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Italian Pages 300 Year 1996
Autori Vari
Tra storia e spiritualità a cura
L.
Andreatta
-
di
R Marinelli
^
PIEMME
BOSTON PUBLIC UBRARY
SANTUARIO,
TENDA DELUINCONTRO
CON DIO
Collana «Itinerari dello spirito»
Liberio Andreatta, Pellegrini come
Aa.Vv.,
Il
i
nostri Padri, 1991.
pellegrinaggio via della nuova evangelizzazione, 1993.
Aa.Vv., Gli operatori pastorali del pellegrinaggio alla luce di «Pastores dabo vobis», 1994. Aa.Vv., Famiglia e pellegrinaggio, 1994.
Aa.Vv,, Santuario e Accoglienza. Verso 2000, 1995.
il
Grande Giubileo del
Aa.Vv., Santuario, tenda dell'incontro con Dio. Tra storia e tualità, 1996.
spiri-
E E
Arinze
Carcione
•
P.
•
G. Berrettoni • D. Cancian Caucci von Saucken • P. Colella
G. Ferretti • 0. Fusi-Pecci • D. Mazzoleni L. Nigro . V. Noè • G. Orlandi S. Paciolla • V. Paglia • M. Perraymond U. Poletti
•
R. Rossi
•
M.
Sensi
•
P
Siila
SANTUARIO, TENDA DELL'INCONTRO
CON
DIO.
Tra storia e spiritualità
Lettera ài Sua Santità Giovanni Paolo II
a cura di
LIBERIO ANDREATTA FRANCESCO MARINELLI
PIEMME
Il
volume
è frutto della collaborazione tra
Sedem
grinaggi, la Peregrinatio ad Petri
l'Opera
Romana
Pelle-
e l'Istituto Superiore di
Scienze Religiose «Ecclesia Mater» della Pontificia Università Lateranense che ha messo a disposizione la sua struttura accademica,
curando
la
presente edizione.
Imprimatur:
Dal Vicariato di Roma, 13.10.1995 Mons. Luigi Moretti, Segretario Generale
Copertina: Studio
Aemme
Illustrazione di copertina:
I
©
Edizione 1996
1996
J.W. Smith, La Santa Casa di Loreto (Museo FitzwiUiam, Cambridge)
"^
EDIZIONI PIEMME
Spa.
15033 Casale Monferrato (AL) Via del Carmine, 5 Tel. 0142/3361 Fax 0142/74223 -
-
Stampa: Nuove Grafiche Artabano
-
Via Verta, 49
-
Omegna (VB)
-
Tel.
0323/61443
«Oltre che della Liturgia dei sacra-
menti e dei sacramentali, la catechesi deve tener conto delle forme della pietà dei fedeli e della religiosità popolare. Il senso religioso del popolo cristiano, in
vato
la
ogni tempo, ha
tro-
sua espressione nelle varie
forme di pietà che circondano
la vita
sacramentale della Chiesa, quali
venerazione delle reliquie, ai
Santuari,
i
la
le visite
pellegrinaggi, le pro-
cessioni, la "via crucis", le ligiose, il rosario, le
danze
re-
medaglie, ecc.».
{Catechismo della Chiesa Cattolica, 1674)
PREMESSA
«I pellegrinaggi del Papa sono divenuti un elemento importante nell'impegno di realizzazione del Concilio Vaticano IL Iniziati da Giovanni XXIII, nell'imminenza dell'inaugurazione del Concilio, con un pellegrinaggio significativo a Loreto e ad Assisi (1962), hanno avuto un cospicuo incremento con Paolo VI, il quale, dopo essersi recato anzitutto in Terra Santa (1964), compì altri nove grandi viaggi apostolici che lo portarono a diretto contatto con le popolazioni dei vari continenti. Il pontificato attuale ha ampliato ancor più tale programma, cominciando dal Messico, in occasione della III Conferenza Generale dell'Episcopato Latino Americano, tenutasi a Puebla nel 1979. Vi è stato poi, in quello stesso anno, il pellegrinaggio in Polonia durante il Giubileo per il 900° anniversario della morte di san 1.
Stanislao vescovo e martire.
Le
successive tappe di questo peregrinare sono cono-
sono diventati sistematici, raggiunChiese particolari in tutti i continenti, con una cura attenta per lo sviluppo dei rapporti ecumenici con i cristiani delle diverse confessioni. Sotto quest'ultimo profilo rivestono un rilievo particolare le visite in Tur-
sciute. I pellegrinaggi
gendo
le
chia (1979), in
Germania
(1980), in Inghilterra e Galles
e in Scozia (1982), in Svizzera (1984), nei Paesi Scandi-
navi (1989) ed ultimamente nei Paesi Baltici (1993).
PREMESSA
Al
momento
presente, tra le
mete
di pellegrinaggio
Sarajevo in Bosnia ed Libano, Gerusalemme e la Terra Santa. Sarebbe molto eloquente se, in occasione dell'Anno 2000, fosse possibile visitare tutti quei luoghi che si trovano sul cammino del Popolo di Dio dell'Antica Alleanza, a partire dai luoghi di Abramo e di Mosè,
vivamente desiderate, Erzegovina,
il
Medio
attraverso l'Egitto e
il
vi è, oltre a
Oriente:
Monte
il
Sinai, fino a
Damasco,
cit-
che fu testimone della conversione di san Paolo» (Giovanni Paolo II, Tertio Millennio adv eniente, n. 24). tà
Questo volume è
continuazione del precedente il Grande Giubileo del 2000. Esso intende essere una esplorazione storica sulla valenza profetica, cultuale e regale dei san2.
la
dal titolo Santuario e accoglienza: verso
scopo di fornire una cornice ai pellegrinaggi del Santo Padre Giovanni Paolo II, compiuti con l'intento di realizzare il messaggio del Concilio Vaticano II in tutti i suoi aspetti teologici ed tuari e dei pellegrinaggi allo
operativi.
re
Mentre la comunità cattolica, guidata dal suo PastoSupremo, si prepara ai pellegrinaggi giubilari del
2000, auspichiamo che
me
aiutino
una
i
contributi contenuti nel volu-
rilettura ecclesiale della teologia dei
santuari e dei pellegrinaggi per aggiornarli alle aspettative spirituali del
prossimo Grande Giubileo della no-
stra redenzione.
Impreziosisce il testo l'impareggiabile Lettera del Santo Padre a S.E. Mons. Pasquale Macchi nel vii centenario lauretano. In Chiesa in preghiera, alla vigilia del terzo millen-
implora Dio che
nio,
la
continui ad arricchirla di
sono
i
fantasia dello Spirito Santo
«memorie
ecclesiali», quali
santuari, in continuità di fede e di fervore
con
il
passato ed in tensione escatologica che realizzi l'evangelico «convertitevi e credete al vangelo».
8
PREMESSA
Lettera di Sua Santità
GIOVANNI PAOLO a
II
Sua Eccellenza
MoNS. Pasquale Macchi Arcivescovo Delegato Pontificio per il Santuario della Santa Casa nel VII Centenario Lauretano
Al Venerato Fratello Mons. Pasquale Macchi, Delegato Pontificio per il Santuario di Loreto 1.
ha Santa Casa
di Loreto,
primo Santuario
di portata internazionale dedicato alla
Vergine
e,
vero cuore mariano della cristianità, ha goduto sempre speciale attenzione da parte dei Romani Pontefici che ne hanno fatto meta frequente del loro pellegrinaggio e oggetto delle loro cure apostoliche. Io stesso, in due occasioni, ho avuto la gioia di potermi raccogliere in preghiera tra le sue mura benedette. La ricorrenza ormai imminente, secondo l'antica tradizione, del VII Centenario di codesto Santuario, intimamente legato alla Sede Apostolica, mi offre l'opportunità di riconfermare la mia profonda devozione verso la Vergine SS. ma, costì e
per diversi
secoli,
mondo cattolico tanto venerata. Nelle cose della religione, il centenario non è mai un semplice avvenimento cronologico, ma
nel
LETTERA
DI
SUA SANTITÀ (ÌIOVANNI PAOLO
II
un momento
piuttosto
di grazia, in cui
si
fa
me-
moria riconoscente del passato e ci si protende, con rinnovato dinamismo, verso il futuro.
Nel nostro caso, fatto
che
tale
scopo è evidenziato dal
centenario cade in un
il
la cristianità intera
si
sta
momento,
in cui
preparando a celebrare
il
secondo millennio della nascita del Salvatore. Maria fu storicamente l'aurora che precedette il sorgere del Sole di giustizia. Cristo nostro Dio; e tale continua ad essere, misticamente, nella vita della Chiesa, ogni volta
che
si
attende una nuova
venuta, in grazia, del Signore.
Come,
perciò, negli ultimi giorni dell'avvento
Chiesa concentra tutta la sua attenzione su Colei, dalla quale nascerà il Salvatore, così il centenario lauretano ci aiuterà a fare lo stesso durante questo «avvento» che ci porterà al Natale del duemila. Maria - ha scritto S. Bernardo - è la «via regia», per la quale Dio è venuto verso di noi e per la quale noi possiamo, ora, andare verso di Lui (cfr. Discorso I per l'Avvento 5, Opera, ed. Ci-
liturgico, la
stercense,
anche
la
Roma, 1966,
«via regia» per prepararci
puntamento del bimillenario 2.
dunque, grande ap-
p. 174). Ella è, al
cristiano.
La Santa Casa di Loreto non è solo una «rema anche una preziosa «icona» concreta.
liquia»,
E
nota l'importanza straordinaria che l'icona ha i fedeli delle Chiese orientali, come segno attraverso il quale si opera, nella fede, una specie di «contatto spirituale» con il mistero, per usare un'espressione di S. Agostino (cfr. Sermo 52, 6, 16 PL 38, 360). Essa «significa» la realtà in senso forte in quanto la «rende presente» ed operante. Quanto più una icona è antica ed
sempre avuto, specie presso
10
LETTERA DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO
II
ha avuto parte alla vita, alle sofferenze ed alle vicende storiche di un popolo o di una città, tanto più è grande la grazia che da essa deriva. Si tratta di qualcosa che trova la sua spiegazione ultima nel mistero della comunione dei Santi. Come notavo nella mia Enciclica Redemptoris Mater, le icone «sono immagini che attestano la
fede e lo spirito di preghiera del buon popolo di Dio, il quale avverte in esse la presenza e la protezione della Vergine» (n. 33). Ebbene, tale è anche, in un certo senso, la Santa Casa di Loreto, la cui storia è intimamente intrecciata non solo con quella della regione marchigiana, che
ha
il
privilegio di custodirla,
ma
an-
che con quella dell'intera nazione italiana, che ha celebrato costì, nel 1985, come ultimo significativo evento, un importante Convegno ecclesiale, e dell'intera cattolicità, che ha dedicato alla Vergine Lauretana innumerevoli chiese, cappelle, edicole ed immagini. Una icona consacrata dalla fede e dalla devozione di generazioni di pellegrini, che con le loro mani e con le loro ginocchia ne hanno modellato perfino le pietre. Il respiro universale di codesto Santuario è confermato dal fatto che la Vergine Lauretana, proclamata dal mio predecessore, Benedetto XV, Patrona universale dell'aviazione, viene
aereo, in
mente
ovunque invocata
un abbraccio
tutti
i
di
dai viaggiatori in
pace che unisce
ideal-
Continenti.
Lasciando, perciò, come è doveroso, piena libertà alla ricerca storica di indagare sull'origine del Santuario e della tradizione lauretana, possia-
mo affermare, a buon
diritto,
Santuario stesso non
si
che l'importanza del misura solo in base a ciò, da cui ha tratto origine, ma anche in base a ciò
LETTERA DI SUA SANTITÀ GKWANNI PAOLO
II
11
che esso ha prodotto. stesso,
quando
È il criterio
invita
ogni albero dai suoi
i
che
ci
dà Cristo
suoi discepoli a giudicare
frutti (cfr.
Mtl
,
16).
Loreto è «icona» non di evento e di un mistero: un astratte verità, ma l'Incarnazione del Verbo. E sempre con profonda commozione che, entrando nel venerato sacello, si leggono le parole poste sopra l'altare: «Hic Verbum caro factum est»: Qui il Verbo si è fatto 3.
La Santa Casa
di
di
che si ricorda dentro codemura, riacquista di colpo il suo genuino
carne. L'Incarnazione, ste sacre
significato biblico;
non
trina sull'unione tra tosto, di
il
si
tratta di
una mera dot-
divino e l'umano, ma, piut-
un avvenimento accaduto in un punto tempo e dello spazio, come mettono
preciso del
mera\igliosamente in luce le parole dell'Apostolo: «Quando venne la pienezza del tempo. Dio mandò il suo Figlio, nato da donna» {Gal 4, 4). Maria è la Donna, è, per così dire, lo «spazio» fisico e spirituale insieme, in cui è a\a^enuta l'Li-
Ma
anche la Casa in cui Ella visse costituisce un richiamo quasi plastico a tale concretezza. «A Loreto - come ebbi a dire nella festa dell'Immacolata di qualche anno fa, durante la recita deW Angelus - si medita e si riscopre la na-
carnazione.
scita di Cristo,
il
Verbo
divino, e la sua vita terre-
na, umile e nascosta per noi e realtà misteriosa del
con noi; a Loreto la Natale e della Santa Famiglia
modo, palpabile, si fa especommovente e trasformante»
diventa, in qualche
rienza personale,
(Angelus dell'8 dicembre 1987). Il mistero dell'Incarnazione si compì attraverso alcuni «momenti» che racchiudono, a loro volta, i grandi messaggi che il Santuario lauretano è
12
LETTERA DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO n
rliiatfigfo a tener vivi odia Chiesa. Essi sono: 1. il saluto defl'angdo, doè rannundaziofie^ 2. la nspostsL di Fede, il «fiat» di Macia e 3. Feiiaito suMime del Veibo che si £i carne.
Possiamo riassumedi ccmd tre parole: grazie, fede e sahezui, che sono le stesse usate dall'Apostolo per descnvere il misteio ciistiano: «Per £fkzw àebc salvi mediante hi fede» {EfX,
8).
La fMetà ai-
stiana ha mnalMlmente espiesso questi tre momenti
ndla
pr^hna ódB^AngAts, che possiamo con-
sidenue, per il suo contenuto, come la pie^iìen lauretana per eccellenza: «L'angelo del Signcxe poitò l'annundo a Maiia..j», «Eccomi^ sono l'an-
ceDa dd S^DOfCj», «E il Veibo si è £dtto caine,.j».
n
racconto dell'Aimunciazìone, con al vergrande parola 4q>iena di grazia» {kecharitaméne)^ prodama la Ycólk fimdamentale die alTinizio di tutto, nei raqipcMrti tra Dio e la creatura, c'è il dono gratuito, la libera e sovrana dezione di Dio, tutto dò insomma die nd fingnaggio ddla Bibbia è racdiiuso nd termine «grazia». La grazia 4.
tice la
di
Dio è la spiegazione ultima di tutta la grandezza
Malia e, dietro di lei, dd suo castissimo sposo San Giusq^ie e ddk Chiesa intera. La grazia die Mada ha lìcevuto non è soltanto qualcosa di intenzionale, una benevvJa disposizione di Dìo nd suoi liguardi, ma è qualcosa cfi reale, è la «gratia Chnstì» a Id accordata in antìcipo in iriitù dd meliti deDa morte dd Figlio. È, in definitiva, lo stesso Spirito Santo. EMre, dunque, di Id che è «piena di grazia» equivale a dire che è piena di Spiato Santo. La Santa Casa di Loreto, dov^ ancora iisuona, per cod dire, il saluto «Ave. piena di grazia», è dunque un luogo piìvilegiato, non solo per medidi
LETIEBA DI SUA SANITTA
GOTAM* PMOU>
13
ma
anche per riceverla, incrementarla, ritrovarla, se persa, mediante i sacramenti. Soprattutto il sacramento della riconciliazione, che ha avuto sempre un posto così rilevantare sulla grazia,
te nella vita di
codesto Santuario.
secondo momento del mistero dell'Inè, come accennavo sopra, il momento del «fiat», cioè della fede: «Allora Maria disse: Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me 5.
Il
carnazione
quello che hai detto» (Le
ferendosi a questo
1,
38).
È
certamente
momento che Elisabetta,
di
rilì
a
poco, proclama Maria «beata» per aver creduto (cfr. Le 1, 45). Il Concilio Vaticano II ci insegna a vedere nella fede, più ancora che nei suoi privilegi, la vera grandezza della Madre di Dio. EUa fu la prima credente della nuova alleanza, colei che «avanzò nella peregrinazione della fede» {Lumen gentium, 58). Grazie alla sua fede, Maria, come S. Agostino, concepì il Cristo «nella sua menprima ancora che nel suo corpo» {Sermo 215, 4,
dice te,
PL38,
1074).
secondo messaggio che risuona tra le mura della Santa Casa è, dunque, quello della fede. A Loreto si è come contagiati dalla fede di Maria. Una fede che non è solo assenso della mente a verità rivelate, ma anche obbedienza, accettazione gioiosa di Dio nella propria vita, un «sì» pieno e generoso al suo disegno. Notavo nella Redemptoris Mater come la fede di Maria continua a trasmettersi in mezzo al popolo cristiano anche «mediante la forza attrattiva Il
e irradiante dei grandi Santuari, nei quali non solo individui o gruppi locali, ma, a volte, intere nazioni e continenti cercano l'incontro
14
LETTERA DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO U
con
la
Ma-
dre del Signore, con Colei che è beata perché ha creduto» (n. 28). E questo si applica in modo del tutto singolare al Santuario di Loreto. Non si contano le anime di semplici fedeli e di Santi canonizzati dalla Chiesa che tra le pareti del sacello lauretano hanno avuto la loro «annunciazione», cioè la rivelazione del progetto di Dio sulla loro vita, e, sulla scia di Maria, hanno pronunciato il loro «fiat» e il loro «eccomi!» definitivo a Dio. 5. Leone Magno diceva che «i figli della Chiesa sono stati generati con Cristo nella sua nascita» {Sermo VI, 2 PL 54, 213) e la Lumen gentium afferma, a sua volta, che Maria «è veramente madre delle
membra
di Cristo,
perché cooperò con
carità alla nascita dei fedeli della Chiesa,
quel capo sono
le
membra»
(n. 53).
i
Questo viene
qualche modo,
«sì» di
Maria
fu, in
anche un «sì» detto
a noi.
Concependo
a dire
che
il
la
quali di
il
capo.
Ella «concepiva», cioè, alla lettera «accoglieva in-
sieme con lui», almeno oggettivamente, anche noi, che siamo le sue membra. In questa luce la Santa Casa nazaretana ci appare come la Casa comune nella quale, misteriosamente, anche noi siamo stati concepiti. Di essa si può dire ciò che un salmo dice di Sion: «Tutti là sono nati» {Sai 87, 2). 6.
Il
terzo
momento
è, infine,
quello dell'In-
carnazione del Verbo, cioè della venuta tra noi della salvezza. La preghiera deìV Angelus lo rievoca con le parole sublimi del prologo: «E il Verbo si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi». Accogliendo con fede la grazia. Maria diven-
ne vera Madre di Dio e figura della Chiesa. «Ogni anima che crede - scrive infatti S. Ambrogio concepisce e genera il Verbo di Dio... Se, secon-
LETTERA
DI
SUA SANTITÀ CJIOVANNI PAOLO
II
15
do do
la
carne,
una
sola è la
Madre
di Cristo, secon-
anime generano Cristo quando parola di Dio» [Esposizione del Van-
la fede tutte le
accolgono
la
gelo di Luca,
Qual
è,
II,
26,
CSEL,
32, 4, p. 164).
a questo proposito,
il
messaggio che
la
Santa Casa di Loreto, quale «Santuario dell'Incarnazione», deve contribuire a diffondere nel mondo? Essa ci richiama alla mente la salvezza nel suo «stato nascente» che è sempre, come si sa, il più carico di suggestione; rende in qualche modo «presente» quell'istante unico nella storia in cui la grande novità fece la sua irruzione nel mondo. Essa aiuta, perciò, a ritrovare, ogni volta, lo stupore, l'adorazione, il silenzio necessari davanti a tanto mistero. Aiuta a far sì che l'evento del bimillenario cristiano, che ci apprestiamo a celebrare, sia l'occasione per riscoprire l'immenso significato che l'Incarnazione del Verbo ha per la fede e la vita dei cristiani.
Lo
stesso contrasto, che
si
nota a Loreto, tra la povertà e la nudità delle pareti interne della Santa Casa e il suo splendido rivestimento marmoreo, quante cose ci aiuta a capire del mistero dell'Incarnazione! «Gesù Cristo, da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà» (2 Cor 8, 9). Nulla esprime meglio la trascendente grandezza delle opere divine quanto la rinuncia e l'assenza di ogni grandezza e apparenza umana. La nudità della Santa Casa di Nazareth annuncia la nudità della croce ed il mistero dell'Incarnazione contiene già «in nuce» il mistero pasquale. Si tratta dello stesso mistero di «spogliazione» e di «kenosi », nel quale Maria è stata intimamente associata al Figlio (cfr. Redemptoris Mater, 17). Un aspetto che deve essere tenuto particolar-
16
LETTERA DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO
II
mente vivo
nel Santuario lauretano è quello che ruolo dello Spirito Santo negli inizi della salvezza. Grazie ad esso, se da una parte l'Incarnazione annuncia il mistero pasquale, dall'altra prelude già alla Pentecoste. Parlando della fine
riguarda
del
il
secondo millennio,
num
nella
mia Enciclica Domi-
«La Chiesa non può nessun altro modo, se non
et vivificantem scrivevo:
prepararsi ad esso in
nello Spirito Santo... Ciò che nella pienezza del
tempo
compiuto per opera dello Spirito Sanpuò ora emergere alla memoria della Chiesa» (n. 51). E dove si potrebbe parlare con più efficacia del ruolo dello Spirito to,
si
è
solo per opera sua
Santo, «datore di vita», se retano, che ricorda
Egli
il
non
nel Santuario lau-
momento
e
il
luogo in cui
compì la suprema delle sue operazioni «vividando vita, nel seno di Maria, all'umani-
ficanti»,
tà del Salvatore?
7. Ciò che abbiamo detto ci aiuta a vedere piiì chiaramente quale potrebbe essere la funzione dei grandi Santuari, particolarmente quello di Lore-
to,
nel
nuovo contesto
religioso di oggi:
ghi del marginale e dell'accessorio ma,
non
al
luo-
contra-
luoghi dell'essenziale, luoghi, dove si va per ottenere «la grazia», prima ancora che «le grazie». Oggi è necessario, per rispondere alle nuove sfide della secolarizzazione, che i Santuari siano luoghi di evangelizzazione, vere e proprie cittadelle della fede, nel senso globale che questa parola aveva sulla bocca di Gesù quando diceva: «Convertitevi e credete al Vangelo» {Me 1, 15). «Si potrebbe forse parlare - scrivevo sempre nella Redemptoris Mater - di una specifica "geografia" della fede e della pietà mariana, che comprende tutti questi rio,
LETTERA DI SUA SANTITÀ CÌIOVANNI PAOLO
II
17
luoghi di particolare pellegrinaggio del popolo di
Dio»
(n. 28).
È
noto il ruolo determinante che svolsero nella prima evangelizzazione dell'Europa alcuni grandi monasteri, quali centri di spiritualità e veri campi-base nel cammino della fede. I grandi Santuari - divenuti oggi, anche grazie all'accresciuta mobilità umana, luoghi di più grande concorso di popolo - sono chiamati ad assolvere una funzione analoga, in vista della nuova ondata di evangelizzazione, di cui avvertiamo tanto urgente il bisogno per l'Europa e per il mondo. Occorre l'opera sapiente e zelante delle persone poste a servizio dei Santuari e di quelle che accompagnano spiritualmente i pellegrini. Per questo non si raccomanda mai abbastanza la necessità di una adeguata pastorale, aperta alle grandi sfide del mondo e ai
segni dei tempi, ispirata alle direttive conciliari
e del magistero più recente della Chiesa, soprat-
quanto riguarda l'efficace amministrazione dei sacramenti e la centralità della Parola di Dio. Quante persone si sono recate ad un Santuario per curiosità, come visitatori, e sono tornate alle loro case trasformate e rinnovate, perché vi tutto per
hanno
ascoltato una parola che le ha illuminate! Vale in modo tutto particolare per i Santuari ciò che Dio dice per mezzo del profeta: «Il mio tempio si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli» ih 56, 7). L'efficacia dei Santuari si misurerà sempre più dalla capacità che essi avranno di rispondere al bisogno crescente che l'uomo sperimenta, nel ritmo frenetico della vita moderna, di
un contatto silenzioso e raccolto con Dio e con se Quale grazia poter fare questo proprio presso la Santa Casa di Nazareth, dove Maria e lo
stesso.
18
LETTERA DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO
II
Gesù dedicarono gran
parte del loro tempreghiera silenziosa e nascosta. Mi auguro, dunque, che si ax^^eri sempre più quanto ebbi a dire nell'occasione già ricordata: «A Loreto folle innumerevoli, ogni giorno e da tutto stesso
po
il
alla
mondo,
si
accostano
al
Sacramento della Con-
fessione e dell'Eucaristia e molti si convertono dall'incredulità alla fede, dal peccato alla grazia, dalla tiepidezza e dalla superficialità al fervore
ed all'impegno della testimonianza. Loreto è una sosta di pace per l'anima; è un incontro particolare con Dio; è un rifugio per chi cerca la spirituale
Verità e
il
senso della propria vita» {Angelus dell'8
dicembre 1987). 8. Ho detto che i Santuari devono essere sempre più luoghi dell'essenziale, in cui si fa esperienza dell'assoluto di Dio. Ma non per questo in essi saranno dimenticati i problemi quotidiani della vita. Il ricordo della vita nascosta di Nazareth evoca questioni quanto mai concrete e vicine all'esperienza di ogni uomo e di ogni donna. Esso ridesta il senso della santità della famiglia, prospettando di colpo tutto un mondo di valori, oggi così mi-
nacciati, quali la fedeltà,
l'educazione dei
figli, la
il
rispetto della vita,
preghiera, che le famiglie
possono riscoprire dentro le pareti della Santa Casa, prima ed esemplare «chiesa domesti-
cristiane
ca» della
storia.
alla mente qui le parole con cui il mio predecessore Paolo VI espresse quella che chiamò «la lezione di Nazareth»: «Nazareth ci insegni che cos'è la famiglia, la sua comunione d'amore, la sua austera e semplice bellezza, il suo carattere sacro ed inviolabile, impariamo da Nazareth come
Tornano
LETTERA DI SUA SANTTFÀ GIOVANNI PAOLO
II
19
è dolce e insostituibile la formazione che essa dà;
impariamo come
la
sua funzione
sia all'origine e
base della vita sociale» {Discorso di Paolo VI a La Santa Casa ricorda, in pari tempo, anche la grandezza della vocazione alla vita consacrata e alla verginità per il Regno, la quale ebbe qui la sua gloriosa inaugurazione nella persona di Maria, Vergine e Madre. Ai giovani, poi, che innumerevoli pellegrinano alla Casa della Madre, vorrei ripetere le parole che ho rivolto loro in altra occasione: «Camminate verso Maria, camminate con Maria... Fate riecheggiare nel vostro cuore il suo fiat» [Macerata, 19 giugno 1993). Possano i giovani rinnovare, alla luce degli insegnamenti della Casa di Nazareth, il loro impegno nel laicato cattolico onde riportare Cristo nei cuori, nelle famiglie, nella cultura e nella soalla
Nazareth, 5 gennaio 1964).
cietà (cfr. Ih). Il
giusto sforzo dei nostri tempi per riconosce-
re alla
donna
il
posto che
le
compete
nella Chiesa
e nella società trova anch'esso qui un'occasione
quanto mai adatta di approfondimento. Per il fatto che Dio «mandò il suo Figlio nato da donna» {Gal 4, 4), ogni donna è stata elevata, in Maria, ad una dignità tale che non se ne può concepire una maggiore (cfr. Mulieris dignitatem, 3-5). Nessuna considerazione teorica, poi, potrà mai esaltare la dignità del lavoro umano quanto il semplice fatto che il Figlio di Dio ha lavorato a Nazareth ed ha voluto essere chiamato «figlio del falegname» (cfr. M/ 13, 55). Il lavoratore cristiano che ripensa la sua vocazione all'ombra della Santa Casa scopre anche un'altra importante verità: che il lavoro non solo nobilita l'uomo e lo rende partecipe dell'opera creatrice di Dio,
20
ma può
LETTERA DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO
II
essere
altresì
un'autentica via per realizzare
fondamentale vocazione
la
alla santità (cfr.
propria
Laborem
exercens, 24-27).
come non accennare
poveri» che la Chiesa ha fatto nel Concilio (cfr. Lumen gentium, 8) e ribadito sempre più chiaramente in seguito? Le austere e umiU pareti della Santa Casa ci ricordano visivamente che è Dio stesso che ha inaugurato questa scelta in Maria, la quale, come dice un bel testo conciliare, «primeggia tra gli umili e i poveri del Signore, che con fiducia attendono e ricevono da Lui la salvezza» (/^., 20). Sempre a proposito di questo tema della povertà e della sofferenza, un posto privilegiato hanno avuto nella storia del Santuario i malati che furono tra i primi ad accorrere pellegrini alla Santa Casa e a diffondere la sua fama tra le genti. Anche oggi la loro presenza, specie nel cosiddetto «treno bianco», è quella che fa vivere al Santuario alcuni momenti vibranti di fede e di intensa devoInfine,
zione.
Dove potrebbero
essi,
alla «scelta dei
del resto, essere ac-
meglio, se non nella casa di Colei che proprio le «litanie lauretane» ci fanno invocare come «salute degli infermi» e «consolatrice degli afflitcolti
ti»?
Accanto
il credente scopre che «sofdiventare particolarmente suscettiparticolarmente sensibili all'opera delle forze
a Maria,
frire significa bili,
salvifiche di
Dio
offerte all'umanità in Cristo»
[Salvifici doloris, 23).
Faccio voti affinché il glorioso Santuario ha avuto una parte così attiva nella vita del popolo cristiano per quasi tutto il corso del secondo millennio che sta per concludersi, possa averne una altrettanto significativa nel 9.
della Santa Casa, che
LETTERA
DI
SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO
II
21
corso del terzo millennio che è
nuando ad
come per
essere,
pulpiti mariani più
il
alle porte, conti-
passato,
della cristianità.
alti
uno
dei
«Possa que-
Loreto - come ebbe a dire il mio XXIII durante la sua storiGiovanni predecessore essere sempre come una finestra aperta ca visita sto Santuario di
sul
mondo,
a richiamo di voci arcane, annunzianti
la santificazione delle
anime, delle famiglie, dei
popoli» {Acta Apostolicae Sedis, 34 [1962], 726). La Vergine Lauretana dall'alto del suo colle
benedica e soccorra quelli che, sull'altra
tutti
i
sponda
popoli, in particolare dell'Adriatico,
dove
è
così viva la tradizione lauretana, sono oggi così
provati da guerre fratricide! Possa, infine, accogliere sotto
il
suo manto
tutti
i
cristiani in
sto materno, ravvivando la nativa
un
ge-
vocazione ecu-
menica di codesto Santuario, che ha radici, secondo la tradizione lauretana, nell'Oriente cristiano. Nel significarLe che intendo anche concedere una speciale indulgenza, a determinate condizioni, a quanti visiteranno
codesto Santuario nel corso
dell'anno celebrativo del centenario,
ben
volentieri
imparto a Lei, Venerato Fratello, ai membri della Delegazione Pontificia e della Comunità dei Padri Cappuccini, alla città di Loreto ed a tutti i pellegrini che visiteranno o prenderanno parte alle celebrazioni giubilari una particolare Benedizione Apostolica, in pegno di abbondanti grazie celesti.
