Santuario, tenda dell'incontro con Dio. Tra storia e spiritualità [PDF]

  • 0 0 0
  • Gefällt Ihnen dieses papier und der download? Sie können Ihre eigene PDF-Datei in wenigen Minuten kostenlos online veröffentlichen! Anmelden
Datei wird geladen, bitte warten...
Zitiervorschau

Autori Vari

Tra storia e spiritualità a cura

L.

Andreatta

-

di

R Marinelli

^

PIEMME

BOSTON PUBLIC UBRARY

SANTUARIO,

TENDA DELUINCONTRO

CON DIO

Collana «Itinerari dello spirito»

Liberio Andreatta, Pellegrini come

Aa.Vv.,

Il

i

nostri Padri, 1991.

pellegrinaggio via della nuova evangelizzazione, 1993.

Aa.Vv., Gli operatori pastorali del pellegrinaggio alla luce di «Pastores dabo vobis», 1994. Aa.Vv., Famiglia e pellegrinaggio, 1994.

Aa.Vv,, Santuario e Accoglienza. Verso 2000, 1995.

il

Grande Giubileo del

Aa.Vv., Santuario, tenda dell'incontro con Dio. Tra storia e tualità, 1996.

spiri-

E E

Arinze

Carcione



P.



G. Berrettoni • D. Cancian Caucci von Saucken • P. Colella

G. Ferretti • 0. Fusi-Pecci • D. Mazzoleni L. Nigro . V. Noè • G. Orlandi S. Paciolla • V. Paglia • M. Perraymond U. Poletti



R. Rossi



M.

Sensi



P

Siila

SANTUARIO, TENDA DELL'INCONTRO

CON

DIO.

Tra storia e spiritualità

Lettera ài Sua Santità Giovanni Paolo II

a cura di

LIBERIO ANDREATTA FRANCESCO MARINELLI

PIEMME

Il

volume

è frutto della collaborazione tra

Sedem

grinaggi, la Peregrinatio ad Petri

l'Opera

Romana

Pelle-

e l'Istituto Superiore di

Scienze Religiose «Ecclesia Mater» della Pontificia Università Lateranense che ha messo a disposizione la sua struttura accademica,

curando

la

presente edizione.

Imprimatur:

Dal Vicariato di Roma, 13.10.1995 Mons. Luigi Moretti, Segretario Generale

Copertina: Studio

Aemme

Illustrazione di copertina:

I

©

Edizione 1996

1996

J.W. Smith, La Santa Casa di Loreto (Museo FitzwiUiam, Cambridge)

"^

EDIZIONI PIEMME

Spa.

15033 Casale Monferrato (AL) Via del Carmine, 5 Tel. 0142/3361 Fax 0142/74223 -

-

Stampa: Nuove Grafiche Artabano

-

Via Verta, 49

-

Omegna (VB)

-

Tel.

0323/61443

«Oltre che della Liturgia dei sacra-

menti e dei sacramentali, la catechesi deve tener conto delle forme della pietà dei fedeli e della religiosità popolare. Il senso religioso del popolo cristiano, in

vato

la

ogni tempo, ha

tro-

sua espressione nelle varie

forme di pietà che circondano

la vita

sacramentale della Chiesa, quali

venerazione delle reliquie, ai

Santuari,

i

la

le visite

pellegrinaggi, le pro-

cessioni, la "via crucis", le ligiose, il rosario, le

danze

re-

medaglie, ecc.».

{Catechismo della Chiesa Cattolica, 1674)

PREMESSA

«I pellegrinaggi del Papa sono divenuti un elemento importante nell'impegno di realizzazione del Concilio Vaticano IL Iniziati da Giovanni XXIII, nell'imminenza dell'inaugurazione del Concilio, con un pellegrinaggio significativo a Loreto e ad Assisi (1962), hanno avuto un cospicuo incremento con Paolo VI, il quale, dopo essersi recato anzitutto in Terra Santa (1964), compì altri nove grandi viaggi apostolici che lo portarono a diretto contatto con le popolazioni dei vari continenti. Il pontificato attuale ha ampliato ancor più tale programma, cominciando dal Messico, in occasione della III Conferenza Generale dell'Episcopato Latino Americano, tenutasi a Puebla nel 1979. Vi è stato poi, in quello stesso anno, il pellegrinaggio in Polonia durante il Giubileo per il 900° anniversario della morte di san 1.

Stanislao vescovo e martire.

Le

successive tappe di questo peregrinare sono cono-

sono diventati sistematici, raggiunChiese particolari in tutti i continenti, con una cura attenta per lo sviluppo dei rapporti ecumenici con i cristiani delle diverse confessioni. Sotto quest'ultimo profilo rivestono un rilievo particolare le visite in Tur-

sciute. I pellegrinaggi

gendo

le

chia (1979), in

Germania

(1980), in Inghilterra e Galles

e in Scozia (1982), in Svizzera (1984), nei Paesi Scandi-

navi (1989) ed ultimamente nei Paesi Baltici (1993).

PREMESSA

Al

momento

presente, tra le

mete

di pellegrinaggio

Sarajevo in Bosnia ed Libano, Gerusalemme e la Terra Santa. Sarebbe molto eloquente se, in occasione dell'Anno 2000, fosse possibile visitare tutti quei luoghi che si trovano sul cammino del Popolo di Dio dell'Antica Alleanza, a partire dai luoghi di Abramo e di Mosè,

vivamente desiderate, Erzegovina,

il

Medio

attraverso l'Egitto e

il

vi è, oltre a

Oriente:

Monte

il

Sinai, fino a

Damasco,

cit-

che fu testimone della conversione di san Paolo» (Giovanni Paolo II, Tertio Millennio adv eniente, n. 24). tà

Questo volume è

continuazione del precedente il Grande Giubileo del 2000. Esso intende essere una esplorazione storica sulla valenza profetica, cultuale e regale dei san2.

la

dal titolo Santuario e accoglienza: verso

scopo di fornire una cornice ai pellegrinaggi del Santo Padre Giovanni Paolo II, compiuti con l'intento di realizzare il messaggio del Concilio Vaticano II in tutti i suoi aspetti teologici ed tuari e dei pellegrinaggi allo

operativi.

re

Mentre la comunità cattolica, guidata dal suo PastoSupremo, si prepara ai pellegrinaggi giubilari del

2000, auspichiamo che

me

aiutino

una

i

contributi contenuti nel volu-

rilettura ecclesiale della teologia dei

santuari e dei pellegrinaggi per aggiornarli alle aspettative spirituali del

prossimo Grande Giubileo della no-

stra redenzione.

Impreziosisce il testo l'impareggiabile Lettera del Santo Padre a S.E. Mons. Pasquale Macchi nel vii centenario lauretano. In Chiesa in preghiera, alla vigilia del terzo millen-

implora Dio che

nio,

la

continui ad arricchirla di

sono

i

fantasia dello Spirito Santo

«memorie

ecclesiali», quali

santuari, in continuità di fede e di fervore

con

il

passato ed in tensione escatologica che realizzi l'evangelico «convertitevi e credete al vangelo».

8

PREMESSA

Lettera di Sua Santità

GIOVANNI PAOLO a

II

Sua Eccellenza

MoNS. Pasquale Macchi Arcivescovo Delegato Pontificio per il Santuario della Santa Casa nel VII Centenario Lauretano

Al Venerato Fratello Mons. Pasquale Macchi, Delegato Pontificio per il Santuario di Loreto 1.

ha Santa Casa

di Loreto,

primo Santuario

di portata internazionale dedicato alla

Vergine

e,

vero cuore mariano della cristianità, ha goduto sempre speciale attenzione da parte dei Romani Pontefici che ne hanno fatto meta frequente del loro pellegrinaggio e oggetto delle loro cure apostoliche. Io stesso, in due occasioni, ho avuto la gioia di potermi raccogliere in preghiera tra le sue mura benedette. La ricorrenza ormai imminente, secondo l'antica tradizione, del VII Centenario di codesto Santuario, intimamente legato alla Sede Apostolica, mi offre l'opportunità di riconfermare la mia profonda devozione verso la Vergine SS. ma, costì e

per diversi

secoli,

mondo cattolico tanto venerata. Nelle cose della religione, il centenario non è mai un semplice avvenimento cronologico, ma

nel

LETTERA

DI

SUA SANTITÀ (ÌIOVANNI PAOLO

II

un momento

piuttosto

di grazia, in cui

si

fa

me-

moria riconoscente del passato e ci si protende, con rinnovato dinamismo, verso il futuro.

Nel nostro caso, fatto

che

tale

scopo è evidenziato dal

centenario cade in un

il

la cristianità intera

si

sta

momento,

in cui

preparando a celebrare

il

secondo millennio della nascita del Salvatore. Maria fu storicamente l'aurora che precedette il sorgere del Sole di giustizia. Cristo nostro Dio; e tale continua ad essere, misticamente, nella vita della Chiesa, ogni volta

che

si

attende una nuova

venuta, in grazia, del Signore.

Come,

perciò, negli ultimi giorni dell'avvento

Chiesa concentra tutta la sua attenzione su Colei, dalla quale nascerà il Salvatore, così il centenario lauretano ci aiuterà a fare lo stesso durante questo «avvento» che ci porterà al Natale del duemila. Maria - ha scritto S. Bernardo - è la «via regia», per la quale Dio è venuto verso di noi e per la quale noi possiamo, ora, andare verso di Lui (cfr. Discorso I per l'Avvento 5, Opera, ed. Ci-

liturgico, la

stercense,

anche

la

Roma, 1966,

«via regia» per prepararci

puntamento del bimillenario 2.

dunque, grande ap-

p. 174). Ella è, al

cristiano.

La Santa Casa di Loreto non è solo una «rema anche una preziosa «icona» concreta.

liquia»,

E

nota l'importanza straordinaria che l'icona ha i fedeli delle Chiese orientali, come segno attraverso il quale si opera, nella fede, una specie di «contatto spirituale» con il mistero, per usare un'espressione di S. Agostino (cfr. Sermo 52, 6, 16 PL 38, 360). Essa «significa» la realtà in senso forte in quanto la «rende presente» ed operante. Quanto più una icona è antica ed

sempre avuto, specie presso

10

LETTERA DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO

II

ha avuto parte alla vita, alle sofferenze ed alle vicende storiche di un popolo o di una città, tanto più è grande la grazia che da essa deriva. Si tratta di qualcosa che trova la sua spiegazione ultima nel mistero della comunione dei Santi. Come notavo nella mia Enciclica Redemptoris Mater, le icone «sono immagini che attestano la

fede e lo spirito di preghiera del buon popolo di Dio, il quale avverte in esse la presenza e la protezione della Vergine» (n. 33). Ebbene, tale è anche, in un certo senso, la Santa Casa di Loreto, la cui storia è intimamente intrecciata non solo con quella della regione marchigiana, che

ha

il

privilegio di custodirla,

ma

an-

che con quella dell'intera nazione italiana, che ha celebrato costì, nel 1985, come ultimo significativo evento, un importante Convegno ecclesiale, e dell'intera cattolicità, che ha dedicato alla Vergine Lauretana innumerevoli chiese, cappelle, edicole ed immagini. Una icona consacrata dalla fede e dalla devozione di generazioni di pellegrini, che con le loro mani e con le loro ginocchia ne hanno modellato perfino le pietre. Il respiro universale di codesto Santuario è confermato dal fatto che la Vergine Lauretana, proclamata dal mio predecessore, Benedetto XV, Patrona universale dell'aviazione, viene

aereo, in

mente

ovunque invocata

un abbraccio

tutti

i

di

dai viaggiatori in

pace che unisce

ideal-

Continenti.

Lasciando, perciò, come è doveroso, piena libertà alla ricerca storica di indagare sull'origine del Santuario e della tradizione lauretana, possia-

mo affermare, a buon

diritto,

Santuario stesso non

si

che l'importanza del misura solo in base a ciò, da cui ha tratto origine, ma anche in base a ciò

LETTERA DI SUA SANTITÀ GKWANNI PAOLO

II

11

che esso ha prodotto. stesso,

quando

È il criterio

invita

ogni albero dai suoi

i

che

ci

dà Cristo

suoi discepoli a giudicare

frutti (cfr.

Mtl

,

16).

Loreto è «icona» non di evento e di un mistero: un astratte verità, ma l'Incarnazione del Verbo. E sempre con profonda commozione che, entrando nel venerato sacello, si leggono le parole poste sopra l'altare: «Hic Verbum caro factum est»: Qui il Verbo si è fatto 3.

La Santa Casa

di

di

che si ricorda dentro codemura, riacquista di colpo il suo genuino

carne. L'Incarnazione, ste sacre

significato biblico;

non

trina sull'unione tra tosto, di

il

si

tratta di

una mera dot-

divino e l'umano, ma, piut-

un avvenimento accaduto in un punto tempo e dello spazio, come mettono

preciso del

mera\igliosamente in luce le parole dell'Apostolo: «Quando venne la pienezza del tempo. Dio mandò il suo Figlio, nato da donna» {Gal 4, 4). Maria è la Donna, è, per così dire, lo «spazio» fisico e spirituale insieme, in cui è a\a^enuta l'Li-

Ma

anche la Casa in cui Ella visse costituisce un richiamo quasi plastico a tale concretezza. «A Loreto - come ebbi a dire nella festa dell'Immacolata di qualche anno fa, durante la recita deW Angelus - si medita e si riscopre la na-

carnazione.

scita di Cristo,

il

Verbo

divino, e la sua vita terre-

na, umile e nascosta per noi e realtà misteriosa del

con noi; a Loreto la Natale e della Santa Famiglia

modo, palpabile, si fa especommovente e trasformante»

diventa, in qualche

rienza personale,

(Angelus dell'8 dicembre 1987). Il mistero dell'Incarnazione si compì attraverso alcuni «momenti» che racchiudono, a loro volta, i grandi messaggi che il Santuario lauretano è

12

LETTERA DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO n

rliiatfigfo a tener vivi odia Chiesa. Essi sono: 1. il saluto defl'angdo, doè rannundaziofie^ 2. la nspostsL di Fede, il «fiat» di Macia e 3. Feiiaito suMime del Veibo che si £i carne.

Possiamo riassumedi ccmd tre parole: grazie, fede e sahezui, che sono le stesse usate dall'Apostolo per descnvere il misteio ciistiano: «Per £fkzw àebc salvi mediante hi fede» {EfX,

8).

La fMetà ai-

stiana ha mnalMlmente espiesso questi tre momenti

ndla

pr^hna ódB^AngAts, che possiamo con-

sidenue, per il suo contenuto, come la pie^iìen lauretana per eccellenza: «L'angelo del Signcxe poitò l'annundo a Maiia..j», «Eccomi^ sono l'an-

ceDa dd S^DOfCj», «E il Veibo si è £dtto caine,.j».

n

racconto dell'Aimunciazìone, con al vergrande parola 4q>iena di grazia» {kecharitaméne)^ prodama la Ycólk fimdamentale die alTinizio di tutto, nei raqipcMrti tra Dio e la creatura, c'è il dono gratuito, la libera e sovrana dezione di Dio, tutto dò insomma die nd fingnaggio ddla Bibbia è racdiiuso nd termine «grazia». La grazia 4.

tice la

di

Dio è la spiegazione ultima di tutta la grandezza

Malia e, dietro di lei, dd suo castissimo sposo San Giusq^ie e ddk Chiesa intera. La grazia die Mada ha lìcevuto non è soltanto qualcosa di intenzionale, una benevvJa disposizione di Dìo nd suoi liguardi, ma è qualcosa cfi reale, è la «gratia Chnstì» a Id accordata in antìcipo in iriitù dd meliti deDa morte dd Figlio. È, in definitiva, lo stesso Spirito Santo. EMre, dunque, di Id che è «piena di grazia» equivale a dire che è piena di Spiato Santo. La Santa Casa di Loreto, dov^ ancora iisuona, per cod dire, il saluto «Ave. piena di grazia», è dunque un luogo piìvilegiato, non solo per medidi

LETIEBA DI SUA SANITTA

GOTAM* PMOU>

13

ma

anche per riceverla, incrementarla, ritrovarla, se persa, mediante i sacramenti. Soprattutto il sacramento della riconciliazione, che ha avuto sempre un posto così rilevantare sulla grazia,

te nella vita di

codesto Santuario.

secondo momento del mistero dell'Inè, come accennavo sopra, il momento del «fiat», cioè della fede: «Allora Maria disse: Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me 5.

Il

carnazione

quello che hai detto» (Le

ferendosi a questo

1,

38).

È

certamente

momento che Elisabetta,

di

rilì

a

poco, proclama Maria «beata» per aver creduto (cfr. Le 1, 45). Il Concilio Vaticano II ci insegna a vedere nella fede, più ancora che nei suoi privilegi, la vera grandezza della Madre di Dio. EUa fu la prima credente della nuova alleanza, colei che «avanzò nella peregrinazione della fede» {Lumen gentium, 58). Grazie alla sua fede, Maria, come S. Agostino, concepì il Cristo «nella sua menprima ancora che nel suo corpo» {Sermo 215, 4,

dice te,

PL38,

1074).

secondo messaggio che risuona tra le mura della Santa Casa è, dunque, quello della fede. A Loreto si è come contagiati dalla fede di Maria. Una fede che non è solo assenso della mente a verità rivelate, ma anche obbedienza, accettazione gioiosa di Dio nella propria vita, un «sì» pieno e generoso al suo disegno. Notavo nella Redemptoris Mater come la fede di Maria continua a trasmettersi in mezzo al popolo cristiano anche «mediante la forza attrattiva Il

e irradiante dei grandi Santuari, nei quali non solo individui o gruppi locali, ma, a volte, intere nazioni e continenti cercano l'incontro

14

LETTERA DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO U

con

la

Ma-

dre del Signore, con Colei che è beata perché ha creduto» (n. 28). E questo si applica in modo del tutto singolare al Santuario di Loreto. Non si contano le anime di semplici fedeli e di Santi canonizzati dalla Chiesa che tra le pareti del sacello lauretano hanno avuto la loro «annunciazione», cioè la rivelazione del progetto di Dio sulla loro vita, e, sulla scia di Maria, hanno pronunciato il loro «fiat» e il loro «eccomi!» definitivo a Dio. 5. Leone Magno diceva che «i figli della Chiesa sono stati generati con Cristo nella sua nascita» {Sermo VI, 2 PL 54, 213) e la Lumen gentium afferma, a sua volta, che Maria «è veramente madre delle

membra

di Cristo,

perché cooperò con

carità alla nascita dei fedeli della Chiesa,

quel capo sono

le

membra»

(n. 53).

i

Questo viene

qualche modo,

«sì» di

Maria

fu, in

anche un «sì» detto

a noi.

Concependo

a dire

che

il

la

quali di

il

capo.

Ella «concepiva», cioè, alla lettera «accoglieva in-

sieme con lui», almeno oggettivamente, anche noi, che siamo le sue membra. In questa luce la Santa Casa nazaretana ci appare come la Casa comune nella quale, misteriosamente, anche noi siamo stati concepiti. Di essa si può dire ciò che un salmo dice di Sion: «Tutti là sono nati» {Sai 87, 2). 6.

Il

terzo

momento

è, infine,

quello dell'In-

carnazione del Verbo, cioè della venuta tra noi della salvezza. La preghiera deìV Angelus lo rievoca con le parole sublimi del prologo: «E il Verbo si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi». Accogliendo con fede la grazia. Maria diven-

ne vera Madre di Dio e figura della Chiesa. «Ogni anima che crede - scrive infatti S. Ambrogio concepisce e genera il Verbo di Dio... Se, secon-

LETTERA

DI

SUA SANTITÀ CJIOVANNI PAOLO

II

15

do do

la

carne,

una

sola è la

Madre

di Cristo, secon-

anime generano Cristo quando parola di Dio» [Esposizione del Van-

la fede tutte le

accolgono

la

gelo di Luca,

Qual

è,

II,

26,

CSEL,

32, 4, p. 164).

a questo proposito,

il

messaggio che

la

Santa Casa di Loreto, quale «Santuario dell'Incarnazione», deve contribuire a diffondere nel mondo? Essa ci richiama alla mente la salvezza nel suo «stato nascente» che è sempre, come si sa, il più carico di suggestione; rende in qualche modo «presente» quell'istante unico nella storia in cui la grande novità fece la sua irruzione nel mondo. Essa aiuta, perciò, a ritrovare, ogni volta, lo stupore, l'adorazione, il silenzio necessari davanti a tanto mistero. Aiuta a far sì che l'evento del bimillenario cristiano, che ci apprestiamo a celebrare, sia l'occasione per riscoprire l'immenso significato che l'Incarnazione del Verbo ha per la fede e la vita dei cristiani.

Lo

stesso contrasto, che

si

nota a Loreto, tra la povertà e la nudità delle pareti interne della Santa Casa e il suo splendido rivestimento marmoreo, quante cose ci aiuta a capire del mistero dell'Incarnazione! «Gesù Cristo, da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà» (2 Cor 8, 9). Nulla esprime meglio la trascendente grandezza delle opere divine quanto la rinuncia e l'assenza di ogni grandezza e apparenza umana. La nudità della Santa Casa di Nazareth annuncia la nudità della croce ed il mistero dell'Incarnazione contiene già «in nuce» il mistero pasquale. Si tratta dello stesso mistero di «spogliazione» e di «kenosi », nel quale Maria è stata intimamente associata al Figlio (cfr. Redemptoris Mater, 17). Un aspetto che deve essere tenuto particolar-

16

LETTERA DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO

II

mente vivo

nel Santuario lauretano è quello che ruolo dello Spirito Santo negli inizi della salvezza. Grazie ad esso, se da una parte l'Incarnazione annuncia il mistero pasquale, dall'altra prelude già alla Pentecoste. Parlando della fine

riguarda

del

il

secondo millennio,

num

nella

mia Enciclica Domi-

«La Chiesa non può nessun altro modo, se non

et vivificantem scrivevo:

prepararsi ad esso in

nello Spirito Santo... Ciò che nella pienezza del

tempo

compiuto per opera dello Spirito Sanpuò ora emergere alla memoria della Chiesa» (n. 51). E dove si potrebbe parlare con più efficacia del ruolo dello Spirito to,

si

è

solo per opera sua

Santo, «datore di vita», se retano, che ricorda

Egli

il

non

nel Santuario lau-

momento

e

il

luogo in cui

compì la suprema delle sue operazioni «vividando vita, nel seno di Maria, all'umani-

ficanti»,

tà del Salvatore?

7. Ciò che abbiamo detto ci aiuta a vedere piiì chiaramente quale potrebbe essere la funzione dei grandi Santuari, particolarmente quello di Lore-

to,

nel

nuovo contesto

religioso di oggi:

ghi del marginale e dell'accessorio ma,

non

al

luo-

contra-

luoghi dell'essenziale, luoghi, dove si va per ottenere «la grazia», prima ancora che «le grazie». Oggi è necessario, per rispondere alle nuove sfide della secolarizzazione, che i Santuari siano luoghi di evangelizzazione, vere e proprie cittadelle della fede, nel senso globale che questa parola aveva sulla bocca di Gesù quando diceva: «Convertitevi e credete al Vangelo» {Me 1, 15). «Si potrebbe forse parlare - scrivevo sempre nella Redemptoris Mater - di una specifica "geografia" della fede e della pietà mariana, che comprende tutti questi rio,

LETTERA DI SUA SANTITÀ CÌIOVANNI PAOLO

II

17

luoghi di particolare pellegrinaggio del popolo di

Dio»

(n. 28).

È

noto il ruolo determinante che svolsero nella prima evangelizzazione dell'Europa alcuni grandi monasteri, quali centri di spiritualità e veri campi-base nel cammino della fede. I grandi Santuari - divenuti oggi, anche grazie all'accresciuta mobilità umana, luoghi di più grande concorso di popolo - sono chiamati ad assolvere una funzione analoga, in vista della nuova ondata di evangelizzazione, di cui avvertiamo tanto urgente il bisogno per l'Europa e per il mondo. Occorre l'opera sapiente e zelante delle persone poste a servizio dei Santuari e di quelle che accompagnano spiritualmente i pellegrini. Per questo non si raccomanda mai abbastanza la necessità di una adeguata pastorale, aperta alle grandi sfide del mondo e ai

segni dei tempi, ispirata alle direttive conciliari

e del magistero più recente della Chiesa, soprat-

quanto riguarda l'efficace amministrazione dei sacramenti e la centralità della Parola di Dio. Quante persone si sono recate ad un Santuario per curiosità, come visitatori, e sono tornate alle loro case trasformate e rinnovate, perché vi tutto per

hanno

ascoltato una parola che le ha illuminate! Vale in modo tutto particolare per i Santuari ciò che Dio dice per mezzo del profeta: «Il mio tempio si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli» ih 56, 7). L'efficacia dei Santuari si misurerà sempre più dalla capacità che essi avranno di rispondere al bisogno crescente che l'uomo sperimenta, nel ritmo frenetico della vita moderna, di

un contatto silenzioso e raccolto con Dio e con se Quale grazia poter fare questo proprio presso la Santa Casa di Nazareth, dove Maria e lo

stesso.

18

LETTERA DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO

II

Gesù dedicarono gran

parte del loro tempreghiera silenziosa e nascosta. Mi auguro, dunque, che si ax^^eri sempre più quanto ebbi a dire nell'occasione già ricordata: «A Loreto folle innumerevoli, ogni giorno e da tutto stesso

po

il

alla

mondo,

si

accostano

al

Sacramento della Con-

fessione e dell'Eucaristia e molti si convertono dall'incredulità alla fede, dal peccato alla grazia, dalla tiepidezza e dalla superficialità al fervore

ed all'impegno della testimonianza. Loreto è una sosta di pace per l'anima; è un incontro particolare con Dio; è un rifugio per chi cerca la spirituale

Verità e

il

senso della propria vita» {Angelus dell'8

dicembre 1987). 8. Ho detto che i Santuari devono essere sempre più luoghi dell'essenziale, in cui si fa esperienza dell'assoluto di Dio. Ma non per questo in essi saranno dimenticati i problemi quotidiani della vita. Il ricordo della vita nascosta di Nazareth evoca questioni quanto mai concrete e vicine all'esperienza di ogni uomo e di ogni donna. Esso ridesta il senso della santità della famiglia, prospettando di colpo tutto un mondo di valori, oggi così mi-

nacciati, quali la fedeltà,

l'educazione dei

figli, la

il

rispetto della vita,

preghiera, che le famiglie

possono riscoprire dentro le pareti della Santa Casa, prima ed esemplare «chiesa domesti-

cristiane

ca» della

storia.

alla mente qui le parole con cui il mio predecessore Paolo VI espresse quella che chiamò «la lezione di Nazareth»: «Nazareth ci insegni che cos'è la famiglia, la sua comunione d'amore, la sua austera e semplice bellezza, il suo carattere sacro ed inviolabile, impariamo da Nazareth come

Tornano

LETTERA DI SUA SANTTFÀ GIOVANNI PAOLO

II

19

è dolce e insostituibile la formazione che essa dà;

impariamo come

la

sua funzione

sia all'origine e

base della vita sociale» {Discorso di Paolo VI a La Santa Casa ricorda, in pari tempo, anche la grandezza della vocazione alla vita consacrata e alla verginità per il Regno, la quale ebbe qui la sua gloriosa inaugurazione nella persona di Maria, Vergine e Madre. Ai giovani, poi, che innumerevoli pellegrinano alla Casa della Madre, vorrei ripetere le parole che ho rivolto loro in altra occasione: «Camminate verso Maria, camminate con Maria... Fate riecheggiare nel vostro cuore il suo fiat» [Macerata, 19 giugno 1993). Possano i giovani rinnovare, alla luce degli insegnamenti della Casa di Nazareth, il loro impegno nel laicato cattolico onde riportare Cristo nei cuori, nelle famiglie, nella cultura e nella soalla

Nazareth, 5 gennaio 1964).

cietà (cfr. Ih). Il

giusto sforzo dei nostri tempi per riconosce-

re alla

donna

il

posto che

le

compete

nella Chiesa

e nella società trova anch'esso qui un'occasione

quanto mai adatta di approfondimento. Per il fatto che Dio «mandò il suo Figlio nato da donna» {Gal 4, 4), ogni donna è stata elevata, in Maria, ad una dignità tale che non se ne può concepire una maggiore (cfr. Mulieris dignitatem, 3-5). Nessuna considerazione teorica, poi, potrà mai esaltare la dignità del lavoro umano quanto il semplice fatto che il Figlio di Dio ha lavorato a Nazareth ed ha voluto essere chiamato «figlio del falegname» (cfr. M/ 13, 55). Il lavoratore cristiano che ripensa la sua vocazione all'ombra della Santa Casa scopre anche un'altra importante verità: che il lavoro non solo nobilita l'uomo e lo rende partecipe dell'opera creatrice di Dio,

20

ma può

LETTERA DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO

II

essere

altresì

un'autentica via per realizzare

fondamentale vocazione

la

alla santità (cfr.

propria

Laborem

exercens, 24-27).

come non accennare

poveri» che la Chiesa ha fatto nel Concilio (cfr. Lumen gentium, 8) e ribadito sempre più chiaramente in seguito? Le austere e umiU pareti della Santa Casa ci ricordano visivamente che è Dio stesso che ha inaugurato questa scelta in Maria, la quale, come dice un bel testo conciliare, «primeggia tra gli umili e i poveri del Signore, che con fiducia attendono e ricevono da Lui la salvezza» (/^., 20). Sempre a proposito di questo tema della povertà e della sofferenza, un posto privilegiato hanno avuto nella storia del Santuario i malati che furono tra i primi ad accorrere pellegrini alla Santa Casa e a diffondere la sua fama tra le genti. Anche oggi la loro presenza, specie nel cosiddetto «treno bianco», è quella che fa vivere al Santuario alcuni momenti vibranti di fede e di intensa devoInfine,

zione.

Dove potrebbero

essi,

alla «scelta dei

del resto, essere ac-

meglio, se non nella casa di Colei che proprio le «litanie lauretane» ci fanno invocare come «salute degli infermi» e «consolatrice degli afflitcolti

ti»?

Accanto

il credente scopre che «sofdiventare particolarmente suscettiparticolarmente sensibili all'opera delle forze

a Maria,

frire significa bili,

salvifiche di

Dio

offerte all'umanità in Cristo»

[Salvifici doloris, 23).

Faccio voti affinché il glorioso Santuario ha avuto una parte così attiva nella vita del popolo cristiano per quasi tutto il corso del secondo millennio che sta per concludersi, possa averne una altrettanto significativa nel 9.

della Santa Casa, che

LETTERA

DI

SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO

II

21

corso del terzo millennio che è

nuando ad

come per

essere,

pulpiti mariani più

il

alle porte, conti-

passato,

della cristianità.

alti

uno

dei

«Possa que-

Loreto - come ebbe a dire il mio XXIII durante la sua storiGiovanni predecessore essere sempre come una finestra aperta ca visita sto Santuario di

sul

mondo,

a richiamo di voci arcane, annunzianti

la santificazione delle

anime, delle famiglie, dei

popoli» {Acta Apostolicae Sedis, 34 [1962], 726). La Vergine Lauretana dall'alto del suo colle

benedica e soccorra quelli che, sull'altra

tutti

i

sponda

popoli, in particolare dell'Adriatico,

dove

è

così viva la tradizione lauretana, sono oggi così

provati da guerre fratricide! Possa, infine, accogliere sotto

il

suo manto

tutti

i

cristiani in

sto materno, ravvivando la nativa

un

ge-

vocazione ecu-

menica di codesto Santuario, che ha radici, secondo la tradizione lauretana, nell'Oriente cristiano. Nel significarLe che intendo anche concedere una speciale indulgenza, a determinate condizioni, a quanti visiteranno

codesto Santuario nel corso

dell'anno celebrativo del centenario,

ben

volentieri

imparto a Lei, Venerato Fratello, ai membri della Delegazione Pontificia e della Comunità dei Padri Cappuccini, alla città di Loreto ed a tutti i pellegrini che visiteranno o prenderanno parte alle celebrazioni giubilari una particolare Benedizione Apostolica, in pegno di abbondanti grazie celesti.

Dal Vaticano, 15 agosto. Solennità dell'Assunzione della Beata Vergine Maria, dell'anno 1993 15° di Pontificato.

