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THE TH HE WHOLE MINIATURES MINIA ATTU URES WORLD WIL WILL LL BE W WATCHING! ATTCHING! Held H eld every 3 ye years, ears, the W World orld Model Expo iss the o largest gatheri gathering ing of min-iature artists from m around the globe. Afte After er the last three successful Expos E at beautiful sites in Europe—Italy (2014), Sw Switzerland witzerland ((2011), ) and Sp Spain pain (2008)—the p ( ) 10th tri-ann tri-annual nual Expo iis returning t i to t th the U U.S. S ffor th the fi first time i sin since ince 2005,, at the Hilton H Downtown Chicago g Ju July ulyy 7-9,,
2017. Don’t miss miiss the opportunity to exhibi exhibitt your work among the th he very best, and for you and d your family to visit and a enjoy all that one of Ame America’s erica’s greatest cities has to offer. offerr. FOR MORE INFORMATION VISIT: IN NFORMA AT TION VISIT T: we2017chicago.com we2017chicag go.com facebook.com/groups/WorldExpo2017 facebook.com//groups/W WorldExpo2017 o
Photos © Bob Sarnowski Sarnowski
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N°155 RIVISTA MENSILE - ANNO XV
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Crosses In The Mud 1/35 di Alberto Bertone “The Hole” Kharkov, marzo 1943 1/35 di Fabio Marini Slovakia T-62 Chechen War 1/35 di Martin Šiška Tiger I Mid version 1/16 di Simon Antelmi e Elven Prato T34-85 PHOTOFILE di Marian (Síra) Bunc DW2 Durch Bruchswagen 2 Pz.Kpfw. 1/35 di Kristof Pulinckx Autocarro leggero Krupp-Protze 1/6 di Lucio Cecchetti Novità Dizionario dei mezzi militari di Daniele Guglielmi e Mario Pieri
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Tutto e subito La dura vita del principiante, una specie rara! Ormai sempre più spesso si inizia a dedicarsi al modellismo dopo essersi accasati, già mezzi accecati da una vita passata alla consolle. Spesso chi inizia non ha manualità, non è abituato a usare gli strumenti di base del modellismo, non ne sa giudicare l'efficacia, non distingue il prodotto di uso occasionale da quello indispensabile; entra dalla porta sul retro di questo hobby ammirando lavori di altri sul web, sulle riviste, nella vetrina di un negozio o a una fiera/mostra dove si è recato quasi per caso. Viviamo nel mondo del tutto e subito, quindi vorrebbe comprare un modello, costruirlo e ottenere un risultato soddisfacente. Una volta ci sarebbe stato un accompagnamento per questo neofita. Il negoziante per primo gli avrebbe spiegato che per arrivare a un certo livello ci vogliono tempo e pratica, gli avrebbe detto di acquistare solo il minimo indispensabile per iniziare, magari lasciando perdere i colori dedicandosi al montaggio per fare esperienza. Non partire subito con un kit troppo costoso. In questo modo il negoziante astuto instaurava un rapporto di fiducia con il cliente. Ora i negozianti sono più rari dei panda. Una funzione ancora più didattica la fanno i club di modellismo; infatti, grazie a questi gruppi di appassionati il neofita può imparare osservando gli altri, i consigli che gli vengono forniti sono sempre slegati da interessi personali, spesso si lavora al club e ci si scambiano consigli. Al giorno d'oggi molti club sono formati da poche anime, l'età si fa sentire e gli stimoli non sono più quelli di una volta. Tranne poche e valide realtà sparse sul territorio, questa è la dura realtà. Allora cosa rimane? Abbiamo detto "tutto e subito", che fa rima con il web. Al posto dei club ci sono i gruppi su FB e i forum. Là si trovano molte risposte, solitamente si vive in un clima amabile e si formano anche amicizie durature, ma dietro la tastiera spesso ci si trasforma! Un po’ perché scrivere non è come parlarsi faccia a faccia e poi perché non siamo propriamente parenti di Manzoni. Piccoli screzi, frasi mal interpretate o male esposte, la brutta abitudine di non accettare commenti costruttivi o, ancor peggio, non esporli per paura di essere isolati dagli amici degli amici, il tutto porta a commenti sterili che non aiutano il neofita a valutare serenamente il proprio lavoro. In più si perde il piacere dell'approfondimento, del tempo speso ad accrescere il proprio sapere con la ricerca storica: “Ragazzi, vorrei realizzare un carro M3 Lee in Africa perché mi hanno regalato le palme in resina e ho già il carro, avete info?”. Nel magico mondo del web c'è sempre qualche bravo cristo che ti fa copiare il compito in classe... Il "tutto e subito" ormai viene venduto anche da molti produttori. Si viene travolti da una buona campagna di marketing, dalla sensazione che il prodotto sia indispensabile, trascurando ben contenti il percorso di apprendimento. Per esempio, basta scrivere sulla confezione di un colore a olio un misterioso Old Rust invece che Bruno Van Dick per accaparrarsi schiere di modellisti entusiasti che finalmente potranno riprodurre effetti di ruggine sul proprio modello senza imbarazzi e dubbi mistici. Le nuove leve non hanno tempo da perdere, dicono di badare più al lato artistico del modello. Però comprano kit costosi, canne in metallo, set di miglioria in fotoincisione per rendere più corretto in soggetto; poi, arrivati al momento della verniciatura, estremizzano il tutto usando prodotti già pronti seguendo pari pari le tecniche di altri. Dov'è il lato artistico tanto decantato? Anzi, diciamolo, di artistico non c'è nulla, al massimo si diventa padroni di una tecnica legata a un prodotto. Si viene travolti da una buona campagna pubblicitaria, dalla sensazione che il prodotto sia indispensabile, trascurando il percorso di apprendimento. Se si è fortunati si riuscirà a riprodurre quello che si vede, ma difficilmente si otterrà un bagaglio da riutilizzare in altri versanti del modellismo. Se ti si secca quel prodotto vai nel panico! E stiamo parlando di quelli che applicandosi ci riescono, quanti ne perdiamo per strada? No pain no gain! Alessandro Bruschi
SteelArt Direttore Responsabile Thomas Abbondi Editore Auriga Publishing International S.r.l. Via Bressanone 17/1 16154 Genova www.aurigapublishing.it Capo redattore Thomas Abbondi (T.A.) Direttore editoriale Alessandro Bruschi Servizi fotografici Alessandro Bruschi
Sped in A.P. 45% comma 20/B art 2 legge 662/96 Filiale di Genova. Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte dei testi e delle illustrazioni può essere riprodotta senza l'autorizzazione scritta dell'Editore.
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Grafica Cristina Bonanno
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Consulenti e Collaboratori Simon Antelmi, Alberto Bertoni, Daniele Guglielmi, Marcello Marchetti, Fabio Marini, Silvia Picucci, Mario Pieri, Kristof Pulinckx, Martin Šiška, Graziano Zanetti
Pagamento: C/CP 27524131 intestato a: Auriga Publishing International S.r.l. Specificando sulla causale il nome della rivista, i numeri richiesti, l’indirizzo del richiedente e recapito telefonico. Informazioni: [email protected]
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Crosses In The Mud ITALERI 1/35 di Alberto Bertoni
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P rim av era 1945: orm ai la gu erra v olge al term ine, qu el che rim ane di u no dei più potenti eserciti m ai esistiti nella storia è allo sbando, battendo in ritirata su tu tti i fronti e lasciandosi dietro u n am m asso di rottam i di qu el che u n tem po rappresentav ano il v anto dell’indu stria bellica tedesca.
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emmeno i mezzi adibiti al trasporto di feriti sfuggirono a questo olocausto, lasciando i suoi occupanti a se stessi. La mia passione per i mezzi ruotati è ben nota, se poi si
tratta di veicoli adibiti al trasporto dei feriti in guerra il fascino aumenta. In molte foto dell’epoca questi mezzi erano costretti a recuperare i più sfortunati in zone molto impervie; oltre al fatto di trovarsi in prima linea, sovente erano soggetti a incidenti o inconvenienti a causa al terreno sconnesso, paludoso, innevato. Per rappresentare quello che avevo in mente ho utilizzato il kit della ucraina IBG.
