Seleuco di Rhosos. Cittadinanza e privilegi nell'oriente greco in età tardo-repubblicana  
 8842714593, 9788842714590 [PDF]

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Zitiervorschau

S E L E U C O DI R H O S O S C I T T A D I N A N Z A E PRIVILEGI NELL'ORIENTE GRECO IN ETÀ T A R D O - R E P U B B L I C A N A

A N D R E A RAGGI

MMVI

GIARDINI EDITORI E STAMPATORI IN PISA

Volume pubblicato con il contributo del Ministero dell'Università e della Ricerca e del Dipartimento di Scienze Storiche del Mondo Antico dell'Università di Pisa.

Sono rigorosamente vietati la riproduzione, la traduzione, l'adattamento, anche parziale ο per estratti, per qualsiasi uso e con qualsiasi mezzo effettuati, compresi la copia fotostatica, il microfilm, la memorizzazione elettronica, tee, senza la preventiva autorizzazione scritta della Giardini editori e stampatori in Pisa®, un marchio della Accademia editoriale9, Pisa · Roma. Ogni abuso sarà perseguito a norma di legge.

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SOMMARIO Prefazione CAPITOLO I IL TESTO i. Descrizione dello stato del testo 2. Edizione del testo 3. Traduzione e retroversione latina da doc, n 4. Note ali 'edizione

13 19 33 39

CAPITOLO II I DOCUMENTI 1. Natura formale 2. La fonte giuridica del doc. n: la lex Munatia Aemilia 3. La datazione e il contesto storico

75 85 94

CAPITOLO III CIVITAS E IMMUNITAS 1. Cives Romani immunes 2. li diritto di cittadinanza 3. La concessione delle immunità 4. La questione della cosiddetta 'doppia cittadinanza7

109 116 125 145

CAPITOLO IV I BENEFICIA 1. il concetto di φιλάνθρωπα 2. Privilegium fori 3. Ius legationis e sanctio

151 153 164

CAPITOLO ν

IL PERSONAGGIO DI SELEUCO DI RHOSOS 1. Un navarchus deUa Manna militare romana neUa tarda repub­ blica 173 2.1 Greà d'Oriente e la concessione della cittadinanza romana 191

8

SOMMARIO

APPENDICE I

La polis di Rhosos

199 APPENDICE II

La corrispondenza epistolare tra Pierre Roussel e Henri Seyng relativa al dossier epigrafico di Seleuco di Rhosos 205 APPENDICE III

L'editto di Ottaviano de privilegiis veteranorum

223

INDICI

Abbreviazioni Bibliografia Edizione di rìfenmento per le iscrizioni citate per nome Indice dei nomi Indice delle fonti antiche Soggetti Termini greci discussi nel testo

233 239 263 265 271 283 287

TAVOLE

Elenco delle tavole

291

PREFAZIOiNE μίαν, ξένε, πατρίδα κόσμον ναίομεν M E L E A G R O DI GADARA

L

del documento che qui presento e commen' to non era sfuggita agli specialisti. Conosciuto grazie all'edi­ tto pnnceps di Pierre Roussel (1934), il dossier epigrafico di Seleuco di Rhosos fu immediatamente considerato una testimonianza di tale valore da attribuirgli la capacità di risolvere l'annosa questio­ ne dello status dei neo-cittadini romani prima della promulgazio­ ne della Constitutio Antoniniana. Un intenso dibattito, che suscitò non poche polemiche tra gli studiosi, produsse una lunga serie di contributi dedicati all'argomento, ma sviò Γ attenzione da altre questioni poste dall'iscrizione, in particolare quelle di ordine epi­ grafico e storico. È stato così necessario attendere più di cinquantanni per vede­ re nuovamente alle stampe, con il contributo di Hartmut WolfF (1986), un ampio studio di questi aspetti del dossier di Seleuco di Rhosos. Tuttavia, l'osservazione di WolfF, per cui «eine Uberpriifung des Steines ist hier ... ein dringendes Desiderat» (p. 83, n. 108), rilevava che molto vi era ancora da Fare. Da qui è nata la mia decisione di affrontare lo studio di questa iscrizione, nella quale mi ero già imbattuto nel corso delle mie ricerche riguardanti il se. de Asclepiade. L'opportunità di recarmi nell'ottobre 2000 ad Antakya per esaminare l'iscrizione ed effet­ tuare i calchi ha consentito di rendermi conto da una prima veri­ fica del testo che, in uno studio consacrato al dossier di Seleuco di Rhosos, la predisposizione di una nuova ed accurata edizione doveva avere la priorità. Il mio contributo intende colmare questa lacuna negli studi di epigrafia giuridica della tarda repubblica. La prima parte è pertan­ to occupata dal frutto di un lungo lavoro dedicato all'esame dei calchi: dopo la descrizione del testo, presento un'edizione critica dell'iscrizione, corredata dalla traduzione e da un puntuale com­ mento interlineare del testo. Parte delle osservazioni contenute nel primo paragrafo e la nuova edizione del testo dell'iscrizione 'IMPORTANZA

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sono apparse in anteprima in un lavoro pubblicato in

«ZPE»

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(2004).

Il secondo capitolo è dedicato agli aspetti 'esterni' del docu­ mento: la natura formale degli atti da esso conservati, un inqua­ dramento storico delia fonte giuridica dei provvedimento a favo­ re di Seleuco di Rhosos (la lex Munatia Aemilia), la datazione ed i motivi che stanno alla base della redazione dei singoli documenti. Nei successivi due capitoli ho tentato di enucleare le proble­ matiche principali che scaturiscono dalle disposizioni dell'atto a favore di Seleuco di Rhosos, in particolare la questione dei cives Romani immunes, la concessione delle esenzioni e le clausole che accordano i privilegi processuali. I molteplici problemi interpretativi mi hanno più volte condot­ to al confronto dell'iscrizione con altre testimonianze epigrafiche e letterarie dello stesso periodo, permettendo così di contestua­ lizzare il documento. Fondamentale è risultato il confronto con l'editto de pnvilegiis veteranorum di Ottaviano (ripubblicato in AP­ PENDICE in),che presenta la versione latina, quasi letterale, di gran parte del testo del provvedimento a favore di Seleuco di Rhosos. Infine, nella quinta parte, ho cercato di delineare le caratteristi­ che di un personaggio come Seleuco di Rhosos, accostandolo ad altre figure analoghe note dalle fonti del periodo, ma mettendo anche in rilievo le differenze che intercorrevano tra i molteplici interlocutori e collaboratori del potere romano al termine del periodo delle guerre civili. Il presente lavoro è frutto della rielaborazione della mia Tesi di Dottorato, discussa presso il Dipartimento di Scienze Storiche del Mondo Antico a Pisa nel luglio 2003. Vorrei esprimere la mia sincera gratitudine alle persone che - con il loro interessamento - hanno fornito impulso e sostegno al presente studio. La mia profonda gratitudine va al mio Maestro e Relatore di Tesi, il Prof. Umberto Laffi, che ha proposto il soggetto della Tesi di Dottorato e ha costantemente seguito e incoraggiato nel corso degli anni il suo completamento e, in seguito, la realizzazione di questo volume. Un grande ringraziamento devo al Prof. Biagio Virgilio, non solo per aver accolto quest'opera nei 'suoi' «Studi Ellenistici», ma anche per il lavoro profuso nella cura editoriale del testo.

PREFAZIONE

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Desidero inoltre ringraziare i membri della commissione di esa­ me di Dottorato, composta dal Prof. Jean-Louis Ferrary, dal Prof. Dario Mantovani e dalla Prof.ssa Maria Antonietta Giua. I loro suggerimenti e consigli sono stati di grande utilità, soprattutto perché giunti anche nel corso della stesura del presente lavoro, in una sorta di dialogo mai interrotto iniziato il giorno della seduta di esame di Dottorato. Numerosi suggerimenti, spunti di riflessione e consigli devo ai docenti del Dipartimento di Scienze Storiche del Mondo Antico di Pisa, in particolare alla Prof.ssa Domitilla Campanile, inoltre al Prof. Giovanni Salmeri, al Prof. Biagio Virgilio, al Prof. Anselmo Baroni e al Prof. Cesare Letta. Sono parimenti riconoscente al Prof. Fergus Millar, che ha sempre trovato il tempo di scambiare con me alcune riflessioni sul mio 'work in progress' durante i miei soggiorni di ricerca ad Oxford. La mia riconoscenza va anche al Prof. Mario Talamanca, che ha accettato di revisionare una stesura quasi definitiva del lavoro ed è stato prodigo di consigli per le parti che riguardano specifica­ tamente questioni giuridiche. Ho presentato la nuova edizione dell'iscrizione nell'ambito del Cambridge Epigraphic Saturday del 14 gennaio 2006 su invito dei Proff. Joyce Reynolds e Michael H. Crawford; sono grato a que­ st'ultimo per le proficue osservazioni sul testo. Ringrazio la Direzione Generale delle Antichità e dei Musei del Ministero della Cultura della Repubblica Turca per il permesso accordatomi di prendere visione e fotografare ad Antakya l'iscri­ zione oggetto di questo studio. Sono riconoscente a quanti mi hanno permesso di trascorrere in tranquillità le mie giornate di studio nel Department of Classics della Northwestern University, dove ho apportato le ultime correzioni al testo; in particolare, la mia gratitudine va al Prof. Robert Wallace. Un sentito ringraziamento desidero infine rivolgere ai molti amici che hanno diviso con me questi anni di ricerche; ognuno di loro sa quanto ha contribuito al loro avanzamento. Alla Dott.ssa Margherita Facella e al Dott. Andrea Primo la mia più profonda

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gratitudine per il supporto materiale fornitomi negli ultimi istanti prima della 'nascita' del volume. Il completamento di questo lavoro non sarebbe stato possibile senza l'affetto e il sostegno dei miei genitori, di Elisa e di Ottone, ai quali tutti dedico quest'opera.

CAPITOLO I

IL TESTO ι. D E S C R I Z I O N E DELLO STATO DEL TESTO

GLI inizi degli anni trenta del secolo scorso,1 M. Prost, «Con. servateur du Musée d'Antioche» e da poco tempo nominato «Inspecteur du Service des Antiquités du Sandjak d'Alexandret­ te», decise di rimuovere una lunga iscrizione in greco dal cimite­ ro alawita di Al Houb (località ad ovest di Ahmadlié e a 4 km. ad est di Arsuz), identificato come il sito dell'antica necropoli della polis di Rhosos,2 e di farla trasportare presso il costituendo museo delle antichità di Antiochia (odierna Antakya), dove si trova an­ cora oggi.3 L'epigrafe era stata individuata da non molto tempo da Henri Seyrig nel corso di una delle numerose ricognizioni che stava effettuando nella regione; il trasporto in un luogo custodito evitò che venisse riutilizzata da parte degli abitanti locali come

A

1 Quasi sicuramente nel 1931, secondo quanto è desumibile da P. CHAMMAS, Alexandrette, [Alexandrette] 1931, p. 89: «1- Une grande pierre avec Inscription grecque de 95 lignes, la ligne étant de 50 cm., reproduisant les lettres de l'Empereur Auguste aux habitants de Rhossus pour les remercier des honneurs qu'ils lui ont décernés; 2- Une petite colonne ...; 3- Un chapiteau.- M. Prost... les fit transporter au Musée d'Antioche». Stranamente il primo editore dell'iscrizio­ ne, P. ROUSSEL, Un Syrien au service de Rome et d'Ottave, «Syria» 15 (1934), pp. 33-74, non fornisce alcuna indicazione in proposito. È in errore E. LEVANTE, The Coinage ofRhosus, «NC» 145 (1985), pp. 237-243, part. p. 238, quando parla di un ritrovamento dell'iscrizione nel 1933 perché, come si evince dalla LETTERA 1 pre­ sente infra in APPENDICE Π, nel mese di maggio del 1932 il dossier epigrafico di Seleuco di Rhosos era già da tempo noto a Seyrig e Roussel; la LETTERA5 attesta che nel mese di settembre del 1933 l'iscrizione si trovava ad Antakya. 2 Sulla piccola comunità di Rhosos vd. infra APPENDICE I. 3 Oggi il museo si chiama Hatay (dal nome dell'omonima regione circostan­ te Antakya). Il progetto di fondazione del museo fu elaborato da M. Prost e venne messo in pratica a partire dal 1934; nel 1939 furono completati la costru­ zione degli edifìci e la sistemazione del materiale rinvenuto nella regione dal­ le missioni archeologiche americane (Chicago Orientai Institute e Princeton University) e inglesi (British Museum). Nel 1948 il museo è stato ufficialmente aperto al pubblico; la sua splendida collezione di mosaici ellenistico-romani lo ha immediatamente reso celebre nel mondo.

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materiale edilizio (pratica assai diffusa nella zona) ο che andasse perduta in maniera definitiva. L'esame dei documenti e l'attenta decifrazione del testo greco furono prontamente effettuati da Seyrig nelle sue vesti di diret­ tore generale del «Service des Antiquités de Syrie et du Liban» (carica che ricopriva dal mese di ottobre del 1929); tuttavia Seyrig, impegnato nei completamento di altre ricerche, affidò a Pierre Roussel, allora direttore della Scuola francese d'Atene, la cura del­ la pubblicazione dell'iscrizione: nel 1934 apparve così nella rivista «Syria» Yeditio pnnceps del dossier epigrafico che prende il nome dal personaggio onoratovi, Seleuco di Rhosos.4 Alcune fotogra­ fie, diverse trascrizioni del testo e calchi dell'iscrizione, numerose osservazioni, contenute parzialmente nella corrispondenza epi­ stolare tra i due studiosi francesi (ancora inedita e che qui viene pubblicata per la prima volta in APPENDICE II), permisero al primo editore di completare in breve tempo il lavoro in gran parte già avviato, per ammissione dello stesso Roussel, dal collega Seyrig. Ma forti restarono i suoi dubbi sulla corretta lettura di alcuni pas­ si del testo, e tali perplessità, che traspaiono fin dalla prima pa­ gina dell'articolo, nascevano dal fatto che Roussel non effettuò mai un esame autoptico dell'iscrizione, ma si basò unicamente sul materiale fornitogli da Seyrig. Il grande merito di Roussel è comunque quello di aver notato la stretta somiglianza tra le 11. 19-35 dell'iscrizione di Seleuco di Rhosos e le 11. 9-23 di un edit­ to di Ottaviano depnvilegiù veteranorum preservatoci su papiro.5 Il testo di 93 linee è inscritto nel senso dei lati minori sopra una lastra rettangolare di pietra calcarea azzurrognola, attraversata da venature silicee, di dimensioni m. 1,39 χ 0,58; lo spessore del blocco di pietra è di m. 0,15.6 Le lettere sono alte in media circa m. 0,007, nia quelle delle prime tre linee, di altezza pari a m. 0,01, 4 P. ROUSSEL, Un Synen, cit., con fotografie dell'iscrizione, purtroppo di non facile lettura, alle tavole ix-x e fig. 1 a p. 39; cfr. AnnEpigr 1934,217. Ho riprodotto l'edizione di Roussel nelle FIGG. i2a-i2c. 5 Testo infra in APPENDICE IH. 6 Queste e le altre osservazioni che seguono si basano, oltre che sulla descri­ zione fornita da Ρ. ROUSSEL, Un Synen, cit., pp. 33-34 e 36-37, sull'esame autop­ tico dell'iscrizione da me condotto alla fine del mese di ottobre 2000 al museo Hatay di Antakya.

IL TESTO

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sono messe in evidenza rispetto alle altre parti del testo. Il nu­ mero complessivo di lettere presenti per ciascuna linea è molto variabile: considerando le linee prive di uno spazio anepigrafe, si va dalle 57 lettere delle 11. 2 e 14 alle 81 della 1. 91, con una media di circa 70 lettere per linea (la differenza tra due linee consecutive può raggiungere anche le-8-9 lettere).8 Il testo greco non presenta errori ortografici, salvo, qualche volta, Γ omissione accidentale di una lettera all'interno di una parola. In un caso il lapicida ha inscritto nell'interlineatura due lettere che aveva tralasciato (tra la 1. 80 e la 1. 81). Non vengono usati segni di interpxinzione per separare due frasi tra loro; gli spazi vuoti sono utilizzati per indicare il passaggio ad un altro argomento, separano dunque dei paragrafi nel documento prin­ cipale preservato dal blocco di pietra. Un ampio spazio anepigra­ fe viene sempre lasciato anche tra l'ultima espressione di ogni singola epistola e il termine di commiato (ερρωσθε). Non sono utilizzate abbreviazioni. Alcune volte le lettere sono inscritte in maniera trascurata, quasi il lapicida procedesse con maggiore fretta nello svolgere il compito assegnatogli (per questo motivo alcuni studiosi le definiscono in generale «mediocri» ο «minute» e «irregolari»),9 ma questo fatto si nota soprattutto nella parte centrale dell'iscri7 Era usuale incidere le prime linee dei documenti ufficiali romani esposti in lettere più grandi rispetto a quelle delle altre linee: cfr. ad esempio le prime quattro-cinque linee della lex Gàbinia Calpurnia de insula Delo, su cui vd. C. NiCOLET, Insula sacra. La loi Gabinia-Calpurnia de Déhs (58 av.J.-C), Rome 1980, p. 4; la prima linea del decretum Cn. Pompei Strabonis (ottima fotografia in N. CRI­ NITI, L'epigrafe di Asculum di Gn. Pompeo Stratone, Milano 1970) e, sempre alla 1. 1, la datazione consolare nella lex portoni Asiae, sulla quale vd. H. ENGELMANN, D. KNIBBE, DOS Zollgesetz der Provinz Asia. Eine neue Inschrift aus Ephesos, «EA» 14 (1989), p. 34- Per altri esempi e l'uso politico di questi prescritti vd. C. WILLIAMSON, The Display ofLaw and Archival Practice in Rome, CommHumLitt 104, Helsinki 1995, pp. 239-251, part. p. 240, n. 2, e pp. 247-251. 8 II calcolo delle lettere per linea è evidentemente approssimativo per quan­ to riguarda le linee attraversate obliquamente dallafrattura(vd. infra nel testo), in quanto non è possibile calcolare con precisione quante lettere siano andate perdute in prossimità della rottura. 9 M. GUARDUCCI, Intorno alla iscrizione augustea di Rhosos, «RPAA» ser. ni, 14 (1938), pp. 53-59, part. p. 53; G. ΜANGANARO, A proposito di Seleuco di Rhosos, «SicGymn» 11 (1958), pp. 289-296, part. p. 289.

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zione, dove in realtà la pietra è molto rovinata, e, se pur incise in caratteri minuti e fitti, nelle parti della pietra non rovinate le lettere si distinguono con nitidezza. Notevole è la presenza, per ciascun lettera, di numerosissime apicature, a becco ο a uncino, che ricongiungono spesso tra loro il corpo di varie lettere e ren­ dono pertanto non facilmente riconoscibile la lettura di una let­ tera nelle zone più rovinate dello specchio epigrafico. Da notare anche alcune legature tra lettere e la presenza di solchi pesanti, vale a dire larghi rispetto alle proporzioni delle lettere. L'aspetto delle lettere è quello tipico dell'epoca alla quale risale la 'pubblicazione' dei documenti (fine ι sec. a.C, con il caratteri­ stico uso dello iota ascritto parassitico che ho deciso di lasciare nel testo dell'edizione, secondo le indicazioni di Louis Robert).10 La lettura del testo non presenta alcuna difficoltà nella parte ini­ ziale (fino alla 1. 20) e nella parte terminale (dalla 1. 60 alla 1. 93), mentre nella parte centrale le lacune sono frequenti, tanto che dalla 1. 31 alla 1. 46 si riescono a leggere pochissime lettere per li­ nea, e questo fatto impedisce quasi del tutto la comprensione del testo agli editori. La pietra si è sicuramente rovinata con il passare del tempo, ma mi sono reso conto, decifrando le lettere dell'iscrizione, che già all'epoca dell'incisione la superficie della lastra era danneggiata in alcuni punti: in due occasioni, ad esempio, il lapicida ha spezzato alcune parole (in questo modo: ι ΔΙΩΝ e AP ΧΩΝ) per evitare una larga abrasione verticale della pietra che interessa la parte iniziale delle linee 63 e 64. La lastra è irregolarmente danneggiata da grosse sbrecciature nella parte superiore, specialmente a destra (guardando l'epigra­ fe), mentre nella parte inferiore termina in una forma squadrata e ben levigata; dopo l'ultima linea del testo, un ampio tratto di specchio epigrafico rimane non inciso. A questo si deve aggiun­ gere che il blocco di pietra, di dimensioni e peso notevoli, ha purtroppo subito un troncamento in due; infatti una frattura obliqua (non visibile nelle fotografie pubblicate da Roussel e quindi non presente al momento del trasporto dell'iscrizione 10 Vd. J. e L. ROBERT, Bull. Èpigr. 1971, 668, p. 523, che osservano che lo nota parasite» è «fréquent à partir du ier siede a. C».

IL TESTO

17 nel museo di Antakya) parte tra le linee 28 e 29 sul lato sinistro (a m. 0,38 dal bordo superiore) per giungere fin sotto la 1. 57 sul lato opposto (a m. 0,53 dal bordo inferiore). Tra questo punto e la 1. 51 sono ancora presenti due frammenti (più altre due piccole schegge provenienti dal blocco di pietra), che conservano poche lettere finali delle 11. 53-56; questi frammenti, insieme alla frattu­ ra, sono forse il risultato della rottura della lastra al momento di una sua caduta da una posizione verticale. Probabilmente è questo anche il motivo per cui oggi Γ epigrafe giace adagiata per terra in un angolo poco illuminato del lato corto di un porticato esterno all'edificio del museo di Antakya; non posso far altro che notare che queste condizioni di conservazione non sono certa­ mente le migliori. Lungo tutto il lato destro, la pietra presenta una specie di corni­ ce rialzata di qualche centimetro rispetto al piano dello specchio epigrafico e larga mediamente m. 0,05, che Roussel definisce «une ciselure assez profonde». Il testo dei documenti inscritti non risul­ ta in alcun modo intaccato da questa specie di cornice laterale. La presenza della «ciselure» ha fatto ritenere a Seyrig che il blocco di pietra sia stato utilizzato come battente sinistro della porta di un sepolcro. Se si ritiene valida questa ipotesi, è possibile che la lastra facesse parte della tomba stessa di Seleuco di Rhosos, consideran­ do anche la circostanza che l'epigrafe, come ho già detto, è stata ritrovata in una località corrispondente alla necropoli dell'antica città di Rhosos.11 In un'epoca successiva all'incisione del testo, la lastra calcarea è stata tagliata lungo il bordo sinistro: questa operazione ha aspor­ tato all'inizio di ogni linea un gruppo di lettere che, sulla base di alcune integrazioni sicure, può essere calcolato in un numero variabile tra le 5 e le 10 lettere per linea, con una media di 7 lettere per ciascuna lacuna.12 Originariamente, quindi, il blocco di pietra doveva essere almeno m. 0,05 più largo a sinistra. 11 Cfr. P. ROUSSEL, Un SyHen, cit., p. 33. È pertanto in errore G. MANGANARO, A proposito, cit., p. 289, quando scrive che, insieme a quella lungo il lato destro, vi è anche una «profonda 'ciselure' ... nella parte inferiore» e che «il testo ne risulta deturpato». 12 Questo riutilizzo delle iscrizioni è molto frequente. Una testimonianza emersa recentemente è costituita dalla lastra marmorea sulla quale è inscritto il

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Prima di svolgere un breve resoconto delle ripubblicazioni del te­ sto apparse dopo la prima edizione di Roussel, mi sembra oppor­ tuno premettere che ritengo appropriato impiegare la denomina­ zione di dossier epigrafico (espressione che è stata recentemente adoperata dal Millar in riferimento all'iscrizione che stiamo esa­ minando)13 per indicare nel loro complesso i documenti preserva­ li Galla lastra di pietra, tutti relativi al personaggio di Seleuco di

Rhosos e che, nell'ordine, sono i seguenti: 1) lettera di accompagnamento al secondo documento del dos­ sier indirizzata da Ottaviano ai magistrati, alla houle e al popolo di Rhosos: 11.1-8 (d'ora in avanti citata come doc. 1); 2) atto di conferimento del diritto di cittadinanza romana e di altri privilegi a Seleuco di Rhosos e ai suoi familiari emanato ex lege Muriatici Aemilia: 11. 9-72 (doc. 11); 3) seconda epistola inviata da Ottaviano alle autorità e alle as­ semblee della polis di Rhosos in risposta ad una delegazione della città giunta ad Efeso: 11. 73-84 (doc. in); 4) terza epistola di Ottaviano indirizzata alla città di Rhosos per raccomandare Seleuco: 11. 85-93 (doc. iv). Il doc. n, provvedimento emanato in conformità di una dispo­ sizione legislativa, è strutturato in una serie di clausole; come abbiamo visto, la divisione tra di esse è generalmente segnalata dalla presenza di un vacai alla conclusione di ogni singola prescri­ zione.14 Sono individuabili dodici clausole principali:15 cosiddetto Monumentum Ephesenum: tramite un taglio modanato, che interessa la faccia sinistra del parallelepipedo, la lastra fu adattata a base dell'ambone nella basilica di S. Giovanni ad Efeso e quindi collocata come gradino dinanzi alla porta di accesso del nartece. 13 F. MILLAR, The First Revolution: Imperator Caesar, 36-28 BC, in La revolution romaine après Ronald Syme. Buans etperspectives, Entretiens sur Tantiquité classique, Tome XLVI, Genève 2000, pp. 1-30, part. p. 20; cfr. anche la definizione di Sherk in RDGE, p. 302: «the great dossier». 14 Sono presenti soltanto due eccezioni, tra i §§ 8 e 9 e i §§ 11 e 12. In generale, cfr. le osservazioni in RS, p. 24 15 Ho preferito seguire, a parte un'unica variazione (consistente nell'inizio di una nuova clausola alla 1. 63), la divisione in paragrafi suggerita da P. ROUSSEL, Un Syrien, cit., nella sua edizionerispettoa quella più articolata di H. Wolff (che individua ben 15 clausole) consultabile in W. ECK, H. WOLFF (Hrsg.), Heer una Integrationspolitik. Die romischen Militàrdiplome ab historische Quelle, Koln-Wien 1986, Falttafel a).

IL TESTO

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ι) intestazione dell'atto, con l'indicazione dell'autorità emitten­ te e della fonte giuridica dei privilegi conferiti (11. 9-11); 2) motivazione della concessione dei privilegi tramite elenca­ zione delle virtù militari del principale beneficiario (11.12-18); 3) conferimento della àvitas Romana e della immunitas omnium rerum (11.19-23); 4) iscrizione nella tribù Cornelia; facoltà di essere censiti anche se absentes e, probabilmente, di essere iscritti in un municipio ο in una colonia in Italia (11. 24-27); 5) autorizzazione a poter disporre ancora di tutti i diritti, le cariche, i benefici e i privilegi che i destinatari dell'atto aves­ sero ottenuto (o dei quali avessero goduto) precedentemente al conferimento della cittadinanza romana e dell'immunità (11. 28-32); 6) esonero dall'obbligo di fornire alloggio a varie categorie di funzionari romani (11. 33-35); 7)??? (11.36-39); 8) ??? disposizioni sullo ius conubii e sulla tutèla (11. 40-45?); 9) esenzione dai dazi doganali sull'importazione ed esportazio­ ne di beni e bestiame per uso personale (11. 45?-52); 10) pnvilegiumfon: possibilità di scelta del foro giudicante se ac­ cusati ο convenuti in un procedimento penale ο civile (11.53-59); 11) ius legationis al senato e ai magistrati di Roma in caso di in­ criminazione (11. 60-63); 12) sanctio: prescrizione che comunità civiche e magistrati si at­ tengano, pena un'ammenda elevata, alle disposizioni contenute nei §§ 10 e 11 (e ovviamente anche a quelle presenti nello stesso § 12) del provvedimento (11. 63-72). 2. EDIZIONE DEL TESTO

Per quanto è di mia conoscenza, nessuno degli studiosi che ha ripubblicato il dossier epigrafico di Seleuco di Rhosos si è mai recato al museo Hatay per effettuare una revisione del testo del­ l'iscrizione (in questo giocarono indubbiamente un ruolo negati­ vo le vicende politiche della regione, perché nel 1939 il territorio e la città stessa di Antakya furono distaccati dalla Siria, che era sotto amministrazione francese, e annessi alla Repubblica Turca); di conseguenza, le pubblicazioni del dossier successive all'edizione

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di Roussel si rivelano preziose unicamente per le integrazioni proposte per le parti lacunose del testo. Dopo l'uscita dell'articolo di Roussel, una breve nota sul ritrova­ mento del documento e sulla sua importanza dal punto di vista giu­ ridico fii subito stesa da F. Cumont; Tanno seguente apparve nel xvi volume del CIL (dedicato ai diplomata militaria) una prima parziale ripubblicazione dell'iscrizione (li. 1-32 e una parte del testo compre­ sa tra la 1. 87 e la 1. 91), che seguiva fedelmente Yeditiopnnceps.16 Il dossier di Seleuco di Rhosos attrasse subito l'attenzione e la curiosità degli studiosi in relazione ad un particolare filone di ri­ cerca. Alla fine degli anni '30 e nei primi anni '40 del secolo scorso uscirono infatti numerosi lavori compilati da specialisti del dirit­ to romano incentrati su una delle questioni principali poste dal­ l'iscrizione, quella della cosiddetta 'doppia cittadinanza': ricordia­ mo soprattutto i fondamentali articoli di De Visscher, nei quali furono riportate nuove integrazioni al testo greco suggerite da H. Grégoire, e quelli di Schònbauer, che si avvalse delle indicazioni di A. Wilhelm per avanzare a sua volta alcune originali proposte di lettura.17 Il documento trovò posto nella raccolta curata dal Riccobono, dove Arangio-Ruiz predispose l'edizione del dossier e il com­ mento, avanzando diverse proposte di integrazione, e N. Festa si occupò di redigere la traduzione in latino apparsa a fianco del testo dell'iscrizione. Nello stesso anno, alcune sintetiche osser­ vazioni di Oliver si dimostrarono ricche di spunti per gli studi posteriori.18 16

F. CUMONT, Un nouveau document rehtifau «Ius Civitatis», «AC» 4 (1935), pp. 191-192; H. NESSELHAUF, CIL XVI, Berolini 1936, p. 145, nr. 11 (Appendix). 17 Vd. F. DE VISSCHER, La condition juridique des nouveaux citoyens romains d'Onent, «CRAI» 1938, pp. 24-39 (11. 53-72 del testo greco a pp. 27-30); E. SCHÒN­ BAUER, Die Inschriftvon Rhosos und die Constitutio Antoniniana, «APF» 13 (1939)» pp. 177-209 (testo a pp. 192-195 escluse le 11. 28-52). F. DE VISSCHER, Le statutjuridique des nouveaux citoyens romains et Vinscription de Rhosos, in Nouvelles études de droit romain public et privey Milano 1949, pp. 51-107,ripubblicaa pp. 63-73 tutto il testo a parte le 11.33-47; G. I. LUZZATTO, Epigrafia giuridica greca e romana, Milano 1942, pp. 286-288, presenta il testo nella sua interezza. 18 PIRA 12, 55, part. pp. 309-315 (testo dell'iscrizione ad esclusione delle 11. 3352 e del doc. in); J. H. OLIVER, Notes on Documents ofthe Roman Easty «AJA» 45 (1941), pp. 537-543, part. pp. 537-539. Alcune annotazioni preliminari ai documen­ ti trovati a Rhosos sono presenti in V. ARANGIO-RUIZ, Epigrafia giuridica greca

IL TESTO

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Nel 1950 il dossier fu ripubblicato nella sua interezza nella rac­ colta delle iscrizioni della Siria con ampio e accurato commento e alcune nuove proposte di lettura; purtroppo, anche in questo caso, il curatore dell'edizione, R. Mouterde, non si basò su di un esame autoptico dell'epigrafe, ma, per sua stessa ammissione, trascrisse il testo così come era stato presentato da De Visscher, a parte alcune piccole correzioni.19 Successivamente, riscrizione trovò posto in svariate raccolte di documenti, ma senza che i curatori apportassero significativi miglioramenti al testo, che si rifaceva a quello delle edizioni di Roussel, De Visscher ο Mouterde: è questo il caso della pubblica­ zione a cura di Ehrenberg e Jones, di quella della Malcovati, dello Sherk e della settima edizione dei Textes de droit romain™ Per chi voglia intraprendere un lavoro di esegesi del dossier epigrafico di Seleuco di Rhosos, il saggio di H. WolfF, apparso due decenni or sono nell'ambito di un volume dedicato allo studio dei diplomi militari come fonte storica, si rivela di fondamentale importanza sia per il commento sia per l'analisi accurata del te­ sto, che permisero all'autore di avanzare diverse nuove proposte di integrazione. Da ultimo, alcune osservazioni contenute in un contributo di F. Piejko hanno evidenziato ancora di più i rapporti tra la nostra iscrizione e la documentazione epigrafica di età elle­ nistica.21 e romana (1933-1935), «SDffl» 2 (1936), pp. 429-520, part. pp. 497-498 e 515-516, e in ID., Epigrafia giuridica greca e romana (1936-1938), «SDHI» 5 (1939), pp. 521-633, part. pp. 552-553. 19 IGLS in 1, 718, part. pp. 396-400 per il testo e pp. 400-411 per il commento al dossier. 20 V. EHRENBERG, A. H. M. JONES, Documento illustrating the Reigns ofAugustus and Tibenus*, Oxford 1976, 301 (con esclusione delle 11. 33-52); H. MALCO­ VATI, imperatore Caesaris Augusti operumfragmenta5, Torino 1969, pp. 32-38, nrr. LXI-LXIII; RDGE 58, part. pp. 295-298, con ampio commento a pp. 299-307; Ρ. F. GIRARD, F. SENN, Les lois des Romains, Napoli 1977, pp. 355-365 (edizione del dossier a cura di J. Modrzejewski). Il doc. ni si trova riprodotto in M. GUARDUCCI, L'epigrafia greca dalle ongini al tardo impero, Roma 1987 (ristampa 2001), pp. 108-109. 21 H. WOLFF, Die Entwicklung der Veteranenpnvilegien vom Beginn des ì.Jàhrhunderts v. Chr. bis auf Konstantin d. Gr., in W. ECK, H. WOLFF (Hrsg.), Heer und Integrationspolitik, cit., pp. 44-115, con testo del doc. η (U. 9-72) nella Falttafel a) allegata al volume; F. PIEJKO, The Inscnptions oflcarus-Failàka, «C&M» 39 (1988),

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La nuova edizione del dossier epigrafico di Seleuco di Rhosos è stata pubblicata in anteprima per consentirne un'immediata co­ noscenza e divulgazione.22 Qui sotto ripresento con alcune mo­ difiche (vd. infra) il testo edito in «ZPE», pubblicazione alla quale rimando per alcune osservazioni in merito all'editto pnnceps, alle integrazioni e alle convenzioni adottate (si noti, in particolare, che sono riprodotte sottolineate quelle lettere ο gruppi di lettere che, trascritte da Seyrig e edite da Roussel, attualmente non si leg­ gono più).23 Nel § 4 del presente capitolo si troverà un commento alle principali integrazioni proposte dagli editori precedenti. Come avvertivo nella pubblicazione, per la stesura dell'edizio­ ne mi sono basato sui circa 80 calchi a matita dell'iscrizione che ho eseguito personalmente su carta durante la mia visita al museo di Antakya alla fine del mese di ottobre dell'anno 2000; questi calchi su carta mi hanno consentito di leggere il testo preservato nella maniera migliore possibile (per alcuni esempi vd. FIGG. 5-10). Al contrario, i risultati che si possono ottenere dalla documen­ tazione fotografica che ho raccolto (circa 10 fotografie che qui in parte allego, vd. FIGG. 2-4; la FIG. 1 è stata scattata nel mese di giu­ gno del 2004 e mi è stata gentilmente fornita dal Dott. Mark Wil­ son) non sono soddisfacenti. Infatti, quantunque lo avessi espli­ citamente richiesto nella domanda di autorizzazione indirizzata alla «Direzione Generale delle Antichità e dei Musei» del Mini­ stero della Cultura della Repubblica Turca tramite l'Ambasciata Turca di Roma, i funzionari del museo non mi hanno purtroppo permesso di utilizzare una lampada ed un treppiede al momento di effettuare le fotografie dell'iscrizione. Si deve comunque nota­ re che, per effettuare buone fotografie, sarebbe opportuno non solo pulire accuratamente la lastra calcarea, ma anche spostarla pp. 89-116, part. p. 112 (con diverse proposte di integrazione per le 11. 47-52), dr. SEG 38 (1988), 1581. Successivamente, il testo del dossier è apparso anche in P. DONATI GIACOMINI, G. POMA, Cittadini e non cittadininel mondo romano, Bologna 1996,31, pp. 118-119 (a cura di P. Donati Giacomini:riportaparzialmente il doc. n, vale a dire le 11. 9-33, 53-56 e 60-63, seguendo l'edizione presente in P. F. GI­ RARD, F. SENN, Les loù, dt., pp. 355-365). 22 A. RAGGI, The Epigraphic Dossier of Seleucus ofRhosus; a Revised Edition, «ZPE» 147 (2004), pp. 123-138. 23 A. RAGGI, The Epigraphic Dossier, dt., pp. 127-128.

IL TESTO

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in una zona più illuminata rispetto alla attuale e in una posizione meno disagevole per scattare delle foto.24 Un assemblaggio elettronico dei calchi su carta (vd. FIG. 11) e un loro nuovo esame individuale, che ho effettuato grazie al programma Adobe Photoshop 7.0, mi hanno permesso di revi­ sionare l'intero testo. Pertanto, rispetto all'edizione critica che ho pubblicato in «ZPE», ho qui corretto alcune imprecisioni, grazie anche ai preziosi suggerimenti di numerosi studiosi e colleghi che ringrazio vivamente; quando queste modifiche assumono un cer­ to rilievo, le ho evidenziate infra nel commento lineare del § 4. I segni diacritici utilizzati nella presente edizione sono i seguenti: αβγ = lettere sicure, attribuibili a singole parole; ΑΒΓ = lettere sicure, ma non attribuibili a singole parole; αβγ = lettere incomplete, riconoscibili solo dal contesto; αβγ = lettere note solo dalla trascrizione eseguita da Seyrig, ma non più leggibili; [αβγ] = lettere perdute, ma restituibili; [...] = lettere perdute non restituibili, ma di numero certo (ogni lettera un punto); [- - - + j - - -] = idem, di numero probabile; [ ] = idem, di numero incerto; [-] = presenza di un elemento di lunghezza sconosciuta, ma finita, come un numero ο un prenome; +++ = tracce di lettere non riconoscibili (ogni lettera una crocetta); λ αβγ'= lettere aggiunte in antico; {αβγ} = lettere espunte perché incise per errore dal lapicida; = lettere aggiunte perché omesse per errore dal lapicida; op­ pure: lettere corrette perché incise per errore al posto di altre (cfr. apparato critico); vac. = ampio spazio anepigrafe. 24

Del resto, come già notato, anche le fotografie pubblicate dal primo edito­ re, sebbene scattate in condizioni migliori, non permettono di sciogliere i dubbi riguardo alla lettura delle parti lacunose del testo dell'iscrizione di Rhosos.

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2. 1. DOC l(ll

1-8)

"Ετους η', μηνός Άπελλαίου [-]

4

8

[Αύτοκρά]τωρ Καίσαρ θεού Ιουλίου υιός, αυτοκράτωρ το τέταρτον, ΰπ[ατος] [το δεύτ]ερον και τό τρίτον αποδεδειγμένος, Τωσέων της ιεράς και άσυλου και [αύτονόμ]ου άρχουσι, βουλήι, δήμωι χαίρειν · και αυτός δέ μετά του στρατεύματος [ύγίαινον. Τ]ά υπογεγραμμένα έξελήφθηι εκ στήλης εκ του έν Τώμηι Καπετωλίου, [άπερ άξιώ] καταχωρίσαι εις τα παρ 3 ύμεΐν δημόσια γράμματα* πέμψατε δέ και άντίγραφον [αυτών εις] Ταρσέων την βουλήν και τον δήμον, Άντιοχέων την βουλήν και τον δήμον, [Σελευκέω(?)]ν τήν βουλήν και τον δήμον, δπως καταχωρίσωσιν. vac. Έ ρ ρ ω σ θ ε . 2. 2. DOC Π (IL 9"72) [Καίσαρ] αυτοκράτωρ, τριών ανδρών έπί τής καταστάσεως τών δημοσίων πραγμά­ τ ω ν , κατά ν]όμον Μουνάτιον και Αίμίλιον πολειτείαν και άνεισφορίαν πάντων τών [ύπαρχόντ]ων έδωκαν (!) εις τούτους τους λόγους· vac. [επει Σέλε]υκος Θεοδοτου Τωσεύς συνεστρατεύσατο ήμεΐν έν τοις κατά τήν [Ίταλίαν (vel Σικελίαν) τό]ποις, δντων αυτοκρατόρων ημών, πολλά και μεγάλα περί ημών έκακοπά-

"Ετους [..] μηνός ed. pr. ει ερρωσβε, καλώς αν εχοι addidit Arangio-Ruiz [α δει υμάς] ed. pr.y [άπερ άξιώ] rest. Wilhelm apud Schònbauer; παρ9 ύμΐν ed. pr. 8 [ ]N ed. pr., [Έφεσίω]ν Schònbauer, [Σελευκέω]ν rest. De Visscher 9 [(?) Καίσαρ α]ύτοκράτωρ ed. pr. 11 [ύπαρχόντ]ων ed. pr. 12 [ Σέλευ]κος ed. pr. 13 [ ]ΙΟΙΣ ed. pr.t [άνατολήν τό]ποις Guarducci ι 4 6

IL TESTO

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[Όησεν έκιν]δύνευσέν τε, ούδενός φεισάμενος των προς ύπομονήν δεινών, [και πάσαν] προαίρεσιν πίστιν τε παρέσχετο τοις δημοσίοις πράγμασιν, τους τε ι6 [ιδίους καιρ]ούς τήι ήμετέραι σωτη[οίαι] συνέζευξεν πασάν τε βλάβην περί των [δημοσίων π]ραγμάτων του δήμο[υ] το[υ] Τωμαίων ύπέμεινε, παροϋσιν και άποΰσιν [ήμεΐν χρη]στός έγένετο* vac. §3 [και (?) αύτώι και] γονευσι, τέκνοις έκγόνοις τε αυτοί] γυναικί τε τούτου ήτις με20 [τ5 αύτου έστι ή] εσται ( ? ) + + + + + [ — ±ιι — ] πολειτείαν και άνεισφορίαν των υπαρχόν­ τ ω ν πάντων (?) δί]δομεν, οΰτω[ς ως οϊτινες τώ]ι άρίστωι νόμωι άρίστωι τε δικαίωι πολειται [Τωμαΐοιάνείσ]φο[ρ]οίείσιν,α[ύτοΐςτεστρατείαςλει]τουργ[ί]ας τε δημοσίας άπάσης πάρε[σις εστωι.] vac. §4 24 [Αυτός ό έπ]άνω γεγραμμέ[νος και γονείς, τέκ]ν[α] ετ4γ[ο]νοί [τε] αύτου φυλής Κορνηλίας εστω{ι}[σαν ψήφ]όν τε έ[ν]τ[α]Μ« [φέρειν καί τειμάσθαι εξουσία αύτοΐς] εστωι καί έάν απόντες τει-

15 17 18 19 20

21 22 24 25

προαίρεσιν ed. pr. [ πρα]γμάτων ed. pr. ; δήμ[ου τ]ο[ΰ Τωμ]αίων ed. pr. [τε ήμειν χρη]στος ed. pr. [Αύτώι καί γ]ονεΰσι ed. pr. με/[τά τούτου] εστ[αι — ± ι6 ] πολειτείαν ed. pr., με/^ αύτοΰ] proposuit Ci. Préaux apud Mouterde, με/[τά τοΰτο] Sherk; εστ[αι νομίμως, την παρ' ήμΐν] πολειτείαν Wflhelm apud Schcnbauer, έστ[ί εσται μόνηι μέντοι (ο. a.)] πολειτείαν Wolff [των δίδ]ομεν ed. pr. [άνείσφο]ροί [είσιν, καί στρατείας λει]του[ργία]ς τε ed. pr. γεγρ[αμμένος καί γονείς ] ed. pr., γεγρ[αμμένος καί γυνή (?), γονείς] proposuit Wolff; εκγ[ο]νο[ί τε] ed. pr. εστωι / [καί (?) ψήφ]ός τε έ[ν]τ[α]ΰΌ·α ed. pr.t εστω{ι}/[σαν ψήφΐός τε è[v]x[a]t5da rest. Wolff; [φερέσ·θω (?) καί ] εστωι ed. pr., [φέρειν καί τειμάσθαι έ|]έστω{ι} (?) Arangio-Ruiz, [φέρειν καί τειμασϋαι εξουσία αύτοΐς] εστω{ι} rest. Wolff

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§5

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32

[μάσθαι ΰ^έλωσιν [δι]δ[όσθω (?) αύτοΐς· και εάν τίνος πόλεως ή άποικ]ίας Ιταλίας εΐναι θέλωσιν [- - -]ΟΣΤΕΙΜΟ[ έξέστωι αύτοΐς (?)] vac. [Ότιουν (?)] ο ποογεγοαμ[μένος και γυνή και γονείς, τ]έκνα ε[κγονοί] τ[ε] αυτοί; προ του πολείτης [Τωμαΐο]ς άνείσφοοος ε[ίν]αι [εσχε (?) ±ΙΛ ] και πολεί[της Τω]μαιος άνείσφορος γεγονώς [κατά το (?)] δίκαιον εάν χ[ρή]σΰ:[αι ϋέληι χρήσθω. Αΐτινες] ίερεωσυ[ναι, τάξε(?)]ις, τείμια, φιλάν&ρωπα [έξαίρε(?)]τά τε υ[πήρξαν (?) αύτοΐς, ταύτα, καϋάπερ τις τώι άρίστωι νό](χωι άρίστωι τε δικαίωι έχει, [δπως αυτοί εχ]ωσ[ιν, χρώνται καρπίζωνταί τε — . ] vac. ['Άκοντος αύ]τοΰ ούτε [άρχοντα τίνα ούτε πρεσβευτήν ούτε επ]α[ρχ]ο[ν] ούτε χειριστήν είσφ[ο][ρών ή δη]μοσίω[ν πρ]αγμάτ[ων ούτε έπίτροπον εν οίκίαι] αύτ[ού ούτε] υποδοχής ένεκεν ούτε [εις παρα]χειμασία[ν ύπομένειν (?) αρέσκει.] vac.

16

[ ^έλωσιν [..]Α[ ]ΙΑΣ ed. pr., [ θ]έλωσιν [ή κ]α[ί τίνος πόλεως ή άποικ]ίας Arangio-Ruiz, [ θ]έλωσιν [δι]δ[ώται αύτοΐς. Και έάν τίνος πόλεως ή άποικ]ίας resi. Wolff ούτ]ως τειμά[σθαι — 27 [ ]ΟΣΤΕΙΜΟ[- - - — ] vac. ed. pr., [ - αρέσκει (?)] Arangio-Ruiz, [ πρ]όστειμο[ν (?) ] Schonbauer, [άνευ πρ]οστείμο[υ έξέστω αύτοΐς (?)] Wolff 28 [Καθόσον] ό προγεγρ[α]μ[μένος ] ed. pr., [Ότιουν] rest. Wolff 29 ε[ίν]αι [ατελής ην (?) . . . . .], και ed. pr., ε[ίν]αι [ατελής ην έν τήι πατρίδι (?)], noi Arangio-Ruiz, ε[ΐν]αι [εσχε, τούτο] και Wolff 30 εάν χ[ρή]σθ[αι (?) ϋέληι, έξεΐναι, τάς τε] ίε[ρω]σ[ύνας ]ΙΣ ed. pr., εάν χ[ρή]σί)[αι (?) θέληι, χρήσθω. Αΐτινες (?)] ιε[ρω]σ[ύναι τάξε(?)]ις rest. Wolff 31 [ ]ΪΑ τε ύ[πάρχοντα (?) εχειν, καρπίζεσθαι καθάπερ τις τώι άρίστωι νό]μωι [ά]ρίστωι ed. pr., [χάρισμα(?)]τά τε ύ[πήρξαν αύτοΐς, τα!3τα πάντα, καθάπερ τις τώι άρίστωι νό]μωι Wolff 32 [καρπίζεται] vac. ed. pr., [καρπίζεται εχειν καρπίζεσθαι ομολογείται.]

Wolff 33

[ ]ΤΟΥ[ ±35 ]Α[.]0[.] ούτε ed. pr., [Και αύ]τοΰ [άκοντος ούτε άρχοντα τίνα, πρεσβευτήν, επ]α[ρχ]ο[ν] ούτε Wolff 34 [ρών δη]μοσιώ[νην τε] ΓΓ[ ±20 ]ΑΥΤ[ ύπ]οδοχης ed. pr., [ρών δη]μοσίω[ν έπ]ίτ[ροπόν τε ξένον είναι ούτε έν οίκίαι] αύτ[οΰ ούτε ύπ]οδοχής Wolff 35 [παρα]χειμα[σίας ] vac. ed. pr., [παρα]χειμα[σίας ύπομένειν ούτε εξ αυτής έξάγειν τινά τι (?) αρέσκει.] Wolff

IL TESTO

§ 7 36

§8 40

44 §9(?)

36 37 38 39 40 41 42. 43 44 45 46 47

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[Εις Άσιαν (?)] και Ευοώπην [±23 μ]άλιστα [ ± ij ] αυτω[ι] ή αυτός, [γονείς, τ]έκνα, γυναίκα [αύ]του Σ[ - -±40 ]Α μετά ταυ[τα--±5--]ΗΣΗΤΑΙεωςόΛΕ[---±42 ] 0 [ . . ] πάσης [-- ±6- -]Ε εστωι. vac. [- - ±5 - - τή]ν έπιγαμίαν 0[.]0[ +η ]Σ[.]ΑΙ[- - ---±3ο ]ΟΕΩΝΙΟΝ [--'± 7 --]ΙΗχρήμαΓΓ[ ±33 ]ΩΣΕ[--±ιι---]ΠΩΝΙΚΩΝ [--±7--]ΩΝΗείς(?)ΤΕ[---±4ι ]ΑΙ εκποάττεσθαι [- - ± 7 - -]ΝΑ τε οΰτε [ ±42 ] νόμωι Άτειλίωι [και νόμωι] Ίουλί[ωι και Τιτίωι ±32 ] ΣΟΙΣ αρέσκει. Ταύτα πάντα [--±7--]ΠΑΕ[---±43 ]Δ[.·Μ··] Ω έπί έπαρχείαι [- - ±3 - - άφικ]νούμεναι (?) Σ[ ±19 ]Υ[- ± 4 - -] τέλος Ι[ ±ι3 ]ΟΝΕ+ΕΡΟΝΑ[.]ΧΙ οΰτε [άρχοντ(?)]ας οΰτε [. .]ΩΣ[ ±ι8 ] Τωμαίων λαμβάνειν θέλου[σιν (?) — ] Τ Ε παρ9 [αΰ]-

[Άσίαν (?)] και Εύρώιτην [ ]ΛΙΣ[ ] αύτώ[ι] ed. ψ. ] μετά ed. pr. [ τ]έκνα ed. pr. ; Σ[ εως ο ed. pr. [ ] εστωι vac. ed. pr. [ ]N έπιγαμίαν 0 [ ]ΟΕΩΝΙΟΝ ed. pr. XPHMA[ ]ΠΩΝΙΚΩΝ ed. pr., [ έ]πωνικών (?) Wolff ΩΝΗΕΙΣ[ ] AI ed. pr. [ μηδέ]να (?) Mouterde Ίουλί[ωι ]ΟΙΣ [ά]ρέσκει ed. pr. ; [ και Τιτίωι ] resi. Fenary ΠΑΕ ed. pr. ; έπαρχείαι Λ[...] ed. pr. [ ]ΝΟΥΜΕΝΕΣ[ ]ΕΛΟΣ[ ]ONE[. .]EPOIK[..] XIOYTE ed. pr. [ ]ΑΣ οΰτε [ ] Τωμαίων λαμβ[άν]ειν θέλου[σιν ( ? ) . . . .]ΤΕΓΡΑΡ[.] ed. pr., [Ταύτ]ας οΰτε [άρχουσιν] Τωμαίων λαμβάνειν ·θ·έλου[σιν εξεσ]τιν παρ9 [αύ-] Piejko

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52 § 10

56

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[των λαμ]βάνεσθαι [ ±14 ]XO[. . .] αυτών εις πόλιν ή χώραν Ασίας και Ευρώπης έπαρχει[ώνέκ δη]μοσιώνου ΜΕ[ ±14 έά]ν (?) τε είσάγηι ή έξάγηι της ίδιας χρείας έ'ν[ε]κεν [εκ πολ]εως ή εκ χώ[ρας ±13 έ]άν (?) [τε τι (?)] έξάγηι εκ τε των ιδίων τών θρεμμάτων τε [της ίδία]ς χρ[εί]ας [ε]νεκε[ν ±9 υπέρ] τούτων τών πραγμάτων τέλος οΰτε πολειτείαν οΰ[τε δημο]σιώνην παρ 3 αύτ[ών είσπράσσειν αρέσκει.] vac. [Έάν τις α]υτών κατηγορειν θέλ[ηι εγκ]λημά τ[ε αύτοΐς] επάγειν κριτήριόν τε κατ5 αυτών λαμβά­ νειν κρί]σιν τε συνίστασθ·[αι ±ιθ ]ΣΕΙΝ, επί τούτων τών πραγμάτων πάντων [έάν τε έ]ν οϊκωι τοις ιδίοις [νόμοις, έάν τε εν πόλεσιν] έλευθέραις, έάν τε προς άρχοντας ή άν[τάρχοντα]ς ημετέρους Δ[ ±19 κρί]νεσθαι θέλωσιν, αυτών την αϊρεσιν είναι

[. . . λαμ]βάνεσθαι [ ± 20 ] αύτώ[ι] εις ed. pr., [τών λαμ]βάνεσθαι [οΰτε δημοσιώναι είσάγοντι] αύτώ[ι] εις Piejko 49 [ών .. δη]μοσίων ου Μ[ ±22 ε]ίσάγηι ed. pr., [ων έκ δη]μοσίων ου μ[ετελεύσονται ουδέν.] Piejko; χρεί[ας] ed. pr. 50 χώ[ρας ] έξάγηι ed. pr. ; [ ει δέ τι] έξάγηι έκ τών ίδιοτικών θρεμμάτων τε Piejko 51 [ε]νεκε[ν ± iy ] τούτων ed. pr.t [ε]νεκε[ν μη έξέστω πάντων] τούτων Piejko 52 [ δημοσι]ώνην παρά Σε[λεύκου (?) εισπραττειν] vac. ed. pr., παρ9 αύτ[οΰ εισπραττειν] Guarducci, παρ9 αύτ[οϋ πράττειν] Piejko 53 [Έάν τίνες vel Ει τίνες α]ύτών Schonbauer; θέλ[ηι ]Λ[. .]ΥΜΑΤ [...] άγειν ed. pr., θέλ[ηι εγκ]λημά τ[ε έν(?)]άγειν rest. Grégoireapud De Visscher, θέλ[ωσιν έγκ]λημά τ[ε έν]άγειν Schonbauer 54 συνίστασθ[αι ± 20 ]ΕΙΝ ed. pr., συνίστασθ[αι δίκην τε δοΰναι ή ύπέχ]ειν Schonbauer, συνίστασθ[αι χρήματα τε αυτών έκπράττ]ειν Arangio-Ruiz 55 ιδίοις [νόμοις χρήσθαι τοις έν πόλεσιν] έλευθέραις Schonbauer 56 ημετέρους [ ± 20 κρί]νεσθαι ed. pr., ημετέρους [κατά νόμους τους'Ρωμαίων κρίν]εσθαι Schonbauer, ημετέρους [Τωμαικώι δικαίωι κρί]νεσθαι vel ημετέρους [επί Ιταλικών κριτών κρί]νεσθαι Arangio-Ruiz, ημετέρους [έπί τε δικαστών Τωμαίων bzw. ημετέρων κρί]νεσθαι Wolff

IL TESTO

§ 11 60

§ ΐ2 64

57 58 59 60 61

61 63 64 65

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[αρέσκει] μήτε τις άλλως [ή εν τ]ούτ[οις γεγραμμένον εστί] ποιήι περί τε αυτών κρίνη προσανενέγ[καςγν]ώμηντεεϊπηι[-- ±6--]Ω+ΑΤ[— ±ιο — έάντι (?) ύπ]εναντίως τούτοις [γ]είνηται, τούτο κύριον [μη εστω]ι. vac. [Έάν δέ τι]ς τούτου [τ]οΰ προγεγραμμένου, γ[ονέ]ω[ν. γυναικός, τ]έκνων έκγόνων τε αυτών όνομα δέξασθαι [Φελήσηι (?)] πρόκριμά τε κεφαλής ποιήση[ι ± iy - - -]ΕΙΝ πεσβευτάς τε προς τήν σ[ύ]νκλητον [την ήμετ]έραν προς τε άρχοντας άντάρχο[ντάς τε τους ήμετέ]ρους παραγείνεσθαι πρεσβευτάς τε πέμ[πειν περ]ί των ιδίων ποαγμάτω[ν τοις προγεγραμμένοις εξ]ουσίαν είναι αρέσκει. 'Ήτις αν πολει[τεία δστις] τε άρχων δσα Τ[...] ΑΙΩ[- - + 6 - - ύπεναντίον] τούτοις ποιήσηι ή εκ προαγωγής γνώι [ή - - ± 7 - -]ΟΙΗΙ ή ένεχυράση δόλωι τε πονηρώι [ποιήσ]ηι ώ έλασσον ούτοι οι προγεγραμμένοι

[αρέσκει] proposuit Schonbauer; άλλω[.. .]ΟΟΥΤ[ ±20 ]ΙΛΓ[.]ΟΙΠ περί τε Seyngapud Roussel, άλλω[ς ή] ed. pr. ; [ εστί ποιήσ(?)]ηι ed. pr. ; ΚΡΙΝΗ ìapis\ προσανε[ν]έγ- ed. pr. [ γνώ]μην τε ειπήι* [έάν δέ κριτήριόν τι περί αυτών ύπ]εναντίως τούτοι[ς γεί]νηται ed. pr. [μή εινα]ι ed. pr. δνομα δέξασ-θαι ed. pr. [πράσσηι (?)] Wolff; ΠΡΟΚΡΙΜΑΤ///Ε hpis, πρό[κ]ριμά τε ed. pr.; ποιήσα[ς ± io ]ΕΙΝ ed. pr., ποιήσα[σθαι άναφέρ]ειν Wilhelm apud Schonbauer, ποιήσα[σθαι τολμήσηι, προσαναφέρ]ειν (?) Arangio-Ruizt ποιήσα[σθαι περί τε κεφαλής φεύγ]ειν Wolff; ΠΕΣΒΕΥΓΑΣ lapis; [σύ]νκλητον ed. pr. [ ήμετέ]ραν [προς] τε ed. pr.; άντά[ρχοντάς τε τους ήμετέρ]ους παραγείνεσ&ίαι πρ]εσβευτάς τε ed. pr. ΙΤΩΝΙ///ΔΙΩΝ lapis, [ περί] των ιδίων πραγμάτω[ν ± 17 - — έξ]ουσίαν ed. pr., [ τοις προγεγραμμένοις ] suppl. Arangio-Ruiz; [άρέ]σκει ed. pr. ΤΕΑΡ///ΧΩΝ lapis; ΟΣΑΤ[. . .]ΙΕΡΩ[ ± 20 - - - - -]ΠΩΔ[.] τούτοις Seyrig apud Roussel, δσα τ[ε κατά ταύτα δει, μή ποιήσηι ή ύπεναντίον] τούτοις ed. pr. [ή ]ΟΙΗΙ ed. pr., [ή όμολ]οήι Oliver; ΕΝΕΧΥΡΑΣΗ lapis; πο[ν]η[ρ]ώ[ι κωλύση]ι ed. pr. ; ΩΕΛΑΣΣΟΝ lapis

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τοις [φιλανθρώ]ποις τοις δεδογμένοις χρήσθαι [δυνή]σονται, τώι δήμωι τώι Τωμαίων νόμων ση[στερτί]ων δέκα μυριάδας δούναι κατακεκ[ριμένοι ε]στωσαν τούτου τε του χρήματος τώι [θέλοντι] με[ταπορε]ία εκπραξίς τε εστωι έ[άν τ]ε εν τήι έπαρχειαι παρά άρχουσιν άντάρχου[σίν τε ή]μετέροις εάν τε εν Τώμηι προσα[ιτ]εΐν έ[κ]πράσσειν τε θέληι* περί δέ τούτων των [χρημάτ]ων έγγύας ίκανώ[ς δι]δομένωι [ ]ΣΘΑΙ αρέσκει. Ταύτα πάντα τα προγεγραμμέ[να ϊνα οΰτ]ως γείνηται, άρχο[ντες] άντάρχοντές τε ημέ­ τεροι οΐτινες ν έκε έπί της δι[καιοδοσί]ας {ε} ώσιν έπικρειν[έ]τωσαν φροντιζέτωσάν τε. vac. 2.3· Doc. ili (II. 73Ή) [Έτους -], μηνός Δύστρου ιε'. Αυτοκράτωρ Καίσαρ θεού υιός, αυτοκράτωρ το έκτον, ύπατος [το τρί]τον, αποδεδειγμένος το τέταρτον, Τωσέων της Ιεράς και άσυλου και αυτονόμου

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[τ]οΐς δεδογμένοις Ν[. ·]ΟΔΙ[. .χρή]σονται ed. pr., χρήσ^αι δυνή]σονται resi. Wilhelm apud Schonbauer, Oliver 67 [στερτίω]ν ed. pr.; κατ[αδίκην (?) όφειλέ]τωσαν ed. pr.t κατ[άδικοι εσ]τωσαν Arangio-Ruiz 68 [θέλοντι (?)] ΛΕ[.. .]A ed. pr., [θέλοντι (?)] α[τημ]α Grégoire apud De Visscher, [θέλοντι (?)] ά[ίωμ]α Oliver-, εστω[ι εάν τε] εν ed. pr. ; άντάρχ[ου]- ed. pr. 69 [ ήμε]τέροις ed. pr.\ εν Τώμηι [. .]ΟΟΛ[. .]ΕΙΝ ed. pr., εν Τώμηι πόλε[ι αίτ]εΐν Arangio-Ruiz, έν Τώμηι [πρ]οα[ιτ]ε!ν Mouterde, εν Τώμηι [πρ]οφα[ίν]ειν Oliver, έν Τώμηι [άπ]οφα[ίν]ειν RS 70 [χρημάτω]ν ed. pr., [κριτηρίω]ν Oliver; [. . . . Ε]ΣΘΑΙ ed. pr., [δικάζε]σθαι Wilhelm apud Schonbauer, [άρκεΐ]σθαι De Visscher, [κρίνε]σθαι rest. Oliver; Ταΰτα τα προγεγραμμέ- ed. pr. 71 [να δπως οΰτ]ως ed. pr. ; άρχ[οντες άντάρχοντέ]ς τε ed. pr. ; ΕΝΕΚΕΝ lapis, {ένεκεν} ed. pr., ένεκεν De Visscher, ν έκε rest. Mouterde 71 ΑΣΕΩΣΙΝ lapis, δί/[κης κατ]ασώσιν De Visscher; έπικρειν[έτ]ω[σ]αν ed. pr.

IL TESTO

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άρχουσι], βουλήι, δή{ι}μωι χαίρειν ει ερρωσθε, καλώς αν εχοι* και αυτός δέ μετά του στρατεύ­ ματος ύγ]ίαινον. Οι πεμφθέντες πρέσβες ύφ5 υμών, Σέλευκος ναύαρχος έμός, Ήρας, ΚΑΛΛΙ± 7 - -]ΕΡΩΣ, Σύμμαχος, άνδρες αγαθοί παρά δήμου άγαμου, φίλου συμμάχου τε ημετέρου, άποδημή]σαντες εις Έφεσον προς με διελέχθησαν περί ών εΐχον τάς έντολάς· εγώ οΰν τους άνδρας άπ]εδεξάμην εύρων φιλοπάτριδας και αγαθούς και τάς τιμάς και τον στέφανον δέδεγμαι, πειράσομ]αί τε επί τους τόπους έλθών αγαθοί) τίνος ύμεΐν γείνεσθαι παραίτιος και συντηρήσαι τα φιλάν]θρωπα τήι πόλει και ταΰτα ήδειον δια Σέλευκον τον ναύαρχόν μου ποιήσωι συνεστρ'ατ'ευμένον μοι π]άντα τον του πολέμου χρόνον και δια παντός ήριστευκότα και πάσαν άπόδειξιν εύνοιας τε και πίσ]τεως παρεσχημένον, δς ούδένα καιρόν παραλέλοιπεν έντυγχάνων υπέρ υμών και πά­ σαν είσφ]ερόμενος σπουδήν και προθυμίαν υπέρ τών ύμειν συμφερόντων, vac. Έ ρ ρ ω σ θ ε . 2. 4· Doc. nr (Ή. 85-93)

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[Έτους -, μ]ηνός Άπελλαίου θ'. Αυτοκράτωρ Καίσαρ θεού υίός, αυτοκράτωρ τό έκτον, ύπατος το τέταρ­ τ ο ν , Τωσέ]ων της ιεράς και άσυλου και αυτονόμου άρχουσι, βουλήι, δήμωι χαίρειν ει ερρσθε, καλώς [αν εχοι* και] αυτός δέ μετά του στρατεύματος ύγίαινον. Σέλευκος ό και υμέτερος πολεί[της και έμ]ός ναύαρχος έμ πάσι τοις πολέμοις συνεστρατευμένος μοι και π[ολλ]άς άπο-

75 ΔΗΙΜΩΙ lapis, δήμωι ed. pr. 76 [ ύγί]αινον ed. pr. ; ΠΡΕΣΒΕΣ \apis, πρεσβευταί ed. pr. 78 [άποδημήσ]αντες ed. pr. AT

81 [ φιλάνθ]ρωπα ed. pr. ; ΣΥΝΕΣΤΡΕΥΜΕ lapis 86 ΕΡΡΣΘΕ lapis, έρρωσθε ed. pr.

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ANDREA RAGGI

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[δείξεις κ]αί της εύνοιας και της πίστεως και της ανδρείας δεδωκώς, ώς καΰηκο[ν] ην τους [συστρατευ]σαμένους ήμεΐν και κατά πόλεμον άριστεύσαντας, κεκόσμηται φιλανθρώποις [και άνεισ]φορίαι και πολειτήαι. Τούτον ουν ύμεΐν συνίστημι* οι γαρ τοιούτοι άνδρες και την προς τάς [πατρίδας] ευνοιαν προθυμοτέραν ποιουσιν ώς ουν έμου πάντα δυνατά ποιήσοντος ύμεΐν ήδει[ον δια Σέ]λευκον, Φαρροϋντες περί ων αν βούλησθε προς με αποστέλλετε, vac. Έ ρ ρ ω σ θ ε .

89 κα-θηκο[ν ή]ν ed. pr. 90 [συνστρατευ]σαμένους ed. pr. 91 [ άνεισφ]ορίαι ed. pr.; πολειτείαι ed. pr. 93 [ Σέλ]ευκον ed. pr.

IL TESTO

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3. TRADUZIONE E RETROVERSIONE LATINA DEL DOC. II

3. a. Traduzione15

Doc. 1 (11.1-8) Nell'ottavo anno, il [—] del mese di Aveuaios. 1 [Imperatore Cesare, figlio del Divo Giulio, imperator per la quarta volta, con[sole] / designato per la [seco]nda e terza volta, ai magistrati, al consiglio e al popolo di Rhosos, (città) sacra, in­ violabile e / 4 [autono]ma, salve; : anch'io e il mio esercito / [siamo in ottima salute]. Il documento riportato qui sotto è un estratto (trascritto) da una stele (che si trova) sul Campidoglio a Roma, / [e (vi) chiedo] di registrarlo nei vostri archivi; inviate anche una copia / [di questo] al consiglio e al popolo di Tarso, al consiglio e al popolo di Antiochia, / 8 al consiglio e al popolo di [Seleucia (?)], perché la registrino. State bene. / 25 II dossier epigrafico di Seleuco di Rhosos è stato tradotto varie volte in una lingua moderna; fino ad oggi, per quanto è di mia conoscenza, traduzioni del­ l'iscrizione, nella sua totalità ο in parte, si trovano: in francese presso P. RousSEL, Un Synen, dt., pp. 40-43; F. D E VISSCHER, La condilion, cit., pp. 30-31; F. D E

VISSCHER, Le statuì, cit., pp. 74-77; P. F. GIRARD, F. SENN, Les bis, cit., pp. 355-365

(a cura di J. Modrzejewski); M. SARTRE, D'Alexandre à Zénobie. Histoire du Levant antique, r / siede avantJ.-C.-nf siede aprèsJ.-C., Paris 2001, pp. 661-663. In inglese presso F. M. HEICHELHEIM, Roman Syria, in ESAR TV, Baltimore 1938, pp. 121-257, part. pp. 243-244 (soltanto il doc. 1 e, in parte, il doc. n); ARS 128, pp. 110-111; K. CHISHOLM, J. FERGUSON (edd.), Rome. The Augustan Age. A Source Book, Part 1, Oxford 1981, C27, pp. 135-138 (traduz. di J. Carter); F. W. DANKER, Benefactor. Epigraphic Study ofa Graeco-Roman and New Testament Semantic Field, St. Louis (Mo.) 1982,18, pp. 98-101; R. K. SHERK, Rome and the Greek East to the Death ofAugustus, Cambridge 1984, 86, pp. 106-108; N. LEWIS, M. REINHOLD, Roman Civilization. Selected Readings i3, New York 1990,152; B. LEVICK, The Government ofthe Roman Empire. A Sourcebook2, London-New York 2000,158, pp. 169-171; F. MILLAR, The First Revolution, cit., pp. 21 e 26 (doc. m e doc. iv); A. RAGGI, The Epigraphic Dosner, cit., pp. 134-136. In tedesco unicamente presso H. FREIS, Historische Inschnfien zur ròmischen Kaiserzeit von Augustus bis Konstantin, Darmstadt 1984, 24. In italia­ no presso M. GUARDUCCI, L'epigrafia greca, cit., p. 109 (solamente il doc. πι); Ρ. DONATI GIACOMINI, G. POMA, Cittadini e non cittadini, cit., 31, pp. 119-120.

Nota bene: nella traduzione in italiano e nella versione latina le separazioni tra le linee e le parentesi quadre sono state inserite a titolo indicativo, con alcune approssimazioni rispetto a quelle presenti nel testo dell'edizione dell'iscrizione.

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Doc. π (11. 9-72) § 1 [Cesare] imperator, triumvir rei publicae constituen/[dae, in virtù della] lex Munatia Aemilia conferirono (!) la cittadinanza e Γ esenzione da imposte su tutti i / [beni] in questi termini: / n § 2 [poiché Sele]uco di Rhosos, figlio di Teodotc, na combattu­ to con noi nei / luoghi delT[Italia (oppure: Sicilia)] sotto il nostro comando supremo, ha sofferto molto / e [cor]so grandi pericoli per noi, non indietreggiando mai di fronte ad alcun rischio nella (sua) fermezza, / [e] ha manifestato [tutta] la sua devozione e fedeltà alla repubblica, Γ6 ha associato il [suo desti]no alla no­ stra salvezza] e ha tollerato ogni male per / [la (difesa della) repubblica del popolo romano, e in nostra presenza come in no­ stra assenza / [ci] è stato [ut]ile; / § 3 [sia (?) a lui sia] ai suoi genitori, aifiglie ai discendenti e alla ] noi conferiamo moglie che con /20 [lui è o] sarà (?) [ il diritto di cittadinanza e l'esenzione da imposte su [tutti (?)] i be/[ni], allo stesso modo [di coloro che] sono cittadini [romani] di pieno diritto / [esenti da] imposte, e [gli stessi siano dispensati dal servizio militare e da] ogni pubblico / [ufficio]. /M § 4 [II] suddetto [e i genitori, ifi]gli[e] i discendenti siano iscritti nella tribù Cornelia / e vi abbiano [la facoltà di votare e di essere censiti] e se in loro assenza / vogliono essere [censiti], ne [abbia­ no il diritto; e se] essi vogliono appartenere [ad un municipio ο ad una colo]nia in Italia, / [ sia a loro concesso (?)]. /^ § 5 [Qualunque diritto (?)] il suddetto e sua moglie e i genito­ ri], i figli [e i discendenti aveva (?)] prima di diventare cittadino / [romano] esente da imposte [ ] anche una volta divenuto cittadino romano esente da imposte, / se egli [vuole avvalerse­ ne lo potrà fare secondo (?)] il diritto. [Qualunque] sacerdozio, [carica], onorificenza, privilegio / [e beneficio [possedevano (?), questi (?), nel modo in cui uno] ha in pieno diritto, /32 [che essi li abbiano, se ne avvalgano e ne traggano profitto ]. / § 6 [Contro la sua volontà] né [un magistrato né un legato né un governatore (?)] né un appaltatore delle impo/[ste ο delle] opere pubbliche né un (suo) rappresentante si stabilisca (?) presso di lui] per alloggiare ο / [per sver]nare. /36

IL TESTO

35 I paragrafi ye8eL· parte iniziale del paragrafo 9 (II. 36-47) sono molto lacunosi e non consentono una traduzione continua. §9 / 48 di loro in una città ο territorio delle pro­ vince dell'Asia e dell'Europa, / [dal pubblicano [ s]e (?) importa ο esporta per uso personale / [da una cit]tà ο territorio ] se (?) esporta [qualche cosa (?)] dei beni e del bestiame / per u[so personale [ ] su queste merci nessuna comunità cittadina e nessun I* [pubblicano [richieda lo]ro il pagamento del dazio (doganale). / § 10 [Nel caso qualcuno] voglia accusarli ο portare un'accusa [contro di loro] e accettare un procedimento a loro carico / ο istituire (?) un pro[cesso ], in tutti questi casi, / [se essi] desiderino essere giudicati in patria secondo le loro [leggi ο in città] libere ο davanti ai nostri magistrati e I56 [promagistrati — ], che essi abbiano (il privilegio del)la scelta / e che nessuno agisca diversamente [rispetto a quanto è prescritto dalle presenti disposizioni], né li giudichi / e pronunci una sentenza (nei loro confronti) [ se qualche cosa (?)] in violazione alle disposizioni presenti è fatto, che questo / [non sia] valido. / 6o § 11 [Se contro] il sopraddetto, i genitori, [la moglie], i figli e i loro discendenti qualcuno [abbia acconsentito (?)] a ricevere un'accusa / e abbia portato avanti un'azione che crea un pregiu­ dizio in una procedura capitale [ ] di venire in delega­ zione (per avere udienza) presso il [nostro] senato / e presso i no[stri] magistrati e promagis[trati] e di inviare una delegazione / [in merito] alle questioni personali sia permesso [ai suddetti]. § 12 Qualunque comunità I6A [cittadina e qualunque] magistrato e qualunque (?) [] abbia agito [contrariamente a] queste di­ ] ο abbia preteso qualche sposizioni ο abbia giudicato - - - / [o cosa in pegno e con un'azione fraudolenta [abbia fatto in modo] che i suddetti / [non po]ssano godere dei [bene]fici assegnati, al popolo romano / siano condannati] a pagare cento mila se[ster]zi e per (il recupero di) questa somma a chiunque / 68 [desideri] sia dato il diritto di [iniziativa] e di una domanda in giudizio, s[ia] che voglia nella provincia davanti ai nostri magistrati e promagistrati / oppure a Roma agire e domandare il recupero; per questa / [somma] a colui che darà garanzie idonee sarà lecito [ ]. In vista della corretta esecuzione di tutte queste / disposizioni,

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ANDREA RAGGI

i nostri magistrati e promagistrati che là /72 sono incaricati delramministrazione [della giustizia] prenderanno le misure e le precauzioni appropriate. / Doc. m (li. 73-84) [Nell'anno — ] . il 15 del mese dì Dystros. Imperatore Cesare, figlio del Divo, imperator per la sesta volta, console / [per la ter]za vol­ ta, (console) designato per la quarta volta, [ai magistrati], al con­ siglio e al popolo di Rhosos, (città) sacra, inviolabile e autonoma, / salve; se state bene, sia bene così: anch'io e il mio eser/76[cito siamo] in ottima salute. Gli ambasciatori inviati da voi, Seleuco mio navarco, Heras, KALLI/[ ]EROS, Symmachos, uomini rispettabili (provenienti) da un popolo stimabile, nostro amico e alleato, / [dopo aver] viaggiato alla volta di Efeso hanno discusso con me in merito alle disposizioni ricevute (da voi); da parte mia / [ho fatto] buona accoglienza a questi [uomini] che ho trovato devoti alla patria e rispettabili, e ho accettato gli onori e la coro­ na, / 8o [e mi sforzerò], quando mi recherò nei (vostri) territori, di essere promotore di qualche vantaggio per voi e di salvaguardare / [i bene]fici della (vostra) città, e farò più volentieri queste cose a causa di Seleuco, mio navarco, che ha combattuto / [con me] durante tutta la durata della guerra e si è mostrato valoroso in ogni occasione e ha fornito ogni prova della (sua) devozione / [e della (sua) le]altà, (un uomo) che non si è mai lasciato sfuggire l'occasione di intercedere a vòstro favore e che / 84 [ha esercitato [tut]to il suo zelo e il suo entusiasmo al servizio dei vostri interes­ si. State bene. / Doc. rv (11. 85-93) [Nell'anno — ] , il 9 del mese di ApeUaios. Imperatore Cesare, fi­ glio del Divo, imperator per la sesta volta, console per la quarta / [volta], ai magistrati, al consiglio e al popolo [di Rho]sos, (cit­ tà) sacra, inviolabile e autonoma, salve; se state bene, sia bene / [così: anch']io e il mio esercito siamo in ottima salute. Seleuco, vostro citta/88[dino e mio] navarco, che ha combattuto con me in tutte le guerre e ha dato nu[mero]se prò /[ve] della (sua) devozio­ ne e fedeltà e coraggio, come era dovuto a coloro che / [hanno

IL TESTO

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combattuto con noi e si sono mostrati valorosi in guerra, è stato ricompensato con benefici, / [l'esenzione] da imposte e il diritto di cittadinanza. Io quindi ve lo raccomando: infatti uomini siffatti rendono / 9 2 ancora più disposta la (nostra) benevolenza verso le (loro) [patrie]; di conseguenza, poiché farò tutto il possibile per voi più / volentieri a causa di Sejleuco, con fiducia rivolgetevi a me in merito alle questioni che vorrete. State bene. 3. b. Retroversione latina del doc. π (11. 9-35 e 48-J2)26 § 1 [Caesar] imperator, muir rei publicae constituendae, I [ex] lege Munatia Aemilia ciuitatem immunitatem omnium I [rerum] in haec uerba dederunt (!): / * § 2 [quod] Seleucus Theodotifiilius) Rhosius in I [Italiae (vel Siciliae)] locis nobiscum militauit, nobis imperantibus, multa et magnapro nobis I perpessus penclitatusque est, adpatientiam malorum nihil sibiparcensf I [omnem] uoluntatemfidemque in republica adhibuitf / l 6 [sua] tempo­ ra cum nostra sa[lute] coniunxit omnemque iacturam prò I re [publica] p(opuli) R{omani) tulit, nobis praesentibus absentibusque I profiliti I § 3 [&>,] parentibus, liberis posterisque eius uxoùque quae /20 [eius est] exit (?) [ ] ciuitatem immunitatem [omnium (?)] rerum I damus, ita [uti qui] optima lege optimo iure ciues I [Romani immunes] sunt, [eisque militiae] omnisque muneris publici uacatìo I [esto]. IM § 4 [Is qui] s(upra) s(ariptus) e(st)9 [parentes, liberi] postenque eius tribus Corneliae sunto I [inque eam tribum suffiragiumferendi censendique eis potestas] esto et si absentes I censen uolent [ius esto (?); cuius eis liceto (?)]. I7* municipii coloniae] Italiae esse uolent I [ § 5 [Quod (?)] is qui s(upra) s{ariptus) e(st)t [uxor, parentes], liben [postenque] eius ante quam ciuis I [Romanus] immunis esset [habuit 16

Questa versione latina si differenzia in svariati punti dall'unica fino ad oggi pubblicata, quella di N. Festa riportata in PIRA I2, pp. 310-314, in ragione delle nuove letture e interpretazioni del testo emerse nel corso del presente lavo­ ro e perricercareuna maggiore aderenza alla terminologia latina di clausole analoghe presenti in altri documenti. Si è deciso di proporre la versione del solo doc. π in quanto le lettere di Ottaviano (docc. 1, in e iv) quasi sicuramente furono redatte ab ongine in greco (vd. infra cap. n, § 1). Ringrazio il Prof. Μ. Η. Crawford per averrivistola versione latina. Naturalmente, non ho la pretesa di riprodurre con esattezza il documento originale, ma soltanto quella di fornire un'indicazione di massima della struttura del testo latino.

