ArtQuiz Teoria [PDF]

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Zitiervorschau

ARTQU Z

®

TEORIA

Edizioni Giurleo

Web site: www.artquiz.it e-i;nail: [email protected]

o o o o u o

Artquiz Teoria - ISBN 978-88-908284-8-5 Quarta. Edizione Copyright© 2012-2015 Eordine 1.2 Divisibilità, numeri primi, mcm e MCD 1.2.1 Potenze . . . . . . . . . . . 1.3 Numeri razionali, reali e complessi 1.3.1 Notazione decimale . . .. 1.3.2 Radici . . . . . . . .... 1.3.3 Numeri complessi (cenni)

33 33 34 35 35 36 38 38

2 Algebra 2.1 Monomi e polinomi . 2.1.1 Frazioni algebriche 2.2 Equazioni e disequazioni . 2.2.1 Equazioni ..... . 2.2.2 Disequazioni .. . 2.2.3 Equw:ioni parametriche 2.3 Sistemi di equazioni e disequazioni 2.3.1 Sistemi di equazioni .. 2.3.2 Sistemi di disequazioni . . 2.4 Equazioni razionali e radicali .. 2.5 Dh:iequa-Lioni razionali e radicali . 2.6 Esponenziali e logaritmi . . . . .

39 39 40 41 41 43 44 45 45 46 46 48 49

3 Geometria 3.1 ,ntroduzione . 3.2 I Poligoni . . 3.2.1 Triangoli 3.2.2 Quadrilateri . 3.3 La circonferenza in ottica euclidea 3.4 I poliedri ... . ..... . . . 3.4.1 Pamllelepipedo e cubo . 3.4.2 Piramide . . 3.5 I solidi di rotazione . 3.5.1 Cono .. 3.5.2 Cilindro . . 3.5.3 Sfera ... . 3.6 Il piano cartesiano 3.6.1 Luoghi di punti. 3.6.2 Distanze·e punto medio 3.6.3 La retta . . . . . . . . . 3. 7 Le coniche . . . . . . . . . . . . 3.7.1 La circonfèrnnza in ottica cartesiana 3.7.2 Parabola 3.7.3 Iperbole .. . . 3.7.4 Ellisse . . .. . 3. 7.5 Luoghi comuni

53 53 53 54 55 57 58 58 58 59 59 59 60 60 60 61 62 63 63 64 65 66 67

VIII

o

I

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o

© Artquiz

INDICE

4 'frigonometria

69 69 70 71 73

5 Funzioni

75

4.1 Misura degli angoli . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.2 Coseno, seno, tangente e cotangente di un angolo 4.3 Uguaglian7.e e relazioni trigonometriche . 4.4 Equazioni e disequazioni trigonometriche .

5.1 Introdu:tione ........... . 5.2 Le proprietà delle funzioni ... . 5.2.1 Dominio di una fun�ione . 5.2.2 La. funzioue inversa . . . . 5.2.3 Zeri di una funzione . . . 5.3 Grafici di alcune funzioni fondamentali. 5.4 Limiti e calcolo differenziale ... 5.4.1 Limiti di una funzione . . 5.4.2 Derivata di una funzione . 5.4.3 Crescenza e decrescenza 5.4.4 Massimi e minimi . . . .

o

III 1

. '. • •

FISICA

83

Grandezze fisiche e unità di misura

1.1 Introduzione . . . . . . . . . . . 1.2 Multipli e sottomultipli delle unità di misura 1.3 Grandezze scalari e vettoriali 1.4 Errore assoluto e relativo

f

t

Il



4

..

83 83 84 84 86

2 Cinematica 2.1 Introduzione . . . . . . 2.1.1 Moto rettilineo uniforme . . . . . . 2.1.2 Moto rettilineo uniformemente accelerato 2.2 Moto in un campo gravitazionale e la balistica 2.3 Moto circolare uniforme 2.4 Moto armonico . . .

87 87 87 88 88 89 90

3 Dinamica 3.1 I principio della dinamica 3.2 II principio della dinamica . . 3.3 III principio della dinamica 3.4 Quantità di moto e impulso

93 93 94 94 94

..

o

75 75 76 76 77 77 79 79 80 82 82

4 Statica 4.1 Le forze e loro unità di misura . . . .. . . 4.2 Massa, forza gravita'.!lionaie, gravità e peso 4.3 Densità e peso specifico 4.4 Forze elastiche . . . . . . 4.5 Forze di contatto � . . . 4.5.1 Reazioni vincolari

.

ti

.







I

95

. . ..

,

+

t

t



4

t



I

lt





95 95 96 96 96 96

IX

© Artquiz

INDICE

4.6 4. 7 4.8

4.5.2 Forze di attrito ..... 5 3 Pulegge e corde flessibili ll.. Statica dei corpi estesi Momento cli una forna Le leve .

96 97 97 97 98

5 Energia 5.1 Introduzione..... . 5 2 Il lavoi·o . ... . . .. . 5.3 Poten�a e rendimento 5.3.1 Energia cinetica 5.3.2 Campi di forze com;ervative ed energia potenziale ,

101 101 101 102 102 102

6 Dinamica dei corpi estesi 6.1 Momento d'incrxia e momento angolare G.2 Urti ................... .

105 105 106

7 Meccanica dei fluidi 7.1 Statica dei Huidi. La pressione 7.1.1 Unità di misura della pressione 7 1.2 Pressione idrostatica_ . . 7.2 Spinta di Archimede 7.3 Dinamica. dei Hui

00 o

Diagramma 5

Dlagramma6

� Olagramma 7

Figura 2.2: Relazioni insiemistiche. Esempio da Artquiz: Personaggi famosi, Persone nate a Milano, MonÙmenti equestri. Individuare il diagramma che soddisfa la relazione insiemistica esistente tra i tre termini dati. Ci possono essere persone simultaneamente famose e di Milano, o anche facenti parte di una sole delle due categorie. Ma nessuna di esse è una statua equestre. Quindi il diagramma 1 è quello corretto. Esempio da Artquiz: Tori, Maiali, Suini. Individuare il diagramma .che soddisfa la relazione insiemistica esistente tra i tre termini dati. L'insieme dei maiali è contenuto nell'im,ieme dei suini. Mentre i tori non possono mai essere anche suini, quindi l'insieme dei primi è disgiunto dall'insi�me dei secondi, per cui il diagramma corretto è il secondo. Esempio da Artqniz: Mele, Pere, Fì·utta raccolta quest'anno. Individuare il diagram­ ma che soddisfa la relazione insiemistica esistente tra i tre termini dati. . 15

..

Capitolo 2 Ragionamento Jogico-matematico

© Artquiz

Nell'insieme della frutta raccolta quest'o.nno è certamente inclusa anche una parte dell'insieme delle mele e una parte dell'insieme delle pere (le parti dì tali frutti raccolti appunto quest'anno). Tuttavia, tra questi ultimi due insiemi non ci sono elementi in comune, e dunque l'intersezione è necessariamente vuota. Quindi il diagramma 3 e quello corretto.

Esempio da A rtquiz: Indicare il diagramma che soddisfa la relazione insiemistica esistente fra i tre termini dati: numeri compresi tra 15 e 20, numeri compresi tra 5 e 30, numeri compresi tra 10 e 25. Vale che: "numeri compresi tra 15 e 20" è contenuto in "numeri compresi tra 10 e 25" che è contenuto in "numeri compre1:1i tra 5 e 30". Quindi il diagramma 4 e quello corretto. Esempio da Artquiz: P 2 > 5 > 3 > 3 > 2 > 6 > 5 > la media vale: 34/10. Infatti> basta eseguire il calcolo:

1+3+4+2+5+3+3+2+6+5 10

34 10

Esempio da Artquiz: Uno studente universitario > dopo aver superato 3 esami> ha la

media di 28. NeWesame successivo lo studente prende 20. QuaPè la sua media dopo il quarto esame? 26. Infatti > la somma dei 4 voti dà 28 · 3+20 = 104 > e la media si ottiene dividendo tale somma per 4 > quindi la media cercata è (28 · 3+ 20)/4 = 104/4 = 26.

o o o o o

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Il "I r• l ff,.

I� 32

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I

PARTE II

MATEMATICA

Capitolo 1

Aritmetica 1.1 Numeri naturali e interi. Relazione d'ordine L'insieme dei numeri naturali è, d'ora in poi, denotato con la lettera N. Esso è l'insieme dei numeri che si usa pcl' contare, ossia:

N= {0,1,2,3, ... }. Per dire, ad esempio, che 17 appartiene a N, useremo la notazione 17 E N. In generale, il simbolo E si usa per dire che un elemento a appartiene ad un dato insieme A, e si scrive quindi a E A. Inoltre, se tutti gli elementi di un insieme A sono anche elementi di un insieme B, allora diremo che A è sottoinsieme di B e scriveremo A ç B. In N ci sono due operazioni binarie dette somma e prodotto, denotate rispettiva­ mente con+ e· (questo _simbolo è spesso omesso e, in luogo di a· b, si scrive ah), e una relazione d'ordine binaria detta "minore o uguale", denotata con ·,

non può essere negativo (è un qua­

' . • --- > O e ! > equazione non ha dunque soluz1om;

b2 - 4ac

o o

© Artquiz 2. �

MATEMATICA

= o, allora

(, + :a)

2

(X+

b 2a

2

-) -

&2

_

4ac

4a 2

b = (X + -2a)

2



- -4a2

b = X + -2a ) (

e l'equazione associata ha un 'unica soluzione (doppia) x '

b b2 - 4ac 3. � > O, allora (x + cui x da + . , = 4a2 2a 2 -b± /b -4ac l'equazione ha due soluzioni :1: 1 2 = 0a b ) 2a

2

2

o

-4a2

- - :a;

b - 4ac

=

·

e quindi = ±� 4a2

I

Esempio: risolvere l'eq�mzione ·

(x - 3) 2 +X-= 4 + X.

Sviluppando e portando tutto a sinistra si giunge i. x2 - 6x+ 9 + x - 4 - x quin

  • ). Analizziamo la relativa casistica. Disequazioni di primo grado Data la disequazione ·ax + b < O, sommando -b ad enti·ambi i membri si ottiene a.'t + b- b < -b, ossia a::i: < -b. Moltiplicando ora ambo i ·membri per a- 1, che esiste perché a. =J O, si ottiene:

    {x < .:.....b/a se a > O; x > -b/a se a< O. L'insieme cli soluzioni ·è quindi del tipo:

    {x E

    IRI x > -b/a}

    (oppure, {x E

    JR! :i;< -b/a}).

    Esempio: risolvere la cli.,;equaziouc

    2-X

    :::;

    5.'t + 3.

    Si poi·ta a sinistra il secondo meqibro:

    -5x - 3 + 2 - x � O, da cui -6x - 1 � O, e infine x 2: -1/6. 43

    © Artquiz

    Capitolo 2 Algebra Disequazioni di secondo grado

    Data la disequazione a:i: 2 + bx + c < O, si cercano le soluzioni dell'equazione associata, quindi ci si trova in uno dei tre casi seguenti: 1. ò. < O. L'equazione associata non ha soluzioni e ci sono due sottocasi: se a > O nessuno elemento soddisfa la disequazione di partenza; se a < O ogni elemento soddisfo la disequazione di partenza.

    2. ò. = O. L'equazione associata ha un'unica soluzione a:1 e la situazione è la medesima "' del caso precedente. Attenzione: nel caso a< O si esclude dalle soluzioni xi, mentre nel caso ax 2 +bx+ c s-; O, se a> O allora x 1 (solamente) soddisfa la disequazione di partenza.

    3. ò. > O. L'equazione ha due. soluzioni x1, x2 e di nuovo: se a> O, allora. l'insieme di soluzioni è dato da {x ERI x1 < x < x2}; se a< O l'insieme di soluzioni è dato da {x E Rj x < x1 oppure :c2 < x}. Esempio: risolvere la disequazione

    a:(x + 1)

    < -(4 + x).

    Sviluppando e portando tutto a sinistra si giunge a: x2

    + x + 4 + x < O, e quindi a x2 + 2x + 4 < O.

    Il discriminante dell'equazione associata è: ò. = 22

    -

    o o o o

    16 < O, e quindi dettc1, equazione non ha solu�ioni.

    Siccome il coefficiente del monomio :r: 2 è 1 zione iniziale non ha soluzioni.

    > O, si conclude che anche la disequa­

    2.2.3 Equazioni parametriche

    < ';

    _! , ·f

    I

    r

    Un caso particolare di equazioni è quello nelle quali figura un cosiddetto parametro, solitamente denotato con a. Per la ricerca delle soluzioni si deve procedere come per le del equazioni normali, ma con la differenza che in questo caso si lavora con i coefficienti I polinomio associato all'equazione che contengono il parametro. Infatti, ip generale, si 'J incontrerà un'equazione del tipo a(a)x2 + b(a)x + c(a) = O. Si dovrà procedere in sottocasi come segue:

    o

    a) Si studia l'equazione a(a) = O, poi pe1' gli elementi ai che la soddisfano, si studia l'equazione (non più parametrica) b(ai)x + c(ai) = O.

    b) Per gli elementi a che non annullano a(a) si studia per quali elementi il di­ scriminante ò.(a) = b(a) 2 - 4a(a)c(a) è positivo, nullo o negativo (si devono cioè risolvere delle disequazioni), quindi si risolve l'equazione come visto in precedenza. 44

    O

    o

    MATEMATICA

    @ Artquiz Esempio: risolvere l'eqµazioue parametrica

    (a+ l)x 2+ ax - a

    = O.