La box art altro non è che la copia di una nota foto che ritrae un'ambulanza abbandonata in un terreno fangoso. Data la parziale copertura con il fango, il kit è stato montato da scatola senza tante modifiche. Grazie ai cingoli in plastica maglia a maglia, a conti fatti non si presenta affatto male; molto bello il dettaglio del motore, utile per raccontare la mia storia. Dalla foto in bianco e nero
dell’epoca si intuisce che la livrea era in dark yellow, mentre lo shelter bianco aveva enormi croci rosse. Ho colorato separatamente i vari elementi e poi riprodotto la grande croce sul tetto. Ho realizzato il fango utilizzando la Sandy Paste Vallejo miscelata con Earth Effects AK e spalmando le parti inferiori. Arrivato il momento di fissare il modello sulla base ho 155/16
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capito che un veicolo da solo sarebbe stato troppo poco per quello che avevo in mente e così ho deciso che era finalmente giunto il momento di sfruttare il vecchio Opel Maultier dell’Italeri che da molto, troppo tempo giaceva in garage. Il kit, molto datato, si prestava benissimo come vittima sacrificale, dato che in tutto quel fango i difetti sarebbero spariti; i cingoli Friulmodel sono stati accantonati per un progetto futuro e hanno lasciato spazio a quelli in vinile, tanto una volta coperti dal fango non avrebbero dato problemi. Solo le ruote anteriori sono state rimpiazzate da quelle in resina della Mig. La modifica più significativa è costituita dalla riproduzione del telone con l’ausilio dello stucco bicomponente Magic Sculpt, steso sul telone originale, cosi come della bandiera per l’identificazione aerea e del copri radiatore. Per quanto riguarda il terreno fangoso e umido, bisogna tenere presente che in questi frangenti i modelli devono essere completi una volta fissati nella base e non potranno essere più ritoccati. Le pozzanghere sono state realizzate con colori a smalto Humbrol, miscelando tre parti di Gloss 35 con una parte di Matt 94. Poi, col pennello, si fanno cadere alcune gocce di Gloss puro sulle pozze, ricreando l’acqua stagnante che piano piano deposita i residui fangosi sul fondo. L’erbetta sintetica si fissa 8
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alla base con una goccia di Matt 49, che una volta asciutto diventa opaco e scompare; anche le foglie sono fissate allo stesso modo, una per una. Per l’albero ho utilizzato una radice a forma di tronco, poi ho fissato alcuni rametti per riprodurre i rami e infine con lo stucco bicomponente ho realizzato la corteccia. Con l’aerografo ho usato dei toni molto scuri, per dare l’impressione del tronco umido. I due figurini sono di provenienza Dragon, come i vari oggetti sparsi; solo il fante ferito ha ricevuto un cappotto, che ho realizzato con lo stucco. Se ben colorati, anche i
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modelli discreti montati da scatola senza ricorrere all’after market otterranno un effetto finale più che soddisfacente, basta avere l’idea giusta per ottenere ottimi risultati con il minimo sforzo. L’importante è diver-
tirsi, non mi stancherò mai di dirlo, se non mi diverto non posso dedicarmi a questo hobby.
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Kharkov, oggi Charkiv o Kharkiv, è la seconda città per popolazione in Ucraina; fu oggetto di quattro importanti battaglie in cui si fronteggiarono tedeschi e sovietici tra il 1941 e il 1943.
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l diorama è ambientato durante la terza battaglia, che rappresentò l’ultima grande vittoria tedesca della seconda guerra mondiale. Al comando del feldmaresciallo Erich von Manstein, i tedeschi riuscirono a riconquistare quest'importante città dopo una serie di scontri tra mezzi corazzati e poi con violenti combattimenti urbani, arrestando l’offensiva invernale sovietica e sbarrando le porte dell’Ucraina. Un ruolo fondamentale, assieme a varie formazioni dell’esercito, venne giocato dal II.Panzerkorps delle Waffen SS, appena trasferito dalla Francia. Dopo che il 1° febbraio 1943 a Stalingrado si era arresa la 6ª Armata tedesca, l’Esercito Sovietico stava avanzando verso occi-
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dente e sembrava che la situazione per i tedeschi fosse disperata, non avendo forze per ricostituire un nuovo fronte difensivo. Invece, in queste circostanze così difficili, sfruttando i rinforzi ricevuti e manovrandoli in modo eccellente, riuscirono a contrattaccare e a sconfiggere i sovietici dimostrando ancora una volta la loro superiorità nelle battaglie manovrate. Il 23 marzo il feldmaresciallo von Manstein interruppe definitivamente la sua audace controffensiva, che rimane una delle più brillanti operazioni della seconda guerra mondiale. Per anni la NATO ha studiato queste manovre in quanto ritenute estremamente istruttive per comprendere come sconfiggere forze numericamente superiori come erano quelle del Patto di Varsavia.
Sd.Kfz. 251/1 Ausf. C Il kit della Dragon cod. 6224, essendo un 3 in 1, è molto ricco in quanto, come dice il titolo della scatola, si può utilizzare per ben 3 varianti della C che sono: la 251/1 con mitragliatrice, la 2 5 1 / 7 Pionierpanzerwagen con due passerelle, la 251/10 con il cannone Pak da 3,7 cm. In realtà, pur essendo corretto e copioso di pezzi, ho avuto difficoltà a chiudere la parte superiore con quella inferiore e solo una buona dose di smadonnamenti, una morsa e la colla cianoacrilica hanno permesso una corretta giunzione del modello, incollando prima la parte anteriore e poi forzando la parte posteriore. Per il resto la scatola del produttore di Hong Kong offre una miriade di pezzi, 14
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3 ricchi fogli di decal, delle lastre di fotoincisioni, 4 figurini, 1 guidatore, cassette di granate, armi della fanteria, mine ed esplosivi, insomma dopo l’assemblaggio resta una ricca dotazione per la nostra banca pezzi. Essendo molto buono il livello di qualità di esterni e interni, il lavoro di miglioria ha riguardato solo la sostituzione di parte del meccanismo di apertura del portellone posteriore e la ricostruzione delle cambre nella scudatura esterna aggiungendo anche alcuni set di dettaglio in fotoincisione, che hanno sostituito alcuni pezzi apparsi di spessore troppo elevato. Della scatola sono stati utilizzati anche i cingoli, che sono ottimi, montati costruendo una dima in legno che ha permesso un assemblaggio corretto e veloce risparmiando tempo e soldi, facendo felice il portafoglio, mentre gli pneumatici sono stati sostituiti con quelli bellissimi in resina che portano impresso il logo della casa produttrice.
Colorazione La ricca documentazione fotografica disponibile mostra che i veicoli entrati nel marzo 1943 a Kharkov avevano la livrea mimetica bianca molto scolorita e usurata, che mostrava il colore grigio sottostante. Questo tipo di usura è un'interessante sfida pittorica che mi ha portato a sperimentare per la prima volta la tecnica della lacca, con un risultato abbastanza soddisfacente e che dovrà sicuramente essere ripresa su prossimi progetti. Sulla base di grigio dato con il fidato Tamiya XF-63 German Gray, che ho comunque “mosso” con
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interventi chiaro-scuri, ho steso una mano di lacca per capelli, sulla quale ho poi applicato una mano di bianco opaco, sempre della Tamiya ma diluito con acqua. Appena il colore si è asciugato, con l’aiuto di un pennello a setole dure il bianco è stato abraso seguendo una logica usura dovuta allo sfregamento causato dall’equipaggio, alle condizioni meteorologiche e prendendo spunto dalle fotografie. A questo punto bisogna dare profondità al semicingolato utilizzando le solite tecniche, ovvero il drybrush, lavaggi e variazioni di tono seguendo il faro della tecnica della luce zenitale. Sul bianco difficilmente si può applicare un dry-brush chiaro, meglio farlo al contrario con un colore grigio per fare risaltare gli spigoli, mentre per il lavaggio il solito tono nero e marrone rossiccio va bene, meglio se applicato con colori a olio. Una grande offerta di prodotti alternativi ai colori a olio per i lavaggi è oggi disponibile sul mercato con le marche AK, Mig, Ammo, Lifecolor, Tamiya, che hanno di valido solo la tonalità già pronta, con il rischio però di un'eccessiva brillantezza. La tonalità della parte bassa è stata scurita con alcuni passaggi ad aerografo e con delle velature date con un colore a olio, mentre il bianco è stato lavorato con zone chiare e grigie. La parte bassa del mezzo è stata ulteriormente sporcata con tinte terrose date a smalto o acrilico, in questo caso ho utilizzato anch’io dei prodotti già pronti della AK Interactive come il Kurks Earth, il Damp Earth e il
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Dark Mud. La parte interna del semicingolato è stata pitturata prima dell’assemblaggio, colorando i sedili dell’equipaggio, le panche e i poggiatesta con un colore acrilico marrone rossiccio della Vallejo e sporcando il pavimento con un tono terroso. Per evitare le decal e rendere più veritiera e lavorabile la croce delle insegne germaniche, questa è stata riprodotta con una mascherina in fotoincisione. Con un pennello doppio zero si sono realizzate scrostature e graffi utilizzando una gamma di colori acrilici che vanno dal nero al grigio fino all’arancione per l’ossidazione, conferendo un aspetto molto “operativo”. Schwimmwagen Typ 166 I reparti delle SS utilizzarono moltissimo la 166 su tutti fronti; osservando l'imponente massa iconografica sia sui libri sia in retepo ssiamo trovare questo mezzo anfibio in tutte le livree pos-
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sibili partendo dal grigio al giallo sabbia e con vari toni mimetici. La scelta per riprodurre questo mezzo è caduta sull’ancora valido kit della Tamiya cod. 35224, corretto, facile e veloce da montare, anche se disponibili sul mercato troviamo un altro modello del produttore nipponico Kfz 1/20 K2s cod. 35003 e un altro altrettanto valido della AFV Club. Essendo un pezzo piccolo e molto semplice da assemblare, le migliorie, con l’utilizzo delle fotoincisioni, hanno riguardato il cruscotto, la parte posteriore con le griglie, l’elica e i supporti degli attrezzi, con gli pneumatici sostituiti con quelli in resina con un battistrada molto più aggressivo. L’insegna di reparto della Leibstandarte è un trasferibile a secco, mentre la colorazione ricalca quanto fatto sull'Sd.Kfz. 251, con maggiore attenzione alle sporcature estremizzando i toni chiaroscuri.