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(?) ], etiam postquam ciuis Romanus immunis factus est I si [eo (?) uti uolet] iure [uti liceto. Quaeque] sacerdotia} [honores]f praemia, beneficia I [commoda]que [habuerunt (?), ea, ita uti quisquam optima] lege optimo iure habet, f32, [uti ei habeantpossideantfruanturque ]. / § 6 [Inulto] eo ncque [magistratum neque legatum neque praefectum] neque mancipem uectigalium / operumuepublicorum [ncque procuratorem in domo eius] deuertendi I hiemandi causa [esse placet]. I36 I paragrafi 7 e 8 e la parte iniziale del paragrafo 9 (11. 36-47) sono molto lacunosi e non consentono una versione completa. § 9 - - - - /48 eorum in ciuitatem agmm Asiae Europaeprouinciarum I [a]publicano [ siue (?)] importabit exportabit usus sui causa I [e] ciuitate agro [ siue quid (?)] suarum rerum pecorumque usus sui causa exportabit I [ ] prò eis rebus neque ciuitatem l5Z neque publicanum portorium db eis [exigere placet]. I § 10 [Si quis] eos accusare uolet crimenque [eis] inferre iudiciumque in eos accipere I litemque contestare [vel instituere] (?) [ ], de eis rebus omnibus I [siue] domi [legibus] suis [siue in ciuitatibus] liberis ] iudicio cena­ siue apud magistratus I56 [promagistratus] nostros [ re uolent, eis optionem esse I [placet], neue quis aliterfaciat [atque uti hic scriptum est] neue de eis iudicet — / sententiamue dicat [ si quid (?)] aduersus eafiat, id ratum I [ne esto]. I60 § 11 [Si quis autem] eius qui s(upra) s(ariptus) e(st), parentum, [uxoris], liberorumposterorumque eorum nomen recipere I [uoluerit (?)] capitisque praeiudiciumfecent [ ] legatosele ad senatum I nostrum magistratusque promagistratus nostros uenire legatosque I de rebus suis eis mittere [qui s(upra) siaipti) s(unt)]potestatem esse placet. § 12 Quae ciuitas, l6A [qui] magistratus, quaeque (?) [ aduer­ sus] eafecent uel cognouent I [uà ] uelpignera cepent doloue malo [fecent] quo minus ei qui s(upra) s(cnpti) s(unt) I [beneficiis] quae decreta suntfrui potuerìnt, p(opulo) R(pmano) I HS (sestertium) C (centena milia) nummum dare damnas sunto eiusquepecuniae cui /68 [uolet actio] petitioque esto, siue in prouincia apud magistratus proma­ gistratus I nostros siue Romae agere petere uolet] de ea I [pecunia] ei, ] placet. Ea omnia quae s(upra) s(aripta) qui praedes satis dedexit, [ s{unt)f magistratus promagistratus nostn, I quicumque ibi [iure dicundo] praerunt, lirL [ut ita]fiant decernunto curantoque.

IL TESTO

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4. NOTE ALL'EDIZIONE 27

Έτους η', μηνός Άπελλαίου [-] (1. ι) Le lettere di questa linea sono incise in caratteri leggermente più grandi rispetto alle altre presenti sulla lastra di pietra; per que­ sto motivo, è possibile supporre che il numerale indicante Tanno fosse costituito da una sola lettera, nonostante vi sia posto per due lettere di grandezza normale. La presenza delle apicature rende la decifrazione dei caratteri non facile ma, come spiegherò più avanti, ho accettato la lettura già a suo tempo proposta da Seyrig, respingendo le altre ipotesi; le osservazioni di Roussel sono vizia­ te dal fatto di basarsi ancora sulla datazione (39 a.C.) proposta da Macdonald per l'inizio dell'era antoniana di Rhosos.28 Τωσέων της ιεράς και άσυλου και / [αύτονόμ]ου (11.3-4) Quasi certamente fu Marco Antonio a concedere Γαύτονομία alla città (vd. infra nel cap. 11, § 3, le considerazioni sull'adozione di una nuova era locale nel 42/41 a.C). Non sappiamo a partire da quando Rhosos iniziò afregiarsidel titolo di sacra ed inviolabi­ le: le testimonianze numismatiche fanno ritenere probabile una data intorno alla metà del primo secolo a.C.,29 quindi pochi anni prima della concessione dell'αυτονομία. δήμωι χαίρειν · και αυτός δέ μετά του στρατεύματος / [ύγίαινον. ] (11. 4-5) L'omissione accidentale è stata supposta da Arangio-Ruiz in 2 FIRA i , p. 309, n. 1, sulla base del confronto con le 11. 75 e 86-87, ma era già stata notata da Schònbauer.30 La formula di indirizzo e 27

In questo paragrafo verranno esposte alcune osservazioni di carattere pa­ leografico, linguistico e, in parte, storico relative a singoli passi del testo del­ l'iscrizione; per problemi di più ampio respiro, come la datazione dei docu­ menti, la questione della cittadinanza, i privilegi processuali, si rimanda alle corrispondenti trattazioni nel prosieguo del presente lavoro. 28

G. MACDONALD, A New Syrian Era, «JIAN» 6 (1903), pp. 47-48; P. ROUSSEL, Un

Synen, cit., pp. 63-64. Vd. infra cap. n, § 3. 29 K. J. RIGSBY, Asylia. Temtorial InvioUbility in the Hellenistic World, BerkeleyLos Angeles-Oxford 1996, p. 473. Per la storia di Rhosos vd. infra APPENDICE I. 30

E. SCHÒNBAUER, Dielnschrifi, cit., p. 198; cfr. F. DE VISSCHER, Le statuì, cit.,

p. 64, n. 18.

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la. formula valetuainis sono, come è ovvio, regolarmente presenti nelle epistole inviate da Ottaviano alle comunità orientali.31 Dai calchi è possibile notare come nel δήμωι iniziale il lapicida sia ri­ tornato sui suoi passi, incidendo Μ sopra a Ω scritto erroneamen­ te subito dopo H. [ Tjà υπογεγραμμένα έξελήφΰηι εκ στήλης εκ του εν Τώμηι Καπετωλίου (1. 5) Sotto questa forma, il verbo υπογράφω si ritrova spesso nelle intestazioni delle copie autenticate degli atti ufficiali.32 Nelle iscrizioni greche di epoca ellenistica ο romana non è inve­ ce frequente trovare il verbo εκλαμβάνω utilizzato in un contesto analogo: il termine έξελήφθη, seguito da una doppia datazione, compare nell'intestazione di una lettera inviata dal re dei Parti Artabano II agli abitanti di Susa, ma non è ben chiaro quale sia il suo esatto significato.331 documenti papiracei trovati in Egitto attestano per il verbo il valore di «fare una copia di» ο «fare un estratto di» un atto.34 Tuttavia, come ha giustamente osservato lo Sherk, il significato di «copiare» sembra estraneo ad εκλαμβάνω nella sua forma passiva; inoltre l'espressione έκλαβών άντίγραφον 31 Vd. doc. m, 11.74-76, e doc. iv, 11.86-87. Cfr. J. REYNOLDS, Aphrodisias and Rome, London 1982, p. 45, e F. CANALI DE ROSSI, Tre epistoL· di magistrati romani a città d'Asia, «EA» 32 (2000), pp. 163-181, part. p. 177; all'elencazione di Canali de Rossi è da aggiungere una lettera di Ottaviano del 29 a.C. indirizzata ad Efeso: vd. D.

KNIBBE, H. ENGELMANN, B. ÌPLÌKgioGLU, Neue Inschrifien aus Ephesos xn, «JÒAI» 62

(1993), Hauptblatt, pp. 113-150, nr. 2 = SEG 43 (1993), 758 = AnnEpigr 1993,1461,11. 8-9. 32 Per esempi e letteratura sul termine vd. H. ENGELMANN, D. KNIBBE, DOS Zollgesetz der Provinz Asia, cit., pp. 34-36. 33 SEG 7 (1934), 1; da ultimo,ripubblicazionein F. CANALI DE Rossi (a cura di), Iscrizioni delio Estremo Oriente Greco (IK 65), Bonn 2004,218. Già C. B. WELLES in RC 75, part. p. 302, avanzava dubbi sull'interpretazione del verbo έξελήφΰη data dal primo editore dell'iscrizione, F. CUMONT, Une lettre du roi Artaban III àfoville de Suse, «CRAI» 1932, pp. 238-260, part. p. 245, che lo traduceva «recue» dalla città; ancora recentemente R. MERKELBACH, Der Briefdes Artabanos an die Stadt Susa (= Seleukeia am Euiaios), «EA» 34 (2002), pp. 173-177, part. p. 175, ha reso il verbo con l'espres­ sione «[Der Brief] wurde empfangen». E. C. D. HOPKINS, Letterfrom Artabanus II to Susa Validating the Eiection ofthe City Treasurer December, A.D. 20, http://www. parthia.com/artabanus2_letter.htm (ultimo aggiornamento 5 maggio 2006), os­ serva come diversi studiosi attribuiscano erroneamente la lettera al re Artabano III (80-90 d.C.) e al 21 d.C, mentre la datazione corretta è 17 dicembre del 20 d.C. 34 Vd. Wórterbuch 1-11, s.v., 4; Worterbuch rv, s.v., 2; cfr. P. ROUSSEL, Un Syrien, cit., p. 46 e n. 5; LSJ, s.v., v.2.

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in P. Gen. 1,74,11. 8-9 (139-145 d.C.), indica quasi certamente che il verbo da solo non è sufficiente ad esprimere il significato di «fare una copia»: in questo senso, nell'iscrizione di Rhosos ci si aspette­ rebbe un termine come αντιγράφω. Pertanto in questo contesto il verbo può solamente significare che Tatto è stato «tratto fuori», «estratto», piuttosto che «copiato», dal testo originale.36 Il termine ή στήλη, di uso comune nelle epigrafi in grecofindal­ l'età classica per designare il blocco di pietra sul quale era incisa l'iscrizione,37 può essere avvicinato al latino columna38 piuttosto che a tabula. E certamente vero che la denominazione immunitàtis et beneficii tabula, presente in Cicerone, designava un supporto, in bronzo ο in pietra, sul quale era inscritto un atto come il doc. π del dossier di Seleuco di Rhosos oppure il se. de Asclepùde, ma la lastra di bronzo che ci ha preservato quest'ultimo documento nel testo viene più propriamente indicata con il termine πίναξ e non con στήλη; tuttavia, στήλη è il termine generalmente utilizzato dagli storici greci quando si riferiscono a questo genere di atti esposti a Roma.39 35

Nuova edizione e datazione del papiro in P. SCHUBERT, P. Gen. 174 et le

procès de DrusiUa, «ZPE» 130 (2000), pp. 211-217; vd. ora P. SCHUBERT, I. JORNOT,

Les papyrus de Genève 12, Genève 2002, pp. 216-220. 36 Vd. RDGE, p. 304 e n. 14. In questa accezione il verbo è usato anche in IUST., Nov. 90, 4 pr. (έκλάβοιεν). 37 Per una definizione di στήλη vd. Ρ. J. RHODES, Public Documents in the Greek States: Archives and Insariptions, Part 1, «G&R» 48.1 (2001), pp. 33-44, part. p. 36: «a thin, upright-standing slab which depending on the text to be inscribed might be the size of a modem tombstone or might be larger». 38 Un editto del pretore L. Servenius Gallus (22 marzo del 62 d.C), ad esem­ pio, fu esposto ...R[omae infioro Augusto sub] porticu Mia a[d colum]natn [... ante] tribunal eius... Il testo è conservato da una tavoletta cerata di Ercolano: nuova edizione in G. CAMODECA, La ricostruzione dell'elite municipale ercóìanese degli anniyo-yo: problemi di metodo e risultati preliminari, «CCG» 7 (1996), pp. 167178, part. p. 172 (AnnEpigr 1996, 407). 39 Vd. Cic, Phil. 11,36.91: ne qua post Idus Martias immunitatis tabula neve cuius beneficafigeretur;cfr. Cic, Phil. 1, 1.3; adfam. xm, 36.1: tabulam in qua nomina civitate donatorum incisa essent. Il se. de Asclepiade accorda il permesso di esporre un πίνα χαλκοΰν φιλίας εν τώι Καπετωλίωι (1. 25 della versione greca): cfr. A. RAGGI, Senatus consultum de Asclepiade Clazomenio sociisque, «ZPE» 135 (2001), pp. 73-116, part. pp. 88-89. Per στήλη cfr. i passi di Flavio Giuseppe cit. infra alla nota 41 e CASS. DIO XLIV, 53.4 e XLV, 23.7: έψηφίσασθε μηδεμίαν στήλην μετά τον του Καίσαρος Μνατον, ώς και παρ' εκείνου τω δεδομένον τι εχουσαν, στηναι. Per il concetto di beneficia vd. infra cap. rv, § 1.

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Questi documenti venivano esposti in Capitolio. In età repubbli­ cana, infatti, il principale luogo di affissione dei documenti ufficia­ li a Roma era proprio il Campidoglio: questo è confermato, oltre che dall'indicazione spaziale presente nel testo, dal ritrovamento di alcune iscrizioni su questo colle,40 dalla testimonianza fornita dagli autori antichi e dalla presenza, in diversi atti conservati in epigrafi, di clausole che prescrivono l'esposizione del documento sul colle capitolino.41 Sebbene non sia presente nel testo del dos­ sier l'indicazione del luogo esatto di esposizione dell'iscrizione, possiamo tuttavia pensare ad un'ubicazione nelle vicinanze del tempio di Giove Ottimo Massimo, dove in genere erano collocati questi documenti.42 40 La lex Antonia de Termessibus, la lex Cornelia de xx quaestoribus (CIL f, 587), il decretum Cn. Pompei Strabonis, il se. de Asclepiade. 41 Vd. ad esempio O c , Phil. 11, 36.92: toto Capitolio tabulaefigebantur;n, 37.93: decretum in Capitoliofixum;ni, 12.30: decreta in aes incidenda et in Capitolio figenda curavent; los., Ant. xrv, 188 : και ετι νϋν εν τφ Καπετωλίω χαλκαΐς στήλαις έγγέγραπται; los., Ant. xiv, 266: χαλκαΐς στήλαις και δέλτοις εν τφ Καπετωλίω. Inoltre Ufoedus con Cibira (OGIS 762, ora I. Kibyra 1, 11. 13-14: ca. 167 a.C); il se. etfoedus cum Astypalaeensibus (RDGE 16, 11. 48-49: 105 a.C); il se. de Aphrodùiensibus (1. 92). Tavole bronzee esposte in Campidoglio sono menzionate nell'iscrizione pubblicata da J.-P. REY-COQUAIS, Inscriptions grecques d'Apamée, «AAASyr» 23 (1973), pp. 39-84, nr. 2 (cfr. J. e L. ROBERT, Bull Èpigr. 1976, 718; AnnEpigri976, 678), 1. 5 e 1. 34; cfr. anche L. ROBERT, Inscriptions d'Aphrodisias, «AC» 35 (1966), pp. 377-432 = OMS vi, pp. 25-56, part. pp. 405-406, e M. W. FREDERIKSEN, The Republican Municipal Laws: Errors and Drafts, «JRS» 55 (1965), pp. 183-198, part. pp. 184-187. Vd. ora A. COOLEY, Inscnbing history atRome, in The Afterlife of Inscriptions. Reusing, rediscovering, reinventing &- revitalizing ancient inscriptions, ed. by A. E. Cooley, London 2000, pp. 7-20, part. pp. 10-13; S. MiTCHELL, The Treaty between Rome and Lycia 0/46 BC (MS 2070), in R. PINTAUDI (a cura di), Papyri Graecae Scheyen (PScheyen 1), Firenze 2005, pp. 163-258, part. pp. 179-182. Sulle modalità di pubblicazione e divulgazione dei senatusconsulta e delle leggi romane vd. in generale RS, pp. 25-34; cfr. anche l'accurata analisi di M. A. GIUA, Strategie della comunicazione ufficiale. Osservazioni sulla pubblicità dei senatoconsulti in età giulio-claudia, «RAL» S. 9,13.1 (2002), pp. 95-138, part. pp. 96-103. 42 Cfr. A. DEGRASSI, Epigrafia romana -1. Roma (1937-46), in Scritti vari di an­ tichità 1, Roma 1962, pp. 315-413, part. p. 331, e R. MELLOR, The Dedications on the Capitoline Hill, «Cnkon» 8 (1978), pp. 319-330, part. pp. 328-330. Per il valore simbolico del tempio di Giove Ottimo Massimo vd. M. BONNEFOND-COUDRY, Le Sénat de la République romaine de la guerre d'Hannibal à Auguste: pratiques délibératives etprise de décision, Rome 1989, pp. 65-80.

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[άπερ άξιώ] καταχωρίσαι εις τα παρ ύμεϊν δημόσια γράμματα (1. 6) Roussel suggerisce di integrare nella lacuna α δει υμάς, osser­ vando tuttavia che «au lieu de δει, on peut écrire άξιώ»; βούλομαι, che è utilizzato da Ottaviano in una epistola indirizzata a Plarasa/Afrodisiade,43 è sicuramente troppo lungo. La proposta di Wilhelm, qui accolta, mi sembra la migliore, poiché anche nella frasefinaledel doc. ι (1. 8) il soggetto deve essere integrato a senso dal lettore.44 Su quest'uso del verbo καταχωρίζω vd. RC, pp. 344-345, e LSJ, 5.v., ILI. Sull'espressione εις τα δημόσια γράμματα cfr. le osser­ vazioni di Wilhelm;45 ovviamente, Tatto della registrazione del documento negli archivi cittadini di Rhosos e'delle altre tre poltis nominate alle 11. 7-8 aveva lo scopo di assicurare al provvedimen­ to autenticità e pieno valore legale (probabilmente in tutto l'am­ bito provinciale: vd. infra il commento alla 1. 8). Άντιοχέων (Ι. γ) Dall'esame dei calchi su carta è. risultato che la parola è stata in­ cisa nuovamente dal lapicida, che si era accorto di aver tralasciato una lettera: infatti sotto lo iota di Αντιοχέων si intravede un omicron, tanto che la lettera sembra un rho, sotto l'omicron successi­ vo si vede un chi, sotto il chi si percepisce forse un epsilon. [Σελευκέω(?)]ν την βουλήν και τον δήμον (1. 8) La lacuna è di 7 ο 8 lettere. L'integrazione più soddisfacente è parsa, anche agli editori successivi, quella proposta da De Visscher: Seleuco di Rhosos, proprietario, forse, di alcune navi, avrebbe avuto degli interessi commerciali nella città di Seleucia di Pieria, porto principale della regione di Antiochia, e Ottaviano avrebbe quindi ritenuto necessario informare le autorità cittadi­ ne che il provvedimento dei triumviri accordava al suo navarco un'esenzione dai dazi doganali.46 Per quanto riguarda l'invio 43 44

J. REYNOLDS, Aphrodisiast cit., 6,1.50. Vd. P. ROUSSEL, Un Syrien, cit., p. 37, e E. SCHÒNBAUER, Die Inschrifi, cit.,

p. 198. 45 A. WILHELM, Beitràge zur griechùchen Inschriftenkunde mit einem Anhange iiber die offentliche Aufzeichnung voti Orkunden, Wien 1909, pp. 257-275. 46

F. D E VISSCHER, Le statuì, cit., p. 64, n. 20; cfr. IGLS in 1, p. 402.

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dell'atto a Tarso e ad Antiochia sulI'Oronte, De Visscher ritiene che queste rappresentino le città nelle quali Seleuco, a causa della loro vicinanza con Rhosos, avrebbe potuto far valere con più fre­ quenza i privilegi conferitigli dai triumviri.47 I motivi economici addotti da De Visscher a giustificazione del­ ia sua proposta di integrazione potrebbero ritenersi anche fondati, considerando che nel porto di Seleucia di Pieria probabilmente si trovava una stazione doganale che richiedeva il pagamento del da­ zio sulle merci importate in Siria via mare. Ma restano alcuni dub­ bi: la denominazione della città compare, nei documenti ufficiali, quasi sempre con l'espressione Σελευκεία ή (ο των) έμ Πιερίαι oppure Σελευκεΐς Πιερίας;48 solo le leggende di alcune emissioni monetali della città (ma sappiamo che, per motivi di spazio, spes­ so erano abbreviate) presentano l'etnico Σελευκέων. Per quale motivo in un atto ufficiale si sarebbe optato per la forma ridotta? Schònbauer giudicò appropriato integrare il 'capoluogo' di un'altra provincia, quella d'Asia, e propose l'etnico Έφεσίων: tuttavia il termine è un po' troppo corto per la lacuna e inoltre, al contrario di quanto supposto dallo studioso austriaco, non pare possibile individuare alcuna relazione tra quanto prescritto in queste linee e la vicenda dell'incontro avvenuto proprio ad Efeso alcuni anni più tardi tra gli ambasciatori di Rhosos ed Ottaviano (vd. doc. πι, 11. 76-78). Lo stesso Schònbauer riconosce del resto che Efeso è «etwas weit von Rhosos».49 Se, quindi, la terza città menzionata a 1. 8 va rintracciata in Siria, ci si pone il problema di capire quale-polisyall'interno della provin­ cia e negli anni trenta del 1 sec. a.C. (sulla datazione del documen­ to vd. infra cap. 11, § 3), potesse essere equiparata per importanza ad Antiochia e a Tarso. La soluzione non è certo facile: possiamo soltanto indicare alcuni criteri generali per individuarla. Sappiamo che Antiochia sulI'Oronte, già capitale dei Seleucidi, era la sede del governatore della provincia di Siria e che Tarso rivestì sempre un ruolo di primaria importanza in Cilicia.50 Antio47

F. DE VISSCHER, Le statuì, cit., pp. 82-83. Vd. le osservazioni di M. HOLLEAUX, Une inscription de Séleuàe-de-Piérie, «BCH» 56 (1933), pp. 6-67, part. pp. 21-22; cfr. K. J. RIGSBY, Asylia, cit., pp. 485-488. 48

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E. SCHÒNBAUER, Die Inschrifi, cit., p. 198.

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R. HAENSCH, Capita provincianim. Statthaltersitze una Provinzialverwaltung

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45 chia era anche sede del koinon e sifregiavadel titolo di μητρόπολις, che indicava la centralità e la preminenza della città nella regione di appartenenza, dall'epoca dei Seleucidi.51 In definitiva, Antio­ chia e Tarso rappresentavano i centri amministrativi del territorio provinciale e, in quanto tali, probabilmente ospitavano gli archivi dove venivano registrati, tra gli altri, anche i provvedimenti delle autorità romane riguardanti lo status dei cittadini e delle comu­ nità. È bene ricordare che in epoca triumvirale Tarso, assieme al territorio circostante, la Cilicia Pedias, era associata alla provincia di Siria.52 Secondo un'ipotesi avanzata da alcuni studiosi per spiegare i motivi che spinsero tre differenti località, Adramitto, Smirne ed Efeso, ad esporre la copia di un atto che non le riguardava diret­ tamente, il cosiddetto se. de agro Pergamena,53 ciascun capoluogo di conventus iundicus era tenuto a pubblicare il testo di un prov­ vedimento importante.54 La stessa motivazione spinse un ignoto magistrato romano (probabilmente il governatore provinciale Q. Minucius Thermus) ad affidare a due ambasciatori di Magnesia al Meandro una lettera da esporre nelle (all'epoca) nove sedi di diocesi (conventus) della provincia d'Asia.55 Nel 9 a.C. la novità in der rormschen Kaiserzeit, Mainz am Rhein 1997, pp. 20-22, 244-245 e 257 sul ruolo di Antiochia, 267 sgg. su Tarso. 51 R. HAENSCH, Capita provinciarum, dt., pp. 19, 24-26, 251 e 258; K. BUTCHER, Coinage in Roman Syria. Northern Syria, 64 BC-AD 2%, London 2004, pp. 13 e 220-221. 52 Vd. infra APPENDICE I, in particolare le considerazioni di H. TAEUBER, Die syrisch-kilikische Grenze wàhrend der Prìnzipatszeit, «Tyche» 6 (1991), pp. 201-210, sulla situazione amministrativa di queste zone negli ultimi decenni del 1 sec. a.C. 53 Edizione recente in G. Di STEFANO, Una nuova edizione del Senatus Consul­ timi de agro Pegameno, «RAL» S. 9,9.4 (1998), pp. 707-748, studio al quale si riman­ da per le indicazioni bibliografiche. 54 S. MITCHELL, The Administration of Roman Asiafront133 BC to AD 250, in Lokale Autonomie und r'òmische Ordnungsmacht in den kaiserzeitlichen Provinzen vom 1. bis 3.Jahrhundertf Hrsg. von W. Eck unter Mitarbeit von E. Mùller-Luckner, Mùnchen 1999, pp. 17-46, part. pp. 26-27; cfr. G. D. MEROLA, Autonomia locale - governo imperiale. Fiscalità e amministrazione nelle province asiane, Bari 2001, pp. 33-3455 RDGE 52,11. 43 sgg. (51-50 a.C.); vd. da ultimo D. CAMPANILE, I distretti giudi­ ziari d'Asia e la data d'istituzione da distretto ellespontico, in Artissimum memoriae vinculum. Scritti di geografia storica e di antichità in ricordo di Gioia Conta, a cura di U. Laffi, F. Prontera, B. Virgilio, Firenze 2004, pp. 129-142, part. pp. 133-135.

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dell'introduzione del nuovo calendario della provincia d'Asia fu diffusa in primo luogo dalle città capoluoghi di conventus.56 Esporre (pubblicare) un documento ufficiale non è la stessa cosa che archiviarlo, ma possiamo ritenere che le città elencate nel doc. ι fossero sedi di conventus iunàiciì Purtroppo non cono­ sciamo con esattezza il numero di conventus nei quali era suddivi­ sa la provincia di Siria: Tarso e Antiochia ne erano sicuramente sedi nella tarda repubblica (le lettere che Cicerone redasse du­ rante i mesi di governatorato in Ciucia sono a questo proposito esplicite), mentre per le altre città le notizie sono scarse.57 Gli studi di M. Sartre hanno dimostrato che, almeno a partire dalla metà del ι sec. d.C, la provincia di Siria era suddivisa in tre distretti (eparchie), aventi come capoluogo rispettivamente Antiochia in Siria, Tarso in Ciucia e Tiro in Fenicia; questi distret­ ti erano suddivisioni territoriali funzionali alla celebrazione del culto imperiale provinciale, ma anche conventus.58 A parte il gap cronologico tra la datazione del nostro documento e la nascita dell'organizzazione tripartita della provincia di Siria (che potreb­ be però risalire all'età augustea), l'etnico Τυριών non è in ogni caso di lunghezza sufficiente per colmare la lacuna di 1. 8. Un'altra possibilità da valutare è che Ottaviano, in considerazio­ ne del § io (optioforì), avesse prescritto di inviare l'atto di conferi­ mento dei privilegi a Seleuco di Rhosos alle principali città libere della provincia:59 Antiochia ottenne lo status di civitas libera (con 56

U. LAFFI, Le iscrizioni relative all'introduzione nel 9 a.C. del nuovo calendario delia-provincia d'Asia, «sco» 16 (1967), pp. 5-98, part. p. 66 (doc. vi, 1. 65). Ancora un'altra testimonianza: Cesare prescrisse di esporre la tavola bronzea conte­ nente la concessione dei privilegi ad Ircano di Giudea in tre città, Σιδώνι και Τύρω καί εν Άσκάλωνι (Ios., Ant. xiv, 197). 57 È possibile pensare ad Aigeai (etnico Αιγεαίων), non inclusa nel conventus di Tarso (A. H. M. JONES, The Cities ofthe Eastern Roman Provinces1, Oxford 1971, p. 202, che ipotizza anche un conventus con sede a Rhosos)? Sul sistema dei conventus iuridici in queste due province in età imperiale (ma con rimandi alla tarda repubblica) vd. R. HAENSCH, Capita provinciarum, cit., pp. 254 sgg. (Siria) e pp. 29 sgg. e 270 (Ciucia). 58 M. SARTRE, Les manifestations du eulte imperiale dans ìes provinces syriennes et en Arabie, in Rome et ses provinces. Genèse ρωπα. Cfr. un frammento di Modestino (la sottolineatura dei due termini è mia) escerpito in D. 50,1, 35 (MODEST. 1 éxcus.): ó γαρ εκείνης της πόλεως έί-αιρέτοϋ: Ιιϊ1 Χρωμενος, οΰτως ου νομίζεται εΐναι ίνκόλας (nam qui eius urbis commodis non lUlt r ro terea incoh esse non existimatur). t" ' P P 106 Altri testi sono citati infra nel cap. in, § 3.

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li di queste linee risultano essere più lunghe di 2-3 lettere rispetto a quanto supposto da Roussel. All'inizio della 1. 33, i calchi su carta dell'iscrizione hanno rive­ lato la presenza della congiunzione οΰτε subito dopo le lettere ΤΟΥ; pertanto, sulla base dell'analogia con l'editto de prMlegiis veteranorum (1. 20: invitis eis ...). ho integrato il termine άκοντος (inserito invece da Wolff nella lacuna centrale della linea), giac­ ché il calcolo della lunghezza della lacuna iniziale (che è di circa 8 lettere) permette questo inserimento. Nella lacuna centrale ho accolto la restituzione επαρχον edita da Wolff in base alle lettere viste da Seyrig-Roussel.107 Il termine è forse da intendersi come 'governatore' (così nella mia traduzio­ ne) sulla base del confronto con la lex de provinciis praetoriis (vd. le osservazioni in RS, p. 268). Come altri termini plausibili da inte­ grare nella lacuna di 1.33 si può pensare ad αντάρχοντα al posto di πρεσβευτήν (legato dei triumviri?), seguito forse da ετ]ε[ρ]ο[ν] (?) al posto di επ]α[ρχ]ο[ν]. L'esame dei calchi ha poi rivelato a 1. 34 l'esistenza di un grup­ po di lettere (ΑΓΜΑΤ) non viste dal primo editore (Roussel leg­ geva IT). La soluzione adottata mi è stata suggerita dal Prof. M. Crawford. Nell'edizione in «ZPE» avevo riferito των δημοσίων πραγμάτων al precedente εισφορών;108 avevo anche vagliato altre soluzioni.109 Nel prosieguo del testo della clausola ho lasciato grosso modo i supplementi di Wolff (ad esempio έπίτροπον = lat. procuratorem, presente nel testo dell'editto de privilegio veteranorum alla 1. 21), in­ tervenendo, tuttavia, là dove ho riscontrato variazioni nella lun­ ghezza delle lacune rispetto all'editto princeps: così a 1. 35 ho inte­ grato εις ad inizio lacuna ed ho omesso la proposta di restituzione di Wolff (che riprende la 1. 23 dell'editto de privilegiis veteranorum) per la parte terminale, poiché considero la parte anepigrafe di que­ sta linea maggiore di quanto supposto dallo studioso tedesco. §§ 7-8 (11. 36-44): fino alla 1. 47 inclusa, i calchi su carta restituisco­ no non più di due ο tre parole per linea sicuramente leggibili; per107

H. WOLFF, Die Entwicklung der Veteranenprivilegien, cit., p. 82, n. 108. Cfr. lex Fonteia,framm.(a) + (b) + (e), (ii), framm. (e), 11.11-12: [ τελών] / [δημοσίων] 'Ρωμαίων. 109 Ad esempio: [ δη]μοσίω[ν πρ]αγμάτ[ων (των ημετέρων) ένεκεν vel χάριν ]. 108

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tanto è difficile comprendere il significato del testo, anche in una pur minima parte, e determinare con precisione la divisione tra le clausole. Le difficoltà nella decifrazione del testo sono accresciu­ te dall'impossibilità, di qui in avanti, di un confronto diretto con l'editto di Ottaviano depnvilegiis veteranorum, dato che il papiro conserva come ultima disposizione quella corrispondente al § 6 dell'atto a favore di Seleuco di Rhosos. Roussel ha fatto iniziare il § 9 alla 1. 45, mentre Seyrig, notando un vacat di circa 5 lettere dopo Άτειλίωι alla fine della 1. 43, rite­ neva che la clausola cominciasse con la 1. 44;110 non è escluso, tut­ tavia, che la nuova disposizione iniziasse immediatamente dopo αρέσκει di 1. 44 (cfr. la 1. 70), oppure addirittura alla 1. 46. Le norme contemplate dal § 7 sono andate perdute nella loro totalità: non siamo infatti in grado di capire se fossero ancora previste delle esenzioni (come farebbe presupporre il termine Εύρώπην a 1. 36; Άσίαν è integrato dal primo editore sulla base del confronto con la 1.48) oppure disposizioni concernenti la con­ dizione giuridica dei destinatari dell'atto. Sul contenuto del § 8 e sull'integrazione και Τιτίωι a 1. 44, pro­ posta da J.-L. Ferrary, vd. infra cap. ni, § 3. Wolff suggerisce per la fine di 1.41 il termine [ έ]πωνικών, un άπαξ λεγόμενον da mettere in relazione con τα έπώνια ο το έπώνιον (tassa sulla vendita o acquisto di beni).111 In sede di esame dei calchi, mi è sembrato di poter leggere due gruppi di lettere al centro della 1. 43: ΥΙΑΣ e, un poco più avanti, ΩΟΝΩ; tuttavia, l'incertezza di queste letture e la collocazione non precisa di queste lettere nel contesto della linea mi hanno fatto optare per una loro esclusione dal testo dell'edizione. Alla 1. 44 prima di αρέσκει si deve forse leggere [ αύ]τοΐς. § 9 (11. 45-52): purtroppo anche per queste linee non siamo in grado di ricostruire in maniera completa il testo, a parte for­ se l'ultima frase (U. 51-52); tuttavia, come evidenzio in sede di commento, il senso della seconda parte della clausola si è pre­ cisato meglio grazie al confronto con alcune disposizioni del

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V d P RoussEL

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Syrien, cit., p. 57, n. 3.

H. WOLFF, Die Entwicklung der Veteranenpnvilegien, cit., p. 83 e n. 110.

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cosiddetto Monumentum Ephesenum.™ Alla 1. 46, inoltre, mi sem­ bra di poter leggere dai calchi il termine tecnico τέλος («impo­ sta doganale»), attestato anche più avanti a 1. 51: la presenza di questo vocabolo conferma l'unitarietà dell'argomento trattato in queste linee, come prova anche il verbo λαμβάνειν (1. AJ e 1. 48), che in questo conresto assume chiaramente il valore di «ri­ scuotere l'imposta» (lat. accipere; cfr. 1. 57 e 1. 99 della lexportoni Asiaé). In generale, considerando l'estensione delle lacune nel testo e le nuove letture, non ho accettato le integrazioni proposte da F. Piejko.113 Il Prof. M. Crawford mi propone come restituzioni per le 11. 48-49 α αν τις] αυτών {quae quis eorum)... έπαρχει/[ών ών δη]μοσιώνου με[ταπορεία εσται]. παρ3 αύτ[ών είσπράσσειν αρέσκει.] (1.52.) La Guarducci, leggendo παρ' αύτ[οΰ ], aveva ben visto che qui non si fa menzione del nome di Seleuco, come invece era stato supposto da Roussel, perché all'interno dell'atto (a parte quando si elencano le motivazioni e i meriti del principale beneficiario) ci si riferisce ai suoi destinatari in modo sempre impersonale.114 Tuttavia, mi è sembrato opportuno restituire αύτ[ών ], al posto del genitivo singolare, in considerazione del fatto che alla 1. 48 si intravede un Ν dopo ΑΥΤΩ, e non una lettera di larghezza ridotta come uno iota, e che il testo prosegue nella clausola successiva utilizzando ancora il pronome al plurale per indicare i destinatari del provvedimento (11. 53 e 56). La restituzione del termine scelto da Roussel, είσπράττειν, mi sembra confermata dall'utilizzo dello stesso verbo nella lex porto­ ni Asiae (11. 96 e 133); Piejko invece preferisce πράττειν.115 112

Vd. infra cap. in, § 3. Vd. apparato critico e F. PIEJKO, The Inscrìptions oflcarus-Failaka, cit., pp. 110-112, part. p. 112, con le iscrizioni citate. È opportuno segnalare che Piejko, nella trascrizione delle 11. 47-52 dell'atto a favore di Seleuco, ha omesso, proba­ bilmente per una svista, la seconda metà della 1. 49 e la prima parte della 1. 50. 114 M. GUARDUCCI, Intorno atta iscrizione, cit., p. 59, n. 9; cfr. P. ROUSSEL, Un Synen, cit., p. 37: «la mention du nom de l'interesse est inutile et insolite; mais je ne peux suggérer nul autre complément». 115 Sulla base di Ios., Ant. xn, 141 (μηδενός πρασσομένου τέλος): cfr. F. PIEJKO, The Inscrìptions oflcarus-Failaka, cit., p. 111. 113

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[ εγκ]λΐΐμά τ[ε αύτοΐς] έπάγειν (1. 53) L'esame dei calchi ha mostrato che la lettura corretta è έπάγειν, il verbo che gli scrittori di lingua greca in genere collegano al so­ stantivo το έγκλημα,116 e non είσάγειν ο ένάγειν, come proposto dai precedenti commentatori dell'iscrizione.117 In considerazione del fatto che spesso έπάγειν viene associato ad un dativo di per­ sona, ho integrato αύτοΐς sulla base dello spazio a disposizione nella lacuna. ημετέρους Δ[ ±19 κρί]νεσθαι ϋέλωσιν, αυτών την αΐρεσιν εΐναι / [αρέσκει] μήτε τις άλλως [ή έν τ]ουτ[οις γεγραμμένον εστί] ποιηι (11. 56-57) Prima della lacuna centrale di 1.56, è possibile scorgere nei calchi su carta dell'iscrizione un'asta obliqua, appartenente sicuramente ad un A, un Δ ο ad un Λ. Si possono suggerire alcune integrazio­ ni: δ[ικαστών Τωμαίων όντων ] potrebbe essere una di queste, altre possibilità sono fornite dal confronto con la corrispondente espressione del se. de Asclepiade (1. 19: έπί Ιταλικών κριτών; sfor­ tunatamente in questo punto il testo latino è mancante). Non è da escludere, ad esempio, che al posto di Τωμαίων si trovasse proprio Ιταλικών, oppure che nella lacuna debba essere restituita una frase del genere: δικαζόντων Τωμαίων κριτών κρί]νεσθαι, anche se sembra leggermente troppo lunga rispetto allo spazio a disposizione. Le restituzioni a 1.57 sembrano corrette; Roussel e De Visscher le avevano già messe a confronto con clausole analoghe presenti in altri documenti epigrafici.118 Ho modificato il tempo di ποιεΐν da congiuntivo aoristo, come era stato edito da Roussel, a con­ giuntivo presente in maniera dà adeguare la forma verbale alle "° Cfr., ad es., CASS. DIO LIX, 8.1 e LIX, 10.6; PAUS. ΠΙ, 6J\ Lue, Lex. 10.3.

"7 II primo verbo era stato suggerito da Mouterde in IGLS IH 1, p. 406, il secon­ do da Grégoire apud F. DE VISSCHER, La condition, cit., p. 27, n. 1. ,IB

P. ROUSSEL, Un Synen, cit., p. 37; F. DE VISSCHER, La condition, cit., p. 27, n.

6, è F. DE VISSCHER, Le statuì, cit., p. 68, n. 41, che però giudica la restituzione «hypothétique». Vd. la Iex de provindis praetorìis, Delphi e, 11.14-15: μήτε άλλως ποιήσειν ή έν τούτω τώι νόμωι εστίν δπως γένη/[ται]; 1. 22: και εάν τι μή ποίηση άλλοις ή έν τούτωι τώι νόμωι γεγραμμένον έστί[ν] και δ αν άλλως ποίηση έν τοπ νόμω[ι] τούτω κα[τ]ακεχώρισται; cfr. 1. 20; inoltre la lex agraria, 1. 72: [ neive ψιί ...facito...]... atque uteique in h(ac) l(ege) s(crìptum) est.

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tracce di lettere conservate e ai tempi dei verbi che seguono nel medesimo paragrafo. εϊπηι [- - ± 6 - -]Ω+ΑΤ[— ±io — εάν τι (?) ύπ]εναντίως τούτοις [γ]είνηται (1. 58) La restituzione di Roussel è, per sua stessa ammissione, ipoteti­ ca e prende spunto da una clausola presente nel se. deAsclepiade.119 Seyrig dopo εϊπηι legge ΛΙΛΙΕΚΝΑΤ,120 mentre dai calchi eseguiti su carta risulta una lacuna di circa sei lettere, poi è visibile un omega (o forse un omicron), uno spazio di almeno una lettera, un alfa sicuro e un tau, che potrebbe anche essere un gamma. Basandomi sulle tracce di lettere visibili, ammetto di non essere riuscito a trovare integrazioni plausibili per queste lacune; sorge anche il dubbio se questa seconda parte della linea racchiudesse un'unica frase, come supposto da Roussel, ο non fosse in realtà suddivisa in due differenti proposizioni. έκγόνων τε αυτών όνομα δέξασθαι / [ϋελήσηι (?)] πρόκριμά τε κεφαλής ποίηση [ι ±iy ]ΕΙΝ πεσβευτάς τε (11. 6ο6ι) Arangio-Ruiz preferì intendere il pronome αυτών, relativo a έκγόνων, come una svista del lapicida per αύτοΰ, sulla base del confronto con le identiche espressioni di 11.19, 24 e 28; m tuttavia, rispetto a quelle frasi, è anche possibile che in questo caso si sia in presenza di una vanatio. Prima della lacuna centrale di 1. 61, De Visscher aveva a suo tempo proposto la lettura ποιήσηι,12* ma questa, nelle successive ripubblicazioni del dossier, non era stata più presa in considera­ zione; dall'esame dei calchi su carta sembra invece risultare che sia proprio quella corretta. Il contenuto della lacuna, che termina con un verbo all'infinito, è difficile da determinare; Seyrig legge 119

Linee 20-22: ει τίνα κριτήρια / περί αυτών απόντων μετά το εκ της πατρίδος όρμήσαι γεγονότα εστίν, ταϋτα δπως εις άκέραιον άποκαταστα·θηι καί εξ ακεραίου κριτήριον κατά / το της συγκλήτου δόγμα γένηται, corrispondenti alle 11. 14-15 della parte latina: seiqua [iudicia de eis absentibus, postquam domo profetiti sunt, facto] I [sunt, ea] utei in in[tegrum restit\uantur et de integro iudiàum ex s(enatus) c{onsulto) fiat. *° Vd. P. ROUSSEL, Un Syrien, cit., p. 37· m

PIRA i2, p. 312, n. 10.

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Vd. F. DE VISSCHER, La condition, cit., p. 28, n. 3.

67 IKEIN o IXEIN davanti a πρεσβευτάς. La questione da risolvere è se rinfinito prosegue la proposizione ipotetica in linea con i ter­ mini precedenti (si può ipotizzare άδικείν ο έκδικειν),124 oppure va riferito alla successiva disposizione sullo ius legationis; si può allora pensare a άποστέλλειν ο a ζητεΐν = quaerere, cfr. il commen­ to in RS, p. 505, alia LexFonteia, (i) + (g), (i), 1. 3.125 IL TESTO

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πραγμάτω[ν τοις προγεγραμμένοις ε£]ουσίαν (1. 63) Seyrig legge [ ]0[. .]Λ [έξ]ουσίαν; da parte mia, ho accet­ tato la restituzione proposta da Arangio-Ruiz, poiché combacia con la lunghezza della lacuna.126 δσα T[. . ·]ΑΙΩ[- - ± 6 - - ύπεναντίον] τούτοις ποιήσηι ή εκ προαγωγής (1. 64) L'esame dei calchi su carta dell'iscrizione non ha confermato la correttezza della lunga integrazione di Roussel;127 in ogni caso, la sua proposta rimane la migliore sulla base del confronto con espressioni analoghe presenti in altre iscrizioni (cfr. soprattutto la lex de provinciis praetonis, Delphi e, 11. 15-16 e 1. 18). Tuttavia, dal momento che la presenza di un tau dopo δσα mi pare abba­ stanza incerta, non sono da escludere altre possibilità: in teoria, potremmo pure pensare di restituire δσα[ι ] oppure δσ5 ά[ν ] (non mancano paralleli: cfr. sempre la lex de provinciis praetonis, Delphi e, 11. 9-10 e 1. 26). Su εκ προαγωγής vd. infra cap, iv, § 3. [ή - - ± 7 - -]OIHI ή ένεχυράση δόλωι τε πονηρώι [ποιήσ]ηι ώ έλασσον ... / [φιλανθρώ]ποις τοις δεδογμένοις χρήσ&αι [δυνή]σονται (11. 65-66) Sulle restituzioni possibili per la lacuna iniziale di 1. 65 cfr. infra cap. iv, § 3. A 1. 65 Roussel integra il verbo κωλύω sulla base del Ui

ComeriportaP. ROUSSEL, Un Syrien, cit., p. 37 (nota alla 1. 61). Ma, se si considerano sicure solo le lettere finali EIN, anche [ άναφέρ]ειν (Wilhelm apud E. SCHÒNBAUER, Die Inschrifi, cit., p. 207) ο [ προσαναφέρ]ειν (Arangio-Ruiz in PIRA I2, p. 313, n. 1) ο [ περί τε κεφαλής φεύγ]ειν (Η. WOLFF, Die Entwicklung der Veteranenpnvilegien, cit., p. 85, n. 127). 5 Un indizio della validità di quest'ultima ipotesi potrebbe essere la presen­ za della particella τε subito dopo πρεσβευτας. Vd. P. ROUSSEL, Un Syrien, cit., p. 37 (nota alla 1. 63), e FURA I2, p. 313, n. 2. u? Lo stesso P. ROUSSEL, Un Syrien, cit., p. 37 (nota alla 1. 64), afferma di avere restituito lafrasesenza tenere conto delle tracce di lettere rilevate da Seyrig. 124

ANDREA RAGGI 68 confronto con la lex de provinciis praetonis, Delphi e, 1. 25, ma qui va reso quasi certamente il latino fecerit. Roussel fa notare che l'espressione ώι έλασσον {— quo minus) si trova con il futuro nella stessa lex de provinàis praetonis, Delphi B, 1. 4, e con l'indicativo presente in altri documenti epigrafici (sono esitazioni dovute si­ curamente ai traduttori dei testi latini). L'analisi dei calchi su carta ha confermato la correttezza della restituzione χρήσ&αι suggerita a suo tempo da Wilhelm.128

δέκα μυριάδας δούναι κατακεκ[ριμένοι ε]στωσαν (1. 6γ) L'integrazione di Roussel (καταδίκην όφειλέτωσαν), basata sul confronto con la lex de provinàis praetonis™9 non è convincente, poiché la frase traduce sicuramente l'espressione tecnica (e arcai­ ca) latina dare damnas sunto.130 La locuzione κατ3 είδος, ipotizzata dallo stesso Roussel e da De Visscher, si ritrova ancora nella lex de provinàis praetonis, ma non corrisponde alle tracce di lettere da me rilevate. D'altra parte, la soluzione di Arangio-Ruiz (κατάδικοι εστωσαν), che sembra la migliore, non è sufficientemente lun­ ga.131 Al contrario, la restituzione da me proposta combacia per­ fettamente con la lunghezza della lacuna e, al centro della linea, la posizione delle lettere EK, che riesco a leggere con sicurezza dai calchi su carta dell'iscrizione, corrisponde alla posizione delle rispettive lettere appartenenti al participio integrato.132 [Φέλοντι] με[ταπορε]ία εκπραξίς τε εστωι (1. 68) Al posto di θέλοντι ci si aspetterebbe βουλομένωι (il verbo uti­ lizzato nella lex de provinàis praetonis, Delphi e, 1. 23), ma questo 128

Vd. P. ROUSSEL, Un Synen, cit., p. 37, e E. SCHÒNBAUER, Die Inschrifi, cit,,

p. 208. 129 Delphi e, 11. 22-23: τώι δήμωι τοΰτ[ο] / το χρήμα όφειλέτω δούναι. ,3 ° Vd., ad esempio, lex Tarentina, col. 1,11. 5, 31 e 35; lex Ursonensis LXI, 11. 7-8; τ,χχτπ, 1. 6; LXXIV, 11.15-16; LXXV, 11. 22-23. 131

Vd. P. ROUSSEL, Un Synen, cit., p. 38 ; F. D E VISSCHER, La condition, cit., p. 29,

n. 5; lex de provinciis praetoriù, Delphi e, 11. 21-22: ούτος νόμω σηστερτίω μυριάδας εΐκο[σ]ι κ[α]·θ' εκαστον είδος δ αν παρανομή/ση ; V. ARAN­ GIO-RUIZ, Epigrafia giuridica greca e romana (1933-1935), cit., p. 516, e FIRA I2, p. 313, n. 6. Dare damnas esto è reso con ζημιούσθω nella lex de provinciis praetorvis, Del­ phi e, 11. 26 e 27. 132 Per alcuni esempi della forma perifrastica participio perfetto + imperativo del verbo «essere» vd. FDelphes m 3,369,11. 20-21; ΤΑΜ Π, 246, 11. 23-24.

69 termine è troppo lungo per essere supplito; il corrispondente la­ tino è sicuramente cui volet, cfr. la lex Tarentina e la lex Cobniae Genetivae.133 Per la lacuna successiva, le tracce di lettere visibili non permet­ tevano agli editori di proporre un'integrazione sicura: addirittura Seyrig avanzava l'ipotesi che non fosse presente alcuna parola in correlazione con εκπραξις e che lo spazio di circa 4-5 lettere fosse stato lasciato anepigrafe.134 Sono state comunque avanzate due pro­ poste: Grégoire ritenne che il termine corretto da restituire fosse αίτημα, mentre Oliver indicò αξίωμα, e quest'ultima soluzione ha successivamente convinto anche De Visscher; il senso dipetitio risul­ terebbe da alcune attestazioni del termine αξίωμα citate da Oliver.135 In realtà, su base paleografica non ci sono le condizioni per in­ tegrare il sostantivo αξίωμα, che Oliver definisce «an awkward, but nevertheless a literal translation of the Latin word petitio» : la lacuna è lunga almeno cinque lettere, non tre come presuppone la restituzione di Oliver, e l'epsilon prima della lacuna è leggibi­ le con sicurezza. Prima dell'epsilon, inoltre, mi sembra di vede­ re una gamba verticale, con una piccola rientranza centrale, che potrebbe appartenere ad un Μ e, prima dell'alfa visibile dopo la lacuna, un'asta verticale identificabile con uno iota. Dalla parte terminale della LETTERA 6 della corrispondenza riportata in AP­ PENDICE π veniamo a sapere che proprio la lettera M, al posto del Λ edito da Roussel, era stata la lettura indicata da Seyrig.136 Il termine ricercato è quindi μεταπορεία (anche se la lacuna permette di integrare cinque lettere, ricordiamo che il Ρ occupa uno spazio minore rispetto agli altri caratteri) e ciò conferma la somiglianza delle clausole del nostro provvedimento con quelle IL TESTO

133

Lex Tarentina, col. 1,1. 35; lex Ursonenrìs LXI, 11. 8-9; LXXIII, 1. 7; LXSTV, 1.15;

LXXV, 1. 22; LXXXT, 1. 28. 134 II pensiero di Seyrig è riportato da P. ROUSSEL, Un Synen, cit., p. 38: lo spa­ zio di 4 lettere è «constitué par une fente profonde de la piene. Il est possible que cette fente soit ancienne et que le graveur ait sauté cet espace, comme il Γ a fait une ou deux autres fois». 135 Grégoire apud F. DE VISSCHER, La condition, cit., p. 29, n. 6; J. H. OLIVER, Notes on Documenti, cit., pp. 537-538; cfr. F. DE VISSCHER, Le statut, cit., p. 71, n.54. «L. 68: devant εκπραξίς τε, vous Usez un A: est-il sur? avant ME est-il sur aussi?».

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della cosiddetta lex Fonteia, dove compare l'identica espressione [ μεταπο]/ρεία ή εκπραξις έστω.137 εάν τε εν Τώμηι προσα[ιτ]ειν έ[κ]πράσσειν τε Φέληι, (1. 69) Riguardo al primo verbo all'infinito, le lettere risultanti dai calchi su carta escludono le differenti proposte di integrazione avanzate da Arangio-Ruiz (εν Τώμηι πόλει αίτεΐν), da Oliver (προφαινειν) e dai curatori della lex Fonteia in RS (άποφαίνειν), mentre confermano la validità della restituzione di Mouterde.138 [χρημάτ]ων έγγύας ίκανώ[ς δι]δομένωι [ ]ΣΘΑΙ αρέσκει. Ταΰτα πάντα τα προγεγραμμέ- (1. 70) Le restituzioni di De Visscher (άρκεΐσθαι) e di Oliver per la lacuna iniziale (κριτηρίων al posto di χρημάτων) e per quella cen­ trale di cinque lettere (κρίνεσθαι) non sembrano convincenti (vd. infra cap. iv infine); anche Roussel dubitava delle proprie scelte, mentre più valida pare la proposta di Wilhelm (δικάζεσθαι).139 Per la versione latina del passo cfr. due clausole della lex Tarentina, che tuttavia appartengono ad un contesto del tutto diffe­ rente.140 Da segnalare che a Roussel (o a Seyrig?) è sfuggita nella trascri­ zione del testo la presenza della parola πάντα dopo ταΰτα. [ ϊνα οΰτ]ως γείνηται, άρχο[ντες] άντάρχοντές τε ημέτεροι οίτινες ν έκε επί της δι/[καιοδοσί]ας {ε} ώσιν (11. 7*-7?) Nella lacuna iniziale è preferibile, per ragioni di spazio, restitui­ re iva al posto di δπως.141 La presenza così isolata del termine ΕΝΕΚΕΝ alla fine della 1. 137

Lex Fonteia,framm.(a) + (b) + (e), (ii),framm.(e), 11. 5-6.

138

Vd. Arangio-Ruiz in FIRA f, p. 313, n. 8; J. H. OLIVER, Notes on Documenti, cit., p. 538 (cfr. F. DE VISSCHER, Le statuì, cit., p. 71, n. 55); RS, p. 505; Mouterde in IGLS m 1, p. 408. 139

F. D E VISSCHER, Le statut, cit., p. 71, n. 55; J. H. OLIVER, Notes on Documents,

cit., p. 538; P. ROUSSEL, Un Synen, cit., p. 38: «[Δέχε]σϋαι serait trop bref, et la construction serait difBcilement explicable» (inizialmente Roussel aveva pensa­ to di integrare [πράττε]σθαι: vd. infra LETTERA 6 in APPENDICE Π) ; Wilhelm apud E. SCHÒNBAUER, Die Inschnfi, cit., p. 199. 140 Lex Tarentina, col. 1, IL 9-10: praedes praediaque ... det quod satis I sit; col. 1, 11.16-17: praedes I quod satis sit accipito. 141 Lo stesso P. ROUSSEL, Un Syrien, cit., p. 38 (nota alle 11. 71-72), aveva pensa­ to a questa soluzione.

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71, e anche delle lettere ΑΣΕΩΣΙΝ all'inizio della 1. 72, è inspiega­ bile. De Visscher, rigettando l'integrazione di Roussel, riteneva che per mezzo di questa frase ci si riferisse ai magistrati preposti a controversie «de nature particulière(de ea re)» e non ai magi­ strati investiti genericamente della giurisdizione; pertanto pre­ poneva come restituzione l'espressione οϊτινες ένεκεν επί της δί/[κης κατ]ασώσιν per rendere la locuzione latina magistratus promagistratusve qui de ea re iudicio praeerint.^1 In realtà, la proposta di integrazione di Roussel ha ricevuto una conferma decisiva dal confronto istituito dalla Reynolds con un'espressio­ ne presente nel se. de Aphrodisiensibus, dove viene utilizzato il verbo δικαιοδοτεΐν (equivalente al latino ius dicere).U3 Anche la restituzione di Mouterde (ν έκε) non crea problemi, vi­ sto che un'analoga costruzione del periodo è attestata nella lex de provinciis praetonL·.144 Inoltre, l'esame dei calchi su carta ha mostrato che la lacuna iniziale di 1.72 può contenere un numero maggiore di lettere rispetto a quanto supposto da De Visscher. Espressioni simili a questa, designanti i magistrati investiti di una competenza giurisdizionale, si ritrovano in altri documenti epigrafici della tarda repubblica.145 Σέλευκος ναύαρχος έμός, Ήρας, ΚΑΛΛΙ/[- - + y - -]ΕΡΩΣ, Σύμμαχος, άνδρες αγαθοί (11. 76-77) Lo Sherk, seguito dalla Levick e dal Millar,146 traduce «Heras son of Calli- -»; ritengo, invece, che nella lacuna vadano restituiti 142

143

F. D E VISSCHER, Le statuì, cit., p. 72, n. 57.

Linee 68-69: [ άρχων, άντάρχων τε δς αν περί τώ]ν έν τα[ΐ]ς έπαρχείαις δικαιοδότη έπικρεινέτω μη τι ύπε/[ναντίον τούτω τω δόγματι της συνκλήτου γένηται· ]; vd. J. REYNOLDS, Aphrodisias, cit., p. 87, che ricorda alcuni documenti nei quali è attestata la forma verbale: RDGE 61,1.11 (τοΰτο μη δικαιοδοτείτω(ι)), e lex de provinciis praetoriis, Cnidos r/, 1. 34. Gir. inoltre RS, p. 266, nota alle 11. 34-35, per altre testimonianze del termine; ora anche D. KNIBBE, H. ENGELMANN, B. IPLÌK£ÌOGLU, Neue Inschriften aus Ephesos, cit., nr. 10,11.36-37: έν τώιτης / [έμής δικαιοδοσίας χρόνωι. 144 Delphi Β, 1.17 : οϊτινες ά έν Τώμηι ώσιν; cfr. la versione latina e il com­ mento rispettivamente in RS, p. 250 e RS, p. 263. 145 Cfr. soltanto la lex Antonia de Termessibus, 11, 11. 1-2: magistrati^ pr[ove] I tnagistratu, quoia de ea re iuris dictio erit\ lex UrsonensL· CXXVII, 11. 9-10: quisque nw&istratus) prove magfatratu) I p. R. q(ui) i(ure) d(icundo) p(raeent). 14 R. K. SHERK, Rome and the Greek East, cit., p. 108; B. LEVICK, The Govern­ ment, cit., p. 171; F. MILLAR, The First Revolution, cit., p. 21.

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la parte finale e la parte iniziale di due distinti nomi greci, che non siamo in grado di individuare (le possibilità sono numerose), senza filiazione, così come avviene nel caso degli altri tre amba­ sciatori menzionati (Ήρας, Σύμμαχος e lo stesso Σέλευκος). Del resto, è prassi comune indicare gli ambasciatori greci menzionati nei documenti soltanto con il nome: cfr., ad esempio, l'elencazio­ ne dei nomi in un'epistola di Ottaviano indirizzata ad Efeso nel 29a.C.147 προς με διελέχΌησαν περί ών εϊχον τας έντολάς (1. 78) Il termine αϊ έντολαί, con il significato di «comandi», «istruzio­ ni», è comune nella koinè; espressioni analoghe a quella presente nel nostro documento si trovano utilizzate di frequente nelle let­ tere reali di epoca ellenistica.148 In latino il vocabolo corrispon­ dente sarebbe mandata, senza attribuire al termine il valore che avrà in epoca imperiale.149 [ άπ]εδεξάμην ... και τάς τιμάς και τον στέφανον δέδεγμαι (1. 79) Il verbo αποδέχομαι costituisce «a commonplace of Koiné diplomacy» (RC, p. 316), in genere con i significati di «congratularsi», «approvare» oppure, come nel nostro caso, di «accogliere». Sul gesto di presentare corone alle autorità romane vd. da ultimo il lavoro di Ando.150 [πειράσομ]αι ... άγαθοΰ τίνος ύμεϊν γείνεσθαι παραίτιος και συντηρήσαι / [τα φιλάν]*θρωπα (11. 8ο-8ι) A giustificazione della restituzione iniziale, Roussel riporta vari esempi di utilizzo del verbo, notando che è «d'emploi ordinaire».151 Lo stesso termine παραίτιος è «common in chanceiy writing» (vd. RC, p. 353, con gli esempi citati) e frasi simili a questa di 147 D. KNIBBE, H. ENGELMANN, Β. ΐρυκςΐοδι,υ, Neue Inschriften aus Ephesos, cit., nr. 2,11. 9-11. 148 Vd. RC 33,11.16-20 : [οι δέ παρ'] / υμών άπο[π]εμ[φϋέντες και α]ύτοι δ[ιελέ]/χθησαν ... /... [... περί ών είχον / τ]άς έντολάς; RC 58,11. 5-6: αυτός υπέρ ών εφη/σεν εχειν τας έντολάς; cfr. RC, p. 33*· Altri esempi: SylV 559,1. 9; 613, 11. 16-17; 7°5» I.36. M9 Cfr. H. J. MASON, Greek Terms, cit., s.v. e pp. 126-127. 150 C. ANDO, Imperiai Ideology and Provincial Loyalty in the Roman Empire, Ber­ keley-Los Angeles-London 2000, pp. 175 sgg., part. pp. 177-178. 151

P. ROUSSEL, Un Synen, cit., p. 38.

IL TESTO

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1. 80 dell'epistola di Ottaviano indirizzata a Rhosos sono molto frequenti nei documenti ufficiali di epoca ellenistica e repubblica­ na.152 Sul verbo συντηρέω cfr. RC, p. 367; l'espressione συντηρήσαι τα ... φιλάνθρωποι è presente anche in RDGE 15,1. 48.153 συνεστρχατευμέ/[νον μοιπ]άντα (11. 81-82) il lapicida ha inciso ie lettere AT, che si era accorto di aver trala­ sciato, in un secondo tempo in posizione interlineare (tra la 1. 80 e lai. 81) sopra il Ρ e ΓΕ. ήριστευκότα (1. 82) e άριστευσαντας (Ι. 90) Il verbo αριστεύω è un «terme de la langue poétique, non mentionné par Welles, Royal Correspondence, ni par Preisigke, Worterbuch».154

ως καΰηκο[ν] ην (1. 89) Ottaviano parla di τα καθήκοντα φιλάνϋρωπα conferiti a Solo­ ne nell'epistola indirizzata a Plarasa/Afrodisiade.155 κεκόσμηται (1. 90) Sulle sottili sfumature che il verbo κοσμέω («adorno») assun­ se, a partire dal momento nel quale iniziò ad essere utilizzato in relazione al potere romano, vd. le osservazioni di L. Robert.156 συνίστημι (1. 91) Nei documenti di età ellenistica il significato di συνίστημι è quel­ lo di «mostrare», «rendere chiaro», «segnalare» (vd. RC, p. 367); in seguito, il termine diventò sinonimo di commendare, e perciò questa terza epistola di Ottaviano indirizzata alla polis di Rhosos si configura formalmente come una commendano, vale a dire una vera e propria lettera di raccomandazione.157 Secondo Millar, si 1,1

Cfr. soltanto RC 64, 11. 14-15: π[ει]ράσομαι αεί τίνος άγαθοϋ π[αραί/τι]ος γείνε[σθαι επί τώι συμφ]εροντι, ύμω[ν], e i passi citati in RDGE, p. 380, s.v. παραίτιος. 153 Testo ripubblicato in B. LE GUEN, Les associations de Technites dionysiaques à l'epoque hellénistique 1, Nancy 2001,12 A. 154 Osservazione di Mouterde in IGLS ΠΙ ι, p. 410. 155 J. REYNOLDS, Aphrodisias, cit., 6,11.38-40. L. ROBERT, Théophane de Mytilène a Constantinople, «CRAI» 1969, pp. 42-64 [= OMS v, pp. 561-583], part. p. 44, n. 4. 157

Vd. Worterbuch MI, p. 543, s.v., 2b, e LSJ, S.V., A.IV. Cfr. CASS. D I O LV, 34; IGLS

in 1, p. 410. Sul valore di συνίστημι vd. anche J. e L. ROBERT, BUZL Épigr. 1946-1947,

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avverte già, in queste linee finali del doc. rv, che «Octavian writes as amonarch».158 ποιήσοντος (1. 92) ΠΟΙΗΣοΝΤΟΣ lapis: YQ έ stato inciso sopra un precedente A ed è leggermente spostato verso il basso rispetto alla linea principale di scrittura. 195, p- 354· Per l'uso del verbo nel Nuovo Testamento vd. F. W. DANKER, Benefactor, cit., p. 103. Anche riscrizione pubblicata in J. REYNOLDS, Aphrodisias, cit., 10, presenta le caratteristiche di una lettera di raccomandazione, cfr. 11. 2 e 5. 158 F. MILLAR, Triumvirate and Pnnàpate, «JRS» 63 (1973), pp. 50-67 (= ID., Rome, the Greèk world, and the East 1: The Roman Republic and the Augustan Revolution, ed. by H. M. Cotton and G. M. Rogers, Chapel Hill and London 2002, pp. 241270), part. p. 58, che continua affermando: «It is here, rather in the documents of the Triumvirate proper,... that a pattern appears in which decisions will be made by the untramelled will and judgement of an individuai»; cfr. anche ID., The Roman NearEast (31 BC - ADsyj), Cambridge (Mass.)-London 1993, p. 29 e ID., The First Revolution, cit., p. 26, dove ancora una volta si sottolinea il «graciously monarchie style» della lettera di Ottaviano.

CAPITOLO II

I DOCUMENTI ι. N A T U R A FORMALE

I

L dossier di Seleuco di Rhosos, come abbiamo visto, si com­ pone di quattro documenti: tre epistole indirizzate da Ot­ taviano alla città di appartenenza del suo navarchus e Tatto di conferimento della cittadinanza romana e degli altri privilegi. Ovviamente, le lettere presentano non solo la struttura del genere, con la tripartizione in prescritto (seguito dalla formula valetudine), argomento e clausola, ma anche il tipico formula­ rio cerimonioso, che evidenzia la continuità di linguaggio tra le cancellerie dei sovrani ellenistici e gli uffici amministrativi romani addetti alla stesura di questo tipo di documenti.1 Giu­ stamente Roussel osserva che queste missive di Ottaviano non presentano molte differenze rispetto alle caratteristiche proprie alle lettere dei sovrani ellenistici, salvo Tuso della prima persona del singolare.2 Il doc. π del dossier, allegato alla prima lettera (come si ricava dalla 1. 5: τα υπογεγραμμένα), non viene caratterizzato da alcun termine specifico all'interno del documento stesso e neppure nel doc. 1. Neanche l'espressione εις τούτους τους λόγους (= in haec verba, 1.11) è d'aiuto per comprendere la natura del documento; secondo il primo editore, potrebbe indicare che la parte intro­ duttiva dell'atto venne modificata rispetto alla sua forma origi1 Per un'analisi ancora valida delle caratteristiche delle epistole ufficiali in epoca ellenistica e romana vd. la Introduction in RC, pp. xxxv-c, e RDGE, pp. 186209; sulla terminologia amministrativa in uso nelle cancellerie dei re ellenistici utili indicazioni bibliografiche in B. VIRGILIO, Lancia, Diadema e Porpora. Uree la regalità ellenistica. Seconda edizione rinnovata e ampliata con una Appendice documentaria, «Studi ellenistici» xiv, Pisa 2003, p. 65, n. 185. a P. ROUSSEL, Un Syrien, cit., p. 69, n. 2. Un documento analogo alla prima epistola del dossier da Rhosos è J. REYNOLDS, Aphrodisias, cit., 6, che, sebbene si dilunghi sul personaggio di Solone, figlio di Demetrio, è anch'esso una «covering letter to a dossier of copied documents» (ibid., p. 41) indirizzata da Ottavia­ no alla comunità di Plarasa/Afrodisiade.

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naria. È verosimile che queste modifiche al testo ebbero luogo in ragione dei passaggi che il provvedimento dovette subire per la sua derivazione da una lex e forse anche da un senatus consultum (vd. infra), inoltre per il fatto che la copia a noi pervenuta è, come abbiamo visto, un estratto dal testo originale esposto in Campi­ doglio (ne è un indizio la presenza del termine έξεληφθη a 1. 5).3 Da un punto di vista giuridico-formale, comunque, il documen­ to può essere avvicinato ad altri provvedimenti contemporanei. Siamo infatti in presenza di una disposizione tra le tante, confe­ renti la cittadinanza e rimmunità ex lege (= κατά νόμον; cfr. la 1. io del dossier di Seleuco) ο ex senatus consulto, che Augusto ricorda come proprie ο di G. Cesare nel in editto di Cirene;4 analogamen­ te, nel se. de Aphrodisiensibus i triumviri Marco Antonio e Ottavia­ no ricordano che gli έπαθλα, τειμάς, φιλάνθρωποι concessi ο da concedersi in futuro agli abitanti della città di Plarasa/Afrodisiaeie sono stati ο verranno approvati τω ίδίω έπικρίματι (11. 48-50). Il corrispettivo latino di έπίκριμα è in genere identificato nel termine decretum; alcuni autori, pertanto, lo hanno utilizzato per definire il nostro documento, anche se già De Visscher ammo­ niva di non attribuire al termine un significato giuridico troppo preciso, ma di considerarlo in un'accezione più larga nell'atto di applicarlo al doc. IL5 Tuttavia, in altre attestazioni contempora­ nee έπίκριμα indica sicuramente un edictum (il corrispettivo greco è διάταγμα): così l'atto inviato dai triumviri a Plarasa/Afrodisiade (probabilmente da identificare con J. REYNOLDS, Aphrodisias, cit., 7) è definito da Ottaviano έπίκριμα (J. REYNOLDS, Aphrodisias, 3 Vd. supra cap. 1, § 4, ad loc. L'espressione εις τούτους τους λόγους si ritrova anche nel se. de Amphiarai Oropii agris (RDGE 23, 73 a.C), 1. 54; cfr. P. ROUSSEL, Un Synen, cit., pp. 46-47 e p. 69, n. 2, che ritiene che l'espressione indichi «qu'on avait modifié la partie précédente» (p. 47); vd. infra le osservazioni sul rapportò con la lex Munatia Aemilia. 4 Alle 11. 58-60: οϊς κατά νόμον ή δόγμα συνκλή / τώι του πατρός μου έπικρίματι ή τώι έμώι άνεισφορία όμοΰ συν τηι πολειτήαι / δέδοται. 5 Vd. F. DE VISSCHER, Le statut, cit., p. 80, che rinvia alle osservazioni presenti in J. STROUX, L. WENGER, Die Augustus-Inschnft aufdem Marktplatz von Kyrene, Mùnchen 1928, part. p. 25, p. 56, n. 1, p. 66 e pp. 68-69. Anche Sherk, RDGE, p. 300, definisce il doc. n un decretum; H. WOLFF, Die Entwicklung der Veteranenpnvilegien, cit., pasrìm parla di «Dekret fur Seleukos». Un provvedimento di concessione della civitas Romana definito decretum è quello di Pompeo Strabone a favore della turma di equites Hispani: vd. infra § 2.

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cit., 6,11. 26-27); nel iv editto di Cirene, Augusto, riferimento ad un proprio editto con le parole του έμου έπικριμ ος (1. 69). Sono incertezze e oscillazioni nelTutilizzo della termi- ogia che erano già state segnalate dagli studiosi.6 A conti fatti, comunque, la stretta analogia la prima parte del doc. 11 con l'atto aepnvuegiis veieranomra di traviano, che έ certamente un editto (vd. 1. 2: pattern edicti, e 1. -: lidt), e le carat­ teristiche del documento, un provvedimento p blicato ufficial­ mente a Roma e valevole per tutta una categor di soggetti (vd. infra), inducono a identificare nell'atto esposti ti Campidoglio un edictum più che un decretum.7 Diverse particolarità del testo costituiscono nza dubbio un indizio dello stretto rapporto che lega Tatto e -oncessione dei privilegi a Seleuco di Rhosos ad un provvedi] nto legislativo, che naturalmente non può essere altro che la U Aunatia Aemilia nominata in apertura (sulla quale vd. infra § 2).fi generale, il vo­ cabolario tecnico-giuridico utilizzato, lo stile a nente formale, la caratterizzazione impersonale dei destinata iei benefici ac­ cordati, la successione di sezioni sostanzialme : concluse in se stesse, ognuna delle quali tratta un insieme be .efinito di privi­ legi; inoltre, la tipica presenza di verbi alTimpe ivo (imperativo futuro nell'originale latino) a conclusione di g 1 parte delle di­ sposizioni (11. 24, 25,39, 67', 68 e 72, per citare s< mente i termini non integrati); infine, la stretta analogia testi ζ delle clausole con le normative presenti in altre leges della tai repubblica, che 6 Fondamentale H. J. MASON, Greek Terms, cit., pp. 127 >; cfr. anche le testi­ monianze raccolte da L. ROBERT, Inscriptions dAphrodùii it., pp. 406-407, e le osservazioni di Spagnuolo Vigorita in T. SPAGNUOLO VIG ΓΑ, V. MAROTTA, La legislazione imperiale. Forme e orientamenti, in Storia di Re Einaudi 11, L'impero mediterraneo, 3. La cultura e l'impero, Torino 1992, pp. 85-: part. p. 117, n. 168. 7 Roussel, sebbene nelle lettere scambiate con Seyr /d. infra APPENDICE H) si riferisca ripetutamene al doc. 11 come ad un «édit», l'articolo in «Syria» non fornisce un'identificazione precisa dell'atto a favor; Seleuco di Rhosos. Per le definizioni dei termini vd. E. DE RUGGIERO, Decret in DE 11.2 (1910), pp. M97-1502, e ID., Edictum, in DE 11.3 (1922), pp. 2084-2087. : un elenco di editti triumvirali vd. J. BLEICKEN, Zwischen Republik und Frinì t. Zum Charakter des Zweitens Triumvirats, Gòttingen 1990, p. 41, n. 115. Per queste considerazioni sul rapporto tra la lex Mi ia Aemilia e il doc. 11 seguo l'ampia e valida discussione di H. WOLFF, Die En :klung der Veteranenprivilegien, cit., pp. 90-95.

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saranno richiamate nel corso del commento, nonché la presenza di una sanctio, che prevede la possibilità di un'azione a legittima­ zione popolare, sono tutti elementi distintivi di una lex. Altre caratteristiche, invece, fanno presupporre una formazio­ ne del testo precedente all'elaborazione definitiva del provvedi­ mento legislativo. L'uso di αρέσκει (= lat. placet) alle li. 35 (cfr. la 1. 23 dell'editto depnvilegiis veteranorurn), 44, 63 e 70, è proprio di un decreto senatoriale, ed anche parte della fraseologia utilizzata, come la presenza del pronome ημέτερος (11. i6, 56, 62, 69 e 71), in luogo delle espressioni formali e ufficiali Τωμαΐος oppure του δήμου Τωμαίων, e la dettagliata motivazione del conferimento dei privilegi (§ 2) che, alla maniera dei decreti onorifici delle città ellenistiche, precede la vera e propria concessione, rivela proba­ bilmente un rapporto della lex Munatia Aemilia con un testo ema­ nato dal senato.9 È noto, del resto, che la maggior parte di questi provvedimenti volti a ricompensare peregrini benemeriti verso Roma erano promulgati dietro richiesta del senato.10 Non mi con­ vince, pertanto, l'ipotesi di Wolff che il § 2 derivi da un documen­ to di supporto amministrativo da immaginare come elemento di collegamento tra la promessa di concessione (orale ο scritta) e la redazione vera e propria del provvedimento sul modello di un commentanus civitate Romana donatorum." Le osservazioni fino ad ora esposte mi sembrano sufficienti a respingere anche il convin9

Per queste caratteristiche di un decreto del senato rimando solamente al se. de Asclepiade, 11. 7, 9,11,13,14, *5,19, 23 e 29 (presenza del pronome ημέτερος) e 11.5-9 (motivazione della concessione). Anche il testo della lex Gabinia Calpurnia de insula Delo presenta degli aspetti singolari «in that, like a decree of the senate, it gives reasons for its prescriptions; no doubt the text of the rogano closely follows that of sudi a decree»: RS, p. 346. 10 Cfr. Liv. xxvn, 5.7: Muttines etiam civis Romanus factus, rogatione ab trìbunis plébis ex auctorìtatepatrum adpkbem lata\ la lexFonteia, (a) + (b), (i), 11. 4-5, roga­ ta εκ συγκλήτου γνώμης; la legge che L. Gellius Cn. Cornelius ex senatus sententia tulerunt ( O c , prò Balbo 8,19; vd. infra § 2). Secondo Riccobono, l'editto di Ot­ taviano depnvilegiis veteranorurn «a senatu confirmatum fuisse putandum est» (PIRA r\ p. 315). Significativo pure il caso del se. de Asclepiade, provvedimento che non concede ai suoi destinatari la civitas Romana. 11 H. WOLFF, Die Entwicklung der Veteranenprìvilegien, cit., pp. 92-93. Per le caratteristiche del commentanus civitate Romana donatorum vd. J.-L. MOURGUES, Forme diplomatique etpratique institutionnelle des «commentarli Augustorum», in La mémoire perdue: recherches sur Vadministration romaine, CEFR 243, Rome 1998, pp. 123-197, part. pp. 132 sgg.

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79 cimento di Schonbauer, il quale intese l'intero atto come una verbalizzazione protocollare sul modello dei commentarvi (in greco υπομνήματα ο υπομνηματισμοί), dato che, secondo lo studioso austriaco, nel provvedimento non è dato rintracciare le caratteri­ stiche proprie di un decreto ο di un editto.12 Naturalmente non siamo in grado di precisare se le disposizio­ ni presenti nella lex Munatia Aemilia e nel documento esposto in Campidoglio fossero state accolte nell'atto a favore di Seleuco di Rhosos nella loro totalità e, da un punto di vista testuale, in maniera fedele, oppure avessero subito modifiche; non possiamo inoltre formulare alcuna congettura sul contenuto di eventuali parti rimosse e sui motivi di queste esclusioni. Alcuni elemen­ ti sembrerebbero indicare un rimaneggiamento, ma questo è da mettere in conto, perché sicuramente non sempre tutti quanti i privilegi previsti dalla lex furono accordati ai beneficiari dei diver­ si provvedimenti di concessione, ma venne effettuata una loro 'scelta'. Nell'editto depnvilegiis veteranorum, infatti, non è previ­ sto il conferimento della civitas; inoltre, secondo Wolff, l'assenza del termine φιλάνθρωποι dal § ι del doc. n e l'inizio del § io (1.53), dove manca, a differenza delle altre clausole, una determinazione dei beneficiari, sarebbero un'indicazione del fatto che non tutti i benefici previsti dalla lex venivano concessi e che alcuni destina­ tari, pertanto, non ricevettero quelli processuali (cfr. infra cap. iv, §§ 1-2); allo stesso modo, il riferimento nei §§ 7 e 9 all'Europa e all'Asia potrebbe essere un indizio di clausole speciali destinate unicamente ad una determinata categoria di soggetti.13 Possiamo invece sostenere con un certo grado di sicurezza che alcune parti del doc. 11 furono modificate rispetto all'atto esposto in Campidoglio. Così, il nome del principale beneficiario (1. 12) fu sicuramente inserito nel testo al momento della promulgazio­ ne del provvedimento a favore di Seleuco da parte dei triumviri; anche nelle clausole successive al secondo paragrafo si riscontra una rielaborazione rispetto al testo esposto in Campidoglio, in 12

E. SCHONBAUER, Die Inschnft, cit., p. 197: il doc. 11 «weder ein Edikt nodi ein Dekret ... ist wie ein amtliches Protokoll gegeben»; lo segue H. MALCOVATI, Imperatoris Caesaris Augustif cit., p. 33; contro, già G. I. LUZZATTO, Epigrafia giuridica, cit., p. 294. 13 H. WOLFF, Die Entwicklung der Veteranenpnvilegien, cit., p. 93.



