Settecento Riformatore - vol 2 - La chiesa e la repubblica dentro i loro limiti : 1758-1774 [2] [PDF]

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Zitiervorschau

Franco Venturi

Settecento riformatore II

La chiesa e la repubblica dentro i loro limiti 1 75 8-1 774

Copyright ©

1976

Giulio Einaudi editore s. p. a., Torino

Giulio Einaudi editore

Indice

p. xi xv

Prefazione Elenco delle abbreviazioni

Settecento riformatore II I. «De lle cose del Portogallo » II. « Sur la déstruction des Jésuites en France» 44 III. L'esempio spagnolo iv. L'Italia anticuriale: Genova e Torino 65 v. L'Italia anticuriale• Milano, Firenze, Modena 86 vi. L'Italia anticuriale: Venezia 1o1 163 vii. L'Italia anticuriale: Napoli 185 viii. Santa Fede e mano morta 214 ix. Parma e l'Europa x. «La chiesa e la repubblica dentro i loro limiti» 237 25o XI. « Di una riforma d'Italia » 326 xii. Anticlimax 3

30

343

Indice dei nomi

Elenco delle illustrazioni

1. Cacciata dei gesuiti dal Portogallo. 2. Il padre Malagrida in carcere. 3. I tre gesuiti accusati di regicidio. 4. Cronaca figurata dell'attentato al re del Portogallo. 5. L'arrivo nello Stato Pontificio degli esuli gesuiti. 6. Le armi dei gesuiti. 7. Sant'Ignazio di Loyola, flagello dei demoni. 8. Clemente XIII. 9. La statua di papa Rezzonico al Prato della Valle. io. Il gesuita Francesco Pepe. r r. La verità difesa col disvelarsi, opera di propaganda gesuitica. 12. I traffici commerciali internazionali dei gesuiti. 13. La banca romana d'iniquità. 14. Dichiarazione del re del 6 agosto 1761.

15. I gesuiti cacciati dalla Francia. i6. L'opera del Parlamento parigino contro i teologi gesuiti e i collegi della Compagnia. 17. La giustizia armata difende i giovinetti. 18. Il cielo assicurato a tutti gli scolari dei gesuiti. 19. Piazza San Marco di Canaletto (particolare). 20. L'uomo di Diogene: Paolo Sarpi. 21. Memorie anedote di F. Paolo Servita, di Francesco Griselini. 22. I magistrati veneziani pongono un argine all'avidità dei gesuiti. 23. Nobili ed ecclesiastici veneziani sotto la guida dei teologi gesuiti. 24. La giustizia e la verità prevalgono sulle tradizioni monastiche. 25. «Ubi sunt divitiae multae, multi et qui comedunt eas ». 26. Il diritto divino dei vescovi. 27. Autorità legittima de' vescovi e de' sovrani.

28. La monaca per forza.

x 29. 3o. 31. 32.

Elenco delle illustrazioni Ericia o La vestale, dramma di Fontenelle. Il matrimonio di fra Giovanni, commedia di Carlantonio Pilati. Il variopinto mondo dei regolari veneziani in un quadro di Pietro Longhi. La battaglia dei cavalieri e dei frati illuminata da lla nuda ragione.

Ragionamento intorno a' beni temporali posseduti dalle chiese, dagli ecclesiastici, di Montegnacco. 34. Il diavolo suggeritore degli ecclesiastici. Confermazione del Ragionamento intorno ai beni temporali delle chiese, di 35. Montegnacco. 36. Chierici e laici debbono contribuire al bene dello stato. 37. Mamachi, cane latrante, viene colpito dai riformatori. 38. La Compagnia di Gesú riceve un colpo dopo l'altro dai monarchi europei. 39. Clemente XIV a cavallo. 4o. Il papa Ganganelli sopprime la Compagnia di Gesú il 21 luglio 1773. 41. La Congregazione cardinalizia per l'esecuzione del Breve di soppressione della Compagnia di Gesú. 42. Medaglie coniate per papa Ganganelli. 43• Gli stati cattolici d'Europa uniti contro i gesuiti. 44• Bibliotheca Loiolitica. 45. Il funerale di Lorenzo Ricci.

Prefazione

33.

Il mutare e il trasformarsi dei rapporti tra chierici e laici nel nostro primo Cinquecento, quale risulta dal noto ed esemplare saggio di Carlo Dionisotti , costituisce il lontano, ma necessario punto di partenza della presente ricerca. Due secoli dopo, all'aprirsi del secondo Settecento, il processo inverso, quello della declericalizzazione dell'Italia, entrava in una fase decisiva. Con gli anni sessanta del xviu secolo, e phi precisamente tra i1 L758 _e il 1774, la laici77azione della cultura e de lla scuola, il sempre maggior distacco delle classi colte dalle credenze e superstizioni tradizionali, la liquidazione del piú importante ordine della Controriforma, la Compagnia di Gesú, le limitazioni e i controlli imposti agli altri ordini religiosi, i ripetuti tentativi di limitare e di intaccare i beni del clero, la riaffermata autonomia dei governi dalla curia papale, la sempre piú ardita polemica illuminista confluivano in un unico moto riformatore, tanto impetuoso da ottenere risultati irreversibili, non piú cancellati neppure pdalla stanchezza e dalla reazione che pur finirono col raffrenarlo al i a ei primi anni settanta. Ben furono coscienti i contemporanei che un punto di riferimento a monte era proprio la crisi italiana del Cinquecento, lo scoppio della riforma protestante e l'appesantirsi della Controriforma. A uomini e cose di quell'epoca essi fecero continuo riferimento. Ma seppero pure, con altrettanta chiarezza, che si trattava di un rapporto di opposizione, d'un illuminante contrasto storico, non d'una continuità. La loro riforma, la loro rivolta contro Roma non era piú quella di Lutero e di Calvino. La loro cultura, la loro politica erano ormai profondamente diverse. Cercarono una strada propria, quella della «riforma d'Italia», come diceva Pilati, o quella di fissare finalmente, come voleva Cosimo Amidei, «la chiesa e la repubblica dentro i loro limiti». La virtualità protestante è spesso presente in questo moto, tanto che da lontano, dall'Inghilterra, poté parere che gli italiani stessero compiendo con mezzi diversi e piú umani, senza guerre e senza roghi, quella trasformaChierici e laici, in Geografia e storia della letteratura italiana,Torino 1967, pp. 55-88.