Dal Vaticano, 15 agosto. Solennità dell'Assunzione della Beata Vergine Maria, dell'anno 1993 15° di Pontificato.
/^^/^/ 22
LETTERA DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO
II
I
SANTUARI
NELLA CRISTIANITÀ DELLOCCIDENTE PROF. MARIO SENSI PUL e nell'ISSR «Ecclesia
docente nella
Mater»
In una società, apparentemente dissacrata,
come
la
nostra^ non solo
si continuano a frequentare vecchi ne costruiscono dei nuovi, secondo le tipologie classiche: luoghi dove vengono anche riproposti vecchi riti, come le processioni oceaniche diurne e notturne ^. Come nella società medievale, anche nella nostra società post-moderna c'è un immenso desiderio
Santuari,
«È
ma
se
muta ogni aspetto della vita umana; si dissacra la logica, come il trasformano le teorie scientifiche, sollecitate da molti fattori; muta la tecnica a tutti i livelli (...) mutano negativamente le componenti ambientali che influiscono suUa religiosità (...) tutte orientano la società verso la dissacrazione, e tuttavia, appunto per il loro essere numerosissime, per il loro intrecciarsi, variamente comporsi ed alla fine contraddirsi, ostacolano ogni prognosi sicura sul desti^
vero:
linguaggio;
no
si
religioso dell'umanità», S.S. Acquavt\'a, L'eclissi del sacro nella civiltà industria-
movimento generale di dissacrazione e una sintesi della pratica remondo, Milano 1981, p. 280 (il corsivo è dell'autore). Sul tema della persistenza della religione, A.M. Greely, L'uomo non secolare. La persistenza della religione, Brescia 1977; R Stell.a, Forme di un'ideologia: la secolarizzazione, Roma
le,
una
teoria del
ligiosa nel
1989.
Un santuario per il 2000, il nuovo Divin Amore, «voto» «La Repubblica» del 6 gennaio 1995, cronaca di Roma, p. Il, che «alla processione notturna paneciparono 3000 fedeli. Per tanti pellegrini - commenta don Pasquale - c'era davvero bisogno di un nuovo santuario. Quello attuale può contenere al massimo 200 persone in piedi». Del resto la spiritualità 2
per
Riferisce C. Gentile,
la liberazione, in
da una marcata proliferazione di forme esteriori di devoDurano, Pèlennages et processions en Italie au lendemain de la deuxième guerre mondiale, une interprétation politique, in Histoire religieuse, Histoire globale Histoire ouverte, Mélanges offerts a Jacques Gadillc, Paris 1994 (= Biitaliana è caratterizzata
zione, J.D.
-
bliothèque Beauchesne, Religions Société Politique, 22), pp. 363-375.
I
SANTUARI NELLA CRISTIANFrÀ DELL'OCCIDENTE
23
del divino che «cerca soddisfazione»
non tanto
nei sa-
tal fine la Chiesa offre, quanto in manicon una forte carica emotiva e il cui contenuto teologico rimane spesso assai debole; in altre parole, la religiosità popolare non si è lasciata «inte-
cramenti, che a
festazioni
grare» \ Si valorizzano così vecchi Santuari; se ne costruisco-
no
dei nuovi laddove
ternaturali,
come
si
sono
verificati
fenomeni pre-
apparizioni, movimenti, lacrimazioni
e essudazioni di immagini; alcuni di questi spazi han-
no ricevuto Tapprovazione
della Chiesa, altri
sono
in
attesa \
Una lunga
che va dagli spazi sacri già monumentalizzati, nonostante la mancata approvazione e conosciuti e frequentati da tutta Europa, ai luoghi che, pur divenuti meta di piccoli pellegrinaggi, sono rimasti come erano al momento dell'evento: la loro approvazione giungerà solo quando si sarà pienamente manifestato il consenso dei fedeli ^ Così come si continuano a costruire Santuari - gran-
^
A. Vauchez,
lista di attesa
La
spiritualità dell'occidente medioevale,
L. Sartori, Lettura della religiosità popolare secondo
il
Milano 1978,
magistero e
p. 165;
la teologia catto-
in Quadri concettuali nello studio della religione popolare. Atti del quarto colloquio interdisciplinare, Padova 24-26 maggio 1984, Padova 1985, p. 75. lica,
^ Per una lettura dei racconti di fondazione, G. Profeta, Le leggende di fondazione dei santuari, in «Lares» XXXVI (1970), pp. 245-258; per un quadro d'insie-
me
sulle apparizioni della Vergine, S. Barn'ay, Les apparitions de la Vierge, Cerf Parigi-Cedex 1992. 5 Sembra che le apparizioni e le lacrimazioni di santi e Madonne in Italia, dal dopoguerra ad oggi, siano almeno 130; cfr. l'intervista a Cecilia Gatto Trocchi in
«La Repubblica» del 9 febbraio 1995, p. 23 fatta a proposito del recente caso di Civitavecchia dove una Madonna avrebbe lacrimato sangue. Tra culti approvati cito, a titolo di esempio, il Santuario della Madonna delle Lacrime a Siracusa costruito appunto a suggello del riconoscimento della lacrimazione di un'im.magine della Vergine, avvenuta nel 1953; tra gli eventi che invece hanno avoito una risoi
nanza di stretto ambito locale cito l'acheropita di Serravalle del Chienti (un'immagine del volto di Cristo formatasi spontaneamente, tre anni or sono, con il fango schizzato sul riquadro di un portoncino d'abitazione, dai mezzi in transito, lungo la strada interna di un modesto paese dell'Appennino umbro-marchigiano, cfr. «Resto del Carlino- Marche», 22 luglio 1993; «Corriere Adriatico» 24 luglio 1993, Macerata e provincia, p. 14).
24
MARIO SENSI
quanto
di e maestosi
cor più - laddove ri
c'è
le cattedrali del
un corpo santo
^
Medioevo, e
an-
e persino Santua-
per santi viventi \
Per una definizione del Santuario L'approccio dello storico con queste realtà, sotto qualunque angolo egli lo tenti, urta in una difficoltà preliminare, data dall'incertezza e ambiguità insita, fioo ai nostri giorni, nel termine stesso di Santuario: un vocabolo della lingua comune, divenuto termine tecnico
della lingua giuridica solo
con
Codex Juris Canonici,
il
entrato in vigore nel 1983 che, appunto, nella parte III al Santuario i canoni 1230-1234 ^ che nel linguaggio ecclesiastico la parola è Santuario, col significato che gli diamo noi oggi, era entrata nell'uso corrente da circa un secolo. Merito forse
del Libro V, dedica
Vero
del notissimo Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica del
^
Vedi
incontro s.
Moroni
nuovo
il
alle
E
^
e vasto
tuttavia fino a
complesso costruito
non molti anni
a Isola del
Gran Sasso per
esigenze di migliaia di pellegrini che vengono ad onorare
il
fa
venire
corpo
di
Gabriele dell'Addolorata.
^ Emblematici gli esempi di Padre Pio a s. Giovanni Rotondo e di ranza a Colvalenza di Todi (Santuario dell'Amore Misericordioso).
^
Madre Spe-
Sulla tardiva definizione del concetto di Santuario e le problematiche con-
nesse, A. C.
Jemolo,
/ santuari, in «Rivista di diritto
pubblico e della pubblica am-
ministrazione in Italia» 5 (1913), II, pp. 484-533; R. Naz, Sanctuaires, in Dictionnaire de Droit Canonique, 7, col. 780; P. Palazzini, Dictionarium morale et canonicum, IV, Roma 1968, pp. 202-20}; G. Besutti, Santuari e pellegrinaggi nella pietà n. s. XLVIII (1982), pp. 450-504, ibtd. 453-455. «Finalmente si chiamano Santuari quelle chiese e luoghi di generale devozione pei misteri che vi si operano, come la Santa Casa di Loreto e il Santo Sepolcro; per celebri memorie, per le sante immagini che vi si venerano; per le indulgenze che vi si lucrano, e concesse largamente da' papi ed a' quali da lontane parti devoti si recano in pellegrinaggio. Tali sono in Roma principalmente le Scale Sante e contiguo santuario di Sancta Sanctorum, Ltmtna Apostolorum; in Subiaco il Sagro Speco, in Assisi la Basilica e la Porziuncola, nella Spagna Compostella, a Manfredonia il Monte Gargano per non dire di altri innumcrabili che descrissi a' loro articoli. Egualmente numerosissimi sono quelli sagri alla B. Vergine e de' quali trattarono Guglielmo Cuppenberg gesuita. Atlante Mariano ossia origine delle immagini
mariana, in «Lateranum» ^
i
i
I
SANTUARI NELLA CRISTIANITÀ DELL'OCCIDENTE
25
l'attenzione degli storici
non andava
una certa imponenza, e spesso
-
si
oltre gli edifici di
limitava
ai
luoghi di
Chiesa per una molto evidente - o popolare apostolato di sua strategia particolare devozione
ai ti
utilizzati dalla
luoghi favoriti dalla «religione cittadina», i cosiddetSantuari politici, nell'accezione di spazi sacri gestiti
dai magistrati della città
^°.
Per Santuario, in senso lato, si deve intendere qual«segno memoriale» indipendentemente dal proliferare o meno di monumenti all'interno di esso. La memoria rimanda a un intervento divino fondante: un avvenimento straordinario dove il sacro si è manifestato personalmente (epifania), o in forma impersonale siasi
{ierofania) ^\
Fenomeni
preternaturali
(come apparizioni, movihanno
menti, lacrimazioni), corpi santi, reliquie insigni
dato così origine a una miriade di Santuari. E tuttavia condizione per cui uno spazio, oggetto di epifanie o di ierofanie, diventi Santuario è che sia meta di pellegrinaggi istituzionalizzati e periodici. Non esiste Santuario senza pellegrinaggio; nozione questa che è stata ul-
timamente recepita dal can. 1230 nel C.J.C, del 1983 che recita: «col nome di Santuario si intendono la chiesa o altro luogo sacro ove i fedeli, per un peculiare motivo di pietà, si recano numerosi in pellegrinaggio, con l'approvazione dell'Ordinario del luogo». La periodicità varia: più volte l'anno; una volta l'anno; ogni miracolose della B. Vergine Maria venerate in tutte le parti del mondo, Verona 1839; preposto Antonio Riccardi, Storia de' santuari più celebri di Marta sparsi nel mondo
Milano 1840, ab. Pouget, Storia de' santuari più insigni della Madre di LXI, p. 83. '" Tale la Salute a Venezia; ma nell'Italia comunale ogni città aveva il suo santuario politico. Il problema, limitatamente all'Italia del Duecento, è studiato nel volume. La coscienza cittadina nei comuni italiani del Duecento, Todi 1972 (Convegni del Centro studi sulla spiritualità medievale, 11). " Qui è vissuto ... qui è morto il santo/ la santa tal dei tali. Sull'idea cristiana del santo, cfr. H. Delehaye, Sanctus. Essai sur le eulte des saints dans l'antiquité,
cristiano,
Dio, Parigi 1847, T.
Bruxelles 1927.
26
MARIO SENSI
canoni 1231-1232 distinguono
tanti anni ^^ I
internazionali, nazionali e diocesani;
in:
il
i
Santuari
canone suc-
cessivo tratta dei privilegi da concedere a questi luoghi
«ogni qual volta sembra che lo suggeriscano le circostanze dei luoghi, la frequenza dei pellegrini e soprattutto il bene dei fedeli» e, infine, il can. 1234 afsacri
fronta l'accoglienza, cioè l'aspetto pastorale e
i
proble-
un Santuario: «nei Santuari si offraai fedeli con maggiore abbondanza i mezzi della salvezza, annunziando con diligenza la parola di Dio, incrementando opportunamente la vita liturgica soprattutto con la celebrazione dell'Eucaristia e della penitenza, come pure coltivando le sane forme della pietà popolare». Preoccupazione del legislatore è dunque che i fedeli trovino presso i Santuari una maggiore disponibilità dei «media salutis» e cioè: l'annuncio della parola di Dio, una vita liturgica che favorisca la celebrazione dell'eucarestia e della penitenza, nonché la promozione di devozioni approvate.
mi no
organizzativi di
La
ricerca del miracolo
Per la religione popolare il Santuario non solo è il «segno memoriale» dove l'intervento divino si è manifestato in un'epifania, o in una ierofania conclusesi nello spazio e nel tempo, ma è anche il luogo dove Dio continua a manifestarsi mediante i miracoli: un Dio potente che, provvidenzialmente mediante la Vergine Maria, o i santi, interviene a favore dei suoi fedeli '\ '2
p>er la
cade
Pellegrinaggi periodici
si
hanno per
Sagra di Grottammare: tutte
di
le
l'ostensione delle reliquie di Limoges;
un determinato giorno dell'anno rimandare al mio, Il pellegrinagsua chiesa madre, in «Lateranum» n.s. 60
volte che
domenica; su quest'ultimo mi permetto
Grottammare
gio indulgenziato di
alla
di
(1994), pp. 299-321. '^
R. Mansllli, // soprannaturale e la religione popolare nel
Medio Evo, Roma
1985, pp. 30-34, fa notare come nella letteratura agiografica ed edificante, piena di miracoli, ci sia un'evoluzione dell'idea stessa di miracoli. Così nella vita di s. Mar-
I
SANTUARI NELLA CRISTIANITÀ DELL'OCCIDENTE
27
La Chiesa, per un incontro personale, intimo, con Dio, offre la liturgia e i sacramenti; ma la massa dei fedeli preferisce da sempre rivolgersi direttamente alla Madonna e ai santi che sente umanamente e spiritualmente partecipi della sua condizione e della sua vita.
Nell'ambito della religione popolare il santo è Tintermediario, il portavoce presso Dio; è colui che, per sua virtù e per la santità, può intercedere e ottenere così il miracolo richiesto. I primi Santuari della cristianità occidentale furono le tombe dei martiri e i luoghi dove questi subirono il martirio: quivi i fedeli confluivano
commemorare il
per il
dies natalis del martire, spesso
rito del refrigerium e l'agape,
ma
anche con
con
la cele-
brazione dei divini misteri ^^ A partire dall'era Costantiniana si moltiplicano le invenzioni di corpi santi, ritrovati spesso a seguito di sogni o di pretese rivelazioni
tino
i
miracoli tendono a mostrare la potenza del
Dio
cristiano rispetto agli
Fontaine, Sulpice Sevère, Vie de Saint Martin, I, Paris 1967, pp. 198-203. Gregorii Magni Dialogi, ed. U. Moricca, Roma 1924 presenta i miracoli come segno ora di santità, ora di predilezione divina, ora come indizio di potenza di Dio, cfr. P. Buglioli, Pour l'étude du miracle au Moyen Age: Grégoire Le Grand et son milieu, Montreal 1972. Nel passaggio dall'Alto al Basso Medio Evo, con Pietro il Venerabile, (Liber de Miraculis, P.L. 189, coli. 851-954) il miracolo tende a collocarsi in una dimensione razionale divenendo così oggetto di trattazione teologica. Di lì a poco mentalità colta e mentalità popolare cominciano a diversificarsi e a contrapporsi: sul piano ecclesiastico il miracolo viene recepito come testimonianza storica attraverso cui Dio attesta la santità di qualcuno; mentre la fede popolare continua a ritenere il santo un tramite della potenza divina. Sui santi e la dei pagani cfr.
J.
Delooz, Sociologie et canonisations, Le Haye 1969; A. Vauchez, La sainteté en Occident au derniers siècles du moyen Age, d'après les procès de canonisation et les documents hagiographiques, Roma 1981. Per la religione popolare il potere divino, oltre che nella santità, può manifestarsi in altre realtà come il potere regio - il che è stato oggetto della celebre opera di M. Bloch, Les rois thaumaturges. Etude sur le caractère surnaturel attribué à la puissance royale particulièrement en France et en Angleterre, Paris 1961 - o presunti privilegi rilasciati dagli apostoli, tale il mito di Cancelli (Foligno) cui abitanti maschi hanno il potere di guarire da malattie ischiadiche con la semplice imposizione delle mani, cfr. il mio. Vita di pietà e vita di civile di un altopiano tra Umbria e Marche (secc. loro canonizzazione, P.
i
xi-xvi), '^
Roma
28
Roma P.
1985, pp. 279-337. Paolucci, Refrigerium, Camerino 1923; A. Amore,
1975.
MARIO SENSI
/ martiri di
Roma,
miracolose
^\
E
contro
le
obiezioni di coloro che vede-
vano nel culto delle reliquie qualcosa che sapeva di paganesimo s. Girolamo rispondeva: «noi non adoriamo le reliquie dei martiri (...) le onoriamo bensì per adorare Colui di cui sono testimoni» ^^ Il culto delle reliquie diede luogo a due forme di pietà: alla monumentalizzazione del luogo dove era stato rinvenuto un corpo santo, con la costruzione appunto di una basilica ad corpus, di una ecclesia ad corpus, o di un martyrium, il corrispettivo del nostro Santuario; e al possesso privato delle reliquie stesse ^\ considerate
come un pegno
di
benedizione (benedictionis munimentum) ^^, come difesa dagli innumerevoli pericoli che insidiano la salute e la vita favorendo la salvezza sia delle collettività, come del singolo '^ In seguito il culto delle reliquie trovò un avallo nei hibri carolini, frutto dell'ambiente della
forma
e del «razionalismo» carolingio,
con un
ri-
indiriz-
zo contrario al Concilio di Nicea II: si accettarono le immagini come ornamento e come pedagogia, fu però rigettato il culto delle stesse immagini, pur con le precisazioni di Nicea sul concetto di culto ^^ Se non che in
^5 H. Delehaye, hes origines du eulte des martyrs, Bruxelles 1912. Esemplare il racconto che fa sant'Ambrogio dell'invenzione del sito della tomba dei santi Gervasio e Protasio, {Epist., XXII).
Girolamo, Epist. CIX, 2. Le sanzioni della legge romana contro chiunque avesse osato turbare il ripoun morto fece sì che fino al vii secolo in Occidente le reliquie consistessero
16 S. ^'^
so di in lini
tomba
o
con la Grabar, Mar-
stoffe {brandea, palliola, sanctuaria) che, per essere state a contatto
di
un santo, ne avevano
attinto parte della sua virtus, cfr. A.
tyrium. Recherches sur le eulte des reliques et l'art chrétien antique, Paris 1945.
ziosa
Paolino di Nola, Le lettere, II, a cura di G. Santaniello, Napoli 1992, XXI, p. 216. E nell'epistola successiva s. Paolino afferma che la morte predei santi giova per mezzo delle reliquie alle preghiere del sacerdote e al bene
degli
uomini {vota sacerdotis viventium
18 S.
Epist.
pretiosa tuvat), '^
Prudenzio
(Peristeph., VI,
brogio, (Exh. Virgin, 20 Sull'icone, L.
du
et
commoda parvo / pulvere sanctorum mors
p. 244.
ivi,
II,
I
munera
le reliquie
Fidele pignus; sant' Am-
salutis.
Ouspensky, Théologie de l'icòne dans l'Eglise Orthodoxe, Ed. N. Lossky, Nicée lì. 787-Ì987. Douze siècles Les édilions du Cerf, Paris 1987.
Cerf, Parigi 1980; F. Boespluc,
d'images religteuses,
135) chiama
4) le dice
-
SANTUARI NELLA CRISTIANITÀ DELL'OCCIDENTE
29
età
romanica
si
verificò, a
cominciare proprio dalla
Francia, una splendida fioritura di immagini che comportò una rivoluzione sconosciuta in Oriente, il passaggio dal culto dell'immagine dipinta a quella tridimensionale,
appunto
alla statua
che svolge un ruolo del
tutto simile a quello dell'icona in Oriente: rende cioè
presente il mondo invisibile e funge - per usare un'espressione di s. Giovanni Damasceno - da «canale della grazia con virtù santificatrice»^\ Con la venerazione delle statue della Madonna e dei santi inizia il divario tra «la foi savante et la foi populaire», o meglio
des champs» e il culto popolare compie così un percorso diverso da quello liturgico ^^. Fa da spartiacque l'opposizione che, a partra «la foi
des
villes et la fois
tire dai secoli xi-xii, si verificò tra
monachesimo
e pel-
legrinaggio: ai valori tradizionali del pellegrinaggio fu
contrapposta
la stabilità e
in età umanistica,
l'obbedienza del monaco;
e,
invece dell'esilio volontario, tipico
del pellegrinaggio, si cercò di conculcare l'uscire da sé per compiere appunto un pellegrinaggio interiore ^\ La gerarchia intervenne non per proibire, ma per giustificare il nuovo indirizzo: «non enim truncus ligneus adoratur, sed per illam visibilem imaginem mens interior hominis excitatur»^"*. L'introduzione della statua, a sua volta, favorì il moltiplicarsi di Santuari fino ad allora
21
e. vON SCHOBORN, L'tcófie du Christ, Friburgo 1976. L'Europa dei secoli Xl e Xllfra novità e tradizione: sviluppi di una cultura, Atti della X settimana int. di studio, Mendola 25-29 agosto 1986, Milano 1989; J.M.R TiLLARD, Le «sensus fidelium», réflexion théologique, in ¥oi populaire Foi savante, Paris 1976, pp. 9-40; G. Lóbrichon, La religion des lat'cs en Occident xv-x\^ siècles, Paris 1994, p. 142. Sulla scultura lignea, per uno sguardo d'insieme relativamente all'Italia, E. Carli, La scultura lignea italiana dal xii al x\7 secolo, Milano 1960. 2^ J. Leclercq, Monachisme et perégrination du XF au xii^ siede, in «Studia monastica» (1961), pp. 35-52; G. Constable, Monachisme et pèlerinage au Moyen Age, in «Revue Historique» 258 (1977), pp. 3-27; E. Delaruelle, Le pèlerinage interieur au xv^ siede, in La ptété populaire au Moyen Age, Torino 1975, 22
pp. 555-561. 2-^ Concilio di Arras del 1015, ed. J.D. Mansi, Sacrorum Conciliorum nova et amplissima collectio, 19, (Firenze- Venezia 1759-98), p. 455.
30
MARIO SENSI
Quanto
legati alle reliquie.
miracolo, mentre
al
nell'al-
mano Medioevo il a mano che procediamo nel basso Medio Evo ci troviamo di fronte ad un processo che potremmo dire di specializzazione: si tende cioè a collegare un santo - o un'immagine - ad un determinato tipo di intervento presso Dio, in aiuto del fedele ^\ La sua santità gli ottiene un ascolto quasi immediato presso Dio; ma persanto fu considerato polivalente, a
to
ché
devoti siano, a loro volta, ascoltati dall'intercesso-
i
è necessario che costoro
re,
mettano
di sottoporsi alla
gio, quella
che
il
pardon» ^^
I riti
e
sottopongano - o pro-
si
dura ascesi del pellegrinagla «devotion au
Delaruelle chiama i
gesti,
preparati dal pellegrinaggio e
compiuti all'interno del Santuario rispondono all'esigenza di mettere il fedele a contatto con la sfera del soprannaturale. Così, fino a tutto
il
secolo
Santuario nella speranza di impetrare siderata: taccando,
baciando
le
xii, si
andò
tombe dei santi, pratiche di rimangono ancora oggi ampie tracce e non solo
si
al
guarigione de^", reliquie o sforzandola
di passare sotto le
cui
nei
piccoli Santuari rurali ^^ Quindi, alla stagione del contatto,
25
2^
subentrò quella della visione
R. Manselli, Il soprannaturale, pp. 34-38. E. Derruele, Devotion populaire et hérésie au
^^
Moyen
Age, in La piété popu-
pp. 195-203, ibid. 152; inoltre, R. Manselli, Il soprannaturale, pp. 57-74. 2" Per la Francia, un quadro generale in P.A. SiGAL, L'homme et le miracle dans
laire,
France medievale (xi'-xii'' siede), Cerf Parigi 1985; relativamente a Tours, E. Delaruelle, La spiritualité des pèlerinages a Saint-Martin de Tours du i^ au X'" siede,
la
in Pellegrinaggi e culto dei santi in
del
Centro studi
Europa fino alla l" crociata. Atti del Convegno Todi 8-11 ottobre 1961, Todi 1963,
sulla Spiritualità medievale,
pp. 199-243 ^^ Relativamente all'Umbria trovo esempi a Giano e a S. Eutizio in Valcastoriana dove le tombe sono sopraelevate per permettere il passaggio dei fedeli che puntualmente ancor oggi ripetono in occasione della festa santorale; altrove, come a S. Salvatore di Verchiano per impetrare la guarigione dal mal di ossa è invece suffi-
ciente introdurre
ma
contemporaneamente mano
ora vuota -
e piede nell'arca di
sarcofago del B. Paoluccio Trinci effettuate sul sarcofago due aperture. ta,
2'^
il
(?)
- e
un santo eremisono state
a tal fine
La spintualitc des pèlcnnages, p. 226. La stessa idea della un mutamento: dalla predestinazione alla santità, da qui la nozione
E. Delaruelle,
santità subisce
I
SANTUARI NELLA CRISTIANITÀ DELL'OCCIDENTE
3
1
Tipologia dei Santuari Variegate le occasioni che hanno dato e danno luogo a un Santuario. Dall'apparizione della Vergine, alla
memoria
di un fatto accaduto (e. g. martirio); dalla presenza di un corpo santo o delle sue reliquie insigni, alla memoria di una grazia ottenuta per l'intercessione della Vergine o dei santi; dal rinvenimento miracoloso di statue, alla migrazione di immagini che - da sole, o per mano angelica - si trasferiscono da un luogo ad un altro (si pensi alle icone attribuite a s. Luca); dal sogno, all'albero sacro, alla fonte miracolosa. Si tratta di
un
mondo
ricchissimo e a tutt'oggi poco esplorato. Va indubbiamente detto come alcuni edifici sacri pagani
furono trasformati in Santuari cristiani. Gli esempi del monaco Agostino inviato da Gregorio Magno nel 596 a cristianizzare gli Angli con le precise direttive che l'opera missionaria doveva svolgersi col massimo adattamento possibile alla cultura di quel popolo, autorizzandolo pure a trasformare i templi in chiese e le feste in cristiane; e quello del monaco Bonifacio, apostolo dei popoli germanici, che nel 723 abbatté la quercia di Donar nei pressi di Geismar e con quel legno costruì una piccola chiesa in onore di s. Pietro, debbono illuminarci sulla prassi seguita dalla Chiesa nel cristianizzare i luoghi sacri delle popolazioni pagane ^^ Ma va anche aggiunto, per dirla con il p. Pozzi,
pagane
che «santi
si
nasce,
non si diventa» attestata nel trattato di Onorio Augustodunencome fedeltà alla legge divina e ascesi verso la perfezione spi-
se, alla santità intesa
Lefèvre, L'Elucidarium et les lucidaires, Paris 1954, p. 338. Per un quadro d'insieme, si vedano gli Atti della XIV^ e della XXVIII^ Settimana del CISAM, La conversione al cristianesimo nell'Europa dell'Alto Medioevo, Spoleto 1967; Cristianizzazione ed organizzazione ecclesiastica delle campagne nell'Alto Medioevo: espansione e resistenze, Spoleto 1982. Sui singoli personaggi, per un primo approccio, Deanesly, Augustine of Canterbury London 1964 (per l'episodio citato, Gregorii Magni Registrum epistularum, XI, 56, Bedae, Historia ecclesiastica gentis Anglorum, I, 30); Su Vinfrido-Bonifacio cfr. il volume miscellaneo, St. Bonifatius. Gedenkgahe zum 1200. Todestag, Fulda 1954 (per l'episodio rituale Y. ^0
,
citato,
32
ViLLiBALDO, Vita Bonifatii,
MARIO SENSI
6).
come
spesso «la fretta spinga a salti smisurati i folclorianche nel caso di successive sostituzioni, Maria
sti (...)
di
Nazareth è
altra
cosa dalle antiche madri, dall'Uni
etrusca, dall'Iside orientale e dalla
none
la struttura del
(...)
dogma o
greco-romana Giumariana è
della pietà
totalmente diversa dalla struttura dei culti femminili nella mitologia e nei miti pagani; tra
quello delle dee madri,
le
il
culto di Maria e
analogie portano su circo-
stanze esteriori»^',
Problematico dare un quadro della tipologia dei Santuari. L'attenzione finora ha privilegiato
i
Santuari
mentre solo ultiha prestato attenzione ai micro
internazionali, nazionali e regionali;
mamente
la storiografia
Santuari:
un
reticolo del sacro che, dai centri demici,
si
estende alle campagne circostanti in risposta alle mille esigenze di un'intera comunità che nel Santuario riscopre la propria identità paesana e trova il modo di affrontare la vita e la morte, il dolore e la gioia, le speranze e le frustrazioni.
Da
oltre trenta anni gli storici
hanno
iniziato a stu-
diare questi Santuari sotto mille aspetti
'^;
quasi mai
G. Pozzi, Sull'orlo del visibile parlare, Adelphi, Milano 1993, pp. 69-70; cfr. J. Daniélou, Le eulte mariale et le paganisme, in Maria. Etudes sur la Sainte Vierge, a cura di H. du Manoir, Beauchesne, Paris 1949, I, pp. 161-188. *^ La religione popolare ha ricevuto cittadinanza in campo accademico grazie agli studi di Etienne Delaruelle raccolti poi nel volume, La piété populaire au Moyen Age, Torino 1975. Stimolanti per le ricerche successive sui Santuari sono le problematiche emerse in occasione dei Colloques organizzati dal «Centre d'études ^1
inoltre
d'histoire des religions populaires» in particolare
Lacroix
il
Convegno
tenutosi a
Quebec
BOGLIONI, Les religions populaires. Colloque international 1970, Les presses de L'Université Lavai, Quebec 1972) e quello tenutosi a Ottawa (Foi populaire. Foi savante, Actes du V
A.
2-
)NNA DLL DIVINO AMORE
177
grandi pareti e avrà nel sagrato uno specchio d'acqua; non mancherà da un lato dell'antico Santuario posto sulla sommità della collina, una fontana zampillante.
Ampi
spazi serviranno per la catechesi, la formazio-
ne mariologica mediante mezzi e proposte che arricchiscano dottrinalmente i pellegrini come ad esempio il servizio della parola, convegni scientifici, corsi di studio, conferenze specialistiche, pubblicazioni artistiche
e poetiche, sacre rappresentazioni, concerti e mostre. al Santuario del Divino Amore Rappresentazione della Via Crucis ispirata alla la Sacra Sindone che si svolge dal 1982 la Domenica delle Palme e il Venerdì Santo con duecento attori, abitanti del luogo e amici del Santuario, nei costumi dell'epoca in
Sta diventando celebre
uno scenario naturale
a dir
poco incantevole.
3 ) // Santuario luogo di proposta vocazionale. la
donna umile
Maria è
e povera, serva del Signore, chiamata a
collaborare all'opera della salvezza; è una vergine total-
mente consacrata nel corpo e nell'anima al Signore; è sposa e madre di famiglia. Alla luce di questi valori si deve riproporre ed evidenziare ogni forma di vocazione. Al Divino Amore ne parlano il seminario degli Oblati,
l'aspirantato e
il
noviziato delle Suore e le giornate
appositamente celebrate per
La
stessa pastorale ordinaria
la
promozione vocazionale.
deve essere vocazionale.
4) Il Santuario luogo di carità. l'inizio
trenta,
Ho
già accennato
al-
come nella rinascita del Santuario negli anni Don Umberto Terenzi volle dotare il Santuario
di un'opera che esprimesse e sollecitasse la carità con l'accogHenza delle orfanelle. Oggi il Santuario deve aprirsi alle nuove povertà, irradiando luce e calore sull'esempio di Maria la Vergine del Magnificat. Ci si sta preparando per predisporre strutture idonee per l'assistenza della terza età, l'attuale problema dei senza tetto, e agli altri grandi mah della società contemporanea.
178
PASQUALE SILLA
al nuovo Santuario dovrà sorgere una nuova opera che testimoni la carità.
