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I principi contabili internazionali: caratteristiche, struttura, contenuto
G. GIAPPICHELLI EDITORE – TORINO
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I principi contabili internazionali: caratteristiche, struttura, contenuto
G. Giappichelli Editore – Torino
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http://www.giappichelli.it ISBN/EAN 978-88-348-2684-3
INDICE pag. Elenco Autori Elenco Principi Prefazione
XV XVII XXI
1. THE CONCEPTUAL FRAMEWORK FOR FINANCIAL REPORTING di Stefano Azzali 1.1. 1.2.
1.3. 1.4. 1.5. 1.6. 1.7. 1.8.
Introduzione Obiettivo del Financial Reporting 1.2.1. Le decisioni economiche d’investimento 1.2.2. Le informazioni dei Financial Reporting utili agli investitori 1.2.3. Gli utilizzatori primari dei Financial Reporting Le caratteristiche qualitative 1.3.1. Le qualità fondamentali 1.3.2. Le qualità migliorative Il vincolo del costo e l’equilibrio con i benefici Prudenza e sostanza su forma Sintesi delle principali differenze con il quadro normativo italiano Verifica di apprendimento Conclusioni
1 6 7 8 9 12 13 18 21 21 23 24 25
2. IL FAIR VALUE di Michele Pizzo e Nicola Moscariello 2.1. 2.2. 2.3. 2.4.
Definizione ed inquadramento preliminare Il processo di determinazione del fair value Initial recognition Passività e capitale netto
27 30 35 36
VI
I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
pag. 2.5. 2.6. 2.7. 2.8.
I principali ambiti di applicazione del fair value nei principi contabili internazionali Le informazioni sul fair value nel quadro normativo italiano Il recente dibattito sulla pro-ciclicità del fair value (brevi cenni) Verifica di apprendimento
37 41 42 43
3. I PRINCIPI GENERALI RILEVANTI di Cristian Carini e Pier Luigi Marchini 3.1.
3.2.
3.3.
3.4.
Principi contabili, cambiamenti nelle stime contabili ed errori di contabilizzazione (IAS 8) 3.1.1. Ambito di applicazione del principio e definizioni 3.1.2. I cambiamenti nei principi contabili 3.1.3. I cambiamenti nelle stime contabili 3.1.4. Gli errori di contabilizzazione 3.1.5. Sintesi delle principali differenze con il quadro normativo italiano I fatti intervenuti dopo la data di chiusura dell’esercizio di riferimento (IAS 10) 3.2.1. Ambito di applicazione del principio e definizioni 3.2.2. Rilevazione e valutazione 3.2.3. Informazioni integrative 3.2.4. Sintesi delle principali differenze con il quadro normativo italiano La transizione ai principi contabili internazionali 3.3.1. Introduzione e aspetti principali dell’IFRS 1 3.3.2. La finalità dell’IFRS 1 e la metodologia di transizione 3.3.3. Gli aspetti operativi della transizione: le rettifiche e le riclassificazioni 3.3.4. Le eccezioni e le esenzioni riconosciute dall’IFRS 1 Verifica di apprendimento
45 45 47 54 57 60 62 62 64 67 68 68 68 70 77 84 91
4. LA STRUTTURA E LA COMPOSIZIONE DEL BILANCIO a cura di Marco Allegrini 4.1. 4.2.
Le componenti del bilancio (IAS 1) Prospetto della situazione patrimoniale-finanziaria (IAS 1) 4.2.1. Requisiti per l’iscrizione delle attività e delle passività 4.2.2. I criteri di classificazione delle voci patrimoniali 4.2.3. Il contenuto della situazione patrimoniale-finanziaria
99 101 101 103 108
INDICE
VII
pag.
4.3.
4.4.
4.5.
4.6.
4.7.
4.2.4. I punti di differenza con la normativa nazionale 4.2.5. Verifica di apprendimento sulla situazione patrimoniale-finanziaria Conto economico complessivo (IAS 1) 4.3.1. Struttura del conto economico complessivo 4.3.2. I proventi e gli oneri straordinari 4.3.3. Le regole previste per i costi operativi 4.3.4. I punti di differenza con la normativa nazionale 4.3.4. Verifica di apprendimento Rendiconto finanziario (IAS 7) 4.4.1. Introduzione 4.4.2. La risorsa di riferimento 4.4.3. La classificazione dei flussi finanziari 4.4.4. La presentazione dei flussi 4.4.5. Contenuto della nota integrativa 4.4.6. Gli schemi di rendiconto finanziario previsti dallo IAS 7 4.4.7. I punti di differenza con la normativa nazionale 4.4.8. Verifica di apprendimento su rendiconto finanziario Prospetto delle variazioni di patrimonio netto dell’esercizio (IAS 1) 4.5.1. Introduzione 4.5.2. Il contenuto del prospetto delle variazioni del patrimonio netto 4.5.3. I punti di differenza con la normativa nazionale 4.5.4. Verifica di apprendimento Note al bilancio (IAS 1) 4.6.1. Introduzione 4.6.2. Il contenuto delle note esplicative 4.6.3. I punti di differenza con la normativa nazionale 4.6.4. Verifica di apprendimento Settori operativi (IFRS 8) 4.7.1. Introduzione 4.7.2. I settori operativi: criteri di individuazione 4.7.3. Informativa sui settori operativi 4.7.4. Criteri di valutazione di ricavi, costi, attività e passività di settore 4.7.5. Informativa accessoria entity-wide 4.7.6. Case studies 4.7.7. Verifica di apprendimento
110 111 116 116 122 123 127 128 129 129 130 132 137 138 139 143 147 148 148 149 151 151 152 152 152 155 155 156 156 157 158 159 160 160 166
5. LE IMMOBILIZZAZIONI MATERIALI E IMMATERIALI di Alberto Quagli 5.1.
Le immobilizzazioni materiali (IAS 16)
167
VIII
I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
pag.
5.2.
5.1.1. Component analysis 5.1.2. Rilevazione iniziale 5.1.3. Manutenzione e riparazione 5.1.4. Spese per rimozione/ripristino immobilizzazioni materiali 5.1.5. La contabilizzazione degli oneri finanziari (IAS 23) 5.1.6. I contributi in conto capitale (IAS 20) 5.1.7. Il trattamento contabile successivo all’acquisizione 5.1.8. Informazione integrativa disposta dallo IAS 16 5.1.9. Gli investimenti immobiliari (IAS 40) 5.1.10. Il leasing (IAS 17) 5.1.11. Le immobilizzazioni destinate alla vendita (IFRS 5) 5.1.12. Sintesi delle principali differenze con il quadro normativo italiano 5.1.13. Verifica di apprendimento Le attività immateriali (IAS 38) 5.2.1. Il concetto di intangible asset 5.2.2. La rilevazione contabile iniziale 5.2.3. Il trattamento contabile successivo 5.2.4. L’informazione integrativa 5.2.5. La concessione di pubblici servizi (IFRIC 12) 5.2.6. Sintesi delle principali differenze con il quadro normativo italiano 5.2.7. Verifica di apprendimento
168 169 174 176 176 180 183 189 190 197 205 209 210 211 211 214 222 224 226 233 235
6. L’IMPAIRMENT TEST di Alberto Quagli 6.1.
6.2. 6.3. 6.4. 6.5. 6.6. 6.7.
La svalutazione delle immobilizzazioni 6.1.1. La regola base: il confronto tra valore contabile e valore “recuperabile” 6.1.2. Ambito applicativo dello IAS 36 e frequenza temporale 6.1.3. L’innesco dell’impairment test Determinazione del valore di realizzo diretto (fair value less cost to sell) Determinazione del valore d’uso (value in use) 6.3.1. Individuazione dei flussi finanziari 6.3.2. Determinazione del tasso di attualizzazione Trattamento della perdita di valore Le cash generating units (CGU) Goodwill e corporate asset Le rivalutazioni di ripristino (reversal of impairment)
237 237 239 240 242 242 242 243 247 248 251 254
INDICE
IX
pag. 6.8. Informazione da fornire in bilancio 6.9. Sintesi delle principali differenze con il quadro normativo italiano 6.10. Verifica di apprendimento
256 263 264
7. GLI STRUMENTI FINANZIARI di Alessandro Gaetano 7.1. 7.2.
Premessa IAS 32 e 39: campo di applicazione, definizione, classificazione e fasi di vita degli strumenti finanziari 7.3. I criteri di valutazione degli strumenti finanziari 7.4. La valutazione degli strumenti finanziari: criterio del costo ammortizzato, tasso di interesse effettivo ed impairment 7.5. Il fair value degli strumenti finanziari 7.6. Criteri di rappresentazione in bilancio degli strumenti finanziari: azioni proprie, obbligazioni proprie, cartolarizzazioni e factoring 7.7. Contratti derivati ed operazioni di copertura 7.8. Profili evolutivi della disciplina degli strumenti finanziari: IFRS 9 7.9. Considerazioni di sintesi e conclusive 7.10. Verifica di apprendimento
8.
267 272 279 289 299 314 321 333 336 339
LE RIMANENZE DI MAGAZZINO E I LAVORI SU ORDINAZIONE
a cura di Alberto Quagli 8.1.
8.2.
Le rimanenze di magazzino (IAS 2) 8.1.1. Ambito di applicazione del principio e definizione delle rimanenze 8.1.2. Valutazione 8.1.3. Informazione integrativa 8.1.4. Sintesi delle principali differenze con il quadro normativo italiano I lavori su ordinazione (IAS 11) 8.2.1. Ambito di applicazione e definizione dei lavori su ordinazione 8.2.2. Ricavi e costi di commessa 8.2.3. Valutazione 8.2.4. Contabilizzazione 8.2.5. Informazione integrativa 8.2.6. Sintesi delle principali differenze con il quadro normativo italiano 8.2.7. Verifica di apprendimento
343 343 344 349 349 350 350 351 352 353 357 358 360
X
I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
pag.
9. I FONDI, LE PASSIVITÀ E LE ATTIVITÀ POTENZIALI di Alberto Quagli 9.1.
9.2. 9.3. 9.4.
I fondi del passivo (IAS 37) 9.1.1. Un caso particolare: i contratti onerosi 9.1.2. La valutazione dell’esborso futuro 9.1.3. L’attualizzazione degli esborsi futuri 9.1.4. Informazione integrativa Le attività potenziali Sintesi delle principali differenze con il quadro normativo italiano Verifica di apprendimento
363 367 368 370 375 378 378 381
10. I BENEFICI PER I DIPENDENTI di Francesco Avallone 10.1. I benefici ai dipendenti (IAS 19) 10.1.1. I differenti possibili benefici 10.1.2. Le modalità di rilevazione e di valutazione 10.1.3. I punti di differenza con la normativa nazionale 10.1.4. Informazioni integrative da fornire nelle note al bilancio 10.2. Il trattamento contabile delle share-based payment transaction 10.2.1. La stima del valore del piano 10.2.2. Metodologie di “pricing” delle opzioni 10.2.3. Le modifiche ai termini e alle condizioni del piano 10.2.4. Le non-vesting condition: l’amendment 2009 10.2.5. Un caso particolare: i piani infragruppo 10.2.6. Sintesi delle principali differenze con il quadro normativo italiano 10.3. Verifica di apprendimento
385 385 389 401 405 409 413 416 417 420 422 426 426
11. I RICAVI di Michele Pizzo 11.1. 11.2. 11.3. 11.4. 11.5.
Ambiti di applicazione del principio e definizione Recognition dei ricavi La valutazione dei ricavi Informazioni integrative Possibili sviluppi
429 430 436 438 438
INDICE
XI
pag. 11.6. Sintesi delle principali differenze con il quadro normativo italiano 11.7. Verifica di apprendimento
439 439
12. LE OPERAZIONI IN VALUTA ESTERA di Alberto Quagli 12.1. Ambito applicativo dello IAS 21 12.2. La valuta funzionale 12.2.1. Conversione di operazioni in valuta funzionale 12.3. Traduzione in valuta di presentazione 12.4. Investimenti netti in valuta 12.5. Informazione integrativa 12.6. Sintesi delle principali differenze con il quadro normativo italiano 12.7. Verifica di apprendimento
443 444 445 448 450 450 452 453
13. LE IMPOSTE SUI REDDITI di Veronica Tibiletti 13.1. Ambito di applicazione del principio (IAS 12) e definizione delle imposte 13.2. Fiscalità differita sulle differenze temporanee: aspetti definitori 13.2.1. Voci dello stato patrimoniale 13.2.2. Voci del conto economico 13.2.3. Altri casi 13.3. Valutazione delle imposte sui redditi 13.4. Rilevazione delle imposte correnti e differite 13.5. Informativa in nota integrativa 13.6. Sintesi delle principali differenze con il quadro normativo italiano 13.7. Verifica di apprendimento
455 461 462 465 467 468 470 474 475 476
14. LE BUSINESS COMBINATIONS di Luca Fornaciari 14.1. Business combination: finalità ed ambito di applicazione dell’IFRS 3 14.2. L’identificazione dell’acquirente 14.3. L’individuazione della data di acquisizione e del corrispettivo trasferito
481 487 491
XII
I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
pag. 14.4. Rilevazione e valutazione delle attività acquisite, delle passività assunte e dell’avviamento 14.4.1. Identificabilità e criteri di rilevazione delle attività e delle passività dell’acquisita 14.4.2. Valutazione al fair value delle attività e delle passività dell’entità acquisita 14.4.3. La valutazione delle partecipazioni di minoranza 14.4.4. La determinazione dell’avviamento 14.4.5. L’aggregazione dei valori dell’acquisita nel bilancio consolidato o d’esercizio dell’acquirente 14.5. Le informazioni integrative da fornire nelle note 14.6. Sintesi delle principali differenze con il quadro normativo italiano 14.7. Verifica di apprendimento
495 496 498 500 504 512 517 519 520
15. IL BILANCIO CONSOLIDATO SEPARATO di Claudio Teodori 15.1. Introduzione 15.2. L’evoluzione regolamentare 15.3. La finalità del bilancio consolidato 15.4. Il concetto di controllo e l’area di consolidamento 15.5. Le precondizioni al consolidamento 15.6. I metodi di consolidamento 15.7. Gli interessi delle minoranze 15.8. Le operazioni intragruppo 15.9. La perdita del controllo 15.10. Le informazioni integrative 15.11. Il bilancio separato (Separate Financial Statements) 15.12. Sintesi delle principali differenze con il quadro normativo italiano 15.13. Verifica di apprendimento
523 524 526 526 535 536 537 538 539 541 542 543 545
16. GLI INVESTIMENTI IN ALTRE ENTITÀ E LA DISCLOSURE COMPLESSIVA di Claudio Teodori 16.1. Introduzione 16.2. Le partecipazioni in joint venture 16.3. La valutazione delle partecipazioni
547 548 557
INDICE
XIII
pag. 16.4. 16.5. 16.6. 16.7.
Le entità strutturate non consolidate Le informazioni integrative Sintesi delle principali differenze con il quadro normativo italiano Verifica di apprendimento
561 562 567 568
17. LE OPERAZIONI TRA PARTI CORRELATE di Nicola Moscariello 17.1. 17.2. 17.3. 17.4. 17.5.
Introduzione Individuazione delle “parti correlate” La “related party disclosure” Sintesi delle principali differenze con il quadro normativo italiano Verifica di apprendimento
571 572 575 579 580
XIV
I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
ELENCO AUTORI
Marco Allegrini, professore ordinario di Economia Aziendale, Università degli Studi di Pisa. Francesco Avallone, professore associato di Economia Aziendale, Università degli Studi di Genova. Stefano Azzali, professore ordinario di Economia Aziendale, Università degli Studi di Parma. Andrea Cappelli, dottore di Ricerca in Economia e Organizzazione Aziendale, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”. Cristian Carini, professore a contratto di Bilancio consolidato e gruppi di imprese, Università degli Studi di Brescia. Riccardo Cimini, dottore di ricerca in Economia e Organizzazione delle Imprese, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”. Luca Fornaciari, professore a contratto di Economia Aziendale, Università degli Studi di Parma. Alessandro Gaetano, professore ordinario di Economia Aziendale, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”. Giulio Greco, ricercatore di Economia Aziendale, Università degli Studi di Pisa. Pierluigi Marchini, ricercatore di Economia Aziendale, Università degli Studi di Parma. Nicola Moscariello, ricercatore di Economia Aziendale, Seconda Università degli Studi di Napoli. Emanuele Ninci, dottore commercialista e revisore legale in Lucca.
XVI
I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
Alessandra Pagani, dottoranda di ricerca in Economia e Organizzazione delle Imprese, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”. Michele Pizzo, professore ordinario di Economia Aziendale, Seconda Università degli Studi di Napoli. Alberto Quagli, professore ordinario di Economia Aziendale, Università degli Studi di Genova. Paola Ramassa, ricercatrice di Economia Aziendale, Università degli Studi di Genova. Claudio Teodori, professore ordinario di Economia Aziendale, Università degli Studi di Brescia. Veronica Tibiletti, ricercatrice di Economia Aziendale, Università degli Studi di Parma.
ELENCO PRINCIPI
I principi di seguito elencati sono quelli in vigore nel momento in cui si scrive: vengono indicati con la denominazione originale. International Financial Reporting Standards IFRS 1 First-time Adoption of International Financial Reporting Standards IFRS 2 Share-based Payment IFRS 3 Business Combinations IFRS 4 Insurance Contracts IFRS 5 Non-current Assets Held for Sale and Discontinued Operations IFRS 6 Exploration for and Evaluation of Mineral Resources IFRS 7 Financial Instruments: Disclosures IFRS 8 Operating Segments IFRS 9 Financial Instruments IFRS 10 Consolidated Financial Statements IFRS 11 Joint Arrangements IFRS 12 Disclosure of Interests in Other Entities IFRS 13 Fair Value Measurement International Financial Standards
IAS 1 Presentation of Financial Statements IAS 2 Inventories IAS 7 Statement of Cash Flows IAS 8 Accounting Policies, Changes in Accounting Estimates and Errors IAS 10 Events after the Rep orting Period IAS 11 Construction Contracts IAS 12 Income Taxes IAS 16 Property, Plant and Equipment IAS 17 Leases IAS 18 Revenue
XVIII I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
IAS 19 Employee Benefits IAS 20 Accounting for Government Grants and Disclosure of Government Assistance IAS 21 The Effects of Changes in Foreign Exchange Rates IAS 23 Borrowing Costs IAS 24 Related Party Disclosures IAS 26 Accounting and Reporting by Retirement Benefit Plans IAS 27 Separate Financial Statements IAS 28 Investments in Associates and Joint Ventures IAS 29 Financial Reporting in Hyperinflationary Economies IAS 32 Financial Instruments: Presentation IAS 33 Earnings per Share IAS 34 Interim Financial Reporting IAS 36 Impairment of Assets IAS 37 Provisions, Contingent Liabilities and Contingent Assets IAS 38 Intangible Assets IAS 39 Financial Instruments: Recognition and Measurement IAS 40 Investment Property IAS 41 Agriculture International Financial Reporting Standards Interpretations IFRIC 1 Changes in Existing Decommissioning, Restoration and Similar Liabilities IFRIC 2 Members’ Shares in Cooperative Entities and Similar Instruments IFRIC 4 Determining whether an Arrangement contains a Lease IFRIC 5 Rights to Interests arising from Decommissioning, Restoration and Environmental Rehabilitation Funds IFRIC 6 Liabilities arising from Participating in a Specific Market-Waste Electrical and Electronic Equipment IFRIC 7 Applying the Restatement Approach under IAS 29 Financial Reporting in Hyperinflationary Economies IFRIC 10 Interim Financial Reporting and Impairment IFRIC 12 Service Concession Arrangements IFRIC 13 Customer Loyalty Programmes IFRIC 14 The Limit on a Defined Benefit Asset, Minimum Funding Requirements and their Interaction IFRIC 15 Agreements for the Construction of Real Estate IFRIC 16 Hedges of a Net Investment in a Foreign Operation
ELENCO PRINCIPI
XIX
IFRIC 17 Distributions of Non-cash Assets to Owners IFRIC 18 Transfers of Assets from Customers IFRIC 19 Extinguishing Financial Liabilities with Equity Instruments IFRIC 20 Stripping Costs in the Production Phase of a Surface Mine
Standards Interpretations Committee SIC-7 Introduction of the Euro SIC-10 Government Assistance-No Specific Relation to Operating Activities SIC-15 Operating Leases-Incentives SIC-25 Income Taxes-Changes in the Tax Status of an Entity or its Shareholders SIC-27 Evaluating the Substance of Transactions Involving the Legal Form of a Lease SIC-29 Service Concession Arrangements: Disclosures SIC-31 Revenue-Barter Transactions Involving Advertising Services SIC-32 Intangible Asset-Web Site Costs
XX
I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
PREFAZIONE
I principi contabili internazionali rappresentano una “nuova” frontiera degli studi connessi al bilancio, momento fondamentale verso il processo di armonizzazione prima europeo e poi mondiale. Abbandonato l’ampio dibattito che ha caratterizzato il periodo della loro prima adozione, l’attenzione è ora posta sulle caratteristiche di tali principi e sulle modalità di concreta applicazione, esaminandone il progressivo e costante processo di definizione e aggiornamento, necessario al fine di adeguarli in modo stringente all’evoluzione del contesto finanziario di cui rappresentano la base per le scelte di comunicazione. Sorge così l’esigenza, soprattutto negli studi di Economia Aziendale, di approfondire, a fianco della regolamentazione italiana, quella internazionale, la quale assume rilievo per alcune specifiche ragioni: – la sua ampia estensione, in quanto i principi oggetto del volume sono obbligatori per tutte le società europee con titoli quotati in Borsa. Inoltre, in Italia vi è la possibilità di applicazione volontaria da parte dei gruppi non quotati e delle imprese con capogruppo che li utilizza (l’applicazione volontaria è difforme da Paese a Paese); – rappresenta, a vario titolo, un riferimento rilevante in più di cento Paesi nel mondo; – l’influenza che in questi anni sta esercitando sulle normative locali, compresa quella italiana. Al fine di comprenderne gli obiettivi e la logica di fondo dei principi contabili internazionali, l’attenzione deve essere posta su tre elementi: le caratteristiche, opportunamente collegate con il quadro concettuale di riferimento, la struttura e il contenuto. Attualmente i principi contabili attivi, a livello internazionale, sono quarantuno: si ricorda che non tutti sono applicabili in Italia in quanto, nel contesto europeo, è necessaria l’omologazione da parte degli organismi comunitari, dopo la verifica di alcuni presupposti: la coerenza con le direttive europee e il ri-
XXII
I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
spetto del quadro fedele; l’esistenza dell’interesse pubblico europeo; la rispondenza a requisiti fondamentali quali, ad esempio, la comprensibilità, l’affidabilità, la comparabilità. L’omologazione di un principio contabile, affinché divenga legge europea, è una procedura assai articolata (endorsement mechanism) e, sinteticamente, è composta dalle seguenti fasi, che seguono evidentemente l’approvazione da parte dello I.A.S.B:
– l’EFRAG (European Financial Reporting Advisory Group), organismo di natura tecnica, valuta la sussistenza dei criteri tecnici per l’adozione, che sintetizza in un giudizio; – la Commissione Europea, in base al giudizio precedente, predispone una bozza per l’omologazione del principio; – l’ARC (Accounting Regulatory Committee), organismo di natura politica, vota la bozza che, per essere approvata, richiede una maggioranza qualificata; – il Parlamento Europeo e il Consiglio dell’Unione Europea approvano la bozza o, in alternativa, non formulano opposizioni entro tre mesi. La durata complessiva del processo, nel caso non emergano particolari problematiche, è stimata in sette/otto mesi. I singoli principi IAS/IFRS (il cui elenco è fornito nelle pagine successive), sono collocati all’interno di un quadro di riferimento che definisce gli obiettivi del bilancio e le regole di ordine generale per la sua predisposizione, il Conceptual Framework for Financial Reporting. La differente denominazione IAS (International Accounting Standards) e IFRS (International Financial Reporting Standards) deriva da due cause: la data di pubblicazione e il soggetto emittente. Nel primo caso, gli IAS sono stati pubblicati, ex novo, fino al 2001 (anche se successivamente sono stati modificati ma non sostituiti); gli IFRS dal 2001 ad oggi. Con riferimento al soggetto, gli IAS sono stati emessi dallo IASC (International Accounting Standards Committee), mentre gli IFRS dallo IASB (International Accounting Standards Board), che a partire dal 2001 ha sostituito lo IASC. Completano il quadro della regolamentazione internazionale, le interpretazioni ufficiali dei principi: IFRIC (International Financial Reporting Standards Interpretations) da una parte, collegate agli IFRS; SIC (Standards Interpretations Committee) dall’altra, collegate agli IAS. Attualmente sono ventiquattro (sedici IFRIC e otto SIC): in fase di revisione del principio corrispondente, esse vengono generalmente incorporate nella versione aggiornata.
PREFAZIONE
XXIII
Il volume è articolato in tre parti. Nella prima viene fornito il quadro concettuale all’interno del quale si collocano i principi contabili internazionali e la struttura del bilancio con esso coerente. Dopo l’illustrazione del Framework, vengono esaminati da un lato alcuni principi generali rilevanti, tra cui il fair value e le problematiche connesse alla prima adozione; dall’altro la composizione del bilancio. La seconda parte è dedicata alle valutazioni di bilancio, affrontando le tematiche di maggior rilievo teorico e operativo. In particolare, sono oggetto di trattazione: le immobilizzazioni materiali e immateriali; l’impairment test; gli strumenti finanziari; le rimanenze di magazzino e i lavori su ordinazione; i fondi, le passività e le attività potenziali; i benefici per i dipendenti; i ricavi; le operazioni in valuta estera; le imposte sui redditi. Infine, la terza e ultima parte è relativa alle aggregazioni aziendali e alle relazioni tra entità economiche, nelle quali rientrano le business combinations; il bilancio consolidato e separato; gli investimenti in altre entità e la disclosure complessiva; le operazioni tra parti correlate. A fianco dell’analisi e illustrazione del contenuto del singolo principio, vengono messe in evidenza, in modo assai sintetico, le differenze con la regolamentazione nazionale e proposte alcune domande per verificare il grado di apprendimento: all’interno dei singoli capitoli frequenti sono gli esempi tratti dai bilanci e le esemplificazioni specifiche. Gli Autori Dicembre 2012
XXIV I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
1 THE CONCEPTUAL FRAMEWORK FOR FINANCIAL REPORTING di Stefano Azzali SOMMARIO: 1.1. Introduzione – 1.2. Obiettivo del Financial Reporting. – 1.2.1. Le decisioni economiche d’investimento. – 1.2.2. Le informazioni dei Financial Reporting utili agli investitori. – 1.2.3. Gli utilizzatori primari dei Financial Reporting. – 1.3. Le caratteristiche qualitative. – 1.3.1. Le qualità fondamentali. – 1.3.2. Le qualità migliorative. – 1.4. Il vincolo del costo e l’equilibrio con i benefici. – 1.5. Prudenza e sostanza su forma. – 1.6. Sintesi delle principali differenze con il quadro normativo italiano. – 1.7. Verifica di apprendimento. – 1.8. Conclusioni.
1.1. INTRODUZIONE Un Conceptual Framework (CF) è “un sistema coerente di obiettivi e principi generali interrelati – da cui far derivare corretti principi contabili di generale accettazione – che definisce la specie, la funzione e i limiti dei sistemi di redazione e di presentazione delle informazioni del bilancio d’esercizio. Un CF deve essere al servizio del pubblico interesse fornendo strutture e linee guida ai sistemi contabili per favorire la conoscenza di informazioni economiche e finanziarie utili per un funzionamento dei mercati efficiente nell’allocazione di risorse scarse nell’economia” 1. Nel settembre 2010 l’International Accounting Standard Board (IASB) ha pubblicato una nuova versione dello schema concettuale (The Conceptual Framework for Financial Reporting) che è alla base della preparazione dei bilanci. Lo schema precedente era stato redatto nel 1989 ed era denominato “Framework for the Preparation and Presentation of Financial Statement”: pur non essendo un principio contabile, il CF rappresenta un importante punto di riferimento per gli standard setter e per tutti i destinatari dei bilanci poiché chiarisce i 1
Framework FASB, CONCEPT n. 2.
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
concetti di base e gli elementi essenziali quali la finalità dei bilanci, i principi generali che risultano di fondamentale importanza per il corretto utilizzo dei principi contabili e dei bilanci. La nuova versione si è resa necessaria per adattare il CF alle innovazioni e cambiamenti intervenute negli ultimi decenni. In questa circostanza, tuttavia, il progetto è coordinato in modo congiunto dallo IASB e dal Financial Accounting Standard Board (FASB) degli USA. Il progetto comprende molteplici fasi: 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8.
Phase A: Objectives and qualitative characteristics; Phase B: Elements and recognition; Phase C: Measurement; Phase D: Reporting entity; Phase E: Presentation and disclosure; Phase F: Purpose and status; Phase G: Application to not-for-profit entities; Phase H: Remaining issues.
Il capitolo commenta il nuovo CF dello IASB rispetto al precedente del 1989 mentre solo marginalmente si riprende il CF del FASB precedente, fra l’altro molto più articolato e complesso. La prima fase ad essere approvata è stata proprio la prima (Phase A) relativa agli obiettivi e alle caratteristiche qualitative dei bilanci. Il nuovo documento, dopo una parte introduttiva nella quale si precisano lo scopo e l’ambito di applicazione del CF, è strutturato in 4 capitoli dedicati rispettivamente all’obiettivo dei bilanci (Capitolo 1), ai confini del bilancio (Capitolo 2), alle caratteristiche qualitative (Capitolo 3), alle altre parti del CF precedente (Capitolo 4), ossia gli assunti di base, gli elementi del bilancio, i criteri di rilevazione e valutazione, i concetti di capitale e di conservazione del capitale. La Tabella 1 propone un raccordo tra le versioni del 1989 e del 2010 del CF dello IASB. Il nuovo CF, tuttavia, non è affatto completo: a parte la prima fase (capitolo 1 e 3 nel nuovo CF) tutto il resto è ancora oggetto di elaborazione; in particolare il capitolo 2 è stato proposto come Exposure Draft nel 2010 mentre tutti i contenuti del capitolo 4 dovranno essere modificati alla luce dei risultati emergenti dalle altre fasi del progetto congiunto IASB/FASB. L’attuale CF, dunque, rappresenta un risultato intermedio di un progetto molto più articolato e complesso da cui sono attesi risultati finali innovativi e rilevanti in tema di principi di rilevazione e valutazione delle poste di bilancio. La lentezza con cui il progetto sta faticosamente evolvendo, tuttavia, può essere un segnale delle difficoltà nel trovare un accordo ovvero della minore determinazione da parte dei promotori nel voler portare a termine il progetto.
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THE CONCEPTUAL FRAMEWORK FOR FINANCIAL REPORTING
TABELLA 1 – Raccordo tra i CF dello IASB del 1989 e del 2010 The Conceptual Framework for Financial Reporting (2010) Capitolo
Framework for the Preparation and Presentation of Financial Statement (1989) Titolo
Introduzione
Paragrafo
Prefazione, introduzione, finalità e ruolo, ambito di applicazione
1-5
Capitolo 1 Obiettivo dei bilanci
Ambito di applicazione, Utilizzatori e loro esigenze informative, finalità del bilancio
6-21
Capitolo 2 The Reporting Entity
Assente
Capitolo 3
Caratteristiche Qualitative del Bilancio
24-46
Capitolo 4
Assunti di Base
22-23
Elementi del bilancio
47-81
Rilevazioni in bilancio
82-98
Valutazioni di bilancio
99-101
Concetti di capitale e di conservazione del capitale
102-110
Alla luce dei cambiamenti in atto, in questo capitolo si affrontano i temi della finalità dei bilanci (capitolo 1) e dei principi generali (capitolo 3), ossia quelli su cui il documento congiunto IASB/FASB ha inciso maggiormente rispetto alla precedente versione IASB del 1989. Per gli altri temi del precedente CF (definizione, rilevazione e valutazione delle voci di bilancio e connessi concetti di capitale e di conservazione del capitale), si rinvia all’ampia bibliografia di riferimento 2, in attesa della nuova versione che verrà proposta dal progetto congiunto IASB-FASB. Il documento precisa, anzitutto, che si riferisce ai bilanci destinati a pubblicazione, ovvero rivolti all’esterno dell’impresa, a tutti i soggetti che, pur avendo propri interessi coinvolti nell’azienda, non hanno il potere di ottenere informazioni sul suo stato di salute. Il motivo che induce lo IASB a intervenire in questa materia è la disomogeneità delle discipline di bilancio che i vari Paesi hanno adottato nel tempo, a loro volta frutto di differenze sociali, economiche, legali e 2
AZZALI S., Il sistema delle informazioni di bilancio delle aziende di produzione, il modello dell’International Accounting Standards Committee, Giuffrè, Milano, 1996; CAMPEDELLI B., Ragioneria internazionale, Giappichelli, Torino, 1994; PERRONE E., Il linguaggio internazionale dei bilanci, Cedam, Padova, 1988.
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
di diversi destinatari privilegiati delle informazioni di bilancio. Tutto ciò ha condotto a differenti definizioni delle voci di bilancio, dei criteri di rilevazione e valutazione, degli obiettivi dei bilanci. In questo contesto lo IASB interviene per armonizzare le discipline, i principi contabili e le procedure relative alla preparazione dei bilanci ed è convinto che un più elevato livello di armonizzazione possa essere realizzato focalizzando l’attenzione su bilanci redatti con la finalità di fornire informazioni utili ai destinatari per assumere decisioni economiche. Questo presupposto rappresenta la condizione per soddisfare la maggior parte dei destinatari delle informazioni di bilancio. Questi ultimi, infatti, assumono varie decisioni economiche, come ad esempio: a) b) c) d) e) f) g) h)
l’acquisto, la detenzione o la vendita di azioni; la valutazione dei manager; la remunerazione dei dipendenti; la valutazione dei prestiti ottenuti dall’impresa; le politiche fiscali; le politiche di distribuzione dei redditi e dividendi; la preparazione e utilizzo delle statistiche per il reddito nazionale; la disciplina delle attività d’impresa.
Le autorità pubbliche, in particolare, potrebbero avere obiettivi differenti o aggiuntivi per i bilanci d’impresa ma questi non devono impedire di soddisfare gli altri destinatari delle informazioni di bilancio. I bilanci sono costruiti prevalentemente facendo riferimento a un modello valutativo fondato sul costo storico recuperabile e su un concetto di conservazione nominale del capitale. L’obiettivo dell’utilità delle informazioni per assumere decisioni economiche potrebbe forse essere meglio realizzato con modelli valutativi e concetti di conservazione del capitale differenti ma ad oggi non c’è consenso. In ogni caso il CF è stato ridefinito per poter accogliere differenti modelli valutativi e differenti nozioni di conservazione del capitale. La definizione dell’obiettivo dei bilanci e dei suoi postulati, infatti, non compromette la possibilità di poterli rispettare adottando diversi criteri di valutazione e concetti di conservazione dei capitale. Il CF stabilisce concetti che sono alla base della redazione dei bilanci rivolti al pubblico ed ha i seguenti obiettivi: “a) assistere il Board nella definizione di nuovi IFRS o nella modifica di quelli precedenti; b) assistere il Board nella promozione dell’armonizzazione delle discipline, dei principi contabili e delle procedure per la redazione dei bilanci, fornendo una base per ridurre le alternative contabili previste dagli IFRS;
THE CONCEPTUAL FRAMEWORK FOR FINANCIAL REPORTING
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c) assistere i singoli Paesi nella definizione dei principi contabili nazionali; d) assistere i redattori dei bilanci nell’applicazione degli IFRS e nell’affrontare temi non ancora disciplinati; e) assistere i revisori nella formazione di una opinione sulla conformità del bilancio agli IFRS; f) assistere gli utilizzatori dei bilanci nell’interpretare le informazioni redatte in conformità con gli IFRS; g) fornire a coloro che sono interessati al lavoro dello IASB informazioni relative al suo approccio alla definizione degli IFRS” 3. Il documento, dunque, serve sia ad istituzioni preposte alla definizione dei principi contabili (nazionali e internazionali) sia ai principali protagonisti del processo di costruzione, controllo e utilizzo dei bilanci (redattori, revisori e utilizzatori). Tra gli obiettivi spicca quello dell’armonizzazione internazionale dei principi contabili che lo IASB persegue fin dalla sua nascita e che, tuttavia, è molto complesso da realizzare alla luce delle molteplici differenze connesse a condizioni d’azienda (inerenti alla nozione d’azienda, alle sue finalità, alla considerazione del capitale e del lavoro, alle differenziate attività economiche) e d’ambiente (politico-legislativo, socio-culturale, economico) e al nazionalismo che caratterizza vari Paesi. L’armonizzazione contabile proposta dallo IASB e dal suo CF è di tipo volontario anche se nei Paesi dell’Unione Europea si è trasformata in obbligatoria alla luce dell’applicazione a partire dal 2005 degli IFRS in tutti i Paesi membri, pur limitata a talune classi di società e bilanci. Proprio nei Paesi dell’Unione Europea, inoltre, si assiste ad una forma di armonizzazione che per la prima volta fa coincidere le norme giuridiche con i principi contabili statuiti da organizzazioni professionali come lo IASB. Nonostante i buoni propositi, si è del parere che l’obiettivo dell’armonizzazione contabile dei principi contabili a livello internazionale sia ancora molto lontano dall’essere pienamente realizzato. Anche nella stessa Unione Europea, l’adozione degli IFRS non sembra aver assicurato un progresso evidente dell’armonizzazione contabile sia in relazione agli schemi di bilancio che ai criteri di valutazione da adottare per le componenti elementari. In entrambe i casi, infatti, gli IAS/IFRS consentono margini discrezionali molto rilevanti che non paiono coerenti con la finalità di armonizzazione e comparabilità delle informazioni economico – finanziarie. In questo contesto, tuttavia, il progetto IASB-FASB potrebbe contribuire al miglioramento dell’armonizzazione tra i due set di principi contabili e tra di due CF.
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IASB (2010), The Conceptual Framework for Financial Reporting, Purpose and Status.
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
Il CF non è un principio contabile internazionale e quindi non stabilisce alcun criterio di valutazione o informazione da inserire nel bilancio. Niente nel CF dovrebbe essere in contrasto con i principi contabili internazionali anche se in alcuni casi può accadere: in questi casi prevale sempre il principio contabile internazionale rispetto al CF. Lo IASB avrà come riferimento per la definizione di nuovi principi o per la revisione di quelli vecchi proprio il CF e quindi il numero di conflitti è destinato a diminuire nel tempo. In definitiva si stabilisce una precisa gerarchia tra IFRS e CF con i primi che sempre sono da considerarsi prioritari rispetto al CF. L’importanza di questa gerarchia dovrebbe divenire sempre meno importante in relazione al processo d’integrazione e coordinamento tra CF a IFRS. Al termine di questo processo che conduce alla piena coerenza tra CF e IFRS non dovrebbero esserci ostacoli ad assimilare l’uno agli altri anche in termini di obbligatorietà e importanza relativa.
1.2. OBIETTIVO DEL FINANCIAL REPORTING L’obiettivo del Financial Reporting (CF) è sviluppato nel capitolo 1, denominato “The objective of general purpose financial reporting” e comprende 21 paragrafi denominati con la sigla OB, abbreviazione di “Objective” seguita dai numeri. Dopo l’introduzione (OB1), seguono paragrafi sull’obiettivo, utilità e limiti della finalità generale del FR (OB2 – OB11), sulla struttura patrimoniale – finanziaria e le sue variazioni (OB12 – OB21). Queste ultime, a loro volta, possono derivare dal reddito d’esercizio e dai connessi flussi di cassa ovvero da variazioni non comprese nella determinazione dei risultati d’impresa . Nell’introduzione si precisa un aspetto rilevante: nell’economia complessiva del CF l’obiettivo del FR è centrale rispetto a tutti gli altri contenuti; la finalità del FR, di conseguenza, è l’elemento più importante del CF poiché condiziona, incide e giustifica le scelte effettuate, ad esempio, in tema di caratteristiche qualitative e di principi di valutazione delle poste di bilancio. L’obiettivo non è riferito solamente al bilancio d’esercizio ma a tutti i documenti finanziari che l’impresa comunica al mercato. In altri termini gli obiettivi sono dei FR e non dei Financial Statement. In precedenza, invece, il CF dello IASB si riferiva solamente alle informazioni di bilancio. Inoltre lo IAS 1, a sua volta, è riferito ai Financial Statement e pone un primo elemento di disomogeneità interna al corpo dei principi contabili internazionali. Questa innovazione introdotta nel documento amplia l’oggetto di riferimento anche se le informazioni di bilancio rimangono la parte centrale dei FR. Riguardo all’obiettivo dei FR alcuni commenti alle bozze di CF proponevano di sfruttare le nuove tecnologie (ad esempio XBRL) per arrivare a redigere FR “personalizzati” per i diffe-
THE CONCEPTUAL FRAMEWORK FOR FINANCIAL REPORTING
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renti utilizzatori in modo tale di tener meglio in considerazione le loro attese di conoscenza. Le principali controindicazioni, tuttavia, sono legate ai probabili maggiori costi necessari per organizzare un tale sistema informativo e alle conoscenze necessarie da parte degli utilizzatori per apprezzare le informazioni dei FR. Per queste ragioni il nuovo CF ha confermato la definizione di un obiettivo generale dei FR, che sembra il modo più efficiente ed efficace per soddisfare i bisogni di informazione dei molteplici utilizzatori. Non si è specificato, infine, che l’obiettivo dei FR si riferisce all’informativa rivolta all’esterno dell’impresa perché ridondante e implicito. L’obiettivo del FR è di fornire informazioni d’impresa utili agli attuali e potenziali investitori 4, nell’assumere decisioni relative al finanziamento dell’impresa 5. Tali decisioni riguardano l’acquisto, la vendita o la detenzione di capitale di rischio e di prestito, la fornitura o l’estinzione di prestiti o altre forme di credito 6. La finalità dei FR è di seguito analizzata nelle sue principali componenti, ossia le decisioni economiche di investimento, le informazioni dei FR utili agli investitori e gli utilizzatori primari dei FR.
1.2.1. Le decisioni economiche d’investimento Le decisioni economiche d’investimento sono relative all’acquisto, alla vendita, o alla detenzione di strumenti finanziari a titoli di capitale di rischio o di debito. Tali decisioni dipendono dai rendimenti attesi dall’investimento, come per esempio i dividendi, gli interessi e i redditi in conto capitale che si presume di incassare. I rendimenti, a loro volta, dipendono dall’apprezzamento dei valori, tempi e incertezze dei futuri flussi di cassa d’impresa; infatti, è sulla base di tali flussi che verranno decisi i probabili rendimenti per gli investitori (dividendi, interessi e redditi in conto capitale). In definitiva le decisioni economiche d’investimento presuppongono la disponibilità d’informazioni utili per apprezzare i prospettici flussi di cassa dell’impresa e i connessi rendimenti per gli investitori. Rispetto alla precedente versione, il CF precisa meglio il tipo di decisioni che i destinatari devono assumere: non una generica decisione economica ma più precisamente le decisioni di allocazione delle risorse finanziarie. Ov4 Gli investitori sono intesi in senso ampio e comprendono i conferenti capitale di rischio, di prestito e altri creditori. 5 I FR non hanno invece finalità di determinare il valore effettivo delle imprese anche se possono fornire agli interessati informazioni utili in tal senso, IASB (2010), The Conceptual Framework for Financial Reporting, Capitolo Primo, OB7. 6 IASB (2010), The Conceptual Framework for Financial Reporting, Capitolo Primo, OB2.
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
viamente gli utilizzatori primari dei FR hanno altre decisioni da assumere (ad esempio connesse alla nomina e rinnovo degli amministratori, alle loro remunerazioni e valutazione dei risultati conseguiti) ma la scelta è stata di privilegiare le decisioni connesse al finanziamento dell’impresa. Le informazioni sulla valutazione dei manager, tuttavia, sono importanti per i fornitori di risorse finanziarie e quindi nelle decisioni sull’allocazione di tali risorse sono comprese anche quelle inerenti la valutazione dei manager.
1.2.2. Le informazioni dei Financial Reporting utili agli investitori Le informazioni, utili per aiutare gli investitori a valutare i flussi di cassa prospettici dell’impresa, sono, anzitutto, quelle relative alla struttura patrimoniale-finanziaria e ai risultati d’impresa (informazioni di bilancio) ma anche quelle utili per apprezzare le responsabilità degli amministratori. Il CF esemplifica queste informazioni con quelle strumentali ad apprezzare se gli amministratori sono riusciti a proteggere il patrimonio d’impresa dall’effetto sfavorevole di taluni fattori economici (cambiamenti nei prezzi o nelle tecnologie) e ad assicurare la compliance rispetto alle leggi, i regolamenti e i contratti. Utili in questo senso possono essere anche le informazioni su eventuali limitazioni delle responsabilità degli amministratori poiché ciò coinvolge direttamente gli investitori, a loro volta responsabili di nominare gli amministratori e indirizzare le loro strategie in modo coerente rispetto alle politiche delineate dai soci. Nell’ambito delle informazioni di bilancio, il CF conferma l’importanza sia di quelle relative alla struttura patrimoniale (Balance Sheet), sia quelle inerenti ai risultati economici (Comprehensive Income) e finanziari (Cash Flow Statement) poiché tutte offrono utili elementi per assumere decisioni d’investimento. In particolare le informazioni sulla struttura patrimoniale d’impresa (Entity resources, claims against the entity), aiutano gli investitori a identificare i punti di forza e di debolezza finanziaria d’impresa e ad apprezzare la liquidità e solvibilità dell’impresa, le sue necessità finanziarie e la probabilità di successo nell’ottenere finanziamenti. Tali informazioni, in altri termini, possono aiutare gli utilizzatori a prevedere come i futuri flussi di cassa saranno distribuiti tra coloro che vantano diritti nei confronti dell’impresa, anche se le risorse d’impresa sono variamente correlate ai flussi di cassa: in alcuni casi questi ultimi derivano direttamente dalle risorse economiche esistenti, come i crediti commerciali; altri flussi di cassa, invece, derivano dall’impiego di risorse in modo combinato per produrre e vendere beni e servizi per i clienti. I risultati d’impresa sono costituiti dal reddito d’esercizio e dai connessi flussi di cassa. Il reddito d’impresa (Financial performance reflected by accrual
THE CONCEPTUAL FRAMEWORK FOR FINANCIAL REPORTING
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accounting) aiuta gli investitori ad apprezzare: 1) il rendimento delle risorse impiegate nella produzione economica; 2) l’efficacia degli amministratori nel far fronte alle proprie responsabilità nell’impiego delle risorse d’impresa. Tali informazioni, inoltre, possono essere proiettate nel futuro e aiutare gli investitori nel prevedere i rendimenti prospettici in termini di redditi e flussi di cassa futuri d’impresa. Si conferma che l’accrual accounting offre una migliore base per valutare i risultati d’impresa rispetto alle sole informazioni relative agli incassi e ai pagamenti effettuati durante il periodo. I flussi di cassa (Financial performance reflected by past cash flow), aiutano gli investitori ad apprezzare come l’impresa ottiene e impiega le fonti di finanziamento, comprese le informazioni sui prestiti e il loro rimborso, i dividendi e altri flussi di cassa distribuiti agli investitori, e altri fattori che possono influenzare la liquidità e solvibilità. Le informazioni sui flussi di cassa aiutano gli investitori ad apprezzare il contributo della gestione operativa, delle attività di investimento e di finanziamento, la sua liquidità e solvibilità e interpretare altre informazioni relative ai risultati d’impresa. Infine il CF si sofferma sulle variazioni della struttura patrimoniale non derivanti dal reddito d’esercizio (Changes in economic resources and claims not resulting from financial performance), ossia quelle operazioni che incidono in modo diretto sulla struttura delle fonti di finanziamento e degli investimenti, senza interessare i risultati d’impresa (ad esempio delle operazioni di aumento del capitale sociale a pagamento). Ovviamente anche queste informazioni sono necessarie per dare agli utilizzatori una completa conoscenza di come è cambiata la struttura patrimoniale e delle implicazioni di queste variazioni sui risultati prospettici d’impresa. In conclusione può essere opportuno sottolineare una peculiarità del nuovo CF: Il CF degli USA stabilisce che, nell’ambito delle informazioni comprese nei FR, quelle primarie sono le sulle “performances” apprezzate con il “comprehensive income” e le sue componenti. Il CF dello IASB, invece, considerava tutte le informazioni del FR di uguale importanza. Tenuto conto delle strette relazioni di interdipendenza esistenti tra tutte le informazioni del FR e del fatto che le stesse sono un “sistema di valori” il nuovo CF ha privilegiato la posizione dello IASB ed ha ribadito di assegnare la stessa importanza alle informazioni dello stato patrimoniale, del conto economico, del rendiconto finanziario, del prospetto delle variazioni di patrimonio netto e delle note.
1.2.3. Gli utilizzatori primari dei Financial Reporting Gli utilizzatori primari dei FR sono gli investitori attuali e potenziali (existing
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
and potential investors, lenders and other creditors). Le condizioni per appartenere agli utilizzatori primari sono di: 1) non poter ottenere informazioni direttamente dall’impresa; 2) avere la necessità di assumere decisioni facendo affidamento anche sulle informazioni di bilancio. Ovviamente è necessario essere consapevoli che le informazioni comprese nei FR non possono fornire agli investitori tutte le informazioni di cui hanno bisogno. Oltre alle informazioni dei FR, infatti, le decisioni d’investimento devono tenere conto anche di informazioni di più ampio respiro, ad esempio quelle sulle condizioni economiche generali d’ambiente (prospettive dei mercati, livelli competitivi, settori economici, contesto politico nazionale e internazionale) e d’azienda (corporate governance, assetti proprietari, composizione e competenze professionali del personale dipendente, livello di sindacalizzazione). I singoli investitori, inoltre, possono avere differenti bisogni informativi, a volte anche in conflitto tra di loro: i FR tendono a soddisfare le attese d’informazione del numero massimo di utilizzatori primari ma non si può escludere che essi possano avvantaggiare taluni investitori rispetto ad altri. La definizione degli investitori quali destinatari privilegiati dei FR conduce ad escludere altri importanti soggetti dalla nozione di Primary Users. Gli amministratori ad esempio non possono essere utilizzatori primari perché hanno la capacità di ottenere informazioni direttamente all’interno dell’impresa. Ovviamente anche gli amministratori utilizzano le informazioni di bilancio ma non possono essere compresi tra i Primary Users così come definiti dal CF. Si tratta di destinatari privilegiati da questo punto di vista poiché sono anche protagonisti interni della gestione d’impresa. Altri soggetti, come le autorità di regolamentazione e la collettività possono ricevere informazioni utili dai FR ma non sono compresi tra i Primary Users. Sono escluse le autorità di regolamentazione dai destinatari primari perché accogliere i loro bisogni (informazioni utili per la stabilità del mercato dei capitali) potrebbe compromettere la rappresentazione fedele e la significatività delle informazioni del FR a favore degli Investors. Investitori e autorità di regolamentazione hanno interessi spesso sovrapposti ma estendere la finalità dei FR alla stabilità del mercato dei capitali avrebbe creato un conflitto tra gli obiettivi non semplice da risolvere. Ad esempio l’obiettivo di stabilità dei mercati finanziari potrebbe richiedere di non rilevare o di ritardare la rilevazione nei FR di alcune variazioni di valore ma ciò priverebbe gli investitori di informazioni di loro interesse. Per evitare questo conflitto, il nuovo CF ha scelto di privilegiare l’obiettivo di fornire informazioni al servizio delle attese di conoscenza dei partecipanti al mercato dei capitali. In ogni caso anche la stabilità del mercato dei capitali potrebbe essere migliorata come conseguenza della decisione di privilegiare gli investitori come utilizzatori primari dei FR.
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L’introduzione formale dei “Primary Users” del FR rappresenta una rilevante innovazione del nuovo CF rispetto a quelli precedenti. Nel precedente CF dello IASB i destinatari erano gli attuali e potenziali investitori, dipendenti, conferenti capitale di prestito, fornitori e altri creditori commerciali. Il paragrafo 9 inoltre comprendeva una lista di altri potenziali utilizzatori come i clienti, le autorità statali e le loro agenzie, il pubblico. Nel successivo paragrafo 10, tuttavia, il precedente CF ipotizzava che “siccome gli investitori sono conferenti di capitale di rischio, bilanci che soddisfano le loro attese di conoscenza saranno in grado di soddisfare la maggior parte dei bisogni di informazione degli altri utilizzatori”. Di fatto, quindi, il precedente CF si focalizzava sugli Investors anche se nel paragrafo 12 si precisava che “l’obiettivo del bilancio è di fornire informazioni che siano utili ad un vasto insieme di utilizzatori nell’assumere decisioni economiche”. In definitiva il precedente CF dello IASB si focalizzava sulle attese di conoscenza degli Investors ipotizzando che fossero rappresentative dei bisogni di informazione di una vasta gamma di utilizzatori ma non identificava in modo formale una classi di destinatari primari. Il CF del FASB a sua volta si riferiva agli attuali e potenziali investitori, creditori e altri utilizzatori nell’assumere razionali decisioni d’investimento, di credito e altre decisioni simili. Tale CF specificava che la maggior parte degli investitori sono i conferenti capitale di rischio e di debito mentre la maggior parte dei creditori sono i fornitori di beni e servizi che concedono dilazioni di pagamento, i clienti e i dipendenti, le istituzioni finanziarie, finanziatori privati e gli obbligazionisti. Una differenza rispetto al CF dello IASB è che in quello USA ci si riferisce agli investitori sia di rischio sia di debito mentre lo IASB enfatizza i conferenti capitale di rischio. Tuttavia, entrambi i CF precisavano che nell’ambito degli investitori e creditori possono essere compresi gli analisti e consulenti finanziari, i legali, i mediatori, le autorità di regolamentazione e altri che consigliano o rappresentano gli interessi degli investitori e dei creditori o che sono interessati a come investitori e creditori sono trattati. Il nuovo CF è diverso dai precedenti per due ragioni: 1) si sono eliminate le differenze tra i 2 CF precedenti; 2) si è fatta la scelta di privilegiare i fornitori di risorse finanziarie nell’ambito degli utilizzatori dei FR. I FR ovviamente possono essere utilizzati da altri destinatari ma per non essere generici lo IASB ha ritenuto opportuno specificare i Primary Users. Tuttavia potrebbe non esserci accordo sulla nozione di utilizzatori primari effettuata dallo IASB e pensare a contenuti più puntuali e limitati 7. Lo IASB giustifica la scelta degli investitori quali destinatari primari con tre motivazioni:
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IASB (2010), The Conceptual Framework for Financial Reporting, Capitolo Primo, BC1.15.
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
a) Essi hanno i più immediati e critici bisogni di informazione nei FR e molti non hanno alternative possibilità di richiedere e ottenere tali informazioni direttamente dall’impresa; b) Lo IASB e il FASB sentono la responsabilità di focalizzare l’attenzione sui bisogni dei partecipanti al mercato dei capitali, che includono non solo gli attuali investitori ma anche quelli potenziali; c) Le informazioni che soddisfano i bisogni degli investitori è probabile che soddisfino i bisogni degli altri utilizzatori sia nei modelli di CG focalizzati sugli azionisti sia in quelli che si rivolgono a tutti gli stakeholders. Il CF definisce l’obiettivo dei FR uguale per tutte le classi d’imprese, non distinguendolo per dimensione, quotazione delle azioni e assetti proprietari concentrati o diffusi. Tuttavia il vincolo del costo di produzione delle informazioni, le differenze settoriali e di complessità delle imprese possono condurre lo IASB a permettere o imporre differenze nei FR di talune classi d’imprese.
1.3. LE CARATTERISTICHE QUALITATIVE Il capitolo 3 è relativo alle caratteristiche qualitative e comprende 39 paragrafi contraddistinti dalla sigla QC per semplificare le denominazione “Qualitative Characteristics”. Dopo l’introduzione (QC1 – QC3), seguono paragrafi sulle caratteristiche qualitative che rendono utili le informazioni di bilancio (QC4 – QC34) e il capitolo si chiude con una parte relativa al costo quale vincolo per l’utilità delle informazioni di bilancio (QC35 – QC39). Le caratteristiche qualitative servono per rendere meno generico l’obiettivo dei FR (fornire informazioni economico-finanziarie d’impresa utili agli attuali e potenziali investitori nell’assumere decisioni relative alla fornitura di risorse all’impresa). L’obiettivo dei FR lascia, infatti, un grande livello di discrezionalità e offre poche linee guida su come esercitarla. Le caratteristiche qualitative sono uno strumento per rendere coerente la discrezionalità del processo di costruzione dei bilanci con l’obiettivo dei FR. Nell’ambito delle caratteristiche qualitative si distinguono quelle fondamentali (Fundamental), ossia la significatività e la rappresentazione fedele da quelle migliorative (Enhancing), ossia la comparabilità, la verificabilità, la tempestività, la comprensibilità. Questa distinzione non era presenta nel discussion paper proposto per i commenti ed è stata invece introdotta direttamente dallo IASB in un momento successivo. La discussione ha rilevato che non tutti erano d’accordo su questa classificazione perché arbitraria ma alla fine si è deciso di mante-
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nerla nella convinzione che due siano le qualità fondamentali, la Relevance e la Faithful Representation, senza le quali l’informazione del FR non è utile. Le qualità migliorative, invece pur importanti, non sono essenziali: se un FR è relevant e faithfully represented allora l’informazione è utile anche in assenza delle caratteristiche qualitative migliorative. L’introduzione chiarisce il ruolo delle caratteristiche qualitative nel CF: esse identificano caratteristiche delle informazioni di bilancio che sono strumentali all’obiettivo dei FR. In altri termini le caratteristiche qualitative dovrebbero creare i presupposti per fornire agli investitori informazioni comprese nei FR utili nell’assumere decisioni d’investimento. Si precisa altresì un’innovazione che deriva dalla nozione più ampia di FR rispetto alla precedente “Financial Statements”: essendo più ampio ed esteso lo strumento con cui le imprese comunicano informazioni ai mercati finanziari, anche le caratteristiche qualitative non possono che essere riferite sia ai tradizionali bilanci sia ad eventuali altre informazioni spesso comprese nei rapporti finanziari (ad esempio informazioni sulle prospettive e sulla prevedibile evoluzione della gestione). A questo riguardo, il CF precisa che le caratteristiche qualitative, tenuto conto del vincolo del costo, possono essere applicate in modo differente alle varie classi di informazioni.
1.3.1. Le qualità fondamentali Per essere utili, le informazioni di bilancio devono essere significative (Relevant) e fornire una rappresentazione fedele (Faithful Representation) della struttura patrimoniale e dei risultati d’impresa. L’utilità migliora se le informazioni sono comparabili, verificabili, tempestive e comprensibili 8. Nella frase precedente è compresa la nuova classificazione delle caratteristiche qualitative derivante dal progetto congiunto IASB-FASB che, peraltro, è molto innovativa rispetto alle precedenti versioni dei CF. Specificamente, la nuova versione del CF identifica, anzitutto, le cosiddette caratteristiche qualitative fondamentali.
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IASB (2010), The Conceptual Framework for Financial Reporting, Capitolo Terzo, QC4.
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
FIGURA 1 – Le caratteristiche qualitative fondamentali
Fundamental Characteristics
Relevance
Faithful Representation
Significatività (Relevance) La relevance rappresenta una qualità fondamentale delle informazioni del FR poiché direttamente connessa con l’utilità delle informazioni per gli investitori. Le informazioni sono Relevant se “fanno la differenza” nelle decisioni degli investitori 9, ossia se sono in grado di influenzare a tal punto il comportamento dell’utilizzatore da essere considerate decisive per assumere una specifica decisione d’investimento. In assenza di quella informazione la decisione non sarebbe stata assunta ovvero sarebbe stata assunta in modo diverso. Le informazioni Relevant possono “fare la differenza” nelle decisioni degli investitori se hanno valore predittivo (Predictive Value), valore di conferma (Confirmatory Value) o entrambi 10. Le informazioni dei FR hanno valore predittivo 11 se utilizzate dagli investitori per prevedere futuri risultati. Esse non necessariamente devono essere delle previsioni per avere valore predittivo: la maggior parte dei valori di bilancio, infatti, sono riferite al passato e solo parzialmente possono incorporare valori prospettici in relazione all’impiego di criteri di valutazione che, rispettivamente, consentono o impongono procedure che prevedano il loro impiego.
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IASB (2010), The Conceptual Framework for Financial Reporting, Capitolo Terzo, QC6. IASB (2010), The Conceptual Framework for Financial Reporting, Capitolo Terzo, QC7. 11 Il valore di previsione ha un diverso significato in statistica: livello di affidabilità con cui è possibile prevedere il prossimo numero di una serie e la sua persistenza, ossia la tendenza di quella serie di numeri a cambiare in linea con cambiamenti passati. 10
THE CONCEPTUAL FRAMEWORK FOR FINANCIAL REPORTING
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FIGURA 2 – La Significatività
Relevance
Predictive Value
Confirmatory Value
Predictive and Confirmatory Value
Le informazioni dei FR hanno valore di conferma se permettono un controllo rispetto a precedenti valutazioni: il risultato dell’attività di controllo può tradursi in una conferma delle precedenti previsioni ovvero nella necessità di modificare gli obiettivi per renderli coerenti e raggiungibili rispetto ai nuovi valori. Capacità di previsione e di conferma delle informazioni dei FR sono interrelate. Le informazioni che hanno valore predittivo spesso hanno anche valore di conferma. I ricavi annuali ad esempio possono essere utilizzati per prevedere i ricavi futuri ma possono essere confrontati con le previsioni dei ricavi annuali fatte in passato. Il risultato di queste comparazioni può aiutare gli investitori a correggere o migliorare le modalità di effettuazione di queste previsioni. La Materiality (Rilevanza) è un aspetto della Relevance: un’informazione è Material se la sua omissione o scorretta rappresentazione influenza le decisioni degli investitori effettuate sulla base delle informazioni di bilancio d’impresa. La rilevanza è un aspetto specifico dell’impresa fondato sulla natura e intensità o entrambe del valore a cui l’informazione si riferisce nel contesto di uno specifico bilancio d’impresa. Di conseguenza non si può specificare una soglia quantitativa uniforme per definire la rilevanza o predeterminare cosa potrebbe essere rilevante in una particolare circostanza 12.
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IASB (2010), The Conceptual Framework for Financial Reporting, Capitolo Terzo, QC11.
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
La rappresentazione fedele (Faithful Representation) La seconda caratteristica qualitativa fondamentale è la Faithful Representation che, rispetto alla precedente versione del CF dello IASB, ha sostituito la Reliability, ossia l’attendibilità. FIGURA 3 – La rappresentazione fedele
Faithful Representation
Neutrality (Neutralità)
Completeness (Completezza)
Free from error (Attendibilità)
L’utilità delle informazioni dei FR presuppone la loro Relevance ma ciò non basta poiché tali informazioni devono anche essere corrette (Faithful). La corretta presentazione delle informazioni nei FR, a sua volta, richiede il rispetto delle seguenti qualità: la completezza, la neutralità e l’assenza di errori. La completezza dei FR riguarda ad esempio gli schemi di bilancio e le informazioni integrative. Riguardo agli schemi la completezza non si limita al rispetto del contenuto di tutti i documenti prescritti ma impone altresì di fornire tutte le informazioni Relevant per gli investitori nell’assumere le decisioni economiche. Per le informazioni integrative è necessario rispettare i requisiti di disclosure previsti da tutti gli IAS/IFRS e non limitarsi ad una loro interpretazione formale o letterale. Particolare attenzione al requisito della completezza deve interessare i gruppi aziendali e i connessi bilanci consolidati: è evidente che in queste aziende se l’area di consolidamento è definita in modo incompleto (con l’esclusione dall’area di società controllate che tuttavia appaiono formalmente non controllate), il bilancio non potrà fornire una rappresentazione fedele delle attività e dei risultati conseguiti dal gruppo, con riflessi diretti sull’utilità delle informazioni.
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La neutralità delle informazioni, a sua volta, richiede assenza di pregiudizi nella determinazione dei valori di bilancio. In altri termini chi redige il bilancio non deve avere obiettivi predefiniti da realizzare in termini, ad esempio, di risultati da conseguire o imposte da pagare. Nella costruzione dei FR, dunque, non sono ammesse politiche di bilancio che, attraverso la manipolazione dei valori dei FR, tendono, ad esempio, a indirizzare in modo opportunistico e ingannevole il comportamento degli investitori verso una specifica decisione economica (acquisto, vendita o detenzione dello strumento finanziario). Ciò non significa negare l’esistenza o l’opportunità di realizzare le politiche di bilancio: queste sono un carattere intrinseco dei bilanci, ineliminabile, dovuto all’ipotesi finzione di interrompere in modo artificiale la vita dell’azienda al termine del periodo amministrativo. È dunque di generale accettazione che le informazioni del FR siano influenzate dal comportamento del redattore di bilancio e che possano essere associate a precisi obiettivi informativi (utilità per gli investitori). Ciò che vanno invece evitati sono i comportamenti scorretti e in mala fede che si propongono di ingannare gli investitori comunicando loro informazioni manipolate, per favorire determinati interessi a scapito di altri. Le politiche di bilancio, come detto, sono ineliminabili ma, per assicurare tutela e utilità agli investitori, è opportuno che siano rese trasparenti con adeguati livelli di disclosure. Assenza di errori non significa precisione assoluta di ogni valore e informazione dei FR. Ciò è impossibile perché i FR comprendono sia valori oggettivi sia valori stimati e congetturati, per i quali non può esistere una nozione di correttezza o verità assoluta. La possibilità prevista per talune poste del bilancio di utilizzare principi di valutazione alternativi ovvero la discrezionalità interpretativa dei medesimi, consente agli amministratori di scegliere il valore da iscrivere nei FR nell’ambito di un range compreso tra valori minimi e massimi, piuttosto che imporre loro valori puntuali e unici. In questi casi tutti i valori compresi nell’intervallo potrebbero essere considerati corretti e iscrivibili in FR affidabili. Errore o frode di bilancio, invece, significa rispettivamente un comportamento colposo o doloso che si traduce in informazioni dei FR che, non rispettando i principi contabili, presentano una situazione patrimoniale o risultati d’impresa infedeli, non coerenti rispetto a quelli effettivi. Nei FR, tuttavia, possono essere tollerati errori, purché non Material. In altri termini, la complessità della traduzione in valori di bilancio dell’attività d’impresa può comportare qualche errore ma essi non devono essere tali da influenzare gli investitori nelle loro decisioni. Per esempio una valutazione di un prezzo o valore non osservabile non si può dire accurata o non accurata ma la rappresentazione di quella stima è corretta se il valore è descritto chiaramente precisando la natura e i limiti del processo di stima, e non ci sono errori nella selezione e applicazione del processo di valuta-
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zione 13. Vale la pena di ricordare che la rappresentazione fedele da sola non assicura informazioni utili poiché essa dipende anche dalla significatività: se una informazione è rappresentata in modo fedele potrebbe essere poco significativa; se non ci sono alternative, tuttavia, quella stima offre l’informazione disponibile migliore. La Faithful Representation è proposta nel nuovo CF come qualità fondamentale che va a sostituire la Reliability dei precedenti CF IASB e FASB. Il motivo di questa sostituzione può essere l’indeterminatezza del suo significato o meglio l’assenza di un significato condiviso. Per alcuni si tratta della verificabilità, per altri dell’assenza di errori materiali; ovvero della rappresentazione fedele combinata con la neutralità e la precisione. In questo contesto si è scelto il termine Faithful Representation per indicare ciò che i due CF precedenti indicavano con reliability, ma con alcune differenze importanti. Ad esempio nel CF precedenti la sostanza rispetto alla forma e la prudenza erano qualità che spiegavano la reliability mentre nel nuovo CF sono state eliminate (la sostanza sulla forma perché ridondante e la prudenza perché in contrasto con la neutralità, non si può consigliare la prudenza e assicurare informazioni neutrali allo stesso tempo). Infine lo IASB rileva che, nonostante che vi siano molte ricerche sulla Relevance e sulla rappresentazione fedele dei FR studiate attraverso correlazioni con le variazioni dei prezzi di mercato dei titoli delle imprese, non sono state fornite tecniche per misurare la Faith Representation separatamente dalla significatività e scomposta nelle sue tre componenti di completezza, neutralità e assenza di errori. La qualità e l’utilità dei FR, in altri termini dovrebbero essere indagate non solo con lo sviluppo di studi sulla Value Relevance ma anche con ricerche in grado di proporre efficaci strumenti di misurazione della rappresentazione fedele.
1.3.2. Le qualità migliorative Il nuovo CF introduce successivamente la classe delle caratteristiche qualitative migliorative, ossia qualità che non sono considerate essenziali ma che possono aiutare gli investitori nell’assumere le decisioni economiche. Si tratta di un’innovazione introdotta da questa nuova versione del CF poiché non presente nei CF precedenti. Come accennato in precedenza quattro sono le qualità considerate migliorative (Figura 4). 13
IASB (2010), The Conceptual Framework for Financial Reporting, Capitolo Terzo, QC15.
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FIGURA 4 – Le caratteristiche qualitative migliorative
Enhancing Characteristics
Comparability
Understandability Understandability
Verifiability
Timeliness
Il CF sostiene che le informazioni dei FR sono più utili se possono essere confrontate con informazioni simili di altre imprese e con simili informazioni della stessa impresa per altri periodi di tempo. In altri termini la comparabilità nella simultaneità spaziale e nella successione temporale sicuramente aiuta gli utilizzatori nella scelta tra investimenti alternativi. Il confronto, ovviamente, è possibile solamente se si hanno a disposizione almeno due valori. La comparabilità è agevolata se i FR sono redatti con l’impiego continuativo e coerente degli stessi criteri di valutazione (consistency) ma i due concetti non vanno confusi: la consistency è uno strumento per realizzare l’obiettivo (comparability). Diversa è l’uniformità: non si devono fare apparire simili cose differenti ma piuttosto rappresentare in modo uniforme cose simili anche se appaiono diverse. La comparabilità può essere favorita da altre caratteristiche qualitative: la rappresentazione fedele di operazioni significative, realizzata in modo corretto da imprese diverse, può creare i presupposti per il confronto delle informazioni. Lo IASB da decenni persegue la comparabilità delle informazioni con una politica volta a ridurre i metodi contabili alternativi per la costruzione dei FR. Ma le divergenze che spesso si rilevano nei principi contabili nazionali sono rilevanti e, spesso, inducono lo IASB a conservare la possibilità di impiego di criteri di valutazione alternativi ovvero elevati margini applicativi degli IAS/IFRS e tutto ciò, ovviamente, non aiuta la comparabilità. L’utilità delle informazioni dei FR, inoltre, è favorita dalla loro verificabilità poiché ciò dovrebbe contribuire alla loro correttezza. Soggetti indipendenti (revisori o sindaci) devono poter verificare la correttezza dei FR ed esprimere un loro giudizio sulla rappresentazione fedele. La verificabilità può essere diretta o indiretta. La prima presuppone l’osservazione e l’azione diretta del soggetto in-
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dipendente (ad esempio le verifiche di cassa che sono effettuate controllando la corrispondenza tra il valore a bilancio e le liquidità effettivamente presenti in cassa). Verificabilità indiretta, invece, significa controllare gli inputs di un modello, formula o altre tecniche e ricalcolare il risultato utilizzando la stessa metodologia (ad esempio si verifica il valore del magazzino con il controllo delle quantità e costi di carico e si ricalcola l’inventario finale utilizzando le stesse ipotesi sui flussi di magazzino). Per i valori stimati e congetturati, infine, la verificabilità non è sempre possibile, se non, per le stime, in tempi futuri. Nei FR, tuttavia, vanno assicurati adeguati livelli di trasparenza sugli assunti di base, metodi di determinazione delle informazioni e altri fattori che sono stati ipotizzati per assegnare valore all’informazione. La tempestività, a sua volta, è una importante qualità migliorativa dell’utilità delle informazioni perché assicura la loro disponibilità in tempi utili rispetto a quelli di assunzione delle decisioni. Solitamente le informazioni più utili sono quelle recenti anche se la tempestività a volte può essere associata anche ad informazioni meno recenti, ad esempio quando l’utilizzatore necessità di riferimenti passati per individuare le tendenze in atto nella dinamica di alcuni valori del FR. Un’informazione del FR è comprensibile se classificata, illustrata e presentare in modo chiaro e conciso. La sintesi, in particolare, è molto importante perché dovrebbe impedire la pubblicazione di FR di dimensioni esagerate (a volte diverse centinaia di pagine) ma pone un rilevante problema di selezione delle informazioni utili agli investitori. FR con volumi d’informazioni eccessivi peggiorano la comprensibilità; informazioni concise, espressione della capacità di sintesi, invece, qualificano la chiarezza delle informazioni. A volte non è semplice tradurre in parole e numeri chiari dei fenomeni complessi ma si deve tentare perché escluderli dai FR condurrebbe a bilanci incompleti e potenzialmente scorretti. A questo proposito va aggiunto che i FR sono preparati per gli investitori che hanno una ragionevole conoscenza delle attività economiche e che analizzano in modo diligente tali informazioni. Nel caso di fenomeni complessi può essere opportuno ricorrere all’aiuto di analisti o esperti della materia. Le quattro qualità migliorative non hanno, tuttavia, la capacità di rendere utili informazioni che non rispettano le due qualità fondamentali (relevance e faithful representation).
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1.4. IL VINCOLO DEL COSTO E L’EQUILIBRIO CON I BENEFICI Il costo che le imprese sostengono per organizzare i sistemi informativi, redigere i bilanci e comunicare periodicamente i FR ai mercati deve essere bilanciato da benefici. L’obiettivo ovviamente è di proporre principi contabili che minimizzino i costi e massimizzino i benefici per gli investitori. I costi di produzione e comunicazione delle informazioni, dal punto di vista degli investitori, rappresentano dei minori rendimenti. Altri costi sono sostenuti direttamente dagli utilizzatori per analizzare e interpretare i FR ovvero per “acquistare” informazioni utili ma assenti nei FR. Un primo beneficio dei FR è un più efficiente funzionamento del mercato dei capitali che dovrebbe avere come conseguenza una riduzione del costo dei finanziamenti per le imprese. Indirettamente anche gli investitori dovrebbero beneficiarne poiché la riduzione degli oneri finanziari sostenuti dalle imprese dovrebbe riflettersi in migliori redditi d’impresa e rendimenti. Gli investitori, inoltre hanno il beneficio di poter assumere decisioni fondate su migliori basi informative anche se i FR non possono fornire tutte le informazioni necessarie per assumere decisioni d’investimento.
1.5. PRUDENZA E SOSTANZA SU FORMA Nel nuovo CF sono stati eliminati due principi, presenti invece nella versione precedente: la prevalenza della sostanza rispetto alla forma e la prudenza. Specificamente il principio della sostanza sulla forma è stato considerato ridondante rispetto a quello della rappresentazione fedele. In altri termini rappresentare in modo fedele un fenomeno già significa far prevalere la sostanza economica dell’operazione piuttosto che la sua forma giuridica. In tal senso, ad esempio, lo IAS 17 impone il cosiddetto “metodo finanziario” per la contabilizzazione delle operazioni di leasing finanziario quando essa consiste di fatto in un finanziamento e non con una semplice contratto di locazione. In modo analogo le operazioni “pronti contro termini” vanno contabilizzate come finanziamenti poiché, pur apparendo come vendite e acquisiti individuali di titoli, in realtà nel loro insieme rappresentano appunto un prestito temporaneo. La prudenza 14 è un principio cardine dei sistemi contabili poiché considerato strumentale alla tutela generale degli stakeholder. Quando, ad esempio, lo IAS 2 impone di valutare le rimanenze di magazzino al minor valore tra quello del costo storico sostenuto (di acquisto o di produzione) e il valore recuperabile 14 HOOGERVORST H., The Concept of Prudence: dead or alive, FEE Conference on Corporate Reporting of the Future, Brussels, Belgium, 18 September 2012.
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sul mercato intende indicare una linea di condotta volta ad evitare sopravalutazioni dei redditi, degli investimenti e la distribuzione di redditi reali e non nominali 15. Non trovare la prudenza tra le caratteristiche qualitative delle informazioni di bilancio può, dunque, suscitare stupore e perplessità. Nella precedente versione del CF dello IASB la prudenza era considerata una delle caratteristiche funzionali alla Reliability (ora sostituita dalla Faithful Representation). La prudenza era intesa come grado di cautela nell’applicare la discrezionalità necessaria per effettuare le stime richieste per alcuni valori di bilancio, in modo tale da evitare la sopravvalutazione delle attività o la sottovalutazione delle passività. Il nuovo CF dello IASB ha invece deciso di non inserire a prudenza tra le caratteristiche qualitative perché ritiene la prudenza in contrasto con la neutralità: non è compito dei principi contabili suggerire determinati comportamenti valutativi da parte dei redattori di bilancio. In effetti, gli investitori non chiedono necessariamente una valutazione prudenziale del patrimonio e del reddito d’impresa; piuttosto essi si aspettano una valutazione attendibile e sostenibile della capacità d’impresa di produrre valore per soddisfare le legittime attese degli stakeholder. In altri termini la posizione dello IASB è coerente con la tendenza a riflettere sempre più nei FR redditi che presentano incertezze relative allo loro effettiva realizzazione. I motivi che hanno indotto lo IASB a non confermare la prudenza come caratteristica qualitativa delle informazioni dei FR sono dunque riconducibili all’obiettivo di limitare le politiche di bilancio solitamente realizzate in nome di questo principio perché: 1) nei periodi di sottovalutazione dei redditi, gli investitori potrebbero perdere l’opportunità di realizzare buoni investimenti; 2) nei periodi sfavorevoli, le riserve occulte possono essere utilizzate per migliorare in modo artificiale i redditi e indurre gli utilizzatori ad effettuare investimenti sbagliati. Il dibattito suscitato dalla bozza CF, come era prevedibile, ha generato reazioni anche contrarie a questa soluzione. Molti hanno criticato la scelta di non considerare la prudenza nel CF perché se è vero che la prudenza può ostacolare la neutralità, allo stesso tempo produce, per taluni utilizzatori, informazioni più utili e relevant rispetto a quelle che non tengono conto della prudenza. Inoltre, lo IASB ha rilevato che le imprese spesso adottano comportamenti prudenziali per valutare il patrimonio e i risultati d’impresa per bilanciare gli effetti prodotti dalle valutazioni di alcuni manager, considerate spesso eccessivamente ottimistiche. La prudenza, tuttavia, conduce in genere a ridurre i valori 15
Un altro esempio di principio contabile internazionale che impone comportamenti prudenziali è lo IAS 36 sull’impairment test (il valore contabile delle attività non può essere maggiore del loro valore recuperabile).
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di reddito e patrimonio in un anno e a posticipare la rilevazione di taluni redditi in anni successivi, spesso a scapito della loro competenza economica, ossia del periodo di effettiva maturazione di questi redditi. Altri commentatori hanno criticato la neutralità perché, a loro parere, impossibile o molto difficile da realizzare. In questa impostazione è sufficiente che le informazioni abbiano una finalità per escludere la neutralità. Come illustrato in precedenza, tuttavia, lo IASB crede nella neutralità delle informazioni e ha quindi concluso che non è opportuno suggerire o imporre il conservatism perché ciò significherebbe infrangere la neutralità dei FR. Tuttavia si rileva che la prudenza è ancora una caratteristica presente in molti IAS/IFRS attuali e, probabilmente, sarà considerata nel definire quelli nuovi.
1.6. SINTESI DELLE PRINCIPALI DIFFERENZE CON IL QUADRO NORMATIVO ITALIANO
Le imprese che non adottano i principi contabili internazionali nella redazione del proprio bilancio, per i temi trattati in questo capitolo (obiettivo e caratteristiche qualitative delle informazioni di bilancio) fanno riferimento agli articoli 2423 e seguenti del codice civile e al documento n. 11 – Bilancio d’esercizio – Finalità e postulati, dell’Organismo Italiano di Contabilità (OIC) del 30 maggio 2005. Norme di legge e principio OIC non sono sullo stesso piano: gli articoli del codice civile sono obbligatori mentre l’OIC n. 11 ha funzioni interpretative e integrative rispetto alla legge. Le principali differenze rispetto al Conceptual Framework dello IASB sono relative sia all’obiettivo che alle caratteristiche qualitative. L’obiettivo dei bilanci definito dall’art. 2423 non fa riferimento ad alcun utilizzatore delle informazioni e dunque sembra porre tutti gli stakeholders sullo stesso piano, in contrasto con la definizione dei primary users introdotta dal CF dello IASB. In altri termini la disciplina civilistica è rivolta a tutti gli utilizzatori dei bilanci e non prioritariamente agli investitori che operano sui mercati finanziari. Da questa prima importante differenza discendono quelle relative ai principi generali del bilancio: i principi della normativa civilistica (ad esempio verità, correttezza, chiarezza, prudenza, competenza), integrati e interpretati dall’OIC 11, sono profondamente differenti rispetto alle caratteristiche qualitative del CF IASB (Relevance and Faithful Representation, Enhancing Characteristics) poiché diversi sono gli specifici bisogni degli investitori rispetto a quelli più generali ed eterogenei di tutti gli stakeholder.
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
1.7. VERIFICA DI APPRENDIMENTO 1. Il Conceptual Framework for Financial Reporting: a) ha la stessa importanza degli IAS e degli IFRS; b) in caso di contrasto prevale sugli IAS e sugli IFRS; c) in caso di contrasto gli IAS e gli IFRS prevalgono sul CF. 2. Gli utilizzatori primari dei FR sono: a) gli investitori; b) i dipendenti della società; c) i manager le autorità di regolamentazione. 3. Le qualità fondamentali dei FR sono: a) prudenza e utilità delle informazioni; b) significatività e rappresentazione fedele delle informazioni; c) comparabilità e comprensibilità delle informazioni. 4. L’obiettivo dei FR è di fornire agli attuali e potenziali investitori: a) informazioni prudenti a fini interni; b) informazioni utili per assumere decisioni economiche; c) informazioni comparabili nel tempo e nello spazio. 5. La significatività delle informazioni comprende: a) la neutralità e la completezza dei dati; b) la verificabilità e la tempestività delle informazioni; c) un valore predittivo, di conferma o entrambi delle informazioni. 6. La rappresentazione fedele delle informazioni comprende: a) la neutralità, la completezza e l’attendibilità delle informazioni; b) la significatività delle informazioni; c) la comprensibilità delle informazioni. 7. Le caratteristiche qualitative migliorative: a) sono essenziali per l’utilità dei FR; b) sono utili ma non essenziali se sono rispettate le qualità fondamentali; c) sono alla pari con le qualità fondamentali. 8. La prudenza non è compresa tra le caratteristiche qualitative perché: a) in contrasto con il principio della significatività delle informazioni; b) in contrasto con il principio dell’utilità dei FR; c) in contrasto con il principio della neutralità delle informazioni.
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1.8. CONCLUSIONI Il CF dello IASB rappresenta un importante riferimento per le istituzioni preposte alla definizione dei principi contabili e per i protagonisti del processo di costruzione, controllo e utilizzo dei bilanci (redattori, revisori e utilizzatori) perché dovrebbe concorrere al progresso della qualità dei FR e della loro utilità nel fornire informazioni agli utilizzatori nell’assumere decisioni di investimento. Dopo la prima versione del 1989, nel 2010 lo IASB ha pubblicato una seconda versione del CF, frutto di un progetto congiunto in corso di realizzazione con il FASB, che nella sua prima fase ha introdotto innovazioni soprattutto relative all’obiettivo dei FR e alle caratteristiche qualitative delle informazioni economico-finanziarie. L’obiettivo dei FR (utilità delle informazioni per gli investitori attuali e potenziali nell’assumere decisioni economiche) è stato approfondito nelle sue tre componenti: 1) le decisioni economiche; 2) le informazioni utili agli investitori; 3) gli utilizzatori primari dei FR. L’aspetto forse più innovativo è proprio la formale definizione e identificazione dei Primary Users dei FR rispetto ad altre classi di stakeholder. Si ufficializza che gli investitori e gli operatori nei mercati finanziari sono gli utilizzatori primari dei bilanci e tutte le informazioni, dunque, devono avere l’obiettivo di soddisfare le loro attese di conoscenza per favorire i loro processi decisionali. Le innovazioni più importanti del CF dello IASB sono state introdotte nell’ambito delle caratteristiche qualitative: 1) solamente due (Relevance e Faithful Representation) sono le cosiddette qualità fondamentali, ossia essenziali per l’utilità delle informazioni; 2) mentre la Relevance è sostanzialmente confermata rispetto alla precedente versione, la Faithful Representtion è riformulata, essendo qualificata a sua volta dalla completezza, neutralità e attendibilità delle informazioni; 3) seguono le cosiddette qualità migliorative (comparabilità, verificabilità, tempestività, comprensibilità) che, in quanto tali, possono essere utili ma non indispensabili. Infine si conferma l’esigenza di trovare un equilibrio tra i costi indotti dalla produzione e fruizione delle informazioni dei FR e i benefici attesi (utili per le decisioni, funzionamento efficiente dei mercati). L’assenza della prudenza tra le caratteristiche qualitative è giustificata dallo IASB con l’obiettivo di favorire la neutralità dei FR ma, di fatto, il principio rimane un riferimento essenziale per l’applicazione di molti principi contabili internazionali.
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2 IL FAIR VALUE di Michele Pizzo e Nicola Moscariello SOMMARIO: 2.1. Definizione ed inquadramento preliminare. – 2.2. Il processo di determinazione del fair value. – 2.3. Initial recognition. – 2.4. Passività e capitale netto. – 2.5. I principali ambiti di applicazione del fair value nei principi contabili internazionali. – 2.6. Le informazioni sul fair value nel quadro normativo italiano. – 2.7. Il recente dibattito sulla pro-ciclicità del fair value (brevi cenni). – 2.8. Verifica di apprendimento.
2.1. DEFINIZIONE ED INQUADRAMENTO PRELIMINARE Il fair value è ormai da tempo indicato dallo IASB come un importante criterio di misurazione – in sostituzione o in alternativa al costo storico – ed un fondamentale tassello dell’informazione integrativa per molte poste del bilancio. Solo recentemente, però, attraverso l’emanazione di uno specifico criterio contabile (IFRS 13, Fair Value Measurement), lo standard setter internazionale ha deciso di affrontare in maniera organica le problematiche concettuali ed applicative presenti 1. Nel documento il fair value viene definito come il prezzo corrente al quale una attività/passività potrebbe essere venduta/trasferita in un mercato attivo, tra parti consapevoli, indipendenti e disponibili alla transazione 2. Traspaiono chia-
1 L’International Financial Reporting Standard 13 – Fair Value Measurement è stato emanato, infatti, nel mese di maggio del 2011 (per entrare in vigore a partire da gennaio 2013), con l’intento di offrire un punto di riferimento ed una guida unitaria per la determinazione di una configurazione di valore prevista – non senza significative discordanze all’interno del corpo dei principi contabili – in numerosi standard. 2 In realtà, in merito ai soggetti coinvolti nella transazione, il paragrafo 9 del principio IFRS 13 fa un semplice richiamo alla categoria dei “market participants”, senza offrire ulteriori chiarimenti circa le caratteristiche principali di questi ultimi. Tuttavia, nelle Basis for Conclusions al documento contabile in oggetto, lo standard setter ribadisce che gli operatori di mercato devono
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ramente come caratteristiche fondamentali del criterio 3: – la natura market-based, in contrasto con l’approccio entity-specific proprio della maggior parte delle metriche del valore accolte in bilancio (ad esempio, il costo storico o il prezzo di presumibile realizzo/estinzione); – le analogie, anche concettuali, con la configurazione dell’exit price. In merito alla natura market-based del criterio, è importante sottolineare come la fair value accounting richieda, nel processo di misurazione, un forte legame con le aspettative formulate da operatori neutrali del mercato. Di fatti, come si avrà modo di approfondire nei paragrafi successivi, le grandezze di mercato – quando disponibili – costituiscono la principale fonte informativa per la determinazione del fair value o – in loro assenza – la conclusione ideale cui comunque giungere attraverso lo sviluppo di complessi modelli di simulazione 4. Da ciò, evidentemente, discende che il processo di valutazione non dovrà mai essere influenzato dalle caratteristiche peculiari dei soggetti coinvolti nella potenziale transazione e, dunque, dalle economie/diseconomie connesse alle specifiche posizioni contrattuali di cui gli stessi sono espressione. In proposito, è importante ricordare la distinzione tra i “transaction cost” e i “transportation cost”: – i primi, infatti, sono strettamente connessi alle caratteristiche delle parti contraenti e, pertanto, non devono essere considerati per la determinazione del fair value; – i secondi, invece, in quanto riconducibili alla natura del bene ed alla sua specifica localizzazione, non possono che impattare sul valore 5 da assegnare alla posta. Riguardo, invece, alla sovrapposizione del fair value con gli exit price, ad essere “independent of each other, knowledgeable about the asset or liability, and able and willing to enter into a transaction”. 3 Sul punto, si legga: PIZZO M., “Inquadramento della problematica”, in PIZZO M. (a cura di), L’adozione degli IAS/IFRS in Italia: il fair value, Giappichelli, Torino, 2008. 4 In presenza di dati di mercato direttamente riconducibili all’attività/passività oggetto di valutazione (qualora, cioè, vi sia lo scambio regolare di risorse/obbligazioni identiche a quelle iscritte in bilancio), si parlerà di un mark-to-market fair value. Al contrario, si utilizzerà un approccio mark-to-model per la determinazione del fair value di attività/passività il cui prezzo di mercato non risulti immediatamente evidente al valutatore. 5 IFRS 13, Basis for Conclusions, parr. 60-62. Ad esempio, il prezzo del rame nel mercato principale deve essere rettificato, nel caso di una miniera in Africa, dei costi di trasporto fino al mercato. Un’approfondita analisi sulla natura market-based del fair value è presentata da BARLEV B.-HADDAD J.R., Fair value accounting and the management of the firm, Critical Perspective on Accounting, vol. 14, 2003, pp. 383-415. Si legga, inoltre: PIZZO M., Il “fair value” nel bilancio di esercizio, Cedam, Padova, 2000.
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essa non è estranea la volontà di introdurre in bilancio una grandezza che sia espressione dei cash flow connessi alla vendita della posta di bilancio, indipendentemente dalla destinazione realmente assegnata ad essa dal management aziendale. In altri termini, la determinazione del fair value, per effetto della sua natura market based e delle analogie con l’exit price, dovrà condurre sempre alla sintesi delle aspettative formulate da agenti economici razionali circa i flussi di cassa derivanti dalla vendita di un bene (o dal trasferimento di una passività), quand’anche lo stesso – per motivi di efficienza economica – debba essere utilizzato durevolmente in azienda. In tal caso, infatti, il fair value non potrà che rappresentare il prezzo potenzialmente realizzabile dalla vendita della risorsa (o dal trasferimento della passività) ad un operatore indipendente e consapevole che, nell’intento di massimizzare la propria utilità, sceglierebbe comunque di impiegare stabilmente all’interno del suo processo produttivo il componente acquistato 6. Dalla lettura delle relazioni e delle note ai bilanci consolidati delle aziende quotate italiane – di cui sotto vengono offerti alcuni estratti – emerge l’immediato interesse delle imprese per il nuovo principio contabile e la volontà di stimarne il futuro impatto sui conti annuali. Tuttavia, la definizione di fair value che viene spesso offerta non appare ancora pienamente adeguata alle recenti disposizioni dello IASB. Riprendendo le indicazioni contenute in diversi principi contabili emessi in passato, la configurazione di valore in oggetto, infatti, viene descritta come il “corrispettivo al quale una attività può essere scambiata o una passività estinta” e non come “il prezzo al quale le passività potrebbero essere trasferite”. Ebbene, tale differenza, meglio chiarita nei suoi risvolti operativi anche in seguito, e che apparentemente è solo formale, potrebbe introdurre importanti scostamenti tra il dettato dei principi contabili e l’implementazione degli stessi da parte degli operatori, dal momento che il valore di estinzione di una passività rischia di allontanare, tra l’altro, il processo di misurazione da un approccio market-based, per introdurre considerazioni entity-specific, da cui, invece, per quanto detto sinora, il fair value dovrebbe essere depurato 7. 6
Si determinerà, dunque, il fair value in-exchange per i beni destinati alla vendita ed il fair value in-use per quelli impiegati durevolmente in azienda. In entrambi i casi, il fair value deve però ricondursi al prezzo di vendita (exit price) potenzialmente realizzabile alla data della valutazione attraverso uno scambio con soggetti indipendenti, consapevoli e disponibili ad effettuare la transazione. 7 Sul punto, si legga anche: CANADIAN ACCOUNTING STANDARD BOARD (CICA), Measurement Bases for Financial Accounting: Measurement and Initial Recognition, Discussion Paper, November 2005.
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Gruppo Ciccolella Bilancio Consolidato al 31/12/2011 (p. 80) L’IFRS 13 stabilisce una singola linea guida nell’ambito degli IFRS per tutte le valutazione al fair value. L’IFRS non modifica i casi in cui sia richiesto di utilizzare il fair value, ma piuttosto fornisce una guida su come valutare il fair value in ambito IFRS, quando l’applicazione del fair value è richiesta o permessa. La Società sta attualmente valutando l’impatto di tali modifiche sul bilancio consolidato di gruppo.
Gruppo Snam-Rete Gas Bilancio Consolidato al 31/12/2011 (p. 155) In data 12 maggio 2011, lo IASB ha emesso l’IFRS 13 “Fair Value Measurement” relativo alla definizione di un framework unico per le valutazione al fair value richieste o consentite da parte di altri IFRS e all’informativa di bilancio. Il fair value è definito come il prezzo da ricevere per la vendita di un’attività (da pagare per l’estinzione di una passività) nell’ambito di una transazione ordinaria posta in essere tra operatori di mercato.
Gruppo A2A Bilancio Consolidato al 31/12/2011 (p. 28) L’IFRS 13 definisce il fair value, fornisce una guida alla sua determinazione ed introduce requisiti di informativa. Il principio definisce il fair value come il corrispettivo al quale un’attività può essere scambiata, o una passività estinta, tra parti consapevoli e disponibili, in una transazione tra terzi indipendenti. Nei casi in cui le transazioni siano osservabili direttamente in un mercato, la determinazione del fair value può essere relativamente semplice, ma ove non lo fossero vengono utilizzate tecniche di valutazione.
2.2. IL PROCESSO DI DETERMINAZIONE DEL FAIR VALUE Coerentemente con l’inquadramento concettuale descritto sopra, il principio IFRS 13 presenta anche una dettagliata analisi del processo che il valutatore dovrà seguire per giungere ad una corretta ed attendibile stima del fair value. Secondo lo standard setter, infatti, la sua effettiva quantificazione risulta essere la fase terminale di una complessa procedura che si sviluppa secondo le seguenti
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fasi, tra loro logicamente correlate e contraddistinte da una elevato grado di interdipendenza 8: – identificazione e chiara delimitazione dell’oggetto di valutazione (unit of account); – individuazione della destinazione (scambio o utilizzo all’interno del ciclo di produzione) che un operatore razionale assegnerebbe alla posta del patrimonio al fine di massimizzarne l’utilità (scelta dell’highest and best use) 9. Pertanto, per le attività non finanziarie va preliminarmente chiarito se debba prevalere una valutazione isolata o, piuttosto, una in combinazione con altre attività e passività; ovviamente, in linea con le caratteristiche generali del criterio, tale decisione dipenderà non dalle scelte (effettive) dell’azienda, ma, piuttosto, da quelle (ipotetiche) degli altri operatori 10. L’individuazione dell’highest and best use presuppone, su un piano pratico, l’attenta verifica della legittimità giuridica dell’impiego, della sua fattibilità tecnica, sostenibilità finanziaria e, non in ultimo, convenienza economica. Infatti, l’utilizzo individuato non può contrastare con la normativa vigente e deve risultare concretamente perseguibile in termini sia operativi sia economico-finanziari. Va in ultimo precisato come l’highest and best use non si applichi alle passività ed al capitale netto (ed ai connessi strumenti finanziari), dal momento che nella fattispecie in questione non sono ipotizzabili impieghi alternativi; ESEMPIO 1 – Identificazione dell’highest and best use Un’azienda acquista un terreno in seguito ad una operazione di business combination. Al momento dell’acquisto, il terreno è destinato ad uso industriale ed accoglie alcuni capannoni adibiti a magazzino. Tuttavia, il recente impiego di siti vicini a quello oggetto di valutazione per la realizzazione di residenze abitative e la presenza di un piano regolatore che consenta il cambio di destinazione d’uso dell’asset introducono la possibilità di un impiego alternativo del bene.
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IFRS 13, Fair Value Measurements, par. IN10. L’International Valuation Standard Committee (IVSC) definisce l’highest and best use come “the most probable use of a property which is physically possible, appropriately justified, legally permissible, financial feasible, and which results in the highest value of the property being valued ”, General Valuation Concept and Principle, par. 6.3. 10 Pertanto, quand’anche la società decidesse di non impiegare il bene, ad esempio un brevetto, per i maggiori benefici attesi da tale scelta, ma lo stesso potesse essere utilizzato da altri operatori, nella scelta prevarrebbe quest’ultima opzione, anche se comportasse un valore minore. 9
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L’individuazione dell’highest and best use del terreno – strumentale ad una sua successiva valutazione al fair value – richiede, dunque, che siano posti a confronto i seguenti valori: a) il valore che contraddistingue il terreno nel suo stato attuale (in combinazione, dunque, con gli altri fattori produttivi per un uso durevole all’interno del sistema aziendale); b) il valore che potrebbe essere potenzialmente assegnato al bene nell’ipotesi di un impiego alternativo dello stesso (cessione sul mercato per la successiva realizzazione di residenze abitative), al netto – però – dei costi che l’azienda dovrebbe sostenere per la conversione delle stesso. L’opzione a cui si accompagna il maggior valore del bene rappresenta, dunque, l’highest and best use ad esso assegnabile.
– definizione del principal market. Questo, individuato come il “market with the greatest volume and level of activity for the asset and liability” si differenzia dal “most advantageous market”, che, al contrario, riguarda il mercato da cui l’azienda potrebbe trarre il prezzo più conveniente in seguito alla cessione del bene o al trasferimento della passività 11. Solo in assenza, infatti, di un “mercato principale”, il valutatore potrà indirizzarsi verso il mercato “più vantaggioso” per la raccolta dei dati necessari all’elaborazione del fair value. In pratica, l’azienda potrebbe, ai fini valutativi, dover applicare i valori desunti da un mercato di dimensioni maggiori, sebbene essa operi esclusivamente in uno più piccolo, ma caratterizzato da condizioni per la stessa più favorevoli, in quanto non conta la sua specifica posizione, ma quella astrattamente prevalente sul mercato. Va chiarito, tuttavia, come i due mercati, che non rappresentano necessariamente alternative, debbano essere considerati tenendo conto delle specificità aziendali e di settore; ad esempio, un mercato all’ingrosso potrebbe essere interdetto ad una società e quindi, nonostante il maggior livello dimensionale, risultare non significativo nella fattispecie; – scelta e sviluppo delle tecniche di valutazione più appropriate per l’elaborazione dei dati che, ricavati dall’analisi del mercato principale, condurranno alla determinazione del fair value dell’attività/passività.
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Dopo aver considerato costi di transazione e di trasporto che, pur non intervenendo nella misurazione dell’attività e passività, vanno considerati per una corretta identificazione del mercato più conveniente.
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In merito alla natura dei dati da impiegare nelle tecniche di valutazione, poi, il principio IFRS 13 individua due grandi categorie 12: 1. input ritraibili dalle grandezze di mercato; ulteriormente classificabili a seconda che si tratti di: 1.a) dati capaci di offrire una diretta manifestazione del fair value dell’asset/liability (level 1 input); 1.b) dati da cui solo indirettamente è possibile desumere il fair value della posta patrimoniale, mediante apposite modifiche ed elaborazioni che tengano conto delle differenze riscontrabili nei beni, nei mercati di riferimento e nei tempi di scambio (level 2 input) 13. 2. input ottenuti solo attraverso una simulazione inerente alle aspettative degli operatori circa le numerosi variabili da cui far discendere il prezzo della attività/passività (ammontare dei flussi di cassa, tempi del loro effettivo realizzo, grado di incertezza, ecc.) (level 3 input). I tre livelli così individuati costituiscono una rigida gerarchia (fair value hierarchy), cui attenersi al fine di garantire il massimo grado di attendibilità possibile alle procedure di valutazione. Pertanto, gli input di secondo o di terzo livello potranno essere impiegati solo in difetto di quelli precedenti 14. Dalla tipologia degli input disponibili, dipenderà – poi – la scelta della tecnica di valutazione più appropriata per giungere ad una stima attendibile del fair value. La disponibilità di prezzi di mercato di poste patrimoniali identiche o similari a quella oggetto di valutazione condurrà, ad esempio, all’utilizzo di un market approach (noto anche come sales comparison approach). Il cost approach, invece, verrà applicato in presenza di informazioni sufficienti ad effettuare una stima attendibile degli esborsi necessari, alla data della valutazione, per la realizzazione ex novo del bene (al netto, ovviamente, del suo grado di obsolescenza). Infine, la disponibilità di dati circa l’ammontare, i tempi ed il grado di incertezza dei flussi di cassa futuri riconducibili all’attività o passività potrebbe
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IFRS 13, Fair Value Measurements, parr. 76-90. Nella categoria in oggetto rientrano, ad esempio: il prezzo, scambiato all’interno di un mercato attivo, di una attività/passività simile a quella verso cui si rivolge l’attività di valutazione; il prezzo di una posta identica (o similare) a quella oggetto di valutazione scambiata, però, in mercati poco “profondi” e, dunque, caratterizzati da scarsa liquidità ed elevata volatilità; tassi di interesse, indici di settore, parametri macro-economici e grandezze di mercato alternative impiegabili per giungere al prezzo potenziale della risorsa/obbligazione. 14 IFRS 13, Fair Value Measurements, par. 72. 13
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condurre all’implementazione del cosiddetto income approach 15. In quest’ultima impostazione, il presumibile ricorso a tecniche di attualizzazione dei futuri cash flow e la connessa esigenza di ponderare i rischi esistenti pongono il redattore del bilancio di fronte alla scelta (rimessa nel principio alla sua discrezionalità) tra la rettifica dei rischi presenti nei cash flow attraverso il tasso di attualizzazione e quella volta ad una diretta modifica dei flussi attesi. Infatti, tali tecniche, pur facendo ricorso ad assunzioni: – comuni agli operatori di mercato; – relative ai soli aspetti riconducibili alla specifica attività/passività esaminata; – internamente coerenti, ponderano diversamente il rischio: la prima nel tasso; la seconda, operando direttamente rettifiche ai flussi e rendendoli equivalenti a valori certi. Ancorché, come già precisato, l’IFRS 13 non indichi una priorità, ai fini pratici, il ricorso al tasso pare di più agevole applicazione per la presenza, sul mercato, di maggiori possibili riferimenti per la sua determinazione. La qualità dei risultati ottenuti attraverso le diverse tecniche dipenderà, ovviamente, dalla precisione degli input utilizzati e dalla capacità del valutatore di saper individuare la metodologia di misurazione che meglio si adatti alla natura dei dati in possesso. ESEMPIO 2 – Valutazione di un macchinario In seguito ad un’operazione di business combination, un’azienda acquista un macchinario a cui il precedente proprietario – rispetto al modello originario – aveva apportato leggere modifiche per adattarlo alle caratteristiche della sua combinazione produttiva. Un’analisi sull’highest and best use dell’asset porta a ritenere che lo stesso debba continuare ad essere impiegato durevolmente all’interno del processo produttivo della nuova azienda. Ai fini della stima del fair value, il valutatore ritiene che i dati di cui dispone consentano di sviluppare le tecniche del cost approach e del market approach, mentre viene esclusa la tecnica dell’income approach. Il valutatore, infatti, non ritiene possibile stimare attendibilmente i flussi di cassa che il bene – in combinazione con gli altri fattori produttivi – sarà in grado di produrre autonomamente. Inoltre, non sono presenti informazioni circa contratti di leasing su beni similari da cui poter indirettamente trarre una stima dei flussi di cassa periodici associabili al macchinario. 15
IFRS 13, Fair Value Measurements, parr. B5-B11. Per un approfondimento circa i risvolti concettuali e le problematiche applicative riguardanti le diverse tecniche di valutazione, si legga: MOSCARIELLO N., “Le Tecniche di Misurazione e la Disclosure del Fair Value”, in PIZZO M. (a cura di), L’Adozione degli IAS/IFRS in Italia: Fair Value, Giappichelli, Torino, 2008.
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Il market approach è dunque sviluppato mediante un’analisi dei prezzi scambiati per la vendita di beni analoghi a quello oggetto di valutazione, ovviamente rettificati per tener conto delle modifiche apportate sullo stesso dal precedente proprietario. La stima in oggetto, allora, conduce ad un possibile range tra € 40.000 e € 48.000. Il cost approach, invece, viene implementato attraverso la previsione dei costi che, al momento della valutazione, si dovrebbero sostenere per la sostituzione del bene con uno ad esso identico, considerando, tuttavia, gli esborsi connessi alla sua installazione e gli effetti prodotti dal deperimento fisico, dall’obsolescenza economica e da quella operativa. In tal caso, la stima a cui si giunge oscilla tra un minimo di € 40.000 ad un massimo di € 52.000. Considerato che – nel caso specifico – gli input impiegati nel market approach risultano contraddistinti da un minor grado di incertezza rispetto a quelli adottati nel cost approach (si ricorda, infatti, che il precedente proprietario ha apportato solo leggere modifiche al macchinario) e che i risultati conseguiti mediante la prima tecnica si sovrappongono a quelli ottenuti con la seconda, presentando, inoltre, una minore estensione, il valutatore decide di adottare il market approach e di giungere ad una stima del fair value pari a € 48.000.
2.3. INITIAL RECOGNITION La registrazione iniziale di attività-passività riflette, normalmente, il prezzo previsto nella transazione e quindi un entry price, che si discosta, concettualmente, dalla logica dell’exit price assunta dall’IFRS 13. Il principio, tuttavia, riconosce come, sul piano pratico, nella fase dell’initial recognition, entry ed exit price tendenzialmente coincidano, a meno che la transazione sia svolta tra related party o in circostanze eccezionali o in base a contratti stipulati anteriormente con termini e condizioni difformi da quelli attuali di mercato o in un mercato diverso da quello principale. La differenza può anche sorgere quando differisca la unit of account (p.e. in presenza di acquisto di gruppi di beni). In presenza di scostamenti si origina “a day one gain or loss”, che va imputata al reddito di periodo, a meno di diversa previsione in uno specifico standard. Mentre i costi di transazione non dovrebbero dar luogo a scostamenti tra entry ed exit price, in quanto, come già precisato, non incidono sul valore del fair value, i bid ask spread, cioè la differenza che i prezzi di domanda e offerta possono svolgere, nel caso degli strumenti finanziari, un ruolo decisivo. L’IFRS 13 permette, ma non impone, bid price per posizioni long e ask price per quelle short, così come mid-market price o altre convenzioni, se impiegate dagli operatori del mercato.
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2.4. PASSIVITÀ E CAPITALE NETTO Le componenti, finanziarie e non, del passivo e del netto aziendale prospettano alcune peculiarità nella misurazione al fair value, che ne suggeriscono un’autonoma trattazione, sia pure contenuta per gli evidenti limiti espositivi connessi alla natura del presente volume. Innanzitutto, per le poste in questione viene richiamato, più correttamente, il concetto di “trasferimento” al posto di “settlement” impiegato in passato, ma che è comunque coerente con una logica di exit value. Come già richiamato a proposito delle incertezze rinvenibili nei bilanci italiani, la circostanza che l’IFRS 13 faccia riferimento al transfer e lo IAS 39 al settlement delle passività può ingenerare diversità, in quanto nel settlement lo sconto per il rischio di credito aziendale riconosciuto dalla controparte può, in concreto, rivelarsi inferiore rispetto a quello “trasferito”, che, come assume l’IFRS 13, rimane identico prima e dopo il trasferimento 16. Inoltre, nelle fattispecie in esame non è, come già richiamato in precedenza, applicabile il concetto di highest and best use per l’assenza di impieghi alternativi. Infine, una componente fondamentale da considerare – e che, oltre a risultare alquanto lontana dalla nostra tradizione contabile, pone non pochi problemi – è rappresentata dal “non-performance risk”, cioè la possibilità che l’azienda non sia in grado di adempiere un’obbligazione. Tale rischio non va identificato necessariamente con il rischio creditizio dell’azienda, in quanto a quest’ultimo, che pur rappresenta una componente prevalente, si affiancano anche altre categorie (si pensi, a titolo esemplificativo, al rischio di una mancata fornitura, per ragioni tecniche, di beni e servizi, già contrattualmente prevista) 17. Accanto alle peculiarità non difettano, ovviamente, analogie con concetti e criteri già richiamati nei precedenti paragrafi per le attività: – una maggiore efficienza aziendale (p.e. per la capacità di adempiere l’obbligazione a costi minori rispetto al prezzo di trasferimento ad un altro operatore) non è presa in considerazione, sia perché entity specific sia perché essa già si traduce in maggiori profitti nel tempo, indirettamente e continuamente, rilevabili a conto economico; 16 Ad esempio, a fronte di una rettifica di 10, l’acquirente potrebbe riconoscere solo uno sconto di 8. In tal caso, con il settlement occorrerebbe rettificare le passività solo di 8, mentre con il transfer dell’IFRS 13, l’adjustment sarebbe di 10 ed identico per le due controparti. 17 Va precisato che nella stima di tale rischio, la presenza di garanzie di terzi potrà essere presa in considerazione solo se quest’ultima rientra nella unit of account delle passività; pertanto, se la garanzia è contabilizzata separatamente dalle passività, non se ne può tenere conto nella stima di quest’ultimo.
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– è applicabile la cosiddetta fair value hierarchy, anche se, in assenza di componenti identiche o simili (e quindi di input dei primi due livelli), il ricorso a tecniche valutative impone dei risk adjustment, che per tali voci possono prospettare maggiori complessità ed incertezze. Ad esempio, in presenza di rischi peculiari – o addirittura unici – possono difettare riferimenti significativi o il prezzo di mercato potrebbe riflettere possibili diversificazioni di portafoglio applicate dagli operatori.
