Da Portsmouth a Sarajevo : la politica estera giapponese e l'equilibrio europeo (1905-1914)
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Zitiervorschau

BIBLIOTECA DELL'ARCHIVIO SAGGI l

VALDO FERRETII

DA PORTSMOUTH A SARAJEVO

La politica estera giapponese e l'equilibrio europeo (1905-1914)

ARCHIVIO GUIDO IZZI Roma 1 989

Questo volume è stampato con un contributo del CNR

0 1 989 Archivio Guido Izzi s.r.l. Via Ottorino Lazzarini, 19 - 0001 36 Roma

A Simone

INTRODUZIONE Gli anni dalla conclusione del trattato di Portsmouth fino all'in­ gresso del Giappone nella Prima Guerra Mondiale si caratterizzano almeno per tre motivi. È anzitutto il momento dell'esordio, per così dire, come grande potenza dello stato asiatico che aveva appena sconfitto la Russia zarista. È discutibile se questo termine possa essere applicato al Giappone prima del trattato di Versailles dell 91 9, ma certamente i problemi che esso dovette affrontare tra la fine del 1 905 e ill 914 lo costrinsero a misurarsi, e in parte a scontrarsi, con i grandi paesi occidentali su un piano di sostanziale, anche se faticosa, parità. In questo senso e in questa fase della sua storia, vediamo due diverse dimensioni convivere tra loro. Da un lato l'ambiente interna­ zionale è ancora quello classico, cessato di esistere appunto nell 914, dominato dal «concerto europeo» e dall' «imperialismo» occidentale, sia pur integrati dalla presenza dei due nuovi venuti, il Giappone stesso e gli Stati Uniti, la cui posizione è però in qualche modo periferica rispetto alle potenze europee. Dall'altro la regola fonda­ mentale è la «diplomazia concertata», basata sulla tendenza a proce­ dere attraverso consultazioni reciproche secondo uno stile di compor­ tamento che resta ancora lo stesso del tardo Ottocento. Si tratta di un mondo destinato, tuttavia, a sopravvivere in sostanza fino alle crisi degli anni trenta, ma con alcune importanti variazioni causate dalla Prima Guerra Mondiale, con l'eclissarsi temporaneo della Russia e della Germania, nonché l'indebolimento della Gran Bretagna e della Francia in quanto potenze extraeuropee. Il Giappone di questi anni è un paese che deve trattare con tutti gli interlocutori presenti in Asia Orientale ed è oramai capace di agire autonomamente di fronte ad essi; non ha ancora risentito della crescita economica portata dalla guerra del 1 914-18 ed è invece 7

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bisognoso dei capitali e della tecnologia occidentale, in assoluta prevalenza inglesi e francesi, per darsi forze armate adeguate e ristabilire un sano equilibrio finanziario. Queste semplici circostanze, che fanno da cornice al gioco diplomatico, ne condizionano l' anda­ mento. In pratica il Sol Levante si trova a dover difendere, con strumenti di cui in parte è tributario, i frutti della guerra russo-giapponese, muovendosi in uno spazio determinato dai rapporti fra le altre grandi potenze. È all' approfondimento di questo concetto che è dedicato il nostro libro, perché spazio e rapporti sono sì creati da rivalità ed equilibri di natura coloniale che devono tenere altresì conto del rinato senso nazionale dei cinesi, ma, prima ancora, riflettono, come varia­ bile dipendente, lo sviluppo della politica europea . Il Giappone cioè, nel trattare i problemi della sua sicurezza, della espansione sul continente e dei primi germi di rivalità con gli Stati Uniti, deve in sostanza interpretare, per adattarcisi, il complesso movimento per cui il centro della diplomazia si sposta di nuovo dalle questioni extraeuropee a quelle europee, mentre è comunque guidato da uomini del Vecchio Continente. Si tratta di un modo di guardare alla sua politica estera che ha cominciato ad essere analizzato con i metodi della storia strategica e dell' analisi dei Processi di Formazione delle Decisioni solo recente­ mente. E, seppure senza dilungarcisi, esso va considerato insieme al fatto che negli stessi anni il sistema politico del Sol Levante subisce una trasformazione, determinata da più elementi. In primo luogo i partiti della Dieta assumono per la prima volta fisionomia di forza di governo. In secondo luogo c01:nincia ad affermarsi la funzione dell' E­ sercito e della Marina come attori politici autonomi. Infine le forze burocratiche formate dal nuovo apparato universitario che ha preso forma dagli anni intorno al 18 90 cominciano a pesare indipendente­ mente dalle grandi figure, le quali, senza essere nominate dalla costituzione, hanno dominato la vita politica alla fine del secolo 8

INTRODUZIONE

precedente. Si tratta dei cosidetti genro , l' ultima generazione degli uomini che hanno svolto una parte importante negli eventi dell' aper­ tura, del Giappone, con l' abolizione del feudalesimo, e soprattutto nella fase successiva di modemizzazione e occidentalizzazione del paese. Tecnicamente essi esercitano il compito, nominalmente lasciato dalla costituzione al Tenno , di scegliere i Primi Ministri, non respon­ sabili di fronte alla Dieta, e di gestire le altre prerogative esclusive dell' Imperatore, ma, attraverso i loro protégés, di fatto dirigono tutto il sistema burocratico e oligarchico al potere in quegli anni. In questo senso sono contemporaneamente leaders civili e militari. La loro scomparsa e il loro declino progressivo porterà prima "alla situazione degli anni '2 0, in cui la classe politica è classificabile in base alla distinzione fra Partiti Politici, Burocrazia Civile e Militari, di cui ciascun elemento andrà poi suddiviso variamente al suo interno, e poi a quella degli anni '30, in cui i militari si affermano come forza egemone. Poiché il campo nel quale la loro influenza si conserva comparativamente più a lungo è quello della politica estera (oltre che nelle faccende della Casa Imperiale in senso stretto), gli anni analiz­ zati nel nostro libro riguardano il momento centrale nella transizione sopra indicata e ne recano la traccia. In pratica non ci siamo proposti di scrivere una vera storia della politica estera giapponese dal trattato di Portsmouth alla morte di Yiian Shih-Kai, ma invece di esaminare come essa possa essere vista nel prisma del rapporto stimolo-risposta con gli eventi europei, naturalmente senza dimenticare che tutto questo passa anche attra­ verso il filtro delle relazioni con gli Stati Uniti e la Cina. In altre parole la tesi-sfondo di tutta la narrazione è che sul terreno diploma­ tico e nelle relazioni strategiche, il Giappone per cercare di attuare certi obiettivi, fosse in pratica costretto ad assumere come polo del suo comportamento, il processo di formazione, con tutto ciò che esso portava con sé, dei due blocchi di Stati che finirono per scontrarsi nel 1 914 tra loro, con le relative implicazioni in Estremo Oriente. Per questa ragione si è dato per scontato che i lettori già conoscessero la 9

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storia europea del momento (nelle classiche fasi che passano attraver­ so l'Entente cordiale del 1 904, le due crisi marocchine del 1 905 e del 1 911, l' inasprimento della situazione nei Balcani dal 1 909 in poi, la rivalità anglo-tedesca, lo sviluppo della diplomazia zarista etc.), ma è sembrato necessario dedicare appositi paragrafi informativi per mo­ strare come queste situazioni si intrecciassero con le vicende interna­ zionali in Estremo Oriente. Il cuore del libro è nel passaggio dal progetto di «sistema» degli anni 1 907-1908 , che riflette in fondo la centralità di paesi come la Francia, la Russia e l' Inghilterra in Asia Orientale, alla fase in cui vennero stipulati l'alleanza anglo-giapponese del 1911 e il trattato russo-nipponico del 1 912, nella quale vediamo soprattutto accennarsi per la prima volta quella situazione di «vuoto» portata dall' accen­ trarsi sull' Europa della >, 1 96 1 , n. 1 5 , pp. 43-5 3 , discute questo punto in profondità. 6 Cfr. K URIHARA KEN, Nichi-Ro Sengo ni okeru Manshii Zengo Sochi Mondai to Hagiwara Shodai Hoten Soryoji (Il primo console generale a Mukden Hagiwara e il problema della misure di sostegno in Manciuria dopo la guerra russo-- giapponese), nel volume curato dallo stesso autore Taimammo Seisakushi , cit., pp. 9-3 5 . 7 Su questa vicenda restano fondamentali g l i studi. d i NAKAYAMA JIICHI, Daiichiji Saionji Naikaku Kato Gaisho no Jisohoku Riyu ni tsuite (A proposito della cause delle dimissioni del Ministro degli Esteri Kato del primo governo Saionji), , 1 96 1 , n. 3, pp. 64-77, nonché, Saionji Shusho no Manshu Ryoko ni tsuite (A proposito del viaggio in Manduria del Primo Ministro Saionji), , 1 962, n. 7, pp. 1 2-25 . . . .

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rappresentava una protesta contro il progetto di nazionalizzare la rete ferroviaria nazionale ed era probabilmente collegato con gli stretti rapporti, che legavano Kato al gruppo finanziario di Mitsubishi. Tuttavia la posizione degli Zaibatsu nella faccenda è ancora oggi poco chiara, mentre l 'insistenza per la nazionalizzazione era venuta soprat­ tutto dall'Esercito, che vedeva nel controllo delle ferrovie mancesi la migliore garanzia di quello sulla Corea e indirettamente della sicurez­ za interna del paese. Per questa ragione probabilmente il predecessore di Kato , Komura Jutaro , si era opposto a vendere ad un gruppo capitalistico americano, all 'indomani del trattato di Portsmounth, la South Manchurian Railway, come proposto dal finanziere americano Harriman e malgrado il disagio finanziario che la guerr a aveva portato per l 'economia giapponese. Il premier, successogli ad interim, il 1 4 aprile, partiva per un viaggio di ispezione in Manduria e, sulla via del ritorno, passava per la Corea, dove era Residente Generale Ito Hirobumi, che oltre ad essere uno dei genro , apparteneva agli avversari della politica suggeri­ ta dali 'esercito e, per di più, lo aveva guidato ali 'inizio della sua carriera politica. Saionji nel decidere l 'iniziativa col proposito di frenare i militari, aveva probabilmente avuto già in anticipo il primo assenso di altri due genro , Inoue e Yamagata, preoccupato quest' ulti­ mo della contrapposizione che si stava facendo acuta fra il Ministro degli Esteri e l 'Esercito 8 • Lo storico Nakayama Jiichi ha mostrato come questo problema fosse associato anche a quello delle relazioni con la Gran Bretagna attraverso un documento stilato nel Gaimush o , alla vigilia della partenza del premier 9. In esso si legge: «Dopo il ristabilimento della pace, oggi che le relazioni fra i due paesi sono già tornate ad essere di amicizia, non è molto simpatico ·

8 Cfr., con una diversa motivazione del rifiuto di Komura, J. A. WHITE, The Diplomacy of the Russo-Japanese war, Princenton, Princenton University Press, 1 964, pp. 325-6. 9 NAKAYAMA JIICHI, Saionji Shuso , cit. pp. 1 0- 1 . . .

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temere di offrire ad altri paesi l 'occasione di interferire nei punti dolenti delle discordie fra Russia e Giappone, così da rendere più aspri gli ammonimenti di quel governo verso di noi e da accrescere altresì l' ostilità dei Russi, mentre noi minacciamo per di più di non ricono­ scere le libertà degli stranieri. E questo anche in relazione al problema se il nostro governo debba considerare i Russi come nemici. In questo momento l ' Inghilterra sta per stringere con la Russia un trattato sull'Asia Centrale e i capitalisti inglesi e americani mutando l ' atteggiamento tenuto sino ad ora, cercano di andare incontro all ' of­ ferta di prestiti russi. I sentimenti del l 'Inghilterra e degli Stati Uniti danno segno di essere diventati concilianti verso la Russia. Fra l 'altro l ' attaccamento dell' attuale governo britannico all ' alleanza anglo­ giapponese non è pari a quello del gabinetto precedente. Perciò la nostra strategia diplomatica deve sforzarsi di assicurare una pace perenne in Estremo Oriente, attraverso un accurato e lungimirante esame della situazione generale, da un lato mantenendo la consonanza con l ' Inghilterra e gli Stati Uniti, dall ' altro conservando cordiali relazioni con la Russia». Del problema dei rapporti con Pietroburgo e del loro sviluppo parleremo più avanti, ma è interessante che il fronte comune oramai costituito tra Primo Ministro, diplomazia professionale e genro l ' aves­ se finalmente vinta nella «Manshu ni Kan sun Kyogikai» che si tenne il 22 maggio nella dimora di Saionji a Nagata--cho in Tokyo, ed alla quale presero parte, oltre alle figure sopra elencate, i capi di Stato Maggiore. Lo stesso Ito Hirobumi diresse allora la critica contro il comportamento dell' armata, con l 'appoggio del visconte Hayashi Tadasu, uno dei principali sostenitori dell' alleanza anglo-giapponese, chiamato nel frattempo al Ministero degli Esteri. Nel corso della discussione i leaders militari si trovarono senza altri sostegni e magrado il Capo di Stato Maggiore Kodama Kentaro insistesse che la presenza militare in Manciuria era necessaria per tener in rispetto i cinesi, alla fine l 'esercito dovette cedere, di fronte alla tesi di Hayashi, che sottolineava il diritto del Ministero degli Esteri al rispetto delle 25

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sue prerogative, e ancore di più di Ito , il quale ribadì che i diritti del Giappone in Manciuria non andavano oltre la materia ferroviaria se non nel Liaodong. È evidente che questo poneva di fronte ad una spinosa contraddizio­ ne. Smobilitare le truppe in Manciuria rischiava di permettere alla Cina di avere buon gioco nello spingere gli occidentali contro Tokyo. Ed è evidente che fra le rivendicazioni dei cinesi e la diffidenza reale o temuta delle potenze occidentali potesse stabilirsi un ponte. Era esattamente da questa premessa che partirà in seguito Hayashi per insistere che il buon volere di Pekino andasse assicurato, a dispetto di tutte le incomprensioni e le difficoltà, e malgrado gli attriti fra militari giapponesi e funzionari cinesi in Manciuria, per evitare che la politica forte invocata da alcuni finisse col danneggiare le relazio':li fra il Giappone e le potenze, spingendo Tokyo appunto ali ' isolamento 10• Beninteso egli fece allora riferimento al problema soprattutto dei diritti trasmessi dalla Russia al Giappone sul territorio cinese e quindi non pose esplicitamente il problema di rinunciare ai frutti della vittoria. Ciò voleva dire peraltro anche escludere la possibilità che esistesse in linea di massima una strategia intermedia, e fissare tutto sommato il principio che il ricavato del trattato di Portsmouth non era in discussione, neanche per l ' ala moderata del governo giapponese. Il quadro degli eventi che abbiamo sopra tratteggiato corrisponde a quello che è stato dato ali ' inizio degli anni ' 60 e alla fine degli anni '50 da un gruppo di studiosi raccolti intorno a Kurihara Ken oppure alla «scuola di Nagoya», rappresentata da autori come Hatano Yoshi­ hiro e Nakayama Jiichi. Entrambi si ponevano in una comune prospet­ tiva che tendeva a confrontare la formazione della politica estera del Giappone ponendo l ' accento sulla rivalità tra civili (soprattutto il Gaimusho) e militari (soprattutto l ' Esercito) nel periodo all 'indomani della guerra russo-giapponese e alla vigilia della Seconda Guerra

1 ° KURIHARA KEN, Hayashi Tadasu Gaimudaijin no taishin Seiaku kanken (Punti di vista del Ministro degli Esteri Hayashi Tadasu sulla politica verso la Cina), >. Giova ricordare che, oltre alle idee di lto, la minaccia russa di far cadere il trattato certamente contribuì a spingere il Giappone sulla via delle concessioni (cfr. il doc. n. 1 48, che contiene la risposta di Saionji a Yamarnoto, datata 1 4/5/1 907). L' insieme delle idee di lto sembra aver41

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d 'influenza e la soluzione del problema del fiume Sungari, vennero firmati il 30 luglio 1 7 • Contemporaneamente a queste trattative, che abbiamo sommaria­ mente riassunto, venne negoziato anche un trattato con la Francia. Nel marzo il governo francese autorizzò l 'emissione del prestito per un valore complessivo di 300.000 franchi e cogliendo occasione dalla visita che Kurino gli prestò per ringraziarlo, Pichon propose un

obbedito ad una coerente riflessione, che ben si armonizza con la statura intellettuale del personaggio. Egli espresse la propria opinione varie volte e forse in modo più chiaro che mai in una lettera a Saionji del! ' 1 1 /6/1 907 (doc . n . 1 58), dopo che, a causa delle divergenze d 'opinione nel gruppo dirigente nipponico, oltre che a causa della rigidità dei russi, Hayashi aveva deciso di rimettere la decisione al consiglio dei genro. A suo modo di pensare non bisognava assolutamente perdere l ' occasione per risolvere il problema coreano, di cui quello mancese era un riflesso, e dal quale era nata la guerra con la Russia. In questo modo si sarebbe risolta tutta la situazione da cui era nato il conflitto, e che avrebbe potuto portare ancora a nuove complicazioni. Ito riteneva che, paragonato a questo aspetto della questione, il problema della Mongolia, dove gli interessi del Giappone erano soltanto indiretti, non avesse troppa importanza, come non ne aveva il problema della «Porta Aperta>>. Cfr. anche i doc. n. 1 26 e n. 1 28 . Ricordiamo che tale ultima questione era a sua volta un riflesso di quella delle reazioni inglesi. Dopo che il 3 marzo la conferenza dei gem·o aveva approvato l ' idea di un accor­ do generale fra i due paesi, Hayashi, su sollecitazione di Komura, chiese l ' inserimento di un articolo, che contemplava il rispetto per la dottrina Hay. Egli peraltro scriveva a Motono: > secondo la ricostruzione suggerita da Esthus.

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PARTE PRIMA: UN EQUILIBRIO INCOMPIUTO

vano che la politica giapponese di privilegiare gli investimenti ferro­ viari nipponici in Manciuria non violasse l 'originaria dottrina Hay, la quale aveva fatto riferimento esclusivamente alla libertà di commercio ed all 'integrità dell' Impero cinese, Wilson e Straight, che cercò di portare sulle loro posizioni 8 il Segretario di Stato alla Guerra Taft quando visitò la Cina e il Giappone nel 1 907 , erano di avviso opposto. La congiuntura economica dello stesso anno nocque però a questo gruppo, mentre un altro elemento giocò nella stessa direzione. Il presidente Theodore Roosevelt, infatti, era contrario a ostacolare frontalmente l 'espansione del Sol Levante in Manciuria, poiché riteneva che l 'opinione pubblica interna non avrebbe approvato una politica energica in questo senso 9. Gli storici americani hanno aspra­ mente discusso se Roosevelt abbia mai rinnegato il principio della «porta aperta» in Manciuria ma indubbiamente, anche se non in modo vincolante dal punto di vista giuridico, il suo atteggiamento sembra essere stato tutto sommato in questo senso. Inoltre egli inquadrava il problema nell 'intero complesso delle relazioni fra Giappone e Stati Uniti, . che furono toccate negli anni tra il 1 906 e il 1 908 in modo particolarmente pesante dalla cosiddetta disputa sull 'emigrazione. Il tema è in se stesso estraneo a questo studio, e vi accenniamo perciò rapidamente. Fra il 1 906 e · 1 907 vennero prese in California una serie di misure di segregazione verso gli immigrati di razza gialla, accompagnate da manifestazioni di intolleranza nei loro riguardi. A queste ultime la stampa giapponese rispose, con toni molto duri, arrivando a chiedere al governo di Tokyo risposte militari e trovando eco negli esponenti dei partiti di opposizione. L'opinione pubblica americana si infiam­ mò a sua volta, in particolare sulla costa occidentale e, per alcuni an­ ni, l ' idea che una guerra fra Giappone e Stati Uniti fosse possibile o che addirittura i giapponesi potessero invadere gli Usa e accordarsi

8 Ibidem, pp. 235-7. 9 Ibidem, pp. 3 0 1 -8; C.E. NEU, op. cit. , pp. 308-9. 59

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con il Messico o con altri paesi del centro America, trovò i suoi sostenitori IO. Sul piano tecnico la questione fu risolta prima con gentlemen agree­ ment nel 1 907 e poi, nel 1 908, con il celebre scambio di note Root-Ta­ kahira i i . Essa tuttavia lasciò dietro di sé un ' eredità di risentimenti e di irritazioni in parte compensata nel Sol Levante dali ' idea che gli scambi con l 'America e l 'emigrazione colà da dove la bilancia dei pagamenti del Sol Levante ricavava cospicue rimesse, fossero più importanti della politica volta ad espandere e consolidare il controllo strategico sulla Corea, la Manciuria e, come vedremo più avanti, la Mongolia i 2. In queste circostanze la scelta di Roosevelt fu di evitare che la disputa sull 'emigrazione si trasformasse in uno scontro tra i due Stati . Il Presidente pensava che non esistessero strumenti adeguati attraverso i quali arrestare l ' avanzata del Giappone sul continente asiatico, dato che l 'opinione pubblica americana non avrebbe mai consentito di giungere ali 'uso delle armi, e concludeva che assumere un atteggia­ mento benevolo verso Tokyo in Manciuria significava indurre il governo giapponese a non irrigidirsi sul problema dell'emigrazione. Più esattamente secondare, come era giunto alla conclusione che fosse inevitabile, la volontà di escludere o limitare l ' emigrazione «gialla» nella California era possibile a suo avviso, soltanto lasciando uno spazio libero ali ' espansione nipponica nelle province orientali del Celeste Impero. Un discorso analogo valeva per la Corea. Già nel 1 905 il Segretario di Stato alla Guerra Taft aveva riconosciuto, in un

I O Gran parte del volume citato di C. E. N EU è dedicato a questo problema, così come i capp. n. 8, 9, I O, 1 1 , 1 2, 1 3 e 1 5 di quello di R. A.

