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NUOVA SERIE XL – 20191–2
LIBRERIA MUSICALE ITALIANA
Sommario
Giacomo Baroffio La formazione di un cantore gregoriano
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Pasquale Troìa Canti e musicisti dell’Archivio Musicale dell’Archivio Storico della Comunità Ebraica di Roma. Una prima presentazione per un repertorio da custodire, valorizzare e rinnovare 19 Giacomo Baroffio Individuare recuperare studiare valorizzare i frammenti librari liturgici
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Nicola Tangari Testimonianze d’oltralpe e altri frammenti liturgico-musicali nell’Archivio di Stato di Sciacca
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Clarissa Cammarata – Giovanni Cunego – Pietro Moroni Un frammento di Antifonario del xii secolo: per una localizzazione
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Pietro Moroni I Graduali olivetani O, P, Q del museo della cattedrale di Chiusi
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Marcello Mazzetti Iter Cartusianum: Tracce di contrappunto alla mente in una recensione dell’ut queant laxis
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Livio Ticli Peering into the 19th-century Tradition of the Miserere: Traces of the Italian Falsobordone. Part 2
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Aurelio Porfiri The Struggle of Liturgical Music in Chinese Between Self-identity and the Other After Vatican II
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Sommario
Amina Fiallo Un testimone francescano in Liguria: l’ufficio di sant’Antonio di Padova nel Graduale ASD 268 dell’Archivio Diocesano di Savona 415 Segnalazioni Nicola Tangari La musica sacra in Italia in due recenti pubblicazioni a più mani
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Recensioni Serena & Gigliola Modigliani Pasquale Troia, Gino Modigliani. Una vita per la musica, Roma, Gangemi 2018
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La formazione di un cantore gregoriano
Nonostante tanti indizi sfavorevoli, oggi ci sono ancora persone che s’interessano al canto gregoriano. Soprattutto tra i giovani, talora lontani dalla Chiesa e dalla liturgia. Gruppi ristretti o singoli individui cercano di praticarlo. C’è una via sicura e facile da percorrere? C’è un metodo particolare per divenire cantori? La soluzione si può riassumere con una sola parola, lo studio. Che cosa comporta la studio del gregoriano? Quali sono le condizioni, quali le tappe? Cominciamo subito a liberare il terreno da un fraintendimento diffuso. Fondamentale è un approccio esperienziale in una condivisione vissuta su un piano che non degeneri in un impegno meramente intellettuale e tecnico. In riferimento allo studio in senso comune, valgono sempre alcuni punti chiave: la chiarezza della visione d’insieme, la costanza dell’impegno, la tenacia nell’affrontare i problemi posti dall’oggetto della ricerca, problemi ai quali devono essere subordinate le nostre eventuali prospettive. Il che significa che talora non solo è possibile, ma è doveroso correggere il tiro rispetto alle nostre convinzioni e attese iniziali. La nostra prospettiva è condizionata dall’esperienza pregressa che abbiamo avuto del gregoriano. In quale circostanza abbiamo ‘scoperto’ il canto gregoriano e in quale contesto sociale? Lo abbiamo ascoltato per puro caso? Ci ha subito colpito? È riaffiorato dalla memoria dopo che l’avevamo ascoltato senza neppure accorgerci che quella ‘musica’ era diversa dalle altre? L’abbiamo scoperto all’interno di un discorso culturale come un’importante tappa nella storia della musica occidentale? Abbiamo letto con curiosità qualche accenno a livello di terapia psicoanalitica? Ci ha annoiati a morte o ha galvanizzato la nostra attenzione durante una celebrazione liturgica…? Queste, e molte altre ancora, sono situazioni ciascuna delle quali condiziona comunque il nostro sentire e plasma il desiderio di conoscere e