Accanto
impegno ecumenico. La comdeve rendere vigilante e attento
5) Il Santuario luogo di
plessa via della verità
ogni Santuario, nel contribuire correttamente all'avan-
zamento del cammino ecumenico. Nell'Enciclica Redemptoris Mater il Santo Padre con profonda riflessione sul «cammino di fede compiuto dalla Vergine Maria" tende la mano ai fratelli della riforma che amano vedere in Maria la discepola, la credente, colei che ha camminato nella peregrinazione della fede; col termine della «presenza» che viene abbondantemente illustrato nella seconda parte della Enciclica, il Papa lancia un ponte verso l'Oriente e invita tutti i cristiani affinché «approfondiscano in se stessi e in ciascuna delle loro comunità quell'obbedienza della fede», di cui Maria è il primo e luminoso esempio.
Santuario e Chiesa locale
Ogni Santuario assume
le finalità della Chiesa locaappartiene e ne diventa irradiatore. Il Santuario del Divino Amore opera nella consapevolezza di essere parte viva della Chiesa particolare di Roma che ha una storia lunga e complessa che si interseca con quella delle Chiese europee ed extra europee, e che è fortemente connessa a quella della città e della sociele a cui
tà civile. Il
Santuario, in quanto Parrocchia partecipa alla vita
e alla missione della Chiesa particolare.
Come
Santuario romano, percepisce con maggiore con totale generosità con la missione universale del suo Vescovo, il Papa. sensibilità e collabora
L'efficacia della
IL
devozione
alla
SANTUARIO Dl-LLA MAIX)NNA
Madonna DI-L
del Divino
DIVINO AMORH
179
Amore
si
estende prevalentemente sulla Chiesa di
Roma, come comunità
e ne alimenta la
comunione
e la
missione.
Essere devoti
alla
Madonna
del Divino
Amore
vuol
dire riconoscere che Fautore di tutto ciò che la Chiesa
contempla
me
in Maria, è lo Spirito Santo; esiste
particolare tra la Vergine
Maria e
un
lega-
lo Spirito Santo,
momento
dell'Immacolata Concezione fino alla gloriosa Assunzione. Maria è proprio Lei il Santuario del Divino Amore, Tempio purissimo e degnissimo dello Spirito, Santuario di carne dove lo Spirito Santo ha realizzato il capolavoro dell'Incarnazione del Verbo etemo; Cristo, capo della Chiesa è nato da Maria per opera dello Spirito Santo; anche la Chiesa, corpo mistico di Cristo, è nata dalla venuta dello Spirito Santo e con la presenza orante di Maria. La Vergine di Nazareth ha agito sempre sotto la luce e con la forza dello Spirito; è lo stesso Spirito che rende possibile la presenza di Maria, già glorificata nel il
Divino Amore, dal
corpo e associata
alla
risurrezione del Cristo; dalla for-
za dello Spirito trae fecondità ed efficacia la mediazione materna, dipendente partecipa e subordinata all'unica mediazione di Cristo. La devozione mariana, ci avvicina a Maria attraverso la conoscenza, l'amore, la venerazione, la preghiera, l'imitazione dei suoi atteggiamenti; possiamo incontrarla e, per mezzo di Lei, entrare sempre più profonda-
mente
nel raggio di azione dello Spirito Santo, per es-
sere plasmati dalla sua azione nascosta e potente. L'efficacia della devozione alla
Madonna
del Divino
Amore, scaturisce dallo Spirito Santo, sorgente dono in Maria, nella Chiesa, nei fedeli.
Dove
di ogni
è presente Maria, è presente e operante lo
Il futuro della Chiesa sarà particolarmensegnato dall'azione dello Spirito Santo con la cooperazione materna di Maria.
Spirito Santo. te
180
PASQUALE SILLA
LA SANTA «CASA» DI LORETO: SANTUARIO DELLINCARNAZIONE S.E.
MONS.
ODO FUSI-PECCI
Vescovo di Senigallia Presidente della Conferenza Episcopale Marchigiana
È particolarmente piaciuto che il Santo Padre Giovanni Paolo II nella lettera per il Settimo Centenario della Santa Casa di Loreto ha definito la Santa Casa «icona». La parola icona, dal greco «eikòn», richiama le immagini sacre venerate particolarmente nell'Oriente cristiano e l'incidenza che esse hanno nella spiritualità. Da alcuni decenni anche l'Occidente cristiano riserva interesse alle icone, recentemente sollecitato dalla celebrazione del Dodicesimo Centenario del secondo Concilio di Nicea, con la pubblicazione della Lettera Apostolica «Duodecimum Saeculum» di Giovanni Paolo II (6-2-1987) e del Documento del Patriarca Dimitros I di Costantinopoli sulla teologia delle icone (14-9-1987).
«La icona è un segno attraverso il quale si opera, nella fede, - dice il Papa - una specie di "contatto spirituale" con il mistero, per usare una espressione di Sant'Agostino (cfr. Sermo 52, 6, 16 PL 38, 360). Essa "significa" la realtà in senso forte in quanto la "rende presente ed operante". Quanto più una icona è antica e ha avuto parte alla vita, alle sofferenze e alle vicende storiche di un popolo o di una città, tanto più
è grande la grazia che da essa deriva». LA SANTA «CASA» DI LORETO: SANTUARIO DELLINC:ARNAZI0NK
181
La icona ove
orienta a fare scoprire la presenza o
rivolge lo sguardo e la preghiera, ci
si
si
il
luogo
lascia evan-
gelizzare dal significato e dal contenuto della immagine, risveglia
il
senso della preghiera interiore a Cristo e della
comunione con la vergine Maria e i Santi. «La Santa Casa di Loreto è "icona" non di astratte verità, ma di un evento e di un mistero: l'Incarnazione del Verbo», scrive il Papa Giovanni Paolo IL Appena si entra nella Santa Casa lo sguardo si posa infatti sulla frase «Hic Verbum caro factum est», che sovrasta l'altare: «il Verbo si è fatto Carne». In una autentica pastorale della nuova evangelizzazione, quale richiesta oggi, questo è l'evento fondamentale della storia della salvezza
da annunciare, perché
al
cUma di imperante soggettivismo dottrinale e di relativismo morale, di pensiero debole, è da presentare il fatto,
E
l'avvenimento.
Papa
il
nota: «L'Incarnazione che
tro codeste sacre
si
ricorda den-
mura, riacquista di colpo
nuino significato biblico; non dottrina sull'unione tra
il
si
tratta di
il
suo ge-
una mera
divino e l'umano,
ma
piut-
un a\^^enimento accaduto in un punto precitempo e dello spazio, come mettono meravi-
tosto di
so del
gliosamente in luce le parole dell'apostolo: "Quando la pienezza del tempo. Dio mandò il suo Figlio, nato da donna" (Gal 4, 4)». La nuova evangelizzazione è orientata a presentare oggi Gesù personaggio storico, non un mito atemporale, ma un personaggio nel quale tutte le fasi anteriori della storia della salvezza raggiungono la loro essenza e il loro fine. Il periodo premosaico dei patriarchi, il periodo di Mosè e il periodo dei Re sono delle parti di una storia di salvezza che esistono solo nella partecipazione all'unica storia della salvezza, che ha il suo vertice in Cristo, uomo-Dio, natura umana e divina, una sola persona divina nella unione ipostatica, nella quale
venne
182
ODO
FUSI-PEGGI
natura umana del Verbo viene riconosciuta nella sua dignità, viene elevata e divinizzata anche in se stessa, per la «grazia santificante» che scaturisce da questa unione e viene resa partecipe della comunione con Dio. Così la storia nella Incarnazione del Verbo ha perso la
la
sua radicale ambiguità ed ha acquistato un definitivo orientamento di salvezza.
La
critica
moderna
l'uma-
alla religione cristiana e
nesimo ateo sostengono che Dio e l'uomo si elidono a vicenda. Per Feuerbach, Marx, Nietzsche, Sartre, Bloch, Camus accettare Dio significa rifiutare e rendere impossibile la libertà dell'uomo. Gesù Verbo In-
carnato è invece tà della creatura
il
massima
realizzatore della
umana, è
il
digni-
vero mediatore tra l'uomo
e Dio. «Il
Verbo
a noi e noi
si
è fatto carne e
venne ad abitare
vedemmo la sua gloria,
gloria
come
in
mezzo
di Unige-
nito del Padre, pieno di grazia e di verità», di quella verità
che rende «liberi» e dalla «sua pienezza noi
re
tutti
(Gv 1, 14-16). Perché, continua Paolo «piacque a Dio di far abitain lui ogni pienezza e per mezzo di Lui riconciliare a
abbiamo ricevuto
grazia su grazia»
sé tutte le cose, rappacificando
croce, cioè per
mezzo
terra e quelle nei cieli» (Col
Anche
le
con
il
di lui, le cose 1,
sangue della sua che stanno sulla
19-20).
cose della terra perché «la creazione stessa
attende con impazienza
la
rivelazione dei
figli
di Dio,
geme e soffre nelle doglie del parto» (Rm 8, 19). Gesù Incarnato è così il centro della Nuova EvangeHzzazione, come l'aveva già presentato il Papa Paolo VI: «Gesù è il principio e la fine, l'alfa e l'omega, essa che
egli è ria.
il
re del
mondo
nuovo,
egli è
il
segreto della sto-
Egli è la chiave dei nostri destini. Egli è
Dio; è
il
il
Figlio di
Figlio di Maria, la benedetta fra tutte le don-
Madre Sua e Madre nostra» (29 novembre 1970). La Santa Casa è icona di Maria, la Madre di Gesù.
ne.
LA NANI A
'
DI
LORETO: SANTUARIO DFXLIN(.AKNA/I(
)Ni;
183
Ivi
vengono spontaneamente
in evidenza alcuni aspetti
e sentimenti propri della sua persona. Il
suo animo fatto di contemplazione e di medita-
zione.
Nell'ambito ristretto e raccolto tra quelle mura si è portati a ripensare Maria come la presenta l'evangelista Luca allorché, alla nascita di Gesù, l'esercito celeste loda
Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che Dio ama», mentre sopraggiungono pastori: «Maria da parte sua serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore» (Le 2, 19). La sosta in Dio con
l'inno «Gloria a
i
Santa Casa diventa così
momento
di riflessione, di inte-
riorizzazione, di presa di coscienza di se stessi in alla esteriorità, alla
cose che
ci
mezzo
distrazione e alla ansietà per le tante
occupano
e preoccupano.
Maria aiuta
a
met-
Parola di Dio, a confrontarsi con il vangelo, a pregare «in Spirito e verità» (Gv 4, 24), a tersi in ascolto della
prendere decisioni anche impegnative in momenti di vere e proprie scelte per
il proprio futuro. Beato José Maria Escrivà de Balanguer J Albas scrive di un suo periodo di crisi: «Non sapendo a chi dirigermi qui sulla terra, mi sono diretto, come sempre, al cielo. II quindici agosto 1951, dopo un viaggio - perché non dirlo? - penitente, a Loreto ove ho fatto la consacrazione dell'opera al Cuore dolcissimo di Maria». Chiara Lubich, fondatrice del movimento dei Focolari, racconta: «La prima volta che entrai nella casetta di Loreto, custodita dalla chiesa-fortezza, fui colta da una grande commozione. Non ebbi certo il tempo di chiedermi se era o non era storicamente accertato che quella fosse la casa che ospitò la Sacra Famiglia. Mi ritrovai sola, immersa in quel grande mistero, in un pianto quasi continuo, - cosa a me insoUta -; presi a meditare su tutto quanto poteva essere successo lì: l'annuncio dell'angelo a Maria, la vita dei tre. Gesù, Maria, Giuseppe.
Il
184
ODO
FUSI-PECCI
Con
venerazione toccavo quelle pietre e quelle
assi,
rivedendo nella immaginazione la casa costruita da Giuseppe. Mi sembrava di udire la voce del bambino Gesù, lo vedevo attraversare la stanza, guardavo quelle mura privilegiate per avere riecheggiato la voce e i canti di Maria... Mentre le mie compagne rimanevano nel collegio che ci ospitava, io, pur seguendo il Convegno, non mancava giorno che non corressi alla "casetta". E lì sempre, più o meno la solita impressione, la stessa profondissima commozione, come se una particola-
Dio mi avvolgesse tutta, come se il "divino" quasi mi schiacciasse. Era contemplazione, era preghiera, era in un certo modo convivenza con i tre. Non re grazia di
dimenticherò mai. Poi, il corso si concluse proprio in quella chiesa gremita di gente, di ragazze soprattutto con il velo bianco. Io vi partecipavo con tutto il cuore. Ad un tratto capii: avevo trovato la mia strada e molte, molte persone l'avrebbero seguita. Tornai a Trento felice. Non avevo altri elementi di rilievo che quelli qui descritti. Comunque, ad un sacerdote che mi chiese come era andata a Loreto risposi: "Ho trovato la mia via". "Quale? - mi chiese - il matrimonio?". "No", risposi. "La verginità nel mondo?". "No". "Il convento?". "No". La casetta di Loreto aveva svelato al mio cuore qualcosa di misterioso, eppure certo: una quarta strada, di cui mi erano ancora ignoti completamente tutti i particolari» (Intervista al movimento dei Focolari a cura di Gino Lubich, Roma 1975, pp. 10-11). La Santa Casa è «icona» della vita in famiglia. E lì che Gesù «cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di lui» (Le 2, 40), in quotidiana piena comunione di dialogo e di vita domestica con Maria e con Giuseppe. Una casa colma della «grazia di Dio». E sono tante le famiglie che partono dalle nostre
lo
LA SANTA «CASA» DI LORIÌTO: SANTUARIO DELL'INCARNAZIONI:
185
case ed entrano nella Santa Casa di Loreto per confi-
dare a Maria ansietà e speranze di genitori, interrogatiincertezze e speranze di giovani orientati al futuro. Per questo la Santa Casa ha attratto le centinaia di migliaia di giovani d'Italia e dell'intera Europa che il 9 e il 10 settembre si sono ritrovati insieme con il Papa perché, in mezzo a tanto vuoto di senso della vita, erano consapevoli che è il Cristo colui che illumina il cammino della ricerca e ripete: «Io sono venuto perché gli vi,
uomini abbiano la vita e la abbiano in abbondanza». La Santa Casa è icona per il mondo degli operai che nel lavoro cui attendeva Giuseppe, con leale servizio e riconosciuta competenza, trovano ispirazione per iniziative specie artigianali e
per rapporti sociali coscien-
ziosi e trasparenti.
La Santa Casa è icona particolarmente attuale per donne che in Maria, attenta e premurosa alla quotidianità familiare, trovano la «donna perfetta» il cui valore è ben superiore alle perle nel libro dei Proverbi (31, lOss.) e in Lei «Benedetta tra tutte le donne» vedono lo specchio delle qualità che sono il più prezioso ornamento della loro persona e la rivendicazione tutte le
della loro dignità, oggi tragicamente offesa.
La Santa Casa
una icona, dice
Papa, consacrata dalla fede e dalla devozione di generazioni di pellegrini che con le loro mani e le loro ginocchia ne hanno modellato persino le pietre. Ne troviamo costanti testimonianze nella storia di tante cittadine della nostra regione Marchigiana. Il rinvenimento di alcune monete risalenti al secolo XIII segnalano pellegrinaggi a Loreto da Ancona, da Ascoli Piceno, da Camerino. Nel 1460 il castello di Montecassiano stabilisce un contributo da distribuire a coloro che avessero visitato r«alma casa Lauretana». Nel 1486 la città di San Severino si reca in pellegri-
186
ODO
è
FUSI-PECCI
il
naggio a Loreto ed offre una corona alla Madonna. Tra i pellegrini di quel tempo troviamo San Giacomo della Marca, il Beato Gabriele Ferretti, la Beata Battista Varano.
Nel 1520 è la città di Fano che pellegrina a Loreto per ringraziare la Madonna della liberazione dall'assedio postole da Francesco Maria della Rovere. Nel secolo XVI si diffonde capillarmente, specie nel nord delMarche, il gruppo plastico raffigurante la Madonna con il bambino sopra la Santa Casa con la denominazione popolare di «Madonna del Tettarci», che si può osservare anche oggi a Ostra, Ostra Vetere, Belvedere Ostrense, Corinaldo, Morrò D'Alba, Serra de' Conti. Nel 1613 una delibera della Congregazione della Marca invitava tutti i comuni della Regione a solennizzare la venuta della Santa Casa il 10 dicembre. In Ancona, nel 1672, si stampavano: «Sentimenti
le
devoti espressi dalla città di Senigallia nel portarsi a
Loreto per rendere grazie alla Santissima Vergine che si è degnata di preservarla dal terribile terremoto subito il Giovedì Santo con la lagrimevole rovina di altre città e
luoghi circonvicini».
Grande
fu la indignazione per la spoliazione dell'in-
tero Santuario della Santa Casa operata da
Buonaparte
Napoleone
ore 23.00 del 13 febbraio 1797, e festosa fu la accoglienza della statua della Vergine nel suo ritorno da Parigi nell'anno 1802. alle
Nel 1894 l'Episcopato Marchigiano rivolgeva una al Papa Leone XIII per la celebrazione del Sesto Centenario della Santa Casa di Loreto e implorava che la Vergine di Loreto venisse proclamata patrona di tutta la Regione, come venne concesso il 23
petizione
luglio 1894.
Tra i pellegrini di quel secolo, al suo inizio, vi fu un giovane di Senigallia, Giovanni Maria Mastai Ferretti, che, intento ad orientare la sua vita e alquanto incerto LA SANTA «CASA» DI LORETO; SANIUARIO DLLLINCARNAZIONL
187
sua malferma salute, si recò ripetutamente, in fiduciosa preghiera, nella Santa Casa. Confortato dalla speranza nella Madonna si avviò al sacerdozio e nel
per
la
1857 ritornò Papa Pio IX.
tra quelle
Nel secolo xx sono
mure da sommo
stati
tenuti a Loreto
Plenari Marchigiani del 1928, del 1956, e
pontefice,
i
il
tre Concili
il
terzo che
iniziò nel dicembre 1985 e ivi si concluse il 29 novembre 1988. In un incendio scoppiato in Santa Casa nella notte tra il 22 e il 23 febbraio 1921 venne distrutta la statua
della Vergine.
Per volontà del Papa Pio XI venne preparata una nuova statua che fu portata da Roma a Loreto il 7 settembre 1922 dal Cardinale Pietro Gasparri, nativo di Ussita, nelle Marche, Segretario di Stato. La Civiltà Cattolica riferisce in merito: «Quanti ebbero l'avventura di prendere parte all'insolita forma del rapido corteo, per le valli, e gioghi e i poggi dell'Appennino, tra l'Umbria e le Marche, in questo convengono, che le relazioni scritte sono un nulla, un'idea pallidissima di ciò che in effetti si vide erompere spontaneo dall'animo e dal petto delle nostre buone popolazioni italiane profondamente e sinceramente cristiane e religiose» (Civiltà Cattolica 1922, quaderno 1736). Come non ricordare l'entusiasmo che suscitò Papa Giovanni XXIII nel suo pellegrinaggio in treno a Loreto e la venuta a Loreto del Papa Giovanni Paolo II durante un Convegno Ecclesiale promosso dalla Conferenza Episcopale Italiana su «Riconciliazione
cristia-
na e comunità degli uomini», con il discorso così programmatico che egli fece per il cammino della Chiesa Italiana!
E storia di oggi il grande afflusso dei pellegrini a Loreto per l'inizio del Settimo Centenario della Santa Casa presieduto dal Santo Padre Giovanni Paolo II con 188
ODO
FUSI-PECCI
la
partecipazione di quasi
tutti
i
vescovi d'Italia e
il
successivo quotidiano convergere a Loreto di milioni di pellegrini
da
tutti
i
continenti per rinnovare
pria fede, per impetrare dalla
Madonna
la
pro-
grazia e grazie.
Santuario Lauretano migliaia di malati, di portatori di handicaps, di sofferenti che da Maria ricevono conforto e spirito per trasformare il loro dolore in offerta d'amore a Dio per il bene e la pace del mon-
Sostano
do
al
intero.
Un centenario che ha visto l'approfondimento della Mariologia nell'ambito della ricerca teologica, nella linea del Concilio Ecumenico Vaticano II, della Marialis Cultus e della Redemptoris Mater. Un centenario che ha evidenziato il valore dell'accoglienza profetica, sacerdotale e regale che la Santa Casa è capace di esprimere e donare.
LA SANTA «CASA»
DI
LORETO: SANIUARIO DLLL INCARNAZIOìNL
189
SANTUARIO DELL'AMORE MISERICORDIOSO DI COLLEVALENZA: NEL SEGNO DELLA MISERICORDIA P.
DOMENICO CANCIAN
Vicario generale dei Figli dell'Amore misericordioso
P.
GIOVANNI FERROTTI già Rettore del Santuario,
attualmente Parroco della Basilica di
S.
Pietro in Vaticano
L'accoglienza nella teologìa dell'Amore Misericordioso L'indicazione programmatica della Chiesa in vista 2000 è la nuova evangelizzazione «che abbia come suo cuore il vangelo della carità... l'annuncio che la del
Chiesa è chiamata a fare nella storia si riassume in un'affermazione centrale: "Dio ti ama, Cristo è venuto per te, per te Cristo è la Via, Verità, Vita". Dalla forza e dalla radicalità di questo annuncio scaturiscono l'ardore della vita e dell'impegno dei cristiani, l'incisività e la capacità di rendere contemporanea all'uomo l'espressione con cui il messaggio è annunciato e portato ad efficacia di vita, la novità e fecondità dei metodi di cui deve far uso oggi l'evangelizzazione» (CEI, Evangelizzazione e testimonianza della carità, n. 25. In ter-
mini molto
simili
si
erano espressi Giovanni Pao34 e il Sinodo dei Ve-
lo II nella Christifidelis laici, n.
scovi Europei, n. 3).
«Accoglietevi gli uni gli altri come Cristo accolse voi per la gloria di Dio» (Rm 15, 7). Questa espressione di Paolo, quasi a conclusione della lettera ai Romani, fa seguito ad altre affermazioni sull'importanza della carità nella vita cristia-
190
DOMENICO CANCIAN
-
GIOVANNI FERROTTI
na (cfr. Rm famoso inno
12, 9-10; 13, 8-10; 14,
ss.),
1
richiama
il
Cor 13) e soprattutto il testamento di Gesù: «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così alla carità (cfr. 1
amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni
(Gv Questo amore
per gH
altri»
13,
34
s.).
si concretizza nella misericordia che «è la dimensione indispensabile dell'amore e come il suo secondo nome» (Giovanni Paolo II, Dwes in Misericordia, n. 7). Per questo Gesù, ci invita a diventare «misericordiosi come è misericordioso il Padre nostro» (Le 6, 36). E questa la perfezione dell'amore: il farsi accoglienza misericordiosa di tutti, specie dei più de-
boli, poveri, peccatori,
sette (cfr.
Mt
21
18,
il
perdono fino
a settanta volte
ss.).
Seguendo lo schema dell'enciclica Dives in Miseripossiamo fare le seguenti tre affermazioni:
cordia 1.
Tutta
la storia della
La rivelazione fa come filo conduttore. dia.
2.
Il
nostro
risaltare la misericordia di
mondo ha
Misericordia perché 3.
salvezza è storia di Misericor-
La Chiesa
è
Dio
bisogno principalmente di da sola non basta.
la giustizia
chiamata ad essere sacramento di
Misericordia tra Dio e gli uomini. La sua vocazionemissione è quella di avvicinare la misericordia di Dio all'uomo, oppure accostare
gli
uomini
alle fonti della
misericordia del Salvatore.
Quindi
la
misericordia, così emarginata dalla nostra
cultura, diventa chiave di lettura del nostro rapporto
con Dio, con noi
Gesù
in
stessi,
con
gli altri.
modo perentorio ha
detto:
«Andate dunque
e imparate che cosa significhi: Misericordia io voglio e
non
sacrificio, infatti
non sono venuto
a
chiamare
SANIUARIO DLLLAMORE MISERICORDIOSO
i
giu-
191
ma
sti,
i
peccatori» (Mt
9, 13).
Gesù
è segno della tene-
rezza di Dio per l'uomo perduto, malato, debole, sofferente. Gesù in tutta la sua vita è la parabola vivente della misericordia del Padre. Il Cristo Amore Miseri-
cordioso Crocifisso che a braccia aperte invoca efficacemente il perdono per noi, accoglie nel ladrone ogni uomo perduto, ci dona sua Madre, è l'icona più eloquente dell'accoglienza divina nei nostri riguardi. Se Gesù ama e accoglie ogni uomo con amore misericordioso, ogni uomo è chiamato ad accogliere il proprio
con lo stesso amore. Tale accoglienza misericordiosa non è un gesto formale. Essa esige una totale conversione dell'uomo nella sua triplice struttura: mentre, cuore, volontà. Così si sviluppano in noi tre capacità: fratello
1. il
La
capacità di comprendere in
modo
evangelico è
contrario del giudicare e condannare, del fermarsi
pregiudizi, del ragionare
mo
secondo
chiamati ad assumere
i
i
criteri
criteri del
umani.
ai
Sia-
Padre misericor-
dioso che accoglie con amore incondizionato il figlio prodigio e fa sorgere il sole sui buoni e i cattivi. I criteri di Gesù che mangia con i peccatori e va in Paradiso in
compagnia
di
un
ladro.
2. La capacità di compassione che ci fa allargare il cuore nell'accogliere l'amore divino e nel poterlo a nostra volta donare al prossimo che incontriamo. E Gesù che ha compassione delle folle stanche e sbanda-
te (cfr.
Mt
malati e dei peccatori
9, 36), dei
1, 41; 2, 1-2).
E
il
(cfr.
Me
contrario del cuore duro, freddo, in-
differente. 3.
La capacità
di
commozione
intesa
come concreto
muoversi verso il fratello nel bisogno, mettendo in atto le opere di misericordia, così come ci è esemplificato nella parabola del buon samaritano. È il contrario del badare solo a se stessi, tirando dritti per la propria strada. 192
DOMENICO CANCIAN
-
GIOVANNI FERROTTI
Le note
di questo
Amore
Misericordioso accoglien-
da gratuità, sovrabbondanza, concretezza, cordialità, fedeltà. Da questo amore misericordioso ricevuto e donato nasce la Chiesa come comunità di coloro che credono e vivono di tale amore. La Chiesa si fa promotrice della cultura di questo amore che penetra i modi di pensare e di vivere facente
sono
gesti caratterizzati
doli espressione di accoglienza misericordiosa in mille gesti di attenzione, di
comprensione e
di servizio.
«L'Uomo non può vivere senza amore. Egli rimane per se stesso un essere incomprensibile, la sua vita è priva di senso, se non gli viene rivelato l'amore, se non incontra l'amore, se non lo sperimenta e lo fa proprio, se non vi partecipa vivamente. E perciò Cristo Redentore rivela pienamente l'uomo all'uomo stesso. [...] Nel mistero della redenzione l'uomo diviene nuovamente espresso e, in qualche modo, è nuovamente creato. [...] L'uomo che vuol comprendere se stesso deve entrare in Gesù con tutto se stesso, deve "appropriarsi" ed assimilare tutta la realtà dell'Incarnazione e della re-
denzione.
[...]
Quel profondo stupore riguardo al valore ed alla si chiama Vangelo, cioè la buona Novella» (Giovanni Paolo II, Redemptor hominis, dignità dell'uomo
n. 10).
Madre Speranza «Dio è Padre pieno di bonche perdona, dimentica e non tiene in conto... l'uoScrive
tà
mo,
il
':
più perverso,
il
più miserabile e perfino
il
più
perduto è amato con tenerezza immensa da Gesù che è per lui un padre e una tenera madre». Madre Sp>eranza Alhama Valera è nata a Santomera (Murcia) - Spagna - il )0 Settembre 1893. È morta a Collevalcnza di Todi (Perugia) l'S Febbraio 1983. Conclusosi il Processo Diocesano nel 1990 è in corso la sua causa di Beatificazione. Il suo corjx) riposa nella Cripta della Basilica. Nel 1930 ha fondato la Congregazione delle Ancelle dell'Amore misericordioso; nel 1951 quella dei Figli •
dell'A.
M.
SANTUARIO DELL'AMORE MISERICORDIOSO
193
Lei a Collevalenza
è sentita di svolgere
si
il
servizio
profetico dell'accoglienza facendosi «portinaia del-
Amore
l'
Misericordioso», nei confronti dei numerosi
pellegrini diretti al Santuario ^
Giova sottolineare
la
qualità di questi incontri che
richiamano Tincisività dei dialoghi evangelici. Le costava molto perché vi si coinvolgeva, ascoltava sul serio, assumeva in proprio la situazione dolorosa. Rispondeva compromettendosi a pregare di notte e così faceva. Iniziava questo lavoro baciando
molto stanca. Per
il
crocifisso e finiva
infondeva fiducia nell'Amore la novena assicurando che l'avrebbe fatta anche lei. In questo modo diventava mediatrice, madre, portinaia, flauta; ascoltava, come Mosè, la gente e andava a intercedere davanti aU'Amore Misericordioso. Il Santuario diventava davvero il Roccolo del Signore! Riportiamo per intero un brano del suo diario in cui esprime il suo coinvolgimento nello svolgere questo servizio. «Io, amati figli e figlie, debbo dire che vivo giorni di vera gioia ed emozione... per il compito che vengo svolgendo in questi mesi nella casa di nostro Signore, facendo la portinaia di coloro che soffrono e vengono a bussare a questo nido d'amore perché Lui, come Buon Padre, H perdoni, dimentichi la loro foUia e li aiuti in lo più
Misericordioso, invitava a fare
questi
momenti
di dolore.
Sono
qui, figli miei, ore e
ore, giorni e giorni, ricevendo poveri, ricchi, anziani e
2 Madre Speranza ha dedicato a questa attività circa 4 ore al giorno, accogliendo 100/120 persone. Ciò significa 40.000 all'anno, per circa 20 anni, (gli ultimi della sua vita, quelli della sua maturità spirituale) e quindi un totale di circa
800.000 accolte personalmente, una per una. Riceveva qualsiasi categoria di persouomini e donne, giovani e anziani, suore e sacerdoti, politici, poveri, massoni... per tutti aveva un intenso momento d'ascolto e una parola di consolazione. Ciò comportava parallelamente un'intensa corrispondenza: l'archino conserva circa 300.000 lettere, 30/40 al giorno per 30 anni. A tutti voleva che si rispondesse almeno per assicurare che aveva rice\TJto la lettera e che avrebbe pregato, cosa che ne:
faceva
194
la
notte.
