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ROBERTO SALOMONE
SUONARE IL BASSO ELETTRICO
Edizione 2014
INDICE Introduzione
Pag.
1
Basso elettrico: breve storia dello strumento
Pag.
3
Basso elettrico: guida allo strumento
Pag.
6
Basso elettrico: posizione delle mani
Pag.
7
Basso elettrico: posizione delle note sulla tastiera
Pag.
9
Basso elettrico: posizione delle note sul pentagramma
Pag. 11
Cenni di teoria musicale
Pag. 13
Concetti base di armonia
Pag. 23
La diteggiatura
Pag. 33
Le triadi maggiori
Pag. 37
Le triadi minori
Pag. 48
Gli arpeggi
Pag. 58
Le scale maggiori
Pag. 63
Le scale minori
Pag. 67
Scale: allargamenti
Pag. 76
Altri accordi
Pag. 86
Tecniche di espressività
Pag. 97
La tecnica “slap”
Pag. 110
Laboratorio Ritmico
Pag. 120
Le scale pentatoniche
Pag. 124
Le scale modali
Pag. 130
Altre scale
Pag. 140
Il Walking Bass
Pag. 151
Uso degli armonici
Pag. 169
Concetti base di improvvisazione
Pag. 178
Uso del plettro
Pag. 208
Basso elettrico: principali regolazioni
Pag. 215
Amplificazione ed effettistica
Pag. 220
Lettura del pentagramma
Pag. 229
Glossario
Pag 239
Appendice e Bibliografia
Pag. 247
INDICE TRACCE AUDIO Mp3
L’AUTORE Salomone Roberto nasce a Torino il 4 dicembre 1964. Fin da bambino manifesta particolare interesse per la musica, in particolare la musica classica, ma il primo approccio con uno strumento musicale avviene nel 1976, con una chitarra. Lo studio della chitarra, cominciato da autodidatta, prosegue con due anni di corso di chitarra classica presso insegnanti del Conservatorio di Torino. Nel 1978 cominciano i primi approcci con il basso elettrico, strumento che affascina Roberto per il suo suono profondo ma indispensabile per “riempire” i brani musicali. Dopo un inizio da autodidatta Roberto capisce che è necessario uno studio più serio dello strumento per sfruttare meglio le potenzialità del basso. Per due anni Roberto prende lezioni private di basso dal bassista Enzo Melillo, turnista professionista con numerose esperienze sia in studio sia dal vivo (Mia Martini, Ivano Fossati, Gipo Farassino ecc.). Le sue esperienze musicali passano attraverso attività in gruppi di base dell’area torinese, tra i quali i Puzzle, con i quali incide un disco. Quindi per alcuni anni svolge l’attività in modo professionale come turnista ed attraverso la partecipazione a gruppi e orchestre professioniste, spaziando nei più diversi generi musicali: dal pop melodico al rock, dalla disco al funky, fino ad approdare in tempi più recenti alla musica fusion e jazz. Perfeziona lo studio dell’improvvisazione jazz e partecipa a seminari didattici con Alain Caron, John Patitucci e Ares Tavolazzi. Attualmente suona nella formazione acid-jazz “FunkyStation”,
nella
tribute-band
a
Sade
“Pearls” e nei Buon Sorte, tribute-band ufficiale degli Stadio. Collabora inoltre con l’orchestra “Amici per la Musica” dell’Università della Terza Età di Torino. Si dedica infine anche all’insegnamento e impartisce lezioni private di basso elettrico.
INTRODUZIONE Cominciare lo studio di uno strumento richiede sempre impegno, costanza e molta pazienza, soprattutto al principio, per vedere i risultati. Scrivere un metodo per basso è stata una decisione venuta dopo tanti anni, nei quali ho utilizzato per le mie lezioni di basso i metodi più svariati, e alla fine pescavo a destra e a manca perché mai trovavo in un metodo tutto quello che mi serviva. In questo metodo che, per ovvie ragioni di spazio, non può essere certo esaustivo di tutto quanto riguarda il basso elettrico (altrimenti ci vorrebbe un’enciclopedia, non un metodo!), ho innanzitutto scelto di utilizzare l’approccio che uso normalmente nelle mie lezioni private e che definisco “tecnico-armonico”: bisogna conoscere la tecnica dello strumento per sapere come suonare, come eseguire una linea di basso, ma bisogna conoscere anche i fondamenti di armonia per sapere quali note suonare e perché. Personalmente poi ritengo importante per un musicista essere in grado di leggere e scrivere la musica, magari non a prima vista; per questo ho inserito una parte dedicata alla lettura per permettere in modo semplice e progressivo di apprendere i rudimenti per leggere e suonare uno spartito con il proprio strumento. Il basso elettrico è uno strumento ancora giovane, con molte potenzialità da scoprire e sviluppare. Ma chiunque voglia cominciare a suonare il basso, deve avere chiaro nella testa un presupposto fondamentale: il basso è lo strumento che mette in collegamento la parte ritmica e la parte armonica di un brano, e quindi deve sempre “andare a tempo”. Per un bassista dunque è fondamentale sapere tenere il tempo e, suonando con una batteria, fondere il proprio suono con quello della cassa, viaggiando spesso all’unisono. Tutti gli esercizi proposti nel metodo infatti sono sempre accompagnati da un tempo scandito da una drum-machine. Il mio consiglio è che ciascuno si munisca di un metronomo o di una drum-machine per eseguire gli esercizi; non è importante eseguirli velocemente, ma eseguirli sempre a tempo. Comincerete con un tempo più lento, per riuscire ad eseguire correttamente tutto l’esercizio, quindi comincerete ad incrementare progressivamente la velocità. Personalmente ho visto molti bassisti eseguire una cascata di note, magari a velocità elevate, peccato che non andavano a tempo, non erano precisi, quindi…… Un altro consiglio: le fasi iniziali dello studio sono sempre le più faticose: le mani e le dita vi faranno male, suonerete esercizi che certamente non vi daranno grande soddisfazione, ma 1
non vi arrendete: quando avrete superato il periodo di sofferenza iniziale vedrete che le vostre mani cominceranno a rispondere meglio, e riuscirete finalmente a cominciare a suonare dei veri e propri brani musicali. Il metodo segue una graduale complessità: una parte iniziale dedicata al minimo di teoria musicale indispensabile, quindi esercizi di diteggiatura per impostare le mani, scale, accordi e arpeggi per conoscere le note sulla tastiera. A questo punto comincerete a suonare i primi brani esplorando i diversi generi musicali (rock, pop, funky, jazz ecc.). Passerete poi ad approfondire tecniche più complesse di esecuzione, quali lo slap e l’uso di legature e armonici Quindi vedremo anche l’uso di accordi importanti ma meno convenzionali, altre importanti scale. Esploreremo poi una parte dedicata al walking bass, tipico movimento portante del basso jazz, e chiuderemo parlando di come costruire soli e linee di basso usando l’improvvisazione. A tItolo di pro-memoria ricordo di seguito i termini inglesi ed il loro equivalente in italiano. C = DO
Cmaj = DO Maggiore
Cm = DO Minore
D = RE
Dmaj = RE Maggiore
Dm = RE Minore
E = MI
Emaj = MI Maggiore
Em = MI Minore
F = FA
Fmaj = FA Maggiore
Fm = FA Minore
G = SOL
Gmaj = SOL Maggiore
Gm = SOL Minore
A = LA
Amaj = LA Maggiore
Am = LA Minore
B = SI
Bmaj = SI Maggiore
Bm = SI Minore
Vorrei ricordare ancora alcuni concetti importanti. Tutti gli esercizi proposti nel metodo sono soltanto degli esempi, e come tali devono essere presi. Imparare a memoria l’esempio ed eseguirlo non è però l’obiettivo che ci deve guidare nello studio. L’importante è capire, attraverso l’esempio, quali sono i meccanismi che regolano la tecnica di esecuzione, farli propri ed adattarli al proprio gusto, alle proprie idee. Suggerirei quindi di utilizzare sempre le basi disponibili (prive quindi del basso) per esercitarsi ad applicare le regole trasmesse non limitandosi a riprodurre l’esempio ma costruendo nuove linee personalizzate (che rispettino ovviamente le regole musicali proposte, che sono alla base di una corretta armonizzazione). Ricordo ancora l’importanza delle triadi attraverso le quali si compongono gli accordi. Non esiste soltanto la Tonica, e spesso può essere più efficace arrivare sull’accordo da strade diverse che non necessariamente passano dalla tonica ma dalle altre note che formano la triade. Non mi resta che augurarvi buon lavoro e, ricordate: non saltate mai i passi!!
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BASSO ELETTRICO BREVE STORIA DELLO STRUMENTO Il basso elettrico nasce come parente povero della chitarra. Alle origini l’accompagnamento ritmico a supporto della batteria era fornito dal contrabbasso, ma questo strumento aveva forti limiti legati al peso ed al volume acustico. Con l’avvento degli strumenti elettrici, primo fra tutti la chitarra, la necessità di amplificare il contrabbasso si fece sempre più pressante, ma la tecnologia dell’epoca rendeva estremamente problematico “microfonare” il contrabbasso. La svolta avvenne nel 1951, quando un liutaio californiano di nome Leo Fender presentò uno strumento elettrico che emulava il suono del contrabbasso, ma era di fatto molto più simile alla chitarra. Inoltre la tastiera non era liscia come nel contrabbasso, bensì suddivisa in venti tasti, come per la chitarra. Diventava quindi possibile suonare ogni nota sempre con un’intonazione precisa. Questo strumento fu battezzato “Precision Bass” proprio in virtù della precisione assicurata dai tasti per l’intonazione delle note, ma all’epoca era noto semplicemente come “Fender Bass”. Qualche anno dopo Leo Fender decise di proporre ai musicisti un nuovo basso che, pur seguendo la filiosofia generale del Precision Bass, offrisse una maggiore versatilità timbrica. Nacque così il Fender Jazz Bass, con due pick-up ed un suono così caratteristico da essere diventato un riferimento per tutti i costruttori di bassi. Possiamo sicuramente affermare che il Fender Jazz Bass, dalla sua prima apparizione sul finire degli anni ‘50, sia stato il basso più popolare e più venduto del mondo, non perdendo la sua attualità nemmeno oggi. Nonostante tutto però il ruolo di questo strumento è sempre stato quello di mero supporto ritmico, confina-
3
to a ruolo di spalla a tutti gli altri strumenti della band, fino a quando nel 1975 apparve sulla scena mondiale un giovane musicista di nome Jaco Pastorius il quale rivoluzionò il concetto di basso come era stato inteso fino ad allora. Pastorius infatti utilizzava il basso sia in chiave ritmica che solistica; sotto il profilo ritmico il suo uso dei sedicesimi su uno strumento come il basso elettrico fu rivoluzionario. Sviluppò inoltre uno stile personalissimo, con l’uso degli armonici, fino ad allora praticamente inutilizzati, creando armonizzazioni e accordi. Sviscerò poi il meglio del suo stile con il basso “fretless”, cioè “senza tasti”, realizzato da Jaco togliendo fisicamente i tasti al proprio Fender Jazz Bass. Purtroppo una vita sregolata portò alla morte precoce, nel 1987, di questo genio del basso elettrico. Consiglio vivamente l’ascolto del suo primo album “Jaco Pastorius” ed il suo lavoro con il gruppo fusion “Weather Report”. Naturalmente altri nomi furono importanti per lo sviluppo di questo strumento nel ruolo di protagonista, ad esempio Stanley Clarke, che venne prepotentemente alla ribalta nel 1976 con l’album “School Days”, un maestro della tecnica slap. Un altro grande esponente di questa tecnica è sicuramente Marcus Miller, di cui Jaco Pastorius
consiglio l’ascolto dei suoi album solisti ed il suo lavoro a fianco di Miles Davis.
Le evoluzioni più recenti riguardano proprio lo strumento fisico, che ha visto negli anni ‘90 crescere le sue capacità espressive grazie all’aggiunta di una o due corde in più. Alcuni bassisti infatti avevano sentito l’esigenza di ampliare l’espressività dello strumento, inizialmente sostituendo alle corde tradizionali del basso altre quattro corde accordate molto più “alte” (il cosidetto “piccolo bass”). Questo però presupponeva sempre l’utilizzo di due bassi, a seconda se il brano prevedeva parti ritmiche da eseguire con il basso tradizionale, oppure parti soliste da eseguire con il “piccolo bass”. Una prima innovazione fu quindi quella di aumentare il numero delle corde, da 4 a 5, permettendo di accordare il basso come SI MI LA RE SOL, per suonare parti ritmiche con una maggiore presenza di bassi, oppure MI LA RE SOL DO, per suonare anche parti solistiche.
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L’introduzione del basso a 6 corde permise di conciliare entrambe le esigenze, in quanto l’accordatura prevedeva SI MI LA RE SOL DO. L’unico svantaggio era rappresentato dalla notevole larghezza del manico, in particolar modo nella parte terminale in prossimità del corpo dello strumento. Il basso a 6 corde ha trovato la sua massima espressione nella musica jazz, dove maggiori sono le possibilità solistiche.
Alain Caron John Patitucci
Tra i musicisti che maggiormente si sono affermati nell’uso del basso a 6 corde, possiamo sicuramente ricordarne almeno due: John Patitucci, uno dei primi artefici del successo di questo tipo di basso, che ha portato alla notorietà il modello TRB6 della Yamaha, con la quale l’artista ha da anni una fruttuosa collaborazione; l’altro grande artista è Alain Caron, musicista canadese, grande virtuoso e tecnico del basso a 6 corde, che utilizza anche nella versione fretless (è forse attualmente il più grande bassista fretless vivente). Nel suo caso la scelta dei bassi artigianali di George Furlanetto ha fatto il successo di questo liutaio, oggi richiestissimo con i suoi F-bass. Tutto questo ci fa capire che il basso è uno strumento relativamente giovane, in continua evoluzione e con ancora tante possibilità da scoprire. Ma, mentre sul piano dello strumento continua l’evoluzione con bassi con un sempre maggior numero di corde, sul fronte dei musicisti continuano a fiorire virtuosi in grado di utilizzare tecniche personalissime con cui esprimersi sul basso elettrico.
Ad esempio,
ascoltate il modo di suonare di Victor Wooten, che utilizza un’evoluzione dello slap (doublethumb) e il tapping. Oppure artisti come Michael Manring, che seguono un percorso più sperimentale ma non per questo meno interessante.
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BASSO ELETTRICO GUIDA ALLO STRUMENTO
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BASSO ELETTRICO POSIZIONE DELLE MANI MANO SINISTRA
La posizione della mano sinistra ormai è abbastanza consolidata. La posizione che vedete nelle immagini sopra riportate permette di muoversi agevolmente sulla tastiera. Come si può notare ogni dito deve coprire un tasto; le dita devono premere le corde “a martelletto”, quindi non devono essere distese ma leggermente piegate premendo la corda da suonare con il polpastrello senza andare a interferire con le altre corde. Il pollice, sul retro del manico, si deve posizionare più o meno in corrispondenza del dito medio e, prendendo a riferimento l’altezza del manico, circa a metà (vedi foto). Appare quindi evidente che una posizione della mano sinistra come se si imbracciasse un manico di scopa è formalmente scorretta e può essere funzionale sono in alcune limitate situazioni, ma diventa di fatto un limite nella maggior parte delle possibilità esecutive. E’ anche importante ricordare che occorre cercare di minimizzare i movimenti della mano, quindi impariamo a tenere le dita che non suonano molto vicine alla corda.
NO ! ! 7
MANO DESTRA
La posizione della mano destra invece è meno consolidata, tuttavia è importante trovare una posizione che ci permetta di ottenere un perfetto controllo del tocco e del suono in termini di: uniformità del tocco, gestione della dinamica, pulizia, precisione. A questo scopo io tengo la mano destra leggermente inclinata verso il ponte, in questo modo tendo a pareggiare la diversa lunghezza di indice e medio (che sono le dita che utilizzo per suonare in finger) e riesco a colpire la corda nella stessa parte di polpastrello con entrambe le dita, uniformando il suono. Suono alternando quasi sempre indice e medio. Ciascun dito, dopo che ha suonato, si va ad appoggiare alla corda immediatamente superiore. Quando suono la prima corda tendo a essere appoggiato con il pollice sul pick-up; quando suono la seconda corda appoggio il pollice sulla prima, quando suono la terza appoggio il pollice sulla seconda e così via. Questa posizione mi consente una serie di vantaggi: innanzitutto con il pollice faccio muting sulle corde gravi che non sto suonando (cioè le blocco con il pollice e impedisco loro di vibrare per “simpatia”); poi ho libertà di spostarmi con la mano verso il ponte o verso il manico, variando quindi il timbro dello strumento.
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BASSO ELETTRICO
POSIZIONE DELLE NOTE SULLA TASTIERA Il basso elettrico tradizionalmente è in versione “4 corde”, e a questo faremo riferimento per gran parte della trattazione. L’accordatura standard di un basso elettrico è la seguente (partendo dalla corda più spessa fino alla più sottile): MI LA RE SOL L’intonazione delle note del basso è più bassa di un’ottava rispetto alla chitarra. I bassi a cinque corde introducono un SI basso a monte del MI, corda che permette di ottenere bassi potenti e profondi, monto efficaci nelle sezioni ritmiche. I bassi a sei corde aggiungono alle cinque corde precedenti un DO alto a valle del SOL; in questo caso si ampliano molto le potenzialità espressive specialmente in chiave solistica (il basso a sei corde spazia su un range di 4 ottave!). I bassi a sette corde inseriscono a seconda delle scelte un FA alto o un FA# basso. 4 CORDE
5 CORDE
6 CORDE
7 CORDE SI (FA#) MI (SI) LA (MI) RE (LA) SOL (RE) DO (SOL) FA (DO)
9
Vediamo ora come sono collocate le note sulla tastiera del basso, e cominciamo sfatando un luogo comune: le note non sono sette bensì dodici. La distanza tra le note viene misurata in toni e semitoni (un tono è la somma di due semitoni). Se prendiamo le sette note tradizionali la distribuzione delle distanze è la seguente: da DO a RE
1 tono
da RE a MI
1 tono
da MI a FA
1 semitono
da FA a SOL
1 tono
da SOL a LA
1 tono
da LA a SI
1 tono
da SI a DO
1 semitono
Siccome un tono è formato da due semitoni, questo vuole dire che tra DO e RE c’è uno spazio intermedio, e così via tra RE e MI ecc. Se rileggiamo la progressione delle note per semitoni, troviamo questa distribuzione: DO, DO# o Reb, RE, RE# o Mib, MI, FA, FA# o SOLb, SOL, SOL# o Lab, LA, LA# o Sib, SI, DO (la distanza tra tutte le note è sempre di un semitono). Ed eccoci così arrivati alle dodici note. I tasti del basso riproducono appunto i semitoni, e quindi ciascuna nota si ripete sulla stessa corda dopo 12 tasti, con un’intonazione più alta. La tabella in basso ci mostra la distribuzione delle note su un basso, con al centro le quattro corde di un basso tradizionale, ed in alto e in basso le corde aggiuntive dei bassi a 5 o 6 corde.
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BASSO ELETTRICO
POSIZIONE DELLE NOTE DAL PENTAGRAMMA ALLA TASTIERA Vediamo ora di capire che relazione c’è tra le note che leggiamo sul pentagramma e le relative note da suonare sulla tastiera,in modo da poter cominciare a leggere e suonare la musica. Sul pentagramma le note più “gravi” sono in basso e mano a mano che si sale si suonano note più acute; in modo simile sul basso elettrico le corde più spesse producono note più gravi e quelle più sottili note più acute, e muovendosi sulla tastiera più ci si muove verso il ponte più si suonano note acute.
2
1
MI FA (corda a vuoto) 1
2
2
1 2
SOL
LA
1
2
2 SI
DO
1
2
11
1
1 2 RE
MI
1
2
1
2 FA
1
2
SOL
1
2
LA
SI
1
2
2
1
1 DO 1
Ovviamente note ancora più acute saranno scritte sempre sopra il pentagramma utilizzando i “tagli addizionali”, che rappresentano l’ideale prosecuzione di righe e spazi del pentagramma. In questo nostro esempio ci siamo limitati alle note di un basso 4 corde nei primi 5 tasti.
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CENNI DI TEORIA MUSICALE Il pentagramma è composto da 5 righe e 4 spazi. Le note vengono scritte sulle righe e sugli spazi secondo lo schema sotto riportato. Prima di scrivere le note è opportuno scrivere sempre sul pentagramma la “chiave” di lettura, che serve per dare la corretta interpretazione delle note scritte di seguito. Esistono varie chiavi ma, per le esigenze di trattazione, ci limiteremo alle due principali: la chiave di SOL o chiave di violino, e la chiave di FA o chiave di basso.
Chiave di basso
Chiave di Violino
La chiave di SOL prende il nome dal fatto che si comincia a disegnarla dalla riga del SOL, mentre la chiave di FA per analogo motivo dalla riga del FA. Solitamente le parti per basso sono scritte appunto con la chiave di Fa (o di basso), ma i recenti bassi a sei corde hanno ampliato di molto la scala armonica, rendendo più opportuno scrivere le partiture in chiave di DO, che è l’abbinamento dei due pentagrammi in FA e SOL contemporaneamente.
Le note in Chiave di Violino
Le note in Chiave di Basso
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Spesso però il pentagramma non è sufficiente a rappresentare tutte le note suonate dal pentagramma, quindi si ricorre a righe e spazi immaginari, sopra o sotto il pentagramma, indicati
appunto da “tagli” applicati alla nota. Lo schema sotto riportato indica tutta
l’estensione suonata da un basso a sei corde (quattro ottave) come appare scritta sul pentagramma (in chiave di DO)
Per poter scrivere la musica però, oltre a codificare il nome della nota, è fondamentale sapere la durata della nota, cioè per quanto tempo deve durare il suono prodotto. Relativamente a questi aspetti introduciamo il concetto di “figure” musicali e di “tempo”. Tutte le note possono essere rappresentate attraverso una serie di figure musicali, ciascuna delle quali ha un suo specifico valore, convenzionalmente indicato in “quarti” o frazioni di esso. Il tempo invece non deve essere inteso come “velocità di esecuzione”, ma bensì come valore massimo di “quarti” contenuti in una porzione musicale minima, denominata “battuta”. Possiamo quindi dire che un brano musicale è composto da un insieme di battute; ogni battuta è formata da un certo numero di note per raggiungere in valore il numero massimo specificato dal tempo. L’indicazione del tempo viene posta sempre all’inizio del primo rigo del brano musicale. Il tempo più “classico” è il 4/4, indicato spesso anche con la lettera C; comuni anche i tempi 3/4 (ad esempio il valzer). 14
Ecco un esempio di rigo musicale con le corrette informazioni:
Come le figure indicano la durata del suono così le pause servono ad indicare la durata del silenzio. Le pause, al pari delle figure, sono sette e ciascuna di esse conserva il nome ed il valore della figura alla quale corrisponde. Ecco lo schema di figure e relative pause:
PAUSE
FIGURE MUSICALI Valore
Semibreve
4/4
Minima
2/4
Semiminima
1/4
Croma
1/8
Semicroma
1/16
Biscroma
1/32
Semibiscroma
1/64
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Si può aumentare la durata del valore di ciascuna figura per mezzo del punto o della legatura. Il punto può essere semplice, doppio o triplo.
Il punto semplice aumenta di metà il valore della figura o della pausa che lo precede; se una figura o una pausa vale 4 movimenti, con l'aggiunta del punto semplice varrà 6 movimenti. Il punto doppio aumenta di metà il valore aumentato dal primo punto; se una figura o una pausa vale 4 movimenti, con l'aggiunta del punto doppio varrà 7 movimenti. Il punto triplo aumenta di metà il valore aumentato dal secondo punto; se una figura o una pausa vale 4 movimenti, con l'aggiunta del punto triplo varrà 7,5 movimenti. Il punto coronato, fa prolungare il suono o la pausa a piacere dell'esecutore.
La legatura è una linea curva che serve, come il punto, ad aumentare il valore delle note. Messa fra due note unisone (che hanno quindi lo stesso suono) fa come se fossero una sola nota, cioè si suona la prima e al suo valore si aggiunge quello della seconda senza ripetere il suono. Questa legatura si chiama legatura di valore.
Esiste anche la legatura di portamento, che consiste nel suonare la prima nota facendo prolungare il suono sulla nota successiva alla quale è legata (vedremo più avanti nella trattazione con quale tecnica eseguire queste legature sul basso). La rappresentazione grafica è analoga ma vengono legate note di nome diverso
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Vediamo ora di introdurre un concetto fondamentale già espresso nell’introduzione relativamente ai termini Tono e Semitono. Per semitono s'intende la più breve distanza fra due suoni. Il semitono è di due specie: diatonico e cromatico. Diatonico quando è formato da due suoni di nome diverso: Mi-Fa; Re-Mib. Cromatico quando i due suoni hanno lo stesso nome: Do-Do#. Il tono è l'unione di due semitoni vicini: Do-Do#-Re. Ogni suono può essere innalzato, abbassato o riportato al suo stato naturale a mezzo di alterazioni che si dicono anche accidenti. Le alterazioni sono semplici o doppie. Le semplici sono:
Il diesis che innalza di un semitono il suono che lo segue. Il bemolle che abbassa di un semitono il suono che lo segue. Il bequadro che rende naturali le note alterate dal diesis o dal bemolle. Le doppie sono: Il doppio diesis che aumenta di due semitoni il suono che lo segue. Il doppio bemolle, che abbassa di due semitoni il suono che lo segue. Il doppio bequadro che rende naturali i suoni alterati da doppio diesis o dal doppio bemolle.
Nell'uso comune il bequadro serve ad annullare tanto l'alterazione semplice quanto quella doppia. Le alterazioni semplici si dividono in permanenti (o naturali) e momentanee (o accidentali). Sono alterazioni permanenti quelle che, segnate all'inizio del pezzo tra la chiave e il tempo, indicano che le note alle quali esse corrispondono devono essere alterate per tutta la durata del pezzo. 17
Sono alterazioni momentanee quelle che, segnate vicino alle note durante il pezzo, le alterano momentaneamente e la loro validità è limitata alla durata di una sola misura. L’ordine attraverso le quali vengono accostate tra loro viene codificato con il termine “scala”. Le note che formano la scala musicale si chiamano gradi. Essi possono essere congiunti, se procedono in ordine progressivo, o disgiunti se si succedono in ordine saltuario. I sette gradi della scala hanno ciascuno un nome: Tonica (I) Sopratonica (II) Mediante (III) Sottodominante (IV) Dominante (V) Sopradominante (VI) Sensibile (VII) La scala musicale è una successione di suoni congiunti, ascendenti o discendenti. Essa è di due specie: diatonica e cromatica. La scala diatonica procede naturalmente per toni e semitoni (5 toni e due semitoni). I semitoni risultano dal terzo al quarto grado e dal settimo all'ottavo. La scala cromatica (o semitonata) è la successione di tutti i suoni contenuti nell'ottava. Essa comprende 12 semitoni: 7 diatonici e 5 cromatici. Nello scrivere una scala cromatica si usa diesare i suoni alterati nell'ascendere e bemollizzarli nel discendere. La distanza che passa fra un suono e l'altro si dice intervallo. Esso generalmente si calcola dal grave all'acuto. Nella scala naturale abbiamo 7 intervalli: di seconda, di terza, di quarta, di quinta, di sesta, di settima e di ottava. Gli intervalli si distinguono in maggiori e giusti (intervalli naturali) e minori, diminuiti, ed eccedenti (intervalli alterati). Ogni singolo suono costituisce una corda. Per conoscere la natura degli intervalli bisogna calcolare il numero delle corde (suoni) che sessi racchiudono, ad esempio: l'intervallo di terza maggiore racchiude 5 corde; l'intervallo di settima maggiore racchiude 12 corde. 18
Gli intervalli di seconda, terza, sesta, e settima possono essere maggiori e minori. Essi si differenziano tra loro di un semitono. Per esempio l'intervallo di seconda maggiore racchiude tre corde differenziandosi dall'intervallo di seconda minore che racchiude 2 corde. Gli intervalli di quarta, quinta, e ottava sono giusti. Tutti gli intervalli possono essere eccedenti o diminuiti. Aggiungendo un semitono cromatico agl'intervalli maggiori o giusti questi diventano eccedenti. Sottraendo un semitono cromatico a quelli minori o giusti si ottengono gl'intervalli diminuiti.