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praticare il gregoriano. Ogni situazione è legittima, spesso non è ricercata, ma accade e si integra nel nostro cammino di vita, apre orizzonti e ci lascia intravvedere qualche scenario con determinate connotazioni. Che cosa si attende ciascuno di noi dal gregoriano? Privilegiamo un approccio storico, estetico, ecclesiale, tematico liturgico, tecnico musicale…? Anche qui occorre sottolineare che è possibile approfondire ogni singola prospettiva oppure, con il tempo, possiamo integrare la nostra conoscenza teorica con l’esercizio cantoriale, possiamo inoltrarci in ulteriori ricerche. Facciamo alcuni passi prendendo decisioni chiare; altri percorsi ci sono preclusi, forse, soltanto perché non possiamo dedicare al gregoriano tutto il tempo che nuove ricerche renderebbero necessario. *** Un fatto dovrebbe essere chiaro sin dal principio. È una questione assai delicata e si può delineare partendo da un esempio concreto della vita quotidiana. Immaginiamo un gruppo di giovani amici che in una ricerca scolastica s’imbattano nella foto di uno sconosciuto e desiderino sapere qualche cosa sul suo conto. Giovannino Rossi risulta essere il suo nome. Durante le investigazioni, i discepoli di Sherlock Holmes e della Signora in Giallo raccolgono una serie di informazioni. Si scopre qualche particolare della sua vita, ad esempio, che era stato il sindaco del paese. Era però conosciuto meglio perché da ingegnere aveva costruito un canale. Aveva provveduto anche all’edificazione dei ponti sui quali tutti gli abitanti continuavano a transitare e dove gli studenti si fermavano spesso per gettare l’amo nelle acque piene di pesciolini. Con la fantasia sono state reintegrate le parti mancanti nella narrazione e ogni ragazzo ha scoperto un aspetto particolare. Chi ha messo a fuoco l’attività amministrativa del sindaco, chi ha compreso il contributo sociale dell’ingegnere. Tutti sono fieri delle loro scoperte. Pierino si è ricordato vagamente che Giovannino Rossi era suo nonno. Guardando la foto non pensa né al paese né al canale, ma è tutto preso da quella figura. Sembra prenda vita, esca dalla cornice per guardare il nipote e lasciarsi ammirare, senza registrare le benemerenze civiche. L’attenzione è rivolta agli occhi, alle labbra… sino a vederlo e sentirlo vicino, presente, vivo. Qualche cosa del genere succede anche con il gregoriano. Lo si può studiare fino a conoscere bene tanti aspetti storici, melodici, modali, ritmici e quant’altro. Sono tutti gradi di una conoscenza interessante, opportuna, 8
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giusta; ma decisamente inadeguata. Si conosce il gregoriano quando ci si muove su un altro piano, quello dell’identificazione dovuta all’appartenere del canto e del cantore alla stessa famiglia, dove ci si riconosce uniti nel vincolo di sangue che è la Parola di D-i-o. Con tutti i corollari e le conseguenze del caso. Ci sono persone che non sanno nulla di neumi e di modi, ma vivono poche e semplici melodie gregoriane come profonda espressione della loro fede. Il gregoriano non è per loro canto, bensì preghiera. Altre persone sanno più meno tutto del canto gregoriano, ma senza la fede e senza l’esistenza ravvivata dalla Parola, non capiscono purtroppo nulla. Non è un verdetto ingiusto e implacabile contro l’intelligenza e il nozionismo degli interessati. È semplicemente la costatazione del fallimento di un approccio bloccato a metà del percorso, perché non si è in grado di raggiungere la meta e a superare una soglia che esige la fede. D’altra parte, chi è estraneo alla famiglia potrà immaginare la relazione tra nipote e nonno? Potrà tentare di avvicinarsi al mistero dell’amore ripensando ai propri cari; ma non potrà mai vivere il fremito e la scintilla che agita e riaccende l’amore tra Giovannino e suo nipote Pierino. *** Non bisogna pensare che un cammino spirituale, cioè vissuto nella forza dello Spirito, resti precluso a chi non frequenta la Chiesa e forse non ha mai partecipato a un’azione liturgica. Per avvicinarsi al canto gregoriano, la cui patria è la liturgia e la cui sostanza è la Parola di D-i-o, è opportuno non pensare subito alla melodia liturgica e a un percorso didattico musicale. Il primo passo è rivolto alle Scritture, a quelle espressioni attraverso