ESTHUS . Nell ' ambito della produzione in giapponese, ricordiamo HATANO YOSHIHIRO, Nichiro Senso go ni Okeru Kokusai Kankei no Doin : Nichibei Kankei o Chushin to suru, (Le motivazioni nelle relazioni internazionali dopo la guerra russo giapponese: con speciale riferimento ai rapporti tra il Giappone e gli Stati Uniti), «Kokusai Seiji>>, 1 957, n. 3 , p. 1 5 3 . 11 A. lRIYE, op. cit. , p. 2 1 1 . i2

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A . lRIYE, op . cit. , p. 2 1 1 .

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celebre incontro con il Primo Ministro giapponese Katsura 1 3, che gli Stati Uniti non intendevano ingerirsi nelle faccende coreane, mentre il suo interlocutore lo aveva rassicurato che il suo paese non aveva intenzione di invadere le Filippine. Nel 1 906 il Giappone aveva esteso il suo protettorato su Seui e la difesa della open door effettuata dal Segretario di Stato Root lo stesso anno non era andata oltre una riaffermazione della tradizionale dottrina Hay, intepretata ancora nei termini rigorosamente originari 1 4 • D ' altro canto a rendere più artico­ lata la politica del Presidente intervenivano ancora altri fattori. Sebbe­ ne non si facesse trascinare dalla atmosfera agitata degli anni fra il 1 907 e il 1 908, egli giunse ad ammettere la remota possibilità che una guerra potesse sopravvenire in futuro. Anche per questa ragione autorizzò nel 1 907 una crociera nei paesi del Pacifico della flotta americana 1 5, realizzando un ' iniziativa concepita in precedenza con la finalità primitiva di dare un lancio propagandistico ai piani di espan­ sione navale del suo governo 1 6• Allo stesso tempo, però, proprio i piani di costruzione navali condivisi nei loro principi ispiratori dal Presidente, prevedevano una marina adatta a controllare un solo oceano. E nello stesso momento storico passando attraverso il fatidico 1 907 , si entrava nella fase più acuta della rivalità anglo-germanica in materia di costruzioni navali. Gli Stati Uniti perciò avevano buone ragioni, malgrado qualche voce in senso contrario 1 7, a concentrare il loro interesse strategico

1 3 R. A. ESTHUS, op. cit. , pp. 1 02-7 , che riprende il tema di un altro suo noto articolo, The Taft-Katsura Agreement-Reality or Myth, , XXXI, 1 959, pp. 46-5 1 . 1 4 R. A. ESTHUS , Theodore Roosevelt, cit. , specialmente pp. 1 1 0-1 . l 5 C. E. NEU, op. cit. , pp. 1 1 3-1 1 6. 1 6 Ibidem, pp. 1 09- 1 2 . 1 7 Come quella d i F. Huntington Wilson, C. E. NEU, op. cit. , pp. 226-7. Cfr. l ' ampia disamina di J. H. M AURER, American Naval Concentration and the German Battle Fleet, 1 900-1 9/8, , 6/2, 1 983, pp. 1 47-1 8 1 . 61

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sull 'Atlantico, evitando di aggravare la tensione nel Pacifico e in Estremo Oriente. E questo era indubbiamente un ulteriore elemento che, combinandosi alle faccende delle tensioni razziali, spingeva l 'amministrazione ad una linea di grande tolleranza in Manciuria. Durante gli anni di Roosevelt si assiste perciò ad una situazione tendenzialmente aperta a sviluppi molto diversi. Da una parte, in Cina, l ' America veniva considerata dalla pubblica opinione come un potente amico al quale appoggiarsi contro il Giappone o la Russia; dali ' altra il governo di Washington, senza rinnegare la sua posizione tradizionale di rispetto per l ' integrità dello Stato cinese, evitò di assumersi quel ruolo. A Tokyo, nel frattempo, si giudicava che in fondo la causa di tutti i problemi fosse la questione dell 'emigrazione e si pensava a completare con un accordo anche con gli Usa, se l ' avessero desidera­ to, la rete di intese più generali già stabilite con la Francia, la Russia e l ' Inghilterra. Su questo sfondo si verificò un ' iniziativa del governo tedesco, la quale a sua volta mostra che l ' animo dei cinesi e i contrasti più apparenti che reali tra gli Stati Uniti e il Giappone, potevano intrec­ ciarsi allo sviluppo delle relazioni di potenza in Europa. Nel fiorire dei primi studi americani sulla figura di Roosevelt durante gli anni ' 20 è infatti da ricordare uno studio di Luella J. Hall 1 8 , la quale, basandosi sui volumi della Grosse Politik sostenne che la Germania di Guglielmo II, per reagire ali ' isolamento nel quale lo stavano gettando le intese tra Francia, Inghilterra e Russia, cercò di raggiungere un accordo con gli Stati Uniti e con la Cina, così da neutralizzare l ' avvicinamento del Giappone alle potenze della futura Triplice Intesa. L'argomento è stato in seguito approfondito attraverso l 'esplorazione del materiale d ' archivio americano, mentre dobbiamo

18 L. J. HALL, The Abortive German-American-Chinese Entente of

1 907--8, «Joumal of Modem History>>, 1 929, 1 /2, pp. 1 77-235 . C fr. C. E. NEU, op. cit., pp. 1 63-7, 266-7 . R. A. ESTHUS, op . cit. , pp. 257-9, 26 1-2. 62

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ancora accontentarci di dati scarsi e indiretti per quanto riguarda la politica cinese. È doveroso perciò precisare che la questione forse aspetta ancora il suo storico definitivo anche perché, sebbene la Hall scivolasse sul problema non è chiaro se l ' Imperatore da un lato, il Cancelliere e la Wilhelmstrasse, dall ' altro, avessero in mente le stesse cose nel corso delle trattative che, sebbene senza esito, furono allacciate con gli Stati Uniti. Inoltre, l ' autrice, e con lei praticamente tutta la storiografia ameri­ cana, hanno ritenuto in pratica chiuso l ' episodio col negoziato del 1 907- 1 908, mentre in realtà un tentativo di avviarne uno simile fu fatto dai cinesi nel 1 9 1 1 , senza che, come mostreremo più avanti, la Wilhelmstrasse avesse cambiato atteggiamento nel frattempo, e questo pur nel quadro completamente diverso portato dalla successione di Taft a Roosevelt alla Casa Bianca, e sempre senza documenti cinesi. Conseguentemente è per molti versi aperto ad ulteriori verifiche il tentativo di sintesi dell' intera faccenda che cerchiamo di offrire. Dalla fine del 1 906 l ' Imperatore Guglielmo II sembra aver pensato ad una Entente cordiale con la Cina, che propose, nel momento in cui stava per tornare in patria, al Ministro a Berlino Yin-chang perché trasmettesse la sua richiesta all ' Imperatrice Vedova, mentre contem­ poraneamente pensò ad un accordo con l ' America, che servisse ad isolare la Gran Bretagna. L' idea che il Kaiser fosse favorevole ad un blocco delle potenze contro il Giappone fu esplicitamente esternata a Roosevelt dal ministro a Washington von Sternberg nel novembre del 1 907 , e accompagnata da un 'offerta di aiuto militare per il caso di un 'invasione giapponese degli Stati Uniti nella stessa occasione. Intanto nel settembre del 1 906 e poi ne li' ottobre del 1 907, Stern­ berg ricevette anche istruzioni dal suo Ministero degli Esteri di adoperarsi a qualche forma d' intesa con gli Stati Uniti e la Cina, che senza raggiungere la forma di alleanza (resa impossibile dali ' orienta­ mento de li ' opinione pubblica americana), equilibrasse gli accordi conclusi dal Giappone con l 'Inghilterra, la Francia e la Russia. Egli fu 63

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autorizzato a dire a titolo personale, che la Germania era disposta per la protezione dei suoi interessi commerciali, a impegnarsi insieme a Washington e Pekino in difesa della «porta aperta» e contro il Giappone. In un 'ulteriore conversazione il presidente americano accennò alla possibilità di una collaborazione navale con la Germania in caso di guerra contro Tokyo, ammise che in questo caso la Gran Bretagna secondo lui non sarebbe intervenuta e lasciò capire che un ' alleanza militare con Berlino non lo interessava. Il 16 novembre il Ministro tedesco degli Esteri von Schoen incaricò von Sternberg di riferire che, dati i desideri del! ' Imperatore, il suo governo avrebbe considerato benevolmente una proposta di intesa se fosse venuta dalla Cina e Roosevelt rispose che non un ' alleanza, ma una collaborazione tripartita gli sarebbe potuta interessare. Un piano più organico di accordo fu preparato dal Ministro tedesco a Pekino, Rex, e, traendo spunto dal suo schema, il Kaiser chiarì il suo pensiero in una lettera del 30 dicembre 1 907 al cancelliere von B i.ilow. Fondamentalmente si trattava di far fallire il tentativo britannico di affidare al Giappone la tutela degli interessi inglesi in Estremo Oriente, permettendo così a Londra di concentrare la sua flotta in Europa per tenere in scacco la Germania. La flotta americana, egli scriveva, mandata da Roosevelt in crociera nel Pacifico, avrebbe dovuto rimanervi e, come conseguenza, gli inglesi non avrebbero sostenuto il Giappone in caso di guerra ed esso, restando paralizzato, avrebbe determinato il fallimento della politica britannica. Il 3 gennaio partirono le istruzioni definitive di von Bi.ilow per von Sternberg. La Germania si sarebbe associata ad una proposta della Cina per uno scambio di note da effettuare con gli Stati Uniti, in cui si riaffermasse il rispetto per la dottrina della «porta aperta» e l ' integrità territoriale del Celeste Impero. Poco più tardi il ministro tedesco a Pekino fece sapere che Yiian Shih-Kai avrebbe raccomandato l ' intesa ali ' Imperatore, mentre un gruppo di funzionari imperiali desideravano proprio un accordo segreto con Berlino e Washington. Yiian gli disse 64

PARTE PRIMA: UN EQUILIBRIO INCOMPIUTO

anche che prevedeva di inviare una missione in America a questo fine e nel luglio confermò che intendeva sviluppare un non meglio definito passo verso le due potenze occidentali. È lecito pensare, anche se la Hall non lo notava, che uno dei fautori dell ' iniziativa fosse proprio Yin-chang, il quale aveva intanto assunto la carica di Vice Ministro della Guerra 1 9• Il 5 agosto Rex comunicò l ' annunzio ufficiale che Tang Shao-yi, aveva ricevuto formalmente l ' incarico di recarsi in America per ringraziare la Casa Bianca della parziale cancellazione della quota americana dell ' indennità dei Boxers, ma con il proposito di toccare la questione dell' intesa già delineata con Berlino. Con una brusca virata, tuttavia, poco dopo l ' arrivo di Tang in America, il 5 maggio 1 908 Roosevelt effettuò lo scambio di note con Takahira, che pose termine, pur ribadendo il rispetto per il principio della «porta aperta», alla crisi nata con la disputa sull 'emigrazione 20• Gli storici americani tendono a sostenere che il Presidente america­ no aveva così a lungo proseguito le trattative senza l ' intenzione di raggiungere nessuna intesa, ma unicamente perché una brusca interru-

1 9 Per un profilo di questa figura cfr. S. R. MACKKINNON, op. cit. , p. 200. Non più come ministro plenipotenziario, ma come inviato imperiale per occuparsi di questioni militari, Yin--chang era in Germania all 'epoca dei trattati russo-nipponico e franco-giapponese del 1 907. Dopo un' udienza con Guglielmo II, sollecitata dallo stesso Kaiser, il 24 luglio egli aveva rimesso una nota ufficiale al governo tedesco, che accusava il Giappone di aver cercato di dividere la Cina in zone d' influenza, violato la dottrina della «porta aperta>> e attentato alla stessa sovrana integrità dell ' impero Qing. GP, XXXII, doc. n. 1 1 708 e nota. 20 R. A. ESTHUS , op. cit. , cap. 1 6, specialmente pp. 2 8 1 -2; C. E. NEU, op . cit. , pp. 266-8 , 275, 287-9. Va osservato peraltro che poco o nulla si conosce di preciso sullo orientamento di Yiian Shin-Kai intorno al progettato accordo con la Germania e gli Stati Uniti. Egli era stato abbastanza lento a rispondere alle proposte di Berlino, non sappiamo che tipo di istruzioni Tang Shao-yi avesse e, inoltre, forse è opportuno ricordare che negli stessi anni, Yiian stava cercando di contrastare la penetrazione tedesca nello Shandong, cfr. J. SCHRECKER, Late Ch' ing Responses to lmperialism, >, Taft ringraziò tuttavia il Giappone per la solerzia con la quale, rinnovando il trattato, aveva giovato· alla politica di pacificazione attraverso l ' arbitrato. Cfr. nota n. 38. . . .

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diffusa convinzione che l ' arbitrato stesso fosse lo strumento più idoneo per eliminare la guerra dalla faccia dell ' umanità. Queste tesi storiografiche, come del resto i giudizi di politici, diplomatici, giornalisti di cui si è già parlato sembrerebbero avere il difetto di fondarsi quasi sempre su congetture e sulle impressioni di chi poteva giudicare le decisioni finali prese dai diversi governi soltanto dali 'esterno. L' unico statista giapponese, abbastanza vicino ai centri decisionali ed abbastanza autorevole, che espresse il suo parere sul «Jiji Shinpo» 26 l ' importante foglio fondato da Fukuzawa Yukichi, Hayashi Tadasu, padre dell' alleanza con l ' Inghilterra e già Ministro degli Esteri e ambasciatore a Londra 27, espresse l ' avviso che, in contrasto con l ' opinione popolare, secondo cui il nuovo trattato nuoceva al Giappone, esso rispecchiava il progresso dell ' idea dell' ar­ bitrato e migliorava la situazione internazionale nella misura in cui rafforzava i vincoli di amicizia con l ' Inghilterra. Una valutazione altrettanto positiva dell' alleanza ci proviene da fonti memorialistiche come le memorie dell ' allora viceministro degli Esteri giapponese Ishii Kikujiro 28, secondo le quali, addirittura, il Giappone avrebbe proposto esso stesso un 'alleanza ormai priva di ogni contenuto, per trarre di impaccio la Gran Bretagna. Dopo i trattati del 1 907 con la Francia e la Russia e l ' accordo con gli Stati Uniti del 1 908, infatti, l ' Im­ pero del Sol Levante non avrebbe avuto alcun bisogno della copertura diplomatica rappresentata dali ' alleanza anglo-giapponese. Il gabinetto di Londra, al contrario, già preoccupato per l ' ostilità dei Dominions contro il Giappone, a causa del problema dell'emigrazione, nonché per la rivalità navale con la Germania, si trovava nella necessità di conser­ vare un legame che garantiva i possedimenti imperiali in Estremo Oriente e, nello stesso tempo, di rispondere alle critiche di chi ali ' al­ leanza era contrario. Quando, perciò, pervenne la proposta di una gran26 BD, VIII, doc. n. 446. 27 P. LOWE, op. cit. , p. 5 3 ; A. lRYE, op. cit. , pp. 1 93-4. 28 K. ISHII, Diplomatic Commentaries, B altimore, John Hopkins, 1 936, p. 54 e ss. 98

PARTE SECONDA: ATTRAVERSO IL TORNANTE DEL 1 9 1 1

de potenza amica come gli Stati Uniti a concludere un trattato d ' arbitra­ to generale, anche data la posizione geografica dell' importantissimo Dominion del Canada, il Governo di Sua Maestà si sarebbe venuto a trovare in una posizione particolarmente difficile. L'avrebbe graziosa­ mente tratto d' impaccio il Giappone stesso, proponendo un rinnovo dell' alleanza, che lo rendesse conciliabile col trattato d ' arbitrato e che, peraltro, nelle condizioni del momento, non gli portava alcun nocumen­ to. Dal canto suo il figlio dell'allora addetto militare britannico a To­ kyo, F.C.S. Piggott, ha lasciato scritto che «Il fatto che l ' alleanza fosse stata rinnovata. . . nel 1 9 1 1 , fu prova della sua solidità; è vero che l ' ar­ dente entusiasmo del periodo durante e immediatamente dopo la guerra russo-giapponese si era moderato, ma non c ' è dubbio da che parte in­ clinasse il cuore del Giappone» . . . I giapponesi furono d 'accordo con la Gran Bretagna nel modificare l ' alleanza per evitare ogni possibilità che fossimo trascinati in guerra contro l ' America» 29. In un suo studio, pe­ raltro, Peter Lowe ha rilevato che con ogni probabilità le memorie di Ishii non rispondono a verità 3 0 , in primo luogo perché i giapponesi at­ tribuivano all 'alleanza una notevole importanza, come dimostrano le insistenze del Primo Ministro Katsura, per accellerare il momento del rinnovo una volta che questo fu deciso, e poi perché è probabile che essi temessero un ritorno offensivo della Russia. Il primo di questi rilievi è confermato dai documenti diplomatici sia giapponesi che britannici e tale particolare getta una certa ombra di sospetto sul resoconto di Ishii. Malgrado tutto però, bisogna osservare che questo dibattito resta privo di riscontri sulla documentazione giapponese primaria mentre l ' inter­ pretazione data da Renouvin forse andrebbe rivista anche laddove parla della linea tenuta dal governo americano. Si deve osservare, infatti, che in nessuno dei documenti britannici relativi al trattato di arbitrato con gli Stati Uniti si trova traccia di un'eventuale opinione americana 3 1 , se-

29 F. C. S. PIGGOT, Broken Thread, Aldershot, 1 950, p. 78. 3 0 P. LOWE, op. cit. , pp. 30- 1 . 3 1 BD, VIII, doc. n . 44 7 ss. 99

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condo cui questo dovesse essere in funzione anti giapponese, oppure che in questo senso dovesse essere utilizzato. Nei documenti giapponesi, inoltre, non si riferisce che un tale intendimento trovasse sostenitori, ad esempio, nella discussione al Senato americano, che seguì la firma fina­ le con l ' Inghilterra 32. Inoltre, nell 'aprile del 1 9 1 1 33, mentre erano in corso trattative con Londra, il governo di Tokyo era convinto che gli Stati Uniti avrebbero presto proposto un trattato generale d' arbitrato anche ad esso. Perciò l ' ambasciatore Uchida venne pregato di esporre ai politici americani, a titolo personale, l ' opinione secondo cui sarebbe stato meglio che essi non avanzassero proposte del genere, poiché il go­ verno giapponese era contrario alla conclusione di trattati di arbitrato, sia in quanto, non avendone mai conclusi prima, non sapeva che situa� zioni sarebbero venute a crearsi, sia perché non era proclive a discutere in un tribunale arbitrale problemi relativi alla sicurezza dello Stato, dal momento che in quella sede la maggior parte dei giudici sarebbero stati occidentali; pertanto il Sol Levante, per motivi di razza, cultura e reli­ gione, sarebbe venuto a trovarsi in una situazione di svantaggio. Avvenne, inoltre, un curioso incidente nell ' agosto del 1 9 1 1 , che dimostra come Washington avesse, con ogni probabilità, davvero intenzione di concludere un trattato generale di arbitrato anche con il Giappone. Dopo che Uchida aveva eseguito le istruzioni del suo Ministro degli Esteri, il funzionario del Dipartimento di Stato a cui si era rivolto, sembrava aver capito che dietro le sue parole si nascondes­ se l ' opinione del Ministro. Quando, però, dopo la conclusione del nuovo trattato d' alleanza con la Gran Bretagna, l ' ammiraglio Togo compì un viaggio ufficiale negli Stati Uniti, Taft preparò un discorso di saluto all ' eroe nazionale nipponico in cui ritornava a parlare di un eventuale trattato d' arbitrato. Il discorso venne diffuso alle agenzie di stampa prima che Uchida potesse intervenire e lo stesso Togo si trasse d' imbarazzo, dopo essersi consigliato con l ' ambasciatore, aggirando il

32 NGB , XLIV/l , doc. nn. 1 3 1 , 1 33 , 1 38 , 1 39. 33 Ibidem, doc . n. 1 28 . 1 00

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problema nel discorso che tenne durante la cena ufficiale svoltasi il 5 agosto in suo onore. I giornali americani del giorno seguente, tuttavia, riconobbero che significato profondo avessero avuto le parole del Presidente e giudicarono che era ormai imminente la conclusione di un trattato generale d ' arbitrato tra Giappone e Stati Uniti 34. In sostanza, se teniamo conto che contemporaneamente al negoziato con l 'Inghilterra ne venne avviato uno con la Francia 35 e uno con la Germania, il quale non giunse neanche alla firma 36, mentre con ogni probabilità sarebbe stata intenzione dello statista americano intavolare analoghe trattative anche con Tokyo, bisogna pensare che Taft fosse profondamente sincero nei discorsi che tenne nel febbraio e nel dicembre del 1 9 1 0 37 e nel celebre articolo pubblicato nel numero di gennaio del 1 9 1 2 sulla rivista «Century Magazine», in cui proclamava i suoi ideali pacifisti e l ' idea che la guerra fosse uno strumento arcaico da eliminare e da sostituire con soluzioni giudiziali dei problemi internazionali, fondate appunto sull ' arbitrato 38. Per di più il fatto che uno dei maggiori fautori dell 'iniziativa manciuriana fosse stato il vicepresidente Knox 39 e che questi si mostrasse assai poco interessato al trattato d 'arbitrato anglo­ americano, al punto di contribuire al lento proseguire delle trattati­ ve 40 , suggerisce che la rivalità nippo-americana in Manciuria e in Cina non dovette avere molto a che fare con l ' iniziativa diplomatica americana verso l 'Inghilterra 4 1 •

34 35 36 37 38 39 40 41

Ibidem, doc. nn. 1 28 , 1 30, 1 3 1 , 1 35 . GP, XXXII, p . 227 nota. Ibidem BD, VIII, p. 542 nota. BD, p. 542, nota. NGB , XLIV/l , doc. n. 1 39. A. IRIYE, op. cit. , p. 207. P. LOWE, op . cit. , p. 3 8 . Questo punto va collocato, peraltro, n e l quadro delle considerazioni più ampiamente sviluppate nel paragrafo precedente.

