come abbiamo visto nel cap. 6, andò fino in fondo quando, sviluppando la sua alternativa e negando che il mondo avesse avuro un inizio, rimosse completamente il disegno divino da esso. Gli Stoici rispondono nel modo opposto. Sono così vincolari al potere esplicativo della divina abilità artigianale che preferiscono risolvere l'asimmetria nel modo contrario, dando al mondo un inizio e una fine. Fortunatamente, comunque, ogni fase cosmica finita è ai loro occhi un'unità completa e perfetta, a cui succede un altro e ancora un altro mondo in un ciclo senza fine '". Inoltre, per via della loro dedizione all'idea che il nostro mondo sia il migliore possibile, essi non vedono alcuna ragione per cui ogni mondo passato o futuro nel ciclo dovrebbe essere differente da esso sorra ogni rispetto. Di qui ebbe origine la loro 213

CREAZIONISMO

domina ddl'ctema ricorrenza - una sequenza senza fine di mondi idenàà. Abbastanza curiosamente, siamo tornati indietro a una tesi che abbiamo inconuaco per la prima volta con i primi Atomisti (cap. 5, parr. 1 e~). la tesi di mondi interamente identici con identici abitanti e con storie identiche. È un risultato paradossale del dibattito fra i creazionisti e i loro critià il fatto che ambedue le parti avrebbero tratto beneficio nel posrulare identici mondi gemelli. Ma, riflettendoci, effettivamente non do~-rebbe essere una sorpresa. Entrambi gli schieramenti devono spiegare perché il mondo è come è. La migliore spiegazione possibile di uno stato di cose è un insieme di condizioni saldamente sufficienti a determinarlo. Ma una volta che queste condizioni sufficienti siano stare stabilire - sia che esse prendano la forma della divina benevolenza che quella della distribuzione causale su una scala infinita - diviene inspiegabile sub specie aeternitatis che queste condizioni producano il loro risuh:ato una volta e solamente una volta. Gli Stoici sono stati costretti ad ammercere che un mondo non occupa rutto il tempo disponibile; e i primi Atomisti, da parte loro, negano che un mondo impieghi rutto il tempo, lo spazio o la maceria disponibili. È del cucco naturale che essi debbano postulare la ricorrenza, ad adeguati intervalli di tempo o spazio, di mondi identici al nostro 11 • Fra gli antenati della fisica stoica, quello maggiormente significativo è il Timeo di Platone 12 • In alcuni casi il materiale del Timeo è sraco semplificaco, in altri sviluppato e ampliato. Vari caratteri non socratici della cosmologia di Platone sono stati eliminaci. Per esempio, il carattere più pitagorico del Timeo, il suo richiamo alla struttura matematica come base del disegno razionale fino ai solidi geometrici usati per strutturare i quattro corpi elementari, viene omesso. Così come vengono omesse le Forme platoniche, citate da Timeo come modello sul quale il Demiurgo basò il suo atto di creazione. Ancora, lo stesso vale per la divisione dell'anima di Placane nelle pani razionale e irrazionale, con l'anima razionale considerata immonale, destinata a sopravvivere alla sua attuale incarnazione e a trasmigrare in altri corpi umani e animali. In rutti questi aspetti, la visione del mondo di Timeo viene resa più scarna e per molti versi più socratica. Nondimeno, la teleologia radicale sviluppata da Platone nel Timeo rimane intatta, per via del mantenimento dell'idea centrale per cui il mondo è di per !ié un essere vivente divino, governato per mezzo di una divinitii immanente. Questa divinità, in Platone l'anima 214

7

GLI STOICI

del mondo, viene definita dagli Stoici semplicemente "dio" o logos ("ragione"). Un caso di tale platonizzazione risiede nella teoria causale di Zenone. Il Timeo, malgrado sia il grande manifesto della teleologia, non anticipa Aristotele nel separare gli scopi o fini come una classe a sé di cause ' 3 - le cosiddette cause "finali" di Aristotele. Collega, invece, la preminenza causale a una specifica sottoserie che Aristotele chiamerebbe delle cause motrici o efficienti (un termine più o meno corrispondence alla nostra moderna e non tecnica nozione di "causa"), ossia quelle fra queste che sono dirette a un fine e intelligenti. Esse includono non solo lo stesso Demiurgo, ma anche i suoi agenti inferiori, in particolare I' anima del mondo. Accanto a queste, Timeo ammette solo un altro tipo di c.ausa, le "cause ausiliarie" (synaitia, 46q-e2), che egli identifica praticamente con la materia implicata in ogni processo causale. La maggior parte se non tutti i cambiamenti nel cosmo consistono in cause intelligenti che operano sulla maceria la quale, per parre sua, è "persuasa" da loro a eseguire i loro ordini (supra, cap. 4, par. 5). Questo duplice schema causale è il fondamento su cui opera anche lo Stoicismo, con due modificazioni. In prima istanza, in linea con molti interpreti del Timeo, gli Stoici considerano il Demiurgo come un'entità che, in ultima analisi, non si aggiunge all'anima del mondo, cosicché ai loro occhi la causa intelligente non è nient'altro che una divinità immanente al mondo. In secondo luogo, quando si giunge alle "cause ausiliarie" di Timeo, ossia la materia coinvolta nel processo causale, essi ritornano fedelmente alla posizione di Socrate, dichiarata enfaticamente nel Pedone (99b2-6), per cui la materia non è in realtà assolutamente una causa ma una condizione necessaria del!' opera dell'intelligenza. In questo modo la struttura causale alla base del mondo stoico risiede in un materiale, interamente passivo e causalmente inerte, chiamato "materia", permeato da una causa singola, immanente, attiva e intelligente, chiamata "dio", corrispondenti rispettivamente al sostrato materiale e all'anima del mondo descritti nel Timeo ' 4 . La teoria causale teleologica di Platone viene ridotta dagli Stoici all'azione di dio sulla materia. Nel caso di Platone, la grande maggioranza degli interpreti ha supposco che la materia sia una forza parzialmente ostruttiva che limita il potere di dio di rendere il mondo idealmente buono. Nel cap. + par. 5 ho sostenuto che di fatto questa è una lettura scorrerta. Ora posso aggiungere l'indiretto sostegno degli Stoici. Essi, in ogni caso, non considerarono affatto il tipo di maceria, loro trasmessa nella tradizione dcl 115

CR.E.U:IONISMO

Tmw, un omcolo al conuollo divino. Nelle noscre fonri sullo Scoicismo, molro copiose, la maceria prima risulca siscemacicarnence puramen~ passiva. priva di cararreri e duttile •s e le origini del male sono colloca~ akrovt: 16.

l.

l1na fincscra sulla reologia scoic.a

ll modo in cui la cosmologia scoic.a venne alla luce in pane come riRessione su quesca associazione di influenze socraciche e placoniche è reso \mdamence chiaro da un passo dello scettico del secondo secolo d.C. Sesto Empirico (MIX 88-110), che divencerà ora l'oggerro della mia esposizione ' 7 • Sesco, o molco probabilmence la sua fonce, a volce discorc.e leggermente il maceriale, come vedremo, ed è lo scesso materiale ciò di cui in definitiva bisogna far cesoro. Il passo presenta, largamence incano, sembrerebbe, un incero corpus di argomenti teologici dei primi Scoici sulla provvidenza divina 18• E dà il posco d'onore alla medicazione scoica sul TiTTll!o e sul capi colo 1 4 dei Memorabili di Senofonte, quesc' ulcimo il capicolo che a mio avviso include l'unica occorrenza dell'A7X11mmt from Design prima della comparsa dello Scoicismo. Che qui la fonte di Sesco sia scoica, se non è dimoscrabile, sembra del curro credibile, specialrnence alla luc.e del paragrafo 102, dove la spiegazione di un argomenco proposto da Zenone inizia: ·E la persuasività di quesco argomenco è ovvi.a. Infatti... •. A parlare sembra essere la fonte, non Sesto, e la spiegazione che segue fa libero uso di tecnicismi scoici ' 9 • Il passo ricorre in una dossografia molco più lunga di domine teisciche - prevalencemence stoiche - e di argomenti a partire dai quali lo scenico Sesto in MIX 60-137 scaglia la sua critica della domina teologica e all'incemo di quella dossografia il passo risulta essere una parte di una consistente se"Lione (75-122) che c.acaloga gli argomenti sull'esistenza di dio basaci sulla prova dell'ordine cosmico. Si distingue dal contesto in cui si trova nel presencare tutte le caraneristiche del primo Scoicismo, rifcrmdmi per nome solo agli Stoici Zenone e Cleante e al loro cririw contemporaneo Alcssino, più Senofonce e Platone come precursori pre-dlmisrici ddla loro reologia. Al contrario, il passo che precede, 75-87, è una simoi ddl'argomentaz.ione stoica non legata a nomi individuali; e il passo che segue, 111-118, è parimenti una sintesi, attribuita questa volta agli •Sroici t ai loro simpatizzanti•, che si concentra, mi 216

7

GLI STOICI

sembra, sulle fonti del movimento in un modo ideato per permettere wito ai Peripatetici quanto agli Stoici di essere inclusi all'interno dd suo ambito. Inserito &a queste due sezioni molto diverse, il nostro passo si distingue, avendo un'origine separata e una sua propria logica in-

rema. La struttura complessiva del passo è la seguente: À. CLEANTE

88-91. Argomento di Cleance, basato sul conccno di una "narura migliore". 8.

SENOFONTE, MEMORABILI I

4

E I SUOI DER.IVATI STOICI

92-94- L'argomento di Socrate in Senofonte, Memorabili 1 4' incluso

come parte del suo Argomento dell'Intelligenza cosmica. 95. Parafrasi dell'Argomento dell'Intelligenza cosmica. 96. Parodia (paraboli) anonima dell'Argomento dell'Intelligenza cosmJca. 97. Difesa anonima - presumibilmente stoica - dell'Argomento ddl'In1elligenza cosmica contro la parodia. 98. Riformulazione dell'Argomento dell'Intelligenza cosmica. 99-100. Un argomento presentato come equivalente all'Argomento dell'Intelligenza cosmica, malgrado di fatto incorpori altri dementi dcli'originario argomento senofonteo. 101. La versione preferita da Zenone, o una da essa derivata, dell'Argomento dell'Intelligenza cosmica. 102-103. La spiegazione e la difesa da parte della fonte della versione ze.. noniana. C.

PLATONE, TIMEO 3081-CI E IL SUO DERIVATO STOICO

10+ L'Argomento zenoniano della Razionalità. 105-107. L'argomento di Platone, Timeo 3ob1-o, presentato come equivalente all'Argomento zenoniano della Razionalità. 108. La parodia (parabo/i) di Alessino dcli'Argomento zenoniano della Razionalità. 109-110. Una difesa stoica dell'Argomento zcnoniano ddla Razionaliià contro Alessino. 217

CREAZIONISMO

Il mio proposiro è quello di concentrarmi sulle parti B e C, che penso espongano l'incorporazione da parte del primo Stoicismo di maceriale senofumeo e platonico, e sulle sfide dialettiche affrontate nel processo di mimilazione e di trasformazione di quel materiale.

3. Appropriarsi di Socrate Inizierò con il capitolo di Senofonte. La fonte di Sesto, che considererò essere o stoica o simpatizzante con gli Stoici, cita il passo non come argomento di Socrate ma come argomento messo sulla bocca di Socrate da ·Senofonte il Socratico». Se, come sembra probabile, ciò riflerre il modo degli Stoici di riferirsi all'argomento, si può ritenere che essi evitino l'errore storico di assumere Senofonte come colui che trascrive di prima mano i discorsi del maestro •0 , ma, sottolineando il fatto che Senofonte scrive come un «Socratico», essi, nondimeno, in quanto sedicenti Socratici, stanno rivendicando come proprio un lascito socratico. L'implicazione è simile a quella riferita dal portavoce stoico di Cicerone nd Sulla T/lltura degli dei 11 18, che, quando riporta lo stesso passo, lo attribuisce a «Socrate in Senofonte» (apud Xenophontem Socrates). La fonte apre la sezione B con quella che afferma essere una citazione lercerale del!' argomento di Socrate in Senofonte. In realtà, si può credere che sia srara scritta a memoria, senza la diretta trascrizione da una copia di Senofonte. Il passo di Senofonte, chiaramente, è sufficientemente noto all'autore da metterlo in grado di riprodurre la sua fraseologia in molti punti, solamente con leggere variazioni. Comunque, l'argomento contenuto nel passo è stato radicalmente rimodellato, molto più di quanto gli echi linguistici conclusivi potrebbero sulle prime suggerire. La trasformazione ha tutti i caratteri di un richiamo a un testo autorevole. Anche se vedremo gli Stoici affrontare qui notevoli difficoltà nd trarre dal passo un argomento lucido, chiaramente esso ha uno status sufficientemente canonico per loro da richiedere la sua reinterpretazione in una forma che, per un verso, rispetti e preservi la formulazione più rilevante ma, per un altro, fornisca un argomento che possa essere usato credibilmente a difesa della reologia stoica. Lo speciale status canonico del resto viene ulteriormente confermato dal passo di Cicerone sopra menzionato, dove viene nuovamente privilegiato, venendo citato letteralmente (in traduzione la1ina). 218

