Disegno grafico e progettazione. Vol. 3 3a classe degli ipsc e degli ia indirizzo grafica pubblicitaria.
 9788889140567 [PDF]

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Ringraziamenti Amici, colleghi e personale AlA (Tecnici) dell'Istituto Professionale Commercio-Turismo-Pubblicità di Civitanova Marche AIta

Copyright 2007 CLITT srl - Roma Tutti i diritti letterari e artistici sono riservati. Nessuna parte può essere riprodotta, in alcun modo, senza specifica autorizzazione scritta dall’Editore.

per conto della CLITT srl - Roma Via Appiano, 21 00136 Roma Tel. 06.35.45.35.92 Fax 06.35.45.53.63 Un testo di “disegno grafico” è illustrato inevitabilmente con immagini, etichette, prodotti e messaggi pubblicitari. Le illustrazioni che si trovano nel volume vanno perciò intese esclusivamente quali esempi di documentazione didattica, indipendentemente dalle denominazioni commerciali che vi si possono leggere. La loro scelta è stata effettuata a puro scopo dimostrativo e senza fini di lucro. L’Editore ha cercato di reperire tutte le fonti delle illustrazioni ed è comunque a disposizione di eventuali aventi diritto nell’ambito delle leggi internazionali. Per suggerimenti, proposte, integrazioni, correzioni volte al completamento e miglioramento del testo I'indirizzo è: [email protected] Progetto della copertina: Federica Tarchi - graphic designer Grafica e impaginazione: Giovanna Mancini (Clitt)

Il Sistema di Qualità CLITT è certificato UNI EN ISO 9001:2000

premessa

PREMESSA Questo manuale, rivolto agli istituti professionali del corso di Operatore Grafico, è suddiviso per moduli. Il testo si rivela un sussidio didattico valido e duttile per lo svolgimento del programma e per introdurre gradualmente gli allievi nella conoscenza della concreta realtà operativa. Per quanto riguarda le tecniche grafiche, sono affrontate sia quelle tradizionali sia quelle digitali; in un periodo di transizione, è infatti ancora indispensabile muoversi nel “mondo della grafica” in entrambe le direzioni. Rispetto alla precedente edizione, il testo presenta ora molte novità. Tra l’altro sono state aggiunte numerose esercitazioni svolte, con il proposito di rafforzare le conoscenze degli argomenti trattati, sviluppando la manualità sia tradizionale sia informatica; inoltre l’inserimento di nuove immagini rende più facile ed immediato l’apprendimento degli argomenti trattati ed educa nel contempo, l’occhio alla “visualità”.

3

disegno grafico e progettazione 3

PREMESSA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

3

INDICE

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■ MOD. 1 - Dal progetto alla stampa ■

introduzione

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U.D. A - Scomponiamo e ricomponiamo lo stampato

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gli aspetti operativi dello stampato



classificazione degli stampati

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13



le immagini e la risoluzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

15



la fotoriproduzione delle componenti iconografiche e la quadricromia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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progettazione e stampa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

20



gli impianti

23



la carta per la stampa



ESERCIZI

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25

U.D. B - Realizzare con le tecniche

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29

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32



il formato e il numero di copie



i registri e il montaggio



i procedimenti di stampa

......................................

33



la nuova stampa e il digitale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

41



allestimento

.....................................................

42



cartotecnica

.....................................................

43



ESERCIZI

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44

U.D. C - Lo stampato editoriale

........................

47

............................

48



la casa editrice e il reparto grafico



il libro: gli elementi e la struttura formale



pianificazione dell’opera

....................

51

.......................................

55



un’idea di sviluppo: il calcolo delle battute . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

65



l’allestimento e le segnature . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

67



il menabò e il timone

73



ripercorriamo in sintesi la realizzazione di uno stampato



ESERCIZI

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75

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77

4 Περαγλιε, Σοχχιο ∆ΙΣΕΓΝΟ ΓΡΑΦΙΧΟ Ε ΠΡΟΓΕΤΤΑΖΙΟΝΕ − ςολ.3 ♥ ENKVV 2012

indice

● MOD. 2 - Immagine e comunicazione pubblicitaria U.D. A - Progettiamo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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87



la messa in pagina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

89



impaginazione del quotidiano

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91



progettazione di uno stampato editoriale (libro, rivista, catalogo ecc.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

93



la copertina del libro e del tascabile

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99



l’ipertesto

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102



ipertesto... le rappresentazioni concettuali



progettare un annuncio pubblicitario



progettiamo il pieghevole



progettare... web

● ●

..................

103

.........................

105

.....................................

109

...............................................

110

i banner

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114

ESERCIZI

.........................................................

115

U.D. B - Il messaggio visivo dell’annuncio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 117 ●

gli elementi dell’annuncio

.....................................

121



le tensioni e le forze visive

.....................................

131



schemi impaginativi degli elementi dell’annuncio . . . . . . . . . . . . 133



le funzioni del messaggio visivo



ESERCIZI

..............................

135

.........................................................

139

U.D. C - Comunicare con lo stampato e i nuovi media

....................................

141

....................................................

142



il quotidiano



anatomia del quotidiano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 143



la rivista



anatomia della rivista . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 149



periodici di industrie e di enti (house organ)



il catalogo



il pieghevole



ESERCIZI

.........................................................

148

.................

150

.......................................................

153

....................................................

155

.........................................................

157

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disegno grafico e progettazione 3

U.D. D - Manuale di immagine coordinata

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manuale di immagine grafica coordinata o corporate identity . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 161



esempio di manuale di immagine grafica coordinata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 164

Portfolio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 179

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dal progetto alla stampa

MOD. 1 Dal progetto alla stampa ■ PREREQUISITI

■ ■

Conoscere e applicare le regole compositive e della percezione visiva in riferimento allo spazio formato e al supporto cartaceo. Conoscere e utilizzare i processi di stilizzazione. Conoscere e applicare in maniera corretta le fasi operative legate alla progettazione dei diversi formati e materiali maggiormente utilizzati nella grafica.

■ DOMINANTE FORMATIVA ■

Saper elaborare, organizzare e strutturare un percorso operativo in maniera autonoma utilizzando rappresentazioni concettuali e strumenti multimediali che portino alla realizzazione di elaborati personali accurati e pertinenti allo scopo voluto.

■ FINALITÀ ■

Avviare alla comprensione della significatività culturale del prodotto stampato consolidando e potenziando anche la sensibilità estetica rispetto agli aspetti visivi e tecnici dell’editoria.

1 MODULO



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disegno grafico e progettazione 3

INTRODUZIONE

Schema grafico del percorso operativo dal brief alla distribuzione.

Non c’è prodotto stampato senza progettazione: conoscere i modi e le fasi che lo generano significa conoscere tutto il processo di analisi e il processo operativo grafico che dall’ideazione attraverso particolari passaggi e procedimenti tecnologici realizza la produzione di originali in un determinato numero di copie. Conoscere gli elementi caratterizzanti di uno stampato dal punto di vista for-

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dal progetto alla stampa

male e progettuale, conoscere i processi tecnologici in funzione della realizzazione della stampa sono argomenti necessari che il grafico considera e coordina sin dalla fase ideativa. Operare con gli elementi e i dati di un progetto porta necessariamente ad una operazione di ordine e di sintesi, conoscere modelli di rappresentazione facilita l’attività lavorativa e il percorso creativo. Saper e saper fare in un percorso che preveda la realizzazione di un manufatto si ritrovano in un qualsiasi stampato.

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dal progetto alla stampa

U.D. A Scomponiamo e ricomponiamo lo stampato ■ OBIETTIVI GENERALI



Conoscere gli elementi che costituiscono uno stampato per associarli ad un aspetto funzionale ed estetico adeguato. Creare una comunicazione espositiva e tecnica secondo forme personali, in alcuni casi anche audaci.

■ CONOSCENZE ■



Essere in grado di conoscere e suddividere i diversi stampati a secondo dei diversi aspetti contenutistici e formali (aspetto storico, tecnico, ecc.). Conoscere i componenti, la classificazione, la formatura e ogni altro elemento che caratterizza il procedimento tecnico di realizzazione dello stampato.

■ COMPETENZE ■



Riconoscere i diversi aspetti tecnologici e operativi dello stampato attraverso l’uso di una terminologia specifica anche in funzione della realizzazione in stampa. Scomporre e ricomporre ogni tipo di stampato secondo una metodologia corretta, funzionale e finalizzata.

■ CAPACITÀ ■

Attingere informazioni esaurienti, ampie e articolate pianificando i contenuti secondo un percorso coerente e funzionale.

A UNITÀ DIDATTICA



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disegno grafico e progettazione 3

INTRODUZIONE In questa unità si vuole analizzare la realtà grafica che coordina l’aspetto progettuale, la composizione e l’editoria, lo studio dell’aspetto tecnologico della stampa e le operazioni che partendo dall’originale portano alla realizzazione di forme di stampa, ai procedimenti che generano lo stampato. Lo studio consapevole dello stampato come prodotto materiale visibile esteriormente, con varie funzioni informative e comunicative, con caratteristiche specifiche dei suoi contenuti, deve essere avviato con una informazione e una cultura tecnologica di base. Le diverse fasi che comportano la realizzazione di uno stampato devono essere determinate a priori utilizzando rappresentazioni concettuali che facilitano l’evoluzione e le connessioni del percorso operativo. Si consiglia, una volta apprese le nozioni operative, la visita ad una azienda di settore per meglio comprendere tutto il procedimento operativo.

■ GLI ASPETTI OPERATIVI DELLO STAMPATO Il settore grafico che studia i componenti e gli aspetti dello stampato, indipendentemente dalle caratteristiche dei suoi contenuti si chiama entipologia. Essa si occupa quindi dello stampato inteso come mezzo di comunicazione, esaminandolo sotto il profilo storico, tecnico, estetico e funzionale, considerandolo cioè come “veicolo” o canale che porta il messaggio.

Rappresentazione dei campi di indagine per lo studio degli stampati.

Gli stampati possono assumere svariate forme ed essere progettati per innumerevoli scopi: comunque, tutti nascono per rispondere a esigenze ed a bisogni di tipo economico, sociale e culturale. Per studiarli a fondo, quindi, occorre abbracciare diversi campi di indagine, considerando gli aspetti storici, funzionali, tecnici ed estetici, e tenendo presente che ogni argomento di indagine non costituisce una fase operativa autonoma, ma deve collegarsi con gli altri. Esaminando, ad esempio, lo stampato sotto l’aspetto storico, si possono individuare quali elementi storici, religiosi e politici possono condizionare le scelte progettuali e il giudizio degli utenti. Considerare, invece, lo stampato sotto l’aspetto funzionale vuol dire analizzare quanto possano influire le condizioni economiche, sociali e culturali del periodo sui risultati e sul progetto, con l’obiettivo di sfruttare le opportunità che via via si presentano. Così, si possono utilizzare particolari forme in occasione di determinate ricorrenze (stampati a forma di “uovo” per le ricorrenze pasquali, o a forma di abete per quelle natalizie, ecc.).

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dal progetto alla stampa

L’aspetto tecnico, a sua volta, abbraccia i diversi procedimenti di stampa che concorrono alla realizzazione dello stampato in tutte le fasi del percorso, dall’originale alla riproduzione e all’allestimento. L’aspetto estetico, infine, è il più importante, in quanto è questo il fattore che determina la prima (e spesso anche l’ultima!) impressione che il pubblico si fa dello stampato (che è essenzialmente un mezzo di comunicazione visiva). Ricordiamo, a questo proposito, che lo stampato, per diventare un mezzo efficace di comunicazione ed essere di presa immediata sul pubblico di riferimento, deve avere una struttura estetica ed un lettering adeguati, con “giusti” richiami di colore.

■ CLASSIFICAZIONE DEGLI STAMPATI Si definisce classificazione la ripartizione degli stampati in base alla loro funzione e al loro utilizzo. I metodi di classificazione degli stampati sono molteplici. I più usati sono quelli che raggruppano gli stampati in base alle loro caratteristiche, suddividendoli in: ■ librari ■ paralibrari ■ extralibrari STAMPATI LIBRARI Per stampati librari si intendono tutti i libri e cioè: ■ edizioni di consultazione (enciclopedie, dizionari ecc.); ■ edizioni didattiche (libri scolastici di ogni ordine e grado); ■ edizioni scientifiche e tecniche; ■ edizioni di letteratura varia (narrativa, saggistica ecc.); ■ edizioni d’arte (arte antica, arte moderna, fotografia); ■ edizioni religiose (sacre, liturgiche, devozionali); ■ edizioni speciali (libri microscopici o a caratteri cubitali ecc.); Esempi di stampati librari.

STAMPATI PARALIBRARI (emerologia) Per stampati paralibrari si intendono tutti gli stampati che si pubblicano con una determinata periodicità (per tale motivo sono chiamati “periodici”). Si suddividono in: ■ quotidiani (indipendenti, politici, economici, sportivi ecc.); ■ periodici (di attualità, varietà, politica, letterari, economici, sportivi, di argomento vario, tecnici, professionali, di categoria, di industrie ed enti). Sono assimilabili alla classe dei paralibrari anche altri tipi di stampati periodici come: orari, almanacchi, elenchi telefonici, prontuari, guide, gazzette ufficiali, raccolte di leggi e giurisprudenza, in quanto presentano ugualmente delle caratteristiche librarie.

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Esempi di stampati paralibrari.

Esempi di stampati extralibrari.

STAMPATI EXTRALIBRARI Per stampati extralibrari si intendono tutti gli stampati che non possono essere raggruppati nelle due precedenti categorie. La classe si suddivide in: ■ stampati commerciali ■ stampati per corrispondenza ■ stampati per imballo e spedizione ■ stampati per contabilità e scritturazione ■ carte valori ■ stampati d’identificazione, di presentazione e controllo ■ stampati per manifesti, cerimonie, ricorrenze, trattenimenti, giochi ■ calendari ■ cartografie ■ edizioni musicali ■ stampe d’arte e iconografie ■ carte da parati e tessuti ■ pieghevoli

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dal progetto alla stampa

Le scelte strategiche, grafiche ed operative relative allo studio degli stampati variano in base alla loro struttura funzionale, ai formati (UNI) e al tipo di utenza cui sono destinati.

■ LE IMMAGINI E LA RISOLUZIONE Per “leggere” un’immagine e “digitalizzarla” tramite uno scanner, occorre determinare la misura della risoluzione, di norma in ppi (pixel per pollice). Il numero di pixel per pollice visualizzati su un monitor viene chiamato risoluzione dell’immagine. I pixel sono dei minuscoli quadratini che definiscono i diversi colori o i toni di grigio e possono essere più o meno numerosi. Essi corrispondono ad un punto sul monitor e sono la rappresentazione visuale di un bit: sono bianchi se il bit è uguale a zero, sono neri se il bit è uguale a uno. La loro densità rende più o meno definita l’immagine: più i pixel sono numerosi, più l’immagine è dettagliata e la risoluzione, quindi, elevata. Ad esempio, un monitor da 13 pollici contiene 640 pixel in larghezza e 480 pixel in altezza, per cui un’immagine di 640x480 pixel riempie totalmente lo schermo. Se il monitor fosse più grande, la stessa immagine riempirebbe ugualmente lo schermo, ma i pixel risulterebbero di maggiore dimensione. La risoluzione dell’immagine è molto importante, in quanto influisce direttamente sulla qualità di stampa. Ad esempio, per la stampa di un foglio in bianco e nero è necessaria almeno una risoluzione di 170 dpi, mentre se la stampa e l’originale sono in quadricromia, la risoluzione ottimale è di 300 dpi. La sigla dpi (punti per pollice) indica la misura della risoluzione di un elaborato in uscita da stampanti laser o unità fotografiche. Entrambe le sigle, ppi e dpi, sono utilizzate per misurare la risoluzione, ma la prima va usata per le risoluzioni video e la seconda per quelle stampa. All’atto pratico, però, si preferisce utilizzare la sigla dpi in ambedue i casi. Lo studio della risoluzione comprende sia i testi sia le immagini. I testi consentono una percezione lineare e consequenziale (cioè parola dopo parola) dell’informazione, mentre le immagini traducono in linguaggio visivo l’informazione stessa. Le immagini possono essere grafiche, fotografiche, illustrate, diapositive, digitali (cioè costituite da pixel).

Ingrandimento di un immagine a 300 dpi. I pixel visualizzati mantengono la loro definizione.

Ingrandimento a 72 dpi. I pixel visualizzati hanno i contorni poco delineati.

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Immagine vettoriale, i contorni della forma sono netti.

Dall’ingrandimento dell’immagine si possono vedere i pixel.

Le immagini digitali si ottengono al computer: dopo aver scansionato l’originale o averlo fotografato con una speciale macchina digitale, si memorizzano i dati raccolti e si visiona il risultato con dei programmi specifici. Le immagini digitali si classificano in due categorie: immagini vettoriali e immagini bitmap. Le immagini vettoriali sono formate da una combinazione di linee, definite mediante coordinate e curve (chiamate vettori), che ne individuano l’inizio e la fine e ne descrivono le caratteristiche geometriche. Le immagini vettoriali sono indipendenti dalla risoluzione e si possono, quindi, ingrandire a piacimento senza ripercussioni negative sulla qualità. Sono indicate per tracciare contorni precisi e dettagli e vengono usate frequentemente per la realizzazione dei marchi. Inoltre, dato che occupano poco spazio in memoria, sono molto “maneggevoli” e si adattano facilmente ad essere rielaborate al computer. Spesso, però, sono migliori in stampa piuttosto che su video (dove sono rappresentate come pixel). Le immagini bitmap sono formate da mappe di punti (i pixel) cui sono assegnati una posizione e un valore di colore. Possono essere di un solo colore (monocolori) o di tre colori (blu, verde, rosso). Il bitmap costituisce lo strumento elettronico più comune e viene impiegato per le immagini a tono continuo, come ad esempio le fotografie e le immagini create attraverso programmi di disegno. Le immagini bitmap possono contenere un numero variabile di pixel, ma sono state studiate delle combinazioni ottimali, in grado cioè di fornire una buona risoluzione senza comportare dei file troppo pesanti (ricordiamo che all’aumentare del numero dei pixel, migliora la qualità dell’immagine e, parallelamente, aumenta il “peso” del file, cioè lo spazio di memoria da esso occupato nel computer). Come s’è detto, un’immagine a colori per la stampa dovrebbe avere una risoluzione di almeno 300 dpi. Se attraverso il computer ingrandiamo un’immagine originalmente di 300 dpi, ad esempio raddoppiando le sue dimensioni originali, il numero complessivo dei pixel resterà invariato. Da ciò consegue che, se prendiamo un certo spazio (ad esempio un decimetro quadrato) dell’immagine ingrandita, essa conterrà esattamente la metà dei pixel presenti in un decimetro quadrato dell’immagine originale. Sul monitor, probabilmente, non noteremo alcuna differenza qualitativa tra le due immagini (in quanto le immagini al monitor hanno una buona resa anche con una risoluzione di 72 dpi), ma se andiamo a stamparle la minore qualità dell’immagine ingrandita sarà evidente. È per questo che alcuni formati molto leggeri, che contengono

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un basso numero di pixel (come, ad esempio, il GIF), sono usati per le immagini da visionare sul monitor, ma non possono essere utilizzati per la stampa (dove la risoluzione deve essere molto più alta). Vale, ovviamente, la regola inversa: se dimezziamo le dimensioni di un’immagine, il numero di pixel complessivo resterà invariato. Da ciò deriva che da un originale molto grande, ma a bassa risoluzione, è possibile stampare un’immagine di buona qualità, a patto che ne riduciamo adeguatamente le dimensioni. Quando l’utilizzo finale dello stampato è rappresentato da un manifesto, la risoluzione dell’originale deve essere molto alta: in genere per una buona qualità di stampa si considera il rapporto 2:1. Ecco altre risoluzioni ottimali: ■ per stampare volantini va bene la risoluzione a 85 / 133 ppi (bassa frequenza nel retino), in quanto in questo caso la qualità delle immagini non è essenziale (ma lo è invece il prezzo); ■ per stampare quotidiani e notiziari la risoluzione è generalmente di 65 ppi (media frequenza nel retino), in quanto le immagini sono in bianco e nero e non si richiede una qualità elevata; ■ per stampare riviste a quattro colori la risoluzione ottimale è di 150 / 300 ppi, in quanto si richiede una buona qualità delle immagini. In taluni casi, ad esempio quando si devono stampare depliant o libri fotografici in cui si richiede una qualità di stampa particolarmente elevata, la risoluzione può superare i 300 ppi. Sorge ora spontanea una domanda: non sarebbe preferibile utilizzare sempre una risoluzione elevata, a prescindere dall’utilizzo finale dell’immagine? La risposta è no. Più la risoluzione è elevata più spazio occupa l’immagine nel computer e più il suo caricamento e la sua elaborazione sono lenti (e ciò comporta maggiori costi). È per questo motivo che documenti ad alta risoluzione non vengono quasi mai utilizzati quando la loro lettura avviene solo tramite monitor o video (ad esempio, per le pagine web): il loro caricamento sarebbe molto lento, e la qualità dell’immagine percepita dal lettore non cambierebbe di molto (la risoluzione ottimale, in questi casi, è di 75 ppi). Vi sono diversi formati di file che si possono usare per salvare le immagini a tono continuo. Esaminiamo i più comuni. Il JPEG (Joint Photographic Experts Group) è un formato leggero, ottimo per visualizzare fotografie o altre immagini a tono continuo destinate soprattutto alla rete. Il formato mantiene tutte le informazioni dei colori di un’immagine RGB e utilizza uno schema di compressione (JPEG) che riduce la dimensione dei file, eliminando i dati extra non essenziali per la visualizzazione su monitor: è per questo che viene definito un sistema “perdita di informazioni”.

Schermata di un tipo di salvataggio dell’immagine.

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Quando si apre un’immagine JPEG, questa viene decompressa automaticamente prima di essere utilizzabile. Riguardo alla qualità, c’è da notare che un’immagine che è stata compressa e poi decompressa non risulterà mai identica all’originale. Il formato TIFF (Tagged Image File Format) sopporta la compressione senza perdite di dati e non elimina i dettagli dell’immagine: per tale motivo esso viene frequentemente utilizzato per le immagini da stampare. Il formato EPS (Encapsulated PostScript) è anch’esso utilizzato per le immagini destinate alla stampa ed utilizza il linguaggio di descrizione di pagina PostScript. Il GIF (Graphics Interchange Format), infine, è un formato compresso come il JPEG, e come questo è utilizzato per pubblicare le immagini sul web. Ha il pregio di richiedere poco tempo per la trasmissione delle immagini via modem, in quanto è molto “leggero”. Un discorso diverso va fatto per le immagini al tratto, in quanto la loro stampa è priva di retino: in questo caso la risoluzione deve essere molto alta (anche di 1.200 dpi), per far sì che la stampa abbia un tratto definito e privo di scalette. In ogni caso, le immagini hanno bisogno di uno studio qualitativo attento, sia per individuarne il giusto formato, sia per definirne la risoluzione ottimale, in base agli scopi per cui esse sono prodotte. Per la stampa, poi, non basta applicare alle immagini la giusta risoluzione, occorre anche convertirle al metodo CMYK, indispensabile per realizzare le pellicole da usare nella stampa in quadricromia. Normalmente, infatti, le immagini sul monitor (dei computer e della tv) usano il modello RGB (Rosso, Verde, Blu) che si serve di tre colori, di tre canali e contiene 24 bit per pixel. Le immagini CMYK, invece, sono formate dai quattro colori normalmente usati per la stampa (Ciano, Magenta, Giallo e Nero), utilizzano quattro canali e contengono 32 bit per pixel. Affinché la riproduzione di una fotografia avvenga in modo corretto è opportuno indicare con dei segni codificati le dimensioni o i tagli desiderati. Le indicazioni per la riproduzione di una diapositiva debbono essere fatte su una copia stampata nel giusto verso della stessa. Ricordiamo, infine, che per procedere alla stampa su carta di un numero determinato di copie dobbiamo prima ricavare un impianto (generalmente a pellicola), tramite il quale realizzare la matrice di stampa.

■ LA FOTORIPRODUZIONE DELLE COMPONENTI ICONOGRAFICHE E LA QUADRICROMIA Per procedere alla stampa occorre riprodurre l’originale con metodi fotografici o digitali e ottenere una pellicola attraverso la selezione dei colori, a seconda del numero di copie e della qualità della stampa. Questa lavorazione prende il nome di fotoriproduzione.

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dal progetto alla stampa

Con la fotoriproduzione l’immagine originale viene scomposta in micropunti le cui dimensioni sono variabili: più piccole nelle zone chiare più grandi nelle zone scure. I metodi di fotoriproduzione variano secondo il tipo di originale (al tratto o a tono continuo) e secondo il metodo di stampa. Ciascun metodo, infatti, presuppone un particolare tipo di matrice (in incavo, in piano, in rilievo). Si possono utilizzare anche dei retini (pellicole trasparenti) alternati a elementi opachi (che vengono utilizzati per trasformare le immagini a tono continuo in immagini al tratto), suddividendo l’immagine stessa in singoli punti grandi e piccoli. Largamente impiegati sono i retini su pellicola (raster), detti anche per contatto o a punti sfumati, in quanto gli elementi opachi nella prossimità dei bordi diminuiscono. Esistono raster di vari gradi d’intensità da impiegare in base al supporto cartaceo usato e al tipo di immagine. Vale la seguente norma: più alta è la qualità della carta (e della stampa), più numerose sono le linee del retino. Ad esempio, per un manifesto si utilizza generalmente un retino da 20-30 linee se esso viene stampato in offset. Se, però, si vuole una qualità di stampa più elevata, si deve impiegare un retino da 80-120 linee. Il numero delle linee viene riferito in centimetri (cm.): se in 1 cm si incrociano 20 linee del retino, allora avremo 20x20 = 400 punti per cmq. Si può anche utilizzare uno speciale retino stocastico che presenta dei puntini molto piccoli (dell’ordine di 10-20 micron) e consente una resa particolarmente accurata dei dettagli dell’immagine, oppure un retino a cristallo che, come indica il termine, è costituito da lastre di vetro su cui vengono incise linee equidistanti che successivamente sono colorate di nero. Le linee del retino, in ogni caso, si incrociano ad angolo retto e sono inclinate rispetto i bordi di 45°, mentre le cellette variano di spessore a seconda della profondità che deve avere il cilindro per la stampa. Se con un lentino osserviamo delle immagini stampate, potremo notare come cambia la retinatura a seconda del tipo di stampa. Se i puntini della retinatura sono rotondi e presentano una densità che varia a seconda dell’intensità del colore, allora siamo in presenza di una stampa offset (cioè di una stampa con una lastra in piano). Se, invece, la densità dei puntini della retinatura resta costante, in quanto la diversa intensità dei colori è data dal maggiore o minore uso di inchiostro, si tratta molto probabilmente di una stampa rotocalco. Per la fotoriproduzione di immagini al tratto si utilizzano pellicole negative a tono continuo, dalle quali si ricava un positivo a tono continuo o retinato a secondo il tipo di stampa.

Scomposizione retinata dell’immagine: di norma si utilizza una retinatura di 1824 linee/punto per centimetro quadrato per carte di giornali, 30-48 linee/punto per carte uso mano e illustrazioni, 54-60 linee/punto per carte di media qualità, 60-80 linee/punto per carte patinate classiche, 80-120 linee/punto per illustrazioni su ottime carte.

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disegno grafico e progettazione 3

Annuncio pubblicitario che ricorda nella composizione il retino della quadricromia.

■ PROGETTAZIONE E STAMPA Per progettare uno stampato è necessario che l’operatore grafico conosca bene le esigenze del committente, abbia un’adeguata esperienza dei cicli lavorativi e verifichi attentamente le attrezzature disponibili. Terminata la verifica, il grafico lavora a rendere operativo (ossia riproducibile in serie) il progetto. Nel procedimento di riproduzione di originali per la stampa (foto, illustrazioni, originali elettronici) l’esecutivo viene corredato con una serie di utili informazioni. In genere, l’originale è accompagnato da una breve relazione tecnica. Le immagini da riprodurre al tratto, essendo formate solo da bianchi e neri, non richiedono particolari procedimenti. Per la riproduzione delle illustrazioni a tono continuo, invece, vanno utilizzate le specifiche tecniche previste per il sistema di stampa prescelto (tipografico, offset, rotocalco, serigrafia).