le quali D-i-o rivela all’uomo il suo cuore, dice prima di tutto chi è in modo da farci acquisire una prima confidenza per crescere nell’amore per Lui. Con ciò, sia chiaro, non si prospetta un cammino prestabilito nei dettagli. Non è in modo automatico e meccanico che dalla lettura della Bibbia si venga condotti alla (ri-)scoperta della fede. Può darsi che il testo rimanga cristallizzato in un’opera letteraria, susciti al massimo una certa curiosità, lasciandoci del tutto indifferenti sul piano della religione. Ma non è escluso che la stessa lettura squarci i veli dell’indifferenza agnostica e lasci intravvedere scenari imprevisti e inediti. Oppure confermi il lettore nella ricerca appassionata di D-i-o nella storia, dal patto con Abramo fino al nostro battesimo e al momento presente. In ogni caso con fede o senza fede, documento storicoletterario del passato o confidenza sempre attuale nel dialogo tra il Creatore rims 2019/1-2
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e la sua creatura, la Bibbia fornisce il contesto più ampio in cui s’inseriscono sia il canto gregoriano sia la nostra esistenza. Il colloquio con le Scritture non si esaurisce in un pomeriggio, ma esige di essere prolungato nel tempo con incontri quotidiani lungo l’arco di alcuni mesi, degli anni a venire. Nel leggere la Bibbia non dobbiamo avere fretta di scorrere il testo più lungo possibile nel minor tempo disponibile. Anzi, è bene leggere poco, forse una sola frase, rileggerla due o più volte ancora, poi ripeterla attingendola dal pozzo della memoria. Sempre senza fretta, ma facendo una pausa prolungata. Se siamo sulla buona strada, la pausa non è avvertita come un’interruzione fastidiosa. Essa è l’occasione unica per sperimentare una certa forma di silenzio. Il nostro spirito si dilata allora per far posto, nel nostro intimo, alla Parola stessa, non per soffocarci con pensieri più o meno peregrini e inutili. Anche il nostro cuore per essere attivo non vive un unico battito infinito dalla nascita alla morte; ma pulsa con un ritmo che vede l’alternarsi equilibrato di tensione e distensione, di lavoro e riposo. La fase della lettura non si esaurisce nel tempo, ma si ripresenta periodicamente con modalità leggermente modificate. La lettura quotidiana può attraversare varie situazioni: una visione e adesione al testo vissute con semplicità, un soffermarsi puntiglioso su problematiche storiche e/o letterarie, un rimanere come sospesi nel vuoto senza riuscire a darsi nessuna risposta, una prontezza rassicurante nel formulare conclusioni e prevedere ulteriori passi, un percorso esaltante perché chiaro e luminoso, un ostacolo invalicabile che scaraventa il lettore nella gelida opacità dell’acedia. È quest’ultima una tappa, forse inevitabile, del cammino spirituale. Può raggiungere i vertici della disperazione quando ci si trova di fronte al proprio nulla e all’assenza, anche solo apparente, di D-i-o… A un certo punto del cammino, il lettore avvertirà il bisogno di porsi in modo diverso davanti al testo: si ritrova non più a leggerlo, bensì a canticchiarlo. Questo canto può interessare una frase intera, ma può limitarsi anche a una sola parola. È il momento in cui la Parola si scuote e insieme scuote tutto l’uditore. La res del vocabolo cerca di infrangere un guscio che la rinserra, custodendola quando essa andava protetta, liberandola quando essa diviene cibo e nutrimento della persona amata e amante. Quanto succede indica che è giunta l’ora per proseguire il cammino guidati dalla Parola transverberata dal canto gregoriano. Il che non significa affatto che ormai non occorra più leggere i testi come se avessimo raggiunto chissà quale grado professionale. Sino alla fine dei nostri giorni saremo sempre umili uditori della Parola, senza stancarci di leggerla, lasciarla affiorare nel silenzio, 10