    Osserviamo che i coefficienti (parametrici) dell'equazione sono: a(a)=a+ 1, b(a)

    = a, c(a) = -a,

    quindi procediamo: • a(a) = a+l = O ha come soluzione a= -1. In questo caso, l'equazione di parteil7.a si riduce all'equazione -x + 1 =O, che ha come soluzione x = 1; • se a :f:. -1, si studia il discriminante A(a)

    = a2 - 4(a+ 1)(-a) = 5 a2+ 4a:

    - A(a) > O se a< -4/5 oppure a> O. In tal caso

    x1,2

    =

    -a± v'5a 2+ 4a n,_ .

    1,

    ;

    - A(a) = O se a= -4/5 oppure a=O. Se a= O, l'equazione si riduce a x 2 =O che ammette l'unica soluzione x = O; se a= -4/5 , l'equazione si riduce a x2 /5 -4x/5+4/5 =O da cui x2 -4x+4 = O, e infine (x -2)2 = O che ammette l'unica soluzione x = 2; - A(a) < O se -4/5 < a < O, caso in_ cui l'equazione iniziale non ha soluzioni.

    2.3 Sistemi ·di equazioni e disequazioni 2.3.1 Sistemi di equazioni Un sistema di equazioni è nna serie di equazioni in più variabili, e la ricerca delle relative soluzioni consiste nell'insieme di clementi da sostituire alle variabili in modo tale da soddisfare le equazioni simultaneamente. Solitamente, si studiano sistemi cli 2 o 3 equazioni con altrettante incognite, e il grado delle equa:,,.ioni è al più 2·. Per risolvere i sistemi si utilizza il seguente procedimeuto. A titolo esemplificativo si consideri un sistema in 2 equazioni e 2 incognite: p(x, y) = O; { q(x, y) = O. Si risolve una delle 2 equazioni come un'equa:,,.ione parametrica, diciamo p(x, 11) = O, in una delle 2 variabili, diciamo x, così da ottenere le soluzioni in funzione di y, ossia x(y). A questo punto si sostituiscono le soluzioni nella seconda equa:,,.ione, che ora è nella sola incognita 11 e ha quindi come soluzione un numero finito di elementi Yi· Sostituendo tali elementi in x(y) si trovano le coppie di elementi che soddisfano il sistema. Esempio da A rtquiz:

    y -2 = 4 -2x; (x + y) = 3.

    {

    La prima equazione dà y = 6 -2x. Sostituendo tale soluzione parametrica nella seconda equazione si ottiene x + (6 -2x) = 3, che ha come soluzione x = 3. Risosti­ tuendo tale valore in y si giunge a y = 6 -2 · 3 = O. L'unica soluzione al sistema è dunque x = 3, y = O, o meglio, la coppia (3, O). 45

    r·· ©_ Art.qnìz

    Capitolo 2 Algebra

    Si noti che in genero.le si lavora con piil variabili ed equazioni, ma il priuc1p10 rimane lo ste:;so: si risolve una equazione alla volta, e si sostitui8cono le soluzioni trovate alle variabili delle equazioni rimanenti. St faccia attenzione che si può giungere a casi in cui non ci sono soluzioni, o ce ne sono infinite.

    2.3.2 Sistemi di disequazioni La differenza. soi;tanzialc tra i sistemi di disequazioni e i sistemi di equazioni è che nel caso delle disequazioni c'è una sola variabile, e la soluzione del sistema consh;te nel trovare l'insieme i etti clementi soddisfano simultaneamt>ntc tutte le disequazioni date. Si tratta quindi di risolvere ogni singola diseq1mzione come visto in prcccdemr,a., e procedere infine con l'intersezione degli insiemi trovati (insieme degli elementi comuni agli insiemi di soluzioni delle singole diseqnn.zioni). Esempio: Risolvere la disequazione {

    :e -2 > 4 -2x; 2x � 5.

    La prima clisequazione clìt 3x > G, da cui :e > 2. Lu. i;ccondit è immcdiatn. e pone :e � 5/2. L'irn,iemc di solu'/,ioni del shitcma è {x tcùc che a: > 2 ex � 5/2}, · ossia. {2 O, è sufficiente x2 - 4x > O (si noti il segno di disuguaglianza forte, perché il denominatore non può annullarsi). Quindi, deve valere x(x - 4) > O, che ha soluzioni x < O oppure x > 4.

    Disequazioni radicali

    d

    fl I

    ,�

    In questa tratta:lione suddividiamo il problema in due casi: 48

    o

    © Artquiz 1. 2.

    MATEMATICA

    v'i(x) S g(x); v'i(x) 2 g(x).

    Se nè dispari, basta elevare i due membri alla ne ottenere la disequazione equiva­ lente f(x) S g(x)n (rispettivamente f(x) 2 g(xt). Si noti che si è sfruttato il fatto che l'elevamento a potenza dispari è crescente (Matematica, § 5.4.3), ossia per ogni coppia x, y se vale x S y allora xn S yn e viceversa. Se invece n è pari, abbiamo visto che va imposto f(x) 2 O. Fatto ciò, veniamo allo studio separato dei due casi: 1.

    2.

    v'i(x)

    S g(x). Siccome sicuramente v'i(x) 2 O, si deve impone, per la proprietà transitiva di S, che pure g(x) .2 O. A questo punto, entrambi i membri della disequazione sono positivi, e quindi si può procedere con la disequazione , f(x) S g(x) i (in quanto l'elevamento a potenza pari è crescente per i numeri positivi).

    .

    v'i(x) 2 g(x). Nell'insieme in cui g(x) SO la disequazione è certamente veri­ ficata (perché v'i(x) 2 O). Viccwersa, nell'insieme in cui g(:r.) 2 O si lavora nuovamente con quantità po­ sitive, e in tal caso la disequazione. ini�iale equiva.le, come prima, alla f(x) >

    g(x)n.

    Esempio: Risolvere la disequazione radicale

    VX - 2 S X+ 3. Si impongono sia x - 2 2 O che x + 3 2 O, cioè x 2 2. Lavorando ora con numeri positivi, si può elevare al quadrato ambo i membri e ottenere: x - 2 S x 2 + 6x + 9, da cui x2 + 5x + 11 2O. Si cercano ora le soluzione dell'equazione associata all'ultimo polinomio: siccome .6. = 52 -4· 1 · l 1 < O e il coefficiente del termine quadratico è 1 > O, il polinomio assume valori positivi per ogni x, e quindi la disequazione è sempre verificata. Ricordando i vincoli imposti, ::ii conclude che l'insieme delle soluzioni della disequazione è dato da {x tale che x 2 2}. � I sistemi di equazioni e di disequazioni razionali o radicali seguono lo stesso metodo risolutivo dei sistemi di disequazioni polinomiali: si risolvono le varie disequazloni separatamente e si intersecano i vari insiemi di soluzioni.

    2.6 Esponenziali e logaritmi Abbiamo visto (Matematica, § 1.3) che nell'insieme JR è possibile definire ax per ogni a > O e x qualsiasi. Si presti attenzione che se fissiamo la base a e lasciamo libero x, otteniamo un oggetto matematico detto esponenziale che 11011 va confuso con i monomi, dove erano gli esponenti ad essere fissati. Chiaramente, valgono tutte le proprietà 1.3 e la definb�ione 1.4. Con strumenti di matematica superiore si può

    49

    Capitolo 2 Algebra

    @ Artquiz

    dimostrare che gli esponenziali sono positivi per ogni base a (maggiore di O) e ogni esponente :'l:. Non essendo di alcun interesse Pesponenziale 1x , si richiede anche che la base non sia 1. Per varie ragioni (la cui trattazione esula dalle finalità del presente manuale) una base in particolare è stata privilegiata dai matematici, ossia il numero di Eulero e = 2 1 71828 ... , che è un numero reale non razionale. Strettamente connesso al concetto di esponenziale è il concetto di lo,i;aritmo di un elemento reale x rispetto ad una base fissata a, la cui notazione è Ioga ,-i; e la cui definizione è la seguente: loga x = y se e solo se aY

    = x.

    Si noti che dal fatto che ax > O per ogni x, segue che Pargomento, di un logaritmo non può essere negativo o nullo. Dalle proprietà delle potenze, e quindi degli esponerndali, segue che valgono le seguenti proprietà: log(t xy

    logCl xY

    = loga x + loga y· I

    = y loga x· I

    log a b =

    Iog b __ e_ log a' C

    , (2.3)

    Siccome Pesponenziale più importante è quello di base e, si è definito un logaritmo privilegiato con la stessa base e e detto naturale, la cui notazione è ln al posto di loge. Esempio da Artquiz: Quanto vale il logaritmo decimale di 5000, sapendo che il logaritmo naturn.le di 5 è 1,609 e quello di 10 è 2,303? ln5 log 10 5000 = log 10 (5· 1000 ) = log 10 5+log10 1000 = -- +3 = 1, 609/2, 303+3 = 1nlO O, 699 + 3 (si è usato, tra le altre, la regola del cambio di base dei logaritmi). Equazioni esponenziali

    Questi tipi di problemi possono essere molto complicati, tuttavia nei quiz vengono affrontati solo cosi relativamente semplici, come i seguenti: 1. af(x) = an(x) 1 da cui deve essere f(x) crescente (Matematica, § 5.4.3);

    = g(x)

    perché la funzione esponenziale è

    2. a2 b2x + a 1 bx + a0 = O, che si risolve ponendo bx = t in modo tale da ottenere Pequaiione polinomiale di secondo grado a 2 t 2 + a 1 t + ao = O. Date�le radici t 1 e t2 1 si deve infine porre bx = t 1,2 1 facendo attenzione ad eliminare 1'e radici in t non positive.

    I I•:1

    Esempio: Risolvere l'equazione 22:v

    I I

    -

    3 · 2 :v - 4 =

    o.

    Si sostituisce 2x con t e si ottiene t2 - 3t - 4 = O, cha ha soluzioni 4 e -1. Dopo aver scartato 11 11ltima soluzione in t, si ha che 2 x = 4, da cui segue che x = 2. I',. :

    d:

    50

    O

    o

    MATEMATICA

    © A1tqniz Equazioni logaritmiche

    Le equazioni logaritmiche sono equazioni che. con le regole di calcolo dei logaritmi, 1. si possono ricondurre ad equazioni del tipo logn p(x) = O, che è equivalente a p(x) · In realtà i calcoli possono essere anche molto laboriosi, qui ci limitiamo solo a dire che in tutti i passaggi si dovrà sempre avere cura di imporre agli argomenti dei logaritmi di essere strettamente positivi.

    =

    Esempio: Risolvere l'equazione log3x

    + loga(a: + 1) = 2log3(x - 1).

    Si impone che gli argomenti siano positivi, ossia x > O, x > -1 e x > 1 (basta dunque x > 1). Ora, sfmttando le regole dei logaritmi, si ottiene:

    + 1) - 1og�i ( a; - 1)2 = 0,

    1Og3 X ( a:

    Ciò è equivalente a.:

    x(x -I- 1) . _, n = 0. e qulll 1, decrescenti se a< 1 (Matematica, § 5.4.3). Riassmnendo: 1. sea>l:

    ax

    2. se O O e b = c - a b

    Le rette di equazione y = ±bx/a sono detti asintoti dell'iperbole e nel caso in cui a = b, l'iperbole è detta equilatera. Nel caso in cui i fuochi giacciano sull'asse delle y, basta invertire x e y nella formula precedente. Quindi, data l'equazione di un'iperbole, è possibile calcolare le coordinate dei fuochi in quanto va.le e= Ja 2 + b2 . 2

    2

    Infine, se un'iperbole equilatera di equazione :2 - t2 = 1 viC'ne fo.tta ruotare di 45 ° , si ottiene un'iperbole con gli asintoti coincidenti con gli assi coordinati e l'equazione è xy = k, notoriamente associata al concetto di proporzionalità inversa. Esempio È data l'iperbole di equazione

    x2

    2 4 -y =

    1. Si calcolino le coordinate dei fuochi, del centro e le equazioni dell'asse focale e degli asintoti.

    lt

    2

    I,

    Figura 3.9: Iperbole di equazione :

    -

    y2 = 1 e gli asintoti y

    = ±x/2.

    o o

    Si noti che per l'iperbole in questione i parametri associati all'equazione sono a = 4 e b2 = 1. Dalle formule precedenti si ottiene che deve essere e = .;;r=T = ./3, e dunque i fuochi cercati hanno coordinate F1 ,2 = (±./3, O). Il centro dell'iperbole è il punto medio tra i fuochi-testè calcolati che è l'origine O= (O, O). Similmente, l'asse focale è sempre uno dei 2 assi coordinati, e in questo caso l'asse delle x. Infine, i 2 asintoti hanno equazione, rispettivamente, y = x/2 e y = -x/2. 2

    3.7.4 Ellisse

    .}



    Dati due punti distinti F1 e F2 del piano cartesiano e un numero reale a> O tale che 2a > d(F1 , F2 ), si definisce l'ellisse Cdi fuochi F1 e F2 come il luogo geometrico dei punti P del piano tali che soddisfano !_'uguaglianza: ld(P, F2 ) + d(P, F2 )l

    ,:. ·,

    r· L i"•i: ';;j�, lf ·"[

    I [j.j.

    = 2a.