Originale con le indicazioni del ridimensionamento.

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dal progetto alla stampa

A seconda dei casi, l’immagine originale viene fotografata attraverso un retino che la scompone in punti, oppure viene digitalizzata elettrofiltro viola (cyano + magenta) filtro verde (cyano + giallo) filtro rosso (magenta + cyano) nicamente, cioè “convertita in passano le radiazioni viola e passano le radiazioni verdi passano le radiazioni rosse anneriscono il magenta, e anneriscono il verde, e anneriscono il rosso, valori” per poter essere elaborata il giallo, il viola il giallo, il cyano il giallo, il magenta al computer. L’immagine può essere modificanegativo negativo negativo ta anche radicalmente: si può intervenire sulla luminosità, sulle tonalità, si possono eliminare positivo positivo positivo difetti o aggiungere dettagli. La digitalizzazione può essere effetstampa colore stampa colore stampa colore tuata in vari modi: tramite scanner, con una macchina fotografica digitale, con una videocamera digitale collegata al computer. L’immagine digitalizzata viene poi scomposta riga per riga, punto per punto. I segnali ottici ottenuti stampa finale sono convertiti in valori di luce e proiettati su materiali sensibili, ossia su pellicole, nuovamente riga per riga e Schema della composizione colore per ottenere uno punto per punto, fino a che non viene ricostruita l’immagine iniziale. stampato. Per ottenere i tre colori primari si pone fra l’originale e l’obiettivo un filtro del colore complementare al primario desiderato, e cioè il verde per il magenta, il blu per il giallo, il rosso per il ciano. La composizione e la scomposizione dei colori si basano sui principi della sintesi addittiva e della sintesi sottrattiva (da noi analizzati nel volume 1-2).

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disegno grafico e progettazione 3

Ricordiamo che la prima si riferisce alla scomposizione del colore come luce e la seconda al colore come pigmento ossia, nel nostro specifico, agli inchiostri per la stampa.

Serie di annunci che utilizzano come visual la scomposizione del colore.

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dal progetto alla stampa

■ GLI IMPIANTI Gli impianti sono matrici di vario materiale che vengono utilizzati per la stampa. Variano in base al procedimento di stampa utilizzato: ■ nella stampa tipografica sono costituiti da cliché, con parti in rilievo ■ nei sistemi di stampa offset, rotocalco e serigrafico sono costituiti da pellicole. Per le stampe in quadricromia si utilizzano quattro pellicole, una per ogni colore di stampa (i tre colori primari più il nero): la pellicola ottenuta con filtro blu, ad esempio, registra la quantità di luce primaria blu riflessa dall’originale e corrisponde, in stampa, all’inchiostro giallo (che è il colore complementare del blu). Similmente, la pellicola ottenuta con filtro verde si stampa con inchiostro magenta, mentre quella ottenuta con filtro rosso si stampa con inchiostro ciano (blu primario). Le diverse pellicole sono retinate con inclinazioni diverse affinché il colore di stampa non si sovrapponga (difetto del moiré). I tre colori sovrapposti in proporzioni differenti permettono la riproduzione di tutte le gamme cromatiche dell’originale. Il nero viene aggiunto per ultimo, in modo da dare più valore ai contrasti, e la selezione si ottiene con un filtro giallo. Il bianco, invece, non è considerato un colore a se stante, in quanto è tipico del supporto di stampa. La sovrapposizione dei tre colori primari più il nero permette la riproduzione fedele dell’immagine originale in stampa, in tutte le sue sfumature di colore. In casi particolari è possibile, però, stampare con inchiostri diversi da quelli usati per la quadricromia (ciano, giallo, magenta e nero), ed utilizzare ad esempio l’oro o l’argento. Ogni stamperia può fornire un proprio campionario in proposito, in cui ogni colore alternativo è identificato da un particolare codice.

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disegno grafico e progettazione 3

Per ingrandire le immagini o ridurle in proporzione per adattarle alle dimensioni dello stampato e ottenere migliori risultati estetici, si può utilizzare il metodo della diagonale (descritto nel volume 1-2). Una volta scelte le nuove dimensioni dell’immagine, per consentire al tipografo di effettuare la riproduzione in modo esatto, è bene indicare tagli e misure sul retro dell’immagine (o su un trasparente da porre sopra la foto). Quello appena descritto è un metodo tradizionale ancora in uso, che può essere sostituito da misurazioni più precise, fatte elettronicamente al computer utilizzando un programma software. Oggi, infatti, con l’avvento dell’elettronica e delle nuove tecnologie, il settore è in continua trasformazione sia nei materiali sia nelle tecniche: il processo di stampa viene sempre più semplificato, i costi si abbassano e, parallelamente, la qualità media migliora. Ricordiamo, infine, che nella valutazione del costo di uno stampato, va considerato anche il costo orario per eseguire le operazioni di avviamento (fase iniziale per la messa a punto) e registro della macchina.

■ LA CARTA PER LA STAMPA I procedimenti di stampa possono utilizzare vari supporti. Quello principale, però, resta sempre e indiscutibilmente la carta: la sua scelta è fondamentale per la buona riuscita di uno stampato. La scelta è subordinata a tre fattori: ■ la destinazione dello stampato (elaborato di gran pregio, di media qualità o di qualità corrente); ■ il procedimento di stampa prescelto (che si collega direttamente alla qualità delle illustrazioni e dei testi); ■ le possibilità economiche a disposizione. Tra le varie caratteristiche tecniche di cui occorre tener conto nella stampa, un posto di primo piano spetta alle dimensioni del formato dello stampato, che variano in base alle funzioni svolte. Per facilitare la scelta del giusto tipo di carta da stampa sono in commercio degli appositi prontuari, forniti direttamente dalle cartiere produttrici. Si consiglia la consultazione di prontuari di varie cartiere, per poter operare la scelta più vantaggiosa ed ottimizzare il rapporto resa progetto/qualità di stampa.

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dal progetto alla stampa

U.D. A Scomponiamo e ricomponiamo lo stampato

ESERCIZI

■ ESERCIZI SVOLTI ■







Con un programma specifico apri un’immagine digitalizzata e attraverso la finestra dei canali elaborala in colore cyan della quadricromia. Stampa, poni sopra la stampa un foglio di carta e con un pennarello del colore scelto puntina l’immagine. Scansiona e realizza una copertina per una rivista di tecnologia grafica dal nome “PRINT”. Disegna la testata e indica i titoli del sommario.

Scegli un’immagine facile da elaborare.

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Con il programma Photoshop opera con la finestra dei canali, considera solo il colore cyan con il nero e stampa.

Puoi applicare dal menu filtri l’effetto puntinatura e vedere in anteprima il risultato che avrai utilizzando un pennarello di eguale colore su di un foglio.

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dal progetto alla stampa

Sovrapponi un foglio di carta sulla stampa e con un pennarello del colore cyan, puntina l’immagine addensando il colore nelle parti più scure. Terminato il lavoro scansiona il tuo elaborato.

Elabora degli schizzi per la copertina della tua rivista e realizzala al computer. Stampa il lavoro terminato.

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disegno grafico e progettazione 3

Con il programma Illustrator, sull’immagine scansionata, inserisci i testi, applica alla testata l’“effetto” ombra esterna.

■ ESERCIZI DA SVOLGERE 1. Dato uno stampato, fare l’analisi degli aspetti: storici, funzionali, tecnici, estetici. 2. Dato uno stampato, definire le sue componenti e il tipo di comunicazioni informative. 3. Data una serie di stampati, classificarli secondo la loro tipologia. 4. In un campo rettangolare realizzare una composizione di immagini con dominanti ciano, magenta, giallo. 5. Data una serie di carte, riconoscerne i tipi e creare una composizione da utilizzare per una cartolina.

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dal progetto alla stampa

U.D. B Realizzare con le tecniche ■ OBIETTIVI GENERALI

■ ■ ■

Conoscere le tecniche di preparazione del foglio di stampa determinando il suo formato, la sua struttura e il numero delle pagine secondo una sequenza logica e corretta. Conoscere i diversi procedimenti di stampa. Conoscere il funzionamento delle macchine da stampa digitale. Conoscere le diverse operazioni di allestimento necessarie affinché lo stampato possa essere reso commerciale.

■ COMPETENZA ■



Essere in grado di valutare con correttezza i diversi elementi che caratterizzano i diversi procedimenti di stampa. Utilizzare le conoscenze teoriche per riconoscere i diversi procedimenti di stampa attraverso un linguaggio specifico di settore.

■ CAPACITÀ ■ ■

Proporre soluzioni interpretative con fluidità e flessibilità di impostazione. Riorganizzare i caratteri secondo prospettive pluridisciplinari avvalendosi di adeguate tecniche argomentative.

B UNITÀ DIDATTICA



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disegno grafico e progettazione 3

INTRODUZIONE Impostare un disegno grafico per la stampa significa compiere un’operazione di preparazione del foglio di stampa, determinarne il formato, sistemare in modo corretto le pagine, organizzare la struttura del pieghevole, e via dicendo, in modo tale che dopo, le pieghe, il taglio e l’allestimento siano in sequenza corretta.

■ IL FORMATO E IL NUMERO DI COPIE

Schematizzazione del foglio di macchina esteso. Si possono vedere le parti occupate dal foglio di stampa e quelle necessarie per la rifilatura.

Ricordiamo che i formati standard, impiegati per i lavori librari, paralibrari, extralibrari, sono quelli UNI a cui far riferimento fin dalla progettazione. Il foglio di carta che viene stampato da una medesima forma può contenere più stampati o più pagine. Il formato è scelto in conformità a numerosi fattori: ■ formato dello stampato; ■ formato delle macchine da stampa; ■ mole della tiratura; ■ esigenze di qualità; ■ senso di fibra; ■ scarto.

Già nel primo bozzetto il grafico deve calcolare quante volte, con l’aggiunta degli sfridi (ingombro, pinza, tagli e rifili), il suo progetto entra nel formato di carta più conveniente per la stampa.

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dal progetto alla stampa

Maggiore sarà il numero di copie che entrano nel formato della carta da stampa prescelto maggiore sarà il risparmio economico. La divisione del foglio può essere fatta sia sul lato maggiore sia su quello minore, o anche su entrambi i lati del formato carta. Per un calcolo corretto, bisogna tenere presente che il formato massimo dell’area di stampa non deve mai arrivare a coincidere con il formato della carta. Si deve considerare, infatti, uno spazio neutro, non stampabile, di circa 10-15 mm e di 5-10 mm, o poco più sui lati maggiori del foglio: il primo è detto lato di pinza (le pinze del cilindro trattengono il foglio per tutto il procedimento di stampa), il secondo valore indica lo spazio che si deve considerare per i tagli. Infine, occorre stabilire il consumo di carta per la stampa: dividendo la quantità totale degli stampati occorrenti per il numero dei formati che si ricavano da un foglio di macchina, si ottiene la quantità di carta (risma) da usare. Facciamo un esempio: occorrono 5.000 copie di un volume di 160 pagine in un formato UNI A4 ricavati da un foglio di stampa dal formato 64 x 88 cm. Fogli di stampa = 64 x 88 (formato intonso della cartiera) Formato pagina = 29,7 x 21 (UNI A4) 64 : 29,7 = 2, 88 : 21 = 4, 2 x 4 = 8 (ricavi dal formato) = 16 pagine (ogni foglio contiene due pagine stampabili) 160 (n° totale pagine libro) : 16 = 10 (fogli necessari alla composizione del volume) x 5.000 (copie richieste) = 50.000 (fogli 64 x 88 forniti dalla cartiera). Sono quindi necessari 50.000 fogli intonsi della cartiera 64 x 88 divisi in 10 segnature da sedicesimi.

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disegno grafico e progettazione 3

Comunque, per facilitare questo lavoro e ricavare il massimo numero di copie possibili di un esecutivo da un foglio in formato UNI, si possono utilizzare delle apposite tabelle. Qui di seguito ne diamo un esempio.

FORMATO ORIGINALE

FORMATO FOGLIO DI STAMPA

A0

A1

A2

A3

A4

A5

A6

A7

A8

A9

A10

A0

1

2

4

8

16

32

64

128

256

512

1024

A1

2

1

2

4

8

16

32

64

128

256

512

A2

4

2

1

2

4

8

16

32

64

128

256

A3

8

4

2

1

2

4

8

16

32

64

128

A4

16

8

4

2

1

2

4

8

16

32

64

A5

32

16

8

4

2

1

2

4

8

16

32

A6

64

32

16

8

4

2

1

2

4

8

16

A7

128

64

32

16

8

4

2

1

2

4

8

A8

256

128

64

32

16

8

4

2

1

2

4

A9

512

256

128

64

32

16

8

4

2

1

2

A10

1024

512

256

128

64

32

16

8

4

2

1

Leggere la tabella non è difficile. Ad esempio, se il nostro esecutivo ha formato A4, mentre il formato del foglio di stampa è A3, scorriamo la prima colonna fino alla riga che contiene A4 e da qui scorriamo ancora verso destra fino ad incrociare la colonna A3. La casella di incrocio ci dà il risultato richiesto e cioè il numero di copie che si possono stampare su di un foglio di stampa (in questo caso 2). Tabelle simili esistono anche per i formati non unificati. Con un lentino si controllano i registri del retino.

■ I REGISTRI E IL MONTAGGIO Come si può far coincidere un perfetto registro nella stampa di una bianca (avanti) e di una volta (retro), o far combaciare più colori? Occorre eseguire una messa a registro, ossia disporre dei grafismi (di solito delle crocette, dei fori di registro, delle tracce in blu) in alcune particolari posizioni del foglio, in modo da segnare spaziature, tagli e cordonature, facendo combaciare la bianca e la volta della forma.

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dal progetto alla stampa

La fase del montaggio consiste nel comporre su di un foglio i diversi elementi grafici (o le diapositive), per poi trasferirli su di una pellicola ed ottenere, così, la forma di stampa. Nel caso di elaborati a più colori, i montaggi devono risultare perfettamente a registro tra loro. Ricordiamo che quando l’esecutivo ha dimensioni ridotte, notevolmente più piccole del formato del foglio di stampa, si possono ottenere parecchi scarti, facendo così aumentare i costi di produzione. Talvolta, però, è possibile rimediare, e ricavare altre copie orientando l’esecutivo in modo diverso sul foglio. La scelta dei procedimenti di stampa, invece, è notevolmente condizionata dalla tiratura (cioè dal numero di copie che si vuole ottenere).

Correzione delle bozze e verifica dei montaggi.

LA CORREZIONE DELLE BOZZE Prima di procedere alla stampa definitiva, viene effettuato di norma un passaggio di prova o bozza di stampa. Le bozze (o prove) di stampa sono stampe eseguite con le stesse tecniche e gli stessi inchiostri che saranno utilizzati per la stampa definitiva. Servono a verificare che tutti gli elementi siano conformi all’originale e a correggere gli eventuali errori, prima della stampa definitiva.

■ I PROCEDIMENTI DI STAMPA La preparazione della forma di stampa può consistere in lunghe e laboriose operazioni, secondo il procedimento prescelto. Le forme di stampa possono essere classificate in: ■ rilievografiche, quando i grafismi o i neri sono in rilievo e alla stessa altezza, mentre i contrografismi o bianchi sono incavati (es. tipografia); ■ planografiche, quando nella carta matrice i grafismi e i contrografismi sono sullo stesso piano, ma cilindro di pressione dopo un trattamento i primi sono inchiostro foglio stampato resi recettivi all’inchiostro e i secondi no (es. offset); ■ incavografiche, quando nella forma tipografica (rilievografia) matrice sia i grafismi sia i contrografismi sono in rilievo (es. rotocarta calcografia); ■ permeografiche (dette anche filtranti), quando l’inchiostro, prima foglio stampato inchiostro di essere trasferito sulla carta, passa attraverso delle apposite maglie (es. serigrafia). forma tipografica (planografia)

Schemi di funzionamento dei procedimenti di stampa. carta

cilindro di pressione foglio stampato

inchiostro

forma incavografica (rotocalcografia)

inchiostro

racla di gomma telaio serigrafico (filtrante) foglio stampato

cilindro di pressione

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I procedimenti maggiormente utilizzati sono: ■ Tipografia ■ Offset ■ Rotocalcografia ■ Serigrafia ■ Flessografia ■ Fotografia ■ Fotografia digitale TIPOGRAFIA Questo procedimento è stato già studiato in modo approfondito. Qui ci basta ricordare che la stampa tipografica è il procedimento rilievografico per eccellenza, in quanto nella forma stampante di zinco (detta cliché) sono presenti i grafismi (cioè le parti stampate del testo) che sono in rilievo e quindi ricevono l‘inchiostro, mentre le altre zone non sono in rilievo e, quindi, non ricevono l’inchiostro e non sono stampabili.

Schema del procedimento di stampa tipografico.

Lettere tipografiche.

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Dettaglio di una lettera tipografica.

dal progetto alla stampa

OFFSET La stampa offset è un sistema di stampa planografico (o in piano) che si basa sull’antagonismo fra matrice grassa e acqua. Trae origine dalla stampa litografica, un antico e laborioso procedimento ancora in uso per le stampe d’arte, che utilizza come matrice una pietra e impiega per i grafismi delle matite grasse: da essa si ottiene poi la stampa, attraverso un’impressione “diretta ” della carta.

Schema del procedimento di stampa offset.

Il procedimento offset sostituisce la matrice di pietra con matrici metalliche (di zinco o di alluminio), che possono essere facilmente collocate sui cilindri delle macchine da stampa. Al contrario della stampa litografica, poi, l’offset è un metodo di stampa indiretto, in quanto la lastra inchiostrata non stampa direttamente sul foglio di carta, ma su uno speciale tessuto gommato di supporto. Dal tessuto gommato l’impronta si trasferisce poi sul foglio finale, che viene così stampato indirettamente. Questo passaggio intermedio è molto importante, perché permette di stampare le matrici a retino riproducenti le mezzetinte, anche su carte a superficie ruvida. La preparazione per la riproduzione degli elementi iconografici avviene tramite pellicola fotografica, per fotocomposizione che, sviluppata in camera oscura, reca impressa l’immagine. Il montaggio avviene al rovescio, e copie su carta sensibile (dette cianografiche) consentono di verificarne la correttezza. La lastra posizionata nella macchina da stampa è inchiostrata, da un lato, da un rullo immerso nel colore e, dall’altro, viene bagnata da un altro rullo ricoperto di spugna e immerso nell’acqua. Le parti della lastra incisa che contengono i grafismi sono idrorepellenti, cioè respingono l’acqua del rullo bagnatore, e permettono all’inchiostro del rullo inchiostratore di attaccarsi (l’inchiostro, infatti, è costituito di materia grassa).

Macchina da stampa offset.

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disegno grafico e progettazione 3

Di contro, la parte della lastra incisa che contiene i contrografismi ha la proprietà di assorbire l’acqua, in quanto è ricoperta da un sottilissimo velo, sufficiente ad impedire all’inchiostro grasso di attaccarsi. Inoltre, un cilindro intermedio rivestito di gomma morbida (caucciù), bagnato e inchiostrato, una volta a contatto con il cilindro che porta la lastra, trasmette al foglio di stampa l’inchiostro che è trattenuto dalle pinze e messo a registro. Il cilindro gommato facilita la stampa oltre che sulla carta anche su altri supporti (materie plastiche, tessuti, metalli).

Dettaglio di un retino.

È molto importante, in questa fase, che il foglio di carta sia della dimensione giusta, in modo da non muoversi tra un passaggio di stampa e un altro poiché si può incorrere nel fuori registro. L’utilizzo di carte a nastro continuo caratterizza la stampa offset a bobina o rotativa, permettendo una velocità di stampa più alta e un certo risparmio sul costo della carta. Si tratta di un procedimento utilizzato di solito solo per le alte tirature (da 300-400mila copie in su). Il principio della stampa è simile al precedente, ma c’è una differenza nei cilindri, che sulla bianca e sulla volta determinano la stampa in un unico passaggio. ROTOCALCOGRAFIA La rotocalcografia è comunemente conosciuta come rotocalco, ed è un sistema di stampa incavografico. Si tratta di un procedimento di stampa diretto, in quanto la stampa avviene direttamente dalla matrice alla carta.

Schema del procedimento di stampa rotocalcografica.

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Trae origine dalla xilografia e soprattutto dalla calcografia, un procedimento che prevede l’incisione del disegno su lastre di zinco (o rame, alluminio, acciaio) con un apposito strumento appuntito, il bulino. Grandi artisti hanno utilizzato la tecnica calcografica per illustrare le loro opere. Ne ricordiamo alcuni: Dürer, Mantegna, Rubens, Tintoretto, Canaletto. Nel procedimento a rotocalco, invece, l’incisione viene praticata direttamente sul cilindro. Fino agli anni 60 / 70 si usava incidere il cilindro per mezzo di acidi, oggi, invece, si usa una punta di diamante sottilissima, in grado di incidere tutto il cilindro di stampa punto per punto. Dal primo passaggio, che consiste nel trasformare in pellicola sia i testi sia le immagini, montati e fotografati con l’interposizione di un retino (anche i testi saranno retinati), si ottiene una stampa fotografica su carta. La carta, applicata al rullo, subisce poi ripetuti lavaggi, liberando una gelatina pigmento di diverso spessore (a seconda dei grigi che sono su pellicola). Gli acidi intaccano il cilindro consumando la gelatina: si ottiene così una matrice con incisioni più o meno profonde, secondo lo spessore del pigmento. Le zone incise, dette cellette, corrispondono alle parti stampanti. La quantità d’inchiostro contenuta nelle cellette dipende dalla profondità delle incisioni: più queste sono profonde, più inchiostro contengono. La maggiore o minore quantità d’inchiostro determina, a sua volta, i differenti valori tonali della stampa.

Dettagli delle cellette incise nelle lastre per la stampa.

Stampa rotocalco.

La qualità della stampa è generalmente molto buona, ma la preparazione dell’impianto delle matrici richiede costi elevati. Ecco perché questo sistema di stampa risulta conveniente solo per alte tirature (da 1.000.000 sino a 4/5.000.000 milioni di copie), quindi per periodici nazionali a grande diffusione.

Incisione della lastra per mezzo della punta di diamante.

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disegno grafico e progettazione 3

Schema del procedimento di stampa serigrafie.

SERIGRAFIA La serigrafia è un procedimento di stampa permeografico o a traforo, poiché utilizza forme costruite da tessuti a maglia fitta attraverso cui l’inchiostro passa e si deposita sul supporto.

Le zone corrispondenti ai grafismi sono rese permeabili (da qui il nome permeografia) allo scopo di permettere all’inchiostro di passare attraverso le maglie del tessuto e depositarsi sul supporto. I tessuti utilizzati per i telai di stampa erano, in origine, di seta (da qui il nome serigrafia). Oggi, anche per motivi economici, sono utilizzate fibre di nylon o di poliestere. Dal loro spessore, e dal numero di fili o maglie per centimetro lineare (si va dalle 20 ad un massimo di 60 maglie per cm), dipende il dettaglio e la qualità della stampa.

Dettaglio della tela utilizzata per la stampa.

Macchina serigrafica.

Il telaio viene “sensibilizzato” con della gelatina trasparente, su cui è posta la pellicola con le immagini in positivo. La pellicola è dapprima esposta ad una fonte di luce ultravioletta e poi sviluppata in acqua, in modo da asportare la gelatina non indurita dall’esposizione della luce. L’inchiostro è steso uniformemente, per mezzo di una racla di gomma. I contrografismi sono mascherati dalla gelatina indurita, che non permette all’inchiostro di passare. Si applica un passaggio per ogni colore. Lo sfregamento della racla sul telaio consuma le fibre dello stesso ed è per questo che la serigrafia non è adatta alle alte tirature (oltre le 200.000 copie). La serigrafia è un procedimento di stampa adattabile anche alle superfici non cartacee: tessuti, vetri, legni, gomma, ed alle superfici non orizzontali (cilindriche e coniche). Spesso è utilizzata per stampare oggetti o promozioni (come gadget, matite, magliette, bottiglie).

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FLESSOGRAFIA La flessografia è un procedimento di stampa in rilievo (o rilievografico), poiché deriva dal sistema tipografico in cui la forma stampante risulta in rilievo rispetto alle zone che non ricevono l’inchiostro. Schema del procedimento di stampa flessografico.

La flessografia si differenzia dalla tipografia poiché utilizza una forma rilievografica realizzata con materiale morbido (gomma), che si adatta anche alle superfici irregolari. Per questo viene spesso usata per stampare materiale per l’imballaggio (ad esempio, cartoni e ondulati). La matrice viene preparata immergendo una lastra sottile di alluminio in un bagno di fotopolimeri liquidi. Sulla lastra si posiziona, poi, la pellicola negativa al tratto dell’immagine desiderata. L’esposizione del fotopolimero a una luce ultravioletta ne indurisce le parti non protette dalla pellicola, formando i grafismi. Il lavaggio che segue elimina il fotopolimero che non si è indurito e ancorato alla lastrina, dopo di che la matrice è pronta. La lastra morbida viene incollata su di un apposito supporto, detto “camicia”, e il tutto è montato sul rullo di stampa.

Incollaggio della forma di stampa sul rullo.

Dato che in fase di stampa la pressione è minima, l’immagine può essere trasferita anche su supporti delicati, come il vetro, senza danneggiarli. Quando la lastra è costituita da materiale particolarmente morbido, la pressione praticata in fase di stampa, per quanto leggera, può comunque essere sufficiente ad allungarla e distorcerla. Per evitare effetti negativi, la riproduzione delle immagini sulla matrice viene corretta al computer, mediante un software speciale, prima che le immagini siano trasferite sulla pellicola.

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FOTOGRAFIA

Procedimento fotografico.

Immagine digitale.

La fotografia è un procedimento complesso che comprende due differenti fasi: la prima per la produzione delle immagini e la seconda per la loro stampa. Nella riproduzione dell’immagine si utilizza una camera oscura dotata di tre elementi fondamentali: 1. l’obiettivo, che è formato da lenti montate in modo da far convergere i raggi luminosi sulla pellicola, in un punto chiamato “fuoco”; 2. il diaframma, che opera sull’obiettivo con il compito di regolare la quantità di luce da far filtrare all’interno. Il diaframma è aiutato dall’otturatore, utilizzato per dosare nel tempo la luce che entra nella macchina. A queste due operazioni si aggiunge poi la “messa a fuoco”, che permette, mediante regolazione, di ottenere delle immagini nitide; 3. la “pellicola”, che è una sottile striscia fotosensibile che trasforma la luce in immagine, con risultati che variano in base al suo grado di sensibilità. La pellicola impressionata non presenta, però, un’immagine immediatamente visibile all’occhio. Per renderla visibile, infatti, occorre un’altra operazione, da compiere in “camera oscura” (una stanza attrezzata, illuminata solo da particolari lampade a raggi infrarossi, che non sensibilizzano la carta): la stampa della pellicola. FOTOGRAFIA DIGITALE La fotografia digitale è così chiamata perché utilizza fotocamere digitali al posto delle normali macchine a pellicola. Le fotocamere digitali non contengono pellicole al loro interno, ma speciali microcircuiti, detti chip. Su questi microcircuiti (chip) ci sono i CCD (Charge Coupled Device o dispositivi di carica). Quando i CCD vengono colpiti dalla luce emettono una carica elettrica che viene convertita in informazioni dal processore della fotocamera. Questa informazione digitale è alla base del funzionamento di ogni computer. Nella fotocamera i CCD sono calibrati in modo tale da accettare solo tre colori: il rosso (red), il verde (green) e il blu (blue): da qui la sigla RGB. Le immagini sono

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generalmente registrate in un particolare formato, il TIFF, che permette un’alta risoluzione delle stesse, anche se è un po’ “pesante”. Per evitare di occupare troppa memoria, è possibile ridurre la risoluzione delle immagini prima di archiviarle. La fotografia digitale permette un controllo immediato dell’immagine, dato che non necessita delle laboriose operazioni di sviluppo previste per i metodi tradizionali. È facile manipolarla mediante particolari programmi di fotoritocco (come Photoshop) per spostare, ritoccare, ricolorare, aumentare la definizione: le immagini così rielaborate possono essere poi pubblicate direttamente sulla rete, in un sito web, o essere trasmesse rapidamente alla redazione del giornale che le pubblicherà, attraverso e-mail su internet o via satellite.