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permettere che la lettura si trasformi in ruminazione e che da essa sgorghi la preghiera. La Parola si fa canto e diviene incanto. *** Una seconda dimensione del nostro approccio è più tecnico. Le singole sezioni possono integrarsi tra di loro. I seguenti aspetti costituiscono la struttura portante dello studio per divenire un cantore gregoriano: Premessa 1] È opportuno iniziare lo studio del canto gregoriano con un primo orientamento di fondo. Il che comporta, di solito, la lettura di qualche scritto che offra una panoramica esaustiva. In seguito si potranno attingere nuove cognizioni con lo studio di testi specifici e specializzati. Non mancano sussidi per soddisfare ogni esigenza, da un articolo divulgativo di rivista e di enciclopedia a un poderoso lavoro monografico di natura estremamente tecnica. 1 2] Va da sé che sarebbe bene acquisire un minimo di cultura circa la lingua latina. Anche chi ha una formazione latina di livello scolastico farà bene a prendere in mano un’edizione latina della Bibbia, in particolare il salterio, e
1 Si segnalano pubblicazioni in italiano: una succinta panoramica d’insieme si trova in Giacomo Baroffio – Eun Ju Kim, Cantemus Domino Gloriose. Introduzione al canto gregoriano, Saronno, Ed. Urban 2003. Un manuale esaustivo e sempre utile rimane Willi Apel, Il canto gregoriano. Liturgia, storia, notazione, modalità e tecniche compositive. Con due capitoli dedicati al canto ambrosiano e al canto romanoantico di Roy Jesson e Robert J. Snow. Ed. tradotta, riveduta e aggiornata da Marco Della Sciucca, Lucca, LIM 1998. Insostituibile per conoscere il lavoro compositivo e le forme musicali è Paolo Ferretti, Estetica Gregoriana ossia Trattato delle forme musicali, Roma, PIMS 1934. Sull’interpretazione della notazione cfr. Eugène Cardine, Semiologia Gregoriana in collaborazione con Godehard Joppich Rupert Fischer, Roma 1979 (ristampa 1987). Chiaro e approfondito il contributo di Enrico De Capitani, Tropi, Sequenze, Prosule. Ornamento ed espansione del canto gregoriano, in Fulvio Rampi (ed.), Cantori Gregoriani. Alla scuola del canto gregoriano. Studi in forma di manuale, Parma, Musidora 2015, 713–807. rims 2019/1-2
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leggere testi patristici e liturgici in latino. Senz’altro è utile entrare nell’universo del latino patristico-liturgico con le sue proprie peculiarità. 2 È urgente recuperare una scioltezza nel pronunciare testi in latino, sia nella proclamazione parlata sia nel canto. Questo ambito purtroppo trova la gran parte delle persone impreparate; la pronuncia risulta oggi bistrattata anche a tutti i livelli ecclesiastici. 3 Aspetti generali 3] La storia come Storia della salvezza − Rivelazione e tradizione − La Parola di D-i-o nella Bibbia − I cicli letterari: i libri storici, sapienziali, poetici profetici… − I salmi: preghiera e poesia, generi letterari; trasmissione latina (salterio romano…) 4] L’universo liturgico − Realtà e categorie fondamentali: Presenza operante di Cristo e del suo Spirito, memoriale, benedizione, mistero pasquale… − Silenzio, gesti, parole… − Famiglie liturgiche, riti e usi in Italia − Anno liturgico − Azioni: Eucaristia, sacramenti, Ore… − Elementi letterari: letture, orazioni (eucologia), canti, rubriche 5] Le fonti liturgiche − Documentazione storica, letteraria, artistica − I libri liturgici e loro funzione ministeriale 2 Ad esempio, levita nel tempo in ambito cristiano ha assunto il significato di diacono (Stephanus levita, Laurentius levita…). 3 La sillabazione è quasi sempre errata e causa una fastidiosa confusione nelle esecuzioni corali, come glo-ria invece di glo/ri/a, scien-tiam sci-en-ti-am (nel Benedictus), a-do-ra-re ad/o/ra/re. Nel canto occorre fare attenzione alle vocali finali. È un punto importante, ma disatteso. Basta pensare alla parola alleluia. In questo e in analoghi casi, nel canto è necessario mantenere la bocca aperta sino alla fine del suono, altrimenti il risultato pessimo è alleluiam… Al contrario, nel cantare finali come Deum si deve tenere la bocca aperta o socchiusa, come si stava cantando. Qui, invece, si tende a spalancare la bocca. Il risultato catastrofico è simile al botto quando si stappa una bottiglia Deuummb… 12