    In altre parole, P E C se e solo se la somma delle distanze di P da F1 e da F2 è costante e pari a 2a. La retta contenente i due fuochi F1 e F2 è detta asse focale, mentre il punto medio tra F1 e F2 è detto centro dell'iperbole. 66

    o

    @ Artquiz

    MATEMATICA

    Come nel caso dell'iperbole i casi studiati a livello pre-universitario sono dei casi particolari, ossia qHelli in cui i fuochi giacciono sull'asse delle x e sono simmetrici rispetto all'origine, ossia hanno coordinate del tipo F'1 = (-c, O) e F2 = ( c, O) con c > O. In questo contesto si pnò dimostrare che, con opportnni passaggi algebrici, un pimto P E cf se e solo se soddisfa l'eqnazione: 2 x2 y = 1, con b > O e· b2 = a2 - c2 . + b2 a2 Quindi, data l'equazione di un'ellisse, è possibile cn.lcolare le coordinate dei fuochi in quanto vale c = Ja2 - b2 • I numeri positivi a e b sono detti, rispettivamente, il semiasse maggiore e il semiasse minore dell'ellisse. Nuovamente, uel caso in cui i fnochi giacciano sull'asse delle y, basta invertire i ruoli di x e y nella formula precedente. .2

    2

    Esempio È data nn'cllisse di equazione � + � = 1. Si calcolino. le coordinate dei 5 6 fuochi, e il seminsse maggiore e minore dell'ellisse.

    y +2 -,I

    +2

    -2

    -2

    +4 J

    X

    Figura 3.10: Ellisse di equazione: x2 y2 + 16 = 1. 25

    Si noti che per l'ellisse in questione i parametri associati all'equazione sono a2 = 25 e b = 16. Dalle formule precedenti si ottiene che deve essere c = v'25 - 16 = v'9 = 3, e dnnqne i fuochi cercati hanno coordinate F 1,2 = (±3, O). Infine, il semiasse maggiore e il semiEIBse minore valgono, rispettivamente, 5 e 4. 2

    � Circonferenze, parabole, iperboli ed ellissi prendono il nome di sezioni co­ niche, in quanto si possono ottenere come intersezione nello spazio tridi­ mensionale tra la superficie di un cono e un piano.

    CD

    (2)

    ®

    Figura 3.11: Le quattro sezioni coniche ottenute quando un cono doppio è intersecato con 1in piano: 1 Parabola; 2 Circonferenza ed Ellisse; 3 Iperbole.

    3.7.5 Luoghi comuni Uu luogo di punti è un sottoinsieme del piano dato da un numero finito di punti, oppure è un sottoinsieme 11lgebrico, definito cioè da un'equa:.tione algebrica al pi� 67

    @ Artquiz

    Capitolo 3 Geometria

    di secondo grado in 2 incognite. Nel secondo caso si ottengono rette, circonferenze, parabole, i perboli ed ellissi. Da.ti due sottoinsiemi algebrici .91 e fÀ di grado a.l più 2 del piano cartesiano, di equazioni rispettivamente P(x, y) = O e Q(x, y) = O, si definisce il luogo comune di .91 e � come l'insieme di punti P appartenenti sia ad .PI che fÀ, ossia l'insieme dei punti dell'intersezione Jl1 n fÀ. Dal punto di vista algebrico si tratta di risolvere un sistema in 2 equazioni e 2 incognite (Matematica, § 2.3), ossia:



    ·�

    .f

    P(x, y) = O; { Q(a:, y) = O. Le soluzioni del sistema, che sono coppie di numeri (x, y), sono le coordinate dei punti cercati. I casi comunemente affrontati sono le intersezioni tra 2 rette o tra una retta e una ser.tione conica, mentre in generale l'intersezione tra 2 coniche è di ardua risoluzione in quanto si tratta di risolvere un sistema iu 2 equazioni cli secondo grado e 2 incognite. Diciamo che una retta r e una conica PI sono tangenti se l'intersezione 1· n .PI si riduce ad un unico punto P. Altrimenti, si pos::;ono verificare i casi in cui l'intesezioue è vuota (11011 ci sono punti in comune), oppure l'interscz,ione è data da due punti distinti.

    j

    I

    � Se tma retta intersecata con una parabola o un'iperbole è parallela all'asse di simmetria nel primo ec·,so o a un asintoto nel secondo caso, allora si ha un solo punto di intersm�ione che tuttavia uon è di tangenza.

    Esempio Determinare il luogo comune all'iperbole f di equazione xy = 2 e alla retta di equazione y = 3x e dire se 1· è tangente a .f o meno.

    7'

    +4

    X

    Figura 3.12: Intersezione tra l'iperbole xy = 2 e la retta y = 3x. Si tratta di risolvere il sistema.:

    :;

    {xy = 2; Y =3x.

    ;i

    t � ,I t':I

    Sostituendo y = 3x nella prima equazione si ottiene 3x = 2, da cui x 1,2 = ±y'ff3, da cui y 1,2 = ±3y'ff3 == ±./6. Dunque si ha Jnr = {( y'ff3, ./6); (-y'ff3, -./6)}. Essendo l'intersezione data da 2 punti, si conclude che r non è tangente a .f. 2

    68

    J 4

    Capitolo 4

    Trigonometria Introduciamo in questo capitolo un nuovo potente strumento per lo studio della geometria e degli angoli in particolare: la trigonometria.

    4.1 Misura degli angoli

    ·--- .... .. ,

    amd =­ r

    o..,;

    ...

    ...



    Figura 4.1: L 'angolo a in radianti.

    Consideriamo una circonferenza Cfl e osserviamo che la lunghezza di un arco A di W è proporzionale all'ampiezza dell'angolo al centro a che definisce A. Sia r il raggio di W; definiamo come unità di misnra degli angoli, detta radiante e abbreviata in rad, un angolo il cui arco associato su W ha lunghezza pari ad r. Segue che la misura di qualsiasi angolo (al centro) a è l/r, dove l è la lunghezza dell'arco corrispondente. Chiaramente, se Cfl è di raggio unitario (cioè, r = 1), allora la misura in radianti di a è l/1 = l. Dunque, poiché un augolo giro (360° ) definisce come arco corrispondente Cfl stesso, la misura in radianti dell'angolo giro è pari a 21r e, pi·oporzionalmentc, un angolo piatto misnra 1r, un angolo retto 1r/2, ecc.

    .

    Esempio da Artquiz: A quanti radianti corrispondono 225 ° '! È sufficiente notare che un angolo pari a 1r radianti è 180° , dunque 225° = 51r/4. In altre parole abbiamo stabilito la proporzione 225° : 180° = x : 1r, dunque: = 2250 . 11" X = 51r/4. 180 °

    69

    © Artquiz

    Capitolo 4 Trigonometria Angolo (gradi)

    Angolo (radianti)

    360 180 90 60 45 30

    ·27f

    Tabella 1J. l: Conversione di alcuni angoli notevoli da gradi sessagesimali a radianti.

    7r

    1r/2 1r/3 1r/4 7r

    /6

    ':

    4.2 Coseno, seno, tangente e cotangente di un angolo Nel piano cartesiano consideriamo la circonferenza Ceff' di raggio unitario con centro O= (O, O), quindi di equazione x2 + y 2 = 1. Dato un angolo a, realizziamo tale angolo utilizzando la semiretta s contenuta nell'asse x, di eBtremo O e ascisse positive (ossia, la semiretta {(x, O) tale che x >O}) e la semiretta s' di estremo sempre O e ottenuta ruotando in senso antiorario s di un angolo pari ad a. Si estende la definizione nel cru:;o a < O ruotando in senso orario di 1111 angolo lai. Sia P = ( x p, yp) il punto in comune a O

    O· )

    =fOO se c < O.

    Non sono definite invece le operazioni:

    11

    ±oo ±oo'

    ±oo· O;

    +oo + (-oo);

    o -·

    ±oo



    o'

    Con queste premesse, e dati: lim (x) x-+xo f

    = L;

    lim g x) = L' x-+xo (

    si può dimostrare che valgono questi limiti: lim (x + g( x) = L + L'; x-+xo f ) ( ) Hm f x = �x-+xo g( X) L' '

    lim (x · g(x) = L · L'; x-+xo f ) lim x-+xo

    (5.1)

    lf(x)I = ILI.

    (5.2)

    Per alcuni importati casi, non definiti dall'algebra dei limiti, si può dimostrare che valgono i seguenti limiti: xn lim x-++oo ax

    Iog a x = O; lim xn Ioga x Iim x-++oo x x-+0 . 1 x In{l + x) hm (1 + - ) = e; hm ---- = 1; x-+±oo X x-+0 X . sin x ' 1- cos X I1m -- = 1 ; Ilm x-+0 X x-+O x"

    = Oi

    n

    .

    = O;

    per ogni n E N, a> 1;

    -

    . cx 1 hm --X-+0 X

    = 1;

    = 1/2.

    1. 4

    2x11 Esempio . da A rtquiz: . L'espressione . 1· 1m C7i + x è : • x-+O 1 + vx3 O. Infatti, si tratta di un limite che si può calcolare direttamente, essendo tutte le funzioni elementari e quindi continue. Dunque, x11 tende a O così come ./x3 e ovv iamente x stesso. Applicando poi l'algebra dei limiti delle uguaglianze 5.1 e 5.2 si

    I�

    ottiene che l'espressione data è del tipo � 1+0

    1:· [t, I!

    Il1,,

    t

    5.4.2 Derivata di una funzione

    ltl

    I

    + O, e il limite tende quiti,tli a O.

    I

    ''

    Data una funzione f : A -+ JR la derivata di f in un punto xo interno al dominio A è data dal limite del rapporto incrementale: I1. m x-+xo

    f(x) - f(xo) X - Xo

    ,

    purché detto limite esista e sia finito (cioè sia un numero reale).

    80

    (5.3)

    MATEMATICA

    @ Artquìz

    II significato matematico e geometrico della derivata è legato aIPandamento della funzione f nelle vicinanze di xo; infatti, la derivata "quantifica" la relazione tra f(x) e f (xo) contenuta nel termine J(x) - J(xo) (si veda la definizione 5.3) rispetto alla variazione di x vicino a x0 (variazione contenuta nel termine x - xo della definizione 5.3). In altre parole, si studia come varia la variabile dipendente f(x) in relazione alla variazione della variabile indipeJ?.dente x vicino xo. Nel caso in cui una funzione f : A � JR sia derivabile per ogni x E ,:4 si dice che tale funzione / è derivabile. In tal caso, facendo uso della notazione: J(x) - J(xo) 1.lm _ X-tX f'(Xo) u X - XQ si può defluire una nuova funzione f' :. A � R, detta la derivata prima di /. Ripetendo questo procedimento, ove possibile, si ottengono la derivata seconda, t erza e cosi · , via . (f" , f"' , . . . J(i) , .... ) Non è difficile dimostrare che valgono le seguenti regole per la derivazione di somme e prodotti di funzioni: (J + g)'(x) = J'(x) + g'(x);

    · (Jg)'(:i:) = J'(x),q(x) + J(x)g'(x). (5.4) Inoltre, sotto opportune condbdoni di generalità, si può dimostrare che la derivata di una composizione di funzioni/ e g e della funzione inversa 1- 1 verificano le seguenti uguagI•ianze: I

    (J g)'(x) = J'(g(x)). g'(x);

    u- )'(x)= � ... . � 1

    �� .

    Utilizzando anche le considerazione sul calcolo dei· limiti, si può dimostrare che per le funzioni elementari le relative funzioni derivate sono le seguenti: Funzione costante

    Derivata

    Inx

    1/x 1/ (x In a)

    a

    x ex ax

    Ioga x

    Funzione sinx

    o

    Derivata cosx

    cosx -sinx ta.nx 1 + tan 2 x arcsinx 1/-/1- x2 arccos:t: -1/-/1- x2 arctanx 1/(1 + x2 )

    axa-1 ex , ax Ina

    Tabella 5.2: Elenco delle fm1zioui derivate principali. ,' Infine, con il termine integrale indefinito di una funzione f: A� R si intende una qualsiasi funzione F : A � R tale che F' = f per ogni x E A e si scriverà: F' =

    j

    f(x) dx.

    Esempio da Artquiz: La derivata della funzione J(x) = 5x+2 Inx (con Inx logaritmo in base e di x) è: 5+2/x. Infatti, si usano le regole di derivazione in 5.4 in quanto si sta trattando la derivata di una somma, quindi si ottiene la somma delle derivate di 5x e 2 In x: a loro volta questi due termini sono prodotti, quindi con la regola 5.4 per il prodotto e dalla Tabella 5.2 si giunge a (5)'x+5(x)' +(2)' Inx+2(In x)' = 0,x+5· 1+0-In x+2· (1/x) = 5+ 2/x.

    81

    Capitolo 1 G!:andezze fisiche e uuità di misura

    f'.[f �h

    @ Artquiz

    Ogni gra11 dez1.a fisica è caratterizzata da una unità di misura, oltre alle unità fon­ damentali esistono quelle da esse derivate che hanno delle dimensioni legate alle leggi dalle quali vengono derivate. Il calcolo dimensionale permette di verificare la corret­ tezza di qualunque espressione di una grandezza fisica. L'espressione delle dimensioni di una grandezza fisica si indicano come potenze in parentesi quadra dei simboli delle dimensioni delle grandezze fondamentali. Per la meccanica i simboli sono L per la lunghezza, M per la massa, T per il tempo. Ad esempio: • le dimensioni della velocità sono: [velocità] = [spazio)/[tempo] • le dimensioni del volume sono: [volume) = [L3 ].

    =

    [L]/[T];

    Altro sif>tema adottato in passato era il CGS, che utilizza come unità di misura fondamentali il centimetro, il grammo e il secondo. Per passare da un s�tema di unità di misura ad un altro occorre utilizzare i fattori di conversione, ad esempio 1 metro= 100 cm.