La
tonalità
è
un
sistema
costituito
da
2
elementi
:
tono
e
modo.
Il tono è l'intonazione su cui si forma la scala, la quale può cominciare da qualsiasi suono, ottenendo così tante tonalità o toni per quanti sono i suoni naturali e cromatici. Il modo è l'ordine nella successione dei toni e semitoni che formano una scala. Le tonalità si formano per mezzo delle alterazioni permanenti (naturali), che sono sette come le note e che vengono segnate in chiave secondo un ordine prestabilito: i diesis in progressione di quinta ascendente, cominciano dal primo segnato a FA: FA DO SOL RE LA MI SI 19
I bemolli in progressione di quarta ascendente, cominciando dal primo segnato a SI: SI MI LA RE SOL DO FA
Per classificare un intervallo si enumerano i gradi che abbracciano i due suoni formanti l'intervallo stesso, come DO-RE è una seconda perché comprende due suoni, RE-FA una terza, MI-SI una quinta, ecc. Come si vede i diesis e i bemolli procedono in senso contrario. La tonalità dei diesis si riconosce ascendendo di un semitono diatonico dell'ultimo diesis segnato in chiave. Per esempio se i diesis sono due, FA e DO, la tonalità maggiore sarà RE. La tonalità dei bemolli è indicata dal penultimo bemolle segnato in chiave oppure calcolando una quinta sopra all'ultimo bemolle segnato. Es. se i bemolli sono 4, SI, MI, LA e RE, la tonalità maggiore sarà LA bemolle. Ogni tonalità maggiore ha la sua tonalità somigliante (o relativa) minore, che si trova una terza minore sotto alla tonalità maggiore. I modi principali sono due: modo maggiore e modo minore. La scala di modo maggiore, come abbiamo già detto, ha i due semitoni fra il terzo e il quarto grado e fra il settimo e l'ottavo. La scala di modo minore, che si inizia una terza minore sotto la relativa scala di modo maggiore da cui deriva, può essere di quattro specie: Naturale, se procede come la sua relativa maggiore, ed ha i semitoni tra i secondo e il terzo grado e tra il settimo e l'ottavo;
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Armonica, se ha il settimo grado alterato, cioè aumentato di un semitono. Essa è quindi formata eccezionalmente di tre toni, tre semitoni e un tono e mezzo; i semitoni si trovano fra il secondo e il terzo grado, fra ilk quinto e il sesto e fra il settimo e l'ottavo;
Melodica, quando ha il sesto e il settimo grado alterati. Essa all'ascendere ha i semitoni tra il secondo e il terzo grado e tra il settimo e l'ottavo. Al discendere il settimo e il sesto grado si riportano allo stato primitivo.
Mista, che è l'unione della scala armonica ascendente con la scala melodica discendente.
Chiudiamo questo breve capitolo introduttivo alle teoria musicale con qualche cenno alle note in eccedenza o in diminuzione rispetto al valore regolare della misura. Esse vengono contrassegnati da un numero giustificativo, e sono: la terzina, cioè tre note che hanno il valore di due:
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la sestina, cioè sei note che hanno il valore di quatto:
la duina, cioè due note che hanno il valore di tre: la quartina, cioè quattro note che hanno il valore di sei: Esistono anche gruppi eccedenti di 5,7,9, e più note.
CENNI SULLA NOTAZIONE MUSICALE In questo testo ho scelto di utilizzare il pentagramma per scrivere gli esercizi, al fine di familiarizzare fin da subito con la lettura della musica. Per quanto riguarda gli esercizi di base dove è importante imparare a
conoscere la
corretta diteggiatura di esecuzione dell’esercizio, è stato scelto un sistema che consiste nell’associare ad ogni nota del pentagramma la corda sulla quale deve essere suonata la nota (1=MI, 2=LA, 3=RE, 4=SOL); il tasto da premere deriva di conseguenza.
Esempio: 2
2
3
3
4/ 4
22
3
4
4
4
CONCETTI BASE DI ARMONIA Armonia e Melodia Cominciamo con il chiarire due concetti importanti: chiamiamo Melodia una serie di note in successione (insomma, una dopo l'altra)
Quando le note sono simultanee, si verifica una Armonia (cioè suonate insieme)
In modo abbastanza brutale, si dice "pensare in orizzontale" riferendosi ad una melodia e "pensare in verticale" riferendosi ad una armonia.
Se a questo punto vi chiedete se esiste qualcosa di obliquo, la risposta (per ora) è no. E' ragionevole l'idea di supportare una melodia con una armonia. Sotto ad una linea melodica inseriremo un accordo o una serie di accordi
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Ora proviamo a combinare qualcosa. Cambiamo gli accordi sotto a Fra Martino. La melodia cambierà senso.
E' quindi chiaro che l'armonia può condizionare la melodia, colorandola in modo diverso. Ora, la domanda è: l'armonia "va a caso" o esiste un sistema logico?
Il sistema tonale In
effetti,
un
sistemino
ci
sarebbe
e
si
chiama
Sistema
Tonale.
Per capire di cosa si tratti, cominciamo con l'analisi di quello che è il materiale principale del nostro sistema: la scala maggiore.
Proviamo ora a prendere di esempio questa breve melodia:
Come potete constatare, la melodia inizia con un Do e termina con un Do, la prima nota della nostra scala maggiore. La stessa cosa la potete trovare in Fra Martino. E' il suo forte potere conclusivo che impone questa scelta. Chiameremo questa nota super risolutiva Tonica, il 1o grado della scala. 24
Ecco gli altri gradi :
Anche gli altri gradi hanno la loro funzione. Il 3o grado per esempio, stabilisce se la scala è maggiore o minore, o meglio, determina il modo di questa tonalità.
Il 4o e il 7o grado combinati insieme, formano un particolare intervallo detto Tritono, che tende a "risolvere" in questa maniera:
Il 5o grado tende a tuffarsi sulla Tonica, un po' come l'ultimo "din don dan" di Fra Martino.
A cosa servono il 2° e il 6° grado lo chiariremo in seguito. Quello che conta sapere in questo momento è che la Tonalità è un sistema dove ogni nota ha una sua funzione. Una specie di "gioco di ruolo" dove ognuno ha un compito da svolgere. 25
Il che non significa che il tutto debba essere ridotto a poche brutali possibilità. Il sistema tonale è un sistema piuttosto democratico.
Gli accordi della scala maggiore
La questione dei ruoli risulta evidente quando su ogni grado della scala costruiamo una triade, che è un accordo ottenuto sovrapponendo due terze. Utilizzeremo ovviamente solo note della scala:
Il 5° grado lo armonizziamo direttamente con un accordo di Settima, in modo da chiarire al meglio certi meccanismi. La triade costruita sulla tonica è ovviamente "risolutiva" ed esprime anche il Modo della tonalità, dato che contiene la Mediante (3° grado). L'accordo di settima che si trova sulla dominante invece è costruito in modo da "gettarsi" letteralmente sulla Tonica. Il Fa scende a Mi e il Si sale a Do. Il Sol salta verso il Do.
Il movimento dell'accordo di dominante verso l'accordo di tonica è così tipico, così connaturato nel sistema tonale da dover essere catalogato e marchiato. Lo chiameremo Cadenza Perfetta (in gergo V - I). E' quindi chiaro che se l'accordo di tonica sarà l'ultimo accordo di un brano, quello di dominante sarà probabilmente il penultimo. La tonica è la piscina (piena) e la dominante il trampolino. Naturalmente, sul trampolino devi salirci, perchè anche il più patetico dei trampolini non vi compare certo sotto i piedi. Basterà una scaletta di un paio di metri e potrete sfoggiare il vostro nuovissimo costume da bagno.
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Per salire sull'accordo di dominante abbiamo quindi bisogno di una "scaletta" adatta. L'accordo di Sottodominante fa al caso nostro.
Concludendo, esiste una sorta di "giostra" che parte dalla sottodominante, passa per la dominante e conclude sulla tonica. Questo movimento IV - V - I è il tormentone portante del sistema tonale, e ve lo ritroverete dappertutto. Anche nella musica che mettono in piscina. Gli accordi del IV, V e I grado contengono tutte le note della scala. Per armonizzare una qualsiasi melodia fondata sulla scala maggiore sono quindi sufficienti questi tre accordi. Anzi, visto che sono così bravi gli daremo una medaglia e li chiameremo Principali. Gli accordi costruiti sugli altri gradi (quelli sfaccendati), li chiameremo Secondari. I - IV - V principali II - III - VI - VII secondari
Ogni grado principale costituirà una "equipe" per poter svolgere al meglio il proprio lavoro. Si formeranno quindi tre gruppi di accordi •Gruppo di Tonica
I - III - VI
•Gruppo di Sottodominante
IV - II
•Gruppo di Dominante
V - VII
Gli accordi secondari potranno sostituire quelli principali per dare un colore diverso alla cadenza. Un caso tipico nel jazz è questo: II - V - I al posto di IV - V - I Il classico giro di Do potrebbe essere modificato così: I - VI - II - V
III - VI - II - V
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Altre cadenze Esistono ovviamente altri movimenti tipici che sono stati catalogati. Quelli che ci servono sono questi: V-I
cadenza perfetta (appena vista)
IV - I
cadenza plagale
V - VI cadenza di inganno Imparate il suono generale di queste cadenze. Dovrete saper distinguere quello che suona "perfetta" da quello che suona "plagale". Imprimetevi in testa il suono di una dominante e di una sottodominante. dovrete riuscire a distinguere il ruolo di un accordo anche quando cominceremo ad usare gli accordoni di 4 o 5 note.
Gli Intervalli
Chiamiamo intervallo il momento della merenda, lo spazio tra due tempi di una partita di calcio, e la distanza fra due note. Facciamo un esempio:
Questa è una scala di Do maggiore. E' innocua, non morde. Serve solo a farci capire. Le note Do e Sol distano tra loro di 5 posizioni (Do e Sol compresi). Diremo quindi che l'intervallo tra di loro è una 5a. Re e Fa invece distano di 3 posizioni. Diremo quindi che l'intervallo tra di loro è una 3a. Più semplice di così non ce la faccio. Il Do all'inizio e quello alla fine distano 8 posizioni. Trattasi quindi di una 8va. Attenzione agli spostamenti di ottava delle note. Il primo Do - Mi è una 3a, il secondo Do Mi è una 6a (vedi pag. seguente)
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Con una partitura davanti, la differenza tra i due Do - Mi è evidente. Senza parte, occorre chiarire in che direzione va inteso l'intervallo, ovvero se è "in Sù" o "in Giù". Per convenzione si intende "Sù" (ascendente). In caso contrario, meglio specificare (discendente)
I rivolti Gli intervalli si possono anche rivoltare. Ovvero, la nota più bassa viene spostata sopra o la nota più alta sotto.
Ora analizziamo la situazione: Mi - Do è una 6a mentre il suo rivolto, Do - Mi è una 3a. Fa - Do è una 5a mentre il suo rivolto, Do - Fa è una 4a. Regola n.1 : La somma di un intervallo con il suo rivolto dà 9. Chiaro: 6 + 3 = 9
4 + 5 = 9.
Altri esempi: Do -Si è una 7a mentre Si - Do è una 2a. 7 + 2 = 9
Categorie di intervalli Do - Fa è una 4a. Anche Fa - Si è una 4a, eppure le due quarte non "suonano" uguali. Potrete stabilire che una è aspra e l'altra dolce, una triste e l'altra gioiosa, una verde a l'altra gialla, insomma, quello che volete, ma di sicuro non potrete affermare che sono uguali. In realtà, Fa - Si è più larga di Do - Fa. Approfondiamo:
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L'intervallo Do - Mi nella scala di Do maggiore è una 3a. Anche l'intervallo Do - Mib nella scala di Do minore è una 3a, ma non è uguale. Do - Mib è più piccola: dista un tono e mezzo e non due toni, come invece accade per Do - Mi. Stessa cosa per Do - La (4 toni e mezzo) e Do - Lab (4 toni e basta) L'intervallo Do - Fa (4a) invece non cambia e neppure Do - Sol (5a). Distinguiamo allora due categorie: •Gli intervalli di 4a, 5a e 8va non risentono del cambiamento di Modo (scala maggiore / scala minore) e pertanto li chiameremo GIUSTI o Perfetti (va di moda Giusti) •Gli intervalli di 2a, 3a, 6a e 7a si dicono MAGGIORI se corrispondono al modello della scala maggiore o MINORI se corrispondono al modello della scala minore. Lo so. La seconda non cambia. Viene messa comunque nella categoria maggiori/minori. Tra poco chiariremo il perchè. Regola n. 2: Il rivolto di un intervallo maggiore è minore, e viceversa. Il rivolto di un intervallo giusto è giusto
Do - La è una 6a maggiore. Il suo rivolto La - Do è una 3a (9 - 6 = 3) ed è minore. Do - Fa è una 4a giusta e il suo rivolto, Fa - Do è una 5a giusta.
Quanto all'intervallo di 2a, ecco la spiegazione: Do - Si è un intervallo di 7a maggiore e il suo rivolto Si - Do "deve" essere un intervallo di 2a minore. se avessimo messo la seconda nella categoria "giusti", la Regola n.2 sarebbe saltata, complicandoci la vita oltre i limiti tollerabili. Sorge quindi il dubbio: esattamente, quanto è grossa una 7a minore, o una 2a maggiore? Ecco di seguito uno specchietto con le distanze, in toni e semitoni, dei vari intervalli (pag. seguente, in alto). Le distanze sono ovviamente riferite a Do, la prima nota della scala, e servono solo come modello. Per sapere che intervallo è (uno a caso) Re - Fa, devo semplicemente capire se è "largo" due toni o un tono e mezzo. 30
Dal momento che Re - Fa dista un tono e mezzo, posso affermare che si tratta di una 3a minore, esattamente come Do - Mib. Re - Fa#, invece, è una 3a maggiore (due toni). Stessa cosa se volessi sapere che tipo di 3a è Mi - Sol oppure Reb - Fa. Tutto qui? Illusi. Anche le 5e e le 4e si possono allargare o restringere, e perfino gli intervalli maggiori/minori possono essere modificati. In poche brutali parole: Un intervallo giusto può diventare ECCEDENTE o DIMINUITO, basta allargarlo e restringerlo di un semitono.
Do - Sol è una 5a giusta, e Do# - Sol è una 5a diminuita. Mi - La è una 4a giusta e Mi - La# è una 4a eccedente Un intervallo minore può diventare diminuito, un intervallo maggiore può diventare eccedente
Do - Si è una 7a maggiore, Do - Sib è una 7a minore, Do# - Sib è una 7a diminuita. Do - La è una 6a maggiore, Do - La# è una 6a eccedente.
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Da un punto di vista burocratico/teorico, un intervallo potrebbe essere allargato o ristretto a piacere. Tanto per capirci, una sesta potrebbe essere quintuplamente eccedente o squilionardicamente diminuita. E' chiaro che alcune cose hanno senso e altre no.
Regola n. 3 Il rivolto di un intervallo eccedente è diminuito, e viceversa.
Fa - Do# è una 5a eccedente, Do# - Fa è una 4a diminuita.
Riassunto delle regole auree: La somma di un intervallo con il suo rivolto dà 9 Il rivolto di un intervallo giusto è giusto Il rivolto di un intervallo maggiore è minore e viceversa Il rivolto di un intervallo eccedente è diminuito e viceversa
ATTENZIONE A QUESTI ERRORI: Do - Re# distano un tono e mezzo quindi si tratta di una 3a minore. Da fucilazione immediata. Gli intervalli si calcolano considerando i NOMI delle note. Do e Re, metteteci tutti i # o i b che volete, sarà sempre una 2a. In questo caso, una 2a eccedente. Do - Mib, invece, è una 3a minore Do - La è una 6a normale, anzi no, giusta. Da ergastolo. Gli intervalli giusti sono la 4a, la 5a e l' 8va. Gli altri sono maggiori o minori. Quelli "normali" non si sa cosa siano. Se c'è un # sono eccedenti. quelli con il b sono minori No, no e poi no. Quello che conta non sono i # e i b, ma l'effettiva distanza tra le due note. Fa - Si è una 4a eccedente ma non ci sono nè diesis ne bemolle nè mia zia. Per calcolare Mi - Sol # devo pensare alla scala di Mi maggiore. Ecco, bravi. Passerete sicuramente l'esamino a scuola, ma poi vi troverete nei guai nella pratica. Questo sistema può servire all'inizio, ma occorre saper distinguere gli intervalli "al volo", senza pensare a scale, scalette e scalini. Non è assolutamente detto che la nota di partenza sia la fondamentale della scala. Potrebbe essere una nota qualsiasi. In questo caso, potreste trovarvi nell'accordo di C+ (3 M e 5 ecc) e magari all'interno della tonalità di Lab maggiore. Pensare a Mi maggiore a che servirebbe? 32
LA DITEGGIATURA Cominciamo ora a mettere le mani sullo strumento eseguendo dei primi esercizi di diteggiatura. Questi esercizi sono rivolti all’uso della mano sinistra. La mano destra suona le corde secondo lo stile “finger”, cioè con il pollice appoggiato al pick-up e l’indice e il medio che fanno vibrare le corde, alternandosi. Gli esercizi di diteggiatura normalmente si svolgono su tutte le corde, in tutte le posizioni, e vengono indicati con dei numeri che fanno riferimento alle dita da utilizzare. Ad esempio, una diteggiatura 1324 vuole dire suonare usando come dita della mano sinistra indice, anulare, medio e mignolo. NOTA: Attenzione: i numeri sul pentagramma indicano invece la corda da suonare!!
ESERCIZIO 1
(track 2)
Questo esercizio utilizza l’indice e il medio della mano sinistra sulle quattro corde, percorrendo progressivamente tutti i tasti della tastiera. Può essere eseguito in modo ascendente (come indicato dalle prime tre battute della partitura) o discendente, a piacere. (1212)
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ESERCIZIO 2
(track 3)
Questo esercizio utilizza l’indice e l’anulare della mano sinistra sulle quattro corde, percorrendo progressivamente tutti i tasti della tastiera. Può essere eseguito in modo ascendente (come indicato dalle prime due battute della partitura) o discendente, a piacere. (1313)
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ESERCIZIO 3
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(track 4)
Questo esercizio utilizza l’indice e il mignolo della mano sinistra sulle quattro corde, percorrendo progressivamente tutti i tasti della tastiera. Può essere eseguito in modo ascendente (come indicato dalle prime due battute della partitura) o discendente, a piacere. (1414)
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ESERCIZIO 4
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(track 5)
Questo esercizio utilizza tutte e quattro le dita della mano sinistra sulle quattro corde, percorrendo progressivamente tutti i tasti della tastiera. Si consiglia di eseguirlo in senso ascendente e discendente prima di cambiare tasto (1234).
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ALTRI ESERCIZI Oltre a quelli proposti che ritrovate come esempio sul CD, potete fare anche altri esercizi di diteggiatura a piacere, cercando altre combinazioni di utilizzo delle dita. Ricordate che lo scopo di questi esercizi è acquisire un buon livello di indipendenza della mano sinistra muovendosi sulla tastiera. Provate a vedere ad esempio queste altre diteggiature (utilizzando sempre la logica di muovervi di corda in corda e lungo tutta la tastiera) in senso ascendente e discendente:
1324 123234 1423 3412 …….
NOTA: Si ricorda che le dita della mano sinistra devono premere le corde “a martelletto”, cioè in posizione perpendicolare alle corde stesse. Ne deriva che le falangi devono essere piegate e non tese, in quanto altrimenti bloccherebbero il suono delle altre corde dello strumento.
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LE TRIADI MAGGIORI Introduciamo ora un concetto estremamente importante: la triade. La triade è il “mattone” base dell’armonia ed si ottiene attraverso la sovrapposizione di tre note (che solitamente vengono suonate contemporaneamente e prendono il nome di “accordo”); la triade è composta due intervalli di terza (vedi parte di armonia). Ad esempio, se prendiamo la triade di DO Maggiore avremo come note DO MI SOL. Dal DO al MI abbiamo un intervallo di terza, dal MI al SOL abbiamo un altro intervallo di terza (mentre dal DO al SOL abbiamo un intervallo di quinta). Gli accordi poi sono contraddistinti da un “modo” (maggiore, minore ecc.) in relazione alla distanza tra gli intervalli delle note che compongono la triade; in particolare il modo dell’accordo è dato dall’intervallo di terza. Sul basso elettrico la conoscenza delle triadi non è tanto finalizzata a suonare più note contemporaneamente (come ad esempio avviene con la chitarra) quanto a conoscere l’esatta
composizione
degli
accordi
che
vengono
utilizzati
per
accompagnare
armonicamente un brano, e dove sono collocate sulla nostra tastiera le note che compongono quell’accordo. In questo capitolo ci concentreremo sulle triadi maggiori. Il modo maggiore prevede la composizione della triade così costruita:
TONICA (primo grado, dà il nome all’accordo) TERZA (due toni dalla tonica, questo è un intervallo di terza “maggiore”) QUINTA (tre toni e mezzo dalla tonica)
Una triade (accordo) di DO Maggiore sarà quindi formato dalle seguenti note: DO (tonica) MI (terza, due toni sopra la tonica) SOL (quinta, tre toni e mezzo sopra la tonica)
Quando un accordo di DO Maggiore viene suonato nella sequenza DO MI SOL si dice che lo si esegue nella posizione “fondamentale”.
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Tuttavia è possibile suonare l’accordo anche seguendo una sequenza diversa: in questo caso si parla di “rivolti” dell’accordo. Esempio: DO MI SOL (fondamentale) MI SOL DO (primo rivolto) SOL DO MI (secondo rivolto)
Fordamentale
1° rivolto
2° rivolto
Proviamo adesso a trasferirci sul nostro strumento e scoprire dove possiamo costruire le triadi in tutti i rivolti e su tutte le posizioni del manico. Prendiamo per esempio l’accordo di DO Maggiore. Cominciamo a cercare le note della triade su ogni singola corda.
MI
SOL
DO
SOL
DO
MI
SOL
DO
MI
SOL
MI
SOL
DO
MI
Proviamo ora a svolgere un esercizio estremamente utile per conoscere le posizioni delle triadi maggiori in tutte le tonalità e in tutte le posizioni della tastiera. L’esercizio prevede di comporre la triade in tutte le posizioni su tutta la tastiera sfruttando l’insieme di tre corde. Ovvero, su ogni corda si deve suonare una nota tra le tre che compongono la triade.
Esempio di DO Maggiore – UtilizzoMIdelle corde LA-RE-SOL (primi DO 12 tasti) SOL
MI
SOL
DO
SOL
DO
MI
2° Rivolto
1° Rivolto
Fondamentale
SOL
DO
MI SOL
DO
MI SOL
MI
DO
Utilizzo corde MI-LA-RE 1° Rivolto
Fondamentale 38
2° Rivolto
Quello che abbiamo visto nei primi 12 tasti ovviamente va esteso a tutta la tastiera. L’esercizio che segue quindi una due coppie di tre corde per esplorare tutte le posizioni di tutte le triadi maggiori su tutta la tastiera.
ESERCIZIO 5
(track 6)
L’esercizio su CD propone a scopo di esempio esclusivamente le posizioni dell’accordo di DO Maggiore sui due gruppi di tre corde. Ovviamente va ripetuto per tutte le triadi proposte.
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41
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ESERCIZIO 6
(track 7)
Questo in realtà è semplicemente un esempio di applicazione dell’esercizio su un tempo di Jazz Waltz. Da ascoltare.
ESERCIZIO 7
(track 8-9)
Se abbiamo preso un po’ di confidenza sulla tastiera con le triadi maggiori proviamo ora ad usarle. In questo esercizio proviamo a immaginare che ci venga richiesto di suonare prevalentemente nel registro grave dello strumento, e quindi ci possiamo muovere solo sui primi cinque tasti. Con questo vincolo proviamo a utilizzare liberamente le note delle triadi su tre accordi, DO FA SOL, per creare una linea di basso sufficientemente varia.
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Per fare questo quindi su ogni accordo abbiamo a disposizione solo le tre note della triade che lo compongono, e possiamo usare quelle note solo nei primi cinque tasti dello strumento. Però, se impariamo a padroneggiare le triadi, potremo comunque creare una linea di basso che non sia monotona usando in modo vario le note a disposizione, i rivolti, e anche variando il disegno ritmico (pur dovendo stare ovviamente sulla ritmica del brano). Per il DO Maggiore ad esempio abbiamo queste note disponibili nei primi 5 tasti (ricavate la stessa cosa per il Fa e per il SOL).
MI
SOL
DO MI
SOL
SOL
DO
Di seguito un esempio su cui proseguire e inventare liberamente.
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ESERCIZIO 8
(track 10)
Sulla stessa base dell’esercizio precedente togliamo ora il limite di muoverci sui 5 tasti e proviamo a giocare con le triadi su tutta la tastiera. Quindi sempre sul tre accordi DO FA SOL, utilizzando in modo libero le note delle triadi di ciascun accordo e le varianti ritmiche.
ESERCIZIO 9
(track 11-12)
Proviamo ora a giocare con le triadi su tutta la tastiera utilizzando una sequenza di accordi più varia rispetto a quella vista precedentemente. Su ogni singolo accordo quindi possiamo utilizzare solo le note che compongono la triade muovendoci liberamente su tutta la tastiera.