■ LA NUOVA STAMPA E IL DIGITALE Si parla di stampa digitale quando lo stampato originale viene trasferito direttamente su carta, mediante computer, senza ulteriori lavorazioni intermedie. Anche i tempi di preparazione delle pellicole e dei cliché per la stampa si sono abbreviati: oggi ci sono particolari unità periferiche del computer, come le fotounità per l’uscita diretta delle pellicole di stampa, o le più moderne “plate to plate”, che imprimono direttamente “la lastra” (che in inglese è detta appunto “plate”) e si occupano di realizzare in tempi brevissimi tutta la fase della “Pre-stampa”. La stampa digitale permette la produzione di un certo numero di copie che generalmente va da 100/200 copie fino ad un massimo di 2.000 copie: oltre questa cifra diventa antieconomico produrre in questo modo. Non dimentichiamo dire che la qualità generale della stampa digitale è inferiore alla stampa litografica tradizionale. I vantaggi principali della stampa digitale sono: ■ ridottissimi tempi di stampa (da pochi minuti a poco più di un’ora a seconda della quantità dei fogli da produrre). Con le macchine da stampa digitale è, infatti, possibile stampare direttamente dal computer, senza passare attraverso le laboriose fasi della produzione delle pellicole e dei cliché che sono necessarie, ad esempio, per la stampa litografica; ■ bassi costi di produzione, soprattutto nelle piccole e medie tirature. L’assenza di pellicole e di cliché (chiamati tradizionalmente “impianti”), infatti, abbatte il prezzo di produzione rendendolo indipendente dal numero delle copie stampate. I principali svantaggi della stampa digitale sono: ■ minore convenienza, rispetto ai metodi di stampa tradizionali, quando le tirature sono elevate; ■ qualità non sempre elevata della stampa.

Macchina per la stampa digitale.

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Possiamo quindi concludere che si tratta di una tecnica utilizzabile quando si ha bisogno di stampare, a basso costo e in tempi rapidi, dei lavori che non presentano particolari esigenze di qualità di stampa e non necessitano di un alto numero di copie.

■ ALLESTIMENTO

Realizzazione di una confezione.

L’allestimento consiste in un complesso di operazioni attraverso cui lo stampato diventa prodotto finito, pronto per essere commercializzato. Le operazioni più importanti sono due: ■ legatoria ■ cartotecnica Fanno parte della legatoria le operazioni di lavorazione attraverso cui gli stampati sono raccolti e trasformati in libri, riviste, cataloghi, opuscoli. La cartotecnica, invece, comprende le operazioni di lavorazione su carta, cartone e laminati, necessarie ad ottenere dei prodotti autonomi. Ricordiamo che il foglio, nel formato non rifilato (intonso) che esce dalla macchina di stampa, si chiama “foglio di macchina” e subisce due passaggi di stampa. Nel primo, esso viene stampato su di un lato, indicato come “bianca”. Nel secondo, viene capovolto e stampato sul retro, che prende il nome di “volta”. Quando il formato lo consente, si può stampare in bianca e volta contemporaneamente, dimezzando così le tirature. Terminate le operazioni di stampa, i formati vengono finiti ossia piegati, cuciti e rifilati (possibilmente secondo le misure codificate UNI): per ottenere arrotondamenti e sagomature occorre utilizzare anche la fustellatura. La piegatura è l’operazione che trasforma i fogli in segnature o gruppi di pagine in ordine successivo. La piega si ottiene con mezzi meccanici, tanto più la carta usata è spessa quanto più difficile sarà ottenere delle pieghe perfette. LEGATORIA Nella lavorazione dello stampato la legatoria ha il compito di riunire e bloccare i fogli di cui esso si compone. Con la legatura, lo stampato diventa un oggetto distinto ed autonomo, e i fogli possono essere facilmente letti in sequenza. Le legature più comuni sono quelle: ■ a gommatura ■ a punto metallico ■ a filo refe ■ a brossura “fresata”

Macchina per la piega di stampati cartotecnici.

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La legatura a gommatura consiste nel raggruppare tutti i fogli e incollarli su di un lato, con una colla elastica e poco resistente, per facilitare lo strappo dei singoli fogli (es. bloc notes). Περαγλιε, Σοχχιο ∆ΙΣΕΓΝΟ ΓΡΑΦΙΧΟ Ε ΠΡΟΓΕΤΤΑΖΙΟΝΕ − ςολ.3 ♥ ENKVV 2012

dal progetto alla stampa

Questo tipo di legatura è sconsigliabile per gli stampati che devono essere consultati di frequente, poiché i fogli si staccano facilmente. La legatura a punto metallico consiste nel rilegare tutti i fogli e, sul latocucitura, praticare una foratura mediante degli appositi punti metallici, cui spetta il compito di tenere uniti i fogli. È bene programmare lo spazio impaginativo destinato a questo tipo di cucitura fin dalla fase progettuale. La cucitura a punto metallico può essere effettuata anche all’interno della doppia pagina, ed è dipendente dalla grammatura e dal tipo di carta. La legatura a filo di refe è utilizzata normalmente per rilegare volumi, libri, cataloghi che hanno un numero elevato di pagine. Le pagine sono unite in fascicoli o segnature (un fascicolo si compone di norma di 16 pagine) e cucite con filo sul dorso. Successivamente, i fascicoli sono incollati tra loro in sequenza e ricoperti dalla copertina, che in genere è fatta di cartoncino. La legatura a brossura fresata è utilizzata per rilegare volumi, libri o cataloghi come la legatura a filo di refe, ma è senz’altro più economica. La differenza sta sostanzialmente nel fatto che il filo è sostituito dalla meno costosa colla: le pagine non sono più cucite tra loro, ma incollate. Il rifilo comporta uno spazio di circa 3 mm di asporto carta che va, anche in questo caso, considerato sin dalla fase progettuale. La resistenza dello stampato non è eccezionale, per cui si dovrebbe impiegare questo tipo di legatura per stampati economici ed a breve durata, come cataloghi e guide telefoniche.

Esempi di legatura.

■ CARTOTECNICA Si definisce cartotecnica (o confezionamento) la lavorazione effettuata su stampati non librari. Per molti stampati extralibrari la tecnica di confezionamento è simile a quella precedentemente descritta; per altri (confezioni, astucci e sacchetti), invece, il procedimento si differenzia poiché le forme aperte sono irregolari. Per ridurre al minimo lo spreco di carta, si cerca di disporre le tracce del formato steso ad incastro e avvicinarlo, quando è possibile, in modo tale che il filo di taglio che li separa sia uno solo. Dopo aver studiato la giusta disposizione da dare al foglio, si prepara il tracciato al computer e lo si trasmette all’apparecchio che, guidato attraverso speciali programmi software, praticherà il taglio di fustellatura con il raggio laser, in automatico. L’incollatura e le pieghe sono automatizzate anche per cartoni di alto spessore. Nel confezionamento di astucci e scatole si può effettuare un passaggio di plastificazione per preservare o valorizzare la superficie dello stampato.

Confezioni.

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ESERCIZI U.D. B Realizzare con le tecniche ■ ESERCIZI SVOLTI ■

Scegli una rivista e destruttura l’impostazione grafica proponendo nuove soluzioni compositive mantenendo gli stessi elementi.



Al termine del lavoro, esamina il tuo elaborato e indica il tipo di stampa e il numero di colori per realizzare un ipotetico stampato.

Fotocopia l’originale e realizza delle riduzioni e degli ingrandimenti.

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Utilizza le fotocopie e al piano luminoso realizza delle proposte impaginative.

■ ESERCIZI DA SVOLGERE 1. Dati degli stampati, riconoscere con un lentino il tipo di stampa utilizzato. 2. Da una serie di stampati, riconoscere con il tatto se si tratta di stampa rilievografica, incavografica, planografica. 3. Visitare un’azienda di settore e descrivere il percorso operativo di uno stampato visto. 4. Dalla visita aziendale, recuperare gli scarti degli stampati e attraverso una manipolazione personale o di gruppo realizzare composizioni astratte da utilizzare per la locandina di una mostra di arte moderna.

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U.D. C Lo stampato editoriale ■ OBIETTIVI GENERALI ■

■ ■

Conoscere che cos’è e come opera una “casa editrice”. Conoscere i requisiti necessari per suddividere i libri in tipologie e generi diversi. Conoscere gli elementi che compongono un libro e la “pagina“ del libro. Conoscere il significato di “gabbia”, “colonne”, “menabò”.

■ COMPETENZE ■



■ ■



Applicare le conoscenze acquisite sull’editoria per individuare le diverse parti del libro e classificarle secondo un ordine sequenziale. Organizzare e impaginare in modo preciso e dettagliato tutti gli elementi che compongono la pagina (titoli e sottotitoli, note didascaliche ecc.), in modo da creare giusti rapporti tra testo e immagini e prevedere il numero di pagine che avrà il prodotto finale. Conoscere le componenti fondamentali della progettazione editoriale. Applicare nella progettazione i contenuti e le informazioni appresi, secondo un percorso operativo coerente, funzionale e logico. Evadere dalla rigidità delle regole per sperimentare nuove emozioni visive che rispettino, però, scelte consapevoli, motivate e finalizzate.

■ CAPACITÀ ■







Individuare e riconoscere gli elementi proposti nel testo, valutando le funzioni e l‘efficacia di scelte tecniche specifiche. Essere in grado di individuare le scelte operative per modificarle secondo criteri e processi esecutivi esteticamente validi. Presentare soluzioni progettuali che mostrino buona flessibilità ideativa e compositiva. Riorganizzare i concetti secondo prospettive pluridisciplinari, per una progettazione originale, flessibile e personale.

C UNITÀ DIDATTICA



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INTRODUZIONE Il libro è lo stampato editoriale su cui, culturalmente e storicamente, si sono finalizzati gli studi relativi all’impostazione estetica: a tutt’oggi, si continua a porre l’attenzione nelle relazioni tra contenuto e forma, al fine di ottenere un prodotto esteticamente ed intrinsecamente valido e coerente, che risponda alle esigenze visive e formali richieste. L’analisi delle parti del libro porta a scoprire come alcune siano mobili e autonome, mentre altre, invece, siano collegate tra loro più o meno strettamente. Ciascuna parte, però, è importante, perché a suo modo contribuisce a dare un’impronta caratterizzante al libro. Esistono vari prodotti editoriali che distinguono i libri per il loro contenuto, determinandone il “genere” (per esempio: i libri “rosa”, i libri “scolastici”, i libri di “pregio”, i libri di “documentazione” e così via). Ciascun genere implica determinati costi di produzione e una specifica veste editoriale. Gli elementi estrinseci (materiali, realizzazione tecnica) e quelli intrinseci (i contenuti del libro) caratterizzano gli stampati e il tipo di consumo che ne fa il fruitore. Anche la progettazione grafica svolge un ruolo fondamentale, in quanto coordina le varie parti del libro (e di ogni altro stampato) determinandone l’aspetto formale e facendo sì che si rispettino i criteri prefissati di funzionalità e di efficienza operativa e che, nel contempo, si soddisfino le esigenze comunicative richieste.

■ LA CASA EDITRICE E IL REPARTO GRAFICO La casa editrice è un’azienda costituita da più persone, con strutture e tecnologie destinate a provvedere alla pubblicazione di stampati librari e paralibrari. Ogni libro è destinato ad un preciso segmento di mercato: un libro scolastico è destinato agli studenti, un libro di ricette è destinato ai lettori e alle lettrici che si interessano di cucina. Le diverse categorie di consumatori si indicano, nel linguaggio del marketing, come target group. Nel marketing, un target group viene definito in termini demografici o d’uso del prodotto e viene specificato quando si vuole raggiungere una data categoria di consumatori allo scopo di collocare o vendere un determinato prodotto attraverso la comunicazione pubblicitaria. Prima di arrivare all’utente finale, però, l’originale da stampare deve compiere un lungo percorso: deve essere corretto, impaginato, stampato e rilegato. Poi, occorre anche portare fisicamente il nostro libro dalla casa editrice alla libreria che lo venderà. Questo è il compito del canale di distribuzione (venditori, agenti, rappresentanti, grossisti).

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Ora il nostro libro si trova su di uno scaffale della libreria, assieme a tanti altri libri, che magari trattano dello stesso argomento. È necessario, perciò, che esso attragga l’attenzione del potenziale acquirente, che si imponga cioè sulla diretta concorrenza. Per raggiungere questo obiettivo, bisogna effettuare un’attenta promozione, sfruttando tutte le potenzialità che ci offre il marketing. Il marketing (abbreviato in mktg) è una disciplina aziendale, sorta intorno agli anni 20 in Usa, che comprende ogni attività di analisi, organizzazione, pianificazione, promozione e distribuzione di beni e servizi. Il mktg si avvale di parecchi strumenti. Tra di essi, ricordiamo la pubblicità, le promozioni (per esempio: paghi 2 e compri 3), le televendite, lo studio del mercato, l’analisi della concorrenza, lo studio del marchio e della confezione, la ricerca dei punti vendita. Alcune case editrici vendono i propri prodotti nelle librerie o nelle edicole. Non mancano, però, le librerie che si servono di sistemi di vendita diretta ai privati, tramite filiali o agenti in loco. È questo il caso dei Club del libro e di molte edizioni d’arte. Infine, in questi ultimi anni, si sta affermando anche la vendita diretta, effettuata tramite la rete internet. Il cliente, dopo aver scelto il libro che gli interessa, paga il prezzo pattuito elettronicamente, con la propria carta di credito, e il libro gli sarà recapitato a casa a stretto giro di posta. In ogni caso, molto importante, per la promozione dei prodotti e per l’immagine aziendale, è l’attività pubblicitaria svolta dalla casa editrice, che di norma va affidata a studi specializzati. Per quanto riguarda la prima fase, cioè quella relativa alla produzione del libro, che comprende la correzione dell’originale, l’impaginazione e la stampa, alcune case editrici hanno al loro interno un reparto grafico appositamente destinato a questo scopo. Le case editrici di minori dimensioni, invece, preferiscono rivolgersi all’esterno, e si affidano a studi grafici specializzati. Si tratta di studi in cui operano tecnici, progettisti grafici ed illustratori, che studiano il progetto grafico complessivo, impostano l’impaginazione e preparano i bozzetti per le copertine e le illustrazioni da inserire all’interno del libro. Una volta che la casa editrice ha approvato il progetto grafico, si passa al controllo dei contenuti: si controllano cioè i testi, per eliminarne tutti gli eventuali errori (ortografici, sintattici, tecnici, sostanziali e grafici) e le illustrazioni, per verificare che abbiano tutte la giusta risoluzione e formato, siano esteticamente valide e significative. Si passa quindi all’impaginazione dello stampato. Poi, dopo avere effettuato un ulteriore controllo, si procede alla fotocomposizione e all’allestimento dello stampato. I costi di produzione variano da caso a caso e dipendono essenzialmente da: ■ formato della pagina (più le pagine sono grandi e più i costi aumentano); ■ numero di pagine (i costi aumentano all’aumentare del numero delle pagine da stampare);

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Esempi di libri in rete.

colore (bianco e nero, due colori o quadricromia): se le pagine sono in bianco e nero, i costi sono inferiori. I costi aumentano se le pagine sono a due colori e, in maniera ancora più sensibile, se sono in quadricromia; tiratura (i costi variano in modo inverso al numero di copie stampate. Se la tiratura è alta il costo di stampa di un singolo volume si abbassa).

IL LIBRO: CARTACEO E IN RETE Oggi, in questa nostra società della comunicazione così progredita sotto l’aspetto tecnologico, il libro ha cambiato il proprio volto, modificando supporti e formati e assumendo una dimensione “virtuale” legata al mondo elettronico della rete. Grazie agli ipertesti, gli utenti possono organizzare a proprio piacimento i percorsi informativi, adattandoli alle loro esigenze del momento. Navigando tra i siti essi simulano ed ampliano la tradizionale operazione di sfogliare il testo. Nei siti web delle case editrici, il libro si propone contemporaneamente come vetrina, locandina, catalogo e scaffale; si mostra e si rappresenta in un insieme unico. Un esempio è l’e-book, un libro elettronico che può essere sfogliato e letto su di uno speciale monitor. Si possono sfogliare e consultare le pagine avanti e indietro, si possono fare sottolineature e memorizzare passaggi di testo interessanti. Inoltre, ci si può collegare alla rete per visionare altri testi: internet, infatti, è come un’immensa biblioteca digitale, che ci permette di consultare libri di ogni tipo, anche quelli oramai dimenticati (come vecchi manoscritti, incunaboli, testi antichi e preziosi). Le forme impaginative, i rapporti immagine-testo devono essere studiati in modo innovativo affinché le immagini abbiano il giusto risalto, anche in un contesto “virtuale” caratterizzato da grandi contrasti e sovrapposizioni. Per fare questo, il grafico deve essere sempre più preparato a livello tecnico e culturale, in grado di gestire creativamente i nuovi artefatti elettronici: sotto la spinta degli ipertesti anche il linguaggio grafico dei prodotti editoriali tradizionali su supporto cartaceo si sta rapidamente evolvendo.

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■ IL LIBRO: GLI ELEMENTI E LA STRUTTURA FORMALE Hans Peter Willberg, un noto esperto grafico editoriale, ha introdotto una originale classificazione dei libri, sulla base della destinazione d’uso: ■ stampati destinati alla lettura lineare, con illustrazioni sofisticate e distribuite in modo lineare (romanzi, opere teatrali, poesie, fiabe); ■ stampati destinati all’informazione (libri scientifici ed educativi); ■ stampati destinati alla consultazione (enciclopedie, Bibbia); ■ stampati destinati a corsi specifici (libri didattici, eserciziari, saggi). Ogni destinazione d’uso necessita di un appropriato studio grafico. Come abbiamo già avuto modo di notare, uno stampato librario è costituito da una struttura formale e da aspetti tecnico-grafici relativi agli elementi compositivi (testo e illustrazioni). Tutti questi elementi vanno studiati attentamente e programmati con cura, a livello estetico, tecnico ed economico. Diamo ora una rapida classificazione dei principali elementi che costituiscono un libro: ■ sovraccoperta ■ copertina ■ fascetta ■ sguardie o pagine di protezione ■ occhiello, frontespizio, retrofrontespizio, dedica, prefazione e indice ■ titolo ■ copyright ■ dedica - premessa ■ testo ■ pagine finali

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Le prime pagine.

La sovraccoperta è quel foglio stampato che a volte riveste il libro e riporta le caratteristiche della copertina. La sovraccoperta aderisce al libro con dei risvolti in cui compare spesso una breve descrizione del contenuto e una bibliografia dell’autore. Nella sua progettazione entrano in funzione l’aspetto estetico e l’elemento artistico, per dare una nota di raffinatezza in più all’opera. In alcuni casi una fascetta accompagna la sovraccoperta e riporta a scopo pubblicitario alcun dati, come il numero di copie e i premi assegnati. La fascetta serve anche per raggruppare una serie di volumi appartenenti alla stessa collana.

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La copertina è costituita da due piani, uno anteriore e l’altro posteriore, uniti insieme dal dorso, che può essere flessibile o rigido (incollato direttamente sulle pagine). La sua funzione principale è di tenere unite le componenti formali del libro (segnature). A livello puramente tecnico costituisce una barriera contro vari agenti esterni (tempo, spostamenti, manipolazioni ecc.) che potrebbero danneggiare lo stampato, e può essere fatta con vari materiali: cartone, legno, pelle, metallo o altro. Il più delle volte, però, la copertina è fatta di cartoncino plastificato, che protegge la stampa e rende più brillanti i colori. Di norma, su di essa compaiono il titolo, l’autore, la casa editrice, il prezzo e, se l’edizione è una collana, anche gli elementi caratteristici di questa. Diciture e immagini possono essere stampate sulla copertina sia con tecniche tradizionali (tipografiche, offset, rotocalco) sia con tecniche particolari (oro, stampa a secco). Le sguardie sono fogli di carta resistente applicati all’interno della copertina: hanno la funzione di collegare quest’ultima al volume e di rendere il libro più robusto. Possono essere bianche o colorate; a volte contengono degli elementi stampati il cui scopo progettuale resta comunque quello di collegare l’esterno all’interno. Dopo le sguardie, continuando a sfogliare il libro, incontriamo spesso due pagine bianche a cui segue una pagina chiamata occhiello. L’occhiello reca il titolo dell’opera, con un corpo relativamente piccolo. Alle origini, però, (fu introdotto alla fine del ‘400) aveva la funzione di proteggere la prima pagina del testo, in quanto allora i libri erano generalmente sprovvisti di copertina. Sul retro si può trovare il frontespizio che contiene il nome dell’autore, il titolo del libro con eventuale sottotitolo, l’indicazione dei collaboratori (se ci sono), il nome dell’editore, la sua città di residenza, l’anno di pubblicazione. La pagina che costituisce il frontespizio è tradizionalmente considerata, dai grafici, come una delle più importanti di tutto il libro e su di essa sono spesso profusi sforzi per renderla il più possibile attraente dal punto di vista estetico. Sul retro del frontespizio può trovarsi il retrofrontespizio, che informa circa il copyright, la tipografia, il luogo e la data in cui il volume è stato stampato, le eventuali riedizioni, i nomi dei progettisti grafici, le referenze. Al retrofrontespizio segue la dedica: si tratta di una pagina che contiene (di solito in alto, sulla destra) una frase particolarmente significativa o una citazione, dedicata dall’autore a una o più persone a lui particolarmente care e a cui si è ispirato. Alla dedica in genere seguono una pagina bianca (che può contenere i ringraziamenti ai collaboratori) e la prefazione, in cui autori ed editori spiegano i motivi che li hanno condotti alla realizzazione e pubblicazione del testo. Alla prefazione segue, infine, l’indice (o sommario) che, però, può essere anche posto alla fine del libro. Esso numera in sequenza i capitoli e i paragrafi, con relativo numero di pagina. A volte è analitico e offre, quindi, ulteriori informazioni sull’opera.

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Ovviamente, quella sopra esposta è una sequenza solo indicativa, che può essere modificata e ridotta a seconda del tipo di pubblicazione e degli usi della casa editrice. Le pagine che contengono gli elementi che vanno dall’occhiello all’indice generalmente non sono numerate o sono numerate con numeri romani (I; II; II; IV; V e così via), per evitare di modificare ulteriormente la numerazione del libro (queste pagine, infatti, vengono normalmente redatte per ultime, dopo l’impaginazione del testo). Prima di passare al testo vero e proprio, è bene soffermarsi ancora un po’ sul titolo. Esaminandolo dal punto di vista tecnico, si può notare che il suo peso tipografico è di norma maggiore rispetto agli altri elementi della pagina (rispetto al corpo del testo, si consiglia per il titolo un formato maggiore, ma non più del doppio). È a livello comunicativo, però, che esso mostra tutta la sua importanza, in quanto ha la funzione primaria di connotare il testo e di renderlo a prima vista appetibile al pubblico. Alle pagine d’apertura segue il testo vero e proprio, ossia il contenuto dell’opera, che può essere suddiviso in capitoli, articoli, paragrafi e che contiene illustrazioni, note, commenti, didascalie. Le pagine sono numerate progressivamente. Si possono considerare anche le pagine d’apertura e partire, a seconda dei casi, dal numero 3, 5, 7, 9 ecc. Si può anche farlo cominciare dalla pagina 1, senza tenere conto delle pagine d’apertura (che quindi vengono numerate a parte). È comunque buona norma partire da una pagina di destra, avente quindi numerazione dispari. I numeri possono essere posti in alto o in basso, al centro o a margine (sia destro sia sinistro). LE IMMAGINI PER IL LIBRO In un libro le immagini hanno il compito di tradurre in linguaggio visivo alcune parti del testo, facilitando la lettura e offrendo una percezione mediata. Esse hanno, quindi, la funzione di arricchire e di chiarire il significato dello stampato editoriale. Il rapporto immagine-testo deve essere equilibrato e gradevole, e può variare a favore dell’uno o dell’altro elemento, in base a ciò che si vuole comunicare, allo spazio a disposizione e ai costi previsti per lo stampato. Nella pratica editoriale, quasi sempre le immagini da inserire vengono fornite direttamente dall’autore del libro. Al grafico spetta, invece, il compito di rielaborarle sotto il profilo tecnico in modo da ottenere del materiale iconografico di buona qualità e stampabile, adatto alla tipologia di edizione scelta.

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dal progetto alla stampa

Le immagini inserite nel testo, per svolgere in modo efficace il compito di chiarire e commentare la parola scritta, sono in genere accompagnate da didascalie e da precisi riferimenti (da cui si possa facilmente risalire alla parte del testo cui si riferiscono).

■ PIANIFICAZIONE DELL’OPERA I FORMATI Al momento della progettazione, il grafico deve stabilire il formato del volume (altezza, larghezza e spessore) che, di norma, viene espresso in centimetri. A questo proposito, bisogna tenere presente che per un numero poco elevato di copie, le cartiere forniscono dei formati standard, non modificabili. I formati finali (rifilati) sono unificati con normazione UNI (descritti nel vol. 1 / 2): ■ Libri generici A2, A4, A5, A6, A7 ■ Libri tecnici A3, A4, A5, A6, A7 ■ Libri tascabili generici A5, A6, A7 Per la stampa di volumi d’arte è adeguato il formato A3; per i testi tecnici e scientifici va bene, invece, il formato A4 (ideale per le impaginazioni a due colonne). Per i romanzi e i tascabili in genere si preferisce usare il formato A5, che si adatta facilmente all’impaginazione a due colonne. Infine, per volumi poco ingombranti, è spesso preferito il formato A6. I MARGINI DELLA PAGINA Il rapporto tra il testo stampato e gli spazi bianchi (margini) deve essere equilibrato, in quanto da una parte può condizionare la leggibilità del testo e dall’altra contribuisce a definire lo “stile” del libro. I rapporti tra superficie stampata e spazi bianchi di una pagina prendono il nome di: ■ margine di cucitura (circa 16 mm) ■ margine di testa (circa 20 mm) ■ margine di taglio (circa 24 mm) ■ margine di piede (circa 28 mm) Le misure di un volume sono indicate con riferimento alla base per l’altezza, dove l’altezza è considerata il lato di cucitura o di piega.

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Uno stampato editoriale viene considerato libro, quando la cucitura è sul lato maggiore, album, quando questa si trova sul lato minore. Modificando le misure dei rapporti, si possono valutare diverse possibilità e ottenere differenti impressioni sullo stampato (che può diventare, a seconda dei casi: corrente, di lusso, di qualità, economico ecc.) Operata la scelta più idonea si affronta l’impaginazione del libro. Il grafico deve organizzare in modo preciso tutti gli elementi che ne caratterizzano la parte stampata: titoli, testo, didascalie, note, illustrazioni. Per il testo si dovranno stabilire: ■ caratteri (tipo e corpo) ■ interspazi ■ interlinee ■ giustezza ■ tipo di composizione Per organizzare lo spazio in modo razionale ed ottenere un buon prodotto di comunicazione, la disposizione degli elementi in una pagina deve basarsi su regole geometriche. L’UTILIZZO DELLA GABBIA O GRIGLIA Stabilito il “genere” del libro, stabiliti gli elementi comunicativi, definito il formato del volume e della pagina, scelto il tipo di font e il corpo per il testo, si passa a delimitare la gabbia e, successivamente, a suddividere lo spazio in colonne (numero e dimensioni). La gabbia è un tracciato sul quale si dispongono gli elementi grafici che compongono le pagine di un libro. Ricordiamo che il concetto moderno di griglia è stato introdotto verso il 1930 dai grafici della “scuola svizzera” R.P. Lohse e M. Bill, H. Bayer che identificavano nel quadrato il modulo base di tutte le composizioni. La suddivisione della pagina secondo schemi geometrici prestabiliti facilita un’armonica e proporzionale distribuzione e organizzazione degli elementi e degli spazi bianchi, migliorando così la leggibilità del libro e dando risalto alla sua piacevolezza estetica. È in base al formato della gabbia che occorre studiare gli schemi dell’impaginazione in modo da stabilire i giusti rapporti tra la forma e l’area di composizione. L’impaginazione acquista così un significato e un’importanza decisiva per la fruizione corretta del libro. Esistono diversi modi di costruire una gabbia: uno dei metodi tradizionali maggiormente usati per calcolare il giusto spazio da riservare, nella pagina, al testo scritto ed agli spazi bianchi consiste nella determinazione della sezione aurea. Un esempio significativo ci viene dalla divisione armonica di Villard (architetto francese del 1200), basata sul principio della simmetria: la struttura del tracciato è generata dall’intersezione delle diagonali della pagina (o delle doppie pagine).