2.5. I PRINCIPALI AMBITI DI APPLICAZIONE DEL FAIR VALUE NEI PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI
Come già accennato nella parte introduttiva del presente lavoro, il fair value ricopre un ruolo ormai fondamentale per la misurazione e/o l’informazione integrativa riguardante numerose poste attive/passive del capitale. Ragioni di sintesi, ovviamente, impediscono di presentare un’analisi completa al riguardo. Pertanto, rinviando ai capitoli successivi per una approfondita disamina dell’utilizzo del fair value nei singoli principi contabili, in questa sede ci si limiterà a descrivere brevemente le fattispecie ritenute maggiormente rappresentative degli attuali ambiti di applicazione del fair value nella comunicazione economico-finanziaria d’azienda. Considerati i forti legami che il criterio di misurazione in oggetto presenta con i prezzi di mercato (seppur modificati per giungere alle ideali condizioni di scambio prima descritte), non stupisce – ad esempio – il peso tradizionalmente assegnato al fair value per l’iscrizione in bilancio e la disclosure degli strumenti finanziari 18. In tale ambito, poi, il fair value ha potuto trovare una decisa diffusione non solo perché misurabile con maggiore attendibilità e minori costi rispetto ad altre poste del patrimonio, ma anche perché ritenuto assolutamente in-
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Al riguardo, infatti, si sottolinea come il recente standard contabile IFRS 9 – Financial Instruments, supponendo che il fair value degli strumenti finanziari sia sempre attendibilmente misurabile (anche attraverso una delle tecniche sopra descritte), preveda una prima iscrizione al fair value della maggior parte di essi e, in molti casi, il diretto transito a Conto Economico delle successive variazioni di valore rilevate in seguito all’applicazione del criterio. Sono esclusi da una valutazione al fair value solo le attvità/passività finanziarie caratterizzate da pagamenti fissi e determinabili e detenute, per coerenza con il modello di business aziendale, sino alla loro natura scadenza (i cosiddetti strumenti held to maturity). Tuttavia, anche in questo caso, è prevista una loro valutazione al fair value, allorquando tali strumenti finanziari siano funzionalmente collegati ad altre poste del patrimonio ed una loro espressione a valori correnti si mostri necessaria per migliorare la qualità dell’informazione d’azienda ed evitare fenomeni di accounting mismatch. IFRS 9, Financial Instruments, par. 4.1.5.
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dispensabile per rappresentare i risvolti economici connessi a posizioni in contratti derivati, altrimenti del tutto ignorati da un tradizionale sistema di rilevazione 19.
Gruppo Tod’s Bilancio Separato al 31/12/2011 (p. 125) In ragione di un’importante presenza nei mercati internazionali, la società è esposta al rischio di cambio, principalmente per ricavi denominati in valute differenti dall’euro. Al fine di realizzare gli obiettivi previsti dalla politica di Risk Management, sono posti in essere per ogni singola valuta derivati a copertura di una determinata percentuale dei volumi di ricavi (e di costi) attesi nelle singole valute diverse da quella di conto. Ad ogni data di riferimento, l’esposizione in bilancio segue il metodo dell’hedge accounting, che prevede l’iscrizione nello stato patrimoniale dei derivati al loro fair value, nonché la registrazione delle variazioni di fair value, che differisce a seconda della tipologia di copertura alla data di valutazione. L’ammontare nozionale dei contratti di vendita a termine di valuta, in essere alla data di chiusura del bilancio, è così sintetizzabile: Valuta/000
Dollaro US Dollaro HK Yen giapponese Sterlina britannica Franco svizzero Dollaro canadese Totale
Vendite Nozionale in valuta
Nozionale in euro
26.800 909.000 350.000 8.750 1.100 2.330
20.713 90.439 3.493 10.475 905 1.763 127.788
Secondo quanto previsto dal principio IFRS 7, si è proceduto a classificare gli strumenti finanziari esposti al fair value sulla base di una gerarchia degli input utilizzati nella stima del fair value. In particolare, è possibile individuare i seguenti livelli: 1° Livello – prezzi quotati rilevati su un mercato attivo per attivi-
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Si fa riferimento, principalmente, alla cosiddetta Hedge Accounting, disciplinata attualmente dal principio contabile IAS 39, Financial Instruments: Recognition and Measurement, par. 85. Si legga, al riguardo: GAETANO A., “Gli strumenti finanziari”, in AZZALI S.-ALLEGRINI M.GAETANO A.-PIZZO M.-QUAGLI A., Principi Contabili Internazionali, Giappichelli, Torino, 2006.
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tà o passività oggetto di valutazione; 2° Livello – input diversi dai prezzi quotati di cui al punto precedente, che sono osservabili direttamente (prezzi) o indirettamente (derivati dai prezzi) sul mercato; 3° Livello – input che non sono basati su dati di mercato osservabili. Il fair value degli strumenti finanziari derivati in essere al 31 dicembre 2011 è classificabile come di 2° livello. Gruppo Hera Bilancio Consolidato al 31/12/2011 (p. 185) Il fair value dei derivati sottoscritti a copertura del tasso di cambio e del fair value dei finanziamenti in valuta, al 31 dicembre 2011, risulta essere positivo per 61.684 migliaia di euro. Al 31 dicembre 2011, il fair value netto dei derivati su commodity risulta essere negativo e pari a 2.273 migliaia di euro, rispetto ad un fair value anch’esso negativo di 748 migliaia di euro al 31 dicembre 2010. Il fair value degli strumenti finanziari, sia su tassi di interesse sia su tassi di cambio, è desunto da quotazioni di mercato; in assenza di prezzi quotati in mercati attivi si utilizza il metodo dell’attualizzazione dei flussi di cassa futuri prendendo a riferimento parametri osservabili sul mercato. I fair value dei contratti derivati su commodity sono determinati utilizzando input direttamente osservabili sul mercato. Tutti i contatti derivati stipulati dal Gruppo sono in essere con primarie controparti istituzionali.
Il fair value, inoltre, assume una posizione di sicuro rilievo anche in merito alla misurazione delle immobilizzazioni materiali/immateriali ed alla periodica disclosure connessa a tali voci del patrimonio. In alternativa al criterio del costo storico, infatti, le imprese possono adottare il Revaluation Model ed iscrivere, quindi, le immobilizzazioni al fair value, facendo transitare per la sezione dell’Other Comprehensive Income la variazione patrimoniale così determinata 20. Una diretta iscrizione a Conto Economico degli incrementi di valore derivanti da una misurazione al fair value, invece, è prevista nell’ipotesi in cui oggetto di valutazione siano investimenti immobiliari non coinvolti direttamente nella combinazione produttiva aziendale. 20
IAS 16, Property, Plant and Equipment, parr. 31 e 39; IAS 38, Intangible Assets, parr. 75 e 85. Deve essere sottolineato, tuttavia, come il Revaluation Model per le immobilizzazioni materiali sia applicabile solo in presenza di una “attendibile” determinazione del fair value. Per gli asset intangibili, invece, una valutazione al fair value è consentita solo in presenza di un mercato attivo da cui trarre le informazioni necessarie. Tuttavia, tale limitazione decade nell’ipotesi in cui il bene immateriale sia acquisito tramite una business combination. In tal caso, infatti, lo IAS 38 – Intangible Assets (par. 35) ed il principio IFRS 3, Business Combination (par. 18) presumono che il fair value sia sempre attendibilmente misurabile.
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Per le poste in oggetto, inoltre, il fair value (seppur al netto dei costi di dismissione) rappresenta un parametro fondamentale per la determinazione del “valore recuperabile” e, quindi, per la quantificazione dell’eventuale svalutazione da apportare nell’ipotesi di una perdita durevole di valore 21. Infine, non può dimenticarsi il ruolo che il fair value comunque svolge nella preparazione dell’informazione integrativa di bilancio inerente alle immobilizzazioni materiali/immateriali. Quand’anche, infatti, si decidesse di valutare tali voci al costo storico – ipotesi, tra l’altro, ritenuta probabile a causa della specifica natura dei beni e della minor rilevanza che una loro stima a prezzi correnti presenta rispetto agli strumenti finanziari –, sarà comunque necessario offrire una dettagliata disclosure in merito al loro fair value e l’impatto economicopatrimoniale presumibile in seguito ad una sua applicazione 22.
Gruppo Sogefi Bilancio Consolidato al 31/12/2011 (p. 305 ss.) I bilanci sono stati predisposti sulla base del criterio convenzionale del costo storico, salvo che per la valutazione degli investimenti immobiliari al fair value e delle attività e passività finanziarie, ivi inclusi gli strumenti derivati, nei casi in cui è obbligatoria l’applicazione del criterio del fair value […] Gli investimenti immobiliari sono costituiti dai beni immobili detenuti al fine di conseguire canoni di locazione o per il relativo apprezzamento. Gli investimenti immobiliari sono inizialmente iscritti al costo comprensivo di oneri accessori al’acquisizione e successivamente sono valutati a fair value, rilevando a conto economico, alla voce “Proventi e Oneri non operativi” gli effetti derivanti da variazioni del fair value dell’investimento immobiliare. Il fair value di un investimento immobiliare riflette le condizioni di mercato alla data di riferimento ed è rappresentato dal corrispettivo al quale la proprietà immobiliare potrebbe essere scambiata fra parti consapevoli e disponibili, nell’ambito di una transazione basata sul principio di reciproca indipendenza. Un provento o un onere derivante da una variazione di fair value dell’investimento immobiliare è incluso nel risultato economico dell’esercizio in cui si verifica. Gli investimenti immobiliari ammontano al 31 dicembre 2011 a Euro 26.049 mila rispetto a Euro 27.019 mila al 31 dicembre 2010. Il decremento netto di Euro 970 mila corrisponde all’adeguamento al fair value degli investimenti immobiliari della Società determinato sulla base di stime effettuate da periti esterni nel mese di novembre 2011. Tali stime sono redatte utilizzando il metodo sintetico della comparazione di mercato che consiste nel prendere come base comparativa 21
IAS 36, Impairment of Assets, par. 18. IAS 16, Property, Plant and Equipment, par. 73; IAS 38, Intangible Assets, par. 118; IAS 40, Investment Property, par. 75. 22
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i prezzi recenti e congrui riscontrati per immobili simili per caratteristiche, localizzazione, destinazione e vincoli, adeguatamente aggiustati per tener conto delle singole specificità dei siti valutati.
2.6. LE INFORMAZIONI SUL FAIR VALUE NEL QUADRO NORMATIVO ITALIANO
Seppur in modo molto più graduale rispetto a quanto rilevato nei principi contabili internazionali, il principio del fair value comincia a trovare una sua collocazione anche all’interno del sistema contabile nazionale. In particolare, il legislatore nazionale 23 ha introdotto l’obbligo per le aziende non IAS-Adopter di fornire in nota integrativa informazioni inerenti al fair value degli strumenti finanziari (D.Lgs. 30 dicembre 2003, n. 394). Il primo comma dell’art. 2427-bis del codice civile dispone, quindi, che venga prodotta una periodica disclosure riguardante il fair value degli strumenti finanziari derivati 24. Inoltre, qualora le immobilizzazioni finanziarie vengano iscritte in bilancio ad un valore superiore rispetto al loro fair value, l’articolo del codice civile obbliga a fornire informazioni in merito a quest’ultimo ed alle motivazioni che hanno indotto il redattore a non effettuare alcuna svalutazione 25. Il ruolo del fair value nella comunicazione di bilancio delle aziende non quotate italiane appare, dunque, ancora limitato, sia perché ristretto solo ad alcune categorie di strumenti finanziari, sia in quanto circoscritto alla sola informazione integrativa di bilancio. Allo stato, non è possibile prevedere se l’applicazione del fair value possa estendersi in futuro anche ad altre poste del patrimonio, sino a rappresentare, per alcune di esse, una possibile alternativa al costo storico. È indubbio, infatti, che la Commissione europea miri ad una significativa armonizzazione tra le disposizioni previste per le aziende non quotate ed i principi emanati dallo IASB. In tal senso, infatti, deve essere letta la Direttiva 2003/51 (nota come direttiva di “ammodernamento”) che prescrive la valutazione al fair value anche a voci di bilancio diverse dagli strumenti finanziari. Da un lato, quindi, è ragionevole attendersi una loro introduzione – seppur progressiva – negli impianti contabili 23 In seguito alla Direttiva europea 2001/65 (denominata anche “direttiva del fair value”) mediante la quale la Commissione UE prevedeva che gli Stati Membri introducessero il criterio del fair value per la misurazione e/o la disclosure relativa agli strumenti finanziari. 24 Ad eccezione, ai sensi dell’art. 2435-bis, delle società che redigano il bilancio abbreviato. 25 Sono escluse dalla disposizione sopra descritta le immobilizzazioni finanziarie rappresentate da partecipazioni in imprese controllate e collegate e dalle partecipazioni in joint venture.
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nazionali, con un conseguente sviluppo della fair value accounting nei bilanci di esercizio e consolidati delle aziende non quotate italiane 26; dall’altro, proprio i rilievi mossi al criterio in merito alla sua pro-ciclicità, affrontati nel successivo paragrafo, ed alla sua scarsa significatività in mercati ridotti o turbolenti costituiscono, in periodi di crisi come quello attuale, un forte elemento di resistenza alla sua ulteriore diffusione.
2.7. IL RECENTE DIBATTITO SULLA PRO-CICLICITÀ DEL FAIR VALUE (BREVI CENNI) Una analisi retrospettiva sulla presenza del fair value all’interno dei principi contabili internazionali evidenzia il crescente peso assunto da una simile configurazione di valore nella comunicazione economico-finanziaria delle aziende quotate, mentre recenti Direttive europee consentono l’accesso del fair value anche all’interno dei bilanci delle aziende non IAS-Adopter. La crisi finanziaria in atto, però, ha messo in discussione i benefici informativi che il fair value garantisce attraverso uno stretto legame tra i risultati economici ed i prezzi di mercato, sottolineando – piuttosto – il carattere pro-ciclico di un siffatto modello contabile, che anticiperebbe ed accentuerebbe i riflessi di dinamiche negative di mercato, e, dunque, il ruolo attivo che una misurazione a valori correnti potrebbe aver svolto nella definizione della recente crisi dei mercati. In particolare, l’aver richiesto – attraverso una mark-to-market accounting – agli istituti di credito di svalutare gli strumenti finanziari detenuti in portafoglio per offrire un quadro tempestivo dell’andamento dei mercati ha certamente favorito una rapida presa di coscienza delle difficoltà economiche internazionali. Nondimeno, la rilevazione delle ingenti svalutazioni connesse ad un immediato adeguamento al fair value ha anche causato forti problemi di stabilità e di patrimonializzazione nel settore bancario, soprattutto per il concorso della normativa di controllo dei rischi (Basilea), con una contestuale riduzione dell’attività di credito a favore delle imprese, con l’adozione di scelte di disinvestimento dei titoli sovrani di paesi, come l’Italia, ritenuti a rischio e con un conseguente peggioramento delle condizioni macro-economiche generali 27. 26 A tal fine, a maggio del 2008, l’Organismo Italiano di Contabilità ha pubblicato una bozza di articolato che prevede sostanziali modifiche alle disposizioni civilistiche sul bilancio e, in particolare, introduce la possibilità di valutare gran parte delle immobilizzazioni materiali ed immateriali e degli strumenti finanziari al fair value. Per quanto attiene ai criteri di valutazione, l’articolato OIC presenta, dunque, forti similarità con il modello IASB. 27 Sul punto, si legga: LAUX C.-LEUZ C., The crisis of fair value-accounting: making sense of the recent debate, Accounting, Organizations and Society, vol. 39, 2009, pp. 826-834.
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Un importante dibattito sulle conseguenze economiche inattese connesse ad una valutazione al fair value è attualmente in corso e la funzione che il fair value svolgerà in futuro nella comunicazione economico-patrimoniale delle aziende non può che essere legata anche alle conclusioni cui, a tal riguardo, giungeranno i regolatori, i professionisti e gli esponenti del mondo accademico.
2.8. VERIFICA DI APPRENDIMENTO 1. Quale tra le seguenti affermazioni si avvicina maggiormente alla definizione del fair value contenuta nel principio contabile IFRS 13? a) il fair value è il prezzo al quale una attività può essere scambiata o una passività estinta tra soggetti consapevoli, disponibili e indipendenti; b) il fair value coincide con il prezzo di mercato di una attività/passività al momento della valutazione; c) il fair value equivale al prezzo corrente al quale una attività/passività potrebbe essere venduta in un mercato attivo, tra parti consapevoli, indipendenti e disponibili; d) il fair value coincide con il prezzo corrente al quale una attività/passività potrebbe essere acquistata in un mercato attivo, tra parti consapevoli, indipendenti e disponibili. 2. Individuare quale tra le seguenti affermazioni è esatta (potrebbero esserci più risposte corrette): a) il fair value è una grandezza market-based la cui stima accoglie i costi di transazione che una azienda ritiene di dover sostenere per realizzare la vendita di una attività/passività; b) il fair value offre misure di valore entity-specific e, pertanto, non influenzate dalle economie/diseconomie associate alla posizione contrattuale della singole azienda; c) il fair value è una grandezza market-based la cui stima non dovrà in alcun modo essere influenzata dai costi di transazione che presumibilmente si sosterranno per la vendita di una attività/passività; d) il fair value si differenzia dalle grandezze entity-specific poiché non accoglie i differenziali di prezzo connessi alle condizioni specifiche delle controparti coinvolte nella transazioni. 3. In base a quanto stabilito dallo IAS 16, qualora non vi siano informazioni che consentano una immediata definizione del fair value di una immobilizzazione materiale (in assenza, cioè, di un mercato attivo in cui vengono scambiati beni similari):
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
a) mediante opportune tecniche di valutazione, è possibile determinare il fair value ed iscrivere l’eventuale maggior valore tra i ricavi non operativi del Conto Economico; b) mediante opportune tecniche di valutazione, il redattore del bilancio è obbligato a determinare il fair value e ad iscrivere l’eventuale maggior valore nella sezione dell’Other Comprehensive Income; c) il redattore del bilancio non può procedere ad una valutazione al fair value della risorsa in oggetto perché manca un mercato attivo da cui attingere le informazioni necessarie: d) mediante opportune tecniche di valutazione, è possibile determinare il fair value e – se attendibilmente misurato – iscrivere l’eventuale maggior valore nella sezione dell’Other Comprehensive Income. 4. Quali tra le seguenti informazioni appare più adatta alla tecnica di valutazione dell’income approach? (potrebbero esserci più risposte corrette): a) il tasso di interesse richiesto dal mercato per l’acquisto di uno strumento finanziario i cui flussi di cassa futuri si presentano similari, in termini di tempo di realizzo e di grado di incertezza, a quello oggetto di valutazione; b) il prezzo recentemente scambiato in un atto di compravendita di una risorsa/obbligazione similare a quella oggetto di valutazione; c) i canoni di leasing che gli operatori di mercato sono disposti a versare per ottenere la disponibilità di un bene similare a quello oggetto di valutazione; d) il tasso di obsolescenza economica imputabile ai beni similari a quello oggetto di valutazione. 5. Secondo quanto stabilito dall’art. 2427-bis c.c.: a) gli strumenti derivati e le immobilizzazioni finanziarie possono essere valutati al fair value, solo nell’ipotesi in cui quest’ultimo si presenti inferiore rispetto al valore contabile delle poste in oggetto; b) il fair value degli strumenti derivati dovrà essere sempre indicato in nota integrativa, mentre quello delle immobilizzazioni finanziarie dovrà essere iscritto nelle note al bilancio solo se inferiore rispetto al relativo valore contabile; c) il fair value degli strumenti derivati e delle immobilizzazioni finanziarie potrà essere indicato in nota integrativa, solo se inferiore rispetto al valore contabile delle poste in oggetto; d) il fair value degli strumenti derivati dovrà essere sempre indicato in nota integrativa, mentre quello delle immobilizzazioni finanziarie potrà essere iscritto nelle note al bilancio solo se inferiore rispetto al relativo valore contabile.
3 I PRINCIPI GENERALI RILEVANTI di Cristian Carini e Pier Luigi Marchini 1 SOMMARIO: 3.1. Principi contabili, cambiamenti nelle stime contabili ed errori di contabilizzazione (IAS 8). – 3.1.1. Ambito di applicazione del principio e definizioni. – 3.1.2. I cambiamenti nei principi contabili. – 3.1.3. I cambiamenti nelle stime contabili. – 3.1.4. Gli errori di contabilizzazione. – 3.1.5. Sintesi delle principali differenze con il quadro normativo italiano. – 3.2. I fatti intervenuti dopo la data di chiusura dell’esercizio di riferimento (IAS 10). – 3.2.1. Ambito di applicazione del principio e definizioni. – 3.2.2. Rilevazione e valutazione. – 3.2.3. Informazioni integrative. – 3.2.4. Sintesi delle principali differenze con il quadro normativo italiano. – 3.3. La transizione ai principi contabili internazionali. – 3.3.1. Introduzione e aspetti principali dell’IFRS 1. – 3.3.2. La finalità dell’IFRS 1 e la metodologia di transizione. – 3.3.3. Gli aspetti operativi della transizione: le rettifiche e le riclassificazioni. – 3.3.4. Le eccezioni e le esenzioni riconosciute dall’IFRS 1. – 3.4. Verifica di apprendimento.
3.1. PRINCIPI CONTABILI, CAMBIAMENTI NELLE STIME CONTABILI ED ERRORI DI CONTABILIZZAZIONE (IAS 8)
3.1.1. Ambito di applicazione del principio e definizioni Lo IAS 8, denominato “Principi Contabili, cambiamenti nelle stime contabili ed errori” (Accounting Policies, Changes in Accounting Estimates and Errors), stabilisce i criteri per la selezione, l’applicazione e il cambiamento dei principi contabili 2, unitamente al relativo trattamento contabile e all’informativa sui cambiamenti di principi contabili, sui cambiamenti delle stime e sulla correzione degli errori 3. 1 Il presente capitolo, pur essendo il frutto del lavoro congiunto dei due Autori, è attribuibile, per quanto riguarda i paragrafi 3.1 e 3.2 a Pier Luigi Marchini e per quanto attiene al paragrafo 3.3. a Cristian Carini. 2 A differenza di quanto previsto dallo IAS 1 (Presentation of Financial Statement) che invece stabilisce i criteri di presentazione e di informativa in bilancio dei principi contabili adottati. 3 IAS 8, par. 3.
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
Tali aspetti sono trattati con l’obiettivo specifico dello IAS 8 di migliorare la rilevanza e l’attendibilità del bilancio, nonché di garantirne la comparabilità nel tempo e nello spazio, essendo l’aspetto della comparabilità, come visto, un requisito fondamentale affinché il bilancio possa essere utile per i destinatari (users) 4. La scelta del principio o dei principi contabili da adottare per la contabilizzazione, valutazione e rappresentazione degli accadimenti aziendali deve essere desunta sulla base del Principio o dell’Interpretazione 5 che, nello specifico, si riferiscono a tale operazione od evento. In mancanza di ciò, il soggetto deputato a predisporre il bilancio dovrà avvalersi di altre fonti e valutarne l’applicabilità al caso in oggetto. In base allo IAS 8, per cambiamento nelle stime contabili si devono intendere quelle rettifiche di valore contabile di un’attività, o di una passività, o della valutazione del sistematico deprezzamento di un’attività, che risultano dalla valutazione dell’attuale condizione di attività e passività, così come dei futuri benefici attesi e delle obbligazioni associate con le stesse attività o passività 6. Ciò che è importante osservare al riguardo è che, anche in base alla definizione fornita, appare evidente come i cambiamenti nelle stime contabili si originino a seguito di nuove informazioni acquisite, e che, quindi, non si possa parlare di cambiamenti di stime contabili quando si procede, invece, alla correzione di errori contabili determinatisi in esercizi precedenti. Proprio con riferimento a tale ultimo aspetto, per errori realizzati in esercizi precedenti si deve fare riferimento alle omissioni o alle errate misurazioni di voci di bilancio per uno o più esercizi precedenti, derivanti dal non utilizzo o dall’utilizzo erroneo di informazioni attendibili che erano disponibili, o che si poteva ragionevolmente supporre che lo fossero, al momento della redazione di quei bilanci. Tali errori possono comprendere errori di tipo aritmetico, errori nell’applicazione dei principi contabili, sviste, frodi oppure interpretazioni distorte degli accadimenti aziendali. A seguito del riconoscimento di un errore di esercizi precedenti, o del cambiamento di principi contabili o nelle stime contabili, si può determinare un’applicazione retroattiva o prospettica dei principi contabili o dei valori in oggetto.
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Si veda al riguardo, più nel dettaglio, il capitolo 1. Le Interpretazioni rappresentano, come visto, quei documenti in grado di integrare, interpretare e rendere maggiormente intelligibili le disposizioni contenute nei Principio Contabili Internazionali IAS/IFRS. Si parla, nel dettaglio, dei cosiddetti SIC (Standard Interpretations Committee) o IFRIC (International Financial Reporting Committee) a supporto dei Principi Contabili Internazionali di riferimento. 6 IAS 8, par. 5. 5
I PRINCIPI GENERALI RILEVANTI
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In particolare, l’applicazione retroattiva di un nuovo principio contabile alle operazioni, eventi o altri condizioni aziendali determina che le stesse siano trattate a livello contabile come se quel principio fosse sempre stato applicato. Al contempo, la determinazione retroattiva dei valori consiste nella correzione delle rilevazioni, della valutazione e dell’informativa concernente gli importi di elementi di bilancio come se l’errore di un esercizio precedente non fosse mai avvenuto. Al contrario, per applicazione prospettica di un cambiamento di un principio contabile si intende l’applicazione di un nuovo principio contabile a operazioni, altri eventi e circostanze che si verificano dopo la data alla quale il principio viene cambiato. Al contempo, la rilevazione prospettica dell’effetto di un cambiamento nella stima contabile richiede che tale cambiamento avvenga nel corrente e nei futuri esercizi interessati dal cambiamento. Sebbene si tenda in prevalenza a preferire un’applicazione retroattiva ai cambiamenti contabili ed ai valori, talvolta tale comportamento non è realizzabile. Infatti, l’applicazione retroattiva non risulta fattibile quando ciascuna entità, dopo avere fatto ogni ragionevole sforzo, non può concretamente applicarla. Ciò può avvenire per le seguenti ragioni: 1. gli effetti dell’applicazione o della determinazione retroattiva dei valori non sono determinabili; 2. l’applicazione o la determinazione retroattiva dei valori richiede supposizioni circa l’intento della direzione aziendale in quell’esercizio specifico; 3. l’applicazione o la determinazione retroattiva dei valori richiede stime particolarmente rilevanti in termini di importi, ed è molto complesso e difficile distinguere in modo obiettivo le informazioni relative a quelle stime. Da ultimo, pare importante evidenziare in quale modo debba essere inteso il concetto appena menzionato di rilevanza ai fini dell’applicazione del principio contabile in oggetto. Secondo lo IAS 8, le omissioni o le errate misurazioni di voci contabili sono da ritenersi rilevanti nella misura in cui possano, individualmente o nel complesso, influenzare le decisioni economiche degli utilizzatori in base a detto bilancio 7.
3.1.2. I cambiamenti nei principi contabili Lo IAS 8 tratta dapprima i comportamenti da attuarsi in relazione al cam7 Tale definizione di rilevanza trae origine dalla definizione presente all’interno del Conceptual Framework dello IASB. Si veda a tale riguardo il capitolo 1.
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
biamento di principi contabili adottati, intendendosi per principi contabili quegli specifici principi, concetti di base, convenzioni, regole e prassi applicati da un’azienda nella preparazione e presentazione del bilancio 8. Il primo aspetto che deve essere compreso a tale riguardo è, come in parte già anticipato, la procedura di selezione e di applicazione dei principi contabili internazionali nel processo di redazione del bilancio. È infatti specificatamente previsto che quando un principio contabile IAS/IFRS sia applicato in modo puntuale ad una operazione o, più in generale, ad un accadimento aziendale, la scelta dei criteri da applicarsi per la contabilizzazione di tale situazione deve essere determinata sulla base di quanto previsto da detto principio IAS/IFRS. Qualora, tuttavia, non sia possibile individuare alcun principio IAS/IFRS come applicabile alla specifica fattispecie in oggetto, in tal caso il soggetto che predispone il bilancio deve utilizzare il proprio giudizio nello sviluppare l’applicazione di criteri contabili che consentano di ottenere un’informativa rilevante ed attendibile per gli utilizzatori dello stesso bilancio. Ciò detto, può accadere che un’entità, in un esercizio successivo rispetto a quello di prima applicazione, decida di cambiare un principio contabile in precedenza adottato. Tale circostanza può accadere solo qualora ricorra anche solo uno dei due seguenti presupposti: 1. il cambiamento sia specificatamente richiesto da un principio IAS/IFRS; 2. il cambiamento sia utile a produrre un bilancio in grado di fornire informazioni maggiormente attendibili e rilevanti sulla situazione finanziaria, patrimoniale ed economica dell’impresa 9. È di assoluta importanza evidenziare come tali cambiamenti di principi contabili possano avvenire solo qualora si verifichi una delle due ipotesi sopra elencate; in mancanza di ciò, evidentemente, verrebbe seriamente compromessa la comparabilità nel tempo dei prospetti di bilancio. È altresì importante evidenziare come la fattispecie sub 1) in precedenza descritta debba essere considerata come un cambiamento obbligatorio di principi contabili, e si possa presentare ogni qual volta venga emessa una nuova versione di un IFRS, o emesso un nuovo IFRS. Al contempo, la fattispecie sub 2) in precedenza delineata fa riferimento alla tipologia di cambiamenti volontari di principi contabili, e si presenta ogni volta che mutano le condizioni operative dell’impresa e il cambiamento è in grado di
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IAS 8, par. 5. IAS 8, par. 14.
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fornire informazioni maggiormente rilevanti agli utilizzatori del bilancio. Esempi di tale situazione possono essere il passaggio del metodo di valutazione delle rimanenze dal FIFO al costo medio ponderato, oppure il passaggio dall’iscrizione a conto economico all’imputazione a patrimonio netto degli utili e delle perdite attuariali relative ai piani pensionistici a benefici definiti come permesso dallo IAS 19. Quando un’entità applica fin dall’origine un principio contabile IAS/IFRS, il cambiamento di principio contabile è contabilizzato in accordo con le disposizioni transitorie di quello specifico IAS/IFRS. Se quello specifico IAS/IFRS non contiene disposizioni transitorie, o più in generale in caso di cambiamento volontario di principio contabile applicabile, allora il cambiamento in oggetto è applicato in modo retroattivo. L’applicazione retroattiva del cambiamento di principio contabile, come già in parte anticipato nel paragrafo precedente, determina che l’entità debba rettificare il saldo di apertura di ciascuna componente del patrimonio netto interessata dal cambiamento a partire dal più remoto esercizio presentato (solitamente, quello dell’esercizio precedente). Al contempo, tutti gli importi comparativi indicati per i successivi esercizi presentati, fino a quello attuale, devono essere esposti come se il nuovo principio contabile fosse stato sempre applicato. In sostanza, l’applicazione retroattiva del cambiamento di un principio contabile internazionale o di una Interpretazione, ai sensi dello IAS 8, significa modificare i saldi di apertura di ogni componente del patrimonio netto interessata e, conseguentemente, gli altri importi comparativi indicati per ciascun esercizio precedente presentato come se il nuovo principio contabile fosse sempre stato applicato. In termini operativi, l’applicazione retroattiva comporta i seguenti effetti sui valori contabili dell’impresa: 1. rettifica dei valori della posta di bilancio interessata dal cambiamento di principio contabile nei bilanci comparativi degli esercizi precedenti; 2. ricalcolo delle imposte di competenza degli esercizi precedenti (ai fini di rideterminare la corretta valorizzazione delle imposte differite ed anticipate); 3. rideterminazione del risultato netto degli esercizi precedenti; 4. rettifica del saldo di apertura degli utili portati a nuovo (all’interno del patrimonio netto) dell’esercizio corrente; 5. adeguamento dei nuovi valori nell’esercizio corrente. Alla luce delle considerazioni fino ad ora effettuate, l’applicazione retroattiva del cambiamento di principio contabile implicherà di procedere attraverso le fasi rappresentate nella figura sotto esposta.
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
FIGURA 1 – Fasi dell’applicazione retroattiva Fase 2. Identificazione degli effetti pregressi del cambiamento
Anno 1
Anno 2
Fase 3. Rettifica saldo di apertura di attività, passività e PN all’inizio dell’anno 4
Fase 4. Rideterminazione valori comparativi per l’anno 4
Informativa comparativa
Cambiamento di PC
Anno 4
Anno 5
Anno 3
Fase 1. Identificazione degli esercizi precedenti non inclusi nell’informativa comparativa
Bilancio anno 5
Ovviamente, come anticipato nel precedente paragrafo, l’applicazione retroattiva del nuovo principio contabile incontra dei limiti nei casi in cui ciò non risulti essere fattibile. Quando infatti non risulti essere fattibile determinare gli effetti specifici del cambiamento di un principio contabile per uno o più esercizi precedenti presentati (solitamente il bilancio dell’anno precedente), l’entità deve applicare il nuovo principio contabile al valore delle attività e delle passività all’inizio del più remoto esercizio per il quale l’applicazione retroattiva risulti essere attuabile, effettuando al contempo una rettifica corrispondente al saldo di apertura di ciascuna componente di patrimonio netto per detto esercizio (applicazione “limitata” del metodo retroattivo) 10. FIGURA 2 – Fasi dell’applicazione retroattiva ”limitata” Fase 2. Identificazione degli effetti pregressi del cambiamento
Anno 1
Anno 2
Anno 3
Fase 1. Identificazione degli esercizi precedenti non inclusi nell’informativa comparativa
10
Fase 3. Rettifica saldo di apertura di attività, passività e PN all’inizio dell’anno 5 Informativa comparativa
Cambiamento di PC
Anno 4
Anno 5
Bilancio anno 5
Solitamente la rettifica viene rilevata nella riserva relativa agli utili portati a nuovo.
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I PRINCIPI GENERALI RILEVANTI
Affinché una rettifica si consideri fattibile, deve essere rappresentata nei prospetti patrimoniali di apertura e di chiusura di ciascun esercizio. Al contempo, potrebbe non risultare fattibile determinare l’effetto cumulativo dell’applicazione di un nuovo principio contabile all’inizio dell’esercizio corrente per tutti gli esercizi precedenti. In tale caso, l’entità dovrà procedere a rettificare l’informativa comparativa per applicare il nuovo principio contabile prospetticamente, iniziando dalla prima data in cui tale applicazione risulta essere possibile. Ovviamente, lo IAS 8 prescrive principalmente l’utilizzo dell’applicazione retroattiva al fine di garantire la comparabilità e l’uniformità delle informazioni di bilancio, elemento che verrebbe nella sostanza compromesso mediante l’applicazione del metodo prospettico. FIGURA 3 – Possibili applicazioni dei cambiamenti di principi contabili Cambiamento obbligatorio di principio contabile
Esistenza disposizioni transitorie specifiche
SÌ
Applicazione disposizioni transitorie specifiche
NO Cambiamento volontario di principio contabile
Esistenza informazioni per la ricostruzione dei valori di esercizi precedenti
SÌ
Applicazione metodo retroattivo
NO Applicazione limitata del metodo retroattivo
È opportuno precisare al riguardo che un’applicazione anticipata di uno standard IAS/IFRS non costituisce, altresì, un cambiamento volontario di principio contabile.
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
Principi contabili internazionali e/o interpretazioni emessi ma non ancora entrati in vigore e/o non omologati Gruppo Pirelli – Bilancio 2011 Come richiesto dallo IAS 8 “Principi contabili, cambiamenti nelle stime contabili ed errori”, vengono di seguito indicati e brevemente illustrati i nuovi Principi o le Interpretazioni già emessi, ma non ancora entrati in vigore oppure non ancora omologati dall’Unione Europea e pertanto non applicabili. Nessuno di tali Principi e Interpretazioni è stato adottato dal gruppo in via anticipata.
In assenza di un principio IAS/IFRS applicabile a operazioni o altre circostanze, può applicarsi un principio contabile adottato da uno standard setter che utilizza un quadro sistematico (framework) concettualmente simile a quello dello IASB per sviluppare i principi contabili.
Assenza di un principio IAS/IFRS applicabile ad operazioni. Gruppo Brembo – Bilancio 2011 Aggregazioni d’impresa (…) Le fusioni per incorporazione di società interamente possedute (fusioni “madre-figlia”) che si configurano come operazioni di riorganizzazione e che quindi non rappresentano un’acquisizione in senso economico sono escluse dall’ambito di applicazione dell’IFRS 3. In assenza di riferimenti o principi o interpretazioni IFRS specifici per tali operazioni, la scelta del principio più idoneo e guidata dai canoni generali previsti dallo IAS 8. In tal senso, come indicato dagli orientamenti preliminari Assirevi (OPI 2), nelle fusioni per incorporazione “madre-figlia”, con quota di partecipazione del 100%, si applica il principio della continuità dei valori nel bilancio separato rispetto a quelli inclusi nel bilancio consolidato alla data di fusione.
Se, a seguito di una modifica a tale disposizione, l’azienda sceglie di cambiare un principio contabile, tale cambiamento è contabilizzato e presentato come un cambiamento volontario di principio contabile.
I PRINCIPI GENERALI RILEVANTI
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Disclosure (informazioni integrative) sui cambiamenti di principi contabili Con riferimento ai cambiamenti obbligatori di principio contabile, in considerazione del fatto che si tratta di prima applicazione, o di cambiamento, di un principio contabile (first time adoption), un aspetto di assoluta rilevanza risulta essere la disclosure da fornire all’interno delle note. In particolare, qualora si tratti di applicazione iniziale di un nuovo IFRS, sia per quanto riguarda l’applicazione retroattiva che prospettica, si dovranno indicare: 1. il titolo dell’IFRS; 2. quando applicabile, che il cambiamento di principio contabile è effettuato secondo quanto previsto dalle disposizioni transitorie; 3. la natura del cambiamento del principio contabile; 4. se applicabile, una descrizione delle disposizioni transitorie; 5. se applicabili, le disposizioni transitorie che possono avere un effetto su esercizi futuri; 6. per l’esercizio corrente e per ciascun esercizio precedente presentato, nei limiti in cui ciò è fattibile, l’importo della rettifica per ciascuna voce di bilancio interessata 11; 7. l’importo della rettifica relativa a esercizi antecedenti a quelli presentati, nei limiti in cui ciò è fattibile; e 8. se l’applicazione retroattiva non è fattibile per un particolare esercizio precedente o per esercizi antecedenti a quelli presentati, le circostanze che hanno portato all’esistenza di tale condizione e la descrizione di come, e da quando, il cambiamento di principio contabile è stato applicato. Qualora, al contrario, si assista ad un cambiamento volontario di un principio contabile, si dovranno indicare: 1. la natura del cambiamento del principio contabile; 2. le ragioni per cui l’applicazione del nuovo principio contabile fornisce informazioni attendibili e più rilevanti; 3. per l’esercizio corrente e per ciascun esercizio precedente presentato, nei limiti in cui ciò è fattibile, l’importo della rettifica per ciascuna voce di bilancio interessata 12;
11 Inoltre, se lo IAS 33, Utile per azione, si applica all’entità, l’importo della rettifica si applica relativamente all’utile per azione di base e diluito. 12 Inoltre, se lo IAS 33, Utile per azione, si applica all’entità, l’importo della rettifica si applica relativamente all’utile per azione di base e diluito.
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
4. l’importo della rettifica relativa a esercizi antecedenti a quelli presentati, nei limiti in cui ciò è fattibile; e 5. se l’applicazione retroattiva non è fattibile per uno specifico esercizio precedente o per esercizi antecedenti a quelli presentati, le circostanze che hanno portato all’esistenza di tale condizione e la descrizione di come e da quando il cambiamento di principio contabile è stato applicato.
3.1.3. I cambiamenti nelle stime contabili Un ulteriore cambiamento che si potrebbe verificare con riferimento ad aspetti contabili riguarda la possibilità di modificare le stime riguardanti le valorizzazioni di alcune voci di bilancio. Come infatti afferma lo stesso IAS 8 al punto 32, molte voci presenti all’interno del bilancio non possono essere valorizzate con assoluta certezza e precisione, ma posso essere solamente stimate, ipotizzate. Nella dottrina economico-aziendale italiana, tale concetto è stato sviluppato nel recente passato da illustri Autori, i quali hanno tendenzialmente classificato le quantità presenti in bilancio in quantità oggettive e soggettive 13. Le quantità oggettive si determinano tramite una semplice numerazione delle unità monetarie e non che, per somma, ne definiscono l’entità. Le quantità oggettive utilizzano metodi di obiettiva misurazione delle corrispondenti grandezze, metodi che conducono a dati incontrovertibili ed immuni da incertezze, cosicché possono essere definite quantità certe in senso assoluto. Le quantità soggettive derivano, invece, da un’attività di valutazione degli accadimenti aziendali, prevalentemente alla fine dell’esercizio, e spesso hanno alla base ipotesi sul futuro svolgimento della gestione. Esse si possono distinguere in ipotesi di approssimazione al vero (quantità stimate) ed in ipotesi di soggettiva interpretazione del vero (quantità congetturate). Stime e congetture, pertanto, sono elementi indispensabili e connaturati alla predisposizione del bilancio di esercizio. I valori interessati da tali processi di stima o congettura sono, tra gli altri, quelli che interessano la quantificazione dell’esigibilità dei crediti, la valorizzazione del magazzino, il fair value delle attività e passività finanziarie, la vita utile dei beni ammortizzabili. In considerazione di tali caratteristiche, un valore stimato (o congetturato) potrebbe essere soggetto, in un momento successivo alla sua prima definizione, 13
Per la suddivisione dei valori di bilancio qui analizzata si vedano ONIDA P., Economia d’azienda, Utet, Torino, 1965, p. 555 ss.; FERRERO G., La valutazione dl capitale di bilancio, Giuffrè, Milano, 1995, p. 27 ss.; MASINI C., I bilanci d’impresa, Giuffrè, Milano, 1957, p. 59 ss.
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ad un cambiamento (e quindi ad una rettifica) a seguito di avvenuti mutamenti nelle circostanze sulla base delle quali la stima (o la congettura) si era basata, sia in conseguenza del fatto che siano state rese disponibili nuove informazioni, sia in conseguenza di una maggiore consapevolezza circa gli accadimenti in questione. In termini contabili, l’effetto di un cambiamento di stima deve essere rilevato in modo prospettico, includendo il valore della variazione correlata al cambiamento: 1. nell’esercizio in cui lo stesso è avvenuto, qualora tale cambiamento influisca solo su tale esercizio; 2. nell’esercizio in cui lo stesso è avvenuto, ed in quelli successivi, qualora tale cambiamento sia in grado di influire su tale serie di esercizi 14.
Caso di effetto di un cambiamento di stima in grado di influenzare la contabilizzazione degli esercizi futuri. Gruppo Pininfarina – Bilancio 2011 (…) L’ammortamento dei fabbricati e degli altri cespiti generici è calcolato attraverso il metodo lineare, in modo da distribuire il valore contabile residuo sulla vita economica utile stimata. L’ammortamento delle attrezzature specifiche legate a determinate produzioni di autovetture per conto terzi, avviene in base ai volumi di produzione, in accordo ai paragrafi n. 50 e n. 60 dello IAS 16 – Immobili, impianti e macchinari. La revisione della stima della vita economica utile, in accordo con lo IAS 8 – Principi contabili, cambiamenti nelle stime contabili ed errori, può essere necessaria quando avvengono mutamenti nelle circostanze sulle quali la stima si era originariamente basata o in seguito a nuove informazioni acquisite e l’effetto di tale cambiamento deve essere rilevato in maniera prospettica nell’esercizio in corso e in quelli successivi. Alla luce delle mutate condizioni di utilizzo e allo scopo di riflettere le modalità di fruizione dei benefici economici futuri, a partire dal secondo trimestre 2011 è stata modificata la stima della vita economica utile dei fabbricati e degli altri cespiti facenti parte degli stabilimenti produttivi di San Giorgio Canavese e Bairo Canavese di proprietà della Capogruppo.
14 Ciò significa che, laddove esista, l’impatto della variazione sugli esercizi futuri è rilevato come provento od onere negli esercizi futuri.
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
In base alla natura della stima originariamente effettuata, il suo cambiamento potrà originare una variazione di: 1. attività o passività con contropartita in costi o ricavi (ad esempio, l’adeguamento del fondo svalutazione crediti e conseguente iscrizione di un provento o di un onere in conto economico); 2. attività o passività con contropartita in elementi di patrimonio netto (ad esempio, l’adeguamento del fair value di un’attività destinata alla vendita secondo quanto esposto dallo IAS 39). FIGURA 4 – Applicazione dei cambiamenti di stime contabili Fase 1. Variazione di attività e passività mediante metodo prospettico
Anno 1
Anno 2
Anno 3
Informativa comparativa
Cambiamento di PC
Anno 4
Anno 5
Fase 1. Identificazione degli esercizi precedenti non inclusi nell’informativa comparativa Bilancio anno 5
Spesso, può accadere che non sia facile distinguere un cambiamento di principio contabile da un cambiamento nella stima contabile. In presenza di tali situazioni, il paragrafo 35 dello IAS 8 stabilisce che tale cambiamento dovrà essere trattato come un cambiamento nella stima contabile (e non come cambiamento di principio contabile). In termini di disclosure, dovrà essere indicato nelle note sia la natura, sia l’importo del cambiamento nelle stime contabili. Ciò dovrà essere rappresentato sia per l’esercizio corrente, sia, se possibile e se gli effetti si protrarranno, anche per gli esercizi futuri. Qualora l’importo dell’effetto del cambiamento sugli esercizi futuri non venga presentato perché non risulti essere fattibile effettuare la stima, tale aspetto dovrà essere esplicitamente indicato nelle note.
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3.1.4. Gli errori di contabilizzazione Il bilancio di esercizio non può essere considerato conforme ai principi IAS/IFRS se esso contiene, alternativamente, errori di tipo rilevante (material errors), oppure errori non rilevanti (immaterial errors) ma fatti intenzionalmente al fine di ottenere una particolare rappresentazione delle posizione finanziaria, delle performance economica o dei flussi di cassa dell’azienda in oggetto. Gli errori in materia di contabilità possono essere commessi in diversi ambiti: 1. errori nella rilevazione; 2. errori nella valutazione; 3. errori nella presentazione (o nell’informativa) degli elementi di bilancio. Un aspetto da evidenziare riguarda il fatto che, qualora un bilancio contenga errori di tale rilevanza da influenzare la rappresentazione della situazione patrimoniale, del risultato economico e dei flussi finanziari, in tal caso il bilancio non può essere ritenuto conforme agli standard IAS/IFRS. Gli errori si differenziano dai cambiamenti nelle stime contabili in quanto le stime contabili, di loro natura, sono approssimazioni che necessitano di modifiche nei casi in cui si venga a conoscenza di informazioni aggiuntive, mentre non è così per gli errori. ESEMPIO 1 – Differenze tra correzioni di errori e cambiamenti nelle stime contabili A titolo esemplificativo, l’utile o la perdita realizzati a seguito dell’esito di una risoluzione connessa ad una passività potenziale non rappresenta la correzione di un errore. Contestualmente, anche la variazione nel periodo di ammortamento di un cespite aziendale non rappresenta, di norma, un errore, bensì un cambiamento di stima contabile. Al contempo, la rettifica della svalutazione dei crediti per il peggioramento (miglioramento) del merito creditizio dei debitori rappresenta un cambiamento di stima contabile. Al contrario, la scoperta di una fattura di acquisto registrata due volte nell’esercizio precedente è evidentemente un errore da correggere in via retroattiva.
Qualora l’errore, indipendentemente dalla sua tipologia, venga scoperto prima che il bilancio di esercizio sia stato approvato, evidentemente l’errore dovrà essere corretto in quel periodo. A volte, tuttavia, errori significativi non sono scoperti sino ad un esercizio successivo. Ciascun errore realizzato nel corso di esercizi precedenti dovrà esse-
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re corretto in modo retroattivo all’interno del primo bilancio autorizzato alla pubblicazione a seguito della scoperta dell’errore. Inoltre, l’applicazione retroattiva richiede di dovere determinare nuovamente gli importi relativi all’esercizio passato nel quale è stato commesso l’errore. Necessariamente, la rideterminazione degli importi per tale esercizio richiederà la successiva nuova valorizzazione cumulativa anche degli importi degli esercizi successivi fino a rideterminare i valori comparativi presenti nel bilancio oggetto di presentazione. Tale aspetto richiede, inoltre e di conseguenza, di determinare nuovamente i saldi di apertura di attività, passività e patrimonio netto per il primo esercizio precedente presentato. Il principio contabile internazionale in oggetto precisa, tuttavia, che deve essere effettuata l’applicazione retroattiva ad eccezione dei casi in cui ciò non sia fattibile per l’impossibilità di determinare o l’effetto specifico del singolo esercizio, o l’effetto cumulativo dell’errore realizzato negli esercizi precedenti. Nei casi di impossibilità di determinazione di un effetto specifico di un errore riferibile ad un singolo esercizio precedente per l’informativa comparativa, si dovrà comunque rideterminare il saldo di apertura di attività, passività e patrimonio netto per il primo esercizio per il quale è possibile effettuare la determinazione retroattiva dei valori. Tale esercizio potrebbe, in tal caso, essere anche unicamente l’esercizio corrente. Viceversa, nei casi di impossibilità di valorizzare per l’esercizio corrente l’effetto cumulativo dell’errore per tutti gli esercizi precedenti, si dovrà procedere alla rideterminazione dei valori interessati nell’informativa di tipo comparativo al fine di correggere l’errore per i periodi successivi e quindi in via prospettica, a partire dalla prima data in cui ciò risulta essere fattibile. Ci si comporta, in sostanza, così come visto al momento dell’effettuazione di cambiamenti di principi contabili. Da ultimo, un aspetto di assoluto rilievo relativo al tema in oggetto risulta essere l’informativa (disclosure) da fornire all’interno delle note informative di bilancio. In particolare, quando un’entità procede alla correzione di errori rilevanti di esercizi precedenti mediante la determinazione retroattiva dei valori, dovranno essere fornite le seguenti informazioni: a) la natura dell’errore compiuto negli esercizi precedenti; b) per ogni esercizio precedente in cui è stato presentato il bilancio, e nei limiti in cui ciò risulti essere fattibile, deve essere rappresentato l’importo della rettifica per ciascuna voce di bilancio rappresentata 15; 15 Così anche per quanto riguarda la presentazione del nuovo valore dell’utile per azione base e diluito.
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c) l’importo della correzione all’inizio del primo esercizio precedente presentato; d) nel caso in cui non risulti essere fattibile la determinazione retroattiva del valore per un particolare esercizio precedente, è necessario indicare le circostanze che hanno causato tale condizione, nonché una descrizione di come l’errore è stato corretto, e a partire da quale esercizio. Un aspetto rilevante in termini di informativa risulta, inoltre, essere il fatto che tali informazioni dovranno essere fornite esclusivamente nell’esercizio in cui si verifica il riconoscimento e la correzione dell’errore, mentre non dovranno essere ripetute nei bilanci successivi. Pare opportuno osservare come in talune circostanze non sia fattibile rettificare l’informativa comparativa per uno o più esercizi al fine di ottenere la comparazione con l’esercizio in corso. Ad esempio, è possibile che negli esercizi precedenti le informazioni non siano state raccolte in modo tale da permettere l’applicazione retroattiva di un nuovo principio contabile, o da consentire la determinazione retroattiva dei valori al fine di correggere un errore compiuto in un esercizio precedente. Pertanto, è spesso necessario effettuare delle stime per potere applicare un principio contabile ad elementi di bilancio rilevati od esposti con riferimento ad operazioni o altri eventi. La finalità delle stime, tuttavia, in tali casi deve essere la stessa di quella relativa alle stime effettuate nell’esercizio in corso, ossia riflettere la situazione esistente al momento in cui l’operazione si è realizzata. Per tale motivo, la correzione di un errore di un esercizio precedente richiede informazioni distinte tendenti a fornire i seguenti chiarimenti: 1. informazioni circa le circostanze che esistevano alla data nella quale l’operazione o l’evento si è verificato; 2. informazioni riguardanti gli elementi che si potevano conoscere e che erano disponibili quando i bilanci per tale esercizio precedente erano stati autorizzati alla pubblicazione. Qualora l’applicazione o la determinazione retroattiva dei valori richieda di effettuare una stima significativa per la quale risulti essere impossibile distinguere le due informazioni sopra indicate, in tale caso non è possibile applicare il nuovo principio contabile o correggere l’errore dell’esercizio precedente in modo retroattivo. Al contempo, e conseguentemente, le informazioni conosciute solo in momenti successivi non dovrebbero essere utilizzate qualora si applichi un nuovo principio contabile (facendo, ad esempio, supposizioni su quali sarebbero state le intenzioni della direzione aziendale in tale esercizio precedente), o quando si correggano errori relativamente ad esercizi precedenti.
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3.1.5. Sintesi delle principali differenze con il quadro normativo italiano Da quanto sopra illustrato, è possibile delineare alcune differenze fra quanto previsto all’interno dello IAS 8 e quanto previsto dall’omologo principio contabile nazionale OIC 29 (denominato “Cambiamenti di principi contabili, cambiamenti di stime contabili, correzione di errori, eventi e operazioni straordinari, fatti intervenuti dopo la data di chiusura dell’esercizio”). Alcuni dei principali elementi di divergenza sono di seguito sintetizzati. Come visto, secondo i principi contabili internazionali IAS/IFRS il cambiamento di principi contabili deve essere applicato retroattivamente, con la rettifica dei dati comparativi e, in contropartita, il saldo di apertura delle riserve di utili del più remoto degli esercizi presentati. Gli effetti di variazioni retroattive nelle voci di patrimonio netto è presentato separatamente negli utili o perdite imputati direttamente a patrimonio netto. Si applica un’esenzione nel caso in cui non sia fattibile modificare i dati comparativi. Inoltre, i cambiamenti effettuati in virtù dell’adozione di un nuovo principio devono essere contabilizzati in base alle disposizioni transitorie relative a quello specifico principio. Se queste non vengono indicate, deve essere coerentemente utilizzato il trattamento sopra delineato. In Italia, al contrario, con riferimento al cambiamento di principi contabili, la ri-espressione dei dati comparativi non è permessa. L’applicazione retroattiva è obbligatoria, salvo i casi in cui non sia ragionevolmente possibile calcolare l’effetto pregresso del cambiamento di principio contabile, oppure nel solo caso in cui il nuovo principio contabile preveda l’imputazione al conto economico di costi che precedentemente venivano capitalizzati. I principi contabili nazionali raccomandano che l’effetto del cambiamento di un principio contabile sia calcolato all’inizio del periodo e che sia riflesso nel conto economico tra i componenti straordinari. È raccomandata la presentazione nella nota integrativa di dati comparativi pro-forma. Con riferimento alla correzione di errori, come visto, gli IAS/IFRS richiedono lo stesso trattamento proposto per il cambiamento di principi contabili. L’OIC 29 prevede, invece, che la rettifica dei dati comparativi non sia ammessa, a meno che il bilancio dell’esercizio precedente non venga nuovamente presentato all’assemblea per l’approvazione dei soci. Secondo l’OIC 29, infatti, l’omissione di una voce in bilancio o l’errata misurazione di un importo deve essere corretta introducendo in conto economico una posta (onere/provento) di natura straordinaria che accolga l’effetto della correzione. In questo modo, dunque, l’errore viene a gravare soltanto sull’esercizio corrente in cui lo stesso è stato scoperto. Se poi l’errore è così rilevante da rendere completamente fuorviante il bilancio dell’esercizio in cui fu commesso e dei successivi, può essere necessa-
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rio rettificare i bilanci degli esercizi precedenti e sottoporli, come visto, nuovamente all’approvazione dell’assemblea. Da ultimo, con riferimento ai cambiamenti delle stime contabili, secondo lo IAS 8, come visto, i cambiamenti delle stime contabili sono rilevati nel conto economico in maniera prospettica nel momento in cui sono identificati. Il trattamento contabile previsto dal principio contabile nazionale OIC 29 è molto simile a quello previsto dai principi contabili internazionali. ESEMPIO 2 – Passaggio dal Costo Medio Ponderato (CMP) al First In Forst Out (FIFO): confronto tra soluzione IAS/IFRS e soluzione principi contabili italiani Si supponga che un’impresa che abbia sempre utilizzato il criterio del CMP per la valutazione delle rimanenze dei propri prodotti voglia adeguarla al criterio del FIFO, ritenuto più aderente ritenuto più aderente rispetto alle dinamiche del proprio magazzino Valori espressi in euro CMP (vecchio) FIFO (nuovo) Differenza
R.I.
R.F.
900 1.200 300
1.160 1.300 140
Variazione Rimanenze 260 100 – 160
La soluzione che propongono i principi contabili italiani (applicazione prospettica) per evidenziare il passaggio al nuovo criterio contabile ed evidenziarne l’effetto in bilancio, consiste nella seguente: 1/1 – Ripresa RI di prodotti con vecchio criterio Variazione Rimanenze D 900 R.I. A 900 31/12 – Rilevazione RF con nuovo criterio R.F. D Variazione Rimanenze A
1.300 1.300
31/12 – Rilevazione effetto cumulativo pregresso Variazione Rimanenze D 300 Proventi straordinari A 300 Il conto economico presenterà, di conseguenza, la situazione di seguito illustrata: A) Valore della produzione 2) Variazione delle Rimanenze
(1.300 – 900 – 300) = 100
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E) Proventi e oneri straordinari 20) Proventi straordinari
300
Lo IAS 8, invece, dispone l’applicazione retroattiva. Nel caso in esame, tale metodo implica la necessità di imputare la differenza tra i due criteri di valutazione al fondo imposte differite ed alla riserva degli utili portati a nuovo. Pertanto, contabilmente, si avranno le seguenti rilevazioni contabili. 1/1 – Rilevazione effetto cumulativo pregresso RF D Fondo imposte differite16 A Utili portati a nuovo (anno N-1) A
300 94,20 205,80
1/1 – Ripresa R.I. con nuovo criterio Variazione Rimanenze Proventi straordinari
1.200 1.200
D A
31/12 – Rilevazione R.F. con nuovo criterio R.F. D Variazione Rimanenze A
1.300 1.300
3.2. I FATTI INTERVENUTI DOPO LA DATA DI CHIUSURA DELL’ESERCIZIO DI RIFERIMENTO (IAS 10)
3.2.1. Ambito di applicazione del principio e definizioni Lo IAS 10, denominato “Fatti intervenuti dopo la data di chiusura dell’esercizio di riferimento” (Events After The Reporting Period) è un principio contabile internazionale che deve essere applicato nella contabilizzazione, così come nell’informativa da fornire nelle note al bilancio, dei fatti intervenuti successivamente alla data di chiusura dell’esercizio di riferimento. Più in particolare, lo IAS 10 regolamenta le seguenti situazioni: 1. casi in cui ciascuna entità societaria dovrebbe rettificare il proprio bilancio a seguito di fatti intervenuti dopo la data di riferimento del bilancio; 2. informativa che tale entità dovrebbe fornire alla data in cui il bilancio è stato autorizzato alla pubblicazione ed in relazione ai fatti intervenuti dopo la data di riferimento del bilancio. 16 Per il calcolo delle imposte differite è stata considerata l’aliquota fiscale del 31,40%, comprensiva quindi anche dell’IRAP.
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Il principio contabile internazionale in oggetto richiede, inoltre, che l’entità non provveda a redigere il proprio bilancio di esercizio secondo i criteri propri di un’impresa in funzionamento (postulato della continuità aziendale) qualora i fatti intervenuti dopo la data di riferimento del bilancio indichino che tale presupposto non sia più appropriato. Tali situazioni si possono verificare, ad esempio, qualora il peggioramento dei risultati aziendali o della situazione patrimoniale o economica della stessa, dopo la data di chiusura dell’esercizio di riferimento, possa determinare il fatto di porre l’entità in liquidazione. In tali situazioni, pertanto, l’effetto non è quello di una rettifica degli importi rilevati nel bilancio, ma una sostanziale modifica dei principi contabili da applicare: da criteri di funzionamento a criteri di liquidazione. Aspetto fondamentale per la corretta comprensione di quanto esposto all’interno del principio contabile internazionale in oggetto è la definizione di cosa si intenda per “fatto intervenuto dopo la data di chiusura dell’esercizio di riferimento”. Nel dettaglio, con tale espressione si intendono quei fatti, favorevoli o sfavorevoli, che si verificano tra la data di chiusura dell’esercizio e la data in cui viene autorizzata la pubblicazione del bilancio. In merito al momento in cui si può considerare autorizzata la pubblicazione del bilancio, tale processo può variare, come specifica lo stesso principio contabile internazionale, in funzione della tipologia di azienda considerata, delle disposizioni statutarie della medesima, della presenza o meno di organi di controllo o di sorveglianza e, più in generale, delle procedure seguite nel predisporre il bilancio di esercizio. ESEMPIO 3 – Approvazione del bilancio successiva alla pubblicazione del medesimo Si supponga a titolo di esempio che il responsabile amministrativo di un’impresa predisponga il bilancio di esercizio chiuso al 31 dicembre 201X in data 20 febbraio 201X+1. Il giorno 15 marzo 201X+1 il Consiglio di amministrazione di tale impresa analizza detto bilancio e ne autorizza la pubblicazione. Il bilancio è successivamente reso disponibile agli azionisti ed al pubblico il 28 marzo 201X+1. Gli stessi azionisti approvano il bilancio durante l’assemblea che si svolge in data 25 aprile 201X+1, ed in data 15 maggio si procede al deposito di tale bilancio presso la locale Camera di Commercio. Per lo IAS 10, essendo il bilancio di esercizio stato autorizzato alla pubblicazione il 15 marzo 201X+1, quella è la data cui fare riferimento per rappresentare i fatti intervenuti dopo la data di chiusura dell’esercizio di riferimento, e non la data di approvazione del bilancio stesso da parte dei soci.
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ESEMPIO 4 – Presentazione del bilancio a un organo di sorveglianza (o di controllo) Si supponga a titolo di esempio che in data 15 marzo 201X+1 il responsabile amministrativo di un’impresa autorizzi la presentazione del bilancio al suo organo di sorveglianza (o di controllo). A propria volta, l’organo di sorveglianza approva il bilancio in data 28 marzo 201X+1, e lo stesso viene reso disponibile agli azionisti ed al pubblico il 28 marzo 201X+1. Gli stessi azionisti approvano il bilancio durante l’assemblea che si svolge in data 25 aprile 201X+1, ed in data 15 maggio si procede al deposito di tale bilancio presso la locale Camera di Commercio. Per lo IAS 10, essendo il bilancio di esercizio stato autorizzato alla pubblicazione il 15 marzo 201X+1 ed alla contestuale presentazione all’organismo di sorveglianza, quella è la data cui fare riferimento per rappresentare i fatti intervenuti dopo la data di chiusura dell’esercizio di riferimento.
È, tuttavia, opportuno precisare che i fatti intervenuti dopo la data di chiusura dell’esercizio di riferimento includono tutti i fatti fino alla data in cui il bilancio è stato autorizzato alla pubblicazione, anche se tali fatti si verificano dopo la eventuale precedente comunicazione al pubblico del risultato di esercizio o di altre specifiche informazioni di carattere economico-finanziario.
3.2.2. Rilevazione e valutazione Con riferimento ai comportamenti da tenere relativamente ai fatti intervenuti dopo la data di chiusura dell’esercizio, ciascuna entità deve agire in modo differente a seconda del fatto che tali eventi comportino o meno la necessità di effettuare una rettifica ai propri valori di bilancio. FIGURA 5 – Classificazione dei fatti in relazione alla necessità di rettificare il bilancio Fatti intervenuti dopo la data di chiusura dell’esercizio di riferimento
Fatti successivi che comportano una rettifica del bilancio
Fatti successivi che non comportano una rettifica del bilancio
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Fatti intervenuti dopo la data di chiusura dell’esercizio di riferimento che comportano una rettifica I fatti o gli eventi di tale tipo comportano la necessità di effettuare una rettifica ai valori rilevati nel bilancio di esercizio dell’entità in oggetto, oppure richiedono di inserire dati e valori non rilevati fino a quel momento. Lo IAS 10 espone alcuni esempi di fatti successivi, avvenuti tra la data di chiusura dell’esercizio di riferimento e la data di redazione dello stesso, che comportano una rettifica: 1. la conclusione, dopo la data di chiusura dell’esercizio di riferimento, di una causa legale; 2. l’individuazione, dopo la data di chiusura dell’esercizio di riferimento, della svalutazione di un’attività subita alla data di riferimento del bilancio, oppure la necessità di rettificare un importo della svalutazione dell’attività precedentemente rilevata; 3. la definizione, dopo la data di chiusura dell’esercizio di riferimento, del costo di un’attività acquistata o del corrispettivo di un’attività venduta prima della data di riferimento del bilancio; 4. la determinazione, dopo la data di chiusura dell’esercizio di riferimento, dell’importo di incentivi o compartecipazioni agli utili da corrispondere a dipendenti quali emolumenti per le prestazioni relative all’esercizio stesso; 5. la scoperta di frodi o errori che rendono il bilancio non corretto. ESEMPIO 5 – Fatti intervenuti dopo la data di chiusura dell’esercizio di riferimento che comportano una rettifica La società scopre, tra la data di chiusura dell’esercizio di riferimento e la data di redazione del bilancio relativo allo stesso, l’esistenza di un fatto di frode o errore avvenuto entro la data di chiusura dell’esercizio di riferimento che rende il bilancio non corretto. La società dovrà così effettuare la seguente scrittura contabile: Sopravvenienza passiva
a
Cassa
50.000
Fatti intervenuti dopo la data di chiusura dell’esercizio di riferimento che non comportano una rettifica A differenza di quanto appena analizzato, ci sono eventi ed accadimenti aziendali intervenuti dopo la chiusura dell’esercizio di riferimento che non ri-
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chiedono alcuna rettifica dei valori in precedenza esposti in bilancio, o che non richiedono alcuna integrazione alle informazioni contenute all’interno del medesimo. Di seguito sono illustrati alcuni esempi di fatti intervenuti che non comportano una rettifica di bilancio: 1. la flessione del valore di mercato di un’attività avvenuta tra la data di chiusura dell’esercizio di riferimento e la data di redazione del bilancio relativo allo stesso; 2. la flessione del valore di un’attività o una passività espressa in valuta estera avvenuta tra la data di chiusura dell’esercizio di riferimento e la data di redazione del bilancio relativo allo stesso a causa della fluttuazione del tasso di cambio; 3. la distruzione di impianti di produzione generata da calamità naturali o da incendi; 4. l’annuncio o l’avvio di un importante piano di ristrutturazione; 5. le variazioni delle aliquote fiscali o delle norme tributarie emanate o comunicate dopo la data di chiusura dell’esercizio di riferimento. ESEMPIO 6 – Fatti intervenuti dopo la data di chiusura dell’esercizio di riferimento che non comportano una rettifica Tra la data di chiusura dell’esercizio di riferimento e la data di redazione del bilancio relativo allo stesso ha luogo la distruzione di una catena di montaggio a causa di un’alluvione del costo di euro 200.000. Dal momento che la distruzione dell’impianto non è collegata ad alcuna situazione già esistente alla data di chiusura dell’esercizio di riferimento del bilancio, il bilancio stesso non deve essere rettificato per la contabilizzazione di tale accadimento. Ciononostante, tale perdita (ossia euro 200.000) può comportare la necessità di fornire informazioni aggiuntive in nota integrativa.
Se tra la data di chiusura dell’esercizio di riferimento e la data di autorizzazione alla pubblicazione del bilancio, la società dichiara la distribuzione di dividendi ai possessori di strumenti rappresentativi di capitale (ossia i dividendi sono formalmente autorizzati e non più a discrezione della società), tali dividendi non devono essere rilevati come una passività alla data di chiusura dell’esercizio di riferimento. Tale assegnazione di dividendi non deve essere rilevata in quanto i dividendi non soddisfano i criteri di un’obbligazione attuale, secondo
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quanto stabilito dallo IAS 37. Lo IAS 1, al riguardo, richiede di fornire l’informazione sui dividendi nelle note al bilancio.
3.2.3. Informazioni integrative I principi ed i dettami contenuti all’interno dello IAS 10 attribuiscono una forte valenza all’informativa integrativa di bilancio. Per questo motivo, risulta essere importante conoscere le tipologie di indicazioni di natura qualitativa da fornire all’interno delle note al bilancio medesimo. Innanzitutto, l’aspetto che riveste la maggiore importanza in termini informativi è la necessità di indicare nelle note la data in cui il bilancio è stato autorizzato alla pubblicazione, oltre all’indicazione dell’organo che ne ha fornito l’autorizzazione. Tale data è rilevante in quanto, come visto, il bilancio, anche se rettificato, non è comunque in grado di riflettere i fatti intervenuti dopo quella data. Inoltre, qualora i soci (proprietari) della società, oppure altri soggetti, avessero il potere di rettificare il bilancio dopo la sua pubblicazione, tale fatto dovrebbe essere indicato all’interno delle note al bilancio. Le informazioni integrative maggiormente significative possono riguardare due fatti essenziali: 1. l’aggiornamento dell’informativa concernente le situazioni alla data di chiusura dell’esercizio di riferimento; 2. l’informativa relativa ai fatti intervenuti dopo la data di chiusura dell’esercizio di riferimento che non comportano una rettifica. Aggiornamento dell’informativa concernente le situazioni alla data di chiusura dell’esercizio di riferimento Qualora, in una data successiva a quella di chiusura dell’esercizio di riferimento, emergano conoscenze ed informazioni ulteriori rispetto ai valori in precedenza esistenti alla data di chiusura dell’esercizio stesso, l’entità deve procedere ad aggiornare l’informativa riguardante tali situazioni. Informativa relativa ai fatti intervenuti dopo la data di chiusura dell’esercizio di riferimento che non comportano una rettifica Il principio contabile internazionale IAS 10 prevede che per ogni significativa categoria di fatti che siano intervenuti dopo la data di chiusura dell’esercizio di
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riferimento che non prevedano rettifiche, ciascuna entità debba indicare le seguenti informazioni all’interno delle note al bilancio di esercizio: 1. la natura del fatto/accadimento in oggetto; 2. una stima dei connessi effetti di bilancio o, in subordine, la dichiarazione che tale stima non può essere effettuata. La mancata informativa, infatti, riguardante fatti o accadimenti considerati importanti e rilevanti per la valutazione dell’andamento aziendale, potrebbe diversamente influenzare le decisioni economiche che gli utilizzatori di bilancio assumono sulla base delle informazioni presenti all’interno del medesimo.
3.2.4. Sintesi delle principali differenze con il quadro normativo italiano Il principio contabile nazionale (si tratta, in particolare, dell’OIC 29 intitolato “Cambiamenti di principi contabili, cambiamenti di stime contabili, correzione di errori, eventi e operazioni straordinari, fatti intervenuti dopo la data di chiusura dell’esercizio”) è sostanzialmente in linea con quanto previsto dallo IAS 10. L’unica informazione richiesta dallo IAS 10 che generalmente non viene fornita dai bilanci italiani è quella sulla data di approvazione da parte del consiglio di amministrazione e la precisazione che il consiglio di amministrazione approva un “progetto di bilancio” che potrebbe essere modificato dall’assemblea.
3.3. LA TRANSIZIONE AI PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI 3.3.1. Introduzione e aspetti principali dell’IFRS 1 L’introduzione dell’IFRS 1, nel complesso degli standard internazionali, si è resa necessaria a seguito della crescente diffusione dei principi contabili internazionali e specialmente dopo che l’Unione Europea, con il regolamento 1606/2002, ha richiesto a partire dal 2005 l’utilizzo dei principi IAS/IFRS nella redazione dei bilanci di società i cui titoli sono ammessi alla negoziazione nei mercati finanziari regolamentati ed ha concesso facoltà agli Stati membri di estendere l’ambito di applicazione degli IAS/IFRS altresì a talune tipologie di società non quotate. L’International Accounting Standard Board ha, infatti, pubblicato l’IFRS 1 provvedendo con esso a sostituire l’Interpretazione SIC 8 che imponeva l’applicazione retroattiva integrale degli IFRS, cioè da quanto l’entità è stata costituita
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e, quindi, come se la stessa avesse da sempre fatto riferimento ai principi contabili internazionali. In relazione all’introduzione di nuovi standard o come conseguenza della modifica di principi esistenti, l’IFRS 1 è stato modificato diverse volte. Al fine di rendere meno complessa è più organica la struttura del principio, nel 2008 è stata pubblicata la versione “rivista”, che presenta una mutata forma espositiva 17. In estrema sintesi, l’IFRS 1 richiede che il primo bilancio redatto secondo i principi contabili internazionali sia conforme a tutti gli standard in vigore e prevede che nel prospetto della situazione patrimoniale-finanziaria di apertura, l’entità debba rilevare tutte le attività e le passività la cui iscrizione è richiesta dagli IFRS e, conseguentemente, non possa rilevare come attività o come passività elementi la cui iscrizione non è consentita dagli IFRS. Inoltre, l’entità deve rettificare attività e passività già rilevate nel bilancio redatto secondo i precedenti principi contabili qualora la valutazione differisca dalle richieste degli IFRS 18. Altresì, l’entità deve provvedere ad effettuare specifiche riclassificazioni di poste rilevate come attività, passività o componenti del patrimonio netto in base ai principi contabili nazionali ma che costituiscono un diverso tipo di attività, passività o componenti del patrimonio netto in secondo gli IFRS. In questa cornice generale, l’IFRS 1 introduce altresì esenzioni ed eccezioni nell’implementazione retroattiva di taluni IFRS. Infine, in termini di disclosure, il primo bilancio IFRS deve contenere un’informativa che illustri in modo esauriente l’impatto della transizione agli IFRS sulla situazione patrimoniale e finanziaria, sull’andamento economico e sui flussi finanziari. Il primo bilancio nel quale sono utilizzati i principi IAS/IFRS si caratterizza quindi anche per la comunicazione delle informazioni relative alla fase di transizione. Quanto sinteticamente esposto è trattato nei successivi paragrafi. In particolare, il secondo paragrafo approfondisce le finalità dell’IFRS 1 ed espone la metodologia da adottarsi in sede di transizione agli IAS/IFRS. Nel terzo paragrafo sono illustrate le principali implicazioni operative derivanti dal passaggio ai principi contabili internazionali. Nel quarto paragrafo sono esposte le esenzioni 17
La prima versione dell’IFRS 1 è del giugno 2003; la versione rivista del principio è applicabile nelle IFRS transition effettuate a decorrere dal luglio 2009. Nel capitolo si utilizza come riferimento: International Accounting Standard Board, IFRS 1 – First-time adoption of International Financial Reporting Standards. Si considera l’ultima versione aggiornata disponibile (aggiornamento 2012) del principio in esame. 18 Nel capitolo l’utilizzo dei termini “precedenti principi contabili” e “principi contabili nazionali” sono da intendersi come sinonimi. Le stesse espressioni si riferiscono al bilancio redatto ai sensi delle disposizioni del codice civile.
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e le eccezioni all’applicazione retrospettiva degli standard internazionali. Per ogni elemento di rilievo esaminato sono offerti alcuni esempi di disclosure tratti dai primi bilanci redatti sulla base dei principi IAS/IFRS.
3.3.2. La finalità dell’IFRS 1 e la metodologia di transizione Scopo dello standard è disciplinare la transizione ai principi contabili internazionali IAS/IFRS per le entità che hanno pubblicato il bilancio secondo una disciplina “nazionale” e pertanto in modo non conforme agli IFRS 19. L’ambito di applicazione del principio è pertanto circoscritto al prospetto della situazione patrimoniale-finanziaria di apertura del primo bilancio IFRS (transition date). Alla transition date, quindi, il bilancio deve essere disponibile anche in base all’IFRS 1, mentre alla reporting date è necessario applicare gli IAS/IFRS in vigore. A titolo esemplificativo, per un’impresa che presenta il primo bilancio annuale IAS/IFRS al 31 dicembre 2012 (reporting date), la transition date coincide con il 01 gennaio 2011. Pertanto, il punto di partenza per il passaggio agli IFRS è l’individuazione della reporting date e sulla base di quella vi è la predisposizione di una situazione patrimoniale-finanziaria di apertura alla data di transizione. Da un punto di vista prettamente metodologico, quindi, l’IFRS 1 è basato su un principio di retroattività relativa, differente rispetto a quello integrale proprio del SIC 8, giacché il periodo temporale da impiegarsi nella transizione è ben circostanziato. Tale principio di retroattività relativa, come si è già scritto e meglio si approfondirà, è ulteriormente rafforzato dal ricorso ad esenzioni ed eccezioni. Un elemento di estrema rilevanza, enfatizzato dall’IFRS 1, attiene alla conformità del primo bilancio ai principi contabili internazionali. Sulla base delle indicazioni contenute nello standard, il primo bilancio può definirsi redatto secondo i principi internazionali allorquando vengono applicati integralmente tutti gli IAS/IFRS in vigore e l’entità presenta una dichiarazione esplicita e senza riserve di conformità agli IFRS. In tal senso, si ha assenza di conformità nei casi di redazione del bilancio con disposizioni normative non pienamente coerenti con i criteri di rilevazione, di valutazione e di disclosure previsti da tutti gli
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Questo implica che bilanci, o più in generale situazioni contabili, redatti secondo i principi contabili internazionali e utilizzati esclusivamente per finalità informativa interne, tra le quali anche la predisposizione di reporting package per il consolidamento, non sono considerabili conformi agli IFRS. Invece, l’IFRS 1 non si applica ai cambiamenti nei criteri di rilevazione, di valutazione e di disclosure effettuati da un’entità che già applica gli IFRS, in quanto questa tematica è disciplinata dallo IAS 8 – Accounting Policies, Changes in Accounting Estimates and Errors.
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IFRS, ovvero quando l’entità utilizza, limitatamente, solo alcuni principi contabili internazionali 20. Al fine di garantire la conformità agli standard internazionali, alla transition date, dovranno essere effettuate le seguenti operazioni 21: a) rilevare tutte le attività e le passività la cui iscrizione è richiesta dagli IFRS; b) non rilevare come attività o come passività elementi la cui iscrizione non è permessa dagli IFRS; c) riclassificare le poste rilevate come attività, passività o componenti del patrimonio netto in base ai principi contabili nazionali che costituiscono, invece, un diverso tipo di attività, passività o componenti del patrimonio netto in base agli IFRS; d) applicare gli IFRS nella valutazione di tutte le attività e le passività rilevate. Le rettifiche e le riclassificazioni pertanto costituisco l’aspetto operativo centrale della fase di transizione. Al proposito è importante sottolineare che nella situazione patrimonialefinanziaria di apertura, cioè alla transition date, le rettifiche sono imputate in una riserva di patrimonio netto 22; in sede di prima applicazione, dovranno altresì essere considerati i riflessi fiscali, che modificheranno anch’essi il patrimonio netto 23. Mentre le rettifiche modificano il patrimonio netto di apertura, le riclassificazioni incidono esclusivamente sulla composizione patrimoniale. Sebbene la situazione patrimoniale-finanziaria di apertura possa non essere inclusa nel primo bilancio IFRS, l’entità deve comunque inserire nel primo bilancio: a) le riconciliazioni del patrimonio netto secondo i precedenti principi contabili con il patrimonio netto rilevato in conformità agli IFRS sia per la transition date sia per la data di chiusura dell’ultimo esercizio per il quale l’entità ha redatto il bilancio in conformità ai precedenti principi contabili; 20
Nel contesto italiano, è frequente l’utilizzo nel bilancio consolidato del metodo c.d. finanziario proprio dello IAS 17 per la contabilizzazione dei leasing finanziari. Precisa infatti l’OIC 17 – Il bilancio consolidato “si ritiene che il locatario di beni dati in leasing finanziario debba rilevare nel bilancio consolidato tali operazioni secondo il cosiddetto metodo finanziario”. ORGANISMO ITALIANO DI CONTABILITÀ, OIC 17, Il bilancio consolidato. 21 Il riferimento è all’IFRS 1, par. 10. 22 L’IFRS 1 al par. 11 precisa che: “an entity shall recognise those adjustments directly in retained earnings (or, if appropriate, another category of equity) at the date of transition to IFRS”. 23 ORGANISMO ITALIANO DI CONTABILITÀ, Guida operativa per la transizione ai principi contabili internazionali IAS/IFRS, Giuffrè, Milano, 2005.
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b) una riconciliazione con il totale conto economico complessivo derivante dall’applicazione degli IFRS per l’ultimo bilancio d’esercizio redatto dall’entità 24. La transizione impone quindi di prestare particolare attenzione alle informazioni relative alla riconciliazione del patrimonio netto e del risultato di periodo. Benché l’IFRS 1 non indichi il grado di analiticità dei prospetti di riconciliazione, tali informazioni, risultano di estrema importanza per il lettore esterno poiché permettono di comprendere gli effetti e le conseguenze dell’adozione di un differente sistema di principi contabili 25. Per meglio illustrare quanto indicato, si propongono quali esempi i seguenti di prospetti di riconciliazione, tratti da bilanci IAS/IFRS. Nel primo caso (Figura 6) si ha evidenza di una disclosure “minimale” che comunque in modo coerente alle indicazioni dell’IFRS 1 illustra gli effetti delle rettifiche sul patrimonio netto e sul risultato economico alla transition date e sull’ultimo periodo amministrativo antecedente l’adozione degli IAS/IFRS 26. FIGURA 6 – Il prospetto di riconciliazione del patrimonio netto e del risultato economico
24
Qualora per l’ultimo bilancio d’esercizio redatto secondo principi contabili difformi dagli IFRS l’entità non abbia predisposto il conto economico complessivo, il punto di partenza per la riconciliazione è il risultato d’esercizio. 25 Si evidenzia come lo standard non richieda espressamente di fornire al lettore di bilancio le motivazioni che hanno indotto l’entità ad applicare gli IAS/IFRS. Tali informazioni sono di notevole utilità per il lettore di bilancio specialmente quando coinvolte nel processo di transizione vi siano imprese non quotate. Contrariamente, nel par. 23A della versione revised, viene data possibilità di descrivere le motivazioni che hanno indotto l’entità a sospendere, o a riutilizzare dopo un periodo di interruzione, gli IFRS. 26 Fonte: Bilancio Bessel S.p.A., 2011.
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Il secondo esempio (Figure 7, 8, 9 e 10) si contraddistingue per una maggiore articolazione e complessità. A fianco dei prospetti di riconciliazione del patrimonio netto e del risultato economico sono altresì inseriti i prospetti di riconciliazione della situazione patrimoniale-finanziaria e del conto economico complessivo. Sono evidenziate per ciascuna voce modificata a seguito della transizione sia le rettifiche sia le riclassificazioni 27.
FIGURA 7 – Il prospetto di riconciliazione del patrimonio netto e del risultato economico
27
Fonte: Bilancio Ferragamo S.p.A., 2011.
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FIGURA 8 – Il prospetto di riconciliazione della situazione patrimoniale e finanziaria periodi: 1 gennaio 2010
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FIGURA 9 – Il prospetto di riconciliazione della situazione patrimoniale e finanziaria periodi: 31 dicembre 2010
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FIGURA 10 – Il prospetto di riconciliazione del conto economico
Indipendentemente dagli schemi di riconciliazione proposti nel primo bilancio, le informazioni sulla transizione devono contenere dettagli sufficienti a permettere all’utilizzatore del bilancio di comprendere le rettifiche rilevanti; inoltre, qualora l’entità avesse presentato anche il rendiconto finanziario in base ai precedenti principi contabili, essa dovrebbe illustrare anche le rettifiche di rilievo apportate al rendiconto finanziario.
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3.3.3. Gli aspetti operativi della transizione: le rettifiche e le riclassificazioni Si è osservato come le rettifiche siano un aspetto cruciale nella gestione della transizione dai principi contabili nazionali a quelli internazionali. Mediante l’analisi dello standard internazionale e avvalendosi di esemplificazioni tratte dall’esperienza maturata da imprese non finanziarie che negli anni hanno abbracciato i principi contabili internazionali, il presente paragrafo approfondisce il tema delle rettifiche da transizione. L’analisi non vuole essere una disamina integrale di tutte i possibili ambiti interessati dall’IFRS 1, in quanto il processo della transizione risulta strettamente legato alle peculiarità di ciascuna entità o gruppo di imprese coinvolte nel passaggio. Nonostante ciò, la letteratura propone numerose ricerche empiriche che permettono di delineare con sufficiente completezza le probabili poste di bilancio che con maggiore frequenza possono modificarsi in conseguenza della transizione agli IFRS 28. In questa prospettiva, nel caso di imprese non finanziarie le aree di bilancio maggiormente interessate dalla transizione sono riconducibili alle seguenti 29: 28
Le poste di bilancio sono prese in esame sulla base dei risultati empirici di ricerche aventi specificatamente ad oggetto la transizione ai principi contabili internazionali di imprese non finanziarie e di media dimensione. Si vedano: CARINI C.-VENENZIANI M.-TEODORI C.-HELLIAR C.-DUNNE T., Perceived costs and benefits of IFRS adoption in Italian medium size entities, Piccola Impresa Small Business, 2011; VENEZIANI M.-BOSIO L., I principi contabili internazionali e le imprese non quotate: opportunità, vincoli effetti economici, Paper n. 71, Dipartimento di Economia Aziendale, Università degli Studi di Brescia, 2007; EIERLE B.SCHONEFELDT A., The research landscape: research in SME Financial Reporting, Symposia Papers, European Accounting Association Annual Congress, Istanbul, 2010; EVANS L., Reporting for SMEs: European Research Contributions, Symposia Papers, European Accounting Association Annual Congress, Istanbul, 2010; GIUSSANI A., Introduzione ai principi contabili internazionali, Giuffrè, Milano, 2009; DI PIETRA R.-EVANS L.-CHEVY G., CISI M.-EIERLE B., JARVIS R., Comment on the IASB’s Exposure Draft “IFRS for Small and Medium-Sized Entities”, Accounting in Europe, vol. 5, 2008; COPPENS C.-VAN WYMEERSCH K.-VAN HECKE A.ENGLES L.-DE LEMBRE E.-DE BEELDE I.-VERHOEYE J.-VAN DE VELDE G., An investigation into the attitude of Belgian SMEs towards the implementation of IAS/IFRS, Paper presented at the European Accounting Association Annual Congress, Lisbon, 2007; FEARNLEY S., GILLIES A., HINES T., WILLETT C., Bewildered but better informed: A qualitative interview based study into the attitudes of some UK accountants and regulators to the EU IFRS conversion project prior to its implementation in the UK, London, ICAEW, 2007, p. 103; SINGH R.-GRAY S.J., International Financial Reporting Standards (IFRS) for small and medium-sized entities (SMEs): issues and challenges for national jurisdictions, Indian Accounting Review, 10(2), 2006, pp. 117; INTERNATIONAL FEDERATION OF ACCOUNTS, Micro-Entity Financial Reporting: Perspectives of Preparers and Users, Information Paper, December 2006, IFAC; PRICEWATERHOUSECOOPERS, IFRS: Embracing Change, July, London, PWC, 2006, p. 27. 29 L’elenco prende a riferimento le voci tipicamente presenti nel bilancio redatto secondo le disposizione del codice civile. A questo primo insieme di aree di bilancio va aggiunto anche il
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immobilizzazioni immateriali; immobilizzazioni materiali; beni detenuti in leasing finanziario; rimanenze e lavori in corso su ordinazione; trattamento di fine rapporto; fondi per rischi ed oneri.
Immobilizzazioni immateriali L’area si presenta particolarmente critica in sede di transizione, in quanto numerosi e variegati possono essere gli impatti derivanti dal passaggio ai principi contabili internazionali. Infatti, tutti gli interventi previsti dall’IFRS 1 possono interessare le attività immateriali: con riferimento alla transition date, dovranno quindi essere effettuate le seguenti operazioni. a) Rilevare tutte le attività e le passività la cui iscrizione è richiesta dagli IFRS: è questo il caso dell’iscrizione a stato patrimoniale dei costi relativi ai progetti di sviluppo che nei precedenti bilanci erano stati iscritti a conto economico in quanto i principi contabili nazionali non ne richiedevano obbligatoriamente la capitalizzazione. b) Eliminare dal bilancio attività o passività la cui iscrizione non è ammessa dagli IFRS: dovranno essere eliminati gli oneri pluriennali quali i costi di start-up, di addestramento del personale, di pubblicità, di ricerca. c) Riclassificare attività, passività o componenti del patrimonio netto che costituiscono un diverso tipo di attività, passività o componente del patrimonio netto in base agli IFRS: esempi sono gli oneri sostenuti per l’ottenimento di finanziamenti che dovranno essere portati a rettifica delle relative passività finanziarie, oppure le migliorie sui beni di terzi che verranno iscritte tra le immobilizzazioni materiali. d) Applicare gli IFRS nella valutazione di tutte le attività e passività rilevate: è il caso di un intangible asset non ammortizzato in modo conforme allo IAS 38 ovvero di un attività immateriali considerata a vita utile indefinita. Ulteriori considerazioni devono inoltre essere formulate con riferimento ad alcune tipologie di immobilizzazioni immateriali. Più in dettaglio, i costi relativi tema degli strumenti finanziari che non sarà trattato per l’eccessiva specificità delle poste. Si precisa tuttavia, anche alla luce delle esenzioni, successivamente trattate, che gli aspetti maggiormente rilevanti in sede di transizione sono riferibili agli strumenti finanziari derivati ed all’applicazione del costo ammortizzato. Per maggiori approfondimenti sugli strumenti finanziari si rinvia al capitolo 7.
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alla realizzazione di un sito internet non possono essere capitalizzati salvo rare eccezioni; i costi inerenti ai software possono essere in genere capitalizzati ma devono essere ammortizzati in tempi brevi; le immobilizzazioni in corso devono essere sottoposte annualmente ad impairment test. Certamente più complessa è la valutazione dell’avviamento. In particolare, la via più semplice per le imprese italiane è rappresentata dall’esenzione prevista dall’appendice C dell’IFRS 1 che, come meglio delineato successivamente, permette di mantenere validi, nel bilancio predisposto in base ai principi contabili internazionali, gli effetti delle business combination pregresse 30. Nei periodi successivi alla transizione le attività immateriali potranno essere valutate secondo due differenti trattamenti contabili: il modello del costo e quello della rivalutazione (c.d. revaluation model). Particolare attenzione dovrà infine essere prestata all’implementazione dell’impairment test 31. ESEMPIO 1 – Rettifiche alle immobilizzazioni immateriali “Le variazioni relative alla voce immobilizzazioni immateriali sono le seguenti: – storno di costi precedentemente capitalizzati nelle voce “costi di ricerca, sviluppo e pubblicità per euro xxx migliaia non aventi i requisiti previsti dagli IAS/IFRS per la relativa capitalizzazione; – storno di costi precedentemente capitalizzati nella voce “altre immobilizzazioni” non aventi i requisiti previsti dagli IAS/IFRS per la relativa capitalizzazione: effetto negativo pari a euro xxx migliaia; – riclassifica delle migliorie su beni di terzi fra le attività materiali”.
Immobilizzazioni materiali In sede di transizione agli IAS/IFRS, l’entità deve valutare i valori presenti nel bilancio redatto secondo differenti principi contabili, considerando lo specifico trattamento contabile previsto dagli standard internazionali. Nella categoria delle immobilizzazioni una serie di voci potrebbero subire delle modifiche: è questo il caso degli oneri di ripristino o di smantellamento, degli oneri finanziari capitalizzati e dei fondi per manutenzioni cicliche. 30
Si veda infra, par. 3.3.4. Per approfondimenti sui trattamenti contabili e sull’impairment test si rinvia rispettivamente ai capitoli 5 e 6. 31
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In aggiunta a queste specifiche voci gli ambiti maggiormente interessati dalla transizione attengono ai seguenti aspetti: – – – –
component approach; processo di ammortamento; impiego della valutazione con il metodo del “sostituto del costo”; presenza degli investimenti immobiliari.
La presenza di beni per i quali è applicabile il component approach, richiede l’identificazione delle quote di costo allocabili alle singoli componenti rilevanti. Per quanto riguarda il processo di ammortamento, dovranno essere vagliate le assunzioni poste a fondamento delle valutazioni espresse nei bilanci redatti secondo i precedenti principi contabili: l’obiettivo è verificare la coerenza della vita utile, del valore residuo e del metodo di ammortamento con le indicazioni degli IAS/IFRS. In termini più generali, è necessario aggiungere che per gli asset che rimarranno iscritti in bilancio è necessario verificare l’adeguatezza del loro valore. In sede di transizione un ulteriore aspetto di novità introdotto dagli IAS/ IFRS attiene alla possibilità di valutare le attività materiali con il metodo del “sostituto del costo” 32. Inoltre, eventuali rivalutazioni dovranno essere eliminate in quanto non ammesse ad eccezione delle situazioni in cui, in presenza di un mercato attivo ed in sede di prima applicazione, l’importo rivalutato venga considerato quale valore congruo su cui determinare gli ammortamenti futuri. Tra il novero delle attività materiali, in sede di transizione l’entità è chiamata a individuare gli investimenti immobiliari e a selezionare il trattamento contabile di riferimento 33. Anche per le attività materiali, come già illustrato per la categoria delle immateriali, si definirà il trattamento contabile da applicare (modello del costo o revaluation model) successivamente alla transizione. Infine, anche questa tipologia di attività è soggetta ad impairment test 34.
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Si veda infra. Si rimanda al capitolo 5. 34 Per approfondimenti sui trattamenti contabili e sull’impairment test si rinvii rispettivamente ai capitoli 5 e 6. 33
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ESEMPIO 2 – Le rettifiche alle immobilizzazioni materiali “Le variazioni relative alla voce immobilizzazioni materiali sono le seguenti: – valutazione al fair value di opere d’arte: effetto negati di euro xxx migliaia; – storno di parte dei costi di ricerca capitalizzati nella voce “impianti e macchinari” non aventi i requisiti richiesti dagli IAS/IFRS: effetto negativo pari ad euro xxx migliaia; – riclassifica della voce “migliorie su beni di terzi” precedentemente iscritta tra le immobilizzazioni immateriali”.
Beni detenuti in leasing finanziario I beni detenuti dall’entità tramite un contratto di leasing finanziario devono essere iscritti nella situazione patrimoniale-finanziaria di apertura secondo la metodologia finanziaria. Tale impostazione contabile, già raccomandata anche dall’OIC 17 in tema di bilancio consolidato, presuppone che il valore netto contabile del bene debba essere iscritto tra le attività e il debito residuo verso la società di leasing venga rappresentato tra le passività. La determinazione del valore netto contabile si esprime in primo luogo attraverso la determinazione del fair value del bene all’inizio del periodo di decorrenza del contratto oppure tramite il valore attuale dei pagamenti dovuti per il leasing. In secondo luogo, il valore così determinato è diminuito degli ammortamenti cumulati alla data di transizione. Il debito residuo, invece, è identificato dall’importo finanziario ad inizio del contratto ridotto dalle quote di capitale rimborsate. La differenza tra le attività, ovvero il valore netto del bene, e le passività, identificate nel debito residuo, rappresenta alla data di transizione la rettifica da rilevare nel patrimonio netto di apertura. Nel periodo comparativo successivo alla data di transizione, i canoni di godimenti rilevati nel conto economico redatto secondo i precedenti principi contabili, andranno stornati e suddivisi nella quota capitale, relativa al rimborso del debito residuo, e nella quota interessi. A fine periodo è altresì rilevato l’ammortamento di competenza. Rimanenze e lavori in corso su ordinazione Per le attività che rappresentano rimanenze di beni l’entità deve verificare la sussistenza dei requisiti necessari per l’iscrivibilità secondo quando disposto dallo IAS 2 e quindi procedere ad eventuali storni e riclassifiche.
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In sede di transizione, l’aspetto più rilevante attiene al criterio impiegato per la valorizzazione delle giacenze. Infatti, lo IAS 2 esclude la validità del metodo del last in first out 35. In tal caso, l’entità dovrà in sede di transizione adottare criteri di valutazione coerenti con le indicazioni dello IAS 2 e rilevare la differenza di valutazione tra le voci del patrimonio netto di apertura. ESEMPIO 3 – Le rettifiche alle rimanenze “Secondo lo IAS 2, il costo delle rimanenze deve essere determinato adottando il metodo FIFO o il metodo del costo medio ponderato. La società ha scelto di utilizzare il metodo del costo medio ponderato”. “Adozione IAS 2 – Rimanenze. Tale rettifica riflette le diverse modalità di valutazione delle rimanenze che sono valutate applicando il criterio del costo medio ponderato (in luogo del Lifo utilizzato secondo i principi contabili italiani) come richiesto dai principi contabili IAS/IFRS. Gli impatti di rettifica sono i seguenti: – al 01 gennaio 2010, un incremento del patrimonio netto per euro xxx migliaia; – al 31 dicembre 2010, un incremento del patrimonio netto per euro xxx migliaia ed un minor risultato per euro xxx migliaia”.
Relativamente ai lavori in corso su ordinazione, l’aspetto di maggiore impatto si può delineare nei casi di valutazione delle commesse in corso su ordinazione con il metodo della commessa completata. Tale metodologia prevede la rilevazione dei margini in sede di ultimazione dei lavori. Un simile criterio non è, tuttavia, ammesso dai principi contabili internazionali (IAS 11) e pertanto si rende necessario, alla data di transizione, rettificare il valore delle commesse adeguandolo alle risultanze del metodo della percentuale di completamento, unico trattamento contabile consentito dallo IAS 11 36.
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Così si esprime il Board nelle Basis for Conclusions allo IAS 2: “In via generale questa rappresentazione dei flussi di rimanenze effettive non può considerarsi attendibile. Il metodo LIFO costituisce un tentativo per colmare una carenza percepita dal modello contabile convenzionale. Esso realizza ciò imponendo un’ipotesi di flusso dei costi non realistica … Il LIFO può provocare una distorsione del risultato economico, particolarmente quando si presume che ‘gli strati più vecchi’ di rimanenze siano stati usati quando si verifica una riduzione considerevole delle rimanenze stesse”. IAS 2, Rimanenze. 36 Per approfondimenti si rinvia al capitolo 8.
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Fondi per rischi ed oneri e fondo per il trattamento di fine rapporto Con riferimento ai fondi rischi ed oneri, alla data di transizione l’entità deve verificare la sussistenza dei requisiti di iscrivibilità richiesti dallo IAS 37. Generalmente gli accantonamenti effettuati sulla base delle disposizioni del codice civile, così come integrato dall’OIC 19, risultano coerenti con le indicazioni dei principi contabili internazionali. Vi sono tuttavia alcuni stanziamenti che richiedono approfondimenti. Così le passività generalmente con lungo differimento, quali i fondi per indennità suppletive di clientela e per cessazione dei rapporti di agenzia, andranno attualizzati e i fondi per manutenzioni cicliche andranno rettificati, non essendo l’accantonamento indipendente dalla condotta futura dell’entità 37. Relativamente al fondo per il trattamento di fine rapporto, la quota parte di accantonamento ancora presente nei bilanci redatti secondo i precedenti principi contabili 38, è in sede di transizione da valutare in relazione allo IAS 19 39. L’eventuale differenza di valutazione va rilevata nella riserva di transizione, tra le componenti di patrimonio netto. ESEMPIO 4 – Le rettifiche al fondo TFR “Benefici per i dipendenti: il fondo TFR è stato determinato alla data di transizione in base ai calcoli attuariali; la società ha deciso di iscrivere a patrimonio netto tutti gli utili e le perdite attuariali cumulati esistenti alla data di transizione”. “Adozione IAS 19 – Benefici per i dipendenti: a seguito dell’entrata in vigore della Legge Finanziaria 2007 le quote di trattamento di fine rapporto maturate dal 01 gennaio 2007 sono state a scelta del dipendente destinate a forme di previdenza complementare o mantenute in azienda, la quale provvederà a trasferire le quote di TFR al Fondo di Tesoreria istituito presso l’INPS. La riforma della previdenza complementare ha comportato una modifica del trattamento contabile del TFR secondo gli IFRS come di seguito esplicitato:
37 Si pensi allo stanziamento di un fondo manutenzione ciclica su uno specifico macchinario: qualora l’entità dovesse decidere di dismettere il macchinario, la stessa entità non avrà più l’obbligo di effettuare alcuna manutenzione. In tal senso non è verificata la richiesta dello IAS 37, par. 19: “It is only those obligations arising from past events existing independently of an entity’s future actions (ie the future conduct of its business) that are recognised as provisions”. IAS 37, Provisions, Contingent Liabilities and Contingent Assets. 38 Si ricorda che dal 1° gennaio 2007 ulteriori accantonamenti per trattamento di fine rapporto per imprese con più di 50 dipendenti non sono ammissibili. 39 Si rinvia al capitolo 10.
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il fondo di trattamento di fine rapporto maturato al 31 dicembre 2006 viene considerato come un piano a “benefici definiti” oggetto di valutazione attuariale secondo il metodo del “projected unit credit method” come previsto dallo IAS 19. La passività connessa al TFR maturato è attuarialmente valutata senza applicazione del pro-rata del servizio prestato, essendo la prestazione da valutare già interamente maturata; le quote del trattamento di fine rapporto del personale maturate dal 01 gennaio 2007 si configurano come un piano a “contribuzione definita” sia nel caso di scelta da parte del dipendente per la previdenza complementare, sia nel caso di destinazione al fondo di tesoreria dell’INPS. L’importo delle quote è determinato sulla base dei contributi dovuti dal dipendente senza utilizzo di metodologie di calcolo attuariali. Gli impatti di tale rettifica sono: al 01 gennaio 2010: un incremento del patrimonio netto per euro xxx migliaia; al 31 dicembre 2010: un incremento del patrimonio netto per euro xxx migliaia ed un minor risultato per euro xxx migliaia; sono state contabilizzate direttamente a patrimonio netto perdite attuariali per euro xxx migliaia”.
3.3.4. Le eccezioni e le esenzioni riconosciute dall’IFRS 1 Nonostante l’IFRS 1 riprenda l’impostazione retrospettiva introduce altresì delle eccezioni e delle esenzioni che facilitano la transizione agli IAS/IFRS. Mentre le prime sono obbligatorie, le seconde, invece, hanno natura facoltativa. In particolare, le esenzioni sono consentite negli specifici casi in cui i costi sostenuti per conformarsi agli IFRS supererebbero i potenziali benefici informativi per gli utilizzatori del bilancio. Per quanto concerne le eccezioni, la limitazione nella retroattività degli IFRS è richiesta nei casi in cui la valutazione di un’operazione richiederebbe una valutazione eccessivamente soggettiva da parte della direzione aziendale. Le eccezioni Attraverso le eccezioni l’IFRS 1 inibisce le ricostruzioni anteriori la data di transizione. In tal modo viene limitata la discrezionalità nella determinazione di valori ad elevata soggettività che potrebbe compromettere l’utilità dell’informazione per i destinatari del bilancio IAS/IFRS. In tale prospettiva, l’IFRS 1 identifica quattro tipologie di eccezioni relativamente: – all’eliminazione contabile di attività e passività finanziarie; – alla contabilizzazione delle operazioni di copertura;
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– alla rilevazione degli interessi di minoranza; – alla contabilizzazione dei finanziamenti pubblici. Le esenzioni In sede di transizione ai principi contabili internazionali è possibile non applicare retrospettivamente taluni standard nella determinazione delle seguenti circostanze 40: – aggregazioni aziendali; – operazioni con pagamento basato su azioni; – contratti assicurativi; – utilizzo del fair value (valore equo) come sostituto del costo (deemed cost); – leasing; – differenze cumulative di conversione; – partecipazioni in entità controllate, collegate e a controllo congiunto; – attività e passività di controllate, collegate e joint venture; – strumenti finanziari composti; – designazione di strumenti finanziari precedentemente rilevati; – valutazione al fair value (valore equo) di attività o passività finanziarie al momento della rilevazione iniziale; – passività per smantellamenti incluse nel costo di immobili, impianti e macchinari; – attività finanziarie o attività immateriali contabilizzate in conformità all’IFRIC 12 – accordi per servizi in concessione; – oneri finanziari; – trasferimento di attività dalla clientela; – estinzione di passività finanziarie con strumenti di rappresentativi di capitale; – iperinflazione; – accordi congiunti; – stripping cost. Con riferimento a quanto indicato, l’IFRS 1 propone il trattamento contabile da applicarsi qualora l’entità decida di seguire l’esenzione. Di seguito si prendono in esame gli aspetti maggiormente significativi 41. 40
Il riferimento è alle Appendici C e D dell’IFRS 1. Nella versione revised è eliminata l’esenzione inerente i benefici ai dipendenti (parr. D10-D11). 41 L’IFRS 1 rimanda al trattamento transitorio previsto dagli specifici standard relativamente alle seguenti esenzioni: contratti assicurativi; leasing; valutazione al fair value (valore equo) di attività o passività finanziarie al momento della rilevazione iniziale; attività finanziarie o attività
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Aggregazioni aziendali In merito alla tematica delle aggregazioni aziendali l’IFRS 1 consente di non applicare retroattivamente l’IFRS 3 alla operazioni di aggregazione compiute prima della transition date. Tale facoltà è concessa per limitare la complessità e le criticità che potrebbero emergere dal dover applicare integralmente l’IFRS 3. È importate osservare che qualora l’impresa decidesse comunque di applicare retroattivamente l’IFRS 3 ad un’operazione di aggregazione aziendale allora deve rideterminare tutte le aggregazioni aziendali successive a quella 42. In sintesi, le operazioni da effettuare nell’ipotesi di non applicazione retroattiva dell’IFRS 3 sono le seguenti: – mantenere la stessa classificazione utilizzata nei bilanci redatti in conformità
ai precedenti principi contabili; – rilevare, alla data di transizione agli IFRS, tutte le attività e le passività ac-
quisite o assunte in una pregressa aggregazione aziendale salvo quelle che non soddisfano le condizioni previste dagli IFRS per essere iscritte nel prospetto della situazione patrimoniale-finanziaria; – rettificare qualsiasi voce rilevata in base ai precedenti principi contabili che non soddisfi le condizioni previste dagli IFRS per essere iscritta separatamente come attività o passività in conformità agli IFRS 43. Il valore così determinato rappresenta il sostituto del costo in conformità agli IFRS. Particolare attenzione deve essere posta sull’avviamento, oggetto di un processo articolato in tre fasi. In primo luogo, si assume il valore di iscrizione sulla base dei precedenti principi contabili. In secondo luogo, si verifica la presenza di operazioni che possono incrementare o ridurre tale valore. In particolare, l’avviamento può subire modifiche in aumento se vi è necessità di riclassificare una voce rilevata come un’attività immateriale in conformità ai precedenti principi contabili. Contrariamente, il valore l’avviamento può diminuire se un’atimmateriali contabilizzate in conformità all’IFRIC 12 Accordi per servizi in concessione; oneri finanziari; cessioni di attività da parte della clientela; estinzione di passività finanziarie con strumenti di rappresentativi di capitale; accordi congiunti; stripping costs. Si rinvia alla lettura dell’IFRS 1 in tema di iperinflazione, in quanto tematica limitata a specifici contesti nazionali. 42 Ad esempio, assumendo la data di transizione al 01 gennaio 2011 (con reporting date 31 dicembre 2012) e l’entità sceglie di rideterminare una operazione di aggregazione aziendale avvenuta in data 01 giugno 2007, in tale circostanza devono essere rideterminate tutte le aggregazioni avvenute successivamente al 01 giugno 2007. 43 Si pensi al caso in cui l’entità abbia rilevato come una immobilizzazioni immateriale un elemento che non soddisfa le condizioni previste dallo IAS 38 Attività immateriali. Conseguentemente l’entità deve riclassificare tale elemento come parte dell’avviamento.
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tività da rilevarsi in conformità agli IFRS quale immateriale, era stata inclusa nell’avviamento secondo i precedenti principi contabili. Infine, sul valore così determinato si deve effettuare l’impairment test dopo aver allocato l’avviamento ad una appropriata cash generating unit. ESEMPIO 5 – Esenzione dall’applicazione retrospettiva dell’IFRS 3 “La società non ha applicato in modo retrospettivo l’IFRS 3 alle operazioni di aggregazione aziendale intervenute prima della data di transizione agli IFRS”. “Il gruppo ha valutato di avvalersi della facoltà di non applicare l’IFRS 3 in maniera retrospettiva. La mancata applicazione retrospettiva dell’IFRS 3, con riferimento alle singole aggregazioni aziendali, comporta che: (i) venga mantenuta la medesima classificazione utilizzata nei bilanci redatti secondo i principi contabili italiani; (ii) il valore contabile determinato in conformità ai principi contabili italiani, costituirà il sostituto del costo secondo gli IFRS; (iii) gli eventuali avviamenti derivanti dall’adozione dei precedenti principi, corrisponderanno al valore contabile degli avviamenti nel prospetto della situazione patrimoniale-finanziaria di apertura secondo quanto previsto dagli IFRS e nello specifico dallo IAS 36”.
Operazioni con pagamento basato su azioni In sede di transizione, l’entità è incoraggiata e in tal senso non obbligata, ad applicare l’IFRS 2 alle operazioni con pagamento basato su azioni. Anche nell’ipotesi in cui l’entità decidesse di valutare tali operazioni sulla base dell’IFRS 2, tale applicazione è possibile solamente se l’entità ha provveduto a indicare pubblicamente il fair value degli strumenti rappresentativi di capitale, determinato alla data di misurazione, secondo quanto definito nell’IFRS 2. ESEMPIO 6 – Esenzione dall’applicazione retrospettiva dell’IFRS 2 “Il gruppo, come principio di riferimento, ha valutato di avvalersi della facoltà di non applicare l’IFRS 2 in maniera retrospettiva, agli strumenti che avessero vesting period antecedente alla data di transizione, oppure alle operazioni con pagamenti basati su azioni regolate per cassa prima della data di passaggio agli IFRS”.
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
Fair value come sostituto del costo (deemed cost) In sede di transizione ai principi contabili internazionali l’entità può scegliere di valutare un elemento degli immobili, impianti e macchinari alla data di passaggio agli IFRS al fair value e utilizzare tale valore come sostituto del costo (c.d. deemed cost) 44. L’utilizzo di tale opzione di valutazione implica che a partire dalla transition date il costo storico dell’attività, da sottoporre quindi anche a processo di ammortamento, è rideterminato sulla base del fair value dell’attività stessa. Va da sé che è importante non confondere il deemed cost con la valorizzazione dell’attività a fair value (c.d. revaluation model). Infatti, l’applicazione del deemed cost richiede solamente in sede di transizione agli IFRS la valutazione dell’attività a fair value. Tale valore è impiegato quale nuovo costo storico. In sintesi in sede di transizione ai principi contabili internazionali, si presentano all’entità tre differenti opzioni di valutazione: a) mantenimento del valore iscritto in bilancio sulla base dei precedenti principi contabili, previa verifica della coerenza tra i criteri di valutazione seguiti con quelli previsti dagli IAS/IFRS (c.d. cost model); b) passaggio al revaluation model; c) impiego del fair value quale valore sostitutivo del costo iscritto in bilancio sulla base dei precedenti principi contabili (c.d. deemed cost) 45.