7

GLI STOICI

Ho già riferito l'argomento di Socrate al cap. 3, par. 1. In una prima fase (Mem. 1 4.1-6), l'interlocutore Aristodemo ammette di non ammirare nessuno più dei grandi artisti della rappresentazione, quali poeti, pittori e scultori; Socrate lo fa concordare sul fatto che qualunque cosa possa produrre esseri viventi reali è grandemente superiore a questi misti, purché (come lo stesso Aristodemo rimarca) li stia producendo secondo un disegno e non per mero caso. Socrate poi si fa lirico sulla splendida e benefica struttura dell'uomo per persuadere Aristodemo che, di tutti i prodotti, questo è quello che deve di meno al mero caso, in quanto manifesta tutti i caratteri del disegno razionale. A questo punto essi concordano sul fatto che lanatomia umana indichi lesistenza di un creatore benevolo. È questa la prima fase che costituisce ciò che ho chiamato il più antico esemplare, o comunque l'antecedente, dell'Aixument from Design. Ma c'è di più. Il passaggio alla seconda fase inizia a 1 4.7. Aristodemo, pur manifestando un parziale accordo, pone l'accento sul fatto che ogni dono divino che Socrate ha decantato lo condividiamo con l'intero regno animale e, quindi, per conseguenza, non si tratta, dopo tutto, di un segno della speciale relazione di dio con l'uomo in particolare. Ciò dà luogo a una seconda fase dell'argomento di Socrate (1 4.8-14), la cui struttura è purtroppo tutt'altro che chiara. Socrate risponde indicando i molti modi in cui l'uomo è privilegiato senza paragoni. Ma inizialmente lo fa indirettamente, asserendo che proprio come la terra, l'acqua ecc. che costituiscono i nostri corpi provengono dai grandi depositi cosmici di queste materie, sicuramente lo stesso deve essere vero della nostra intelligenza: anch'essa deve provenire dall'intelligenza cosmica, la cui esistenza, in ogni caso, deve essere postulata come elemento ordinatore che governa la terra, il mare e gli altri ammassi cosmici. Un esito secondario di questo argomento è la conclusione che il mondo è di per sé un essere intelligente. Ma nel contesto, il senso principale del discorso di Socrate, benché, se è cosi, sia tutt'altro che chiaro, deve essere probabilmente che l'intelligenza è ancora un altro dono che ci proviene dall'alto, per cosi dire, per cui questa volta il beneficiario è solo l'uomo e non l'intero regno animale. A ogni modo, dopo pochi scambi con Aristodemo, questo è il tema che Socrate continua a sviluppare, ancora in risposta all'implicita negazione di Aristodemo del fatto che l'uomo sia privilegiato in modo speciale: al contrario, prosegue la replica di Socrate, l'uomo è stato privilegiato in modo unico con la postura eretta, con le 219

CREAZIONISMO

mani. con il linguaggio, con il sesso non stagionale, con la sensibilicà religiosa e con le abilità tecniche. Con tutta probabilità, questa intera fase ddl'~memo è stata ideata per fondare la teleologia anrropocennica che Aristodemo tentava di negare. Ma si deve riconoscere che la collocazione dell'Argomento dell'Intelligenza cosmica nel complesso è run'altro che trasparente, lasciando non poco spazio a differenti inrerprecazioni. Che ne è di questo argomento tanto complesso nella fonte stoica riprodotta da Sesto? La prima fase viene ridotta, come si vede dalla seguente giustapposizione: SENOFONTE, MEM. I +2-7

"Dimmi, Aristodemo", disse Socrate, "vi sono persone che tu ammiri per la loro abilità?"

·Sì", disse. "Dicci i loro nomi", disse Socrate. "Beh, per la poesia epica ammiro più di curti Omero, per il dirirambo Melanippide, per la uagedia Sofocle, per la sculcura Policlero, per la pirtura Zeusi ". "Consideri più degni di ammirazione quelli che fanno immagini prive di mente e di movimenro o quelli che fanno esseri vivenri con menre e arcivirà?" "Molro di più quelli che fanno esseri vivenri, assumendo che questi vengano all'esiscenza non per una sorra di caso ma per mezzo dell'azione di un qualche di-

segno". "Confronta le cose rispecro alle quali non vi è segno di ciò in vista di cui esisrono e le cose che evidencemence sono finalizz.ace a uno scopo benefico. Quali giudichi essac i prodocri dcl caso e quali dcl disegno?" ·Ha SCl150 che le cose che sono finalizzare a una funzione benefica siano i prodocri dd disegno". "Dunque, pensi che fu in vista di una funzione benefica che colui che originariamcnu: "2 facto gli esseri umani li fornl di ogni mezzo percctcivo: gli occhi per vedere le C0C visibili, le orecchie per scnrire le cose udibili? Se a noi non fossero scaci fornici i nasi. a cosa ci servirebbero gli odori? Quale percezione avremmo del dolce, del piccanu: e di rucce le qualicà gradevoli che enrrano amaverso la bocca, se non fOS!e nata CDftruita in noi una lingua come loro arbitro? Inoi ere, non pensi che anche ciò sembra c:uerc opera della provvidenza? !mendo dire, per via della vulnerabilic.à dell'occhio, l'avergli daco la protezione delle palpebre che, quando dobbiamo usarlo, si aprono ma 'i chiudono durame il sonno; è perché i venri non li danneg220

7

GLI STOICI

gino, che vi sono le ciglia come un filrro; è pen:hé il sudore che scende dal nosuo

capo non

provochi alcun danno all'occhio, che la pane superiore degli occhi è ri-

copena dalle sopracciglia. E il modo in cui il nomo udiro riceve meri i suoni senza

mai esserne riempiro. E il modo in cui i denci anteriori di rutti gli animali sono adarri a cagliare, i loro molari a prendere quanto questi hanno ragliaro e a tritarlo. Eil modo in cui la bocca, per mezzo della quale gli animali ingeriscono gli oggetti dei loro apperiti, è stara collocara vicino agli occhi e al naso, laddove, poiché gli escrementi sono sgradevoli, essi hanno deviato i canali per ciò e li hanno pasci il più lontano possibile dagli organi di senso. Nel momenro in cui queste cose sono state futte in modo provvidenziale, sei in dubbio se siano prodotti del caso o del disegno?" "Certamence no", disse, "ma quando li considero in qud modo, sembrano essere l'invenzione di qualche saggio artigiano che ama gli animali".

"E l'aver reso innata una passione per la maternità e l'aver reso innata nelle madri anche una passione per il nutrimento della loro prole e nei loro larranà un enorme desiderio per la vita e un enorme timore per la morte?" "Certamente anche queste cose sembrano le invenzioni di qualcuno che progenò che vi fossero animali" 11 • SESTO EMPIRICO, MIX

92-94

"Dimmi Aristodemo, vi sono persone che ru ammiri per la loro abilità?" "Sì", disse. "Chi sono, dunque?" "Per la poesia ammiro Omero, per la scultura Policleto, riguardo alla pittura, Zeusi". "Dunque, non è a causa dell'eccezionale abilirà artigianale dei loro prodotti che tu li approvi?" "SI", disse. "Allora, se una sracua di Policleto diventasse anche animata, non approveresti molto di più il suo esperto artigiano?" "Moira di più". "Non hai noraro, nel vedere una statua, che è l'opera di un qualche artigiano? E quando vedi un uomo, con il suo bel movimento dell'anima e la sua bella struttura del corpo, non pensi che è stato fatto da una qualche intelligenza superiore? Anche quando vedi la collocazione e l'utilità delle parti dell'uomo - il fatto che ha reso l'uomo eretto e gli ha dato gli occhi in modo da vedere ciò che è visibile, l'udito in modo da udire ciò che è udibile? E a cosa ci sarebbe servito l'odore se non ci a~ 221

CREAZIONISMO

fumiro di ILISÌ. parimenti i sapori, se la lingua, loro arbitro, non fosse stata cosrruira in noi?" "

A parte una considerevole dose di condensazione, questo testo differisce da quello originario in due punti. Il primo è sintomatico dell'adattamento sroicizzante. In Senofonte, Socrate elogia l'utilità pratica del senso del gusto meno del suo valore per noi come una fonre di piacere; nella versione modificata, quell'apparente legame del valore positivo al piacere è stato espunto e nessuno degli altri riferimenti al piacere nel testo originario di Senofonte è stato mantenuto. Tali omissioni riflectono indubbiamente l'inclinazione fortemente antiedonisca dell'erica stoica. Qui sembra probabile che almeno un ramo dello Stoicismo abbia favorito il ritratto dato da Platone nel Gorgia e nel Pedone di un Socrate antiedonista, al di là di quanto si ritrova nelle pagine di Senofonte 13 • La seconda differenza è che l'analogia fra le arti figurative e l'abilità artigianale divina è stata ridotta al solo caso dello scultore: gli esseri umani sono in effetti statue viventi che richiedono un'abilità artigianale di gran lunga più magistrale rispetto a quanto la scultura in pietra o in bronw potrebbe manifestare. Per mantenere questa analogia con la scultura, la fonte ha omesso gli elementi del!' argomenro di Socrate che non si accordano con essa, come il suo richiamo agli istinti innati come prova della benevolenza divina: questi, abbastanza owiamente, non trovano una corrispondenza diretta nella statua, laddove gli occhi, le orecchie e gli altri caratteri messi in rilievo, in un modo o nell'altro possono essere rappresentati dallo scultore. Certamente, la nostra fonte si è così appassionata all'analogia con la scultura che ha incluso la postura eretta dell'uomo fra i caratteri elencati, malgrado il fatto che, nell'argomento di Socrate, la postura erecca venisse utilizzata per la seconda fase dell' argomento, dove la superiorità dell'uomo sugli altri animali diventerà il nodo cruciale. Un'ulteriore differenza sorge all'inizio della fase 2 dell'argomento di Senofome. La fume stoica o stoicizzante di Sesto manifesta una comprensibile diffìcolu nel capire in che modo si colleghi alla fase 1. La fonte si attiene streuamence al testo di Senofonte, ma come risultato non è in grado di esibire una reale continuità all'interno dell'argomento. L'Argomento dell'Intelligenza cosmica, dalla fase 2 dell'argomento di Sacral2:Z.

GLI STOICI

re, diventa invece un argomento, praticamente autonomo, per cui il mondo è un essere intelligente. Lo colloco qui accanto alla versione di Senofonte: SENOFONTE, MEM. I

4.8

Pensi che non vi sia nulla di assennato altrove? E ciò malgrado tu sappia che vi è moira terra, di cui possiedi solamente una piccola porzione nel tuo corpo, e molta umidità, di cui possiedi solo una piccola parte, e che anche ciascuna delle ahre cose è enorme, laddove il tuo corpo è stato messo insieme, acquisendone una porzione molto piccola? Eppure, a quanto ne risulta, tu pensi che la sola intelligenza non esiste in nessun luogo e che te ne sei impadronito per un qualche colpo di fortuna? E che è dovuto a una qualche realtà priva di intelligenza il fatto che quesri vasti ammassi dalla quantità illimitata siano ben ordinati? ,_.

SESTO EMPIRICO, M IX

94

E ciò malgrado cu sappia che vi è molta terra, di cui ru hai solo una piccola porzione nel tuo corpo, molta umidità di cui possiedi solo una piccola parre, e parimenti il fuoco e l'aria. Eppure, a quanto ne risulta, cu pensi che la sola intelligenza non esiste in nessun luogo e che te ne sei impadronito per un qualche colpo di fonuna? »

Avendo, quindi, riportato il testo di Senofonte, il nostro autore procede (95) osservando immediatamente che questo è un argomento per mostrare che, proprio come le porzioni di ciascuno dei quattro elementi in noi, che sono frammenti molto piccoli degli ammassi cosmici di questi elementi, così anche la tua intelligenza può essere considerata un frammento molto piccolo di un ammasso cosmico di intelligenza; nel qual caso, ne segue che il mondo ha un'intelligenza ed è esso stesso dio. Malgrado non sia precisa parola per parola e nonostante ometta la prima e l'ultima proposizione e alcuni elementi della fraseologia, la presunta citazione direrta della fonte stoicizzante dipende da uno stretto richiamo al testo di Senofonte e questo, ancora una volta, possiamo considerarlo un segno del fatto che il passo di Senofunte possedesse nella scuola stoica uno status canonico. Quanco al contenuto sostanziale, la versione della fonte differisce solamente in un 223

CREAZIONISMO

aspeno signific.uivo. In Senofonte, Socrate inizia dagli esempi della rem e dell'umidità, due rradizionali componenti del corpo umano (dr. Esiodo, supra, p. 69), ciascuno dei quali non è alrro che un minuscolo frammenco della riserva degli stessi materiali del mondo. f{!li poi generalizza il punto con «anche le alrre cose», senza specificare che cosa siano. Nel riprendere e nello sfruttare il suo argomento, Platone (Fikbo 29a9-3od9) e gli Sroici le identificano naturalmente con i due elementi rimanenti dei quattro, ossia l'aria e il fuoco. Sia che questo completamento fosse già nella mente di Senofonte, sia che non lo fosse, il suo non continuare lelenco rappresenterà il suo desiderio di mancenere Socrate lontano quanto più ragionevolmence possibile da una teoria fisica, non compromettendolo con la popolare ma non poco concroversa teoria dei quattro elementi. Anche la sua scelta del termine "umidità" (iiyQòv) piuttosto che "acqua" può essere motivata da questa considerazione. Quando gli eredi filosofici di Socrate complerano l'elenco componendo il tradizionale quartetto, essi, in ogni caso, stanno esprimendo anche la loro fedeltà a quella teoria. Ciò che diviene chiaro, nella continuazione della nostra esposizione stoicizunte, è che questa volta l'argomento è stato completamente fatto proprio e sfruttato dagli Stoici come parte del loro arsenale. Vi troviamo infatti un dibattito che possiede tutti i caratteri degli altri in cui sappiamo che gli Stoici erano impegnati con i loro critici contemporanei 26 • Talvolta questi dibattiti coinvolgevano un critico particolarmente persistente della prima scuola stoica chiamato Alessino, un membro o della scuola megarica o di una delle sue propaggini. E malgrado il suo nome non compaia in questa panicolare sezione del resoconto (come invece successivamente, a 108-110), è più che probabile che egli sia implicato. Lo schema tipico è che un argomento teleologico sroico viene parodiato dal critico che ritiene che se il loro argomento prova qualcosa, prova troppo. Questa forma di critica era nota come parabole e la sfida che presentava ebbe chiaramente un ruolo chiave in termini formativi nello sviluppo e nella perfetta sintonizzazione dell'argomento teleologico stoico. Successivamente alla parabole, gli Stoici replicano tipicamente o riformulando il loro argomenco per renderlo immune alla parodia, oppure wstenendo che l'argomento parodico non è calzante. Ecco come Sesto, o la sua fonte, espone l'argomento e la sua para-

boli: 224

7

GLI STOICI

P~RAPRASI DELL'ARGOMENTO SOCRA-

PARODIA

(96)

TICO (9~)

Vi è molta terra nel mondo, di cui tu possiedi solo una piccola ponione.