    Il

    o

    ,I

    1.2 Multipli

    e

    sottomultipli delle unità di misura

    In fisica, visto il grande intervallo di valori che si può incontrare nel misurare una stessa gro.ndez¼u., è necessario l'uso di multipli e sottomultipli: ' ·� p

    1,, :'1 '1 I





    M ulflpl'l =

    : ·.l� ,j

    ·;

    jl·

    • i: 'I "

    r. ·�

    exa: peta: tera: giga: { mega: kilo: etto: deca:

    101s 10 15 1012 1 09 100 103 102 101

    1.3 Grandezze scalari

    Unità: 10° .

    e

    deci: centi: milli: micro: nano: pico: femto: atto:

    Sottomultipli �

    vettoriali

    I risultati di una misura possono esse re espressi da due tipi diversi di grandezze. Il primo tipo è costituito dalle grandezze scalari che, una volta stabilita una unità di misura, sono definite da un numero. , Il secondo tipo è costituito dalle grandezze vettoriali, che sono definite solo quando di esse si conoscano il valore numerico (modulo), una direzione e un verso. Anche il punto di applicazione di una grandezza vettoriale può essere importante. I vettori godono di proprietà. particolari, come di seguito indicate. Il prodotto di n:n grarnlezza scalare per un vettore è sempre un vettore.

    M: '' i l

    .I

    I I

    � I

    1 0-1 10-2 1 0-3 10- 0 1 0- 0 10-1 2 1 0- 15 10-18



    Somma tra due vettori 1. a+b=c; 2. regola. del parallelogramma (Fig. 1.1 ). 84

    o

    @ Artquiz

    FISICA

    ·�-__:.--�e

    (a)

    e

    e o o

    (b)

    O

    B

    b

    Figura 1.1: Somma di due vettori secondo la regola del parallelogrammo. II vettore c, somma dei vettori a e b, è la diagonale del parallelogramma costruito con i vettori a e b disposti in modo da avere l'origine in comune. Differenza fra due vettori 1. e= a - b;

    2. e= b- a. A

    A

    1

    2

    Figura 1.2: Differenza tra due vettori. Nella parte 1 della figura è indicata la differenza e = a - b. Nella parte 2 della figura è indicata la differenza e= b - a. Prodotto scal are di due vettori Si veda la Figura 1.3.

    A•B=

    IAf • IBI • cos 8

    Figura 1.3: Prodotto scalare di due vettori.

    85

    @ Artquiz

    Capitolo 1 Grande7.7.e fisiche e nnità di misura

    '�11 'I

    Questo prodotto dà come riimltnto una grn.ndez1.a scalare il cui valore è il prodotto dei due moduli per il coseno dell'angolo fra. i vettori. Il prodotto scalare è simmetrico, cioè non dipende dall'ordine dei fattori.



    Prodotto vettoriale di due vettori



    Si veda la Figura 1.4.



    :1

    11 �i

    �·lii 11

    B x A :;; IBI • IAI • sen {)

    �!

    '

    il�. •I

    o

    ,,

    i

    ..

    l:·_

    A x B = IAI • IBI • sen {)

    1

    ,,

    ;,. t1·�

    t: 1

    ':1•

    Figura 1.4: Prodotto vettoriale di due vettori. Il prodotto vettoriale fra, due vettori vieue indicato con il simbolo x. La dirc-.lionc del vettore prodotto è perpendicolare al piano definito da A e B. Il verso è dato dalla regola della vite. Il prodotto vettoriale è una operazione 11011 simmetrica in quanto A x B -# B x A.

    t

    ,..f.

    1.4 Errore assoluto e relativo

    \I I

    .1•· 1 �1 '

    '

    I.,:' ,,; '

    Quando si effettua una misura, il valore ottenuto non è generalmente preciso, quindi il numero
  • equazione di primo grado dove il coefficiente angolare è la velocità; mentre Pequazione della velocità (Fig. 2.1 a destra) è rappresentata da una retta oriizontale.

    2.1.2 Moto rettilineo uniformemente accelerato Le equazioni che descrivono il moto rettilineo uniformemente accelerato (Fig. 2.2) sono:

    a

    = costante;

    dove,

    Vm

    =

    v = vo + at;

    Vm=

    1

    x = xo + vot + at2 i

    vo+v 2 ;

    2

    a=

    v-vo t

    velocità. media.

    X

    V

    Xo

    t

    t

    Figura 2.2: Moto rettilineo uniformemente accelerato.

    .,

    ·1

    I

    t

    f,. �

    h:t ,;l �

    J

    lj

    L'equazione dello spostamento (Fig. 2.2 a sinistra) è un'equazione di;secondo gra,.. do (segmento di parabola) dove il coefficiente angolare è la velocità> mentre l'equa­ zione della velocità (Fig. 2.2 a destra) è rappresentata da una retta il cui coefficiente angolare è l'accelerazione ..

    2.2 Moto in un campo gravitazionale e la balistica La caduta dei corpi in un campo gravitazionale è un moto uniformemente accelerato. La accelerazione di gravità è g = 9 >81 ms- 2• La balistica è un esempio di moto in due dimensioni che studia il movimento di un

    88

    .,

    FISICA

    @ Artquiz.

    proiettile lanciato in presenza di un campo gravitazionale. Per proiettile si consideri qualunque oggetto battuto o lanciato con una generica velocità iniziale e lasciato libero di percorrere la sua traiettoria (8i trascura l'attrito dell'aria e la rotazione della �erra). Il moto osservato è di tipo parabolico, perché è presente una acceleraiione costante lungo l'asse y dovuta alla gravità (Fig. 2.3). y Vy

    ig

    =0

    VxO

    VyO

    �(!-----------,,--

    .

    X

    Vxo

    Figura 2.3: Moto parabolico.

    ··� �



    In particolare la componente del moto lungo l'as::;e x è un moto rettilineo uniforme, mentre il moto lungo l'asse y è un moto uniformemente accelerato. Le condizioni iniziali sono: Vox

    = Vo · cos0o

    'Voy

    = vo · sen00

    Durante la traiettoria avremo:

    Vx = Vox = VQ • COS0o ay = -g ax = o Le componenti dello spostamento saranno: x - Xo

    = Vox · t

    y - 'Yo

    Vy

    = Voy - g · t

    = vo11 • t - 21 g · t2

    Se punto di partemm e punto di arrivo sono alla stessa quota si può ca,lcolare facilmente la gittata G del proiettile: G

    = v5 · sen20o

    g Questa relazione mostra che la gittata dipende dal quadrato della velocità di partenza ed è massima quando sen:200 = 1, cioè quando l'angolo di partenza è 00 = 45° .

    2.3 Moto circolare uniforme Il moto circolare uniforme è il moto di un punto P che si muove lungo una circon­ ferenza di raggio R con velocità costante in modulo (Fig. 2.4). La velocità v con cui si muove il punto si chiama vèlocità lineare. Il moto è soggetto ad una accelerazione centripeta (perpendicolare alla velocità e diretta al centro)· in quanto la velocità pur rimanendo costante in modulo cambia continuamente direzione. La velocità con cui ruota il raggio R è la velocità angolare w (detta anche pulsazione).



    89

    '

    © Artquiz

    Capitolo 4 Statica

    Uequivoco fra massa e peso nasce dallo scorretto uso delle unità di misura nel linguaggio comune. Vunità di misura della massa è il kg, mentre J >unità di misura del peso è il Newton (talora si usa il chilogrammo peso). Quindi, quando diciamo che un uomo pesa 60 kg ci riferiamo alla sua massa, se diciamo che pesa 588 Newton ci riferiamo al suo peso.

    4.3 Densità e peso specifico La densità d (o anche p) è il rapporto fra massa e volume (d = ; ) di un corpo e si misura in chilogrammo per metro cubo [ML- 3]. Ad esempio la densità de!Pacqua è 1.000 kg/m3 . Il peso specifico è il rapporto fra peso e volume (peso specifico = peso/volume). Il p·eso specifico relativo è il rapporto fra il peso di una sostanza e quello di un uguale volume di acqua distillata a 4 °Celsius e quindi un numero puro.

    4.4 Forze elastiche Le forze elastiche si osservano ad esempio quando si tende un elastico o una molla. F = -k-x. Il segno meno nella equazione è dovuto alla forza di richiamo che si oppone all'allun­ gamento, quindi riassumendo, per una forza elastica, avremo: F = m · a = -k · x. La forza elastica di richiamo è proporzionale ma di verso opposto alla accelerazione.

    4.5 Forze di contatto 4.5.1 Reazioni vincolari Un corpo in quiete appoggiato ad una superficie piana, sperimenta una forza uguale e contraria a quella di gravità F0 che viene chiamata forza di contatto o reazione vincolare del piano Fc : Fc = -F9 •

    '

    [r·

    '· •·, Le reazioni vincolari sono quelle che impediscono ai corpi immersi in un campo gravitazionale di penetrare nei piani di appoggio. I

    ' i/-t·

    t�t

    J�

    I,.,I

    4.5.2 Forze di attrito L >attrito è una forza di contatto, che una superficie di un qualsiasi materiale esercita sulla superficie di un corpo a contatto con essa. La forza di attrito è parallela alle superfici di contatto e si oppone al moto del corpo. Ogni coppia di materiali è caratterizzato da un coefficiente di attrito µ.

    96

    o

    © Artquiz

    FISICA

    4.5.3 Pulegge e corde flessibili Una puleggia (o carrucola) è un dispositivo (macchina semplice) che consente di variare la direzione di una forza. Una corda flessibile trasmette una forza solo nel senso della lungher.lza. 4.6 Statica dei corpi estesi La prima legge della dinamica è una condizione necessaria ma l'equilibrio di un corpo esteso.

    11011

    sufficiente per

    Importanza del punto di applicazione delle forze nei corpi estesi Il primo principio della dinamica assicura l'equilibrio traslazionale (:EF = O) solo se il punto di applicazione è sempre lo stesso per tutte le forze applicate. Quando le forze applicate ad un corpo esteso sono applicate in punti diversi del .corpo il corpo può entrare in rotazione (Fig. 4.1).

    ---

    F2

    Figura 4.1: Corpo este_cw sottoposto ad una coppia di forze parallele di u_quale entita ma di verso opposto applicate in punti diversi del COTJ)O.

    Il corpo in Figura 4.1 non è in equilibrio e tende a ruotare. Le linee di azione delle forze non coincidono e non passano per il baricentro del corpo, pertanto, anche se F1 + F2 = O il corpo non è in equilibrio. 4. 7 Momento di una forza La grandezza fisica che misura l'intensità del movimento rotatorio indotto da una forna si chiama momento della forza r). Supponiamo una barretta r libera di ruotare intorno al vincolo O (Fig. 4.2).

    --· o

    Figura 4.2: Momento di una forza.

    97

    Capitolo 6

    Dinamica dei corpi estesi Le condi�ioni di equilibrio statico per un corpo esteso rigido sono: �r = O;

    �F = O.

    Tali condizioni sono necessarie ma non sufficienti (se un corpo è già in moto con­ tinuerà a muoversi, se sta ruotando continuerà a ruotare). Se vogliamo variare la quantità di mdto deve essere: �F =/:- O. Analogamente per variare la velocità angolare deve essere: �r = =/:- O.

    6.1 Momento d'inerzia e momento angolare Si introduce a questo punto una nuova grande��a, il momento di inerzia I rispetto ad un a.sse di rotazione (Fig. 6.1), dove m è la mussa del corpo alla distan�a r dall'asse di rotazione.

    Figura 6.1: Momento d'inerzia di un corpo libero di ruotare intorno ad un asse O. Il momento d'inerzia J del corpo in Figura 6.1 è dato da: J = m · r2 • Per un corpo esteso di massa M = �mi dove mi è l'elemento di massa del corpo alla distanza ri dall'asse di rotazione, il momento d'inerzia risulta: J = �mi1'?. Se vogliamo variare la velocità di rotazione di un corpo esteso dovremo applicare ad esso il momento di una forza r. La legge di variazione della velocità di rotazione è: Ttot = I · a dove, a è l'acce­ lerazione angolare. Cioè il prodotto del momento d'inerzia per l'accelera�ione rotazionale è uguale alla somma dei momenti applicati ad esso. Questa legge è l'analogo rota;1,ionale della seconda. legge della dinamica (F = m · a), infatti,_il momento d'inerzia è l'analogo della massa e l'accelerazione angolare a è l'analogo dell'accelerazione; la diffel'enza sostanziale è che mentre la massa è una proprietà intrinseca dei corpi che non varia 105

    © Artquiz

    Capitolo 6 Dine.mica dei corpi estesi

    nello spazio e nel tempo, i momenti di inerzia dipendono da!Passe di rotazione: al variare di esso (o al variare di 1·i) varia anche il momento di inerzia. Quindi un corpo , esteso può possedere infiniti momenti d inerzia (per quanti possono essere gli assi di rotazione). Per un corpo in rotazione si definisce come momento angolare L ( detto anche momento della quantità di moto) il prodotto: L=I ·w dove, I è H momento di inerzia e w è la velocità angolare. L è un vettore diretto lungo Passe di rotazione ed è Panalogo rotazionale della quantità di moto (p = m · v). I

    A questo punto possiamo ricavare la seconda legge della dinamica. generalizzata per il moto rotatorio:

    ,

    I;

    6.w 6.L ET= I· a= I, - = -. 6.t 6.t

    ' ,' !.

    1l·

    ,

    !1 .. -� !

    o

    Questa legge ci dice che:

    I·I

    1. la somma dei momenti agenti su un corpo è pari alla variazione nel tempo del momento angolare ed è analoga alla F = 6.p/ 6.t vista precedentemente;

    JL

    2. se su di un sistema non agiscono dei momenti di forze, il momento angola.re non vn.ria (tale enunciato costituisce il principio di conservazione del momento angolare, a.nalogo a quello di conservazione della quantità di moto in assenza cli forze).

    '

    i�

    i, ,I

    i '

    ,I

    lt

    6.2 Urti

    1

    Possiamo dividere gli urti fra due corpt m due cutegorie: urti elastici ed urti anelastici (sebbene esistono situazioni intermedie).

    :11. i;.