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quanto il principale beneficiario è sempre indicato al singolare, in contrasto con l'indicazione al plurale dei destinatari dell'editto di Ottaviano a favore dei veterani. La parte del doc. π che sembra aderire in maniera più diretta al testo esposto in Campidoglio, e quindi alla lex Munatia Aemi­ lia, inizia con il § 3, dove έ riponaia nuovamente la clausola di concessione dei principali benefici accordati (11. 19-21; cfr. § 1, 11. 10-11), ma, questa volta, con l'elencazione impersonale di tutti i destinatari del provvedimento. La variatio nel tempo verbale dal­ l'aoristo έδωκαν (1. n) al presente δίδομεν (Ι. 2ΐ) è sintomatica di una differente genesi del § 1 rispetto al § 3 ed è indice che il paragrafo iniziale (l'intestazione, con l'indicazione dell'autorità emittente e della fonte giuridica dei privilegi conferiti) appartiene evidentemente all'ultimo livello di redazione del provvedimento di concessione. In conclusione, è possibile affermare che i §§ 3-12 rispecchia­ no quasi letteralmente il contenuto di alcune clausole presenti nel provvedimento della lex Munatia Aemilia e che, al momento della promulgazione dell'atto per ricompensare Seleuco di Rhosos, queste disposizioni furono estrapolate ad hoc e lievemente adattate sotto l'intestazione dei due paragrafi iniziali. La stessa conclusione è ovviamente valida per Yedictum Octaviani triumviri de pnvilegiis veteranorum: considerata la stretta analogia testuale con la disposizione a favore di Seleuco, è indubbia la formulazio­ ne dell'editto sulla base dello stesso provvedimento legislativo; in questo caso, però, la concessione era rivolta veteranis omnibus (1. 4; cfr. 1. 16), i quali erano già cittadini romani e ricevettero in ricompensa principalmente l'immunità completa da imposte di­ rette e indirette.14 14

Vd. le osservazioni di H. WOLFF, Die Entwicklung der Veteranenpnvilegienf cit., pp. 69 e 95. Anche la Κ. Μ. Τ. ATKINSON, The Third Cyrene Edict ofAugustus, in Ancient Society and Institutions. Studies presented to Victor Ehrenberg on his yyth birthday, Oxford 1966, pp. 21-36, part. p. 31, ritiene che l'editto di Ottaviano a favore dei veterani sia formulato sulla base della lex Munatia Aemilia. In errore J.-M. RODDAZ, Les triumvirs et les provinces, in Pouvoir et «Imperìum» (nf av. j.-c. - f ap. j.-c), èdite par E. Hermon, Napoli 1996, pp. 77-96, part. p. 89, quando ritiene che i due provvedimenti siano stati «émis en vertu des pouvoirs extraordinaires conférés par la lex Titia».

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Gli studiosi dell'iscrizione si sono posti la domanda se il prov­ vedimento dei triumviri esposto in Campidoglio riguardasse, in quanto misura individuale, il solo Seleuco, oppure avesse caratte­ re collettivo. La seconda soluzione, che alla fine ha trovato mag­ gior consenso, sembra da preferire per vari motivi. Innanzitutto, le clausole dell'aito sono formulate in maniera impersonale ri­ guardo ai suoi firuitori e in maniera generica .riguardo all'ambito di applicazione (questo è il caso, ad esempio, della scelta della città libera nella disposizione sul pnvilegiumfon: vd. infra cap. rv, § 2). Inoltre, i privilegi concessi sono gli stessi che interessarono un'intera categoria di combattenti benemeriti per aver supporta­ to la causa dei triumviri, secondo quanto dichiarato dallo stesso Ottaviano all'interno della terza lettera.15 Per di più, il testo che ci è pervenuto è un estratto e questo implica, come abbiamo visto in precedenza, che alcune parti del provvedimento originale non furono incluse in esso. A questo potremmo aggiungere l'indica­ zione dei destinatari presente nell'editto di Ottaviano a favore dei veterani, un provvedimento che accorda concessioni collettive e non individuali (1. 4: veteranis diari omnibus).16

Ritengo, tuttavia, che il documento esposto in Campidoglio non interessasse tutti i peregnni che avevano militato dalla parte dei triumviri, ma, a mio parere, solamente un gruppo selezionato di personaggi meritevoli di origine orientale, come sembra pos­ sibile dedurre dalla menzione del termine Asia alla 1. 48, perché è improbabile che concessioni così ampie ed importanti fossero indistintamente rivolte a tutti i partecipanti ad una campagna mi­ litare, qualunque fosse il loro grado e luogo d'origine.17 15

Alle 11. 89-91 del dossier: ώς καϋηκο[ν] ην τους / [συστρατευ]σαμένους ήμεϊν και κατά πόλεμον άριστεύσαντας, κεκόσμηται φιλανθρώποις / [και άνεισ]φορίαι και πολειτήαι. 16 Sulla questione vd. P. ROUSSEL, Un Syrien, cit., pp. 47-51, part. p. 51: Seleuco «a dù faire partie d'une fournée de nouveaux citoyens»; F. DE VISSCHER, Le statuì, cit., pp. 80-83. 17 Vd. M. A. LEVT, La grande iscrizione, cit., pp. 123-125 e 127, che però non e condivisibile quando tenta di dimostrare che l'atto è stato emesso a favore del solo Seleuco e della sua famiglia; cfr. F. DE VISSCHER, Le statuì, cit., p. 82. Anche G. I. LUZZATTO, Epigrafia giuridica, cit., p. 293, esclude che le concessioni dovessero riferirsi a molti nominativi; da respingere Γ affermazione della M. GUARDUCCI, Intorno atta iscrizione, cit., p. 55, che il provvedimento è «relativo ad

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Il provvedimento di concessione della cittadinanza a Seleuco, emesso dai triumviri in virtù di una lex specifica, è stato presenta­ to in letteratura come una testimonianza di un certo rispetto for­ male delle istituzioni e delle procedure legislative repubblicane; ovviamente, le lettere di Ottaviano indirizzate a Rhosos rivelano che a queste atteggiamento -di facciata si accoppiava Υ autoritari­ smo, ormai monarchico, e il paternalismo tipico di chi trasmette­ va semplici disposizioni ben sapendo che queste sarebbero state accolte come ordini categorici.18 Non credo sia questo il luogo per addentrarsi nella comples­ sa questione dei poteri dei triumviri e, in considerazione del­ l'omissione del titolo di tnumvir r. p. e. nella prima lettera, della mancanza di legittimità ad agire da parte di Ottaviano. Il Luzzatto ha già chiarito in merito che da questo documento non si può dedurre nulla, non solo perché si tratta della notifica di una disposizione presa a Roma sulla base di precedenti accordi tra i due triumviri, ma anche perché non vi era evidentemente ne­ cessità di ripetere nella lettera di accompagnamento il titolo che era presente nella disposizione stessa e che di fatto legittimava quest'ultima.19 La spedizione del provvedimento ad una città orientale può ap­ parire un atto di ingerenza di Ottaviano nell'area di competenza un'intera categoria di persone, tutti coloro che, non essendo cittadini romani, avevano combattuto nelle file di Ottaviano e dei suoi alleati». Cfr. anche infra cap. v, § 2. 18 Rinvio a F. MILLAR, Triumvirale and Principate, cit., part. p. 54 («die Triumvirs ... showed considerable concern to have their actions formally approved and ratified by the traditional organs of die State») e p. 55 (sul doc. 11); J. REY­ NOLDS, Aphrodisias, cit., p. 39; cfr. F. MILLAR, The First Revolution, cit., p. 7. Una disamina accurata dei poteri triumvirali nel fondamentale lavoro di U. LAFFI, Poteri triumvirali e organi repubblicani, in R triumvirato costituente allafinedeUa repubblica romana. Scritti in onore di Mario Attilio Levi, a cura di A. Gara e D. Foraboschi, Como 1993, pp. 37-65 (= ID., Studi di storia romana e di diritto, Roma 2001, pp. 423-454), in part. p. 45 (sul nostro documento) e p. 55 (conclusioni): «gli organi tradizionali... continuarono a funzionare formalmente», anche se «il re­ gime instaurato dai triumviri... si poneva in realtà al di fuori della costituzione repubblicana». Cfr. anche J. BLEICKEN, Zwischen Republik una Prinzipat, cit., pp. 49-65, e, sul rapporto triumviri-senato, F. DE MARTINO, Sugli aspetti giuridici del triumvirato, in II triumvirato costituente, cit., pp. 67-83, part. pp. 74-78. 19 G. I. LUZZATTO, Epigrafia giuridica, cit., pp. 291-292.

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di Marco Antonio. Tuttavia, la maggior parte dei commentato­ ri dell'iscrizione ha giustamente sottolineato il fatto che soltan­ to Ottaviano, che si trovava a Roma, poteva materialmente far spedire una copia dell'atto e, quindi, che era di spettanza a chi rivestiva le funzioni di governo in Italia il compito di inviare i documenti redatti dall'amministrazione centrale ai soggetti inte­ ressati.20 Ad ogni modo, da questa e da altre testimonianze rac­ colte dalla Reynolds emerge che Marco Antonio, non sappiamo con quanta compiacenza, accettava implicitamente il diritto del futuro Augusto di intervenire formalmente nelle questioni che interessavano alcune comunità orientali.21 Da notare, tuttavia, le parole usate da Ottaviano stesso in un'epistola privata a proposi­ to della preferenza da lui accordata a Plarasa/Afrodisiade: è una frase che evidenzia l'eccezionalità di questo rapporto con la città e sottintende un accordo in merito con Marco Antonio.22 Infine, alcune brevi osservazioni sulla redazione in greco dei documenti. Chiaramente le tre lettere indirizzate a Rhosos, che presentano una prosa essenziale, scorrevole e formulare, furono, 20

Cfr. già P. ROUSSEL, Un Synen, cit., p. 71. In merito a questa questione, non sono più condivisibili le affermazioni di M. A. LEVI, La grande iscrizione, cit., pp. 116 e 121, il quale ritiene che Ottavianoricorra«ad una titolatura sui generis, tale da consentirgli di interferire nelle provincie di M. Antonio senza menomarne i diritti» e che «in sostanza» fondi «il suo prestigio su di una città orientale su elementi di carattere trascendente, cioè praenomen imperatoris e discendenza divina». 21 J. REYNOLDS, Aphrodisias, cit., pp. 39-40; cfr. F. CANALI DE Rossi, Tre episto­ le, cit., p. 174. Invece per M. A. LEVI, La grande iscrizione, cit., p. 123, «Ottaviano non poteva arbitrarsi a passare ordini, come triumviro, ad una città dipendente da M. Antonio», perché gli accordi tra i due triumviri prevedevano «una effetti­ varipartizionedi zone di validità azU'imperium, per cui Yimpenum triumvirale restava sottoposto a limitazioni territoriali che corrispondevano pienamente alle limitazioni tradizionali in materia di zone di competenza dei magistrati». 11 J. REYNOLDS, Aphrodisias, cit., 10, 11. 3-4: μίαν πόλιν ταύτην / εξ δλης της 'Ασίας έμαυτω ειληπφα. ν.ν. Τούτους οΰτω θέλω φυλαχθηναι ώς έμούς πολείτας; cfr. J. REYNOLDS, Aphrodisias, cit., pp. 98-99, e W. ORTH, Der Tnumvir Octavian. Bemerkungen zu Insckriften aus Aphrodisias, «EA» 3 (1984), pp. 61-82, part pp. 65 sgg. Sull'ambito di competenza dei triumviri nelle province vd. J. BLEICKEN, Zwischen Republik und Pnnzipat, cit., pp. 27-36, part. 28-29 (i documenti da Afrodisiade e il dossier di Rhosos); J.-M. RODDAZ, Les tnumvirs et les provinces, cit., part. pp. 87-93.

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più che tradotte dal latino, elaborate direttamente in greco dai funzionari addetti alla cancelleria di Ottaviano, se si tiene anche conto della circostanza che, al momento della spedizione delle ul­ time due epistole, il futuro Augusto si trovava proprio in Oriente (vd. infra § 3).23 L'indicazione che Tatto fu esposto in Campidoglio, l'analogia di quasi tutte le clausole con disposizioni presenti in altri documenti epigrafici in latino ο tradotti dal latino e l'utilizzo di termini tecni­ ci del linguaggio giuridico romano costituiscono invece le prove incontrovertibili che il doc. π fu. redatto a Roma ed è qxiindi una traduzione letterale da un originale latino. Non vi sono, tuttavia, latinismi evidenti, come l'omissione di articoli ο la coordinazione per asindeto;24 al contrario, una frase come εν τοις κατά την + nome di regione + τόποις di 11.12-13, che abbiamo visto essere di uso normale tra gli storici di lingua greca,25 e la presenza di un ter­ mine non comune come πάρεσις alle 11. 22-23, farebbero ritenere che il testo sia stato redatto in greco da un grecofono. D'altra par­ te, sono poco evidenti, ο risultano ben celate ai nostri tentativi di individuarle, le difficoltà incontrate dal traduttore nel rendere in lingua greca i rigorosi termini tecnici del diritto privato e pubbli­ co romano, privi spesso di omologhi greci. In conclusione, possiamo affermare che probabilmente la reda­ zione in greco fu eseguita sotto la supervisione di un funzionario competente non solo della terminologia giuridica romana, ma 23

SUET., Aug. 89, 1, riferisce che Ottaviano/Augusto impiegava traduttori: nam et si quid res exigerett Latine formabat vertendumque alii dabat. Da notare che la lettera indirizzata agli abitanti di Efeso (J. REYNOLDS, Aphrodisias,rit.,12) è presentata come scritta di pugno dello stesso Ottaviano (1.10: εκρεινα γράψαι), ma non è possibile escludere un intervento di traduzione dall'originale latino per la versione in greco pervenutaci. 24 Per le caratteristiche delle redazioni in greco dei documenti emessi dalle autorità romane vd. l'ancora fondamentale lavoro di P. VIERECK, Sermo Graecus quo senatus populusque Romanus magistratusque populi Romani usque ad Tiberii Caesaris aetatem in scriptis publicis usi sunt examinatur, Gottdngae 1888, part. pp. 55-84; inoltre, le belle pagine di Stroux in J. STROUX, L. WENGER, Die AugustusInschnfi aufdem Marktphtz, cit., pp. 18-43, e RDGE, pp. 13-19. Cfr. anche le osser- . vazioni di G. CRESCI MARRONE, Sulla traduzione in alcune epigrafi bilingui fotinogreche del periodo augusteo, in Contributi di storia antica in onore di Albino Garzetti, Genova 1977, pp. 315-330. 25 Vd. supra cap. 1, § 4 ad loc.

85 anche della lingua greca; tuttavia, il testo non permette di stabili­ re se il traduttore fosse di lingua madre greca ο latina.20 I DOCUMENTI

2. LA FONTE GIURIDICA DEL D O C II: LA LEX MUNATIA AEMILIA

La presenza, nel provvedimento di conferimento, della denomi­ nazione lex Muriatici Aemilia (1.10) porta ad individuare in questa legge la fonte giuridica della concessione dei privilegi elencati nel doc. π del dossier epigrafico di Seleuco di Rhosos. Quella del nostro documento costituisce Tunica attestazione, fino ad oggi nota, dell'esistenza della legge, che fu rogata dai consoli del 42 a.C.27 e che autorizzava in prima istanza alla concessione della civitas Romana e deWimmunitas omnium rerum (11.10-11). È evidente che questa legge di autorizzazione deve essere mes­ sa in relazione con la sequenza di quelle leges de civitate che inizia­ rono ad essere promulgate a partire dagli anni della guerra socia­ le, quando la «temperie storico-politica» portò «ad lina sensibile ed inusitata apertura in tema di cittadinanza».28 Ciò che a noi qui interessa è esaminare le caratteristiche di queste leges che delega­ rono alcuni comandanti militari a concedere la cittadinanza singiUatim e virtutis causa, come è attestato per la lex Calpurnia e la lex Gellia Cornelia,2,9 perché anche la lex Munatia Aemilia rientra senza 26

Per alcune considerazioni sulla traduzione del dossier di Rhosos cfr. RDGE, pp. 204-207, part. p. 206. 17 L. Munatius Plancus e M. Aemilius Lepidus: vd. MRR Π, ρ. 357. 28 G. LURASCHI, Sulle 'leges de civitate' (Iulia, Calpurnia, Plautia Papiria), «SDHI» 44 (1978), pp· 321-370, part. 326, n. 15, contributo ancora valido al quale si ri­ manda per l'elenco delle fonti e la discussione sulla datazione delle tre leges de civitate (lex Mia dellafinedel 90 a.C, lex Calpurnia forse dell'89 a.C. e lex Plautia Papiria della fine dell'89 a.C.) rogate negli anni della guerra sociale. Per altri punti di vista cfr. E. GABBA, Esercito e società neUa tarda repubblica romana, Firen­ ze 1973, pp. 252-255; C. Letta in E. CAMPANILE, C. LETTA, Studi sulle magistrature indigene e municipali in area italica, Pisa 1979, pp. 78-83; Y. THOMAS, «Orìgine» et «commune patrie». Étude de droit public romain (89 av. j.-c. - 212 ap. j.-c), Rome 1996, pp. 103 sgg. La lex Gellia Cornelia, proposta dai consoli L. Gellius Publicola e Cn. Cornelius Lentulus Clodianus nel 72 a.C. (MRR Π, ρ. n6), ci è nota dai ripetutiriferimentidi Cic, prò Balbo 5,11; 8,19; 14,32-33 e 17,38. Vd. SISENNAfrg.120 P. : milites, ut lex Calpurnia concesserat, virtutis ergo civi­ tate donari; O c , prò Balbo 8,19: nascitur, iudices, causa Cornell ex ea lege quam L. Qellius Cn. Cornelius ex senatus sententia tulerunt; qua lege videmus satis esse sane-

ANDREA RAGGI 86 ombra di dubbio in questa specifica categoria della legislazione de civitate danda.30 Alcuni accenni nelle fonti costituiscono un chiaro indizio del­ l'esistenza di altre leges de civitate, oltre a quelle nominate sopra, delle quali purtroppo non ci è giunta testimonianza;31 secondo una certa dottrina, il cosiddetto decretum. Strabonis si riferisce ad una lex lulia diversa da quella che autorizzava la concessione collettiva della cittadinanza ai Latini ed ai sodi Italia, in pratica ad una legge rogata dallo stesso L. Giulio Cesare per concedere la dvitas Romana singiUatim e virtutis causa ad alcuni auxiliares, quali appunto erano anche i trenta cavalieri della turma Salluitana* Ho indicato i delegati alla concessione della cittadinanza gene­ ricamente come comandanti militari senza utilizzare il termine tum, ut cives Romani sint vi quos Cn. Pompeius de consili sententia singiUatim civitate donaverit; cfr. G. ROTONDI, Leges publicae populi Romani, Milano 1912, p. 340. 30 Questo si ricava dal testo del doc. π del dossier, che prescrive concessioni di privilegi a singoli individui (11.19-21), adducendo come motivazione il valore e l'abnegazione dimostrati in guerra dai principali beneficiari (11.12-18). 31

E. BADIAN, Foreign Clientelae (264-yo B.C.), Oxford 1958, p. 260; G. LURASCHI,

Sulle 'leges de civitate', cit., p. 327, e ID., La questione detta cittadinanza nell'ultimo secolo deUa Repubblica, in F. MILAZZO (a cura di), Res publica e Pnnceps. Vicende politiche, mutamenti istituzionali e ordinamento giuridico da Cesare ad Adriano, Na­ poli 1996, pp. 35-99, part. p. 77, n. 229. Vd. gli elenchi delle donationes in O c , prò Balbo 22, 50-51; C. E. GOODFELLOW, Roman Citizenship. A Study oflts Terrìtorial and Numerical Expansion from the Earliest Times to the Death ofAugustus, Lancaster (Pa.) 1935, pp. 34 sgg.; E. BADIAN, Foreign Clientelae, cit., pp. 302-308; A. KRAWCZUK, Virtutis ergo. Nadania obywatelstwa rzymskiego przez wodzów republiki (De civitate Romana ab imperatoribus liberae rei publicae temporibus data), Kraków 1963, 83 sgg.; cfr., inoltre, N. CRINITI, L'epigrafe di Asculum, cit., p. 188, n. 8, e le generiche affermazioni in Cic, prò Archia 10, 25-26. 32 Linee 1-3 del decretum Strabonis: [C]n. Pompeius Sex. \f. Imperatori virtutis causa I equites Hispanos ceives [Romanos fecit in castr]eis apud Asculum a. d. xivK. Dee. I ex lege Mia; vd. G. LURASCHI, Sulle 'leges de civitate', cit., pp. 325,330-331,337 e n. 67. A. KRAWCZUK, Virtutis ergo, cit., pp. 60 sgg., reputa questa lex Mia ante­ riore a quella de civitate del 90 a.C., mentre N. CRINITI, L'epigrafe di Asculum, cit., PP· 39 sgg> P art · η · *5> l e identifica; per ulteriori indicazioni bibliografiche cfr. da ultimo L. AMELA VALVERDE, La «turma Salluitana» y su relación con la clientela pompeyana, «Veleia» 17 (2000), pp. 79-92, part. p. 81. Sulla datazione dell'epigra­ fe vd. la discussione in A. KRAWCZUK, Virtutis ergo, cit., pp. 50-52 (attribuisce il decretum Strabonis al 90 a.C), e N. CRINITI, L'epigrafe di Asculum, cit., pp. 47"61 (data la concessione all'89 a.C).

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imperatores, che invece qualche volta è possibile trovare in let­ teratura nel caso specifico: in effetti, come Litewski ha messo in evidenza nella recensione all'unica monografia esistente sull· ar­ gomento, non esiste prova sicura che le autorità legittimate dai comizi a conferire la civitas Romana dovessero essere necessaria­ mente imperatores.33

In generale, si deve osservare che i comandanti militari non avevano il diritto di procedere a naturalizzazioni di cittadini di comunità non romane senza una preventiva autorizzazione le­ gislativa del popolo; in altri termini, la competenza esclusiva in materia di ius civitatis apparteneva ai comizi. Le frequenti con­ cessioni di cittadinanza effettuate secondo una procedura non regolare erano considerate illegali, in certi casi persino dai loro stessi autori, e conducevano ad una legittima contestazione di fronte alle autorità romane, oppure venivano ratificate α posterio­ ri, secondo una prassi non sconosciuta all'ordinamento giuridico romano nella tarda età repubblicana.34 Negli anni delle guerre civili, quando questi atti iniziarono a non essere considerati del tutto eccezionali ο inusitati, con sem­ pre maggior frequenza i comandanti militari romani conferirono la cittadinanza non solo ο non più per meriti militari, ma per il faΏ Vd. W. LITEWSKI, ree. a A. Krawczuk, Virtutis ergo. Nadania obywatebtwa rzymskiego przez wodzow republiki, «Iura» 15 (1964), pp. 315-319, part. p. 316. Se­ condo A. N. SHERWIN-WHITE, The Roman Citizenship2, Oxford 1973, p. 310, «only the great commanders, and not the normal proconsuls, had this power [of enfranchisement]». 34 Vd. A. KRAWCZUK, Virtutis ergo, cit., pp. 108 sgg., e G. LURASCHI, Sulle 'leges de civitate', cit., pp. 327-330 e 335-337, con gli esempi delle contestazioni portate alle naturalizzazioni di Mario, Pompeo e Cesare, comunque mai invalidate se­ condo O c , prò Balbo 22,52: numquam esse condemnatum quem constaret ab impera­ tore nostro civitate donatum. Da notare, tuttavia, che Γ atteggiamento di Cicerone nella prò Balbo è quello di avallare «la prassi istaurata dagli imperatores, anche se apertamente contraria al diritto» (G. LURASCHI, La questione detta cittadinanza, cit., p. 79)· Per G. LURASCHI, Sulle 'leges de civitate', cit., p. 334, Pompeo Strabone e forse anche L. Giulio Cesare si servirono della lex Iulia attestata epigrafica­ mente per legittimare a posteriori le concessioni di cittadinanza effettuate nel corso del 90 ο 89 a.C. Sulla competenza in materia di ius civitatis in età impe­ riale cfr. le mie osservazioni in A. RAGGI, Cittadinanza coloniaria e cittadinanza romana, in Colonie romane nel mondo greco, a cura di G. Salmeri, A. Raggi, A. Baroni, Roma 2004, PP· 55-68.

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vore che i beneficiari si erano guadagnati presso di loro. Le cause di questo incremento delle concessioni furono la personalizzazio­ ne della vita politica, grazie.anche all'instaurarsi di un rapporto diretto fra donante e beneficiario, la possibilità per i magistrati curri impeno ed i capiparte di accrescere tramite le donationes civitatis la propria notorietà e le proprie clientele ed ii maggior peso assunto dagli eserciti.35 Con l'emergere dei poteri straordinari, i tratti della legalità si offuscarono: la forma legislativa non fii più tenuta in gran con­ siderazione da Cesare dittatore (ma le fonti in proposito non sono chiare),36 mentre, come abbiamo osservato supra nel § 1, il fatto che i triumviri, pur nella finzione della procedura, si fossero appellati ad una legge è sintomatico del loro atteggiamento di rispetto formale delle procedure legislative repubblicane.37 L'indagine di Luraschi ha messo in evidenza, come elementi peculiari di questi provvedimenti, la presenza di «clausole ben 35

Vd. G. LURASCHI, La questione della cittadinanza, cit., pp. 77-78 e 99. Per le caratteristiche del periodo vd. E. GABBA, L'età triumvirale, in Storia di Roma Ei­ naudi π ι, Torino 1990, pp. 795-807, part. pp. 798-804, e E. Noè, «Cedatforum ca­ strisi : esercito e ascesa politica nelL·riflessioneciceroniana, « Athenaeum» 83 (1995), pp. 67-82, part. pp. 73 sgg. e 80-81. 36 Sulla politica di Cesare in tema di estensione della civitas Romana vd. F. VITTINGHOFF, Rómische Kolonisation una Burgerrechtspolitik unter Caesar una Augustus, Wiesbaden 1952, pp. 49-95; E. FERENCZY, ZU Caesars Burgerrechtspolitik, in Studi in onore di Cesare Sanfilippo rv, Milano 1983, pp. 207-222; G. LURASCHI, La questione detta cittadinanza, cit., pp. 77 e 84-94, part. p. 93: «Si discute in base a quale diritto Cesare avesse agito. È difficile dire: forse se lo arrogò ..., forse gli fu riconosciuto da leggi rimaste ignote, ο forse, e più probabilmente, gli derivò dalla dittatura». Per A. KRAWCZUK, Virtutis ergo, cit., pp. 138 sg., Cesare si fece autorizzare dai comitia; secondo A. N. SHERWIN-WHITE, The Roman Citizenship, cit., p. 294, n. 4, «the later enfranchisements of Pompeius and Caesar suggest that this power was included in the leges de imperiofromthe lex Gabinia depiratis onwards». Le testimonianze di donationes cesariane sono raccolte da C. E. GOODFELLOW, Roman Citizenship, cit., pp. 90-97; A. KRAWCZUK, Virtutis ergo, cit., pp. 125 sgg. (per le concessioni in Asia vd. B. HOLTHEIDE, Rómische Biirgerrechtspolitik una rómische Neubùrger in der Provinz Asia, Freiburg 1983, pp. 26-31). Un riferimento alle concessioni di cittadinanza effettuate da Cesare si trova nel terzo editto di Cirene, 11. 58-60 (vd. supra n. 4). 37 G. LURASCHI, La questione detta cittadinanza, cit., p. 95, parla di «scrupoli legalisti di Ottaviano rivelati, fra l'altro, dalia lex Munatia Aemilia del 42, ormai, dopo Γ esperienza cesariana, del tutto anacronistica».

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precise e tassative circa lo status dei destinatari, la determinazio­ ne del magistrato delegato alla donatio, nonché la procedura da seguire».38 Ciò nonostante, partendo dalla testimonianza costitui­ ta dal provvedimento a favore di Seleuco di Rhosos, è possibile affermare che in epoca posteriore le caratteristiche delle leges de àvitaze subirono alcune modifiche sostanziali rispetto a quelle degli anni della guerra sociale. In merito alla procedura, la lex Mia del decretum Strabonis e la lex Gellia Cornelia sembrano indicare che le autorizzazioni le­ gislative di questa natura obbligassero a consultare il consilium militare nel caso che il comandante procedesse in exeràtu alla concessione della cittadinanza romana singiUatim e virtutis cau­ sa.39 Tale procedura, tuttavia, non è più attestata in epoca poste­ riore, ο per lo meno non viene mai menzionata a proposito delle concessioni di cittadinanza cesariane e triumvirali, tanto che non compare neppure nel provvedimento a favore di Seleuco di Rho­ sos: evidentemente questa prassi era ormai ritenuta anacronistica dai titolari di un'autorità indubbiamente superiore a quella dei magistrati dotati di irnpenum.40 Per quanto riguarda i destinatari, le fonti in realtà non indicano mai il loro status con sufficiente precisione: il frammento di Sisenna qualifica i beneficiari della lex semplicemente come milites, il decretum Strabonisriguardaequites Hispani, la lex Gellia Cornelia fu utilizzata per confermare le concessioni di cittadinanza da par38

G. LURASCHI, Sulle 'leges de civitate', cit., p. 334. Ma potrebbe aver ragione W. LITEWSKI, ree. a A. Krawczuk, cit., pp. 316317, quando afferma, contro le conclusioni di A. KRAWCZUK, Virtutis ergo, cit., pp. 109 sg., che il parere del consilium non fosse né obbligatorio né vincolante. L'espressione de consili sententia per le decisioni prese da Pompeo ex kge Gellia Cornelia compare in O c , prò Balbo 5,11; 8,19; 17, 38. Sul consilium strabeniano vd. N. CRINITI, L'epigrafe diAsculumy cit., pp. 77 sgg.; cfr. inoltre le brevi conside­ razioni di J. A. CROOK, Consilium Prìncipis. Imperiai Councih and Counsellorsfrom Augustus to Diocktian, Cambridge 1955, p. 5; L. R. TAYLOR, The Voting Districts ofthe Roman Republic: the Thirty-five Urban and Rural Tribes, Rome i960, pp. 176178; G. CRIFÒ, Sul «consilium» del magistrato, «SDHI» 29 (1963), pp. 296-309, part. PP- 307-308. 40 Pochi anni dopo la promulgazione della lex Gellia Cornelia, in una data compresa tra il 67 e il 63 a.C, Pompeo accordò in contione militum la civitas a Teofane di Mitilene, apparentemente senza richiedere il parere del connlium (CIC, prò Archia 10, 24; VAL. MAX. vni, 14.3). 39

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te di Pompeo, soprattutto quelle operate durante la guerra sertonana in Spagna.41 Luraschi, nella convinzione che l'ambito di ap­ plicazione di queste leges dovesse essere circostanziato, individua come destinatari della lex lulia del decretum Strabonis i milites peregàni stipendiarvi e come beneficiari della lex Calpumia nominata nel frammento di Sisenna i sodi Italici ed extraitalici.42 Tuttavia lo stesso Luraschi, riprendendo una vecchia ipotesi del Pais, ammet­ te anche la possibilità che la lex lulia del decretum Strabonis fosse la stessa di quella de civitate Latinis et sociis danda e che Pompeo Strabone si fosse richiamato a quest'ultima in maniera illegittima ο per un errore di interpretazione della legge stessa.43 Nei decenni successivi 'inconvenienti' di questa natura pote­ rono essere evitati grazie ad una maggiore genericità nell'indi­ cazione dei destinatari delle leges de àvitate; in questa maniera, a mio modo di vedere, si rese inutile la promulgazione di leggi che si differenziassero in ragione dello status dei beneficiari.44 In altre 41

Per altre donationes civitatis di Pompeo, probabilmente legalizzate utilizzan­ do la lex Gelila Cornelia, vd. O c , prò Balbo 22,51: ncque vero id in uno Cornelio fecit. Nam et Gaditanwn Hasdrubalem ex belh ilio Africano ... civitate donavit; C. E. GOODFELLOW, Roman Citizenship, cit., pp. 37-38. Non concordo nel caso specifico con l'intervento di C. Venturini in F. MILAZZO (a cura di), Res publica e Prìnceps, cit., p. 136, dove si sostiene, riprendendo le conclusioni di V. ANGELINI, Riflessioni sul­ l'orazione prò L. Cornelio Balbo, «Athenaeum» 58 (1980), pp. 360-370, che Cornelio Balbo non meritasse il conferimento della civitas Romana secondo lo spirito della lex Gellia Cornelia perché privo di meriti militari e perché non inquadrato nei ranghi dei sodi; si confronti l'eloquente testimonianza di O c , prò Balbo 2,5 sulle vicende che meritarono la donatio civitatis a Cornelio Balbo: hunc in Hispania durissimo bello cum Q. Metélh, cum C. Memmio et in classe et in exercitufiiisse, utPompeius in Hispaniam venerit... cum Pompeio ad extremum belli tempusfrisse.Resta co­ munque valido l'enunciato generale, al quale accennavo sopra, che i comandanti militari nell'età delle guerre civili iniziarono ad interpretare il potere di conce­ dere la cittadinanza virtutis causa secondo criteri alquanto estensivi e discutibili. 42 G. LURASCHI, Sulle "leges de civitate', cit., p. 336; cfr., per il provvedimento straboniano, N. CRINITI, L'epigrafe diAsculum, cit., pp. 74,185 e 188. 43 Vd. E. PAIS, R decreto di Gn. Pompeio Strabone sulla cittadinanza romana dei cavalieri ispani, in ID., Dotte guerre puniche a Cesare Augusto. Indagini storiche-epigrafiche-giuridiche 1, Roma 1918, pp. 169-226, part. pp. 204-219; cfr. N. CRINITI, L'epigrafe di Asculum, cit., pp. 44-45; G. LURASCHI, Sulle 'leges de àvitate', cit., pp. 331-333 e p. 337, n. 67, per altre ipotesi sulla datazione della lex Mia del decretum Strabonis, p. 338, n. 69, per altri casi di concessioni di cittadinanza illegali. 44 Al contrario, G. LURASCHI, Sulle 'leges de civitate', cit., p. 330 (cfr. ID., La

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parole, tramite le autorizzazioni conferite dalla lex Gellia Corne­ lia, dalla lex Munatia Aemilia e da altri provvedimenti analoghi promulgati negli anni delle guerre civili, i comandanti militari delegati poterono ricompensare singiUatim diversi personaggi provenienti dalle comunità non-romane e anche soldati romani congedati (come attesta l'editto de prìvilsgiis veteranorum), a pre­ scindere dallo status della comunità di origine.45 Un elemento caratteristico di questi provvedimenti, che, mi sembra, rimase costante, fu il fatto che nella legge venivano indi­ cati sempre i nomi (o il singolo nome) delle autorità formalmen­ te incaricate della donatio: la lex Munatia Aemilia fu sicuramente rogata per attribuire a due triumviri (Marco Antonio e Ottavia­ no), e unicamente a loro, la facoltà di civitatem dare ex lege; allo stesso modo, dalla testimonianza di Cicerone si evince che la lex Gellia Cornelia conferì la potestas civitatem donandi al solo Pom­ peo.46 L'elemento discriminante tra queste leggi fu costituito, quindi, daU'inserimento del nome del delegato alla concessione in un'apposita clausola della disposizione, la quale doveva forse determinare anche il limite temporale di validità dell'autorizza­ zione. Quello che non conosciamo, invece, è se l'evento bellico che aveva determinato il motivo della concessione, vale a dire l'atto di valore compiuto dai destinatari, fosse indicato in maniera pre­ cisa oppure in maniera generica, in modo da permettere l'utilizzo della legge a favore di un maggior numero di destinatari e ricom­ pensare i partecipanti a più campagne militari. Riguardo alla lex Gellia Cornelia non si hanno indicazioni; per la lex Munatia Aemi­ lia, la data di promulgazione indica che era finalizzata a premiare i servizi resi da chi aveva ο avrebbe aiutato i triumviri nel corso della lotta contro gli uccisori di Cesare e i loro complici: nel provquestione deUa cittadinanza, cit., p. 77, n. 229), ritiene che «era necessario varare caso per caso una legge apposita con un contenuto specifico». 45 A. KRAWCZUK, Virtutis ergo, cit., pp. 10 sgg., ritiene che la civitas Romana venisse concessa tramite queste leges indipendentemente dall'origine etnica e sociale del destinatario. Oc, prò Balbo 14,32: lex... Gellia et Cornelia, quaedefinite potestatemPompeio civitatem donandi dederat; 14,33 : in rogatione ea quae de Pompeio a Gellio et a Lentulo cos. lata est; cfr. G. LURASCHI, Sulle 'kges de civitate', cit., p. 330.

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vedimento a favore di Seleuco di Rhosos era sicuramente pre­ sente l'indicazione geografica del luogo teatro delle operazioni militari alle quali partecipò Seleuco, ma sfortunatamente questo nome oggi non è più leggibile.47 La lex Munatia Aemilia rappresenta l'ultima legge nota di questo tipo per Γ età repubblicana, punto terminale di una lunga tradizio­ ne legislativa a favore in particolar modo di quei peregnni che si erano meritoriamente distinti in funzione dell'utilità reipubUcae. Nella disposizione che stiamo esaminando sono pertanto indivi­ duabili diverse clausole che possiamo definire di natura tralaticia,48 l'origine delle quali risale per lo meno alla seconda metà del π sec. a.C, quando la donatio àvitatis compare come premio ai non-cittadini vittoriosi in un'accusa de repetundis.49

47 Cfr. supra cap. i, § 4, commento alle 11.12.-13. Anche la motivazione princi­ pale dell'azione politica dell'editto triumvirale per le proscrizioni «veniva iden­ tificata nella necessità di vendicare l'uccisione di Cesare»: vd. E. GABBA, Miscel­ lanea triumvirale, in R triumvirato costituente, cit., pp. 127-134, part. p. 12,7. G. I. LUZZÀTTO, Epigrafia giuridica, cit., p. 293, ritiene che la legge attribuì ai triumviri «un potere generico di concedere la cittadinanza a veterani delle guerre civili». Inesatta l'affermazione di G. LURASCHI, La questione della cittadinanza, cit., p. 78, che la lex Munatia Aemilia servì a legittimare «le concessioni di OttavianoAugusto almeno sino al 7-6, quando appunto per legge e senatus consultum egli attribuì la civitas ai Cirenenses»: la legge accordò quasi sicuramente la potestas civitatem donandi anche ad Antonio e i documenti trovati a Cirene non rappre­ sentano in alcun modo provvedimenti di naturalizzazione. 48 È noto, infatti, che «les lois républicaines n'hésitaient pas à reprendre de manière tralatice des articles entiers de lois précédentes»: J.-L. FERRARY, Chapitres tralatXces et références à des lois antérieures dans ks lois romaines, in Mélanges à la mémoire de André Magdelain, études coordonnées et rassemblées par M. Humbert et Y. Thomas, Paris 1998, pp. 151-167, part. p. 158. 49 Cfr. O c , prò Balbo 23, 54: an accusatori maiores nostri maiora praemia quam bellatori esse voluerìnt? I casi a noi noti, anteriori in ordine di tempo, nei quali semplici peregnni vennero ricompensati indicano che la civitas fu conferita dal popolo romano nngilhtim e virtutis causa, ma purtroppo il testo dei relativi provvedimenti non ci è pervenuto; vd. le testimonianze raccolte da C. E. GOODFELLOW, Roman Citizenship, cit., p. 32: a Lucio Mamilio dittatore di Tuscolo nel 460 a.C: Liv. m, 29.6; al medico Archagathus, nativo del Peloponneso, nel 219 a.C: PLIN,, N.H, XXTX, 12; al siracusano Sosis, allo spagnolo Moericus e ai suoi uomini, per i servizi resi nella cattura di Agrigento nel 211 a.C : Liv. xxvi, 21.9-13 (cfr. A. GUEMES AMADO, Moerico, un mercenario nispano al servicio de Roma, in Homenaje a José Ma. Blózquez n, eds. J. Mangas, J. Alvar, Madrid 1994, pp. 249-256);

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La lex conservata nella tabula Bembina è infatti il primo prov­ vedimento legislativo, il cui testo si è conservato, che prevede la concessione della civitas Romana, insieme alla militiae vacatio, a singoli non-cittadini romani (11. 76-77); in alternativa all'offerta della cittadinanza è prevista la [provocano ... vocatioque] I eius mi­ litiae rnunerisque poplici iti su[a quoiusque cantate (11. 78-79) e quasi sicuramente un pnvilegiumfon: [— s]ei petetur, de ea re eius [optio est]o, utrum velit vel in sua ceivitatfe vel Romae - - -] (1. 86). Questa opzione per i non-cittadini romani che avessero deciso di non ac­ cettare la cittadinanza romana si ritrova, insieme alla concessione delle esenzioni, anche nélfragmentum Tarentinum: [ in sua ceivita]te omnium rerum I [immunitas — vocatio militiae mu]nerisve esto ... I [... — in] ioudicium, Romae certet, sa Romae velet (11. 3-5).50 La lex Mia nominata nel decretum di Pompeo Strabone concede agli equites Hispani la civitas e non Υ immunitas, almeno così appare dal testo del provvedimento. Pochi decenni dopo, per la precisio­ ne nel 78 a.C, i tre greci beneficiari del se. deAsclepiade ricevettero l'esenzione dalle prestazioni liturgiche e dai tributi nelle proprie città di appartenenza e Υ optio fori, dunque privilegi simili a quelli conferiti agli accusatori vittoriosi in un processo de repetundis. Ancora una volta, questi privilegi vennero assegnati non solo in ricompènsa dei meriti acquisiti a favore della causa romana, ma probabilmente anche a titolo di compensazione per, ο in alterna­ tiva a, la mancata concessione della civitas Romana. In più, il sena­ to romano conferì ai tre greci altri benefici, collegati in parte alla situazione particolare dell'area egea dopo le guerre mitridatiche, in parte al loro nuovo status di amici populi Romani.51 In definitiva, nell'ambito della sequenza di quei provvedimenti a favore dei peregrini benemeriti verso lo stato romano, l'atto di al cartaginese Muttines, per servizi resi nella cattura di Agrigento nel 210 a.C. : Liv. XXVII, 5.7. Secondo A. N. SHERWIN-WHITE, The Roman Citizenship, dt., p. 291 e n. 2, questi disertori cartaginesi ottennero la civitas sine suffragio. 50 Vd. il commento in RS, p. 215 e, sulle ricompense nelle quaestiones de re­ petundis, M. C. ALEXANDER, «Praemia» in the «Quaestiones» ofthe Late Republic, «ClPhil» 80 (1985), pp. 20-32. Non è qui il luogo per affrontare o, più semplice­ mente, perrichiamaretutte le problematiche testuali che queste linee dei due testi epigrafici citati sollevano; su questo rimando al relativo commento in RS. 1 Vd. A. RAGGI, Senatus consultum, cit., part. pp. 109-113.

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conferimento della cittadinanza a Seleuco di Rhosos acquista un rilievo maggiore quando si tenga conto delle importanti novità che presenta: l'unione della concessione della civitas a quella delYimmunitas e un elenco dettagliato e compiuto di elargizioni che riprende la serie di tutti i benefici previsti per ricompensare i non­ cittadini nelle disposizioni dei decenni precedenti. 3. LA DATAZIONE E IL CONTESTO STORICO

La datazione del doc. 1 viene posta in letteratura tra gli ultimi mesi del 36 a.C, anno nel quale Ottaviano ricevette la quarta ac­ clamazione imperatoria (αυτοκράτωρ το τέταρτον, 1. 2 = imperator quartum) in seguito alla vittoria su Sesto Pompeo, e la fine del 34 a.C, perché a partire dal i° gennaio dell'anno seguente (33 a.C.) il futuro Augusto rivestì il consolato per la seconda volta e pose così termine a quel periodo di tempo nel quale poteva indicare nella propria titolatura di essere ancora consul iterum et tertium designatus (tradotto con ύπατος το δεύτερον και το τρίτον αποδεδειγμένος nel nostro documento, 11.2-3).^Alcune emissioni monetali datate agli anni 37-35 a.C. e un documento epigrafico proveniente da Afrodisiade confermano che in quegli anni questa era la titolatura propria di Ottaviano.53

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Vd. P. ROUSSEL, Un Syrien, cit., pp. 64-66, e infra in APPENDICE Π le osserva­ zioni dello studioso francese all'inizio della LETTERA 2; F. MILLAR, Triumvirale and Pnncipate, cit., p. 57. Sesto Pompeo fu sconfitto a Nauloco il 3 settembre del 36 a.C. : per Yovaiio che seguì vd. all'anno 36 Fasti Tnumph. Capii, in Inscr. It. xm I, p. 87, e Fasti Tnumph. Barbenniani, Inscr. It. xm 1, p. 343. Le coppie consolari dal 34 al 31 a.C. furono stabilite ili anticipo dai triumviri nell'incontro di Miseno (agosto del 39 a.C): APP., b.c. v, 313; cfr. CASS. DIO XLVin, 35.1, con le precisazioni di J. REYNOLDS, Aphrodisias, cit., pp. 69-71. Per l'assunzione del secondo conso­ lato da parte di Ottaviano vd. CASS. DIO XLIX, 43.6. 53 Per le monete nelle quali compare la legenda cos. iter, et tert. desig. vd. RRC 537.1-2, 538.1-2, 540.1-2 (W. TRILLMICH, Miinzpropaganda, in Kaiser Augustus una die verlorene Republik. Fine AussteEung im Martin-Gropius-Bau, Mainz 1988, pp. 474-528, part. pp. 501-503, nrr. 308-310, data queste emissioni «zwischen 37 und 34 v. Chr.»); per l'iscrizione da Afrodisiade vd. J. REYNOLDS, Aphrodisias, cit., 6, II. 3-4: [ύπατος άποδεδει]/γμένος το β' και [το γ']. Erroneamente N. Festa in FIRA Λ Ρ· 309, traduce questa espressione con consul iterum designatus tertium; vd. RDGE, p. 299, n. 1. La stessa imprecisione èriscontrabilein alcune traduzioni in lingua moderna: cfr. P. F. GIRARD, F. SENN, Les his> cit., p. 355 (trad. di J. Modr-

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95 Una precisazione maggiore può essere fornita dalla datazione locale posta subito all'inizio del documento (1.1), che ci dovrebbe fornire l'indicazione di quando l'atto fu registrato negli archivi della città di FJiosos e, quindi, di quando l'epistola fii ricevuta dai suoi destinatari. Il nome del mese utilizzato è macedone (o Απελλαιος corrisponde a novembre-dicembre), ma, ad un pri­ mo esame, non è purtroppo agevole identificare con sicurezza, a causa di una scalfittura nella pietra, la cifra riferita all'anno che riscrizione ci restituisce. Nelle altre due lettere (doc. in, 1. 73, e doc. iv, 1. 85) non resta che il giorno dei due mesi nominati: il 15 di Δύστρος (mese corrispondente a febbraio-marzo) e il 9 di Άπελλαϊος.54 Un'attenta analisi dei calchi dell'iscrizione ha tut­ tavia confermato che la lettura che fu rilevata da Seyrig, ma non edita dal primo editore, vale a dire il numerale H, corrispondente ad otto, risulta essere con molta probabilità corretta; l'altra possi­ bile lettura IP (= 110!) era già stata a suo tempo scartata da Roussel e da Seyrig sulla base di valide motivazioni.55 Si pone quindi il problema di stabilire a quale anno risale l'ini­ zio dell'era locale di Rhosos. La risposta è stata fornita dagli studi numismatici dello stesso Seyrig: esaminando le emissioni di Rho­ sos, l'illustre studioso francese giunse alla conclusione che alcune zejewski); K. CHISHOLM, J. FERGUSON (edd.), Rome, cit., p. 136 (trad. dij. Carter); B. LEVICK, The Government, cit., p. 169: «twice consul, designated consul for the third time». L'espressione assume questo significato soltanto se viene soppressa la particella copulativa και; cfr. la titolatura di Ottaviano nella seconda lettera del dossier (doc. m, 11. 73-74): ύπατος / [το τρί]τον, αποδεδειγμένος το τέταρτον. 54 Sui calendari utilizzati in Siria vd. la nota di J.-P. REY-COQUAIS, Calendriers de la Syne gréco-romaine d'après des mscriptions inédites, in Akten des vi. Internai. Kongr.fìir Griech. una Lat. Epigraphik, Mùnchen 1973, pp. 564-566, part. pp. 564565; sul calendario macedone-seleucidico in generale A. E. SAMUEL, Greek and Roman Chronology. Calendars and Years in Classica! Antiquity, Mùnchen 1972, pp. 139-145. 55

Vd. P. ROUSSEL, Un Synen, cit., p. 64 e n. 2: «M. Seyrig remarque toutefois avec raison qu'à la ligne 73, on a écrit IE, et qu'ici, par analogie, on devrait trouver PI plutót que IP»; sono le medesime osservazioni che troviamo a metà della LETTERA 3 infra in APPENDICE Π. Non mi sembra che sia possibile leggere neppure un più corretto m oppure una E, come suggeriva Wilhelm apud E. SCHÒNBAUER, Die Insckrìfi, cit., pp. 198-199, seguito da F. DE VISSCHER, Le statut, cit., p. jyy e H. MALCOVATI, Imperatore Caesaris Augusti, cit., p. 33 (i quali, pertan­ to, datavano il doc. 1 al 34 a.C. basandosi sulle conclusioni di G. MACDONALD, A New Syrian Era, cit.).

ANDREA RAGGI 96 monete in bronzo recanti un ritratto di Commodo imberbe e da­ tate 219 (0IC) furono emesse verosimilmente per commemorare il matrimonio del giovane Cesare con Bruttia Crispina (da iden­ tificarsi con la figura di donna rappresentata sul rovescio?) cele­ brato nella primavera ο estate del 178 d.C. Altre monete emesse dalla città, catalogate recentemente da Levante,5* riportano una datazione che si basa sulla medesima era e, solamente a partire dall'inizio di questa, aggiungono il termine ΑΥΤΟΝΟΜΟΥ alla legenda: l'era di Rhosos è chiaramente un'era della libertà della polis ed ebbe inizio nel 42/41 a.C, anno 1 nel quale con molta pro­ babilità Marco Antonio concesse l'autonomia alla città; quest'era locale fu utilizzata almeno fino alla prima metà del terzo secolo d.C. (principato di Caracalla).57 All'incirca nello stesso periodo, anche le poltis di Apamea sull'Oronte (anno 1 = 41/40 a.C.) e di Balanea (anno 1 = 37/36 a.C.) iniziarono a datare le proprie conia­ zioni seguendo un'era antoniana.58 56 E. LEVANTE, The Coinage, cit., pp. 240-243, part. nrr. 78-80 del catalogo per gli esemplari delle monete con il ritratto di Commodo e la rappresentazione di unafigurafemminile. Da notare la corrispondenza testuale tra l'espressione usata nelle lettere indirizzate da Ottaviano alla città di Rhosos e la leggenda sui rovesci delle monete emesse dalla stessa città: Τωσέων της Ιεράς και άσυλου και αυτονόμου (doc. ι: 11.3*4ί doc. m: l. 74; doc. rv: 1.-86); si tratta pertanto della titolatura ufficiale. 57 H. SEYRIG, Sur les ères de quelques villes de Syrie, in ID., Antiquités Synennes rv, Paris 1953, pp. 72-117, part. pp. 98-101, invalidando una volta per tutte la da­ tazione proposta da G. MACDONALD, A New Syrian Era, cit. (seguita anche da P. ROUSSEL, Un Syrien, cit., pp. 63-64), il quale riteneva che l'era della libertà di Rhosos iniziasse con il 39 a.C., anno nel quale P. Ventidio, legato di M. Anto­ nio, sconfisse Labieno e liberò dai Parti la Cilicia e la Siria; cfr. H. R. BALDUS, Syria, in The Coinage ofthe Roman World in the Late Republic, ed. by A. M. Burnett and M. H. Crawford, Oxford 1987, pp. 121-151, part. pp. 137-138, e RPC I, p. 598. Perplessità su questa identificazione della figura fernminile con Crispina sono mostrate da K. BUTCHER, Coinage in Roman Syria, cit., pp. 218 e 426 (la moneta è la nr. 25 del catalogo a p. 430). Sappiamo da APP., b.c. v, 29-31 (cfr. CASS. DIO XLvm, 24.1-3), che Marco Antonio, dopo la vittoria di Filippi, si recò a visitare le province orientali, tra le quali la Cilicia e la Siria, e concesse diversi privilegi a numerose città: per esempio, rese libere ed immuni Tarso e Laodicea. 58

Vd. H. SEYRIG, Sur les ères, cit., pp. 86 e 89; J.-P. REY-COQUAIS, Syneromaine,

de Pompée à Dioclétien, «JRS» 68 (1978), pp. 44-73, part. p. 47; H. R. BALDUS, Syria, cit., pp. 125 e 131-133; RPC 1, pp. 631 e 639-640. Un altro caso di adozione di era antoniana lo troviamo a Tessalonica: vd. F. PAPAZOGLOU, Quelques aspects de Vhistoire de la province de Macédoine, in ANRW VILI (1979), pp. 302-369, part. p. 328

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97 Un facile calcolo permette di identificare l'anno 8 della data locale del doc. ι con il 35/34 a.C. Risulta quindi che la lettera fu archiviata dai funzionari di Rhosos nel mese di dicembre del 35 a.C, mentre venne redatta alcuni mesi prima, a parere di Seyrig nell'autunno dello stesso anno.59 È tuttavia possibile precisarne meglio l'occasione e i tempi della stesura rivolgendo la nostra attenzione all'atto che segue immediatamente sulla pietra. Abbiamo visto che il doc. 11, allegato alla prima lettera di Otta­ viano, viene definito dallo stesso mittente un atto estratto da una στήλη posta in Campidoglio (1.5). Come terminus-postquem in base al quale datarlo ci si riferisce all'anno nel quale fu promulgata la lex Munatia Aemilia (42 a.C), come terminus ante quem si pongono gli ultimi mesi del 35 a.C, quando il doc. 1 fu registrato a Rho­ sos. Purtroppo la titolatura in questo caso ci viene poco in aiuto: l'espressione αυτοκράτωρ τριών ανδρών έπί της καταστάσεως των δημοσίων πραγμάτων (11. 9-10) non sólo non permette di in­ dividuare chi fosse il triumviro in questione, ma non presenta collegata ad essa alcuno di quegli elementi (assunzioni del conso­ lato ο acclamazioni imperatorie) utili a determinare con maggior precisione la datazione dell'atto. È sembrato comunque logico integrare nella lacuna all'inizio dell'atto di concessione (1. 9) il nomen di Ottaviano, visto che, come risulta dalla prima lettera del dossier (doc. 1), è lo stesso figlio adottivo di G. Cesare che si prese cura di far recapitare il doc. n alla città di Rhosos.60 e n. 114. Sulle ere locali vd. in generale J.-P. CALLU, Eres et monnayages à Yorée de l'Empire romain, «Ktèma» 18 (1993), pp· 113-129 (dove, tuttavia, non si prendono in considerazione le ere della libertà). 59

H. SEYRIG, Sur les ères, at., p. 101. G. MANGANARO, A proponto, cit., p. 290,

n. 6, ritiene erroneamente che la cifra inscritta sulla pietra a l i sia IT (cifra 'auspicata1 da ROUSSEL, Un Syrien, cit., p. 64, n. 4), corrispondente all'anno 13 di un'era cesariana (con inizio alla fine del 49 a.C), che porta a datare la lettera al novembre-dicembre del 36 a.C. A mio parere è da respingere anche l'ipotesi di H. R. BALDUS, Syria, cit., p. 151, n. 30, di una «sostituzione» a Rhosos dell'era antoniana con una cesariana per pochi anni immediatamente dopo la vittoria di Ottaviano. Giustamente U. LAFFI, ree. a W. Leschhorn, Antike Aren, Stutt­ gart 1993, «RSA» 26 (1996), pp. 267-276, part. p. 274, osserva che fu sempre per iniziativa delle comunità provinciali, e non dei Romani, che queste ere vennero introdotte. 00 P. ROUSSEL, Un Syrìen, cit., p. 67. Per l'integrazione Καίσαρ vd. anche supra, cap. 1, § 4 ad Zoe. Non è certo quando Ottaviano decise di adottare ufficialmente,

ANDREA RAGGI 98 L'esame della fraseologia del doc. π ha posto in luce un'altra anomalia, costituita dal fatto che, pur emanando Tatto da una sola autorità (la lacuna a 1. 9 permette di integrare un unico nome), tutte le espressioni verbali e nominali presenti nel testo riferite ad essa sono poste al plurale, a cominciare dalle prime linee (έδωκαν a 1. 11).6l Nelle tre lettere dei dossier di Seleuco di Rhosos, Ottaviano si rivolge ai destinatari utilizzando sempre la prima persona del singolare: di conseguenza le espressioni al plurale presenti nel doc. π non vanno intese come forme di pluralis maiestatis. Anche la frase culminante nel verbo impersonale κεκόσμηται a 1. 90 indica che Ottaviano non conferì da solo questi privilegi a Seleuco, altrimenti avrebbe enfatizzato il suo persona­ le interessamento.62 Ciò porta alla conclusione che anche Marco al posto di Iulius, il nomen di Caesar, che inizialmente, a seguito dell'adozione, fungeva da suo cognomen. Ma, a livello informale, lo 'scambio' dovette avvenire molto presto: come osserva R. SYME, Imperator Caesar: a Study in Nomenclature, «Historia» 7 (1958), pp. 172-188, part. pp. 172-176, tra gli aristocratici romani della tarda repubblica la tendenza era quella di preferire nell'onomastica l'uso del cognomen come gentilizio; così, subito dopo l'assassinio di Giulio Cesare, O c , ad Att. xiv, 12.2 (22 aprile del 44 a.C.) attesta che già gli amici chiamavano Ot­ taviano Caesar, probabilmente dietro suo espresso desiderio: cfr. C. RUBINCAM, The Nomenclature of Julius Caesar and the Later Augustus in the Tnumviral Period, «Historia» 41 (1992), pp. 88-103, part. pp. 89-90. Ad ogni modo, tutti i documen­ ti ufficiali successivi all'istituzione del triumvirato (27 novembre del 43 a.C.) presentano Caesar come nomen di Ottaviano: per quanto io sappia, l'unica ecce­ zione fino ad oggi nota che testimonia l'uso del gentilizio Iulius è costituita da un'iscrizione onoraria proveniente da Satinila nel Sannio (CIL IX, 2142 = 1LS76 = ILLRP 416); cfr. A. DEGRASSI, I nomi dell "imperatore Augusto, cit., pp. 356 e 371; C. J. SIMPSON, Imp. Caesar Divi Filius. His second imperatorial acclamation and the evolution of an aUegedly 'exorbitant' nome, «Athenaeum» 86 (1998), pp. 419-437, part. pp. 421 e 426. Sui cambiamenti nell'onomastica di Ottaviano/Augusto vd. in generale A. MAGIONCALDA, Lo sviluppo della titolatura imperiale da Augu­ sto a Giustiniano attraverso le testimonianze epigrafiche, Torino 1991, pp. 3-18; cfr. D. KIENAST, Romische Kaisertabelle. Grundzùge einer ròmischen Kaùerchronologie2, Darmstadt 1996, part. pp. 61-62 e 65-66. 61 Le altre sono: συνεστρατεύσατο ήμεΐν (Ι. 12), όντων αυτοκρατόρων ημών ... περί ημών έκακοπά/^σεν ] (11. 13-14), παροΰσιν και άποϋσιν / [ήμεΐν ] (11.17ι8), [ δίδ]ομεν (1. 2ΐ). Vd. Ρ. ROUSSEL, Un Syrien, cit., pp. 69-70, e, da ultimo, H. WOLFF, Die Entwicklung der Veteranenpnvuegien, cit., p. 74 e n. 91. 62 Verosimilmente tramite la forma verbale έκόσμησα, come ritiene H. WOLFF, Die Entwicklung der Veteranenpnvilegien, cit., p. 69, n. 76. Cfr. le osserva­ zioni di J. REYNOLDS, Aphrodisias, cit., pp. 23 e 45, a proposito di altre iscrizioni di

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99 Antonio partecipò alla promulgazione del provvedimento, ma successivamente il suo nome venne omesso dall'intestazione; pertanto in origine all'inizio dell'atto era forse possibile leggere un'espressione del genere: Μάρκος Αντώνιος αυτοκράτωρ και Γάϊος Καίσαρ αυτοκράτωρ, τριών ανδρών επί της καταστάσεως των δημοσίων πραγμάτων.63 Ci si è interrogati sulla scomparsa del nome di Marco Antonio e si è risposto adducendo come motivo una damnatio memoriae. Tutto il dossier, in effetti, fu inciso su pietra dalla stessa mano e fu esposto solo dopo il ricevimento a Rhosos dell'ultimo documen­ to del dossier, vale a dire la terza lettera; purtroppo non siamo in grado di precisare quanto tempo dopo. Nel doc. rv la titolatura recita che Ottaviano in quell'anno rivesti il consolato per la quar­ ta volta ed aveva già ricevuto per sei volte il titolo di imperator (11. 85-86): αυτοκράτωρ το έκτον, ύπατος το τέταρ[τον ]. Ci troviamo nel 30 a.C, più precisamente in un periodo dell'anno compreso tra il mese di gennaio e quello di agosto, poiché il futuro Augusto ricevette la settima acclamazione imperatoria proprio in questo mese estivo, a seguito della conquista di Alessandria d'Egitto.64 Prima di recarsi in Egitto, Ottaviano passò proprio dalla Siria, se­ condo quanto è possibile dedurre da alcuni riferimenti in Flavio età triumvirale: «[Ή]μάς ought to mean ... the triumvirs, rather than Octavian himself». 63 Cfr. P. ROUSSEL, Un Synen, cit., p. 70: «le lapicide négligent a laissé cette forme έδωκαν, qui ... nous avertit de la retouche apportée à l'intitulé de l'acte». 64 Per le acclamazioni imperatorie seguo qui la datazione proposta da L. SCHUMACHER, Die imperatorischen Akklamationen der Tnumvirn una die Auspicio, des Augustus, «Historia» 34 (1985), pp. 191-222, part. pp. 209-211; cantra V. LICA, Die siebente Akklamation Octavians, «Tyche» 12 (1997), pp. 159-168, che data la set­ tima salutazione imperatoria all'agosto del 29 a.C. seguendo le vecchie conclu­ sioni del Mommsen. Se le argomentazioni di V. Lica si dimostrassero fondate, il doc. rv potrebbe essere stato redatto in un qualsiasi mese del 30 a.C, persino quando Ottaviano, alla fine dell'anno, passò di nuovo dalla Siria sulla via del ritorno (CASS. DIO LI, 18.1). Ottaviano ottenne la sesta acclamazione imperato­ ria grazie al successo riportato ad Azio (2 settembre del 31 a.C. : cfr. cu, x, 3826 = IL $ 79; OROS. VI, 19.14; CASS. DIO LI, 1.1); per il trionfo e gli onori decretati ad Ottaviano dopo la vittoria in Egitto vd. CASS. DIO LI, 19.5-6. Il trionfo per Azio e quello per l'Egitto furono celebrati a distanza di un solo giorno secondo CASS. DIO LI, 21.7.

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Giuseppe, e verosimilmente, incontrando di nuovo Seleuco di Rhosos, prese la risoluzione di redigere la lettera di raccomanda­ zione per il suo fedele navarchus, che era stato forse oggetto di alcuni atteggiamenti ostili in patria. Sappiamo che un senatus consultimi decretò ufficialmente la damnatio memoriae di Marco Antonio pochi mesi dopo Azio.66 Ne sono evidente testimonianza alcuni documenti epigrafici: a Sardi il suo nome fu. eraso dall'epistola che accompagnava il provvedi­ mento di Cesare conferente il privilegio dell'inviolabilità; i fram­ menti della lex Fonteia attestano un medesimo comportamento; anche in alcune iscrizioni provenienti da Tessalonica il nome di Marco Antonio fu cancellato.67 La supposizione di Guarducci e Manganaro che nell'intesta­ zione originaria del provvedimento di concessione figurassero i nomi di tutti e tre i triumviri è stata giustamente respinta prima da De Visscher e poi da WolfF, perché al momento dell'invio dei documenti ι e π Lepido era già stato esautorato della carica di triumviro; inoltre, a differenza di Antonio, non si esercitò alcuna damnatio memoriae nei confronti del suo nome.68 65 Ios., Ant. xv, 198 e B. I. 1, 394; vd. F. MILLAR, The First Revolution, cit., pp. 23-27. 66 Vd. [P.] GROEBE, Antonius 30, in RE 1.2 (1894), coli. 2595-2614, part. col. 2611 (nel settembre ο ottobre del 30 a.C.) ; F. VITTINGHOFF, Der Staatsfeind in der romischen Kaiserzeit. Untersuchungen zur «damnatio memonae», Berlin 1936, pp. 21-29;

CASS. DIO LI, 19.3; PLUT., OC. 49, 6; cfr. PLUT., Ant. 86, 9. 67 Vd. P. HERRMANN, Rom und die Asylie gàechischer Heiligtiimer: eine Urkunde des Dictators Caesaraus Sardeis, «Chiron» 19 (1989), pp. 127-164, part. p. 138 (cfr. SEG 39 [1989], 1290 e AnnEpigr 1989, 684,1. 11); lex Fonteia (a) + (b), (i), 11.1-2 e 1. 8, vd. RS, pp. 498 e 504; F. PAPAZOGLOU, Quelques aspects, cit., p. 328, n. 114: IG χ 2.1, 83 (37-36 a.C?) e 109 (39-38 a.C.?); cfr. J.-L. FERRARY, M. S. VERGER, Contnbution à l'histoire du sanctuaire de Claros à lafinduif etauf nècle av. j.-c: l'apport des inscriptions en Vhonneur des Romains et desfouiUes de 1994-1997, «CRAI» 1999, pp· 811-850, part. pp. 838-840, per un'altra possibile testimonianza. Alcuni documenti posteriori, tuttavia, mostrano unariabilitazionedi Antonio: cfr. da ultimo le osservazioni di C. Ρ. JONES, Memories ofthe Roman Republic in the Greek East, in The Greek East in the Roman Context, ed. by O. Salomies, Helsinki 2001, pp. 11-18, part. p. 17. 68 M. GUARDUCCI, Intorno aUa iscrizione, cit., p. 56, e G. MANGANARO, A pro­ ponto, cit., p. 290; contra F. DE VISSCHER, Le statuì, cit., p. 79, e H. WOLFF, Die Entwicklung der Veteranenpnvilegien, cit., p. 70, n. 76 infine, e p. 74 con n. 92. La presenza di L. Munatius Plancus, tenace sostenitore di Marco Antonio, quale

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Al suo arrivo a Rhosos, il doc. iv fii registrato negli archivi della città il 9 di Άπελλαΐος, vale a dire alla fine di novembre ο all'inizio di dicembre del 30 a.C. Il nome di Marco Antonio, che «avait di­ spari: dans rinfamie», venne eliminato dal doc. 11 nel momento in cui Seleuco ο uno dei suoi familiari ο discendenti diede l'incarico di far incidere ratto ii dossier sui blocco di pietra a noi pervenu­ to;69 il nome del collega di Ottaviano fu sicuramente cancellato a Rhosos, altrimenti le espressioni al plurale sarebbero state corret­ te prima che la cancelleria romana preparasse la traduzione greca dell'atto da inviare.70 Ritornando alla questione della datazione del doc. 11, è necessa­ rio a questo punto stabilire quando vennero conferiti a Seleuco di Rhosos i privilegi in esso contenuti. Con tutta evidenza, la lex Muriatici Aemilia fu rogata dai consoli alla fine del 42 a.C. dopo la vittoria di Filippi (23 ottobre) per ricompensare quanti si erano adoperati per combattere i Cesaricidi a fianco di Marco Antonio ed Ottaviano, ma venne sicuramente utilizzata anche in seguito per incentivare alla lotta contro i nemici dei triumviri, come mo­ stra Yedictum de pnvilegiis veteranorum (che si è supposto avesse anch'esso a fondamento la lex Muriatici Aemilia).71 primo rogator della lexMunatia Aemilia è un indice, secondo J.-L. FERRARY, «Princeps legis» et «adscriptores»: la collégialité des magistrati romains dansL·procedure de proposition des lois, «RPh» 70 (1996), pp. 217-246, part. pp. 232-233, della debolezza politica di Lepido all'indomani di Filippi (cfr. R. D. WEIGEL, Lepidus. The Tarnished Tnumvir, London-New York 1992, p. 79; menzione della lex Munatia Ae­ milia ibid., p. 78). Significativa, a questo proposito, è anche la totale assenza del nome di Lepido dai documenti triumvirali trovati ad Afrodisiade (che si datano agli anni 39-38 a.C): vd. J. REYNOLDS, Aphrodisias, cit., p. 40, cfr. p. 49. 69 Giustamente W. ECK, Documenti amministrativi: pubblicazione e mezzo di autorappresentazione, in Epigrafia romana in area adriatica, ix* Rencontrefranco-italienne sur l'épigraphie du monde romain, Macerata 1998, pp. 343-366, part. pp. 350 e 357, haribaditoche il dossier non fu pubblicato a cura della polis di Rhosos, ma fu fatto esporre dallo stesso Seleuco ο da uno dei suoi discendenti. 70 Vd. P. ROUSSEL, Un Syrìen, cit., pp. 69-70, al quale appartiene lafrasecitata, e H. WOLFF, Die Entwicklung der Veteranenpnvilegien, cit., p. 74. Non mi sembra pertanto corretto il suggerimento di F. DE VISSCHER, Le statut, cit., p. 79, che il nome di Marco Antonio fosse già stato cancellato dall'atto di concessione esposto in Campidoglio. /l Vd. supra §§ 1 e 2. M. GUARDUCCI, Intorno alia iscrizione, cit., pp. 56-57, affer­ ma che la lex Munatia Aemilia fu votata prima che Antonio ed Ottaviano par-

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L'indicazione da me ritenuta più probabile del teatro delle operazioni militari, prendendo parte alle quali i beneficiari del provvedimento si meritarono le ricompense, e l'appellativo di Seleuco come navarchus di Ottaviano restringono probabilmente la datazione della promulgazione dell'atto agli anni 40-36 a.C, quando la flotta dei triumviri, grazie all'innesto di esperti coman­ danti di origine greco-orientale, fu. in grado di sostenere e infine di debellare completamente l'attacco sferrato dai seguaci di Gn. Pompeo e dal figlio di questo.72 Ma lo stretto collegamento con il doc. 1 (che, in base alle considerazioni esposte sopra, si data tra gli ultimi mesi del 36 a.C. e l'autunno del 35 a.C.) prova che il doc. π del dossier fu promulgato non molto tempo dopo la fine delle ostilità con Sesto Pompeo. Per quei frangenti le fonti tramandano che, vittoriosi in Sicilia, i soldati di Ottaviano furono ampiamente ricompensati dal loro comandante, dopo che alcuni contrasti erano sorti sulla tipologia dei premi da assegnare. Quale migliore occasione per utilizzare a favore dei comandanti orientali delle navi triumvirali, tra le quali si trovavano quelle inviate da Marco Antonio, la legge emanata alcuni anni prima che concedeva la cittadinanza romana ed altri privilegi a chi aveva meritevolmente aiutato i triumviri nella lotta contro i Cesaricidi?73 Ecco dunque che il nome di Seleuco venne inserito nella lista dei beneficiari del provvedimento emanato dopo la vittoria in Sicilia e successivamente esposto in Campidotissero per la spedizione contro i Cesaricidi, quindi prima dell'estate, perché nessuno dei due triumviri era presente a Roma dopo la battaglia di Filippi. Tut­ tavia: 1) la legge non necessitava certo della presenza di tutti e tre i triumviri per essere rogata (bastava il solo Lepido, che tra l'altro era anche console); 2) come ha fatto notare F. DE VISSCHER, Le statuì, cit., p. 79, n. 72, la promulgazione della legge si comprende meglio se collocata dopo la vittoria dei due triumviri piuttosto che durante il periodo di incertezza precedente. 72

Vd. supra cap. 1, § 4, commento alle 11.12-13, e «i/ra cap. v, § 1. Sulle ricompense assegnate dopo la battaglia di Nauloco vd. APP., b.c. v, 528-537; CASS. DIO XLIX, 13-14; analisi dell'episodio in G. MUNDUBELTZ, Octavien et son armée au lendemain de la guerre de Siale (36-35 Av.J.C), «Athenaeum» 88 (2000), pp. 169-201. Ritornato a Roma (inverno del 36 a.C), Ottaviano fece sicuramente alcune concessioni di cittadinanza: infatti τους Ούτικησίους πολίτας έποιήσατο (CASS. DIO XLIX, 16.1). Per E. GABBA, Appiani, cit., p. 212, potrebberisalireproprio a queste circostanze la promulgazione dell'editto di Ottaviano depnvikgiis veteranorum; sulla datazione di questo documento cfr. tuttavia infra APPENDICE in. 73

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glio. In definitiva, a mio parere, il doc. 1, lettera di accompagna­ mento, e il doc. 11, estratto ufficiale dell'atto destinato alla regi­ strazione nell'archivio pubblico di Rhosos, furono rilasciati dalla cancelleria di Roma ed affidati congiuntamente a Seleuco dopo la battaglia di Nauloco, probabilmente nell'inverno del 36/35 a.C, quando Ottaviano ricompensò ufficialmente le sue truppe.74 Le vicende successive del navarco siriano, che lo portarono a consegnare i due atti ai funzionari dell'archivio di Rhosos soltan­ to nel dicembre del 35 a.C, ci sono ignote.75 Forse, sulla via del ritorno accompagnò Ottaviano nella spedizione in Illiria, oppure si unì alla flotta degli antoniani in Asia per sopprimere il fuggitivo Sesto Pompeo. Resta il fatto che Seleuco, tornato in patria dopo aver affrontato i numerosi pericoli inerenti a queste sanguinose guerre intestine, si concentrò sull'attività diplomatica (docc. in e iv) e lasciò probabilmente da parte il comando delle navi da guerra. Infatti, come non ritengo probabile che Seleuco avesse partecipato alle operazioni di guerra precedenti la battaglia di Fi­ lippi, non sono altresì del tutto convinto che si trovasse ad Azio:76 74 Anche M. A. LEVI, La grande iscrizione, cit., pp. 113-114, ipotizza «fine del 36 ο primi mesi del 35 a.C», ritenendo che «il premio ad uno ο più ufficiali di marina distintisi nella guerra» contro Sesto Pompeo non poteva «avere seguito di molto la fine della guerra stessa»; più avanti afferma che il doc. 1 e il doc. π probabilmente «sono pressapoco coevi» (p. 116), vale a dire del 35 a.C. Sono fa­ vorevoli ad una datazione al 36 a.C. del doc. π Mouterde in IGLS IH 1, pp. 402-403 (non senza forti dubbi); H. MALCOVATI, Imperatore Caesaris Augusti, cit., p. 33; S. MAZZARINO, L'Impero romano, cit., p. 171, n. 19. D. MAGIE, Roman Ride in Asia Minor to the End ofthe Third Century after Christ 11, Princeton 1950, p. 1114, esita tra il35 e il 34 a.C. ; F. DE VISSCHER, Le statut, cit., p. 78,ritienecome data probabile per la promulgazione del doc. π rinverno del 35/34 a.C. 75 A puro titolo di curiosità, faccio osservare come nello stesso 35 a.C. il pri­ mo rogator della lexMunatia Aemiìia, L. Munatius Plancus, si dovette recare in Siria ad esercitare la funzione di governatore in qualità di legato di Antonio (cfr. da ultimo M. SARTRE, Romains et ltaliens en Syne. Contnbution à Vhistoire de la première province romaine de Syne, in The Greek East in the Roman Context, ed. by O. Salomies, Helsinki 2001, pp. 127-140, part. p. 140). 76 Così, invece, P. ROUSSEL, Un Syrien, cit., p. 72 e n. 4; M. GUARDUCCI, Intorno aUa scrizione, cit., p. 59; M. ROSTOVTZEFF, The Social and Economie History ofthe Hellenistic World u, Oxford 1941, p. 1012 (cfr. p. 1581, n. 126 per la datazione alta del doc. 11) = Stona economica e sociale del mondo ellenistico ni, Firenze 1980, p.

92 (cfr. n. 207); G. I. LUZZATTO, Epigrafia giuridica, cit., p. 290; F. DE VISSCHER,

Le statut, cit., p. 78; G. MANGANARO, A proponto, cit., p. 293; H. WOLFF, DieEn-

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il provvedimento di conferimento dei privilegi quasi sicuramente accordò a Seleuco l'esenzione da ogni prestazione di tipo militare (1. 22) e ritengo improbabile che il principale destinatario dell'atto non abbia fatto valere questa disposizione dopo il rientro in pa­ tria. Sta di fatto che la presenza di questa clausola sembra essere stata dirneriticai"ci da tutti i rOrnmentatori dell'iscrizione nel Dresupporre la partecipazione di Seleuco alla battaglia di Azio. Numerosi autori, tra i quali il primo editore, si sono pronuncia­ ti in maniera differente sulla datazione del doc. π rispetto a quan­ to finora supposto, riferendo Fatto all'anno 41 a.C. e ritenendo che Seleuco avesse preso parte allo scontro con Bruto e Cassio e alla stessa battaglia di Filippi.77 In effetti, la titolatura di Ottaviano presente nel doc. π è sicuramente attribuibile, sulla base di un confronto attento con altre testimonianze, ad un arco di tempo compreso tra il 42 a.C. (datazione della lexMunatia Aemilia) e il 3938 a.C, anni a partire dai quali il triumviro iniziò ad usare nei do­ cumenti ufficiali al posto di Gaius upraenomen di Imperator, che qui invece è assente.78 Ancora recentemente il Wolff ha determinato twicklung der Veteranenpnvikgien, cit., p. 74, n. 93, e S. MAZZARINO, L'Impero ro­ mano, cit., p. 171, n. 19, perché Ottaviano nelle sue lettere parla di una presenza di Seleuco a tutte le guerre (11. 81-82 e 1. 88). 77 Vd. P. ROUSSEL, Un Synen, cit., pp. 67-72; H. NESSELHAUF, Von derfeldherrlichen Gewalt, cit., p. 314, n. 2 (ma inizialmente, in CIL XVI, Berolini 1936, p. 145, si era dichiarato favorevole al 36 a.C); M. GUARDUCCI, Intorno alla scrizione, cit., PP· 56-57; Arangio-Ruiz in PIRA I2, p. 308; G. MANGANARO, A proposito, cit., p. 292; A. DEGRASSI, I nomi dell'imperatore Augusto, cit., pp. 369-370; J. Modrzejewski in P. F. GIRARD, F. SENN, Les lois, cit., pp. 353-354. Anche F. MILLAR, Triumvirate

and Prinàpate, cit., p. 55, propende per la datazione alta, ma con riserve. Sherk in RDGE, p. 301, non si pronuncia: «good possibilities would seem to be either 41 B.C. ... or perhaps 36 B.C.»; COSÌ anche C. E. GOODFELLOW, Roman Citizenship,

cit., p. 44, n. 11. Le informazioni che abbiamo sulle operazioni navali del 42 a.C. sono scarse: vd. H. WOLFF, DieEntwicklungder Veteranenprivilegien, cit., p. 75, n. 94 e letteratura ivi citata. 78 L'omissione del prenome Imperator e Tanno della sua assunzione da parte del futuro Augusto sono stati pertanto considerati elementi determinanti per datare il doc. π del dossier. Questo anno è posto al 40 a.C. da TH. MOMMSEN, Romisches Staatsrecht n3, Leipzig 1887, p. 768, n. 1 = Le droit public romain v, Paris 1896, p. 27, n. 2; R. COMBÈS, Imperator. Recherches sur Vemploi et la signification du titre d'Imperator dans \a Rome républicaine, Paris 1966, pp. 132-135; A. DEGRASSI, ί nomi dell'imperatore Augusto, cit., pp. 364-371 (cfr. Inscr. It. xin 1, p. 5Ó8), e D. KIENAST, Ròmische Kaisertabelle, cit., p. 61; al 39 a.C. da L. SCHUMACHER, Die

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Tanno di emanazione del provvedimento all'interno del periodo ultimi mesi del 42 a.C. - autunno del 38 a.C; Tipotesi che ha pro­ spettato dopo una lunga disamina è che il doc. π fu redatto «nach Philippi oder, sofern es der Pràsenz beider Imperatoren bedurfte, vielleicht sogar erst nach Brundisium, also gegen Ende 40».79 Tutte oneste argomentazioni sono legittime, ma non credo possano portare a risultati definitivi nella determinazione dell'an­ no preciso nel quale fu promulgato Tatto a favore di Seleuco e degli altri peregrini ricompensati; possono soltanto confermare, a mio parere, che nel testo della lex Muriatici Aemilia era contempla­ to il 'canovaccio' da seguire per la redazione dei singoli provvedi­ menti di conferimento dei privilegi, oppure che il provvedimento emesso a favore di Seleuco e di altri peregrini dopo la vittoria a Nauloco riprendeva nella forma precedenti atti dei triumviri emanati in base alle disposizioni della stessa lex Munatia Aemilia. Molto probabilmente i triumviri, per ricompensare chi aveva combattuto contro i Cesaricidi, emisero immediatamente dopo la battaglia di Filippi alcuni atti simili al documento trovato a Rhosos, siglando Tintestazione dei provvedimenti con entrambi i loro nomi, apponendo nel testo i nominativi dei beneficiati ο dei nuovi cittadini romani nel punto prestabilito e modificando opportunamente il contenuto delle disposizioni della legge, nel caso i destinatari fossero soldati romani congedati oppure pere­ grini.*0 In tutti questi casi, Tintestazione dei provvedimenti eviimperatorischen Akklamationen, cit., pp. 203-205, e C. J. SIMPSON, Imp. CaesarDivi Filius, cit., pp. 424 e 435; al38 a.C. da R. SYME, Imperator Caesary cit., pp. 177-182. J. REYNOLDS, Aphrodisias, cit., pp. 75-76,102 e 105, propende per una data compresa tra lafinedel 39 a.C. e l'inizio del 38 a.C. Cfr. anche H. WOLFF, Die Entwicklung der Veteranenpnvikgien, cit., p. 70, n. 77, per altre indicazioni bibliografiche e A. MAGIONCALDA, LO sviluppo deUatitolatura,-αι.,pp. 4-6. 79 H. WOLFF, Die Entwicklung der Veteranenprivilegien, cit., pp. 69-76, part. p. 75- L'analisi del Wolff è a mio parere inficiata dal fatto di basarsi quasi esclu­ sivamente su uno studio del materiale numismatico, la cronologia del quale è spesso oggetto di controversie (cfr. il catalogo della monetazione augustea in W. TRILLMICH, Miinzpropaganda, cit., pp. 492-528), e di non essersi potuto avvalere dei risultati delle recenti ricerche sulla titolatura di Ottaviano di L. SCHUMACHER, Die imperatorischen Akklamationen, cit., e di C. J. SIMPSON, Imp.