Vi è molta terra nel mondo, di cui ru possiedi solo una piccola porzione.

Evi è molta umidità nel mondo, di cui cu possiedi solo una piccola ponione.

E vi è molta umidità nel mondo, di cui tu possiedi solo una piccola porzione.

(98) ' 7 • Opportunamente inteso 3", ciò assicura il risultato desiderato con un minimo di sforzo (o, in maniera meno caritatevole, un massimo di evasività) quanto al come il deposito cosmico garantisca esattamente quello personale. È in questa misura l'interpretazione più forte e più elastica dell'argomento socratico ma allo stesso tempo la meno illuminante sulla relazione dell'uomo con il cosmo. Senza dubbio per quest'ultima ragione, l'elastica ma evasiva versione dell'argomento si rivelò priva di attrattiva per un pensatore schietto come il fondatore dello Stoicismo Zenone w. La sua versione dell'argomento 4", riferita dalla stessa fonte, postulava una relazione causale molto specifica fra il macrocosmo e il microcosmo, una relazione esplicitamente biologica. Possiamo presumere che Zenone fosse insoddisfatto 117

CREAZIONISMO

ddl'imprcssione che l'intelligenza cosmica sia, come la terra o l'acqua cosmiche, semplicemente un serbatoio di alcuni elementi costituenti delr~ umano. Nella tradizione del Timeo a cui appartiene lo Stoicismo. inf.1.tti. l'incelligenza differisce dalle quattro materie elementari precisamente ndl'cssere la causa aniva, motrice del mondo e in quella misura è completamente differente da un mero e passivo elemento costituente del corpo umano 4 '. Oneniamo quindi la seguence versione ddl'Algomento dell'Intelligem:a cosmica (101): Zenone di Cizio, prendendo inizio da Senofonte, propone questo argomento: ·Ciò che c:mctte il seme: del razionale è esso stesso razionale. Ma il mondo emette il seme di ciò che è razionale. Di conseguenza il mondo è razionale. Ciò porca all'ulteriore conclusione che dio •2 esiste" _ È forse in questa luce che, almeno in parte, è possibile leg~ pc:rtìno la scrraca critica socratica del Fedone alla posizione anassagorea.. Qui Socrace/Platone accusa Anassagora di aver confuso la causa, il - . ron ciò su cui la causa agisce, la materia (cfr. supra, pp. 99 ss.); conrro la ·confusione anassagorea", nell'ottica di Sedley, si erge la figura di Soaare che, rispetto alla tradizione, ha enfatizzato non l'attività cosmogonica o aggregacrice ma il valore etico dell'intelligenza divina e, di conscguenu. l'"anenzione filosofica" per quel bene morale così icasticamente criscallizzaco dal drvocavit 3l ciceroniano: da tale prospertiva - plausibile. perché pienamente controllabile e riscontrabile nei cesti - è ooro che la bontà di Dio è un motivo ricorrente canto nei dialoghi cosiddrni socrarici di Placone quanto nei capicoli teologici dei Memorabili. Considcnndo ancora il Pedone, in particolare il mito finale del dialogo, non solo appare con una certa chiarezza l'esiscenza di un disegno divino inrdligmte ma si comprende bene anche che sono proprio le anime a essere le dirmt fruitrici di tale disegno. Di qui, in un palese rapporto di linearirà e continuità, il passo verso Placone è assai breve. Socrate nel Fedone, quando ha a disposizione ancora un lasso di cempo brevissimo, dichiara la sua sincera disponibilità a diventare allievo di qualcuno che sia in grado di illumargli lautentica nozione di causa da lui ricercata: Socrate, secondo Scdlcy, mirando a una nuova fisica, "ceologicamente riformata", segna. allo russo tempo, il "superamento" della maniera presocratic.a di dacrivere la struicura della nacura e, di conseguenza, la convinta Ie anticipawria) lcgitrimazione del discorso pronunciato da Timeo. Come si diceva gi2 in apenura, un ruolo di primo piano viene ricoperto dall'esame del Timeo che •è stato sempre ritenuco il più difficile ed OKuro ira i dialoghi plaronicJ.,. "':e di ceno la difficoltà principale risiede fondamenwmence nello 1tabilire il grado di "attendibilità", dunque,

.:rcmoom·

pQSTFAZIONE. IL DEBITO CON GLI ANTICHI

di "veridicicà" della narrazione placonica. La scoria della creazione è ovviamence un miro (cfr. supra, p. 113) - del rcsco, come è noco, è lo scesso Timto a definire mythos la propria narrazione (per esempio a 69b1) - ma ciò non significa affatto che essa non vada presa sul serio o che, in un certo senso, vada minimizzaro il suo concenuco verirarivo 17 : è noco, infatci, quance dottrine decisive e di peso Platone affidi al miro. Ma il Timro non è solo un mito dal!' elevaro valore di credibilità; è anche un discorso religioso (cfr. supra, p. 114) che segue, per così dire, ragioni didactiche ed espositive (proprio come sembra affennasse radicalmente Senocrace = frr. 153-157 lsnardi Parente). Ciononoscance SedJey si alloncana dalla posizione di Senocrace e di coloro che leggono il Timn1 in maniera non letterale; sin dall'immediaca generazione dopo Placone, infarti, iniziò un ampio dibattico sul valore letterario o allegorico da attribuire a qucsco dialogo 38 • "Allegorisra", dunque, fu Senocrace insieme a Crancorc 39 e a buona parre della rradizione plaronica successiva (con le "fdici" eccezioni di Plucarco e Attico, cui, secondo SedJey, deve aggiungersi anche lo scolarca dell'Accademia Polemone, la cui incerprccazionc dcl Timeo 40 influenzò verosimilmente la formazione della cosmologia scoica) .., , mentre "letteralisci" furono senza dubbio Ariscocele, gli Epicurei e gli Sroici. La lettura cronologica - dunque letterale e non allegorica dd Timeo va accolca perché è direttamente connessa al senso ddl'atcivicà arcigianale del Demiurgo (cfr. supra, pp. 118 ss.) _..;insomma, il divino potere arcigianale del Demiurgo e soprattutto le conseguell7.C morali e, ancora di più, esceciche (cfr. supra, p. 125) della sua opera non possono essere compresi sulla base di una lettura allegorica e non cronologica del dialogo; a ciò va aggiunca la ccscimonianza "direcca" delle primissime linee del Crizia, su cui SedJey a ragione richiama l'attenzione. La narrazione di Timeo, in efferri, è profondamente dettagliata, croppo dettagliaca per essere letta csdusivamence in maniera allegorica; perfino la presenza del male morale crova uno spazio preciso all'incemo della perfetta "giuscizia cosmica" descritta da Timeo. La scruttura dcl cosmo plasmaco dal Demiurgo è tanco moralmencc quanto esccricamente ordina ca: rutto, infatti, ha una propria •ragione" e rutto possiede un ruolo ben preciso; ciò significa che un mondo srrunuralmence ordinato è anche perfeno? Non è semplice rispondere a cale quesico; Sedley, tuttavia, mene in rilievo un punco difficilmence concescabile: secondo la mccafisica plaronica - e lo si vede bene proprio nel Timeo - cucco ciò che è generaco è una mera copia delle Forme creme cui appartiene l"aurentica perfezione nella sua inrerezza. Per quesro morivo Sedlcy rematizza in 257

CREAZIONISMO

modo convin~nte il concetto dì "compromesso". Come che sia, è innegabile che il corpo e l'anima dell'uomo ricoprano un ruolo rilevanre e centrale ndl'economia argomentativa del Timeo (cfr. la dettagliatissima descrizione dd corpo umano in 69a6-81e5) 4 J; Sedley, difatti, sottolinea efficacemente questo aspetto, interpretando l'innegabile anrropocenrrismo presente nel dialogo in termini di "psicocentrismo" (cfr. supra, p. 1rl. senza per questo sminuire eccessivamente il valore assunto dalla cosriruzione del corpo umano nella narrazione di Timeo. E proprio per comprendete in modo esaustivo la nozione di compromesso, è utile prendere un esempio tratto dal corpo umano, quello del cranio: il capo dell'uomo è stato formato con materiali sl delicati e facilmente vulnerabili, i quali, tuttavia, permettono la massima capacità percettiva possibile. Cosa comporta questo? Senza alcun dubbio, il cranio umano è stato formato in un ceno modo per via della sensibilità, il che ha causato una messa in secondo piano della sua resistenza e, quindi, della sua durata; in breve, l'esempio della forma del cranio umano è uno dei "prezzi" che il divino artigiano ha dovuto pagare, uno dei compromessi che, malgrado tutto, contribuiscono all'ordine e alla perfezione del cosmo (cfr. mpra, p. 138). Proprio nella nozione di "compromesso" risiede l'originalità dell'esegesi proposta da Sedley; il "compromesso", infarti, non è altro che un'alternativa all'idea, piuttosto comune fra gli interpreti, che sia la srcssa esistenza/resistenza della materia a causare tali difetti, come se la maceria costituisse quasi un quid antiteleologico: perfino i "compromessi", invece, contribuiscono all'ordine del rutto. E proprio sulla questione delrordine" - ottenuto, però, non grazie all'anività di un "artigiano cosmico" ma tramite l'abile uso del concetto di "infinito" -si concentra la trattazione dedicata agli Atomisti, da quelli antichi (Leucippo e Democrito) a Epicuro. Vorrei brevemente soffermarmi sull'interessante disamina della posizione epicurea. Sedley, quale rinomato studioso dell'Epicureismo 44 , è convinto - a ragione - che gli Epicurei avessero adottato una lettura letterale del Timeo (cfr. supra, p. 145) che, dunque, rifìurarono in toto, come è ben riscontrabile da alcuni testi epicurei e, in particolare, dalle colonne del xiv libro Sulla natura di Epicuro 41 • L'universo pensato da Epicuro non ammette un "prima" o un "dopo" temporali in quanto esso è eterno: gli Epicurei, infatti, non presuppongono una sorta di "stato precosmico" completamente privo di rutto (cfr. supra, p. 154) in quanto gli atomi e il vuoto - nonché alcuni particolari aggregaci come quelli divini, sonolinea acutamente Sedley esisrono da sempre. La wndizionc di etcrnirà del cosmo epicureo e la sta-

POSTFAZIONE. IL DEBITO CON GLI ANTICHI

bile permanenza della materia atomica escludono che l'universo pos.w. es-

sere scaco generato da un artefice divino in un determinato tempo 46 , inreso in termini di "divenire generale" o di "misurabilità" 47 ; l'indiscinzione di un prima e un dopo temporali, tuttavia, non elimina la possibilità di un'" evoluzione" in vinù di una equilibrata "collaborazione" fra natura e ragione rcmpo eremo e generato. Se le lince indivisibili di Senocratc, come già dcrco in precedenza, possono essere considerate come "giustificazione" - menamencc parallela alla" deletteralizzazionc" del Timeo operata dallo ltc:sso Scnocratc - in termini metafisico-geomc262

POSTFAZIONE. IL DEBITO CON

c;u

ANTICHI

trici dell'intrinseca indissolubilicà dei triangoli elementari a cui si riducono i poliedri regolari dei quamo elementi, la domina stoica dell'eterna ricorrenza del mondo può essere considerata non solo come un modo per arginare l'inquietudine derivante dall'eternità del mondo e dalla deperibilità delle sue parei 64 , ma anche (e soprattuno) come risposta originale ed esaustivamente teleologica al problema della dissimmetria posto dal Timeo. Come si può facilmente osservare da questa sintetica panoramica di alcune delle quescioni più significative affrancare da Creazionismo, la chiarezza esplicativa, la densità delle tematiche affrontate, nonché la ricca e aggiornata nota bibliografica finale rendono quest'opera un indiscutibile punto di riferimento per chiunque intenda seriamente approfondire la genesi del creazionismo e le sue radici antiche. Werner Karl Heisenberg in Natural Law and the Structure of Matter 61 era del parere che per quamo riguarda la struttura della materia, Platone fosse molto più vicino al vero rispetto a Leucippo o a Democrito (malgrado l'incredibile successo del concetto di atomo nella fisica moderna) in quanto gli atomi, incesi come piccolissime unità di materia, non vanno considerati come oggetti fisici in senso ordinario: essi sono piuttosto "forme" che possono essere espresse in modo non ambiguo esclusivamente dal linguaggio matematico. Nel caso di Creazionismo, non credo che la finalità di Sedley sia quella di stilare un'ideale "classifica" antica dei "vincitori" e dei "vinci" rispetto ai progressi che la scienu moderna ha raggiunto nell'ambito della teoria dell'evoluzionismo, al fine di reputare l'approccio degli uni migliore o più corretco di quello degli altri: non è questo lo scopo che una seria ricerca storica che intenda presentarsi come tale si propone di raggiungere 66 • Se incendiamo avere dai filosofi antichi soluzioni definitive (o perlomeno affidabili) oppure, peggio ancora, risposte giuste o sbagliate alle questioni che il dibattito scientifico contemporaneo su creazionismo ed evoluzionismo solleva, conviene forse dimenticare immediatameme le pagine di questo libro. La finalità dell'opera, invece, non risiede esclusivamente nella fedele e attenta ricostruzione storica del dibattito amico e nelle acute proposte esegetiche che un ampio e documemato approccio teorico impone; la specificità di questo volume e la lettura meditata dei capitoli che lo compongono dovrebbero, a mio parere, condurre all'onesta e intima convinzione che per il solido e finissimo apparato concettuale, per l'ampia batteria di argomentazioni e controargomentazioni, per la considerevole quantità di questioni - anche irrisolte o difficilmente risolvibili -