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− Libri d’orientamento: libro ordinario, calendario… − Libri per celebrare l’Eucaristia: lezionari, sacramentario, graduale, messale… − Libri per celebrare le Ore: salterio, collettario, antifonario, innario… − Libri per celebrazioni particolari: pontificale, rituale… − Panoramica sulle principali notazioni musicali presenti nelle fonti italiane 6] Formulari liturgici e principali formule/unità musicali − Cantillazione biblica, toni di lettura, salmodia − Antifona: salmica, ai cantici evangelici, introito, comunione… − Responsorio: prolisso, breve, graduale, offertorio… − Inno delle Ore, inno processionale − Tropi e sequenze… Aspetti specifici per preparare un’azione liturgica o un singolo canto 7] Individuare il contesto liturgico di un canto. − L’esame contempla la realtà liturgica a cerchi concentrici, dal più ampio a quello più ristretto: − il tempo liturgico (avvento, Natale…); − il giorno liturgico (feria, domenica, festa, solennità); − l’azione liturgica (Messa, Ore, funerale…). − Importante è riuscire a rilevare eventuali relazioni con gli altri canti del medesimo giorno e/o della medesima azione. Ad esempio, nel mattutino la concatenazione testuale tra il verso di un responsorio prolisso e il responso successivo; la collocazione di un responsorio o di un’antifona nella progressione modale…; − il momento particolare e la funzione specifica del canto (per la Messa: preparazione, introito, graduale, alleluia o acclamazione al Vangelo, offertorio, comunione, canti dell’ordinario…); 8] il testo letterario − contesto letterario e storico biblico (AT/NT, libro, capitolo, versi); − aspetti filologici (ad esempio, quale recensione del salterio latino: Romanum, Vulgata o altro?…) − contesto liturgico (presenza del libro o dei versi in quale occasione liturgica, nello stesso giorno o nella medesima azione…); rims 2019/1-2
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9] la melodia − trasmissione neumatica; − esame modale e ritmico; − architettura e stile (elementi strutturali); − tecniche di composizione (idiomelo, melodia-tipo, centone, maqam, esposizione per inclusione, chiasmo, tono salmodico…); 10] l’esame melodico comparativo (vergleichende Choralwissenschaft) − per conoscere meglio le melodie gregoriane nelle loro specifiche caratteristiche, è opportuno procedere a un confronto sistematico con i testimoni di differenti recensioni musicali. Esse sono proposte quasi sempre nel canto romano (romano-antico), nel repertorio romanofranco (tradizionalmente chiamato ‘gregoriano’), in misura frequente nella tradizione milanese (ambrosiana). Eccezionalmente si possono trovare dei paralleli anche nei formulari locali beneventane e nelle tradizioni ispaniche. − Il confronto prevede la trascrizione delle varie recensioni, una sotto l’altra. L’esame musicale si fa in primo luogo con l’esecuzione e l’ascolto. L’osservazione ottica può essere un aiuto complementare, ma è sempre secondaria rispetto al canto. 11] la rielaborazione grafica − dal Graduale Romanum del 1908 e le sue varie ristampe sino al Novum, Restitutum, Turco…, per non parlare dei canti delle Ore dalle edizioni solesmensi a quella di Praglia, nessuna edizione finora pubblicata rispetta la fisionomia musicale specifica delle melodie gregoriane. Si tratta di una situazione assurda, ma purtroppo reale. È pertanto opportuno che ogni responsabile di un coro gregoriano elabori una trascrizione strutturale o se la procuri; 4 4 Si tratta di rimediare al ‘peccato originale’ della fissazione delle melodie liturgiche copiate nei codici manoscritti e successivamente negli stampati a riga piena. È un fenomeno di massima irresponsabilità dovuta al fatto che probabilmente i libri con musica allora non erano considerati libri di musica in senso moderno. È chiaro un fatto. Si era in grado di cantare una melodia solo se la si conosceva già a memoria; nessuno era in grado di cantarla leggendo la notazione in campo aperto (senza rigo) e pure adiastematica (senza la minima attenzione agli intervalli). Si veda l’evidenza del fenomeno, assente nella trasmissione dei testi poetici, confrontando due citazioni di Dante. La prima, della Divina Commedia (I, I terzine 2–4), 14