/^^/^/ 22

LETTERA DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO

II

I

SANTUARI

NELLA CRISTIANITÀ DELLOCCIDENTE PROF. MARIO SENSI PUL e nell'ISSR «Ecclesia

docente nella

Mater»

In una società, apparentemente dissacrata,

come

la

nostra^ non solo

si continuano a frequentare vecchi ne costruiscono dei nuovi, secondo le tipologie classiche: luoghi dove vengono anche riproposti vecchi riti, come le processioni oceaniche diurne e notturne ^. Come nella società medievale, anche nella nostra società post-moderna c'è un immenso desiderio

Santuari,

«È

ma

se

muta ogni aspetto della vita umana; si dissacra la logica, come il trasformano le teorie scientifiche, sollecitate da molti fattori; muta la tecnica a tutti i livelli (...) mutano negativamente le componenti ambientali che influiscono suUa religiosità (...) tutte orientano la società verso la dissacrazione, e tuttavia, appunto per il loro essere numerosissime, per il loro intrecciarsi, variamente comporsi ed alla fine contraddirsi, ostacolano ogni prognosi sicura sul desti^

vero:

linguaggio;

no

si

religioso dell'umanità», S.S. Acquavt\'a, L'eclissi del sacro nella civiltà industria-

movimento generale di dissacrazione e una sintesi della pratica remondo, Milano 1981, p. 280 (il corsivo è dell'autore). Sul tema della persistenza della religione, A.M. Greely, L'uomo non secolare. La persistenza della religione, Brescia 1977; R Stell.a, Forme di un'ideologia: la secolarizzazione, Roma

le,

una

teoria del

ligiosa nel

1989.

Un santuario per il 2000, il nuovo Divin Amore, «voto» «La Repubblica» del 6 gennaio 1995, cronaca di Roma, p. Il, che «alla processione notturna paneciparono 3000 fedeli. Per tanti pellegrini - commenta don Pasquale - c'era davvero bisogno di un nuovo santuario. Quello attuale può contenere al massimo 200 persone in piedi». Del resto la spiritualità 2

per

Riferisce C. Gentile,

la liberazione, in

da una marcata proliferazione di forme esteriori di devoDurano, Pèlennages et processions en Italie au lendemain de la deuxième guerre mondiale, une interprétation politique, in Histoire religieuse, Histoire globale Histoire ouverte, Mélanges offerts a Jacques Gadillc, Paris 1994 (= Biitaliana è caratterizzata

zione, J.D.

-

bliothèque Beauchesne, Religions Société Politique, 22), pp. 363-375.

I

SANTUARI NELLA CRISTIANFrÀ DELL'OCCIDENTE

23

del divino che «cerca soddisfazione»

non tanto

nei sa-

tal fine la Chiesa offre, quanto in manicon una forte carica emotiva e il cui contenuto teologico rimane spesso assai debole; in altre parole, la religiosità popolare non si è lasciata «inte-

cramenti, che a

festazioni

grare» \ Si valorizzano così vecchi Santuari; se ne costruisco-

no

dei nuovi laddove

ternaturali,

come

si

sono

verificati

fenomeni pre-

apparizioni, movimenti, lacrimazioni

e essudazioni di immagini; alcuni di questi spazi han-

no ricevuto Tapprovazione

della Chiesa, altri

sono

in

attesa \

Una lunga

che va dagli spazi sacri già monumentalizzati, nonostante la mancata approvazione e conosciuti e frequentati da tutta Europa, ai luoghi che, pur divenuti meta di piccoli pellegrinaggi, sono rimasti come erano al momento dell'evento: la loro approvazione giungerà solo quando si sarà pienamente manifestato il consenso dei fedeli ^ Così come si continuano a costruire Santuari - gran-

^

A. Vauchez,

lista di attesa

La

spiritualità dell'occidente medioevale,

L. Sartori, Lettura della religiosità popolare secondo

il

Milano 1978,

magistero e

p. 165;

la teologia catto-

in Quadri concettuali nello studio della religione popolare. Atti del quarto colloquio interdisciplinare, Padova 24-26 maggio 1984, Padova 1985, p. 75. lica,

^ Per una lettura dei racconti di fondazione, G. Profeta, Le leggende di fondazione dei santuari, in «Lares» XXXVI (1970), pp. 245-258; per un quadro d'insie-

me

sulle apparizioni della Vergine, S. Barn'ay, Les apparitions de la Vierge, Cerf Parigi-Cedex 1992. 5 Sembra che le apparizioni e le lacrimazioni di santi e Madonne in Italia, dal dopoguerra ad oggi, siano almeno 130; cfr. l'intervista a Cecilia Gatto Trocchi in

«La Repubblica» del 9 febbraio 1995, p. 23 fatta a proposito del recente caso di Civitavecchia dove una Madonna avrebbe lacrimato sangue. Tra culti approvati cito, a titolo di esempio, il Santuario della Madonna delle Lacrime a Siracusa costruito appunto a suggello del riconoscimento della lacrimazione di un'im.magine della Vergine, avvenuta nel 1953; tra gli eventi che invece hanno avoito una risoi

nanza di stretto ambito locale cito l'acheropita di Serravalle del Chienti (un'immagine del volto di Cristo formatasi spontaneamente, tre anni or sono, con il fango schizzato sul riquadro di un portoncino d'abitazione, dai mezzi in transito, lungo la strada interna di un modesto paese dell'Appennino umbro-marchigiano, cfr. «Resto del Carlino- Marche», 22 luglio 1993; «Corriere Adriatico» 24 luglio 1993, Macerata e provincia, p. 14).

24

MARIO SENSI

quanto

di e maestosi

cor più - laddove ri

c'è

le cattedrali del

un corpo santo

^

Medioevo, e

an-

e persino Santua-

per santi viventi \

Per una definizione del Santuario L'approccio dello storico con queste realtà, sotto qualunque angolo egli lo tenti, urta in una difficoltà preliminare, data dall'incertezza e ambiguità insita, fioo ai nostri giorni, nel termine stesso di Santuario: un vocabolo della lingua comune, divenuto termine tecnico

della lingua giuridica solo

con

Codex Juris Canonici,

il

entrato in vigore nel 1983 che, appunto, nella parte III al Santuario i canoni 1230-1234 ^ che nel linguaggio ecclesiastico la parola è Santuario, col significato che gli diamo noi oggi, era entrata nell'uso corrente da circa un secolo. Merito forse

del Libro V, dedica

Vero

del notissimo Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica del

^

Vedi

incontro s.

Moroni

nuovo

il

alle

E

^

e vasto

tuttavia fino a

complesso costruito

non molti anni

a Isola del

Gran Sasso per

esigenze di migliaia di pellegrini che vengono ad onorare

il

fa

venire

corpo

di

Gabriele dell'Addolorata.

^ Emblematici gli esempi di Padre Pio a s. Giovanni Rotondo e di ranza a Colvalenza di Todi (Santuario dell'Amore Misericordioso).

^

Madre Spe-

Sulla tardiva definizione del concetto di Santuario e le problematiche con-

nesse, A. C.

Jemolo,

/ santuari, in «Rivista di diritto

pubblico e della pubblica am-

ministrazione in Italia» 5 (1913), II, pp. 484-533; R. Naz, Sanctuaires, in Dictionnaire de Droit Canonique, 7, col. 780; P. Palazzini, Dictionarium morale et canonicum, IV, Roma 1968, pp. 202-20}; G. Besutti, Santuari e pellegrinaggi nella pietà n. s. XLVIII (1982), pp. 450-504, ibtd. 453-455. «Finalmente si chiamano Santuari quelle chiese e luoghi di generale devozione pei misteri che vi si operano, come la Santa Casa di Loreto e il Santo Sepolcro; per celebri memorie, per le sante immagini che vi si venerano; per le indulgenze che vi si lucrano, e concesse largamente da' papi ed a' quali da lontane parti devoti si recano in pellegrinaggio. Tali sono in Roma principalmente le Scale Sante e contiguo santuario di Sancta Sanctorum, Ltmtna Apostolorum; in Subiaco il Sagro Speco, in Assisi la Basilica e la Porziuncola, nella Spagna Compostella, a Manfredonia il Monte Gargano per non dire di altri innumcrabili che descrissi a' loro articoli. Egualmente numerosissimi sono quelli sagri alla B. Vergine e de' quali trattarono Guglielmo Cuppenberg gesuita. Atlante Mariano ossia origine delle immagini

mariana, in «Lateranum» ^

i

i

I

SANTUARI NELLA CRISTIANITÀ DELL'OCCIDENTE

25

l'attenzione degli storici

non andava

una certa imponenza, e spesso

-

si

oltre gli edifici di

limitava

ai

luoghi di

Chiesa per una molto evidente - o popolare apostolato di sua strategia particolare devozione

ai ti

utilizzati dalla

luoghi favoriti dalla «religione cittadina», i cosiddetSantuari politici, nell'accezione di spazi sacri gestiti

dai magistrati della città

^°.

Per Santuario, in senso lato, si deve intendere qual«segno memoriale» indipendentemente dal proliferare o meno di monumenti all'interno di esso. La memoria rimanda a un intervento divino fondante: un avvenimento straordinario dove il sacro si è manifestato personalmente (epifania), o in forma impersonale siasi

{ierofania) ^\

Fenomeni

preternaturali

(come apparizioni, movihanno

menti, lacrimazioni), corpi santi, reliquie insigni

dato così origine a una miriade di Santuari. E tuttavia condizione per cui uno spazio, oggetto di epifanie o di ierofanie, diventi Santuario è che sia meta di pellegrinaggi istituzionalizzati e periodici. Non esiste Santuario senza pellegrinaggio; nozione questa che è stata ul-

timamente recepita dal can. 1230 nel C.J.C, del 1983 che recita: «col nome di Santuario si intendono la chiesa o altro luogo sacro ove i fedeli, per un peculiare motivo di pietà, si recano numerosi in pellegrinaggio, con l'approvazione dell'Ordinario del luogo». La periodicità varia: più volte l'anno; una volta l'anno; ogni miracolose della B. Vergine Maria venerate in tutte le parti del mondo, Verona 1839; preposto Antonio Riccardi, Storia de' santuari più celebri di Marta sparsi nel mondo

Milano 1840, ab. Pouget, Storia de' santuari più insigni della Madre di LXI, p. 83. '" Tale la Salute a Venezia; ma nell'Italia comunale ogni città aveva il suo santuario politico. Il problema, limitatamente all'Italia del Duecento, è studiato nel volume. La coscienza cittadina nei comuni italiani del Duecento, Todi 1972 (Convegni del Centro studi sulla spiritualità medievale, 11). " Qui è vissuto ... qui è morto il santo/ la santa tal dei tali. Sull'idea cristiana del santo, cfr. H. Delehaye, Sanctus. Essai sur le eulte des saints dans l'antiquité,

cristiano,

Dio, Parigi 1847, T.

Bruxelles 1927.

26

MARIO SENSI

canoni 1231-1232 distinguono

tanti anni ^^ I

internazionali, nazionali e diocesani;

in:

il

i

Santuari

canone suc-

cessivo tratta dei privilegi da concedere a questi luoghi

«ogni qual volta sembra che lo suggeriscano le circostanze dei luoghi, la frequenza dei pellegrini e soprattutto il bene dei fedeli» e, infine, il can. 1234 afsacri

fronta l'accoglienza, cioè l'aspetto pastorale e

i

proble-

un Santuario: «nei Santuari si offraai fedeli con maggiore abbondanza i mezzi della salvezza, annunziando con diligenza la parola di Dio, incrementando opportunamente la vita liturgica soprattutto con la celebrazione dell'Eucaristia e della penitenza, come pure coltivando le sane forme della pietà popolare». Preoccupazione del legislatore è dunque che i fedeli trovino presso i Santuari una maggiore disponibilità dei «media salutis» e cioè: l'annuncio della parola di Dio, una vita liturgica che favorisca la celebrazione dell'eucarestia e della penitenza, nonché la promozione di devozioni approvate.

mi no

organizzativi di

La

ricerca del miracolo

Per la religione popolare il Santuario non solo è il «segno memoriale» dove l'intervento divino si è manifestato in un'epifania, o in una ierofania conclusesi nello spazio e nel tempo, ma è anche il luogo dove Dio continua a manifestarsi mediante i miracoli: un Dio potente che, provvidenzialmente mediante la Vergine Maria, o i santi, interviene a favore dei suoi fedeli '\ '2

p>er la

cade

Pellegrinaggi periodici

si

hanno per

Sagra di Grottammare: tutte

di

le

l'ostensione delle reliquie di Limoges;

un determinato giorno dell'anno rimandare al mio, Il pellegrinagsua chiesa madre, in «Lateranum» n.s. 60

volte che

domenica; su quest'ultimo mi permetto

Grottammare

gio indulgenziato di

alla

di

(1994), pp. 299-321. '^

R. Mansllli, // soprannaturale e la religione popolare nel

Medio Evo, Roma

1985, pp. 30-34, fa notare come nella letteratura agiografica ed edificante, piena di miracoli, ci sia un'evoluzione dell'idea stessa di miracoli. Così nella vita di s. Mar-

I

SANTUARI NELLA CRISTIANITÀ DELL'OCCIDENTE

27

La Chiesa, per un incontro personale, intimo, con Dio, offre la liturgia e i sacramenti; ma la massa dei fedeli preferisce da sempre rivolgersi direttamente alla Madonna e ai santi che sente umanamente e spiritualmente partecipi della sua condizione e della sua vita.

Nell'ambito della religione popolare il santo è Tintermediario, il portavoce presso Dio; è colui che, per sua virtù e per la santità, può intercedere e ottenere così il miracolo richiesto. I primi Santuari della cristianità occidentale furono le tombe dei martiri e i luoghi dove questi subirono il martirio: quivi i fedeli confluivano

commemorare il

per il

dies natalis del martire, spesso

rito del refrigerium e l'agape,

ma

anche con

con

la cele-

brazione dei divini misteri ^^ A partire dall'era Costantiniana si moltiplicano le invenzioni di corpi santi, ritrovati spesso a seguito di sogni o di pretese rivelazioni

tino

i

miracoli tendono a mostrare la potenza del

Dio

cristiano rispetto agli

Fontaine, Sulpice Sevère, Vie de Saint Martin, I, Paris 1967, pp. 198-203. Gregorii Magni Dialogi, ed. U. Moricca, Roma 1924 presenta i miracoli come segno ora di santità, ora di predilezione divina, ora come indizio di potenza di Dio, cfr. P. Buglioli, Pour l'étude du miracle au Moyen Age: Grégoire Le Grand et son milieu, Montreal 1972. Nel passaggio dall'Alto al Basso Medio Evo, con Pietro il Venerabile, (Liber de Miraculis, P.L. 189, coli. 851-954) il miracolo tende a collocarsi in una dimensione razionale divenendo così oggetto di trattazione teologica. Di lì a poco mentalità colta e mentalità popolare cominciano a diversificarsi e a contrapporsi: sul piano ecclesiastico il miracolo viene recepito come testimonianza storica attraverso cui Dio attesta la santità di qualcuno; mentre la fede popolare continua a ritenere il santo un tramite della potenza divina. Sui santi e la dei pagani cfr.

J.

Delooz, Sociologie et canonisations, Le Haye 1969; A. Vauchez, La sainteté en Occident au derniers siècles du moyen Age, d'après les procès de canonisation et les documents hagiographiques, Roma 1981. Per la religione popolare il potere divino, oltre che nella santità, può manifestarsi in altre realtà come il potere regio - il che è stato oggetto della celebre opera di M. Bloch, Les rois thaumaturges. Etude sur le caractère surnaturel attribué à la puissance royale particulièrement en France et en Angleterre, Paris 1961 - o presunti privilegi rilasciati dagli apostoli, tale il mito di Cancelli (Foligno) cui abitanti maschi hanno il potere di guarire da malattie ischiadiche con la semplice imposizione delle mani, cfr. il mio. Vita di pietà e vita di civile di un altopiano tra Umbria e Marche (secc. loro canonizzazione, P.

i

xi-xvi), '^

Roma

28

Roma P.

1985, pp. 279-337. Paolucci, Refrigerium, Camerino 1923; A. Amore,

1975.

MARIO SENSI

/ martiri di

Roma,

miracolose

^\

E

contro

le

obiezioni di coloro che vede-

vano nel culto delle reliquie qualcosa che sapeva di paganesimo s. Girolamo rispondeva: «noi non adoriamo le reliquie dei martiri (...) le onoriamo bensì per adorare Colui di cui sono testimoni» ^^ Il culto delle reliquie diede luogo a due forme di pietà: alla monumentalizzazione del luogo dove era stato rinvenuto un corpo santo, con la costruzione appunto di una basilica ad corpus, di una ecclesia ad corpus, o di un martyrium, il corrispettivo del nostro Santuario; e al possesso privato delle reliquie stesse ^\ considerate

come un pegno

di

benedizione (benedictionis munimentum) ^^, come difesa dagli innumerevoli pericoli che insidiano la salute e la vita favorendo la salvezza sia delle collettività, come del singolo '^ In seguito il culto delle reliquie trovò un avallo nei hibri carolini, frutto dell'ambiente della

forma

e del «razionalismo» carolingio,

con un

ri-

indiriz-

zo contrario al Concilio di Nicea II: si accettarono le immagini come ornamento e come pedagogia, fu però rigettato il culto delle stesse immagini, pur con le precisazioni di Nicea sul concetto di culto ^^ Se non che in

^5 H. Delehaye, hes origines du eulte des martyrs, Bruxelles 1912. Esemplare il racconto che fa sant'Ambrogio dell'invenzione del sito della tomba dei santi Gervasio e Protasio, {Epist., XXII).

Girolamo, Epist. CIX, 2. Le sanzioni della legge romana contro chiunque avesse osato turbare il ripoun morto fece sì che fino al vii secolo in Occidente le reliquie consistessero

16 S. ^'^

so di in lini

tomba

o

con la Grabar, Mar-

stoffe {brandea, palliola, sanctuaria) che, per essere state a contatto

di

un santo, ne avevano

attinto parte della sua virtus, cfr. A.

tyrium. Recherches sur le eulte des reliques et l'art chrétien antique, Paris 1945.

ziosa

Paolino di Nola, Le lettere, II, a cura di G. Santaniello, Napoli 1992, XXI, p. 216. E nell'epistola successiva s. Paolino afferma che la morte predei santi giova per mezzo delle reliquie alle preghiere del sacerdote e al bene

degli

uomini {vota sacerdotis viventium

18 S.

Epist.

pretiosa tuvat), '^

Prudenzio

(Peristeph., VI,

brogio, (Exh. Virgin, 20 Sull'icone, L.

du

et

commoda parvo / pulvere sanctorum mors

p. 244.

ivi,

II,

I

munera

le reliquie

Fidele pignus; sant' Am-

salutis.

Ouspensky, Théologie de l'icòne dans l'Eglise Orthodoxe, Ed. N. Lossky, Nicée lì. 787-Ì987. Douze siècles Les édilions du Cerf, Paris 1987.

Cerf, Parigi 1980; F. Boespluc,

d'images religteuses,

135) chiama

4) le dice

-

SANTUARI NELLA CRISTIANITÀ DELL'OCCIDENTE

29

età

romanica

si

verificò, a

cominciare proprio dalla

Francia, una splendida fioritura di immagini che comportò una rivoluzione sconosciuta in Oriente, il passaggio dal culto dell'immagine dipinta a quella tridimensionale,

appunto

alla statua

che svolge un ruolo del

tutto simile a quello dell'icona in Oriente: rende cioè

presente il mondo invisibile e funge - per usare un'espressione di s. Giovanni Damasceno - da «canale della grazia con virtù santificatrice»^\ Con la venerazione delle statue della Madonna e dei santi inizia il divario tra «la foi savante et la foi populaire», o meglio

des champs» e il culto popolare compie così un percorso diverso da quello liturgico ^^. Fa da spartiacque l'opposizione che, a partra «la foi

des

villes et la fois

tire dai secoli xi-xii, si verificò tra

monachesimo

e pel-

legrinaggio: ai valori tradizionali del pellegrinaggio fu

contrapposta

la stabilità e

in età umanistica,

l'obbedienza del monaco;

e,

invece dell'esilio volontario, tipico

del pellegrinaggio, si cercò di conculcare l'uscire da sé per compiere appunto un pellegrinaggio interiore ^\ La gerarchia intervenne non per proibire, ma per giustificare il nuovo indirizzo: «non enim truncus ligneus adoratur, sed per illam visibilem imaginem mens interior hominis excitatur»^"*. L'introduzione della statua, a sua volta, favorì il moltiplicarsi di Santuari fino ad allora

21

e. vON SCHOBORN, L'tcófie du Christ, Friburgo 1976. L'Europa dei secoli Xl e Xllfra novità e tradizione: sviluppi di una cultura, Atti della X settimana int. di studio, Mendola 25-29 agosto 1986, Milano 1989; J.M.R TiLLARD, Le «sensus fidelium», réflexion théologique, in ¥oi populaire Foi savante, Paris 1976, pp. 9-40; G. Lóbrichon, La religion des lat'cs en Occident xv-x\^ siècles, Paris 1994, p. 142. Sulla scultura lignea, per uno sguardo d'insieme relativamente all'Italia, E. Carli, La scultura lignea italiana dal xii al x\7 secolo, Milano 1960. 2^ J. Leclercq, Monachisme et perégrination du XF au xii^ siede, in «Studia monastica» (1961), pp. 35-52; G. Constable, Monachisme et pèlerinage au Moyen Age, in «Revue Historique» 258 (1977), pp. 3-27; E. Delaruelle, Le pèlerinage interieur au xv^ siede, in La ptété populaire au Moyen Age, Torino 1975, 22

pp. 555-561. 2-^ Concilio di Arras del 1015, ed. J.D. Mansi, Sacrorum Conciliorum nova et amplissima collectio, 19, (Firenze- Venezia 1759-98), p. 455.

30

MARIO SENSI

Quanto

legati alle reliquie.

miracolo, mentre

al

nell'al-

mano Medioevo il a mano che procediamo nel basso Medio Evo ci troviamo di fronte ad un processo che potremmo dire di specializzazione: si tende cioè a collegare un santo - o un'immagine - ad un determinato tipo di intervento presso Dio, in aiuto del fedele ^\ La sua santità gli ottiene un ascolto quasi immediato presso Dio; ma persanto fu considerato polivalente, a

to

ché

devoti siano, a loro volta, ascoltati dall'intercesso-

i

è necessario che costoro

re,

mettano

di sottoporsi alla

gio, quella

che

il

pardon» ^^

I riti

e

sottopongano - o pro-

si

dura ascesi del pellegrinagla «devotion au

Delaruelle chiama i

gesti,

preparati dal pellegrinaggio e

compiuti all'interno del Santuario rispondono all'esigenza di mettere il fedele a contatto con la sfera del soprannaturale. Così, fino a tutto

il

secolo

Santuario nella speranza di impetrare siderata: taccando,

baciando

le

xii, si

andò

tombe dei santi, pratiche di rimangono ancora oggi ampie tracce e non solo

si

al

guarigione de^", reliquie o sforzandola

di passare sotto le

cui

nei

piccoli Santuari rurali ^^ Quindi, alla stagione del contatto,

25

2^

subentrò quella della visione

R. Manselli, Il soprannaturale, pp. 34-38. E. Derruele, Devotion populaire et hérésie au

^^

Moyen

Age, in La piété popu-

pp. 195-203, ibid. 152; inoltre, R. Manselli, Il soprannaturale, pp. 57-74. 2" Per la Francia, un quadro generale in P.A. SiGAL, L'homme et le miracle dans

laire,

France medievale (xi'-xii'' siede), Cerf Parigi 1985; relativamente a Tours, E. Delaruelle, La spiritualité des pèlerinages a Saint-Martin de Tours du i^ au X'" siede,

la

in Pellegrinaggi e culto dei santi in

del

Centro studi

Europa fino alla l" crociata. Atti del Convegno Todi 8-11 ottobre 1961, Todi 1963,

sulla Spiritualità medievale,

pp. 199-243 ^^ Relativamente all'Umbria trovo esempi a Giano e a S. Eutizio in Valcastoriana dove le tombe sono sopraelevate per permettere il passaggio dei fedeli che puntualmente ancor oggi ripetono in occasione della festa santorale; altrove, come a S. Salvatore di Verchiano per impetrare la guarigione dal mal di ossa è invece suffi-

ciente introdurre

ma

contemporaneamente mano

ora vuota -

e piede nell'arca di

sarcofago del B. Paoluccio Trinci effettuate sul sarcofago due aperture. ta,

2'^

il

(?)

- e

un santo eremisono state

a tal fine

La spintualitc des pèlcnnages, p. 226. La stessa idea della un mutamento: dalla predestinazione alla santità, da qui la nozione

E. Delaruelle,

santità subisce

I

SANTUARI NELLA CRISTIANITÀ DELL'OCCIDENTE

3

1

Tipologia dei Santuari Variegate le occasioni che hanno dato e danno luogo a un Santuario. Dall'apparizione della Vergine, alla

memoria

di un fatto accaduto (e. g. martirio); dalla presenza di un corpo santo o delle sue reliquie insigni, alla memoria di una grazia ottenuta per l'intercessione della Vergine o dei santi; dal rinvenimento miracoloso di statue, alla migrazione di immagini che - da sole, o per mano angelica - si trasferiscono da un luogo ad un altro (si pensi alle icone attribuite a s. Luca); dal sogno, all'albero sacro, alla fonte miracolosa. Si tratta di

un

mondo

ricchissimo e a tutt'oggi poco esplorato. Va indubbiamente detto come alcuni edifici sacri pagani

furono trasformati in Santuari cristiani. Gli esempi del monaco Agostino inviato da Gregorio Magno nel 596 a cristianizzare gli Angli con le precise direttive che l'opera missionaria doveva svolgersi col massimo adattamento possibile alla cultura di quel popolo, autorizzandolo pure a trasformare i templi in chiese e le feste in cristiane; e quello del monaco Bonifacio, apostolo dei popoli germanici, che nel 723 abbatté la quercia di Donar nei pressi di Geismar e con quel legno costruì una piccola chiesa in onore di s. Pietro, debbono illuminarci sulla prassi seguita dalla Chiesa nel cristianizzare i luoghi sacri delle popolazioni pagane ^^ Ma va anche aggiunto, per dirla con il p. Pozzi,

pagane

che «santi

si

nasce,

non si diventa» attestata nel trattato di Onorio Augustodunencome fedeltà alla legge divina e ascesi verso la perfezione spi-

se, alla santità intesa

Lefèvre, L'Elucidarium et les lucidaires, Paris 1954, p. 338. Per un quadro d'insieme, si vedano gli Atti della XIV^ e della XXVIII^ Settimana del CISAM, La conversione al cristianesimo nell'Europa dell'Alto Medioevo, Spoleto 1967; Cristianizzazione ed organizzazione ecclesiastica delle campagne nell'Alto Medioevo: espansione e resistenze, Spoleto 1982. Sui singoli personaggi, per un primo approccio, Deanesly, Augustine of Canterbury London 1964 (per l'episodio citato, Gregorii Magni Registrum epistularum, XI, 56, Bedae, Historia ecclesiastica gentis Anglorum, I, 30); Su Vinfrido-Bonifacio cfr. il volume miscellaneo, St. Bonifatius. Gedenkgahe zum 1200. Todestag, Fulda 1954 (per l'episodio rituale Y. ^0

,

citato,

32

ViLLiBALDO, Vita Bonifatii,

MARIO SENSI

6).

come

spesso «la fretta spinga a salti smisurati i folclorianche nel caso di successive sostituzioni, Maria

sti (...)

di

Nazareth è

altra

cosa dalle antiche madri, dall'Uni

etrusca, dall'Iside orientale e dalla

none

la struttura del

(...)

dogma o

greco-romana Giumariana è

della pietà

totalmente diversa dalla struttura dei culti femminili nella mitologia e nei miti pagani; tra

quello delle dee madri,

le

il

culto di Maria e

analogie portano su circo-

stanze esteriori»^',

Problematico dare un quadro della tipologia dei Santuari. L'attenzione finora ha privilegiato

i

Santuari

mentre solo ultiha prestato attenzione ai micro

internazionali, nazionali e regionali;

mamente

la storiografia

Santuari:

un

reticolo del sacro che, dai centri demici,

si

estende alle campagne circostanti in risposta alle mille esigenze di un'intera comunità che nel Santuario riscopre la propria identità paesana e trova il modo di affrontare la vita e la morte, il dolore e la gioia, le speranze e le frustrazioni.

Da

oltre trenta anni gli storici

hanno

iniziato a stu-

diare questi Santuari sotto mille aspetti

'^;

quasi mai

G. Pozzi, Sull'orlo del visibile parlare, Adelphi, Milano 1993, pp. 69-70; cfr. J. Daniélou, Le eulte mariale et le paganisme, in Maria. Etudes sur la Sainte Vierge, a cura di H. du Manoir, Beauchesne, Paris 1949, I, pp. 161-188. *^ La religione popolare ha ricevuto cittadinanza in campo accademico grazie agli studi di Etienne Delaruelle raccolti poi nel volume, La piété populaire au Moyen Age, Torino 1975. Stimolanti per le ricerche successive sui Santuari sono le problematiche emerse in occasione dei Colloques organizzati dal «Centre d'études ^1

inoltre

d'histoire des religions populaires» in particolare

Lacroix

il

Convegno

tenutosi a

Quebec

BOGLIONI, Les religions populaires. Colloque international 1970, Les presses de L'Université Lavai, Quebec 1972) e quello tenutosi a Ottawa (Foi populaire. Foi savante, Actes du V

A.

2-
)NNA DLL DIVINO AMORE

177

grandi pareti e avrà nel sagrato uno specchio d'acqua; non mancherà da un lato dell'antico Santuario posto sulla sommità della collina, una fontana zampillante.

Ampi

spazi serviranno per la catechesi, la formazio-

ne mariologica mediante mezzi e proposte che arricchiscano dottrinalmente i pellegrini come ad esempio il servizio della parola, convegni scientifici, corsi di studio, conferenze specialistiche, pubblicazioni artistiche

e poetiche, sacre rappresentazioni, concerti e mostre. al Santuario del Divino Amore Rappresentazione della Via Crucis ispirata alla la Sacra Sindone che si svolge dal 1982 la Domenica delle Palme e il Venerdì Santo con duecento attori, abitanti del luogo e amici del Santuario, nei costumi dell'epoca in

Sta diventando celebre

uno scenario naturale

a dir

poco incantevole.

3 ) // Santuario luogo di proposta vocazionale. la

donna umile

Maria è

e povera, serva del Signore, chiamata a

collaborare all'opera della salvezza; è una vergine total-

mente consacrata nel corpo e nell'anima al Signore; è sposa e madre di famiglia. Alla luce di questi valori si deve riproporre ed evidenziare ogni forma di vocazione. Al Divino Amore ne parlano il seminario degli Oblati,

l'aspirantato e

il

noviziato delle Suore e le giornate

appositamente celebrate per

La

stessa pastorale ordinaria

la

promozione vocazionale.

deve essere vocazionale.

4) Il Santuario luogo di carità. l'inizio

trenta,

Ho

già accennato

al-

come nella rinascita del Santuario negli anni Don Umberto Terenzi volle dotare il Santuario

di un'opera che esprimesse e sollecitasse la carità con l'accogHenza delle orfanelle. Oggi il Santuario deve aprirsi alle nuove povertà, irradiando luce e calore sull'esempio di Maria la Vergine del Magnificat. Ci si sta preparando per predisporre strutture idonee per l'assistenza della terza età, l'attuale problema dei senza tetto, e agli altri grandi mah della società contemporanea.

178

PASQUALE SILLA

al nuovo Santuario dovrà sorgere una nuova opera che testimoni la carità.

Accanto

impegno ecumenico. La comdeve rendere vigilante e attento

5) Il Santuario luogo di

plessa via della verità

ogni Santuario, nel contribuire correttamente all'avan-

zamento del cammino ecumenico. Nell'Enciclica Redemptoris Mater il Santo Padre con profonda riflessione sul «cammino di fede compiuto dalla Vergine Maria" tende la mano ai fratelli della riforma che amano vedere in Maria la discepola, la credente, colei che ha camminato nella peregrinazione della fede; col termine della «presenza» che viene abbondantemente illustrato nella seconda parte della Enciclica, il Papa lancia un ponte verso l'Oriente e invita tutti i cristiani affinché «approfondiscano in se stessi e in ciascuna delle loro comunità quell'obbedienza della fede», di cui Maria è il primo e luminoso esempio.