Figurini In realtà il diorama è nato dalla voglia di utilizzare e realizzare gli splendidi figurini della Evolution Miniatures, le cui postura, scultura e dettaglio ne fanno tra i migliori oggi disponibili sul mercato. Nella scena sono presenti 8 figurini, 6 sono Evolution, uno è della Alpine mentre il fante che trasporta le cassette munizioni è di provenienza Dragon, le migliori testine Hornet hanno sostituito quelle dei due soldati seduti sulla Schwimmwagen, Alpine e Dragon. Tranne l’ufficiale, tutti indossano il Parka o Anorak, che era un giaccone impermeabile con cappuccio, abbottonato e incernierato fino al collo, bordato di vera o finta pelliccia. Come al solito sono partito pitturando i figurini con una base a smalto grigio-verde, su questa base le luci e ombre sono state realizzate con colori a olio molto fini della Winsor & Newton, uti-
lizzando il bianco titanio e giallo ocra per le luci e il verde oliva per le ombre. Il colore deve essere molto diluito in White Spirit, quasi da apparire come “acqua sporca”, e le pennellate possono essere sovrapposte l’una sull’altra come se si utilizzassero colori acrilici, in questo modo si può avere un controllo immediato della profondità del pezzo. Immediatamente dopo aver applicato i toni di luce si passa alle ombre utilizzando il medesimo metodo.
Diorama Con la Totenkopf e la Das Reich impegnate a nordest di Kharkov, il compito di conquistare il resto della città toccò quasi esclusivamente ai reparti della Leibstandarte e il diorama vuole rappresentare questi momenti.
Il selciato Per questa parte si è utilizzato l’Eulithe, che è una schiuma poliuretanica solida venduta in pannelli, materiale molto duttile, lavorabile e carteggiabile. Il foglio è stato tagliato a
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misura ed essendo molto morbido è bastata la pressione con una semplice punta di matita per creare l’incisione delle pietre che compongono il selciato, definite, rovinate e sbrecciate per rappresentare il periodo bellico, anche se a qualche persona faranno venire in mente alcune vie delle loro città dove ormai non c’è più manutenzione. La base in Eulithe è stata incollata su un pannello in polistirolo ad alta densità tagliato a misura, con il dislivello della buca sagomata con pasta Das con l’aggiunta del tubo fognario e spennellata con colla vinilica sulla quale è stato spolvera-
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to uno strato di terra fine. L’Eulithe è un materiale granuloso e poroso, quindi, per esperienza, consiglio prima della colorazione una carteggiatura con cartavetro fine e una mano di primer per evitare che il colore venga assorbito a mo' di spugna, cosa che mi è capitata in fase di pittura. Le fotografie mostrano che quando le truppe tedesche entrarono in città nel marzo del 1943 il clima era quasi primaverile; assente la neve, con molte zone asciutte, e quindi ho dovuto ricreare una superficie leggermente umida. La base è stata colorata con
una mano di grigio chiaro della Tamiya, scurito con un tono quasi nero della Vallejo per ricreare l’umidità e viceversa schiarito con un tono terroso per ricreare le pietre asciutte utilizzando questa volta la tecnica del drybrush con un colore a smalto. La rovina del deposito è una referenza Verlinden, che nonostante i suoi anni risulta sempre valida, valorizzata con l’aggiunta degli infissi alle finestre, delle travi del tetto riprodotte con legni del modellismo navale, del piano rialzato realizzato con Eulithe e delle tegole in plastica tagliate da una
lastrina della Miniart. L’esterno dell’edificio è stato colorato con un tono di base arancione dettagliando successivamente i mattoni con una diversificazione pittorica che va dal rosso al nero, creando una maggiore profondità con un lavaggio scuro (nero e verde) nella parte bassa e con dei passaggi verticali di drybrush grigio per segnare l’usura del tempo. Le vie di fuga tra i mattoni sono state riempite con dello stucco per muri acquistabile in una qualsiasi ferramenta, applicato negli interstizi e togliendo poi l’eccesso con 155/16
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In questa era di super tecnologie chi di noi, e parlo del popolo modellistico, non ha ancora un computer e una connessione a internet? Credo nessuno.
un panno umido. Il portone di accesso al deposito è stato ricostruito in legno e pitturato con un colore verde, lavorato e invecchiato per aggiungere una nota di colore diversa. Per riempire la scena e come rinforzo della barricata si è inserito un carretto della Master Box (Farmers Cart cod, 3537) caricato con pezzettini di cemento e residui di mattoni e con l’aggiunta nella parte opposta del bellissimo palo della luce della Miniart Trams Supports & Street Lamp cod. 35523. Sempre dalle fotografie si vede come i sovietici costruissero delle barricate improvvisate con ostacoli anticarri, tralicci metallici, pali e tavole di legno, mat20
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toni, residui di rovine e barili, buona cosa per il diorama perché la barricata funziona come ottimo fondale. Per replicare la barricata sono partito utilizzando i soliti legni di provenienza navale, riempiti con tanta pazienza con pezzettini di calcinacci ridotti a misura e incollati con colla vinilica, altri legni, tralicci in acciaio messi verticalmente; alcuni bidoni chiudono la scena. Gli ostacoli anticarri sono stati replicati con plasticard tagliato a misura, colorato con un mix di nero e rosso su cui, per aumentare l’effetto ossidazione, si è spennellata una polvere di pastello di colore arancione.
Il colore usato per il legno è un tono grigio di base su cui è stato applicato un lavaggio seppia e un brush grigio e beige, mentre i bidoni sono stati colorati in grigio-verde. Negli innumerevoli dettagli che compongono la scena è stata inserita anche la mitragliatrice Maxim sovietica, veramente ben fatta, proveniente sempre da una scatola dedicata della Miniart (Soviet Heavy Infantry Weapons cod. 35170). La scena è cosparsa di rovine, che sono state prodotte andando a frantumare dei calcinacci con un martello, inserite e incollate con colla vinilica in modo logico per riempire la scena, mettendo qua e là anche dei mat-
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toncini che definiscono meglio il tutto. Concludo con un consiglio per chi volesse documentarsi: in lingua italiana sono disponibili lo speciale SGM su Kharkov dell'Editoriale Lupo oppure i due volumi sulla Leibstandarte edizione Ritterkreuz, ricchissimi di materiale iconografico.
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I carri T-62 della guerra cecena sono ben noti ai modellisti, che ne hanno riprodotto vari esemplari. In rete si trovano numerose foto anche riferite a carri dotati di allestimenti improvvisati, che rendono questi mezzi ancor più interessanti: si vedono maglie di cingolo in torretta, grembiulature di gomma presenti o assenti, aggiunte di vario genere, personalizzazioni da parte degli equipaggi.
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l carro che ho riprodotto ha combattuto in ambiente urbano; dalle foto reperite si vede che in certi posti non hanno lasciato un mattone sull’altro, per questa ragione ho coperto il mio modello di calcinacci. Ho ricevuto il modello montato da un amico che sfortunatamente non modella più;
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il soggetto però era stato originariamente concepito per rappresentare un carro impiegato a Bratislava nel 1968, quando i sovietici invasero la Cecoslovacchia. Volevo realizzare invece un carro impiegato in Cecenia e quindi ho rimosso gli elementi non adatti e aggiunto
nuovi dettagli. Con la realizzazione dei cordoni di saldatura in stucco bicomponente il modello era pronto per la colorazione. Ho voluto fare un’aggiunta importante: i sacchi di sabbia in Milliput. Generalmente non metto figurini sui miei modelli, tuttavia in questo caso ne
ho usato uno che combinazione avevo in casa: ottimo pretesto per affinare un po’ la tecnica di colorazione. Vorrei ringraziare l’amico Matej Paluda che mi ha aiutato con numerose informazioni, essendo un esperto di tecnologia militare sovietica e russa.