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LE TRIADI MINORI Vediamo ora le triadi minori. La differenza tra modo maggiore e modo minore è costituita dall’intervallo di terza: nel modo maggiore l’intervallo di terza si trova a due toni dalla tonica, nel modo minore si trova ad un tono e mezzo. Ecco quindi uno schema di riferimento:
TONICA (primo grado, dà il nome all’accordo) TERZA (un tono e mezzo dalla tonica) QUINTA (tre toni e mezzo dalla tonica)
Una triade (accordo) di DO Minore sarà quindi formata dalle seguenti note: DO (tonica) MIb (terza, un tono e mezzo sopra la tonica) SOL (quinta, tre toni e mezzo sopra la tonica)
Come nel caso del modo maggiore, quando un accordo di DO minore viene suonato nella sequenza DO MIb SOL si dice che lo si esegue nella posizione “fondamentale”. Tuttavia è possibile suonare l’accordo anche seguendo una sequenza diversa: in questo caso si parla di “rivolti” dell’accordo.
Esempio: DO MIb SOL (fondamentale) MIb SOL DO (primo rivolto) SOL DO MIb (secondo rivolto)
Fordamentale
1° rivolto
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2° rivolto
Proviamo adesso a trasferirci sul nostro strumento e scoprire dove possiamo costruire le triadi in tutti i rivolti e su tutte le posizioni del manico. Prendiamo per esempio l’accordo di DO Minore. Cominciamo a cercare le note della triade su ogni singola corda.
SOL
DO
MIb
MIb
SOL
MIb
SOL
DO
SOL
DO
MIb
SOL
DO
Proviamo ora a svolgere un esercizio estremamente utile per conoscere le posizioni delle triadi maggiori in tutte le tonalità e in tutte le posizioni della tastiera. L’esercizio prevede di comporre la triade in tutte le posizioni su tutta la tastiera sfruttando l’insieme di tre corde. Ovvero, su ogni corda si deve suonare una nota tra le tre che compongono la triade.
Esempio di DO Minore – Utilizzo delle corde LA-RE-SOL (primi 12 tasti)
DO
MIb
SOL
MIb
SOL
DO MIb
2° Rivolto
SOL
DO
1° Rivolto
Fondamentale
Utilizzo corde MI-LA-RE SOL
DO
MIb SOL
DO
MIb
MIb
SOL
DO
1° Rivolto
Fondamentale 49
2° Rivolto
Quello che abbiamo visto nei primi 12 tasti ovviamente va esteso a tutta la tastiera. L’esercizio che segue quindi una due coppie di tre corde per esplorare tutte le posizioni di tutte le triadi maggiori su tutta la tastiera.
ESERCIZIO 10
(track 13)
L’esercizio su CD propone a scopo di esempio esclusivamente le posizioni dell’accordo di DO Minore sui due gruppi di tre corde. Ovviamente va ripetuto per tutte le triadi proposte.
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ESERCIZIO 11
(track 14)
Questo in realtà è semplicemente un esempio di applicazione dell’esercizio su un tempo di Jazz Waltz. Da ascoltare.
ESERCIZIO 12
(track 15-16)
Come per le triadi maggiori, proviamo ora a fare pratica con le triadi minori. Anche in questo caso utilizziamo solo tre accordi e solo i primi cinque tasti della tastiera. Utilizziamo quindi solo le tre note della triade per ciascun accordo per creare una linea di basso che non sia ripetitiva. Gli accordi utilizzati sono: Am Dm Em .
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ESERCIZIO 13
(track 17-18)
Adesso proviamo a integrare triadi maggiori e triadi minori e a suonarle liberamente su tutta la tastiera. L’unico vincolo quindi resta quello che su ogni accordo possiamo suonare solo le note della triade.
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GLI ARPEGGI Anche sul basso elettrico è possibile suonare degli “arpeggi”, cioè delle sequenze di note combinate in modo armonico per accompagnare dei brani musicali. Anche in questo caso però non bisogna fare confusione con la chitarra, che usa l’arpeggio in modo un po’ diverso. Con il termine 'arpeggio' si indica il suonare, in sequenza, le note costitutive dell'accordo. Sul basso, la base per la costruzione di giri di accordi non ripetitivi è costituita dagli arpeggi, per cui è opportuno soffermarci su di essi. Facendo riferimento alla teoria degli accordi (vedi capitoli precedenti sulle triadi maggiori e minori), possiamo individuare quali sono le note fondamentali di un accordo; di conseguenza, il secondo passo sarà individuarle sulla tastiera e suonarle.
1^
3^ magg.
3^ min.
5^
8^
DO
MI
MIb
SOL
DO
RE
FA#
FA
LA
RE
MI
SOL#
SOL
SI
MI
FA
LA
LAb
DO
FA
SOL
SI
SIb
RE
SOL
LA
DO#
DO
MI
LA
SI
RE#
RE
FA#
SI
Proviamo a capire la tabella: per arpeggiare in DO maggiore, le note che compongono l’accordo nel complesso sono la tonica o 1^ (il DO), la 3^ maggiore (il MI), la 5^ (il SOL) e l’ 8^ (il DO). Suonando quindi una sequenza più o meno completa di queste note arpeggeremo in DO maggiore. Se l’arpeggio fosse minore basta sostituire al MI (la 3^ maggiore) il MIb (la 3^ minore).
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ESERCIZIO 14
(track 19)
In questo esercizio proviamo a studiare un arpeggio di DO maggiore, con alcune possibili varianti. Quanto visto per la nota DO può essere applicato analogamente a tutte le altre note.
Arpeggio in DO Maggiore 5
4
3
2
1 MI LA RE SOL
2 1
4 4
2
3
3
3
2
3 3
3
2
3
3
3
2
3
3
3
3
2
3 3
3 3 2
3
3
3
3
2
3
4
3
3
2
3 4
3 3
3
4
3
3
VARIANTE 1
VARIANTE 2
59
2
ESERCIZIO 15
(track 20)
In questo esercizio proviamo a studiare un arpeggio di DO minore, con alcune possibili varianti. Quanto visto per la nota DO può essere applicato analogamente a tutte le altre note.
Arpeggio in DO Minore 6
5
4
3 MI
1
4
LA RE
3
SOL
3
2
2
3
2
2
2 3
2
2
2
3
2
VARIANTE 1
2
2
3
2
3
2
2 3
2 3
2
2
3
2
3
VARIANTE 2
2
2
3
2
3
2
60
2 4
2 3
2
2
4
2
3
ESERCIZIO 16
(track 21)
In questo esercizio proviamo a studiare un arpeggio armonico in DO maggiore, secondo un tipico giro di accordi blues o rock.
ESERCIZIO 17
(track 22-23)
Proviamo a sperimentare un altro arpeggio sfruttando come base un movimento tipico del jazz: il walking bass. In questo caso il basso suona sempre note da ¼ muovendosi lungo gli accordi proposti. N.B. – Il walking bass utilizzato nel jazz ovviamente utilizza regole armoniche ben più complesse per la costruzione della linea di basso, ma in questo caso prenderemo come riferimento la ritmica “swing” e il movimento in quarti.
61
ESERCIZIO 18
(track 24-25)
Sperimentiamo ancora un arpeggio, questa volta prendendo come riferimento un tipico “lento” latin: la bossa. Possiamo sfruttare come sempre l’accordo partendo dalla posizione fondamentale e utilizzando poi i suoi rivolti. Utilizzate la traccia proposta come esempio e provate voi a costruire sulla base una vostra linea di basso.
62
LE SCALE MAGGIORI Vediamo ora le principali scale maggiori (ci limiteremo alle scale “non alterate”, cioè riferite alle canoniche sette note). Gli esercizi propongono l’esecuzione delle scale prima in senso ascendente, quindi discendente. Per le altre note non trattate dagli esempi, vale la stessa posizione delle dita sulla nota adiacente (ad esempio, una scala di DO# maggiore si esegue come una scala di DO maggiore, soltanto suonata partendo dal tasto successivo).
ESERCIZIO 19
(track 26)
Riportiamo di seguito l’esecuzione delle sette scale maggiori.
2
4
2
4
3
3
3
4
4
4
4
3
3
3
2
2
63
2
4
2
4
3
4
9
2
4
3
3
3
7
3
4
4
3
8
2
4
3
4
4
2
2
6
3
3
64
3
3
4
3
4
2
4
2
1
3
1
3
1
3
2
3
2
2
1
3
2
2
2
3
2
2
2
2
2
65
3
3
2
3
3
1
1
3
1
3
1
1
3
1
2
3
3
2
4
2
2
2
4
2
2
3
4
3
2
3
3
66
3
3
4
3
3
3
1
1
4
2
4
2
LE SCALE MINORI Vediamo ora le principali scale minori; ci limiteremo alle scale corrispondenti alle scale maggiori trattate in precedenza, secondo la seguente tabella: DO maggiore
LA minore
RE maggiore
SI minore
MI maggiore
DO# minore
FA maggiore
RE minore
SOL maggiore
MI minore
LA maggiore
FA# minore
SI maggiore
SOL# minore
Gli esercizi propongono l’esecuzione delle scale prima in senso ascendente, quindi discendente. Per le altre note non trattate dagli esempi, vale la stessa posizione delle dita sulla nota adiacente (ad esempio, una scala di DO minore si esegue come una scala di SI minore, soltanto suonata partendo dal tasto successivo).
ESERCIZIO 20
(track 27)
Riportiamo di seguito l’esecuzione delle sette scale minori.
LA Minore 8
7
5 1
3
4 4
6
1
3
LA
1
3
MI
RE SOL
67
1
1
3
1
2
3
2
2
2
2
2
1
3
3
1
1
SI Minore 5
4
3
1 MI LA RE SOL
1
3
4
1
4
3
2
2
2
4
3
4
2
3
3
3
3
68
1
3
3
4
2
2
2
4
DO# Minore 7
6
5
4 MI RE
1
3
4
4
2
2
4
3
SOL
1
3
2
LA
1
3
4
3
3
3
3
3
4
2
4
2
2
RE Minore 8
7
6
5 MI
1
3
4
4
4
RE
1
3 2
LA
1
3
4
2
2
3
3
3
3
3
2
69
SOL
3
4
2
4
2
MI Minore 10
9
8
7 MI
1
3
4
2
2
4
4
3
3
RE SOL
1
3 2
LA
1
3
4
3
3
3
3
2
4
2
4
2
FA# Minore 5
4
3
2 1
3
4
1
1
3
1
3
0, /$ 5( 62/
1
3
4
1
1
3
2
2
2
70
2
2
2
1
3
1
3
1
SOL# Minore 7
6
5
4 1
3
4
1
3
4
MI LA
1
3
RE SOL
1
3
1
3
1
2
2
2
2
2
2
1
3
1
3
1
ESERCIZI DI IMPOSTAZIONE SULLE SCALE MAGGIORI Proviamo ora a vedere una serie di esercizi finalizzati a farci muovere sulla scala, ritmicamente, in modo diverso dalla semplice esecuzione sequenziale in senso ascendente e discendente. Lo scopo è quello di acquisire sempre più padronanza della posizione della mano sinistra e indipendenza delle dita nell’eseguire salti di intervallo più o meno ampi. Cominceremo con una serie di esercizi sulla scala di Do Maggiore, ma potremo poi facilmente trasportarli in tutte le altre tonalità. Ricordo come sempre che tutti gli esercizi devono essere svolti con l’utilizzo di un metronomo, settandolo a una velocità sufficientemente lenta da permetterci una corretta esecuzione dell’esercizio ed aumentando poi progressivamente la velocità. La diteggiatura da osservare è quella indicata appunto nello schema relativo alla scala di DO Maggiore. 71
ESERCIZIO 21
(track 28)
In questo esercizio ci muoviamo sulla scala a salti di terze (Do-Mi, Re-Fa, Mi-Sol ecc.), in senso prima ascendente e poi discendente. Attenzione a mantenere sempre la corretta impostazione della mano sinistra (che si deve trovare in seconda posizione, cioè con l’indice sul secondo tasto e il pollice sul manico all’altezza circa del terzo tasto).
ESERCIZIO 22
(track 29)
In questo esercizio ci muoviamo sulla scala utilizzando delle terzine (Do-Re- Mi, Re-Mi-Fa, ecc.), in senso prima ascendente e poi discendente. Ricordo che le terzine corrispondono a tre note suonate nello spazio di due. Attenzione a mantenere sempre la corretta impostazione della mano sinistra (che si deve trovare in seconda posizione, cioè con l’indice sul secondo tasto e il pollice sul manico all’altezza circa del terzo tasto).
72
ESERCIZIO 23
(track 30)
Esercizio in tutto simile a quello precedente. In questo caso ci muoviamo in quartine (Do-ReMi-Fa, Re-Mi-Fa-Sol ecc…).
ESERCIZIO 24
(track 31)
Questo esercizio riassume gli esercizi precedenti alternando però i movimenti ascendenti e discendenti (ad esempio, si scende per terze, si sale a terzine, si ridiscende a quartine ecc.). Diventa quindi molto importante l’uso di un metronomo per verificare il corretto mantenimento del tempo durante tutto l’esercizio.
73
ESERCIZIO 25
(track 32)
Questo esercizio ci muovere a salti di seste, quindi aumenta la necessità di movimento in senso orizzontale e verticale. Prestate quindi particolare attenzione alla corretta posizione della mano sinistra. Corde: MI RE MI RE LA RE LA SOL LA SOL RE SOL
Tasto: 8 7 10
9
7 10
8
7
10 9
7 10
ESERCIZIO 26
(track 33-34)
In questo esercizio sperimentiamo un uso “pratico” delle scale maggiori all’interno di un brano musicale.
74
ESERCIZIO 27
(track 35-36)
In questo esercizio sperimentiamo un uso “pratico” delle scale minori all’interno di un brano musicale. L’esercizio è proposto prima a velocità più lenta, per permettere di acquisire chiaramente la linea di basso, poi a velocità più elevata; quest’ultima dovrebbe essere la reale velocità di esecuzione.
75
LE SCALE “ALLARGATE” Proviamo ora a riprendere i concetti di scala maggiore e minore cercando di uscire dalla “posizione” cristallizzata della scala su una sola ottava. Fare degli “allargamenti” vuole dire appunto estendere la scala su più ottave. Ovviamente, essendo necessario spostarci sul manico, saranno necessarie posizioni diverse. Di seguito io ho riportato le principali scale con una mia personale indicazione di diteggiatura, modificabile ove lo ritenete opportuno per questioni di comodità personale. Alcune scale sono proposte su tre ottave (per chi dispone di un basso a 24 tasti), mentre altre si limitano a 2 ottave.
SCALA DI MI maggiore (3 ottave)
E
A
D
G
G
D
A
E
76
SCALA DI FA maggiore (3 ottave)
E
A
D
G
G
D
A
E
77
SCALA DI SOL maggiore (3 ottave)
E
A
D
G
D
G
A
E
78
SCALA DI LA maggiore (2 ottave)
E
A
G
D
D
G
A
E
SCALA DI SI maggiore (2 ottave)
E
G
A
D
D
A
G
E
79
SCALA DI DO maggiore (2 ottave)
E
A
G
D
D
G
A
E
SCALA DI RE maggiore (2 ottave)
E
G
A
D
D
A
G
E
80
SCALA DI Em (3 ottave)
D
A
E
G
A
D
G
E
81
SCALA DI Fm (3 ottave)
E
D
A
G
G
D
A
E
82
SCALA DI Gm (3 ottave)
E
A
D
A
D
G
D D
G G
A
E
83
A
SCALA DI Am (2 ottave)
A
E
G
D
D
A
G
E
SCALA DI Bm (2 ottave)
A
E
G
D
D
A
G
E
84
SCALA DI Cm (2 ottave)
E
D
A
D
G
G
A
E
SCALA DI Dm (2 ottave)
E
G
A
D
D
A
G
E
85
ALTRI ACCORDI Riprendiamo ora il concetto di triade che abbiamo sviluppato precedentemente parlando dei modi maggiore e minore. Ovviamente gli accordi possono essere molto più vari di quanto abbiamo fino ad ora imparato usando le triadi “base”. In particolare sono molto sfruttati gli accordi di settima, i diminuiti e gli aumentati. Vedremo poi anche qualche semplice regola su come sia possibile costruire poi qualunque altra tipologia di accordo. In generale possiamo dire che la maggior parte degli accordi si costruisce continuando a sovrapporre intervalli di terza. Chi avesse dei dubbi quindi riprenda il capitolo sui concetti base di armonia, perché la teoria degli intervalli è alla base della costruzione degli accordi.
ACCORDI DI SETTIMA L’accordo di settima si costruisce semplicemente aggiungendo alle note base della triade appunto la settima nota della scala. Questo ci fa capire che stiamo parlando di un accordo che può essere maggiore o minore. Un accordo di settima quindi è composto da quattro note: tonica, terza, quinta e settima; l’intervallo di terza definisce il modo dell’accordo; l’intervallo di settima può essere anch’esso maggiore o minore, e solitamente si sposa con il modo dell’accordo. Prendiamo ad esempio come sempre la nota DO (C) e vediamo un accordo di CMaj7, sviluppato sulla scala maggiore:
DO
MI
SOL
SI
Vediamo ora l’accordo di Cm7, sviluppato sulla scala minore:
86
CMaj7
Vediamo ora l’accordo di Cm7, sviluppato sulla scala minore:
DO
Mib
SOL
Sib
Cm7
Come vedete è estremamente semplice costruire gli accordi di settima, aggiungendo semplicemente alla triade maggiore o minore la rispettiva settima della scala corrispondente.
Attenzione: esiste anche un ulteriore accordo di settima chiamato di “settima dominante”. Viene solitamente indicato aggiungendo al nome dell’accordo il suffisso “7” senza precisare il modo. Un accordo di DO settima dominante si indicherà quindi con C7 e sarà così composto:
DO
MI
SOL
Sib
C7
Quindi in pratica si tratta di una triade maggiore a cui si aggiunge una settima minore (al posto del SI naturale si usa un Sib). Questo tipo di accordi sono molto utilizzati, ad esempio, nel blues.
Ovviamente, come nel caso delle triadi maggiori e minori, anche in questo caso è possibile utilizzare gli accordi nei vari rivolti possibili. Un accordo di CMaj7 potrà quindi essere suonato in diverse sequenze:
C E G B (fondamentale) E G B C (1° rivolto) G B C E (2° rivolto) B C E G (3° rivolto)
Stessa cosa per un Cm7:
87
C Eb G Bb (fondamentale) Eb G Bb C (1° rivolto) G Bb C Eb (2° rivolto) Bb C Eb G (3° rivolto)
Ora per esercitarci potremmo provare a cercare tutti gli accordi di settima, maggiori, minori, dominanti, su tutta la tastiera, suonando una nota per corda, un po’ come avevamo fatto per le triadi maggiori e minori (per tutte le tonalità); trattandosi di accordi composti da quattro note, suoneremo una nota per corda.
Esempio sull’accordo CMaj7
DO SOL
SOL
SI MI
DO MI
SOL
SI
DO
MI
SI
Esempio sull’accordo Cm7
SOL
SIb
DO
DO
MIb
SOL
MIb
SOL
SIb
DO
MIb
SIb
Esempio sull’accordo C7
SOL
SIb
DO
DO
MI
SOL
SIb MI
MI
SOL
DO
88
SIb
TRIADI DIMINUITE E AUMENTATE Fino ad ora abbiamo sempre parlato della “quinta” come di una nota che, non influenzando il modo maggiore o minore, poteva essere usata con tranquillità senza timore di commettere stonature. Questo effettivamente è valido nella maggior parte dei casi, dove l’intervallo di quinta è “giusto”; nel caso di triadi diminuite o aumentate, invece è proprio l’intervallo di quinta ad essere interessato (oltre all’intervallo di terza che diventa minore negli accordi diminuiti). Nel caso delle triadi diminuite infatti la quinta viene “bemollizzata”, cioè abbassata di un semitono, mentre nelle triadi aumentate essa viene diesizzata, cioè aumentata di un semitono.
Esempio triade Cdim
SOLb
DO
MIb
SOLb
MIb
SOLb
DO
DO
MIb
Esempio triade Caug
SOL#
DO
MI
SOL#
MI
SO#L
DO
DO
MI
89
Anche in questo caso possiamo esercitarci a trovare tutte le note delle triadi su tutta la tastiera, in tutti i rivolti e le posizioni. Per le triadi diminuite ed aumentate potremmo poi fare un esercizio simile a quello fatto con le triadi maggiori e minori, suonando la triade a gruppi di tre corde come da esempio per la tonalità di DO, da ripetere in tutte le tonalità.
Esempio Cdim
ESERCIZIO 28
(track 37)
Proviamo ora a fare un esercizio nel quale usiamo combinate tutte le triadi che abbiamo visto fino ad ora, alternandole in ordine differente di volta in volta. Quanto proposto in tonalità di DO può ovviamente essere eseguito in tutte le altre tonalità.
90
(proseguire a piacere)
COMPOSIZIONE DEGLI ACCORDI A questo punto dovrebbero essere abbastanza chiare le logiche che ci permettono di costruire qualsiasi tipo di accordo. Aggiungendo altre note individuate dal loro valore numerico, si possono ottenere accordi complessi (ricordiamo che una nona non è altro che una seconda dell'ottava successiva):
Esempio: C6 (do mi sol la) C9 (do mi sol re) C6/9 (do mi sol la re)
Quando un accordo è maggiore non vi è nessuna sigla che lo specifica, se trovate un + dopo la sigla dell' accordo, questo si riferisce alla quinta: C+ significa C5+ (C5#). Quando alteriamo la quinta, ovviamente bisogna omettere la quinta giusta: 91
C+ (do mi sol#)
Gli accordi di 11 e di 13b aggiungono una nota molto distante dal corpo dell'accordo, per cui sottintendono anche una 7 di passaggio, per la stessa ragione gli accordi di 13 sottintendono una 7 e una 9. In generale quindi questi accordi sono la somma di intervalli di terze e per questo sottintendono tutte le note precedenti per intervalli di terze. Ad esempio:
C11 (do mi sol sib re fa) 1, 3, 5, 7, 9, 11 C13b (do mi sib re fa lab) 1 3 7 9 11 13b C13 (do mi sol sib re fa la) 1 3 5 7 9 13
Ovviamente non è necessario suonare sempre tutte le note che compongono l’accordo, spesso si scelgono quelle note che possono essere indicative per far capire durante l’esecuzione di quale accordo di tratta.
Gli accordi SUS4 (Sus= Suspended), avendo la quarta distante un semitono dalla terza, omettono la terza; questo è molto importante, perchè in questo modo, l'accordo diviene ambiguo (di modo indefinito); l'uso di questi accordi è altrettanto particolare: vengono spesso adoperati negli stacchi ritmici:
C sus4 (do fa sol)
Esistono anche i SUS2 che sostituiscono la terza con la seconda maggiore:
C sus2 (do re sol)
92
93
PRECISAZIONI SULLE SIGLE DEGLI ACCORDI LA SIGLA ADD La sigla add nasce dall'esigenza di aggiungere all'accordo il secondo o il quarto grado (piu' raramente il sesto) senza sospendere od omettere il terzo. Solitamente si indica tra parentesi ed e' seguita dal numero del grado che si vuole aggiungere in quella stessa ottava o, piu' spesso, all'ottava superiore. Cosi' C(add2) o C(add9) per il bassista hanno lo stesso significato di aggiungere il secondo grado alla triade (maggiore, in questo caso): C(add9) = C-E-G-D Resta aperta la discussione se add2 e add9 debbano veramente essere interpretati "con le ottave giuste"; considerando che di solito l'esecutore e' libero di eseguire i rivolti che vuole sugli accordi, la nostra risposta e' negativa: add2 e add9 sono la stessa cosa. E'
importante
non
confondere
la
sigla
add9
con
la
sigla
9
(v.oltre).
Si possono trovare anche add11 e add13 (rispettivamente: aggiungi la quarta o undicesima e aggiungi la sesta o tredicesima); si noti che Cadd13 corrisponde esattamente a C6 (sempre se non si fa attenzione alle ottave).
LE SIGLE 9, 11, 13 Per convenzione, le sigle numeriche dispari oltre il 7 indicano che l'accordo comprende anche le sigle numeriche dispari inferiori. Cioe' 9 significa 7 con 9; 11 significa 7 con 9 con 11; 13 significa 7 con 9 con 11 con 13. Es. C11 = C-E-G-Bb-D-F. E' anche per questo motivo che e' nata l'esigenza della sigla add: non si sarebbe saputo altrimenti come indicare che si vuole aggiungere *soltanto* l'undicesima o *soltanto* la tredicesima.
NOTA: in appendice è riportato uno schema noto (tratto dal Real Book) dove vi è l’esempio di composizione della quasi totalità degli accordi costruiti sulla nota DO.
94
ESERCIZIO 29
(track 38)
Questo esercizio ci propone una sequenza di accordi molto usata nel jazz ma anche in altri genere commerciali, denominata II-V-I, cioè si comincia col II° grado (solitamente minore), quindi il V° grado e si risolve sul I° grado. Nel Jazz tutti questi accordi sono sempre settime. Provate quindi a costruire una vostra linea di basso, utilizzando la traccia sul CD come base per esercitarvi.
95
96
TECNICHE DI ESPRESSIVITA’ In questo capitolo tratteremo di alcune tecniche che ci permettono di dare più espressività alle nostre esecuzioni. Tra queste svilupperemo più in dettaglio: • l’uso delle legature • l’uso delle ghost notes • l’uso della dinamica • l’uso dello “slide” o “scivolate” o “glissato” • l’uso delle note “puntate” • l’uso del “vibrato”
USO DELLE LEGATURE
Le legature sono essenziali per dare il giusto feeling ad una esecuzione; questa tecnica, utilizzata per molti strumenti, vale anche per il basso. Con il termine “legatura” facciamo riferimento a quella che, nella parte di teoria musicale, veniva chiamata “legatura di portamento”, cioè la legatura tra due note diverse. Come eseguire una legatura? La tecnica consiste nel premere la prima nota con le dita della mano sinistra, farla suonare con la mano destra e quindi, lasciando prolungare il suono, premere una nota adiacente di nuovo con le dita della mano sinistra (questo vuole dire che la mano destra farà vibrare la corda una sola volta, in corrispondenza della prima nota; la stessa vibrazione sarà utilizzata poi dalla seconda nota).
97
ESERCIZIO 30
(track 39)
Questo esercizio mette a confronto lo stesso esempio musicale, confrontando l’esecuzione senza legatura e con legatura.
Senza legatura
Con legatura
ESERCIZIO 31
(track 40)
L’esempio precedente mostrava una legatura ascendente, cioè da una nota più bassa (un FA#) ad una nota più alta (un SOL). La legatura può anche essere eseguita in senso discendente, cioè da una nota più alta ad una nota più bassa, come proposto in questo esempio. La tecnica di esecuzione è analoga al caso precedente: si preme la prima nota con le dita della mano sinistra, la si suona con la mano destra quindi, sfruttando la vibrazione, si sporta il dito su una nota adiacente, più bassa.