Santuario e Chiesa locale

Ogni Santuario assume

le finalità della Chiesa locaappartiene e ne diventa irradiatore. Il Santuario del Divino Amore opera nella consapevolezza di essere parte viva della Chiesa particolare di Roma che ha una storia lunga e complessa che si interseca con quella delle Chiese europee ed extra europee, e che è fortemente connessa a quella della città e della sociele a cui

tà civile. Il

Santuario, in quanto Parrocchia partecipa alla vita

e alla missione della Chiesa particolare.

Come

Santuario romano, percepisce con maggiore con totale generosità con la missione universale del suo Vescovo, il Papa. sensibilità e collabora

L'efficacia della

IL

devozione

alla

SANTUARIO Dl-LLA MAIX)NNA

Madonna DI-L

del Divino

DIVINO AMORH

179

Amore

si

estende prevalentemente sulla Chiesa di

Roma, come comunità

e ne alimenta la

comunione

e la

missione.

Essere devoti

alla

Madonna

del Divino

Amore

vuol

dire riconoscere che Fautore di tutto ciò che la Chiesa

contempla

me

in Maria, è lo Spirito Santo; esiste

particolare tra la Vergine

Maria e

un

lega-

lo Spirito Santo,

momento

dell'Immacolata Concezione fino alla gloriosa Assunzione. Maria è proprio Lei il Santuario del Divino Amore, Tempio purissimo e degnissimo dello Spirito, Santuario di carne dove lo Spirito Santo ha realizzato il capolavoro dell'Incarnazione del Verbo etemo; Cristo, capo della Chiesa è nato da Maria per opera dello Spirito Santo; anche la Chiesa, corpo mistico di Cristo, è nata dalla venuta dello Spirito Santo e con la presenza orante di Maria. La Vergine di Nazareth ha agito sempre sotto la luce e con la forza dello Spirito; è lo stesso Spirito che rende possibile la presenza di Maria, già glorificata nel il

Divino Amore, dal

corpo e associata

alla

risurrezione del Cristo; dalla for-

za dello Spirito trae fecondità ed efficacia la mediazione materna, dipendente partecipa e subordinata all'unica mediazione di Cristo. La devozione mariana, ci avvicina a Maria attraverso la conoscenza, l'amore, la venerazione, la preghiera, l'imitazione dei suoi atteggiamenti; possiamo incontrarla e, per mezzo di Lei, entrare sempre più profonda-

mente

nel raggio di azione dello Spirito Santo, per es-

sere plasmati dalla sua azione nascosta e potente. L'efficacia della devozione alla

Madonna

del Divino

Amore, scaturisce dallo Spirito Santo, sorgente dono in Maria, nella Chiesa, nei fedeli.

Dove

di ogni

è presente Maria, è presente e operante lo

Il futuro della Chiesa sarà particolarmensegnato dall'azione dello Spirito Santo con la cooperazione materna di Maria.

Spirito Santo. te

180

PASQUALE SILLA

LA SANTA «CASA» DI LORETO: SANTUARIO DELLINCARNAZIONE S.E.

MONS.

ODO FUSI-PECCI

Vescovo di Senigallia Presidente della Conferenza Episcopale Marchigiana

È particolarmente piaciuto che il Santo Padre Giovanni Paolo II nella lettera per il Settimo Centenario della Santa Casa di Loreto ha definito la Santa Casa «icona». La parola icona, dal greco «eikòn», richiama le immagini sacre venerate particolarmente nell'Oriente cristiano e l'incidenza che esse hanno nella spiritualità. Da alcuni decenni anche l'Occidente cristiano riserva interesse alle icone, recentemente sollecitato dalla celebrazione del Dodicesimo Centenario del secondo Concilio di Nicea, con la pubblicazione della Lettera Apostolica «Duodecimum Saeculum» di Giovanni Paolo II (6-2-1987) e del Documento del Patriarca Dimitros I di Costantinopoli sulla teologia delle icone (14-9-1987).

«La icona è un segno attraverso il quale si opera, nella fede, - dice il Papa - una specie di "contatto spirituale" con il mistero, per usare una espressione di Sant'Agostino (cfr. Sermo 52, 6, 16 PL 38, 360). Essa "significa" la realtà in senso forte in quanto la "rende presente ed operante". Quanto più una icona è antica e ha avuto parte alla vita, alle sofferenze e alle vicende storiche di un popolo o di una città, tanto più

è grande la grazia che da essa deriva». LA SANTA «CASA» DI LORETO: SANTUARIO DELLINC:ARNAZI0NK

181

La icona ove

orienta a fare scoprire la presenza o

rivolge lo sguardo e la preghiera, ci

si

si

il

luogo

lascia evan-

gelizzare dal significato e dal contenuto della immagine, risveglia

il

senso della preghiera interiore a Cristo e della

comunione con la vergine Maria e i Santi. «La Santa Casa di Loreto è "icona" non di astratte verità, ma di un evento e di un mistero: l'Incarnazione del Verbo», scrive il Papa Giovanni Paolo IL Appena si entra nella Santa Casa lo sguardo si posa infatti sulla frase «Hic Verbum caro factum est», che sovrasta l'altare: «il Verbo si è fatto Carne». In una autentica pastorale della nuova evangelizzazione, quale richiesta oggi, questo è l'evento fondamentale della storia della salvezza

da annunciare, perché

al

cUma di imperante soggettivismo dottrinale e di relativismo morale, di pensiero debole, è da presentare il fatto,

E

l'avvenimento.

Papa

il

nota: «L'Incarnazione che

tro codeste sacre

si

ricorda den-

mura, riacquista di colpo

nuino significato biblico; non dottrina sull'unione tra

il

si

tratta di

il

suo ge-

una mera

divino e l'umano,

ma

piut-

un a\^^enimento accaduto in un punto precitempo e dello spazio, come mettono meravi-

tosto di

so del

gliosamente in luce le parole dell'apostolo: "Quando la pienezza del tempo. Dio mandò il suo Figlio, nato da donna" (Gal 4, 4)». La nuova evangelizzazione è orientata a presentare oggi Gesù personaggio storico, non un mito atemporale, ma un personaggio nel quale tutte le fasi anteriori della storia della salvezza raggiungono la loro essenza e il loro fine. Il periodo premosaico dei patriarchi, il periodo di Mosè e il periodo dei Re sono delle parti di una storia di salvezza che esistono solo nella partecipazione all'unica storia della salvezza, che ha il suo vertice in Cristo, uomo-Dio, natura umana e divina, una sola persona divina nella unione ipostatica, nella quale

venne

182

ODO

FUSI-PEGGI

natura umana del Verbo viene riconosciuta nella sua dignità, viene elevata e divinizzata anche in se stessa, per la «grazia santificante» che scaturisce da questa unione e viene resa partecipe della comunione con Dio. Così la storia nella Incarnazione del Verbo ha perso la

la

sua radicale ambiguità ed ha acquistato un definitivo orientamento di salvezza.

La

critica

moderna

l'uma-

alla religione cristiana e

nesimo ateo sostengono che Dio e l'uomo si elidono a vicenda. Per Feuerbach, Marx, Nietzsche, Sartre, Bloch, Camus accettare Dio significa rifiutare e rendere impossibile la libertà dell'uomo. Gesù Verbo In-

carnato è invece tà della creatura

il

massima

realizzatore della

umana, è

il

digni-

vero mediatore tra l'uomo

e Dio. «Il

Verbo

a noi e noi

si

è fatto carne e

venne ad abitare

vedemmo la sua gloria,

gloria

come

in

mezzo

di Unige-

nito del Padre, pieno di grazia e di verità», di quella verità

che rende «liberi» e dalla «sua pienezza noi

re

tutti

(Gv 1, 14-16). Perché, continua Paolo «piacque a Dio di far abitain lui ogni pienezza e per mezzo di Lui riconciliare a

abbiamo ricevuto

grazia su grazia»

sé tutte le cose, rappacificando

croce, cioè per

mezzo

terra e quelle nei cieli» (Col

Anche

le

con

il

di lui, le cose 1,

sangue della sua che stanno sulla

19-20).

cose della terra perché «la creazione stessa

attende con impazienza

la

rivelazione dei

figli

di Dio,

geme e soffre nelle doglie del parto» (Rm 8, 19). Gesù Incarnato è così il centro della Nuova EvangeHzzazione, come l'aveva già presentato il Papa Paolo VI: «Gesù è il principio e la fine, l'alfa e l'omega, essa che

egli è ria.

il

re del

mondo

nuovo,

egli è

il

segreto della sto-

Egli è la chiave dei nostri destini. Egli è

Dio; è

il

il

Figlio di

Figlio di Maria, la benedetta fra tutte le don-

Madre Sua e Madre nostra» (29 novembre 1970). La Santa Casa è icona di Maria, la Madre di Gesù.

ne.

LA NANI A

'

DI

LORETO: SANTUARIO DFXLIN(.AKNA/I(

)Ni;

183

Ivi

vengono spontaneamente

in evidenza alcuni aspetti

e sentimenti propri della sua persona. Il

suo animo fatto di contemplazione e di medita-

zione.

Nell'ambito ristretto e raccolto tra quelle mura si è portati a ripensare Maria come la presenta l'evangelista Luca allorché, alla nascita di Gesù, l'esercito celeste loda

Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che Dio ama», mentre sopraggiungono pastori: «Maria da parte sua serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore» (Le 2, 19). La sosta in Dio con

l'inno «Gloria a

i

Santa Casa diventa così

momento

di riflessione, di inte-

riorizzazione, di presa di coscienza di se stessi in alla esteriorità, alla

cose che

ci

mezzo

distrazione e alla ansietà per le tante

occupano

e preoccupano.

Maria aiuta

a

met-

Parola di Dio, a confrontarsi con il vangelo, a pregare «in Spirito e verità» (Gv 4, 24), a tersi in ascolto della

prendere decisioni anche impegnative in momenti di vere e proprie scelte per

il proprio futuro. Beato José Maria Escrivà de Balanguer J Albas scrive di un suo periodo di crisi: «Non sapendo a chi dirigermi qui sulla terra, mi sono diretto, come sempre, al cielo. II quindici agosto 1951, dopo un viaggio - perché non dirlo? - penitente, a Loreto ove ho fatto la consacrazione dell'opera al Cuore dolcissimo di Maria». Chiara Lubich, fondatrice del movimento dei Focolari, racconta: «La prima volta che entrai nella casetta di Loreto, custodita dalla chiesa-fortezza, fui colta da una grande commozione. Non ebbi certo il tempo di chiedermi se era o non era storicamente accertato che quella fosse la casa che ospitò la Sacra Famiglia. Mi ritrovai sola, immersa in quel grande mistero, in un pianto quasi continuo, - cosa a me insoUta -; presi a meditare su tutto quanto poteva essere successo lì: l'annuncio dell'angelo a Maria, la vita dei tre. Gesù, Maria, Giuseppe.

Il

184

ODO

FUSI-PECCI

Con

venerazione toccavo quelle pietre e quelle

assi,

rivedendo nella immaginazione la casa costruita da Giuseppe. Mi sembrava di udire la voce del bambino Gesù, lo vedevo attraversare la stanza, guardavo quelle mura privilegiate per avere riecheggiato la voce e i canti di Maria... Mentre le mie compagne rimanevano nel collegio che ci ospitava, io, pur seguendo il Convegno, non mancava giorno che non corressi alla "casetta". E lì sempre, più o meno la solita impressione, la stessa profondissima commozione, come se una particola-

Dio mi avvolgesse tutta, come se il "divino" quasi mi schiacciasse. Era contemplazione, era preghiera, era in un certo modo convivenza con i tre. Non re grazia di

dimenticherò mai. Poi, il corso si concluse proprio in quella chiesa gremita di gente, di ragazze soprattutto con il velo bianco. Io vi partecipavo con tutto il cuore. Ad un tratto capii: avevo trovato la mia strada e molte, molte persone l'avrebbero seguita. Tornai a Trento felice. Non avevo altri elementi di rilievo che quelli qui descritti. Comunque, ad un sacerdote che mi chiese come era andata a Loreto risposi: "Ho trovato la mia via". "Quale? - mi chiese - il matrimonio?". "No", risposi. "La verginità nel mondo?". "No". "Il convento?". "No". La casetta di Loreto aveva svelato al mio cuore qualcosa di misterioso, eppure certo: una quarta strada, di cui mi erano ancora ignoti completamente tutti i particolari» (Intervista al movimento dei Focolari a cura di Gino Lubich, Roma 1975, pp. 10-11). La Santa Casa è «icona» della vita in famiglia. E lì che Gesù «cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di lui» (Le 2, 40), in quotidiana piena comunione di dialogo e di vita domestica con Maria e con Giuseppe. Una casa colma della «grazia di Dio». E sono tante le famiglie che partono dalle nostre

lo

LA SANTA «CASA» DI LORIÌTO: SANTUARIO DELL'INCARNAZIONI:

185

case ed entrano nella Santa Casa di Loreto per confi-

dare a Maria ansietà e speranze di genitori, interrogatiincertezze e speranze di giovani orientati al futuro. Per questo la Santa Casa ha attratto le centinaia di migliaia di giovani d'Italia e dell'intera Europa che il 9 e il 10 settembre si sono ritrovati insieme con il Papa perché, in mezzo a tanto vuoto di senso della vita, erano consapevoli che è il Cristo colui che illumina il cammino della ricerca e ripete: «Io sono venuto perché gli vi,

uomini abbiano la vita e la abbiano in abbondanza». La Santa Casa è icona per il mondo degli operai che nel lavoro cui attendeva Giuseppe, con leale servizio e riconosciuta competenza, trovano ispirazione per iniziative specie artigianali e

per rapporti sociali coscien-

ziosi e trasparenti.

La Santa Casa è icona particolarmente attuale per donne che in Maria, attenta e premurosa alla quotidianità familiare, trovano la «donna perfetta» il cui valore è ben superiore alle perle nel libro dei Proverbi (31, lOss.) e in Lei «Benedetta tra tutte le donne» vedono lo specchio delle qualità che sono il più prezioso ornamento della loro persona e la rivendicazione tutte le

della loro dignità, oggi tragicamente offesa.

La Santa Casa

una icona, dice

Papa, consacrata dalla fede e dalla devozione di generazioni di pellegrini che con le loro mani e le loro ginocchia ne hanno modellato persino le pietre. Ne troviamo costanti testimonianze nella storia di tante cittadine della nostra regione Marchigiana. Il rinvenimento di alcune monete risalenti al secolo XIII segnalano pellegrinaggi a Loreto da Ancona, da Ascoli Piceno, da Camerino. Nel 1460 il castello di Montecassiano stabilisce un contributo da distribuire a coloro che avessero visitato r«alma casa Lauretana». Nel 1486 la città di San Severino si reca in pellegri-

186

ODO

è

FUSI-PECCI

il

naggio a Loreto ed offre una corona alla Madonna. Tra i pellegrini di quel tempo troviamo San Giacomo della Marca, il Beato Gabriele Ferretti, la Beata Battista Varano.

Nel 1520 è la città di Fano che pellegrina a Loreto per ringraziare la Madonna della liberazione dall'assedio postole da Francesco Maria della Rovere. Nel secolo XVI si diffonde capillarmente, specie nel nord delMarche, il gruppo plastico raffigurante la Madonna con il bambino sopra la Santa Casa con la denominazione popolare di «Madonna del Tettarci», che si può osservare anche oggi a Ostra, Ostra Vetere, Belvedere Ostrense, Corinaldo, Morrò D'Alba, Serra de' Conti. Nel 1613 una delibera della Congregazione della Marca invitava tutti i comuni della Regione a solennizzare la venuta della Santa Casa il 10 dicembre. In Ancona, nel 1672, si stampavano: «Sentimenti

le

devoti espressi dalla città di Senigallia nel portarsi a

Loreto per rendere grazie alla Santissima Vergine che si è degnata di preservarla dal terribile terremoto subito il Giovedì Santo con la lagrimevole rovina di altre città e

luoghi circonvicini».

Grande

fu la indignazione per la spoliazione dell'in-

tero Santuario della Santa Casa operata da

Buonaparte

Napoleone

ore 23.00 del 13 febbraio 1797, e festosa fu la accoglienza della statua della Vergine nel suo ritorno da Parigi nell'anno 1802. alle

Nel 1894 l'Episcopato Marchigiano rivolgeva una al Papa Leone XIII per la celebrazione del Sesto Centenario della Santa Casa di Loreto e implorava che la Vergine di Loreto venisse proclamata patrona di tutta la Regione, come venne concesso il 23

petizione

luglio 1894.

Tra i pellegrini di quel secolo, al suo inizio, vi fu un giovane di Senigallia, Giovanni Maria Mastai Ferretti, che, intento ad orientare la sua vita e alquanto incerto LA SANTA «CASA» DI LORETO; SANIUARIO DLLLINCARNAZIONL

187

sua malferma salute, si recò ripetutamente, in fiduciosa preghiera, nella Santa Casa. Confortato dalla speranza nella Madonna si avviò al sacerdozio e nel

per

la

1857 ritornò Papa Pio IX.

tra quelle

Nel secolo xx sono

mure da sommo

stati

tenuti a Loreto

Plenari Marchigiani del 1928, del 1956, e

pontefice,

i

il

tre Concili

il

terzo che

iniziò nel dicembre 1985 e ivi si concluse il 29 novembre 1988. In un incendio scoppiato in Santa Casa nella notte tra il 22 e il 23 febbraio 1921 venne distrutta la statua

della Vergine.

Per volontà del Papa Pio XI venne preparata una nuova statua che fu portata da Roma a Loreto il 7 settembre 1922 dal Cardinale Pietro Gasparri, nativo di Ussita, nelle Marche, Segretario di Stato. La Civiltà Cattolica riferisce in merito: «Quanti ebbero l'avventura di prendere parte all'insolita forma del rapido corteo, per le valli, e gioghi e i poggi dell'Appennino, tra l'Umbria e le Marche, in questo convengono, che le relazioni scritte sono un nulla, un'idea pallidissima di ciò che in effetti si vide erompere spontaneo dall'animo e dal petto delle nostre buone popolazioni italiane profondamente e sinceramente cristiane e religiose» (Civiltà Cattolica 1922, quaderno 1736). Come non ricordare l'entusiasmo che suscitò Papa Giovanni XXIII nel suo pellegrinaggio in treno a Loreto e la venuta a Loreto del Papa Giovanni Paolo II durante un Convegno Ecclesiale promosso dalla Conferenza Episcopale Italiana su «Riconciliazione

cristia-

na e comunità degli uomini», con il discorso così programmatico che egli fece per il cammino della Chiesa Italiana!

E storia di oggi il grande afflusso dei pellegrini a Loreto per l'inizio del Settimo Centenario della Santa Casa presieduto dal Santo Padre Giovanni Paolo II con 188

ODO

FUSI-PECCI

la

partecipazione di quasi

tutti

i

vescovi d'Italia e

il

successivo quotidiano convergere a Loreto di milioni di pellegrini

da

tutti

i

continenti per rinnovare

pria fede, per impetrare dalla

Madonna

la

pro-

grazia e grazie.

Santuario Lauretano migliaia di malati, di portatori di handicaps, di sofferenti che da Maria ricevono conforto e spirito per trasformare il loro dolore in offerta d'amore a Dio per il bene e la pace del mon-

Sostano

do

al

intero.

Un centenario che ha visto l'approfondimento della Mariologia nell'ambito della ricerca teologica, nella linea del Concilio Ecumenico Vaticano II, della Marialis Cultus e della Redemptoris Mater. Un centenario che ha evidenziato il valore dell'accoglienza profetica, sacerdotale e regale che la Santa Casa è capace di esprimere e donare.

LA SANTA «CASA»

DI

LORETO: SANIUARIO DLLL INCARNAZIOìNL

189

SANTUARIO DELL'AMORE MISERICORDIOSO DI COLLEVALENZA: NEL SEGNO DELLA MISERICORDIA P.

DOMENICO CANCIAN

Vicario generale dei Figli dell'Amore misericordioso

P.

GIOVANNI FERROTTI già Rettore del Santuario,

attualmente Parroco della Basilica di

S.

Pietro in Vaticano

L'accoglienza nella teologìa dell'Amore Misericordioso L'indicazione programmatica della Chiesa in vista 2000 è la nuova evangelizzazione «che abbia come suo cuore il vangelo della carità... l'annuncio che la del

Chiesa è chiamata a fare nella storia si riassume in un'affermazione centrale: "Dio ti ama, Cristo è venuto per te, per te Cristo è la Via, Verità, Vita". Dalla forza e dalla radicalità di questo annuncio scaturiscono l'ardore della vita e dell'impegno dei cristiani, l'incisività e la capacità di rendere contemporanea all'uomo l'espressione con cui il messaggio è annunciato e portato ad efficacia di vita, la novità e fecondità dei metodi di cui deve far uso oggi l'evangelizzazione» (CEI, Evangelizzazione e testimonianza della carità, n. 25. In ter-

mini molto

simili

si

erano espressi Giovanni Pao34 e il Sinodo dei Ve-

lo II nella Christifidelis laici, n.

scovi Europei, n. 3).

«Accoglietevi gli uni gli altri come Cristo accolse voi per la gloria di Dio» (Rm 15, 7). Questa espressione di Paolo, quasi a conclusione della lettera ai Romani, fa seguito ad altre affermazioni sull'importanza della carità nella vita cristia-

190

DOMENICO CANCIAN

-

GIOVANNI FERROTTI

na (cfr. Rm famoso inno

12, 9-10; 13, 8-10; 14,

ss.),

1

richiama

il

Cor 13) e soprattutto il testamento di Gesù: «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così alla carità (cfr. 1

amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni

(Gv Questo amore

per gH

altri»

13,

34

s.).

si concretizza nella misericordia che «è la dimensione indispensabile dell'amore e come il suo secondo nome» (Giovanni Paolo II, Dwes in Misericordia, n. 7). Per questo Gesù, ci invita a diventare «misericordiosi come è misericordioso il Padre nostro» (Le 6, 36). E questa la perfezione dell'amore: il farsi accoglienza misericordiosa di tutti, specie dei più de-

boli, poveri, peccatori,

sette (cfr.

Mt

21

18,

il

perdono fino

a settanta volte

ss.).

Seguendo lo schema dell'enciclica Dives in Miseripossiamo fare le seguenti tre affermazioni:

cordia 1.

Tutta

la storia della

La rivelazione fa come filo conduttore. dia.

2.

Il

nostro

risaltare la misericordia di

mondo ha

Misericordia perché 3.

salvezza è storia di Misericor-

La Chiesa

è

Dio

bisogno principalmente di da sola non basta.

la giustizia

chiamata ad essere sacramento di

Misericordia tra Dio e gli uomini. La sua vocazionemissione è quella di avvicinare la misericordia di Dio all'uomo, oppure accostare

gli

uomini

alle fonti della

misericordia del Salvatore.

Quindi

la

misericordia, così emarginata dalla nostra

cultura, diventa chiave di lettura del nostro rapporto

con Dio, con noi

Gesù

in

stessi,

con

gli altri.

modo perentorio ha

detto:

«Andate dunque

e imparate che cosa significhi: Misericordia io voglio e

non

sacrificio, infatti

non sono venuto

a

chiamare

SANIUARIO DLLLAMORE MISERICORDIOSO

i

giu-

191

ma

sti,

i

peccatori» (Mt

9, 13).

Gesù

è segno della tene-

rezza di Dio per l'uomo perduto, malato, debole, sofferente. Gesù in tutta la sua vita è la parabola vivente della misericordia del Padre. Il Cristo Amore Miseri-

cordioso Crocifisso che a braccia aperte invoca efficacemente il perdono per noi, accoglie nel ladrone ogni uomo perduto, ci dona sua Madre, è l'icona più eloquente dell'accoglienza divina nei nostri riguardi. Se Gesù ama e accoglie ogni uomo con amore misericordioso, ogni uomo è chiamato ad accogliere il proprio

con lo stesso amore. Tale accoglienza misericordiosa non è un gesto formale. Essa esige una totale conversione dell'uomo nella sua triplice struttura: mentre, cuore, volontà. Così si sviluppano in noi tre capacità: fratello

1. il

La

capacità di comprendere in

modo

evangelico è

contrario del giudicare e condannare, del fermarsi

pregiudizi, del ragionare

mo

secondo

chiamati ad assumere

i

i

criteri

criteri del

umani.

ai

Sia-

Padre misericor-

dioso che accoglie con amore incondizionato il figlio prodigio e fa sorgere il sole sui buoni e i cattivi. I criteri di Gesù che mangia con i peccatori e va in Paradiso in

compagnia

di

un

ladro.

2. La capacità di compassione che ci fa allargare il cuore nell'accogliere l'amore divino e nel poterlo a nostra volta donare al prossimo che incontriamo. E Gesù che ha compassione delle folle stanche e sbanda-

te (cfr.

Mt

malati e dei peccatori

9, 36), dei

1, 41; 2, 1-2).

E

il

(cfr.

Me

contrario del cuore duro, freddo, in-

differente. 3.

La capacità

di

commozione

intesa

come concreto

muoversi verso il fratello nel bisogno, mettendo in atto le opere di misericordia, così come ci è esemplificato nella parabola del buon samaritano. È il contrario del badare solo a se stessi, tirando dritti per la propria strada. 192

DOMENICO CANCIAN

-

GIOVANNI FERROTTI

Le note

di questo

Amore

Misericordioso accoglien-

da gratuità, sovrabbondanza, concretezza, cordialità, fedeltà. Da questo amore misericordioso ricevuto e donato nasce la Chiesa come comunità di coloro che credono e vivono di tale amore. La Chiesa si fa promotrice della cultura di questo amore che penetra i modi di pensare e di vivere facente

sono

gesti caratterizzati

doli espressione di accoglienza misericordiosa in mille gesti di attenzione, di

comprensione e

di servizio.

«L'Uomo non può vivere senza amore. Egli rimane per se stesso un essere incomprensibile, la sua vita è priva di senso, se non gli viene rivelato l'amore, se non incontra l'amore, se non lo sperimenta e lo fa proprio, se non vi partecipa vivamente. E perciò Cristo Redentore rivela pienamente l'uomo all'uomo stesso. [...] Nel mistero della redenzione l'uomo diviene nuovamente espresso e, in qualche modo, è nuovamente creato. [...] L'uomo che vuol comprendere se stesso deve entrare in Gesù con tutto se stesso, deve "appropriarsi" ed assimilare tutta la realtà dell'Incarnazione e della re-

denzione.

[...]

Quel profondo stupore riguardo al valore ed alla si chiama Vangelo, cioè la buona Novella» (Giovanni Paolo II, Redemptor hominis, dignità dell'uomo

n. 10).

Madre Speranza «Dio è Padre pieno di bonche perdona, dimentica e non tiene in conto... l'uoScrive



mo,

il

':

più perverso,

il

più miserabile e perfino

il

più

perduto è amato con tenerezza immensa da Gesù che è per lui un padre e una tenera madre». Madre Sp>eranza Alhama Valera è nata a Santomera (Murcia) - Spagna - il )0 Settembre 1893. È morta a Collevalcnza di Todi (Perugia) l'S Febbraio 1983. Conclusosi il Processo Diocesano nel 1990 è in corso la sua causa di Beatificazione. Il suo corjx) riposa nella Cripta della Basilica. Nel 1930 ha fondato la Congregazione delle Ancelle dell'Amore misericordioso; nel 1951 quella dei Figli •

dell'A.

M.

SANTUARIO DELL'AMORE MISERICORDIOSO

193

Lei a Collevalenza

è sentita di svolgere

si

il

servizio

profetico dell'accoglienza facendosi «portinaia del-

Amore

l'

Misericordioso», nei confronti dei numerosi

pellegrini diretti al Santuario ^

Giova sottolineare

la

qualità di questi incontri che

richiamano Tincisività dei dialoghi evangelici. Le costava molto perché vi si coinvolgeva, ascoltava sul serio, assumeva in proprio la situazione dolorosa. Rispondeva compromettendosi a pregare di notte e così faceva. Iniziava questo lavoro baciando

molto stanca. Per

il

crocifisso e finiva

infondeva fiducia nell'Amore la novena assicurando che l'avrebbe fatta anche lei. In questo modo diventava mediatrice, madre, portinaia, flauta; ascoltava, come Mosè, la gente e andava a intercedere davanti aU'Amore Misericordioso. Il Santuario diventava davvero il Roccolo del Signore! Riportiamo per intero un brano del suo diario in cui esprime il suo coinvolgimento nello svolgere questo servizio. «Io, amati figli e figlie, debbo dire che vivo giorni di vera gioia ed emozione... per il compito che vengo svolgendo in questi mesi nella casa di nostro Signore, facendo la portinaia di coloro che soffrono e vengono a bussare a questo nido d'amore perché Lui, come Buon Padre, H perdoni, dimentichi la loro foUia e li aiuti in lo più

Misericordioso, invitava a fare

questi

momenti

di dolore.

Sono

qui, figli miei, ore e

ore, giorni e giorni, ricevendo poveri, ricchi, anziani e

2 Madre Speranza ha dedicato a questa attività circa 4 ore al giorno, accogliendo 100/120 persone. Ciò significa 40.000 all'anno, per circa 20 anni, (gli ultimi della sua vita, quelli della sua maturità spirituale) e quindi un totale di circa

800.000 accolte personalmente, una per una. Riceveva qualsiasi categoria di persouomini e donne, giovani e anziani, suore e sacerdoti, politici, poveri, massoni... per tutti aveva un intenso momento d'ascolto e una parola di consolazione. Ciò comportava parallelamente un'intensa corrispondenza: l'archino conserva circa 300.000 lettere, 30/40 al giorno per 30 anni. A tutti voleva che si rispondesse almeno per assicurare che aveva rice\TJto la lettera e che avrebbe pregato, cosa che ne:

faceva

194

la

notte.

DOMENICO CANCIAN

-

GIOVANNI FERROTTI

giovani, tutti carichi di grandi miserie: morali, spirituali,

corporali e materiali. Alla fine del giorno

sentare

al

Buon Gesù, piena

vado

di fede, fiducia e

a pre-

amore,

le

non stanbene che Lui, da vero Padre mi

miserie di ognuno, con l'assoluta certezza di carlo mai, perché so

attende ansiosamente affinché interceda per tutti quel-

che sperano in Lui il perdono, la salute, la pace e ciò hanno bisogno per vivere, e affinché gli dica in nome di tutti loro, non una ma mille volte: "Padre perdonami, dimentica tutto, sono anime deboli che nell'infanzia non hanno ricevuto il solido alimento della fede e oggi, attaccate al pesante fango della natura e sballottate dal forte vento della corruzione, precipitano in fondo al mare senza forze per navigare. Ed Egli che è tutto Amore e misericordia, specialmente verso i figli che soffrono, non mi lascia delusa e così vedo con gioia confortate tutte quelle anime che si affidano all'Amore Misericordioso» (Circolare n. 104, 1965). Lo stile di questa accoglienza è chiarito dal seguente consiglio rivolto alle sue figlie: «Teniamo a mente che quelli che soffrono attendono il nostro conforto, attendono anzi che ci facciamo partecipi delle loro sofferenze. Lo stesso ci chiede l'amore verso il Signore Gesù. Quando incontrerete un uomo sotto il dolore fisico o morale, non dategli un aiuto o un consiglio senza avergli prima dato uno sguardo di vera compassione, "una mirada compasiva". Il mondo si allontana da quelli che piangono e costoro cercano l'isolamento pur sentendo la necessità di sfogarsi. Noi dobbiamo far sì che la nostra amicizia sia per essi tavola di salvezza. Per questo è necessario comprenderli; sentire con loro "sentir con ellos" e simpatizzare con loro. Se hanno la giusta sensazione della nostra vera compassione, già li vedremo consolati e il nostro atteggiamento sarà un balsamo per le loro ferite» (cfr. Madre Speranza di Gesù, La Pcrfccción de la vida religiosa, Collevalenza 1967, p. 7).

li

di cui

SANTUARIO DELL'AMORE MISERICORDIOSCì

1

9*5

Un

Santuario dove

ci si

sente accolti

L'opera principale di Madre Speranza, quella che corona la sua attività di mistica e di fondatrice è il Santuario dell'Amore Misericordioso di CoUevalenza \ Il nome affonda le sue radici nella rivelazione pubblica, si sviluppa attraverso

alcune rivelazioni private,

soprattutto nel corso dell'ultimo secolo e

si

impone

magistero di Giovanni Paolo IL nella sede di S. Pietro in Roma, ritenevo questo messaggio come mio particolare compito» (Omelia pronunciata il 22 novembre 1981 nella visita al Santuario). Nell'Enciclica Dives in Misericordia lo stesso Pontefice presenta gli insegnamenti biblici riguardanti questa tematica e proclama l'urgenza di questo annuncio quale verità salvifica, esortando ad ispirare i rapporti umani alla misericordia: «La Chiesa vive una vita auufficialmente con

«Fin

il

dall'inizio del

mio ministero

tentica quando proclama e professa la misericordia - il più stupendo attributo del Creatore e del Redentore e quando accosta gli uomini alle fonti della misericordia del Salvatore, di cui essa è depositaria e dispensatrice»

(DM

13).