CREAZIOl'ISMO

che le di"mc posizioni sollevano, e perfino per alcuni nodi teorici che, 1'tlllllris mMUrrdis. sono rimasti costantemente al centro del dibattito fìlosofico-scìcntifico contemporaneo, rimaniamo in debico con gli antichi. Non si meta di uno sterile impegno formale nei riguardi di coloro ·che in tempi così antichi tentarono già tutte le vie possibili deUe conquiste filosofiche- 67 o dell'ennesimo appello - il più delle volte, forse. essenzialmente retorico e poco coerente - alla "posterità dell'antico - "'·Si mru. invece, di un debito contratto in modo inestinguibik. qualunque siano i futuri progressi che le scienze sperimentali ci risen-a211J10 69 •

Roma. giugno 1011 FRANCESCO VERDE

Note Prefazione 1 Nella tarda antichità l'interpretazione del Timeo di Platone data dal platonismo, sebbene fosse arrivata a manifestare quasi la stessa merodologia reverenziale dell'esegesi biblica, nondimeno era differente nel farro che il riferimento al pronunciamento di Placone non era mai di per sé sufficiente a stabilire la verità. QucSta cradizione placonica costicuisce una scoria affascinante (sulla quale cfr. spccialmence Baltes, 1976-78) ma non rientra fra gli argomenti del presente srwiio. 2 Poiché solo la prima parte del cap. 5 sugli Acomisti si occupa del primo Aromismo, mentre la gran parte è dedicata agli Epicurei, la coUocazione di questo capitolo prima di quello su Aristotele può sembrare cronologicamente eccentrica. La mia scelta riposa sulla convinzione che la via media di Aristotele fra creazionismo e meccanicismo è maggiormente apprezzabile alla luce dell'articolazione dei primi Atomisti di quest'ultima posizione, alla quale egli difatti risponde. J Comunque Pease (1941) è un articolo che offre un giudizioso profilo della scoria, difatti va oltre questo volume nel coprire anche la tarda antichità. Approcci paniali al medesimo obiectivo sono Theiler (1924) che si occupa del lato tdcologico ddla storia fino ad Ariscotele (sul volume di Theiler, cfr. infra, p. 89), e Hankinson (1998), una valida sinossi sulla reoria antica della causa che include una buona trattazione della teleologia. 4 Seguendo la consuecudine degli antichi, per rurro quesro volume, senza. prestare atrenzione o darne giusrifìcazione, varierò fra "dio" e "gli dei". L'uso della prima forma non implica monoteismo.

I

Anassagora I Per ammonimenti su questo e su altri rischi che il termine compo112, e per una più sfumata caratterizzazione della prima lilosofia greca, cfr. Long (1999). 2 Platone, Filebo 28d5-9, in particolare, è un utile antidoto al più noto passo del Ft®nt 96a5-99d2; cfr. anche Sedley (2003a, pp. 90-2), per ulteriori testimonianze plaroniche. Nel libro A della Metafisica (specialmente J-4) Ariscocde cerca di provare la propria originalicà nell'isolare la causa finale come una callSIZ ma è ben lon1ano dal negare una componemc celeologica nel pensiero di Esiodo, Parmenide cd Empedode per quanto concerne la presenza nel mondo di potenze intell~nri che hanno come obienivo effeni buoni.

NOTE Al CAP. 1

3 In Esiodo la sola altra divinità neutra sembra essere il discendente del Caos, Erd>o (Tanaro è usaro al neuuo plurale TéiQmQa, penso, esclusivamente quando il nome designa una regione piuttosto che un individuo divino). -1 Sul Gos in Esiodo, cfr., per esempio, Stokes (1961-63), Podbielski (1986), Milkr \WOI ). Il signilìcaco basilare della parola è indubbiamente qualcosa come ·spazio· o -interstizio" ma connocaiìoni relative alla Auidità materiale (tramite un ~ro etimologico a xeio0m, "scorrere") sono state assegnare a questo ter-

mine fin dal sesto secolo a.C.: cfr. Ferecide 7 B 1a DK [ = Diels, Kranz, 1951-51J. 5

Cfr. mfra, p.

Sul "ricettacolo" di Platone come combinazione di certi cfr. Algra (1995. cap. 3). 6 Talete (acqua), Anassimene e Anassagora (aria), Anassimandro (cemralirà), Smof.ine (infinica profonrutà), Empedocle e gli Atomisti (vortice), alcuni Pitagorici (orbicazione). Cfr. in particolare Clay (1003, pp. 85-6), per l'importanza di questo punto. Sono dd parere che l'enigmacica "rusrinzione" degli umani e degli dci a Mecone (Ttogrmia ml fu, per cosi dire, politica o giuridica, piuccosco che biologica (West, 1966. aJ /oc.; cfr. Clay, 2003, pp. 100-1). 8 Cfr. il Timeo di Placone dove il mondo e gli dei minori sono essi scessi creati dal c:reacore primorruale e la creazione dell'umanità è delegata, quindi, a quegli dei minori, un modo alternativo di rimarcare la condizione srreccamcnte subordinata dell'umanità. Non vedo alcuna ragione per concordare con Solmsen (1963, p. 474) per cui la plasmazione dell'umanità non sarebbe pertinente alla fondamentale prospecriva concettuale di Esiodo. 9 Per la dipendente tradizione dei racconti eziologici, cfr. infra, cap. 2, par. 3. 10 Cfr. Kahn (1960, pp. 219-30), che argomenta a làvore delle origini pre-eradiree. 11 Uoyd (1966) rimane lo studio classico su questi modelli. 12 La terra galleggia sull'acqua (Talete 11A14 DK) o sull'aria (Anassimene 13 A ?(aJ, 20 DK). 13 Cfr. la descrizione di Anassagora di queste due fasi del processo, DL [=Diogcnd.acrzio J Il 9. 4 Sono incline ad aderire a quesca tradizionale interpretazione di Anassimandro, fondaca su Ariscocele DC [=De caelo] z95b10-16, malgrado la notevole obiezione sold2 Furlcy (1989b). Per una sua difesa, cfr. Bodnar ( 1992), Panchenko ( 1994). 111.

~di spazio e materia,

mca 15

Hahn (2001J.

16 llA IO DK. 17 Cfr. infra, n 25. La familiarità con l'iloroismo nell'ultima parte del quinto secolo i: confcrmaca dal fano che Melissa nega che l'Uno, che equivale all'universo, patilca dolori o angoKC (30 B 7 DK). 18 In partiClllare Kahn (1960, pp. 178-83). 19 Cfr. per Ana~imandro, Aristotele, Phys. 203b11-15, e per Anassimcne, Aezio 1 7.13, Cicerone ND I =De natura deorum I 1 26, con la discussione di Kirk, Raven, Scholìcld ( 1983, pp. 150-1 ). w L'wo 1ipico dci magneti moderni consiste nel muovere le altre cose, non loro su:ssi. Nel mondo an1iu1, i magnc1i erano pezzi di minerale ferroso magnetizzati

266

NOTE AL CAP. 1

per via naturale, e, oltre ad attrarre il ferro, si attraevano e si respingevano reciprocamente. li Un singolare testimone, finora trascurato dagli storici ma gentilmente segnalatomi da lnna Kupreeva, è Filopono, In Ar. De anima 86.29-30, che riferisce come Talete abbia detto •che la provvidenza (itQòvolll) si protrae agli estremi e nulla le sfugge, neppure la cosa più piccola». 12 Sembra probabile che la dottrina pitagorica della metempsicosi fosse antecedente ad Anassagora (cfr. Kahn, 2001, in particolare p. 18). In vericà, anche a Errnotimo, anch'egli di Clazomene e considerato da Aristotele quasi come un precursore di Anassagora (Met. A 3, 984b15-22, Protreptico fr. 1oc Ross), sono state artribuite esperienze di uscita dal corpo (per esempio Luciano, Muse. Enc. 7) ed egli venne identificato come una delle prime incarnazioni di Pitagora (DL vm 5) in una tradizione che si ritrova già in Empedocle (31 B 129 DK). Ma è assai difficile st2bilire se le anime che trasmigrano, in questa fase pre-anassagorea, vengano risolutamente distinte dalla materia. Nella prima versione della dottrina che possediamo, quella di Empedocle, non si riscontra un cale dualismo (cfr. infra, pp. 51-2 e 281, n 62). 23 L'insistenza di Senofane sulla natura e i poteri di un dio sovrumano (21 B 10-16, 23-26) è una parziale eccezione che, enrro certi limiti, anticipa l'elevazione da parte di Anassagora della potenza del nous (cfr. infra); ma il rilievo dato all'intelligenza creatrice di dio non è ancora molto forte. 24 Cfr. Mourelatos (1973). 25 In 22 B 30 OK, Eraclito parla del mondo come un •fuoco sempre vivo• che •non fecero né un dio né un uomo•>. La paradossale aggiunta di "uomo" rende rischioso inferire dal frammento che Eraclito si sia dedicato alla speculazione o al dibattito sulla creazione divina del mondo. 26 Qui dipendo dall'informazione di Aristotele per cui Anassagora sarebbe stato più anziano di Empedode, Met. 984211-13. Quando egli aggiunge che Anassagora fu toiç bÈ ÈQyoiç ilatEQoç, si tratta di una valucazione relativa di importanza, non di un riferimento alla daca in cui scrisse: cfr. Kahn ( 1960, pp. 163-5); uno srudio non pubblicato di Scephen Menn mi ha ulteriormente incoraggiato in questa direzione. 27 Cfr. supra, n 2. 28 Non è questo il luogo per offrire una bibliografia sistematica dell'interpretazione anassagorea, per cui cfr. Sider (2005). La mia prospettiva ha molto in comune con quella di Schofìeld (1980). 29 Con "etere" Anassagora non iodica il fuoco, come pensava Ariscocele, ma l'atmosfera dei cieli particolarmente secca e sottile (cfr. Schofìeld, 1980, p. 71; Kingsley, 1995b, pp. 28-9) mentre la sua "aria" è la comune atmosfera in cui abitiamo. Aria ed etere, poi, sono scelti come le due maggiori macerie componenti ancora evidenti nel cosmo che sono le meno distinguibili per le proprietà discernibili visive e tatrili. 30 tò µtv ltUXVÒV xal < tò > hlEQÒV xul tò 'l'UXQÒV xa! tò ~O htpq>. tOUTWV bt oiitwç èx6vtwv Èv T'ÌJ oUµJIU\'TL Xl!~ lloxm• "n"11 llliVTa XQ•\µma. 51 OT. Anassagora A 113: gli animali dapprima nacquero dai semi che caddero

dal àclo sulla tena. ~ l'opinione dì Aristotele sulla generazione spontanea, cfr. per esempio HA jl i= His#rw .ini-Uum) 569:u9-57oa3, GA [=De gmeratione anima/ium) 761b24'"6}b16. Mn. 1032a12-b1 e per maggiori riferimenti Bonicz (1870, s.v. uùt6µawç 4). ~gli Epicutti. dT. Lucrezio li 871-8]3. 898-901, 926-929, m 713-740, v 795-800. SdJbenc k origini della dottrina si ritrovino probabilmente nella leggenda delle razze ·mn: dalla rena" piuttosto che in un pensiero scientifico, cfr. Platone, Phd. 96b2-3 cnmr ICSIÌmonianza della sua ricorrenza almeno nella tarda fisica presocratica, DL 11 16-17 e Ippolito, Ref.1 9.5-6 per il suo collegamento con Archelao, allievo di Anassagorac nmsno dì Socrate. Anche le versioni strettamente connesse di Diodoro Siculo 1 -.3~. 10.1-7 e Ovidio, Mn. 1 416-437 sono probabilmente di origine o ispirazione piaocratica; essi citano la supposta prova di regioni, come la valle del Nilo, dove si fu che le crcatute si formino nel Fmgo e che siano per metà organiche e per metà ioorganiche. Per una più ampia discussione, cfr. BlundeU (1986, pp. 62-5) e in particolare Campbell (2003, pp. 61-3, 330-3), dove viene raccolta un'esaustiva gamma di pualld.i. Comunque, si può mettere in discussione l'inclusione di Anassagora da paro: di quest'ultimo in base a DL u 9, •Gli animali iniziarono a venir fuori da ciò che è umido, caldo e terroso ma in srgu.ito l'uno dall'altro». La prima parte di questa resrilllOlliama. che coglie bene il frammento B 4, non intende escludere il ruolo dei semi. S3 Teofrasto, CP [ =Decausis plantarum) 1 5.2; cfr. ivi, lii 1.4. Teofrasto qui si rifcrisa: ai semi portati dall'aria - una parte attestata della teoria di Anassagora della pamptrmitt: e&. supra, n 36. 54 Diodoro e Ovidio citati supra, alla n 52; Aristotele, GA 762b28-30; Filone, An. muntli 57; più nel deccaglio Campbell (2003, p. 331). Si Ciwo per intero infra, n 71. 56 In effetti, sospetto che il riferimento in B 1alle cose che nel miscuglio originario M1110 invisibili •a causa della piccolezza• sia inteso, almeno in parte, per tener conto ddla presenza dei 5emi. 57 e&. la teoria, sorprendentemente duratura, per cui la vita giunse sulla Terra dallo spazio escemo, proposta per la prima voh:a da Lord Kelvin nelle lezioni del 1864 e dd 1871 (•la vita originò su questa cerra tramite frammenti muscosi provenicnù dalle rovine di un aluo mondo., in •rocce meceoritiche che portavano dei $Cllli•J e corroborata in seguito dagli alti livelli di amminoacidi e di altre sostanze organiche trovati nei frammenti meteoritici. 58 ~ego a una nota la difficile questione se il nous che crea un mondo sia in ogni scll5l1 un individuo e, se è cosi, se ciascun mondo sia creato da un t1011s differente. No"' all'epoca non veniva spesso usaco come un nome numerabile (cfr. Menn, 1991. p. 16), cosic.chi! ci &i potrebbe chiedere se fosse davvero agevole per Anassagora formulare la questione in questi termini. Ciò che crea un mondo, si potrebbe pensare, non eun'in1elligenza ma rolo intelligenza. Dall'altro laro, si con-