98
Visualizzazione grafica della legatura tra FA# e SOL 5
4
3
2
1 MI LA RE SOL
1 3
2
legatura
USO DELLE “GHOST” NOTES Il groove può essere enfatizzato spesso aggiungendo un effetto “percussivo” quando suoniamo. Per creare questo effetto, incrementando anche la velocità dell’esecuzione, spesso si utilizzano note stoppate, chiamate in inglese “ghost notes”. In pratica le note stoppate riproducono soltanto il suono percussivo ma, in realtà, non fanno suonare nessuna nota. Vi sono tecniche diverse per ottenere questo effetto. La più diffusa consiste nel suonare con la mano destra la nota, mentre la mano sinistra appoggia il dito alla corda senza premerla completamente: in questo modo la corda vibra senza riuscire a definire il suono della nota, riproducendo solamente l’effetto percussivo. In alternativa si può utilizzare il polpastrello della mano destra per bloccare la vibrazione della corda, subito dopo averla suonata, in modo di lasciare anche in questo caso soltanto l’effetto percussivo. Utilizzate la tecnica che vi viene più naturale per riprodurre le ghost notes, quello che conta è l’effetto finale. Ricordate però che è importante che la ghost note si percepisca chiara e definita, e lavorate per imparare ad ottenere ghost notes “piene” in termini di volume; sarebbe buona cosa che le ghost notes, pur non emettendo il suono della nota, avessero lo stesso volume delle note suonate, altrimenti durante l’esecuzione si rischierà che esse non siano “udibili” nel mix, vanificando il vostro lavoro.
99
ESERCIZIO 32
(track 41)
Questo primo esercizio serve per prendere confidenza con le ghost notes, imparando a posizionarle correttamente all’interno della battuta. Si tratta di una semplice successione di note da un quarto dove la nota suonata e le ghost notes cambiano posizione avanzando nell’esecuzione. Eseguite l’esercizio con un metronomo e fate attenzione a eseguire le ghost notes in modo chiaro e definito, anche in termini di volume (le ghost notes sono indicate con una X). E’ altresì importante imparare ad eseguire correttamente l’esercizio dall’inizio alla fine senza interruzioni.
100
ESERCIZIO 33
(track 42-43)
Questo esercizio vi propone una samba. La figurazione ritmica della samba è molto semplice, si muove su tonica e quinta (come molti ritmi latin), ma utilizzando le ghost notes è possibile dare una sensazione di maggiore spinta ritmica.
101
USO DEGLI ACCENTI E DELLA DINAMICA La “dinamica” fa riferimento alla capacità del musicista di modulare il volume con cui sta suonando. Detto diversamente quindi vuol dire che ciascuno di noi quando suona deve poter regolare il volume dell’esecuzione attraverso il controllo del proprio tocco (e non ovviamente muovendo il volume dell’amplificazione!!). Un buon controllo della dinamica permette quindi di dare espressività al brano. Immaginate di ascoltare una persona che legge una pagina di un testo, e nel fare questo non utilizza nessuna pausa, nessuna inflessione, nessun cambio di tono nella voce; alla fine ne risulterebbe una lettura noiosa, poco interessante e magari anche poco comprensibile. Stessa cosa nella musica. Bisogna imparare a rendere vivo e interessante quello che si suona utilizzando correttamente la dinamica, variando ove necessario il volume di esecuzione, accentando alcune note rispetto ad altre, rendendo quindi l’esecuzione varia e non monotona. Negli esercizi seguenti quindi vengono usate le seguenti simbologie:
>
indica una nota accentata, da suonare con un volume maggiore rispetto alle altre
indica un crescendo, quindi un incremento progressivo di volume
indica una diminuzione progressiva di volume
ESERCIZIO 34
(track 44)
Questo esercizio va eseguito con l’aiuto di un metronomo. Provate ad accentare le note indicate, enfatizzandone il volume. Nella prima parte dell’esercizio si lavora con note da un quarto, nella seconda parte con note da un ottavo. Regolate il metronomo a una velocità che vi permetta di svolgere regolarmente l’esercizio concentrandovi sulla dinamica.
102
103
ESERCIZIO 35
(track 45)
Questo esercizio va eseguito con l’aiuto di un metronomo. In questo caso proviamo a utilizzare la dinamica aumentando o diminuendo progressivamente il volume dell’esecuzione seguendo le indicazioni riportate.
104
ALTRI ESERCIZI Una volta compreso il meccanismo, è possibile allenarsi autonomamente con qualsiasi brano o esercizio, anche di tecnica (tipo scale, triadi ecc.), utilizzando la dinamica come mezzo di espressione.
VARIANTI DI ACCENTO:
VARIANTI DI DINAMICA:
105
USO DELLE NOTE PUNTATE Le note “puntate” sono semplicemente delle note nelle quali fermiamo il suono stoppandolo con le dita in modo da creare una separazione netta tra una nota e l’altra. Questa tecnica viene utilizzata spesso ad esempio quando si suona una sequenza di note da un ottavo e si vuole enfatizzare il suono di ciascuna nota. Per “stoppare” la nota si può agire con la mano sinistra, alzando leggermente il dito dalla tastiera quando si vuole fermare la vibrazione della corda; oppure con la mano destra, bloccando la vibrazione della corda con un dito che non si sta utilizzando in quel momento per suonare (es. suono con l’indice, stoppo con il medio). Provate a sperimentare e scegliete la tecnica che preferite. Sul pentagramma le note puntate sono indicate con un punto sopra la nota, fuori dal pentagramma (ci sono anche notazioni dove il punto è indicato sotto la nota, sempre all’esterno del pentagramma).
ESERCIZIO 36
(track 46)
In questo esercizio provate a sperimentare la differenza tra note puntate e note “normali” eseguendo le stesse note nelle due modalità.
........ ........ ................ 106
ESERCIZIO 37
(track 47)
Proviamo ora a prendere dimestichezza con le note puntate imparando a padroneggiarne l’esecuzione inserendole all’interno dell’esecuzione ove richiesto.
..
.. ..
..
.. ..
..
..
..
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..
..
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..
..
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USO DELLE “SLIDES” (glissato) Le “slides” , dette anche talvolta “scivolate” o “glissati”, sono degli abbellimenti dell’esecuzione che possono essere utilizzati per dare in alcuni punti del brano un effetto particolare. Come tutti gli abbellimenti vanno utilizzati con parsimonia, perché l’abuso ne fa perdere il “sapore”. La slide potremmo considerarla simile ad una legatura, solo che viene realizzata tra due note solitamente distanti tra loro; può essere ovviamente sia ascendente sia discendente. Ne esistono più varianti che realizzano effetti diversi. Ad esempio, si può utilizzare una slide quando c’è uno stop su una nota e noi, anziché stopparci “secchi”, decidiamo di farlo scivolando all’indietro, partendo dalla nota di stop.
Esempio:
In questo caso noi abbiamo un “stop” sulla note RE, ma effettueremo su questa nota una scivolata all’indietro (discendente); la nota RE dovrà essere suonata e percepibile, mentre scivolando all’indietro faremo morire il suono senza far capire su quale nota abbiamo terminato la scivolata.
Abbiamo altri casi invece dove la scivolata parte da una nota ed arriva su un’altra. Questo esempio è tratto dall’entrata del basso elettrico di “Tra te e il mare” di Laura Pausini:
Anche in questo caso si tratta di una scivolata all’indietro che parte dal SOL# e si va a collegare al LA della battuta successiva, lasciando morire la scivolata proprio un attimo priima di suonare la nota LA.
Esistono ovviamente anche scivolate “in avanti”, cioè ascendenti, che si possono utilizzare per collegare due note del brano distanti tra loro, magari su due ottave diverse. Anche in questo caso vediamo un esempio:
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In questo caso il glissato lo facciamo sulla note RE portandola ad un’ottava più alta, quindi eseguiremo il primo RE sul quinto tasto della corda LA e scivoleremo sulla stessa corda fino al diciassettesimo tasto, dove ritroveremo il RE nell’ottava superiore. Ovviamente dovremo fare tutto questo stando nel giusto tempo, rispettando quindi la durata delle note; come in tutte le cose bisogna esercitarsi e fare un po’ di pratica, ma poi vedrete che padroneggerete bene anche le slides o glissati.
USO DEL “VIBRATO” Un’altra tecnica di espressività è il vibrato. Sugli strumenti classici a corda il vibrato viene effettuato facendo vibrare il polpastrello sulla corda e l’effetto si trasmette alla nota suonata. Nel caso del basso elettrico però questo non è possibile in quanto il tasto metallico bloccherebbe la vibrazione del polpastrello verso porzione di corda vibrante (fa eccezione in questo il basso fretless che non ha i tasti e sul quale è possibile suonare il vibrato come ad esempio su una viola, un violino ecc.). Sul basso elettrico con i tasti la tecnica del vibrato consiste nel premere la corda sul tasto facendo oscillare lievemente ma rapidamente la corda verso l’alto e verso il basso, producendo una sottile e continuativa modifica dell’intonazione che di fatto “simula” l’effetto del vibrato classico.
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LA TECNICA “SLAP” Il nome “slap” viene utilizzato per indicare una tecnica di esecuzione portata alla notorietà negli anni ‘70 da Stanley Clarke e Larry Graham, che poi ha trovato diffusione in modo più ampio negli anni ‘80. L’uso dello slap è particolarmente utilizzato nel genere “funky” e nel genere “fusion”. L’esecuzione della tecnica prevede di percuotere alcune corde con il pollice (thumb) e “tirarne” altre con l’indice e, qualche volta, il medio (pull). Si ottiene un suono molto “percussivo” che accentua notevolmente la carica ritmica di un brano. Suonare in slap non è difficilissimo, ma neppure troppo facile. Si tratta di mutare completamente il proprio modo di suonare il basso, in quanto è una tecnica non molto affine con il “finger style” utilizzato più comunemente. Vediamo ora l’impostazione della mano destra, che è quella più coinvolta da questo stile. Occorre colpire la corda di MI (per cominciare) con il lato esterno del pollice, all' altezza della nocca, in corrispondenza dell' ultimo fret (sbarretta metallica) del manico. State attenti a colpire solo quella corda, e a non fare un pastone di suoni colpendo anche le altre! Tenete il pollice rigido e ben disteso, più o meno parallelo rispetto alle corde, e le altre dita leggermente contratte (ricordarsi sempre che il pollice deve essere parallelo alle corde, percuotendole arrivando leggermente inclinato dal basso, e non viceversa dall’alto).
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Il dito indice invece viene usato per tirare le corde. Solitamente il pollice percuote le corde MI e LA (non è una regola, ma spesso è così) mentre l’indice si usa per tirare le corde RE e SOL. Se il brano è particolarmente veloce, allora si può aumentare la velocità di esecuzione alternando nella tirata indice e medio (per il pollice invece bisogna allenarsi ad incrementare necessariamente la velocità di percussione, in quanto non ha sostituiti!). Per quanto riguarda la mano sinistra, la tecnica di esecuzione resta analoga a quella tradizionale. Nello slap si utilizza spesso il “salto di ottava” che, secondo l’impostazione tradizionale, vedrebbe premere una corda con l’indice e la corrispondente ottava con l’anulare. Nella realtà spesso si sostituisce l’anulare con il mignolo, per questioni di praticità e velocità di esecuzione. In alcuni brani è possibile utilizzare soltanto una parte della tecnica slap, cioè la parte percussiva, senza la “tirata”. In questo caso lo stile di esecuzione prende il nome di “thumbing”. Vedremo ora una serie di esercizi di difficoltà prograssiva per impadronirsi della tecnica “slap”.
ESERCIZIO 38
(track 48)
Questo primo esercizio serve per allenarsi nella tecnica “thumb”, ovvero percuotere con il pollice le corde. In questo caso si propone la percussione delle corde MI e LA, che sono quelle solitamente utilizzate da questa tecnica (in basso la lettera T indica “thumb” mentre la lettera P indica “pull”).
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ESERCIZIO 39
(track 49)
Proviamo adesso ad esercitarci con la tecnica “pull”, cioè a tirare le corde con l’indice della mano destra. In questo caso la mano sinistra si posiziona sul quinto tasto e preme alternativamente le corde SOL e RE (come indicato nell’esercizio).
ESERCIZIO 40
(track 50)
Proviamo adesso ad unire la tecnica thumb e la tecnica pull per combinarle insieme nello slap. In questo esercizio quindi eseguiremo un classico salto di ottave utilizzando le quattro corde sugli accordi SOL e DO.
LEGATURE ASCENDENTI E DISCENDENTI La tecnica “slap” utilizza anche molto spesso le legature ascendenti e discendenti per rendere più dinamica l’esecuzione.
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La legatura ascendente (hammer-on) si ottiene suonando, ad esempio, la nota con l’indice della mano sinistra e, sul suono emesso, premendo con il medio o l’anulare la nota successiva. La mano destra deve suonare soltanto la prima nota. La legatura discendente (pull-off) utilizza lo stesso sistema: si preme con il medio o l’anulare della mano sinistra la nota e, lasciando proseguire il suono, si lascia suonare la nota prodotta dall’indice precedentemente posizionato su una nota adiacente. Valgono quindi le stesse regole indicate nel capitolo dedicato alle legature
ESERCIZIO 41
(track 51)
In questo esercizio proviamo ad eseguire le legature ascendenti (hammer-on) combinando la tecnica thumb e la tecnica pull (la lettera h indica la nota suonata come legatura).
ESERCIZIO 42
(track 52)
In questo esercizio proviamo ad eseguire le legature discendenti (pull-off) combinando la tecnica thumb e la tecnica pull (la lettera o indica la nota suonata come legatura).
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ESERCIZIO 43
(track 53)
Proviamo adesso ad unire la tecnica hammer-on e pull-off per combinarle insieme nello slap. Questo esercizio è un esempio di come lo slap cominci a prendere una forma più definita integrando le diverse tecniche apprese fino ad ora.
USO DELLE “GHOST” NOTES Lo slap gioca molto sull’effetto percussivo. Per enfatizzare questo aspetto, incrementando anche la velocità dell’esecuzione, spesso si utilizzano note stoppate, chiamate dagli americani “ghost notes”. In pratica le note stoppate riproducono soltanto il suono percussivo ma, in realtà, non fanno suonare nessuna nota. Vi sono tecniche diverse per ottenere questo effetto. Riguardo alla tecnica per produrre questo effetto, essa è stata trattata nel capitolo precedente (tecniche di espressività) e anche nello slap in modo di produrre le ghost-notes è analogo a quanto già visto. Man mano che acquisirete padronanza con la tecnica slap imparerete a giocare con le ghost-notes secondo il vostro gusto, utilizzandole sia nel “thumb” sia nel “pull” per ottenere una linea di basso ritmata e accattivante.
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ESERCIZIO 44
(track 54)
In questo esercizio proviamo ad eseguire in alternanza note libere e note “stoppate”. Le note stoppate sono indicate dal simbolo X sulla nota.
ESERCIZIO 45
(track 55)
Proviamo adesso ad eseguire un disegno più complesso che alterna note libere e note stoppate, creando un maggiore senso ritmico.
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IL “DOUBLE SLAP” Nella tecnica slap si utilizzano anche note doppiate con il pollice della mano destra, ovvero si percuote la corda con due colpi molto ravvicinati tra loro; per ottenere questo occorre sfruttare il naturale rimbalzo del pollice. Questo accentua il senso ritmico del brano. Con quest’ultimo esempio concludo la trattazione sulla tecnica slap, non certo esaustiva. Per chi volesse approfondire più nei dettagli tutti i segreti di questa tecnica può consultare appositi testi dedicati esclusivamente allo slap. Il più celebre e forse completo si chiama “Slap-it” e si può trovare in tutti i negozi specializzati (vedi bibliografia).
ESERCIZIO 46
(track 56)
L’esercizio ci mostra un esempio di utilizzo delle note doppiate con il pollice. Non preoccupatevi se le prime volte questa tecnica risulterà difficile: con l’esercizio acquisirete la velocità necessaria a creare un buon impatto ritmico.
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IL “DOUBLE THUMB” Esiste una variante dello slap, o una sua evoluzione, portata avanti da alcuni mostri sacri del basso quali, solo per citarne alcuni, Victor Wooten e Alain Caron. Questi musicisti utilizzano la tecnica slap in modo diverso da quanto fatto tradizionalmente. In particolare è molto diverso l’uso del pollice. La tecnica da loro utilizzata ha preso il nome di “double thumb”. Il Double-Thumb sfrutta il concetto di fondo di utilizzare il pollice come una specie di plettro, e quindi il poter essere usato per dare una “pennata” verso il basso e una di ritorno verso l’alto. Per poter ottenere questo effetto il primo colpo con il pollice (il classico thumb) dovrà percuotere la corda senza rimbalzare (come invece avviene nello slap tradizionale) ed andare ad appoggiarsi sulla corda sottostante (fig. 1 e 2). A questo punto siamo pronti per effettuare il secondo colpo di ritorno verso l’alto, colpendo la corda con l’unghia come illustrato nelle figure 3 e 4.
1
2
3
4
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Questa tecnica è stata sicuramente pensata per aumentare la velocità di esecuzione di parti in slap che sarebbero state quasi impossibili, o sicuramente estremamente faticose con una tecnica slap tradizionale. Tuttavia non bisogna pensare che possa essere utilizzata solo in contesti di estrema velocità, e non deve nemmeno spaventare il fatto che sia una tecnica utilizzata da mostri quali Caron o Wooten. Certo, quello che riescono a fare questi bassisti resta quasi sempre fuori dalla portata dei comuni mortali, ma la tecnica del “double thumb” può essere imparata da tutti, basta come sempre un po’ di buona volontà e applicazione e i risultati arriveranno.
ESERCIZIO 47
(track 57)
Questo esercizio (eseguito da Victor Wooten) può servire come buon allenamento per cominciare ad applicare il double thumb. Si può eseguire con le corde a vuoto oppure premendo una nota, tanto l’essenza della tecnica in questo caso interessa la mano destra. Immaginando di eseguirlo con le corde a vuoto, si tratta di provare a suonare le corde alternando con il pollice una pennata verso il basso e una verso l’alto. Indicheremo quindi con “T” il colpo tradizionale verso il basso, e con “DT” il colpo di ritorno verso l’alto.
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Una variante aggiuntiva è costituita dal combinare questa tecnica con la restante parte dello slap, cioè la “strappata con indice, o con indice e medio (vedi fig. 5 e 6).
5
6
In questo modo è possibile costruire linee di slap che diventano veri e propri fraseggi, utilizzando sia il pollice con la possibilità di andare “su e giù” come un plettro, sia l’indice e medio per il pull, il tutto però con la tipica sonorità “slap”. Ecco quindi aprirsi nuovi e interessanti spazi di utilizzo della tecnica. Fornisco di seguito un semplice esercizio per cominciare ad abbinare il double-thumb al pull, quindi una semplice demo dell’effetto ottenibile con le due tecniche combinate.
L’indicazioni per il pull riportano P(i) per indicare l’uso dell’indice, e P(m) per indicare l’uso del medio. In pratica si usano sempre le corde a vuoto con la seguente successione di colpi: thumb verso il basso, colpo di ritorno verso l’alto, pull di indice e pull di medio. 119
LABORATORIO RITMICO Analizzeremo ora alcuni tipici stili ritmici attraverso l’accompagnamento del basso. Per ogni stile ovviamente è possibile effettuare variazioni a piacere; gli esercizi si propongono semplicemente di fornire degli spunti di esempio. I brani su CD presentano l’esempio suonato da tutti gli strumenti, quindi soltanto la base musicale senza il basso per potersi esercitare.
ESERCIZIO 48 - ROCK 1
(track 58-59)
Questo è un esempio di come accompagnare un brano rock. Il basso esegue le note dell’accordo con piccole varianti sul cambio di accordo. L’effetto complessivo è di un ritmo “incalzante”. L’esecuzione proposta è in LA maggiore.
ESERCIZIO 49 - ROCK 2
(track 60-61)
Questo esercizio propone un tipico ritmo di batteria molto comune nei brani Pop, variazione al caso precedente, con maggiore movimento della cassa. L’accompagnamento di basso è eseguito in DO maggiore.
ESERCIZIO 50 - ROCK 3
(track 62-63)
Questo esercizio propone un ritmo pop veloce, con un uso del basso a rinforzo del disegno eseguito dalla cassa, che viene seguita in sincronia dal basso, creando un effetto “pulsante”. L’esecuzione proposta nell’esempio è in SOL maggiore.
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ESERCIZIO 51 - FUNKY 1
(track 64)
Esempio di accompagnamento in stile “funky” con un basso suonato in “finger”, cioè l’esecuzione della mano destra usa i polpastrelli delle dita. Il basso esegue note sincopate (cioè accentando e stoppando il suono) in sincronia con la cassa della batteria. L’esecuzione proposta è in DO minore.
ESERCIZIO 52 - FUNKY 2
(track 65-66)
Lo stesso esercizio precedente, proposto questa volta con l’alternativa dello stile “slap”, che accentua il senso ritmico grazie alle note percussive eseguite con il pollice della mano destra. Esecuzione in MI minore.
ESERCIZIO 53 - POP 1
(track 67-68)
L’esercizio propone un disegno ritmico dei brani pop, che può essere eseguito a velocità più lente o più veloci. Il basso segue fedelmente il motivo della cassa, utilizzando piccole variazioni (con legature) nei cambi di accordo. Esecuzione in DO maggiore.
ESERCIZIO 54 - POP 2
(track 69-70)
Anche questo disegno ritmico è molto utilizzato nei brani pop. La cassa ha un effetto più “pulsante”. Il basso segue fedelmente il disegno della cassa; le variazioni possono essere giocate anche in questo caso sul cambio di accordo. Esecuzione in DO maggiore.
ESERCIZIO 55 - POP 3
(track 71-72)
Ancora un esempio di ritrmo utilizzato in un brano pop: la cassa delle batteria esegue più movimenti, accompagnata dalla linea di basso. L’esecuzione è in DO maggiore. 121
ESERCIZIO 56 - BLUES
(track 73-74)
Tipico “rhythm’n blues”, lento. In questi casi il basso solitamente esegue un arpeggio utilizzando le terze e le quinte. L’esecuzione è in DO maggiore.
ESERCIZIO 57 - DISCO
(track 75-76)
La discomusic presenta una varietà di stili di accompagnamento. Tuttavia quello proposto è tipico del genere, in particolare della “disco” classica, stile anni ‘70. Il basso sfrutta la tecnica del salto di ottave. Esecuzione dell’esempio in DO minore.
ESERCIZIO 58 - REGGAE
(track 77-78)
Il reggae è un ritmo con una batteria molto leggera, solitamente con cassa in levare. Il basso può seguire la cassa, oppure eseguire un tipico arpeggio sfruttando le terze e le quinte. Esecuzione in RE minore.
ESERCIZIO 59 - SAMBA
(track 79-80)
Tipico ritmo sudamericano, medio-veloce. L’accompagnamento del basso sfrutta il salto di quinte. E’ possibile sfruttare sia la quinta superiore che la quinta inferiore. Esecuzione in DO maggiore.
ESERCIZIO 60 - BOSSA
(track 81-82)
Questo esercizio propone un ritmo sudamericano più lento, la bossa. Anche in questo caso l’accompagnamento di basso sfrutta le quinte per colorare il brano. Esecuzione in DO maggiore. 122
ESERCIZIO 61 - JAZZ
(track 83-84)
Il Jazz è un genere molto ampio, e non esiste un modo definito per accompagnare i brani. Tuttavia è tipico per il basso eseguire spesso quella che gli americani chiamano “walking”, cioè camminata, in quanto il basso (o più spesso il contrabbasso) esegue una sequenza di note in successione percorrendo le diverse varianti dell’accordo su una delle possibili scale di esecuzione.
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LE SCALE PENTATONICHE Se mai qualcosa ha avuto successo all'interno di un discorso teorico - pratico nella musica, questa è senz'altro la Scala Pentatonica. Infatti, questa è probabilmente la scala più usata in assoluto, in quanto ben si adatta ai più disparati generi musicali, dal rock al pop, dal blues al jazz, dal country addirittura alla musica classica. E' lecito domandarsi il perchè. Come vedremo, la Scala Pentatonica è un surrogato della Scala Maggiore, che si presta ad essere la base di partenza per la costruzione di tutte le scale. Comparando le due scale, viene da pensare che la pentatonica ha un carattere più melodico già di per se stessa, in quanto mostra al suo interno degli intervalli larghi tra alcune note. Inoltre, nella sua forma minore, è da sempre stata associata all'improvvisazione nel blues, genitore dichiarato alla base di tutti i generi moderni, da cui hanno tratto lezione. Questo grazie ad alcune sue proprietà che rendono questa scala adatta a lavorare con quasi tutti i gradi dell’accordo, ad eccezione principalmente di accordi diminuiti ed eccedenti. In generale possiamo intuire che la scala pentatonica è formata da cinque note (da qui il suo nome). Le scale pentatoniche esistono sia nel modo maggiore, sia nel modo minore. Ogni scala pentatonica maggiore ha una sua scala relativa minore, che parte dal 6° grado della scala maggiore.
SCALA PENTATONICA MAGGIORE La scala pentatonica maggiore utilizza i seguenti intervalli: 1, 2+,3+, 5 e 6+, omettendo quindi sia la quarta, che nel quarto grado (scala lidia) è aumentata, e sia la settima (che negli accordi può essere maggiore o minore). Il risultato che ne otteniamo è che su tutti gli accordi maggiori possiamo utilizzare la relativa scala Pentatonica senza preoccuparci del grado dell'accordo o se la settima sia maggiore o minore, offrendo quindi una relativa facilità di utilizzo ed è per questo che moltissimi assoli o riff di basso sono costruiti proprio su questa. Vediamo un esempio della scala pentatonica di DO Maggiore e la relativa diteggiatura consigliata. 124
Ovviamente possiamo utilizzare la scala in tutti i suoi rivolti. Complessivamente abbiamo la posizione fondamentale e quattro rivolti. Nell’esempio sotto riportato abbiamo tutti i rivolti della scala pentatonica di DO Maggiore.
DITEGGIATURA della posizione fondamentale:
DO
RE
MI
SOL LA
DO
Potete costruire voi autonomamente le posizioni dei vari rivolti, e spostando la nota di partenza potete applicare le posizioni della scala pentatonica maggiore a tutte le tonalità.
125
ESERCIZIO 62
(track 85-86)
Questo esercizio vi propone un esempio di utilizzo pratico della scala pentatonica maggiore.
ESERCIZIO 63
(track 87-88)
Questo esercizio vi propone un altro esempio di utilizzo pratico della scala pentatonica maggiore.
126
SCALA PENTATONICA MINORE La scala pentatonica minore utilizza i seguenti intervalli: 1, 3m, 4, 5, 7m, omettendo in questo caso la seconda (che nel terzo grado è minore) e la sesta (che è maggiore nella scala dorica e frigia e minore nella eolia). Anche qui quindi possiamo utilizzare la scala pentatonica minore su tutti gli accordi minori 7 ad esclusione dei diminuiti e semidiminuiti. Ma non è finita, se prendiamo la scala pentatonica di DO+: DO RE MI SOL LA e prendiamo quella relativa minore di Lam: LA DO RE MI SOL LA notiamo che le note sono le stesse. In realtà la scala relativa minore è sempre il 4° rivolto di quella maggiore. Riporto di seguito la scala pentatonica di Lam (la cui relativa maggiore è quella di DO). Potrete osservare che esattamente identica al 4° rivolto della pentatonica di DO maggiore sopra riportata (in questo caso un ottava più in basso).