ESEMPIO 7 – Utilizzo del deemed cost “L’esenzione riguarda la possibilità di utilizzare i fair value come sostituto del costo alla data di transizione per immobili, impianti e macchinari. La Società ha utilizzato tale facoltà per alcuni immobili”.
44 L’applicazione del deemed cost è applicabile anche agli investimenti immobiliari, se l’entità sceglie di utilizzare il modello del costo previsto dallo IAS 40. Più complessa è la valutazione al deemed cost per le attività immateriali. Sebbene l’IFRS 1 contempli tale possibilità, la sussistenza delle condizioni previsti dallo IAS 38 per la rideterminazione del valore, tra cui si ricorda l’esistenza di un mercato attivo, rendono estremamente difficile e critica la sua applicazione concreta. 45 Questa opzione, facoltativa, consente sovente di mantenere nel bilancio il valore di attività materiali immobilizzate rivalutate sulla base delle Leggi di rivalutazione. In ogni caso, qualora il valore recuperabile delle attività materiali dovesse risultare inferiore al valore di iscrizione, deve essere applicato lo IAS 36 in tema di impairment test.
I PRINCIPI GENERALI RILEVANTI
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Differenze cumulative di conversione Alla data di transizione l’entità può presumere che le differenze cumulative di conversione per tutte le gestioni estere siano nulle. Se adotta tale opzione, gli eventuali componenti positivi o negativi di reddito derivanti dalla successiva dismissione non devono comprendere le differenze di conversione determinatesi prima della data di passaggio agli IFRS. ESEMPIO 8 – Esenzione dall’applicazione retrospettiva per le differenze cumulative di conversione “La società ha deciso di avvalersi della facoltà di non identificare le differenze cumulative di conversione alla data di transizione, in quanto ritenute ininfluenti”.
Partecipazioni in entità controllate, collegate e a controllo congiunto Con tale opzione, l’IFRS 1 consente di valutare nel bilancio separato, le partecipazioni in imprese controllate, collegate e a controllo congiunto al valore contabile definito secondo i precedenti principi contabili. ESEMPIO 9 – Valutazione delle partecipazioni “Il principio IFRS 1 permette di valutare alla data di transizione le partecipazioni in controllate utilizzando quale sostituto del costo il valore contabile iscritto in bilancio secondo i precedenti principi contabili”. “Nell’ambito del processo di transizione come richiesto dall’IFRS 1 è stato scelto per la valutazione delle partecipazioni in società controllate, collegate joint venture sottoposte a controllo congiunto il metodo del costo quale risultante dal bilancio precedentemente predisposto secondo i principi contabili italiani e come richiesto dall’IFRS 1 si è provveduto ad effettuare l’impairment test delle partecipazioni sulla base della metodologia prevista dallo IAS 36. A seguito di tale esercizio non sono state identificate svalutazioni da apportare”.
Attività e passività di controllate, collegate e joint venture Alla data di transizione si possono presentare due differenti situazioni:
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
1. entità controllate, collegate e joint venture che adottano gli IAS/IFRS dopo la partecipante; 2. entità partecipante che adotta gli IAS/IFRS dopo le entità controllate, collegate e joint venture. Con riferimento alla prima casistica, l’entità partecipata può valutare le voci di bilancio secondo un duplice approccio. Nel primo caso, può effettuare una transizione autonoma ai principi contabili internazionali e in tal senso seguire le indicazioni contenute nello IFRS 1; in un secondo caso, semplificato, assume come propri i valori iscritti nel bilancio consolidato IAS/IFRS dell’impresa partecipante 46. Nella seconda casistica, l’entità partecipante deve valutare nel proprio bilancio consolidato le attività e le passività dell’entità partecipata agli stessi valori contabili riportati nel bilancio separato della partecipata medesima, avendo premura di effettuare le rettifiche imposte per il consolidamento o per la valutazione con il metodo del patrimonio netto 47. In modo analogo, se la partecipante adottasse per la prima volta gli IFRS nel bilancio separato dopo che nel consolidato, essa deve iscrivere le attività e le passività agli stessi importi in entrambi i bilanci. ESEMPIO 10 – Valutazione di attività e passività nel primo bilancio separato IFRS “Per altro si segnala che il Gruppo ha redatto per la prima volta al 31 dicembre 2007 il proprio bilancio consolidato predisposto in applicazione degli IAS/ IFRS. La data di transizione agli IAS/IFRS definita nella redazione del bilancio consolidato del gruppo è il 01 gennaio 2005. Nel definire il valore delle attività e passività in sede di transizione (01.01.2010) la capogruppo ha deciso, in accordo con le disposizioni dello IFRS 1, di dare continuità nel bilancio separato ai valori risultanti dal bilancio consolidato, definiti con riferimento alla data di transizione della capogruppo (01.01.2010)”.
46 I valori contabili a cui si perverrebbe possono diverge qualora le esenzioni previste dal presente IFRS comportino valutazioni che dipendono dalla data di passaggio agli IFRS ovvero alcune tra le opzioni contabili utilizzati nel bilancio della controllata siano diversi da quelli utilizzati nel bilancio consolidato. Per esempio, la controllata può utilizzare come proprio principio contabile il modello del costo dello IAS 16, Immobili, impianti e macchinari, mentre il gruppo può utilizzare il modello della rideterminazione del valore. Sono fatte salve le rettifiche imposte dal consolidamento o dalla valutazione a patrimonio netto. 47 Anche in questo caso sono fatte salve le rettifiche imposte dal consolidamento o dalla valutazione a patrimonio netto.
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Strumenti finanziari composti Con tale esenzione, l’IFRS 1 consente di non scomporre uno strumento finanziario composto nelle due componenti di passività e di patrimonio netto qualora alla data di transizione la componente che si configura quale passività non è più sussistente. Designazione di strumenti finanziari precedentemente rilevati In sede di transizione agli IFRS tale esenzione non produce effetti diretti sulla situazione patrimoniale-finanziaria di apertura. Tuttavia essa si pone come elemento centrale e pertanto di assoluta criticità per quanto concerne gli effetti successivi al passaggio ai principi contabili internazionali. Infatti, in funzione della designazione effettuata tra le categorie di strumenti finanziari previsti dagli standard internazionali, si produrranno differenti impatti sulla situazione patrimoniale e reddituale. Passività per smantellamenti incluse nel costo di immobili, impianti e macchinari L’esenzione permette di evitare l’applicazione retrospettiva delle disposizioni contenute nell’IFRIC 1 in tema di passività per smantellamenti incluse nel costo delle attività materiali.
3.4. VERIFICA DI APPRENDIMENTO Verifiche su IAS 8 (è possibile anche più di una risposta per domanda): 1. Può essere considerato come un cambiamento di principio contabile sulla base di quanto previsto dallo IAS 8: a) la modifica della durata del piano di ammortamento; b) la revisione della percentuale di presunta insolvenza dei crediti detenuti dall’azienda; c) il cambiamento nel fair value di uno strumento finanziario. d) il passaggio da un processo di ammortamento dei cespiti per classe di valori ad un approccio “per componenti” per tenere conto della complessità crescente dei beni strumentali utilizzati dall’impresa. 2. L’applicazione retroattiva secondo lo IAS 8: a) gli errori ed i cambiamenti di principi contabili; b) gli errori, i cambiamenti di principi contabili e le variazioni di stime contabili;
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
c) i cambiamenti di principi contabili e le variazioni di stime contabili; d) gli errori e le variazioni di stime contabili. 3. Per le variazioni nelle stime contabili secondo lo IAS 8: a) occorre effettuare la determinazione retroattiva; b) occorre effettuare la determinazione prospettica; c) occorre effettuare la determinazione retroattiva soltanto nei casi in cui gli effetti del cambiamento sono particolarmente significativi; d) l’impresa può scegliere tra applicazione retroattiva e prospettica. Si risponda ai seguenti quiz (è possibile anche più di una risposta per domanda) concernenti l’applicazione dello IAS 10: 1. La direzione aziendale termina la bozza di bilancio per l’esercizio chiuso al 31/12/2011 in data 26 febbraio 2012. In data 16 marzo 2012, il Consiglio di Amministrazione esamina il bilancio e ne autorizza la pubblicazione, mentre il giorno seguente vengono resi noti l’utile e altri dati importanti di carattere economico-finanziario. Il 3 aprile 2012, il bilancio è messo a disposizione del pubblico e degli azionisti, i quali lo approvano durante l’assemblea annuale del 20 aprile 2012, e si procede in seguito al deposito del bilancio alla Camera di Commercio esattamente 6 giorni dopo. La data di autorizzazione del bilancio che rileva ai fini dello IAS 10 è: a) 20 aprile 2012; b) 16 marzo 2012; c) 26 aprile 2012; d) 26 febbraio 2012. 2. In data 25 gennaio 2012, la direzione aziendale viene a conoscenza del fatto che il corrispettivo per le merci vendute nel corso dell’esercizio precedente (2011) ammonta ad euro 150.000 anziché euro 100.000 come inizialmente pattuito. Il bilancio non è ancora stato autorizzato alla pubblicazione. L’impresa deve, in tale situazione: a) mantenere il valore delle merci in bilancio in base a quanto pattuito (euro 100.000); b) modificare il valore di iscrizione delle merci, in modo che il nuovo importo sia pari ad euro 150.000; c) effettuare una rivalutazione delle merci in questione fino ad un importo di euro 150.000; d) mantenere il valore delle merci in bilancio in base a quanto pattuito (euro 100.000) ed inserire una specifica informazione nelle note al bilancio.
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3. La società Alfa s.p.a. detiene alla data del 31 dicembre 2012 azioni in un’altra società aventi un valore di mercato, al 31 dicembre 2012, di euro 20 cadauna. Alla data di redazione del bilancio il valore unitario di ciascuna di tali azioni è pari ad euro 15. Il bilancio non è ancora stato autorizzato alla pubblicazione. L’impresa deve, in tale situazione: a) svalutare in bilancio di 5 euro il valore di ciascuna azione, senza alcuna altra informazione integrativa da fornire nelle note al bilancio; b) non effettuare alcuna rettifica di bilancio, fornendo al contempo informazioni integrative nelle note al bilancio; c) non effettuare alcuna variazione in termini di valori di bilancio e non dare informazioni in alcuna altra parte dello stesso; d) svalutare in bilancio di 5 euro il valore di ciascuna azione, fornendo al contempo informazioni integrative nelle note al bilancio.
CASI SU IAS 8
Si proceda all’individuazione della soluzione nei casi sotto prospettati relativi all’applicazione dei dettami previsti dallo IAS 8: CASO 1 Durante l’esercizio 2011, la società Alfa s.p.a. ha scoperto che alcuni prodotti venduti nel 2010 erano stati erroneamente inclusi tra le rimanenze nel bilancio chiuso al 31 dicembre 2010 per un valore pari ad euro 45.000. La voce “Ricavi delle vendite” era stata invece correttamente rilevata. Sempre durante l’esercizio 2011, la medesima società contabilizza ricavi per un valore pari ad euro 700.000, con costo del venduto pari ad euro 560.000 (comprensivo del valore di euro 45.000 dovuto all’errore nella valutazione delle rimanenze iniziali di prodotti) e imposte sul reddito pari ad euro 35.000. Nel 2010, invece, la medesima società presentava la seguente situazione: Vendite Costo del venduto
– 490.000 – 350.000 ________
Risultato gestione caratteristica
– 140.000 ________
Imposte sul reddito
0– 30.000 ________
Utile di esercizio
0– 90.000
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
Nel 2010 il saldo di apertura degli utili portati a nuovo ammontava ad euro 210.000. L’aliquota media di imposizione fiscale per la società ammonta, sia per l’esercizio 2010 che per l’esercizio 2011, al 30%. Si provveda a presentare il conto economico ed il prospetto degli utili portati a nuovo della società Alfa s.p.a., del 2010 e del 2011 rettificato.
CASO 2 La società Alfa s.p.a. utilizza nel suo processo produttivo alcuni impianti acquisiti ed entrati in funzione all’inizio dell’anno X. L’originario piano di ammortamento prevedeva: – valore da ammortizzare (coincidente con il costo): euro 250.000; – vita utile stimata: anni 10; – metodo ammortamento: lineare sistematico. In sede di redazione del bilancio dell’anno 3, prima di rilevare l’ammortamento dell’esercizio, gli impianti avevano un valore netto pari ad euro 200.000, dato da: costo storico 250.000 – ammortamenti accumulati di euro 50.000 (fondo ammortamento). Nell’anno 3 gli impianti sono stati utilizzati in modo più intenso rispetto a quanto accaduto negli esercizi precedenti e originariamente stimato. Il management della società Alfa s.p.a. prevede che questo più intenso utilizzo si protragga per gli ulteriori anni di vita utile di tali beni e, pertanto, stima che la vita utile residua prima di effettuare l’ammortamento per l’anno 3 sia pari a ulteriori 2 anni solamente (anziché pari ai precedenti ulteriori 7 anni). Si provveda a determinare la quota di ammortamento annua per i successivi esercizi, nonché gli effetti in termini economici e patrimoniali sugli anni successivi, unitamente alle connesse rilevazioni contabili, tenendo anche conto dell’impatto della normativa fiscale in termini di imposte anticipate.
CASO 3 La Beta s.p.a. ha un conto corrente in valuta straniera ($) pari a $ 1.300.000 al 31 dicembre 2009 e il medesimo saldo in valuta straniera al 31 dicembre 2010 e al 31 dicembre 2011. I tassi di cambio tra l’euro e la valuta straniera in oggetto erano i seguenti:
I PRINCIPI GENERALI RILEVANTI
31 dicembre 2009: 31 dicembre 2010: 31 dicembre 2011:
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$ 1 = € 1,2 $ 1 = € 1,3 $ 1 = € 1,5
La società ha correttamente convertito il saldo al 31 dicembre 2009, ma non ha adeguato il valore al 31 dicembre 2010 e 2011 per riflettere le variazioni nel tasso di cambio. I saldi riportati in bilancio sono stati quindi € 1.560.000 (1.300.000 1,2) sia al 31 dicembre 2009 (saldo corretto) che al 31 dicembre 2010 e 2011 (in entrambi i casi il saldo non era corretto). L’errore è stato rilevato al momento della preparazione del bilancio chiuso al 31 dicembre 2012. Si proceda a definire l’importo che avrebbe dovuto essere riportato nei bilanci 2009, 2010 e 2011, ed a tutte le operazioni (nonché gli impatti di tipo economico e patrimoniali) da effettuarsi mediante l’applicazione del metodo retroattivo, considerando che la società presenta i dati comparativi relativi solamente ad un solo esercizio passato.
VERIFICHE SU IAS 10 (è possibile anche più di una risposta per domanda)
Si valuti la correttezza dei seguenti comportamenti aziendali secondo lo IAS 10 e, in caso di errato comportamento, si presenti la soluzione corretta: CASO 1 La società Alfa s.p.a. possiede uno stabilimento produttivo in Turchia all’interno del quale realizza alcune fasi del proprio processo produttivo. Alfa chiude il proprio esercizio finanziario alla date del 31.12. Il valore netto contabile dei beni presenti in tale stabilimento ammonta complessivamente a euro 4.500.000. In data 15.01.2012 tale stabilimento viene completamente distrutto da un uragano. La società in oggetto ha mantenuto in bilancio il valore dello stabilimento al suo valore contabile, fornendo però notizia dell’uragano e dei conseguenti danni apportati nelle note al bilancio. CASO 2 La società Beta s.p.a. vanta un credito di natura commerciale di euro 75.000 verso l’azienda Gamma s.p.a., sorto in data 26.09.2011 e avente scadenza a 90 giorni data fattura. L’azienda Gamma s.p.a. in data 15.02.2012 è stata dichiarata fallita dal Tribunale di Parma. L’azienda Beta s.p.a. ha considerato tale dichiarazione di fallimento nella predisposizione del proprio bilancio, procedendo con una consistente svalutazione del credito vantato nei confronti del cliente Gam-
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
ma s.p.a., ulteriore rispetto al fisiologico accantonamento al fondo svalutazione crediti. CASO 3 In data 18.02.2012 il tribunale di Parma obbliga l’azienda Delta s.p.a. a risarcire i danni ad un proprio agente di commercio per un importo pari ad euro 250.000 in quanto la medesima nei primi mesi del 2011 non aveva rispettato la clausola di esclusiva territoriale contenuta nel contratto di agenzia sottoscritto qualche anno prima da entrambe le parti. Nonostante i legali dell’azienda avessero sempre ipotizzato l’eventualità di un risarcimento che non sarebbe dovuto essere superiore ad euro 200.000, la società Delta s.p.a. costituisce al 31.12.2011 un fondo rischi ed oneri pari ad euro 250.000. Anche se la quantificazione del danno avviene nell’esercizio successivo (2012), esso si riferisce, infatti, ad un evento accaduto nel 2011. VERIFICHE SU IFRS 1 (è possibile anche più di una risposta per domanda)
1. La direzione aziendale decide di passare ai principi contabili a decorrere dal bilancio chiuso il 31 dicembre 2008. Ai sensi dell’IFRS la situazione patrimoniale-finanziaria di apertura è: a) 01 gennaio 2007; b) 01 gennaio 2006; c) 01 gennaio 2008. 2. In sede di transizione ai principi contabili internazionali nel primo bilancio redatto, la direzione aziendale dovrà: a) applicare retroattivamente gli IAS/IFRS come se l’entità da sempre avesse redatto i bilanci sulla base dei principi contabili internazionali; b) identificare la repoorting date e dalla transition date applicare retroattivamente i principi contabili internazionali; c) identificare la transition date e utilizzare i principi contabili internazionali avendo facoltà di effettuare talune applicazioni retroattive. 3. Nell’ipotesi di transizione ai principi contabili l’entità nel bilancio separato: a) dovrà adottare gli stessi valori presenti nel bilancio consolidato, salvo le rettifiche dovute al consolidato; b) dovrà applicare l’IFRS 1 integralmente, potendo giungere per effetto delle esenzioni e delle eccezioni a valori differenti rispetto a quelli indicati nel bilancio consolidato;
I PRINCIPI GENERALI RILEVANTI
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c) dovrà applicare l’IFRS 1 senza avvalersi di esenzioni e delle eccezioni, potendo quindi iscrivere valori differenti rispetto a quelli indicati nel bilancio consolidato. Si proceda all’individuazione della soluzione del caso sotto prospettato relativo all’applicazione dell’IFRS 1. La direzione aziendale decide di redigere il primo bilancio consolidato IAS/IFRS alla data del 31 dicembre 2008. Si redigano i prospetti di riconciliazione della situazione patrimonialefinanziaria, del conto economico, del patrimonio netto e del risultato d’esercizio alla data di apertura (transition date) e alla prima data comparativa, considerando le seguenti circostanze: a) il gruppo presenta costi di impianto ed ampliamento per euro 500.000. Ammortamento annuo euro 100.000. Tra le altre attività immateriali figurano oneri per la manutenzione straordinaria su beni di terzi per euro 125.000; b) il gruppo ha capitalizzato costi di ricerca. Valore netto contabile euro 60.000, ammortamento annuo 20.000; c) il gruppo presenta un rilevante valore d’avviamento originatosi a seguito di precedenti fusioni (euro 5.000.000). Si consideri che la direzione aziendale ha optato per non applicare retroattivamente l’IFRS 3. L’ammortamento annuo dell’avviamento secondo precedenti principi contabili è di euro 500.000; d) il gruppo ha effettuato delle rivalutazioni monetarie su alcune categorie di cespiti, in applicazione di specifiche norme di legge. Il valore contabile di questi beni ammonta ad euro 15.000.000 mentre il fair value è di euro 20.000.000. La direzione aziendale decide di valutare tali beni con il c.d. cost model; e) il gruppo ha in essere contratti di leasing finanziario su impianti e macchinari. Nel bilancio redatto secondo precedenti principi sono espressi con il metodo “patrimoniale”. Il valore netto contabile è di euro 12.500.000, mentre il debito residuo ammonta ad euro 11.500.000. Alla data del 31 dicembre 2007 l’ammortamento è di euro 1.500.000; il costo per il godimento su beni di terzi (euro 3.000.000) è così suddiviso euro 2.500.000 quota capitale, euro 500.000 quota interessi; f) durante l’anno 2006 il gruppo ha deciso di modificare il metodo di valutazione delle rimanenze di magazzino passando dal LIFO al costo medio ponderato. L’effetto di tale passaggio è di euro 5.000.000. Sulle rettifiche operate non si consideri l’effetto fiscale.
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
Attività immateriali
Bilancio IT GAAP
Bilancio IT GAAP
01/01/2007
31/12/2007
7.532.323
6.532.323
Attività materiali
55.734.689
50.734.689
Rimanenze
38.598.140
47.457.954
Crediti commerciali
54.890.916
60.380.007
Altre attività correnti
208.719
229.591
Disponibilità liquide
404.267
444.693
157.369.053
165.779.257
Patrimonio netto
19.441.197
26.714.928
Accantonamenti
2.286.980
2.515.678
Totale attività
Passività per imposte differite
178.346
196.181
Passività finanziarie
42.931.622
47.224.784
Passività commerciali
91.412.772
87.897.737
Altre passività correnti
1.118.135
1.229.949
157.369.053
165.779.257
Totale passività e patrimonio netto
Bilancio IT GAAP 31/12/2007 Ricavi Costi operativi EBITDA Ammortamenti e accantonamenti
411.247.830 – 332.852.720 78.395.110 – 63.267.012
EBIT
15.128.098
Proventi/oneri gestione finanziaria
– 3.005.214
Risultato prima delle imposte
12.122.885
Oneri fiscali
– 4.849.154
Risultato del periodo
7.273.731
4 LA STRUTTURA E LA COMPOSIZIONE DEL BILANCIO a cura di Marco Allegrini 1 SOMMARIO: 4.1. Le componenti del bilancio (IAS 1). – 4.2. Prospetto della situazione patrimoniale-finanziaria (IAS 1). – 4.2.1. Requisiti per l’iscrizione delle attività e delle passività. – 4.2.2. I criteri di classificazione delle voci patrimoniali. – 4.2.3. Il contenuto della situazione patrimoniale-finanziaria. – 4.2.4. I punti di differenza con la normativa nazionale. – 4.2.5. Verifica di apprendimento sulla situazione patrimoniale-finanziaria. – 4.3. Conto economico complessivo (IAS 1). – 4.3.1. Struttura del conto economico complessivo. – 4.3.2. I proventi e gli oneri straordinari. – 4.3.3. Le regole previste per i costi operativi. – 4.3.4. I punti di differenza con la normativa nazionale. – 4.3.4. Verifica di apprendimento. – 4.4. Rendiconto finanziario (IAS 7). – 4.4.1. Introduzione. – 4.4.2. La risorsa di riferimento. – 4.4.3. La classificazione dei flussi finanziari. – 4.4.4. La presentazione dei flussi. – 4.4.5. Contenuto della nota integrativa. – 4.4.6. Gli schemi di rendiconto finanziario previsti dallo IAS 7. – 4.4.7. I punti di differenza con la normativa nazionale. – 4.4.8. Verifica di apprendimento su rendiconto finanziario. – 4.5. Prospetto delle variazioni di patrimonio netto dell’esercizio (IAS 1). – 4.5.1. Introduzione. – 4.5.2. Il contenuto del prospetto delle variazioni del patrimonio netto. – 4.5.3. I punti di differenza con la normativa nazionale. – 4.5.4. Verifica di apprendimento. – 4.6. Note al bilancio (IAS 1). – 4.6.1. Introduzione. – 4.6.2. Il contenuto delle note esplicative. – 4.6.3. I punti di differenza con la normativa nazionale. – 4.6.4. Verifica di apprendimento. – 4.7. Settori operativi (IFRS 8). – 4.7.1. Introduzione. – 4.7.2. I settori operativi: criteri di individuazione. – 4.7.3. Informativa sui settori operativi. – 4.7.4. Criteri di valutazione di ricavi, costi, attività e passività di settore. – 4.7.5. Informativa accessoria entity-wide. – 4.7.6. Case studies. – 4.7.7. Verifica di apprendimento.
4.1. LE COMPONENTI DEL BILANCIO (IAS 1) La disciplina degli schemi di bilancio a livello internazionale è contenuta prevalentemente nei seguenti standard: 1
I paragrafi 4.1, 4.3, 4.4 sono stati scritti da Marco Allegrini. I paragrafi 4.2 e 4.5 da Marco Allegrini ed Emanuele Ninci. Il paragrafo 4.6 è stato scritto da Emanuele Ninci. Il paragrafo 4.7 è stato scritto da Giulio Greco.
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
IAS 1, Presentazione del bilancio IAS 7, Rendiconto finanziario IFRS 5, Attività non correnti possedute per la vendita e attività dismesse IFRS 8, Settori operativi Strettamente collegati a questo troviamo il documento CONSOB n. 15519 del 27 luglio 2006 in attuazione dell’art. 9, comma 3 del D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 38. Lo IAS 1, al paragrafo 10, dispone che il bilancio include: a) b) c) d) e)
un prospetto della situazione patrimoniale-finanziaria alla fine dell’esercizio; un prospetto di conto economico complessivo dell’esercizio; un prospetto delle variazioni di patrimonio netto dell’esercizio; un rendiconto finanziario dell’esercizio; note, contenenti un elenco dei principi contabili rilevanti e altre informazioni esplicative; e f) un prospetto della situazione patrimoniale-finanziaria all’inizio del primo esercizio comparativo quando un’entità applica un principio contabile retroattivamente o ridetermina retroattivamente le voci nel proprio bilancio, o quando riclassifica le voci nel proprio bilancio. Da sottolineare le sostanziali e numerose differenze con la definizione fornita dall’art. 2423 del codice civile del nostro Paese, secondo cui il bilancio è costituito dallo stato patrimoniale, dal conto economico e dalla nota integrativa. Innanzitutto, lo IAS 1 richiede la compilazione di cinque documenti anziché tre, più un sesto documento (un prospetto della situazione patrimoniale-finanziaria all’inizio del primo esercizio comparativo) a carattere eventuale, anche se obbligatorio. Il “bilancio IAS” annovera quindi tra i documenti obbligatori che non sono previsti esplicitamente nel nostro Paese: – il rendiconto finanziario – il prospetto delle variazioni del patrimonio netto – un prospetto della situazione patrimoniale-finanziaria all’inizio del primo esercizio comparativo non previsti invece in ambito nazionale. Inoltre, è da rimarcare che per il conto economico viene introdotto un concetto assolutamente estraneo alla tradizione contabile del nostro Paese: il conto “economico complessivo” e, come avremo modo di vedere più avanti, il “prospetto della altre componenti di conto economico complessivo” (nel caso
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in cui il conto economico complessivo venga suddiviso in “conto economico separato” e, appunto, “prospetto della altre componenti di conto economico complessivo”). Il rendiconto finanziario non è menzionato dal codice civile italiano, mentre è soltanto raccomandato dai principi contabili nazionali dell’OIC. Per quanto riguarda invece il prospetto delle variazioni del patrimonio netto evidenziamo che l’art. 2427, comma 1, punto 7-bis, c.c., novellato dalla riforma del diritto societario ex D.Lgs. n. 6/2003, dispone che “ciascuna voce del patrimonio netto sia analiticamente indicata (in nota integrativa appunto), con specificazione in appositi prospetti della loro origine, possibilità di utilizzazione e distribuibilità nonché della loro avvenuta utilizzazione nei precedenti esercizi”. L’articolo del codice civile richiede, quindi, le stesse informazioni previste dallo IAS 1 al paragrafo 10 punto (c); la differenza è legata al fatto che tale informazione non costituisce più, con gli IAS, una mera informazione contenuta all’interno della nota integrativa, ma un prospetto del bilancio, separato dagli altri ed autonomo, la cui presentazione è obbligatoria al fine di rendere una informativa di bilancio completa.
4.2. PROSPETTO DELLA SITUAZIONE PATRIMONIALE-FINANZIARIA (IAS 1) 4.2.1. Requisiti per l’iscrizione delle attività e delle passività Le condizioni ed i criteri per l’iscrizione delle attività e passività nella situazione patrimoniale-finanziaria sono contenuti nel Framework “Quadro sistematico per la redazione e presentazione del bilancio”. In particolare, secondo il Framework, le attività sono: – risorse controllate dall’impresa; – risultato di operazioni svolte in passato; – dalle quali sono attesi futuri benefici economici. La possibilità di iscrivere le attività nel bilancio dipende inoltre da ulteriori due condizioni: – i benefici economici futuri possono essere misurati attendibilmente; – il costo o il valore dell’attività può essere misurato attendibilmente. Questa definizione è interessante perché, anzitutto, svincola l’iscrivibilità all’interno della situazione patrimoniale-finanziaria della proprietà giuridica; è sufficiente che l’impresa abbia il controllo di tali risorse: così per esempio, gli
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immobili posseduti tramite leasing finanziario costituiscono un’attività se l’impresa assume sostanzialmente i benefici ed i rischi connessi all’immobile stesso. In effetti, anche nella prassi contabile del nostro Paese il concetto che la proprietà, legalmente intesa, non è sempre necessaria per l’iscrizione di un bene tra le attività, è conosciuto. Un esempio, è rappresentato dall’iscrizione nell’attivo della situazione patrimoniale-finanziaria delle immobilizzazioni, il cui acquisto, è assistito dalla riserva legale (patto di riservato dominio) nelle ipotesi di pagamenti rateizzati. Il risultato di azioni svolte in passato giustifica la non iscrizione di elementi che avranno manifestazione in futuro, come l’intenzione di acquistare altri beni o di compiere certi investimenti. Il Framework prevede inoltre che “il beneficio economico futuro compreso in un’attività è il potenziale contributo, diretto o indiretto, ai flussi finanziari e mezzi equivalenti 2 che affluiranno all’impresa ”. Tale definizione fa sì che il beneficio economico non deve necessariamente concretizzarsi in un’entrata monetaria, ma può anche determinare un beneficio nella produzione dei beni o nella fornitura dei servizi e, quindi, contribuire anche indirettamente alla entrata di flussi finanziari. Ad esempio, un investimento in un macchinario, affinché questo riduca i costi di produzione, rappresenta un’attività, anche se non genera di per sé (direttamente) entrate finanziarie. Tuttavia, se questo beneficio economico/finanziario non è misurabile in modo attendibile ma è soggetto a notevoli incertezze, allora l’elemento non può essere iscritto nell’attivo patrimoniale. Con riferimento alle passività, il Framework, detta alcuni principi. In particolare, le passività sono: – obbligazioni attuali dell’impresa; – risultato di operazioni svolte in passato; – dalle quali sono attese fuoriuscite di risorse che darebbero, se mantenute nell’impresa, futuri benefici economici (e finanziari); e – questi sacrifici possono essere attendibilmente misurati. Una caratteristica essenziale di una passività è costituita dalla circostanza che “l’impresa abbia una obbligazione attuale e non un semplice impegno futuro”. La definizione di “obbligazione attuale” va intesa come impegno assunto (dall’impresa) ad adottare un certo comportamento, derivante da un obbligo di legge o da decisione volontaria resa pubblica (“legal or constructive obliga-
2 Per la definizione di flussi finanziari e mezzi equivalenti rimandiamo allo IAS 7, trattato nel prosieguo del presente capitolo.
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tion”); si tratta in altre parole di impegni irrevocabili per cui esistono già accordi di tipo legale o implicito. Le obbligazioni legali sono impegni tutelabili di fronte ad un tribunale, mentre, le obbligazioni implicite originano da prassi di natura commerciale o comportamentale; ad esempio, è il caso dell’impresa che stabilisce la politica di rimborsare i clienti non soddisfatti e la porti a conoscenza del mercato di sbocco. Inoltre, come per le attività, l’essere il risultato di operazioni svolte in passato giustifica la non iscrizione di elementi che avranno manifestazione in futuro. La passività, inoltre, implica un probabile sacrificio futuro connesso alla privazione di beni che, se mantenuti nell’impresa, determinerebbero benefici economici/finanziari.
4.2.2. I criteri di classificazione delle voci patrimoniali La disciplina specifica della situazione patrimoniale-finanziaria è contenuta nello IAS 1. Questo, al paragrafo 60, dispone espressamente che l’entità “deve presentare le attività correnti e non correnti, e le passività correnti e non correnti, come classificazioni distinte nel prospetto della situazione patrimonialefinanziaria (…) ad eccezione del caso in cui una presentazione basata sulla liquidità fornisce informazioni che sono attendibili e più rilevanti. Quando tale eccezione si applica, un’entità deve presentare tutte le attività e passività ordinate in base al loro livello di liquidità”. Lo IAS 1 propone quindi due modalità di presentazione: – “soluzione benchmark”: attività e passività classificate in correnti e non correnti; – “soluzione allowed ”: attività e passività in base alla liquidità (crescente o decrescente). La distinzione corrente/non corrente fornisce, secondo lo IASB, informazioni particolarmente utili ai destinatari del bilancio, in presenza di un ciclo operativo chiaramente identificabile, in quanto distingue il capitale circolante netto dal capitale usato dall’entità per le operazioni a lungo termine. L’altro criterio è quello della liquidità; in tal caso non si individuano le classi corrente/non corrente, ma solo un elenco di voci (almeno pari al contenuto minimale previsto dallo IAS 1) presentate in ordine crescente/decrescente di liquidità. È ammesso tuttavia un “criterio misto” (par. 64), in quanto è prevista la possibilità di presentare alcune attività/passività utilizzando una classificazione cor-
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rente/non corrente e altre in ordine di liquidità, quando ciò, ovviamente, fornisce informazioni che sono attendibili e più significative.
Il criterio “misto” nel bilancio consolidato di Fiat per l’esercizio 2011 Nota integrativa, p. 140 “Con riferimento alle attività e passività presentate nella situazione patrimoniale-finanziaria è stata adottata una forma di presentazione mista della distinzione tra correnti e non correnti, secondo quanto consentito dallo IAS 1. In particolare, anche dopo la Scissione, nell’ambito del Gruppo continuano ad essere consolidate sia società che svolgono attività industriale, sia società di servizi finanziari”.
Soffermandoci solo sul criterio corrente/non corrente, mettiamo in evidenza che la distinzione tra poste (patrimoniali) correnti e non correnti è basata su due criteri: – criterio del ciclo operativo dell’impresa (se chiaramente identificabile); – criterio del periodo amministrativo annuale. Quindi, attività e passività vengono suddivise tra correnti e non correnti a seconda che esse possano realizzarsi o diventare esigibili nel ciclo operativo, definito come il tempo intercorrente tra l’acquisizione dei materiali e la loro realizzazione come disponibilità liquide o mezzi equivalenti. Qualora il ciclo operativo di un’entità non sia chiaramente identificabile (è il caso di una posta patrimoniale di natura finanziaria), allora si suppone che la durata sia pari a dodici mesi; si utilizza, in altre parole, il criterio del periodo amministrativo annuale, secondo cui le voci (patrimoniali) vengono suddivise tra correnti e non correnti, a seconda che divengano disponibili (o esigibili) entro oppure oltre 12 mesi. La classificazione delle attività e passività secondo il criterio corrente/non corrente, imposta dallo IAS 1, è quindi fondata su una duplice regola: – regola che, definita l’origine delle attività e passività nel normale svolgimento del ciclo operativo dell’impresa, le classifica correnti, indipendentemente dalla scadenza entro i dodici mesi dalla data del bilancio; – regola “finanziaria”, per la quale le attività e passività non operative si classificano correnti se si prevede di realizzarle o estinguerle entro dodici mesi.
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Ed infatti, è espressamente previsto che “un’attività deve essere classificata come corrente quando soddisfa (alternativamente) uno dei seguenti criteri (paragrafo 66): (a) quando ci si aspetta che sia realizzata, o si prevede che sia venduta o utilizzata nel normale ciclo operativo dell’entità; (b) è posseduta principalmente per essere negoziata; (c) si prevede che si realizzi entro dodici mesi dalla data di riferimento del bilancio; o (d) si tratta di disponibilità liquide o mezzi equivalenti (come definito nello IAS 7) a meno che non sia preclusa dall’essere scambiata o utilizzata per estinguere una passività per almeno dodici mesi dalla data di riferimento del bilancio. (e) Tutte le altre attività devono essere classificate come non correnti”. Le attività correnti includono, quindi, tutte le attività che si presume di realizzare nel normale svolgimento del ciclo operativo dell’impresa, come per esempio le rimanenze e i crediti commerciali, indipendentemente dal fatto che siano realizzate entro i 12 mesi dalla data di riferimento del bilancio 3. Le attività correnti, inoltre, includono attività possedute principalmente per essere negoziate, come per esempio i titoli della categoria “Held for trading” 4. Le attività non legate al ciclo operativo (es. crediti finanziari) sono classificate come correnti solo se realizzate entro 12 mesi dalla data di bilancio; in altre parole, si fa riferimento alla quota corrente di attività finanziarie non correnti. Infine, come espressamente previsto, le attività correnti comprendono le disponibilità liquide (e mezzi equivalenti) “a meno che non siano precluse dall’essere scambiate o utilizzate per estinguere una passività per almeno dodici mesi dalla data di riferimento del bilancio”. Le attività non correnti includono attività materiali, immateriali e finanziarie aventi natura a lungo termine. Dal lato delle passività viene sancito che “una passività deve essere classificata come corrente quando soddisfa uno dei seguenti criteri: (a) è previsto che sia estinta nel normale ciclo operativo di un’entità; (b) è assunta principalmente per essere negoziata;
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Quindi, se il ciclo operativo ha durata 18 mesi, un credito verso cliente avente una scadenza superiore a 12 e inferiore a 18, deve essere classificato comunque tra le attività correnti. 4 La categoria “held for trading” è una delle 4 categorie, contemplate dallo IAS 39, Strumenti finanziari: Rilevazione e valutazione. In particolare, rientrano in questa categorie le attività detenute a scopo di negoziazione (trading) per i quali è prevista la valutazione al “fair value” con imputazione degli effetti a conto economico.
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(c) deve essere estinta entro dodici mesi dalla data di riferimento del bilancio; o (d) l’entità non ha un diritto incondizionato a differire il regolamento della passività per almeno dodici mesi dalla data di riferimento del bilancio. (e) Tutte le altre passività devono essere classificate come non correnti”. Analogamente a quanto visto sopra, le passività correnti comprendono le passività che si presume di estinguere nel normale ciclo operativo dell’impresa, come per esempio i debiti commerciali e gli accantonamenti per costi operativi, anche se la loro estinzione avverrà oltre dodici mesi dalla data di riferimento del bilancio 5. Altre passività correnti non legate al ciclo operativo, sono classificate come correnti solo quando devono essere estinte entro i 12 mesi dalla data di bilancio o sono assunte principalmente per essere negoziate; ne sono esempio le passività finanziarie classificate come possedute per essere negoziate (secondo quanto previsto dallo IAS 39), gli scoperti bancari, la quota corrente di debiti finanziari a medio-lungo termine, dividendi da pagare, imposte sul reddito e altri debiti non commerciali. Particolari regole valgono per quanto riguarda la classificazione delle passività finanziarie. Secondo lo IAS 1, i finanziamenti a medio lungo termine sono generalmente classificati come passività non correnti; tuttavia, qualora la passività finanziaria preveda impegni contrattuali (clausole di garanzia – covenants 6 che hanno l’effetto di rendere pagabile a richiesta la passività, qualora siano violate specifiche condizioni relative alla situazione finanziaria del debitore, è opportuno, secondo lo IAS 1, considerare il rispetto di tali clausole ai fini della classificazione della passività nella situazione patrimoniale-finanziaria. Infatti, qualora l’impresa non rispetti le clausole di garanzia previste (cioè violi i covenants collegati al finanziamento), alla data di bilancio oppure in un periodo precedente, con l’effetto che la passività diventi pagabile a vista, la passività deve essere classificata come corrente, anche se il finanziatore ha concordato, dopo la data di riferimento del bilancio e prima che questo venga approvato, di non richiedere il pagamento della passività a causa della violazione dei 5
Specularmente a quanto visto sopra, se la durata del ciclo operativo è 18 mesi, un debito verso fornitore avente una scadenza superiore a 12 mesi e inferiore a 18, è classificato comunque tra le passività correnti. 6 I “covenants” sono clausole di garanzia inerenti ad alcuni finanziamenti legati spesso ad indici di bilancio o a risultati aziendali. Il rispetto di tali clausole è fondamentale per la continuazione dell’erogazione del finanziamento. Spesso il mancato rispetto di tali clausole oppure il mancato raggiungimento degli obiettivi quantitativi rende immediatamente esigibile il finanziamento.
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covenants. Conseguentemente, la passività viene classificata come corrente, perché alla data di bilancio, l’impresa non ha un diritto incondizionato per differire il pagamento dell’obbligazione per almeno dodici mesi dopo quella data; tutto questo è la diretta conseguenza dell’applicazione del principio della prevalenza della sostanza sulla forma, cardine degli standard internazionali. L’unica eccezione a quanto sopra si ha quando il finanziatore ha concordato, prima della data di riferimento del bilancio, di fornire un periodo di tolleranza (c.d. periodo di “grazia”) che termina almeno dodici mesi dopo la data di riferimento del bilancio stesso, nel corso del quale l’entità può sanare la violazione e durante la quale il finanziatore non può richiedere un rimborso immediato; solo in questo caso la passività può essere classificata come non corrente. Presentiamo di seguito uno stralcio delle note esplicative al bilancio consolidato 2011 del gruppo “Fiat”, al fine di dare evidenza della struttura di un covenants.
Un esempio della struttura di un “covenants” (bilancio consolidato Fiat 2011) Le obbligazioni emesse da Fiat Finance and Trade Ltd S.A. e da Fiat Finance North America Inc. contengono impegni (covenant) dell’emittente e in alcuni casi di Fiat S.p.A. nella sua qualità di garante tipici della prassi internazionale per emissioni obbligazionarie di questo tipo da parte di emittenti dello stesso settore industriale in cui opera il Gruppo, quali in particolare (i) clausole di cosiddetto negative pledge, che impongono di estendere alle obbligazioni stesse, con pari grado, eventuali garanzie reali presenti o future costituite sui beni dell’emittente e/o di Fiat S.p.A., in relazione ad altre obbligazioni e altri titoli di credito, (ii) clausole di cosiddetto pari passu, in base alle quali non potranno essere assunte obbligazioni che siano senior rispetto alle obbligazioni emesse, (iii) obblighi di informazione periodica, (iv) per le emissioni obbligazionarie nell’ambito del programma Global Medium Term Notes, clausole di cosiddetto cross default, che comportano l’immediata esigibilità delle obbligazioni al verificarsi di certi inadempimenti in relazione ad altri strumenti finanziari emessi dalle principali società del Gruppo e (v) altre clausole generalmente presenti in emissioni di questo tipo. La violazione di detti obblighi può comportare il rimborso anticipato delle note emesse. Inoltre, i prestiti obbligazionari garantiti da Fiat S.p.A. prevedono clausole che possono comportare l’obbligo di rimborso anticipato nel caso in cui vi sia un cambiamento dell’azionista di controllo di Fiat S.p.A. che comporti un conseguente downgrading da parte di agenzie di rating.
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Per quanto riguarda, invece, le passività finanziarie a breve termine, sono da classificare come correnti, anche se un accordo di rifinanziamento a lungo termine viene concluso dopo la data di riferimento del bilancio e prima che il bilancio sia autorizzato alla pubblicazione. Se, inoltre, un’entità ha la discrezionalità di rifinanziare o rinnovare un’obbligazione per almeno dodici mesi dalla data di riferimento del bilancio, secondo un accordo di finanziamento esistente, essa classifica l’obbligazione come non corrente, anche se sarebbe scaduta entro un periodo più breve. Infine, in base al paragrafo 56, qualora l’impresa adotti la classificazione “corrente/non corrente”, allora le attività e passività fiscali differite sono classificate sempre come non correnti.
4.2.3. Il contenuto della situazione patrimoniale-finanziaria Lo IAS 1 non prescrive per la situazione patrimoniale-finanziaria né una forma specifica (scalare, a sezioni divise sovrapposte o contrapposte) né un ordine di rappresentazione delle voci dell’attivo e del passivo, ma si limita a definire un contenuto minimo che l’entità deve rispettare. In particolare, il paragrafo 54 prevede espressamente che: “come minimo, il prospetto di situazione patrimoniale-finanziaria deve includere voci che presentino i seguenti valori: (a) immobili, impianti e macchinari; (b) investimenti immobiliari; (c) attività immateriali; (d) attività finanziarie [esclusi i valori esposti in (e), (h) e (i)]; (e) partecipazioni contabilizzate con il metodo del patrimonio netto; (f) attività biologiche; (g) rimanenze; (h) crediti commerciali e altri crediti; (i) disponibilità liquide e mezzi equivalenti; (j) il totale delle attività classificate come possedute per la vendita e le attività incluse nei gruppi in dismissione classificati come posseduti per la vendita in conformità all’IFRS 5 Attività non correnti possedute per la vendita e attività operative cessate; (k) debiti commerciali e altri debiti; (l) accantonamenti; (m) passività finanziarie [esclusi i valori esposti in (k), e (l)]; (n) passività e attività per imposte correnti, come definito nello IAS 12 Imposte sul reddito;
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(o) passività e attività per imposte differite, come definito nello IAS 12; (p) passività incluse nei gruppi in dismissione classificati come posseduti per la vendita, in conformità all’IFRS 5; (q) interessenze di pertinenza di terzi, presentate nel patrimonio netto; e (r) capitale emesso e riserve attribuibili ai soci della controllante”. Il contenuto minimo è determinato dal fatto che le voci indicate sono così diverse fra loro per natura o destinazione, da richiedere una separata esposizione nel prospetto; così, gli immobili hanno natura e destinazione diversa rispetto alle attività immateriali e quindi devono essere presentati separatamente. Inoltre, l’utilizzo di basi di valutazione difformi per le diverse classi di attività e passività suggerisce che la loro natura o funzione differisce e, quindi, queste dovrebbero essere presentate come voci distinte. Per esempio, diverse classi di immobili, impianti e macchinari possono essere iscritte al costo o a valori rivalutati 7 e conseguentemente dovrebbero essere esposte separatamente. Lo IASB, sancisce allora che è lasciata libera opzione alle imprese di evidenziare, nel prospetto di situazione patrimoniale-finanziaria o nelle note, ulteriori sottoclassificazioni in merito alle immobilizzazioni materiali, immateriali, finanziarie, alle rimanenze, ai crediti, ai debiti e al patrimonio netto. Infine, sotto il profilo meramente operativo, riteniamo utile sottolineare che, nel passaggio dallo stato patrimoniale civilistico alla situazione patrimonialefinanziaria ex IAS 1: 9 i ratei e risconti attivi e passivi sono riclassificati tra i crediti e i debiti; 9 i disaggi su prestiti, invece, sono stati contabilizzati a riduzione della passività e gli aggi invece sono stati imputati alle obbligazioni emesse 8; 9 le azioni proprie sono portate a diretta riduzione del patrimonio netto; 9 i crediti verso soci per versamenti ancora dovuti sono anch’essi iscritti a detrazione del capitale sociale; 9 i conti d’ordine sono stati cancellati e la relativa informativa è stata inserita nelle note.
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Si veda quanto previsto dallo IAS 16, Immobili, Impianti e macchinari. Secondo i principi contabili italiani le obbligazioni vengono registrate al valore nominale residuo (in linea capitale); inoltre, gli eventuali aggi o disaggi di emissione,nonché le spese di emissione, vengono differiti e ammortizzati lungo la durata del prestito. Secondo gli IAS il valore delle obbligazioni è determinato secondo il metodo del costo ammortizzato e cioè al valore iniziale (fair value) al netto dei rimborsi in linea capitale già effettuati, rettificato in base all’ammortamento (al tasso di interesse effettivo) di eventuali differenze (quali aggi/disaggi, spese di emissione e premi di rimborso) fra il valore iniziale e il valore rimborsabile alla scadenza. 8
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4.2.4. I punti di differenza con la normativa nazionale Alla luce di quanto fino ad ora esposto, ci pare utile sottolineare che la normativa italiana prevista per lo stato patrimoniale è profondamente differente. Anzitutto, evidenziamo che nel codice civile il criterio finanziario assume un ruolo di secondo livello; a livello internazionale, invece, questo criterio “prevale” sugli altri. Il codice civile, infatti, norma di riferimento per le imprese “non IAS”, prevede un criterio di classificazione misto “destinazione economica/finanziario” per l’attivo ed un criterio per “natura” per le poste patrimoniali passive. Più precisamente, l’art. 2424-bis, comma 1, recita: “gli elementi patrimoniali (attivi), destinati ad essere utilizzati durevolmente, devono essere iscritti tra le immobilizzazioni”, lasciando intendere che in caso di utilizzo non durevole, l’elemento patrimoniale andrà collocato nell’attivo circolante. Tuttavia, il codice civile non precisa un limite temporale per qualificare quanto deve essere considerato “durevole”, ma si può intendere che convenzionalmente il termine sia dato dalla fine del prossimo esercizio. Tuttavia, il criterio della destinazione è parzialmente disatteso nel caso dei crediti. Il codice civile, nella fattispecie, prescrive che i crediti verso clienti vadano tutti inseriti nell’attivo circolante, con separata indicazione degli importi esigibili oltre l’esercizio successivo, visto che generalmente scadono a breve; i crediti di finanziamento (derivanti da prestiti) invece, debbono essere inseriti tra le immobilizzazioni, con separata indicazione degli importi esigibili entro l’esercizio successivo, visto che generalmente scadono a medio/lungo termine. Il criterio, quindi, non è finanziario, almeno in senso prevalente. Per il passivo, invece, il codice civile prevede una classificazione basata sulla natura delle fonti di finanziamento, in primis mezzi propri e di terzi. Anche per le passività, il criterio finanziario assume un ruolo secondario. Infatti, nonostante lo schema inizi con il patrimonio netto, “elemento” destinato a rimanere “costantemente” all’interno dell’azienda, successivamente “seguono” i fondi, enunciati però tutti assieme in un’unica classe, indipendentemente dalla scadenza; infine, ci sono i debiti, collocati anch’essi in un’unica classe, a prescindere nuovamente dalla scadenza degli stessi. Infine, per quanto riguarda il contenuto, evidenziamo che l’art. 2424 c.c. prevede un elenco di voci ben più numeroso rispetto a quello minimo previsto dallo IAS 1; tale contenuto è inoltre “rigido” in quanto non modificabile, salvo casi limitati espressamente previsti dalla legge (art. 2423-ter c.c.).
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4.2.5. Verifica di apprendimento sulla situazione patrimoniale-finanziaria Si risponda ai seguenti quiz (anche più di una risposta per ogni domanda). 1. I criteri di classificazione delle voci patrimoniali ammessi dallo IAS 1 sono: a) corrente/non corrente b) corrente/non corrente, finanziario e gestionale c) corrente/non corrente, finanziario e misto 2. Il criterio corrente/non corrente è basato: a) sul ciclo operativo dell’impresa b) sul criterio del periodo amministrativo annuale c) sul ciclo operativo dell’impresa se chiaramente identificabile, altrimenti sul criterio del periodo amministrativo annuale 3. Quale delle seguenti voci non compare più nella situazione patrimonialefinanziaria ex IAS 1: a) Impegni per beni in leasing (conti d’ordine) b) Crediti finanziari c) Azioni proprie d) Ratei e risconti e) Crediti verso soci per versamenti ancora dovuti
CASI PRATICI
Proponiamo di seguito la situazione patrimoniale-finanziaria consolidata di FIAT di Fiat e di Telecom al 31 dicembre 2011; si valutino le analogie e le differenze.
Situazione patrimoniale-finanziaria consolidata
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Gruppo FIAT
(Segue)
Situazione patrimoniale-finanziaria consolidata
Gruppo TELECOM Situazione patrimoniale-finanziaria consolidata
Gruppo TELECOM Situazione patrimoniale-finanziaria consolidata (Segue)
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4.3. CONTO ECONOMICO COMPLESSIVO (IAS 1) 4.3.1. Struttura del conto economico complessivo Così come per la situazione patrimoniale-finanziaria, anche per il conto economico, lo IASB non indica una struttura rigida, ma si limita ad individuare un contenuto minimo di voci che lo stesso deve necessariamente presentare, lasciando (nuovamente) piena responsabilità agli amministratori nel definire lo schema che, meglio di altri, è in grado di dare una rappresentazione migliore della situazione economica; in altre parole, spetta agli amministratori medesimi il compito di individuare voci, margini e classificazioni che sono ritenute più significative per soddisfare le esigenze conoscitive degli utilizzatori del bilancio. A partire dal 1° gennaio 2009, lo IAS 1 (rivisto nel 2007) ha previsto (par. 81) che: “un’entità deve presentare tutte le voci di ricavo e di costo rilevate in un esercizio: (a) in un unico prospetto di conto economico complessivo, o (b) in due prospetti: un prospetto che mostra le componenti dell’utile (perdita) d’esercizio (conto economico separato) e un secondo prospetto che inizia dall’utile (perdita) d’esercizio e mostra le voci del prospetto delle altre componenti di conto economico complessivo (prospetto di conto economico complessivo)”. Il nuovo IAS 1 ha quindi introdotto un nuovo concetto di conto economico: il conto economico complessivo, che espone, oltre ai ricavi ed ai costi attribuiti al conto economico già con le regole precedenti, anche le “altre componenti di conto economico complessivo”, generalmente costituite da movimenti di patrimonio netto non attribuibili ad apporti o rimborsi o al pagamento di dividendi nei confronti dei soci. Costituiscono esempi di “altre componenti di conto economico complessivo”: • rivalutazione di attività materiali ed immateriali (IAS 16, Immobili, impianti e macchinari e lo IAS 38, Attività immateriali); • utili e perdite derivanti dalla conversione dei bilanci di una gestione estera (IAS 21, Effetti delle variazioni dei cambi delle valute estere); • utili e perdite dalla rideterminazione di attività finanziarie disponibili per la vendita (IAS 39, Strumenti finanziari: Rilevazione e valutazione); • utili e perdite attuariali da piani a benefici definiti (IAS 19, Benefici ai dipendenti). Di seguito, una rappresentazione sintetica delle due alternative, considerando il contenuto minimale previsto dal paragrafo 82 dello IAS 1. Nel caso di presentazione di un prospetto unico (conto economico complessivo) si hanno, come minimo, le seguenti voci:
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a) ricavi; b) oneri finanziari; c) quota dell’utile o perdita di collegate e joint venture contabilizzata con il metodo del patrimonio netto; d) oneri tributari; e) un unico importo comprendente il totale: i) della plusvalenza o minusvalenza, al netto degli oneri fiscali, delle attività operative cessate, e ii) della plusvalenza o minusvalenza, al netto degli effetti fiscali, rilevata a seguito della valutazione al fair value (valore equo) al netto dei costi di vendita, o della dismissione delle attività o del(i) gruppo(i) in dismissione che costituiscono l’attività operativa cessata; f) utile (perdita) d’esercizio; g) ciascuna voce del prospetto delle altre componenti di conto economico complessivo classificato per natura [esclusi i valori esposti in (h)]; h) quota delle voci del prospetto delle altre componenti di conto economico complessivo di collegate e joint venture contabilizzata con il metodo del patrimonio netto; i) totale conto economico complessivo. Il prospetto unico conclude quindi con la voce “totale conto economico complessivo” e presenta l’utile o perdita dell’esercizio come risultato parziale. Nel caso in cui l’entità scelga di suddividere il conto economico complessivo in due prospetti separati, dovrà presentare il conto economico separato ed il prospetto delle altre componenti di conto economico complessivo. Il prospetto di “conto economico separato” comprende le seguenti voci: a) ricavi; b) oneri finanziari; c) quota dell’utile o perdita di collegate e joint venture contabilizzata con il metodo del patrimonio netto; d) oneri tributari; e) un unico importo comprendente il totale: i) della plusvalenza o minusvalenza, al netto degli oneri fiscali, delle attività operative cessate, e ii) della plusvalenza o minusvalenza, al netto degli effetti fiscali, rilevata a seguito della valutazione al fair value (valore equo) al netto dei costi di vendita, o della dismissione delle attività o del(i) gruppo(i) in dismissione che costituiscono l’attività operativa cessata; f) utile (perdita) d’esercizio.
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
Il prospetto delle “altre componenti di conto economico complessivo” include le seguenti voci: utile (perdita) d’esercizio; ciascuna voce del prospetto delle altre componenti di conto economico complessivo classificato per natura [esclusi i valori esposti in (h)]; quota delle voci del prospetto delle altre componenti di conto economico complessivo di collegate e joint venture contabilizzata con il metodo del patrimonio netto; totale conto economico complessivo. Da notare che in questo prospetto la prima voce è costituita dal risultato finale del conto economico separato (utile o perdita dell’esercizio). Si presenta di seguito un esempio numerico del prospetto “altre componenti di conto economico complessivo”.
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Le altre componenti di conto economico complessivo possono implicare un carico fiscale latente: si pensi alle rivalutazioni di attività materiali, che non siano riconosciute fiscalmente, che non generano proventi imponibili né consentono di dedurre le maggiori quote di ammortamento post-rivalutazione. In questi casi, ai sensi dello IAS 12, occorre stanziare le imposte differite o anticipate. A tale riguardo, un’entità può presentare le voci del prospetto delle altre componenti di conto economico complessivo (par. 91): a) al netto degli effetti fiscali correlati, o b) al lordo degli effetti fiscali correlati con un unico valore relativo all’ammontare aggregato delle imposte sul reddito relative a tali voci. Nelle altre componenti di conto economico complessivo occorre trattare adeguatamente anche le “rettifiche da riclassificazione”, ovvero gli importi: – che incidono sull’utile (perdita) dell’esercizio corrente; – che sono stati rilevati nel prospetto delle altre componenti di conto economico complessivo dell’esercizio corrente o di esercizi precedenti. Una rettifica da riclassificazione è inclusa con la relativa voce nel prospetto delle altre componenti di conto economico complessivo nell’esercizio in cui la rettifica è riclassificata nell’utile (perdita) d’esercizio. Ad esempio, gli utili realizzati con la dismissione di attività finanziarie disponibili per la vendita sono inclusi nell’utile (perdita) dell’esercizio corrente. La parte di tale plusvalenza che era stata già iscritta nell’esercizio precedente (esercizi precedenti) nel prospetto delle altre componenti di conto economico complessivo, dovrà a questo punto essere stornata nel medesimo prospetto, per evitare di considerare tale componente due volte: nell’esercizio in cui era maturata nelle “altre componenti di conto economico complessivo” e nell’esercizio in cui viene realizzata come componenti dell’utile o della perdita di esercizio. Si riporta di seguito un esempio, nel quale si evidenzia la realizzazione di una plusvalenza derivante dalla cessione di uno strumento finanziario (attività finanziaria disponibile per la vendita) per 5.000, sulla quale matura un onere fiscale di 1.500. L’effetto netto sull’utile (perdita) di esercizio è di 3.500. Poiché, in relazione a tale strumento finanziario, negli esercizi precedenti era stata iscritta una rivalutazione per un ammontare eguale o superiore, occorre adesso inserire una voce di riclassificazione nel prospetto delle altre componenti di conto economico complessivo avente segno negativo (“reclassification adjustment, net of tax”).
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Le rettifiche da riclassificazione non sorgono a seguito di variazioni della riserva di rivalutazione rilevate in conformità allo IAS 16 o allo IAS 38 o di utili e perdite attuariali da piani a benefici definiti rilevati in conformità al paragrafo 93A dello IAS 19. Tali variazioni sono rilevate nel prospetto delle altre componenti di conto economico complessivo e non sono riclassificate nell’utile (perdita) degli esercizi successivi. Le variazioni nella riserva di rivalutazione possono essere trasferite agli utili portati a nuovo negli esercizi successivi quando l’attività è utilizzata o quando è eliminata contabilmente (IAS 16 e IAS 38). Gli utili e le perdite attuariali sono esposti tra gli utili portati a nuovo nell’esercizio in cui sono rilevati nel prospetto delle altre componenti di conto economico complessivo (IAS 19). Con riferimento alle voci da includere nel conto economico i principi contabili internazionali dettano ulteriori regole: • un’entità non deve presentare voci di ricavi e di costi come componenti straordinarie nel prospetto di conto economico complessivo o nel conto economico separato (se presentato), né nelle note (par. 87); pertanto secondo gli IAS, tutti i costi e i proventi che l’impresa sostiene e realizza, sono riferibili al business dell’impresa, anche se non prevedibili, non inerenti all’attività tipica dell’impresa e non ricorrenti; • lo IFRS 5 richiede di indicare le perdite o i proventi derivanti dalle attività non correnti destinate alla dismissione e/o cedute, separatamente dal risultato che deriva dalle attività in funzionamento;
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• il contenuto minimale non richiede informazioni sui costi operativi; tuttavia lo IASB ha stabilito (par. 99-105) che, l’impresa presenti una classificazione dei costi, per natura o per destinazione; • lo IAS 1 (par. 83) richiede di indicare anche la distribuzione sia dell’utile (o perdita) dell’esercizio sia del “totale conto economico complessivo”, distinguendo per ciascuna delle due voci la parte attribuibile a: – interessenze di pertinenza di terzi; – soci della controllante; • in base allo IAS 33, devono essere indicati, in calce al conto economico, alcuni indici che individuano l’utile spettante a ogni azione, al fine di migliorare la comparabilità tra i risultati di differenti imprese nello stesso esercizio e della stessa impresa in periodi amministrativi diversi; più precisamente, gli indici da fornire in bilancio sono due: utile per azione “base” calcolabile in qualsiasi società per azioni che abbia conseguito un risultato di esercizio, e l’utile per azione “diluito” applicabile in tutti i casi in cui esistono contratti o strumenti finanziari che, potenzialmente, possono modificare il numero di azioni in circolazione; • la versione precedente dello IAS 1 consentiva la presentazione dei dividendi (e del dividendo per azione) nel conto economico, nel prospetto delle variazioni di patrimonio netto o nelle note. La nuova versione, in vigore dal 2009, consente la presentazione dei dividendi (e del dividendo per azione) nel prospetto delle variazioni di patrimonio netto o nelle note. Quindi, la presentazione dei dividendi nel conto economico complessivo non è più consentita; • voci addizionali, intestazioni e risultati parziali devono essere presentati nel prospetto di conto economico quando ciò è necessario per spiegare i fattori che hanno determinato il risultato economico 9. Tra i vari punti appena elencati, riteniamo che il venir meno dell’area straordinaria e le regole dettate in materia di costi operativi (indicazione o meno nel prospetto di conto economico e classificazione per natura o per destinazione) meritino una trattazione più dettagliata.
9 Per esempio, una banca modifica le denominazioni in modo da applicare le disposizioni più specifiche contenute nello IAS 30.
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4.3.2. I proventi e gli oneri straordinari La “cancellazione dell’area straordinaria”, sia dal conto economico che dalle note, è stata introdotta con la revisione 2003 dello standard internazionale n. 1; tale disposizione cerca di contrastare il comportamento di quegli amministratori che, fino a prima, cercavano di celare all’interno di quella stessa area, dai contenuti non definiti, taluni importi (generalmente di costo), al fine di migliorare il reddito operativo, principale base di calcolo di numerosi indici di bilancio, utilizzati da banche e analisti finanziari. Questa previsione, inoltre, permette di porre fine a tutte le discussioni sollevate dalla dottrina economico – aziendale (italiana e internazionale) in merito a tutte quelle operazioni i cui costi e ricavi potevano (o dovevano) essere considerati straordinari 10. Nel “Basis for conclusions” dello IAS 1 revised 2003, è espressamente indicato che alcuni ritenevano che i componenti straordinari dovessero essere evidenziatati separatamente dagli altri componenti di costo e/o di ricavo in quanto differenti da quest’ultimi, e perché, la mancata evidenziazione poteva distorcere notevolmente i giudizi sulla performance da parte degli analisti. Il Board ha spiegato che gli elementi trattati come “straordinari” fanno comunque parte del normale rischio di impresa a cui deve far fronte l’azienda; inoltre, eliminando la categoria degli elementi straordinari si elimina la necessità di effettuare arbitrarie separazioni degli effetti dei relativi eventi esterni (alcuni ricorrenti e altri no) sul conto economico periodico dell’impresa. Nonostante però sia vietata l’esposizione nel conto economico (e nelle note) di costi e proventi straordinari, il Framework distingue tra quegli elementi di ricavo e di costo che trovano origine nello svolgimento di un’attività eccezionale o di un’operazione rilevante per la natura o l’ammontare dell’operazione stessa. Tale distinzione è effettuata in funzione del fatto che, la “fonte” di un elemento ha rilevanza nella valutazione della capacità dell’impresa di generare flussi finanziari e mezzi equivalenti in futuro; per esempio, operazioni eccezio10
Ricordiamo che in Italia, la trattazione del problema non è contenuta in alcuna norma del codice civile; solo la relazione accompagnatoria del D.Lgs. n. 127/1991 afferma che “... l’aggettivo straordinario non allude all’eccezionalità o anormalità dell’evento, bensì all’estraneità, della fonte del provento o dell’onere all’attività ordinaria”. La materia è stata poi ulteriormente approfondita anche nel documento n. 29 dei principi contabili OIC, che fornisce al riguardo alcuni esempi, tra cui: furti, multe, liberalità ricevute, plus(minus)valenze dovute a riconversione produttiva, espropri, cessione di partecipazioni e titoli immobilizzati, errori e cambiamenti di principi contabili, ecc. Plusvalenze da alienazione di beni strumentali impiegati nella normale attività produttiva, commerciale o di servizi, devono essere iscritti nella voce A5 del conto economico (concorrendo così al reddito operativo), allorché l’alienazione deriva da una fisiologica sostituzione dei cespiti.
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nali, quali la dismissione di una partecipazione a lungo termine, non è probabile che si ripetano regolarmente. Lo IAS 1 allora stablisce che “quando gli elementi di ricavo e di costo sono rilevanti (in termini di dimensione, natura o incidenza) la natura e l’ammontare di tali voci devono essere indicati separatamente” (par. 97). Esempi di circostanze che potrebbero dare origine all’indicazione distinta (di ricavo e di costo) includono: • la svalutazione (di rimanenze al valore netto realizzabile, di immobili, impianti e macchinari al valore recuperabile, come pure lo storno di tali svalutazioni e il conseguente ripristino di valore); • le ristrutturazioni aziendali; • le dismissioni di elementi di immobili, impianti e macchinari; • le cessioni di investimenti partecipativi; • le attività operative cessate; • la definizione di contenziosi e • altri storni di accantonamenti.
4.3.3. Le regole previste per i costi operativi Altro importante aspetto, come anticipato, sono le regole introdotte con riferimento alla presentazione dei costi. Le entità possono presentare i costi secondo una classificazione “per natura” o “per destinazione”. Con la prima alternativa (criterio per natura) i costi sono aggregati secondo la loro natura (per esempio ammortamenti, acquisti di materiali, costi di trasporto, benefici per i dipendenti e costi di pubblicità) e non sono ripartiti in base alla loro destinazione all’interno dell’entità; si tratta del criterio richiesto dal codice civile. Di seguito si presenta il conto economico separato del bilancio consolidato Telecom 2011, che espone i costi operativi secondo il criterio per natura.
Conto economico separato
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Con la seconda alternativa (criterio per destinazione), i costi si suddividono in: costo industriale del venduto, spese di vendita e commerciali, spese generali, spese amministrative, spese di ricerca e sviluppo. Questa modalità di raggruppamento dei costi, inoltre, presenta un diretto legame con i criteri che sottendono la rilevazione dei costi ai fini di controllo operativo gestionale, agevolando il raccordo tra contabilità analitica e contabilità generale. Si noti peraltro che non solo la classificazione dei costi per destinazione conduce ad un conto economico a valore della produzione venduta; possiamo infatti avere anche un conto economico a produzione venduta con costi per natura 11, così come un conto economico a produzione ottenuta con i costi classificati per destinazione (costi industriali, costi amministrativi, commerciali, ricerca e sviluppo, ecc.). Il costo del venduto normalmente viene presentato con una voce unica, ma deriva dalla somma algebrica di più voci, come di seguito rappresentato: + + – = + + + = + – =
Rimanenze iniziali materie Acquisti di materie prime Rimanenze finali materie Consumo di materie prime Costi per servizi industriali (energia elettrica, lavorazioni industrialili; manutenzioni, consulenze) Costi personale industriale Ammortamenti industriali Costo della produzione ottenuta Rimanenze iniziali prodotti finiti Rimanenze finali prodotti finiti Costo della produzione venduta (costo del venduto)
Si riporta di seguito un esempio di conto economico che riclassifica i costi secondo il criterio della destinazione economica (conto economico separato FIAT del bilancio consolidato 2011).
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Facciamo ad esempio riferimento al caso in cui la variazione delle rimanenze e l’incremento dei costi capitalizzati per lavori interni vengono collocate tra i costi con il segno inverso rispetto alle altre voci di costo.
Conto economico consolidato
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Le due modalità di classificazione dei costi operativi (natura e destinazione economica) sembrerebbero messe sullo stesso piano. L’organismo internazionale infatti stabilisce “… che la scelta del metodo dei costi per destinazione e per natura dipende da fattori storici e industriali e dalla natura dell’entità. Poiché ogni metodo di presentazione ha un valore a seconda dei diversi tipi di entità, il presente principio richiede che la direzione aziendale selezioni la presentazione più significativa e attendibile” (par. 105). Peraltro, lo IAS 1 riconosce che l’informativa sulla natura dei costi, tra l’altro più facile da fornire rispetto all’altra, è utile anche per prevedere i futuri flussi finanziari 12; a tal fine un’ulteriore informativa sempre sulla natura dei costi è espressamente richiesta nel caso in cui venga adottata (nel conto economico o nelle note) la classificazione con il metodo per destinazione (par. 105). In particolare, lo IAS 1 richiede di indicare nelle note, per le entità che hanno optato per il criterio della destinazione economico, ulteriori informazioni sui costi, inclusi gli ammortamenti ed i benefici per i dipendenti.
4.3.4. I punti di differenza con la normativa nazionale Anche per il conto economico lo IAS 1 presenta notevoli differenze rispetto al conto economico civilistico. La differenza più rilevante è costituita dal concetto di conto economico “complessivo” introdotto, con effetto a partire dal 2009, negli IAS/IFRS. Il prospetto include anche componenti che modificano il patrimonio netto ma non sono considerati in senso stretto ricavi e costi e non sono iscrivibili nel conto economico separato IAS/IFRS né lo sarebbero nel conto economico civilistico (rivalutazioni di attività materiali ed immateriali; utile e perdite da attività finanziarie disponibili per la vendita, ecc.). Qualora un’entità scelga di presentare separatamente le “altre componenti di conto economico complessivo” (le voci appena menzionate a titolo esemplificativo) si viene a determinare un prospetto non presente nel bilancio civilistico: il “prospetto delle altre componenti di conto economico complessivo”. Si ricorda, inoltre, che nel conto economico IAS viene meno il contenuto “rigido” previsto dallo schema civilistico, con riferimento alle voci, ai sub-totali e ai totali che il conto economico deve contenere, per arrivare (così come per la situazione patrimoniale-finanziaria) ad un “semplice” elenco di voci (e non an12
Si pensi a certi margini, quali es. l’EBITDA “Earnings Before Interest, Tax, Depreciations and Amortization” che da informazione diretta sul flusso di circolante generato dalla gestione corrente.
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che di sub-totali e totali, salvo per il risultato di esercizio) che le imprese devono, come minimo, indicare. Sottolineiamo, inoltre, che lo IASB, a differenza di quanto previsto dal codice civile, non ammette che siano evidenziati (nel prospetto o nelle note) proventi e oneri straordinari. Altra differenza significativa riguarda i criteri di classificazione: il codice civile prevede che i costi operativi siano classificati sempre secondo la natura del fattore produttivo che li ha generati e che sia evidenziato il valore e il costo della produzione ottenuta 13.
4.3.4. Verifica di apprendimento Si risponda ai seguenti quiz (anche più di una risposta per ogni domanda). 1. Il prospetto di conto economico complessivo include: a) ricavi e costi di esercizio; b) dividendi distribuiti ai soci; c) distribuzioni di capitale ai soci; d) rivalutazioni di attività materiali ed immateriali. 2. Lo IAS 1 non ammette più l’indicazione dei proventi e degli oneri straordinari: a) vero, ma in casi eccezionali (esempio, calamità naturali, ristrutturazioni, fusioni ed acquisizioni) diviene necessario esporre i proventi e oneri straordinari; b) vero; c) falso. 3. Lo IAS 1 ammette i seguenti criteri di classificazione dei costi operativi: a) natura; b) destinazione; c) secondo la variabilità dei costi; d) finanziario. 13 Riteniamo utile precisare che le due alternative di classificazione dei costi erano previste anche dalla quarta direttiva comunitaria; il nostro legislatore ha recepito in sede di formulazione del testo civilistico, a differenza di altri Paesi (es. Regno Unito), solo lo schema che suddivide i costi in base alla loro natura; la Relazione ministeriale, “accompagnatrice” del D.Lgs. n. 127/1991 precisa che la classificazione per natura risulta “… più idonea … a recepire ulteriori suddivisioni di voci già presenti nella disciplina vigente, ed a consentire collegamenti e correlazioni con lo stato patrimoniale”. Per ulteriori approfondimenti rimandiamo alla Relazione medesima.
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4. Il conto economico separato è: a) il conto economico della società capogruppo (holding); b) il conto economico di una singola area gestionale (es. area industriale); b) il prospetto che include i ricavi ed i costi dell’esercizio presentando come ultima voce l’utile o la perdita di esercizio; b) il prospetto che presenta come ultima voce il “totale conto economico complessivo”.
4.4. RENDICONTO FINANZIARIO (IAS 7) 4.4.1. Introduzione Il rendiconto finanziario costituisce il principale prospetto di natura contabile in grado di evidenziare la dinamica finanziaria dell’azienda. La situazione patrimoniale-finanziaria, come noto, è in grado di fornire solo valori “stock” riferiti ad un dato istante, il conto economico esprime dei valori di flusso, ma questi sono riferiti alla dinamica economica 14. La differenza tra i valori “stock” di due esercizi successivi della risorsa presa come riferimento coincide con il flusso finanziario complessivo dimostrato dal rendiconto. Questa informazione generale però non risulta di particolare utilità: vi possono essere aziende che, pur presentando un’analoga variazione complessiva di una certa risorsa, sono caratterizzate da una dinamica finanziaria ben diversa. Lo scopo del rendiconto finanziario è, pertanto, quello di evidenziare gli impieghi e le fonti di risorse in relazione alle operazioni di gestione che le hanno determinate, più che la determinazione del flusso complessivo dell’esercizio. Data questa finalità di “analisi” delle variazioni, le scelte sulla risorsa di riferimento e sulla classificazione dei flussi finanziari rivestono particolare importanza. Questi sono gli aspetti su cui sofferma maggiormente lo IAS 7 e che approfondiamo nei paragrafi successivi. Da sottolineare, innanzitutto, come il rendiconto finanziario nel bilancio IAS/IFRS non sia considerato quale mero allegato, come ad esempio viene proposto dai principi contabili italiani (documento OIC n. 12); bensì assieme al prospetto sulla situazione patrimoniale-finanziaria, al conto economico complessivo, al prospetto delle variazioni di patrimonio netto e “note al bilancio” 14
Scrive Coda al riguardo: “Il rendiconto finanziario ha un contenuto informativo, che, pur derivando in parte dal conto economico e dalle situazioni patrimoniali di inizio e di fine periodo, non può essere sostituito dalle informazioni ricavabili da questi prospetti” (V. CODA, Il rendiconto finanziario, Rivista dei dottori commercialisti, luglio-agosto 1974, p. 688).
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costituisce un prospetto obbligatorio del bilancio IAS/IFRS (IAS 1, par. 10). Si riconosce, in sostanza, al rendiconto finanziario la stessa “dignità” di prospetti contabili ben più noti nella tradizione contabile italiana come la situazione patrimoniale-finanziaria ed il conto economico. Lo IAS 1 infatti, indica espressamente che “Le informazioni sui flussi finanziari forniscono agli utilizzatori del bilancio una base di riferimento per valutare la capacità dell’entità di generare disponibilità liquide e mezzi equivalenti e i fabbisogni dell’entità di impiego di tali flussi finanziari. Lo IAS 7 stabilisce le disposizioni per la presentazione e l’esposizione delle informazioni sui flussi finanziari” (par. 111). Lo IAS 1 non tratta la metodologia contabile per la redazione del rendiconto finanziario, ma ne rinvia la trattazione ad uno specifico standard, lo IAS 7 titolato “Statement of Cash Flow” (Rendiconto Finanziario).
4.4.2. La risorsa di riferimento La risorsa presa come riferimento funge da elemento discriminante, ai fini di redazione del rendiconto finanziario, delle operazioni di gestione. Le stesse, difatti, generano delle variazioni nei valori negli elementi patrimoniali e reddituali che, secondo il loro profilo finanziario, possono essere distinte in due categorie: 1. variazioni finanziarie, che determinano una cambiamento nell’ammontare complessivo della grandezza di riferimento; 2. variazioni non finanziarie, che non determinano alcun cambiamento nell’entità totale della risorsa di riferimento. Gli “aggregati-fondo” a cui, in linea teorica, si potrebbe far riferimento sono molteplici; ad esempio: capitale circolante netto; capitale circolante netto operativo; liquidità totali (immediate e differite); margine di tesoreria; liquidità immediate; liquidità immediate al netto dei conti correnti passivi bancari; posizione finanziaria netta a breve; posizione finanziaria complessiva. Il capitale circolante netto, ottenuto come differenza tra attivo e passivo corrente 15, era la grandezza di riferimento prescelta anche dallo IASB nella prima versione dello IAS 7 “Statement of changes in financial position” (Prospetto 15
La grandezza in questione viene talvolta denominata “capitale circolante netto finanziario” per distinguerla dall’aggregato “capitale circolante netto in senso stretto (od operativo)”, avente una dimensione più contenuta, comprendendo le sole attività e passività correnti di natura operativa.
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delle movimentazioni finanziarie) datata 1977. Tuttavia, dal 1992 è stato approvato il IAS 7 “Cash flow Statement ” (Rendiconto finanziario) 16, che richiede la rappresentazione delle variazioni di disponibilità liquide ed equivalenti (“cash and cash equivalent ”) e non più dai movimenti di circolante netto Lo standard internazionale quindi, prevede che, la risorsa di riferimento sia costituita dal cash and cash equivalents. Si tratta dunque delle seguenti componenti: • “Cash”: cassa e depositi a vista (banca, c/c postali); • “Cash equivalents”: investimenti a breve termine e ad alta liquidità, prontamente convertibili in denaro e soggetti ad un rischio irrilevante di variazione di valore. Si tratta in altre parole di temporanee esigenze di disponibilità liquide, investite in strumenti finanziari caratterizzati da rendimenti più elevati rispetto ai depositi a vista (es. titoli pubblici) e prontamente liquidabili. Precisiamo che, secondo lo IAS 7, un investimento finanziario, per essere compreso tra le disponibilità liquide equivalenti, deve avere una scadenza a brevissimo termine, solitamente qualificata come tale se ha una scadenza non superiore a tre mesi dalla data di acquisto (e non dalla data di riferimento del bilancio): è il caso ad esempio, di pronti contro termine mensili o trimestrali. Infine, lo IAS 7 ammette che gli scoperti di conto corrente bancari, rimborsabili a vista, siano inclusi, ovviamente con segno negativo, nella risorsa di riferimento. Per questi ultimi, si considerano i conti correnti che presentano un’alternanza fisiologica di saldi negativi e positivi. Nel caso di conto correnti perennemente “in rosso” (ovvero, con saldo negativo) secondo lo IAS 7 siamo in presenza di veri e propri finanziamenti, da includere dunque nell’apposita area e non più nella risorsa di riferimento. Difatti, i prestiti ed i finanziamenti, tranne appunto gli scoperti bancari, sono invece esclusi dalla risorsa stessa, in quanto rappresentano, a seconda che si tratti di accensioni o rimborsi, fonti o impieghi di liquidità. Precisiamo che l’impresa deve indicare i componenti delle disponibilità liquide e dei mezzi equivalenti e deve presentare una riconciliazione dei valori del rendiconto finanziario con le voci equivalenti esposte nella situazione patrimoniale-finanziaria. Inoltre, nel caso in cui si verifichi un qualsiasi cambiamento nella determinazione delle disponibilità liquide e dei mezzi equivalenti (ad esempio, una variazione nella classificazione degli strumenti finanziari in pre-
16
Per quanto riguarda i vantaggi informativi derivanti dall’adozione dell’una o dell’altra grandezza, rimandiamo a SOSTERO U.-FERRARESE P., Analisi di bilancio: strutture formali, indicatori e rendiconto finanziario, Giuffrè, Milano, 2000, pp. 155-163.
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cedenza considerati parte del portafoglio investimenti finanziari di un’impresa), questo deve essere esposto secondo quanto previsto dallo IAS 8 17.
4.4.3. La classificazione dei flussi finanziari Lo IAS 7 dispone espressamente che il rendiconto finanziario deve presentare i flussi finanziari (complessivi) avvenuti nell’esercizio, classificandoli tra: – attività operative (“operating activities”); – attività di investimento (“investing activities”); – attività finanziarie (“financing activities”). I flussi di liquidità derivanti da attività operative sono connessi con l’attività di produzione del reddito. Essi costituiscono, pertanto, l’equivalente monetario dei costi e ricavi di esercizio attribuiti nel conto economico. Di fatto, allorché l’area in questione viene ad accogliere anche flussi relativi a proventi ed oneri relativi ad aree diverse rispetto a quella caratteristica (come quella finanziaria, accessoria e tributaria) essa riflette la traduzione in termini monetari del risultato economico e, dunque, dovrebbe denominarsi “gestione reddituale”. La denominazione di “gestione operativa” sembra pertanto appropriata solo quando essa riflette l’equivalente monetario del risultato operativo e non del risultato netto finale. I flussi derivanti da attività di investimento include gli incassi ed i pagamenti relativi, rispettivamente, a dismissioni e ad acquisizioni di immobilizzazioni, materiali, immateriali e finanziarie, di altre attività finanziarie e di crediti di finanziamento non immobilizzati. I flussi derivanti da attività finanziarie includono le entrate e le uscite connesse con le accensioni ed i rimborsi di prestiti (capitale di terzi) e con apporti e rimborsi di capitale proprio. Tale classificazione è particolarmente apprezzata perché consente all’utilizzatore del bilancio di comprendere la capacità, di ciascuna attività, di generare (o “distruggere”) disponibilità liquide e mezzi equivalenti nel corso dell’esercizio, ovvero permette di accertare l’effetto di tali attività sulla posizione finanziaria dell’impresa. Da notare che l’effetto connesso ad una singola operazione può risultare ripartito tra più aree, in relazione alla natura economica dell’entrata o uscita eco17
Lo IAS 8 (Principi contabili, cambiamenti nelle stime contabili ed errori) richiede che le rettifiche e le rideterminazione di valore, fatte per correggere gli errori, o generatesi per effetto di un cambiamento di un principio contabile, siano rilevate nel saldo degli utili portati a nuovo.
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nomica. Così, ad esempio, l’uscita finanziaria connessa al pagamento della rata di un prestito, può interessare l’area operativa per quanto riguarda l’interesse, mentre la parte della rata riconducibile alla quota capitale può essere fatta rientrare nell’attività finanziaria. Inoltre, è lo stesso IASB, a lasciare piena libertà al redattore del bilancio in merito alla classificazione (sempre tra le tre aree) degli interessi (pagati e ricevuti), dei dividendi (corrisposti e ricevuti) e delle imposte sul reddito. Per quanto riguarda gli interessi pagati 18, quelli riscossi e i dividendi ricevuti, lo IASB non detta una soluzione univoca, ma si limita a richiedere che essi debbano essere indicati distintamente nell’area in cui vengono classificati. Infatti, mentre per un istituto finanziario tutti sono concordi che gli interessi pagati, gli interessi e i dividendi ricevuti siano da collocare come flussi finanziari operativi, per le altre imprese non c’è ancora un accordo. Tuttavia lo IAS 7, ritiene che gli interessi pagati e gli interessi e i dividendi ricevuti possano essere classificati come flussi finanziari operativi perché essi rientrano nella determinazione dell’utile o della perdita dell’esercizio. Alternativamente, gli interessi corrisposti possono essere classificati come flussi dell’attività finanziaria, in quanto, si tratta di costi sostenuti per ottenere risorse finanziarie, mentre, gli interessi e dividendi ricevuti possono essere classificati nell’attività di investimento, poiché si tratta di proventi originatesi per effetto di investimenti finanziari. È prevista una duplicità di trattamento anche per i dividendi corrisposti; sempre secondo lo IASB, gli stessi possono essere classificati come flussi dell’attività finanziaria, in quanto, come nel caso degli interessi corrisposti, essi rappresentano un costo sostenuto per l’ottenimento di risorse finanziarie; alternativamente, i dividendi corrisposti possono essere classificati come un componente dei flussi derivanti dall’attività operativa. Per quanto riguarda infine i flussi monetari relativi alle imposte sul reddito, lo IAS 7 richiede che essi siano indicati distintamente e debbano essere imputati nella gestione operativa, salvo il caso in cui, essi, possono essere specificamente identificati con la gestione finanziaria e di investimento 19.
18
È logico che, come precisa anche lo IAS 7, il flusso monetario in uscita connesso agli oneri finanziari, può essere maggiore del valore risultante dal conto economico, nel caso in cui una parte degli stessi vengono capitalizzati, secondo quanto previsto dallo IAS 23 “Oneri finanziari”; in tal caso, allora, lo IASB precisa che “il valore totale degli interessi pagati durante un esercizio deve essere indicato nel rendiconto finanziario sia che essi siano stati imputati come costi nel conto economico, sia che essi siano stati capitalizzati” (IAS 7, par. 32). 19 Quando i flussi finanziari delle imposte sono attribuiti a più di una classe di attività, deve essere indicato l’importo complessivo delle imposte pagate.
134
I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
Tra le tre aree individuate dallo IAS 7 quella operativa è decisamente la più importante; infatti, i flussi finanziari connessi all’attività operativa rappresentano un indispensabile punto di riferimento per tutti coloro che sono interessati alla valutazione in ottica futura dell’andamento aziendale, considerato che essi sono strettamente collegati all’andamento economico/reddituale dell’azienda. In altre parole, il flusso dell’area operativa costituisce l’equivalente monetario del risultato di esercizio. Tuttavia, poiché il risultato di esercizio si ottiene attraverso il contributo di più aree oltre a quella operativa/caratteristica (come l’area finanziaria, accessoria e tributaria 20 e se il flusso dell’area operativa ex IAS 7 è l’equivalente monetario di quel risultato, esso dovrebbe denominarsi piuttosto “gestione reddituale”, così come correttamente definito dai principi contabili nazionali; in altre parole, la denominazione di “gestione operativa” sembra appropriata solo quando essa riflette l’equivalente monetario del risultato operativo e non del risultato netto finale. Vale la pena sottolineare che, come approfondito successivamente, i due esempi contenuti nell’appendice dello IAS 7 evidenziano, all’interno dell’area operativa, anche un risultato intermedio, costituito dalle “disponibilità liquide generate dalle operazioni”; nonostante la terminologia utilizzata per la traduzione non sia delle più corrette, il beneficio informativo di questo margine è particolarmente rilevante, in quanto rappresenta il flusso di cassa della gestione caratteristica corrente, non inficiato dunque dalle entrate ed uscite connesse a proventi e oneri finanziari, accessori e tributari. I flussi finanziari generati dall’attività operativa derivano solitamente dalle operazioni di gestione e dagli altri fatti e operazioni che partecipano alla determinazione dell’utile o della perdita d’esercizio, quali ad esempio: 9 9 9 9 9
incassi dalla vendita di prodotti e dalla prestazione di servizi; incassi da royalties, compensi, commissioni e altri ricavi; pagamenti a fornitori di merci e servizi; pagamenti a, e per conto di, lavoratori dipendenti; incassi e pagamenti di un’impresa assicuratrice per premi e risarcimenti, annualità e altre indennità previste dalla polizza.
L’informazione distinta relativa ai flussi finanziari derivanti dall’attività di investimento è importante perché rappresentano la misura in cui i costi sono stati sostenuti per acquisire risorse destinate a produrre futuri proventi e flussi finanziari. Esempi di flussi finanziari derivanti da attività di investimento sono: 20
Ricordiamo che lo IASB non contempla proventi/oneri straordinari.
LA STRUTTURA E LA COMPOSIZIONE DEL BILANCIO
135
9 pagamenti per acquistare immobili, impianti e macchinari, beni immateriali e altri beni immobilizzati (pagamenti relativi ai costi di sviluppo capitalizzati e a immobili, impianti e macchinari di costruzione interna); 9 entrate dalla vendita di immobili, impianti e macchinari, attività immateriali e altre attività a lungo termine; 9 pagamenti (o incassi) per l’acquisizione (o la dismissione) di strumenti rappresentativi di capitale o di debito di altre imprese e partecipazioni in joint venture; 9 anticipazioni e prestiti fatti (diversi da anticipazioni e prestiti fatti da un istituto finanziario). Per quanto concerne il valore d’iscrizione del flusso derivante dalla dismissione di un cespite, lo IASB ritiene che la rappresentazione del flusso stesso, al valore netto di realizzo, sia la soluzione più corretta; questa “preferenza” si deduce indirettamente attraverso la lettura delle voci contenute nell’esempio di rendiconto finanziario, riportato nell’appendice dello IAS 7; tuttavia, nulla vieta di rappresentare le stesse al valore netto contabile dei cespiti venduti. La scelta operata incide, peraltro, anche sull’entità del flusso della gestione operativa. Infatti, se viene effettuata la scelta dell’iscrizione al valore di realizzo del bene ceduto, nell’ambito della gestione operativa il risultato economico dovrà essere incrementato della minusvalenza o diminuito della plusvalenza, mentre nessuna rettifica dovrà essere operata nel caso di iscrizione del cespite alienato al valore netto contabile del bene ceduto, essendo la plus/minusvalenza già inclusa nel risultato economico posto a base del flusso della gestione operativa. Infine, sempre per quando riguarda l’area degli investimenti, riteniamo che nel silenzio dello IASB, le imprese debbano distinguere il flusso in uscita connesso agli investimenti da quello in entrata connesso ai disinvestimenti; inoltre, ciascuna delle due sottoclassi potrebbe essere ulteriormente dettagliata, nelle tre categorie previste per le immobilizzazioni (immateriali, materiali e finanziarie). Presentiamo schematicamente quanto appena indicato:
136
I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
A)
B) C) B – A +/– C
Attività di investimento Investimenti Immobilizzazioni immateriali Immobilizzazioni materiali Partecipazioni e altre attività finanziarie Totale flusso in uscita derivante dall’attività d’investimento Disinvestimenti Immobilizzazioni immateriali Immobilizzazioni materiali Partecipazioni e altre attività finanziarie Totale flusso in entrata derivante dall’attività di disinvestimento Altri flussi in entrata e uscita (es. imposte) Flusso generato (assorbito) dall’attività di investimento
(…..) (…..) (…..) (…..)
….. ….. ….. …..
…..
Lo IAS 7 infine, richiede l’indicazione distinta dell’area finanziaria, in quanto è utile nella previsione di richieste sui futuri flussi finanziari da parte di chi fornisce i capitali all’impresa (soci o terzi finanziatori). In altre parole, la gestione finanziaria include i flussi relativi ad accensioni e rimborsi di prestiti (capitale di terzi) e ad apporti e rimborsi di capitale proprio. Quindi, esempi di flussi finanziari derivanti dall’attività finanziaria sono: 9incassi derivanti dall’emissione di azioni o altri strumenti rappresentativi di capitale; 9pagamenti agli azionisti per acquistare o liberare le azioni della società; 9incassi derivanti dall’emissione di obbligazioni, prestiti, cambiali, mutui e altri finanziamenti a breve o a lungo termine; 9rimborsi di prestiti; 9pagamenti da parte del locatario per la riduzione delle passività esistenti relative a un leasing finanziario. A nostro avviso, le imprese dovrebbero separare i flussi finanziari (in entrata e in uscita) derivanti dal rapporto azienda-soci rispetto a quelli che derivano dal rapporto tra l’azienda e i terzi finanziatori.
LA STRUTTURA E LA COMPOSIZIONE DEL BILANCIO
137
4.4.4. La presentazione dei flussi Lo IAS 7 dispone espressamente che i flussi finanziari dell’attività di investimento o finanziaria devono rappresentare incassi e pagamenti lordi. Possono essere presentati al netto solo gli incassi ricevuti o i pagamenti effettuati nel caso in cui questi siano: a) eseguiti per conto di clienti e riflettono l’attività del cliente piuttosto che quella dell’impresa; b) connessi a elementi la cui rotazione è rapida, gli importi siano elevati e la scadenza sia a breve termine. Esempio del caso sub a) è l’affitto incassato per conto di terzi e pagato al proprietario dell’immobile; gli acquisti o la vendita di investimenti finanziari, altri finanziamenti a breve termine (con durata inferiore a tre mesi) sono esempi del caso sub b). Per quanto riguarda i flussi finanziari relativa alla gestione operativa, lo IASB ammette che possono essere possono essere presentati alternativamente secondo il: – metodo diretto; – metodo indiretto. Il metodo diretto presenta i risultati finanziari indicando direttamente le principali categorie di incassi e pagamenti lordi, mentre il metodo indiretto arriva al medesimo risultato partendo, però, dal risultato economico e arrivando al “risultato finanziario”, tramite la rettifica del primo con i costi e ricavi che non hanno inciso sulla risorsa di riferimento. Più precisamente, con il metodo indiretto, il flusso finanziario dell’attività operativa è determinato rettificando l’utile o la perdita dell’esercizio per gli effetti di: a) elementi “non monetari” quali l’ammortamento, gli accantonamenti, le imposte differite, gli utili e le perdite di cambio non realizzati, gli utili di collegate non distribuiti, e le quote di pertinenza di terzi, le rivalutazioni, le svalutazioni, ecc. 21; b) variazioni delle rimanenze e dei crediti e debiti di natura operativa avvenute nel corso dell’esercizio 22; 21 Ad esempio gli ammortamenti vanno sommati al risultato di esercizio in quanto sono costi imputati al conto economico che non hanno determinato un esborso monetario. 22 Ad esempio, l’aumento dei crediti rispetto all’esercizio precedente va sottratto dal risultato dell’esercizio, in quanto tale aumento rappresenta il minore ammontare incassato dai clienti ri-
138
I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
c) tutti gli altri elementi i cui effetti monetari sono flussi finanziari dall’attività di investimento (ad esempio, le plusvalenze e le minusvalenze) o finanziaria. Lo IAS 7 consente l’utilizzo di ciascuno dei due metodi, anche se raccomanda, come il FASB, quello diretto, in quanto indica direttamente i risultanti derivanti dalle movimentazioni di natura finanziaria. Tuttavia, la sua costruzione risulta più complessa e onerosa rispetto a quella richiesta dal metodo indiretto. Il metodo indiretto si fonda sui valori del conto economico e, pertanto, può essere costruito in modo più agevole; peraltro, la sua lettura appare inevitabilmente più complessa (specie per il lettore meno esperto) e meno diretta. In particolare, tale rappresentazione può essere anche considerata come una riconciliazione tra il flusso finanziario (flusso derivante dall’attività operativa) ed il flusso reddituale (risultato d’esercizio), in grado dunque di spiegare analiticamente le divergenze tra i due valori.
4.4.5. Contenuto della nota integrativa Molte attività di investimento e finanziarie non hanno un impatto diretto sui flussi finanziari, anche se influiscono sul capitale e sulla struttura dell’attivo di un’impresa (“non-fund transactions”). Esempi di operazioni “non monetarie” sono l’acquisizione di attività contraendo debiti o per mezzo di operazioni di leasing finanziario, l’acquisizione di un’impresa per mezzo di un’emissione di capitale, l’apporto di un immobile da parte di un socio, ed altre ancora. Lo IAS 7 cita espressamente che “le operazioni di investimento e finanziarie che non richiedono l’impiego di disponibilità liquide o mezzi equivalenti devono essere escluse dal rendiconto finanziario”, in quanto sono operazioni che non comportano flussi finanziari nell’esercizio corrente. Tuttavia, al fine di non “disperdere” informazioni rilevanti per il lettore, sempre lo IAS 7, precisa che queste operazioni devono essere indicate “altrove” nel bilancio; riteniamo che nel silenzio dello IASB, le stesse informazioni possano essere collocate, in forma tabellare, in calce al prospetto oppure nelle note al bilancio 23. spetto ai ricavi di competenza dell’esercizio accreditati a conto economico; conseguentemente, la diminuzione dei crediti invece deve essere aggiunta in quanto rappresenta il maggior ammontare dei crediti incassati rispetto ai ricavi di competenza dell’esercizio ed accreditati al conto economico. 23 La prima impostazione è quella preferita anche dai principi contabili nazionali; il documento n. 12 cita infatti: “le operazioni di investimento o finanziamento che non danno luogo a movimentazioni finanziarie, sono riportate in forma tabellare, in calce al rendiconto finanziario”.
LA STRUTTURA E LA COMPOSIZIONE DEL BILANCIO
139
L’ultima parte dello IAS 7 è dedicato alle informazioni integrative. In particolare, è espressamente previsto che l’impresa indichi, con un commento della direzione aziendale diverse informazioni, tra le quali merita menzionare: a) l’ammontare delle aperture di credito che possono essere disponibili per future attività operative e per estinguere impegni di capitale, indicando qualsiasi restrizione all’utilizzo di queste aperture di credito; b) l’ammontare aggregato dei flussi monetari che rappresentano incrementi della capacità operativa separatamente da quelli necessari per mantenere la capacità operativa preesistente; c) l’ammontare dei flussi di cassa da attività operativa, d’investimento e finanziaria per ciascun settore oggetto di informativa (IFRS 8 Settori operativi). L’informazione di cui al punto sub b) è utile per consentire al lettore del bilancio di giudicare se l’impresa sta investendo adeguatamente al fine di conservare la sua capacità operativa. Un’impresa che non investa adeguatamente nel mantenimento della sua capacità operativa, può pregiudicare la redditività futura per privilegiare la liquidità corrente e le distribuzioni agli azionisti; l’informazione di cui al punto sub c) è utile per ottenere una migliore conoscenza delle relazioni tra i flussi finanziari della gestione nel suo complesso e quelli dei suoi settori, della disponibilità e della variabilità dei flussi finanziari dei singoli segmenti in cui l’impresa opera.
4.4.6. Gli schemi di rendiconto finanziario previsti dallo IAS 7 Di seguito sono riportati gli schemi di rendiconto finanziario illustrati nell’appendice dello IAS 7, redatti, rispettivamente, secondo il metodo diretto ed indiretto. Da precisare che lo IAS 7 sottolinea che si tratta, appunto, di meri esempi, proprio perché è estranea alla filosofia IAS/IFRS l’emanazione di schemi rigidi, vincolanti nella forma e nella terminologia per tutti i tipi di aziende.
140
I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
XYZ Group: Cash flow Statement – 31 December 200x Metodo diretto 200x 24
Flussi finanziari della gestione operativa Entrate di disponibilità liquide da clienti Uscite di disponibilità liquide a fornitori e lavoratori dipendenti
... (...)
Disponibilità liquide generate dalle operazioni (– Interessi corrisposti + proventi ricevuti) Imposte sul reddito corrisposte
... (...)
Disponibilità liquide nette derivanti dalla gestione operativa
...
Flussi finanziari della gestione di investimento Acquisto di partecipazioni Corrispettivi dalla cessione di partecipazioni Acquisto di immobili, impianti e macchinari Corrispettivi dalla vendita di immobili, impianti e macchinari Interessi percepiti Dividendi percepiti
(...) ... (...) ... … ...
Disponibilità liquide nette impiegate nella gestione di investim.
...
Flussi finanziari della gestione finanziaria Incassi dall’emissione di capitale azionario Pagamenti per rimborsi di capitale azionario Incassi da finanziamenti Pagamenti per rimborsi di finanziamenti Pagamenti per locazioni finanziarie Dividendi corrisposti
... (...) ... (...) (...) (...)
Disponibilità liquide nette impiegate nella gestione finanziaria
…
Variazione netta delle disponibilità liquide ed equivalenti
...
Disponibilità liquide ed equivalenti all’inizio dell’esercizio Disponibilità liquide ed equivalenti alla fine dell’esercizio
24
25
... …
Omettiamo per semplicità, i dati relativi all’esercizio precedente. In una sezione separata del prospetto, o nelle note, viene indicata la composizione delle disponibilità liquide ed equivalente di inizio e fine esercizio. 25
141
LA STRUTTURA E LA COMPOSIZIONE DEL BILANCIO
XYZ Group: Cash flow Statement – 31 December 200x Metodo indiretto 200x Flussi finanziari della gestione operativa Utile prima delle imposte Rettifiche per: Ammortamenti, accantonamenti, svalutazioni Ricavi non monetari (incrementi immobilizzazioni per lavori interni, plusvalenze + Perdite / – utili su cambi Proventi da partecipazioni Interessi passivi Utile operativo prima delle variazioni del capitale circolante Variazioni nei crediti commerciali e diversi Variazioni nelle rimanenze Variazioni nei debiti verso fornitori e altri debiti operativi Disponibilità liquide generate dalle operazioni + Proventi finanziari riscossi/ –oneri finanziari pagati Imposte sul reddito corrisposte Disponibilità liquide nette derivanti dalla gestione operativa Flussi finanziari della gestione di investimento Acquisto di partecipazioni Corrispettivi dalla cessione di partecipazioni Acquisto di immobili, impianti e macchinari Corrispettivi dalla vendita di immobili, impianti e macchinari Interessi percepiti Dividendi percepiti Disponibilità liquide nette impiegate nella gestione di investim. Flussi finanziari della gestione finanziaria Incassi dall’emissione di capitale azionario Pagamenti per rimborsi di capitale azionario Incassi da finanziamenti Pagamenti per rimborsi di finanziamenti Pagamenti per locazioni finanziarie Dividendi corrisposti
...
… (…) … (…) … … (…) (…) … … ... (...) ...
(...) ... (...) ... … ... ...
... (...) ... (...) (...) (...) (segue)
142
I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
Disponibilità liquide nette impiegate nella gestione finanziaria
…
Variazione netta delle disponibilità liquide ed equivalenti Disponibilità liquide ed equivalenti all’inizio dell’esercizio 26 Disponibilità liquide ed equivalenti alla fine dell’esercizio
... ... …
Come già riferito, entrambi gli esempi contenuti nell’appendice dello IAS 7, evidenziano, all’interno dell’area operativa, un risultato intermedio: “disponibilità liquide generate dalle operazioni” (“cash generated from operations”); nonostante la terminologia utilizzata non sia da ritenere “soddisfacente”, tale margine è particolarmente rilevante in quanto costituisce l’equivalente monetario del reddito della sola area caratteristica. Riteniamo pertanto che esso possa costituire il margine più significativo per l’interpretazione della dinamica finanziaria d’azienda Da evidenziare inoltre che, attraverso il metodo indiretto, si ottiene un altro margine intermedio: l’“utile operativo prima delle variazioni del capitale circolante”; tale margine costituisce, nella sostanza, il flusso di capitale circolante netto generato dalla gestione caratteristica (corrente), talvolta denominato “flusso di cassa potenziale”. Riteniamo quindi che il maggior beneficio informativo si ha quando viene evidenziato il flusso di circolante netto della gestione caratteristica, l’indicazione distinta delle variazioni delle relative componenti operative (rimanenze, crediti e debiti operativi) e quindi il flusso di cassa corrente dell’area caratteristica. Quanto alla collocazione degli interessi, dei dividendi e delle imposte, riteniamo opportuno sottolineare quanto segue: • gli interessi corrisposti vengono collocati nell’area operativa, anche se, questi, dovrebbero essere, a nostro avviso, compresi nell’area dei finanziamenti (opzione ammessa anche dallo IASB), visto che il loro sostenimento dipende proprio dalle scelte finanziarie dell’azienda e quindi dalla struttura delle fonti; • i dividendi pagati vengono collocati nell’area finanziaria (soluzione pienamente condivisibile); • gli interessi e i dividendi ricevuti vengono collocati nell’area degli investimenti (soluzione pienamente condivisibile);
26 In una sezione separata viene indicata la composizione delle disponibilità liquide ed equivalente di inizio e fine esercizio.
LA STRUTTURA E LA COMPOSIZIONE DEL BILANCIO
143
• le imposte, vengono collocate interamente nell’area operativa (sarebbe preferibile la suddivisione tra le tre aree da cui esse derivano, ma ciò determinerebbe notevoli difficoltà).
4.4.7. I punti di differenza con la normativa nazionale A differenza dello IASB, la normativa civilistica, pur novata dal D.Lgs. n. 6/2003, non ha mai previsto la redazione di questo documento. A ben guardare, la dinamica finanziaria è piuttosto trascurata dalla normativa sul bilancio. Il Legislatore, infatti, si limita a enunciare, nel corpo dell’art. 2423 c.c. che dal bilancio deve evincersi la situazione finanziaria della società. Dottrina e prassi hanno sottolineato però che, per dare conto in modo efficace della situazione finanziaria, è necessario presentare un autonomo rendiconto finanziario. Tuttavia, malgrado il pressoché unanime consenso sul tema, il Legislatore nazionale non ha ritenuto di dover modificare i documenti del “package informativo”, cosicché le imprese che hanno ritenuto opportuno fornire tali informazioni, lo hanno fatto autonomamente o conformandosi a quanto “suggerito” dal principio contabile nazionale 27. Ad oggi però, la mancanza, a livello nazionale, di un principio legislativo per la redazione del rendiconto finanziario ha fatto proliferare una molteplicità di modelli, riconducibili ai diversi schemi elaborati dai diversi organismi istituzionali, tra cui gli schemi previsti dagli Allegati I, II e III del principio contabile n. 12 OIC e l’Associazione delle società italiane per azioni (Assonime) 28. Gli schemi di rendiconto finanziario elaborati dal CNDC&CNR, contenuti nel documento n. 12, rivisitato successivamente dall’OIC, propongono tre modelli, aventi come risorsa di riferimento il capitale circolante netto oppure i flussi di liquidità immediate (e non anche quelle equivalenti); a quest’ultima risorsa sono dedicati due dei tre modelli previsti, che si differenziano sotto il profilo formale: uno ha la forma a sezioni sovrapposte ed evidenza le variazioni nella situazione patrimoniale e finanziaria in termini di liquidità, mentre, il secondo, ha una forma a scalare ed espone i flussi di liquidità. Anche l’Assonime ha proposto tre modelli di rendiconto: il primo è basato sulla liquidità immediata, il secondo sulla posizione finanziaria complessiva (a breve 27
Precisiamo che anche l’Assonime è stato sempre “sensibile” al problema, proponendo anch’esso tre modelli di rendiconto finanziario. 28 ALLEGRINI M.-GARZELLA S., “Il rendiconto finanziario”, in MARCHI L. (a cura di), L’applicazione dei principi contabili nei bilanci delle imprese. Best practices della comunicazione economico finanziaria, Il Sole 24 Ore, Milano, 2000.
144
I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
e a medio lungo termine), mentre, il terzo, è basato sulla posizione finanziaria netta a breve (disponibilità liquide al netto dell’indebitamento finanziario a breve) 29. Presentiamo di seguito il rendiconto finanziario consolidato 2011 del gruppo TELECOM.
29
Per maggiori approfondimenti rinviamo a ALLEGRINI M.-GARZELLA S., “Il rendiconto finanziario”, in MARCHI L. (a cura di), L’applicazione dei principi contabili nei bilanci delle imprese. Best practicies della comunicazione economico finanziaria, Il Sole 24 Ore, Milano, 2000, p. 572 e segg.
LA STRUTTURA E LA COMPOSIZIONE DEL BILANCIO
145
Il gruppo TELECOM distingue i flussi finanziari nelle tre categorie, in conformità allo IAS 7. Per quanto concerne la rappresentazione del flusso monetario generato dalle attività operative, viene utilizzato il metodo indiretto, iniziando con l’utile al netto imposte. Tale flusso include anche le entrate ed uscite monetarie connesse ad altre aree oltre a quella operativa/caratteristica (in species proventi/oneri finanziari ed imposte). Non è pertanto da considerare un flusso monetario relativo all’attività operativa in senso stretto. Questa modalità di presentazione è seguita dalla larga maggioranza delle aziende. Per quanto riguarda la collocazione nelle tre aree degli interessi, dei dividendi e delle imposte, evidenziamo quanto segue: – gli interessi corrisposti, quelli percepiti e i dividendi ricevuti non sono esplicitati, ma si può ritenere che in mancanza di una voce di rettifica rimangano collocati nell’area operativa (essendo inclusi nella prima voce: “utile (perdita) dell’esercizio”; – i dividendi pagati invece, sono classificati, nell’area finanziaria; – le imposte complessivamente pagate sono collocate nell’area operativa. Sotto il profilo formale, il gruppo TELECOM presenta il rendiconto finanziario nella forma a scalare, ormai sempre più generalmente applicata. La risorsa di riferimento è collocata alla fine del prospetto.
CASO PRATICO
Esaminare il rendiconto finanziario IAS/IFRS presentato da ENI nel bilancio consolidato 2011 ed esaminare le modalità di rappresentazione del flusso di liquidità derivante da attività operative. In particolare, individuare il flusso di cassa caratteristico, il flusso di capitale circolante netto. Svolgere un confronto con il rendiconto finanziario di TELECOM sopra illustrato.