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Bisogna altresì osservare che Taft restò sempre piuttosto isolato nel seguire la sua linea di politica internazionale; che questo era evidente già mentre le trattative tra Inghilterra e Giappone erano in corso 4 2 ; che il testo originale dei trattati d 'arbitrato con Inghilterra e Francia fu respinto in sede di commissione al Senato americano 43; e che, al contrario, l ' idea di concludere comunque il trattato con gli Stati Uniti fin dall' inizio fu calorosamente accolta dal governo britannico, il quale, in sintonia, procedette a proporre la modifica dell ' alleanza anglo-giapponese 44• Tenuto conto che l ' iniziativa del Presidente americano non aveva la certezza di venir in seguito approvata dal Senato, bisognerebbe dedurre che nel governo britannico esisteva la disponibilità a modificare l 'alleanza col Giappone e a cogliere l ' ini­ ziativa che gli americani offrivano 45. Prima di procedere, tuttavia, all ' analisi del comportamento giapponese e britannico nel corso delle vicende in questione ed a trarre qualche conclusione in merito al problema è opportuno riassumere le vicende diplomatiche relative al rinnovo dell' alleanza. Nel luglio 1 9 1 0, il Ministro degli Esteri britan­ nico, sir Edward Grey, venne interpellato in veste ufficiosa, dal celebre esponente pacifista Andrew Carnegie circa l 'opportunità di concludere un trattato illimitato di arbitrato tra Stati Uniti e Gran Bretagna 46•

42 NGB , XLIV/l , doc . nn. 84, 9 1 , 94. 43 A. IRIYE, op. cit., p. 228. Per l ' intera vicenda del trattato d' arbitrato, cfr. I. NISH, Alliance in . . . , cit., pp. 76-9, ed anche P. CALVERT, Great Britain and the New World, 1 905-14 , in F. H. HINSLEY (ed.), op. cit. , specialmente pp. 382-5 .

44 Quest' opinione mi sembra condivisa da I. NISH, Alliance in Decline . . , cit., p. 4 1 , che aggiunge ulteriori particolari, e fondamentalmente da MURASHIMA SHIGERU, op. cit. , pp. 80-1 . .

45 In particolare, tuttavia, quest' atteggiamento era per il momento una posizione di Grey. 46 I. NISH, Alliance in Decline . . , cit. , pp. 40-1 ; NGB , XLIV, doc. n. 1 25 ; P. LOWE, op. cit. , p. 34. .

1 02

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Secondo uno dei resoconti 47 Carnegie avrebbe fatto cenno a Grey del l ' incompatibilità di un tale accordo tra l 'Inghilterra e gli Stati Uniti col trattato anglo-giapponese, e quindi della opportunità di modificare quest' ultimo ovvero di provvedere in altro modo. Ai primi di settem­ bre l ' Assistente Sottosegretario di Stato del Foreign Office, Louis Mallet 48, faceva presente a Grey che l 'alleanza col Giappone sarebbe spirata tra cinque anni e che tanto tempo, per aspettare a concludere l ' accordo con gli Stati Uniti non si poteva attendere. Grey rispondeva a Mallet che avrebbe parlato all ' ambasciatore 49 giapponese del pro­ blema, e che non vedeva perché il Giappone avrebbe dovuto contra­ stare un'eventuale soluzione. Qualche giorno dopo egli precisava al­ l' ambasciatore giapponese a Londra, Kato Takaaki, che, se gli Stati Uniti avessero avanzato una richiesta ufficiale, il Giappone avrebbe potuto scegliere fra le tre possibilità di modificare il trattato con la Gran Bretagna, al momento del rinnovo, aderire al trattato generale di arbitrato con gli Stati Uniti o firmare un analogo accordo con loro. Al telegramma di Kato il Ministro degli Esteri giapponese, Komura Juta­ ro, rispondeva che 5 0 in pratica già allora l ' alleanza con l 'Inghilterra non aveva praticamente alcun valore, se inserita nel quadro dei contra­ sti tra Giappone e Stati Uniti, perché tali erano i rapporti tra le due grandi potenze anglosassoni che mai gli inglesi avrebbero applicato l ' alleanza nel caso di una guerra tra il loro partner orientale e la fede­ razione stellata. Peraltro l ' ipotesi di aderire al trattato di arbitrato o di concluderne uno simile veniva esclusa per le ragioni di cui si è già parlato e, secondo il Ministro, la cosa migliore sarebbe stata una mo­ difica dell ' alleanza che la rendesse compatibile col trattato. In una 47 48 49 50

BD, VIII, doc. n. 477. Ibidem. BD, VIII, doc. n. 405 .

NGB , XLIV/ l , doc. n. 1 26. Come ragioni concrete per le quali la Gran Bretagna in ogni caso avrebbe evitato di applicare la lettera deli ' alleanza in caso di guerre fra gli Stati Uniti e il Giappone, Komura indicava la condizio­ ne del Canada e i rapporti economici fra le due potenze anglo-sassoni. 1 03

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successiva notificazione all ' ambasciatore degli Stati Uniti 5 1 , Komura osservava del resto, come abbiamo visto, che un trattato d' arbitrato avrebbe anche potuto essere una cosa positiva, ma che il Giappone, non avendo alcuna esperienza del genere, non era opportuno che vi si cimentasse per il momento. Nel gennaio, l ' America si avvicinò ancora di più a una proposta formale e qualche giorno dopo Grey parlò a Kato , il quale, il 20 gennaio, rispose che il Giappone era contrario ali ' interferire di un qualsiasi altro trattato con l ' alleanza anglo­ giapponese 52. Egli, perciò, era favorevole ad una modifica dell 'al­ leanza la quale fosse compatibile col trattato americano e permettesse di modificare alcune clausole ormai senza senso. Come rileva il Lo­ we 53 fu questo il primo accenno concreto ad una modifica dell ' allean­ za che provenisse da parte giapponese. Il Primo Ministro Katsura tor­ nò sull 'argomento nel marzo con l ' ambasciatore britannico, sir Claude Macdonald. Grey, qualche tempo dopo, accettò l ' idea che un rinnovo dell' alleanza avrebbe dovuto aver luogo prima della firma dell' accor­ do con gli Stati Uniti; alla Camera dei Comuni 54 si dichiarò favorevo­ le a quest' ultimo e, parlando con Kato , accolse il punto di vista del Gaimusho 55. Senza entrare nel minuto ordito delle trattative basti dire che queste procedettero sino alla presentazione di una bozza da parte giapponese 56 in cui si stabiliva che l ' alleanza non sarebbe entrata in vigore nel caso in cui uno dei due fosse entrato in guerra con un terzo

51 52 53 54 55 56

Ibidem, doc. n. 1 28 .

P. LOWE, op. cit. , pp. 35-6; B D , VIII, doc. n. 407. P. LOWE, op. cit. , p. 36. BD, VIII, doc. n. 409. NGB, XLIV/ l , doc. n. 1 29. NGB, XLIV/ l , doc. nn. 76, 93, 96. D ' altro canto almeno il timore che il trattato anglo-americano fosse pericoloso per il Giappone doveva esistere, e questa era una buona ragione per ottenere un rapido rinnovo dell ' alleanza. Emerge tuttavia dai rapporti di Kato che Grey (doc. n. 9 1 ) sembrava pensare da un lato a scongiurare ogni possibile scontro con l ' America, dall' altro a prevenire, anticipando la conclusione dell ' alleanza, l ' iniziativa di possibili 1 04

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paese, al quale l ' altra parte contraente fosse stata legata da un trattato generale d' arbitrato, a meno che una terza potenza non fosse interve­ nuta in guerra a fianco del terzo paese. Quest' ultimo punto si può dire restò il nodo della discussione fino alla fine. Il governo giapponese riteneva, infatti, che l ' alleanza, qualora si fosse esclusa l 'ultima parte dell' articolo, sarebbe stata pericolosa per la sicurezza del Giappone 57• In pratica, Grey dovette spiegare che il trattato d ' arbitrato con l ' America, non era che il primo di una serie di intese identiche che in seguito avrebbero potuto essere concluse dagli Stati Uniti 58 e che l 'astensione eventuale dell ' Inghil­ terra in caso di guerra tra il Giappone e il terzo paese non le avrebbe impedito di dare al primo un appoggio diverso da quello militare; che, infine, se il terzo paese fosse intervenuto in guerra nel caso in cui già esistessero ostilità tra il Giappone o l ' Inghilterra e un altro paese, allora il trattato non sarebbe stato operante, mentre se una potenza estranea fosse già stata in guerra contro il Giappone, la Gran Bretagna avrebbe combattuto contro tale potenza 59. I giapponesi accettarono allora di modificare il testo, ma presentarono un memorandum, l ' accettazione del quale avrebbe formalizzato da parte britannica quanto Grey aveva detto. Il Ministro britannico, tuttavia, obiettò che tale procedura avrebbe probabilmente incontrato l 'ostilità dell' opinio­ ne pubblica, al momento della pubblicazione, anche perché sarebbe parsa di contenuto avverso agli Stati Uniti 60 • Di fatto le condizioni proposte da Grey altro non costituivano che l ' interpretazione del trattato, proposta alla fine di laboriose discussioni, di cui per brevità e ·

avversari della stessa, mentre infine riteneva che, con un trattato già firmato in mano (doc. n. 9 1 ), avrebbe potuto muovere da una posizione più forte di fronte agli americani, anche considerando la poca chiarezza della loro complessiva posizione.

57 58 59 60

NGB , XLIV/ l , doc. n. 80 Ibidem, doc. n. 82. Ibidem, doc. nn. 95--6. Ibidem, doc. nn. 95-9. 1 05

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per il carattere puramente tecnico non abbiamo riferito, e quindi parrebbe che lo statista inglese le considerasse implicite 61 . A sistema­ re i problemi meno importanti si procedette speditamente. L' Inghilter­ ra rinunciò volontariamente alla difesa dell 'India, obbligando i giap­ ponesi a rinunciare a quella della Corea e, infine, una volta rassicurati i dominions, si poté provvedere alla firma 62. Si è già visto quanto debole fosse la sostanza della proposta americana, cosa ben nota ai due Imperi alleati, e, quindi, è necessario pensare che se l ' Inghilterra accettò la proposta stessa e procedette al rinnovo, l ' iniziati­ va americana svolse poco più della funzione di un' occasione. Da parte giapponese, appare abbastanza logico e chiaro il comportamento tenuto se si guarda alle linee generali della politica imperiale a partire dal l 906 e ai telegrammi scambiati tra Komura e Kato . L' ambasciatore sembrava, infatti, convinto 63 che non esistessero interferenze fra il trattato anglo­ nipponico e quello nippo-americano, ed anche che per i giapponesi fosse giocoforza accettare una revisione dell ' alleanza che riducesse gli impe­ gni delle parti contraenti, poiché l ' opinione pubblica britannica era sfa­ vorevolmente disposta verso il Giappone, sia a causa delle presunte crudeltà commesse durante la guerra russo-giapponese, sia perché orien­ tata in modo assai positivo verso gli Stati Uniti. In sostanza, secondo Kato solo ragioni di politica navale e di sicurezza dei possedimenti bri­ tannici in Estremo Oriente facevano sì che gli inglesi tenessero ancora all ' alleanza. Komura, al contrario, sembrava temere 64 che i due trattati interferissero l 'un l ' altro e sarebbe stato proclive a chiedere nuove garan­ zie per diritti giapponesi nel continente. Kato lo dissuase, osservando che l ' opinione pubblica inglese non avrebbe tollerato simili clausole 65. Grey ebbe anche a dire a Kato che, se i giapponesi avessero insistito per un

61 Ibidem, doc. n. 1 00; cfr. I. NISH, Alliance in Decline , ci t., 62 NGB , XLIV/l , doc. nn. 82 e ss. 63 Ibidem, doc. nn. 95 e ss. . . .

64 Ibidem, doc. nn. 7 3 , 79.

65 Ibidem, doc. nn. 72, 82, 92. 1 06

pp. 69-70.

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allargamento dell' alleanza, questa non sarebbe stata rinnovata 66• Komu­ ra, dunque, prima giudicò che fosse il caso di non opporsi ali ' iniziativa americana per un trattato d' arbitrato con l ' Inghilterra e alle conseguenze che ciò comportava per il Giappone, poi cercò di trarre profitto dalla situazione per ottenere un rinnovo deli ' alleanza che favorisse gli interes­ si giapponesi sul continente e si preoccupò che l ' alleanza non venisse sminuita dal trattato d' arbitrato con l 'America; in seguito fece pressione insieme a Katsura per un rinnovo anticipato dell' alleanza stessa, infine propose una bozza di trattato che garantiva il Giappone, se questo fosse attaccato da almeno due potenze e vi rinunciò, dopo che Grey ebbe dato le assicurazioni di cui abbiamo parlato sopra. Nel Pacifico, egli sembrava interessato unicamente al mantenimento della pace e dello status quo, secondo quanto scriveva Kato. Vale la pena di risalire ancora per un momento agli anni fra il 1 906 e il 1 907, quando Yamagata aveva sostenu­ to, ali ' epoca della stesura del primo «Piano per la Difesa N azionale», che le zone d ' interesse della politica giapponese erano anzitutto in Corea, poi in Manciuria, Mongolia e Siberia, infine nel Pacifico e nell ' America Centrale e Meridionale 67• Nei suoi memorandum non si era parlato di espansione nel senso politico-militare o di rivalità nel Pacifico con l 'A­ merica. È significativo inoltre che egli avesse eliminato l ' allusione a un possibile conflitto con gli Stati Uniti per le Filippine, che era invece presente nella bozza che Tanaka Giichi aveva preparato. Nello stesso periodo l 'anziano statista aveva sottolineato la necessi­ tà deli ' alleanza anglo-giapponese 68. Questo piano rifletteva a sua volta una situazione più profonda. Il Giappone aveva avuto chiuso il terreno del Pacifico alla sua espansione economica e demografica, dopo l 'occupazione delle Haw ai e delle Filippine da parte degli Stati

66 Ibidem, doc . nn. 75, 79 e ss. 67 A. IRIYE, op. cit., p. 1 46. Katsura aveva iniziato la sua carriera come protetto di Yamagata, e anche Komura apparteneva allo stesso gruppo. 68 P. LOWE, op . cit. , p. 30 nota. 1 07

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Uniti 69, mentre aveva bisogno di mercati d'esportazione per le sue merci, non ancora competitive con quelle europee. Per giunta nel 1 905 era iniziata la campagna contro gli immigrati giapponesi nella costa occidentale americana. Sembra che persino il governo americano, come abbiamo visto temesse per un momento un attacco nipponico contro l 'America centrale o la stessa federazione 70 . Ne era seguito da parte del gruppo dirigente giapponese, specie dopo la vittoria sulla Russia del 1 905 , un atteggiamento «continentale» 7 1 • Nel 1 908 72 Komura era tornato agli Esteri, con le finalità da un lato di orientare la politica nipponica in senso decisamente asiatico e, nello stesso tempo, di rinnovare prima del termine di scadenza l 'alleanza anglo­ giapponese. Nel 1 9 1 1 , quindi, è ragionevole pensare che, in armonia col memorandum del 1 906, egli, come Katsura e Yarnagata, continuasse a voler evitare uno scontro nel Pacifico. Nello stesso tempo è abbastan­ za logico che, dati i caratteri della politica di Taft, pensasse che non c ' era la possibilità di un reale conflitto con gli Stati Uniti e quindi non valeva la pena di porre ostacoli, che tra l ' altro Kato stimava del tutto inutili, al trattato tra l ' Inghilterra e l 'America 73. Verosimilmente le assicurazioni di Grey fecero capire a Komura che in casi di generici contrasti non sarebbe mancato l ' appoggio diplomatico inglese e che il Giappone non correva il rischio di trovarsi solo di fronte ad una coalizione in Cina. Sorge però il problema di sapere perché i giappo­ nesi fossero favorevoli ad un rinnovo anticipato dell' alleanza e perché

69 A. IRIYE, op. cit., pp. 50 e ss. 7° Cfr. il cap. IV della Parte Prima di questo libro. 7 1 Proprio nel corso della trattativa con l 'Inghilterra esaminata nel testo Kato lasciò cadere l ' affermazione che con l ' annessione della Corea, il Giappone aveva perso interesse per l ' emigrazione nei paesi del Pacifico. 72 A. IRIYE, op. cit., pp. 92 e ss. e P. LOWE, op. cit. , p. 36 nota. 73 NGB , XLIV/ l , doc. n. 82. 1 08

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temessero di trovarsi di fronte a una coalizione ostile 74. Forse Yamagata temeva ancora un ritorno offensivo dei russi, ma è assai probabile un 'altra ipotesi. Nel 1 9 1 1 era ormai evidente che l 'Impero cinese sarebbe presto crollato. Esistono molti spunti per pensare che il Giappone non avrebbe tol­ lerato quest'operazione senza compensi e quindi aveva bisogno di tut­ te le sue risorse diplomatiche, particolarmente l ' alleato inglese, per fronteggiare la situazione 75. La Gran Bretagna, inoltre, si trovava nel­ le stesse condizioni per quanto riguardava il controllo della situazione in Cina, quando fossero caduti i Qing. Per l ' appunto colà era forse prevedibile che le potenze «sature», Stati Uniti, Germania, Gran Bre­ tagna, anche se, come si vedrà, per quest'ultima il discorso cambia, impedissero alla potenza nipponica di partecipare al bottino, dopo il collasso del grande Impero malato 76• Rinnovando l ' alleanza con l ' In­ ghilterra in anticipo, Komura veniva a creare uno spazio di dieci anni, nel quale avrebbe potuto, forte dal punto di vista diplomatico, lavora­ re, sia pure con la cautela tipica dei dirigenti nipponici dell 'epoca, per il proprio consolidamento nel continente. È del resto interessante che i diplomatici inglesi in servizio a Tokyo prendessero posizione decisa­ mente nel marzo del 1 9 1 1 contro il rinnovo dell' alleanza, perché 77 in questo modo si coprivano le spalle ad eventuali operazioni espansioni­ stiche del Giappone in Cina, e perché, se non si fosse rinnovato il trattato, la Gran Bretagna - pensava l ' acuto consigliere Horace Rum­ bold 78 - nel 1 9 1 5 avrebbe avuto la possibilità di minacciare di lascia-