    Urti completamente elastici

    Sono caratterizzati dalla conservazione della quantità di moto totale p

    1

    .

    =

    m·v e

    .

    delPenergia cinetica totale �( = m · v (vedi i principi di conservazione nei sistemi 2 conservativi). Dopo Purto, c >è conservazione di p e di J(, Punica soluzione possibile è J >inversione del moto iniziale (ad esempio il rimbalzo di una palla perfettamente elastica).

    ,,. :i-

    , 1.

    "

    ·!'

    \[

    t�:: ... i

    Urti completamente anelastici

    2

    ,:,:1.

    Sono caratterizzati dalla conservazione della quantità di moto totale, mentre Penergia cinetica si trasforma, almeno i:Q parte, in calore (ad esempio il proiettile che colpisce e penetra in un albero).

    f

    " •rlt

    �f

    106

    o

    Capitolo 7

    Meccanica dei fluidi I liquidi hanno volume definito, come i solidi, ma non hanno forma. definita (completa deformabilità dei fluidi), mentre i gas non hanno né forma nè volume definito. La massa dei fiuidi è distribuita nel volume occupato, e per caratterizzare la distribuzione di uu fluido nello sp�io usiamo il concetto di densitii p (o n.uche ,1): dove, m. = massa e V

    1n p= V

    = volume.

    I liquidi sono poco comprimibili, quindi la. densità di un liqnido 'è nornmlmcl!te costante in t;ntte le sue parti. Si definisce come densità relativa quella riferita all'acqua., presa come unità (la densità relativa è un numero puro). La densità dell'acqua è 1.000 kg/m :l a 4 °C.

    7.1 Statica dei fluidi. La pressione Si definisce come pressione in un liquido in quiete il rapporto fra il modulo della. componente della forz_a perpendicolare ad una superficie generica (anche all'interno del liquido) e la superficie ste.i fluidi

    7.1.1 Unità di misura della pressione

    '

    L'unità di misura della pressione nel S.I. è il Pascal (Pa) = Newton/m2 • Altre unità di misura usate sono: • Atmosfera: 1 atm = 1,013 · 10 5 Pa = 760 Torr; • Bar: 1 bar = 10 5 Pa; • Torr (mmHg): 1 torr = 133 Pa. La pressione totale ?tot in una miscela gassosa è la somma delle pressioni parziali Pi:

    I

    '

    ;I

    Ptot

    =

    BPi.

    i!,;j;

    In un fluido in quiete le forze tangenti alla superficie limite sono nulle (altrimenti si avrebbe scorrimento degli strati superficiali fino aWequilibrìo). Ne segue che le forze agenti su di un corpo immerso in un fluido sono perpendicolari alle superfici
  • (ad esempio per l'acqua, la tensione di vapore è 47 ton a 37 °C ma diventa 760 torr a 100 °C). Una conseguemm di questi fenomeni è che la temperatu­ ra di ebollizione dell'acqua varia notevolmente in montagna con la quota (perché la pressione atmosferica varia con la quota).

    8.3 I principio della termodinamica La termodinamica fa una precisa distinzione fra sistema e ambiente. Un sistema è una parte cli spa:do o materia delimitato da un preciso confine, tutto ci che è al di fuori di esso viene dei,to ambiente. La termodinamica identifica i seguenti sistemi: • sistema aperto: può scambiare materia, calore e lavoro con l'ambiente; • sistema chiuso: non può scambiare materia con l'ambiente; o sistema adiabatico: non può scambiare calore con l'ambiente; • sistema isolato: non può scambiare né calore né lavoro né materia con l'ambiente. Un altro schema concettuale fondamentale della termodinamica è quello che defi­ nisce la nO'liione di stato e di trasformazione. Si definisce stato termodinamico (stato di equilibrio) quello per il quale è possibile definire un numero sufficiente di variabili che lo caratterizzano. Le variabili che lo definiscono possono essere estensive in quanto dipendono dalle dimensioni del sistema. (massa, volume, energia totale, ecc.) oppure intensive in quanto sono carat­ teristiche uniformi nel sistema (pressione, temperatura, concentrazione, densità, e·cc.) che non dipendono dalle dimensioni. Si definiscono come trasformazioni quei processi che collegano fra loro due stati di equilibrio. Le trasformazioni possono essere aperte (quando si passa da uno stato ad un altro diverso) oppure cicliche ( quando stato di partenza e dì arrivo coincidono), possono essere altresì reversibili quando possono essere viste come una successione di sta.ti estrema.mente vicini a stati di equilibrio, e questo significa che leggeri cambia­ menti delle condizioni di alcune variabili possono inver�ire la direzione del processo. Mentre nelle trasformazioni irreversibili si hanno varia'l,ioni defini�e delle variabili che determinano inequivocabilmente la direzione del processo. La maggioranza delle tra­ sformazioni reali è irreversibile. 113

    @ Artquiz

    Cap itolo 8 Termodinamica Esistono alcune trasformazioni caratteristiche: • trasformazioni isobare: trasformazioni a pressione costante; • trasformazioni isocore: trasformazioni a volume costante; • trasformazioni isoterme: trasformazioni a temperatura costante;

    • trasformazioni adiabatiche: trasformazioni senza scambio di calore con l'am­ biente.

    Q,,

    Il primo principio della termodinamica è un enunciato del principio di con­ servazione dell'energia. Per una generica trasfor�mzione fra due stati di equilibrio esso può essere espresso nella forma:

    6-U

    = Q-L

    dove, 6-U = variazione di energia interna del sistema, Q = calore fornito al sistema, L = lavoro compiuto dal sistema. U è una funzione di stato del sistema che dipende solo dallo stato iniziale e quello finale del processo, indipendentemente dalle modalità del processo (calore e lavoro non sono funzioni di stato e qui11di dipendono dai dettagli della trasformazione). Anche P, V e T sono fu117,ioni di stato. Poiché Q non é funzione cli stato esistono più �alori specifici. Sono di particolare interesse nei gas il calore molare a pressione costante (cv) e il calore molare a volume costante (c11 ). Nei gas abbiamo:

    e,,

    - Cv

    =

    R

    dove R è la costante dei gas. Per 1111 gas perfetto la dipendenza dell'energia interna dalla temperatura è data dalla relazione:

    6-U

    = Ct1

    · 6-T

    dove, Cv è il calore specifico a volume costante. L'energia interna U di un gas perfetto è data dalla somma dell'energia cinetica delle molecole. Si può dimostrare che essa vale: 3 U= -n·RT 2 dove, n = numero di moli, R = costante dei gas, T = temperatura in gTadi Kelvin. L'energia interna di un solido è associata ai gradi di libertà dell'energilJ, vibrazionale delle molecole che lo costituiscono: ,;· U = 3n·RT.

    ..

    !�

    . i ,i

    Il lavoro di espansione (o _di compressione) di un gas può essere espresso dalla relazione:

    L = F · 6-x = P · A · 6-x = P · 6- V

    dove, 6- V = A · 6-x rappresenta la var iazione di volume del gas (dove A è una superficie). Un gas che si espande nel vuoto non compie lavoro (P

    '

    114

    = O).

    ..;

    © ArtquJ�

    FISICA

    8.4 Legge dei gas perfetti I gas reali, in condizioni di bassa pressione e lontani dal punto di liquefazione, si comportano come gas perfetti. Leggi dei gas perfetti:

    • A temperatura costante P · V

    = costante (legge di Boyle-Mariotte).

    • A pressione costante V= Vo (1 + aT) (I legge di Gay-Lussac). • A volume costante P = Po (1 + o.T) (II legge di Gay-Lnssac).

    dove, o

    = coefficiente termico dei gas.

    Equazione di stato dei gas perfetti:

    P·V=n·R·T dove, n = numero di moli, R = coota.nte dei gas perfetti, T = temperatura in gradi Kelvin. La costante R si ottiene moltiplicando la costante k cl.i Boltzmann per N mnnero di Avogadro. Questa eqm�ioue ha carattere g

    J f)�,

    Q;n·

    cio è il calore reversibile è quello massimo realiz7,abilc in una trasformazio�e.

    Per un sistema isolato o adiabatico che effettua. una trasformazione si p.a �Q = O (infatti un sistema isolato è anche adiabatico), segue che: • �S = O trasformazione reversibile; • �S > O trasforma�ione irreversibile.

    Per un sistema termodinamico isolato quindi l'entropia totale aumenta o resta costante. Da queste considerazioni nasce l'affermazione che l'entropia dell'universo (come sistema isolato sede di processi irreversibili) è in aumento.

    116

    '

    .:;

    Capitolo 9

    Elettrostatica La materia è costituita da particelle cariche, infatti ogni atomo è formato da un nucleo centrale positivo intorno al quale orbitano uno o più elettroni catichi negativamente. Cariche di eguale segno si respingono, cariche di segno opposto si attraggono.

    9.1 Legge di Coulomb Se Q1 e Q2 sono due cariche a distanza r l'una dall'altra nel vuoto, la forza con In. quale interagiscono fra loro è: F = I si verifica nei gas, nei liquidi e nei solidi trasparenti all'onda, quando essi contengono impurezze che agiscono come superfici riflettenti. Dato l'ol'Ìcntamento casuale di queste impure-.t;Ze abbiamo la diffusione in tutte le direzioni. Il colore del cielo è dovuto a questo fenomeno, ed il colore varia al variare del tipo di impurez7.e presenti. In un cielo limpido, dopo una pioggia prevale l'azzurro> in aree industriali inquinate prevale il grigio, in caso di nebbia prevale il bianco. Se, ad esempio, non ci fosse diffusione della luce solare nell'aria il cielo apparirebbe nero come di notte, le stelle ·sarebbero visibili di giorno ed il contrasto fra luci ed omb1·e sarebbe molto più forte. Rifrazione

    Il fenomeno della rifrazione si osserva quando l'onda incidente supera la superficie di separazione fra i due mezzi e si propaga nel secondo mezzo. Di norma i fronti d'onda che viaggiano nel secondo mezzo cambiano direzione, ma anche in questo caso raggio di propagazione incidente, normale al piano di incidenza e raggio rifr atto giacciono nello stesso piano (Fig. 11.7). L'onda piana AA' incontra un piano che separa due mezzi; la penetra:.t;ione inizia nell'estremo A dell'onda mentre il punto A' deve perconere ancora il tratto A' B' prima di incontrare la superficie di separazione. Quando dopo il tempo dt, l'estremo A' raggiunge il punto B', Pestremo A è arrivato nel punto B, in questo caso però le velocità di propagazione nei due mezzi sono differenti come quando ad esempio V1 > v2.

    133

    �;r f"! . V'!Jj

    © Artquiz

    Capitolo 11 Fenomeni ondulatori

    t.

    A'

    ;· I !I.

    .

    B

    Figura 11.7: Il fenomeno della 1'ifrazione.

    Con semplici consiclera:tioni trigonometriche sulla figura si vede elle:

    = vi · dt e AB' 1 .sen r = v2 · dt. Dal rapporto fra. AB' · sen ·i = v·, · dt e AB' · s

    l. infrasuoni, con frequenxe < 20 Hx; 2. s1wni udibili, con frequen�e fra. 20 Jfa e 20.000 H�; 3. 1tltras·uoni, con f rcquen�c

    > 20.000 I-fa.

    Ricordando che in aria v = 340 m/H, �vremo per le frcqnen¼e acustiche udibili un intervallo di lunghezze d'onda compreso f ra. 1,72 cm e 17,2 ni. Esistono notevoli applica�ioni degli ultrasuoni in medicina, ad esempio tutte le tecniche ecografiche si ba8ano sull'utili�zo di ultrasuoni.

    11.2.1 Il suono Esiste una sostanziale differenza fra suono e rumore. Il rumore è una vibrazione del tutto inegolarn alla quale manca un predi-lo carn.ttere cli periodicità. Il suono, se purn, è una semplice vibrazione a r monica (un semplice sinu�oide), se complesso, è costitui­ to dalla sovrapposizione di onde semplici. Il suono compleHso è scomponibile nella somma di una sede di comp01}enti sinusoidali 8e?Iplici iù relazione armonica fra loro, la componente a frequenza più bassa viene chiamata prima armonica o fondamentale, mentre le armoniche superiori hanno frequen�e multiple cli quella fondamentale. L'altezza di un suono (la nota) nei suoni complessi dipende dalla frequenza. della vi brazione fondamentale. Il timbro di un suono dipende dalla forma della vibrazione complessa, cioè dal numero e dalle ampiez�e della varie armoniche presenti. L'intensità I di un'onda sonora è la quantità di energia che attraversa nell'unità di tempo l'unità di superficie e si misura in watt/m 2 ; essa dipende dall'energia tra­ sportata dall'onda sonora, cioè dal quadrato delle ampie�1.e massime delle vibrazioni Hemplici che la compongono. L'ampiezza è massima in prossimità della sorgente. Il suono emesso da una sorgente puntiformè Hi propaga per onde sferiche in tutte le direzioni e, su tali superfici sferiche, l'energia sarà uniforme. Pèr il principio di c�nservazione dell'energia ricaviamo la rel�ione fra intensità 1-lonora e la distanza r: I

    E

    = -41r-r-.2-.-�-t' 135

    '·�t -1ij:

    Capito]o 11 Fenomeni ondulatori

    @_ Artquiz

    Effetto Doppler

    Se una sorgente di onde e il sistema che riceve e misura le onde si muovono Puna rispetto all'altro, la frequenza delle onde misurata risulta differente da quella emessa dalla sorgente. Se il movimento relativo è di avvicinamento la frequenza osservata è maggiore di quella della sorgent.e, se invece il movimento è di allontanamento, la frequenza risulta inferiore a quella della sorgente. Qu�to fenomeno, chiamato effetto Doppler, è ben conosciuto da tempo (esempio tipico è il suono di una ambulanza in avvicinnment.o o in allontanamento).