Caesar Divi Filius, cit. Secondo H. WOLFF, Die Entwicklung der Veteranenpnvilegien, cit., p. 76, n. 96, la lex Munatia Aemilia prevedeva forse alcune condizioni formali per Tema-

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dentemente rispecchiava la titolatura propria ai due triumviri nel periodo immediatamente successivo alla vittoria a Filippi, vale a dire alla rogazione della lex Muriatici Aemilia. Argomentazioni basate unicamente sull'analisi della titolatura (specialmente su quella di Ottaviano, che subì molte variazioni intorno agii anni 40 del ί sec. a.C.) danno spesso origine a ine­ sattezze cronologiche; possiamo però far notare che nella termi­ nologia usata dai triumviri si notano alcune regolarità quando, come nel nostro caso, il documento ufficiale veniva emesso col­ legialmente. Da una ricerca compiuta esaminando il materiale epigrafico e numismatico disponibile,81 è risultato che i nomi di M. Antonio e Ottaviano, quando sono associati, non presentano ulteriori specificazioni, a parte l'indicazione della carica trium­ virale e della qualifica di imperator (αυτοκράτωρ), esattamente come nell'intestazione del nostro documento. Le testimonianze sono poche, ma tutte univoche: la prima linea di un editto trium­ virale nuovamente esposto nel π ο πι sec. d.C. ad Afrodisiade;82 le 11. 26-27 e 48-49 del se. de Aphrodisiensibus;83 le leggende di alcune emissioni monetali.84 In questi ultimi casi, la mancanza di una

nazione di un provvedimento di conferimento dei benefici, come la presenza di entrambi i triumviri ο persino di tutto il loro consiglio di guerra (consilium). Su quest'ipotesi non possiamo avere alcuna riprova; siricordi,ad ogni modo, che ad Ottaviano spettava la sistemazione dei soldati congedati, evidentemente non solo dopo la vittoria a Filippi, e che, anche se agiva da solo, questo incarico gli81era stato affidato a nome di tutti i triumviri. 82 Le raccolte controllate sono state IGRR, RPCt RRC e SEG. [Γάϊος Καίσαρ Σ]εβαστος αύτοκ[ρ]άτωρ, [Μάρκος Αντώνιος ? αυτοκράτωρ τριών ανδρών της τών δημ]οσίων πραγμάτων ν. διατάξεως (J. REYNOLDS, Aphroàisias, cit., 7). L'atto si data tra l'autunno del 40 a.C. e l'ottobre del 39 a.C: vd. J. REYNOLDS, Aphrodisias, cit., p. 49. La stessa Reynolds osserva che Σεβαστός «must have been inserted at Aphrodisias at some time in or after 27 B.C.» e che la linea^ con le integrazioni proposte, contiene un numero un po' troppo alto di lettere, 83 per cui «Antony's title was perhaps omitted» (p. 50). Μάρκος Αντώνιος και Γάϊος Καΐ[σαρ ?αύτοκράτορες Ivac. τριών ανδρών / της Ivac. τώ]ν δημοσίων πραγμάτων διατάξεως e [ Γάϊ]ος Καίσαρ ή Μάρκος Αντώνιος, τρι/ών ανδρών της τών δημοσίων πραγμάτων διατάξεως (quasi sicura­ mente 84 databile al39 a.C: vd. J. REYNOLDS, Aphroàisias, cit., pp. 63-64). Μ ANTONIUS niviR R p e - e CAESAR IIIVIR R p e (RRC 492.I; datazione: 43 a.C, ma cfr. W. TRILLMICH, Miinzpropaganda, cit., nr. 294: «nach 27. November 43» vor November 42 v. Chr.»); e CAESAR IMP IIIVIR R Ρ C PONT AVG - Μ ANTONIUS IMP

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titolatura completa è quasi sicuramente determinata dallo spazio limitato disponibile sulle monete,35 ma in generale è chiaro che, nella circostanza di un'intestazione in comune di un provvedi­ mento ufficiale, i triumviri si premunivano vicendevolmente di non 'sovrastare' il collega e livellavano, per così dire, i loro rispet­ tivi titoli ad una fòrmula identica per entrambi. In definitiva, mi sembra che queste argomentazioni permet­ tano di comprendere i motivi del perché si possa far risalire il provvedimento agli istanti successivi alla battaglia di Nauloco86 e sgomberino quindi il campo da altre possibili obiezioni (per esempio la supposta nomenclatura incompleta di Ottaviano nel doc. 11)87 a favore di una datazione alta, proprio se, come abbiamo visto, si tiene in considerazione la derivazione dell'atto dal testo della lex Muriatici Aemilia. Ci rimane infine da esaminare il doc. in: Ottaviano, console per la terza volta e designato per un quarto consolato, compare an-

IIIIVIR IVIR RR PΡ cC(RRC AVG517.(RRC1-2493-i :-8:4341a.C); ΜCAESAR ANT IMIMP P AVG- ANTONIUS I IVIR R ΡIMPC -(RRCCAESAR IMP PONT e . 7 a.C); 529. 1 -2: eΡCAESAR IMP (RRC 529.4a [4b non presenta IMP]: 39 a.C); Μ 39ANTON a.C);IMΜP ANTON I I V I R R C CAESAR IMPΣΑΡ) I IVIRΑΥΤ(R ΟΡΚΡΑΤΩΡ) C (RRC 528. ΑΝΤ(85 ΩΝΙΟΣ) ΑΥΤ(ΟΚΡΑΤΩΡ) Γ(ΑΙΟΣ) ΚΑΙ( (RPC1-2:1551:39 a.C); 37 a.CΜ(?).ΑΡΚΟΣ) Va comunque osservato che nelle monete,nella quando è nominato unocfr.,soload deiesempio, triumviri, si può anche trovare l a titolatura sua completezza: Μ ANTONIUS IMP cos DESIG ITER ET TER - mviR RPC (SYDENHAM, CRR 1197 = W. TRILLMICH, Munzpropaganàa, cit., nr. 311: «zweite Halite 39 v. Chr.») oppure IMP CAESAR DIVI F IHVIR ITER RPC- cos ITER ET TER DESIG (RRC 540.2: 36 ., ma cfr. W. TRILLMICH, Munzpropaganàa, cit., nr. 308: «zwischen 37 und 34 v.a.C8Chr. 6 »). M.delGUARDUCCI, Intornodi conferimento atta iscrizione, aicit.funzionari , p. 59, giustidell'archivio fica la tardipubblico va spedi­ zione provvedimento didoRhosos (secondo la sua ipotesi almeno 5-6 anni dopo remissione!) supponen­ 87che Seleuco lo avesse richiesto solamente dopo la vittoria di Nauloco. Per alcuni commentatori, se Tatto fosse distatoOttaviano, emesso dopo Nauloco avreb­ bedeldovuto includere l a titolatura completa con il rinnovamento triumvirato e la seconda salutazione imperatoria: vd. adcomees. imperator M. GUARDUCCI, Intorno atta iscrizione, cit. , p. 56. La seconda acclamazione è fatta risalire al febbraio-marzo del 40 a. C . (capitolazione di Perugia) da L. SCHUMA­ CHER, Die imperatorischen Akklamalionen, cit., p. 199, e C J. SIMPSON, Imp. Caesar Divi Filius,dellacit.,monetazione p. 424. Il rinnovamento dela triumvirato inizia adelcomparire nelle leggende di Ottaviano parti r e dal l a metà 37 a.C, dopo l'accordo di Taranto (cfr. per es. RRC 538.1-2: IMP. CAESAR DIVI F. IIIVIR ITER. R.P.C. COS.

ITER, ET TERT. DESIG.).

ιο8

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che con il titolo di imperator VI, assunto in seguito alla vittoria ad Azio (αυτοκράτωρ το έκτον, ύπατος / [το τρί]τον, αποδεδειγμένος το τέταρτον: 11. 73-74)· Questa seconda lettera si assegna perciò con precisione agli ultimi quattro mesi del 31 a.C, anteriormente alla data del i° gennaio del 30 a.C. quando Ottaviano, come ab­ biamo visto a proposito del dee. iv, divenne consoie per la quarta volta.88 La lettera fu scritta ed inviata da Efeso (1. 78), il capoluo­ go della provincia d'Asia dove Ottaviano soggiornò per ricevere le delegazioni delle comunità asiane ed impartire ricompense ο punizioni dopo essersi riassicurato il dominio dell'Oriente con la sconfitta di Marco Antonio e Cleopatra ad Azio.89 Non sappiamo se Rhosos avesse parteggiato per Marco Antonio e desiderasse farsi perdonare: più verosimile l'ipotesi che l'ambasceria capeg­ giata da Seleuco intendesse perorare la conservazione del regime favorevole (autonomia, sacralità e asylia) per Rhosos, acquisito in gran parte, come abbiamo visto sopra, grazie al volere di Marco Antonio. L'atto fu archiviato nel mese di Dystros (corrispondente al periodo febbraio-marzo): ci vollero quindi almeno due ο tre mesi perché la lettera giungesse da Efeso a Rhosos e fosse regi­ strata dai funzionari nell'archivio della città.90 88

P. ROUSSEL, Un Syrien, cit., p. 73; F. MILLAR, Triumvirate and Pnndpate, cit., p.58. 89

CASS. DIO LI, 4.1 e LI, 5.2 (cfr. LI, 2.1-3 e SUET., Aug. 17). Sappiamo di altre due

ambascerie che si recarono ad Efeso all'indomani di Azio: quella proveniente dalla città di Milasa in Caria (KDGE 60 = I. Mylasa 602; F. CANALI DE ROSSI, Tre epistole, cit., pp. 172-178, data invece il documento al 39 a.C.) e quella di Samo (J. REYNOLDS, Apkrodisias, cit., 13, con le precisazioni di E. BADIAN, Notes on Some DocumentsfrontAphrodisias Concerning Octavian, «GRBS» 25 [1984], pp. 157-170, part. pp. 165-170). Per un commento a tutti questi episodi vd. F. MILLAR, the First Revolution, cit., pp. 19-23; la frase alla 1. 80 del doc. in costituisce per Millar «an anticipation of the journey which Imperator Caesar would make through Syria to Egypt, and then back, in the Spring and Autumn of the follo wing year» (p. 21): cfr. supra le osservazioni a proposito del doc. iv del dossier. 90 Mouterde in IGLS in 1, p. 409. Sherk in RDGE, p. 302, n. 8, attribuisce il ri­ tardo nella registrazione del documento a Rhosos al «bad weather, despite the shortness of the trip from Ephesus to Rhosus». M. A. LEVI, La grande iscrizio­ ne, cit., pp. 118-119, e G. I. LUZZATTO, Epigrafia giuridica, cit., p. 289, ritengono che Rhosos dovesse ottenere il perdono di Ottaviano perché aveva appoggiato Marco Antonio.

CAPITOLO Πϊ

CIVITAS E i. CIVBS

IMMUNITAS

ROMANI

IMMUNES

L

A civitas Romana è concessa a Seleuco e ai suoi familiari (gef nitori, figli, discendenti e moglie) nella sua forma più com­ pleta, poiché la condizione giuridica dei beneficiati è equipara­ ta ai τώι άρίστωι νόμωι αριστωι τε δικαίωι πολεϊται Τωμαΐοι άνεισφοροι (= optima lege optimoque iure cives Romani immunes) alle 11. 21-22 (cfr. anche 1.31). Se la parte centrale del provvedimen­ to di concessione ci fosse giunta nella sua completezza, il nostro documento sarebbe di un valore inestimabile per comprendere i privilegi connessi all'ottenimento della cittadinanza romana da parte cu wciperegpnus. È comunque possibile fare alcune conside­ razioni, che confronteremo con altre testimonianze contempora­ nee. Le espressioni optimo iure (= o.i.)e optima lege si incontrano an­ che in altre disposizioni legislative della tarda repubblica1 e assu­ mono differenti sfumature di significato se, nel contesto, sono ri­ ferite a res oppure a persone; in generale, comunque, esprimono la realtà di una condizione che si basa «sul diritto migliore».2 Uni1

Vd. supra cap. 1, § 4, commento alle 11.19-23, in part. nota 92; cfr. anche il se. de Aphrodisiensibus, 11. 51-53: xòv δήμον τον Πλα[ρα]σέων και Άφροδεισιέων, τέκνα έκγό/νους τε αυτών, την έλευϋερίαν και την άτέλειαν αυτούς πάντων τών πραγ[μ]άτων τούτω τε τω δικαίω εχειν διακρα/τεΐν τε καΦάπερ και τις πολειτα τω καλ(λ)ίστω δικαίω καλ(λ)ίστω τε νόμω εστίν. Per la lex agraria, 1. 27, cfr. le osservazioni in RS, p. 166. 2 Vd. B. KUBLER, Optima lege, in RE XXVIII.I (1939), coli. 772-773, part. col. 772: «.Optima lege heifit... nach dem besten im Gesetz verliehenen Recht... Ο. Ζ. ist daher gleichbedeutend mit optimo iure und wird auch bisweilen damit verbunden»; ID., Optimo iure, in RE xxvin.i (1939), coli. 798-804, part. col. 798: «In der Rechtssprache bedeutet 0. i. 'nachbestem Rechte'... Bei Personen driickt es die Rechtsfàhigkeit». «A lafinde la République et au commencement du Principat, on a utilisé Optimo iure* ou Optima lege' pour signifier, dans les lois au sens large (sénatus consultes, eàictum), le maximum de ius qu'on pouvait attendre d'une telle situation pour un Romain»: P. CORNIOLET, «IUS» et «lex»: leurs rapports, in Studi in onore di Arnaldo Biscardi rv, Milano 1983, pp. 31-57, part. p. 37. Cfr. anche

HO

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ta a cives Romani, la locuzione optima lege optimoque iure evidente­ mente non può avere altro valore che quello di sottolineare con forza la completezza della cittadinanza conferita ai beneficiari del provvedimento, vale a dire l'acquisizione, da parte di questi, della piena capacità giuridica di cittadini romani. Ognuno di questi cives Romani di piene diritto έ al tempo stesso anche immunisf poiché riceve la άνεισφορία πάντων των υπαρχόντων (Yimmunitas omnium rerum: vd. 11.10-11 e 11. 20-21);3 per questo motivo, nel prosieguo dal testo, per ben due volte il beneficiario principale dell'atto viene definito tout court, vale a dire senza l'aggiunta dell'espressione optima lege optimoque iure, πολείτης Τωμαΐος άνείσφορος (11. 28-29), locuzione che, per quanto è di mia conoscenza, costituisce un unicum. Vedremo più avanti che la figura del civis Romanus immuriis emerge an­ che in altre testimonianze di epoca cesariana e augustea, pur se non in maniera così diretta come dal testo del documento proveniente da Rhosos; ciò nonostante la mia interpretazio­ ne dell'espressione diverge in maniera considerevole da quella esposta in alcuni lavori pubblicati di recente e che ora prende­ remo in esame. Secondo l'opinione di S. Link, nei documenti emessi ex lege Munatia Aemilia (il provvedimento a favore di Seleuco di Rhosos e l'editto di Ottaviano de pnvilegiis veteranorum) osserviamo un legame talmente stretto tra le concessioni di civitas e immunitas, che ormai quest'ultima non deve più essere considerata, come in precedenza, «als eigenstàndiges, als ein zusàtzliches Privileg, sondern geradezu als ein Bestandteil des Burgerrechts».4 Il punto di partenza di questa affermazione è l'esegesi delle 11.10-12 dell'edit­ to per i veterani, che conduce Link alla conclusione, a mio modo di vedere paradossale, che proprio la concessione dell'immunità attribuisse lo status di cives 0. i., tanto è vero che Yimmunitas va G. BROGGINI, lus lexque esto, in lus et lex. Festgàbe zum yo. Geburtstag von Max Gutzwiller, Basel 1959, pp. 23-44 (= ID> Coniectanea: studi di diritto romano, Milano 1966, pp. 55-81), part. pp. 30-31. 3 Per un'analisi della concessione della immunitas vd. infra cap. m, § 3. 4 S. LINK, ...ut optimo iure optimaque lege cives Romani sint. Bùrgerreàit, Litur­ gie- una Steuerfreiheit im Ubergangvon derRepublik zum Prinzipat, «ZRG» 112 (1995)· pp. 370-384, part. p. 376.

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intesa come «Bestandteil eines 'besten' ròmischen Burgerrechts, einer civitas optimo iure»; grazie al fatto che «er ihnen die Steuer­ freiheit verlieh, machte Oktavian seine Veteranen ... zu cives Ro­ mani optimo iure optimaque lege».5 Questa concezione emerge con ancora più forza dalle pagine centrali del contributo, dove Link giunge alla conclusione pe­ rentoria che, accanto ad una cittadinanza romana 'migliore' che includeva Υ immunitas, esisteva una civitas 'normale' ο 'inferiore', quella «ohne Steuerfreiheit», e che la dvitas o. i., che equiparava la condizione di un suo beneficiario allo status goduto da un cit­ tadino romano in una città provinciale, fu concessa soltanto nel periodo delle guerre civili; successivamente, come testimonia il ni editto di Cirene, Augusto non solo decise di limitare l'ambito di applicazione della immunitas dei dves o. i., ma allo stesso tempo privò dell'esenzione dalle liturgie i dves Romani cosiddetti 'nor­ mali', che fino ad allora ne avevano beneficiato.6 La contrapposizione che fonda la novità dell'analisi di Link, quella tra i dves Romani 'normali' e i dves Romani o. i. gratificati di una immunitas totale, è, a mio parere, destituita di ogni fonda5 S. LINK, ...ut optimo iure optimaque lege, eie, p. 376; cfr. anche p. 381: la im­ munitas «wurde hier zu einem rechtlichen Merkmal des civis Romanus optimo iure·». Così lo studioso tedesco interpreta e traduce le 11. 10-12 dell'editto (cfr. invece infra in APPENDICE m l'interpretazione che io fornisco del testo): ... im[mu]nitatem omnium rerum d[a]re; utique I optimo iure optimaq[u]e kgis (!) cives Romani sint {sunto} immunes I sunto. Uberi su[nto mi]litiae muneribusque publicisfii[ngend]ivocatfi]o ; Ottaviano concesse «die Irnmunitàt fur ali ihren Besitz. Und damit sie nach bestem Recht und Gesetz ròmische Bùrger seien, sollen sie steuerfrei sein. Vom Militàrdienst sollen siefreiseien, und Befreiung von der Ableistung óffentlicher munera soli gelten» (ibid., p. 375 e n. 28). Gli stessi concetti sono ribaditi in S. LINK, Veteranus and «Munus Publicum», in War as a Cultural and Social Force. Essays on Warfare in Antiquity, ed. by T. BekkerNielsen and L. Hannestad, Copenhagen 2001, pp. 137-145, part. pp. 137-138; in maniera significativa, la traduzione fornita dall'autore dell'espressione chiave alle 11. 21-22 del dossier di Seleuco di Rhosos 'dimentica' il termine άνείσφοροι: «so that they would be (Roman) citizens according to the best law and order» (ibid.,p. 137 e p. 143, n. 8). 6 S. LINK, ... ut optimo iure optimaque lege, cit., part. pp. 377-381: «Schon der Begriff der civitas Romana optimo iure weist darauf, daB es auch ein minderes Burgerrecht gegeben haben mufi» (p. 381); cfr. H. GALSTERER, Civitas, in DNP π (1997), coli. 1224-1226, part. col. 1225: «in der fruhen Kaiserzeit kommt die e. optimo iure auf, ein >Bùrgerrecht mit Steuerfreiheit< (LINK)».

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mento. In realtà, come risulta dall'esame dei testi, era l'attribu­ zione della immunitas che creava la figura del tivù Romanus (p. i.) immunis, posto, grazie al beneficio di natura fiscale, su di un gradine superiore rispetto al normale cb/is Romanus o. i. Se Vim­ munitas fosse stata una parte costitutiva dello status di civis o. :., a che prò precisarne ia sua concessione nei provvedimento a fa­ vore di Seleuco di Rhosos, non solo al momento della clausola di conferimento (1. io e 1. 20), ma anche nella stessa definizione del nuovo status del beneficiario (11. 21-22 e 11. 28-29)? Sarebbe stato sufficiente dichiarare, come nel caso dell'editto a favore dei ve­ terani, secondo l'interpretazione del testo datane da Link, che a Seleuco e ai suoi familiari veniva accordata la civitas 0. i., oppure che la immunitas era concessa per innalzare i beneficiari dell'atto alla condizione di cives 0. i. Proprio Yedictum Octaviani triumviri depnvilegiis veteranorum è il documento che ha influenzato in maniera determinante Link nell'interpretazione della clausola corrispondente nel doc. π del dossier trovato a Rhosos e, in effetti, visto come si presenta il testo dell'editto, tradito dalla «recht wirren lateinischen Abschrift»7 del papiro, si è in difficoltà nel trovare una spiegazione alternativa rispetto a quella proposta dallo studioso tedesco. Tuttavia, se entrambe le disposizioni vanno riferite alla lex Munatia Aemilia, come conviene anche lo stesso Link, poiché tra loro l'analogia testuale è molto stretta, a mio parere si dovrebbe accogliere con maggior favore la lezione del provvedimento trovato a Rhosos, che in generale, rispetto all'editto, è meno gremito di errori. Come sottolineato in sede di commento lineare dell'iscrizio­ ne, la lettura είσίν a 1. 22 non dovrebbe far dubitare del fatto che nel testo dell'editto il verbo retto da utique era sunt. Inoltre, utique deve essere senz'altro emendato, secondo la proposta di Roussel, in uti qu* Ma la frase che ne risulta (uti qui optimo iure optimaque lege cives Romani sunt, immunes sunto, liben sunto militiae, etc: «come coloro che sono cives Romani 0. t. optimaque lege, siano immunes, siano dispensati dal servizio militare, etc») ha 7 8

S. LINK, ...ut optimo iure optimaque lege, cit., p. 376. Vd. supra cap. 1, § 4, commento alle 11.19-23.

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certamente bisogno, a mio parere, di un'ulteriore correzione, per evitare la ripetizione della concessione déRimmunitas, già previ­ sta alla 1. 10 dell'editto: la soluzione da adottare, sulla falsariga del testo del provvedimento di concessione di Rhoscs (11. 21-22), mi sembra che sia proprio uti qui ottimo iure optimaque lege cives Romani immunes sunl, libai sunto militiae, eie. («come coloro che sono cives Romani 0. i. optimaque lege immunes, siano dispensati dal servizio militare, ecc.»), espungendo il primo sunto (o sint) di 1. 11 e correggendo il sunto di 1.12 in sunt; queste modifiche, a mio parere, non dovrebbero creare difficoltà in un testo alquanto gre­ mito di inesattezze e dimenticanze.9 L'interpretazione data a queste linee convalida la tesi di Wolff che l'editto de pnvilegiis veteranorum di Ottaviano non presentas­ se, per quanto oggi è possibile leggere, alcuna clausola di con­ cessione di cittadinanza, al contrario di quanto la maggior parte degli studiosi, e anche lo stesso Link, hanno sempre sostenuto.10 Passiamo ora all'esame delle altre testimonianze disponibili, per primo il ni editto augusteo di Cirene.11 Nel testo la distinzio­ ne tra nuovi cittadini gratificati della immunitas e quelli che sono soggetti alla tassazione locale,12 perché assieme alla civitas non ricevettero anche Γάνεισφορία, è assai netta e precisa: in defini9

Per il testo emendato dell'editto vd. infra in APPENDICE ΠΙ. Vd. gli autori citati in H. WOLFF, Die Entwicklung der Veteranenpnvilegien, cit., p. 78, n. 100. P. ROUSSEL, Un Syrien, cit., p. 50, si mostra indeciso. 11 Linee 56-62: Ει τίνες εκ της Κυρηναικής έπαρχή/ας πολιτήαι τετείμηνται, τούτους λειτουργεΐν ουδέν ελασον έμ μέρει τω των / Ελλήνων σώματι κελεύω vw έκτος τι[ο]ύτων, οΐς κατά νόμον ή δόγμα συνκλή / τώι του πατρός μου έπικρίματι ή τωι έμώι άνεισφορία όμοϋ συν τήι πολειτήαι / δέδοται WW και τούτους αυτούς, οϊς ή άνεισφορία δέδοται, τούτων των πρα/γμάτων είναι ατελείς, ών τότε εΐχον, αρέσκει μοι* υπέρ δέ των επίκτητων / πάντων τελεΐν τα γεινόμενα vacai. 12 In questo senso interpreto il λειτουργεΐν di 1. 57, termine che ha imbarazza­ to non poco ί commentatori dell'iscrizione, cfr. A. N. SHERWIN-WHITE, The Ro­ man Citizenship, cit., p. 335: «the logie of the documents requires not λειτουργεΐν but, e.g., είσφέρειν». Non è qui il luogo per affrontare nella sua complessità la questione; rilevo soltanto che risulta infondata l'ipotesi di Κ. Μ. Τ. ATKINSON, The Third Cyrene Edict, cit., part. pp. 26-32, che l'espressione λειτουργεΐν σώματι si riferisse alla militiae vacatio, della quale, a suo parere, godevano soltanto i cives optimo iure immunes: vd. da ultimo correttamente PH. GAUTHIER, 'Ατέλεια του σώματος, «Chiron» 21 (1991), pp. 49-68, part. pp. 56-58. 10

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tiva, cives o. i. immunes contrapposti a semplici cives o. i.13 Nessun elemento induce a far ritenere che esistessero cives o. i. ai quali Υ immunitas fu. conferita di diritto come parte integrante della loro qualifica ο che i nuovi cives Romani (quelli definiti da Link 'nor­ mali') avessero beneficiato, prima dell'emissione di questo edit­ to, di un'esenzione dalle liturgie. In realtà, l'accento έ pesto sul limite temporale di applicazione della immunitas: chi l'ha ricevuta non è autorizzato a farla valere per la proprietà acquisita in segui* to, ovvero non posseduta al momento della concessione; chi non ha ricevuto Γάνεισφορία non deve credere di potersi sottrarre al pagamento delle imposte locali soltanto perché è stato elevato alla condizione di cittadino romano. Due episodi tramandatici dalle fonti letterarie e un'iscrizione verosimilmente di età augustea mi sembrano a questo proposito significativi. Nel 47 a.C. Cesare attribuì ad Antipatro di Giudea, padre di Erode il Grande, la πολιτεία εν Τώμη (= la civitas Roma­ na) e una ατέλεια valida πανταχού (vale a dire probabilmente una immunitas omnium rerum);14 Svetonio riferisce che Augusto confe­ rì soltanto rimmunità ad un personaggio originario della Gallia per il quale Livia aveva chiesto la cittadinanza;15 in un'epigrafe 13

A. N. SHERWIN-WHITE, The Roman Citizenship, cit., p. 305, fornisce un'ana­ loga interpretazione di questa disposizione del ni editto di Cirene: «the text concerns externs of two grades, those who have and those who have not been given immunitas omnium rerum with the Roman citizenship. The former belong to the càtegory of cives Romani ottimo iure immunes». 14 Ios., Ant. xiv, 137 e B. I. I, 194: πολιτεία τε αυτόν τη Τωμαίων έδωρήσατο και άτελεία; cfr. A. GILBOA, Uoctroi de λα citoyenneté romaine et de Vimmunité à Anti­ pater, pére d'Hèrode, «RD» ser. 4, 50 (1972), pp. 609-614, e B. LIFSHITZ, La province romaine de Syne, in ANRWII.8 (1977), pp. 3-30, part. p. 5. Il passo di Flavio Giusep­ pe ha trovato una recente e importante conferma in un'iscrizione pubblicata in i. Cos EV 247(0), Tav. 128, e K. HÒGHAMMAR, Sculpture and Society: A Study ofthe Connection between the Free-Standing Sculpture and Society on Kos in the Hellenistic andAugustan Periods, Uppsala 1993, nr. 13 e fig. 6 (cfr. SEG 43 [1993], 550 e 45 [1995]» 1131) dove Erode è onorato con i tria nomina come Gaius Iulius Herodes: Ό δάμος έτίμασεν / βασιλέα Γάϊον Ίούλι/ον Ήρώδην άρετάς / ένεκα και εύνοιας / τάς ες αυτόν; vd. D. Μ. JACOBSON, King Herod, Roman Citizen and Benefactor ofKos, «BAIAS» 13 (1993-94), PP- 31-35. 15 SUET., Aug. 40, 3: et Liviaepro quodam tributano Gallo roganti civitatem negavit, immunitatem optulit affirmans facilius se passurumfiscodetrahi aliquid, quam civitatis Romanae vulgari honorem; cfr. F. MILLAR, The Fiscus in the First Two Centuries, «JRS» 53 (1963), pp. 29-42 (= ID., Rome, the Greek worìd, and the Fast n: Go-

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proveniente da Celeia (Norico, oggi Celje, Slovenia) si legge di un certo C(aius) Iulius Vepo, donatus I civitate Romana vintim I et immunitateab divo Aug(usto), I vivosfecitsibi et I ... coniugi I etsuis.16 Ancora una volta è chiara la netta separazione tra i due privi­ legi, la civitas e la immunitasf- accordate tramite un unico atto di concessione, ma sempre in maniera distinta Γ una dall'altra. Inol­ tre, mi sembra evidente che nel caso di Antipatro ci troviamo di fronte ad un'altra attestazione sicura, oltre a quella di Seleuco di Rhosos, di un civis Romanus o. i. immunis, questa volta in età cesariana; non c'è da meravigliarsene, poiché nel ni editto di Cirene si afferma esplicitamente che anche Cesare aveva concesso, come Augusto, la άνεισφορία όμου συν τήιπολειτήάι.(1. 59)·17 Chiaramente, la concessione di questa immunitas unita alla ci­ vitas portò alla creazione di una classe privilegiata di cittadini ro­ mani nelle province orientali. La novità dell'editto di Ottaviano ai veterani, pertanto, mi sembra che consista proprio nell'attribu­ zione di una completa esenzione fiscale ad un gruppo di cittadini romani, che verosimilmente, dopo aver ottenuto il congedo dal servizio militare, si apprestava ad andare a risiedere in provincia: infatti, se i cives Romani dal 167 a.C. erano de facto esentati dal pagamento del trìbutum in Italia, non così avveniva in territorio provinciale, dove le loro proprietà erano soggette alla tassazione locale.18 Grazie a questi privilegi, concessi in forza della lexMunatia Aemilia, si volle perciò equiparare la condizione fiscale delle

vernment, Society, and Culture in the Roman Empire, ed. by Η. Μ. Cotton and G. M. Rogers, Chapel Hill and London 2004, pp. 47-72), part. p. 40. 16 CIL in, 5232 = ILS 1977; vd. da ultimo M. SASEL KOS, The Roman Inscrìptions of Celeia commemorating Emperors, in Vana epigraphica. Atti del Colloquio Interna­ zionale di Epigrafia, Bertinoro, 8-10 giugno 2000, a cura di G. Angeli Bertinelli e A. Donati, Faenza 2001, pp. 383-402, part. pp. 385-387: l'autrice ritiene che Vepo «was granted both privileges for special merits acquired during the Augustan conquest of the southeastern Alpine regions» (ibid., p. 386), quindi per meriti militari, come nel caso di Antipatro di Giudea e Seleuco di Rhosos. 17 S. LINK, ...ut optimo iure optimaque lege, cit., p. 375 e n. 27, giustamente nota la separazione tra civitas e immunitas nel caso della concessione ad Antipatro di Giudea, mentre non ritiene probante per la sua tesi Γ episodioriportatoda Svetonio. Cfr. J. BLEICKEN, «In provinciali solo dominium populi Romani est vel Caesaris». ZurKolonisationspolitik der ausgehenden Republik undfriihen Kaiserzeit, «Chiron» 4 (W4), pp. 359-414, part. p. 374.

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proprietà dei beneficiari a quella posseduta dai cittadini romani in Italia. Non è possibile pertanto seguire Link quando afferma che ai destinatari dei due provvedimenti venne attribuito lo status go­ duto da un cittadino romano in una città provinciale; più corretta mi pare Γ osservazione di Sherwin-White che la condizione della proprietà dei veterani di Ottaviano (e, quindi, quella di Seieuco di Rhosos) richiama alla mente la condizione caratteristica della proprietà dei cittadini di una comunità provvista di ius Italicum.19 La disposizione che sembra concedere a Seieuco e ai suoi familia­ ri la possibilità di potersi stabilire in un municipio ο in una colonia d'Italia (11. 26-27, vd. infra) potrebbe trovare una sua giustificazio­ ne in questo senso: per il redattore del provvedimento i beneficia­ ri erano del tutto equiparabili ai cittadini romani di pieno diritto originari dell'Italia. 2. IL DIRITTO DI CITTADINANZA

La clausola successiva al § 3 (11. 24-27) presenta alcune disposizioni in materia di ius civitatis riguardanti i beneficiari dell'atto. È bene precisare che, come regola generale, il provvedimento non elen­ ca i diritti ο i doveri di questi neo-cittadini romani,20 ma prescrive gli atti amministrativi necessari al conseguimento della loro pie­ na condizione di cives Romani, oppure stabilisce alcune deroghe agli obblighi collegati a questo status. Con il § 4, pertanto, si dispone l'esecuzione di un atto necessa­ rio affinché Seieuco e i suoi familiari acquistino a pieno titolo lo status personale di cittadini romani, vale a dire la loro iscrizione nella tribù Cornelia (11. 24-26), dove naturalmente avranno la pos­ sibilità di esercitare anche i diritti politici (in-primislo ius suffra­ ga) e di svolgere le operazioni del census;zl tuttavia, in deroga a 19

Vd. S. LINK, ...ut optimo iure optimaque lege, cit., pp. 379-380; A. N. SHERWIN-

WHITE, The Roman Citizenship, cit., p. 317 e p. 321. La Κ. Μ. Τ. ATKINSON, The

Third CyreneEdict, cit., p. 31, è persuasa che esistesse un rapporto stretto tra que­ ste concessioni e un ipotetico ius ltalicum personale; cfr. A. N. SHERWIN-WHITE, The Roman Citizenship. A Survey ofits Developments into a World Franchiset in ANRW 1.2 (1972), pp. 23-58, part. pp. 52 sg. 20 Sul contenuto del diritto di cittadinanza vd. G. CRIFÒ, Cittadinanza, a) Diritto romano, in ED vn (i960), pp. 127-132, part. pp. 130-131. 21 Sulla funzione e l'importanza del census vd. C. NICOLET, Le métter de citoyen

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quest'ultima disposizione, ai beneficiari del provvedimento vie­ ne concesso di poter essere censiti anche in absentia. Inoltre essi ottengono forse la possibilità di potersi stabilire in un municipio ο in una colonia d'Italia.22 Questa clausola del provvedimento è da confrontare con le 11. 13-15 dell'editto di Ottaviano a favore dei veterani, dove però è previsto che siano i beneficiari stessi a scegliere la tribù dove vo­ tare ο essere censiti tra una di loro gradimento, oppure tra quelle elencate in una parte perduta dell'editto (a seconda di come si scioglie l'abbreviazione s. s. a 1. 13; da parte mia ritengo più ve­ rosimile la prima possibilità), e non si fa alcun cenno ad un loro eventuale insediamento in Italia.23 Il beneficio della cittadinanza è esteso ai genitori, aifigli,ai discen­ denti e alla moglie legittima (?) attuale ο futura del principale desti­ natario dell'atto. Alcune limitazioni nella concessione sono riscon­ trabili nei diplomata militarla di età imperiale, dove ai genitori non si riconosce più il beneficio.24 L'attribuzione della cittadinanza ai genidans la Roma républicaine1, Paris 1979, pp. 71-121; cfr. TH. MOMMSEN, Rómisches Staatsrecht n3, cit., pp. 331-417, e C. NICOLET, Rome et la conquètedu monde méditerranéen (264-27 avantj.-c), Tome 1: Les structures de l'Italie romaine10, Paris 2001, pp. 190-195. Naturalmente non è questo il luogo per affrontare nella sua totalità il problema della procedura del census nella seconda metà del 1 sec. a.C. 22 Possiamo definirlo come una specie di ius migrandi in Italia? Purtroppo non è possibile stabilire che cosa realmente prescrivesse l'enunciato di 11. 26-27: vd. le osservazioni più avanti nel testo. Secondo P. ROUSSEL, Un Syrien, cit., p. 55, «on spécifie peut-ètre que Séleukos pourra s'installer partout où il lui plaira, dans les municipes et les colonies d'Italie»; J. GAGÉ, «Italica adkctio»* Apropos de certainesformes du «Ius Italicum» en Espagne au temps de Trojan, «REA» 71 (1969), pp. 65-84, part. p. 80,ritieneche Seleuco «pouvait se faire inserire 'pour ordre' dans unecité d'Italie» per «doter ce civis d'une domus théorique, en une rité d'Italie». 13 Secondo H. WOLFF, Die Entwicklung der Veteranenprivilegien, cit., pp. 89 e 94» l'opzione di potersi stabilire in Italia è assente nell'editto perché, probabil­ mente, la maggior parte dei veterani beneficiati da Ottaviano era costituita da Italici. Non corretta, a mio modo di vedere, l'interpretazione di P. ROUSSEL, Un Syrien, cit., p. 55, il quale, seguendo J. LESQUIER, Varmée romaine à'Ègypte d'Autiste à Dioclétien, [Le Caire] 1918, p. 336, ritenne di dover correggere a 1.15 dell'editto censeri in cernere, perché la frase et si... detur indicherebbe «la possibilité d'exercer, mème absent, le droit de vote». La terminologia della dausola è simile a lex repetundamm, 1. 77: [inque eius trìbum, ... sufragiu]m ferunto, inque ea tribum censento. 24 Cfr. Ρ. ROUSSEL, Un Syrien, cit., p. 51.1 genitori vengono inclusi nuovamen-

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tori è un espediente gradito al principale beneficiario della conces­ sione per non risultare di origine peregrina nei documenti ufficiali, grazie alla possibilità di fregiarsi del praenomen del padre: Cornelio Balbo, ad esempio, compare negli Actcì triumphorum come P. f.25 La Cornelia era una delle sedici antiche tnbiis rusticae, in quanto tale molto prestigiosa:26 questo significa che a Seieuco e, proba­ bilmente, anche agli altri destinatari orientali dei benefici dei triumviri ex lege Muriatici Aemilia fu riservato un privilegio parti­ colare, se consideriamo il fatto che si tendeva ad iscrivere i nuovi cittadini nelle tribù urbane, dove il diritto di voto aveva scarsa influenza. Ma sui motivi dell'assegnazione del nuovo cittadino proprio a questa tribù i commentatori dell'iscrizione non hanno mai trovato una risposta soddisfacente. Come regola generale, non sempre rispettata, nella tarda repub­ blica i neo-cittadini venivano assegnati alla tribù di appartenenza del comandante romano che aveva concesso loro la cittadinanza ο dal quale avevano preso il notnen;*7 in questa operazione chiara­ mente entravano in gioco favoritismi e manovre clientelali. Nel caso di Seieuco di Rhosos, quindi, dobbiamo ricercare l'origine dell'assegnazione nella tribù di appartenenza dei consoli rogatoli della lex Munatia Aemilia ο dei triumviri. Sembra probabile che la tribù del console L. Munatius Plancus fosse la Camilla; Lepido (gens Aemilia) era registrato quasi certamente nella tribù Palatina; Ottaviano, infine, era iscritto nella tribù Fabia (gens Iulia).2* Nessuna fonte, invece, ci ha trasmesso direttamente la tribù degli 'Antonii'29 e stavo rinunciando a comprendere i motivi del­ la scelta della tribù Cornelia per Seieuco di Rhosos quando, nel te tra i beneficiari dei privilegi nell'editto di Domiziano a favore dei veterani (W. Chr. 463,1.15; edito anche in ILS 9059). 25 CIL f, p. 50. Sulla famiglia dei Balbi vd. J. F. RODRIGUEZ NEILA, Confidentes de Cesar. Los Balbos de Càdiz, Madrid 1992. 26 Vd. [G.] WISSOWA, Cornelia, in RE rv.i (1900), coli. 1247-1248. La Cornelia era la tribù di Alpino, quindi ad essa erano iscritti anche Mario e Cicerone: dr. L. R. TAYLOR, The VotingDistricts, cit., p. 272. 27

Sull'assegnazione di una tribù ai peregrini vd. in generale L. R. TAYLOR, The VotingDistricts, cit., pp. 18 sgg., part. pp. 21-22. 28 Vd. L. R. TAYLOR, The VotingDistncts, cit., rispettivamente p. 236, p. 187 e p. 222. 29

L. R. TAYLOR, The VotingDistricts, cit., p. 279·

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corso di una ricerca per la stesura di un altro lavoro, mi sono im­ battuto nell'iscrizione di Herakleia Salbake (Caria) che onora L. Antonius Zenon: il personaggio risulta iscritto nella tribù Corne­ lia.30 Il casato degli Zenonidi ottenne sicuramente la cittadinanza romana ad opera di Marco Antonio, anche se non conosciamo chi fu il primo membro della famiglia a riceverla.31 Si chiarisce così, mi sembra, l'assegnazione di Seleuco di Rhosos alla tribù Cornelia: si tratta della tribù di Marco Antonio, nella quale negli anni del triumvirato quasi certamente venne iscritta la maggior parte dei neo-cittadini romani di origine orientale. L'espressione di 1. 27 è stata intesa, dai primi commentatori del dossier, nel senso di un permesso accordato ai beneficiari di poter effettuare la dichiarazione del censo in una comunità dell'Italia, una volta che vi si fossero stabiliti.32 Al contrario, lo Schònbauer, sulla base delle lettere edite da Roussel (ΟΣΤΕΙΜΟ), propose l'in­ tegrazione del termine [ πρ]όστειμο[ν ] («ammenda», «penalità»), intendendolo come la soprattassa dovuta dal contribuente in caso di assenza al momento del censimento dei propri beni, oppure come una tassa dovuta per stabilirsi in Italia; a suo parere, l'esen­ zione da questa addizionale avrebbe reso più vantaggioso il privi30

MAMA vi, 104: [ò δήμ]ος ε[τείμησεν] / [Λο]υκιον Άντώ[νιον Πο]/[λέ]μωνος υίον Κορ[νη]/[λί]α Ζήνωνα χειλία[ρχον] / [κα]1 αρχιερέα της Ά[σί]ας. 31 Si ritiene che Antonio conferì la cittadinanza a Polemone, re del Ponto, oppure al padre Zenon, il retore di Laodicea che si oppose a Labieno e ai Parti nell'invasione del 40 a.C: discussione in D. C. BRAUND, Rome and the Friendly King: the Character ofthe Client Ringship, London-Canberra-New York 1984, pp. 41-42 e p. 48, nn. 15-16; cfr. già L. ROBERT, Les inscrìptions, in J. des Gagniers, P. Devambez, L. Kahil, R. Ginouvès, Laodicée du Lycos. Le Nimphée. Campagnes 1961-1963, Quebec-Paris 1969, pp. 247-389, part. p. 307: «c'est d'Antoine que Zénon recut le droit de cité romaine». L. Antonius Zenon era presumibilmente figlio di M. Antonius Polemon Philopatris, nipote di Zenon di Laodicea: così A. CEYLAN, T. RITTI, L. Antonius Zenon, «Epigraphica» 49 (1987), pp. 77-98. Una ricostruzione differente è presentata da P. J. THONEMANN, Polemo, son ofPolemo (Dio, 59.12.2), «EA» 37 (2004), pp. 144-150, cheritieneche L. Antonius Zenon fosse fratello di M. Antonius Polemon dinasta di Olba e nipote di Polemone, re del Ponto, e della regina Pythodoris. 32 In questo senso la restituzione di Arangio-Ruiz in PIRA I2, p. 311, n. 3: [— οΰτ]ως τειμά[σθαι — αρέσκει?]; vd. inoltre G. I. LUZZATTO, Epigrafia giurì­ dica, cit., p. 298; F. DE VISSCHER, Le statuì, cit., p. 65, n. 27, e pp. 83-84.

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legio accordato a Seleuco e ai suoi familiari di potersi stabilire in una comunità italica.33 L'integrazione è stata ripresa e perfezionata da Wolff, il qua­ le, partendo da un'accezione del termine attestata nei documenti provenienti dall'Egitto,34 ritenne che in questo contesto il sostan­ tivo το πρόστειμον indicasse una tassa per Γ ammissione nella cit­ tadinanza locale. Pertanto, a suo modo di vedere, ai destinatari del provvedimento venne accordato in queste linee il permesso di trasferire la propria residenza in una comunità dell'Italia senza dover soggiacere al pagamento di questa tassa. D'altra parte, con­ tinua Wolff, non si comprendono i motivi del permesso di poter essere censiti in una comunità italica, quando ai destinatari del­ l'atto è concesso, poco sopra nel testo, un privilegio decisamente superiore, quello dell'esonero dall'obbligo di dichiarazione per­ sonale (in àbsentid); inoltre non è per niente chiaro se, tramite la disposizione di 1. 26, si intendesse veramente concedere ai benefi­ ciari l'autorizzazione a potersi iscrivere in una comunità presente sul territorio italico, in maniera da far ottenere loro automatica­ mente la corrispondente cittadinanza locale.35 La restituzione del termine το πρόστειμον, tuttavia, rimane al­ quanto dubbia: oltre al fatto che il significato tecnico della parola rappresenta, in entrambe le soluzioni proposte, un unicum, non vi sono, per quanto io sappia, testimonianze di imposizioni colle­ gate all'ammissione in una cittadinanza locale in Italia.36 33

E. SCHÒNBAUER, Die Inschrifi, dt., pp. 200-201. F. PREISIGKE, Fachworter des offentlichen Verwaltiingsdienstes Àgyptens in den gàechischen Papyrusurkunden der ptolemaisch-ròmischen Zeit, Gottingen 1915, p. 152 (efr. Worterbuch i-n, s.v., nr. 2): «Anerkennungsgebuhr fiir die staatliche Erlaubnis, ein Lehenland in eine andere Bodenklasse ùberzufuhren». 35 H. WOLFF, Die Entwicklung der Veteranenprivikgien, cit., pp. 79-80, part. p. 80, n. 103, rilevando che το πρόστειμον in questa accezione rappresenta un άπαξ λεγόμενον; così Wolff ricostruisce la frase a l . 27: [άνευ πρ]οστείμο[υ έξέστω αύτοΐς (?)]. L. R. TAYLOR, The VotingDistrìcts,'cit., p. 20, afferma, a proposito di questa disposizione, che riscrizione in una comunità cittadina «would authorize citizenship in another tribe»; contra giustamente Y. THOMAS, «Ongine» et «communepatrie», cit., p. 45, n. 56. 36 Nella cosiddetta lex Fonteia, (f) + (g), (ii), 1. 9, sono presenti le lettere ΠΡΟΣΠΜΩΣ, interpretate dagli editori come προστιμώσ, terza persona plu­ rale del verbo προστιμάν, «to impose an additional penalty» (RS, p. 506), ma, anche in questo caso, il contesto è andato interamente perduto. 34

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2. i. Absens censen È noto che per chi non si presentava alle operazioni del censiis a Roma erano previste sanzioni più gravi di una semplice ammen­ da pecuniaria, che si risolvevano nella confisca dei beni e nella riduzione in schiavitù degli incensi. Le fonti, tuttavia, non hanno conservato alcuna testimonianza di un utilizzo di queste sanzio­ ni, evidentemente perché applicate molto di rado.37 Per evitare di incorrere in queste ritorsioni, il cittadino romano impossibilitato a comparire di persona per motivi di salute, di età, ο di lavoro (come i funzionari civili e militari, i negotiatores e i publicani operanti nelle province) poteva delegare un altro cittadino a rappresentarlo alle operazioni del census. È questo il parere di autorevoli studiosi, che ritengono che il diritto di farsi sostituire da procuratores in caso di assenza fosse espressamente previsto nella parte terminale della formula utilizzata dai censori per la convocazione dei cives;38 pertanto le autorità romane, per scorag­ giare Γ assenteismo al census, avrebbero messo a disposizione dei cittadini la procedura del censen in absentia.39 In realtà, le poche testimonianze disponibili non sono, al ri­ guardo, sufficientemente chiare. Valutiamo innanzitutto il passo di Vairone: il legame tra la procedura del quis prò altero rationem dari e quella del censen in absentia non è esplicitato; in altre pa­ role, non è detto che i cittadini che si facevano rappresentare da un delegato venissero automaticamente registrati come absentes. 37 TH. MOMMSEN, Romisches Staatsrecht n3, cit., pp. 367-368; E. VOLTERRA, Sull'«incensus» in dirìtto romano, «RAL» s. 8, 11.11-12 (1956), pp. 298-312 (osserva die sono previste sanzioni per gli incensi ancora nel m sec. d.C); P. A. BRUNT, Italioti Manpower (225 B.C.-A.D. 14), Oxford 1971, p. 33; C. ÌNICOLET, Le mécier àe ci-

toyen, cit., pp. 87 e 93. Vd. O c , prò Caecin. 99; DIONTS. HALICARN., Ant. Rom. TV, 15.6; cfr. DIONTS. HALICARN., Ant. Rom. v, 75.3; Liv. 1, 44.1; GAI., Inst. 1,160. 38 Riferita da VARR., de ling. Lat. vi, 86: omnes Quirites, pedites armatos privatosque, curatores omnium tribuum, ή quis prò se sive prò altero rationem dari volet, voca[t] inlicium huc ad me. 39 TH. MOMMSEN, Romisches Staatsrecht π3, cit., pp. 366-367; [K. J.] NEUMANN, Absentia 1, in RE 1.1 (1893), coli. 116-118, part. col. 116; P. A. BRUNT, Italian Manpower, cit., pp. 37-39; C. NICOLET, Le métter de citoyen, cit., p. 93; J. F. RODRIGUEZ NEILA, Algunos problemas del sistema électoral romano, «Habis» 17 (1986), pp. 349-368, part. pp. 365-366 (segue il Brunt).

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Inoltre l'espressione si quis ... volet potrebbe riferirsi non a tutta la civitas convocata dai censori, ma semplicemente ai capite censi, che si facevano rappresentare dai curatores tnbuum.40 Da conside­ rare poi il fatto che non era prassi comune rientrare in patria per il census: addirittura sembra che i soldati in servizio fuori d'Italia ne fossero esclusi, se prestiamo fede alla notizia di Livio, che pre­ senta come non usuale la circostanza che nel 204 a.C. i censori in­ viarono alcuni emissari in provincia a raccogliere le dichiarazioni dei militari.41 Due sole testimonianze letterarie presentano l'espressione absens censen. In un passaggio di una lettera spedita in data 20 gen­ naio 60 a.C, Cicerone si mostra preoccupato che Attico, che in quel momento si trova in Grecia, venga censito in absentia.42 Al riguardo, non credo si possa condividere questa affermazione del Brunt: «it is clear from his words that Atticus, if he had chosen, could have been registered in absence».43 In realtà, le parole di Cicerone indicano, a mio avviso, che l'essere censiti tra gli ultimi arrivati, proprio a ridosso della cerimonia che chiudeva il lavoro dei censori (il lustrum), era considerato poco dignitoso e, inoltre, che si cercava di evitare di essere censiti in absentia. In questo con­ testo appare dunque chiaro che questa procedura, se non adegua­ tamente autorizzata, poteva comportare degli svantaggi; tutta­ via, non sappiamo di che natura fossero questi inconvenienti. In generale, ritenendo che le sanzioni previste per gli incensi fossero considerate ormai anacronistiche, si è pensato ad una maggio­ razione della stima dei beni. La spiegazione più corretta sembra invece quella di chi ritiene che il danno fosse di natura politica (soprattutto per le conseguenze derivanti dalla perdita del diritto di voto) e morale: in pratica, l'assenza al census non sarebbe stata vista come un privilegio da ottenere, ma avrebbe comportato un 40

G. PIERI, Uhistoire du censjusqu'à lafinde h République romaine, Paris 1968, p. 147; T. P. WISEMAN, The Census in the First Century B.C., «JRS» 59 (1969), pp· 59-75, part. p. 60. 41 Liv. xxix, 37.5 (204 a.C); cfr. P. A. BRUNT, ItalianManpower, cit., pp. 36-37. 42 O c , ad Att. 1,18.8: nam ne àbsens censeare carabo edicendum et proponendum omnibus locis. Sub lustrum autem censeri germani negotiatoris est. Qua re cura ut te quam primum videamus. 43 P. A. BRUNT, Italian Manpower, cit., p. 39.

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pregiudizio sociale rilevante per i rappresentanti delle famiglie romane più in vista.44 Un atteggiamento moralistico di condanna dell'assenteismo fa da sfondo all'altra testimonianza letteraria che. presenta l'espres­ sione àbsens censen: un frammento di un discorso di Scipione Emi­ liano trasmessoci da Aulo Gellio.45 I censori, afferma Scipione, devono porre un freno alla concessione del privilegio di essere censiti in absentia, per evitare il rischio che nessuno si presenti più al census; è lo stesso atteggiamento che si ritrova in Velleio quan­ do rimpiange il tempo nel quale i cittadini venivano richiamati in patria per espletare le operazioni del census,46 evidentemente alludendo ad alcune eccezioni già ammesse dai censori in epoca passata. Anche se i due brani citati non chiariscono con esattezza quale procedura si celasse dietro l'espressione àbsens censen, la situazio­ ne che fa da sfondo alle parole di Scipione nel discorso riportato da Gellio attesta da una parte che era necessario il benestare dei censori per ottenere questo privilegio, dall'altra che nel provvedi­ mento di concessione trovato a Rhosos e nell'editto de pnvilegiis veteranorum anche la clausola sull'esonero dalla presenza alle ope­ razioni dèi census, insieme alle disposizioni già viste,47 deve essere considerata di natura tralaticia. Alla fine dell'età repubblicana, comunque, le operazioni del census erano state da tempo decentralizzate ed affidate, anche in provincia, ai magistrati quinquennali delle colonie e dei municipi (per l'Italia lo attesta la celebre tabula Heracleensis alle 11.142-158).48 44

Per queste ultime considerazioni vd. T. P. WISEMAN, The Census, cit., pp. 60-61 (il quale ritiene che questa situazione sia propria della prima metà del 1 sec. a.C), e C. NICOLET, Le métter de citoyen, cit., pp. 93-95. 45 GELL. v, 19.16 : «In alia tribù patron, in aliafilium suffiagiumferre;filium adoptivum tam procedere, quam si se natum habeat; absentis censeri iubere, ut ad censum nemini necessus sit venire». 46 VELL. n, 7.7: maiores ... civis Romanos ad censendum exprovinciis in Italiani revocaverant. 47 Vd. supra cap. n, § 2. 48 Vd. per tutti E. Lo CASCIO, «Census» provinciale, imposizionefiscalee am­ ministrazioni cittadine nel Principato, in ID., R «pmiceps» e il suo impero. Studi di storia amministrativa efinanziariaromana, Bari 2000, pp. 205-219. In generale, per le considerazioni che seguono nel testo, specialmente quelle relative alle testi-

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Pertanto, il privilegio di absens censen conferito a Seleuco alle 11.2526 probabilmente aveva efficacia a livello locale e va inteso come un esonero dal dover presenziare alle operazioni del census in pro­ vincia, oppure come il diritto a poter inviare in rappresentanza un delegato.49 Del resto, è soltanto nella frase successiva, alle 11. 2627, che si fa riferimento ad un trasferimento in itaiia e, forse, an­ che ad un eventuale census presso una municipalità della penisola. Nelle province dove la presenza di colonie ο municipi romani era del tutto assente - è questo il caso della Siria in età triumvirale - molto probabilmente erano le autorità dei conventus civium Romanorum ad occuparsi dei registri (commentani) dei nuovi cittadini da inviare a Roma e delle liste dei cives Romani dalle quali sorteg­ giare i membri delle giurie.50 Una prova che il nome di Seleuco venne registrato presso gli archivi dei conventus, situati nei princi­ pali centri amniinistrativi della provincia, potrebbe essere fornita dalla clausola sull'invio del provvedimento alle principali pohis della Siria e della Ciucia Pedias (doc. 1, 11. 6-8): è forse questa la risposta che cercavamo quando ci chiedevamo i motivi alla base di questa disposizione.51 Una famosa iscrizione trovata a Venezia, ma proveniente forse da Berytus, documenta resistenza di operazioni di censimento nella città di Apamea in Siria, probabilmente le prime ad essere state effettuate nella provincia.52 Non sappiamo se anche in Siria, monianze siriane ed egiziane, vd. C. NICOLET, L'inventano del mondo. Geografia e politica alle orìgini dell'impero romano, Roma-Bari 1989, pp. 127-150. 49 Per questa ragione la L. R. TAYLOR, The Voting Districts, cit., p. 22, parla dell'esonero per Seleuco e i suoi familiari dal doversi recare alla domus (da in­ tendersi evidentemente come domiciliùm) durante le operazioni del census. 50 Cfr. il 1 editto di Cirene, tramite il quale Augusto fornisce nuove istruzioni in merito all'albo locale dei giudici, da reclutarsi in base al censo. I commentarii civitate Romana donatorum sono testimoniati dalla tabula Banantana, 11. 20-21 {in commentarios nostros referti) e 11. 22-23. CAES., beli.riv.m, 102.6, riferisce di un gruppo ben organizzato di cittadini romani ad Antiochia. 51 Vd. supra cap. 1, § 4, commento alla 1. 8. Y. THOMAS, «Origine» et «commune patrìe», cit., p. 7, reputa che «les concessions viritanes s'accompagnaient-elles parfois ... d'une décision d'affecter le nouveau promu soit à une cité de droit romain ... soit mème à une cité peregrine dans laquelle était établie une forte communauté de citoyens romains». 51 CIL ni, 6687 = ILS 2683,11- 8-11: idem I iussu Quirini censum egi I Apamenae civitatis mil/lium homin(um) civium cxvu (P. Sulpicius Quirinius fu legato di Siria

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come le fonti papirologiche testimoniano per l'Egitto, fossero previste sanzioni per chi non assolveva l'obbligo della dichiara­ zione, dato il carattere di controllofiscaleinsito nelle operazioni del census. Nel caso che resistenza di queste prescrizioni venisse comprovata, il privilegio conferito a Seleuco risulterebbe ai no­ stri cecili maggiormente apprezzatile per i suoi Dcnenciari. 3. LA CONCESSIONE DELLE IMMUNITÀ54

Abbiamo visto che alla concessione della πολειτεία (civitas) si accompagna nel testo dell'atto la άνεισφορία πάντων των υπαρχόντων (11. ιο-ιι; cfr. 11. 20-21 e il doc. ni a 1. 91), vale a dire la immunitas omnium rerum, un'esenzione, quindi, concepita nel­ la sua estensione più ampia. Più avanti nel testo, alle 11. 22-23, si precisa che Seleuco e i suoi congiunti saranno esentati dal ser­ vizio militare e dall'obbligo di prestazioni liturgiche: α[ύτοις τε στρατείας λει]τουργ[ί]ας τε δημοσίας άπάσης πάρε/[σις εστωι].55 La prima espressione è documentata anche da altre testimo­ nianze epigrafiche e letterarie della tarda repubblica,56 ma non è nel 6-7 d.C); cfr. Ios., Ant. xvni, 1. Vd. il commento in L. BOFFO, Iscrizioni greche e latine per lo studio deUa Bibbia, Brescia 1994, 23, pp. 182-203. 53 Le penali inflitte a chi non assolveva l'obbligo della dichiarazione sono indi­ cate nello Gnomon dell'Afro* Logos, §§ 58-63; cfr. E. VOLTERRA, SUE'«incensus», cit., p. 312. L'editto di Vibio Massimo del 104 d.C. (W. Chr. 202) prescrive di effettuare la dichiarazione del censo nel luogo del proprio domicilio amministrativo. 54 Per la terminologia utilizzata in queste pagine dedicate allafiscalitàriman­ do alla nota esplicativa di G. D. MEROLA, Autonomia locale, cit., p. 11, n. 7, dove si sottolinea che per imposte dirette si intendono «quelle che gravano sulla persona e sul patrimonio, indipendentenlente da un qualche atto del soggetto» (tributum soli e trìbutum capitis), per imposte indirette quelle sui consumi e gli scambi {portorium, scriptum, imposte sulle vendite, ecc.). 55 L'equivalente in latino è fornito dall'editto di Ottaviano a favore dei vete­ rani, 1. 10 e 11. 12-13: im[mu]nitatem omnium rerum d[a]re ... liberi su[nto mi]litiae, muneribusque publicis ju\ngenld]i vocatio . Festa in FIRA r\ pp. 310-311, in maniera più letterale e senza tener conto del testo dell'editto, rende άνεισφορία πάντων τών υπαρχόντων con immunitas omnium bonorum. 56 Oltre dlì'edictum de privikgiis veteranorum, la cosiddetta tessera Paemeiobrigensis (che riporta il testo di un editto di Augusto del 15 a.C: AnnEpigr 2000, 760) alla 1.17: immunitatem omnium rerum; vd. l'edizione in F. COSTABILE, O. LICANDRO, «Tessera Paemeiobrigensis». Un nuovo editto di Augusto dalia "Transduriana Provincia" e V«imperium proconsulare» del «princeps», «MEP» Separata 1, Roma

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facile determinare, la natura delle esenzioni incluse nel concetto stesso di immunitas, poiché queste potevano variare in rapporto ai soggetti beneficiari del privilegio. Sembra chiaro, comunque, che nel caso della concessione a singoli individui questa immunità generale riguardasse le imposte dirette riscosse sui beni immobili dalie autorità competenti, rappresentate dai funzionari delle città di appartenenza dei contribuenti o, eventualmente, dagli ammi­ nistratori romani;57 tanto έ vero che l'esenzione dai dazi doganali è accordata in una diversa clausola del provvedimento (vd. infra il commento al § 9). Un riscontro a questa affermazione si può trovare nelle di­ sposizioni del se. de Asclepiade e del in editto augusteo di Cirene. Alle 11. 12-13 della versione greca del decreto senatoriale si pre­ scrive l'esenzione dei beneficiari dalla tassazione dei loro beni (άνείσφοροι... έκ των υπαρχόντων αυτών), oltre che dall'obbligo di contribuire alle liturgie (αλειτούργητοι); in maniera significa­ tiva, il termine utilizzato nel testo (άνείσφοροι) traduce la locu­ zione sine tributa ben visibile alla 1. 8 della parte latina.58 Analoga­ mente, nel in editto di Cirene il termine άνεισφορία è riferito ai beni immobili, prescrivendosi che υπέρ των επίκτητων πάντων i beneficiati devono τελειν τα γεινόμενα (11. 61-62). 2θοο, e il commento accurato di G. ALFÒLDY, R nuovo editto di Augusto da El Bierzo in Spagna, «MEP» 4.6 (2001) [2002], pp. 365-418 = versione tedesca: Dos neue Edikt des Augustus aus El Bierzo in Hispanien, «ZPE» 131 (2000), pp. 177-205. Inoltre ilfiragmentum Tarentinum, 11. 3-4: [ in sua ceivita]te omnium rerum I [immunitas ]; CAES., beli Gali, vi, 14.1-2: militiae vacationem omniumque rerum habent immunitatem; O c , π Verr. 5, 58: omnium rerum immunesfiierunt. Utile H. J. MASON, Greek Terms, cit., pp. 103-104, per le traslitterazioni in greco del termine immunitas. 57 Così R. BERNHARDT, Die Immunitas der Freistadte, «Historia» 29 (1980), pp. 190-207, part. pp. 198-199, individua in «Freiheit von direkten Steuern» la άνεισφορία e in «Freiheit von Liturgien» la άλειτουργησία, le quali formavano le due tipologie di esenzioni concesse dallo stato romano ai privati e alle civitates liberae. M. SEGRE, Due lettere di SiUa, «RFIC» 66, n.s. 16 (1938), pp. 253-263, part. p. 260, riteneva che nelle fonti la άνεισφορία fosse riferita «ai tributi dovuti, direttamente ο indirettamente, a Roma», la άλειτουργησία probabilmente «al­ l'immunità dagli obblighi verso la propria città». 58 Non concordo con la differenziazione operata da S. LINK, Konzepte derPrìvilegierung rómisàier Veteranen, Stuttgart 1989, p. 70, tra Γάνεισφορία concessa «pauschal» nel se. de Asclepiade e quella ottenuta da Seleuco di Rhosos e dai veterani dell'editto di Ottaviano, la quale non comprenderebbe «die Befreiung von der Kopfsteuer».

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Nel se. de Asclepiade, tuttavia, la άνεισφορία è valida soltanto εν ταΐς εαυτών πατρίσιν: in questo caso, quindi, ci si riferisce alle imposte versate dai beneficiari direttamente alle proprie città, non allo stato romano, anche se questo tributo poteva essere usato dalle città per soddisfare le richieste dell'amministrazio­ ne romana; del resto, anche le imposte esatte dalle città greche erano chiamate in latino tributa, come mostrano alcuni passi di Cicerone.59 Questa clausola del decreto del senato deve essere paragonata alle esenzioni accordate dai magistrati romani alle associazioni degli artisti dionisiaci: la lettera di L. Mummius as­ sicura ai membri dell'associazione εξ Ίσθμου και Νεμέας che sa­ ranno [ παντάπα]σιν αλειτούργητους ... και άνεπισταθ/[μεύτους και άτελ]εΐς και άν[ει]σφό[ρ]ους πάσης είσφορα[ς];60 Siila confer­ ma agli artisti della Ionia e dell'Ellesponto che κ[αΰ,ώς και πριν] / πάσης τε λειτουργίας αλειτούργητοι ήτε] / στρατείας τε, μήτε τινά [είσφοραν ή δαπά]/νας είσφέρητε;61 la lettera del triumviro Marco Antonio indirizzata al koinon d'Asia accorda all'associazio­ ne dei vincitori nei concorsi sacri il beneficio της άστρατευσίας / και άλειτουργησίας πάσης.62 Questi documenti, che conferiscono

59 O c , prò Fiacco 20: «in aerano nihil habent civitates, nihil in vectigalibus». Duae rationes conficiendae pecuniae, aut versura aut tributo; ad Quint. 1,1.25: sumptus et tributa civitatum ab omnibus qui earum civitatumfinesincoìant tolerari aequaliter. Cfr. T. R. S. BROUGHTON, On Two Passages ofCicero referring to Locai TaxesinAsia, «AJPh» 57 (1936), pp. 173-176, part. p. 174; G. D. MEROLA, Autonomia locale, cit., p. 115. L'utilizzo nelle fonti degli stessi termini per indicare le imposte versate alla città di appartenenza ο a Roma ha spesso provocatofraintendimentitra gli studiosi moderni: è quanto osserva giustamente M. CORBIER, Cité, tenitoire et fi­ scalità, in Epigrafia. Actes du cólloque international d'épigraphie latine en mémoire de Attilio Degrassi pour le centenaire de sa naissance, Rome 1991, pp. 629-665, a p. 637. 60 B. LE GUEN, Les associations de Technites, cit., 1, 34 = RDGE 44 (più preciso nell'edizione del testo), 11. 5-6 (146 a.C). 61

B. LE GUEN, Les associations de Technites, cit., 1, 56 Β = RDGE 49 B, 11. 8-11 (ca.

84 a.C); traduzione in R. K. SHERK, Rome and the Greek East, cit., 62, p. 75. Cfr. D. MAGIE, Roman Rule, cit., p. 900, e C. GARTON, Sulla and the Theatre, «Phoe­ nix» 18 (1964), pp. 137-156, part. pp. 144-146. Alcune di queste esenzioni sono certamente legate al particolare periodo storico (la prima guerra mitridatica e lariorganizzazionedella provincia d'Asia ad opera di Siila): cfr. RDGE, p. 265; B. LE GUEN, Les associations de Technites, cit., 1, p. 286; G. D. MEROLA, Autonomia beale, cit., pp. 52-54. RDGE57,11.14-15 (42-41 ο 33-32 a.C. : cfr. D. MAGIE, Roman Rule, cit., p. 1279, n. 4) ; vd. anche SEG37 (1987), 874; B. LE GUEN, Les associations de Technites, cit., 1, pp. 32-33.

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esenzioni dalle liturgie e, nelle prime due testimonianze, anche da tributi, rappresentano la conferma, da parte delle autorità ro­ mane, della validità dei privilegi concessi dalle poleis greche ο dai sovrani ellenistici a specifiche categorie di cittadini; la ανεισφορία in questo caso comporta solamente l'esenzione dalle imposte versate alle città stesse.63 Nel provvedimento a favore di Seleuco l'esenzione fiscale è invece sicuramente valida «in alien Bereichen» e riguarda tutti i tributi, fossero essi esatti localmente ο da Roma, in qualunque località Seleuco si troverà a risiedere; la ανεισφορία concessa a Seleuco è quindi identica alla ατέλεια valida πανταχού che Cesare conferì ad Antipatro di Giudea nel 47 a.C.64 Pertanto, a Seleuco e ai suoi familiari venne accordata la facoltà di possedere beni immobili non solo nelle province, ma eventualmente anche in Italia, senza il pagamento del tributo. È questo un privilegio superiore a quello goduto dagli stessi cittadini romani i quali, se non de iure, almeno de facto, a partire dal 168 a.C. non erano più tenuti a pagare il trìbutum in Italia, ma erano certamente tenuti a pagare le imposte sulla proprietà in provincia secondo il diritto locale vigente.65 Questa immunità, di per se stessa ereditaria e non limitata temporalmente, comportava il godimento di privilegi sostanziali anche per i discendenti del principale beneficiario del provve­ dimento (Seleuco di Rhosos). Il in editto di Cirene, invece, di­ spone che la sua validità sia limitata alla proprietà posseduta al 63

Per queste considerazioni vd. A. RAGGI, Senatus consultum, cit., pp. 90-91; cfr. H. WOLFF, Die Entwicklung der Veteranenprìvtiegien, cit., p. 61 e n. 61. Su que­ sta questione, tuttavia, non esiste unanimità di opinione tra gli studiosi: vd. da ultimo S. ANEZIRI, Die Vereine der dionysischen Techniten im Kontext der hellenistischen Geselìschafi. Untersuchungen zur Geschichte, Organisation una Wirkung der hellenistischenTechnitenvereine, Historia Einzelschriften 163, Stuttgart 2003, p. 250, n. 241. 64 L'espressione citata appartiene a H. WOLFF, Die Entwicklung der Veteranenprivilegien, cit., p. 78; su Antipatro vd. supra p. 114. Contro. A. N. SHERWIN-WHITB, The Roman Citizenship. A Survey, cit., p. 50, n. 131, e A. N. SHERWIN-WHITE, The Roman Citizenship, cit., p. 299, il quale ritiene che Yimmunitas rerum «can refer only to remissions from Roman taxation»; così anche Κ. Μ. Τ. ATKINSON, The Third Cyrene Edict, cit., p. 31, a proposito del in editto di Cirene. 65 Vd. supra n. 18. Ma è noto che i triumviri introdussero diverse imposte in Italia.

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momento della concessione (11. 60-62) ; probabilmente questa fu un'innovazione introdotta da Augusto, ma l'editto non fornisce indicazioni su come ci si regolasse nei confronti dei discendenti del principale beneficiario della concessione per far rispettare questa eventuale limitazione della immunitas. Lei miliciae munerisque publici vaccaio era sicuramente un'antica clausola di stile che si perpetuava in modo tralaticio in particolari disposizioni legislative, come abbiamo osservato supra nel cap. 11, § 2.67 Grelle ha messo in evidenza i molteplici significati non tec­ nici che nelle fonti giuridiche della tarda repubblica assumeva la perifrasi munus publicum. Nel nostro documento munus publicum indica l'«esenzione dalle funzioni onerose che peregnni» sosten­ gono a prò dei magistrati romani,68 ma qui di certo si riferisce principalmente all'esonero dalle liturgie cittadine. 3.1. La conservazione delle precedenti condizioni dipnvilegio (§5) Modificando l'interpretazione fornita dal primo editore e dai suc­ cessivi commentatori dell'iscrizione,69 WolfF suddivise le 11. 2832 in due clausole distinte, basandosi sulle analoghe disposizioni presenti nell'editto a favore dei veterani (11. 15-20, anche queste 66 Va. il testo supra alla nota 11. K. M. T. ATKINSON, The Third Cyrene Edict, dt., pp. 30 e 32, ritiene invece che nel provvedimento a favore di Seleuco di Rhosos esista una tale limitazione, poiché interpreta των [ύπαρχόντ]ων di 11. io­ li e 20-21 come «the existing property». 67 Cfr. lexrepetundarum, 11.76-79; fragmentum Tarentinum, 11.3-4; lex Ursonensis

LXVI, 1.39. 68 F. GRELLE, «Munus publicum». Terminologia e sistematiche, «Labeo» 7 (1961), pp. 308-329, part. p. 310 con n. 13 e pp. 312-314; cfr. anche A. J. B. SIRKS, «Munera publica» and exemptions («vacatio», «excusatio» and «immunitas»), in Estudis de dret Roma i d'historia del dret camparat en homenatge a Ramon d'Abadal i de Vinyals pel seu centenari = Studies in Roman Law and Legai History in Honour of Ramon d'Abadal i de Vinyals on the Occasion ofthe Centenary, ed. by J. Sobrequés & M. J. Pelàez, Barcelona 1989, pp. 79-111, part. pp. 98-100. Sulle liturgie rimando nuo­ vamente a S. ANEZIRI, Die Vereine, cit., p. 250. 69 I quali restituivano ο commentavano le 11. 28-32 come se formassero un'unica clausola: P. ROUSSEL, Un Syrieny cit., p. 55 (che aveva comunque in­ tuito che a 1. 30 inizia una nuova frase: ibid.t pp. 35 e 41); E. SCHÒNBAUER, Die Inschrìft, cit., p. 202; FIRA f, p. 311; F. DE VISSCHER, Lestatut, cit., pp. 84-86; A. N. SHERWIN-WHITE, The Roman Citizenshipt cit., pp. 299 sg.; R. K. SHERK, Rome and the Greek Eastt cit., p. 107.

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interpretate dallo studioso tedesco in maniera differente rispetto agli editori precedenti).70 Pertanto le 11. 28-30, al pari delle 11.15-17 dell'editto de yrivilegis veteranorum, prescrivono che la condizio­ ne giuridica ο i diritti posseduti dai destinatari del provvedimento nel periodo di tempo precedente alla concessione della cittadi­ nanza romana e dell'immunità dovranno rimanere in vigore. A causa delle lacune presenti nel testo, non è possibile stabilire esat­ tamente quali diritti godessero ο in quale condizione giuridica si trovassero i beneficiari di questa disposizione prima di diventare cives Romani immunes; quasi sicuramente se ne faceva menzione alla 1. 29 e forse alla 1.30 (δίκαιον). La seconda parte del § 5, che riecheggia in maniera letterale le 11.17-20 dell'editto depnvilegiis veteranorum, autorizza Seleuco e i familiari a poter disporre ancora di tutti quei benefici, quelle cari­ che e quei privilegi che i nuovi cittadini avessero eventualmente ottenuto prima del conferimento della civitas Romana e della immunitas. Con riferimento alle disposizioni giuridiche, le 11. 30-32 sono affini alle 11. 28-30, dal momento che anch'esse rappresenta­ no una perpetuazione di una situazione di privilegio conseguita in passato dai beneficiari. Pertanto, a differenza di Wolff, non ri­ tengo opportuno suddividere le 11. 28-32 in due clausole distinte. Poiché l'intento della disposizione era quello di impedire che le autorità locali privassero i destinatari del provvedimento delle ca­ riche e dei privilegi posseduti fino a quel momento, adducendo a pretesto la immunitas a loro concessa, Wolff include le disposizio­ ni presenti alle 11. 28-32 tra quelle riguardanti l'immunità/ 1 È bene precisare, tuttavia, che l'analisi del § 5 potrebbe rientrare a diritto tra le pagine dedicate alla concessione del diritto di cittadinanza, in quanto proprio le disposizioni di questa clausola pongono il problema del rapporto tra i nuovi cittadini romani e il loro status precedente e, come tali, hanno dato origine alla vexata quaestio della cosiddetta 'doppia cittadinanza'.72 70 Vd. H. WOLFF, Die Entwicklung der Veteranenpnvilegien, cit., p. 78, n. 102, e p. 81, n. 104, per le giuste osservazioni rivolte agli studi precedenti; cfr. infra

APPENDICE IH. 71

H. WOLFF, Die Entwicklung der Veteranenprìvilegien, cit., p. 78, n. 102, e pp. 81-82. 72 Sulla quale vd. infra § 4.

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Questo tipo di clausola, che prescrive il mantenimento di vec­ chi privilegi di diversa natura, non presenta alcun parallelo nelle fonti di età imperiale.73 La lista presente alle 11.30-31 si riferisce a cariche e benefici attribuiti a livello cittadino; i commoda indicavano certi privilegi riservati alla cittadinanza locale.7411 concetto ài proemia assunse un rilievo fon­ damentale nel sistema ideologico delle classi dirigenti romane alla fine dell'età repubblicana: la spespraemiorum prospettata ai peregrini per guadagnarli alla causa di Roma in guerra è, infatti, uno dei temi ricorrenti dell'orazione ciceroniana prò Balbo.75 Erano definite proe­ mia anche le ricompense previste dalla legislazione penale romana per un accusatore risultato vincitore in un procedimento legale.76 73

Osservazione di S. LINK, Konzepte der Privuegierung, cit., p. 69. Cfr. lex Irnitana 77 (cenae), 79 (distribuzioni di denaro), 92 (epula, viscerationes); D. 50,1, 27,1 (ULP. 2 ad ed.): Si quis ...in municipio semper agit, in itio vendit emit contràhit, in eoforo balineo spectaculis utitur, ibifestos dies celebrai, omnibus denique municipii commodis, nullis coloniarumfruitur, ibi magis habere domidlium.... Sul valore di honores e commoda cfr. anche le osservazioni di M. KLEIJWÌGT, The Value ofEmpty Honours, «Epigraphica» 54 (1992), pp. 131-142. 75 O c , prò Balbo 2, 6 e 21, 49. Questo aiuto esterno veniva considerato come una condizione essenziale per la sicurezza dello stato romano e pertanto meri­ tevole della concessione del beneficio più alto, la civitas Romana: vd. Cic, prò Balbo 9, 22: Atqui ή imperatoribus nostris, ή senatui, si populo Romano non licebit propositis praemiis elicere ex civitatibus sociorum atque amicorumfortissimum atque optimum quemque ad subeunda prò salute nostra perioda, summa utilitate ac maximo saepe praesidio periculosis atque asperis temporibus carendum nobis erit\ Cic, prò Balbo 9,23:5i quis ex hispopulis sit exortus qui nostros duces auxilio hboris, commeatus periodo suo iuverit, qui cum hoste nostro comminus in ade saepe pugnarit, qui se saepe telis hostium, qui dimicationi capitis, qui morti óbiecerit, nuUa.condicione huius civitatis praemiis adfici possiti O c , prò Balbo 22, 51: Etenim cum ceteris praemiis digni sunt qui suo labore et periodo nostram rempublicam defendunt, tum certe, digras­ simi sunt qui civitate ea donenturpro qua perioda ac tela subierunt. Atque utinam qui ubique sunt propugnatores huius imperì possent in hanc civitatem venire, et cantra oppugnatores rei publicae de civitate exterminari! Cfr. anche O c , prò Balbo 9,24 -10, 25. Vd. H. WOLFF, Die Entwicklung der Veteranenprivilegien, cit., p. 45 e n. 2. 76 Vd. M. C. ALEXANDER, «Praemia» in the «Quaestiones», cit., part. p. 31: i praemia erano previsti «to encourage a suitable individuai to come forward and serve as prosecutor». Sulla dimensione premiale del diritto romano vd. G. LURASCHI, R «praemium» nell'esperienza giuridica romana, in Studi in onore di Arnaldo Biscardi rv, Milano 1983, pp. 239-283. Il praemium può essere addirittura usato come incentivo per l'uccisione di cittadini romani (è noto il caso delle proscrizioni triumvirali: vd. F. HINARD, Les proscriptions de la Rome républicaine, Rome 1985, pp. 233-239). 74

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3. 2. Esonero dalle nchieste di funzionari romani (§ 6)

Il § 6, come già osservato dai precedenti studiosi dell'iscrizione, corrisponde alle ultime linee preservateci dai papiro che contiene Γ editto di Ottaviano a favore dei veterani (U. 20-23).π Disposizioni analoghe si trovano anche in altri documenti di età tardo-repubblicana: nella lex Antonia de Temiessibus,7* in un provvedimento promulgato da G. Cesare e tramandatoci da Flavio Giuseppe,79 nel se. de Aphrodisiensibus.80

La clausola esonera i destinatari del provvedimento dall'obbli­ go di fornire alloggio ο quartieri d'inverno a tutta una serie di magistrati e funzionari romani. In questa lista di funzionari, la nostra attenzione è attirata principalmente da due figure, quel77

Vd. P. ROUSSEL, Un Syrien, cit., pp. 55 sgg.; Mouterde in IGLS ΠΙ ι, p. 405; H.