74 La nostra impressione è che le preoccupazioni a sfondo razziale anche, e i timori che già dal biennio 1 906-7 si sentivano, vadano forse visti sullo sfondo della questione, ma che nel caso specifico non ci siano puntuali collegamenti . 75 G.M. FRITERS, op. cit. , p. 2 1 9. 76 Cfr. anche A. J. P. TAYLOR, L' Europa della Grandi Potenze, Bari, Laterza, 1 97 1 , p. 636. 77 P. LOWE, op. cit. , pp. 23-4. 78 Ibidem, pp. 40-2. 1 09

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re cadere l ' alleanza, qualora la politica giapponese fosse stata perico­ losa per i suoi interessi. Né si può negare che il governo di Tokyo temesse che la Cina stessa sfruttasse l ' amicizia con qualche altra po­ tenza contro il Giappone in Manciuria 79. In sostanza, quindi, bisogna pensare che le proposte di Carnegie e Taft a Grey non danneggiassero affatto il Giappone che non correva reali pericoli al momento, in Man­ ciuria e nel Pacifico, né che ne indebolissero la posizione diplomatica, bensì che, in qualche modo, fornissero l 'occasione per acquisire una solida base in vista di possibili eventi futuri. Se, però, Taft non aveva, come abbiamo visto, la forza reale di imporre agli altri paesi la sua politica e il Giappone finì per sfruttare un 'occasione che, in fin dei conti, gli fu offerta, bisogna ben pensare che il centro non soltanto materiale, ma anche logico dell 'intera questione e del rinnovo dell' al­ leanza, fosse il Ministero degli Esteri britannico e che, quindi, l ' episo­ dio vada situato nel contesto generale della politica di Grey. Come si è visto, l ' alleanza fu conclusa nel luglio del l 9 1 1 e il grosso delle tratta­ tive si svolse nei primi mesi dello stesso anno. In sostanza tutto ciò si svolse nel periodo tra la conferenza di Potsdam e la crisi di Agadir 80 , vale a dire nel periodo in cui l 'ostilità anglo-tedesca andò maturando­ si e ingigantendosi come mai prima. Il celebre discorso di sfida che Lloyd George tenne alla Manshion House fu praticamente contempo­ raneo alla firma del rinnovo dell' alleanza. In effetti alla conferenza imperiale del maggio 1 9 1 1 , il Ministro degli Esteri britannico 8 1 so­ stenne che il valore dell ' alleanza col Giappone consisteva principal­ mente in esigenze di difesa e nel fatto che essa rendeva possibile tra­ sferire nel fronte occidentale le navi britanniche di servizio in Estremo Oriente.

op. cit. , pp. 200, 206. Cfr. A. DENNIS , op. cit. , pp. 34-5 . 81 NGB , XLIV/ l , doc. nn. 95-6; P. LOWE, pp. 1 8, 46.

79 A. I RIYE , 8°

I lO

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Dal canto suo, lo storico americano Alfred Dennis 82 ha sostenuto che la nuova linea assunta dalla politica estera russa, in particolare durante la conferenza di Potsdam, in cui si parlò della limitazione e del reciproco rispetto delle zone d ' influenza russa e tedesca in Medio Oriente, fece temere a Londra un ritorno offensivo di Pietroburgo in Estremo Oriente e che, quindi, la Gran Bretagna accogliesse volentieri l 'occasione offerta dalla proposta americana, per prorogare i termini del trattato col Giappone. Per quanto questa spiegazione possa sembrare plausibile e, comun­ que si accordi con l ' opinione di chi pensa che il terzo rinnovo dell 'al­ leanza fosse in funzione anti-russa, vorrei osservare che la posizione britannica, come quella giapponese, erano già chiare nel settembre 1 9 1 0, quando la politica di Pietroburgo non destava preoccupazione. In quel momento Grey era favorevole al trattato d 'arbitrato con gli Stati Uniti e non capiva perché i giapponesi avrebbero dovuto rifiutare di adattarsi alle nuove condizioni. Dal canto suo, Komura pensava che la cosa migliore da farsi fosse la modifica dell' alleanza. La situazione in Europa e in Cina era già tale da giustificare questi punti di vista. Al massimo si potrebbe osservare che forse la conferenza di Potsdam accelerò i tempi e può darsi che Katsura, come anche Grey, affrettas­ sero le trattative sotto l ' influenza della stessa e temessero, ciascuno per conto suo, un ritorno offensivo della Russia. Nel complesso, peral­ tro, la preoccupazione principale del Foreign Office era la Germania. Il trattato d 'arbitrato con gli Stati Uniti e il rinnovo dell ' alleanza col Giappone avevano l 'evidente funzione di poter spostare navi da guerra in Europa. Per quanto l ' opinione pubblica britannica fosse orientata sfavorevolmente al Giappone e per quanto i commercianti britannici che lavoravano in Estremo Oriente e varie autorità coloniali fossero ostili al Giappone 8 3, l ' atteggiamento del Ministero degli Esteri e, in minor misura, dell ' ammiragliato e del War Office 84 era per il rinnovo. 82 A. DENNIS , op. cit. , p p . 32-3 . 83 P. LOWE, op. cit. , pp. 1 8 e ss. 84 Ibidem, pp. 2 e ss. 111

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Grey lasciò che cadessero le clausole sulla Corea e sull ' India, per sod­ disfare l ' opinione pubblica, ma era intimamente convinto dei diritti della Manduria che i giapponesi avevano acquistato con la guerra del 1 904- 1 905 85. Come conseguenza riteneva soltanto eccessiva la poli ti­ ca di veto che negli anni 1 909- 1 1 , il Giappone aveva seguito nei ri­ guardi degli investimenti ferroviari anglo-americani 86. Egli stesso si trovava dunque a dover scegliere tra due differenti opposte alternative, o assecondare l ' opinione pubblica britannica e dare impulso alla poli­ tica della «porta aperta», britannica oltre che americana, e compro­ mettere forse l ' alleanza col Giappone; oppure sostenere l ' alleato nella sua politica di espansione, danneggiando i rapporti con gli Stati Uniti e la posizione interna del governo rispetto all ' opinione pubblica. Con ogni probabilità lo statista inglese scelse la via intermedia, approfit­ tando dell 'occasione offerta dali ' invito americano. Egli soddisfece l ' opinione pubblica eliminando la clausola secondo cui l ' alleanza pro­ teggeva il diritto a compiere operazioni ai confini della Corea, dietro la quale alcuni vedevano l 'accondiscendere ad un ' annessione della Manduria simile a quella della Corea 8 7• Nello stesso tempo, non vol­ le mettere per iscritto la propria interpretazione per gli stessi motivi. Tuttavia raggiunse un buon numero di altri scopi : in primo luogo il rinnovo dell ' alleanza gli consentì, lo ripetiamo, di spostare navi da guerra in Occidente; in secondo luogo, il miglioramento dei rapporti con gli Stati Uniti gli permise di rafforzare ulteriormente la propria posizione in Europa. In effetti la storia del miglioramento dei rapporti anglo-americani, dal 1 895 in poi, è, sotto un certo profilo cronologi­ co, quello del peggioramento dei rapporti anglo-tedeschi. Infine il nuovo trattato d' alleanza non danneggiava il Giappone. Questo infatti veniva unicamente a trovarsi esposto ad un attacco da parte di una 85 Ibidem, 86 Ibidem,

pp. 22 e ss. pp.

Manchurian . , cit.

22.

Cfr. E.

EDWARDS ,

Great Britain

and

the

. .

87 NGB , XLIV/l , doc. cit., p. 46. 1 12

nn.

97-8 ; BD, VIII, doc.

n.

428 ; P. LOWE, op.

PARTE SECONDA: ATTRAVERSO IL TORNANTE DEL 1 9 1 1

potenza e di un governo, che, allora, non era né preparata né portata a ricorrere alla guerra. Sul piano diplomatico le cose, per espressa affer­ mazione di Grey, restavano al punto di prima e l ' intesa anglo­ giapponese non si modificava. In compenso il Giappone montava la guardia all ' Impero britannico e copriva le spalle al proprio espansioni­ smo in Cina. Quest' ultimo era stato espressamente approvato dal ma­ resciallo Kitchener già nel 1 909 88, e sebbene visto con sospetto ed ostilità in vari ambienti, era considerato con una certa indifferenza dal Foreign Office. Posto che esisteva una tendenza anti-giapponese a Washington, il Ministro britannico dovette dar l ' impressione di conce­ derle qualcosa accettando la modifica del trattato d ' alleanza e nello stesso tempo la aggirò evitando di affidare a documenti ufficiali la propria interpretazione dello stesso 89. Di fatto gli Stati Uniti non ave­ vano ancora né la forza né la volontà di sfidare l 'equilibrio di potenza nel Pacifico o in Asia orientale, ciò che rendeva innocuo il gioco bri­ tannico, mentre il Giappone, al riparo del trattato, poté continuare la sua penetrazione sul continente, finché il rifiuto inglese di rinnovare l ' alleanza nel 1921 e, conseguentemente, il fronte delle potenze alla conferenza di Washington del 1 922, non bloccarono i suoi progetti. c) Il significato strategico Il 5 aprile 1 9 1 1 il governo giapponese stilò un doc1.1mento nel quale affermava che l 'alleanza con la Gran Bretagna era la «spina dorsale» oppure il «midollo», della politica estera dell'Impero 90 . La storia del trattato attraversava oramai, però, un momento critico. Inoltre sebbene

88 BD, VIII, doc. n . 37 1 . 8 9 Anche Kato insistette con Komura, il quale aveva qualche preoccupazione sull ' atteggiamento della Gran Bretagna, che Londra aveva ancora molto interesse per il legame con il Giappone (NGB , XLIV/l , doc . nn. 77, 8 1 ) ed abbiamo già visto che correttamente attribuiva tutto questo a ragioni di politica navale. 90 NGB, XLIII/l , doc. n. 1 3 . 113

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dal punto di vista britannico questo tema sia stato accuratamente studiato, da quello giapponese esso presenta alcuni problemi ancor oggi non del tutto risolti. Abbiamo visto nei capitoli precedenti come il quadro internazionale si fosse profondamente modificato negli anni fra il 1 906 e il 1 9 1 0. La rivalità fra Giappone e Stati Uniti, i nuovi aspetti della politica britan­ nica, la rivalità anglo-germanica con le sue conseguenze in Asia Orientale, il riavvicinamento fra l ' Inghilterra e la Russia e fra quest'ul­ tima e il Giappone, tutto contribuiva a modificare in profondità il pano­ rama internazionale rispetto al 1 902, quando Tokyo e Londra avevano stretto la prima alleanza con l ' intenzione di frenare l 'espansione russa in Cina e indurre il governo dello Zar a ritirare le sue truppe che ancora stazionavano in Manciuria dopo l' «incidente» dei Boxers. Abbiamo visto che il particolare di maggior risalto nel trattato firmato il 1 3 luglio 1 9 1 1 era la statuizione che se una delle parti contraenti avesse concluso con un ' altra potenza un trattato generale d ' arbitrato, essa non sarebbe stata obbligata a offrire aiuto militare al suo alleato in caso di guerra fra quest'ultimo e l ' altro firmatario. Abbiamo anche notato che diversi autori considerano la Russia pur sempre come il nemico ipotetico contro il quale l 'alleanza era stata rinnovata. Va tuttavia ricordato che già nel 1 907 il genro e Residente Generale in Corea, Ito Hirobumi aveva insistito che il trattato con la Gran Bretagna era diventato inutile a causa del miglioramento in corso nei rapporti con Pietroburgo. Il suo oramai molto più influente collega, Yamagata Aritomo, era, come abbiamo osservato, un vigoro­ so paladino dell ' intesa con la Russia e nel 1 907 anche l ' Esercito giudicava oramai inutile e poco conveniente il legame col Regno Unito se paragonato alla prospettiva di stringere migliori rapporti col governo di Nicola Il. Va naturalmente osservato che, malgrado le intese del 1 907 e del 1 9 10, nel 1 9 1 1 il Giappone ancora pensava a possibili contrasti con la Russia. In quel periodo l ' esercito stava chiedendo due nuove divisioni da inviare sul continente e si era avuto sentore a Tokyo che il Ministro 1 14

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russo delle Finanze Kokovtsov progettava un accordo con l ' America in funzione antigiapponese, proprio mentre una serie di attriti con la Cina relativi al confine sino--coreano stava prendendo forma 9 1 . Anche l ' atteggiamento di Pietroburgo verso la Mongolia destava allarmi e preoccupazioni fra gli osservatori internazionali 92• L' importanza di tali fattori non va probabilmente esagerata. I militari erano portati a dare enfasi eccessiva ai pericoli corsi dagli interessi giapponesi sul continente, perché l 'Esercito intendeva contra­ stare la concorrenza della Marina nell ' ambito della distribuzione fra i due servizi delle rispettive quote del bilancio militare dello stato, che rischiava di essere tagliato dal governo, mentre l 'eventualità di una combinazione fra America e Russia perse ogni credibilità dopo l ' inizio della controversia delle ferrovie mancesi 93 . Il sospetto verso il potente vicino continuò anche in seguito a mani­ festarsi, ma durante la rivoluzione cinese, nel l 9 1 1 e nel gennaio 1 9 1 2, sia il Ministero degli Esteri che il genro Yamagata indussero il governo a mantenersi vicini alla Russia, mentre i problemi e i malintesi che affioravano, furono agevolmente sistemati per via diplomatica 94. Queste osservazioni non suggeriscono tuttavia in nessun modo che l ' America fosse davvero il principale o l ' unico nemico preso in considerazione dalla terza alleanza.

9 1 KITAOKA SHINICHI, Nihon Rikugun . . , cit. , pp. 67-8 ; MORYAMA SHIGENORI, art. cit. , pp. 88 e ss. Cfr. E. M. Zabriskie, American - Russian Rivalry in the Far East, Philadephia, University of Pennsylvania Press, 1 946, pp. 1 49, 1 54. .

92 G. M. FRITERS, Outer Mongolia and its lnternational Position, Baltimore, 1 950, pp. 2 1 7-9. 93 Cfr. , per esempio, B ANNO JUNJI, Taisho Seihen, 1 900 Nen Taisei no Hokai (La crisi Politica Taisho. Lo sfacelo del sistema politico del 1 900), Kyoto, Minerba S hob o , 1 982. 94 Su questo punto v. il seguente capitolo; cfr. NAKAMI TATSUO, A Protest against the Concept of the «Middle Kingdom» : The Mongols and the 1 911 Revolution, in ETO SINKI-CHI e H. Z. SCHIFFRIN (ed.), The 1 911 Revolution in China, Tokyo, University of Tokyo Press, 1 984, pp. 1 29-49. 115

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Abbiamo visto che il Piano per la Difesa Nazionale approvato nel 1 907 non comprendeva l 'ipotesi che la Gran Bretagna combattesse dalla parte del Giappone in una possibile guerra con gli Stati Uniti e che questo fatto era stato dato per scontato da Komura nel 1 9 1 0. È stato sostenuto anche che i giapponesi avevano permesso che il trattato venisse modificato perché, malgrado tutto, nella sua nuova forma esso non introduceva elementi nuovi e non modificava praticamente nulla rispetto a quello precedente, per essere in sostanza niente altro che un'alleanza «di segreteria» 95 e in effetti essi non avevano tentato di resistere seriamente alla proposta inglese di inserire nel nuovo testo la clausola sull 'arbitrato. Ne consegue che ancor prima dell' inizio delle trattative nel settembre del 1 9 1 0, l ' importanza attribuita da Tokyo all ' alleanza non riguarda­ va concrete possibilità di guerra contro l ' America oppure la Russia. Per chiarire questa apparente incongruenza due spiegazioni sono state date. Secondo una di esse ciò che i giapponesi desideravano era conservare un potente punto di appoggio nell 'ambito delle intricate questioni cinesi, sicché per motivi molto più politici che militari, il patto con Londra manteneva tutto il suo peso 96. Secondo l 'altra, il Giappone era timoroso della Germania, mentre l ' alleanza anglo­ giapponese si stava adattando alle ondate della politica europea, subendo in particolare l ' influenza della gara negli armamenti navali fra l 'Inghilterra e la Germania, la quale raggiungendo un momento culminante nel 1 907, e continuando in seguito, giunse a costituire una delle premesse della Prima Guerra Mondiale 97•

95 Quest' interpretazione è mantenuta da l. NISH, Alliance in Decline . . . cit., pp. 73--4. 96 Cfr. MURASHIMA SHIGERU, Daisanji Nichi-Ei Domei , cit., pp. 75-92. 97 Per una concisa e aggiornata disamina di quest' ultimo punto, D. W. SWEET, Great Britain and Germany, 1 905-11 , in F. H. HINSLEY (ed.), British Foreign Policy. , cit. , pp. 2 1 6-35 . . . .

. .

1 16

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Critiche fondate sono però state mosse anche contro tale visione. Non ci sarebbero prove valide che l 'Inghilterra attribuisse significato antitedesco al trattato col Giappone, anche se esso le consentì di concentrare la sua flotta nel Mare del Nord, ritirando le sue navi anche dall'Estremo Oriente, ove in ogni caso il Giappone avrebbe montato la guardia ai suoi interessi 98• E inoltre non è chiaro per quale ragione il Giappone avrebbe dovuto temere un conflitto con la Germania, che aveva in effetti nelle acque della Cina una squadra navale seconda soltanto alla Gran Bretagna oppure al Giappone stesso, ma non disponeva di una catena di basi navali tali da permettere il transito di una grossa flotta sino all 'Asia Orientale 99. Solo per questa ragione una stretta neutralità anglo-francese sarebbe bastata da sola a condan­ nare il Reich alla sconfitta in caso di guerra col Giappone e quindi noi possiamo concludere che la Germania costituisse per il Sol Levante un pericolo in fin dei conti molto limitato. Per riassumere, oltre quindici anni or sono, uno studio molto autore­ vole, nel cercare di discutere il nostro argomento, osservava che rag­ giungere una conclusione era reso difficile dalla mancanza di materiali che permettessero di raggiungere il fondo dei pensieri degli uomini di stato nipponici, mentre a ragione insisteva sul fatto che i documenti di­ plomatici pubblicati, da soli, non bastavano a risolvere il problema 100 . Nel corso delle pagine che seguono, cercherò di discutere di nuovo la materia, facendo uso di alcune fonti giapponesi rese disponibili o studiate negli anni seguenti e leggendo nello stesso tempo sulla loro base il materiale già conosciuto. Come si è già detto, i negoziati procedettero speditamente e i giapponesi non fecero nulla di impegnativo per ostacolare la politica britannica. Soltanto meno di un mese prima della firma finale venne

98 I. NISH, Alliance in Decline , cit., p. 7 1 . 99 NOMURA OTOJIRÒ, Nihon Gaiko Seijishi no Kenkyu (Ricerche di sto­ . . .

ria politica e diplomatica del Giappone), Tokyo, Tosui Shobo, 1 982, pp. 7-8 . 1 00 I. NISH, Alliance in Decline , cit., p. 73. . . .