    11.3 Ottica La luce è un'onda elettromagnetica costituita dalla vibrazione di un campo elettrico E e di un campo magnetico B, che oscillano su piani perpendicolari fra loro e per­ pemlicolari alla clh-czione di propagazione. L'unità di misura dell'intensità luminosa, nel sistema S.I. è la candela cd. Quando è possibile trattare la propagazione delle onde in termini di onde piane che si propagano perpendicolarmente al fronte dell'onda (raggi) e la si tratta in un contesto in cui le dimensioni degli oggetti e degli strumenti di misura sono molto più grandi della lunghe-tzu. d'onda della luce, parliamo di ottica· geo)'lletrica. In questo contesto si utilizzano la riflessione e la rifrazione nonché la geometria Euclidea. Quando è invece necessaria una trattazione in cui gli aspetti microscopici della radiazione sono prevalenti, parliamo di ottica fisica. Vediamo di seguito alcuni aspetti elementari della ottica fisica. Luce coerente

    Una sorgente luminosa comune (come per esempio il sole) emette radiazioni (o fo­ toni) di frequenza, lunghezza d'onda, fase e piano di polarizzazione, diyersi, inoltre la sorgente emette radiazioni in tutte le direzioni. Questo tipo di luce viene definita non coerente. È tuttavia possibile ottenere sorgenti luminose di luce coerente, carat­ teriz?:ate dalla costanza dei parametri visti, _in cui tutti i fotoni sono uno la fotocopia delPaltro; un esempio classico di queste sorgenti sono i laser. '

    .�rr .J

    ·I'

    I· j, ' ,

    La polarizzazione della luoe

    Si definisce come piano di polarizzazione della luce quello in cui oscilla il campo magnetico B, Normalmente la luce solare o quella emessa da una sorgente generica non sono polarizzate. Esistono dei materiali in grado di polarizzare la luce o cli ruotare il piano.�i polariz­ :i:azione della luce, un esempio classico sono i materiali polaroid, che se attràversati da raggi luminosi lasciano passo.re solo quelli con un ben preciso piano di polarizzazione. La diffrazione

    La diffrazione è un fenomeno che si osserva quando raggi monocromatici interagisco­ no con oggetti dalle dimensioni paragonabili con la loro lunghezza d'onda, in queste condizioni non valgono più le regole dell'ottica geometrica e si osservano fenomeni di­ rettamente collegati alla natura ondulatoria delle onde, quali le frange cli interferenza o la propagazione di onde non in linea retta. 136

    o

    © Art�uiz

    FISICA

    Ottica geometrica Alla base dell'ottica geometrica sussistono alcune considerazion e di carattere fonda­ mentale: · • La lunghezza d'onda della luce è molto più piccola della dimensione dei sistemi ottici. • In un mezzo omogeneo la luce si propaga per linea retta. • La traiettoria seguita dai raggi luminosi non dipende dal verso di propagazione. • Un raggio luminoso segue sempre il percorso più breve per andare da un punto ad un altro (principio di Fermat). Due mezzi distinti, con indice di rifrazione diverso, separati da una superficie sfe­ rica, costituiscono un diottro sferico. Ut� diottro sferico è un sistema ottico stigmatico (Fig. 11.9).

    n1

    p

    p' p

    oggetto

    / V\T

    asse otnco

    acla

    q

    Immagina

    , valto

    Figura 11.9: Diottro sferico. Un raggio proveniente dal pun­ to P posto sull'asse ottico si rifrange s1tl diottro sferico e interseca l'a.,;.,;e nel p1tnto P' di coordinata q nello spazio immagine.

    Un sistema ottico si dice stigmatico quando i raggi luminosi, che partono da un punto che si tl'Ova. su di un lato della superficie di sepura:,done del sistema ottico, convergono biunivocamente, dopo la rifrazion e, sn di un punto posto sull'altro lato del sistema. Lenti sottili La lente sottile è un sistema ottico limitato da due superfici rifrangenti (diottri sferi­ ci o piani) che hanno in comune l'asse ottico. Lo spessore della lente è molto inferiore ni raggi delle superfici. Le lenti sottili sono sistemi ottici stigmatici. Una lente è carattcriz'iata da un asse ottico e da due raggi di curvatura. Per convenzione l'Mse p, a sin istra, ci dà le coordinate del punto oggetto, mentre l'asse q, a destra ci dà le coordinate del punto immagine. Una lette sottile è caratterizzata da due fuochi, il primo nello spazio degli oggetti e il secondo nello spazio delle immagini. Per una lente sottile le due distanze focali hanno lo stesso valore assoluto. A seconda che la distanza focale sia positiva o negativa si distinguono lenti con­ vergenti o divergenti (Fig. 11.10). La formula delle lenti sottili mette in relazione la coordinata del punto oggetto, la coordinata del punto immagine e la distamm focale: 1 1 -+-

    P

    q

    dove, p = coordinata del punto oggetto, q distanza focale.

    1

    =-

    F

    = coordinata del punto immagine,

    F

    =

    137

    © Artquiz

    Capitolo 11 Fenomeni ondulatori

    � .:::; :�;:i:=�yp:_ :� :�···· ..-:····· ..

    (a) Posizione del fuoco in una lente convergente: il fuoco è reale (si trova nello spa1.io dell'immagine) e positivo.

    (b) Posizione del fuoco iq una lente divergente: il f11oco è virtuale (si trova nello spuzio degli oggetti ed è costruito sui prolungamenti dei raggi) e negativo.

    Figura 11.10: Lenti conveTgenti e lenti divergenti. Il potere diottrico
  • ,, < 1 nm.

    -

    1021 Hz) e

    • Il loro indice di rifrazione nella materia è praticamente 1 ( quindi non possono essere focalizzati) . • Danno origine a fenomeni di diffrazione quando interagiscono con materiali ·cri­ stallini che con la loro distribuzione spaziale regolare agiscono come reticoli tridimensionali ( questi fenomeni sono alla base delle tecniche di cristallografia a raggi X). • Attivano schermi fluorescenti e impressionano lastre fotografiche.

    141

    r

    Capitolo 11 Fenomeni ondulatori

    © Artquiz

    • Attra.vcrsuno qua�i tutti i materiali, anche quelli opachi alle radiazioni ottiche, essendone tuttavia più o meno assorbiti. • I raggi X a frequenze pii1 alte sono piit penetranti. • Radiotrasparenza e quindi radioopacità di uu materiale dipendono, a parità di energia della radiazione, da tre fattori: il numero atomico degli atomi che costituiscono il materiale, lo spessore e la densità del materiale. • L'energia dei raggi X (e delle particelle nucleari) si misura in elettronvolt (eV). 1 eV = 23,06 kcal/mole = 96,48 kJ/mole. • S0110

    in grado di ionizzare l 'a.ria.

    Per generare raggi X si può utilizzare una sorgente cli elettroni a�ocinta ad una forzn. che li acceleri e 1m bersaglio che li freni (tubo di Coolidge) 1 il tutto sotto vuoto. Gli elettroni vengono emessi da un catodo (spiralina di tungsteno) per effetto termo­ ionico, vengono accelerati da una differc11�"'1. di potenziale .(variabile) e incontrano un anticatodo nel qmtle vengono frena.ti emettendo coi;i raggi X.

    ,'

    142

    .[

    PARTE IV

    CHIMICA

    Capitolo 1·

    �·-

    La costituzione della materia 1.1 Stati di aggregazione e pa�saggi di stato

    (

    La. chimica è lél. disciplina che studia la costitmdone della materia. 1 la sua. trasforma, �ionc• 2g3Th + �He++

    2

    Quando vengono emesse pa.rt�cellc /3 (elettroni o positroni) un neutrone nel nucleo si trasforma in protone o viceversa, e qniudi anche iu questo caso cambia la. mttura dell'atomo. Esempio:

    ooc 21

    ° --> 2aooN·t + e -

    La cinetica di decadimento di un isotopo radioattivo è specifica di og11i isotopo. Si definisce tempo di dimezzamento (o emivita) di un isotopo radioattivo il tempo ·necessario per perdere metà della sua radioattività. Esso viene usato per datétre reperti' fossili sulla base della radioattività del 14 C, il cui tempo di dime-tzamento è di 5.760 n.nni. Il tempo cli dime-1,zamento è inversamente propor1.ionale all'attività specifica di un radionuclide: più corta è la vita più pericoloso è U radionuclide, in quanto emette la sua radioattività in un tempo minore. L'emissione di radiazioni gamma accompagna in genere le emissioni beta. Se emesse da sole, le radiazioni gamma non cambiano la Qatura. dell'atomo. La natura dei nuclei, oltre che per decadimento radioat.tivo, può essere cambiata per bombardamento con neutroni. I nuclei pesanti subiscono in taL,modo una scissione in più nuclei di massa intermedia con grande emissione di energia.�Il processo si chiama fissione ed è utili7:,mto sin. nella bomba atomica che nelle centtali nucleari per produrre energia elettrica. Il processo inverso, quello di unire nuclei di idrogeno per formare un nncleo di elio, si chiama fusione nucleare. Esso avviene nel sole e produce una qmmtità di energia molto superiol'e a qncllo della fissione (sul processo di fusione si basa la bomba termonucleare o a idrogeno). � Nella bomba atomica si usa come combustibile 235 U. In natura l'uranio è presente sotto forma di due isotopi 235U e 238U. Per costruire la bomba è necessario sepal'are 238 U da 235 U. Questo processo prende il nome di arricchimento dell'uranio. 150

    @ Artquiz

    CHIMICA

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    Alcuni isotopi radioattivi, come il 6°Co, sono utilizzati per la terapia dei tumori (radioterapia). Il principio è quello di indirizzare le radiazioni (raggi , ed elettroni) sulla massa tumorale, per provocarne la distruzione. Poiché le radiazioni sono genotossiche (capaci di provocare mutazioni sul DNA) esse sono anche causa di cancro. Un atomo è neutro quando il numero di elettroni che contiene è pari al numero dei protoni. Quando i due numeri sono diversi l'atomo viene chiamato ione. Esisto­ no, per ogni specie atomica, ioni positivi o cationi (per carenza di elettroni) e ioni negativi o anioni (per eccesso di elettroni). Esempi: Ca2 + , A]3+ , Li+ , ci-, s2 -. I protoni e i neutroni hanno una massa quasi uguale di 1, 67 · 10-2 4 g. Uelettrone ha una massa di 9, 11 · 10- 2 8 g, molto pii1 piccola. Data la bassissima massa di queste particelle non è pratico usare il grammo o il chilogrammo come unità di misura delle masse atomiche. Si usa invece una unità di misura che è il dalton (Da) (sp9Sso in­ dicata nei quir. anche come u.m.a., unità di massa atomica), che è definito come la dodicesima parte della massa deWisotopo 12 del carbonio (pari .a 1, 66054 · 10-24 g). Poiché quc.c;t> u]timo contiene 6 protoni, 6 neutroni e 6 elettroni, il dalton corri­ sponde alln massa di mC'1:1,o elettrone più quella di mer;,:,,o protone più quella di me7,7,0 neutrone. Ma data la pratica uguaglianza delle uui.::;se dei protoni e dei neutroni e la trascmatC'.-;:;,,a della massa dell'elettrone, si può dire che il clalton corrisponde in pra­ tica alla massa ciel protone (o del neutrone). Per questa ragione ogni specie chimica dovrebbe avere un peso atomico (misurato in da.ltou) quo.si intero, corrispondente alla somma ciel numero dei protoni e dei neutroni contenuti nel nucleo. Cionono­ stante, se si va a controllare i pesi atomici riportuti nella Tavola periodica per ogni elemento, spesso si vede che esso non è un numero quasi intero. Questo dipende dal fatto che nella Tavola periodica vengono riportati i pesi atomici degli elementi secon­ do la composizione isotopica che essi hanno in natura. Se Piclrogeno in natura fosse presente solo come protio (fatto da un protone e un elettrone) il :=mo peso atomico sarebbe praticamente 1. Se fosse presente sòlo come cleuterio il suo peso atomico sa­ rebbe praticamente 2. Se fosse presente come tritio, sarebbe 3. Se l'idrogeno presente in natura fosse una miscela al 50% di protio, 30% di deuterio e 20% di tritio, il suo peso atomico sarebbe O, 50 · 1 + O, 30 · 2 + O, 20 · 3 = 1, 70 Da. Poiché il peso atomico reale deWidrogeno è 1,01, questo ci suggerisce che ] >idrogeno in natura è costituito essenzialmente da protio. Il peso atomico è usato anche per ricavare la massa delle molecole (peso moleco­ lare), che si ottiene semplicemente sommando i pesi atomici degli atomi costituenti. Esempio: la CO2 ha un peso molecolare pari a 12, 01 + 2 · 16, 00 = 44, 01 Da. Viene definita mole (o grammomole, indicata con il simb�lo mol) la quantità di sostanza in grammi che corrisponde al peso molecolare (o atomico se si tratta di ato­ mi, in tal caso si chiama. grammoatomo) della sostanza. 44,01 g di CO2 sono una mole di CO2 . 2 g di I-12 (il peso molecolare di H2 è 2) sono una mole di iclrogeno. 12 g di carbonio (C) sono una mole (o grammoatomo) di carbonio. È immediato capire che una mole di una qualsiasi sostanza contiene lo stesso numero di molecole: tale numero è il numero di Avogadro pari a 6, 02 · 10 23. Il. numero di moli di una sostanza (indicata con la lettera n) viene facilmente ricavato se si conosce il numero di grammi della sost11nza e il suo peso molecolare: • n = (massa della sostanza)/(peso molecolare della sostanz�). Da questa relazione si può ricavare qualsiasi grandezza incognita conoscendo le_ altre due: 151