DOMENICO CANCIAN
-
GIOVANNI FERROTTI
giovani, tutti carichi di grandi miserie: morali, spirituali,
corporali e materiali. Alla fine del giorno
sentare
al
Buon Gesù, piena
vado
di fede, fiducia e
a pre-
amore,
le
non stanbene che Lui, da vero Padre mi
miserie di ognuno, con l'assoluta certezza di carlo mai, perché so
attende ansiosamente affinché interceda per tutti quel-
che sperano in Lui il perdono, la salute, la pace e ciò hanno bisogno per vivere, e affinché gli dica in nome di tutti loro, non una ma mille volte: "Padre perdonami, dimentica tutto, sono anime deboli che nell'infanzia non hanno ricevuto il solido alimento della fede e oggi, attaccate al pesante fango della natura e sballottate dal forte vento della corruzione, precipitano in fondo al mare senza forze per navigare. Ed Egli che è tutto Amore e misericordia, specialmente verso i figli che soffrono, non mi lascia delusa e così vedo con gioia confortate tutte quelle anime che si affidano all'Amore Misericordioso» (Circolare n. 104, 1965). Lo stile di questa accoglienza è chiarito dal seguente consiglio rivolto alle sue figlie: «Teniamo a mente che quelli che soffrono attendono il nostro conforto, attendono anzi che ci facciamo partecipi delle loro sofferenze. Lo stesso ci chiede l'amore verso il Signore Gesù. Quando incontrerete un uomo sotto il dolore fisico o morale, non dategli un aiuto o un consiglio senza avergli prima dato uno sguardo di vera compassione, "una mirada compasiva". Il mondo si allontana da quelli che piangono e costoro cercano l'isolamento pur sentendo la necessità di sfogarsi. Noi dobbiamo far sì che la nostra amicizia sia per essi tavola di salvezza. Per questo è necessario comprenderli; sentire con loro "sentir con ellos" e simpatizzare con loro. Se hanno la giusta sensazione della nostra vera compassione, già li vedremo consolati e il nostro atteggiamento sarà un balsamo per le loro ferite» (cfr. Madre Speranza di Gesù, La Pcrfccción de la vida religiosa, Collevalenza 1967, p. 7).
li
di cui
SANTUARIO DELL'AMORE MISERICORDIOSCì
1
9*5
Un
Santuario dove
ci si
sente accolti
L'opera principale di Madre Speranza, quella che corona la sua attività di mistica e di fondatrice è il Santuario dell'Amore Misericordioso di CoUevalenza \ Il nome affonda le sue radici nella rivelazione pubblica, si sviluppa attraverso
alcune rivelazioni private,
soprattutto nel corso dell'ultimo secolo e
si
impone
magistero di Giovanni Paolo IL nella sede di S. Pietro in Roma, ritenevo questo messaggio come mio particolare compito» (Omelia pronunciata il 22 novembre 1981 nella visita al Santuario). Nell'Enciclica Dives in Misericordia lo stesso Pontefice presenta gli insegnamenti biblici riguardanti questa tematica e proclama l'urgenza di questo annuncio quale verità salvifica, esortando ad ispirare i rapporti umani alla misericordia: «La Chiesa vive una vita auufficialmente con
«Fin
il
dall'inizio del
mio ministero
tentica quando proclama e professa la misericordia - il più stupendo attributo del Creatore e del Redentore e quando accosta gli uomini alle fonti della misericordia del Salvatore, di cui essa è depositaria e dispensatrice»
(DM
13).
«L'amore misericordioso è sommamente indispensabile tra coloro che sono più vicini, tra i coniugi, tra i genitori e figli, tra gli amici; esso è indispensabile nell'educazione e nella pastorale» (DM 14). Visitando il Santuario, il 22 novembre 1981 il Santo
Padre Giovanni Paolo
II lo definì:
che a
spiritualità e di pietà
«Centro
eletto di
tutti ricorda e proclama la
grande e consolante
realtà della misericordia paterna
del Signore... in esso
-
Giunta
esorta
-
sia
sempre proclamato
questo sperduto paesino dell'Umbria, dove di importante c'era gli uccelli, Madre Speranza realizzò nel 1959 la Cappella dell'Amore Misericordioso e nel 1965 la Basilica. Sono opera dell'architetto spagnolo Julio Lafuente. ^
in
solo un roccolo per prendere
196
DOMENICO CANCIAN
-
GIOVANNI FERROTTI
il
lieto
annunzio dell'Amore Misericordioso mediante
E
parola evangelica quella che voi pronunciate per confortare e convincere i fratelli circa l'inesauribile benevolenza del Padre celeste. E rendere possibile l'esperienza di un amore divino più potente del peccato l'accogliere i fedeli nel Sacramento della penitenza o riconciliazione, che so qui amministrato con costante impegno. E rinla Parola, la Riconciliazione e l'Eucaristia.
vigorire tante
un
ristoro
anime
affaticate e stanche, alla ricerca di
che rechi dolcezza e robustezza nel cammi-
il Pane Eucaristico». Queste parole puntualizzano il carisma e
no, offrire loro
Speranza.
Il
impe-
gli
gni specifici del Santuario voluto e realizzato da
Madre
pellegrino che giunge a Collevalenza
sente già accolto da un'architettura
moderna
si
e sobria
che con un intelligente gioco di linee concave e convesse sembra volerlo avvolgere in un abbraccio paterno. Entrato nel Santuario la sua attenzione viene subito attirata da un grande Crocifisso che troneggia nella parete di fondo. Opera dello scultore Lorenzo CuUot Valera raffigura il Cristo non nello spasimo della morte ma nella regale serenità di Colui che innalzato da terra vuole attirare tutti a sé con la forza dell'amore. Ha lo sguardo rivolto al cielo nell'atteggiamento della supplica: «Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno». Attraverso alcuni simboli sono messe in evidenza l'Eucaristia, segno e mezzo di comunione con il Padre e i fratelli, il Comandamento Nuovo dell'Amore e la si:
gnoria universale di Cristo,
La
Re
dell'universo.
comprendere che l'Amore divino è misericordioso. Gesù, infatti si è immolato per gli uomini mentre erano ancora peccatori vincendo con l'abbondanza della sua grazia il nostro peccato. Anche l'immagine della Madonna venerata con il titolo di Mediatrice di ogni grazia ha le braccia centralità del Crocifisso fa
SANTUARIO DELLAMORL MISKRirORDIOSO
197
aperte in un atteggiamento sacerdotale di preghiera e di accoglienza.
Santuario si trova un pozzo di acqua che alimenta alcune fontane e le vasche dove è possibile immergersi, dopo una particolare preparazione deno-
Accanto
al
minata «Liturgia delle Acque». Per dare ai pellegrini un'accoglienza calda e famigliare Madre Speranza ha realizzato due case del pellegrino, belle e confortevoli, perché tutti si sentissero a casa propria.
In esse
Suore
in
non
è previsto personale esterno,
modo
da essere con
di mortificazione e di
il
ma Padri
e
loro esempio di carità,
amore un
riflesso
dell'Amore
Misericordioso di Dio.
Tra
le varie attività svolte
dal Santuario ha un'impor-
Ministero delle confessioni. «Qui verranno le anime che vivono lontano dal loro Dio... che camminano senza sapere dove vanno, con gli occhi chiusi... e se avranno la fortuna di incontrare Figli e Ancelle pieni di amore, carità e sacrificio, cadranno nelle reti di questo roccolo della divina misericordia». Una particolare accoglienza è riservata ai Sacerdoti i quali sanno di trovare a Collevalenza la loro famiglia dove trascorrere un periodo più o meno lungo per riposarsi fisicamente o ritemprare lo spirito nella pace della casa religiosa. Per essi si organizzano periodicamente corsi di aggiornamento, incontri, ritiri ed esercizi spirituali. L'annuale Giornata di Santificazione Sacerdotale richiama ogni anno a Collevalenza oltre cinquecento Sacerdoti. Un'accogliente e pratica struttura chiamata «Roccolo Speranza» permette a gruppi parrocchiali, specialtanza tutta particolare
Madre Speranza
mente di
il
lo aveva previsto:
giovanili, di autogestirsi nella
programmazione
esperienze vocazionali e corsi di esercizi. Interessante il lavoro per la famiglia. Un collaudato ritiri,
198
DOMENICO CANCIAN
-
GIOVANNI FERROTTI
gruppo
di specialisti e volontari gestisce
il
Consultorio
Familiare e organizza corsi per fidanzati, incontri coniugali, scuola per genitori e altre iniziative.
Clima di famiglia e totale disinteresse era ciò che Madre Speranza chiedeva con insistenza alle sue figlie figli nello svolgimento di queste attività. DiceSantuario dell'Amore Misericordioso non è stato fatto per guadagnare, ma per esercitare la carità, perché chiunque viene trovi conforto».
e ai suoi va: «Il
Un
messaggio per
aprirsi alla fiducia
e alla carità
Centro
di spiritualità e di pietà
il
Santuario svolge
questa intensa azione pastorale di preghiera, di studio,
un mesun senso sempre nuovo,
di riflessione e di carità sorretto dalla forza di
saggio capace di dare alla vita
senza mai far perdere
la
speranza e
la gioia,
ridonando
qualunque situazione uno si trovi. Chi viene a Collevalenza si sente accolto e cercato da Dio, avverte che Egli era sulla sua strada ad aspettarlo pazientemente, scopre che lo cercava con amore
fiducia in
instancabile quasi che senza di lui felice.
Ma è necessario
tuisce
anche
il
non potesse
ricordare che
essere
Santuario costicuore di una vasta attività educativa, il
assistenziale e caritativa svolta dalla famiglia Religiosa
dell'Amore Misericordioso non solo nelle fondazioni già esistenti da tempo in Italia, Spagna, Germania e Brasile, ma anche in quelle appena avviate in Bolivia,
Romania
Dopo
e India.
aver dato l'esempio e l'impronta
Dio Madre Speranza ha voluto che
i
suoi
figli
la
Serva di
e operato perché an-
e le sue figlie fossero talmente
compe-
netrati dall'esperienza personale e giornaliera del-
l'Amore Misericordioso da poter trasmettere
a tutti la
SANTUARIO DELL'AMORE MISERICORDIOSO
1
99
fiducia e l'ardore della carità che
provengono da que-
sto messaggio.
Pregava e chiedeva che
«tutti coloro
che
in situazioni di particolare bisogno, pieni di
oppressi da malattie trovino nei
membri
miglia persone capaci di offrire loro
il
si trovano amarezza e
di questa fa-
conforto della
fede e il sollievo dell'amore, pronte a mostrare che li attende un Padre che non tiene in conto, perdona e dimentica». Invitava a
comprendere qualunque persona
si
fosse
incontrata con loro, e a soffrire con essi perché, affer-
mava: «se avranno l'impressione di essere stati capiti, si consoleranno e le nostre parole saranno come balsa-
mo
sulle loro ferite».
Dal Santuario di Collevalenza il pellegrino non si limita a riportare a casa un'immagine del Crocifisso o della
Madonna
neppure una
acqua attinsorgente del Santuario. L'impressione più pro-
ta alla
e
bottiglia di
fonda e duratura è l'esperienza di un'accoglienza paterna e fraterna, da parte di Dio nel sacramento della Penitenza e da parte di chi opera nel Santuario nel calore di una carità semplice e disinteressata. I vari frutti spirituali che si possono trarre da una visita ben preparata e condotta al Santuario dell'Amore Misericordioso di Collevalenza, come del resto a qualsiasi altro Santuario, sono meravigliosamente contenuti in una esortazione dell'Apostolo Paolo nella sua lettera ai romani. Essa rappresenta nello stesso tempo
un appello
e
un augurio: «Siate
lieti
nella speranza, forti
nella tribolazione, perseveranti nella preghiera, solleciti
per
le necessità dei fratelli»
(Rm
12, 12) ^
«Lieti nella speranza». Recuperare la gioia della spe-
ranza, nonostante le fragilità e le colpe che gravano
"^
Vedi
lo studio di
G. Rossi, In pellegrinaggio al Santuario dell'Amore Miseri-
cordioso di Collevalenza, ed. A. M., 1995.
200
DOMENICO CANCIAN
-
GIOVANNI FERROTTI
può
sulla coscienza
essere considerato
il
primo
frutto
un pellegrinaggio al Santuario di CoUevalenza. Gesù venuto nel mondo per manifestare la misericordia del Padre e gode nel poterla dispensare a chi si pone nelle di
è
condizioni di riceverla.
Medico
del corpo e delle
anime continua
a g^uarire
E queSantuario attraverso le paramessaggio offerto dal sto il bole della misericordia e il Crocifisso rappresentato nel momento della preghièra per i peccatori: «Padre perdonali perché non sanno quello che fanno» (Le 23, 34). «Gesù - scrive Madre Speranza - è per tutti un padre pieno di bontà, il quale ci ama con un amore infinito, senza fare distinzioni. L'uomo il più perverso, il più miserabile, e perfino il più perduto è amato con tenerezza immensa da Gesù che è per lui un padre e una ciò che è malato a salvare ciò
tenera
madre»
(Perf. 52).
«Forti nella tribolazione».
vanni Paolo tà
II
che era perduto.
-
è
il
«La croce -
scrive Gio-
più profondo chinarsi della Divini-
sull'uomo e su ciò che l'uomo, specialmente nei
momenti difficili e dolorosi, chiama il suo infelice destino. La croce è come un tocco dell'eterno amore sulle ferite
mo...» Il
più dolorose dell'esistenza terrena dell'uo-
(DM
8).
Crocefisso dell'Amore Misericordioso trasmette
una rinnovata forza d'animo a chi si trova in mezzo a prove e difficoltà e aiuta a valorizzare le proprie croci. Una bella Via Crucis che si snoda a valle del Santuario, in
mezzo
agli alberi, facilita la riflessione e
partecipazione
alla
l'amorosa
sofferenza di Gesù.
Croce è inevitabile; portarla seguendo immensa; portarla dopo che l'ha portata lui è «grande gloria» (Madre Speranza Refi. 51). «Teniamo presente che il Signore è medico e che la tribolazione è una medicina per risanarci e non una pena «Portare
Gesù
la
è gioia
SANTUARIO DELL'AMORE MISERICORDIOSO
201
per condannarci, poiché il Signore è Padre misericordioso anche negU stessi castighi temporah. Le tribolazioni, al pare dei cardi e delle spine, sono il frutto naturale di questa valle di lacrime» (Esci. p. 379). «Perseveranti nella preghiera».
Un
altro frutto spiri-
tuale che scaturisce dalla visita al Santuario dell'Amore
Misericordioso di CoUevalenza, è il recupero di quella filiale che si esprime nella preghiera perseveran-
fiducia
te e gioiosa. Il
Padre nostro
ci
permette di esprimere con
effica-
ce semplicità le nostre richieste materiali e spirituali
La novena all'Amore Madre Speranza e strut-
nella certezza di essere esauditi.
Misericordioso composta da
turata sulle varie espressioni del
Padre Nostro aiuta
suscitare fiducia e contrizione per chiedere a
a
Dio
particolari grazie.
«Gesù mio, usare
la
a te ricorro in questa prova. Se tu vuoi
tua clemenza con questa misera creatura tua,
Per il tuo amore e la tua misericormie colpe, e quantunque sia indegno di ottenere ciò che ti domando compi pienamente i miei desideri se ciò è di gloria per te e di bene all'anima mia. Nelle tue mani mi rimetto: fa di me secondo il tuo piacimento» (Novena). «Solleciti per le necessità dei fratelli». Ultimo frutto è quello di recuperare un atteggiamento fraterno e una maggiore disponibilità verso gli altri. Il Santo Padre Giovanni Paolo II, nella sua visita al Santuario, parlando alla Famiglia Religiosa dell'Amore Misericordioso disse: «Se Dio ed il suo amore sono per noi la consolazione che nessuno può sottrarci - nessuno vi potrà togliere la vostra gioia - siamo chiamati al tempo stesso trionfi la tua bontà.
dia
perdona
le
ad alimentare in noi
la sollecitudine
insopprimibile di
un tale amore». comandamento di Gesù «amatevi
partecipare a tutti Il
202
DOMENICO CANGI AN
-
GIOVANNI FERROTTI
gli
uni
gli altri»
è scritto ai piedi del Crocifisso, nel
Vangelo aperto.
Questo comandamento deve tradursi
in gesti concreti
di
perdono, di collaborazione, di
fattiva solidarietà spe-
cialmente verso i più bisognosi. «Grande e inestimabile è il valore della Carità! Quanto dobbiamo essere grati al nostro buon Gesù
per averci tratto dal seno dell'Eterno Padre questo fuoco santo!... Facciamo del bene a tutti senza distinguere tra buoni e cattivi, parenti o estranei, amici o nemici. Facciamo tutto il bene possibile senza mai saziare in noi questa
fame
della felicità altrui» (Esci,
pp. 355-356).
SANTUARIO DtLLAMORE MISLRICORDIOSO
203
SANTUARIO PER LA DIACONIA DELL'EVANGELIZZAZIONE E DELLA LODE
ASSISI:
P.
GIULIO BERRETTONI
Custode del Sacro Convento
di S.
Francesco d'Assisi
«Però chi d'esso loco fa parole, dica Ascesi, che direbbe corto,
non
ma
Oriente, se proprio dir vole» (Dante).
Introduzione
Da sempre, ma con sfumature diverse dal 27 ottobre 1986, il Santuario che custodisce le spoglie di san Francesco d'Assisi è chiamato ad essere segno e profezia per la Chiesa e l'umanità intera. «Dobbiamo mantenere Assisi"
non
anche per
vivo
il
genuino "Spirito
solo per dovere di coerenza e fedeltà,
offrire
un motivo
di
ma
di speranza alle future ge-
nerazioni.
Nella città del Poverello abbiamo mino che deve proseguire» \
iniziato
un cam-
Con questo pregnante invito il Pontefice esortò a prendere sempre più coscienza dell'evento Assisi, non solo per il passato ma principalmente per indicare un cammino da percorrere. Ecco, allora, che la Patriarcale Basilica, alle soglie del Terzo Millennio diventa una tappa «obbligatoria» per l'uomo che fa della pace il suo impegno quotidiano. Assisi, quindi,
'
tore
si
inserisce nell'armoniosa cornice
Giovanni Paolo II, Messaggio per Romano», 1 gennaio 1992, p. 3.
204
GIULIO BERRETTONI
la
xxv Giornata
della pace, in «L'Osserva-
devozione deiruomo che guarda al «Colle del Paradiso» come porto sicuro nel tempestoso cammino della vita. Sì, perché Francesco è pace, della fede e della
serenità.
Se diamo una lettura ai dati presentati dall'ufficio stampa del Santuario di Assisi ci si accorge come la Basilica di San Francesco continua a richiamare migliaia di pellegrini provenienti da ogni parte dell'emisfero. Una devozione che non ha confini e spazia in tutte le latitudini.
Infatti
i
dati del 1994
milioni di pellegrini
confermano che più di cinque fatto tappa al Santuario
hanno
Pace più famoso del mondo ^ Certamente le parole del Pontefice Giovanni Pao-
della
lo II, nel
e
con
dare inizio
alla
«Grande preghiera per
l'Italia» sintetizzano l'universalità
l'Italia
dell'Uomo
di
Santo Poverello appartiene a tutta la cristianità e a tutta l'umanità. La sua testimonianza evangelica continua a costituire una forza potente per tutti coloro che desiderano servire la giustizia e la pace. Essi tornano costantemente ad Assisi cercando là ispirazione e sostegno anche di fronte alle sfide dei tempi Assisi: «Il
odierni».
Ma
vediamo le cifre piii significative dell'affluenza al Santuario francescano. sono ormai cinque milioni, da 58 Paesi stranieri, che salgono ad Assisi per ammirare l'arte ma soprattutto per incontrare r«Alter Christus». Dall'Italia gruppi organizzati sono stati 2.656 con 116.520 pellegrini; dall'Europa 4.171 con 150.485 pellegrini; dai Paesi dell'Est 1462 gruppi con 57.266 pellegrini; dalle Americhe gruppi sono stati 1.553 con 55.083 pellegrini; infine, dall'Asia 2.238 gruppi con 50.500 pellegrini. Ma al di là dei numeri significative sono 2
I
pellegrini
i
i
state le
presenze provenienti dalla Russia, da Taiwan, dalla Cina. Infine,
la
presen-
za di circa 84 gruppi dalla Croazia e 7 dalla Slovenia, zone queste martoriate dalla
guerra.
Per quanto concerne l'Italia, il maggior numero di pellegrinaggi è da scrivere Lombardia con 472 gruppi e 16.683 pellegrini. Interessante la presenza massiccia dei giovani, circa 4.000. che ad Assisi hanno cercato di far luce sulla propria vocazione attraverso il centro Unitario di Pastorale Giovanile e Vocazionale. Per dati statistici cfr.: E. Fortunato, Il luogo dove Francesco parla ancora al cuore di ogni uomo, in «L'Osservatore Romano», 19 marzo alla
i
1995,
p. 4.
ASSISI:
SANTUARIO PER LA DIACONIA
205
Una domanda
Non possiamo non
fare nostra la
compagni pose
domanda che uno
«Perché a te, Perché a te?». Santo Francesco rispose: «Che è quello che tu vuoi dire?». Disse frate Masseo: «Dico, Perché a te tutto il mondo viene dietro, e ogni persona pare che desideri di vederti e di udirti e di dei primi
Perché a
a Francesco:
te,
ubbidirti?
Tu non
sei bello
uomo
del corpo, tu
non
grande scienza, tu non sei nobile; onde dunque a che tutto il mondo ti venga dietro?» \ di
E stata,
certamente, una
ta nella semplicità di fra
l'attrazione che
ogni
l'Uomo
domanda
il
segreto del-
di Assisi esercita su
come uomo, come uomo
te
profetica incarna-
Masseo. Sta qui
età, professione, razza, e religione:
realizzato
sei
il
di Dio.
persone di suo essersi
Ecco
per-
ché Francesco diviene proposta di una umanità piena-
mente
riuscita.
L'uomo
alle soglie del
terzo millennio
sente evocare una sola realtà: pace, con se stesso, pace
con gli altri, pace con l'Altro. Tutto ciò pone ancora delle domande profonde: perché Assisi è diventata crocevia del mondo dove uomini di ogni razza, cultura e religione si incontrano? Perché è diventata meta di tanti pellegrini provenienti da tutte le parti dell'emisfero? Perché è diventata centro di irradiazione di una spiritualità di pace e di ecu-
menismo?
La
risposta o le risposte?
possono essere tante, ma il motivo è uniFrancesco morto vive ancora, parla ancora al cuore di ogni uomo, ricordando a tutti le «odorifera
Le
risposte
co: qui
'
206
Fonti Francescane, 1838.
GIULIO BERRETTONI
\
verba Christi» del
il
mondo! (Eb
quale è
ieri,
oggi e sempre
il
Salvatore
13,8).
Alla base del Santuario di Assisi, riposano
comun-
realtà imprescindibili per l'umana convivenl'uomo fratello dell'altro uomo. Il messaggio che scaturisce dal Santuario di Assisi, non è un messaggio per «i pochi» ma un appello rivolto ad ogni uomo. Lo stesso Santo ci insegna la legge di un pensare positivo. Nel descrivere il perfetto frate minore asserì: «la fede di Bernardo, che la ebbe perfetta insieme all'amore per la povertà; la semplicità e la purità di Leone, che rifulse veramente di santissima purità; la cortesia di Angelo, che fu il primo cavaliere entrato nell'Ordine e fu adorno di ogni gentilezza e bontà; l'aspetto attraente e il buon senso di Masseo, con il suo parlare bello e devoto; la mente elevata nella contemplazione che ebbe Egidio fino alla più alta perfezione; la virtuosa incessante orazione di Rufino,... la pazienza di Ginepro... la robustezza fisica e spirituale di Giovanni delle Lodi... la carità di Ruggero,... la santa inquietudine di Lucido...» In siffatta prospettiva l'uomo è visto non più come ostacolo, come rivale, ma come integrazione per raggiungere una armonia completante per la crescita e lo sviluppo dell'umana convivenza. Cogliere l'aspetto positivo dell'altro e con lui costruire l'alba del terzo Millennio. Ad Assisi, quindi, «riposa l'uomo fratello dell'altro uomo, così come san Francesco lo ha sempre voluto ed auspicato» \ Ad Assisi, quindi, ci si incontra perché matura sempre più nella coscienza dell'uomo contemporaneo la consapevolezza di cosa sia l'uomo, del luogo ove deb-
que alcune za:
"*
^
Fonti francescane, 1782. P. Poupard, // Vangelo nel cuore delle culture.
zione, Città
Nuova, Roma 1988,
Nuove frontiere
dell' incultura-
p. 138.
ASSISI:
SANTUARIO PER LA DIACONIA
207
Chi possa oggi aiutarlo a trovare una stabile dimora, una vita autentica, una convivenza nella pace^ Per tali realtà l'Assisiate rappresenta l'icona ba tendere,
di
più perfetta,
la
Da
Assisi
per
la
del
strada migliore.
una «proposta francescana» nuova evangelizzazione all'uomo Terzo Millennio
Molti sono coloro che oggi evidenziano una mentalità «laica», «storicistica», «relativistica»,
«nichilista»
con una prospettiva decisamente non rosea per chi vuole varcare «le soglie della speranza». Il destino e l'agire dell'uomo non vengono esplicitamente staccati da Dio; di fatto però la maggior parte della gente vive, prende decisioni, spera e pianifica la sua esistenza senza riferirsi a lui, alla sua legge, alla sua volontà". In siffatta situazione Francesco apre la speranza all'azione di Dio nella storia. L'umanità è chiamata dal Poverello a costruire la Città dell'Amore, la civiltà della Pace. Ecco, allora, che dal «monte di Assisi», la nuova alleanza con Dio parte da alcune prospettive importanti.
Uuomo
creatura di
Dio
La consapevolezza profonda della creaturalità dell'uomo è di sicuro il presupposto principale che l'uomo Francesco ci comunica. Egli è profondamente convinto che l'uomo in quanto creatura è povero di fronte al Dio della Vita. Il bene che l'uomo è ed ha è ^ Cfr. P. Poupard, L'antropologia sottesa agli incontri di Assisi, in Aa.Vv., Prospettiva Speranza, Editrice Velar, Assisi 1994, pp. 14-23. ^Cfr. G. Iammarrone, La testimonianza francescana nel mondo contemporaneo, Messaggero, Padova 1988, p. 76.
208
GIULIO BERRETTONI
un bene
ricevuto; ecco perché egli
deve essere
un inno
con
tutta la sua vita
di ringraziamento e di lode al
suo
Creatore ^
La relazione con il Creatore, con Dio, costituisce il fondamento basilare, da cui promana l'antropologia teologica del Poverello. La meravigliosa espressione tramandataci dalle sue ammonizioni costituisce la bussola del suo pensare: «L'uomo quanto vale davanti a Dio, tanto vale e non più»^ Ecco, allora, che la relazione con Dio in ultima istan-
za assurge a causa esemplare e finale dell'uomo. Fran-
cesco è ancorato con Dio.
alla
salvaguardia del primario rappor-
to
E
solo ed unicamente da tale relazione che l'uomo
assurge ad una situazione esistenziale valoriale «subli-
me»
^°
ad un «primato assiologico teo-antropologico
umaperdono
eccelso, fatto di libertà coscienziale e relazionale
na somma, esteso
ai
torità, di
di
amore
gratuito e senza limiti, di
nemici, di rispetto particolarmente verso l'auaccettazione amorosa dell'altro con
i
suoi
li-
miti anche se ladro o brigante o peccatore, di servizio fraterno, di misericordia, di umiltà, di serenità relazio-
nale anche in presenza di situazioni avverse, di perfetta
lavoro non mercibeni terreni, di obbedienza caritativa, di un rapporto muliebre affettuoso, trasparente, casto, caratterizzato da speciale cura e sollecitudine ed infine assurge ad un primato teo-antropologico caratterizzato da una fraternità cosmica»".
letizia
anche davanti
alle ingiurie, di
ficato, di distacco dai
Cfr. Ammonizione XX. Ammonizione xx. '° \J Ammonizione \\ così afferma:«Considera, o uomo, in quale sublime condizione ti ha posto Dio che ti creò e ti fece a immagine del suo diletto Figlio secondo corpo, e a sua similitudine secondo lo spirito...». ^
^
il
' '
in E.
Roma
E. Covi, //
Covi
(a
Dio di Francesco e dell'uomo moderno: convergenze e divergenze, di), L'Esperienza di Dio in Francesco d'Assisi, Laurentianum,
cura
1982, pp. 18-19.
ASSISI:
SANTUARIO PER LA DIACIONIA
209
Uno con
stile
penitenziale sobrio
canto sulle labbra
il
Francesco sa bene, inoltre, che l'uomo tendenzialè portato ad adorare l'idolo del proprio io piuttosto che la paternità di Dio. Questo presupposto chiaro della lontananza dell'uomo dal suo Creatore gli ha
mente
comprendere l'importanza di uno stile di vita segnato dall'aspetto penitenziale ma sempre con il canto
fatto
sulle labbra. Il
Santo di Assisi
loro che giungono
sperimentato da tutti coSantuario come l'uomo della gio-
è, infatti,
al
Dal momento della sua congiorno della morte fu molto duro con il suo corpo, con se stesso. Ma il suo più alto e struggente impegno fu quello di possedere e conservare abitualmente la gioia interiore ed esteriore, gioia che sgorga da un cuore posseduto da Dio e amante dell'uomo -^ Il Cantico di frate sole rivela a tutti il fascino delia creazione ed esprime un cuore grato ricco di gioia nel sentirsi fratello di tutto ciò che il «bon Signore» ha donato a lui e ad ogni uomo che vive nel mondo. Il suo canto echeggia nel Santuario di Assisi nelle pitture di Giotto, nelle pietre della basilica dove riposa. Ma non deve restare lì, non deve spegnersi nel silenzio. Il suo canto risveglia i frati, custodi del suo corpo, risveglia gli uomini di ia,
del canto sulle labbra.
versione
al
qualsiasi razza e religione.
\]n principio importante: la fraternità
Come
si è accennato, una delle conseguenze più importanti dell'esperienza di Dio nella vita di Francesco è il suo senso vivo e forte della fraternità tra gli
uomini e
già
il
suo decisivo impegno per testimoniare que-
'^Cfr. Fonti Francescane, 635.
210
GIULIO BERRETTONI
profondamente
sto valore «altamente evangelico e
umano»
^\
Gli Scritti del Poverello evidenziano
sia stata forte
tello di tutti»,
questa consapevolezza. Si considera «fradesidera che tutti gli uomini si accolgano
nella carità di
devolmente;
come
Dio come
fratelli,
inoltre, l'augurio di
tizza l'essenza della sua
perdonandosi vicen«Pace e bene» sinte-
predicazione
'^
Alcuni aspetti peculiari del Santuario
Il tessuto liturgico si fa alleanza tra l'uomo e Dio nel messaggio di fede di Francesco rende concreta la sua proposta mediante il servizio nel sacramento della riconciliazione e l'animazione liturgica che rappresentano il tessuto vitale per una «nuova evange-
Il
Santuario che
trasmettere
il
lizzazione». Infatti, la sollecitazione
pastorale è stata sempre pre-
Francescani Conventuali e ai responsabili del Sacro Convento e dell'Ordine che per corrispondere adeguatamente hanno voluto ad Assisi, per quanto possibile, una grande Comunità aperta e internaziosente
nale
ai
^^
Centro culturale
Ma
l'intero
artistico
complesso -
Tomba
di san Francesco,
Basilica Inferiore e Superiore e Sacro
Convento -
è
un
centro culturale e artistico che offrono occasioni privi-
G. Iammarrone, op. cit., p. 91. Cfr. Regola non bollata, 14, 2. " Oggi ad Assisi si è 52 frati provenienti da 17 nazioni. Tutto ciò per essere in grado di accogliere e di assistere nella propria lingua numerosi gruppi che quotidianamente giungono dalle varie parti del mondo. ^'
'•*
i
ASSISI
SAN'mARIO PHR LA DIACONIA
211
un arricchimento umano e religioso, culturale e francescano. La componente religiosa, anche se preponderante nelle sue motivazioni, non è l'unica a
legiate per
collocare la città di Assisi fra
i
centri di notorietà uni-
amata quanto le maggiori città italiane; indubbiamente per le sue prerogative religiose ma anche di arte, di cultura e di tradizioni storiche e popolari. E certamente noto come la Basilica di San Francesco rappresenta la più ricca antologia delversale: essa è conosciuta e
l'arte italiana nel
Trecento.
All'alba del Terzo Millennio, la Comunità francescana del Sacro Convento avverte con sana inquietudine la necessità di far sì che il suo servizio all'uomo dei nostri tempi sia sempre più evangelico ed efficiente per fargli «gustare» l'incontro con i cicli pittorici di Pietro Cavallini, Giotto, Cimabue, Simone Martini, Lorenzetti e altri, in altre parole con la Bibita pauperum: con
Dio.