Vediamo quali sono i vantaggi della scala pentatonica nell’utilizzo pratico. Se vogliamo fare un assolo possiamo sostituire negli accordi maggiori la relativa minore e sui minori viceversa. Quindi il vantaggio è che sugli accordi maggiori partiremo con la 6 dell'accordo e sui minori dalla 3. Nell’accompagnamento invece è consigliato sempre partire dalla tonica. Questa scala vi permetterà ampi utilizzi, dalla costruzione di vere e proprie linee di basso all’utilizzo in semplici ma efficaci riff, fino ad arrivare a veri e propri assoli.
LA DO
RE
MI
SOL LA
127
ESERCIZIO 64
(track 89-90)
Questo esercizio vi propone un esempio di utilizzo pratico della scala pentatonica minore.
ESERCIZIO 65
(track 91-92)
Questo esercizio vi propone un altro esempio di utilizzo pratico della scala pentatonica minore.
128
ESERCIZIO 66
(track 93-94)
Questo esercizio vi propone un esempio di utilizzo misto di scala pentatonica maggiore e minore sugli accordi di accompagnamento al tema. A tutti gli effetti si tratta di un arpeggio che sfrutta le scale pentatoniche.
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LE SCALE MODALI Siamo solitamente abituati a pensare alle scale in termini di scala “maggiore” e “minore”. In realtà ogni scala possiede diversi modi, uno per ciascuna delle note che compongono la scala. Prendiamo ad esempio la scala di DO (CMaj) :
Scala maggiore di C: C = I grado D = II grado E = III grado F = V grado G = V grado A = VI grado B = VII grado
Ogni grado della scala corrisponde appunto a un modo. Su ciascun grado della scala è possibile costruire una nuova scala; queste scale prendono appunto il nome di “scale modali”. Ognuna di queste avrà intervalli differenti da quella costruita sul I grado e così avrà caratteristiche differenti. Vediamole ora più in dettaglio.
Modo Ionico 1 (I grado) E' semplicemente la scala maggiore
Modo Dorico (II grado) Il modo Dorico inizia ad avere caratteristiche fino a qui mai trovate e che ne fanno un modo (leggasi scala, anche se in maniera non del tutto appropriata) di particolare interesse, nella musica in generale e nel jazz in particolare: E' una scala minore (III minore), ma contiene una VI maggiore, si discosta quindi dalla scala minore naturale.
130
Modo Frigio (III grado) Si differenzia dalla scala minore naturale per avere un intervallo di II minore, anch'essa è una scala minore: ha una sonorità familiare e peculiare (flamenco).
Modo LIDIO (IV grado) E' una scala maggiore con la quarta eccedente. Ha una sonorità più "sospesa" della scala maggiore perché viene eliminata la dissonanza della quarta giusta.
Modo MISOLIDIO (V grado) E' la scala tipica degli accordi di dominante (V7), contiene la settima minore: è sempre una scala maggiore (III maggiore) ma avendo la settima minore non si associa agli accordi di tonica, ma a quegli accordi che portano alla tonica (dominanti).
Modo EOLIO (VI grado) Scala minore naturale
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Modo LOCRIO (VII grado) E' una scala che contiene la II minore, la terza minore (è quindi una scala minore), la quinta dininuita, la sesta minore e la settima minore. E' la scala principe di utilizzo nelle successioni II - V - I minore .
Apparentemente la logica che ci può guidare è quella pensare alla scala maggiore suonandola però cominciando da una nota diversa di volta in volta. In linea di massima questo è vero, ma personalmente ritengo un errore ragionare con le scale modali in questo modo. Se facciamo così finiremo a non riuscire a utilizzare nella pratica le scale modali perché non avremo veramente capito che in realtà sono SCALE DIFFERENTI da quelle che abbiamo visto fino ad ora. Ogni grado-modo della scala ha una diversa cadenza di intervalli, e ci permette quindi di essere sfruttata musicalmente in modo diverso da una semplice scala maggiore. Consideriamo inoltre che ad ogni accordo corrisponde un modo analogo sul grado della scala e quindi la scala da utilizzare nell'improvvisazione. Ad esempio:
Cmaj7 = modo ionio Dm7 = modo dorico Em7 = modo frigio Fmaj7 = modo lidio G7 = modo misolidio Am = modo eolio Bm7b5 = modo locrio 132
Vi propongo ora però un approccio diverso a quello classico sulle scale modali esposto prima. Provate a pensare le scale modali in questo modo: ogni scala ha giustamente la sua tonica, nell’esempio useremo la nota C, quindi quelle che vedremo sono tutte scale di C; ma saranno tutte scale diverse tra loro perché ciascuna avrà una diversa sequenza di intervalli che ne donerà inevitabilmente una differente sonorità. C ionico Æ tono tono semitono tono tono tono semitono Æ C D E F G A B C dorico Æ tono semitono tono tono tono semitono tono Æ C D Eb F G A Bb C frigio Æ semitono tono tono tono semitono tono tono Æ C Db Eb F G Ab Bb C lidio Æ tono tono tono semitono tono tono semitono Æ C D E F# G A B C misolidio Æ tono tono semitono tono tono semitono tono Æ C D E F G A Bb C eolio Æ tono semitono tono tono semitono tono tono Æ C D Eb F G Ab Bb C locrio Æ semitono tono tono semitono tono tono tono Æ C Db Eb F Gb Ab Bb
Se ascoltate il suono di ciascuna scala vedrete che ognuna è caratterizzata da una sua sonorità specifica, alcune sono scale maggiori, altre scale minori (guardate l’intervallo di terza per capirlo). A questo punto cominciamo a sperimentare queste nuove sonorità. 133
DO
RE
LA
SI
DO
MIb
Modo IONICO
MI
FA
SOL
DO
RE
Modo DORICO FA
SOL
LA
SIb
DO
Modo FRIGIO
DO
REb
MIb
FA
SOL
LAb
SIb
DO
Modo LIDIO
DO
RE
MI
FA#
SOL
LA
SI
DO
Modo MISOLIDIO
DO
RE
SIb
DO
MIb
MI
FA
SOL
LA
FA
SOL
LAb
SIb
DO
FA
SOLb
LAb
DO
Modo LOCRIO
DO
REb
MIb
Modo EOLIO
DO
RE
SIb
134
ESERCIZIO 67
(track 95-96)
Con questo primo esercizio proviamo a prendere confidenza con l’uso delle scale modali costruite sui rispettivi accordi.
ESERCIZIO 68
(track 97-98)
Proviamo ora ad ascoltare la sonorità delle scale modali seguendone lo sviluppo lungo tutti i gradi. L’accordo di partenza sarà sempre un Bbmaj7, ma di volta in volta ci suoneremo sopra un C Dorico, un D frigio, un Eb lidio ecc. Questo ci permetterà di valutare meglio l’effetto derivato dall’utilizzo delle scale modali.
135
136
ESERCIZIO 69
(track 99-100)
In questo esercizio/esempio viene proposto un ritmo “spagnoleggiante” sul quale provare ad utilizzare i diversi modi della scala (eolio, misolidio, dorico ecc.). Come abbiamo visto in precedenza quello che maggiormente diversifica gli accordi costruiti sulla scala maggiore sono gli intervalli con i quali sono formate le sette scale (le note sono uguali per tutte). Quindi è molto importante, se state suonando su un G misolidio, pensare alla scala misolidia, ai suoi intervalli e alla triade che compone l’accordo; pensare invece di suonare su una scala di C maggiore costituisce un errore.
137
ESERCIZIO 70
(track 101-102)
Vediamo ancora un uso delle scale modali per costruire un’improvvisazione solistica con il basso elettrico. In questo caso i richiami sono più tipici del linguaggio jazz.
138
139
ALTRE SCALE Vediamo ora una panoramica su altre tipologie di scale che sono spesso usate per costruire linee e/o assoli con il basso elettrico. In particolare vedremo: - Scala armonica minore - Scala melodica minore - Scala Blues - Scala Be-Bop - Scala Esatonale
LA SCALA MINORE ARMONICA
La scala minore armonica ha un uso più limitato rispetto alla scala maggiore, ma fornisce alcune interessanti soluzioni. Vediamo come questa scala è costruita: Se consideriamo la scala minore armonica di A, le note sono A, B, C, D, E, F, G#, A. Ci sono due modi per ottenere questa scala: -scala minore naturale (A, B, C, D, E, F, G) con una 7a diesis (da G a G#) -scala maggiore (A, B, C#, D, E, F#, G#) con 3a bemolle (da C# a C) e 6a bemolle (da F# a F).
Se osserviamo la scala come è indicata nell'esempio, potremo notare qualcosa di utile. La 7a diesis (G#) è conosciuta come "nota principale" perchè conduce l'ascolto verso la tonica. Se osserviamo la teoria, l'accordo che contiene la nota principale è il V. Allora, qual'è l'accordo V7 di A minore ? E' E7. Cosa accade se prendiamo questa scala minore armonica e la suoniamo su un E7? 140
Rispetto al E7 abbiamo ottenuto le seguenti note: 1 (E), 3 (Ab), 5 (B), 7 (D), b9 (F), 11 (A), b13 (C). Certo, sono note molto "colorite". Sembra che se ci si trova in A minore e si prende un E7 di qualunque tipo, la scala minore armonica di A ci fornisce un'interessante possibilità. Vediamo un altro uso molto comune: iniziamo la scala dal F.
Su un accordo di F maggiore, otteniamo le seguenti note 1 (F), 3 (A), 5 (C), 7 (E), #9 (G#), #11 (B), 13 (D). Come lo sentite suonare? Io ci vedo anche alcune interessanti tradi come, ad esempio, quella del C5# (C, E, G#). La chiave per riuscire ad "ascoltare" questi suoni nelle proprie orecchie è ripeterli a memoria continuamente. Se riesci ad "ascoltarli", diventa più facile inserirli nel proprio modo di suonare. Da provare, magari in chiavi differenti.
ESERCIZIO 71
(track 103)
Ecco un esempio di utilizzo delle scale minori, particolarmente utilizzate nelle improvvisazioni jazz. Partiamo dalla scala armonica minore, su una tonalità Cm
141
LA SCALA MINORE MELODICA
La scala minore melodica (chiamata anche Jazz Minor) è molto utile quando si suona jazz. Come la scala maggiore, questa scala fornisce una schiera di modi che funzionano con molti accordi differenti. La scala, in sé, è identica alla scala minore naturale TRANNE che per la 6a e la 7a che sono diesis. (Si potrebbe pensare a questa scala anche come una scala maggiore con la 3a bemolle). Nella teoria classica questa scala è chiamata minore melodica ascendente, mentre la discendente è identica alla minore naturale. Questa distinzione è inutile nel jazz, quindi considereremo le scale ascendente e discendente allo stesso modo. Ecco la scala in C minore:
Usata così com'è, la scala può essere suonata su un accordo minore (maj7), costituito dalla sequenza 1, b3, 5, 7. Ad esempio, nel caso di Cmin(maj7): La scala è utile anche su accordi con la 5a aumentata; ad es. la scala minore melodica di C sull'accordo B7aug. Quindi la minore melodica è una scala molto versatile. E’ consigliabile dedicare molto tempo per assimilarla e applicarla nella varie possibilità.
ESERCIZIO 72
(track 104)
Se l’accordo sul quale improvvisiamo invece è una sesta minore, allora può essere più indicata la scala minore melodica.
142
ESERCIZIO 73
(track 105)
Se l’accordo sul quale improvvisiamo invece è una settima minore, allora può essere più indicata la scala minore naturale (modo Eolio).
Vi propongo ancora un esempio con una serie di progressioni armoniche dove possono essere utilizzate in modo appropriato le diverse scale minori che abbiamo appena visto.
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LA SCALA BLUES La scala blues è una scala che deriva fondamentalmente dalla scala pentatonica, alla quale sono state aggiunte delle “blue note”, che non sono altro che cromatismi derivati dai canti dei primi Afro-Americani deportati in America; infatti questa scala è nate dalla difficoltà dei neri americani (che avevano una cultura melodica basata sulla scala pentatonica -priva quindi di semitoni-) di intonare le melodie occidentali composte sulla scala diatonica (5 toni e 2 semitoni).
SCALA DI BLUES MINORE
Questa scala deriva dalla pentatonica minore con l’aggiunta delle blue note di quarta eccedente (o quinta diminuita) che risolve sulla quinta. Come potete notare si tratta di una scala esatonica (6 suoni),
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SCALA DI BLUES MAGGIORE
Questa scala deriva dalla pentatonica maggiore con l’aggiunta delle blue note di terza bemolle che risolve sulla terza. Se la osserviamo in dettaglio possiamo notare, partendo dal sesto grado, la stessa struttura intervallare della scala blues minolre. Quindi, anche in questo caso, vale la regola che una scala maggiore ha la sua relativa scala minore. Vediamone un esempio:
SCALA DI BLUES “MISTA”
Dall’unione delle scale blues maggiore e minore si ricava la scala blues mista, che ha un utilizzo più esteso:
Le scale blues solitamente si utilizzano sugli accordi di settima della famiglia minore e su accordi di dominante di settima con b9 o #9, o entrambe le alterazioni. Le blue notes, inserite in un ambito armonico costituito da accordi maggiori, creano quell'atmosfera di indefinitezza tonale tipica del blues. Nel contesto della musica afroamericana, il bassista elettrico può utilizzare la scala blues per accompagnare, improvvisare, realizzare stacchi o obbligati, ecc.. L’uso esagerato di queste scale su tutta la struttura del blues però può generare un senso di staticità ed è quindi consigliabile utilizzarle alternandole alle altre scale applicabili agli accordi di dominante del Blues (misolidia, esatonale o diminuita). La scala blues si puiò inoltre applicare alla misure 5, 6, 7 e 8 della struttura jazz “Rhythm Changes”.
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Vediamo qualche esempio di linea di basso basato su questa scala:
Da "HEARTBREAKER" - Led Zeppelin Basso: John Paul Jones Scala blues: MI
Da "LITTLE MISS LOVER" - The Jimi Hendrix Experience Basso: Noel Redding Scala blues: FA#
Da "AROUND THE WORLD" - Red Hot Chili Peppers Basso: Flea Scala blues: MI
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Proviamo adesso a vedere un esempio di improvvisazione usando questi concetti su un blues in F.
ESERCIZIO 74
(track 106-107)
In questo esercizio viene proposto un brano stile bleus misto funky, da suonare con l’approccio blues. L’esempio vi propone una parte di accompagnamento ritmico e una parte di improvvisazione solistica.
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LA SCALA BEPOP Le innovazioni di Charlie Parker e Dizzy Gillespie negli anni 40 hanno cambiato il jazz per sempre. Questi due signori codificarono il linguaggio che sarebbe stato parlato (bebop) e questa scala è il risultato del loro sforzo. Questo termine particolare fu coniato da David Baker, e oggi spesso viene usato liberamente per meglio identificare certe sonorità. La scala bebop dominante è sostanzialmente una misolidia con una nota extra: una settima naturale. Vediamo la scala misolidia in C: 148
Questa invece è la bepop dominante:
La nota aggiunta fa due cose: 1) Crea un tono discendente più regolare, 2) Rende la scala a 8 note. Il punto 1 è ovvio, mentre il 2 non è evidente finchè non si comincia ad eseguire un assolo con la scala. Ciò che consente l'ottava nota è di suonare note dell'accordo su tutte le unità di una misura. Ciò è importante; è il modo più efficace per creare frasi lunghe. Ad esempio, consideriamo questa frase standard misolidia:
Notate come l'ultima metà inizia a suonare con una nota un po' "scomoda". Non ci sono note dell'accordo sulle singole unità. Guardiamo questa frase bebop:
ESERCIZIO 75
(track 108)
In questo esercizio viene proposto il confronto precedentemente esposto tra scala misolidia e scala bebop. MISOLIDIA
BEBOP
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LA SCALA ESATONALE La scala esatonale è una scala che procede solo per toni interi (da qui il nome, infatti è composta da sei intervalli di un tono). Ne esistono solo due forme che si ripetono in altre cinque tonalità partendo dai rispettivi gradi. Questa scala viene utilizzata prevalentemente con gli accordi di dominante con la quarta e quinta eccedente.
Scala Esatonale di C, D, E, F#, G#, A#
Scala Esatonale di C#, D#, F, #, A, B
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IL “WALKING BASS” Con il nome “walking bass” (basso che cammina) si fa riferimento a un modo di accompagnare particolarmente usato nel jazz, in particolare con brani swing. In sintesi il walking bass consiste nell’accompagnare con una nota ogni quarto della battuta, muovendosi quindi in una successione di note che appunto “camminano”. E’ uno stile particolarmente ritmico, quindi ricco di groove, a mio parere una delle più alte espressioni del nostro amato strumento. Proprio relativamente a questo, il groove che daremo al nostro walking potrà essere "avanti", oppure potrà essere "indietro", avanti per sostenere il tempo quando vogliamo ottenere un basso che per così dire "ha tiro", mentre indietro quando ci "appoggiamo" sul tempo per avere un basso più pesante. Importante: appoggiarci non vuol dire tirare indietro! Questo si utilizza soprattutto negli shuffle medium, mentre quello in avanti sarà meglio utilizzarlo sugli swing e sui fast ma non vuol dire correre! Un buon esercizio sarebbe quello di farli entrambi col metronomo abituandoci a sentire il tempo sia in avanti che indietro. Molti sentono naturale accompagnare in un modo o nell'altro, o ci riesce più facile l'uno o l'altro ma alcuni brani vanno accompagnati in avanti e altri appoggiati, se facciamo un fast appoggiandoci tireremo indietro e se faremo uno shuffle in avanti siamo fuori tema! Ora parliamo delle note. La prima cosa che dobbiamo fare per accompagnare in walking è conoscere esattamente gli accordi sui quali suonare, e per esattamente non intendo solo se sono Maj. o min. ma anche il grado. Risolto questo problema passiamo a come potremmo "pensare" il nostro walking, le alternative che abbiamo per accompagnare sono parecchie, quello che reputo consigliabile (ma non obbligatorio) è comunque di cadere sempre sulla tonica dell'accordo quando siamo in battere, così da agevolare gli altri musicisti che in quel momento stanno improvvisando e che hanno bisogno di sentire un basso che li aiuti, dimostrare di essere bravi
e
di
utilizzare
un
linguaggio
difficile
non
è
sempre la cosa migliore...
L’altra cosa basilare è che noi dobbiamo "legare" gli accordi, cioè cercare di portare un accordo all'altro come se fosse un percorso, diciamo che la fine di un accordo dovrà essere vicina all'inizio dell'accordo successivo. 151
L’UTILIZZO DELLA 5a e DELL’ 8a Cominciamo a parlare di walking bass con l’utilizzo della 5a e dell’ 8a per costruire semplici ma efficaci linee di basso. Lo scopo è prendere confidenza con l’andamento del Walking Bass, senza concentrarci ancora troppo sullo sviluppo armonico. Queste tre note sono comuni a qualsiasi accordo, maggiore o minore esso sia: la 1a rappresenta la “Tonica”, mentre la Va viene definita la “dominante”. Attraverso l’uso di queste note è possibile costruire linee di basso in grado di accompagnare con efficacia e senza timore di errori qualsiasi accordo. Vedremo ora una serie di esercizi in stile “blues” per prendere confidenza con l’utilizzo di questa struttura.
1
5
ESERCIZIO 76
8
(track 109)
Questo esercizio comincia con l’utilizzo della “tonica” nelle sue espressioni di1a e 8a. In questo semplice “blues” l’utilizzo della sola tonica è comunque in grado di creare movimento con l’alternarsi dell’ottava, e conferisce una affidabile linea di basso.
152
ESERCIZIO 77
(track 110)
Anche questo esercizio si concentra ancora sull’uso della tonica, con cambi di accordo più frequenti che sfruttano l’approccio definito “ciclo delle quinte” nella parte teorica.
ESERCIZIO 78
(track 111)
Questo esercizio fornisce sono la base ritmica di piano e batteria sulla quale provare a costruire sulla sequenza di accordi rappresentata una linea di basso che utilizzi la tonica con alternanza di Prima e Ottava. La sequenza armonica è il “circolo delle quinte”. 153
ESERCIZIO 79
(track 112)
Introduciamo adesso l’utilizzo della quinta. La quinta è un elemento fondamentale per la costruzione degli accordi, ed ha la caratteristica di non influenzare in nessun modo il “modo” dell’accordo (maggiore, minore, eccedente ecc.). Non esistono infatti accordi di 5 maggiore, o di quinta eccedente ecc. L’abbinamento della “tonica” e della quinta (o dominante) ci permette quindi di muoverci tra gli accordi in estrema tranquillità, senza rischi di stonature, creando un effetto di movimento alla linea di basso.
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ESERCIZIO 80
(track 113)
Questo esercizio fornisce sono la base ritmica di piano e batteria sulla quale provare a costruire sulla sequenza di accordi rappresentata una linea di basso che utilizzi la tonica e la dominante su uno schema di accordi tipico del “blues”.
155
L’APPROCCIO CROMATICO
Con il termine “approccio cromatico” si intende arrivare ad una nota “obiettivo” attraverso un passaggio di un semitono (quindi sul basso un passaggio di un solo tasto). L’approccio cromatico può avvenire o dalla nota inferiore (Lower Chr o L/chr) o dalla nota superiore (Upper Chr o U/chr). Ad esempio, se l’accordo nel quale voglio risolvere è un FA#, posso utilizzare come nota immediatamente precedente un FA (L/chr) oppure un SOL (U/chr). In entrambi i casi mi muoverò di un solo semitono. Vediamo di seguito una semplice tabellina dell’approccio cromatico per ogni nota (stessa logica per le note alterate).
C
L/chr
R
G
U/chr
L/chr
D
L/chr
R
R
U/chr
L/chr
R
R
U/chr
B
U/chr
L/chr
F
L/chr
U/chr
A
E
L/chr
R
U/chr
156
R
U/chr
ESERCIZIO 81
(track 114)
Vediamo ora un primo esercizio nel quale proviamo a unire all’utilizzo della quinta e dell’ottava appreso nel capitolo precedente l’approccio cromatico. Utilizziamo sempre un semplice schema di blues in Fa.
ESERCIZIO 82
(track 115)
In questo esercizio riproponiamo l’approccio cromatico su un esempio musicale che sfrutta il “circolo delle quinte” già visto nel precedente capitolo.
157
APPROCCIO “DOPPIO” CROMATICO Questa variante all’approccio cromatico accentua maggiormente il passaggio verso la nota obiettivo attraverso il passaggio tra due approcci cromatici inferiori inferiori consecutivi o due approcci cromatici superiori consecutivi. Ad esempio, se la nota obiettivo è un SOL, un doppio approccio cromatico cromatico è costituito dal passaggio FA/FA#/SOL (L/chr ). (L/chr)) o dal passaggio LA/Lab/SOL (U/chr (U/chr).
ESERCIZIO 83
(track 116)
Vediamo ora un esercizio con l’applicazione del “doppio” approccio cromatico. Riprendiamo il motivo di fondo del giro di blues utilizzato già in precedenza.
158
L’APPROCCIO DOMINANTE
Con il termine “approccio dominante” si intende arrivare ad una nota “obiettivo” attraverso il passaggio dalla nota “dominante” (cioè la quinta) rispetto a quella nota obiettivo. Ad esempio, per risolvere in DO, l’approccio dominante ci vede passare dal SOL, che è appunto la “quinta” del DO. G
SOL L/dom
C
DO
159
G
SOL U/dom
ESERCIZIO 84
(track 117)
Proviamo ad applicare l’approccio dominante usando questo esercizio. Ricordiamo che, in base alla nota obiettivo, utilizzeremo a scelta la quinta (dominante) inferiore (L/dom) o superiore (U/dom).
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ESERCIZIO 85
(track 118)
Questo esercizio propone un abbinamento di approccio cromatico e approccio dominante. L’utilizzo di più tecniche per la costruzione di linee di basso è sempre consigliato, in quanto permette di ottenere un impasto sonoro più efficace e naturale.
L’APPROCCIO CON “SCALE”
Il successivo metodo di approccio per costruire linee di basso passa attraverso le scale. Questo vuole dire arrivare alla nota obiettivo attraverso le note di una scala, che potrà essere ascendente o discendente. All’interno delle scale ovviamente potrà capitare di trovare sia l’approccio cromatico che quello dominante. 161
Ad esempio, per arrivare alla nota FA potremo utilizzare una scala che termina con la nota MI per risolvere in FA; ma il passaggio MI/FA è quello che in precedenza abbiamo chiamato L/chr, quindi un approccio cromatico. Esempio:
R
scala
R
scala 5(dom)
ESERCIZIO 86
R
(track 119)
Proviamo ad applicare l’approccio a scale in questo esercizio che ripropone ancora una volta la classica impostazione di un giro di blues in FA. Osservate come si fondono nelle scale anche gli approcci cromatico e dominante.
162
ESERCIZIO 87
(track 120)
Provate su questa base di accordi in Mib a costruire una linea di basso seguendo l’approccio a scale.
163
ESERCIZIO 88
(track 121)
Su questo esercizio proviamo ad applicare tutte le tecniche di approccio apprese fino ad ora per costruire una linea di basso ricca ed efficace. Utilizzeremo ancora una volta il giro di blues in FA.
164
ESERCIZIO 89
(track 122)
In questo esercizio proviamo a lavorare sulle scale e sulle componenti dell’accordo. Vedrete l’utilizzo della settima bemolle tipico del modo misolidio. Utilizzeremo ancora una volta il giro di blues in FA.
165
ESERCIZIO 90
(track 123)
In questo esercizio viene fornita solo la base per esercitarsi in tonalità di Eb7. Si ricorda di porre attenzione al corretto tempo dell’esecuzione, e di utilizzare tutte le tecniche apprese per arrivare alla nota “obiettivo”.
LA TECNICA DELL’ARPEGGIO Un arpeggio è un accordo le cui note vengono suonate in successione. Solitamente un arpeggio comincia dalla Tonica (Root) e prosegue salendo e scendendo; ad esempio R, 3, 5, 7, 5, 3, R. Gli arpeggi portano dei repentini movimenti “verticali” alle linee di basso. Possono essere utilizzati con efficacia per passare da un accordo all’altro seguendo nel movimento la nota “obiettivo”. Vediamo un esempio pratico.
166
ESERCIZIO 91
(track 124)
In questo esercizio viene proposto per l’ennesima volta il giro di blues in F7, ma questa volta si sviluppa la linea di basso attraverso l’utilizzo dell’arpeggio.
167
ESERCIZIO 92
(track 125)
In questo esercizio viene proposto ancora l’utilizzo dell’arpeggio su una progressione “standard” del genere jazz. Nella prima battuta il Cm7 risolve su F7, e quando si arpeggia sul Cm7, la settima bemolle è l’approccio cromatico alla terza del F7. Nella quinta battuta il Cm7 risolve ancora in F7, ma questa volta si arpeggia sulla terza bemolle, si sale sulla scala e si risolve sulla quinta di F7.
168
GLI “ARMONICI” 1) LA FISICA DEL SUONO
La vibrazione della corda è influenzata da diverse componenti quali, ad esempio: tensione, spessore, tipo di materiale, tocco.