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    © Artquiz

    Capitolo 2 L > atomo

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    • peso molecolare= massa della sostauza/n. Una reazione chimica è un processo con il quale si cambia la natura delle so­ stanze. Questo avviene perché alcuni legami si rompono e se ne formano degli altri. Per esempio quando si brucia carbone con ossigeno si ottiene l'anidride carbonica. La reazione, utilizzando i simboli delle sostanze, può essere scritta come: C + 02 � CO 2 Questa reazione può essere letta in due modi: il primo, di tipo qualitativo, ci dice che il carbonio reagisce con l'ossigeno per dare anidride carbonica; il secondo, di tipo quantitativo, ci dice che una mole di carbonio (pari a 12 g) reagisce con una mole di ossigeno (pari a 32 g) per dare una mole di anidride carbonica (pari a 44 g). Come si vede la massa di CO2 è pari alla somma delle masse di C e di 02 che hanno reagito. Questa è l'espressione della legge di Lavoisier. Un altro esempio:

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    Anche in questo caso la somma delle masse dei reagenti (le sostanze a sinistra della freccia) è il salto , , da. un orbita ud uu altra. Il tentativo di prevedere il moto dcWclettrone nel suo stato sta.bile (cioè de8criver­ ue il moto con una equazione) si è poi scontrato con un ostacolo fortissimo costit.uito dal principio di indeterminazione di Heisenberg, il quale asserisce che non è possibile prevedere contemporaneamente posiz.ione e velocità di una particella come Pelettrone. Questo precludeva la scrittura di una equa:,;ione del moto delPelettrone, come si fa per un satellite intorno ad un pianeta. L'ostacolo fu aggirato dopo aver scoperto la natura duale della materia: essa infatti ha proprietà ovvie di corpuscolo ma ad essa è associata anche la proprietà di onda. Uequazfone che lega i due aspetti è quella di De Broglie: À=

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    dove À è la lunghezza d> onda delPonda associata alla mru:;sa m di nn_ corpo che si muove a velocità v e h è la costante di Planck. I due concetti, di impossibilità di descrivere il moto deWelettrone e di natura on­ d ulntoria dello stesso, permisero a Schrodinger di costruire una equ�zione d'onda degl i elettroni. Le soluzioni di questa equazione forniscono si� Penergia degli sta­ ti elettronici permessi che lo spazio occupato dai singoli elettroni intorno al nucleo. Si badi bene che la posizione degli elettroni (e quindi lo spw,do da essi occupato) è de:;critto in termini di probabilità (per non violare il principio di indeterminaz.ioue). Schrodinger ha dimostrato che la soluzione deWequazioue è possibile solo per certi valori di alcuni numeri, chiamati numeri quantici. Ogni soluzione (1/J, o meglio -il sno quadrato, 1/)2) definisce nn orbitale (per distinguerlo dalle orbite che sono per­ cori:;i ben definiti) e rappresenta lo spazio entro il quale c > è una probabilità finita di 153

    @ Artquiz

    Capitolo 2 L'atomo ,j il ·.�,

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    trovare l'elettrone e a cui corrisponde un'energia definita dell'elettrone. Gli orbitali descrivono quindi glt stati possibili e quantiiiati che l'elettrone può assumere in un determinato atomo. I numeri quantici i cui vnlori permettono di trovare solu�ioni all'equazione di Schrodinger sono: 1. Il numero quantico principale (definito dalla lettera n) che può assumere valori positivi interi da 1 in poi (n = 1, 2, 3, ecc.). Il suo valore è per buona parte proporzionale all'energia dell'elettrone e alla sua distanza media dal nucleo. Esso definisce il livello nel quale si trova l'elettrone, che viene in q11alche testo designato con le lettere K (n = 1), L (n = 2), M (n = 3), N (n = 4), ecc. 2. Il numero quantico secondario (definito dalla lettera 1) rappresenta la forma dello spa:.t;io occupato dall'elettrone e, in parte, anche l'energia dell'elettrone. Esso può assumere valori che dipendono da n, nel senso che, fissato 11, 1 può variare da O a (n-1), comprendendo tutti i numeri interi intermedi. Quindi, quando n = 1, 1 può essere solo O. Quando n = 2, 1 può essere solo O e 1, e cooì via. Quando 1 = O, la forma dell'orbitale è sferica. Quando l = 1 la forma dell'orbitale è a d11e lobi sferici opposti. Quando 1 = 2, la forma dello spa2io è a quattro lobi, come nn quadrifoglio, ecc. La forma sferica dello spazio è indicata anche questi possono essere assegnati agli orbitali secondo delle regole> che sono così riassunte: 'A. Gli elettroni cominciano ad occupare gli orbitali partendo da quelli a più bassa energia> quindi prima quelli con 11 = 1> poi quelli con n = 2 e così via (principio dell'Autbau). B. Gli elettroni non possono avere tutti e quattro i numeri quantici uguali (principio di esclusione di Pauli). Quindi > poiché un orbitale è designato da tre numeri quantici (n > l e m) > esso può essere occnpnto solo da due elettroni di spin opposto. C. Quando gli elettroni hanno la pos.sibilifa di occupare diversi orbita.li alla stessa energia> lo fauno occupando il mas..�imo numero possibile di essi (regola di Hu nd o della massima molteplicità). Ln scala di energia degli orbitali è riportata nella Figura 2.2.



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    Figura 2.2: Ordine crescente delle energie degli orbitali atomici.

    Proviamo a costruire la configurazione elettronica degli elementi seguendo Piucre­ meuto del numero atomico. Il primo elemento è l'idrogeno (H)> con Z = 1. L'unico elettrone si dispone nel­ l'orbitale ad energia più bassa> con n = 1 e l = O. Questo orbitale viene designato con il termine ls. Il numero rappresenta il valore di n > mentre la lettera rappresenta il tipo di orbitale (s perché quando n è uguale a 1 > l non può essere che O). Quindi la configura:-,;ione elettronica delPidrogeno è ls. Il secondo elemento è l'elio (He). Ha Z = 2 e quindi ha due elettroni. Essi pos­ sono andare entrambi nelPorbitale ls > perché possiedono il numero di spin opposto e quindi non contraddicono il principio di Pauli. La configura¼ione elettronica è quindi ls 2 > con il 2 cp.e non rappresenta una potenza ma il numero di elettroni contenuti nell >orbitale. Il terzo elemento > il litio (Li) ha tre elettroni: due Ii dispone nell'orbitale 1s. Il terzo non può esservi alloggiato perché si violerebbe il principio di Pauli > quindi va in

    155

    © Artquiz

    Capitolo 2 L'atomo

    un nuovo orbitale, che avrà nutnero quantico principale 2. Con n = 2 si può n.vere 1 = O e 1 = 1, quindi orbitali di tipo s (sferici) e orbitali
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    o Capitolo 4

    Il legame chimico 4.1 Introduzione Un legame chimico trn atomi si forma quando si genera nn'attra7,io11e forte e sta­ bile tra di e�si tanto da generare nna entità definita, che chiamiamo molecola. È

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    necessario aggiungere gli aggettivi forte e stabile perché gli atomi e le molecole pos:m110 attrar}ii senza genenu·c un legame ma �;olo nua generica interazione. Per rendere chiaro questo concetto: in nu bicchiere di acqua liquida ci sono delle molecole di ac­ qua. Nella molecola d'acqun, di formula I-hO, i legami chimici Rono qndli che legano i dne atomi di idrogeno all'atomo cli oRsigcuo, mentre le iutcraxioui sono quelle che Hi geucrruw tra le molecole di acqua per stabilire lo stato liquiclo. In altre parole ln mo­ lecola d'n.cqna i.� sempre present.e o iudivtcluabile tu tutti e tre gli stati
  • a differemm ).

    8.1.4 Idrossidi Gli idrossidi sono i composti tra ioni metallici dei primi tre gruppi e dei metalli di transizione e gli ioni ossidrili (OH-). Si ottengono facendo reagire gli ossidi basici con l'acqua. Hanno comportamento basico.

    8.1.5 Ossiacidi

    •.

    Gli ossiacidi sono i composti che i non metalli formano con idrogeno e ossigeno. Essi si ottengono per reazione degli ossidi acidi, o anidridi, con l'acqua. Hanno comporta­ mento acido più o meno marcato in acqua. Uno stei:;so elemento può formare diversi ossiacidi: in tal caso il nome, pltre alla desinenza -oso e -ico, può assumere il prefisso ipo o per. Come esempio st possono usare gli ossiacidi che forma il cloro. Essi sono HClO, HC1O 2, HClO3 e HClO4 .i cui nomi sono acido ipocloroso, cloro!:>'0 1 clorico e perclorico, rispettivamente.

    8.1.6 Sali I sali sono i composti che si formano !:>'OStituendo l'idrogeno negli ossiacidi o negli idracidi con un metallo e che provengono dalla reazione tra gli ossiacidi e gli idracidi con gli idrossidi. Sono sempre composti ionici, sia allo stato solido che allo stato liquido (fusi). Ovviamente in soluzione acquosa sono sempre totalmente dissociati. 186

    CHIMICA

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    � Non confondere la d·issoc'iazione in ioni con la solubilità: un sale pnò essere molto o poco solnbile 1 ma la parte sciolta è completamente sotto forma ionica. I sali provenienti dagli ossiacidi prendono la desinenza -ito se provengono da un acido con desinenza -oso e la desinenza -ato se provengono da un acido con desinenza -ico. Dall'acido solforoso (1-12S03) si ottengono i solfiti e dalPacido solforico (H2S04) i solfati. Nella sostituzione degli idrogeni da parte dei metalli bisogna tener conto che la nonnna delle cariche positive dei cationi metallici sia uguale alla somma delle cariche negative dell'anione dell 'ossiacido. Per esempio il solfato di sodio è Na2SO,i e il solfato di ammonio è (NH,i )2S0,1, il solfato di calcio è CaSO ,i , il solfato ferroso è FeS04, il solfato ferrico è Fc2(S04 ) 3 e il solfuro di alluminio è AhS.1. Esistono anche i su.li ottenuti per pan:iale .-;ostituzioue dell'idrogeno degli ossiacidi come NaHC03 , cmbonato C=O o nel caso >C=N, per cui alla rottura del legarne 1T si forma un carbocatione a cui si aggiunge un gruppo con una coppia di elettroni non condivisi (nucleofilo). Le seconde si hanno quando l'attacco è fatto eia un gruppo elettrofilo, rompendo il legame 1T.

    12.8 Polimeri I polimeri sono lunghe catene di atomi ottenute per polimerizzazione di opportuni monomeri. Essi possono essere ottenuti mediante monomeri con doppio legame ( ti­ pici i monom eri vinilici, CH2=CH-R, con R molto variabile: alifatico, aromatico, idrofobico, polare, ionico) che Hi adcli¼ionano uno all'altro mediante rottura dei legami 7T e unione elci legami rntti tra due monomeri. Questo porta a catene lineari molto lunghe con proprietà molto diverse a seconda della natura di R. Quando R = H si ha il polietilene, usato per fabbricare i comuni sacchetti per la ,')pesa. Altri polimeri si ottengono per condensazione di monomeri che hanno opportu­ ne fnn�ioni ai due terminali, come fanno gli aminoacidi per formare le proteine. In tal modo si po88ono ottenere le poliammidi (per unione di un gruppo carbossilico terminale di un monomero con un gruppo ini¼iale amminico di un altro monomero, come nel nylon, o i polie steri (con unione di un gruppo terminale carbossilico di un monomero con un gruppo ini:dale alcolico di un altro monomero). Vecli Figura 12.14. POLIMERI DI ADDIZIONE n

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    nH2N-(CH2 )x-COOH - (-HN-(CH2) x -CO-NH-(CH2 )x -CO-) Figura 12.14: Polimeri.

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    224

    Capitolo 13

    Le biomolecole 13.1 Introduzione Alla categoria delle biomolecole appa1tengono tutte le molecole che hanno fnrndoni essen?.iali nella vita delle cellule: • gli zuccheri e i polisaccaridi, chiamati anche carboidrati o idrati di carbonio perché hanno formula generale C11 (I-120) 11 ; • gli aminoacidi e le proteine; • i m1cleot.idi e gli acidi nucleici; • i lipidi e i fosfolipicli, di cui si è già trattato (Chimica, § 12.5). Poiché la fun�ione di una molecola in biologia è strettamente correlata con la forma che essa assume nello spa:do, le biomolecole hanno una conforma7.ione particolarmen­ te stabile, che corrisponde al minimo di energia libera conformazionale, fmtto della nmssimi:r.za�ione di tutte le interaiioni attrattive e della minimiiiaiione di tutte le interazioni repulsive tra gli atomi. In questo gioco un ruolo fondamentale è assunto anche dalle interazioni degli atomi della biomolecola con il solvente. Esempi di con­ formazioni particolarmente stabili (e quindi corrispondenti ad un minimo profondo della energia libera conformazionale) sono la struttura a doppia elica del DNA e la struttura terziaria e quaternaria delle proteine.