Prefazione

zione che i loro antenati avevano invano tentata due secoli prima. Ma si trattava appunto di virtualità, di raffronti, magari di tentazioni. In realtà il moto riformatore settecentesco ha la sua propria logica intrinseca, lontana ormai da quella cinquecentesca. In questa ricerca non è possibile, ed è un peccato, seguire Carlo Dionisotti nel solido impianto biografico e statistico del suo lavoro, dove, da buon capitano, egli mostra conoscere uno per uno i suoi soldati, ma li manovra poi a plotoni. Non che anche nel Settecento l'elemento decisivo, in ultima analisi, non sia l'azione e la reazione del singolo (e di scorci e schizzi biografici ho abbondato nelle pagine che seguono). Non che, anche nel secolo xviu, non si possano rilevare de lle tendenze generali che portano gruppi interi a conformarsi a vecchie e nuove forme di organizzazione religiosa e politica (ed ho perciò cercato di penetrare nelle penombre dei senati delle arcaiche repubbliche e magari nelle ombre dei chiostri e delle chiese). Ma la situazione era profondamente mutata. Innanzitutto nel rapporto con l'Europa. L'impulso al moto riformatore che venne negli anni sessanta dal Portogallo, da ll a Francia, dalla Spagna e anche dal mondo tedesco fu fondamentale. L'Italia d'allora era phi calata nell'Europa del suo tempo di quanto non lo fosse stata nel Cinquecento. Tutta la prima parte del presente volume è dedicata appunto a conoscere e a commisurare, con la maggior precisione possibile, attraverso traduzioni, recensioni e catene di trasmissione di pensieri e di notizie, un simile rapporto. In secondo luogo, all'interno stesso dell'Italia, la compartimentazione, la regionalizzazione domina il processo tutto intero, con una forza e con un ritmo ormai ben diverso da quello di due secoli prima. Cercare di narrare la storia del moto riformatore degli anni sessanta del Settecento è in realtà un caso estremo delle difficoltà che incontra chiunque voglia scrivere storia d'Italia, se pur intende, come è suo dovere, cogliere í caratteri comuni a tutta la penisola in un determinato momento senza per questo nascondere o distruggere la straordinaria varietà de lle situazioni locali, delle iniziative, delle originalità d'ogni singola città e regione, stato e borgo, università e laboratorio. L'epoca qui studiata tuttavia, bisogna riconoscerlo, viene in qualche modo in aiuto allo storico: gli elementi riformatori che pullulano al Nord e al Sud, all'Ovest e all'Est finiscono col confluire in un alveo comune e trovano uno sbocco nel duello, che non è italiano soltanto, attorno al ducato di Parma e allo Stato pontificio dell'età di Clemente XIII e di Clemente XIV. La cronaca stessa degli avvenimenti e delle discussioni porta ad un punto comune, ad un incontro delle idee e dei propositi germinati a Venezia e a Napoli, a Genova e a Milano. Ma si tratta pur sempre d'una confluenza e non d'una completa

Prefazione

xui

fusione. Nel seguire questi avvenimenti, che sembrano sfuggire ad ogni sintesi statistica, non mancheranno perciò i salti geografici e cronologici, nonché le ripetizioni e i ritorni indietro. Un terzo elemento, d'importanza essenziale, contribuisce a differenziare la situazione qui studiata da quella con tanta energia definita da Carlo Dionisotti. Nel Settecento siamo di fronte ad una riforma, non soltanto perciò ad un mutare di istituzioni e di rapporti sociali e politici, quanto pure, e soprattutto, ad un cambiare di segno, di valore e d'importanza delle forme e delle forze ereditate dal passato. Diventar prete o frate o vescovo nel Cinquecento è cosa diversa del divenirlo nel secondo Settecento perché è mutata e sta mutando profondamente il significato e la funzione della chiesa nello stato e nella società. Le tanto significative statistiche di Carlo Dionisotti devono lasciare il posto all'analisi, e magari alla cronaca dei conflitti e dei contrasti che portarono, nel giro di pochi anni, ad una trasformazione fondamentale nei rapporti tra chierici e laici. La vera sintesi, come accade, si ritrova nell'individuo. Spero che i capitoli dedicati al padre Mamachi e ai suoi avversari, cosí come a Carlantonio Pilati, a Cosimo Amidei e a Clemente XIV ricondurranno alla fonte stessa di quello che fu il moto di riforma illuministica degli anni sessanta e, contemporaneamente, all'origine di quel torbido e impetuoso fiume che già allora cominciò a chiamarsi della Santa Fede. Siamo, ne sono persuaso, ad uno spartiacque della nostra storia. Gli ostacoli che si frappongono alla ricerca su questo periodo non sono pochi, almeno per chi, come il sottoscritto, tra chierici e laici, tra religione e lumi non prova, nella sua scelta, la minima esitazione. Gran parte invece di questa storia è stata scritta da altri dal punto di vista esattamente opposto. E cosí tocca allo studioso del Settecento convivere a lungo con l'insopportabile barone Ludwig von Pastor, nonché con le uggiose e spesso velenose «Nouve lles ecclésiastiques » e magari con piú accademici e phi ragionevoli, ma talvolta non meno aridi e teologizzanti moderni studiosi e riesumatori del giansenismo settecentesco. L'assidua frequentazione di tutti costoro induce a pensare che se Clemenceau aveva ragione di dire che la guerra era cosa troppo seria per essere lasciata nelle mani dei generali, altrettanto esatto sarebbe affermare che i moti religiosi del passato sono storicamente troppo interessanti per essere lasciati in mano agli uomini pii e debbono essere legittimamente restituiti agli storici della vita morale e politica. Per dichiarare quanto invece ho imparato dagli attuali studiosi del nostro Settecento religioso ed ecclesiastico — e mi basterà ricordare il nome di Ettore Passerin d'Entrèves — avevo pensato aggiungere una sia pur breve nota bibliografica. Uno dei migliori