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Sacchi di sabbia 1. Si fa una salsiccia di Milliput e si taglia a misura, poi si modella con le mani. 2. Con il cutter si creano le cuciture. 3. Con una pallina di stucco si crea la chiusura. 4. Posizionato il sacco, si modella con un pennello bagnato per creare le pieghe. Si può incollare direttamente sul carro oppure tenere separato per dipingerlo a parte. 5. Con uno stuzzicadenti si aggiungono ulteriori pieghe... 6. ... e con un pennello bagnato si ammorbidiscono quelle più secche. 7. Per la corda si usa del filo di rame.
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Il figurino 1. Il colore di base per l’incarnato è una miscela di Vallejo marrone, sabbia e rosso bruciato. 2. Si aggiunge più rosso bruciato alla base e con un pennellino si accentuano le ombre. 3. Per le luci si usa il colore di base aggiungendo colore incarnato. 4. Gli occhi sono la parte più difficile, si usa una miscela di bianco con un poco di carnicino e bruno scuro per le pupille. 5. Per migliorare luci e ombre ho fatto ricorso ai colori a olio. Per le luci ho usato bianco con un poco di buff, il marrone rossiccio per le ombre e una punta di rosso per le guance, le tempie e i lati del naso. I colori a olio su un cartone perdono parte del legante, se ne usa pochissimo e i toni si fondono con un pennello asciutto.
L’AK proviene da un set Zvezda di parà russi in Afghanistan; dipinto con gli acrilici Vallejo, è stato poi ripassato con una mina di grafite.
Per la mimetica ho usato un US Field Drab Vallejo che somiglia all’originale anche se non ne sono stato completamente soddisfatto. Con il sabbia scuro aggiunto alla base si creano delle luci. Non tutte le zone da ombreggiare si raggiungono con il pennello, in alcuni casi è necessario effettuare un lavaggio con colori acrilici molto diluiti.
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Il carro armato 1. L’amico Martin Lehel ha fatto un gran lavoro di dettaglio del carro; ho aggiunto i supporti dello sminatore e i cordoni di saldatura in stucco bicomponente.
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2. Poi ho inserito accessori specifici per il T-62 in Cecenia, dopo aver rimosso dettagli caratteristici dell’impiego a Bratislava nel 1968. 3. Ho usato i cingoli tipo RMSh Trumpeter. Certo che i cingoli di metallo sono migliori, ma questi in plastica sono un ottimo compromesso visto il prezzo ragionevole. Occorre un certo lavoro di pulizia, ma le maglie si uniscono a incastro e tengono bene. 4. Per i cingoli ho usato il Mr.Surfacer 1000 e poi il NATO Black XF-69. 5. Come fondo, per il verde ho usato una base rossa XF-9 corretta con l’X-7 e su questo ho spruzzato il Worn Effect. 6. Per il verde mimetico ho usato il comune verdone russo Zashchitniy Green KHV 518 della Ammo di Mig. 7-8. Si bagna la superficie con acqua e con uno stuzzicadenti si creano le scrostature. Per le superfici maggiori ho usato anche un pennello a setole rigide. 9. Ho anche creato abrasioni a pennello partendo da un verde chiaro con al centro una chiazza marrone che simula il metallo.
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12. Alcuni graffi si aggiungono a pennello usando colori a olio simili alla base... 13. ... e quando si usano colori nero o marrone scuro si simula il metallo messo a nudo. Niente panico se l’effetto appare eccessivo, una volta finito l’invecchiamento il contrasto scompare in gran parte.
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10. Per il fading si dà una mano di trasparente semilucido. I puntini di olio hanno tonalità simili al fondo oppure vanno sul ruggine o sul sabbia. Meglio evitare il bianco e scegliere toni polvere o sabbia quando occorre desaturare parecchio. 11. Si fondono i punti, nelle zone verticali si segue la gravità, nelle zone piane si mescolano casualmente.
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14. Sui cingoli si usano i filtri ruggine che danno un tono realistico, sul 14 modello coperto però dal fango. 15. Si vede la differenza sui cingoli trattati. 16. Non uso lavaggi generali, preferisco quelli mirati. È importante scegliere i toni in base al colore sottostante, per il verdone mi piace il Dark Brown della Ammo. 17. Il rendering con i colori a olio si può fare in qualsiasi momento, qui un parafango riceve una patina ruggine... 18. ... sfumata con il dry-brush. Se l’olio è già secco conviene utilizzare un pennello umido di diluente. 19. Nelle zone ruggine si aggiunge un’ombra marrone scuro. 20. E si sfuma per creare un gradiente. 21. Con la stessa tecnica ma con il colore più denso si creano scrostature diffuse, per questo è meglio l’olio rispetto all’acrilico.
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22. Per la polvere ho usato lo smalto Ammo, che si può regolare molto bene. 23. Con un pennello umido di diluente si modellano i depositi di polvere. 24. Il risultato è un deposito irregolare, una buona base per i pigmenti.
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25 25. Con la stessa tecnica si trattano anche le superfici superiori; si può fare tutto a pennello, ma non conviene perché l’aerografo è più veloce e poi molte zone vanno bene con uno strato uniforme di polvere mentre altre sono quasi pulite. 26. Sulle grembiulature di gomma si usa uno stile diverso, adoperando la spugnetta per avere depositi molto poco omogenei di polvere. 27. Il pennello si usa solo per le colature ispirate alle foto vere.
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28. Le singole maglie in torretta si dipingono con i Lifecolor del set Ruggine usando le varie tonalità, sono ottimi colori a finitura opacissima. 29. Per le cassette ho una tecnica mista: su base acrilica ho creato le venature con gli oli. 30. Tirando con un pennello asciutto si crea la trama del legno. 155/16
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31. Il colore di base per i sacchi di sabbia è una miscela di marrone, sabbia e bianco. 32. Si aggiunge una punta di nero per le ombre. 33. Per le luci invece si aggiunge il bianco.
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34. Le striature verticali si realizzano con i noti prodotti Ammo. 35. Si segue la gravità, dall’alto in basso. 36. Per i calcinacci ho scelto materiali a diversa granulometria tra quelli disponibili, in modo da avere molta varietà. 37. Miscelando in varie proporzioni abbiamo modo di differenziare le zone 38. Prima si incollano i frammenti più grandi. 39. Ho poi aggiunto i calcinacci usando un cucchiaio. Gli aggiustamenti si fanno con un pennello, poi si percola la colla e la sabbia con una siringa.
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40. Visti i diversi colori dei vari materiali ho spruzzato il Buff per amalgamare. 41. Ho dipinto a pennello alcuni frammenti di cemento e di mattone. 42. Sul ponte motore ho usato i pigmenti di tonalità diverse, amalgamati più o meno con un pennello.
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43. Uso diversi toni di pigmenti sui cingoli: Light Dust e Concrete, Dry Mud, Light Dust, European Earth e City Dirt, per lo scuro uso Russian Earth City Dirt e Light Dust. 44. Cosa succede se si spruzzano pigmenti diluiti? Sulla piastra frontale l’effetto è interessante e lo fisso con il Fixer dato ad aerografo. 45. Lo stesso pigmento è stato usato anche per le grembiulature, ma dato a pennello. 46. Con l’aerografo ho spruzzato il nuovo smalto Ammo per imitare le zone umide in mezzo ai cingoli. 47. Le zone di contatto del treno di rotolamento vanno pulite usando la grafite.
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48. Con l’aerografo si spruzza lo sporco e si fanno schizzi a bassa pressione. 49. A pennello si creano colature. 50. Se alcune zone non convincono, si possono correggere con i pigmenti.
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51. Ho usato molto fango su questo modello, sia bagnato sia asciutto. 52. La canna ha ricevuto la sua dose di scrostature, anche con colori a olio. 53. Ho aggiunto il Wet Effects sulle superfici orizzontali, passando anche al color olio e al grasso motore. 54. Sulle superfici verticali ho aggiunto schizzi e colature. Il Wet Effect è stato diluito perché mi sembrava troppo denso.
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Se pen s at e ch e u n Tiger in 1/35 s u l v os t ro t av olo d a la v o r o s ia una p r e s e n za in g o m b r a n t e , n on av et e idea di cos a s ign if ich i lav or ar e s u u n a bes t ia sim ile in 1/16!