«L'amore misericordioso è sommamente indispensabile tra coloro che sono più vicini, tra i coniugi, tra i genitori e figli, tra gli amici; esso è indispensabile nell'educazione e nella pastorale» (DM 14). Visitando il Santuario, il 22 novembre 1981 il Santo

Padre Giovanni Paolo

II lo definì:

che a

spiritualità e di pietà

«Centro

eletto di

tutti ricorda e proclama la

grande e consolante

realtà della misericordia paterna

del Signore... in esso

-

Giunta

esorta

-

sia

sempre proclamato

questo sperduto paesino dell'Umbria, dove di importante c'era gli uccelli, Madre Speranza realizzò nel 1959 la Cappella dell'Amore Misericordioso e nel 1965 la Basilica. Sono opera dell'architetto spagnolo Julio Lafuente. ^

in

solo un roccolo per prendere

196

DOMENICO CANCIAN

-

GIOVANNI FERROTTI

il

lieto

annunzio dell'Amore Misericordioso mediante

E

parola evangelica quella che voi pronunciate per confortare e convincere i fratelli circa l'inesauribile benevolenza del Padre celeste. E rendere possibile l'esperienza di un amore divino più potente del peccato l'accogliere i fedeli nel Sacramento della penitenza o riconciliazione, che so qui amministrato con costante impegno. E rinla Parola, la Riconciliazione e l'Eucaristia.

vigorire tante

un

ristoro

anime

affaticate e stanche, alla ricerca di

che rechi dolcezza e robustezza nel cammi-

il Pane Eucaristico». Queste parole puntualizzano il carisma e

no, offrire loro

Speranza.

Il

impe-

gli

gni specifici del Santuario voluto e realizzato da

Madre

pellegrino che giunge a Collevalenza

sente già accolto da un'architettura

moderna

si

e sobria

che con un intelligente gioco di linee concave e convesse sembra volerlo avvolgere in un abbraccio paterno. Entrato nel Santuario la sua attenzione viene subito attirata da un grande Crocifisso che troneggia nella parete di fondo. Opera dello scultore Lorenzo CuUot Valera raffigura il Cristo non nello spasimo della morte ma nella regale serenità di Colui che innalzato da terra vuole attirare tutti a sé con la forza dell'amore. Ha lo sguardo rivolto al cielo nell'atteggiamento della supplica: «Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno». Attraverso alcuni simboli sono messe in evidenza l'Eucaristia, segno e mezzo di comunione con il Padre e i fratelli, il Comandamento Nuovo dell'Amore e la si:

gnoria universale di Cristo,

La

Re

dell'universo.

comprendere che l'Amore divino è misericordioso. Gesù, infatti si è immolato per gli uomini mentre erano ancora peccatori vincendo con l'abbondanza della sua grazia il nostro peccato. Anche l'immagine della Madonna venerata con il titolo di Mediatrice di ogni grazia ha le braccia centralità del Crocifisso fa

SANTUARIO DELLAMORL MISKRirORDIOSO

197

aperte in un atteggiamento sacerdotale di preghiera e di accoglienza.

Santuario si trova un pozzo di acqua che alimenta alcune fontane e le vasche dove è possibile immergersi, dopo una particolare preparazione deno-

Accanto

al

minata «Liturgia delle Acque». Per dare ai pellegrini un'accoglienza calda e famigliare Madre Speranza ha realizzato due case del pellegrino, belle e confortevoli, perché tutti si sentissero a casa propria.

In esse

Suore

in

non

è previsto personale esterno,

modo

da essere con

di mortificazione e di

il

ma Padri

e

loro esempio di carità,

amore un

riflesso

dell'Amore

Misericordioso di Dio.

Tra

le varie attività svolte

dal Santuario ha un'impor-

Ministero delle confessioni. «Qui verranno le anime che vivono lontano dal loro Dio... che camminano senza sapere dove vanno, con gli occhi chiusi... e se avranno la fortuna di incontrare Figli e Ancelle pieni di amore, carità e sacrificio, cadranno nelle reti di questo roccolo della divina misericordia». Una particolare accoglienza è riservata ai Sacerdoti i quali sanno di trovare a Collevalenza la loro famiglia dove trascorrere un periodo più o meno lungo per riposarsi fisicamente o ritemprare lo spirito nella pace della casa religiosa. Per essi si organizzano periodicamente corsi di aggiornamento, incontri, ritiri ed esercizi spirituali. L'annuale Giornata di Santificazione Sacerdotale richiama ogni anno a Collevalenza oltre cinquecento Sacerdoti. Un'accogliente e pratica struttura chiamata «Roccolo Speranza» permette a gruppi parrocchiali, specialtanza tutta particolare

Madre Speranza

mente di

il

lo aveva previsto:

giovanili, di autogestirsi nella

programmazione

esperienze vocazionali e corsi di esercizi. Interessante il lavoro per la famiglia. Un collaudato ritiri,

198

DOMENICO CANCIAN

-

GIOVANNI FERROTTI

gruppo

di specialisti e volontari gestisce

il

Consultorio

Familiare e organizza corsi per fidanzati, incontri coniugali, scuola per genitori e altre iniziative.

Clima di famiglia e totale disinteresse era ciò che Madre Speranza chiedeva con insistenza alle sue figlie figli nello svolgimento di queste attività. DiceSantuario dell'Amore Misericordioso non è stato fatto per guadagnare, ma per esercitare la carità, perché chiunque viene trovi conforto».

e ai suoi va: «Il

Un

messaggio per

aprirsi alla fiducia

e alla carità

Centro

di spiritualità e di pietà

il

Santuario svolge

questa intensa azione pastorale di preghiera, di studio,

un mesun senso sempre nuovo,

di riflessione e di carità sorretto dalla forza di

saggio capace di dare alla vita

senza mai far perdere

la

speranza e

la gioia,

ridonando

qualunque situazione uno si trovi. Chi viene a Collevalenza si sente accolto e cercato da Dio, avverte che Egli era sulla sua strada ad aspettarlo pazientemente, scopre che lo cercava con amore

fiducia in

instancabile quasi che senza di lui felice.

Ma è necessario

tuisce

anche

il

non potesse

ricordare che

essere

Santuario costicuore di una vasta attività educativa, il

assistenziale e caritativa svolta dalla famiglia Religiosa

dell'Amore Misericordioso non solo nelle fondazioni già esistenti da tempo in Italia, Spagna, Germania e Brasile, ma anche in quelle appena avviate in Bolivia,

Romania

Dopo

e India.

aver dato l'esempio e l'impronta

Dio Madre Speranza ha voluto che

i

suoi

figli

la

Serva di

e operato perché an-

e le sue figlie fossero talmente

compe-

netrati dall'esperienza personale e giornaliera del-

l'Amore Misericordioso da poter trasmettere

a tutti la

SANTUARIO DELL'AMORE MISERICORDIOSO

1

99

fiducia e l'ardore della carità che

provengono da que-

sto messaggio.

Pregava e chiedeva che

«tutti coloro

che

in situazioni di particolare bisogno, pieni di

oppressi da malattie trovino nei

membri

miglia persone capaci di offrire loro

il

si trovano amarezza e

di questa fa-

conforto della

fede e il sollievo dell'amore, pronte a mostrare che li attende un Padre che non tiene in conto, perdona e dimentica». Invitava a

comprendere qualunque persona

si

fosse

incontrata con loro, e a soffrire con essi perché, affer-

mava: «se avranno l'impressione di essere stati capiti, si consoleranno e le nostre parole saranno come balsa-

mo

sulle loro ferite».

Dal Santuario di Collevalenza il pellegrino non si limita a riportare a casa un'immagine del Crocifisso o della

Madonna

neppure una

acqua attinsorgente del Santuario. L'impressione più pro-

ta alla

e

bottiglia di

fonda e duratura è l'esperienza di un'accoglienza paterna e fraterna, da parte di Dio nel sacramento della Penitenza e da parte di chi opera nel Santuario nel calore di una carità semplice e disinteressata. I vari frutti spirituali che si possono trarre da una visita ben preparata e condotta al Santuario dell'Amore Misericordioso di Collevalenza, come del resto a qualsiasi altro Santuario, sono meravigliosamente contenuti in una esortazione dell'Apostolo Paolo nella sua lettera ai romani. Essa rappresenta nello stesso tempo

un appello

e

un augurio: «Siate

lieti

nella speranza, forti

nella tribolazione, perseveranti nella preghiera, solleciti

per

le necessità dei fratelli»

(Rm

12, 12) ^

«Lieti nella speranza». Recuperare la gioia della spe-

ranza, nonostante le fragilità e le colpe che gravano

"^

Vedi

lo studio di

G. Rossi, In pellegrinaggio al Santuario dell'Amore Miseri-

cordioso di Collevalenza, ed. A. M., 1995.

200

DOMENICO CANCIAN

-

GIOVANNI FERROTTI

può

sulla coscienza

essere considerato

il

primo

frutto

un pellegrinaggio al Santuario di CoUevalenza. Gesù venuto nel mondo per manifestare la misericordia del Padre e gode nel poterla dispensare a chi si pone nelle di

è

condizioni di riceverla.

Medico

del corpo e delle

anime continua

a g^uarire

E queSantuario attraverso le paramessaggio offerto dal sto il bole della misericordia e il Crocifisso rappresentato nel momento della preghièra per i peccatori: «Padre perdonali perché non sanno quello che fanno» (Le 23, 34). «Gesù - scrive Madre Speranza - è per tutti un padre pieno di bontà, il quale ci ama con un amore infinito, senza fare distinzioni. L'uomo il più perverso, il più miserabile, e perfino il più perduto è amato con tenerezza immensa da Gesù che è per lui un padre e una ciò che è malato a salvare ciò

tenera

madre»

(Perf. 52).

«Forti nella tribolazione».

vanni Paolo tà

II

che era perduto.

-

è

il

«La croce -

scrive Gio-

più profondo chinarsi della Divini-

sull'uomo e su ciò che l'uomo, specialmente nei

momenti difficili e dolorosi, chiama il suo infelice destino. La croce è come un tocco dell'eterno amore sulle ferite

mo...» Il

più dolorose dell'esistenza terrena dell'uo-

(DM

8).

Crocefisso dell'Amore Misericordioso trasmette

una rinnovata forza d'animo a chi si trova in mezzo a prove e difficoltà e aiuta a valorizzare le proprie croci. Una bella Via Crucis che si snoda a valle del Santuario, in

mezzo

agli alberi, facilita la riflessione e

partecipazione

alla

l'amorosa

sofferenza di Gesù.

Croce è inevitabile; portarla seguendo immensa; portarla dopo che l'ha portata lui è «grande gloria» (Madre Speranza Refi. 51). «Teniamo presente che il Signore è medico e che la tribolazione è una medicina per risanarci e non una pena «Portare

Gesù

la

è gioia

SANTUARIO DELL'AMORE MISERICORDIOSO

201

per condannarci, poiché il Signore è Padre misericordioso anche negU stessi castighi temporah. Le tribolazioni, al pare dei cardi e delle spine, sono il frutto naturale di questa valle di lacrime» (Esci. p. 379). «Perseveranti nella preghiera».

Un

altro frutto spiri-

tuale che scaturisce dalla visita al Santuario dell'Amore

Misericordioso di CoUevalenza, è il recupero di quella filiale che si esprime nella preghiera perseveran-

fiducia

te e gioiosa. Il

Padre nostro

ci

permette di esprimere con

effica-

ce semplicità le nostre richieste materiali e spirituali

La novena all'Amore Madre Speranza e strut-

nella certezza di essere esauditi.

Misericordioso composta da

turata sulle varie espressioni del

Padre Nostro aiuta

suscitare fiducia e contrizione per chiedere a

a

Dio

particolari grazie.

«Gesù mio, usare

la

a te ricorro in questa prova. Se tu vuoi

tua clemenza con questa misera creatura tua,

Per il tuo amore e la tua misericormie colpe, e quantunque sia indegno di ottenere ciò che ti domando compi pienamente i miei desideri se ciò è di gloria per te e di bene all'anima mia. Nelle tue mani mi rimetto: fa di me secondo il tuo piacimento» (Novena). «Solleciti per le necessità dei fratelli». Ultimo frutto è quello di recuperare un atteggiamento fraterno e una maggiore disponibilità verso gli altri. Il Santo Padre Giovanni Paolo II, nella sua visita al Santuario, parlando alla Famiglia Religiosa dell'Amore Misericordioso disse: «Se Dio ed il suo amore sono per noi la consolazione che nessuno può sottrarci - nessuno vi potrà togliere la vostra gioia - siamo chiamati al tempo stesso trionfi la tua bontà.

dia

perdona

le

ad alimentare in noi

la sollecitudine

insopprimibile di

un tale amore». comandamento di Gesù «amatevi

partecipare a tutti Il

202

DOMENICO CANGI AN

-

GIOVANNI FERROTTI

gli

uni

gli altri»

è scritto ai piedi del Crocifisso, nel

Vangelo aperto.

Questo comandamento deve tradursi

in gesti concreti

di

perdono, di collaborazione, di

fattiva solidarietà spe-

cialmente verso i più bisognosi. «Grande e inestimabile è il valore della Carità! Quanto dobbiamo essere grati al nostro buon Gesù

per averci tratto dal seno dell'Eterno Padre questo fuoco santo!... Facciamo del bene a tutti senza distinguere tra buoni e cattivi, parenti o estranei, amici o nemici. Facciamo tutto il bene possibile senza mai saziare in noi questa

fame

della felicità altrui» (Esci,

pp. 355-356).

SANTUARIO DtLLAMORE MISLRICORDIOSO

203

SANTUARIO PER LA DIACONIA DELL'EVANGELIZZAZIONE E DELLA LODE

ASSISI:

P.

GIULIO BERRETTONI

Custode del Sacro Convento

di S.

Francesco d'Assisi

«Però chi d'esso loco fa parole, dica Ascesi, che direbbe corto,

non

ma

Oriente, se proprio dir vole» (Dante).

Introduzione

Da sempre, ma con sfumature diverse dal 27 ottobre 1986, il Santuario che custodisce le spoglie di san Francesco d'Assisi è chiamato ad essere segno e profezia per la Chiesa e l'umanità intera. «Dobbiamo mantenere Assisi"

non

anche per

vivo

il

genuino "Spirito

solo per dovere di coerenza e fedeltà,

offrire

un motivo

di

ma

di speranza alle future ge-

nerazioni.

Nella città del Poverello abbiamo mino che deve proseguire» \

iniziato

un cam-

Con questo pregnante invito il Pontefice esortò a prendere sempre più coscienza dell'evento Assisi, non solo per il passato ma principalmente per indicare un cammino da percorrere. Ecco, allora, che la Patriarcale Basilica, alle soglie del Terzo Millennio diventa una tappa «obbligatoria» per l'uomo che fa della pace il suo impegno quotidiano. Assisi, quindi,

'

tore

si

inserisce nell'armoniosa cornice

Giovanni Paolo II, Messaggio per Romano», 1 gennaio 1992, p. 3.

204

GIULIO BERRETTONI

la

xxv Giornata

della pace, in «L'Osserva-

devozione deiruomo che guarda al «Colle del Paradiso» come porto sicuro nel tempestoso cammino della vita. Sì, perché Francesco è pace, della fede e della

serenità.

Se diamo una lettura ai dati presentati dall'ufficio stampa del Santuario di Assisi ci si accorge come la Basilica di San Francesco continua a richiamare migliaia di pellegrini provenienti da ogni parte dell'emisfero. Una devozione che non ha confini e spazia in tutte le latitudini.

Infatti

i

dati del 1994

milioni di pellegrini

confermano che più di cinque fatto tappa al Santuario

hanno

Pace più famoso del mondo ^ Certamente le parole del Pontefice Giovanni Pao-

della

lo II, nel

e

con

dare inizio

alla

«Grande preghiera per

l'Italia» sintetizzano l'universalità

l'Italia

dell'Uomo

di

Santo Poverello appartiene a tutta la cristianità e a tutta l'umanità. La sua testimonianza evangelica continua a costituire una forza potente per tutti coloro che desiderano servire la giustizia e la pace. Essi tornano costantemente ad Assisi cercando là ispirazione e sostegno anche di fronte alle sfide dei tempi Assisi: «Il

odierni».

Ma

vediamo le cifre piii significative dell'affluenza al Santuario francescano. sono ormai cinque milioni, da 58 Paesi stranieri, che salgono ad Assisi per ammirare l'arte ma soprattutto per incontrare r«Alter Christus». Dall'Italia gruppi organizzati sono stati 2.656 con 116.520 pellegrini; dall'Europa 4.171 con 150.485 pellegrini; dai Paesi dell'Est 1462 gruppi con 57.266 pellegrini; dalle Americhe gruppi sono stati 1.553 con 55.083 pellegrini; infine, dall'Asia 2.238 gruppi con 50.500 pellegrini. Ma al di là dei numeri significative sono 2

I

pellegrini

i

i

state le

presenze provenienti dalla Russia, da Taiwan, dalla Cina. Infine,

la

presen-

za di circa 84 gruppi dalla Croazia e 7 dalla Slovenia, zone queste martoriate dalla

guerra.

Per quanto concerne l'Italia, il maggior numero di pellegrinaggi è da scrivere Lombardia con 472 gruppi e 16.683 pellegrini. Interessante la presenza massiccia dei giovani, circa 4.000. che ad Assisi hanno cercato di far luce sulla propria vocazione attraverso il centro Unitario di Pastorale Giovanile e Vocazionale. Per dati statistici cfr.: E. Fortunato, Il luogo dove Francesco parla ancora al cuore di ogni uomo, in «L'Osservatore Romano», 19 marzo alla

i

1995,

p. 4.

ASSISI:

SANTUARIO PER LA DIACONIA

205

Una domanda

Non possiamo non

fare nostra la

compagni pose

domanda che uno

«Perché a te, Perché a te?». Santo Francesco rispose: «Che è quello che tu vuoi dire?». Disse frate Masseo: «Dico, Perché a te tutto il mondo viene dietro, e ogni persona pare che desideri di vederti e di udirti e di dei primi

Perché a

a Francesco:

te,

ubbidirti?

Tu non

sei bello

uomo

del corpo, tu

non

grande scienza, tu non sei nobile; onde dunque a che tutto il mondo ti venga dietro?» \ di

E stata,

certamente, una

ta nella semplicità di fra

l'attrazione che

ogni

l'Uomo

domanda

il

segreto del-

di Assisi esercita su

come uomo, come uomo

te

profetica incarna-

Masseo. Sta qui

età, professione, razza, e religione:

realizzato

sei

il

di Dio.

persone di suo essersi

Ecco

per-

ché Francesco diviene proposta di una umanità piena-

mente

riuscita.

L'uomo

alle soglie del

terzo millennio

sente evocare una sola realtà: pace, con se stesso, pace

con gli altri, pace con l'Altro. Tutto ciò pone ancora delle domande profonde: perché Assisi è diventata crocevia del mondo dove uomini di ogni razza, cultura e religione si incontrano? Perché è diventata meta di tanti pellegrini provenienti da tutte le parti dell'emisfero? Perché è diventata centro di irradiazione di una spiritualità di pace e di ecu-

menismo?

La

risposta o le risposte?

possono essere tante, ma il motivo è uniFrancesco morto vive ancora, parla ancora al cuore di ogni uomo, ricordando a tutti le «odorifera

Le

risposte

co: qui

'

206

Fonti Francescane, 1838.

GIULIO BERRETTONI

\

verba Christi» del

il

mondo! (Eb

quale è

ieri,

oggi e sempre

il

Salvatore

13,8).

Alla base del Santuario di Assisi, riposano

comun-

realtà imprescindibili per l'umana convivenl'uomo fratello dell'altro uomo. Il messaggio che scaturisce dal Santuario di Assisi, non è un messaggio per «i pochi» ma un appello rivolto ad ogni uomo. Lo stesso Santo ci insegna la legge di un pensare positivo. Nel descrivere il perfetto frate minore asserì: «la fede di Bernardo, che la ebbe perfetta insieme all'amore per la povertà; la semplicità e la purità di Leone, che rifulse veramente di santissima purità; la cortesia di Angelo, che fu il primo cavaliere entrato nell'Ordine e fu adorno di ogni gentilezza e bontà; l'aspetto attraente e il buon senso di Masseo, con il suo parlare bello e devoto; la mente elevata nella contemplazione che ebbe Egidio fino alla più alta perfezione; la virtuosa incessante orazione di Rufino,... la pazienza di Ginepro... la robustezza fisica e spirituale di Giovanni delle Lodi... la carità di Ruggero,... la santa inquietudine di Lucido...» In siffatta prospettiva l'uomo è visto non più come ostacolo, come rivale, ma come integrazione per raggiungere una armonia completante per la crescita e lo sviluppo dell'umana convivenza. Cogliere l'aspetto positivo dell'altro e con lui costruire l'alba del terzo Millennio. Ad Assisi, quindi, «riposa l'uomo fratello dell'altro uomo, così come san Francesco lo ha sempre voluto ed auspicato» \ Ad Assisi, quindi, ci si incontra perché matura sempre più nella coscienza dell'uomo contemporaneo la consapevolezza di cosa sia l'uomo, del luogo ove deb-

que alcune za:

"*

^

Fonti francescane, 1782. P. Poupard, // Vangelo nel cuore delle culture.

zione, Città

Nuova, Roma 1988,

Nuove frontiere

dell' incultura-

p. 138.

ASSISI:

SANTUARIO PER LA DIACONIA

207

Chi possa oggi aiutarlo a trovare una stabile dimora, una vita autentica, una convivenza nella pace^ Per tali realtà l'Assisiate rappresenta l'icona ba tendere,

di

più perfetta,

la

Da

Assisi

per

la

del

strada migliore.

una «proposta francescana» nuova evangelizzazione all'uomo Terzo Millennio

Molti sono coloro che oggi evidenziano una mentalità «laica», «storicistica», «relativistica»,

«nichilista»

con una prospettiva decisamente non rosea per chi vuole varcare «le soglie della speranza». Il destino e l'agire dell'uomo non vengono esplicitamente staccati da Dio; di fatto però la maggior parte della gente vive, prende decisioni, spera e pianifica la sua esistenza senza riferirsi a lui, alla sua legge, alla sua volontà". In siffatta situazione Francesco apre la speranza all'azione di Dio nella storia. L'umanità è chiamata dal Poverello a costruire la Città dell'Amore, la civiltà della Pace. Ecco, allora, che dal «monte di Assisi», la nuova alleanza con Dio parte da alcune prospettive importanti.

Uuomo

creatura di

Dio

La consapevolezza profonda della creaturalità dell'uomo è di sicuro il presupposto principale che l'uomo Francesco ci comunica. Egli è profondamente convinto che l'uomo in quanto creatura è povero di fronte al Dio della Vita. Il bene che l'uomo è ed ha è ^ Cfr. P. Poupard, L'antropologia sottesa agli incontri di Assisi, in Aa.Vv., Prospettiva Speranza, Editrice Velar, Assisi 1994, pp. 14-23. ^Cfr. G. Iammarrone, La testimonianza francescana nel mondo contemporaneo, Messaggero, Padova 1988, p. 76.

208

GIULIO BERRETTONI

un bene

ricevuto; ecco perché egli

deve essere

un inno

con

tutta la sua vita

di ringraziamento e di lode al

suo

Creatore ^

La relazione con il Creatore, con Dio, costituisce il fondamento basilare, da cui promana l'antropologia teologica del Poverello. La meravigliosa espressione tramandataci dalle sue ammonizioni costituisce la bussola del suo pensare: «L'uomo quanto vale davanti a Dio, tanto vale e non più»^ Ecco, allora, che la relazione con Dio in ultima istan-

za assurge a causa esemplare e finale dell'uomo. Fran-

cesco è ancorato con Dio.

alla

salvaguardia del primario rappor-

to

E

solo ed unicamente da tale relazione che l'uomo

assurge ad una situazione esistenziale valoriale «subli-

me»



ad un «primato assiologico teo-antropologico

umaperdono

eccelso, fatto di libertà coscienziale e relazionale

na somma, esteso

ai

torità, di

di

amore

gratuito e senza limiti, di

nemici, di rispetto particolarmente verso l'auaccettazione amorosa dell'altro con

i

suoi

li-

miti anche se ladro o brigante o peccatore, di servizio fraterno, di misericordia, di umiltà, di serenità relazio-

nale anche in presenza di situazioni avverse, di perfetta

lavoro non mercibeni terreni, di obbedienza caritativa, di un rapporto muliebre affettuoso, trasparente, casto, caratterizzato da speciale cura e sollecitudine ed infine assurge ad un primato teo-antropologico caratterizzato da una fraternità cosmica»".

letizia

anche davanti

alle ingiurie, di

ficato, di distacco dai

Cfr. Ammonizione XX. Ammonizione xx. '° \J Ammonizione \\ così afferma:«Considera, o uomo, in quale sublime condizione ti ha posto Dio che ti creò e ti fece a immagine del suo diletto Figlio secondo corpo, e a sua similitudine secondo lo spirito...». ^

^

il

' '

in E.

Roma

E. Covi, //

Covi

(a

Dio di Francesco e dell'uomo moderno: convergenze e divergenze, di), L'Esperienza di Dio in Francesco d'Assisi, Laurentianum,

cura

1982, pp. 18-19.

ASSISI:

SANTUARIO PER LA DIACIONIA

209

Uno con

stile

penitenziale sobrio

canto sulle labbra

il

Francesco sa bene, inoltre, che l'uomo tendenzialè portato ad adorare l'idolo del proprio io piuttosto che la paternità di Dio. Questo presupposto chiaro della lontananza dell'uomo dal suo Creatore gli ha

mente

comprendere l'importanza di uno stile di vita segnato dall'aspetto penitenziale ma sempre con il canto

fatto

sulle labbra. Il

Santo di Assisi

loro che giungono

sperimentato da tutti coSantuario come l'uomo della gio-

è, infatti,

al

Dal momento della sua congiorno della morte fu molto duro con il suo corpo, con se stesso. Ma il suo più alto e struggente impegno fu quello di possedere e conservare abitualmente la gioia interiore ed esteriore, gioia che sgorga da un cuore posseduto da Dio e amante dell'uomo -^ Il Cantico di frate sole rivela a tutti il fascino delia creazione ed esprime un cuore grato ricco di gioia nel sentirsi fratello di tutto ciò che il «bon Signore» ha donato a lui e ad ogni uomo che vive nel mondo. Il suo canto echeggia nel Santuario di Assisi nelle pitture di Giotto, nelle pietre della basilica dove riposa. Ma non deve restare lì, non deve spegnersi nel silenzio. Il suo canto risveglia i frati, custodi del suo corpo, risveglia gli uomini di ia,

del canto sulle labbra.

versione

al

qualsiasi razza e religione.

\]n principio importante: la fraternità

Come

si è accennato, una delle conseguenze più importanti dell'esperienza di Dio nella vita di Francesco è il suo senso vivo e forte della fraternità tra gli

uomini e

già

il

suo decisivo impegno per testimoniare que-

'^Cfr. Fonti Francescane, 635.

210

GIULIO BERRETTONI

profondamente

sto valore «altamente evangelico e

umano»

^\

Gli Scritti del Poverello evidenziano

sia stata forte

tello di tutti»,

questa consapevolezza. Si considera «fradesidera che tutti gli uomini si accolgano

nella carità di

devolmente;

come

Dio come

fratelli,

inoltre, l'augurio di

tizza l'essenza della sua

perdonandosi vicen«Pace e bene» sinte-

predicazione

'^

Alcuni aspetti peculiari del Santuario

Il tessuto liturgico si fa alleanza tra l'uomo e Dio nel messaggio di fede di Francesco rende concreta la sua proposta mediante il servizio nel sacramento della riconciliazione e l'animazione liturgica che rappresentano il tessuto vitale per una «nuova evange-

Il

Santuario che

trasmettere

il

lizzazione». Infatti, la sollecitazione

pastorale è stata sempre pre-

Francescani Conventuali e ai responsabili del Sacro Convento e dell'Ordine che per corrispondere adeguatamente hanno voluto ad Assisi, per quanto possibile, una grande Comunità aperta e internaziosente

nale

ai

^^

Centro culturale

Ma

l'intero

artistico

complesso -

Tomba

di san Francesco,

Basilica Inferiore e Superiore e Sacro

Convento -

è

un

centro culturale e artistico che offrono occasioni privi-

G. Iammarrone, op. cit., p. 91. Cfr. Regola non bollata, 14, 2. " Oggi ad Assisi si è 52 frati provenienti da 17 nazioni. Tutto ciò per essere in grado di accogliere e di assistere nella propria lingua numerosi gruppi che quotidianamente giungono dalle varie parti del mondo. ^'

'•*

i

ASSISI

SAN'mARIO PHR LA DIACONIA

211

un arricchimento umano e religioso, culturale e francescano. La componente religiosa, anche se preponderante nelle sue motivazioni, non è l'unica a

legiate per

collocare la città di Assisi fra

i

centri di notorietà uni-

amata quanto le maggiori città italiane; indubbiamente per le sue prerogative religiose ma anche di arte, di cultura e di tradizioni storiche e popolari. E certamente noto come la Basilica di San Francesco rappresenta la più ricca antologia delversale: essa è conosciuta e

l'arte italiana nel

Trecento.

All'alba del Terzo Millennio, la Comunità francescana del Sacro Convento avverte con sana inquietudine la necessità di far sì che il suo servizio all'uomo dei nostri tempi sia sempre più evangelico ed efficiente per fargli «gustare» l'incontro con i cicli pittorici di Pietro Cavallini, Giotto, Cimabue, Simone Martini, Lorenzetti e altri, in altre parole con la Bibita pauperum: con

Dio.

Ed è proprio quest'ultimo motivo che fa coniugare in nome del Poverello un meraviglioso interscambio tra fede ed arte, storia e religione di un popolo in cammi-

E

complesso che parla e annuncia alcuni tempo, uniscono le generazioni, mettono la gloria nel cuore, sono accolti da tutti senza alcuna differenza e invitano a guardare in alto: Francesco fratello di tutti; Francesco povero e itinerante; Francesco uomo fatto preghiera; Francesco missionario del Vangelo; Francesco strumento di ricon-

no.

l'intero

valori che resistono al logorio del

ciliazione e di pace. Il

Santuario

è,

anche, un crocevia di dialogo con

mondo contemporaneo, nuamente ti

di san

cativa e

si

il

susseguono conti-

incontri, simposi, manifestazioni, in cui

i

fra-

Francesco desiderano essere presenza signifiaprirsi al dialogo con diverse culture e

amano

religioni.

212

per cui

GIULIO BERRETTONI

Lo

«spirito di Assisi»

Di non poca rilevanza

le

pontefice Giovanni Paolo

giornate di Assisi volute dal II nell'ottobre

1986, dove

si

incontrarono tutti i massimi rappresentanti delle religioni per invocare il dono della pace, e in gennaio 1993 dove si pregò per la pace in Europa e specialmente nei Balcani con i Presidenti delle Conferenze episcopali d'Europa e con i Capi delle Comunità ebraiche e musulmane.

Due appuntamenti

questi che

hanno ridisegnato

il

«volto del Santuario» arricchendolo di una spiritualità

pace senza precedenti. Incontri che, mentre si allontanano nel tempo, anziché sbiadire, come un tramonto che lentamente cala nella notte, salgono nel cielo ed inducono l'uomo di buona volontà a levare la testa e a guardare e a cogliere un messaggio: la pace dipende anche da te! Da questi eventi è nata la locuzione 5-p/n/o di Assisi con un significato pluridimensionale. E da sottolineare, comunque, la dimensione più strettamente ecumenica intesa come ricerca della piena comunione dei battezzati che riconoscono la loro incorporazione in Cristo. Assisi oggi ancora più di ieri è luogo di accoglienza e pastorale ecumenica. A tale proposito ci sono Frati impegnati in questo servizio con un luogo di predella

ghiera riservato nell'ambito della Basilica.