1 17

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operato un tentativo per arginare le modifiche che si prevedevano. Il Ministero degli Esteri giapponese cercò di ottenere l ' inserimento di un articolo (il V), che stabiliva: «resta inteso che nulla in questo accordo comporterà per tale parte contraente l 'obbligo di scendere in guerra con la potenza con la quale tale trattato di arbitrato è in vigore a meno che questa terza potenza non sia seguita in guerra da una o più potenze contro l 'altra parte contraente» 1 01 . Dopo una breve serie di colloqui a Londra tra l ' ambasciatore giapponese e il Ministro degli Esteri britannico, il governo di Tokyo decise il 30 giugno di lasciar cadere la clausola sopra ricordata, ma Komura propose uno scambio di memo­ randum, i quali, con alcune aggiunte, avevano lo stesso contenuto. Una di queste ci sembra degna di essere riportata, poiché diceva: «nel caso in cui una terza potenza, la quale non abbia in vigore un Trattato Generale di Arbitrato con uno degli alleati, dovesse pensare di unirsi ad una potenza, la quale [invece] avesse un trattato di questo tipo, in guerra contro l ' altro alleato, sarebbe necessario per l ' alleato che avesse tale trattato prevenire tale coalizione, al punto di esaurire tutti i suoi maggiori sforzi, e al punto di usare le sue forze navali» 1 02 . Komura dunque riteneva possibile che si formasse una coalizione ostile, della quale non poteva escludere che un paese legato ali 'Inghil­ terra da un trattato d' arbitrato sarebbe potuto entrare a far parte. Anche se le sue proposte furono respinte da Londra, l ' episodio ci permette di capire che il governo di Tokyo era preoccupato dalla forza navale della coalizione che prevedeva di poter fronteggiare, mentre il desiderio di ottenere una garanzia scritta dalla Gran Bretagna ci fa comprendere che il rischio doveva essere sentito come reale. Questa conclusione sembra rafforzata dalla documentazione recentemente utilizzata e resa disponibile. Solo nel 1 980 il diario di Takarabe Takeshi, ali ' epoca viceministro della Marina giapponese, fu reso consultabile presso la Biblioteca della Dieta a Tokyo e mostrò subito 1 0 1 NGB, XLIV, doc. n. 94 1 02 Ibidem, doc. n. 98, Betsuden . 118

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di essere una fonte di grande importanza per la storia politica del tardo periodo Meiji, anche da prima della sua tuttora parziale pubblicazione. Esso contiene due punti che riguardano la terza alleanza anglo­ giapponese. Il primo, in data 30 luglio, cioè il giorno dopo la riunione del gabinetto e del ricordato memorandum di Komura, suona: « . . . La pioggia cadde tutto il giorno e a sera si fece molto più forte. Mi viene mostrata dal Ministro la proposta di revisione dell ' alleanza anglo-giapponese (a dire la verità ci siamo poi consultati a vicenda). Il nostro governo è stato d ' accordo nell ' ultima riunione di ieri di cancellare una clausola che diceva "tuttavia se un terzo appoggiasse i nemici di uno dei contraenti, l ' altro paese contraente dovrebbe venire in suo aiuto", dicendo che era inutile per il caso in cui uno dei paesi contraenti questa alleanza avesse fatto la guerra con un paese che aveva un trattato generale d' arbitrato con l 'altro. Penso che sia un grande disastro. L'ho detto prontamente al Ministro stesso» 103• Il diario ci dice anche che il rinnovo dell' alleanza fu esaminato il quindici luglio in una riunione di alti ufficiali della Marina 1 04, alla quale, fra l 'altro, lo stesso Takarabe e il Capo di Stato Maggiore, ljuin Goro presero parte, subito dopo la firma e la ratifica. Essi dovevano occuparsi della pubblicazione del testo, ma il Capo dell' Ufficio

103 BANNO JUNJI, HIROSE YASUAKI, MASUDA TOMOKO, WATANA­ BE YASUO (ed.) Takarabe Takeshi Nikki. Kaigun Shikan fidai (Il diario di Takarabe Takeshi. Il periodo del Viceministero della Marina), vol. I, Tokyo, Yamakawa Shuppansha, 1 983, pp. 232-3 . La data della riunione del Gabinetto è confermata in Kokkai Toshokan, Kensei Shiryòshitsu, Saitò Makoto Monjo, Nikki, vol. 44, 30 giugno 1 9 1 1 , con la precisazione che fu tenuta alle 9 del mattino. Sembra del tutto naturale che le istruzioni ad essa successive fossero inviate subito dopo, e che quindi Komura avesse indotto il governo, che pure aveva accettato di lasciare cadere la modifica prima desiderata, a condividere le sue apprensioni, le quali sostanzialmente coincidevano con quelle che il giorno dopo Takarabe esternò a Saito. 104 Ibidem, p. 236. 1 19

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Educazione, Sakamoto Toshiazu osservò che era stato fatto il primo passo per arrivare a privare in futuro l ' accordo di tutto il suo valore. In altre parole il diario di Takarabe conferma che le preoccupazioni di natura strategica dovute ali ' attesa modifica del trattato erano collegate con le questioni navali, e in questa maniera getta luce sull 'espressione «al punto di usare le sue forze navali», usata nel memorandum. Esso suggerisce peraltro che l 'eventualità di dovere affrontare una coalizione ostile, senza copertura militare inglese, preoccupava il viceministro ed altri esponenti della Marina. È lecito tuttavia chiedersi quale genere di coalizione essi avessero in mente. Su questo non abbiamo una risposta diretta. La fiducia nell ' Inghilterra non sembra in nessun modo che si fosse perduta. Durante la seconda metà del 1 9 1 1 , nella prima fase della rivoluzione cinese, il Capo dell'Ufficio Affari Militari, Tochiuchi Kaijiro, il quindici novembre, stese un altro memorandum relativo all ' atteggia­ mento che ciascuna potenza interessata stava assumendo, oppure che egli prevedeva avrebbe preso nelle faccende cinesi, concludendo che mentre si aspettava che l ' America avrebbe assunto una posizione contraria a quella del Giappone, non c ' era da aspettarsi che l 'Inghil­ terra avrebbe appoggiato i possibili avversari di Tokyo 1 05 • Viene spontaneo ricordare a questo punto che al momento di consegnare il memorandum di giugno al Foreign 0./fice, Komura aveva incaricato l ' ambasciatore a Londra di spiegare agli inglesi che il Giappone doveva tener conto del caso che la Gran Bretagna concludesse trattati generali d' arbitrato con paesi diversi dall ' America 1 06 . È naturalmente possibile vedere nelle sue parole la tradizionale astuzia del diplomati­ co, ma sembra affiorare di nuovo il problema di nemici ipotetici diversi dali ' America.

1 05 H ATANO MASARU, Shingai Kakumei to Nihon Kaigun no Taio (La Rivoluzione Cinese e l ' atteggiamento della Marina giapponese), , 1 986, vol. 2 1 , n. 4, p. 14. 1 06 NGB , XLIII, p. 369. 1 20

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Probabilmente una ulteriore riflessione è utile. A parte il diario di Takarabe, abbiamo anche visto nei capitoli precedenti che per il Piano del 1 907 l 'America era soltanto un nemico apparente contro il quale non erano previsti conflitti effettivi, mentre la preoccupazione degli ammiragli era piuttosto la Germania ed è molto interessante che il timore che l 'Impero tedesco potesse impadronirsi di nuove basi, fuori dell' Europa e ali ' interno delle rispettive aree di interessi, costituisse fra parentesi forse la maggiore preoccupazione non solo della Marina giapponese, ma anche di quella americana 1 07 . Per tutto l ' arco di tempo fra il 1 906 e il 1 9 1 1 il solo vero nemico ipotetico per Tokyo restava la Cina, la quale stava reclamando i suoi diritti nazionali sotto gli ultimi Qing ed era troppo debole per sfidare direttamente il Giappone, ma sarebbe potuta diventare pericolosa se sostenuta da altre potenze interessate a contenere l ' influenza del Sol Levante sul continente asiatico. Siamo portati a pensare perciò che ogni concreto rischio di guerra non avrebbe potuto venire se non da Pekino e che nel 1 9 1 1 sia l 'America che la Germania, ma soprattutto la seconda, fossero visualizzate come il fulcro di una eventuale coalizione antigiapponese. La diplomazia di Tokyo aveva preso atto dei negoziati tenuti in questo senso nel 1 907 1 08 ; la Germania si era schierata con gli Usa e la Cina all 'epoca della controversia sulle ferrovie mancesi; ali ' indo­ mani del trattato con la Russia del 1 9 1 O, Washington e Berlino vennero indicate nella corrispondenza del Gaimusho come due punti d ' appoggio che si offrivano alla Cina nel suo antagonismo con il Giappone 1 09 . Perciò è logico che nel 1 9 1 1 il governo giapponese pensasse ancora ali ' alleanza inglese come a uno strumento contro

1 07 Cfr. J. H. MAURER, American Naval Concentration and the German Battle Fleet, cit. , specialmente pp. 1 55-9. 1 08 R. A. ESTHU S op. cit. , pp. 26 1 -2. 1 09 TANAKA NAOKICHI, op. cit. , pp. 328-29; GP, XXXII, doc. nn. 1 1 668-9, pp. 65-8, 70-1 . ,

121

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questo possibile schieramento e cercasse di ottenere le garanzie di cui abbiamo parlato sopra. D ' altro canto abbiamo già visto che dal 1 907 l' oligarca Ito e il Ministro degli Esteri Hayashi avevano, con diversa intensità, segnala­ to nella Germania la grande potenza europea più pericolosa per l 'Impero, mentre proprio il secondo, allo scopo di arginare il rischio, aveva parlato di consolidare il legame con Londra. C ' è perciò una continuità diretta fra la sostanziale concordanza nelle posizioni del Gaimush o e della Marina allora e l ' analogia fra l ' atteggiamento di Komura e di Takarabe quattro anni dopo. Una conclusione di ampia portata potrebbe essere che la rivalità anglo-germanica indusse Tokyo a rafforzare l ' immagine della Germa­ nia come nemico ipotetico, proprio quando il suo avvicinamento a Parigi ed a Pietroburgo spingeva Berlino a contrastarla in Cina; e che, in questo modo, sul versante giapponese, l ' alleanza con la Gran Bretagna prendesse una coloritura antitedesca. Essa perciò continuò ad aver valore nella strategia globale del Giappone, pur servendo poco nell' ambito dei rapporti con la Russia e gli Stati Uniti. Tutto ciò suggerisce ragioni più profonde di quelle normalmente invocate anche per l 'entrata del Sol Levante nella Prima Guerra Mondiale. Abbiamo appena parlato delle preoccupazioni nei riguardi di Berlino sentite tanto nel Ministero degli Esteri quanto nella Marina. Inoltre uno studio recente ha messo in chiaro che il gruppo che assunse la guida del Kaigunsh o dopo la caduta del governo Yamamoto nel 1 9 1 4 era più che mai attento a causa della forza della Germania nel Pacifico Occidentale ed in Estremo Oriente; ed è probabilmente per questa ragione che esso diede il benvenuto alla dichiarazione di guerra a Berlino in agosto, la quale a sua volta era giuridicamente basata sulla alleanza anglo-giapponese 1 1 0 . 1 1 0 HIRAMA Y OICHI, Daiichiji Seikai Daisen e no Sanka to Kaigun Sansen lshi Kettei o Megutte, (A proposito della decisione sull ' idea di entrare in guerra da parte della Marina e dell ' ingresso nella Prima Guerra Mondiale), , 1 986, 22/1 , pp. 27-37.

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Lasciando da parte i sentimenti dell ' anziano Primo Ministro Okuma Shigenubu, che ancora pensava ali ' «>, 1 980, vol. 14, pp. 1 45- 1 57; D.W. SWEET e T.B . LANGHÒ RNE, Great Britain and Russia, 1 907-14 , in F.H. HINSLEY, British Foreign Policy, cit. , pp. 237-42.

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stabilire guarnigioni e un ' amministrazione stabile cinese. I principi mongoli avevano chiesto aiuto al governo dello Zar, il quale, attraver­ so il comunicato, li invitava a raggiungere un compromesso con la Cina. Avendo anche ricevuto dalle due parti la richiesta di agire come arbitri, i russi proponevano altresì un accordo sulle tre rivendicazioni da cui era nata la rivolta. Secondo Motono essi non intendevano interferire negli affari cinesi, ma più semplicemente cercavano di favorire la nascita di un governo indipendente sui loro confini. La Russia avrebbe avuto interesse a buoni rapporti con esso, soprattutto perché lo sviluppo di disordini da solo avrebbe potuto danneggiare i suoi vasti interessi 1 2 . Qualche giorno dopo l ' ambasciatore rispondeva a Uchida di essere preoccupato che a seconda della linea secondo cui si sarebbe proceduto, nei russi potessero essere destati sospetti oppure la Cina fosse spinta a far nascere sfiducia verso il Giappone in altre potenze 1 3 . Il governo d i Tokyo, però, decise d i sorvolare sulle sue obiezioni e di dare esecuzione al piano del Ministro 1 4• Questi spiegò all ' amba­ sciatore che il comunicato parlava genericamente di «Mongolia» senza ulteriori specificazioni e quindi non si poteva escludere la possibilità, ed era questo che in effetti temeva, che la ragione dell ' indeterminatezza fosse «il desiderio di San Pietroburgo di esten­ dere a tutta la Mongolia l ' area con cui ha rapporti speciali». Era necessario aprire colloqui sulla faccenda. Uchida replicò a Motono ordinando di eseguire le istruzioni e avviare i negoziati, anche perché il Giappone aveva bisogno di un trattato sulla Mongolia Interna, in quanto si trattava di una regione confinante e ricca di rapporti con la Manciuria del Sud. Le trattative dovevano

1 2 NGB, XLIV-XLV, doc. n. 67 1 . 1 3 NGB , XLV, doc. n. 42. 1 4 Ibidem, doc . n. 43. Questo documento riporta il testo della decisione governativa del 1 6! 1 / 1 9 1 2. 131

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essere tenute segrete ed egli era sicuro che l ' accordo si sarebbe trovato. Inoltre quell 'area avrebbe potuto cadere in uno stato di disordine, ciò che rendeva più urgente agire, ed anche in caso di un fin de non récevoir russo, aver preso l ' iniziativa in quel momento, avrebbe potuto rivelarsi utile in avvenire. Motono ricevette una nota da consegnare ai russi nelle cui parole «Il governo imperiale ha letto con la massima attenzione il comunicato ufficiale sul problema mongolo che il governo russo ha reso pubblico l ' 1 1 del corrente mese. In questo comunicato ufficiale la parola «Mongolia» viene usata e non si aggiungono termini che indichino i suoi esatti limiti. Relativamente ai trattati in vigore sulle sfere di influenza della Russia e del Giappone in Manciuria e in Mongolia, il governo imperiale ritiene inevitabile che possa sorgere qualche ambiguità poiché la parola «Mongolia» usata nel comunicato di cui sopra ha un significato preciso. Allo scopo di rimuovere tali sospetti, crede di dover essere informato dei limiti attribuiti dal governo russo a tale espressione» 1 5 • Secondo il Gaimusho l 'atteggiamento russo implica­ va la violazione dell'art. 3 del trattato del 1 907 e Uchida trovava tutto questo «disgustoso» (kirai). Il 17 il Ministro tornò sul problema dell ' invio di truppe per difendere la ferrovia orientale cinese e sui diritti speciali del suo paese in Manciuria. Ancora una volta giudicava indispensabili i mezzi militari perché l ' armata rivoluzionaria cinese era entrata in contatto con le truppe giapponesi e tre navi da guerra avevano costeggiato il litorale mancese. Era sicuro che i repubblicani avessero un piano steso con la collaborazione dei gruppi rivoluzionari locali e ricordò ali 'am­ basciatore la posizione di Londra sul problema della difesa della ferrovia. Motono doveva chiedere la collaborazione della Russia e non

1 5 Ibidem, doc . 1 32

nn.

43-45 .

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dimenticare che il Giappone si assumeva lui il compito di difendere la 6 ferrovia 1 • Dal giorno seguente apparve chiaro che l ' intesa non avrebbe incontrato ostacoli molto gravi. Il sostituto del Ministro degli Esteri russo incontrò l 'ambasciatore giapponese e gli spiegò che il suo governo, usando il termine «Mongolia» nel comunicato dell' 1 1 gen­ naio aveva inteso la «Mongolia Esterna» e, su richiesta di Motono acconsentì a mettere per iscritto questa interpretazione. Fu anche d ' accordo che le due potenze dovessero procedere di concerto nelle questioni cinesi, aggiungendo che non gli piaceva il corso degli eventi nell 'Estremo Oriente, sia per ragioni finanziarie sia perché lo preoccu­ pava l ' andazzo in Europa. Si mostrò compiaciuto che l ' opinione pubblica russa avesse smesso di essere sospettosa verso il Giappone, dopo i trattati del 1 907 e del 1 9 1 0, e disse che secondo lui tutta la faccenda avrebbe potuto essere risolta pacificamente. Promise che si sarebbe in futuro discusso un patto sulla politica da decidere insieme in Manciuria e affermò che un trattato definitivo era anche da concludere. Motono ricavò l ' impressione che i russi fossero disposti ad accogliere il progetto di intesa, ma desideravano tener conto delle eventuali reazioni di altre potenze. « È del tutto impossibile» scrisse «sperare in anticipo nel loro riconoscimento e io credo che il nostro 16

Ibidem, doc. n. 46. Prima de1 1 6 gennaio, il contenuto delle istruzioni di Uchida era stato discusso dal governo giapponese il 12 e il 1 4 . Il 12 il Primo Ministro Saionji propose di soccorrere l ' armata rivoluzionaria, poiché la pubblica opinione disapprovava l ' inattività del governo, e i russi appoggiavano il movimento per l ' autonomia della Mongolia. Il Primo Ministro affermò che il Giappone doveva assumere un ruolo attivo nelle provincie esterne della Cina. Il Ministro della Marina Saito e il Ministro delle Finanze Matsuda furono d ' accordo con lui. Il 1 6, la decisione sopra richiamata fu presa dal gabinetto. Il Ministro del! ' Interno Hara, uno dei più influenti membri del governo, chiese che Motono evitasse di usare nei negoziati, le parole «soluzione radicale>>, poiché, aggiunse, «non è il momento di usare un'espressione che significa spartizione>>, HA R A KIICHIR O (ed.), Hara Kei Nikki, cit., vol. III, pp. 2 1 2-3 .