xiv

Prefazione

tra i plu recenti indagatori di questi problemi, Mario Rosa, ha nel frattempo provveduto nel suo agile libretto su Politica e religione nel '700 europeo, apparso a Firenze nel 1974 e ad esso mi è ora possibile rimandare il lettore. Una terza parte di questo Settecento riformatore, che andrà da lle grandi carestie all'aprirsi della rivoluzione francese spero varrà a dimostrare quanto fosse utile, necessario anzi, passare attraverso lo studio dei moti giurisdizionali, anticuriali e anticlericali degli anni sessanta. Come in Europa, anche in Italia fu quella l'età di transizione tra i progetti e le effettive grandi riforme degli ultimi decenni del secolo. Da noi la presenza del papato e la pesante eredità della Controriforma imposero di passare attraverso una lunga, complicata, dispersa fase di conflitti tra stato e chiesa. Quel che emerse negli anni settanta e ottanta sarebbe incomprensibile senza la « riforma d'Italia», senza la breve ma intensa età di Carlantonio Pilati. Non ho dubbi sull'importanza di quel quindicennio e sull'opportunità, onde meglio intendere il nostro secolo dei lumi, di ripercorrerne minutamente i dibattiti e le vicende. Grandi dubbi ho invece d'esserci riuscito. Alla fine del lavoro, cos. come al suo inizio, non posso che rifarmi al punto di partenza e di raffronto che avevo scelto, ai chierici e laici di Carlo Dionisotti. A lui dedico questo volume, con riconoscenza, ammirazione e amicizia. Ringrazio Giulio Einaudi d'aver voluto ornare anche questo volume d'una documentazione fotografica che, ne sono convinto, servirà grandemente a far meglio intendere quella stagione della storia italiana.

Elenco delle abbreviazioni

Archivio. A Archivio di stato. AS Biblioteca. B Biblioteca nazionale. BN PRO Public Record Office. m. v. more veneto. Le seguenti opere sono indicate in forma abbreviata, come segue: DBI Dizionario biografico degli italiani, Enciclopedia Italiana, Roma. DNB Dictionary of national biography, Londra. VON PASTOR, Storia dei papi LUDWIG VON PASTOR, Storia dei papi dalla fine del Medio Evo, Desclée e C., r6 vo ll ., Roma 1910-54. Riformatori

Illuministi italiani, vol. 46 della collana «La letteratura italiana. Storia e testi», Ricciardi, Milano-Napoli 1958-65.

Tomo III: Riformatori lombardi, piemontesi e toscani, a cura di Franco Venturi. Tomo V: Riformatori napoletani, a cura di Franco Venturi. Tomo VII: Riformatori delle antiche repubbliche, dei ducati, dello Stato pontificio e delle isole, a cura di Giuseppe Giarrizzo, Gianfranco Torcellan e Franco Venturi.

Le riviste italiane schedate nella Bibliografia storica nazionale e quelle straniere schedate nella International bibliography of historical sciences sono indicate con le abbreviazioni in uso in tali bibliografie e cioè: Agric. hist. Agricultural history. Berkeley, Cal. A. Scuola norm, sup. Pisa Annali della Scuola normale superiore di Pisa. Lettere, storia e filosofia. Pisa.

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Elenco delle abbreviazioni

Annu. Ist. stor. ital. età mod. e contemp. Annuario dell'Istituto storico italiano per l'età moderna e contemporanea, Roma. Arch. stor. ital. Archivio storico italiano fondato da G. P. Vieusseux e pubblicato dalla Deputazione toscana di storia patria. Firenze. Arch. stor. lombardo Archivio storico lombardo. Giornale de lla Società storica lombarda. Milano. Arch. stor. prov. napoletane Archivio storico per le province napoletane. Pubblicato a cura della Società napoletana di storia patria. Napoli. Arch. stor. prov. parmensi Archivio storico per le province parmensi. Deputazione di storia patria per le province parmensi. Parma. Arch. stor. tic. Archivio storico ticinese, Bellinzona. Arch. veneto Archivio veneto. A cura della Deputazione di storia patria per le Venezie. Venezia. Ateneo veneto Ateneo veneto. Rivista di scienze, lettere ed arti. Venezia. A. Ist. ven. sci. lett. ar . Atti dell'Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, Venezia. Atti M. Dep. stor. p. antiche prov. modenesi Deputazione di storia patria per le antiche province modenesi. Atti e memorie. Modena. B. Soc. studi valdesi Bollettino della Società di studi valdesi. Torre Pellice. B. stor. bibliogr. subalpino Deputazione subalpina di storia patria. Bollettino storico bibliografico subalpino. Torino. B. stor. Svizzera ital. Bollettino storico della Svizzera italiana, Bellinzona. G. stor. letter. ital. Giornale storico della letteratura italiana. Torino. Lett. ital. ' Lettere italiane. Firenze. Misc. stor. ital. Miscellanea di storia italiana, Torino. Rass. lett. ital. La Rassegna della letteratura italiana. Firenze. Rass. arch. stato Rassegna degli archivi di stato, Roma.

Elenco delle abbreviazioni Rass. stor. Risorg. Rassegna storica del Risorgimento, Roma. Riv. stor. chiesa Italia Rivista di storia della chiesa in Italia, Roma. R. stor. ital. Rivista storica italiana. Torino-Napoli.

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Settecento riformatore u. La chiesa e la repubblica dentro i loro limiti 1758-1774

Capitolo primo «Delle cose del Portogallo»

Neppur da un amico si accetta volentieri l'avviso «che abbiamo il vestito sdrucito ». « Il sentire che uno ci vuol riformare ci dispiace subito». Carica dell'oscuro pericolo di nuovi obblighi e di nuovi «legami», ogni riforma ci appare dapprima come una minaccia. Cosí, alla soglia degli anni sessanta, scriveva un anonimo commentatore delle notizie che, sempre pii insistenti, giungevano dal Portogallo '. Nella quiete che dominava tanta parte dell'Italia alla fine degli anni cinquanta l'eco di quel che stava accadendo a Lisbona portava una nota nuova, che inquietava e incuriosiva. Impressionante la quantità di fogli e libretti che vennero allora, sempre piú frequenti, a fornire informazioni e commenti. Circolarono largamente nel 1759 le versioni italiane dei decreti e manifesti del governo portoghese, presentati come se fossero stampati a Lisbona, talvolta con lo stemma reale e sempre con l'evidente intenzione di far capire che si trattava d'una propaganda ufficiale 2 . Numerosissimi i commenti, gli opuscoli scritti da italiani o tradotti. Già nel 176o gli editori si preoccupavano di mettere insieme questa immensa letteratura. Nacque cosí la Raccolta di opuscoli curiosi e interessanti intorno gli afta' Critica di un romano alle Riflessioni del portoghese sopra il memoriale presentato dalli pp.