NOTE AL CAP. 1

sideri B 14 (nella lettura di Diels, Kranz, 1951-52), o bt vooç. oç àd foti. tò xapi:u xal v\lv Ècmv tva xal i:a iiìJ..a 1tlivm, Èv tè i:Gsv ow1'4TU1V iila xal tiw 1.QCllllitUOY mflw l((.ITI)'YÒQft. XCI! yà.Q EvdVUI tcjl i.niXlji i:ò µti.uv xuL tò w• .. ptl.cm. TO airtb be Vrl. 'tcilv éOll61v ètl.6u. "'9 jkteE[ i:ò xoliq.ov oUflf.Wt'tEt yàg !;uvobòv TE Ou'.iitT\l~lv TE ytvtOÀf)[ç. La maggior patte del testo è dovuta a Martin, Primavesi (1999). L: mie novità sono: 292, EL bt al posro del loro ~lit (lo spazio richiesto è circa lo scesso) e [v]uµEQt[tç Èitò1j•EL al posto del loro provvisorio [v]IJµEQT[ta btQXEU]; 293, µeli;ov' iowy lrnaµElflnç al posco del loro 11rli;ov1 ow1.1[an XUQEL. A Janko (2004) devo èiy[QIU cpiiMi al posto di ày[QòTrQ' rib11 di Martin, Primavesi alla linea 296 (lo stesso suggerimenco mi è stato fornico indipendenremente anche da Laura Gemdli Marciano), e iiv0Ewv al posto del loro èiygwv alla linea 297. Janko in un primo momenco propose la fusione estremamente allettante del fr. g per provvedere all'ulòmo gruppo di lectere in ognuna delle linee 293-295. Se seguissimo questa proposta, andremmo lontano rispecto alle integrazioni proposte per la fine delle linee 293-29~ noi Deterremmo i.owy [Èrt µtQtl XQmtoum ltEQIJtì.oµtvow xiJtlow, xat rp6lve1 eìç iiU11>.a xaì au!;ETat Èv µtQEL aÙJT)ç. ail'rà yàQ EO'tLV mi•ta, è>L • àUi]ì.wv l'>t Ofovta ylvovt' àv6Qwnol tt xaì àìJ..wv [Ovta OT]QUIV, iiì.ì.otE µtv tì.6n1n ç accompagnaco da un verbo al futuro, anche sulla base, per esempio, del più o meno contemporaneo Aesch. Ag. 317. Al contrario, la persuasiva argomentazione dì Janko per cui rutti i frammenti di Strasburgo provengono dalla stessa prima pane dcl poema rende pi11 improbabile che Empedode scia già affrontando questo argomento per la seconda volta.

179

NOTE AL CAP. 2

~ Pa- una dimosrrazionc dcl fatto che questo è il riferimento, cfr. Manin, l'ri· mavcsi (1999. pp. ~07-8), sebbene - cfr. la nota precedente - essi lo considerino un rifaimcnro a quanco precede e non a quanto segue, come invece io credo.

47 Ciòè pn>Nbilmencc quanco viene soscenuto da Kirk, Raven, Schofic:ld (1983, p. JQi). quando osservano come Amore sembra aver realiz1.aco di più allo stadio 4 che allo mdio J. Questo pumo, comunque, è forse molto più percinentc a ÈQoJç (dÌ. B 62.7, ÉQ«t6v) che a cplÀòtljç; e anche se il nome ahernativo dell'ultimo, ..\!Todirc. potrebbe riferirsi all'amore sessuale, esso di fano non viene mai usato in qucsa ;M;ca.Ìone nei frammenci di Empedocle . ..S lppoliro, Ref. VII 29.22, 30.3-4; cfr. Osborne (1987, p. 123); lnwood (2001, p. ..Sl. Con170 quaca inrerpretazione, Mansfeld (1992, pp. 219-20) sostiene che si ami di un'imposizione propria di Ippolito, non sostenuta da alcunché che egli om"llSC nei versi di Empedode. Mansfdd fornisce un caso nowvole ampiamente basato sul facro che Ippolito omette di citare capitolo e verso; ma non condivido il suo punro di visra (specialmenre la sua n 44) per cui la proibizione sul sesso è conuariugli insegnamenti di Empedocle, per le ragioni che spero il presence capimlo chiarifichi. -49 Credo che almeno lalloro costituisca un'eccezione. Poiché Em pedoclc reputò l'alloro la pianra più appropriara fra rune in cui reincarnarsi (cfr. B 127, incluso il suo comesro in Eliano), è più probabile che sia un prodocto di Amore piuttosto che di Con usa. so Dei raggruppamenti che ho delimitato mediante l'uso dcl punto e virgola si ~l'idea nel cesto di Empedocle o per via del vario uso di conncnivi o tramite il modo in cui il testo è diviso in linee. 11 :i[oJi.um]µ[ovJu xeamv, d12. 52 Plurarco, Q. conv. 683E sostiene che gli epiteti di Empedocle, abbastanza generalmente, piuetosto che essere ornamentali. tentano di cogliere le essenze o le potmze delle cose. Per una complera discussione di quest'aspetto della poetica di Empedocle, cfr. Gemelli Marciano (1988). Cfr. inoltre infra, pp. 85-7. H \..on l'associazione di Empedocle era la riproduzione sessuale e la sofTerema, cfr. Parmenide B 12.3-6. 14 'l.(J!Y/)µrllov ltiiQ, B 61.z. 55 Cfr. anche 1upra, n 16, per la prova che Contesa, in modo limitato, è un agente zoogenico. 56 Alcuni pouono rispondere a cale questione leggendo la personificazione di Amore e Conrm in un modo riduttivo o minimalista, ossia come se non rapprcltl!WICl'o altro che la natura di certi processi fisici, cosicché parlare dei loro "motivi" wdibc inappropriato. Cfr. infra, par. 3, dove espongo le ragioni per cui a mio avvilo occorre inM1tcre su una forte lecrura creazionista. S7 Si poudibc anche 1pcrare di usare B 21 a sostegno della prima alternativa, se· condo la quak Con1C12 i: l'agcnre creatore della propria zoogonia. Le lince 4-5 descrivono k creazioni di Anwre, che vivono in armonia, dopo le quali le lince 6-9 sembrano volgerti alk creazioni di Contct1a, che vivono in disarmonia. Se il corro!· 10 v~W.o'frvvWr'!, potrebbe essere un parziale ancecedente ma non si tratta di una cirazione verbatim e porrebbe essere stata filtrata atrraverso una fonte sroica. Per una discussione opporrunamenre prudence cfr. Kahn (1979, pp. 183-5).

4

Platone 1 Sulle origini socratiche e l'ispirazione della teleologia di Platone, cfr. Graham (!991). l Sebbene il mito del hd011e sia rroppo centrale per la mia remarica per farlo passare sono silenzio, l'incerpretazione che qui presento è quella che ho già sviluppato a lungo in Sedlcy (1990), per questa ragione la mia trattazione sarà alquanto cursoria. Una più completa difesa della medesima interpretazione si può trova.re 191

SOTE AL C-'P. 4

ora in !Urtik \!o-+l e sulle nuove impananti prospettive sul mito del Fedone cfr. lk~h l!llt.~ l. l\JngslC\· \1'19;a. pp. 71-m) sostiene che la topografia del mito sia siciliana di ,,rigine pira.,aori.::i. ~- (1995a, pp. 89-90) è del parere che il riferimento sia a un informato4 re pi~rico siciliano. In considerazione dell'interpretazione teleologica che propo~. ciò non •"a escluso, dato che l'eponimo parlante del Timeo, che propone .uidi"cgli una teleologia cosmica, è - che sia reale o inventato - probabilmente un pitagorico siciliano. Di contro, credo che il Fedone sia molto meno generoso nei ronfronri dei suoi antecedenti pitagorici di quanto ritenga Kingsley (Sedley, 1995). Per un probabile riferimento occulto di Platone a se stesso, subito dopo q uesro, nel Fnilme, cfr. Most (1993); per uno presente nel Teeteto, cfr. Sedley (2004, p. 37). Siccome non posso occuparmi in modo adeguato dell'immenso tesoro di eru; dizione disponibile sul Timeo, mi si permetta almeno di riconoscere il mio debito con Comford (1937), Brisson (1992.), Zeyl (2000), Harte (2002.), Fronterotta 12003), Vewquez (zoo4) e Johansen (2.004) che ho regolarmente consultato mencrc lavo12vo a questo capitolo. Parlo deliberatamente del Timeo-Crizia-Ermocrate come un singolo "dialo6 go" piuttosto che come una "trilogia". Teeteto-Sojìsta-Politico rappresenta il nomo modello di trilogia platonica e le tre conversazioni che la compongono sono nenamcnte molto più indipendenti l'una dall'altra rispetto a quanto lo siano il Timeo e il Crizia. Nessuna di loro, quando è stara pubblicata nello staco in cui è tuttora, awcbbc dato un'impressione di incompletezza nel contenuco come nel caso del

Timn. Dicendo questo, il mio scopo principale è quello di giustificare la mia disat7 tenzione nei riguasdi del contesro dialogico del discorso di Timeo e non quello di §ereditare l'abile ope12 di chi lo ha collegato a tale contesto, per esempio Osborne 11988e1996), Broadie (2001) eJohansen (2.004, capp. 1-2). La classica valutazione del contenuto scientifico del dialogo è ancora di Lloyd 8 11968).

Lo srudio pionieristico sul dibattito antico è Baltes (1976-78). Per una panoramica piil concisa, cfr. So12bji (1983, cap. 17). In verità la stessa impressione, senza alcun riferimento a una narrazione mito10 logica. si ritrova in leggi 892.a2.-c8, 896b2.-c8 e 967d6-7, dove ali' anima viene attribuir.a la generazione (ytviou;) o la •nascita• (yovt'!), •essendo generata prima di tutti i corpi• loo,.WYutv il'ltQOOllEv Kavtwv YEVOµtVTJ, 89235). Balres I1996, pp. n-85), moscra sistematicamenre le difficoltà di trovare un 11 ordine cronologie.o credibile per le fasi della creazione del mondo. Malgrado Baltcs consideri cii, come ronferma del fatto che la lerrura cronologica lerremlc non sia quella voluu da Platone, tali difficoltà possono essere prese in esame anche per spiegare perché Timeo qui non cerchi di descrivere l'effettiva sequenza cronologica che i: dcs1inar.a a rimanere per noi impcrscru1abilc:. Cfr. quelle elencate da Balte1 (1996, pp. 82.-5); cfr. anche: Dillon (1997). 11

9

NOTE AL CAP.

4

Il Timeo chiama il suo discorso mythos (in particolare a 69b1) ma più frequentemente /;Jgos. Qui lo chiamo un "mito" non perché esso si descriva in questi termini ma perché assume inconfondibilmente la forma di un mito di creazione. 14 Si nocino, fra i molti altri caratteri religiosi, le preghiere di Timeo in apertura (i?ct-dt) e in chiusura ( Crizia 106a3-b6) del suo discorso, cosi come quando si avventura in una questione nuova e rischiosa (48toboµix1)v· toiito tol.vuv ltQÒ'tEQOV 'tÒ uhwv. 24 ~ bè ùytna ò Èv tii 'ljJUXii Àòyoç xal ~ Èitwtt)µl]. ylyvetm bt tò ùyitç vot)oavtoç oiitwç· ÈitEÙlt) wbl ùyl.na, àvayx11 eì ùyitç emm tobl Ùit6.Ql;at, oiov òµaÀ.Òl:l]ta, et lit tOii'tO, 6eQµ6u1ta· xal o\1twç àEl VOEÌ, EUlç UV ày6.Y!l elç tOiitO Oautòç b\JvataL EoXOtOV ltOL€tV. Etta l\bT] ~ àitò tOUtoU XlVT]O~ ltOlT]O~ XUÀEttUL. ~ Èitl tÒ uytai.VEIV. IÌJO!E ouµjlalvEL tQ6itov tLva uìv ùylm1v È!; ùyuolaç yl.yvw6m xal n'jv oìxlav È!; oìxlaç, Ti)ç àveu UÀl]ç tt)v EXOUUUV t•Àl]V' ì1 yòQ LCltQLXTJ ÈOtL xal ~ mxoboµun\ tò eìboç Ti)ç Òyllòlaç xal tijç oìxlaç, Myw bt ouolav iiveu UÀT]ç tò tl ~v Eh•m. Si noti come Aristotele sviluppi questo punto senz.a voler minimizzare neanche per un momento il ruolo della deliberazione consapevole nel processo tramite cui la forma viene trasferita alla materia esterna. Per la deliberazione di un costruttore, cfr. anche PA 1 1, 639bl.5-30. i.5 In ossequio ai prudenti ammonimenti di Hirsch (1990), ho evitato di parlare qui di "leggi" infrangibili. Ma non condivido la sua convinzione che Democrito, per mancanza di un bersaglio teleologico suo contemporaneo, possa non aver inceso "fortuna" o "il fonuico" in un senso antitdeologico: la mia tesi principale nei capp. t e l è stata, al contrario, c-he l'idea di un mondo intelligentemente strutturato era diffusa nel pensiero presocratico, nel qual caso l'Atomismo le lanciava la prima sfida. lo rimango anche abbastanz.a convinto che Democrito fu un consapevole determinista. per le ragioni brevemente considerate tupra, a p. 175, e per via della descrizione di Epirnro dei suoi predecessori Atomisti come coloro che considerano ,Ja necessità {ùvayx11) e il fortuito (tò at•tò!iatov) responsabili per ogni cosa• {l.S, 309

NOTE AL C."P.