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12] la proposta esecutiva − coro, solista, assemblea; − individuazione della dinamica del canto e articolazione del fraseggio, nel rispetto della reale fisionomia melodica dei singoli canti. *** Non entro in merito alle infinite interpretazioni delle melodie gregoriane. Dirò soltanto che poche mi convincono fino in fondo. Alcune sono purtroppo sconclusionate, forse perché sono o sembrano almeno essere il risultato di un’accozzaglia di suggestioni e gesti vocali improvvisati, senza coerenza tra le varie parti. Mi lascia perplesso, inoltre, l’assenza totale del fraseggio imposto dalla simbiosi letteraria e musicale e non lo si deve isolare dal conseguente ritmo che occorre comunque rispettare. Infine, ma non ultimo, anzi forse è il primo, c’è un punto assai delicato: l’uso corretto della voce nel dare spazio alla sua espressività naturale. Abbondano solisti e cori che sembrano facciano di tutto per mortificare la propria voce, mortificare, ripeto, proprio in senso letterale. L’avviliscono e le tolgono ogni palpito vitale. Succede qualcosa del genere: si canta in modo piatto, spesso tutto mezzo forte o mezzo piano, talora riducendo l’intero canto a un bisbiglio soffocato o, al contrario, a un urlo sguaiato. Graficamente si potrebbe rappresentare un’esecuzione così: bisbiglio: mezzo piano:
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Queste due e altre possibili esecuzioni piatte rispecchiano dosaggi cristallizzati del volume della voce. Si ha l’impressione che siano differenti, ma di è un testo poetico. A nessuno è mai venuto in mente di trasmetterlo ‘a riga piena’ come hanno fatto con il secondo testo, la prosa del Convivio (trattato I, cap. I, 5–6): “Ahi quanto a dir qual era e cosa dura esta selva selvaggia e aspra e forte che nel pensier rinova la paura tant’è amara che poco è più morte ma per trattar del ben ch’i vi trova, dirò de l’altre cose ch’i v’ho scorte io non so ben ridir com’i v’intrai tant’era pien di sonno a quel punto che la verace via abbandonai…”. “Dispregiar se medesimo è per sé biasimevole però che a l’amico dee l’uomo lo suo difetto contare strettamente e nullo è più amico che l’uomo a sé onde ne la camera de’ suoi pensieri se medesimo riprender dee…”. rims 2019/1-2
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fatto coincidono. Il risultato è sempre lo stesso. È la rappresentazione di un elettrocardiogramma piatto, sta cioè a significare che il muscolo cardiaco è fuori gioco, non è più in grado di pulsare, non canta più. Nello stesso modo si comporta la voce che perde vigore vitale, si appiattisce, mentre nella sua vitalità espressiva dovrebbe abbandonarsi alle onde emotive con una ‘naturalezza naturale’, senza forzature di sorta, senza esibizionismi. È quanto dovrebbe accadere durante ogni celebrazione liturgica. È un’esperienza che sul piano musicale si colloca nel solco aperto da grandi maestri, come Arturo Benedetti Michelangeli che suona Chopin o Debussy oppure Henrik Chaim Goldschmidt nel Gabriel’s Oboe di Morricone. Il gregoriano è anche canto. Il fatto di essere in primo luogo preghiera non soffoca la voce né tanto meno la paralizza. La libera, anzi, da ogni vincolo affinché si dilati e si muova nello spazio senza limiti della Parola di D-io. Cavalcando le onde dell’anima in un moto perpetuo. Più o meno secondo questa rappresentazione grafica, che permette a ciascuno di distinguerla dalle due precedenti.
Il ‘tocco del pianista’ è un altro grave difetto da evitare nel cantare melodie gregoriane. Si tratta di una modalità esecutiva plasmata in genere dalla noncuranza e, spesso, dall’imitazione (inconsapevole) di alcuni stilemi propri della musica colta occidentale. Il fenomeno si evidenzia chiaramente in due situazioni. 1] si canta imprimendo pressione all’inizio delle (singole) note. Il suono come succede quando si pigia il tasto di un pianoforte si esprime in un decrescendo inarrestabile. L’esecuzione finisce per risultare pesante e fastidiosa, costituita da tanti > > > > > > > > > >. Una caratteristica della voce umana è la modulazione libera del volume che si può esprimere con infinite sfumature. Alcune possibili rappresentazioni: > >> >>