gesuiti alla santità di papa Clemente XIII, distesa in una lettera mandata a Lisbona, Genova (Venezia ) 5759, p. 1 4 (cfr. il permesso del 14 gennaio 2759 all'editore Pietro Bassaglia, VENEZIA, AS, Ri-

formatori dello Studio di Padova 336). 2 Cfr., ad esempio: Breve relazione della repubblica che i religiosi gesuiti delle provincie di Portogallo e di Spagna hanno stabilito nei domini ultramarini delle due monarchie..., in Lisbona e in Madrid 5758, con in appendice la Deduzione abbreviata degli ultimi fatti e procedure de' religiosi gesuiti di Portogallo e degli intrighi macchinati da essi nella corte di di [sic] Lisbona; Lettera circolare di S. M. Fedelissima a S. A. R. l'arcivescovo di Braga primate..., per ordine di S. M. F., nella stamperia di Michele Rodriguez, stampatore dell'eminentissimo sig. Cardinale, Lisbona 2759; Documenti autentici emanati ultimamente per il buon regolamento de' fedelissimi stati di Sua Maestà Fedelissima, Lisbona, nella segreteria di stato degli affari del regno li 3 settembre 1759 (secondo il «Giornale gesuitico», tomo I per servire all'anno 1759, Sebasti an o Poletti, Napoli 1760, p. 53, due ne furono le edizioni, «una par di Roma, l'altra è della stamperia Giovannelli in Pisa»); Editto di

S. M. F. il re di Portogallo per cui si aboliscono le scuole minori de' gesuiti e si proibisce il loro metodo d'insegnare e se ne prescrive uno nuovo, nella stamperia di Michele Rodriguez, Lisbona 1 759; Ristretto del processo e sentenza emanata contro gl'infrascritti rei per l'orrendo assassinio machinato ed eseguito contro la sagra persona di Sua Maestà Fedelissima Giuseppe I re di Portogallo la notte del giorno 3 settembre 1758, in Lisbona per ordine di S. M. F. 2759 («Fu questo Ristretto stampato a Roma » ed un'altra edizione a Pisa, «

n2o I , pp. 35-36 ) •

come molti altri opuscoli simili », «Giornale gesuitico », to-

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Capitolo primo

ri presenti di Portogallo, in sei tometti, con l'indicazione di Lugano, nella stamperia privilegiata della Suprema superiorità elvetica nelle prefetture italiane, 1760. «Ecco la piena e compiuta raccolta di tutti gli opuscoli che sono finora comparsi in Italia, sopra il più grande ed il pii strepitoso avvenimento che sia a' giorni nostri accaduto», si leggeva all'aprirsi del primo volumetto. «I curiosi li van cercando con somma premura...» Ma stentavano a trovarli «per esser ormai divenuti assai rari e l'eccedente prezzo a cui sono ascesi» toglieva «a non pochi il piacer di leggerli e di possederli ». Chi era lo stampatore che con tanta solerzia cercava cosí di venire incontro alla crescente richiesta del pubblico? L'indicazione di Lugano potrebbe far pensare a Giovan Battista Agnelli, ma si tratta invece di una iniziativa dell'editore veneziano Paolo Colombani che già l'anno prima, 1759, aveva dato fuori una Raccolta di memorie, documenti e lettere pubblicate dalla corte di Portogallo intorno agli affari correnti fra la corte di Roma e la suddetta di Portogallo'. Sempre nel 1760 vedeva la luce un'altra serie di tometti intitolata Delle cose del Portogallo rapporto a'p.p. gesuiti, anche questa «in Lugano». Era anch'essa in realtà impresa veneziana. «Non può esprimersi il gradimento del pubblico a favore del signor Bettinelli... Egli è stato quel soggetto si utile al mondo che ha pensata ed eseguita la più rispettabil raccolta di opuscoli gesuitici che potesse mai farsi» 2 . Anche Bettinelli insisteva sull'« avidità straordinaria che si è osservata non solamente in altri paesi, ma ancora nella nostra Italia di andare in traccia delle notizie più sincere ed esatte e procacciarsi, eziandio a caro prezzo, tutti quei libri, scritture, lettere, relazioni, documenti, ecc. che si sono pubblicate su tal soggetto in Lisbona e altre città del re fedelissimo, in Spagna, in Francia ed altri luoghi, per intendere ed accertarsi della verità intorno affari si gravi e interessanti». «Migliaia e migliaia di esemplari» di questi opuscoli erano cosí andati ovunque diffondendosi'. AS, Riformatori dello Studio di Pados. 1. n. d. (Il permesso è del 9 gennaio 1759, VENEZIA, Deduzione di fatto e di ragione, uno dei pii tipici va 336). In questa Raccolta, pp. 31 sgg. stava la documenti de ll a politica di Pombal. Giornale gesuitico», tomo II, per l'anno 1760, 1761, p. 191. Anche questo «Giornale» usci2 « va dai torchi di Giuseppe Bettinelli o, in ogni caso, venne da lui ristampato. Cfr. VENEZIA, AS, Ridi CAformatori dello Studio di Padova 336, 16 aprile 1761. Su di esso vedi l'articolo fondamentalea, che Il «Giornale gesuitico», in «Arch. stor. tic. », anno vII (marzo 1966), p. LISTOCADER,

in realtà una ampia indagine sulle pubblicazioni antigesuitiche all'inizio degli anni sessanta. Il dotto Gaspare Patriarchi, scrivendo all'amico Giuseppe Gennari, da Venezia, il 6 agosto 1760, lo diceva stampato « in Lucca con data di Napoli» ed aggiungeva trattarsi di una pubblicazione «di mano maestra... in ogni pagina c'è il midollo» (PADOVA, B. del Seminario arcivescovile, Mss. 618). Delle cose del Portogallo rapporto a' pp. gesuiti, nella stamperia privilegiata della Suprema superiorità elvetica nelle prefetture italiane, Lugano 1760, vol. I, Avviso del libraio, p. III. Dodici furono i tometti di questa silloge pubblicati nel 1760. L'anno seguente, usciva una Raccolta di varie scritture e documenti sugli affari presenti dei pp. gesuiti, Giuseppe Bettinelli, Lugano-Venezia 1761. Nel 1765 la prima collana venne riedita col titolo Delle cose del Portogallo e della Francia