146
I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
Rendiconto finanziario Esercizio 2010 Utile netto
2011
7.383
7.803
8.881
8.297
698
1.021
Rettifiche per ricondurre l’utile al flusso di cassa da attività operativa: Ammortamenti Svalutazioni nette di attività materiali e immateriali Effetto valutazione con il metodo del patrimonio netto
(537)
(544)
Plusvalenze nette successioni di attività
(552)
(1.170)
Dividendi
(264)
(659)
(96)
(101)
Interessi attivi Interessi passivi
571
737
9.157
10.674
(39)
331
– rimanenze
(1.150)
(1.422)
– crediti commerciali
(1.918)
(369)
– debiti commerciali
2.770
161
– fondi per rischi e oneri
588
122
– altre attività e passività
(2.010)
(668)
Flusso di cassa del capitale di esercizio
(1.720)
(2.176)
21
(10)
Imposte sul reddito Altre variazioni Variazioni del capitale di esercizio:
Variazione fondo per benefici ai dipendenti Dividendi incassati
799
997
Interessi incassati
126
100
Interessi pagati
(600)
(893)
Imposte sul reddito pagate al netto dei crediti d’imposta rimborsati
(9.134)
(10.025)
Flusso di cassa netto da attività operativa
14.694
14.382
(12. 308)
(11.658)
Investimenti: – attività materiali – attività immateriali
(1.562)
(1.780)
– imprese entrate nell’area di consolidamento e rami d’azienda
(143)
(115)
– partecipazioni
(267)
(245)
– titoli – crediti finanziari – variazione debiti e crediti relativi all’attività di investimento e imputazione di ammortamenti all’attivo patrimoniale Flusso di cassa degli investimenti:
(50)
(62)
(866)
(715)
261
379
(14.935)
(14.196) (segue)
147
LA STRUTTURA E LA COMPOSIZIONE DEL BILANCIO
Esercizio 2010
2011
Disinvestimenti: – attività materiali
272
– attività immateriali
154
57
41
– imprese uscite dall’area di consolidamento e rami d’azienda
215
1.006
– partecipazioni
569
711
14
128
841
695
– titoli – crediti finanziari – variazione debiti e crediti relativi all’attività di disinvestimento Flusso di cassa dei disinvestimenti Flusso di cassa netto da attività di investimento Assunzione di debiti finanziari non correnti Rimborsi di debiti finanziari non correnti Incremento (decremento) di debiti finanziari correnti
2
243
1.970
2.978
(12.965)
(11.218)
2.953
4.474
(3.327)
(889)
2.646
(2.481)
2.272
1.104
Apporti netti di capitale proprio da terzi
26
Cessione di azioni proprie
3
Cessione di azioni proprie diverse dalla controllante
37
Acquisto di quote di partecipazioni in imprese consolidate
17 (126)
Dividendi distribuiti ad azionisti ENI
(3.622)
Dividendi distribuiti ad altri azionisti
(514)
(552)
(1.827)
(3.223)
Flusso di cassa netto da attività di finanziamento Effetto della variazione dell’area di consolidamento (inserimento/esclusione di imprese divenute rilevanti/irrilevanti)
(7)
Effetto delle differenze di cambio da conversione e altre variazioni sulle disponibilità liquide ed equivalenti Flusso di cassa netto di periodo
(3.695)
39
17
(59)
(49)
Disponibilità liquide ed equivalenti a inizio periodo
1.608
1.549
Disponibilità liquide ed equivalenti a fine periodo
1.608
1.549
4.4.8. Verifica di apprendimento su rendiconto finanziario Si risponda ai seguenti quiz (anche più di una risposta per ogni domanda). 1. Il rendiconto finanziario secondo lo IAS 7 è: a) un documento allegato al bilancio a carattere obbligatorio; b) un documento allegato al bilancio a carattere facoltativo;
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
c) un documento che sostituisce il prospetto dei movimenti di capitale circolante netto; d) una componente del bilancio. 2. La risorsa finanziaria di riferimento secondo lo IAS 7 è data da: a) capitale circolante netto; b) cassa e banche attive; c) disponibilità liquide ed equivalenti, al netto dei conti correnti passivi bancari; d) posizione finanziaria netta a breve. 3. Il flusso derivante da attività finanziaria include: a) gli investimenti in immobilizzazioni finanziarie; b) le accensioni e i rimborsi di prestiti; c) gli apporti e le distribuzioni di capitale; d) l’autofinanziamento. 4. Le disponibilità liquide generate dalle operazioni rappresentano: a) il flusso di liquidità generato (assorbito) dai costi e dai ricavi dell’area caratteristica; b) il flusso di liquidità generato (assorbito) dai costi e dai ricavi di esercizio; c) il flusso di liquidità generato (assorbito) dagli investimenti in immobilizzazioni; d) il flusso di capitale circolante netto generato (assorbito) dal risultato economico dell’esercizio. 5. Per gli interessi passivi lo IAS 7 dispone che: a) devono sempre essere imputati nell’area dei flussi derivanti da attività finanziarie; b) devono sempre essere imputati nell’area dei flussi derivanti da attività operative; c) sono di norma imputati nell’area dei flussi derivanti da attività operative, ma possono alternativamente essere collocati nell’ambito dei flussi derivanti da attività finanziarie; d) devono essere indicati in una sezione distinta.
4.5. PROSPETTO DELLE VARIAZIONI DI PATRIMONIO NETTO DELL’ESERCIZIO (IAS 1)
4.5.1. Introduzione Altro prospetto previsto dallo IASB come documento obbligatorio di bilan-
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cio è quello relativo alle variazioni del patrimonio netto dell’esercizio, che fornisce informazioni sulla entità e sulle cause delle movimentazioni subite dal patrimonio netto in un esercizio. Lo IAS 1 sostiene che: “ad eccezione delle variazioni derivanti da operazioni con i soci che agiscono in tale loro qualità (quali i conferimenti di capitale proprio, i riacquisti di strumenti rappresentativi di capitale proprio dell’entità e i dividendi) e i costi delle operazioni direttamente collegati a tali operazioni, la variazione complessiva del patrimonio netto durante un esercizio rappresenta l’importo complessivo dei proventi e degli oneri, comprensivo degli utili e delle perdite, generati dalle attività dell’entità durante quel periodo” (par. 109).
4.5.2. Il contenuto del prospetto delle variazioni del patrimonio netto Il prospetto in esame deve necessariamente indicare ex paragrafo 106 (IAS 1): a) il totale conto economico complessivo dell’esercizio, riportando separatamente gli importi attribuibili ai soci della controllante e alla quota di pertinenza di terzi; b) per ciascuna voce del patrimonio netto, gli effetti dell’applicazione retroattiva o della rideterminazione retroattiva rilevati secondo quanto previsto dallo IAS 8; c) gli importi delle operazioni con i soci che agiscono in tale qualità, riportando separatamente i conferimenti e gli utili distribuiti ai soci; e d) per ciascuna voce del patrimonio netto, una riconciliazione tra il valore contabile all’inizio e quello al termine dell’esercizio, evidenziando distintamente ogni variazione. Per quanto concerne il punto sub b), precisiamo che lo IAS 8, Principi contabili, cambiamenti nelle stime contabili ed errori, richiede che le rettifiche e le rideterminazioni di valore, fatte per correggere gli errori, o generatesi per effetto di un cambiamento di un principio contabile, siano rilevate nel saldo degli utili portati a nuovo; tali variazioni devono essere indicate separatamente per ogni voce del patrimonio netto. Viene lasciata libera scelta all’entità inoltre, di indicare, in tale prospetto o nelle note l’ammontare dei dividendi rilevati nell’esercizio come distribuzioni ai soci e il relativo importo per azione. Riportiamo, a titolo esemplificativo, il prospetto dei movimenti del patrimonio netto del gruppo FIAT, nell’ambito del Bilancio consolidato 2011. Si nota che nella tabella seguente le indicazioni del paragrafo 106 IAS 1 sono riportate per riga, mentre le voci del patrimonio netto sono rappresentate nelle colonne.
Variazioni del Patrimonio netto consolidato
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4.5.3. I punti di differenza con la normativa nazionale A differenza della situazione patrimoniale-finanziaria e del conto economico, le regole IAS/IFRS previste per il prospetto delle variazioni del patrimonio netto risultano sostanzialmente allineate alla normativa civilistica. Infatti, un esempio di un prospetto di questo tipo può essere rinvenuto, ad oggi, dopo la riforma del diritto societario (ex D.Lgs. n. 6/2003), anche nei bilanci delle imprese obbligate alla redazione del bilancio secondo le regole civilistiche. Il D.Lgs. n. 6/2003 ha previsto, al punto 7-bis dell’art. 2427, comma 1, c.c., nell’ambito delle informazioni da fornire obbligatoriamente in nota integrativa, che “ciascuna voce del patrimonio netto sia analiticamente indicata, con specificazione in appositi prospetti della loro origine, possibilità di utilizzazione e distribuibilità nonché della loro avvenuta utilizzazione nei precedenti esercizi”. L’articolo del codice civile richiede quindi le stesse informazioni previste dallo standard internazionale, con la differenza che con gli IAS/IFRS, tale informazione non costituisce una mera informazione da fornire solo all’interno della nota integrativa, bensì un prospetto del bilancio, separato dagli altri, la cui presentazione è obbligatoria al fine di rendere una informativa di bilancio completa.
4.5.4. Verifica di apprendimento Si risponda ai seguenti quiz (anche più di una risposta per ogni domanda). 1. Il prospetto delle variazioni del patrimonio netto deve contenere solamente i proventi e oneri imputati a patrimonio netto (par. 96, IAS 1) a) vero; b) falso. 2. Tale prospetto è “sconosciuto” nel contesto italiano: a) vero; b) falso. 3. Il prospetto delle variazioni di patrimonio netto include: a) Variazioni delle attività immateriali; b) Variazioni dell’indebitamento finanziario netto; c) Gli effetti delle correzioni di errori di esercizi precedenti (ex IAS 8).
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4.6. NOTE AL BILANCIO (IAS 1) 4.6.1. Introduzione Le “note” costituiscono l’ultimo documento obbligatorio del “bilancio IAS”, e rappresentano, di fatto, l’equivalente della nota integrativa prevista dal bilancio civilistico, il cui contenuto è disciplinato dagli artt. 2427 e 2427-bis c.c. 30. A livello internazionale, la materia è disciplinata dai paragrafi 112-138 dello IAS 1.
4.6.2. Il contenuto delle note esplicative Secondo lo IASB, il criterio che deve guidare la redazione delle “note” è quello della sistematicità; tale sistematicità è ottenuta prevedendo, per ciascuna voce dei prospetti di bilancio, il rinvio alla eventuale 31 informativa nelle note. In particolare, le note dovrebbero essere presentate nel seguente ordine: a) una dichiarazione di conformità con gli IAS/IFRS; b) una sintesi dei principi contabili rilevanti applicati; c) informazioni di supporto per le voci esposte in ciascun prospetto di bilancio, nell’ordine in cui ogni rendiconto e ogni voce sono presentati; e d) altre informazioni, quali: 1. passività potenziali (cfr. IAS 37) e impegni contrattuali iscritti; e 2. informativa non finanziaria, per esempio le finalità e le strategie della gestione del rischio finanziario dell’entità (IAS 32/IFRS 7). Il punto sub a) riprende espressamente l’obbligo dal paragrafo 16.IAS 1 secondo cui “un’entità il cui bilancio è conforme agli IAS/IFRS deve rendere un’attestazione esplicita e senza riserve di tale conformità nelle note”. Il punto sub b) deve contenere una “sintesi del(i) criterio(i) base di valutazione adottato(i) nella presentazione del bilancio 32 e gli altri principi contabili utilizzati, significativi sempre per la comprensione del bilancio medesimo”. 30
A queste debbono aggiungersi altre norme civilistiche, altre norme di legge attinenti la materia del bilancio e l’art. 2423 c.c., che fissa una prescrizione generale riguardante la necessità di informazioni complementari. 31 La parola “eventuale” fa riferimento al fatto che non necessariamente ogni voce è commentata nelle note. 32 È importante infatti essere informati del criterio o criteri base di valutazione utilizzati nel bilancio (per esempio, costo storico, costo corrente, valore netto di realizzo, fair value (valore equo)
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Il punto sub c) richiede di “esplodere” in termini qualitativi/quantitativi le informazioni contenute nei prospetti meramente quantitativi del bilancio, permettendo all’utilizzatore del bilancio stesso di convertire le cifre in andamenti aziendali; si tratta in altre parole della funzione “interpretativa/integrativa” a cui le note, come nel contesto italiano, devono necessariamente assolvere. Più precisamente, viene richiesto di indicare le informazioni richieste dagli IAS/IFRS che non sono presentate nel prospetto della situazione patrimoniale-finanziaria, del conto economico, delle variazioni delle poste di patrimonio netto o del rendiconto finanziario. Lo IASB, inoltre, prevede espressamente di presentare tale informativa, seguendo l’ordine delle voci presente nei prospetti di bilancio; tuttavia, non è infrequente, e di questo ne è “consapevole” anche lo IASB, che talvolta si renda necessario modificare l’ordine stesso; per esempio l’informativa sulle variazioni nel fair value rilevate a conto economico può essere presentata congiuntamente con le informazioni sulle scadenze degli strumenti finanziari, anche se la prima si riferisce al conto economico e la seconda alla situazione patrimoniale-finanziaria; ciò nonostante, una struttura sistematica delle note, ove possibile, va mantenuta. Infine, il punto sub d) richiede di presentare “altre informazioni”, che a nostro avviso, considerata la natura delle stesse, dovrebbero essere presentate nella relazione degli amministratori, laddove presente. L’entità inoltre deve “indicare le decisioni, che la direzione aziendale ha preso durante il processo di applicazione dei principi contabili, che hanno i più significativi effetti sugli importi rilevati in bilancio” (par. 122). Ad esempio, la direzione aziendale deve prendere decisioni nel determinare se le attività finanziarie sono investimenti posseduti fino a scadenza; oppure, deve decidere quando tutti i rischi ed i benefici di attività finanziarie, di proprietà e di attività ottenute in locazione, sono sostanzialmente trasferiti ad altre entità 33. Lo IAS 1, lao valore recuperabile) perché il criterio su cui il bilancio è preparato ha un effetto significativo sulla sua analisi. Quando si applicano diversi criteri di valutazione nel bilancio, per esempio nel caso in cui determinate classi di attività sono rivalutate, è sufficiente fornire una indicazione delle categorie di attività e passività per le quali sono stati applicati i diversi criteri di valutazione (par. 109, IAS 1). 33 Precisiamo inoltre che alcune specifiche indicazioni sono richieste da altri principi. Per esempio, lo IAS 27 richiede che un’entità indichi le ragioni per cui il capitale posseduto di un’entità non costituisca controllo, rispetto a una sua partecipata che non è una controllata anche se più della metà dei suoi diritti di voto o dei suoi diritti potenziali sono posseduti direttamente o indirettamente attraverso controllate; oppure quando la classificazione di un investimento immobiliare risulta difficoltosa lo IAS 40 richiede l’indicazione dei criteri definiti dall’entità per distinguere un investimento immobiliare da un immobile ad uso proprio e da un immobile posseduto per la vendita nel normale svolgimento dell’attività operativa.
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scia la possibilità all’impresa di inserire questa informazione o all’interno della sezione della nota integrativa dedicata alla sintesi dei principi contabili utilizzati (punto sub b) ovvero in una sezione separata; riteniamo che quest’ultima soluzione sia da preferire, anche se tale sezione dovrebbe essere collocata subito dopo quella dedicata alla sintesi dei principi contabili utilizzati. È infine espressamente richiesto di indicare “l’informativa sui presupposti fondamentali riguardanti il futuro, e altre cause di incertezza nella stima, alla data di riferimento del bilancio, che possono causare rettifiche materiali (rilevanti) ai valori contabili della attività e passività entro l’esercizio successivo” (par. 125). La prima parte di tale disposto si collega direttamente al principio della “continuità aziendale” che, la direzione aziendale deve “valutare” all’inizio della preparazione del bilancio; la seconda parte invece, prende in esame il problema delle poste di bilancio, il cui valore è stato determinato attraverso un (delicato) processo di stima. Infatti, la determinazione dei valori contabili di alcune attività e passività richiede la stima degli effetti di eventi futuri incerti; ad esempio, in assenza di prezzi di mercato, stime sul futuro sono necessarie per valutare il valore recuperabile di classi di immobili, impianti e macchinari, ecc. Inoltre, con l’aumento del numero delle variabili e delle ipotesi che influiscono su possibili future risoluzioni delle incertezze, tali valutazioni diventano più soggettive e complesse: conseguentemente aumenta il rischio di una rettifica significativa del valore contabile delle attività e delle passività. Tali indicazioni devono così essere esposte, in modo da aiutare gli utilizzatori del bilancio, a capire le decisioni che la direzione aziendale intende assumere sul futuro e su altre cause fondamentali di incertezza nella stima. Alcuni esempi di indicazioni da fornire sono la natura delle ipotesi 34, la sensitività dei valori contabili ai metodi, alle ipotesi e alle stime utilizzate per il calcolo, la risoluzione più probabile di un’incertezza, oppure la gamma di risultati ragionevolmente possibili entro l’esercizio successivo, ecc. A nostro avviso, la migliore collocazione di tutta questa informazione sia subito dopo il punto b) ma prima del punto c) di cui sopra, in una sezione separata. Alla luce di quanto sopra, la nota integrativa, dovrebbe essere così strutturata (ciascun punto costituisce una sezione separata rispetto alle altre; riteniamo inoltre che questa sequenza sia la migliore tra quelle possibili):
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Si pensi ad esempio alle ipotesi alla base della stima degli incrementi degli stipendi e dei salari previsto per le diverse fasce di dipendenti oppure alle ipotesi demografiche necessarie per stimare il numero medio dei dipendenti che si presume di avere in futuro, la loro vita lavorativa, etc, solo per determinare la quota di accantonamento connesso al TFR (IAS 19).
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1. Dichiarazione di conformità al “corpus” dei principi contabili internazionali; 2. Sintesi dei principi contabili utilizzati; 3. Decisioni più rilevanti adottate dall’impresa; 4. Presupposti alla base della continuità aziendale e principali cause di incertezza nelle stime; 5. Informazioni integrative/interpretative delle voci di bilancio, nell’ordine in cui vengono presentate nei diversi prospetti, ovviamente ove possibile; 6. Altre informazioni.
4.6.3. I punti di differenza con la normativa nazionale Considerato quanto sopra esposto, possiamo sottolineare che pure la disciplina delle note al bilancio è stata rivoluzionata dallo standard internazionale. Anche qui, infatti, passiamo da un contenuto predeterminato (art. 2427 c.c.), ma comunque “aperto” in virtù della disposizione generale dell’art. 2423 c.c., che fissa una prescrizione generale riguardante la necessità di informazioni complementari, ad una situazione diametralmente opposta, in cui viene individuato un contenuto minimale, ed implicitamente, viene fatto un rinvio agli altri standard internazionali per quanto riguarda le informazioni analitiche che le imprese devono necessariamente indicare per le diverse voci di bilancio.
4.6.4. Verifica di apprendimento Si risponda ai seguenti quiz (anche più di una risposta per ogni domanda). 1. Il criterio della sistematicità prevede espressamente che: a) per ogni voce contenuta nei diversi prospetti obbligatori vi sia l’eventuale rinvio alle informazioni nelle note; b) per ogni voce contenuta nei prospetti obbligatori vi sia sempre il rinvio alle informazioni nelle note; c) le informazioni nelle note siano numerate. 2. Le informazioni da includere nelle note esplicative al bilancio in merito alle diverse voci contenute nei prospetti di bilancio sono: a) indicate nello IAS 1; b) indicate nei diversi standard internazionali che disciplinano le diverse poste contabili.
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3) all’interno delle note esplicative deve essere fatta una dichiarazione di conformità del bilancio a tutti i principi contabili internazionali: a) vero; b) falso, in quanto la stessa può essere collocata anche in calce ai prospetti di bilancio.
4.7. SETTORI OPERATIVI (IFRS 8) 4.7.1. Introduzione Il 2009 è il primo anno di applicazione dell’IFRS 8, principio che subentra allo IAS 14 nel definire le modalità di predisposizione dell’informativa sui segmenti operativi. In generale, il nuovo principio avvicina il modello di informativa dei principi contabili internazionali agli US GAAP, in particolare allo SFAS 131 Disclosures about Segments of an Enterprise and Related Information. Sono esposte di seguito in sintesi le principali differenze tra vecchio e nuovo principio 35. 1. Lo IAS 14 richiedeva l’identificazione di due set di segmenti, business e geografico, uno primario ed uno secondario. Il sistema di reporting interno era il punto di partenza per la definizione dei due set di segmenti. L’IFRS 8 prevede che l’identificazione dei segmenti sia basata in via esclusiva sul sistema di report interni regolarmente utilizzati dal più alto livello decisionale operativo (chief decision-maker), al fine di allocare risorse e valutare le performance (IFRS 8, par. 5). Nel caso in cui, un’azienda abbia identificato un segmento primario secondo lo IAS 14, sulla base dei report forniti al più alto livello decisionale operativo, lo stesso segmento potrebbe essere considerato operating segment ai sensi dell’IFRS 8. 2. Lo IAS 14 limitava l’identificazione ai segmenti che realizzavano la maggior parte dei ricavi mediante transazioni con terze economie. L’IFRS 8 consente l’identificazione di segmenti che realizzano ricavi perlopiù o esclusivamente con altri segmenti operativi, se questi rispettano la definizione fornita (IFRS 8, IN12). 3. I valori riportati nell’informativa di segmento devono corrispondere, secondo l’IFRS 8, alla valutazione fornita al più alto livello decisionale operativo. 35 Cfr. ALLEGRINI M.-NINCI D., L’informativa di settore secondo l’IFRS 8 alla luce delle guide OIC, Amministrazione e Finanza, vol. 5, 2008.
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Tali importi erano invece forniti ai sensi dello IAS 14 in maniera coerente con le politiche contabili adottate per la preparazione del bilancio di esercizio o consolidato. Non vengono fornite definizioni di ricavi, costi, attività e passività di segmento, ma è richiesta una spiegazione di come il risultato o perdita di segmento, è misurato e di come sono attribuite attività e passività (IFRS8 IN13-14). 4. Altre differenze minori riguardano le informazioni integrative da fornire, in particolare su modalità di identificazione dei segmenti e su tipologie di prodotti e servizi offerti. È richiesta inoltre separata indicazione degli interessi attivi e passivi per ciascun settore oggetto di informativa a meno che la maggior parte dei ricavi del settore provengano dagli interessi stessi (IFRS 8, IN 15-18).
4.7.2. I settori operativi: criteri di individuazione L’IFRS 8 definisce il settore operativo come la componente di un’entità: a) che intraprende attività aziendale generatrice di ricavi e di costi (compresi i ricavi e i costi riguardanti operazioni con altre componenti della medesima entità); b) i cui risultati operativi sono rivisti periodicamente al più alto livello decisionale operativo dell’entità ai fini dell’adozione di decisioni in merito alle risorse da allocare al settore e della valutazione dei risultati; c) per la quale sono disponibili informazioni di bilancio separate. È opportuno segnalare come l’epressione “più alto livello decisionale operativo” traduca l’inglese chief operating decision maker. Essa individua una funzione, non necessariamente un manager dotato di specifico titolo, a cui compete l’allocazione delle risorse e la valutazione dei risultati conseguiti 36. Vengono individuate delle soglie quantitative di significatività dei segmenti operativi in base al peso che le risultanze di ciascun settore assumono rispetto al totale dei ricavi, del risultato economico e delle attività patrimoniali complessivi (vedi IFRS 8, par. 13). È possibile individuare un settore operativo se supera almeno una delle seguenti tre soglie: a) i ricavi (includendo sia quelli verso clienti esterni che intersettore) rappresentano il 10% o più del totale dei ricavi (includendo sia quelli verso clienti esterni che intersettore); b) il valore dei pro36
Sull’identificazione dei settori si veda un recente case study: GRECO G.-ZURZOLO A.LOIODICE L.-DEL GOBBO A., IFRS 8: il caso del Gruppo Poste Italiane, in DI PIETRA R.-M. (a cura di), Bilancio IFRS. Best practice e casi operativi, Knowità, Arezzo, 2011.
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fitti o delle perdite di settore rappresentano il 10% o più del risultato combinato dei settori che hanno avuto profitti ovvero del risultato combinato dei settori che hanno avuto perdite; c) le attività di settore rappresentano il 10% o più del totale delle attività allocate ai settori. Un’importante clausola segnala tuttavia che i settori operativi, che non superano alcuna delle soglie di significatività, possono essere oggetto di informativa separata se si ritiene che le informazioni relative al settore siano utili per gli utenti del bilancio. È possibile aggregare settori che non raggiungono le soglie di significatività in un solo settore che le raggiunge, solo se sussistono caratteristiche economiche similari. In particolare devono condividere la maggioranza dei seguenti criteri di aggregazione: natura dei prodotti/servizi, natura dei processi produttivi, tipologia di cliente per prodotti/servizi, canali distributivi, contesto normativo similare (ad es. prodotti bancari o utilities). Nel caso in cui il totale dei ricavi esterni conseguiti dai settori rappresenti meno del 75% dei ricavi complessivi dell’entità è necessario individuare altri settori oggetto di informativa, anche al di sotto delle soglie di significatività. È consentita una categoria “Altri settori”, nella quale aggregare le attività imprenditoriali che non sono oggetto di informativa separata. Di tale categoria va descritta la fonte dei ricavi. È necessario garantire inoltre la comparabilità. In caso di introduzione di un nuovo settore, è opportuno rideterminare i dati di tale settore relativi all’esercizio precedente anche se i criteri di rilevanza non erano rispettati. Tale obbligo vale a meno che le informazioni necessarie non siano disponibili e/o eccessivamente onerose da elaborare.
4.7.3. Informativa sui settori operativi Ai sensi dell’IFRS 8, l’entità emittente deve fornire “le informazioni che consentono agli utilizzatori del bilancio di valutare la natura e gli effetti sul bilancio delle attività imprenditoriali che intraprende e i contesti economici nei quali opera” (IFRS8, par. 20). Tale prescrizione viene tradotta in una serie di richieste informative: • informazioni generali sui criteri di identificazione dei settori e sui tipi di prodotti e servizi dai quali i ricavi dei settori derivano; • informazioni su attività, passività, sull’utile o perdita di settore, con dati specifici su costi e ricavi inclusi nel calcolo dell’utile o perdita; • riconciliazioni del totale delle voci esposte per i settori (ricavi, utili o perdite, attività o passività o altri importi rilevanti), con le voci analoghe del bilancio dell’entità.
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Viene richiesto di fornire le seguenti informazioni per ciascun settore, se esse sono incluse tra le informazioni che vengono utilizzate dal chief operating decision maker: – – – – –
ricavi da clienti esterni; ricavi intersettore; interessi attivi e passivi; ammortamenti; ricavi e costi di particolare significatività, ad esempio svalutazioni di attività, costi di ristrutturazione, plus/minusvalenze da alienazione di attività (cfr. IAS 1, par. 97) – quote di utile/perdita da joint ventures valutate al metodo del patrimonio netto; – imposte; – altri costi non monetari rilevanti diversi da ammortamenti (ad esempio svalutazioni e accantonamenti).
4.7.4. Criteri di valutazione di ricavi, costi, attività e passività di settore In generale, l’IFRS 8 prevede che ogni item contabile (ricavi, costi, attività e passività) incluso nell’informativa di settore sia valutato nello stesso modo in cui viene valutato dal chief operating decision maker. Mentre è prevedibile che i criteri di valutazione utilizzati siano gli stessi usati per la redazione del bilancio, possono esserci informazioni rilevanti da fornire riguardo ai ricavi e ai costi intersettore e le attività/passività condivise tra settori. In particolare il management deve illustrare a corredo degli schemi forniti: a) i criteri di rilevazione e valutazione dei ricavi e costi intersettore; b) differenze tra totale dei risultati dei settori e profitto/perdita prima delle imposte e delle operazioni discontinued, se non illustrati nella riconciliazione tra totali di settore e totali di entità. Tali differenze possono essere generate da differenti criteri di valutazione o da allocazione dei costi sostenuti a livello centrale; c) differenze tra totale delle attività/passività dei settori e totale delle attività/passività dell’entità, se non illustrata nella riconciliazione tra totali di settore e totali di entità; d) cambiamenti nei criteri di valutazione e allocazione; e) effetto di allocazioni asimmetriche tra settori (ad esempio, effetto di ammortamenti di attività imputate ad uno specifico settore, ma utilizzate da più settori).
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
4.7.5. Informativa accessoria entity-wide A corredo dell’informativa sui settori operativi, l’IFRS 8 richiede di fornire alcune informazioni entity-wide, ovvero relative all’intera entità. In particolare se non precedentemente indicate nell’informativa sui settori operativi vanno fornite, informazioni sui ricavi realizzati con clienti esterni per tipologia di prodotto/servizio. Se un’entità definisce i suoi settori operativi su base geografica, le informazioni sulle vendite a clienti esterni per tipologia di prodotto/servizio vanno comunque date. Viceversa, se un’entità definisce i suoi settori operativi su base non geografica, il principio prevede che si forniscano dati sui ricavi e attività non correnti operative per Paese/area geografica, se il costo di produzione di tali informazioni non è eccessivo. Infine, l’IFRS 8 introduce inoltre alcune richieste informative legate al grado di dipendenza dai clienti principali. Se vi sono clienti con i quali siano realizzati ricavi pari o superiori al 10% del totale dell’entità, l’ammontare di tali ricavi ed il settore (o i settori) nei quali essi sono maturati deve essere indicato. Un gruppo di clienti, sotto il controllo della medesima entità, si considera in tal senso come unico cliente.
4.7.6. Case studies 1. FIAT
Il Gruppo FIAT individua i settori sulla base di società del Gruppo che gestiscono linee di prodotto diverse, ad esempio Iveco per gli autotreni, CNH per le macchine agricole, FIAT Industrial per il settore auto, Ferrari per le auto di lusso (si vedano Figure 1 e 2). Si osservi come Maserati non supera le soglie di materialità previste dall’IFRS 8, ma viene gestito come settore e un’informativa su di esso viene ritenuta rilevante dal management trattandosi di un marchio ben distinto e identificabile. Si noti inoltre che Ferrati nel 2009, non supera le soglie di materialità per quanto riguarda ricavi e attività, ma rappresenta oltre il 10% del totale dei profitti delle attività che producono utili (245 milioni pari a circa il 30% del totale degli utili prodotti dai settori non in perdita, Figura 1). I ricavi attribuiti sono quelli direttamente conseguiti o attribuibili al settore e derivanti dalla sua attività caratteristica. Essi includono sia i ricavi derivanti da transazioni con i terzi, sia quelli derivanti da transazioni con altri settori, questi ultimi valutati a prezzi di mercato. FIAT specifica che i ricavi includono, per i settori operativi che svolgono servizi finanziari, anche gli interessi attivi e altri proventi di natura finanziaria derivanti da tali attività. I costi sono gli oneri deri-
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vanti dall’attività operativa sostenuti verso terzi e verso altri settori operativi. Anche i costi sostenuti verso altri settori operativi, come i ricavi sono valutati a prezzi di mercato. Per i settori operativi che svolgono servizi finanziari, i costi di settore includono anche gli interessi passivi ed altri oneri finanziari derivanti dallo svolgimento di tali attività. Vengono forniti due risultati intermedi: utile/perdita della gestione ordinaria o caratteristica del settore e utile/perdita operativa, che include anche proventi e oneri non ricorrenti nella gestione ordinaria del business (per esempio plusvalenze o minusvalenze da cessione di partecipazioni ed oneri di ristrutturazione, Figura 1). Viene specificato che i proventi ed oneri finanziari e le imposte vengono attribuite dell’ente corporate, perché esulano dalle attività operative e sono esposti nella colonna Poste non allocate e rettifiche. Fiat evidenzia che tutte le componenti di reddito presentate sono valutate utilizzando gli stessi criteri contabili adottati per la redazione del Bilancio consolidato del Gruppo. Nelle ultime righe della tabella vengono evidenziati gli ammortamenti e gli altri costi non monetari di rilievo, come le svalutazioni (Figura 1). Fiat produce inoltre un prospetto delle attività e passività di settore (Figura 2). Le attività attribuite ai settori sono quelle impiegate nello svolgimento dell’attività caratteristica o “che possono essere ad esso allocate in modo ragionevole in funzione della sua attività caratteristica”, incluso il valore delle partecipazioni in joint-venture e collegate. Non vi sono ulteriori informazioni su cosa significhi l’allocazione ragionevole e funzionale. Anche le passività sono allocate direttamente in relazione svolgimento dell’attività caratteristica del settore o sono allocate in modo ragionevole in funzione dell’attività caratteristica. Le attività di tesoreria e fiscali, esposte nella colonna “Poste non allocate e rettifiche”, sono svolte dall’ente corporate e non vengono attribuite ai settori. In particolare, FIAT specifica che le attività di tesoreria includono i crediti delle attività di finanziamento, gli altri crediti non correnti, i titoli e le altre attività finanziarie, le disponibilità e mezzi equivalenti delle società industriali del Gruppo. Le passività di tesoreria, invece, includono i debiti finanziari e le altre passività finanziarie delle società industriali del Gruppo, al netto dei crediti finanziari correnti verso società finanziarie a controllo congiunto. Le passività di settore includono l’indebitamento delle società di servizi finanziari che operano nell’ambito dei singoli settori (FIAT Group Automobiles, CNH, Ferrari, ecc.). Del resto, i proventi/oneri finanziari realizzati da società di servizi finanziari, incluse nel perimetro dei settori, vengono incluse nel “conto
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Fonte: Bilancio FIAT 2009.
FIGURA 1
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Fonte: Bilancio FIAT 2009.
FIGURA 2
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economico” di settore (v. sopra). L’indebitamento di Gruppo non allocato ai settori rappresenta dunque l’indebitamento delle sole attività industriali. Tale dato ha un elevato valore informativo per l’esterno. FIAT specifica che le attività e passività di settore sono valutate utilizzando gli stessi criteri contabili adottati per la redazione del Bilancio consolidato del Gruppo. A corredo delle informazioni di settore, FIAT fornisce informazioni sui ricavi e le attività non correnti operative per area geografica.
2. ENI
Commentiamo di seguito l’informativa di settore ENI del 2010 (Figura 3). I settori operativi appaiono individuati sulla base della filiera nella quale l’azienda è impegnata. Exploration & Production si occupa dell’esplorazione e dell’estrazione di risorse (petrolio e gas principalmente). I settori Gas & Power e Refining Marketing si occupano della produzione e distribuzione dei prodotti (gas e petrolio, nonché elettricità ottenuta consumando gas). Petrolchimica si occupa di produzioni chimiche e plastiche basate anche sul petrolio. Ingegneria & Costruzioni si occupa di progetti di ricerca e sviluppo (ad esempio di piattaforme off-shore) per conto di altre società del gruppo e di terzi. Si noti come Exploration & Production sia un fornitore di altri settori, realizzando più del 50% dei ricavi con altri settori. ENI specifica che i ricavi intersettore sono realizzati applicando condizioni di mercato. Gas & Power e Refining Marketing insieme forniscono la gran parte dei ricavi realizzati con clienti esterni. Si osservi inoltre come il settore Petrolchimica non supera le soglie quantitative di materialità fissate dall’IFRS 8. Tuttavia, un’informativa separata su di esso viene ritenuta a ragione rilevante dal management per le peculiarità della sua attività rispetto ad altri settori. In un prospetto solo (anziché due come FIAT in precedenza) vengono fornite informazioni sia sui dati di costo e ricavo che di attività e passività (Figura 3).
Fonte: ENI, 2010.
FIGURA 3
LA STRUTTURA E LA COMPOSIZIONE DEL BILANCIO
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4.7.7. Verifica di apprendimento 1. Indicare quali delle seguenti affermazioni relative ai settori operativi così come definiti dall’IFRS 8 sono false: a) il settore operativo svolge attività aziendale generatrice di ricavi e di costi; b) il settore operativo corrisponde ad un centro di costo nell’ambito del sistema di controllo di gestione; c) i risultati operativi del settore sono rivisti periodicamente al più alto livello decisionale operativo dell’entità; d) i settori operativi devono corrispondere alle varie società del gruppo. 2. I settori operativi che non superano le soglie di significatività possono essere oggetto di informativa separata (barrare la risposta giusta): a) mai, visto che non superano le soglie di significatività; b) sì, ma solo se i ricavi generati dal settore verso clienti esterni rappresentano il 5% del totale dei ricavi generati da tutti i settori verso clienti esterni; c) sì, se il management ritiene che queste informazioni siano utili per gli utenti del bilancio. 3. È possibile aggregare settori che non raggiungono le soglie di significatività in un solo settore che le raggiunge (barrare la risposta giusta): a) sì, a totale discrezione del management; b) sì, se la gestione della liquidità è comune ai settori (ad esempio cash pooling); c) sì, solo se i settori in questione hanno sussistono caratteristiche economiche similari; d) no, in nessun caso.
5 LE IMMOBILIZZAZIONI MATERIALI E IMMATERIALI di Alberto Quagli SOMMARIO: 5.1. Le immobilizzazioni materiali (IAS 16). – 5.1.1. Component analysis. – 5.1.2. Rilevazione iniziale. – 5.1.3. Manutenzione e riparazione. – 5.1.4. Spese per rimozione/ripristino immobilizzazioni materiali. – 5.1.5. La contabilizzazione degli oneri finanziari (IAS 23). – 5.1.6. I contributi in conto capitale (IAS 20). – 5.1.7. Il trattamento contabile successivo all’acquisizione. – 5.1.8. Informazione integrativa disposta dallo IAS 16. – 5.1.9. Gli investimenti immobiliari (IAS 40). – 5.1.10. Il leasing (IAS 17). – 5.1.11. Le immobilizzazioni destinate alla vendita (IFRS 5). – 5.1.12. Sintesi delle principali differenze con il quadro normativo italiano. – 5.1.13. Verifica di apprendimento. – 5.2. Le attività immateriali (IAS 38). – 5.2.1. Il concetto di intangible asset. – 5.2.2. La rilevazione contabile iniziale. – 5.2.3. Il trattamento contabile successivo. – 5.2.4. L’informazione integrativa. – 5.2.5. La concessione di pubblici servizi (IFRIC 12). – 5.2.6. Sintesi delle principali differenze con il quadro normativo italiano. – 5.2.7. Verifica di apprendimento.
5.1. LE IMMOBILIZZAZIONI MATERIALI (IAS 16) Lo IAS 16 definisce quali immobilizzazioni materiali gli “immobili, impianti e macchinari che: a) sono posseduti per essere utilizzati nella produzione o nella fornitura di beni o servizi, per affittarli ad altri, o per scopi amministrativi; b) ci si attende che siano utilizzati per più di un esercizio”. Possiamo subito notare quale rilevante differenza rispetto a quanto previsto dai principi contabili italiani il fatto che il bene non deve essere detenuto in proprietà, ma è sufficiente che sia posseduto. Per cui si può intuire che vi saranno alcuni beni, benché formalmente di proprietà di terzi come cespiti acquisiti in leasing finanziario, che verranno iscritti tra le immobilizzazioni in quanto posseduti per essere utilizzati nella produzione.
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L’utilizzo pluriennale nel processo produttivo com e beni strumentali è invece una caratteristica già presente nei principi nazionali.
5.1.1. Component analysis Prima di affr ontare le questioni sulla valorizzazione e rileva zione contabile, è necessario definire una questione rileva nte in merito alla individuazione dei singoli elementi delle immobilizzazioni materiali. Lo IAS 16 lascia libert à nella scelta su quali beni individuare contabilmente come singole unità del gr uppo delle immobilizzazioni. La scelta può essere discrezionale in funzione delle caratteristiche dei beni e dell’azienda. Ad esempio, se di valore non sig nificativo, si p otrebbero raggruppare in un ’unica voce contabile beni aventi caratteristiche simili quali stampi o attrezzi. Molte aziende italiane che hanno appli cato gli IFRS hanno com piuto delle rettifiche adottando la component analysis. Con tale espressione si intende la situazione in cui nel valore di un uni co cespite “complesso” (un grande impianto, un immobile, ecc.) sono compresi in realtà più elementi co mponenti caratterizzati da vita utile diversa, per alcuni più breve, per altri più lunga. Quando il valore dei si ngoli elem enti com ponenti è significativo i n rapp orto al valore complessivo del cespite, per lo IAS 1 6 si deve s cindere contabilmente l’ elemento dal cespite principale cui è connesso da relazione tecnica per poi ammortizzarlo tenendo conto della specifica vita utile, ben diversa da quella del cespite principale. Ad ese mpio per una nave la vernice rappresenta un el emento da te ner distinto contabilmente in quanto la vita utile della verniciatura è di circa 3-5 anni contro i 20-30 della nave. Tale regola è ben presente anche nei principi contabili nazionali (OIC 16) ma in molti casi è stata disattesa dalle aziende. Solo applicando gli IFRS alcune aziende hanno aderito strettamente a questa regola generale che ha implicato per molte la scissione di alcuni elementi dai relativi “cespiti” principali. Un caso molto frequente c onsiste nel fabbricato “cielo-terra” ossia nell’ acquisizione di un fabbricato assieme alla proprietà del suolo sul quale insiste. Dal momento che il terreno da costruzione ha una vita utile indefinita, limitatamente ad esso non avrebbe dovut o compiersi l’ammortamento, mentre la inclusione in un unico conto “fabbricati ” ha co mportato lo stanzi amento di a mmortamenti sull’intero cespite complesso, composto dal terreno e dal fabbricato. Consegue quindi la necessità di stor nare la parte del fondo ammortam ento dell’immobile idealmente riferita al terre no e di girarla, al netto d ell’effetto fiscale, a riserva di utili. Tale riserva che sorge in fase di transizione è disponibile ai sensi dell’art. 7 del D.Lgs. n. 38/2005.
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ESEMPIO 1 – Un esempio di component analysis Si ipotizzi che un’azienda a bbia c ontabilizzato in unica voce un imm obile strumentale e il terreno di proprietà su cui insiste per 4.000 e che abbia proceduto ad ammortizzare per due anni al 5% (totale fondo ammortamento 400). Se ado ttando gli IFRS essa scorp ora contabilmente il terreno attribuendogli un valore di 1.000, ciò si gnifica che in precedenza aveva stanziat o un a mmortamento di 100 (10% di 1.000) che alla luce dei principi internazionali non avrebbe dovuto esser compiuto. Questo dovrà dunque portare ad una rilevazione con la quale prima si scorpora il valore del terreno d all’immobile n el qu ale sino a qu el momento era implicitamente in cluso e qu indi si annu lla la qu ota cor rispondente del fo ndo ammortamento a fron te di riserva disponibile di utili (come confermato dall’art. 7 del D.Lgs. n. 38/2005). A tal punto il terreno avrà un valore superiore di 100 a quello rilevato con i precedenti principi. Contabilmente: Terreni 1.000 Fabbricati Fondo ammortamento fabbricati Riserve di utili
1.000 100 100
Tale variazione di valori deve essere riconosciuta anche fiscalmente ai s ensi di quanto disposto dal Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze n. 48 del 1° aprile 2009.
Infine, con riferi mento alla individuazione dei singoli cespiti, lo IAS 16 dispone che i pezzi di ricambio e le attrezzature per la manutenzione sono solitamente iscritti come ri manenze di magazzino e rilevati a conto economico al momento dell’uti lizzo. Tuttavia, i pezzi di ricam bio di rilevante valore e l’attrezzatura in dotazione ricadono sotto l o IAS 16 qua ndo l’entità prevede di utilizzarli per più di un esercizio. Analogamente, se i pezzi di rica mbio e le attrezzature per l a manutenzione possono esser e utilizzati soltanto in connessione a un elemento di immobili, impianti e macchinari, essi si includono nel valore degli immobili, impianti e macchinari.
5.1.2. Rilevazione iniziale Indipendentemente da qu ello che sarà il metodo di rilevazione adottato i n
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sede di valutazioni di bilancio, la rilevazione iniziale avviene sempre al costo. Quest’ultimo di volta in volta, a seconda della modalità di acquisizione dell’immobilizzazione si ricava in maniera differente. Esaminiamo di seguito le principali modalità di acquisizione, rinviando al par. 5.1.10 per quanto riguarda l’acquisizione con il metodo del leasing finanziario. Acquisto da terzi L’acquisto da terzi rappresenta il caso più comune per l’acquisizione di un’immobilizzazione. Le previsioni dello IAS 16 sono sostanzialmente simili a quelle prescritte dall’OIC 16 con alcune differenze relative agli oneri finanziari e ai costi di rimozione/bonifica. Il costo è in questo caso così determinato: prezzo d’acquisto al netto di sconti e abbuoni; + dazi all’importazione e tasse non recuperabili; + costi direttamente sostenuti per la messa in funzionamento; + eventuali oneri finanziari (v. par. 5.1.5); + costi di rimozione e/o bonifica (v. par. 5.1.4). A titolo esemplificativo, quali costi direttamente sostenuti per la messa in funzionamento, si possono ricordare i costi di preparazione del sito, di trasporto, di collaudo, di assemblaggio, nonché gli onorari professionali direttamente riconducibili. Lo IAS 16 si preoccupa di vietare espressamente la capitalizzazione dei costi di riorganizzazione, di addestramento e le perdite operative iniziali. Produzione interna Per la produzione interna si usano sostanzialmente le stesse regole previste per la determinazione del costo di produzione, ossia il costo del cespite sarà formato da: + manodopera diretta; + materiali; + centri di utilities; + prestazioni indirette interne; + oneri finanziari (v. par. 5.1.5). Rammentiamo come secondo lo IAS 16 sia espressamente vietato capitalizzare eventuali “sprechi” di risorse. Aggregazioni aziendali Un caso particolare è rappresentato dalle immobilizzazioni materiali acquisi-
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te nell’am bito di u n’operazione di aggr egazione aziendale ( business combination) rientrante nell’ ambito di applicazione dell’IFRS 3. In questo caso, infatti, il costo è uguale al fair value alla data di acquisizione del complesso aziendale e al lordo dell’effetto fiscale differito. Seppure a prima vista quanto detto sopra possa sembrare contradditorio, la regola è molto razionale. Infatti il fair value al momento dell’operazione corrisponde, nella razionale logica dei principi contabili internazionali, al prezzo pagato per quel bene. Permuta Per individuare il costo al quale iscrive re un’ immobilizzazione acquisita in permuta è dapprima necessario determinare se la transazione ha o meno natura commerciale. Lo IAS 16 si preoccupa di specificare che una permuta ha natura non com merciale quando i flussi finanziari futu ri dell’entità non subiranno variazioni a seguito dell’operazione di perm uta. Per contro, ogni qual volta la configurazione dei flussi finanziari futuri, quindi la tem pistica, gli i mporti o i rischi, subiscono modifiche si è di fronte ad un ’operazione sostanzialmente co mmerciale. Si è di fronte ad un’o perazione sostanzialm ente commerciale anche quando il valore per l’entità delle attività interes sate dalla perm uta cambi a a seguito di quest’ultima. Sia per quanto riguarda le variazioni nella configurazione dei flussi, sia per quanto riguarda le variazioni del valore dell’attività, si deve trattare di variazioni significative. Secondo lo IAS 16, se la permuta ha natura sostanzialmente non commerciale si procede ad iscrivere in contabilità il nuovo bene al valore contabile del bene ceduto. Non vi è quindi emersione di alcuna plus(minus)valenza. Se invece l a permuta ha n atura sostanzialmente commerciale, si procederà a rilevate la nuova attività ad un costo pari al suo fair value con l’ emersione d i una minus(plus)valenza. Qualora il fair value dell’attività non sia determ inabile si procederà, come nel caso di perm uta sostanzialmente non commerciale, a iscrivere la nuova attività ad un costo pari al valore contabile dell’attività ceduta in permuta. Opzione in fase di transizione (clausola “fair value as deemed cost”) In fase di tra nsizione, come disciplina to dall’ IFRS 1, l’ azienda deve predisporre uno st ato patrimoniale di apertura in conformità agli IFRS in vigore alla data di passaggio agli IFRS. Le rettifiche necessarie per adeguare le attività e l e passività dello stato patrim oniale di apertura a quanto previsto da gli IFRS sono imputate agli utili portati a nuovo, usando il metodo dell’applicazione retrospettiva (conformemente a quanto previsto dallo IAS 8). Tuttavia l’applicazione re-
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trospettiva può non essere applicata in alcuni casi ed è proibita in altri. Un esempio di deroga facoltativa è rappresentato dalla possibilità di valutare un elemento degli immobilizzazioni materiali o immateriali (sotto determinate condizioni) alla data di passaggio agli IFRS al fair value (in sostanza al valore di mercato) e utilizzare tale valore come sostituto del costo a tale data. Questa deroga, esercitabile anche per un singolo bene e non necessariamente per tutta la classe cui appartiene, formalmente agevola le imprese consentendo loro di non dover rideterminare il costo secondo gli IFRS. Nella sostanza, permettendo un adeguamento al fair value (valore di mercato alla data di transizione) tale opzione è stata sfruttata da molte aziende italiane per effettuare delle rivalutazioni “spot”, tali da non implicare l’abbandono del modello del costo o per giustificare delle rivalutazioni già compiute secondo le Leggi di rivalutazione emanate dal Legislatore italiano, come si vede nell’esempio descritto al box seguente. Bilancio ENEL 2005 Alcuni beni, oggetto di rivalutazione alla data del 1° gennaio 2004 (la data di transizione) o in periodi precedenti, sono rilevati sulla base del costo rivalutato, considerato come valore sostitutivo del costo (deemed cost) alla data di rivalutazione. Gli immobili, impianti e macchinari sono esposti al netto dei relativi ammortamenti accumulati e di eventuali perdite di valore, determinate secondo le modalità descritte nel seguito. L’ammortamento è calcolato in quote costanti in base alla vita utile stimata del bene, che è riesaminata con periodicità annuale; eventuali cambiamenti sono riflessi prospetticamente. L’ammortamento inizia quando il bene è disponibile all’uso.
Se si sceglie tale opzione, si crea una differenza tra valore contabile di un cespite secondo le regole italiane e valore IAS alla data di transizione, con i relativi effetti di trascinamento sui conti economici degli esercizi successivi. Coerentemente alla regola generale che le differenze generate da cambio retrospettivo di criterio contabile si devono imputare a patrimonio netto, alla data di transizione la differenza (sia positiva che negativa, ma nella sostanza si registrano sempre casi di differenze positive) tra valore adeguato IAS e precedente valore contabile “italiano” si scarica su una riserva del netto, facente parte del più ampio conto “riserve di transizione IAS”. La riserva di transizione generata da questa specifica operazione, è disciplinata in Italia dal D.Lgs. n. 38/2005 il quale, all’art. 7, comma 6, dispone che: “L’incremento patrimoniale dovuto alla iscrizione delle attività materiali al valore equo (fair value) quale sostituto del costo è imputato a capitale o a una
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specifica riserva. La riserva, ove non venga imputata al capitale, può essere ridotta soltanto con l’osservanza delle disposizioni dei commi secondo e terzo dell’articolo 2445 del Codice civile. In caso di utilizzazione della riserva a copertura di perdite, non si può fare luogo a distribuzione di utili fino a quando la riserva non è reintegrata o ridotta in misura corrispondente con deliberazione dell’assemblea straordinaria, non applicandosi le disposizioni dei commi secondo e terzo dell’articolo 2445 del codice civile”. In altre parole, questa rise rva di transizione è indistribuibile e il suo im piego per copertura di perdite può avvenire so lo in via residuale rispetto alle altre riserve. Come lascia capire il D.Lgs. n. 38/2005, sembra che la sua naturale destinazione sia l’imputazione a capitale sociale. A maggior chiarimento si veda il seguente esempio. ESEMPIO 2 – Uso dell’opzione fair value as deemed cost Si supponga a tito lo di esempio l’esistenza di un cespite dal co sto storico di 1.000, acquistato nel 2004, con vita utile pari a venti anni e conseguente aliquota ordinaria di ammortamento al 5%. Decidendo di presentare il bilancio dell’eser cizio 20 07 c on gl i I FRS, l a dat a di t ransizione de ve essere ret rodatata al 1/1/2006. L’azienda opta per lo sfruttamento dell’opzione “fair value as deemed cost” e rileva i l cespite al fair value del 1/1/2006, derivante da pe rizia e pari a 1.800. Il val ore cont abile se condo l e regol e i taliane a t ale dat a era di 1. 000 – ammortamento 20 04 ( 2,5%, cioè m età del l’aliquota o rdinaria, di 1.000, pari a 25) – ammortamento 2005 (5% di 1.000, pari a 50); quindi il valore netto contabile era di 925. La rivalutazione sarà di 1.800 – 925 = 875, che dovrà essere depurata dall’effetto fiscale (con aliquota 27,5% IRES + 3,9% IRAP = 31,4%) dato da 8 75 × 31,4% = 274,75. L ’incremento netto della riserva da tra nsizione sarà dunque di 875 – 274,75 = 600,25. L’aumento del valore del cespite potrà essere raggiunto incrementando anche il valore del fondo ammortamento. L’incremento sarà pari al rapp orto tra rivalutazione e attu ale valore netto contabile (875/925 = 0,94595). Per cui il nuovo valore lordo del cespite sarà pari a 1.000 × 1,94595 = 1.945,95 e quello del fondo ammortamento sarà pari a 75 × 1,94595 = 145,95. La scrittura sarà dunque: Cespiti Fondo ammortamento cespiti Fondo imposte differite Riserva di transizione IAS
945,95 70,95 274,75 600,25
Da quel momento, se si continua ad ipotizzare la medesima vita utile (18 anni residui), la nuova quota di ammortamento sarà data dal valore residuo da ammor-
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tizzare (1.800) diviso la vita utile residua (18,5 a nni, in quanto il primo anno era stato considerato per la metà), con conseguente valore della quota pari a 97,30, quasi do ppia r ispetto al val ore at tuale del la qu ota o rdinaria di am mortamento (50). Consegue che l’ammortamento 2006, già determinato con il b ilancio 2006 inserendo una quota di 50, avrà un impatto in termini di maggiori costi a cont o economico di 47 ,30 e di m inori cost i pe r recu pero di im poste differite. Ip otizzando per semplicità che le nuove aliquote fossero già in vigore dal 2007 (nella realtà il calco lo d elle differite d ovrebbe avv enire u sando due ali quote di cu i la prima del 37,25% s olo per il 2007 e quella del 31,4% per i 17,5 esercizi successivi), il riversamento sarebbe stato del 31,4% di 47,3, pari a 14,85. In c onclusione, nel p rospetto di t ransizione IAS , l ’esercizio del l’opzione avrebbe avuto i seguenti impatti: – sul patrimonio netto di apertura (1/1/2006): + 600,25; – sul risultato economico dell’esercizio 2006 = – 47,3 + 14,85 = – 32,45; – sul patrimonio netto del 31/12/2006 = 600,25 – 32, 45 = 567,80.
5.1.3. Manutenzione e riparazione I costi di manutenzione, così come previsto dalla prassi italiana, sono capitalizzabili se incrementano i benefici economici futuri r itraibili dal c espite. Negli altri casi vanno spesati a conto economico. Secondo lo IAS 16, qualora un intervento di manutenzione o di riparazione comporti la sostituzione di una parte di un’attività, il relativo valore contabile dovrà esser e eli minato e contemporaneamente si procederà a capitalizzar e l a nuova parte. ESEMPIO 3 – Sostituzione di una parte di una immobilizzazione Si supponga c he entro un impianto dal costo di 1 00 e amm ortizzato per due anni al 10 % è in clusa, an che con tabilmente, una p arte ch e viene so stituita. Il prezzo della p arte n uova è 1 0 e i mplica l ’inclusione nel cespite del c osto del la parte sostituita. Impianti Cassa
10 10
Per cap ire poi quale sia il valore netto con tabile d ella p arte so stituita, co me previsto dal paragrafo 14 del lo IAS 16, laddove non vi sia precedente esplicita menzione nella transazione originaria del costo di acquisto della singola parte, si
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deve stimare il costo di una analoga parte come indicazione di quale fosse il costo della parte sostituita quando il cespite fu acquistato o costruito. Si supponga quindi che la parte avesse un costo alla data di acquisto dell’impianto di 5. Per cui si deve togliere dal costo dell’impianto 5 e la relativa parte del fondo (20% di 5 = 1). Quindi la eliminazione determina una minusvalenza di 4. Impianti Fondo ammortamento impianti
1
5
Minusvalenza
4
A quel punto cambia valore da ammortizzare = (100 – 5 + 10)/8 = 13. Nella prassi, per semplicità, si tende spesso a considerare la parte acquistata come costo a carico dell’esercizio, senza svolgere il procedimento sopra indicato con individuazione della minusvalenza e addebito del componente al cespite principale.
Con procedura simile alla sostituzione delle parti di cui sopra, si devono contabilizzare i costi di verifica periodica (verifica controllo e ispezione caldaie, aerei, ecc.). Tali costi sono inclusi nel valore contabile dell’elemento verificato con eliminazione dell’eventuale valore contabile netto del costo della precedente verifica come descritto nell’esempio precedente. L’accantonamento a fondi per le manutenzioni cicliche è possibile solo nella misura in cui sia permesso dalle regole dello IAS 37 (v. Cap. 9) che in sostanza rende possibile l’accantonamento solo nella misura in cui la manutenzione non dipenda solo dalla discrezionalità del management ma sia imposta da leggi, contratti o derivi da un’obbligazione constructive. Infine lo IAS 16 prevede che le cosiddette migliorie sui beni di terzi vengano iscritte fra le immobilizzazioni materiali e non, come in uso diffuso nella prassi nazionale, tra le immobilizzazioni immateriali, come esemplificato nel box seguente.
Semestrale BENETTON 2005 Migliorie su beni di terzi: – al 1° gennaio 2004 ed al 30 giugno 2004: la voce viene riclassificata dalle attività immateriali a vita definita a quelle materiali, in applicazione di quanto previsto dallo IAS 16 ed inoltre si rileva una riclassifica dalla voce terreni e fabbricati;
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– al 31 dicem bre 2004: tale voce, c ome descritto per i pe riodi precedenti, si incrementa per effetto delle riclassifiche da attività immateriali a vita definita ad attività materiali in base allo IAS 16 e da terreni e fab bricati, e si rid uce invece per effetto delle rettifiche derivanti dall’impairment test, effettuato in applicazione dello IAS 36.
5.1.4. Spese per rimozione/ripristino immobilizzazioni materiali Una delle peculiarità dello IAS 16 è rappresentata proprio dal trattamento dei cespiti che richiedono f uture spese di ri mozione e bonifica. È i nfatti previsto che, qualora al ter mine della vita utile del bene si renda necessario il sostenimento di un costo di boni fica o di ripri stino del sito questo deva essere, opportunamente att ualizzato, accantonato ad uno specifico fondo, in accordo con lo IAS 37, e nel contempo capitalizzato incorporandolo nel costo del cespite. Ogni anno, in sede di chiusura del b ilancio verranno quindi rilevati maggiori ammortamenti sul maggior costo capitalizzato e verranno rilevati oneri finanziari, calcolati come interessi che maturano sul fondo d i cui sopra. Così facendo, quando si arriverà al termine della vita utile del cespite e si procederà alla bonifica, si disporrà di un fond o pari al co sto preventivato all’atto dell ’acquisto del cespite. In so stanza il cost o della bonifi ca del sito viene spal mato durante tutta la vita utile del cespite. Per un esempio contabile si rinvia al Capitolo 9.
Bilancio SEAT PG 2006 Il costo dei cespiti include anche i costi previsti per lo smantellamento del cespite e il ripristino del sito laddove sia presente un’obbligazione legale o implicita. La corrispondente passività è rilevata, nell’esercizio in cui sorge l’obbligo, in un fondo iscritto tra le p assività nell’ambito dei fondi per rischi e oneri futuri, al valore attuale; l’imputazione a conto economico dell’onere capitalizzato avviene lungo la vita utile delle relative attività materiali attraverso il processo di ammortamento delle stesse.
5.1.5. La contabilizzazione degli oneri finanziari (IAS 23) Lo IAS 23 si occupa della capitalizzazione degli oneri fina nziari. In pa rticolare prevede che, qualora tra il sostenimento del costo per lo sviluppo di un cespite tramite acquisto/acquisizione e l’entrata di questo in funzione passi un
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lasso di tempo significativo tale da considerarlo a norma dello IAS 23 com e qualifying asset), s ia obbligatorio proc edere al la ca pitalizzazione degli oneri finanziari sostenuti. Sono da capi talizzare gli oneri direttamente i mputabili all’ acquisizione del cespite, ossia quegli oneri che non sarebbero stati sostenuti se non si fosse pro ceduto all’acquisizione del cespite. Con questa regola secondo lo IAS 23 si devono imputare oneri finanziari anche nel caso in cui non vi siano specifi ci finanziamenti appositamente contratti, che rappresenta invece l a condizione essen ziale per capitalizzar e i costi di fi nanziamento secondo l’OIC 16. Nel caso di assenza di finanziamenti di scopo dove sussiste una relazione biunivoca cespite-finanzi amento, co me nel caso di mutui ipotecari o finanziamenti per acquisto macchinari, si dovranno capitalizzare oneri fin anziari se l’azienda è in g rado di dim ostrare che per effetto dello sviluppo del nuovo cespite abbia sost enuto degli investimenti incrementali, tali da comportare un increm ento del fabbi sogno di fina nziamento e quindi del sostenimento di oneri finanziari. Questa maggiore possibilità di capitalizzazi one di oneri finanziari segna una sostanziale differenza rispetto alle regole italiane. Secondo l o I AS 23, la capitalizzazione de gli oneri f inanziari inizia quando (1) sono state sostenute le spese per l’ acquisto dell’attività, (2) sono stati sostenuti gli oneri finanziari e (3) sono iniziate le attività necessari e per l’entrata in funzione del bene. Si dovrà neces sariamente smettere di capitalizzar e gli one ri finanziari non appena l’attività è pronta per l’entrata in funzione. La capitalizzazione dei costi di finanziam ento soggiace inoltre ad alcuni limiti: 1. è possibile solo per i ben i valutati con il metodo del costo mentre non è consentita per i cespiti valutati con il modello del fair value (si veda il prosieguo del capitolo), in quanto per essi non si deve calcolare un costo; 2. non si deve in ogni caso superare il valore recuperabile dei cespiti; 3. non si possono capitalizzare oneri finanz iari eccedenti la m isura degli oneri finanziari imputati a conto economico. Il calcolo degli interessi da im putare al cespite si deve basare sul c osto medio ponderato annuo dei finanziamenti. Infine va sottolineato come, secondo lo IAS 23, non sia possibile un’applicazione selettiva, bensì una volta stabilita una linea di comportamento per un determinato cespite ci si dovrà co mportare uniformemente con tutti i beni aventi caratteristiche similari.
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ESEMPIO 4 – Capitalizzazione degli oneri finanziari Si supponga che l’azienda stia sviluppando un cespite (es. un nuovo impianto) la cu i costruzione richiede tre an ni e il cui importo medio di costi sostenuti (senza oneri finanziari) durante i tre anni sia il seguente: – 2012: costo costruzione dell’anno = 20.000; costo capitalizzato a SP final e = 20.000; – 2013: costo costruzione dell’anno = 50.000; costo capitalizzato a SP final e = 70.000; – 2014: costo costruzione dell’anno = 30.000; costo capitalizzato a SP final e = 100.000; – costo costruzione impianto finale = 100.000. L’investimento m edio ann uale a q uesto punto è dat o dalla m edia dei val ori iniziali e finali: per ciascun anno: – 2012: media investimento per l’impianto nell’anno = (0 + 20.000)/2 = 10.000; – 2013: m edia invest imento per l ’impianto nel l’anno = (20. 000 + 70.000)/2 = 45.000; – 2014: media investimento per l’impianto nell’anno = (70.000 + 100.000)/2 = 85.000. Questi tre valori (10.000 per il primo anno, 45.000 per il secondo, 85.000 per il terzo ) rappresentano l’i nvestimento riferito al nu ovo i mpianto e sono la base sulla q uale cal colare gli in teressi. Per cap ire se ad ess o si pos sono applicare le regole dello IAS 23 si tratta di valutare se si è in presenza di un investimento incrementale oppure semplicemente sostitutivo. Prima di proce dere alla capit alizzazione di interessi, si tra tta di capire se la costruzione del n uovo im pianto ha co mportato un fabbisogno di f inanziamento incrementale, circostanza determinante per capire se gli oneri finanziari richiesti dal finanziamento necessario per la sua costruzione siano da considerarsi “evitabili”. Se il fab bisogno fi nanziario co mplessivo, infatti, riman e id entico p ur acquistando il cespite, allora non si sosterranno nuovi interessi passivi “evitabili”. Si tratta dunque di capire se il nuovo impianto va ad aggiungersi alla attuale struttura produttiva, po tenziandola, oppure se risu lta essere un a so stituzione d i impianti già esistenti. Nel primo caso è facile d imostrare che il capitale investito nel nuovo impianto è incrementale; nel secondo caso, invece, si tratta di stabilire l’incremento netto di capitale tenuto conto della dismissione degli altri impianti che finiscono per essere rimpiazzati dal nuovo impianto. Supponiamo i nfatti la situ azione n ella quale l’impianto vad a a sostituire d ei cespiti esistenti non anc ora del tutto a mmortizzati (e che qui ndi prese ntano un valore residuo che confluisce nel capitale investito e quindi nel fabbisogno di finanziamento). Si supponga che in previsione della entrata in funzione del nuovo impianto, nel 2 014 si di smetta un cesp ite Al fa dal va lore resi duo di 12. 000 ricevendo i n cambio una somma d i 2.000 (con minusvalenza quindi di 10.000) a tito lo di va-
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LE IMMOBILIZZAZIONI MATERIALI E IMMATERIALI
lore di realizzo. La riduzione del fabbisogno di finanziamento medio annuo del 2014 derivante dalla dismissione di Alfa è p ari alla media del capitale investito in Alfa durante l’anno 2014, ossia: (12.000 [valore iniziale] + 2.000 [valore finale di recupero])/2 = 7.000 Ne risu lta ch e il fabb isogno d i fi nanziamento i ncrementale n on co incide sempre con l’investimento medio per la costruzione del nuovo impianto.
Investimento medio nel nuovo impianto
2012
2013
2014
10.000
45.000
85.000
Disinvestimenti correlati
– 7.000
(1 – 2) Invest. medio incrementale da finanziare
10.000
45.000
78.000
Ne consegue, che per una corretta applicazione dello IAS 23 dovrà risultare un piano analitico dal quale risulti il leg ame tra i nuovi cespiti e la stru ttura già esistente, che dimostri l’ampliamento o meno della capacità produttiva. Volendo essere meno rigorosi, si può pensare di confrontare per ogni anno l’importo dell’investimento netto nel nuovo im pianto con la variazione (v alore f inale-valore iniziale) del valore netto residuo dei cespiti della stessa cat egoria. Se qu est’ultima v ariazione è p ositiva, si po ssono calco lare in teressi su ll’intero investimento medio nel nuovo im pianto; se invece la variazione fosse negativa (valore finale minore del valore iniziale), l a capitalizzazione degli interessi si dovre bbe calcolare solo sulla differenza tra in vestimento medio nel nuovo impianto e la variazione così calcolata, che rappresenta in effetti un disinvestimento. Il calcolo degli interessi si basa sul costo medio ponderato annuo dei finanziamenti. In tali situazioni, per semplicità, si deve calcolare il rapporto tra to tale degli oneri finanziari netti (al netto cioè dei proventi finanziari) desunti dal conto economico, che qu indi riepiloga il costo del fin anziamento effettiv o per tu tta l’azienda e rapp ortarlo alla po sizione finanziaria netta media dell’anno (ottenuto come semisomma della posizione finanziaria netta ad inizio anno e qu ella a fine anno). Si prende la posizione finanziaria netta per omogeneità con la considerazione degli oneri finanziari netti (al netto cioè degli interessi attivi). Supponendo un costo medio ponderato del 6% per l’anno 2012 e supponendo per semplicità che esso rimanga costante nel 2013 e nel 2 014, il valore degli interessi capitalizzati sarebbe dunque il seguente:
Investim. medio incrementale da finanziare
2012
2013
2014
10.000
45.000
78.000
Costo medio finanziamento
6% 6% 6%
Interessi da capitalizzare
600
2.700
4.680
Totale
7.980
Si d eve però co ntrollare per ogni an no ch e l’en tità co mplessiva dei costi d i finanziamento che l’azienda capitalizza non sia superiore ai costi di finanziamen-
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
to netti effettivamente sostenuti e risu ltanti a con to economico. Il v alore da ammortizzare del cespite sarebbe dunque 107.980 e non più 100.000. Si deve però anche verificare che t ale im porto n on s uperi i l val ore rec uperabile del cespi te, circostanza nella quale dovrà essere svalutato. Non appena l’immobilizzazione in questione è pronta per l’entrata in funzione deve cessare la capitalizzazione degli oneri finanziari.
Imputazione degli oneri finanziari – ENI (ITA) Bilancio 2010 Quando è necessario un rilevante periodo di t empo affi nché i l bene si a pr onto all’uso, il prezzo di acquisto o il costo di produzione include gli oneri finanziari sostenuti che teoricamente si sarebbero risparmiati, nel periodo necessario a rendere il bene pronto all’uso, qualora l’investimento non fosse stato fatto.
5.1.6. I contributi in conto capitale (IAS 20) Per l’acquisizione di cespiti possono esservi contribut i sia pubblici che privati, intesi come agevolazioni concesse da terzi soggetti per favorire la dotazione strutturale dell’azienda. Lo IAS 20 è il principio che disciplin a i contributi pubblici, ma estensivamente si può applicare le stesse regole anche ai contributi privati. In questa sede si tratta dei c ontributi in conto capitale, ossia contributi per il cui ottenimento è condizione essenziale che l’ azienda acquisti, costruisca o comunque acquisisca attività immobilizzate. Per i contributi in conto esercizio si rinvia invece al Capitolo 11. Il contributo in conto capitale deve essere contabilizzato quando sia ragionevolmente certo che l’azienda rispetti le condizioni previste per il suo ottenimento e il contributo sia ricevuto. La “r agionevole certezza” i mplica quindi che in quel momento sussistono tutte le condizioni richieste per la verifica di tale evento, solo che, potendosi trattandosi anche di evento fut uro, esso potr ebbe ancora non essersi concretizzato. Se i contribut i in parola sono ricono sciuti quale co mpensazione di costi che l’azienda sostiene per l’ acquisizione di cespiti (ad esempio investimenti in zone depresse o in momenti svantaggiati dal punto di vista operativo), essi rappresentano un ricavo pluriennale da imputare per quote a conto economico in modo da allinearlo ai costi che si vogliono compensare. Per cui i contributi in conto capitale si ripartiranno sull o s tesso arco tem porale del cespite per il quale è stato concesso l’incentivo.
LE IMMOBILIZZAZIONI MATERIALI E IMMATERIALI
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Contabilmente essi possono essere rilevati secondo due modalità: – come ricavi pluriennali, da imputare poi per quote in funzione della vita utile del cespite; – come storno diretto dal costo dell’ immobilizzazione. In questo m odo l ’incidenza a conto econom ico di questo r icavo plurien nale si manifesta co me minore importo delle quote di ammortamento del cespite.
Iscrizione dei contributi in conto capitale – IMMSI (ITA) – Bilancio 2010 Con particolare riferimento al settore navale (gruppo Rodriquez), i contributi Ministeriali sulla ricerca, riferiti a fondi nazionali e comunitari, maturati sui costi di r icerca so stenuti e cap italizzati, v engono r egistrati n ei risconti p assivi e v erranno contrapposti alla conta bilizzazione degli ammortamenti nel C onto economico; per i progetti che pre vedono la r ealizzazione di un prototipo, il contribut o riconosciuto sui costi realizzati viene contabilizzato a Conto econom ico in proporzione allo stato d’avanzamento della costruzione. I c ontributi Ministeriali relativi ai p rogrammi di investimenti, agevolati ai sen si della Legge 488/92 e r iferiti ai progetti d i ri strutturazione dei can tieri R odriquez di Messi na e di Pozzuoli, vengono contabilizzati alla voce Crediti in base al contributo maturato in proporzione all’investimento r ealizzato; le r elative con tropartite trovano all ocazione i) nel Conto econom ico per la quota ri ferita all’anno di acquisizi one dei relativi beni e ii) nei Risconti passivi per le quote relative ai futuri periodi di ammortamento.
Un contributo in conto capitale che deve essere restituito (ad es. per mancato rispetto delle condizioni previste per la sua concessione) deve essere contabilizzato come una rettifica di una stima cont abile (come previsto dall o IAS 8). La restituzione di un contributo in conto capitale deve essere rilevat a quindi aumentando il valore contabile del bene o riducendo i l saldo dei ricavi differiti dell’ammontare da restituire. L’ ammortamento complessivo ulteriore che, qualora il contributo n on fos se stato ottenut o, sarebbe stato rilevato fino a quel momento, deve essere rilevato immediatam ente come costo. Le circostanze che danno luogo alla restituzione di un contributo in cont o capitale po ssono richiedere di verificare il nuovo valore contabile del bene al fine di determinare se esso abbia subito una riduzione di valore.
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
ESEMPIO 5 – Trattamento dei contributi in conto capitale Si supponga a tito lo esemplificativo la co ncessione di un contributo di 1.000 per l’acquisizione (avvenuta nello stesso anno) di un impianto dal valore di 2.000 ammortizzato in cinque anni al tasso costante del 20%. La prima alternativa concessa dallo IA S 20 prevede di considerare il c ontributo quale un ricavo pluriennale avente una co mpetenza relativa a t utti gli anni di vita utile del cespite. Conseguentemente il co ntributo viene registrato inizialmente come un ri cavo pluriennale (da registrarsi nel passivo patrimoniale) e poi imputato per quote al termine dell’esercizio, facendo in modo che ogni esercizio sia attribuita al cont o economico una quota del 20% (proporzionale all’ammortamento del macchinario), pari a 200. In contabilità avremo: Ottenimento del contributo Banca c/c
1.000
Ricavi pluriennali per contributi acquisto impianti
1.000
31/12 – Imputazione della quota di contributo di competenza dell’esercizio 200 Ricavi di esercizio
200
Dal momento che la quo ta di ammortamento dell’impianto in ogni esercizio sarà di 400, nel conto economico l’incidenza del costo relativo a tale cespite sarà di 400 – 200 = 200, al netto quindi dell’effetto del contributo, che risulterà però formalmente distinto dalla quota di ammortamento in quanto riepilogato tra i ricavi del cont o econom ico. Sostanzialm ente lo stesso risu ltato è raggiunto nella seconda alternativa, portando immediatamente il co ntributo a diretta rettifica d el costo del cespite. Ottenimento del contributo Banca c/c
1.000
Ricavi pluriennali per contributi acquisto impianti
1.000
31/12 – Sottrazione del contributo dal costo dell’impianto Ricavi pluriennali per contributi acquisto impianti Impianti
1.000 1.000
In questo secondo modo, l’effetto a conto economico del contributo si manifesta tramite minori quote di ammortamento (il 20% di 1.000, cioè 200 ogni esercizio anziché 400 come nella prima alternativa), facendo sì che l’impatto globale
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sul conto economico sia lo stesso della prima alternativa. In nessun caso, comunque, può essere accreditato l’intero importo del contributo a conto economico. Si supponga adesso che sia stata usata la seconda alternativa (sottrazione del contributo dal cespite) e che dopo due anni il contributo debba essere restituito. A quel punto gli ammortamenti imputati nei primi due anni sono stati di 200 + 200. In assenza di contributo sarebbero stati 400 + 400. Per cui contabilmente si rileverà quanto segue: Restituzione del contributo Banca c/c Impianti
1.000 1.000
Imputazione del maggiore ammortamento finora evitato Ammortamento impianti
400
Fondo ammortamento impianti
400
Per l’importo spesso significativo che spesso caratterizza tali contributi lo IAS 20 suggerisce di evidenziarne separatamente l’impatto nel rendiconto finanziario.
5.1.7. Il trattamento contabile successivo all’acquisizione Una volta acquisiti, i cespiti devono essere valutati ad ogni reporting date. Al riguardo, diversamente dalle regole italiane che prevedono solo un criterio (costo-ammortamenti), lo IAS 16 permette di scegliere liberamente tra due modelli alternativi, il metodo del costo e quello del fair value. Il cost model Il cost model si identifica sostanzialmente con la pratica in uso in Italia e codificata dal documento n. 16 dell’OIC. In sostanza, il trattamento in oggetto prevede che il cespite venga mantenuto iscritto al costo storico decurtato degli ammortamenti e delle svalutazioni. Per la procedura di ammortamento vale sostanzialmente quanto già noto nel quadro normativo nazionale. Scopo del processo di ammortamento è quello di spalmare il costo del cespite sugli esercizi in cui questo cede utilità all’interno del processo produttivo. Pertanto esso deve essere sistematico, deve essere a quote costanti o impiegare
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
altro metodo tale da consentire una sua disposizione razionale (si pensi all’ammortamento in base alle unità prodotte). Per quanto attiene le svalutazioni si rin via alla trattazione dello I AS 36, presentata nel Cap. 6. Ovviamente gli ammortamenti sar anno da com putare solo per i cespiti che hanno vita utile definita; per quelli con vita indefinita (come i terreni) non vi sarà ammortamento. La procedura di ammortamento secondo lo IAS 16 differisce dalle regole italiane solo per la m aggiore libertà nella scelta del criterio di ammortamento. Si possono i nfatti scegliere i nfatti anche criteri a quot e variabili in relazione alla percentuale di utilizzo del cespite nei si ngoli esercizi rispetto al totale della capacità produttiva utilizzabile nel corso della vita util e (es. l’ ammortamento annuo di una cava avviene i n base al rapporto tra vol ume scavato nel periodo rispetto a volume stimato complessivo scavabile iniziale). Il revaluation model Il revaluation model costituisce una novità rispe tto al quadro normativo italiano. Secondo lo IAS 16 è infatti possibile, qualora per una determinata categoria di beni si scelga di adottare tale modello, effettuare periodica mente il riallineamento al fair value. In sostanza, secondo questo modello, il valore di un cespite viene determinato come segue: + +/– – –
costo iniziale del cespite; adeguamenti al fair value; ammortamenti; svalutazioni.
È importante notare come non viene meno il processo d’ammortamento. L’adeguamento al fair value deve avvenire quando s i ritiene che esso si distacchi significativamente dal valore co ntabile. Quindi tali adegua menti possono avvenire annualmente o ad intervall i più am pi in funzione dell’ampiezza e della frequenza delle oscillazioni del fair value. L’eventuale rivalutazione co mporta la creazione di u n’apposita riserva di rivalutazione all’interno del patrim onio netto, a meno che non vi siano state precedenti svalutazioni confluite a conto economico, caso in cui la rivalutazione va imputata a conto economico fino a co ncorrenza del la precedente svalutazione (al netto degl i amm ortamenti aggiu ntivi che vi sarebbero stati se non si f osse precedentemente svalutato). L’ eventuale svalutazione e mergente dall’ adeguamento a fair value confluirà invece direttamente a conto economico, a meno che non vi sia stata una precedente rivalutazione im putata a riserva, caso nel quale la svalutazione andrà prioritariamente a ridurre tale riserva.
LE IMMOBILIZZAZIONI MATERIALI E IMMATERIALI
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Nell’effettuare l’adeguamento al fair value si pone il problema di come trattare il fondo ammortamento, e IAS 16 fornisce due soluzioni: – adeguare il fondo; – eliminare il fondo. La prima soluzione risulta nella maggior parte dei casi la preferibile. L’applicazione del revaluation model richiede di determinare il fair value di un cespite. Secondo lo IASB il fair value è il corrispettivo al quale un’attivit à potrebbe essere scambiata, o una passiv ità estinta, in una libera tr ansazione fra parti consapevoli e disponibili. Lo IAS 16 propone cinqu e para metri per determinare il fair value dove la considerazione del successivo non può avvenire se si può determinare un valore con il parametro precedente: I.
la migliore evidenza è il prezzo pattuito in un accordo vincolante di vendita tra controparti indipendenti; II. se un’ attività è co mmercializzata in un m ercato att ivo, il fair value corrisponde al prezzo di mercato dell’attività. Il mercato attivo è un mercato dove: a) gli elementi co mmercializzati sul mercato risultano om ogenei; b) acquirenti e venditori disponibili esistono in qualsiasi momento; e c) i prezzi sono disponibili al pubblico; III. il prezzo dell’operazione più recente può fornire un criterio con il quale poter sti mare il fair value, p urché non siano intervenut i significativi cam biamenti nel contesto econo mico tra la da ta dell’operazione e quella in cui la stima è effettuata; IV. in base alle m igliori informazioni di sponibili per riflettere l’ammontare che l’entità potrebbe ottenere dalla dism issione dopo che i costi di dis missione siano stati dedotti. A tal fine l’ entità considera il risu ltato di recen ti transazioni per attività similari effettuate nello stesso settore industriale; V. flussi finanziari attualizzati basati su stime attendibili. Le rivalutazioni rappresentano un OCI (other comprehensive income) da includere nella seconda sezione dello Statement of comprehensive income. La riserva di rivalutazione secondo quan to disposto dall’art. 6 del D.Lgs. n. 38/2005 non è distribuibile né utilizzabile per altri scopi. Essa si riduce solo per effetto del realizzo del cespite tramite ammortamento o cessione del cespite, caso nel quale l’ importo della riserva si t rasferisce a r iserve di utili liberam ente distribuibili. In Italia le rivalutazioni/svalutazioni derivanti dal revaluation model non sono riconosciute fiscalmente e quindi generano imposte differite/anticipate.
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
ESEMPIO 6 – Applicazione del revaluation model ad un cespite Si ipotizzi che l’azienda abbia acquistato un macchinario per un importo di 100 comprensivo degli oneri accessori. Si supponga che l’azienda scelga di contabilizzare il bene (e conseguentemente la classe cui appartiene) secondo il revaluation model e che alla fine del secondo periodo successivo all’acquisto il fair value sia mutato in modo significativo. Sorgerà quindi l’esigenza di compiere una rivalutazione. Ipotizzando che la quota di ammortamento sia del 10% annuo, alla fine del secondo periodo, dopo aver già computato la quota di ammortamento del periodo, il valore netto contabile è di 80 (100 – 20). Se a tale data il fair value è di 120, l’azienda dovrà rivalutare il bene di 40. L’incremento percentuale del costo storico e del fondo ammortamento sarà pari al rapporto tra la differenza del fair value con il valore netto di partenza e il valore netto di partenza ossia (120 – 80)/80, pari al 50%. Quindi il valore originario aumenterà di 100 (50% = 50 e il fondo ammortamento di 20 (50% = 10. L’incremento del valore del cespite al netto dell’incremento del relativo fondo ammortamento (50 – 10 = 40), alimenterà un’apposita riserva del patrimonio netto, non distribuibile in quanto il plusvalore non è ancora realizzato. Dal valore di tale riserva dovranno tuttavia essere sottratte le imposte differite, come disciplinato dallo IAS 12, dal momento che il fisco non riconosce la rivalutazione quale incremento del costo deducibile. Ipotizzando per semplicità un’aliquota fiscale del 40%, tali imposte saranno pari a 16. La riserva sarà dunque pari a 40 – 16 = 24. Contabilmente vi sarà quindi la seguente rilevazione: Rivalutazione di immobilizzazioni materiali Macchinari Fondo ammortamento macchinari Fondo imposte differite Riserva di rivalutazione
50 10 16 24
A tal punto l’ammortamento sarà calcolato non più su 100 (valore iniziale) ma su 150 (100 + 50 rivalutazione), determinando quindi una quota annua di 15. La riserva di rivalutazione potrà rendersi disponibile o complessivamente al momento della dismissione finale del bene, oppure per quote in funzione della differenza tra la quota di ammortamento determinata sul valore rivalutato e la quota di ammortamento che si sarebbe avuta senza adeguamento al fair value (15 – 10 = 5). Lo IAS 16 però precisa che lo storno della riserva di rivalutazione non si tradurrà in un ricavo a conto economico, ma in un incremento delle riserve di utili. Il fisco non riconosce deducibile il maggiore ammortamento di 5 e lo porta ad aumento della base imponibile determinando maggiori imposte. L’azienda fronteggerà il maggior debito tributario stornando quota del fondo imposte differite precedentemente costituito (5 (40% = 2). La riserva di rivalutazione sarà girata a riserva disponibile per 3.
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LE IMMOBILIZZAZIONI MATERIALI E IMMATERIALI
Quindi, ipotizzando di gira re la riserva disponibile per quote man mano che procede l’ammortamento, nell’esercizio successivo alla rivalutazione avremo: Ammortamento di immobilizzazioni materiali rivalutate Ammortamento macchinari Macchinari
15 15
Trasferimento della rivalutazione di immobilizzazioni materiali Riserva di rivalutazione Riserve di utili di esercizi precedenti
3 3
Riversamento delle imposte differite Fondo imposte differite Imposte differite
2 2
In questo m odo n ell’arco d egli an ni 8 an ni su ccessivi al la riv alutazione il fondo imposte d ifferite e la riserv a di utili saranno co mpletamente sto rnate, assieme al completo ammortamento del bene. Se in alternativa il bene fosse dismesso l’anno successivo a quello della rivalutazione, incassando un importo di 130, la rilevazione sarebbe la seguente: Chiusura del fondo ammortamento Fondo ammortamento macchinari Macchinari
30 30
Eliminazione del cespite e della riserva di rivalutazione Banca 130 Riserva di rivalutazione Fondo imposte differite Imposte differite Riserve di utili di esercizi precedenti Plusvalenza Macchinari
024 016 016 024 010 120
Con questo meto do, diversamente d alla con sueta p rassi co ntabile italian a, a conto economico transiterà solo la plusvalenza di 10 (e non di 50, data da 130 – 80), mentre la rivalutazione compiuta, anche se a questo punto realizzata, pe rmarrà a stato patrimoniale nel netto sotto forma di utili distribuibili. Il fondo imposte andrà infine stornato completamente in quanto nell’esercizio di realizzo il fisco tas-
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
serà la plusvalenza di 130 (prezzo di vendita) – 80 (valore residuo del cespite riconosciuto fiscalmente) = 50. Di tale plusvalenza fiscale quella di competenza dell’esercizio è soltanto di 10, mentre sulla plusvalenza di 40 che corrisponde alla rivalutazione precedente sarà utilizzato il fondo imposte differite (pari appunto al 40% di 40, cioè 16).
Analisi dei modelli: costo vs fair value Tra le ragioni che possono far ritenere preferibile l’adozione del revaluation model vi è la maggior rilevanza informativa per i terzi. Ricordiamo infatti come il fair value discende da una valutazione di flussi di cassa futuri. Proprio per la genesi del fair value, la sua applicazione tende anche a facilitare l’analisi delle performance interne. Inoltre sottolineiamo come tramite l’adozione del revaluation model vi sia un avvicinamento tra quello che è l’utile di bilancio e quello che è il risultato della gestione che deve tener conto anche delle plusvalenze potenziali prodotte durante l’esercizio. Invece, tra le ragioni che possono far ritenere preferibile il restare sul cost model si trova l’elevata volatilità del fair value e soprattutto i suoi riflessi sul risultato d’esercizio e sul patrimonio netto. Non vanno dimenticati i costi di implementazione di un sistema che necessita di un monitoraggio periodico. Si ricorda infine che, parlando di transazioni ipotetiche, è scarsamente verificabile la valutazione compiuta ed è facile immaginare quali rischi ciò comporti, soprattutto per quanto attiene la tutela dei terzi. Proprio per tali caratteri per i beni privi di un mercato attivo l’applicazione di questo criterio risulta molto problematica. In caso di uso dell’opzione del revaluation model, nelle note si devono indicare: a) la data effettiva della rideterminazione del valore; b) se ci si è avvalsi di un perito indipendente; c) i metodi e le assunzioni significative applicati nella stima dei fair value degli elementi; d) la misura in cui i fair value degli elementi sono stati determinati direttamente facendo riferimento a prezzi osservabili in un mercato attivo o a recenti transazioni di mercato effettuate a condizioni normali o sono stati stimati utilizzando altre tecniche di valutazione; e) per ciascuna classe di immobili, impianti e macchinari il cui valore è stato rideterminato, il valore contabile che sarebbe stato rilevato se le attività fossero state valutate secondo il modello del costo; e f) l’eccedenza di rivalutazione, con le variazioni dell’esercizio ed eventuali limitazioni nella distribuzione del saldo agli azionisti.
LE IMMOBILIZZAZIONI MATERIALI E IMMATERIALI
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5.1.8. Informazione integrativa disposta dallo IAS 16 Il contenuto delle note previste dallo IAS 16 è m olto in linea con quanto già noto secondo la norm ativa nazionale. Quindi, per ciascuna classe di imm obili, impianti e macchinari, si devono indicare: a) b) c) d)
i criteri impiegati nella valutazione (cost model, ecc.); il criterio di ammortamento utilizzato; le vite utili o il tasso di ammortamento utilizzato; il movimento dei valori relativi che partendo dal contabile lordo, dagli am mortamenti accumulati e dalle svalutazioni (eventuali) accu mulate mostri le cause di variazione che spieghino il valore finale: – increm enti – riclassificazioni, come nel caso di classificazione di immobilizzazioni come possedute per la vendita o inclu se in un gruppo in dismissione classificato co me posseduto per la vendita, in conf ormità all’IFRS 5 e altre dismissioni; – acquisizioni a seguito di aggregazioni aziendali; – aumenti o diminuzioni derivanti dalla applicazione del revaluation model; – svalutazioni/ripristini secondo quanto previsto dallo IAS 36; – amm ortamenti; – differenze nette di cam bio derivanti dalla conversione de l bilancio dalla valuta funzionale in una diversa moneta di presentazi one, inclusa la con versione di una gestione estera nella moneta di presentazione dell’ entità che redige il bilancio; e – altri cambiamenti. Nelle note si devono deve inoltre indicare:
a) l’esistenza e l ’ammontare di restrizioni sulla titolarità e i mpegni di imm obilizzazioni a garanzia di passività; b) l’importo delle spese rilevate nel valore contabile di una imm obilizzazione nel corso della sua costruzione; c) l’ammontare degli im pegni contrattu ali in essere per l’ acquisto di imm obilizzazioni; e d) se non è in dicato separatam ente nel prospetto del conto econo mico, l’im porto del risarcim ento da parte di te rzi imputato a co nto economico per im mobilizzazioni che hanno subito una ri duzione di valore, sono stati persi o dismessi. In conform ità a quanto p revisto dalla IAS 8, si de ve indicare l a natura e l’effetto di un ca mbiamento di stima c he ha un effetto sull’ esercizio corrente o
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
ci si att ende che lo abbia sugli esercizi successivi. Per le i mmobilizzazioni tale indicazione può derivare dai cambiamenti nelle stime con riferimento a: a) valori residui; b) costi stimati di smantellamento, rimozione o ripristino degli elementi di im mobili, impianti e macchinari; c) vite utili; e d) criteri di ammortamento. Lo IAS 16 suggerisce inoltre di fornire nelle note le seguenti informazioni: a) il valore di elementi temporaneamente inattivi; b) il valore contabile lordo di elementi completamente ammortizzati ma ancora in uso; c) il valore di elem enti ritirati dall’uso attivo e non classificati co me posseduti per la vendita in conformità all’IFRS 5; e d) quando viene adottato il modello del co sto, il fair value (valore equo) di immobili, im pianti e macchinari quando questo è notevolm ente differente dal valore contabile.
5.1.9. Gli investimenti immobiliari (IAS 40) Secondo lo IAS 40 un “investimento immobiliare è una proprietà immobiliare (terreno, fabbricato) posseduta (dal proprietario o dal locatario tramite un contratto di leasing finanziario) al fine di conseguire canoni di locazione e/o per l’apprezzamento del capitale investito”. Lo standard non si a pplica invec e agli immobili occupati dall’azienda proprietaria perché usati per lo svolgimento di altre attività produttive (disciplinati dallo IAS 1 6) o a quelli destinati alla vendita nell’ambito della gestione ordinaria. Anche i beni in corso di costruzione che saranno destinati una volt a ultimati a divenire proprietà immobiliari nel senso sopra inteso sono assoggettati alla disciplina dello IAS 40. Ricadono sotto l’ambito dello IAS 40 anche gli imm obili concessi in leasing operativo (operazione da assimilare all’affitto) dal locatore e gli i mmobili acquisiti in leasing finanziario dal locatario ed adibiti ad affitto o rendita 1.
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Come casi particolari lo standard contempla anche le seguenti situazioni: se un immobile è in parte adibito ad investimento immobiliare e in parte a immobile strumentale per al tra attività produttiva, si dovrà anzi tutto valutare la pos sibilità di separ are contabilmente le due parti per sottoporle a contabilizzazioni diverse; se ciò non fosse possibile, si do-
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Per quanto ri guarda la rilevazione iniz iale, analogamente a quanto disposto dallo IAS 16, l’ investimento immobiliare deve essere valutato al costo, con le stesse regole precedentemente descritte (v. par. 5.1.2). Dal punto di vista della valutazione successiva, lo IAS 40, analogam ente a quanto previsto dallo IAS 16 prevede due modelli alternativi per le rilevazioni successive a quella iniziale, il cost model e il revaluation model, con alcune differenze rispetto allo IAS 16. La scelta tr a i due criteri alternativi è libera; tuttavia lo IAS 40 esprime una certa preferenza per il criterio del fair value: – affermando che il passaggio da un criterio di valutazione all’altro potrà essere effettuato solo se si migliora la rappresentazione in bila ncio della situazione azie ndale e ritenendo “a ltamente improbabile” che il passaggio dal criterio del fair value a quello del costo migliori l’informativa di bilancio; – considerando che le aziende che usano il criterio del costo devono comunque mostrare a titolo informativo il fair value dei beni in questione. D’altronde, q uesta preferenza si inseris ce nella grad uale crescente affermazione del crit erio del fair value nelle v alutazioni di bilancio seco ndo la logica IASB. Il metodo preferito dallo IAS 40: la valutazione al fair value Secondo lo I AS 40 il m etodo di riferimento è rappresentato dal revaluation model, però a differenza di quanto avviene secondo lo IAS 16, qui il pr ocesso d’ammortamento deve essere sospeso. Le plusvalenze e le minusvalenze che s i generano dall’ applicazione del fair value devono essere inviate direttamente a conto economico, anzich é a riserva di ri valutazione. In Italia fiscal mente i plus/minusvalori derivanti dall’applicazione di tale metodo sono irrilevanti e determinano pertanto lo stanziamento di imposte differite/anticipate. È evidente che la determinazione del fair value risulta agevole in presenza di un mercato attivo, con formazione di prezzi recenti per beni similari. Dove non risultino prezzi correnti o il mercato non sia attivo, l’ azienda deve riferirsi a mercati per beni similari, aggiustando il valore per tenere conto delle differenze
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vrà considerare il tutto come investimento immobiliare solo se è insignificante la parte adibita ad altra attività produttiva; se agli occup anti di un investim ento im mobiliare l’az ienda forni sce anche d ei se rvizi com plementari (es. ristorazione o trasporto), si tratta di valutare quale componente (tra alloggio e servizi complementari) è pr evalente. Se preva lgono i serviz i forn iti ( come in un albergo) la proprietà sarà contabilizzata secondo lo IAS 16. La difficoltà di compiere nette separazioni in alcuni casi limite, induce comunque lo IAS 40 a richiedere attenzione nel giudizio.
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dei beni. Op pure il fair value potrebbe esser e deter minato sti mando i fl ussi di cassa futuri derivanti da contratti di affi tto in essere o da contratti di affitto esistenti per beni similari e scontandoli ad un tasso che r ifletta che rifletta le incertezze aziendali circa l’entità ed il momento di verifica di tali flussi. Lo IAS 40 incoraggia, pur non obbli gando, le azien de a determ inare il fair value sulla base del giudizio espresso da un autonomo ed indipendente valutatore, dotato di notevole competenza professionale, esperto nel settore. Se si verifi cano casi e ccezionali per i quali la deter minazione del fair value diviene im possibile, in quanto non vi sono prezzi di riferimento ottenuti da scambi di beni sim ilari, l’azienda deve valutare tali beni secondo il cost model, assumendo un valore di realizzo finale al termine della vita utile pari a zero. Tale deroga è prevista dallo IAS 40 solo per quegli immobili privi di un fair value di riferimento. Gli altri i nvestimenti immobiliari per i quali è det erminabile un prezzo di mercato di riferimento devono continuare ad essere valutati con il metodo del fair value. Tale regola vale anche per gli imm obili IAS 40 ancora in costruzione, per i quali può essere usato la valutazione al co sto finché non risulta determinabile il fair value (ad esempio quando sono terminati). Merita essere sottolineato come, secondo l’art. 6 del D.Lgs. n. 38/ 2005, per le societ à ital iane che adottano gli IAS/IFRS nel proprio bilancio di es ercizio (individuale o separato) è necessario destinare ad ap posita riserva, al netto dell’effetto fisca le, le plusval enze da riva lutazioni generate dall’ applicazione del metodo del fair value. Tale riserva permarrà finché l’immobile non è realizzato per cessione oppure il plusvalore non s i riduce per successiva svalutazione. Asimmetricamente le perdite di cui sopra non ridurranno tale riserva ma andranno imputate a conto economico. ESEMPIO 7 – Applicazione del fair value ad un immobile IAS 40 Si sup ponga che una so cietà r ediga il pr oprio bilancio sep arato seco ndo g li IFRS e valuti un investimento immobiliare secondo il metodo del fair value indicato dallo IAS 40. Si supponga che il fair value a fine esercizio sia 2.000 e il valore contabile sia 1 .600. Essa dovr à dunqu e r ilevare a con to economico un a plusvalenza di 400 i ncrementando i n con tropartita il val ore del cespite. Sulla plusvalenza grava un effett o fiscale per l’imponibilità di tale p lusvalenza nel momento in cui si realizza. Per cui l’onere fiscale relativo è di 31,4% (IRES + IRAP) (400 = 125,6. Tale imposta dovrà essere rilevata secondo quanto disposto dallo IAS 12 tra le imposte differite. La plusvalenza netta “potenziale” (in quanto non realizzata, ma comunque inviata a conto economico) è dunque di 274,4 (400 – 125,6).
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LE IMMOBILIZZAZIONI MATERIALI E IMMATERIALI
Rivalutazione di investimento immobiliare Immobili (SP) Rivalutazione (CE)
400 400
Stanziamento imposte differite Imposte differite (CE) Fondo imposte differite (SP)
125,6 125,6
Per quanto riguarda le aziende italiane si pone poi il problema del trattamento degli utili derivanti da tale riv alutazione, come d isciplinati dall’art. 6 del D.Lgs. n. 38/2005. Come detto nella norma civilistica, si è in presenza di un caso di utili da valutazione diversi da quelli riferiti a s trumenti finanziari detenuti per negoziazione, all’operatività su cambi e di copertura, per cui opera la ca utela richiesta dall’art. 6 del D.Lgs. n. 38/2005 volta ad evitare il rischio di distribuzione degli utili corrispondenti a tale riv alutazione. Si tratta quin di di definire tre situ azioni alternative: a) la società chiude il su o bilancio con un utile maggiore di 274,4, ad esempio 300; b) la so cietà ch iude il su o b ilancio con un utile in feriore a 274,4, ad esem pio 200; c) la società chiude il suo bilancio in perdita. 1. nel cas o a) si tratterà di acc antonare a ri serva i ndisponibile u n i mporto di 274,4 e la differenza di 25,6 (300 – 274,4) rimarrà disponibile per la distribuzione o l’accantonamento ad altra riserva; 2. nel caso b) si dovrà non solo accantonare a riserva disponibile l’intero utile di 200, m a accantona re alla stessa posta anche la diffe renza di 74,4 (274,4 – 200), p relevandola da al tra r iserva di sponibile, op pure, s e quest e n on s ono capienti, se gnalando (i n N ota, di remmo) ch e nei p rossimi eserci zi si do vrà accantonare la differenza; 3. il caso c) non è affrontato direttamente dal Decreto; tuttavia chi scrive ritiene che anche in questo caso si debba, per logica, accantonare prelevando da altra riserva, tenuto conto che l’anno successivo, in presenza di utile, la plusvalenza ancora non realizzata potrebbe essere distribuita.
Il metodo consentito L’applicazione del cost model ricalca da vicino quella prescritta dallo IAS 16, però in questo contesto è necessari o fornire, quale informazione integrativa, il fair value dell’investimento immobiliare.
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
Cambi di destinazione Lo IAS 40 dispone precisi criteri da seguire nel caso in cui vi siano cambi di destinazione dell’immobile. Essi possono essere determinati dai seguenti eventi: 1. l’inizio di un a occupazion e dell’imm obile da parte del proprietario, quale passaggio da investimento immobiliare a immobile strumentale; 2. l’ inizio della prospettiva di vendita, quale passaggio da investi mento immobiliare a immobile-merce. In questi casi, l’azienda dovrà valutare il cespite applicando le disposizioni rispettivamente contenute nello IAS 16 o nello IAS 2. In entrambi i casi essa necessiterà del costo e lo IAS 40 dispone che se sino al momento del cambio di uso l’investimento immobiliare era stato valutato al fair value, quest’ultimo valore, così come risulta all a data del ca mbio di desti nazione, diverrà il costo da impiegare nelle valutazioni. 3. Fine di una occupazione dell’imm obile da parte del proprietario, quale passaggio da immobile strumentale a investimento immobiliare. In tal caso l’ azienda dovrà applicare lo IAS 16 fino alla data del cambio di uso. A q uella data l’aziend a dovrà trattare ogni differenza tra il costo ed il fair value come una rivalutazione secondo lo IAS 16. Quindi, se l’ applicazione del fair value de terminerà una minusvalenza rispetto al costo residu o esistente in bilancio, essa confluirà come costo a c onto economico. Se invece dal confronto scaturirà una plusvalenza, questa costituir à una plusvalenza da inviare a conto economico se e solo nella misura in cui ripristina precedenti svalutazioni. Per la parte eccedente eventuali precedenti sv alutazioni, si dovrà accreditare direttamente una riserva di rivalutazione ( revaluation model IAS 16), che per marrà fino a quando il bene non sarà ceduto, momento nel quale sarà girata a riserva di utili senza transitare dal conto economico. Se invece l’azienda intende valutare i propri investimenti immobiliari secondo il m etodo del costo, i cam bi di uso tra imm obile stru mentale, immobilemerce e investim ento immobiliare non de termineranno variazioni nel valore di carico dell’immobile. 4. Passaggio di i mmobile da magazzino a investimento i mmobiliare. In questo caso se il metodo prescelto di valutazione è quello del fair value, la differenza tra il fair value e il cos to alla data del cam bio di destinazione è im putata direttamente a conto economico.
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Investimenti immobiliari – Beni Stabili (ITA) Bilancio 2011 Gli immobili di investimento sono costituiti da proprietà immobiliari detenute al fine di percepire ca noni di lo cazione e conse guire un apprezzam ento del capitale investito. Gli immobili di investimento sono inizialmente rilevati al costo comprensivo degli oneri accessori di acquisizione e sono successivamente valutati al loro valore equo, rilevando le variazioni di tale valore equo a Conto Economico. Il portafoglio immobiliare è v alutato due volte l’anno, in corrispondenza del 30 giugno e d el 31 di cembre, da soci età d i val utazione e sterne e i ndipendenti, dotate di ade guata e ri conosciuta qual ificazione p rofessionale e di u na con oscenza aggiornata sulla locazione e sulle caratteristiche degli i mmobili valutati. Il processo di valutazione è affidato a due o più esperti indipendenti, prevedendo ogni tre anni la rotazione degli stessi sul perimetro del patrimonio immobiliare, ma fatta salva la po ssibilità di posticipare (per un ulteriore triennio) la ro tazione triennale ove ritenuto operativamente opportuno. Il valore equo degli immobili si basa sul valore di mercato, ovvero sull’importo stimato al quale un immobile potrebbe essere scambiato alla data di valutazione tra un acquirente e un venditore consenzienti, nell’ambito di una transazione basata sul pri ncipio di reci proca i ndipendenza e ad esi to di un ’adeguata trattativa di vendita, nella quale le pa rti abbiano agito c on consapevolezza, prudenza e senza imposizioni. Le valutazioni sono ese guite per singo lo immobile, utilizzando per ciascuno diversi criteri di valutazione: • metodo comparativo o del mercato, basato sul confronto tra il bene in oggetto ed altri beni si mili recentem ente ogge tto di com pravendita o corre ntemente offerti sullo stesso mercato o su piazze concorrenziali; • metodo reddituale della capitalizzazione diretta, basato sul valore attuale dei redditi potenziali futuri di un i mmobile, ottenuto capitalizzando il reddito a d un tasso di mercato; • metodo dei flussi di cassa attualizzati, basato sull’attualizzazione (per un periodo variabile in riferimento alla durata dei contratti in essere) dei futuri redditi netti derivanti dall’affitto dell’immobile. Al termine di tale periodo si ipotizza che l’immobile sia rivenduto ad un valore ottenuto capitalizzando il reddito dell’ultimo anno ad un tasso di mercato per investimenti analoghi a quelli oggetto di stima I su ddetti m etodi sono app licati sin golarmente a ciascun immobile a men o che le caratteristich e dello stesso non rendano il singo lo metodo poco significativo. I risultati dei di versi metodi utilizzati vengono quindi combinati l’uno c on l’altro ai fini della determinazione del valore equo. Limitatamente ag li i mmobili ap partenenti al p ortafoglio di I mser 6 0 SIINQ S.p.A., i cui contratti di affitto a lungo termine con Telecom Italia S.p.A. presentano le stesse caratteristiche, viene utilizzato il solo metodo dei flussi di cassa at-
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tualizzati ipotizzando c he, al termine de lla locazione, si proceda ad effettuare opere di ristrutturazione per convertire l’immobile, o la relativ a porzione, ad un uso apprezzabile dal m ercato, al fine di poterlo locare successivamente a valori di mercato congrui. Il reddito così ottimizzato e normalizzato viene quindi capitalizzato per determinare il valore di uscita dall’investim ento. Sia i c osti di riconversione che il v alore di uscita dall’investimento vengono attualizzati, utilizzando un tasso di attualizzazi one più elevato rispetto a quello utilizzato per calcolare il valore attuale dei canoni di locazione, in modo da tenere adeguatamente conto del rischio di riconversione e di rilocazione. Nella determinazione dei tassi di capitalizzazione ed attualizzazione utilizzati nella valutazione dei singoli immobili si tiene conto: • del tipo di conduttore attualmente occupante l’immobile o responsabile del rispetto degli obblighi di locazione ed i possibili occupanti futuri degli immobili vacanti, nonché la percezione gene rale del m ercato della loro a ffidabilità creditizia; • della ripartizione delle responsabilità assicurative e di manutenzione tra locatore e locatario; • della vita economica residua dell’immobile. Quando un immobile classificato negli immobili strumentali viene trasferito al co mparto d egli i mmobili d i in vestimento a seg uito di un cambiamento n ella sua destinazione, eventuali differenze alla data di trasferimento tra il valore contabile ed il valore equo alla stessa da ta sono contabilizzate direttam ente a Patrimonio Netto, se si tratta di u n utile. Ne l caso invece risul tasse una pe rdita, essa viene contabilizzata immediatamente a Conto Economico. IMMOBILI IN FASE DI SVILUPPO Sono classificati in tale categoria gli immobili in fase di ristrutturazione, trasformazione, co struzione e sv iluppo (d i seg uito genericamente “attiv ità d i sv iluppo”) per i quali si prevede un futuro utilizzo come immobili di investimento. Tali immobili sono contabilizzati con il criterio del costo (inizialmente corrispondente al costo d’acquisto o all’ultimo valore di carico nel caso di riclassificazione in tale categoria da altre categor ie di i mmobili) applicato, pe r ciascun immobile, fino a qu ando il relativ o valore equo non risulta attendibilmente determinabile su base continuativa. A partire da tale momento viene adottato il criterio di valutazione al valore equo. Il valore di carico dell’immobile è in crementato di tutti i costi sostenuti per le attività di sviluppo, degli oneri finanziari e degli eventuali costi del personale impiegato in tale attività. La capitalizzazione degli one ri fina nziari vi ene effettuata per il peri odo intercorrente tra l’inizio delle attività di sviluppo e il momento in cui gli immobili risultano sostanzialmente pronti per l’uso previsto.
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IAS 40 e leasing Possono essere qualificati come investimenti immobiliari e quindi soggetti alla disciplina dello IAS 40 sia immobili acquisiti in leasing finanziario. Anche gli immobili detenuti come leasing operativo (il classico affitto normale) possono essere qualificati come IAS 40 purché essi abbiano le caratteristiche di investimento immobiliare (a sua volta affittato, ad esempio) e ad essi sia applicato il fair value model. In questo secondo caso, il fair value deve essere applicato a tutti gli investimenti IAS 40. Informazione integrativa secondo lo IAS 40 Oltre a specificare nelle note se è stato usato il criterio del costo o del fair value, l’azienda deve evidenziare: 1. i criteri usati per considerare un cespite come investimento immobiliare quando la classificazione dell’immobile tra investimento immobiliare o immobile-merce è difficile; 2. i metodi usati per determinare il fair value, includendo una esplicita affermazione che detto valore dipende dalla esistenza di chiari riferimenti di mercato o che è stato determinato usando altri fattori a causa della natura dell’immobile e della mancanza di dati comparabili; 3. l’importo delle rendite conseguite dall’investimento immobiliare e delle spese operative dirette di gestione dell’investimento, distinguendo quelle relative a immobili che hanno generato delle rendite e quelle di immobili che non le hanno generate; 4. l’esistenza di eventuali obblighi assunti nell’acquistare, costruire, riparare, ristrutturare degli investimenti immobiliari; 5. l’esistenza di restrizioni alla vendita dell’immobile; 6. i prospetti che mostrino la riconciliazione tra valore iniziale e finale del cespite, distinguendo le diverse cause di variazione. Nei casi in cui un’azienda valuti i propri investimenti immobiliari con il metodo del costo deve invece indicare oltre a quanto già descritto sub 5.1.8 per lo IAS 16 il fair value della proprietà (oppure, se di impossibile determinazione, una descrizione dell’immobile, la motivazione della impossibilità di determinazione del fair value, e l’intervallo stimato entro il quale dovrebbe ricadere il fair value).
5.1.10. Il leasing (IAS 17) Lo IAS 17 (Leases) si applica ai contratti di leasing (salvo alcune eccezio-
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
ni 2 e im pernia le sue regole sulla distinzione tra leasing finanziari o e leasing operativo. Secondo lo IAS “ un leasing è classificato come finanziario se trasferisce, sostanzialmente, tutti i rischi e i benefici connessi alla proprietà. Un leasing è classificato come operativo se non trasferisce, sostanzialmente, tutti i rischi e i benefici derivanti dalla proprietà”. La natura di leasing finanziario, anche se non form almente specificata, può essere nella sostanza individuato in presenza di condizioni che dimostrino come il contratto di leasing tenda a trasferir e al locatario ( lessee) l’int era utilità del bene, come ad esempio: • acquisizione automatica della proprietà al termine del periodo di leasing; • presenza della clausola di riscatto alla fine del periodo di leasing ad un prezzo significativamente inferiore al fair value a tale data; • durata del leasing quasi coincidente con la vita economica del bene; • elevata specificità del bene in relazione alle esigenze del locatario, ecc.); • valore attuale dei canoni pari sostanzialmente all’intero fair value del bene al momento iniziale. La distinzione tra leasing finanziario ed operativo de ve essere compiuta inizialmente. Per la rilevazione del leasing operativo non ci si disc osta da quell a che è la prassi italiana, ossia dalla rilevazione a conto economico, da parte del locatario, dei canoni fra i costi e, viceversa, per il lo catore, tra i ricavi, alla stregua di un qualsiasi affitto. La particolarità principa le consiste nel fatto che l o IAS 17 stabilisce che il costo dei canoni inclusi a conto economico dovrebbe essere ispir ato ad un criterio a quote costanti o ad altro criterio che esprima al meglio il modo con il quale il locatario trae utilità dal bene locato e questo indipendentemente dalle modalità di pagamento che p otrebbe assu mere andamento diverso da quello a quot e costanti (caso nel quale si genererebbero ratei passivi o risconti attivi). Il locatore invece dovrà rilevare i canoni tra i ricavi (anche in questo caso usando il criterio a quote costanti) e amm ortizzare il bene in conformità a quanto previsto dagli standard relativi al bene locato (IAS 16 o IAS 38). Relativamente alla contabilizzazione d el leasing finanziario, lo IAS 17, in accordo con quella che è la definizione di immobilizzazioni materiale data dallo IAS 16 (che prevede che il bene debba essere posseduto e non detenuto a titolo di proprietà), prevede invece la rilevazione del bene nello stato patrimoniale del locatario. 2
Ad esempio lo IAS 17 non si applica ai lo catari per la valu tazione di investimen ti immobiliari posseduti tr amite leasing finanziari (affrontati dallo IAS 40 “ Investimenti immobiliari”) o tramite leasing operativo e soggetti alle norme IAS 40.