WOLFF, Die Entwicklung der Veteranenprivikgien, cit., p. 82. Per il testo vd. infra APPENDICE in. 78 Col. 11, 11. 6-17: nei quis magistratus prone magistratu legatus ne[u] I quis alius meilites in oppidum Thermesum Maiorum I Pisidarum agrumue Thermensium Maiorum I Pisidarum hiemandi caussa introducilo, neiue I facitot quo quis eo meilites introducat quoue ibei I meilites hiementy nisei senatus nominatimy utei Thermesum I Maiorum Pisidarum in hibernacula meilites I deducantur, decreuent; neu quis magistratus I proue magistratu legatus neu quis alius facito I neiue inperato, quo quid magis iei dent praebeant I ab ieisue auferatur, nisei quod es ex lege Porcia I dare praebere oportet oportebit. Lo studio fondamentale relativo a questa iscrizione resta quello diJ.-L. FERRARY, La Lex Antonia de Termessibus, «Athenaeum» 73 (1985), pp. 419-457; cfr. anche il commento in RS, p. 339. Sul­ la datazione del documento vd. di recente H. B. MATTINGLT, The date and significance ofihe «Lex Antonia de Termessibus», «Scholia» n.s. 6 (1997), pp· 68-78. 79 Ios., Ant. xiv, 204 : και δπως μηδείς μήτε άρχων μήτε άντάρχων μήτε στρατηγός ή πρεσβευτής εν τοις δροις των Ιουδαίων άνιστη συμμαχίαν μηδέ στρατιώταις έξη χρήματα τούτων είσπράττεσθαι ή εις παραχειμασίαν ή άλλω τινι όνομάτι. 80 Linee 32-36 (cfr. J. REYNOLDS, Aphrodisias, cit., 9, U. 2-6, e il commen­ to a pp. 77-78): μήτε μήν άρχοντα τιν[α ή άντάρχοντα δήμου 'Ρωμαίων έτερον τέ / τίνα εις τή]ν πόλιν η [τ]ήν χώραν ν. ή και τους δρους του [ς] Πλαρασέων κα[ί Άφροδεισιέων στρατιώτην και άντιστρα/τιώτην, ίππ]έα, ετερό[ν τίνα εί]ς παρα[χει]μασ[ί]αν προς αυτούς δίδο[σθαι μήδε καταθέσθαι κελεύειν, μήτε χρή/ματα Istop μήτ]ε στρα[τιώτας tstop μήτε πλοία Istop μήτε σείτον Istop μή]τε δπλα stop μήτε σχ[εδίας Istop μήτε μήν έτερον τι πράγμα /τω δήμω τω] Πλαρ[ασέων και Άφροδεισιέων έπιτάσσεσθαι ]. Sul termine άντιστρατιώτης (= prò milite) vd. J. LINDERSKI, Rome, Aphrodisias and the «Res Gestae»: the «genera militiae» and the Status ofOctavian, «JRS» 74 (1984), pp. 74-80 = ID., Roman Questions, Stuttgart 1995» pp· i47-i53> con addenda a pp. 642-644.

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la dell'επίτροπος (termine ad ogni modo integrato) e quella del χειριστής εισφορών, da intendersi come traduzioni del latino procurator e manceps vectigalium, upublicanus (ό δημοσιώνης) che "ac­ quistava" l'appalto per la riscossione delle imposte e l'esecuzione dei lavori pubblici; nell'editto depnvilegiis veteranonim, 1.21, questa espressione έ resa con emptor trìbutomm.81 Riguardo al primo Ter­ mine, la Reynolds suggerisce che la testimonianza va intesa come un'indicazione dell'emergere della figura del procurator in ambito provinciale. I triumviri si servirono della collaborazione di rap­ presentanti nominati personalmente per alcune funzioni ad hoc, in particolare di natura finanziaria, nelle province; furono questi personaggi, liberti ο esponenti locali, ad assumersi incarichi di no­ tevole responsabilità ed importanza, sostituendo perfino nell'am­ ministrazione di una provincia funzionari di maggior prestigio.82 La frequente menzione del binomio δημοσιώνης /επίτροπος nella lex portoni Asiae83 fornisce, tuttavia, un'altra interpretazione del termine procurator: in questa clausola del provvedimento a fa­ vore di Seleuco di Rhosos, procurator potrebbe indicare, in manie­ ra più specifica, il rappresentante del pubblicano, colui che, con gli stessi poteri e con la stessa efficacia, sostituiva il δημοσιώνης in tutte le attività in provincia. Nell'elencazione dei funzionari, in effetti, il termine pare seguire immediatamente l'espressione equivalente a publicanus; sulla base dell'analogia con la lex por­ toni Asiae (11. 13, 14, 118), si potrebbe anche pensare di abbinare έπίτροπον all'crikoO seguente (1. 34), ma in tal caso resterebbe da integrare in maniera soddisfacente la parte restante della lacuna. L'esonero dalla requisizione di abitazioni (dagli hospitia), una 81

Pertanto è da correggere l'affermazione di H. J. MASON, Greek Terms, cit., p. 99, cfr. p. 143, il quale intende lafiguradelTó χειριστής presente in queste linee come corrispettivo del latino procurator (amministratore dei beni imperiali). 81

83

J. REYNOLDS, Aphrodisias, cit., p. 100.

Le ricorrenze sono state raccolte da T. SPAGNUOLO VIGORITA, «Lexportus Asiae». Un nuovo documento sull'appalto deUe imposte, in Congresso internazionale sul tema. I rapporti contrattuali con la pubblica amministrazione nell'esperienza stonco-giuridica, Torino, ij-19 ottobre 1994,Napoli 1997, pp· 113-190, part. p. 171, n. 172. Un'analisi in G. D. MEROLA, R valore dei termini δημοσιώνης e τελώνης nel «Monumentum Ephesenum», in Economia, amministrazione efiscalitànel mondo romano. Ri­ cerche lessicali, a cura di A. Storchi Marino, Bari 2004, pp. 173-189 (non cita però la nostra iscrizione a p. 181, n. 31), dove si afferma che δημοσιώνης indica «il pubbli­ cano romano in relazione/contrapposizione con il pubblicano locale» (p. 182).

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pratica assai diffusa nell'antichità per consentire l'alloggio (ή υποδοχή) dei funzionari statali84 ο lo svernamento delle truppe (ή παραχειμασία), era ovviamente un privilegio ambito; quest'ulti­ ma esenzione in genere era indicata con il termine άνεπισταθμεία (per una testimonianza cfr. supra la lettera di L. Mummius).85 3. 3. Disposizioni in -materia ài «conuhium» e «datio tutoris» (§ 8) A prima vista, il termine έπιγαμία (= conuhium)86 a 1.40 e i richiami ad una lexAtilia a 1. 43 e ad una lex Iulia a 1. 44 (sui quali vd. infra) sembrerebbero indicare che questa clausola presentasse disposi­ zioni di natura privatistica, in particolare concernenti il diritto di famiglia, che riguardavano alcuni beneficiari del provvedimento in ragione dell'acquisizione del loro nuovo status di cives Romani. Wolff considera invece il contenuto di questo paragrafo in linea con quello successivo e forse anche con quello precedente, vale a dire come se la clausola prevedesse ancora concessioni di immu­ nità: ne sarebbe un indizio la presenza di vocaboli come χρήμα e [ έ]πωνικών a 1. 41 e έκπράττεσθαι a 1. 42. Pertanto, in disaccordo con i precedenti commentatori dell'iscrizione, lo studioso tedesco ritiene che la presenza del termine έπιγαμία non costituisce una prova certa della concessione dello ius conuhii ai discendenti di Seleuco, perché tale concessione avrebbe dovuto trovare posto non in questa clausola, ma in quella sullo ius civitatis (§ 4:11. 24-27).87 84 Cfr. da ultimo D. HENNIG, Die Beherbergungvon "Staatsgàsten" in der heìlenistischen Polis, «Chiron» 27 (1997), pp. 355-368, part. p. 364. 85 Sulla άνεπισταϋμεία vd. M. LAUNEY, Recherches sur les armées hellénistiques n, Paris 1950, pp. 695-723; RDGE 44, 1. 5, e 57, 1. 15; M. WÒRRLE, Epigraphische Forschungen zur Geschichte Lykiens m. Ein hellenistischer Konigsbriefaus Telmessos, «Chiron» 9 (1979), pp. 83-111, part. pp. 89-91; D. HENNIG, Staatliche Anspriiche an pnvaten Immobilienbesitz in der klassischen und hellenistischen Polis, «Chiron» 25 (1995), pp· 235-282, part. pp. 275-282 (attestazioni di età ellenistica). Sulla pratica dell'hospitium militare in età repubblicana vd. T. NACO DEL HOTO, «Milites in oppidis hibernabant». El «hospitium militare» invernai en ciudades peregrinas y fos abusos de la hospitalidad «sub tectis» durante la Republica, «DHA» 27.2 (2001), pp. 63-90, part. pp. 75 sgg. 86 Per l'equivalenza dei termini έπιγαμίαIconubium vd. E. VOLTERRA, La no­ zione giuridica del conubium, in Studi in memoria di Emilio Albertario n, Milano 1953, pp- 347-384, part. pp. 375-384. 87 H. WOLFF, Die Entwicklung der Veteranenprivilegienf cit., p. 83 e n. 109 per la letteratura precedente; cfr. ibid., p. 84, n. 114.

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È difficile comprendere quale fosse il contenuto effettivo di questo paragrafo, così da poter prendere una posizione in merito alla questione. Eppure, riguardo alla clausola del provvedimen­ to che include il termine έπιγαμία sono state avanzate diverse ipotesi. Il concetto di conuhium indicava propriamente la capaci­ tà di formare, con persona di sesso diverse munita a sua volta ài conuhium, un rapporto coniugale al quale l'ordinamento giuridi­ co romano ricollegava gli effetti giuridici propri del matrimonio legittimo; per i giuristi romani era quindi un requisito positivo, necessario ed imprescindibile per l'esistenza del matrimonio.88 Poiché entrambi i genitori di Seleuco, egli stesso e sua moglie ottennero la cittadinanza romana,89 si è supposto che la clausola si riferisse alla necessità del conuhium per i coniugi attuali ο futuri (di diritto peregrino) dei figli e dei discendenti (cittadini romani) del beneficiario principale,90 secondo la formula ben conosciuta dei diplomi militari, per impedire che i nati da queste unioni risul­ tassero peregrini e spurii (mi sembra questa l'ipotesi più plausibi­ le). Altri invece hanno pensato «a privilegi connessi col diritto di famiglia ... in previsione di seconde nozze»;91 altri ancora ad uno ius conuhii che comprendesse anche un'immunità estesa ai nuovi beni acquisiti per mezzo di queste future unioni matrimoniali.92 88 Fondamentale E. VOLTERRA, Matrimonio (diritto romano), in EDXXV (1975), pp. 726-807, part. pp. 733-735. È da osservare che il conuhium costituiva soltanto uno dei tre requisiti, oltre all'età e al consenso continuato reciproco, perché l'unio­ ne coniugale di un cittadino romano formasse iustae nuptiae a tutti gli effetti. 89 E pertanto il loro matrìmonium iuris peregrini si trasformò automaticamen­ te in un iustum matrìmonium romano: cfr. E. VOLTERRA, Matrimonio (diritto ro­ mano), cit., p. 776. 90

F. DE VISSCHER, Lacondition, cit., p. 36, e ID., Le statuì, cit., p. 87; E. SCHÒNBAUER, Die Inschrift, cit., p. 202; G. I. LUZZATTO, Epigrafia giuridica, cit., p. 298; H.

WOLFF, DieEntwicklungàerVeteranenprivilegien,tit.,p.84en. 113. Dal punto divista giuridico, i casi nei quali un nuovo cittadino romano sia già unito in matrimonio oppure si unisca, dopo la concessione della cittadinanza romana, ad un coniuge di diritto peregrino sono esaminati da E. VOLTERRA, Matrimonio (diritto romano), cit., pp. 776-785, part. 778, n. 129, a proposito del dossier di Seleuco di Rhosos. 91 V. ARANGIO-RUIZ, Epigrafia giuridica greca e romana (1933-1935), cit., p. 498, n.43. 92

M. A. LEVI, La grande iscrizione, cit., pp. 125-126; cfr. G. I. LUZZATTO, Epi­

grafia giuridica, cit., p. 298. Il Prof. M. Crawford invece mi scrive che «there must have been a concem to maintain conuhium with the Rhosians - see the Lex Irnitana».

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Passiamo ora all'esame dei due provvedimenti menzionati nel te­ sto alle 11. 43-44: νόμωι Άτειλίωι / [και νόμωι] Ίουλί[ωι ]. Il primo editore del dossier si accorse immediatamente che queste due de­ signazioni si trovano spesso abbinate nelle fonti di natura stretta­ mente giuridica in riferimento alla legislazione in materia di datio tutori*:93 sono note, infatti, una lex .Atilia, che affidava al praetor urbanus la nomina di un tutore, se per un impuber ο una mulier non era stato designato un tutor testamentanus oppure un tutor legitimus; inoltre una lex Iulia et Titia, che estendeva all'ambito provinciale le disposizioni della lex Atilia, autorizzando il gover­ natore alla datio tutoris.94 Il capitolo cix della lex Ursonensis e il capitolo 29 della lex Irnitana (presente anche nella lex Salpensana: FIRA7, 30), che regolano la da­ tio tutoris, hanno offerto agli studiosi la possibilità di comprendere alcuni meccanismi della procedura in ambito municipale ; tuttavia, diversi quesiti sulla tutaa non hanno ancora trovato una risposta soddisfacente: in particolare, la questione della unicità ο duplicità della lex Iulia et Titia e il problema della datazione dei provve­ dimenti legislativi di età repubblicana concernenti la tutela.95 93

P. ROUSSEL, Un Syrien, cit., p. 57. J.-L. FERRARY, Chapitres tràlatices etréférences à des lois anténeures, cit., part. pp. 151-160, ha esaminato in che modo i testi legislativi romani di età repubblicana menzionano al loro interno leggi ante­ riori. 94 II testo di riferimento è GAI., Inst. 1, 185: si cui nullus omnino tutor sit, ei datur in urbe Roma ex lege Atilia a praetore urbano et maiore parte trìbunorum plebis, qui Atilianus tutor vocatur; in provinciis vero a praesidibus provinciarum lege Iulia et Titia,ripreso,sostanzialmente senza modifiche, in IUST., Inst. 1,20 pr.; cfr. inol­ tre GAI., Inst. 1,186-187,194, *95 e 195^; Tit. Ulp. 11,18: lex Atilia iubet mulieribus pupillisve non habentibus tutores dori a praetore et maiore parte trìbunorum plebis, quos ltutores Atilianos' appellamus. sed quia lex Atilia Romae tantum locum habet, lege Iulia et Titia prospectum est, ut in provinciis quoque similiter a praesidibus earum dentur tutores. 95 La letteratura sull'argomento è vasta: rimando a P. ZANNINI, Tutela (dir. rom.), in ED XLV (1992), pp. 305-315, e a F. LAMBERTI, «Tabulae Irnitanae», cit., pp. 57-64; cfr. in generale M. TALAMANCA, Elementi di diritto privato romano, Milano 2001, pp. 86-91, e A. GUARINO, Diritto privato romano*, Napoli 2001, pp. 599-612. Da ultimo X. D'ORS, Sobre el cap. 29 de la «Lex Flavia municipalis»: una nueva interpretación, in luris vincula. Studi in onore di Mario Talamanca m, Napoli 2001, pp. 1-64; G. MELILLO, Le Istituzioni di Giustiniano e la storia deUa tutela, in luris vincula. Studi in onore di Mano Talamanca v, Napoli 2001, pp. 351-393; D· N3**» Zur Palingenesie der romischen Vprmundschaftsgesetze, «ZRG» 118 (2001), pp. i-72·

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In merito al primo quesito, un recente contributo di Ferrary ha indicato la soluzione corretta, escludendo, a mio parere con argomenti decisivi, l'ipotesi dell'unicità della legge, che era sta­ ta accolta da illustri romanisti. Innanzitutto, le fonti giuridiche, nel menzionare la lex lidia et Titta, inseriscono sempre all'interno della denominazione della lewe una congiunzione che. in testi di questo tipo, viene di norma utilizzata quando si vuole distin­ guere due provvedimenti tra loro. Inoltre, la promulgazione di una presunta lex Iulia Titia nel 31 a. C, anno nel quale M. Titius fu suffectus consul da maggio a settembre e collega di Ottaviano, è inverosimile, perché entrambi i consoli non si trovavano a Roma nel periodo di esercizio della loro carica, ma presenziavano sul fronte orientale alle operazioni che avrebbero portato alla batta­ glia di Azio (2 settembre).96 A questo punto, l'iscrizione che stiamo esaminando si rivela fondamentale per la datazione della lex Titia, sempre menzionata nelle fonti di seguito alla lex Iulia e dunque quasi sicuramente posteriore a quest'ultima. Considerando che il provvedimento dei triumviri a favore di Seleuco di Rhosos presenta come fonte giuridica una legge promulgata alla fine del 42 a. C. (la lexMunatia Aemilia),è ovvio che questa data va ritenuta il terminus ante quem per la collocazione temporale della lex Iulia menzionata a 1. 44. Se poi accogliamo l'integrazione και Τιτίωι proposta da Ferrary per completare nella stessa 1. 44 il riferimento ai provvedimenti legislativi sulla datio tutoris, mi sembra che sia possibile accettare quanto meno l'attribuzione della lex Titia a P. Titius, tribuno del­ la plebe nel 43 a.C.97

96 J.-L. FERRARY, «Pnnceps kgis» et «adscrìptores», cit., pp. 238-240. Diversi do­ cumenti che invocano come fonte giuridica la lex Mia et Titia sono stati rac­ colti e studiati da J. MODRZEJEWSKI, A propos de la tutéile dative aesfemmes dans l'Égypte romaine, in Akten des XIII. Internationalen Papyrologenkongresses, hrsg. von E. Kiefìling und H.-A. Rupprecht, Mùnchen 1974, pp. 263-292. L'autore ritiene che si tratti di un'unica legge e la data al 31 a.C. (ibid., p. 273, n. 8); così anche D.

NÒRR, Zur Palingenesie, cit., pp. 7-8. 97

L'attribuzione in G. NICCOLINI, I Fasti dei tribuni della plebe, Milano 1934, p. 443, e A. D'ORS, LOS Bronces de El Rubrio, «Emerita» 9 (1941), pp. 138-154, part. p. 146; G. ROTONDI, Leges publicae, cit., p. 333, si mostra indeciso tra il 99 e il 43 a.C. Su P. Titius vd. MRR 11, p. 340, e in, p. 206; cfr. anche 11, p. 473. L'integrazione και Τιτίωι è proposta da J.-L. FERRARY, «Princeps legis» et «adscrìptores», cit., a p. 240, n. 96; la sua affermazione a p. 240 (dir. ora J.-L. FERRARY, La création delaprovin-

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La lexAtilia de tutore dando (probabilmente un plebiscito) risale alla fine del πι ο agli inizi del π sec. a.C.;98 la lexlulia (de tutelai) fu promulgata probabilmente da Cesare nel 46 a.C." e fu completa­ ta pochi anni dopo, senza essere abrogata, dalla lex Titta de tutela del 43 a.C. Le fonti successive unirono insieme queste due ultime leggi sulla iutéia, perché evidentemente la giurisprudenza le vide come un insieme normativo unitario, data forse anche la possibi­ le vicinanza temporale della loro promulgazione.100 Altre soluzioni sono state avanzate (ad esempio, si è attribuita la lex Titta al tribuno della plebe del 99 a.C. Sex. Titius; in tal caso, andrebbe ricercato un rogatore per la lex Mia negli anni precedenti), ma il quadro delle tappe percorse dalla legislazione ce d'Asie et la présence italienne en Asie Mineurey in Les Italiens dans le monde grec, if siede av. j.-c. - f siede ap.J.-C. : circulation, activités, integration. Actes de la table ronde ENS, édités par C. Mùller et C. Hasenohr, Athènes 2002, pp. 133-146, part. p. 137, n. 16), che riscrizione di Rhosos sia «un indice de l'existence de la loi Iulia dès34 av.j.-c.» (il corsivo è mio), deve a mio parere essere riformulata tenendo conto della datazione proposta per il doc. π (vd. supra cap. n, § 3); H. WOLFF, DieEntwicklungder Veteranenpivikgien, cit., p. 83, n. 111, infatti scrive: «Das umstrittene Datum der lex Iulia (et Titia?) fàllt min natiirlich in die Zeit vor 42». 98 Come rogatore si è pensato al tribuno della plebe L. Atilius (210 a.C); la legge è comunque anteriore al 186 a.C, perché, in riferimento a quest'anno, Lrv. xxxix, 9.7 nomina un tutor che è ab tribunis et praetore petito: vd. G. RO­ TONDI, Leges publicae, cit., pp. 275-276, e G. NICCOLINI, I Fasti dei^tribuni, cit., pp. 401-402; cfr. P. ZANNINI, Studi sulla tutela mulierum 11. Profili strutturali e vicende storiche dell'ùtituio, Milano 1979, p. 113, e da ultimo G. MELILLO, Le Istituzioni di Giustiniano e la storia della tutela, cit., p. 353, n. 2. Al contrario, il passo di Livio non è ritenuto utilizzabile per la datazione della lex Atilia da D. NÒRR, Zur Palingenesie, cit., pp. 49-51. G. BAGNANI, ree. a T. R. S. Broughton, The Magistrata ofthe Roman Republic 1, New York 1951, «Phoenix» 6 (1952), pp. 71-74, part. pp. 72-73, restringe gli anni di promulgazione della lexAtilia al 190-188 a.C., ritenen­ dola posteriore alla lex Laetoria (o Plaetoria) de circumscrìptione adukscentium (192 a.C.?), sulla quale letteratura in A. GUARINO, Diritto privato, cit., pp. 621-622. 99

Cfr. G. ROTONDI, Leges publicae, cit., p. 440, e G. NICCOLINI, I Fasti dei tribu­ ni, cit., p. 443; A. D O R S , LOS Bronces, cit., p. 146. 100

J. S. RICHARDSON, Old Statutes never die: a briefHùtory ofAbrogation, in Mo­ dus operandi. Essays in Honour ofGeoffrey Rickman, ed. by M. Austin, J. Harries, Chr. Smith, London 1998, pp. 47-61, ha opportunamente messo in rilievo come l'approvazione di una nuova lex repubblicana non abrogasse di per sé le leggi precedenti disciplinanti la medesima materia, a meno che nella nuova legge non fosse prevista una specifica clausola di abrogazione di parte ο tutta la legi­ slazione precedente; vd. anche J.-L. FERRARY, Chapitres tràlatices et réferences à des lois anténeures, cit.

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sulla tutela dativa risulta ora decisamente più chiaro e, per non rischiare di cadere in errori di valutazione cronologica, dovrebbe ormai essere accolto anche negli studi romanistici.101 Perché nel § 8 del provvedimento a favore di Seleuco di Rhosos viene chiamata in causa la legislazione sulla tutelai Anche in queste caso, è difficile comprendere le ragioni del riferimento specifico a questa normativa: Arangio-Ruiz ritiene che ci si rife­ risca ad un'eventuale confirmatio di tutori dati per testamento ai discendenti (trattati, anche in questo caso, come romani) o, più verosimilmente, ad una excusatio; anche Wolff, sulla base delle testimonianze giurisprudenziali di età imperiale, pensa al ricono­ scimento di un'immunità, vale a dire alla dispensa dall'accetta­ zione di una tutela.102 Per De Visscher la tutela riguarderebbe le donne menzionate implicitamente a 1.40 con il termine έπιγαμία, mentre secondo Schònbauer viene semplicemente concessa a Seleuco la possibilità di assumere la posizione di tutore in confor­ mità alle leggi romane.103 3. 4. L'esenzione dal «portonum» (§ 9) La clausola (11. 45Ì-52.) accorda ai beneficiari del provvedimento l'esenzione dai dazi doganali (το τέλος = portonum) riscossi a li­ vello locale (cfr. il termine πολειτείαν a 1. 51) ο per conto dell'am101 Non è più possibile, infatti, attribuire alla legislazione augustea (così di recente G. MELILLO, Le Istituzioni di Giustiniano e la storia deUa tutela, cit., p. 354 e p. 358, n. 21) hilexlulia {de tutela). La questione è stata oraripresada F. GRELLE, La datìo tutoris dei magistrati municipali, in L. Capogrossi Colognesi, E. Gabba (a cura di), Gli Statuti Municipali, Pavia 2006, pp. 411-441, che assegna la lex Atilia alla seconda metà del m sec. a.C. (ibid., pp. 412-413) e correttamenteritienela lex Mia et Titia anteriore all'emanazione della lex Munatia Aemilia: Grelle attri­ buisce la lex Iulia ad un'iniziativa di Cesare ed il completamento della norma­ tiva cesariana al tribuno della plebe P. Titius (ibid., pp. 418-420). 102 Sull'argomento vd. di recente G. VIARENGO, L'«excusatio tutelae» nell'età del Principato, Genova 1996. 103 V. ARANGIO-RUIZ, Epigrafia giuridica greca e romana (1933-1935), cit., p. 498, n. 43; H. WOLFF, Die Entwicklungder Veteranenpnvilegien, cit., p. 83 (la nomina di un tutor dativus «jedenfalls durchaus in den allgemeinen Zusammenhang von Immunitàten pafit») e p. 84 con n. 112; F. DE VISSCHER, Le statut, cit., p. 88; E.

SCHÒNBAUER, Die Inschrift, cit., p. 202. F. GRELLE, La datio tutoris, dt., p. 418,

ritiene che le leggi sulla tutela dativa siano richiamate nel dossier di Rhosos «probabilmente al fine della concessione di un esonero dal munus tutelae».

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ministrazione romana (cfr. il termine δημοσιώνην a 1. 52) sui beni di uso personale esportati ο importati da/verso una città ο un territorio delle province dell'Asia e dell'Europa.104 Il termine portonum indicava l'imposta pagata sulle mercanzie all'atto di superare una frontiera (dogana), ma anche il dazio ri­ scosso all'ingresso di alcune città, oppure il pedaggio richiesto lungo le maggiori vie di traffico. Le imposte doganali, che faceva­ no parte dei vectigalia, ossia delle imposte indirette, assommava­ no generalmente al 2,5% del valore della merce. F. Piejko ha osservato la stretta somiglianza tra la terminolo­ gia utilizzata in questo paragrafo e quella presente nei documen­ ti di età ellenistica che contemplano la concessione di esenzioni da imposte; in questi atti, la ricorrenza dei medesimi termini ed espressioni chiave (ad esempio: έξάγειν, είσάγειν, της ιδίας χρείας ένεκεν, εκ των ίδιων) trova certamente una sua spiegazione nel conservatorismo del linguaggio tecnico.105 Nei documenti romani della tarda repubblica, la disposizione sulT esenzione dai dazi doganali per i beneficiari del provvedimento è presente nella lex Fonteia, (a) + (b) + (e), (ii), (e), 11.1-6, dóve si incontra l'espressione che prescrive l'immunità sui beni suo usu (της ιδίας χρείας ένεκεν). Il senso della clausola, specialmente nella sua seconda parte, si è precisato meglio grazie al confronto con alcune disposizio­ ni della lex portoni (0 portus) Asiae.106 Una prima serie di clausole 104 Commentano questa clausola P. ROUSSEL, Un Synen, cit., pp. 57 sg.; F. DE VISSCHER, Le statuì, cit., p. 88 sg.; S. J. DE LAET, Portonum. Étude sur Vorganisation douanière chez les Romains, sourtout a l'epoque du Haut-Empire, Brugge 1949, p. 432. 105 F. PIEJKO, The Inscriptions oflcarus-Faihka, cit., pp. 110-112. 106 È una iscrizione di 155 linee, definita anche Monumentum Ephesenum, incisa su marmo bianco e rinvenuta nel 1976 nella basilica di San Giovanni ad Efe­ so; riporta il testo-base della lex locationis ad portonumriscossonella provincia d'Asia, che fu redatto nel 75 a.C. e al quale vennero integrati successivi comple­ menti fino al 62 d.C. Primo breve commento in H. ENGELMANN, D. KNIBBE, DOS «Monumentum Ephesenum». Ein Vorbencht, «EA» 8 (1986), pp. 19-32; editio princeps in H. ENGELMANN, D. KNIBBE, DOS Zollgesetz der Provinz Asia, cit.; discussione in G. D. Merola, Autonomia locale, cit., part. pp. 199 sgg. Vd. ora la nuova ed­ izione critica del testo ed il commento dettagliato in CUSTOMS LAW: la versione latina a cura di M. H. Crawford e quella di D. KNIBBE, «Lex portoni Asiae». Ver­ siteli einer Wiedergewinnung des lateinischen Onginaltextes des Zollgesetzes derromi-

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che prescrive l'esenzione dall'imposta, e relativa specialmente al personale viaggiante (sono indicati soldati e marinai) e ai beni trasportati a servizio della repubblica romana, si incontra ai pa­ ragrafi 25-27 (11. 58-67); la disposizione alle 11. 62-64 potrebbe già prefigurare un'estensione dell'immunità sui beni suo usti a favore di tutti i viaggiatori e non soltanto del personale a servizio della res publica populi Romani.107

I primi editori del documento hanno giustamente osservato la somiglianza del paragrafo 35 (11. 81-83) con le 11. 48-51 della nostra iscrizione, ma anche il § 36 e, in parte, il § 37 (11. 83-84 e 84-85) mostrano chiare affinità nel lessico con questa clausola del prov­ vedimento a favore di Seleuco.108 In questi paragrafi, la lex portoni Asiae prescrive che siano immuni dal pagamento del portorium (το τέλος) gli articoli di uso personale che sono trasportati da ο verso la propria dimora all'interno di un territorio sotto la dominazione romana (§ 35); inoltre, non deve pagare il dazio chi è esentato in base ad un trattato con Roma (§ 36); infine, sono esentati i beni di uso personale importati nel territorio ο nella città di apparte­ nenza e i beni (di uso personale?) trasportati da chi è in viaggio - ο in transito?109 - (§ 37, clausola aggiuntiva del 72 ο 70 a.C.).110 A questo riguardo, è nota una disposizione, che assicurava il dischen Provinz Asia (ΝΟΜΟΣΤΕΛΟΥΣ ΑςΙΑς), «JÒAI» 69 (2000), pp. 147-173, mi sono state utili per la stesura della retroversione latina del § 9 dell'atto a favore di Seleuco di Rhosos. 107 Vd. CUSTOMS LAW, commento ad loc. (a cura diJ.-L. Ferrary). 108 II provvedimento a favore di Seleuco di Rhosos è menzionato da H. ENGELMANN, D. KNIBBE, Dos Zollgesetz der Provinz Asia, cit., a p. 100. 109 L'esatta interpretazione del verbo κυκλεύων a 1. 85 è problematica: a parere dei primi editori del documento (H. ENGELMANN, D. KNIBBE, DOS Zollge­ setz der Provinz Asia, cit., pp. 100-102), alla categoria dei κυκλεύοντες (lat. circumientes) appartengono persone che viaggiano, come negotiatores, atleti, attori, filosofi, retori e medici, mentre Μ. Η. Crawford in CUSTOMS LAW traduce il ter­ mine in maniera generica tramite l'espressione «in the course of transit» e non lo considera collegato al sintagma προς την Ιδίαν χρήσιν (usus sui causa) presente alla linea precedente, come invece pensano i primi editori. 110 Linee 81-84 (75 a.C): "Ητις αν χώρα υπό γνώμηι ή έξουσίαι του Τωμαίων δήμου ύπάρχη, / [ους αν ή ά αν τις εκ τή]ς χώρας ταύτης ή οικίας προς την ιδίαν χρήσιν, εις χώραν ή οίκίαν προς την ιδίαν χρήσιν έξάγη ή είσάγη, υπέρ τούτου τέλος εισαγωγής και vac Ι [εξαγωγής μη διδόσΦω]. Ους εκ συνθήκης γενομένης μετά Τωμαίων τέλος εξαγωγής ή εισαγωγής τίνων πραγμάτων διδόναι ου δει, ούτοι τούτων των πραγμάτων / [τω δημοσιώνη τέλος μη] διδότωσαν; 11.

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ritto all'esenzione sull'importazione e sull'esportazione di beni a viaggiatori abituali come insegnanti, retori e medici, presente nel testo frammentario e di difficile interpretazione di un documento trovato ad Efeso ed inciso in epoca traianea, ma risalente all'età triumvirale.111 Gli editori delia lex portoni Asiae mettono inoltre a confronto queste disposizioni con un celebre passo di Alieno Varo (D. 50,16, 203) a commento dell'espressione suo usu nella lex censoria portus SicUicte™

Più avanti, il § 40 del cosiddetto Monumentum Ephesenum (11. 96-98, clausola aggiuntiva del 17 a.C.) recepisce il senatus consultum che concedeva a P. Vedius Pollio Yimmunitas e accorda al cavaliere amico di Augusto una parziale ατέλεια dal portonum. Il caso di Vedius Pollio attesta che l'esenzione dal pagamento del -portonum dovuto ai publicani poteva anche essere concessa a sin­ goli individui tramite provvedimenti αά hoc in una lex locationis.113 84-85: δ άν τις προς την ιδίαν χρήσιν εις ταύτην την χώραν ή την πόλιν ης vac Ι [πολειτείας αυτός εσται] είσάγη κυκλεύων τε είσκομίζη, υπέρ τούτου τέλος μη διδότω. Da notare la variatio προς την Ιδίαν χρήσιν (11. 82 e 84) rispetto all'ana­ loga espressione (της ιδίας χρείας ένεκεν) presente alle 11. 49 e 51 del dossier trovato a Rhosos. 111 Editio princeps in D. KNIBBE, Quandocumque quis trìum virorum rei publicae constituendae... Ein neuer Text aus Ephesos, «ZPE» 44 (1981), pp. 1-10; nuova inter­ pretazione in Κ. BRINGMANN, Edikt der Triumvirn oder Senatsbeschluss? Zu einem Neufund aus Ephesos, «EA» 2 (1983), pp. 47-76 (cfr. SEG 31 [1981], 952). Knibbe con­ sidera il documento un editto triumvirale; Bringmann, invece, lo interpreta come un senatus consultum, contro, G. ROWE, The efoboration and diffusion ofthe text ofthe «Monumentum Ephesenum», in CUSTOMS LAW, pp. 157-166, part. p. 163. La clausola che ci interessa recita (11.1-4): [ άτικα έκ τούτων των άγ]/ρών εξάγεται ή φ[έρεται] ή και εις τους αγρούς είσάγ[εται] /ή εισφέρεται, τούτων πάντων είσαγώγιον και έξαγώγιον μη / πράσσωνται μηδέ τέλους ονόματι, ed è resa in lati­ no da K. BRINGMANN, Edikt der Triumvirn, cit., p. 75, in questo modo: quaecumque ex eis agris evehuntur vel eferuntur vel in agros invehuntur vel inferuntur, eorum om­ nium portoria ne exigantur neve evectionis neve invectionis causa neve portoni nomine. Sull'iscrizione è in corso di elaborazione un approfondito studio del Prof. U. Laffi. 1,2 Vd. H. ENGELMANN, D. KNIBBE, DOS Zollgesetz der Provinz Asia, cit., pp. 98102. Per altre testimonianze riguardo all'immunità sui beni suo usu vd. S. CAR­ RELLI, Alcune osservazioni sul «portonum Asiae», «Studi ellenistici» vra, a cura di B. Virgilio, Pisa-Roma 1996, pp. 175-189, part. p. 183, n. 34; inoltre J.-L. Ferrary in CUSTOMS LAW, commento alle 11. 60 e 62. 113 Vd. H. ENGELMANN, D. KNIBBE, DOS Zollgesetz der Provinz Asia, cit., pp. ìop-

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Verosimilmente, anche nelle linee iniziali dell'editto di Ottaviano a favore dei veterani era accordata un'esenzione dai portona, ma le integrazioni al testo del papiro non sono sicure.114 L'esenzione dalle imposte doganali per il personale-'statale', in particolare funzionari, soldati e marinai, è quindi una costante nella legislazione repubblicana in materia (come mostrano : §§ 25-27 della lex portoni Asiae, probabilmente redatti nei primi anni dopo la creazione della provincia).115 Allo stesso modo, la disposi­ zione sull'esenzione dall'imposta sui beni suo usu per i viaggiatori, probabilmente già prefigurata ad una data alta (11. 62-64), sembra derivare da una normativa generale ed avere pertanto validità per ogni singolo distretto doganale (a questa interpretazione conducono i §§ 35-36 della lex portoni Asiae)"6 ma subisce alcune precisazioni, ο limitazioni,117 nel corso del tempo e viene comple­ tamente generalizzata solo in un periodo successivo, come risulta dalle testimonianze contenute nel Digesto.118 Nel provvedimento dei triumviri a favore di Seleuco di Rhosos si intrecciano indubbiamente queste due tipologie di esenzioni, quella a favore del personale 'statale' e, in misura maggiore, quel­ la sui beni di uso personale; tuttavia, rispetto a queste disposizio­ ni, e soprattutto considerando che l'esenzione sui beni suo usu 110, che rilevano alcune difficoltà di interpretazione del passo. Sul personaggio di Vedius Pollio vd. la letteratura citata in CUSTOMS LAW, commento alle 11. 9698. Per M. CORBIER, «Lexportorìi» and Financial Administration, in CUSTOMS LAW,

pp. 136-156, part. p. 146, la clausola di esenzioneriguardanteVedius Pollio stabilì una regola, in quanto «could serve at a later date as a model for a precedent and a limit for new concessions». 1U Linee 4-5: ut trìbutis / [et vec]ti[galibus omnibus? portonis]que [publicist]: vd. infra Appendice in. 115 S. MITCHELL, Geography, Politics and lmperialism in the Asian Customs Law, in CUSTOMS LAW, pp. 112-135, part. 132-134. 116

«The two last amendments attributable to the consular pair of 75 (11. 813 and 83-4, §§ 35-6) do not concern specifically the province of Asia, but are applicable to any provincial customs district; the borrowing from a more general set of customs regulations seems therefore patent»: CUSTOMS LAW, p. 13. xrr II § 37 sembra limitare la disposizione del § 35 introducendo la nozione di domkilium; in pratica, venivano esentati dall'imposta soltanto i beni suo usu trasportati verso il territorio ο la città di appartenenza: vd. il commento alle 11. 84-88 in CUSTOMS LAW (a cura di O. Salomies). J.-L. Ferrary., commento alle 11. 74-78 in CUSTOMS LAW.

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era prevista abitualmente, dobbiamo chiederci quale differenza è possibile riscontrare.119 Sulla base di quanto il § 9 dell'atto per­ mette di capire, mi sembra di poter individuare due punti che differenziano questa clausola dai paragrafi del testo-base della lex portoni Asiae esaminati sopra: a) i"ambito geografico di validità dell'esenzione riguarda una cit­ tà ο un territorio «delle province dell'Asia e dell'Europa» (11.48-49). Quest'ultima espressione deve essere presa alla lettera e sta si­ curamente ad indicare e a distinguere i due continenti, non va dunque intesa come un generico riferimento alla parte orientale e occidentale dell'impero romano.120 L'indicazione trova una sua giustificazione, probabilmente, nella provenienza dei destinatari dei benefici triumvirali, la mag­ gior parte dei quali era sicuramente di origine orientale. Ana­ logamente, nella clausola di esenzione dai vectigalia nel se. de Asclepiade vengono indicati solamente i tenitori della provincia d'Asia e dell'Eubea, zone di origine dei beneficiari del decreto senatoriale.121 L'ambito di applicazione di questa disposizione risulta dunque molto vasto (anche se, come osserva Wolff, non è prevista l'Afri­ ca),122 perché comprende tutte le province europee e asiatiche.123 b) L'esenzione riguarda non solamente i dazi esatti dalle societaU9 Come farilevareS. J. DE LAET, Portorium, cit., p. 432, n. 4, l'esenzione sui beni suo usu va intesa in senso ampio: «Il s'agit iti de marchandises achetées ailleurs pour l'usage personnel de Séleucos e de sa famille, et non pas simplement des objets personnels qu'il emmène avec lui en voyage». 120 Ringrazio per questa precisazione il Prof. F. Prontera. 121 Linea 16 : ma[gistrat]us nostri queiquomque Asiam Euboeam locabunt vectigalve Asiae Eu[boeae imponent curarent, nei quid ex dare deberent] = 1. 23 della versione greca: άρχοντες ημέτεροι, οΐτινες αν ποτέ Άσίαν Εΰβοιαν μισϋώσιν ή προσόδους Άσίαι Εύβοιαι, έπιτιθώσν, φυλάξωνται μη τι οΰτοι δούναι όφείλωσιν; vd. A. RAGGI, Senatus consultum, cit., pp. 93-95. 122 Η. WOLFF, Die Entwicklung der Veteranenprivilegien, cit., p. 85, il quale non trova risposte nel domandarsi quale siano le ragioni di questa limitazione dell'ambito di applicazione della disposizione; ad ogni modo, sempre secondo WolfF (op. cit., p. 93) questa limitazione è un altro indizio della presenza di clausole speciali, che non venivano assegnate a tutti i beneficiari della lex Munatia Aemilia. 123 Così per P. ROUSSEL, Un Syrien, cit., p. 57, le esenzioni previste da questa clausola «sont valables, quel que soit le lieu où Séleukos établira son domicile».

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tes publicanorum, ma anche quelli riscossi dalle comunità cittadine (11. 51-52). Qui si passa per così dire da un ambito geografico ad uno am­ ministrativo. Ancora una volta è affermato il vasto campo di ap­ plicazione di questa clausola, giacché si prevede un'esenzione dalle imposte indirette nei confronti di qualunque ente esattore, operasse questo per conto dell'amministrazione centrale oppure per conto di una comunità cittadina provinciale. Credo che al di là queste considerazioni sia purtroppo difficile andare. La clausola è lacunosa ed è difficile comprendere quali differenze fossero previste tra le prime e le ultime linee della di­ sposizione, a parte probabilmente un'esenzione dall'imposta (ri­ guardante solamente l'esportazione?) anche per il bestiame oltre che per gli oggetti suo usu (1.50).124 La menzione di χώρα accanto a πόλις (1. 48 e 1.50) è chiaramen­ te funzionale alla constatazione che i destinatari dell'atto poteva­ no anche provenire da una località non ancora fornita dello status di civitas ο polis (lo stesso accostamento compare nel § 37 della lex portoni Asiae). 4. LA QUESTIONE DELLA COSIDDETTA 'DOPPIA CITTADINANZA'

La pubblicazione dell'iscrizione da parte di Roussel provocò im­ mediatamente, nell'ambito degli studi romanistici, un ampio di­ battito concernente lo status dei neo-cittadini romani, tra i quali ora andava annoverato anche il personaggio di Seleuco di Rhosos, in rapporto alla loro comunità di origine in un'epoca anteceden­ te la promulgazione dell'editto di Caracalla (la celebre constitutio Antoniniana). Questa discussione, che si protrasse per diversi de­ cenni, prese origine dalle riflessioni di De Visscher e ruotò attor­ no ai concetti contrapposti di 'incompatibilità' della cittadinanza romana con un altro diritto di cittadinanza e di 'doppia cittadi­ nanza', ovvero della possibilità di potersi considerare allo stesso tempo cittadini di Roma e di un'altra comunità 'statale' regolata da un differente sistema giuridico. 124

Alla 1. 50 fanno certamente difficoltà la posizione inusuale delle particelle τε e il significato di ϋρέμμα, che potrebbe pure corrispondere al latino verna («schiavo domestico», cfr. LSJ, S.V., 2).

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La testimonianza fornita dal dossier di Rhosos parve subito es­ sere in contraddizione con il principio repubblicano dell'incom­ patibilità, enunciato a più riprese da Cicerone nei propri scritti,125 al quale si legava il concetto arcaico di postliminium, la procedu­ ra tramite la quale il civis Romanus che aveva perduto il diritto di cittadinanza per cause di forza maggiore (carrara in guerra ο riduzione in schiavitù), oppure per sua volontà (dicano), poteva riacquistare lo status originario rientrando nel territorio romano. Chiaramente, alla base di questa concezione vi era l'idea che l'ap­ partenenza ad un corpo civico precludeva la partecipazione ad un'altra comunità cittadina. Non è mia intenzione trattare in tutta la sua complessità questa problematica; mi limiterò a prospettare il problema e ad espor­ re alcune brevi riflessioni in merito ad una questione che è stata sempre ritenuta di centrale importanza non solo dagli studiosi del dossier epigrafico di Seleuco di Rhosos e, in generale, del diritto romano, ma anche dagli esegeti dei testi evangelici, al fine di chia­ rire lo status di San Paolo.126 In quest'ottica, prenderò inizialmen­ te come punto di riferimento due pareri contrapposti. Partendo dall'analisi della nostra iscrizione, De Visscher elabo­ rò la tesi che, a partire dalla media repubblica, il principio cicero­ niano dell'incompatibilità veniva applicato solamente ai cittadini romani originari dell'Italia e non ai neo-cittadini provenienti dalle comunità peregrine: questi ultimi erano pertanto liberi di con­ servare ed esercitare le funzioni connesse alla loro cittadinanza locale, se questo era permesso dalle rispettive comunità di appar­ tenenza.127 L'esempio di Seleuco di Rhosos mostra che i neo-cit125

O c , prò Caecin. 100: nam, cum ex nostro iure duarum civitatum nemo esseposnt, tum amittitur haec civitas denique, cum is quiprofiigit receptus est in exsilium, hoc est in aliam civitatem; prò Balbo n, 28: duarum civitatum civis noster esse iure civili nemo potest; prò Balbo 12,29: sed nos nonpossumus et huius esse civitatis et cuiusvispraeterea, ceteris concessum est; prò Balbo 13, 31: ne quis nostrum plus quam unius civitatis esse possit. 126 Cfr., tra gli ultimi studi, H. OMERZU, DerProzefi des Paulus. Etne exegetische und rechtshistorische Untersuchung der Apostelgeschichte, Berlin-New York 2002, p. 23 e n. 28. 127 Tési enunciata in F. D E VISSCHER, La condition,cit.; ID., Les édits d'Auguste découverts à Cyrène, Louvain 1940, 108 sgg.; ID., Le statut, cit., e ribadita a più riprese, anche se con alcuni aggiustamenti, nei contributi posteriori. Aderirò-

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tadini rimanevano soggetti alle leggi cittadine: i peregrini, acqui­ sendo la cittadinanza romana, non erano privati di quella locale. De Visscher fu naturalmente costretto ad ammettere che questi nuovi cittadini romani si dovevano attenere per lo meno in alcu­ ni ambiti (ad esempio nelle disposizioni testamentarie) al diritto civile romano;12 in generale, tuttavia, essi vivevano applicando gli usi locali e a loro non era impedito l'accesso alla vita pubblica della città d'origine. In uno dei suoi ultimi contributi, il romanista belga affermò che il neo-cittadino si privava della cittadinanza lo­ cale solamente nel caso di un trasferimento in territorio italico. Nell'ambito degli studi sull'antichità, la tesi di De Visscher è sta­ ta criticata principalmente da Sherwin-White.129 Per prima cosa, secondo lo studioso inglese, bisogna considerare che il provvedi­ mento a favore di Seleuco di Rhosos e l'editto de pnvilegiis veteranorum di Ottaviano non accordano un'esenzione dalle liturgie e dagli obblighi fiscali locali: Yimmunitas si riferisce soltanto alla tassazione romana. Inoltre, le clausole che concedono il mante­ nimento dei privilegi e delle cariche locali (§ 5) e la possibilità di adire il tribunale patrio (§ 10) mostrano che senza queste con­ cessioni Seleuco sarebbe stato privato di gran parte del suo sta­ tus precedente. In definitiva, l'attribuzione della civitas Romana sganciava completamente il neo-cittadino dalla sua patria prece­ dente, a meno che la concessione non prevedesse alcune clausole 'speciali' grazie alle quali si poteva conservare il diritto formale di esercitare la cittadinanza locale; ma questo privilegio rimase limitato ad un numero selezionato di neo-cittadini romani.

no alla sua linea studiosi del calibro di Wilhelm, Wenger, Schònbauer; contea principalmente Arangio-Ruiz, Jolowicz, Luzzatto, Sherwin-White. Letteratura e storia degli studi in E. FERENCZT, Rechtshistorische Bemerkungen zur Ausaehnung des ròmischen Bùrgerrechts una zum «ius Italicum» unter dem Prinzipat, in ANRW u.14 (1982), pp. 1017-1058, part. pp. 1046 sgg. Da ultimo, concorda con Timpostazione di De Visscher anche L. CAPOGROSSI COLOGNESI, Cittadini e territorio. Consolidamento e trasformazione deUa «civitas Romana», Roma 2000, pp. 178-184. 128 Su questo vd. V. ARANGIO-RUIZ, Sul problema deUa doppia cittadinanza nella repubblica e nell'impero romano, in Scritti giuridici in onore di Francesco Carnelutt iv, Padova 1950, pp. 55-77 = ID., Scritti di diritto romano iv, Napoli 1977, pp. 157181. 129 A. N. SHERWIN-WHITE, The Roman Citizenship. A Survey, cit., pp. 46 sgg., e ID., The Roman Citizenship, cit., pp. 297 sgg.

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Sherwin-White, tuttavia, ammise anche la possibilità che il neo­ cittadino che rimaneva in patria continuasse ad esercitare funzio­ ni locali. Paradossalmente, la critica mossa da Sherwin-White a De Visscher si riduce sostanzialmente in uno slittamento tempo­ rale del momento nel quale si pensa che il principio ciceroniano fu definitivamente abbandonato: per lo studioso inglese, infatti, sono gli editti di Cirene a costituire la prima evidente testimo­ nianza dell'applicazione del concetto di doppia cittadinanza.130 In realtà, il provvedimento dei triumviri ex lege Muriatici Aemilia va esaminato partendo da una prospettiva completamente diver­ sa e alla luce di quanto effettivamente documenta. Innanzitutto, Tatto a favore di Seleuco contiene una serie di privilegi eccezionali e di natura tralaticia che non sono in alcun modo legati alla concessione della civitas Romana.131 Inoltre, dal testo non si evince alcuna contrapposizione tra cittadini 'origina­ ri' e neo-cittadini, come prospettato da De Visscher: i beneficiari ricevono la piena cittadinanza, civitas optimo iure, che li equipara senza dubbio a tutti i cittadini di vecchia data. Nella terza lettera Ottaviano definisce Seleuco υμέτερος πολείτης (11. 87-88): non credo che questa indicazione vada riferita alla posizione di Seleuco prima del conferimento della cittadinan­ za romana, oppure che il linguaggio impiegato sia diplomatico e non tecnico.132 È evidente che, nell'ambito della propria città d'origine, il neo-cittadino «continuava ad esser considerato come un πολίτης» e «non v'era alcuna ragione perché Roma intervenis­ se negli affari interni di quella città ... per far valere il principio» dell'incompatibilità.133 Il nostro documento è una testimonianza 130

A. N. SHERWIN-WHITE, The Roman Citizenship, cit., pp. 245, 271-272, 295 e

306.

131

E, infatti, furono in parte conferiti anche ai tre beneficiari del se. de Asclepiade. Non concordo, pertanto, con la seguente affermazione di A. N. SHERWINWHITE, The Roman Citizenship, cit., p. 307: «the sea-captains ... received as their reward in 78 instead of the Roman citizenship a bundle of positive privileges in their own cities, which the Roman citizenship would have conferred upon them, sudi as exemption from locai liturgies and the right to claim jurisdiction outside their locai courts». 132 Come ritiene A. N. SHERWIN-WHITE, The Roman Citizenship, cit., p. 297» n. 2. 133 M. TALAMANCA, I mutamenti detta cittadinanza, «MEFRA» 103.2 (1991)» PP· 703-733, part. pp. 720-721.

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preziosa di quell'atteggiamento di tolleranza mostrato dai gover­ nanti romani negli ultimi decenni dell'età, repubblicana verso le sempre più ricorrenti infrazioni, da loro stessi promosse, del prin­ cipio dell'incompatibilità. Il processo di sgretolamento del principio dell'incompatibilità era iniziato da tempo e in maniera forse inconsapevole, probabil­ mente già in virtù del diritto accordato ai magistrati latini di poter acquisire la cittadinanza a seguito dell'esercizio di una magistra­ tura (per magistratum)*4 L'età ciceroniana vide intrecciarsi tra loro per lo meno tre fattori determinanti: l'uso politico che si fece della concessione della cit­ tadinanza; un aumento considerevole delle donationes singiUatim (su questi due punti vd. supra cap. 11, § 2); rimmissione nel corpo della civitas romana di elementi di origine orientale. Si comprendo­ no, pertanto, i richiami ad antichi principi di chiusura ed esclusi­ vità, il proliferare di processi de civitate z. Roma e le titubanze mo­ strate di fronte a certi atteggiamenti considerati ancora illeciti.135 La doppia cittadinanza, in definitiva, può «aver cominciato a funzionare di fatto prima che la classe dirigente romana e, an­ zitutto, l'imperatore stesso abbiano consapevolmente sfrattato questo funzionamento di fatto, pervenendo, infine, ad un pieno riconoscimento sul piano del diritto».136 134

Cfr. A. N. SHERWIN-WHITE, The Roman Citizenship. A Survey, cit., p. 43. O c , prò Balbo 12,30: alcuni Romani divennero cittadini d'Atene cum ignorarent, si iUam àvitatem essent adepti, hanc seperdidisse nisi postliminio reàperassent. Perìtus vero nostri moris oc iuris nemo umquam, qui hanc àvitatem retinere vellet, in aliam se àvitatem dicavit. Su consiglio, di Cicerone, Attico rifiutò la cittadinanza ateniese per non dover rinunciare a quella romana: NEP., Att. 3. 136 M. TALAMANCA, I mutamenti della àttadinanza, cit., p. 720. Sulla questione cfr. anche le pregevoli osservazioni di E. RAWSON, Cicero and the Areopagus, in Roman Culture and Society. Collected Papers, Oxford 1991, pp. 444-467, part. pp. 455-459135

CAPITOLO IV

I BENEFICIA *

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EL testo dell'iscrizione ricorre più volte il termine φιλάν­ θρωποι, corrispondente al latino beneficia (11. 30, 66, 81 e 90). Giustamente Wolff ha intuito che, per cogliere il valore di que­ sto concetto nel provvedimento a favore di Seleuco di Rhosos, risulta indicativa Γ espressione presente alle 11. 90-91: κεκόσμηται φιλανθρώποις / [και άνεισ]φορίαι και πολειτήαι. Le disposizioni dell'atto vengono qui chiaramente differenziate secondo un ordi­ ne crescente di importanza e in base ad una triplice ripartizione (beneficia, immunitas, civitas Romana), che riproduce in maniera esattamente inversa la successione nel testo dei gruppi di clausole analoghe.1 Il concetto di beneficia, pertanto, comprende nel caso speci­ fico le ultime clausole del doc. 11, quelle riguardanti i privilegi processuali e lo ius legatioms (§§ 10-11), che vanno distinte dalle precedenti disposizioni. La presenza del termine a 1. 66 confer­ ma questa interpretazione: la zanaio (§ 12, vd. infra) racchiude i due paragrafi precedenti nel concetto di beneficia assegnati ai de­ stinatari del provvedimento (11. 65-66: τοις / [φιλανθρώ]ποις τοις δεδογμένοις). La nozione di φιλάνθρωποι presenta in generale un valore mol­ to ampio. Il termine era già proprio del linguaggio delle cancel­ lerie ellenistiche, dove indicava «not only social distinctions but also substantial economie privileges»2 e poteva anche presentare r«additional sense of acts granting privileges».3 Nei documenti romani della tarda repubblica indirizzati alle comunità orientali 1 Questa è l'interpretazione corretta della frase di 11. 90-91 fornita da H. WOLFF, Die Entwicklung der Veteranenpnvilegieny cit., p. 85, n. 117; al contrario, P. ROUSSEL, Un Syrìen, cit., p. 38, e F. DE VISSCHER, Le statuì, cit., p. 73, n. 59, consi­ derano άνεισφορίαι e πολειτήαι come apposizioni di φιλανϋρώποις. 2 RC, p. 70, cfr. pp. 369 e 373; vd. anche L. ROBERT, Insaiptions d'Aphrodisias, cit., p. 402. 3

J. REYNOLDS, Aphrodisias, cit., p. 47.

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è attestato con frequenza, denotando sempre la concessione di benefici da parte delle autorità.4 È comunque interessante osservare come nella subscnptio di Ottaviano/Augusto inviata a Samo il φιλάνθρωπον της έλευτερίας sia chiaramente distinto rispetto agli altri benefici tramite la caratterizzazione το πάντων μέγιστον φιλάν&ρωπον (iòid., 1. 4); più avanti, la libertà e l'immunità sono definiti τα τειμιώτατα φιλάνθρωποι (ibid., 1. γ).5 Proprio come nel provvedimento dei triumviri che stiamo esaminando, è ancora una volta evidente una gerarchizzazione dei benefici concessi e, tra questi, la pre­ minenza assoluta assegnata alla civitas (alla quale corrisponde la libertas nella subsariptio ai Samii) e alla immunitas. Alla fine dell'età repubblicana, la concessione di benefici ο dirit­ ti speciali a favore di singoli individui, gruppi ο comunità intere, che divenne ben presto lino strumento formidabile di governo e di propaganda e un modo per crearsi clientele e consenso soprat­ tutto in Oriente, poteva quindi essere genericamente indicata con il termine di beneficia: a ragione, pertanto, si è parlato di un,«ideologia del beneficio».6 Un'area semantica in parte identica a quella di beneficium fu coperta, a partire dalle concessioni cesariane e triumvirali degli ultimi decenni del 1 sec. a.C.,7 dal termine pnvilegium, che fino a 4

Vd. RDGE, p. 384, s.v.; J. REYNOLDS, Aphrodisias, cit., 6,11. 39-40 e 48; 9,1.1; 13,11. 2,4 e 7; 35,11. 7-8; se. de Aphrodisiensibus, 1.48; lexFonteia, (a) + (b), (i), 1.13. Cfr. anche L. PIETANZA, Formulano dei benefici imperiali nei documenti del mondo greco, in Epigrafia e territorio. Politica e società. Temi di antichità romane VII, serie a cura di M. Pani, Bari 2004, pp. 279-293, part. p. 283, Tabella 1 (con alcune im­ precisioni). 5 J. RETNOLDS, Aphrodisias, cit., 13 = J. H. OLIVER, Greek Constitutìons ofEany Roman Emperorsfrom Inscriptions and Papyri, Philadelphia 1989,1. Su queste linee cfr. da ultimo le osservazioni di F. MILLAR, The First Revolution, cit., pp. 22-23. 6 L'espressione, riferita all'età imperiale, è di V. NUTTON, The Beneficiai Ideo­ logi, in Imperialism in the Ancient World: the Cambridge University research seminar in ancient history, ed. by P. D. A. Garnsey and C. R. Whittaker, Cambridge 1978» pp. 209-221. Per queste osservazioni, in generale si rimanda allo studio di V. SCARANO USSANI, Leforme del privilegio. Beneficia e privilegia tra Cesare e gli Antoni­ ni, Napoli 1992, part. pp. 5-6,13-14 e 22 sgg. 7 Per un'elencazione dei beneficia concessi da Cesare, M. Antonio e Otta­ viano/Augusto vd. V. SCARANO USSANI, Le jOrme del pnvilegio, cit., pp. 3°-34 e 39-43-

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quel momento indicava «ogni iniziativa di carattere legislativo orientata contro singoli in modo diretto ο indiretto»;8 pertanto i due concetti si ritrovarono ad essere praticamente sinonimi e, con il tempo, il loro ambito di significato si andò progressivamen­ te dilatando. 2. PRIVILEGIUM FORI

La lunga clausola (§ io: 11.53-59) accorda ai destinatari del provve­ dimento la possibilità di scegliere tra tre diversi collegi giudicanti dove far esaminare un eventuale procedimento a loro carico, sia come accusati che come convenuti: il tribunale patrio, le autorità romane incaricate dell' amministrazione della giustizia in provin­ cia, la corte di una città libera. A differenza dell'analoga disposizione presente nel se. deAsclepiade9 e delle altre clausole del provvedimento a favore di Seleuco di Rhosos (11.19, 24, 28 e 60), con la sola eccezione del § 6, qui i beneficiari della clausola sono indicati in maniera generica (αυτών a 1.53 e a 1.56) .La tesi di Wolff, priva comunque di riscontri possibili, è che l'indicazione dei beneficiari fosse presente in una disposizione antecedente questa clausola che non venne inseri­ ta nel testo del provvedimento a favore di Seleuco di Rhosos.10 8

C. VENTURINI, Ì «privilegia» da Cicerone ai romanisti, in ID., Processo penale e società politica nella Roma repubblicana, Pisa 1996, pp. 237-286, part. p. 282. 9 Alla quale faròriferimentonel corso del presente paragrafo e che pertanto riporto nella sua interezza: [ quaeque I ei, leiberei, posterei uxoresve eoru]m ab altero petent seive quid ab eisf leibereis, postereis uxo[ribusve eorum aliei petent, utei eis, leibereis, uxoribusve eorum I potestas et] o[ptio sit, seive domi le^jbus sueis veliint) iudicio cenare seive apud magistratum [nostrum Italicis iudicibus seive in cavi­ tate Inbera aliqua earum, I quaeperpe]tuo in [amicitiap(opuli) R(omani) manser]unt, ubei velini utei ibei iuàicium de eis rebusfiat(11.11-14) = U· 17-20 della versione gre­ ca: όσα τε αν αυτοί τέκνα εκγονοι γυναίκες τε αυτών παρ' έτερου μεταπορεύωνται, εάν τε τι πα/ρ' αυτών τέκνων έκγόνων γυναικών τε αυτών έτεροι μεταπορεύωνται, δπως τούτων τέκνων γυναικών τε αυτών εξουσία και αϊρεσις · εάν τε εν ταϊς πα/τρίσιν κατά τους ιδίους νόμους βούλωνται κρίνεσθαι, ή επί τών ημετέρων αρχόντων έπί Ιταλικών κριτών, εάν τε επί πόλεως ελευθέρας τών δια τέλους / έν τήι φιλίαι του δήμου τοϋ 'Ρωμαίων μεμενηκυιών, ου αν προαιρώνται, δπως εκεί το κριτήριον περί τούτων τών πραγμάτων γίνηται. Una clausola sulla scelta del foro è presente anche nella lex Fonteia, (a) + (b) + (e), (ii), (e), 11. 6-11. 10 B. WOLFF, Die Entwicklung der Veteranenpnvilegien, cit., p. 85, n. 118, e p. 93, che considera questa caratterizzazione generica dei beneficiari della clauso-

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Un'altra differenza con la disposizione del se. deAsclepiade è che ai beneficiari di questo decreto senatoriale fu concessa Yoptiofori sia come attori che come convenuti: quaeque ei... ab altero petent snve quid ab eis ... alieipetent. Per questo motivo, Schonbauer pro­ pose alcune restituzioni per le lacune della clausola, in modo da prevedere anche a favore di Seleucc e dei suoi congiunti la pos­ sibilità di una scelta della corte per le azioni giudiziarie da loro promosse, ma il suo tentativo è stato giustamente respinto in ma­ niera unanime dai successivi studiosi del dossier.11 Le restituzioni proposte da Schonbauer sono una conseguenza della sua interpretazione della parte iniziale della clausola (1. 53), dove egli traduce τις (ο τίνες) αυτών come «uno (o alcuni) dei membri della famiglia di Seleuco», considerando αυτών un geni­ tivo partitivo e non il genitivo dipendente da κατηγορεΐν. Ne risulta che nelle espressioni successive Seleuco e i suoi fa­ miliari vengono considerati da Schonbauer sia gli attori che i convenuti delle procedure elencate nel § 10 (lo studioso austriaco propone di integrare a 1. 54 [ δίκην τε δούναι ή ύπέχ}ειν). Ma la traduzione che Schonbauer fornisce per l'espressione κριτήριον κατ3 αυτών λαμβάνειν (sott. θέλωσιν) di 11. 53-54 («wenn sie gegen sie einen Prozefi annehmen... wollen»), dove αυτών in realtà non può che riferirsi ai beneficiari della clausola nella loro condizione di convenuti, risulta incomprensibile e denuncia la debolezza del­ la sua interpretazione.12 La questione fondamentale è che in merito alle integrazioni e al significato delle espressioni in greco presenti in queste linee non esiste unanimità di interpretazione tra i commentatori del prov­ vedimento, in ragione del fatto che queste locuzioni rappresenta­ no la traduzione di termini giuridici latini privi, quasi sempre, di omologhi greci. Per quanto riguarda l'espressione latina che qui è resa con κριτήla un altro indizio del fatto che il provvedimento non includeva tutti i privilegi che potevano essere concessi ex lege Muriatici Aemilia (cfr. supra cap. II, § 1). " Vd. apparato critico e E. SCHONBAUER, Die Inschnfi, cit., pp. 204-205; cantra F. DE VISSCHER, Le statuì, cit., pp. 91-93; H. WOLFF, Die Entwicklung der Veteranenprivilegien, cit., p. 85, n. 118. 12 Così a ragione F. DE VISSCHER, Le statuì, cit., p. 67, n. 37. Nella frase citata di Schonbauer il corsivo è mio.

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ριον λαμβάνειν, De Visscher ritiene che si tratti di iudicium capere, mentre Arangio-Ruiz e Festa pensano a iudicium postulare.13 Questa seconda espressione è certamente comune, come mostrano nume­ rosi esempi ciceroniani (prò Quinctio ói; π Verr. 3, 29; 3, 33; 3, 39; 3,135; cfr. anche lex agraria, 1. 30); la testimonianza addotta da De Visscher è O c , Part. orai. ico. ds...capisndis subeundisqiie iualciis. In realtà, l'espressione κριτήριον κατ' αυτών λαμβάνειν va intesa in altro modo (il verbo λαμβάνω non rende certamente il latino postulare) e, come una nota di Jahr, completamente ignorata negli studi posteriori, aveva precisato, con molta probabilità traduce il latino iudicium in eos accipere.*4 Anche questa interpretazione non è priva di difficoltà: resta infatti da spiegare la singolarità dell'utilizzo di un'espressione che nelle fonti è di norma riferita al convenuto e che invece, nel contesto di queste linee, pare indicare un'azione intentata dall'attore nei confronti dei beneficiari dell'editto (κατ' αυτών).15 Vi sono ulteriori divergenze tra gli studiosi a proposito del­ l'espressione κρίσιν συνίστασθαι, non solo riguardo all'originale latino, ma anche in merito alla sua interpretazione. Tra i com­ mentatori dell'iscrizione è prevalsa l'opinione di identificare la locuzione con l'atto del litem contestane La litis contestano era il momento terminale della fase in iure, quando le parti rivolgeva­ no ai presenti (i testes) l'invito a ricordarsi di quanto si era svolto dinanzi al magistrato per poterne riferire al giudice.17 13

Vd. F. DE VISSCHER, Lacondition, cit., p. 27, n. 2, e ID., Le statuì, cit., p. 67,

n. 35; PIRA f, p. 312. 14 G. JAHR, Litis contestalo. Streitbezeugung und Prozefibegrìindung im Legisdktionen- una im Formularverfahren, Koln-Graz i960, p. 188, n. 85; il confronto che Jahr instaura è con il se. de Thisbensibus (RDGE 2), 1.55 : καν κριτας λαβείν βούλωνται. 15 Per la discussione sull'espressione iudicium accipere rimando in generale alle considerazioni in M. KASER, K. HACKL, DOS rómische Zivilprozessrechf; Mùnchen 1996, pp. 289-290, dove si contesta la tesi di G. JAHR, Litis contestalo, cit., p. 187 sgg., che in alcuni casi l'espressione possa riferirsi anche all'attore. Ringrazio il Prof. U. Laffi per le sue osservazioni in merito. 16

E. SCHÒNBAUER, Die Inschrifi, cit., p. 204; PIRA I2, p. 312; R. K. SHERK, Rome

and the Greek East, cit., p. 109, n. 10; cfr. A. N. SHERWIN-WHITE, The Roman Citizenship, cit., p. 297, in nota. 17 Sulla litis contestano vd. M. TALAMANCA, Elementi di diritto privato, cit., pp. t77-i8i; cfr. A. GUARINO, Diritto privato, cit., pp. 219-221, e l'ampia trattazione in M. KASER, K. HACKL, DOS rómische Zivilprozessrecht, cit., pp. 285-301.

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Va notato che l'unione delle locuzioni accipere iudicium e litem contestan è frequente nelle fontiper indicare il passaggio dalla fase in iure alla fase apud iudicem; un esempio epigrafico è fornito dalla lexde Gallia Cisalpina (RS 28), col. 1,1.48 : iei, quos interid iudicium accipietur leisve contestabitur.18 Tuttavia, come già osservato a proposito dell'espressione accipere iudicium, in questo contesto non risulta del tutto chiara la ragione dell'utilizzo della frase litem contestan. Pertanto De Visscher, non contento di questa soluzione, inter­ pretò l'espressione, anche se in maniera dubitativa, come tradu­ zione di litem constituere, che a suo parere assume in questo conte­ sto il significato di «fixer jour pour la comparution en justice».19 La locuzione latina proposta da De Visscher mi sembra che si avvicini maggiormente ad una corretta interpretazione dei ter­ mini greci, ma è sicuramente da escludere il significato che lo studioso belga gli attribuisce. Nelle fonti ho trovato una testimo­ nianza di questa particolare espressione, presente in un testo di natura non giuridica, ma che potrebbe riprodurre un formulario tecnico;20 numerose sono invece le attestazioni della locuzione constituere iudicium.21 A conti fatti, mi sembra probabile che il sen­ so di «istituire, intentare un'azione giudiziaria», che a mio modo di vedere è da ravvisare in κρίσιν συνίστασθαι, fosse reso nella versione latina del provvedimento dall'espressione constituere - oppure instituere22 - litem. Dall'analisi dei termini presenti all'inizio della clausola (11. 5354), risulta in definitiva che il privilegio di poter adire ciascuna delle tre differenti giurisdizioni era previsto tanto nel caso di un'accusa penale (alla quale si riferiscono le espressioni accusa­ re, crimen inferre)23 che di controversie civili (iudicium accipere, 18

Vd. il commento ad loc. di F. J. BRUNA, Lex Rubria. Caesars Regelungfiir die richterlichen Kompetenzen der Munizipalmagistrate in Gallia Cisalpina, Leiden 1972, pp. 124-126. 19 F. DE VISSCHER, La condition, cit., p. 27, n. 3, e ID., Le statuì, cit., p. 67, n. 36. 20 PETR. 18, 5: α constituta lite dimitto. 21 Vd., ad es., O c , de domo sua 45; Pan. orat. 99; prò Quinctio 9. 22 Così anche G. JAHR, Litis contestano, cit., p. 188, n. 85 : «κρίσιν τε συνίστασθαι ist eher - ganz wòrtlich - litem instituere als litem contestarì». Per alcuni esempi cfr. O c , Phil. ix, 5.11 (i. litium actiones); QUINT., Inst. VII, 4.29 (i. iudicia). 23 Per questa espressione cfr. Rhet. Her. 4, 47: accusatoris officium est inferre arimina; O c , Lael. 65; Oc., π Verr. 5,106.

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litem contestala ο institueret). Purtroppo, le lacune di 1. 53 e so­ prattutto di 1.54 non permettono di comprendere appieno i mo­ tivi del perché all'inizio della clausola venissero usate proprio queste espressioni.25 Come restituzione per la lacuna centrale di 1. 54, Arangio-Ruiz propose [ χρήματα τε αυτών εκπράτϋ]εί,ν, con l'intento di riprodur­ re l'espressione latina bonaque eorum vendere. A seguito dell'esame dei calchi, si può pensare di integrare come verbo finale della frase centrale proprio [ πράσ]σειν ο [ έκπράσ]σειν in ragione del Σ che si legge subito dopo la lacuna. A me pare, tuttavia, che la soluzione di Arangio-Ruiz sia stata giustamente respinta dai commentatori: le frasi che descrivono il privilegio conferito dalla clausola fanno sempre riferimento ai beneficiari del provvedimento come parti chiamate in giudizio e perciò, per integrare la lacuna, è necessario ricercare un'espressione che si riferisca alla procedura processua­ le.26 Qui di seguito mi limiterò a richiamare in breve i motivi che, a mio giudizio, sono alla base dell'indicazione dei tre differenti tipi di tribunali da adire e della concessione del privilegio dell'optio fon, riprendendo alcune considerazioni a suo tempo svolte nel contributo dedicato al se. de Asclepiade.*7 Innanzitutto, viene accordata la facoltà di adire quelli che, pri­ ma della concessione della cittadinanza romana, erano i giudici naturali dei destinatari dell'atto. È questo, in pratica, il diritto di poter «litigare dinanzi ai propri magistrati nei propri tribunali con la propria procedura e secondo le proprie leggi», secondo le pa24

Su questaripartizionesi trova in letteratura soltanto un breve accenno in

E. SCHÒNBAUER, Die Inschnft, cit., p. 204, e G. I. LUZZATTO, Epigrafia giundica, cit., p. 299. 25

Si voleva forse distinguere le azioni promosse dai privati da quelle pro­ mosse dai magistrati? È convinzione della B. LEVICK, The Government, cit., p. 172, che individua una bipartizione delle quattro azioni previste alle 11.53-54 «between those of would-be prosecutors and magistrates, rather than Riccobono (PIRA I2 55) in distinguishing between criminal and civil suits». 26 Vd. Arangio-Ruiz in FIRA I2, p. 312, n. 5; F. DE VISSCHER, Le statuì, cit., p. 67, n« 37; H. WOLFF, Die Entwicklung der Veteranenpnvilegien, cit., p. 85, n. 118.

27 A. RAGGI, Senatus consultum, cit., pp. 98-109. Cfr. ora anche le riflessioni di S. MITCHELL, The Treaty between Rome and Lycia, cit., pp. 199-205.

ANDREA RAGGI ι58 28 role di Pugliese, con riferimento alla notissima clausola della lex Rupilia riportata da Cicerone.29 Come seconda opzione, è previsto il tribunale di una civitas libe­ ra. Gli studi degli ultimi anni hanno messo in evidenza come, seb­ bene esistesse nella realtà una prassi lontana dall'osservanza del principio dell'autonomia giurisdizionale delle civitates liberae, que­ ste città, da un punto di vista formale, erano escluse dalla compe­ tenza del governatore provinciale. Notevoli erano ad ogni modo gli sforzi sostenuti dalle città greche per ottenere il pieno riconosci­ mento del loro status privilegiato da parte del popolo e del senato romano; non dobbiamo pertanto pensare che in età repubblicana fosse possibile trovare nelle province una netta divisione di com­ petenza tra il governatore romano e le comunità privilegiate.30 28

G. PUGLIESE, Riflessioni sull'editto di Cicerone in Cilicia, in Synteleia Vincenzo Arangio-Ruiz π, a cura di A. Guarino e L. Labruna, Napoli 1964, pp. 972-986, part. p. 975· 29 O c , π Verr. 2,32: Siculi hoc iure sunt ut, quod civis cum ave agat, domi certet suis legibus. La disposizione fu inclusa nell'editto provinciale da Q. Mucius Scaevola (proconsole d'Asia probabilmente nel 98/97 a.C.) e accolta da Cicerone nel suo editto per la Cilicia; vd. O c , ad Att. vi, 1.15: ut Graeci inter se disceptent suù legi­ bus; O c , ad Att. vi, 2.4: in Cilicia omnes (sdì. àvitates) suis kgibus et iudiciis usae αυτονομίαν ademptae revixerunt; O c , adfam. m, 8.4; O c , adfam. un, 67.1; VAL. MAX. VIU, 15.6. Per un commento a questi passi vd. A. J. MARSHALL, The Structure of Cicero"s Edict, «AJPh» 75 (1964), pp. 185-191; G. PUGLIESE, Riflessioni sull'editto di Cice­ rone,rit.;R. MARTINI, Ricerche in tema di editto provinciale, Milano 1969, pp. 11 sgg.; L. PEPPE, Note sull'editto di Cicerone in Cilicia, «Labeo» 37 (1991), pp. 14-93; A. W. LiNTOTT, Imperium Romanum. Politics and Administration, London-New York 1993, pp. 60-62; cfr. da ultimo D. CAMPANILE, «Provincialis molestia». Note su Cicerone pro­ console, «Studi Ellenistici» xin, a cura di B. Virgilio, Pisa-Roma 2001, pp. 243-274. La lex Rupilia non era una lex in senso tecnico, ο una lex provinciae tout court, ma un editto promulgato dal governatore di Sicilia P. Rupilius (datazione: 132 ο 131 a.C.) e denominato dai Siciliani lex ( O c , π Verr. 2,32: quam UH legem Rupiliam vocant) in considerazione della sua importanza e prolungata efficacia: vd. Μ. Η. CRAWFORD, OHgini e sviluppi del sistema provinciale romano, in Storia ài Roma Einaudi n, L'im­ pero mediterraneo, 1. La repubblica imperiale, Torino 1990, pp. 91-121, part. p. 120. 30 Sull'autonomia anmiinistrativa e giudiziaria goduta dalle civitates liberae in età repubblicana nelle province orientali vd. il fondamentale studio di J.-L. FERRARY, Le statut des cités libres dans l'Empire romain à la lumiere des inscriptions de Claros, «CRAI» 1991, pp. 557-577; inoltre J.-L. FERRARY, La liberti des cités et ses limites à l'epoque répubUcaine, «MedAnt» 2.1 (1999), pp. 69-84, e J.-L. FERRARY, La création de la province d'Asie, cit., part. pp. 139-142. Cfr. anche E. GUERBER, Considérations récentes sur les cités libres de la partie hellénophone de l'Empire romain, «DHA» 23 (1997), pp· 301-306.