« Delle cose del Portogallo»

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Una terza pubblicazione a puntate riguardante gli avvenimenti del Portogallo aveva cominciato ad uscire nel 176o. Portava l'indicazione di Berna, ma era in realtà pubblicata dal libraio Pietro Bassaglia, «in Merceria di S. Salvatore, al segno della Salamandra, in Venezia»'. Di grosso formato, stampata su due colonne, si presentava come una raccolta di letture sugli avvenimenti in corso, una sorta di periodico in forma epistolare. Era una libera versione delle Nouvelles intéressantes au sujet de l'attentat commis le 3 septembre 1758 sur la personne de Sa Majesté Très Fidèle, le Roi du Portugal, che il padre Viou era andato pubblicando aarigi P a pr arti dal e 1759 2 Già ne l 1760 l 'edito r e veneziano Antonio Zatta, messosi al servizio dei gesuiti, contava pii di settanta opuscoli e libri ispirati dagli avvenimenti portoghesi. «Del solo libro della repubblica del Paraguai — diceva rapporto a' pp. gesuiti e loro espulsione perpetua da questi regni o sia Raccolta de' pii scelti monumenti, novamente riordinati e ristampati su quest'importante sogetto, e ve ne sarà aggiunti di unovi, opera fln'ora ridotta in vol. 18, Giuseppe Bettinelli, Lug ano-Venezia. L'editore, a quanto ci assi-

curano le «Nouvelles ecclésiastiques a del 18 luglio 1763, p. 120 aveva lanciato queste sue imprese sotto la protezione di Marco Foscarini, il celebre politico e letterato veneziano. Certo Bettinelli fini coll'essere considerato a Roma come uno « scandaloso stampatore». Cfr. i Verbali delle riunioni del S, Uffizio, fasc. I , 1764-67, f. 227 (ROMA, B. Corsiniana, 2 555, 1 ). Gli stampatori Agnelli di Lugano dovettero difendersi dalle accuse mosse loro dai rappresentanti d'Uri e di Lucerna di aver pubblicato le collane di Bettinelli e di Colombani. In un loro memoriale spiegavano di saper benissimo dell'esistenza di queste opere. « Ci siam ciò non ostante rattenuti dal farne pubblica doglianza per non aémbrare che in tutto condannassimo le predette edizioni, varie delle quali, per l'autorevole origine che hanno, ci pregiam noi pure di avere in questo nostro negozio ». Protestarono soltanto quando anche l'editore veneziano Antonio Zatta si permise di servirsi dell'indicazione di Lugano per uno scritto favorevole ai gesuiti. Evidentemente, dicevano, « la coperta della stamperia di Lugano si fa servire da alcuni stampatori veneziani come le statue di Pasquino e Marforio in Roma per affibiarie quanto si vuole ». Il memoriale degli Agnelli è pubblicato da EMILIO MOTTA, La tipografia

degli Agnelli in Lugano (1746-1799) con alcuni accenni sullo sviluppo della stampa nel Cantone Ti-

cino, in «B. stor. della Svizzera italiana», anno iv, n. 1 (gennaio 1882), pp. 8-9. Sugli opuscoli antigesuiti effettivamente stampati dagli Agnelli vedi un altro loro memoriale del 2759, ibid., n. II (novembre 188z), pp. 277 sgg. t Novelle interessanti in proposito degli affari del Portogallo e dell'attentato commesso a' tre .settembre 1758 sulla sagra e real persona di S. M. Fedelissima Giuseppe I, traduzione dall'originale

francese, nella stamperia della Suprema reggenza elvetica, Berna 1760, tomo I, p. vIII. Il permesso era del 23 dicembre 2760 (VENEZIA, AS, Riformatori dello Studio di Padova 336). 2 Fin dall'inizio i rimaneggiamenti furono numerosi per tutto quanto riguardava l'Italia. Si veda, ad esempio, la V' suite des nouvelles intéressantes, corrispondenza da Roma del 16 febbraio 2 759 e vol. I, pp. 102 sgg. della versione italiana con la stessa data. Nuovo era tutto quanto ci si diceva del libro che Griselini aveva allora pubblicato su Paolo Sarpi. Similmente per quel che riguarda le pagine concernenti Muratori nel vol. II, pp. 48 sgg., corrispondenza da Vienna del 26 settembre 1 759, che mancano nella XI' suite des nouvelles intéressantes, pp. 8 sgg. Completamente mutata è la corrispondenza da Roma dell'8 settembre 1758 (vol. II, pp. 94 sgg. e XII' suite des nouvelles intéressantes,

pp. 13 sgg.). Mano mano che si procede le differenze si accentuano. Il volume III è largamente indipendente dal testo francese. (Cfr., ad esempio, pp. 45 sul conflitto tra Genova e la Curia a proposito della Corsica e le corrispondenti notizie da Romasgg. del 24 giugno 176o della XIX` suite des nou velles i ntéressantes, pp. 14 sgg.). L'editore veneziano aggiunge poi, ovunque gli è possibile i documenti originali e fornisce i documenti in extenso. In genere, il confronto tra l'originale` francese e la versione italiana dimostra il rapido, impetuoso accrescersi ed allargarsi della curioBi tà veneziana per tutto quanto riguardava i gesuiti e i conflitti con la chiesa romana. Il terzo volume della versione si ferma alla ventesima lettera francese. Il libraio Bassaglia chiese ed ottenne il permesso di pubblicare un quarto volume di questa raccolta il 23 gennaio 1763 (m. v. e cioè 1764) 'VENEZIA, AS, dello Studio di Padova 337). Esso vide la luce soltanto nel 1768. L'inviato napoletan o aRiformatori l'offriva a Tanucci l'Ir settembre di quell'anno (NAPOLI, AS, Affari esteri 168). Ma non mi Bologna è stato dato ritrovarne un esemplare.