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Il costo al quale tale bene deve essere rilevato inizialmente è pari al fair value del bene l ocato o, se pi ù basso, al va lore attuale della so mma dei canoni da pagare attualizzati in base al tasso i mplicito del leasing (quel tasso che rende uguale il valore attuale dei cannoni al fair value del bene in leasing). Specularmente, tale valore sarà anche iscritto tra i debiti. Successivamente, il pagamento di ogni rata sarà considerato quale parziale rimborso del debito e pagamento di interesse finanziario. Nel dettaglio lo IAS 17 stabilisce inoltre che: – il bene locato è inserito in stato patri moniale al suo fair value (o, se il valore attuale dei pagamenti minimi è più basso, a quest’ultimo valore); – i costi iniziali (istruttoria pratica, ecc.) sono portati ad aumento del valore del bene; – l’ammortamento del bene verrà operato in relazione a quanto disp osto dagli standard relativi al tipo d i bene (IAS 16 o IAS 38); analogamente, se sussistono le condizioni, si dovrà svalutar e il bene secondo quanto disposto dallo IAS 36. In bilancio il locatario dovrà evidenzi are il valore netto (valore iniziale – ammortamento) de i leasing finanziari, distinti per c lasse, il cost o i mputato a conto economico, il totale dei pagamenti futuri alla data del bilancio distinguendo tra quelli scadenti entro un anno, tra 1 e 5 anni ed oltre 5 anni. Inoltre si deve fornire la descrizione generale degli acc ordi di leasing, gli eventuali co mpensi futuri per operazioni di subaffitto del leasing. Il locatore (lessor) nel suo bilancio deve comportarsi in modo speculare, imputando un credito iniziale pari al valore attualizzato dei canoni previsti dal contratto e considerare i canoni periodici come quote di rim borso aumentate degli interessi. Sol o gli interessi apparira nno nel conto econom ico del locatore. La considerazione dei ricavi dovrà avvenire ad un tasso di interesse costante sull’investimento netto residuo, così come operato dal locatario. Anche in questo caso nelle note si deve fornire la distinz ione temporale dei pagamenti futuri sopra menzionata. ESEMPIO 8 – Leasing finanziario Relativamente alla contabilizzazione da parte del locatario, si consideri il seguente esempio. Un’azienda ottiene un impianto stipulando in data 1/1/2010 un leasing finanziario con le seguenti caratteristiche: • valore normale bene 200.000, vita utile 5 anni;
200
I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
• maxicanone 20.000 pagato in data 1/1/2010; • 13 rate da 16.000 l’una, quadrimestrali a partire dall’1/2/2010; • valore riscatto 3.000 da pagare in data 1/2/2014. La rilevazione iniziale consisterà per il lo catario nella iscrizione in stato patrimoniale del bene al suo fair value (200.000) a fr onte di un i mmediato pagamento di 20.000 (maxicanone) e del la iscrizione di un debito finanziario per la differenza (180.000). Impianto 200.000 Banca c/c Debito finanziario
020.000 180.000
Il l ocatore al co ntrario ri leverà un debito verso i l f ornitore di beni per 200.000 a fronte del credito verso il locatario per 180.000 e di una entrat a di denaro per 20.000. Si presenta quindi il profilo dei flussi di cassa derivante dal pagamento delle rate e su tale si calco la il TIR (tasso interno di rendimento). Come esposto nella seguente tabella, il TIR è pari a 2,3182% (su base quadrimestrale). Sul debito residuo di 180.000 si applica quindi il tasso così determinato per calcolare la q uota di interessi che sarà p agata con la prim a rata. Tale q uota sarà pari a 4.173 (2,3182% (180.000). Al momento del pagamento della prima rata, l’uscita di 16.000 sarà quindi scomposta nella quota interessi (4.173) e, per differenza (16.000 – 4.173), nella quota d i r imborso d el capitale (11.827) che v a a dim inuire il deb ito r esiduo (180.000 – 11.827 = 168.173). La rilevazione del pagamento della rata sarà pari a: Interessi passivi Debito finanziario Banca c/c
04.173 11.827 16.000
Al pagamento della seconda rata, sul nuovo debito residuo di 168.173 si applica nuovamente il tasso di 2,1382% per calcolare la quota di interessi sulla seconda rata e, per differenza con 16.000, la parte di rimborso del debito. Così operando all’1/2/2009 il debito risulterà estinto, dopo aver pagato complessivamente interessi per 31.000 e r imborsando il cap itale d i 180 .000 ( + 20.000 pagati alla stipula del contratto). Alla fine di ogni esercizio sul valore di 200.000 si calcolano ammortamenti nella misura del 20%, pa ri a qu ote ann ue di 40 .000, t ali da far di minuire gra dualmente il valore residuo del cespite a stato patrimoniale.
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LE IMMOBILIZZAZIONI MATERIALI E IMMATERIALI
Uscite
Data
Flusso
120.000
11-10
1180.000
116.000
12-10
– 16.000
14.173
Inter.
Capit.
Deb. resid.
16-10
– 16.000
13.899
– 12.101 156.071
10-10
– 16.000
13.618
– 12.382 143.689
116.000
12-11
– 16.000
13.331
– 12.669 131.020
116.000
16-11
– 16.000
13.037
– 12.963 118.058
116.000
10-11
– 16.000
12.737
– 13.263 104.794
116.000
12-12
– 16.000
12.429
– 13.571 191.224
116.000
16-12
– 16.000
12.115
– 13.885 177.338
116.000
10-12
– 16.000
11.793
– 14.207 163.131
116.000
12-13
– 16.000
11.464
– 14.536 148.595
116.000
16-13
– 16.000
11.127
– 14.873 133.721
116.000
10-13
– 16.000
11.782
– 15.218 118.503
116.000
12-14
– 16.000
11.429
– 15.571 112.932
113.000
12-14
1– 3.000
111.68
– 2.932
31.000 – 180.000 TIR
Val. resid.
11.689
240.000
160.000
19.105
240.000
120.000
16.337
240.000
180.000
13.372
240.000
140.000
11.497
240.000
0
31.000
200.000
– 11.827 168.173
116.000
231.000
Amm. annuo
180.000
116.000
Totale
Int. annui
0
2,3182%
Nell’esempio descritto la vita utile del bene coincide con la durata del contratto di leasing. Nei casi (più frequenti) in cui la durata del contratto sia più breve della vita utile, dall’applicazione del metodo finanziario negli anni di vita del contratto deriva una minore incidenza sul risultato economico e sul patrimonio netto rispetto al metodo patrimoniale, in quanto la quota di ammortamento riferita al bene si ripartirà su un numero maggiore di anni.
Sale and Leaseback Con tale termine si definiscono quelle operazioni con le quali un’azienda cede un cespite di proprietà per riacquisirlo contestualmente con un leasing finanziario o operativo. Tale operazione risponde alle esigenze finanziarie di ottenere un flusso di cassa immediato dalla vendita del bene, da rimborsare gradualmente con il pagamento delle rate del leasing. Nella sostanza l’azienda non perde mai l’utilizzo del bene, nonostante ne perda la proprietà.
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
Se il leasing successivo è finanziario, la tipica plusvalenza derivante dalla vendita è ripartita in funzione della durata del contratto di locazione, anziché essere imputate integralmente nell’esercizio in cui avviene la vendita come accade per le altre dismissioni di beni strumentali. In questo modo si evita che il conto economico accolga nell’esercizio della vendita una (spesso robusta) plusvalenza. Essa andrà piuttosto riscontata negli esercizi futuri, come fosse una riduzione del costo del leasing che si manifesterà nel futuro. Se il leasing successivo è operativo si tratta di esaminare il rapporto tra prezzo di vendita e fair value: – se il prezzo di vendita corrisponde al fair value del bene, la plus(minu)valenza sarà imputata immediatamente a conto economico; – se il prezzo di vendita è inferiore al fair value del bene, la plus(minu)valenza sarà imputata immediatamente a conto economico a meno che l’eventuale minusvalenza sia dovuta a canoni inferiori futuri, caso nel quale andrà ripartita a conto economico lungo il periodo nel quale il bene sarà usato; – se il prezzo di vendita è inferiore al fair value del bene, la differenza rispetto al fair value sarà ripartita lungo il periodo nel quale il bene sarà usato. Esemplificando, se il bene ha valore contabile di 100 e viene venduto a 80, dove il fair value è 93, la minusvalenza complessiva di 20 è scomposta in due quote: per 7 (100 – 93) sarà imputata nell’esercizio di vendita, per 13 (93 – 80), sarà ripartita lungo gli esercizi di utilizzo del bene. IFRIC 4: il leasing sostanziale L’IFRIC 4 ha lo scopo di valutare se in alcuni tipologie di accordi contrattuali non definiti formalmente come contratti di leasing esistono nella sostanza i profili tipici di questo forma di utilizzo dei beni, caso in cui si dovrà estendere conseguentemente il trattamento previsto di cui allo IAS 17. Come premessa di fondo l’Interpretation sostiene che un’azienda potrebbe accordarsi con un’altra per avere il diritto ad utilizzare dei beni in cambio di pagamenti senza qualificare formalmente come leasing tale operazione. Tali frangenti possono ricorrere in operazioni di outsourcing, nei quali un soggetto svolge servizi per conto di un terzo utilizzando i beni di quest’ultimo, servizi di telecomunicazione nei quali l’azienda proprietaria di una rete stabilisce di renderla disponibile ad aziende che intendono sfruttarla, accordi (definiti “take-andpay”) nei quali sono stabiliti pagamenti indipendentemente dalla consegna di beni/servizi come quando si acquista a somma fissa l’intera o parte dell’output di un’azienda (es. acquisizione del raccolto di una piantagione, della capacità generatrice di una turbina, ecc.).
LE IMMOBILIZZAZIONI MATERIALI E IMMATERIALI
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L’Interpretation afferma che il leasing sostanziale potrebbe anche verificarsi qualora non sia coinvolto un bene nella su a interezza ma potrebbe configurarsi anche quando il diritto all ’utilizzo è limita to ad una sua parte, purché quest’ultima possa configurare un’attività ai sensi degli IAS 16 e 38. In ogni caso, l’ IFRIC 4 rinvia allo IAS 17 per il riscontro delle condizioni necessarie (trasferimento dei rischi e dei benefici) affinché il leasing sia qualificato co me finanziario e q uindi implichi la rilevazione dell’ asset a Stato Patrimoniale . Per l’IFRIC 4 per verificare la presenza di un leasing sostanziale si devono riscontrare due caratteri: 1. l’esecuzione dell’accordo dipende dall’utilizzo di uno specifico bene (o più di uno); 2. l’accordo trascina con sé il diritto ad utilizzare il bene. Quanto al primo punto, se l’accordo potesse essere eseguito usando asset diversi, non sar emmo in presenza di un leasing, cosa che si realizz a ad ese mpio quando il for nitore deve con segnare una data quantità di prodotti/servizi senza che sia precisato l’utilizzo di specificati beni per il loro ottenimento. Non elude invece la presenza di un leasing sostanziale il c aso in cui il fornitore si riserva di sostituire l ’utilizzo di uno specifico bene con beni si milari laddove il prim o non sia in grado di funzio nare correttamente o per ogni altra ragione, almeno fino a quando la sostituzione non avrà luogo. Per qualificare l’esistenza di un leasing sostanziale non è neppure necessario che sia specificato espressamente il bene di cui si concede l’ uso esclusivo, caso che si riscontra quando il fornitore pos siede un unico bene tram ite il quale adempiere la propria obbli gazione di fornitu ra di beni/servizi e n on sia per lu i economicamente praticabile l’utilizzo di beni alternativi. Quanto al secondo punto, l’ IFRIC 4 ri chiede che l’acquirente acquisisca a seguito dell’accordo il diritto a controllare l’uso del bene. Tale diritto di controllo si configura quando si verifica una qualsiasi delle tre seguenti condizioni: a) l’acquirente ha il diritto o comunque la capacità di far funzionare il bene (direttamente o incaricando terzi soggetti) in m odo da determ inare l’ottenimento di una quantità non scarsa del complessivo output del bene; b) l’acquirente ha il diritto o c omunque la capacità di controllare l’ accesso fisico al bene mentre questo produce una quantità non scarsa dell’output complessivo; c) fatti e circostanze oggettive indicano che è im probabile che soggetti diversi dall’acquirente possano acquisire una quantità non scarsa dell’ output com plessivo del bene nel periodo coperto dall’accordo e il prezzo che l’acquiren-
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
te sosterrà pe r l’output né sia contrattualmente stabilito per singol a unità di prodotto/servizio, né equivalga al prezzo corrente di mercato per singola unità di prodott o/servizio esistente al momento della consegna del prodotto/servizio. Le prime due condizioni, come specificato nell’ap pendice, rigu ardano un controllo fisico, per il cui accertamento potranno essere usati vari criteri. Ad esempio la capacità di far funzionare il bene può essere riscontrat a nel diritto a d imporre al fornitore requisiti tecnici di funzionamento o ad assu mere e/o licenziare gli addetti al funzionam ento. Oppure il diritto ad usare il bene in caso di inadempienza da parte del fornitore. Il terzo criter io si riferisce invece al controllo economico dell’ asset coinvolto, inteso come diritto a sfruttarne in e sclusiva (o quasi) i benefici produtti vi e sposta marcatamente il focus dall’ asset in quant o tale all’output che ne deriva. In particolare nel terzo crit erio si specifi ca che il pag amento pattuito “per unità di prodotto” piuttosto che a forfait sancisce che l’ oggetto del contratto non è il diritto ad usare il bene quanto a ricevere singole unit à di out put e quindi impedisce la qualificazione dell’accordo come un leasing sostanziale. Anche i casi di contratti nei quali l’acquir ente si im pegna ad acquistare la produzione ottenuta quando disponibile, indipe ndentemente dall’effettivo utilizzo dell’output (definiti accordi take-or-pay) denotano l’esistenza di un leasing sostanziale. L’accertamento delle suddette condizioni dovrebbe essere compiuto all’inizio del contratto, con siderando la p iù v ecchia d ata t ra il momento d ell’accordo e l a data in cui le parti si impegnano a rispettare le principali disposizioni contrattuali. Per applicare lo IAS 17, è necessario che i pagam enti dovuti dall’acquirente a seguito dell’accordo siano distinti tra la pa rte riferibile al diritto di uso del bene identificato e gli altri e ventuali pagamenti (servizi accessori, acquisto di input necessari per il funziona mento, ecc.). Tale separazione deve essere co mpiuta alla data del contratto o succes sivamente quando si verifica il riaccert amento (v. par. precedente). La distinzione deve essere compiuta sulla base dei relativi fair values. Tale scissione può co mportare l’uso di tecniche estimative per l’acquirente, che potranno consistere ad esem pio, nell’ utilizzo quale riferi mento di contratti di leasing aventi ad oggetto beni sim ilari a quello rie ntrante nell’accordo e che non prevedano pagam enti per prestazio ni accessorie. Se esistenti, la quota del canone di leasing si potrà considerare equivalente a quella dovuta per contratti similari e rit enere l a rel ativa differe nza con il totale del pagamento fatto dall’acquirente come somma dovuta per le prestazioni accessorie. Se, al contrario, l’acquirente ritenesse che una separazione dei paga menti sia impraticabile, egli dovrà:
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LE IMMOBILIZZAZIONI MATERIALI E IMMATERIALI
– nel caso di leasing finanz iario, contabilizzare un’attività e una passività di uguale importo e pari al fair value del bene specificato ritenuto o ggetto del leasing; qui ndi la passività sarà ridotta man mano che sono effettuati i pagamenti e saranno attributi oneri finanz iari sulla passività residua usando il tasso di interesse marginale del soggetto acquirente; – nel caso di leasing operat ivo, trattare t utti i pagamenti di pendenti dall’accordo come pagamenti di leasing al fine di adeguarsi all’inform ativa richiesta dallo IAS 17, distinguendo però tra t utti i pagamenti di leasing quelli riferibili all’ accordo in questione, con l’esplicita aff ermazione che essi co mprendono anche una parte relativa ad altri beni/servizi per i quali non è stato possibile separare il pagamento.
Cespiti inclusi ex IFRC 4 – FIAT (ITA) Bilancio 2011 Al 31 dicem bre 2011 gli i mmobili, i mpianti e macchinari del Gruppo Fiat (con escl usione d i qu elli d i Chrysler) gravati d a g aranzie reali o altri vin coli a fronte di finanziamenti ottenuti, principalmente cespiti giuridicamente di proprietà d i forn itori ma iscritti n el b ilancio co nsolidato d el Gruppo secon do quanto previsto dal l’IFRIC 4 c on c ontestuale i scrizione di un debito fi nanziario per leasing, presentano i seguenti ammontari: (in milioni di euro) Terreni e f abbricati grava ti d a garanzie r eali a fronte di finanziamenti Impianti e macchinari la cui titolarità è soggetta a restrizioni Altri beni la cui titolarità è soggetta a restrizioni Immobili impianti e macchinari gravati da garanzie reali a fronte di finanziamenti (*)
Al 31/12/2011
Al 31/12/2010 (*)
50 128 260 282 77 317
417
I valori si riferiscono alle Continuing Operation.
5.1.11. Le immobilizzazioni destinate alla vendita (IFRS 5) L’IFRS 5 (Non-current assets held for sale and discontinued operations) disciplina specificamente le immobilizzazioni destinate alla vendita (singolarmente o in grupp o) stabilendo regole che li qualificano più com e elementi del magazzino che co me i mmobilizzazioni, e le operazioni di dismissione, prevedendone una specifica evidenza in bilancio.
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
Con riferimento ai beni strumentali destinati alla vendita, già il documento n. 16 dell’OIC ne stabilis ce l’inc lusione nel c ircolante i n voce apposita e la valutazione s econdo il cr iterio generale del le r imanenze. L ’IFRS 5 f ornisce una d isciplina p iù de ttagliata, anz itutto specificando c he la qualifica di “im mobilizzazioni destinate alla vendita” si ha quando tali ces piti siano congiuntamente: – immediatamente pronti alla cessione a terzi e – la loro vendit a sia approvata e pian ificata formalmente dal management con relativa procedura di ricerca di un acquirente e – altamente probabile e – da compiersi entro un anno 3. Non integrano tale qualifica invece le i mmobilizzazioni prossime ad es sere “rottamate” (abandoned), in quanto prossime al term ine della loro vita utile in quanto il loro valore residuo sarà recuperato tram ite l’uso residuo e non tramite la vendita. Criteri di valutazione Le immobilizzazioni destinate alla vendita saranno valutate al minore tra valore di carico e fair value diminuito dei costi di vendita (un crite rio simile alla regola generale di valutazi one del m agazzino), do ve il valore di carico sarà il valore al quale erano fino a quel momento valutati in contabilità (costo storico diminuito degli amm ortamenti e dell e eventuali svalutazioni, costo rivalutato diminuito degli ammortamenti e delle eventuali svalutazioni se è stato applicato il revaluation model, costo dim inuito delle eventuali svalutazioni se si tratta di intangibile c on vita utile indefinita). D ove il fair value dim inuito dei costi di vendita sia inferiore al valore di caric o, si dovrà operare una svalutazione da imputare a conto economico. Nel caso di fair value al netto dei costi di vendita superiore all’importo iscritto in contabilità, potranno essere operate d elle rivalutazioni di ripristino solo se in precedenza era stata effettu ata una svalu tazione (sia applicando le regole previste dallo IAS 36 quando il bene era considerato una normale i mmobilizzazione,
3
Periodi superiori sono ammissibili solo in c asi eccezionali, indipendenti dalla volontà del management e comunque non tali da modificare il piano di dismissioni. L’IFRS 5 dispone inoltre che se i requisiti descritti nel testo si verificano nel periodo che va tra la data di chiusura dell’esercizio e quella di redazione del bilancio, si deve dare informazione in nota integrativa, mentre ne llo s tato p atrimoniale d ell’esercizio chiuso res teranno qu alificati c ome immobilizzazioni strumentali.
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LE IMMOBILIZZAZIONI MATERIALI E IMMATERIALI
sia applicando l ’IFRS 5 dopo che il bene era stato destinato alla vendita) e ne i limiti della svalutazione operata 4. Finché il ben e è classificato come “destinato alla vendita”, non si dovrà più procedere ad amm ortamento. Si co ntinueranno invece a capitalizzare i costi relativi, laddove permesso (vedi IAS 23 e IAS 16). Se vengono meno le condizioni che perm ettono di c onsiderare il bene strumentale (o il gruppo) come destinati a lla vendita, il cespite è di nuovo classificato tra le i mmobilizzazioni e assumerà un valore pari al più basso tra valore d i carico pri ma che fosse des tinato alla ve ndita (diminuito degli amm ortamenti e svalutazioni che si sarebbero avute nel frattempo) e valore recuperabile. ESEMPIO 9 – La valutazione di un cespite IFRS 5 Per un immobile strumentale dal valore residuo di 500 (costo storico 1.000, vita utile 10 anni, quota ammortamento annua 100) la direzione dispone nel 2012 la vendita. Alla chiusura dell’esercizio 2012, mentre sono in corso alcune trattative per la v endita il fair value al netto dei costi di vendita è di 450. Consegue, oltre alla ch iusura del fondo ammortamento una svalutazione di 50, senza che si proceda ad ammortamento per effetto delle norme IFRS 5. Chiusura fondo ammortamento per riclassifica IFRS 5 Immobili IFRS 5 (SP) Fondo ammortamento immobili Immobili (SP)
500 500 1.000
Svalutazione dell’immobile Svalutazione (CE) Immobili IFRS 5 (SP)
50 50
Durante l’esercizio 20 13 visto il fallim ento d elle trattativ e in co rso, il management ne delibera di nuovo l’utilizzo come immobile strumentale. A quel punto l ’immobile ha u n val ore r ecuperabile di 45 0 e u n val ore ori ginario, al net to degli ammortamenti che vi sarebbero stati in assenza di riclasssificazione IFRS 5 di 400 (500 – ammortamento di 100 evitato nel 2012). Il cespite dovrà quindi essere iscritto a 400, stanziando un ammortamento di 50, in quanto 400 è il v alore
4
Se si è in pres enza di un grupp o di asset destinati alla vendita, la svalutazione e l’eventuale rivalutazione deve riguard are cumulativamente tutti gli elementi del gruppo. L’ importo complessivo sarà poi attribuito ai singoli elementi in proporzione al loro valore di carico.
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
minore rispetto a 450. La svalutazione del 2012 di 50 riduce infatti il maggiore ammortamento che si sarebbe dovuto computare. Ripresa da IFRS 5 Immobili (SP) Ammortamento immobili (CE) Fondo ammortamento immobili (SP) Immobili IFRS 5
1.000 00.50 600 450
A fine 2013 sarà poi da stanziare l’ammortamento per l’esercizio 2013.
Rappresentazione in bilancio La regola generale stabilita dall’IFRS 5 è quella di evidenziare distintamente a bilancio tanto i beni strumentali destinati alla vendita, quanto gli effetti reddituali e finanziari delle discontinued operations, ossia delle cessioni avvenute, in modo tale da separare nettamente ciò che presumibilmente si ripeterà in futuro (che rappresenterà l’area delle continuing operations) dalle operazioni di dismissioni avvenute nell’esercizio o in procinto di avvenire (come beni strumentali destinati alla vendita). In stato patrimoniale i beni destinati alla vendita dovranno essere classificati in un gruppo a sé. Se si è in presenza di un gruppo che include anche dei debiti (es. la prevista cessione di un intero ramo d’azienda), apposite classi autonome dovranno essere costituite tanto nell’attivo quanto nel passivo (senza procedere a compensazioni). All’interno di tale/i classe/i dovranno essere evidenziate le sottoclassi più significative. Non è prevista per tali beni una riclassificazione dei bilanci precedenti per applicare retrospettivamente le nuove regole di valutazione, con impatto quindi contabile sulle riserve del netto. A conto economico, l’evidenza distinta delle dismissioni avvenute va fornita quando l’operazione ha riguardato un importante segmento operativo (ex IFRS 8) o costituisce una parte di un più ampio piano di dismissione di un segmento o riguarda una partecipata acquisita solo con lo scopo di venderla successivamente. In un unica voce del conto economico devono essere riepilogati: – il risultato economico al netto delle tasse proveniente dalle suddette operazioni di dismissione; – il risultato economico al netto delle tasse proveniente dalle valutazione dei beni strumentali destinati alla vendita e non ancora ceduti (come svalutazioni, rivalutazioni, eventuali capitalizzazioni di singoli elementi di costo).
LE IMMOBILIZZAZIONI MATERIALI E IMMATERIALI
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Questa voce deve poi essere esplosa (possibilmente nelle note, ma anche direttamente nel conto economico) in un prospetto che m ostri sia i ri cavi e i costi derivanti dalle operazioni di dismissione e la relative i mposte, sia i costi/ricav i derivanti dalla valutazione dei beni stru mentali (o gruppi) destinat i alla vendita (e le relative i mposte). Sem pre in not a ( ma anche d irettamente nel rendiconto finanziario) deve essere presentato il flusso di cassa netto riconducibile alle operazioni di dismissione (distinto nelle consuete tre sezioni: operativa, investimento e finanzia mento). Per f avorire la co mparazione con il passato, l’ azienda dovrà poi assicurarsi che i bilanci degli esercizi precedenti mostrino gli effetti delle operazioni di dismissione avvenute in passato. Nelle note, oltre a quanto già stabilito per il dettaglio dei co mponenti reddituali, dovrà essere descritto il bene (o il gruppo) destinato alla vendita, le car atteristiche dell’operazione di dismissione (o della decisione di n on procedere più ad una ven dita prima pianificata), il seg mento (ex IAS 14) nel quale il bene è collocato. Infine, se un’azienda annulla la decisio ne di dism ettere un bene strumentale prima classificato come destinato alla v endita, i relativi componenti reddituali e finanziari prima classificati come discontinued operations dovranno essere nuovamente attribuiti alla sezi one delle continuing operations. Per ese mpi applicativi, si rinvia al Capitolo 4.
5.1.12. Sintesi delle principali differenze con il quadro normativo italiano La principale differenza è rappresentata dalla possibilità che lo IAS 16 concede per utilizzare il revaluation model anziché solo il metodo del costo. Molto rilevante è anche il diverso trattamento previsto per i beni in leasing, per i quali ne l nostro Paese per mangono nello stato patrimoniale del locatario. La previsione poi del leasing sostanziale di cui all’ IFRIC 4 confer ma poi la rilevanza del principio della prevalenza de lla sostanza sulla forma, in quanto dimostra che la rappresentazione contabil e può prescindere dal profilo giuri dico contrattuale dell’operazione. Differenze significative consistono nell a maggiore facilità nella capitalizzazione degli oneri finanziari e del tratta mento degli oneri di rimozione. Al con trario la component analysis consiste in una procedura già nota nei principi contabili italiani anche se scarsamente applicata, tanto da far ritenere innovativa per il nostro Paese la disciplina prevista dallo IAS 16. Circa la separata disciplina stabilita per gli investimenti immobiliari si ricorda che l’ OIC 16 consente di non amm ortizzare gli immobili civili se si ritiene che gli stessi abbiano mantenuto il loro valore, anche se non prevede il revaluation model come stabilito dallo IAS 40.
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
5.1.13. Verifica di apprendimento 1. Definizione di immobilizzazione materiale: a) sono beni tangibili di proprietà detenuti per essere utilizzati nella produzione per più di un esercizio; b) sono beni tangibili posseduti per essere utilizzati nella produzione per più di un esercizio; c) sono beni tangibili posseduti per essere utilizzati nella produzione. 2. Quali di questi costi sono capitalizzabili? a) costi sostenuti direttamente per la messa in funzione; b) costi di rimozione; c) costi di riorganizzazione del processo produtti vo per l’ inserimento del nuovo macchinario. 3. È possibile capitalizzare gli interessi passivi su un qualifying asset: a) dal momento in cui si ottiene il finanziam ento fino al momento in cui l’immobilizzazione è pronta per l’uso; b) dal momento in cui si verifica l’ esborso per l’acquisi zione del cespite sino al momento in cui è entrato in funzione; c) dal momento in cui si verifica l’esborso per l’acquisizione del cespite fino al momento in cui è disponibile per l’uso. 4. Un bene acquisito nell ’ambito di una business combination deve essere rilevato a) al valore col quale era iscritto dell’acquisita (continuità di valori); b) al costo determinato come fair value al momento dell’acquisizione; c) al fair value. 5. Il revaluation model prevede che il valore netto di un cespite sia uguale a: a) costo storico +/– adeguamenti fair value – svalutazioni; b) costo storico + adeguamenti fair value – ammortamenti – svalutazioni; c) costo storico +/– adeguamenti fair value – ammortamenti. 6. Applicando il revaluation model, l’eventuale rivalutazione comporta: a) il transito a CE della rivalutazione; b) l’accantonamento a riserva di rivalutazione e l’iscrizione di imposte differite; c) l’accantonamento a riserva di rivalut azione e lo stanzia mento di un costo per imposte differite. 7. Secondo lo IAS 23 la capitalizzare degli oneri finanziari riguarda: a) solo quelli derivanti da un finanziamento specifico;
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b) oltre a quelli derivanti da un finanziamento specifico anche quelli che non sarebbero stati sostenuti se non si fosse acquisito il cespite; c) oltre a quelli derivanti a uno specifico finanziamento anche una parte di quelli generici proporzionata all’entità dell’investimento.
CASI
1. Una società acquista un impianto che è costituito da tre parti, A, B e C, aventi le seguenti caratteristiche: A costo 1.000.000, vita utile 10 anni; B costo 150.000, vita utile 5 anni; C costo 10.000, vita utile 2 anni. Si proceda alle opportune rilevazioni in sede di acquisto dell’impianto e si proceda alle rilevazioni da effettuare il 31/12. 2. Una società applica a tutti i macchinari il revaluation model, tra le sue immobilizzazioni, in particolare, c’è la seguente: scavatore CGT, costo storico 250.000, vita utile 10 anni. Tenendo presente che nell’esercizio N+2 il fair value risulta pari a 230.000 si proceda alle debite rilevazioni. 3. Una società costruisce internamente un impianto del costo di 1.000.000. La società, in vista del piano d’investimenti (nel quale rientra la costruzione dell’impianto in questione) riceve dalle consociate finanziamenti per 10.000.000, da rimborsare alla scadenza, fra 5 anni, con un tasso annuale del 5% (gli interessi vengono corrisposti il 31/12 di ogni anno). Il prestito viene erogato in data 1/1/n. I costi per la realizzazione dell’impianto vengono sostenuti il 1/6/n. L’impianto è pronto per l’entrata in funzione il 1/6/n+1. Tenendo presente che la società desidera capitalizzare gli oneri finanziari sostenuti, nei limiti di quanto previsto dallo IAS 23, si redigano le rilevazioni da effettuare in data 31/12/n e 31/12/n+1.
5.2. LE ATTIVITÀ IMMATERIALI (IAS 38) 5.2.1. Il concetto di intangible asset Quanto all’inclusione nelle immobilizzazioni immateriali in Stato Patrimoniale, lo IAS 38 (Intangibles) richiama i caratteri generali del riconoscimento delle attività (si veda il capitolo dedicato al Framework) e li specifica meglio
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stabilendo che la contabilizzazione di una attività immateriale dipende dal riconoscimento di quattro requisiti: – identificabilità intesa co me separ abilità rispe tto all’ azienda, nel senso che l’attività può essere venduta, locata, sia individualmente che insieme al rel ativo contratto, attività o passività o come derivata da diritti contrattuali o altri diritti legati indipendentemente dal fatto che tali diritti siano trasferibili o separabili dall’entità o da altri diritti e obbligazioni; – utilità, come capacità di generare benefici futuri in base ad ipotesi ragionevoli e dim ostrabili che rappresentino le migliori stime possibili da parte del management in merito alla condizioni di utilizzo relative all’intera vita utile dell’elemento; – controllabilità, come c apacità di fruire in esclusiva dei vantaggi da esso ritraibili; – misurabilità del costo. Con tali requisiti, alcuni tipi di i mmobilizzazioni immat eriali previsti dal Codice Civile italiano non possono essere inseriti nello Stato Patri moniale secondo gli IAS, in ragione del tentativo dello IASB di ridurre i margini di manovra sulla contabilizzazione di elementi molto incerti nel loro valore e addirittura nello loro esistenza. Ci rif eriamo ad alcuni elementi che per il documento n. 24 dell’OIC costituiscono oneri pluriennali, mentre per i cosiddetti beni pluriennali il problema non si pone. In questo senso sia i costi di impianto e di ampliamento che i costi di pubblicità non possono trovare collocazione nello Stato Patrimoniale in quanto la dimostrazione dei re lativi fu turi be nefici ec onomici non sa rà possibile, oltre ad essere inc erto anche il requisito della controllabilità di tali ris orse da parte dell’azienda. Per tali ele menti, inol tre, è arduo riscontrare anc he il re quisito della autonom a identificabi lità, intesa come capacità dell’elemento di essere venduto separatamente o deri vare da diritti sanciti da co ntratto o dal la legge, che lo IAS i mpone quale requisito per l’iscrizione a Stato Patrimoniale degli intangibles. Per i costi di ricerca e sviluppo, lo IAS 38 ammette solo la possibile capitalizzazione dei costi di svil uppo, sem pre che siano ri spettati num erosi requisiti (simili a quelli già descritti dall’OIC) volti a individuare la probabilità di conseguire benefici economici futuri. Non sono capitalizzabili invece i costi di ricerca applicata, al contrario di quanto permesso dal documento n. 24. Sempre per l’im possibilità di separarli come beni autonom i, lo IAS 38 ritiene che non possono essere capitali zzate a ltre risor se sviluppate internam ente quali marchi, liste di clienti, testate giornalistiche. Per tali risorse, secondo lo
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LE IMMOBILIZZAZIONI MATERIALI E IMMATERIALI
IASB, non è possibile ritenere i costi di sviluppo distinti dallo sviluppo dell’attività aziendale nel suo complesso. I costi relativi agli elementi non iscrivibili a Stato Pat rimoniale devono essere inviati a C onto Economico. Se già risultavano capitalizzati prima dell’ applicazione delle regole IASB, dovranno essere eliminati dallo Stato Patri moniale. Proprio per tali regole le aziende ita liane che sono passate agli IFRS hanno dovuto stornare alla data della transizione nu merose attività i mmateriali, co me mostrato nel box successivo.
Gruppo Finmeccanica (ITA), Relazione Semestrale al 30 giugno 2005 Alcune delle a ttività i mmateriali capitali zzate in base ai precedenti princ ipi non appaiono possedere i requisiti maggiormente restrittivi previsti dallo IAS 38. L’applicazione di tale principio sul Gruppo ha comportato i seguenti effetti: P.N. 01.01.2004
Risultato 30.06.2004
P.N. 30.06.2004
Eliminazione costi di ricerca applicata
(11)
2 (9) 5 (6)
Eliminazione costi di impianto e ampliamento
(2)
– (2) 1 (1)
Eliminazione altri costi pluriennali
(6)
–
(19) 2
Risultato 31.12.2004
P.N. 31.12.2004
(6) (1) (7) (17) 5
(14)
I costi di ricerca applicata sono relativ i a studi capitalizzati in ese rcizi precedenti al 2003 (a partire da tale data le regole contabili di Gruppo prevedevano infatti la capitalizzazione dei soli costi di sviluppo). Gli altri oneri pluriennali sono in gran p arte relativi a migliorie su beni di terzi ed a co sti sostenuti dalla Capogruppo nel l’ambito di un progetto di ri duzione dei c osti con dotto nel l’interesse delle società del Gruppo. L ’applicazione di tali regole ha comportato un beneficio eco nomico net to pari a e uro/mil. 5 al 31 dicembre 2 004 (e uro/mil. 2 al 30 giugno 2004), derivanti da minori ammortamenti per euro/mil. 13 (euro/mil. 6 al 30 giugno 2004) e storno di capitalizzazioni relative all’e sercizio 2004 per euro/mil. 8 (euro/mil. 4 al 30 giugno 2004).
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
5.2.2. La rilevazione contabile iniziale Lo IAS 38 prevede che la rilevazione contabile iniziale venga effettuata al criterio del costo, infatti il paragrafo 24 recita che “ un’attività immateriale deve essere misurata inizialmente al costo”. Al riguardo, lo IAS 38 indica le seguenti casistiche: a) acquisizione separata; b) acquisizione come parte di un’aggregazione aziendale; c) acquisizione tramite contributi pubblici; d) permuta di attività; e) attività immateriali generate internamente. Acquisizione separata In generale, lo IAS 38 tende a replicare le regole previste nello IAS 16 per la determinazione del costo iniziale. Per l’acquisizione da terzi soggetti, in sostanza lo IAS 38 fornisce regole simili a quelle già descritte per lo IAS 16 (prezzo di acquisto aumentato degli oneri accessori di acquisto e di collaudo e dim inuito degli sconti e abbuoni com merciali), salvo precisare più nettamente alcune e sclusioni (es. costi di start-up quali costi di introduzione di nuovi prodotti, di spes e legali per l a costituzione aziendale, di trasferimento del business in altri luoghi, di perdite operative iniziali dovute al non ancora avvenuto perfe tto funzionam ento di nuovi processi produttivi), i costi sostenuti per la pene trazione commerciale in nuovi mercati o segmenti (inclusi i costi di form azione del personale); le spese generali ed a mministrative. Un altro aspetto significativo concerne il pagamento, per cui il paragrafo 32 precisa che laddove l’azienda consegua un differimento oltre “i normali termini di credito”, il costo dell’attività i mmateriale acquisita deve essere pari al “prezzo equivalente per contanti. La differenza tra questo importo e il pagamento complessivo è contabilizzata come onere finanziario lungo la durata del credito (…)”. È altresì contem plata un’altra opzione di contabilizzazione della suddetta differenza, la quale è da ricondursi alla applicazione dello IAS 23, Oneri Finanziari, qualora siano soddisfatte le relative condizioni di iscrizione in bilancio. Questa seconda opzione di contabilizzazione è alternativa alla precedente. Acquisto tramite business combinations Un caso particolare è costi tuito da immobilizzazioni i mmateriali acquisite a seguito di una più com plessa operazion e di aggregazione aziendale ( business
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combinations), quali fusioni, acquisizioni, ecc. In t ali casi l’attività immateriale dovrà essere iscritta a Stato Patrim oniale al suo fair value alla data dell’a cquisizione (sempre che ricorrano i requisiti per la sua capitalizzazione, con particolare riferimento alla su a autonoma individuazione e possibilità di essere valutato separatamente), indipendentemente dal fatto che sia stato già iscritto separatamente nello Stato P atrimoniale del venditore. La determinazione del fair value di un’attività immateriale separatamente individuabile nell ’ambito di una operazione di aggregazione aziendale p otrebbe comportare talune difficoltà di stima. Lo IA S 38 fornisce le seguenti l inee guida da considerare per l’ individuazione del fair value: • il prezzo di offerta (bid price), vale a dire il prezzo pubblico di mercato; • in assenza di un m ercato attivo, il prez zo che “l’ entità avrebbe pagato per l’attività alla data dell’acquisizione in una transazione normale tra parti consapevoli e disponibili, sulla base delle migliori informazioni disponibili”; • nei casi di assenza di un mercato atti vo e di esclusività dell’ attività immateriale, il prezzo deriva dall’adozione di multipli “che riflettono operazioni di mercato in tale momento per operazioni libere” oppure “dall’ attualizzazione dei futuri flussi finanziari netti stimati dell’attività”. Si tratta, co me già detto, di mere linee guida, in qua nto bisogna sottolineare che le attività immat eriali sono spesso asset aziendali unici (es. i marchi, i giornali, le testate giornalistiche, i diritti ed itoriali di musica e film oppure i marchi di fabbrica), sicché è piuttosto im probabile l’esistenza di m ercati attivi. Il paragrafo 78 dello IAS 38, inoltre, segnala che “sebbene, attività immateri ali siano acquistate e vendute, i contratti sono negoziati tra co mpratori e venditori individuali, e le tr ansazioni sono relativamente infrequenti”. Ciò, dunque, potrebbe comportare sia una possibile indisponibilità delle informazioni relative ai prezzi di negoziazione di un’attività immateriale, sia una possibile difficoltà di reperimento delle stesse da parte del redattore del bilancio di esercizio. Qualora l’atti vità immat eriale deriva nte da un ’operazione di agg regazione aziendale non rispetti i requisiti sopra descr itti in merito al riconoscimento degli intangibles, essa confluisce nella voce “Avviamento”. In linea generale, all’atto di una aggregazione aziendale, si deve effettuare la cosiddetta purchase price allocation, c on la quale attribuire il costo sostenuto per l’acquisizione ai vari e lementi presenti entro il business a cquisito (ramo di azienda, intera azienda, e cc.). L’ avviamento em ergerà quale valore residuale, ammesso che sia giustificato dalle prospe ttive di fut ura redditività di tale busi ness, co me di mostrato dall’ immediato impairment test cui andrà immediatamente sottoposto (per l’ impairment si veda, più am piamente, il Capitolo 6) per verificare la permanenza del valore e, in caso contrario, svalutarlo. L’ azienda
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può inoltre entro un anno successivo alla de terminazione originaria rettificare l’avviamento per tenere c onto di m odifiche del prezzo di acquisto che siano probabili ed attendibilmente determinabili alla data di passaggio agli IFRS. L’avviamento conseguito a titolo oneroso (nelle business combinations) per lo IAS 38 deve esser e cap italizzato ed include, come stabilito nell’ IFRS 3, la differenza tra il costo pagato per l’ acquisto e l a somma algebrica dei fair value delle attività e passività acquisite, dopo però aver tolto da tale importo le attività che ai sensi dello IAS 38 dovranno essere i scritte autonomamente a Stato P atrimoniale (anche se non lo erano nello Stato Patrimoniale del venditore). Su tale profilo, si veda l’esempio seguente. ESEMPIO 10 – La determinazione dell’avviamento secondo le regole IASB in caso di transizione Nell’ambito di una ope razione di aggr egazione quale l’acquist o di alt ra azienda (che ricade sotto la disciplina dell’IFRS 3), si ipotizzi che l’azienda A abbia acquisito l’azienda B sostenendo un costo di 2.000. Il patrimonio netto di B, redatto secondo le r egole italiane, è di 1.500. Ne consegue l’esistenza di avviamento secondo le regole italiane di 500. Secondo le regole IASB si devono comunque e sporre nel lo Stato Patrimoniale di A post-acquisizione a nche gli el ementi attivi/passivi che non erano stati riconosciuti nello Stato Patrimoniale di B ma che sono suscettibili di identificazione autonoma secondo le re gole dello IASB. Si supponga ad esempio che B possedesse un data base di clientela potenziale sviluppato internamente. A acquisisce tale attività assieme al complesso dei beni di B. Per A il d atabase rappresenta un’attività, considerando i requ isiti di identificabilità, benefici futuri derivanti, controllabilità, misurabilità del costo (si supponga che A abbia stimato per tale bene un valore di mercato – fair value – pari a 400), necessari per la contabili zzazione di una attività. Quindi l’avviamento pagato non sarà di 500, ma di 100 (500 – 400), come se una parte del costo di 2.000 fosse stata sostenuta specificamente per acquisire il database. Impatto invers o sull’a vviamento, nel se nso di increm entarlo, accadre bbe se emergesse un fair value delle passività di B superiore a quello iscritto in contabilità. In questo senso un derivato finanziario contratto da B che presenta una potenziale p erdita d i 2 00 e no n iscritto in Stato Patri moniale, determin erebbe l’esigenza per A di ri levarlo autonomamente nel suo St ato Pat rimoniale post – acquisizione, incrementando l’avviamento dello stesso importo (in quanto si ridurrebbe il patrimonio netto di B). In generale le differenze di calcolo per l’avviamento calcolato con le regole italiane oppure secondo quelle dello IASB possono così sintetizzarsi: 1. Aggiungere al valore dell’avviamento il valore di attività (o togliere il valore di passività) che sono state iscritte nello Stato Patrimoniale dell’azienda acquirente post -aggregazione i n quant o present i nel lo St ato Pat rimoniale dell ’azienda
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acquisita ma che non sono i scrivibili a Stato Pat rimoniale per l e regole IASB (come è il caso di costi di ricerca applicata, non riconosciuti dallo IAS 38). 2. Togliere dal valore dell’avviamento il valore di attività (o aggiungere il valore di passività) che non sono state iscritte nello Stato Patrimoniale dell’azienda ac quirente post-aggregazione i n quanto assent i nel lo Stato Pat rimoniale dell’azienda acquisita ma che devono essere iscritte a Stat o Patrimoniale per le reg ole I ASB (come è i l caso del valore dei be ni i n leasing finanziario al netto delle passività relative, trattati nel par. 4.1.1). 3. Modificare il valore dell’avviamento p er t ener con to d el fatto ch e le attiv ità/passività acquisite devono essere iscritte nel bilancio post-acquisizione tenendo conto del loro fair value alla data dell’acquisizione, come determinabile seco ndo le regole IAS/IFRS, ind ipendentemente d al fatto ch e seco ndo le regole italiane tali elementi possano al contrario essere importati nel bilancio post-acquisizione al valore contabile che essi avevano nello Stato Patrimoniale della società acquisita. L’IFRS 1 c oncede poi la possibilità che in sede di prima applicazione delle regole IASB un’azienda adotti una esenzione che consiste nel non applicare retroattivamente le regole dell’IFRS 3 alle operazioni di business combinations avvenute prima della dat a di t ransizione a gli IAS/IFRS. Questa ese nzione agli IAS/IFRS per un’azienda che presenta già in bilancio un avviamento per una operazione di aggregazione aziendale compiuta in precedenza, implica che: – il valore dell’avviamento non debba più essere rideterminato per eliminare gli ammortamenti stan ziati in base alle rego le italian e (si ri corda ch e l’avv iamento per i l codice civile va sistematicamente ammortizzato, mentre per gl i IAS/IAFRS va annualmente testato per verificare la permanenza di valore; – il valore delle attività/passività acquisite a seguito dell’operazione possa essere mantenuto nello Stato Patrimoniale della società acquirente così com e era stato calcolato applicando le regol e italiane, e non riesprimendole al fair value che le stesse possedevano alla data della acquisizione. Questa esenzi one, m olto applicata dalle so cietà italian e ch e hanno ad ottato gli IAS/IFRS, semplifica decisamente le problematiche di calcolo evitando parte della ricostruzione retroattiva dei fair value delle attività acquisite. Anche applicando l’esenzione, tuttavia, le differenze sopra segnalate sub 1 e 2 dovranno comunque essere operate.
Acquisizione tramite contributi pubblici Le attività immateriali acquisite tramite contributi pubblici riguardano i diritti aeroportuali, le licenze per l’attivazione di stazioni radio o televisive, le licenze di importazione e le quote o i diritti inerenti l’ accesso ad altre risorse limitate (par. 44). L ’iscrizione in bilancio dell’ attività immateriale e del relativo contributo può esse re effettuata al fair value in funzione di quanto statui to dallo IAS
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20, oppure alternativamente si può contab ilizzare la risorsa intangibile al valore nominale al netto del contributo percepito, cosicché quest’ultimo viene imputato indirettamente tra i proventi, a seguito della diminuzione delle quote di ammortamento da calcolare durante la vita uti le dell’attività immateriale, come già descritto nel par. 5.1.6. Acquisizione in permuta Il paragrafo 45 dello IAS 38 precisa che un’attività immateriale acquisita tramite una permuta deve essere contabilizzata al fair value. Pertanto gli step da seguire p er la contabilizzazione sono: 1 ) la rilev azione in bilancio al fair value dell’attività i mmateriale acquisita; 2) lo sto rno d el valore d ell’attività ceduta in permuta; 3) e la rilev azione d ella d ifferenza (minusvalenza o p lusvalenza) tra il valore contabile delle risorse intangibili cedute ed il fair value di quelle acquisite. Occorre, tuttavia, menzionare talune eccezioni derivanti dalle seguenti fattispecie: a) la contabilizzazione dell’attività i mmateriale acquisita con la permuta avviene in base al fair value di quella ceduta, nel caso in c ui sia possibile calcolare con una certa attendibilità il fair value di entrambe le attività oggetto della suddetta operazione; b) la contabilizzazione dell’ attività i mmateriale acquisita con la per muta ha luogo in base al suo fair value, qualora quest’ultimo “risulti ‘più chiaramente evidente’” ancorché sia possibile dete rminare valori attendibili per entram be le attività; c) la contabilizzazione dell’attività i mmateriale acquisita con la permuta avviene in base al valore contabile di que lla ceduta, allorquando l ’operazione in parola non h a sostanza commerciale, sicché è i mpossibile individuare dei fair value attendibili per entrambe le attività. Esempio di acquisizione di un’attività immateriale tramite permuta 5 Nell’ambito di una revisione del pi ano nazionale del le f requenze radiofoniche condotta dal Min istero delle Co municazioni, due emittenti radiofoniche pugliesi d evono scambiarsi i p ropri d iritti rad iofonici. Pertanto Radio Vox cede a Radio Boom il diritto per l’utilizzo della frequenza “150,80” ed, al contempo, riceve dalla stessa il diritto per l’utilizzo della frequenza “180,20”. 5
Ns. adattamento da: STAROLA L.-BATTAGLIA S., Le attività immateriali, in Ias/Ifrs: problemi e opportunità. La prima applicazione dei principi contabili internazionali, Il Sole 24 Ore, Milano, 2006, pp. 72-73.
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Ipotesi 1 Valore corrente della frequenza “150,80”: 2.400. Valore contabile della frequenza “150,80”: 1.250. Valore corrente della frequenza “180,20”: 1.880. Sebbene entrambi i fair value siano agevolmente quantificabili, bisogna optare per il valore corrente dell’attività ceduta, quindi l’azienda Radio Vox: Frequenza radiofonica (180,20) Frequenza radiofonica (150,80) Plusvalenze
2.400 1.880 520
Ipotesi 2 Valore corrente della frequenza “150,80”: 2.400. Valore contabile della frequenza “150,80”: 1.250. Valore corrente della frequenza “180,20”: 1.880. Anche se entrambi i fair value siano agevolmente quantificabili, quello della frequenza “180,20” è più attendibile, quindi l’azienda Radio Vox rileva la nuova attività immateriale sulla base del suddetto valore: Frequenza radiofonica (180,20) Frequenza radiofonica (150,80) Plusvalenze
1.880 1.250 0.630
Ipotesi 3 Valore corrente della frequenza “150,80”: non attendibile. Valore contabile della frequenza “150,80”: 1.250. Valore corrente della frequenza “180,20”: non attendibile. Dato ch e en trambi i fair value no n sono agev olmente q uantificabili, qu indi l’azienda Radio Vox rilev a la nu ova attiv ità i mmateriale su lla b ase del v alore contabile della frequenza “150,80”: Frequenza radiofonica (180,20) Frequenza radiofonica (150,80)
1.250 1.250
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Generazione interna Lo IAS 38 vieta la capitali zzazione dell’avviamento generato interna mente, giacché non soddisfa alcun requisito di contabilizzazione previsto nei paragrafi 21 e 22 del suddetto princ ipio contabile. L’avviamento generato internam ente, in effetti, non è facilmente identificabile , non è separabile né con trollabile dall’azienda e né tanto meno quantificabile con una certa attendibilità. Altre risorse intangibili prodotte internamente ed imputate a conto economico sono i marchi, le testat e giornalistiche, i diritti di edit oria, le anagrafiche cli enti ed elementi simili nella sostanza. La contabilizzazi one a conto economico deriva dal fatto che le suddette risorse intangibili “non possono essere distinte dal costo sostenuto per sviluppare l’attività aziendale nel suo complesso”. Consegue che le unici asset internamente generati su scettibili di capitalizzazione sono quelli riferiti alle attività di ricerca e sviluppo. Lo IAS 38 distingue nettamente: • la fase di ricerca; e • la fase di sviluppo. Il paragrafo 56 dello IAS 38 illustra alcuni esem pi significativi di a ttività di ricerca, come “l’attività finalizzata all’ottenimento di nuove conoscenze; l’indagine, la valutazione e la selezione finale delle applicazioni dei risultati della ricerca o di alt re conoscenze; la ri cerca di alternative per materiali, progetti, processi, sistemi o servizi; e l ’ideazione, la progettazione, la valutazi one e la s elezione finale di alternative possibili per materiali, progetti, prodotti, processi, sistemi o servizi, nuovi o migliorati”. Il paragrafo 8 dello IAS 38 definisce il concetto di sviluppo come “ l’applicazione dei risultati della ricerca o di altre conoscenze a un piano o a un progetto per la produzione di materiali, dispositivi, processi, sistemi o servizi, nuovi o sostanzialmente migliorati, prima dell’inizio della produzione commerciale o dell’utilizzazione”. In sostanza la dem arcazione tra la pr ima e la seconda fa se consiste nell’esi stenza di un progetto esecutivo. La dis tinzione è particolar mente i mportante perché: – i costi connessi ad attività di ricerca d evono essere spesati a cont o economico. Nel conto economico come anche i costi di un progetto per il quale non si riesce a separare la fase di ricerca da quella di sviluppo (par. 53); – i costi di s viluppo devono essere c apitalizzati se si verificano l e seguenti condizioni descritte nel paragrafo 57 dello IAS 38: “a) la fattibilità tecnica di completare l’attività immateriale in modo da essere disponibile per l’uso o per la vendita;
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b) la sua intenzione a completare l’attività immateriale per usarla o venderla; c) la sua capacità di usare o vendere l’attività immateriale; d) in quale modo l’attività immateriale genererà probabili benefici economici futuri. Tra le altre cose, l’entità può dimostrare l’esistenza di un mercato per il prodotto dell’attività immateriale o per l’attività immateriale stessa o, se deve essere usata per fini interni, l’utilità di tale attività immateriale; e) la disponibilità di risorse tecniche, finanziarie e di altro tipo adeguate per completare lo sviluppo e per l’utilizzo o la vendita dell’attività immateriale; f) la sua capacità di valutare attendibilmente il costo attribuibile all’attività immateriale durante il suo sviluppo”.
Saes Getters (ITA), Relazione del Collegio Sindacale sul bilancio di esercizio e consolidato al 31 dicembre 2005 I Costi della ricerca, sviluppo ed innovazione sono stati di 12.090 migliaia di euro nel bilancio di esercizio della Capogruppo e di 14.629 migliaia di euro nel consolidato, come di consueto spesati nell’esercizio, poiché non si sono ravvisati i requisiti previsti dal principio contabile internazionale IAS 38 per la l oro capitalizzazione obbligatoria.
L’estensore del bilancio, dunque, deve effettuare una valutazione alquanto critica sulle attività di svil uppo eseguite e sulle potenzialità delle stesse di consentire la copertura dei costi sostenuti grazie alla generazione di ricavi futuri. Gli elementi che concorrono alla dete rminazione quantitativa del costo di un’attività immateriale generata internamente sono: “il costo sostenuto per l’ac quisto; per servizi e materiali utilizzati; i costi del personale; le altre spese di diretta imputazione; i costi indiretti necessari, ragionevolmente allocabili; gli oneri finanziari, direttam ente imputabili sulla base dell e previsioni dello IAS 23”. Tali elementi di costo devono essere capita lizzati sol tanto dal m omento in cui l’attività immateriale sod disfa i requis iti di rilevazione enunciati nei paragrafi 21, 22 e 57 d ello IAS 38. A tal proposito, è opportu no sottolineare che il paragrafo 71 del suddetto principio contabile prevede che “le spese sostenute per un elemento immateriale inizialmente rile vate co me costi di period o non devo no essere ad una data successi va rilevate come parte del costo di un’attività immateriale”. Da quanto testé illustrato, si evince ch e lo IAS 38 pone in maggior m isura
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l’accento sulla definizione delle linee guida generali da seguire per contabilizzare le attività immateriali, al fine di li mitare la discrezionalità di valutazione del redattore del bilancio di esercizio.
5.2.3. Il trattamento contabile successivo Lo IAS 38 prevede due modelli alternativi di valutazione. Il prim o modello, più tradizionale e più in linea co n la norm ativa italiana, prevede una contabilizzazione al costo i niziale diminuito degli ammortamenti e delle eventuali svalutazioni. Il secondo m odello (revaluation model) invece prevede che, dopo l’ iniziale iscrizione al costo, l’ immobilizzazione immateriale possa essere espressa al suo fair value verificando ad ogni fine esercizio l’ esigenza di proceder e a rivalutazioni/svalutazioni per adeguare il valore del bene al fair value. Ovviamente questo secondo m odello presuppone l’esistenza di un mercato attivo del bene in questione, ché altrimenti non si potrebbe determinare un fair value e questa circostanza è abbastanza rara per le immobilizzazioni immateriali, spesso così specifiche a livello aziendale da non tro vare paragoni in aziende diverse e quind i tali da poter far ritenere difficilm ente esistente un «mercato attivo». Il revaluation model previsto dallo I AS 38 per gli intangibles riguarda anche le i mmobilizzazioni materiali, come previsto dallo IAS 16. Per cui rinviamo al paragrafo 5.1.7. per una analisi degli aspetti tecnici della procedura. È possibile usare modelli diversi a seconda della classe dell e i mmobilizzazioni (p. es. per tutti i brevetti è possibile usare il modello del costo ammortizzato, applicando invece alle concessioni il modello del costo rivalutato). Ai fini del trattamento contabile successivo all’acquisizione, per lo IAS 38 è determinante inoltre stabilire se un intangible ha vita utile definita oppure indefinita, intendendo con questa ultima espressione quei beni per i quali non è prevedibile un termine della vita utile. Nei casi di beni immateriali (brevetti, diritti di autore, ecc.) è molto probabile che l a vita utile sia definita, in quanto tali risorse derivan o dal riconosci mento giurid ico di un di ritto lim itato nel tem po a sfruttare in esclusiva i benefici econo mici derivanti dall’ uso del bene. L’avviamento invece è il tipico ca so di intangible con vita utile indefinita, in quant o i benefici economici derivan ti dall’avere acquisito u n’azienda ad u n costo m aggiore rispetto al valore contabile del suo patrimonio netto, non è detto che deperiranno nel tempo. Anche i marchi sono solitamente considerati come intangibile a vita indefinita. Tale differenza è deter minante in quanto nel caso di intangibles con vita utile definita, si dovrà proceder e ad ammortam ento. Per gli intangibles con vita
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utile indefinita invece l’ammortamento non dovrà essere compiuto, ma si dovrà alla fine di ogni esercizi o com piere un impairment test, ossia esa minare se l’elemento in questione ha perso valore (anche non in modo durevole, come invece prescrive il legislatore italiano), caso nel quale dovrà essere svalutato. La collocazione di una risorsa intangibile nell’uno oppure nell’altro raggruppamento non è definitiva, anzi lo IA S 38 precisa che quantom eno annualmente (es. alla chiusura del periodo amministr ativo) il redattore del bilancio di esercizio deve eseguire una revisione della s uddetta tassonomia delle attività immateriali sulla base del vita utile. Al riguardo, il paragrafo 90 del medesimo principio contabile segnala alcuni fattori da consid erare per appurare la natura della vita utile di una risorsa intangibile. Laddove dovesse concretizzarsi la circostanza di una modifica della valutazione della vit a utile di un’attività i mmateriale (es. da definita a indefinita e viceversa), è opportuno ap plicare non soltanto lo IAS 8, Principi contabili, cambiamenti nelle stime contabili ed errori, ma anche lo IAS 36, in quant o bisogna verificare una possib ile riduzione di valore della risors a intangibile. Per quanto riguarda gli elementi con vita utile definita, la procedura di am mortamento si svolge seco ndo già descritto con riferimento alla n ormativa italiana: 1. l’ammortamento inizia nel l’esercizio in cui il bene è disponibile per l’ uso e termina nell’esercizio in cui il bene è dismesso o è ritenuto essere disponibile per la vendita, perdendo quindi la sua qualifica di immobilizzazione; 2. il valore da a mmortizzare è dato dal costo iniziale aumentato delle migliorie e delle eventuali rivalutazioni (apporta te nel caso in cui si applichi il revaluation model) e diminuito delle eventuali svalutazioni e del valore di realizzo alla fine d ella vita utile (solita mente ipotizzato pari a zero, a meno che non sia dimostrabile l’impegno di un terzo ad acquisire il cespite e l’esistenza di un mercato attivo); 3. la vita utile è determ inata tenendo c onto tanto dei fa ttori tecnici, quanto di quelli economici (comportamento dei concorrenti, scenario di mercato, ecc.); 4. il criterio di amm ortamento è da sceg liere in funzione del modo specifico con il quale il bene perde utilità (costan ti, decrescenti, variabili per unità di prodotto). In mancanza di indicazioni specifiche, il metodo a quote costanti è comunque ritenuto preferibile. Il criterio di amm ortamento e la vita ut ile dovranno esser ri considerati ad ogni fine esercizio, e modificati se se ne avverte la necessità. Per gli elementi con vita utile indefinita, si dovrà compiere l’impairment test secondo quanto previsto dallo IAS 36 perl omeno annualmente (ed in ogni caso, ogni qual volta sorgono sospetti circa una riduzione di valore), per una cui di-
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samina tecnica si rinvia al capitolo successivo, visto che la procedure è applicabile anche alle i mmobilizzazioni materiali. Non si procederà invece ad amm ortamento. L’impairment test potrebbe compiersi anche per i beni con vita utile definita: Esso però non sarà sistematico ad ogni fine esercizio, come accade per i beni con vita utile indefinita, ma solo se e quando sussistono indizi circa una perdita del loro valore. Tale t est dovrà essere applicato sistematicamente anche agli intangibles in corso di sviluppo. Per tutti gli approfondimenti riferiti alla procedura di impairment si rinvia allo IAS 36 come trattato nel Capitolo 6. L’eliminazione dell’ammortamento per gli elementi con vita ut ile indefinita, se da una parte presenta una giustificazione teorica legata allo scarso legame tra decorso del tem po fisico e perdita di valore dell’el emento, dall’altra viene in contro anche ad esigenze “politiche”, nel momento in cui si permette ad aziende con cospicui avviam enti derivanti da costose politiche di aggregazione di non stanziare a Conto Economico altrettanti gravosi “ammortamenti”. Questa modifica, se da una parte introduce una inte ressante novità teoricamente stimolante, dall’altra riduce la pretesa degli IAS di fungere da principi in grado di ridurre la discrezionalità degli amministratori. La presenza del revaluation model e della classe degli elementi con vita utile indefinita allo stato attuale rappresenta no due notevoli differenze con la norma tiva italiana.
5.2.4. L’informazione integrativa Secondo quanto statuito dallo IAS 38 l e informazioni integrative da fornire nel bilancio di esercizio riguardano i seguenti aspetti: • le aliquote ed i metodi di ammortamento; • la rappresentazione in conto economico dell’ammortamento; • la vita utile (distinta tra definita ed indefinita) delle attività immateriali; Il paragrafo 118 stabilisc e che occorre evidenziare una riconciliazione del valore contabile all’ inizio ed alla fine esercizio, allo scopo di comunicare le informazioni di seguito riportate: “(i) (ii)
gli incrementi, indicando separatamente quelli derivanti da sviluppo interno, quelli acquisiti separatamente, e quelli acquisiti tramite aggregazioni aziendali; le attività classificate come possedute per la vendita o incluse in un grup-
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po in dismissione classificato come posseduto per la vendita secondo quanto previsto dagli IFRS 5 e altre dismissioni; (iii) gli incrementi o i decrementi dell’esercizio derivanti da rideterminazioni del valore secondo quanto previsto dai paragrafi 75, 85 e 86 e dalle perdite per riduzione durevole di valore rilevate o eliminate contabilmente direttamente nel patrimonio netto secondo quanto previsto dallo IAS 36 Riduzione durevole delle attività; (iv) le perdite per riduzione durevole di valore (qualora esistano) rilevate al conto economico nel corso dell’esercizio secondo quanto previsto dalle disposizioni dello IAS 36; (v) le perdite per riduzione durevole di valore stornate al conto economico nel corso dell’esercizio (qualora esistano) secondo quanto previsto dalle disposizioni dello IAS 36; (vi) ogni ammortamento rilevato nel corso dell’esercizio; (vii) le differenze nette di cambio derivanti dalla conversione del bilancio nella moneta di presentazione, e dalla conversione di una gestione estera nella moneta di presentazione dell’entità che redige il bilancio; e (viii) le altre variazioni di valore contabile avvenute nel corso dell’esercizio”. Nel caso in cui l’azienda abbia capitaliz zato delle atti vità immateriali a vita utile indefinita, è opportuno evidenziare le ragioni sottese ad una si mile valutazione. Occorre fornire, peraltro, una des crizione esaustiva di tutte le variazioni degli elementi cardine della suddetta valut azione, ossia la vita utile della risorsa intangibile, il metodo di ammortamento ed i valori residui. Qualora il redattore del bi lancio avesse adottato il metodo della ri valutazione, il paragrafo 124 dello IAS 38 precisa che bisogna segnalare: a) in funzione della classe di attività: • la data in cui ha avuto luogo la rideterminazione; • il valore contabile delle att ività immateriali per cui il valore è st ato rideterminato; • il valore iscritto in bilancio qualora le attività immateriali fosser o stat e calcolate con il metodo del costo; b) l’importo della riserva di rivalutazione (iniziale e finale), le variazioni verificatisi durante l’ esercizio e le eventuali restrizioni all a distribuzione agli a zionisti; c) i metodi adottati per stimare il fair value delle attività. Il paragrafo 126 dello IA S 38, ino ltre, in li nea con quanto statu ito dall ’art. 2428 c.c. (comma 2, punt o 1), precisa che per le spese di ricerca e sviluppo bi sogna illustrare l’ammontare complessivo “spesato” a conto economico durante l’esercizio.
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
Per le attività immateriali acquistate con contributi pubblici ed iscritte inizialmente a bilancio al fair value occorre riportare: il valore contabile, il fair value adottato per la prima rilevazione ed il metodo di valutazione scelto per quella successiva. In generale è necessario indicare la de scrizione, il valore contabile ed il periodo di ammortam ento residuo di ogni attività immateriale significativa, oltreché l’entità degli impegni in essere per l’acquisto di altre risorse intangibili. Tra le informazioni integrative, inoltre, lo IAS 38 (p ar. 128) inco raggia sia una descrizione delle attività i mmateriali totalmente ammortizzate ma ancora in uso sia una illustrazione sintetica di quelle controllate dall’azienda che non sono state patrimonializzate, in quanto non c onformi ai pr esupposti della rilevazione contabile enunciati nel principio in par ola “o perché sono state acquisite o generate prima che la versione dello IAS 38 ‘Attività immateriali’ emesso nel 1998 entrasse in vigore”.
5.2.5. La concessione di pubblici servizi (IFRIC 12) L’IFRIC 12 ( Service Concession Arrangements) disciplina la contabilizzazione delle concessioni di pubblico servi zio, ossia contratti che hanno solitamente per oggetto la costruzione o la se mplice m anutenzione di infrastrutture destinate a p ubblici servizi e la gestione del servizio stesso affida to in concessione a privati. L’ente pubb lico figura co me concedente, mentre un soggetto privato si occuperà di cos truire e mantenere il bene e gestire il s ervizio che poggia sull’utilizzo dello specifico bene (un ponte, una strada, un parcheggio, ecc.) da part e dell’utenza. La finalità consiste nel coinvolgere risorse private a partecipare alla spesa necessaria per sviluppare delle str utture fondamentali per la crescita spesso di i ntere Nazioni, tanto che per fa r rientrare l’ operazione nell’ ambito dell’IFRIC, 12 è rilevante determ inare se l’investimento in sostanza è a carico dell’operatore e non del concedente. L’accordo di servizio solitamente implica per l’operatore privato l’assunzione di responsabilità in quanto gestore di pubblico servizio e tali pr ofili sono regolati in un contratto che stabilisce le modalità di determinazione del compenso dell’operatore privato – gestore del servizio, le penali per disservizi, le modalità di gestione dell’infrastruttura (obblighi manutenzione, ecc.). Al ter mine del periodo di concessione, il concessionario dovrà restituire al concedente il bene in perfetto stato di f unzionamento. Siam o dun que nell ’ambito di queg li elementi che in Italia sono noti com e beni gratuitamente devolvibili, con la specifica del loro impiego ai fini di pubblico servizio.
LE IMMOBILIZZAZIONI MATERIALI E IMMATERIALI
227
L’IFRIC 12 dispone le regole circa le modalità con le quali l’operatore dovrà contabilizzare il contratto di concessione di servizio in quei contratti ove: – il concedente controlla o r egola quali servizi l’operatore deve fornire usando l’infrastruttura, a chi fornirli e a quali prezzi; – il concedente dispone dell’ infrastruttura al ter mine dell’accordo. L’ IFRIC peraltro precisa che le regole valgono a nche per quei casi in cui il contratto si estende per l’intera vita utile del bene. L’ambito applicativo si estende anche alle infrastrutture necessarie per fornire il servizio che l’operatore costruisce o acquista da terzi o che, se già esistenti, il concedente affida all’operatore. Non si dispone niente invece con riferi mento alle questioni contabili del concedente, come pure si fa rinvio allo IAS 16 per quanto riguarda il trattamento contabile di eventuali infrastrutture già di proprietà dell’o peratore prima che sia stipulato il contratto di servizio. Per le regole circa l’informativa da fornire in bilancio si fa esplicit o rinvio al già emanato SIC 29 Service Concession Arrangements: Disclosures. Contabilizzazione della costruzione o della ristrutturazione del bene L’operatore non deve rilevare il bene come una sua immobilizzazione m ateriale in quanto non la controlla ma ne p uò disporre solo per prestare il servizio definito dal concedente e n ei limiti stabiliti con l’accordo. Dunque l’operatore è un semplice fornitore di servizio che rileverà i ricavi derivanti dalla gestione del servizio. Solo nel caso in cui il conced ente dia all’ operatore degli ele menti accessori con la facoltà di disporne secondo la sua volontà, allora si dovrà contabilizzare una i mmobilizzazione materiale di proprietà, soggetta alle regole dello IAS 16. Qualora si a i ncaricato dell a costruzione del bene, pe r il riconosci mento dei costi e dei ri cavi riferiti alla costruzione, l’ operatore dovrà osserv are l e regole stabilite dallo IAS 11 ( Construction contracts) finché la costruzio ne non è terminata. L’operatore concessionario contabilizzerà i suoi diritti derivanti dalla costruzione o dalla ristrutturazione del bene co me attività finanziaria o come attività immateriale. Si tratterà di una attività finanziaria se il concedente per il servizio di costruzione è obbligato a pagare denaro o altre attività finanziarie senza possibilità di evitare il pagam ento. Se altri menti il con cessionario avrà il diritto di far pagare gli utenti del servizio, l’op eratore rileverà nel proprio bilancio un intangible asset. Nei casi di pagamento misti (in parte tramite denaro ricevuto dal conceden-
228
I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
te, in parte tr amite pagamento richiesto agli utenti), si dovranno c ontabilizzare distintamente le due componenti rilevandole al loro fair value. Si deve far riferimento ai term ini contrattuali per stabilir e le modalità di pagamento della costruzione. Nel caso sia contabilizzata una attività finanziaria, si applicheranno gli IAS 32 e 39 e l ’IFRS 7 e l’attività sarà classificata nella categoria “crediti e prestiti” oppure nella categoria (residuale) di “attiv ità finanziarie disponibi li per la vendita”; in entra mbi questi c asi l’interesse che matura sull’attività finanziaria s arà calcolato usando i l metodo dell’interesse effettivo. Co me tutte le attività finanziarie per l e quali è determinabile un fair value fin dalla contabilizzazione iniziale, sarà possibile considerarla nella classe valutate al fair value con invio delle variazioni a conto economico. Qualora sia contabilizzato un intangible asset, si applicherà lo IAS 38. Contabilizzazione dei servizi operativi L’operatore dovrà rilevare i costi e i ri cavi derivanti dai servizi operativi secondo lo IAS 18. In particolare, i possibili obblighi in capo all’operatore di manutenzione del bene in ef ficienza o ri pristino della sua funzionalità possono comportare l’accensione di fondi spese a norma dello IAS 37, cercando, alla data di redazione del bilancio, di stimare al meglio i costi da sostenere. Eventuali costi di finanzia mento riferiti al contratto dovranno essere spesati a meno che s i riferiscano all’ intangible asset sopra menzionato, caso nel quale dovranno essere capitalizzati per il peri odo di costruzione, com e richiesto dallo IAS 23. Gli esempi proposti Opportunamente, l’IFRIC 12 fornisce in Appendice alcuni esem pi di contabilizzazione. Il pri mo caso illustra la co ntabilizzazione di un accordo che origina un’ attività finanziaria, in quanto il conceden te si im pegna a pagare somme determinate quale co mpenso d ell’attività dell’op eratore. In particolare, il contratto dalla durata di dieci anni prevede che l’ operatore si impegna a cos truire il bene (un’infrastruttura) nei pri mi due anni, sostenendo un costo di 500 per ciascuno dei due anni. Per stabilire i ricavi spettanti a ciascun anno si deve determinare il fair value delle prest azioni eseguite. Per l a determ inazione d el fair value l’IFRIC 12 suppone di applicare il metodo del cost plus ipotizzando un ricarico sul costo di costruzione de l 5%, tale da determinare un ricavo per ciascuno dei primi due an ni di 525. A partire dal terz o anno e fino al decim o, si svolge la
229
LE IMMOBILIZZAZIONI MATERIALI E IMMATERIALI
fornitura del servizio che comporta per l’operatore un costo di 10 l’anno, con fair value del mark up del 20% (e quindi con ricavo 12). Dal terzo anno fino al decimo vi saranno anche i pagamenti che il concedente si è impegnato ad erogare all’operatore, pari a 200 l’anno. Nell’ottavo anno, si deve rilevare anche il sostenimento di una spesa di manutenzione di 100 con fair value del mark up del 10%. Sommando il fair value del servizio con quello della manutenzione, il ricavo dell’ottavo anno (valutato al fair value) è di 122 (110 + 12). A questo punto si deve stabilire il tasso di interesse effettivo che sarà necessario per valutare l’attività finanziaria da iscrivere in bilancio. Esso deriva dall’applicazione del TIR sul profilo dei flussi mostrato nell’ultima colonna, che presenta per ciascun anno di durata del contratto la differenza tra il fair value del ricavo (che sarebbe in realtà il fair value della spesa sostenuta, ottenendo aggiungendo ad essa il mark up) e l’entrata di denaro ricevuta dal concedente. Si ottiene così un tasso del 6,18% su base annua. TAVOLA 1 – Profilo dei flussi di cassa e dei fair value Anno
Cash-Out
Cash-In
Net Cash Flow
Fair value costi
Cash-In Fair value costi
1
– 500
– 500
525
– 525
2
– 500
– 500
525
– 525
3
– 10
200
190
12
188
4
– 10
200
190
12
188
5
– 10
200
190
12
188
6
– 10
200
190
12
188
7
– 10
200
190
12
188
8
– 110
200
90
122
78
9
– 10
200
190
12
188
10
– 10
200
190
12
188
– 1.180
1.600
420
1.256
Tot. TIR
6,18%
Ipotizzando che i flussi di cassa sorgano al termine del periodo, alla fine del primo anno l’importo dell’attività da iscrivere nello stato patrimoniale dell’operatore sarà di 525, pari al fair value dei pagamenti dovuti. Al termine del secon-
230
I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
do anno si applicherà al fair value dei ricavi (525) de l primo anno il tasso sopra calcolato (6,18%), ottenendo un interesse di 32 a cui si aggiu ngerà il fair value maturato nel secondo anno per ottenere il totale di 1.082 (525 + 525 + 32). Nel terzo anno si devono calcolare gli in teressi su 1.082 al 6,18%, ottenendo un interesse di competenza di 67. Nel terzo anno però si sostengono costi con fair value di 12 che vanno ad aumentare il credito ma si inizia anche ad incassare dal concedente la prim a rata di 200. Il valore del credito a quel punto sarà di (1.082 + 67 + 12 – 200) = 961. Così procedendo si ottiene la seguente tabella, dove l’ultima colonna evidenzia il credito finale da mostrare nello stato patrimoniale dell’operatore. TAVOLA 2– L’evoluzione del valore del credito
Anno
(1) Credito iniziale
(2) Credito maturato nell’anno
(3) Interessi su credito anno precedente = (1) × 6,18%
(4) Rimborsi
(5) Credito finale = (1) + (2) + (3) – (4)
1
000.0
0525
000
00.00
0.525
2
0.525
0525
032
00.00 1.082
00.12
067
0.200
0.961
0.200
0.832
3 1.082 4
0.961
00.12
059
5
0.832
00.12
051
0200
0.695
6
0.696
00.12
043
0.200
0.551
7
0.551
0.012
034
0.200
0.397
8
0.397 122
025
0.200
0.343
9
0.343
00.12
021
0.200
0.176
10
0.176
00.12
011
0.200
000..1 6
1.256
344
1.600
Totale
Il conto econ omico dell’o peratore, li mitatamente al rapporto con il concedente, mostrerà i seguenti dati:
6 Avendo approssimato i decim ali der ivanti dal TIR, n ell’ultima cel la non si rag giunge perfettamente zero. Avremmo ottenuto zero se avessimo usato nei calcoli il tasso di 6,179237%.
231
LE IMMOBILIZZAZIONI MATERIALI E IMMATERIALI
TAVOLA 3 – L’andamento del margine reddituale Anno
Ricavi operativi
Costi operativi
Interessi Attivi
Margine
1
0.525
0.– 500
000
025
2
0.525
0.– 500
032
057
3
0.012
00.– 10
067
069
4
0.012
00.– 10
059
061
5
0.012
0.0– 10
051
053
6
0.012
0.0– 10
043
045
7
0.012
0.0– 10
034
036
8
0.122
0.– 110
025
037
9
00.12
0.0– 10
021
023
10
0.012
0.0– 10
011
013
– 1.180
344
420
Totale 1.256
Alla fine il margine reddituale coincide con il net cash flow (vedasi 4a colonna della Tavola 1). Il secondo caso riguarda un contratto in base al quale l’operatore applica pedaggi agli utenti del bene, diversa mente dall’ esempio precedente nel quale il concedente garantiva dei pagamenti. I dati sostanzialmente sono gli stessi. Costi di costruzione del bene nei prim i due anni pari a 500 l’ann o e costi operativi di gestione del bene pari a 10 l’anno. I pedaggi sono conseguiti a partire dal terzo anno e fino al decimo nella misura di 200 l’anno. Nei primi due anni, per la costruzione del bene si sost engono inoltre costi per int eressi sul fin anziamento di 34. Il fair value del bene costruito nei primi due anni è dato dal costo aumentato del 5% quale ricarico. Tenuto conto di questi dati e del fatto che l’IFRIC 12 dispone ch e si debba rilevare un intangibile asset quando l’operatore tragga ricavi dagli utenti del servizio, per prima cosa si deve calcolare il valore d ell’intangible. P er i pr imi due anni di costruzione l’I FRIC 12 chiede di applicare lo IAS 1 1, secondo il quale l’opera è valutato al fair value dei corrispettivi (500 + 500 + ricarico del 5%, per un t otale di 1.0 50). Com e so pra esam inato sub 2.2., l ’operatore deve poi capitalizzare anche gli interessi passivi sostenuti per la costruzione (34), per cui il valore dell’opera sviluppata all’inizio del terzo anno è di 1.084. Tale posta dell’attivo sarà poi valutata secondo l e regole dello IAS 38, che consentono l’applicazione o del cost model o del revaluation model. Nell’ipotesi di adozione del cost model, si procederà quindi ad a mmortamento dell’intangible lungo i
232
I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
restanti 8 anni di vita del contratto in misura costante, ottenendo una quota di 135,5 (1.084/8). Per l’ottavo anno si può prevedere fin dalla stipula del contratto che si dovrà sostenere un costo di manutenzione connesso all’uso del bene. La quota di accantonamento stimata nell’ottavo anno in relazione all’usura derivante dal servizio prestato è 17 e si ipotizza che ogni anno si verifichi la stessa usura. Per cui per ciascuno degli anni precedenti si dovrà considerare la quota di 17, di volta in volta attualizzata per considerare il decorso del tempo. Il tasso di mercato al quale attualizzare la somma dovuta per la manutenzione (come previsto dallo IAS 37) è del 6%. Attualizzando l’importo di 17 (approssimando qualche decimale) al tasso del 6%, si ottengono per ogni anno le quote mostrate nella seconda riga della tabella successiva. Quindi, partendo dal quarto anno, si deve calcolare l’interesse sul fondo esistente all’inizio del periodo (12) e considerare tale costo come interesse passivo (terza riga). Procedendo così fino all’ottavo anno, si può determinare l’importo dei costi inviati a Conto Economico (somma di accantonamento + interesse passivo), mostrato nella quarta riga. La riga finale evidenzia la consistenza del fondo al termine del periodo, ottenuta cumulando i costi inviati a conto economico dell’esercizio e degli esercizi precedenti.
Anno
3
4
5
6
7
8
Totale
Acc. to al fondo
12
13
14
15
16
017
087
Interesse
00
01
01
02
04
005
013
Totale costi a CE
12
14
15
17
20
022
100
Fondo a SP
12
26
41
58
78
100
Sarà quindi possibile, limitatamente al contratto, determinare il conto Economico dell’operatore limitatamente al contratto considerato.
Anno
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
Totale
Ricavi
525
525
200
200
200
200
200
200
200
200
2.650
Costi operativi
500
500
010
010
010
010
010
010
010
010
1.080
Ammortamenti
135,5 135,5 135,5 135,5 135,5 135,5 135,5 135,5 1.084
Manutenzione Margine
025
025
12
14
15
17
20
22
42,5
40,5
39,5
37,5
34,5
32,5
0.100 54,5
54,5
386
LE IMMOBILIZZAZIONI MATERIALI E IMMATERIALI
233
La disclosure richiesta dal SIC 29 Nel maggio 2001 era stata emanata l’Interpretazione n. 29 dell’allora esistente Standing Interpretation Committee (ora sostituito dall’IFRIC), oggi ancora valida, che è stata poi approvata con Regolamento n. 1725/2003 dell’Unione Europea. Tale interpretazione disciplina l’informativa di corredo da fornire in bilancio circa gli Accordi per servizi in concessione. In sostanza tale documento richiede che nelle Note del bilancio siano riportate le seguenti informazioni: a) una descrizione dell’accordo; b) le condizioni dell’accordo che, data la loro significatività, potrebbero influenzare l’importo, la tempistica e la certezza dei flussi finanziari futuri (per esempio, il periodo della concessione, le date di rideterminazione del prezzo e le condizioni base su cui i nuovi calcoli del prezzo e della negoziazione sono determinati); c) la natura e la portata (per esempio, la quantità, il periodo temporale o l’importo quando appropriato) di: i) i diritti a usare determinate attività; ii) le obbligazioni contratte per la fornitura o i diritti di richiesta di fornitura di servizi; iii) le obbligazioni ad acquisire o costruire elementi di immobili, impianti e macchinari; iv) le obbligazioni a consegnare o i diritti a ricevere determinate attività a conclusione del periodo di concessione; v) le opzioni di rinnovo e di chiusura anticipata dell’accordo; vi) altri diritti e obbligazioni (per esempio, importanti costi di revisione); e d) i cambiamenti dell’accordo avvenuti nel corso del periodo. L’informativa richiesta deve essere fornita individualmente per ciascun accordo di concessione del servizio o insieme per ciascuna classe di accordi di concessione di servizi, dove per “classe” si intende un gruppo di accordi di servizi in concessione che comprendono servizi di natura similare (per esempio, riscossione di pedaggi, servizi di telecomunicazioni e depurazione dell’acqua).
5.2.6. Sintesi delle principali differenze con il quadro normativo italiano Da quanto sopra illustrato, si evince che sussistono sostanziali differenze fra l’OIC 24 e lo IAS 38. Alcuni dei principali elementi di divergenza sono di seguito sintetizzabili:
234
I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
• i requisiti di individuazione e di c ontabilizzazione delle risorse intangibili previsti dallo IAS 38 rispe tto a quelli disposti dall’OIC 24 com portano l’esclusione dalle attività immateriali e, quindi, l’imputazione a conto economico di alcune risorse intangibili ( es. marchi, generati internamente, i preopening costs, i pre-operating costs, ecc.). In tal senso, un esempio significativo della diversità di approccio fra i s uddetti principi contabili in merito alla valutazione di iscrivere o non iscrivere una risorsa intangibile è da ricondursi agli oneri pluriennali per i quali l’OIC 24 prevede la facoltà di contabilizzarli nello stato patrim oniale, previa soddisf azione di taluni “vincoli cautelativi” (es. il consenso del collegio sindacale, ove esistente, ecc.); • per l’OIC 24 il criterio guida di valutazione di un bene immateriale è il costo di acquisto o di produzione, mentre per lo IAS 38 tale valore può essere sostituito dal fair value a seguito della tipologia di casistica aziendale con cui viene acquisita un’ attività immat eriale (es. acquisi zione separat a, tra mite permuta, contributo pubblico, ecc.); • l’adozio ne del fair value comporta l’esigenza di effettuare delle rivalutazioni periodiche (alm eno annuali) per adeguare il valore contabile a qu ello equo (con il revaluation model). L’OIC 24, al contrario, contempla l’eventualità di rivalutazioni contabili soltanto in occasi one di leggi specia li. Dal punto di vista del trattam ento contabile, peraltr o, nell’appr occio metodolog ico dello IAS 38 le differenze da rideterm inazione del valore di un’attivit à i mmateriale possono confluire an che nel cont o econom ico. Una sim ile soluzione contabile, di converso, non è affatto menzionata nella normativa e nella prassi contabile nazionale in cui è consen tita esclusivamente la costituzione di una riserva di patrimonio netto; • entrambi i principi contabili prevedono c he il processo di ammortamento abbia luogo con una certa sistematicità an che se lo IA S 38, per talune attività immateriali d enominate a vita indefinita, dispone, in alternativa all’ammortamento, l’ applicazione dell’ impairment test, al fine di m onitorare con una continua ciclicità le eventuali perdite di valore. Proprio in quest’ultima tipologia di risorse intangibili rientra l’ avviamento che viene disciplinato dall’IFRS 3; • infine, l’avviamento nei principi c ontabili internazionali rispetto a quelli nazionali, viene interpretato co me un pagamento effettuato dall’azienda acquirente per incamerare i benefici economici futuri che l’entità acquisita riuscirà a generare in condizioni normali. Relativamente all’IFRIC 12, la relativ a disciplina colma una lacuna i mportante del quadro normativo italiano. In Italia non erano infatti m ai stati emanati principi contabili che affr ontassero la t ematica dei servizi in concessione e dei
LE IMMOBILIZZAZIONI MATERIALI E IMMATERIALI
235
beni gratuitamente devolvibili. Solitamente, nel contesto italiano il bene gratuitamente devolvibile tramite il quale garantire un servizio finora è stato considerato tra le immobilizzazioni materiali e ammortizzato conseguentemente. Con l’IFRIC 12 cambia l’obiettivo: non si valuta più il bene in concessione ma il contratto che riposa sull’uso del bene, in quanto fonte di ricavi.
5.2.7. Verifica di apprendimento Si risponda ai seguenti quiz (anche più di una risposta per ogni domanda). 1. Quali dei seguenti requisiti consentono di classificare una risorsa intangibile fra le attività immateriali: a) identificabilità; b) fungibilità; c) controllo. 2. Quali delle seguenti risorse intangibili non sono assolutamente iscrivibili fra le attività immateriali: a) i costi di sviluppo; b) il portafoglio clienti; c) le relazioni commerciali. 3. I metodi di valutazione di un’attività immateriale successivamente alla rilevazione contabile iniziale sono: a) il cost model; b) il capital asset pricing model; c) il revaluation model. 4. Quale dei seguenti valori di un’attività immateriale viene assunto pari a zero dallo IAS 38 (ammessa una sola risposta): a) il valore recuperabile; b) il valore residuo; c) il valore contabile.
CASI
Si valuti la correttezza dei seguenti comportamenti aziendali secondo gli IAS/ IFRS e, in caso di errato comportamento, si presenti la soluzione corretta.
236
I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
CASO 1 La Farm Cotton S.p.a. è un’ azienda operante nel settore dell’abbi gliamento casual. Il portafoglio prodotti è particolarmente apprezzato da un s egmento maschile di fascia alta. Nel mese di febbraio 2004, al fine di ampliare la propria offerta nella logica del total look, l’azienda ha programmato, a partire dal mese di aprile 2005, il lancio di una nuova linea di abbigliamento tecnico-sportivo rivolta ad una nicchia di clientela amante d el “golf”, ossia di uno spo rt che negli ultimi anni ha registrato un notevole incremento di praticanti. Da una prima stima effettuata dal dott. Repetti, amministratore delegato, le spese relative alle iniziative pubblicitarie e pro mozionali della suddetta linea di abbigliamento dovrebbero ammontare a circa € 1.200.000. Al 31.12.2005 tali spese sono state pari ad € 1.600.000 e, in sede di redazione del b ilancio di esercizio, l’azienda ha optato per la totale capitalizzazione e, quindi, per la conseguente imputazione tra le attività immateriali. CASO 2 Il settore dell a distribuzione ali mentare negli ultim i anni si è caratterizzato per un costante processo di aggregazione, al fine di fronteggiare la grande distribuzione organizzata. Questo trend ha interes sato anche la Bitt er Fuit S.p.a. un’azienda di distribuzion e alimentare operante prevalente mente nell’ ambito della Regione Puglia in cui detiene 200 p unti ven dita. Nel mese di m aggio 2005, tale azienda ha acquisito un com petitor che nell’ ultimo decennio ha realizzato una re te vendita di 24 esercizi al dettaglio ubicati s oprattutto nella provincia di Foggia. La motivazione che ha sp into la Bitter Fruit S.p.a. ad effettuare un simile investimento è da ricondur si alla notorietà dell’azienda acquisita la quale ha consolidato il proprio brand nella vendita di generi alimentari di “alta qualità”. Dal punto di vista del trattame nto contabile della suddetta acquisizione, il dott. Manotti, dirett ore amministrativo della Bi tter Fruit S.p.a., ha deciso di adottare il criterio del fair value ed un approccio di analisi volto alla quantificazione del valore equo di ciascun punto vendita acquisito.
6 L’IMPAIRMENT TEST di Alberto Quagli SOMMARIO: 6.1. La svalutazione delle immobilizzazioni. – 6.1.1. La regola base: il confronto tra valore contabile e valore “recuperabile”. – 6.1.2. Ambito applicativo dello IAS 36 e frequenza temporale. – 6.1.3. L’innesco dell’impairment test. – 6.2. Determinazione del valore di realizzo diretto (fair value less cost to sell). – 6.3. Determinazione del valore d’uso (value in use). – 6.3.1. Individuazione dei flussi finanziari. – 6.3.2. Determinazione del tasso di attualizzazione. – 6.4. Trattamento della perdita di valore. – 6.5. Le cash generating units (CGU). – 6.6. Goodwill e corporate asset. – 6.7. Le rivalutazioni di ripristino (reversal of impairment). – 6.8. Informazione da fornire in bilancio. – 6.9. Sintesi delle principali differenze con il quadro normativo italiano. – 6.10. Verifica di apprendimento.
6.1. LA SVALUTAZIONE DELLE IMMOBILIZZAZIONI 1 6.1.1. La regola base: il confronto tra valore contabile e valore “recuperabile” Un principio logico fondamentale nella redazione dei bilanci consiste nella iscrizione nell’attivo di elementi il cui valore possa essere recuperabile, ossia almeno reintegrato tramite il flusso di ricavi futuri che direttamente o indirettamente, tramite concorso con altri elementi, contribuiranno a generare. Qualora il valore di iscrizione contabile risulti superiore al valore recuperabile, l’elemento dovrà essere svalutato, per portarlo fino a coincidere con quest’ultimo limite. Se invece il valore recuperabile si dimostri superiore al valore contabile, nessun riflesso contabile avrà luogo, in quanto, alternativamente, una 1 Si ritiene doveroso premettere che lo IAS 36 si intitola “Impairment test” e in nessuna parte di tale standard, nella versione originale, in inglese, si fa riferimento alla “durevolezza” delle perdite di valore. Si ritiene quindi che non si debba prestare attenzione alla attuale traduzione italiana del Regolamento europeo che ha recepito lo IAS 36 che parla di “perdita durevole” di valore. Tale errata traduzione costituisce un “riflesso condizionato” della attuale disciplina civilistica italiana.
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eventuale rivalutazione porterebbe a ledere la regola del costo alla quale generalmente tali elementi devono soggiacere (per gli elementi valutati al fair value valgono le regole specifiche commentate nel capitolo 5). Il confronto tra i due parametri, valore contabile e valore recuperabile, origina il cosiddetto impairment test. Tale principio generale trova specifica disciplina nello IAS 36 per quanto riguarda le immobilizzazioni tecniche materiali e immateriali, mentre per gli strumenti finanziari è trattato nello IAS 39 cui si rinvia. Secondo lo IAS 36 una immobilizzazione materiale o immateriale deve essere svalutata quando il suo valore netto contabile (carrying amount) supera il suo valore recuperabile (recoverable value), definito come il maggiore tra il fair value al netto dei costi di vendita (valore di realizzo diretto) e il suo valore d’uso. In sostanza lo IAS 36 afferma che il valore massimo attribuibile ad un’attività è il maggiore tra il ritorno che può fornire mediante la sua alienazione sul mercato come bene singolo e il ritorno che può fornire continuando ad essere impiegata nel ciclo produttivo assieme agli altri n-1 fattori della combinazione produttiva. Sul piano logico è importante notare che questa regola base, ed in particolare, la considerazione del valore recuperabile come il maggiore tra valore d’uso e valore netto di realizzo derivante da vendita diretta del cespite, presupporrebbe un comportamento pienamente razionale dell’imprenditore, tale da far considerare perfettamente equivalente l’uso del bene all’interno dell’azienda e la sua eventuale dismissione sul mercato del singolo cespite. Le due opzioni sarebbero esattamente alternative in funzione di quella che garantisce il ritorno maggiore. Tale arbitraggio presuppone una logica imprenditoriale molto orientata alla massimizzazione del ritorno sul singolo investimento aziendale (singolo cespite), tipica di aziende operanti in mercati molto sviluppati e con un management di estrazione “finanziaria”. In molti contesti aziendali dubitiamo le due opzioni siano perfettamente intercambiabili. Una volta inserito in azienda, il cespite è normalmente destinato ad un utilizzo in chiave interna e solo in casi particolari l’ipotesi di una liquidazione diretta del medesimo viene presa in considerazione. Ci spieghiamo meglio. A nostro avviso la svalutazione eventuale dovrebbe essere effettuata se il valore netto contabile risultasse superiore del valore realizzabile. Ma questo valore realizzabile dovrebbe corrispondere alternativamente: o al valore di realizzo diretto, se l’azienda ha deciso di realizzare direttamente il bene liquidandolo dalla combinazione produttiva; o al valore di realizzo indiretto, se l’azienda ha deciso invece di realizzare il bene tramite le vendite dei prodotti, utilizzandolo internamente nei processi produttivi.
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A nostro avviso quindi la decisione sulla destinazione del bene (interno o esterno) precede la valutazione del bene medesimo e guiderà quest’ultima. Per lo IAS 36 invece avviene il contrario: le due destinazioni sono sempre intercambiabili in funzione di quella che garantisce il valore maggiore. Emerge da tale regola una concezione “finanziaria” dell’azienda e dei singoli beni che la compongono. La prospettiva è quella dell’investitore esterno interessato a massimizzare i flussi di cassa derivanti dalla gestione. Portando agli estremi questa prospettiva, al limite nelle valutazioni di bilancio di un’azienda in funzionamento si dovrebbe adottare la concezione del capitale di liquidazione, se il valore di realizzo diretto dei singoli beni fosse superiore al valore d’uso. Questa concezione dell’azienda e dei suoi singoli beni componenti come un investimento finanziario, da massimizzare nei suoi ritorni di cassa, indipendentemente dal modo (cessione diretta o sfruttamento interno) sta effettivamente prendendo piede nella gestione di grandi complessi aziendali, dove le operazioni di scissione (break-up), dismissione, ecc. di singoli segmenti avvengono con frequenza impressionante. Un modello aziendale del genere tuttavia non è verificabile in ogni contesto. In molti casi, gli imprenditori non sono così flessibili nelle loro decisioni. Se essi hanno inizialmente pensato di sfruttare internamente il bene ed hanno costruito una struttura attorno ad essi, ben difficilmente l’ipotesi di una cessione diretta sarà presa in considerazione e viceversa nel caso contrario. Insomma, l’estrema equivalenza tra la nozione di valore di realizzo diretto e indiretto ci sembra discutibile nella pratica, ipotizza una perfetta razionalità decisionale e, last but no least, si scontra con l’impostazione dottrinale italiana della netta distinzione tra logica del capitale di funzionamento e del capitale di liquidazione e del concetto di valutazione “funzionale”. Quale ulteriore semplificazione, per quanto riguarda la stima del valore recuperabile, lo IAS 36 non impone di calcolare sia il fair value diminuito dei costi di vendita che il value in use. È sufficiente che uno dei due sia superiore al valore contabile per non dover calcolare anche l’altro.
6.1.2. Ambito applicativo dello IAS 36 e frequenza temporale Per confrontare il valore netto contabile con il suo valore realizzabile, l’azienda deve svolgere una procedura ben codificata dallo IAS 36, definita come impairment test. Poiché l’impairment test è un procedimento lungo e complesso, non è richiesto che venga effettuato sistematicamente per tutte le attività e sistematicamente in ogni esercizio, bensì è richiesto che venga effettuato:
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– per la generalità delle immobilizzazioni materiali e immateriali e delle partecipazioni in controllate, collegate e a controllo congiunto solo al verificarsi di determinate condizioni sintomatiche che possano far presagire una perdita di valore; – per le immobilizzazioni immateriali “in corso” si rende necessaria l’applicazione dell’impairment test con cadenza annuale; – per le immobilizzazioni immateriali con vita indefinita, tra le quali in primis, l’avviamento, l’impairment test deve essere compiuto ogni esercizio, tenuto conto della maggiore aleatorietà del loro valore. Per gli intangibles con vita indefinita, il principio stabilisce che il test potrebbe essere compiuto non necessariamente a fine esercizio, alla data di reporting, ma anche durante l’esercizio stesso, purché si rispetti anche negli anni successivi tale periodicità. Inoltre, sempre per le immobilizzazioni immateriali con vita indefinita se l’ultimo test evidenzia una ampia eccedenza del valore recuperabile sul valore contabile, e non sono osservabili nuovi significativi eventi, la nuova determinazione del valore recuperabile può essere evitata. Vi sono poi elementi ai quali l’impairment test non si applica in quanto la loro specifica regola di valutazione tiene già conto del limite di recuperabilità, come nel caso degli investimenti immobiliari sub IAS 40 se valutati con il revaluation model e le attività trattate dall’IFRS 5. Per gli strumenti finanziari la procedura di impairment test è contenuto nello IAS 39, cui si rinvia.
6.1.3. L’innesco dell’impairment test Secondo lo IAS 36 (v. box seguente) i sintomi più frequenti della presenza di una perdita di valore che innescano il test nei casi in cui non debba essere sistematicamente operato, possono essere molteplici e riguardare sia situazioni riferite al singolo elemento (obsolescenza, esistenza di valore mercato inferiori, ecc.), sia all’intera azienda (valore di mercato inferiore al valore netto contabile, perdita di competitività, presenza di esercizi in perdita, ecc.), sia a scenari macroeconomici (tassi di interesse crescenti, domanda di mercato in diminuzione, ecc).
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IAS 36, stralcio paragrafo 12 Fonti esterne di informazione (a) il valore di mercato di un’attività è diminuito significativamente durante l’esercizio, più di quanto si prevedeva sarebbe accaduto con il passare del tempo o con l’uso normale dell’attività in oggetto; (b) variazioni significative con effetto negativo per l’entità si sono verificate durante l’esercizio o si verificheranno nel futuro prossimo nell’ambiente tecnologico, di mercato, economico o normativo nel quale l’entità opera o nel mercato al quale un’attività è rivolta; (c) i tassi di interesse di mercato o altri tassi di remunerazione del capitale sugli investimenti sono aumentati nel corso dell’esercizio, ed è probabile che tali incrementi condizionino il tasso di attualizzazione utilizzato nel calcolo del valore d’uso di un’attività e riducano in maniera significativa il valore recuperabile dell’attività; (d) il valore contabile dell’attivo netto dell’entità è superiore alla sua capitalizzazione di mercato; Fonti interne di informazione (e) l’obsolescenza o il deterioramento fisico di un’attività risulta evidente; (f) significativi cambiamenti con effetto negativo sull’entità si sono verificati nel corso dell’esercizio oppure si suppone che questi si verificheranno nel futuro prossimo, nella misura in cui o nel modo in cui un’attività viene utilizzata o si suppone sarà utilizzata. Tali cambiamenti includono l’attività che diventa inutilizzata, piani di dismissione o di ristrutturazione del settore operativo al quale l’attività appartiene, piani di dismissione dell’attività prima della data precedentemente prevista, e lo ristabilire la vita utile di un’attività come definita piuttosto che indefinita; (g) l’andamento economico di un’attività è, o sarà, peggiore di quanto previsto è evidente dall’informativa interna ...
Va sottolineato come tali indici sintomatici non siano gli unici e non siano da soli sufficienti ad escludere la presenza di una perdita di valore. Sarà compito di un efficace sistema di internal auditing il monitoraggio delle variabili più significative e la conseguente attivazione del test. Il test si fonda sulla determinazione del valore recuperabile, dato dal maggiore tra valore di realizzo diretto e valore di realizzo indiretto. Non è richiesto di determinarli entrambi. È sufficiente osservare che uno qualsiasi dei due sia superiore al valore contabile per rendere inutile la determinazione del secondo. In considerazione di ciò, tipicamente il valore più semplice da determinare è
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quello del valore di realizzo diretto, derivante da una potenziale vendita a terzi dell’elemento in questione. Ovviamente l’esistenza di un valore di realizzo diretto presuppone la possibilità di scambiare l’elemento e l’esistenza di un mercato attivo. Laddove queste condizioni non sussistano sarà inevitabile determinare il valore di realizzo indiretto.
6.2. DETERMINAZIONE DEL VALORE DI REALIZZO DIRETTO (FAIR VALUE LESS COST TO SELL) Per quanto attiene la determinazione del fair value si rinvia alla trattazione effettuata nel paragrafo 5.1.7. Qui merita essere sottolineato come lo IAS 36 parli di fair value al netto dei costi di vendita, che dovranno quindi essere stimati dall’azienda osservando la dinamica esterna dei prezzi di beni similari.
6.3. DETERMINAZIONE DEL VALORE D’USO (VALUE IN USE) Il valore d’uso (value in use), secondo lo IAS 36, deve essere determinato mediante l’attualizzazione dei flussi di cassa che il bene genererà in futuro. Tale valore riflette la prospettiva specifica che l’azienda ripone sull’uso del bene ed in questo differisce dal fair value, che risulta invece una misura astratta, derivabile dall’osservazione degli andamenti di mercato. Il periodo da considerare è la vita utile del cespite, se il test ha per oggetto cespiti di vita utile definita, oppure un arco temporale infinito qualora il test riguardi elementi, come l’avviamento, a vita utile indefinita.
6.3.1. Individuazione dei flussi finanziari Innanzitutto lo IAS 36 parla di flussi finanziari in entrata largamente indipendenti da quelli riferibili ad altri assets. È infatti necessario prendere in considerazione solamente i flussi che quell’attività può generare indipendentemente dalla presenza di altre attività e si può capire come per le immobilizzazioni aziendali questa condizione rappresenti più una eccezione che la regola. Si rinvia al paragrafo 6.5 per i casi ove questa indipendenza dei flussi in entrata non sia riscontrabile per il singolo cespite. Si tratta di flussi operativi al lordo delle imposte derivati da budget interni approvati dalla direzione aziendale. Tali budget devono avere un orizzonte temporale di 3-5 anni e devono essere ragionevolmente attendibili.
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Qualora di renda necessario prendere in considerazione un orizzonte temporale che supera i 5 anni è necessario prendere in considerazione flussi derivanti dai budget si cui sopra ai quali viene applicato un growth rate costante o calante, per effetto della ipotesi di entrata di nuovi concorrenti sul mercato. Se realizzati in valuta, tali flussi saranno. convertiti in valuta funzionale al cambio della data di redazione del bilancio Lo IAS 36 vieta espressamente di prendere in considerazione flussi derivanti da ristrutturazioni aziendali. In sostanza si terrà conto delle seguenti entrate ed uscite: • i flussi finanziari in entrata derivanti dall’uso permanente dell’attività; • i flussi finanziari in uscita derivanti dall’uso permanente dell’attività, che vi siano direttamente imputabili o ragionevolmente ripartiti; • i flussi finanziari netti relativi alla dismissione dell’attività (valore terminale), qualora da essa siano ricavabili entrate. Si dovrà ovviamente tenere conto delle spese necessarie a mantenere l’attività al suo livello standard, così come è stato originariamente stimato ma in ogni caso l’elemento da testare dovrà essere considerato nelle condizioni esistenti alla data di svolgimento del test, senza introdurre ipotesi circa future ristrutturazioni che non siano già state intraprese (e che abbiano originato dei fondi spese, si veda capitolo 9) o miglioramenti delle prestazioni da esso ritraibili.
6.3.2. Determinazione del tasso di attualizzazione Per quanto attiene la determinazione del tasso di attualizzazione dei flussi di cassa di cui sopra lo IAS 36 prescrive che si tratti di un tasso al lordo delle imposte che tenga conto sia del valore del denaro sia dei rischi specifici. Bisogna qui stare attenti a non tenere conto dei rischi specifici di cui si è già tenuto conto nella determinazione dei flussi di cassa. Lo IAS 36 specifica poi che possono essere presi in considerazione i tassi impliciti di operazioni similari o, qualora questi non siano disponibili, si può ricavare un tasso attraverso il WACC di una società quotata avente un’attività o un portafoglio di attività similari. Infine quando anche tale tasso non risulta reperibile si deve ricorrere a tassi surrogato. Secondo le disposizioni contenute nell’appendice A dello stesso IAS 36 questi tassi vengono calcolati avendo come punti di partenza:
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• costo medio del capitale dell’azienda stessa, determinato utilizzando tecniche quali il Capital Asset Pricing Model (CAPM); • tasso marginale applicato sui finanziamenti ricevuti; • altri tassi di mercato aggiustati per considerare lo specifico rischio gravante sui flussi di cassa attesi dall’utilizzo del cespite. Particolare attenzione merita la previsione secondo cui il tasso non deve essere influenzato dalla struttura finanziaria dell’azienda. Come si è già detto, si stanno attualizzando dei flussi di cassa operativi al fine di verificare il valore di un’attività. Non sarebbe pertanto corretto far variare il valore di un’attività in base al sistema con cui un’azienda ne ha finanziato l’acquisto. Le stime dei flussi e del tasso di attualizzazione devono considerare l’inflazione in modo coerente. Perciò, se il tasso è quello nominale ossia inclusivo dell’inflazione prevista, i flussi futuri sono stimati al loro valore nominale. Se il tasso è quello reale, al netto cioè dell’effetto degli aumenti dei prezzi dovuti all’inflazione generale, i flussi futuri sono stimati al loro valore reale (ma includono specifici aumenti o diminuzioni del prezzo futuro). Nella pratica il tasso più usato nell’impairment test è il costo medio ponderato del capitale, o WACC (Weighted Average Cost of Capital), costo che l’azienda deve sostenere per raccogliere finanziamenti sia da soci sia da terzi finanziatori. È una media ponderata del costo del capitale proprio e del costo del debito, con “pesi” rappresentati dai mezzi propri e dai debiti finanziari complessivi. Nel test di impairment la formula è la seguente:
WACC = Ke
E D + Kd ( D + E) ( D + E)
dove: Ke = costo del capitale proprio; E = patrimonio netto (Equity); D = indebitamento (Debt); Kd = costo dell’indebitamento. Il costo dell’equity. Le difficoltà nella stima del costo dei mezzi propri risiedono nel fatto che si tratta di un “costo-opportunità”. Il costo del capitale proprio può essere determinato con riferimento a diversi modelli economici. Utilizzando il modello del CAPM, la formula del CAPM è la seguente: Ke = Kf + β MRP dove: Ke = costo del capitale proprio; Kf = rendimento dei titoli a rischio nullo;
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ß = coefficiente di rischiosità sistematica non diversificabile; MRP = premio per il rischio aziendale (market risk premium). Per i rendimenti a rischio nullo vengono solitamente considerati i rendimenti dei titoli di Stato a lungo termine. Il market risk premium è il maggior rendimento atteso dal mercato azionario (Km) rispetto ad un investimento in titoli di debito privi di rischio (Kf). Ecco perché spesso il MRP è indicato anche dall’espressione (Km – Kf). Di norma, Km è rappresentato dall’indice azionario costituito dal maggior numero di titoli trattati sul mercato afferente il Paese in cui ha sede l’azienda oggetto di analisi. Infine, il coefficiente beta misura la rischiosità specifica della singola azienda; in altri termini, è la quantità di rischio che l’investitore sopporta, investendo in una determinata azienda anziché nel mercato azionario nel suo complesso. Il beta è espressione solamente del rischio sistematico, quindi non diversificabile, dell’investimento nell’azienda. Indica il modo in cui, in media, i rendimenti di un titolo variano al variare dei rendimenti del mercato. Statisticamente, il beta è uguale alla covarianza tra i rendimenti attesi del titolo e quelli del mercato, divisa per la varianza del rendimento atteso del mercato: COV ( RiRm ) β= VAR ( Rm ) dove: ß = il beta dell’azienda; Ri = il rendimento atteso dell’azione “i”; Rm = il rendimento atteso del portafoglio di mercato. Maggiore (minore) è Beta, maggiore (minore) è la volatilità (e quindi il rischio) del rendimento delle attività aziendali rispetto a quelle complessive del mercato. Il costo dell’indebitamento. Il costo del debito può essere definito come il tasso che l’azienda pagherebbe nelle attuali condizioni di mercato per ottenere un nuovo finanziamento a medio-lungo termine. Dal momento che nel test di impairment il tasso non deve essere influenzato dalla struttura finanziaria dell’azienda (che a maggiore quota di debito fa corrispondere tipicamente uno spread maggiore) spesso si utilizza un tasso che non è quello effettivo aziendale derivabile dai bilanci, ma un tasso medio di mercato. Il peso del capitale proprio e dell’indebitamento. Anche in questo caso, dovendo prescindere dalla effettiva struttura finanziaria dell’azienda, è frequente l’uso di strutture finanziarie “target” per assegnare i pesi ai mezzi propri ed all’indebitamento; in alternativa, potrebbe essere utile fare riferimento alla struttura finanziaria media di aziende comparabili dal punto di vista dell’attività operativa.