La pastorale vocazionale

Non manca

infine la proposta vocazionale. Assisi e

Francesco esercitano sempre un fascino mordente sui Ciò ha creato una sana inquietudine. Ci spinge a servire giovani con un progetto educativo che metta in evidenza un insieme di idee, di orientamenti, di valori, di itinerari educativi. Perché l'incontro dei giovani.

i

ASSISI:

SANTUARIO PER LA DIACONIA

213

giovani con Francesco d'Assisi porti all'incontro con Gesù Cristo e ad un servizio più generoso e responsabile alla Chiesa.

La pastorale giovanile

è resa concreta mediante i convegni annuali, campi scuola e centri di ascolto, zone di silenzio nel Convento per favorire l'umile e appassionata ricerca del volto di Dio. E questo uno dei compiti primari che come Santuario, per eccellenza, del «mondo francescano» cerca di sviluppare e testimoi

niare.

Roma

-

Assisi

-

Gerusalemme

Terzo Millennio, una nuova triade rende plastica l'immagine dei nuovi pellegrinaggi. Roma, Assisi e Gerusalemme si ergono sempre più a fari di luce e di fede per l'uomo che sta per varcare le soglie del Terzo Millennio, le soglie della speranza. L'uomo contemporaneo nel tempestoso mare della società odierna vede in queste tre città il sospirato porto della pace interiore, la risposta ai suoi mille «perché». Il Poverello di Assisi sembra tendere le sue braccia alle due grandi capitali della fede: Roma e Gerusalemme. Il Santo a Roma voUe andare per «stipulare» la filiale obbedienza alla «santa madre Chiesa»; mentre ad Oriente volle concretizzare il suo essere missionario per la causa di Dio. Ancora una volta Francesco profeta dei All'alba del

nostri tempi!

Conclusione Santuario di Assisi in tali prospettive fa sue le paGesù Cristo Dio non solo parla all'uomo, ma lo cerca. L'Incarnazione del Figlio di Dio testimonia che Dio cerca l'uomo. Di questa ricerca Il

role del Papa: «In

214

GIULIO BERRETTONI

Gesù

come

una pecorella smarrita. E una ricerca che nasce nell'intimo di Dio... Dio cerca l'uomo spinto dal suo cuore di Padre» ^^ I frati di Assisi desiderano cercare l'uomo con il cuore di Dio e con le mani di Francesco per fare del Santuario di Assisi l'altare dell'alleanza tra Dio e l'uomo. E con Francesco tutti coloro che sostano ad Assisi non potranno non gustare «le fragranti parole del Signore». 16

parla

Giovanni Paolo

II,

del recupero di

Tertio Millennio Adveniente, 7.

ASSISI:

SANTUARIO PER LA DIACONIA

215

SANTUARIO E PELLEGRINAGGIO NELLA PALESTINA DELLETÀ DEL BRONZO MEDIO (2000-1600 A.C.): RECENTI SCOPERTE SULLE AREE DI CULTO APERTE E GLI «ALTI LUOGHI» DEI CANANEI PROF.

LORENZO NIGRO

Docente nell'ISSR «Ecclesia Mater»

Le

scavo e di ricerca archeologica in Siria prima metà degli anni '90 hanno aggiunto nuovi dati alle nostre conoscenze sui Santuari e sui culti delle popolazioni della Terra di Canaan in età preclassica e segnatamente nella Età del Bronzo Medio (2000-1600 a.C). Mentre è venuta confermandosi sempre più l'unità culturale della regione siro-palestinese in questo periodo (Matthiae 1990), sono emerse dagli scavi nuove testimonianze sui grandi Santuari cittadini che in quasi tutti i principali centri urbani della regione costituivano il fulcro urbanistico e attività di

e in Palestina svolte nella

religioso delle città.

Le scoperte

recenti

hanno

nuovi dati sui luoghi di culto

in special

modo

fornito

questa regione, gli spazi culturali aperti rialzati definiti «alti luoghi» Xhamòi) nei testi biblici, che rimanendo per secoli caratteristici del culto in questa regione, saranno oggetto della famosissima riforma religiosa di Giosia narrata nel tipici di

secondo Libro dei Re (Dever 1994: 148-149). L'origine delle terrazze rialzate nell'Età del Ferro (come quelle rinvenute a Dan o Taanach: Biran 1994; Rast 1994) risale dunque nel tempo sino all'epoca del maggiore sviluppo urbano siro-palestinese del Bronzo Medio. Già in quest'epoca tali apprestamenti per il culto costi-

216

LORENZO NIGRO

il cuore dei grandi Santuari palestinesi, i quali erano meta di pellegrinaggi cui partecipava, in determinate occasioni, tutta la popolazione della città-stato, e, a tal fine, non erano costituiti esclusivamente da tem-

tuivano

pli chiusi,

ma

avevano come spazi irrinunciabili e

qualificanti aree aperte destinate al culto, fornite di arredi

fissi

e di installazioni. Proprio lo studio di queste

aree aperte, siano esse piazze, piattaforme, recinti sacri,

approfonditamente quali fossero i luoghi del culto dei Cananei nella fase di maggior splendore della cultura urbana siro-palestinese, quella del Bronzo Medio II, tra 1850 e 1550 a.C. Si

ha consentito

di potere valutare più

tratteranno in questa sede

maggiormente

i

luoghi di culto considerati

significativi dal

punto

di vista delle possi-

bilità di ricostruire le attività religiose

che

vi

venivano

svolte.

Le testimonianze archeologiche mostrano come proprio in questo periodo nella regione siro-palestinese le aree sacre divengano aree aperte - sebbene chiaramente separate per mezzo di recinti dal resto urbano - dove vengono ospitate attività cui partecipa un gran numero di fedeli, al-

del tessuto religiose

meno

a giudicare dallo spazio reso disponibile all'in-

terno dei temenoi. Nella

città di

Megiddo una

delle più antiche aree

sacre della Palestina, Tarea che aveva ospitato

pale Santuario cittadino sin dal periodo tico (strato

XIX),

registra

una

il

Tardo

princi-

Calcoli-

significativa trasforma-

zione in spazio di culto aperto nello strato

xii,

nel cor-

(Dunayevsky e Kempinski 1973: Al posto del Tempio (4040) e della terrazza cultuale (4017) che costituivano il Santuario del periodo precedente (Bronzo Antico IIIB-IV), si trova un'area sacra, delimitata da un recinto, in cui sorge al centro un temenos interno con un piccolo Santuario e,

so del XIX secolo a.C. 176,

fig. 12).

SANIUARIO E PLLLLCiRlNACiC.K) NELLA PALESTINA

217

Fig. 1 al

II

centro

stele (in

da un

temenos di Megiddo nello strato XII, a sinistra il Palazzo 5001, doppio recinto sacro, con il sacello di culto e il Santuario delle

il

basso a

lato,

sinistra).

un

sacello circondato

da

stele i^ig. 1).

Non

è

certo se queste, le bibliche massebòt, fossero segnacoli installati in

ricordo degli antenati defunti, ovvero fosse-

ro indispensabili arredi in onore della divinità titolare

molto presumibilmente la grande dea della fertilità dei Cananei, Ishtar, la Asherah dei testi biblici. Sembra invece chiaro che tutto lo spazio delimitato dal doppio recinto dovesse costituire l'area di culto e che questo dell'area,

ampio quartiere aperto dovesse servire a cerimonie religiose cui partecipavano numerosi fedeli. Forse proprio la necessità di ospitare contemporaneamente molti fedeli,

partecipanti a cerimonie che coinvolgevano tutta la

popolazione (tra le quali si può ascrivere anche il pellegrinaggio) aveva infatti portato a concentrare le funzioni

218

LORENZO NIGRO

religiose in

un unico

esteso settore della città (Fig.

1).

Non vi sono però ulteriori testimonianze dell'uso di terminare pellegrinaggi in queste ampie aree sacre. Una struttura analoga presente, in quest'epoca, la cosiddetta Chapelle Orientale di Biblo (Saghieh 1983: tav. XXII), dove il luogo di culto presenta la tipica struttura siro-palestinese con il sacello principale che domina al centro un'area racchiusa da un muro di recinzione. Tuttavia, mentre il Santuario vero e proprio, che prende forma già nello strato KIV e nel successivo JI, è forse più direttamente paragonabile alla precedente area sacra di

Megiddo

XV-XIIIA (la plastessa del Tempio

degli Strati

nimetria dell'edificio sacro è la 4040), un'altra area sacra nella stessa Biblo si qualifica come spazio attrezzato per attività religiose comunitarie. Si tratta

del

delimitata da

Champ

uno

des Offrandes, un'area di culto spesso muro di recinzione e occupa-

m

centro da un podio alto circa 1 (Saghieh 1983: 30-32, fig. 9, tav. Vili), una terrazza quadrata di 7,25 ta al

m

di lato costituita

da un basamento

in pietra. All'interno

venne anche utilizzacon offerte votive, in

del recinto sacro lo spazio aperto to per scavarvi fosse riempite

questo caso piccoli vasetti miniaturistici (sono stati 22 depositi votivi in tutta l'area). Il culto nelle aree aperte era dunque legato, oltre che a cerimonie religiose cui partecipava un cospicuo numero di fedeli, anche a rituali offertori, nei quali venivano dedicate offerte contenute in genere in piccoli recipienti, come coppe o bicchieri in ceramica. Queste ultime, assieme al loro contenuto (cibi pregiati, vino, carboni, profumi, ecc.) erano deposte in fosse che venivano richiuse utilizzando terreno incontaminato raccolto nel-

identificati più di

le

campagne

ma

all'esterno dei centri abitati.

La

piattafor-

centrale rialzata serviva invece a funzioni liturgiche,

che eventualmente contemplavano sacrifici, le quali potevano essere seguite da tutti fedeli convenuti che assistevano al rito celebrato sull'«alto luogo» disponeni

SANTUARIO E PELLECiRINAGGK) NELLA PALESTINA

219

dovisi intorno. Inoltre, la disposizione urbanistica dei

luoghi di culto a Biblo suggerisce l'esistenza di attività religiose unitarie che si svolgevano nei diversi Santuari. Tutti

i

principali luoghi di culto della città

si

dispongo-

sistema viario circolare e radiale delno la città. Il centro del quartiere religioso è rappresentato dal pozzo sacro vicino alla sorgente attorno alla quale si era formato originariamente l'insediamento. I prininfatti

lungo

il

sono dunque collegati da un itinerario concentrico, che poteva essere percorso da processioni di fedeli che visitassero in successione i diversi Santuari. Non tutti i luoghi di culto erano però collecipali edifici sacri

gabili nelle funzioni religiose; tuttavia, le aree aperte

sembrano essere

complementari ai templi veri e propri, e così è assai probabile che il cosiddetto Champ des Offrandes e VEnceinte Sacrée fossero due aree aperte più o meno direttamente coUegate al principale Santuario della città, il grande Tempio della Balaat Gebal, la maggiore divinità cittadina, assimilata alla dea egiziana Hathor (Scandone Matthiae 1991), la quale doveva presentare le stesse caratteristiche della dea Ishtar state

dei Cananei, signora della fertilità e della guerra.

Mentre da una parte

la struttura

urbana

di Biblo

suggerisce, con la sua molteplicità e varietà di luoghi di

cerimonie itineranti, e, dall'all'ampiezza del temenos di Megiddo spinge e ritenere che vi si svolgessero grandi adunate di fedeli, re\ddenza archeologica della pratica dei pellegrinaggi nel Bronzo Medio è limitata all'attestazione di Santuari extra-cittadini. I Santuari isolati nel territorio all'esterno dei centri urbani testimoniano con la loro stessa esistenza l'usanza dei pellegrinaggi. Tra questi, il più direttamente confrontabile con la grande area sacra di Megiddo e con i recinti di culto di Biblo è quello di Nahariyah (Dothan 1956). La località archeologica è situata a breve distanza dalla costa all'estremità settenculto, l'effettuazione di

tra,

trionale della Galilea e gli archeologi

220

LORENZO NIGRO

hanno supposto

più vicina si trovasse a breve distanza sulla riva meridionale del Fiume Ga'aton. Come a Megiddo, su un lato dell'area sacra si trovava un Santuario del tipo a Breitraum (10,7 x 6,2 m), che non doveva essere tuttavia l'unico luogo di effettuazione delle attività religiose, a giudicare dai numerosi apprestamenti presenti nella piazza antistante, tra i quali spicca una hamah, che di nella fase meglio conservata (B) raggiungeva 14 diametro ed era accessibile per mezzo di due gradini. All'estremità sud-ovest della piattaforma un podio rettangolare ulteriormente rialzato si erigeva di circa 1 m. Di fronte aUa hamah, dal lato opposto del percorso di accesso al Santuario, si trovava un'installazione delimitata da grosse lastre e affiancata da un piccolo altare

che

la città

m

costruito in pietra. Testimonianze delle attività cultuali

sono

state riconosciute dagli archeologi nella

pavimen-

tazione della piattaforma. Si tratta di macchie provocate

presumibilmente da libagioni di sostanze oleose e, forse, dalla combustione di resine e profumi. Nei dintorni della piattaforma sono stati rinvenuti numerosi hothroi con vasi da cucina e da mensa, tra i quali spiccano per la loro specifica funzione cultuale i vasetti miniaturistici (DoTHAN 1956: fig. 5), o i vasi rituali composti da sette coppette (DoTHAN 1956: fig. 4) o con figurine applicate sul collo, che erano stati deposti con all'interno cibi o sostanze particolari e, in un caso contenevano alcune figurine bronzee. Tra le offerte votive ritrovate figurano statuine in bronzo (una in argento) della dea della ferti-

(DoTHAN

1956: tav. 5), perle di differenti materiali preziosi, tra le quali una in calcedonio rosa raffigurante

lità

un leone accucciato e una in agata raffigurante una codue animali sacri alla dea Ishtar (Dothan 1956: tav. 4: A). L'insieme di questi ritrovamenti porta dunque a ritenere che anche quest'area sacra fosse dedicata alla grande dea della fertilità dei Cananei. Una conferma dei dati offerti alla metà degli anni '50 dalla scoperta del Santuario di Nahariyah si è avuta

lomba,

i

SANTU/VKIC) E PELLLCiRINACKlK)

NELLA PALESTINA

22

1

dagli scavi nell'Area Sacra di Ishtar a Ebla effettuati dalla fine degli anni '80 a Teli Mardikh e ancora in cor-

so (da ultimo Matthiae 1993a; 1993b). Sebbene in forassai più monumentale, come si addice al principa-

ma le

Santuario di uno dei capoluoghi della regione siro-

palestinese, l'Area Sacra della dea Ishtar a

pone molto

aperti dei Santuari palestinesi {Fig. 2).

menos approssimativamente quadrato

fig.

2

L'Area Sacra

numento P3

222

Ebla ripro-

dei tratti caratteristici dei luoghi di culto

di Ishtar a

(sulla sinistra) e

LORENZO MGRO

il

Nel grande (circa

100

Ebla con il Tempio P2 (al centro), pozzo sacro della dea al centro.

te-

m

il

di

Mo-

aveva una posizione preminente un monumentale del tipo a Langraum, lungo 35 m, che sarà il prototipo dei successivi templi con torri anteriori di lato)

Tempio

Sichem e Megiddo (Matthiae 1990; Nigro 1994), ma anche per attività cultuali esterne che dovevano avvenire all'aperto nella grande piazza

l'area era attrezzata

antistante

il

Tempio

P2.

lato occidentale del recinto

Il

sacro era occupato da una terrazza cultuale di eccezio-

dimensioni (52,5 x 42,0 m), costruita interamente in con le pareti inclinate, la cui edificazione non era ancora terminata al momento della distruzione finale della città ad opera del re hittita Mursili I nel 1600 a.C. Si tratta, come osservato acutamente da P. Matthiae (Matthiae 1993b: 6), della più monumentale hamah sinora nota, una terrazza che doveva sicuramente essere utilizzata per cerimonie religiose cui potevano partecipare numerosi fedeli, assistendo alle funzioni dalla

nali

pietra

piazza sottostante. le, la

Una

corte rettangolare inaccessibi-

cui funzione di fosse dei leoni è stata ipotizzata

grazie al ritrovamento di

un

ni indizi rintracciabili nella

riana

(Matthiae 1994),

si

sigillo cilindrico e

produzione

apriva all'interno della piat-

taforma. L'esplorazione della piazza antistante

pio P2 e

la

ad alcu-

glittica paleosi-

il

Tem-

terrazza cultuale, ha fornito molteplici indi-

cazioni sulle attività di culto che venivano effettuate in

quest'area aperta, riportando alla luce depositi votivi e diverse installazioni. Alla fase iniziale del dio,

appartengono due deposizioni

Bronzo Me-

di levrieri effettua-

meridionale della piazza, nei pressi del piede della fortificazione dell'Acropoli. Si tratta di un usanza tipica degli Amorrei, che riporta alla componente nomadico pastorale della popolazione del regno te nel settore

Di poco successivi sono due depositi votivi coda fosse contenenti coppe in ceramica riempite con terreno agricolo depurato prelevato nelle compagne. Al centro della piazza alcuni blocchi calcarei squadi Ebla. stituiti

SANTUARIO L PELLEC.RINACXHO NELLA PALESTINA

223

drati delimitavano un'area rettangolare nella quale,

chiusa superiormente dalla più recente pavimentazione della piazza, si trovava una cisterna scavata nella

che era stata utilizzata come favissa nel corso

roccia,

Bronzo Medio (xix secolo a.C). In questo pozzo sacro sono stati ritrovati circa 400 redella fase centrale del

o gettati come contenitori o in quanto arredi ormai dismessi del Tempio P2. Oltre a numerosissime perle e vaghi di cipienti in argilla deposti di doni votivi

collana in diversi materiali pregiati (oro, lapislazzuli,

doni della dea nuda,

cristallo di rocca, ametista, corniola, ecc.), tra

votivi

si

distinguono

le figurine fittili

raffiguranti Ishtar la dea titolare dell'area.

dinario interesse sono armille, bracciali,

uno

gli

Di

oggetti di bronzo, tra

i

straori

quali

spillone con capocchia a melo-

ne, un'ascia e soprattutto

un piccolo

vitello e otto ser-

primi rinvenuti in un contesto del Bronzo Medio sicuramente riferibile alla grande divinità femminile dei Cananei. Inoltre, nel riempimento del pozzo, abbondavano carboni e ossa animali, la maggior parte di ovini, ma anche, in minor misura, di volatili, forse colombe. La grande quantità di queste offerte e la quasi totale certezza che esse furono gettate nella penti,

i

favissa in tre

momenti

successivi, ricavabile dall'anali-

riempimento, ci fornisce testimonianza dell'effettuazione di tre grandi cerimonie relisi

stratigrafica del

giose, alle quali, a giudicare dal

numero

delle offerte

numerosi fedeli. La nuova evidenza eblaita conferma dunque l'interpretazione dei grandi spazi aperti dei Santuari siro-palestinesi come luoghi destinati ad attività di culto comunitarie, probabile mèta di pellegrinaggi, almeno a giudicare dalla fama che il Santuario della Ishtar Eblaitu aveva votive, dovettero partecipare

raggiunto nel Vicino Oriente antico, se ancora nel xvi secolo a.C. testi di Assur ci riportano preghiere e offerte per questa dea.

224

LORENZO NIGRO

Rispetto al grande recinto sacro di Megiddo, al quale quello di Ebla è paragonabile specialmente nella fase finale del Bronzo Medio (IIC, 1650-1550 a.C), quando nel recinto anche a Megiddo viene eretto un

grande Tempio del tipo a Langraum, del tutto simile nelle proporzioni al Tempio P2, si nota l'assenza a Ebla delle stele, che invece costituiscono un complemento essenziale del sacello di Megiddo. L'uso di dedicare all'interno dei recinti sacri stele in pietra, che probabilmente dovevano essere connesse al culto degli antenati, risulta infatti più diffuso in Palestina che in Siria. Da questo punto di vista, il ritrovamento più significativo è ancora oggi l'Alto Luogo di Gezer, portato alla luce da R.A.S. Macalister nel 1902 (MaCALISTER 1912: fig. 125) e riesplorato da W.G. Dever nel 1970-1971 (Dever 1973: 68-70, figg. 2-3). Si tratta di un'area di culto aperta, databile al

Bronzo Medio

IIC, nella quale dieci stele furono disposte allineate

nord-sud, e collegate ad alcuni apprestamenpavimentali. Come giustamente suggerito da Dever,

sull'asse ti

potrebbero essere messe in relazione non il culto degli antenati defunti, ma anche - e più verosimilmente - con le bibliche asheròt, i sele dieci stele

soltanto con

gnacoli sacri (lignei nelle descrizioni bibliche) della

dea Asherah. E difficile ricostruire quali fossero le modalità delle attività cultuali che avevano luogo nel basamento rialzato dov'erano infisse le stele, tuttavia, anche in questo caso, la conformazione e l'estensione dell'area sacra portano a ritenere che in essa avvenissero cerimonie pubbliche, cui potevano partecipare

numerosi I

fedeli.

dati attuali

consentono dunque

funzioni principali per ria-Palestina del

le

di identificare

due

aree di culto aperte della

Bronzo Medio. Da una parte esse

Si-

ser-

vivano ad attività religiose cui prendevano parte tutti fedeli - eventualmente anche al termine di pellegrinag-

i

SANTUARio

n pi:i.li:c;rina(;c;i()

nhlla Palestina

ll"^

gi

di

- grandi adunate per un ampio spazio. Dall'altra

tuali

le quali

era necessario disporre

potevano essere impiegate per

come deporre

offerte votive per

i

attività ri-

defunti o

gli

dèi

per installarvi stele o segnacoli, simboli del culto della famiglia o del gruppo, connesse al culto

inferi ova^ero

degli antenati defunti e della \àta ultraterrena,

stesso

tempo

madre

dei Cananei.

Per quanto riguarda così

ma

allo

legate alla simbologia della grande dea

come sembrano

le

funzioni degli «alti luoghi»,

essere ricostruibili dalle testimo-

nianze archeologiche (che, nonostante l'eccezionale ritrovamento di Ebla, sono ancora alquanto scarse per il

Bronzo Medio in Palestina), essi dovevano servire che contemplavano l'effettuazione di libagioni, di te e forse di sacrifici animali (qualora le

di ossa di ovini rinvenute nel

pozzo sacro

in

riti

offer-

grandi quantità della

dea Ishtar

Ebla vengano interpretate come il risultato di sacrifici Quello che le recenti scoperte hanno confermato in maniera convincente è invece l'attribuzione di questo genere di Santuari aperti alla grande dea della fertilità dei Cananei, la dea Ishtar. A Biblo era adorata la Baalat Gebal come signora della città e due delle più impora

cruenti).

tanti aree sacre

sembrano

essere state destinate al culto

dea (Champ des Offrandes, Enceinte Sacrée). Megiddo e ad Ebla un grande Tempio con torri

di questa

A

anteriori era il Santuario principale di questa divinità femminile (Tempio P2 e Tempio 2048 dello strato X). Ma questi imponenti Templi erano inseriti all'interno di

ampie aree

sacre, ricche di articolati apprestamenti, tra

quali spiccano l'alta terrazza di Ebla, e

il

sacello circondato

da

stele di

il

Monumento

Megiddo. La

stessa

i

P3,

dea

era probabilmente adorata nel Santuario extra- cittadino di Nahariyah, il quale non solo costituisce un esempio di luogo di culto isolato mèta di pellegrinaggi, ma anche ha restituito

226

testimonianze perfettamente corrispondenti a

LORENZO XIGRO

quelle dell'area sacra di Ebla per quanto concerne la

ti-

pologia delle offerte e dei depositi votivi.

Sebbene limitatamente ad alcuni aspetti particolari del culto, pur nei diversi esiti determinati dalle partii Santuari dei siti presi in questo contributo mostrano come anche nel-

colari situazioni contingenti,

esame

in

l'ambito della tradizione religiosa stituisca nel

la Siria-Palestina

Bronzo Medio un'unità

inscindibile,

ebbe

già occasione di sottolineare venti anni Matthiae (Matthiae 1975).

co-

come Paolo

fa

Bibliografìa

BiRAN 1994

and Archaeological Data, in M.D. Cheryl Exlwi, L.E. Stager (edd.), Scripture and Other Artifacts. Essays on the Bible and Archaeology in Honor

A. Biran, Tel Dan: Biblical Texts

CooGAX,

J.

of Philip]. King, Louisville 1994, pp.

1-7.

BiK\N- Ed. 1981

A. Biran (ed.), Temples

and High

Places in Biblical Times. Procee-

dings of the Colloquium in Honor of the Centennial ofHebrew Union Collegè-]ewish Institute ofReligion, Jerusalem 1981.

De\tr 1973 Dever, The Gezer Fortifica tions and the «High Place», llluof Stratigraphic Methods and Problems, in Palestine Exploration Quarterly 105 (1973), pp. 61-70.

\)C^G.

stration

DOTHAN

1981

M. Dothan, Sanctuaries along the Coast of Canaan riod:

in the

MB

Pe-

Nahariyah, in BlRAN ED. 1981, pp. 74-81.

DuNAYEVsia' E Kempinski 1973 I.

Dunayevsky e A. Kempinski, The Megiddo Temples, schrift des

in Zeit-

Deutschen Palestina Vereins 89 (1973), pp. 161-187.

Macalister 1912 R.A.S. Macalister, 1909,

Volumi

The Excavation of Gezer. 1902-1905 and 1907-

I-III,

London

1912.

SANTUARIO E PELLEGRINAGGIO NELLA P.\LESnNA

227

Matthiae 1975 développement du tempie dans la Syrie du Moyen, in Le tempie et le eulte. Compte rendu de la XX' Rencontre Assyriologique Internationale, Leiden 3-7 juillet 1972, Istanbul 1975, pp. 42-47, taw. IX-XVI.

P. Matthiae, Unite et

Brortze

Matthiae 1990

A New Monumentai Tempie of Middle Bronze II at Ebla and the Unity ofthe Architectural Tradition of Syria-Palestine, in Annales Archéologiques Arabes Syriennes 40 (1990), pp,

P. Matthiae,

111-121.

Matthiae 1993 a P. Matthiae, L'aire sacrée d'Ishtar à Ebla: Resulta ts des fouilles de

1990-1992, in Académie des Inscriptions et Belles-Lettres. ptes

Com-

Rendus 1993, pp. 613-662.

Matthiae 1993b P. Matthiae, Teli

Mardikh

in Orient-Express

- Ebla (Siria), campagna di scavi 1992, 2 (1993), pp. 4-6, figg. 1-2,

Matthiae 1994 P. Matthiae,

The Lions of the Goddess ofEbla: A Hypothesis about Syrian Cylinders, in Gasche et al. (edd.),

Some Archaic Old

Cinquante-deux reflexions sur

le

Proche-Orient ancien offertes en History and Environ-

hommage à L. De Meyer [- Mesopotamian ment, Occasionai Publications,

II),

Louvain 1994, pp. 329-338.

NiGRO 1994 3019 ofMegiddo, its Eblaite Counterpart and the Unity of the Architectural Tradition of Syria-Palestine, in Orient Express (1994), pp. 15-16.

L. Nigro, Palace

Ottosson 1980 M. Ottosson, Temples and Cult Places in Palestine (= Uppsala Studies in Ancient Mediterranean and Near Eastem Civilizations, 12),

Uppsala 1980.

Rast 1994

W.E

and the Culic Structure at Taanach, in M.D. Cheryl Exum, L.E. Stager (edd.), Scripture and Other Artifacts. Essays on the Bible and Archaeology in Honor Rast, Priestly

CooGAN,

J.

of Philip]. King, Louisville 1994.

228

LORENZO NIGRO

Saghieh 1983

M. Saghieh, Byhios

in the

Third Millennium B.C., Warminster

1983.

Sc\XDOXE Matthl-ve 1991 G. Scandone Matthiae, Hathor Signora

di Biblo e la Baalat Gebal,

Aa. Vv., Atti del II Congresso Intemazionale di Studi Fenici e Punici, Roma 1991, pp. 401-406. in

Z^ncKEL 1994

Wolfgang Zuickel, Der Tempelkult

in

Kanaan und Israel. Studien

zur kultgeschichte Palastinas von der Mittelbronzezeit bis zum Un tergang Judas i= Forschungen zum Alten Testament, 10), Tùbingen 1994.

SANTUARIO E PELLEGRINAGGIO NELLA PALESTINA

229

.

L'ACCOGLIENZA NELLA STRUTTURA ARCHITETTONICA DEL TEMPIO DI GERUSALEMME PROF. PASQUALE COLELLA Docente nella PUL

Premessa In tutte le religioni

rende omaggio

al

il

territorio sacro

dove

il

fedele

suo dio e dove questi è presente e

ascolta la preghiera dei suoi fedeli, è considerato luo-

go di

culto.

Questo vale soprattutto per poli circostanti Il

gli Israeliti

e per

i

po-

^

luogo di culto comprende, quindi, non soltanto

- in Israele «Casa del Signore» bei Yahvè dove la divinità è sempre presente, in modo speciale durante la preghiera e i sacrifici, ma comprende anche il territorio mol-

l'abitazione sacra e inviolabile del dio,

to vasto intorno alla «Casa»,

il

quale partecipa

alla

ed è quindi anch'esso sacro e inviolabile, riservato all'accoglienza dei fedeli; e chiamato comunesantità

mente haram.

«Au concept sémitique de l'enceinte sacrée se développant autour d'un lieu de sacrifice, s'ajoutait chez les Israélites l'idée que le site cultuel était le lieu de rendez-vous de Yahvéh avec son peuple, d'oiì i'importance accordeé à la demeure de Dieu et aux parvis destinés aux fidèles», F. M. Abel, Sy rie -Palestine, Iraq-Transjordanie (Les Guides Bleus), Paris 1932 (e ristampe), 1

-

p. 584.

230

PASQUALE COLELLA

Il

Primo Tempio o

di

Salomone^

«Nell'anno quattrocentottanta dell'uscita dei

Figli

d'Israele dal paese d'Egitto, nell'anno quarto del regno

Salomone sopra Israele, nel mese di Ziv, che è il secondo mese, Salomone edificò la Casa al Signore. La Casa, che il re Salomone costruì al Signore, aveva sesdi

santa cubiti

di lunghezza, venti cubiti di larghezza e

^

Casa vi era un porquanto era la larghez-

trenta cubiti di altezza. Davanti alla tico

lungo venti

cubiti, tanto cioè

za della Casa, e aveva dieci cubiti di profondità fino alla

fronte della Casa. Fece nella Casa delle finestre obli-

que. Fabbricò a ridosso del

un piano

muro

della Casa, tutto

al-

camere, che circondavano il Hekal e il Debir. Fece camere laterali in giro; il piano inferiore era largo cinque cubiti, quello di mezzo aveva sei cubiti e il terzo sette cubiti di larghezza, e pose le travi intorno alla Casa al di fuori, così che non fossero incastrate nelle mura della l'intorno,

muro

di

della Casa, cioè lo

Casa»(l Re

6, 1-6).

«Estendendosi

dall'est all'ovest, le tre parti del

Tem-

pio formavano un edificio oblungo di modesta gran2 II

Tempio

d'Israele,

di

Manuali

Salomone

gli Adanti biblici, Storie indichiamo le opere pili accessibili, speP. Lemaire - D. Baldi, Atlante biblico. Storia e

è descritto e studiato in tutti

di Archeologia, ecc.; noi

cialmente quelle in lingua

italiana:

geografia della Bibbia, Torino 1964^.

uno

dei migliori degli

altri.

grandi costruzioni, con

fig.

È

il

migliore Adante biblico in lingua italiana e

Alle pp. 127-128:

Il

regno di Salomone

157, p. 126: Pianta e spaccato del

(e.

Tempio

970-930): di

le

Salomone

secondo de Vaux. H.G. May, Oxford Bible Atlas, London-New York-Toronto, 1974^; questo Atlante della Oxford University Press è un gioiello, soprattutto per le carte geografiche e gli indici; alla p. 64: The United Monarchy, David and Solomon e a p. 65 la relativa cartina geografica.

250-265:

regno

M. Noni, Stona

Salomone; traduzione

d'Israele, Brescia 1975,

pp.

Marocchi Santandrea con revisione di G. Odasso di Geschicbte Israels, Cìòttingcn 1966^\ R. di: Vaux, Le istituzioni dell'Antico Testamento, Torino 1964, pp. 31 1-321: Il Tempio di Gerusalemme; è la trad. it. di I^s Institutions de l'Ancien Testanient, II, Paris 1960, pp. 147-173. N. Avk.ad, Gerusalemme. Archeologia della città santa, Roma 1986, pp. 16-52: Il periodo del Primo Tempio. Encyclopaedia of Archaelogical lixcavations in the lioly luind, E. Stlrn A. GiLBC)A, Lxjndon 1993^, alla voce «Jcrusalcm». Cubito = cm. 45 circa. Il

di

italiana di C.