6

ioC 13). Ccnamcntc Epicuro conosceva direccamente l'opera di Democrico senza !"intermediazione di Ariscocele, e qui scava scrivendo senza grande oscilicà, elogiando i suoi pmlecessori Acomisci e osservando che essi non videro le dannose implicazioni dd deccrminismo fisico a cui essi aderivano. lo, quindi, non vedo alcuna agionc per sospettare una discorsione e interpreco la sua osservazione come un 'imponancc conferma di quella di Ariscocc:le. Per ulceriori e percinenti dubbi sulla tesi di Hirsch, di-. Berryman (2002, p. 186). 16 Ciò viene sostenuco da Cooper (1985). 17 A 2ooa7-10 Ariscocele scrive: •Similmente in ogni al era cosa in cui è implicato lo scopo, malgrado non possa avvenire senza le cose la cui natura è necessaria (tffiv òvayxalav q6vtwv tl'JV qlliOLv), non avviene per via di queste cose, eccetco che come maceria [vale a dire come cause materiali] ma per uno scopo specifico•. Come osserva Cooper (1985), con •Cose la cui natura è necessaria .. , Ariscocele intende probabilmente riferirsi alla semplice necessità. Se è così, si noti come le cose in questione componano delle implicazioni necessarie in base alla propria natura ma non per ciò che riguarda la determinazione degli esiti. Ciò è molto vicino al quadro del Timeo, come io l'ho inteso. 28 Nel caso del dualista Anassagora, laccusa era che egli prima separò la materia dall'inceUigenza, poi diede tutta l'efficacia causale alla mera maceria: supra, p. 40. 29 Malgrado gli autori dell'approccio in questione non vengano qui identificaci, in PA 11, 640b4-17 proprio la stessa opinione viene atcribuica agli «antichi•. 30 Qui lascio da pane l'esempio alquanto miscerioso (193a12-17, b9-l I) di un lecIO sepolto che germoglia, generando non un lerco ma legno. Per il suo contesto originario e assai diverso in Ancifonre, cfr. Pendrick (2002, pp. 126-41, 276-89). 31 Per questo come esempio sistematico nel De partibus animalium, cfr. Lennox (1996). Può anche essere significativo che Aristotele tenda a spiegare le srruccure e i processi naturali in termini di ciò che è "meglio" piuttosto che di ciò che è "il migliore", laddove il Timeo manifesta la preferenza opposta. 32 In ciò seguo i suggerimenti di Sharples (1983). 33 Scephen Menn mi ha plausibilmente indicato come i due argomenti siano separati per ragioni che hanno molto più a che vedere con i punti di vista di altre persone piuttosto che con quelli di Aristotele - con particolare riferimento a quelli che credono che la tychè, ma non to automatrm, sia divina. 34 Qualcosa di simmetrico pocrebbe essere detto in merito agli eventi sfortunati: a meno che essi non soddisfino uno scopo negativo, gli eventi accidentali non dovrebbero essere chiamaci sfortunati. Gli eventi sfortunati (cfr. Phys. 115,197a25-30) saranno ~ia quelli che soddisfano un qualche scopo negativo o malevolo, sia quelli che si oppongono alla realizzazione di un qualche scopo buono. n Si noci che desideri ecc. sono essi scessi cause mocrici, anche se i loro oggetti funzionano probabilmente come cause finali. 36 (Ji>vomri µtv olrv ~(l Ultlil c'!vt1yxT) dvm àrp· ò'iv àv ytvOLi:o tò ànò u!x11ç. iiOFV lUll ~ rlrt.'I toti ÙOQlln:flÌ.oç àv01101mp. ;ml fonv oiç oùbtv Ùnò tlrf.l')ç M~v av "fl•(Yl!wv Kal tùJV cputcùv. 40 Questo punto sull'ordine maggiore è reso esplicito nella ver.;ione dell'argomento presente in PA 1 1, 641b10-23, discussa sono. 41 Cfr. Wardy (2005) per le complicazioni concernenti la questione della misura in cui Aristotele può considerare senza difficoltà gli olivi e le altre varietà coltivate come "naturali" o "artificiali". Sembra probabile, nondimeno, che almeno per scopi dialettici egli sria qui considerando la diffusione ddl'olivo, artificiale (e dunque l'effetto del nous), quella dell'uomo, naturale. 42 Quesra modalirà esplicativa del riferimenro di Arisrotelc all'"intelligcnza" mi sembra più credibile piunosro che supporre, con Morel (2005, pp. 29-Jo, dove comunque una nora a piè di pagina ammene la possibilit.\ di una lcrrura alternativa

311

~OTE

Al C.\r. (.

in meriw .ille linee che sco suggerendo), che il gruppo designato includa pensatori ..-..1me :\n.issagord c:mco quanco gli Acomisri. Per Aristotele risulterebbe assai sorprendente JSSOCiare il nous di Anassagora con la zoogonia ma dissociarlo dalla cosmogonia. in\'ertendo così, in pracica, la sua usuale critica nei suoi confronti (per esempio :l/n. A 4, 985a18-21). Cfr. anche infra, n 49. ~; è:cri ~· ÈOTi tò ai!16µatov xaì 1i 1ux11 ahi.a Ùlv èìv i\ voùç ytvorto alttoç ìi qiuo1ç, ÒTm xatà ouµj3rj311x6ç a[nòv n ytv11tm toiltwv aìrrwv, oulltv bt xau"l cruµj3r~11x6ç f(TTl :TQOTEQOV TÙJV xaff OllTÒ. OijÌ.OV Otl OUÒÈ TÒ "KOTCÌ CJ1Jµj3Ej31]l!Òç atnOV JtQÒtfQOV TO\• ~.atr OUtÒ. l'OTEQOV UQO TÒ OUTÒflaTOV "KOÌ ~ TtlXIJ xal VOÙ "KOL OT' EL OTI µài.10Ta toii oùgavoii ahtov TÒ aùtòµarnv, àvayx11 JtQÒtrgov voùv ai:nov xaì cpilOLv El\'at xai èi.llwv rrollwv xaì toiibr rnù rrav-ròç. 44 Quesco può essere l'unico punto significativo risperto al quale mi distacco dall'eccellente analisi del caso in Aristotele di Judson (1991). Per come lo intendo (in particolare p. 92), Judson considera gli evenci del caso come non aventi affino una causa per st operativa. Ciò avtebbe potuto essere quanco Aristotele intendeva dire ma l'argomenco conclusivo di 11 6 mi sembra escluderlo. Così quando Ariscocde a 196b21-24 e 198a5-7 scrive che gli eventi fortunati o forruiri sono quelli che potrebbero tssert stati causaci dall'inrelligenza o narura, egli deve voler dire che l'appropriata causa per st inrelligente o narurale, benché presence, non svolse per combinazione la sua piena parte arciva nel determinare il risultato. 45 Lamb (1823). Prima la carne di maiale veniva mangiata cruda. L'efferco umoriscico del racconco è che da allora in poi, ogniqualvolta volevano arrosto di maiale, bruciavano la casa. 46 Senza dubbio un Atomista impegnato preferirebbe sfidare l'analisi di Aristocde della forruna, soscenendo che la necessità o lo scopo forruiramence perseguici da una cosmogonia accidencale non esistevano prima dell'evento ma sono scaci proiecrati indierro col senno di poi. In ultima analisi, qui l'argomento di Arisrotele è descinaco a convincere gli Ariscocelici, non gli Atomisti. 47 Per quesco punco inceso come un'ipotesi che Aristotele prende abbascanza sul w:rio per lavorarci in un concesro come questo, cfr. PA I 1, 641b10-23, riporraco all'inizio del paragrafo successivo. ~ fo bt tùiv Ès éupaietorwç oùbrvòç ofov t' dvm n'Jv rpumxt'Jv Orwg11uxi"1v. Èrrnb~ ~ •fUoL; Evtx6. TOU 1101EirrOtéQIDç WmtEQ OtQOtEUµa; xul yùQ fV tù tùl;n tò EÙ xal OtQaTI]yòç, xni µàUov outoç;- où yàg oÙtoç blà n'jv tòl;tv aÀÀ ÈxdV!] ÒlÙ toDTÒV ÈattV. !luvta bt O\lvt~axtal muç. à>J." oi•x éµolmç. xul nkwtu xul :n:n1vù xuì •rl•tét· xul oùx oihrnç f-xn iilCm 111) flvm llartQ

ilotç TÉÀoç Èatlv· oiov yàQ [xaCJTòv ÈCJTL Tijç yEvtoEwç TEÀrn0rlOl]ç. mimfv q>aµEv $ q>ilmv EÌvm éxaatou. wonEQ àv0Qci.J:rtou &tnou oìxlaç. 62 Per la strerra analogia fra la suunura gerarchica di tali "sisremi" e quella di un organismo individuale come l'uomo, cfr. EN ix 8, 1168b31-32: .. Proprio come una città viene pensata essere al di sopra dei suoi elemenri più autorevoli e parimenti ogni altro sistema, cosi anche nel caso dell'uomo» (roonEQ bt xal nò1..1ç TÒ xuQici.JrnTOV µUAim' Elvm boui xal :rràv iiì.l..o oùatl]µa, ouTw xai èivOQwnoç). Per la nozione di "narura" nella Politica, inclusa l'analogia fra la rassonomia politica e quella zoologica, cfr. anche Lloyd (1993). 63 Siccome ho discusso a lungo questo passo in Sedley (1991), qui ci ritornerò ~lo brevemente. Grazie all'inHueme studio di Furley (1985), vi è ora un accordo diffioo, anche se run'altro che unanime, sul farro che il passo presemi la pioggia come finalizzata a uno scopo ma vi è poco accordo su quale sia il suo scopo. 64 Somn. 457b31-458a1, APo 96a2-6, PA 653a2-8, Meteor. 346b21-36. 65 Cfr. Diogene di Apollonia B 3, supra, pp. 89-90. 66 Cfr. supra, cap. 1, par. 6, su Anassagora. Per l'incerprerazione per cui lo scopo prcscnra10 e il ritorno dell'acqua al suo luogo naturale, cfr. Wardy ( 1993, pp. 20-1). li \uo IC\to primario per ciò, DC IV 3, 310a34-b16, non può indicare nulla più del fatto che il ritorno di un corpo semplice al suo luogo naturale è un ritorno alla "forma" nel scmo di "figura" e, quindi, probabilmente non vi è connessione fra la forma e la cawa finale; ma il capitolo, consideraro nel suo complesso, penso, tende a favorire un'interpretazione teleologica (per esempio il confronro con il potenzialmente sano che diventa auualmcnte sano, 3rnb16-19). Certamente (cfr. GC

NOTE AL CAP.

6

337a1-15), il risultato di tutti gli clemenci che ritornassero ai loro luoghi narurali sarebbe un mondo sublunare completamence inanivo e, così, dissimile da dio, ma presumibilmente Aristotele lo considera comunque migliore del fatto che la maggior parte della terra sia al cencro, la maggior parte dell'acqua sulla superficie, la maggior parte dell'aria sopra e la maggior parte del fuoco alla periferia. Poiché l'acqua (cfr. Fisica 252b:1.1-23, 255a10-15, b19-31) non si muove da sé, in senso stretto, deve essere mossa da uno o più motori esterni. Quindi, la regolare ridistribuzione dell'acqua grazie alla pioggia verso il proprio luogo nacurale, la super6cie della terra, avrà come sua causa motrice i movimenti nel cielo (cfr. Meteor. 339a30-31 ecc.). Ciò rende la pioggia non un motore autonomo guidato dai propri fini ma parte di una complessiva e buona distribuzione cosmica dei corpi semplici (verso i luoghi giusti, nei tempi giusti, nelle giuste quantità ecc.), orchesttata dall'alto in basso e avendo fra i suoi innumerevoli esiti benefici il nutrimento delle piante. 67 Scelgo questa analogia, più semplice da illustrare rispetto all'esempio di Aristotele, la respirazione, PA I 1, 64ia31-b4, parafrasato Jupra, pp. 192-3. 68 xal yàQ xmà u)v il; ciQXfjç ytvw1v tà µtv OtJVEXtlxn1 twv t; iQu'JVtlJ µtv OQCilV f'llTJç UJtÒ tLvoç texvlYOU bEb'lµLOUQyij'1µ1ovgyijallu1; dta bt OQ61v Oto1v TE

o



w

NOTE AL CAP.

