Come si legge un giornale [PDF]

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Zitiervorschau

Prima edizione Decima edizione Nuova edizione riveduta e aggiornata

marzo 1975 luglio 1980 marzo 1981

Proprietà letteraria riservata Gius. Laterza & Figli Spa. Roma-Bari

Paolo Murialdi

COME SI LEGGE UN GIORNALE

Editori Laterza 1981

Finito di stampare nel marzo 1981 nello stabilimento d'arti grafiche Gius. Laterza & Figli, Bari

CL 20-1859-X

PREMESSA Questo libro — ora in edizione riveduta e aggior­ nata sulla base delle novità avvenute negli ultimi an­ ni — è destinato ai giovani: è un contributo alla co­ noscenza del giornale quotidiano e, più in generale, dei problemi della libertà di stampa e del diritto all’informazione, fattori indispensabili della demo­ crazia. La lettura del quotidiano non è diventata in Italia — secondo l’auspicio di Hegel — « la preghiera del mattino dell’uomo moderno »; ma è e resta un mez­ zo primario di informazione e di circolazione delle idee, anche se lo strumento è imperfetto, non sempre credibile e talvolta infido. L’importante è leggere il giornale con occhio critico e distaccato, conoscendo­ ne il più possibile i meccanismi e le intenzioni in modo da poter individuare o avvertire i condiziona­ menti e le manipolazioni delle informazioni che for­ nisce. A questo scopo sono molto utili i confronti tra due o più quotidiani. Le indicazioni generali, di metodo e pratiche, esposte in questa analisi su come si fa e come si leg­ ge un quotidiano, sono frutto della lettura costante dei principali giornali e dei contributi esistenti su questo problema, oltre che di una lunga esperienza professionale. Proprio perché sono indicazioni di ca­ rattere generale, esse non riguardano in modo speci­ VII

fico questo o quel giornale, ma si riferiscono a un processo e a una tecnica di lavoro che, sia pure con logiche differenze, è comune a tutti i quotidiani ita­ liani. L’analisi è accompagnata da una serie di esempi tratti dalla lettura dei quotidiani più diffusi in diversi periodi. Una parte degli esempi risale alla prima me­ tà del 1974, quando scrissi il libro anche sulla base di un seminario condotto all’Università di Bologna. Tali esempi hanno conservato la loro validità. Gli esempi nuovi, elaborati con la collaborazione di Marco Boneschi, sono stati tratti da fatti recenti di particolare importanza. Di tutti i quotidiani citati per gli esempi è stata esaminata l’edizione distribuita a Milano che, per alcune testate, è una delle prime e, per altre, l’ultima. Per i termini tecnici e di gergo ho fatto riferimento al Dizionario di giornalismo di Ma­ rio Lenzi, al quale rimando i lettori che desiderano conoscere più a fondo questo aspetto del problema. dicembre 1980

P.M.

Bertrand Russell propone che le scuole elemen­ tari insegnino l’arte di leggere con incredulità i giornali. Penso che tale disciplina socratica non sa­ rebbe inutile. Delle persone che conosco, ben po­ che la compitano appena. Si lasciano ingannare da artifici tipografici o sintattici: pensano che un fat­ to sia accaduto perché è stampato in grandi lettere nere; confondono la verità col « corpo dodici »; non vogliono capire che l’affermazione: Tutti i ten­ tativi degli attaccanti per avanzare oltre B sono falli­ ti sanguinosamente, è un mero eufemismo per am­ mettere la perdita di B. (Borges)

Capitolo primo CHE COS’E’ UN QUOTIDIANO Non esiste una chiave unica, e portentosa, che consenta, leggendo un quotidiano, di scoprire i signi­ ficati meno appariscenti o nascosti di questo specchio — per sua natura vero e deformante nello stesso tempo — della realtà quotidiana del mondo, del pae­ se e della città in cui viviamo. Il giornale è un fatto complesso, un prodotto di sintesi che si avvale di contributi intellettuali. Lo produce un’impresa editoriale il cui bilancio è rap­ presentato dai costi di produzione e di diffusione da un lato, e, dall’altro, dai ricavi delle vendite 1 e della pubblicità e dalle sovvenzioni statali e private. Insie­ me con i periodici a grande diffusione, il quotidiano rappresenta, tra i mass media (i mezzi di comunica­ zione di massa), l’informazione scritta. Meno potente della radio e, soprattutto, della televisione — perché è da leggere, cioè presuppone un certo livello di cul­ 1 II prezzo dei quotidiani è sempre stato concordato fra gli edi­ tori e deliberato dal CIP (Comitato interministeriale prezzi) che ne fissa il livello massimo. Fra il maggio 1974 e l’agosto 1980 tale prezzo è passato da 100 a 400 lire. Ma si sono verificate alcune deroghe. Attualmente alcuni quotidiani hanno rotto l’accordo del prezzo vendendo a meno di 400 lire. Uno solo, « il manifesto », si vende a 500 lire. La liberalizzazione del prezzo entro cinque anni è prevista dalla proposta di legge « Riforma dell’editoria » attual­ mente in discussione alla Camera dei deputati.

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tura e un certo impegno in tutte quelle parti che non sono dedicate all’informazione pratica e spicciola — il quotidiano resta sempre un importante mezzo di informazione e di orientamento. In Italia, la stampa quotidiana ha una diffusione e un indice di lettura bassi, inferiori a quelli di quasi tutti i paesi europei. Le ragioni sono molteplici ma, sostanzialmente, si possono ricondurre a tre: 1. il tipo di sviluppo politico, economico e sociale del paese dall’Unità in poi; 2. il quotidiano, nato come prodotto per élites, per gruppi ristretti di lettori selezionati dalla cultura, conserva ancora oggi alcune caratteristiche di lin­ guaggio e di contenuto che scoraggiano, o addirittura escludono, larghi strati di cittadini; 3. la scarsa credibilità del quotidiano, conseguen­ za dei condizionamenti che, in maniere a volte palesi e più spesso camuffate o oscure, pesano anche sulla parte informativa. Giornali e televisioni Non è, quindi, alla concorrenza della radio e del­ la televisione che la limitata diffusione dei quotidiani va principalmente addebitata, come dimostra la si­ tuazione esistente nei paesi occidentali coi quali è lo­ gico fare i confronti. Quando vari quotidiani italiani — intorno alla metà degli anni Settanta — hanno migliorato la qualità e l’ampiezza dell’informazione, i risultati di vendita e di prestigio non sono mancati. E’, invece, sulla formula dei quotidiani — grandi, medi e piccoli — che la massiccia affermazione delle emittenti pubbliche e private ha, o dovrebbe avere, un’influenza notevole. La radio e la televisione hanno tolto ai quotidiani il monopolio e il primato nella 4