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Tracciato il rettangolo aureo (vedi volume precedente) si suddivide in 9 parti l’altezza del rettangolo-pagina e se ne traccia la diagonale CD. Il punto 3 viene individuato da una seconda diagonale perpendicolare alla diagonale del formato pagina CD. Il punto 1, invece, viene individuato da una terza diagonale EA che nasce dall’incontro dalla perpendicolare passante per il punto 3 e incontra il lato del rettangolo. Il lato del rettangolo interno si crea dalle intersezioni del punto 1E con una perpendicolare FG, mentre il punto 7 si trova dalla sua intersezione con la diagonale CD. La gabbia determinata comprende lo spazio dal punto 1 al 7. I margini della gabbia con il formato della pagina sono di 2 a cucitura, 3 in testa, 4 a taglio, 6 a piede: qualunque sia lo spazio scelto, i margini saranno sempre fra loro in un rapporto costante di 2:3 È importante lasciare uno spazio non inferiore ai 7 mm tra la gabbia e i margini di rifilo poiché uno spazio inferiore vedrebbe le colonne di testo troppo vicine ai tagli. Ulteriori gabbie si possono ottenere con sperimentazioni sul sistema delle diagonali, ogni rettangolo che scaturisce avrà inalterate le proporzioni.

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Ricordiamo che area di stampa e bianchi marginali non devono necessariamente essere in stretto rapporto con le misure del modulo, in quanto il bianco marginale forma una cornice che costituisce un gradevole insieme con testo e immagini. Inoltre, le pagine frontali formano un unico insieme: ciò impone che la gabbia venga progettata e costruita in rapporto ai margini bianchi imposti da piega e cucitura. L’operatore grafico deve utilizzare la gabbia come un’impalcatura architettonica per tutti i progetti grafici che richiedono un posizionamento regolare, ripetuto ed armonico degli elementi grafici. Libertà e complessità possono derivare dalla sovrapposizione di due o più griglie da cui derivano spazi originali per posizionare gli elementi. La scelta e la disposizione degli elementi variano in base alle esigenze funzionali, alla tipologia della pubblicazione e agli obiettivi da conseguire: così, a seconda dei casi, a dominare può essere il visual o il testo. Lo studio di una gabbia si rivela altrettanto utile nell’impostazione di stampati come manifesti, brochure, volantini: qualunque sia il formato la gabbia darà “valore” ai contenuti rendendo la grafica accessibile e interessante esteticamente, funzionale sotto l’aspetto comunicativo.

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IL FORMATO DELLA GABBIA E LE COLONNE Il formato della gabbia deve essere scelto a seguito di uno o più incontri con il cliente. In essi, occorre stabilire: ■ quale rilievo dare ai titoli e agli eventuali sottotitoli; ■ come utilizzare gli elementi illustrativi (fotografie, disegni, illustrazioni di vario genere). Questi incontri (briefing) costituiscono un’importante occasione per conoscere meglio il cliente, le sue esigenze e i suoi gusti. La scelta del formato della gabbia viene di norma presa dopo aver effettuato una serie di prove con semplici schizzi a mano libera. Segue l’analisi degli elementi grafici da includere nella composizione, partendo da quelli più importanti. A questa seguono il calcolo delle battute del dattiloscritto e la previsione dell’ingombro del testo dopo il suo trattamento tipografico. La gabbia si adatta facilmente alle differenti tecniche di pubblicazione ed è necessaria per tutti gli stampati, in modo particolare per gli stampati librari e paralibrari (libri e periodici). L’uso della gabbia nella progettazione grafica dà continuità e armonia, e facilita il lavoro del progettista grafico (soprattutto per quanto riguarda il posizionamento del testo e delle immagini). Ma non è solo il grafico progettista a ricavare benefici: dall’uso di una gabbia si avvantaggiano anche i fotografi, gli illustratori e gli operatori della fase esecutiva (fotocompositori, fotolitisti, montaggisti). Dopo aver definito l’area di lavoro e la sua posizione rispetto al formato della pagina, occorre stabilire il numero e la larghezza delle colonne. Il modo più semplice per suddividere qualsiasi superficie grafica consiste nel tracciare un margine tutt’intorno ai suoi bordi, delimitando una zona centrale per la collocazione degli elementi da inserire. L’ampiezza del margine varia in base a gusti ed esigenze. Di norma, la giustezza delle colonne è calcolata in righe tipografiche, lo spazio bianco tra di esse è non meno di una riga, raramente si arriva a mezza riga (6 punti). La parte scritta e illustrativa può essere distribuita su una o più colonne. Il formato ad una colonna è il formato di gabbia più semplice, ma offre poche possibilità di impaginazione armonica, anche nell’esecuzione di stampati di piccolo formato, poiché condiziona in modo sensibile il posizionamento degli elementi. Pertanto viene impiegata generalmente in pubblicazioni in cui non è richiesta la componente iconografica. L’impaginazione a due colonne, anche con giustezza differente, è impiegata per prodotti librari. Pur essendo più flessibile, conferisce allo stampato un aspetto classico (la gabbia a due colonne viene utilizzata per dizionari, riviste tecniche e scientifiche).

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La gabbia rappresentata nasce nel formato A4 (21x29,7). I margini sono uguali su tutti i lati. Le linee del testo troppo lunghe possono rendere difficoltosa la lettura.

Lo spazio è suddiviso in colonne verticali. Lo spazio tra le colonne è costante e corrisponde a 0,4 cm circa. Le due colonne offrono molte opportunità per impaginazioni dinamiche o simmetriche. Può risultare interessante la distribuzione delle immagini.

La gabbia a tre colonne è generalmente utilizzata per impaginazioni di libri, brochure, annunci pubblicitari.

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La gabbia a quattro colonne è generalmente utilizzata nei quotidiani o in riviste con molte informazioni.

Una sub-divisione orizzontale delle quattro colonne offre opportunità impaginative flessibili.

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La gabbia a cinque colonne è generalmente utilizzata nei quotidiani o in riviste. Offre flessibilità e numerose varianti nell’impaginazione.

Una divisione modulare orizzontale delle quattro colonne offre opportunità impaginative flessibili.

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La divisione a tre colonne, invece, permette molteplici soluzioni di giustezza del testo e dimensionamento delle immagini, e dà una maggiore possibilità di integrare la parte scritta nel progetto grafico. Si ritrova spesso nelle riviste, nei periodici e in alcuni stampati pubblicitari. Si tratta di una suddivisione molto comune e sicura. Spesso una delle tre colonne è più stretta ed è riservata alle didascalie, ai titoli, alle foto, alle note. In assenza di questi elementi, la si può utilizzare in modo creativo, per testi e immagini. Spesso nelle riviste di “prestigio” si utilizzano cinque colonne uguali: la grafica è gradevole e favorisce un’ampia serie di soluzioni. La struttura a cinque colonne (che si ricava facilmente dividendo in due parti ognuna delle tre colonne della struttura precedente) non è, però, adatta ai lunghi testi, perché i caratteri sono in genere troppo piccoli per consentire una lettura agevole. Vi sono tuttavia situazioni in cui il testo può essere collocato anche su sei colonne, ad esempio quando si tratta di semplici elenchi di nominativi. Questa formula può essere utilizzata con grande efficacia quando al materiale illustrativo è riservato ampio spazio, di molto superiore a quello occupato dal testo. Occasionalmente, alternando gabbie da tre e sei colonne su due pagine adiacenti, si può creare un interessante equilibrio visivo. C’è infine da aggiungere che non è d’obbligo riempire sempre tutte le colonne con il testo. Quando si lavora con poco testo e molte illustrazioni di buona qualità, è spesso preferibile concentrare il testo su una sola colonna e riempire le altre con delle foto. Così, lo spazio bianco che circonda questi elementi agisce da vero e proprio elemento grafico.

Il disegno di una gabbia flessibile strutturata con varie larghezze delle colonne. Viene utilizzata quando il numero degli elementi da impaginare è molto vario.

Esempio di impaginazione utilizzando le tre colonne. Testo e immagini risultano sacrificati.

Esempio di impaginazione utilizzando le due colonne. Testo e immagini hanno una maggiore visibilità.

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Le due colonne hanno giustezza differente. L’impaginazione può utilizzare la colonna più stretta per testo o didascalie.

Esempio di variante con immagine al vivo e testo in gabbia.

Nella grafica contemporanea l’uso del computer ha consentito nuove soluzioni progettuali. La nuova tipografia prevede una libertà che va oltre la disposizione di griglie: ricercando una dinamicità compositiva dove testo e immagini interagiscono in continue connessioni, le impaginazioni risultano destrutturate oltre i limiti della tipografia tradizionale. Solo la stampa su di un supporto cartaceo immobilizza il progetto annullando le caratteristiche cinetiche dello schermo.

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■ UN’IDEA DI SVILUPPO: il calcolo delle battute Per determinare con una certa attendibilità il numero di pagine che un dato testo occuperà una volta trasformato in libro, si consiglia il conto delle battute presenti su una riga del foglio dattiloscritto. Per battuta s’intende ogni “battuta” di un tasto della macchina da scrivere (o della tastiera del computer), comprendendo sia le lettere sia gli spazi bianchi. Per il calcolo, va scelta una riga di media giustezza. Se una riga è bruscamente interrotta da un “punto e a capo”, occorre contare tutti gli spazi bianchi che la separano dalla fine. Successivamente, si moltiplica il numero delle battute per il numero delle righe presenti in una pagina originale. Anche in questo caso, la misurazione può essere effettuata su di una sola pagina (avendo ovviamente l’accortezza di sceglierne una interamente scritta). Si moltiplica, infine, il risultato così ottenuto per il numero dei fogli dell’originale. Avremo così il numero complessivo delle battute contenute nel testo originale.

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Facciamo un esempio. Se un dattiloscritto originale, che contiene 60 battute per riga e 30 righe per pagina, ha una lunghezza di 80 pagine, opereremo il seguente calcolo; 60 x 30 = 1.800 (numero di battute per pagina), 1.800 x 80 = 144.000 (numero complessivo delle battute presenti nel testo). Il risultato ottenuto ci servirà poi da base per i successivi calcoli. Così se vogliamo che il libro stampato abbia 70 battute per riga e 30 righe per pagina, possiamo stabilire che le pagine conterranno: 30 x 70 = 2.100 battute. Il libro, pertanto, avrà: 144.000 : 2.100 = 69 pagine.

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Prima di affrontare nel dettaglio l’impaginazione di un’opera, è necessario fare un elenco dettagliato di tutti gli elementi (titoli, sottotitoli, testo, note, didascalie, illustrazioni…) per stabilire con chiarezza lo sviluppo grafico. Si può calcolare l’ingombro della parte scritta in relazione all’altezza della pagina. Per farlo occorre tener conto: ■ delle dimensioni dei caratteri usati (cioè del loro corpo); ■ della giustezza (larghezza di una riga di stampato espressa in righe tipografiche); ■ dell’interlinea (quantità di spazio tra le linee di un testo); ■ del numero delle illustrazioni. Ricordiamo che più la giustezza aumenta e più cresce la larghezza della colonna (o della riga). Se la giustezza è molto elevata (oltre 30 righe) si possono riscontrare notevoli problemi di leggibilità, in quanto risulta difficile passare da una riga di lettura a quella successiva. Al contrario, se la giustezza è troppo bassa (meno di 12 righe), ci possono essere troppe parole interrotte a metà, troppi “a capo“ che rallentano la comprensione del contenuto.

■ L’ALLESTIMENTO E LE SEGNATURE Una delle fasi più importanti nella produzione di un libro riguarda l’allestimento (o confezione). L’allestimento consiste nel complesso delle operazioni necessarie a trasformare il foglio di stampa (detto anche foglio di macchina) in una o più pagine del libro. La prima operazione da compiere, per passare dal foglio di stampa alle pagine del libro consiste nella piegatura: il foglio viene piegato in più parti fino ad ottenere il formato del libro. Per segnatura si intendono i foglietti ottenuti dalle piegature del foglio di stampa. Ad esempio, le segnature sono 4 quando dalla piegatura del foglio si ottengono 4 facciate, 2 nella bianca e 2 nella volta. Di norma le segnature hanno un numero pari e multiplo di 4 (altrimenti ci sarebbero degli sprechi). Le segnature possono essere classificate in: quartino, formato da 4 pagine ottenute piegando una volta il foglio; sestino, quando il pieghevole è formato da 6 pagine (2 pieghe in parallelo); ottavo, quando la segnatura è formata da 8 pagine (2 pieghe); dodicesimo, quando la segnatura è formata da 12 pagine (3 pieghe di cui 2 in parallelo e 1 a croce); sedicesimo, formato da 16 pagine (3 pieghe); ventiquattresimo, quando la segnatura è formata da 24 pagine (4 pieghe); trentaduesimo, quando la segnatura è formata da 32 pagine (4 pieghe); sessantaquattresimo, quando la segnatura è formata da 64 pagine (5 pieghe).

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Facciamo un esempio. Un libro di 160 pagine può essere costituito da 40 quartini (40 x 4 = 160); da 20 segnature a un ottavo (20 x 8 = 160); da 10 sedicesimi (10 x 16 = 160) o anche da 5 trentaduesimi (5 x 32 = 160). Potrebbe, però, risultare da una combinazione di due o più segnature differenti, ad esempio da 8 sedicesimi e 4 ottavi (8 x 16 = 128; 4 x 8 = 32; 128 + 32 = 160).

Nella realtà, però, le cose vanno spesso diversamente: il numero delle segnature dipende il più delle volte dall’altezza del libro, secondo lo schema che segue. ■ Altezza maggiore di 38 cm: il foglio di stampa contiene due foglietti e 4 pagine (edizione in-folio). ■ Altezza compresa tra 28 e 38 cm: il foglio di stampa contiene quattro foglietti, cioè otto pagine (edizione in 4°). ■ Altezza compresa tra 20 e 28 cm: il foglio di stampa contiene otto foglietti, cioè sedici pagine (edizione in 8°). ■ Altezza compresa tra 15 e 20 cm: il foglio di stampa contiene sedici foglietti, cioè trentadue pagine (edizione in 16°). ■ Altezza compresa tra 10 e 15 cm: il foglio di stampa contiene ventiquattro foglietti, cioè quarantotto pagine (edizione in 24°). ■ Altezza minore di 10 cm: il foglio di stampa contiene trentadue foglietti, ossia sessantaquattro pagine (edizione in 32°). Se i libri fossero stampati così come sono scritti, non vi sarebbe nessuna difficoltà nel piegare i fogli, considerando che la prima facciata – “recto” (bianca) – del foglio conterrebbe la prima pagina, la seconda – “verso” (volta) – conterrebbe la seconda e così di seguito, sino alla fine dello stampato. Purtroppo, però, nella stampa tradizionale le cose non vanno in questo modo: un libro non può essere stampato una pagina per volta, dato che un singolo foglio di stampa contiene più pagine del libro. Le pagine vengono disposte nella forma di stampa secondo una progressione numerica prestabilita, in modo da coprire interamente il foglio di stampa rispettando allo stesso tempo le esigenze di piegatura e legatura. La piegatura viene generalmente effettuata meccanicamente: è per questo motivo che nel foglio stampa sono evidenti i segni di piega, che indicano la giusta posizione per le segnature. Esistono due modi di piegare il foglio di stampa: a pieghe incrociate e a pieghe parallele. I due modi possono essere combinati tra loro, anche se generalmente il primo è utilizzato per gli opuscoli e i libri, mentre il secondo per gli stampati commerciali. Le impostazioni che prevedono sia pieghe incrociate sia pieghe parallele (e in cui l’altezza risulta maggiore della larghezza) danno origine ai cosiddetti stam-

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pati ad album, usati spesso per le edizioni dei bambini. È importante considerare la scelta del formato, per evitare spreco di carta nel rifilo in fase di allestimento. Il formato della carta non rifilato che viene maggiormente impiegato per ottenere un minimo di spreco nel rifilo è il 70 cm x 100 cm. Dal formato standard (70x100) si ricavano i formati più diffusi di libri e riviste quali: 64x88cm, 22x32cm, 21x29,7cm, 21x28cm, 20x30cm, 15x21cm, 14x28cm. Ai fini di una corretta piegatura si deve porre attenzione alla scelta della grammatura della carta: se le piegature da effettuare sono più di una, si consiglia una carta non molto pesante, per evitare screpolature e difetti di registro. Scendendo nel dettaglio, per una carta: ■ inferiore ai 70 gr (carta leggera) sono possibili e convenienti segnature in trentaduesimi; ■ tra i 70-120 gr (carta semipesante) si consiglia l’uso di segnature in sedicesimi; ■ tra i 120-180 gr (carta pesante) si consiglia l’uso di segnature in ottavi (va bene per folder e depliant); ■ superiore a 180 gr (semicartonata o cartoncino) si consiglia di effettuare una sola piega (quartino).

Alcuni esempi di formati più diffusi in tonso che si ricavano dal formato standard 70x100 cm.

La scelta delle segnature va effettuata non solo in base al peso della carta, ma anche in relazione al sistema di stampa, al tipo di illustrazione e al tipo di presentazione del prodotto. Per quanto riguarda la sequenza delle pagine sul foglio di stampa, è bene chiarire che esse non seguono affatto la numerazione che avranno sul libro e questo essenzialmente perché i fogli sono stampati su entrambi i lati. Normalmente, viene considerato come “bianca” il lato dove appare la prima pagina della segnatura. Più segnature costituiscono l’aspetto formale dello stampato e devono terminare con la numerazione pari.

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La prima numerazione successiva della nuova segnatura riprende con un numero dispari. Dato che le cose possono diventare molto complesse, specie quando il numero delle segnature è alto, si suggerisce di predisporre uno schema di disposizione delle segnature prima del montaggio del libro. La seconda operazione, da compiere dopo la piegatura, consiste nella rifilatura delle segnature. La rifilatura va studiata fin dalle prime fasi della progettazione. In genere, si consiglia un margine di 5 mm alla piega (a cui vanno aggiunti ovviamente i margini stabiliti di cucitura, testa, piede e taglio). E per finire, ecco un esempio pratico per imparare a piegare correttamente di un foglio di stampa e individuare la giusta successione delle pagine. ■ Prendete un foglio di formato UNI A4. ■ Prendete il lato più lungo e piegatelo a metà: avete ottenuto un quartino. ■ Piegate di nuovo (sempre dal lato più lungo). Fate attenzione che la piegatura sia effettuata esattamente al centro. Premete. Ora dispiegate il foglio: notate i segni che delineano otto rettangoli (cioè otto possibili foglietti). Sono queste le segnature in ottavo. ■ Continuando a piegare il foglio, sempre secondo la sequenza indicata, si otterranno le segnature successive. Notate come all’aumentare delle segnature, piegare la carta diventa sempre più difficile (se non impossibile, quando il foglio è fatto di carta molto pesante). ■ Alla fine di questo processo, otteniamo un libretto. Numeriamo ora le pagine badando che i numeri dispari siano sul lato destro. ■ Riapriamo infine il foglio per osservare la disposizione finale delle pagine in un foglio macchina. Una composizione razionale richiede che il numero complessivo delle pagine di un’opera debba essere un multiplo di 4. Ciò consente, a seconda dei formati della carta e dei formati della stampa, di stampare segnature multiple di 4, 8, 12, 16, 32 pagine ecc. (la copertina viene contata a parte). Conoscere esattamente la disposizione delle pagine sul foglio di stampa ci può aiutare nel risparmiare sulla quadricromia. Se noi riusciamo a mettere tutte le pagine a colori su di un’unica facciata (o su più facciate, ma badando che le pagine siano tutte a colori), allora i maggiori costi di stampa riguarderanno solo una parte dei fogli di stampa, mentre gli altri saranno stampati in bianco e nero e quindi a costo più basso. A questo fine è essenziale conoscere in anticipo le pagine in bianca e quelle in volta. Permane però la difficoltà, per il grafico, di distribuire le illustrazioni a colori all’interno dell’impaginato in modo da farle combaciare col giusto lato di stampa.

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■ IL MENABÒ E IL TIMONE Dopo aver stabilito le gabbie, il numero delle segnature ed aver eseguito le bozze del testo, si passa alla preparazione del menabò. Il menabò consiste in uno o più fogli doppi (grandi come il formato del libro con tutte le due pagine a fronte aperte), su cui: ■ si traccia la gabbia stabilita; ■ si dispongono le bozze e gli stamponi di fotolito nelle aree loro assegnate; ■ si danno indicazioni sull’impaginazione, sulle misure e sugli ingombri delle illustrazioni e delle fotografie; ■ si annotano le ultime, eventuali correzioni redazionali.

Il risultato è un finish layout in grandezza reale, che si avvicina molto all’aspetto finale dello stampato e che costituisce un’ottima guida per il montaggista e per lo stampatore. Come s’è detto, su di esso si possono operare le ultime correzioni tipografiche ed effettuare assemblaggi (anche allo scopo di vedere lo stampato nei colori definitivi).

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Esempio di timone di un’edizione libraria.

Per timone si intende la visualizzazione grafica del percorso progettuale del libro, che mostra lo sviluppo delle pagine in sequenza logica, dalle prime pagine fino alle finali. Nel timone la rappresentazione delle pagine è ridotta a pochi centimetri e su di esse si visualizzano con brevi tratti (rough) il testo e con quadrati l’ingombro delle illustrazioni. IMPAGINAZIONE: ORDINE E OLTRE Impaginare significa organizzare gli elementi grafici fondamentali (testi, immagini, colori) e gli elementi accessori (interlinee, spaziature del carattere, bianchi tipografici, margini) in un determinato spazio superficie (pagina, manifesto, locandina ecc). Impaginare significa anche disporre gli elementi in modo da creare un percorso di lettura razionale, volto a favorire una comunicazione lineare e logica.

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Questa regola non vale, però, sempre: a volte il percorso logico può essere interrotto per motivi creativi o anche per attirare maggiormente l’attenzione del fruitore. L’impaginazione si differenzia dalla composizione in quanto la prima fa in genere riferimento all’immagine grafica degli stampati, impostati su schemi che prevedono una comunicazione chiara, lineare nella lettura e funzionale alla comprensione del messaggio (cosa che accade, ad esempio, per le pagine di un prodotto editoriale). La composizione, invece, fa riferimento alla comunicazione degli stampati creati generalmente su soluzioni a forte impatto visivo (cosa che, ad esempio, accade spesso per i manifesti o le copertine). L’impaginazione è il momento più impegnativo, quello da cui dipende la struttura formale dello stampato. La leggibilità di un libro, la sua efficacia dipendono infatti, in buona parte, dalla sistemazione dei testi e delle illustrazioni e dalla sequenza delle pagine. Sfogliando i libri più recenti, ci si accorge a volte che l’impaginazione sembra avere una gabbia sbagliata, come se il testo facesse fatica a stare nelle colonne: ci sono scritte che diventano immagine e segni che si coordinano come elementi strutturali della pagina. Questi tipi di impaginati sono sempre più frequenti, in quanto riprendono il modo di confezionare le informazioni tipico dei nuovi media elettronici e ne rispecchiano, in un certo senso, il mondo “virtuale”. Nella grafica contemporanea si applica il principio della “non regola”, ossia vengono negate le gerarchie tra gli elementi: i titoli non sono più posizionati secondo la struttura grafica tradizionale; gli effetti della comunicazione visiva sono costruiti in modo che testi e immagini si intreccino senza una gerarchia prioritaria.

■ RIPERCORRIAMO IN SINTESI LA REALIZZAZIONE DI UNO STAMPATO IL PROGETTO Nella progettazione di uno stampato occorre considerare tutte le opportunità e i limiti offerti dalla tecnologia per la sua realizzazione. Soluzioni originali e sperimentali vanno considerate attentamente poiché comportano risultati a volte scadenti e costi di realizzazione molto alti. Il passo successivo consiste nello studio del formato e nell’impostazione della gabbia di lavoro. La gabbia è stabilita in righe e punti tipografici. È utilizzata per giustificare il testo, l’altezza e il numero delle colonne, per inserire eventuali spazi bianchi, per integrare le immagini con il testo e per le matrici della stampa (nel posizionamento su pellicola di tutti gli elementi). Per una corretta impaginazione, un precalcolo dell’ingombro del testo facilita la progettazione, così come un’attenta analisi della qualità delle immagini snellisce il lavoro.

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Si preparano, poi, tutti gli elementi grafici per la realizzazione dell’esecutivo, strutturando il menabò e il relativo timone. Le immagini originali con le indicazioni di tagli e riduzione sono allegate all’esecutivo così come le indicazioni sul colore per la stampa. LA STAMPA Tutto il materiale (testi foto-composti, selezione dei colori, gabbie, menabò, timone, esecutivi), deve ora essere fatto pervenire allo stampatore. Ricordiamo anche che il progetto deve essere corredato con opportuni chiarimenti circa: numero delle pagine, procedimento di stampa, formato (chiuso e aperto), qualità e peso della carta, colori per la stampa, numero di copie, indicazioni dei colori e della carta per la copertina, rilegatura, fustelle, tipo di confezione. IL LAYOUT DIGITALE Preparate il testo con un word processor e salvate il file. Predisponete le immagini: se avete disegni a mano libera, acquisiteli tramite scanner, oppure create le immagini direttamente a computer. Potete utilizzare anche immagini fotografiche. Impostate, in questo caso, l’acquisizione tra i 300 e i 400 dpi. Se tale operazione rende troppo “pesanti” le immagini, potete diminuirne il peso comprimendole nel formato JPEG (con perdita, però, dei dati pixel dell’originale). Predisposto tutto il materiale, effettuate l’impaginazione utilizzando un programma di grafica vettoriale (ad esempio, Adobe Illustrator o Macromedia FreeHand). La prima operazione consiste nel tracciare sul foglio virtuale le guide per suddividere geometricamente lo spazio secondo il vostro progetto. La seconda operazione consiste nell’inserire il testo nelle colonne ed elaborare il titolo e i sottotitoli. Successivamente, si passa all’importazione delle immagini e alla definizione degli altri elementi (didascalie, note, numero pagina, filetti tipografici ecc.). Procedete, infine, alla stampa e verificate se occorrono degli interventi di modifica al vostro lavoro.

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dal progetto alla stampa

U.D. C Lo stampato editoriale ■ ESERCIZI SVOLTI

ESERCIZI

Nella tavola riassuntiva si possono vedere i passaggi da operare per ottenere il layout definitivo.

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COSTRUIAMO “PASSO PASSO” UNA GABBIA

Scansione dei ritagli

Schizzi

Raccogliete riviste di vario tipo e ritagliate da esse testi e illustrazioni di differente formato, per poi combinarli su di un foglio. Come prima cosa, occorre stabilire il formato, in relazione alla tipologia dello stampato (libro, rivista, depliant). In secondo luogo dovete graduare per importanza i vari elementi grafici, stabilendo il livello di enfasi che deve avere ognuno di essi (Sensazioni di tranquillità? Composizione classica? Dinamica? Sperimentale?…) Considerate lo stile e il corpo del testo in funzione del tipo di target a cui è destinato lo stampato (ad esempio, il corpo del lettering deve essere grande per bambini della fascia elementare). Scegliete il tipo di carta: una carta di grammatura leggera può lasciare trasparire gli elementi della pagina di sotto; una carta troppo lucida, o troppo pesante, non è adatta a tutti i tipi di lavori. È bene ricordare che le immagini comportano dei costi elevati di stampa e di gestione, per cui se si desidera che il libro abbia al pubblico un prezzo contenuto, occorrerà talvolta “sacrificarne” alcune tra quelle preventivate, da scegliere tra le meno significative. Passate poi a definire il tipo di carattere, il corpo e lo stile del titolo. Quindi, a seguire, ripetete la stessa operazione per i sottotititoli e per il testo. Considerate un possibile stile aziendale ed eventuali spazi per gli inserimenti pubblicitari. A questo punto, definite il numero delle pagine. Per il presente lavoro utilizzate una gabbia flessibile con tre divisioni verticali (tre colonne) e tre orizzontali (per un totale di nove moduli). Stabilite lo spazio bianco ai margini del vostro formato e la giustezza del testo. Un calcolo complessivo delle battute del testo vi aiuterà nella scelta più funzionale. Quale sarà il rapporto tra il testo e il numero delle colonne? Le immagini saranno sufficientemente esaltate o lo spazio che occuperanno sembrerà insufficiente? Le immagini devono completare il testo, devono essere a colori o in bianco e nero? Queste sono solo alcune delle domande che vi dovete porre prima di iniziare il lavoro.