7

xal XQi')CJLV µEQÙJV, ltQ(ÌlTOV llÈV Otl ÒUlVÈITTT]CJE tòv èiv8QùlltO"ll. oµµutO. YE µfrv ebwxev ÙlcrtE ogiiv tà ÒQata. 1h01']v bi\ UimE àxouELV ta àxoum:a. òoµf)ç YE µfrv tl èiv ÌJv OiptÀoç. EL µT) QlVaç ltQOCJÈOT]XEV, ;(IJµù>V tE µT)v oµouoç, EL µT) yÀ.ùlOCJU ~ to0thnl Èmyvwµwv ÉvELQyétcrOTJ: 23 Per la tendenza edonistica del materiale senofonteo, cfr. Jupra, pp. 94-5. Sembra probabile che un altro ramo della tradizione stoica rimanesse, in proposito, fedele a Senofonte, a giudicare da DLVII 149: secondo gli Stoici, come Il viene riferito, la natura «mira all'utilità e al piacere, come la costruzione (bTjµiouQYla) dell'uomo mostra chiaramente». La più severa fonte stoica usara da Sesto pouebbe accingere a Cleante, il più antiedonista degli Stoici (cfr. Cic., Fin. II 69), specialmente perché egli è l'autore del primo argomento stoico che la fonte riporta. 24 ÙÀÀ08L OÈ oÙlìaµoù oÙOÈV oÌ.EL (jlQÒVlj!OV Elvm.; xal Taùt' ElbWç on yf)ç tE IW.T) YCÌQ xal atµa xal ltV ouyxF.ijlEVOV. 31 Devo questo suggeri memo a Jason Rheins. 32 La fonre non dice direrramenre che quesra seconda versione (99-100) è il completamento dell'iniziale Argumml ftom Design. Piurrosto, avendo dapprima

NOTE U C.\I'. -

rr=nc.m> L\~'t1menco dell'Intelligenza cosmica come suo completamento, aggiunge il nucwo ;J.rgomemo basato sull'analogia con la scultura come equivalente in forz.t ddl'.-1.rgomemo dell'Jmelligenza cosmica, confermando questa fusione con l'~iungere .tlla fine del nuovo argomento ( 100 fin .. immediatamente dopo la sezione tradorta sopra): «Egli [l'artigiano dell'intelligenza umana) non vivrebbe in nes;,;un luogo se non nel mondo, amministrandolo e facendo nascere e crescere ciò die in esso è presence. Ma quello è un dio. Di conseguenza vi sono dei». Malgrado i due argomenti siano rutt'altro che equivalenti, almeno émò i:ux11ç a 100 richiama e-;demememe lo EÙn•xwç di Xen., Mem. 1 4.8, ripetuto dal nostro aurore nella sua parafrasi in 94 fin. Ciò mostra anche che sta facendo del suo meglio per rappresentarli come funzionalmente interscambiabili. 33 à(Hl yr ayQlç 1jltJ;..o-(lXi.i. Se questa tesi sia sma Raia dall'ini7.io o abbia avuto origine come conscgucnia dcl sillogismo di Zenone sanbra difficile a giudicani. (b) Platone e Zenone lasciano nei loro ra.gionamaui dà pp formali. La pranaia di Platone per cui niente di non incelligente i: migliore di qualunque cou intelligente lascia aperta la possibilità formale che qualcou di non inicllipnte poua CMCre bumw lilnto qllllnto (malgrado non migliore dii qualcou di inu:lligauc. Eppure il suo argomento è valido purché aggiungia-

J12

NOTE AL CAP.

7

mo lassunto che alcune cose incelligenri sono migliori di alue: ru: quiRbbr dunque che il mondo può essere la cosa migliore solo se migliore: pcrlommo di a1cuM cose: incelligenci, il che, secondo le premesse di Plaron.c:, non pombbeasacsmza che sia incelligence. Zenone, da pane sua, lascia apc:na la possibilità die oon ci pc>crd>be essere nulla di razionale, nd qual a.so, dal fano che nience è superiarc: al mondo, non seguirebbe che esso sia razion:ile. Naruralmenre qucsco gap è facil.. mence annullaro evidenziando I' esiscenza di esseri razionali come noi. S4 O se con Meno (1995) si considera il Demiurgo una Forma, il Dcmiwgo è migliore di qualunque delle altre Forme (si noci, era l'alno, che la Forma di Animale a 3odi è la •più bella,. degli incelligibili, sebbene non sia la •migliore>). 55 Per correttezza dovrei aggiungere che quesco stes50 punco non vime affernuo da rutti i commentatori del Timeo, ancichi e moderni, die ho consulwo. 56 Tescimonianza in LS, par. 30. 57 Per il tesro greco, dr. 1upra, n 47. 58 TÒ ltOLTJTLXÒV TOii µT) '1:0ll)TllllTEiTW •.. tò ytvoç Toii ytwuç. yvvoixEç µtvtO& iroìJ.oi 1t0ll&v àvbgwv ~Ei.tiol'ç rìç rroW. 6z L'esempio parallelo riferito per ·grammaticale· è che il grammariaJc Arisurco non è migliore del non grammaricalc Platone. Ciò inrapn:ra )'VClllfllMXÒç COIM se significasse • grammacico n. sebbene si possa dubitare: che Alcssino I':m:sse inuso in quel senso. Ma naturalmence la ~plica stoica porrebbe essere &cii.mente rifivmulata prendendo in considerazione il senso più probabile di •al&beta", per csanpio che l'analfabeta Achille è miglio~ ddl'alfabera Oeonc.

)'OV.

323

NOTE AL CAr. 7'

63 Un =ipio sono gli argomenci che gli Stoici usano a supporto dell'asserzione di Platone per cui la compkteua del mondo lo rende superiore a ciascuna delle sue parti (per =mpio Cic., ND 11 37-39): qui di nuovo vi è un background con una fune pr=nz.a del Timeo. li4 Gli dei che risiedono nel mondo sono o includono le sue maggiori parti coscituòve, per =mpio la terra, il sole, la luna, le stelle e gli ammassi di elementi (per una b=e panoramica, cfr. Algra, 1003, pp. 168-70); anche questa è una diretta ere-

dità dal Trmto. SEMx17J. La ricostruzione che segue si basa su Cicerone, De fato 30, così come questo testo viene interpretato in Sedley (1993, pp. 315-7), a cui rinvio per una difesa. Non posso qui replicare per incero ai controargomenci di Bobzien (1998, pp. 200-1, !F-21) ma si noci che l'interpretazione si conforma esattamente al detto, attribuito a Zenone e a Crisippo e discusso infra, a p. 136, riguardante il cane legato a un carretto, un'attribuzione che l'incerpretazione di Bobzien del decerminismo stoico puccroppo conduce parimenti la studiosa a rifiutare, pp. 351-4 (cfr. anche Sharples, 2005, per una critica della sua posizione in proposito). Dal mio punto di vista, al conuario, la struttura del fato descritta dai due passi è centrale nel primo determinismo stoico. 6:' Sebbene Socrate sia stato l'archetipo del saggio stoico, non possiamo dare per scontato che si concordasse sul suo essere stato saggio, data la riluttanza stoica a riconoscere chiunque come realmente saggio (Brouwer, 2002). Comunque, Socrate venne considerato cale, quantomeno, da Zenone (Taziano, Oratio ad Graec01 J.t-l) e Posidonio (DL VI! 91). Secondo quest'ultimo, come io l'ho interpretato (differentemente da Brouwer, 2002), Socrate, Diogene e Anciscene devono aver poS5educo la virtù: in caso contrario non sarebbero stati così validi nel promuovere il progresso morale nei loro allievi. 68 lppolico, Ref. 1 11 = SVF [Stoicorum Veterum Fragmenta] II 975 = LS 62A.. 6; 66

Cfr. supra, n 66. 69 Epicreco, Diss. Il 6.9 = SVF m 191 = LS 68). 70 Cfr. D. Frede (2002). 71 Per esempio Porfirio, Abst. lll 10.1 = SVF II 1152, part. = LS 54P(1). 72 Gellio VII 1.10-13 = SVF II 1170, pare. = LS 54Q(2). part. 73 Pluwco, SR [=De Swicorum repugrumtiis] 1044D = SVF 11 1163 = LS 540. 74 loc. cii. supra, n 72. 75

lnfaui il materiale in Cic., ND

II

121-129 su questo tema dà l'impressione

( 125) di essere in origine in larga parte aristotelico.

Porfirio, Abst. Ili 10.3 = SVF II 1152, part. = LS 54P(2): O't({J Ili) mii'tu lloxEt mlluvoil >'.Ul Oe(jl 1!QÉlUlVtOç µetÉ)(ElV, OXOltEl'tW 'tl ngòç h!etvov fQEL 'tÒV ì..òyov 0v Kil\.JvWbtjç ti.t"(l'\I' iixuowv 'tG1V 1puoe1 yqovò'tOJV omv 'tOO :ngòç ontcpuxr xul yÉyove tuY)( tijç Wl:110T J.· J. (1989), /.11 erhoreus", 1, pp. 28-55. ID. 1:002), Ewinnusfr. 14) Wehr/i and theAncient Theoriesofthe Lunar Light, in I. Bodruir. W. W. Fortenbaugh (eds.), Eudemus ofRhotks, Transaccion Publishcrs. New Brunswick, pp. 323-36. PE.,SE .4.. s. (1941), Cae/i ena"ant, in "Harvard Theological Review", 34, pp. P.4.SCHESKO D. (1994), OMOIOI

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De partibus animalium 1: 213 11: 205 639b25-30: 309 640b4-17: 310, 312 641az5-27: 309 641b10-23: 203, 311 641b13-15: 289 64za31-b4' 193, 315 65µ2-8: 314 656a7-13: 181 656a14-:z.7: :z.98 Il 14-15: 242 658b14-z6: :z.90 661b6-9: 290 665a6-z6: 18:1. 665a19-26: 308 674b:z.-4: 315 675a31-b28: 300 675b2:1.-:z.ll: 300 686a24-b2: 142 687a8-10: 43

354

m:z.a34-b8: 309 1168b31-3z: 314 X 7-8: 179 1177b26-1178a8: 180

1178b7-32: 180

Historia anima/ium 494a2-b1: 308 569a:z.9-57oa3: 270

Mttaphy1ica 981b2-5: 309 A 3-4: 265 98~11-13:

267

984b15-22: 267 984b23-31: 25 984b32-985a10: 284 985ai8-21: 271, 312 987a32-b1: 322 988a14-17: 297 1025a14-19: 202 103:z.a12-b1: 270 1032b5-14: 190 105ob:z.8-30: 180 107~38-b14: 298

A: 179 J\ 10: 180

1075a11-15: 207 1075a:i2-13: 314

1lt1DSX LOCORUM

/Jtttoro/ogica

1991>16-28: 188

33sa20-b22: 313 339a5-9: 313

i99b28-30: 187 199b}O-Jl: 187

339a30-31: 315 346b21-36: 314 346b35-347a10: 180

Il 9: 192-J, 19S 199b35-100as: 192 199b35-20021: 19.f 20C>a7-10: JIO 20Jh11-15: J.66 25oln6-251a5: 285 25ob26-29: 285

Pbysica 14:46 18~16-21: 184 11: 177, 183, 191, 260, 313

25ia7-10: 285 25ia31: 285 252b21-23: 315 255a.10-15: JIS 255b29-JI: J15

Il 1: 195 192b23-27: 187 193a9-30: 194 193aI2-17: 310 193b9-11: 310 19~30-33:

240

19~33-36: 316

Il 3: 184, 189, 197 195b21-25: 189 Il 4: 313 Il 4-6: 196, 204 196a24-35: 201 196b21-24: 312 197a8-18: 198 197a25-30: 310 II 6: 311-2 198a1-3: 197 198a5-13: 201, 205 198a5-7: 312 198a24-27: 309 198b8-9: 206 II 8: 189-90, 199, i.08, 284 198b16-199a5: 199 198b24-26: 290 198b31-32: 200 198b~1: 279 199a15-20: 11!5 199aio-30: 185 199a33-b4: 195

3H

Politica 12:207 1252.a28-30: 180 1252b30-}.f: 208 1256b10-22: 2o8 18: 208 Promptiau (cd. R~)

fr. !OC: 267 [Arisrocelc]

D,,,,,,,,Jo 397a10-11: 285 -401316: 2.85

Censorino

[ktiit"",,,Ji 18.11: 2116 Cicerone

À(llJitmira 24-29: 3J7 3° 2 JI 118: 294 li 125! ,02 I

li Sj! 149•

Dt JjuiflAlio"t I 82-8l! 2,..