I
l kit della Hobby Boss è tutto sommato accettabile se si tiene conto che nasce in origine per l'RC. Non è esente da errori, alcuni sono stati risolti e altri sono stati mascherati grazie all'invecchiamento, di certo non si poteva lasciare il mezzo senza Zimmerit e, per pigrizia lo ammetto, ho preferito servirmi del prodotto della polacca Atak che fornisce strisce di resina texturizzata pronte, da applicare sullo scafo e sulla torretta; un prodotto fantastico, fatevi un giro sul sito perché lo Zimmerit è disponibile anche per altri mezzi e altre scale. Nelle foto troverete i processi dedicati soprattutto all'inPrima della fase di verniciatura può essere utile testurizzare le superfici del modello. La parte frontale della torretta è in resina, lo Zimmerit viene danneggiato in più punti per ricreare i danni da combattimento, segue una mano di grigio primer e la base ad acrilico in Dunkelgelb, si schiariscono alcune parti al centro dei pannelli con un prodotto adeguato e si passa al verde; per renderlo meno saturo ma ugualmente visibile ho ripassato le bande verdi con pigmento liquido Lifecolor, viene poi il momento del chipping e dei lavaggi a solvente. 155/16
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Il lavoro si fa appassionante, ora tocca alle marmitte con i toni classici del metallo scottato dal calore; naturalmente le maglie dei cingoli disposte in torretta vengono trattate singolarmente con basi scure e lucidatura a secco con pigmenti metallici della Ushi Van Der Rosten; i fermi delle maglie fanno parte del kit uscito in edicola settimanalmente, anche la mitragliatrice in torretta ha la stessa origine. Si passa ora al treno di rotolamento, il processo più lungo dato il complesso sistema delle ruote da sistemare, le strisce di cingoli sono parecchio ingombranti!
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vecchiamento e all'infangatura delle parti basse del mezzo, perché in linea di massima i procedimenti pittorici sono gli stessi di un 1/35 mentre per il treno di rotolamento serve sapere bene cosa fare e avere tanta pazienza. Di seguito elenco comunque i procedimenti principali che hanno riguardato il montaggio e la colorazione del famoso felino: 1- miglioramento delle superfici con passaggi di colla tappo verde Tamiya 2applicazione dello Zimmerit Atak con colla vinilica 3- primer Mr.Surfacer 1000 4- prima mano con mix al 50% di Dunkelgelb e giallo sabbia scuro Lifecolor 5- luci modulate e al centro dei pannelli con sand gelb Lifecolor 6- mimetica verde con grigio verde scuro Lifecolor 7- posa delle decal 8- lavaggi a solvente 9- riproduzione di danni allo scafo e sullo Zimmerit 10- fango Un doveroso ringraziamento a Fabrizio Repetto e ad Alessandro Bruschi per il supporto iconografico, tecnico e morale.
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La vista d'insieme ad altezza d'uomo fa capire cosa si doveva provare a trovarsi di fronte a un colosso del genere!
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Prima di dedicarci al fango ci aspetta la tediosa fase della colorazione delle parti gommate; ho provveduto, data l'abbondante dose di prodotti che fanno spessore, a isolare i perni delle ruote; successivamente mi sono dedicato ai cingoli, che ho differenziato di volta in volta con toni ruggine alternati a tinte scure.
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Si creano due misture di pigmenti terrosi, una chiara e una scura, avendo cura date le dimensioni del mezzo di addizionare un po’ di gesso per non adoperare solo pigmento, intanto con i colori a olio prepariamo una tavolozza di tinte adatte all'occasione.
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Si stende una corposa mano di olio alternando tinte di vario genere senza una precisa guida, poi si deposita in maniera alternata il pigmento, che ci aiuterà a definire zone di fango umido e secco; la base oleosa è lenta all'essiccazione e ci permette di giocare con strati sovrapposti di pigmento, è una fase delicata che dovremo estendere anche alla parte bassa dello scafo e naturalmente a tutte le zone soggette al sedimento fangoso.
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Il figurino è una vecchia referenza Tamiya in plastica, ideale per donare una dimensione umana a tutto l'insieme; le basi sono state definite ad aerografo con la tecnica che trovate sul manuale Static Model Manual 11. Luci e ombre definite a pennello con colori acrilici Lifecolor, i processi di colorazione e invecchiamento del vestito e dell'arma sono i medesimi del modello.
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Questo T34-85 con le insegne dell’Esercito Cecoslovacco e la torretta di fine produzione è stato assemblato dalla Zavod 183. Il cannone è il Zis-s-53 con i contenitori olio (fumogeni) addizionali del 1944. Le foto mostrano il carro in diversi momenti del suo impiego: notare i depositi stratificati di fango seggo o umido e l'aspetto che il mezzo assume a seconda delle circostanze.
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In questa pagina. Le foto mostrano momenti diversi della vista operativa del carro. Notare come il fango cambi tono, massa e aspetto durante l’essiccamento.
Nella pagina a fianco. Alcune viste del carro armato e dei depositi di sporco e fogliame nella parte alta.
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FINO AL 30 DICEMBRE 2016 fotocopia questo modulo per prenotare i tuoi arretrati - to order the back issues, please photocopy and fill out this form
Arretrati n° (back issues): 1 ❑ 2 ❑ 3 ❑ 4 ❑ 5 ❑ 6 ❑ 7 ❑ 8 ❑ 9 ❑ 10 ❑ 11 ❑ 12 ❑ 13 ❑ 14 ❑ 15 ❑ 16 ❑ 18 ❑ 19 ❑ 20 ❑ 21 ❑ 22 ❑ 23 ❑ 24 ❑ 25 ❑ 26 ❑ 28 ❑ 29 ❑ 30 ❑ 31 ❑ 32 ❑ 33 ❑ 34 ❑ 35 ❑ 37 ❑ 38 ❑ 39 ❑ 40 ❑ 41 ❑ 43 ❑ 44 ❑ 45 ❑ 46 ❑ 47 ❑ 48 ❑ 49 ❑ 50 ❑ 51 ❑ 52 ❑ 53 ❑ 54 ❑ 55 ❑ 56 ❑ 57 ❑ 58 ❑ 59 ❑ 60 ❑ 61 ❑ 62 ❑ 63 ❑ 64 ❑ 65 ❑ 66 ❑ 67 ❑ 68 ❑ 69 ❑ 70 ❑ 71 ❑ 72 ❑ 73 ❑ 74 ❑ 75 ❑ 76 ❑ 77 ❑ 78 ❑ 79 ❑ 80 ❑ 81 ❑ 82 ❑ 83 ❑ 84 ❑ 85 ❑ 86 ❑ 87 ❑ 88 ❑ 89 ❑ 90 ❑ 91 ❑ 92 ❑ 93 ❑ 94 ❑ 95 ❑ 96 ❑ 97 ❑ 98 ❑ 99 ❑ 100 ❑ 101 ❑ 102 ❑ 103 ❑ 104 ❑ 105 ❑ 106 ❑ 107 ❑ 108 ❑ 109 ❑ 110 ❑ 111 ❑ 112 ❑ 113 ❑ 114 ❑ 115 ❑ 116 ❑ 117 ❑ 118 ❑ 119 ❑ 120 ❑ 121 ❑ 122 ❑ 123 ❑ 124 ❑ 125 ❑ 126 ❑ 127 ❑ 128 ❑ 129 ❑ 130 ❑ 131 ❑ 132 ❑ 133 ❑ 134 ❑ 135 ❑ 136 ❑ 137 ❑ 138 ❑ 139 ❑ 140 ❑ 141 ❑ 142 ❑ 143 ❑ 144 ❑ 145 ❑ 146 ❑ 147 ❑ 148 ❑ 149 ❑ 150 ❑ 151 ❑ 152 ❑ 153 ❑
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BRACH MODELS 1/35 di Kristof Pulinckx
Durch Bruchswagen 2 Pz.Kpfw. Conosco questo Durchbruch Panzer 2 (carro da sfondamento 2) per via di un famoso gioco online. Forma e dimensioni ricordano un Panzerkampwagen III, ma una rapida ricerca sul web è risultata infruttuosa. Ci sono le foto di un prototipo assieme al DW1 testato senza torretta (anch’esso disponibile sul catalogo Brach) e ho deciso di realizzare il pezzo immaginandolo abbandonato ad arrugginire da qualche parte a fine guerra. 46
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Montaggio Il modello è interamente di resina, ottimo il dettaglio e grande precisione di montaggio: mi sembra uno dei migliori kit in resina in assoluto in 1/35. Non c’è una deformazione o una bolla visibile e le materozze sono facili da rimuovere. La pulizia delle parti richiede lo stesso tempo necessario per un kit in plastica. La costruzione dello scafo comprende il pavimento e due paratie, l’unione è eccellente; ovviamente occorre la cianoacrilica. Ci sono alcune fessure eccessive attorno al ponte motore, che sono state colmate con il Mr.Surfacer. Una volta asciutto si rimuove l’eccesso con l’AK Xtreme Paint Cleaner, che però lascia il Surfacer nella fessura, creando una pannellatura
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accettabile. La torretta è costituita da un esiguo numero di parti e si monta molto bene. Le sospensioni sono impegnative poiché bisogna curare il perfetto allineamento. I bracci sono stati incollati con le ruote montate per essere sicuro di farle toccare tutte a terra. I parafanghi e i piccoli dettagli si fissano alla fine. La pulizia e il montaggio dei cingoli richiede parecchio tempo, le maglie sono a incastro e non serve colla; i cingoli però sono fragili e vanno maneggiati con cura. Ruote, cingoli e scarico si preparano a parte e si incollano alla fine della colorazione.