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dal progetto alla stampa

Prima di operare una scelta definitiva, in ogni caso, provate diverse combinazioni, fino a trovare quella che più vi soddisfa. I moduli possono ospitare anche le didascalie che saranno in corpo minore del testo. Non scordate l’obiettivo comunicativo iniziale e ricordate che più è complesso il contenuto più la gabbia dovrà essere flessibile. Disegno della gabbia con l’utilizzo del pennino. Nella finestra di dialogo scelgo lo spessore della traccia, il riempimento con un colore.

Suddivisione in moduli della gabbia con l’utilizzo del pennino.

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Realizza degli schizzi. Individua una composizione equilibrata di tutti gli elementi sia della copertina che dell’interno del prodotto.

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dal progetto alla stampa

Scelta l’immagine per la copertina, apri il programma Photoshop, crea un tracciato, seleziona, sfuma e riempi con un colore.

Con Illustrator crea la gabbia studiata, inserisci e ridimensiona le immagini.

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IV di copertina

copertina

Studio della copertina. La lettera G è stata contornata ed elaborata con i tracciati, successivamente colorata.

seconda pagina

Studio dell’impaginato interno con l’inserimento delle immagini e dei testi.

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dal progetto alla stampa

Impostate la gabbia sulla doppia pagina poiché la lettura è sempre su pagine aperte. Lo stesso procedimento può essere applicato in un formato diverso con una gabbia diversa. Montaggio della presentazione con la rotazione della 4a di copertina e della seconda pagina.

Visualizzazione tridimensionale delle pagine del catalogo.

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■ ESERCIZI DA SVOLGERE 1. Identificare l’immagine di una o più Case Editrici attraverso l’analisi degli elementi e delle strutture di vari stampati editoriali. 2. Prendere uno stampato librario e classificare gli elementi che lo compongono (copertina, occhiello, …) 3. Data una pagina dattiloscritta, calcolare le battute tipografiche complessive. Modificare l’impostazione della pagina in una giustezza più stretta e in un corpo più piccolo affinché il tutto rimanga sullo stesso lato pagina. 4. Ripetere l’esercizio precedente utilizzando un corpo di carattere maggiore. Verificare lo sviluppo del testo e il numero pagine. 5. Da una novella illustrata, realizzare il “timone” dell’opera. 6. Avendo a disposizione una pagina dattiloscritta, sviluppare graficamente a una colonna una segnatura a “quartino”, inserendo tre immagini a piacere, un titolo a piacere e il numero di pagina. Realizzare un “menabò” in un formato A3. 7. Studiare il “menabò” dell’esercizio precedente a computer, raccogliere tutti gli elaborati e rilegarli.

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MOD. 2 Immagine e comunicazione pubblicitaria ●

Padronanza dei criteri di progettazione grafica.



Capacità di visualizzare un messaggio visivo.



Padronanza del lessico tecnico della comunicazione visiva e pubblicitaria.

● DOMINANTE FORMATIVA ●

Acquisizione di una preparazione tecnico-professionale unitaria e completa che permetta di sostenere il proprio “fare”, basata sull’organizzazione, costruzione e produzione personale di elaborati grafici.

● FINALITÀ ●

Conoscere le funzioni del linguaggio visivo, le diverse fasi progettuali che caratterizzano ogni tipo di stampato per acquisire una professionalità tale da saper sostenere in maniera logica e consapevole ogni scelta progettuale atta a creare l’identità visiva di una azienda.

2 MODULO

● PREREQUISITI

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INTRODUZIONE

Manifesto per la presentazione di Mr. Trash Novella visuale 2005. Mr. Trash è il personaggio inventato da Antonio Barrese: “è un individuo senza qualità che galleggia fra gli scarti, i rifiuti e il pattume della società mediatica”. Progetto, originale e creativo, attraverso il quale si sviluppa una storia con intrecci visivi e testuali.

Il punto di arrivo di un progetto, di qualsiasi progetto si tratti, si raggiunge per fasi successive, per tentativi, per errori che via via restringono il campo delle tante idee iniziali. Neanche nei primi abbozzi di idee possiamo permetterci il lusso di “non ideare”. Spesso per definire realtà complesse come quelle delle aziende, delle marche, dei prodotti e dei servizi occorre svolgere, come prima analisi, una ricerca che delinei il posizionamento nel mercato, l’immagine interna, l’ambito in cui il sistema valoriale possa agire ed essere apprezzato. I risultati di queste ricerche sono poi interpretati, contestualizzati e tradotti nei concetti guida che delimitano il profilo semantico sulla base del progetto. Questa prima fase è il progetto concettuale che indica i percorsi formali da sviluppare per definire formalmente il progetto. La qualità del progetto ha poco a che fare con l’improvvisazione, per quanto brillante possa essere. Affermava Picasso: “La creatività è dovuta per il 10% all’ispirazione e per il 90% alla traspirazione”.

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U.D. A Progettiamo ● CONOSCENZE ●



Conoscere e sviluppare una cultura visiva della progettazione grafica. Acquisire la consapevolezza della complessità degli elementi che regolano il progetto grafico. Comprendere le modalità di presentazione del progetto grafico, in relazione agli obiettivi comunicativi prefissati, e alle problematiche tecniche di riproduzione.

● COMPETENZE ●





Essere in grado di progettare un prodotto comunicativo, attraverso un corretto iter metodologico. Progettare e realizzare coerentemente agli obiettivi richiesti dalla committenza. Essere in grado di utilizzare i mezzi e gli strumenti tradizionali del disegno e quelli digitali del computer.

● CAPACITÀ ●



Capacità di realizzare prodotti finiti attraverso l’utilizzo di mezzi e strumenti adatti. Utilizzare una metodologia di ricerca, analisi e sviluppo del progetto.

● OBIETTIVI MINIMI ●

Acquisire una conoscenza di base delle problematiche e delle eventuali soluzioni per la realizzazione di un progetto grafico, seguendo un metodo progettuale corretto, se pur non approfondito in tutte le sue fasi.

A UNITÀ DIDATTICA



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INTRODUZIONE Il progetto grafico comprende un complesso di conoscenze, competenze e capacità, coordinate con lo scopo di rendere efficace la comunicazione di un prodotto. Tra gli elementi che concorrono a raggiungere questo obiettivo ricordiamo: contenuto, informazione, creatività, target e mezzo. – Il contenuto della comunicazione deve essere chiaro e coerente, espresso con un linguaggio adatto al pubblico cui è diretto. – La componente informativa condiziona l’aspetto formale della struttura che varia secondo la quantità di informazioni da trasmettere e l’organizzazione dei messaggi. – La componente creativa favorisce la leggibilità del progetto e lo rende in un certo senso “unico”, facendolo uscire fuori dal rumore della concorrenza. – Il target a cui è destinata la comunicazione è un elemento davvero importante. Esso, infatti, influisce sulle scelte progettuali del messaggio da trasmettere. – Il mezzo comunicativo, infine, aiuta a chiarire come la progettazione sia costituita da una serie di fattori tra loro concatenati: un determinato messaggio, destinato ad uno specifico target, sarà trasmesso con il mezzo più opportuno. Tavola visiva esplicativa degli “elementi del progetto”.

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● LA MESSA IN PAGINA Per messa in pagina si intende l’organizzazione dello spazio bidimensionale di un foglio (prodotto editoriale), seguendo una precisa gerarchia e mettendo nella giusta successione e relazione i contenuti. Gli elementi che più sono connessi con l’organizzazione del lavoro sono: ● impaginazione ● carattere e composizione ● segni grafici ● colore ● visual ● rappresentazione del modello ● supporto ● formato L’impaginazione può essere definita l’arte e la tecnica del disporre testi e immagini di diverso genere all’interno di un pagina, in continuità con le successive. In questa fase operativa, si possono utilizzare schemi grafici precostituiti in cui gli elementi possono trovare collocazione con dimensioni e forme differenti. Il carattere e la composizione rappresentano lo studio e la scelta grafica del contenuto testuale dello stampato. La scelta dei font sarà caratterizzata dalla funzione dello stampato, dal suo aspetto formale e dal suo messaggio. I segni grafici (filetti, figure geometriche ecc.) hanno la funzione di trascrivere, sottolineare, marchiare, collegare gli elementi della pagina e accentuare il tono di voce del progetto. Il colore ha una grande carica espressiva. La sua scelta e l’integrazione con gli altri elementi pone problemi di carattere funzionale, tecnico, estetico, economico. Il visual comprende tutte le immagini (fotografiche, disegnate a mano o al computer, stilizzate, semplici o complesse, reali o astratte) inserite nella composizione allo scopo di informare, persuadere, attirare l’attenzione. L’immagine, combinata con altri elementi, può diventare il punto di partenza dello stampato che si struttura attorno ad essa (cosa che accade spesso nei periodici). A seconda del genere, l’immagine assume ruoli di dominanza o di subordinazione rafforzando la comunicazione. Spetta al progettista la valutazione della scelta strategica adatta. La rappresentazione del modello (rendering) riguarda il processo che permette di creare un’immagine partendo da un modello creato precedentemente (che contiene struttura, dati, informazioni). Il supporto è qualsiasi materiale atto a ricevere la stampa: carta, cartone, tela, plastica, legno, metallo, pelli ecc. La carta rappresenta il supporto per eccellenza e il più usato. Sul mercato sono oggi presenti numerosi tipi di carta, che si differenziano tra loro per sistema di fabbricazione, materie prime usate, grado di colorazione, di collatura, di levigatura, di spessore o di peso.

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Il formato è l’ingombro visivo dello stampato. La sua superficie è uno spazio nel quale gli altri elementi (carattere, illustrazione, colore ecc.) si organizzano per dare origine al prodotto. Il formato è l’area operativa della progettazione. I rapporti di proporzione fra le due dimensioni (base e altezza) sono ricavati da calcoli matematici, da costruzioni geometriche (ricordiamo la sezione aurea) oppure da formati carta convenzionali o unificati (la loro dimensione è spesso connessa con la materia e il tipo di supporto usati). La scelta del tipo di formato rappresenta un forte momento progettuale che condiziona l’impaginazione di tutti gli altri elementi grafici.

Tavola visiva esplicativa della “messa impagina”.

Elaborato didattico, rough di impaginazione con gabbia e colonne.

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● IMPAGINAZIONE DEL QUOTIDIANO Non esistono delle regole definite per impostare le pagine di un quotidiano: ognuno segue un proprio stile grafico nella collocazione delle notizie e nell’accostamento di un titolo ad un altro, e una propria struttura–formato, con gabbie e colonne prestabilite. La gabbia è organizzata generalmente in 7-9 colonne, suddivise orizzontalmente in modo da costruire dei moduli geometrici quadrati. I moduli vengono considerati come spazi per predisporre testi e immagini e si utilizzano anche per la vendita pubblicitaria. Gli elementi che compongono l’impaginazione del quotidiano sono: ● Il numero di pagine. Può variare ad ogni uscita, in base alla mole di notizie e di annunci pubblicitari da pubblicare. ● La suddivisione delle pagine in base al tipo di argomenti trattati e la loro collocazione all’interno del giornale. Varia secondo il peso dato ai vari argomenti (politica, cronaca, esteri, interni, finanza, economia, sport, attualità ecc.) e contribuisce alla caratterizzazione del quotidiano ed alla sua “personalità”. ● La disposizione delle notizie entro la pagina. Le notizie possono essere collocate in varie aree della pagina, in base al peso e all’importanza loro accordata. In genere, le notizie più importanti occupano la prima pagina o, nelle pagine successive, quelle di destra (che sono maggiormente visibili), di solito nella parte alta.

Gabbia suddivisa da moduli geometrici.

La prima pagina è la più complessa da progettare perché deve racchiudere il massimo delle notizie, ed è sicuramente quella determinante, per il suo impatto visivo sul lettore. La prima pagina viene suddivisa in fasce orizzontali, dette di taglio alto e di taglio medio (riservate agli avvenimenti nazionali ed internazionali), e di taglio basso (riservate alle notizie di costume o locali accompagnate da spazi pubblicitari). La fascia laterale, detta spalla o fondo, è riservata invece all’approfondimento e, solitamente, è scritta in corsivo.

Elaborato didattico, impaginazione della prima pagina di un quotidiano. La gabbia è suddivisa in colonne con titoli, sottotitoli e ingombri per le immagini.

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Giovanelli Ornella, elaborato didattico; rough e layout di impaginazione della prima pagina di un quotidiano.

Tra le tipologie di impaginazione più comuni ricordiamo l’impaginazione simmetrica e quella asimmetrica. Ci sono poi le impaginazioni: ● a “brace”, in cui i valori tipografici sono concentrati in un angolo della pagina (di solito, quello superiore destro), sostenuta da una diagonale; ● “circuì” (o “razzle dazzle”) che segue il moto circolare che dovrebbe percorrere l’occhio del lettore nello scorrimento della pagina; ● “horizontal”, quando i titoli occupano tutta la lunghezza della pagina dividendo il foglio in settori orizzontali.

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Progetto di uno stampato. Per visualizzare la struttura di impaginazione, la gabbia e il layout sono sovrapposti.

● PROGETTAZIONE DI UNO STAMPATO EDITORIALE (libro, rivista, catalogo ecc.) Nella progettazione di uno stampato editoriale l’iter progettuale utilizzato è lo stesso per tutti i prodotti comunicativi, siano essi libri, riviste, cataloghi o altro. In genere si inizia con l’analisi del progetto; successivamente, si classifica e si stila il brief; si passa poi alla realizzazione dei rough ricordando le gerarchie e, infine, si realizza il layout.

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La differenza sostanziale nella progettazione dei diversi prodotti si trova nell’impostazione grafica. Ogni prodotto, infatti, si differenzia dagli altri per le finalità e per ciò che deve comunicare al proprio target. Così, per esempio, la gabbia di un libro è diversa da quella di una rivista: la prima è in genere più semplice e contiene poche o nessuna immagine, la seconda è, invece, ricca di rubriche e contiene immagini dai tagli più disparati. Ma anche le gabbie di due libri possono essere molto diverse tra loro, se diversi sono i loro contenuti: un saggio di filosofia, per esempio, avrà un’impaginazione grafica molto rigida, mentre un libro per bambini sarà flessibile, con poco testo e tante immagini.

Esempio di impaginazione di uno stampato. Rough e layout di una guida inter-rail per giovani.

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Di seguito, mostriamo in forma esemplificativa alcuni passaggi chiave della progettazione di uno stampato editoriale. Dopo aver stilato il brief e analizzato gli elementi testuali e fotografici (in genere il committente fornisce tutto il materiale su un supporto magnetico, detto file, ma è bene avere una copia stampata per chiarire eventuali dubbi), si procede a schizzare la struttura grafica (gabbie e colonne) del progetto. Non dimentichiamo l’importanza delle foto che devono essere schizzate anche loro come ingombro. Una volta tracciata la gabbia (insieme con le colonne che più si addicono al contenuto del prodotto) si procede alla realizzazione del layout. Infine con un programma di impaginazione si passa ad eseguire il finish.

Giovanelli Ornella, elaborato didattico. Studi preliminari e layout di impaginazione dello stampato, per la rievocazione storica di Civitanova Marche “Lo vattajò”.

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LA RIVISTA La rivista è generalmente strutturata da parti e temi diversi, con elementi grafici differenti. Essa deve, pertanto, essere costruita e sviluppata sempre in doppia pagina, affinché l’utente percepisca una continuità nella lettura. Una volta stabiliti gli spazi occupati dagli annunci, si possono programmare quelli in cui inserire i testi, costituiti solitamente da rubriche ed articoli. Le rubriche sono ricorrenti in ogni numero della rivista e possono coprire gli argomenti più svariati. Spesso contengono le opinioni di un esperto o di un giornalista famoso, che rispondono ai quesiti dei lettori. Possono sia presentare una certa costanza nello stile grafico, in modo da dare un senso di continuità, sia differenziare lo stile in base ai contenuti proposti. Nell’impaginazione, la titolazione assume caratteristiche diverse a seconda del target di riferimento. Nei periodici dedicati ai giovani, infatti, essa si presenta più elastica e prevede l’utilizzo di svariati caratteri. Nelle riviste tecniche e di cultura, invece, lo stile è più rigido, con uniformità di lettering. In alcuni periodici si fa largo uso dello spazio bianco, allo scopo di creare contrasti visivi tra pieni e vuoti, isolare e valorizzare i titoli, mettere in evidenza determinati particolari, isolare immagini o testi in sequenza e movimentare l’impaginazione. La copertina è di importanza fondamentale per comunicare il genere della rivista: la grafica, perciò, deve essere accattivante per poter emergere dalla concorrenza nel punto vendita. Oltre alla visualizzazione della testata, posta generalmente in alto, ben leggibile e graficamente riconoscibile, la tendenza più comune è quella di utilizzare una sola immagine accompagnata dai titoli esplicativi degli argomenti interni. Copertina del graphic novel “Icaro” di Moebius e Jiro Taniguci. Edizioni Coconino Press; Copertina del graphic novel “Insonnia n.1” di Matt Broersma, Collana Ignatz; Copertina del graphic novel “Luis Riel” di Chester Brown Collana Coconino Cult, Edizione Coconino Press/Black Velvet; Copertina e pagine interne del Graphic novel “Interiorae” di Gabriella Giardelli, Collana Ignatz.

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IL CATALOGO Nel progettare un catalogo, si deve prestare attenzione a diversi elementi come: ● La scelta del supporto cartaceo. Infatti, se da un lato la carta deve essere resistente e di qualità per dare il giusto risalto alle immagini, dall’altro deve essere leggera per limitare i costi di spedizione. ● Il problema dell’aggiornamento dei prodotti, che può richiedere l’inserimento di fogli aggiuntivi. In questo caso, si deve progettare il catalogo in modo da permettere la sostituzione dei fogli (ad esempio, strutturandolo a fogli mobili). ● Le dimensioni. Se vogliamo che il catalogo venga realmente usato, occorre renderlo poco ingombrante, pratico e maneggevole. ● L’impostazione grafica della gabbia. Si devono prevedere anche degli spazi fissi ripetuti da utilizzare per richiami di titoli, esempi, consigli, prezzi ecc. Le pagine vanno poi articolate per settori merceologici, e possono essere caratterizzate da gabbie differenti.

Sopra Copertina e pagine interne del catalogo Curious Collection-Arjo Wiggins Italia. Progetto grafico e illustrazioni Angelini design. Sotto Brochure Seeing: doubletakesStrathmore elements. Design DesignframeNYC. Foto Robert Francois. Strathmore papers.

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● LA COPERTINA DEL LIBRO E DEL TASCABILE La copertina del libro viene spesso considerata come la “confezione del libro”, e il suo compito principale è di attirare l’attenzione dei potenziali lettori e spingerli all’acquisto. In senso generale, la copertina può essere definita come un mezzo di comunicazione, in cui i vari elementi, opportunamente studiati e combinati graficamente, favoriscono la “leggibilità” del titolo, suggeriscono il contenuto e identificano l’editore. Prima di porsi di fronte alla progettazione di una copertina, si stila il brief, e si conduce una ricerca sui dati tecnico-estetici degli stampati dello stesso genere presenti sul mercato. Questa ricerca è importante per confrontare i vari prodotti e rendersi conto degli elementi progettuali necessari alla realizzazione del progetto richiesto. L’utilizzo o l’assenza di illustrazioni e di fotografie, lo studio attento della prima e della quarta di copertina, l’inserimento di elementi coordinati in collane possono migliorare il progetto, rendendolo più originale e creativo. Il supporto va scelto in rapporto al tipo di utilizzo del libro ed è generalmente cartaceo (di grammatura variabile). Dati i costi di produzione ridotti e il prezzo di copertina basso, le pubblicazioni in formato tascabile hanno copertine che si servono di supporti cartacei a basso costo. È da notare che la stessa scelta del formato ridotto aiuta a conseguire risparmi (sui materiali, sul trasporto, sul magazzinaggio) e procura minori problemi di impostazione del foglio macchina. I formati più comuni per i tascabili sono: 11 x 18 cm o 11 x 18,5 cm con varianti più o meno evidenti (effettuate soprattutto allo scopo di differenziarsi in qualche modo dalle collane editoriali concorrenti). Il dorso, cioè la parte del libro che tiene unite le pagine e le segnature, nei tascabili, è molto alto (per il formato ridotto). Il dorso è graficamente importante poiché in uno scaffale è ciò che rende visibile e riconoscibile l‘opera. Su di esso devono comparire il nome dell’autore, il titolo dell’opera e il logo della Casa Editrice.

Esempi di copertine di libro tascabile. “L’albero delle donne tristi” autrice Marcela Serrano edizione economica Feltrinelli; “La pazienza del ragno” autore Andrea Camilleri edizione Sellerio.

Dorsi delle edizioni tascabili: Feltrinelli con l’inconfondibile segno grafico della “F” in alto; Sellerio riconoscibile per il formato e il colore “blu” del fondo.

Einaudi tascabili, autore “Miti d’oggi” di Roland Barthes. Visualizzazione della prima, quarta e dorso di una copertina.

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Dopo aver analizzato tutti i dati del brief, si passa ad abbozzare una serie di schizzi a mano libera. Naturalmente questi schizzi daranno solo un’idea più o meno approssimativa di ciò che emergerà in seguito. È necessario, comunque, eseguire un bozzetto preciso sia nel lettering sia nel taglio fotografico (come per la messa in pagina). Ricordiamo che, quando è possibile, la foto va posizionata nel formato reale. Allo scopo si possono usare tecniche miste: fotocopie, scansioni ecc. che servono per realizzare il layout finale.

Studio e analisi di impaginati di immagini fotografiche (particolari di alcuni dipinti di Raffaello Sanzio).

Il problema dell’iconografia nei tascabili non è pressante, almeno fintanto si tratta di opere di narrativa, di raccolte di poesie o di saggi. Lo diventa, invece, quando la produzione si estende a tutti quei settori in cui si rende necessario inserire nel testo fotografie, disegni, riproduzioni di opere d’arte ecc. cercando di ottenere dei risultati apprezzabili con una spesa minima. Normalmente, le copertine sono un elemento di fondamentale importanza per un libro o per uno stampato, perché molto spesso rappresentano il plus che fa scattare la molla dell’acquisto. Per un libro tascabile, però, la copertina è ancora più importante perché esso è privo di altri appeal (sono edizioni economiche con carta economica, formati ridotti, margini ridotti ecc.). Per questo motivo, in fase di progettazione occorre porre su di essa un’attenzione particolare. Molto spesso si ricorre ad artifici grafici, come inchiostri speciali (oro, argento ecc.), stampe a secco (per evidenziare titoli e immagini) o fustelle particolari. Nelle edizioni più “raffinate”, invece, si possono utilizzare carte particolari.

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Ricordiamo che nella progettazione dei tascabili, proprio per la loro natura “al risparmio”, è importante prestare attenzione ad alcuni inconvenienti tecnici abbastanza frequenti, come: le riduzioni fotografiche (spesso rischiano di sminuire l’effetto originario della foto), le ristampe (a volte non sono perfette) o l’utilizzo di caratteri troppo piccoli. Quest’ultimo inconveniente, in particolare, può rappresentare un vero e proprio problema. Infatti, se normalmente corpi 10-11 non creano difficoltà di lettura, nella riduzione delle note o di altre tipologie di testo si può scendere anche a corpo 6, e i testi diventano, così, illeggibili o quasi, specie se letti in condizioni ambientali non ottimali (percorsi in tram, in metropolitana ecc.).

In questa copertina (tascabile Mondadori), per catturare l’attenzione del lettore gli inchiostri utilizzati sono: rosa fluorescente-argento e oro.

Esempio di nota con carattere al di sotto del corpo 10, il testo risulta poco leggibile, tratto da “L’albero delle donne tristi” Marcela Serrano Feltrinelli.

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● L’IPERTESTO L’ipertesto (il termine è stato coniato da Theodor H. Nelson negli anni 60) è uno strumento di comunicazione di tipo informatico che ci permette di accedere in modo non lineare a informazioni di tipo testuale. “Cliccando” con il mouse su parole e immagini “calde” preselezionate dall’autore, gli utenti sono rimandati ad altre aree, ad altri argomenti, ad altri siti, e possono così seguire un percorso di apprendimento personalizzato, effettuato cioè in base ai propri interessi ed esigenze. Contrariamente ai testi cartacei tradizionali, che si basano sui concetti di centro, margine, gerarchia e linearità, gli ipertesti sono costruiti sulle idee di multilinearità e multimedialità, e si snodano sulle reti telematiche in modo spesso imprevedibile.

Elaborato didattico, esempio di una mappa concettuale.

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Di norma, siamo abituati a leggere un libro in modo sequenziale: una riga dopo l’altra, una pagina dopo l’altra. Anche i testi tradizionali, però, possono aiutarci a capire come funziona un ipertesto. Se, ad esempio, durante la lettura di un libro scientifico, incontriamo un asterisco o un numeretto che ci rimandano ad una nota a fondo pagina, noi andiamo a leggerla. Qualche volta, però, la nota contiene citazioni, informazioni, indicazioni che a loro volta ci rimandano ad altri testi. Se noi seguiamo questo percorso, abbandoniamo per un po’ la lettura del testo principale per “approfondire” in altre direzioni. Ebbene, questa è, in un certo senso, la logica seguita dagli ipertesti, ma con una importante differenza: la ricerca manuale comporta dei tempi molto più lunghi di quella elettronica. Gli ipertesti ci permettono di navigare tra un sito della rete ed un altro in modo molto rapido.

● IPERTESTO... LE RAPPRESENTAZIONI CONCETTUALI Le rappresentazioni concettuali sono elaborazioni grafiche di schemi normalmente usati per rappresentare le strutture organizzative delle aziende. Anche per progettare l’ipertesto si utilizzano degli schemi che, attraverso linee, frecce, segni codificati e colori, sottolineano le relazioni fra i vari concetti, indicano i percorsi obbligatori o le direzioni alternative. Forme grafiche particolari o colori differenti possono poi evidenziare l’importanza gerarchica delle varie parti che compongono lo schema. Una rappresentazione a schema in sequenze logiche genera una mappa. Le rappresentazioni concettuali più comuni sono: • ad albero • circolare • a spirale Lo schema ad albero è un procedimento che segue un percorso costituito da sequenze logiche e da ramificazioni. Dall’individuazione e dall’analisi di ogni elemento emerge un segno iconico, attraverso cui si evidenzia la connessione tra le varie parti. È necessario che il percorso sia composto da elementi che coinvolgano il fruitore sia emotivamente sia intuitivamente. Lo schema circolare presuppone l’organizzazione delle informazioni in modo non gerarchico. In un certo senso, è come se entrassimo in una galleria d’arte per vedere delle opere d’arte appese alle pareti di una stanza rotonda: ci possiamo avvicinare indifferentemente a un’opera o a un’altra, oppure possiamo tornare al centro a consultare il catalogo. La soluzione a spirale, invece, raccoglie l’informazione organizzandola come una lunga spirale che guida l’utente lungo il percorso voluto dall’autore.

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Esempi di schemi (ad albero, circolare e a spirale) da utilizzare per la progettazione di un ipertesto.

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● PROGETTARE UN ANNUNCIO PUBBLICITARIO Nella progettazione di un annuncio pubblicitario (come per tutti i progetti grafici) si stila un preciso brief, e si analizzano le esigenze da esso imposte. In seguito, si individuano gli elementi che devono comparire al suo interno, si stabiliscono le dimensioni e proporzioni e si passa alla progettazione vera e propria. Infine, si definisce il layout (o i layout) da mostrare al cliente. L’annuncio pubblicitario segue delle strutture ricorrenti: sulle riviste più note, a larga tiratura, potrà occupare anche due pagine; in altre, invece, potrà essere ridotto fino ad occupare uno o due moduli (il modulo, in questi casi, ha una larghezza pari a quella di una colonna).

Pasquale Moretti elaborato didattico. Analisi, studi preliminari e layout di un annuncio pubblicitario “In strada 2005”.