diffusione delle notizie; ma ai giornali resta un va­ stissimo campo di attività che consiste, prima di tut­ to, nel fornire un’informazione più estesa, meno su­ perficiale, più completa sui fatti del giorno. Inoltre, il quotidiano può e deve spiegare e commentare i fatti e i problemi, cercare le motivazioni e i retroscena di un avvenimento e di un problema, e illustrarli al let­ tore. Come ha detto il famoso giornalista francese Hubert Beuve-Méry, fondatore di « Le Monde », la radio annuncia l’avvenimento, la televisione lo fa ve­ dere, il quotidiano lo spiega. Infine, in sede locale, resta anche al quotidiano la possibilità di fornire ai lettori quei servizi pratici, indispensabili o utili per la vita di ogni giorno. Il campo di attività e le funzioni che ho somma­ riamente delineato non sono stati, almeno finora, in­ sidiati dai molteplici e portentosi progressi tecnologi­ ci realizzati nelle comunicazioni: dal satellite per tra­ smissioni di immagini e di parole, al computer, ai vi­ deo-terminali. Tutto ciò può durare a condizione che i nuovi strumenti delle telecomunicazioni e dell’infor­ matica (i calcolatori o computers), la cui applicazione in Italia è agli inizi, non limitino o annullino, con la loro potenza accentratrice, la pluralità e la qualità dell’informazione e condizionino la circolazione delle opinioni. Questa è la grande sfida che comincia con gli anni Ottanta. Inoltre, oggi non appare molto lontano il giorno in cui si potranno leggere sul proprio teleschermo notizie e articoli; ma anche di fronte al giornale tra­ smesso elettronicamente sul video, alla carta stampa­ ta rimarrà un proprio spazio purché lo sappia indivi­ duare e occupare funzionalmente e in modo au­ tonomo. La fabbricazione « intellettuale » del giornale av­ viene in piccola parte con l’applicazione di regole 5

professionali e tecniche di base e, in gran parte, at­ traverso le scelte, le idee, le interpretazioni e il tem­ peramento di chi lo dirige e di coloro che, a vari li­ velli e con diverse responsabilità, partecipano alla sua fattura, nel contesto dell’impresa che lo pubblica. Una risposta esauriente alla domanda « che cos’è un quotidiano? » è difficile, quasi impossibile, per la natura complessa di questo probotto che opera sul terreno politico e sociale. I dizionari ci danno defini­ zioni sommarie, semplicistiche. Chi ci aiuta a definire il quotidiano è un linguista, Maurizio Dardano, il quale scrive: « Concepito per essere attraversato da una rapida lettura, situato al crocevia di influssi di­ versi, il giornale di oggi sembra sfuggire a una preci­ sazione del suo status [...]. Al primo livello di lettura si guarda il mondo attraverso il giornale, che è consi­ derato un semplice mezzo, sia dal lettore comune, sia dallo storico [...]. Quando si passa a un esame inter­ no si intrawedono due direzioni principali di ricerca: quella che considera gli antecedenti tecnici ed econo­ mici del prodotto [•••] e quella che studia il momento della ricezione, cioè gli effetti e le funzioni della stampa ». Dardano conclude che « il quotidiano mo­ derno, prodotto dell’industria pubblicistica, è il risul­ tato finale di una serie di operazioni collettive e preordinate », e che « in ogni paese la stampa è il prodotto di una situazione sociale che si rivela nei contenuti e nelle forme » 2. E’ chiaro, quindi, che per capire cos’è un quoti­ diano dobbiamo: 1. sapere di chi è; 2. individuare le funzioni e gli scopi che si prefigge; 3. tenere presente che costituisce un’unità organica, di orientamento 2 M. Dardano. Il linguaggio dei giornali italiani, Laterza, Roma-Bari 19742, pp. 13, 18,25.

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coordinato; 4. tenere conto del quadro politico e so­ ciale in cui esso opera e della caratterizzazione che la stampa ha in quel determinato paese. Qualifiche dei quotidiani Tradizionalmente, i quotidiani si dividono in due gruppi: quelli di informazione o « indipendenti », e quelli di partito e di opinione. Queste definizioni non vanno prese alla lettera (eccetto quella degli organi di partito, che dichiarano esplicitamente il loro status), ma hanno un valore in­ dicativo. Il giornale « indipendente » presuppone, in­ fatti, l’esistenza del cosiddetto « editore puro », cioè di un imprenditore con interessi soltanto editoriali che esercita con onestà e correttezza, e quindi che non dipende dal potere politico e non è legato ad al­ tri interessi economici. In Italia, l’editore « puro » — mai esistito nella completa accezione del termine — oggi è una mosca bianca: quasi tutti i quotidiani ap­ partengono a persone e a gruppi che hanno premi­ nenti interessi in altri campi. In più, la crescita dei costi, molto superiore a quella degli introiti, ha deter­ minato l’aumento degli interventi pubblici a favore della stampa quotidiana che, attualmente, opera in una delle condizioni peggiori di un regime democra­ tico, quella dell’assistenzialismo. Inoltre, occorre tenere presente che l’interpreta­ zione è un fattore connaturato a ogni attività infor­ mativa. « Il mito dell’obiettività, con l’immagine cor­ relativa del giornale ‘indipendente’ — ha scritto Um­ berto Eco —, camuffa semplicemente la riconosciuta e fatale prospetticità di ogni notizia. Per il semplice 7

fatto che scelgo di dire una cosa piuttosto che un’al­ tra ho già ‘interpretato’ » 3. La definizione « di informazione », che usiamo correntemente per i giornali che non si qualificano organi di partiti o di altri gruppi politici e sociali, e che è meno deviante di « indipendente », indica quei quotidiani in cui la componente informativa è consi­ derata uno dei fattori preminenti. Questa componen­ te, che è correlata a tutte le altre che formano il quo­ tidiano, viene realizzata in misura e in modi diversi, che spetta al lettore valutare. La proprietà Di fronte a un quotidiano di informazione le pri­ me domande che ci si deve porre sono: di chi è? chi lo finanzia? La conoscenza esatta e circostanziata dei mezzi di finanziamento di un’impresa editoriale che pubblica un quotidiano o un periodico (non ancora resa obbli­ gatoria, secondo le indicazioni contenute nell’art. 21 della Costituzione4), dei proprietari e dei loro inte­ ressi economici, è un elemento fondamentale per ca­ pire le intenzioni di un giornale. Con le norme at­ tualmente in vigore non si possono individuare con precisione i confini — spesso mutevoli — e la porta­ ta degli interessi e dei legami di un imprenditore o 3 U. Eco, Guida all'interpretazione del linguaggio giornalistico, in V. Capecchi - M. Livolsi, La stampa quotidiana in Italia, Bompia­ ni, Milano 1971, p. 340. 4 II quinto comma dell’art. 21 dice: « La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di fi­ nanziamento della stampa periodica ». La Costituzione è entrata in vigore il 1° gennaio 1948.