CREAZIONISMO

31oa}4-b16: 314 31ol>16-19: 314 [X~11t1i-1ium

731bl.4-73.2al: 18o. 206 ;61b24-763b16: 270 76zb28-}0: 270 769b13-16: 60 IX ~nr n corruptione 31.ojal.4-bl: 268 3J.43.S·T- 274 336b1n,.: 308 336b34-337a7: 180 337ai-15: 315 Dt incmu ani'fflltlium 4-5: 182

Dt iuvmtuk a smtctuk 477Ul-23: 308

Dt partibus ani11111/ium 1:

213

11: 205

639b25-30: 309 640b4-17: 310, 312 641u5-27: 309 641b10-23: 203, 311 641b13-15: 289 6'42a3l-b,.: 193, 315 6f}ll-8: 314 656a7-13: 181 656ai4-27: 198 Il 14-15: 242 6f&b14-:z6: 290 661b6-9: 290 66sa6-:z6: 182 665a19-26: J08 674J>1-4: 315 675a31-b28: 300 61sb12-28: 300 686n,.-b2: 141 687a8-10: 43

3S4

687b21-~ 300

696b25-31: 313

Desomniis 457b31-458ai: 314

Ethica Ewinnia 1115b11-14: 272 1216aio-16: 272 1249b13-15: 308

Ethica Nicomachea 1096b31-35: 206 1112a}4-b8: 309 u52b16-27: 313 1168b31-32: 314 7-8: 179 u77b26-1178a8: 180

X

1178b7-32: 180

Historia anima/ium 494a20-b1: 308 569a29-57oa3:270

Metaphysica 981b2-5: 309 A 3-4: 265 984all-13: 267 984b15-22: 167 984b13-31: 15 984b31-985a10: 284 985a18-21: 171, 311 987a31-b1: 321 988a14-17: 197 1015a14-19: 201 1032a12-b1: 270 1031b5-14: 190 105ob28-30: 180 107,.a38-b14: 198 A:179 A 10: 180 1075a11-15: 107 1075311-13: 314

INDEX LOCORUM

Meteorologica

199b26-28: 188

338a20-b22: 313

199b28-30: 187

339a5-'}: 313

199b30-32: 187

339a30-31: 315 346b21-36: 314

II 9: 192-3, 195 199b35-20oa5: 192 199b35-2ooai: 194 200a7-10: 310 203bu-15: 266

346b35-}47a10: 180

Physica I 4: 46 184"116-21: 184

Il:

25ob26-251a5: 285 15ob26-29: 285 25za7-10: 285 25za31: 285 252b21-23: 315 255aio-15: 315

177, 183, 191, 260, 313

Il 1: 195 192b23-27: 187

193a9-30: 194 193a12-17: 310 193b9-u: 310 194330-33: 2.40 194333-}6: 316 3: 184, 189, 197 195b21-25: 189

Il

4: 313 4-6: 196, 204 196a24-35: 201 Il

Il

196b21-24: 312 197a8-18: 198 197ai.5-30: 310 6: 311-2 198a1-3: 197 198a5-13: 201, 205

255b29-31: 315

Politica 12: 207 1252.a28-30: 180 1252b30-3.J; 208 1256b10-22: 208 18: 208 Protrepticus (ed. Ross)

fr. !OC: 267 [Aristotde]

Dtmumio 397aio-n: 285 401at6: 285

Il

198a5-]: 312 198~-27:

309 198b8-9: 206 Il 8: 189-90, 199, 208, 284 198b16-199a5: 199 198b24-26: 290 198b31-32: 200 198b31: 279 199a15-20: 185 199ai.o-30: 185 199a33-b4: 195

355

Censorino

Dtdit nauli 18.11: 286

Cicerone

AtaJnnica 124-29: H7 li 55: 149, 302 li 118: 294 li

115: 301

Dt Jj,,;lf4Jione I

82-83: 23'4

CREAZIONISMO

!Xf_10:

2_1~ ••14

!Xfoiibtu Il 6\J: 319 IX 1WD1ra tkorum 119: lfl 120: 294 I 21: 155 126: 166 I 26-2.8: 160 1 50: 167, 259, 305, 334 1109: 167 1118: 118 Il 20: 229 1122: 228

37-39: 324 88: 317 1193: 169 Il 95-96: 316 Il 121-129: 324 11141: 289 11142: 282 11162: 137 llJ 92: 317 Il

Il

Timanu 5: 294

Tuscuiaruu dispu111tion~s 162-63: 317 170: 294 V 4 IO-li: 330

Craniore (fragmm111, ed. Mette)

fr. 8: 331 fr. 9: 331 fr. IO (j): 331

Democriio (IJidrKranz 68) A 39: 301

Bi: 301

8 116: 301 8 164: 301 Diodoro Siculo 7.3-6: 270 !0.1-7: 270 Diogene di Apollonia (Diels-Kranz 64) I

I

As: 291 82:90 83: 89-91, i.55, 314 84:90 85: 90 87: 284 Diogene di Enoanda (Smirh)

fr.

20: 302

Diogene Laerzio Il 8: 269 Il 9: 266, 270-1 16-17: 270 1119: 269

Il

45: 329 48: 318 IV 24: 332 IV 27: 331 VII 2; 337

Il

Il

VII 91: 324 v11149: 319 VIII 5; 267 IX 36; 301 IX 57; 291 X 33: 302

Empedocle (Diels-Kranz 31) A 8: 279 A4Z: 274 A 52: 77 A 70: 62-3 A 72: 57 B 6.1: 273

JNDEX LOCO RUM

B 8: 176, 180 B 8.1-2: 184 B 16.2: 285 B 17: 77-9, 81, 175 B 17.1-8: 54 B 17.1-5: 78 B 17.3: 80 B 17.7-13: 77 B 17.11: 185 B 17.14: 277 B 10.1: 176 B 21: 64, 72-3, 97, 274 B 11.10: 65 B 11.ll: 285 B 22: 73, 180 B 2r 64, 72-3· 97 B 23.1-2: 73 B 13.s; 176 B 23.6: 65 B 2.3.8: 2.85 B 2.6: 57, 77, 79, 2.77 B 2.6.1-7: 57 B 2.6.4-6: 54 B 2.6.5-6: 79 B 2.6.10: 285 B 35: 59, 67, 73, 278 B 35.1: 279 B 35.8-9: 59 B 35.16-17= 61, 75 B 35.17: 282. B 57: 58 B 58: 278 B 59: 60, 74 B 61: 60, 65, 87 B 62.: 62-4 B 62..2: 280 B 62.7: 280 B 71: 59, 73, 278 B 73= 59, 7.l• 278

357

B 75: 59, 278 B 76: 276 B 82: 58 B8~ 59, 68, 72, 282 B 86: 59, 68, 278, 282 B 87: 59, 68, 278 B 95: 59, 68, 278 B 96: 58, 67, 73 B 98: 58, 73

B 98.4-5: 58 B 98.5: 276 B 100: 72 B 107: 183

B109: 183 B 110.3: 285 B 111: 287

B112.4-5: 281 B 11}: 66

B 115: 81, 84, 281, 286 B 115.5: 66. J.85 B 115.6-7: 66 B 115-13: 66

B115-14: 281 B 124: 282 B 126: 281 B 127: 280 B 128: 78, 81, 84, 274, 277. 287 B 128.8-10: 281 B 129: 66, 267 B 129.6: 285 B 137.6: 284 B 146: 281 B 153a: 286 .. Empedocle. papiro dt Srrasburgo a(i) 6 ( = 267): 277• 286 a(ii) 6 ( = 276): 285 - 291-300): 54· 176 a(ii) 1HO ( "") 6 28 ( = 196-198): 55, 85 3 (11 2 a(ii) 27 ( ~ 297): 65

CREAZIONISMO

Eschilo

z76

ci:

Agamemnon

cr :?86

317: 279

d: 62

Esiodo

d1-10: 287 dio: 279. ?86

dn:

47-IOf 26, 63, 69

279

59-68: 69

d12: 280

g: 275 b: 275 Epicuro IX nlllllra xiv (Leone): i58 De natr1ra xxv: 333 De nlllllra XXVIII (Sedley): m 13

IX-X:

306

Epistu/a ad Herodotum 43: 306 72-n 303 Fragmmta (Usener) 266: 306 307: 307

Epineio

Dwma:iones 116.9: 325 Il

6.9: 31.4

Fragmmta I:

Opera et dies

325

Eradico CDiels-Kranz u) B 1: 322 B 2: 312 B 30: 267 841: i.90

B so: 322 B 102: 291 Erodoto I 1.02-1.03: l86 lll 90-95: l86 fil 108-109: 183 IV 124: 2.86

60:41 109-101: 67 110: 16 118: 16

144: 26 158: 26 765-818: 41

Theogonia 116-117: 14 511-616: 69 535: 266 575: 281 581: 281

Fragmenta (Merkelbach/West) 33a, 15: 281 [Esiodo]

Scutum Herculis 140: 281 224: 281

Eudemo (ed. Wehrli)

fr. 31: 274 Euripide

Supplim 196-110: 289

Ferecide (Diels-Kranz 7)

B 1a: i.66 Filemone (Kassel/Austin)

fr. 93: i.83

JNDBX LOCORUM

Filodemo Academicorum historia (Dorandi): XVI 4-8: 332.

Deviau 112-24= 283

[lppocrace]

De Epicuro

Epistu/4e

XVIII 10-17: 304

Designis

10 (IX 322 Littrc!): 302

Ippolito

:z.8-XVI 1: 306

XV

&fotatio

DeStoicis

18.3: :z.69 19.5-6: 270 113.2-3: 301 111: 324 VII 29.:z.2: 280

XIII 3: 317, 337

Filone De aeternitate mundi 57: :z.70

Filopono De aeternitate mundi

VII

30.3-4: 280

599.:z.:z.-601.19: 294

In Aristotelis De anima 86.:z.9-30: :z.67

In Aristotelis Physica 405.:z.3-:z.7: 301

Leucippo (Diels-Kranz 67) A8: 306

Luciano Mwcae Enromium 7: 267

Lucrezio Galeno Compendium Timaei 39.13: :z.94

De methodo medmdi 14.10: 304

De placitis Hippocratis et P/4tonis 7.9-16: 2.44 IX 15: 325 IX

De usu partium Il

154-162: 242 16.7-17: 300

III

Cellio VII

1.I0-13: 324

Ippocrate Deflaribu; 3: 288 359

13: 287 I 1008-1051: 305 !011·10z8: 306

I

Il

167-181: 159

Il

333-380: 305

Il 478-521: 3°5 500-521: 3o6 Il 522-531: 3o5 Il 532-540: 167. 305-6 Il

541-568: 305-6 569-580: 306 Il 871-873: 27o Il 898-901: 270 Il 926-929: 270 Il 1081-1083: 51 Il Il

1082: 66 Il 1090-1104: 159

Il

cllf.AZIONISMO

" i091-1o. lii T-

lii

111 as...ass: J07 IV llJ-IJl : 164 IV 8µ-857: l64 IV IJS: 165 IV 8,6-841: 165

1v s.0 .s 52: 16s IV 8n·85s: 165 IV8s.+: 166

v 1s6-16s: 155 165-167: 157

V

168-173: I S4 V 174-J8o: 157 V 181-186: 152 V

181-181: I52 187-234: 159 V 419-431: 306 v s»m : 306 V

V

789: 287 79S·8oo: 270 V lJ37·8j6: 161 V

V

8°4}·852: 259 v sss-sn : 87 V

V

8s7·8n: 16z

v 86+-870:

es. 87, 163

864-866: 287 v~:ss.163 V 9lS-l4S7: 165 V

VI

130-236: 27S

Maamorphom I 416-437: 270 H4j: 142

VI

Papiro di Dcrvcni 24: 171

Parmenide (Dicls-Kranz 28) A 37: 30 B 3: 168 B 8.9-10: 302 B 12-13: 30 B 12.3-6: 280

Platone

Apologia 2'jCI: 93 16d-e: 329 31q-d 6: 93

Cratylus 389a5-39oc5: 195 397Cs-J98C4: 281

Critim 106a3-b6: 293 106a3-4: 116

Crito 4ld2- 44b6: 235 S4Cl·l: 235

Euthyphro 3b5-9: 93 MMtùAurdio V

16: 239, Jll

Meliato (i)id...Kranz JO) B 2: 301 87: 266

Gorgim 464b2-c3: 294 5ooc3-501c1: 294 503d5-50435: 194

leges lii:

360

131

JNDBX LOCORUM

x:

lii.

190, 317

678a7-679e5: 131 711b6-c8: 180 88934-et: 309 89ia1-c8: 191 896b1-c8: 191 903b4-d1: 317 967d6-7: 191

Phudo 78c1-8oc1: 310 81d6-81b9: 140 96a5-99d1: 165 96b1-3: 170 96b3-9; 99, 291 98c1-1: 100 98c2-99b2: 101 98d6-8: 291 9934-b6: 127 99b1-6: 115 99b1-4: 101 99b8-c1: 191 99c6-10ia1: 296 99q-8: 102 l07c1-115a8: 107 uob: 247 11ob5-7: 196

Phaedrus 245cs-246a2: 193, 317

Phikbus 18d5-9: 165 19a9-3od9: 95, zo4, 224, 321

Protagoras 32oci.-7: 71 32oc2-4: 113 32od8-321q: 71 313a5-328c2: 116

Respublka 179 x: 295 VII;

361

379C2-7; 291

455d: 313 508cl-3: 120 53034-CZ: 140 589b1-3: 172 596a10-b8: 121 597a2: 295 59734; 295 597b4-6: 295 597c2: 195 597q: 295 597c9: 195 597d1-2: 295 6wa2-d5: 300 Sophista 24~-24µ1: 273 2+1U-8: 273 2650-10: 290 Symposium 189d5-191d5: 70 19oa8-b5: 183 w7c9-208b6: 180 Thea&tW 151a3-4= 93 Ti1111Uw 17a-19b: z4B :1.1a 7-26e1: 110 220-a: 131 2:ul7: 29' 23b3-d1: 131

23b,-6: 29' 2}d4-a: 298 270-d1: 293 27d5-2834= 293 27d6: 293 18a6-bz; JOO 28b2-a: JOJ z8b4-29a1: JJ9

z8b4-a: Jlf

CREAZIONISMO

2&1-2.: 29.l

37c6-38q: 113, 125, 156

iScl-2~: 116

37d1: 295

28c.-3: 119

37d3: 295 37e3-38a2: 194 39b2-c1: 299

2.8q-29b1: 115, Ili 2932-