Quando noi facciamo vibrare una corda in essa si
generano una serie di vibrazioni contemporanee su diverse lunghezze della corda stessa; alcune di queste lunghezze le possiamo utilizzare per produrre gli armonici. La tabella seguente vi schematizza la vibrazione ideale di una corda nelle sue principali “lunghezze”
Osservando la tabella si può notare che l’andamento della vibrazione genera un particolare andamento che individua due punti essenziali, chiamati “nodi” e “antinodi”. Il NODO è un punto dove non si genera suono; l’ANTINODO è il punto di massima escursione tra le vibrazioni della corda. Solitamente gli armonici si ottengono toccando la corda in un punto corrispondente a un nodo con la mano sinistra e suonando con la mano destra la corda in uno dei suoi antinodi. 169
Quando suoniamo normalmente la vibrazione principale genera il suono della cosiddetta “fondamentale” della nota, che sovrasta tutti gli altri suoni generati dalla vibrazioni sulle diverse lunghezze della corda stessa. Quando noi invece suoniamo appoggiando il dito su un nodo, “stoppiamo” il suono della fondamentale e permettiamo all’armonico di suonare liberamente. Lo schema della tabella 1 ci fa vedere come esistono diverse ampiezze di vibrazione (ratio) , partendo dal rapporto 1:1 che è la “fondamentale”. Tuttavia nella tabella non sono rappresentate tutte le possibili lunghezze di vibrazione della corda, ma solo quelle utili per la generazione degli armonici “spendibili” in termini di volume e definizione della nota prodotta. Per dare un’idea: 1:1 Æ Fondamentale (tonica) 2:1 Æ Fondamentale (tonica), un’ottava sopra 3:1 Æ Quinta, un’ottava + una quinta sopra 4:1 Æ Fondamentale (tonica), due ottave sopra 5:1 Æ Terza, due ottave + una terza sopra 6:1 Æ Quinta, due ottave + una quinta sopra 7:1 Æ Settima minore, due ottave + una settima minore sopra 8:1 Æ Fondamentale (tonica), tre ottave sopra Ovviamente tutto si ripete nella seconda parte della tastiera (tasti dal 13° al 24°). La tabella seguente vi mostra posizione e nota degli armonici nei primi 12 tasti di un tradizionale basso a 4 corde.
170
2) PRODURRE GLI ARMONICI
Come dicevamo sopra, la tecnica per produrre degli armonici consiste nel posizionarsi in un punto corrispondente ad un nodo (vedi tabella precedente) ed appoggiare il dito della mano sinistra senza però premere la corda. Bisogna limitarsi a “stoppare” la vibrazione della fondamentale. Ad esempio, immaginiamo di voler produrre l’armonico al 12° tasto della corda G. Occorre appoggiare un dito della mano sinistra sulla corda G, proprio all’altezza del 12° tasto (ovvero dove c’è il fret, la barretta di metallo) e a questo punto fare vibrare la corda con la mano destra (il suono migliore scaturirà se riusciremo a suonare la corda nel punto dell’antinodo). Ne scaturirà un suono sottile e cristallino, con un notevole sustain; il volume con cui suona l’armonico dipende dalla “ratio”, oltre che dalla forza con cui faremo vibrare la corda. Nel caso dell’esempio il volume sarà consistente in quanto abbiamo una ratio 2:1 ed avremo generato come nota un altro G, un’ottava sopra rispetto al suono dato dalla fondamentale.
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3) SUONARE CON GLI ARMONICI
Bene, a questo punto abbiamo imparato a produrre gli armonici. Ma come possiamo utilizzarli in pratica quando suoniamo? Non ci sono regole precise, in questo caso l’unico limite è la nostra fantasia. Un uso abbastanza semplice ma efficace degli armonici può essere proprio quello di abbellimento alla nostra linea di basso, ad esempio associando alle toniche gli armonici che possono servire ad armonizzare rispetto all’accordo che si sta suonando. Alcuni bassisti poi hanno esplorato a fondo la tecnica degli armonici arrivando a farne addirittura una tecnica solistica (un ottimo esempio in questo senso può essere “Portrait of Tracy” di Jaco Pastorius).
SUONARE LE SCALE CON GLI ARMONICI Utilizzando gli armonici naturali dello strumento ovviamente non disponiamo di tutte le note, ma comunque ne esistono un numero sufficiente per permetterci di sbizzarrirci. Tuttavia, prendendo sempre ad esempio un basso a 4 corde, esiste una scala diatonica completa che è possibile eseguire con gli armonici ed è la scala di RE maggiore (DMaj). Lo schema seguente vi illustra le posizioni delle note da premere e la sequenza.
Oltre alla scala di DMaj sono anche disponibili una E dorica, una F# frigia, una G lidia, una A misolidia, una B eolia e una C# locria. Ovviamente le possibilità aumentano se si usa un basso a 5 corde, e ancora di più con un basso a 6 corde.
172
SUONARE GLI ACCORDI CON GLI ARMONICI Oltre alle scale è anche possibile costruire molti accordi con gli armonici. La tecnica più efficace è quella di suonare la tonica in modo tradizionale e armonizzare l’accordo con l’uso degli armonici. La mano destra potrebbe essere utilizzata con una tecnica a quattro dita (come se si arpeggiasse con una chitarra) con pollice, indice, medio, anulare.
Di seguito alcuni esempi di accordi che è possibile costruire, ma ovviamente seguendo la stessa logica è possibile costruire molti altri accordi che non sono presenti nell’esempio seguente. I pallini azzurri indicano le note da premere normalmente, i pallini gialli indicano le note da suonare come armonici.
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I FALSI ARMONICI E’ possibile espandere il range di note disponibili utilizzando anche i cosiddetti “falsi armonici” o “armonici artificiali”. In termini di suono, pur essendo simili agli armonici naturali, non sono proprio identici. Io conosco tre tecniche per produrre armonici artificiali, ma è possibile che ne esistano anche altre. La prima tecnica prevede l’utilizzo della mano sinistra per creare gli armonici. Si tratta di premere una o più corde ad un tasto definito; in questo modo l’effetto sarà quello di aver accorciato il diapason dello strumento, e si creerà di conseguenza tutta una nuova serie di armonici che potranno essere utilizzati.
La seconda tecnica invece prevede l’utilizzo della mano destra. Si deve pizzicare la corda tra pollice ed indice come raffigurato nella foto. La mano sinistra determinerà la lunghezza della corda e quindi la nota suonata in base al tasto premuto. All’inizio sembrerà difficile riuscire a produrre il suono voluto, ma con un po’ di esercizio si riusciranno a raggiungere ottimi risultati.
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La terza tecnica prevede sempre l’utilizzo della mano destra e consiste nel suonare la corda con la parte superiore dell’unghia (quasi fosse un plettro), cercando il punto dell’antinodo per far scaturire l’armonico.
ESERCIZIO 93
(track 126)
Questo esempio percorre sulle quattro corde i principali armonici indicate nello schema a pag. 51 secondo la sequenza: 2° tasto (2^ barretta) 2°/3° tasto 3° tasto (3^ barretta) 4° tasto (4^ barretta) 5° tasto (5^ barretta) 7° tasto (7^ barretta) 8° tasto (8^ barretta 9° tasto (9^ barretta) 12° tasto (12^ barretta - ottava)
175
ESERCIZIO 94
(track 127)
In questo esercizio viene eseguita l’intera scala di RE, l’unica scala completa disponibile con gli armonici su un basso a 4 corde (ovviamente il basso a 6 corde offre in questo campo possibilità espressive ancora maggiori). I numeri indicano in progressione le otto note da suonare per ottenere la scala.
7
2 1
3
5
4
6
8
ESERCIZIO 95
(track 128)
Questo esercizio presenta un grado di difficoltà maggiore rispetto al precedente, in quanto abbina l’utilizzo di note suonate con gli armonici, secondo la tecnica dell’arpeggio, con alcune note che fanno da “portante” suonate in modo tradizionale. La tendenza iniziale sarà di “premere” o “non premere” con tutte e quattro le dita della mano sinistra. Esercitandosi si acquisirà il coordinamento necessario per premere con alcune dita e appoggiare con le altre.
4 3 1 1 Posizione di partenza su Re maggiore 7
176
Re+7
Do 6/9
Sib+13
Do 9
c
c DO9
La11
c “PORTARE A SPASSO” GLI ARMONICI Anche con gli armonici è possibile realizzare dei glissati, delle slides molto interessanti come effetto. Per fare questo dobbiamo appoggiare il dito sull’armonico che vogliamo far suonare come nota di partenza, suonare la nota e fare scorrere il dito sulla corda (senza però premere, attenzione, altrimenti il suono dell’armonico si stoppa subito) “portando a spasso l’armonico” fino ad arrivare alla nota di destinazione. Su un basso fretted bisogna fare molta attenzione quando facciamo scorrere le dita per non fermare il suono dell’armonico; questa tecnica dà ricuramente i risultati migliori con un basso fretless. Raccomando anche di suonare con vigore l’armonico di partenza. 177
CENNI DI IMPROVVISAZIONE Per introdurre il tema dell’improvvisazione rifacciamoci ad alcuni concetti di armonia che ci possono aiutare. Alcune cose le abbiamo già viste in altre parti del metodo, ma sono utili da richiamare.
Gli accordi della scala Visto che parlando di improvvisazione ci occupiamo anche di Jazz, quindi armonizziamo la scala maggiore per quadriadi
Ora, parrebbe sensato pensare che la scala maggiore possa sempre e comunque andare bene per improvvisare e/o comporre melodie sopra agli accordi da lei stessa generati. In realtà non è proprio così. Facciamo un esempio: supponiamo di avere un brano in C maggiore che inizi (casualmente) con un accordo di C maggiore e che un brutto cattivaccio vi costringa ad improvvisarci sopra. Cosa fate? •Vi gettate da un dirupo •Smettete di suonare ed vi preparate un piatto di spaghetti •Provate ad improvvisare qualcosa sulla scala maggiore Da buoni creativi, cominciate ad andare avanti e indietro per la scala maggiore (con i dirupi si può solo andare avanti). Suonando alla velocità della luce funziona tutto ma, appena rallentate, ecco che qualcosa non quadra :
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Il FA, IV grado della scala, "cozza decisamente". Potrebbe essere usato come nota di passaggio, come ritardo, come appoggiatura, come ammorbidente per i capi delicati ma non certo come estensione dell'accordo di C maggiore. Questa melodia, per esempio, ha qualcosa di storto:
Lo so è brutta, ma non è questo il punto. Il FA decisamente "stona". La stessa cosa accadrebbe se al posto dell'accordo di C (I grado) utilizzassimo uno dei suoi gradi secondari, il III (Em7) o il VI (Am7). Di qui la prima regolina: Utilizzando la scala maggiore sul gruppo di tonica, facciamo attenzione alla nota del IV grado (guarda caso infatti nella pentatonica maggiore il IV grado non c’è!). Eccovi la "versione corretta" della melodia in questione:
Naturalmente, nulla ci vieta di utilizzare il Fa come nota di passaggio, ovvero un nota breve e di collegamento tra note strutturali (chiariremo questi concetti più avanti). Attenzione a fare di questo accorgimento un dogma improfanabile. I divieti assoluti vanno bene per i cartelli di circolazione stradale, e non per gli artisti. Seconda regoletta: Utilizzando la scala maggiore sul gruppo di Sottodominante, facciamo attenzione alla nota del VII grado (e infatti anche questa manca nella pentatonica maggiore). E qui il dubbio: il SI, VII grado della scala, non sta particolarmente male ne' sul Dm7 (accordo costruito sul II grado) ne' sul Fmaj7, (accordo costruito sul IV grado). 179
Anzi, gli accordi Maj 7 #11 sono utilizzati di frequente. Allora come la mettiamo? Il motivo è questo: il SI, sensibile, è l'elemento super determinante del gruppo di dominante (accordi del V e VII grado) e quindi va fatto passare sopra lì. In caso contrario, ovvero introducendolo già sopra agli accordi del gruppo di Sottodominante, avremmo delle cadenze del tipo IV-V-I un po' vaghe, dall'effetto incerto, dove i ruoli dei singoli accordi andrebbero a confondersi :
E il gruppo di Dominante? Scusate, stavo farneticando. Dunque, sul gruppo di Dominante (accordi del V e VII) ha poco senso inserire il primo grado della scala, ovvero la Tonica. L'accordo di dominante contiene infatti la Sensibile, che di fatto lo trascina verso la sua risoluzione, (l'accordo di Tonica). Inserire la Tonica e la Sensibile all'interno dello stesso accordo sarebbe quanto meno incoerente. Un po' come mettere il trampolino di una piscina direttamente sott'acqua. Di qui la terza regoletta: Utilizzando la scala maggiore sul gruppo di dominante, facciamo attenzione all' uso del I grado.
Riassumendo: Per improvvisare qualcosa sugli accordi di una tonalità, la scala maggiore va bene, ma occorre fare attenzione al VII grado, al IV, e al I. In C maggiore parliamo delle note SI, FA e DO. In alcuni casi, sarà meglio usarle come note di passaggio.
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Super riassumendo : Sul gruppo di Tonica, diffidate del IV:
Sul gruppo di Sottodominante, diffidate del VII:
Sul gruppo di dominante, occhio al I:
Domanda al “Mago dell’Improvvisazione”: "Non capisco, sul gruppo di Tonica devo togliere questo, sul gruppo di Sottodominante devo togliere quello... io come faccio ad avere la necessaria tranquillità per fare dei bei soli creativi?" Risposta del “Mago” : “ Togli il IV e VII grado della scala maggiore e utilizzi una bella Pentatonica, che va bene sia per il gruppo di Tonica che per il gruppo di Sottodominante“
Concludendo Per quanto possano sembrare semplici e scontati, questi concetti sono a mio avviso fondamentali. Studiare 6000 scale non serve a nulla se prima non è chiaro quali siano le note che un accordo può effettivamente sostenere. Improvvisazione a parte, lo studio dell'armonia comporta la conoscenza dei perchè e dei percome dei vari accordi che troviamo strada facendo. Ridurre l'armonia jazz ad una serie di sigle con una scala sopra non ha senso. Io dubito fortemente che i grandi della musica (non solo jazz) componessero e suonassero "a spanne". Tuttavia, non confondiamo l'analisi dei fatti con i fatti stessi, ovvero l'opera con il progetto, la grammatica con la lingua. Qui analizziamo tutto quello che volete, ma non dimenticate che il linguaggio musicale deve essere nelle vostre orecchie. quindi: ASCOLTATE musica. Sempre.
Proviamo ora a cimentarci praticamente con questi concetti attraverso alcuni semplici esercizi di improvvisazione.
181
ESERCIZIO 96
(track 129-130)
Utilizzate la Pentatonica di C per creare un piccolo assolo sopra questi accordi. Attenzione al G7 finale
ESERCIZIO 97
(track 131-132)
Ora usate la Pentatonica di Bb per improvvisare su questi:
•Trasportare queste sequenze di accordi anche in altre tonalità e ad utilizzare le relative scale pentatoniche. •Utilizzate la scala maggiore e fate attenzione ai punti caldi. •Suonate le scale lentamente, in modo da capire quali note effettivamente funzionano
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LA PROGRESSIONE II-V-I E' la più comune progressione di accordi nella musica jazz. Saper improvvisare su questa sequenza di accordi è la più utile conoscenza per un musicista jazz. Innanzi tutto, guardiamo come è composta la progressione. In chiave di C (DO), un II-V è composto dagli accordi: Dmi7 e G7.
Solitamente, subito dopo vi è la I, che in questo caso è Cmaj7 (nota che nel jazz, la 7a è automaticamente aggiunta praticamente su ogni accordo). Sia l'accordo di II che quello di V sono organici alla chiave originale; ciò significa che non è necessario aggiungere alcuna ulteriore alterazione per creare gli accordi. Cambiamo chiave e vediamo com'è un II-V in chiave di Eb:
Cerchiamo di stabilire una regola per riconoscere una progressione ii-V. Ogni volta che si incontra un accordo minore 7 seguito da uno di 7 dominante la cui tonica è una quarta più alta, è un II-V. Gli accordi stesso possono anche avere note aggiuntive, come nel caso di Dmi9-G13. La prima scala che può essere suonata su questi accordi è la scala maggiore dell'accordo I (nel nostro caso C) cominciando però dalla nota che identifica la tonica negli accordi II (Dmi7) e V (G7). D modo Dorico, usato su Dmin7
G modo Misolidio, usato su G7
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ESERCIZIO 98
(track 133-134)
Provate ad improvvisare su questa progressione armonica usando le scale pentatoniche e le scale modali adeguate, oltre a quanto altro vi sembri suonare bene sopra. Il centro tonale parte in Cmaj (Dm7, G7, CMaj7) e prosegue nella seconda parte in Fmaj (Gm7, C7, FMaj7).
ESERCIZIO 99 Questi
esercizi
possono
(track 135) essere
utilizzati
come
“preliminari”
in
preparazione
all’improvvisazione su un brano, e servono per prendere confidenza con la progressione armonica. Sono esercizi che si basano sulla conoscenza degli accordi, degli arpeggi, delle scale e di frasi intervallari, con partenza dai vari gradi degli accordi. L’improvvisazione ovviamente non è basata sulla sola conoscenza di queste frasi, però la padronanza di questi elementi può aiutarvi a capire il meccanismo improvvisativo e la scelta delle note da utilizzare sulle sigle degli accordi. Tutti gli esempi sono stati fatti su una progressione tipica: Fmaj7, D7, Gm7, C7.
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ESERCIZIO 100
(track 136-137)
Proviamo ora a improvvisare in una situazione diversa. In questo caso siamo su un “monoaccordo”, il D7, e il basso si sposta ogni battuta dal D al C (il C comunque è la settima del D). Il D7 è un classico accordo di dominante, se pensiamo alle scale viene subito in mente la scala misolidia, tipica degli accordi di dominante. Provate a creare un’improvvisazione in questa situazione apparentemente “statica”.
ESERCIZIO 101
(track 138-139)
Ancora un esercizio di improvvisazione. Gli accordi sono tutti di settima dominante o settima minore. La progressione iniziale è tipica del blues. Possiamo quindi immaginare di usare per improvvisare la scala blues, la scala misolidia e la scala pentatonica.
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Vediamo ora ancora un ripasso delle principali scale che abbiamo già visto in relazione ai modi e agli accordi con i quali possiamo suonarle.
SCALA MAGGIORE
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SCALA MINORE MELODICA
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SCALA MINORE ARMONICA
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ACCORDI MAGGIORI e SCALE RELATIVE
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ACCORDI MINORI e SCALE RELATIVE
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ACCORDI DI DOMINANTE e SCALE RELATIVE
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ACCORDI SEMIDIMINUITI e SCALE RELATIVE
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ACCORDI DIMINUITI e SCALE RELATIVE
ANALISI BRANI JAZZ Passiamo ora ad una lettura di brani jazz e alle modalità di improvvisazione che possono essere utilizzate. La traccia sul CD è suddivisa
in questo modo: canale sx
(contrabbasso/basso), canale centrale (batteria e canto), canale destro (piano o improvvisazione). In questo modo è possibile utilizzare il canale appropriato per eliminare alcuni strumenti ed esercitarsi nell’improvvisazione.
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ANALISI “ALL BLUES”
TONALITÀ:
G
FORMA: blues 12 misure in tempo 6/8. Uno dei temi più famosi di Miles Davis contenuto in un altrettanto famoso CD. di Miles: Kind Of Blue.
ANALISI DELLE MISURE: Da misura 1 a 4: settima di dominante sui primo grado di Sol con divisione ritmica data da un movimento di terze contenute nell’accordo. Il tema è costruito su note appartenenti al misolidio di Sol. dominante sul quarto grado della tonalità con io stesso movimento ritmico dato dalle terze. Anche la melodia si muove per terze costruite sul misolidio di Do. Misure 5,6: dominante sul quarto grado della tonalità con lo stesso movimento ritmico dato dalle terze. Anche la melodia si muove per terze ciostruite sul misolidio di Do. Misure 7,8: dominante sui primo grado. Ritmica come le misure precedenti. Tema sul modo misolidio con cromatismo discendente dalla terza alla tonica di Sol. L’ultimo sedicesimo della misura 8 sale cromaticamente alla quinta dell’accordo che segue (D7).
Misure 9: dominante sul quinto grado di Sol con estensione alla nona alterata. Il tema riposa sulla quinta dell’accordo.
Misure 10: cromatismo armonico sul sesto grado bemollizzato (Eb7) che ritorna nella stessa misura alla dominante di Sol (D7). Divisione ritmica di tre ottavi per accordo con nota comune ai due accordi nella parte tematica (Bb è quinta per Eb7 e tredicesima bemolle per D7). Le due dominanti sono inoltre alterate nell’estensione di nona (diesis nona).
Misure 11, 12: l’armonia torna al primo grado in dominante con parte tematica costruita sul modo misolidio relativo.
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ANALISI “A R R O”
TONALITÀ:
Eb Maj
FORMA: 16 misure
ANALISI DELLE MISURE: Misure 1,2: accordo di maggiore settima in posizione di T, 7 e T, 5, 7. La quinta è la nota dell’accordo che può essere omessa senza particolari precauzioni. È la nota dell’accordo di minor peso in un accordo di quattro o più note. Misure 3,4: concatenazione Il, V con uso di 7, 3 e tr. La settima e la terza dell’accordo minore che risolvono sul tritono relativo della settima di dominante sono uno dei collegamenti più usati della musica Jazz. Queste sono le posizioni di base, utilizzabili anche con i relativi rivolti. La settima dell’accordo minore risolve sulla terza dell’accordo di settima di dominante, la terza si commuta in settima. Questo II-V non risolve al relativo I (che sarebbe Gb) bensì a Eb. Analizzando i due accordi rispetto alla tonalità di Eb abbiamo IVm7 (invece di IVmaj7) e bVII7 (invece di VIIm7b5). Si tratta di un particolare tipo di II-V che rappresenta una sostituzione a quello originale. Misure 5: T, 5, accordo per quinte Misura 6: T, 7 accordo minore di settima senza la terza. La terza è la nota che caratterizza il modo dell’accordo, eppure è molto facile trovare armonizzazioni in cui questa nota viene omessa. In alcuni casi può essere riportata alla parte tematica. Nell’improvvisazione il modo viene dato dalla scala usata. Questa posizione viene frequentemente usata perché da molta libertà nell’improvvisazione (dualità tra magg. e min.). Misure 7, 8, 9, 10: II - V - I simile al concatenamento delle misure 3 e 4, ma con posizione differente. Rispetto a Eb rappresenta una modulazione transitoria che si avvia a rientrare nella tonalità nelle battute seguenti.
Misure 11,12: II - V simile ai precedenti. Sul VI grado di Eb (riavvicinamento alle tonalità d’impianto). Il tritono contiene anche la sesta, l’aggiunta di questa nota è molto frequente negli accordi di settima di dominante. Misure 13, 14: II-V relativi alla tonalità. Accotrdo compreto sul secondo grado, tritono sul V grado. Misure15,16: prograssione IIIm7, bIII7, IIm7, bII7. Usata frequentemente alla fine di un brano per rotornare all’inizio.
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ANALISI “NIGHT AND DAY”
TONALITÀ:
Eb
FORMA: canzone ternaria A B A B C B - 48 misure. ANALISI DELLE MISURE: Misure 1,: sesto grado bemollizzato da considerarsi come appoggiatura armonica della dominante della seconda misura. L’accordo sostituisce Fm7, costruito sui secondo grado di E b (sostituzione di tritono tra specie diversa). Misure 2: dominante. L’ultima nota della terzina è nota di volta sulla terza dell’accordo seguente. Misure 3,4: accordo di tonica. Terza sulla melodia. Misura 5,6,7,8: come da misura 1 a misura 4. Misure 9, 10, 11: entriamo nella parte B con una progressione di accordi minori di settima dal quarto grado eccedente di Eb (Am7b5). Alla melodia la settima segue gli accordi cromaticamente. Alla voce interna un contrappunto che si muove tra terza minore quinta bemolle su La e giusta su Labm e Solm. Misure 12: ancora un accordo della progressione con una appoggiatura nella melodia che risolve alla settima minore (E) e prosegue nella discesa cromatica alla settima diminuita( Eb). Attraverso un re naturale arriva alla quinta di Fm nella battuta seguente. Misure 13, 14, 15: cadenza II - V - I. Alla misura tredici ancora cromatismi che si fermano alla undicesima di Fm. La stessa nota (Bb) sarà tonica e quinta degli accordi seguenti. Misure da 17 a 31: come da 1 a 15. Misure 32: dominante di Gb (Db7), V grado della battuta seguente dove ha inizio la parte C. La melodia è un’estensione dell’accordo (tredicesima). Misure 33, 34: accordo di settima maggiore, con quinta alla melodia che con una terzina di quarti arriva alla quinta di Eb alla misura 35. Misure 35, 36: accordo di tonica Misure 37, 38, 39: come le precedenti, con qualche variazione ritmico-melodica. Misura 40: cadenza II-V con risoluzione evitata al primo accordo della prograssione che forma la parte B. Misure da 41 a 48: come da 1 a 15 con una piccola variazione melodica di cromatismi alla 44. Conclude con l’accordo di tonica in due misure (47, 48). L’ultima misura può contenere un II - V che riconduce alla ripetizione di tutto il brano.
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ANALISI “S O W H A T”
TONALITÀ:
Dm dorico, Ebm dorico
FORMA: A A B B canzone 32 misure Uno dei temi che rappresentano la massima espressione della ricerca modale. Gli accordi sono ridotti all’essenziale e l’improvvisazione si muove sul modo relativo agli accordi. Il tema è veramente essenziale: un pattern di basso che domanda ed una risposta armonica che si alternano, trasportati anche nella tonalità vicina di Ebm.
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ANALISI “SUMMERTIME”
TONALITÀ:
Dm
FORMA: canzone, 16 misure
ANALISI DELLE MISURE: L’armonizzazione considerata non è quella originale, bensì quella della ordinaria pratica improvvisativa. La versione originale è inserita nell’opera di Gershwin “Porgy and Bess”. Da misura 1 a 3: l’accordo di Dm7 viene trattato dal punto di vista modale (dorico), è per questo che Em7 e Fmaj7 rappresentano l’armonizzazione dei gradi in successione (II e III) rispetto al dorico di Re. Ciò non toglie che sia possibile utilizzare in alternativa le scale minore armonica e minore melodica. Il tema è costruito sulle note del modo relativo. Misure 4: dominante del quarto grado di Dm, con estensione di nona alterata. Misure 5: risoluzione della dominante precedente al rispettivo I grado (a sua volta IV grado di Dm). Progressione sul modo dorico come alla misura 1. Misure 6: dominante sul VI grado, al tema si trovano le note dell’arpeggio. L’ultimo ottavo anticipa la tonica dell’accordo seguente. Misure 7, 8: concatenazione II - V del modo minore. Nella dominante la quinta è alterata. Misure 9, 10, 11: ripresa tematica (vedi misure 1, 2, 3). Misure 12: IV grado di dominante con nona al tema. Misure 13: III grado rispetto al dorico di Dm. Misure 14, 15: cadenza II-V-I del modo minore. Misure 16: dominante alterata che riconduce tramite una cadenza perfetta (V-I) a capo. Tutte le note tematiche della composizione, eccetto il mi naturale della misura 7 legato alla misura 8, appartengono alla pentatonica minore di re. Ciò significa che è possibile improvvisare su tutto il giro con una sola scala.