Ed è proprio quest'ultimo motivo che fa coniugare in nome del Poverello un meraviglioso interscambio tra fede ed arte, storia e religione di un popolo in cammi-
E
complesso che parla e annuncia alcuni tempo, uniscono le generazioni, mettono la gloria nel cuore, sono accolti da tutti senza alcuna differenza e invitano a guardare in alto: Francesco fratello di tutti; Francesco povero e itinerante; Francesco uomo fatto preghiera; Francesco missionario del Vangelo; Francesco strumento di ricon-
no.
l'intero
valori che resistono al logorio del
ciliazione e di pace. Il
Santuario
è,
anche, un crocevia di dialogo con
mondo contemporaneo, nuamente ti
di san
cativa e
si
il
susseguono conti-
incontri, simposi, manifestazioni, in cui
i
fra-
Francesco desiderano essere presenza signifiaprirsi al dialogo con diverse culture e
amano
religioni.
212
per cui
GIULIO BERRETTONI
Lo
«spirito di Assisi»
Di non poca rilevanza
le
pontefice Giovanni Paolo
giornate di Assisi volute dal II nell'ottobre
1986, dove
si
incontrarono tutti i massimi rappresentanti delle religioni per invocare il dono della pace, e in gennaio 1993 dove si pregò per la pace in Europa e specialmente nei Balcani con i Presidenti delle Conferenze episcopali d'Europa e con i Capi delle Comunità ebraiche e musulmane.
Due appuntamenti
questi che
hanno ridisegnato
il
«volto del Santuario» arricchendolo di una spiritualità
pace senza precedenti. Incontri che, mentre si allontanano nel tempo, anziché sbiadire, come un tramonto che lentamente cala nella notte, salgono nel cielo ed inducono l'uomo di buona volontà a levare la testa e a guardare e a cogliere un messaggio: la pace dipende anche da te! Da questi eventi è nata la locuzione 5-p/n/o di Assisi con un significato pluridimensionale. E da sottolineare, comunque, la dimensione più strettamente ecumenica intesa come ricerca della piena comunione dei battezzati che riconoscono la loro incorporazione in Cristo. Assisi oggi ancora più di ieri è luogo di accoglienza e pastorale ecumenica. A tale proposito ci sono Frati impegnati in questo servizio con un luogo di predella
ghiera riservato nell'ambito della Basilica.
La pastorale vocazionale
Non manca
infine la proposta vocazionale. Assisi e
Francesco esercitano sempre un fascino mordente sui Ciò ha creato una sana inquietudine. Ci spinge a servire giovani con un progetto educativo che metta in evidenza un insieme di idee, di orientamenti, di valori, di itinerari educativi. Perché l'incontro dei giovani.
i
ASSISI:
SANTUARIO PER LA DIACONIA
213
giovani con Francesco d'Assisi porti all'incontro con Gesù Cristo e ad un servizio più generoso e responsabile alla Chiesa.
La pastorale giovanile
è resa concreta mediante i convegni annuali, campi scuola e centri di ascolto, zone di silenzio nel Convento per favorire l'umile e appassionata ricerca del volto di Dio. E questo uno dei compiti primari che come Santuario, per eccellenza, del «mondo francescano» cerca di sviluppare e testimoi
niare.
Roma
-
Assisi
-
Gerusalemme
Terzo Millennio, una nuova triade rende plastica l'immagine dei nuovi pellegrinaggi. Roma, Assisi e Gerusalemme si ergono sempre più a fari di luce e di fede per l'uomo che sta per varcare le soglie del Terzo Millennio, le soglie della speranza. L'uomo contemporaneo nel tempestoso mare della società odierna vede in queste tre città il sospirato porto della pace interiore, la risposta ai suoi mille «perché». Il Poverello di Assisi sembra tendere le sue braccia alle due grandi capitali della fede: Roma e Gerusalemme. Il Santo a Roma voUe andare per «stipulare» la filiale obbedienza alla «santa madre Chiesa»; mentre ad Oriente volle concretizzare il suo essere missionario per la causa di Dio. Ancora una volta Francesco profeta dei All'alba del
nostri tempi!
Conclusione Santuario di Assisi in tali prospettive fa sue le paGesù Cristo Dio non solo parla all'uomo, ma lo cerca. L'Incarnazione del Figlio di Dio testimonia che Dio cerca l'uomo. Di questa ricerca Il
role del Papa: «In
214
GIULIO BERRETTONI
Gesù
come
una pecorella smarrita. E una ricerca che nasce nell'intimo di Dio... Dio cerca l'uomo spinto dal suo cuore di Padre» ^^ I frati di Assisi desiderano cercare l'uomo con il cuore di Dio e con le mani di Francesco per fare del Santuario di Assisi l'altare dell'alleanza tra Dio e l'uomo. E con Francesco tutti coloro che sostano ad Assisi non potranno non gustare «le fragranti parole del Signore». 16
parla
Giovanni Paolo
II,
del recupero di
Tertio Millennio Adveniente, 7.
ASSISI:
SANTUARIO PER LA DIACONIA
215
SANTUARIO E PELLEGRINAGGIO NELLA PALESTINA DELLETÀ DEL BRONZO MEDIO (2000-1600 A.C.): RECENTI SCOPERTE SULLE AREE DI CULTO APERTE E GLI «ALTI LUOGHI» DEI CANANEI PROF.
LORENZO NIGRO
Docente nell'ISSR «Ecclesia Mater»
Le
scavo e di ricerca archeologica in Siria prima metà degli anni '90 hanno aggiunto nuovi dati alle nostre conoscenze sui Santuari e sui culti delle popolazioni della Terra di Canaan in età preclassica e segnatamente nella Età del Bronzo Medio (2000-1600 a.C). Mentre è venuta confermandosi sempre più l'unità culturale della regione siro-palestinese in questo periodo (Matthiae 1990), sono emerse dagli scavi nuove testimonianze sui grandi Santuari cittadini che in quasi tutti i principali centri urbani della regione costituivano il fulcro urbanistico e attività di
e in Palestina svolte nella
religioso delle città.
Le scoperte
recenti
hanno
nuovi dati sui luoghi di culto
in special
modo
fornito
questa regione, gli spazi culturali aperti rialzati definiti «alti luoghi» Xhamòi) nei testi biblici, che rimanendo per secoli caratteristici del culto in questa regione, saranno oggetto della famosissima riforma religiosa di Giosia narrata nel tipici di
secondo Libro dei Re (Dever 1994: 148-149). L'origine delle terrazze rialzate nell'Età del Ferro (come quelle rinvenute a Dan o Taanach: Biran 1994; Rast 1994) risale dunque nel tempo sino all'epoca del maggiore sviluppo urbano siro-palestinese del Bronzo Medio. Già in quest'epoca tali apprestamenti per il culto costi-
216
LORENZO NIGRO
il cuore dei grandi Santuari palestinesi, i quali erano meta di pellegrinaggi cui partecipava, in determinate occasioni, tutta la popolazione della città-stato, e, a tal fine, non erano costituiti esclusivamente da tem-
tuivano
pli chiusi,
ma
avevano come spazi irrinunciabili e
qualificanti aree aperte destinate al culto, fornite di arredi
fissi
e di installazioni. Proprio lo studio di queste
aree aperte, siano esse piazze, piattaforme, recinti sacri,
approfonditamente quali fossero i luoghi del culto dei Cananei nella fase di maggior splendore della cultura urbana siro-palestinese, quella del Bronzo Medio II, tra 1850 e 1550 a.C. Si
ha consentito
di potere valutare più
tratteranno in questa sede
maggiormente
i
luoghi di culto considerati
significativi dal
punto
di vista delle possi-
bilità di ricostruire le attività religiose
che
vi
venivano
svolte.
Le testimonianze archeologiche mostrano come proprio in questo periodo nella regione siro-palestinese le aree sacre divengano aree aperte - sebbene chiaramente separate per mezzo di recinti dal resto urbano - dove vengono ospitate attività cui partecipa un gran numero di fedeli, al-
del tessuto religiose
meno
a giudicare dallo spazio reso disponibile all'in-
terno dei temenoi. Nella
città di
Megiddo una
delle più antiche aree
sacre della Palestina, Tarea che aveva ospitato
pale Santuario cittadino sin dal periodo tico (strato
XIX),
registra
una
il
Tardo
princi-
Calcoli-
significativa trasforma-
zione in spazio di culto aperto nello strato
xii,
nel cor-
(Dunayevsky e Kempinski 1973: Al posto del Tempio (4040) e della terrazza cultuale (4017) che costituivano il Santuario del periodo precedente (Bronzo Antico IIIB-IV), si trova un'area sacra, delimitata da un recinto, in cui sorge al centro un temenos interno con un piccolo Santuario e,
so del XIX secolo a.C. 176,
fig. 12).
SANIUARIO E PLLLLCiRlNACiC.K) NELLA PALESTINA
217
Fig. 1 al
II
centro
stele (in
da un
temenos di Megiddo nello strato XII, a sinistra il Palazzo 5001, doppio recinto sacro, con il sacello di culto e il Santuario delle
il
basso a
lato,
sinistra).
un
sacello circondato
da
stele i^ig. 1).
Non
è
certo se queste, le bibliche massebòt, fossero segnacoli installati in
ricordo degli antenati defunti, ovvero fosse-
ro indispensabili arredi in onore della divinità titolare
molto presumibilmente la grande dea della fertilità dei Cananei, Ishtar, la Asherah dei testi biblici. Sembra invece chiaro che tutto lo spazio delimitato dal doppio recinto dovesse costituire l'area di culto e che questo dell'area,
ampio quartiere aperto dovesse servire a cerimonie religiose cui partecipavano numerosi fedeli. Forse proprio la necessità di ospitare contemporaneamente molti fedeli,
partecipanti a cerimonie che coinvolgevano tutta la
popolazione (tra le quali si può ascrivere anche il pellegrinaggio) aveva infatti portato a concentrare le funzioni
218
LORENZO NIGRO
religiose in
un unico
esteso settore della città (Fig.
1).
Non vi sono però ulteriori testimonianze dell'uso di terminare pellegrinaggi in queste ampie aree sacre. Una struttura analoga presente, in quest'epoca, la cosiddetta Chapelle Orientale di Biblo (Saghieh 1983: tav. XXII), dove il luogo di culto presenta la tipica struttura siro-palestinese con il sacello principale che domina al centro un'area racchiusa da un muro di recinzione. Tuttavia, mentre il Santuario vero e proprio, che prende forma già nello strato KIV e nel successivo JI, è forse più direttamente paragonabile alla precedente area sacra di
Megiddo
XV-XIIIA (la plastessa del Tempio
degli Strati
nimetria dell'edificio sacro è la 4040), un'altra area sacra nella stessa Biblo si qualifica come spazio attrezzato per attività religiose comunitarie. Si tratta
del
delimitata da
Champ
uno
des Offrandes, un'area di culto spesso muro di recinzione e occupa-
m
centro da un podio alto circa 1 (Saghieh 1983: 30-32, fig. 9, tav. Vili), una terrazza quadrata di 7,25 ta al
m
di lato costituita
da un basamento
in pietra. All'interno
venne anche utilizzacon offerte votive, in
del recinto sacro lo spazio aperto to per scavarvi fosse riempite
questo caso piccoli vasetti miniaturistici (sono stati 22 depositi votivi in tutta l'area). Il culto nelle aree aperte era dunque legato, oltre che a cerimonie religiose cui partecipava un cospicuo numero di fedeli, anche a rituali offertori, nei quali venivano dedicate offerte contenute in genere in piccoli recipienti, come coppe o bicchieri in ceramica. Queste ultime, assieme al loro contenuto (cibi pregiati, vino, carboni, profumi, ecc.) erano deposte in fosse che venivano richiuse utilizzando terreno incontaminato raccolto nel-
identificati più di
le
campagne
ma
all'esterno dei centri abitati.
La
piattafor-
centrale rialzata serviva invece a funzioni liturgiche,
che eventualmente contemplavano sacrifici, le quali potevano essere seguite da tutti fedeli convenuti che assistevano al rito celebrato sull'«alto luogo» disponeni
SANTUARIO E PELLECiRINAGGK) NELLA PALESTINA
219
dovisi intorno. Inoltre, la disposizione urbanistica dei
luoghi di culto a Biblo suggerisce l'esistenza di attività religiose unitarie che si svolgevano nei diversi Santuari. Tutti
i
principali luoghi di culto della città
si
dispongo-
sistema viario circolare e radiale delno la città. Il centro del quartiere religioso è rappresentato dal pozzo sacro vicino alla sorgente attorno alla quale si era formato originariamente l'insediamento. I prininfatti
lungo
il
sono dunque collegati da un itinerario concentrico, che poteva essere percorso da processioni di fedeli che visitassero in successione i diversi Santuari. Non tutti i luoghi di culto erano però collecipali edifici sacri
gabili nelle funzioni religiose; tuttavia, le aree aperte
sembrano essere
complementari ai templi veri e propri, e così è assai probabile che il cosiddetto Champ des Offrandes e VEnceinte Sacrée fossero due aree aperte più o meno direttamente coUegate al principale Santuario della città, il grande Tempio della Balaat Gebal, la maggiore divinità cittadina, assimilata alla dea egiziana Hathor (Scandone Matthiae 1991), la quale doveva presentare le stesse caratteristiche della dea Ishtar state
dei Cananei, signora della fertilità e della guerra.
Mentre da una parte
la struttura
urbana
di Biblo
suggerisce, con la sua molteplicità e varietà di luoghi di
cerimonie itineranti, e, dall'all'ampiezza del temenos di Megiddo spinge e ritenere che vi si svolgessero grandi adunate di fedeli, re\ddenza archeologica della pratica dei pellegrinaggi nel Bronzo Medio è limitata all'attestazione di Santuari extra-cittadini. I Santuari isolati nel territorio all'esterno dei centri urbani testimoniano con la loro stessa esistenza l'usanza dei pellegrinaggi. Tra questi, il più direttamente confrontabile con la grande area sacra di Megiddo e con i recinti di culto di Biblo è quello di Nahariyah (Dothan 1956). La località archeologica è situata a breve distanza dalla costa all'estremità settenculto, l'effettuazione di
tra,
trionale della Galilea e gli archeologi
220
LORENZO NIGRO
hanno supposto
più vicina si trovasse a breve distanza sulla riva meridionale del Fiume Ga'aton. Come a Megiddo, su un lato dell'area sacra si trovava un Santuario del tipo a Breitraum (10,7 x 6,2 m), che non doveva essere tuttavia l'unico luogo di effettuazione delle attività religiose, a giudicare dai numerosi apprestamenti presenti nella piazza antistante, tra i quali spicca una hamah, che di nella fase meglio conservata (B) raggiungeva 14 diametro ed era accessibile per mezzo di due gradini. All'estremità sud-ovest della piattaforma un podio rettangolare ulteriormente rialzato si erigeva di circa 1 m. Di fronte aUa hamah, dal lato opposto del percorso di accesso al Santuario, si trovava un'installazione delimitata da grosse lastre e affiancata da un piccolo altare
che
la città
m
costruito in pietra. Testimonianze delle attività cultuali
sono
state riconosciute dagli archeologi nella
pavimen-
tazione della piattaforma. Si tratta di macchie provocate
presumibilmente da libagioni di sostanze oleose e, forse, dalla combustione di resine e profumi. Nei dintorni della piattaforma sono stati rinvenuti numerosi hothroi con vasi da cucina e da mensa, tra i quali spiccano per la loro specifica funzione cultuale i vasetti miniaturistici (DoTHAN 1956: fig. 5), o i vasi rituali composti da sette coppette (DoTHAN 1956: fig. 4) o con figurine applicate sul collo, che erano stati deposti con all'interno cibi o sostanze particolari e, in un caso contenevano alcune figurine bronzee. Tra le offerte votive ritrovate figurano statuine in bronzo (una in argento) della dea della ferti-
(DoTHAN
1956: tav. 5), perle di differenti materiali preziosi, tra le quali una in calcedonio rosa raffigurante
lità
un leone accucciato e una in agata raffigurante una codue animali sacri alla dea Ishtar (Dothan 1956: tav. 4: A). L'insieme di questi ritrovamenti porta dunque a ritenere che anche quest'area sacra fosse dedicata alla grande dea della fertilità dei Cananei. Una conferma dei dati offerti alla metà degli anni '50 dalla scoperta del Santuario di Nahariyah si è avuta
lomba,
i
SANTU/VKIC) E PELLLCiRINACKlK)
NELLA PALESTINA
22
1
dagli scavi nell'Area Sacra di Ishtar a Ebla effettuati dalla fine degli anni '80 a Teli Mardikh e ancora in cor-
so (da ultimo Matthiae 1993a; 1993b). Sebbene in forassai più monumentale, come si addice al principa-
ma le
Santuario di uno dei capoluoghi della regione siro-
palestinese, l'Area Sacra della dea Ishtar a
pone molto
aperti dei Santuari palestinesi {Fig. 2).
menos approssimativamente quadrato
fig.
2
L'Area Sacra
numento P3
222
Ebla ripro-
dei tratti caratteristici dei luoghi di culto
di Ishtar a
(sulla sinistra) e
LORENZO MGRO
il
Nel grande (circa
100
Ebla con il Tempio P2 (al centro), pozzo sacro della dea al centro.
te-
m
il
di
Mo-
aveva una posizione preminente un monumentale del tipo a Langraum, lungo 35 m, che sarà il prototipo dei successivi templi con torri anteriori di lato)
Tempio
Sichem e Megiddo (Matthiae 1990; Nigro 1994), ma anche per attività cultuali esterne che dovevano avvenire all'aperto nella grande piazza
l'area era attrezzata
antistante
il
Tempio
P2.
lato occidentale del recinto
Il
sacro era occupato da una terrazza cultuale di eccezio-
dimensioni (52,5 x 42,0 m), costruita interamente in con le pareti inclinate, la cui edificazione non era ancora terminata al momento della distruzione finale della città ad opera del re hittita Mursili I nel 1600 a.C. Si tratta, come osservato acutamente da P. Matthiae (Matthiae 1993b: 6), della più monumentale hamah sinora nota, una terrazza che doveva sicuramente essere utilizzata per cerimonie religiose cui potevano partecipare numerosi fedeli, assistendo alle funzioni dalla
nali
pietra
piazza sottostante. le, la
Una
corte rettangolare inaccessibi-
cui funzione di fosse dei leoni è stata ipotizzata
grazie al ritrovamento di
un
ni indizi rintracciabili nella
riana
(Matthiae 1994),
si
sigillo cilindrico e
produzione
apriva all'interno della piat-
taforma. L'esplorazione della piazza antistante
pio P2 e
la
ad alcu-
glittica paleosi-
il
Tem-
terrazza cultuale, ha fornito molteplici indi-
cazioni sulle attività di culto che venivano effettuate in
quest'area aperta, riportando alla luce depositi votivi e diverse installazioni. Alla fase iniziale del dio,
appartengono due deposizioni
Bronzo Me-
di levrieri effettua-
meridionale della piazza, nei pressi del piede della fortificazione dell'Acropoli. Si tratta di un usanza tipica degli Amorrei, che riporta alla componente nomadico pastorale della popolazione del regno te nel settore
Di poco successivi sono due depositi votivi coda fosse contenenti coppe in ceramica riempite con terreno agricolo depurato prelevato nelle compagne. Al centro della piazza alcuni blocchi calcarei squadi Ebla. stituiti
SANTUARIO L PELLEC.RINACXHO NELLA PALESTINA
223
drati delimitavano un'area rettangolare nella quale,
chiusa superiormente dalla più recente pavimentazione della piazza, si trovava una cisterna scavata nella
che era stata utilizzata come favissa nel corso
roccia,
Bronzo Medio (xix secolo a.C). In questo pozzo sacro sono stati ritrovati circa 400 redella fase centrale del
o gettati come contenitori o in quanto arredi ormai dismessi del Tempio P2. Oltre a numerosissime perle e vaghi di cipienti in argilla deposti di doni votivi
collana in diversi materiali pregiati (oro, lapislazzuli,
doni della dea nuda,
cristallo di rocca, ametista, corniola, ecc.), tra
votivi
si
distinguono
le figurine fittili
raffiguranti Ishtar la dea titolare dell'area.
dinario interesse sono armille, bracciali,
uno
gli
Di
oggetti di bronzo, tra
i
straori
quali
spillone con capocchia a melo-
ne, un'ascia e soprattutto
un piccolo
vitello e otto ser-
primi rinvenuti in un contesto del Bronzo Medio sicuramente riferibile alla grande divinità femminile dei Cananei. Inoltre, nel riempimento del pozzo, abbondavano carboni e ossa animali, la maggior parte di ovini, ma anche, in minor misura, di volatili, forse colombe. La grande quantità di queste offerte e la quasi totale certezza che esse furono gettate nella penti,
i
favissa in tre
momenti
successivi, ricavabile dall'anali-
riempimento, ci fornisce testimonianza dell'effettuazione di tre grandi cerimonie relisi
stratigrafica del
giose, alle quali, a giudicare dal
numero
delle offerte
numerosi fedeli. La nuova evidenza eblaita conferma dunque l'interpretazione dei grandi spazi aperti dei Santuari siro-palestinesi come luoghi destinati ad attività di culto comunitarie, probabile mèta di pellegrinaggi, almeno a giudicare dalla fama che il Santuario della Ishtar Eblaitu aveva votive, dovettero partecipare
raggiunto nel Vicino Oriente antico, se ancora nel xvi secolo a.C. testi di Assur ci riportano preghiere e offerte per questa dea.
224
LORENZO NIGRO
Rispetto al grande recinto sacro di Megiddo, al quale quello di Ebla è paragonabile specialmente nella fase finale del Bronzo Medio (IIC, 1650-1550 a.C), quando nel recinto anche a Megiddo viene eretto un
grande Tempio del tipo a Langraum, del tutto simile nelle proporzioni al Tempio P2, si nota l'assenza a Ebla delle stele, che invece costituiscono un complemento essenziale del sacello di Megiddo. L'uso di dedicare all'interno dei recinti sacri stele in pietra, che probabilmente dovevano essere connesse al culto degli antenati, risulta infatti più diffuso in Palestina che in Siria. Da questo punto di vista, il ritrovamento più significativo è ancora oggi l'Alto Luogo di Gezer, portato alla luce da R.A.S. Macalister nel 1902 (MaCALISTER 1912: fig. 125) e riesplorato da W.G. Dever nel 1970-1971 (Dever 1973: 68-70, figg. 2-3). Si tratta di un'area di culto aperta, databile al
Bronzo Medio
IIC, nella quale dieci stele furono disposte allineate
nord-sud, e collegate ad alcuni apprestamenpavimentali. Come giustamente suggerito da Dever,
sull'asse ti
potrebbero essere messe in relazione non il culto degli antenati defunti, ma anche - e più verosimilmente - con le bibliche asheròt, i sele dieci stele
soltanto con
gnacoli sacri (lignei nelle descrizioni bibliche) della
dea Asherah. E difficile ricostruire quali fossero le modalità delle attività cultuali che avevano luogo nel basamento rialzato dov'erano infisse le stele, tuttavia, anche in questo caso, la conformazione e l'estensione dell'area sacra portano a ritenere che in essa avvenissero cerimonie pubbliche, cui potevano partecipare
numerosi I
fedeli.
dati attuali
consentono dunque
funzioni principali per ria-Palestina del
le
di identificare
due
aree di culto aperte della
Bronzo Medio. Da una parte esse
Si-
ser-
vivano ad attività religiose cui prendevano parte tutti fedeli - eventualmente anche al termine di pellegrinag-
i
SANTUARio
n pi:i.li:c;rina(;c;i()
nhlla Palestina
ll"^
gi
di
- grandi adunate per un ampio spazio. Dall'altra
tuali
le quali
era necessario disporre
potevano essere impiegate per
come deporre
offerte votive per
i
attività ri-
defunti o
gli
dèi
per installarvi stele o segnacoli, simboli del culto della famiglia o del gruppo, connesse al culto
inferi ova^ero
degli antenati defunti e della \àta ultraterrena,
stesso
tempo
madre
dei Cananei.
Per quanto riguarda così
ma
allo
legate alla simbologia della grande dea
come sembrano
le
funzioni degli «alti luoghi»,
essere ricostruibili dalle testimo-
nianze archeologiche (che, nonostante l'eccezionale ritrovamento di Ebla, sono ancora alquanto scarse per il
Bronzo Medio in Palestina), essi dovevano servire che contemplavano l'effettuazione di libagioni, di te e forse di sacrifici animali (qualora le
di ossa di ovini rinvenute nel
pozzo sacro
in
riti
offer-
grandi quantità della
dea Ishtar
Ebla vengano interpretate come il risultato di sacrifici Quello che le recenti scoperte hanno confermato in maniera convincente è invece l'attribuzione di questo genere di Santuari aperti alla grande dea della fertilità dei Cananei, la dea Ishtar. A Biblo era adorata la Baalat Gebal come signora della città e due delle più impora
cruenti).
tanti aree sacre
sembrano
essere state destinate al culto
dea (Champ des Offrandes, Enceinte Sacrée). Megiddo e ad Ebla un grande Tempio con torri
di questa
A
anteriori era il Santuario principale di questa divinità femminile (Tempio P2 e Tempio 2048 dello strato X). Ma questi imponenti Templi erano inseriti all'interno di
ampie aree
sacre, ricche di articolati apprestamenti, tra
quali spiccano l'alta terrazza di Ebla, e
il
sacello circondato
da
stele di
il
Monumento
Megiddo. La
stessa
i
P3,
dea
era probabilmente adorata nel Santuario extra- cittadino di Nahariyah, il quale non solo costituisce un esempio di luogo di culto isolato mèta di pellegrinaggi, ma anche ha restituito
226
testimonianze perfettamente corrispondenti a
LORENZO XIGRO
quelle dell'area sacra di Ebla per quanto concerne la
ti-
pologia delle offerte e dei depositi votivi.
Sebbene limitatamente ad alcuni aspetti particolari del culto, pur nei diversi esiti determinati dalle partii Santuari dei siti presi in questo contributo mostrano come anche nel-
colari situazioni contingenti,
esame
in
l'ambito della tradizione religiosa stituisca nel
la Siria-Palestina
Bronzo Medio un'unità
inscindibile,
ebbe
già occasione di sottolineare venti anni Matthiae (Matthiae 1975).
co-
come Paolo
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SANTUARIO E PELLEGRINAGGIO NELLA PALESTINA
229
.
L'ACCOGLIENZA NELLA STRUTTURA ARCHITETTONICA DEL TEMPIO DI GERUSALEMME PROF. PASQUALE COLELLA Docente nella PUL
Premessa In tutte le religioni
rende omaggio
al
il
territorio sacro
dove
il
fedele
suo dio e dove questi è presente e
ascolta la preghiera dei suoi fedeli, è considerato luo-
go di
culto.
Questo vale soprattutto per poli circostanti Il
gli Israeliti
e per
i
po-
^
luogo di culto comprende, quindi, non soltanto
- in Israele «Casa del Signore» bei Yahvè dove la divinità è sempre presente, in modo speciale durante la preghiera e i sacrifici, ma comprende anche il territorio mol-
l'abitazione sacra e inviolabile del dio,
to vasto intorno alla «Casa»,
il
quale partecipa
alla
ed è quindi anch'esso sacro e inviolabile, riservato all'accoglienza dei fedeli; e chiamato comunesantità
mente haram.
«Au concept sémitique de l'enceinte sacrée se développant autour d'un lieu de sacrifice, s'ajoutait chez les Israélites l'idée que le site cultuel était le lieu de rendez-vous de Yahvéh avec son peuple, d'oiì i'importance accordeé à la demeure de Dieu et aux parvis destinés aux fidèles», F. M. Abel, Sy rie -Palestine, Iraq-Transjordanie (Les Guides Bleus), Paris 1932 (e ristampe), 1
-
p. 584.
230
PASQUALE COLELLA
Il
Primo Tempio o
di
Salomone^
«Nell'anno quattrocentottanta dell'uscita dei
Figli
d'Israele dal paese d'Egitto, nell'anno quarto del regno
Salomone sopra Israele, nel mese di Ziv, che è il secondo mese, Salomone edificò la Casa al Signore. La Casa, che il re Salomone costruì al Signore, aveva sesdi
santa cubiti
di lunghezza, venti cubiti di larghezza e
^
Casa vi era un porquanto era la larghez-
trenta cubiti di altezza. Davanti alla tico
lungo venti
cubiti, tanto cioè
za della Casa, e aveva dieci cubiti di profondità fino alla
fronte della Casa. Fece nella Casa delle finestre obli-
que. Fabbricò a ridosso del
un piano
muro
della Casa, tutto
al-
camere, che circondavano il Hekal e il Debir. Fece camere laterali in giro; il piano inferiore era largo cinque cubiti, quello di mezzo aveva sei cubiti e il terzo sette cubiti di larghezza, e pose le travi intorno alla Casa al di fuori, così che non fossero incastrate nelle mura della l'intorno,
muro
di
della Casa, cioè lo
Casa»(l Re
6, 1-6).
«Estendendosi
dall'est all'ovest, le tre parti del
Tem-
pio formavano un edificio oblungo di modesta gran2 II
Tempio
d'Israele,
di
Manuali
Salomone
gli Adanti biblici, Storie indichiamo le opere pili accessibili, speP. Lemaire - D. Baldi, Atlante biblico. Storia e
è descritto e studiato in tutti
di Archeologia, ecc.; noi
cialmente quelle in lingua
italiana:
geografia della Bibbia, Torino 1964^.
uno
dei migliori degli
altri.
grandi costruzioni, con
fig.
È
il
migliore Adante biblico in lingua italiana e
Alle pp. 127-128:
Il
regno di Salomone
157, p. 126: Pianta e spaccato del
(e.
Tempio
970-930): di
le
Salomone
secondo de Vaux. H.G. May, Oxford Bible Atlas, London-New York-Toronto, 1974^; questo Atlante della Oxford University Press è un gioiello, soprattutto per le carte geografiche e gli indici; alla p. 64: The United Monarchy, David and Solomon e a p. 65 la relativa cartina geografica.
250-265:
regno
M. Noni, Stona
Salomone; traduzione
d'Israele, Brescia 1975,
pp.
Marocchi Santandrea con revisione di G. Odasso di Geschicbte Israels, Cìòttingcn 1966^\ R. di: Vaux, Le istituzioni dell'Antico Testamento, Torino 1964, pp. 31 1-321: Il Tempio di Gerusalemme; è la trad. it. di I^s Institutions de l'Ancien Testanient, II, Paris 1960, pp. 147-173. N. Avk.ad, Gerusalemme. Archeologia della città santa, Roma 1986, pp. 16-52: Il periodo del Primo Tempio. Encyclopaedia of Archaelogical lixcavations in the lioly luind, E. Stlrn A. GiLBC)A, Lxjndon 1993^, alla voce «Jcrusalcm». Cubito = cm. 45 circa. Il
di
italiana di C.
-
'
L'ACCOGLIENZA NELLA STRUTTURA ARCHITETTONICA DEL TEMPK
)
231
.
Uldm o Vestibolo
di m. 10 circa di lunghezm. 20 circa di lunghezza e il Debir o Santo dei Santi di m. 10 circa di lunghezza su una larghezza uniforme di m. 10 circa; escluso il Vestibolo, il Tempio propriamente detto misurava circa m. 30 di lunghezza. Le dimensioni riportate sono identiche per la Tenda del deserto, Es 26 = 36 ^; per il Tempio di Salomone; per il Secondo Tempio, ricostruito dopo l'esilio babilonese, con l'editto di Ciro del 538 a.C; per quello sognato da Ezechiele, Ez 40-42. Come si desume, la bel Yahvè era relativamente piccola, ma bisogna sempre ricordare che nella casa vi abitava soltanto il Signore e non vi ammetteva nessun laico per nessun motivo; solo il sacerdote di turno ogni giorno e il sommo sacerdote una volta all'anno potevano entrarvi, ma restarvi per il breve tempo dell'incensazione ^ Tutto il culto e ogni liturgia si svolgeva al-
dezza»"* za, lo
:
lo
Hekdl o Santo
di
.
l'esterno nell'atrio. libro delle Cronache ci dice che Salomone costruì Casa del Signore a Gerusalemme, sul monte Moria, là dove suo padre Davide aveva avvito una visione, nel luogo preparato dallo stesso Davide, nell'aia di Oman il Gebuseo. Salomone cominciò le costruzioni al secondo mese del quarto anno del suo regno», 2 Cr 3, 1-2 Il
«la
'
Lemaire D. Baldi, Atlante biblico, cit., p. 128. che le misure della Tenda del deserto - Tenda del Conxegno, della Riunione, tabernaculum - sono un flashback di quelle del Tempio di Salomone. I capp. 35-39 di Esodo sono una ripetizione letterale degli ordini dati nei capp. 25-31; il tradente, il Priestercodex, aveva visto il Tempio di Salomone ancora in piedi e quindi la sua proiezione all'indietro di quanto era av\'enuto durante l'eso^
P.