    13.2 I carboidrati I carboidrati sono le biomolecole più abbondanti sulla terra in quanto. ogni anno le piante, le alghe e i batteri fotosintetici convertono più di 100 miliardi di tonnellate di C02 e di acqua in cellulosa e in altri prodotti pofo:mccaridici, quali le emicellulose, pectine, lignine, etc. Alcuni carboidrati (iucchero e amido) sono tra i principali alimenti nell'uomo e la loro ossidazione fornisce una percentuale importante delle calorie necessarie al fobbi.c.iogno energetico (Chimica,§ 13.4). I carboidrati sono aldeidi o chetoni poliossidrilici e molti, ma non tutti, hanno la formula empirica (CH20)n, alcuni contengono anche atomi di azoto, fosforo o 7.olfo (S). Si distinguono in: • monosaccari�i, costituiti da una singola unità poliossidrilica aldeidica o chetonica, di cui il più abbondante in natura è il D-glucosio; 225

    Capitolo 13 Le biomolecole

    @ Artquiz

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    • oligosaccaridi, costituiti da corte catene cli monosaccaridi (non più di 8) uniti da legami 0-glicosiclici; i più abbondanti sono i disaccaridi, cli cui l'esempio piìt tipico è il saccarosio; • polisaccaridi, o glicani, costituiti anche da lunghe catene di centinaia o migliaia ·t ì I

    diaframma e superiormente dallo stretto toracico superiore e protegge organi vitali, quali cuore, polmoui e grandi vasi. L'uomo possiede 12 paia di costole articolate po­ steriormente con le vertebre. Fra queste, distiuguiamo 7 costole vere che articolano anteriormente con lo sterno, 3 spurie che si fondono anteriormente cou la cartilagine del 7° paio e 2 fluttuanti che nou raggiungono lo sterno anteriormente e che si artico­ lano con l'undicesima e dodicesima vertebra toracica. Il cranio è il complesso osseo presente nella testa dei mammiferi le cui funzioni sono quelle di proteggere cervello, cervelletto e tronco encefalico e di alloggiare orgaui sensoriali, quali occhi e orecchie, naso e lingua. Generalmente viene distinto in neu­ rocranio (contenuto nella volta crauica e contenente le strutture nervose della testa) e splancn ocran io (ricompreso sotto alla fronte e comprendente organi sensoriali). Esso è costituito da ossa piatte m1ite fra loro da articolazioni fibrose dette suture che tendono a chiudersi con l'avammre dell'età. Le eccezioni sono rappre"sentate dalle articolazioni t.empuru-mandibolari. Il neurocranio è costituito da osso o ccipitale (che si trova nella parte posteriore del cranio), sfenoide, ossa parietali, osso frontale, etmoide, ossa temporali; lo splanc­ nocraniq è costituito da: ossa nasali, ossa mascellari, mandibola, osso ioide, ossa zigomatiche, o.-;sa palatine, ossa lacrimali. Infine, il cranio è connesso alla colonna vertebrale t,ramitc l'articolazione oecipito­ atlantoidca.

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    Figura 1.7: In alto, la colonna vertebrata e il cranio. A sinistra, la gabbia toracica. Essa è formata da 24

    costole, dallo sterno e da 12 vertebre, 246

    © Artquiz

    BIOLOGIA

    Scheletro appendicolare Lo sterno, insieme con le clavicole e le scapole, va a costituire una congiunzione fra lo scheletro assHe e le ossa degli arti superiori, che prende il nome di cingolo scapo· lare (o cintura scapolare). In purticolaxe, l'articolazion e acromio-clavi.colare {fra scapola e clavicola), l'articolazione sterno-clavicolare e l'articolazione scapolo-omerale assolvono questo compito. L'osso sacro articola con le ossa dell'anca e contribuisce con esso a formare il cinto pelvico, che permette di collegare lo scheletro assile alle ossa dell'arto inferiore. L'arto superiore è costituito da: • Omero: è un osso lungo che costituisce lo scheletro del braccio, articola supe1ior­ mente con la scapola e inferiormente cou radio e ulna. • Radio e ulna: sono due ossa lunghe che costituiscono lo scheletro dell'avambraccio, articolano superiormente con l'omero e inferiormente con le ossa della mano {carpo). Il radio è posto esteriormente e l'ulna è più vicina alla linea mr,diana del corpo. • Mano: è costituita da 27 ossa, suddivise in: a) Carpo: formato da 8 ossa piccole disposte su due file (quella che nrticola con l'avambraccio comprende: sqlfoide, semilunare, pirnmi.dale e pisiforme, mentre la seconda: trapçzio, trapuzoi ulternanza di bande chiare (bande I) e scure (bande A). Le bande I sono divise in due da una linea Z. Il tratto compreso tra due linee Z adiacenti si chiama sarcomero ed è l >unità ripetitiva della mfofibrilla. L >apparato musc olare scheletrico indica l'insieme dei muscoli di una specie che ne permette il movimento. Esso è determinato dalla contrazione e dal rilassamento di coppie cli muscoli, che per questa ragione sono detti antagonisti. Uno viene eccitato e contratto quando l'altro è rilassato ed esteso. Il movimento muscolare in generale è controllato dal sistema nervoso. I �nscoli (e altri tessuti come il ghiandolare) sono un tessuto effettore perché attivato da fibre nei·v(?Se afferenti. I nervi, o neuroni motori, prendono contatto con i muscoli mediante la terminazione presinaptica e le giunzioni specialiw.ate che prendono il nome di placche neuro-muscolari o placche motrici. Quando un poten¼iale di azione giunge alla placca neuromuscolare, il neurotrasmetti­ tore acetilcolina contenuto nelle vescicole, presenti nel citoplasma della terminazione nervosa, viene rilasciato nello spazio compreso fra la membrana plasmatica del neu­ rone e quella del mm;colo. L'acetilcolina si lega, quindi, ai recettori presenti sulla membrana plasmatica delle cellule muscolari ( miociti ), induce in essi la liberazione di ioni calcio dal reticolo sai·coplasmatico che provoca la contrazione. Quest >nltima è dovuta principalmente all'a1.ione di due proteine: la miosina e l'actina che scivolano 249

    Capitolo 1 Istologia, anat,omia e fisiologia



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    @ Artquiz

    l'una sull'altra a spese di grandi quantità di ATP (la miosina è capace di idrolizzare ATP per modificare la sua conformazione tridimensionale). Le fibre muscolari si distinguono in fibre rosse (più ricche di mioglobina nel loro citoplasma) e fibre bianche, perché povere di mioglobina. Le prime sono anche dette fibre lente, perché danno luogo a contrazioni lente ma durature, mentre le seconde fibre veloci, perché danno luogo a contrazioni rapide ma assai dispendiose. Sulla base del contenuto di mioglobina (che è una proteina di deposito di ossigeno) si può de­ durre che le prime consumano molto più ossigeno. I muscoli hanno depositi di ATP di scarsa entità e pertanto debbono rapidamente rigenerare ATP a partire HbA per contenere catene di ,-globina al posto delle cate­ ne di /j-globina, ha tm 1 affinità particolarmente ba.ssa per il BPG e quiudi mantiene un 1 affinità molto elevata per 02, che è in grado di sottrarre all'HbA della madre. In condizioni patologiche, anche il monossido di carbonio (CO) si lega alPemoglo­ bina con un 1affinità tale da soppiantare il legame con PO2 e rende questo gas (prodotto dall'ossidazione parziale di composti contenenti carbonio, come, per esempio, utiliz-. zando stufe e caminetti in un ambiente povero di ossigeno) un pericoloso veleno. 260

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    2.8 PsoMb

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    © Arlquiz

    BIOLOGIA

    Sono sta.te identificate quasi 900 forme mutantì di Hb umana, il 90% del­ le quali contiene singole sostituzioni amminoacidiche. Sebbene non tutte le va:rianti producano sintomi clinici, alcune sono causa di malattie invalidanti. Esempi sono: ·• Panemia emolitica, in cui le mutazioni destabilizzano la struttura terziaria, ridu­ cendo Paffinità per P02 e il grado di cooperatività, e portano a lisi gli eritrociti; '

    • la policitemia, in cui si ha un aumento del numero di globuli rossi per compensare le mutaz.ioni delPHb, che è più affine per P02 e non è in grado di rilasciarlo ai tessuti; • Panemia falciforme, in cui le catene /3 delPHb contengono in posizione 6 una val al posto di 1111 gin. Tale sostituzione porta PHb priva di 02 (deossiHb), definita S, a formare lunghi polimeri insolubili alPinterno degli eritrociti che assumono una for­ ma a falce. Il pericolo della fo]ci7,,mzione, che può portare ad ischemia nei tessuti e ad emolisi, è massimo quando gli eritrociti passano attraverso i capillari, rilasciando 02. Le fibre di osterio­ re dell'occhio contengono umore acqueo, nn liquido trasparente prodotto dal corpo ciliare.

    1.10.3 Organi di senso: l'orecchio L'orecchio è l'organo dell'udito e si divide in tre parti: orecchio esterno, medio e interno. L'orecchio esterno è formato dal padiglione auricolare e dal condotto uditivo esterno, costituiti da cartilagine ricoperta da cute. La sua funzione è quella di convo­ gliare i i.noni verso l'orecchio medio. L'orecchio medio è costituito dal timpano (membrana sensibile alle onde sono­ re, posta al termine del condotto uditivo) e dagli ossicini (martello, incudine e staffa, nell'ordine in cui sono disposti a partire dal timpano) che trasmettono le vibrazioni della membrana timpanica al labirinto. Gli ossicini sono prn,ti in mta cavità detta cassa timpanica, che comunica con la faringe tramite la tromba di Eustachio (la cui funzione è quella di compensare le pressioni ai due lati della membrana timpanica). L'orecchio interno è la porzione interna dell'apparato stato-acustico, deputato al senso dell'equilibrio e dell'udito. Esso è costituito da due pondoni che prendono il nome di labirinto osseo e lnbirinto membranoso, le cui pareti sono ossee e connetti­ vali, rispettivamente. Il labirinto osseo è costituito da nna parte centrale cava (scala vestibolare) che comunica anteriormente con la coclea o chiocciola (componente del­ l'orecchio interno deputata alla trasduzione dei segnali sonori, mediante l'organo del Corti) e posteriormente con i tre canali semicircolari (anteriore?, superiore e laterale) in cni si trovano i recettori dell'equilibrio (recettori stato-cinetici). 285

    © Attquiz

    Capitolo 1 Istologia, anatomia e fisiologia Orecchio medio

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    Canale1semicircolare I Incudine

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    Orecchio interno

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    1.11 Sistema ghiandolare

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    Il sistema ghiandolare ?1 costituito da. 1m insieme di ghiandole e cellule cpiteliuli capaci di sec�H'nnre sostm1,1,c ntili all'orga.uhm10. Es.c;e !?i dividono in ghiandole endo­ crine che� riversnuo uel torrente: circolatorto onnoui peptidici o lipidici, e iu ghiandole esocrine che riveri.ano le sosta.n1,c secrete all'esterno del corpo o in cavità che comu­ nicano con l'esterno. Iu quest'ultimo caso la sostanza secreta può essere di diversi tipi (enzimi, come quelli emessi clal paucrea.c.; ucll'intestino, latte emesso dalle ghiandole mammarie, sebo che lubrifica la pelle, muco, sndore, lacrime, ecc.). Il sistema cuclocriuo èi iu rc�tltà strutturalmente e fmrnionalmentc collegato al si­ stema nervoso a formare il cosiddetto sistema neuro-endocrino, di cui fa parte l'aoncla utilizzata sono parametri trn loro strettamente correlati. Microscopi che si basino :m diverso tecnologie rispondono a considerazioni differenti. La relaziono cho lega il potere ri:;olutivo, Papertura numerica di un sistema ot­ tico (AN, che può essere immaginata come le dimensioni del cono di luce che colpisce le lenti del microscopio dopo e!iserc pru:;sata. attraverso il campione ed � calcolabile ma­ tematicamente) e la lunghezza d 1 onda (>.) della radia�ione utilizzata (che può variare tl'a 0,4 e O, 7 µm) è:

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    Questa reJazione è generalmente nota come principio di AbbE;� Per un microscopio ot;tico in luce visibile, d raggiunge i 0,2 µm, cioè un potere risolutivo mille volte più elevnto di quello dclPocchio umano, mentre il microscopio elettronico ginngc ad uu potere risolutivo di 0,1 nm, cioè mille volte pit1 elevato cli quello del microscopio ottico. Quindi, con il microscopio ottico è possibile osservare le cellule eucariotiche, i batteri (ma non i virns), i cromosomi i11 movimento, gli organismi unicellulari (protozoi e funghi), gli organelli cellulari come i mitocondri ma non i ribosomi. Il microscopio ottico consente inoltre Panalisi in vivo (a fresco) delle cellule, mentre.con il microscopio elettronico i preparati biologici devono essere opportunamente fissati e non t� possibile studiarli in vivo.

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    ·,tica. Differenze La vita è costituita da tre domini: gli Eubatteri, gli Archeobatteri e gli Eucario­ ti. I primi due sono d '�t r;,. · ·, ' · ·� ., .,· •' ·· · '\

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    Figura 2.2: Stmttura di una cellula procariotica elettr(!nico).

    (E. coli visto al m·icroscovio

    Le cellule eucariotiche, che costitui::;cono l'elemento bnse cli organismi animali e vegetali, sono caratterizzate da un nucleo ben distinto e clelimita.to eia. un involucro membranoso a doppio strato (nucleolemma) che contiene il materiale genetico (DNA organi½zato in cromatina nei diversi cromosomi ) e da una serie di orgmmli citopla� smatici, come i mitocondri e i cloroplasti (solo nelle cellule vegeta.li), n::;senti nelle cellule procariotiche, e che contengono anch'essi materiale genetico. All'interno del nucleo sono pre::;enti delle strutture, non delimitate da membrane, elette nucleoli de­ putati alla sintesi di RNA ribosomiali (rRNA) che andranno a costituire i ribosomf Il ribosoma della cellula eucariote è compo::1to da una snbnuitit grande e mm snbunità piccola, presenti anche nei procarioti e neces8ari per la sintesi proteica. La presenza di 1111 sistema continuo di endomembrane, costituito eia: membra­ na plasmatica, reticolo endoplasmatico liscio e mvido, apparato di Golgi, membrana nucleare, endosomi, lism;omi, peros.