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...Come evitare “orrori” nella progettazione Di seguito sono elencati alcuni suggerimenti utili per i novelli “progettisti”. – Non utilizzare troppe lettere maiuscole. È un errore scrivere titoli troppo lunghi tutti in maiuscolo: la leggibilità è ostacolata e l’attenzione tende a sfuggire. – Gli elementi dell’annuncio (titolo, testo e logotipo) dovrebbero essere organizzati secondo una chiara gerarchia. – Un annuncio cupo, impaginato senza struttura e troppo fitto di informazioni, dà al prodotto un senso di grossolanità e impressiona negativamente. Al contrario, i prodotti presentati con una impaginazione che li lascia circondati da molto spazio bianco o raffigurati da un singolo oggetto che si staglia isolato, danno una impressione di preziosità esclusiva. – Il layout di un annuncio pubblicitario dovrebbe svilupparsi creando un campo omogeneo e non essere “spezzettato” in parti otticamente differenti. È consigliabile verificare l’effetto di un annuncio prima della pubblicazione, disponendolo sopra una pagina pubblicitaria contenuta nel quotidiano o nella rivista in cui verrà inserito.

In questo annuncio, la comunicazione del prodotto risulta poco chiara e riconoscibile.

L’annuncio contiene troppi elementi senza una precisa gerarchia in questo modo si genera confusione.

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...Come un annuncio può farsi vedere Un annuncio pubblicitario, per essere efficace, deve attirare l’attenzione del lettore. Il problema è come riuscirci. Un primo suggerimento è quello di utilizzare delle immagini in cui appaiono dei primi piani di visi: le facce e gli occhi, infatti, destano in genere molta curiosità, probabilmente a causa della loro forma distintiva. Anche le immagini di bambini catturano lo sguardo. Il loro uso però, oltre ad essere regolato per legge, deve essere congruo con il contesto dell’annuncio. Un altro aspetto che attrae molto il lettore è la rappresentazione delle emozioni. Rappresentare scene ad alto contenuto emotivo aiuta ad essere ricordati a lungo.

In questo annuncio, lo sguardo magnetico della modella attira l’attenzione del pubblico.

In questo annuncio, l’attenzione del lettore viene attivata dalla figura del bambino che dorme.

È importante, in ogni caso, curare la visualizzazione dell’annuncio, che deve essere semplice. I lettori non devono essere trascinati in un labirinto dal senso difficilmente comprensibile. Gli studiosi hanno stabilito che il tempo medio speso nell’esame di un annuncio è di circa due secondi: non c’è, perciò, molto tempo a disposizione per le complicazioni mentali. Il visual non dovrebbe dare la priorità all’immagine del prodotto quanto ai benefici che ne trarranno i consumatori dal suo uso.

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La particolarità del visual attira l’attenzione e suscita, nel pubblico, percezione di movimento e dinamicità.

Anche i colori aiutano molto a far risaltare un annuncio. – Il giallo risalta moltissimo e, nella nostra cultura, ha connotati di solarità, movimento e attività. – L’arancio ha connotati simili al giallo, infonde allegria e positività. Ultimamente, poi, è diventato un colore di “successo”. – Il rosso è il colore più passionale e infonde calore ed emozioni forti. – Il violetto dà un senso di mistero e, molto spesso, è usato per articoli di fashion e per profumi. – Il blu ha un tono serio e raffinato e spesso è usato per sottolineare e garantire la firma rispettabile di una banca o di una compagnia di assicurazioni. – Il verde è il colore che più richiama la natura. Quieto e discreto, è adatto per presentare cibi ecologici, salutari e tradizionali. – Il bianco simboleggia la purezza. Assume un aspetto nobile e lussuoso quando è usato come larga campitura libera. – Il nero dà un tono esclusivo: un gioiello che brilla su di uno sfondo nero infonde un senso di lusso. In altri contesti, però, può avere un effetto assai diverso, dando un’idea di peso e di forza, ad esempio, se al posto del gioiello mettiamo dei pneumatici. – Il grigio è da utilizzare con attenzione: nei quotidiani, ad esempio, può dare la sensazione di sporco.

Giochi di immagini fotografiche colorate che ripetute in una griglia creano un motivo modulare.

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● PROGETTIAMO IL PIEGHEVOLE Il pieghevole (o depliant) è uno stampato molto utilizzato dai progettisti per le sue caratteristiche comunicative. Il formato, generalmente ridotto e progettato per essere spedito, può trasformarsi in una locandina con la semplice apertura. Attraverso pieghe, chiusure e supporti, il pieghevole riesce a catturare quasi sempre l’attenzione del pubblico e veicolare il messaggio con facilità. È adatto per qualunque comunicazione, sia essa un evento sportivo o un nuovo gioiello, e si può anche trasformare in un piccolo packaging (ad esempio, per contenere campioni di profumo). Il classico pieghevole è a due o tre pieghe con apertura orizzontale o verticale. La chiusura è molto importante, in particolare quando le pieghe sono 4 o oltre. A questo scopo si effettua spesso una cordonatura (si intacca, cioè, la piega) in modo che l’apertura e, di conseguenza, la lettura del fruitore sia obbligata in un dato verso. Nella progettazione di un pieghevole, bisogna prestare molta attenzione al formato e alla quantità di pieghe da utilizzare, sia per veicolare il messaggio nel modo più efficace sia per distribuire razionalmente testo e immagini. A questo scopo è bene preparare piccoli prototipi di carta, su cui schizzare (in maniera grossolana) il testo e le immagini per verificare che tutto il contenuto sia distribuito equamente nel formato e nelle pieghe scelte. In seguito si passa a schizzare il rough del pieghevole “aperto”, utilizzando una gabbia dove inserire testo e immagini. Un suggerimento è quello di schizzare a poca distanza la bianca e la volta del pieghevole, per mantenere una continuità di stile tra le parti. Ricordiamo, inoltre, che il pieghevole molto spesso è accompagnato da piccoli espositori, che possono essere di formato ridotto quando sono da tavolo (ad esempio, in farmacia, per informare di nuovi medicinali) o più grandi, raggiungendo le dimensioni di veri e proprio totem (ad esempio, nei musei).

Pieghevole con disegni del tangram, AD Camilo Matiz Made by Sams.

Michele Gatti - Marco Mattetti, elaborato didattico. Pieghevole fronte retro a quattro pieghe. Il pieghevole sulla sicurezza stradale “l’istante di una vita”, da un lato è strutturato da moduli con impaginato testo e immagini, dall’altro diventa manifesto con lo slogan “la vita non ha prezzo”.

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Elaborato didattico, comunicazione informativa del CSV - Centro servizi Volontariato delle Marche. Progettazione e realizzazione di un testimonial “La lavanderina” applicato a materiale cartaceo: pieghevole con tasca interna per il CD, espositore da tavolo con tasca per i pieghevoli, segnalibro come gadget; materiale multimediale: CD informativo del CSV e banner animato.

Per cimentarsi nella progettazione dell’espositore in cui inserire il pieghevole realizzato si suggerisce di iniziare con un espositore da tavolo, possibilmente già stampato (magari si può chiederlo ad un’agenzia di viaggi, o ad una farmacia). Una volta reperito, si passa a scollarlo e ad aprirlo facendo molta attenzione a non rompere il cartoncino. Il passaggio successivo consiste nel ricalcare esattamente le misure dell’espositore e della tasca che, talvolta non è incollata ma piegata ad incastro. Una volta riprodotte le parti sopraindicate, si passa a studiare la veste grafica, che dovrà essere coerente con quella del pieghevole. Attenzione all’altezza del pieghevole: bisogna fare in modo che una volta inserito nella piega non siano coperti il testo, lo slogan o una parte importante dell’immagine.

● PROGETTARE... WEB Il progetto di un intervento sul web viene realizzato con le stesse regole e allo stesso modo di quello su carta. Il fine è sempre quello di riuscire a farsi notare. Cambia solo il fruitore: negli stampati è il lettore, sul web è il navigatore, che dobbiamo aiutare rendendo la lettura facile e scorrevole e agevolando l’usabilità* del mezzo.

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*Termine tecnico molto utilizzato nel web (fase progettuale). Secondo la definizione data dalla norma ISO 9241, l’usabilità è il “grado in cui un prodotto può essere usato da particolari utenti per raggiungere certi obiettivi con efficacia, efficienza e soddisfazione in uno specifico contesto d’uso.”

LA GABBIA La disposizione degli elementi nello spazio pagina, obbedisce ad una logica di allineamenti e proporzioni armonici (come per la progettazione di una pagina su carta). Lo strumento principale del layout è la gabbia. Definire la posizione dei testi, dei menù, delle immagini, è uno dei passi fondamentali per dare al sito una buona coerenza e alle pagine un’impostazione piacevole. Particolare importanza assumono i punti di ancoraggio senza i quali si avrebbe una spiacevole sensazione di disordine (nel gergo si dice che le varie parti “volano”).

Committente “Colette”, Studio Spill.net (France), il concept di questo sito è “un desiderio costante e incessante di innovare”.

Esempio di gabbia per il web: la figura sottolinea la flessibilità della gabbia aumentando o diminuendo le celle, i numeri in alto e sulla sinistra sono misure in pixel.

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Esempi di impaginazione degli elementi: barra di navigazione, immagine, testo. Solitamente la barra di navigazione è posizionata a sinistra con al seguito testo e immagini, ma se si vuole stuzzicare l’interesse dell’utente si può pensare a soluzioni diverse.

Progettare partendo da una gabbia (a due, tre, quattro colonne) è una pratica che tutti i progettisti web dovrebbero adottare. La gabbia garantisce corretti allineamenti verticali e facilita la lettura per colonne, annullando gli elementi di disturbo ottico, come le colonne adiacenti. In un sito ad alta densità di contenuto informativo nella home page possono essere necessarie anche quattro colonne per fare in modo che gli argomenti principali si leggano “sopra la piega”, ossia nella parte visibile dopo il caricamento.

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Righe di testo sovrapposto.

TYPOGRAPHY Sul web il testo, prima di essere letto, viene per così dire “scansionato”, come avviene in genere quando si legge la prima pagina di un quotidiano. La gerarchia dei vari testi diventa quindi cruciale per aiutare l’utente nella lettura. Per questo è molto importante prestare attenzione al carattere e al suo corpo. A differenza dei font che utilizziamo per la grafica tradizionale, nel web i caratteri più adatti per una buona resa al video sono il Georgia e il Verdana. Per la composizione del testo, sul web l’allineamento ottimale è quello a sinistra. In questo modo la lettura è facilitata. Tutte le altre forme di allineamento presentano, invece, dei problemi. La composizione di testo centrato (epigrafe) e il testo a bandiera a destra sono di difficile lettura perché non si trova automaticamente l’inizio della riga, in quanto non è in un punto fisso, ma varia dopo ogni a-capo. La composizione giustificata o a blocchetto, è sconsigliata perché non esiste la “sillabazione” grazie alla quale su libri e giornali si attenuano gli spazi bianchi che si formano nel giustificare le righe.

Particolare di un gioco di lettering.

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BOX e LINK I box, cioè gli spazi contrassegnati da colore diverso e/o da filo di contorno, sono uno strumento molto utile per organizzare i contenuti. Possono essere usati per raggruppare informazioni o immagini correlate, sia inserendoli nello stesso box, sia usando box differenti. Servono anche a separare un contenuto dal suo contesto e ad evidenziare una parte del testo, per segnalarne la novità e farla emergere dal resto della pagina. I link devono essere immediatamente riconoscibili e distinguibili, per cui, solitamente, hanno lo stesso colore in tutto il sito; si possono anche sottolineare, ma sempre con discrezione.

● I BANNER

Esempi di box e link: il colore gioca un ruolo fondamentale per la leggibilità del testo.

Esempi di banner dell’azienda “HP”.

Per il settore pubblicitario e commerciale esistono i cosiddetti “banner”. I banner pubblicitari sono spazi pubblicitari in rete, ossia spazi attivi con link di siti commerciali ospitati in siti diversi e progettati in modo da apparire quando si “naviga” e con cui spesso i siti stessi ospitanti si finanziano. Sebbene la percentuale di click dei banner sia costantemente in calo dal momento della nascita del web a oggi, e alcune ricerche abbiano dimostrato che gli utenti hanno ormai imparato a ignorarli, per molti siti i banner sono ancora una delle fonti principali di guadagno. Vi sono tre accortezze da tenere presenti a proposito dei banner in home page: – Al momento del design bisogna progettare lo spazio per i banner, evitando in questo modo di farli apparire come posticci e mal integrati nella pagina. – Non inserire il banner prima del logo, in quanto la pagina potrebbe dare l’impressione di estrema commercialità. – Evitare gli eccessi. Un banner è più che sufficiente. Spesso i banner di piccole dimensioni sono comunque efficaci, e vengono da alcuni siti inseriti in una delle colonne ai lati della pagina. In generale, comunque, è bene ricordare che le animazioni (tutte, non solo i banner) sono da usare con parsimonia perché disturbano l’attenzione dell’utente.

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U.D. A Progettiamo

ESERCIZI

● ESERCIZIO SVOLTO ●

Progettazione di un pieghevole fronte retro a due pieghe, di un prodotto a scelta dello studente/ssa. Si richiede rough e layout del progetto.

Elaborato didattico Lara Sagripanti.

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● ESERCIZI DA SVOLGERE 1. Progettare un giornalino scolastico del vostro Istituto, evidenziando i diversi corsi di studio. 2. Progettare un pieghevole informativo del vostro corso di studio. Il pieghevole dovrà essere spedito alle famiglie. 3. Da un libro tascabile letto, progettare nuovamente la copertina, conservando gli elementi fissi come titolo, autore, etc. 4. Realizzare una mappa a scelta tra quelle studiate di un ipertesto a piacere.

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U.D. B Il messaggio visivo dell’annuncio ● CONOSCENZE

● ●

Conoscere e riconoscere i diversi elementi dell’annuncio. Riconoscere all’interno di ogni annuncio le tensioni che agiscono secondo linee e direzioni volute dal progettista. Conoscere i diversi sistemi di impaginazione di un annuncio. Conoscere le funzioni principali del linguaggio visivo contenute in ogni annuncio o immagine in genere.

● COMPETENZE ●





Scomporre un annuncio classificando tutti gli elementi che lo compongono. Essere in grado di individuare in un annuncio le linee-forza della composizione riconoscendone gli effetti percettivi e i significati che ne derivano. Rielaborare l’annuncio attraverso una disposizione diversa degli elementi analizzati mantenendone inalterate le funzioni del linguaggio visivo originario.

● CAPACITÀ ●



Mettere a confronto diversi annunci ed essere in grado di fare confronti e/o parallelismi attraverso tesi argomentative specifiche chiare e tangibili. Rielaborare un annuncio in maniera personale e originale con finalità comunicative diverse da quelle originarie.

● OBIETTIVI MINIMI ●

Conoscere e riconoscere i diversi elementi che compongono un annuncio pubblicitario. Acquisire una conoscenza di base delle funzioni principali del linguaggio visivo e dei diversi sistemi di impaginazione di un annuncio pubblicitario.

B UNITÀ DIDATTICA

● ●

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INTRODUZIONE Nel 1759 Samuel Johnson* scriveva su The Idler: «Gli annunci pubblicitari sono oggi così numerosi, che sono letti con negligenza, ed è perciò divenuto necessario conquistare l’attenzione con magnificenza di promesse, e con eloquenza talvolta sublime e talvolta patetica». Il problema dell’affollamento pubblicitario non è così nuovo come molti pensano. *Samuel Johnson – 1759. Questo è, credo, il testo più antico che esista sulla pubblicità (nel senso moderno della parola). Molti ne citano qualche frammento, ma pochi lo hanno letto. Samuel Johnson lo pubblicò nel numero 40 della sua rivista The Idler, il 20 gennaio 1759. Giancarlo Livraghi – dicembre 1993

L’annuncio pubblicitario, si compone, in genere, di due parti: l’immagine (componente visiva) ed il testo (che contiene il messaggio da leggere). Le due parti devono colloquiare tra loro con un unica voce che grida o sussurra il messaggio a seconda del target di riferimento, grazie ad accurate scelte tecnico formali e un giusto equilibrio gerarchico degli elementi che lo compongono. Con il termine “annuncio” si designa, tradizionalmente, il messaggio pubblicitario per la diffusione su stampa periodica o quotidiana; nella rete l’annuncio (advertisement o, più semplicemente, ad) si può definire come un’immagine di varie dimensioni, dal bottone al banner, inserita nella pagina di un sito Web. Cliccando sull’immagine l’utente viene reindirizzato a un’altra pagina contenente maggiori informazioni sul prodotto o sul servizio pubblicizzato, oppure alla Home Page o a una sezione del sito dell’azienda inserzionista.

In questo annuncio della SWATCH, il messaggio che si vuole comunicare è “gridato” al target di riferimento (colori accesi e composizione dinamica).

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Due esempi di annunci sul web (mostra d’arte a Camerino - MC - e il marchio Disel), da cliccare per collegarsi alla home page di riferimento.

Un annuncio pubblicitario ha in genere maggiore visibilità se è pubblicato su di una rivista piuttosto che su di un quotidiano. Infatti, la rivista ha un formato più piccolo e maneggevole, facilmente leggibile, che permette di contenere solo un numero assai limitato di annunci per pagina (a tutto vantaggio della loro visibilità). Inoltre, nella maggior parte dei casi, le sue immagini sono a colori e ad alta definizione, stampate su carta patinata con tecnologie sofisticate. Esse, perciò, possono acquisire un ruolo preponderante rispetto al contenuto scritto.

Per i quotidiani, invece, le cose vanno diversamente. Dato che sono destinati ad un consumo molto rapido, in genere utilizzano una carta di bassa qualità e contengono immagini in bianco e nero, povere di sfumature. Inoltre, lo spazio per le inserzioni è limitato, in quanto gran parte della pagina è riservata ai testi degli articoli giornalistici. Infine, i quotidiani durano un solo giorno: il giorno dopo sono già vecchi, superati e nessuno li legge più. In alto. Annuncio pubblicitario, impaginato in una rivista. L’annuncio, in questo caso, impaginato a destra ha una maggiore leggibilità. In basso. Annuncio pubblicitario, impaginato in un quotidiano. Solitamente gli annunci nei quotidiani sono in bianco e nero.

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Esempi di suddivisione modulare di un quotidiano a 6 colonne.

La misura base degli annunci pubblicitari è data dal modulo. Il modulo ha forma rettangolare, con la base uguale all’ampiezza di una colonna del giornale e altezza variabile (quasi sempre, però, intorno ai 4 cm). Si possono acquistare spazi di 1, 2, 4, 6, 8 e più moduli. Di conseguenza, le dimensioni degli annunci pubblicitari variano dal singolo modulo alla mezza pagina, per arrivare fino alla pagina intera o, addirittura, alle due pagine frontali. Dato che le dimensioni di un modulo sono fisse per ogni giornale, sapendo il numero di moduli occupati e la loro disposizione sulla pagina, il grafico è in grado di calcolare esattamente lo sviluppo dell’annuncio in larghezza e in altezza. Egli, però, non può certo limitarsi allo studio delle dimensioni dell’annuncio, in quanto deve scegliere anche la forma grafica, i caratteri, il visual, in modo da farlo emergere “dal grigio” della pagina.

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Ricordiamo che gli spazi pubblicitari sono pagati a moduli e a pagine. Il prezzo varia in base alla tiratura del giornale, cioè al numero di copie che ogni giorno viene stampato e letto: più la tiratura è alta e più il costo dell’inserzione sale. Il prezzo è fissato da appositi listini, che variano da periodo a periodo e da testata a testata, e che sono facilmente reperibili presso le agenzie che curano la gestione e la vendita degli spazi pubblicitari. Nei listini si trovano informazioni su: • diffusione e tiratura della testata; • numero complessivo di lettori; • tariffe applicate per le inserzioni; • eventuali sconti previsti. Inoltre, su di essi sono riportate molte notizie tecniche utili alla realizzazione esecutiva del progetto, come l’indicazione della differenza di prezzo fra bianco/nero e colore o i tipi di formati ammessi. Il grafico, già in fase di progettazione, dovrà tenere presente che il costo pagato per pubblicare l’annuncio sul giornale aumenta all’aumentare dello spazio occupato sulla pagina e che, per ottenere buoni risultati, è spesso necessario ripetere gli annunci per più giorni consecutivi. Per questo, se egli riuscirà a costruire un messaggio attraente, occupando pochi moduli, potrà far risparmiare all’azienda parecchio denaro.

● GLI ELEMENTI DELL’ANNUNCIO

Per convenzione tra gli editori, lo schema riportato è l’area su cui agire per occupare gli spazi pubblicitari, e lo spostamento diagonale rappresenta il movimento progressivo di crescita dei moduli. Alcuni editori, adottano come misura anche il mezzo modulo. I moduli che variano da testata a testata, possono essere calcolati su 1/12 colonna, 1/16, 1/18, 1/20 etc.

Gli elementi che lo compongono l’annuncio sono: • HEAD-LINE • SUB-HEAD • VISUAL • BODYCOPY • CAPTION • MARCHIO/LOGOTIPO • PAY-OFF • PACK SHOT • FORMAT • COUPON Non sempre tutti gli elementi sono presenti in un annuncio, a volte, in particolare per quelli di moda, compaiono solo il marchio e il visual.

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Scheda di alcuni elementi dell’annuncio.

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HEAD-LINE Insieme con il visual, la head-line (in italiano “titolo di testa”) ha la funzione di attirare l’attenzione del consumatore e di collegare il messaggio con il prodotto, sostenendo le affermazioni dell’annuncio o evidenziandone l’appeal (attrattiva) di vendita. Nella pagina, il testo della head-line è il primo ad essere notato e letto, in quanto è impaginato con caratteri e corpo che lo evidenziano dal resto dei testi. Un titolo può essere classificato in più modi. A seconda dei casi, infatti, esso può essere diretto, indiretto e misto, o può assumere la forma di titolo notizia, di titolo interrogativo ecc. Sotto l’head-line a volte si trova il sub-head, cioè il sottotitolo, che aggiunge o chiarisce il messaggio. Il titolo diretto è di tipo informativo e vuole portare il lettore ad una favorevole predisposizione al prodotto. Esempio: “Solo la crema X dona giovinezza alla tua pelle”. Il titolo indiretto ha lo scopo di far leggere il testo dell’annuncio e cioè la sua body-copy. Esempio: “Un filtro speciale tiene lontane le rughe” (per sapere di che cosa si tratta, il lettore dovrà leggere il testo dell’annuncio). Il titolo notizia, è una forma che si regge sulla curiosità di sapere cosa succede. Esempio: “È stata creata una nuova crema con uno speciale filtro” (anche in questo caso, la curiosità del lettore può essere soddisfatta solo attraverso la lettura dell’intero testo). Il titolo interrogativo si basa su una domanda la cui risposta può essere trovata nella bodycopy. Esempio: “Volete una pelle giovane?”

Sopra. Annuncio pubblicitario; il titolo diretto predispone favorevolmente il lettore verso il prodotto. Sotto. Annuncio pubblicitario; il titolo interrogativo pone una domanda che colpisce nell’intimo il pubblico.

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Secondo alcune ricerche, l’80% dei lettori di un annuncio pubblicitario si ferma al solo titolo. Da ciò si deduce che scrivere delle buone headline è fondamentale per la visibilità ed il successo di un annuncio. In genere, per aumentarne l’efficacia si combinano tra loro vari elementi, come: il benefit (cioè la promessa dei benefici del prodotto); la selettività (si cerca di attirare sopratutto l’attenzione del target, cioè dei lettori potenzialmente interessati al prodotto); la positività (si evita l’uso di parole negative e si utilizzano invece, quelle fortemente positive, come amore, gratis, felicità, novità ecc.); il comando (per esortare i consumatori a compiere l’azione desiderata, superando tutti i dubbi).

BODY-COPY

Annuncio pubblicitario: il titolo esprime una promessa velata di un corpo in forma, se si consuma il prodotto comunicato.

La body-copy rappresenta la parte descrittiva dell’annuncio, cioè il testo. Il testo è scritto dal copywriter (spesso chiamato, semplicemente, copy). Il copy è un professionista che deve conoscere molto bene il prodotto da pubblicizzare. In particolare, egli deve conoscerne i punti di forza (plus), per mettere in evidenza i benefici che il consumatore riceverà acquistandolo, e quelli di debolezza (minus), in modo da evitarli. Inoltre, egli deve avere bene in mente il target di riferimento e le sue caratteristiche (età, cultura, stile di vita ecc.), per potere utilizzare un linguaggio appropriato al livello culturale ed agli interessi delle persone che lo compongono. Per scrivere una body-copy non esiste uno stile predefinito a cui attenersi. Tutto, infatti, dipende dal target e dagli obiettivi che si vogliono raggiungere. In particolare, le body-copy possono essere scritte in modo diretto, narrativo, umoristico o con un testimonial. Il testo diretto va immediatamente alla promessa di base (benefit), ai benefici offerti dal prodotto, ed invita il consumatore ad andare al più vicino punto vendita per acquistarlo. Il testo narrativo si sviluppa come un racconto, in cui prima viene presentato un problema e poi viene offerta la soluzione, rappresentata ovviamente dall’acquisto del prodotto pubblicizzato. Il testo umoristico, infine, è per lo più riservato ai prodotti a basso costo, e può servire per rinnovare una vecchia storia, o per dare vivacità ad un racconto semplice.

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Il testo con il testimonial si ha quando ad argomentare i vantaggi del prodotto è un personaggio celebre o un esperto molto noto. Molte sono le teorie su come scrivere una buona body-copy. In linea di massima, il messaggio, per essere efficace, dovrebbe presentare alcune particolari caratteristiche. Esso, cioè, dovrebbe essere: chiaro, semplice, sintetico, pertinente, credibile, interessante e, perché no, entusiasmante.

A destra. Annuncio pubblicitario: il testimonial utilizzato è il noto motociclista Valentino Rossi. In basso a sinistra. Annuncio pubblicitario: il titolo diretto punta sul binomio alimenti e natura. In basso a destra. Annuncio pubblicitario: il titolo rafforza con il visual una situazione umoristica.

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PAY-OFF Detto anche baseline, il pay-off è la frase riassuntiva di un messaggio pubblicitario. Spesso è simile alla head-line ma il suo scopo è diverso, in quanto si utilizza per dare continuità alla campagna pubblicitaria, esaltare un beneficio del prodotto, sottolineare l’obiettivo della strategia di comunicazione e invitare all’acquisto. Il pay-off a volte può coincidere con il claim, messaggio breve e di grande memorabilità che afferma, in estrema sintesi, il valore di un prodotto e il vantaggio che questo può procurare al consumatore. CAPTION La caption, o didascalia, è una breve descrizione dell’immagine (fotografia, illustrazione, disegno) presente nell’annuncio, al fine di spiegarne il contenuto. Nota bene Nell’esaminare il testo di un annuncio e i suoi componenti più comuni (head-line, body-copy, pay-off), bisogna ricordare alcune importanti implicazioni tecniche, come: La scelta del carattere. In pratica, si tratta di scegliere tra tre macro-categorie di caratteri: classici, a bastone senza grazie e fantasia. Una volta scelta la categoria (ad esempio i caratteri classici), si passa alla scelta del carattere più appropriato (ad esempio, Garamond o Times New Roman). Il corpo del carattere. Occorre scegliere il corpo in base sia alle esigenze ed alle aspettative dei lettori, sia a specifici fattori tecnici (tipo di supporto, tipo di stampa ecc.). Ad esempio, un impaginato per bambini avrà un corpo sicuramente maggiore di quello usato per comporre un trattato di matematica. Allo stesso modo un testo pubblicato su carta avrà probabilmente un corpo diverso rispetto ad un testo destinato ad essere visionato su computer. In questo annuncio pubblicitario, l’uso del carattere e lo stile grafico del visual risultano efficaci, per una comunicazione rivolta ad un pubblico giovane.

La leggibilità. Si tratta di facilitare la lettura del testo da parte dei lettori. Ad esempio, un testo “giustificato” o “a bandiera” con allineamento a sinistra presenta in genere una buona leggibilità. Un testo “a bandiera” con allineamento a destra o a “epigrafe”, invece, va riservato solo a delle composizioni brevi. In questo caso, infatti, l’occhio ha difficoltà a ritrovare l’inizio della linea sottostante. Ricordiamo anche che il minuscolo è da preferire al maiuscolo, in quanto è più leggibile.