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Ι due lunghi decreti emanati da Colofone, scoperti nel corso de­ gli scavi condotti nel santuario di Claros e pubblicati dai Robert,31 forniscono elementi preziosi sul rapporto tra una città libera e le autorità romane. Nel primo decreto leggiamo che le città autono­ me sono escluse dal potere del governatore e che Γέξουσία usata arbitrariamente dal magistrato provinciale è contraria alla legge.32 Nel corso di un'ambasciata a Roma, Menippos ottiene dal senato che una postilla sia aggiunta al senatus consultum che sta portando con sé a Colofone: una dichiarazione che ricordi al governatore che egli non può intervenire al di fuori della sua provincia, vale a dire che non può interferire negli affari di una città libera.33 Un altro documento estremamente prezioso per lo studio della giurisdizione di una città libera nella tarda repubblica è una lettera di età augustea indirizzata dal proconsole d'Asia a Chio, ma che alle 11. 14-18 compendia il contenuto di un sena­ tus consultum emesso nelT8o a.C. a favore della città in seguito ai danni subiti ad opera delle truppe di Mitridate. La lettera conferma le leggi, gli usi e i diritti in forza nella città quando venne instaurato il rapporto di amicizia con il popolo romano (11.15-16); vieta ad ogni magistrato ο promagistrato romano di 31

L. e J. ROBERT, Claros 1, cit. : il 1 decreto, in onore di Polemaios, è a pp. 1117, il π decreto, in onore di Menippos, a pp. 62-66. Testo e traduzione anche in G. A. LEHMANN, "Rómischer Tod" in Kolophon/Klaros. Neue Quellen zum Status der "freien" Polisstaaten art der Westkùste FMnasiens im spàten zweitenjahrkundert v.Chr., «NAWG» 3 (1998), pp. 125-194, part. pp. 170-189. Gli avvenimenti riferiti nel­ le due iscrizioni si riportano agli ultimi decenni del secondo secolo (120 a.C. ca.). 32 Claros, Menippos 1,11. 37-40: τους δέ κατοικοΰντας την πόλιν ελευθέρωσε ... στρατηγικής εξουσίας, της έπαρχείας από της αυτονομίας χωρισθείσης. Menippos «a libere les habitants de la ville ... du pouvoir du gouverneur, Yéparcheia (la province du gouverneur) étant retranchée de l'autonomie» (traduzione a cura di J. e L. Robert). 33 Claros, Menippos n, 11. 4-7: προσγεγραμμένον ήνεγκε τί\ι άποκρίσει διότι της έπαρχείας έκτος οΰτε κρίνειν ούτε πολυπραγμονεΐν τώι στρατηγώι κα*θήκει, ίδιώτατον τηι δημοκρατίαι και κάλλιστον ένέγκας άπόκριμα. Menippos «a rap­ portò cette addition à la réponse (du Sénat) que, en dehors de la province, il ne convieni au gouverneur ni de juger ni de se méler de tout: une réponse tout à fait conforme à la démocratie et très belle» (traduz. a cura di J. and L. Robert). Lo status della città di Colofone è confermato dalla parola δημοκρατία, che indica «ελευθερία, αυτονομία, ne caractérisant pas le regime politique de la cité mais impliquant qu'elle n'est pas directement soumise à un pouvoir extérieur» : J--L. FERRARY, Le statut des cités Ubres, cit., p. 564.

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inviare ordini scritti alla città (11. 16-17); indica l'obbligo di sot­ tomissione alle leggi della città da parte dei residenti romani a Chio.34 Negli stessi due decreti di Claros si sottolinea a più riprese che alla base dell'autonomia della città vi è la preservazione delle sue leggi.35 È inoltre significativo il fatto che Cicerone contrapponga la libera città di Apollonide a Pergamo, Smirne e Tralles, città non libere e pertanto incluse nella sfera di attività del governatore provinciale.36 Le àvitates liberae, pertanto, godevano di una piena autonomia dell'ordinamento costituzionale, legislativo e giudiziario, garan­ tito dalla frase suis legibus uti. In altre parole, è possibile afferma­ re che nella tarda repubblica nelle fonti «ricorre una categoria unificata di popuhis liber» e che «il fattore unificante delle diverse realtà è stato individuato proprio nella libertas dei populi liberi nei confronti del governatore».37 Ma vi è di più : da un episodio menzionato nel decreto in onore di Menippos, che presuppone l'eventualità di una pena capitale inflit­ ta ad un romano dal tribunale di Colofone, possiamo dedurre che una città libera poteva esercitare non solo la giurisdizione civile, ma anche quella penale nei confronti dei cittadini romani residenti.38 Questi risultati ottenuti dalle ricerche condotte da Ferrary sono estremamente importanti, perché hanno rettificato le conclusioni alle quali erano giunti gli studiosi che non avevano 34

KDGE 70,11.17-18 : ot τε παρ1 αύτοΐς δντες Τωμ[αΐ]οι τοϊς Χείων ύπακούωσιν νόμοις. 35 QaroSy Polemaios 11,11.56-58: πρεσβεύσας προς τον στρατηγόν... τα κρίματα ... και τους νόμους αβλαβείς έτήρησεν (Polemaios «ayant été en ambassade auprès du gouverneur ... il a conserve intacts les jugements [de la cité]... e: les lois»: tradtiz. a cura di J. e L. Robert). Claros, Menippos 1,11. 40-41: κυρίους δε τους νόμους τετήρηκεν επί παντός εγκλήματος και προς αυτούς 'Ρωμαίους (Me­ nippos «il a maintenu l'autoiité de nos lois pour toute accusation portée méme contre des Romains»: traduz. a cura di J. e L. Robert). 36 O c , prò Fiacco 71: ubi et multi cives Romani sunt et ius a nostro magistrata dicitur. 37 L. PEPPE, SuUa giurisdizione «in populos liberos» del governatore provinciale al tempo di Cicerone, Milano 1988, p. 25. 38 Claros, Menippos 1,11. 40-48. Vd. J.-L. FERRARY, Le statuì des cités libres, cit., pp. 567-570; una diversa interpretazione del passo è suggerita da G. A. LEHMANN, "Ròmischer Tod" in Kolophon/Klaros, cit., part. pp. 162-167.

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avuto la possibilità di conoscere i due decreti emessi da Colo­ fone.39 Non è certo quando i privilegi delle città libere furono fissati nel loro insieme in un testo legislativo, se realmente si arrivò ad una «previsione normativa ... del principio che le città libere era­ no al di fiiori deWimpenum del governatore della provincia nel cui territorio la civitas libera è situata».40 Sebbene non sia stato finora rilevato in letteratura, a mio av­ viso la clausola sulToptiofori presente nel se. de Asclepiade sembra indicare che a Roma questo principio era ormai sancito all'inizio del 1 sec. a.C, forse dopo un periodo di definizione dei poteri del governatore provinciale,41 perché in questo decreto del senato le civitates liberete sono chiaramente contrapposte al potere di iurisdictio del magistrato romano. La clausola del dossier di Seleuco di Rhosos, infine, concede ai beneficiari la possibilità di adire la giurisdizione del governatore e dei collegi giudicanti romani in provincia.42 Nella sua posizione di rappresentante di Roma, il governatore romano provvisto di imperìum deteneva i poteri giudiziari sui cittadini romani e non romani residenti nella provincia a lui assegnata. La sua attività 39 Vd. le affermazioni di Marshall, Sherk e Arangio-Ruiz riportate da J.-L. FERRARY, Le statuì des cités libres, dt., p. 574; cfr. anche L. PEPPE, Sulh giurisdi­ zione «inpopulos liberos»,rit.,pp. 2-4, sulle differenti posizioni degli studiosi in merito alla questione dell'autonomia delle civitates liberae. 40 L. PEPPE, Sulla giurisdizione «inpopulos liberos», cit., p. 113; sulle condusioni di Peppe mi sembrano corrette le osservazioni di J.-L. FERRARY, Lestatutdes cités libres, cit., p. 575 e n. 26. 41 Periodo di definizione testimoniato dalle numerose leges de pecuniis repetundis e dalla lex Porcia citata nella lex de provinciis praetoriis, Cnidos ni, 11. 4-5, e nella lex Antonia de Termessibus n, 1.16. Sulle limitazioni del potere dei magistrati provinciali romani vd. in generale Μ. Η. CRAWFORD, Origini e sviluppi del sistema provinciale, cit., pp. 114-116; A. W. LINTOTT, Imperìum Romanum, cit., pp. 97-107; J. S. RICHARDSON, The Administration ofthe Empire, in CAif ix (1994), pp. 564-598, part. pp. 576-579 e 592-595· 42 SulT amministrazione della giustizia nelle province orientali e sui poteri giudiziari del governatore romano nella tarda repubblica rimando agli studi di F. DE MARTINO, Storia detta costituzione romana 112, Napoli 1973, pp. 359-411; G. I. LUZZATTO, Roma e le province, Bologna 1985, pp. 26-178; A. W. LINTOTT, Impe­ rìum Romanum, cit., pp. 16-69 e 129-160; R. MORSTEIN KALLET-MARX, Hegemony to Empire: the Development ofthe Roman Imperìum in the Eastjrom 148 to 62 B.C., Berkeley-Los Angeles-Oxford 1995, PP· 125-183.

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era dedicata soprattutto all'esercizio della giurisdizione penale,43 mentre la maggior parte delle controversie civili, specialmente se interessavano solo peregrini, erano trattate nei tribunali delle città provinciali. Chiaramente il leitmotiv di quest'ordine giuridico era l'idea che i provinciali avrebbero dovuto, per quanto possibile, dirimere le loro controversie davanti ai loro giudici e vivere nel rispetto delle loro leggi. Roma, pertanto, tendeva a lasciare la maggior parte dell'amministrazione dei processi alle comunità provinciali, che utilizzavano le assemblee ed i senati locali a questo scopo.44 Questo modo di procedere derivava dal fatto che il governatore non poteva occuparsi, per ragioni pratiche, di tutte le dispute che sorgevano nella provincia. La gran parte del lavoro effettuato dal governatore romano in questo campo era l'affidamento ai giudici della risoluzione di una controversia, e questo usualmente avve­ niva durante le assise tenute nelle principali città della provincia (sedi di conventus iuridici) almeno una volta all'anno.45 Quando una controversia privata era sottoposta al suo giudi­ zio, il governatore provinciale seguiva la procedura romana, in altre parole agiva come un magistrato che stesse giudicando a Roma, introducendo, nel caso di processi tra peregrini, umfictìo civitatis, che assimilava il peregànus ad un cittadino romano.46 Il 43

Vd. P. GARNSEY, The Cnminaljurisdiction ofGovernors, «JRS» 58 (1968), pp. 51-59, part. pp. 55-58; cfr. inoltre F. DE MARTINO, Storia deUa costituzione, cit., pp. 387-392 e 409-411. La lex de provinciis praetoriis, Cnidos iv, 11. 31-39, presenta una lista dei poteri del governatore provinciale in età repubblicana: vd. RS, pp. 265267 e J.-L. FERRARY, La création deh province d'Asie, cit., p. 136. 44 Sulle funzioni giudiziarie dei senati locali nel mondo romano vd. U. LAFFI, Lefunzioni giudiziarie dei senati locali nel mondo romano, «RAL» ser. 8,44.3-4 (1989), pp. 73-86 = ID., Studi di storia romana e di diritto, Roma 2001, pp. 481-502. 45 Vd. A. J. MARSHALL, Governors on the Move, «Phoenix» 20 (1966), pp. 231246; G. P. BURTON, Proconsuh, Assizes and the Administration ofjustice under the Empire, «JRS» 65 (1975), pp. 92-106; Ch. HABICHT, New Evidence on the Province of Asia, «JRS» 65 (1975), pp. 64-91. Nella lex de provinciis praetoriis, Cnidos rv, 1.35, tra i poteri conferiti ai governatori della province orientali vi è la facoltà di κριτάς ξενοκρίτας διδόναι. 46 Cfr., ad esempio, la tabula Còntrebiensis, 1. 6: la procedura di fictio è usata in una formula applicata a dispute tra comunità non romane. Vd. gli studi di J. S. RICHARDSON, The Tabula Còntrebiensis: Roman Law in Spain in the Early First Century B.C., «JRS» 73 (1983), pp. 33-41, e P. BIRKS, A. RODGER, J. S. RICHARDSON,

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governatore decideva se l'istanza poteva essere ammessa, in qua­ le maniera la controversia doveva essere formulata e quale pe­ nale ο restituzione doveva essere imposta se l'accusa fosse stata provata (fase in iure); quindi nominava un singolo index oppure una commissione di iudices che dovevano redigere un verdetto in accordo ύΆζ formula scritta stilata dal governatore (fase avud iudicem).47 Nella tarda repubblica la procedura era pertanto bipartita, in modo conforme alle regole del processo formulare.48 In definitiva, possiamo affermare che ai beneficiari di questa clausola venne concessa la possibilità di adire, oltre al tribuna­ le patrio, tutte le autorità giurisdizionali autonome presenti al­ l'interno di una provincia nella tarda repubblica: da una parte la giurisdizione proconsolare, dall'altra le corti delle civitates liberae. La scelta disponibile ai destinatari del provvedimento è quella dei giudici, non del diritto da applicare: nonostante il dissenso di Schònbauer, non sembra che su questo esistano dubbi.49 Le ragioni della presenza di questa clausola sulla scelta del foro giudicante nell'atto sono principalmente di natura sociale e poli­ tica: da una parte si voleva evitare che ai destinatari del provve­ dimento l'assenza dai rispettivi luoghi di residenza potesse arre­ care detrimento ad eventuali interessi finanziari e commerciali; dall'altra si intendeva sottrarre i nuovi cives a possibili ritorsioni e vendette da parte degli avversari di Roma oppure da parte di Further Aspects ofthe Tabula Contrebiensu, «JRS» 74 (1984), pp. 45-73; cfr. anche J. S. RICHARDSON, The Reception ofRoman Law in the West: the Epigraphic Evidence, in Pouvoir et «Impenum» (nf av. j.-c. - f ap. j.-c), èdite par E. Hermon, Napoli 1996, pp. 65-75, part. pp. 66-71. 47 In generale vd. A. H. J. GREENIDGE, The Legai Procedure of Cicero7s Time, Oxford 1901, pp. 132-296; M. KASER, K. HACKL, DOS ramisene Zivilprozessrecht, cit., pp. 132-145 e 162-235. 48 R. J. HOFFMAN, Civil Law Procedures in the Provinces ofthe Late Roman Repu­ blic, «IJ» 11 (1976), pp. 355-374 dimostra che nella tarda repubblica tutte le con­ troversie private in provincia erano risolte dai magistrati romani seguendo la procedura bipartita; cfr. anche K. HACKL, R processo civiL· nelle province, in Gli ordinamenti giudiziari di Roma imperiale. Princeps e procedure dalle kggi Giulie ad Adriano. Atti del convegno internazionale di diritto romano, Copanello5-8 giugno 1996, a cura di F. Milazzo, Napoli 1999, pp. 299-318, part. pp. 314-316. Sulla persecuzio­ ne criminale in provincia vd. B. SANTALUCIA, Processo penale, a) Diritto romano, in ED xxxvi (1987), pp. 318-359, part. pp. 347-348. 49 Rimando alla discussione in A. RAGGI, Senatus consultum, cit., pp. 105 sgg.

ANDREA RAGGI ι64 esponenti dell'elite locale gelosi dei propri privilegi e della pro­ pria posizione di preminenza.50

La disposizione finale della clausola (11. 57-59) contiene il divieto di agire in ogni modo contro il privilegio della scelta di giurisdizione. il significato della prima frase (περί τε αυτών κρίνηι προσανενέγ/[κας γν]ώμην τε εϊπηι) non è del tutto chiaro, dato l'insolito uso assoluto del verbo προσαναφέρειν. In altri documenti epigrafici e negli scritti degli storici di età repubblicana il significato princi­ pale attribuito a questo verbo è quello del latino rogare ο referre.51 In generale, i commentatori dell'iscrizione di Rhosos ritengono che questa espressione vieti a priori ad un giudice di continuare a portare avanti un'accusa e di emettere un verdetto nei confronti dei beneficiari del provvedimento dopo che il caso, dietro richie­ sta di questi ultimi, sia stato attribuito ad un altro foro competen­ te. In altre parole, il tribunale ricusato è tenuto a rimettere il caso e ad inviare un resoconto al nuovo collegio giudicante scelto; a partire da questo momento, post relationem, è interdetto al primo tribunale di iudicare e sententiam dicere.52 L'ipotesi di Schònbauer, che riferisce προσανενέγκας esclusi­ vamente a γνώμην τε εϊπηι, è senza dubbio da scartare, dato che, come ha ben visto Roussel, la costruzione della frase collega il participio anche a κρίνηι.53 3. lUS LEGATIONIS E SANCTIO

Il § 11 concede ai destinatari del provvedimento il privilegio di poter ricorrere al senato di Roma ο ai magistrati romani in caso di 50

Cfr. le osservazioni in A. RAGGI, Senatus consultum, cit., pp. 106-107. Ad esempio: lexFonteia, (a) + (b), (i), 1.4: [ τώι δ]ήμωι προσανήνεγκεν (=ροpulum rogavit); SEG 31 (1981), 952,11.5-6: τω δήμω ή τω πλήϋει / προσανήνενενκεΐν, cfr. 11. 7-8; RDGE 23 (se. de Oropiorum controversiis), 1. 30; DIOD. xvrn, 51.4; POL. 51

xvni, 9.10; DIONYS. HALICARN., Ant. Rom. vi, 56.5. 52

P. ROUSSEL, Un Syrien, cit., p. 59, n. 3; F. DE VISSCHER, La condition, cit,

p. 27, n. 7, e ID., Le statut, cit., p. 68, n. 42. Per γνώμην ειπείν cfr. RDGE 23 (se. de Oropiorum controversiis), 1. 43. 53 E. SCHÒNBAUER, Die Inschrifi, cit., p. 206, ritiene che κρίνηι indichi una deci­ sione giudiziaria propriamente detta, mentre i termini seguenti si riferiscano ad una procedura analoga al procedimento per rescritto, per cui il giudice, dopo aver richiesto un parere ad un'autorità superiore tramite una relatio, emette la sentenza conformemente alla risposta ricevuta.

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incriniinazione. Con molta probabilità, lo ius legationis intendeva avere lo scopo precipuo di contrastare Γ operato di giudici che non si fossero attenuti alle disposizioni della clausola precedente. Il diritto di ambasciata era stato concesso alcuni decenni prima anche ai beneficiari del se. de Asclepiade tramite un'analoga dispo­ sizione .54 L'analisi delle espressioni che aprono la clausola (11. 60-61) ha posto non pochi problemi agli studiosi del provvedimento. L'equivalente latino di όνομα δέξασθαι è nomen (rei) recipere, espressione tecnica che designa l'accettazione da parte del magistrato del nome della persona accusata con la conseguen­ te inscnptio inter reos (procedura corrispondente, in pratica, alla attuale autorizzazione a procedere).55 Come è stato precisato da De Visscher, N. Festa in EIRA I2, p. 312, ha commesso sicura­ mente una svista nel tradurre l'espressione con nomen deferre, che è invece l'atto della presentazione formale dell'accusa al magistrato.56 L'espressione πρόκριμα κεφαλής è la traduzione letterale della locuzione latina praeiudicium capitis. Roussel ha collocato il ter­ mine nell'ambito del processo formulare, dove ipraeiudicia, detti anche formulae praeiudiciales ο actiones praeiudiciales, erano dei iudicia che invitavano il index ad azioni di accertamento cautelare indispensabili per poter stabilire se promuovere una successiva actio oppure se portare a litis contestano un'azione già promossa;

54 Linee 26-28 della versione greca: εάν τε περί των ίδιων πραγμάτων / πρεσβευτάς προς την σύγκλητον άποστέλλειν αυτοί τε παραγίνεσθαι προαιρώνται, δπως αΰτοΐς τέκνοις έκγόνοις τε αυτών / πρεσβευταΐς παραγίνεσθαι και άποστέλλειν τε έξήι = 11.18-19 del testo latino: [— seive de rebus sueis legatos ad senatum] I \mit\tere ipseive veneire vellent, uti eis, leibereis postereisque eorum legato venire mittereque liceret. Agii amici populi Romani si era soliti concedere lo ius legationis: cfr. ancora Ios., Ant. xiv, 210 (Ircano di Giudea). 55

P. ROUSSEL, Un Syrien, cit., p. 60, n. 2; F. DE VISSCHER, La condition, cit., p. 28, n. 2, e ID., Le statutt cit., p. 69, n. 44; IGLS m 1, p. 407. 56

Nella lex deprovinciis praetoris nomen deferre è reso in greco per mezzo della locuzione δνομα καταφέρειν (Delphi e, 1. 24) ο δνομα προσφωνεΐν (Cnidos ν, 11. 31-32; cfr. RS, p. 270,1. 32). Anche V. ARANGIO-RUIZ, Epigrafia giuridica greca e ro­ mana (1933-1935), cit., p. 515, parla erroneamente di nominis delatio. La procedura è ben descritta in O c , π Verr. 2,94: Pacilius quidam... ait, si liceret, absentis nomen àeferre se vette. Iste [scil. Verres] vero et licere etfierisolere, et se recepturum; cfr. O c π Verr. 2,101-102; VAL. MAX. m, 7.9·

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pertanto lo studioso francese ipotizza una formula senza condemnatio e quindi un processo sullo status del convenuto, de liber­ iate ο de ingenuitate, che comporta la pena capitale {iudicium ca­ pite).57 In realtà, in questo contesto il significato di praeiudicium capitis, come ha ben visto Arangio-Ruiz, è alquanto diverso: infatti, accanto all'accusa criminale prevista dall'espressione precedente nomen reàpere, «si è voluta contemplare l'azione privata che rei capitali praeiudicium faciat».5* In pratica, il caso qui considerato è quello di un magistrato che permetterà ad un'istanza privata di seguire il proprio corso, quando la vertenza dà d'altra parte luo­ go ad una procedura capitale, in contrasto con la vecchia regola repubblicana che una sentenza resa nell'azione privata non deve creare un pregiudizio per la decisione che deve intervenire nel­ l'istanza criminale.59 Nella stessa accezione la nostra espressione compare due volte in Cicerone ed è presente anche in un rescritto imperiale inviato alla polis di Sparta probabilmente da Adriano.60 Il § 12 costituisce la sanctio, una disposizione vincolante, tipica degli statuti romani, che, nel nostro caso, mira ad assicurare l'efficacia delle clausole finali del provvedimento. Vengono infat­ ti prescritte sanzioni contro quelle comunità ο autorità (civitates, 57 P. ROUSSEL, Un Syrien, cit., p. 60, n. 3. La procedura è prevista nella lex Imitano, 84,1. 5. Per la definizione di praeiudicia vd. A. GUARINO, Diritto privato,

cit., pp. 201-202. 58

V. ARANGIO-RUIZ, Epigrafia giuridica greca e romana (1933-1935), cit., p. 515.

59

F. D E VISSCHER, La condition, cit., p. 28, n. 3. Cfr. D. 47, 8, 2,1 (ULP. 56 ad

ed.): neque debetpublico iudicioprivata actionepraeiudicari; vd. K. HACKL, Praeiu­ dicium im klassischen rómischen Rechi, Salzburg-Mùnchen 1976, pp. 121 sgg., 168 sgg., 175 sgg. 60 O c , de inv. 11, 59-60: Postulai is, quicum agitur, apraetore exceptionem: extra quam in reum capitis praeiudiciumfiat....Quaestio est: excipiundum sit an non. Ra­ tio: «non enim oportet in recuperatorio iudicio eius maleficii, de quo inter sicarios quaeritur, praeiudiciumfieri»;O c , π Verr. 3,152: Non impetrat, cum hoc diceret Metellus, praeiudicium se de capite C. Verris per hoc iudicium nottefieri;IG ν ι, 21,11,11. 7:9'r και μή/τε κριτήριον ή πρόκριμα κεφαλικής δίκης ή έπιτιμίας εξου/σιν (iscrizione edita anche in J. H. OLIVER, Greek Constitutions, cit., 91; vd. ora il commento di J. FOURNIER, Sparte et lafiAstxce romaine sous le Haut-Empire. À propos de IG VI, IU «REG» 118 (2005), pp. 117-137, part. pp. 122-123).

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61

magistratus) che si trovassero eventualmente a contravvenire alle disposizioni previste dai §§ 10-11 e dalla parte iniziale dello stesso § 12 (11. 63-70); viene inoltre richiesto ai magistrati e proma­ gistrati romani di provvedere all'applicazione di queste clausole finali del provvedimento (11. 70-72). A prima vista, l'assenza di un vacat a 1. 63 potrebbe far ritenere che la sanctio si riferisca unicamente allo ius legationis.61 In realtà, questa mancanza di una pausa è un'indicazione che la sanctio, an­ che se posta in chiusura al documento, non va riferita alTintero atto, ma ai privilegi accordati dai §§ 10 e 11, i φιλάνθρωπα (per il concetto vd. supra § 1) menzionati all'interno della sanctio stessa, a 1.66. Le infrazioni elencate, in effetti, sono di natura processuale (11. 64-65) e i magistrati e promagistrati romani vengono men­ zionati proprio nella loro capacità di titolari della iurisdictio (11. 71-72).63 Inoltre, una penale di 100.000 sesterzi, che è quella qui prevista, sembra adeguata a colpire l'inosservanza di una par­ te, non di tutto quanto il provvedimento. Per la trasgressione di singole clausole, la lex Ursonensis prevede multe a partire da 1.000 fino ad un massimo di 100.000 sesterzi (cxxx, 1. 49), la ta­ bula Heracleensis di 50.000 sesterzi (11. 19, 97, 107, 125,140); per chi invece agisce in contrasto alle disposizioni dello statuto nel suo complesso, la lex de provinciis praetonis prevede una penale di 200.000 sesterzi (Delphi e, 1. 21), la lex Valeria Aurelia (RS 37, Todi and Trivulzio fragments) addirittura di 1 milione di se­ sterzi. Neil'attribuire a questa parte del provvedimento la denomina­ zione di sanctio, si rimanda ad uno dei valori che il termine poteva assumere nella tarda repubblica romana in riferimento ad un par­ ticolare complesso di formule, non omogenee tra loro, presenti 61 H. WOLFF, Die Entwicklung der Veteranenpnvilegien, cit., p. 90, con n. 128, ritiene che l'espressione [όστις] τε άρχων a 1. 64 si riferisca ai funzionari delle comunità; invece P. ROUSSEL, Un Syrien, cit., p. 61, pensa a «des fonctionnaires romains non moins que des magistrats municipaux». La fraseologia presen­ te alle 11. 64-65 fa preferire, a mio modo di vedere, questa seconda supposi­ zione. 2 3

In questo senso E. SCHÒNBAUER, Die Inschrifi, cit., p. 207. Vd. H. WOLFF, Die Entwicklung der Veteranenpnvilegien, cit., p. 90.

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negli statuti romani. Questo significato è quello attestato con maggior frequenza.65 Ovviamente, se, come abbiamo supposto (vd. supra cap. π, § i), il testo dell'atto a favore di Seleuco di Rhosos rispecchia quasi letteralmente il testo della lex Muriatici Aemilia, nell'elenco pre­ sentato da Bispham (cit. alla n. prec.) va aggiunto un riferimento anche a questa legge. In considerazione dell'ultima frase del provvedimento (11. 7072), mi sembra possibile aderire al pensiero di J. S. Richardson, secondo il quale questo tipo di sanctio era destinata non tanto ad ingiungere per il futuro obbedienza alla legge e a minacciare gli inadempienti di sanzioni, quanto in primo luogo a fare in modo che «those responsible for administering justice brought the disobedient to book, and administered the appropriate penalty».66 È lecito supporre che le ammende pecuniarie fossero compo­ nenti normali di una sanctio f7 la legge stessa determinava la for­ ma processuale tramite la quale doveva essere richiesta ο andava applicata la sanzione ai trasgressori. 64 PH. MOREAU, La «rogatio» des huit trìbuns de β av.J.-C. et les clauses de «san­ ctio» reglementant Vabrogation des lois, «Athenaeum» 77 (1989), pp. 151-178, p. 160: «on peut affirmer qu'à la fin de la République ... on appelait généralement sanctio un ensemble complexe de clauses, appames visiblement à des époques différentes». E. BISPHAM, The End ofthe «Tabula Heracleensis»: a poor Man*s «San­ ctio»?, «Epigraphica» 59 (1997), pp. 125-156, p. 147, perviene alla conclusione che «the conceptual framework and the internai logie behind the composition of sanctiones probably cannot be reduced to a standardised or convenient formula». 65 Vd. RS, pp. 20-24, e E. BISPHAM, The End ofthe «Tabula Heracleensis», cit., part. pp. 129 e 144, inoltre p. 128, n. 16, per indicazioni bibliografiche sull'argo­ mento e pp. 131-132 per un elenco di leges che presentano sanctiones appartenenti alla medesima categoria della sanctio del provvedimento triumvirale a favore di Seleuco di Rhosos (cfr. RS, p. 20). È da notare che E. BISPHAM, The End ofthe. «Tabula Heracleensis», cit., p. 144, include il significato 3 del temine sanctio pre­ sente in RS, p. 23, sotto il punto 1 e aggiunge alla lista il caput de impuntiate (m), che invece in RS, p. 22, è contemplato sotto il punto 2. 66 II pensiero di Richardson èriportatoin E. BISPHAM, The End ofthe «Tabula Heracleensis», cit., p. 145, n. 93. PH. MOREAU, La «rogatio» des huit trìbuns, cit., part. pp. 160-161 e p. 175, include questo tipo di sanctio tra le «clauses prospectives»; tuttavia, vd. a questo riguardo le osservazioni di E. BISPHAM, The End of the «Tabula Heracleensis», cit., part. pp. 146-147. 67 θ α , π Verr. 4,149 parla infatti di legis sanctionem poenamque: E. BISPHAM, The End ofthe «Tabula Heracleensis», cit., p. 130.

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Un procedimento usuale per punire la non osservanza delle di­ sposizioni di una lex (e quindi anche delle norme relative ai com­ portamento dei magistrati) era quello di inserire nella sanctio la possibilità per un pnvatus di agire a benefìcio del populus (accusa popolare) chiedendo un processo per multa.68 Nel nostro testo è previsto proprio questo tipo di azione, dove viene attribuito τώι ϋέλοντι69 il diritto di pecuniam petere ai magistrati romani in pro­ vincia ο a Roma stessa (11. 67-69). È possibile mettere a confronto questa clausola con. disposizio­ ni simili che si trovano in altre leggi romane (un elenco è fornito da RS, p. 21). La sanctio della lex deprovinciispraetonis, ad esempio, presenta una strutturazione analoga del testo nel punto in cui si concede l'azione a legittimazione popolare, anche se tramite espressioni maggiormente articolate e reiterate più volte: dopo la minaccia di una multa legalefissaa destinazione pubblica (Delphi e, 11.19-23; l'indicazione τώι δήμωι si trova a 1. 22), segue la desi­ gnazione dei legittimati ad agire in giudizio per richiederla (11. 23-24: Tazione è qui attribuita a ò βουλόμενος), poi il divieto fatto ai magistrati di impedire tale giudizio (11.24-28), infine le modalità del giudizio (11. 28 sgg. e Cnidos v), parte, quest'ultima, che man­ ca nel provvedimento rinvenuto a Rhosos.70 Gli editori di RS hanno giustamente puntualizzato che il singo­ lo cittadino (il soggetto del cui volet) sicuramente non possedeva il diritto di exactio, che apparteneva solamente al magistrato ro­ mano: pertanto i due vocaboli μεταπορεία e έ'κπραξις (1. 68) in questo caso rendono i due termini latini actio e petilio, che com68

Vd. RS, pp. 21-22: «Actions for the benefit of xht populus». II termine è integrato: vd. supra cap. 1, § 4, commento alla 1. 68. Osserva D. MANTOVANI, R problema d'origine dell'accusa popolare. DaUa «quaestio» unilate­ rale alla «quaestio» bilaterale, Padova 1989, p· 140, n. 67, che il cap. xcv della lex Ursonensis sembra presupporre che la concorrenza fra privati e magistrati nella petitio di una multa legale fissa «sussista implicitamente ogni qualvolta sia nella legge usata la formula cui volet». Sui processi recuperatoli per multa vd. anche C. VENTURINI, «Quaestio» e «multaepetitio» neUa «lex Ursonensis», «Studia Historica. Historia Antigua» 15 (1997), pp. 229-246 = «MEP» 1 (1998), pp. 79-102. 70 Seguo qui la schematizzazione di D. MANTOVANI, Rproblema d'origine, cit., P· 124, n. 20. Un'analisi sommaria della sanctio della lex de provinciis praetoriis si trova in L. MONACO, Persecutio piratarum. 1. Battaglie ambigue e svolte costituziona­ li nella Roma repubblicana, Napoli 1996, part. pp. 127-133 e 137-143. 69

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paiono uniti a fine clausola ripetutamente in diversi testi di leges romane.71 Nella parte iniziale della clausola diversi termini hanno nuova­ mente creato difficoltà di interpretazione ai commentatori del­ l'iscrizione. Per prima l'espressione εκ προαγο^γης: in generale, ή προαγωγή in età ellenistica ha il senso di «promozione», «considerazione», mentre il verbo προάγω presenta una varietà di significati,72 cir­ costanza che non aiuta certamente a trovare il significato esatto della locuzione presente nel testo. Roussel propone di correggere il testo in προαγωγής e tra­ duce l'intera espressione «ou connaitra d'une affaire en procédant par contrainte»; Festa pensa al latino per occupationern, De Visscher a per ambitionem («par faveur»).* Oliver suggerisce di considerare il termine come un derivato della forma verbale nell'accezione che questa assume in un'iscrizione di Delfi del 117 a.C. : «portare di fronte ad un tribunale» ;74 in latino quin­ di l'espressione equivalente a έκ προαγωγής sarebbe prò tribunali. Gli editori di ARS75 suggeriscono di correggere il testo in έκ παγωγής, per ricercare probabilmente il significato di «transgression», «infringement of a law» (cfr. LSJ, S.V., rv.3). Nell'incertezza, per così dire, generale, avanzo anch'io due 71 Vd. RS, p. 311, comm. alle 11.35-36; p. 438, comm. al Ch. Lxxin, 11. 7-8; p. 505, comm. ai Fragments (a) + (b) + (e), Face (ii), 11. 5-6. Per la contemporanea pre­ senza dei termini actio e petitio cfr. lex Ursonensis cxxv, 11. 27-28; cxxvi, 11. 46-47; cxxvin, 1. 30; cxxix 1. 37; cxxx, 11. 50-51; cxxxi, 1.13; CXXXII, 1. 32. Analisi di questi termini in F. CASAVOLA, Actio petitio persecutio, Napoli 1965 e J. L. MURGA GENER, PosibL· significacion del trinomio «actio petitio persecutio» en las leyes municipales romanas, in Estudios de Derecho Romano en honor de Alvaro d'Ors 11, Pamplona 1987, pp. 889-913. Di fronte ai risultati di queste indagini, è bene comunque tenere presente che la tricotomia actio petitio persecutio, quando ricorre in testi legislativi, non vuole necessariamente «indicare tre categorie di mezzi giudizia­ ri rigorosamente delimitate le une dalle altre : esse sono invece impiegate, in quel contesto di discorso, proprio perché dalla somma delle loro denotazioni si viene a comporre un quadro di carattere onnicomprensivo al livello dei mezzi giudiziari assimilabili alle azioni»: M. TALAMANCA, Processo civile, a) Ovatto roma­ no, in ED xxxvi (1987), pp. 1-79, part. p. 48, n. 344. 72 RC, p. 356. 73

P. ROUSSEL, Un Synen, cit., pp. 41 e 61, n. 3; PIRA I2, p. 313; F. D E VISSCHER, Le

statuì, cit., p. 70, n. 50, e p. 75. 74 SylV 826 G, 1. 22: οι προαγόμενοι και ερωτώμενοι. 75

ARS,

p. 111, n. 5.

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ipotesi. Per il traduttore del provvedimento in greco, la locuzio­ ne presente nel testo avrebbe forse dovuto rendere il latino ver tisurpationem; altrimenti si può pensare a ex praeiudicio/6 ma in entrambi i casi mancano purtroppo testimonianze parallele. Per integrare la lacuna iniziale di 1. 65, Schònbauer pensa ad un verbo che significhi multet ο al dativo ποινηι, oppure ad άδικοίηι, anche se fa giustamente notare che un cambiamento così vistoso di tempo e di modo rispetto agli altri verbi presenti in queste li­ nee sembra inammissibile.77 Oliver restituisce «tentatively» [όμολ]ογήι, che corrisponde al latino concedat.78 La restituzione, tuttavia, non occupa tutto lo spazio a disposizione nella lacuna; inoltre, il confronto con la lex deprovinciispraetoriis, dove dopo l'espressione ύπεναντίον ποιήσηι compaiono sempre dei verbi che rappresentano azioni di impe­ dimento delle disposizioni della legge (έπικρίνειν, κωλύειν),79 mi sembra che non possa far accettare la proposta di Oliver. La lex de provinoti praetoùis suggerisce un'altra forma verbale, [παραν]οηι(= commisent), ma in questo caso andrebbero sup­ posti troppi errori commessi da parte del lapicida. Ad ogni modo, va restituito un verbo al congiuntivo aoristo; si può quindi pensare ad una correzione in -οηι delle lettere visibili dopo la lacuna. Il termine όμόσηι compare ripetutamente nella lexdeprovinàispraetonis, ma qui è decisamente fuori contesto. Non mi sembra pertanto possibile rintracciare per il momento una restituzione plausibile. Secondo Schònbauer, la disposizione presente alle 11. 69-70 è intesa a prevenire gli abusi da parte dell'attore (dell'azione po­ polare). Questi deve fornire delle garanzie, perché non può con impunità trascinare persone innocenti in processi tediosi e onero­ si ed esporli al rischio della rovina: se fornisce garanzie idonee, il provvedimento assicura che egli riceverà l'opportunità di portare la causa davanti alle autorità competenti.80 Ma l'interpretazione del passo non è priva di difficoltà. Roussel così traduce la frase: «Pour cette [somme], si (le condamné) don76

Ringrazio il Prof. Mario Talamanca per i suggerimenti.

77

E. SCHÒNBAUER, Die Inschrift, cit., p. 208.

78

J. H. OLIVER, Notes on Documento, cit., p. 538. ^ Delphi e, 1. 21 e 1. 26; cfr. 1.18.

7

Vd. E. SCHÒNBAUER, Dielnschnft, cit., p. 208; cfr. F. D E VISSCHER, Lestatut,

cit., p. 72, n. 56.

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ne des cautions suffisantes, on les [acceptera?]».81 In alcuni studi recenti, il termine έγγύας viene inteso come traduzione del lati­ no vadimonio,*7' Quest'ultima tipologia di garanzie è però fornita sempre dal convenuto, mentre l'espressione che stiamo esami­ nando va riferita all'attore. Per questa ragione, mi sembra che l'interpretazione di. Schònbauer resti per il momento la più valida, ritenendo che la frase richieda all'attore di prestare delle cautiones sotto forma di satisdatiOy*3 cioè con l'assistenza di garanti idonei, per non vedersi de­ negare l'azione che intende promuòvere per il recupero dell'am­ menda prevista dalla clausola e in modo che si impegni a portarla a compimento, altrimenti subisce il danno della perdita delle ga­ ranzie fornite.84 In questo senso, il verbo all'infinito da supplire nella lacuna centrale di 1. 70 potrebbe anche essere [δικάζε]σθαι (vd. apparato critico); credo invece che sia da respingere la pro­ posta di integrazione di Oliver per la lacuna iniziale di 1. 70,85 poi­ ché qui si fa riferimento alla somma da esigere contemplata nelle linee immediatamente precedenti. 81

82

P. ROUSSEL, Un Syrien, cit., p. 42.

Vd. D. NÒRR, Prozessuales aus dem Babatha-Archiv, in Mélanges de droit romain et d'histoire ancienne. Hommage à la mémoire de André ìs/lagdelain, études coordonnées et rassemblées par M. Humbert et Y. Thomas, Paris 1998, pp. 317-341, part. p. 341, n. 135. E. METZGER, Litigation in Roman Law, Oxford 2005, p. 181, pur richiamando la nota di Nòrr, parla correttamente di una actio popularis offerta nel testo a chi presenterà garanzie sufficienti. 83 L'esegesi dei passi gaiani relativi alle garanzie fornite sotto forma di satisdatio durante la fase in iure del processo formulare è svolta da D. MANTOVANI, Un esempio dell'efficienza delia comunicazionegaiana. Gai. 4,88-102, «SDHI» 51 (1985), pp. 349-366. 84 Resta il dubbio se il termine greco έγγύας indicasse le garanzie personali (praedes) ο reali {praedia), sempre prestate, comunque, da terze persone. Festa in FIFA r\ p. 314, così rende l'espressione di 1. 70: qui sponsores idoneos praebuent. Per la resa in greco del latino praedia cfr. lexportoni Asiae, 11.102,106-107, no» 124· Per la retroversione latina cfr. lex agraria, 1. 84: quei ex h(ac) l(ege) praedia dederit, e supra p. 70, n. 140. Sulle testimonianze relative a praedia e praedes rinvio al recente contributo di C. VAN GESSEL, «Praedes», «praedia», «cognitores»: lessuretés réelles et personneìles de Vadjudicataire du contrai public en droit romain (textes et réflexions), in Tdches publiques et entreprise privée dans le monde romain, Actes du Diplóme d'Etudes Avancées, Université de Neuchàtel et de Lausanne, 20002002, sous la direction de Jean-Jacques Aubert, Genève 2003, pp. 95-122, dove si troverà una bibliografia aggiornata in merito. 85 J. H. OLIVER; Notes on Documents, cit., p. 538.

CAPITOLO V

IL PERSONAGGIO DI SELEUCO DI RHOSOS i . U N NAVARCHUS

D S L L A M A R I N A M I L I T A R E PROMANA

NELLA TARDA REPUBBLICA 1

N

ELLE Marine delle città greche il termine ó ναύαρχος indica­ va, come rivela la stessa etimologia, un «comandante di una nave», ma in epoca ellenistica mutò progressivamente di signi­ ficato fino ad assumere quello di «ammiraglio» ο «comandante di una squadra ο di una flottiglia» di entità non determinata;2 ó τριήραρχος indicava, invece, un «comandante di una trireme», per poi passare al significato di «capitano di una nave» oppure, ma solo raramente, «comandante di un esiguo gruppo di vascel­ li».3 Perciò i navarchi il più delle volte erano secondi solamente al comandante in capo e, come vedremo, occupavano anche nella flotta romana una posizione di maggior prestigio e responsabilità rispetto ai tnerarchi; che questi ultimi avessero ai propri ordini una singola unità si evince dalla menzione del nome di una nave a seguito della loro qualifica in alcune iscrizioni sepolcrali della prima età imperiale.

1 Una versione del testo di questo paragrafo (fino a p. 189) è stata discussa il 31 gennaio 2002 in un seminario nell'ambito del Dottorato di ricerca in Sto­ ria Antica presso il Dipartimento di Scienze Storiche del Mondo Antico (Pisa); successivamente, grazie all'interessamento del Prof. Umberto Laffi, è apparsa come A. RAGGI, «Navarchi» e «trierarchi» neUa Manna romana in età tardo-repubblicana, «RAL» S. 9,13.3 (2002), pp. 419-431. Rispetto a questa pubblicazione, ho apportato alcune modifiche al testo.

* Per C. G. STARR, The Roman Imperiai Navy, 31 B.C.-A.D. 324, Ithaca (N.Y.) 1941,

p. 40, ogni squadra era composta di sei ο dieci navi, ma vd. M. G. GRANINO CECERE, C. luliusAug. I. Hilarus, navarchus, «ZPE» 109 (1995), pp. 289-297, part. p. 291, n. 24: «la presenza di una divisione della flotta in squadroni, a capo dei quali sarebbero stati i singoli navarchi non ha il supporto di nessuna testimonianza; di certo una tale partizione è documentata in età bizantina». 3 In generale vd.E. KIESSLING, Nauarchos una Nauarchie, in RE XVI.2 (1935), coli. 1889-1896; C. G. STARR, The Roman Imperiai Navy, cit., p. 39; M. REDDÉ, Mare no­ strum. Les infiastructures, k dispositi/et Vhistoire de la manne militaire sous VEmpire romain, Rome-Paris 1986, pp. 541-542.

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Nella Marina romana questi due gradi rappresentavano le po­ sizioni occupate dagli ufficiali sottoposti al vero e proprio ammi­ raglio, Lì praefectus classis, che apparteneva all'ordine equestre, an­ che se negli anni delle guerre civili repubblicane si trovano spesso legati di rango senatorio al comando delle squadre navali (ad es. il senatore C. Calvisius Sabinus al comando della flotta di Ottavia­ no operante contro Sesto Pompeo). Nel 67 a.C, nel corso della vasta operazione condotta contro la pirateria, Gn. Pompeo fece uso di propri legati (πρεσβευταί), che potrebbero essere conside­ rati precursori delle posteriori figure dei legati Augusti.4 La prima testimonianza epigrafica del termine praefectus classis in greco si trova in un'iscrizione proveniente dalla città fenicia di Arado in onore di Decimus Laelius, έπαρχος στόλου (Ι. 4), che Cesare riferisce essere stato preposto da Gn. Pompeo al comando della flotta in Asia.5 Pochi anni dopo, precisamente nel 43 a.C., il se­ nato conferì a Sesto Pompeo la carica di praefectus classis et orae maritimae, come attestano le leggende di alcune emissioni monetali.6 Un'iscrizione commemorativa della consacrazione di una nave di Cos, che si data all'82 a.C, riporta i nominativi di un navarco e di un trierarco dopo il nome di A. Terentius Varrò, comandante della flotta romana in Asia.7 4

Vd. APP., Mithr. 431, e C. G. STARR, The Roman Impenal Navy, cit., p. 3; cfr.

L. BREGLIA PULCI DORIA, I legati di Pompeo durante la guerra piratica, «AFLN»

13 (1970/71), pp. 47-66. Alcune iscrizioni trovate a Cirene attestano il titolo πρεσβευτάς άντιστράταγος (= kgatus prò praetore) per Cornelius Lentulus Marcellinus, legato di Gn. Pompeo nelle acque del Mar Libico nel 67 a.C: vd. J. REYNOLDS, Cyrenaica, Pompey and Cn. Cornelius Lentulus Marcellinus, «JRS» 52 (1962), pp. 97-103. Il termine praefectus classis è presente in Livio fin dal tempo delle guerre annibaliche: cfr. Liv. xxvi, 48.7; XXVII, 5.1; XXLX, 25.5. 5

IGRR m, 1018 = IGLS vii, 4008; CAES., beli civ. m, 5.3. C. G. STARR, The Roman

Imperiai Navy, cit., p. 3 e n. 9, attribuisce perciò riscrizione al 49/48 a.C, ma sulla datazione sussistono dubbi: cfr. il commento di J.-P. Rey-Coquais in IGLS vn, p. 33. 6 RRC 511. In generale vd. i riferimenti in APP., b.c. w, 298; iv, 353; iv, 394; iv, 404; CASS. DIO XLVI, 40.3 e XLvm, 17.1; VELL. 11, 73.2. Il termine praefectus classis

è attestato pochi anni prima della battaglia di Azio in un'iscrizione (CIL in, 7*6° = ILS 891 = ILLRP 433) proveniente da Mitilene in onore di M. Titius, console designato per il 31 a.C (MRR II, pp. 409 e 420); per la datazione vd. J.-L. FERRARY, Les inscriptions du sanctuaire de Claros en Vhonneurde Romains, «BCH» 124 (2000), pp. 331-376, part. pp. 355-357. 7 IGRR 1, 843 = I. Kalchedon 15, 11. 2-6, proveniente da Hieron, nella regione

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In una lastra di marmo rinvenuta nel 1924 a Velletri è presente una dedica bilingue fatta da quei militant Caesari navarchi et trierarchi, in greco οι στρατευόμενοι Καίσαρι ναύαρχοι και τριήραρχοι, vale a dire dagli ufficiali (non dai marinai, come erroneamente affermato dal curatore dell'iscrizione nei Suppl. IL 11, p. 46) al loro comandante superiore di grado, H praefectus, classis (ó έπαρχος τοϋ στόλου) Μ. Mindius Marcellus, molto probabilmente veliterno come Ottaviano e suo grande amico.8 L'iscrizione si data al perio­ do compreso tra la sconfitta di Sesto Pompeo a Nauloco (36 a.C), perché da Appiano sappiamo che Mindius Marcellus era presente nella flotta di Ottaviano durante il bellum Siculum, e l'assunzione del titolo di Augusto da parte di Ottaviano stesso (27 a.C), e costi­ tuisce una testimonianza inequivocabile non solo della presenza di ufficiali di origine greca a bordo delle navi romane, ma anche della gerarchia esistente nella Marina militare romana nella tarda repubblica.9 Alla fine del 1 sec. a.C. ó ναύαρχος non poteva quindi conside­ rarsi la traduzione ufficiale in greco del termine praefectus classis, come invece afferma iìi un recente articolo il Saddington.10 La confusione nasce dalle pagine degli storici antichi che trattano di questo periodo, Appiano e Cassio Dione in particolare, dove non si trova mai utilizzata la locuzione ò έπαρχος του στόλου, mentre ó ναύαρχος viene usato sia nel senso di comandante di una squadra, sia nel senso di ammiraglio ο praefectus classis ; con questo significa­ to è però adoperato anche il termine ó στρατηγός. Senza dubbio, nell'età di transizione tra repubblica e principato, la terminologia giuridico-istituzionale relativa agli ufficiali comandanti la flotta di Calcedonia: άγ[ουμ]έ[ν]ου του στόλου παντός Αΰ/λου Τερε[ν]τίου Αύλου υίοΰ Ούάρρωνος / πρεσβευτά, ναυαρχοϋντος Εύδά/μου το[ΰ ], τριηραρχοϋντος Κλε/ονίκου τ[ο]ΰ Ευκά[ρ]που. Terentius Vano era legatus (πρεσβευτής) del pro­ pretore Licinius Murena. 8 Suppl It. 11, 8; cfr. AnnEpigr 1925,93. Su Mindius Marcellus vd. [F.] MUNZER, Mindius, in RE xv (1932), coli. 1772-1773, nr. 5; R. SYME, The Roman Revolution, cit., pp. 132 e 236; E. GABBA, Appiani, cit., p. 173. 9

Vd. APP., b.c. v, 422, dove Mindius Marcellus è definito των εταίρων τινίτών Καίσαρος. C. G. STARR, The Roman Imperiai Navy, cit., p. 38, ritiene che riscrizio­ ne si collochi «a year or two before the battle of Actium». 10 D. B. SADDINGTON, Praefecti classis, orae maritimae and ripae of the Second Triumvirateand the Early Empire, «JRGZ» 35.1 (1988) [1991], pp. 299-313, part. p. 299.

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romana era ancora fluttuante, ma le testimonianze sopra citate mostrano che essa si andava ormai definendo, finché non giunse ad acquisire una propria fisionomia particolare in età imperiale." La presenza nella Marina romana di termini in uso nel mondo greco non deve meravigliare: è noto, infatti, il debito che Roma ebbe sempre, in epoca repubblicana, nti confronti non solo della tecnica e dell'esperienza marinara dei Greci, ma anche della loro potenza navale, specialmente quella delle città portuali dell'Egeo e dell'Asia Minore, che, per tradizione e capacità, furono sempre in grado di armare vascelli da guerra e ripetutamente combattero­ no con le loro navi a fianco dei Romani.12 In letteratura13 si è a più riprese sottolineata la mancanza di una politica navale da parte di Roma a partire dagli anni immediatamente successivi alle guerre puniche, evidenziando da una parte la diminuzione progressiva della potenza navale romana nel secondo secolo, dall'altra la vo­ lontà del senato di distruggere le flotte dei regni ellenistici con i quali via via Roma si scontrava senza preoccuparsi minimamente di riempire il vuoto che si creava e di contrastare la minaccia della pirateria. Come sostiene Reddé,14 il difetto principale della Mari­ na romana nella tarda età repubblicana era l'assenza di continuità nell'organizzazione della flotta, sempre improvvisata e provviso­ ria: la mancanza di arsenali (i navalia di Ostia furono colpiti da un fulmine nel 44 a.C.) e di basi militari permanenti, che vennero fis­ sate solo con l'istituzione delle due flotte italiche di Ravenna e di Miseno ad opera di Augusto,15 faceva sì che per ogni nuova ope11 Sulle diverse accezioni di ό ναύαρχος vd. Η. J. MASON, Greek Terms, tic, p. 69. Per l'età imperiale, quando il grado di navarco perse progressivamente di importanza, vd. i contributi di M. REDDÉ, La Rangordnung des manns, in La hiérarchie (Rangordnung) de Yarm.it romaine sousL·Haut-Empire, Paris 1995, pp.

151-154, e ID., Les Manns, in G. ALFÒLDY, B. DOBSON, W. ECK, Kaiser, Heerund

Gesellschafi in der rómisàien Kaiserzeit. Gedenkschrififìir Eric Birley, Stuttgart 2000, pp. 179-189. 12 A più riprese le fonti menzionano costruzioni navali in Asia, Licia, Panfilia, Ciucia, Siria: vd. M. REDDÉ, Mare nostrum, cit., p. 311, n. 7. 13

C. G. STARR, The Roman ImpenalNavy, cit., pp. 1-10; J. HARMAND, L'arméeet

le soldat à Rome de 107 a50 avant notre ère, Paris 1967, pp. 213-221. 14 M. REDDÉ, Mare nostrum, cit., pp. 457 sgg., part. 463-465, con letteratura precedente. 15 È ancora aperta la discussione sulla data precisa dell'istituzione delle due flotte italiche, ma sicuramente si colloca dopo Azio e prima del 12 a.C, anno

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razione navale si dovesse allestire una flotta aà hoc, costruendo ο richiedendo navi agli alleati e reclutando ex novo gli equipaggi e gli ufficiali, spesso male addestrati ο poco esperti (è sintomatico il fatto che le navi romane, secondo quanto riferiscono Appiano ο Cassio Dione, spesso non erano in grado di affrontare una qual­ siasi tempesta in mare). Un episodio riferite d2 Plutarco è esem­ plificativo della diffidenza che i Romani mostravano nei confron­ ti del combattimento per mare: prima della battaglia di Azio un centurione dell'esercito, veterano di molte battaglie, si rivolse ad Antonio esprimendogli il desiderio di combattere sulla terra e di lasciare il combattimento per mare agli Egiziani e ai Fenici.16 Le testimonianze che riferiscono di aiuti navali forniti dalle comunità greco-orientali ai Romanici infittiscono a partire da'gli anni delle guerre mitridallche e della guerra sociale, quando la crisi delle istituzioni repubblicane coinvolse anche il territorio asiano. Il potenziale navale orientale era indubbiamente superio­ re a quello occidentale e pertanto tutti gli imperatores effettuaro­ no le loro requisizioni, spesso frettolose, a spese delle comunità greche, asiane, egiziane, cirenaiche e siro-palestinesi; ne conse­ gue che le flotte romane dell'ultimo secolo della repubblica era­ no quasi sempre costituite da navi greche ο greco-orientali.17 Tra gli episodi più significativi ricordiamo l'invio, da parte delle città d'Asia Minore, di rinforzi navali a Roma durante la guerra sociale in Italia.18 Nell'83 a.C. Siila portò in Occidente le 70 navi cedute da Mitridate in base al trattato di Dardano e, nello stesso anno, Murena ordinò a varie città costiere di costruire un certo numero di navi da utilizzare in futuro.19 Sempre nello stesso periodo, per della morte di Agrippa. In generale vd. M. REDDÉ, Mare nostrum, cit., pp. 177, 186-188 e 490-491. 16

17

PLUT., Ant. 64, 2-3.

Per il potenziale navale dei Romani nel periodo che qui interessa vd. l'an­ cora utile J. KROMAYER, Die Entwicklung der rómischen Flotte vom Seeràuberkriege des Pompeius bis zur Schlacht voti Actium, «Philologus» 56 (1897), pp. 426-491, part. 432-449· 18 Per le navi inviate da Eraclea Pontica vd. MEMNON, FGrHist 434, F 21 (il rientro in patria avvenne dopo undici anni); da ultimo, esame del passo in E SANTANGELO, Meninone di Eraclea e il dominio romano in Asia Minore, «Simblos. Scritti di storia antica» 4 (2004), pp. 247-261, part. pp. 255-256. Per Smirne vd. TAC, Ann. TV, 56. 19 APP., Mithr. 222 e 240; PLUT., SuUa 22. Su Murena vd. O c , π Verr. 1, 89.

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la precisione nel 78 a.C, il se. de Asclepictde concesse a tre Greci provenienti dalle città di Clazomene e Mileto in Asia e Caristo in Eubea una serie di privilegi ed esenzionifiscaliper l'aiuto prestato con le loro navi alla repubblica romana του πολέμου του Ιταλικού έναρχομένου; è da osservare che il Mommsen propose di integra­ re ναυάρχους nella lacuna finale di 1. 6 della versione in greco e magistros nel testo latino, mentre il Bruns propose nauarchos.2,0 Si possono ricordare ancora le navi greco-orientali raccolte da Lucullo per conto di Siila in Libia, Egitto, Fenicia, Siria, Cipro e Panfilia quando Mitridate, occupando l'Asia Minore, impediva alle città greche di fornirne a Roma, ο quelle al seguito di Gn. Pompeo nel 67 a.C, durante la spedizione contro la pirateria.21 È curioso osservare come lo stesso Lucullo avesse ostacolato Γ ap­ provazione di un senatus consultum che stanziava una somma da investire nella costruzione di una flotta da utilizzare contro Mitri­ date, affermando che le navi fornite dagli alleati orientali erano più che sufficienti alle sue necessità.22 Contingenti provenienti dalla Siria, paese d'origine di Seleuco, erano quasi sempre presenti tra le forze navali romane: li troviamo ancora al seguito di Pompeo, oppure in rinforzo a Cesare nel corso del bellum Alexandrinum.7* Nel 31 a.C. ad Azio, teatro dell'ultimo combattimento che op­ pose i contendenti per la conquista del potere a Roma alla fine dell'età repubblicana, si svolse una grande battaglia navale. Que­ sto avvenimento è emblematico della situazione che si era venu­ ta a creare negli ultimi anni delle guerre civili, quando le forze navali disponibili nel Mediterraneo videro un accrescimento con­ siderevole: il controllo dei mari era diventato quasi determinante 20

Vd. apparato critico in A. RAGGI, Senatus consultum, cit., pp. 77 e 81; sulla datazione del bellum Italicum vd. supra cap. 1, § 4, commento alle 11.12,-13. 31 Lucullo: PLUT., Lue. 2, 2 e 3, 3; APP., Mithr. 131 (παρά τε των βασιλέων και πόλεων, δσαι ναυτικαί, στόλον τινά άγείραντα) e 226. Pompeo: APP., Mithr. 428431; PLUT., Pomp. 25-26; Cic, ad Att. ix, 9.2; cfr. FLOR. I, 41.8. Per l'aiuto fornito da Rodi a Roma nel, corso delle guerre mitridatiche vd. IGRR TV, 1111 e 1113-1115. 22 PLUT., Lue. 13, 4, negli anni della terza guerra mitridatica. 23 Vd. CAES., beli civ. in, 3 e m, 101 (49-48 a.C); beli Alex. 1,1. Per queste ulti­ me considerazioni cfr. P. RÒUSSEL, Un Syrien, cit., pp. 43-45, part. p. 44: forse in C. Iulius Menoes, cittadino siriano di Antiochia sulTOronte nominato in CIL IX, 41 (vd. infra nota 32), bisogna individuare un ufficiale di Marina che ricevette la civitas Romana ad opera di Ottaviano?

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per assicurarsi il dominio dell'Impero e non solo era indispensa­ bile per trasportare truppe e controllare i porti (soprattutto Brin­ disi),24 ma anche per la sopravvivenza delle parti in conflitto, mi riferisco in questo caso al bellum Siculum, il prolungato scontro tra le flotte di Ottaviano e di Sesto Pompeo, nel quale la posta in gioco erano i convogli di grano provenienti dalie isole che rifor­ nivano Roma.25 La spartizione dell'ormai vasto dominio romano tra parte orientale, affidata a Marco Antonio, e parte occidentale, governata da Ottaviano, con il Mare Adriatico a rappresentare la frontiera, aveva creato uno squilibrio geografico e politico26 e accentuato la necessità di avere a disposizione flotte potenti. Si rammenti come negli anni del ed. secondo triumvirato gli incon­ tri di pacificazione tra gli aspiranti al potere assoluto si svolsero tutti in località portuali (Brindisi, Miseno, Taranto). Appiano e Cassio Dione tramandano che, fino a quando Mar­ co Antonio non riprese possesso delle province orientali dopo la morte dei Cesaricidi, in Italia i triumviri patirono la mancanza di una flotta adeguata a contrastare da una parte il dominio di Domizio Enobarbo nell'Adriatico, dall'altra quello di Sesto Pompeo nel Tirreno.27 Finalmente, nell'estate del 40 a.C, M. Antonio si presentò nell'Adriatico con una flotta di 200 navi, che si era pro­ curato quasi certamente in Siria.28 Da questo momento in poi la 24

Brindisi svolgeva un molo chiave perché, oltre ad essere il porto di accesso all'Italia, nel quale le truppe venivano sbarcate, permetteva di sorvegliare il passaggio dell'Adriatico e la rotta verso la Grecia e l'Oriente: M. REDDÉ, Mare nostrum, cit., p. 310; cfr. ad es. CAES., beli. civ. in, 23 sgg.; APP., b.c. 11, 239; n, 242;

v, 235-237. 25 Cfr. APP., b.c. v, 72; v, 280; v, 304-305; CASS. DIO XLVIII, 18.1; XLVIII, 20.1; XLvni, 31.1; VELL. 11,77.1; OROS. VI, 18.19; FLOR. 11,18.

26

L'espressione è di M. REDDÉ, Mare nostrum, cit., pp. 486-487. Mancanza di navi da inviare contro Sesto Pompeo: APP., b.c. iv, 358 (inizi del 42 a.C); le flotte repubblicane dominano il mare dopo Filippi: APP., b.c. v, 4-9 (fine del 42 a.C); Domizio Enobarbo cattura e incendia alcune triremi di Ottaviano a Brindisi: APP., b.c. v, 104 (41 a.C); Ottaviano è privo di navi da guerra: APP., b.c. v, 221 (40 a.C). Lafiguradi Sesto Pompeo negli anni crucia­ li dello scontro con Ottaviano è stata recentemente esaminata da K. WELCH, Sextus Pompeius and the «Res Publica» in 42-39 BC, in Sextus Pompeins, editors A. Powell and KL Welch, London 2002, pp. 31-63. 27

18

APP., b.c. v, 230; PLUT., Ant. 30,3; cfr. T. R. S. BROUGHTON, Roman Asia Mi­

nor, in ESAR rv, Baltimore 1938, pp. 499-918, part. p. 586, n. 41.

ι8ο

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presenza di navarchi ο trierarchi di origine greca ο greco-orientale, per la maggior parte liberti, trai comandanti delle flotte di M. An­ tonio e Ottaviano è un fatto costante e ampiamente attestato dal­ le pagine dei due storici di lingua greca.29 In seguito all'accordo di Taranto (37 a.C), M. Antonio cedeue ad Ottaviano 120 delle sue 300 navi provenienti daiiOriente per portare l'attacco decisivo a Sesto Pompeo: tra i comandanti di queste navi forse si trovava anche Seleuco di Rhosos.30 Conosciamo pochissimo, per non dire quasi niente, riguardo alla progressione di carriera di questi comandanti di navi, al loro trattamento economico e alla considerazione che ricevevano nella società della prima età imperiale.31 È possibile invece fare alcune considerazioni sulla loro provenienza, le loro motivazioni e il loro status nella tarda età repubblicana alla luce della docu­ mentazione epigrafica da me raccolta. La discussione in letteratura si è incentrata sulla difficoltà nel de­ terminare con certezza lo status giuridico sia dei comandanti sia dei semplici marinai appartenenti alle flotte italiche dal momento della loro istituzione in poi. Gli studiosi, sulla base dell'esame dei dati onomastici ricavabili dalla scarsa documentazione epigrafica di età augustea e tiberiana,32 si sono divisi in due gruppi contrap29 Vd. D. B. SADDINGTON, Praefecti classis, cit., pp. 299-301. Fu comunque Se­ sto Pompeo a fare un uso maggiore di liberti greco-orientali come comandanti delle proprie navi, in conseguenza delle circostanze speciali nelle quali fu ob­ bligato ad operare; alcuni suoi navarchi defezionarono per passare dalla parte di Ottaviano: esemplare il caso di Menodoro/Menas (vd. infra). Per un elenco prosopografico dei partigiani di Sesto Pompeo vd. B. SCHOR, Beitràge zur Geschichte des Sextus Pompeius, Stuttgart 1978, pp. 88-174 (lista dei liberti a p. 78). 30 Sulle 120 navi di M: Antonio vd. APP., b.c. v, 387; v, 396; v, 406; CASS. DIO

XLVIII, 54.2; XLIX, 1.1 e XLIX, 1.5-6; PLUT., Ant. 35, 7. Di queste navi Ottaviano ne

restituì nell'inverno del 36 a.C. solo 70, perché 60 furono perse nello scontro contro il figlio di Pompeo Magno: APP., b.c. v, 537 e v, 577; CASS. DIO XLIX, 14.6 (su cui E. GABBA, Appiani, cit., p. 232). Diversi autori ritengono probabile la presenza di Seleuco nelle navi inviate da M. Antonio: vd. supra cap. 1, § 4» commento alle 11.12-13. 31 Constatazione della M. G. GRANINO CECERE, C. lulius, cit., p. 291. 32 Le iscrizioni dove lo status giuridico dei personaggi menzionati è incerto sono le seguenti: CIL vi, 8928 = ILS 2821 (da Roma): Caspius / trierarchus / Ti. Caesaris hic··/ situs est;

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posti: da una parte, facendo seguito al pensiero di Mommsen, si è ritenuto che Augusto avesse organizzato le due flotte italiche come un possesso privato del pnnceps, impiegando perciò nella flotta appartenenti alla^milia Caesaris, non solo liberti (testimo­ niati dalle iscrizioni e dalle fonti letterarie) ma anche schiavi im­ periali (opinione condivisa da Wickert, Sander, Vveaver, Chantraine e Vitucci); dall'altra, si è intesa la flotta come un'istituzione pubblica, dove non era assolutamente contemplato l'utilizzo di schiavi (a questa tesi aderiscono Cichorius, Starr, Kienast, Pan­ ciera, Reddé).33 In effetti, la sequenza onomastica nome + Caesaris + funzione ricoperta (tnerarchus ο navarchus) senza praenomen e patronimico sembrerebbe favorire la tesi di coloro che ritengono che almeno alcuni tnerarchi servirono nella Marina romana nella condizione di schiavi, tesi rafforzata, a loro modo di vedere, dalla presenza del suffisso di appartenenza in -ianus in una delle iscrizioni citate in nota (CIL xn, 257, da confrontare con CIL VI, 8927 = ILS 2823: Ti. Iulio Aug(usti) l(iberto) Hilaro / navdrcho Tiberiano / Claudia Basilea / viro suo; si tratta di un agnomen ο secondo cognomen, segno di passaggio CIL vi, 8929 = ILS 2820 (da Roma): Helios Caesaris tnerarchus; CIL EX, 41 = ILS 2819 (da Brindisi): Iulia Cleo/patra quae et / Lezbia C. Mi Me/noetisf. Antiochensis / Syriae ad Daphnem / uxor Malchionis / Caesaris tnerarchi de / tnere Triptolemo; CIL xn, 257 = ILS 2822 = ILN Fréjus 13: Antho Caesaris / tnerarcho Liviano / C. lulius Iasof(aciendum) c(uravit); CIL v, 1048 = Inscr. Aquil 11, 2821: Sestia (uxor) / Lini tr(ierarchi) / [d]e lib(urna) Augusta). Altre iscrizioni menzionano alcuni tnerarchi come liberti: CIL x, 3357 = ILS 2817 (da Miseno): C. Iulio Caesaris / l(iberto) Automato trìerar(cho) / Iulia C. Ifìberta) Plusia soror / jecit et nbi et suis; CIL x, 3358 = ILS 2818 (da Miseno): Ti. lulius Aug(usti) et August(ae) l(ibsrtus) Diogenes tr(ierarchus) / sibi et Nigidiae Eutychiae / coniugi et suis, Nigidia Eutychia I S[ta]benae C. l(ibertae) Margaritae amicae / suae. H(oc) m(onumentum) h(eredem) n(on) s(equetur). È da tenere presente che non si hanno certezze sulla precisa collocazione cronologica di queste testimonianze epigrafiche: alcune potrebbero appartene­ re all'età di Caligola (ad es. CIL xn, 257 e CIL X, 3357). 33

M. REDDÉ, Mare nostrum, cit., pp. 473-486; K.-W. WELWEI, Unfreie im antiken Kriegsdienst, in: Rom, Stuttgart 1988, pp. 44-55; M. G. GRANINO CECERE, C. Mius, cit., pp. 289-290, dove è possibile ritrovare tutti i riferimenti riguardo agli autori citati nel testo.

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di proprietà poiché indicava il nome del vecchio proprietario del­ lo schiavo). Ma il recente studio di Welwei, che riprende alcune conclusioni di Panciera, ha prospettato una nuova soluzione al problema, affermando che gli ufficiali di Marina di condizione per noi incerta siano da ritenersi peregàni. A sostegno di questa tesi è ìa considerazione che nel formulario onomastico àtì peregàni non sempre veniva aggiunto il patronimico. Inoltre è pòco probabile che i personaggi nominati nelle iscrizioni fossero liberti perché, se di tale condizione, avrebbero sicuramente fatto notare il loro avanzamento sociale, come accade per il navarchus e i due tnerar­ chi liberti delle iscrizioni citate supra in nota. Una prova forse deci­ siva è data dalla somiglianza della sequenza onomastica dei nostri tnerarchi con la nomenclatura adottata dagli appartenenti al corpo paramilitare dei corporis custodes, operante nella prima età imperia­ le: nome + Caesaris + funzione ricoperta (corporis custos) + agnomen (vd. ad es. CIL VI, 4437: Sinnio / Caesar(is) corpore [= corporis] custos / Drusianus). Studi recenti fanno ritenere che i corporis custodes fos­ sero sicuramente peregrini e non di condizione servile.34 Se consideriamo la tarda età repubblicana, è da tenere presente che la sequenza onomastica nome + Caesaris + funzione rico­ perta può essere ricondotta alle caratteristiche stesse e al ruolo speciale avuto dalla flotta romana nel periodo delle guerre civili. Come afferma Panciera, i marinai e gli ufficiali dovettero sentir­ si in quegli anni più legati al loro comandante in capo, con un vincolo quasi personale, che allo stato: si rammenti riscrizione onoraria di Velletri citata sopra, dedicata da navarchi e tnerarchi di condizione quasi sicuramente libera, dove il quei militant Caesari (οι στρατευόμενοι Καίσαρι) navarchi et tnerarchi può considerarsi equivalente a Caesaris navarchi et (Caesaris) trierarchi, denomina­ zioni che forse ebbero un uso limitato nel tempo.35 Esemplificati-, 34 Per queste considerazioni vd. K.-W. WELWEI, Unfreie, cit., pp. 48-49 e 51-52 (dove si fa presente che la posizione del termine Caesaris rispetto alla funzione ricoperta non era rigida); cfr. M. G. GRANINO CECERE, C. Iulius, cit., p. 291. Sui corporis custodes vd. H. BELLEN, Diegermanische Leibwache derromischen Kaiser des julisch-claudischen Hauses, Mainz-Wiesbaden 1981. Da notare che in D. 49,16, 8 (ULP. 8 disput.) e 49,16,11 (MARC. 2 reg.) la schiavitù è considerata incompatibile con il servizio militare. 35 Cfr. S. PANCIERA, Gli schiavi nelleflotteaugustee, in Atti del Convegno Inter­ nazionale di Studi sulle Antichità di Classe, Ravenna 14-17 ottobre 1967, Ravenna

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va in questo caso è l'iscrizione trovata a Rhosos, nella quale Ot­ taviano nelle due lettere del 31-30 a.C. definisce per ben tre volte Seleuco figlio di Teodoto ναύαρχος έμος (11. 76, 8i e 88), qualifica collegata in due casi al verbo συνστρατεύομαι.36 La provenienza sociale dei marinai e degli ufficiali greco-orien­ tali che militarono nella Marina romana nella iarda età repubbli­ cana non sempre depone a favore di una loro integrazione come liberi: infatti le fonti spesso attribuiscono loro il poco lusinghiero appellativo di pirati. Così il liberto Menodoro (chiamato anche Menas), che svolse un ruolo importante nel bellum Siculum, è de­ finito da Plutarco un πειρατής, forse catturato durante la cam­ pagna di Gn. Pompeo nel 67 a.C.;37 nello stesso personaggio di Seleuco di Rhosos Giacomo Manganaro ha voluto ravvisare un ex-pirata, rilevando in Orosio un omonimo che fu. a capo di pirati cilici e al servizio di Mitridate Eupatore negli anni 72-70 a.C.38 Si

1968, pp. 313-330, part. pp. 325 sgg.; C. G. STARR, The Roman Imperiai Navy, cit., p. 44; E. GABBA, L'età tnumvirale, cit., p. 799: «il militare finiva per considerarsi miles Caesaris ο miles Cn. Pompei e, stabilitosi così fra soldati e generale un vincolo personale, l'esercito cessava d'essere dello stato per divenire privato». 36 Cfr. anche le espressioni classis mea, exercitus meus e militum meorum in Auc, Res gestae 26, 4; 30, 2; 15,3, con le osservazioni di S. PANCIERA, Gli schiavi, cit., p. 317, che non cita, come la maggior parte degli studiosi, l'iscrizione di Rhosos: «l'aggettivo possessivo non indica possesso, ma vanto, esprime orgo­ glio di comandante, non di proprietario». Per una corretta interpretazione del termine οι στρατευόμενοι («those campaigning with») vd. C. P. JONES, Events surrounding the bequest ofPergamon to Rome and the Revolt ofAristonicos: new inscrìptionsfrom Metropolis, «JRA» 17 (2004), pp. 469-485, part. p. 480. 37 PLUT., Ant. 32,1; cfr. 32, 6. Vd. E. MARÓTI, Die Rolle der Seeràuber unter den Anhangern des Sextus Pompeius, in Sozialókonomische Verhàltnisse im alten Orient una im klassischen Altertum, hrsg. von H.-J. Diesner, R. Gunther und G. Schrot, Berlin 1961, pp. 208-216, part. p. 214. VELL. Π, 73.3 considera pertanto Menodoro liberto di Gn. Pompeo; ma cfr. le osservazioni di R. SCUDERI, Commento a Plu­ tarco, «Vita di Antonio», Firenze 1984, p. 69. 38 ORQS. VI, 3.2: archipirata Seleucus. Vd^jj. MANGANARO, A proposito, cit., p. 294 e n. 20 per le testimonianz"é. Contro?. DE SOUZA, Piracyin the Graeco-Roman World, Cambridge 1999, p. 127: questo Seleuco probabilmente non era «a pirate, but rather a mercenary leader, or even a general». Sempre in Orosio si ricor­ da un archipirata della Ciliàa, Agamennone (non menzionato da P. DE SOUZA, Piracy, cit.), che si era posto al servizio degli Ascolani nel 90 a.C. (OROS. V, 18.10; cfr. Diop. XXXVII, 16): per un commento all'episodio vd. U. LAFFI, Asculum 1. Storia di Ascoli Piceno nell'età antica, Pisa 1975 (ristampa 1982), p. xxv, n. 56. Lo stesso Tarcondimoto, il dinasta cilicio beneficiato da Gn. Pompeo, viene defl-

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rammenti tuttavia che la guerra contro Sesto Pompeo «era pre­ sentata nella propaganda di Ottaviano, e tale sempre rimase nella versione ufficiale, come una guerra contro pirati, schiavi fuggitivi e disertori».39 Inoltre, la condizione originaria dei navarchi e dei tnerarcki risulta essere assai varia. Certamente alcuni di loro erano esperti capitani di mare che le città greche inviarono con le loro navi in aiuto ai Romani (è il caso dei tre Greci onorati con il se. de Asclepiade); essi avevano svolto prima di passare al servizio di Roma la funzione di navarchi nelle loro patrie di origine: un esempio lo abbiamo visto sopra nel caso dell'iscrizione commemorativa della consacrazione della nave di Cos. Questa mi sembra la situazione tipica degli anni della guerra sociale e delle guerre mitridatiche. Altri, per così dire navarchi di professione,40 si erano posti individualmente al servizio dei coman­ danti romani, attirati dalla possibilità di ottenere guadagni mate­ riali dalle campagne di guerra; il già ricordato forte legame che instaurarono con il comandante in capo potrebbe spiegare la loro presenza nella flotta romana negli anni del ed. secondo triumvi­ rato. Alcuni di loro in tempo di pace avevano svolto la profes­ sione di armatori ο spedizionieri marittimi; abbiamo notato, ad esempio, che nel provvedimento a favore di Seleuco di Rhosos si prevedono alcune esenzioni sui dazi di esportazione ο importa­ zione di beni εις πόλιν ή χώραν 'Ασίας και Ευρώπης (1. 48). Nello svolgimento delle loro funzioni nelle città di origine i navarchi po­ tevano anche riscuotere un ampio consenso sociale: Neileo, un nito pirata in LUCAN. IX, 224. M. MARTINA, Le clienteL· piratiche di Pompeo, in La rivoluzione romana. Inchiesta tra gli antichisti, Napoli 1982, pp. 175-185, part. pp. 175-176, ritiene che «una nutrita schiera di dati e di fatti» prova l'esistenza di rapporti clientelali tra Gn. Pompeo e i pirati e che anche «Sesto Pompeo fondò la sua potenza marittima sulle clientele piratiche paterne». 39 U. LAFFI, Senatori prosciolti: a proposito di un provvedimento poco noto del 33 a.C. (Cassio Dione, XLIX, 43,5), «Athenaeum» 82 (1994), pp. 41-52 = ID., Studi di storia romana e di diritto, Roma 2001, pp. 587-603, part. p. 44. Sulla guerra di pro­ paganda contro Sesto Pompeo, vd. anche P. DE SOUZA, Piracy, cit., pp. 185-195» alquanto scettico nei confronti delle conclusioni di E. MARÓTI, Die RoRe, cit. 40 L'espressione è utilizzata da M. A. LEVI, La grande iscrizione, cit., p. 119, in riferimento a Seleuco di Rhosos. P. ROUSSEL, Un Syrien, cit., p. 44, riprendendo unafrasedi B. HAUSSOULLIER, Ètudes sur Vhistoire de Milet et du Didymeion, Paris 1902, p. 248, considera questi navarchi come «des particuliers qui ont offert à Rome leurs services et leurs vaisseau».