-

'

L'ACCOGLIENZA NELLA STRUTTURA ARCHITETTONICA DEL TEMPK

)

231

.

Uldm o Vestibolo

di m. 10 circa di lunghezm. 20 circa di lunghezza e il Debir o Santo dei Santi di m. 10 circa di lunghezza su una larghezza uniforme di m. 10 circa; escluso il Vestibolo, il Tempio propriamente detto misurava circa m. 30 di lunghezza. Le dimensioni riportate sono identiche per la Tenda del deserto, Es 26 = 36 ^; per il Tempio di Salomone; per il Secondo Tempio, ricostruito dopo l'esilio babilonese, con l'editto di Ciro del 538 a.C; per quello sognato da Ezechiele, Ez 40-42. Come si desume, la bel Yahvè era relativamente piccola, ma bisogna sempre ricordare che nella casa vi abitava soltanto il Signore e non vi ammetteva nessun laico per nessun motivo; solo il sacerdote di turno ogni giorno e il sommo sacerdote una volta all'anno potevano entrarvi, ma restarvi per il breve tempo dell'incensazione ^ Tutto il culto e ogni liturgia si svolgeva al-

dezza»"* za, lo

:

lo

Hekdl o Santo

di

.

l'esterno nell'atrio. libro delle Cronache ci dice che Salomone costruì Casa del Signore a Gerusalemme, sul monte Moria, là dove suo padre Davide aveva avvito una visione, nel luogo preparato dallo stesso Davide, nell'aia di Oman il Gebuseo. Salomone cominciò le costruzioni al secondo mese del quarto anno del suo regno», 2 Cr 3, 1-2 Il

«la

'

Lemaire D. Baldi, Atlante biblico, cit., p. 128. che le misure della Tenda del deserto - Tenda del Conxegno, della Riunione, tabernaculum - sono un flashback di quelle del Tempio di Salomone. I capp. 35-39 di Esodo sono una ripetizione letterale degli ordini dati nei capp. 25-31; il tradente, il Priestercodex, aveva visto il Tempio di Salomone ancora in piedi e quindi la sua proiezione all'indietro di quanto era av\'enuto durante l'eso^

P.

5

Si sa

-

do, per noi è preziosa.

Le

il sacerdote Zaccaria, ebdomadario per l'incensazionormale per l'incensazione. «Il popolo intanto stava aspettando Zaccaria e si meravigliava del suo indugiarsi nel Santuario. Ma quando uscì, egli non poteva parlar loro; sicché essi compresero che aveva a\iito una visione». ~ La Bible de Jérusalem nella Tavola cronologica data il regno di Salomone dal circa 970 al 93 1 a.C. (correggi, quindi, nella stessa Bibbia, la data di nt. a 1 Re 6, 1 Si dirà sempre «Tempio di Salomone», ma dovrebbe dirsi «Tempio di Davi-

^

ne,

si

1,

21-22

ci

dice che

tratteneva oltre

il

).

232

PASQUALE COLELLA

Siamo sulla collina orientale di Gerusalemme, chiamata anche colle del Tempio, colle dell'Ofel, monte Sion. La Casa del Signore sorgeva esattamente dove oggi è la moschea di Omar. All'interno della moschea, a m 743 sul livello del mare, una sporgenza rocciosa, chiamata Cupola della Roccia, corrisponde

al

Debtr o Santo dei Santi del Tem-

pio di Salomone.

La

sacralità dell'haram

La Casa

era l'abitazione privata del Signore, riserva-

ta a lui solo, santa e inaccessibile, la santità e la sacralità della

Casa

ma si

allo stesso

tempo

diffondevano

tut-

t'intomo e rendevano altrettanto sacro il terreno circostante, Vharam unico luogo di accoglienza dei fedeli per assistere ai sacrifici e partecipare alla preghiera.

Questi due fatti, la sacralità e la santità sia della bet sia àéX'haram, comuni a tutte le religioni semiti-

Yahvè

che, nella storia della religione ebraica

assumono un

significato particolare. Pietre piantate sul suolo

cippi di confine,

vano rare

i

il

uno

come

steccato o una balaustrata indica-

confini esterni déX'haram e servivano «per sepa-

sacro dal profano»,

Ez

42, 20.

Alla teofania del roveto ardente,

il

Signore dice a

Mosè: «Non t'avvicinare fin qui. Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo che tu calchi è terra santa» Es 3, 5; tutto il monte Sinai è santo, Es 19, 12. \Jharam della Tenda del deserto si estende per cubiti 100 X 50, Es 27, 9-19; Vharam del Tempio immaginato da Ezechiele è un quadro di 500 cubiti di lato.

de», perché questi ne fu Tideatore, l'accordo coi Fenici per

Libano impiegato

a

comprò

gli architetti,

Taia di

Oman

il

Gebuseo, concluse il legname del

ingegneri e capomastri, e per

profusione nelle costruzioni.

L'ACCOGLIENZA NELLA STRUTTURA ARCHITETTONICA DEL TEMPIO

233

Lo

sviluppo dell'haram

del

Tempio

La

di

Salomone attraverso

i

secoli

Gerusalemme, l'aia di Oman il Gebuseo, fu appianata con uno sterro per formare la piattaforma che doveva contenere la Casa del Signore e Vharam, il grande cortile dove vi era l'altare degli olocausti con i grandi vasi per le abluzioni e con collina rocciosa orientale di

tutta l'attrezzatura per

7,23-39. La Bibbia non pio di Salomone,



ci

ma

i

le

sacrifici cruenti, 1

Re

6, 36;

misure dello haram del Tem-

era certamente abbastanza vasto.

Al tempo del re Giosafat (870-840 a.C.) si parla di un nuovo atrio, 2 Cr 20, 5, costruito evidentemente per una migliore accoglienza degli Israeliti; nuovo vuol dire un secondo atrio: Vharam è stato ingrandito ed ha due atri.

«Costruì ancora

due

atri

del

altari a tutta la milizia del cielo nei

Tempio

Il

libro di

si esprime 2 Re Manasse (687-642 a.C). dice :«AIlora Baruch si

del Signore», così

21, 3 a proposito dell'empio re

Geremia, 36,

10,

pose a leggere dal libro le parole di Geremia; si trovava Casa del Signore, nella sala di Gemaria, figlio

nella

dello scriba Shafan, neìVatrio superiore, all'ingresso della Porta Nuova della Casa del signore: tutto il popolo poteva ascoltare». Questa lettura ebbe luogo nel dicembre 604 a.C, Ger 36, 9, e dice che Vharam ha un atrio superiore, quello più vicino alla Casa, e un altro inferiore; dice inoltre che una Porta Nuova era stata aperta per dare accesso ^Xì'haram. I due atri, superiore e inferiore, del tempo dei re Giosafat e Manasse e nominati da Geremia indicano chiaramente che l'atrio superiore è quello più vicino alla bet Yahvè, la casa di Yahvè. In esso vi è la grande graticola di bronzo o altare degli olocausti con tutta l'attrezzatura per i sacrifici cruenti; è l'atrio dei sacer-

234

PASQUALE COLELLA

doti e forse degli uomini. L'atrio inferiore è quello del

popolo comune, cioè Soltanto nel

Tempio

netta in quattro In questi Israeliti:

due

di

dei sacerdoti, degli

atri:

donne ebree

delle

gli

uomini

ebrei,

e dei Gentili.

atri si

svolgeva tutta

la \ita religiosa degli

assistevano e panecipavano ai sacrifici e alla

preghiera: ascoltavano

mento

donne ebree e dei pagani. Erode avremo una separazione

delle

la

parola dei profeti e Tinsegna-

dei Maestri di Israele;

animali per

i

sacrifici e

si

per

presentavano per offrire purificazione del leb-

la

broso e della puerpera: da tutto Israele e dalla Diaspora venivano a pagare la decima e il tributo al Tempio. GU atri del Tempio, poi, erano stracolmi di pellegrini durante le tre feste ebraiche: Pasqua - Azzimi, ShevTJOt o Pentecoste, Sukkot o Tende. Sia IWntico che il Nuovo Testamento ci attestano la presenza a Gerusalemme di Ebrei della Diaspora tornati alla terra dei Padri per morir\^i, che passavano molto tempo nel '

,

Tempio, come

n Tempio e quello di

di

altri piii Israeliti

\

Ezechiele

Zorobabele o Secondo Tempio IO

Ezechiele è testimone oculare delle strutture del Primo Tempio, perché le aveva \iste prima della distruzione ad opera di

*

Ar

è sono

2, 5:

Nabucodònosor (587 a.C). Ne

«A Gerusalemme

abitavano Giudei, uomini

pii, di

ar-

ogni nazione che

un supposto testo ebraico o aramaico. si ha: «A Gerusalemme abitavano Giudei, uomini pii, (toraad) da ogni nazione che è sono il cielo». ^ Le 2, 36-37: «C'era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuel, della tribù di Aser, molto avanzata negli anni. .Avendo vissuto, dopo la sua verginità, sene anni con suo marito, era rimasta vedova. Toccati gli ottantaquanro anni, non s'allontanava mai dal Tempio, servendo Dio none e giorno, in digiuni e pr^ihiere». il

cielo», cioè,

facendo

la

retixnisione da

10 P. Lem.\ire D. B.\LDI, Atlante biblico, cit., pp. 166-168: Gli inizi della rcsuurazione giudaica. H.G. M\Y, Oxford Bible Atlàs, cit., p. 76: Palestine after the Exile. The Return and Rcstoration. con la relativa cartina geografica a p. 77. R. DE V.^LX, Le Istituzioni dell'Antico Testamento, dt., pp. 321-323: Il Tempio -

postesilico.

L ACCOGLIENZA NELLA STRUTTLUA ARCHTTETTaNlCA DEL TEMPIO

235

uno nuovo, Ez 40, 1 44, 9, mai costruito, ma mappa è copia del Tempio salomonico, insistendo,

chitetta la

-

però, con forza sulla sacralità e purità e sulla separazio-

ne rigorosa del sacro dal profano, Ez 42, 20. Gli esuli ebrei, tornati da Babilonia, con gli

Israeliti

rimasti in Palestina, incoraggiati e spronati dai profeti

Aggeo

e Zaccaria, ricostruirono la Casa del Signore e il suo haram. Da un insieme di dati si ricava che sia la Casa che V haram, con due soli atri, erano uguali a quelli

Primo Tempio. La storia del Secondo Tempio (538 a.C. 70 d.C.) è una storia di profanazioni e di distruzioni. Ciro il Grandel

-

suo editto del 538 a.C, aveva voluto la ricoTempio e gli Ebrei portarono a termine i lavori nel 515 a.C, Esd 6, 15; Ag 2, 15. L'epoca persiana (538-333 a.C.) fu un tempo di pace e di prosperità per la Palestina incorporata alla 5' satrapia, ma seguì l'epoca ellenistica: Alessandro Magno conquista nel 333 a.C la Siria-Palestina; i successori si disputano l'impero; la Palestina, stato cuscinetto, è sottomessa prima ai Tolomei d'Egitto e poi ai Seleucidi di Siria. L'epoca ellenistica è segnata nella storia d'Israele

con

de,

il

struzione del

come

l'epoca dell'eUenizzazione forzata, delie persecu-

zioni di Antioco Epifane, delle molte profanazioni del

Tempio con 1,

59; 2

Mac

l'altare e

i

10, 5; 6, 2;

sacrifici a

Dn

9,

Zeus Olimpio,

1

Mac

27; 11,31, dei molti sac-

cheggi dei tesori del Tempio, 2 Mac 5, 15-16 ^\ L'insurrezione armata dei Maccabei (167 a.C), glo-

con la riconquista e riconsacrazione del Tempio, degenerò con i successori che vennero a molti compromessi con i Seleucidi, pagani e politeisti; in questo tempo un gruppo di uomini pii, hasidim, riosa ai suoi inizi

Antioco IV Epifane è tristemente famoso nella storia d'Israele di questo alla profanazione del Tempio, eresse un altare a Baal Shamen o Zeus Olimpio sopra l'altare degli olocausti: è r«Abominazione della desolazione»; era il 25 del mese Kisleu 145 a.C. dell'era seleucide = dicembre 167 a.C. '^

periodo. Oltre

236

PASQUALE COLELLA

abbandonarono Gerusalemme e il suo Tempio più volte profanato e fondarono la comunità degli Esseni a Qumran. L'alleanza di Giuda Maccabeo con Roma, 1 Mac 8, e poi rinnovata più volte,

Mac

1

11, 54-55; 14, 16-17;

15, 15-16, aftrettò la fine dell'epoca ellenistica,

ziò per gli Ebrei

il

ma

ini-

gioco pesante di Roma.

Durante Testate del 63 a.C. Pompeo occupa Gerusalemme e profana il Tempio, entrando, lui laico e inL'amministrazione romana della Palestina fu peggiore delle precedenti. Procuratori e governatori avidi di denaro che saccheggiavano il tesoro del Tempio, insurrezioni armate dei sicari e repressioni delle legioni con una ferocia unica, un'anesa spasmotica di un Messia nazionale: tutto portò alla prima Rivolta con la distruzione di Gerusalemme e del suo Tempio (70 d.C.) ^' e alla seconda Ri(131-135 d.C.) con Tannientavolta di Bar Cochebà mento totale della nazione ebraica. circonciso, nel Santo dei Santi

^~.

"^

^ Gneo Pompeo Magno non toccò nulla di tutti gli oggetti d'oro e dei 2000 Tempio, ma volle vedere con propri occhi quello che in realtà c'era

talenti del

i

dentro quel Tempio misterioso di cui se ne raccontavano tante. Spintosi fin nel «Santo dei santi», non trovò la testa d'asino adorata dagli Ebrei - così si sosteneva a Roma e altrove - né un altro simulacro misterioso, ma trovò nulla deum (= deo-

rum) effigie vacuam sedem et manta arcana (Tacito, Htst.. v. 9). Si leggano le belle pagine di G. Ricaom, Stona d'Israele, voi. II. Torino 1954, pp. 355-357. ^^ I primi d'agosto dell'anno 70 d.C. cessarono i sacrifìci nel Tempio, fatto

popolo ebraico: d'allora in poi mai piti sacrifìci a Yahvè, Dio d'Israele: un altro Sacrifìcio li aveva sostituiti tutti per sempre. U 29 agosto del 70 d.C. incendio del Tempio: un rogo enorme ridusse tutto in cenere. L'anno dopo, a Roma, trionfo di Vespasiano e Tito; qui, alla sommità della Sacra Via, in surnma Sacra Via, sorge l'arco di Tito. «Nelle pareti dell'arcata, a destra, il coneo trionfale che precede l'imperatore portando come bottino di guerra le spoglie del Tempio di Salomone: la mensa aurea, le trombe d'argento, il candelabro d'oro a sene bracci... sopra una lettiga, la figura giacente del fiume Giordano, simbolo della Palestina sconfitta». Rorna e dintorni. Guida d'Italia del Touring Club Italiano, Milano 1%5. pp. 134-135. '* n suo vero nome è Simeone Bar Koseha. come risulta da un suo autografo ritrovato a Murabbaat Rabbi Aqiba lo riconobbe come Messia e come la «Stella*, in ebraico Cocbebà, applicandogli la profezia di 24, 17; e posten lo chiamano ancora Bar Cochebà. «figlio della Stella». signifìcatrvo nella storia del

Nm

i

L'ACCOGLIENZA NELLA STRUTTURA ARCHITETTONICA DEL TEMPIO

237

Durante l'amministrazione romana vi fu un solo periodo di pace che gli Ebrei rimpiangevano, il regno di Erode. «Son règne fut pour la Palestine una epoque de magnificence qu'elle n'avait jamais connue»^^

Il

Tempio Le

di

Erode ^^

strutture del

Secondo Tempio e

erano ancora immutate,

Erode

so.

Grande,

il

ma

l'area deìl'haram

uno stato pietoRoma, cioè vassallo

ridotte in

re alleato di

(37-4 a.C), per cattivarsi la simpatia degli Ebrei e per

oscurare

la

riparare la

fama di Salomone, decise di restaurare e Casa di Yahvè, ma soprattutto di più che

raddoppiare

l'area degli atri

o

cortili

deìl'haram desti-

nati all'accoglienza dei fedeli ebrei e dei pagani. I grandi lavori cominciarono nell'anno 19 a.C. e durarono nove anni e mezzo, ma i lavori di abbellimento e le rifiniture furono terminati soltanto nel 64 d.C; ancora nell'anno 28 d.C. i Giudei dissero a Gesù: «Ci sono voluti quarantasei anni a edificare questo Santuario, e tu

lo rimetteresti in piedi in tre giorni?»,

Gv 2,

20.

L'area deìVharam erodeo corrisponde esattamente

aH'Haram Esh-Sherif o Spianata del Tempio che ancora si ammira. E un trapezio che misura m 462 lato

oggi

15

F.-M. Abel,

16

P.

p. LIV. D. Baldi, Atlante biblico, cit., pp. 203-210: Il regno di Erode il Grande (37-4 a.C), con le illustrazioni 247-251. H.G. May, Oxford Bible Mas, cit., p. 84: Palestine under the Herods (e. 40 B.C. to A.D. 6), con la relativa cartina geografica a p. 85. F.-M. Abel, Histoire de la Palestine depuis la conquète d'Alexandre jusqu a l'invasion arabe, voi. II, Paris 1952, pp. 372 ss.; M. Noth, Storia d'Israele, cit., pp. 499-518: Il governo di Erode e dei suoi discendenti. N. AviGAD, Archeologia nella città santa, cit., pp. 57-164: Il periodo del Secondo Tempio. Encyclopaedia of Archaeological Excavations in the Holy Land, cit., alla voce «Jerusalem». Flavio Giuseppl, Bellum ludaicum, libro V, 5 (§§ 184-247) ha la migliore descrizione del Tempio, perché sacerdote e testimone oculare della guerra del 70 d.C. In lingua italiana abbiamo la traduzione di G. Ricciom, La Guerra giudaica, 3 voli., Torino 1949.

238

Lemaire

cit.,

-

PASQUALE COLELLA

m 491 lato Ovest, m 281 lato Sud e m 310 lato Nord: sono ben mq 140.600, una superficie enorme se si pensa che Piazza S. Pietro con il sagrato misurarono Est,

mq

36.000.

Allargare e allungare l'area

deWharam

grandiosa che solo l'ambizione e

la

fu un'opera

determinazione di

Erode potevano realizzare. «A est, a sud e a ovest, fu costruito una enorme muraglia di sostegno, che in alcuni punti raggiungeva la roccia naturale fino alla profon-

30,40 m (angolo sud-ovest e sud-est deWHaram). Questa cinta poderosa circondava la spianata, in parte riportata, che costituiva il primo hieron}' o Atrio esterno, detto pure Atrio dei Gentili. Tutto intorno dità di

correvano dei portici, di cui quello settentrionale si appoggiava alla fortezza Antonia. I tre portici dell'ovest, dell'est e del nord, erano a tre ordini di colonne, divisi quindi in due navate; quello del sud aveva quattro ordini di colonne che formavano tre navate, di cui quella del centro, che portava il nome di Stoa Basisovrastava di metà

leios,

per

la

le

due

altre e

corrispondeva,

sua architettura e decorazione, a quella che

può chiamare

basilica. Il portico orientale si

si

chiamava

Salomone (Gv

10, 23; At 3, ll)»^^ accedeva a questo Atrio dei Gentili da quattro porte all'Ovest e da una sola porta agli altri

Portico di

Dall'esterno

lati;

esso

si

popolo d'Israele; in commerciavano cambiavalute e venditori di ani-

era aperto a tutti, stranieri e

mali, frustati da I

Gesù,

Gv

2, 14.

portici servivano per ripararsi dal sole cocente di

Palestina e dalla pioggia,

ma

erano soprattutto

il

luogo

preferito per le discussioni degli Scribi, dei Farisei e dei

Dottori della Legge e vi troviamo spesso Gesù, Le 2, 46;

Gv8, '^

'"

59; 10, 31; ecc.

Hieron - «sacro» (cortile o atrio). P. LiMAiRE D. Bali:)!. Atlante hthlico. -

cit., p.

207.

L'ACCOGLIENZA NELLA STRUTIURA ARCHITETTONICA DEL TEMI'K

)

239

.

primo hieron, si elevava una piattaforma, il hieron hagion, o recinto sacro o interno, separato dal precedente da una balaustrata di pietra, le cui 12 aperture erano munite di stele con iscrizioni in greco e in latino, dove si proibiva ai Gentili, sotto pena di morte, di entrare (At 21, 27-30). In cima a una sca«Al centro

di questo

suUa terrazza, si elevava il muro del secondo hieron, ornato di numerosi trofei od ex-voto (Le 21,5), con quattro porte o piloni a nord e a sud e una sola ad est. Quest'ultima era di proporzioni maggiori e di una decorazione più ricca, donde il suo nome linata di 14 gradini,

di Vorta Bella (At 3, 2-10). delle donne, circondato

Di qui

cui la sala del tesoro o gazofilacio

Gv 8, 20). Da cerchio,

si

questo

si

entrava nel cortile

da portici e da diverse stanze,

cortile,

(Me

12, 41;

Le

fra

21,

1;

per una gradinata a semi-

saliva a quello degli Israeliti, riservato ai soli

uomini. Una semplice balaustrata di marmo lo separava dal cortile dei sacerdoti, dove, davanti alla porta del Santuario, si elevava l'altare degli olocausti, su una costruzione quadrata di 50 cubiti di lato su 20 di altezza. Attorno erano i vari utensili del culto, già notati nel

Tempio

Salomone» ^^ «A questo punto appare di

la

grande importanza di

Erode, quella che fa di lui senza dubbio il più grande dei costruttori che mai abbia conosciuto la terra d'Israele. L'inclinazione di Erode ad edificare grandiosamente non conosceva limiti» ^^ «A Gerusalemme volle acquistare anche la simpatia del suo popolo e costruì un Tempio di dimensioni così monumentali e con tali ornamenti architettonici come mai la città aveva conosciuto in tutta la sua storia. Fu questo Vopus magnum di Erode, che onorò il suo nome

19

^^

Ibidem, pp. 207-208. N. AviGAD, Archeologia della

che delle

240

città santa, cit., p. 11,

altre costruzioni colossali di

PASQUALE COLELLA

dove l'Autore parla an-

Erode: fortezze, palazzi e

città.

ed eternò la sua memoria, e che fece dire ai saggi del tempo, che certamente non avevano simpatia per il re: Chi non ha visto le costruzioni di Erode non ha visto nulla di hello nella sua vita. Veramente dello splendore di un tempo oggi non rimane altro che una grande spianata e le mura poderose (il muro occidentale, oggi luogo di preghiera ^^ era un tempo parte di esse), ma anche in questi resti c'è abbastanza per immaginare una delle opere più stupende di quel periodo» ^^. Noi non possiamo dimenticare le profezia di Gesù: «Mentre Gesù, uscito dal Tempio, se n'andava, i disce,

poli gli s'accostarono per fargli osservare le costruzioni

del

Tempio.

"Vedete

Egli,

prendendo

la parola, disse loro:

Non

sarà

sia distrutta"»

(Mt

tutte queste cose? In verità vi dico:

che non

lasciata qui pietra su pietra

24, 1-2).

L'Iscrizione

^^

Abbiamo accennato

alle 12

aperture che davano ac-

al Cortile delle donne e che con scritta in greco e latino che proibiva sotto pena di morte ai Pagani di entrare. Negli At 21, 27-30 si parla di una insurrezione di

cesso dal Cortile dei Gentili

erano munite di

steli

21

Chiamato volgarmente «muro

^2

N. AviGAD, Archeologia della

^^

L. BoFFC), Iscrizioni greche e latine per lo studio della Bibbia (Biblioteca di

storia e storiografia dei

tempi

del pianto».

città santa, cit.,

pp. 70-71.

biblici 9), Brescia 1994, alJe pp.

Tempio erodeo

283-290: Iscrizione

Gerusalemme. L'opera è quanto di meglio abbiamo oggi, in valore assoluto, su quelle Iscrizioni, con bibliografia nella quale non manca nulla dell'essenziale e con note preziose. M. GuARDUCCl, Epigrafia Greca, voi. IV, Epigrafi sacre pagane e cristiane, Roma 1978, pp. 71-73. A. Parrot, Le Tempie de Jerusalem, Neuchatel 1954, 66-68. E. Sf.HURLR. Storia del Popolo Ciu daico al tempo di GesÌ4 Cristo (175 a.C. 135 d.C), voi. I, Brescia 1985, pp. 463465. La riproduzione fotografica dell'Epigrafe si trova in tutti gli Atlanti. Storie d'Israele e Tavole delle Opere di Epigrafia, cfr. fra l'altro la fig. 252 in P. Li mairi; D. Bai.im, Atlante biblico, cit.; M. GuAROUCCl, cit., fig. 28 a p. 72. del recinto del

di

-

-

L'ACCOGLIENZA NELLA SJ-RUTIURA ARCHITETTONICA DEL TEMPIO

24

1

,

.

Giudei d'Asia contro Paolo che avrebbe profanato

Tempio introducendovi Trofimo

di Efeso,

il

non ebreo,

che avrebbe oltrepassato la balaustra con la scritta di proibizione. Paolo non è linciato per l'intervento dei legionari romani. In Ef 2, 14 si dice: «E Lui la nostra pace, Lui che di due popoli ne ha fatto uno solo, distruggendo la barriera che li separava, ...» e la Bibbia di Gerusalemme in nota ha: «Allusione alla cancellata che separava Vaino dei Giudei da quello dei Gentili, nel Tempio di Gerusalemme, cfr. At 21, 28 s.». Flavio Giuseppe dice: «Nella balaustra erano collegate a eguale distanza lastre di pietra (in greco stélai) alcune in caratteri greci e altre in latini - le quali dichiaravano la legge delle purità, che nessuno straniero entrasse dentro il «luogo santo»: poiché il secondo tempio era chiamato «santo» E Flavio Giuseppe ne parla ancora in un altro passo ^^ Nel 1871 CI. Clermont-Ganneau trovò una di que^"^

.

ste steli nell'area del

Tempio

^\

«E una

lastra di calca-

cm. 56, larga 86, spessa 37. Abrasioni e scheggiature presenti sulla fronte sono ritenute effetto dell'assalto delle truppe romane al Tempio»^". Quanto sia importante questa epigrafe per la data ^^ per la terminologia, per i problemi giurisdizionali sulla condanna a morte ed esecuzione concesse ai Giudei dall'autorità romana in questo caso e negate per qualre, alta

24 Flavio Giuseppe, Bellum ludaicum, libro V, 5, 2 (§ 194); traduzione di BoFFO, Iscrizioni..., op. cit., p. 285. 25 Bellum ludaicum, libro VI, 2, 4 (§§ 124-126). 26 CI. Clermont GaNìNEAU, a Discovery of Tablet from Herod's Tempie, in Palestine Exploration Fund Quarterly 1 (1871), pp. 132-133. Nel 1935 fu trovata

L.

sulle pendici orientali della collina del

mentaria, 27

ma concorda con

L. BoFFO, Iscrizioni...,

28 Sulla

per

il

242

I

data

si

la

Tempio

un'altra copia dell'Epigrafe: è fram-

precedente.

cit.,

p. 284.

è discusso all'infinito:

sec. d.C.

PASQUALE COLELLA

i

sec. a.C.

o

i

sec.

d.C? Oggi

si

protende

.

.

per Tautenticità dei brani flaviani, per di rispetto per le istituzioni religiose locali, a nessuno sfugge. Noi sorvoliamo su questi e altri importanti problemi e pensiamo che al nostro lettore interessi soprattutto il testo dell'epigrafe. Eccolo: siasi altro caso,

la politica di

A nessun

Roma

alienigena (è lecito) penetrare dentro la balaustra e

Tempio. Colui che sarà preso, sarà causa morte che seguirà ^^

recinto attorno stesso della

al

il

a se

Nessun gentile oltrepassi la balaustra di recinzione del (secondo) Tempio. Chi (ivi) fosse sorpreso, sarà causa a se stesso della morte che (ne) seguirà ^°

2^

Traduzione

p. 148, '°

nota

al §

di

G. Ricciorn, La Guerra Giudaica,

voi. Ili,

Torino 1949,

194.

Traduzione

di L.

BoFFO,

Iscrizioni..., cit., p.

290.

L'ACCOGLIENZA NELLA STRUTRIRA ARCHITEITONK.A DEL TEMPIO

243

SANTUARI NEL MONDO CLASSICO I

ROBERTO ROSSI

PROF.

Docente nell'ISSR «Ecclesia Mater»

della

PUL

«O Dei supremi dei quali è la

città, la ter-

pura acqua, guardiani e vendicatori della terra dove avete le tombe, e tu. Salra, la

vatore terzo (leggi: Zeus) protettore delle

uomini giusti, accogliete la donne supplici con il venerabile della terra» (Elschilo, Le Supplici).

case degli schiera di spirito

«E

vi sono anche.

.

.

templi sacri agli Dei,

nei quali abitano veramente gli Dei, e ci

sono oracoli e divinazioni e visioni e

modi e gli

comunione diretta fra Dei» (Platone, Fedone).

Nel mondo

di

gli

altri

uomini

con con quelle stesse radici di teofania e ierofania che sono giunte fino a noi, il Santuario era un luogo di culto caratterizzato da una presenza sacra (un altare, un albero, un'edicola), costituito da un semplice recinto, chiamato témenos: come per tutti i classico greco, in analogia del resto

tutte le civiltà antiche,

politeismi delle religioni primitive, erano divinizzate le

manifestazioni sensibili e i fenomeni della natura: proprio per questo, molti elementi della successiva religiosità greca,

comprese diverse

stero la loro origine.

dedicati

due Santuari

Ad

divinità,

affondano nel mi-

Afrodite, ad esempio, erano

a Cizio, quello di Pafo e

Amato,

precedenti addirittura all'epoca dell'arrivo dei Fenici, nel IX secolo.

politeismo greco è un politeismo che si è organizmodo originale, attraverso la rielaborazione di elementi pregressi o non-greci, lungo un processo di Il

zato in

244

ROBERTO ROSSI

.

sviluppo che accompagna e intesse profondamente la storia culturale della Grecia, dal momento «miceneo» a quello classico.

Ad

una delineazione generale delle caratteristiche della spiritualità greca, si dovrebbe parlare di più religioni, tante quante erano le città-stato. Tuttavia è lecito parlare di «religione greca» in quanto esser precisi, in

esiste un'unità culturale e spirituale dalla

fondamento

quale trasse

e giustificazione ogni singola tradizione e

istituzione religiosa.

Alle radici della cultura greca, quelle storicamente accertabili, di

epoca micenea, erano presenti soprattut-

to Santuari domestici e, accanto a questi, «altri luoghi di culto dovettero essere rappresentati

o comunque da alberi

cri,

da

gemme e sigilli.

ratterizzati...

tico,

da

sacri,

da boschetti

come sembra

sa-

risultare

Si tratterebbe di Santuari rustici, ca-

riti

piuttosto movimentati, di tipo esta-

comprendenti eventualmente anche lamenta-

zioni»

'

Verso

il

400

ca. a.C. fu,

ad esempio edificato un San-

tuario campestre in onore di Kaphisòs, adornato da

numerosi ex voto. Attorno al Santuario erano costruiti altri edifici sia di carattere sacro che con funzioni pubbliche e sociali (palestre, stadi, ecc.), ma erano visibili anche i segni della presenza dei pellegrini,

come

detti thesauròi e diversi tipi di

i

doni

tempietti,

i

cosid-

votivi.

L'accoglienza dei supplici venuti dall'estero era considerata sacra e regolamentata da norme ben precise,

come

è dato interpretare dalle tahulae defixionum di

Selinunte.

Anche

se quest'accoglienza giuridicamente

riguardava soprattutto persone con problemi piano giuridico e politico, risulta in ogni caso

stabilita,

nati sul

rivelativa di



Ugo

come

l'accoglienza in sé fosse considerata

Bianchi, La religione greca,

I

UTET, Torino

SANTUARI NEL

1975, p. 25.

MONDO

CLASSICO

245

un dovere e

l'ospite

come una persona

ad esempio, nei pubblici

conviti,

sacra.