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Calcolo del value in use con metodo DCF
Alla luce di quanto detto, la determinazione del value in use si sostanzia nella larga maggioranza dei casi come il risultato di un metodo DCF “asset side” basato su due componenti: il valore attuale dei flussi di cassa riferiti agli anni considerati nel budget analitico dei flussi di cassa (solitamente 3 anni) e il valore attuale del flusso di cassa derivante dal periodo che va dall’ultimo anno di previsione analitica fino a infinito (se si tratta di asset con vita utile indefinita) o, per attività con vita utile definita, fino al termine della vita utile del bene. In formula: t OFCFs VF + Value in use = ∑ s (1 + i ) t s =1 (1 + i ) dove: s = anno incluso nel budget analitico; t = anno finale di piano analitico, che quindi si estende per il periodo (3-5 anni) che va da 1 a “t”; OFCFs = operating free cash flow dell’anno “s”, ossia flusso di cassa operativo specifico dell’anno “s”, determinato solitamente con il metodo indiretto (ossia sottraendo dall’EBITDA prospettico dell’anno “s” le variazioni riferite allo stesso anno del capitale circolante netto operativo e degli investimenti fissi di “sostituzione”, non potendo invece, alla luce delle regole dello IAS 36 inserirvi anche gli investimenti di potenziamento o ristrutturazione); I = costo medio ponderato del capitale (WACC); VF = valore finale (o residuo o terminale) calcolato nell’ultimo anno di previsione analitica (anno t) e attualizzato alla data del test.
A sua volta, per beni con vita utile indefinita, il valore finale è spesso determinato come la capitalizzazione al tasso i di una rendita perpetua. La rendita è derivabile dal flusso di cassa dell’anno “t” (ultimo anno di previsione analitica) che si sviluppa indefinitamente in ragione del tasso “g”. OFCS t × (1 + g ) (1 − g ) Il tasso “g” può essere positivo, pari a zero o negativo in funzione della previsione del mantenimento di un differenziale competitivo anche su lunghissimi periodi di tempo. Nella prassi si consiglia di usare un tasso di crescita non superiore al 2% salvo casi molto particolari. In un valutazione realistica il tasso di crescita dovrebbe assumere valori negativi, in quanto nell’ipotesi di assenza di investimenti di potenziamento previsti dallo IAS 36 è difficile pensare che l’azienda possa mantenere all’infinito il proprio vantaggio competitivo. VF =
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ESEMPIO 1 – Calcolo Value in Use Si supponga di testare per la redazione del bilancio 2012 un marchio con valore contabile di 70.000 considerato a vita utile indefinita, per il quale non è possibile la stima di un autonomo fair value less cost to sell. Si stima che possa generare un flusso di cassa specifico di 2.000 nel 2013, 3.000 nel 2014 e 3.500 nel 2015. Si supponga inoltre che dal 2016 in poi sia stimabile un flusso di cassa incrementale con g = 1% e che il tasso di attualizzazione sia pari al 6,5%. Il valore terminale è stimato come rendita perpetua del flusso 2015 che si incrementa del tasso “g”. 2013
2014
2015
Valore terminale
Cash flow
2.000,00
3.000,00
3.500,00
78.555,56
Valore attuale al 6,5%
1.877,93
2.644,98
2.897,47
61.063,05
Totale
68.483,43
Con tali dai il valore recuperabile del marchio è inferiore al valore contabile e si deve quindi svalutare di 1.516,57 (70.000 – 68.483,43).
Si può intuire la rilevante discrezionalità degli amministratori nella stima dei futuri flussi di cassa e del tasso “g”, oltre la stima del costo del capitale e delle relative variabili. Proprio per tale motivo, si rende quanto mai necessaria una adeguata informazione in nota, che descriveremo più avanti.
6.4. TRATTAMENTO DELLA PERDITA DI VALORE Così come previsto dalla normativa italiana, la svalutazione implica una riduzione del valore del bene che si riflette in un costo a carico di un esercizio; inoltre, l’esistenza di una svalutazione può indurre anche a rivedere al ribasso la rimanente vita utile residua del cespite. Qualora il cespite sia valutato al revaluation model (di cui allo IAS 16 o 38, trattati nel capitolo 5) la svalutazione farà diminuire in primis la riserva di rivalutazione, qualora esistente, e, se eccedente, determinerà un costo a conto economico. Dopo la svalutazione, gli ammortamenti saranno calcolati sul valore così ridotto. In ogni caso, il nuovo valore netto contabile di ogni asset non potrà essere minore del più alto tra valore di realizzo diretto e valore di realizzo indiretto come sopra determinati.
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La svalutazione è indeducibile fiscalmente e origina quindi imposte anticipate che si rifletteranno a conto economico come ricavi. Tali imposte si riverseranno negli esercizi come maggiori costi per imposte, in quanto per il fisco in futuro saranno deducibili quote di ammortamento maggiori delle quote di ammortamento stanziate in bilancio. Queste ultime infatti saranno inferiori in quanto gli ammortamenti in bilancio sono calcolati su valore minore poiché svalutato.
6.5. LE CASH GENERATING UNITS (CGU) Lo IAS 36 si preoccupa del fatto che vengano presi in considerazione soltanto flussi di cassa prodotti dalla specifica attività in maniera largamente indipendente dalle altre attività. Qualora un bene non produca flussi indipendenti, si deve ricorrere ad un artifizio. Infatti, secondo lo IAS 36, in tutti quei casi in cui ci si trova di fronte ad attività che considerate singolarmente non producono flussi finanziari largamente indipendenti dalle altre attività, si procede all’individuazione di una c.d. Cash Generating Unit o unità generatrice di flussi di cassa. La CGU è definita come “the smallest identifiable group of assets that generates cash inflows that are largely independent of the cash inflows from other assets or groups of assets”. Proprio circa il concetto di indipendenza si riporta di seguito un esempio tratto dallo stesso IAS 36.
IAS 36 – Esempio sull’indipendenza dei flussi di cassa Una società di autobus fornisce per contratto servizi a un Comune, che richiede un servizio minimo su ciascuno di cinque distinti percorsi. Le attività impiegate in ciascun percorso e i flussi finanziari derivanti da ciascun percorso possono essere identificati separatamente. Uno di questi percorsi opera con una significativa perdita. Poiché l’impresa non ha la possibilità di chiudere alcuno dei percorsi degli autobus, il livello più basso di flussi finanziari in entrata identificabili dall’uso permanente ampiamente indipendenti dai flussi finanziari in entrata derivanti da altre attività o gruppi di attività è il flusso finanziario in entrata generato dai cinque percorsi insieme. L’unità generatrice di flussi finanziari per ciascun percorso è la società di autobus nel suo insieme.
La CGU può identificarsi in un negozio appartenente ad una catena distributiva, in uno stabilimento produttivo dedito alla fabbricazione di un componente
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utilizzato da altri stabilimenti appartenenti all’azienda, ecc. Il fatto che la CGU debba coincidere con una unità che cede la sua produzione sul mercato, non è requisito indispensabile. Lo stesso IAS 36 prevede il caso che, sebbene l’output dell’unità sia utilizzato tutto o in parte a scopi interni (per es. uno stabilimento ottiene dei prodotti che sono utilizzati da un altro stabilimento aziendale come semilavorati), l’unità può comunque essere identificata come “generatrice di flussi di cassa”, purché prodotti simili siano scambiati effettivamente su un mercato. In tal caso i prezzi che si formano su tale mercato sono utilizzati per determinare il value in use dell’unità come entrate di denaro (sia pur potenziali). Questa informazione serve anche per determinare il value in use dell’unità posta a valle dell’unità considerata, dal momento che le entrate potenziali della seconda rappresentano le uscite potenziali della prima. L’identificazione della CGU deve essere costante nel tempo, a meno che sia giustificata una variazione in quanto certi asset sono ritenuti appartenere a cash unit diverse rispetto agli esercizi precedenti. In tal caso, si dovrà fornire adeguata informazione in bilancio, se la variazione assume significato considerando l’azienda nella sua globalità. È facilmente intuibile la discrezionalità insita nella identificazione delle CGU; lo IAS 36 si preoccupa però di porre un limite, prescrivendo infatti che una CGU non può mai essere di dimensioni maggiori rispetto ai segmenti definiti dall’IFRS 8. Proprio la definizione e il monitoraggio delle CGU rappresenta forse l’aspetto di maggior impatto sulla struttura amministrativa gestionale delle aziende che si trovano ad applicare gli IAS. Come è facile intuire si aprono collegamenti con la contabilità analitica, con la mappa dei centri di costo e di profitto, e tutto questo può portare ad una riorganizzazione della contabilità analitica con impatti di rilievo. Sta alle aziende scegliere se subirle passivamente, adeguandosi a quanto gli è imposto, oppure sfruttare l’occasione per migliorare le proprie prassi gestionali. Ai fini della determinazioni di eventuali svalutazioni, l’identificazione dell’ampiezza della CGU non è neutrale. Dal momento che le svalutazioni di una CGU non possono essere compensate da eventuali plusvalenze potenziali di un’altra CGU, consegue che quanto più ampie saranno le CGU tanto minore sarà la probabilità di svalutarle. A titolo di esempio, supponiamo esistano due CGU, A e B, di cui A presenta un valore contabile di 400 ed un valore d’uso di 800, mentre B ha valore contabile di 400 e valore d’uso di 300. In tale situazione si dovrà svalutare B di 100. Se invece di essere distinte come due CGU, l’azienda le avesse considerate come un’unica CGU, quest’unica CGU avrebbe avuto valore contabile di 800 e valore d’uso di 1.100, senza nessun obbligo di svalutazione. Dopo l’identificazione, alle CGU devono essere attribuiti gli asset che con-
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
tribuiscono a generare i relativi flussi di cassa. Saranno da allocare le immobilizzazioni specifiche della CGU, l’avviamento per la parte riferibile alla CGU, una quota dei corporate assets allocabili su base razionale (v. par. seguente). Non sono da attribuire passività a meno che la determinazione del valore recuperabile non sia compiuta includendo nella CGU anche le passività (es. nel caso in cui vi siano delle offerte di terzi ad acquisire una certa CGU assumendosi le passività). Nella prassi si è soliti includere nella CGU, specie se coincidente con un’intera azienda, anche elementi del circolante, sebbene come criterio generale essi debbano esserne esclusi. Anche in questo caso vi può essere notevole discrezionalità nelle scelte di allocazione degli assets alla CGU. Una volta identificata, la CGU dovrà essere sottoposta ad impairment test. Il suo valore contabile sarà pari alla somma dei valori netti contabili dei cespiti componenti. Si procederà quindi alla determinazione del relativo valore d’uso come se si trattasse di un singolo bene. A questo punto si procederà al confronto tra il valore netto contabile della CGU e il suo valore d’uso: se quest’ultimo risulta inferiore si procederà alla rilevazione di una perdita di valore. Lo IAS 36 prescrive poi una determinata gerarchia nell’attribuzione delle perdite di valore ai singoli componenti di una CGU. Infatti per prima cosa, la perdita di valore andrà attribuita all’eventuale avviamento attribuito alla CGU. L’eventuale perdita residua andrà ripartita sugli altri beni facenti parte della CGU in base al loro valore contabile. Vi è un limite all’attribuzione della perdita di valore alle singole attività che è costituito dal valore di realizzo diretto (fair value al netto dei costi di vendita) dei singoli elementi.
Bilancio Pirelli 2005 Le società in capo alle quali sono iscritti avviamenti sono considerate come unità generatrici di flussi finanziari (cash generating unit) per verificare l’eventuale presenza di una perdita di valore (impairment test). La verifica consiste nella stima del valore recuperabile della cash generating unit e nel confronto con il valore netto contabile dei relativi beni incluso l’avviamento. Il valore recuperabile della cash generating unit è stato determinato in base al valore d’uso, ossia al valore attuale dei flussi finanziari futuri che si prevede saranno associati alla cash generating unit. I flussi finanziari utilizzati per determinare il valore d’uso si basano su previsioni approvate dal management che coprono un arco temporale di 5 anni. I flussi finanziari relativi a periodi successivi sono stati estrapolati proiettando i flussi dell’ultimo anno oggetto di previsione. Il tasso di attualizzazione applicato ai flussi di cassa prospettici è pari al 6,9%.
L’IMPAIRMENT TEST
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6.6. GOODWILL E CORPORATE ASSET Uno dei più rilevanti problemi per determinare il valore netto contabile della CGU consiste nell’attribuire all’unità stessa due tipi di immobilizzazioni che
considerate isolatamente non sono in grado di generare flussi di cassa, quali: • l’avviamento (goodwill), che non potendo generare autonomi flussi di cassa può solo essere considerato congiuntamente ai beni dalla cui sinergia emerge tale valore. Per cui se è contabilizzato in bilancio un avviamento, questo dovrebbe essere attribuito alle singole CGU per determinare il valore netto contabile delle stesse. Si ricorda che a norma dello IAS 38, l’impairment test dell’avviamento deve essere fatto ogni anno, così come previsto per le immobilizzazioni immateriali a durata indefinita; • i corporate asset, ossia dei cespiti riconducibili all’azienda nel suo complesso e non a singole unità (quali ad esempio laboratori centrali di ricerca, ecc.). L’attribuzione del goodwill avviene considerando quale CGU l’unità più piccola in relazione alla quale il management controlla l’avviamento per scopi di informazione interna. In questo senso la CGU potrebbe addirittura consistere in un’intera società. Tenuto conto che l’avviamento può essere correlato nella sostanza solo a CGU di “grande dimensione”, nel concreto si possono creare due tipi di CGU: quella di dimensioni ridotte, originaria, alla quale non è allocato l’avviamento e che contiene altri asset e quella, di dimensioni maggiori, che comprende le CGU originarie ed alla quale è attribuito l’avviamento. In questo frangente, lo IAS 36 stabilisce che devono essere sottoposte all’impairment test prima le CGU più piccole, e solo dopo effettuare il test per la CGU alla quale si riferisce l’avviamento. Nel momento in cui una quota di avviamento è allocata ad una CGU, essa dovrà essere sottoposta a impairment test annualmente, conformemente a quanto stabilito dallo IAS 38. Circa i cosiddetti corporate asset, per prima cosa si deve verificare se è possibile allocare sulla base di ragionevoli criteri di riparto anche solo una porzione del valore di tali beni alle singole CGU. In tal caso si procede ad effettuare l’impairment test a livello di CGU come già visto. Questo procedimento viene definito bottom-up test. Compiute queste allocazioni, si procederà al test comparando il valore recuperabile della CGU con il suo valore netto contabile. Per quanto riguarda invece la determinazione del valore recuperabile (il più alto tra value in use e fair value al netto dei costi di vendita) della CGU valgono le considerazioni anzidette. Se il valore recuperabile è più basso del valore netto contabile, allora si dovrà compiere una svalutazione, attribuendola anzitutto all’avviamento, se presente, fino a concorrenza con il suo valore netto contabile. Se dopo la svalutazione dell’avviamento (sempre qualora sia esistente), rimarrà da attribuire ancora una parte
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della svalutazione complessiva della CGU, allora questa dovrà essere attribuita pro quota agli altri asset in proporzione ai rispettivi valori contabili. In ogni caso il nuovo valore netto contabile di ogni asset non potrà essere minore del più alto tra valore di realizzo diretto e valore di realizzo indiretto come sopra determinati. Se la quota di svalutazione spettante al singolo asset, determinata secondo le regole descritte nel testo, non può essere attribuita all’asset medesimo in quanto, ad esempio, il suo valore diverrebbe negativo o il suo valore di realizzo diretto risultasse maggiore del valore che assumerebbe al netto della svalutazione, la parte della svalutazione spettante all’asset e conseguentemente non allocata andrà ripartita tra gli altri asset in funzione della stessa base di riparto, data dal loro valore netto contabile. Si considerino i seguenti esempi. ESEMPIO 2 – CGU e value in use Si supponga che un’azienda abbia imputato un avviamento presente a bilancio per 100 ad una CGU contenente in aggiunta beni di tipo A per un valore contabile di 400 e beni di tipo B per 200. Il valore netto contabile della CGU è dunque la somma dei tre, pari a 700. Si supponga che il valore recuperabile equivalga a 570. Si dovrà pertanto svalutare la CGU di 130 (700 – 570). La svalutazione di 130 comporterà dapprima l’intera eliminazione dell’avviamento (pari a 100); la parte residua (130 – 100 = 30), sarà attribuita ai beni di tipo A e a quello di tipo in relazione al loro valore contabile, il cui totale è pari a 600 (400 + 200). Per cui ad A si attribuirà una svalutazione pari a ((400/600) (30)), ossia 20, mentre i beni di tipo B saranno svalutati per 10, pari a ((200/600) (30)). Come secondo esempio, si supponga che un’azienda disponga di tre CGU (X, Y e Z), il cui valore netto contabile consiste rispettivamente in 100, 300 e 400 (per un totale di 800). Ciascuna delle tre si carica di una quota di corporate asset (si ipotizzi ad esempio l’esistenza di un centro direttivo e di laboratori centrali di ricerca per un totale di 150) pari al peso percentuale in relazione al valor netto contabile complessivo, e quindi 12% (100/800), 38% (300/800) e 50% (400/800). Si ritiene che questa logica di ripartizione sia razionale in relazione al contesto specifico. Quindi l’unità X presenterà un valor netto contabile pari a 100 + 12% di 150, per un totale di 119, comprensivo della quota di corporate asset spettante a X su base razionale. A questo punto si ipotizzi che X sottoposta a test di impairment presenti un valore recuperabile pari a 110. Deve quindi registrarsi una svalutazione di 9 (119 – 110). Questa svalutazione deve tuttavia non essere attribuita prioritariamente alla quota di corporate asset inclusa nel valore netto contabile di X, ma deve ripartirsi tra quota di corporate asset e asset propri di X in funzione del peso sul valore netto contabile totale. Quindi la svalutazione da attribuire al corporate asset sarà pari a 9 ((19/119) = 1,4, mentre la svalutazione relativa agli asset propri di X sarà pari a 9 (100/119 = 7,6.
L’IMPAIRMENT TEST
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Per quei beni comuni per i quali non è stato possibile procedere all’imputazione alle CGU durante il procedimento del c.d. bottom-up test, si procede alla definizione di CGU di “secondo livello”, ossia di CGU formate da una porzione o da un intero bene comune e da altre CGU come definite in precedenza. Dopo aver provveduto all’impairment test sulle singole CGU di primo livello si procede ad effettuare l’impairment test a livello delle CGU di secondo livello. Procedendo con questa logica (definita top down in una precedente versione dello IAS 36), si potrebbero individuare numerosi livelli di CGU. In molte aziende vi è la tendenza a non ripartire tra le CGU individuate gli asset “comuni”, vuoi per evitare complicazioni amministrative informatiche, vuoi per mantenere l’asset indiviso e quindi più facilmente individuabile nella sua collocazione. Questo può portare a creare numerosi livelli di CGU. Una situazione del genere è stata osservabile in aziende manifatturiere con presenza di una rete distributiva formata da negozi. In tal caso i negozi hanno rappresentato il primo livello di CGU, tenuto conto della relativa semplicità con la quale stimare i flussi di cassa. Tuttavia nessuna ha pensato di attribuire gli asset produttivi degli stabilimenti alle CGU negozi. Piuttosto, sono state create CGU di livello superiore nel quale far confluire in corpo unico gli stabilimenti e la rete di negozi nel suo complesso. ESEMPIO 3 – CGU di secondo livello e value in use Si supponga che un’azienda abbia imputato un avviamento presente a bilancio per 100 ad una CGU Una società presenta due CGU: A e B. La CGU A si compone di beni per un valore contabile di 1.000. Il relativo value in use è di 1.400. La CGU non è quindi svalutata e i beni componenti mantengono il loro valore. La CGU B è composta da beni con valore contabile di 800 ed il value in use è di 600. Essa è quindi svalutata per 200 e la svalutazione sarà attribuita ai beni in proporzione ai rispettivi valori netti contabili. La società dispone anche di un avviamento con valore contabile di 400 e di corporate asset per 200. Tali elementi non sono stati attribuiti alle CGU A e B in quanto si ritiene non vi sia nessun criterio razionale di riparto. Si costituisce quindi la CGU C, di secondo livello, che comprende le CGU A e B, già sottoposte ad autonomo impairment test, e i beni comuni (avviamento e corporate asset). Il valore contabile di C è dunque pari ai valori contabili di A e B post impairment (600 e 1.000) più i valori dei beni “comuni” (400 + 200), per un totale di 2.200. Il value in use di C è dato dalla somma dei value in use di A e B (1.400 + 600) diminuito del valore attuale dei flussi di cassa derivanti dall’uso dei corporate asset, ipotizzando che questi determinino solo uscite e nessuna entrata e
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
siano pari a – 100. Il value in use di C è quindi di 1.900 (1.400 + 600 – 100). Esso risulta dunque inferiore al valore contabile (2.200) implicando una svalutazione di 300. Tale svalutazione andrà prioritariamente attribuita all’avviamento che passa pertanto da 400 a 100. Se la svalutazione fosse stata superiore a 400, essa sarebbe arrivata a colpire anche il valore dei corporate asset. Sulle svalutazioni dovranno essere calcolate anche imposte anticipate.
6.7. LE RIVALUTAZIONI DI RIPRISTINO (REVERSAL OF IMPAIRMENT) Se è stata compiuta una svalutazione negli anni precedenti, al termine di ogni esercizio l’azienda dovrebbe valutare se sussistono ancora le condizioni per le quali la svalutazione è stata operata. Se questa indicazione esiste, l’azienda deve calcolare nuovamente il valore recuperabile compiendo un nuovo impairment test. Le indicazioni minime da considerare per valutare l’opportunità di ricalcolare il valore recuperabile sono analoghe, ma con segno inverso, rispetto a quelle descritte precedentemente, con riferimento agli indizi necessari per lo svolgimento dell’impairment test. Se dalle stime risulta che la svalutazione prima compiuta, in tutto o in parte non ha più ragione di esistere, il valore netto contabile del bene che in precedenza era stato svalutato dovrà essere portato al nuovo valore recuperabile purché non ecceda il valor netto contabile che avrebbe avuto se la svalutazione non fosse stata operata. Il limite superiore del valor netto contabile deve essere ottenuto considerando gli ammortamenti che si sarebbero operati in assenza di svalutazione. Ovviamente se nel frattempo alcuni beni già svalutati sono stati nel frattempo sostituiti essi non saranno oggetto di rivalutazione. La rivalutazione di ripristino deve essere riepilogata a conto economico, salvo il caso in cui riguardi un asset rivalutato a norma dello IAS 16, per il quale, così come la svalutazione implicava una riduzione della riserva di rivalutazione, analogamente una rivalutazione di ripristino comporterà un nuovo incremento della specifica riserva del netto. Se la rivalutazione di ripristino riguarda una CGU, questa va a incrementare il valor netto contabile dell’unità determinando un incremento dei beni diversi dall’avviamento appartenenti alla CGU, ciascuno dei quali assorbe la rivalutazione in proporzione al valore netto contabile esistente alla data della rivalutazione, circostanza che, in relazione alle diversità di vite utili, può implicare attribuzioni percentuali di rivalutazioni diverse da quelle attribuite al momento della svalutazione. Il valore così rivalutato non potrà superare il più basso tra il valore recuperabile del bene e il valore netto contabile che, al netto degli am-
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mortamenti che sarebbero stati operati, avrebbe avuto il bene medesimo se non fosse stata operata la svalutazione. Anche in questo caso se la parte della rivalutazione spettante al singolo bene facesse superare tali limiti, l’eccedenza sarebbe da attribuire agli altri beni della CGU in proporzione al proprio valore netto contabile. Come eccezione alla regola generale del ripristino, la svalutazione dell’avviamento non può mai essere ripristinata negli esercizi successivi, in quanto lo IAS 36 ritiene che una rivalutazione dell’avviamento equivarrebbe a riconoscere un avviamento “interno”, non derivato da acquisizioni esterne, che ai sensi dello IAS 36 non è contabilizzabile.
ESEMPIO 4 – Rivalutazioni di ripristino Un immobile industriale dal valore lordo di 2.000, già ammortizzato per tre anni al tasso del 5% (per un totale del fondo ammortamento pari a 300), e quindi con valore netto contabile di 1.700, era stato svalutato per adeguarlo al valore recuperabile di 1.500, con svalutazione di 200, la quale aveva determinato anche lo stanziamento di imposte anticipate (ipotizzando tax rate del 40%) per 80. Si ricorda infatti che per il fisco la svalutazione è indeducibile, con conseguente imposizione tributaria maggiore cui non corrisponde una imposta “di competenza”. Il maggiore costo per imposte pagate deve essere quindi fronteggiato da un ricavo per imposte anticipate. Contabilmente si era rilevato: Svalutazione cespite Svalutazione immobili (CE) Immobili
200 200
Stanziamento imposte anticipate Crediti per imposte anticipate (SP) Imposte anticipate (CE)
80 80
A questo punto, in ipotesi di costanza di vita utile residua (17 anni), la nuova quota di ammortamento è (approssimata all’unità) di 88 (1.500/17). Quindi per altri due anni era stato ammortizzato, comportando lo stanziamento di ulteriori quote ammortamento per 176 (88 + 88). Il valore contabile è dunque passato a 1.324, dato da valore lordo (post-svalutazione) di 1.800 meno il fondo ammortamento di 476 (300 + 176). A tal momento però il recupero del mercato dimostra un nuovo valore recuperabile di 1.600. L’azienda dunque calcola il valore contabile che avrebbe avuto il bene senza
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
la svalutazione, pari a 1.500 (2.000 – 5 anni di ammortamento al 5% per un totale ammortamenti di 500). Confrontando tale dato (1.500) con il nuovo valore recuperabile (1.600), si evidenzia che il bene deve essere espresso in bilancio al minore dei due. Si tratterà quindi di innalzare il valore del bene da 1.324 a 1.500, stanziando una rivalutazione a conto economico per 176. Il fondo ammortamento deve comunque essere adeguato all’importo di 500 che avrebbe avuto naturalmente in assenza di svalutazione. Si dovranno infine eliminare le imposte anticipate ancora esistenti (72), tenendo conto che nel frattempo una parte è già stato riversata in virtù dell’avanzamento dell’ammortamento (due anni al 40% di 100– ammortamento fiscale e 88 – ammortamento in bilancio –, pari a 9,6). Per il fisco infatti si continuava a dedurre come costo deducibile un ammortamento maggiore di quello di competenza (che è calcolato sul valore svalutato), comportando dunque un minore costo tributario, che doveva essere fronteggiato stanziando un maggiore costo tributario tramite il riversamento dell’imposta anticipata. Rivalutazione cespite Immobili Rivalutazione immobili (CE) Fondo ammortamento immobili
200 176 024
Riversamento delle imposte differite Imposte anticipate (CE) Crediti per imposte anticipate (SP)
70,4 70,4
6.8. Informazione da fornire in bilancio Per ciascuna classe di beni (ossia per ogni gruppo di beni omogeneo per quanto riguarda la natura e la funzione), il bilancio deve indicare: • l’entità delle svalutazioni e delle rivalutazioni di ripristino registrate nel conto economico e le voci del conto economico nelle quali sono riepilogate, con specifica distinzione a seconda del segmento (vedi IAS 14) al quale si riferiscono; • l’entità delle svalutazioni e delle rivalutazioni di ripristino inviate direttamente a patrimonio netto, con specifica distinzione a seconda del segmento al quale si riferiscono; • l’entità delle svalutazioni e delle rivalutazioni di ripristino riferite ad asset valutati con il revaluation model.
L’IMPAIRMENT TEST
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Se la svalutazione o la rivalutazione per un singolo bene o per una CGU è rilevante per l’intera azienda, in Nota si dovrà inoltre indicare: ¾ ¾ ¾ ¾
le circostanze che hanno determinato la svalutazione (o la rivalutazione); l’entità della svalutazione (rivalutazione); la natura e il segmento (vedi IFRS 8) al quale appartiene il bene rivalutato; per ogni CGU, una descrizione dell’unità, l’entità della svalutazione (rivalutazione) per classe di asset e per segmento. Qualora la classificazione per classe di asset sia mutata dal momento in cui è stato stimato in precedenza l’importo del valore recuperabile, si deve descrivere il vecchio ed il nuovo modo di aggregazione dei beni utilizzato e le ragioni per le quali è stato mutato; ¾ se il valore recuperabile del bene o della CGU coincide con il valore di realizzo diretto o indiretto ed il modo con il quale sono stati determinati. Ulteriori dettagli di informativa sono poi previsti per le CGU che includono al loro interno avviamento o altri intangibles a vita utile indefinita. Si riporta un esempio di informativa integrativa fornita da una primaria società italiane circa la procedura di impairment.
A2A – La disclosure sull’impairment test Bilancio consolidato 2010 Per la redazione degli imparment test sono state utilizzate due differenti metodologie: • il “valore d’uso”, che è stato determinato attraverso l’attualizzazione dei flussi finanziari futuri della Cash Generating Unit connessi: a) all’uso continuativo della Cash Generating Unit fino al termine della sua vita utile; b) alla dismissione della Cash Generating Unit alla fine della sua vita utile. I suddetti flussi finanziari sono stati attualizzati alla data di bilancio utilizzando un appropriato tasso di attualizzazione che è di seguito evidenziato per ciascuna Cash Generating Unit; • il “fair value” della Cash Generating Unit, per determinare il quale si sono utilizzate le seguenti metodologie: a) come base è stata effettuata l’attualizzazione dei flussi di cassa disponibili (discounted cash flow o DCF), che rappresenta la tecnica usata per qualunque valutazione di azienda e per qualunque transazione; tale metodologia ha il pregio di essere asettica rispetto a situazioni contingenti riscontrabili nell’ambito di specifiche transazioni; b) come controllo sono state utilizzate le stime fornite dagli analisti di banche d’affari e di broker internazionali attribuite nell’ambito di equity research di A2A S.p.A.
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
L’Avviamento al 31 dicembre 2010 è così dettagliato: CGU – Reti Elettriche Ecodeco Ciclo Idrico Integrato Aprica Reti gas Gas Calore Italia Calore Francia
Milioni di euro 271 228 010 0v5 v38 vv7 v21 v11
Totale avviamento al 31/12/09
591
Variazioni dell’esercizio: Consolidamento EPCG Riclassificazione Ciclo Idrico Integrato Totale variazioni dell’esercizio Totale avviamento al 31/12/10
v94 (10) v84 675
Lo IAS 36 prevede che tale voce di bilancio, essendo un’attività immateriale con vita utile indefinita, non sia soggetta ad ammortamento sistematico, ma venga sottoposta ad una verifica del valore da effettuarsi con cadenza almeno annuale. Poiché l’avviamento non genera flussi di cassa indipendenti né può essere ceduto autonomamente, lo IAS 36 prevede che la stima recuperabile degli avviamenti iscritti in bilancio sia realizzata in via residuale utilizzando il maggiore tra il valore equo (fair value), dedotti i costi di vendita, e il valore d’uso di un insieme di attività che individuano il/i complesso/i aziendale/i cui esso appartiene: la Cash Generating Unit (o insieme di Cash Generating Unit). Per “valore equo”, dedotti i costi di vendita, di una Cash Generating Unit (o insieme di Cash Generating Unit) si intende il valore determinato facendo riferimento alle migliori informazioni disponibili per riflettere l’importo ottenibile dalla dismissione della Cash Generating Unit in una libera transazione tra parti consapevoli e disponibili. Per “valore d’uso” di una Cash Generating Unit (o insieme di Cash Generating Unit) si è considerato il valore attuale dei flussi di cassa futuri stimati, che si suppone deriveranno dall’uso continuativo della Cash Generating Unit e dalla dismissione della stessa al termine della sua vita utile. Il valore d’uso è stato determinato utilizzando il metodo finanziario (Discounted Cash Flow), il quale prevede la stima dei futuri flussi di cassa e la loro attualizzazione sulla base di un appropriato tasso di attualizzazione. La proiezione dei flussi di cassa inerenti ciascuna Cash Generating Unit (o insieme di Cash Generating Unit) è stata effettuata dal management aziendale basandosi su presupposti ragionevoli e sostenibili, tali da riflettere il valore della Cash Generating Unit (o insieme di Cash Generating Unit) nelle sue condizioni attuali e nell’ottica di mantenimento delle normali condizioni di operatività aziendale. In particolare, nel calcolo del valore d’uso sono stati considerati:
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L’IMPAIRMENT TEST
• i flussi di cassa operativi futuri riferiti ad un periodo non superiore a cinque anni, stimati dal management aziendale sulla base delle più recenti previsioni e tali da rappresentare la migliore stima effettuabile in merito all’insieme delle condizioni economiche esistenti nel corso della restante vita utile; • i flussi di cassa successivi a tale orizzonte temporale, stimati ipotizzando un tasso di crescita nominale comunque inferiore al tasso di crescita nominale medio di lungo termine dei prodotti, settori industriali, paese e mercati in cui l’impresa opera; • il flusso di cassa derivante dalla dismissione alla fine della vita utile (terminal value), che è stato previsto prudenzialmente pari a zero o alla somma della stima del valore prospettico delle immobilizzazioni materiali, del capitale circolante netto e dei fondi; • il tasso di attualizzazione utilizzato al fine di riflettere le valutazioni correnti del mercato con riferimento al valore attuale del denaro e ai rischi specifici connessi all’attività è stato stimato, coerentemente con i flussi di cassa considerati, mediante la determinazione del costo medio ponderato del capitale (WACC). Di seguito sono riportati gli avviamenti (in milioni di euro) attribuiti alle singole Cash Generating Unit, specificando per ciascuna la tipologia di valore recuperabile considerato, i tassi di attualizzazione utilizzati e l’orizzonte temporale dei flussi di cassa. Valore 2010
WACC (A)
Valore recuperabile
Valore 2009
WACC (A)
Reti Elettriche
271
08,22%
Valore d’uso
271
7,87%
Ecodeco
228
09,18%
Valore d’uso
228
8,92%
Ciclo Idrico Integrato
010
04,95%
Aprica
005
08,82%
Valore d’uso
005
8,54%
Reti gas
038
05,89%
Valore d’uso
038
5,01%
Gas
007
09,29%
Valore d’uso
007
9,30%
Calore Italia
021
08,59%
Valore d’uso
021
8,33%
Calore Francia
011
07,40%
Fair value
011
8,04%
EPCG
094
10,30%
Valore d’uso
CGU
675
591
(A) Tasso di attualizzazione nominale ante imposte applicato ai flussi finanziari futuri.
Cash Generating Unit A2A “Reti elettriche” L’avviamento, derivante dalle operazioni di acquisizione dei rami d’azienda di Enel Distribuzione S.p.A. da parte di A2A Reti elettriche S.p.A., pari a 271 milioni di euro, è stato sottoposto ad Impairment Test determinando il valore recuperabile con riferimento al valore d’uso. Per completezza d’informativa si sot-
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
tolinea che nella determinazione del valore d’uso si è considerato un orizzonte temporale corrispondente alla scadenza della concessione per la distribuzione di energia elettrica nei comuni di Milano, Rozzano e nei comuni della provincia di Brescia e che in questa Cash Generating Unit è stato allocato anche l’avviamento relativo alle convenzioni per le attività sugli impianti di illuminazione pubblica del Comune di Bergamo, per un valore pari a 4 milioni di euro, che deriva dalla quota parte dell’avviamento rilevato a seguito della fusione avvenuta tra Bas S.p.A. e A2A S.p.A. Nessuna perdita di valore è stata riscontrata in sede di Impairment Test in quanto il valore massimo recuperabile risulta superiore al valore dell’avviamento iscritto. Cash Generating Unit “Ecodeco” L’avviamento che risulta dal consolidamento della partecipazione in “Ecodeco” S.r.l., pari a 228 milioni di euro, è stato sottoposto ad Impairment Test attribuendolo alla Cash Generating Unit “Ecodeco”. Il valore recuperabile è stato determinato con riferimento al valore d’uso, della Cash Generating Unit “Ecodeco”, inclusivo dei flussi di cassa operativi futuri stimati dal management aziendale sulla base delle più recenti previsioni. Nessuna perdita di valore è stata riscontrata in sede di Impairment Test in quanto il valore massimo recuperabile risulta superiore al valore dell’avviamento iscritto. Cash Generating Unit “Reti gas” Il valore dell’avviamento, pari a 38 milioni di euro, deriva da diverse acquisizioni effettuate da parte di A2A Reti Gas S.p.A. nel corso degli ultimi anni, relative a società che operano quali distributori di gas in circa 200 comuni italiani. L’attività è concentrata prevalentemente in Lombardia e Piemonte. Il suddetto avviamento è stato attribuito alla Cash Generating Unit Reti Gas, il cui valore recuperabile è stato determinato facendo riferimento al valore d’uso della stessa. Per completezza d’informativa si sottolinea che nella determinazione del valore d’uso si è considerato, a fini prudenziali, un orizzonte temporale corrispondente alla scadenza anticipata prevista dall’attuale normativa per la maggior parte delle concessioni in essere. Nessuna perdita di valore è stata riscontrata in sede di Impairment Test in quanto il valore massimo recuperabile risulta superiore al valore dell’avviamento iscritto. Cash Generating Unit “Aprica” L’avviamento attribuito alla Cash Generating Unit Aprica deriva dalla quota parte dell’avviamento rilevato in seguito alla fusione tra Bas S.p.A. e A2A S.p.A. e risulta pari a 5 milioni di euro. La Cash Generating Unit comprende Aprica S.p.A., realtà del Gruppo A2A che opera nel settore Ambiente. La società è proprietaria dei termovalorizzatori di Brescia e Bergamo che operano anche nella produzione di energia elettrica. L’avviamento è stato attribuito alla medesima Cash Generating Unit, il cui valore recuperabile è stato determinato con riferi-
L’IMPAIRMENT TEST
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mento al valore d’uso della stessa società, basato su un orizzonte temporale di 7 anni. Nessuna perdita di valore è stata riscontrata in sede di Impairment Test in quanto il valore massimo recuperabile risulta superiore al valore dell’avviamento iscritto. Cash Generating Unit “Calore Italia” L’avviamento derivante dal consolidamento della Filiera Calore Italia, pari a 21 milioni di euro, è suddiviso in più società del Gruppo A2A che operano nel settore della produzione, distribuzione e vendita del teleriscaldamento ed è stato sottoposto ad Impairment Test. Il valore complessivo del suddetto avviamento è stato attribuito alla Cash Generating Unit Calore Italia, il cui valore recuperabile è stato determinato con riferimento al valore d’uso della stessa filiera basandosi su un orizzonte temporale di 30 anni. In particolare, nella Cash Generating Unit in esame è compresa, per 18 milioni di euro, una parte dell’avviamento conseguente all’operazione di fusione tra Bas S.p.A. e A2A S.p.A. Nessuna perdita di valore è stata riscontrata in sede di Impairment Test in quanto il valore massimo recuperabile risulta superiore al valore dell’avviamento iscritto. Cash Generating Unit “Gas” L’avviamento risultante dal consolidamento della Filiera Gas, pari a 7 milioni di euro, si riferisce al settore della vendita di gas a clienti finali (sia civili che industriali) e grossisti ed è stato sottoposto ad Impairment Test. Il valore recuperabile è stato determinato con riferimento al valore d’uso della stessa filiera considerando un orizzonte temporale indefinito. Si precisa che nella presente Cash Generating Unit è compresa, per 7 milioni di euro, la quota parte dell’avviamento emerso a seguito della fusione tra Bas S.p.A. e A2A S.p.A. Nessuna perdita di valore è stata riscontrata in sede di Impairment Test in quanto il valore massimo recuperabile risulta superiore al valore dell’avviamento iscritto. Cash Generating Unit “Calore Francia” L’avviamento conseguente al consolidamento integrale della Filiera Calore Francia, pari a 11 milioni di euro, è suddiviso in più società del Gruppo A2A Coriance, realtà che operano nel settore della produzione, distribuzione e vendita del teleriscaldamento sul territorio francese. Tale avviamento è stato sottoposto ad Impairment Test con l’avvertenza che nell’applicazione alla Cash Generating Unit Filiera Calore Francia, A2A S.p.A. ha ritenuto opportuno utilizzare la metodologia del fair value piuttosto che quella di valore d’uso. Quest’ultimo, infatti, secondo quanto previsto dallo IAS 36, non dovrebbe prendere in considerazione i miglioramenti o l’ottimizzazione dell’attività svolta, rendendo quindi il concetto di valore d’uso difficilmente ed appropriatamente applicabile alla Cash Generating Unit in esame. Come evidenziato infatti dalla recente storia del Gruppo francese e dalle sue peculiari caratteristiche, non sarebbe possibile prescindere dai progetti di sviluppo in corso che solo parzialmente troverebbero
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
spazio nelle proiezioni dei flussi. Gli investimenti (anche in termini di strutture operative) effettuati dal Gruppo Coriance sono e saranno rivolti allo sviluppo delle attività mediante l’acquisizione di nuove concessioni (o il rinnovo di concessioni esistenti) i cui effetti si manifesteranno in futuro e che non possono essere colti con la stima del valore d’uso. Infatti l’attività del Gruppo Coriance, sia storica che prospettica, non è legata ad un singolo impianto o ad una determinata e circoscritta area geografica, ma si sviluppa sull’intero territorio francese mediante l’utilizzo delle più diverse tecnologie e fonti energetiche e con una particolare attenzione alle fonti rinnovabili che si prevede avranno un significativo sviluppo nei prossimi anni. Una siffatta dinamicità sembra quindi più compatibile con il concetto di fair value anziché con quello di valore d’uso. Per questi motivi A2A S.p.A. ha ritenuto che il fair value rappresenti il valore più significativo per effettuare l’Impairment test richiesto dallo IAS 36. Nessuna perdita di valore è stata riscontrata in sede di Impairment Test in quanto il valore massimo recuperabile risulta superiore al valore dell’avviamento iscritto. Cash Generating Unit “EPCG” Nel corso dell’esercizio 2010 il Gruppo A2A ha acquisito il controllo di EPCG e pertanto l’acquisizione menzionata è divenuta classificabile come business combination ai sensi del principio internazionale IFRS 3 revised. Con particolare riferimento all’allocazione del costo dell’aggregazione, il principio internazionale prevede che tutte le aggregazioni aziendali debbano essere contabilizzate applicando il metodo dell’acquisto. L’acquirente, pertanto, rileva tutte le attività, le passività e le passività potenziali identificabili ai relativi fair value (valori equi) alla data di acquisizione e evidenzia, inoltre, l’eventuale avviamento che, invece di essere ammortizzato, è successivamente sottoposto ad una verifica di riduzione del valore (c.d. impairment test). L’IFRS 3 revised, come indicato nel paragrafo dedicato ai principi contabili applicati, introduce alcuni cambiamenti nella contabilizzazione delle business combination, tra cui quello concernente la possibilità di applicare il criterio dell’“acquisition method” in alternativa a quello del “purchase method” nei casi di acquisizione di controllo non totalitario; nella sostanza in base al nuovo IFRS 3 revised l’acquirente ha la facoltà di iscrivere in bilancio anche il goodwill di pertinenza di terzi (c.d.“full goodwill”). Il consolidamento di EPCG con l’applicazione del metodo c.d. “full goodwill” ha determinato l’iscrizione di un avviamento pari a 94 milioni di euro. Ai fini del controllo di tale avviamento il Gruppo A2A ha attribuito unitariamente le attività di EPCG nell’ambito di una CGU autonoma. Questo approccio è motivato principalmente da considerazioni legate all’aspetto di separazione geografica e alle caratteristiche distintive del mercato di riferimento di EPCG. Cash Generating Unit “Ciclo Idrico Integrato” Il valore dell’avviamento, pari a 10 milioni di euro, iscritto nel precedente esercizio, attribuibile alla società Bas S.I.I. S.p.A. è stato riclassificato in “Attività non correnti destinate alla vendita” in relazione all’applicazione dell’IFRS 5 ed è
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stato valutato sulla base del market value. Si segnala che dalle analisi macroeconomiche (ad esempio variazioni normative o introduzione di nuove tecnologie) non si rileva la presenza di indicatori esterni che evidenzino la perdita di valore degli avviamenti iscritti al 31 dicembre 2010.
6.9. SINTESI DELLE PRINCIPALI DIFFERENZE CON IL QUADRO NORMATIVO ITALIANO
Al di là della previsione del codice civile di svalutare le immobilizzazioni quando vi sia una perdita durevole e ripristinare il valore quando siano venuti meno i motivi della svalutazione, le regole italiane stabilite dai principi dell’OIC n. 16 e 24 non disciplinano così attentamente le svalutazioni delle immobilizzazioni anche se, in termini generali, i principi dell’OIC riprendono esattamente la regola base secondo la quale il valore contabile non può superare il valore recuperabile definito come il maggiore tra valore di realizzo diretto e indiretto. Si può ritenere pertanto che la disciplina fornita dallo IAS 36 possa rappresentare una utile procedura operativa per disciplinare le eventuali svalutazioni. La grande differenza riguarda però il fatto che per lo IAS 36 si svaluta anche in assenza di durevolezza della perdita, mentre per le regole italiane, più flessibili, è necessario che la perdita sia tale da non lasciar presagire inversioni di tendenza per il futuro. In effetti Il documento “Guida all’applicazione dell’impairment test dello IAS 36” della Commissione del CNDEC sostiene che i principi generali su cui si fonda lo IAS 36 siano applicabili anche alle imprese che adottano i criteri di redazione nazionali, in virtù del disposto introdotto dalla Riforma del diritto societario, dell’art. 2427 n. 3)-bis, c.c. Esso prevede che in caso di rilevazione di perdite durevoli di valore sulle immobilizzazioni materiali ed immateriali, le imprese devono determinare l’importo di tali perdite in base a tre parametri costituiti dal “concorso alla futura produzione di risultati economici”, dalla “prevedibile durata utile” e, se rilevante, dal “valore di mercato”. Sostanzialmente, tale previsione implica che l’importo delle perdite di valore debba essere misurato in base ai flussi finanziari netti che gli asset sono in grado di generare lungo la loro vita utile (primi due parametri) e in base al loro fair value (ultimo parametro), essendo il “valore di mercato” l’espressione italiana che meglio traduce il concetto di “fair value” di cui parla lo IAS 36.
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
6.10. VERIFICA DI APPRENDIMENTO 1. Deve essere rilevata una perdita di valore ogni qual volta: a) il carrying amount di un’attività risulta minore del recoverable amount definito come il minore tra il fair value less cost to sell e il value in use; b) il carrying amount di un’attività risulta minore del recoverable amount definito come il maggiore tra il fair value less cost to sell e il value in use; c) il carrying amount di un’attività risulta maggiore del recoverable amount definito come il maggiore tra il fair value less cost to sell e il value in use; d) il carrying amount di un’attività risulta maggiore del recoverable amount definito come il minore tra il fair value less cost to sell e il value in use. 2. Si ricorre all’uso delle CGU per: a) solo per il goodwill; b) solo per i corporate assets; c) per qualsiasi immobilizzazione tecnica. 3. Nel calcolo del value in use si deve tenere conto: a) di flussi derivanti da budget a 8 anni; b) dei free cash flow al lordo delle imposte; c) dei free cash flow al netto delle imposte. 4. Nell’ambito di una CGU viene rilevata una perdita di valore, questa deve essere ripartita in base a quale ordine? a) goodwill, altri assets; b) corporate assets, goodwill, altri assets; c) in proporzione su tutti gli assets. 5. Nella determinazione del tasso di attualizzazione dei flussi ai fini della determinazione del value in use si deve tenere conto: a) del tasso implicito di transazioni similari; b) del WACC di società quotate similari; c) del WACC della società.
CASI
1. Una società presenta la seguente situazione: – avviamento 500.000; – CGU A: carrying amount 600.000, value in use 600.000;
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– CGU B: carrying amount 900.000, value in use 1.200.000. L’avviamento non è direttamente attribuibile alle CGU. Si proceda con l’effettuazione dell’impairment test dell’avviamento e si eseguano le opportune rilevazioni. 2. Una GCU si presenta così composta: – avviamento 500.000; – bene A: carrying amount 50.000, fair value 40.000; – bene B: carrying amount 100.000. L’applicazione dell’impairment test porta alla determinazione del value in use della CGU di cui sopra in 600.000. Si proceda all’attribuzione dell’impairment loss. 3. Una società possiede un marchio, valore netto contabile 1.000.000, vita utile indeterminata. Il valore recuperabile al 31/12/n è 1.200.000, al 31/12/n+1 è 900.000, al 31/12/n+2 è 1.050.000. Si effettuino le rilevazioni necessarie.
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
7 GLI STRUMENTI FINANZIARI di Alessandro Gaetano 1
SOMMARIO: 7.1. Premessa. – 7.2. IAS 32 e 39: campo di applicazione, definizione, classificazione e fasi di vita degli strumenti finanziari. – 7.3. I criteri di valutazione degli strumenti finanziari. – 7.4. La valutazione degli strumenti finanziari: criterio del costo ammortizzato, tasso di interesse effettivo ed impairment. – 7.5. Il fair value degli strumenti finanziari – 7.6. Criteri di rappresentazione in bilancio degli strumenti finanziari: azioni proprie, obbligazioni proprie, cartolarizzazioni e factoring. – 7.7. Contratti derivati ed operazioni di copertura. – 7.8. Profili evolutivi della disciplina degli strumenti finanziari: IFRS 9. – 7.9. Considerazioni di sintesi e conclusive. – 7.10. Verifica di apprendimento.
7.1. PREMESSA L’applicazione dei principi contabili internazionali IAS/IFRS ha comportato, in generale, importanti innovazioni sulle modalità di redazione del bilancio, producendo riflessi più o meno marcati sui processi operativi e organizzativi aziendali, ma certamente l’area degli strumenti finanziari è tra quelle che ha subito importanti modifiche che comportano effetti tutt’altro che trascurabili 2 i quali differenziano in modo assai rilevante i bilanci redatti in applicazione dei principi contabili internazionali, rispetto a quelli redatti in base alle vigenti regole del codice civile ed ai principi contabili nazionali. Le modifiche partono dall’individuazione delle fattispecie che rientrano nella definizione di strumenti finanziari, a cui conseguono differenti modalità di rappresentazione in bilancio, con
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Il presente contributo è attribuibile ad Alessandro Gaetano con riferimento ai paragrafi 7.1, 7.2, 7.3 e 7.9, ad Andrea Cappelli per quanto attiene ai paragrafi 7.4 e 7.5, ad Alessandra Pagani per i paragrafi 7.6 e 7.7 ed a Riccardo Cimini per il paragrafo 7.8. 2 Per una disamina generale degli impatti e la descrizione delle regole IAS si veda: IAS ABI, Blue Book, Bancaria, Roma, 2005.
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
l’adozione di criteri di valutazione del tutto innovativi e conseguenti regole di disclosure. In proposito, è noto a tutti che i principi contabili internazionali che dispongono il trattamento in bilancio degli strumenti finanziari, sono i seguenti: – lo IAS 32 3 Strumenti Finanziari: esposizione nel bilancio, che tratta principalmente gli aspetti di classificazione e che, prima della emanazione dell’IFRS 7, disciplinava l’informativa integrativa (disclosure) da fornire nelle note al bilancio; – lo IAS 39 4 Strumenti Finanziari: rilevazione e valutazione che, partendo dalla classificazione degli strumenti finanziari dettata dallo IAS 32, individua le regole di rappresentazione e valutazione da adottare per la redazione del bilancio; – l’IFRS 7 Strumenti Finanziari: informazioni integrative che sostituendo una parte della originaria formulazione dello IAS 32, in particolare, definisce le informazioni integrative (disclosure) da fornire nelle note di bilancio in tema di rischi sugli strumenti finanziari 5. Lo IAS 32 è stato omologato con il Regolamento Comunitario n. 2237/2004, lo IAS 39 è stato omologato con il Regolamento Comunitario n. 2086/2004 che ne ha stralciato le parti relative alla Fair Value Option – successivamente omologata con il Regolamento Comunitario n. 1864/2005 – e al trattamento delle operazioni di macrocopertura, mentre l’IFRS 7 è stato omologato con il Regolamento Comunitario n. 108/2006 con applicazione a partire dai bilanci del 2007. Gli stessi principi sono stati oggetto di successive modifiche legate anche all’entrata in vigore e/o agli interventi operati dallo IASB su altri principi. Il quadro sinottico delle modifiche intervenute, con la indicazione dei relativi provvedimenti di omologa viene di seguito presentata.
3 IASB, IAS 32 – Strumenti finanziari: esposizione nel bilancio e informazioni integrative (Financial Instruments: presentation and disclosure). 4 IASB, IAS 39 – Strumenti finanziari: rilevazione e valutazione. 5 A tal proposito si fa presente che dal 1° gennaio 2007 lo IAS 32 ha modificato la sua denominazione in Strumenti finanziari: esposizione nel bilancio mentre la parte di regolamentazione relativa alla disclosure è contenuta nell’IFRS 7 – Strumenti finanziari: informazioni integrative.
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GLI STRUMENTI FINANZIARI
IAS 32 – STRUMENTI FINANZIARI – Esposizione nel bilancio Documento Modificato dall’IFRS 3 e 4 Rivisto nel 2003 Modificato dall'IFRS 2 Modificato in coerenza con lo IAS 39 - fair value option Modificato in conformità allo IAS 39 e IFRS 4; modificato da IFRS 7 Modifiche del 14/2/2008 - Strumenti finanziari con opzione a vendere e obbligazioni in caso di liquidazione Modifiche maggio 2008 Modificato 8 ottobre 2009 Miglioramenti del 10 maggio 2010 Modifiche dicembre 2011
Data Numero omologazione regolamento 29/12/2004 29/12/2004 4/5/2005 15/11/2005
2236/2004 2237/2004 211/2005 1864/2005
11/01/2006
108/2006
21/01/2009
53/2009
23/1/2009 23/12/2009 18/02/2011 13/12/2012
70/2009 1293/2009 149/2011 1256/2012
IAS 39 – STRUMENTI FINANZIARI: rilevazione e valutazione Documento Rivisto nel 2003 (portafoglio hedge e carve out) Modificato dagli IFRS 3 e 4 Modificato dall’IFRS 2 Modificato (Transition and initial recognition) Modificato dall’IFRS 5 Modificato (Fair value option) Modificato (Cash flow hedge accounting of forecast intragroup transaction) Modificato (Financial guarantee contracts) e modificato da IFRS 7 Riclassificazione di strumenti finanziari Modifiche maggio 2008 Modifiche novembre 2008 Modifiche luglio 2008 Modifiche dicembre 2008 Modificato 12 marzo 2009 Modifiche aprile 2009 Miglioramenti del 10 maggio 2010
Data Numero omologazione regolamento 19/11/2004 29/12/2004 4/5/2005 25/10/2005 08/11/2005 15/11/2005
2086/2004 2236/2004 211/2005 1751/2005 1910/2005 1864/2005
21/12/2005
2106/2005
11/01/2006
108/2006
15/10/2008 23/1/2009 9/9/2009 15/8/2009 30/11/2009 30/11/2009 23/03/2010 18/02/2011
1004/2008 70/2009 824/2009 839/2009 1171/2009 1171/2009 243/2010 149/2011
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
IFRS 7 – STRUMENTI FINANZIARI: informazioni integrative Documento Emesso nel 2005 e modificato dallo IAS 39 e dall’IFRS 4 Riclassificazione di strumenti finanziari Modifiche maggio 2008 Modifiche novembre 2008 Modificato 5 marzo 2009 Modifiche 28 gennaio 2010 Miglioramenti del 10 maggio 2010 Modifiche ottobre 2010 Modifiche dicembre 2011
Data Numero omologazione regolamento 11/01/2006 15/10/2008 23/1/2009 9/9/2009 27/11/2009 30/06/2010 18/02/2011 22/11/2011 13/12/2012
108/2006 1004/2008 70/2009 824/2009 1165/2009 574/2010 149/2011 1205/2011 1256/2012
Gli stessi sono stati, inoltre, oggetto di interpretazioni fornite da alcuni IFRIC quali, ad esempio, l’IFRIC 16 – Coperture di un investimento netto in una gestione estera (omologato con il Regolamento UE n. 460/2009) – e l’IFRIC 19 – Estinzione di passività finanziarie con strumenti rappresentativi di capitale (omologato con Regolamento UE n.662/2010). Tra le modifiche più rilevanti intervenute sulla disciplina degli strumenti finanziari si tiene a rimarcare quella che, in conseguenza della crisi finanziaria, ha portato alla possibilità di operare riclassificazioni anche a dispetto di quanto originariamente previsto dallo IAS 39. Tale intervento, introdotto quale provvedimento di urgenza nel 2008 a seguito del diffondersi degli effetti della crisi finanziaria, ha portato lo IASB a licenziare le modifiche della regolamentazione il 13 Ottobre 2008 e la Comunità Europea ad omologare le stesse dopo soli due giorni, con il Regolamento n.1004/2008 del 15 Ottobre 2008, prevedendo la possibilità di applicazione retrospettiva a partire dal 1 Luglio 2008. Un altro importante intervento, introdotto nel 2009 con il Regolamento n. 1165, è stato operato sull’IFRS 7 ed ha riguardato l’informativa obbligatoria da fornire in nota integrativa in relazione alle modalità di calcolo del fair value degli strumenti finanziari ed ai modelli adottati per la sua determinazione. Tali innovazioni saranno illustrate nel dettaglio nelle pagine che seguono. Le motivazioni che hanno portato alla predisposizione di un nuovo sistema di regole contabili e di bilancio partono dal presupposto che gli strumenti finanziari – e soprattutto i contratti derivati, che ne rappresentano una componente fondamentale – sono stati, in questi ultimi anni, oggetto di grande sviluppo, sia in termini di volume di negoziazioni, sia in termini di complessità delle fattispecie contrattuali a cui le imprese hanno fatto ricorso; si assiste, inoltre, sempre più fre-
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quentemente all’emissione e circolazione di strumenti finanziari complessi che incorporano in un titolo obbligazionario uno o più contratti derivati impliciti (cosiddetti titoli strutturati). Gli aspetti appena richiamati hanno reso certamente più difficoltosa l’individuazione preventiva e la gestione efficace ed efficiente dei rischi connessi agli strumenti finanziari da parte degli operatori; a questo fenomeno di carattere tecnico-operativo si collega il fatto che i criteri di rappresentazione e valutazione in bilancio, adottati prima della applicazione dello IAS 39, erano stati predisposti quando tali strumenti non erano ancora diffusi e noti, ed è proprio per questo motivo che le modalità di rappresentazione in bilancio seguite nel passato dalle imprese sono risultate spesso inadeguate a garantire una rappresentazione veritiera e corretta della situazione aziendale. In tale contesto, i principi contabili internazionali IAS 32, IAS 39 e IFRS 7 sono stati predisposti con l’obiettivo di introdurre un nuovo impianto di regole per la redazione dei bilanci, che possa assicurare la produzione di un’informativa maggiormente utile agli investitori nel valutare il profilo di rischio delle imprese che operano nei mercati finanziari e le performance da queste realizzate e che tende ad avvicinare, per quanto possibile, le regole di bilancio alle logiche operative ed alle informazioni gestionali di cui dispongono a fini interni i soggetti che amministrano l’impresa, assicurando livelli di disclosure adeguati agli investitori e agli stakeholder; il tutto prescindendo dal settore di appartenenza dell’azienda. Pertanto, al set di regole relative al trattamento in bilancio degli strumenti finanziari devono conformarsi sia le banche e le imprese appartenenti al settore finanziario (che certamente presentano una prevalente operatività in strumenti finanziari) che le imprese operanti in altri settori; le quali, in alcuni casi, presentano un volume di operazioni ed una complessità nella gestione degli strumenti finanziari tutt’altro che irrilevante. Ciò nonostante, a pochi anni dalla emanazione dello IAS 39, lo IASB ha avviato, nel corso del 2008, un progetto di profonda rivisitazione dell’intera disciplina del trattamento di bilancio degli strumenti finanziari. Tale progetto prevede la pubblicazione di un nuovo standard, l’IFRS 9: Financial Instruments, destinato a sostituire integralmente a partire dai bilanci dell’esercizio 2015 lo IAS 39. La estrema complessità della materia oggetto di revisione ha portato a prevedere un processo di produzione del nuovo standard articolato un tre fasi: – fase 1, relativa alle tematiche di classificazione e misurazione; – fase 2, che attiene alle metodologie di impairment; – fase 3, focalizzata sulle tecniche di Hedge Accounting. Visto come il processo di consultazione dell’IFRS 9 è ancora in atto e considerato anche che non esistono applicazioni operative del nuovo set di regole
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
contabili, ai fini del presente lavoro si è preferito focalizzare la trattazione ed i relativi esempi sulla descrizione della struttura di regole attualmente vigente, dedicando in conclusione un apposito paragrafo alla illustrazione delle principali modifiche contenute nella versione dell’IFRS 9 emanata dallo IASB nell’ottobre 2010 contenente le disposizioni attinenti alla fase di classificazione e misurazione degli strumenti finanziari. Inoltre, nella piena consapevolezza del fatto che a partire dal primo gennaio 2013 è entrato in vigore il principio IFRS 13, che raccoglie in un unico documento le regole di determinazione e disclosure sul fair value relativo a tutte le attività e passività, incluse quelle relative allo IAS 39 e all’IFRS 7, nella predisposizione del presente capitolo, che riporta esemplificazioni tratte dai bilanci dell’esercizio 2011 riferite alla regolamentazione in vigore al tempo della loro redazione, si continuerà a fare riferimento a quanto previsto dallo IAS 39 e dall’IFRS 7, che sono i principi richiamati negli estratti dei bilanci riportati, rinviando, per la presentazione del contenuto del principio in oggetto a quanto detto nel capitolo 2 sul fair value. Si tiene, inoltre, a far presente che la illustrazione del sistema di regole previste dai principi oggetto della presente trattazione sarà integrata con la descrizione di alcune esemplificazioni di scritture contabili da redigere e di una serie di esempi tratti dai bilanci di alcune delle principali imprese industriali italiane (Fiat, Enel, Gruppo Editoriale L’Espresso, Lottomatica); volutamente si è evitato di prendere a riferimento i bilanci delle imprese bancarie e/o finanziarie in quanto, pur presentando queste una articolata informativa sugli strumenti finanziari che assorbono larga parte dei valori riportati nei loro rendiconti, i bilanci delle imprese bancarie e/o finanziarie sono redatti in applicazione di una normativa specifica di settore emanata dalla Banca d’Italia che impone regole di presentazione non sempre coincidenti con quelle adottate dalle imprese degli altri settori industriali. Analogamente è stata prevista una disciplina specifica per i bilanci delle Imprese Assicurative che viene emanata dall’ISVAP.
7.2. IAS 32 E 39: CAMPO DI APPLICAZIONE, DEFINIZIONE, CLASSIFICAZIONE E FASI DI VITA DEGLI STRUMENTI FINANZIARI
Come anticipato, un aspetto propedeutico all’illustrazione del trattamento di bilancio degli strumenti finanziari risulta essere la definizione stessa di strumento finanziario, che consente anche di delineare il campo di applicazione degli standard oggetto di analisi nel presente capitolo.
GLI STRUMENTI FINANZIARI
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Lo IAS 32 6 precisa che per strumento finanziario è da intendersi qualsiasi contratto che dia origine, per un’entità, ad un’attività finanziaria, ad una passività finanziaria o ad uno strumento rappresentativo di capitale di un’altra entità. A ben vedere, tale definizione risulterebbe incompleta se nello standard non venissero meglio descritti i concetti di attività finanziaria, passività finanziaria e strumento rappresentativo di capitale; a tal fine, si precisa che: a) le attività finanziarie sono rappresentate da: – un diritto contrattuale a ricevere denaro o altre attività finanziarie; – un diritto contrattuale a scambiare strumenti finanziari con un’altra entità a condizioni potenzialmente favorevoli; – una quota di patrimonio netto di un’altra entità. b) le passività finanziarie corrispondono, invece, a qualsiasi contratto che comporta un obbligo a: – consegnare denaro o un’altra attività; – scambiare strumenti finanziari a condizioni potenzialmente sfavorevoli; c) gli strumenti di patrimonio netto, infine, sono riconducibili a qualsiasi contratto che configuri una partecipazione residua nell’attivo di un’entità, al netto di tutte le sue passività. Da quanto sopra riportato emerge che la definizione di strumento finanziario fornita dallo IAS 32 è assai ampia e viene ad accogliere, al suo interno, fattispecie contrattuali profondamente differenti quali i crediti, i debiti di funzionamento e di finanziamento, i titoli obbligazionari, le varie tipologie di obbligazioni emesse e le azioni, oltre, ovviamente, alle principali tipologie di contratti derivati creditizi e finanziari. In proposito, va ricordato che, a differenza di quanto previsto dalla attuale regolamentazione sul bilancio, il principio contabile internazionale prescinde dalla forma contrattuale delle operazioni e dispone il trattamento di bilancio in base alla categoria (portafoglio funzionale) di appartenenza: ciò porta ad una profonda differenziazione della regolamentazione IAS/ IFRS, rispetto alla vigente disciplina del codice civile ed ai principi contabili nazionali che sono riferiti a quest’ultima. Per evitare inconvenienti occorre premettere che lo stesso principio contabile esclude esplicitamente dalla definizione di strumento finanziario le partecipazioni di controllo e di collegamento, che rientrano, rispettivamente, nel campo di applicazione dello IAS 27 (partecipazioni di controllo), IAS 28 (partecipazioni di collegamento) e IAS 31 (joint venture e partecipazioni a controllo congiunto) 7. 6
Cfr. IASB, IAS 32 – Strumenti finanziari: esposizione nel bilancio e informazioni integrative, par. 11. 7 Sul tema si rinvia, in proposito, al capitolo 16 del presente lavoro.
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
Vengono, inoltre, esplicitamente escluse dal campo di applicazione dello IAS 39 le operazioni di leasing 8 disciplinate dallo IAS 17 e le attività e passività fiscali le cui modalità di trattamento sono previste dallo IAS 12. Per ciò che concerne la classificazione ed il trattamento di bilancio degli strumenti finanziari, lo standard contabile internazionale IAS 39 richiede di distinguere, prima di tutto, gli strumenti finanziari non derivati, dagli strumenti finanziari derivati, riconoscendo, così, una posizione autonoma e ben definita a quest’ultima tipologia di fattispecie negoziali, per cui viene previsto uno specifico sistema di regole contabili e di bilancio, che verrà di seguito illustrato al paragrafo 6. Occorre innanzitutto far presente che, per ciò che concerne la classificazione degli strumenti finanziari dell’attivo in categorie omogenee, si è passati da un criterio che differenziava le immobilizzazioni dall’attivo circolante 9 tipico delle direttive comunitarie e della disciplina del codice civile che da questa promana, alla classificazione contenuta nello IAS 39 10 che prevede, seguendo un approccio che differisce anche dalla classificazione proposta dallo IAS 1 11 la suddivisione degli strumenti finanziari dell’attivo in quattro differenti categorie: a) attività (passività) finanziarie valutate al fair value con imputazione al conto economico (Fair Value Through Profit or Loss): queste ultime possono essere ulteriormente suddivise in strumenti finanziari detenuti per la negoziazione (Held For Trading) e strumenti finanziari che vengono designati al fair value (Designated As At Fair Value) 12 a seguito di una scelta dei redattori del bilancio; 8
Il trattamento delle operazioni di leasing è oggetto del capitolo 5 del presente lavoro. Si veda in proposito CAVALIERI E.-RANALLI F., Economia aziendale, Giappichelli, Torino, 2005, p. 403 ss.; RANALLI F., Gli schemi del bilancio civilistico, Aracne, Roma, 2005, p. 41 ss. 10 Cfr. IASB, IAS 39 – Strumenti finanziari: rilevazione e valutazione, par. 9. 11 Per una illustrazione dei criteri di classificazione delle attività previste dallo IASB, IAS 1 – Presentazione del bilancio, si rinvia al capitolo 4 del presente lavoro. Per un approfondimento si veda tra gli altri DI CAGNO G., Informazione contabile e bilancio di esercizio: modello comunitario e modello IAS/IFRS, Cacucci, Bari, 2004; ANDREI P., “La struttura e il contenuto del bilancio di esercizio”, in AZZALI S. (a cura di), L’informativa di bilancio secondo i principi contabili nazionali ed internazionali, Giappichelli, Torino, 2005. Con riferimento agli strumenti finanziari, si veda tra gli altri PORZIO C.-SQUEO G., “IAS 32 e riforma del diritto societario: come classificare gli strumenti finanziari”, in MAZZEO R.-PALOMBINI E.-ZORZOLI S. (a cura di), IAS-IFRS e imprese bancarie. Impatti gestionali, organizzativi, contabili ed esperienze delle grandi banche italiane, Bancaria, Roma, 2005, pp. 211-245. 12 Lo IAS 39 prevede, infatti, che indipendentemente dalle categorie di appartenenza al momento del riconoscimento iniziale, uno strumento finanziario può essere designato al fair value con imputazione delle variazioni a conto economico, ricorrendo all’esercizio della cosiddetta Fair Value Option. 9
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b) investimenti posseduti sino a scadenza (Held To Maturity) 13; c) finanziamenti e crediti (Loans and Receivables); d) attività disponibili per la vendita (Available For Sale) 14. Come si avrà modo di vedere nel prosieguo del presente lavoro, le categorie appena richiamate sono assoggettate a differenti criteri di valutazione e, conseguentemente, ricevono una distinta rappresentazione all’interno degli schemi di bilancio 15 e/o della nota integrativa Oltre all’attivo, anche l’area degli strumenti finanziari del passivo ha subito modifiche rilevanti, sia dal punto di vista della classificazione, che da quello valutativo: anzi, si potrebbe arrivare a dire che tale area è quella che ha subito le modifiche più importanti. Infatti le regole IAS/IFRS, a differenza di quanto previsto nella attuale disciplina codicistica del bilancio che suddivide le passività ed i debiti per natura, senza richiedere adeguamenti di valore obbligatori 16, dopo aver distinto gli strumenti di capitale dalle passività 17, suddividono ulteriormente le passività finanziarie valutate al costo ammortizzato, dalle passività finanziarie valutate al fair value, con imputazione delle relative variazioni di valore a conto economico. Quest’ultima categoria, del tutto sconosciuta alla attuale regolamentazione del bilancio include, da un lato, le passività di trading (rappresentate dai derivati con valore corrente negativo e dai cosiddetti “scoperti tecnici” relativi ad attività di trading) e, dall’altro, le passività su cui è stata, ove possibile, esercitata la cosiddetta Fair Value Option 18. Va detto, in proposito, che gli operatori, nel classificare gli strumenti finanziari detenuti, devono fare ricorso al criterio della destinazione funzionale e, pertanto, dispongono di una seppur minima discrezionalità nella costituzione 13 Si noti che, per quanto i concetti possono sembrare apparentemente simili, la categoria degli HTM non coincide necessariamente con quella delle immobilizzazioni finanziarie, disciplinata dal D.Lgs. n. 127/1991 e della quale costituisce di norma un sottoinsieme, poiché lo IAS 39 prevede criteri assai stringenti per includere uno strumento finanziario tra gli investimenti detenuti sino a scadenza. In particolare, si richiede che le attività detenute fino a scadenza siano caratterizzate da pagamenti fissi e determinabili e che l’impresa abbia l’effettiva intenzione e capacità di detenere gli stessi sino alla loro naturale scadenza. 14 Gli strumenti disponibili per la vendita (AFS) costituiscono una categoria di strumenti finanziari residuale rispetto alle precedenti. 15 Per un maggior dettaglio, si rinvia al capitolo 4 del presente lavoro. 16 Ad eccezione della conversione delle poste in divisa. 17 Ciò comporta che una obbligazione convertibile, attraverso la sottoscrizione di azioni dell’emittente, debba essere suddivisa in un debito rappresentato da obbligazioni e in un derivato su azioni proprie. 18 La possibilità di esercitare la fair value option anche alle passività finanziarie è stata concessa, a determinate condizioni, da un documento dello IASB emanato nel giugno 2005. Cfr. IASB, Emendamenti allo IAS 39 – Strumenti finanziari: rilevazione e valutazione. La fair value option.
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
dei portafogli IAS/IFRS. In proposito, si può notare come nel sistema delle regole siano stati previsti alcuni requisiti oggettivi e soggettivi che fungono da discriminante nel definire la categoria di appartenenza degli strumenti finanziari: i requisiti oggettivi possono essere ricondotti alle caratteristiche tecniche dell’operazione e vengono specificatamente previsti dal principio contabile, mentre i requisiti soggettivi attengono alle destinazione funzionale che l’azienda intende attribuire all’operazione, compatibilmente con le opzioni previste dallo IAS 39. Ad esempio, il principio contabile definisce un’attività (o passività) come posseduta per negoziazione (held for trading) se “(i) è acquisita o sostenuta principalmente al fine di venderla o riacquistarla a breve; (ii) è parte di un portafoglio di identificati strumenti finanziari che sono gestiti insieme, per i quali esiste evidenza di una recente ed effettiva strategia rivolta all’ottenimento di un profitto nel breve periodo; (iii) o è un derivato (fatta eccezione per un derivato che sia un designato ed efficace strumento di copertura)” 19. Invece, gli strumenti posseduti sino a scadenza (held to maturity) “sono attività non derivate con pagamenti fissi o determinabili e scadenza fissa che un’entità ha oggettiva intenzione e capacità di possedere sino alla scadenza ad eccezione di quelli: (a) che l’entità designa al momento della rilevazione iniziale al fair value (valore equo) rilevato a conto economico; (b) che l’entità designa come disponibili per la vendita; e (iii) che soddisfano la definizione di finanziamenti e crediti” 20. Analogamente, le attività finanziarie riconducibili nel portafoglio finanziamenti e crediti (loans and receivables) “sono strumenti non derivati con pagamenti fissi o determinabili che non sono stati quotati in un mercato attivo, ad eccezione di: (a) quelli che l’entità intende vendere immediatamente o a breve, che devono essere classificati come posseduti per negoziazione, e quelli che l’entità al momento della rilevazione iniziale designa al fair value (valore equo) rilevato a conto economico; (b) quelli che l’entità al momento della rilevazione iniziale designa come disponibili per la vendita; o (c) quelli per cui il possessore non può recuperare sostanzialmente tutto l’investimento iniziale, non a causa del deterioramento del credito, che devono essere classificati come disponibili per la vendita” 21. In ultimo, le attività disponibili per la vendita (available for sale) rappresentano una categoria residuale, in quanto “sono quelle attività finanziarie non derivate che sono designate come disponibili per la vendita o non sono classificate come (a) finanziamenti e crediti, (b) investimenti posseduti sino alla scaden19
Cfr. IASB, IAS 39 – Strumenti finanziari: rilevazione e valutazione, par. 9. Cfr. Ibidem 21 Cfr. Ibidem. 20
GLI STRUMENTI FINANZIARI
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za, o (c) attività finanziarie al fair value (valore equo) rilevato a conto economico” 22. Da quanto detto si deduce, pertanto, che tutte le attività finanziarie che non presentano flussi attesi fissi o determinabili (come ad esempio le quote di capitale di una impresa) non possono essere classificate come attività detenute sino a scadenza, né possono rientrare nella categoria “finanziamenti e crediti”: quest’ultimo portafoglio, oltre ai crediti (commerciali e di finanziamento) potrà accogliere anche titoli di debito ed obbligazionari emessi da imprese e/o enti pubblici, a condizione che tali attività non siano quotate su mercati ufficiali. In base a quanto detto precedentemente gli strumenti derivati 23, se non vengono qualificati come idonei strumenti di copertura 24 devono necessariamente essere ricondotti all’interno della categoria degli “strumenti detenuti per negoziazione” e, pertanto, come si vedrà meglio più avanti, vanno necessariamente valutati al fair value con imputazione delle relative variazioni di valore al conto economico. Ovviamente un contratto derivato con valore positivo sarà ricondotto tra le attività di negoziazione, mentre l’eventuale valore negativo di un derivato minusvalente confluirà all’interno delle passività di trading (negoziazione). Poiché all’attribuzione di uno strumento finanziario alle varie tipologie appena illustrate consegue l’applicazione di modalità di contabilizzazione e di criteri di valutazione differenti, appare evidente come, pur essendo astrattamente prevista la possibilità di operare riclassifiche e trasferimenti tra categorie di strumenti finanziari, le stesse costituiscono più una conseguenza di obblighi imposti dall’applicazione delle regole previste dallo standard 25, piuttosto che una reale possibilità concessa al redattore del bilancio. A riguardo si fa presente come le modifiche introdotte nel 2008 a seguito della crisi finanziaria che aveva portato alla emersione di rilevanti minusvalenze per gli strumenti valutati al fair value destinati alla negoziazione, hanno consentito, entro dati limiti, di riclassificare le attività destinate alla vendita, riconducendole all’interno di altre categorie funzionali. 22
CFR. Ibidem. Cfr. Ibidem. 24 Per un maggior approfondimento si veda infra, par. 7.7. 25 Occorre, ad esempio, evidenziare che, qualora un’impresa abbia venduto o riclassificato una quota rilevante degli investimenti detenuti sino a scadenza, nel corso dell’esercizio corrente, non potrà classificare per tre periodi amministrativi nessuno strumento finanziario all’interno di tale portafoglio (tainting provision), ad eccezione dei casi in cui le vendite o le riclassifiche siano: – prossime alla scadenza; – si verificano successivamente al sostanziale recupero dell’investimento del capitale; – sono fuori dal controllo dell’impresa e rappresentano un caso isolato. Cfr. IASB, IAS 39 – Strumenti finanziari: rilevazione e valutazione, par. 9. 23
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
La riclassifica è stata consentita solo in rare circostanze e non può riguardare i contratti derivati, né le attività assoggettate alla fair value option. Nel caso di riclassifica, il trasferimento deve avvenire al fair value alla data del trasferimento (e per tale motivo è stata consentita una applicazione retrospettiva non antecedente al 1/07/2008) senza che sia più possibile riprendere le perdite emerse all’atto della riclassifica. A riguardo le possibilità di riclassifica concesse da questo provvedimento, che ha natura del tutto eccezionale, richiedono comunque che l’impresa che opera la riclassifica abbia la capacità e la possibilità detenere l’attività nel prevedibile futuro o fino a scadenza. Inoltre, al fine di rendere trasparente l’eventuale ricorso alle riclassifiche operate è stato previsto che, all’interno della nota integrativa, venga indicato l’importo delle riclassifiche operate ed illustrate le motivazioni e, soprattutto nel caso di riclassifiche che comportano l’abbandono del criterio del fair value, è stato previsto l’obbligo di fornire anche negli esercizi futuri, fino alla data di eliminazione contabile, il fair value degli strumenti riclassificati e l’entità degli importi che sarebbero stati iscritti al conto economico se la riclassifica non fosse stata operata, con ciò evidenziando, anche negli esercizi successivi, gli effetti prodotti dalla riclassifica. Prima di entrare nel merito delle regole di valutazione previste dallo IAS 39, occorre far presente come una ulteriore rilevante novità connessa alle modalità di trattamento degli strumenti finanziari attiene all’individuazione delle fasi di vita di uno strumento finanziario, a cui si legano gruppi di regole che ne disciplinano il trattamento contabile e di bilancio.
TAVOLA 1 – Fasi di vita di uno strumento finanziario
Iscrizione
Valutazione iniziale e successiva
Svalutazione
Riclassificazione
Cancellazione
Dalla tavola precedente si evince come, oltre alla fase iniziale di iscrizione nel sistema contabile (recognition), alla quale si contrappone la fase terminale di cancellazione (derecognition) le cui regole vengono di seguito illustrate 26, lo IAS 39 prevede, per gli strumenti finanziari, tre distinti momenti di misurazione e determinazione di valore.
26
Per una illustrazione dettagliata delle regole di rappresentazione, si rinvia al successivo par. 6.
GLI STRUMENTI FINANZIARI
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Il primo momento, detto della “misurazione iniziale”, si applica a tutti gli strumenti finanziari attivi e passivi, indipendentemente dalla classe di appartenenza e si realizza al momento della loro iscrizione; la fase di misurazione iniziale rappresenta una novità assoluta rispetto alla normativa civilistica che fa ricorso, quale riferimento, al valore originario di scambio; essa richiede di effettuare una verifica preliminare della corrispondenza tra corrispettivo incassato o pagato a seguito della transazione e fair value (valore equo) dello strumento finanziario alla data dell’acquisizione che prevale sul valore di scambio originario: da questa prima fase valutativa possono emergere utili o perdite che, come si avrà modo di approfondire nel seguito del presente capitolo, a date circostanze dovranno essere iscritte immediatamente a conto economico (day one losses e day one profits) 27. Un secondo momento di misurazione definito “subsequent measurement” è posto in essere ad ogni data di reporting e in funzione del criterio valutativo che è proprio della categoria di appartenenza, frutto della classificazione iniziale, attiene all’adeguamento del costo ammortizzato o del fair value: in questa fase si procede ad aggiornare i valori delle attività e/o delle passività in applicazione dei criteri previsti per il portafoglio di appartenenza dello strumento finanziario. Un terzo momento valutativo, definito dell’impairment (svalutazione), coinvolge le sole attività esposte al rischio di credito e/o di inadempimento del debitore: obiettivo di questa terza fase valutativa è la quantificazione delle eventuali perdite di valore connesse, sostanzialmente, alla esistenza di rischi di inadempienza delle controparti. Occorre, in proposito, far presente che la fase di determinazione delle perdite di valore è tipicamente legata agli strumenti finanziari diversi da quelli valutati al fair value con iscrizione al conto economico. Infatti, nella determinazione del valore equo occorre considerare anche le perdite di valore degli strumenti oggetto di valutazione che derivano dalla valutazione del merito creditizio del debitore e/o dal rischio di insolvenza del debitore.
7.3. I CRITERI DI VALUTAZIONE DEGLI STRUMENTI FINANZIARI Da quanto finora detto emerge con evidenza come il criterio principale cui fare riferimento per la valutazione delle attività e passività finanziarie sia quello del fair value, il quale, a differenza di quanto previsto dalla disciplina del codice 27 In proposito si veda: IASB, Emendamenti allo IAS 39 – Strumenti finanziari: rilevazione e valutazione Transizione e iscrizione iniziale delle attività e passività finanziarie, dicembre 2004.
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
civile, verrà esteso in fase di misurazione iniziale a tutti gli strumenti finanziari e, in fase di misurazione successiva, a larga parte degli stessi: in particolare agli strumenti di trading e derivati, a quelli disponibili per la vendita 28, a quelli oggetto di copertura di fair value e a quelli designati al fair value a seguito dell’esercizio della cosiddetta Fair Value Option. In alcuni casi le oscillazioni di fair value verranno iscritte direttamente nel conto economico, in altri casi subiranno un trattamento differente. In pratica non risultano valutati al fair value in sede di misurazione successiva, per quanto concerne l’attivo, i soli crediti e finanziamenti e gli investimenti posseduti sino a scadenza e, per il passivo, le altre passività finanziarie: questi elementi del capitale, a meno che non siano stati oggetto di copertura dalle oscillazioni di fair value con contratti derivati, andranno valutati in base alla metodologia del costo ammortizzato, facendo ricorso al criterio dell’interesse effettivo, che verrà illustrato dettagliatamente nel paragrafo successivo. A conferma della rilevanza che il fair value viene ad assumere nel caso della valutazione degli strumenti finanziari si può notare che la regolamentazione degli strumenti finanziari obbliga a fornire nelle note al bilancio anche il fair value degli strumenti finanziari valutati al costo ammortizzato, unitamente ad una dettagliata descrizione delle modalità adottate per la sua determinazione. A riguardo si fa presente che nel 2009, successivamente all’entrata in vigore dell’IFRS 7, sono state richieste ai redattori dei bilanci alcune ulteriori informazioni in merito al fair value degli strumenti finanziari ed alle relative modalità di determinazione che portano a distinguere fra differenti tipologie di fair value, di cui si dirà nel dettaglio più avanti al paragrafo 7.5. Un quadro sinottico dei criteri di valutazione da applicare alle varie categorie di strumenti finanziari viene fornito nella Tavola 2, di seguito riportata. Dalla tavola si evince come l’applicazione dei principi contabili internazionali modifichi in modo profondo le modalità di iscrizione e valutazione dei crediti e dei debiti – rappresentati o meno da titoli – e dei contratti derivati, ed introduce, altresì, una serie di importanti innovazioni in merito al trattamento di bilancio degli investimenti azionari e partecipativi che rientrano nel campo di applicazione dello IAS 39.
28 Si fa presente che, mentre per gli strumenti finanziari detenuti per negoziazione la valutazione si effettua, come precisato, al fair value con imputazione delle relative variazioni a conto economico, gli strumenti finanziari disponibili per la vendita, pur essendo, comunque, valutati al fair value vedranno le loro variazioni di valore imputate a patrimonio netto. Cfr. IASB, IAS 39 – Strumenti finanziari: rilevazione e valutazione, par. 9.
GLI STRUMENTI FINANZIARI
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TAVOLA 2 – Categorie di strumenti finanziari e criteri di valutazione IAS/IFRS Attività finanziarie Portafoglio 1. FVTPL
Criterio di valutazione
Attività valutate al fair value con imputazione al conto economico
– HFT
– Attività detenute per la negoziazione
– DAAFV
– Designate al fair value
Valutazione al fair value con imputazione delle variazioni a conto economico
2. AFS (1)
Attività disponibili per la vendita
Valutazione al fair value con imputazione delle variazioni a patrimonio netto/prospetto della redditività complessiva con iscrizione degli interessi in base al metodo dell’interesse effettivo.
3. HTM
Investimenti posseduti sino a scadenza
Valutazione al costo ammortizzato
4. L&R
Finanziamenti e crediti
Valutazione al costo ammortizzato
Titoli di capitale il cui fair value non è determinabile
Valutazione al costo
(1)
Passività finanziarie Portafoglio 1. FVTPL
Passività valutate al fair value con imputazione al conto economico
– HFT
– Passività detenute per la negoziazione
– DAAFV
– Designate al fair value
2. FLAAC
Altre passività
Criteri di valutazione
Valutazione al fair value con imputazione delle variazioni a conto economico
Valutazione al costo ammortizzato
La categoria dei Finanziamenti e Crediti (Loans & Receivables) accoglie, tipicamente, sia i crediti finanziari, che quelli commerciali indipendentemente dalla loro scadenza, ma può includere anche titoli di credito (sempre che questi non siano quotati o acquistati con l’intenzione di cederli sul mercato nel breve termine, oppure siano oggetto dell’esercizio della fair value option);
282
I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
Il portafoglio degli strumenti finanziari detenuti fino a scadenza, pertanto, può accogliere crediti e titoli di debito solo se destinati a permanere durevolmente nell’economia dell’azienda fino alla loro naturale scadenza e non destinati alla vendita; si ricorda, infatti, che il requisito oggettivo dell’esistenza di pagamenti fissi o determinabili imposto dallo IAS 39 per le attività detenute sino a scadenza, impedisce l’inclusione all’interno di detta categoria degli strumenti di capitale (questi ultimi vanno distinti dalle partecipazioni di controllo, collegamento o controllo congiunto che, come detto, non rientrano nel campo di applicazione dello IAS 39). Come anticipato le attività e passività che l’azienda classifica tra quelle detenute per la negoziazione (held for trading) sono possedute per trarre benefici dalle fluttuazioni di breve periodo del loro fair value o per lucrare un margine dalla loro negoziazione: accanto ai titoli (quotati e non), come anticipato, in questa categoria verranno inclusi anche gli strumenti derivati che non sono impiegati in operazioni di copertura. Si ritiene opportuno precisare come la categoria degli strumenti di negoziazione vada concettualmente distinta dal portafoglio delle attività/passività designate al fair value, destinato ad accogliere tutti gli strumenti finanziari (attivi e passivi) diversi da quelli destinati a negoziazione per i quali l’azienda ha ritenuto opportuno ricorrere alla cosiddetta fair value option. Infatti, per quanto le due citate categorie condividano criterio di valutazione e metodologia di contabilizzazione degli effetti economici prodotti, va ribadito come, ai fini dell’applicazione della fair value option che può coinvolgere tutti gli strumenti diversi da quelli di trading, lo IAS 39 richieda all’azienda di dimostrare che attraverso la valutazione al fair value di specifiche attività/passività finanziarie il bilancio è in grado di fornire un’informazione migliore, in quanto viene in tal modo eliminata o ridotta notevolmente una mancanza di uniformità nella valutazione o nella rilevazione (altresì detta asimmetria contabile, o accounting mismatch) che si produce quando la valutazione di dette attività o passività e la rilevazione dei relativi utili e perdite avviene in base a criteri diversi; un ulteriore esempio tipico di ricorso alla fair value option si ha quando tali attività/passività appartengono ad un gruppo di strumenti finanziari gestiti in maniera omogenea e le cui performance sono valutate al fair value, secondo una documentata gestione del rischio o strategia di investimento, in relazione alla quale si rende opportuna un’apposita disclosure in allegato al bilancio. Nella categoria in oggetto potrebbero, inoltre, essere ricondotti gli “strumenti strutturati” non destinati alla negoziazione dell’attivo ed anche del passivo, che la società non è in grado di scindere nelle componenti di strumento ospite e derivato implicito e che pertanto decide di valutare al fair value evitando, in tal modo, lo scorporo.
GLI STRUMENTI FINANZIARI
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Infine, un ruolo peculiare viene rivestito dalla categoria degli strumenti finanziari disponibili per la vendita (available for sale): per questi, vista la loro natura residuale, lo IAS 39 non impone requisiti oggettivi (forma tecnica, quotazione, pagamenti fissi o determinabili, ecc.) e consente, così facendo, di ricondurre all’interno della categoria in esame qualsiasi attività finanziaria (fatta naturalmente eccezione per i derivati) che l’azienda intenda valutare al fair value senza che gli effetti economici impattino direttamente sul risultato economico di periodo. In questo caso, infatti, il modello adottato prevede che tali attività vengano comunque valutate al fair value, mentre la contropartita delle variazioni di fair value relative agli strumenti disponibili per la vendita venga iscritta ad una apposita riserva del patrimonio netto, definita riserva da valutazione: gli importi relativi concorreranno anche a formare il prospetto della redditività complessiva (OCI). Nell’ipotesi in oggetto la riserva da valutazione può accogliere valori positivi, in tutti i casi in cui il fair value degli strumenti AFS dovesse incrementare, mentre (dopo aver calcolato la quota di proventi maturata che, nel caso degli interessi, nasce dalla applicazione del metodo del costo ammortizzato) in ipotesi di variazione negativa di fair value, la riserva da valutazione accoglie valori negativi. Tali valori positivi e/o negativi varranno riportati al conto economico all’atto della cancellazione dello strumento finanziario AFS a cui si riferiscono. Fa eccezione a tale regola l’ipotesi in cui la riserva da valutazione abbia accolto valori negativi correlati a minusvalenze del minor fair value di strumenti AFS e queste perdite dovessero risultare “perduranti e significative” (prolonged and significant). In tal caso è fatto obbligo di iscrivere le stesse nel conto economico, ciò anche se lo strumento è ancora detenuto dalla entità che redige il bilancio. Nel caso di strumenti disponibili per la vendita (AFS) rappresentativi del patrimonio netto di altre imprese, la perdita iscritta nel conto economico assume valori di definitività e non dà diritto ad operare successive riprese di valore 29. Di seguito si forniscono alcuni esempi di trattamento contabile dei titoli disponibili per la vendita (AFS) relativi alle operazioni di: 1. Acquisto. 2. Valutazione successiva. 3. Vendita.
29
A riguardo occorre far presente che il paragrafo 61 dello IAS 39 riferito ai titoli di capitale ponga come alternativi i concetti di o prolungata o significativa riduzione del fair value quale evidenza obiettiva di impairment. Alla luce di ciò, l’IFRIC, nel luglio 2009, ha specificato che i due criteri non devono necessariamente coesistere.
284
I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
1. In data 19 settembre 20X0, l’entità A ha sottoscritto titoli obbligazionari per un valore nominale pari a 100, designandoli come “Attività finanziarie disponibili per la vendita” (AFS). In sede di initial measurement, l’entità rileverebbe la seguente scrittura contabile. Titoli disponibili per la vendita
a
Banca c/c
100
2. Supponiamo a questo punto che, al 31 dicembre 20X0: a) il fair value degli stessi titoli sia pari a 105; b) il fair value degli stessi titoli sia pari a 80. Nel primo scenario, caso sub a), l’entità addebita il conto “Titoli disponibili per la vendita” ed in contropartita, accredita il conto “Riserva AFS”, per un importo pari alla differenza tra il maggior fair value al 31 dicembre 20X0 (105) ed il fair value rilevato in sede di initial measurement (100). Titoli disponibili per la vendita
a
Riserva AFS
5
La “Riserva AFS” comparirà tra le poste del netto e concorrerà alla formazione, con segno positivo, del cosiddetto “reddito allargato” o Comprehensive Income. Nel secondo scenario, caso sub b), l’entità A accredita il conto “Titoli disponibili per la vendita” ed in contropartita addebita il conto “Riserva AFS” per un importo pari alla differenza tra il fair value rilevato in sede di initial measurement (100) ed il minor fair value al 31 dicembre 20X0 (80). Riserva AFS
a
Titoli disponibili per la vendita
20
La “Riserva AFS” oltre a comparire tra le poste del netto, ove occorra anche con segno negativo, concorrerà alla formazione, con segno negativo, del cosiddetto “reddito allargato” o Comprehensive Income. Precisiamo che, nel corso del tempo, le variazioni negative di fair value, sebbene alternate a variazioni positive, possono dar luogo a riserve di patrimonio netto negative. Come detto, in caso di riduzioni di valore durevoli, il fair value negativo iscritto a riserva dovrà essere “rigirato” a conto economico, tra i
285
GLI STRUMENTI FINANZIARI
componenti negativi di reddito, e per lo stesso importo produrrebbe una variazione di segno opposto degli Other Comprehensive Income (OCI). Nel caso in cui i titoli dovessero subire successivamente delle riduzioni di valore durevoli, con riduzione di fair value prolungata e/o significativa che supponiamo pari a 20, l’entità A dovrà rilevare la seguente scrittura contabile. Perdita per riduzione di valore di attività AFS
a
Riserva AFS (negativa)
20
Infine se, in un momento successivo, dovessero venir meno i motivi che hanno dato luogo alla precedente svalutazione, si procederà ad un ripristino di valore che potrà essere contabilizzato fra i componenti positivi del conto economico, a meno che non si tratti di titoli azionari le cui riprese di valore non impattano sul risultato economico di periodo e si contabilizzano a patrimonio netto. Supponendo che il ripristino sia pari a 5, l’entità A effettuerà la seguente scrittura contabile: Titoli disponibili per la vendita a
Ripresa di valore (conto economico)
5
Come detto, la successiva ripresa di valore potrà essere iscritta a conto economico solo nel caso di titoli obbligazionari. Nell’ipotesi di titoli azionari, invece, non essendo prevista la iscrizione della ripresa di valore, la scrittura sarà la seguente con la iscrizione del maggior fair value nella apposita riserva di Patrimonio Netto: Titoli disponibili per la vendita a
Riserva AFS
5
3. Partendo dalle ipotesi 2a) e 2b) sopra indicate ed immaginando una cessione dei titoli in oggetto per un importo pari rispettivamente a 107 e 75, le scritture contabili risulteranno le seguenti. a) Vendita dei titoli per un valore pari a 107: Cassa
a
Diversi Titoli disponibili per la vendita Utile da realizzo
107 105 002
286
I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
Ma dovendo azzerare la relativa riserva, occorrerà procedere con la scrittura che segue: Riserva AFS
a
Utile da realizzo
5
Da questa operazione emerge un risultato da negoziazione positivo, pari a 7, calcolato per somma algebrica tra: 1. l’utile da realizzo di 2, pari alla differenza tra prezzo (107) e valore di ultima iscrizione (105) dei titoli; 2. l’utile da realizzo di 5, determinata dal rigiro a Conto economico della Riserva AFS di 5. Per lo stesso importo si storneranno gli Other comprehensive income dal Conto economico complessivo, con un Reclassification Adjustment su titoli AFS. A ben vedere, il risultato da negoziazione di 7 corrisponde anche alla differenza tra il valore di iscrizione iniziale dei titoli, pari a 100 e il valore realizzato dalla loro vendita, pari a 107. b) Vendita dei titoli per un valore pari a 75. Diversi Cassa Perdita da realizzo
a
Titoli disponibili per la vendita
80 75 05
La successiva scrittura di azzeramento della riserva è la seguente: Perdita da realizzo
a
Riserva AFS (negativa)
20
Da questa operazione emerge un risultato da negoziazione negativo, pari a 25, calcolato per somma algebrica tra: 1. la perdita da realizzo di 5, pari alla differenza tra il valore di ultima iscrizione dei titoli (80) e il valore di realizzo (75); 2. la ulteriore perdita da realizzo di 20, determinata dal rigiro a Conto economico della Riserva AFS. Per lo stesso importo si storneranno gli Other comprehensive income dal Conto economico complessivo, con un Reclassification Adjustment su titoli AFS. Anche in questo caso, il risultato da negoziazione di 25 corrisponde alla differenza tra il valore di iscrizione iniziale dei titoli, pari a 100, e il valore realizzato dalla loro vendita, pari a 75.
287
GLI STRUMENTI FINANZIARI
Sempre con riferimento all’ipotesi 2b) supponiamo che i titoli vengano venduti sul mercato a 85. In questo caso le scritture saranno le seguenti: Cassa
Perdita da realizzo
a
a
Diversi Titoli disponibili per la vendita Utile da realizzo
Riserva AFS (negativa)
85 80 05 20
Nell’ipotesi considerata il rigiro della riserva a Conto economico fa cambiare di segno al risultato della negoziazione, che da utile si trasforma in una perdita netta di 15. In effetti, nel caso in oggetto, la vendita fa emergere un risultato da negoziazione negativo, pari a 15, calcolato per somma algebrica tra: 1. l’utile da realizzo di 5, pari alla differenza tra il valore di realizzo (85) e il valore di ultima iscrizione dei titoli (80); 2. la perdita da realizzo di 20, determinata dal rigiro a Conto economico della Riserva AFS. Per lo stesso importo si storneranno gli Other comprehensive income dal Conto economico complessivo, con un Reclassification Adjustment su titoli AFS. Il risultato da negoziazione di 15 corrisponde, infatti, alla differenza tra il valore di iscrizione iniziale dei titoli, pari a 100, e il valore realizzato dalla loro vendita, pari a 85. In proposito, una menzione specifica merita l’area dei possessi azionari che non configurano partecipazioni di controllo, collegamento e controllo congiunto che, come si è avuto modo di anticipare in precedenza, esulano dal campo di applicazione dello IAS 39 e sono oggetto, rispettivamente, degli IAS 27, 28 e 31. In particolare, i possessi azionari che non soddisfano le ipotesi di collegamento o controllo rientrano nel campo di applicazione dello IAS 39 e vanno inclusi tra le attività correnti, alternativamente tra gli strumenti di trading, se detenuti a scopo di negoziazione, ovvero all’interno del portafoglio degli strumenti finanziari disponibili per la vendita, nel caso in cui questi dovessero essere detenuti con l’obiettivo di effettuare un investimento durevole o comunque secondo finalità differenti da quelle tipiche del negoziatore (cosiddetti strategic investments). Infatti, in precedenza si è detto che le azioni o quote del capitale di altre imprese, in quanto prive del requisito della scadenza predefinita e dei flussi certi o determinabili, non possono essere ricondotte nel portafoglio held to maturity.
288
I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
Alla luce di quanto appena detto, le quote del capitale netto di altre imprese incluse, alternativamente, tra le attività finanziarie di negoziazione o tra quelle disponibili per la vendita, dovrebbero essere sempre valutate al fair value, anche se l’assenza di prezzi di mercato, rende spesso difficoltoso il calcolo del loro fair value. In questi casi lo IAS 39 prevede che qualora il redattore di bilancio non sia in grado di determinare il fair value di una quota di capitale in modo attendibile, lo stesso può adottare una valutazione al costo, con l’obbligo di fornire un’apposita informativa nella nota integrativa al bilancio 30.
Gruppo FIAT Bilancio consolidato al 31.12.2011 (p. 145) “Strumenti finanziari. Presentazione. Gli strumenti finanziari detenuti dal Gruppo sono inclusi nelle voci di bilancio di seguito descritte. La voce Partecipazioni e altre attività finanziarie non correnti include le partecipazioni in imprese non consolidate e altre attività finanziarie non correnti (titoli detenuti con l’intento di mantenerli in portafoglio sino alla scadenza, crediti e finanziamenti non correnti e altre attività finanziarie non correnti disponibili per la vendita). Le attività finanziarie correnti, così come definite dallo IAS 39, includono i crediti commerciali, i crediti da attività di finanziamento (finanziamenti alla clientela finale – “retail”, finanziamenti ai dealer, leasing finanziari e altri finanziamenti correnti a terzi), titoli correnti e le altre attività finanziarie correnti (che includono il fair value positivo degli strumenti finanziari derivati), nonché le disponibilità e mezzi equivalenti. In particolare, la voce Disponibilità e mezzi equivalenti include i depositi bancari, quote di fondi di liquidità e altri titoli ad elevata negoziabilità che possono essere convertiti in cassa prontamente e che sono soggetti ad un rischio di variazione di valore non significativo. I titoli correnti comprendono i titoli con scadenza a breve termine o titoli negoziabili che rappresentano investimenti temporanei di liquidità e che non rispettano i requisiti per essere classificati come mezzi equivalenti alle disponibilità; i titoli correnti comprendono sia titoli disponibili per la vendita, sia titoli detenuti per la negoziazione. Le passività finanziarie si riferiscono ai debiti finanziari, comprensivi dei debiti per anticipazioni su cessione di crediti, nonché alle altre passività finanziarie (che includono il fair value negativo degli strumenti finanziari derivati), ai debiti commerciali e agli altri debiti.
30
Questo è il motivo per cui la Tavola 2, che sintetizza i criteri di valutazione da applicare alle varie classi di strumenti finanziari, riporta in una ulteriore categoria di attività i titoli di capitale il cui fair value non è determinabile.
GLI STRUMENTI FINANZIARI
289
7.4. LA VALUTAZIONE DEGLI STRUMENTI FINANZIARI: CRITERIO DEL COSTO AMMORTIZZATO, TASSO DI INTERESSE EFFETTIVO ED IMPAIRMENT
Rinviando qualsiasi considerazione inerente alle problematiche specifiche di determinazione del fair value al paragrafo successivo del presente capitolo, dove tale tematica sarà opportunamente ripresa ed approfondita 31, si tracciano di seguito gli elementi salienti che contraddistinguono la metodologia valutativa del costo ammortizzato, la quale si basa sulla determinazione del tasso di interesse effettivo che, come detto, rappresenta il criterio di riferimento per la valutazione dei prestiti e finanziamenti, degli investimenti detenuti fino a scadenza e delle passività finanziarie diverse da quelle di negoziazione 32. Lo IAS 39, al paragrafo 9, definisce il costo ammortizzato di un’attività o di una passività finanziaria, come “il valore a cui questa è stata misurata al momento della sua iscrizione iniziale (fair value), al netto dei rimborsi di capitale, aumentato o diminuito dall’ammortamento complessivo di qualsiasi differenza tra il valore iniziale e quello a scadenza, determinato in base al criterio del tasso di interesse effettivo e dedotta qualsiasi riduzione di valore imputata allo stesso (impairment)”. Ai fini di una migliore comprensione della definizione sopra riportata che, ad una prima lettura, appare non priva di complessità, si ritiene quantomeno opportuno individuare gli elementi caratterizzanti del criterio di valutazione in esame. Innanzitutto, occorre ricordare come, ai sensi dello IAS 39, ogni strumento finanziario (a prescindere dal criterio di valutazione successivamente impiegato per la rilevazione in bilancio degli effetti economici ad esso connessi) deve essere rilevato inizialmente ad un valore corrispondente al suo fair value: come 31
Per un approfondimento relativo alle relazioni tra costo e fair value si rimanda, oltre al fondamentale contributo di PIZZO M., Il Fair value nel bilancio d’esercizio, Cedam, Padova, 2000, tra gli altri, a GAETANO A., Controllo dei rischi e informativa di bilancio, Rirea, Roma, 2003; BUSSO D.-PISONI P., Introduzione del Fair Value principio della prudenza e risultato economico, in Contabilità, finanza e controllo, Il Sole 24 Ore, n. 5, 2003; MARCHI L., Evoluzione dei principi contabili e dei criteri di valutazione: dal costo al fair value, Revisione Contabile, n. 57, III bim., Unione Stampa Periodica Italiana, 2004; RAYMAN A., Fair Value or false accounting?, Accountancy Magazine, October 2004. 32 A ben vedere, il criterio del costo ammortizzato va applicato anche alle attività disponibili per la vendita, anche se le stesse vengono valutate al fair value. Infatti, per tali attività, ove coerente con la natura delle stesse, è prevista la rilevazione degli interessi attivi in base al tasso effettivo di rendimento ed è inoltre richiesto che siano oggetto di svalutazioni (impairment) nel caso di rischio di inadempienza del debitore, secondo il medesimo procedimento previsto per le attività finanziarie valutate al costo ammortizzato.
290
I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
peraltro ribadito dallo stesso principio contabile, solitamente tale valore corrisponde all’importo erogato/versato in sede di erogazione/acquisto dell’attività, o incassato, qualora si tratti di una passività emessa. Nel caso specifico delle attività/passività valutate al costo ammortizzato 33, tuttavia, occorre incorporare in tale importo anche gli eventuali oneri/ricavi accessori che sono direttamente e specificamente attribuibili allo strumento finanziario e che risultano certi o comunque determinabili al momento della sua rilevazione iniziale 34: ad esempio, nel caso di un’attività finanziaria, i costi di transazione direttamente sostenuti per l’acquisizione della stima devono essere capitalizzati sull’importo erogato/versato dall’azienda, mentre i ricavi accessori vengono portati a decremento del suddetto importo. La corretta quantificazione di tali componenti accessorie di costo/ricavo rappresenta un momento molto importante, all’interno del più ampio processo valutativo dello strumento finanziario: infatti, una volta che in sede di rilevazione iniziale sia stato determinato, secondo le modalità descritte, il valore di bilancio dell’attività/passività finanziaria, risulta evidente come l’esistenza di eventuali oneri e ricavi accessori rappresenti la causa del disallineamento tra il valore iniziale e quello a scadenza dello strumento finanziario oggetto di valutazione. Secondo lo IAS 39, tale differenza va ripartita lungo l’intera vita dello strumento attraverso il metodo finanziario dell’interesse effettivo: in altre parole tutti i componenti accessori che concorrono alla determinazione del valore di bilancio dello strumento finanziario, devono conseguentemente essere assoggettati ad una procedura di ripartizione temporale che imputa quote di differenziali a rettifica (in più o in meno) dell’interesse contrattuale, concorrendo a determinare il tasso di interesse effettivo dell’operazione. Il tasso di interesse effettivo, infatti, non rappresenta altro che quel tasso che, attualizzando i flussi di cassa futuri attesi generati dallo strumento finanziario nell’arco della sua vita, li rende uguali al valore di iscrizione iniziale dello strumento medesimo. Pertanto, applicando la metodologia in esame per tutta la sua durata, l’attività/passività finanziaria produrrà interessi a conto economico che maturano proprio in base al tasso di interesse effettivo. Inoltre detto tasso non 33 Si precisa come, a ben vedere, il trattamento di seguito descritto riguardi anche le attività finanziarie classificate “disponibili per la vendita” ed escluda, quindi, soltanto gli strumenti finanziari valutati “al fair value con imputazione al conto economico”. 34 In generale, i costi di transazione accolgono diritti e commissioni pagate ad agenti, consulenti, mediatori ed intermediari in genere, contributi dovuti agli organi regolatori e alle Borse Valori, nonché imposte e tasse dovute per la conclusione dei contratti; premi, sconti e qualsiasi altra ripartizione di oneri amministrativi o di gestione non possono essere inclusi all’interno del tasso di interesse effettivo, al pari di tutti quei costi che sono oggetto di rimborso da parte del debitore e che, per tale motivo, non influenzano il rendimento effettivo dell’operazione.