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«Delle cose del Portogallo»

Capitolo primo

— ho appreso di sette edizioni. Sappiamo che d'un solo di questi libercoli si sono tirati in una edizione quattro mila copie». Calcolava che, se questa era la media, già avevano visto la luce «300 000 esemplari» d'una simile pubblicistica'. Questa letteratura antigesuitica, tanto largamente di ff usa in Italia, varcò in grande quantità le Alpi, tanto nella lingua originale che in traduzione 2. Una simile avida curiosità per tutto quanto stava accadendo in Portogallo era indubbiamente sintomo d'inquietudine e di nascente volontà di riforme. Preoccupazioni religiose, contrasti ed odi teologici, passioni curiali ed anticuriali ricopersero, velarono, ma non nascosero mai del tutto, in questa immensa ed appassionata discussione, il nocciolo politico ed economico di quanto andava in quei giorni compiendo a Lisbona l'energico ministro del re Giuseppe I, Sebastiâo José de Carvalho, conte di Oeiras, più noto col nome di marchese di Pombal, titolo che gli verrà conferito nel 177o (cosí lo chiameremo in seguito per brevità). Tentativo neomercantilistico il suo, diretto contro i privilegi dei commercianti stranieri, soprattutto inglesi e dei grandi ordini religiosi internazionali, soprattutto i gesuiti. A grosse compagnie commerciali create ed appoggiate dallo stato veniva affidata una parte importante dell'attività economica. Scuole nuove o rinnovate avrebbero avuto il compito di creare gli indispensabili quadri d'una amministrazione tecnicamente più preparata e più energica. Al centro, un potere riunito nelle mani del marchese di Pombal, impaziente d'ogni limite e d'ogni controllo. La nuova Lisbona, risorta dopo il terribile terremoto del 1755, con le sue case di stile classico e la sua razionale distribuzione dei quartieri e delle funzioni urbane, era il simbolo di questa riforma '.

I I gesuiti accusati e convinti di spilorceria, Gino Bottagriffi e compagnia, Fossombrone 176o, gesuiti in risposta agli opuscoli che in Raccolta di apologie della dottrina e condotta dei revv. pp. escono contro la venerabile Compagnia di Gesti (Antonio Zatta, Venezia 176o), vol. VI, Prefazione, inp. 3. In un altro suo opuscolo, dell'aprile 1761, Zatta, dopo aver ripetuto ancora una volta che « credibile » era «la moltiplicazione de' libelli », forniva il catalogo di 62 di essi. Cfr. Lettera giustifc

cativa di Antonio Zatta per il libro uscito sotto il suo nome nello scorso gennaio 176o intitolato Dimostrazione dell'ossequio e rispettosa venerazione avuta dai ministri di S. Santità verso la regia persona ed i ministri di S. M. Fedelissima, Antonio Zatta, Venezia 1761, pp. 63 sgg. Si veda ad esempio la Sammlung der neusten Schriften welche die Jesuiten in Portugal betreffen. Aus dem italiänischen übersetzt, Frankfurt und Leipzig 176o. Nella prefazione del primo volume il curatore diceva di voler profittare del successo ottenuto in Germania dalla versione tedesca delle Riflessioni di un portoghese e ricercava perciò opuscoli e documenti, comprese le Novelle interessanti in proposito degli affari del Portogallo. Nel 1762 appariva un « quarto ed ultimo volume » di que-

sta grossa raccolta. Cfr. JORGE BORGES DE MACEDO, Problemas de historia da indústria portuguesa no século xvili, Associaçâo industrial portuguesa, Lisboa 1936; JOSÉ-AUGUSTO FRANÇA, Une ville des lumières. La Lisbonne de Pombal, SEVPEN, Paris 1965; la voce «Pombal» di JORGE BORGES DE MACEDO, nel Dicionàrio de historia de Portugal, dirigido por Joel Serrâo, Iniciativas editoriais, Lisboa 1968, pp. E. 415 sgg.; C. R. BOXER, The Portuguese seaborne empire. 1415-1825, Hutchinson, London 1969; H. Methuen, LonS. FISHER, The Portugal trade. A study in Anglo-Portuguese commerce. 1700-1770, don 1971 (vedi soprattutto pp. 45 sgg.: la politica di Pombal è un tentativo di risposta a un declino del commercio estero portoghese, particolarmente grave negli anni sessanta e settanta, dovuto anche

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Troppo fitte erano le fila che congiungevano Lisbona a Roma, Genova, Venezia, Napoli, perché l'eco di questi avvenimenti non risonasse in ogni parte d'Italia'. A Roma si svolse la parte più drammatica del conflitto 2 . All'inizio era parso che al Quirinale e nelle cancellerie papali si intendesse acconsentire, sia pure non senza molta riluttanza, alle mosse di Pombal dirette contro i gesuiti. Era stato proprio Benedetto XIV ad adoperare per primo, sia pure usandola nella forma più tradizionale, la fatale parola, «riforma» 3 . Poi, a Roma, si era tentato, anche se invano, di opporre un argine all'irruenza del governo di Lisbona, di reagire con energia ad un sempre più largo diffondersi della propaganda portoghese. A Roma finiranno per giungere e nello Stato pontificio saranno accolti i gesuiti cacciati da Pombal `. Pur minore, sempre notevole fu l'eco di tali avvenimenti in altre città italiane. Genova fu uno dei principali tramiti ad una diminuita produzione di metalli preziosi e di zucchero in Brasile e ad una contrazione delle importazioni (gr an o, tessuti) dall'Inghilterra. Il governo britannico attribuiva questa decadenza alla politica economica di Pombal); KENNETH R. MAXWELL, Conflicts and conspiracies: Brasil and Portugal. 1750-1808, Cambridge University Press, London 1973 (che meglio d'ogni altro spiega la duttile e realistica politica di Pombal) I Un indice dei legami commerciali tra gli stati italiani e il Portogallo vien fornito dalle perdite subite dai mercanti in seguito al terremoto del 1755: Inghilterra: 160 milioni di lire tornesi; Amburgo: 4o; Italia: 25; Olanda: 1o; Francia: 4; Svezia: 3; Germania: 2; JoXo LUCIO D'AZEVEDO, O marqués de Pombal e a sua época, in «Anuârio do Brasil », Rio de J anei ro 1922, p. 145, nota I. Uno degli incentivi che spinsero a creare una scuola di commercio a Lisbona, il 9 maggio 1759, derivava dalla necessità in cui si trovavano i portoghesi « to send to Venice and Genua for efficient clerks» (JOHN SMITH, Memoirs of the marquis of Pombal, Longman, London 1843, vol. I, p. 305). Uno dei principali opuscoli della polemica antigesuitica, l'Appendice alle Riflessioni del portoghese