A Creta,

venivano usualmente

apparecchiate due tavole destinate soltanto agli stranieri, i quali venivano serviti prima degli stessi magistrati. È facile dunque immaginare come i Santuari diven-

nero vere e proprie città sacre, dove l'accoglienza dei pellegrini diventava parte sostanziale della struttura sacra del luogo: le infrastrutture, per così dire, non era-

no considerate secondarie, ma essenziali al pellegrino e dunque parti integranti del Santuario, trasformato così per il mondo greco Olimpia, Delfi, Delo, Mileto, Samo, Epidauro, Coo e, nelle zone della Magnagrecia, VHeràion del Sele presso Paestum. Ogni città era sotto la protezione di un divinità (Atene sotto quella della dea Athena, Argo sotto quella di Hera, Delo era protetta da Apollo e così via) e l'intero pantheon rifletteva i rapporti che in quella città avevain Santuario-città: tali furono,

no va

diverse divinità tra loro.

le il

La

città-stato organizza-

culto pubblico che riguardava l'intera comunità e

per rinforzare questa unità particolare, dal rito o dal pellegrinaggio o dal Santuario, erano esclusi esplicitamente i fedeli di città vicine o anche affini. Altre volte, singole città-stato partecipavano ufficialtalvolta,

mente

ai culti

principali di altre città-stato

con una loro

«delegazione sacra» {theoria). Ogni città era orgogliosa del proprio culto particolare e delle proprie tradizioni, della propria divinità particolare, che la teneva sotto la sua protezione privilegiata. 1\ pantheon, nella sua generalità, assicurava che, in ogni caso, ovunque il fedele fosse andato per devozione, avrebbe ritrovato anche lì la sua divinità. Queste accurate e stratificate strutture di accoglienza, non erano legate all'importanza e alla centralità della persona umana: la spiritualità greca «è legata alla impossibilità-incapacità di un discorso sulla persona,

246

ROBERTO ROSSI

persona umana - ...visto che la coscienza individuale si perde nel momento del ritorno pieno al divino da parte dell'anima - sia sulla persona divina...»^. sia sulla

Una

tale efficienza organizzativa

va soprattutto spie-

gata e motivata dal fatto che «nessun tipo di religiosità

propone, come quella greca, come religiosità politica... il momento politico si estende fino a coprire tutto si

momento umano»: in tal modo il «singolo acquista il proprio significato soltanto dall'appartenenza alla comunità, e acquista, anche nella religiosità in ordine agli stessi Dei, il significato di Ateniese o di Spartano, da

il

cui deriva

il

significato di

anthropos e di polii e s» Tutti

i

uomo

nell'identificazione di

^ .

fenomeni naturali erano

sto di manifestazione del sacro,

inseriti in un contenon semplicemente,

dunque, tranne rare eccezioni, quali risultati accidentali di cieche forze esterne ed ostili all'uomo: nella multiforme varietà in cui si presenta la natura, si presentava anche la divinità. Questo diffuso politeismo garantiva protezione ad ogni aspetto della vita sociale e politica: coma cantato da Omero, la compartecipazione tra umano e divino assicurava giustizia, equilibrio e solidità allo stato e ai cittadini.

Se,

vedere cui è

ad esempio, ci rifacciamo a Platone, possiamo come «ogni forma di esistente è nella misura in

un

stente, e

tutto identico, determinato, delimitato, persi-

come

tale partecipa della

pura unità». Tutta-

«può partecipare dell'unità soltanto perché partecipa contemporaneamente del principio

via questo essere:

della molteplicità... L'essere è, quindi, essenzialmente

unità nella molteplicità» \

2

Bruno Salmona, La

spiritualità dell'Antica Grecia.

Studium,

Roma

1986,

p. 16. J

•»

ìb., p.

94.

HaìNS J(mchim Kraemer, La nuova immagine di Platone, Bibliopx>lis, Napoli

1986, p. 20.

I

SANTUARI NEL

MONDO

CLASSICO

247

Dell'importanza accentuatamente politico- religiosa può essere esemplificativo quello che accadde nel Santuario dedicato ad Artemis Limnatis, il culto della quale era comune a Spartani e a Messeni. Ebbene «la festa di questo Santuario di confine», come numerosi ce ne erano «sarebbe stata alle origini della guerra messenica, in quanto, secondo gli Spartani, i Messeni avrebbero \iolentato le vergini spartane intervenute alla festa, subendo, di conseguenza, la ridi questi Santuari

'

torsione dei I

,

Lacedemoni» ^

Santuari erano spesso costruiti su vie di incrocio o

zone di confine anche nell'antica Roma: dove le strade si incontravano (i vici, cioè le strade che denominavano un rione, il vicus) veniva eretto un sacrario dove ogni anno si recavano gli abitanti dei vici interessati, per celebrare una festa territoriale. Ancora CKidio scrive che «alle idi fumano gli altari dell'agreste Fauno, lì dove l'Isola rompe le acque e le divide in due»'. La preghiera, non necessaria ad esempio per un Plotino, si esprimeva comunque, di conseguenza, verso un di\ino impersonale, «cui non ci si rivolge da persona a persona, ma cui si partecipa perché in verità iJ momento umano è pur sempre nei Greci aspetto del di\ino»-. In questa prospettiva, tenendo presente la grande epoca della tragedia, possiamo ritenere che «il mondo degli dèi e il mondo degli uomini non sono due mondi, bensì

uno

solo...

che

l'attività di\ina, nelle tragedie, for-

un sistema di coordinate mequale possiamo leggere il significato perma-

nisce loro, per così dire,

diante

il

nente dell'azione particolare»'.

5

Cfr. A. Brelich, Guerre, agoni e culti nella Grecia arcaica,

6

A. Brelich, Paides e Parthenoi, ed. dell'Ateneo, Fasti, 193 e ss.

7

p.57.

248

1961.

p. 164.

Salmona, op. cit., p. 245. H.D.F. YjTlo,Sophocles. Dramatist and Philosopher, O.xford 1958 (R 1981),

* B.

9

Bonn

Roma 1%9,

ROBERTO ROSSI

Non

a caso, per

esempio

nella cultura spartana, «il

Thera, come quello dell'Orthia a Sparta sorge ai margini dell'abitato destinati alle iniunificando la sacralità del ziazioni della gioventù» luogo del Santuario, con l'introduzione dei giovani nel-

Tempio

del

Kameios

a

,

la

dimensione

con

sociale,

l'iniziazione al vivere

comu-

nitario.

L'ottimistica concezione greca della vita e dell'universo si rispecchiava precisamente nella quiete dell'Olimpo e dei suoi dèi. Tuttavia, accanto a questa religione civica, statale, pubblica, si delineava sempre più chiaramente e quasi parallelamente all'altra, una forma di religiosità che si alimentava non dell'equilibrio e della perfezione della natura, ma del suo incessante divenire, della lotta anche cruenta che c'è in essa, dell'alternanza delle stagioni: i culti agrari davano vita ad una spiritualità più mistica, più intensa e drammatica. Proprio questa religione misterica, dove prevaleva l'elemento irrazionale sull'equilibrio pofo-divinità, generò una serie di riti connessi a precisi luoghi sacri: qui, pellegrinaggio e Santuari riflettevano analoghe espe-

rienze già presenti nei misteri frigi di Attis, in quelli egiziani di Osiride

ed

Iside, in quelli semitici di

e di Adonis e in quelli persiani

e,

Tamuz

successivamente, ro-

mani per Mitra. Essa apparteneva alle plebi contadine, ai più umili che ritrovavano in questi loro pellegrinaggi e nei loro Santuari la speranza della vita etema. Omero, nell'7;7^o a Demetra, racconta il mito in cui appunto Demetra va alla ricerca errabonda della figlia Core, rapita da Ade e portata nelle tenebrose regioni sotterranee. Quando Demetra giunge presso il re di Eleusi, Celeo, essendo da questi bene accolta, decide »o

A. Brelich, PauUs.,

cii.,

p. 185.

I

SANTUARI NEL

MONDO

CLASSICO

249

fondare in quel luogo i misteri eleusini, databili anche prima del vii secolo a.C. Pausania descrisse «il Santuario ipogeo di Demetra Nera, Deméter Mélaina, a poche miglia da Figalia in Arcadia». Vi era presente «un'immagine semiumana oggetto di culto, una Demetra dalla testa equina che, in qualche modo, era scomparsa anche dalla memoria della gente del posto. Pausania attinge forse da un autore da lui letto (forse Armodio di Lepreo), e riferisce il mito relativo a questa grotta sacra: qui Demetra si nascose, adirata per la violenza fattale da Poseidone, o perché sua figlia era sparita» ^^ I piccoli misteri eleusini erano celebrati a ridosso della primavera, con il risveglio della natura; i grandi, invece, in pieno autunno, quando i frutti giungevano a maturazione. I pellegrini assistevano ad una sacra rappresentazione che rievocava il ratto di Core e la ricerca affannosa di Demetra. Era anche l'occasione per riti di di

iniziazione connessi alla rigenerazione della natura.

Col passar del tempo, nella cerchia delle divinità un Dio degli inferi, affine, seppur diverso da Dioniso: Jacco divenne presto la divinità principale nei misteri, probabilmente per eleusine penetrò Jacco, anch'egli

effetti il suo Tempio non ad Atene e dunque, durante le feste, il pellegrinaggio recava la statua del giovane Dio da Atene ad Eleusi e viceversa, creando un legame solidale tra i riti eleusini e quelli officiati ad Atene. Per il culto ad Athena e Poseidon, le due divinità che, secondo il mito, hanno gareggiato per la supremazia su Atene, c'era una processione che, scendendo dall'Acropoli, lasciava la città e giungeva al fiume (il tradizionale confine tra Atene ed Eleusi) e un'altra che da Eleusi (località attica, a circa venti chilometri a nord-ovest da Ate-

azione stessa degli Ateniesi. In era ad Eleusi,

II

250

ma

Walter Burkert, Mito

ROBERTO ROSSI

e rituale in Grecia, Laterza, Bari 1987, pp. 200-201.

ne) arrivava

al

medesimo punto, facendo incontrare

la

coppia divina.

Questa novità, con l'introduzione di Jacco nel novecambiò inevitabilmente, mo-

ro delle divinità eleusine,

dificandola e ampliandola, la precedente sacra rappre-

sentazione e

modalità stesse del pellegrinaggio mi-

le

sterico.

La

sensibilità

contadina e

la stessa religiosità tradi-

zionale andarono via via in crisi proporzionalmente alla

conquista di uno spazio sempre più ampio per l'indivie per gli interessi politici. Nello Ione di Euripide (critico della religione tradizionale) tuttavia, riusciamo a scorgere il nodo problematico della spiritualità greca in ordine ai mutati contesti religiosi: la purezza di Ione

duo

era fondata «nel suo esser cresciuto nel Tempio Apollo a Delfi; viene così riconosciuto che l'antica pietà al cui disfacimento Euripide contribuiva, non presentava soltanto aspetti negativi: il suo estinguersi è infatti il motivo più profondo per cui uomini equilibrati e felici come Ione sono diventati personaggi lacerati come Medea e Fedra» ^^ Ione era in grado di entrare in armonia intima con la natura, con il tutto entro il quale la divinità si rivela e in questo stava la sua purezinfatti,

di

.

za e semplicità.

E non è un caso che Euripide non critichi la religione, ma gli dèi, modo antropomorfico di rappresenil

tarli:

«in molti passi, infatti, ...accenna che è da respin-

gere forse soltanto l'immagine

non Dio

di

umana

della divinità,

per se stesso» Così, infatti, si può leggere (1341 e ss.), nelle Troiane (766 e ss. e in Ifigenia in Tauride (380 e ss. e 463 e ss.). '^

.

in Ercole furioso

969 e In

ss.),

effetti, le divinità

'2

Vittorio Hoesle,

//

costituiscono

compimento

le

forme del

mondo

della tragedia nell'opera tarda di Sofocle,

Bibliopolis, Napoli 1986. p. 93.

^Ub., p. 95, nota 116.

SANTUARI NEL

MONDO

CLASSICO

251

.

e

fedele,

il

zione con

mediante

il

gli dèi,

può

mondo, non sono tanto

entrare in comunica-

agire in esso e su di esso: per que-

sto le divinità

soggetti,

interlocutori e strumenti: di qui

quanto semplici

chiaro antropomor-

il

fismo.

Alle origini della civiltà greca, tra il 1580 a.C. e il 1450 a.C, nel periodo dell'apogeo della civiltà minoica, i Cretesi avevano edificato i loro Santuari sulle cime dei monti, secondo la diffusa simbologia della «montagna sacra»: erano i cosiddetti «Santuari delle cime»,

come

a Petsofà, vicino Palaikastro, sullo luctas, sul-

l'acropoli di

«In

Maza (probabilmente

tutti e tre

i

casi,

prominenza

un

la

«Terra-Madre»).

recinto a terrazza era sistemato

pavimento era coperto di uno spesso strato di ceneri, con grossi quantitativi di umili offerte di terracotta: figurine umane o animali, o riproduzioni di parti del corpo umano» ^^ Probabilmente i pellegrini venivano ad adorare divinità della natura, a chiederne protezione o guarigioni. A tale scopo, si accendevano in questi Santuari, periodicamente, grandi fuochi, di purificazione e a scopo sulla

apotropaico «e garantirsi in tal gli

della

vi si

montagna.

gettavano

Il

le figurine di creta

per

modo la protezione per gli uomini e per

animali, o per preservarsi

immuni

dalle malattie».

Preponderano figure femminili, soprattutto negli intagli di sigilli e gemme, nonché come statuette. Sono divinità o sacerdotesse, che hanno spinto alcuni studiosi a ritenere lì presente il culto di una grande dea-madre multiforme. Questi Santuari avevano tutti, inizialmente, un carattere familiare erano «Santuari domestici» così come quelli che venivano edificati all'interno dei palazzi più fastosi (Cnosso, Pesto, ecc.).

^^

Francis Vian, Le religioni della Creta Minoica e della Grecia Achea, in H.C.

PuECH, Storia delle

252

religioni, Laterza,

ROBERTO ROSSI

Roma-Bari 1976,

I,

1,

p. 388.

Nei Santuari dedicati poi consacrati

gli

a divinità-mediche, venivano ex-voto che riproducevano la parte

del corpo che era stata guarita, o, se la divinità (quasi

sempre femminile) proteggeva

gli

animali,

era adornato da «corni di consacrazione»,

il

Santuario

come

a Pet-

sofà.

In questo periodo, talora, to,

i

come ho appena

ricorda-

Santuari sono all'interno di palazzi, immagine tra-

sfigurata e sublimata degli antri sacri, delle caverne-

Santuario (come nel culto a Zeus Ideo o a Diete Zeus): il caso del Santuario di Gurnia, forse uno dei pochi, se non l'unico, che in età minoica avesse caratteristiche di Santuario pubblico. I locali destinati propriamente al culto risultano molto angusti: a Gurnia non erano superati i dodici metri quadrati e per quanto è stato ritrovato, nel palazzo di Cnosso, in un'età compresa tra il 1400 a.C. e il 1150 a.C, il periodo più propriamente detto «miceneo» (il palazzo di Cnosso fu distrutto nel 1400 a.C), il è

misura soltanto un metro e mezzo. In entrambi i Santuari venivano addossate delle panche alle pareti, per mettervi sopra gli oggetti del culto

lato

(statuine, bipenni, corni di consacrazione, vasi, ecc.),

secondo una modalità ripresa anche nel mondo acheo, come dimostrato da ritrovamenti recenti in un SantuaChio, risalente al xii secolo a.C. Questi locali angusti non devono però ingannare: sarebbe infatti «erroneo dedurre dalla ristrettezza degli ambienti la conclusione che la religione avesse una collocazione secondaria nelle dimore principesche. In realtà, è tutto il complesso del palazzo che è sacro, in quanto residenza della patrona divina e del re-sacerdote, che funge da intermediario tra questa e gli uomini»''. La struttura di molti Santuari era tripartita, in rio a

•5 Ib.,

p. 394.

I

SANTUARI NEL

MONDO

CLASSICO

253

.

il corpo centrale veniva affianpiù basse, segno evidente di un

particolare nell'orfismo:

cato da due culto per

ali laterali

una

umido, il Caos ancor più primitive, le Terra e Urano, cioè il Cielo;

divinità triadica (l'Etere

infinito e l'Èrebo nebbioso; e triadi Notte,

Gea

cioè la

l'uovo cosmico originario, la dualità delle nature, nell'uomo, di maschio e femmina con moltitudine di semi

Dio incorporeo, dalle ali d'oro, con ai fianchi teste di toro e sul capo un grande drago: è Protogono (= primigenio o primonato), è Zeus e, di ogni sorta, e infine

il

come coordinatore del tutto, Pan). Va ricordato che anche presso i Romani erano presenti queste triadi divine: a Roma, infatti, c'era inizialmente la triade Giove-Marte-Quirino, poi sostituita dall'altra, Giove-Giunone-Minerva, venerata sul tempio capitolino. Nella prima triade, pre-capitolina, il rapporto tra l'Essere supremo e la comunità era mediata dalla coppia Marte-Quirino; nella triade capitolina, invece, tale rapporto era concepito e vissuto in forma diretta. Il rapporto che va instaurandosi tra le divinità e l'uomo, può definirsi di buona convivenza, di contrattualità reciproca, con una specializzazione, per dir così, degli stessi dei in rapporto a categorie sociali o a tipologie e ruoli politici: Esiodo ci spiega che «i fabbri son gente di Efesto; i guerrieri gente di Ares; i cacciatori appartengono ad Artemide e a Febo i poeti... I re, per parte loro, vengono da Zeus», così come Ermete è il Dio dei messaggeri e dei commercianti; Poseidone il patrono dei cavalieri e dei nobili: «Apollo, che incarna la ragione e la morale elleniche, è anche il Dio delle epifanie trionfanti, l'ispiratore delle profetesse in delirio e il

patrono di Il

mondo

presentava 16 Ib., p.

254

il

certi

sciamani chiaroveggenti» ^^

delle divinità, nella spiritualità greca, rap-

riferimento costante nel ciclo della natu-

425.

ROBERTO ROSSI

ra, in

quella visione vitalistica e chiusa dell'esistenza,

ciclica

perché dominata da ànanche, dalla necessità: metempsicosi o palingenesi, ripercorre, come

stessa

un'ascesi di graduale purificazione, giro

il

ciclo,

il

cerchio,

la

in il

o ruota fatale della generazione.

Benché il potere fosse considerato di origine divina, non poteva essere assoluto e illimitato (tale è la situazione, ad esempio, dei re omerici): come Zeus è sottoposto ad ànanche, così i re dovevano sottostare alle antiche leggi che si perdono lontano, nella tradizione.

Néla Metafisica

(XII, 8, 1074) Aristotele così scrive-

tramandato dagli antichi e antichissimi in forma del mito e trasmesso ai loro successori l'insegnamento che il divino (tò théion) contiene tutta quanta la natura (tèn hòlen fysin)». Già Talete riteneva che «tutto è pieno di Dei», persino le cose inerti o inorganiche. Avrebbe scritto infatti Diogene Laerzio: «il mondo è un essere vivente, razionale e animato e dotato di intelletto... E regolato secondo intelletto e provvidenza, poiché l'intelletto penetra in ogni sua parte, come in

va: «ci fu

noi l'anima». Gli eroi di Sofocle, ad esempio, «sono... soggetti

la

cui particolarità risiede proprio nel fatto di essere universali e oggettivi al

massimo grado»

'" ,

capaci perché

costretti a riflettere, nella propria universalità,

cessità cosmica,

il

sulle loro spalle,

una ne-

volere stesso degli dèi: essi caricano

per così dire,

la

legge divina e

la

sua

necessità cosmica.

La trascendenza, dunque, assume un valore limitato e in ogni caso non qualitativamente posto nella distinzione tra livello divino e livello umano: il livello della divinità non è altro rispetto a quello dell'umanità. E dunque una visione del mondo, della vita e del tempo improntati >7

alla ciclicità,

V. HOESLE, Op.

Clt.,

ad una costante interazione,

p. 113.

I

SANTUARI NEL

MONDO

CLASSICO

255

.

.

quasi paritaria, tra uomo e natura-sacra, tra uomo e divinità, con evidenti influenze del monismo religioso e filosofico proveniente dall'Oriente.

Considerando, ad esempio, il dio di Eschilo, è possibile vedere come questa divinità «non si mostra nell'interiorità soggettiva della fede, del sentimento, etc,

ma

che con Hegel si può definire dello spirito oggettivo, cui appartengono, per esempio, diritto, famiglia. Stato, storia» (Ib. p. 47). Così come la divinità, per Sofocle, «è il tempo e la forza della natura... un Dio della filosofia illuminata e non un Dio del mito o in quella sfera

della rivelazione»

^^

Proprio per questo, gradualmente, Atena si sostituisce, nel culto popolare, a Zeus, troppo lontano dalle vicende dell'uomo e dalla concreta realtà della storia. Athena invece si identifica con la città stessa, «regna sulla città rinchiusa in se stessa, gelosa del proprio particolarismo» ^^ in linea con quel modello di autarchia che connotò gran parte della sensibilità greca classica. Atena è la dea che «si manifesta attraverso epifanie, cioè attraverso comparse periodiche» ^° E chiaro, in questo contesto, il ruolo centrale delle Panatenee, che avevano luogo alla fine del primo mese dell'anno attico, svolgendosi ogni quattro anni in modo solenne (le Grandi Panatenee): vi si celebravano la nascita di Athena e la sua vittoria sui Giganti, simbolo del caos, con i due riti della vestizione dell'immagine sacra ,

e del sacrificio.

Nove mesi prima

Panatenee «un collegio femminile, composto di arre/ore ed ergustine (operaie), avviava la tessitura di un gran peplo per la dea, ricamandovi scene di combattimenti fra gli dèi e i Giganti» ^^ 18

19

W.

Broecker, Der Gott des Sophokles, Frankfurt 1971, Francis Vian, op. cit., p. 452.

21 Ih.,

256

delle

p.

454.

ROBERTO ROSSI

p. 33.

Le

ergastine erano fanciulle e

donne

di

buona

famiglia

manifattura del peplo di Athena. L'accoglienza coincideva con la mobilitazione generale della città, giacché almeno originariamente, alla festa partecipava tutta la popolazione, con una processione solenne, dopo una veglia sacra, per portare al Santuario, il peplo ormai terminato. E quanto, del resto, Fidia rappresentò sul Partenone. Vi partecipavano anche le autorità civiche e tutti i rappresentanti della nazione. «La processione attraversava l'Agora e saliva verso l'Eretteo, dove il peplo veniva disposto sulle ginocchia di Atena. Con questo atto di omaggio, la popolazione riconfermava l'alleanza che l'univa alla propria patrona, conferendo contemporaneamente all'immagine di questa una giovinezza e un'efficacia rinno-

che

si

dedicavano

vellate»

alla

^^

In quest'occasione,

il

Telestèrion ingrandito, riusci-

va a contenere solo tremila persona sedute circa, ma molte di più presenziavano nelle vicinanze, per lo svolgirnento dei riti finali {teletài).

E

facile intuire

che

le

cerimonie sacre,

le feste, gli

dovevano essere coperti economicamente e le spese erano stabilite da inderogabili leggi o da decreti delle assemblee popolari. Queste spese, con il tempo, fatalmente lievitarono e se mancavano sovvenzioni di privati, degli stessi sacerdoti o i fondi dei Santuari, potevano provocare problemi e polemiche. La città di lolkòs, ad esempio, verso la metà del ili secolo non riuscì più a far fronte alle spese e stabilì, dunque, per decreto, «che in primo luogo si dovesse provvedere a questa o a quella celebrazione»^^ Diventando una spesa pubblica rilevante, gli hierà provocarono poagoni,

i

pellegrinaggi

.

2^

Aa.Vv., Storia e

civiltà dei Greci. L'età ellenistica,

Bompiani. Milano 1990,

p. 346.

I

SANTUARI NEL

MONDO

CLASSICO

257

lemiche anche forti: già prima dell'età ellenistica, il comico Antifane, Platone e Teofrasto attaccarono quella che giudicarono una «spesa inutile».

Prima

di ogni altro atto di devozione, era necessario

ogni caso un'abluzione rituale, perché soltanto questa consentiva poi di presentarsi al cospetto della divinità nell'indispensabile condizione di rigenerazione, di in

purezza. Al sacerdote o alla sacerdotessa, oltre all'obbligo di compiere determinati

imposte norme riguardanti

cambio

to; in

essi

la

godevano

atti cultuali, erano talora purezza e l'abbigliamen-

di

compensi e

privilegi

particolari. Caratteristica poi del Santuari dedicati a

Serapide, era la presenza dei cosiddetti kàtochoi, persone, cioè, destinate, per motivi a noi ancora sconosciuti,

a

rimanere per un certo tempo all'interno del

re-

cinto.

Nel Tempio o nel Santuario, entrava.

Il

luogo santo, grazie

la

ai

non aveva un

gente, di solito,

doni

votivi,

tesoro che andava salvaguardato e protetto. Nell'aspetto dell'accoglienza confluiva

un elemento

al sacrificio, sempre presente, che prevedeva poi un banchetto pubblico. Il sacrificio era considerato il rito supremo, la comunione per eccellenza con le divi-

legato

nità e ciascun culto aveva proprie regole di sacrificio.

Stando ai rilievi presenti sulla balaustrata dal Santuario onore di Atena, balaustrata che circonda sui tre lati lungo la pendice scoscesa dell'Acropoli lo spazio sacro del Santuario, possiamo ricavare notizie indirette sul rituale che accompagnava il pellegrinaggio e il sacrificio: «su ogni lato siede Athena e sorveglia una schiera di Nikai celebranti una vittoria: vengono trascinati tori al sacrificio; si erigono trofei con armi greche e persiane e una Nike si slaccia i sandali, come talvolta si usa in

fare in

un Santuario.

guarda Athena,

(...)

Il

sacrificio tuttavia

non

ri-

quale non si immolano tori. L'affinità di contenuti con le orazioni funebri ufficiale po-

258

alla

ROBERTO ROSSI

.

irebbe piuttosto indicarci che in questo caso l'offerta è intesa per i caduti ateniesi sulle loro tombe comuni erette dallo stato. Athena rappresenterebbe allora la città, la cui popolazione assisteva a tali solennità» ^\ Nei riti orfici, il sacrificio di un animale era simbolo del sacrificio primordiale di Dioniso e mediante l'omofagia (il mangiare carne cruda della vittima sacrificale, con il tempo, ridotto a un piccolo boccone) avveniva l'unione mistica con la divinità. Mediante questo pasto mistico si assumeva la natura del Dio stesso dal quale, identificandosi con lui, i fedeli erano invasati. Tutto il pellegrinaggio al Santuario e il tema dell'accoglienza,

come

già detto,

avevano una forte impronta

sociale e politica: lo stesso sacrificio coinvolgeva tutte le

tribù che

componevano

il

tessuto sociale della città e

precisamente quello distruggendo, attraverso la divinità, il caos simboleggiato dai Giganti. Queste feste, con la loro capacità di coinvolgimento e partecipazione generale, erano in grado di rinforzare il sentimento di una solidarietà collettiva tra tutti i cittadini: «un elemento costante delle attività sociali delle comunità greche era il susseguirsi di sacrifici, inni, proil

significato della Panatenee, era

di ri-creare

annualmente

la polis,

cessioni, in occasioni speciali e celebrazioni di feste» ^^

Per questo motivo, ogni sacrilegio o infrazione alle un problema politico, un affare di Stato (si pensi, come esempio paradigmatico seppure ancora in parte oscuro, al caso di Socrate). «Dagli

leggi divine diventava

dèi alla città, dalle qualificazioni religiose alle virtù

non

ci-

si

trova né rottura né discontinuità. L'empie-

tà (asébeta),

colpa verso gli dèi, è anche offerta fatta al contro la collettività (...). L'in-

viche

gruppo

^^

sociale, delitto

Aa.Vv., Storta e

Greci, voi.

civiltà dei

W: La

crisi della polis. Arte, religione,

musica, Bompiani, Milano 1979, pp. 359-360. ^' Aa.Vv., Storta e civiltà dei Greci. Im società ellenistica,

I

SANTUARI NEL

MONDO

cit., p.

509.

CLASSICO

259

dividuo, quand'è scacciato dagli altari domestici, escluso dai templi della sua città, interdetto sulla terra della patria, è tagliato fuori dal

mondo

divino; perde allo

tempo il suo essere sociale e la sua essenza relinon è più niente» ^^ giosa; Il culto a Zeus, aveva una valenza più aperta, più univ^ersalistica, ma manteneva la sua base politico- relistesso

A

giosa.

Delo, ad esempio, erano ospitate

le «anfizio-

nie», cioè associazioni politico- religiose «che raccoglievano "coloro che abitavano tutt'intomo" a un Santuario»^' La maggior parte delle anfizionie sorsero in un quadro sociale e politico in cui la polis manteneva ancora una struttura con una certa apertura e duttilità, magari con il fine di una unificazione dell'intera Gre.

che sorresse queste organizperché così marcate da interessi politici, restarono ancorate ad un forte particolarissimo. Soltanto le anfizionie di Delfi riuscirono ad esprimere un carattere universalistico e a svolgere un ruolo per tutta la Grecia e non soltanto per città particolari. La ragione sta nel fatto che a Delfi era presente l'oracolo e \i si disputavano i giuochi pitici: «in effetti, sono stati i Santuari profetici e i celebri giuochi, più che non le anfizionie, a permettere che la religione superasse il quadro cittadino e tendesse ad assumere dimensioni unicia.

Tuttavia

la spiritualità

zazioni, proprio

versali» ^\

Per

i

Greci, la via privilegiata che sapeva condurre

alla divinità era quella della

vano essere

gli

perfezione: perfetti dove-

persona più degna talvolta anche di assumerne alcu-

animali da sacrificare e

la

bella, la più perfetta, era quella considerata più

di servire la div^inità, ni attributi.

26 J.P. ^^

Vernant, Mito e pensiero presso

Francis Vian,

2« Ib., p.

260

cit.,

p. 460.

462.

ROBERTO ROSSI

i

Greci,

PBE, Torino 1978,

p. 362.

Così, a Tanagra, nella Beozia, l'efebo giudicato bello,

durante

la festa di

Hermes, recava

mura

agnello e girava tutt'intorno alle statua del dio

Hermes,

più

il

sulle spalle

della città.

lo raffigura infatti spesso

un La

con

un agnello sulle spalle, in quanto era raccontato che, in un tempo antico, Hermes in persona avesse fatto il giro delle mura cittadine con un agnello (purezza e perfezione) sulle spalle, salvando fedeli da una pestilenza letale. L'efebo stava a designare inizialmente un giovane che avesse raggiunto la pubertà, ma ad Atene finì per acquistare un significato tecnico-giuridico: era il i

cittadino di diciotto anni iscritto ufficialmente nel-

almeno due anni, militare. Dalle prime te-

l'elenco degli efebi e sottoposto, per

a un'educazione di carattere stimonianze in nostro possesso relative a questa istituzione (iv secolo a.C), sappiamo che «gli efebi cominciavano la loro attività con un pellegrinaggio ufficiale ai principali Santuari della città e, alla fine del primo anno d'istruzione, giuravano di proteggere i propri dèi e di venerare il culto dei loro padri. Con il declino del potere militare di Atene, l'efebia venne ridotta ad un anno e divenne sempre più avviamento di giovani cittadini all'atletica e alla cultura tradizionale greca» I centri dove avevano sede gli oracoli, rappresentavano un riferimento sacro fondamentale, sia nel mondo greco che in quello romano, cui affluivano un gran ^"^

numero

di pellegrini.

L'oracolo,

predire

il

come

è noto,

non

era tanto

il

tentativo di

futuro, quanto piuttosto quello di «conoscere

r inconoscibile», secondo

la felice

formulazione di R.

Flacelière.

Ancora una

volta, la valenza politica

aveva

il

soprav-

vento: era necessario, cioè, sapere che le proprie azioni, le scelte

^'^

da

fare, le spedizioni militari

Aa.Vv., Storta e àvtltà dei Crea. La società

I

o

le attività

ellenistica, cit., p. 509.

SANTUARI NFX

MONDO

CLASSICO

261

economiche non entrassero in contrasto con la volontà delle divinità, in un accordo contrattuale paritario.