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ναύαρχος menzionato in un'iscrizione trovata nell'isola di Lemno, ma proveniente forse da Chio (datazione: ι a.C. -1 d.C), ven­ ne onorato come patrono dagli έργασται (piccoli commercianti e bottegai dell'agorà) probabilmente per le sue funzioni politicomilitari, quale protettore dei dedicanti nei confronti delle minac­ ce che i pirati arrecavano alle loro attività commerciali via mare.4: A mio parere è da ritenere più fondata l'ipotesi che gli ufficiali di origine greco-orientale che militarono nella flotta romana nel­ la tarda età repubblicana e nel primo principato fossero peregrìni ο liberti. Un utilizzo degli schiavi può essere ipotizzato per fun­ zioni di grado inferiore (ad es. come rematori), ma va rilevato che le fonti riferiscono che i 20.000 schiavi arruolati per necessi­ tà da Ottaviano alla fine del 37 a.C. vennero liberati prima della loro integrazione nella flotta.42 In ogni caso, se l'ipotesi che alcuni tnerarchi servirono nella flotta romana come schiavi può anche trovare qualche fondamento,43 ciò è da escludere per i navarchi. Infatti, per quanto di mia conoscenza, non vi sono attestazioni che possano far dubitare che lo status giuridico dei navarchi sia stato inferiore a quello di peregrini ο liberti. La promozione a navarco nella Marina militare romana forse comportava l'automatico affrancamento dell'ufficiale di fresca 41 L'iscrizione è IG xn 8, 16. Vd. L. ROBERT, Trois inscriptions de l'Archipel, «REG» 42 (1929), pp. 20-38 = OMS 1, pp. 530-548, part. pp. 32-38, le precisazioni della L. CRACCO RUGGINI, La vita associativa nelle atta dell'Oriente greco: tradizioni locali e influenze romane, in Asnmilation et rèsistance à la culture gréco-romaine dans le mond ancien. Travaux du vf Congrès International d'Études Classiqu.es, réunis et présentés par D. M. Pippidi, Bucuresti-Paris 1976, pp. 463-491, part. p. 481, n. 67, e soprattutto di H. W. PLEKET, Urban elites and business in the Greek part ofthe Roman Empire, in Trade in the Ancient Economy, ed. by P. Garnsey, K. Hopkins and C. R. Whittaker, London 1983, pp. 131-144, part. p. 135. 42

SUET., Aug. 16; CASS. DIO XLVIII, 49.1; XLIX, 1.5. Una delle clausole del patto

di Miseno stabiliva che gli schiavi della flotta di Sesto Pompeo venissero libe­ rati: APP., b.c. v, 307; CASS. DIO XLVIII, 36.3. Su queste testimonianze vd. K.-W. WELWEI, Unfireie, cit., pp. 52-55. S. PANCIERA, ree. a D. Kienast, Untersuchungen zu denKriegsflotten derròmischenKaiserzeit, Bonn 1966, «RFIC» 96 (1968), pp. 475-478, part. p. 477, nega che come rematori potessero venire utilizzati schiavi. 43 H. CHANTRAINE, Kaiserliche SMaven im rómischen Flottendienst, «Chiron» 1 (1971), pp. 253-265, part. pp. 264-265, afferma che i trierarchi nominati nelle iscrizioni citate supra alla nota 32 non comandavano unità regolari della flotta romana, ma «spezielle Schiffe» usate dall'imperatore ο dai suoi congiunti per gli spostamenti via mare.

ANDREA RAGGI ι3ό nomina nel caso che fosse di condizione servile: di fronte ai que­ siti posti da CIL vi, 8927 (cit. supra), si è ipotizzato che Hilarus prima di diventare navarchus fosse stato un tnerarchus al seguito di Tiberio e che fosse stato liberato con la nuova nomina.44 Se torniamo a considerare la figura di Menodoro/Menas, Γ ex-pirata liberto di Gn. Pompeo e navarco di Sesto Pompeo, le fonti lette­ rarie attestano una carriera inaspettata: quando nel 38 a.C. disertò una prima volta per Ottaviano, quest'ultimo lo fece diventare cit­ tadino libero; in seguito venne elevato al rango di cavaliere come ricompensa per i servizi prestati alla Marina militare romana. Nel 35 a.C. lo ritroviamo in Illiria, presumibilmente al comando del­ l'intera flotta di Ottaviano che operava nel fiume Sava, dove ri­ mase ucciso durante l'assalto navale a Siscia.45 Negli anni del ed. secondo triumvirato e nella prima età augustea, i navarchi si conquistarono un ruolo e un rispetto nella Marina militare romana che valse loro non solo premi ed ono­ rificenze, ma anche la stima dei loro concittadini ed un deciso avanzamento sociale, come testimoniano le iscrizioni che ora prenderemo in esame. Nel dossier epigrafico trovato a Rhosos si ricorda che il na­ varchus Seleuco oltre a ricevere, in base alla lex Munatia Aemilia del 42 a.C, la cittadinanza romana ed una serie impressionante di benefici e privilegi, che senza dubbio gli avrebbero permesso di condurre una vita decisamente agiata in patria, fece parte del­ l'ambasciata che si recò presso Ottaviano ad Efeso all'indomani della vittoria di Azio (11. 76-78). Indubbiamente gli stessi cittadini di Rhosos lo nominarono ambasciatore ufficiale in base a consi­ derazioni di mera opportunità politica, visto che ormai Seleuco era un civis Romanus a tutti gli effetti, ma testimoniarono con il loro atto che l'antico capitano di Ottaviano si era conquistata una grossa reputazione tra i suoi concittadini, tanto che questi gli affidarono le sorti della loro stessa città in quei frangenti delicati. Il caso di Seleuco di Rhosos non è isolato. Ad Arado un'iscrizio­ ne nomina il personaggio di Ariston, figlio di Asclepiades, ιερέα Καίσαρος Σεβαστού, / πρόβουλον, των ναυαρχη/σάντων (11. 2-4). 44

45

Vd. K.-W. WELWEI, Unfreie, cit., p. 51.

Per le testimonianze su Menodoro vd. B. SCHOR, Beitràge, cit., pp. 131-134 (nr. 55), e D. B. SADDINGTON, Praefecti classis, cit., pp. 299 e 306 (nr. 2).

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L'assenza del titolo θεός potrebbe far datare il testo ad un periodo precedente l'apoteosi decretata dal senato ad Augusto, dunque quando quest'ultimo era ancora in vita. Il Robert ha chiarito che il genitivo plurale non va legato al precedente πρόβουλον, ma indica che «le personnage est dans la catégorie de ceux qui ont eu l'honneur d'ètre navarqués»; similmente, altri autori lo inten­ dono come «uno degli antichi comandanti in mare» ο «uno dei decani dell'ammiragliato» che esercitava principalmente funzioni militari. Ai momento della dedica, Ariston era sacerdote di un culto imperiale che si può definire municipale se dovuto all'ini­ ziativa della città, oppure provinciale, e «membro dell'ufficio di presidenza del senato» locale, secondo l'interpretazione suggeri­ ta da Rey-Coquais per il termine πρόβουλος. Pertanto Ariston, che era stato navarco probabilmente al tempo dello scontro tra Ottaviano e Antonio, occupò in seguito nella città fenicia una po­ sizione di grande prestigio, cumulando nella sua persona ben due cariche, fenomeno che nel mondo ellenico era caratteristico dei membri delle famiglie più in vista della città.46 Anche a Sinope un navarco rivestì la carica di sacerdote del culto imperiale municipale ed esercitò altre funzioni cittadine.47 L'iscrizione è databile all'età augustea, e, come nel caso di Ari­ ston, l'ufficiale della Marina militare romana C. Numisius Primus molto probabilmente militò sulle navi di Ottaviano durante il pe­ riodo della lotta tra i triumviri. Lo Starr, sulla base della filiazio­ ne Sp.t suggerisce che Numisius fosse greco di nascita e avesse ottenuto come Seleuco la cittadinanza romana nel periodo delle guerre civili in ricompensa dell'aiuto prestato ad Ottaviano.48 46

L'iscrizione è IGLS VII, 4012 = IGRR in, 1019 e il prezioso commento di ReyCoquais (che, tra l'altro, ipotizza la concessione della cittadinanza romana al figlio di Ariston, Λούκιος) si trova sempre in IGLS vn a pp. 40-41. La citazione è tratta da L. ROBERT, Voyages épigraphiques en Asie Mineure, «RPh» 17 (1943), pp170-201, part. pp. 183-184. Vd. anche J.-P. REY-COQUAIS, Arados et sa pérée aux époques grecque, romaine et byzantine, Paris 1974, pp. 164 e 256, dove si avanza l'ipotesi che Aristion fosse un sacerdote del culto imperiale provinciale; ad ogni modo, la titolatura del sacerdote è propria del periodo 27-13 a.C. 47 CIL ni, 6980 = ILS 2824 = I. Sinope 100: C. Numisio S[p.f.] / Qui. Pùnto na/varcho sacerd. / Imp. Caesaris Aug. / aed. iivir. iter. uvtr. / quinq. Numisia / PauUa filia eius. Sul culto imperiale valgono le stesse considerazioni fatte supra per Aristion di Arado. 48 C. G. STARR, The Roman Imperiai Navy, cit., pp. 40-41 e 48, n. 48 ; lo segue D.

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Non sappiamo se C. Iulius Helenus, il liberto e στρατηγός Καί­ σαρος nominato da Appiano, fosse un navarco, ma molto proba­ bilmente era al comando di una flotta, perché incaricato da Otta­ viano di presidiare la Sardegna dagli attacchi portati dalle navi di Sesto Pompeo. Se l'identificazione con il personaggio nominato in un'iscrizione trovata ad Aiairi έ corretta, avremmo in questo caso la testimonianza dell'alta considerazione goduta per meriti acquisiti da un ex-ufficiale della Marina romana presso le istitu­ zioni di un municipio romano.49 Nel 1989 è stato ritrovato presso Ciampino, a sud di Roma, un cippo di marmo bianco iscritto relativo al sepolcro di un navar­ chus. L'iscrizione, edita dalla Granino Cecere, si data al 1 sec. d.C. (sostanzialmente in età giulio-claudia), perché il navarco, secon­ do quanto rivelano i dati onomastici, era un liberto imperiale di Augusto ο di Caligola. Il cippo, di notevoli dimensioni e di buona fattura, «rivela non trascurabili possibilità finanziarie»; i bei vasi decorati raffigurati sui fianchi della base secondo la Granino Ce­ cere rappresentano per il navarco «uno status symbol, un segno tangibile di una sua florida condizione economica». La conclusio­ ne che se ne trae è che «l'attività di navarchus poteva consentire un buon tenore di vita ed anche qualche lusso».50 Abbiamo dunque visto che, negli anni del ed. secondo triumvira­ to, alcuni esperti uomini di mare di origine greco-orientale furono KIENAST, Untersuchungen zu den Krìegsflotten der romischen Kaiserzeit, Bonn 1966, p. 10. Non mi sembra condivisibile l'interpretazione che dell'iscrizione in questio­ ne fornisce L. VEDMAN, Sylloge inscriptxonum religione Isiacae et Sarapiacae, Berlin 1969, nr. 328. L'iscrizione è menzionata anche in L. R. TAYLOR, The Divinity of the Roman Emperor, Middletown (Conn.) 1931, p. 272, e in D. MAGIE, Roman Ride, cit., p. 1614. Si ricordi che Sinope divenne colonia romana in epoca cesariana. 49

APP., b.c. v, 277; cfr. CASS. DIO XLVIII, 30.8 e XLVIII, 45.5. Vd. D. B. SADDIN-

GTON, Praefecti classis, cit., p. 306, nr. 3. L'iscrizione è CIL X, 5808 = ILS 6267: C. Iulio Augusti l. / Heleno / ex decreto decur. / municipii Aletrìnat. / et pollicitatiane sevir. / et municipum et incoiar. / oh menta eius; vd. Suppl. It. xvi, pp. 38-39, dove viene proposta una datazione agli inizi del 1 sec. d.C. «trattandosi di un liberto di Augusto, piuttosto che di Caligola»; cfr. da ultimo E. FORBIS, Municipal Virtues in the Roman Empire: the Evidence ofltalian Honorary Inscriptions, Stuttgart 1996, p. 106, nr. 3. 50 Vd. M. G. GRANINO CECERE, C. Iulius, cit., part. pp. 294-297 per le frasi cita­ te. L'iscrizione recita: C. Iulius Aug(usti) l(ibertus) / Hilarus / navarchus / sibi et / luliae Nice / coniugi suae / posterisque suis.

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determinanti per le vittorie navali di Ottaviano. A prescindere dal­ la loro estrazione sociale, essi si meritarono il rispetto dei coman­ danti e furono integrati a pieno titolo nella Marina romana, tanto da occuparvi posizioni di prestigio. La carriera militare aprì loro la strada ad un'ascesa sociale impensabile fino a qualche decennio mima. Dopo essere stati congedati dalla flotta, alcuni ci questi ex-ufficiali di Ottaviano esercitarono in ambito locale cariche im­ portanti e svolsero così, in un certo senso, il ruolo di "ambasciato­ ri' del nuovo ordine instaurato da Augusto. All'interno di questa serie di personaggi, la figura di Seleuco di Rhosos trova così una collocazione precisa e acquista una sua fisionomia ben definita. Alcuni studi recenti hanno attribuito alla nostra iscrizione e al testo in parte analogo del se. de Asclepiade il valore di testimonian­ za dei privilegi conferiti ai veterani nella tarda età repubblicana, come se i beneficiari di questi due provvedimenti avessero mili­ tato a pieno servizio nell'esercito romano e a loro fossero stati ri­ lasciati dalle autorità romane attestati non molto dissimili dai di­ plomata militana di età imperiale.51 In effetti, tutti i commentatori dell'iscrizione, a partire dal primo editore, hanno genericamente utilizzato l'appellativo di 'veterani' per indicare i destinatari del provvedimento emanato dai triumviri ex lege Munatia Aemilia.5* La somiglianza tra l'atto a favore di Seleuco di Rhosos e l'editto de pnvilegiis veteranorum può certamente indurre a credere che i privilegi concessi trovassero la loro giustificazione nel fatto che questi cittadini greco-orientali venivano congedati dal servizio militare. Nelle prime linee del se. de Asclepiade, in effetti, la réLatio di Q. Lutatius Catulus collega la concessione dei privilegi ai tre Greci all'affermazione che il console desidera τούτους κατά το τς συγκλήτου δόγμα εις τάς πατρίδας άπολυσαι.53 51

Per Η. WOLFF, Die Entwicklung der Veteranenpnvilegien, cit., p. 36, il se. de Asclepiade può essere considerato un «ein wirkliches, wenn auch wohl spezielles Veteranenprivileg republikanischer Zeit»; cfr. S. LINK, Konzepte der Pnvihgierung, cit., pp. 70-71. 52 Cfr. M. GUARDUCCI, Intorno alia iscrizione, cit., p. 55, e F. DE VISSCHER, Le statuì, cit., pp. 80 e 82. 53 Linea 8 = 1. 5 del testo latino ricostruito dal Mommsen in questo modo: tos se ex s(enatus) c(onsulto) domos dimissos veUe; cfr. H. J. MASON, Greek Terms, cit., p. 24: απολύω = mittere milites. Va. H. WOLFF, Die Entwicklung der Vetera­ nenpnvilegien, cit., p. 57.

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In realtà, Seleuco e i veterani di Ottaviano ottennero non un congedo, ma l'esenzione dal servizio militare in supporto alla causa romana. Inoltre nelle pagine precedenti abbiamo visto come, nonostante che Seleuco fosse stato inserito nella flotta di Ottaviano con il titolo di navarckus, la fondazione di una vera e propria Marina romana si attribuisce soltanto al periodo successi­ vo alla battaglia di Azio. Pertanto, è bene affermare con chiarez­ za che il provvedimento a favore di Seleuco di Rhosos non può essere considerato alla stregua di uno qualunque tra i diploma­ ta militana di età imperiale,54 ma soltanto come un elemento di quella sequenza di documenti, atti a ricompensare combattenti benemeriti, che precedettero la promulgazione dei diplomi a par­ tire probabilmente dall'età di Claudio. Il primo documento che espressamente conferisce privilegi a veterani può invece essere considerato l'editto depnvilegiis veteranorum.55 Oltre al fatto di non poter definire Seleuco veteranus, dal mo­ mento che, ribadisco, il cittadino di Rhosos non ottenne alcun congedo dall'esercito romano, ma soltanto l'esenzione dalla militia (integrata alla 1. 22 del doc. n), non.mi sembra neanche corret­ to definirlo classicus,56 perché è anacronistico attribuire un termi­ ne ufficiale della flotta romana di età imperiale ad un volontario provinciale del 1 sec. a.C. Nel caso di Seleuco, come dei tre Greci beneficiati con il se. de Asclepiade, siamo chiaramente di fronte a peregrini che, spinti dalla prospettiva di ricompense, oppure obbligati dai trattati si­ glati tra le loro città di provenienza e Roma, si posero al servizio di alcuni imperatores romani che lottavano per il potere: essi non erano semplici soldati, ma personaggi in vista nelle loro patrie e forse armatori che possedevano le navi da loro utilizzate per condurre operazioni belliche in questo periodo di sanguinose guerre civili. 54

G. I. LUZZATTO, Epigrafia giuridica, cit., pp. 293 e 295. Come osserva K. M. T. ATKINSON, The Third Cyrene Edict, cit., pp. 30 sgg., seguita da H. WOLFF, Die Entwicklung der Veteranenprìvilegien, cit., pp. 69 e 91 sgg., e S. LINK, Konzepte der Prìvilegierung, cit., pp. 113-115. 56 Così S. LINK, Konzepte der Prìvilegierung, cit., pp. 66 sgg., part. pp. 70-71· 55

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2. I GRECI D'ORIENTE E LA CONCESSIONE DELLA CITTADINANZA ROMANA

L'aiuto prestato alla flotta di Ottaviano fruttò a Seleuco di Pvhcsos un alto riconoscimento e un deciso avanzamento sociale: messosi inizialmente al servizio delia causa dei triumviri, forse come comandante di una piccola flottiglia requisita ο richiesta da Antonio alla comunità di Rhosos, oppure come volontario desideroso di acquisire prestigio e ricchezze, il navarchus di Otta­ viano si ritrovò al termine del periodo delle guerre civili a capo di un'ambasciata della propria città e destinatario di un impor­ tante attestato di fiducia da parte del futuro Augusto, che evi­ dentemente aveva apprezzato la sua lealtà nel periodo di domi­ nio antoniano della parte orientale dell'impero. La figura di Seleuco è quindi caratteristica dell'epoca delle guerre civili.57 Alcuni personaggi greci ο greco-orientali, più in­ traprendenti rispetto ad altri, ο percepiti come maggiormente rappresentativi dalle loro comunità di provenienza, instaura­ rono legami di amicizia (spesso, infatti, erano definiti φίλοι dai magistrati cum impeno nelle epistole indirizzate alle loro città) e rapporti clientelali con i dirigenti romani, che ricompensavano i loro servigi con elargizioni di benefici e privilegi. Sono numerose le testimonianze di notabili e letterati (filosofi, poeti, retori e storici) che collaborarono con i vari Siila, Lucullo, Pompeo, Cesare, Marco Antonio, Ottaviano come consiglieri po­ litici, ο svolgendo opera di propaganda presso le élites cittadine, e che si servirono di questo rapporto privilegiato non solo per consolidare la loro posizione, ma anche per migliorare lo status delle proprie città. Nacquero così quelle relazioni di fondamentale importanza per la vita delle città greche nei momenti cruciali della loro storia.58 57

«A generation earlier or later, his career would hardly have been possible: it belongs very mudi to its times»: R. R. R. SMITH, The Monument ofC. Julius Zoilos, Mainz am Rhein 1993, p. 8. 58 Ancora fondamentale G. W. BOWERSOCK, Augustus and the Greek World, Oxford 1965, part. pp. 30-41, 45-46 e 59-60. Vd. inoltre gli studi di L. ROBERT, Insariptions d'Aphrodisias, cit., pp. 420-423; L. ROBERT, Théophane de Mytilène, cit.; J. REYNOLDS, Aphrodisias, cit., commento ai docc. 6,10,11 e 12 e App. v;

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Mi preme però sottolineare la differenza, sottile ma meritevole di attenzione, che si può individuare tra un personaggio come Seleuco di Rhosos e questi interlocutori privilegiati delle autorità romane. Innanzitutto, la promozione sociale del navarco di Ottaviano si realizzò grazie aìie ricompense ottenute. Seleuco, infatti, rive­ stì un ruolo di intermediario con il potere romano soltanto dopo aver ricevuto i privilegi elencati nel provvedimento a suo favore. Presumibilmente fu scelto dalla città di Rhosos come ambascia­ tore perché era nota la sua collaborazione con Ottaviano, ma an­ che perché il suo status era stato innalzato fino al livello di àvis Romanus optimo iure. Diversamente da Seleuco, i personaggi ai quali facevo riferi­ mento sopra vanno considerati espressione delle élites cittadine: nelTinstaurare un rapporto con le autorità romane, essi ricerca­ vano fondamentalmente non un avanzamento sociale, ma una conferma della loro posizione di prestigio ti ο di privilegio.59 Il contrasto tra queste due tipologie di figure si avverte, inoltre, nelTesaminare il loro rapporto con le rispettive città di prove­ nienza. Personaggi come Teofane di Mitilene, Diodoro Pasparos,60 Teopompo di Cnido, per richiamare i nomi più celebri, si inseriscono a pieno titolo nella tradizione dei grandi evergeti cittadini e, come tali, a loro furono tributati in patria, ma anche altrove, epiteti celebrativi e grandi onori (per alcuni si istituirono addirittura nuovi giòchi e culti); di conseguenza, la loro fama si perpetuò nel tempo. L. e J. ROBERT, Claros i, cit. (i personaggi di Menippos e Polemaios di Colo­ fone); F. QUASS, Die Honoratiorenschicht in den Stàdten des grìechùchen Ostens: Untersuchungen zur politischen und sozialen Entwicklung in hellenistischer und romischer Zeit, Stuttgart 1993, pp. 142-149; I. SAVALLI-LESTRADE, Des «amis» des rois aux «amis» des Romains. Amitié et engagement politique dans les cités grecques à l'epoque hellénistique (uf-f s. αν. j.-c.)f «RPh» 72 (1998), pp. 65-86, part. pp. 78-86. 59 In questo gruppo R. R. R. SMITH, The Monument ofC. Julius Zoilos, cit., p. 9» farientrare« wealthy locai magnates based in their cities, usually locai aristocrats, acting in their patron's interests». 60 Per la datazione dell'attività di Diodoros Pasparos a Pergamo vd. la recen­ te disamina di C. P. JONES, Diodoros Pasparos Revisited, «Chiron» 30 (2000), pp. 1-14, part. pp. 1-12.

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Seleuco di Rhosos non aveva epiteti da 'sfoggiare' e non rice­ vette onorificenze dalla propria città,01 altrimenti il dossier che lui stesso ο un suo congiunto fece incidere ne avrebbe fatto men­ zione. Non solo: Ottaviano, come già ricordato, dovette 'racco­ mandarlo' alla comunità di Rhosos come suo protetto (un gesto certamente non comune) e i privilegi assegnati a Seleuco, in par­ ticolare quelli processuali, si proponevano lo scopo di salvaguar­ darlo da eventuali comportamenti intesi a danneggiare la sua per­ sona ο la sua proprietà. È evidente che in tutte queste considerazioni il condizionale è d'obbligo: troppi dati mancano all'appello perché sia possibile farci un'idea completamente chiara della figura e della carriera di Seleuco di Rhosos. In ogni caso, la sua fu una vicenda che ebbe risvolti diversi da quella vissuta dai notabili e dai letterati greci che furono accolti nell'entourage dei comandanti militari romani quasi come pari grado. Un'altra figura non completamente assimilabile ai personag­ gi che ho sopra descritto è quella del singolo ambasciatore che svolgeva il proprio compito con professionalità, riuscendo ad ot­ tenere privilegi per la patria (e per se stesso, come 'legato' della propria città)62 senza intrecciare relazioni particolarmente strette con il rispettivo interlocutore romano.63 Testimonianze significative sono fornite dalle vicende di Solone di Afrodisiade e da quelle del liberto C. Iulius Zoilos di Afrodisiade,64 61

M. SARTRE, D'Alexandre à Zénobie, cit., p. 469, osserva come Seleuco di Rhosos resti totalmente sconosciuto al di fuori dei dati ricavabili dal dossier. 62 J. REYNOLDS, Aphrodisias, cit., p. 46. Cfr. i benefici conferiti ai tre Greci nominati nel se. de Asclepiade in considerazione del loro nuovo status di amici populi Romani (A. RAGGI, Senatus consultum, cit., pp. 109 sgg.). 63 È il gruppo costituito, secondo R. R. R. SMITH, The Monument ofC. Julius Zoilos, cit., p. 9, dai «secretaries, advisors, and agents operating at the centre of power, in their patrona entourage». 64 II personaggio è noto da diverse iscrizioni (J. REYNOLDS, Aphrodisias, cit., 6,10,12,33,36-39), ma soprattutto da un monumento in marmo (conservato al museo di Afrodisiade e costituito da .unfregioscolpito conrilievisu una serie di pannelli) di età tardo-repubblicana ο augustea e brillantemente, studiato di re­ cente da R. R. R. SMITH, The Monument of C.Julius Zoilos, cit. L'elogio che Otta­ viano fa di Solone, definito come έν τοις υπ' έμοΰ / γεινωσκομένοις (J. REYNOLDS, Aphrodisias, cit., 6,11. 33-45, part. 11. 36-37),rientranelle convenzioni del genere epistolare, che prevedono la captatio benevolentiae del destinatario.

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che ricoprì cariche importanti in patria, probabilmente dopo che la città ricevette una lettera di raccomandazione da parte del fu­ turo Augusto. Uomo di una certa educazione, Zoilos per nascita apparteneva alla classe di governo locale, ma forse in una posi­ zione inferiore rispetto all'aristocrazia locale; i suoi legami con Ottaviano determinarono un rovesciamento di certi pregiudizi sociali consolidati.65 È possibile quindi affermare che queste figure di 'collaboratori' che si proponevano alle autorità romane si differenziavano spes­ so l'una dall'altra, sia riguardo alla loro estrazione sociale, sia nel­ le loro aspirazioni. Agli interlocutori romani questo stato di cose non dovette procurare eccessivo disagio: nella situazione che si venne a creare non fu difficile per loro riconoscere un riflesso di quella «categorization into friends and acquaintance» tipica della società nobiliare romana.66 Le concessioni della cittadinanza romana ai Greci d'Oriente rag­ giunsero il loro culmine nell'epoca delle guerre civili, quando i contendenti per il potere di Roma necessitavano di procurarsi un largo seguito di uomini e mezzi. L'atteggiamento da parte romana e da parte dei Greci era finalmente mutato rispetto ai primi tempi dell'intervento romano in Oriente. In effetti, fino all'epoca della spedizione di Pompeo contro Mitridate nel 67-62 a. C., non abbiamo notizia di concessioni della àvitas Romana a cittadini greci orientali. Quali sono le ragioni di questa mancata difiusione della cittadi­ nanza romana tra i Greci nel secondo secolo e nella prima parte del primo secolo a.C? Innanzitutto, è ovvio che un'ampia con­ cessione della àvitas nelle province potè ritenersi immaginabile solamente dopo il suo conferimento agli Italici. Un altro moti­ vo va rintracciato nella concezione romana che un uomo poteva esercitare i diritti politici soltanto nella comunità nella quale risie­ deva. Naturalmente, a questa concezione è legata anche la que­ stione dell'incompatibilità della cittadinanza romana con un'altra 65

J. REYNOLDS, Aphrodisias, cit., pp. 157-158; cfr. W. ORTH, Der Triumvir Octa-

vian, cit., part. pp. 63-65. 66

J. REYNOLDS, Aphrodisias, cit., p. 46. Cfr. anche R. R. R. SMITH, The Monu-

ment ofC.Julius Zoilos, cit., pp. 66-67, per alcune considerazioni su questi perso­ naggi greco-orientali degli anni 40 e 30 a.C.

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cittadinanza (la regola enunciata da Cicerone), riguardo alla quale rimando supra alle considerazioni presenti nel cap. ni, § 3. Inoltre, e specialmente nei primi decenni del coinvolgimento di Roma in Oriente, le possibilità di 'sfruttare' la cittadinanza romana erano quasi inesistenti, a meno che l'ipotetico neo-cittadino non deci­ desse di cambiare decisamente vira e di trasferirsi a Roma, ο per lo meno in una comunità romana dell'Italia. Sherwin-White scriveva che «citizens of eastern Greek cities were not expected to welcome the grant of Roman status at this time, and were not allowed the opportunity». Non vi è alcun dubbio, citando nuovamente Sherwin-White, che «the alienation of Greek feeling [contro i Romani] revealed by the Mithridatic wars goes far to explain the prolongation of the naturai PvOman reluctance to extend their citizenship in any form to distant and alien Greeks of Achaea and Asia».67 Ma altre motivazioni da parte greca entravano sicuramente in gioco. Diodoro Siculo, in un passo che va attribuito probabilmente al 90 a.C., riporta una storia curiosa ma allo stesso tempo emblema­ tica. Il console L. Giulio Cesare decise di offrire come ricompensa ad un cretese che voleva tradire la propria parte la cittadinanza romana. A questa offerta il cretese iniziò a ridere e rispose che preferiva di gran lunga una ricompensa in denaro piuttosto che l'inutile civitas Romana.68 La storia narrata da Diodoro è indicativa dell'atteggiamento dei Greci nei confronti delle ricompense offerte dai Romani per i loro servigi fino agli anni delle guerre civili. L'aspirazione dei peregrini orientali era quella di ricevere benefici più redditizi della cittadinanza romana: denaro e immunità in primo luogo, ma an­ che una posizione di riguardo nella provincia da un punto di vista giudiziario e una stretta amicizia con i rappresentanti del governo romano. Questi sono i privilegi ricevuti dai tre Greci ricompensa­ ti tramite il se. de Asclepiade ancora nel 78 a.C.69 Tuttavia, privilegi simili {provocano, vacatio militiae munerisque e opto fon) erano stati concessi a quei peregrini (per la maggior parte Italici) che erano risultati vincitori in un processo pubblico 67

A. N. SHERWIN-WHITE, The Roman Citizenship, cit., p. 307.

68

DIOD. XXXVII, 18.

69

Vd. A. RAGGI, Senatus consultimi, cit.

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contro un cittadino romano sulla base delle disposizioni della lex de repetundis di epoca graccana e che avevano rifiutato Γ altra opzione a loro disposizione come ricompensa, vale a dire la citta­ dinanza romana.70 Questa legge graccana mostra pertanto che lo status di cittadi­ no romano poteva anche non essere sempre considerato 'appeti­ bile', per il motivo che il suo beneficiario poteva trovarsi isolato all'interno della propria comunità di origine sia da un punto di vista politico sia da un punto di vista sociale. A sua volta, il se. de Asclepiade sembra indicare che l'opzione presente nella legge graccana del 123/122 a.C. era disponibile anche a quei Greci che si fossero distinti per valore militare e fedeltà verso la causa roma­ na nel corso di circostanze drammatiche, soprattutto durante gli anni delle guerre mitridatiche.71 Come ho accennato sopra, soltanto con l'arrivo di Pompeo in Oriente abbiamo notizia delle prime concessioni di cittadinanza romana a Greci orientali. Ci si sarebbe aspettati che Pompeo, che era stato così liberale nei confronti dei Greci di Sicilia nel cor­ so degli anni 80, iniziasse un massiccio affrancamento dei Greci orientali. In maniera sorprendente, le fonti riportano un solo caso di beneficiario della cittadinanza romana da parte di Pompeo, quello del suo protetto e storico Teofane di Mitilene.72 Se Pompeo fu parco nella concessione della cittadinanza, non così i suoi successori alla guida degli eserciti romani in Oriente, in particolar modo Cesare, che fu. il primo ad estendere la civitas Ro­ mana fuori dei confini dell'Italia grazie alla fondazione di colonie nelle province, e i triumviri M. Antonio e Ottaviano. Con Cesare assistiamo anche alla comparsa, tra i beneficiari del privilegio della cittadinanza romana, di quegli armatori e mercan70

Lex repetundarum, 11. 78-79 = 11. 85+86 (123/12,2 a.C); cfr. supra pp. 92-94· Queste sono le acute e condivisibili osservazioni di J.-L. FERRARY, Les Grecs des cités et l'obtention de la «ciuitas Romana», in Citoyenneté etparticipation a la bas­ se epoque heìlénistique. Actes de la tàble ronde des 22 et 23 mai 2004, Paris, BNF, édités par P. Fròhlich et C. Mùller, Genève 2005, pp. 51-75, part. pp. 53-55. 72 J.-L. FERRARY, Les Grecs des cités et l'obtention de la «ciuitas Romana»,tit.,p. 55. Sulla scarsità di 'Pompeii' in Siria vd. M. SARTRE, Les progrès de la citoyenneté romaine dans les provinces romaines de Syrie et d'Arabie sous le Haut-Empire, in Ro■ man Onomastics in the Greek East. Social and Politicai Aspects, ed. by A. D. Rizakis, ΜΕΛΕΤΉΜΑΤΑ 2i, Athens 1996, pp. 239-250, part. p. 241. 71

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ti marittimi che abbiamo visto essere figure così caratteristiche degli ultimi decenni del primo secolo a.C. e che furono spesso forzati a diventare mercenari, qualche volta pirati, e a mettere a disposizione le loro navi per la difesa delia madrepatria e al servi­ zio dei capiparte romani. Un esempio in questo senso è fornico dalia vicenda, simile a quel­ la di Seleuco di Rhosos, di C. Iulius Satyrosfigliodi Theogenes, che fu onorato dalla città della Chersoneso Taurica dopo aver condotto un'ambasceria presso il senato romano al tempo del terzo conso­ lato e della terza dittatura di Cesare (quindi nella seconda metà del 46 a.C). A parere di Rostovtseff, Satyros era un armatore nativo di una tra le più importanti città del Ponto meridionale e servi come navarco agli ordini di Cesare durante la guerra alessandrina.73 Grazie alla lunga lista di 'Antonii* e 'Iulii' presenti nelle iscri­ zioni d'Asia degli ultimi decenni del primo secolo a.C, possiamo affermare che Γ affrancamento di cittadini greco-orientali divenne una realtà diffusa negli anni del ed. secondo triumvirato. Tutta­ via, l'esatta cronologia della diffusione della cittadinanza romana pone ancora alcuni problemi, specialmente se si considera che un personaggio di nome f C Iulius' poteva avere ottenuto là civitas da Cesare oppure da Ottaviano. Pertanto, il momento esatto del­ l'accesso dei membri di alcune importanti famiglie greche d'Asia allo status di cittadini romani rimane ancora incerto, ma studi re­ centi fanno ritenere che in quest'ambito il ruolo giocato dal futu­ ro Augusto risultò essere maggiormente decisivo di quanto fino ad oggi sia stato ammesso.74 Il monumento di C Iulius Zoilos di Afrodisiade (vd. supra nota 64) rappresenta la più esplicita testimonianza del deciso cambia­ mento di atteggiamento da parte dei Greci d'Oriente negli anni 30 e 20 a.C Probabilmente per la prima volta nella storia del mon­ do tardo-ellenistico ci troviamo in presenza di un'impressionante lode iconografica della cittadinanza romana. Sui cinque pannelli a noi pervenuti integri è possibile osservare Zoilos raffigurato in 73

M. ROSTOVTSEFF, Caesar and the South of Russia, «JRS» 7 (1917), pp. 27-44, part. pp. 35-38; traduzione dell'iscrizione in onore di Satyros in R. Κ SHERK, Rome and the Greek East, cit., 82. 74 Rimando a J.-L. FERRARY, Les Grecs des cités et l'obtention de la «civitas Roma­ na», cit., pp. 56 e 61.

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mezzo a divinità e perspnificazioni di virtù e istituzioni civiche. Nella prima scena del Fregio A Zoilos indossa una toga ed è cir­ condato da Andreia e Timé, nella seconda scena Zoilos è rappre­ sentato in piedi tra Demos e Polis. Le scene del monumento (anche se la loro interpretazione esat­ ta è problematica sotto molti asperri) associano strettamente lo status di cittadino romano con il valore militare e celebrano Zoi­ los al tempo stesso come cittadino romano e cittadino di Afrodi­ siade, ο più esattamente come un nativo di Afrodisiade al quale i legami con il potere romano diedero l'opportunità di rendere grandi servigi alla patria.75 Questi, non a caso, sono gli anni nei quali probabilmente fu 'pubblicato' il dossier epigrafico di Seleuco di Rhosos. Anche nel­ l'iscrizione di Seleuco di Rhosos si esaltano le virtù militari e ci­ viche del principale beneficiario; anche la pietra dell'iscrizione di Seleuco di Rhosos probabilmente fu utilizzata, allo stesso modo dei pannelli del monumento di C. Iulius Zoilos di Afrodisiade, come parte integrante dell'edificio funerario del collaboratore delle autorità romane.76 Alla luce di queste ultime considerazioni, il dossier epigrafico che abbiamo esaminato nell'ambito del presente lavoro non ri­ sulta estraneo al mondo che lo circonda, ma al contrario è frutto delle vicende e della mentalità di personalità attive in un'epoca di rapidi cambiamenti e di trapasso tra la tarda repubblica e gli albori della nuova età augustea. 75

76

J.-L. FERRARY, Les Grecs des cités et l'obtention de la «ciuitas Romana», cit., p.

R. R. R. SMITH, The Monumento/C.Julius Zoilos, cit., pp. 64 sgg. mette a confronto il monumento di Zoilos con il mausoleo degli Iulii a Glanum, notan­ done somiglianze e differenze, e ritiene che il monumento di Zoilos «sought to give some poetry in the language of classical sculpture» alla «dry civic prose» presente in documenti come quelli del dossier di Seleuco di Rhosos (ibid., p. 67\

APPENDICE I

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L

A storia della piccola comunità di Rhosos (ν. Τωσός), patri?. f di Seleuco navarchus di Ottaviano, è poco nota, sia perché raramente menzionata negli scritti degli storici antichi, sia perché il sito non è mai stato fatto oggetto di una moderna indagine archeologica, di ricognizione ο di scavo.1 L/anticapoIts è stata lo­ calizzata nell'area dell'odierna cittadina costiera di Arsuz, situata a 32 km a sud-ovest di iskenderun (l'antica Alexandreia kat'Isson, successivamente volgarizzata in Alessandretta all'epoca delle crociate), nella provincia turca di Hatay e sulla sponda orientale del golfo di Isso, oggi golfo di iskenderun (FIGG. 14 e 15). Arsuz è un toponimo che probabilmente deriva dall'antico nome Rho­ sos; da qualche decennio è stato cambiato in Uh^inar, anche se i locali continuano ad utilizzare la denominazione precedente. Il sito antico di Rhosos è ancora visibile sulla cima di una col­ lina: la collina termina con un piccolo promontorio che si getta nelle acque del golfo di iskenderun e che mostra ancora ai propri piedi le rovine di un porticciolo, oggi in gran parte al di sotto del livello del mare; il porto è di origine.seleucidica, con due frangi­ flutti e banchine costituite da blocchi di pietra massiccia e antiche vestigia di un molo. In effetti l'importanza di Rhosos risiedeva, come vedremo, nel suo porto, che poteva servire come luogo di approdo per chi doveva recarsi nella Siria settentrionale, ma che sicuramente svolgeva anche un'intensa attività di pesca e di traffici commerciali. Non è un caso, pertanto, che da questa loca1

Per una raccolta delle fonti antiche su Rhosos vd. E. LEVANTE, The Coinage, cit., part. pp. 237-238, e M. H. SAYAR, Weihung an Dionysos aus Rhosos, «EA» 33 (2001), pp. 89-93, part. pp. 89-90. Nell'ottobre dell'anno 2000 mi sono recato a visitare il sito: alcune osservazioni presenti nel testo sono anche frutto della mia indagine autoptica. Sul sito e sui resti dell'antica Rhosos vd. R. HEBERDET, A. WILHELM, Reisen in Kilikien, ausgefìlhrt 1891 und.1892 im Auftrage der KaiserlichenAkademie der Wissenschaften, Wien 1896, pp. 20-21; F. HILD, H. HELLENKEMPER, Nette Forschungen in Kilikien, Wien 1986, p. 115; F. HILD, H. HELLENKEMPER, Kilikien und Isaurien 1, TIB$, Wien 1990, p. 392, s.v. Rossos.

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lità provenisse Seleuco, esperto comandante di navi e forse anche armatore. Il villaggio moderno si trova sul lato settentrionale della colli­ na ed è attraversato da un fiume, l'Arsuz £ayi, che si origina da sorgenti sotterranee a pochi chilometri dalia foce. Il nume, mol­ to profondo e reso impetuoso dalle acque dei numerosi torrenti che, durante il periodo invernale, scendono a valle dalle vicine asperità montuose dell'Amane, ha cambiato più volte percorso nel corso del tempo. Negli anni *8o del secolo scorso alcuni lavori di dragaggio han­ no portato alla luce tracce di un cimitero romano e un'enorme stele di marmo che oggi si trova esposta nel museo di Antakya (l'antica Antiochia sull'Oronte).2 Nell'area della piccola cittadina ancora oggi si possono vedere disseminati elementi architettonici (capitelli, tronchi di colonna), fornaci e pezzi di ceramica, blocchi di pietra (forse resti delle antiche mura cittadine), spesso riutiliz­ zati per le costruzioni moderne; visibili sono ancora i resti di un acquedotto a circa 20 minuti di cammino a sud-ovest della città, parte di una strada antica, un mosaico.3 Recentemente è stato rin­ venuto sulla collina dell'antica Rhosos un altare dedicato a Dioni­ so con un'iscrizione di due linee (la datazione non è sicura: si può attribuire al 111-11 sec. a.C.).4 È difficile stabilire quando si costituì formalmente la polis di Rhosos, perché non possediamo alcuna testimonianza in propo­ sito.5 Il nome è attestato nel 324 a.C, quando Arpalo, il tesoriere di Alessandro Magno, costrinse gli abitanti di Rhosos a onorare una statua in bronzo di Glicera.6 Nel 318 a.C. la flotta di Eumene di Cardia, proveniente dalla Fenicia e al comando di un esperto ammiraglio quale Sosigene 2

E. LEVANTE, TheCoinage, cit., p. 237· Cfr. P. CHAMMAS, Alexandrette, cit., pp. 88-89, e T. A. SINCLAIR, Eastem Tur-, key: an architectural and archaeological Survey rv, London 1990, p. 309. 4 Μ. Η. SAYAR, Weihung an Dionysos aus Rhosos, cit. = SEG 51 (2001), 1990. 5 Un mito attribuisce la fondazione di Rhosos all'eroe cilicio Κιλιξ: vd. MALALAS, Chronographia vm, p. 150 e p. 152 (ed. Thurn); T. S. SCHEER, Mythische Vorvàter. ZurBedeutunggrìechischerHeroenmyihen im Selbstverstàndnis kleinasiatischer Stàdie, Mùnchen 1993, p. 322 e n. 90, p. 326. 6 THEOP., FGrHist 115, F 254: εστησέν τε εικόνα χαλκήν της Γλυκέρας εν Τωσσφ της Συρίας, οΰπερ και σέ και αυτόν άνατιθέναι μέλλει (= ΑΤΗΕΝ. ΧΠΙ, 586C e 595^)· 3

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di Rodi, attraccò al porto di Rhosos per sbarcare le truppe che avrebbero dovuto attaccare l'esercito di Antigono Gonata nelle zone occidentali dell'Asia Minore, ma Tequipaggio si rifiutò di combattere.7 Alla fine del 300 (o. 299) - inizi del 299 (o 298) a.C. Rhosos fu il luogo dell'incontro ufSciale tra Seieuco I Nicatore e Demetrio Poliorcete, che recava con sé la figlia e promessa sposa Stratonice; da Rhosos il corteo nuziale procedette poi verso Antiochia.8 Probabilmente Seieuco e Demetrio si incontrarono a Rhosos perché a quel tempo il porto di Seleucia di Pieria non era anco­ ra operante e Rhosos era Tunica città portuale nelle vicinanze di Antiochia dove una grossa flotta come quella di Demetrio poteva attraccare.9 Dopo la morte di Seieuco I Nicatore, Demetrio Po­ liorcete trasferì la statua della Tyche di Antigonia a Rhosos.10 Rhosos rimase il porto più importante della regionefinchéSe­ leucia di Pieria non prese il sopravvento. Un personaggio di con­ dizione servile proveniente da Rhosos è attestato a Delo.11 In uno studio recente Ziegler ha identificato Rhosos con la co­ munità, fino ad oggi sconosciuta, di «Seleucia sul golfo di Isso» (Σελευκεία ή προς τω Ίσσικω κόλπα)). L'espressione compare n e l l a l e g g e n d a (ΣΕΛΕΥΚΕΩΝ ΤΩΝ ΠΡΟΣ ΤΩ ΙΣΣΙΚΩ ΚΟΛΠΩΙ) d i

due monete da poco venute a conoscenza e databili, sulla base di alcune considerazioni stilistiche, al 11 sec. a.C. Secondo Zie­ gler, la città assunse questo nome nel 299/298 a.C. in onore di Seieuco I Nicatore (vd. supra), oppure a seguito dell'annessione della Cilicia nel 294 a.C. Tuttavia, Tidentificazione di Ziegler è stata respinta da Nollé sulla base di valide motivazioni; in particolar modo, grazie al confronto con una lista di città presente in 7 8

POLTAEN. IV, 6 . 9 ; Cfr. DlOD. XVHI, 63.6. PLUT., Dan. 31, 6 e 32, 2-3; cfr. MALALAS, Chronographia vni, p. 150 (ed.

Thurn). Su questi episodi vd. A. MEHL, Seleukos Nikator und sein Reich 1, Lovanii 1986, pp. 223-230; J. D. GRAINGER, The Cities ofSéleukid Syria, Oxford-New York 1990, pp. 16 e 109; Α. Β. BOSWORTH, The Legacy ofAlexander. Politics, Warfare, and Propaganda under the Successore, Oxford 2002, pp. 112 e 261-263. 9 A. MEHL, Seleukos Nikator, cit., pp. 229-230; E. LEVANTE, The Coinage, àt., p. 238; J. D. GRAINGER, Seleukos Nikator, Genova 1993, pp. 159-160 e 168-169. 10 MALALAS, Chronographia vili, p. 152 (ed. Thurn). 11 M.-TH. COUILLOUD, Les monuments funéraires de Rhénée, Paris 1974* pp. 316-317.

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un'iscrizione di Stratonicea in Caria e contenente anche il nome della polis di «Seleucia sul golfo di Isso», Nollé ritiene che questo centro abitato non vada identificato né con Seleucia di Pieria né con Rhosos e che per il momento non sia possibile localizzarlo con precisione.12 Mei 64 a.C., con Pompeo, l'intera area passò sotto controllo ro­ mano.13 La concessione dell'autonomia alla città da parte di Mar­ co Antonio nel 42 a.C. (vd. supra cap. 11, § 3) non fii revocata dopo la sconfitta di Azio, come prova il dossier epigrafico di Seleuco di Rhosos: nella π lettera (doc. in) Ottaviano ringrazia gli abitanti di Rhosos per la corona d'oro che gli è stata offerta ad Efeso (1. 79) e li definisce «amici ed alleati» (1. jf), promettendo di visitare la polis e di mantenerne in futuro i privilegi (11. 80-81). Le emissioni monetali della città, catalogate da E. Levante (The Coinage, cit.), attestano il mantenimento dell'autonomia anche durante l'epoca imperiale. Un'iscrizione, proveniente da Tiatira (Lidia), probabilmente da attribuirsi al regno di Caracalla, menziona nella carriera di un personaggio la funzione di λογιστής Τώσου (1.19).M Filostra­ to scrive che Rhosos fii conquistata e incendiata da Sapor I (nel 256 ο 259 d.C.).15 Nella tarda antichità il sito di Rhosos è ancora menzionato come sede di un porto attivo;16 durante il periodo bizantino la città faceva parte della Cilicia Seconda e apparteneva alla diocesi di Anazarbo e Antiochia.17 a R. ZIEGLER, Seleukeia am Golf voti Issos, «EA» 33 (2001), pp. 95-103; J. NOLLÉ, Séieukeia am Issischen Golf, «Chiron» 33 (2003), pp. 79-92. 13 J.-P. REY-COQUAIS, Syrie romaine, de Pompée à Dioclétien, cit., p. 47. Cfr. an­ che J.-P. REY-COQUAIS, La Syrie, de Pompée à Dioclétien: histoirepolitique et administrative, in Archeologie et histoire de la Syrie n. La Syrie de l'epoque achéménide à l'avènement de l'Islam, èdite par J.-M. Dentzer et W. Orthmann, Saarbriicker 1989, pp. 45-61, part. p. 46. 14 L'iscrizione (CIG 3497 = IGRR TV, 1213 = ILS 8853) è stata ripubblicata e com­ mentata recentemente da C. C. PETOLESCU, Nouvelles remarques sur la carrière militane equestre de. T. Antonius Claudius Alfenus Arignotus, «ZPE» 110 (1996), pp. 253-258, part. pp. 254 sgg. 15 MALALAS, Chronographia XII, p. 229 (ed. Thurn). 16 Anonymi stadiasmus siveperiplus maris magni in K. MULLER, Geographi Graeci Minores 1, Parisiis 1855, p. 476. 17 H. SEYRIG, Inscriptions grecques, in G. TCHALENKO, ViUages antiques de la Syrie du Nord m, Paris 1958, pp. 2-62, part. p. 13, n. 3.

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L'ubicazione della polis e il suo entroterra, che si estendeva tra il golfo di Isso e i contrafforti dell'Amane,18 collocavano da un punto di vista geografico Rhosos in una posizione intermedia tra la Cilicia e la Siria. Verso settentrione una buona strada pianeg­ giante collegava Rhosos conAlexandreia kat'Isson e la Cilicia meri­ dionale. Al contrario, verso oriente e mezzogiorno i collegamenti via terra di Rhosos con Antiochia sulTOronte (che si trova a circa km. 30 a sud-est) e, in generale, la Siria settentrionale furono sem­ pre resi problematici dalla barriera naturale formata dalTAmdnits, che si getta in mare con alte scogliere a capo Domuz (Domuz Burnu, l'antico capo Rhosikos, Ra's al-Hinzìr in età posteriore). Il passjo, utilizzato anche nell'antichità, che permette di scollinare i monti in direzione sud-est è quello di Beylan ο Belcn, alto m. 740; ma, nella realtà, Antiochia sulTOronte poteva essere più age­ volmente raggiunta, specialmente durante il periodo invernale, utilizzando la strada costiera, oggi impraticabile, che collegava Rhosos a Seleucia di Pieria (odierna Samandag).19 Gli autori moderni si sono divisi nel posizionare la piccola po­ lis di Rhosos in Siria oppure in Cilicia. Ramsay, Seyrig e Jones collocano Rhosos in Cilicia,20 mentre Magie (Roman Ride, cit.) è ambiguo: Rhosos è collocata sulla costa siriaca, vicino alla fron­ tiera con la Cilicia a p. 1114, n. 10, ma a p. 708 Alexandreia è posta in Cilicia. Dussaud (Topographie histonque, cit.) pp. 440-447, e J.-P. Rey-Coquais (Syne romaine, cit.), pp. 47 e 53, considerano Rhosos come facente parte della Siria.21 In effetti, le informazioni che ci provengono dalle fonti antiche

18 Una zona dell'Amarai, forse il Monte Pieria (vd. FIG. 14), è rappresentata come tipo sul rovescio di alcune emissioni monetali di Rhosos: vd. K. BUTCHER, Coinage in Roman Syria, cit., p. 10, n. 13, e pp. 232 e 426. 19 Gir. R. DUSSAUD, Topographie histonque de la Syne antique et medievale, Pa­ ris 1927, p. 444; J. LAFONTAINE-DOSOGNE, Itinéraires archéologiques dans la région d1Antioche. Recherches sur le monastère et sur Viconographie de S. Syméon Stylite le. Jeune, Bruxelles 1967, pp. 63-64. 20 W. M. RAMSAY, The Histoncal Geography ofAsia Minor, London 1890, p. 386; H. SEYRIG, Inscriptionsgrecques, cit., p. 13; A. H. M.JONES, The Cities oftheEastern Roman Provinces, cit., pp. 197 e 200. 71 Vd. anche T. B. MITFORD, Roman Rough Cilicia, in ANRW n.7.2 (1980), pp. 1230-1261, part. p. 1232 e p. 1233, n. 10, e H. TAEUBER, Die syrisch-kilikische Grenze, cit., p. 201. Da ultimo, K. BUTCHER, Coinage in Roman Syria, cit., colloca Rhosos tra le città presenti nel suo catalogo numismatico della Siria settentrionale.

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sono contraddittorie: Strabone colloca una volta Rhosos tra le poleis della Cilicia che si trovano prima del confine con la Siria,22 un'altra volta tra Isso e Seleucia di Pieria, centro abitato siriano.23 Pomponio Mela ricorda Rhosos come una urbs situata sulla costa della Syria Antiochensis.24 Secondo Plinio Rhosos è situata dietro ie porre Siriache (che qui indicano chiaramente il passo di Eelen) in Siria;25 anche Tolemeo, verso la fine del π sec. d.C, la colloca in Siria, mentre gli Acta Sanctorum la ricordano in Cilicia.26 La confusione tra gli autori antichi e moderni nasce dal fatto che, da un punto di vista geografico, la posizione della città colloca Rho­ sos in Cilicia. Ma così non è sotto altri aspetti. Da un punto di vista numismatico, lo stile del tipo principale delle monete della città, la statua di Baal, rientra nella tradizione siriana.27 Da un punto di vista amministrativo, a partire forse dagli anni di Cesare, ma sicuramen­ te durante il dominio orientale di Antonio efinoall'inizio del regno di Vespasiano, quella parte di Cilicia Pedias non assegnata a dinasti ο re clienti risultava aggregata alla provincia di Siria. Pertanto, alla fine dell'età repubblicana Rhosos si trovava a far parte della Siria, poiché in questo periodo non esisteva una provincia di Cilicia.28 22 STRAB. XIV, 5.19: και ό κόλπος εΐρηται Ίσσικός* εν αύτω δε πόλις Τωσός και Μυρίανδρος πόλις και'Αλεξάνδρεια και Νικόπολις και Μοψουεστία και [αί] πύλαι λεγόμεναι, δριον Κιλίκων τε και Σύρων. Su questo passo vd. le precisazioni di T. SCHMITT, Die drei Bògenfiir Germanicus und die romische Politik in firiihtiberischer Zeit, «RSA» 27 (1997), pp. 73-137, part. pp. 113-115. 23 STRAB. XVI, 2.8: και ή Τωσός μεταξύ Ισσού και Σελευκείας ιδρυμένη. 24 MELA Ι, 69 : in eo prima est reliqua pars Syriae cui Antiochiae cognomen additur, et in ora eius urbes Seleucia, Hypatos, Berytos, Laodicea, Rosos, amnesque qui intereas eunt Lycos et Hypatos et Orontes; tum monsAmanus et ab eo statimMyriandros et Cilices. 25 PLIN., N.H. V, 89: oppida Rhosos et a tergo Portae, quae Syriae appeUantur, in­ tervallo Rhosiorum montium et Tauri. Sulle porte Siriache vd. T. SCHMITT, Die drei Bògenfiir Germanicust cit., pp. 110-113. 26 PTOL., Geogr. v, 14.2; Acta Sanctorum 11 Jan., p. 678: Rosus est oppidum Ciliciae, a dextra ex qui navigat in Pontum Cilicium. Hujus ad orientem et meridiem est mons altus, spatiosus et umbrosus. 27 E. LEVANTE, The Coinage, cit., pp. 237-238; tuttavia, perplessità sull'identi­ ficazione della divinità sono mostrate da K. BUTCHER, Coinage in Roman Syria, cit., pp. 229 e 426. 28 Vd. le ancora valide pagine di R. STME, Observations on the province of Cilicia, in Anatolian Studies presented to W. H. Buckler, Manchester 1939, pp. 299-332 (= ID., Roman Papers 1, Oxford 1979, pp. 120-148), part. pp. 320-323 e 325 sgg. ; inoltre H. TAEUBER, Die syrisch-kilikische Grenze, cit., pp. 207-209.

APPENDICE II

LA CORRISPONDENZA EPISTOLARE TRA PIERRE ROUSSEL E HENRI SEYRIG RELATIVA AL DOSSIER EPIGRAFICO DI SELEUCO DI RHOSOS

L

E lettere riportate qui di seguito, fino ad oggi inedite, si trovai no attualmente presso la «Bibliothèque Henri Seyrig» (Fonds H. Seyrig) come parte delle collezioni del Séminaire des Scien­ ces de rAntiquité classique, Institut des Sciences de TAntiquité classique, Faculté des lettres et sciences humaines, Università de Neuchàtel. Sono conservate in un fascicoletto di circa 20 pagine, che raccoglie alcuni brevi lavori sulla Siria antica di Henri Seyrig e la corrispondenza da lui intrattenuta con Pierre Roussel negli anni trenta del secolo scorso. Grazie all'interessamento del Prof. Anselmo Baroni, che ha preso contatti con il Prof. Denis Knoepfler, sono entrato in possesso, alla fine dell'anno 2001, di una ri­ produzione fotostatica di questa corrispondenza tra i due studiosi francesi (per un esempio vd. FIG. 13).x 1

Poco dopo la morte di H. Seyrig, avvenuta il 21 gennaio 1973 a Neuchàtel, l'Università di questa città acquisì, conformemente al desiderio del defunto, la biblioteca scientifica dello studioso francese, comprendente, oltre a più di mille opere, anche lettere, manoscritti, taccuini recanti osservazioni archeologiche ed epigrafiche. Alcune lettere conservate a Neuchàtel testimoniano le relazioni che si stabilirono tra Seyrig e Roussel a partire dal 1927; in particolare, «dans un volume relié groupant plusiers tirés à part de cet épigraphiste, Seyrig a réuni et colle sur onglets toute une correspondance qu'il eut avec lui à propos, notamment, de ce document difficile [= il dossier epigrafico di Seleuco di Rhosos]. Ces lettres, très éclairantes à plusieurs égardes, mériteraient assurément d'ètre publiées»: D. KNOEPFLER, De la Grece au Proche-Onent avec Henri Seyrig: un Athénien aiypique au tournant de sa camere (1922-1929), «BCH» 120 (1996), pp. 285-309, part. pp. 285,303, n. 4, e 308, n. 114. Il Prof. D. Knoepfler mi ha autoriz­ zato ad utilizzare e, eventualmente, a pubblicare questi documenti con lettera autografa del 15 giugno 2001. Naturalmente,ringrazioqui vivamente il Prof. D. Knoepfler e il Prof. A. Baroni. Sulla vita e le opere di H. Seyrig vd. G. LE RIDER, Bibliographie des travauxpubliésparH. Seyng, «RN» 6. sér., 15 (1973), pp. 11-29; E. WILL, Henri Seyng, «Syria»

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Ho inserito in questa Appendice al mio lavoro unicamente le lettere che riguardano riscrizione e, di queste, solamente la tra­ scrizione fedele delle parti relative al dossier di Seleuco di Rhosos. Nelle lettere si trovano, infatti, anche riferimenti all'attualità, come osservazioni sulle vicende politiche del tempo (ad es. la po­ litica culturale promossa dal regime nazista in Germania), ο a col­ leghi di lavoro, oppure cenni sui ritrovamenti negli scavi condotti dalla Scuola francese d'Atene, annotazioni di viaggi, progetti per le vacanze estive, che ho ritenuto opportuno pubblicare solo in parte (gli omissis indicano le parti tralasciate). Sono 6 lettere in totale, cinque scritte di proprio pugno da Roussel a Seyrig, una di Seyrig in risposta alla LETTERA 2. Purtrop­ po, a parte quest'ultima (LETTERA 3), non ci sono pervenute altre risposte alle osservazioni di Roussel. Naturalmente, è auspicabile un loro prossimo ritrovamento, insieme con i calchi e le fotogra­ fie dell'iscrizione effettuati in prima persona da Seyrig.2 Le sei lettere sono comprese in un arco cronologico che va dal maggio 1932 all'ottobre del 1933 (ricordiamo che l'artìcolo di Roussel contenente l'editto pnnceps dell'iscrizione di Seleuco di Rhosos uscì nella rivista «Syria» nel 1934). Roussel scrive a Seyrig (che in quel periodo si trovava in Siria e in Libano, quale direttore generale del «Service des Antiquités de Syrie et du Liban») su car­ ta intestata della Scuola Francese di Atene, dove ricopre la carica di direttore (1925-1936); soltanto le ultime due lettere (LETTERA 5 e LETTERA 6) non furono spedite da Atene ma, rispettivamente, dalla «maison de campagne» di Ricey-Haut, in località Les Riceys (Aube), dove la famiglia Roussel soggiornò durante l'estate del 1933, e da Parigi. Ad uno studioso dell'iscrizione di Rhosos le lettere si rivelano di grande interesse e utilità, perché vi si ritrovano le prime os50 (1973), pp. 259-265; E. WILL, Notice sur la vie et les travaux de Henri Seyrig, 18951973, «CRAI» 1993, pp. 385-394· 2

Calchi e fotografie che sono evidentemente rimasti nelle mani di P. Rous­ sel anche dopo la pubblicazione del dossier di Seleuco di Rhosos: non risulta­ no, infatti, essere presenti presso il fondo Henri Seyrig del «Département des monnaies, medailles et antiques (Cabinet des médailles) - Bibliothèque Nationaie de France», dove sono attualmente conservati gli album di fotografie e la collezione di calchi di monete dello studioso francese (ringrazio il Dott. Omar Coloni per il controllo).

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seriazioni di Roussel, immediatamente dopo che Seyrig gli ebbe affidato i calchi e le fotografie, e permettono di seguire il percorso che condussero il primo editore alla pubblicazione di questo dos­ sier, con le sue incertezze nella lettura del testo, i ripensamenti, la discussione sulla titolatura di Ottaviano e la datazione dei docu­ menti. Spia delle difficoltà incontrate da Roussel έ il suo iniziale atteggiamento titubante, che lo porta ad esortare Seyrig a pubbli­ care lui stesso questi documenti «de plus haut intérèt» (postilla alla LETTERA 1); ma nella lettera successiva (LETTERA 2), di quasi un anno posteriore, accetta l'offerta fattagli da Seyrig, anche se quasi sconsolato esclama: «il reste possible qu'au bout de vains efforts, je ne renonce à mon tour!». Dalla lettura di questa corrispondenza emerge la figura di uno studioso serio e attento, consapevole dei propri limiti, ma subito capace di mettere a frutto le sue doti di epigrafista nella decifra­ zione del testo e di collocare storicamente i documenti sottoposti alla sua attenzione: suo è infatti il merito di aver inteso lo stretto rapporto che lega il doc. π del dossier ad altri documenti, a quel tempo non ancora studiati in maniera approfondita, quali il se. de Aselepiade e l'editto di Ottaviano depnvilegiis veteranorum. Le lettere sono state ordinate in sequenza cronologica e a ognuna di esse è stato assegnato un numero in ordine crescente. Il segno / indica la divisione tra le righe, il segno / / la divisione tra le pagine del testo delle lettere.3 Qui di seguito fornisco per ogni lettera un breve resoconto delle osservazioni relative all'iscrizione di Seleuco di Rhosos: LETTERA 1 (27 maggio 1932): Roussel annuncia a Seyrig di aver iniziato lo studio del dossier di Rhosos; si presentano i primi problemi di lettura del testo, ancora limitati alle linee iniziali, ma subito lo studioso francese intuisce il rapporto esistente tra riscrizione di Rhosos ed altri documenti simili (il se. de Aselepiade e il papiro BGU II, 628, verso π) ο che trattano problematiche affini (ad es. il m editto augusteo di Cirene). Le osservazioni su questi ultimi due documenti furono aggiunte alla lettera da Roussel in una postilla scritta la sera stessa. 3

Ringrazio il Prof. J.-L. Ferrary per aver rivisto accuratamente la mia trascri­ zione delle lettere.

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LETTERA 2 (primo maggio 1933): riguarda quasi interamente i documenti di Rhosos, che Roussel riprende in esame dopo quasi un anno, spintovi, per sua stessa ammissione, dal fatto che ha accettato di pubblicare riscrizione. Roussel è in attesa di altri documenti da parte di Seyrig, in particolar modo trascrizioni più precise e complete dell'iscrizione («d'ailleurs vous m'écrivez que vos copies sont plus completes maintenant») e di ulteriori preci­ sazioni su letture dubbie del testo dell'epigrafe. LETTERA 3 (verso la metà del mese di maggio 1933) : è Tunica lettera di Seyrig conservata in questa corrispondenza; costituisce forse la testimonianza più preziosa, dove lo studiosofrancesepresenta una breve descrizione della pietra (le misure) e importanti osservazioni sulla datazione dei singoli documenti, presentando comunque ipo­ tesi che poi si riveleranno infondate (ad esempio, quella di datare il doc. 1 al 32 a.C). Allegati alla lettera Seyrig invia anche un «brouillon» che contiene la trascrizione del testo dell'epigrafe, ricontrol­ lata anche in un secondo tempo, diversi calchi e alcune fotografie (molto probabilmente le stesse pubblicate da Roussel in «Syria»). LETTERA 4 (19 maggio 1933): Roussel ha ricevuto i calchi e le fo­ tografie dell'iscrizione; espone i numerosi dubbi a Seyrig e avanza l'ipotesi che la linea iniziale della prima lettera (1. 2) presenti una rasura4 e sia stata pertanto incisa nuovamente al fine di sostitui­ re il nome di Ottaviano a quello di Antonio; discute ancora una volta la datazione dei documenti, in particolare quella del primo. Il suo desiderio sarebbe quello «de traiter de toutes ces questions avec vous autrement que par écrit». LETTERA 5 (19 settembre 1933): Roussel ha ricevuto altre foto­ grafie da Seyrig; dopo la parentesi estiva riprende lo studio del dossier di Seleuco di Rhosos. Permangono i dubbi sulla rasura di 1. 2; si ripromette di sottoporre all'attenzione di Seyrig altre que­ stioni, pregandolo di ricontrollare l'iscrizione a novembre. LETTERA 6 (24 ottobre 1933): contiene le domande sullo stato del testo dell'iscrizione, che Roussel aveva promesso di inviare nella lettera precedente, esposte in una «annexe» alla missiva. Sul problema della datazione Roussel afferma di essere giunto alla conclusione che il doc. π è contemporaneo alla prima lettera. 4

Cfr. P. ROUSSEL, Un Syrien, cit., p. 71, n. 2.

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LETTERA 1

P. Roussel scrive a H. Seyrig dopo u n viaggio in Siria ÉCOLE FRAN£AISE D'ATHÈNES 6, RUE DIDOT

Athènes, le 27 mai 1932

Mon cher ami, / Nous sommes rentrés à Athènes hindi / dernier après un excellent voyage. La traversée de / l'Asie Mineure ne fut pas trop chaude; le wa­ gon / Ut n'était pas habité. J'ai eu plaisir à franchir / les Portes de Cilicie et à reconnaitre de mes yeux / l'aridité désolée de la Lykaonie. La descente par / la vallèe de Sangarios et l'arrivée sur le golfe / d'ismid sont merveilleuses. Bref sejour à Stam/boul: on travaille aux mosai'ques du narthex de / Ste Sophie; mais Γοη ne sort rien encore. ... omissis ... J'ai voulu mettre sur pied rapidement un / petit article sur le testament de Ptolemée, avant / / toute àutre besogne. Toutefois j'ai commencé / d'étudier votre document de Rosos, qui donnera / de la tablature. Le texte qui s'en rapproche le plus / est le senatus consulte de 78 pour Asklepiadés / de Klazomène (IG, XIV, 951 = Bruns, 41); on / y trouve entre autres le droit pour un particulier / d'envoyer des πρεσβευταί au Senat ou de / comparaitre en personne comme dans votre texte / (παραγείνεσθαι, 1. 62). Par ailleurs, il y a / quelques comparaisons possibles dans les actes / conférant la liberté à des villes, par exemple / la lex Antonia de Termessibus (Bruns, 14 / ou CIL, I, 204). Mais je ne sais encore si / Γοη arriverà à des restitutions, sinon certaines / du moins plausibles. Dès le début, je ne sais que / faire à la 1. 20 de [δ]εσποτών: la lecture / est-elle assurée? La photo ne parait donner / que ΕςΠΟ; à la fin de la 1.19, με doit étre / le début d'un verbe, peut-ètre με[τέχει: la femme / qui participe . . à quoi? A la 1. 35, il est question / / à coup sur de la παρα]χειμα[σια]. Seleukos dut / etre exempté de robiigation de recevoir les fonctionnaires / romains (ύπ]οδοχή) et de loyer le soldats. Toutes / ces remarques sont bien décousues; mais, pour l'instant, / je n'ai rien de plus à vous envoyer. Ce maigre butin / s'accroitra-t-il? / Je pense avec plaisir et regret à ce voyage / que nous avons fait en­ semble, trop rapide à / mon gre mais pourtant gràce à vous si agréable / et si suggestif. ... omissis ...// ... omissis ...

Peu avant notre retour, une / grève des postes avait desorganisé les services. / C'est sans doute à cet heureux événement que / je dois de

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n'avoir pas trouvé ici un courrier / trop lourd. J'ai quelques nouvelles de nos / fouilles: Thasos continue à n'offrir que / des fragments d'édifices archaiques indénniment / remaniés jusqu'aux temps byzantins. Philippes / nous offre à déblayer toute l'ampleur de son / forum, mais là aussi les Byzantins ont commis quelques dégàts. / Υ espère que la fìèvre qui avait saisi / Madame Seyrig au moment de no tre départ / a rapidement cede. Presentez lui mes respecraeux / hommages avec mes remerciements renouvelés pour / l'hospitalité dont nous avons joui chez vous. ... omissù ... [all'inizio detta pnma pagina detta lettera, trasversalmente:] ... omissis ... Très affec/tueusement à vous / P. Roussel ÉCOLE

FRANgAiSE D'ATHÈNES

Adiènes, le 27 mai 1932

6, RUE DIDOT

En reprenant ce soir Γ examen de votre inscr., je tombe sur / un papyrus latin, malheureusement incorrect et mutile qui pour les 1. / 19-35 environs de votre inscr. permet de reconstituer le sens dans les / grandes lignes tant il y a d'analogie entre les deux documents: c'est un / édit d'Octave conférant rimmunité à des vétérans. Vous le trouverez soit / dans Bruns, -f ed., p. 239, n. 69, soit dans Wilcken. Grundz. u. / Chrest.. 1, 2, n. 462). Vous y reconnaitrez «parentibus liberisque / eorum et uxoribus qui sec[um]que erunt (sens?) immunitatem / omnium rerum dare, utique optimo iure optimaque leges (sic) / cives Romani sint immunes etc.» Il est question ensuite de / la tribù, du droit de vote, d'un droit exercé mème absent: et si / absentes voluerint [ce]nseri = 25: και εάν απόντες τεί[μημα? / είναι? "θέλω]σιν. Οη passe à l'immunité qui s'applique aux / praemia beneficia commoda = 30 τείμια φιλάνθρωπα. / A la fin, on lit neq[ue] in domo eorum divertendi em[e]ndi / que causamque ... rem quem detuci place. Il me parait / evident qu'il faut corriger: divertendi (hìiemCalndi que causa / c'est notre [ύπ]οδοχής ένεκεν οΰτε . . [παρα]χειμα[σίας]. / Malheureusement le papyrus s'arrète là. Je pense que / vous avez à votre disposition Bruns ou Wilcken et que / vous pourrez étudier ce document à loisir. Il en vaut / / vraiment la peine. / Dans l'un des edicts de Cyrène (le 3ème), il est question aussi de / ceux qui ont recu la πολιτεία avec Γάνεισφορία par / une loi, par une décision du senat ou de l'empereur. Or / Premerstein, Zeitschr. Savigny Stift.. 1928, p. 412 remarque: «Fur / 1. Verleihung durch Gesetz vermag ich augenblicklich / keinen sicheren zu dieser friihen Zeit passenden Beleg

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/ beizubringen». Le νόμος Μουνάτιος και Αιμίλιος ap/porterà ainsi un exemple nouveau. / Je ne suis pas très au courant des formules romaines: je / vois bien que la lettre ordonnant l'affichage des actes gravés / sur la stele du Ca­ pitole est de 31.5 / Mais l'acte mème / concédant la politela doit étre antérieur puisquOctave y / porte un titre tout différent Γάιος Ιούλιος] αυτοκράτωρ / seion votre restitution, avec la mention du triumvirat. Seleu/kos aurait donc regu des honneurs avant Actium? Je / ne fais que vous soumettre la question que je n'ai point / étudiée. Votre inscription est décidément de plus / haut intérèt; il faut que vous la publiez vous mème sans / trop tarder; il sera certainement impossible de tout / restituer. On a laissé l'édit des vétérans en piètre état / ce qui nous assure que les donnés certaines manquent pour / les documents de cette categorie: mais les grandes lignes du texte / [sul margine sinistro della pagina, trasversalmente:] apparaìtront et vos lettres impériales sont par bonheur presque intacts. •

LETTERA 2

P. Roussel risponde ad una missiva di H. Seyrig del 17 aprile 1933 ÉCOLE FRA^AISE D'ATHÈNES 6, RUE DIDOT

Athènes, le ier mai 1933

Mon cher ami, / Je vous remercie de votre lettre du 17 Avril: l'offre / que vous m'avez faite, concernant votre inscription de Rhosos, / m'a vivement touché. Si j'avais autant de sagesse que vous, je / la déclinerais cependant, car e'est un document difficile dont / rinterprétation ne peut qu'exiger beaucoup de temps et de recher/ches. Mais aussi, c'est un document si curieux que je resiste / mal à la tentation d'y user mes dents alors que vous, l'inven/teur, vous vous résolvez à Tabandonner. / A la suite de votre lettre, j'ai repris Γ examen de ce texte / que depuis plus d'un an. Je n'avais plus regardé. La première / lettre d'Octave, ne peut dater ce me semble, que de la période / 37-34. En effet, à la formule υπ[ατος το δεύτ]ερον και το / τρίτον αποδεδειγμένος, on doit appliquer 5 La cifra 31 costituisce una svista ο un errore momentaneo di interpretazio­ ne da parte di Roussel: vd. infra nella LETTERA 2 le considerazioni sulla datazio­ ne del doc. 1.