5
Si sa
-
do, per noi è preziosa.
Le
il sacerdote Zaccaria, ebdomadario per l'incensazionormale per l'incensazione. «Il popolo intanto stava aspettando Zaccaria e si meravigliava del suo indugiarsi nel Santuario. Ma quando uscì, egli non poteva parlar loro; sicché essi compresero che aveva a\iito una visione». ~ La Bible de Jérusalem nella Tavola cronologica data il regno di Salomone dal circa 970 al 93 1 a.C. (correggi, quindi, nella stessa Bibbia, la data di nt. a 1 Re 6, 1 Si dirà sempre «Tempio di Salomone», ma dovrebbe dirsi «Tempio di Davi-
^
ne,
si
1,
21-22
ci
dice che
tratteneva oltre
il
).
232
PASQUALE COLELLA
Siamo sulla collina orientale di Gerusalemme, chiamata anche colle del Tempio, colle dell'Ofel, monte Sion. La Casa del Signore sorgeva esattamente dove oggi è la moschea di Omar. All'interno della moschea, a m 743 sul livello del mare, una sporgenza rocciosa, chiamata Cupola della Roccia, corrisponde
al
Debtr o Santo dei Santi del Tem-
pio di Salomone.
La
sacralità dell'haram
La Casa
era l'abitazione privata del Signore, riserva-
ta a lui solo, santa e inaccessibile, la santità e la sacralità della
Casa
ma si
allo stesso
tempo
diffondevano
tut-
t'intomo e rendevano altrettanto sacro il terreno circostante, Vharam unico luogo di accoglienza dei fedeli per assistere ai sacrifici e partecipare alla preghiera.
Questi due fatti, la sacralità e la santità sia della bet sia àéX'haram, comuni a tutte le religioni semiti-
Yahvè
che, nella storia della religione ebraica
assumono un
significato particolare. Pietre piantate sul suolo
cippi di confine,
vano rare
i
il
uno
come
steccato o una balaustrata indica-
confini esterni déX'haram e servivano «per sepa-
sacro dal profano»,
Ez
42, 20.
Alla teofania del roveto ardente,
il
Signore dice a
Mosè: «Non t'avvicinare fin qui. Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo che tu calchi è terra santa» Es 3, 5; tutto il monte Sinai è santo, Es 19, 12. \Jharam della Tenda del deserto si estende per cubiti 100 X 50, Es 27, 9-19; Vharam del Tempio immaginato da Ezechiele è un quadro di 500 cubiti di lato.
de», perché questi ne fu Tideatore, l'accordo coi Fenici per
Libano impiegato
a
comprò
gli architetti,
Taia di
Oman
il
Gebuseo, concluse il legname del
ingegneri e capomastri, e per
profusione nelle costruzioni.
L'ACCOGLIENZA NELLA STRUTTURA ARCHITETTONICA DEL TEMPIO
233
Lo
sviluppo dell'haram
del
Tempio
La
di
Salomone attraverso
i
secoli
Gerusalemme, l'aia di Oman il Gebuseo, fu appianata con uno sterro per formare la piattaforma che doveva contenere la Casa del Signore e Vharam, il grande cortile dove vi era l'altare degli olocausti con i grandi vasi per le abluzioni e con collina rocciosa orientale di
tutta l'attrezzatura per
7,23-39. La Bibbia non pio di Salomone,
dà
ci
ma
i
le
sacrifici cruenti, 1
Re
6, 36;
misure dello haram del Tem-
era certamente abbastanza vasto.
Al tempo del re Giosafat (870-840 a.C.) si parla di un nuovo atrio, 2 Cr 20, 5, costruito evidentemente per una migliore accoglienza degli Israeliti; nuovo vuol dire un secondo atrio: Vharam è stato ingrandito ed ha due atri.
«Costruì ancora
due
atri
del
altari a tutta la milizia del cielo nei
Tempio
Il
libro di
si esprime 2 Re Manasse (687-642 a.C). dice :«AIlora Baruch si
del Signore», così
21, 3 a proposito dell'empio re
Geremia, 36,
10,
pose a leggere dal libro le parole di Geremia; si trovava Casa del Signore, nella sala di Gemaria, figlio
nella
dello scriba Shafan, neìVatrio superiore, all'ingresso della Porta Nuova della Casa del signore: tutto il popolo poteva ascoltare». Questa lettura ebbe luogo nel dicembre 604 a.C, Ger 36, 9, e dice che Vharam ha un atrio superiore, quello più vicino alla Casa, e un altro inferiore; dice inoltre che una Porta Nuova era stata aperta per dare accesso ^Xì'haram. I due atri, superiore e inferiore, del tempo dei re Giosafat e Manasse e nominati da Geremia indicano chiaramente che l'atrio superiore è quello più vicino alla bet Yahvè, la casa di Yahvè. In esso vi è la grande graticola di bronzo o altare degli olocausti con tutta l'attrezzatura per i sacrifici cruenti; è l'atrio dei sacer-
234
PASQUALE COLELLA
doti e forse degli uomini. L'atrio inferiore è quello del
popolo comune, cioè Soltanto nel
Tempio
netta in quattro In questi Israeliti:
due
di
dei sacerdoti, degli
atri:
donne ebree
delle
gli
uomini
ebrei,
e dei Gentili.
atri si
svolgeva tutta
la \ita religiosa degli
assistevano e panecipavano ai sacrifici e alla
preghiera: ascoltavano
mento
donne ebree e dei pagani. Erode avremo una separazione
delle
la
parola dei profeti e Tinsegna-
dei Maestri di Israele;
animali per
i
sacrifici e
si
per
presentavano per offrire purificazione del leb-
la
broso e della puerpera: da tutto Israele e dalla Diaspora venivano a pagare la decima e il tributo al Tempio. GU atri del Tempio, poi, erano stracolmi di pellegrini durante le tre feste ebraiche: Pasqua - Azzimi, ShevTJOt o Pentecoste, Sukkot o Tende. Sia IWntico che il Nuovo Testamento ci attestano la presenza a Gerusalemme di Ebrei della Diaspora tornati alla terra dei Padri per morir\^i, che passavano molto tempo nel '
,
Tempio, come
n Tempio e quello di
di
altri piii Israeliti
\
Ezechiele
Zorobabele o Secondo Tempio IO
Ezechiele è testimone oculare delle strutture del Primo Tempio, perché le aveva \iste prima della distruzione ad opera di
*
Ar
è sono
2, 5:
Nabucodònosor (587 a.C). Ne
«A Gerusalemme
abitavano Giudei, uomini
pii, di
ar-
ogni nazione che
un supposto testo ebraico o aramaico. si ha: «A Gerusalemme abitavano Giudei, uomini pii, (toraad) da ogni nazione che è sono il cielo». ^ Le 2, 36-37: «C'era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuel, della tribù di Aser, molto avanzata negli anni. .Avendo vissuto, dopo la sua verginità, sene anni con suo marito, era rimasta vedova. Toccati gli ottantaquanro anni, non s'allontanava mai dal Tempio, servendo Dio none e giorno, in digiuni e pr^ihiere». il
cielo», cioè,
facendo
la
retixnisione da
10 P. Lem.\ire D. B.\LDI, Atlante biblico, cit., pp. 166-168: Gli inizi della rcsuurazione giudaica. H.G. M\Y, Oxford Bible Atlàs, cit., p. 76: Palestine after the Exile. The Return and Rcstoration. con la relativa cartina geografica a p. 77. R. DE V.^LX, Le Istituzioni dell'Antico Testamento, dt., pp. 321-323: Il Tempio -
postesilico.
L ACCOGLIENZA NELLA STRUTTLUA ARCHTTETTaNlCA DEL TEMPIO
235
uno nuovo, Ez 40, 1 44, 9, mai costruito, ma mappa è copia del Tempio salomonico, insistendo,
chitetta la
-
però, con forza sulla sacralità e purità e sulla separazio-
ne rigorosa del sacro dal profano, Ez 42, 20. Gli esuli ebrei, tornati da Babilonia, con gli
Israeliti
rimasti in Palestina, incoraggiati e spronati dai profeti
Aggeo
e Zaccaria, ricostruirono la Casa del Signore e il suo haram. Da un insieme di dati si ricava che sia la Casa che V haram, con due soli atri, erano uguali a quelli
Primo Tempio. La storia del Secondo Tempio (538 a.C. 70 d.C.) è una storia di profanazioni e di distruzioni. Ciro il Grandel
-
suo editto del 538 a.C, aveva voluto la ricoTempio e gli Ebrei portarono a termine i lavori nel 515 a.C, Esd 6, 15; Ag 2, 15. L'epoca persiana (538-333 a.C.) fu un tempo di pace e di prosperità per la Palestina incorporata alla 5' satrapia, ma seguì l'epoca ellenistica: Alessandro Magno conquista nel 333 a.C la Siria-Palestina; i successori si disputano l'impero; la Palestina, stato cuscinetto, è sottomessa prima ai Tolomei d'Egitto e poi ai Seleucidi di Siria. L'epoca ellenistica è segnata nella storia d'Israele
con
de,
il
struzione del
come
l'epoca dell'eUenizzazione forzata, delie persecu-
zioni di Antioco Epifane, delle molte profanazioni del
Tempio con 1,
59; 2
Mac
l'altare e
i
10, 5; 6, 2;
sacrifici a
Dn
9,
Zeus Olimpio,
1
Mac
27; 11,31, dei molti sac-
cheggi dei tesori del Tempio, 2 Mac 5, 15-16 ^\ L'insurrezione armata dei Maccabei (167 a.C), glo-
con la riconquista e riconsacrazione del Tempio, degenerò con i successori che vennero a molti compromessi con i Seleucidi, pagani e politeisti; in questo tempo un gruppo di uomini pii, hasidim, riosa ai suoi inizi
Antioco IV Epifane è tristemente famoso nella storia d'Israele di questo alla profanazione del Tempio, eresse un altare a Baal Shamen o Zeus Olimpio sopra l'altare degli olocausti: è r«Abominazione della desolazione»; era il 25 del mese Kisleu 145 a.C. dell'era seleucide = dicembre 167 a.C. '^
periodo. Oltre
236
PASQUALE COLELLA
abbandonarono Gerusalemme e il suo Tempio più volte profanato e fondarono la comunità degli Esseni a Qumran. L'alleanza di Giuda Maccabeo con Roma, 1 Mac 8, e poi rinnovata più volte,
Mac
1
11, 54-55; 14, 16-17;
15, 15-16, aftrettò la fine dell'epoca ellenistica,
ziò per gli Ebrei
il
ma
ini-
gioco pesante di Roma.
Durante Testate del 63 a.C. Pompeo occupa Gerusalemme e profana il Tempio, entrando, lui laico e inL'amministrazione romana della Palestina fu peggiore delle precedenti. Procuratori e governatori avidi di denaro che saccheggiavano il tesoro del Tempio, insurrezioni armate dei sicari e repressioni delle legioni con una ferocia unica, un'anesa spasmotica di un Messia nazionale: tutto portò alla prima Rivolta con la distruzione di Gerusalemme e del suo Tempio (70 d.C.) ^' e alla seconda Ri(131-135 d.C.) con Tannientavolta di Bar Cochebà mento totale della nazione ebraica. circonciso, nel Santo dei Santi
^~.
"^
^ Gneo Pompeo Magno non toccò nulla di tutti gli oggetti d'oro e dei 2000 Tempio, ma volle vedere con propri occhi quello che in realtà c'era
talenti del
i
dentro quel Tempio misterioso di cui se ne raccontavano tante. Spintosi fin nel «Santo dei santi», non trovò la testa d'asino adorata dagli Ebrei - così si sosteneva a Roma e altrove - né un altro simulacro misterioso, ma trovò nulla deum (= deo-
rum) effigie vacuam sedem et manta arcana (Tacito, Htst.. v. 9). Si leggano le belle pagine di G. Ricaom, Stona d'Israele, voi. II. Torino 1954, pp. 355-357. ^^ I primi d'agosto dell'anno 70 d.C. cessarono i sacrifìci nel Tempio, fatto
popolo ebraico: d'allora in poi mai piti sacrifìci a Yahvè, Dio d'Israele: un altro Sacrifìcio li aveva sostituiti tutti per sempre. U 29 agosto del 70 d.C. incendio del Tempio: un rogo enorme ridusse tutto in cenere. L'anno dopo, a Roma, trionfo di Vespasiano e Tito; qui, alla sommità della Sacra Via, in surnma Sacra Via, sorge l'arco di Tito. «Nelle pareti dell'arcata, a destra, il coneo trionfale che precede l'imperatore portando come bottino di guerra le spoglie del Tempio di Salomone: la mensa aurea, le trombe d'argento, il candelabro d'oro a sene bracci... sopra una lettiga, la figura giacente del fiume Giordano, simbolo della Palestina sconfitta». Rorna e dintorni. Guida d'Italia del Touring Club Italiano, Milano 1%5. pp. 134-135. '* n suo vero nome è Simeone Bar Koseha. come risulta da un suo autografo ritrovato a Murabbaat Rabbi Aqiba lo riconobbe come Messia e come la «Stella*, in ebraico Cocbebà, applicandogli la profezia di 24, 17; e posten lo chiamano ancora Bar Cochebà. «figlio della Stella». signifìcatrvo nella storia del
Nm
i
L'ACCOGLIENZA NELLA STRUTTURA ARCHITETTONICA DEL TEMPIO
237
Durante l'amministrazione romana vi fu un solo periodo di pace che gli Ebrei rimpiangevano, il regno di Erode. «Son règne fut pour la Palestine una epoque de magnificence qu'elle n'avait jamais connue»^^
Il
Tempio Le
di
Erode ^^
strutture del
Secondo Tempio e
erano ancora immutate,
Erode
so.
Grande,
il
ma
l'area deìl'haram
uno stato pietoRoma, cioè vassallo
ridotte in
re alleato di
(37-4 a.C), per cattivarsi la simpatia degli Ebrei e per
oscurare
la
riparare la
fama di Salomone, decise di restaurare e Casa di Yahvè, ma soprattutto di più che
raddoppiare
l'area degli atri
o
cortili
deìl'haram desti-
nati all'accoglienza dei fedeli ebrei e dei pagani. I grandi lavori cominciarono nell'anno 19 a.C. e durarono nove anni e mezzo, ma i lavori di abbellimento e le rifiniture furono terminati soltanto nel 64 d.C; ancora nell'anno 28 d.C. i Giudei dissero a Gesù: «Ci sono voluti quarantasei anni a edificare questo Santuario, e tu
lo rimetteresti in piedi in tre giorni?»,
Gv 2,
20.
L'area deìVharam erodeo corrisponde esattamente
aH'Haram Esh-Sherif o Spianata del Tempio che ancora si ammira. E un trapezio che misura m 462 lato
oggi
15
F.-M. Abel,
16
P.
p. LIV. D. Baldi, Atlante biblico, cit., pp. 203-210: Il regno di Erode il Grande (37-4 a.C), con le illustrazioni 247-251. H.G. May, Oxford Bible Mas, cit., p. 84: Palestine under the Herods (e. 40 B.C. to A.D. 6), con la relativa cartina geografica a p. 85. F.-M. Abel, Histoire de la Palestine depuis la conquète d'Alexandre jusqu a l'invasion arabe, voi. II, Paris 1952, pp. 372 ss.; M. Noth, Storia d'Israele, cit., pp. 499-518: Il governo di Erode e dei suoi discendenti. N. AviGAD, Archeologia nella città santa, cit., pp. 57-164: Il periodo del Secondo Tempio. Encyclopaedia of Archaeological Excavations in the Holy Land, cit., alla voce «Jerusalem». Flavio Giuseppl, Bellum ludaicum, libro V, 5 (§§ 184-247) ha la migliore descrizione del Tempio, perché sacerdote e testimone oculare della guerra del 70 d.C. In lingua italiana abbiamo la traduzione di G. Ricciom, La Guerra giudaica, 3 voli., Torino 1949.
238
Lemaire
cit.,
-
PASQUALE COLELLA
m 491 lato Ovest, m 281 lato Sud e m 310 lato Nord: sono ben mq 140.600, una superficie enorme se si pensa che Piazza S. Pietro con il sagrato misurarono Est,
mq
36.000.
Allargare e allungare l'area
deWharam
grandiosa che solo l'ambizione e
la
fu un'opera
determinazione di
Erode potevano realizzare. «A est, a sud e a ovest, fu costruito una enorme muraglia di sostegno, che in alcuni punti raggiungeva la roccia naturale fino alla profon-
30,40 m (angolo sud-ovest e sud-est deWHaram). Questa cinta poderosa circondava la spianata, in parte riportata, che costituiva il primo hieron}' o Atrio esterno, detto pure Atrio dei Gentili. Tutto intorno dità di
correvano dei portici, di cui quello settentrionale si appoggiava alla fortezza Antonia. I tre portici dell'ovest, dell'est e del nord, erano a tre ordini di colonne, divisi quindi in due navate; quello del sud aveva quattro ordini di colonne che formavano tre navate, di cui quella del centro, che portava il nome di Stoa Basisovrastava di metà
leios,
per
la
le
due
altre e
corrispondeva,
sua architettura e decorazione, a quella che
può chiamare
basilica. Il portico orientale si
si
chiamava
Salomone (Gv
10, 23; At 3, ll)»^^ accedeva a questo Atrio dei Gentili da quattro porte all'Ovest e da una sola porta agli altri
Portico di
Dall'esterno
lati;
esso
si
popolo d'Israele; in commerciavano cambiavalute e venditori di ani-
era aperto a tutti, stranieri e
mali, frustati da I
Gesù,
Gv
2, 14.
portici servivano per ripararsi dal sole cocente di
Palestina e dalla pioggia,
ma
erano soprattutto
il
luogo
preferito per le discussioni degli Scribi, dei Farisei e dei
Dottori della Legge e vi troviamo spesso Gesù, Le 2, 46;
Gv8, '^
'"
59; 10, 31; ecc.
Hieron - «sacro» (cortile o atrio). P. LiMAiRE D. Bali:)!. Atlante hthlico. -
cit., p.
207.
L'ACCOGLIENZA NELLA STRUTIURA ARCHITETTONICA DEL TEMI'K
)
239
.
primo hieron, si elevava una piattaforma, il hieron hagion, o recinto sacro o interno, separato dal precedente da una balaustrata di pietra, le cui 12 aperture erano munite di stele con iscrizioni in greco e in latino, dove si proibiva ai Gentili, sotto pena di morte, di entrare (At 21, 27-30). In cima a una sca«Al centro
di questo
suUa terrazza, si elevava il muro del secondo hieron, ornato di numerosi trofei od ex-voto (Le 21,5), con quattro porte o piloni a nord e a sud e una sola ad est. Quest'ultima era di proporzioni maggiori e di una decorazione più ricca, donde il suo nome linata di 14 gradini,
di Vorta Bella (At 3, 2-10). delle donne, circondato
Di qui
cui la sala del tesoro o gazofilacio
Gv 8, 20). Da cerchio,
si
questo
si
entrava nel cortile
da portici e da diverse stanze,
cortile,
(Me
12, 41;
Le
fra
21,
1;
per una gradinata a semi-
saliva a quello degli Israeliti, riservato ai soli
uomini. Una semplice balaustrata di marmo lo separava dal cortile dei sacerdoti, dove, davanti alla porta del Santuario, si elevava l'altare degli olocausti, su una costruzione quadrata di 50 cubiti di lato su 20 di altezza. Attorno erano i vari utensili del culto, già notati nel
Tempio
Salomone» ^^ «A questo punto appare di
la
grande importanza di
Erode, quella che fa di lui senza dubbio il più grande dei costruttori che mai abbia conosciuto la terra d'Israele. L'inclinazione di Erode ad edificare grandiosamente non conosceva limiti» ^^ «A Gerusalemme volle acquistare anche la simpatia del suo popolo e costruì un Tempio di dimensioni così monumentali e con tali ornamenti architettonici come mai la città aveva conosciuto in tutta la sua storia. Fu questo Vopus magnum di Erode, che onorò il suo nome
19
^^
Ibidem, pp. 207-208. N. AviGAD, Archeologia della
che delle
240
città santa, cit., p. 11,
altre costruzioni colossali di
PASQUALE COLELLA
dove l'Autore parla an-
Erode: fortezze, palazzi e
città.
ed eternò la sua memoria, e che fece dire ai saggi del tempo, che certamente non avevano simpatia per il re: Chi non ha visto le costruzioni di Erode non ha visto nulla di hello nella sua vita. Veramente dello splendore di un tempo oggi non rimane altro che una grande spianata e le mura poderose (il muro occidentale, oggi luogo di preghiera ^^ era un tempo parte di esse), ma anche in questi resti c'è abbastanza per immaginare una delle opere più stupende di quel periodo» ^^. Noi non possiamo dimenticare le profezia di Gesù: «Mentre Gesù, uscito dal Tempio, se n'andava, i disce,
poli gli s'accostarono per fargli osservare le costruzioni
del
Tempio.
"Vedete
Egli,
prendendo
la parola, disse loro:
Non
sarà
sia distrutta"»
(Mt
tutte queste cose? In verità vi dico:
che non
lasciata qui pietra su pietra
24, 1-2).
L'Iscrizione
^^
Abbiamo accennato
alle 12
aperture che davano ac-
al Cortile delle donne e che con scritta in greco e latino che proibiva sotto pena di morte ai Pagani di entrare. Negli At 21, 27-30 si parla di una insurrezione di
cesso dal Cortile dei Gentili
erano munite di
steli
21
Chiamato volgarmente «muro
^2
N. AviGAD, Archeologia della
^^
L. BoFFC), Iscrizioni greche e latine per lo studio della Bibbia (Biblioteca di
storia e storiografia dei
tempi
del pianto».
città santa, cit.,
pp. 70-71.
biblici 9), Brescia 1994, alJe pp.
Tempio erodeo
283-290: Iscrizione
Gerusalemme. L'opera è quanto di meglio abbiamo oggi, in valore assoluto, su quelle Iscrizioni, con bibliografia nella quale non manca nulla dell'essenziale e con note preziose. M. GuARDUCCl, Epigrafia Greca, voi. IV, Epigrafi sacre pagane e cristiane, Roma 1978, pp. 71-73. A. Parrot, Le Tempie de Jerusalem, Neuchatel 1954, 66-68. E. Sf.HURLR. Storia del Popolo Ciu daico al tempo di GesÌ4 Cristo (175 a.C. 135 d.C), voi. I, Brescia 1985, pp. 463465. La riproduzione fotografica dell'Epigrafe si trova in tutti gli Atlanti. Storie d'Israele e Tavole delle Opere di Epigrafia, cfr. fra l'altro la fig. 252 in P. Li mairi; D. Bai.im, Atlante biblico, cit.; M. GuAROUCCl, cit., fig. 28 a p. 72. del recinto del
di
-
-
L'ACCOGLIENZA NELLA SJ-RUTIURA ARCHITETTONICA DEL TEMPIO
24
1
,
.
Giudei d'Asia contro Paolo che avrebbe profanato
Tempio introducendovi Trofimo
di Efeso,
il
non ebreo,
che avrebbe oltrepassato la balaustra con la scritta di proibizione. Paolo non è linciato per l'intervento dei legionari romani. In Ef 2, 14 si dice: «E Lui la nostra pace, Lui che di due popoli ne ha fatto uno solo, distruggendo la barriera che li separava, ...» e la Bibbia di Gerusalemme in nota ha: «Allusione alla cancellata che separava Vaino dei Giudei da quello dei Gentili, nel Tempio di Gerusalemme, cfr. At 21, 28 s.». Flavio Giuseppe dice: «Nella balaustra erano collegate a eguale distanza lastre di pietra (in greco stélai) alcune in caratteri greci e altre in latini - le quali dichiaravano la legge delle purità, che nessuno straniero entrasse dentro il «luogo santo»: poiché il secondo tempio era chiamato «santo» E Flavio Giuseppe ne parla ancora in un altro passo ^^ Nel 1871 CI. Clermont-Ganneau trovò una di que^"^
.
ste steli nell'area del
Tempio
^\
«E una
lastra di calca-
cm. 56, larga 86, spessa 37. Abrasioni e scheggiature presenti sulla fronte sono ritenute effetto dell'assalto delle truppe romane al Tempio»^". Quanto sia importante questa epigrafe per la data ^^ per la terminologia, per i problemi giurisdizionali sulla condanna a morte ed esecuzione concesse ai Giudei dall'autorità romana in questo caso e negate per qualre, alta
24 Flavio Giuseppe, Bellum ludaicum, libro V, 5, 2 (§ 194); traduzione di BoFFO, Iscrizioni..., op. cit., p. 285. 25 Bellum ludaicum, libro VI, 2, 4 (§§ 124-126). 26 CI. Clermont GaNìNEAU, a Discovery of Tablet from Herod's Tempie, in Palestine Exploration Fund Quarterly 1 (1871), pp. 132-133. Nel 1935 fu trovata
L.
sulle pendici orientali della collina del
mentaria, 27
ma concorda con
L. BoFFO, Iscrizioni...,
28 Sulla
per
il
242
I
data
si
la
Tempio
un'altra copia dell'Epigrafe: è fram-
precedente.
cit.,
p. 284.
è discusso all'infinito:
sec. d.C.
PASQUALE COLELLA
i
sec. a.C.
o
i
sec.
d.C? Oggi
si
protende
.
.
per Tautenticità dei brani flaviani, per di rispetto per le istituzioni religiose locali, a nessuno sfugge. Noi sorvoliamo su questi e altri importanti problemi e pensiamo che al nostro lettore interessi soprattutto il testo dell'epigrafe. Eccolo: siasi altro caso,
la politica di
A nessun
Roma
alienigena (è lecito) penetrare dentro la balaustra e
Tempio. Colui che sarà preso, sarà causa morte che seguirà ^^
recinto attorno stesso della
al
il
a se
Nessun gentile oltrepassi la balaustra di recinzione del (secondo) Tempio. Chi (ivi) fosse sorpreso, sarà causa a se stesso della morte che (ne) seguirà ^°
2^
Traduzione
p. 148, '°
nota
al §
di
G. Ricciorn, La Guerra Giudaica,
voi. Ili,
Torino 1949,
194.
Traduzione
di L.
BoFFO,
Iscrizioni..., cit., p.
290.
L'ACCOGLIENZA NELLA STRUTRIRA ARCHITEITONK.A DEL TEMPIO
243
SANTUARI NEL MONDO CLASSICO I
ROBERTO ROSSI
PROF.
Docente nell'ISSR «Ecclesia Mater»
della
PUL
«O Dei supremi dei quali è la
città, la ter-
pura acqua, guardiani e vendicatori della terra dove avete le tombe, e tu. Salra, la
vatore terzo (leggi: Zeus) protettore delle
uomini giusti, accogliete la donne supplici con il venerabile della terra» (Elschilo, Le Supplici).
case degli schiera di spirito
«E
vi sono anche.
.
.
templi sacri agli Dei,
nei quali abitano veramente gli Dei, e ci
sono oracoli e divinazioni e visioni e
modi e gli
comunione diretta fra Dei» (Platone, Fedone).
Nel mondo
di
gli
altri
uomini
con con quelle stesse radici di teofania e ierofania che sono giunte fino a noi, il Santuario era un luogo di culto caratterizzato da una presenza sacra (un altare, un albero, un'edicola), costituito da un semplice recinto, chiamato témenos: come per tutti i classico greco, in analogia del resto
tutte le civiltà antiche,
politeismi delle religioni primitive, erano divinizzate le
manifestazioni sensibili e i fenomeni della natura: proprio per questo, molti elementi della successiva religiosità greca,
comprese diverse
stero la loro origine.
dedicati
due Santuari
Ad
divinità,
affondano nel mi-
Afrodite, ad esempio, erano
a Cizio, quello di Pafo e
Amato,
precedenti addirittura all'epoca dell'arrivo dei Fenici, nel IX secolo.
politeismo greco è un politeismo che si è organizmodo originale, attraverso la rielaborazione di elementi pregressi o non-greci, lungo un processo di Il
zato in
244
ROBERTO ROSSI
.
sviluppo che accompagna e intesse profondamente la storia culturale della Grecia, dal momento «miceneo» a quello classico.
Ad
una delineazione generale delle caratteristiche della spiritualità greca, si dovrebbe parlare di più religioni, tante quante erano le città-stato. Tuttavia è lecito parlare di «religione greca» in quanto esser precisi, in
esiste un'unità culturale e spirituale dalla
fondamento
quale trasse
e giustificazione ogni singola tradizione e
istituzione religiosa.
Alle radici della cultura greca, quelle storicamente accertabili, di
epoca micenea, erano presenti soprattut-
to Santuari domestici e, accanto a questi, «altri luoghi di culto dovettero essere rappresentati
o comunque da alberi
cri,
da
gemme e sigilli.
ratterizzati...
tico,
da
sacri,
da boschetti
come sembra
sa-
risultare
Si tratterebbe di Santuari rustici, ca-
riti
piuttosto movimentati, di tipo esta-
comprendenti eventualmente anche lamenta-
zioni»
'
Verso
il
400
ca. a.C. fu,
ad esempio edificato un San-
tuario campestre in onore di Kaphisòs, adornato da
numerosi ex voto. Attorno al Santuario erano costruiti altri edifici sia di carattere sacro che con funzioni pubbliche e sociali (palestre, stadi, ecc.), ma erano visibili anche i segni della presenza dei pellegrini,
come
detti thesauròi e diversi tipi di
i
doni
tempietti,
i
cosid-
votivi.
L'accoglienza dei supplici venuti dall'estero era considerata sacra e regolamentata da norme ben precise,
come
è dato interpretare dalle tahulae defixionum di
Selinunte.
Anche
se quest'accoglienza giuridicamente
riguardava soprattutto persone con problemi piano giuridico e politico, risulta in ogni caso
stabilita,
nati sul
rivelativa di
•
Ugo
come
l'accoglienza in sé fosse considerata
Bianchi, La religione greca,
I
UTET, Torino
SANTUARI NEL
1975, p. 25.
MONDO
CLASSICO
245
un dovere e
l'ospite
come una persona
ad esempio, nei pubblici
conviti,
sacra.