Colorazione Raccomando caldamente di lavare bene il modello con
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acqua tiepida e sapone al fine di togliere la patina dello stampaggio. La base è il Tank Grey schiarito con bianco. Con l’invecchiamento si scurisce, quindi non c’è pericolo che risulti troppo chiaro, anzi sarà perfettamente in scala. Per non sbagliare si passa una
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Weathering Ho iniziato evidenziando dettagli come i portelli, i pannelli, le cambre, gli iposcopi, il tutto a pennello in modo da creare ancora più contrasto. Il grigio chiaro è ottimo anche per le prime scrostature. Sono seguite abrasioni profonde e ruggine e alla fine è restato poco grigio chiaro visibile, in questo modo si aumenta la tridimensionalità apparente. Con il marrone scuro e il ruggine scuro a smalto AK si creano le ombre
velatura casuale con un tono grigio chiaro. Anche i colori acrilici che asciugano subito necessitano di un periodo di riposo. Per spezzare il tono grigio ho usato grandi numeri bianchi e croci ricavati dai trasferibili. Come protezione ho applicato una buona mano di Ultra Matt Varnish AK. Appena data presenta una buccia d’arancia, che poi sparisce per dare una finitura assolutamente opaca, perfetta per un mezzo abbandonato da tempo! 155/16
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aggiungendo profondità e realismo. Si continua con le colature e gli accumuli usando diversi toni a smalto, 50
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tirando linee sottili che dopo 10 minuti si sfumano con un pennello piatto umido di diluente. Sui parafanghi si
applica un lavaggio ruggine molto diluito acrilico per differenziare le superfici, il procedimento può essere
ripetuto. Per spezzare la monotonia della ruggine si crea un effetto polvere con il lavaggio AK Africa Dust,
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ripetendo il procedimento anche con striature verticali. Con il Crusted Rust Effects AK si realizzano importanti colature nelle zone logicamente interessate. Per ottenere variazioni si può usare AK Mud and Wet Effects e creare colature di acqua con il Wet Effects, da diluire perché è troppo denso.
Ruote e cingoli Le parti in gomma delle ruote sono state dipinte con un grigio scuro per avere un buon contrasto con la base. I dettagli come i bulloni
sono stati evidenziati, è seguita poi un’altra sessione di scrostature. I cingoli si colorano con una miscela di toni ruggine acrilici e i tacchi di gomma si riprendono a pennello come le gomme. Segue un lavaggio con il pigmento North Africa Dust miscelato con Europen Earth. Con l’effetto Crusted Rust AK si aggiungono accumuli nella parte interna. Normalmente, con il mezzo in uso l’interno dei cingoli è lucido, ma qui si tratta di un veicolo abbandonato. Le ruote si finiscono con colatu155/16
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re di grasso dovute alle guarnizioni consumate.
Conclusione
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ma sicuramente non sarà l’ultimo. La resina è facile da lavorare e il kit si monta in fretta, le parti combaciano
benissimo. Ho usato il mezzo come pretesto per studiare a fondo gli effetti ruggine.
Questo è stato il mio primo modello della Brach Model
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sono acquistabili in formato DIGITALE * I volumi esauriti per Tablet e PC, o in STAMPA DIGITALE. Vai ai link mediante i codici QR riportati a destra (questi codici sono leggibili da qualsiasi telefono cellulare, smartphone o tablet munito di fotocamera e dell’apposito programma di lettura). Oppure contattaci a questa e-mail:
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Il modellismo in scala è probabilmente il modo più realistico di rappresentare il mondo reale. Questa fantastica forma d’arte comprende costruzione, dettaglio, composizione, colorazione, scultura, invecchiamento e molto altro. Il modello rappresenta un pezzo di mondo in scala, concentrandosi su una specifica situazione. Abbiamo una collocazione geografica e temporale, ogni lavoro racconta una storia e cristallizza un istante in scala. Possiamo rappresentare paesaggi naturali, scenari urbani, fiumi, mari, cascate, tutti i tipi di terreno, tutta la vegetazione, mondi fantascientifici, aerei, navi, carri, mezzi vari ed interi eserciti! Il modellismo in scala è un mondo magico fatto di innumerevoli ore di piacere e divertimento. Solo un modellista conosce la sensazione di tenere in mano un pezzo finito, dopo diversi mesi di duro lavoro. Il momento è pura magia e ci può rapire in una dimensione e un mondo diversi. In questo libro l’obiettivo è quello di trasmettere le mie conoscenze modellistiche. Vorrei anche trasmettere la passione e la gioia che si prova giornalmente nel realizzare un modello.
In lavorazione Inviare il coupon a: Auriga Publishing International S.r.l. - Via Bressanone 17/1 - 16154 Genova - Fax 010 6001907 - E-mail: [email protected]
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Static Model Manual volume 13
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Tutto inizia una domenica mattina del febbraio 2016: mi reco nel mio laboratorio senza sapere bene cosa fare e mi trovo davanti agli occhi lo scatolone ancora chiuso del modello (scarso e approssimativo come al solito) realizzato dalla nota fabbrica cinese Taowan.
TAOWAN 1/6 di Lucio Cecchetti
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È
lì da oltre 2 anni, non ho mai preso la decisione di iniziare il lavoro di elaborazione, sempre coinvolto in altri progetti. “Ora basta!” mi dico, estraggo il modellone dal suo imballo di polistirolo, lo squadro e ispeziono su tutti i lati e mi accorgo che sostanzialmente, ruote a parte, il “giocattolone” si compone di 2 pezzi principali (cabina di guida con vano motore e cassone di legno saldati sopra a un telaio completamente inventato in cui l’unica parte “accettabile” è la riproduzione della sospensione posteriore, che però non si può muovere, pertanto tutte le 6 ruote risultano allineate al terreno e fisse! Interessanti sono le otto gomme (che sono solo da invecchiare), mentre i cerchioni (lamierino stampato) vanno buttati via e rifatti in alluminio. La sostanziale buona qualità delle gomme è uno dei motivi principali per i quali acquisto questi modelli da elaborare anziché partire da zero con un’autocostruzione: la loro presenza mi fa risparmiare molte ore di lavoro e almeno 200/250 euro di costo del materiale occorrente per realizzarle ex novo. Con un disco da taglio separo il cassone dal telaio e lo metto da parte, sarà l’ultima parte del lavoro. Decido di partire con la ricostruzione del vano motore, che si presenta assolutamente inguardabile, sproporzionato e di fantasia. Sono da eliminare il 90% delle parti che lo compongono. La calandra, il cofano, i fari e i parafanghi sono gli unici pezzi non completamente eliminati ma solo modificati (anche se in modo “pesante”) con l’aggiunta di particolari come le maniglie nei cofani laterali e la staffa di appoggio del parabrezza
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sul cofano motore. Ho dovuto ridurre i laterali del cofano (alzando le due sponde laterali), stringerlo e accorciarlo nella parte anteriore per adattarlo alla nuova posizione della calandra, più inclinata rispetto al Taowan di serie. Ho anche sostituito la cerniera, quella originale ha troppo gioco. Sono stati completamente ricostruiti il paraurti con i relativi attacchi dei fari e la targa, i ganci di traino (nel modello sono sproporzionati), i cofani laterali che proteggono le testate, le staffe di appoggio del cofano all’interno del vano motore e il faro oscurato anteriore con relativo supporto.
Motore La realizzazione del motore e del relativo vano con tutti gli altri organi presenti è stata veramente un'operazione impegnativa; mi sono occorsi circa 350 pezzi (il solo filtro dell’aria ne conta 27) e un quarto del tempo totale impiegato a finire il modello (circa 320 ore di lavoro). Del vano motore “di serie” è quasi tutto da buttare, si possono utilizzare solo il blocco motore (con piccole modifiche) e il contenitore del lubrificante. Tutto il dispositivo di sterzo è da autocostruire, nel “giocattolone” originale l’albero dello sterzo è nella cabina di guida fissato al pavimento e la scatola sterzo non esiste, come non esiste il dispositivo che segnala all’autista la direzione delle ruote anteriori. È stato necessario aprire lateralmente il vano motore per alloggiare le quattro testate con relative candele impermeabili e tubi di alimentazione; inoltre, i due cofani laterali non sono alli-
neati come nel Taowan ma risultano sfalsati, con quello di destra più verso il muso (per consentire alle bielle di lavorare sull’albero a camme). Tutto il vano motore è stato completato con l’aggiunta di tubi, tubicini, cavi elettrici, braccetti metallici e bulloni a corredo dello spazio disponibile.
scotto, anch’essi molto approssimativi. Il parabrezza mancava del vetro lato pilota con apertura a compasso, dei motorini del tergicristallo con relativi cablaggi, dell’aletta parasole, della gomma sui tergicristallo, delle cornici lato interno e degli attacchi del telone sulla cornice superiore.