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In questo annuncio pubblicitario, il format essenziale e la scelta del carattere rende subito leggibile la comunicazione pubblicitaria.

MARCHIO/LOGOTIPO Il marchio è il segno che contraddistingue una serie di prodotti o di servizi fabbricati da una data azienda. Se consiste in una parola o frase, prende il nome di logotipo. PACK SHOT Il pack shot è l’immagine della confezione del prodotto all’interno dell’annuncio (non è sempre presente). FORMAT Il format riguarda l’impostazione generale dell’annuncio, e comprende sia la tipologia sia l’impaginazione. COUPON Il coupon è il tagliando di un annuncio pubblicitario o promozionale che il consumatore compila e spedisce per ottenere informazioni, per fare un ordine o per ricevere in prova il prodotto. È anche uno buono sconto o buonoacquisto che dà diritto ad ottenere una riduzione di prezzo su un prodotto o un omaggio dietro presentazione dello stesso al dettagliante. VISUAL Per visual si intende la parte illustrata di un annuncio. Il visual è molto importante per il suo potere di attirare l’attenzione del fruitore, aumentando il story appeal (cioè il “momento magico”).

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Il visual generalmente consiste in una fotografia o in un’illustrazione, che possono essere poi ritoccate e modificate al computer, con dei programmi (software) specifici. L’immagine fotografica è spesso da preferire, in quanto è più facile da ricordare ed è ritenuta più credibile dai consumatori, anche se la tendenza oggi è di ritornare ad un visual illustrativo o un collage digitale tra fotografia e illustrazione, in particolare per un target più giovane.

A sinistra. Visual fotografico, con una carica emotiva molto forte, dovuta alle scelte del soggetto, del colore e alla manipolazione in fase di stampa. A destra. Visual illustrativo, realizzato al computer. L’illustrazione richiama il prodotto attraverso il segno.

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VISUAL FOTOGRAFICI I visual fotografici si differenziano: • per genere, ad esempio, still-life (natura morta), moda, paesaggio, ritratto, spettacolo; • per categoria, quando privilegiano l’effetto che si ha sul consumatore. In particolare, essi possono puntare su: • attrazione visiva, quando hanno lo scopo di catturare l’attenzione dei consumatori, a prescindere che abbiano o no attinenza col prodotto pubblicizzato; • invito emotivo, quando fanno leva sull’emotività del consumatore. Il più comune invito emotivo è rappresentato dal sex appeal; • testimonial, quando ritraggono un personaggio noto o con specifiche competenze; • prodotti pronti per l’uso, quando ritraggono i prodotti prima del loro uso. Esempi comuni sono rappresentati da pentole o stoviglie, che risultano sicuramente più persuasive da nuove che dopo l’uso; Περαγλιε, Σοχχιο ∆ΙΣΕΓΝΟ ΓΡΑΦΙΧΟ Ε ΠΡΟΓΕΤΤΑΖΙΟΝΕ − ςολ.3 ♥ ENKVV 2012

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• prodotti in uso, quando ritraggono i prodotti mentre sono in uso. Esempi comuni sono i capi di abbigliamento fotografati addosso alle persone; • prima e dopo l’uso, quando presentano le conseguenze dell’uso e del non uso del prodotto; • raffigurazione, quando presentano il prodotto da solo e su un fondo neutro. Si tratta, di solito, di visual utilizzati per cataloghi e depliant; • still-life, quando presentano uno studio attento dell’aspetto estetico: il prodotto viene presentato in particolari atmosfere; • iperrealismo, quando presentano il prodotto ingrandito, in modo da evidenziarne dei particolari, enfatizzandoli. Il visual fotografico cattura l’attenzione del pubblico attraverso una scenetta familiare improbabile e ironica.

Il visual fotografico fa leva sull’emotività e il sex apple della modella.

Il visual fotografico rappresenta il prodotto in uso.

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ll visual è costruito con tecniche di grafica al computer. Le illustrazioni digitali, in gran parte, sono utilizzate (come in questo annuncio) per comunicazioni rivolte ad un pubblico giovane; negli ultimi periodi, però, troviamo l’applicazione di illustrazioni digitali per i prodotti più disparati.

L’illustrazione (digitale) Nel corso degli anni, l’illustrazione ha avuto diversi obiettivi da raggiungere. Tradizionalmente, gli illustratori disegnavano le loro tavole per aiutare il lettore a visualizzare le scene fondamentali di una storia, o per vivacizzare idee grigie. Il termine stesso di illustratore proviene da un’epoca in cui gli editori avevano bisogno di immagini per suscitare l’interesse dei lettori su un titolo sconosciuto o per rompere la monotonia di pagine pubblicitarie grigie. Nel corso degli anni tutto è cambiato. Con l’avvento della fotografia, l’illustrazione, almeno nel campo della comunicazione pubblicitaria, ha vissuto momenti di marginalità e solo negli ultimi periodi è tornata a vivere un nuovo rinascimento, grazie all’avvento delle nuove tecnologie e a un’impostazione grafica in cui matita e mouse si fondono insieme. Oggi l’illustrazione digitale è un elemento fondamentale nella comunicazione visiva, dalle riviste ai quotidiani, agli annunci pubblicitari, alle pagine web, agli sfondi dei telefonini. Con le sue illimitate possibilità creative, l’illustrazione è libera come l’immaginazione stessa. Sia che si tratti di un semplice disegno a matita o di un’immagine generata al computer, l’illustrazione si esprime con il linguaggio internazionale delle idee. Il colore è da sempre uno degli elementi base del progetto grafico. L’uso corretto del colore, la presa di coscienza dei significati psicologici collegati con certi colori e la conoscenza delle associazioni, anche inconsce, che altri stimolano, sono fondamentali per il grafico. Il colore va usato con grande attenzione e perizia. Non bisogna esagerare. Ad esempio, il colore non va generalmente applicato al testo dell’annuncio, a meno che non ne migliori la leggibilità o si voglia pilotare l’attenzione del lettore su determinati punti. È questo il caso di titoli, sottotitoli o parole, evidenziati con colori differenti dal testo proprio per farsi notare e leggere. L’uso del colore rende questo annuncio molto avvolgente e coinvolgente.

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Fare un uso ridondante del colore non dà sempre esiti brillanti: anzi, spesso, quando lo si applica in modo pasticciato e confuso, provoca fastidio e repulsione. A volte, per garantire una significativa comunicazione cromatica, basta un’applicazione discreta, ma decisa e strategicamente ben distribuita nell’ambito della superficie stampata.

● LE TENSIONI E LE FORZE VISIVE Gli elementi compositivi di un messaggio pubblicitario possono essere collocati in vario modo, lungo determinate linee e direzioni, a seconda delle forze e delle tensioni visive che si vogliono far agire. Di seguito, sono elencati alcuni esempi: Forze che entrano Le forze che, partendo dal lato sinistro, sono dirette verso destra danno l’impressione di qualcosa che entra nello spazio. Forze che escono Le forze dirette verso destra, partendo dal centro, danno l’illusione di qualcosa che esce dal campo.

In questo annuncio il colore sottolinea il marchio e il prodotto comunicato. Il format ricorda il movimento artistico del Costruttivismo russo (1913).

L’angolo di piede L’angolo in basso a destra, ha una forza attrattiva perché è il punto dove finisce qualcosa. La diagonale La diagonale che collega l’angolo in alto a sinistra con l’angolo in basso a destra guida le forze che sono dirette verso il basso. L’angolo di testa Così come il nostro modo di scrivere va da sinistra verso destra, e dall’alto verso il basso, così le forze che partono dall’angolo in alto a sinistra hanno una particolare attrattiva visiva che si spande in tutta la pagina. Il centro Le linee di forza principali si dispongono lungo le mezzerie o la linea di mezzo (orizzontale, verticale, diagonale).

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Schema per rappresentare le tensioni e le forze visive dell’annuncio.

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● SCHEMI IMPAGINATIVI DEGLI ELEMENTI DELL’ANNUNCIO Gli elementi dell’annuncio possono essere impaginati in un numero infinito di composizioni, ma esistono quattro schermi fondamentali. Solitamente gli elementi che compongono un testo pubblicitario presentano le tipologie riportate di seguito. Schema a due quinti Il primo schema nasce dal presupposto che il centro ottico della pagina è equidistante dal lato destro e da quello sinistro. Esso è posto nella parte superiore dell’annuncio (ad una distanza di circa 2/5) ed è occupato dal visual. Tutti gli altri elementi sono collocati nello spazio restante. L’annuncio appare fresco e naturale e la sua lettura procede sciolta dall’alto verso il basso e da sinistra verso destra. Schema intero Nel secondo schema il visual occupa tutto lo spazio (al vivo) e gli elementi si collocano sopra in punti strategici. Questo tipo di schema è prettamente pubblicitario e risulta particolarmente funzionale, se il testo gioca con l’immagine. Schema modulare Nel terzo schema lo spazio viene suddiviso in modo modulare, e all’interno vengono collocati dei visual che possono essere uguali tra loro, posti in sequenza (ad esempio, per rappresentare un’azione in movimento), o anche totalmente differenti. In questo schema i visual sono combinati in vario modo con il testo, e la sensazione generale che se ne ricava è di ordine e precisione nella lettura. Schema separato Il quarto schema presenta il visual che occupa i tre quarti dello spazio tagliato in verticale. La disposizione può essere orientata sia verso destra sia verso sinistra. Manca una visione d’insieme, per cui l’immagine ed il testo vanno letti in due momenti successivi. L’efficacia di questo tipo di impaginato è minore rispetto alle altre. Schema editoriale L’annuncio editoriale (annuncio impact) si presenta come pagina redazionale del mezzo che lo ospita, in questo modo ha il vantaggio di farsi leggere di più. Il testo solitamente occupa più spazio del visual ed è distribuito su due o più colonne.

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Schemi impaginativi dell’annuncio pubblicitario.

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● LE FUNZIONI DEL MESSAGGIO VISIVO Quando utilizziamo o scegliamo un’immagine, compiamo un atto comunicativo voluto, trasmettiamo un messaggio che ha sempre un significato ed è caratterizzato da segni che determinano immagini figurative o astratte. La comunicazione visiva, come quella verbale, può avere numerosi fini. Può essere, infatti, usata per informare, per esprimere sensazioni o stati d’animo, per esortare a fare o a non fare qualcosa, per spingere a determinati comportamenti. Come abbiamo già accennato, quando osserviamo un oggetto o un’immagine, siamo portati a dare dei significati e dei giudizi. Se guardiamo, ad esempio, i volti dei nostri compagni di classe, siamo capaci di distinguere lo stato d’animo di ognuno, perché il volto è in grado di mostrare i sentimenti e noi conosciamo i codici appropriati per comprenderli. Sappiamo anche che i diversi stati d’animo si manifestano indipendentemente dall’età. Osservando, infatti, un bambino, un adulto, un vecchio che sorridono, notiamo che tutti e tre modificano i lineamenti del volto secondo la stessa regola. Ciò si può verificare facilmente, tracciando lo schema delle linee di forza che agiscono nel sorriso, oppure descrivendo l’azione del sorridere verbalmente (le guance si allargano, la fronte si spiana, gli occhi si allungano e si socchiudono, ecc.). Ovviamente, non è solo il volto a comunicarci qualcosa visivamente. Anche le mani, gli abiti, le azioni ci trasmettono dei messaggi, diretti o indiretti. La conoscenza del funzionamento dei sistemi percettivi, degli aspetti compositivi e formali dei singoli segni ci permette di decodificare ogni immagine e di costruirne delle nuove. Nell’annuncio pubblicitario, per realizzare un messaggio visivo è fondamentale creare una struttura di codici e sottocodici, ognuno dei quali è utilizzato per veicolare particolari significati e valori. Esistono diverse metodologie di analisi dei messaggi visivi. Tra i modelli comunicativi più conosciuti, ricordiamo quello di R. Jakobson, il quale schematizza in modo logico e razionale le molteplici funzioni di un messaggio, affermando che ciò che differenzia un messaggio da un altro è la gerarchia delle funzioni stesse. Secondo Jakobson, infatti, tra le tante funzioni presenti, ce n’è sempre una dominante. In ogni caso, bisogna sempre tenere presenti le intenzioni dell’emittente, il contesto in cui il messaggio è stato prodotto, le persone a cui esso è destinato, le scelte compositive, stilistiche e formali.

In questo annuncio pubblicitario la composizione armonica delle forme e l’equilibrio tra le parti permettono la leggibilità del messaggio e un coinvolgimento emotivo.

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Si riportano di seguito le sei funzioni del modello di R. Jakobson: FUNZIONE INFORMATIVA – DESCRITTIVA Nella società di oggi, l’immagine viene sempre più utilizzata per documentare fatti di ogni tipo, per la sua immediatezza e facilità di comprensione. Essa svolge, così, un’importante funzione informativa o descrittiva, orientata verso il destinatario. Il suo obiettivo primario è quello di descrivere, di mostrare un avvenimento o un prodotto in modo il più possibile oggettivo, senza lasciare trasparire l’opinione dell’emittente, ma sollecitando piuttosto la partecipazione attiva del destinatario.

In questo annuncio pubblicitario, si informa il pubblico sull’importanza di mangiare alimenti biologici, sani e naturali; il visual sottolinea il messaggio.

FUNZIONE ESPRESSIVA (O EMOTIVA) La funzione espressiva traspare nelle immagini in cui l’autore vuole mettere in evidenza i propri pensieri, sentimenti ed emozioni, o anche il proprio immaginario. Questa funzione è incentrata maggiormente sull’emittente, ed è caratterizzata dall’esaltazione di alcuni elementi visivi (per esempio, figure deformate o retoriche, colori forti o particolari) che fanno risaltare il mondo interiore dell’autore e il suo pensiero. In queste immagini, quindi, si sente forte la presenza dell’autore, che esprime la propria opinione nei confronti dell’argomento trattato. Nelle immagini dove prevale la funzione espressiva è spesso presente anche quella estetica, data, ad esempio, dalla grande attenzione nei riguardi del colore e del suo equilibrio compositivo. In questo annuncio pubblicitario, l’uso del colore e del segno grafico, il gioco tra illustrazione e fotografia, esaltano le qualità del prodotto.

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FUNZIONE ESORTATIVA (O PERSUASIVA) Nella funzione esortativa l’immagine viene utilizzata per convincere il destinatario a fare o a non fare qualcosa. Contrariamente alle precedenti, questa funzione è centrata maggiormente sul destinatario. È lui, infatti, il principale obiettivo: bisogna influenzarlo, persuaderlo, esortarlo, consigliarlo, dirigerlo. Spesso queste immagini vengono “rafforzate da parole”. Un esempio eclatante è dato dai messaggi pubblicitari che hanno, appunto, lo scopo primario di convincere il consumatore (a comprare, a fare, a provare). Un altro esempio è dato dalla segnaletica stradale (divieti, obblighi, informazioni ecc.).

In questo annuncio pubblicitario, il messaggio esortativo è espresso in modo molto chiaro dal visual e dalla head-line.

FUNZIONE ESTETICA La funzione estetica la ritroviamo maggiormente nelle immagini in cui è posta grande attenzione verso l’aspetto formale, compositivo e cromatico. Questa funzione è ovviamente importante nelle opere d’arte, ma è anche riconoscibile in tutte le attività umane in cui deve essere presente il gusto estetico. Un tipico esempio è dato dalle automobili, che spesso non soddisfano solo bisogni funzionali e pratici, ma appagano anche il bisogno del piacere estetico di chi le compra. Nella funzione estetica l’attenzione non è centrata né sull’emittente né sul destinatario, ma sull’opera stessa, di cui si curano tutti i particolari.

In questo annuncio pubblicitario, si utilizza la regina Nefertiti come testimonial per pubblicizzare una pubblicazione d’arte.

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FUNZIONE FATICA (O DI CONTATTO) In questo caso il messaggio visivo viene utilizzato per stabilire o rafforzare il contatto tra emittente e destinatari, verificando se il canale di comunicazione utilizzato funziona adeguatamente. Un esempio è dato dalla confezione di un prodotto, che è progettata allo scopo primario di suscitare il desiderio d’acquisto del compratore. L’attenzione, quindi, è maggiormente incentrata sul canale comunicativo. Infatti, se la confezione riesce ad attirare lo sguardo del destinatario orientandolo verso il prodotto, significa che il canale funziona, che è attivo.

In questo annuncio pubblicitario, ad attirare l’attenzione del pubblico è la particolare confezione del prodotto e il suo uso improprio.

LA FUNZIONE METALINGUISTICA L’aggettivo “metalinguistico” è una parola composta da un prefisso “meta”, che deriva dalla preposizione greca meta (al di sopra), e dall’aggettivo “linguistico”. Esso, pertanto, significa letteralmente: “che sta al di sopra della lingua”. Come nel linguaggio verbale la funzione metalinguistica viene utilizzata per dare spiegazioni sulla lingua stessa (testi di grammatica, vocabolario, ecc.), così, nel linguaggio visivo, la funzione metalinguistica si ha nelle immagini che spiegano o illustrano il linguaggio stesso.

In questo annuncio pubblicitario, il nome del prodotto entra in gioco con una head-line riferita al suo beneficio (iodosan e iodosanissimi).

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U.D. B Il messaggio visivo dell’annuncio

ESERCIZI

● ESERCIZI DA SVOLGERE 1. Da pagine di riviste, analizzare gli annunci pubblicitari e indicare i vari elementi che li costituiscono. 2. Da pagine di riviste, analizzare i diversi schemi impaginativi di alcuni annunci pubblicitari e visualizzarli sotto forma di rough. 3. Dati diversi annunci pubblicitari, ricavare le forze visive. 4. Da pagine di riviste, selezionare annunci pubblicitari con le diverse funzioni comunicative studiate.

● ESERCIZIO SVOLTO ●

Esercitazione su forme impaginative di annunci pubblicitari, dove interviene la gerarchia visiva degli elementi dell’annuncio.



Ricerca degli annunci pubblicitari su alcune riviste, e realizza dei rough impaginativi dove si evidenzi di volta in volta l’importanza gerarchica degli elementi visivi.



Utilizza il computer per produrre un finish layout a scelta dello studente/ssa.

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Elaborato didattico Giulia Marinelli.

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U.D. C Comunicare con lo stampato e i nuovi media ● CONOSCENZE

● ●



Conoscere il quotidiano (cartaceo e in rete) e gli elementi che lo compongono. Conoscere il periodico, il catalogo e le loro caratteristiche tipologiche. Conoscere il pieghevole, la sua classificazione e le fasi progettuali per la sua realizzazione. Conoscere la rivista on-line e le nuove strategie grafiche che comunicano e trasformano il modo di fruire una rivista.

● COMPETENZE ● ●





Distinguere nell’uso quotidiano i diversi tipi di stampati. Impostare una pagina di un quotidiano utilizzando le tematiche compositive conosciute. Realizzare un pieghevole secondo un iter progettuale funzionale ed esteticamente valido. Approfondire e potenziare le capacità di elaborare i propri lavori sotto l’aspetto tecnico.

● CAPACITÀ ●

Impostare e realizzare qualsiasi stampato in modo autonomo e consapevole, giustificando l’iter progettuale in maniera esauriente anche attraverso l’utilizzazione di un linguaggio tecnico appropriato.

C UNITÀ DIDATTICA



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INTRODUZIONE Gli stampati sono veicoli di comunicazione e sono costituiti da elementi funzionali ed estetici: libri, giornali, riviste, quotidiani, pieghevoli, manifesti ecc. sono supporti cartacei (oggi anche informatici) che incorporano elementi estetici, quali testi e illustrazioni. Essi offrono al grafico progettista la possibilità di utilizzare lo spazio per fornire delle interpretazioni creative, senza con questo dimenticare che le esigenze informative che caratterizzano le singole tipologie di stampati possono essere molto numerose e differenziate.

● IL QUOTIDIANO

Esposizione nel punto vendita di alcuni quotidiani.

Il quotidiano è lo stampato che più di ogni altro ha un forte legame fra la componente intrinseca (il suo messaggio o il suo contenuto) e la componente estrinseca (la sua forma, il suo aspetto estetico). Come indica lo stesso nome, il “quotidiano” è uno stampato che viene pubblicato ogni giorno e, per la sua realizzazione, è indispensabile tenere conto del fattore tempo. Il bisogno di comunicare notizie di diversa importanza e la possibilità di accostarle le une alle altre coinvolgono l’aspetto formale del quotidiano e fanno sì che esso possa essere classificato come di genere politico, economico, sportivo, indipendente. I formati tendono ad unificarsi facilitando la stampa, la spedizione e, infine, la sistemazione nelle edicole.

Prime pagine di quotidiani.

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Attualmente, sono in uso soprattutto i due seguenti formati: • normale, con dimensioni che rientrano tra i 43 cm di base e i 60 cm di altezza. • tabloid, con dimensioni che sono circa la metà del “normale”. A parità di contenuti, più il formato di un giornale è grande e meno sono le sue pagine e pieghe. Un formato maggiore, perciò, consente un risparmio nell’impaginazione, a discapito, però, di una comodità di lettura e maneggevolezza (evidente, soprattutto, quando la lettura viene effettuata sui mezzi pubblici). Il formato più piccolo consente, invece, soluzioni impaginative più simili a quelle dei periodici illustrati.

● ANATOMIA DEL QUOTIDIANO Il quotidiano si compone di alcune parti che possono essere considerate fisse, in quanto appaiono in tutte le edizioni, salvo rare eccezioni: la testata, la manchette, la titolazione, gli articoli, le immagini, il sommario, gli annunci pubblicitari. LA TESTATA La testata è posta nella parte alta della prima pagina e riporta il nome del quotidiano, sotto forma di logotipo. I caratteri variano da testata a testata. In genere, i quotidiani di origine recente utilizzano dei caratteri sobri e incisivi, mentre in quelli di più antica tradizione i caratteri sono spesso ricchi ed elaborati (risentono, cioè, del periodo storico in cui la testata ha avuto vita). I quotidiani politici o legati a delle organizzazioni “no profit” spesso assumono, nella testata, il marchio del partito e della società di riferimento, che diventa, così, un importante elemento pubblicitario aggiuntivo.

Grande manifesto pubblicitario a tre dimensioni.

MANCHETTE Le manchette sono quegli spazi posti a fianco della testata in cui sono riportati gli indirizzi e le informazioni amministrative relativi al quotidiano. Talvolta, sono occupate anche da piccoli annunci pubblicitari. TITOLAZIONE La titolazione comprende alcuni elementi che si diversificano a seconda dell’impostazione redazionale del quotidiano. In linea di massima, si compone dei seguenti elementi: l’occhiello (breve dicitura posta sopra il titolo), il titolo propriamente detto, il catenaccio (ossia un breve approfondimento), il sottotitolo, il sommario (generalmente in corsivo) che sintetizza il contenuto dell’articolo. Ogni articolo ha una titolazione che lo differenzia dagli altri presenti nel giornale.

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La titolazione ha un’importanza fondamentale, perché è la prima cosa (oltre al visual) che i lettori notano. Se riesce ad accalappiarli, incuriosendoli, ci sono molte probabilità che essi procederanno alla lettura di tutto l’articolo. In caso contrario, tutto il messaggio sarà ignorato e il lettore passerà oltre, alla ricerca di notizie più interessanti. Per la titolazione si utilizzano dei caratteri in bold (grassetto), di corpo maggiore rispetto al testo vero e proprio. Quelli utilizzati per i sottotitoli e gli occhielli hanno, invece, corpo più piccolo (ma comunque di dimensioni maggiori rispetto al testo normale). I sottotitoli sono generalmente scritti in corsivo.

Analisi grafica della prima pagina di un quotidiano in cui sono messi in evidenza gli elementi strutturali.

ARTICOLI E RUBRICHE Gli articoli e le rubriche costituiscono il materiale redazionale del quotidiano e variano per lunghezza, importanza e denominazione. L’articolo di fondo è di norma posto in prima pagina, in alto a sinistra, e riferisce spesso il commento del direttore del giornale su di un tema di grande attualità. L’articolo di apertura si trova a fianco di quello di fondo e riporta la

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notizia più importante della giornata. L’articolo di spalla, invece, si accosta a quello di apertura e chiude a destra la pagina. L’articolo di taglio, infine, è posto in basso verso il centro. Gli articoli costituiscono la struttura formale del quotidiano: la loro lunghezza e il tipo di carattere, di impaginazione e di titolazione usati ne determinano il grado di importanza e di leggibilità.

Annuncio pubblicitario in cui l’immagine è l’elemento primario della comunicazione.

IMMAGINI Le immagini rappresentano un elemento molto importante nella struttura del quotidiano. Nate come semplici incisioni e decorazioni, sono via via cresciute di numero e di importanza dopo l’avvento della fotografia. Il numero e le dimensioni variano a seconda della tipologia del giornale, ma le immagini restano in ogni caso una componente di notevole forza espressiva. SOMMARIO Il sommario riporta l’elenco degli articoli più importanti del quotidiano e, di solito, è posto in prima pagina in un riquadro. ANNUNCI Gli annunci, nell’anatomia del quotidiano, si distinguono in: economici, di morte, di ricerca e offerta, immobiliari, di spettacoli e intrattenimento, pubblicitari, redazionali.

Serie di annunci realizzati per una campagna pubblicitaria. L’accento è posto sul ruolo dell’annuncio stesso che permette una visione più analitica, critica e obiettiva dell’informazione.

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Il numero delle pagine di cui è composto un quotidiano è detto foliazione; lo spazio per le inserzioni nei quotidiani è suddiviso a moduli, ogni modulo rappresenta un dodicesimo di pagina. L’inserzione assume un rendimento visivo con valore crescente dall’alto verso il basso e dall’esterno verso l’interno di ogni singola pagina (triangolo rosso di gradimento).

QUOTIDIANI E SISTEMI DI STAMPA Il sistema di stampa più comunemente usato per la produzione dei quotidiani è il sistema tipografico, che risulta il più efficiente sia per i tempi strettamente ridotti per raggiungere il punto vendita, sia per i costi contenuti (anche riguardo al tipo di carta impiegata). I continui miglioramenti tecnologici, comunque, hanno portato a rendere abbastanza economico anche l’utilizzo del procedimento di stampa offset, impiegato da alcuni quotidiani.

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IL QUOTIDIANO IN RETE Il quotidiano on-line, fruibile sullo schermo del computer, rappresenta la versione digitale del quotidiano cartaceo, ma non il suo “doppio”. Il quotidiano elettronico, ad una prima, superficiale lettura, presenta molte affinità con quello cartaceo. Riporta spesso le stesse notizie, anche se non sempre in modo integrale. Ad un esame più approfondito, però, le cose cambiano. Ad esempio, è diverso l’accesso alle notizie, che nel quotidiano elettronico avviene per via ipertestuale, cioè per successivi collegamenti (link) a pagine e siti diversi, sulla base degli specifici interessi del lettore. Le pagine del quotidiano digitale hanno una struttura differente da quelle tradizionali, e in genere contengono un minor numero di notizie, esposte per lo più in modo sintetico e poco approfondito (gli approfondimenti sono ottenuti tramite i collegamenti ipertestuali).

Testate di quotidiani on-line, la lettura delle notizie è la stessa del quotidiano cartaceo.

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● LA RIVISTA

Copertine di alcune riviste periodiche.

La rivista è un periodico stampato con una cadenza di uscita non giornaliera, ma settimanale, quindicinale, mensile, bimestrale, trimestrale, semestrale o annuale. A differenza del quotidiano, il periodico lascia più spazio alle immagini e ai commenti degli avvenimenti. La sua caratteristica più vistosa è rappresentata dalla presenza di immagini molto curate, anche dal punto di vista tecnico. Non di rado, esse sono presentate con un “taglio” decisamente cinematografico, assumendo anche la forma di “sequenze fotografiche”.

● ANATOMIA DELLA RIVISTA La varietà dei periodici è tale da rendere difficile una loro esauriente classificazione. Ne consegue che anche l’impaginazione è diversificata a seconda delle tipologie e richiede sempre l’utilizzo di una gabbia. Possiamo, comunque, indicare le caratteristiche salienti delle tipologie più comuni. Le riviste sportive, politiche o di attualità presentano spesso gli stessi schemi dei quotidiani, di cui approfondiscono i temi salienti della settimana (o del mese). I periodici dedicati alle donne, agli uomini o ai giovani sono, invece, più complessi e rispecchiano le tendenze psicologiche e culturali della società. I periodici di carattere scientifico, tecnico o professionale sono riservati alle persone interessate ad approfondire la materia trattata e a conoscere tutte le novità che la riguardano. Gli altri periodici, definibili “di argomento vario”, infine, raggruppano un’eterogenea categoria, che va dal fumetto alle riviste di canzonette e di divi vari, dal periodico d’interesse locale o settoriale alle dispense di ogni tipo, e non possono perciò essere classificati secondo un’unica tipologia.