A Creta,
venivano usualmente
apparecchiate due tavole destinate soltanto agli stranieri, i quali venivano serviti prima degli stessi magistrati. È facile dunque immaginare come i Santuari diven-
nero vere e proprie città sacre, dove l'accoglienza dei pellegrini diventava parte sostanziale della struttura sacra del luogo: le infrastrutture, per così dire, non era-
no considerate secondarie, ma essenziali al pellegrino e dunque parti integranti del Santuario, trasformato così per il mondo greco Olimpia, Delfi, Delo, Mileto, Samo, Epidauro, Coo e, nelle zone della Magnagrecia, VHeràion del Sele presso Paestum. Ogni città era sotto la protezione di un divinità (Atene sotto quella della dea Athena, Argo sotto quella di Hera, Delo era protetta da Apollo e così via) e l'intero pantheon rifletteva i rapporti che in quella città avevain Santuario-città: tali furono,
no va
diverse divinità tra loro.
le il
La
città-stato organizza-
culto pubblico che riguardava l'intera comunità e
per rinforzare questa unità particolare, dal rito o dal pellegrinaggio o dal Santuario, erano esclusi esplicitamente i fedeli di città vicine o anche affini. Altre volte, singole città-stato partecipavano ufficialtalvolta,
mente
ai culti
principali di altre città-stato
con una loro
«delegazione sacra» {theoria). Ogni città era orgogliosa del proprio culto particolare e delle proprie tradizioni, della propria divinità particolare, che la teneva sotto la sua protezione privilegiata. 1\ pantheon, nella sua generalità, assicurava che, in ogni caso, ovunque il fedele fosse andato per devozione, avrebbe ritrovato anche lì la sua divinità. Queste accurate e stratificate strutture di accoglienza, non erano legate all'importanza e alla centralità della persona umana: la spiritualità greca «è legata alla impossibilità-incapacità di un discorso sulla persona,
246
ROBERTO ROSSI
persona umana - ...visto che la coscienza individuale si perde nel momento del ritorno pieno al divino da parte dell'anima - sia sulla persona divina...»^. sia sulla
Una
tale efficienza organizzativa
va soprattutto spie-
gata e motivata dal fatto che «nessun tipo di religiosità
propone, come quella greca, come religiosità politica... il momento politico si estende fino a coprire tutto si
momento umano»: in tal modo il «singolo acquista il proprio significato soltanto dall'appartenenza alla comunità, e acquista, anche nella religiosità in ordine agli stessi Dei, il significato di Ateniese o di Spartano, da
il
cui deriva
il
significato di
anthropos e di polii e s» Tutti
i
uomo
nell'identificazione di
^ .
fenomeni naturali erano
sto di manifestazione del sacro,
inseriti in un contenon semplicemente,
dunque, tranne rare eccezioni, quali risultati accidentali di cieche forze esterne ed ostili all'uomo: nella multiforme varietà in cui si presenta la natura, si presentava anche la divinità. Questo diffuso politeismo garantiva protezione ad ogni aspetto della vita sociale e politica: coma cantato da Omero, la compartecipazione tra umano e divino assicurava giustizia, equilibrio e solidità allo stato e ai cittadini.
Se,
vedere cui è
ad esempio, ci rifacciamo a Platone, possiamo come «ogni forma di esistente è nella misura in
un
stente, e
tutto identico, determinato, delimitato, persi-
come
tale partecipa della
pura unità». Tutta-
«può partecipare dell'unità soltanto perché partecipa contemporaneamente del principio
via questo essere:
della molteplicità... L'essere è, quindi, essenzialmente
unità nella molteplicità» \
2
Bruno Salmona, La
spiritualità dell'Antica Grecia.
Studium,
Roma
1986,
p. 16. J
•»
ìb., p.
94.
HaìNS J(mchim Kraemer, La nuova immagine di Platone, Bibliopx>lis, Napoli
1986, p. 20.
I
SANTUARI NEL
MONDO
CLASSICO
247
Dell'importanza accentuatamente politico- religiosa può essere esemplificativo quello che accadde nel Santuario dedicato ad Artemis Limnatis, il culto della quale era comune a Spartani e a Messeni. Ebbene «la festa di questo Santuario di confine», come numerosi ce ne erano «sarebbe stata alle origini della guerra messenica, in quanto, secondo gli Spartani, i Messeni avrebbero \iolentato le vergini spartane intervenute alla festa, subendo, di conseguenza, la ridi questi Santuari
'
torsione dei I
,
Lacedemoni» ^
Santuari erano spesso costruiti su vie di incrocio o
zone di confine anche nell'antica Roma: dove le strade si incontravano (i vici, cioè le strade che denominavano un rione, il vicus) veniva eretto un sacrario dove ogni anno si recavano gli abitanti dei vici interessati, per celebrare una festa territoriale. Ancora CKidio scrive che «alle idi fumano gli altari dell'agreste Fauno, lì dove l'Isola rompe le acque e le divide in due»'. La preghiera, non necessaria ad esempio per un Plotino, si esprimeva comunque, di conseguenza, verso un di\ino impersonale, «cui non ci si rivolge da persona a persona, ma cui si partecipa perché in verità iJ momento umano è pur sempre nei Greci aspetto del di\ino»-. In questa prospettiva, tenendo presente la grande epoca della tragedia, possiamo ritenere che «il mondo degli dèi e il mondo degli uomini non sono due mondi, bensì
uno
solo...
che
l'attività di\ina, nelle tragedie, for-
un sistema di coordinate mequale possiamo leggere il significato perma-
nisce loro, per così dire,
diante
il
nente dell'azione particolare»'.
5
Cfr. A. Brelich, Guerre, agoni e culti nella Grecia arcaica,
6
A. Brelich, Paides e Parthenoi, ed. dell'Ateneo, Fasti, 193 e ss.
7
p.57.
248
1961.
p. 164.
Salmona, op. cit., p. 245. H.D.F. YjTlo,Sophocles. Dramatist and Philosopher, O.xford 1958 (R 1981),
* B.
9
Bonn
Roma 1%9,
ROBERTO ROSSI
Non
a caso, per
esempio
nella cultura spartana, «il
Thera, come quello dell'Orthia a Sparta sorge ai margini dell'abitato destinati alle iniunificando la sacralità del ziazioni della gioventù» luogo del Santuario, con l'introduzione dei giovani nel-
Tempio
del
Kameios
a
,
la
dimensione
con
sociale,
l'iniziazione al vivere
comu-
nitario.
L'ottimistica concezione greca della vita e dell'universo si rispecchiava precisamente nella quiete dell'Olimpo e dei suoi dèi. Tuttavia, accanto a questa religione civica, statale, pubblica, si delineava sempre più chiaramente e quasi parallelamente all'altra, una forma di religiosità che si alimentava non dell'equilibrio e della perfezione della natura, ma del suo incessante divenire, della lotta anche cruenta che c'è in essa, dell'alternanza delle stagioni: i culti agrari davano vita ad una spiritualità più mistica, più intensa e drammatica. Proprio questa religione misterica, dove prevaleva l'elemento irrazionale sull'equilibrio pofo-divinità, generò una serie di riti connessi a precisi luoghi sacri: qui, pellegrinaggio e Santuari riflettevano analoghe espe-
rienze già presenti nei misteri frigi di Attis, in quelli egiziani di Osiride
ed
Iside, in quelli semitici di
e di Adonis e in quelli persiani
e,
Tamuz
successivamente, ro-
mani per Mitra. Essa apparteneva alle plebi contadine, ai più umili che ritrovavano in questi loro pellegrinaggi e nei loro Santuari la speranza della vita etema. Omero, nell'7;7^o a Demetra, racconta il mito in cui appunto Demetra va alla ricerca errabonda della figlia Core, rapita da Ade e portata nelle tenebrose regioni sotterranee. Quando Demetra giunge presso il re di Eleusi, Celeo, essendo da questi bene accolta, decide »o
A. Brelich, PauUs.,
cii.,
p. 185.
I
SANTUARI NEL
MONDO
CLASSICO
249
fondare in quel luogo i misteri eleusini, databili anche prima del vii secolo a.C. Pausania descrisse «il Santuario ipogeo di Demetra Nera, Deméter Mélaina, a poche miglia da Figalia in Arcadia». Vi era presente «un'immagine semiumana oggetto di culto, una Demetra dalla testa equina che, in qualche modo, era scomparsa anche dalla memoria della gente del posto. Pausania attinge forse da un autore da lui letto (forse Armodio di Lepreo), e riferisce il mito relativo a questa grotta sacra: qui Demetra si nascose, adirata per la violenza fattale da Poseidone, o perché sua figlia era sparita» ^^ I piccoli misteri eleusini erano celebrati a ridosso della primavera, con il risveglio della natura; i grandi, invece, in pieno autunno, quando i frutti giungevano a maturazione. I pellegrini assistevano ad una sacra rappresentazione che rievocava il ratto di Core e la ricerca affannosa di Demetra. Era anche l'occasione per riti di di
iniziazione connessi alla rigenerazione della natura.
Col passar del tempo, nella cerchia delle divinità un Dio degli inferi, affine, seppur diverso da Dioniso: Jacco divenne presto la divinità principale nei misteri, probabilmente per eleusine penetrò Jacco, anch'egli
effetti il suo Tempio non ad Atene e dunque, durante le feste, il pellegrinaggio recava la statua del giovane Dio da Atene ad Eleusi e viceversa, creando un legame solidale tra i riti eleusini e quelli officiati ad Atene. Per il culto ad Athena e Poseidon, le due divinità che, secondo il mito, hanno gareggiato per la supremazia su Atene, c'era una processione che, scendendo dall'Acropoli, lasciava la città e giungeva al fiume (il tradizionale confine tra Atene ed Eleusi) e un'altra che da Eleusi (località attica, a circa venti chilometri a nord-ovest da Ate-
azione stessa degli Ateniesi. In era ad Eleusi,
II
250
ma
Walter Burkert, Mito
ROBERTO ROSSI
e rituale in Grecia, Laterza, Bari 1987, pp. 200-201.
ne) arrivava
al
medesimo punto, facendo incontrare
la
coppia divina.
Questa novità, con l'introduzione di Jacco nel novecambiò inevitabilmente, mo-
ro delle divinità eleusine,
dificandola e ampliandola, la precedente sacra rappre-
sentazione e
modalità stesse del pellegrinaggio mi-
le
sterico.
La
sensibilità
contadina e
la stessa religiosità tradi-
zionale andarono via via in crisi proporzionalmente alla
conquista di uno spazio sempre più ampio per l'indivie per gli interessi politici. Nello Ione di Euripide (critico della religione tradizionale) tuttavia, riusciamo a scorgere il nodo problematico della spiritualità greca in ordine ai mutati contesti religiosi: la purezza di Ione
duo
era fondata «nel suo esser cresciuto nel Tempio Apollo a Delfi; viene così riconosciuto che l'antica pietà al cui disfacimento Euripide contribuiva, non presentava soltanto aspetti negativi: il suo estinguersi è infatti il motivo più profondo per cui uomini equilibrati e felici come Ione sono diventati personaggi lacerati come Medea e Fedra» ^^ Ione era in grado di entrare in armonia intima con la natura, con il tutto entro il quale la divinità si rivela e in questo stava la sua purezinfatti,
di
.
za e semplicità.
E non è un caso che Euripide non critichi la religione, ma gli dèi, modo antropomorfico di rappresenil
tarli:
«in molti passi, infatti, ...accenna che è da respin-
gere forse soltanto l'immagine
non Dio
di
umana
della divinità,
per se stesso» Così, infatti, si può leggere (1341 e ss.), nelle Troiane (766 e ss. e in Ifigenia in Tauride (380 e ss. e 463 e ss.). '^
.
in Ercole furioso
969 e In
ss.),
effetti, le divinità
'2
Vittorio Hoesle,
//
costituiscono
compimento
le
forme del
mondo
della tragedia nell'opera tarda di Sofocle,
Bibliopolis, Napoli 1986. p. 93.
^Ub., p. 95, nota 116.
SANTUARI NEL
MONDO
CLASSICO
251
.
e
fedele,
il
zione con
mediante
il
gli dèi,
può
mondo, non sono tanto
entrare in comunica-
agire in esso e su di esso: per que-
sto le divinità
soggetti,
interlocutori e strumenti: di qui
quanto semplici
chiaro antropomor-
il
fismo.
Alle origini della civiltà greca, tra il 1580 a.C. e il 1450 a.C, nel periodo dell'apogeo della civiltà minoica, i Cretesi avevano edificato i loro Santuari sulle cime dei monti, secondo la diffusa simbologia della «montagna sacra»: erano i cosiddetti «Santuari delle cime»,
come
a Petsofà, vicino Palaikastro, sullo luctas, sul-
l'acropoli di
«In
Maza (probabilmente
tutti e tre
i
casi,
prominenza
un
la
«Terra-Madre»).
recinto a terrazza era sistemato
pavimento era coperto di uno spesso strato di ceneri, con grossi quantitativi di umili offerte di terracotta: figurine umane o animali, o riproduzioni di parti del corpo umano» ^^ Probabilmente i pellegrini venivano ad adorare divinità della natura, a chiederne protezione o guarigioni. A tale scopo, si accendevano in questi Santuari, periodicamente, grandi fuochi, di purificazione e a scopo sulla
apotropaico «e garantirsi in tal gli
della
vi si
montagna.
gettavano
Il
le figurine di creta
per
modo la protezione per gli uomini e per
animali, o per preservarsi
immuni
dalle malattie».
Preponderano figure femminili, soprattutto negli intagli di sigilli e gemme, nonché come statuette. Sono divinità o sacerdotesse, che hanno spinto alcuni studiosi a ritenere lì presente il culto di una grande dea-madre multiforme. Questi Santuari avevano tutti, inizialmente, un carattere familiare erano «Santuari domestici» così come quelli che venivano edificati all'interno dei palazzi più fastosi (Cnosso, Pesto, ecc.).
^^
Francis Vian, Le religioni della Creta Minoica e della Grecia Achea, in H.C.
PuECH, Storia delle
252
religioni, Laterza,
ROBERTO ROSSI
Roma-Bari 1976,
I,
1,
p. 388.
Nei Santuari dedicati poi consacrati
gli
a divinità-mediche, venivano ex-voto che riproducevano la parte
del corpo che era stata guarita, o, se la divinità (quasi
sempre femminile) proteggeva
gli
animali,
era adornato da «corni di consacrazione»,
il
Santuario
come
a Pet-
sofà.
In questo periodo, talora, to,
i
come ho appena
ricorda-
Santuari sono all'interno di palazzi, immagine tra-
sfigurata e sublimata degli antri sacri, delle caverne-
Santuario (come nel culto a Zeus Ideo o a Diete Zeus): il caso del Santuario di Gurnia, forse uno dei pochi, se non l'unico, che in età minoica avesse caratteristiche di Santuario pubblico. I locali destinati propriamente al culto risultano molto angusti: a Gurnia non erano superati i dodici metri quadrati e per quanto è stato ritrovato, nel palazzo di Cnosso, in un'età compresa tra il 1400 a.C. e il 1150 a.C, il periodo più propriamente detto «miceneo» (il palazzo di Cnosso fu distrutto nel 1400 a.C), il è
misura soltanto un metro e mezzo. In entrambi i Santuari venivano addossate delle panche alle pareti, per mettervi sopra gli oggetti del culto
lato
(statuine, bipenni, corni di consacrazione, vasi, ecc.),
secondo una modalità ripresa anche nel mondo acheo, come dimostrato da ritrovamenti recenti in un SantuaChio, risalente al xii secolo a.C. Questi locali angusti non devono però ingannare: sarebbe infatti «erroneo dedurre dalla ristrettezza degli ambienti la conclusione che la religione avesse una collocazione secondaria nelle dimore principesche. In realtà, è tutto il complesso del palazzo che è sacro, in quanto residenza della patrona divina e del re-sacerdote, che funge da intermediario tra questa e gli uomini»''. La struttura di molti Santuari era tripartita, in rio a
•5 Ib.,
p. 394.
I
SANTUARI NEL
MONDO
CLASSICO
253
.
il corpo centrale veniva affianpiù basse, segno evidente di un
particolare nell'orfismo:
cato da due culto per
ali laterali
una
umido, il Caos ancor più primitive, le Terra e Urano, cioè il Cielo;
divinità triadica (l'Etere
infinito e l'Èrebo nebbioso; e triadi Notte,
Gea
cioè la
l'uovo cosmico originario, la dualità delle nature, nell'uomo, di maschio e femmina con moltitudine di semi
Dio incorporeo, dalle ali d'oro, con ai fianchi teste di toro e sul capo un grande drago: è Protogono (= primigenio o primonato), è Zeus e, di ogni sorta, e infine
il
come coordinatore del tutto, Pan). Va ricordato che anche presso i Romani erano presenti queste triadi divine: a Roma, infatti, c'era inizialmente la triade Giove-Marte-Quirino, poi sostituita dall'altra, Giove-Giunone-Minerva, venerata sul tempio capitolino. Nella prima triade, pre-capitolina, il rapporto tra l'Essere supremo e la comunità era mediata dalla coppia Marte-Quirino; nella triade capitolina, invece, tale rapporto era concepito e vissuto in forma diretta. Il rapporto che va instaurandosi tra le divinità e l'uomo, può definirsi di buona convivenza, di contrattualità reciproca, con una specializzazione, per dir così, degli stessi dei in rapporto a categorie sociali o a tipologie e ruoli politici: Esiodo ci spiega che «i fabbri son gente di Efesto; i guerrieri gente di Ares; i cacciatori appartengono ad Artemide e a Febo i poeti... I re, per parte loro, vengono da Zeus», così come Ermete è il Dio dei messaggeri e dei commercianti; Poseidone il patrono dei cavalieri e dei nobili: «Apollo, che incarna la ragione e la morale elleniche, è anche il Dio delle epifanie trionfanti, l'ispiratore delle profetesse in delirio e il
patrono di Il
mondo
presentava 16 Ib., p.
254
il
certi
sciamani chiaroveggenti» ^^
delle divinità, nella spiritualità greca, rap-
riferimento costante nel ciclo della natu-
425.
ROBERTO ROSSI
ra, in
quella visione vitalistica e chiusa dell'esistenza,
ciclica
perché dominata da ànanche, dalla necessità: metempsicosi o palingenesi, ripercorre, come
stessa
un'ascesi di graduale purificazione, giro
il
ciclo,
il
cerchio,
la
in il
o ruota fatale della generazione.
Benché il potere fosse considerato di origine divina, non poteva essere assoluto e illimitato (tale è la situazione, ad esempio, dei re omerici): come Zeus è sottoposto ad ànanche, così i re dovevano sottostare alle antiche leggi che si perdono lontano, nella tradizione.
Néla Metafisica
(XII, 8, 1074) Aristotele così scrive-
tramandato dagli antichi e antichissimi in forma del mito e trasmesso ai loro successori l'insegnamento che il divino (tò théion) contiene tutta quanta la natura (tèn hòlen fysin)». Già Talete riteneva che «tutto è pieno di Dei», persino le cose inerti o inorganiche. Avrebbe scritto infatti Diogene Laerzio: «il mondo è un essere vivente, razionale e animato e dotato di intelletto... E regolato secondo intelletto e provvidenza, poiché l'intelletto penetra in ogni sua parte, come in
va: «ci fu
noi l'anima». Gli eroi di Sofocle, ad esempio, «sono... soggetti
la
cui particolarità risiede proprio nel fatto di essere universali e oggettivi al
massimo grado»
'" ,
capaci perché
costretti a riflettere, nella propria universalità,
cessità cosmica,
il
sulle loro spalle,
una ne-
volere stesso degli dèi: essi caricano
per così dire,
la
legge divina e
la
sua
necessità cosmica.
La trascendenza, dunque, assume un valore limitato e in ogni caso non qualitativamente posto nella distinzione tra livello divino e livello umano: il livello della divinità non è altro rispetto a quello dell'umanità. E dunque una visione del mondo, della vita e del tempo improntati >7
alla ciclicità,
V. HOESLE, Op.
Clt.,
ad una costante interazione,
p. 113.
I
SANTUARI NEL
MONDO
CLASSICO
255
.
.
quasi paritaria, tra uomo e natura-sacra, tra uomo e divinità, con evidenti influenze del monismo religioso e filosofico proveniente dall'Oriente.
Considerando, ad esempio, il dio di Eschilo, è possibile vedere come questa divinità «non si mostra nell'interiorità soggettiva della fede, del sentimento, etc,
ma
che con Hegel si può definire dello spirito oggettivo, cui appartengono, per esempio, diritto, famiglia. Stato, storia» (Ib. p. 47). Così come la divinità, per Sofocle, «è il tempo e la forza della natura... un Dio della filosofia illuminata e non un Dio del mito o in quella sfera
della rivelazione»
^^
Proprio per questo, gradualmente, Atena si sostituisce, nel culto popolare, a Zeus, troppo lontano dalle vicende dell'uomo e dalla concreta realtà della storia. Athena invece si identifica con la città stessa, «regna sulla città rinchiusa in se stessa, gelosa del proprio particolarismo» ^^ in linea con quel modello di autarchia che connotò gran parte della sensibilità greca classica. Atena è la dea che «si manifesta attraverso epifanie, cioè attraverso comparse periodiche» ^° E chiaro, in questo contesto, il ruolo centrale delle Panatenee, che avevano luogo alla fine del primo mese dell'anno attico, svolgendosi ogni quattro anni in modo solenne (le Grandi Panatenee): vi si celebravano la nascita di Athena e la sua vittoria sui Giganti, simbolo del caos, con i due riti della vestizione dell'immagine sacra ,
e del sacrificio.
Nove mesi prima
Panatenee «un collegio femminile, composto di arre/ore ed ergustine (operaie), avviava la tessitura di un gran peplo per la dea, ricamandovi scene di combattimenti fra gli dèi e i Giganti» ^^ 18
19
W.
Broecker, Der Gott des Sophokles, Frankfurt 1971, Francis Vian, op. cit., p. 452.
21 Ih.,
256
delle
p.
454.
ROBERTO ROSSI
p. 33.
Le
ergastine erano fanciulle e
donne
di
buona
famiglia
manifattura del peplo di Athena. L'accoglienza coincideva con la mobilitazione generale della città, giacché almeno originariamente, alla festa partecipava tutta la popolazione, con una processione solenne, dopo una veglia sacra, per portare al Santuario, il peplo ormai terminato. E quanto, del resto, Fidia rappresentò sul Partenone. Vi partecipavano anche le autorità civiche e tutti i rappresentanti della nazione. «La processione attraversava l'Agora e saliva verso l'Eretteo, dove il peplo veniva disposto sulle ginocchia di Atena. Con questo atto di omaggio, la popolazione riconfermava l'alleanza che l'univa alla propria patrona, conferendo contemporaneamente all'immagine di questa una giovinezza e un'efficacia rinno-
che
si
dedicavano
vellate»
alla
^^
In quest'occasione,
il
Telestèrion ingrandito, riusci-
va a contenere solo tremila persona sedute circa, ma molte di più presenziavano nelle vicinanze, per lo svolgirnento dei riti finali {teletài).
E
facile intuire
che
le
cerimonie sacre,
le feste, gli
dovevano essere coperti economicamente e le spese erano stabilite da inderogabili leggi o da decreti delle assemblee popolari. Queste spese, con il tempo, fatalmente lievitarono e se mancavano sovvenzioni di privati, degli stessi sacerdoti o i fondi dei Santuari, potevano provocare problemi e polemiche. La città di lolkòs, ad esempio, verso la metà del ili secolo non riuscì più a far fronte alle spese e stabilì, dunque, per decreto, «che in primo luogo si dovesse provvedere a questa o a quella celebrazione»^^ Diventando una spesa pubblica rilevante, gli hierà provocarono poagoni,
i
pellegrinaggi
.
2^
Aa.Vv., Storia e
civiltà dei Greci. L'età ellenistica,
Bompiani. Milano 1990,
p. 346.
I
SANTUARI NEL
MONDO
CLASSICO
257
lemiche anche forti: già prima dell'età ellenistica, il comico Antifane, Platone e Teofrasto attaccarono quella che giudicarono una «spesa inutile».
Prima
di ogni altro atto di devozione, era necessario
ogni caso un'abluzione rituale, perché soltanto questa consentiva poi di presentarsi al cospetto della divinità nell'indispensabile condizione di rigenerazione, di in
purezza. Al sacerdote o alla sacerdotessa, oltre all'obbligo di compiere determinati
imposte norme riguardanti
cambio
to; in
essi
la
godevano
atti cultuali, erano talora purezza e l'abbigliamen-
di
compensi e
privilegi
particolari. Caratteristica poi del Santuari dedicati a
Serapide, era la presenza dei cosiddetti kàtochoi, persone, cioè, destinate, per motivi a noi ancora sconosciuti,
a
rimanere per un certo tempo all'interno del
re-
cinto.
Nel Tempio o nel Santuario, entrava.
Il
luogo santo, grazie
la
ai
non aveva un
gente, di solito,
doni
votivi,
tesoro che andava salvaguardato e protetto. Nell'aspetto dell'accoglienza confluiva
un elemento
al sacrificio, sempre presente, che prevedeva poi un banchetto pubblico. Il sacrificio era considerato il rito supremo, la comunione per eccellenza con le divi-
legato
nità e ciascun culto aveva proprie regole di sacrificio.
Stando ai rilievi presenti sulla balaustrata dal Santuario onore di Atena, balaustrata che circonda sui tre lati lungo la pendice scoscesa dell'Acropoli lo spazio sacro del Santuario, possiamo ricavare notizie indirette sul rituale che accompagnava il pellegrinaggio e il sacrificio: «su ogni lato siede Athena e sorveglia una schiera di Nikai celebranti una vittoria: vengono trascinati tori al sacrificio; si erigono trofei con armi greche e persiane e una Nike si slaccia i sandali, come talvolta si usa in
fare in
un Santuario.
guarda Athena,
(...)
Il
sacrificio tuttavia
non
ri-
quale non si immolano tori. L'affinità di contenuti con le orazioni funebri ufficiale po-
258
alla
ROBERTO ROSSI
.
irebbe piuttosto indicarci che in questo caso l'offerta è intesa per i caduti ateniesi sulle loro tombe comuni erette dallo stato. Athena rappresenterebbe allora la città, la cui popolazione assisteva a tali solennità» ^\ Nei riti orfici, il sacrificio di un animale era simbolo del sacrificio primordiale di Dioniso e mediante l'omofagia (il mangiare carne cruda della vittima sacrificale, con il tempo, ridotto a un piccolo boccone) avveniva l'unione mistica con la divinità. Mediante questo pasto mistico si assumeva la natura del Dio stesso dal quale, identificandosi con lui, i fedeli erano invasati. Tutto il pellegrinaggio al Santuario e il tema dell'accoglienza,
come
già detto,
avevano una forte impronta
sociale e politica: lo stesso sacrificio coinvolgeva tutte le
tribù che
componevano
il
tessuto sociale della città e
precisamente quello distruggendo, attraverso la divinità, il caos simboleggiato dai Giganti. Queste feste, con la loro capacità di coinvolgimento e partecipazione generale, erano in grado di rinforzare il sentimento di una solidarietà collettiva tra tutti i cittadini: «un elemento costante delle attività sociali delle comunità greche era il susseguirsi di sacrifici, inni, proil
significato della Panatenee, era
di ri-creare
annualmente
la polis,
cessioni, in occasioni speciali e celebrazioni di feste» ^^
Per questo motivo, ogni sacrilegio o infrazione alle un problema politico, un affare di Stato (si pensi, come esempio paradigmatico seppure ancora in parte oscuro, al caso di Socrate). «Dagli
leggi divine diventava
dèi alla città, dalle qualificazioni religiose alle virtù
non
ci-
si
trova né rottura né discontinuità. L'empie-
tà (asébeta),
colpa verso gli dèi, è anche offerta fatta al contro la collettività (...). L'in-
viche
gruppo
^^
sociale, delitto
Aa.Vv., Storta e
Greci, voi.
civiltà dei
W: La
crisi della polis. Arte, religione,
musica, Bompiani, Milano 1979, pp. 359-360. ^' Aa.Vv., Storta e civiltà dei Greci. Im società ellenistica,
I
SANTUARI NEL
MONDO
cit., p.
509.
CLASSICO
259
dividuo, quand'è scacciato dagli altari domestici, escluso dai templi della sua città, interdetto sulla terra della patria, è tagliato fuori dal
mondo
divino; perde allo
tempo il suo essere sociale e la sua essenza relinon è più niente» ^^ giosa; Il culto a Zeus, aveva una valenza più aperta, più univ^ersalistica, ma manteneva la sua base politico- relistesso
A
giosa.
Delo, ad esempio, erano ospitate
le «anfizio-
nie», cioè associazioni politico- religiose «che raccoglievano "coloro che abitavano tutt'intomo" a un Santuario»^' La maggior parte delle anfizionie sorsero in un quadro sociale e politico in cui la polis manteneva ancora una struttura con una certa apertura e duttilità, magari con il fine di una unificazione dell'intera Gre.
che sorresse queste organizperché così marcate da interessi politici, restarono ancorate ad un forte particolarissimo. Soltanto le anfizionie di Delfi riuscirono ad esprimere un carattere universalistico e a svolgere un ruolo per tutta la Grecia e non soltanto per città particolari. La ragione sta nel fatto che a Delfi era presente l'oracolo e \i si disputavano i giuochi pitici: «in effetti, sono stati i Santuari profetici e i celebri giuochi, più che non le anfizionie, a permettere che la religione superasse il quadro cittadino e tendesse ad assumere dimensioni unicia.
Tuttavia
la spiritualità
zazioni, proprio
versali» ^\
Per
i
Greci, la via privilegiata che sapeva condurre
alla divinità era quella della
vano essere
gli
perfezione: perfetti dove-
persona più degna talvolta anche di assumerne alcu-
animali da sacrificare e
la
bella, la più perfetta, era quella considerata più
di servire la div^inità, ni attributi.
26 J.P. ^^
Vernant, Mito e pensiero presso
Francis Vian,
2« Ib., p.
260
cit.,
p. 460.
462.
ROBERTO ROSSI
i
Greci,
PBE, Torino 1978,
p. 362.
Così, a Tanagra, nella Beozia, l'efebo giudicato bello,
durante
la festa di
Hermes, recava
mura
agnello e girava tutt'intorno alle statua del dio
Hermes,
più
il
sulle spalle
della città.
lo raffigura infatti spesso
un La
con
un agnello sulle spalle, in quanto era raccontato che, in un tempo antico, Hermes in persona avesse fatto il giro delle mura cittadine con un agnello (purezza e perfezione) sulle spalle, salvando fedeli da una pestilenza letale. L'efebo stava a designare inizialmente un giovane che avesse raggiunto la pubertà, ma ad Atene finì per acquistare un significato tecnico-giuridico: era il i
cittadino di diciotto anni iscritto ufficialmente nel-
almeno due anni, militare. Dalle prime te-
l'elenco degli efebi e sottoposto, per
a un'educazione di carattere stimonianze in nostro possesso relative a questa istituzione (iv secolo a.C), sappiamo che «gli efebi cominciavano la loro attività con un pellegrinaggio ufficiale ai principali Santuari della città e, alla fine del primo anno d'istruzione, giuravano di proteggere i propri dèi e di venerare il culto dei loro padri. Con il declino del potere militare di Atene, l'efebia venne ridotta ad un anno e divenne sempre più avviamento di giovani cittadini all'atletica e alla cultura tradizionale greca» I centri dove avevano sede gli oracoli, rappresentavano un riferimento sacro fondamentale, sia nel mondo greco che in quello romano, cui affluivano un gran ^"^
numero
di pellegrini.
L'oracolo,
predire
il
come
è noto,
non
era tanto
il
tentativo di
futuro, quanto piuttosto quello di «conoscere
r inconoscibile», secondo
la felice
formulazione di R.
Flacelière.
Ancora una
volta, la valenza politica
aveva
il
soprav-
vento: era necessario, cioè, sapere che le proprie azioni, le scelte
^'^
da
fare, le spedizioni militari
Aa.Vv., Storta e àvtltà dei Crea. La società
I
o
le attività
ellenistica, cit., p. 509.
SANTUARI NFX
MONDO
CLASSICO
261
economiche non entrassero in contrasto con la volontà delle divinità, in un accordo contrattuale paritario.