sul memoriale del padre generale de' gesuiti presentato alla santità di pp. Clemente XIII felicemente regnante o sia risposta dell'amico di Roma all'amico di Lisbona, Genova 1759, diceva: «Lisbona è un opulentissimo emporio per il commercio de' genovesi... questi sono ben accolti, son ben veduti

nel Portogallo... alcuni de' loro cittadini passati in Lisbona a vender minute chincaglie col tavolino pendente al collo son ritornati a ll a patria pieni di splendore e carichi di lisbonine e sono stati i loro nomi scritti nel libro d'oro» (pp. 9-IO). 2 Sul contrasto diplomatico con Roma cfr.

Diplomatische Correspondenz aus den Jahren 1 759 und 1760 betref. der Verstrafung und Ausweisung der Jesuiten aus Portugal. Deutsch und im italienisChen Original, Dieterich, Göttingen 1850 e Collecçâo dos negócios de Roma no reinado de el rey dom José I, ministério do marquez de Pombal y pontificados de Benedicto XIV e Clemente XIII, a

cura di Julio Firmino Judice Biker, Imprensa Nacional, Lisboa 1874.

' Nel suo breve del 1° aprile 1758, diretto al cardinale Francesco de Saldanha, diceva: «noi vi stabiliamo visitatore apostolico e riformatore de' chierici regolari della Compagnia di Gesti », come $t,legge, ad esempio, in Raccolta di opuscoli cit., vol. I, p. 191. L'autore dell'immaginaria Conferenza spirituale tra il m. r. p. Gabriele Malagrida gesuita e madama la marchesa d. Eleonora de Tauora (in Delle cose del Portogallo cit., vol. XII, p. 39) mette sulla bocca di Malagrida stesso l'esclamazione: «Dio buono! si avrà da sentire che la nostra Compagnia abbisogna di riforme?» Difficile resistere alla tentazione di citare la descrizione di questo arrivo che ci vien data nella

Lettera del capitano Giuseppe Orebich raguseo contenente il ragguaglio del trasporto di cxxxllI padri gesuiti da Lisbona a Civita Vecchia, Genova 1759, p. 5. La navigazione era durata trentasette Bienni. «Vennero poi da Roma diversi carettoni accomodati a guisa di baracca, con un gran cesto . «Furono mandati de' rinfreschi a Montarone, osteria di mezza strada, dove dovevano riposarsi -ne» qualche ora. I 13 gesuiti che rimasero in Civita Vecchia per cinque giorni seguitarono a mangiare nel q!agazzino del Capolti... Ma considerando che il numero 13 era di cattivo augurio, uno di essi man816 separatamente dagli altri ». Cfr. quanto scrive il «Mercurio storico e politico », gennaio 176o, P. 9: «Il sig. d'Almada, ministro di Sua Maestà Fedelissima... ha fatto stampare e distribuire uno scritto... intitolato Lettera del cap. Erevich [sic], ragusino... Dimostrasi in questa lettera, contro un altro pieno di menzogne e di calunnie, che i detti religiosi non erano né nudi, né spogli, ma per loscritto contrario molto abbondevolmente provveduti d'ogni cosa...»

Capitolo primo

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«Delle cose del Portogallo»

attraverso il quale passarono in Italia le notizie provenienti dal Portogallo. Venezia, come abbiamo visto, fu il pii importante centro di stampa degli opuscoli filoportoghesi ed antigesuiti. Napoli divenne ben presto una delle basi pii sicure dell'azione portoghese in Italia. Là risiedeva, dal maggio del 1760, prima di passare a Madrid, a lla fine del 1763, José Ayres de Si e Melo, diplomatico portoghese strettamente legato alle idee giurisdizionaliste'. A Napoli, soprattutto, operava Tanucci, il pii importante uomo politico italiano impegnato nella lotta contro la curia romana. Venne cosí, in mezzo a molti contrasti ; a stabilirsi una prima confluenza tra le aspirazioni dei riformatori portoghesi e degli italiani. Un uomo, L. Antonio Verney, è come il simbolo di questo incontro 2 . Nato nel 1 717, era venuto a Roma nel 1736 «coll'intenzione di avanzarsi nello stato ecclesiastico». Diventato là dottore in teologia, nel 174o, visse negli anni immediatamente seguenti il suo periodo di scoperte e di entusiasmo, a contatto con quel gruppo di alti prelati che appoggiavano Muratori, quali Alessandro Borgia e Fortunato Tamburini, e che erano impegnati allora a discutere sulla riduzione delle feste di precetto, sui difetti della giurisprudenza, sulle usure, su diversi problemi religiosi e politici'. Guardando a Muratori, di cui fu grande ammiratore, e d'altra parte anche all'ambiente napoletano negli anni in cui Genovesi stava passando dalla teologia all'economia, Verney compi la sua formazione 4. Frutto ne fu un grosso libro, il Verdadeiro método de estudiar para ser útil à repu'blica e à igreja proporcionado a o estilo e necesidade de Portugal, che Gennaro e Vincenzo Muzio gli stamparono a Napo li nel 1746, che fu poi spesso ripubblicato e che costituí il vero e proprio manifesto delle riforme illuminate in Portogallo 5 . Combatteva, come disse chi riassunse le sue idee nel «Journal des sçavans» del 1762, «l'ignorante invétérée et le pédantisme immémorial». Vedeva le scuole ad altro non servire che « à éteindre le flambeau de la raison et du génie». «Les Galilées, les Descartes, les Gassendis, les Newtons, ces défenseurs de la raison, ' Le sue Cfr. la