di un gruppo economico-finanziario che controlla una testata o una concentrazione di testate. In certi casi il ricorso a prestanomi attendibili o a società di comodo, magari con sede all’estero, stende sulla pro­ prietà, sui finanziamenti di vari giornali e sulle ma­ novre per le proprietà stesse, una cortina fumogena impenetrabile. Di qui viene la necessità di quella leg­ ge di riforma dell’editoria, sostenuta principalmente dalla Federazione della stampa, che è diretta ad assi­ curare la trasparenza dei bilanci e dei finanziamenti e il reale risanamento delle imprese editoriali e a porre limiti contro le concentrazioni. Di qui, per con­ trapposto, vengono le avversioni contro una legge del genere 5. Nonostante questa situazione e queste difficoltà, sapere, anche con una certa ma fondata approssima­ zione, a chi appartiene, a chi fa capo il quotidiano che si acquista, chi ne finanzia lo sviluppo o la co­ pertura del passivo, resta un fatto di primaria impor­ tanza per poterlo leggere più chiaramente, per poter­ lo decifrare dove è necessario. Per questo, alla fine del capitolo, elenchiamo i quotidiani italiani con le indicazioni sulla proprietà che è possibile conoscere attualmente, delle società che ne gestiscono la pub­ blicità e delle rispettive tirature. Le funzioni e i giornalisti Le principali funzioni di un quotidiano si posso­ no sintetizzare in quattro punti: 1. fornire notizie; 2. fornire spiegazioni e commenti; 3. intrattenere e di­ 5 Una proposta di legge organica, che possiede i requisiti indi­ cati, è stata presentata alla Camera nel 1978. ed è attualmente all’esame della Camera dei deputati che, fino al febbraio 1981, ne ha approvata la metà.

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vertire il lettore; 4. fungere da veicolo pubblicitario. Il giornale svolge inoltre funzioni non esplicite. Pri­ ma di tutto è il tramite (o il sostituto) di contatti so­ ciali e politici; poi, rappresenta un simbolo di presti­ gio o, comunque, è uno strumento di identificazione sociale. Inoltre, il giornale può servire a mobilitare i propri lettori, oppure a tranquillizzarli. Oppure può essere strumento, più o meno consapevole, di mano­ vre politiche o economiche compiute da chi detiene certe informazioni e le divulga con tali propositi. Se­ condo molti psicanalisti e psicologi la lettura del quotidiano ha, peraltro, vere e proprie funzioni psi­ coterapeutiche: per esempio, la lettura della cronaca « nera » (delitti, aggressioni, ecc.) libera l’individuo dalle proprie tendenze repressive, ne scarica gli im­ pulsi aggressivi. Gli scopi sono commerciali e politici: questi ulti­ mi possono essere dichiarati, evidenti, non evidenti. Come viene realizzato questo prodotto complesso e sovente ambiguo? Un’azienda giornalistica è com­ posta dalla proprietà, o editore, dalla redazione, dall’amministrazione e dai servizi tecnici necessari per la fabbricazione, la stampa e la diffusione6. I compiti dell’amministrazione riguardano la contabili­ tà, i servizi tecnici e la pubblicità. Quest’ultimo setto­ re — a cui dedichiamo un esame particolare nell’ulti­ mo capitolo — può essere gestito in proprio o affi­ dato a una concessionaria 1. 6 Non tutte le imprese editoriali hanno propri impianti tipo­ grafici e servizi di diffusione, ma stampano presso terzi e danno la diffusione in appalto. 7 Sono società che producono e raccolgono pubblicità per i giornali ai quali sono legate con un contratto di concessione che assicura agli stessi giornali un minimo annuale di introiti pubbli­ citari.

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La redazione è guidata dal direttore, da uno o più vice direttori in certi giornali, ed è composta da uno o più caporedattori, dai capiservizio, dai redatto­ ri e dai collaboratori fissi, cioè legati al giornale con un contratto. La responsabilità è affidata, anche per legge, al direttore, al quale competono i rapporti con l’editore proprietario o con il suo rappresentante, che è l’esponente del consiglio di amministrazione. Questo è uno dei nodi più delicati e importanti di un’impresa giornalistica, perché dai rapporti e dal­ le intese fra l’editore e il direttore dipende in buona parte il grado di autonomia del giornale e della sua redazione. Su questo punto, fino al 1974, il contratto giornalistico è stato vago e quindi debole agli effetti di quel diritto-dovere al quale si richiamano i giorna­ listi coscienziosi: potersi informare per poi, a loro volta, informare i lettori. La pubblicità di tali accordi ora sancita dal contratto costituisce un primo contri­ buto per garantire i lettori e consente più chiarezza nel lavoro dei giornalisti. Sono due fattori che si col­ legano agli altri — maggiori garanzie nella « comple­ tezza » delle informazioni, autonomia professionale, maggiore partecipazione alla fabbricazione del gior­ nale — rivendicati dai comitati di redazione e dagli altri organismi sindacali dei giornalisti e, finora, rea­ lizzati parzialmente. Il caporedattore è una figura centrale dell’organizzazione redazionale perché, applicando e interpre­ tando le indicazioni del direttore, coordina il lavoro di tutti nella realizzazione del giornale. I capiservizio guidano i settori in cui generalmente è divisa la reda­ zione: interni, cioè i fatti italiani, esteri, cronaca cit­ tadina, economia e finanza, cultura, spettacoli, sport, terza pagina e pagine e rubriche speciali, inviati, pa­ gine regionali e provinciali, segreteria di redazione. La segreteria ha un compito di coordinamento gene­ 11