Parabrezza
Cabina
Completato il muso del veicolo e il vano motore, sono passato alla ricostruzione del parabrezza e del cru-
La cabina di guida ha richiesto molta attenzione in quanto è una delle parti del veicolo più ricche di partico155/16
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lari, assieme al motore. Ho completamente rifatto tutti i cuscini del sedile, che tra l’altro andava sdoppiato, aggiungendo le imbottiture laterali. Ho staccato il cruscotto e, dopo averlo modificato, l’ho rimontato in posizione staccata dalla carrozzeria. Altri interventi nella cabina sono stati: maniglione lato passeggero; dispositivi di acceleratore a mano e regolazione dell’anticipo; dispositivo di controllo dello sterzo; chiave di accensione e alcune manopole; leva del freno di stazionamento; attacchi porta fucili; un paio di strumenti di controllo; modifica del volante di guida; modifi-
ca delle pedane di accesso; aggiunta dei passanti di fissaggio delle portiere in tela, del martinetto, dello specchietto laterale, di un profilo sui copriruota laterali, realizzazione degli indicatori di direzione funzionanti (a mano!).
Fari Ho completato questa parte del veicolo fornendo ai fari anteriori due “cuffie” per l’oscuramento utilizzando 58
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della stoffa, una fascia di cuoio e della colla cianoacrilica, posizionando delle cinghie in cuoio con fibbia e supporti in legno, come nella realtà, a sostegno dei due contenitori presenti sui lati della panca di guida.
Il telaio In considerazione del fatto che quasi tutto il telaio risulta nascosto, ho deciso di modificare solo la sua parte posteriore che rimane in vista, aggiungendo anche il tubo di scarico. Il secondo intervento di rilievo fatto sul telaio è quello che prevede di restituire al modello una sospensione posteriore e quindi la “indipendenza” delle quattro ruote posteriori rispetto al terreno sottostante, così da renderlo più realistico quan-
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do si trova appoggiato su un terreno sconnesso. L’operazione prevede di salvare la finta sospensione presente, dandone al veicolo una nuova e invisibile. Per fare questo ho fissato con dei perni saldati la sospensione originale al telaio retrostante, così da renderla indipendente dalle ruote; ho poi inserito nello spazio tra le ruote due aste, anch’esse saldate al telaio, su cui far lavorare dei braccetti snodati collegati agli assali. Una volta collegati i braccetti agli assali ho segato questi staccandoli dal telaio; adesso ogni ruota risulta indipendente dalle altre. Ho previsto quindi un cavallotto di “fine corsa” per limitare l'escursione e inserito 4 molle a lamella per creare
l’effetto “sospensione”. Il lavoro si è concluso con l’aggiunta nelle sospensioni di alcuni dettagli di arricchimento.
Il cassone Francamente non pensavo che avrei dovuto lavorare così tanto! L’idea era quella di utilizzare i legni originali, ma mi sono reso conto che le assi erano tutte slegate e tenute assieme da strisce di metallo che nel veicolo vero non esistevano. Eliminando le strisce, i legni andavano per conto loro. Ho quindi deciso di buttare tutto e rifare le sponde utilizzando dei pannelli di legno da 5 mm sui quali ho inciso le fughe delle tavole. Eliminate le tavole ho notato che gli sportelli posteriori – su cui avevo dovuto rifare completamente il sistema di cernie-
ra e di chiusura – lavoravano storti in quanto il pianale del cassone e i montanti non erano in asse. Ho dovuto apportare modifiche attraverso tagli e risaldature in argento, applicando anche una trave a “U” nella parte posteriore sotto il cassone come nell’originale, trave su cui si innesta la parte terminale del telaio, quella che porta i ganci di traino. Sono passato poi alla modifica dei passaruota, che mancano di un doppio gradino negativo e di un bordo esterno leggermente sporgente rispetto al cassone. Ulteriori lavori di rilievo sul cassone hanno riguardato la modifica della parete a contatto con la cabina, che deve essere verticale, e la realizzazione, abbastanza complessa, del vano porta attrezzi sul lato destro del cassone. Ho modificato rinforzi laterali, supporti delle
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centine, alloggiamento delle centine, supporti operanti delle pedane anti ostacolo poste sui fianchi del cassone e, prendendo spunto da una nota foto dell’epoca, ho aggiunto su entrambi i lati, a fianco delle ruote di scorta, due alloggiamenti per taniche di carburante di riserva, completi di catena di sicurezza. Una volta completata la modifica del telaio del cassone (ho aggiunto anche diversi particolari più piccoli come catenelle, staffe di sostegno ed occhielli ) ho voluto rivestire il suo pavimento con un sottile foglio di legno per rendere meglio la realtà e ho anche realizzato i due sportelli di ispezione posti al centro di esso. A questo punto, seguendo le indicazioni di alcune foto dell’epoca, ho arredato l’interno del cassone con legno chiaro, aggiungendo dettagli come contenitori e vani per munizioni e buffetterie e una rastregliera porta fucili. Passando all’esterno del cassone, ho modificato le pedane anti ostacolo aggiungendo alle stremità del rivestimento in lastre di rame, debitamente rastremate, realizzato ex-novo tutti i supporti per gli attrezzi in dotazione come ad esempio le cesoie e autocostruito il Notek e la targa posteriore. Il veicolo è stato verniciato nel famoso “grigio ombra” tedesco. A mano ho realizzato le insegne sul veicolo e 60
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le targhe; ho anche autocostruito il telone, per la cucitura facendomi aiutare da un'amica sarta. Ultimato il veicolo ho provveduto a usurare le ruote, effettuare un “lavaggio sporco” nei punti di usura e “infangare” il mezzo con una miscela di terra, sabbia, colla vinilica e tempera, seguita da una spolverata di residui di muratura (ottenuti facendo dei fori a trapano su dei mattoni pieni) “spruzzati” con una pompetta. Tutto il lavoro ha comportato l’impiego di circa 330 ore (diluite su tre mesi), a cui si sono aggiunte una quindicina di ore per la ricerca storica. Ho utilizzato circa 1.200 pezzi (oltre la metà autocostruiti), dei quali oltre 350 per la realizzazione del solo vano motore. In realtà, quasi il 90% del modello originale è stato
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buttato o modificato. Ora mi attende un altro compito, dare al veicolo il suo traino: La Flak 38 da 20 mm. Alla prossima puntata.
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NEWS
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CIX MODEL Super detail set Peugeot Motorcycle Scala 1/35 Art. CixM.001 www.cixmodels.com Questo detail set della Peugeot in scala 1/35 è il primo di una nuova produzione modellistica made in Italy. Il masterista, Andrea Cingolani, nostro collaboratore di vecchia data, ha abilmente creato un set che ben si adatta ai figurini con motocicletta della Meng Model (art.Hs005). Aprendo la confezione saltano subito agli occhi le piccole parti in resina gialla e soprattutto i parafanghi, ora divisi dalle ruote, e gli pneumatici della giusta dimensione e con il battistrada finemente scolpito (nel kit in plastica la scolpitura è assente). Altro particolare importante è la sostituzione della cinghia della trasmissione, che nel kit è solidale al carter mentre qui è divisa dal resto del motore ed è rappresentata come nella realtà, cioè con tutte sezioni imbullonate e non in un corpo unico e liscio. Vi sono poi anche i particolari in resina e le fotoincisioni per realizzare i due freni che agiscono sul cerchietto della trasmissione. Completano il set una serie di adesivi (non fustellati e che quindi andranno ritagliati vicino ai bordi) che rappresentano una versione civile della stessa moto, con serbatoio verde e decal bianco/rosse (la stessa rappresentata nella box art del detail set). Le resine sono ben stampate e non presentano bolle o imperfezioni, mentre le fotoincisioni sono essenziali ma complete. Nel complesso, come primo kit è un'ottima presentazione, in quanto di facile montaggio e di sicuro effetto! A.B.
DRAGON MIM-104F Patriot (SAM) System Pac-3 M901 Launching Station Scala 1/35 Art. 3563 Pamatrade Questo nuovo brand della Dragon “Black Label” si prefigge di fornire un prodotto con meno parti e nessuna fotoincisione per un montaggio semplice. La scatola propone il rimorchio di superficie M901 che trasporta la stazione d lancio dei famosi missili terra-aria Patriot. Questo kit include il trailer, la stazione di lancio e le relative attrezzature montate sul rimorchio, tra cui il gruppo di lancio e dei missili nei loro contenitori. Il kit non comprende la stazione radar che si vede sullo sfondo della box art. Il complesso appare semplice da montare; ci sono molte parti multiple. Interessante la scomposizione delle ruote, quasi totalmente in gomma con inserto in plastica. Le istruzioni in alcuni punti appaiono un po’ confuse, prima di usare la colla effettuate le prove a secco. A.B.