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USO DEL PLETTRO Nella trattazione abbiamo sempre parlato del fingerstyle –a parte la parentesi dello slaptuttavia nel basso elettrico è usata spesso anche la tecnica del plettro. Addirittura in origine il basso era suonato soprattutto con il plettro, in quanto considerato uno strumento derivato dalla chitarra (da cui il nome spesso utilizzato di “chitarra basso”). Oggi il plettro continua ad essere usato abbastanza diffusamente nella musica rock, un po’ meno in altri generi (tuttavia anche qui ci sono eccezioni che dimostrano come l’uso del plettro non vada sottovalutato, basti pensare ad esempio a Steve Swallow che suona jazz con il plettro riproducendo un suono simil-contrabbasso decisamente interessante). Tutto questo per dire che secondo me un buon bassista deve saper padroneggiare un po’ tutte le tecniche che servono per utilizzare il basso nel suo contesto ritmico-armonico, e quindi anche l’uso del plettro. Lascio fuori volutamente la tecnica del tapping, che mal si adatta al ruolo tipico del basso elettrico e segue più un filone parallelo dove il basso diventa uno strumento solista. Chi volesse approfondire il tapping troverà comunque metodi specialistici dedicati a questa tecnica.
Il plettro è fondamentalmente un sottile triangolo di plastica usato per mettere in vibrazione le corde. Naturalmente ne esistono di diversi materiali e forme, ma la caratteristica che più ne influenza la prestazione è il suo spessore, indicato in millimetri: un plettro più spesso è anche più rigido e quindi non si fletterà a contatto con le corde. Ognuno si trova bene con un tipo di plettro diverso, quindi è bene provarne diversi per trovare quello adatto al nostro stile: per suonare bene è anche importante avere un buon feeling con il proprio plettro. Mi limito a ricordare però che il basso elettrico ha le corde decisamente più spesse rispetto a quelle della chitarra, quindi evitiamo plettri troppo morbidi (io personalmente utilizzo plettri duri – heavy).
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Per quanto riguarda la forma, è consigliabile quella a triangolo equilatero; nei confronti di quella a triangolo isoscele, c'è il vantaggio di avere tre angoli sfruttabili al posto di uno. Di solito il plettro si stringe tra pollice e indice, ma si può anche impugnare tra pollice e medio. E' necessario che il plettro sia ben saldo tra le nostre dita, tuttavia l'impugnatura deve essere sciolta in modo da assecondare le sue reazioni a contatto con le corde.
IMPUGNARE IL PLETTRO Esistono diverse modalità per impugnale in plettro. La prima (foto 1, è quella che io utilizzo) prevede che il plettro sia tenuto tra il fianco della falangetta dell’indice e il polpastello del pollice facendo uscire meno punta possibile. La seconda (foto 2) prevede che il plettro venga tenuto tra il polpastrello dell’ indice e il polpastrello del pollice. Questo permette una plettrata più soft perchè I due polpastrelli offrono meno resistenza e il plettro “ondeggia all’interno della sua sede”
Foto 2
Foto 1
Nella ricerca dell’impostazione del plettro occorre anche considerare un aspetto fondamentale dal quale dipende tutto il resto: l’angolazione del plettro rispetto le corde (a dire il vero avrei dovuto incominciare con questo argomento ma sarebbe stato come spiegare la tecnica per eseguire un parcheggio partendo dallo studio dell’angolo di sterzata). I due estremi di angolazione sono il plettro di piatto sulle corde e il plettro di taglio (le corde vengono colpite con il fianco del plettro) L’angolazione del plettro influenza e dipende da diversi fattori come l’altezza del basso rispetto alle spalle (la lunghezza della tracolla), l’angolazione del polso rispetto all’avambraccio e il modo stesso di impugnare il plettro. 209
1. La scelta dell’altezza del basso influenzerà la suonabilità (fattore molto importante soprattutto per la mano sinistra); 2. La scelta dell’ angolazione del plettro influenzerà il suono (fondamentale) e in parte la suonabilità; 3. l’impostazione del plettro influenzerà il suono e le possibilità tecniche e dipende dai fattori 1e2 4. l’angolazione del polso dipende dai fattori 1, 2 e 3.
Detto questo, tenere il basso “ad altezza inguine” forse sarà scenografico per chi suona certi tipi di rock ma di fatto limita fortemente la tecnica esecutiva sia della mano sinistra sia della mano destra con il plettro. La corretta altezza dello strumento sarebbe più o meno quella equivalente ad avere lo strumento appoggiato sulle gambe quando si è seduti (quindi basso “sulla pancia” e non “sull’inguine”). Vediamo ora come si utilizza il plettro. Il movimento del plettro deve essere dato dal polso, e il braccio sarebbe meglio non partecipasse, se non in minima parte. Le plettrate possono essere singole: dall'alto verso il basso, dal basso verso l'alto (questa usata raramente), oppure alternate (una in un senso e una nell'altro di seguito). Naturalmente, la dinamica ha una grandissima importanza anche nell'uso del plettro, quindi, bisogna essere in grado di suonare con l'intensità necessaria. Il palm-muting è una tecnica che va oltre all'uso normale del plettro, e consiste nel colpire le corde, stoppandole contemporaneamente (non in modo definitivo) con la parte esterna del palmo, nei pressi del ponte; l'effetto che si ottiene, può essere molto utile in alcuni frangenti.
Tecnica del Palm-muting
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ESERCIZIO 102
(track 145)
Cominciamo a provare l’utilizzo del plettro con questo esercizio da suonare con un metronomo, cercando di essere precisi nell’esecuzione. Dobbiamo suonare note da un quarto de da un ottavo usando solamente la plettrata dall’alto verso il basso.
ESERCIZIO 103
(track 146)
Stesso esercizio come sopra, questa volta però dobbiamo usare la plettrata alternata dall’alto verso il basso e dall’alto verso il basso.
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Sulla falsariga degli esercizi precedenti potete provare ad impratichirvi suonando ad esempio le scale, prima in sequenza in senso ascendente e discendente, poi per salti di terze, per terzine, per quartine, utilizzando sempre l’ausilio del metronomo (vedi capitolo sulle scale). In questo modo potrete sperimentare come, in alcuni casi dove la velocità comincia ad essere elevata, la plettrata alternata diventi una necessità.
ESERCIZIO 104
(track 147-148)
Proviamo un esempio tipico di accompagnamento in ottavi utilizzando il plettro. Scegliete voi il tipo di plettrata che preferite utilizzare.
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ESERCIZIO 105
(track 149-150)
In questo esercizio utilizziamo il plettro su un ritmo “shuffle”. La “shuffle” è una figurazione ritmica dove si suonano terzine con una pausa tra una nota e l’altra della terzina. Un esempio famosissimo di shuffle è il brano “Rosanna” dei Toto. In questa figurazione ritmica con il plettro è bene utilizzare la plettrata alternata.
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ESERCIZIO 106
(track 151-152)
In questo esercizio utilizziamo il plettro su un ritmo disco. Abbiamo quindi il charleston della batteria in sedicesimi e per il basso utilizzeremo una figurazione ritmica con il salto di ottave. Anche in questo caso si consiglia di usare la plettrata alternata.
ESERCIZIO 107
(track 153-154)
In quest’ultimo esercizio ho scelto un vecchio brano dei Kiss, “Sure know something”, dove il bassista Gene Simmons ha realizzato una interessante linea di basso che costituisce elemento distintivo del brano. La base non è quella originale ma gli accordi sono gli stessi ed identica è la linea di basso, da suonare con il plettro.
214
BASSO ELETTRICO: PRINCIPALI REGOLAZIONI Uno strumento, per poter esprimere al meglio le proprie potenzialità e dare massima soddisfazione al musicista, deve essere costantemente mantenuto in condizioni ottimali in tutti i suoi parametri di regolazione. Alcuni di questi parametri sono oggettivi (cioè non dipendono dal gusto personale ma dal fatto che uno strumento deve essere regolato in quello specifico modo per funzionare bene), altri sono soggettivi. I principali parametri di regolazione di un basso elettrico sono: - truss-rod (barra nel manico); - altezza sellette ponte (azione); - intonazione; - diametro corde; - altezza pick-up.
REGOLAZIONE DEL TRUSS-ROD All’interno del manico del basso elettrico viene inserita una barra di metallo che ha lo scopo di modificare (entro certi limiti) la forma del manico in concavità o convessità. Alcuni bassi a 5 e 6 corde hanno due di queste barre, per permettere di intervenire con maggior precisione su manici di maggiore larghezza. L’inclinazione del manico di un basso infatti con il tempo può variare per una serie di ragioni: differenti condizioni ambientali (temperatura, umidità) che hanno generato movimenti nel legno del manico; differente tipo di corde, che hanno incrementato o diminuito la tensione sul manico. E’ una buona abitudine verificare la corretta inclinazione del manico ogni sei mesi, in particolare nei cambi di stagione. Un manico correttamente regolato, con le corde in tensione, deve sempre essere quasi diritto, leggermente concavo e mai convesso (e questo è un dato oggettivo, non una scelta di gusto personale). La vite di regolazione del manico si può trovare sulla paletta o sull’estremità del manico fissata al corpo; in alcuni casi è coperta da un coperchietto di plastica. 215
La regola è questa :ruotando la vite in senso orario, il truss-rod si tende (e quindi il manico tenderà a diventare convesso). Nel senso opposto si allenta, ed il manico tenderà a diventare concavo. Se dovete lavorare per tendere, prima date mezzo giro in senso antiorario e poi tendete (a un quarto di giro per volta). Una volta soddisfatti del lavoro, tenete conto che, in quel momento il manico non sta subendo la trazione delle corde. Rimontatele ed accordate lo strumento. Controllate che l' altezza delle corde sia corretta e lasciate riposare lo strumento per mezza giornata (il legno ha bisogno di assestarsi). Poi controllate e...non scoraggiatevi se è il caso di regolare ulteriormente: difficilmente è "buona la prima”… ATTENZIONE: la regolazione del truss-rod è un’operazione relativamente semplice ma fondamentale per la vita del basso; un manico mal regolato finirà per essere rovinato per sempre. Se non vi sentite di cimentarvi con questa operazione portate il vostro strumento da un buon liutaio che eseguirà correttamente la regolazione.
REGOLAZIONE DELL’AZIONE Con il termine “azione” si indica l’altezza delle corde dal manico, e conseguentemente il maggiore o minore sforzo che si deve compiere per premere le corde. Pur essendo un parametro soggettivo, il consiglio è di utilizzare un’azione il più bassa possibile, che minimizza lo sforzo e incrementa la velocità di esecuzione della vostra performance. Nei bassi più economici è difficile poter ottenere azioni molto basse, in quanto la costruzione del manico non è così precisa e quindi, abbassando l’altezza delle corde, si può scoprire che essa è corretta su alcuni tasti ma non su altri, provocando una indesiderata vibrazione con effetto di “friggitura” suonando alcune note. 216
La regolazione dell’azione si effettua agendo sulle sellette poste al ponte, le quali normalmente, per ciascuna corda, permettono la regolazione dell’altezza tramite due viti poste ai due lati della corda. Abbassate l’altezza delle sellette progressivamente controllando sempre che la corda vibri correttamente in tutti i tasti del manico. Quando cominciate a sentire alcune note “friggere”, alzate leggermente le sellette e controllate l’accordatura del vostro strumento. Se non vi sono più vibrazioni indesiderate, la regolazione è stata effettuata correttamente. Ripetete i vari passi per tutte le corde, ricordandovi che le corde più spesse hanno bisogno di un maggiore spazio per vibrare. Ricordatevi che, se sostituite le corde con altre di diametro differente, è necessario regolare nuovamente sia il truss-rod, sia l’azione delle corde.
vite di regolazione intonazione
selletta
REGOLAZIONE DELL’INTONAZIONE
L’intonazione dello strumento deve essere regolata, in quanto può non essere costante in tutti i punti del manico. Ad esempio, potreste scoprire che, una volta accordato il basso, se premete una nota al 1° tasto, la nota è perfettamente intonata ma, premendo una nota al 12° tasto essa risulta calante o crescente. In questo caso è necessario correggere l’intonazione agendo sul ponte. Tutte le sellette infatti possono essere fatte scivolare più avanti o più indietro agendo su una apposita vite.
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Ecco come effettuare questa operazione. Prima di tutto munitevi di un buon accordatore elettronico, che assicura la massima precisione ed accordate il vostro strumento. Provate quindi a suonare la corda libera, e successivamente premete la corda al 12° tasto, producendo la stessa nota un’ottava più alta. Se il tasto premuto produce un suono calante agite sulla selletta per accorciare la corda (cioè spingete la selletta verso il manico), riaccordate e ripetete la prova fino a far collimare i due suoni. Se il tasto premuto produce un suono crescente agite sulla selletta per allungare la corda (quindi tirate la selletta verso il ponte), riaccordate e ripetete la prova fino a far collimare i due suoni.
REGOLAZIONE DELL’ALTEZZA DEI PICK-UP
Anche i pick-up dei bassi elettrici possono essere regolati in altezza tramite apposite viti poste alle estremità dei pick-up. Nella regolazione tenete presenti le seguenti considerazioni: 1) Il pick up montato al manico genera più segnale di quanto genererebbe montato al ponte. 2) Il segnale generato da un pick up eccessivamente vicino alle corde è produce volumi meno uniformi al variare delle note. 3) Il pick up troppo vicino alle corde interferisce col loro modo di vibrare e ne peggiora il suono. 4) Il pick up troppo lontano peggiora il rapporto segnale/disturbo.
viti di regolazione altezza pick-up
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SCELTA DELLE CORDE
Le vostre performance sul basso dipenderanno anche dal tipo di corde che monterete; questa scelta dipenderà esclusivamente dal vostro gusto personale. Le corde per basso sono solitamente costituite da un’anima di metallo rivestita da avvolgimenti a spirale di altro metallo (vedi glossario). La scelta del tipo di corda influenzerà il suono, che potrà essere più metallico e brillante o più pastoso e caldo (dipende anche dal genere che si suona: se si vuole usale lo slap, la corda deve necessariamente produrre un suono brillante e metallico). Altro fattore da prendere in considerazione è lo spessore delle corde, che è sempre indicato sulla confezione. Ad esempio, una corda SOL solitamente può variare tra i valori 0.40 (corda più sottile, detta “light”), 0.45 (“medium”) e 0,50 (“heavy”, corda più spessa). La scelta dello spessore è legata a vantaggi e svantaggi: una corda più spessa ha un miglior segnale, ma è più dura da premere, mentre una corda più sottile presenta uno sforzo molto più basso, e quindi migliora anche la velocità di esecuzione. Come sempre la scelta è anche collegata al genere che si suona. Per fare rock, magari con l’uso del plettro, è più opportuno utilizzare corde spesse; se invece si vuole suonare jazz, o comunque generi dove si enfatizza la dinamica del suono, magari si eseguono assoli ecc., meglio sicuramente una corda sottile (pensate che Pastorius montava un SOL di diametro 0.30!). Tutte le mute in commercio possono essere acquistate nei diversi spessori, da light a heavy.
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AMPLIFICAZIONE Parliamo infine di un aspetto che non fa parte propriamente della “tecnica dello strumento”, ma comunque importante ai fini di ottenere un buon suono. Essendo il nostro strumento “elettrico”, il suono prodotto ha bisogno di essere amplificato per poter essere ascoltato. L’amplificazione avviene attraverso un sistema di componenti che trasformano il segnale elettrico inviato dai pick-ups. in un segnale “acustico” diffuso da una o più casse. Un sistema per basso elettrico solitamente è costituito da un insieme di “testata” e “cassa”, oppure da un “combo” che racchiude in un unico “case” tutti i componenti.
LA TESTATA La testata ha lo scopo di prelevare il suono dall’output dello strumento, innalzarne il livello di segnale e inviare a una o più casse il segnale “amplificato. Una testata è composta da due elementi fondamentali: il pre-amplificatore (detto spesso semplicemente “pre) e il finale.
Il preamplificatore ha lo scopo di aumentare il livello di segnale prelevato dallo strumento per poterlo trasferire alla sezione “finale” del sistema; infatti il livello di uscita di un basso e220
lettrico, anche se attivo, è troppo basso per poter essere trasferito direttamente alla sezione finale del nostro amplificatore. Deve quindi essere innalzato ad un livello adeguato, e questo è proprio lo scopo del preamplificatore. Solitamente poi la sezione di preamplificazione viene arricchita con una serie di parametri di controllo ed equalizzazione del suono. La sezione “finale” ha esclusivamente lo scopo di amplificare il segnale inviato dal pre e trasferirlo alle casse. Vediamo ora i principali controlli che troveremo sulla nostra testata. Innanzitutto sarà presente un input dove inserire il jack proveniente dallo strumento; in alcune testate sono presenti due ingressi, per strumenti attivi o passivi. Consiglio sempre di utilizzare l’input passivo (su quello “attivo” è semplicemente presente un filtro per attenuare il segnale di ingresso). Poi abbiamo il controllo del “gain” (da non confondere con il volume): esso ci permetterà di adeguare correttamente il livello del nostro strumento alla sezione preamplificatrice. E’ consigliabile settare il gain ad il livello più alto possibile prima di andare in distorsione o saturazione. La sezione di equalizzazione potrà essere più o meno complessa: nel caso più semplice avremo una regolazione di alti, medi e bassi, dove ampiezza e frequenze di intervento saranno stati presettati dal costruttore. In altri casi potremo avere la possibilità di intervenire con sistemi parametrici o semiparametrici sulle frequenze di intervento e sull’ampiezza della “campana” di intervento (almeno per le frequenze “medie”, molto importanti per fare uscire nel mix il nostro strumento). Infine in alcuni casi potrà essere presente un ricco e sofisticato equalizzatore grafico, con molte specifiche bande di intervento (ma di non facile gestione nella pratica). Personalmente preferisco sistemi non troppo complessi.
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Solitamente in una testata sono poi presenti altri due controlli: il line-out e il volume. Il line-out serve semplicemente per inviare il segnale dal preamplificatore ad un banco mixer per poter essere registrato o amplificato da un sistema da palco. Il volume invece serve per regolare il livello generale di output del nostro finale a una o più casse. Possono poi essere presenti altri comandi specifici per la singola testata.
INFORMAZIONI UTILI DA SAPERE: La potenza esprime in watt la quantità di “potenza” erogata alle casse dal finale; solitamente viene espressa abbinata ad un’impedenza in Ohm del sistema di amplificazione. Attenzione: non scendere mai sotto l’impedenza minima prevista, si potrebbe danneggiare seriamente il finale; al contrario non ci sono problemi a lavora con un’impedenza superiore, al massimo si sfrutta solo una parte della potenza erogata dal finale. Ad esempio: Caso 1 Finale: 500 watt a 4 Ohm Cassa: impedenza 4 Ohm Tutto OK, il finale erogherà alla cassa tutti i 500 watt Caso 2 Finale: 500 watt a 4 Ohm Cassa: impedenza 8 Ohm Tutto OK, il finale erogherà alla cassa circa il 60% della potenza, circa 300 watt Caso 3 Finale: 500 watt a 4 Ohm Cassa: impedenza 2 Ohm Non utilizzare questa configurazione, si danneggerebbe gravemente il finale!!
Credo che queste siano le informazioni basilari da conoscere per gestire correttamente la propria testata. Vediamo ora come scegliere la cassa (o le casse) da abbinare alla testata. Nella sezione “glossario” troverete altre informazioni sulla tecnologia utilizzata nelle testate: Interamente valvolare, ibrida valvolare/transistor, transistor mosfet e transistor.
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LA CASSA Esistono molte configurazioni di casse per basso, che si differenziano per la dimensione e il numero dei coni. Vediamo le configurazioni più comuni:
1 cono (woofer) da 15” (solitamente è abbinato anche un tweeter) 2 coni (woofer) da 12” (solitamente è abbinato anche un tweeter) 2 coni (woofer) da 10” (solitamente è abbinato anche un tweeter) 4 coni (woofer) da 10” (solitamente è abbinato anche un tweeter)
La scelta della cassa ovviamente influenzerà il suono finale. La 1x15 è una cassa concepita come vero e proprio “woofer” da abbinare ad un’altra cassa (solitamente una 2x10) per completare il range sonoro. Questo vuol dire che, se vorremo utilizzarla singolarmente, otterremo un sono abbastanza cupo, gonfio sulle basse e abbastanza povero di definizione, in quanto si perderanno molte delle frequenze superiori che conferiscono limpidezza e intelliggibilità al suono. La 2x12 è una cassa abbastanza completa, può essere usata da sola. Il timbro è leggermente sbilanciato sulle basse frequenze, ma tutto sommato il risultato complessivo è accettabile. La 2x10 è anch’essa una cassa abbastanza completa che può essere utilizzata da sola. Solitamente tende ad andare un po’ in crisi con il range più grave del low B, e per questo è consigliabile abbinarla ad una seconda cassa che scenda più in basso, come ad esempio una 1x15. 223
La 4x10 è una cassa completa che solitamente viene utilizzata da sola. E’ una delle casse più utilizzata dai bassisti.
Il collegamento alla testata deve avvenire con in jack di potenza (non utilizzate il normale jack di collegamento allo strumento), espressamente concepito per trasferire i forti carichi di potenza erogati dalla testata. Oggi si utilizza sempre più spesso un collegamento dedicato con un connettore chiamato speak-on, particolarmente indicato per il collegamento testata/cassa. Il cavo di collegamento deve essere più corto possibile.
COSA VALUTARE NELLA SCELTA DELLA CASSA:
1) IL PESO – Se, come probabile, non avrete un vostro service dedicato a gestire la strumentazione, l’amplificazione la dovrete trasportare voi. Valutate quindi anche il fattore peso, perché è diverso trasportare una cassa da 20 Kg o una cassa da 40 Kg. Molte casse sono dotate di ruote per il trasporto, elemento decisamente utile per faticare di meno (il fattore “peso” va valutato anche nella scelta di una testata, a mio parere). 2) L’IMPEDENZA – Scegliete le casse in base all’impedenza della vostra testata, per poterne sfruttare tutta la potenza. Ad esempio, se la vostra testata eroga la massima potenza a 4 Ohm, potrete abbinargli una sola cassa a 4 Ohm, oppure due casse a 8 Ohm (che collegate insieme daranno alla testata un’impedenza di 4 Ohm). 3) IL TWEETER REGOLABILE – Una buona cassa per basso dovrebbe sempre avere un tweeter, elemento indispensabile per completare correttamente la riproduzione delle armoniche medio/alte del nostro strumento. Il tweeter è meglio possa essere regolato come escursione sonora in modo da poterlo tarare in base alla risposta sonora che si predilige.
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EFFETTISTICA Sul basso elettrico esistono tutta una serie di effetti che possono essere utilizzati per modificare il suono in relazione alle specifiche caratteristiche di un brano. Vediamone i principali e le modalità di regolazione.
COMPRESSORE Si tratta di un “effetto” molto usato, che a dire il vero non è un vero e proprio effetto: lo scopo del compressore è quello di regolare le escursioni dinamiche durante l’esecuzione. Dovrebbe quindi essere settato un modo da contenere i picchi estremi di dinamica in alto e in basso, consentendo comunque un range intermedio nel quale la dinamica del musicista resta inalterata. Un compressore usato bene non si dovrebbe “sentire” quando interviene. Un compressore solitamente presenta i seguenti parametri di regolazione: Treshold (Soglia) - è la velocità a cui il segnale viene compresso una volta che il compressore si attiva, o meglio il livello, cioè appunto la soglia che il segnale deve raggiungere (o superare) affinché la compressione abbia luogo. Si misura in dB. Ratio - è il rapporto tra il livello d'uscita del segnale ed il suo livello d'entrata, ovvero il tasso di compressione applicata. Ad esempio, se parliamo di un rapporto 2:1, vuol dire che un segnale che all'ingresso della macchina è ad esempio di 10 dB sarà ridotto a 5 dB all'uscita (2:1, la metà appunto). Attack - è - l'attacco, cioè il tempo che il compressore lascia passare il segnale (sopra la soglia) prima di iniziare effettivamente a comprimere. Si misura in millisecondi. Release - è il tempo di rilascio dell'intervento del compressore, una volta che il segnale è ripiombato sotto la soglia, ed anch'esso si misura in millisecondi. Questi due parametri (Attack e Release) sono molto importanti per 'smussare' l'intervento della macchina ed adattarlo alle caratteristiche della parte musicale in trattamento.
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Gain - è il guadagno che la macchina rende disponibile per compensare la caratteristica perdita di intensità (sì, parlo di 'meno volume') di ogni intervento di compressione. Si misura, ovviamente, in dB.
CHORUS Il CHORUS è uno degli effetti più diffuso tra i bassisti, usato con maggiore frequenza e probabilmente con maggior piacere. Come è ovvio pensare, crea un effetto simile ad un coro, e si basa su variazioni di tempo e di intonazione. Un LFO (oscillatore a bassa frequenza) agisce sul tempo di ripetizione di un DELAY e sul pitch di un DETUNE, mescolando poi il tutto al segnale originale. I parametri sono il DELAY in millisecondi, la DEPTH, cioè la profondità dell' oscillazione o la
quantità di DETUNE in centesimi di semitono, l' LFO RATE, cioè la frequenza
dell'oscillazione di DELAY e DETUNE, e infine il MIX fra segnale originale e segnale processato). Dire quale sia la regolazione migliore è difficile; varia a seconda dei gusti e dei generi.
FLENGER Poco usato da noi bassisti, il FLANGER nasce casualmente, quando un fonico si appoggiò per sbaglio alla flangia di una delle due bobine che giravano sincronizzate in un registratore analogico: la bobina prima ritarda, poi, rilasciata, torna alla velocità normale, creando una serie di variazioni di fase rispetto all'altra bobina, avanti e indietro. Per simulare il FLANGER basta infatti un DELAY comandato da un LFO (oscillatore a bassa frequenza). I PARAMETRI sono simili a quelli del CHORUS, anche se in aggiunta ci sono parametri come il FEEDBACK o il MODE, per ottenere ulteriori risonanze.
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PHASER Il PHASER o PHASE SHIFTER è utilizzato ancora meno sul basso elettrico, ma, degno di nota, (per chi volesse approfondirlo), dirò che è simile al FLANGER, e decisamente Vintage. Qui l'LFO sposta avanti e indietro un filtro che modifica la fase del suono. Questo, come avviene anche per CHORUS e FLANGER, deve naturalmente essere miscelato al suono originale, perché questo tipo di effetti sono di tipo SEND, e cioè prelevano una copia del segnale audio processandolo per poi “riaddizionarlo” al segnale originale. Recentemente sono state aggiunte nuove funzioni a questo effetto, come il RISE, per generare un suono unidirezionale.