rale nella fase di preparazione del quotidiano, ma, in particolare, si occupa dei corrispondenti e dell’orga­ nizzazione di molti servizi e tiene i contatti con l’Amministrazione per la contabilità redazionale. Gli inviati speciali dipendono, di solito, dal caporedatto­ re e dal direttore. Se il giornale non si pubblica a Roma, ha una re­ dazione romana il cui responsabile ha la qualifica di caporedattore, in considerazione dell’importanza della Capitale come centro dell’attività politica e ammini­ strativa del paese. Completano la redazione i com­ mentatori specializzati (politica estera, interna, eco­ nomia), che possono far parte del corpo redazionale 0 essere esterni, e i collaboratori. Per le collaborazio­ ni « esterne » è in atto una tendenza positiva alla specializzazione. Se i caporedattori sono più di uno, come normal­ mente avviene nei maggiori quotidiani, si dividono il lavoro in base alForario di fattura del giornale (per esempio, il caporedattore che fa il giornale fino alla prima edizione, e un altro che cura le successive) o ripartendosi la supervisione dei servizi. In conclusione, tutti i componenti della redazione contribuiscono, in misura diversa secondo i compiti e 1 metodi organizzativi, a ideare e a fare il giornale con un lavoro che, come vedremo nei particolari, ri­ chiede impegno e capacità professionali ma soprat­ tutto valutazioni, scelte e decisioni spesso delicate e importanti. Lefonti di informazione La principale materia prima del quotidiano è la notizia. Da dove arrivano? come si fa a procurarsele? Le maggiori fonti sono le agenzie di stampa. Ce 12

ne sono di quelle che operano, praticamente, in tutto il mondo, come le americane Associated Press e Uni­ ted Press International, l’inglese Reuter, la francese Afp (Agence France Presse), la sovietica Tass, e altre di carattere nazionale anche se vengono diffuse in qualche paese straniero. Le principali agenzie italiane sono l’Ansa (Agenzia nazionale stampa associata), società cooperativa di proprietà di 53 imprese edito­ riali, l’Agenzia Italia, che appartiene all’Eni, e poi, meno diffuse, l’Adn-Kronos, che è legata ai socialisti, e l’Asca (Agenzia stampa cattolica associata), pro­ mossa dall’esponente democristiano Flaminio Piccoli. Queste agenzie, collegate per telescrivente ai quo­ tidiani abbonati, sono in primo luogo fornitrici di notizie attraverso le loro reti di corrispondenti, ma forniscono anche articoli, corrispondenze e telefoto. Quasi tutti i quotidiani sono abbonati all’Ansa. Ci sono poi le agenzie specializzate in informazio­ ni economiche e finanziarie (la Radiocor è la princi­ pale di quelle italiane), in sport, in spettacoli e in al­ tre materie. Inoltre, ci sono agenzie di partito, di correnti dei partiti, di gruppi economici e sociali, e anche personali, cioè appartenenti a un esponente politico. Non poche operano per fini particolari e non sempre chiari. Le agenzie di questo tipo non ri­ chiedono, in fondo, una particolare attrezzatura: ba­ stano un recapito e un ciclostile per preparare le co­ pie delle dichiarazioni, dei commenti e delle informa­ zioni che interessa divulgare. L’attendibilità delle notizie trasmesse dalle agen­ zie più organizzate — oggi attrezzate con i più mo­ derni strumenti tecnologici — si può considerare buona o discreta, nonostante alcuni dati di fatto ne­ gativi. Prima di tutto il materiale diramato è il frutto di numerosi vagli operati dalla redazione e dalla di­ rezione dell’agenzia, che, prima di metterlo in circui­ 13

to, lo elabora, lo amplia o lo riduce, con valutazioni accettabili o discutibili. Anche le grandi agenzie pos­ sono, infatti, operare discriminazioni, e spesso lo fan­ no: il sistema più semplice e meno compromettente è quello di variare la quantità del materiale, o i dosag­ gi delle opinioni (ampi resoconti per il partito x, bre­ vi per il partito y, molto spazio a Tizio e poco a Caio), e di manovrare gli orari di trasmissione (in Italia, un’informazione trasmessa dopo le 20 difficil­ mente può trovare un posto adeguato o, addirittura, entrare nella prima edizione, che sta per andare in macchina). C’è poi da tener conto che molte agenzie, anche importanti, non si reggono sui proventi degli abbo­ namenti e ricorrono a finanziamenti governativi per­ manenti. Tale è la situazione dell’Ansa e della France Presse. I contributi che ricevono vengono motivati con le diramazioni di notiziari a istituzioni pubbliche e alle rappresentanze italiane all’estero. Una parte importante del materiale diramato non è prodotto dalle agenzie ma è rappresentato da tutte quelle comunicazioni, ufficiali o meno, distribuite da­ gli uffici stampa di organismi pubblici e privati: si va dai ministeri alle grandi società industriali e com­ merciali, dai partiti alle organizzazioni sociali. Altre fonti e vie delle notizie sono quelle proprie di ciascun giornale: gli inviati, i cronisti, i corrispon­ denti dall’estero e dall’Italia, gli informatori e i colla­ boratori. Sono canali importanti perché di fiducia e perché contribuiscono a differenziare un quotidiano da un altro in qualità e in quantità di informazioni. Si tratta di un lavoro complesso, spesso difficile, non soltanto per le attitudini che richiede ma soprattutto perché sovente le fonti delle informazioni sono avare, o sbarrate, o manovrate ai fini particolari. Da queste situazioni (e non solo da insufficienze o distorsioni 14

professionali del giornalista) nascono, talvolta, le in­ terpretazioni errate e le imprecisioni che irritano e insospettiscono i lettori e diminuiscono la credibilità dei quotidiani. Il problema dell’accesso alle fonti, il diritto, cioè all’informazione, diventa sempre più importante, nell’era delle comunicazioni di massa, con lo svilup­ po delle organizzazioni politiche, economiche e socia­ li e con il moltiplicarsi dei centri decisionali e di po­ tere. Ha scritto Stefano Rodotà: « Esistono uomini e gruppi che detengono le informazioni essenziali e le adoperano senza alcun controllo. Si ripete comune­ mente che ‘informazione è potere’. Senza una modifi­ ca del modo di accesso alle informazioni, quindi, ap­ pare estremamente difficile pure una diversa distribu­ zione e gestione del potere politico » 8. / titoli e l'impaginazione Man mano che ci inoltreremo nella lettura del quotidiano pagina per pagina, vedremo i particolari della « cucina » del giornale. Ma è opportuno fin d’ora esaminarne due elementi importanti, comuni a tutti i settori: la titolazione e l’impaginazione delle notizie, degli articoli e delle immagini con cui ogni giorno si confeziona il quotidiano. I titoli e l’impaginazione creano la fisionomia di un quotidiano, ne indicano lo stile. Se è vero che una titolazione e un’impaginazione eccellenti di con­ tenuti mediocri e scritti male, hanno un’efficacia effi­ mera, è altrettanto vero il contrario. La fisionomia e lo stile garantiscono al quotidiano l’attaccamento del 8 1974.