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RYE FIELD MODEL Bergepanzer Tiger I Sd.Kfz. 185, Italy 1944 Scala 1/35 Art. EM-5008 La famiglia dei Tiger I si allarga; dopo la “vecchia”, neanche tanto, scatola del nostro produttore nostrano, ecco che la Rye Field Model si cimenta in questo veicolo recupero sullo scafo del felino preferito dai modellisti di ogni latitudine. Onestamente, essendo un esemplare unico, da quello che so io, è fin troppo battuto; oltre a ciò, non si trattava nemmeno di un vero Bergepanzer. L’ho costruito la prima volta usando conversioni varie almeno 20 anni fa, ma, come si dice, “meglio troppo che poco”. Veniamo al modello, che a mio avviso si presenta con una plastica di colore grigio scuro ottima e facilmente lavorabile, anche se il colore così scuro non favorisce il collocamento dei pezzi più piccoli. Il numero dei pezzi è più che accettabile e quindi il dettaglio è molto buono; nel kit sono inclusi degli ottimi cingoli maglia maglia e un'ottima lastra fotoincisa, che, visto il basso costo del modello, ne accrescono notevolmente le preferenze rispetto ai concorrenti. Ho preferito comunque sostituire i cingoli con altri in metallo bianco. Le istruzioni sono veramente buone, nessun errore e lettura è abbastanza chiara; consiglio di fare solo attenzione alle parti opzionali. Sono incluse varie colorazioni, nonostante l’unicità del veicolo. Le uniche note dolenti, a mio parere, sono i cavi di traino e il cavo della gru, assolutamente da sostituire. In conclusione, premesso che al carro va assolutamente applicato lo Zimmerit, direi che abbiamo un modello molto buono, che mi sono divertito a costruire e quindi mi sento di consigliare. Graziano Zanetti
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Dizionario tecnico dei veicoli militari V
Testi: Mario Pieri e Daniele Guglielmi Disegni: Silvia Picucci e Mario Pieri Gruppo Plastimodellismo Fiorentino © Auriga Publishing S.r.l. Genova, 2016
continua dal numero precedente
Veicolo recupero (Recovery vehicle) Vedi: carro recupero.
situati sulla linea di visuale diretta dell’osservatore. Vedi: iposcopio.
Veicolo trasporto truppe (Personnel carrier) Vedi: trasporto truppe corazzato.
Volante (Steering wheel) Parte del sistema di sterzatura di un veicolo. Permette al manovratore di applicare una forza che sarà trasferita agli organi di trazione (normalmente le ruote) per poter cambiare direzione. Di solito ha forma circolare ad anello ed è fissato tramite una o più razze a un piantone (steering column) per una agevole ed efficace applicazione di detta forza. È detto altresì sterzo, mentre il termine volano non è sinonimo poiché indica un differente organo meccanico. I volanti possono servire anche per manovrare o frenare macchinari, armi pesanti, strumenti e altri apparati; spesso sono di dimensioni ridotte e vengono pertanto detti volantini (handweel, crankle): per esempio, nei pezzi d’artiglieria possono esistere il volantino di elevazione, quello di brandeggio e quello di livellamento del piedistallo. Nota. Nei cingolati la sterzatura con il volante circolare è poco comune, infatti si utilizzano prevalentemente organi di direzione comandati da leve (dette frizioni di sterzo) che bloccano o fre-
Verricello (Winch) Macchina utilizzata per il traino o il sollevamento di carichi, composta da un tamburo che ruota su un asse orizzontale e una corda, una catena o un cavo metallico (towing cable) che si avvolge attorno a esso. La rotazione del tamburo avviene sfruttando l’energia di un motore (a scoppio, idraulico, pneumatico, elettrico) oppure di origine manuale. È così possibile muovere un peso usando una forza minore di quella che sarebbe necessaria semplicemente tirando la corda. Il verricello può venire montato su un autocarro, una camionetta, un trattore o un altro automezzo, perlopiù in posizione frontale o sul retro; in questo caso la sua funzione basilare è quella di trainare un altro veicolo o un peso, oppure l’autorecupero, agevolando il superamento di ostacoli da parte del mezzo stesso (ad esempio, è più facile uscire da un terreno impantanato usando il verricello e il cavo agganciato a un albero o anche venire fuori da un fossato con lo stesso metodo). Nota. Il termine argano è usato come sinonimo, ma secondo alcuni dovrebbe invece riferirsi a un apparecchio più grande e che può essere ad asse verticale oltre che orizzontale. Vedi anche: carro recupero.
Il potente verricello montato nella parte anteriore di un LMV Lince.
Vetronica (Vetronics) Termine composto da veicolo e da elettronica, indica genericamente tutti i moderni dispositivi elettronici integrati a bordo di un veicolo; equivale all’avionica dei velivoli. In ambito militare, la vetronica può prevedere la connessione in rete dei dispositivi all’interno di un’architettura netcentrica. Visore prismatico (Vision block) Strumento ottico che permette, mediante l’uso di prismi e specchi, l’osservazione di oggetti non 155/16
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nano uno dei cingoli facendo al contempo avanzare l’altro; alcuni di tali mezzi hanno altresì manubri di tipo motociclistico oppure sterzi di forma non circolare. Negli aeromobili il volante è sostituito dalla cloche o barra di comando (yoke), ma alcuni esemplari di grandi dimensioni impiegano un volantino di guida. Nota storica. Nell’Italia degli anni Trenta e Quaranta, con batteria volante si intendeva una piccola formazione di artiglieria altamente mobile, almeno per gli standard dell’epoca. Volata (Muzzle) Parte terminale della canna da cui fuoriesce il proietto. L’estremità vera e propria è detta vivo di volata mentre l’apertura è chiamata bocca. La volata può essere dotata di elementi tecnici particolari, ad esempio il freno di bocca (che devia i gas di uscita per ridurre l’effetto di rinculo e di impennata), il parafiamma (che limita l’effetto visivo dello sparo), il silenziatore (solo per le armi da fuoco portatili). La velocità alla bocca viene misurata (in maniera empirica oppure tramite strumentazione elettronica, a volte montata sulla stessa canna) per differenziare le armi e le relative munizioni. Volta corretta, volta semplice Vedi: sterzatura. _________________________________ Z Zimmerit Particolare tipo di protezione addizionale utilizzata dai tedeschi sui carri armati e sui loro derivati (come gli Sturmgeschütz) nel corso della seconda guerra mondiale. Era costituita da un rivestimento in pasta atto a contrastare le mine anticarro magnetiche e adesive. La sua funzione era quella di rendere difficile l’aderenza di tali ordigni; l’effetto era ottenuto grazie allo strato steso in modo adeguato sulla corazzatura del mezzo che limitava sensibilmente l’attrazione dei magneti, formando inoltre un rivestimento irregolare che riduceva la superficie su cui sia le mine magnetiche sia quelle adesive potevano fare presa. La Zimmerit era stesa direttamente in fabbrica, mentre sui mezzi corazzati già in servizio era spalmata sul campo; per questo esistono differenti schemi di applicazione. Il suo disegno cambiava a seconda della fabbrica, dell’officina o 66
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Uno tra i tanti disegni di Zimmerit osservati sui corazzati tedeschi, qui su un Panther comando in Italia.
dello strumento utilizzato nella stesura; spesso si è in grado di identificare lo stabilimento dal quale il mezzo era uscito osservando la trama della pasta. Nota storica. Nonostante la quantità di fotografie d’epoca che riproducono carri armati dotati di Zimmerit, il suo uso effettivo si limitò a pochi mesi: tra l’agosto 1943 e il settembre 1944, quando arrivò l’ordine di sospenderne l’applicazione a causa di alcuni rapporti provenienti dal fronte, nei quali si paventava il pericolo di incendio della pasta quando colpita. In breve tempo fu chiaro che tale asserzione non corrispondeva a verità, ma la Zimmerit non venne comunque più utilizzata allo scopo di risparmiare tempo e manodopera, sempre più preziosi nella Germania di fine guerra. Del resto, i nemici (al pari degli stessi tedeschi) stavano impiegando armi controcarri più efficaci e sicure rispetto alle mine magnetiche, come i lanciarazzi. Nota. La reale composizione della Zimmerit è sconosciuta, ma analisi eseguite dagli angloamericani su alcuni campioni diedero come risultato: 40% solfato di bario (BaSO4 – polvere non solubile in acqua e non infiammabile), 25% polivinilacetato (PVAc – praticamente, colla vinilica per legno), 15% pigmento giallo-ocra (per la colorazione), 10% solfuro di zinco (ZnS – anch’esso non solubile in acqua e non infiammabile), 10% segatura. Altre fonti citano composizioni leggermente diverse, confermando che furono verosimilmente utilizzati componenti di facile reperibilità e provenienti dall’industria delle vernici e dei rivestimenti. Il vocabolo tedesco non è al femminile, ma in italiano si può usare tale genere (“la” Zimmerit) intesa come “pasta (amagnetica)”.
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