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Struttura grafica della copertina di una rivista: sono messi in evidenza gli elementi compositivi.

LA COPERTINA La copertina è la parte del periodico che il potenziale lettore nota per prima. Il suo scopo principale, quindi, è di attrarre l’attenzione e di suscitare il desiderio di acquisto. Per centrare l’obiettivo, occorre curare particolarmente le immagini che possono essere aggressive, sensuali, audaci, insolite. In alcuni periodici, lo stile visivo della copertina diventa la caratteristica saliente della rivista. Le riviste politiche o letterarie tendono ad assimilare lo stile usato per le copertine dei libri, di cui riportano gli aspetti più “classici”. LA TESTATA La testata costituisce il marchio d’identificazione, il logotipo del periodico. Essa tende a perdurare nel tempo, anche se non mancano i casi di periodici che la modificano, dopo aver operato dei cambiamenti significativi sui contenuti o sulla forma.

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Struttura grafica di alcuni sommari.

IL SOMMARIO Il sommario fa parte della titolazione e riporta l’elenco degli articoli più importanti e delle rubriche della rivista. Solitamente è posto nelle prime pagine ed elenca i titoli degli articoli con il rispettivo numero di pagina.

GLI ANNUNCI PUBBLICITARI Il periodico costituisce uno dei mezzi pubblicitari più efficaci per veicolare le campagne pubblicitarie, anche per effetto della stampa, che è generalmente di qualità molto buona, notevolmente superiore a quella dei quotidiani. Gli annunci pubblicitari coprono una parte considerevole dell’area stampabile delle riviste: in media il 50-60% dello spazio totale. Sono strutturati per moduli e pagine (come gli annunci sui quotidiani). Lo spazio dedicato alla pubblicità resta molto elevato anche nei periodici tecnici o professionali, ma in questo caso gli annunci hanno un carattere più informativo che persuasivo e tendono ad assimilarsi al testo.

● PERIODICI DI INDUSTRIE E DI ENTI (HOUSE ORGAN) L’house organ (giornale aziendale) è un periodico pubblicato dall’azienda per instaurare dei buoni rapporti con il pubblico esterno e con i propri dipendenti. È uno strumento di lavoro per l’azienda ed è in dotazione a tutti coloro che ne gestiscono la comunicazione, dai dirigenti interni ai professionisti che comunicano l’immagine aziendale all’esterno (mediante fiere, uffici all’estero o altro). Redatto a cura dell’Ufficio Pubbliche Relazioni, si rivolge in special modo ai consumatori, ai fornitori e ai rivenditori, cui fornisce informazioni dettagliate sull’azienda e sui suoi prodotti. Gli house organ possono avere un taglio giornalistico oppure essere elaborati come vere e proprie riviste di settore. Talvolta l’intento pubblicitario ed autocelebrativo dell’azienda è evidente, ma non mancano i casi di house organ che si avvalgono della collaborazione di scien-

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ziati e docenti universitari e che forniscono informazioni di alto livello tecnico e culturale. Alcuni hanno cadenza periodica (settimanale, mensile ecc.), altri, invece, vengono pubblicati solo quando l’azienda avverte la necessità di comunicare qualcosa di importante o di migliorare la propria immagine. Gli house organ che si rivolgono alle sedi periferiche della società o alle aziende da questa controllate sono in genere strutturati in modo molto semplice, senza particolari esigenze estetiche. In questo caso, infatti, essi hanno uno scopo essenzialmente informativo. Possono essere strutturati su materiale cartaceo o in formato elettronico. A questo proposito, ricordiamo che la rete informatica rende il lavoro di aggiornamento e di comunicazione più veloce e accessibile.

Alcune pagine del manuale Piaggio.

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Alcune pagine del manuale Saffa.

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● IL CATALOGO Il catalogo è uno stampato contenente una lista dettagliata di prodotti o servizi con relative descrizioni merceologiche, spesso accompagnato da illustrazioni. L’immagine che si utilizza nei cataloghi ha un ruolo differente a seconda dei tipi di prodotti: in alcuni casi è da considerarsi superflua, in altri è essenziale e, in altri ancora, è di tipo pubblicitario. I prodotti del catalogo possono essere enfatizzati visivamente con descrizioni tecniche o commerciali. Il catalogo svolge soprattutto una funzione informativa e tecnicocommerciale, di ponte tra l’azienda ed il mercato. A seconda del contenuto trattato, alcune volte l’enfasi visiva è posta sull’informazione (illustrazioni), altre volte il testo esplicativo e le immagini hanno peso equivalente. Graficamente, la cura maggiore si riserva alla copertina, che rappresenta il punto di contatto con il lettore (che dalla copertina riconosce il prodotto). Nel catalogo, lo studio grafico viene attuato soprattutto allo scopo di facilitare la consultazione dello stampato e dare massima chiarezza ai contenuti. In genere, l’identità visiva dell’azienda non è sottolineata (come accade, invece, negli annunci pubblicitari) e le informazioni sono organizzate secondo modalità impaginative grafiche poco vistose. Talvolta, però, il catalogo si inserisce in un momento mirato di una campagna promozionale. Ciò accade spesso, ad esempio, durante il periodo natalizio, quando le aziende promuovono con più forza i propri prodotti. In questo caso, la componente grafica risulta maggiormente curata e presenta spesso soluzioni originali.

Cartella campionario colori Conciaria Bonando.

Monografia del depliant Sonetto Design.

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IL CATALOGO E LA MULTIMEDIALITÀ Il catalogo si può considerare come un libro che contiene altri libri, come in una immaginaria biblioteca. Esso rappresenta una cerniera ideale tra la dimensione culturale dell’utente e quella commerciale dell’editore. Nei cataloghi on-line, attraverso il linguaggio ipertestuale, si può passare facilmente dalla lettura delle pagine all’approfondimento dei singoli prodotti e delle loro caratteristiche (posti su altre pagine collegate). Si può effettuare, quindi, una lettura a più livelli, secondo le esigenze dell’utente. Il catalogo on-line diventa vetrina del prodotto e allo stesso tempo delle novità dell’azienda, della sua storia, del suo marchio. Il trasferimento dei messaggi dalla carta al monitor di un computer spinge l’utente a un consumo “virtuale” della merce, prima che materiale, motivando l’acquisto. I prodotti, diventando iperoggetti, possono essere raffigurati per intero, da diverse angolazioni, scomposti e sezionati nei loro componenti principali. Possono anche essere ripresi in movimento, in azione o fatti ruotare su stessi. Il catalogo virtuale simula l’esperienza dell’acquisto. Il grafico, in questa rappresentazione interattiva, non deve più impegnarsi a cercare soluzioni grafiche dell’impaginato, ma è chiamato piuttosto ad attuare la decostruzione e ricomposizione delle varie componenti comunicative che formano le pagine multimediali, in modo da favorirne la libera consultazione a scopo commerciale.

Catalogo in rete: lo scorrere delle pagine consente la consultazione come lo sfogliare di uno stampato.

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● IL PIEGHEVOLE Il pieghevole (in francese, depliant) è uno stampato pubblicitario destinato, in genere, a una vita breve. È strutturato in più pagine ripiegate, in cui il formato aperto è multiplo di quello chiuso. Il depliant riassume in sé i concetti del catalogo, enfatizzando l’aspetto visivo attraverso immagini fotografiche. Ha la funzione di rappresentare, descrivere e personalizzare un prodotto o un servizio, e di stimolare il consumatore all’acquisto. L’impaginazione di un pieghevole tende verso una modularità visiva che arricchisce il valore sequenziale dello stampato. Il pieghevole si classifica in: • folder • broadside • brochure

Folder

Il folder è un pieghevole a più pagine, stampato per pubblicizzare un prodotto o un servizio. Indica anche il volantino non pieghevole finalizzato alla presentazione di un nuovo prodotto ai rivenditori.

Il broadside è un foglio pubblicitario stampato solo su un lato, in bianca, e piegato per la spedizione.

Pubblicazione della Pirelli per la presentazione PZero.

Broadside.

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Brochure

La brochure è un piccolo opuscolo pubblicitario, spesso lussuosamente rilegato. Lo studio del pieghevole rientra nel campo di indagine degli stampati extralibrari. Il formato di partenza deve essere sempre UNI (UNI 1/3 dell’A4, A4, 2/3 dell’A3 o A4, 1/2 A4 o A3). Per evitare sprechi di carta, i sistemi di piegatura più diffusi sono: • a pieghe incrociate • a pieghe parallele • a piega mista (combinando i primi due) • a piega a cavallo (quartini inseriti l’uno nell’altro e cuciti). Qualsiasi tipo di formato e di piega deve essere fatto in modo che i contenuti informativi siano comunicati al meglio. Il depliant è utilizzabile per molteplici scopi: può essere inviato per posta, distribuito a mostre e fiere, consegnato nei punti vendita, inserito in altri prodotti promozionali e stampati. Per la promozione, il modello più comune è quello a tre ante (due pieghe). Si deve tener conto sempre della sequenzialità di lettura e rispettare l’ordine di apertura del pieghevole. Il compito può essere facilitato ponendo lo stampato aperto sul tavolo di lavoro. È importante, infine, verificare sempre con un modellino l’idea progettuale definitiva.

Esempi di pieghe di depliant in formati intonsi diversi.

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U.D. C Comunicare con lo stampato e i nuovi media

ESERCIZI

● ESERCIZI SVOLTI

Scegli un quotidiano e fai una fotocopia ridotta della prima pagina, nel formato A4.

Sulla fotocopia individua la gabbia, il numero delle colonne e tutti gli elementi grafici.

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disegno grafico e progettazione 3 Con un rettangolo identifica le illustrazioni.

Scansiona la fotocopia, realizza al computer la gabbia individuata e stampa il lavoro.

● ESERCIZI DA SVOLGERE

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1. Analizzare la struttura compositiva di una pagina di un quotidiano e indicarne, a seguire, con segni appropriati, gli elementi compositivi sotto forma di layout. 2. Progettare un giornalino scolastico, o house organ, del vostro Istituto, evidenziando nell’impaginato le diverse sezioni. 3. Progettare un pieghevole pubblicitario tascabile delle sezioni del vostro Istituto. 4. Modificando le dimensioni di un messaggio dato, impaginare varie soluzioni per ottenere finalità comunicative diverse. Περαγλιε, Σοχχιο ∆ΙΣΕΓΝΟ ΓΡΑΦΙΧΟ Ε ΠΡΟΓΕΤΤΑΖΙΟΝΕ − ςολ.3 ♥ ENKVV 2012

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U.D. D Manuale di immagine coordinata ● CONOSCENZE



Conoscere, individuare e decodificare l’immagine coordinata e il relativo manuale di identità di un’azienda, per acquisire un metodo di lavoro razionale e sequenziale, che permetta allo studente/ssa di muoversi in vari piani. Conoscere il significato di manuale di immagine coordinata e gli elementi visivi e comunicativi che li caratterizzano.

● COMPETENZE ●



Essere in grado di cogliere la natura dell’identità dell’azienda attraverso l’analisi degli elementi caratterizzanti della stessa. Costruire, attraverso l’analisi e la sintesi, l’immagine coordinata e il manuale di identità visiva di un’azienda.

● CAPACITÀ ●

Utilizzare le diverse conoscenze e competenze per motivare e presentare i propri lavori attraverso tesi argomentative tecnico-grafiche che evidenziano un iter progettuale coerente e personale.

● OBIETTIVI MINIMI ●

Conoscere il significato di immagine coordinata applicata al suo manuale di identità ed essere in grado di costruire in maniera semplificata l’immagine coordinata di un’azienda tipo.

D UNITÀ DIDATTICA



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INTRODUZIONE Il concetto di immagine coordinata fa riferimento non solo agli aspetti formali del logo, lettering, etc., ma anche a quelli del contenuto e della credibilità della sua comunicazione aziendale. L’immagine è tanto più valida quanto più stretta è la correlazione fra la sostanza e l’apparenza delle sue comunicazioni. Per rendere l’idea, si può prendere ad esempio una fetta di torta, in cui lo strato superiore, fatto di panna e ciliegie, rappresenta l’apparenza cioè l’immagine comunicata al pubblico esterno; gli strati di crema e cioccolato interni, indicano invece i contenuti. Quando mangeremo la fetta, il sapore che ne ricaviamo risulta dalla mescolanza degli ingredienti cioè il progetto; quindi se il sapore che avvertiamo ci piace, se arriva la gratificazione da parte del target, vuol dire che l’emittente ha risposto alle aspettative del consumatore centrando gli obiettivi. Immagine Aziendale, Corporate Identity, Corporate Image altro non sono che definizioni diverse dello stesso problema, della necessità di introdurre nelle aziende la “cultura del progetto”. Il miglior progetto di coordinamento della comunicazione è quello capace di: - sviluppare una forte identità istituzionale - generare cultura del progetto - produrre una visione del mondo, un punto di vista critico - far nascere la necessità di un’utopia, un obiettivo da raggiungere.

Esempio di corporate identity: “Leasindustria”, Milano Studio Barrese & Buddensieg. La corporate, sviluppata in occasione della costituzione dell’azienda e del suo lancio che si è protratto fino al compimento di tutti i mezzi di comunicazione: modulistica, monografie, bilanci, inviti e manifestazioni, comunicazione dei prodotti.

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Università Commerciale Luigi Bocconi Milano, manuale di corporate identity. Il manuale di circa 400 pagine è composto da tre tomi: 1 elementi istitutivi, 2 realizzazione, 3 materiale. Studio Barrese & Buddensieg.

● MANUALE DI IMMAGINE GRAFICA COORDINATA O CORPORATE IDENTITY L’immagine coordinata ha come strategia l’interpretare e rappresentare l’identità dell’azienda comunicandola in modo efficace ai suoi destinatari. Lo strumento dell’immagine grafica coordinata necessario alla realizzazione, all’elaborazione e al mantenimento dell’immagine è il Manuale di immagine grafica coordinata. Il manuale è uno strumento che organicamente contiene le informazioni, le indicazioni e le norme per la corretta applicazione, nel tempo e nello spzio, dei criteri basilari di immagine coordinata. Vantaggi verso l’interno - Definizione organica e unitaria della cultura aziendale - Creazione e disponibilità di una struttura progettuale indispensabile per gli sviluppi futuri - Facilitazione nell’elaborazione di altri strumenti di comunicazione coordinati e coerenti Vantaggi verso l’esterno - Impressione globale di ordine e di associazioni positive - Incremento della stima - Facilitazione della riconoscibilità - Semplificazione dei flussi comunicativi I valori L’immagine coordinata deve in primo luogo rappresentare i valori dell’azienda e delle persone che ne fanno parte: si parla infatti di “spirito dell’impresa”. I valori condivisi che costituiscono la base su cui sarà costruita l’immagine coordinata possono essere, ad esempio, creatività, passione, responsabilità, professionalità, etc. Contenuti del Manuale di immagine - logo nuovo o restyling e sue caratteristiche - posizionamento del logo su carta intestata, buste, biglietti

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- colori per carta intestata, buste e biglietti - rapporto tra logo e sottotitolo - esempi di uso del logo - caratteri da usare nel coordinato carta intestata-busta e biglietti - modelli di documento con impostazione grafica, da installare sui PC - definizione cover fax - tipo di carta da lettera - carta per corrispondenza interna - carta intestata per comunicati stampa e rassegna stampa - buste ed etichette adesive - cartelline - impostazione grafica dei manifesti - riconoscibilità dei manifesti dei diversi settori e/o uffici, attraverso una specifica grafica: colore, impostazione spaziale dei titoli e dei contenuti - omogeneità grafica delle pagine del sito internet - altro a seconda dell’azienda o ente.

Piaggio, manuale di corporate identity. Il progetto è condensato in un volume di circa trecento pagine, edito in cinque lingue, contenente le indicazioni operative per la realizzazione e la gestione dei punti vendita e per le relative comunicazioni. Alcune pagine di esempi, rapporto di dimensione del marchio, colori istituzionali, font, bandiere interne per l’esposizione di prodotti di lancio e prodotti usati, indumenti da lavoro.

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IL NAMING Per naming s’intende la progettazione e realizzazione del nome di aziende, prodotti e servizi. Il naming entra a pieno titolo nella costruzione dell’immagine coordinata di un’azienda (basterebbe pensare ai “disastri” d’immagine che potrebbe provocare un nome sbagliato: che cosa succederebbe, ad esempio, se un’azienda alimentare si chiamasse “Dante Tossici & C”?). Il nome è un segno il cui significante canalizza il significato da attribuire all’oggetto nominato, o almeno fa riferimento ad esso o a una sua qualità. Nell’attribuzione di nomi industriali occorre osservare tutta una serie di accorgimenti strategici e considerare sia la qualità dell’oggetto da denominare sia i suoi possibili utilizzi. Nominare significa quindi “progettare un riferimento preciso” per l’oggetto in esame, attraverso un circuito semiotico in cui il segno rinvia ad altri segni verbali ed iconici. Un esempio è dato dalla parola/marca “Puma”, che fa pensare immediatamente ad un felino che possiede alcune caratteristiche (eleganza, velocità, forza, aggressività) che si associano bene ai prodotti sportivi prodotti dall’azienda. Di seguito si presentano alcuni semplici ma importanti suggerimenti da usare per il “naming”. – Un nome breve è più facile da memorizzare e, dal punto di vista iconico, funziona come una sigla. Può essere ricercato anche tra le parole straniere e può alludere foneticamente al prodotto o alla confezione. Un esempio interessante in proposito è costituito dal prodotto TIC TAC. – Se la marca è conosciuta dal pubblico, si possono effettuare delle manipolazioni sia linguistiche sia grafiche, usando ad esempio la ripetizione, l’accrescitivo, il diminutivo (Miu Miu, Gran Pavesi, Invernizzina, etc.). Sono possibili soluzioni efficaci anche attraverso interpretazioni estrose (Danito). – Si può rafforzare l’immagine di marca combinando il nome del marchio con quello del prodotto. Ad una condizione: il suono deve essere piacevole e funzionale (Nescafè, che deriva dalla combinazione del prodotto caffè con il marchio Nestlè). – È possibile fare diretto riferimento all’utilizzo del prodotto, alla sua efficacia (Legnovivo, Condiviso), e alla sua forma (Cioccoblok, Pocket coffee). – È possibile associare un numero al marchio (Alfa 164, Chanel n° 5), facendo ad esempio riferimento ad una qualche successione produttiva o ad una sigla riguardante dei dati specifici.

Alcuni esempi di naming.

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● ESEMPIO DI MANUALE DI IMMAGINE GRAFICA COORDINATA (COMUNE DI RECANATI) L’immagine è la la trasformazione in atti comunicativi dell’identità di un ente pubblico o privato. L’identità è espressa dagli elementi oggettivi per i quali essa esiste ed agisce: valori, tipologia operativa, attività, sedi, mercato e pubblico verso cui è orientato. Quando questo insieme di attività, fenomeni, azioni sono resi pubblici, si determina l’immagine. L’immagine è una struttura comunicativa complessa e articolata che, tramite i cosiddetti “messaggi involontari”, si manifesta anche quando non vi è consapevolezza che avvenga. L’immagine è perciò costituita dalle comunicazioni intenzionali e dalle comunicazioni involontarie, e si può descrivere in: – interna, la consapevolezza della propria identità – oggettiva, i valori effettivamente riconosciuti – prospettiva, le intenzioni e le possibilità di sviluppo, le proiezioni elaborate dall’esterno e le strategie messe in atto all’interno e ancora da sviluppare. I tempi entro i quali l’immagine si sviluppa sono: – passato, entro cui l’immagine interna mette radici – presente, che determina l’immagine pubblica e l’immagine oggettiva – futuro, che riguarda il domani Il Comune di Recanati è una struttura, complessa e articolata, che si relaziona con i suoi cittadini ma anche con altri Enti pubblici e Privati. Il progetto di immagine coordinata del Comune è ancora più difficile per la storia, il valore simbolico e per quello che rappresenta all’interno di una comunità territoriale ed extraterritoriale. L’area del sistema di immagine che si è sviluppata è quella delle Comunicazioni Visive, cioè dare forma e contenuto ai valori di riconoscimento, stima, efficacia ed efficienza che il Comune vuole comunicare al pubblico. Occorre pertanto rafforzare la volontà di comunicare bene e in modo coordinato, gestire le opinioni, i pregiudizi e le incertezze a volte espresse dal pubblico.

OBIETTIVI STRATEGICI DELL’IMMAGINE COORDINATA Il progetto di immagine coordinata del Comune di Recanati si è posto questi obiettivi strategici: – Attivare una dinamica che renda possibile la comunicazione tra il centro istituzionale, il territorio e l’interfaccia progettuale; – Coinvolgere attività, funzioni e centri decisionali anche apparentemente estranei alla comunicazione; – Fare in modo che il Comune sia speculare a bisogni, aspettative e motivazioni del pubblico;

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– Interpretare e rappresentare l’identità nella maniera più adatta per i target a cui la comunicazione è rivolta, creando una corrispondenza significativa tra i contenuti, i valori, le forme e i mezzi che la comunicazione utilizza; – Ottenere comunicazioni efficienti nella gestione e nella produzione, determinando una razionalizzazione produttiva; – Ottenere comunicazioni efficaci nei confronti dei destinatari.

MANUALE Lo strumento necessario alla realizzazione, all’elaborazione e al mantenimento dell’immagine è il Manuale di immagine grafica coordinata. Il Manuale è uno strumento che organicamente contiene le informazioni, le indicazioni e le norme per la corretta applicazione, nel tempo e nello spazio, dei criteri basilari di immagine coordinata.

I Manuali sono utili se si limitano a fornire le regole di applicazione del marchio e degli elementi primari di comunicazione (caratteri, colori, format, etc.). I Manuali sono inutili, se pretendono di fornire indicazioni precise e puntuali di tutto l’universo comunicativo. In questo caso il Manuale è percepito come una camicia di forza da cui liberarsi al più presto.

Nelle pagine seguenti: Elaborato didattico. Manuale di Immagine grafica coordinata del Comune di Recanati.

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PORTFOLIO INTRODUZIONE

● L’AGENZIA Per agenzia pubblicitaria s’intende una particolare società di consulenza che realizza e diffonde campagne pubblicitarie per promuovere prodotti o servizi, su richiesta di un cliente. Non tutte le agenzie offrono gli stessi servizi. Alcune sono specializzate solo in determinati settori, altre, invece, preferiscono fornire un servizio completo. In linea di massima, il numero dei servizi offerti varia in base alle dimensioni dell’agenzia e al suo livello di specializzazione. Un’agenzia si dice “a servizio completo” (full service), se è in grado di: • Programmare la campagna pubblicitaria • Ideare, progettare e realizzare i messaggi pubblicitari • Pianificare i messaggi con l’utilizzo dei media e dei veicoli appropriati • Prenotare e acquistare gli spazi necessari sui mass media secondo i tempi e le scadenze programmati • Verificare i risultati raggiunti e, eventualmente, proporre ed attuare le dovute modifiche

PORTFOLIO

Il portfolio (chiamato anche book) è un elemento fondamentale dell’attività professionale, e consiste in una raccolta qualificata dei migliori elaborati tradizionali e multimediali. A livello studentesco, ovviamente, gli elaborati presentati sono puramente di fantasia, anche se talvolta possono derivare da piccole esperienze professionali o da collaborazioni esterne. Da essi deve in ogni caso emergere una certa professionalità nell’uso dei materiali e delle tecniche grafiche (layout, lettering, ecc.) oltre ad un’adeguata padronanza delle nuove tecnologie. Lo studente deve mostrare una discreta capacità nell’adattare le proprie idee a situazioni, mezzi e supporti differenti, e nell’analizzare (e sintetizzare) correttamente il proprio lavoro creativo. Fondamentale, nella presentazione degli elaborati, è la cura della grafica unita ad un’impaginazione puntigliosa ma originale, che sappia “farsi ricordare”. Al porfolio si allega un curriculum personale.

Accanto alle grandi agenzie pubblicitarie full service troviamo una miriade di studi pubblicitari di piccole dimensioni che collaborano con le agenzie fornendo loro particolari servizi, senza però rinunciare ad avere una clientela propria.

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In particolare si occupano di: • Progettazione e allestimento di fiere e mostre • Editoria multimediale • Editoria e stampa • Programmazione dei media • Produzione cinema e tv • Packaging • Studio e creazione di animazioni • Elaborazione di effetti speciali • Web design • Fotografia e grafica creativa.

● PROGETTI Nelle pagine che seguono si illustrano alcuni progetti di studi grafici. È stato chiesto loro di illustrare e spiegare (per questo si ringraziano) il processo di elaborazione progettuale che ha portato alla soluzione creativa finale. I progetti grafici, di categorie diverse, sono esempi professionali in cui lo studente può ritrovare applicati i principi basilari della grafica. Le agenzie sono: ADPLAN comunicazione www.adplan.it (via Salvo D’Acquisto, 27 – Grottammare – AP) [email protected] - [email protected] Studio RUGGERI design e comunicazione www.ruggeristudio.it (corso Garibaldi, 308 – Civitanova Marche – MC) [email protected] Agenzia di comunicazione TIBERIO ADAMI www.tiberioadami.it (Civitanova Marche - MC) [email protected]

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ADPLAN s.r.l. via Salvo D’Acquisto, 27 – 63013 Grottammare (AP) [email protected] [email protected] www.adplan.it

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Studio RUGGERI design e comunicazione – Corso Garibaldi, 308 – Civitanova Marche (MC) www.ruggeristudio.it [email protected]

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Agenzia di comunicazione TIBERIO ADAMI (Civitanova Marche - MC) www.tiberioadami.it [email protected]

Lavoro Carta Canta Le parole vanno, quello che è scritto resta e racconta la storia. Su questo famoso concetto è stata sviluppata la campagna della manifestazione nazionale Carta Canta di Civitanova Marche. Sono partito dal restyling del marchio, utilizzando l’icona più famosa del foglio di carta, cioè quella rappresentata sul computer come stampante. Il foglio con l’angolo piegato è universalmente riconoscibile. Il logo inserito all’interno del foglio è stato caratterizzato scrivendo al contrario la parola Canta così da far combaciare perfettamente le due parole. La scelta dell’immagine fotografica della campagna affissioni, mega poster, manifesti e locandine, nasce da una considerazione: quanti posti vediamo durante le vacanze? di questi, quali ricordiamo perfettamente? solo quelli fotografati, cioè stampati su carta. Ecco la rappresentazione dell’immagine che racchiude all’interno di un libro, una foto stampata che resterà per sempre.

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In riferimento da O.M. 90 del 21 maggio 2001: art. 27, esame di qualifica professionale Operatore Grafico Pubblicitario Esempio di prova di qualifica. Materie scelte dal Consiglio di Classe

Primo giorno ITALIANO STORIA DELL’ARTE Secondo giorno DISEGNO GRAFICO TECNICA PUBBLICITARIA TECNICA FOTOGRAFICA COMUNICAZIONI VISIVE INGLESE

TEMA L’Amministrazione comunale di una grande città del Nord Italia ha realizzato una moderna ludoteca con ampi spazi esterni e servizi di ristoro e di incontro per genitori. Per l’apertura della nuova struttura è prevista una manifestazione e l’utilizzo di materiale pubblicitario cartaceo dedicato all’iniziativa. Il titolo previsto è: LA CASA DEI GIOCHI Il candidato proponga, per tale iniziativa, un manifesto a tre o più colori. Per la prova sono richiesti: schizzi preparatori scelta e sviluppo, in forma di finish layout, della proposta.

Durata massima della prova: 5 ore

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Punteggio ITALIANO STORIA DELL’ARTE DISEGNO GRAFICO TECNICA PUBBLICITARIA TECNICA FOTOGRAFICA COMUNICAZIONI VISIVE INGLESE

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punti 1 punti 1 punti 3 punti 1 punti 1 punti 2 punti 1

∆ιστριβυζιονε εσχλυσιϖα Ζανιχηελλι εδιτορε Σ.π.Α.