1 33

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alleato l 'Inghilterra probabilmente non lo accoglierà con piacere». Perciò manifestò anche la speranza che il Ministro avesse un piano per ottenere un «riconoscimento ex-post-facto» dalle potenze 1 7 • Il diciotto egli abbordò di nuovo l ' argomento sia col Primo Mini­ stro Kokovtsov che col Ministro degli Esteri Sazonov 1 8 . Il primo gli disse che il suo governo desiderava uno scambio di vedute sulle questioni cinesi, mentre non sarebbe stato difficile firmare un trattato sulla Manciuria e sulla Mongolia. Aggiunse, a titolo di opinione personale, che le due potenze dovessero agire insieme per realizzare le rispettive finalità ed escludere interferenze da parte di terzi, ma concluse di non poter dare una risposta vincolante perché il governo ancora non si era riunito e per giunta non conosceva il parere di Sazonov. Motono ne concluse abbastanza logicamente che se il Giappone avesse formulato una richiesta ufficiale, i russi l 'avrebbero accettata. Dal canto suo il Ministro degli Esteri dello Zar lo informò che la Russia rispettava i trattati del 1 907 e del 1 9 1 0 e che perciò nulla aveva da obiettare a che Tokyo difendesse con qualunque misura ritenesse necessaria i suoi interessi in Manciuria oppure le comunica­ zioni con Pekino. Chiese anche di essere informato, però, se Tokyo avesse inviato truppe o occupato il territorio delle ferrovie, in quanto temeva sfavorevoli reazioni da parte della sua opinione pubblica. Quanto al problema delle sfere di influenza nulla poteva dire, fino a quando l ' Imperatore e il governo non avessero preso in esame la cosa. Lo stesso giorno una nota scritta diede le spiegazioni richieste dal Giappone sul contenuto della parola «Mongolia» nel comunicato de li' 1 1 gennaio. Il 1 9 Motono incontrò di nuovo il Primo Ministro al palazzo imperiale e si sentì dire che aveva parlato con Sazonov e riteneva che si dovesse parlare anche di altri temi, che non specificò, allargando il discorso sulla Manciuria e la Mongolia. Motono, a

1 7 NGB , XLV, doc. n. 47. 1 8 Ibidem, doc. n . 48. 1 34

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questo punto, sollecitò istruzioni 1 9 e rispondendo al suo rapporto, Uchida accolse in pratica tutti i suggerimenti dell ' ambasciatore. Era felice della buona volontà dei russi, diede istruzioni di iniziare formalmente le conversazioni in nome del governo e chiarì che le trattative dovevano essere tenute strettamente segrete alla Francia e all ' Inghilterra, finché non giungesse il momento opportuno. Uchida, perciò, doveva tenere all 'alleanza con la Gran Bretagna, ma nello stesso tempo si aspettava l 'opposizione di Londra verso un_trattato, il quale creava nuove sfere di influenza nelle provincie «esterne» della Cina. Il parere di Motono gli aveva permesso di trovare una scappa­ toia per evitare di urtare gli inglesi. In sostanza sembra evidente che egli intendesse servirsi dei russi per contrastare i tentativi cinesi, più o meno sostenuti da altre potenze, di recuperare i loro diritti in Manciu­ ria. D 'altro canto tenere l ' Inghilterra all ' oscuro dei negoziati signifi­ cava che la «discrezione» raccomandata da Hayashi a Komura non bastava più, e che, dopo la morte di questo ultimo, l ' alleanza con la Gran Bretagna stava perdendo peso nella mente dei capi della diplo­ mazia giapponese. Con Ìe istruzioni 20 venne anche inviato uno schema sul quale impostare i negoziati. Questo suonava: « l ) Allo scopo di prolungare la linea di confine stabilita in base ali ' accordo annesso al trattato segreto tra la Russia e il Giappone del 30 luglio dell' anno 402 dell'era Meiji, la linea di confine andrà fino al punto di intersezione fra il fiume Kalha e il 1 222 meridiano di

1 9 Ibidem, doc. n. 52. 20 Ibidem, doc. n. 54. Il 2 marzo 1 907 Komura Jutaro, in quel momento ancora ambasciatore a Londra, aveva consigliato di tenere informato il Ministro degli Esteri inglese delle trattative da poco iniziate con la Russia. Il giorno seguente aveva ricevuto istruzioni di parlare «Con discrezione» del negoziato a Grey. V. NGB , XL/l , doc . n. 1 07, che contiene sia il telegramma di Komura, che un' annotazione al margine con data 3/3/1 907, la quale dava notizia della risposta di Hayashi Tadasu, il testo delle cui istruzioni non è riprodotto nel volume. 1 35

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Greenwich e procedendo da Ovest dopo questo punto lungo i fiumi Mushisha e Haldaitai fino alla linea divisoria fra i loro bacini . . . ; da questo punto e dalla linea di confine fra la regione del fiume Amur e la Mongolia Interna raggiungerà la linea di confine fra la Mongolia Esterna e la Mongolia Interna. 2) Posta la divisione della Mongolia Interna in due parti, una occidentale e una orientale, rispetto alla via carovaniera tra Urga e Kalgan, in base a tale linea divisoria il governo russo riconosce gli speciali interessi del Giappone nella Mongolia Interna Orientale, secondo la stessa linea divisoria. Le due parti contraenti non interver­ ranno dovunque possano danneggiare l ' una gli speciali interessi dell' altra. 3) Le due parti contraenti terranno questo trattato strettamente segreto». Il 24, su istruzioni di Uchida, Motono espresse di nuovo ai russi la gratitudine del Ministro per il loro amichevole atteggiamento sulla questione delle ferrovie e confermò che il Giappone intendeva inviare truppe in Manduria 2 1 . A questo punto riemerse la confluenza fra il problema della Mongolia e quello sollevato dalla rivoluzione cinese. Quando il 24 l ' ambasciatore giapponese consegnò a Sazonov il suo schema di trattato, lo statista russo osservò che un 'area neutrale avrebbe comun­ que dovuto essere lasciata fra le due regioni oggetto degli «speciali interessi», aggiungendo che era opportuno scambiare opinioni sugli eventi in Cina e risolvere una volta per tutte le questioni mancesi. Gli chiese infine cosa ne pensava di chiedere ulteriori concessioni al governo cinese in cambio del suo riconoscimento giuridico, ad esem­ pio il monopolio delle costruzioni ferroviarie nella Manciuria del Nord per la Russia e un 'estensione nel tempo del leasing sul Guan­ dong per il Giappone 22.

2 1 Ibidem, NGB , XLV, doc . 22 Ibidem, doc. n . 57. 1 36

nn.

55-6.

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Motono si disse d 'accordo sul primo punto, ma si riservò di consultare Tokyo in merito al secondo. A Uchida espresse peraltro l ' avviso che i russi desideravano realizzare i loro programmi con mezzi pacifici e sviluppavano la loro politica tradizionale cercando di approfittare delle difficoltà in Europa, che impedivano alle altre potenze di prestare troppa attenzione ali ' Asia Orientale. Il Gaimusho non accolse tuttavia l ' idea di Sazonov, in quanto contrastante il principio di trattare bilateralmente con Pietroburgo le questioni mon­ gole e mancesi, e, per quel che riguardava la Cina vera e propria, di agire di concerto con tutte le potenze interessate 23, tanto più in rapporto al problema di riconoscere il governo repubblicano. Al momento di ricevere questa risposta il Ministro russo, affermò che la Russia poteva ancora usare le armi per raggiungere i suoi fini, se la Cina avesse opposto un rifiuto, ma che sia il governo che l 'opinione pubblica preferivano metodi pacifici. Quando però Motono rispose che l ' unico modo per risolvere i problemi sul tappeto era, senza ricorrere ai mezzi militari, accettare il piano di Uchida, Sazonov tornò sull ' argomento per cui egli non aveva ancora una decisione del governo, mentre la maggior parte degli ambienti militari era contraria alla linea di confine proposta per le due aree di interessi in Mongo­ lia 24. Nel frattempo il cielo si era offuscato di nuovo: voci relative ai negoziati avevano raggiunto le capitali delle grandi potenze ed erano state commentate allarmisticamente sulla stampa. Alcuni giornali tedeschi avevano scritto che il Giappone aveva concentrato navi da guerra a Port Arthur e stava per inviare truppe in Cina, mentre il castello di Mukden, la capitale della Manduria, era stato già occupato. L' ambasciatore Sugimura faceva sapere da Berlino che la locale opinione pubblica si mostrava sospettosa nei riguardi del Giappone e pensava che questo agisse autonomamente e senza consultare le altre

2 3 Ibidem, doc . 24 Ibidem, doc.

n. n.

58. 59. 1 37

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potenze 25. Altre voci si levarono in America. Il 30 dicembre il «New York Times» scriveva che sicuramente un trattato tra la Russia e il Giappone esisteva, che entrambi cercavano di spartirsi la Cina del Nord e che i russi volevano annettersi la Manciuria settentrionale. Ancora in Germania la «Kolnische Zeitung» scriveva che l 'Inghilterra e il Giappone aiutavano il partito rivoluzionario, mentre il «New York Herald» riprendeva il tema: essi lo facevano per spezzare in due l ' unità politica della Cina, mentre soltanto la Germania e gli Stati Uniti praticavano una linea di non intervento e rispetto per la sovranità cinese 26. Queste prese di posizione furono seguite dall ' azio­ ne diplomatica. Il 3 1 gennaio, durante un ballo a corte, il Ministro provvisorio degli Esteri Zimmermann lasciò cadere il punto di vista personale, parlando con un consigliere dell ' ambasciata nipponica, che ogni intervento in Cina andava deciso collettivamente e che, anche se il Giappone aveva notevoli interessi «trova difficile approvare l ' idea di un ' azione autonoma». Il giorno dopo riferì a Sugimura che l ' amba­ sciatore americano a Berlino gli aveva detto che il Giappone agiva autonomamente e senza concerto con gli altri paesi interessati. Il 4 febbraio in un altro articolo sul «New York Times» si parlava della politica tedesca in Cina, aggiungendo che Tokyo e Pietroburgo avevano intenzione di allargare le loro sfere di influenza e di indeboli­ re il governo di Pekino. «La voce dell 'esistenza di un trattato segreto» stava correndo in giro. Il giornale insisteva che, per impedire un siffatto accordo, che contrastava col Protocollo dei Boxers del 1 90 l , Germania e Inghilterra s i dovevano coalizzare, mentre gli Stati Uniti avrebbero dovuto aggiungersi a loro 27. Lo stesso giorno il Diparti­ mento di Stato comunicò all ' ambasciatore Hanihara il testo di una nota inviata al governo tedesco in risposta ad un analogo documento di Berlino del 3 1 gennaio. Qùest' ultimo conteneva la richiesta di informazioni sull ' atteggiamento degli Stati Uniti nelle faccende cine25 NGB , XLIV-XLV, doc. n. 679. 26 Ibidem. 27 Ibidem, doc. n. 680. 138

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si. Washington aveva, dal canto suo, risposto che il governo america­ no aveva «scambiato punti di vista con tutte le potenze interessate» fra cui il Giappone, e, continuava: «da questi scambi è apparso chiaro che tutte le potenze interessate erano unite sulla saggezza di mantenere la politica di azione concertata nelle circostanze [attuali] », la quale «sarebbe e dovrebbe essere continuata per escludere sin dall ' inizio ogni possibile malinteso». Il Dipartimento di Stato si diceva certo che questa linea fosse «in pieno accordo con le vedute e l ' atteggiamento del governo giapponese» 28. Preoccupato da queste circostanze e dal fatto che il «New York Times» aveva anche pubblicato un intero rapporto dell ' ambasciatore americano a Berlino, Hanihara chiese udienza al Segretario di Stato 29. Il 12 Uchida riassunse per Yamaza la linea del governo: «Per quanto riguarda gli interessi comuni a noi ed alle potenze nella materia cinese, il governo imperiale segue la politica di agire insieme»; qualora però fossero stati minacciati gli «estremamente importanti» interessi in Manciuria, aggiungeva, «Se dovessimo prendere le misure necessarie per difenderli, l ' Impero non potrebbe che assumersi le sue responsabilità» 3 0 . Lo stesso giorno il Ministro formalmente rispose agli americani e informò l ' incaricato d ' affari russo Bronevski che aveva dato la sua approvazione al principio ribadito da loro sull ' azione da concertare in

28 Ibidem, doc . nn. 68 1-2; NGB , XLV, doc. n. 60. 29 NGB , XLIV-XLV, doc. n. 683. La Wilhelmstrasse era molto preoccupata per gli interessi tedeschi e temeva che il Giappone preparasse un intervento armato. In ogni caso sin dall ' indomani della rivoluzione si era tenuta in contatto col Dipartimento di Stato americano. L' idea della nota del 3 1 gennaio era stata di Knox, che ne aveva parlato col rappresentante tedesco a Washington, conte von Bemstorff. Guglielmo II aveva personalmente approvato l ' idea. In particolare la Germania era contraria a ulteriori divisioni della Cina e della Manduria in sfere d ' influenza. GP, XXXII, doc . nn. 1 1 806 ss., specialmente doc. n. 1 1 823. 3 0 NGB , XLIV-XLV, doc. n. 684. Le stesse istruzioni ricevette anche Sugimura a Berlino; NGB , XLIV-XLV, doc. n. 426. 1 39

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Cina 3 1 • Come abbiamo visto, però, lo spettro di una coalizione ostile era di nuovo apparso alla diplomazia di Tokyo. Il 16 Motono esprimeva al Ministro una serie di valutazioni : «secondo me, stavolta la Germania ha proposto un 'azione delle potenze, trascinando dietro di sé gli americani. Dopo tutto la Germania è in una posizione troppo debole e pericolosa a causa delle vicende europee, per estendere i suoi movimenti all 'Estremo Oriente. Inoltre essa teme che, se si muovesse, altre potenze possano ottenere con la forza certi diritti in Cina e perciò ha gli occhi fissi al momento in cui questo potrebbe avvenire. Essa e gli Stati Uniti hanno gli stessi interessi e sono molto attenti a prevenire l ' acquisizione di diritti da parte di altre potenze. Quando dichiarano il principio di tutelare interessi comuni, cercano in effetti di distruggere la libertà di movimento del Giappone e della Russia in Manduria. Non è difficile immaginare quindi che essi abbiano lo scopo segreto di danneggiare il mantenimento dei diritti speciali». Tutto ciò secondo lui ammoniva ad avviare subito una politica in comune con la Russia «per non consentire interferenze di altre potenze nei nostri diritti speciali e perché il diritto dei nostri paesi ad agire autonomamente in Manduria venga riconosciuto». Poiché i russi speravano di «condurre una politica del tutto in comune col Giappo­ ne», il passo americano suggeriva che le conversazioni venissero affrettate in modo da raggiungere un accordo che consolidasse le rispettive posizioni in Manduria e Mongolia 32. Il 20 il Ministro degli Esteri russo consegnò la sua controproposta ai giapponesi. Poiché i due avevano molte volte dichiarato che agiva­ no per proteggere la loro comune condizione, e considerati i problemi recentemente sorti in Cina, avevano poi cominciato a discutere delle sfere di influenza a scanso di ogni malinteso; in particolare tornò sulla questione della via carovaniera da Urga a Kalgan, che proseguiva sino a Pekino, e chiese di modificare la bozza giapponese di trattato, che la

3 1 NGB , XLIV-XLV, doc . n. 685; NGB , XLV, doc. n. 6 1 . 32 NGB , XLIV-XLV, doc. n . 689. 1 40

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considerava linea divisoria. L' ambasciatore giapponese ricevette un aide-de-mémoire, il quale riassumeva tutti questi punti. Dopo varie settimane di studio, Tokyo decise di cedere e il 20 aprile Motono re­ plicò a Sazonov con un memorandum che dava soddisfazione ai desi­ deri del governo di Pietroburgo, inserendo il riconoscimento del go­ verno giapponese che la strada da Pekino a Urga «appartiene alla sfera di influenza della Russia» 33. Un nuovo problema si presentò, il l 2 maggio, quando, dopo aver consegnato una nuova bozza di trattato a Motono, l ' uomo di stato vi aggiunse un memorandum, il rispetto del quale avrebbe probabilmente messo alla prova il rispetto di Uchida per la dottrina Hay 34. L' amba­ sciatore ne riassunse il contenuto con le parole seguenti : «Gli interessi nella Cina occidentale sui quali la Russia richiamò l ' attenzione del governo imperiale . . . anche durante le conversazioni del 1 907, sono divenuti in seguito più importanti. Come risultato dello scoppio dell ' incidente cinese, la Russia si è trovata nella impossibilità di esternare con chiarezza l ' intenzione di prendere le misure necessarie per proteggere quegli interessi. Il governo russo, allo scopo di evitare qualsiasi altro malinteso, crede che sarebbe opportuno che il governo giapponese stabilisse di essere tenuto a riconoscere in questo trattato gli interessi della Russia nella detta area» 35• Tokyo tuttavia, trovò impossibile soddisfare la richiesta. Il 5 il 33 NGB , XLV, doc . nn. 64-7 1 . Nello stabilire la linea di confine fra le due sfere di influenza, Tokyo acconsentì a lasciare su un versante della linea divisoria le due leghe occidentali e sull ' altro le quattro orientali dei Qan della Mongolia Interna. 34 Nelle sue carte Uchida mostra di condividere rigorosamente, per quel che riguarda la Cina vera e propria la dottrina della «porta aperta>>. IKEI MASARU (ed.), Uchida Kosai (d' ora in avanti Uchida . . . ), Tokyo, Kajima ShuppanKai, 1 969, p. 20 1 . Un brano di documento ivi riportato suona: . 35 NGB , XLV, doc . n. 72. 141

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Ministero si consultò e decise sia di riconoscere i diritti russi in quell ' area sia di chiedere a Pietroburgo di ritirare la sua richiesta. Le ragioni erano svariate. Anzitutto il trattato avrebbe dovuto essere fatto conoscere alla Gran Bretagna e alla Francia, e allora il governo imperiale avrebbe rischiato di incorrere nella disapprovazione dei suoi alleati. Inoltre esso avrebbe dovuto riguardare esclusivamente la Manciuria e la Mongolia. Se fosse stata inserita una clausola relativa ad altre aree, ciò avrebbe potuto generare l ' ostilità di altre potenze, e sarebbe stato naturale che il Giappone richiamasse l ' attenzione della Russia, per compensazione, sui diritti nel Fujian, già riconosciuti, aggiungiamo, dalla Francia nel 1 907. Non senza sforzo Motono riuscì ad ottenere che Sazonov ritirasse la proposta, e finalmente il testo definitivo del trattato fu stabilito 36. Dopo le ultime consultazioni, l ' accordo fu portato a conoscenza della Francia, della Gran Bretagna e della Cina. Uchida e il Capo dell' Ufficio per gli Affari Politici, Abe, incaricarono Yamaza di consegnare al Foreign Office anche una nota, nella quale veniva precisato che la nuova intesa aveva gli stessi scopi dell' alleanza anglo-giapponese. Né in questo documento né nella conversazione che il rappresentante nipponico ebbe con Grey, i giapponesi accennarono alla funzione che la rivoluzione cinese aveva avuto nel promuovere l ' alleanza con la Russia. Dal canto suo Grey rispose di non avere obiezioni al trattato, se esso non ledeva l ' integrità della Cina oppure il principio della «porta aperta» 37. 36 Ibidem, doc. nn. 73-9. La risposta giapponese sulla questione della Cina occidentale fu formalmente riassunta in un documento che Motono consegnò a Sazonov il 27 maggio. Esso spiegava che se la Russia avesse richiesto il riconoscimento dei suoi diritti in quell ' area e il Giappone nel Fuj ian e >; v. specialmente pp. 288-9. 1 54

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vo di giustificare con i problemi della difesa sul continente la creazione di due nuove divisioni, prevista dal Primo Piano per la Difesa Nazionale e che avrebbe dovuto essere effettuata dai successivi governi. I due punti di vista, oltre a non essere del tutto inconciliabili fra loro perché entrambi in favore del mantenimento dell 'alleanza inglese, rispecchiavano in ultima analisi la competizione fra l 'Esercito e la Marina per la destinazione delle quote del bilancio statale. Tuttavia essi finirono per portare ad uno scontro politico diretto, maturato definitivamente durante il secondo governo Saionji (in carica dal trenta agosto 1 9 l l al cinque dicembre del 1 9 1 2). Al momento di formare il gabinetto 8, il Primo Ministro si oppose a mantenere in carica il ministro degli Esteri Komura Jutaro, molto legato al gruppo Katsura-Yamagata, col pretesto delle sue realmente precarie condizio­ ni di salute. Più tardi il governo approvò stanziamenti in bilancio che accoglievano i desideri della Marina, ma li negò all 'Esercito. Le dimissioni del generale Uehara Yusaku dal suo incarico ministeriale provocarono la caduta di Saionji e aprirono la cosiddetta «crisi politica Taisho». Va però osservato che, in una conversazione con Yamagata poco tempo prima della crisi finale, Saionji affermò che, oltre alle considerazioni di natura finanziaria, acconsentire alle richie­ ste dell'esercito avrebbe potuto generare non desiderati sospetti e reazioni da parte delle potenze 9• Sullo sfondo di queste parole si

8 L. CONNORS, The Emperor's Adviser. Saionji Kimmochi and Pre-War Japanese Politics, London, Crook Helm, 1 987, p. 3 3 . 9 ITO TAKASHI (ed.), Taisho Shoki Yamagata Aritomo Danwa Hikki. Seihen Omoidegusa (Appunti di conversazioni di Yamagata Aritomo dell ' inizio del periodo Taisho. Pagine di ricordi del Cambio Politico), Tokyo, Yamakawa Shuppansha, 1 98 1 , pp. 3 1 -2. Il colloquio si svolse a Odawara il 1 0 novembre durante una visita di Saionji a Yamagata. Quest' ultimo negò che accrescere le forze militari di terra potesse irritare le potenze, più di quanto non avrebbe fatto l ' aumento delle forze navali, entrambi già decisi secondo la procedura costituzionale prevista. Yamagata osservò anche che le stesse potenze europee stavano accrescendo le loro forze militari e navali, come la Germania in Estremo Oriente. 1 55