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la mème raisonne/ment que Kolbe (Hermes. 1914, p. 277, note 1) à la formule des / monnaies: cos. iter, et tert. design. La copule montre que / designatus se rapporte aussi à iterum - et αποδεδειγμένος à / το δεύτερον. D'après Appien, b.c.. v, 73, lors de la paix avec / Sextus Pompeius, les consulats ont été fixés d'avance jusq'en 31: / / Octave devait etre consul pour la 2eme fois en 33, pour la 3eme fois / en 31. Sa lettre serait donc antérieure à la prise de possession / effective du 2sme consulat, donc au ierJanvier 33. L'indication / αυτοκράτωρ το τέταρτον s'accorde avec ce résultat. On n'a / aucune indication certaine sur la date de la 4éme acclamatio. / Mommsen la rapporte avec raison, semble-t-il, à la victoire / de Sicile; la 5éme serait consecutive aux victoires dalmates. / On a ainsi un certain nombre d'indications concordantes. / Pour l'édit lui-mème, il doit ètre reporté à une / date antérieure et ne laisse pas que d'ètre embarrassant. / Voici rhypothèse que je forme: en l'état actuel, il / parait avoir été rendu par Octave et je completerais à / la 1. 9: Γάιος Καίσαρ] αυτοκράτωρ (Octave est déjà / désigné par le nom G Caesar au début de 43 par Cicéron / Phil.. v, 17, 46 et Γοη a aussi l'appellation G. Caesar / Imp. sur des monnaies); mais en fait, il émane des / trois triumvirs: d'où sans doute l'erreur άπέδωκαν, 1. / n. Voir aussi, 1.12: όντων αυτοκρατόρων ημών qui ne / me parait pas correspondre à un pluriel de majesté. Dans / les lettres il est notable que Octave écrive: ναύαρχος έμός, / προς με, έ'γω, συ νεστρατευ μένος μοι et n'emploie / qu'une fois la iere personne du pluriel, en une passage où / / il fait allusion à des services rendus non / seulement à lui mème, mais à d'autres chefs romains: ως / καϋηκο[ν ή]ν τους ou [συνστρατευ] ? [στρατευ]σαμένους ήμεΐν. J'imagine que / c'est peu de temps après la victoire de Philippes que l'édit aurait été 7 rendu conformément à certe loi Munatia et Aemilia sur / la quelle je n'ai rien trouvé jusqu'à présent. / Avant de poursuivre cette étude, j'attendrai les docu/ments que vous avez bien voulu me promettre. Parmi les premières / lignes de l'édit, à l'occasion, vérifiez 1. 20 (du texte general): / εσποτων dont je ne sais que faire, 1. 22 n'y a-t-il pas: / λει]του[ργία]ς τε δημοσίας. L. 26: ριας Ιταλίας? / ou και άπ' Ιταλίας? D'ailleurs vous m'écrivez que / vos copies sont plus completes maintenant. Il reste possible / qu'au bout de vains efforts, je ne renonce à mon tour; au / cas contraire, je serais très heureux de donner à Syria ma publication. / ... omissis ... / /... omissis ... Les fouilles de Philippes viennent de reprendre: j'éspere / liquider la basilique cette année. Le forum exigera encore / du travail. Pour la Créte, la depart de Demargue, nommé / maitre de conférences à

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Grenoble, marque un peu la fin de / l'exploration. Je le ferai revenir aux vacances pour terminer / l'essentiel. L'année suivante, je compte reprendre au Ptoion, / / [all'inizio della pnma pagina della lettera, trasversalmente:]

lieu dont vous nJavez pas / gardé, je crois, un très bon / souvenir. Mais il faut / là aussi procéder à une / liquidaticn, ainsi qu'au / Vai des Muses. ... omissis ... Mes respectueux hom/mages à Madame Seyrig / et très amicalement à / vous P. Roussel [sul margine sinistro deUa puma pagina deUa lettera, trasversalmente:]

Avez vous appris la mort de Replat? Je n'ai pu avoir aucun détail / de Marseille: je sais seulement que cela a du se passer vers le 6 Mars. [sul margine sinistro deUa seconda pagina della lettera, trasversalmente:]

Flaccliere dont vous me demandez des nouvelles, est maitre de conférences à Lyon depuis le / ier Janvier. •

LETTERA 3

Copia dattiloscritta della lettera inviata da H. Seyrig a P. Roussel, in risposta alla precedente, verso il 10-15 maggio *933 Monsieur le Directeur, / Je suis très heureux de ce que vous acceptiez d'étudier / Tinscription de Rhosos. Vous trouverez ci-joint ma copie: ce qui est / écrit à Tenere donne ma première letture; ce qui est au crayon a été / écrit en présence de la pierre, devant laquelle j'ai passe plusieurs / jours. Je préfere vous envoyer ce brouillon, où vous trouverez des / traces de doute, que de le remettre au net, ce qui m'aurait impose un / ou deux partis arbitraires. -Je ne crois pas que je puisse améliorer / sérieusement mes lectures, mais il est très possible que j'arrive à / confirmer ou infirmer les restitutions que vous me demanderiez de / vérifier. Je serai en Syrie jusque vers la fin de Juin, probablement. / Les estampages vous parviendront par le mème courrier. Ci-joint les / photographies: je pourrai vous en procurer d'autres s'il le faut. - / La pierre est haute d'un mètre 39, et large aujourd'hui de 58 centimè/tres, épaisse de 15. Ce doit étre le vantail gauche de la porte du / tombeau de Seleucos. Il est bien facheuz que nous n'ayons pas l'autre. - / Je joins au dossier les notes que j'ai prises sur la forme des lettres. /

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ANDREA RAGGI

Votre hypothèse, sur ce que Γ édit émanerait en réalité / des trois triumvirs, est bien séduisante. Elle élimine toutes les / difficultés de titulature, qui étaient graves, et elle rend plus expli/cable rattribution du nouveau citoyen à la tribù Cornelia, alors que / Γοη eut attendu la Fabia dans un édit dOctave. En revanche, nous / perdons tout moyen de dater le texte par la titulature. Je n'indine/rais peut-ètre pas à le pia­ cer aussi haut que vous. La loi Munatia / AEmiiia a dù suivre Phiiippes en effet (ce sont les noms des deux / consuls de 42), mais elle a pu servir de base aux actes des triumvirs / pendant longtemps. Or il n'y a pas eu tout de suite de guerres nava/les sérieuses. C'est en 38 que la guerre maritime commence vraiment / à la bataille de Scyllaeum pour finir avec la défaite de Sextws / Pompée en 36. N'est-il pas vraisemblable que l'édit ait été rendu alors / Ce qui me porterait aussi à cette hypothèse, c'est que je crois la / première lettre d'Octave plus recente que vous. A vrai dire, l'article / de Kolbe oblige peut-ètre à vous donner raison, mais je ne l'ai pas, / et c'est pourquoi je me hasarde à vous communiquer mon impression. / Octave a depose le.titre de triumvir le 31 décembre 33: j'ai peine à / croire que ce titre, le plus important qu'il eùt, fut omis dans un / document aussi protocolaire, antérieur à cette date. Or si la lettre / est postérieure à 33, elle ne peut ètre que d'Apellaios (décem­ bre) 32, / car en décembre 31, Octave est imperator VI. Cette hypothèse semble / confìrmée par la date rhosienne du.texte. L'éraflure qui mutile le / chiffre ne laisse le choix qu'entre Η et IP. Or on lit à la ligne 73 / le chiffre E, qui montre que Γοη aurait très probablement PI, et non / IP; et Η donnerait la 8° année d'une ère qui commencerait en Octobre 39, / ère qui parait justement ètre attestée par les monnaies de Rhosos (dans / un article que je n'ai pas: Macdonald, J. internat. d'archéol. numis., / 1903, p. 47). - Assurément, il peut y avoir eu π», et la date où vous / / mettez le texte reporterait le début d'une telle ère à une epoque où / nombre de villes syriennes ont recu l'autonomie de Séleucides affaiblis; / et d'autrepart, dans mon hypothèse, on ne voit pas du tout quelle occa/sion a pu avoir, entre décembre 32 et la bataille d'Actium, la 50 salu/tation imperiale d'Octave: on serait amene à croire peut-ètre que / celui-ci, de mème qu'il a dédaigné de célébrer ses triomphes en 34 et / en 33, n'a pas fait état non plus de cette salutation (qui n'est guère / attestée, je crois), et s'est borné à la regarder comme acquise lorsqu'il a recu la 6° après Actium. / Ce système aurait peut-ètre l'avantage d'expliquer / le délai (considérable après tout), qui séparé l'édit de sa notification / aux villes: si Γ édit a été rendu, après la défaite de Pompée, par les / trois triumvirs, et si Seleucos a pris le parti d'Octave dans les / querelles qui ont suivi presqu'immédiatement, il est très possible / qu'Octave ait du attendre

CORRISPONDENZA ROUSSEL-SEYRIG

215

Actium pour le notifier aux Rhosiens, qui / étaient aux mains d'Antoine. / Je regarde encore le texte. Votre belle hypothèse / d'un édit rendu en commun par les triumvirs, et sophistiqué plus tard, / réscut toutes les questions que je me posais vainement. je me creusais / la tète pour comprendre comment on avait omis le chiifre des saluta/tions irnpériales et le praenomen imperatoris dans un édit que je / regardais, d'après les circonstances historiques, comme récent. Tout / cela est maintenant bien clair. / La date de la seconde lettre est discutable aussi, / et certainement fautive. Ne peut-on croire que le graveur ait mis / ΔΥςΤΡΟΥ là où son modèle portait, peut-ètre en abrégé, ΔΙΟΥ / Cela arrangerai bien les choses. La lettre serait du 15 Novembre 31, / et cette hypothèse répondrait bien à la mention d'un consulat désigné, / car cette désignation n'a pu se produrre qu'aux comices consulaires, / qui se tenaient d'ordinaire en juillet, et jamais en tous cas avant / mars (Dystros). Les ambassadeurs de Rhosos ont du apporter leur / or coronaire à Ephèse le plus tòt possible après Actium. •

LETTERA 4

P. Roussel scrive a H. Seyrig non appena riceve i calchi e le foto­ grafie dell'iscrizione ÉCOLE FRAN£AISE D'ATHÈNES

Athènes, le 19 mai 1933

6, RUE DIDOT

LE DIRECTEUR

Mon cher ami, J'ai recu ce matin votre envci: vos copies sont / faites avec un tei soua que j'ai quelque scrupule à publier / un document dont la lecture vous a pris certainement / beaucoup de temps et dont Tétude vous avait certainement / interesse. Néanmoins puisque vous avez bien voulu vous / dessaisir en ma faveur de ce beau document - vous / savez combien j'en suis touché - je ne fais diificulté à / reconnaitre que les multiples problèmes qu'il pose me / passionnent et me tourmentent àlafois. / Je vous écris sur le champ parce que Testampage / m'a pani, peutetre à tort, révéler un fait sur le quel / je voudrais avoir votre sentiment:

2l6

A N D R E A RAGGI

je crois que le début / de la iere ligne de la iere lettre dite d'Auguste a été regravé / si bien qu'on peut soupgonner que la l e t t r e émanait effec/tivement d'Antoine. La rasura s'étendrait jusqu'au iere / A d'ax)T;oxQcn;a)Q. Certaines lettres ont pu subsister de la / rédaction primitive; par exem­ ple au début ΤΩ si l'on suppose / par exemple que Μάρκος 'Αντώνιος a été corrige en / / Αυτοκράτωρ; dans ΙΟΥΛΙΟΥ, l'estampage montre non / pas un Λ mais un A. La photographie est moins claire / que l'estam­ page: mais elle donne bien aussi l'impression / que ce début avec des lettres profondément gravées, différe / singulièrement du reste de l'inscription et qu'on ne peut guère / expliquer cette différence en alléguant simplement qu'on / a voulu mettre en vedette le nom du personnage qui / écrivait la lettre. Je serais heureux qu'à l'occasion vous / examiniez si l'originai apporte quelque confirmation à mon hypothèse. / Je me suis heurté dès le début à cette difficulté: / comment Octave, avant la bataille d'Actium a-t-il / adressé une lettre à une ville de cet Orient qui était / sous l'autorité d'Antoine? Vous avez essayé de descendre / autant que possible la date de cette lettre: mais d'après / les opinions concordants de Wilcken et de Kolbe, il semble / bien qu'Octave n'ait pas depose le titre de triumvir le / ierJanvier 32, mais seulement le ier Janvier 31. / On rapporte d'ordinaire aux victoires dalmates la 5émc I acclamano. Enfin l'interpretation d'ύπατòς το δεύ/τερον και το τρίτον αποδεδειγμένος ne me semble / guère pouvoir se faire que dans le sens que je vous ai déjà / / ÉCOLE FRAN£AISE D ' A T H E N E S 6, RUE DIDOT

LE DIRECTEUR

indiqué depuis Kolbe et aussi / Wilcken. Le personnage dont il / était question n'exercait pas encore / le second consulat au moment / où il écrivait. Par conséquent s'il s'agit d'Octave, la / lettre est anterieure au ier Janvier 33; s'il s'agit d'Antoine / au ier Janvier 34 (pour celui ci, voir déjà la remarque / de Dittenberger, OGI, 453, note 2). / A propos du document que je viens de citer, je / remarque que Dit­ tenberger écrit: M. Antonii triumviri / nomen consulto deletum est. lei il ne s'agit pas d'un / monument officiel. Si la plaque était au vantali du / tombeau de Seleukos comme vous le supposez, toute / l'inscription n'a du étre gravée que bien après le triomphe / definitif d'Auguste. La correction de la iére ligne pourrait / indiquer que le graveur a travaillé sur un document plus / ou moins négligement retouché, qu'il n'a pas bien compris; / d'bù des rectifications nécessaires. Je reconnais en effet qu'on / explique malaisément Γ αυτοκράτωρ το τέταρτον s'il / s'agissait

CORRISPONDENZA ROUSSEL-SEYRIG

217

d'Antoine, puisqu'on place généralement cetre / acclamatio très tard dans sa carrière, en tout cas bien / postérieurement à Γ epoque où il pouvait ètre dit consul / / désigné pour la 2émefois. Ce qui me parait le plus clair, si / vous admettez avec moi que la iére ligne a subì une correction, / e est que bien des hypothèses s'offrent à nous. Rien n'assure / par exemple que le nom de Γάιος Καίσαρ figurai: au / début de Tédir: il a pu s'agir aussi de Μάρκος 'Αντώνιος. / Aux 1. 12-13, je doute maintenant de la restitution τοις / κατά την [θάλασσαν] ; on écrit généralement τοις κατά / θάλασσαν. Il devait y avoir quelque chose de plus precisi / par exemple τοις κατά την [Σικελίαν], s'il s'agissait de / l'expédition contre Sextus Pompeius. Je laisserai sans doute / un blanc: comme toujours, le mot essential a disparu. / L. 11 début: je lis: υπαρχόντων έδωκαν (au lieu de άπέδωκαν) / L. 51-52: οΰτε πολειτείαν οΰ/[τε δημοσι]ώνην / παραπ[ράττειν / J'aurai sans doute encore à vous demander des / renseignements. Si cela était possible je serais dési/reux d'avoir une photo aussi nette que possible du / haut de la plaque pour montrer au lecteur cette ra/sura dont je suppose l'existence, et aussi pour la date / selon l'ère de Rhosos. L'article de Mac Donald m'avait / échappé et j'avais cru qu'il s'agissait d'une ère de Cesar / datant de 49 ou 48, en admettant comme chiffre IB ou IT / (mais est-ce possible?). Le témoignage de deux monnaies, l'une de / Commode, l'autre de Caracalla (et non de Septime Sevère / comme on l'avait cru) parait décisif pour l'année / / ÉCOLE FRA^AISE D ' A T H E N E S 6, RUE DIDOT

LE DIRECTEUR

39 comme début de l'ère; mais faut-il établir / une concordance entre cette / date de la 1.1 et la lettre / d'Octave ou Antoine? / J'ai été embarassé comme vous par la mention / du mcis Dystros. La seconde lettre a manifestement / été écrite avant le ierJanvier 30. J'avais suppose / que la date de Dystros correspondait à une date de Février / 30 et indiquerait le jour où les ambassadeurs, revenus / d'Ephèse à Rho­ sos auraient présente à l'assemblée ou / aux autorités la lettre d'Octave: d'où le décalage. / L'étude de Cichorius que vous me signalez / est-elle importante? Nous n'avons pas ici les / Rómische Studien ce qui est un tort: je verrai à / l'Institut allemand. / Je serais bien heureux de traiter de toutes ces / questions avec vous autrement que par écrit. Pour / l'été, voici nos projets: ma femme par-

2l8

ANDREA RAGGI

tira d'Athènes / dans les premiers jours de Juillet et s'installerà dans / sa "maison de campagne" dont voici Tadresse: / / Ricey-Haut, Les Riceys (Aube). Je la rejoin/drai vers le milieu d'Aout. Nous serions heureux / de vous y voir ainsi que Madame Seyrig: il y / a une "chambre d'amis". Nous resterons dans cetre / villegiature jusque vers la fin de Septembre. / Nos meilleurs souhaits de prompte guérison / pour Madame Seyrig. Vous devez à votre tour / maudire les enfantsi iis choisissent toujours pour / leurs indispositiones les lieux et les moments les / plus facheux. Présentez à Madame Seyrig les / souvenirs de ma femme et mes respectueux hom/mages et croyez moi très afFectueusement à vous / P. Roussel On a trouvé à Philippes où Γοη travaille en ce moment / une dédicace à un P. Mucius Q. f. Vol(tinia), > / leg. vi Fer. nvir i. d. Philipp. Je pense que / cette légion vous interesse tant particulièrement, mais / j'ignore la date méme approximative de la dédicace. •

LETTERA 5

P. Roussel a H. Seyrig ÉCOLE FRAN£AISE D'ATHENES

Les Riceys AQiènes, le 19 Septembre 1933

6, RUE DIDOT

Mon cher ami / Je regois ce matin votre lettre du 18 avec les photo /graphies dont je vous remercie très vivement. Je venais prestement, / après une longue paresse, de reprendre rinscription de Rhossos. / Le nouveau document me laisse indécis sur la question de / la rasura à la 1.2. Si vous allez à An­ tioche au début de / Novembre, je vous serais reconnaissant d'examiner la / pierre et de me dire votre sentiment. Peut-ètre aurai-je / encore d'autres vérifications à vous demander: je vous écrirai en / temps voulu à Beyrouth: mais voici déjà une question. Au / début de la 1.13 (la 26mc ligne du n. in)6 vous avez com/pleté [θάλασσαν εν] οΐς. En laissant de coté θάλασσαν / qui est très douteux - nous étions, je crois, d'accord, sur ce point - / εν me parait suspect parce que je crois apercevoir sur une / photo avant οΐς un Σ, qui d'ailleurs m'embarrasse. Est / il illusoire? / / ... omissis ... 6

Si tratta di una svista per «n. 11».

CORRISPONDENZA ROUSSEL-SEYRIG

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Nous quitterons le 27 ce séjour paisible en regrettant / de ne vous Tavoir pas montré. Ma femme est à Paris pour quel/ques jours. Mes respectueux hommages à Madame Seyrig et / bien amicalement à vous P. Roussel

LETTERA 6

P. Roussel a H. Seyrig ÉCOLE FRAN£AISE D'ATHÈNES

Paris Athcncs, le 24 Octobre 1933

6, RUE DrooT Mon cher ami Je vous envoie mes demandes à propos du texte de / Rhossos: si elles arrivent trop tard, ce sera pour votre / prochain voyage. Je n'ai aucune hàte de publier cette / inscription qui demande une minutieuse attention. / J'espere que le retard ne vous contrarie pas. / Je suis arrivé à la conclusion que Tedict est contempo/rain de la lettre: Tabsence du praenomen Imperator n'a pas / Timportance que j'avais cru d'abord: les monnaies de Rome / ne le donnent jamais à Octave avant 29. Et bien qu'on / le trouve 10 ans avant sur des monnaies d'Agrippa frappées en / Gaule, la conclusion ne s'impone pas qu'il devait ètre néces/sairement employé dans un édit. Ainsi Tédit a dù ètre / rendu au nom des deux triumvirs restant après la victoire / sur Sextus Pompée. L/intitulé ne reproduit en aucune manière / ce qui était grave sur la stele du Capitole, comme Tindiquent / / à la fois Tabsence de λέγει (ou λεγουσιν) et les mots εις / τούτους τους λόγους qu'on retrouve dans le résumé du senatus / consulte relatif à Oropos. Ce résumé a été encore défiguré, / quand on a copie tous les textes sur le tombeau, par la / suppression du nom d'Antoine. / Vous allez encore ètre décu par rinscription de Thasos:7 / c'est un beau texte métrique datant au plus tard du début de véme siécle: / Ήρακλεΐ μ' άνέθηκεν Ακήρατος, δς Θασίοισιν και Π[αρίοι]ς ήρχσεν μόνος εν άνφοτέροις* πολλάς δ' άνγελιας προ πόλεως κατά φΰλα διήλθεν άν[υνρώπ]ων, αρετής ένεκεν άϊδίης. 7

L'iscrizione è stata pubblicata in IG xn SuppL, 412.

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ANDREA RAGGI

Nous devons étre sur l'emplacement de l'Hérakleion: on a / des belles sculptures: une tè te de che vai ave e l'encolure, gran/deur naturelle, du milieu du veme s., non travaillée en artière / (fronton?) - un bloc de marbré d'où se détache l'avant-train / d'un cheval ailé (excelient travaii très minutieux du vie s.): cette / pièce archit e crurale donne à penser à des influences de lOrìent. / Des terres-cuites architecturales: un beau gorgoneion, une / cimaise avec cavaiier chassani, lièvre et chien (analogue / à celle que Picard avait trouvé au Prytanée), trois anté/flxes représentant un personnage monte sur un cheval / ailé. Launey suppose que cette abondance de chevaux, / surtout de chevaux ailés, pourrant s'expliquer par un détail de / la legende d'Héraklés Tyrien (?). / ... omissis ...Il [all'inizio della pnma pagina della lettera, trasversalmente] ... omissis ... Nos meilleurs souvenirs / et bien amicalement / à vous / P. Roussel Je suis de plus en plus convaincu que la première ligne de chaque paragraphe / n'était pas en vedette. Il n'y aurait eu une raison de le supposer que si en tète / de l'édit, on était assuré que la seule restitution possible est [Γάιοσ Καίσαρ α]ύ/τοκράτωρ : mais comme il s'agit du résumé d'un intitulé, on a très bien pu écrire / simplement [Καίσαρ α]ύτοκράτωρ. Α la 1.12, en écrivant: έπεί Σέλευ]κος / on a 9 lettres tout comme à la 1.14 έκακοπά - [Φησεν έκιν]δύνευσεν τε / Je vous ai déjà demandé, je crois, de bien vérifier le début de la 1.13 où j'ai / cru voir ςΟΕ, qui m'embarasse. / L. 26 ... ιας Ιταλίας: n'y a-t-il rien de distinct avant ιας / L. 27 début: ΟςΓΕΙΜΟ est-il sur? / L. 52 παραστ ... : je ne sais que faire de ce début de mot: j'avais / suppose, 1. 51-52: τούτων των πραγμάτων τέλος οΰτε πολειτείαν ού/[τε / δημοσι]ώνην παρα[πράττειν; mais je crois distinguer le Σ sur / la photo, après πάρα ... ; le Τ est-il sur? Si c'étàit un E, on / pourrait supposer παρά Σε[λεύκου πράττειν]. / L. 58 après γνώ]μην τε ειπήι d'après les traces que vous indiquez / j'ai pensé à είναι έμ ματ[αίου? qui d'ailleurs ne me satisfait guère / L. 60 fin: ce que vous avez indiqué ne peut s'interpréter que comme: / όνομα δέξασθαι: mais je ne vois pas le sens: accipere nomen n'a pas / une valeur juridique acceptable ici / L. 65 je ne comprends pas ... οιηι: on a eu précédemment des subj. / aor. : ένεχυράση(ι), ποιήσηι / L. 67 je lirais: μυριάδας [δούναι κ]ατ[αδίκην οφειλέ]τωσαν /

CORRISPONDENZA ROUSSEL-SEYRIG

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L. 70: (περί δέ τούτων τών) [χρημάτω]ν έγγύας ίκανώ[ς δι]δομ[έ]νω[ι / πράττε]σΦαι αρέσκει: la costruction est un peu dure. / / L. 68: devant εκπραξις τε, vous lisez un A: est-il sur? / avant ME est-il sur aussi? On lisait volontiers : τούτου τε του / χρήματος τώι [βουλο]μέ[νωι mais la restitution au début de / la ligne est trop courte et il reste en­ suite avant A une lettre, ce qui ne donne rien / L. 71-72 je n'arrive à rien avec les 1. 71-72 où les lectures semblent / assurées: il y a certainement une omission devant ένεκεν: mais / ceci méme admis, je ne sais comment décomposer et interpréter: / ασεωσιν (début 1. 72). Vous lisez ensuite (lecture au crayon) / έπικρειν[έτ]ω[σ]αν (remp^ant έπίκρισιν) φροντιζέτωσάντε: est-ce assuré [?]

APPENDICE III

L'EDITTO DI OTTAVIANO DE PRIVILEGIO VETERANORUM i. IL TESTO

L

ci è giunto grazie alla sua trascrizione sul verso di un papiro (colonna π; luogo di ritrovamento: Faiyùm; nr. di invent. allo Staatliche Museen, Papyrussammlung, di Berlino: 7815 v). Non è facile stabilire quando fu eseguita la trascrizione: la scrittura del verso del papiro sembra essere contemporanea (ma opera di un copista differente) di quella del recto, che contiene un editto imperiale ed è datato da alcuni studiosi genericamente alla fine del π - inizio del in secolo d.C, da altri, con minore fon­ datezza, al 1 sec. d.C.1 Il testo è gremito di errori: tutti i commen­ tatori hanno sottolineato il fatto che il documento fu redatto da una persona che non aveva molta dimestichezza con il latino.2 Il documento è propriamente un estratto di un processo verbale di un'udienza; l'editto probabilmente fu utilizzato in un procedi­ mento legale, per far valere i benefici concessi da Ottaviano ad un lontano parente del veteranus Manius Valens nominato nella pri­ ma linea. Il testo ci è giunto perché il papiro venne utilizzato «par un praticien pour copier, ou faire copier par un employé, des extraits de textes officiels ou d'un recueil de précédents judidaires ... dont il avait besoin pour instruire les affaires dont il était chargé».3 Il testo qui riprodotto riprende sostanzialmente quello edito in Ck. Lat. A. x, 416 (a cura di R. Marichal). Tuttavia, a differen­ za dell'edizione in Ch. Lat. Α., ho inserito la punteggiatura ed ho emendato il testo quando presenta errori, indicando in apparato il termine presente nel papiro. Segnalo, inoltre, le proposte d'in1

EDITTO

Sulla scrittura e la datazione del papiro vd. Ck. Lat. A. x, p. 32; cfr. anche H. WOLFF, Die Entwicklung der Veteranenpnvilegien, cit., pp. 96-97 e n. 140. ■'-x Errori elencati in Ck. Lat. A. x, p. 32: «vulgarismes», «fautes de déclinaison», «banalité croissante», «barbarismo), «mécoupures du texte», «sauts», «distractions», «mauvaise résolution d'abréviations», «fautes graphiques». 3 Ck. Lat. A. x, p. 32.

224

ANDREA RAGGI

tegrazione più significative per le lacune, ma non le letture degli editori precedenti, per le quali rimando all'apparato presente in Ch. Lat. A. Nella numerazione delle linee seguo Wolff; a Wilcken si devono le restituzioni delle lacune non attribuite ad un altro studioso nell'apparato.4 In questa ripubblicazione dell'editto si tiene conto della nuo­ va interpretazione delle 11. 10-12 emersa nel corso dell'esame del provvedimento a favore di Seleuco di Rhosos (vd. supra cap. m, § 1); ho pertanto emendato in sunt il sunto di 1.12 e ho eliminato usintàìl. 11.5 Tengo anche conto della nuova e fondamentale divisione tra le clausole proposta da Wolff per le 11.13-20. Gli editori precedenti, infatti, ponevano una pausa sintattica dopo la locuzione liberisque eorum di 1.16 e facevano iniziare con item una nuova clausola che arrivava senza interruzione fino al verbo do di 1. 20. Wolff ha compreso che il quodeumque di 1.15 e il quaecumque di 1.17 costitui­ scono, in realtà, i primi due termini di altrettante nuove frasi che presentano il verbo principale alla fine, parallelamente alle altre clausole dell'editto, e che Υ item di 1. 16 è equivalente a similitert eodem modo (o altro sinonimo) come a 1.19, con la differenza che a 1.16 item appartiene alla proposizione principale, a 1.19, al con­ trario, alla proposizione secondaria.6 La numerazione dei paragrafi corrisponde a quella del prov­ vedimento a favore di Seleuco di Rhosos (doc. π del dossier). Il testo presente nel papiro termina con la clausola corrispon­ dente al § 6 del doc. 11: non siamo in grado di precisare se anche gli altri benefici concessi a Seleuco fossero stati accordati ai ve­ terani di Ottaviano premiati con questo editto.7 La 1. 2 fornisce 4

Ν. Β. Ι segni diacritici utilizzati per l'edizione del papiro sono gli stessi elen­ cati supra a p. 23. 5 Cfr. anche P. ROUSSEL, Un Syrien, cit., p. 48, n. 5. 6 Vd. H. WOLFF, Die Entwicklung der Veteranenprivilegien, cit., p. 78, n. 102, con ampia discussione delle proposte precedenti (in particolare quelle di Rous­ sel, di De Visscher e di Mazzarino) e lororicusazione;cfr. ibid., p. 8i, n. 104, per l'influenza che tali interpretazioni hanno esercitato sul provvedimento a favore di Seleuco di Rhosos. 7 H. WOLFF, Die Entwicklung der Veteranenprìvilegien, cit., p. 94, n. 136, ipotiz­ za che le 11. 6-8 dell'editto nel papiro contenessero una descrizione dei meriti dei soldati premiati.

• EDITTO DI OTTAVIANO DE PRIVILEGIIS

VETERANORUM

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l'indicazione che l'editto di Ottaviano n o n fu trascritto intera­ mente : vi SÌ a.i.j.erm3., infatti, c\xe ÌJ. veterano ivlaiuus /aiens ave­ va letto ad alta voce (cum ... recitasserit) solamente una parte dell'atto. 8 Edittoprinceps: O. GRADENWITZ, BGU II, 628, verso 11. Altre edizioni ο ripubblicazioni: V. SCIALOJA, Alcuni testi e documen­ ti mmdici, XIII. Frammento incerto e frammento di un editto di Augusto ai veterani, «BIDR» 9 (1896), pp. 183-184 = ID., Studi giuridici 11, Roma 1934» PP· 8l-82 > ripubblica il testo di BGU; R. DARESTE, Nouveaux textes de Droit romain, «RHD» 22 (1898), pp. 691-693 = ID., Nouvelles études d'Histoire du Droit, Paris 1902, pp. 206-207; O. GRADENWITZ, FIRA7, 69; U. WILCKEN, W. Chr. 462; P. ROUSSEL, Un Syrien, cit., pp. 48-49, con nuove letture grazie ad una revisione del papiro da parte di U. Wilcken. Ripubblicano il testo di W. Chr. e di Roussel: H. NESSELHAUF, CIL XVI, Berolini 1936, p. 145, nr. 10 (Appendix); S. RICCOBONO, FIRA I2, 56; A. CAL­ DERINA Papiri latini, Firenze 1945, 21; R. CAVENAILE, C. Pop. Lat. 103; S. DARIS, Documenti per la storia dell'esercito romano in Egitto, Milano 1964, 100; H. MALCOVATI, Imperatoris Caesaris Augusti, cit., pp. 55-56; RDGE, p. 303; V. EHRENBERG, A. H. M.JONES, Documents, cit., 302; P. F. GIRARD, F. SENN, Les lois, cit., pp. 348-351 (a cura di P. Braun).

Nuova edizione critica (esame autoptico del papiro): Ch. Lat. Α. χ (1979), 4i6. Nuova edizione: H. WOLFF in W. ECK, H. WOLFF (Hrsg.), Heer una Integrationspolitik, cit., Falttafel b). Traduzioni: ARS 131; V. EHRENBERG, Α. Η. Μ. JONES, Documents, cit., 302; N. LEWIS, M. REINHOLD, Roman Civilization, cit., 153; B. CAMPBELL, The Roman Army, 31 BC-AD 337. A Sourcebook, London-New York 1994, 340.

4

8

. [.] cum Manius Valens veteranus ex[.]ter recitasset p a r t e m edicti hoc quod infra scriptum est: Imp(erator) Caesar Divi filius trium[v]ir rei publicae cons(ituendae) tr(um) d i à t : visum [est] edicendum mi[hi vete]ranis dar omn[ibu]s, ut tributis [et vec]ti[galibus omnibus? portoriisjque [publicis?]

H. WOLFF, Die Entwicklung der Veteranenprivilegien, cit., pp. 76-77 e n. 98.

226

ANDREA RAGGI

8 §3

[ ] [ ]dire[ ]..[ ----] ] [ ]1[. .]bro[ ] [ ] maio . po[ [· .] ipsis parentibu[s lib]erisque eorum e[t uxo]ribus qu sec[um] que erunt imm[u]nitatem omnium rerum d[a]re, uti qU

{sunto}

optimo iure optimaq[u]e leg cives Romani {sint} immunes 12 sunt{o}, liberi s[unto mijlitiae, muneribusque publicis fu[ngen]§4 [d]i vocatio . [I]tem in [q(ua)vi]s tribù s(upra) s(criptis) suffragium ' [fe]rendi c[e]nsendi[que] potestas esto; et si a[b]sentes voluerint §5 [c]enseri, etur. Quod[cum]que iis qui s(upra) s(cripti) sun[t, i]psis, parent 16 [c]oni[u]g liberisq[ue] eorum , item, quemmoum veterani [i]mm[u]nes esnt, eor[um] esse volui. Quec[um]que sacer{tia} [do]tia, qu[o]sque hon[or]es, queque praemia, [bjeneficia, commoa habuerunt, item ut habeant utantur firuanturque permit[t]i § 6 20 [d]o. Invitis iis ne[que] magistr[at]us9 cete[ros] neque l{a}egatum

9

Questa nota in Ch. Lat. A. x, pp. 33-34, conferma la correttezza dell'in­ tegrazione άρχοντα alla 1. 33 del doc. π del dossier a favore di Seleuco di Rhosos: «le copiste avait écrit magistratum, il s'est, ou on l'a corrige. Lesquier, Armée, p. 336, n. 4, considère ceteros comme fautif, il propose de corriger gere[re, correction excellente: elle permet de considérer la Ιεςοη primitive magistratum comme authentique puisqu'elle instaure un parallèlisme plus étroit entre magi­ stratum, procuratorem, etc, tous au singulier, et la correction magistratus comme le resultai de la mélecture ceteros, car une confusion s/m n'est vraisembable en aucune écriture; ceteros pour gerere est, en revanche plausible». Con riferimento al termine ceteros, è invece differente la mia interpretazione dellafrasenell'atto a favore di Seleuco di Rhosos (vd. infra).

• EDITTO DI OTTAVIANO DE PRIVILEGIIS

VETERANORUM

227

[n]eque procuratorem [ne]que emptorem t[ri]butorum esse [p]lace neq(ue) [.] in domo eorum divertendi em[a]ndiq(ue) causa que [a]b ea quem deuci place. ι 3 4 5 9 10 11 13 14 15 16

17 18 21 22 23

recitassent pap., exactor recitasse ait proposuit Dareste consultor pop., constituendae iter, consul iter, proposuit Wolff dare pop., dari proposuit Wolff supplevit Wolff, [exemp]ti Dareste, que[m] Ch. Lat. A. quìpap., quae Rousselp. 4871.4; sunt qui inseruit Wolff; quae sunt quaeque eruntproposuitArangio Ruiz in FIFA f Addenda et emendandap. xvu utique pop., uti qui proposuit Roussel p. 48 n. j legs pap. esto inseruit Roussel; .[.]s pap. Wilcken apud Roussel p. 49 n. 1, [quavi]s supplevit Riccobonof [q(ua)vi]s Wolff; s(cripta) Ch. Lat. Α., s(criptis) Riccobono, Wolff (cfr. 115) etsi Ch. Lat. A. [cejnsericetur pap. ; parentes pap. coniuges pap. ; eorum sit? Roussel p. 49, obvenerat «ist... nur exempli gratta una ah allgemeines Wort ausgewàhlt»: Wolff ρ. y8 n. 102; quemmotum pap., quemadmotum proposuit Gradenwitz in FIRA7 p. 240, quemadmodum Rousselp. 49 esint pap.t essent Roussel p. 49 queque pap. ; commota pap. hospitem? inseruit Wolff hiemandique Rousselp. 49; causamquepap., causa que Rous­ selp. 49; considere? inseruit Wolff quidye? inseruit Wolff; detuci pap. 2. DATAZIONE

La datazione dell'editto è alquanto controversa; la difficoltà principale è costituita dall'interpretazione del termine consultor, presente nel papiro alla 1.3, che può essere sciolto in tre maniere, attribuendo ogni volta ad Ottaviano una titolatura differente10:

-10 Cfr. K. M. GIRARDET, Per continuos annos decem (res gestae divi Augusti 7 Zur Frage nach dem Endtermin des Trìumvirats, «Chìron» 25 (1995), pp. 147-16 part. p. 160. Il terminus post quem è costituito dall'anno di assunzione del praenomen di Imperator da parte di Ottaviano: 39 ο 38 a.C. (vd. supra cap. 11, § 3).

228

ANDREA RAGGI

a) come cons(ituendaé) tr(urn), a completare l'es­ pressione immediatamente precedente triumvir rei publicae: in questo caso possiamo soltanto affermare che l'editto è contempo­ raneo ο posteriore al 37 a.C.,11 anno del rinnovamento del trium­ virato tra M. Antonio ed Ottaviano (questa è l'interpretazione accettata nel testo qui pubblicato) ; b) come consul \i~\tr(um): l'editto va datato al 33 a.C, anno del secondo consolato di Ottaviano; e) come consul tr(tium) l'editto si data al 31 a.C, anno del terzo consolato di Ottaviano.12 Diversi autori preferiscono datare genericamente l'editto tra il 40 e il 37 a.C, ritenendo che la titolatura di Ottaviano presente nel testo originale fosse semplicemente tnumvir rei publicae constituendae.13 Altri studiosi si mostrano indecisi ο preferiscono non prendere posizione.14 Roussel si pronuncia per una datazione relativamente alta, at­ tribuendo l'editto agli anni immediatamente successi alla vittoria su Sesto Pompeo; da una parte, infatti, il secondo consolato fu deposto da Ottaviano il giorno stesso di entrata in carica, e quindi è incerto se il triumviro sia mai stato indicato come consul iterum, dall'altra è improbabile che Ottaviano si fregiasse ancora nel 31 a.C. del titolo compromettente di triumviro.15 Al contrario, Wolff propende per una datazione bassa, in parti­ colare per l'anno 33 a.C, e corregge il testo del papiro nel modo 11

Così anche U. LAFFI, Poteri triumvirali e organi repubblicani, cit., p. 45.

a

FIRA f, p. 315; ARS, p. ii2; N. LEWIS, M. REINHOLD, Roman Civilization, cit., p.

423; B. CAMPBELL, The Roman Army, cit., p. 208: Γ editto «should be dated to the period just before the battle of Actium». 13 Così perentoriamente A. DEGRASSI, Ì nomi dell'imperatore Augusto, cit., p. 370, n. 129: «è esattamente datato al 40-37 il noto editto di Ottaviano ... sulle concessioni di diritti ai veterani». Vd. anche U. Wilcken in W. Chr. 462, p. 545; R. Cavenaile in C. Pop. Lat., p. 201; S. DARIS, Documenti, cit., p. 198; H. MALCOVATI, Imperatoria Caesaris Augusti, cit., p. 55; P. B[raun] in P. F. GIRARD, F. SENN,

Les lois, cit., p. 349. 14 V. EHRENBERG, Α. Η. Μ. JONES, Documents, cit., p. 135, datano l'editto al 37-30 a.C; F. MILLAR, Tnumvirate and Principate, cit., pp. 57-58, lo attribuisce al periodo 38-33 a.C. oppure all'anno 32 a.C; R. K. Sherkin RDGE, pp. 302-303, non si pronuncia in merito. 15 P. ROUSSEL, Un Syrien, cit., pp. 71-72.

• EDITTO DI OTTAVIANO DE PRIVILEGIIS VETERANORUM 229 secruente:

tnnm[v]ir rei piiblicae consul

A conclusione di questa Appendice due osservazioni, la prima ricmardante i destinatari dell'editto, che sono indicati a 1. 4 come veterani. È difficile comprendere a quale categoria di militari ci si riferisca. Tuttavia, sono state formulate alcune ipotesi, il Saddingtón ipotizza che si tratti di «soldiers irregularly recruited into one of the questionable legions of the period»; Sherwin-White pensa invece a militari delle truppe ausiliarie.17 Un'ultima osservazione concerne la traduzione dell'editto, certamente non agevole date le numerose scorrettezze e lacune presenti nel testo del papiro, ma che, a mio parere, deve sicura­ mente ricalcare a grandi linee quella delle rispettive clausole del provvedimento a favore di Seleuco di Rhosos. Non concordo, pertanto, con l'interpretazione delle 11. 20-23 fornita in diverse traduzioni moderne, un'interpretazione che è stata certamente influenzata dalla proposta di Lesquier di considerare ceteros un errore per gerere alla 1. 20 dell'editto (vd. supra nota 9), ma che non mi sembra confermata dal testo del § 6 (doc. 11) del dossier trovato a Rhosos.18 16

H. WOLFF, Die Entwicklung der Veteranenpnvilegien, cit., p. 76, che ritiene perciò che l'editto vada messo in relazione con la seconda campagna illirica di Ottaviano! 17 D. B. SADDINGTON, The Development ofthe Roman Auxiliary Forcesfrom Augustus to Trajan, in ANRW n.3 (1975), pp. 176-201, part. p. 188, n. 40; Α.,Ν. SHERWINWHITE, The Roman Citizenship. A Survey, cit., p. 47, n. 112. 18 Vd. la traduzione di B. CAMPBELL, The Roman Army, cit., p. 208 : «I have decided that they are not to be appointed against their will to other magistracies or as ambassador or superintendent or tax-farmer; moreover, I have decided that no one is to be billeted in their homes in order to lodge or spend the winter there (?)»; così anche ARS, p. 112. A confronto, si veda la versione, sicuramente preferibile, di N. LEWIS, M. REINHOLD, Roman Civiiizaiion, cit., p. 424: «Neither the other magistrates nor a legate nor a procurator nor a farmer ofthe tribute shall be in their homes for the purpose of lodging or wintering, nor shall anyone be conducted to winter quarters therein against their will».

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ZPE ZRG

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INDICE DEI NOMI

Sosigene di Rodi 200 Sosis di Siracusa 92 n. 49 Stratonice (figlia di Demetrio Poliorcete) 201 Sulpicius Quirinius, P. 124 n. 52 Symmachos (ambasciatore di Rhosos) 36 Tarcondimoto di Cilicia 183 n. 38 Teofane di Mitilene 89 n. 40, 192, 196 Teopompo di Cnido 192 Terentius Varrò, A. 174,175 n. 7 Tiberio (imperatore) 186

267

Titius, M. (console sufi, nel 31 a.C.) 137,174 n. 6 Titius, P. (tribuno della plebe nel 43 a.C.) 137,139 n. 101 Titius, Sex. (tribuno della plebe nel 99 a.C.) 138 Valens, M' 223, 225 Vedius Pollio, P. 142 Ventidio Basso, P. 96 n. 57 Vespasiano (imperatore) 204 Vibio Massimo, C. 125 n. 53 Z e n o n di Laodicea 119 n. 31

N O M I GEOGRAFICI

Adramitto 45 Aigeai 46 n. 57 Africa 144 Afrodisiade 43, 73, 75 n. 2, 76, 83, 94,101 n. 68,106,193,198 Ahmadlié 13 Alatri 188 Alessandretta 199 Alessandria d'Egitto 99 Alessandria sulTlsso 199, 202-203 Al Houb 13 Anazarbo 202 Antigonia 201 Antiochia sulTOronte 13, 33, 43-46, 47 nn. 60-61,124 n. 50,178 n. 23, 200-203; Antakya 13, 14 n. 6, 17, 19, 22, 200

Apamea sulTOronte 96,124 Apollonide 160 Arado 174,186 Arpino 118 n. 26 Arsuz 13,199 Asia 44-46, 51. 79, 81, 88 n. 36,103, 108,127,139,140 n. 106,143,158 n. 29,160,174,197; Asia Minore 50 n. 71,176-178, 201

Atene 14,149 n. 135, 206 Azio 99 n. 64,100,103-104,108,137, 174 n. 6,177-178,186,190,202 Balanea 96 Belen, Beylan 203-204 Berytus (Beirut) 124 Brindisi 179,181 n. 32 Calcedonia 175 n. 7 Campania 52 n. 76 Caria 108 n. 89,119 Calisto 178 Celia, Celje 115 Chersoneso Taurica 197 Chio 159,185 Ciampino 188 Cibira 42 n. 41 Cilicia 44,46,96 n. 57,158 n. 29,176 n. 12, 183 n. 38, 202-204; Cilicia Pedias 45,124, 204 Cipro 178 Cirene 76-77, 88 n. 36, 92 n. 47,174 n. 4 Claros, santuario di 159-160 Clazomene 178

268

ANDREA RAGGI

Colofone 58,159-160 Cos 174,184 C u m a 52 n. 76 D a r d a n o 177 D e l o 201 i i f e s o 18, 36, 40 n. 31, 44-45, 72, 84 n. 23,108,142,186, 202 Egitto 40,' 99,120,125,178 Ellesponto 127 Eraclea Pontica 177 n. 18 Ercolano 41 n. 38 Etruria 52 n. 76 Eubea 144,178 Europa 35, 79,140,143 F e n i c i a 46,178, 200 Filippi 50-52, 96 n. 57,101,102 n. 71, 103-106,179 n. 27 Galliaii4 Glanum 198 n. 76 Grecia 50 n. 71,53,122,179 n. 24 H e r a k l e i a Salbake 119 Illiria 103,186 Ionia 127 iskenderun 199 Isso 199, 202-203 Istro 53 Italia 19, 34, 51-53, 83, 115-117» 119120, 122-124, 128, 146, 177, 179, 194-196 L a o d i c e a di Siria 47 n. 61, 96 n. 57 L e m n o 185 Les Riceys (Aube) 206 Libano 206 Libia 178 Licia 176 n. 12 Lidia 202

M a c e d o n i a 51 Magnesia al Meandro 45 Milasa 108 n. 89 Mileto 178 M i s e n o 94 n. 52,176,179, i 3 i n. 32, 185 n. 42 Mitiiene 174 n. 6 N a u l o c o 53, 94 n. 52,102 n. 73,103, 105,107,175 N e u c h à t e l 205 N o r i c o 115

Olba 119 n. 31 Ostia 176 P a l i n u r o , capo 52 n. 76 Panfilia 176 n. 12,178 Parigi 206 P e r g a m o 160 Perugia 107 n. 87 Plarasa v e d i Afrodisiade P o n t o 197 R a v e n n a 176 Rodi 178 n. 21 R o m a 19,22,33,41-42,52,77-78, 828 4 , 1 0 2 n. 71 e n. 73,103,121,124, 128,131,137,141,148,159,161-164, 169, 176-179, 180 n. 32, 184, 188, 190,194-195 S a m o 108 n. 89,152 Sannio 98 n. 60 Sardegna 188 Sardi 100 Satinila 98 n. 60 Seleucia di Pieria 43-44,47,201-203; S a m a n d a g 203 Seleucia sul golfo di Isso 201-202 Sicilia 34, 51-53,102,158 n. 29,196 Sinope 187,188 n. 48

INDICE D E I N O M I Siria 19, 21, 44-47, 95 n. 54, 96 n. 57, 99, 103 n - 75, 124-125, 176 n. 12, 178-179,196 n. 72,199, 203-206 Siscia 186 Slovenia 115 Smirne 45,160,177 n. 18 Spagna 90 Sparta 166 Stratonicea di Caria 202 Susa 40

Tarso 33, 44-47, 96 n. 57 Tessalonica 96 n. 58, ico Tiatira 202 Tiro 46 Tracia 51 Tralles 160 Tuscolo 92 n. 49

T a r a n t o 107 n. 87,179-180

Venezia 124

U lucinar 199

Velletri 175,182

269

INDICE DELLE FONTI ANTICHE Il n u m e r o s e n z a altra i n d i c a z i o n e r i m a n d a alla p a g i n a ; l r = li­ n e a ; n. = n o t a . 1. F O N T I L E T T E R A R I E

Acta Sanctorum u Jan., p. 678: 204 n. 26 APPIANUS

b.c. 11,239:17911.24 11, 242:179 n. 24 iv, 298:17411. 6 iv, 353: i 7 4 n . 6 iv, 358:179 n. 27 iv, 394:174 n. 6 rv, 404:174 n. 6 v, 4-9: i 7 9 n . 27 v, 29-31: 96 n. 57 v, 72: 52 n. 76; 17911. 25 v,104:179 n. 27 v, 221:179 n. 27 v, 230:179 n. 28 v, 235-237:179 n. 24 v, 277:188 n. 49 v, 280: 52 n. 76; 179 n. 25 v, 304-305: 52 n. 76; 179 n. 25 v, 307:185 n. 42 v, 313: 94 n. 52 v, 344: 52 n. 76 v, 382: 52 n. 76 v, 387:180 n. 30 v, 396:180 n. 30 v, 406:180 n. 30 v, 422:175 n. 9 v, 528-537:102 n. 73 v, 537:180 n. 30 v, 577:180 n. 30

Mithr. 131:178 n. 21 222:177 n. 19 226:178 n. 21 240:177 n. 19 428-431:178 n. 21 431:17411.4 ATHENAEUS

xin, 586C e 595d: 200 n. 6 Bellum Alexanàrinum 1,1:178 n. 23 CAESAR

beli. civ. 1, 25.2: 51 n. 75 m, 3:178 n. 23 ni, 5.3:174 n. 5 ni, 23 sgg.: 17911.24 m, 101:178 n. 23 ni, 102.6:124 n. 50 beli. Gali vi, 14.1-2:126 n. 56 CASSIUS D I O XLIV, 53.4: 41 n. 39 XLV,

23.7: 41 n. 39

XLVI, 40.3:174 n. 6

XLVin, 17.1:174 n. 6 XLVin, 17.4: 52 n. 76 XLvm, 18.1: 52 n. 76; 179 n. 25 XLVin, 20.1: 52 n. 76; 179 n. 25

272

ANDREA RAGGI

XLVIII, 20.2: 52 11. 76

adfam.

XLVIII, 24.1-3: 96 n. 57

in, 8.4:158 n. 29

XLVIII, 30.5:5211. 76 XLVIII, 3O.8: l 8 8 n . 4 9

XII, 5.3:5111.75

XLVIII, 31.1: 52 n. 76; 179 n. 25 XLVIII, 35.1: 94 n. 52

XLVIII, 36.3:185 n. 42 XLVIII, 36.5:5211. 76 XLVIII, 45.5:188 n. 49 XLVIII, 45.7:5211. 76 XLVIII, 46.1.2 e .4-5: 52 n. 76 XLVIII, 48.6:5211. 76

XLvm, 49.1:185 n. 42 XLvm, 54.2:180 n. 30 XLIX, 1.1:180 n. 30 • XLIX, 1.3:5211. 76 XLIX, 1.5:18511. 42 XLIX, I . 5 - 6 : 1 8 0 I I . 3 O

XLIX, 13-14:102 n. 73

XLIX, 14.6: l80I1.30 XLIX, 16.1:102 n. 73 XLIX, 43.6: 9411. 52

1.1: 99 n. 64 LI, 2.1-3:108 n. 89 LI, 4.1:108 n. 89 LI, 5.2:108 n. 89 LI, 18.1: 99 n. 64 LI, 19.3:100 n. 66 LI, 19.5-6: 9911. 64 LI, 21.7: 99 n. 64 LV, 34: 73 n. 157 LIX, 8.1: 65 n. 116 LIX, 10.6: 6511.116

LI,

CICERO

adAtt. 1,18.8:12211.42 vi, 1.15:158 n. 29 vi, 2.4:158 n. 29 ix, 9.2:178 n. 21 xiv, 12.2: 98 n. 60

XIII, 36.1: 41 n. 39

XIII, 67.1:158 n. 29

ad Quint. 1,1.25:12711.59 de domo sua 45:15611.21 de inv. 11,59-60:166 n. 60 Lael 65:156 n. 23 Part. orat. 99:15611.21 100:155 Phil 1,1.3:4111.39 11,36.91: 41 n. 39 n, 36.92: 42 n. 41 11,37.93: 42.11.41 m, 12.30:4211. 41 ix, 5.11:156 n. 22 -pro Archia 10, 24: 89 n. 40 10, 25-26: 8611.31 prò Balbo 2,5:9011.41 2, 6:5311. 81; 13111. 75 5,11: 8511. 28; 8911.39 8, 19: 78 n. 10; 85 n n . 28-29; 89 n.39 9, 22-23:131 n. 75 9, 2 4 - 1 0 , 25:131 n. 75 11, 28:146 n. 125 12,29:146 n. 125 12,30:14911.135 13,31:146 n. 125 14,32-33: 85 n. 28; 91 n. 46 17,38: 8 5 n . 28; 8 9 n . 3 9 21, 49:131 n. 75 22, 50-51: 86 n. 31

INDICE DELLE FONTI ANTICHE 22, 51: 9 0 n . 4 i ; 131 n. 75 22,52:8711.34 23, 54: 92 n. 49 prò Caecin. 99:12111.37 100:14611.125 prò Fiacco 20:12711.59 71:160 n. 36 prò Quinctio 9:15611. 21 61:155 uVerr. 1,89:17711.19 2,32:158 n. 29 2, 94:165 n. 56 2,101-102:165 n. 56 3, 29:155 3,33:i55 3,39:i55 3,135:155 3,152:166 n. 60 4 , 1 4 9 : 1 6 8 n. 67 5,58:12611.56 5,106:15611. 23 5,145:5111.75

273

DIONYSIUS HALICARNASSENSIS

Ant. Rom. iv, 15.6:12111.37 v, 75.3:12111.37 vi, 56.5:16411. 51 FLAVIUS IOSBPHUS

Ant. x, 226:5111.74 XII, 141: 64 n. 115 xiv, 137:114 n. 14 xiv, 188: 4211. 41 xrv, 197: 46 n. 56 xiv, 204:132 n. 79 xrv, 210:16511.54 xrv, 266: 4211. 41 xv, 198:100 n. 65 XVIII, 1:125

n.

52

xvni, 54: 51 n. 73 Ap. 1,141:5111.74 B. I. 1,194:114 n. 14 1,394:100 n. 65 rv, 441: 51 n. 73 FLORUS

COLUMELLA in, 2.11: 51 n. 75 ix, 13.2:5111.75

1,41.8:17811. 21 n, 18:17911. 25 FRONTINUS

CORNELIUS NEPOS Att.

Aq. 24: 51 n. 75

3:149 n. 135 GELLIUS

DlODORUS SlCULUS iv, 50.1: 51 n. 74 v, 15.6:5111. 74 xvra, 51.4:16411.51 xviii, 63.6: 20111.7 xxxvn, 16:18311.38 ' xxxvii, 18:19511.68

1,12.14: 57 n. 92 v, 19.16:12311. 95 xv, 16.2: 51 n. 75 Lrvius 1,44.1:12111.37 in, 29.6: 9211. 49

274

ANDREA RAGGI

xxvi, 21.9-13: 9211. 49 xxvi, 48.7:17411. 4 XXVII, 5.1:17411.4 XXVII, 5.7: 78 n. 10; 93 n. 4 9

xxix, 25.5:17411. 4 xxix, 37.5:12211. 41 xxx, 28.8: 51 n. 75 XXXTX, 9.7:138 n. 98

LUCANUS ix, 224:184 n. 38 LUCIANUS Lex. 10.3: 65 n. 116 MALALAS

Chronographia (ed. Thurn) VHI, p . 150: 200 n. 5, 201 n. 8; p. 152: 200 n. 5, 201 n. 10 XII, p . 229: 20211.15 MEMNON

FGrHist 434, F 21:177 n. 18 N O V U M TESTAMENTUM

Ep. Rom. 3,25:58 OROSIUS

V, 18.10:18311.38 vi, 3.2:183 n. 38 vi, 18.19:17911.25 vi, 19.14: 99 n. 64 PAUSANIAS

in, 6.7: 65 n. 116 PETRONIUS ARBITER

Satyr. 18,5:15611.20

PLINIUS M A I O R

N.H. 11,136:5111.75 v, 79: 4711. 61 v, 80: 20411. 25 xiv, 22: 51 n. 75 xxix, 12: 92 n. 49 xxxrv, 96:5111. 75

PLUTARCHUS Ant. 30,3:17911. 28 32,1:183 n. 37 32,6:18311.37 35,7:18011.30 64,2-3:17711.16 86, 9:100 n. 66 Cic. 49, 6:100 n. 66 Dem. 31, 6: 201 n. 8 32, 2-3: 201 n. 8 Lue. 2, 2:178 n. 21 3,3:17811.21 13, 4:178 n. 22 Pomp. 25-26:178 n. 21 Sulla 22:177 n. 19 POLYAENUS iv, 6.9: 20111.7 POLYBIUS n, 39.1:51 n. 74 0,15.3:5111.74 111,33.18:5111.74 ni, 87.2:5111.74 v, 10.8:5111. 74 v, 35.11:5i n. 74

INDICE DELLE FONTI ANTICHE SUETONIUS

V, 87.6:5111. 74 ix,. 43.4: 51 n. 74

Aug 16:185 n. 42 17:108 n. 89 40,3:114 n. 15 8 9 , 1 : 84 n. 23

XVIII, 9.10:16411.51

£, 1.11: 51 n. 74 POMPONIUS M E L A

1, 69: 20411. 24 TACITUS

Ann. iv, 56:17711.18

PTOLEMAEUS

Geogr. v, 14.2: 204 n. 26

THEOPOMPUS

FGrHist 115, F 254: 200 n. 6

QUINTILIANUS Inst. VII, 4.29:15611. 22

VALERIUS MAXIMUS

Rhetorica ad C. Herennium 4, 47:156 n. 23 SCRIBONIUS I_ARGUS CLXin, 20:5111.75

m, 7.9:165 n. 56 vin, 14.3: 89 n. 40 vin, 15.6:15811.29 VARRÒ

de ling. Lat. vi, 86:121 n. 38

SISENNA

frg. 120 P.: 8511.29

VELLEIUS PATERCULUS

n, 7.7:12311.46 11, 73.2:174 n. 6 H, 73.3: 5 3 n . 79; i 8 3 n . 37 11, 77.1:179 n. 25 n, 82:5311.79

STRABO

m, 2.3:5111. 74 m, 2.13: 5111.74 v, 4.4:53 n. 79 vi, 1.6:5311. 79 xrv, 5.19:20411. 22 xvi, 2.8: 20411. 23

VITRUVTUS

v, 5.8:5111.75 2. F O N T I EPIGRAFICHE

AnnEpigr 1925,93:17511.8 1976, 678,1. 5 e 1.34: 42 n. 41 1989, 684,1.11:100 n. 67 1993,1461,11. 8-9: 40 n. 31 1996, 407: 41 n. 38 2000, 760:125 n. 56

AUGUSTUS

Res gestae 15,3' 183 n. 36 2 5 , 1 : 53 n. 80 26, 4 : 5 0 n. 72; 183 n. 36 27, 3:5011. 72; 53 n. 80 30, 2:183 n. 36

275

276

ANDREA RAGGI

BOFFO L.

Iscrizioni greche e latine per lo studio della Bibbia (1994), nr. 23: 125 n. 52 eie 3497: 202 n. 14 CIL I2,p. 50:11811.25 111,5232:11511.16 in, 6687,11. 8-11:124 n. 52 HI, 6980:187 n. 47 111,7160:17411. 6 v, 1048:18111.32' vi, 4437:182 vi, 8927:181,186 vi, 8928-8929:180 n. 32 ix, 41:178 n. 23; 181 n. 32 ix, 2142: 98 n. 60 x, 3357-3358:181 n. 32 x, 3826: 9911. 64 x, 5808:188 n. 49 xii, 257:180 n. 32; 181 Decretum Cn. Pompei Stràbonis: 15 n. 7; 42 n. 40; 76 n. 5; 86; 89-90; 93; 11.1-3: 86 n. 32 Edicta Augusti ad Cyrenenses 1:12411. 50 ni: 111; 128 n. 64; 207; 11. 56-62: 113 n. 11; 1. 57: 113 n. 12; 11. 5860: 76 n. 4, 88 n. 36; 1. 59:115; 11. 60-62:129; 11. 61-62:126 rv, 1.69:77

FDelphes

1113, 369,11. 20-21: 68 n. 132 Fragmentum Tarentinum 11. 3-4: 126 n. 56; 129 n. 67; 11. 3 . 5:93 GRANINO CECERE M. G.

«ZPE» 109 (1995), pp- 289-297: 188 n

*5°

HERRMANN P. «Chiron» 19 (1989), pp. 127-164:100 n. 67 HÒGHAMMAR K.

Sculpture and Society (1993), nr. 13: 114 n * u L Cos n EV

^ ( b ) : 114 n. 14

I. Délos ^ l 6 > B n > L 8 7 e U« 110 " 111: 54 n. 84 *• Istros 54,1- 3^: 53 J. Kalchedon *5, U- 2-6:174 n. 7 J- Kibyra i> U- !3-i4: 42 n. 41 J. Mylasa 602:108 n. 89

Fasti Triumphales Barberiniani Inscr. It. XIII 1, p. 343: 94 n. 52

I. Sinope 100:187 n. 47

Fasti Triumphales Capitolini Inscr. It. XIII 1, p. 87: 94 n. 52

IG v 1, 21, n, 11. 7-9:166 n. 60

INDICE DELLE FONTI ANTICHE X2.1, 83 e 109:100 n. 67 zìi 8,16:185 n. 41 XII Suppl., 412: 219 n. 7

XIII 1, p. 343: v d . Fasti .les Bcirbsrinicini

VII, 4008,1. 4:174 n. 5 VII, 4012:187 n. 46 IGRR I, 843,11-2-6:17411.7 ni, 1018,1. 4:174 n. 5 in, 1019:18711.46 iv, 1111 e 1113-1115:178 n. 21 rv, 1213: 202 n. 14

Triumpha-

XIII 1, p. 5 6 8 : 1 0 4 n. 78

KNIBBE D .

ICLS

277

E N G E L M A N N H.

IPLÌX-

CÌÒGLU E. «JÒAI» 62 (1993), Kauptblatt, pp. 113-150 nr. 1,1.3: 61 n. 104 nr. 2,11. 8-9: 40 n. 31; 11. 9-11: 72 n. 147 nr. 10,11.36-37: 71 n. 143 LAFFI U.

«sco» 16 (1967), p p . 5-98, doc. iv, 1. 67: 46 n. 56

ILLRP

416: 9811. 60 433:17411.6

L E G U E N B.

Les associations de Technites siaques 1 (2001) 12 A: 73 n. 153 34,11.5-6:127 n. 60 56 B, 11. 8-11:127 n. 61

ILN Fréjus 13:18111.32 ILS 76: 98 n. 60 79:9911.64 891:174 n. 6 1977:115 n. 16 2683,11. 8-11:124 n. 52 2817-2822:180 n. 32 2823:181 2824:187 n. 47 6267:188 n. 49 8853: 20211.14 9059:11811.24

diony-

Lex agraria 1. 27: 57 n. 9 2 , 1 0 9 n. 1; 1. 30:155; 1.31:59 n. 9 8 ; 1. 72: 65 n. 118; 1. 84:172 n. 84 Lex Antonia de Termessibus 4211. 40 1,11. 23-24 e 34-35: 60 n. 102 11,11.1-2: 71 n. 145; 11. 6-17:132 n. 78; 1.16:16111.41 Lex Cornelia de xx quaestorihus (CIL

Inscr. Aquil II, 2821:18111.32

I2,587)

4211. 40 Inscr. It. xiii 1, p. 87: vd. Fasti Capitolini

Triumphales

Lex de Gallia Cisalpina (RS 28) 59 n. 98; col. 1,1. 48:156

278

ANDREA RAGGI

Lex de provinciis praetoriis Cnidos ni, 11. 4-5:161 n. 41 D e l p h i B, 1. 4: 68; 1.17: 71 n. 144 Cnidos iv, 11. 31-39: 162 n. 43; 1. 3 4 : 7 m . 143; 1. 3 5 : - - 2 n. 45 D e l p h i e, 11. 9-10: 67; 11. 14-15: 65 n. 118; 11.15-16: 67; 1.18: 67y 171 n. 79; 11.19-28 e sgg. : 169; 1.20: 63 n. 118; 1. 21: 167, 171 n. 79; 11. 21-22: 68 n. 131; 1. 22: 65 n. 118; 11. 22-23: 68 n. 129; 1. 23: 68; 1. 24:165 n. 56; 1. 25: 68; 1. 26: 67y 68 n. 131,171 n. 79; 1. 27: 68 n. 131 Cnidos v, 168; 11.31-32:165 n. 56 Lex Fonteia, framm. (a) + (b), (i), 11.1-2 e 1. 8: 100 n. 67; 1. 4:164 n. 51; 11. 4-5: 78 n. 10; 1.13:152 n. 4 (a) + (b) + (e), (ii), (e), 11. 1-6: 140; 11. 5-6: 70 n. 137; 11. 6-11: 153 n. 9; 11.11-12: 6 2 n. 108 (f) + (g), (i), I.3: 67 (f) + (g), (ii),l. 9:120 n. 36 Lex Gàbinia Calpurnia Deh 15 n. 7; 78 n. 9

de

insula

Lex

repetundarum

II. 76-79: 93,129 n. 67] 1. 77'-117 n. 23; 11. 78-79 ( = 11. 85+86): 196 n. 70; 1. 86: 93 Lex Tarentina, col. 1 1. 5: 68 n. 130; 11. 9-10: 70 n. 140; 11. 16-17: 70 n. 140; 1. 31: 68 n. 130; 1. 35: 68 n. 130, 69 n. 133 Lex Salpensana (PIRA 7 , 30)

29:136 Lex Ursonensis LXI, 11.7-8: 68 n. 130,11. 8-9: 69 n. 133; LXVI, 11. 33-37: 57 n. 9 2 , 1 .

39:129 n. 67 \ LXVII, 11.14-16:57 n. 92; LXXIH, 1. 6: 68 n. 130,1.7:

Lex Irnitana 28,11.11-12: 57 n. 92 29:136 30,11.38-39:5711.92 77, 79, 92:131 n. 74 8 4 , 1 . 5 : 1 6 6 n. 57 Lex portoni Asiae Ephesenum)

11. 81-87:141 I. 96: 64 II. 96-98:142 I. 99: 64 1.102:172 n. 84 11.106-107:172 n. 84 1.110:172 n. 81 1.118:133 1.124:172 n. 84 1.133: 64

69 n. 133; LXXTV, 1.15: 69 n. 133,

11.15-16: 68 n. 130; LXXV, 1. 22:

69 n. 133, 11. 22-23: 68 n. 130; LXXXÌ, 1. 28: 69 n. 133; x c v :

169

n. 69; cix: 136; cxxv, 11. 27-28: 170 n. 71; cxxvi, 11. 46-47: 170 (Monumentum

15 n. 7; 18 n. 12; 64; 133; 145 11.13 e 14:133 I. 57: 64 II. 58-67: 141; 11. 62-64: 141, 143

n. 71; CXXVII, 11. 9-10: 71 n. 145;

cxxviii, 1. 3 0 : 1 7 0 n. 71; CXXTX, 1.37:170 n. 71; cxxx, 1. 49:167, 11. 50-51:170 n. 71; CXXXT, 1.13: 170 n. 71; CXXXÌI, 1. 32: 170 n.

71

INDICE DELLE FONTI ANTICHE lex Valeria Aurelia (RS 37) 167 UAMA

vi, 104:119 n. 30 Mon. Ancyr. vd. A U G U S T U S , Res

gestae

OGIS

762,11.13-14: 42 n. 41 OLIVER J. H .

Greek Constitutions (1989) 1:152 n. 5 9 i , l l . 7-9: ì ó ó n . 60 RC 33,11.16-20:7211.148 58,11.5-6:7211.148 64,11.14-15: 73 n. 152 75:4011.33 RDGE

2,1.55:i55n.l4 15,1.48:73 16,11.48-49:42 11.41 23,1.30:164 n. 51; 1. 43:164 n. 52; 1.54:76 n. 3 30,1.10: 61 n. 104 44, 1. 5: 134 n. 85; 11. 5-6: 127 n. 60 49 B, 11. 8-11:127 n. 61 52,11. 43 sgg.: 4 5 n . 5 5 57,11.14-15:127 n. 62; 1.15:134 n. 85 60:108 n. 89 61,1.11: 71 n. 143 70,11.14-18:159; 11.17-18:160 n. 34 REY-COQUAISJ.-P.

«AAASyp> 23 (1973), nr. 2, 1. 5 e 1. 34:42 n. 41

279

REYNOLDS J.

Avhrodisias and Rome (1982) 6:75 n. 2; 19311.64; II.3-4:9411.53; 11. 26-27: 77; 11. 33-45:193 n. 64; 11. 38-40: 73 n. 155; 11. 39-40:152 n. 4; 1.48:152 n. 4; 1.50:43 n. 43 7: 76; 1.1:106 n. 82 8: vd. Se. de Aphrodisiensibus 9:1.1:152 n. 4; 11. 2-6:132 n. 80 10: 74 n. 157; 193 n. 64; 11. 3-4: 83 n. 22 12:193 n. 64; 1.10: 84 ri. 23 13:108 n. 89; 11. 2, 4 e 7:152 n. 4; 1. 4 e 1. 7:152 33:193 n. 64 35:11.7-8:15211.4 36-39:193 n. 64 ROBERT L. e j .

Claros 1 (1989) Menìppos 1,11. 37-40:159 n. 32; 11. 40-41:160 n. 35 ; 11.40-48:160 n. 38 Menippos 11, 11. 4-7: 159 n. 33 P o l e m a i o s 11,11. 56-58:160 n. 35 P o l e m a i o s ni, 11. 42-47: 58 n. 94 Se. d&Aphrodisiensibus 1. 26: 48; 11. 26-27: 106 n. 83; 11. 32-36:132 n. 80; 1. 48: 48, 61 n. 104, 152 n. 4; 11. 48-49: 106 n. 83; 11. 48-50: 76; 1. 49: 49; 1. 53: 61 n. 103; 11. 51-53: 109 n. 1; 11. 58-60: 60 n. 102; 11. 68-69:71 n. 143; 1. 92: 42 n. 41 Se. de Asckpiade 41; 42 n. 40; 53 n. 78; 78 n. 10; 93; 127; 148 n. 131; 154; 157; 161; 184; 189-190; 193 n. 62; 195-196; 207 Lat. 1. 5:189 n. 53; 1. 8:126; 1.11: 60 n. 102; 11. 11-14: 153 n. 9; 11.

280

ANDREA RAGGI

14-15: 66 n. 119; 1.16:144 n. 121; 11.18-19:165 n. 54 Gr. 11. 5-9: 78 n. 9; 1. 6: 178; 1. 7: 52, 78 n. 9; 11. 7-8:53; 1- 8: 189 n. 53; 1. 9: 78 n. 9; 1.11:53, 78 n. 9; 11.12-13:126; 11.13-15: 78 n. 9; II. 16-17: 60 n. 102; 11.17-20:153 n. 9; 1.19: 65, 78 n. 9; 11. 20-22: 66 n. 119; 1. 23: 78 n. 9, 144 n. 121; 1. 25: 41 n. 39; U. 26-28:165 11.54;!. 29:7811. 9

Suppl. It. II„ 8:17511. 8; 182 xvi, pp. 38-39:188 n. 49 SylV 559,1.9:720.148 613 11.16-17: 72 n. u.8 705,1. 36: 72 n. 148 708,1. 36: 53 826 G, 1. 22:170 n. 74 Tabula Banasitana 11. 20-21 e 11. 22-23:124 n. 50

SEG

7 (1934), 1: 40 n. 33 12(1955X314,1.8:5411.84 31 (1981), 952,11.1-4:142 n. 111; 11. 5-6 e 7-8:16411.51 37 (1987), 874:12.7 n. 62 39 (1989), 1290,1.11:100 n. 67 43 (1993), 55o: 11411.14 43 (1993), 758,11. 8-9: 40 n. 31 45 (1995), 1131:114 n. 14 51 (2001), 1990: 200 n. 4

Tàbula Contrebiensis 1. 6:16211. 46 Tabula Heracleensis 59 n. 98; 11. 19, 97, 107, 125, 140: 167; 11.142-158:123 TAM

n, 246,11. 23-24: 68 n. 132 Tessera Paemeiobrigensis 1.17:12511.56

SGDI

2197,11.18-19: 54 n. 84

ON NT T II G I U R I D I C H E 3. FF O CORPUS IURIS CIVILIS

Digesta D. 47, 8, 2 , 1 ( U L P . 56 ad ed.): 166 n.59 D. 4 9 , 1 6 , 8 ( U L P . 8 disput.): n.34

182

D. 49, 16, 11 ( M A R C . 2 reg.):

182

n.34 D. 5 0 , 1 , 2 7 , 1 ( U L P . 2 ad ed.): 131 n.74 D. 50,1,35 ( M O D E S T . 1 excus.): 61 n. 105 D. 5 0 , 1 6 , 203 (ALFENUS V A R U S 7

dig.): 142

Institutiones 1, 20 pr. : 136 n. 94 Novellae lustiniani 90, 4 pr.: 4111.36 GAIUS

Institutiones 1,160:12111.37 1, 185-187, 194, 195 e i95b: 136 n. 94 Tituli excorpore Uipiani n , 18:13611. 94

INDICE DELLE FONTI ANTICHE

A.

28l

MONETE

528.1-2: 48 n. 66; 107 n. 84 529.1-2:107 n. 84 529.43:107 n. 84 537.1-2: 94 n. 53 538.1-2:9411. 53; 10711. 87 540.1: 94 n. 53 540.2:9411. 53; 10711.85

BUTCHER K.

Coinage in Roman Syria (2004) 25, p. 430:9611.57 LEVANTE E.

« N C » 145 (1985), pp- 240-243 78-80: 9611.56 RPC 1551:107 n. 84

SYDENHAM,

CRR

1197:107 n. 85

RRC 490.3-4: 48 n. 66 492.1: 48 n. 66; 106 n. 84 493.1: 48 n. 66; 107 n. 84 511:174 n. 6 517.1-2 e .7-8:107 n. 84

TRILLMICH

W.

Mùnzpropaganda (1988) 294:106 n. 84 308:10711. 85 308-310: 9411. 53 311:107 n. 85 5.

PAPIRI

Edictum Octaviani triumviri de privilegiis veteranorum 14; 56 n. 88; 58; 59 n. 99; 62; 78 n. 10; 79-80; 91; 101; 102 n. 73; 112; 115; 123; 126 n. 58; 147; 189190; 207; 223-229 11.2-3:77; 1.4: 80-81; 11. 4-5:143 n. 114; 1.9:55; 11.9-13:54; 1.10:56, 113,125 n. 55; 11.10-12:110,111 n. 5; 1.11: 54, 56,113; 1-12: 56,113; 11. 12-13:125 n. 55; 1.13: 57,117; 11. 13-14: 59; 11. 13-15: 117; 1- 15: 60; 11.15-17:130; 11.15-20:129; 1.

16: 80; 11.17-18: 61; 11.17-20: 60, 130; 1. 20: 62; 11. 20-23: 61,132; 1. 21: 62,133; 1. 23: 62,78 Gnomon déH'Idios Logos §§58-63:12511.53 P.Gen. 1,74,11.8-9:41 W. Chr. 463,1.15:118 n. 24 202:125 n. 53

SOGGETTI absens censeri vedi census acclamazione imperatoria 94, 97, ^, 107 n. 87 accusa popolare vedi azione a le­ gittimazione popolare actio 169 agnomen 181-182 amici populi Romani 93, 165 n. 54, 193 n. 62 Apellaios (mese macedone) 33, 36, 95,101 archivi 43, 45, 95,101,103,107 n. 86, 108,124 artisti dionisiaci 127 asylia 39,108 auxiliares 86, 229 azione a legittimazione popolare 78,169-170 bellum Alexandrinum 178 - ltalicum 52, 53 n. 78,178 n. 20 - Siculum 51, 53,175,179,183 beneficia 41 n. 39,151-152 calendario 46, 95 n. 54 censimento, census 116,119,121-125; absens censeri 117,120-124; incensi 121-122

cittadinanza romana, rivit^s, nw civitatis 18-19,34,55-56, 60,75-76, 78 n. 10, 79, 82, 85-94, 102, 109119,130,131 n. 75,134-135,145-M9, 151-152, 157, 178 n. 23, 186-187, 194-198; 'doppia cittadinanza' 20, 130, 145-149; fictio civitatis 162; ius civitatis adipiscendae per magistratum: 149 civis Romanus immunis 109-115,130

città libera, civitas libera, 46-47, 81, 126 n. 57,153,158-163 commendano 73 commentarius, -ii 79,124; e. civitate Romana donatorum 78,124 commoda 61,131 consilium 89,106 n. 80 constitutio Antoniniana 145 conubium vedi ius conubii conventus civium Romanorum 124 - iuridicus 45-46,162 corporis custodes 182 crimen inferre 156 damnatio memoriae 99-100 dare damnas sunto 68 datio tutoris vedi tutela dazi doganali 19,35,43-44,126,139140,144,184 decreto, decretum 76-79; decretum Cn. Pompei Strabonis vedi Indice delle fonti epigrafiche diocesi vedi conventus iuridicus diplomi militari, diplomata militaria 20-21,56 n. 87,117,135,189-190 domicilio, domicilium, 124 n. 49, 125 n. 53,143 n. 117 Dystros (mese macedone) 36, 95, 10o

editto, edictum 76-77, 79-80, 106; editto provinciale 158 n. 29; edicta Augusti ad Cyrenenses vedi Indice delle fonti epigrafiche; edictum Octaviani de privilegiis veteranorum vedi Indice delle fonti papirologiche emptor tributorum 133

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ANDREA RAGGI

eparchie 46 era antoniana 39, 96, 97 n. 59 - cesariana 97 n. 59 esenzione vedi immunità exactio 169 formula valetudinis 40, 75 garanzie 171-172 Giove Ottimo Massimo, tempio di 42 Gnomon delVIdios Logos vedi Indice delle fonti papirologiche governatore provinciale 158-163 guerra alessandrina 178,197 - sertoriana 90 - sociale 52, 85, 89,177,184 guerre mitridatiche 93, 127 n. 61, 177,178 nn. 21-22,184,196 - puniche 176 hospitia 133 immunità, immunitast esenzione 19, 34, 43, 55, 57, 63, 7*>, 80, 85, 93-94,110-115,12.5-130,134-135,139145,147,151-152,184,195 iota parassitico 16, 58 iudicium accipere 155-156; i. constituere 156; i. postulare 155 iurisdictio 161,167; ixts dicere 71 txts civitatis vedi cittadinanza ro­ mana - conubii 19, 56,134-135 - Italicum 116 - legationis 19, 67,151,164-167 - suffraga 116 koinon 45,127 leges de civitate 85-86, 89-90 le* agraria vedi Indice delle fonti epigrafiche - Antonia de Termessibus vedi In­ dice delle fonti epigrafiche

- AtiKa de tutore dando 134, 13^ 138,139 n. 101 - Calpumia 85, 90 - censoria portus Siciliae 142 - Cornelia de xx quaestoribus ve­ di Indice delle fonti epigraiiCnv,

-de Gaftia Cisalpina vedi Indice delle fonti epigrafiche - de provinciis praetoriis vedi In­ dice delle fonti epigrafiche - Fonteia vedi Indice delle fonti epigrafiche - Gabinia Calpurnia de insula Delo vedi Indice delle fonti epigrafiche - Gellia Cornelia 85, 89-91 - Irnitana vedi Indice delle fon­ ti epigrafiche - Mia de civitate 85 n. 28, 86, 87 n. 34, 89-90 - lulia de tutela (?) 134,136-139 - MunatiaAemilia 18,34,50-51,76 n. 3, 77-8o, 85, 91-92, 97,101, 103 n. 75,104-107,110,112,115, 118,137,139 n. 101,144 n. 122, 148, 154 n. 10, 168, 186, 189 - Plautia Papiria 85 n. 28 - Porcia 161 n. 41 - portoni Asiae vedi vedi Indice delle fonti epigrafiche - repetundarum vedi Indice del­ le fonti epigrafiche - Kupilia 158 - Salpensana vedi Indice delle fonti epigrafiche - Tarentina vedi Indice delle fonti epigrafiche - Titia de tutela 136-138, 139 n. 101 - Ursonensis vedi Indice delle fonti epigrafiche

SOGGETTI - Valeria Aurelia vedi Indice delle fonti epigrafiche lex locationis 142 lex provinciae 157 n. 29 litem constituere, l instituere 156 litis contestano 155,165 liturgie 114,126,128-129,147 lustrum 122 mandata 72 Marina militare romana 173-176, 181-183,185-190 Monumentimi Ancyranum vedi In­ dice delle fonti epigrafiche -. Ephesenum vedi lex portoni Asiae munus publicum 129 navarchus 75,100,102,173-175,180182,184-188,190-192,197,199 negotiatores 121 nomen (rei) àeferre 165; nomen (rei) recidere 165 optima lege optimoque iure 109-110 optiofori vd. privilegiumfori persecutio 170 n. 71 petitio 69,169 pirateria, pirati 176, 178, 183-186, 197 portorium 139-143 postliminium 146 praedest praedia vedi garanzie praefectus classis 174-175 praeiudicium capitis 165-166 praemia 131 privilegium 152 privilegiumfori 19,46, 81,93,153-154, 157-158,160-163,195 processo de repetundis 92-93,196 processo per multa 169 procurator 133 proscrizioni 92 n. 47,131 n. 76

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provocatio 195 publicanus 121.133,142,145 redazione in greco 83-85,101 sanctio 19, 78,151,164,166-169 satisdatio 172 senato 78, 82 n. 18, 93,158,164,174, 176,187,197 se. de agro Pergameno 45 - de Aphrodisiensibus vedi Indi­ ce delle fonti epigrafiche - de Asclepiade vedi Indice delle fonti epigrafiche suis legibus uti 157-158,160 tabula Banasitana vedi Indice delle fonti epigrafiche - Bembina vd. lex repetundarum - Contrebiensis vedi Indice delle fonti epigrafiche - Heracleensis vedi Indice delle fonti epigrafiche tessera Paemeiobrigensis vedi Indice delle fonti epigrafiche titolatura 94, 95 n. 53, 96 n. 56, 97, 99, 104, 105 n. 79, 106-108, 207, 227 tribù Camilia 118 Cornelia 19,34,116,118-119 Fabia 118 Palatina 118 tributum 115,126-128 trierarchus vedi navarchus triumvirato, triumviri 43-44,47,48 n. 66y 50, 76, 79, 81-82, 83 nn. 2122, 88, 91, 92 n. 47, 94 n. 52, 98 n. 60, 100-102, 105-107, 118-119, 137, 152, 179, 184, 187, 189, 191, 196, 228 turma Salluitana 86 tutela 19,136-139

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ANDREA RAGGI

vacatio 57 - miiitiae 93, 104, 113 n. 12, 129, 190,195 vadimònio, 172

vectigalia 140,144 veterano, veteramis 56, 80,116,190, 223, 225, 229

TERMINI GRECI DISCUSSI NEL TESTO αίτημα 69 άλειτουργησία 126-127 ανατολή 50 άνεισφορία 113-115,125-128,151 άνεπισταθμεία 134 αντιγράφω 41 αποδέχομαι 73 αριστεύω 73 ατέλεια 114,128,142 αυτοκράτωρ 49, 94, ιο6 αυτονομία 39, 47, 96,159 η. 32 αξίωμα 6ι, 69 δημοσιώνης 133,14° διάταγμα γ6 δικαιοδοτέω 71 έγγύη 172 έγκλημα 65 εισάγω 65,140 εισπράττω 64 εκλαμβάνω 40, 4* π. 36 εκπραξις 69,169 ενάγω 65 έντολαί 72 επάγω 65 έπιγαμία 134-135,139 έπίκριμα 76 επίτροπος 133 έπώνια 63 εξαίρετα 6ι εξουσία 159 Καίσαρ 47"49 καταχωρίζω 43 κρίσιν συνίστασθαι 155-156 κριτήριον λαμβάνειν 154-155

κοσμέω 73, 98,151 κωλύω 6γ λαμβάνω 64,155 λειτουργέω 113 n. 12 μεταπορεία 69,169 μητρόπολις 45 ναύαρχος 173, 175, V*> n. ιι, 178, 183,185 δνομα δέξασθαι 165 παραίτιος γι παραχειμασία 134 πάρεσις 57-58, 84 πίναξ 4ΐ πόλις 59,145 πράττω, 64 προαγωγή 170 πρόβουλος187 πρόκριμα κεφαλής 165 προσαναφέρω 164 πρόστειμον 59,119-120 στήλη 41 συνίστημι 73 συνστρατεύομαι 183 συντηρέω 73 τέλος 64,139,141 τριήραρχος 173,175 υπογράφω 40 υποδοχή 134 υπομνήματα 79 φιλάνθρωπα 6ι, 73, 76, 79* 151-152, ι6 7 χαρίσματα 6ι χειριστής εισφορών 133 χώρα 145

TAVOLE

ELENCO DELLE TAVOLE FIG. i. Foto dell'iscrizione (cortesemente fornita da M. Wilson, giugno 2004).

FIG. 2. Foto dell'iscrizione (A. Raggi, ottobre 2000). FIG. 3. Foto della parte superiore dell'iscrizione (A. Raggi, ottobre 2000).

FIG. 4. Foto della parte inferiore dell'iscrizione (A. Raggi, ottobre 2000).

FIG. 5. Calco a matita dell'iscrizione (U. 1-10, parte iniziale. A. Raggi). FIG. 6. Calco a matita dell'iscrizione (11.14-28, parte finale. A. Raggi). FIG. 7. Calco a matita dell'iscrizione (11. 22-31, parte finale. A. Raggi). FIG. 8. Calco a matita dell'iscrizione (11. 55-68, parte iniziale. A. Raggi). FIG. 9. Calco a matita dell'iscrizione (11. 68-81, parte finale. A. Raggi). FIG. IO. Calco a matita dell'iscrizione (11. 81-93, parte iniziale. A. Raggi). FIG. 11. Assemblaggio elettronico dei calchi dell'iscrizione (A. Raggi). FIG. i2a. V editto princeps di P. Roussel, «Syria» 15 (1934), p. 34 (11.1-28). FIG. i2.b. Veditto princeps di P. Roussel, «Syria» 15 (1934), p. 35 (11.29-67). FIG. i2c. Veditto princeps di P. Roussel, «Syria» 15 (1934), p. 36 (11. 68-93). FIG. 13. Pagina iniziale della LETTERA 5 (datata 19 settembre 1933) del car­ teggio tra P. Roussel e H. Seyrig (vd. APPENDICE n). FIG. 14.1 centri principali intorno a Rhosos (1 sec. a.C). FIG. 15. Il golfo di Iskenderun oggi.

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ANDREA RAGGI

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FIG. i2a. L'editioprinceps di P. Roussel, «Syria» 15 (1934), p. 34 (U. 1-28).

TAVOLE

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T O Y — — — — — — — env. ozi. [p5v 8 «■** xe,PWT''tv «»«?[ojÓTr]oSoxìj< svsscv OUTS _ — _ _ ] (vide). — — — — aùrù[c] r, aótòj — — — — — («T« rao-

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