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credenziali e lettere di congedo sono a NAPOLI, AS, Affari esteri 943. voce «Luis Antönio Vernei», di ANTONIO COIMBRA MARTINS, nel Diciondrio de histo-

ria de Portugal cit., vol. IV, 1971, pp. 27x sgg. Cfr. FRANCO VENTURI, Settecento riformatore. Da Muratori a Beccaria, vol. I, Einaudi, Torino 1972,

all'indice.

a LUIS CABRAL DE MONCADA,

ces réformateurs du monde, ces précepteurs du genre humain, sont traités en Portugal d'hérétiques et d'athées»'. Verney riponeva la sua fiducia nella scienza, nella tecnica. Lasciar da parte la metafisica e far appello agli uomini forniti di «merito fisico e reale», questo secondo lui il dovere e la convenienza dei «monarchi moderni». Seguendo l'esempio dello zar Pietro, si sarebbe dovuto coainciare col rinnovamento degli strumenti del sapere e dell'azione. «Tutte le arti e discip li ne su cui si raggira la felicità di una repubblica dipendono in gran parte dalla fisica... Sendo due i fonti, da' quali si deviva la pubblica felicità, vale a dire la conservazione de' popoli e la tranquillità dello stato, in ambe due queste parti è mirabile l'influenza della fisica moderna...» 2. Verney si diede dunque a scrivere, a conclusione dei suoi manuali di filosofia, di teologia e di metafisica, un'altra grossa opera, De re physica, quasi una somma della scienza moderna, dalla matematica a lla biologia'. Una enciclopedia, in realtà, ch'egli voleva adattata all a situazione portoghese come Diderot pensò alla sua per la Francia dei lumi. Sperò sempre nell'aiuto dell'autorità del suo paese in questa sfía attività di diffusore di cultura; ma esso gli giunse tardi e scarso. «Si trovò in un baratro d'inquietudini, che gli fecero tutto il male possibile e di pii gli rovinarono la salute, la borsa e fino „la speranza». Fini col ritirarsi in Toscana dove, negli anni del governo del generale Botta, poco di consolante gli toccò vedere attorno a sé. La situazione sembrava senza via d'uscita. «Gli uomini dotti si ritrovano fra due estremi pericolosi: da una parte vi è qualche fortezza e dall'altra il S Uffizio. Se uno progetta qualche cosa per il pubblico bene e per riformare i disordini, muore in fortezza. Se indica fin dove si può estendere la libertà del principe e la libertà del pensare, si riduce all'Inquisizione... dal che ne segue che in simili paesi mai si vedano fiorire le scienze, né la politica, né il commerzio, né altre cose che ne sono conseguenze » 4 . Quando vide che il marchese di Pombal faceva sul serio, espelleva i gesuiti, riformava l'università, adoperava l'Inquisizione come strumento «Journal des s Savans», dicembre x762, pp. 835 sgg., riprodotto in ANTONIO ALBERTO DE ANVernei cit., p. 604. E un'ampia recensione e riassunto d'una sua primi tentaminis Pro letteratura scientiisque instaurandis apud Lusitanos, Al. Le Prieur,Synopsis Parisiis 1762 (il testo ladro era accompagnato da una traduzione francese). 2 \ DRADE,

P.

LUIS CABRAL DE MONCADA,

Estudos de historia do dereito, vol. III: Século xvrtl: iluminismo

catolico. Verne y, Muratori, Acta Universitatis Conimbrigensis, Coimbra 1950 e ANDRADE, Vernei e a cultura do seu tempo, Acta Universitatis Conimbrigensis, Lisboa 1965, pp. 87

ANTONIO ALBERTO DE

(studi a Roma), Ito e 566 sgg. (ambiente romano), 299, 339, 493 e 684 (Genovesi). Libro questo ricco di materiale ma che manca d'una adeguata conoscenza dell'illuminismo italiano (p. 299, Giannone è detto «calvinista »). Sui rapporti con Genovesi cfr. PAOLA ZAMBELLI, La formazione filosofica di Antonio Genovesi, Morano, Napoli 1972, pp. 161 sgg. da 5 ANTONIO ALBERTO D'ANDRADE, Vernei cit., p. 453. L'edizione pii recente è quella curata Antonio Salgado Junior, presso l'editore Si da Costa, a Lisbona nel 1 949-5 2 .

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Un «iluminista» portugués do século

XVIII: Luis Antonio Verney, lìnnenio Amado, Coimbra 1941, P. 156, lettera a Ayres de SA e e non a Francisco de Almada e Mendoza, come ha corretto ANTONIO ALBERTO D'ANDRADE, Vernei Melo cit., pp. 495 sgg•, 25 dicembre x765, da Pisa.

Apparatus ad philosophiam et theologiam ad usum lusitanorum adolescentium libri sex, N. e

M. Pagliarini, Roma 1751 2 (dedicata al re Giuseppe I); De re metaphysica ad usum lusitanorum adolescentium libri quatuor, G. Solomoni, Roma 1753, e De re physica ad usum lusitanorum adolescen-

tlttm libri decem, G. Salomoni, Roma 2 759.

Lettera a Ayres de Sâ e Melo, del 17 luglio 1768, da Pisa, in «iluminista » portugués cit., pp. 151-52. '

LUIS CABRAL DE MONCADA,

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3. I tre gesuiti accusati di tentato regicidio. Nelle iscrizioni si legge: «Attentat commis sur S. M. le Roi de Portugal le 3 sept. 1758. Les jésuites principaux chefs de la conspiration». «Religion des jésuites, parricide des rois. Gabriel Malagrida, Jean de A. Sales, Jean Alexandre et autres jésuites ». Nei quattro angoli i simboli di «Rome, France, Espagne, Portugal». In basso: «Au dieu préservateur et vengeur des rois. Ces pères, à la tête de plusieurs autres de leurs [sic] Société, ayant engagé les Grands de l'Etat dans leur conspiration contre la vie du Monarque, pour se venger de leur expulsion de la Cour, méritée par des forfaits inouis, ont été mis dans les fers, où ils attendent leur jugement». « Poison, Fer, Feu ». « O société perturbatrice de l'église et des royaumes ». « Foris canes venefici, impudici, homicidac et idolis servientes », Ap [ocalypsis] 2.2 (pp. 1 7 sgg.).

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