S. Rodotà, L'informazione è potere, « Panorama », 27 giugno

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lettore, creano abitudine, spesso una tenace fedeltà. Per questo i mutamenti formali dei quotidiani sono rari, e seguono un processo lentissimo, in notevole ri­ tardo rispetto all’evoluzione dei gusti e delle abi­ tudini. Impaginazione, titoli e fotografie sono inoltre i principali strumenti per informare rapidamente ma anche per influenzare il lettore, il quale scorre il gior­ nale prima di leggere ciò che lo interessa. Con questi strumenti, il giornale compie due operazioni: tra­ smette al lettore quella carica emotiva di cui tutti i quotidiani, in misura diversa, sono permeati e che è la prima cosa che una lettura critica deve rimuovere quando questa carica è marcata; manifesta le sue grandi scelte, dando in modo vistoso le notizie e i commenti che considera più importanti. In breve, in­ forma, impressiona e orienta il lettore. La titolazione. Nei quotidiani italiani i titoli a più colonne sono composti quasi sempre di tre elementi: l’occhiello, il titolo vero e proprio, il sommario. L’oc­ chiello, posto sopra il titolo, introduce e richiama l’argomento; il titolo dà la notizia principale o il suc­ co dell’articolo, ma a volte si basa su un particolare di un fatto, oppure viene usato per rivolgere un’esorta­ zione ai lettori; il sommario riassume il contenuto, e spesso è ampio e analitico per consentire al lettore frettoloso o non interessato particolarmente all’argo­ mento, di conoscerne gli elementi essenziali. Quando i particolari da mettere in rilievo sono molti e si vuole dare un maggiore impatto al titolo, si ricorre al « cate­ naccio »,- che è quella riga marcata, sovente chiusa tra due fili tipografici, collocata sotto il sommario *. * Nella esemplificazione dei titoli, ricorriamo alle seguenti abreviazioni: Occhiello = 0.\ Titolo = T.\ Sottotitolo = ST.: Sommario = S. ; Catenaccio - C.; Fondo = F.

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Ecco un titolo completo di tutti questi elementi tratto dal « Corriere della Sera » (17-7-1980): O. T.

S. C.

O g g i il P re s id e n te d e l C o nsiglio con sulta i s e g re ta ri d ella m a g g io ra n z a

SI CERCA DI EVITARE LO SCONTRO / SULLO 0.50: VERTICE DA COSSIGA Il d e c re to sul prelievo dagli stipendi rischia di non pas­ sare per il d urissim o « no » d elle opposizioni e le divisio­ ni intern e n ella D e e fra i socialisti — P o tre b b e essere trasfo rm ato in d iseg n o di legge.

Incontro tra Pei e Psi sul « contropiano » economico co­ munista

Ci sono vari metodi di titolazione, da quello cro­ nístico, indicativo, a quello basato sull’effetto, dram­ matico o brillante. Tra questi due estremi — titola­ zione « fredda » e titolazione « calda » — le variazio­ ni possibili sono moltissime, secondo le tradizioni giornalistiche di un paese, il tipo di quotidiano e l’at­ teggiamento del giornale. In Italia, il titolo che mira più a colpire, a impressionare che a informare è pre­ rogativa, ma non esclusiva, dei quotidiani del pome­ riggio, destinati a una rapida lettura e le cui vendite possono registrare sbalzi considerevoli da una giorna­ ta all’altra, e anche da una edizione all’altra, deter­ minati dalle notizie del momento. Questa titolazione deve essere sintetica e, per questo, si ricorre a moduli lessicali e sintattici arditi, o poco consueti. Poche pa­ role, a volte soltanto due, persino una, per poter rag­ giungere l’effetto desiderato anche graficamente, cioè con l’impiego di caratteri di corpo9 elevato, alti o larghi, molto neri, leggibili a distanza. 9 Termine tecnico che indica lo spessore, o meglio la distanza tra la faccia superiore e quella inferiore del carattere.

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La titolazione dei quotidiani del mattino è orien­ tata sull’altro metodo, quello indicativo-cronistico, ma applicato raramente sul registro « freddo » e qua­ si sempre con varianti che conferiscono al titolo for­ za di attrazione e una certa dose di emotività. Molti esempi di titolazione « fredda » li troviamo sul quoti­ diano parigino « Le Monde », che impiega caratteri molto piccoli e stretti per compilare titoli formati con frasi compiute, sempre costruite con il verbo e senza la soppressione dell’articolo. Nel giornalismo italiano si considera non adatto questo tipo di titola­ zione e si sostiene che un certo richiamo sul lettore occorre esercitarlo proprio con titoli marcati e incisi­ vi 10. Per questo molti titoli sono realizzati con forza­ ture sia della costruzione sintattica, sia del contenu­ to, sia della logica che dovrebbe distinguere le fun­ zioni dei vari elementi del titolo. La necessità di compilare titoli con pochissime parole spinge, per esempio, a usare l’occhiello come parte integrante del titolo stesso, e non come intro­ duzione o richiamo generico; oppure a dedicare la prima battuta del sommario a un elemento importan­ te della notizia, che avrebbe dovuto comparire nel ti­ tolo perché è essenziale per comprenderla. Un esem­ 10 Gramsci, in un quaderno del carcere, ha fatto un’annotazione sui titoli. Dice: « Tendenza a titoli magniloquenti e pedanteschi, con opposta reazione di titoli così detti « giornalistici », cioè anodini e in­ significanti. Difficoltà dell’arte dei titoli che dovrebbero riassumere alcune esigenze: di indicare sinteticamente l’argomento centrale trat­ tato, di destare interesse e curiosità spingendo a leggere. Anche i ti­ toli sono determinati dal pubblico al quale il giornale si rivolge e dall’atteggiamento del giornale verso il suo pubblico: atteggiamento demagogico-commerciale quando si vuole sfruttare le tendenze più basse; atteggiamento educativo-didattico, ma senza pedanteria, quando si vuole sfruttare il sentimento predominante nel pubblico come base di partenza per un suo elevamento ». L’annotazione è del 1930 (A. Gramsci, Gli intellettuali e l'organizzazione della cultura, Ei­ naudi, Torino 1955,p. 159).