291
GLI STRUMENTI FINANZIARI
potrà variare, come si avrà modo di ribadire tra poco, neppure in caso di deterioramento durevole di valore dello strumento finanziario in oggetto (impairment): fanno eccezione a tale regola solo gli strumenti che presentano un tasso di rendimento indicizzato ad un qualsiasi parametro di mercato, per i quali si deve procedere alla rideterminazione del tasso effettivo ad ogni data di riprezzamento del tasso (si veda, ad esempio, i finanziamenti a tasso variabile). La differenza tra l’interesse che matura al tasso contrattuale e l’interesse effettivo rappresenta la misura dell’ammortamento del complessivo differenziale tra valore iniziale e valore a scadenza dello strumento finanziario, attribuibile al periodo preso in considerazione per la valutazione: da tutto quanto finora detto risulta evidente come, in caso di assenza di componenti di costo/ricavo accessorie, si assiste ad una piena coincidenza tra tasso contrattuale e tasso effettivo. Inoltre, per tutte le attività finanziarie soggette al criterio di valutazione del costo ammortizzato, ma caratterizzate da una durata (originaria) inferiore ai 12 mesi, la metodologia appena descritta produce di norma effetti economici rilevanti (anche in presenza di oneri e ricavi accessori), al punto che è prassi abbastanza diffusa tra gli operatori, quella di iscrivere tali poste al loro valore nominale (previa verifica della piena recuperabilità dello stesso, come si dirà tra breve). A titolo di esempio, si prenda in considerazione un finanziamento erogato dall’azienda per un importo di € 50.000,00, rimborsabile in unica scadenza dopo cinque anni e con pagamento annuo dei soli interessi, che maturano al tasso del 6,50%. In una prima ipotesi, non vengono presi in considerazione oneri o ricavi accessori, cosicché il valore di iscrizione iniziale del finanziamento risulta pari all’importo erogato dall’azienda, al momento pari a € 50.000,00, ed il tasso di interesse effettivo corrisponde, pertanto, al tasso nominale del 6,50%. Alla luce dei dati sopra esposti, il piano di ammortamento del finanziamento risulta essere il seguente:
TAVOLA 3 Anni
Flussi
Interessi nominali
Interesse effettivo
Costo ammortizzato
0
– € 50.000,000
[erogazione]
1
0€ 3.250,00
€ 3.250,00
€ 3.250,00
0€ 50.000,00
2
0€ 3.250,00
€ 3.250,00
€ 3.250,00
0€ 50.000,00
3
0€ 3.250,00
€ 3.250,00
€ 3.250,00
0€ 50.000,00
4
0€ 3.250,00
€ 3.250,00
€ 3.250,00
0€ 50.000,00
5
€ 53.250,00
€ 3.250,00
€ 3.250,00
€ 50.000,00
0€ 50.000,00
292
I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
Come si evince dalla lettura della tabella, in assenza di perdite di valore legate all’inadempimento del debitore il costo ammortizzato del finanziamento resta immutato fino al momento del rimborso del capitale: ciò in quanto l’uguaglianza tra valore iniziale e valore di rimborso del prestito fa sì che non si debba procedere ad alcun ammortamento dei differenziali lungo la vita dello stesso; coerentemente con quanto disposto dallo IAS 39, pertanto, è l’incasso del capitale alla scadenza ad azzerare il costo ammortizzato del finanziamento. Riprendendo il medesimo esempio, si consideri ora, quale seconda ipotesi, che all’atto dell’erogazione siano previsti oneri accessori a carico dell’azienda per un importo pari ad € 2.500,00 e ricavi accessori per € 1.000,00: come anticipato, questi ultimi devono essere portati a decremento dell’importo erogato, mentre le commissioni passive contribuiscono ad incrementare il valore del prestito. Nel caso in esame, quindi, il valore iniziale (fair value) dell’attività finanziaria, che verrà iscritto nei conti in sede di rilevazione iniziale, ammonta a complessivi € 51.500,00 35, mentre il tasso di interesse effettivo (che, come verrà illustrato in seguito, è pari a 5,79%) risulta essere inferiore al tasso contrattuale: ciò in seguito all’incremento del valore dell’importo iscritto (€ 51.500 contro gli € 50.000 effettivamente erogati), a parità di rendimento nominale (che rimane immutato al tasso contrattuale del 6,50%). Per verificare quanto appena affermato, è sufficiente risolvere la seguente equazione: n Fi V0 = ∑ i i =1 (1 + r ) dove: V0 = è il valore iniziale (fair value iniziale) del finanziamento, inclusivo degli oneri/ricavi accessori (nell’esempio risulta pari ad € 51.500,00); Fi = flussi di cassa futuri attesi alle rispettive scadenze (gli stessi indicati in tabella 1 alla colonna Flussi); r = è il tasso di rendimento effettivo che attualizza i flussi attesi e rappresenta l’incognita dell’equazione; n = indica la durata del finanziamento, espressa nell’unità di misura ritenuta congrua (nell’esempio 5 anni).
Con riferimento all’esempio precedentemente descritto, risolvendo l’equazione sopra riportata si ottiene un tasso del 5,79%, inferiore, come anticipato, rispetto al tasso contrattuale del 6,50%. 35 Tale valore è ottenuto sommando all’importo erogato dall’impresa (€ 50.000,00) gli oneri accessori (€ 2.500,00) e sottraendo i ricavi accessori (€ 1.000,00).
293
GLI STRUMENTI FINANZIARI
La tabella seguente rappresenta il piano di ammortamento del finanziamento sulla base del tasso di interesse effettivo: come si può facilmente evidenziare, lo stesso condiziona il valore di iscrizione (costo ammortizzato) del credito.
TAVOLA 4 Anni
Flussi
Interessi nominali
Interesse effettivo
Costo ammortizzato
0
– € 51.500,000
1
0€ 3.250,00
€ 3.250,00
€ 2.982,80
0€ 51.232,80
2
0€ 3.250,00
€ 3.250,00
€ 2.967,32
0€ 50.950,12
3
0€ 3.250,00
€ 3.250,00
€ 2.950,95
0€ 50.651,07
4
0€ 3.250,00
€ 3.250,00
€ 2.966,63
0€ 50.334,70
5
€ 53.250,00
€ 3.250,00
€ 2.915,30
€ 0,00
0€ 51.500,00
Infatti, come si può desumere agevolmente dalla tabella, a differenza di quanto osservato in occasione del primo esempio, il costo ammortizzato del credito varia in occasione di ciascuna data di valutazione (subsequent measurement), in ragione del disallineamento tra valore iniziale (€ 51.500,00) e valore a scadenza (€ 50.000,00) del finanziamento: la differenza di € 1.500,00, derivante dall’esistenza delle componenti di costo/ricavo accessorie, viene infatti ripartita (ammortizzata) lungo tutto l’arco di vita dell’attività finanziaria con contropartita interessi; la tabella seguente evidenzia, in proposito, come l’ammortamento di tale differenziale risulti pari alla differenza tra l’interesse contrattuale (che matura al tasso del 6,50%) e l’interesse effettivo (che matura al tasso del 5,79%).
TAVOLA 5 Anni
Interesse nominale
Interesse effettivo
Ammortamento commissioni
Costi/ricavi di transazione da ammortizzare 0€ 1.500,00
1
0€ 3.250,00
€ 2.982,80
€ 267,20
0€ 1.232,80
2
0€ 3.250,00
€ 2.967,32
€ 282,68
0€ 950,12
3
0€ 3.250,00
€ 2.950,95
€ 299,05
0€ 651,07
4
0€ 3.250,00
€ 2.933.63
€ 316,37
0€ 334,70
5
€ 3.250,00
€ 2.915,30
€ 334,70
€ 0,00
294
I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
In linea con la definizione dello IAS 39, pertanto, ad ogni data di valutazione, in assenza di rimborsi di capitale e senza che sia necessario operare rettifiche per impairment, il costo ammortizzato del credito risulterà pari al valore iniziale dello stesso, incrementato (o ridotto) dell’ammortamento cumulato fino alla data di valutazione, determinato secondo le modalità appena descritte. In occasione dell’incasso della quota capitale, ovviamente, il relativo importo andrà portato a decremento del costo ammortizzato del credito. Alla luce delle considerazioni effettuate e degli esempi sviluppati nelle pagine precedenti, appare agevole desumere come il concetto di costo ammortizzato è dinamico, comporta successive variazioni di valore e differisce profondamente dalla nozione di costo storico o di valore originario nominale, che per lungo tempo ha rappresentato il criterio cardine per la valutazione delle attività e passività all’interno della precedente disciplina di bilancio 36. Quanto appena affermato trova ulteriore conferma nella disciplina dettata dallo IAS 39 in merito alla valutazione delle attività finanziarie deteriorate (impairment). Come si è avuto modo di affermare in premessa, infatti, l’introduzione dei principi contabili internazionali comporta, per completare le procedure di valutazione effettuate in sede di redazione del bilancio, l’obbligo di assoggettare ad una verifica di recuperabilità il valore delle attività finanziarie, al fine di valutare gli effetti economici connessi al manifestarsi del rischio di insolvenza, che porta alla emersione delle cosiddette perdite maturate (incurred). In questo modo la fase di misurazione periodica, che presuppone la rideterminazione del costo ammortizzato o l’adeguamento del fair value, viene distinta dalla fase di determinazione degli effetti economici del rischio di insolvenza 37 che porta all’impairment delle attività finanziarie. Per le attività finanziarie detenute sino a scadenza, per i prestiti e finanziamenti e per le attività classificate come disponibili per la vendita, ai sensi dello IAS 39, la verifica di recuperabilità anzidetta, si estrinseca nell’accertamento 36
In proposito si veda per tutti: FERRERO G., I limiti del costo come “criterio base” nelle valutazioni di bilancio, Rivista dei Dottori Commercialisti, n. 3, 1976. 37 Questa distinzione ha motivazioni profonde, infatti, anche a livello organizzativo i soggetti deputati ad effettuare gli adeguamenti di valore connessi alla fase di misurazione successiva, non devono necessariamente coincidere (anzi a volte devono necessariamente divergere) da quelli deputati a quantificare le perdite di valore dovute all’insolvenza dei debitori. In proposito si ribadisce come per le poste valutate al valore equo, alle quali non si applica la disciplina dell’impairment di seguito descritta, lo IAS 39 prevede che nella determinazione del fair value occorra considerare anche l’effetto del rischio di credito. Cfr. IASB, IAS 39 – Strumenti finanziari: rilevazione e valutazione, parr. AG 69, AG 73, AG 79, AG 109. Per un approfondimento su questi temi e con particolare riferimento ai crediti si veda, tra gli altri BANK OF JAPAN, Evaluating the economic value of loans and the implications: toward transformation of the business model of banks and nonbank firms, Quarterly Bulletin, August 2003.
GLI STRUMENTI FINANZIARI
295
dell’esistenza di una o più evidenze obiettive 38 che l’attività oggetto di valutazione abbia subito un deterioramento, fase, questa, strumentale ai fini della successiva applicazione della metodologia più idonea per la determinazione della perdita di valore dell’attività finanziaria. Si fa, in proposito, presente che le metodologie previste dallo IAS 39 per la determinazione dell’entità della perdita di valore sono sostanzialmente due. La prima, definita analitica, comporta la verifica della recuperabilità dell’importo relativo al singolo rapporto e deve essere applicata in tutti i casi in cui il valore dell’attività finanziaria è ritenuto rilevante o qualora dovessero sussistere sintomi di insolvenza riferibili al singolo rapporto/debitore. In tali circostanze, la determinazione della rettifica di valore comporta l’attualizzazione dei flussi di cassa futuri attesi al tasso di interesse effettivo originario dello strumento che, come anticipato nelle pagine precedenti, rimane immutato anche in caso di perdita di valore dell’attività finanziaria. In altre parole, la valutazione circa la recuperabilità dell’attività finanziaria non deve rimanere circoscritta alla determinazione dell’ammontare ritenuto recuperabile, ma deve spingersi fino alla previsione dei tempi in cui si prevede di recuperare tale importo: ciò in quanto la metodologia dell’attualizzazione consente di apprezzare gli effetti economici del decorrere del tempo, nonché quelli connessi all’eventuale solo differimento temporale degli incassi. Analogamente a quanto già osservato in merito all’applicazione del criterio del costo ammortizzato, si osserva come per le attività finanziarie a breve termine che presentino evidenze di deterioramento durevole, a condizione che l’orizzonte temporale di recupero dei flussi attesi non ecceda comunque il breve termine (normalmente i 12 mesi), gli effetti economici connessi all’attualizzazione risultino scarsamente rilevanti, dato l’esiguo differimento temporale imputato agli incassi attesi: per tali poste, pertanto, lo IAS 39 concede di non applicare la metodologia dell’attualizzazione, consentendo l’imputazione diretta di una rettifica di valore per l’importo ritenuto non recuperabile 39. A titolo illustrativo, si prenda nuovamente in considerazione l’esempio già commentato e rappresentato nella Tavola 4: si ipotizzi che, giunti al terzo anno di 38 Lo IAS 39 fornisce un elenco di eventi di perdita che, lungi dall’essere considerato esaustivo, evidenzia la precisa volontà dello IASB di prendere in considerazione, ai fini della imputazione al risultato d’esercizio delle rettifiche di valore di attività finanziarie, solo ed esclusivamente eventi che hanno già avuto manifestazione (ad es. mancato rispetto di accordi contrattuali o evidenti difficoltà finanziarie della controparte) e che hanno prodotto o, in caso contrario, si presume produrranno in futuro, effetti economici significativi sul valore dell’attività (o del gruppo di attività). Non sono pertanto ammesse rettifiche di valore derivanti da perdite attese, a loro volta risultato di eventi futuri, indipendentemente dalla probabilità che questi ultimi si manifestino. 39 Cfr. IASB, IAS 39 – Strumenti finanziari: rilevazione e valutazione, par. AG84.
296
I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
vita del credito, il debitore non ottemperi al pagamento degli interessi contrattuali; la violazione degli accordi contrattuali rappresenta indubbiamente un’evidenza obiettiva di impairment che, in quanto attribuibile specificamente al rapporto in essere, induce l’azienda a verificare analiticamente la recuperabilità dell’importo rimanente alle relative scadenze. Immaginando che la valutazione dei flussi attesi presuppone che si riesca a recuperare esclusivamente l’importo del capitale inizialmente prestato (pari a € 50.000,00), alla scadenza del finanziamento il nuovo valore di bilancio del credito si ottiene attualizzando tale somma, al tasso di interesse effettivo originario (nel caso in esame 5,79%) sulla base della vita residua del rapporto.
TAVOLA 6 Anni
Incassi
Flussi attesi
Valore attuale
3
€ 0,00
–
€ 44.675,11
4
–
€ 0.00
€ 0,00
5
–
€ 50.000,00
€ 44.675,11
Ai fini della determinazione e della rettifica di valore, l’importo così determinato deve essere confrontato con il valore contabile del credito, ottenuto secondo la metodologia del costo ammortizzato, già descritta. La tavola seguente evidenzia i risultati della valutazione:
TAVOLA 7 Interesse effettivo
Costo ammortizzato
Anni
Flussi
2
–
3
€ 0,00
€ 2.950,95
€ 53.901,07
4
€ 0,00
€ 2.587,51
€ 47.262,62
5
€ 50.000,00
€ 2.737,38
€ 0,00
Valore attuale dei flussi
€ 50.950,12
Rettifica di valore = 53.901,07 – 44.675,11 = 9.225,95.
€ 44.675,11
GLI STRUMENTI FINANZIARI
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Come si evince dalla tabella, anche successivamente alla rilevazione in bilancio della rettifica di valore, la contabilizzazione degli interessi continua ad avvenire al tasso di interesse effettivo originario 40, il che comporta una ripresa del valore del credito che, nell’ipotesi considerata, alla scadenza verrà recuperato per il suo valore nominale. La ripresa di valore può essere ricondotta tra gli interessi attivi o, più correttamente, a riduzione delle rettifiche di valore con segno opposto. Per quanto attiene alla seconda tipologia di rettifica di valore definita collettiva, questa riguarda tutti i rapporti che non sono stati oggetto di svalutazioni analitiche (in quanto non singolarmente significativi, o perché, valutati analiticamente, non hanno manifestato evidenze obiettive di perdita) e viene basata su parametri statistici volti ad individuare le perdite maturate (incurred losses) su gruppi omogenei di strumenti finanziari. Lo IAS 39 stabilisce che la segmentazione delle attività finanziarie in gruppi omogenei debba avvenire sulla base di caratteristiche simili indicative della capacità dei debitori di ottemperare alle proprie obbligazioni, come il settore merceologico di appartenenza, la posizione geografica o, quando disponibile, il rating delle controparti. Ciò che rileva ai sensi del principio contabile internazionale è che le caratteristiche individuate per la definizione dei gruppi omogenei risultino essere significative ai fini della determinazione dei flussi di cassa futuri attesi: la costituzione di raggruppamenti di crediti o titoli di debito sulla base della classe di rating delle controparti garantirebbe, ad esempio, l’attribuzione agli stessi di tassi di perdita significativi per l’intero gruppo 41. In merito alla metodologia da applicare per la determinazione della rettifica di valore su gruppi omogenei di attività finanziarie, lo IAS 39 non fornisce indicazioni specifiche (come nel caso della valutazione analitica), ponendo esclusivamente una serie di vincoli circa la necessità che le stime rispecchino i seguenti fattori: • il time value del denaro; • l’intera vita residua dell’attività finanziaria (e la connessa dinamica dei flussi finanziari); • l’anzianità delle attività finanziarie presenti all’interno di ciascun gruppo.
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Per le attività finanziarie disponibili per la vendita, la rettifica di valore è determinata come differenza tra il costo di acquisto ed il fair value corrente alla data di valutazione: tale differenza deve essere girata dal Patrimonio Netto dove era stata inizialmente iscritta al Conto Economico. 41 Ovviamente la soluzione accennata non risulta di agevole applicazione per quelle attività finanziarie emesse da controparti prive di rating. Più in generale, la stima dei flussi finanziari futuri può avvenire anche attraverso il ricorso a tassi storici di perdita, basati sull’esperienza dell’azienda o su informazioni desumibili dal sistema che risultino coerenti con le attività oggetto di valutazione.
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
Appare evidente come l’applicazione della metodologia appena illustrata dovrebbe modificare in modo radicale le modalità attraverso le quali le imprese giungono a determinare il valore di presumibile realizzo dei loro crediti (anche commerciali) – ma, in generale, di tutte le attività finanziarie – avvicinandole alle metodologie che sono già oggi in uso presso alcuni intermediari creditizi e finanziari; le stesse dovrebbero, inoltre, portare ad abbandonare una volta per tutte approcci tipicamente basati sul raggiungimento del massimo importo fiscalmente deducibile a fronte delle perdite su crediti, che, come noto, non ha alcuna relazione con la stima del loro valore recuperabile.
Gruppo FIAT Bilancio consolidato al 31.12.2011 (pp. 183 e 184)
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7.5. IL FAIR VALUE DEGLI STRUMENTI FINANZIARI In premessa si è detto che a partire dal primo gennaio 2013 è entrato in vigore l’IFRS 13 che accoglie le disposizioni dello IAS 39 e dell’IFRS 7 in tema di valutazione e disclosure del fair value degli strumenti finanziari, ma considerato che lo stesso non trova applicazione nei bilanci dell’esercizio 2011 da cui sono stati tratti gli esempi riportati nel presente capitolo, in quanto si farà ancora riferimento alle disposizioni dello IAS 39 e dell’IFRS 7 che rappresentano i principi richiamati negli estratti dei bilanci portati ad esempio. Come si è avuto modo di anticipare, il fair value rappresenta il principale criterio di valutazione degli strumenti finanziari previsto dai principi contabili internazionali 42: esso si applica alle attività e alle passività di trading, nonché a quelle designate al fair value all’atto della prima rilevazione in seguito all’esercizio della Fair Value Option; vanno, inoltre, valutate al fair value le attività disponibili per la vendita ed infine tutti gli strumenti derivati (attivi e passivi), indipendentemente dalla finalità per la quale gli stessi sono detenuti (negoziazione o copertura). Ad ogni buon conto, si ricorda che per tutti gli strumenti finanziari, indipendentemente dal portafoglio funzionale di appartenenza e dal connesso criterio di valutazione adottato, il principio contabile internazionale IFRS 7 richiede la rappresentazione del fair value in nota integrativa 43. Ciò conferma la centralità che il fair value viene ad assumere nel modello di bilancio IAS/IFRS 44. Lo IAS 39 definisce il fair value come “il corrispettivo al quale un’attività 42
Per approfondire il concetto di fair value, le sue applicazioni e l’impatto che tale criterio di valutazione ha nel nostro contesto si veda per tutti PIZZO M., Il fair value nel bilancio d’esercizio, Cedam, Padova, 2000; ROSSI C., Il concetto di fair value e la valutazione degli strumenti finanziari, Giuffrè, Milano, 2003; CATUOGNO S., “L’impatto del fair value sui bilanci bancari”, in POGLIAGHI P.-VANDALI W.-MEGLIO C. (a cura di), Basilea 2, IAS, e nuovo diritto societario, Bancaria, Roma, 2004, pp. 73-89; ROSCINI VITALI F.-VINZIA M.A., Fair value per l’applicazione degli IAS. Metodi ed esempi di stima – Casi applicativi – Rappresentazione contabile, Il Sole 24 Ore, Milano, 2005. Con riferimento al contesto internazionale, si vedano, tra gli altri, JACKSON P.LODGE D., Fair value accounting, capital standards, expected loss provisioning and financial stability, Financial Stability Review, June 2000 pp. 105-125; BARLEV B.-HADDAD J.R., Fair Value Accounting and the Management of the Firm, Critical Perspective on Accounting, n. 14, 2003; ENRIA A. et al., Fair Value accounting and financial stability, Occasional Papers Series, n. 13, BCE, April 2004; HIRST D.E.-HOPKINS P.E.-WAHLEN J.M., Fair Values, Income Measurements and Bank Analysts’Risk and Valuation Judgements, The Accounting Review, April 2004. 43 Come si avrà modo di accennare più avanti nel presente paragrafo, l’IFRS 7 prevede obblighi in termini di disclosure più stringenti per le attività e passività finanziarie valutate al fair value con effetti al conto economico o al patrimonio netto, rispetto agli strumenti finanziari per i quali vige esclusivamente l’obbligo di fornire il fair value in nota integrativa. 44 Sul modello di bilancio dello IASB si veda, per tutti, AZZALI S., Il sistema delle informazioni di bilancio delle aziende di produzione, Giuffrè, Milano, 1996, p. 95 ss.; GAETANO A., Il principio della prudenza: considerazioni critiche, Aracne, Roma, 2007.
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
potrebbe essere scambiata, o una passività estinta, in una libera transazione fra parti consapevoli e indipendenti” 45. Tale valore dovrà essere determinato con riferimento alla data del bilancio, senza ricorrere, come accade per le imprese che redigono i loro bilanci in base alle regole del codice civile, ai prezzi medi. Da tale definizione si evince, innanzitutto, come l’obiettivo del fair value sia quello di esprimere il potenziale valore di scambio di un’attività o di una passività, ipotizzando che tale transazione avvenga:
a) nella prospettiva di continuità aziendale, che presuppone l’assenza di condizionamenti che possano condurre a porre in essere la transazione a condizioni svantaggiose, e b) tra parti che operano in perfetta simmetria informativa, ossia disponendo delle medesime informazioni sulle caratteristiche del bene e sulle condizioni di mercato. Il richiamo al concetto di scambio potenziale, inoltre, evidenzia il legame esistente tra fair value e valore di mercato, ma lo pone su un piano astratto, dal momento che ne postula la validità esclusivamente al rispetto dei succitati presupposti, in assenza dei quali il valore di mercato di un’attività o passività finanziaria non può assurgere a fair value della stessa. Non solo, ma, come si avrà modo di approfondire nelle pagine che seguono, lo standard contabile internazionale prevede che, anche in assenza di un mercato di riferimento, si deve comunque giungere alla determinazione del fair value di uno strumento finanziario, applicando metodologie che considerino tutte e sole quelle informazioni, di natura qualitativa e quantitativa, che le parti di una transazione considererebbero ai fini del buon esito della stessa (per l’appunto un valore di scambio potenziale). A conferma di quanto appena osservato, si noti come lo IAS 39, nel definire una guidance per la determinazione del fair value, stabilisce che per tutti gli strumenti finanziari quotati in mercati attivi il fair value sia tendenzialmente rappresentato dal prezzo di quotazione alla data del bilancio mentre, in tutti gli altri casi, si deve ricorrere a tecniche di valutazione ritenute in grado di fornire una stima che approssimi il valore al quale lo strumento finanziario oggetto di valutazione verrebbe scambiato: tali ricorsi a metodologie alternative portano alla cosiddetta “Gerarchia del fair value”, a fronte della quale si possono distinguere i tre livelli di fair value di seguito illustrati. Si tiene a precisare come il concetto di mercato attivo (ex IAS 39) non corrisponde necessariamente al concetto di mercato regolamentato o ufficiale così 45
Cfr. IASB, IAS 39 – Strumenti finanziari: rilevazione e valutazione, par. 9.
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come disciplinato dalla normativa nazionale 46: in altre parole, un mercato regolamentato non garantisce necessariamente la presenza di quotazioni significative dell’effettivo valore degli strumenti finanziari in esso scambiati. Infatti, un parametro fondamentale a tal fine è rappresentato dal volume di scambi effettuati sul mercato che rappresentano una condizione di garanzia della correttezza del prezzo (si pensi, ad esempio, alla Borsa del Lussemburgo, in cui i prezzi di mercato dei titoli vengono riproposti anche in assenza di scambi), in tale circostanza il valore di mercato non potrebbe essere considerato attendibile per l’assenza del requisito del mercato attivo ai sensi dello IAS 39. Analogamente, è possibile rinvenire mercati non regolamentati che, tuttavia, risultano essere caratterizzati dalla presenza di scambi quotidiani e significativi in termini di volumi (ad es. Bloomberg) e, per tali ragioni, possono essere considerati a pieno titolo dei mercati attivi ai sensi del principio contabile internazionale. In definitiva, l’individuazione di mercati attivi dovrebbe richiedere il ricorso a procedure in grado di valutare elementi quali il numero degli operatori (dealers, brokers, market takers), il volume degli scambi, la frequenza di aggiornamento dei prezzi, e così via, ossia procedure simili a quelle in uso presso gli intermediari finanziari, la cui operatività risulta maggiormente incentrata su transazioni concluse in tali mercati. Se il mercato in cui lo strumento oggetto di valutazione è negoziato può ritenersi attivo, ai sensi dello IAS 39, il prezzo di quotazione rappresenta il fair value dello stesso, a meno di casi eccezionali che portano a ritenere il prezzo di mercato inaffidabile 47: più precisamente, il principio contabile afferma che per le attività detenute debba essere considerato quale fair value il prezzo di offerta bid, mentre per le passività da emettere il riferimento è costituito dal prezzo di domanda ask; in caso di posizioni di rischio che si compensano (ad es. portafo46
Ai sensi dello IAS 39, un mercato è considerato attivo “se i prezzi quotati sono prontamente e regolarmente disponibili in un listino, operatore, intermediario, settore industriale, agenzia di determinazione del prezzo, autorità di regolamentazione e tali prezzi rappresentano operazioni di mercato effettive che avvengono regolarmente in normali contrattazioni”. Cfr. IASB, IAS 39 – Strumenti finanziari: rilevazione e valutazione, par. AG71. La Banca d’Italia, dal canto suo, considera ufficiali i mercati regolamentati e, più in generale, i mercati che funzionano regolarmente, presentano regole che definiscono le condizioni d’accesso, quelle operative ed i requisiti che un contratto deve possedere per essere trattato al loro interno; inoltre devono prevedere meccanismi di compensazione in merito alla negoziazione di contratti derivati. La definizione di mercato regolamentato, richiamata dalla Banca d’Italia, è contenuta negli artt. 61 e segg. del D.Lgs. n. 58/1998. Cfr. BANCA D’ITALIA, Istruzioni di Vigilanza per le banche, Titolo IV, Cap. 2, par. 3. 47 Nel caso in cui lo strumento finanziario oggetto di valutazione sia quotato su più mercati, lo IAS 39 stabilisce che il fair value dello stesso sia rappresentato dalla quotazione presente sul mercato più vantaggioso al quale l’impresa ha accesso. Cfr. IASB, IAS 39 – Strumenti finanziari: rilevazione e valutazione, par. AG71.
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gli di strumenti derivati gestiti in ottica di copertura), è ammesso il ricorso a prezzi medi di mercato 48 comunque riferiti ad una giornata di contrattazione.
Gruppo PIRELLI Bilancio consolidato al 31.12.2011 (p. 28) “Determinazione del fair value degli strumenti finanziari. Il fair value di strumenti finanziari quotati in un mercato attivo si basa sui prezzi di mercato alla data di bilancio. I prezzi di mercato utilizzati per le attività finanziarie sono i bid price, mentre per le passività finanziarie sono gli ask price. Il fair value di strumenti che non sono quotati in un mercato attivo è determinato utilizzando tecniche di valutazione, basate su una serie di metodi e assunzioni legate a condizioni di mercato alla data di bilancio. Il fair value degli interest rate swap è calcolato in base al valore attuale dei previsti flussi di cassa futuri. Il fair value dei contratti a termine su valute è determinato usando il tasso di cambio a termine della data di bilancio”.
Diversamente, per gli strumenti finanziari quotati su mercati che non possono essere considerati attivi e per quelli non quotati, il principio contabile sancisce che, ai fini della determinazione del fair value, si deve ricorrere a tecniche di valutazione: per lo IAS 39 tali tecniche consistono nel ricorso a transazioni recenti relative a strumenti similari, tipiche del fair value di livello 2 o, quando queste ultime non sono disponibili, a modelli quantitativi che siano ampiamente diffusi presso gli operatori e massimizzino l’impiego di input di mercato, ossia tutti quei dati e quelle informazioni che gli operatori utilizzerebbero per definire il prezzo di una transazione, ivi compresi i principali fattori di rischio inerenti lo strumento (ad es. rischio di credito, rischio di tasso di interesse o di cambio) che caratterizzano il fair value di livello 3. Da quanto detto si desume, quindi, come per tecnica di valutazione non deve intendersi il mero ricorso a modelli quantitativi di valutazione quanto, piuttosto, la predisposizione da parte dell’impresa di un più ampio processo organizzato (che può eventualmente prevedere anche il ricorso ai suddetti modelli) finalizzato alla determinazione di un valore che risulti il più possibile indicativo del prezzo al quale lo strumento oggetto di valutazione verrebbe scambiato sul mercato. Nel caso di strumenti finanziari derivati (attivi o passivi), sono particolarmente diffusi presso gli operatori modelli di pricing di differente complessità, 48
Il prezzo bid rappresenta la migliore offerta di acquisto fatta dal mercato, mentre il prezzo ask rappresenta la migliore offerta di vendita. Cfr. IASB, IAS 39 – Strumenti finanziari: rilevazione e valutazione, parr. AG70, AG72.
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quali modelli Black & Scholes, simulazioni Montecarlo e modelli di stima della volatilità, che risultano idonei per la determinazione del valore corrente delle opzioni, mentre per i contratti swap si ritiene più adeguato il ricorso a modelli di attualizzazione dei flussi futuri che vengono scambiati tra le parti 49.
Gruppo ENEL Bilancio consolidato al 31.12.2011 (p. 192) Il fair value di un contratto derivato è determinato utilizzando le quotazioni ufficiali per gli strumenti scambiati in mercati regolamentati. Il fair value degli strumenti non quotati in mercati regolamentati è determinato mediante modelli di valutazione appropriati per ciascuna categoria di strumento finanziario e utilizzando i dati di mercato relativi alla data di chiusura dell’esercizio contabile (quali tassi di interesse, tassi di cambio, volatilità) attualizzando i flussi di cassa attesi in base alle curve dei tassi di interesse di mercato alla data di riferimento e convertendo i valori in divise dall’euro ai cambi di fine periodo forniti dalla Banca Centrale Europea. Per i contratti relativi a commodity, la valutazione è effettuata utilizzando, ove disponibili, quotazioni relative ai medesimi strumenti di mercato sia regolamentati che non regolamentati.
Anche per gli strumenti di capitale è possibile procedere alla attualizzazione dei flussi di cassa attesi che, nel caso in esame, corrispondono ai dividendi pagati e al valore finale delle azioni, ma questa metodologia richiede un’elevata astrazione in merito alla stima dell’andamento futuro della gestione operativa dell’azienda emittente e della connessa politica dei dividendi; analoghe difficoltà presenta il calcolo del tasso da impiegare per l’attualizzazione dei suddetti flussi, normalmente rappresentato dal costo medio ponderato del capitale 50, os49
Il limite principale dei modelli citati va attribuito alla mancata considerazione del rischio di credito della controparte che, per gli strumenti derivati, si sostanzia nella possibilità che l’eventuale mark to market positivo non venga recuperato per effetto dell’insolvenza del debitore: la correzione del tasso impiegato per l’attualizzazione dei flussi con l’introduzione di un appropriato credit spread può ingenerare degli effetti distorsivi, specialmente qualora esistano posizioni a debito e a credito con la medesima controparte, oggetto di accordi di netting. Per questo motivo si preferisce procedere al calcolo di un fair value scevro del credit risk e successivamente corretto per tenere conto del rischio di controparte. 50 La formula per il calcolo del costo medio ponderato del capitale è la seguente: ⎛ E ⎞ ⎛ D ⎞ ⎟⎟ + Kd × (1 − t ) × ⎜⎜ ⎟⎟ W = Ke × ⎜⎜ ⎝ ( D + E) ⎠ ⎝ ( D + E) ⎠ dove:
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sia quel tasso indicativo del costo che l’azienda deve sostenere per attingere risorse finanziarie presso soci e terzi finanziatori 51. In particolare, la determinazione del costo del capitale proprio può prevedere il ricorso a metodologie tanto complesse quanto discrezionali, come il modello del Capital Asset Pricing Model (CAPM), le cui variabili oggetto di stima possono risultare poco accurate e significative in ragione della scarsa capacità di rappresentare l’effettiva complessità della realtà osservata. Quale alternativa alla metodologia descritta, per la determinazione del fair value degli strumenti di capitale è possibile ricorrere alla stima dei cosiddetti multipli di mercato, la cui significatività si fonda sul presupposto che il valore di un’azienda può essere determinato sulla base del valore che il mercato attribuisce a società aventi caratteristiche analoghe a quella oggetto di valutazione: nel modello considerato, il fair value dell’impresa è determinato moltiplicando il multiplo osservato per imprese analoghe con l’associata grandezza economica, patrimoniale o finanziaria della società oggetto di considerazione52. W Ke Kd E D t
= costo medio ponderato del capitale; = costo del capitale proprio; = costo del capitale di debito; = capitale di proprietà; = capitale di debito; = aliquota fiscale. 51 Sulla complessa tematica del costo del capitale, esplorata dagli studi internazionali sulla finanza d’azienda e dalla dottrina economico aziendale italiana, si vedano, in particolare: SHARPE W.F., Capital Asset Prices: a Theory of Market Equilibrium Under Conditions of Risk, Journal of Finance, n. 19, 1964, pp. 425-442; FAMA E.-MACBETH J., Risk, Return and Equilibrium: Empirical Tests, Journal of Political Economy, n. 81, 1973, pp. 115-146; BLUME M.E.- FRIEND I., A New Look at the CAPM, Journal of Finance, n. 20, 1977, pp. 19-33; HATSOPOULOS G.N.-BROOKS S.H., The Cost of Capital In the United States and Japan, paper presented at The International Conference on the Cost of Capital, Harvard University, Kennedy School of Government, November 1921, 1987; BRIGHAM E.F., Financial Management. Theory and Practice, Hinsdale, Illinois, The Dryden Press, 1990; POTERBA J.M., Comparing The Cost of Capital in The United States and Japan: A Survey of Methods, Quarterly Bullettin, Federal Reserve Bank of New York, n. 3-4, 1991; FERRETTI R., La gestione del capitale proprio nella banca, Il Mulino, Bologna, 1995, p. 201 ss.; COPELAND T.-KOLLER T.-MURRIN J., Il valore dell’impresa. Strategie di valutazione e gestione, III ed., Il Sole 24 Ore, Milano, 2002, p. 230 ss.; AGLIATI M., Modelli contabili e modelli del valore. Dal cash flow all’EVA, Economia e management, n. 6, 1999; MECHELLI A., La determinazione del costo medio ponderato del capitale (WACC) in presenza di flussi variabili: profili teorici ed implicazioni di carattere metodologico, Rivista Italiana di Ragioneria e di Economia Aziendale, 2002; FONTANA S., Le metodologie per la determinazione del premio per il rischio: innovazione nella ricerca e verifiche empiriche, Rivista Italiana di Ragioneria e di Economia Aziendale, n. 56, 2003; GUATRI L.-BINI M., Nuovo trattato sulla valutazione delle aziende, Egea, Milano, 2005; MECHELLI A., Creazione di valore e stima del risultato di periodo. Principi, modelli e metodologie, Giuffrè, Milano, 2005, p. 267 ss.; DONNA G., La creazione di valore nella gestione d’impresa, Carocci, Roma, 2005. 52
Tra i multipli più diffusi si ricordano l’indice Prezzo/Utili, che raffronta il prezzo di mercato
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L’attrattività della metodologia descritta deriva indubbiamente dalla facilità d’utilizzo: i multipli, infatti, possono essere impiegati per ottenere stime rapide del valore di specifiche attività o delle aziende nel loro complesso, e risultano particolarmente utili quando esiste un ampio numero di aziende confrontabili quotate nei mercati finanziari, cosicché i parametri di riferimento impiegati per il calcolo dei multipli possono essere considerati attendibili. Ciononostante, non si può sottacere che il metodo dei multipli sconta un’elevata soggettività connessa alla individuazione delle aziende simili e porta con sé gli eventuali errori che il mercato può aver commesso nella stima del valore di queste ultime. Come conseguenza delle osservate perplessità connesse alle metodologie di calcolo del fair value delle azioni non quotate, si può incorrere in una pluralità di possibili fair value, la cui variabilità risulta talmente elevata da precludere, come consente lo IAS 39, la possibilità di determinare un fair value attendibile e da obbligare, pertanto, a valutare lo strumento finanziario azionario non quotato al costo 53. Quella appena richiamata rappresenta l’unica deroga al calcolo del fair value, che deve essere opportunamente evidenziata, illustrata e motivata in nota integrativa e che, come anticipato, porta nei fatti alla costituzione di una categoria autonoma di strumenti finanziari valutati al costo. Gruppo Editoriale L’ESPRESSO Bilancio consolidato al 31.12.2011 (pp. 85-86 e 112)
dell’azione con l’utile per azione, oppure l’indice Prezzo/Valore contabile, che pone a confronto il prezzo di mercato con il valore dell’azienda emittente risultante dal bilancio; a questi si aggiungono, tra gli altri, gli indici Prezzo/Fatturato, Prezzo/Reddito operativo, Prezzo/Margine operativo lordo. 53
Cfr. IASB, IAS 39 – Strumenti finanziari: rilevazione e valutazione, parr. AG80-81.
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Gruppo TELECOM Bilancio consolidato al 31.12.2011 (p. 169) “Altre partecipazioni. … Le altre partecipazioni non quotate classificate fra le “attività finanziarie disponibili per la vendita” per le quali il fair value non è determinabile in maniera attendibile sono valutate al coso rettificato per le riduzioni di valore da iscrivere a conto economico separato, secondo quanto disposto dallo IAS 39”.
Gruppo FIAT Bilancio consolidato al 31.12.2011 (pp. 180-181 e 182)
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Le differenti modalità di calcolo del fair value e, soprattutto, la diversificata attendibilità e compatibilità che desumono dalla adozione di approcci di calcolo del fair value che possono risultare profondamente eterogenei in funzione della presenza ed adozione di prezzi di mercato e/o di modelli basati sul ricorso a tecniche di valutazione, ha portato lo IASB ad intervenire nel corso del 2009 sul principio IFRS 7, prevedendo una apposita informativa obbligatoria in merito alla cosiddetta “Gerarchia del fair value”. Tale informativa, richiesta obbligatoriamente a partire dai bilanci dell’esercizio 2009 a seguito dell’omologa avvenuta con il regolamento n. 1165/2009, porta a distinguere tre livelli di fair value che caratterizzano la “Gerarchia del fair value”, distinti in funzione della qualità dei dati di input impiegati per stimare il valore corrente dell’attività/passività finanziaria: a) Livello 1, riferibile alle determinazioni di fair value basate direttamente su prezzi quotati (non rettificati) riscontrati su mercati attivi per attività o passività identiche; b) Livello 2, riferito a determinazioni di fair value basate sul ricorso diretto a parametri di mercato diversi dai prezzi di cui al livello 1 (quali, ad esempio, prezzi di mercato di strumenti simili ma non identici), ovvero a parametri desumibili dalle osservazioni di mercato (quali, ad esempio, curve dei tassi risk free, volatilità implicite, credit spread desunti dalle quotazioni dei CDS riferite allo stesso emittente); c) Livello 3, riferito ai modelli di calcolo del fair value che non sono riconducibili a parametri di mercato osservabili. Appare evidente come nel passaggio da un fair value di livello 1 ad un fair value di livello 3 si assista ad un ricorso più ampio a parametri soggettivi che rischia
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di rendere il valore calcolato meno attendibile o, comunque, meno comparabile a seguito del progressivo utilizzo di ipotesi ed elementi propri del valutatore. Ecco perché l’informativa obbligatoria prevista dall’emendamento all’IFRS 7 ed in particolare al paragrafo 27B, obbliga a fornire nella nota integrativa: – la distinta indicazione dell’incidenza del fair value di livello 1, 2 e 3 riferiti al totale delle valutazioni al fair value. Inoltre, per ciascuna classe di strumenti finanziari, l’impresa dovrà evidenziare: – i trasferimenti di importo rilevanti tra livello 1 e 2, con la indicazione delle relative motivazioni; – una informativa specifica relativa alle valutazioni di fair value di livello 3 con la indicazione degli effetti economici prodotti e dei trasferimenti. Il principio contabile prevede che le informazioni sopra indicate vanno fornite in forma tabellare ed a tal fine si forniscono alcune esemplificazioni di queste tratte dai bilanci dei gruppi FIAT e TELECOM.
Gruppo FIAT Bilancio consolidato al 31.12.2011 (p. 231)
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Gruppo TELECOM Bilancio consolidato al 31.12.2011 (p. 234)
Appare evidente che per i crediti a medio/lungo termine, l’attualizzazione dei flussi di cassa attesi, riconducibile di solito ad un fair value di livello 3, rappresenta la metodologia di calcolo del fair value più appropriata, a patto di prestare particolare attenzione alla considerazione dei fattori di rischio rilevanti nella procedura di calcolo, nello specifico il rischio di tasso ed il rischio di credito.
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Quest’ultimo, in particolare, può essere incorporato nella stima dei flussi di cassa attesi, la cui determinazione viene così a scontare la probabilità di non incassare l’intero importo pattuito contrattualmente, in ragione del rischio che il debitore si dimostri insolvente: detta valutazione risulta alquanto complessa se, come peraltro richiesto dal principio contabile internazionale IAS 39, viene estesa all’intera vita residua del credito e, per effetto della risultante discrezionalità insita nella stima di curve di perdita su archi temporali piuttosto lunghi, rischia di perdere di significatività ed attendibilità 54 (si pensi, ad esempio, alla necessità di stimare la probabilità che un debitore non paghi nel caso di un finanziamento di lunga durata). Per fortuna, il problema sopra richiamato risulta assai meno rilevante nel caso dei crediti commerciali, che si presentano normalmente di breve durata; ciò non di meno, a volte risulta assai difficoltoso per l’impresa fornitrice stimare la probabilità che il proprio cliente non onori alla scadenza i propri debiti di fornitura. Premesso come il calcolo del valore recuperabile di un credito prescinde dalla durata temporale dello stesso, soprattutto quando sorgono dei dubbi in merito alla capacità di adempimento da parte del soggetto obbligato al pagamento, per tali tipologie di crediti molte imprese adottano anche approcci assai semplificati per il calcolo del fair value, considerando l’effetto dell’attualizzazione su una durata 54
Secondo l’approccio appena descritto, i flussi di cassa contrattuali, rettificati in base alle previsioni di mancato pagamento, devono essere successivamente scontati al tasso di mercato (risk free) corrente, desumibile attraverso il ricorso a curve di tassi a termine (forward) implicite nei tassi a pronti (spot) osservati sul mercato alle rispettive scadenze contrattuali: la necessità di ricorrere ad un tasso risk free in luogo di un tasso corrente applicato dal mercato a strumenti finanziari aventi caratteristiche analoghe, deriva dalla consapevolezza che i tassi osservabili sul mercato e relativi ad operazioni di finanziamento simili possono essere influenzati da considerazioni di stampo commerciale o competitivo e risultare, pertanto, fuorvianti e distorsivi. In base ad un secondo approccio si può procedere al calcolo del fair value di un credito intervenendo sul tasso impiegato per l’attualizzazione dei flussi di cassa contrattuali, al fine di incorporare al suo interno anche il fattore rischio di credito. In altre parole, secondo tale approccio occorre aggiungere al tasso risk free anche il premio che il mercato considera una congrua remunerazione per il rischio di non incassare l’importo pattuito contrattualmente: se il credito oggetto di valutazione è stato erogato ad una controparte emittente di strumenti di debito quotati su un mercato attivo, lo IAS 39 ammette che venga preso in considerazione il credit spread applicato a tali strumenti, a condizione che le caratteristiche degli strumenti posti a confronto (forma tecnica, durata, ecc.) non differiscano in modo significativo, al punto da rendere poco rappresentativo il suddetto credit spread. Qualora ciò accada (o qualora il debitore non emetta strumenti di debito quotati), il premio per il rischio può essere determinato attraverso il ricorso a modelli che utilizzano come dati di input parametri indicativi del merito creditizio della controparte ed il capitale economico richiesto a fronte dell’esposizione: il tasso per l’attualizzazione così ottenuto risulta, pertanto, espressivo della remunerazione che il mercato dovrebbe riconoscere sia alla componente di rischio tasso (attraverso il tasso risk free), sia alla componente di rischio credito, considerata nelle sue determinanti della perdita attesa e perdita inattesa.
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inferiore all’anno trascurabile, con ciò ponendo il fair value del titolo coincidente con il suo valore nominale. Analogo approccio semplificato viene, a volte, adottato anche per il calcolo del fair value di debiti di durata inferiore all’anno. A ben vedere, nella prassi operativa, l’elevata complessità insita nei modelli che vengono solitamente impiegati per la valutazione del rischio di credito, peraltro scarsamente diffusi presso le imprese industriali, in quanto ancora di prevalente dominio dell’industria finanziaria, spinge le aziende a ricorrere frequentemente a modelli di attualizzazione semplificati, che non richiedono la stima diretta del merito creditizio della controparte, ma si avvalgono di input desumibili direttamente dal mercato, come i tassi di perdita associati alle differenti classi di rating prodotti dalle principali agenzie internazionali (Moody’s, Standards & Poor, ecc.). Considerazioni analoghe possono essere effettuate per eventuali titoli di debito non quotati detenuti dalle aziende (ad es. corporate bond), il cui fair value può essere infatti determinato adottando le medesime metodologie sopra descritte con riferimento ai crediti: in questo caso, tuttavia, occorre rimarcare come il suddetto calcolo possa risultare più agevole in virtù della possibilità di fare riferimento a strumenti simili emessi dal medesimo debitore e quotati su mercati attivi; inoltre, per tale tipologia di strumenti finanziari, ancor più che per i crediti di finanziamento, acquista maggiore rilievo la componente di rischio liquidità, che si lega alle caratteristiche del titolo ed alla dimensione dell’emissione 55, posta in relazione con il grado di liquidità presente sui mercati, e che potrebbe richiedere l’imputazione di uno spread aggiuntivo. La determinazione del fair value delle passività finanziarie offre, invece, alcuni spunti di riflessione in merito all’inclusione all’interno di tale valore della componente rischio di credito che, come appare immediato desumere, si lega direttamente al merito creditizio della stessa società emittente. Atteso come il fair value a cui si fa riferimento per il calcolo dei risultati di bilancio, deve necessariamente richiedere le variazioni di rischio di credito della società intervenute dal momento della iscrizione iniziale della passività, il principio contabile internazionale IFRS 7 stabilisce che, per le sole passività finanziarie valutate al fair value (quindi, ad eccezione delle passività valutate al costo ammortizzato), debba essere fornito in nota integrativa il fair value delle stesse al netto degli effetti del rischio di credito 56. Ciò consentirebbe, in presenza di valori corretta-
55
Per rischio di liquidità si intende il rischio di non riuscire a liquidare anticipatamente alla scadenza un titolo per mancanza di una controparte disposta ad acquistarlo, con conseguente recupero di una somma inferiore rispetto a quella inizialmente investita. 56 In aggiunta all’obbligo descritto, le aziende devono altresì fornire evidenza della differenza tra il fair value ed il valore di rimborso a scadenza dell’obbligazione. Cfr. IASB, IFRS 7 – Strumenti finanziari: informazioni integrative, par. 10.
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
mente calcolati, di determinare con riferimento alle voci relative ai titoli emessi e ai debiti di finanziamento gli effetti economici del rischio di credito stimati dallo stesso emittente.
Gruppo LOTTOMATICA Bilancio consolidato al 31.12.2011 (p. 106)
Il disposto normativo suggerisce la convenienza di procedere al calcolo del fair value ricorrendo a metodologie che consentano di separare le differenti componenti di rischio relative allo strumento oggetto di valutazione (component approach): in tal senso, le procedure precedentemente analizzate con riferimento agli strumenti finanziari a medio/lungo termine (crediti e titoli di debito detenuti) offrono questa possibilità ma, come già osservato, possono risultare indubbiamente complesse. Per questo motivo, lo stesso IFRS 7 suggerisce di ricorrere ad una metodologia semplificata che consente di determinare in via indiretta l’impatto derivante dalle variazioni del rischio di credito, attraverso la valorizzazione degli effetti connessi all’andamento del solo tasso risk free (Partial fair value), dai quali, per differenza rispetto alla variazione complessiva di fair value registrata nel periodo di osservazione, si desume agevolmente la componente di fair value che può essere attribuita al rischio di credito 57.
57 Per entrare maggiormente nello specifico, la procedura semplicemente accennata nel testo si articola nelle seguenti fasi:
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Premesso come una simile metodologia (peraltro replicabile anche per strumenti dell’attivo) presuppone che la variazione di fair value non possa essere influenzata da altri fattori di rischio rilevanti in aggiunta al rischio tasso ed al rischio di credito, si invita a riflettere sull’importanza di una adeguata informativa integrativa che consenta al lettore di bilancio di trarre opportune considerazioni in merito ai modelli e alle tecniche di valutazione impiegate dall’azienda per pervenire alla stima del fair value degli strumenti finanziari posseduti o emersi, così da poter eventualmente giudicare anche la significatività ed attendibilità delle suddette stime. In questo senso, l’IFRS 7 pone particolare attenzione nel definire ulteriori e specifici obblighi informativi per gli strumenti finanziari che l’azienda valuta al fair value con impatto al conto economico, rispetto agli strumenti appartenenti a portafogli per i quali è richiesta la valutazione al costo o al costo ammortizzato. Tale maggiore attenzione si lega, in particolar modo, alla introduzione della Fair value option, opzione mediante la quale, come anticipato, alle aziende è concesso di valutare qualsiasi strumento finanziario (attivo o passivo) al fair value, seppure nel rispetto di particolari vincoli di natura gestionale/organizzativa. In altre parole, non si fatica a comprendere come l’interesse dello Standard Setter (IASB) sia quello di evitare che per talune poste non quotate, quali crediti, debiti o titoli, la determinazione del fair value, soprattutto laddove lo stesso viene esteso facoltativamente a seguito dell’applicazione della fair value option, possa risultare approssimativa, poco attendibile e scarsamente verificabile, con la conseguenza di produrre effetti indesiderati (in termini di significatività) sul risultato economico di esercizio. Con riferimento specifico ai crediti, ad esempio, il paragrafo 9 dell’IFRS 7 stabilisce che vengano fornite le seguenti informazioni nelle note al bilancio: • massima esposizione al rischio di credito; 1. all’atto della rilevazione iniziale dello strumento, si rileva il tasso di rendimento effettivo dello stesso; 2. al tasso così ottenuto si sottrae il tasso benchmark (risk free) vigente sul mercato alla medesima data: la differenza ottenuta rappresenta lo spread aggiuntivo specifico dello strumento, ossia la remunerazione di tutte le componenti di rischio significative diverse dal rischio di tasso di interesse; 3. in sede di valutazione successiva, si procede al calcolo del nuovo tasso di riferimento sul mercato, al quale viene aggiunto lo spread determinato alla rilevazione iniziale dello strumento; 4. attualizzando i flussi futuri attesi al nuovo tasso così ottenuto, si determina un fair value che risulta espressione della sola variazione intervenuta nel tasso benchmark La differenza tra il prezzo di mercato osservato ed il fair value così determinato individua la variazione di fair value attribuibile ad eventuali cambiamenti nel merito creditizio. Cfr. IASB, IFRS 7 – Strumenti finanziari: informazioni integrative, par. B4.
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
• ammontare per il quale eventuali derivati di credito o strumenti similari limitano l’esposizione al rischio di credito; • ammontare delle variazioni nel fair value (cumulate e di periodo) attribuibile a variazioni nel merito creditizio della controparte; • ammontare delle variazioni nel fair value (cumulate e di periodo) di eventuali derivati di credito associati allo strumento oggetto di valutazione.
La suddetta disclosure trova giustificazione sia nella scarsa liquidità del mercato dei crediti non quotati, che rende difficilmente realizzabili i proventi o gli oneri determinati da variazioni nel fair value e iscritti a conto economico, sia nella già commentata soggettività della stima delle variazioni del merito creditizio che normalmente si basa su dati non direttamente osservabili nei mercati. Più in generale, nel descrivere nelle note al bilancio le scelte effettuate nella definizione delle metodologie adottate per la determinazione del fair value degli strumenti finanziari di propria emissione per i quali non è stato possibile ricorrere a quotazioni di mercato che, come accennato, rientrano nelle ipotesi di fair value di Livello 3, alle aziende è fatta esplicita richiesta di: • raggruppare i propri strumenti finanziari per classi; • indicare metodi e ipotesi significative utilizzate per il calcolo del fair value; • specificare l’utilizzo, ai fini della determinazione del fair value, di tecniche di valutazione o quotazioni di mercato; • in caso di ricorso a parametri non desunti direttamente dal mercato, specificare l’entità degli input e delle ipotesi maggiormente entity specific; • indicare l’entità complessiva delle variazioni di fair value iscritte a conto economico e desunte tramite il ricorso a modelli di valutazione.
7.6. CRITERI DI RAPPRESENTAZIONE IN BILANCIO DEGLI STRUMENTI FINANZIARI: AZIONI PROPRIE, OBBLIGAZIONI PROPRIE, CARTOLARIZZAZIONI E FACTORING
Un ulteriore aspetto che differenzia lo IAS 39 rispetto alla disciplina codicistica attiene ai criteri di redazione da adottare per la rappresentazione in bilancio delle operazioni relative agli strumenti finanziari: in proposito occorre far presente che gli IAS/IFRS prevedono una applicazione molto rigorosa ed estensiva del principio della prevalenza della sostanza (economica) sulla forma (giuridica) 58. Infatti, diversamente da quanto accade nella regolamentazione del codice 58 Tale principio è stato per la prima volta introdotto nella disciplina dei bilanci delle imprese finanziarie e successivamente esteso anche con riferimento alla disciplina codicistica del bilancio.
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civile, tale principio non si applica più esclusivamente alle singole fattispecie individuate dalla disciplina, ma viene esteso, in linea generale, al trattamento di tutte le poste di bilancio. Tra le novità introdotte dai principi contabili internazionali, in applicazione del principio della prevalenza della sostanza sulla forma, occorre richiamare le regole che disciplinano le modalità di iscrizione (recognition) e cancellazione (derecognition) degli strumenti finanziari dai bilanci delle imprese. Infatti, lo IAS 39 prevede una serie di condizioni, al cui verificarsi, diviene possibile iscrivere nel bilancio dell’acquirente (cessionario) uno strumento finanziario che dovrebbe, corrispondentemente, essere cancellato (stornato) dal bilancio del cedente. In particolare, il nuovo sistema di regole obbliga a verificare che, indipendentemente dall’esistenza di un contratto giuridicamente perfezionato e volto ad esplicare i suoi effetti, al fine di consentire l’iscrizione indipendentemente dal trasferimento dei diritti ed obbligazioni a questo connessi, o cancellazione dai bilanci di uno strumento finanziario, occorre verificare che i rischi e benefici ad esso connessi siano stati sostanzialmente trasferiti dall’economia del cedente a quella del cessionario. Quanto detto comporta, oltre alla verifica dell’esistenza del perfezionamento ed alla corretta qualificazione della fattispecie contrattuale, la necessità di fare ricorso a metodologie e a risultanze di modelli che consentono di verificare l’effettivo trasferimento dei flussi di cassa prodotti dallo strumento oggetto di cessione. Ciò porta a riesaminare alcune operazioni, quali ad esempio le cessioni di crediti realizzate per il tramite di contratti di factoring o cartolarizzazioni che sono oggetto di analisi, unitamente alla operazioni di riacquisto di azioni e obbligazioni di propria emissione, nelle pagine che seguono.
Si veda più diffusamente CAVALIERI E., I nuovi conti del bilancio degli enti creditizi: principi e soluzioni operative, Bancaria, n. 12, 1993; GAETANO A., Il sistema dei rischi nel bilancio di esercizio degli enti creditizi, Cedam, Padova, 1996, p. 192 ss.; CALANDRINI C., “I criteri generali di redazione del bilancio”, in CAVALIERI E. (a cura di), Il bilancio di esercizio degli enti creditizi, Utet, Torino, 1993, pp. 82-119; MAGLIO R., Il principio contabile della prevalenza della sostanza sulla forma, Cedam, Padova, 1998; BAUER R., OIC 1: il principio di prevalenza della sostanza sulla forma, Amministrazione & Finanza, n. 22, 2004. Un criterio di redazione che merita alcune chiarificazioni è la prevalenza della data di contrattazione rispetto alla data di regolamento, che inverte, di fatto, la prescrizione della precedente disciplina. In sostanza, dunque, uno strumento deve essere iscritto nello stato patrimoniale di un’impresa nel momento in cui la stessa diviene parte delle clausole contrattuali che disciplinano lo strumento finanziario. Nello IAS 39, viene concessa, tuttavia, la possibilità di movimentare le poste dello stato patrimoniale continuando ad utilizzare la data di regolamento, nel caso di contratti di acquisto o vendita che avvengono secondo le ordinarie convenzioni di mercato in cui vengono scambiati (contratti cosiddetti regular way).
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
a) La rappresentazione nel bilancio IAS delle operazioni di riacquisto di azioni proprie Premesso come secondo le regole IAS/IFRS il capitale sociale deve essere iscritto all’interno dello stato patrimoniale per l’importo effettivamente versato, con indicazione nelle note al bilancio dell’eventuale esistenza di crediti verso gli azionisti per le quote di capitale sottoscritte e non ancora versate, le regole di rappresentazione previste dallo IAS 32 impongono che in tutti i casi in cui l’impresa ha posto in essere riacquisti di strumenti (di capitale o di debito) di propria emissione occorrerà procedere, ai fini della rappresentazione patrimoniale, alla compensazione dei valori riportati nell’attivo, con i corrispondenti valori del passivo. Ciò comporta anche l’emersione di valori differenziali che, come si avrà modo di vedere, possono incidere sulla consistenza patrimoniale o sul risultato economico di periodo dell’impresa che ha effettuati il riacquisto. In particolare, secondo la logica IAS l’eliminazione da operare in caso di riacquisto di azioni proprie produrrà effetti analoghi ad un’operazione di annullamento, comportando una riduzione del capitale sociale per il valore nominale delle azioni acquistate, mentre gli eventuali differenziali tra il valore di riacquisto e il valore nominale devono essere imputati, a seconda del segno, ad incremento o decremento delle riserve di utili. Ad esempio, nel caso in cui un’azienda avesse acquistato per un importo di 102, azioni del valore nominale di 100 alla data di redazione del bilancio, si registrerà nel sistema contabile la seguente scrittura in partita doppia, che comporta l’immediata riduzione del Capitale Sociale e l’imputazione diretta alle riserve di utile della eventuale differenza tra valore nominale e maggior costo di acquisto: Azioni proprie
a
Cassa
102
Se non fatto prima, alla data di redazione del bilancio tale valore andrà riclassificato attraverso la scrittura che segue: Diversi Capitale Sociale Altre riserve
a
Azioni proprie
102 100 002
Ovviamente, nel caso in cui, invece, il riacquisto si fosse realizzato per un importo di 96 a fronte di un valore nominale di 100, la rettifica interesserà comunque il conto “altre riserve”, ma in questo caso in “avere” con una rettifica in meno, in modo che il differenziale transiti sempre a Patrimonio netto senza interessare il conto economico:
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Azioni proprie
a
Cassa
96
Capitale Sociale
a
Diversi Azioni proprie Altre riserve
100 96 04
Gruppo TELECOM Bilancio consolidato al 31.12.2011 (p. 173) “Azioni proprie. Le azioni proprie sono iscritte in riduzione del patrimonio netto. In particolare, il valore nominale delle azioni proprie è contabilizzato in riduzione del capitale emesso, mentre l’eccedenza del valore di acquisto rispetto al valore nominale è portato in riduzione delle “Altre riserve e utili (perdite) accumulati, incluso l’utile (perdita) dell’esercizio”.
b) La rappresentazione nel bilancio IAS delle operazioni di acquisto di obbligazioni proprie Nel caso di acquisto di obbligazioni di propria emissione che dovrebbero essere registrate in un apposito conto, in modo da isolarle dagli altri titoli obbligazionari dell’attivo, l’annullamento dovrà essere operato con l’imputazione degli eventuali differenziali tra valore di riacquisto e valore di iscrizione in bilancio del relativo debito, direttamente al conto economico, tra gli utili o le perdite da negoziazione degli strumenti finanziari: coerentemente l’eventuale successiva cessione a terzi andrà assimilata ad una nuova emissione di obbligazioni 59. Quindi, ad esempio, la registrazione del riacquisto di obbligazioni proprie del valore nominale di 200 ad un valore superiore di 205 comporterà le seguenti registrazioni contabili, che assicurano che la perdita da negoziazione sia iscritta immediatamente nel conto economico:
59 Quale diretta conseguenza di quanto appena detto si avrà che il valore di carico delle obbligazioni riacquistate all’inizio del periodo successivo dovrà avvenire per un importo differente da quello di riacquisto, in quanto quest’ultimo dovrà essere rettificato dell’eventuale utile/perdita ricondotti al conto economico dell’esercizio precedente, con conseguente modifica del valore delle rimanenze.
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
Obbligazioni proprie
a Cassa 60
205
Diversi Obbligazioni c/capitale P/P da negoziazione
a
205
Obbligazioni proprie 200 005
Nel caso inverso di riacquisto di obbligazioni di un valore nominale sempre pari a 200, ma stavolta effettuata per un valore inferiore pari 197 verrà rilevata nel seguente modo: Obbligazioni proprie
a
Cassa
197
Obbligazioni c/capitale
a
Diversi Obbligazioni proprie P/P da negoziazione
200 197 003
Appare evidente come l’applicazione delle disposizione appena richiamate si tradurrà per le imprese in un’ulteriore fonte di aggravio dal punto di vista amministrativo-contabile e di complicazione nella gestione dei sistemi informativi, con ricadute fiscali non trascurabili; le stesse vengono, infatti, a rappresentare, di fatto, una forma di sanzione implicita per chi effettua operazioni di acquisto di strumenti finanziari di propria emissione per valori sostanzialmente difformi da quelli di iscrizione in bilancio. Gruppo TELECOM Bilancio consolidato al 31.12.2011 (p. 90) Riacquisto obbligazioni proprie
60 Per semplicità espositiva è stata omessa la registrazione di eventuali scarti, ritenute o interessi in corso di maturazione.
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c) La applicazione delle regole di recognition e derecognition: cartolarizzazione e factoring Come si è avuto modo di far presente in precedenza, una delle principali ricadute dell’applicazione dei criteri di rappresentazione derivanti dall’applicazione degli IAS vede interessate, oltre alle operazioni di vendita con impegno di riacquisto a termine assunto dal venditore (cosiddette put and call, le quali non possono comportare una cancellazione del valore dall’attivo del cedente), le cessioni di crediti attuate sotto forma di cartolarizzazioni o di factoring che non realizzano il pieno e sostanziale trasferimento dei rischi dall’economia del cedente a quella del cessionario o che, pur realizzandolo, lasciano esposto, in tutto o in parte, il cedente alle variazioni di valore degli strumenti ceduti, successive alla data di vendita 61. In tali ipotesi, la persistenza dei rischi in capo al cedente comporta il mantenimento delle attività cedute nel bilancio dello stesso o, comunque, nel caso del cosiddetto “continuing involvement ” la parziale iscrizione dell’attività. Pertanto l’applicazione delle regole sopra indicate potrebbe portare alcune imprese a ridefinire il contenuto dei loro bilanci per quanto attiene alla iscrizione di attività (e delle connesse passività) che erano state, ad esempio, oggetto di operazioni di cartolarizzazioni o anche di factoring pro soluto 62 con presenza di clausole di mitigazione che non consentono di realizzare il pieno e sostanziale trasferimento dei rischi dal cedente al cessionario 63, con il conseguente obbligo di procedere alla iscrizione nell’attivo dello stato patrimoniale del controvalore degli strumenti ceduti che andranno valutati in base alle regole ad essi applicabili in relazione alla categoria originaria di appartenenza e, corrispondentemen61 Analogo trattamento viene esteso immobilizzazioni oggetto di contratti di sale and lease back. Sulle applicazioni delle regole di derecognition lo IAS 39 prevede al paragrafo 17 e alla relativa guida applicativa (AG 36) un apposito albero decisionale che sintetizza le modalità applicative delle regole di derecognition. Amplius cfr. DELOITTE, iGAAP 2005. Financial instruments: IAS 32 and 39 explained, Wolters Kluwer, London, 2005. 62 Su tale punto si rinvia alle posizioni dello standard setter del nostro Paese. Cfr. ORGANISMO ITALIANO DI CONTABILITÀ, Guida operativa per la transizione ai principi contabili internazionali (IAS/IFRS), Il Sole 24 Ore, Milano, 2005. Per un approfondimento sulle operazioni di cartolarizzazione e l’impatto derivante dall’applicazione dei principi contabili internazionali si rinvia, tra gli altri a GIANNOTTI C., La cartolarizzazione dei crediti: rischi e regolamentazione, Franco Angeli, Milano, 2004; MANSI A., “La cartolarizzazione dei crediti”, in MAZZEO R.-PALOMBINI E.ZORZOLI S. (a cura di), IAS-IFRS e imprese bancarie. Impatti gestionali, organizzativi, contabili ed esperienze delle grandi banche italiane, Bancaria, Roma, 2005, pp. 269-290. 63 Sul tema specifico del trattamento in bilancio delle operazioni di factoring si rinvia al recente documento emanato dalla Associazione Italiana delle società di Factoring “ASSIFACT”. Cfr. ASSIFACT, Le operazioni di factoring nel contesto IAS, dicembre 2005, disponibile sul sito www.assifact.it.
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
te, con l’inserimento nel passivo dei debiti verso le controparti per gli importi dei corrispettivi incassati. Di tale fattispecie andrà fornita una specifica informativa nella nota integrativa.
Gruppo FIAT Bilancio consolidato al 31.12.2011 (pp. 153 e 154)
… :::
Gruppo TELECOM Bilancio consolidato al 31.12.2011 (p. 171)
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Gruppo FIAT Bilancio consolidato al 31.12.2011 (pp. 147 e 210)
…
7.7. CONTRATTI DERIVATI ED OPERAZIONI DI COPERTURA Come si è avuto modo di anticipare in precedenza, il trattamento di bilancio degli strumenti derivati ha subito, a seguito dell’introduzione dei principi contabili internazionali, notevoli modifiche e offre alcuni interessanti spunti di riflessione. Una prima considerazione e differenza rispetto alla precedente disciplina, attiene alla definizione stessa di contratto derivato 64 che si basa più sugli elementi qualificanti della fattispecie 65, piuttosto che sulla mera elencazione delle tipologie 64
Si tiene a precisare come i contratti derivati rappresentino lo strumento tipicamente utilizzato per la copertura dei rischi; eccezione ammessa a tale regola dallo IAS 39 è rappresentata dagli strumenti detenuti sino a scadenza ma solo se designati alla copertura del rischio di cambio. Cfr. IAS 39, par. AG 95. 65 Lo strumento derivato viene definito qualsiasi strumento finanziario, che soddisfa contemporaneamente i tre seguenti requisiti: a) il suo valore si modifica in funzione di cambiamenti di una variabile sottostante (denominata underlying);
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
di prodotti più diffusi sul mercato (approccio utilizzato, fino ad ora, dal Legislatore del nostro Paese 66 con l’importante conseguenza di potere includere all’interno della categoria tutti gli strumenti prodotti dall’innovazione finanziaria anche futuri che rispettano le condizioni per la qualificazione di un contratto derivato. Occorre, in proposito, far presente che secondo lo IAS 39 le operazioni a termine su divisa non rientrano nel campo di applicazione dello IAS 21 relativo alle poste in valuta, ma sono considerate contratti derivati e pertanto sono valutate al fair value con l’imputazione delle relative variazioni di valore a conto economico. Inoltre, il novero degli strumenti derivati si potrà ampliare anche per l’applicazione estesa del principio della prevalenza della sostanza sulla forma; infatti, qualora un impresa ponga in essere due o più operazioni non derivate simultaneamente, ma in modo da produrre gli stessi effetti economici di una operazione derivata, le stesse dovranno essere contabilizzate seguendo il trattamento previsto dallo IAS 39 come se fossero un unico strumento derivato 67. b) non richiede nessun investimento netto iniziale o, comunque, un investimento minore di quanto sarebbe stato richiesto per altri tipi di contratti che si suppone reagiscano in modo similare alle modifiche degli stessi fattori di mercato; c) sarà regolato in data futura. 66 Il D.Lgs. n. 58/1998 (Legge Draghi) infatti, all’art. 1, comma 2, definisce derivati i seguenti strumenti finanziari: “[...] f) i contratti “futures” su strumenti finanziari, su tassi d’interesse, su valute, su merci e su i relativi indici, anche quando l’esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti; g) i contratti di scambio a pronti e a termine (swaps) su tassi d’interesse, su valute, su merci nonché su indici azionari (equity swaps), anche quando l’esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti; h) i contratti a termine collegati a strumenti finanziari, a tassi d’interesse, a valute, a merci e ai relativi indici, anche quando l’esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti; i) i contratti di opzione per acquistare o vendere gli strumenti indicati nelle precedenti lettere e i relativi indici, nonché i contratti di opzione su valute, su tassi d’interesse, su merci e su i relativi indici, anche quando l’esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti; j) le combinazioni di contratti o di titoli indicati nelle precedenti lettere”. 67 Ad esempio, in base al principio della prevalenza della sostanza sulla forma vanno considerate un unico strumento finanziario derivato, e in particolare uno Interest Rate Swap, le operazioni realizzate tra due imprese, laddove l’impresa A eroga un finanziamento all’impresa B che prevede il rimborso della quota interessi ad un tasso di interesse fisso e, contestualmente, riceve un finanziamento dall’impresa B che presenta lo stesso valore nominale ed analoga durata e scadenza, ma un tasso di interesse di riferimento variabile anziché fisso, ed inoltre è previsto il regolamento a scadenza in contanti del solo differenziale. In particolare, “lo Swap è uno strumento finanziario derivato che prevede lo scambio periodico tra due operatori di flussi di cassa calcolati in riferimento ad un capitale teorico che non viene trasferito né all’inizio né tantomeno alla scadenza del contratto”. Cfr. PIZZO M., L’interest Rate Swap nei conti e nei bilanci di impresa, Cedam, Padova, 1990, p. 9.
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Altra problematica che rientra nella disciplina dei derivati attiene ai cosiddetti strumenti finanziari complessi, detti anche “titoli strutturati”, che incorporano contratti derivati. In questa ipotesi lo IAS 39 impone l’obbligo di separazione del derivato incorporato, che andrà scorporato dal contratto ospite a meno che lo strumento complesso (derivato incorporato + contratto ospite) non siano valutati al fair value con imputazione dei differenziali a conto economico. Anche in questo caso si presuppone che il modello di valutazione al fair value consenta di determinare correttamente il valore del derivato che, quindi, può essere non scorporato. Un secondo aspetto che merita di essere considerato attiene alla classificazione iniziale degli strumenti derivati che è basata sulla funzione da questi assunta: si distinguono, infatti, i derivati di copertura da quelli di negoziazione. Gruppo editoriale L’ESPRESSO Bilancio consolidato al 31.12.2011 (pp. 89 e 90)
Premesso che, ad eccezione del rischio di cambio, in base alle regole dello IAS 39 gli unici strumenti di copertura ammessi siano i contratti derivati 68 ricorrendo ai quali, al verificarsi della condizioni previste, si possono coprire: – singole attività o passività; – gruppi di attività o passività; – posizioni nette; la naturale conseguenza che si lega al riconoscimento di una relazione di copertura attiene all’obbligo di attrarre alla valutazione al fair value, tipica dello strumento derivato, anche lo strumento coperto: ciò produce un ribaltamento 68
Ciò comporta l’impossibilità di considerare a copertura (ed assoggettare alle regole di hedge accounting) una attività non derivata (ad esempio un credito) che corrisponde ad una passività non derivata (ad esempio un debito). In questa ipotesi sarà possibile assicurare un trattamento valutativo coerente solo ricorrendo alla fair value option.
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
delle modalità applicative del criterio della coerenza valutativa 69. Infatti, a differenza della disciplina codicistica di bilancio, in base alla quale le imprese del nostro Paese facevano prevalere il criterio di valutazione dello strumento coperto su quello dello strumento di copertura (evitando sostanzialmente la fase valutativa), lo IAS 39 impone di attrarre alla valutazione al fair value, tipica dei contratti derivati, anche gli strumenti coperti, indipendentemente dal criterio di valutazione a cui questi dovevano essere originariamente assoggettati. In questo modo, uno strumento finanziario classificato nel portafoglio finanziamenti e crediti o nel portafoglio delle attività finanziarie detenute sino a scadenza, nel momento in cui viene designato come strumento coperto non potrà più essere valutato al costo ammortizzato, bensì andrà valutato al fair value con le modalità che verranno in seguito illustrate. Più in dettaglio, la valutazione degli strumenti coinvolti in una relazione di copertura segue trattamenti contabili differenti in base al tipo di relazione di copertura individuata. Infatti, lo IAS 39, che ammette anche, al verificarsi di certe condizioni 70, la possibilità di coprire transazioni future prevede differenti tipologie di copertura: a) la copertura di fair value, la quale presuppone che le variazioni di fair value dello strumento di copertura e quelle relative allo strumento coperto (limitatamente alle parti imputabili al rischio coperto) si eguaglino e vengano, quindi, integralmente ricondotte al conto economico; b) la copertura di flussi di cassa, il cui obiettivo consiste nel rendere fissi e predeterminati i flussi di cassa variabili prodotti dallo strumento coperto, per il tramite del derivato di copertura 71; c) la copertura in un investimento netto in una gestione estera: per queste tipologie di operazioni le regole del hedge accounting dettate dallo IAS 39 prevedono, in analogia con quanto previsto per la copertura dei flussi di cassa, che la parte dell’utile o della perdita maturata sul derivato di copertura vada imputata, inizialmente, al patrimonio netto, per essere successivamente ricondotta all’interno del conto economico, in modo da compensare gli effetti economici prodotti dalle variazioni di valore della posta coperta. 69
Sul tema si veda: CAVALIERI E. (a cura di), Il bilancio di esercizio degli enti creditizi, Utet, Torino, 1993, pp. 268-269; GAETANO A., Il sistema dei rischi nel bilancio di esercizio degli enti creditizi, Cedam, Padova, 1996; LUCIANELLI G., I principi di separatezza e coerenza valutativa nel bilancio d’esercizio, Rivista Italiana di Ragioneria e di Economia Aziendale, n. 3-4, 1998, p. 148 ss. 70 Cfr. IASB, IAS 39 – Strumenti finanziari: rilevazione e valutazione, parr. 96-98. 71 Pertanto sono assoggettate a Cash Flow Hedge le operazioni a tasso variabile, le operazioni in cambi e le transazioni future.
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Gruppo editoriale L’ESPRESSO Bilancio consolidato al 31.12.2011 (p. 90)
In proposito, risulta fondamentale ribadire come la variazione di fair value rilevata contabilmente in applicazione delle regole di hedge accounting sommariamente richiamate è solo quella imputabile al rischio che si intende coprire e per il quale è stata posta in essere l’operazione di copertura; ecco perché, per applicare il sistema di regole previsto dallo IAS 39, in caso di esistenza di operazioni di copertura, si dovrà procedere rilevando separatamente le variazioni di fair value dello strumento coperto a seconda del rischio che le ha determinate (rischio di tasso di interesse, rischio di credito, rischio di cambio, ecc.), le stesse potrebbero, infatti, richiedere trattamenti contabili difformi 72 a seconda del rischio coperto. Va detto a riguardo che, dal punto di vista contabile, la gestione della coper72
Ad esempio, nel caso in cui si voglia coprire una attività disponibile per la vendita dal rischio di cambio, le variazioni imputabili (ad esempio) al rischio di credito seguiranno il trattamento normalmente previsto per gli strumenti finanziari disponibili per la vendita transitando a patrimonio netto.
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
tura dei flussi di cassa (cash flow hedge) si pone l’obiettivo di rendere fissi i flussi di cassa prodotti da una operazione (ad esempio, rendere fisso il costo di un finanziamento contratto a tasso variabile o eliminare gli effetti della oscillazione del costo di alcune merci) e segue le medesime regole previste per la copertura di un investimento netto all’estero. Infatti, nel caso, gli effetti delle oscillazione di fair value dei derivati di copertura vengono imputati in una apposita riserva di patrimonio netto, per poi essere gradualmente ricondotti al conto economico secondo un profilo temporale coerente con quello di produzione degli effetti economici (interessi) dell’operazione coperta, che solo in questo caso viene valutata secondo i criteri ad essa applicati in base alla categoria di appartenenza 73. Gli effetti contabili che scaturiscono dalla contabilizzazione della copertura di fair value e dalla copertura dei flussi di cassa possono essere riassunti attraverso gli esempi riportati nella seguente tabella:
Fair Value Hedge
Cash Flow Hedge
Strumento di copertura
Strumento coperto
Effetti economici
+ 10
–9 criterio del fair value
+ 10 Conto economico – 9 Conto economico
+ 9,5
– 2,9 Criterio del costo ammortizzato (interessi passivi)
+ 6,6 Riserva di Patrimonio netto da Cash flow hedge 74 + 2,9 Conto economico – 2,9 Conto economico (interessi passivi)
I valori inseriti nella tabella saranno registrati in bilancio attraverso le seguenti rilevazioni contabili. In particolare nel caso della copertura di fair value si avrà: Derivati di copertura (Attivo SP)
a
Risultato netto attività di copertura
10
Risultato netto attività di copertura
a
Attività/Passività coperta
9
73 Si ricorda, in proposito, come lo IAS 39 ammetta anche la possibilità che si possano coprire gruppi di operazioni. 74 Negli esercizi successivi al verificarsi degli effetti economici prodotti dalla valutazione successiva di periodo la riserva di cash flow hedge viene progressivamente utilizzata.
GLI STRUMENTI FINANZIARI
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Mentre nel caso della copertura dei flussi di cassa, oltre alla registrazione degli effetti economici, andrà alimentata la riserva di cash flow hedge il cui valore verrà, successivamente, ridotto in funzione degli effetti economici prodotti dalla applicazione dei criteri di valutazione tipici delle operazioni coperte. ipotizzando una copertura degli interessi su un finanziamento si avrà: Derivati di copertura
a
Riserva di cash flow hedge
9,5
Interessi passivi
a
Cassa
2,9
a
Risultato netto attività di copertura
2,9
Riserva di cash flow hedge
Gruppo BENI STABILI Bilancio consolidato al 31.12.2011 (pp. 122 e 123)
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
Vista la complessità della gestione contabile delle operazioni di copertura e considerata anche la rigorosità del trattamento per essa previsto, affinché possano essere applicate le regole dell’hedge accounting contenute nello IAS 39 è, però, necessario assicurare il soddisfacimento di alcuni specifici requisiti. In particolare, lo IAS 39 impone in modo rigoroso che i criteri dell’hedge accounting possono essere adottati se, e solo se, vengono soddisfatte tutte le seguenti condizioni: – alla data di designazione della copertura devono essere formalmente documentati la relazione di copertura, unitamente agli obiettivi e le strategie perseguiti dal management: tale documentazione dovrà includere, in particolare, la chiara identificazione dello strumento coperto e dello strumento di copertura, la natura del rischio coperto e la metodologia che sarà utilizzata per la valutazione periodica della relativa efficacia; – la copertura deve risultare “altamente efficace” all’inizio e per tutto il corso della sua vita, ossia le variazioni di fair value (o dei flussi finanziari) dello strumento coperto devono essere quasi completamente (+/– 20%) neutralizzati dalle corrispondenti variazioni di valore rilevate per lo strumento di copertura 75 restando entro un range di 80-125%; l’efficacia deve, inoltre, essere misurabile in modo attendibile; – relativamente alla copertura dei flussi di cassa relativi ad una transazione futura, la transazione futura oggetto di copertura deve essere altamente probabile e deve comportare un’esposizione al rischio di variazioni di flussi di cassa capace di incidere sul conto economico. Tra le richieste dello IAS 39 la più complessa dal punto di vista gestionale risulta essere il superamento di un test di efficacia 76 da operare a livello retro75 Si ricorda come lo IAS 39 ammetta anche la possibilità di una copertura successiva all’acquisto dello strumento coperto, così come ammette una copertura parziale dei rischi dello strumento coperto (under-hedge) mentre non è mai ammessa la copertura eccedente (over-hedge) che, invece, configura la presenza di una operazione speculativa. 76 In merito, lo IAS 39 non identifica alcun metodo specifico per misurare l’efficacia della copertura, in quanto tale valutazione viene a dipendere fortemente dalle scelte operate da ciascuna azienda; viene, però, raccomandato che nella documentazione comprovante la copertura sia prevista in anticipo anche la procedura di verifica della efficacia della stessa. Dalla lettura dello IAS 39, si desume che, nel momento in cui la copertura ha inizio e, prospetticamente durante tutta la vita della stessa, si deve verificare l’elevata efficacia degli effetti della copertura: a tal fine vengono indicati limiti precisi (80-125%) che definiscono quanto le variazioni di valore di uno strumento di copertura possono allontanarsi dalla copertura perfetta, nel compensare le variazioni dello strumento coperto, senza che ciò comprometta l’efficacia del test. Cfr. IASB, IAS 39 – Strumenti finanziari: rilevazione e valutazione, parr. 88 – AG 107 – AG 105.
GLI STRUMENTI FINANZIARI
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spettivo e prospettico verificando il mantenimento delle oscillazioni di fair value dello strumento coperto (o dei relativi flussi di cassa) e del derivato di copertura; tale test deve essere effettuato periodicamente, con ricorrenza almeno pari alla frequenza di predisposizione dei bilanci e delle situazioni infraperiodali.
Gruppo editoriale L’ESPRESSO Bilancio consolidato al 31.12.2011 (p. 90)
Appare evidente come le due differenti tipologie di trattamento contabile delle operazioni di copertura previste dall’hedge accounting dello IAS 39 consentono, entrambe, di rilevare e rappresentare in bilancio in modo speculare gli effetti economici prodotti dallo strumento coperto e dal derivato di copertura 77. Infatti tale simmetria di imputazione viene, a seconda dei casi, realizzata anticipando la registrazione a conto economico degli oneri e proventi rilevati sullo strumento coperto (copertura di fair value), oppure posticipando (attraverso l’iniziale imputazione al patrimonio netto ed il successivo rilascio al conto economico) quella degli oneri e proventi prodotti dallo strumento di copertura (nel caso della copertura dei flussi di cassa e della copertura in un investimento netto in una gestione estera). Ai fini dell’analisi in oggetto la necessità di dover effettuare e superare un test di efficacia comporta per le aziende che devono applicare le regole di Hedge 77
“La contabilizzazione delle operazioni di copertura comporta una rilevazione simmetrica degli effetti sul conto economico derivanti dalle variazioni di fair value (valore equo) dello strumento di copertura e dello strumento coperto”. Cfr. IASB, IAS 39 – Strumenti finanziari: rilevazione e valutazione, par. 85.
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
Accounting dello IAS 39 delle difficoltà, connesse alla necessità di dover predisporre una serie di interventi organizzativi volti ad individuare i soggetti deputati ad effettuare i test di efficacia e verificarne gli esiti, senza trascurare una serie di ricadute sui sistemi informativi e di controllo, oltre che sui sistemi amministrativo-contabili, deputati a gestire tali aspetti. A riguardo occorre considerare che, soprattutto nei casi in cui l’operatività dell’azienda in derivati risulta molto sviluppata, il ricorso alle operazioni di copertura è molto ampio e articolato, mentre non sempre l’area amministrativa dispone delle competenze e degli strumenti per poter espletare tutte le attività necessarie per dare completa e corretta applicazione alle regole previste dallo IAS 39. In tal senso la verifica dei test di efficacia può essere delegata alle unità di controllo dei rischi oppure, con una serie di problematiche legate alla eventuale esistenza di conflitti di interessi, direttamente all’area finanza (visti gli elevati livelli di tecnicismo richiesti, anche se possibile, assai meno probabile appare, infatti, l’attribuzione di tali compiti alle unità di audit interno anche nei casi in cui queste dovessero essere presenti). Inoltre, a conferma delle complessità che si legano alla gestione di una relazione di copertura, si fa presente che il venir meno dei requisiti per il suo riconoscimento richiede, da un lato, di effettuare una riclassifica del contratto derivato che andrà ricondotto tra le operazioni di trading; mentre, dall’altro, richiede di riportare la operazione coperta al valore che questa avrebbe assunto se fosse stata assoggettata alle regole di Hedge Accounting 78. Il venir meno dei requisiti per il riconoscimento di una operazione di copertura comporta, quindi, una modifica dei valori di bilancio che tocca il derivato, ma soprattutto l’operazione oggetto di copertura, con la emersione di problematiche che non si limitano alla area amministrativo-contabile e che possono anche comportare conseguenze rilevanti sui poteri delegati e definiti per statuto (si veda, ad esempio, gli effetti prodotti da una riclassifica di un derivato di copertura o derivato speculativo nel caso di uno statuto che ammette il ricorso a derivati solo a fini di copertura dei rischi).
78
A riguardo occorre far presente che, mentre non si può sostituire la operazione coperta, è invece possibile procedere ad una sostituzione del derivato di copertura a condizione che quello sostituito venga riclassificato e che il nuovo contratto stipulato assicuri il pieno soddisfacimento di tutti i requisiti per la qualificazione dell’operazione come di copertura.
GLI STRUMENTI FINANZIARI
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Gruppo editoriale L’ESPRESSO Bilancio consolidato al 31.12.2011 (pp. 96 e 97)
Gruppo editoriale L’ESPRESSO Bilancio consolidato al 31.12.2011 (p. 121)
Quanto detto fa comprendere perché in alcuni casi le imprese preferiscono evitare di ricorrere alle stringenti regole di Hedge Accounntig previste dallo IAS 39, dichiarando che all’interno dei contratti derivati di trading sono presenti derivati qualificati come di “copertura gestionale”, applicando, ove necessario, la fair value option alle operazioni coperte.
332
I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
In tal caso, si possono realizzare effetti simili a quelli previsti dall’Hedge Accounting senza subirne i vincoli, anche se nell’ipotesi considerata si ricorre ad un fair value integrale, che prescinde dalla separata considerazione delle componenti di rischio oggetto di copertura e che fa prevalere una rilevazione degli effetti economici meno accurata in favore di una maggiore semplicità di applicazione. Gruppo Banca FINNAT Bilancio consolidato al 31.12.2011 (pp. 265 e 275)
…
Gruppo Banca FINNAT Bilancio consolidato al 31.12.2011 (p. 314) Il risultato netto dell’attività di negoziazione: composizione – Voce 80
GLI STRUMENTI FINANZIARI
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A ben vedere quanto detto circa le condizioni necessarie per porre in essere i test di efficacia delle relazioni di copertura, si presenta in modo ancor più evidente in altre situazioni conseguenti alla applicazione dello IAS 39, come la determinazione del costo ammortizzato o del fair value in assenza di prezzi o di quotazioni di mercato. Infatti, fino ad oggi tali processi valutativi sono sempre stati di competenza esclusiva dell’area amministrativa, ma le logiche IAS/IFRS, tentando di colmare il gap tra modelli gestionali e modalità di rappresentazione contabile e di bilancio, pongono l’area amministrativa di fronte a problematiche di non facile risoluzione che richiedono investimenti rilevanti per acquisire le necessarie conoscenze tecnico-operative che risiedono, spesso, in funzioni aziendali differenti, in particolare nell’area degli strumenti finanziari si pone il problema di disporre di procedure informatiche che consentano di gestire in modo automatizzato le complessità connesse all’applicazione del sistema di regole relative agli strumenti finanziari 79.
7.8 PROFILI EVOLUTIVI DELLA DISCIPLINA DEGLI STRUMENTI FINANZIARI: IFRS 9 La presentazione delle regole previste dal principio contabile internazionale IAS 39, in tema di strumenti finanziari, fornita nei paragrafi precedenti ha mes79 Occorre precisare, a seguito di una indagine condotta dall’ABI, è emerso che anche le imprese finanziarie hanno incontrato difficoltà nel reperire strumenti finanziari che consentono di gestire in modo automatizzato le operazioni di copertura. Sul tema si rinvia a. GAETANO A.-GIANNINI L.-VERTOLLI R., IAS/IFRS: a che punto sono le banche nelle implementazioni informatiche ed organizzative, Bancaria, Roma, 2006.
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
so in evidenza la complessità delle suddette regole che ha fatto sorgere, soprattutto nei destinatari dell’informativa di bilancio, esigenze di semplificazione. Sulla base di tale presupposto, nel 2005, è stato dato l’avvio al progetto congiunto IASB-FASB che ha portato, nel 2008, alla pubblicazione di un discussion paper, intitolato Reducing Complexity in Reporting Financial Instruments, in cui si ipotizzavano i possibili approcci da adottare, proprio in vista di una semplificazione delle regole in tema di valutazione, contabilizzazione, impairment e hedge accounting degli strumenti finanziari. Anziché emendare il principio IAS 39, è stata scelta la strada dell’integrale sostituzione del vecchio standard contabile con un nuovo principio, l’IFRS 9, intitolato “Financial instruments” che aveva tra i suoi obiettivi dichiarati quelli di: a) ridurre il numero dei portafogli funzionali prevedendo due sole casistiche per l’attivo: quella delle attività finanziarie valutate al fair value con imputazione delle variazioni di valore al conto economico e quella delle attività finanziarie valutate al costo ammortizzato: nelle intenzioni dello standard setter, quindi, si voleva eliminare (o meglio ridurre significativamente 80 la rilevazione delle variazioni di fair value direttamente al patrimonio netto (tipica delle attività finanziarie disponibili per la vendita dello IAS 39); la classificazione degli strumenti finanziari all’interno delle predette categorie funzionali veniva, inoltre, fondata sul modello di business adottato dall’impresa e sulle caratteristiche contrattuali degli strumenti stessi; b) modificare le regole di impairment non limitandosi a considerare le sole perdite cosiddette incurred, ma considerando anche quelle expected, con ciò anticipando il momento di rilevazione delle perdite per insolvenza ed estendendo la loro determinazione all’intero arco di vita dello strumento; c) semplificare le regole di hedge accounting. Il processo di sostituzione, ancora in corso è strutturato, come abbiamo già messo in evidenza, in tre fasi: la prima ha ad oggetto le problematiche relative alla classificazione e alla valutazione delle attività e delle passività finanziarie; la seconda ha ad oggetto le regole relative all’applicazione del criterio del costo ammortizzato e all’impairment test; la terza ed ultima fase ha ad oggetto l’hedge accounting. Originariamente, l’adozione del nuovo principio contabile sugli strumenti finanziari (IFRS 9) era fissata per il 2013. Considerati però i ritardi accumulati nello sviluppo delle ultime due fasi – ma soprattutto dell’ultima, quella relativa 80 Tale affermazione risulterà più chiara con l’illustrazione della categoria dei titoli di capitale valutati al fair value con imputazione delle variazioni di valore al patrimonio netto. Cfr. infra.
GLI STRUMENTI FINANZIARI
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all’hedge accounting – lo IASB ha prorogato all’esercizio 2015 l’entrata in vigore del nuovo standard contabile relativo agli strumenti finanziari. In questo paragrafo ci limiteremo a presentare i capitoli che sono stati definiti dallo IASB e che riguardano la prima delle tre fasi, quella relativa alle regole di classificazione e valutazione degli strumenti finanziari. Come anticipato, nella versione di ottobre 2010 l’IFRS 9 prevede, diversamente dallo IAS 39, l’esistenza di due soli portafogli funzionali per le attività finanziarie rappresentati dal portafoglio immobilizzato, valutato al costo ammortizzato, e dal portafoglio delle attività finanziarie valutate al fair value con imputazione a conto economico. La scelta tra costo ammortizzato e fair value dipende – e qui teniamo a rimarcare la differenza tra IAS 39 e IFRS 9 – sia dal business model dell’entità che dalle caratteristiche dello strumento. Si adotterà il costo ammortizzato per tutte quelle attività finanziarie acquisite e detenute dal management per ricevere i cash flow prodotti nel corso del loro ciclo di vita, a condizione però che gli stessi siano rappresentati da interessi e quote capitale. Se non si verificano questi requisiti, ossia il business model di riferimento per lo strumento finanziario non prevede che lo stesso sia detenuto con lo scopo di incassare i flussi di cassa per capitale ed interessi pagati dall’emittente, ovvero lo strumento non prevede pagamenti in linea capitale ed interessi a scadenze predeterminate (si pensi, a titolo esemplificativo, ai titoli azionari), occorre applicare il criterio di valutazione del fair value. Continua ad essere prevista inoltre la fair value option, sebbene applicabile limitatamente al caso delle asimmetrie contabili (accounting mismatch), mentre è riservata alla sola categoria dei titoli di capitale la facoltà (irrevocabile, una volta esercitata in sede di rilevazione iniziale di tali strumenti), di valutare gli stessi al fair value con imputazione delle variazioni di valore nel patrimonio netto, ossia tra gli other comprehensive income: in tale circostanza, peraltro, a differenza di quanto previsto dallo IAS 39 per le attività finanziarie disponibili per la vendita, non è consentito il rigiro a conto economico (cosiddetto recycling) delle rettifiche da impairment, ma solo dei dividendi pagati dagli emittenti, né la possibilità di valutare al costo i titoli di capitale non quotati il cui fair value risulti di difficile stima. Solamente nell’Ottobre 2010 lo standard setter ha emanato le regole da applicare alle passività, completando la prima delle tre fasi che porteranno alla definizione del nuovo principio contabile sugli strumenti finanziari. In particolare, le passività finanziarie possono essere valutate al costo ammortizzato oppure al fair value, così come già previsto dallo IAS 39. Vale la pena ricordare una novità introdotta dall’IFRS 9, che riguarda le passività finanziarie valutate a fair value: le variazioni di fair value dei suddetti strumenti si rilevano a conto econo-
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
mico, ad eccezione della quota parte eventualmente attribuibile alla variazione del rischio di credito dell’entità, che, invece, deve essere rilevata tra gli other comprehensive income. Infine, secondo il nuovo principio, mentre le attività finanziarie possono essere riclassificate se cambia il business model della società, le passività finanziarie non possono mai essere oggetto di riclassificazione 81. Con riferimento alla seconda fase, nel gennaio 2011 è stato pubblicato un documento dal titolo Financial instruments: impairment: entro aprile 2011 gli operatori hanno potuto inviare commenti allo standard setter che sta attualmente riformulando i capitoli aventi ad oggetto le regole sull’impairment test degli strumenti finanziari che saranno aggiunti alla versione attuale dell’IFRS 9. Con riferimento alla terza fase, il 7 settembre 2012, lo IASB ha pubblicato un documento denominato Draft of forthcoming IFRS on general hedge accounting che, entro il 2015, dovrebbe consentire di portare a termine il progetto di sostituzione dello IAS 39 da parte del nuovo principio contabile IFRS 9. Allo stato attuale è molto difficile formulare delle conclusioni sul grado di raggiungimento dell’obiettivo, dell’IFRS 9, di semplificare e, nello stesso tempo, di innovare la disciplina degli strumenti finanziari contenuta nello IAS 39. Sebbene siano state già sollevate numerose critiche all’IFRS 9, considerato che il processo di “replacement” è ancora in corso, non ci sentiamo, allo stato attuale, di esprimere alcun giudizio, poiché riteniamo opportuno attendere la pubblicazione delle parti definitive del principio contabile dedicate, rispettivamente, all’impairment e all’hedge accounting. Comunque non si può sottacere che, in base a quanto finora emerso, anche a seguito delle critiche ricevute, gli annunciati obiettivi di semplificazione non sembrano pienamente raggiunti e soprattutto il ricorso al business model rischia di aumentare la componente soggettiva/arbitraria nella classificazione degli strumenti finanziari, con impatti negativi sulla comparabilità dei bilanci.
7.9. CONSIDERAZIONI DI SINTESI E CONCLUSIVE Come si è avuto modo di illustrare nei paragrafi precedenti, l’introduzione dei principi contabili internazionali ha profondamente modificato il trattamento di bilancio degli strumenti finanziari ed ha portato ad un opportuno superamento della disciplina del codice civile. 81
A riguardo occorre far presente che il documento emanato in bozza a dicembre 2012 porta a rivedere le regole di classificazione dell’IFRS 9 riavvicinandole a quello dello IAS 39 attualmente vigente, con ciò riducendo notevolmente la componente innovativa del principio.
GLI STRUMENTI FINANZIARI
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La classificazione in differenti categorie basata sulla destinazione funzionale porta, infatti, a rendere meno evidente il legame con la natura della tipologia contrattuale sottostante (titoli, azioni, crediti, debiti, derivati) prevalente nei bilanci delle imprese. Sancita la correttezza di una disciplina contabile che si basa sulla distinta considerazione delle fasi di vita dello strumento finanziario, va detto che la diffusa applicazione del principio di prevalenza della sostanza sulla forma nelle regole di iscrizione e cancellazione porta a modificare radicalmente il trattamento contabile che in passato veniva seguito per la rilevazione e rappresentazione in bilancio degli effetti di alcune tipologie di operazioni (vendite con obbligo di riacquisto, cartolarizzazioni, factoring), oltre ad annullare, nei fatti, gli effetti di duplicazione nella rappresentazione delle operazioni di riacquisto di azioni e di obbligazioni di propria emissione, il cui storno comporta una modifica della situazione patrimoniale e finanziaria e, in alcuni casi, anche del risultato economico di periodo. Inoltre, l’applicazione del principio di prevalenza della sostanza sulla forma ha portato al superamento della logica tipicamente contrattuale, che genera un indubbio miglioramento della informativa di bilancio, anche se questo può comportare alcuni problemi interpretativi con il rischio di adozione di approcci differenti da parte dei contraenti, a fronte di operazioni analoghe, soprattutto relativamente ad operazioni giuridicamente trasferite, ma con rischi ed effetti economici che continuano a permanere in capo al cedente. L’applicazione dei nuovi criteri di valutazione comporta un abbandono del criterio del costo storico ed una maggiore applicazione dei valori correnti (fair value), che devono essere determinati in base a prezzi di mercato o, comunque, in base a modelli finanziari ritenuti altamente affidabili: gli stessi devono essere utilizzati per fornire, all’interno della nota integrativa, il valore corrente anche per gli strumenti che non sono valutati al fair value. Nonostante ciò, la presenza di problematiche relative al calcolo del fair value, soprattutto di quello basato su modelli che non fanno uso di valori di mercato, ha portato alla separata indicazione e rappresentazione degli effetti della cosiddetta “Gerarchia del fair value”. La rilevanza del ruolo degli organi di controllo nel calcolo del fair value è sancita dalla emanazione di uno specifico principio di revisione, l’ISA 545 “Auditing Fair Value Measurements and. Disclosures”. Si è visto come anche nei casi in cui non si fa ricorso al criterio del fair value per la determinazione dei valori di fine periodo, la valutazione in base al criterio del costo ammortizzato comporta una maggiore complessità dei processi valutativi, soprattutto nel caso di presenza di oneri e proventi accessori alla transazione: questa trova la sua contropartita in una migliore rappresentazione degli effetti economici prodotti dalle operazioni interessate, con la iscrizione in bilancio
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
del tasso di interesse effettivo che, in presenza di rilevanti oneri o proventi connessi alla transazione, può discostarsi anche in modo rilevante dal tasso contrattuale finora utilizzato. L’introduzione delle regole di impairment ha prodotto, inoltre, per le imprese un complessivo miglioramento del processo di valutazione del rischio di insolvenza delle controparti, anche se l’applicazione delle tecniche di impairment presuppone l’esistenza di modelli ed informazioni che ancora ad oggi non sono disponibili per le imprese che non appartengono al settore finanziario e che non hanno adottato modelli evoluti per il controllo del rischio di credito. L’area dei contratti derivati e delle operazioni di copertura viene ad essere assoggettata ad un sistema di regole articolato e complesso, che garantisce una migliore gestione e rappresentazione degli effetti economici delle operazioni. Anche in questo caso l’innovazione è da valutare positivamente, ma come si è avuto modo di vedere nelle pagine precedenti, l’applicazione delle regole tecniche di hedge accounting presuppone l’esistenza di soluzioni organizzative e strumenti che non sempre sono presenti in imprese che non abbiano grandissime dimensioni e che non siano dotate di una struttura di controllo dei rischi finanziari evoluta e, comunque, che spesso esulano dalle competenze tipiche dell’area amministrativo-contabile. In sintesi, quindi, il processo di transizione alla piena ed integrale applicazione delle regole previste dagli standard contabili internazionali in tema di strumenti finanziari da parte delle imprese e degli operatori è stato certamente complesso ed oneroso e non è ancora del tutto completato. Anzi, a ben vedere, lo stesso è destinato a non avere fine, anche a causa del continuo modificarsi del sistema delle regole. A conferma di quanto detto si vede come, al di là delle formali modifiche introdotte dalla entrata in vigore dello IFRS 13, mentre tale processo era ancora in corso, è stato avviato un progetto di strutturale rivisitazione del sistema di regole di valutazione e rappresentazione in bilancio degli strumenti finanziari che porterà alla emanazione di un nuovo standard destinato a sostituire integralmente lo IAS 39: l’IFRS 9. Nella consapevolezza che il percorso intrapreso e non ancora concluso ha richiesto e richiederà alle imprese ed ai soggetti deputati a verificare la corretta applicazione della regolamentazione notevoli investimenti e non pochi sacrifici, si spera che, superate le naturali difficoltà connesse all’impatto con gli effetti di un nuovo e più complicato sistema di regole, le modifiche introdotte consentiranno di rappresentare meglio la situazione dell’impresa e di meglio verificare; in base a modelli, il più possibile vicini a quelli adottati dal management, le performance da questa raggiunte, migliorando complessivamente la capacità in-
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formativa del bilancio di esercizio in riferimento alla tematica degli strumenti finanziari. Appare altrettanto evidente che tali innovazioni richiedono ai lettori del bilancio un più elevato grado di conoscenze tecniche, nella lettura di un documento che contiene sempre più informazioni e valori determinati secondo logiche gestionali, tipiche degli esperti di rischio più che contabili e che, se non correttamente comprese, possono essere anche fuorvianti per un lettore inesperto.
7.10. VERIFICA DI APPRENDIMENTO Si risponda ai seguenti quiz (anche più di una risposta positiva per ogni domanda). 1. Lo IAS 39 disciplina: a) il trattamento contabile delle operazioni di leasing; b) la disclosure di bilancio degli strumenti finanziari; c) le modalità per la determinazione delle rettifiche di valore delle attività finanziarie. 2. Le attività finanziarie detenute sino a scadenza: a) in seguito alla rilevazione iniziale possono essere liberamente trasferite ad altri portafogli funzionali; b) devono essere periodicamente sottoposte all’impairment test; c) in mancanza di fair value attendibile sono valutate al costo rettificato per le perdite di valore. 3. Una quota di partecipazione in un’impresa, che non ne attribuisce il controllo: a) non rientra nel campo di applicazione dello IAS 39; b) può essere inclusa nelle attività detenute sino a scadenza; c) deve essere valutata al costo, se non è possibile determinarne il fair value. 4. Nel caso di cessione di crediti che non realizzano il trasferimento dei rischi relativi: a) i crediti possono essere cancellati completamente dal bilancio del cedente ed iscritti in quello del cessionario; b) i crediti devono essere iscritti nel bilancio del cedente e corrispondentemente si accresce il valore del patrimonio netto; c) i crediti vengono iscritti nel bilancio del cedente per il loro valore ante cessione;
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
d) i crediti vengono iscritti e valutati nel bilancio del cedente e i corrispettivi incassati vengono iscritti tra i debiti. 5. I contratti derivati: a) includono le operazioni a termine in valuta; b) possono essere valutati al costo, in casi particolari; c) richiedono in ogni caso che l’oscillazione del loro fair value influenzi il risultato economico del periodo. 6. Le operazioni di copertura: a) possono essere di tre tipi: indicare quali; b) richiedono di adottare idonee soluzioni organizzative; c) sono assoggettate ad impairment test; d) devono essere sottoposte una sola volta all’anno ai test di efficacia. CASI
1. L’impresa Alfa ha nel proprio attivo azioni proprie per un importo pari al 5% del capitale sociale. Immaginando che il capitale sociale dell’impresa Alfa sia pari a € 10.000.000,00, e che l’acquisto sia avvenuto ad un controvalore complessivo pari a € 550.000,00, indicare le voci di bilancio ed i relativi valori interessati. 2. Indicare gli effetti economici e finanziari che si generano dalla rappresentazione in base alle regole previste dallo IAS 39 di un’operazione di acquisto di obbligazioni proprie del valore nominale di € 20.000,00, il cui prezzo di acquisto è pari a € 18.500,00. Indicare inoltre, facendo le relative ipotesi, il risultato economico prodotto nel caso in cui, nel corso dell’esercizio successivo, le obbligazioni riacquistate dovessero essere ricedute ad un controvalore di € 20.500,00. 3. L’impresa Beta ha acquistato sul mercato ad € 30.000,00 delle obbligazioni emesse da una società. Considerato che dette obbligazioni sono quotate e che l’impresa non ha intenzione di cederle sul mercato nel breve periodo, definire preliminarmente i possibili portafogli di appartenenza e, in funzione di questi, il valore di iscrizione in bilancio e l’effetto generato sul risultato economico di periodo, considerando che: a) il valore di mercato al 31/12 è di € 35.000,00; b) la media dei prezzi di mercato del mese di dicembre è di € 33.000,00; c) il costo ammortizzato, che tiene conto dell’impairment, alla fine del periodo è pari a € 30.800,00;
GLI STRUMENTI FINANZIARI
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4. L’impresa Gamma ha erogato un finanziamento per un importo di € 100.000,00, di durata quinquennale. Il piano di ammortamento prevede il rimborso del capitale alla scadenza ed un tasso di interesse nominale del 5%, che viene pagato annualmente. Si calcoli il tasso di interesse effettivo, considerato che per l’erogazione del finanziamento sono stati sostenuti oneri accessori pari a € 3.000,00 e che il soggetto finanziato ha riconosciuto all’impresa una commissione pari a € 1.000. 5. L’impresa Lambda possiede un titolo obbligazionario del valore nominale di 100, quotato sul mercato Lussemburghese e acquistato a 98,5. Alla data di riferimento del bilancio, il valore di mercato del titolo in assenza di mercato attivo è pari a 97. Il fair value del titolo, determinato con modelli che non includono il rischio di credito è pari a 95. Alla stessa data, il fair value comprensivo della valutazione del rischio di credito è pari a 93,5. La media dei prezzi di mercato del mese di dicembre (mercato attivo) è pari a 96. Il costo ammortizzato del titolo, al netto dell’impairment, è pari a 97,5. Indicare, motivando le ragioni della scelta, il valore di bilancio del titolo in esame e gli effetti economici prodotti dalla valutazione, nelle seguenti ipotesi: a) il titolo è incluso nel portafoglio di negoziazione; b) il titolo è classificato tra le attività detenute sino a scadenza; c) il titolo è classificato tra le attività disponibili per la vendita; d) il titolo, originariamente appartenente al portafoglio held to meturity, è oggetto di copertura di fair value per la sola componente di rischio creditizio (resa convenzionalmente pari alla differenza tra i fair value). 6. L’impresa Iota ha preso un impegno a pagare una fornitura di merce del costo complessivo di $ 100.000,00 da corrispondere in due anni. Indicare quale è la tipologia di copertura più opportuna nel caso in esame e indicare approssimativamente l’impatto economico e patrimoniale prodotto sui valori di bilancio nel caso in cui il l’evoluzione dei cambi produca effetti negativi per € 3.000,00, mentre il derivato di copertura produca effetti positivi pari a complessivi € 5.000,00.
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
8 LE RIMANENZE DI MAGAZZINO E I LAVORI SU ORDINAZIONE a cura di Alberto Quagli
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SOMMARIO: 8.1. Le rimanenze di magazzino (IAS 2). – 8.1.1. Ambito di applicazione del principio e definizione delle rimanenze. – 8.1.2. Valutazione. – 8.1.3. Informazione integrativa. – 8.1.4. Sintesi delle principali differenze con il quadro normativo italiano. – 8.2. I lavori su ordinazione (IAS 11). – 8.2.1. Ambito di applicazione e definizione dei lavori su ordinazione. – 8.2.2. Ricavi e costi di commessa. – 8.2.3. Valutazione. – 8.2.4. Contabilizzazione. – 8.2.5. Informazione integrativa. – 8.2.6. Sintesi delle principali differenze con il quadro normativo italiano. – 8.2.7. Verifica di apprendimento.
8.1. LE RIMANENZE DI MAGAZZINO (IAS 2) 8.1.1. Ambito di applicazione del principio e definizione delle rimanenze Lo IAS 2 (Inventories) stabilisce il trattamento contabile delle rimanenze di magazzino, fornendo indicazioni in merito alla loro valutazione, contabilizzazione ed esposizione in bilancio. Sono escluse dall’ambito di applicazione del principio le attività biologiche connesse ad attività agricole e i prodotti agricoli fino al momento del raccolto (disciplinati dallo IAS 41), i lavori in corso derivanti da contratti di costruzione (trattati nello IAS 11, più avanti discussi) e gli strumenti finanziari (oggetto degli IAS 32, IAS 39 e IFRS 7). Inoltre, pur rientrando nell’ambito di applicazione dello IAS 2, vi sono due categorie di scorte che, in quanto soggette a prassi valutative differenti sono esentate dalle disposizioni del principio riguardanti il criterio di valutazione (regola generale di valutazione del minore tra costo e valore di realizzo), quali: 1
Capitolo scritto da Paola Ramassa e Alberto Quagli.
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1. le rimanenze di prodotti agricoli e minerari dopo il raccolto/estrazione detenute dai relativi produttori, nella misura in cui vengono valutate al valore di realizzo al netto dei costi presunti di vendita sulla base di prassi consolidate di settore. In tal caso le rimanenze sono valutate al valore netto di realizzo, ossia al prezzo presunto di vendita diminuito dei costi da sostenere fino alla vendita e ogni variazione di tale valore si riflette nel conto economico come costo o ricavo; 2. i generi di largo consumo detenuti da intermediari commerciali che valutano le loro scorte al fair value al netto dei costi di vendita ed il cui profitto è costituito da fluttuazioni dei prezzi di mercato di tali beni. In tal caso le rimanenze sono valutate al fair value diminuito dei costi di vendita e ogni variazione di tale valore si riflette nel conto economico come costo o ricavo. In merito si veda il seguente box. Valutazione commodities in magazzino al fair value ENI (ITA) Bilancio 2010 Le rimanenze di gas naturale derivanti da acquisti operati nella prospettiva di una rivendita nel breve periodo e all’ottenimento di benefici economici derivanti dalle fluttuazioni del prezzo, sono valutate al fair value al netto dei costi di vendita.