OCTAVER L‘OCTAVER è un effetto che agisce alterando la frequenza del segnale elettrico che viene introdotto allo stadio di ingresso del dispositivo stesso. Nei dispositivi più semplici la frequenza può essere solo raddoppiata o dimezzata, in quelli più elaborati il segnale può essere motiplicato o diviso per un numero finito intero, ottenendo ad esempio una frequenza una, due, tre volte superiore o inferiore alla frequenza di ingresso. Il segnale così elaborato è, dal punto di vista musicale, una replica del segnale in ingresso, solo piu' grave o piì acuto (ad esempio alimentando il dispositivo con una frequenza pari a una nota di La1, si puo' ottenere un La2, che suona come un LA1 ma è piu' acuto di un'ottava). Il segnale di uscita del dispositivo è normalmente un mix aggiustabile fra il segnale di ingresso ed il segnale modificato. I PARAMETRI di regolazione solitamente sono il DIRECT per regolare il volume del segnale originale e il regolatore OCT per definire quale ottava duplicare attraverso l’effetto. Sul basso elettrico solitamente si tende a duplicare l’ottava più grave (e quindi usando l’octaver si suonano note più acute che verrano “doppiate” dall’effetto un’ottava più in basso, ottenendo un suono molto corposo). Attenzione a non abusare dell’effetto, si rischia di perdere la nitidezza dell’esecuzione!
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DELAY / RIVERBERO La funzione generale del DELAY consiste nel registrare il suono in ingresso e riprodurlo con un determinato ritardo temporale. Solitamente il suono ritardato viene aggiunto al segnale originale, anziché sostituirlo; in tal caso l'effetto complessivo è simile a quello dell'eco. Il concetto è anche analogo a quello del RIVERBERO: la differenza principale fra questi due tipi di effetti sonori riguarda la scala dei tempi resi disponibili al musicista. Il riverbero, infatti, riproduce il suono originale con un ritardo minimo, sicuramente inferiore al secondo, mentre un delay può produrre il suono ritardato anche a distanza di decine di secondi. Il suono ritardato può a sua volta essere reintrodotto nel sistema di delay, producendo una sequenza di echi. In genere, il suono ritardato è riprodotto a un volume inferiore all'originale, cosicché la sequenza di echi sfuma nel tempo, come un'eco fisica in determinate condizioni di acustica. Ecco i principali parametri di regolazione: Il regolatore LEVEL determina il volume di uscita. Il regolatore FEEDBACK determina il numero delle ripetizioni del segnale. Il regolatore TIME (Delay Time) determina l'esatto tempo Delay. In base al regolatore MODE è possibile impostarlo tra diversi valori di tempo espressi in millisecondi. In questo modo è possibile determinare la rapidità con cui devono avvenire in successione le ripetizioni.
DISTORSORE/OVERDRIVE Effetto più indicato per i chitarristi, utilizzato sporadicamente anche sul basso elettrico. Viene generata una saturazione del segnale in ingresso più lieve nel caso dell’Overdrive, o molto accentuata nel caso del Distorsore. Solitamente i parametri di regolazione solo il livello di segnale in ingresso, la quantità di distorsione che si vuole applicare al segnale, e il livello di segnale in uscita.
NOTA: nella sezione audio “Esercizi” del metodo troverete una serie di esempi di suono dei principali effetti precedentemente citati.
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LETTURA DEL PENTAGRAMMA In questa parte ho provato a scrivere alcuni esercizi di difficoltà progressiva per prendere confidenza con la lettura del pentagramma. Mi capita spesso di leggere/sentire pareri di ragazzi che ritengono la lettura una specie di esercizio inutile, una perdita di tempo. Eppure bisognerebbe imparare a concepire la musica in modo più completo: la musica non è solo “arte”, quella se c’è è un bene, ma la vera arte è dote rara e non certo diffusa ai più. Lasciando quindi fuori la dimensione artistico/creativa, la prima cosa importante di cui prendere coscienza è che la musica è una disciplina che nel corso dei secoli si è strutturata attraverso regole e convenzioni che permettono ai musicisti di esprimere la loro “arte” (se c’è) e comunicare tra loro. Il pentagramma è il metodo di comunicazione per eccellenza, perché permette di scrivere la musica e consentire ad altri di leggerla e suonarla. Chi sa leggere il pentagramma può suonare un brano musicale che non ha mai sentito prima. Chi sa scrivere sul pentagramma può fissare sulla carta un brano musicale, una linea di basso anche senza l’ausilio di nessun supporto di registrazione. E’ un po’ come per una lingua: non esiste solo la lingua parlata, esiste anche la lingua scritta e la capacità di leggere quanto scritto; così come chi non sapeva leggere e scrivere veniva definito analfabeta, allo stesso modo chi non sa leggere e scrivere la musica è un “analfabeta” della musica, e a poco servono autogiustificazioni pseudo-artistiche per motivare questa carenza. Molto spesso alla base di questo c’è un timore verso la lettura/scrittura, la paura che si tratti di una cosa molto difficile riuscire a imparare a leggere e scrivere sul pentagramma. In realtà non è affatto così. Basta buona volontà e un po’ di esercizio. La musica in fondo è “matematica”, tutte le note hanno un loro suono e una “durata” all’interno del brano, e il pentagramma permette semplicemente di mettere sulla carta queste informazioni. Negli esercizi si comincerà con usare le sole corde a vuoto in modo da potersi concentrare sulla lettura di poche note e sulla loro durata, quindi si passerà a esercizi più complessi con le corde premute e quindi varie note, di diversa durata, uso delle pause ecc. Si consiglia sempre di eseguire questi esercizi con l’aiuto di un metronomo. Ovviamente la lettura non deve essere fatta “a voce” ma deve essere eseguita sullo strumento. Buona lettura!
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ESERCIZIO 1 Lettura – Corde a vuoto
ESERCIZIO 2 Lettura – Corde a vuoto
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ESERCIZIO 3 Lettura – Corde a vuoto
ESERCIZIO 4 Lettura – Corde a vuoto
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ESERCIZIO 5 Lettura – Note suonate
ESERCIZIO 6 Lettura – Note suonate
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ESERCIZIO 7 Lettura – Note suonate
ESERCIZIO 8 Lettura – Note suonate
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ESERCIZIO 9 Lettura – Note suonate
ESERCIZIO 10 Lettura – Note suonate
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ESERCIZIO 11 Lettura – Note suonate
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ESERCIZIO 12 Lettura – Note suonate, tempo dispari
ESERCIZIO 13 Lettura – Note suonate, tempo dispari
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ALCUNI MOVIMENTI RITMICI TIPICI DEL BASSO ELETTRICO
Movimento 1
Movimento 2
Movimento 3
Movimento 4
Movimento 5
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Movimento 6
Movimento 7
Movimento 8
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GLOSSARIO INGLESE-ITALIANO
STRUMENTO BODY = CORPO Parte centrale dello strumento, generalmente costruito in legno , ma recentemente anche in materiali sintetici come la grafite. Anche se il corpo non ha una incidenza cosi forte sul timbro dello strumento come invece succede negli strumenti acustici esso è ugualmente importante per il risultato sonoro finale. Pesantezza, forma, quantità di pezzi (alcuni corpi sono costituiti da un unico blocco di legno, mentre altri sono fatti in più pezzi, a volte anche con legni diversi) sono tutti elementi che diversificano il suono dello strumento. I due principali tipi di corpo sono: Solid Body = Solid Body Strumento caratterizzato da un corpo solido, senza cavità. La stragrande maggioranza dei bassi elettrici corrisponde a questa categoria Hollow Body = Semiacustico Sono detti semiacustici i bassi con delle cavità all'interno del corpo dette camere tonali. Tali cavità offrono un particolare tipo di risonanza e di conseguenza di timbrica.
BRIDGE = PONTE Il ponte è la parte del corpo dello strumento dove si colloca l'estremità inferiore delle corde. Saddles = Sellette Le sellette sono le parti del ponte su cui poggia ogni corda. Agendo su di esse è possibile determinare l'intonazione , l'altezza delle corde e in alcuni strumenti anche la spaziatura. Knobs (Controls) = Potenziometri Controlli a manopola collegati all' elettronica che permettono di intervenire sul suono dello strumento. Il più basilare è quello del volume, gli altri generalmente permettono di intervenire sulle frequenze (bassi, medi e alti) o sulla miscelazione dei pick-up (nel caso in cui siano più di uno). Switches = Switches Oltre ai potenziometri (o al loro posto), in alcuni bassi troviamo dei selettori denominati switches che svolgono varie funzioni come ad esempio la selezione dei pick-up, la messa in serie o in parallelo delle bobine o l'accensione del circuito attivo.
NECK = MANICO Secondo elemento fondamentale dello strumento ed anch'esso può essere sia in legno che in grafite . Per quanto riguarda il manico esistono principalmente due tipi di strumento Bolt - on = Manico avvitato Gli strumenti di questo tipo hanno il manico avvitato con 3 o con 4 viti al corpo. Anche questo sistema è stato brevettato per la prima volta da Leo Fender, e ancora oggi risulta essere la soluzione più usata, in quanto affidabile ed economica
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Neck - through body = Neck - through body Gli strumenti di questo tipo sono costituiti da un unico pezzo che comprende corpo e manico con un conseguente aumento della stabilità e del sustain. Tale soluzione aumenta però di molto i costi di produzione e di conseguenza il prezzo finale dello strumento. Nut = Capotasto Il capotasto si trova all'estremità superiore del manico vicino alla paletta ed è il punto da cui parte l'estensione della corda Headstock = Paletta Parte superiore del manico dove troviamo le chiavette e gli eventuali bloccacorde. String Tree = Bloccacorde Estremità metallica che troviamo su alcune palette e che abbassa le corde di qualche millimetro. Truss-rod = Truss-rod Barra di metallo (recentemente anche in grafite) inserita all' interno del manico per assicurare la stabilità di quest'ultimo e per variarne l'angolatura (più concava o più convessa).
STRINGS = CORDE Le corde sono l'elemento fisico dello strumento che genera il suono. Ne esistono di vari tipi costruite in più materiali, tutti con caratteristiche timbriche diverse: Roundwound strings = Corde zigrinate Corde costiuite da un anima interna di metallo rivestita da un avvolgimento sempre di metallo. Producono un suono incisivo e versatile e sono di gran lunga le corde più usate. Flatwound strings = Corde lisce Le corde lisce, di grande utilizzo nel passato, producono un suono molto più morbido e silenzioso delle corde zigrinate ma sono molto meno versatili. Nickel strings = Corde al nickel Le corde al nickel hanno un suono metallico ma non troppo (quindi molto versatile) e un'ottima resistenza. Stainless steel = Corde in acciaio Queste corde hanno un suono simile a quelle al nickel ma hanno una maggiore incisività, un suono più metallico e una notevolissima resistenza
OUTPUT JACK = JACK Fessura posta sopra o a lato del corpo dove si inserisce il cavo che porterà il segnale dello strumento allo stadio successivo di amplificazione
FINGERBOARD = TASTIERA Parte del manico su cui si trovano i tasti ed eventualmente i segnatasti. Position Markers = Segnatasti Punti di riferimento che vengono inseriti sulla tastiera al terzo, quinto, settimo, dodicesimo, quindicesimo, diciassettesimo, diciannovesimo, ventunesimo e ventiquattresimo (questi ultimi due solo nei modelli a 24 tasti).Generalmente sono dei piccoli cerchi, ma ne esistono in varie forme. Alcuni bassi moderni ne sono sprovvisti Frets = Tasti Barrette di metallo montate sulla tastiera: ognuna di esse determina l'intonazione della nota suonata. In genere sono 20, 21, 22 o 24
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PICKGUARD = BATTIPENNA Mascherina generalmente costruita in plastica avvitata sul top del basso. In alcuni casi copre anche parte dell'elettronica. Alcuni bassi ne sono sprovvisti.
FRETLESS = FRETLESS Un basso senza tasti (ma molti bassisti usano la parola inglese fretless), come dice il suo nome non ha tasti sulla tastiera, di conseguenza l' intonazione delle singole note non è più determinata dai tasti ma dalle dita, proprio come negli strumenti ad arco (contrabbasso, violino, violoncello etc.)
TUNING MACHINES = MECCANICHE Anche se il termine arcaico " bischeri " usato per gli strumenti classici risulterebbe più corretto, in pratica quasi nessuno usa più questo termine e parla invece di meccaniche. Su di esse viene fissata l'estremità superiore di ogni singola corda e con ogni chiave si ha la possibilità di modificare l'intonazione.
PICKUPS Il pick-up è un elemento magnetico che troviamo sul corpo dello strumento sotto alle corde. La sua funzione è di captare l'energia meccanica prodotta dalla vibrazione di esse e di trasformarla in un segnale elettrico. E' costituito da dei magneti avvolti da fili di rame la cui quantità di avvolgimenti è direttamente proporzionale alla potenza del segnale in uscita e ne determina le caratteristiche timbriche . Ne esistono varie tipologie: Single-Coil (J Pick up) = Single-coil Pick-up costituito da una singola bobina generalmente associato al Jazz Bass (detto anche J bass)della Fender (che ne monta due). Ha un suono generalmente ricco di frequenze medie e di alti ma è anche famoso per la sua rumorosità. Humbucker = Humbucker Pick-up costituito da due bobine adiacenti avvolte in direzioni opposte intorno a magneti di opposta polarità allo scopo di ridurre la rumorosità ma anche per ottenere un risultato sonoro molto diverso, l'humbucker ha infatti un suono ricco di bassi e in generale più cupo rispetto al single-coil. Un'altra sua caratteristica è il segnale in uscita più forte dovuto alla maggiore quantità di avvolgimenti. Passive Pick-up = Pick-up passivo Un pick-up che non necessita di una fonte energetica per trasmettere il segnale viene chiamato "passivo" o ad alta impedenza. Tutti i bassi più vecchi hanno pick-up passivi e non hanno una circuitazione. Il risultato sonoro è sicuramente più naturale ma più rumoroso e non permette molti interventi sul suono Active Pick-up = Pick-up attivo I pick-up attivi o a bassa impedenza richiedono una fonte energetica (generalmente una pila da 9V) per preamplificare il segnale prima che vada all' amplificatore. Un pick-up attivo è costituito da un numero minore di avvolgimenti intorno al magnete con un conseguente miglioramento nella resa delle frequenze (in particolare bassi e alti) ed una perdita di segnale in uscita. Tale perdita viene compensata aggiungendo un preamplificatore alla circuitazione dello strumento (a volte dentro l'alloggiamento del pick-up a volte dentro il corpo). Questa soluzione toglie naturalezza al suono ma offre una maggiore versatilità. N.B. Esiste comunque una terza via molto comune tra gli strumenti più recenti: usare pick-up passivi con un preamplificatore on-board (generalmente un equalizzatore a 3
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bande) per ottenere la purezza del suono passivo mista alla versatilità e alla potenza di un circuito attivo Soapbar Pick - up = Pick - up a saponetta Pick - up molto usato negli strumenti moderni si presenta in varie tipologie. Molto spesso si tratta di humbuckers, ma a volte può trattarsi di un single - coil più un preamplificatore nello spazio rimanente Split - coil Pick - up (P Pick-up) = Pick - up splittato Pick - up a doppia bobina progettato da Leo Fender e montato per la prima volta sul Precision bass (detto anche P - bass) del 57. La sua particolare conformazione splittata offre una timbrica single - coil, ma la presenza delle due bobine in controfase elimina parte del rumore di fondo. Insieme al single coil dei Fender Jazz bass è diventato uno standard per milioni di bassi Piezoelectric = Piezoelettrico I pick-up piezoelettrici sono generalmente inseriti nel ponte dello strumento, e servono per simulare il suono di uno strumento acustico Alnico = Alnico Acronimo di Alluminio,nickel e cobalto. Lega speciale con cui vengono costruiti i magneti di alcuni pick-up. Offre una minore potenza in uscita ma ha un suono più " vintage " caratterizzato da un ottima risposta sulle frequenze medie Ceramic = Ceramica L'alternativa moderna ai pick-up in alnico. Hanno un suono più potente ma povero di frequenze medie, quindi tendenzialmente più moderno.
I LEGNI ALDER = ONTANO Legno morbido abbastanza leggero usato molto spesso per costruire i corpi fin dai primi esemplari. Fornisce una timbrica abbastanza equilibrata con una particolare resa sui bassi. ASH = FRASSINO Legno duro e pesante usato per i corpi con caratteristiche timbriche simili all'ontano ma con una brillantezza maggiore. Un ottimo frassino dalle caratteristiche sonore eccellenti è il cosiddetto frassino palustre (Swamp Ash) BASSWOOD = TIGLIO Legno duro abbastanza leggero con caratteristiche simili all'ontano, ma generalmente di qualità inferiore. Viene usato spesso per costuire modelli particolarmente economici. BUBINGA = PALISSANDRO AFRICANO Legno esotico, abbastanza raro e quindi molto costoso, viene usato molto spesso per costruire i top ma in alcuni casi anche per corpi interi EBONY = EBANO Legno dal caratteristico colore nero, viene usato per costruire alcune tastiere. Ha caratteristiche timbriche simili al palissandro. MAPLE = ACERO Legno molto duro e leggero usato in particolare per i manici (talvolta anche per alcuni corpi o per i top). Molto bello il cosiddetto acero occhio di pernice (bird's eye maple) 242
MAHOGANY = MOGANO Legno famoso per la sua pesantezza, ma altrettanto celebre per l'ottimo sustain e la fantastica resa sulle frequenze basse. PAU FERRO = PALISSANDRO BOLIVIANO Variante dura del più morbido e più comune palissandro. Si usa generalmente per le tastiere dei bassi fretless. POPLAR = PIOPPO Legno leggero con caratteristiche sonore molto simili all'ontano ma generalmente più economico ROSEWOOD = PALISSANDRO Legno morbido di larghissimo uso, viene utilizzato per costruire le tastiere. Anche se la tastiera ha un incidenza molto relativa rispetto al suono, il palissandro è famoso per offrire una timbrica più dolce rispetto all'acero (il primo legno utilizzato per costruire tastiere) WALNUT = NOCE Legno pesante, ormai abbastanza raro da trovare, ma dalle caratteristiche sonore ottime, in particolare sulle frequenze basse. WENGE = WENGE Legno molto costoso dalle bellissime venature, usato sia per i corpi che per i manici. GRAPHITE = GRAFITE Materiale alternativo al legno usato per la prima volta negli anni 70 per la costruzione di manici, ma dagli anni 80 anche per la costruzione di alcuni corpi (steinberger). Offre una moltitudine di vantaggi pratici visto che è praticamente indistruttibile e inattaccabile agli agenti atmosferici al contrario del legno che risente molto degli sbalzi di temperatura e dell'umidità. Bisogna dire però che il suono di uno strumento con delle parti in grafite è molto più freddo e metallico
AMPLIFICAZIONE PREAMPLIFIER (PREAMP) = PREAMPLIFICATORE Stadio iniziale dell' amplificazione del segnale in cui quest'ultimo subisce una variazione di impedenza e/o di volume prima di passare al finale di potenza.
POWER AMPLIFIER = FINALE DI POTENZA Stadio secondario dell' amplificazione in cui il segnale elaborato dal preamplificatore viene amplificato e inviato alle casse
SOLID STATE = TRANSISTOR Tecnologia che pareva dover sostituire gli amplificatori valvolari offrendo una maggiore affidabilità e trasportabilità ma con un risultato sonoro sicuramente inferiore. Per raggiungere un compromesso ideale la maggior parte dei costruttori di amplificatori per basso produce modelli misti con preamplificatore valvolare e finale a transistor.
SPEAKER CABINET = CASSA Stadio finale dell' amplificazione in cui il segnale viene emesso all'esterno tramite dei diffusori detti coni di varie dimensioni indicate in pollici. Le misure più comuni per i coni 243
sono 8,10,12,15 e 18 e ognuna di queste misure ha delle precise peculiarità timbriche: i coni più piccoli sono più adatti per l'emissione delle frequenze medie e alte, viceversa i coni più grandi danno il meglio di se sulle frequenze basse. La maggior parte dei professionisti usa infatti combinazioni di più casse con coni diversi per ottenere un suono completo su ogni frequenza.
STACK = SISTEMA TESTA/CASSA Uno stack é un sistema composto da una testata più le casse.
RACK = RACK Si parla di rack quando invece il proprio sistema di amplificazione è costituito da tutti gli stadi separati l' uno dall' altro. E' indubbiamente la soluzione migliore dal punto di vista del risultato sonoro, ma è anche molto meno comoda e pratica. WOOFER = WOOFER Sono detti woofer i coni (generalmente quelli da 15 in su) addetti alla riproduzione delle frequenze basse MID-RANGE = MID-RANGE Sono detti mid-range i coni (generalmente quelli da 10 o da 12 ) addetti alla riproduzione delle frequenze medie TWEETER = TWEETER Piccoli coni di varie misure addetti alla riproduzione delle frequenze alte
TUBE/VALVES = VALVOLE Tecnologia che sembrava obsoleta ma che è ritornata molto in voga negli ultimi anni fino a divenire un vero e proprio standard per molti amplificatori. Le valvole offrono un suono molto caldo e potente a dispetto però di una forte delicatezza e un ingombro notevole.
MOSFET = MOSFET Transistor di vecchia produzione recentemente riesumati: offrono infatti delle sonorità molto simili agli amplificatori valvolari.
COMBO = COMBO Singola unità che include preamplificatore, finale e cassa in una singola unità, generalmente limitata nella potenza ma molto comoda per il trasporto.
HEAD = TESTATA Singola unità che comprende preamplificatore, finale e processori di segnale (effetti). Soluzione molto comune che unisce praticità e potenza.
CROSSOVER = CROSSOVER Circuito che divide le frequenze del segnale in due o più parti permettendo di inviarle a amplificatori o casse diverse
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EFFETTISTICA OVERDRIVE = OVERDRIVE Effetto che innalza il livello di entrata del segnale fino a renderlo sovraccarico e dunque distorto, tipicamente un effetto chitarristico sta ultimamente riscuotendo molto successo anche tra i bassisti.
COMPRESSOR = COMPRESSORE Il compressore è un effetto che limita o innalza (a seconda di come è regolato) allo stesso livello ogni nota suonata, si usa quindi per ottenere un suono più omogeneo senza sbalzi di volume lungo la linea di basso
EQUALIZER = EQUALIZZATORE Molto spesso incorporato negli amplificatori l' equalizzatore permette di intervenire sulle varie bande di frequenza del suono al fine di modificare il risultato sonoro finale.
PHASER = PHASER Effetto derivato dal concetto del delay che produce un suono
FLANGER = FLANGER Anch'esso derivato del delay, produce un effetto ondeggiante, simile al decollo di un jet Envelope filter = Envelope Filter L'envelope filter é un effetto che varia la presenza degli alti a seconda dell'intensità del tocco sulle corde producendo un effetto quasi vocale
CHORUS = CHORUS Effetto che simula la presenza di altri due o più strumenti che suonano all' unisono con il segnale originale
DELAY = DELAY Effetto analogico o digitale che simula l'eco naturale. Moltissimi altri effetti come il chorus,il flanger e il phaser sono tutte varianti di utilizzo del concetto del delay.
ACCESSORI CABLE = CAVO Il cavo è il collegamento fisico che trasmette il segnale dal basso all' amplificatore
GIG BAG = CUSTODIA MORBIDA Custodia morbida imbottita per lo strumento
HARDSHELL CASE = CUSTODIA RIGIDA Custodia rigida antiurto generalmente costruita in plastica e nei modelli vintage rivestita in tweed
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STRAP = CINGHIA La cinghia, attaccata alle due estremità del corpo dello strumento permette al musicista di suonare in piedi
TUNER = ACCORDATORE Indispensabile per la corretta intonazione dello strumento, l'accordatore si può trovare in varie forme e tipologie: a lancetta, digitale, a pedale o a rack.
TECNICHE E NOTAZIONE MUSICALE FINGERSTYLE = FINGERSTYLE Il fingerstyle è la tecnica più naturale per un bassista e consiste nel suonare le corde con le dita, generalmente indice e medio ma a volte anche con l'anulare. Con questa tecnica si produce un suono generalmente più morbido.
PICK = PLETTRO Il plettro è un piccolo strumento di plastica con cui si percuotono le corde. Offre un suono più metallico rispetto alle dita ed è molto usato nel rock e nei generi affini.
SLAP = SLAP Tecnica percussiva che consiste nel percuotere le corde con il pollice (pop o thumb) e strapparle con l'indice (Slap). Molto usata nel funk e nei suoi derivati questa tecnica possiede una grande incisività ritmica. Ne sono grandi maestri Larry Graham (Sly and the family stone), Stanley Clarke (Return to forever), Marcus Miller (Miles Davis) e Flea (Red hot chili peppers)
TAPPING = TAPPING Tecnica di derivazione pianistica molto in voga soprattutto tra i chitarristi e più recentemente anche tra alcuni bassisti. Consiste nel suonare usando entrambe le mani sulla tastiera come se fosse un pianoforte dando la possibilità di coprire grossi intervalli tonali oppure di suonare due linee distinte. Ne sono due grandi esponenti Micheal Manring (artista solista) e Billy Sheehan (ex - David Lee Roth - Mr.Big)
HAMMER - ON = LEGATO ASCENDENTE Legare due note suonando soltanto la più bassa con la mano destra legando la nota più alta con la mano sinistra
PULL - OFF = LEGATO DISCENDENTE Legare due note suonando soltanto la più alta con la mano destra legando poi la nota più bassa con la mano sinistra.
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APPENDICE In questo testo sono state utilizzate le sigle degli accordi prevalentemente in lingua italiana. Tuttavia in alcuni casi è stata utilizzata la terminologia anglosassone, che è la più diffusa a livello internazionale. Riporto quindi di seguito il corrispettivo italiano-inglese, per una più facile comprensione. Nella pagina seguente troverete invece una tabellina riassuntiva di tutti i principali accordi con la loro composizione e relativa sigla.
DO
C
RE
D
MI
E
FA
F
SOL
G
LA
A
SI
B
Esempio di ACCORDI UTILIZZATI :
CMaj Cm CMaj7 C7 Cm7
DO Maggiore DO minore DO Maggiore Settima DO Settima (dominante) DO minore settima
SIGLE E COMPOSIZIONE ACCORDI
BIBLIOGRAFIA per APPROFONDIMENTI TEORIA E ARMONIA Susanna Gramaglia: Teoria, armonia e nozioni di arrangiamento
WALKING BASS Ed Friedland: Building Walking Bass Lines Ed Friedland : Expanding Walking Bass Lines Attilio Zanchi: Walking Bass
TECNICA SLAP Sklarevski Alexis : Bass Playing Techniques, the Complete Guide Tony Oppenheim : Slap It
IMPROVVISAZIONE Chuck Sher & Marc Johnson : Concepts for Bass Soloing Ed Friedland: Bass Improvvisation
ARMONICI Dean Peer : Bass Harmonics - New Concepts & Techniques
BASSO a 6 CORDE John Patitucci : Electric Bass vol. 2