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pio di forzatura del contenuto dell’informazione e della struttura logica del titolo è quello comparso sul « Messaggero » del 15 febbraio 1974, in prima pagina a cinque colonne. Le righe del titolo vero e proprio dicevano CINQUANTA LITRI DI BENZINA / AL MESE CON IL RAZIONAMENTO

Al primo colpo d’occhio il lettore che non ha letto l’occhiello, composto sempre con caratteri di un cor­ po molto inferiore, ritiene di aver appreso che è stata decisa l’adozione del razionamento della benzina e che è già stato fissato il quantitativo del carburante da assegnare. Leggendo l’occhiello, Ma non è ancora certo che si farà, capisce invece di non aver ricevuto una notizia certa e definitiva, ma una supposizione, un’indiscrezione sul progetto di razionamento che è in discussione in quei giorni. In quanto alla sintassi, basta osservare che nella maggior parte dei titoli prevale lo stile nominale, cioè con abolizione o riduzione della funzione del verbo, l’ampio uso del participio passato e dei due punti e l’abolizione dell’articolo. I titoli sono, quindi, il frutto di determinate esi genze giornalistiche e tecniche e di scelte e di inten­ zioni del giornale. Per questo, il lettore critico non si limita a giudicarne l’efficacia informativa e l’effetto che provocano su di lui, ma li confronta con il con­ tenuto del testo per vedere se è stata operata una forzatura che, oltre al tentativo di impressionare, di­ storce l’informazione, oppure una vera e propria ma­ nipolazione. Non è raro trovare parziale corrispon­ denza tra titoli e il relativo testo. Il vizio si rivela tanto più grave in periodi di forti tensioni come 19

quello che stiamo attraversando (terrorismo, crisi in­ terna, crisi intemazionale). L'impaginazione. E’ la traduzione grafica del lavo­ ro e delle scelte finali della redazione, del redattore capo e del direttore; coordina e accresce le prese di posizione realizzate coi titoli. E’ uno strumento pecu­ liare (ma non esclusivo) dell’informazione stampata, che serve a realizzare, con la scelta della pagina, del­ la posizione e del rilievo da dare alla notizia nella pagina stessa, con la diversa misura dei titoli e dei pezzi ", la scala di valori ritenuta la più importante e la più interessante per i lettori e per il giornale. Secondo lo studioso americano Bruce Westley, i requisiti fondamentali per ottenere una buona impa­ ginazione sono quattro: l’equilibrio della pagina, il contrasto, i punti focali e il movimento. L'equilibrio si può ottenere con un’impaginazione simmetrica, ma anche con una asimmetrica: la prima si basa soprat­ tutto sull’allineamento dei titoli e sull’alternarsi geo­ metrico dei neri (i titoli) e dei grigi (i testi). Quando 11 In gergo giornalistico si definisce pezzo qualsiasi testo che sia più lungo di una notizia, dal terzo di colonna in su. Il Consi­ glio nazionale dell’Ordine dei giornalisti ha fornito, nel 1972. le seguenti definizioni dei tipi di testi che compongono il giornale: la notizia è l’informazione fornita dal giornalista su situazioni e fatti accaduti, con la semplice narrazione dei fatti come si sono svolti; il servizio è l’elaborato redatto su situazioni, fatti o problemi. La descrizione di essi costituisce il suo contenuto informativo con eventuali osservazioni critiche. L’inchiesta è un elaborato con par­ ticolari indagini su situazioni, fatti o problemi, con unità di argo­ mento. L’articolo è lo scritto redatto su temi e problemi diversi: politici, economici, sociali, morali, religiosi, culturali, sportivi ecc., in cui prevale l’elemento critico e concettuale. Ma i termini in uso sono molti di più: uno molto impiegato è corrispondenza, che definisce sia il servizio dell’inviato, sia quello del corrispondente. 20

si adotta una disposizione asimmetrica, l’importante è che la pagina non appaia sbilanciata. Il contrasto si raggiunge con differenti caratteri tipografici (tondi o corsivi, più scuri o più chiari), con le illustrazioni, con gli spazi bianchi e col grigio dei testi. Il punto focale è quello su cui cade, o è più facile attirare, l’occhio del lettore. Nella pagina ce ne sono più di uno; il più efficace viene considerato da molti tecnici quello in alto, a destra. Infine, il quarto requisito consiste nel dare alla pagina un aspetto movimentato ma senza alterarne l’equilibrio. « Non si deve costrin­ gere — dice Weiss — l’occhio del lettore a salti bru­ schi e a interruzioni: rimpaginazione deve asseconda­ re il movimento naturale dell’occhio del lettore » l2. Le regole dell’impaginazione mirano, dunque, a raggiungere due scopi: uno funzionale (dare rilievo o sminuire una notizia) e uno estetico. La pagina si compone di un’apertura (articolo o servizio o, molto eccezionalmente, una fotografia l3) che occupa le prime colonne in alto, a sinistra. Alla apertura sono affiancati un titolo di testata, a centro pagina, e uno di spalla, a destra. Spesso, invece di tre titoli ne troviamo soltanto due, l’apertura e la spalla. Poi ci sono i tagli, cioè i titoli posti nel corpo della pagina, sopra e sotto la metà. A seconda della posizione sono definiti taglio alto, medio e basso. Questi elementi sono comuni a tutte le pagine dei quotidiani, quali che siano il loro grado di tradizio­ nalismo e di modernità e il loro formato. Anche se la tecnica è diversa, i criteri base dell’impaginazione non cambiano col formato tabloid (quello della « Re­ 12 I. Weiss, Hpotere di carta, Utet, Torino 1965, p. 223. 13 Alcuni quotidiani del mattino, per esempio, aprirono la pri­ ma pagina con una fotografia quando il primo uomo sbarcò sulla Luna.