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intravede la rivoluzione cinese e la preoccupazione di una parte degli occidentali che il Giappone vi intervenisse militarmente. Ai fini del nostro discorso un punto tuttavia è evidente. Ancora una volta i fattori strategico-diplomatici e quelli finanziari congiungevano i loro effetti. Il motivo era l 'alleanza che, nel quadro della lotta politica interna, la corrente del partito Seiyukai a cui apparteneva Saionji e il gruppo oligarchico-regionale di Satsuma, uno dei maggiori esponenti del quale era il leader navale Yamamoto Gonnohyoe, avevano stretto fra loro. In effetti tuttavia un elemento più profondo ancora stava dietro que­ sto stesso condizionamento. La principale preoccupazione del gabinet­ to era la politica finanziaria 10 e per ragioni dipendenti da essa il gover­ no non era probabilmente e semplicemente in condizioni di accogliere un programma di armamenti tale da soddisfare nello stesso tempo sia l 'Esercito che la Marina. Le preoccupazioni internazionali e i giochi di politica interna lo portarono a favorire quest'ultima, sicché il modo di interpretare l 'alleanza anglo-giapponese da parte della Marina finì per imprimere un netto colpo di sterzo anche alla politica estera, orientan­ dola fra l ' altro in modo abbastanza simile alla linea che Hayashi Tada­ su aveva rappresentato ai tempi del primo governo Saionji 1 1 • 1° Cfr. per tutta questa problematica M UR O YAMA YOSHIMASA, Nichi-Ro Sengo Gunbi Kakucho Mondai (Il problema dell 'espansione degli armamenti dopo la guerra russo-giapponese), in Nihon Rekishi Taikei (Lineamenti di storia del Giappone), vol. 4, Tokyo, Yamakawa Shuppansha, 1 987, pp. 1 2 1 7-53, nonché, dello stesso autore, Nichi-Ro Sengo Zaisei to Kaigun Kakucho Seisaku «Hachi-Hachi» Kantai Kozo no Zaisei Katei (La strategia di espansione navale e la politica finanziaria dopo la guerra russo-giapponese. La formazione della strategia finanziaria del progetto «Otto-Otto>>), in HARA NIRO (ed.), Nakamura Takafusa Sensei Kanreki Kinen. Kindai Nihon no Keizai to Seiji (Studi in onore del Prof. Nakamura Takafusa. Politica ed economia del Giappone contemporaneo), Tokyo, Yamakawa Shuppansha, 1 987, pp. 37-62. 1 1 Nel secondo governo Saionji Hayashi ricoprì ad interim la carica di Ministro degli Esteri fino al rientro di Uchida dagli Stati Uniti in ottobre e poi assunse il dicastero delle comunicazioni. 1 56

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Veniamo così a recuperare il principale retroterra interno della politica estera giapponese per il periodo che ci interessa. Dalla fine della guerra contro la Russia, in pratica tutti i governi che si successe­ ro si trovarono di fronte allo stesso dilemma. La situazione internazio­ nale, come la classe dirigente di Tokyo la percepiva, richiedeva che il livello complessivo degli armamenti fosse mantenuto al livello stima­ to adeguato per una grande potenza. Il Giappone non aveva però ricevuto indennità di guerra col trattato di Portsmouth e la necessità di far fronte ai prestiti contratti durante le ostilità, mantenendo nello stesso tempo la convertibilità aurea dello yen in regime di go/d standard, ostacolava tale modo di pensare. Intanto personaggi come Takahashi Korekiyo, Presidente della Banca del Giappone fino al 1 9 1 3 e poi Ministro delle Finanze fino al 1 9 14, erano contrari ad una politica di deflazione che minasse la vitalità dell ' industria, spegnendo lo slancio positivo, malgrado tutto dato dalla guerra contro la Rus­ sia 1 2 • Il più influente leader del Seiyukai, Hara Kei, era uno dei più caldi sostenitori dell ' ampliamento della rete ferroviaria nazionale e per questo motivo condivideva la stessa linea 1 3. In queste condizioni la strategia finanziaria dei diversi governi fra il 1 907 e il 1 9 1 4 passò attraverso quattro fasi. Fino ali ' ottobre 1 907 si cercò di ottenere prestiti internazionali, prevalentemente francesi, che consentissero, a tassi d' interesse più bassi di quelli ottenuti durante la guerra, di estinguere questi ultimi mettendo nello stesso tempo 12 Quanto segue è largamente basato sullo studio di KAMIYAMA TSUNEO, Nichi-Ro Sengo no Seika Sesaku to Zaisei (Politica finanziaria e strategia del numerario dopo la guerra russo-giapponese), «Shigaku Zasshi>>, 1 989, vol. XCVIII, n. l , pp. 48-80. A questo saggio rimandiamo per ulteriori informazioni bibliografiche e per i riferimenti numerici. 1 3 Cfr. BANNO JUNJI, Taisho Seihen , cit., pp. 80 ss. Cfr. KOBAYASHI MICHICHIKO, Katsura fidai no Tetsudo Seisaku to Tetsudo Kokuyu «Chihoshiigiteki» Tetsudo Seisaku >, 1 980/5 , n. 1 68 , pp. 1-6, che però non aggiunge praticamente nulla a quanto già si conosceva e, inoltre, non menziona il fatto che già da prima della missione di Tang Shao-Yi, la Wilhelmstrasse non si era mostrata interessata ad una vera alleanza fra i tre paesi. 1 65

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Tokyo della Germania, che la vedeva sempre più strettamente associa­ ta ai suoi avversari europei, la Francia, la Gran Bretagna e la Russia. Di fronte a questa minaccia i giapponesi potevano contare soltanto sul tradizionale alleato inglese, oppure sulle intese del 1 907 e del 1 9 1 0 con l a Russia e l a Francia appunto. In queste condizioni, sotto il governo di Katsura Taro, il Giappone acconsentì nel luglio del 1 9 1 1 8 , ad una revisione di dubbio vantaggio dell ' alleanza con l ' Inghilterra, la cui opinione pubblica anche gli stava diventando ostile, timoroso di perdere altrimenti lo scudo britannico, con tutte le sue crepe, assai più che per una specifica convenienza. Al momento dell ' inizio della rivoluzione in Cina il governo Saionji, più aperto del precedente alle forze parlamentari, si venne così a trovare di fronte ad una situazione complicata. Esso era esposto a tre diversi tipi di pressioni. I genro e l 'esercito sembravano soprattutto orientati a dare sostegno ai Qing, che rimanevano in ogni caso un ' autorità legittima vincolata ai trattati su cui si basava la presenza nipponica in Manciuria, ed erano in ogni caso largamente condizionabili attraverso pressioni concordate fra le potenze. Una prima intesa di massima concordata con Pietroburgo in ottobre sembrò riflettere questo orienta­ mento. Sul lato opposto i ronin, avventurieri ed idealisti giapponesi in azione anche in Cina, le forze della Kokuryukai e molti panasiatisti facevano pressione perché si appoggiasse la causa repubblicana, popolare in Giappone anche per i molti contatti stabiliti con gli esuli cinesi. Tra queste due tendenze la burocrazia professionale del Gaimu­ sho, si rendeva conto che a parte la questione della Manciuria, soltanto il rapporto privilegiato con Londra permetteva di fatto di conservare l ' influenza dell'Impero nella Cina vera e propria, dove era sgradita, oltre che a Washington e a Berlino, sia ai repubblicani che ai Qing. Quando gli inglesi decisero di as·sumere una posizione di neutralità, tale tendenza riuscì vittoriosa e Tokyo si adeguò alla politica britanni8 Lo studio migliore su questo punto resta tutto sommato secondo noi il già citato MURASHIMA SHIGERU, Daisanji Nichi-Ei Domei , «Kokusai Seiji>> , 1 97 1 / 1 . ...

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ca 9. Sotto i governi success1v1, tuttavia, la politica verso la Cina risentì del declino delle forze oligarchiche. Lo si sarebbe visto presto, al momento di affrontare l ' uomo uscito trionfante dalla rivoluzione, l 'ex-generale imperiale Yiian Shih-Kai. È noto che nel gennaio del 1 9 1 5 , il Giappone, dopo essere entrato in guerra ed avere conquistato la base tedesca di Tsing-tao, presentò al governo di Pekino le celebri e malfamate 2 1 Domande, troppo note per parlame qui a lungo. È chiaro tuttavia che era contro i suggeri­ menti dei genrò e dei loro sostenitori che richieste così enormi erano state presentate 10 . Dietro di esse bisogna vedere svariate motivazioni concorrenti, di cui talune di carattere tradizionale, volte a vedere alcuni diritti di Tokyo, già riconosciuti sul territorio della Cina da altre potenze, confermati da questa, nonché succedere in quelli della sconfitta Germania. Nessuna di dette ragioni è però sufficiente a spiegare l 'intero blocco di richieste ed è logico ritenere che il gabinetto fosse mosso anche da ragioni interne. Lo stato di tensione fra i partiti della Dieta e gli oligarchi spinse probabilmente il governo a cercare il classico successo sui suoi alleati parlamentari attraverso il «colpo» realizzato sul continente. Del resto è inutile ricordare che molti punti delle domande riflettevano impostazioni panasiatiste e non si discostavano profondamente, salvo forse per il non essere esplicita­ mente anti-occidentali, da vecchi schemi come quello già ricordato di Tarui Tokichi. Il Giappone, se le richieste fossero state integralmente accolte, ciò che non avvenne per la sia pur timida opposizione americana e inglese, avrebbe assunto una posizione tale da controllare tutte le relazioni col mondo esterno della Cina, trasformando questa in una specie di grande protettorato.

9 H. Z. SCHIFFRIN, The Foreign Powers and the 1 911 Revolution. A Harmonious lnterval During a Period of Discord, in ETO SHINKICHI e H. Z. SCHIFFRIN (eds.), op. cit. , p. 277.

10 J . B . CROWLEY , Japan's Quest for Autonomy, Princeton, Princeton University Press, 1 966, p. 1 9. 1 67

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Come è noto l'episodio finì con l' accoglimento di soltanto una parte delle domande e con l 'esclusione del Ministro degli Esteri Kato dalla vita politica per un certo numero di anni. Un secondo gruppo di eventi, mostrò presto, però, che la sensibilità del governo nipponico verso la propria opinione pubblica si rifletteva anche su li 'attività diplomatica. Il 1 4 agosto 1 9 1 5 i sostenitori di Ytian Shih-Kai diffusero un manifesto che invocava la restaurazione della monarchia e così prendeva inizio l 'ultimo tentativo di fondare una nuova dinastia nella storia cinese. Fin dali 'inizio Londra assunse un atteggiamento di favore in merito. I britannici avevano da tempo buoni rapporti con Ytian, che ai loro occhi restava l 'uomo più indicato per assumere la guida della Cina e presto anche le altre potenze assunsero un atteggia­ mento analogo. Due fatti però congiuravano per portare al fallimento il progetto. Il tentativo non godeva della simpatia dei repubblicani e di altre correnti politiche interne e soprattutto i primi vi riscoprivano un tradimento nei loro riguardi. Tutto ciò rendeva debole la posizione dell 'ex mandarino, che era così indotto a poggiare la sua ambizione sull ' aiuto dei suoi amici occidentali e soprattutto dell' Inghilterra. Quest'ultima era però impegnata in guerra in Europa e bisognosa della collaborazione del Giappone in Asia Orientale, perché la Germania stava organizzando un 'efficace rete spionistica con centro a Shangai, mentre per l ' impegno altrove delle forze militari britanniche risultava molto conveniente l ' amicizia con Tokyo. Nell' arcipelago però la coalizione di governo guidata da Okuma su un problema come quello cinese non era in condizioni di resistere alle spinte provenienti dall' interno, e questo anche se anziani statisti come Yamagata Aritomo non la pensavano troppo diversamente dagli occidentali. Gli attivisti sciamavano per la Cina lavorando contro Ytian, mentre la Kokuryukai chiedeva al governo di prendere aperta­ mente posizione contro di lui e di instaurare un controllo giapponese 1 68

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sul continente 1 1 • Fra l 'alleato inglese e i tairiku ronin, si potrebbe schematizzando affermare, Okuma e i suoi Ministri (ma all ' interno della coalizione stava anche Inukai), dovevano operare una scelta. Per Londra il dilemma non era più facile, visto che i suoi due migliori amici in Asia Orientale, Yiian ed il Giappone si trovavano l ' uno di fronte all ' altro. Gli eventi si susseguirono rapidamente. Il 1 5 ottobre il Ministro degli Esteri del Giappone, visconte Ishii Kikujiro inviò un telegramma al Foreign Office dichiarando che il suo governo era contrario a qualsiasi alterazione dello status quo istituzionale in Cina 1 2. In dicembre Yiian decise di posticipare le propria incoronazione e diede così tempo ai suoi avversari interni di prendere respiro e passare all ' attacco. Nell ' aprile del l 9 1 6 gli inglesi rinunciarono ad appoggiare la restaurazione monarchica e si rassegnarono alla futura caduta di Yiian. Nella tarda primavera il Presidente cinese moriva. Non è dubbio che il governo di Tokyo temesse anche che Yiian, una volta diventato Imperatore, potesse ostacolare la penetrazione nippo­ nica, ma è anche certo, come il nobile atteggiamento di Miyazaki Toten conferma, che esiste in questo caso un rapporto diretto e dal basso, che partendo dagli ambienti, per quanto diversi tra loro, i quali in Giappone proclamavano l ' avvento di una Cina liberata dalla tradizione e dagli stranieri , raggiunse il gabinetto e finì per determi­ nare una pagina importante nella storia di quest'ultima, agendo attraverso il canale strettamente diplomatico dell' alleanza anglo­ giapponese.

1 1 KWANHA YIM, Yuan Shih-kai and the Japanese, >, in MARIO TOSCANO, Corsivi di politica estera, Milano, Giuffré, 1 98 1 , p. 327. 2 M. TOSCANO, Guerra diplomatica , cit., vol. l, pp. 63-4. 3 Ibidem, cit. , vol. Il, pp. 390--3 . ...

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che, lasciando da parte i trattati del 1 905 e del 1 909, di cui abbiamo parlato, Pekino, a differenza di alcune potenze europee, non aveva mai riconosciuto. Per giunta Toscano 4 vedeva all ' interno delle 21 Doman­ de una differenza sensibile fra il cosiddetto «gruppo cinque», al quale non escludeva che il Giappone tenesse relativamente meno, e il resto delle richieste, il cui contenuto riguardava, con poche aggiunte, il blocco dei diritti che le convenzioni con la Russia e la Francia dal 1 907 al 1 9 1 2 avevano riconosciuto al Sol Levante sul Fujian, la Manciuria Meridionale e la Mongolia Interna, più lo Shandong, da dove Tokyo aveva appena espulso la Germania. All 'epoca in cui l ' autore scriveva, la storiografia giapponese non aveva ancora sondato a fondo gli archivi del Gaimusho né quelli militari e la stessa diaristica era assai meno nota di ora. Tuttavia, nei suoi sviluppi successivi, ci sembra 5 di nuovo che essa abbia confermato la validità della analisi di Toscano in almeno due punti. Insistiamo brevemente, senza toccare la questione relativa alla valutazione delle sue idee per il periodo dopo il 1 9 1 5 , sul fatto che l ' intuizione dello storico italiano sembra essere stata nell' insieme, per quanto formulata con molta delicatezza, che fu proprio lo scoppio della guerra mondiale a trasfor­ mare il corso della politica di Tokyo in Cina, mutando il moderato espansionismo degli anni precedenti nell ' imperialismo più aperto che esplose in tutta la sua forza molto più tardi, a partire dal 1 93 1 . Ebbene l ' idea che le 2 1 Domande rappresentassero per il Giappone il punto di 4 Ibidem, cit., vol. l, pp. 98 ss. 5 A parte i titoli nelle note seguenti, ci riferiamo in particolare a, HORIKAWA TAKEO, Kyokuto Kokusai Seiji Josetsu : Nijuikkajo no Kenkyu (Un preambolo alla politica internazionale in Estremo Oriente. Ricerche sulle 2 1 Domande), Tokyo, Yiihikaku 1 958, nonché ai saggi di NAGAOKA SHINJIRO, Oshu taisen Sanka Mondai (Il problema dell' intervento nella guerra europea), «Kokusai Seiji», 1 95 8 , n. 6, pp. 26--36; Taika Nijuikkajo Yoyu Joko no Kettei to sono Haikei (La decisione dell' avanzamento delle 21 Domande alla Cina e il loro retroterra), «Nihon Rekishi>>, 1 960, 1 44/6, pp. 66--8 0; Kato Takaaki Ron, (Una discussione su Kato Tekaaki), «Kokusai Seiji>>, 1 967, n. 338, pp. 27-40. 1 74

CONCLUSIONE: VERSO IL FUTURO

confine tra la diplomazia «imperialistica» nel senso attribuito a questo termine nella prima decade del ' 900 ed una fase nuova ad essa successiva, corrisponde, salve alcune distinzioni e precisazioni, ad un quadro condiviso dall'odierna storiografia giapponese, che vede pro­ prio nel trattato con la Russia del 1 9 1 2 il punto di arrivo finale della fase storico-diplomatica che vediamo concludersi anche esteriormente con la Prima Guerra Mondiale 6. Abbiamo visto che quell' accordo è da vedere come una conseguen­ za dello scoppio della rivoluzione in Cina. La sua natura è da cogliere nella già ricordata decisione del 24 ottobre 1 9 1 1 7, con la quale il secondo governo Saionji formulò i principi che intendeva seguire in rapporto agli eventi sul continente dopo la rivolta di Wuhan. Data la sua importanza, val la pena di riportame la traduzione: «Il governo imperiale aspetta anzitutto l ' avvento del momento più propizio allo scopo di conseguire la soluzione radicale del problema mancese e sceglie in particolar modo come metodo di sforzarsi di impiegare d 'ora in poi le sue forze sul continente cinese, facendo netto stesso tempo riconoscere agli altri paesi la nostra priorità nella detta area. In base alle precedenti direttive del governo imperiale, da un lato esso conta di proteggere i nostri interessi in Manciuria procedendo di concerto con la Russia, dall' altro, nei limiti del possibile, è orientato nella direzione di conciliarsi i sentimenti della Cina e di spingerla ad avere fiducia in esso. Per quanto riguarda l 'Inghilterra si sforza di attuare fino in fondo lo spirito del trattato di alleanza e inoltre di percorrere la via della concordia con altri paesi come la Francia, che hanno in Cina relazioni d ' interesse, portando altresì, nei limiti del possibile, anche gli Stati Uniti a mantenere relazioni cordiali con noi. 6 OHATA TOKUSHIR O , Shingai Kakumei to Nihon no Taio-Keneki Hogo o Chushin to shite, (La rivoluzione cinese, e la reazione del Giappone con speciale riferimento alla difesa dei diritti e degli interessi), «Nihon Rekishi>>, 1 982, 4 1 4/ l l , pp. 57-75, specialmente pp. 68-70. 7 Ampiamente discussa in OHATA , art. cit. , pp. 60-1 , nonché NAGAOKA SHJNJIRO, Taika Nijuikka . . . , cit., pp. 66-7. 1 75

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Crediamo che sia necessario agire in tal modo, per raggiungere gradualmente i nostri obiettivi». Dal testo risaltano abbastanza chiaramente alcuni elementi : da un lato la tendenza ad approfittare della rivoluzione per stabilizzare una volta per tutte il controllo sulla Manciuria, dall' altro quella a non offendere i diritti e gli interessi delle potenze occidentali nella Cina vera e propria (Shina Honbu), e a rispettare l ' integrità della medesi­ ma. Si trattava cioè della linea consolidata di estendere e garantire gli interessi nell' area, perfezionando la tutela di quelli «speciali», ma senza intaccare la «porta aperta», almeno nei termini in cui Tokyo ne aveva sempre riconosciuto il valore. In questo ambito veniva. dichiara­ to necessario cercare il sostegno della Russia affinché la «priorità» delle esigenze giapponesi fosse riconosciuta. Il logico sviluppo di questa impostazione fu appunto il trattato con Pietroburgo del 1 9 1 2 e si tratta proprio dell 'ultimo accordo di questo genere concluso prima della presentazione delle 2 1 Domande, a cui Toscano dedicò il suo libro. Fra il 1 9 1 2 e il 1 9 1 3 vediamo Tokyo riconoscere la repubblica cinese, adeguandosi al comportamento delle potenze occidentali, e nel 1 9 1 3 , durante gli incidenti che si verificarono, rimanere fedele all ' im­ postazione già definita. Nello stesso tempo sia dai gruppi panasiatisti, tuttavia, che dall'esercito partiva la spinta ad un intervento più diretto sul continente e l ' assassinio, quell 'anno, di Abe Jutaro , il Capo dell'Ufficio per gli Affari Politici del Gaimusho, mostrò la contropro­ va di quanto certe spinte fossero forti 8 .