A

Epidauro, i pellegrini malati si recavano a consultare Asclepio (Asklepios) che faceva loro \isita mentre, sul luogo, nel Santuario, essi passavano la notte. Dormire e sognare in taluni luoghi sacri, il fenomeno che gli storici delle religioni chiamano «incubazione», serviva per ricevere indicazioni dalla di\inità, in sogno, sia per le future scelte di vita quotidiana, sia, per il Santuario di Asclepio, per sapere cosa fare in ordine alla guarigione richiesta. La procedura era semplice: «i \isitatori si ritiravano per la notte nel dormitorio (àbaton); essi avevano visto le numerosissime offerte votive appese alle pareti e letto i resoconti delle cure miracolose ed avevano forse conversato con altri pellegrini e con i sacerdoti sui miracoli compiuti dal dio; nel sonno veniva la cura, in genere come risultato di un sogno in cui era apparso Asclepio ed aveva toccato la parte malata o fornito al paziente istruzioni da eseguire al risveglio. Spesso compariva il sacro serpente che curava la ferita leccandola. A volta il miracolo a\^'eniva nel Santuario durante il giorno. Alcuni pellegrini venivano puniti dal dio per i loro inganni o per mancanza di fede»'^ Come Delfi ed Eleusis, anche Epidauro aveva le sue prescrizioni moraU: «puro dev'essere chi entra nel Tempio colmo di incensi: e purezza \aiol dire avere pensieri santi».

Anche si

in

epoca romana,

i

Santuari di Asclepio (che

moltiplicarono) ricevettero permanenze sempre più

lunghe da parte dei pellegrini, con costante frequenza di attestate cure miracolose che consigliarono la presenza, all'interno del Santuario, di persone esperte in campo medico. ^

262

Ib., p.

554.

ROBERTO ROSSI

Gli ex-voto per

le

guarigioni avvenute, riempivano

questo tipo di Santuari. Il Santuario di Asclepio, la cui costruzione fu portata a termine nell'arco di quattro anni, fra il 380 e il 375 a.C, «era meta di pellegrinaggi e luogo rinomato di guarigioni miracolose notoriamente frequentato da tutte le classi sociali» ^^ Questo Santuario divenne ben presto un centro panellenico all'interno del mondo greco. In poco tempo, esso fu frequentato anche da stranieri e

il

numero

re le autorità a

di pellegrini fu così alto, da costringeuna recinzione del Santuario.

Abbiamo un rilievo votivo, proveniente dal Pireo, che raffigura una guarigione miracolosa: la malata giace a letto addormentata, secondo il rituale deir«incubazione». Le si avvicinano Asklepiòs ed Hygìeia, quest'ultima in severo atteggiamento ieratico. Asklepiòs è invece benevolmente curvo verso la malata e, a parte, in dimensioni minori, è raffigurata la famiglia. Anche nella Focide, in un culto, Dionysos dava oracoli ed elargiva guarigioni per incubazione. L'oracolo della Pizia, sacerdotessa scelta tra l'insieme delle sacerdotesse di Delfi (doveva avere almeno cinquantanni ed essere vergine) veniva fatto inizialmente una volta l'anno, in occasione dell'anniversario di Apollo, ma su pressante richiesta dei fedeli, divenne un pellegrinaggio e un rito con una frequenza anche di più volte al mese. Platone ce ne parla nel Fedro e Plutarco, che fu anche sacerdote a Delfi, ce lo ha confermato. «Per questo Delfi è, per eccellenza, il Santuario panellenico, che simboleggia un'epoca in cui le aspirazioni individuali non hanno molto rilievo e in cui la religione, per sincera che possa essere, lascia più spazio al rito che non alla fede...»^^. ^'

V. Lanternari, introduzione a A. Brelich,

/

Greci e

gli Dei,

Liguori, Napoli

1985. p. 17. ^2

Francis Vian,

cit.,

p.

471.

1

SANTUARI

Nll.

MONIX) CLASSICO

263

Il

Santuario

dunque più

classica fu quello di Delfi,

illustre di tutta la grecità

o Pytho, e costituì un punto

di unità e solidarietà per tutte le genti ellenistiche.

fu onorato anche da re barbari,

«come

il

Ma

lidio Creso,

che almeno a quanto racconta Erodoto, giunse, una volta convintosi della veracità dell'oracolo, a farne

un

un

re-

uso smodato, fino a trovare nell'ambiguità di sponso l'origine della sua disfatta» ^\ Il

mondo romano

subì, per la costruzione dei San-

tuari, l'influenza soprattutto del

periodo ellenistico e

per tale motivo elaborò in queste forme i Santuari del suo territorio, accentuandone le caratteristiche scenografiche, come nel Santuario della Fortuna Primigenia a Palestrina.

Ma

tra

il

mondo

una differenza

ellenistico e quello

sostanziale:

resta

mentre nel primo, i segni del

sacro indicano nel sovrano ellenistico

Roma,

romano

un dio

\dvente, a

capo militare e, in seguito, l'imperatore, diventavano semplicemente dei «protetti dalla divinità», senza -trasformarsi o incarnare, finché erano in vita, la divinità essi stessi. Solo molto dopo, sarebbe emersa la il

divinizzazione dell'imperatore in vita (lo stesso sto rifiutò, in vita, di essere

Augu-

annoverato tra gli dèi). pensi per tutti a Omero ed

Per la Grecia classica (si Esiodo) il potere ha origine divina e riunisce in un'unica persona le funzioni militari, giudiziarie e sacerdotali. I re sono chiamati «poiménes laòn», «pastori di popoli» giacché il loro primo dovere e obiettivo è il bene del popolo. L'ospitabilità era tenuta in gran conto, e dunque, le strutture dell'accoglienza riposavano su questo valore certo e diffuso. Rispettare le leggi della patria equivaleva a praticare la pietà e l'accoglienza, pur non potendo avere la valenza profonda che le darà il

Cristianesimo, faceva tutt'uno con la legge ^'

264

U. Bianchi,

cit., p.

ROBERTO ROSSI

184.

umano-

dhina e dunque con un doi^ere etico. Il modello greco mantenne a lungo anche nel mondo romano. Una caiatfffiarica piuttosto cwdente neDa ^mtualita icfigìosa tomana (n Fimpeimeabìlità aDìmmagìnazione religiosa, in paiticolate per ciò che attiene la produzione o fl mantenimento di una ttadczione mitologi' ca. Si può dite che per la cuhuia tomana «quel die conta sopia ogpi akta cosa è il rito, firimiyiosametite e sciiyolosanìnritr cdctiia^ cliestBsisteaticliealctfaotì di quabnqne suppot lo mitico». Gò che interessava, infritti, all'uomo trl^yso romano è la pMX datm, una beiiewala solidaiieta tia h città e b divinitk «L^ p«r n>mumm en sostanzialmente un patto con g|i dei (pax deonmiìl, tra popoli, tra cittadini^ e; per consegqitlo con si

^ dèi Insognava operate ritualmente»^.

Interessante e rii^datÌ¥o a tal proposito, è quanto accadeva liei ScAuriM&i^ i sette giotm C 17-23 dicònbte) drdirati a Saturno,

do

dSn^

i

So della mitica età ddl^oro, quandbo aU-uomo

spontaneamente, senza la necessità della £ttica e del laiioro e senza die le divisioni sociali fossero state ancota erette: «quanto si stava bene quando regnava Saturno»^. La festa e il tito coincidevano con ima sorta di cqiodanno, di rigeneraziooe della terra e ddl^uomo. Per questo, la ua^giessione delle notme vigenti, dei racdi la terra

il

di classe, otteneva un'«assenza di ordine», la condiziootiginaiia, quando non e era ancota alcuna legge o notma e, di conseguenza, akun otdine. Sokan^ to jOtramso questo riptistino della concfizione ociginatia non-ordinata, etano creati i presupposti di un nuovo odo ^. Per tale motivo erano cfanisi i tiibunali e

ne mitica

cessava Tamministrazione ddla giiKtÌ7Ìa- soltanto

eoa

» Tania. l,J.J5_

I

SAffoijtfi

»a. MONDO ajtfBoo

265

tali e non semplici reati: «era permessa agli schiavi infatti, in quella settimana, ^" Durante i banchetti gli schiavi mangiaogni licenza»

le «trasgressioni rituali»

erano

.

padroni e magari avevano la precedenza su di essi e venivano persino da questi serviti a tavola. Probabilmente, attraverso questa festa, i Romani vedevano e riattualizzavano la condizione per la quale gli schiavi rappresentavano «proprio la libertà assoluta, la libertà primordiale anteriore a ogni forma di vita civile, appunto perché essi erano esclusi dalla vita civile. E in questa periodica liberazione rituale non sono tanto essi a recuperare quella libertà, quanto i loro pa-

vano insieme

droni,

i

ai

quali,

non distinguendosi più

dagli schiavi,

si

rendevano possibile l'accesso alla libertà assoluta (ma civica!) prima e dopo riservata a questi» ^\ Tutta la comunità partecipava e veniva coinvolta da questa «assenza di ordine» legale e dal suo significato rigeneratore. Scriveva infatti L. Accio nei suoi Annales a proposito delle affinità dei Saturnalia con analoghe feste nel mondo greco: «la massima parte dei Greci e soprattutto in Atene, celebrano Saturno con una festa che si chiama Kronia. Quando la si celebra, nei campi e in città, quasi tutti apprestano lieti banchetti, e cambiano il ruolo {procurant) con i propri servi: questa stessa cosa e l'usanza che insieme banchettino ser\à e padroni, ci deriva da lì». I Kronia aprivano l'anno ateniese e i Saturnalia chiudevano l'anno romano. E chiaro

non

come

in queste feste, l'aspetto dell'accoglienza diven-

tava parte integrante del

rito,

sua precisa realizzazione.

Nel Tempio la statua di Saturno aveva i piedi legati con lacci di lana, compedes, lo stesso nome usato per i ceppi che incatenavano gli schiavi. In occasione della festa i compedes venivano rimossi per tutta la settimana

^"

^^

266

Macrobio, Saturnalia, 1,7,26. D. Sabbatucci, La religione di Roma

ROBERTO ROSSI

antica,

cit.,

p. 351.

nuovamente

e soltanto a festa conclusa erano ti

al

ricolloca-

loro posto. Durante la festa, per quel che ne sap-

piamo, venivano praticati due riti: il sacrificio alla divinità, eseguito secondo il «rito greco», cioè a capo scoperto, diversamente dall'uso romano; e un banchetto sacro tenuto nel Tempio del dio, al termine del quale i convitati pronunciavano ad alta voce la formula Io Saturnalia. Erano inoltre accesi dei ceri ed erano scambiati regali di tipo mangereccio (cui Orazio avrebbe dedicato un intero libro di epigrammi). «Questa religiosità trova il proprio coronamento materiale ed etico in una continua azione rituale, il cui ritmo è scandito da un calendario particolare intenso e dettagliato» ^^ Lo stesso Ovidio ha esposto la religione romana per mezzo dei ¥asti, cioè per mezzo del calendario festivo.

Inizialmente

co e

il

il

culto a

Roma

è soprattutto domesti-

paterfamilias è anche sacerdote. Al sorgere della

con l'aggregazione di vari gruppi, la vita collettiva è illuminata dai sacra, fondata religiosamente, relicivitas

giosamente orientata. In generale, si può affermare che l'uomo romano è un uomo profondamente religioso, ma non incline alla riflessione filosofica, né all'inquietudine metafisica: il suo vero fondamentale obiettivo è l'efficacia dell'azione, in questo caso quella rituale. Il

pantheon romano

si

arricchì di volta in volta di

divinità di varia provenienza (etrusca, italica, greca,

una base di larga tolleranza e praticità, sempre con un solo fine: accrescere la prosperità dell'Urbi-. La sensibilità religiosa era tutt'uno con l'uni-

orientale, ecc.), su

tà politico-sociale e la stessa

non ^^

era

azione giuridica e militare

mai disgiunta dall'azione

Raymond

Bi/x;h. La religione romana,

rituale.

in

H.C. Puhch.

cit..

I.

2.

pp.

536537.

I

SANTUARI NEL

MONDO

CLASSICO

267

motivo, Roma «ha conosciuto presto una fortissima organizzazione della sua religione di Stato ed essa attribuiva il suo più antico calendario al leggendario re Numa Pompilio, che avrebbe regnato alla fine

Per

tale

dell'viii

secolo a.C.»^^. Proprio

Numa

Pompilio

«isti-

Ordinò che al suo sacrario i flamini si recassero su di un carro coperto tirato da due cavalli, e che eseguissero il sacrificio con le mani ricopertuì

il

culto di Fides.

per significare che la fede deve essere tutelata e anche che nella mano destra è stata consacrata la sua sede»"*' Il sacrario di Fede era sul Campidoglio e la sua festa ricorreva il primo di ottobre. I pellegrinaggi mantenevano dunque questa forte impronta civica: a Lanuvio, ad esempio, andavano ogni anno i pretori, i consoli e i dittatori romani che venivano ad offrire sacrifici a Vesta e ai Penati al momento di te fino alle dita,

.

entrare in carica o

quando lasciavano

il

loro servizio.

16 e 17 marzo, scriveva Ovidio, «si va agli Argei»"^^: si trattava di un pellegrinaggio popolare ai «sacrari», piccoli sacelli, forse tombe, detti appunto ArII

gei.

«La

pietas

diritto e nella

romana

dunque, direttamente nel

sfocia,

morale e

Roma instaura,

tuale sacro, la struttura di

un

Si legge infatti negl'Editto di

attraverso

un

ri-

diritto internazionale» ''^

Diocleziano e Massimiano

del 302 d.C: «Gli dei immortali

con

la

loro provviden-

sono degnati di ordinare e disporre quelle cose che buone e vere affinché con l'opinione e l'esempio di molti, buoni, egregi e sapientissimi uomini, si confermino, stabiliscano, e verso le quali non è lecito andare contro». za

si

siano

40 Ib., p. 4J

^^

^^ Ih. p.

268

548.

Limo, 1,21,4. Fasti, 3, 791 e ss. 574.

ROBERTO ROSSI

La trascendenza,

greca che in quella romana, si caratterizza come una presenza fatiscente, appena abbozzata, fondamentalmente confusa con l'immanente e le sue esigenze sociali: non si dimentichi, infatti, che «una è la specie degli uomini e degli dèi; da una madre traiamo respiro entrambi... »^\ In un certo senso, soprattutto per la Grecia, quasi non si può parlare della religione come di una categoria

autonoma,

sia nella spiritualità

in quanto, ciò

che noi moderni chiamia-

mo «profano», «nell'antica Grecia s'intreccia inestricabilmente con il mondo sacro» e in maniera non dissimile avveniva per l'antica Roma. In questo mondo circoscritto e ripetitivo, se nella religiosità e nel pensiero filosofico greco, era apparsa almeno un'istanza metafisica (con Platone in particolare), in àmbito romano si vanifica anche questa presenza residua e il culto religioso si formalizza radicalmen''^

te:

pellegrinaggi ed accoglienza nei Santuari rivestono

eminentemente politio militari, dove la punti-

un'identità e un'organizzazione

ca con scopi politici, sociali

deve assicurare prosperità e forDa Ovidio sappiamo che, davanti al Tempio di Bellona, prospiciente sul Circo Massimo, c'era una hrevis area dove si alzava una «piccola colonna di non piccola importanza; qui si suole scagliare la lancia che annuncia la guerra contro i re e i popoli con cui si è deciso di combattere»"*^. Ovidio si sta riferendo al rito con cui i Feziali inauguravano una guerra. I Feziali, infatti, era un corpo sacerdotale di 20 individui, che era incaricato di operare con riti per indire una guerra o per stipulare un trattato di pace o d'alleanza. gliosa cura del rituale

za alla civitas e aU'Ur/?^.

Scagliare la lancia contro la colonna, simboleggiava lanciare l'arma contro

un

territorio

^

Pindaro, ì^eem.

'"

V. LAìNTERNARI, Introduzione a A. Brklk.h,

•6 Fasti, 6,

205 e

nemico.

6. /

Crea

e gli Dei,

cit.,

p. 15.

ss.

I

SANTUARI NEL

MONDO

CLASSICO

269

Tutto ciò che era ascritto all'umano e al divino col'uomo e la sua vita diventavano memdi un grande unico organismo. Si espressioni bra ed «Le legge, ad esempio, ne I ricordi di Marco Aurelio opere degli Dei sono piene di provvidenza... Quanto esiste, per necessità esiste, ed è utile all'Universo, del «La ragione delquale tu sei una parte»; e ancora stituiva un'unità:

"^^

:

'^^

:

l'universo è sociale».

Questo obiettivo dava valenza concreta al modo d'intendere il sacro, autentico fondamento della sua stessa millenaria civiltà. La religione rappresentava l'elemento basilare della struttura giuridica, sociale, militare e soprattutto politica: «la stessa ben nota tradizione mitologica della fondazione della città da parte del "re àugure"

Romolo

appare...

come

il

compimento

di un atto giuridico-religioso che diede inizio alla pax deorum, ossia alla garanzia di una protezione divina sullo Stato» ''^ Per questo motivo, nacque a Roma un in-

treccio fittissimo tra civitas

umana

e civitas degli dèi,

con una rispondenza continua tra istituzioni civili e pantheon divino alimentata dalla presenza frequente di luoghi sacri, meta di pellegrinaggi popolari, spesso istituzionalizzati.

Per la seconda quindicina del mese di marzo, abbiamo, ad esempio, delle testimonianze precise sui pellegrinaggi e sui riti organizzati, in questo caso in onore

Gran Madre degli Dei: 15 marzo canna intrat: una processione di donne andava al Tempio recando con sé canne. 22 marzo - arhor intrat: si portava al Tempio un aldi Cibele, la

bero di pino tagliato (non sradicato) sui rami del quale

4^ tr.

48 '^^

La

U. Moricca 5.30.

Alberto Aubert, recensione

religione e

d'Italia», nn.

270

II, 3.

il

sacro in

Roma

a

Renato Del Ponte, La

antica,

519-522 (maggio-agosto 1993),

ROBERTO ROSSI

religione dei romani.

Rusconi, Milano 1992, in «Libri e Riviste p. 196.

erano appesi timpani e cembali. Il tronco veniva fasciato con bende di lana e ghirlande di viole; 24 marzo - sanguem: avvenivano versamenti di sangue in quanto i fedeli si autoflagellavano e quando questo rito divenne pubblico, aveva il significato di essere praticato «per la salvezza ^é'/Zlmperatore» ^^ 25 marzo - hilaria: festa gioiosa per la resurrezione del dio Attis, la morte del quale era stata simbolicamente rappresentata con il pino tagliato il giorno 22. 26 marzo - requietio: giorno di riposo; 27 marzo - lavatio: lavaggio rituale della Magna Mater. L'idolo veniva condotto all'Aimone, un fiumicello che scorre tuttora, sporco e abbandonato, a sud di Roma, nella zona del Parco della Caffarella. Lì veniva immersa la statua. Il diritto romano, in prevalenza quello più antico, ha sicuramente un impostazione religiosa: i pontifices erano i veri e propri giuristi e 'A jus (ad un tempo civile e religioso) era loro monopolio: Livio scrive che tutto il jus civile era reconditum in penetralibus ponificum e Valerio Massimo che fosse solis pontificihus notum. Si legge nel Manuale ^^ di Epitteto, nella traduzione di Giacomo Leopardi: «quanto si è alle libazioni, ai sacrifici, all'offerire delle primizie, queste cose si debbono fare da ciascuno, e ciò secondo le osservanze della propria terra, con purità e mondizia, e non trascuratamente né in fretta, né con soverchia strettezza né sopra quello che comportano le facoltà». E nelle Dissertazioni'^^'. «...Dio è dentro di noi, ed è l'anima nostra... A questo Dio dobbiamo prestare giuramento, come sol;

i

dati a Cesare».

'0

Tertulliano, Apologeticum, 29.

5131.

«

I.

14.

I

SANTUARI NEL

MONDO

CLASSICO

271

,

Gradualmente, però, questa unità tra diritto e religione cominciò a sgretolarsi: il primo si laicizza, soprattutto per ragioni pratiche. Come nei pellegrinaggi ai Santuari sarebbe prevalsa sempre più l'efficacia rituali-

danno della sensibilità e Si può dire che «la Roma

stica e pratica a

della spiritua-

ha diladdove la Roma preistorica metteva tutto sullo stesso piano»" identificando l'attività civica con quella religiosa e mirando a fondare ed orientare le scelte politiche e mili-

lità religiose.

stinto

due

tari sulla

5^

272

diversi piani,

forza dei

il

il

storica

sociale,

riti.

D. Sabbatucci, La religione di

ROBERTO ROSSI

religioso e

Roma

antica,

cit.,

p. 263.

SANTUARI E PELLEGRINI IN ALTRE RELIGIONI CARD. FRANCIS ARINZE Presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Inter-Religioso, Membro del Consiglio di Presidenza del Comitato Centrale

per l'Anno Santo

luoghi sacri sono un'importante espressione della pietà religiosa. Manifestazioni di tal 1. 1

pellegrinaggi

ai

genere non mancano quindi neanche nelle altre religioNel considerare l'accoglienza ai pellegrini nell'espe-

ni.

può essere interessante dire una come gli altri credenti vedono il pelle-

rienza della Chiesa,

parola anche su grinaggio

ai

Santuari e

prendono cura

si

dei pellegrini.

Considereremo cinque religioni: religioni tradizionali, induismo, sikhismo, buddismo e islam. 2.

Le

religioni tradizionali

sono

di solito organizzate

attorno ad una famiglia, a un gruppo di famiglie o clan, a

un I

villaggio

o a un gruppo di

villaggi.

Santuari che attirano pellegrini da un gruppo di

villaggi

sono

annuali

festività.

particolare nel periodo delle

visitati in

Tutti

tornare a casa a piedi

il

pellegrini

i

possono

giorno stesso.

I

in

genere

Santuari sono

dedicati agli spiriti o agli antenati e sono generalmente piccoli e

3.

non imponenti.

Nell'induismo pellegrinaggi sono fortemente Molti hindu si recano in pellegrinaggio in i

consigliati.

vari luoghi sacri, alcuni dei quali,

rive del

come

Benares, sulle

Gange, «Madre Gange», sono considerati SANTUARI E PELLEGRINI IN ALTRE RELICHONI

273

come come

centri per tutti gli hindu, particolari per l'una

o

mentre

l'altra

sono

visti

famiglia della

reli-

altri

gione hindu.

Non

era tradizione provvedere strutture per l'acco-

glienza dei pellegrini, anche se attualmente vi

cominciando

a prestare

l'aspetto comunitario

una

non

certa attenzione.

sia

si

sta in-

Sebbene

particolarmente

sottoli-

neato nei pellegrinaggi hindu, l'attenzione mondiale è stata attirata dal movimento popolare nella devozione hindu a causa degli avvenimenti del tempio di Ayodhya nel dicembre 1992.

4. Il

sikhismo incoraggia

i

pellegrinaggi ed ha orga-

nizzato infrastrutture per ricevere

pale Santuario dei sikh è

il

i

pellegrini.

Il

princi-

Santo Gurudwara, o Tem-

pio d'Oro, in Amritsar. Ogni grande centro dei sikh cerca di stabilire il proprio «Gurudwara».

Un

«gurudwara»,

come luogo

oltre alla sua funzione principale

devozione comune, è anche una di carità per malati, un luogo dove gli affamati possono ricevere cibo gratis, un rifugio per proteggere l'onore delle donne ed un luogo di riposo per i pellegrini. di culto e

scuola per bambini,

un ospedale

i monaci, devono viagBuddha, il pioniere, in pellegrinaggio. I buddhisti del Giappone, della Thailandia o dello Sri Lanka vanno a «casa» nei grandi luoghi associati alla vita e al viaggio di Buddha, come il luogo della sua nascita a Lumbini (Nepal), il luogo della sua illumina-

buddhisti, specialmente

5. I

giare sulle

orme

di

Bodh Gaha

(India) e quello del suo insegnaSarnath (India). A causa dell'importanza che monasteri e templi hanno nel buddhismo, questi sono diventati grandi centri di pellegrinaggio e si sono dotati di strutture per l'ac-

zione

in

mento

a

coglienza dei pellegrini.

274

FRANCIS ARINZE

6.

L'islam dà grande importanza ai pellegrini. Il pelMecca è il quinto pilastro dell'islam -

legrinaggio alla

oltre alla professione di fede

preghiera (salàt), all'elemosina o piuttosto alla tassa per l'elemosina (zakàt) e il digiuno (sawm) - ed è obbligatorio per shahàda),

(

alla

musulmano adulto almeno una volta nella vita. Vi sono comunque delle condizioni per adempiere a que-

ogni

sto obbligo: possibilità materiali o finanziarie, una donna deve essere accompagnata dal marito o da un uomo che sia suo parente; e r«hadjj» deve essere compiuto nei primi dieci giorni del mese fatto apposta per questo.

Con

l'arrivo di

due milioni

di

persone per r«hadjj»,

l'Arabia Saudita deve fare molto per provvedere

ai pel-

Vi è uno speciale ministero per l'hadjj. Molti abitanti del luogo servono come guide per i pellegrini per mostrare loro dove debbano andare e come compiere i riti. L'hadjj riunisce insieme i musulmani da ogni parte del mondo e ciò permette loro di fare un'esperienza della dimensione internazionale e sovra-nazionale dell'islam, un'espressione dell'«umma» (comunità) islamica. Il senso dell'unità è sottolineato dal fatto che tutti i pellegrini devono indossare gli stessi abiti da pellegrinaggio, per mostrare che tutti, ricchi e poveri, sono uguali davanti a Dio. legrini.

7.

Poiché

la

grazia

non distrugge

la

natura

ma

piut-

tosto vi edifica sopra, la purifica e la eleva, questa bre-

ve escursione nella pratica dei pellegrinaggi in altre religioni ci può aiutare a riflettere nel considerare i pellegrini e la loro accoglienza nella religione stabilita dal-

l'unico Signore a Salvatore del

mondo, Gesù

Cristo,

il

I pellegrinaggi sono spesso occasione per approfondire l'esperienza religiosa. La maniera in cui le persone sono accolte può contribuire all'atmosfera

Figlio di Dio.

religiosa dell'evento.

SANTUARI E PELLEGRINI IN ALTRE RELIGIONI

275

CONCLUSIONE

Quale

«Andremo

E

ora

quando mi

gioia,

i

dissero:

alla casa del Signore».

nostri piedi

si

fermano

tue porte, Gerusalemme!

alle

Gerusalemme è costruita come città salda e compatta. Là salgono insieme secondo

la

per lodare

Là sono i

le tribù,

Signore,

le tribù del

legge di Israele, il

nome

posti

i

del Signore.

seggi del giudizio,

seggi della casa di Davide.

Domandate pace per Gerusalemme: sia sia

pace a coloro che ti amano, pace sulle tue mura,

sicurezza nei tuoi baluardi.

Per

i

miei

io dirò:

Per

la

fratelli

«Su

i

miei amici

di te sia pace!».

casa del Signore nostro

chiederò per te

276

e

il

CONCLUSIONE

bene

Dio

{Salmo 122),

INDICE

Premessa

7

Lettera di Sua Santità Giovanni Paolo II a S.E. Mons. P. Macchi nel VII Centenario Lauretano

9

Santuari nella cristianità dell'Occidente (M. Sensi)

23

I

Per una definizione del Santuario La ricerca del miracolo

Pellegrinaggi di massa e periodizzazione

25 21 32 38 41

L'accoglienza

46

Tipologia dei Santuari

Le condizioni spazio-temporali

Philoxenia Monastica in Terrasanta (E Carcione) Gli ospizi per pellegrini nel

mondo

(iv-vii

secolo)

39 cristiano an-

testimonianze archeologiche ed epigrafiche (D. Mazzoleni)

tico:

I

pellegrini nel monastero-santuario (S. Paciolla)

I

pellegrinaggi a Santiago de Compostela: tradizione

e attualità (P Caucci

68 80

89

von Saucken) INDICE

277

I ricordi del pellegrinaggio: le

ampolle paleocristiane

(M. Perraymond)

I

106

Santuari e l'assistenza religiosa

ai

transumanti nel

Settecento (G. Orlandi)

118

Roma, «communis

128

Roma «communis II

pellegrinaggio a

patria» (V. Paglia)

patria»

129

Roma

130

L'istituzione dell'Anno Santo

134

Le Le

confraternite nazionali

138

confraternite aggregate

141

Un

pellegrinaggio da

Roma

a Loreto

143

Conclusione Pellegrinaggio

147

Ad corpus beati Petri (Card.

Linee per

immaginario la comprensione

Le tombe

dei papi

Itinerario

V.

Noè)

..

148 148 151

di S. Pietro

154

«Saxa ipsa loquuntur...»

154

di Maria Salus populi romani neìV Anno Santo del 2000 (Card. U. Poletti)

156

La presenza

Il

Santuario della

legrini

romani

Madonna del Divino Amore ed

Introduzione ieri e

oggi

Prospettive pastorali Presenza della Beata Vergine nell'anno liturgico Santuario luogo della presenza Il pellegrinaggio

Pellegrinaggio notturno a piedi

Nuovi compiti

del Santuario in vista del 2000 Santuario e Chiesa locale

278

INDICE

pel-

163

Rinascita della devozione dagli anni '30

La devozione mariana

i

163

(P. Siila)

164 168 171 171 172 173 174 177 179

La Santa «Casa» di Loreto: Santuario dell'Incarnazione (Mons. O. Fusi-Pecci)

181

Santuario dell'Amore Misericordioso di CoUevalenza: nel segno della misericordia (D. Cancian - G. Ferretti)

190

L'accoglienza nella teologia dell'Amore Misericordioso

Un Un

Santuario dove ci si sente accolti messaggio per aprirsi alla fiducia e

alla carità

190 196 199

Assisi: Santuario per la diaconia dell'evangelizza-

zione e della lode (G. Berrettoni)

204

Introduzione

204 206 206

Una domanda La

Da

risposta o le risposte?

Assisi

una «proposta francescana» per

la

nuo-

va evangelizzazione all'uomo del Terzo Millennio ....

L'uomo

creatura

diDio

Uno stile penitenziale sobrio con il canto sulle Un principio importante: la fraternità

labbra

....

208 208 210 210

Lo «spirito di Assisi» La pastorale vocazionale Koma -Assisi- Gerusalemme

211 211 211 213 213 214

Conclusione

214

Santuario e pellegrinaggio nella Palestina dell'Età del Bronzo Medio (2000-1600 a. C): recenti scoperte sulle aree di culto aperte e gli «alti luoghi» dei Cananei (L. Nigro)

216

L'accoglienza nella struttura architettonica del Tempio di Gerusalemme (P. Colella)

230

Alcuni aspetti peculiari del Santuario Il tessuto liturgico

Centro culturale

artistico

Premessa Il Primo Tempio o

La

230 di

Salomone

231 233

sacralità dell'haram

INDICI

279

Lo

sviluppo dell'haram (ietJeéq|tó:di'Sa3fofeon attra-

verso Il

Il

i

234

secoli ..$!!li^/k.À..y:ri....

Tempio di Ezechiele condo Tempio Tempio di Erode

e quello di Zorobabele o Se-

235 238 241

L'Iscrizione

I

Santuari nel

mondo

244

classico (R. Rossi)

Santuari e pellegrini in altre religioni (Card.

F.

Arinze)

273

Conclusione

276

280

INDICE

BOSTON PUBLIC LIBRARY

3 9999 04061

542

7>

Ho longe /

LiCStC.

Sale of this

rnates-»;

S/VN

rtyofthe Library. '

ted the

Librar)'.

OEMCO

«Il

volume: Santuario, tenda deWincontro con Dio, tema del santua-

raccoglie studi di carattere storico sul rio e dei pellegrinaggi. Il

senso cristiano dell'esistenza è segnato dall'evento

del

Verbo di Dio

fatto carne che abita in

a noi. In quest'ottica

la storia

mezzo

acquista un'importanza

capitale per l'umana esperienza,

il

sentato dall'esperienza religiosa.

È nella trama del tem-

cui vertice è rappre-

po e deUo spazio - le coordinate della storia - che Dio incontra l'uomo. Per questo il Dio vivo non cessa di chinarsi sul bisogno del suo popolo per condurlo, con

forza e tenerezza, alla santa dimora. I santuari, soprat-

sono il segno privilegiato di quecondiscendenza di Dio verso l'uomo.

tutto quelli mariani, sta

L'interesse oggettivo del presente

volume è

accresciu-

to dalla varietà e dalla solidità dei contributi scientifici di cui si

compone. Sono

stati curati dall'Istituto

Supe-

riore di Scienze Religiose Ecclesia Mater, che opera

nell'ambito deUa Pontifìcia Università Lateranense».

+ Angelo Scola '

Rettore Magnifico

L

Pontifìcia Università Lateranense

ISBN

-1970-1

78

9706