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pubblica », per intenderci), il cui uso oggi è più dif­ fuso di un tempo. Nel prossimo capitolo esaminere­ mo rimpaginazione della prima pagina, riproducendo anche uno schema impostato tradizionalmente. Notevole importanza ha la scelta e l’impiego delle fotografie per l’effetto che l’immagine esercita. Con una fotografia si dicono molte cose. Prima di tutto serve ad aumentare il richiamo su un fatto, poi a in­ dirizzare questo richiamo in senso positivo o negati­ vo, secondo le intenzioni del giornale. Per esempio, durante la guerra del Vietnam alcuni giornali pubbli­ cavano soltanto fotografie che mettevano gli america­ ni in una luce favorevole, altri giornali facevano l’op­ posto, altri ancora le alternavano. Lo stesso accade con le fotografie di una dimostrazione politica o di uno sciopero: il quotidiano favorevole pubblica foto­ grafie che ne avvalorino la riuscita, quello contrario sceglie le immagini che ne diminuiscono l’importanza 0 che lo screditano. Analogamente, se un quotidiano vuole suscitare simpatia per un leader, ne pubblica con frequenza fotografie che lo ritraggono in atteg­ giamenti simpatici; se vuole ottenere l’effetto oppo­ sto, pubblica la sua immagine soltanto se potrà de­ terminare nel lettore reazioni negative. Tra questi due atteggiamenti contrapposti ci sono, ovviamente, mol­ tissime varianti. In sostanza, la scelta delle fotografie è coordinata con tutti gli altri criteri adottati nella fabbricazione del giornale. Il quotidiano che troviamo tutte le mattine e tutti 1 pomeriggi nelle edicole nasce dalla serie di opera­ zioni che abbiamo sommariamente descritto: la rac­ colta, l’elaborazione, il dosaggio e la confezione della materia prima. Questa materia è composta dalle in­ formazioni ma anche dagli articoli, dalle rubriche va­ rie, dalle fotografie, dalle cartine e dai disegni ecc. 22

ecc. Stiamo per leggere il prodotto di sintesi di un’impresa che vende informazioni e commenti. I m lettura

Per capire un quotidiano, per valutare le informa­ zioni e le opinioni che ci presenta, per individuarne le intenzioni, è necessaria la lettura ragionata. Il compito è più agevole se si leggono due o più quoti­ diani, possibilmente di tendenza politica diversa. Il confronto, anche rapido, consente di rilevare le diffe­ renze più appariscenti e di qui risalire ai motivi che hanno determinato scelte e opinioni; e permette an­ che di constatare le omissioni, perché un quotidiano si giudica anche per quello che non pubblica. Ma an­ che la lettura critica di un solo quotidiano, purché venga fatta con una certa continuità e con una suffi­ ciente conoscenza di alcuni problemi o situazioni, politici e di altro genere, può consentire di valutarne l’impegno informativo e la genuinità dei commenti. La lettura deve essere continuativa, almeno tre o quattro numeri di fila, perché la mancanza di una notizia o un’informazione parziale o errata, rilevate in un determinato giorno, potrebbero condurre a giu­ dizi sommari; infatti, un « buco » (si chiama così, in gergo giornalistico, la mancanza di una notizia ap­ parsa, invece, su un altro quotidiano), o un errore possono avvenire per forza maggiore o in buona fe­ de. Il quotidiano viene costruito in poche ore, con l’assillo degli orari di spedizione e di distribuzione, con una massa di informazioni almeno dieci volte su­ periore a quella che il lettore avrà sotto gli occhi la mattina dopo; con informazioni spesso contradditto­ rie, da valutare prima di poterle elaborare; con avve­ nimenti in continua evoluzione e con fatti che posso­ 23

no accadere in ogni momento. Per questo bisogna concedere ai quotidiani un margine di errore. Il gior­ no dopo si potrà vedere se l’errore o l’omissione so­ no stati casuali o intenzionali. La diffusione della lettura dei quotidiani nella scuola e il suo insegnamento, attraverso confronti e discussioni — come si è cominciato a fare in alcune Regioni — può contribuire a un serio progresso poli­ tico e culturale perché avvia gli studenti all’abitudine di un contatto quotidiano con la realtà politica e so­ ciale attraverso quell’indispensabile lettura critica di cui abbiamo parlato. Un docente che ha studiato questi problemi, Roberto Berardi, ha scritto: Il giornale — di qualunque tipo sia — è un documento per lo storico di domani, che vi cercherà la testimonianza di fatti e costumi di oggi; ma anche per l’uomo di oggi che voglia conoscere criticamente il mondo in cui vive, e desideri quindi servirsi del giornale come strumento di in­ formazione, e non già esserne servo o succubo. Per domi­ nare il giornale e non esserne dominato v’è un mezzo solo: usare nei suoi confronti quel metodo della critica storica, dell’analisi del documento, che erroneamente qualcuno pensa si debba applicare solo nei confronti delle testimo­ nianze del passato. Compito dell’insegnante è appunto aiu­ tare gli allievi a vedere con occhio nuovo, con occhio criti­ co quella stampa periodica che è ormai parte integrante del nostro vivere civile u.

14 R. Berardi, Insegnare a leggere il giornale, nel voi. Didattica della storia, Giappichelli, Torino 1966, p. 85. Il corsivo della cita­ zione è nel testo.

24

I QUOTIDIANI ITALIANI: PROPRIETÀ-, PUBBLICITÀ’ E TIRATURE

Nella tabella che segue elenchiamo in ordine alfabeti­ co — senza tener conto dell’articolo presente nella testata — l’elenco dei quotidiani che si pubblicano in Italia al 1° febbraio 1981, con l’indicazione delle proprietà effettive o supposte (segnate con la lettera S), delle concessionarie di pubblicità e delle tirature (cioè delle copie diffuse, non di quelle vendute. La differenza, o « resa », varia da testata a testata: può andare, indicativamente, da un 1% a un 25 - 30%). Accanto alla testata indichiamo le eventuali edizioni con testata diversa, la città di pubblicazione e altre carat­ teristiche: se esce al mattino (M) o al pomeriggio (P), se è organo di partito (OP), se è prevalentemente un giorna­ le economico-finanziario (EF) oppure se è sportivo (Sp). Inoltre, dato il numero crescente di quotidiani che, in questi ultimi anni, hanno adottato il formato « tabloid » (la metà all’incirca di quello tradizionale), questi fogli so­ no indicati con la lettera T. Per le tirature si è preferito dare quelle medie relative all’annata luglio 1978-giugno 1979 perché sono quelle ac­ certate, sulla base dei consumi di carta, dalla Commissio­ ne prevista dal decreto legge 21 febbraio 1980 per le provvidenze alla stampa, decreto poi decaduto. Nel mo­ mento in cui questo elenco viene compilato, tali dati sono gli ultimi che abbiano un carattere ufficiale e una marca­ ta attendibilità sostanziale. Da allora alcuni quotidiani hanno aumentato la propria diffusione; per altri — in numero maggiore — si sono verificate flessioni determina­ te dall’aumento del prezzo da 300 a 400 lire, in corso di riassorbimento per i quotidiani più forti. Per i quotidiani che non uscivano a metà del 1979, forniamo una cifra stimata segnata con un asterisco. In alcuni casi mancano indicazioni attendibili, si tratta co­ munque di piccoli quotidiani per i quali, talvolta, è persi­ no difficile registrare tempestivamente uscita, interruzioni o chiusura. 25

Tab. 1. Proprietà pubblicità, e tiratura dei quotidiani italiani Proprietà

Pubblicità

Testata

Città pubbl.