A
Epidauro, i pellegrini malati si recavano a consultare Asclepio (Asklepios) che faceva loro \isita mentre, sul luogo, nel Santuario, essi passavano la notte. Dormire e sognare in taluni luoghi sacri, il fenomeno che gli storici delle religioni chiamano «incubazione», serviva per ricevere indicazioni dalla di\inità, in sogno, sia per le future scelte di vita quotidiana, sia, per il Santuario di Asclepio, per sapere cosa fare in ordine alla guarigione richiesta. La procedura era semplice: «i \isitatori si ritiravano per la notte nel dormitorio (àbaton); essi avevano visto le numerosissime offerte votive appese alle pareti e letto i resoconti delle cure miracolose ed avevano forse conversato con altri pellegrini e con i sacerdoti sui miracoli compiuti dal dio; nel sonno veniva la cura, in genere come risultato di un sogno in cui era apparso Asclepio ed aveva toccato la parte malata o fornito al paziente istruzioni da eseguire al risveglio. Spesso compariva il sacro serpente che curava la ferita leccandola. A volta il miracolo a\^'eniva nel Santuario durante il giorno. Alcuni pellegrini venivano puniti dal dio per i loro inganni o per mancanza di fede»'^ Come Delfi ed Eleusis, anche Epidauro aveva le sue prescrizioni moraU: «puro dev'essere chi entra nel Tempio colmo di incensi: e purezza \aiol dire avere pensieri santi».
Anche si
in
epoca romana,
i
Santuari di Asclepio (che
moltiplicarono) ricevettero permanenze sempre più
lunghe da parte dei pellegrini, con costante frequenza di attestate cure miracolose che consigliarono la presenza, all'interno del Santuario, di persone esperte in campo medico. ^
262
Ib., p.
554.
ROBERTO ROSSI
Gli ex-voto per
le
guarigioni avvenute, riempivano
questo tipo di Santuari. Il Santuario di Asclepio, la cui costruzione fu portata a termine nell'arco di quattro anni, fra il 380 e il 375 a.C, «era meta di pellegrinaggi e luogo rinomato di guarigioni miracolose notoriamente frequentato da tutte le classi sociali» ^^ Questo Santuario divenne ben presto un centro panellenico all'interno del mondo greco. In poco tempo, esso fu frequentato anche da stranieri e
il
numero
re le autorità a
di pellegrini fu così alto, da costringeuna recinzione del Santuario.
Abbiamo un rilievo votivo, proveniente dal Pireo, che raffigura una guarigione miracolosa: la malata giace a letto addormentata, secondo il rituale deir«incubazione». Le si avvicinano Asklepiòs ed Hygìeia, quest'ultima in severo atteggiamento ieratico. Asklepiòs è invece benevolmente curvo verso la malata e, a parte, in dimensioni minori, è raffigurata la famiglia. Anche nella Focide, in un culto, Dionysos dava oracoli ed elargiva guarigioni per incubazione. L'oracolo della Pizia, sacerdotessa scelta tra l'insieme delle sacerdotesse di Delfi (doveva avere almeno cinquantanni ed essere vergine) veniva fatto inizialmente una volta l'anno, in occasione dell'anniversario di Apollo, ma su pressante richiesta dei fedeli, divenne un pellegrinaggio e un rito con una frequenza anche di più volte al mese. Platone ce ne parla nel Fedro e Plutarco, che fu anche sacerdote a Delfi, ce lo ha confermato. «Per questo Delfi è, per eccellenza, il Santuario panellenico, che simboleggia un'epoca in cui le aspirazioni individuali non hanno molto rilievo e in cui la religione, per sincera che possa essere, lascia più spazio al rito che non alla fede...»^^. ^'
V. Lanternari, introduzione a A. Brelich,
/
Greci e
gli Dei,
Liguori, Napoli
1985. p. 17. ^2
Francis Vian,
cit.,
p.
471.
1
SANTUARI
Nll.
MONIX) CLASSICO
263
Il
Santuario
dunque più
classica fu quello di Delfi,
illustre di tutta la grecità
o Pytho, e costituì un punto
di unità e solidarietà per tutte le genti ellenistiche.
fu onorato anche da re barbari,
«come
il
Ma
lidio Creso,
che almeno a quanto racconta Erodoto, giunse, una volta convintosi della veracità dell'oracolo, a farne
un
un
re-
uso smodato, fino a trovare nell'ambiguità di sponso l'origine della sua disfatta» ^\ Il
mondo romano
subì, per la costruzione dei San-
tuari, l'influenza soprattutto del
periodo ellenistico e
per tale motivo elaborò in queste forme i Santuari del suo territorio, accentuandone le caratteristiche scenografiche, come nel Santuario della Fortuna Primigenia a Palestrina.
Ma
tra
il
mondo
una differenza
ellenistico e quello
sostanziale:
resta
mentre nel primo, i segni del
sacro indicano nel sovrano ellenistico
Roma,
romano
un dio
\dvente, a
capo militare e, in seguito, l'imperatore, diventavano semplicemente dei «protetti dalla divinità», senza -trasformarsi o incarnare, finché erano in vita, la divinità essi stessi. Solo molto dopo, sarebbe emersa la il
divinizzazione dell'imperatore in vita (lo stesso sto rifiutò, in vita, di essere
Augu-
annoverato tra gli dèi). pensi per tutti a Omero ed
Per la Grecia classica (si Esiodo) il potere ha origine divina e riunisce in un'unica persona le funzioni militari, giudiziarie e sacerdotali. I re sono chiamati «poiménes laòn», «pastori di popoli» giacché il loro primo dovere e obiettivo è il bene del popolo. L'ospitabilità era tenuta in gran conto, e dunque, le strutture dell'accoglienza riposavano su questo valore certo e diffuso. Rispettare le leggi della patria equivaleva a praticare la pietà e l'accoglienza, pur non potendo avere la valenza profonda che le darà il
Cristianesimo, faceva tutt'uno con la legge ^'
264
U. Bianchi,
cit., p.
ROBERTO ROSSI
184.
umano-
dhina e dunque con un doi^ere etico. Il modello greco mantenne a lungo anche nel mondo romano. Una caiatfffiarica piuttosto cwdente neDa ^mtualita icfigìosa tomana (n Fimpeimeabìlità aDìmmagìnazione religiosa, in paiticolate per ciò che attiene la produzione o fl mantenimento di una ttadczione mitologi' ca. Si può dite che per la cuhuia tomana «quel die conta sopia ogpi akta cosa è il rito, firimiyiosametite e sciiyolosanìnritr cdctiia^ cliestBsisteaticliealctfaotì di quabnqne suppot lo mitico». Gò che interessava, infritti, all'uomo trl^yso romano è la pMX datm, una beiiewala solidaiieta tia h città e b divinitk «L^ p«r n>mumm en sostanzialmente un patto con g|i dei (pax deonmiìl, tra popoli, tra cittadini^ e; per consegqitlo con si
^ dèi Insognava operate ritualmente»^.
Interessante e rii^datÌ¥o a tal proposito, è quanto accadeva liei ScAuriM&i^ i sette giotm C 17-23 dicònbte) drdirati a Saturno,
do
dSn^
i
So della mitica età ddl^oro, quandbo aU-uomo
spontaneamente, senza la necessità della £ttica e del laiioro e senza die le divisioni sociali fossero state ancota erette: «quanto si stava bene quando regnava Saturno»^. La festa e il tito coincidevano con ima sorta di cqiodanno, di rigeneraziooe della terra e ddl^uomo. Per questo, la ua^giessione delle notme vigenti, dei racdi la terra
il
di classe, otteneva un'«assenza di ordine», la condiziootiginaiia, quando non e era ancota alcuna legge o notma e, di conseguenza, akun otdine. Sokan^ to jOtramso questo riptistino della concfizione ociginatia non-ordinata, etano creati i presupposti di un nuovo odo ^. Per tale motivo erano cfanisi i tiibunali e
ne mitica
cessava Tamministrazione ddla giiKtÌ7Ìa- soltanto
eoa
» Tania. l,J.J5_
I
SAffoijtfi
»a. MONDO ajtfBoo
265
tali e non semplici reati: «era permessa agli schiavi infatti, in quella settimana, ^" Durante i banchetti gli schiavi mangiaogni licenza»
le «trasgressioni rituali»
erano
.
padroni e magari avevano la precedenza su di essi e venivano persino da questi serviti a tavola. Probabilmente, attraverso questa festa, i Romani vedevano e riattualizzavano la condizione per la quale gli schiavi rappresentavano «proprio la libertà assoluta, la libertà primordiale anteriore a ogni forma di vita civile, appunto perché essi erano esclusi dalla vita civile. E in questa periodica liberazione rituale non sono tanto essi a recuperare quella libertà, quanto i loro pa-
vano insieme
droni,
i
ai
quali,
non distinguendosi più
dagli schiavi,
si
rendevano possibile l'accesso alla libertà assoluta (ma civica!) prima e dopo riservata a questi» ^\ Tutta la comunità partecipava e veniva coinvolta da questa «assenza di ordine» legale e dal suo significato rigeneratore. Scriveva infatti L. Accio nei suoi Annales a proposito delle affinità dei Saturnalia con analoghe feste nel mondo greco: «la massima parte dei Greci e soprattutto in Atene, celebrano Saturno con una festa che si chiama Kronia. Quando la si celebra, nei campi e in città, quasi tutti apprestano lieti banchetti, e cambiano il ruolo {procurant) con i propri servi: questa stessa cosa e l'usanza che insieme banchettino ser\à e padroni, ci deriva da lì». I Kronia aprivano l'anno ateniese e i Saturnalia chiudevano l'anno romano. E chiaro
non
come
in queste feste, l'aspetto dell'accoglienza diven-
tava parte integrante del
rito,
sua precisa realizzazione.
Nel Tempio la statua di Saturno aveva i piedi legati con lacci di lana, compedes, lo stesso nome usato per i ceppi che incatenavano gli schiavi. In occasione della festa i compedes venivano rimossi per tutta la settimana
^"
^^
266
Macrobio, Saturnalia, 1,7,26. D. Sabbatucci, La religione di Roma
ROBERTO ROSSI
antica,
cit.,
p. 351.
nuovamente
e soltanto a festa conclusa erano ti
al
ricolloca-
loro posto. Durante la festa, per quel che ne sap-
piamo, venivano praticati due riti: il sacrificio alla divinità, eseguito secondo il «rito greco», cioè a capo scoperto, diversamente dall'uso romano; e un banchetto sacro tenuto nel Tempio del dio, al termine del quale i convitati pronunciavano ad alta voce la formula Io Saturnalia. Erano inoltre accesi dei ceri ed erano scambiati regali di tipo mangereccio (cui Orazio avrebbe dedicato un intero libro di epigrammi). «Questa religiosità trova il proprio coronamento materiale ed etico in una continua azione rituale, il cui ritmo è scandito da un calendario particolare intenso e dettagliato» ^^ Lo stesso Ovidio ha esposto la religione romana per mezzo dei ¥asti, cioè per mezzo del calendario festivo.
Inizialmente
co e
il
il
culto a
Roma
è soprattutto domesti-
paterfamilias è anche sacerdote. Al sorgere della
con l'aggregazione di vari gruppi, la vita collettiva è illuminata dai sacra, fondata religiosamente, relicivitas
giosamente orientata. In generale, si può affermare che l'uomo romano è un uomo profondamente religioso, ma non incline alla riflessione filosofica, né all'inquietudine metafisica: il suo vero fondamentale obiettivo è l'efficacia dell'azione, in questo caso quella rituale. Il
pantheon romano
si
arricchì di volta in volta di
divinità di varia provenienza (etrusca, italica, greca,
una base di larga tolleranza e praticità, sempre con un solo fine: accrescere la prosperità dell'Urbi-. La sensibilità religiosa era tutt'uno con l'uni-
orientale, ecc.), su
tà politico-sociale e la stessa
non ^^
era
azione giuridica e militare
mai disgiunta dall'azione
Raymond
Bi/x;h. La religione romana,
rituale.
in
H.C. Puhch.
cit..
I.
2.
pp.
536537.
I
SANTUARI NEL
MONDO
CLASSICO
267
motivo, Roma «ha conosciuto presto una fortissima organizzazione della sua religione di Stato ed essa attribuiva il suo più antico calendario al leggendario re Numa Pompilio, che avrebbe regnato alla fine
Per
tale
dell'viii
secolo a.C.»^^. Proprio
Numa
Pompilio
«isti-
Ordinò che al suo sacrario i flamini si recassero su di un carro coperto tirato da due cavalli, e che eseguissero il sacrificio con le mani ricopertuì
il
culto di Fides.
per significare che la fede deve essere tutelata e anche che nella mano destra è stata consacrata la sua sede»"*' Il sacrario di Fede era sul Campidoglio e la sua festa ricorreva il primo di ottobre. I pellegrinaggi mantenevano dunque questa forte impronta civica: a Lanuvio, ad esempio, andavano ogni anno i pretori, i consoli e i dittatori romani che venivano ad offrire sacrifici a Vesta e ai Penati al momento di te fino alle dita,
.
entrare in carica o
quando lasciavano
il
loro servizio.
16 e 17 marzo, scriveva Ovidio, «si va agli Argei»"^^: si trattava di un pellegrinaggio popolare ai «sacrari», piccoli sacelli, forse tombe, detti appunto ArII
gei.
«La
pietas
diritto e nella
romana
dunque, direttamente nel
sfocia,
morale e
Roma instaura,
tuale sacro, la struttura di
un
Si legge infatti negl'Editto di
attraverso
un
ri-
diritto internazionale» ''^
Diocleziano e Massimiano
del 302 d.C: «Gli dei immortali
con
la
loro provviden-
sono degnati di ordinare e disporre quelle cose che buone e vere affinché con l'opinione e l'esempio di molti, buoni, egregi e sapientissimi uomini, si confermino, stabiliscano, e verso le quali non è lecito andare contro». za
si
siano
40 Ib., p. 4J
^^
^^ Ih. p.
268
548.
Limo, 1,21,4. Fasti, 3, 791 e ss. 574.
ROBERTO ROSSI
La trascendenza,
greca che in quella romana, si caratterizza come una presenza fatiscente, appena abbozzata, fondamentalmente confusa con l'immanente e le sue esigenze sociali: non si dimentichi, infatti, che «una è la specie degli uomini e degli dèi; da una madre traiamo respiro entrambi... »^\ In un certo senso, soprattutto per la Grecia, quasi non si può parlare della religione come di una categoria
autonoma,
sia nella spiritualità
in quanto, ciò
che noi moderni chiamia-
mo «profano», «nell'antica Grecia s'intreccia inestricabilmente con il mondo sacro» e in maniera non dissimile avveniva per l'antica Roma. In questo mondo circoscritto e ripetitivo, se nella religiosità e nel pensiero filosofico greco, era apparsa almeno un'istanza metafisica (con Platone in particolare), in àmbito romano si vanifica anche questa presenza residua e il culto religioso si formalizza radicalmen''^
te:
pellegrinaggi ed accoglienza nei Santuari rivestono
eminentemente politio militari, dove la punti-
un'identità e un'organizzazione
ca con scopi politici, sociali
deve assicurare prosperità e forDa Ovidio sappiamo che, davanti al Tempio di Bellona, prospiciente sul Circo Massimo, c'era una hrevis area dove si alzava una «piccola colonna di non piccola importanza; qui si suole scagliare la lancia che annuncia la guerra contro i re e i popoli con cui si è deciso di combattere»"*^. Ovidio si sta riferendo al rito con cui i Feziali inauguravano una guerra. I Feziali, infatti, era un corpo sacerdotale di 20 individui, che era incaricato di operare con riti per indire una guerra o per stipulare un trattato di pace o d'alleanza. gliosa cura del rituale
za alla civitas e aU'Ur/?^.
Scagliare la lancia contro la colonna, simboleggiava lanciare l'arma contro
un
territorio
^
Pindaro, ì^eem.
'"
V. LAìNTERNARI, Introduzione a A. Brklk.h,
•6 Fasti, 6,
205 e
nemico.
6. /
Crea
e gli Dei,
cit.,
p. 15.
ss.
I
SANTUARI NEL
MONDO
CLASSICO
269
Tutto ciò che era ascritto all'umano e al divino col'uomo e la sua vita diventavano memdi un grande unico organismo. Si espressioni bra ed «Le legge, ad esempio, ne I ricordi di Marco Aurelio opere degli Dei sono piene di provvidenza... Quanto esiste, per necessità esiste, ed è utile all'Universo, del «La ragione delquale tu sei una parte»; e ancora stituiva un'unità:
"^^
:
'^^
:
l'universo è sociale».
Questo obiettivo dava valenza concreta al modo d'intendere il sacro, autentico fondamento della sua stessa millenaria civiltà. La religione rappresentava l'elemento basilare della struttura giuridica, sociale, militare e soprattutto politica: «la stessa ben nota tradizione mitologica della fondazione della città da parte del "re àugure"
Romolo
appare...
come
il
compimento
di un atto giuridico-religioso che diede inizio alla pax deorum, ossia alla garanzia di una protezione divina sullo Stato» ''^ Per questo motivo, nacque a Roma un in-
treccio fittissimo tra civitas
umana
e civitas degli dèi,
con una rispondenza continua tra istituzioni civili e pantheon divino alimentata dalla presenza frequente di luoghi sacri, meta di pellegrinaggi popolari, spesso istituzionalizzati.
Per la seconda quindicina del mese di marzo, abbiamo, ad esempio, delle testimonianze precise sui pellegrinaggi e sui riti organizzati, in questo caso in onore
Gran Madre degli Dei: 15 marzo canna intrat: una processione di donne andava al Tempio recando con sé canne. 22 marzo - arhor intrat: si portava al Tempio un aldi Cibele, la
bero di pino tagliato (non sradicato) sui rami del quale
4^ tr.
48 '^^
La
U. Moricca 5.30.
Alberto Aubert, recensione
religione e
d'Italia», nn.
270
II, 3.
il
sacro in
Roma
a
Renato Del Ponte, La
antica,
519-522 (maggio-agosto 1993),
ROBERTO ROSSI
religione dei romani.
Rusconi, Milano 1992, in «Libri e Riviste p. 196.
erano appesi timpani e cembali. Il tronco veniva fasciato con bende di lana e ghirlande di viole; 24 marzo - sanguem: avvenivano versamenti di sangue in quanto i fedeli si autoflagellavano e quando questo rito divenne pubblico, aveva il significato di essere praticato «per la salvezza ^é'/Zlmperatore» ^^ 25 marzo - hilaria: festa gioiosa per la resurrezione del dio Attis, la morte del quale era stata simbolicamente rappresentata con il pino tagliato il giorno 22. 26 marzo - requietio: giorno di riposo; 27 marzo - lavatio: lavaggio rituale della Magna Mater. L'idolo veniva condotto all'Aimone, un fiumicello che scorre tuttora, sporco e abbandonato, a sud di Roma, nella zona del Parco della Caffarella. Lì veniva immersa la statua. Il diritto romano, in prevalenza quello più antico, ha sicuramente un impostazione religiosa: i pontifices erano i veri e propri giuristi e 'A jus (ad un tempo civile e religioso) era loro monopolio: Livio scrive che tutto il jus civile era reconditum in penetralibus ponificum e Valerio Massimo che fosse solis pontificihus notum. Si legge nel Manuale ^^ di Epitteto, nella traduzione di Giacomo Leopardi: «quanto si è alle libazioni, ai sacrifici, all'offerire delle primizie, queste cose si debbono fare da ciascuno, e ciò secondo le osservanze della propria terra, con purità e mondizia, e non trascuratamente né in fretta, né con soverchia strettezza né sopra quello che comportano le facoltà». E nelle Dissertazioni'^^'. «...Dio è dentro di noi, ed è l'anima nostra... A questo Dio dobbiamo prestare giuramento, come sol;
i
dati a Cesare».
'0
Tertulliano, Apologeticum, 29.
5131.
«
I.
14.
I
SANTUARI NEL
MONDO
CLASSICO
271
,
Gradualmente, però, questa unità tra diritto e religione cominciò a sgretolarsi: il primo si laicizza, soprattutto per ragioni pratiche. Come nei pellegrinaggi ai Santuari sarebbe prevalsa sempre più l'efficacia rituali-
danno della sensibilità e Si può dire che «la Roma
stica e pratica a
della spiritua-
ha diladdove la Roma preistorica metteva tutto sullo stesso piano»" identificando l'attività civica con quella religiosa e mirando a fondare ed orientare le scelte politiche e mili-
lità religiose.
stinto
due
tari sulla
5^
272
diversi piani,
forza dei
il
il
storica
sociale,
riti.
D. Sabbatucci, La religione di
ROBERTO ROSSI
religioso e
Roma
antica,
cit.,
p. 263.
SANTUARI E PELLEGRINI IN ALTRE RELIGIONI CARD. FRANCIS ARINZE Presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Inter-Religioso, Membro del Consiglio di Presidenza del Comitato Centrale
per l'Anno Santo
luoghi sacri sono un'importante espressione della pietà religiosa. Manifestazioni di tal 1. 1
pellegrinaggi
ai
genere non mancano quindi neanche nelle altre religioNel considerare l'accoglienza ai pellegrini nell'espe-
ni.
può essere interessante dire una come gli altri credenti vedono il pelle-
rienza della Chiesa,
parola anche su grinaggio
ai
Santuari e
prendono cura
si
dei pellegrini.
Considereremo cinque religioni: religioni tradizionali, induismo, sikhismo, buddismo e islam. 2.
Le
religioni tradizionali
sono
di solito organizzate
attorno ad una famiglia, a un gruppo di famiglie o clan, a
un I
villaggio
o a un gruppo di
villaggi.
Santuari che attirano pellegrini da un gruppo di
villaggi
sono
annuali
festività.
particolare nel periodo delle
visitati in
Tutti
tornare a casa a piedi
il
pellegrini
i
possono
giorno stesso.
I
in
genere
Santuari sono
dedicati agli spiriti o agli antenati e sono generalmente piccoli e
3.
non imponenti.
Nell'induismo pellegrinaggi sono fortemente Molti hindu si recano in pellegrinaggio in i
consigliati.
vari luoghi sacri, alcuni dei quali,
rive del
come
Benares, sulle
Gange, «Madre Gange», sono considerati SANTUARI E PELLEGRINI IN ALTRE RELICHONI
273
come come
centri per tutti gli hindu, particolari per l'una
o
mentre
l'altra
sono
visti
famiglia della
reli-
altri
gione hindu.
Non
era tradizione provvedere strutture per l'acco-
glienza dei pellegrini, anche se attualmente vi
cominciando
a prestare
l'aspetto comunitario
una
non
certa attenzione.
sia
si
sta in-
Sebbene
particolarmente
sottoli-
neato nei pellegrinaggi hindu, l'attenzione mondiale è stata attirata dal movimento popolare nella devozione hindu a causa degli avvenimenti del tempio di Ayodhya nel dicembre 1992.
4. Il
sikhismo incoraggia
i
pellegrinaggi ed ha orga-
nizzato infrastrutture per ricevere
pale Santuario dei sikh è
il
i
pellegrini.
Il
princi-
Santo Gurudwara, o Tem-
pio d'Oro, in Amritsar. Ogni grande centro dei sikh cerca di stabilire il proprio «Gurudwara».
Un
«gurudwara»,
come luogo
oltre alla sua funzione principale
devozione comune, è anche una di carità per malati, un luogo dove gli affamati possono ricevere cibo gratis, un rifugio per proteggere l'onore delle donne ed un luogo di riposo per i pellegrini. di culto e
scuola per bambini,
un ospedale
i monaci, devono viagBuddha, il pioniere, in pellegrinaggio. I buddhisti del Giappone, della Thailandia o dello Sri Lanka vanno a «casa» nei grandi luoghi associati alla vita e al viaggio di Buddha, come il luogo della sua nascita a Lumbini (Nepal), il luogo della sua illumina-
buddhisti, specialmente
5. I
giare sulle
orme
di
Bodh Gaha
(India) e quello del suo insegnaSarnath (India). A causa dell'importanza che monasteri e templi hanno nel buddhismo, questi sono diventati grandi centri di pellegrinaggio e si sono dotati di strutture per l'ac-
zione
in
mento
a
coglienza dei pellegrini.
274
FRANCIS ARINZE
6.
L'islam dà grande importanza ai pellegrini. Il pelMecca è il quinto pilastro dell'islam -
legrinaggio alla
oltre alla professione di fede
preghiera (salàt), all'elemosina o piuttosto alla tassa per l'elemosina (zakàt) e il digiuno (sawm) - ed è obbligatorio per shahàda),
(
alla
musulmano adulto almeno una volta nella vita. Vi sono comunque delle condizioni per adempiere a que-
ogni
sto obbligo: possibilità materiali o finanziarie, una donna deve essere accompagnata dal marito o da un uomo che sia suo parente; e r«hadjj» deve essere compiuto nei primi dieci giorni del mese fatto apposta per questo.
Con
l'arrivo di
due milioni
di
persone per r«hadjj»,
l'Arabia Saudita deve fare molto per provvedere
ai pel-
Vi è uno speciale ministero per l'hadjj. Molti abitanti del luogo servono come guide per i pellegrini per mostrare loro dove debbano andare e come compiere i riti. L'hadjj riunisce insieme i musulmani da ogni parte del mondo e ciò permette loro di fare un'esperienza della dimensione internazionale e sovra-nazionale dell'islam, un'espressione dell'«umma» (comunità) islamica. Il senso dell'unità è sottolineato dal fatto che tutti i pellegrini devono indossare gli stessi abiti da pellegrinaggio, per mostrare che tutti, ricchi e poveri, sono uguali davanti a Dio. legrini.
7.
Poiché
la
grazia
non distrugge
la
natura
ma
piut-
tosto vi edifica sopra, la purifica e la eleva, questa bre-
ve escursione nella pratica dei pellegrinaggi in altre religioni ci può aiutare a riflettere nel considerare i pellegrini e la loro accoglienza nella religione stabilita dal-
l'unico Signore a Salvatore del
mondo, Gesù
Cristo,
il
I pellegrinaggi sono spesso occasione per approfondire l'esperienza religiosa. La maniera in cui le persone sono accolte può contribuire all'atmosfera
Figlio di Dio.
religiosa dell'evento.
SANTUARI E PELLEGRINI IN ALTRE RELIGIONI
275
CONCLUSIONE
Quale
«Andremo
E
ora
quando mi
gioia,
i
dissero:
alla casa del Signore».
nostri piedi
si
fermano
tue porte, Gerusalemme!
alle
Gerusalemme è costruita come città salda e compatta. Là salgono insieme secondo
la
per lodare
Là sono i
le tribù,
Signore,
le tribù del
legge di Israele, il
nome
posti
i
del Signore.
seggi del giudizio,
seggi della casa di Davide.
Domandate pace per Gerusalemme: sia sia
pace a coloro che ti amano, pace sulle tue mura,
sicurezza nei tuoi baluardi.
Per
i
miei
io dirò:
Per
la
fratelli
«Su
i
miei amici
di te sia pace!».
casa del Signore nostro
chiederò per te
276
e
il
CONCLUSIONE
bene
Dio
{Salmo 122),
INDICE
Premessa
7
Lettera di Sua Santità Giovanni Paolo II a S.E. Mons. P. Macchi nel VII Centenario Lauretano
9
Santuari nella cristianità dell'Occidente (M. Sensi)
23
I
Per una definizione del Santuario La ricerca del miracolo
Pellegrinaggi di massa e periodizzazione
25 21 32 38 41
L'accoglienza
46
Tipologia dei Santuari
Le condizioni spazio-temporali
Philoxenia Monastica in Terrasanta (E Carcione) Gli ospizi per pellegrini nel
mondo
(iv-vii
secolo)
39 cristiano an-
testimonianze archeologiche ed epigrafiche (D. Mazzoleni)
tico:
I
pellegrini nel monastero-santuario (S. Paciolla)
I
pellegrinaggi a Santiago de Compostela: tradizione
e attualità (P Caucci
68 80
89
von Saucken) INDICE
277
I ricordi del pellegrinaggio: le
ampolle paleocristiane
(M. Perraymond)
I
106
Santuari e l'assistenza religiosa
ai
transumanti nel
Settecento (G. Orlandi)
118
Roma, «communis
128
Roma «communis II
pellegrinaggio a
patria» (V. Paglia)
patria»
129
Roma
130
L'istituzione dell'Anno Santo
134
Le Le
confraternite nazionali
138
confraternite aggregate
141
Un
pellegrinaggio da
Roma
a Loreto
143
Conclusione Pellegrinaggio
147
Ad corpus beati Petri (Card.
Linee per
immaginario la comprensione
Le tombe
dei papi
Itinerario
V.
Noè)
..
148 148 151
di S. Pietro
154
«Saxa ipsa loquuntur...»
154
di Maria Salus populi romani neìV Anno Santo del 2000 (Card. U. Poletti)
156
La presenza
Il
Santuario della
legrini
romani
Madonna del Divino Amore ed
Introduzione ieri e
oggi
Prospettive pastorali Presenza della Beata Vergine nell'anno liturgico Santuario luogo della presenza Il pellegrinaggio
Pellegrinaggio notturno a piedi
Nuovi compiti
del Santuario in vista del 2000 Santuario e Chiesa locale
278
INDICE
pel-
163
Rinascita della devozione dagli anni '30
La devozione mariana
i
163
(P. Siila)
164 168 171 171 172 173 174 177 179
La Santa «Casa» di Loreto: Santuario dell'Incarnazione (Mons. O. Fusi-Pecci)
181
Santuario dell'Amore Misericordioso di CoUevalenza: nel segno della misericordia (D. Cancian - G. Ferretti)
190
L'accoglienza nella teologia dell'Amore Misericordioso
Un Un
Santuario dove ci si sente accolti messaggio per aprirsi alla fiducia e
alla carità
190 196 199
Assisi: Santuario per la diaconia dell'evangelizza-
zione e della lode (G. Berrettoni)
204
Introduzione
204 206 206
Una domanda La
Da
risposta o le risposte?
Assisi
una «proposta francescana» per
la
nuo-
va evangelizzazione all'uomo del Terzo Millennio ....
L'uomo
creatura
diDio
Uno stile penitenziale sobrio con il canto sulle Un principio importante: la fraternità
labbra
....
208 208 210 210
Lo «spirito di Assisi» La pastorale vocazionale Koma -Assisi- Gerusalemme
211 211 211 213 213 214
Conclusione
214
Santuario e pellegrinaggio nella Palestina dell'Età del Bronzo Medio (2000-1600 a. C): recenti scoperte sulle aree di culto aperte e gli «alti luoghi» dei Cananei (L. Nigro)
216
L'accoglienza nella struttura architettonica del Tempio di Gerusalemme (P. Colella)
230
Alcuni aspetti peculiari del Santuario Il tessuto liturgico
Centro culturale
artistico
Premessa Il Primo Tempio o
La
230 di
Salomone
231 233
sacralità dell'haram
INDICI
279
Lo
sviluppo dell'haram (ietJeéq|tó:di'Sa3fofeon attra-
verso Il
Il
i
234
secoli ..$!!li^/k.À..y:ri....
Tempio di Ezechiele condo Tempio Tempio di Erode
e quello di Zorobabele o Se-
235 238 241
L'Iscrizione
I
Santuari nel
mondo
244
classico (R. Rossi)
Santuari e pellegrini in altre religioni (Card.
F.
Arinze)
273
Conclusione
276
280
INDICE
BOSTON PUBLIC LIBRARY
3 9999 04061
542
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Ho longe /
LiCStC.
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rnates-»;
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Librar)'.
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«Il
volume: Santuario, tenda deWincontro con Dio, tema del santua-
raccoglie studi di carattere storico sul rio e dei pellegrinaggi. Il
senso cristiano dell'esistenza è segnato dall'evento
del
Verbo di Dio
fatto carne che abita in
a noi. In quest'ottica
la storia
mezzo
acquista un'importanza
capitale per l'umana esperienza,
il
sentato dall'esperienza religiosa.
È nella trama del tem-
cui vertice è rappre-
po e deUo spazio - le coordinate della storia - che Dio incontra l'uomo. Per questo il Dio vivo non cessa di chinarsi sul bisogno del suo popolo per condurlo, con
forza e tenerezza, alla santa dimora. I santuari, soprat-
sono il segno privilegiato di quecondiscendenza di Dio verso l'uomo.
tutto quelli mariani, sta
L'interesse oggettivo del presente
volume è
accresciu-
to dalla varietà e dalla solidità dei contributi scientifici di cui si
compone. Sono
stati curati dall'Istituto
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