8 Su questo specifico tema esiste un noto studio di KURIHARA KEN, ora nel volume curato da questo autore, Taimammo Sisakushi no lchimen, cit., pp. 87- 1 1 3 , già pubblicato col titolo, Abe Gaimusho Seimukyokucho Ansatsu Jiken to tai- Chugoku (Mammo) Mondai (L' incidente dell ' assassi­ nio del capo dell'Ufficio per gli Affari Politici Abe Jutaro e il problema cinese "Manciuria e Mongolia"), , 1 955, n. 55/5 , pp. 50-76. 1 76

CONCLUSIONE: VERSO IL FUTURO

Si creava intanto un ' altra tendenza in gran parte nuova. Nel 1 9 1 2 il Giappone e la Russia ottennero, come abbiamo visto, di entrare nel cosiddetto «prestito delle quattro potenze» e nel 1 9 1 3 il governo di Yiian Shih-Kai accettò di riformulare l ' intera faccenda. Così però la «priorità» indicata nel documento del 24 febbraio 1 9 1 1 veniva in pratica a vanificarsi, stante la parità fra i diversi partecipanti al prestito, mentre la «seconda rivoluzione» del 1 9 1 3 fece percepire in modo più vibrante la necessità di proteggere i diritti e gli interessi giapponesi sul continente. Tutto ciò non era senza eco a livello di governo. Il gabinetto in carica, presieduto da Yamamoto Gonnohyoe, aveva come Ministro degli Esteri Makino Nobuaki e come Ministro della Marina Saito Makoto. Tutti questi uomini appartenevano al gruppo di Satsuma ed erano scrupolosamente fedeli all ' alleanza anglo-giapponese, ma il loro modo di avvicinarsi al problema cinese non era unanimemente condiviso. Il nuovo partito della Rikken Doshikai, fondato da Katsura Taro per dare una base anche parlamentare al blocco che più volte abbiamo chiamato oligarchico, era ora guidato dali ' ex ambasciatore a Londra, Kato Takaaki, il quale pur essendo nemico della ingerenza dell 'Esercito nelle materie di competenza del Gaimusho , ne condivide­ va sostanzialmente le posizioni nel merito della questione cinese. Inoltre ali 'interno stesso della diplomazia professionale questa linea aveva i suoi seguaci ed era fra l ' altro rappresentata dal successore di Abe Jutaro alla guida dell 'Ufficio per gli Affari Politici, Koike Chozo. Se dunque il governo Yamamoto si manteneva fedele al modello elaborato dal secondo gabinetto Saionji, l ' idea che fosse opportuno un energico intervento in Cina si faceva strada nella classe dirigente. Gli eventi interni facilitarono lo sbocco di questa situazione nell 'e­ pisodio delle 2 1 Domande, traendo spunto dall' inizio della Prima Guerra Mondiale. Nel 1 9 14, in seguito ad uno scandalo noto come Siemens Jiken, il governo Yamamoto fu rovesciato e il gruppo di Satsuma perse, almeno per il momento, il controllo della Marina. Il nuovo gabinetto, con alla testa il vecchio Okuma Shigenobu, che assunse l ' incarico nell ' aprile 1 77

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del 1 9 14, era abbastanza diverso. Il partito Seiyukai passava all ' opposi­ zione, mentre la Rikken Doshikai entrava nel governo e Kato Takaaki assumeva il Ministero degli Esteri per la terza volta. Tutto ciò significava molte cose diverse. I successori di Saito Makoto e di Takarabe Takeshi al Kaigunsh o non avevano posizioni in linea di massima diverse dai loro predecessori per ciò che riguardava i rapporti con l 'Inghilterra e la Germania, ma non erano altrettanto disinteressati alla Cina 9. Perciò divenne chiaro che il freno che la Marina aveva esercitato durante gli eventi dal 1 9 1 1 al 1 9 1 3 in analoghe circostanze non sarebbe tornato a sentirsi. Inoltre la presenza di Kato nel governo modificava l 'equilibrio delle forze all ' interno del Gaimusho. In pratica gran parte della strategia internazionale che l 'alleanza Satsuma-Seiyu­ kai portava con sé veniva a modificarsi. L' idea che l ' alleanza anglo­ giapponese implicasse un atteggiamento «negativo» nelle questioni cinesi, sacrificate soprattutto agli obiettivi di politica navale, era nell' insieme abbandonata e sostituita da quella che, malgrado una serie di attriti su base locale verificatisi con Londra fra il 1 9 1 1 e il 1 9 14, il trattato servisse alla difesa degli interessi giapponesi sul continente, secondo una concezione, la quale, non rifuggendo in linea di principio di andare oltre l 'uso di strumenti puramente diplomatici, innovava rispetto al documento del 24 ottobre 1 9 1 1 . L' ingresso del Giappone nella guerra mondiale portò all 'occupazio­ ne del territorio in affitto dello Shandong, della base di Tsingtao e degli arcipelaghi tedeschi nel Pacifico. Kato Takaaki, che fu il principale artefice di questa scelta, fu mosso dal desiderio di porre termine, eliminando la Germania dalla regione, alla minaccia che essa rappresentava per le posizioni del Giappone e nello stesso tempo di affermare in modo definitivo la presenza in Cina. Si trattò di un momento di enorme importanza, c ome di recente ha ribadito Ohata _ Tokushiro , perché pose fine alla fase «difensiva» nella quale la politica estera di Tokyo era rimasta chiusa fino a quel momento. 9 H IRAMA YOICHI, Daiichiji Seikai Daisen , cit. . . .

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CONCLUSIONE: VERSO IL FUTURO

Mentre le altre potenze erano impegnate in Europa, con la Germania eliminata dali ' Asia Orientale, Tokyo per la prima volta si trovò di fronte soltanto la Cina e gli Stati Uniti. L' ingresso in guerra, che nasceva dali ' alleanza anglo-giapponese e presupponeva la preoccupa­ zione per l ' attività della Germania nella regione, mostra la continuità del gesto con la precedente politica nipponica. Le successive 2 1 Domande confermano però che tutto questo schema di riferimento stava diventando un residuo del passato. Gli storici giapponesi di oggi condividono in sostanza una parte importante delle valutazioni di Toscano, affermando che con l ' aggiun­ ta dello Shandong, le richieste rivolte alla Cina tendevano a protegge­ re e consolidare i diritti giapponesi sul continente e aggiungono che Kato Takaaki era pronto sin dall ' inizio a lasciar cadere il «gruppo cinque», se l ' opposizione a livello internazionale fosse stata partico­ larmente forte. Tuttavia essi affermano che in più elementi delle Domande 10 , bisogna vedere più del semplice rafforzamento di posi­ zioni acquisite. È proprio qui che Kato si sarebbe mostrato vicino alle vedute deli 'Esercito. In questo egli fu verosimilmente ispirato dalla situazione tutta nuova portata dalla guerra e dalla convinzione, mo­ stratasi poi fallace 1 1 , che la sua esperienza diplomatica precedente e l ' alleanza con la Gran Bretagna lo mettessero in condizioni di

1 ° Cfr. specialmente NOMURA OTOJIRO, Taika Nijuikkajo Mondai to Kato Takaaki-tokuni daigogo no Rikai ni tsuite (Il problema delle 2 1 Domande alla Cina e Kato Takaaki con particolare riferimento alla comprensione del gruppo 5), «Seij i Keizai Shigaku>>, 1 977, n. 1 3 1 , pp. 1 - 1 0, e 1 977, n. 1 32, pp. 1 6-25 . L'autore mostra in particolare quanto fosse rilevante il ruolo di Koike Chozo, nonché la vicinanza di quest' ultimo ai panasiatisti della Kokuryukai e all ' esercito. Lascia inoltre comprendere che le clausole del «gruppo 5 >>, dove questo rapporto diventa chiaro, ebbero probabilmente qualcosa a che fare con le preoccupazioni elettorali di Kato. 1 1 Cfr. il recente studio di KITAOKA SHINICHI, Nijuikkajo Saiko-Nich­ bei--Gaiko A on Sogo Sakuyo (Una nuova riflessione sulle 21 Domande. II loro reciproco utilizzo nella diplomazia americana e giapponese), , 1 985, 7, pp. 1 1 9-1 52. 1 79

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superare l 'eventuale ostacolo degli Stati Uniti . La conclusione dell 'e­ pisodio è nota. Il Ministro, che aveva agito senza consultare i genro , non riuscì ad ottenere una positiva reazione da Washington; la Ci­ na cedette, mentre il Giappone rinunciava al «gruppo cinque» e Kato per qualche anno dovette ritirarsi dalla vita politica. Ai fini tutta­ via del nostro discorso è chiaro che una rottura si era verificata rispetto agli anni deli ' anteguerra e alla dottrina presupposta dali' insie­ me dei trattati conclusi con l ' Inghilterra, la Francia e la Russia dal 1 907 al 1 9 1 2. Il Giappone non aveva più di fronte a sé il reticolato costituito dali 'equilibrio fra più potenze, ma unicamente l ' America, in quanto motivata da ragioni specifiche più o meno contingenti a presentarsi come tutrice dell ' integrità cinese. Un 'epoca nuova si annunciava. Il secondo Piano per la Difesa Nazionale, preparato durante la guerra, finito di stendere nel 1 9 1 8 e promulgato soltanto nel 1 923, avrebbe affermato che il principale nemico ipotetico erano diventati sotto tutti i punti di vista gli Stati Uniti. Ma il periodo che iniziava era diverso forse soprattutto per un 'altra ragione. Fino al 1 9 1 2 il Giappone era stato preoccupato per il sostegno che Berlino o Washington avrebbero potuto dare alle rivendi­ cazioni nazionali dei cinesi. Perciò, se vista da Tokyo, l ' alleanza anglo-giapponese aveva cambiato il suo senso a partire dal 1 907, creando le premesse per le quali al momento in cui un blocco anglo-franco-russo si fosse costituito e poi si fosse scontrato con la Germania, come previsto dal Piano per la Difesa Nazionale dello stesso anno, il Sol Levante avrebbe combattuto dalla parte del Regno Unito. Con la sconfitta della Germania nel 1 9 14, si completava cioè il ciclo per il quale, entrando non del tutto coscientemente a collegarsi al gioco diplomatico in Europa, il Sol Levante aveva finito per ave­ re una parte nello sviluppo che, in linea generale, portò dal trattato di Portsmouth e dalla conferenza di Algeçiras fino alla crisi dell ' esta­ te del 1 9 14. 1 80

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b) Alcuni problemi interpretativi Torneremo ora su alcuni temi variamente toccati nelle pagine che pre­ cedono. Uno di questi riguarda la questione dell ' indebolimento del lega­ me con la Gran Bretagna determinatosi man mano che procedevano le intese con Pietroburgo. Abbiamo visto che la natura di queste ultime an­ cora oggi desta incertezze negli storici e resta in fondo poco chiara la ratio della loro compatibilità con l ' alleanza inglese nella mente degli uomini di stato nipponici. D ' altra parte esse furono largamente favorite dali' intesa anglo-russa del 1 907 e quando nel 1 9 1 6 una vera alleanza fra la Russia ed il Giappone fu stretta è stato dimostrato che essa era volta a scongiurare un ritorno offensivo della Germania in Estremo Oriente. Si è anche notato tuttavia che le relazioni con Pietroburgo divenne­ ro più intime fra il 1 9 1 0 e il 1 9 1 2, allorché Londra, sui problemi della Manciuria e della Mongolia tese ad assumere una posizione neutrale nei contrasti fra Giappone e Stati Uniti . Perciò l ' intesa con la Russia mostra di essere stata fino ad un certo punto sostitutiva rispetto a quella con il Regno Unito. Un atteggiamento di questo tipo, avvocato del quale era stato Motono Ichiro, venne in sostanza fatto proprio da Uchida Kosai e portò ad un momento di attrito fra quest' ultimo e Yamamoto Gonnohyoe alla fine del 1 9 1 1 1 2 . Per valutare questo sviluppo, però, sembrano necessarie alcune considerazioni, che con­ fermano come esso non meriti enfasi superflua. La difesa degli «speciali interessi» in Manciuria e Mongolia era un'eccezione rispetto alla regola dell ' azione concertata nelle faccende cinesi. Alla stessa maniera le intese con la Russia conservavano un valore limitato a quelle regioni, mentre su un piano più generale il legame con l 'Inghilterra, e gli stessi negoziati del 1 9 1 1 lo dimostrano, restava il fattore preminente. Naturalmente il problema si presta anche 1 2 YOSHIMURA MICHIO, Roshia to Nihon, Tokyo, Hara Shobo, 1 97 1 . Non seguiamo INOUE Y U ICHI, Higashi Ajia Tetsudo , ci t., pp. 287 ss., nel­ l 'enfasi, che ci pare eccessiva, con cui afferma l 'opposizione nelle finalità di base della politica ferroviaria sul continente fra Gran Bretagna e Giappone do­ po il trattato di Portsmouth. . . .

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DA PORTSMOUTH A SARAJEVO

ad un ' interpretazione diversa. La pressione verso un ' intesa con la Russia corrispondeva alle preoccupazioni dell' Esercito, mentre la scrupolosa fedeltà ali ' alleanza con l 'Inghilterra rifletteva quella della Marina. Quanto al Ministero degli Esteri è stato osservato che il suo peso politico negli anni fra il 1 909 e il 1 9 1 4 era relativamente scarso anche nella determinazione delle stesse scelte internazionali. Secondo la costituzione Meiji del 1 889, infatti, la materia dei trattati era competenza esclusiva dell' Imperatore, mentre la responsabilità giuri­ dica ricadeva sul Ministro degli Esteri, che non era soggetto a controlli parlamentari ed aveva diritto di appello diretto al trono. Sul piano concreto, tuttavia, gli accordi stipulati alla fine del 1 905 , subito dopo la guerra contro la Russia, fra Hara Kei, per il Seiyukai e Katsura Taro, per i difensori del sistema oligarchico, avevano previsto la collaborazione stabile dei partiti a livello di governo, anche se questi ultimi avevano rinunciato a occuparsi di politica estera. Di fatto perciò le decisioni in materia internazionale continuarono ad essere prese in base al concerto fra i genro, i primi ministri, i leaders militari e i ministri degli Esteri. Questi ultimi, però, avevano come unica arma per imporsi alle altre forze quella di minacciare le proprie dimissioni; non furono mai uomini di partito; al contrario dell 'Esercito e della Marina non potevano impedire che i loro successori cambiassero linea e neanche erano tanto forti da determinare la caduta dei gabinetti. La loro influenza risiedeva in ultima analisi nella collaborazione con una o più fra le rimanenti istituzioni e figure sopra elencate. Ora, dopo la morte di Ito Hirobumi e il consolidamento della bipolarità tra il blocco Satsuma-Seyukai e lo Yamagatabatsu, con le sue appendici parlamentari, il peso del Gaimusho si ridusse drasticamente 1 3. Perciò 1 3 Ito venne assassinato durante un viaggio in Corea nel 1 909. Per il discorso sul decrescente peso politico del Gaimusho, MITANI TAICHIRO , «Tenbanki» no Gaiko Shido to Sono Kiketsu, (La guida della diplomazia e il suo risultato nei momenti di svolta), nel volume curato dallo stesso autore, Nihon Seito Seiji no Keisei (La formazione della politica di partito in Giappone), Tokyo, Tokyo Daigaku Shuppankai, 1 967, pp. 1 25-6. 1 82

CONCLUSIONE: VERSO IL FUTURO

è abbastanza chiaro che anche un orientamento sbilanciato in senso filo--r usso come quello di Uchida, se fosse entrato in serio contrasto con l ' alleanza inglese, malgrado certe assonanze con la linea dell 'E­ sercito, all ' epoca dei governi Saionji e Yamamoto ( 1 9 1 1-14), non avrebbe potuto che sortire successi limitati. Tuttavia l 'interesse per il valore globale delle intese russo-­ nipponiche ci sembra sia da conservare in relazione al bisogno in cui crediamo di inquadrare la diplomazia giapponese in un contesto concettualmente più ampio. Indubbiamente essa conservò per tutto il periodo di cui ci siamo occupati la «spina dorsale» dell ' alleanza anglo--g iapponese, che sul piano diplomatico risentiva degli eventi europei e aveva un certo contenuto antitedesco, mentre consolidava le condizioni per cui Pietroburgo, sempre più assorbita dalle questioni del Vecchio Continente, manteneva un atteggiamento privo di aggres­ sività in Asia Orientale. E anche lo studiato atteggiamento inglese, con la neutralità nei problemi ferroviari della Manciuria e della Mongolia dopo il 1 909 e la volontà di evitare ad ogni costo attriti con gli Stati Uniti, nasceva dalla necessità di concentrare le attenzioni strategiche sul Mare del Nord. Di qui il bisogno contestuale dell ' al­ leanza con il Giappone in Estremo Oriente, di scansare ogni frizione con Washington, di conservare l ' alleanza di fatto con la Francia e l 'intesa, condizionata dali' assenza di impegni di natura militare, con la Russia 14. È forse più di una curiosità ricordare che nello stesso contesto Londra rinunciò parzialmente nel 1 9 1 2 alla difesa del Medi­ terraneo in favore di Parigi, mentre fra il 1 9 1 2 e il 1 9 1 4 parve disposta a riconoscere una maggiore influenza italiana nella stessa area 1 5 .

14 D. SWEET e R. LANGHORNE, op. cit. , pp. 248-9. 15 L'argomento è trattato da G. ANDRÈ , L'Italia e il Mediterraneo. Alla vigilia della Prima Guerra Mondiale, Milano, Giuffré, 1 967 . È molto speculativo, ma assai interessante richiamare a questo proposito, ci sembra, che il problema del confronto con I ' Inghilterra in Cina e nel Mediterraneo facesse da base all 'avvicinamento diplomatico fra il Giappone e l ' Italia verso la metà degli anni ' 30. 1 83

DA PORTSMOUTH A SARAJEVO

Ne era ulteriore conseguenza, però, che Tokyo, troppo debole per garantirsi da sola la sicurezza delle posizioni acquistate col trattato di Portsmouth, e in gravi difficoltà finanziarie, fosse inevitabil­ mente portata a guardarsi intorno e a cercare qualche altro punto di appoggio per compensare l ' alleggerirsi dello scudo britanni­ co. Questa proiezione verso il futuro induce però ad una riflessio­ ne ancora. Esiste un ' ampia letteratura critica, la quale ha spostato agli an­ ni prima del 1 9 1 4 l ' inizio delle rivalità fra Giappone e Stati Uniti e in quelli subito dopo la guerra russo-giapponese l ' affacciarsi del­ la polarità che sarebbe esplosa quasi trenta anni dopo nella Guerra del Pacifico. Quest' idea è forse da modificare. Pearl Harbor va probabilmente vista soltanto come un effetto della crisi scop­ piata con l 'invasione giapponese della Cina e sovrapposta ali 'av­ vicinamento diplomatico fra Gran Bretagna e Stati Uniti gene­ rato dalle vicende europee degli anni trenta. In pratica si può con­ dividere l ' opinione che sino alla fine delle terza decade del '900 in effetti gli Stati Uniti non costituirono un reale interlocutore o avver­ sario per l 'espansionismo giapponese. D ' altro canto gli studi re­ centi hanno mostrato come, con la Prima Guerra Mondiale, i mi­ litari giapponesi cominciarono a vedere nella Cina un serbatoio di materie prime, nello stesso momento in cui cresceva la consi­ stenza dell ' America come nemico ipotetico. A questo punto na­ sce nello storico una curiosità, che, per quanto inevitabilmente almeno in parte speculativa, ci pare valga la pena di essere discussa. Se cioè il fatto che il Giappone finisse per combattere a fianco di Washington contro la Germania debba essere considerata una sempli­ ce coincidenza, oppure se non esista qualche fatto profondo tale da offrire una spiegazione dell ' intero sviluppo. E naturalmente tale problema ci pare intimamente legato a due argomenti attorno ai quali si è raccolto il nostro discorso: il fallimento, dovuto alla politica americana e a quella tedesca, di tutto il «sistema» al quale la diplomazia giapponese pensava nel 1 907 e il senso della rinnovata 1 84

CONCLUSIONE: VERSO IL FUTURO

alleanza anglo-giapponese del 1 9 1 1 . S ul primo punto bisogna te­ ner conto di una specie di divaricazione. Il progetto non si realizzò a causa della politica degli Usa in Manciuria, ma ciò non intaccò la situazione per la quale il principale nemico strategico restava la Germania. Non si spiega altrimenti perché la successiva convenzio­ ne tra Russia e Giappone non venisse completata da un accordo militare. In altre parole l 'attrito fra Tokyo e Washington, per acuto che fosse, restò per allora su un piano diplomatico e finanziario, ma soltanto con gli eventi cinesi che accompagnarono la Prima Guerra Mondiale si trasformò in una contrapposizione di carat­ tere generale. Nel periodo che precedette l ' ingresso in guerra, il discorso sembra essere stato diverso. La preoccupazione per l ' at­ tività e la presenza tedesca in Cina, insieme ali ' alleanza con l ' In­ ghilterra, spiega perché il Giappone si trovò ad essere compa­ gno d' armi del rivale americano, ma sollecita un altro pen­ siero. Difendere la