Caratt.

«L’Adige» «Alto Adige» «L’Arena»

Trento Bolzano Verona

(M) (M) (M)

«Avanti!» «Avvenire»

Roma Milano

«L’Avvisatore marittimo» «Bresciaoggi» «Calabria»

Genova Brescia Roma

«La città» «Corriere Adriatico» «Corriere del giorno»

Firenze Ancona Taranto

«Corriere della Sera» «Corriere d’informazione» «Corriere dello Sport»

Milano Milano Roma

SPE De locale Publikompass Rizzoli Imprend.veneti Manzoni (area De) SIPRA (OP-T) Psi SIPRA Finanziaria (M) vaticana Publirama Fam. Bellio (M) Cooperativa SPI (M) Polipubblicità (M-T) M. Gismondi e soci P.77 (M-T) M. Bullini Sensi (costrutt.) SPI (M) Imprend. locali SPI (M) (area De) in proprio Rizzoli (M) in proprio Rizzoli (P) Amodei e Romeo SPI (Sp)

«Daily American» «Daily News» «Diario di Siracusa» (e «Diario di Ragusa» e «Diario di Palermo») «Dolomiten» «L’Eco di Bergamo» «Espresso Sera» «Il Fiorino» «Gazzetta del Popolo»

Roma Roma Siracusa

(M-T) (M-T) (M-T)

Bolzano Bergamo Catania Roma Torino

(M-T) (M)

«La Gazzetta dello Sport» «Gazzetta del Sud» «La Gazzetta del Mezzogiorno»

Milano Messina Bari

«Gazzetta di Mantova» Mantova ( in prep. «Gazzetta di Modena» e «Gazzetta di Reggio») «Gazzetta di Parma» ««Il Gazzettino»

Parma Venezia

C. Dubois Manzoni R. Cunningham in proprio Parretti e soci Manzoni

Ebner e soci Curia Fam. Ciancio (P) (EF) L. D’Amato (M-T) L. Bevilacqua e soci Rizzoli (gestione) (Sp) (M) U. Bonino (M) Imprend. locali (gestione) Mondadori (M) (M) (M)

Tiratura 20.450 40.250 42.900 63.300 116.400 5.150 13.600 12.250 11.450 710.400 101.050 319.250

15.950 16.500

SPI Manzoni SPI SIPRA SIPRA

33.000 37.100 5.250 36.800 97.900

in proprio SPE SPI

334.500 64.400 88.250

Publikompass

Imprend. locali Manzoni De veneta SPI

19.850 46.400 129.400

Testata

Città pubbl.

Caratt.

«Giornale del Sud» «Giornale di Brescia» «Giornale d’Italia» «Giornale di Sicilia» «Il Giornale di Vicenza» (colleg. all’«Arena») «Il Giornale nuovo»

Catania Brescia Roma Palermo Vicenza

(M-T) (M) (M-T) (M) (M)

«Il Giorno» «Il Lavoro» «Libertà» «Lotta continua»1 «il manifesto» «Il Mattino»

Milano Genova Piacenza Roma Roma Napoli

«Il Mattino di Padova» (e «La Tribuna di Treviso») «Il Messaggero» «Messaggero Veneto» «La Nazione» «La Notte»

Padova

«La Nuova Sardegna» «L’Occhio» «Olimpico» «L’Ora» «L’Ordine» «Paese Sera» «Il Piccolo» «Il Popolo» «La Prealpina» «Primorski Dnevnik» «La Provincia» «La Provincia» «La Provincia Pavese» (e «Gazzettino di Vigevano») «Puglia»

Milano

Roma Udine Firenze Milano

Proprietà

Pubblicità

Imprend. locali in proprio Banco» San Paolo L. D’Amato SPI Pini Ardizzone SPE Imprend. veneti Manzoni (area De) Cooper. Berlusco- SIPRA e SPI (M) ni e soci SPE Publiedit (M) SIPRA Rizzoli e Psi (M) Fam. Prati SPI (M) in proprio (M-T) Cooperativa SIPRA Cooperativa (M) SPE Rizzoli e De (M) (in gestione) Manzoni (M-T) Caracciolo (M) (M) (M)

(P)

Montedison Zanussi e soci Monti e Maestro Pesenti

Sassari Milano Roma

Roma

«il Resto del Carlino» «Roma»

Bologna Napoli

29.500*

42.250 150.000* 16.600

Polipubblicità

Lecce

255.350 34.000 27.750 45.000 57.700 128.600

SPI SIPRA Polipubblic'tà

Roma

«Quotidiano di Lecce» (e «Quotidiano di Brindisi») «la Repubblica»

250.700

285.800 51.800 239.800 123.200

SIPRA e SPI Publikompass SIPRA Manzoni SPI SPI Manzoni Manzoni

M. Gismondi e soci (M-T) Imprend. locali (area Psi) (M-T) Caracciolo e Mondadori (M) Monti e Maestro (M) A. Lauro

46.750 145.000 62.000 32.700

in proprio SPI SPE SPI

(M) Caracciolo e soci (M-T) Rizzoli (Sp-T) M. Gismondi e soci Palermo (P-T) Cooperativa Como (M) Coop. Cattolici locali Roma (M eP) Pei Trieste (M) Rizzoli Roma (OP-T) De Varese (M) Imprend. locali Trieste (M) Cooperativa Como (M) Imprend. locali Cremona (M) Agric. locali Pavia (M-T) Caracciolo (M-T)

Tiratura

SIPRA Manzoni

18.850 7.600 169.650 64.350 54.650 21.600 9.550 24.400 17.750 15.000

Manzoni

15.000*

Manzoni

227.600

SPE SPE

251.800 58.800

«Lotta continua» ha sospeso recentemente le pubblicazioni, ma si propone di riprenderle entro la prima metà

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