Si deve tener presente la differenza tra il concetto di fair value e quello di valore netto di realizzo: il primo è un dato astratto derivante dalla generale tendenza del mercato, mentre il secondo tiene conto delle specifiche circostanze aziendali (per esempio, una temporanea difficoltà nel processo di consegna ai clienti, che può far diminuire il valore del magazzino). Al di là queste eccezioni, le regole di valutazione dello IAS 2 si applicano a tutte le rimanenze di magazzino, siano esse di beni o di servizi, definite come le attività (materiali o meno) possedute per essere vendute nella gestione ordinaria o per essere impiegate (come materiali o forniture) nel processo di produzione necessario per la vendita.
8.1.2. Valutazione Le rimanenze di magazzino devono essere valutate al minore tra il costo e il valore netto di realizzo, inteso come il prezzo di vendita stimato nel normale svolgimento dell’attività, al netto dei costi stimati di completamento e di vendita.
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Di seguito si descrivono separatamente i termini essenziali per la determinazione del costo e del valore di realizzo. Componenti del costo unitario Il costo può essere di acquisto o di produzione e deve essere misurato a consuntivo, lasciando tecniche quali il costo standard o il metodo del dettaglio (per i punti vendita) al rango di surrogati, ammissibili solo quando conducono a risultati non distanti dal costo effettivo e da sottoporre in ogni caso a verifiche periodiche. Il costo di acquisto è pari al prezzo di acquisto aumentato degli oneri accessori direttamente imputabili, al netto di eventuali sconti commerciali. Il costo di produzione include i costi diretti e una quota di costi generali (fissi e variabili) allocata su base sistematica. Il processo di ripartizione deve basarsi su un volume di attività “normale”, ossia che si prevede di raggiungere in un arco temporale perlomeno stagionale, considerando anche le soste per manutenzione. Il volume effettivo può essere usato nel calcolo della quota di costi indiretti da attribuire al costo dei beni in rimanenza solo come surrogato del volume normale, come mostrato nel seguente esempio. ESEMPIO 1 – L’allocazione dei costi generali in base alla normale capacità produttiva Si supponga che un impianto presenti un costo annuo di ammortamento di 360.000 euro, con una capacità produttiva teorica di 200.000 pezzi l’anno. Si supponga però che, considerando il normale andamento di mercato, si possa fondatamente ritenere di produrre come “volume normale” 180.000 pezzi l’anno. Si supponga infine che in un esercizio il volume di produzione effettivo sia di 150.000 pezzi. Allocando il costo di 360.000 euro sul volume di 180.000 si ottiene una quota di costi generali dell’impianto di 2 euro per pezzo (360.000/180.000). Se avessimo usato il volume effettivo (360.000/150.000) avremmo avuto 2,4 euro per pezzo. In sostanza, se avessimo usato quest’ultima tecnica, vietata dallo IAS 2, ogni pezzo in rimanenza finale sarebbe stato sopravvalutato di 0,4 euro, senza che questo corrispondesse a un effettivo cambiamento produttivo.
Nel caso di produzioni congiunte i costi di produzione devono essere attribuiti ai prodotti su basi razionali e uniformi (per esempio, in proporzione al fatturato). Nel caso in cui vi siano un prodotto principale e sottoprodotti di scarsa rilevanza, questi ultimi sono valutati al valore netto di realizzo e tale
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importo è dedotto dal costo di produzione totale per formare il costo del prodotto principale. I costi indiretti non industriali (amministrativi, ricerca e sviluppo, commerciali, sprechi e inefficienze, perdite straordinarie per furti) non sono inclusi nel costo di produzione, a meno che non sia dimostrabile specificatamente che sono serviti per portare le rimanenze nel luogo e nelle condizioni attuali (per esempio, costi di progettazione per specifici clienti). Per l’attribuzione dei costi finanziari per interessi passivi si rinvia allo IAS 23 (discusso più analiticamente nel capitolo 5), che in sostanza esclude la capitalizzazione degli oneri finanziari nel caso di produzioni in serie o per grandi quantità e la richiede obbligatoriamente solo per la costruzione dei qualifying assets, intesi come prodotti che richiedono un tempo significativo, di regola eccedente l’anno, per il loro sviluppo. L’interesse implicito sulle dilazioni ottenute che vanno oltre il normale termine commerciale è considerato un costo di finanziamento, da rilevare come interesse passivo nel periodo di finanziamento, e non deve essere incluso nel costo di prodotto ai fini della valutazione del magazzino. Le rimanenze di servizi soggette allo IAS 2 sono soggette alle stesse regole, e per esse il componente principale del costo di produzione è costituito dal costo del lavoro, senza includere in esso alcun margine di utile. Si ricorda peraltro che spesso tali servizi, per la loro specificità tecnica e la determinazione degli elementi basilari contrattuali (prezzo, termine di lavorazione, ecc.) precedente la fase di lavorazione, si configurano come contratti di costruzione e sono quindi soggetti alla disciplina dello IAS 11 e non dello IAS 2. Metodi di approssimazione del flusso fisico Per i beni infungibili il costo (di acquisto o di produzione) deve essere specifico, ossia attribuito per singola unità di bene, mentre per il calcolo del costo dei beni fungibili si deve usare o il metodo FIFO o il metodo del costo medio ponderato (definiti dallo IAS come cost formula), quest’ultimo nella variante per movimento o in quella per periodo. Non è invece ammesso l’utilizzo del metodo LIFO. Per beni di natura o uso diverso si possono usare cost formula differenti, mentre per beni di natura e utilizzo analogo, anche se con diversa localizzazione geografica, deve essere utilizzato lo stesso metodo di attribuzione del costo. Con riferimento a tale aspetto, si consideri che molte imprese italiane che hanno adottato gli IFRS utilizzavano secondo le regole italiane il metodo del LIFO. Passando ai principi internazionali esse hanno rilevato differenze di transizione, come descritto nel seguente esempio.
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ESEMPIO 2 – Passaggio dal metodo del LIFO a quello del costo medio ponderato Si supponga che un’azienda adotti gli IFRS a partire dall’esercizio 2012. Essa dovrà quindi redigere al 1 gennaio 2011 uno stato patrimoniale di apertura redatto con i principi contabili internazionali. In merito alle rimanenze di magazzino, l’azienda aveva sino a quel momento adottato il metodo del LIFO permesso dalle norme nazionali; con la transizione agli IFRS l’azienda sceglie di adottare il metodo del costo medio ponderato. Ne consegue che le rimanenze iniziali del 2011 (finali del 2010), già determinate secondo le regole nazionali in base al LIFO, dovranno essere rideterminate tramite applicazione del metodo del costo medio ponderato. Si supponga che il prospetto dei movimenti di magazzino materie prime sia il seguente: Data movimento di magazzino (carico/scarico)
Quantità acquistate (2)
Prezzo unitario in fattura (3)
Costo acquisto (2 × 3)
1° gennaio 2010 (rimanenza finale 2009)
1.000
2
02.000
1.000
2 aprile 2010
2.000
3
06.000
3.000
Quantità scaricate
3 maggio 2010 4 giugno 2010
0.800 3.000
4
12.000
10 settembre 2010 31 dicembre (Tot. 2010)
20.000
2.200 5.200
3.200 6.000
Quantità in rimanenza
2.000 2.000
Con il LIFO le rimanenze al 31/12/2010 (e quindi al 1/1/2011) erano già state rilevate nel bilancio 2011 redatto con le regole nazionali a: (1.000 × 2) + (1.000 × 3) = 5.000. Passando al costo medio ponderato, nella variante per periodo, il costo medio unitario sarà pari al rapporto tra la somma dei costi di acquisto e le relative quantità acquistate: [(1.000 × 2) + (2.000 × 3) + (3.000 ×4)]/6.000 =20.000/6.000 = 3,33 Per cui il valore delle rimanenze sarà pari a 3,33 × 2.000 = 6.666,67. La differenza di transizione sarà dunque pari a 6.666,67 – 5.000 = 1.666,67. Ipotizzando per semplicità un’aliquota fiscale media del 30%, la rilevazione contabile di tale differenza sarà quindi: 1/1/2011 – Rilevazione differenza materie prime Materie prime Fondo imposte differite Riserva transizione IFRS su magazzino
1.666,67 500 1.166,67
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
Si consideri che abbandonando il criterio del LIFO per passare al costo medio ponderato o al FIFO, a parità di quantità in rimanenza, il valore delle rimanenze tenderà ad allinearsi alla dinamica dei prezzi di mercato, presentando maggiore volatilità. Se ad esempio i prezzi di acquisto sono crescenti nel periodo considerato, l’azienda farà “utili sul magazzino”, in quanto il valore delle rimanenze finali, a parità di quantità, sarà più alto di quelle iniziali. Per tale fenomeno alcune aziende hanno inteso fornire una informativa supplementare, come mostrato nel seguente caso.
Caso 1 Il passaggio dal metodo LIFO al costo medio ponderato Erg, (ITA), relazione trimestrale al 30 settembre 2005 Con l’applicazione degli IAS, Erg ha dovuto abbandonare il metodo LIFO, non ammesso dallo IAS 2, e ha valutato il costo delle rimanenze con il metodo del costo medio ponderato. La scelta del metodo LIFO, precedentemente utilizzato dalla società, derivava dalla volontà di valutare con estrema prudenza le rimanenze, caratterizzate negli ultimi anni da un regime di prezzi crescenti. Pur passando al metodo del costo medio ponderato per gli schemi di bilancio, Erg ha deciso di presentare i suoi risultati anche in un altro prospetto, in cui viene annullato l’effetto degli utili su magazzino:
Per la determinazione del costo delle rimanenze di acquisti di merce da parte dei dettaglianti, lo IAS 2 ammette anche l’adozione del metodo del dettaglio, già previsto dall’OIC 13 nell’ambito nazionale. Infine, un caso particolare con riferimento alla determinazione del costo è rappresentato dalle rimanenze di magazzino acquisite a seguito di operazioni di aggregazione aziendale regolate dall’IFRS 3. In tali casi, così come disciplinato
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dal suddetto principio, il costo di acquisto deriva dal processo di allocazione del prezzo complessivo di acquisto del complesso aziendale ed è fatto pari al fair value alla data di acquisizione. Tale fair value diviene quindi il costo con cui confrontare il valore netto di realizzo dei periodi successivi, al fine di scegliere il minore dei due. Valore netto di realizzo (net realisable value) Il valore netto di realizzo deve essere stimato basandosi sui dati più attendibili di cui si dispone alla chiusura del bilancio circa il presunto valore di vendita che si avrà in futuro. Poiché la valutazione è specifica, si dovrà tener conto, per esempio, del prezzo stabilito nei contratti di vendita già stipulati. Se il valore netto di realizzo è inferiore al costo, si deve compiere una svalutazione. Nel periodo successivo, se il valore netto di realizzo si presenta nuovamente superiore al costo si dovrà effettuare una rivalutazione a conto economico, affinché il nuovo valore contabile sia il minore tra il costo e il valore netto di realizzo. Valgono tutte le altre considerazioni già espresse dal documento n. 13 dell’OIC.
8.1.3. Informazione integrativa Nelle note devono essere descritti: – i criteri di valutazione adottati; – il valore totale del magazzino espresso al fair value al netto dei costi di vendita; – le eventuali svalutazioni, i relativi motivi e le eventuali rivalutazioni di ripristino; – eventuali garanzie reali concesse su beni in magazzino.
8.1.4. Sintesi delle principali differenze con il quadro normativo italiano Nel complesso, lo IAS 2 si presenta in linea con quanto stabilito per il contesto italiano dal codice civile e dal documento n. 13 dei principi contabili dell’OIC. Anzi, il documento dell’OIC è molto più dettagliato del principio internazionale, specie con riferimento alle modalità di determinazione del costo e del valore di presunto realizzo e alla descrizione delle cost formula. La differenza principale consiste nel divieto di adottare il LIFO contenuto nello IAS 2, mentre attualmente tale criterio è ancora permesso tanto dal codice
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
civile, quanto dal documento n. 13 dell’OIC. Inoltre, lo IAS 2 in alcuni casi particolari (prodotti agricoli e minerari in primis) permette di sostituire il criterio del cost or market con il criterio del fair value, confermandone così la crescente pervasività nell’impianto concettuale dei principi contabili internazionali.
8.2. I LAVORI SU ORDINAZIONE (IAS 11) 8.2.1. Ambito di applicazione e definizione dei lavori su ordinazione Lo IAS 11 (Construction Contracts) stabilisce il trattamento contabile dei ricavi e dei costi e la valutazione delle rimanenze relativi ai lavori su ordinazione (commesse) nei bilanci degli appaltatori/costruttori. I lavori su ordinazione sono definiti come contratti stipulati specificatamente per la costruzione di un bene/servizio o di una combinazione di beni/servizi strettamente connessi o interdipendenti per quanto riguarda la loro progettazione, tecnologia e funzione ovvero la loro destinazione o utilizzazione finale. I requisiti caratterizzanti tali attività consistono nella: – esecuzione dei lavori a seguito di un contratto stipulato con un committente che definisce i termini essenziali dell’attività (caratteristiche del bene/servizio, tempi di esecuzione, compenso e relative modalità di determinazione); – esclusività e specificità del bene/servizio in relazione all’ordine del committente; – generalmente, ma non necessariamente, lungo periodo di esecuzione (spesso oltre l’anno). Se una commessa si riferisce a vari beni, la costruzione di ciascun bene va trattata come commessa separata se la trattativa commerciale si svolge distintamente per ogni bene ed è possibile individuare i costi e i ricavi di ogni singolo bene. Un gruppo di commesse, con uno o più committenti, deve essere invece trattato come una singola commessa qualora vi siano un’unica negoziazione e una forte connessione tecnico-economica e qualora le commesse siano realizzate simultaneamente o in sequenza continua. In sostanza è la congiunzione tecnica (stesso progetto, realizzazione simultanea) e soprattutto economica (prezzo complessivo, margine di profitto globale) che permette di accorpare costruzioni distinte in un’unica commessa. La considerazione di certe rimanenze sotto la disciplina dello IAS 11 o di quella dello IAS 2 in alcuni casi è molto complessa. Si pensi al caso in cui per un’autovettura normalmente costruita in serie (la cui rimanenza quindi rica-
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drebbe sub IAS 2) pervenga un ordine che richiede numerose personalizzazioni. In questo caso, si deve considerare se la personalizzazione richiesta incide su elementi fondamentali del progetto costruttivo, caso nel quale ricade sullo IAS 11, o nel caso in cui le modifiche richieste non sono significative, caso nel quale si applica lo IAS 2 2. A livello commerciale, infine, si distinguono due tipologie di commessa: la commessa a margine garantito (con prezzo variabile) e quella a prezzo determinato (con margine variabile), in cui il rischio è a carico del produttore.
8.2.2. Ricavi e costi di commessa I ricavi di commessa comprendono il prezzo iniziale pattuito contrattualmente eventualmente aumentato o diminuito per effetto di: 1. varianti lavori, ossia modifiche dell’opera; 2. revisione dei prezzi, legate a variazione dei costi o dei tempi di costruzione; 3. incentivi, quali compensi aggiuntivi dipendenti da certi livelli prefissati di prestazione (es. consegna prima di un certo termine). Tali eventuali variazioni sono da includere tra i ricavi purché possano essere valutate attendibilmente e sia probabile che si verifichino. Possono esservi infatti margini di incertezza legati, per esempio, alla accettazione di revisioni prezzi da parte del committente o alla conoscenza delle variabili che portano alla determinazione del prezzo (costo dei materiali, ecc.). Le stime devono pertanto essere riviste quando gli eventi si verificano e le incertezze vengono chiarite. I costi di commessa sono composti da: • costi diretti (progettazione, manodopera, materiali, ammortamenti e locazioni di macchinari diretti, costi spostamenti macchinari verso e dal cantiere, penali, ecc.); • costi indiretti addebitati alla commessa su base razionale (assicurazione, spese generali di commessa, costi di progettazione non specifici di commessa); • altri costi specificatamente addebitabili al committente sulla base delle clausole contrattuali. Sono esclusi dal calcolo del costo di commessa i costi commerciali, i costi generali e quelli di ricerca (questi ultimi a meno che non ne sia previsto contrattualmente il rimborso). I costi finanziari sono considerabili costi di commessa 2 In merito si veda quanto affermato dall’IFRIC 15 per la contabilizzazione dei ricavi derivanti dalla vendita di immobili.
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se si riscontrano i requisiti di cui allo IAS 23 (si veda supra par. 8.1.2 e sub Cap. 5). Il periodo temporale a cui vanno riferiti i costi di commessa va dalla stipula del contratto al completamento dei lavori. I costi sostenuti per acquisire la commessa devono essere inclusi nel calcolo solo se sono distintamente individuabili, se possono essere determinati con attendibilità e se è probabile che la commessa sarà ottenuta.
Caso 2 Un esempio di incentive payments and penalties (EADS, Bilancio esercizio 2000) Incentives applicable to performance on contracts are considered in estimated profit rates and are recorded when there is sufficient information to assess anticipated contract performance. Contract penalties are charged to expense in the period it becomes probable that the Group will be subject to the penalties.
8.2.3. Valutazione I ricavi e i costi di commessa vanno attribuiti alla commessa in corso di costruzione in relazione allo stato di avanzamento raggiunto alla data di chiusura del bilancio. In sostanza si richiede di valutare la commessa in costruzione in base al corrispettivo pattuito (“metodo della percentuale di completamento”). Questo criterio si applica però solo se il risultato di commessa può essere stimato con attendibilità; in caso contrario la commessa deve essere valutata nei limiti del costo sostenuto. Le condizioni che devono essere soddisfatte per considerare attendibile la stima del risultato differiscono a seconda del tipo di commessa. Per le commesse a prezzo predeterminato, il risultato può essere stimato con attendibilità quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni: 1. i ricavi totali possono essere attendibilmente stimati; 2. è probabile che i benefici economici derivanti dalla commessa affluiranno all’azienda; 3. i costi di completamento e lo stato di avanzamento della commessa possono essere determinati con attendibilità; 4. i costi attribuibili alla commessa sono chiaramente identificabili e determi-
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nabili con attendibilità e i costi di commessa effettivamente sostenuti possono essere comparati con le stime precedenti. Per le commesse a margine garantito assume minore importanza la possibilità di determinazione dei ricavi; infatti, il loro risultato può essere determinato con attendibilità purché siano soddisfatte le seguenti condizioni: 1. è probabile che i benefici economici derivanti dalla commessa affluiranno all’azienda; 2. i costi attribuibili alla commessa, specificatamente rimborsabili o meno, possono essere chiaramente identificati e attendibilmente determinati. Lo stato di avanzamento può essere determinato basandosi sulla percentuale di costi sostenuti (dove il sostenimento dipende dal consumo, non dall’acquisto del fattore) rispetto ai costi previsti totali, su ispezioni del lavoro svolto o sul completamento delle unità fisiche (per esempio, il numero di vagoni per una commessa di materiale rotabile). Al contrario, gli acconti e gli anticipi ricevuti dai committenti sono ritenuti scarsamente indicativi del lavoro svolto.
8.2.4. Contabilizzazione Dal punto di vista delle rilevazioni contabili, lo IAS 11 parla sempre di rilevazione di ricavi per la parte di lavoro svolto. Si può quindi ritenere di rilevare direttamente il ricavo a fronte della contabilizzazione in stato patrimoniale di un’attività per la rimanenza di lavoro su ordinazione già svolto, senza dover utilizzare i conti accesi alle rimanenze iniziali e finali come da prassi nazionale. Se tale è la modalità prescelta, nel momento in cui si emettono fatture attive per la parte di lavoro già coperta da stati di avanzamento e quindi già rilevata come attività, non si dovrà più rilevare un ricavo bensì stornare la rimanenza di lavoro a fronte del credito verso clienti per la fattura emessa. Qualora l’importo della fattura attiva ecceda il lavoro svolto sino a quel momento e rilevato come ricavo, la differenza originerà un debito verso il committente, come fosse un anticipo per la parte di lavoro ancora da svolgere. ESEMPIO 3 – Contabilizzazione di un lavoro su ordinazione Si supponga che un’azienda abbia ricevuto una commessa per la costruzione di un tunnel stradale. Il corrispettivo pattuito è di 2.400.000. I costi di commessa previsti ammontano a 1.600.000. Al termine del primo anno di costruzione i costi sostenuti sono pari a 400.000. Nel secondo anno di costruzione si sostengono ulteriori costi per 800.000 e si emettono fatture attive per 1.500.000. Nel terzo an-
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no di costruzione si sostengono ulteriori costi per 200.000 e si emettono fatture attive per 800.000. Nel quarto anno si completano i lavori, fatturando il residuo. Le rilevazioni contabili sono le seguenti: – 1° anno: stato avanzamento = 400.000/1.600.000 = 25% da cui stanziamento di ricavi per il 25% di 2.400.000 = 600.000 da cui la seguente rilevazione: Lavori su ordinazione (SP) Ricavi (CE)
600.000 600.000
– 2° anno: stato avanzamento = 1.200.000/1.600.000 = 75% da cui stanziamento di ricavi per il 75% – 25%, ossia 50%, di 2.400.000 = 1.200.000, per cui contabilmente: Lavori su ordinazione (SP) Ricavi (CE)
1.200.000 1.200.000
A questo punto la rimanenza di lavori su ordinazione ammonta a 1.800.000. Sempre nel secondo anno si emettono fatture per 1.500.000, per cui contabilmente la rimanenza si riduce a 300.000: Crediti vs clienti Lavori su ordinazione
1.500.000 1.500.000
– 3° anno: stato avanzamento = 1.400.000/1.600.000 = 87,5% da cui stanziamento di ricavi per 87,5% – 75%, ossia 12,5% di 2.400.000 = 300.000, per cui contabilmente: Lavori su ordinazione (SP) Ricavi (CE)
300.000 300.000
A questo punto la rimanenza di lavori su ordinazione ammonta a 600.000. Sempre nel secondo anno si emettono fatture per 800.000, per cui contabilmente la rimanenza è interamente eliminata e la differenza di 200.000 si qualifica come debito (fatturazione di anticipo a clienti): Crediti vs clienti Lavori su ordinazione Anticipi da clienti
800.000 600.000 200.000
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– 4° anno: stato avanzamento = 1.600.000/1.600.000 = 100% da cui stanziamento di ricavi per 100% – 87,5%, ossia 12,5% di 2.400.000 = 300.000, per cui contabilmente: Anticipi da clienti Lavori su ordinazione (SP) Ricavi (CE)
200.000 100.000 300.000
Seguirà quindi la fatturazione dei residui 100.000 con definitiva eliminazione della rimanenza dei lavori su ordinazione: Crediti vs clienti Lavori su ordinazione (SP)
100.000 100.000
Qualora vi siano aggiornamenti dei preventivi di costo e/o di ricavo, questi vanno trattati come cambiamenti di stima contabile a norma dello IAS 8 e, come tali, devono incidere sul risultato dell’esercizio in cui le stime sono mutate. Nel caso in cui il risultato atteso della commessa sia una perdita, questa deve essere rilevata a conto economico immediatamente e integralmente, a prescindere dallo stato di avanzamento raggiunto. ESEMPIO 4 – Variazione dei preventivi e perdita sulla commessa Si supponga che ci si trovi al primo anno (2012) di lavorazione di una commessa dalla durata prevista di tre esercizi (consegna ad inizio 2015) e si determina lo stato di avanzamento con il metodo del costo usando i seguenti valori: 1. 2. 3. 4. 5.
costi già sostenuti al 31/12/2012 costi di commessa da preventivo aggiornato percentuale di completamento (1: 2) ricavi di commessa da preventivo aggiornato valore della commessa in corso di lavorazione (3 (4)
= 200.000.000 = 800.000.000 = 25% = 1.000.000.000 = 250.000.000
La rilevazione contabile sarà pertanto la seguente: Rilevazione ricavi primo esercizio Lavori in corso su ordinazione (SP) Ricavi (CE)
250.000.000 250.000.000
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
Nelle varie voci dei costi nel conto economico saranno contenuti i 200.000.000 di costi finora sostenuti (per consumi materie, lavoro, ammortamenti, ecc.). Il margine di commessa incluso implicitamente nel conto economico del primo esercizio sarà di 250.000.000 – 200.000.000 = 50.000.000. Al termine dell’esercizio 2013 si supponga non solo che le lavorazioni siano proseguite, ma anche che vi sia stato un aggiornamento dei preventivi sia di costo (passando da 800.000.000 a 930.000.000) che di ricavo (da 1.000.000.000 a 1.050.000.000). 1. 2. 3. 4. 5.
Costi già sostenuti al 31/12/2013 costi di commessa da preventivo aggiornato percentuale di completamento (1: 2) ricavi di commessa da preventivo aggiornato valore della commessa in corso di lavorazione (3 (4)
= 418.500.000 = 930.000.000 = 45% = 1.050.000.000 = 472.500.000
Al 31/12/2013 si dovranno quindi imputare ricavi per ulteriori 222.500.000 (472.500.000 – 250.000.000 già imputati al primo anno). Rilevazione ricavi secondo esercizio
Lavori su ordinazione (SP)
222.500.000
Ricavi (CE)
222.500.000
La quota del margine relativa al secondo esercizio sarà ancora positiva per 4.000.000 poiché i costi del secondo esercizio (218.500.000) sono inferiori alla parte di ricavi attribuita allo stesso esercizio (222.500.000). Lo IAS 11 precisa che ogni variazione (positiva o negativa) che subisce il margine di commessa per effetto di cambiamenti nei preventivi è di competenza dell’esercizio in cui l’aggiornamento si verifica. Al termine dell’esercizio 2014 si ipotizzi che dall’aggiornamento dei preventivi relativi al completamento della commessa derivi la stima di una perdita: 1. 2. 3. 4.
costi già sostenuti al 31/12/2014 costi di commessa da preventivo aggiornato ricavi di commessa da preventivo aggiornato perdita a completamento della commessa (2 – 4)
= 648.000.000 = 1.200.000.000 = 1.100.000.000 = 100.000.000
Lo IAS 11 impone, con una implicita applicazione della prudenza, di riconoscere interamente la perdita a carico dell’esercizio in cui la perdita stessa viene per la prima volta stimata. Contabilmente si dovrà fare in modo di annullare i margini positivi imputati negli anni precedenti a conto economico (50.000.0000 nel primo anno e 4.000.000 nel secondo anno) e da far gravare l’intera perdita stimata (100.000.000) sul terzo esercizio. Se nel terzo esercizio si deve dunque ottenere un margine negativo per 154.000.000 e i costi di costruzione del terzo esercizio sono pari a 229.500.000 (648.000.000 – 418.500.000), i ricavi da imputare saranno dunque a 75.500.000 (229.500.000 – 154.000.000).
LE RIMANENZE DI MAGAZZINO E I LAVORI SU ORDINAZIONE
357
Rilevazione ricavi terzo esercizio
Lavori su ordinazione (SP) Ricavi (CE)
75.500.000 75.500.000
Cumulando i ricavi dei primi tre anni (250.000.000 + 222.500.000 + 75.500.000) si ottiene dunque = 548.000.000, pari ai costi cumulati dei primi tre esercizi 648.000.000 al netto dell’intera perdita stimata per 100.000.000. Se nell’esercizio successivo la commessa venisse completata senza altre revisioni, il margine dell’ultimo esercizio sarebbe nullo, poiché i ricavi di commessa residui da imputare (1.100.000.000 – 548.000.000 = 552.000.000) sarebbero esattamente pari ai residui costi di costruzione sostenuti nell’ultimo esercizio (1.200.000.000 – 648.000.000 = 552.000.000). Rilevazione ricavi ultimo esercizio
Lavori su ordinazione (SP) Ricavi (CE)
552.000.000 552.000.000
Si segnalano infine due situazioni piuttosto frequenti per le aziende che svolgono lavori su ordinazione: 1. la concessione di anticipi iniziali da parte del cliente committente quale finanziamento per le lavorazioni senza relazione con l’avanzamento delle lavorazioni. In questo caso l’importo ricevuto dovrà essere considerato come debito a tutti gli effetti; 2. le ritenute a garanzia, intese come quella parte della fatturazione ad avanzamento lavori che non viene corrisposta fino a che le condizioni specificate nel contratto per il pagamento di tali ammontari non siano rispettate (es. collaudi ancora da effettuare) o fino a che i difetti non siano stati corretti. In questo caso, l’azienda dopo aver emesso la fattura per il termine delle rilevazioni potrà dare distinta evidenza di tali ritenuta nelle note oppure, più analiticamente, rilevando una parte del credito verso clienti per fatturazioni come soggetto a ritenuta su garanzia.
8.2.5. Informazione integrativa La commessa, valutata secondo quanto sopra descritto, deve apparire tra le attività, diminuita però degli importi già fatturati al committente. Se questi ultimi superano il valore della commessa in corso, la differenza deve essere mostrata nel passivo dello stato patrimoniale. Potranno inoltre sorgere oneri potenziali per garanzia, richieste di risarci-
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
mento, penali, o perdite possibili da contabilizzare secondo quanto richiesto dallo IAS 37, a cui si rinvia (Cap. 9). Nelle note dovranno essere esposte le seguenti informazioni: – ricavi totali di commessa imputati a conto economico; – criteri di determinazione dei ricavi di commessa e dello stato di avanzamento; – totale dei costi sostenuti e dei margini di commessa maturati dall’inizio della costruzione sulle commesse ancora presenti in bilancio; – totale degli anticipi ricevuti da clienti; – totale delle ritenute a garanzia (parte delle fatture emesse sul committente non ancora pagate poiché permangono lavori ancora da compiere).
Caso 3 La presentazione dei lavori in corso nelle note (Fiat, Bilancio consolidato al 31/12/2010) L’ammontare dovuto da clienti per contratti in corso di esecuzione si riferisce prevalentemente al settore Mezzi e Sistemi di Produzione ed è così analizzabile: (in milioni di euro) Ammontare aggregato dei costi sostenuti, degli utili rilevati, al netto delle perdite conseguite alla data
Al 31.12.2010
Al 31.12.2009
1.233
1.056
(1.203)
(1.058)
30
(2)
Ammontare lordo dovuto dei committenti per lavori di commessa
135
79
Meno: Ammontare lordo dovuto ai committenti per lavori di commessa incluso nelle Altre passività correnti
(105)
(81)
30
(2)
Meno: Fatturazione ad avanzamento lavori Lavori su ordinazione, al netto degli anticipi
Lavori su ordinazione, al netto degli anticipi
Al 31 dicembre 2010 e 2009 non risultano ammontari significativi per trattenute da clienti per lavori su ordinazione.
8.2.6. Sintesi delle principali differenze con il quadro normativo italiano Lo IAS 11 è molto simile alle regole del documento n. 23 dei principi contabili dell’OIC. Il documento italiano, tuttavia, risulta molto più analitico (ad
LE RIMANENZE DI MAGAZZINO E I LAVORI SU ORDINAZIONE
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esempio riguardo alle commesse in valuta estera, alla determinazione dello stato di avanzamento lavori, ecc.) e per questo più completo. Vi sono però alcune differenze. La principale differenza rispetto alle regole civilistiche consiste nel fatto che per il principio internazionale la valutazione deve avvenire con il metodo della percentuale di completamento, limitando l’applicabilità del metodo della commessa completata ai soli casi in cui il risultato di una commessa non possa essere stimato con attendibilità, così come poi ripreso anche dal documento n. 23 dell’OIC. Nel nostro Paese, il codice civile ammette anche la valutazione al costo e il documento n. 23 finisce poi per ritenerla ammissibile nei seguenti casi: 1. quando il metodo della percentuale di completamento non è applicabile per incertezze tali da rendere inattendibili le stime (e in questo caso anche lo IAS 11 stabilisce tale regola); 2. quando le commesse hanno durata infrannuale; 3. quando l’azienda, pur potendo applicare la percentuale di completamento, opta comunque per la commessa completata (ammessa dal codice civile), ma fornisce in nota integrativa le informazioni derivanti dall’applicazione della percentuale di completamento. Quanto ai singoli componenti da includere nel calcolo del valore di commessa, il documento n. 23 richiede l’adozione del criterio della prudenza, tradotto con “ragionevole certezza”, nel riconoscere i ricavi suppletivi per maggiorazione di prezzi, mentre lo IAS si limita a un più ampio richiamo alla attendibilità delle stime e alla probabilità di verifica. Inoltre, per quanto riguarda i costi, il documento n. 23 enuclea due classi di costi aggiuntivi rispetto allo IAS: 1. I costi preoperativi, ossia quei costi sostenuti dopo l’acquisizione del contratto, ma prima dell’inizio dei lavori (progettazione, predisposizione e organizzazione del cantiere). Tali costi, se si usa il metodo della percentuale di completamento, devono essere capitalizzati (con inserimento nella voce “Altre immobilizzazioni immateriali” dello stato patrimoniale) e quindi ammortizzati negli esercizi di svolgimento della commessa in funzione dello stato di avanzamento delle lavorazioni. Tuttavia essi partecipano alla formazione dei costi totali di commessa ai fini della valutazione dei lavori in corso su ordinazione. Se si usa invece il criterio del contratto completato, essi sono calcolati direttamente come costi di commessa. Nello IAS 11 questi costi non sono specificatamente trattati e sembrano rientrare nei costi di commessa, senza attribuzione a una voce specifica di stato patrimoniale; 2. I costi successivi alla chiusura della commessa, che possono derivare da at-
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
tività connesse allo smobilizzo del cantiere, al collaudo delle opere eseguite o alla manutenzione periodica dell’opera stessa (ove il contratto disponga tale obbligo a carico del costruttore). Tali costi devono essere stanziati in appositi fondi del passivo non appena sia possibile prevedere la loro esistenza e, finché la commessa è aperta, il loro importo confluisce nei costi di commessa e nei preventivi reddituali a essa riferibili. Lo IAS 11 non contempla tale classe (se si escludono i costi di rimozione dal cantiere degli impianti e dei materiali). A chi scrive sembra comunque logico includerli nei costi di commessa. Inoltre, il documento dell’OIC considera espressamente i componenti finanziari relativi alla commessa (proventi derivanti da impiego delle somme pervenute dal committente a titolo di anticipo e oneri sui capitali presi a prestito) e ne permette in via eccezionale la considerazione tra gli elementi reddituali della commessa, se vi sono situazioni particolari tali da far risultare determinante l’impatto degli aspetti finanziari sulla redditività della commessa. Lo IAS 11 non considera esplicitamente tali componenti tra i ricavi e i costi di commessa. Vale però il rinvio allo IAS 23 per quanto riguarda la capitalizzazione dei costi. Infine, in base al principio internazionale, nelle note deve essere specificato l’ammontare degli importi già fatturati trattenuti dal committente finché i requisiti per il relativo pagamento non sono stati raggiunti (ritenute a garanzia), mentre i principi italiani li considerano come crediti a lungo termine.
8.2.7. Verifica di apprendimento 1. Le rimanenze: a) non comprendono merci acquistate e possedute per la rivendita; b) possono essere sotto forma di materiali da impiegarsi nella prestazione di servizi; c) possono essere costituite da beni impiegati nei processi produttivi per la vendita. 2. Le rimanenze devono essere valutate: a) al costo; b) al minore tra costo e fair value; c) al minore tra costo e valore netto di realizzo. 3. Il costo delle rimanenze di beni fungibili può essere valutato: a) con il costo medio ponderato; b) con il FIFO; c) con il LIFO.
LE RIMANENZE DI MAGAZZINO E I LAVORI SU ORDINAZIONE
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4. Le commesse devono essere rilevate: a) sempre secondo il metodo della percentuale di completamento; b) sempre secondo il metodo della commessa completata; c) diversamente a seconda che sia possibile o meno stimare attendibilmente il risultato. 5. La perdita attesa relativa a una commessa comporta: a) l’immediata rilevazione come costo; b) l’accantonamento a un fondo spese; c) la rilevazione al termine della commessa. CASI CASO 1 Al termine dell’esercizio, un’azienda manifatturiera deve valutare le proprie rimanenze di prodotti finiti (522.326 unità). Sulla base della situazione generale del mercato, la valutazione potrebbe essere pari a 23.740.000 euro. Tuttavia, alcuni accordi commerciali con distributori esterni portano a ritenere che le rimanenze potranno essere realizzate per un importo pari a 23.100.000 euro. Per quanto riguarda la determinazione del costo dei prodotti, l’azienda ha già calcolato il costo diretto dei prodotti, pari a 16.171.000 euro, e le spese generali di produzione, pari a 22.515.000 euro. La capacità produttiva massima teorica è pari a 2.200.000 unità, mentre la capacità produttiva normale, che tiene conto delle interruzioni dovute a interventi di manutenzione ordinaria, è di 1.870.000 unità. Nell’esercizio appena concluso, tuttavia, sono state prodotte solo 1.600.000 unità, per via di ulteriori periodi di inattività degli impianti. L’azienda desidera determinare, conformemente alle indicazioni dello IAS 2, il valore a cui iscrivere in bilancio le rimanenze finali di prodotti. CASO 2 L’azienda A ha iniziato la costruzione dei componenti per un aereo privato di lusso per il cliente B. I pezzi sono di complessa progettazione e sono stati ideati appositamente per il cliente, ma la durata complessiva della commessa è inferiore a 12 mesi. L’azienda A, considerato il livello di personalizzazione dei beni prodotti, ritiene di considerare l’operazione come una commessa a lungo termine. Tale scelta può considerarsi corretta in base allo IAS 11?
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
CASO 3 Un’azienda che opera nel settore edilizio ha effettuato le seguenti richieste di revisione prezzi relative ad alcuni cantieri in cui i lavori sono ancora in corso: • commessa 1: il committente ha già accettato una modifica nelle specifiche tecniche del progetto, tale da aumentare il prezzo pattuito di 50.000 euro; • commessa 2: i lavori hanno subito dei ritardi dovuti a condizioni atmosferiche sfavorevoli, che comporteranno un incremento dei costi pari a 22.000 euro, ma il committente non ha ancora risposto alla richiesta dell’azienda appaltatrice; • commessa 3: il cantiere è stato rallentato da ritardi imputabili al committente, per cui il rispetto dei tempi di consegna comporterà costi aggiuntivi che devono ancora essere stimati. L’azienda appaltatrice è già in trattativa con il committente e ritiene probabile che quest’ultimo accetterà una richiesta di revisione prezzi. Quali di queste variazioni possono essere incluse nei ricavi di commessa ai fini delle valutazioni necessarie alla redazione del bilancio dell’azienda appaltatrice?
9 I FONDI, LE PASSIVITÀ E LE ATTIVITÀ POTENZIALI di Alberto Quagli SOMMARIO: 9.1. I fondi del passivo (IAS 37). – 9.1.1. Un caso particolare: i contratti onerosi. – 9.1.2. La valutazione dell’esborso futuro. – 9.1.3. L’attualizzazione degli esborsi futuri. – 9.1.4. Informazione integrativa. – 9.2. Le attività potenziali. – 9.3. Sintesi delle principali differenze con il quadro normativo italiano. – 9.4. Verifica di apprendimento.
9.1. I FONDI DEL PASSIVO (IAS 37) Lo IAS 37 (Provisions, contingent liabilities and contingent assets) compie una distinzione tra passività potenziali (contingent liability) e i veri e propri fondi accantonamento del passivo (provision), intesi come “passività di incerta scadenza o importo” (IAS 37). Si dovrà costituire un fondo nel passivo quando ricorrono congiuntamente i seguenti elementi: – sull’azienda grava un’obbligazione dipendente da eventi avvenuti nel passato; – è più probabile che da questa obbligazione derivi un’uscita futura di risorse (incerta comunque nel momento di manifestazione o nella quantità dell’esborso) rispetto al caso in cui da essa non derivi nessun esborso; in sostanza, la probabilità di esborso/perdita è superiore al 50%; – tale probabile fuoriuscita di risorse può essere stimata con attendibilità. In mancanza di uno qualsiasi dei tre criteri, si avrà una contingent liability che non determinerà una voce di bilancio. Le contingent liabilities determineranno solo una menzione nelle note se vi è una certa probabilità di verifica dell’evento futuro, oppure nel caso in cui, nonostante l’evento sia probabile, non si
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
possa stimare attendibilmente il danno. Da questo punto di vista, tale impostazione è simile a quanto stabilito dal Documento n. 19 dell’OIC, anche se lo IAS 37 non distingue i fondi rischi dai fondi spese come si è soliti fare nel contesto nazionale. In sostanza, è possibile definire una mappa delle passività potenziali in relazione alle due dimensioni rilevanti per lo stanziamento in bilancio: – la probabilità di verifica dell’evento che porta a distinguere gli eventi probabili (> 50%), possibili (probabilità non remota, ad esempio tra il 5% e il 50%) e remoti; – l’attendibilità nella misurazione del danno potenziale, che porta a separare gli eventi con danni attendibilmente misurabili da quelli che non lo sono. Si definisce in questo modo la matrice riportata di seguito, per il quale lo stanziamento del fondo avviene solo nel caso in cui la passività potenziale sia probabile e attendibilmente misurabile, oltre ai requisiti di esistenza di obbligazione attuale derivante da eventi passati, come sopra definito. FIGURA 1 – La matrice delle passività potenziali
Misurabili
Non misurabili
Probabili
Fondo in bilancio
Informazione nelle note
Possibili
Informazione nelle note
Informazione nelle note
Remoti
Nessuna informazione
Nessuna informazione
Nello IAS 37 è contenuto il seguente albero decisionale:
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I FONDI, LE PASSIVITÀ E LE ATTIVITÀ POTENZIALI
FIGURA 2 – Flusso decisionale per stanziare fondi in bilancio Esiste un’obbligazione corrente come risultato di un evento passato ?
NO Si tratta di una obbligazione possibile?
SI È probabile che ci sarà un’uscita finanziaria?
NO
NO
SI Si tratta di una obbligazione remota?
SI
SI È possibile effettuare una stima attendibile? SI
NO
NO Dare adeguate informazioni complementari relative alla passività potenziale
Non fare nulla
Effettuare uno stanziamento in un fondo oneri e rischi
Per obbligazioni derivanti da eventi passati si devono intendere: – sia le obbligazioni legal, ossia derivanti da contratti o da disposizioni di legge; – sia le obbligazioni constructive, ossia implicite, dove è l’azienda che finisce per assumersi autonomamente un’obbligazione in quanto a seguito di comportamenti passati o regole che lei stessa si è imposta, ha indicato a terzi soggetti che accetterà certe responsabilità, determinando in tali soggetti una aspettativa per il soddisfacimento degli impegni presi. Ad esempio, se un’azienda reclamizza costantemente il fatto che rimborserà i clienti insoddisfatti, questo comportamento fa nascere una constructive obligation. Oppure, come altro esempio, lo stesso IAS 37 presenta il caso di un’azienda che ha operato in un Paese privo di legislazione ambientale provocando inquinamento. Se l’azienda stessa è caratterizzata da un politica ambientale altamente responsabile, ben pubblicizzata, è logico che il suo comportamento inquinante nel Paese considerato determinerà comunque un’aspettativa verso il risanamento dei danni ambientali arrecati, nonostante non vi sia una obbligazione legale. Questa situazione originerà pertanto l’esigenza di stanziare una provision in bilancio. In sostanza è la creazione di aspettativa a seguito di decisione del management e relativa diffusione all’esterno la circostanza che determina l’insorgere della constructive obligation.
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
Un caso di constructive obligation Holcim (SVI) – Bilancio 2000 IAS 37 on provisions, contingent liabilities and contingent assets was implemented in 2000. In previous years, the Group only required the raising of a provision for the costs of re-cultivating a quarry where legal or contractual obligation existed. The IAS 37 expanded this to include constructive obligations. Given the Group’s commitment to sustainable environmental performance it was necessary to increase the provision.
In ogni caso l’obbligazione che dà luogo ad una provision deve essere determinata da un comportamento o comunque da un evento già verificatosi alla data di chiusura dell’esercizio. Laddove non sia chiaro se vi sia un’obbligazione effettiva derivante da un evento passato, come ad esempio, in una causa giudiziaria, l’azienda deve considerare tutta l’evidenza disponibile, includendo anche le opinioni degli esperti e altri elementi utili anche conosciuti dopo la chiusura del bilancio. Su tali basi, se risulta maggiore la probabilità dell’esistenza di un’obbligazione rispetto a quella di non esistenza, l’azienda deve costituire una provision. Non si devono considerare invece, e quindi non hanno riflessi contabili, obblighi eventuali derivanti da comportamenti futuri. Ad esempio, se l’azienda svolge produzioni che comportano l’immissione nell’ambiente circostante di sostanze inquinanti e una normativa prevede costi per sanzioni o messa in pristino se tale comportamento sia ripetuto anche nell’esercizio successivo. Da tale situazione non deriverà per l’azienda l’obbligo di stanziare una provision dal momento che una modifica del processo operata nell’arco del prossimo esercizio consentirebbe di evitare tali costi.
Due esempi di fondo non ammesso dagli IAS/IFRS per difetto del requisito della obbligazione attuale: il fondo rischi catastrofali e il fondo spese manutenzioni cicliche – Eni Semestrale 2005 Relativamente ai fondi per rischi catastrofali, la Padana Assicurazioni S.p.A. (società consolidate da ENI, n.d.a.), in applicazione delle disposizioni previste dal decreto del Ministero dell’industria, commercio e artigianato del 15 giugno 1984, effettua stanziamenti integrativi a fronte di rischi di terremoto, maremoto, eruzione vulcanica e fenomeni connessi. Questi stanziamenti integrativi, in assenza di un’obbligazione attuale non sono ammessi dagli IFRS.
I FONDI, LE PASSIVITÀ E LE ATTIVITÀ POTENZIALI
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Relativamente ai fondi manutenzioni cicliche, secondo gli IFRS questi costi, poiché non rappresentativi di obbligazioni attuali, sono iscritti all’attivo patrimoniale come componente distinta del bene principale nell’esercizio in cui sono sostenuti e sono inclusi nel processo di ammortamento considerando una vita utile appropriata. In relazione all’assenza di un’obbligazione attuale, l’applicazione del principio ha determinato lo storno dei fondi per rischi e oneri di 285 milioni di euro in contropartita al patrimonio netto (227 milioni di euro), alle passività per imposte differite (36 milioni di euro) e alla riduzione delle altre attività (22 milioni di euro) riferita alla parte dei rischi oggetto di riassicurazione.
Nello stesso senso, tuttavia, un evento che non origina obbligazioni attuali potrebbe causarle successivamente. Riprendendo l’esempio precedente, si supponga che quella normativa assuma adesso efficacia retroattiva. In tal caso l’azienda sarebbe tenuta a stanziare una provision. Pertanto, ai fini della costituzione di una provision è richiesta in sostanza l’esistenza un’obbligazione attuale causata da eventi passati (oltre ai caratteri di misurabilità attendibile e di probabile uscita di risorse). Per quanto riguarda l’aspetto dell’individuazione della controparte, normalmente è specificato il soggetto verso il quale tale obbligazione è dovuta. Tuttavia in alcuni casi esso potrebbe essere definito solo nel genere e non nella specie. Ad esempio, se un’azienda pubblicizza la propria volontà di rimborsare i clienti insoddisfatti ed è logico attendersi ogni anno un certo numero di essi, si dovrà contabilmente stanziare una provision, sebbene non siano ancora definiti i singoli soggetti verso i quali l’obbligazione, stavolta di tipo constructive, si manifesterà nel concreto. Lo IAS 37 precisa che il fondo non può coprire perdite operative future, in quanto tale circostanza non è una obbligazione. Ad esempio, le perdite della fase transitoria connesse all’apertura di un nuovo stabilimento non potranno essere previamente accantonate con stanziamento ad un fondo. Esse saranno semplicemente rilevate a conto economico nel momento in cui si verificheranno.
9.1.1. Un caso particolare: i contratti onerosi Un caso particolare previsto dallo IAS 37 che può richiedere lo stanziamento di un fondo è costituito dai contratti onerosi. Per contratto oneroso (onerous contract) si deve intendere la circostanza nella quale l’azienda abbia stipulato un contratto dove i costi “inevitabili” derivanti dalle obbligazioni poste nel contratto stesso eccedano i benefici economici atte-
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si. I costi “inevitabili” sono rappresentati dal minore tra il costo derivante dall’esecuzione del contratto ed il costo per penali o rimborsi dovuti per la sua mancata esecuzione. ESEMPIO 1 – I contratti onerosi Un’azienda di trasporti si è impegnata a consegnare delle merci per un corrispettivo di 100. Al momento di esecuzione del contratto di trasporto, il costo dello stesso è salito tuttavia a 220. Se decide di recedere dal contratto, l’azienda dovrà sostenere una penale di 80. In questo caso l’azienda si trova di fronte a due alternative: a) eseguire il trasporto incassando 100 dal cliente ma sostenendo costi per 220, con una perdita netta di 120; b) non eseguire il trasporto, sostenendo una penale di 80. Il danno minore, dato dalla soluzione b), implica lo stanziamento di fondo per contratto oneroso per un importo di 80.
È frequente il verificarsi di situazioni di questo tipo in presenza di contratti di appalto, quando l’azienda appaltatrice, per vari motivi, si trovi a dover eseguire un contratto in perdita. In tali casi si deve anche valutare se non sia il caso di svolgere un test di impairment (v. Cap. 8, par. 3) sulle attività rilevate a stato patrimoniale e coinvolte dall’esecuzione del contratto.
Un caso di fondo per contratti onerosi Kuoni (SVI) – Bilancio 2001 The provision for onerous contracts covers the loss anticipated in connection with excess flight capacity at Scandinavian charter airline Novair for the period up to the commencement of the 2005 summer season and resulting from the leasing agreement for an Airbus A-330. Until this time, the aircraft will be leased, for certain periods only, to other airlines at the current low rates prevailing in the market.
9.1.2. La valutazione dell’esborso futuro I fondi da inserire nel passivo dello stato patrimoniale devono essere valutati compiendo, alla data di redazione del bilancio, la migliore stima dell’esborso richiesto per adempiere all’obbligazione che ne ha determinato l’insorgere. Questa stima richiede l’esperienza del management e, se necessario, deve essere
I FONDI, LE PASSIVITÀ E LE ATTIVITÀ POTENZIALI
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suffragata dai pareri di qualificati esperti (per es. avvocati nei casi di liti giudiziarie, ecc.). Nel computo dovranno essere inclusi anche i riflessi di eventuali avvenimenti futuri che potranno modificare l’entità dell’esborso (es. nel caso di rischio di condanna ad un risarcimento si potranno considerare eventuali sconti futuri attesi in base all’emanazione di una nuova normativa che alla data di redazione del bilancio è ancora in fase di approvazione). Tali avvenimenti tuttavia non possono consistere in semplici speranze ma devono essere motivati da concrete e realistiche previsioni. Nel caso specifico, poi, di modificazioni di leggi o altri regolamenti pubblici, l’azienda ne potrà tener conto solo dove essi siano virtualmente certi. Laddove la passività rifletta un ampio numero di elementi, la stima deve essere condotta secondo il criterio statistico del valore atteso (expected value), inserendo quindi nella valutazione come peso di ciascun elemento le singole probabilità di accadimento. Come esempio di utilizzo della logica del valore atteso si consideri il caso di un’azienda che rilascia una garanzia sui beni venduti tale da accollarsi i costi di riparazione dei prodotti rivelatisi difettosi entro un anno dalla vendita. ESEMPIO 2 – L’uso del valore atteso nella stima della passività potenziale Si ipotizzi che un’azienda abbia venduto 10.000 prodotti con garanzia biennale, che presentano un tasso di difettosità storica del 2% nel periodo di garanzia. Il costo di riparazione in base all’esperienza è di 50 per i difetti di minor rilievo e di 120 per i difetti più importanti. A tal punto l’azienda dovrà stimare la probabilità di accadimento di ciascun tipo di difetto. Sempre in base all’esperienza passata, l’azienda stima che i prodotti presentati in garanzia per la riparazione venduti presenterà lievi difetti per il 70% e difetti più significativi per il 30%. La passività potenziale da iscrivere in bilancio sarà pari a:
– 2% di 10.000 prodotti = 20 prodotti da riparare in garanzia; – (70% × 50) + (30% × 120) = 71 costo medio atteso dalla riparazione; – 20 × 71 = 1.420 stanziamento da operare nel fondo rischi di garanzia.
Laddove l’evento rischioso invece si presenti singolarmente, allora l’azienda dovrà stimare i diversi possibili esiti futuri dell’evento stesso e stanziare di conseguenza un costo per rischi. Quindi se la spesa futura sarà con probabilità 100 ma vi sono altre possibilità che essa sia superiore, il fondo rischi deve essere superiore a 100. Tuttavia al di là di questa indicazione di principio, lo IAS 37 non impone di stanziare un costo per rischi pari all’esborso massimo possibile.
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
Laddove la stima porti ad individuare un intervallo di valori con uguale probabilità di verifica, lo standard consiglia di stanziare un accantonamento corrispondente al valore centrale. In ogni caso gli eccessi di prudenza non sono ammessi. La stima del rischio deve avvenire in base alle sue probabilità attendibili di manifestazione, senza sopravvalutare le perdite potenziali. Cambiamenti di stime da un esercizio all’altro non integrano gli estremi degli errori fondamentali ma sono da considerarsi cambiamenti prospettici alla luce di quanto disposto dallo IAS 8 e pertanto incideranno a conto economico come costi di periodo. Ad ogni chiusura di esercizio, l’azienda deve rivedere le passività potenziali già stanziate in periodi precedenti ed aggiornarle (in più o meno) a seconda della variazione delle previsioni di esborsi, oppure eliminarle del tutto se la probabilità di un loro accadimento si riduce. Infine, se per l’obbligazione originante un fondo l’azienda avesse diritto ad un risarcimento (es. nel caso di rischio assicurato), il risarcimento deve essere riconosciuto contabilmente solo se esso è virtualmente certo. In tal caso esso può essere portato a conto economico a diminuire l’accantonamento stanziato.
9.1.3. L’attualizzazione degli esborsi futuri Qualora infine sia significativo l’effetto del tempo, allora l’esborso futuro dovrà essere attualizzato. Il tasso di attualizzazione dovrebbe consistere in un tasso al lordo da imposte che rifletta i tassi correnti di mercato ed il profilo di rischio specifico dell’azienda. La differenza tra il valore attuale ed il valore nominale dell’esborso va riconosciuta negli esercizi successivi per competenza e trattata come un interesse passivo (da inserire quindi nell’area finanziaria del conto economico). Cambiamenti successivi nella stima della spesa o del tasso usato per l’attualizzazione sono da considerarsi come cambi di stima (IAS 8) e quindi rilevati direttamente a conto economico. ESEMPIO 3 – La logica del valore attuale Si supponga che un’azienda stimi di dover corrispondere molto probabilmente un importo di 1.000.000 tra tre anni come risarcimento per un contenzioso in essere. Dal momento che in questo caso l’intervallo di tempo è significati-
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I FONDI, LE PASSIVITÀ E LE ATTIVITÀ POTENZIALI
vo, l’azienda decide di attualizzare l’importo di tale esborso. Si supponga che il tasso ritenuto congruo sia pari ad un 10%. Applicando la formula del valore attuale si ricava l’ammontare del fondo alla scadenza del primo periodo: 1.000.000/(1 + 0,1)3 = 751.315. In contabilità pertanto avremo: Costituzione del fondo rischi contenzioso Accantonamento rischi contenzioso Fondo rischi contenzioso
751.315 751.315
Nell’esercizio successivo il fondo dovrà essere aumentato per la parte di interessi passivi maturata nell’esercizio stesso, ossia 751.315 ×10% = 75.132. Alimentazione del fondo rischi per interessi passivi Interessi passivi Fondo rischi contenzioso
75.132 75.132
In questo modo il fondo passa a 751.351 + 75.132 = 826.483. Con la stessa logica si procede poi per i due anni successivi in modo tale che alla scadenza del terzo anno successivo il fondo ammonterà a 1.000.000, importo inizialmente stimato.
Il fondo rimozione cespiti (bonifica ambientale) Come già accennato nel capitolo 5, per quanto riguarda i costi di smantellamento e rimozione delle attività e i costi relativi al ripristino ambientale, lo IAS 16 precisa che questi, debitamente attualizzati, devono essere ricompresi nel costo iniziale del bene se rispondenti alle previsioni dello IAS 37, con contropartita un apposito fondo. Quindi nel caso in cui con riferimento a determinati beni materiali sia possibile stimare già al momento dell’acquisto (ma anche, eventualmente in periodi successivi) l’importo della relativa passività che deve essere sostenuta in futuro dovuta ad obbligazione actual (come da requisiti generali dello IAS 37) per il loro smantellamento, rimozione e/o ripristino del sito, tale passività deve essere iscritta in un apposito fondo nel passivo e il costo di acquisto del bene deve essere incrementato per l’importo di tale stanziamento. L’ammortamento di tali costi avviene lungo la residua vita del cespite; incluso nell’ammortamento del costo del cespite inclusivo dell’importo della passività da sostenere in futuro.
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
ESEMPIO 4 – Il fondo rimozione cespiti La società X installa un impianto (dal costo di € 200.000) che, sulla base della normativa locale, alla sua dismissione impone delle spese di bonifica territoriale per € 30.000. La vita utile del cespite è pari a 10 anni. Il tasso di attualizzazione è del 5%. Applicando le regole previste dallo IAS 16 e IAS 37 si porta il valore attuale del costo stimato di bonifica ad aumento del costo iniziale del cespite, con contropartita la creazione tra le passività del fondo spese. Detto costo sarà ammortizzato con esso lungo la vita utile del cespite ed assieme ad esso. Nella tabella seguente viene mostrato l’ammortamento del costo delle passività future di bonifica. Anno
1
2
3
4=2+3
Fondo a S.P.
Onere finanziario
Amm.to a CE
Impatto CE
0
18.417,40
1
19.338,27
920,87
1.841,74
2.762,61
2
20.305,18
966,91
1.841,74
2.808,65
3
21.320,44
1.015,26
1.841,74
2.857,00
4
22.386,46
1.066,02
1.841,74
2.907,76
5
23.505,78
1.119,32
1.841,74
2.961,06
6
24.681,07
1.175,29
1.841,74
3.017,03
7
25.915,13
1.234,05
1.841,74
3.075,79
8
27.210,88
1.295,76
1.841,74
3.137,50
9
28.571,43
1.360,54
1.841,74
3.202,28
10
30.000,00
1.428,57
1.841,74
3.270,31
11.582,60
1.8417,40
30.000,00
Totale
La rilevazione iniziale pertanto sarà: Impianti Fondo rimozione impianti
18.417,4 18.417,4
Al termine del primo esercizio, quindi si rileva l’incremento del fondo: Oneri finanziari Fondo rimozione impianti
920,87 920,87
Tralasciamo per semplicità l’ammortamento del cespite, la cui quota annua sarà data da (200.000/10) + 1.841,74.
I FONDI, LE PASSIVITÀ E LE ATTIVITÀ POTENZIALI
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Calcolo del fondo per ripristino ambientale Preussag (GER) – Bilancio 2001 Provisions for typical operating risks were formed in particular for recultivation and waste disposal commitments. The long term commitments for the recultivation or restoration of locations were carried at the present value of the anticipated settlement amount. The calculation of the anticipated settlement amount was based on cost increases expected in the future. The corresponding provisions were calculated taking into account price increases of 3,5% and a discount factor of 5,5%.
Il trattamento contabile della valutazione successiva della stima iniziale dei costi di smantellamento, rimozione e bonifica è stabilito dall’IFRIC 1 (Cambiamenti nelle passività iscritte per smantellamenti, ripristini e passività similari). Tale documento si applica ai cambiamenti nella misurazione delle passività in esame che siano rilevate come parte del costo di un elemento relativo a cespiti e rilevate come passività in un apposito fondo. In particolare, vengono considerate variazioni successive: – una modifica dell’ammontare della stima di risorse necessarie per estinguere l’obbligazione futura; – un cambiamento del tasso di attualizzazione utilizzato per scontare le uscite di cassa attese; – un incremento dell’onere finanziario derivante dal trascorrere del tempo. I cambiamenti nella misurazione delle passività iscritte per smantellamenti, ripristino o bonifica devono essere contabilizzati in modo differente a seconda che l’attività materiale sia valutata (successivamente all’iscrizione iniziale) secondo il modello del costo o secondo il modello del fair value. Se l’attività è misurata utilizzando il modello del costo, le variazioni della passività devono essere rilevate ad incremento o riduzione del costo della relativa attività. nell’esercizio in corso. È inoltre precisato che l’importo dedotto dal costo dell’attività (in caso di riduzione della stima) non deve eccedere il valore residuo della medesima, caso in cui l’eccedenza deve essere riportata a conto economico. Se l’attività, invece, è misurata utilizzando il modello di rivalutazione al fair value, le variazioni della passività andranno a modificare l’eccedenza o il deficit della rideterminazione del valore precedentemente rilevato su quella attività. Più precisamente: – una riduzione della passività dovrà essere direttamente accreditata a patri-
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
monio netto alla riserva di rivalutazione, salvo il caso in cui vada rilevata (anche parzialmente) a conto economico a storno di una precedente svalutazione dell’attività imputata a conto economico; – un incremento della passività deve essere rilevato a conto economico, salvo il caso in cui vada accreditato direttamente a patrimonio netto alla riserva di rivalutazione. Il valore da ammortizzare dell’attività rideterminato a seguito degli eventi previsti dall’IFRIC 1 (indipendentemente dal modello scelto di valutazione successiva alla rilevazione iniziale) viene ammortizzato nell’arco della vita utile residua del cespite. Una volta che la relativa attività abbia raggiunto la fine della sua vita utile, tutte le eventuali variazioni successive della passività devono essere rilevate a conto economico al momento in cui si verificano. ESEMPIO 5 – Mutamenti di stima per il fondo rimozione cespiti (IFRIC 1) Usando i dati dell’esempio 4, si supponga che durante l’ottavo anno, dopo quindi aver compiuto 7 anni di ammortamenti del cespite inclusivi dl’ammortamento del valore attualizzato della spesa di rimozione di 30.000, vi sia un cambiamento nella stima che si prevede essere di 45.000, fermo restando la vita utile del cespite. Al termine dei primi 7 anni, come da tabella precedente, il fondo spese rimozione ammonta a 27.210,88. Usando la nuova stima, la tabella limitatamente agli ultimi anni è così modificata:
Anno
1
2
3
Fondo a S.P.
Onere finanziario
Amm.to a CE
8
40.816,33
9
42.857,14
2.040,816
10
45.000
2.142,857
La differenza tra l’importo di 40.816,33 e 27.210,88 rappresenta un incremento del costo dell’impianto, pari a 13.605,45. Tale incremento del costo del cespite dovrà essere ammortizzato lungo i tre anni di vita residua. La rilevazione del cambio della stima pertanto sarà: 8° anno – Capitalizzazione della differenza della spesa di rimozione Impianti Fondo rimozione impianti
13.605,45 13.605,45
I FONDI, LE PASSIVITÀ E LE ATTIVITÀ POTENZIALI
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9.1.4. Informazione integrativa L’informazione integrativa deve essere fornita per classi di provision. La classe è determinata raggruppando quelle passività potenziali aventi natura similare (es. una stessa classe sarà formata dai rischi per garanzie su prodotti diversi ma non includerà invece le eventuali penali dovute a seguito di contenziosi su vendita di prodotti). Per ogni classe di provision l’azienda deve descrivere una serie di informazioni quantitative e qualitative, ossia natura della passività, valore in bilancio e relative variazioni da un esercizio all’altro (per effetto di accantonamenti, utilizzi, annullamenti parziali o totali, incremento di quantità attualizzata per effetto del decorso del tempo), oltre alle incertezze, alla prevista scadenza, all’esistenza di eventuali rimborsi. Si devono inoltre descrivere le passività potenziali rappresentate da: i) obbligazioni possibili (ma non probabili), derivanti da eventi passati, la cui esistenza sarà confermata solo al verificarsi o meno di uno o più eventi futuri incerti non totalmente sotto il controllo dell’impresa; ii) obbligazioni attuali derivanti da eventi passati il cui ammontare non può essere stimato attendibilmente o il cui adempimento è probabile che non sia oneroso. Lo IAS 37 introduce inoltre un’interessante considerazione relativamente alla possibilità che la disclosure su certe provision possa danneggiare l’azienda con riferimento a dispute (es. cause giudiziarie) nelle quali essa è coinvolta. In questi casi il documento prevede che l’azienda debba solo descrivere la natura generale del contenzioso ed esporre le ragioni per le quali le informazioni integrative non sono fornite. Questa previsione risulta essere interessante ed in effetti coglie realisticamente un fenomeno molto ricorrente nel senso che, ad esempio, se l’azienda è citata in giudizio da un terzo soggetto, stanziare una provision e descrivere dettagliatamente i motivi per i quali si prevede un esborso, può fornire alla controparte utili suggerimenti che si possono ritorcere contro l’azienda stessa. Ciò non toglie, si badi bene, che l’azienda non consideri tale rischio. Lo stanziamento in bilancio dovrà essere comunque fatto per la misura emergente dall’applicazione dei criteri di valutazione sopra definiti. Solo che l’informazione da inserire nella nota al riguardo potrà avere carattere più sfumato, anche se l’azienda deve segnalare espressamente di essersi avvalsa di questa possibilità. Ad esempio, lo IAS 37 cita il caso di un disputa su diritti di brevetto che ha originato in bilancio l’insorgere di una provision e segnala la possibilità di apporre in nota integrativa la seguente informazione: “è in corso un contenzioso contro una società concorrente che sostiene che l’azienda ha leso i suoi diritti di brevetto causandole un danno di ... (descrizione dell’ammontare del danno presunto). L’informazione solitamente richiesta dallo IAS 37 non è fornita poiché ciò
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
arrecherebbe pregiudizio all’esito della causa medesima. L’amministratore ritiene che la controversia sarà risolta positivamente per l’azienda”. La disclosure in bilancio dei fondi rischi e oneri ENI (ITA) Bilancio 2010 Il fondo abbandono e ripristino siti e social project di 5.741 milioni di euro accoglie principalmente i costi che si presume di sostenere al termine dell’attività di produzione di idrocarburi per la chiusura mineraria dei pozzi, la rimozione delle strutture e il ripristino siti (5.373 milioni di euro). La rilevazione iniziale e variazione di stima di 558 milioni di euro sono dovute principalmente alla revisione dei costi di abbandono delle società Nigerian Agip Oil Co. Ltd. (125 milioni di euro) e ENI Petroleum Co. Inc. (117 milioni di euro) nonché, la rilevazione di social project da parte della società Eni North Africa BV (287 milioni di euro). L’effetto attualizzazione rilevato a conto economico di 238 milioni di euro è stato determinato con tassi di attualizzazione compresi tra il 2,1% e l’8,9% (1,9% e 8,8% al 31 dicembre 2009). Le altre variazioni di 318 milioni di euro comprendono differenze di cambio da conversione dei bilanci delle imprese operanti in aree diverse dall’euro per 190 milioni di euro e la riclassifica da attività destinate alla vendita di 137 milioni di euro relativa alla Società Adriatica Idrocarburi SpA a seguito della rinuncia all’opzione di acquisto del 100% del capitale da parte dell’acquirente. Gli esborsi più importanti connessi agli interventi di smantellamento e di ripristino saranno sostenuti in un arco temporale di circa venticinque anni a partire dal 2018. Il fondo rischi ambientali di 3.104 milioni di euro accoglie la stima degli oneri relativi a interventi ambientali previsti da norme di legge e regolamenti, ovvero la stima dei costi delle opere e degli impianti di bonifica e ripristino delle aree di proprietà o in concessione di siti dismessi. Il presupposto per la rilevazione di tali costi ambientali è l’approvazione o la presentazione dei relativi progetti alle competenti amministrazioni, ovvero l’assunzione di un impegno verso le competenti amministrazioni quando supportato da adeguate stime. Gli incrementi del fondo nell’esercizio 2010 sono relativi per 1.109 milioni di euro alla proposta di transazione ambientale presentata da Eni, anche per conto di alcune società controllate (tra cui in particolare Syndial), al Ministero dell’Ambiente riguardo nove siti di interesse nazionale (Priolo, Napoli Orientale, Brindisi, Pieve Vergonte, Cengio, Crotone, Mantova, Porto Torres e Gela), nei quali le società hanno avviato, in qualità di proprietari incolpevoli di alcune aree industriali, interventi di bonifica e riparazione ambientale. La proposta è volta a favorire gli interventi ambientali e la chiusura del contenzioso attualmente pendente in materia di bonifica e di danno ambientale. Maggiori informazioni sulla proposta di transazione ambientale sono riportate nel capitolo “Altre Informazioni” della “Relazione sulla gestione”. Alla data di bilancio, la consistenza del fondo è riferita principalmente alla
I FONDI, LE PASSIVITÀ E LE ATTIVITÀ POTENZIALI
Syndial SpA (2.465 milioni di euro) e al settore Refining & Marketing (455 milioni di euro). Il fondo rischi per contenziosi di 692 milioni di euro accoglie gli oneri previsti a fronte di penalità contrattuali, contenziosi legali e sanzioni per procedimenti antitrust e di altra natura. Il fondo è stato stanziato sulla base della miglior stima della passività e riguarda principalmente il settore Gas & Power (238 milioni di euro) e la Syndial SpA (225 milioni di euro). L’utilizzo a fronte oneri di 297 milioni di euro è relativo per 250 milioni di euro al pagamento correlato alla definizione transattiva della contestazione relativa al consorzio TSKJ di cui si dà notizia alla nota n. 34 – Garanzie, impegni e rischi – Contenziosi. L’utilizzo per esuberanza di 310 milioni di euro è riferito per 270 milioni di euro alla definizione in senso favorevole a ENI di una procedura antitrust per presunto ingiustificato rifiuto di accesso di terzi al gasdotto di importazione dall’Algeria nel 2003 con il riconoscimento a carico ENI di un onere significativamente inferiore rispetto alla sanzione deliberata allora dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato. Il fondo riserva sinistri e premi compagnie di assicurazione di 398 milioni di euro accoglie gli oneri verso terzi previsti a fronte dei sinistri assicurati dalla compagnia di assicurazione di Gruppo ENI Insurance Ltd. A fronte di tale passività sono iscritti all’attivo di bilancio 98 milioni di euro di crediti verso compagnie di assicurazione per riassicurazioni. Il fondo per imposte di 357 milioni di euro riguarda principalmente gli oneri che si prevede di sostenere per contenziosi fiscali connessi a incertezze applicative delle norme applicabili a società estere del settore Exploration & Production (240 milioni di euro) e al settore Ingegneria & Costruzioni (55 milioni di euro). Il fondo approvvigionamento merci di 288 milioni di euro accoglie gli oneri stimati a fronte di contratti di approvvigionamento merci dell’ENI SpA. Il fondo esodi agevolati di 202 milioni di euro è riferito principalmente allo stanziamento della quota di costi a carico ENI nell’ambito della procedura di collocamento in mobilità nel biennio 2010-2011 ai sensi della legge n. 223/1991. Il fondo copertura perdite di imprese partecipate di 200 milioni di euro accoglie gli stanziamenti effettuati in sede di valutazione delle partecipazioni a fronte di perdite eccedenti il patrimonio netto delle imprese partecipate. Il fondo per contratti onerosi di 108 milioni di euro riguarda gli oneri che si prevede di sostenere per contratti i cui costi di esecuzione sono divenuti superiori ai benefici derivanti dal contratto stesso. Il fondo mutua assicurazione OIL di 79 milioni di euro accoglie gli oneri relativi alla maggiorazione dei premi assicurativi che saranno liquidati nei prossimi cinque esercizi alla Mutua Assicurazione Oil Insurance Ltd. a cui ENI partecipa insieme ad altre compagnie petrolifere in funzione della sinistrosità verificatasi negli esercizi precedenti.
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
9.2. LE ATTIVITÀ POTENZIALI Le attività potenziali (ad esempio un possibile risarcimento) non possono essere contabilizzate se esse non sono “virtualmente certe”, che significa che al momento si sono verificate tutte le condizioni perché tale attività origini un’entrata di risorse. Per esse si deve dare menzione nelle note e devono essere sistematicamente riesaminate per monitorare gli eventuali sviluppi che possono portare ad un loro stanziamento come ricavo qualora si verifichino concretamente.
Un esempio di attività potenziali Biancamano (ITA) Bilancio 2011 Attività potenziali: questa voce, presente a Conto Economico per 2.464.000 euro, corrisponde all’iscrizione di attività potenziali secondo lo IAS 37; questo principio permette di contabilizzare un’attività potenziale qualora la realizzazione del ricavo sia virtualmente certa. Nel caso specifico si tratta della richiesta inoltrata da Biancamano S.p.A. alla Provincia di Imperia per il riconoscimento del rimborso di costi sostenuti in più rispetto a quelli previsti all’interno di un’operazione di smaltimento rifiuti. Tale iscrizione è confortata da parere legale e da attestazione contabile da parte di una società di revisione.
9.3. SINTESI DELLE PRINCIPALI DIFFERENZE CON IL QUADRO NORMATIVO ITALIANO
Considerando il quadro suddetto, ci sembra la normativa italiana tenda ad essere molto allineata con le regole IASB. Quest’ultima permane ad un livello più generale di trattazione e, nel complesso, non entra nel merito di specifici casi di provision. Tra le differenze specifiche si segnala che: – gli IAS prevedono che le passività siano distinte tra quelle correnti e quelle non correnti. Applicata ai fondi del passivo, tale regola impone di distinguere quelli che hanno una scadenza prevista entro i prossimi 12 mesi e quelli che scadranno successivamente, distinzione che non è espressamente richiesta dalle regole del codice civile, sebbene raccomandata dai principi contabili nazionali; – i fondi che avranno una scadenza nel lungo periodo dovranno essere attualizzati (come il fondo indennità per trattamento di fine rapporto con soggetti diversi dai dipendenti quali rappresentanti, amministratori, ecc.). I fondi rela-
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tivi a indennità di quiescenza e fine rapporto con i dipendenti sono affrontati dallo IAS 19 e quindi rinviamo per essi al capitolo 10; – i requisiti per stanziare secondo lo IAS 37 dei fondi per ristrutturazioni sono più stringenti di quanto previsto dalla normativa nazionale. È richiesta ad esempio la pubblicazione all’esterno del piano. Per quanto riguarda l’esame delle regole generali, ci sembrano poi particolarmente interessanti alcuni elementi evidenziati dallo IAS 37 e non altrettanto chiariti dalle regole italiane. In primo luogo appare interessante l’esame richiesto per verificare se l’azienda si trova in presenza di una obbligazione (comportante un’uscita di risorse) derivante da comportamenti o eventi passati. Solo in questo caso infatti si potrà considerare l’esistenza di una provision. Su tale valutazione interessante è la trattazione riferita alle constructive obligation, quelle obbligazioni che derivano non dalla legge o da regole contrattuali, ma che emergono semplicemente da deliberate politiche aziendali rese pubbliche all’esterno e tali da ingenerare aspettative nei terzi soggetti verso il soddisfacimento di obblighi “morali”. Questa regolamentazione chiarisce indubbiamente un aspetto sul quale la normativa italiana risulta incompleta. Circoscrivendo il tipo di obbligazioni determinanti una provision a quelle legali o a quelle constructive, lo IAS 37 impedisce che il management possa costituire fondi rischi/spese tendenzialmente arbitrari, quali ad esempio un fondo spese manutenzione per il quale non vi è un contratto stipulato con terzi, cosa che invece nella normativa italiana è possibile se si ritengono rispettati i principi di competenza, specificità, misurabilità dell’uscita e probabilità. Per lo IAS 37 in questo caso mancherebbe l’esistenza del requisito della obligation.
Storno del fondo manutenzioni China Southern Airlines – Bilancio 2000 Previously, the cost of scheduled overhauls in respect of owned aircraft and aircraft held under finance leases was accrued to expense over the estimated overhaul cycle of the relevant aircraft. Under the new policy of the Group which complies with IAS 37 Provisions, Contingent Liabilities and Contingent Assets, the cost of scheduled overhauls is expensed to the profit and loss account as and when incurred.
Un’altra differenza consiste nei fondi spese per rimozione cespiti, che nei principi IAS devono essere stimati all’acquisizione del cespite, originare un fondo nel passivo patrimoniale e un costo che non va a conto economico ma ad incre-
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
mento del valore dell’asset e quindi ammortizzato con esso. Le regole italiane non prevedono la capitalizzazione del costo della rimozione futura ad incremento del costo del cespite, ma solo l’accantonamento separato a fondo spese. Per cui in fase di transizione si generano differenze anche notevoli. Una bella descrizione di tale caso è descritta nel seguente esempio.
Effetto dell’imputazione all’attivo patrimoniale dei costi di smantellamento e ripristino siti Eni (ITA) – Semestrale 2005 Secondo i principi contabili italiani gli oneri connessi allo smantellamento e al ripristino siti sono accantonati annualmente a uno specifico fondo in modo da far coincidere il rapporto tra gli accantonamenti effettuati e il costo complessivamente previsto alla percentuale di ammortamento dell’investimento cui si riferiscono. In particolare nel settore Exploration & Production, i costi che si prevede di sostenere al termine dell’attività di produzione per l’abbandono dell’area, lo smantellamento, la rimozione delle strutture e il ripristino del sito sono accantonati in modo che il rapporto tra il fondo e l’ammontare dei costi previsti corrisponda al rapporto tra la produzione cumulata a fine periodo e le riserve certe sviluppate a fine periodo incrementate delle produzioni cumulate. Secondo gli IFRS i costi stimati per lo smantellamento, la rimozione dell’attività e la bonifica del sito da sostenere al momento dell’abbandono delle strutture sono iscritti in uno specifico fondo in contropartita alle immobilizzazioni cui si riferiscono; quando l’effetto finanziario del tempo assume rilevanza, il costo stimato è iscritto sulla base del valore attuale dei costi da sostenere applicando il tasso rappresentativo del costo del denaro per l’impresa. Il costo attribuito alle diverse componenti significative dell’immobilizzazione è imputato a conto economico mediante il processo di ammortamento. Il fondo, e conseguentemente il valore di iscrizione delle immobilizzazioni, è periodicamente aggiornato per riflettere le variazioni delle stime dei costi, dei tempi di realizzazione e del tasso di attualizzazione. L’applicazione del principio ha determinato l’aumento delle immobilizzazioni materiali di 254 milioni di euro, del patrimonio netto di 152 milioni di euro, delle passività per imposte differite di 158 milioni di euro, nonché la riduzione del fondo smantellamento e ripristino siti di 56 milioni di euro.
Altro spunto originale rispetto alla normativa italiana consiste nella previsione nelle note che certe informazioni siano omesse se ritenute potenzialmente in grado di danneggiare l’azienda, disvelando preziose informazioni a terzi soggetti aventi un interesse contrapposto (siano essi concorrenti o parti avverse in cau-
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se giudiziarie). Ci piace rilevare che queste omissioni devono essere comunque segnalate chiaramente al lettore del bilancio in modo tale che siano chiari i punti sui quali la disclosure risulta carente. Un comportamento del genere costituirebbe indubbiamente una bella prova di maturità da parte delle aziende nella comunicazione finanziaria. Rileviamo però che neppure lo IAS 37 suggerisce alle aziende di prevedere una specifica sezione nel bilancio di esercizio (che nel nostro Paese potrebbe essere inserita nella Relazione sulla gestione) nel quale si esamina e si riassume complessivamente l’insieme di passività e attività potenziali gravante sulla gestione aziendale. Alcuni bilanci di aziende italiane quotate presentano una sezione del genere che risulta di indubbio ausilio per il lettore del bilancio desideroso di informarsi sulle prospettive future senza dover per questo concentrarsi sull’esame di singoli conti.
9.4. VERIFICA DI APPRENDIMENTO Si risponda ai seguenti quiz (anche più di una risposta per ogni domanda). 1. Un fondo spese per manutenzioni deliberate dal management accantonato secondo le regole italiane secondo lo IAS 37 va: a) annullato; b) attualizzato in relazione al momento previsto per lo svolgimento della manutenzione; c) mantenuto. 2. Una obbligazione constructive (implicita): a) richiede la nascita di aspettative nei terzi circa una futura spesa aziendale; b) costituisce solo una ipotesi remota di insorgenza di passività; c) deriva da una decisione autonoma del management. 3. La procedura di attualizzare l’importo dei fondi dovuti a scadenza: a) implica lo stanziamento di un costo nell’area operativa negli anni successivi; b) implica lo stanziamento di un costo nell’area finanziaria negli anni successivi; c) implica la riduzione delle riserve di utili negli anni successivi. 4. La realistica aspettativa che nell’anno successivo una legge varierà il costo per danni ambientali:
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
a) dovrà essere considerata nella valutazione dell’anno dei fondi relativi; b) non dovrà essere considerata nella valutazione dell’anno dei fondi relativi; c) potrà essere considerata nella valutazione dell’anno dei fondi relativi solo nell’ipotesi in cui porti ad un incremento della spesa.
CASI
Si valuti la correttezza dei seguenti comportamenti aziendali secondo gli IFRS e, in caso di errato comportamento, si presenti la soluzione corretta. CASO 1 L’azienda A ha venduto alla società B prodotti per 1.000, contabilizzando il ricavo. In attesa di essere pagata, A riceve comunicazione di annullare fattura e di andare a ritirare i prodotti in quanto ordinati da un addetto che non aveva titolo per emettere ordine. A incarica i suoi legali di risolvere la questione. Prudenzialmente decide di accantonare a fondo del passivo un importo pari alla metà del ricavo. CASO 2 L’azienda A ha una trattativa in corso per rilevare la proprietà dell’azienda B per un prezzo di 20.000. Per tale operazione ha ricevuto un acconto di 6.000 dall’azienda C, che nell’accordo con B sarà destinata a rilevare da B il 30% della partecipazione in A. B prevede che dall’acquisizione deriveranno oneri per spese legali di 1.000 e che nel primo periodo di gestione A conseguirà una perdita di 800. B si era già cautelata da questi ultimi eventi accantonando a fondo del passivo l’importo di 1.260 (pari al 70% di tali oneri previsti, la rimanente quota sarà di competenza di C). Prima di chiudere l’acquisizione, A e C entrano in disaccordo sulla strategia di business che B dovrà perseguire, al punto che C manifesta l’intenzione, peraltro non ancora formalizzata, di rinunciare alla quota del 30% di B. A tal punto A prudenzialmente decide di accantonare in fondo del passivo l’importo di 6.000 ricevuto da C, lasciando inalterati gli altri fondi. CASO 3 L’azienda A è in contenzioso con un collaboratore esterno legato a lei con contratto con vita residua di tre anni (durata complessiva 5 anni). Egli reclama un bonus di 20.000 a valere sui cinque anni del contratto. Tale bonus a giudizio del collaboratore, è il risarcimento dovuto per la clausola contrattuale che impe-
I FONDI, LE PASSIVITÀ E LE ATTIVITÀ POTENZIALI
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disce al collaboratore di non avere collaborazioni con società concorrenti durante i 5 anni di durata del rapporto con A. A seguito di intervento giudiziario in primo grado è condannata a pagare un importo di 18.000 per i cinque anni di durata del contratto, da pagarsi ratealmente lungo i tre anni residui. Pur ricorrendo in appello, A decide di stanziare prudenzialmente un fondo per tale importo e di ammortizzare il relativo costo, iscritto inizialmente tutto a stato patrimoniale, lungo i tre anni di vita residua del contratto. CASO 4 Con riferimento ad un cespite un’azienda ha previsto un accantonamento annuo per spese di manutenzione di 6.000, la cui spesa è programmata dopo cinque anni e un accantonamento per spese di rimozione del cespite per 3.000, tenuto conto che le spese di rimozione saranno di 30.000 e la vita utile del cespite è ipotizzata pari a 10 anni. Entrambi gli accantonamenti alimentano fondi specifici del passivo. Alla scadenza del quarto anno l’azienda attua la transizione agli IAS. CASO 5 Un’azienda ha capitalizzato costi per 20.000 per sviluppo prodotti. In particolare ha costruito un prototipo di impianto concesso ad un cliente per dei test. Quando il cliente comunica alcuni malfunzionamenti, l’azienda decide di accantonare a fondo del passivo l’importo di 12.000, 10.000 dei quali stimando nel 50% la probabilità che il prodotto non sia fabbricato e 2.000 per il rischio che il prototipo causi danni se il cliente continuerà ad utilizzarlo come sembra avere intenzione.
384
I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
10 I BENEFICI PER I DIPENDENTI di Francesco Avallone SOMMARIO: 10.1. I benefici ai dipendenti (IAS 19). – 10.1.1. I differenti possibili benefici. – 10.1.2. Le modalità di rilevazione e di valutazione. – 10.1.3. I punti di differenza con la normativa nazionale. – 10.1.4. Informazioni integrative da fornire nelle note al bilancio – 10.2. Il trattamento contabile delle share-based payment transaction. – 10.2.1. La stima del valore del piano. – 10.2.2. Metodologie di “pricing” delle opzioni. – 10.2.3. Le modifiche ai termini e alle condizioni del piano. – 10.2.4. Le non-vesting condition: l’amendment 2009. – 10.2.5. Un caso particolare: i piani infragruppo. – 10.2.6. Sintesi delle principali differenze con il quadro normativo italiano. – 10.3. Verifica di apprendimento.
10.1. I BENEFICI AI DIPENDENTI (IAS 19) 10.1.1. I differenti possibili benefici I principi internazionali IFRS disciplinano in modo dettagliato e in diversi standard la contabilizzazione dei benefici concessi ai dipendenti. In particolare, lo IAS 19 disciplina la contabilizzazione dei benefici ai dipendenti ad esclusione di quelli per i quali si applica l’IFRS 2, ovvero ad esclusione di tutti i benefici rappresentati da strumenti rappresentativi del capitale. Lo IAS 26, invece, disciplina la contabilizzazione delle risorse affidate ai fondi pensione. Nel presente capitolo si approfondiranno tutte le tematiche relative alla contabilizzazione dei benefici ai dipendenti da parte del datore di lavoro, considerando anzitutto i benefici monetari o in natura erogati ai dipendenti (IAS 19) e, successivamente, quelli erogati assegnando strumenti rappresentativi del capitale (IFRS 2). Lo IAS 19 propone anzitutto una classificazione che individua quattro categorie: 1. i benefici a breve termine; 2. i benefici successivi al rapporto di lavoro;
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
3. gli altri benefici a lungo termine; 4. i benefici per la cessazione del rapporto di lavoro. 1. I benefici a breve termine comprendono sia la retribuzione monetaria spettante ai dipendenti per l’attività lavorativa svolta nel corso dell’esercizio (pertanto salari e stipendi), sia quella rappresentata da benefici in natura (quali l’auto aziendale, l’abitazione, l’assistenza medica e via dicendo). Inoltre, sono altresì comprensivi degli oneri sociali, delle indennità sostitutive delle ferie annuali e delle assenze per malattia. 2. I benefici successivi al rapporto di lavoro, invece, presuppongono la cessazione del rapporto lavorativo, comprendendo i compensi dovuti al dipendente in seguito a tale evento; sono incluse, pertanto, in questa categoria, le pensioni, l’assistenza medica o l’assicurazione sulla vita garantiti dopo che l’individuo ha lasciato l’azienda e via dicendo. In generale, le fattispecie comprese in questa categoria derivano dalla definizione di piani, riconducibili alle seguenti due tipologie: • piani a contribuzione definita; • piani a benefici definiti. Nel caso dei piani a contribuzione definita l’azienda si impegna a versare, durante il periodo lavorativo del dipendente, dei contributi prestabiliti ad un entità terza (in genere un fondo); l’ammontare dei benefici spettanti successivamente al rapporto di lavoro al dipendente sarà dato dai contributi pagati dall’azienda e dal rendimento che è scaturito dal loro investimento. In questo caso, quindi, il rischio che i benefici da ciò risultanti siano minori rispetto alle attese grava esclusivamente sui lavoratori, giacché l’impegno assunto dall’azienda è limitato al solo versamento dei contributi prefissati. In estrema sintesi, dunque, l’obbligazione (legale o implicita) per l’azienda è rappresentata esclusivamente dall’ammontare dei contributi da versare al fondo mentre i rischi attuariali e di investimento gravano esclusivamente sul dipendente. Nel caso di piani a benefici definiti, invece, ciò che è predeterminato è proprio l’ammontare dei benefici che l’azienda si obbliga ad erogare al dipendente; pertanto, il rischio che i benefici risultino essere alla fine, per l’impresa, più costosi rispetto al previsto ricade proprio su quest’ultima, visto che il costo che l’azienda rileva ai fini del piano non corrisponde necessariamente all’ammontare dei contributi che avrebbe dovuto versare per l’esercizio. I rischi attuariali e di investimento ricadono quindi esclusivamente sull’azienda.
I BENEFICI PER I DIPENDENTI
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3. Gli altri benefici a lungo termine comprendono tutti quei compensi che maturano durante il rapporto lavorativo ma che risultano erogati in un periodo di tempo superiore all’esercizio. Si tratta, quindi, di benefici dei quali il dipendente acquisisce il diritto in virtù dell’anzianità di servizio. Ne costituiscono possibili esempi i periodi sabbatici, o i premi conseguiti in occasione di anniversari e via dicendo. 4. La quarta categoria considerata dallo IAS 19 è rappresentata dai benefici dovuti per la cessazione del rapporto di lavoro. Anche in questo caso, così come avveniva con i benefici successivi al rapporto di lavoro, si è di fronte a compensi che sono erogati una volta cessato il legame tra l’azienda e il dipendente ma, a differenza della seconda fattispecie compresa nel presente elenco, tale cessazione, stavolta, è il prodotto di una decisione unilaterale, manifestata dall’azienda o dal dipendente: in altri termini, si tratta di quelle situazioni in cui: • è l’azienda che sceglie di porre fine al rapporto lavorativo prima della normale data di pensionamento; • è il dipendente che accetta una proposta di dimissioni volontarie, ricevendo, pertanto, una somma che, però, non ha niente a che vedere con le normali retribuzioni. Rappresenta, infatti, una sorta di “risarcimento” o di “incentivo”; non a caso, rientrano in questa categoria, ad esempio, proprio i cosiddetti “incentivi all’esodo”. Un caso a parte è costituito dal trattamento di fine rapporto (in seguito TFR): quest’ultimo, infatti, rappresentando una peculiarità prettamente italiana, non è stato oggetto di trattazione nell’ambito dello IAS 19. Tuttavia, è ormai pacifico che esso debba essere compreso tra i “benefici successivi al rapporto di lavoro” e, in particolare, tra i “programmi a benefici definiti”, considerato che l’azienda deve garantire che, alla data di risoluzione del rapporto lavorativo, l’ammontare complessivamente accantonato sia sufficiente a coprire le indennità a cui il dipendente ha diritto. Come emerge dalla descrizione delle quattro tipologie di benefici per i dipendenti menzionate dallo IAS 19, i presupposti che possono dar vita alla loro maturazione e, successivamente, erogazione, sono sostanzialmente due: – lo svolgimento della prestazione professionale da parte del dipendente; – la cessazione del rapporto di lavoro.
388
I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
FIGURA 1. – I presupposti dei benefici per i dipendenti
A questi necessari pre-requisiti si aggiungono, poi, ulteriori specifiche, che, come abbiamo visto, differenziano le quattro tipologie di benefici: nel caso degli “altri benefici a lungo termine”, ad esempio, oltre alla prestazione dell’attività lavorativa da parte del dipendente si rende necessaria anche la maturazione di una certa anzianità di servizio; allo stesso modo, nel caso dei “benefici dovuti per la cessazione del rapporto di lavoro” il presupposto di base è lo stesso dei “benefici successivi al rapporto di lavoro”, ma le ipotesi sottostanti alla loro erogazione sono ben diverse. Per quanto concerne la collocazione temporale delle varie tipologie di benefici rispetto alla vita lavorativa di un individuo, è possibile giungere alla rappresentazione grafica illustrata nella Figura 2. Come emerge dalla figura, i “benefici a breve termine” sono dovuti ai dipendenti negli anni durante i quali questi prestano la loro attività lavorativa in azienda e, più esattamente, riguardano quei compensi che sono dovuti entro dodici mesi dal termine dell’esercizio nel corso del quale il dipendente ha lavorato. Gli “altri benefici a lungo termine” non sono corrisposti (almeno interamente) entro i dodici mesi successivi al termine dell’esercizio in cui il dipendente ha lavorato, proprio perché, in genere, presuppongono una certa anzianità di servizio.
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I BENEFICI PER I DIPENDENTI
FIGURA 2. – La collocazione temporale dei benefici per i dipendenti
Altri benefici a lungo termine
Benefici dovuti per la cessazione (dimissioni)
Benefici a breve termine Dimissioni/ Pensionamento
Assunzione
Anno 1
Anno 2
Anno n
Benefici successivi al rapporto di lavoro (pensionamento)
Nel momento in cui il dipendente cessa di prestare la sua attività lavorativa in azienda avremo “benefici dovuti per la cessazione del rapporto di lavoro”, in caso di dimissioni oppure “benefici successivi alla fine del rapporto di lavoro” in caso di pensionamento.
10.1.2. Le modalità di rilevazione e di valutazione Per quanto concerne le problematiche di rilevazione contabile e di valutazione, le diverse tipologie di benefici per i dipendenti richiedono trattamenti differenziati. Conseguentemente, tratteremo tali aspetti separatamente per ciascuna di esse. a) I benefici a breve termine I benefici a breve termine hanno una contabilizzazione estremamente semplice, visto che non richiede la formulazione di ipotesi attuariali e si sostanzia nella sola registrazione di un costo e della corrispondente passività (debito) al netto degli importi che sono già stati corrisposti.
390
I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
b) I benefici successivi al rapporto di lavoro La medesima modalità di contabilizzazione utilizzata nel caso dei “benefici a breve termine” è prevista, con riferimento ai “benefici successivi al rapporto di lavoro”, per i piani a contribuzione definita: anche per essi, infatti, non si rende necessario formulare delle ipotesi attuariali, visto che l’obbligazione a carico dell’azienda nell’anno è determinata tenendo conto dei contributi dovuti allo Stato, ovvero a un patrimonio o ad un’entità giuridicamente distinta (ossia un fondo), con riferimento a quell’esercizio. È prevista, pertanto, l’attualizzazione delle obbligazioni solo se queste non sono destinate ad essere estinte entro dodici mesi dalla chiusura dell’esercizio in cui il dipendente ha maturato il diritto a tali importi. In questi casi, l’attualizzazione avverrà applicando un tasso di sconto pari al rendimento, alla data del bilancio, di titoli di aziende primarie quotate o, qualora non disponibili, di titoli di stato, considerando valuta e condizioni previste dalle obbligazioni a benefici successivi. ESEMPIO 1 – Rilevazione contabile dei piani a contribuzione definita Nell’anno “n” sono maturati a carico dell’azienda Beta S.p.A. contributi da versare nell’anno “n + 2” a un fondo pensione a fronte della prestazione lavorativa di 5 dipendenti per un importo pari a euro 30.000. Il tasso di rendimento di aziende primarie si stima essere pari al 6%. Soluzione L’ammontare del debito al termine dell’esercizio “n” è anzitutto determinato attualizzando per due periodi il contributo di euro 30.000, ossia: 30.000 × (1,06)-2 = 26.700 (circa). Al termine del secondo esercizio, l’ammontare del debito dovrebbe essere pari a 30.000 × (1,06)-1 = 28.302 (interessi di periodo pari dunque a euro 28.302 – 26.700 = 1.602), mentre nel terzo periodo il debito di euro 30.000 sarà effettivamente pagato al fondo pensione. Rilevazione al 31/12/n Costo previdenziale (CE) Debiti v/fondo pensione (SP)
26.700 26.700
Rilevazione al 31/12/n + 1 Interessi passivi su contributi (CE) Debiti v/fondo pensione (SP)
1.602 1.602
391
I BENEFICI PER I DIPENDENTI
Rilevazione al 31/12/n + 2 Interessi passivi su contributi (CE) Debiti v/fondo pensione (SP)
Banca c/c (SP) Debiti v/fondo pensione (SP)
1.698 1.698
30.000 30.000
Molto più complessa, invece, è la contabilizzazione dei piani a benefici definiti, visto che richiede la formulazione di ipotesi attuariali per stimare il possibile debito a scadenza e l’attualizzazione delle obbligazioni collegate al piano. Lo standard, a seguito dell’amendment emanato dallo IASB in data 16 giugno 2011 (in vigore a partire dal 1/1/2013), ha introdotto una netta distinzione tra le procedure di calcolo dei valori da iscrivere, rispettivamente, nello stato patrimoniale, nell’utile/perdita dell’esercizio e nelle altre componenti del conto economico complessivo. In particolare, con riferimento agli importi da iscrivere nello stato patrimoniale: 1. in primo luogo, si rende necessario stimare l’ammontare dei benefici spettanti ai dipendenti. Ciò comporta la necessità di ricorrere all’uso di opportune tecniche attuariali, al fine di: – da un lato, scindere la parte di beneficio relativa all’esercizio da quella che fa, invece, riferimento agli anni precedenti; – dall’altro, individuare le variabili, demografiche e finanziarie, che influenzeranno il costo dei benefici in futuro. Con riferimento a quest’ultimo aspetto, bisogna tener presente che il costo rilevato con riferimento ad un piano a benefici definiti non corrisponde necessariamente ai contributi che spettano ai dipendenti: il costo complessivo del piano che andrà a gravare effettivamente sull’azienda, infatti, può essere influenzato da numerosi fattori, che variano a seconda del tipo di programma che è stato definito: potranno essere rilevanti, ad esempio, il livello delle retribuzioni dell’ultimo anno, il turnover dei dipendenti, l’andamento dei costi per assistenza medica, il rendimento derivante dall’investimento delle attività a servizio del piano e via dicendo. Al fine di stimare il costo complessivo nel modo più attendibile, pertanto, è necessario formulare delle ipotesi, che dovranno far riferimento, innanzitutto, ad aspetti demografici, relativi, come abbiamo visto, alle caratteristiche future dei dipendenti a cui spetteranno i
392
I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
benefici, quali il tasso di mortalità (durante e successivo la cessazione del rapporto lavorativo), il tasso di rotazione, di invalidità e così via; inoltre, bisogna ipotizzare anche i valori che assumeranno delle variabili di tipo finanziario, quali il tasso di sconto (da utilizzare ai fini dell’attualizzazione) 1, i livelli delle retribuzioni future 2, il tasso di rendimento atteso dalle attività a servizio del piano (ove presenti) e via dicendo; 2. in secondo luogo, bisogna attualizzare i benefici così determinati, al fine di calcolare il valore attuale dell’obbligazione e il relativo costo riferito alle prestazioni lavorative dell’anno. L’attualizzazione deve essere operata utilizzando il “metodo della proiezione unitaria del credito” (anche noto come metodo dei benefici maturati in proporzione all’attività lavorativa prestata), ossia considerando ogni esercizio lavorato come fonte di un’unità aggiuntiva di diritto ai benefici. Conseguentemente, sarà necessario attribuire a ogni singolo periodo di lavoro esclusivamente il valore attuale della porzione di beneficio ad esso direttamente imputabile; 3. nel caso di un piano che ha a suo servizio delle attività, bisogna poi determinare il loro fair value, che deve essere sottratto dall’ammontare del valore attuale dell’obbligazione al fine di determinare l’ammontare del disavanzo/avanzo. L’ammontare così determinato dovrà essere poi ulteriormente rettificato per tener conto dell’eventuale massimale di attività (ovvero il valore attuale del beneficio economico disponibile sotto forma di rimborsi del piano o di riduzioni dei contributi futuri) rispetto all’eventuale avanzo (situazione quest’ultima possibile ad esempio in presenza di sovra-finanziamento del piano), posto che in tale situazione il valore da rilevare sarà il minore tra l’avanzo e il massimale di attività. La passività (attività) netta per benefici definiti così determinata rappresenta l’ammontare da iscrivere a stato patrimoniale. Per quanto riguarda, invece, l’ammontare da iscrivere a conto economico, che influenza il risultato economico d’esercizio, occorre: 4.
tenere conto del cosiddetto costo delle prestazioni correnti, come già anticipato al precedente punto 2;
1
Secondo lo IAS 19, tale tasso deve essere determinato facendo riferimento ai rendimenti di mercato dei titoli di aziende primarie, alla data del bilancio (IAS 19 – Benefici ai dipendenti, par. 83, regolamento UE n. 475/2012 del 5 giugno 2012). 2 Nello stimare il livello delle retribuzioni future bisogna tener conto non soltanto dell’inflazione, ma anche dell’anzianità di servizio maturata, delle possibili promozioni ed anche del futuro andamento dell’offerta e della domanda sul mercato del lavoro.
I BENEFICI PER I DIPENDENTI
5.
393
considerare la variazione del valore attuale dell’obbligazione netta riconducibile ad una modifica del piano o ad una riduzione dello stesso (c.d. costo relativo ad attività passate). Ciò significa, in altri termini, considerare l’effetto sul valore attuale dell’obbligazione dell’eventuale introduzione di modifiche ai benefici riconosciuti ai dipendenti, dell’eventuale introduzione di nuovi piani o del ritiro di piani già esistenti. Per riduzione di un piano, invece, deve intendersi la riduzione del numero di dipendenti compresi nel piano. Infine, nel caso di estinzione del piano, bisogna calcolare l’utile o la perdita conseguenti, determinati confrontando il valore attuale dell’obbligazione alla data dell’estinzione con il prezzo dell’estinzione (ovvero il valore delle attività al servizio del piano trasferite e di tutti i pagamenti effettuati dall’azienda per estinguere il piano). Se al tempo stesso si dovessero rilevare variazioni in aumento e in diminuzione, tutte le variazioni devono essere trattate come un’unica variazione netta;
6. considerare gli interessi netti sulla passività (attività) netta per i benefici definiti, incluso negli oneri finanziari netti e calcolati facendo riferimento ai rendimenti di mercato dei titoli di aziende primarie, alla data del bilancio indipendentemente dal fatto che si tratti di passività netta o di attività netta (prima dell’introduzione dell’amendment allo IAS 19 del 16 giugno 2011, invece, il rendimento delle attività era calcolato sulla base del rendimento atteso delle stesse); Per quanto riguarda, infine, i valori da rilevare nelle altre componenti del reddito complessivo, ovvero le rivalutazioni delle passività (attività) nette: 7.
si rende necessario, anzitutto, calcolare gli utili o le perdite attuariali complessive. In presenza di un piano a benefici definiti, infatti, gli aumenti o le diminuzioni del valore attuale di un’obbligazione, causati dalla presenza di tassi di sconto, di rotazione dei dipendenti, o di pensionamenti, o di mortalità inaspettatamente alti o bassi o, comunque, da variazioni nelle stime dei valori ad essi attribuiti danno vita ad utili o perdite attuariali, per la cui rilevazione lo IAS 19 dà delle indicazioni precise. Mentre prima dell’introduzione dell’amendment del 16 giugno 2011 il principio, considerando la natura provvisoria di tali risultati e dunque la possibilità che tali risultati potessero compensarsi tra loro nel tempo, consentiva di non procedere sempre alla loro completa rilevazione per importi compresi all’interno di un cosiddetto “corridoio” (pari al 10% in più o in meno del maggiore tra il valore attuale dell’obbligazione e il fair value di qualsiasi attività a servizio del piano 3, suc3
Si precisa, peraltro, che lo IAS 19 consentiva anche di utilizzare altri metodi sistematici che
394
I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
cessivamente all’amendment l’ammontare complessivo degli utili e delle perdite attuariali deve essere sempre rilevato nella sua interezza nelle altre componenti del reddito complessivo. Le variazioni del valore della passività netta, da iscriversi nelle altre componenti del conto economico complessivo, troveranno quindi contropartita nelle riserve disponibili di patrimonio netto (es. utili portati a nuovo); 8. dovranno essere quindi rilevati i rendimenti delle attività al servizio del piano, con l’esclusione degli interessi attivi già rilevati al precedente punto 6 dei valori da iscrivere nel risultato dell’esercizio. Per rendimenti delle attività al servizio del piano lo standard considera espressamente i dividendi e gli altri ricavi derivanti dalle attività, assieme agli utili e alle perdite realizzati e non realizzati, dedotti sia i costi di gestione delle attività a servizio del piano sia qualunque imposta dovuta dal piano ad esclusione di quelle già considerate nelle ipotesi attuariali. Il valore da iscrivere nelle altre componenti del reddito complessivo, sarà dunque pari al rendimento complessivo delle attività a servizio del piano al netto degli interessi attivi calcolati sulle medesime attività. ESEMPIO 2 – Rilevazione contabile degli utili/perdite attuariali complessivi su piani a benefici definiti Nell’anno “n” l’azienda Beta S.p.A. ha in essere un piano previdenziale a benefici definiti. A causa di un aumento nelle stime dei tassi di interesse e di una riduzione nella crescita attesa dei livelli degli stipendi dei dipendenti l’azienda rileva una diminuzione della passività per benefici definiti. I relativi utili attuariali, pari a euro 50.000, per esplicita disposizione dello IAS 19 (par. 57/d), devono essere rilevati nelle altre componenti del conto economico complessivo, generando quindi una contestuale variazione in aumento di una riserva disponibile del netto. Al 31/12/n l’azienda rileverà contabilmente: Debiti verso Fondo pensione (SP) Riserve (SP)
50.000 50.000
prevedevano una contabilizzazione più semplice, quali la registrazione immediata di tutti gli utili e le perdite attuariali, indipendentemente dal fatto che ricadessero all’interno o all’esterno del corridoio. Se l’azienda compiva proprio questa scelta (registrando tutti gli utili e le perdite attuariali, per tutti i piani a benefici definiti, nell’esercizio in cui si verificavano), era possibile procedere ad una rilevazione al di fuori del conto economico, secondo quanto statuito dal Regolamento (CE) n. 1910/2005 della Commissione dell’8 novembre 2005.
395
I BENEFICI PER I DIPENDENTI
Ancora dibattuta è la questione riguardante la possibile distribuzione della riserva del netto così costituita. Si auspica in proposito un rapido intervento normativo in grado di chiarire la problematica. Se l’utile per l’esercizio “n” risultasse pari a euro 100.000, il prospetto delle altre componenti del conto economico complessivo risulterebbe così movimentato: Utile d’esercizio (“n”) Altre componenti del conto economico complessivo:
100.000
……. Utili attuariali da piani a benefici definiti
50.000
……. Totale utile complessivo dell’esercizio
150.000
Per quanto concerne la rappresentazione dei piani a benefici definiti in bilancio, a livello di stato patrimoniale, la passività da rilevare nell’ambito delle “passività non correnti” alla voce “Fondo per benefici ai dipendenti” (o simili) è determinata, pertanto, secondo il seguente schema 4: SCHEMA 1 – L’iscrizione nello stato patrimoniale Valore attuale dell’obbligazione al 31/12 (v. punti 1 e 2) –
Fair value al 31/12 delle eventuali attività a servizio del piano (v. punto 3)
–
Differenza tra eventuale avanzo netto e massimale delle attività, se minore (v. punto 3)
=
Fondo per benefici ai dipendenti (derivanti da piani a benefici definiti)
A livello di conto economico, il costo (o il provento) da iscrivere fra i costi del personale e, per la parte finanziaria, tra gli oneri finanziari netti è così determinato:
4
Per ogni voce, sono stati richiamati i punti di riferimento dell’elenco precedente.
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
SCHEMA 2 – L’iscrizione nel conto economico Costo relativo alle prestazioni di lavoro correnti (v. punti 2 e 4) +
Costo relativo alle prestazioni di lavoro passate (v. punto 5)
+/–
Utili/perdite al momento dell’estinzione (v. punto 5)
+/–
Interessi passivi (attivi) 5 su passività (attività) netta (v. punto 6)
=
Costo per benefici ai dipendenti (derivanti da piani a benefici definiti)
SCHEMA 3 – L’iscrizione nelle altre componenti del conto economico complessivo Utile/perdita d’esercizio +/–
Utili /perdite attuariali complessivi (v. punto 7)
–
Rendimento attività al servizio del piano (escluso gli interessi attivi di cui al punto 6) (v. punto 8)
=
Totale utile complessivo dell’esercizio
Sempre con riferimento ai piani a benefici definiti, un aspetto che si ritiene utile approfondire riguarda l’attualizzazione dei benefici ricorrendo al richiamato metodo della proiezione unitaria del credito. Come già precisato, con l’applicazione di tale metodo l’obbligazione derivante da piani a benefici definiti sarà pari al valore attuale dei futuri benefici stimati considerando ipotesi attuariali (demografiche e finanziarie). Sulla base delle specifiche regole di maturazione previste dal piano, ciascun esercizio contribuirà così a determinare parte del valore dei benefici a scadenza. Tale valore a scadenza, quindi, dovrà essere ripartito nelle diverse porzioni di valore nominale di beneficio e attribuite ai differenti esercizi mediante attualizzazione, realizzata considerando l’effettivo tempo intercorrente tra l’esercizio di maturazione della porzione di beneficio e la data prevista di conclusione del piano.
5 Gli interessi passivi sono calcolati moltiplicando il valore attuale dell’obbligazione all’inizio dell’esercizio per il tasso di sconto, che riflette la stima dei tempi di pagamento dei benefici.
I BENEFICI PER I DIPENDENTI
397
ESEMPIO 3 – Determinazione del valore dell’obbligazione per piani a benefici definiti L’azienda ALFA ha in essere un piano previdenziale a benefici definiti che assicura ai dipendenti un pagamento alla fine dell’impiego pari al 4% dello stipendio finale, per ciascun anno di impiego. La retribuzione (complessiva) nell’anno “1” è pari a 60.000. Le ipotesi attuariali adottate sono le seguenti: – incremento annuo medio della retribuzione dei dipendenti pari al 3% (composto); – cessazione del rapporto stimata dopo anni 6; – tasso di interesse alla chiusura dell’esercizio di titoli di aziende primarie (par. 83) pari al 5%. Si ipotizzi che nel corso degli anni non si giustifichino modifiche alle ipotesi attuariali iniziali. Soluzione È necessario anzitutto determinare l’ammontare atteso del beneficio a scadenza, in funzione delle caratteristiche del piano previdenziale. A tal fine si consideri anzitutto l’evoluzione attesa del livello medio degli stipendi dei dipendenti, sintetizzata nella seguente tabella: Importo stipendi Anno 1
60.000,00
Anno 2
61.800,00
Anno 3
63.654,00
Anno 4
65.563,62
Anno 5
67.530,53
Anno 6
69.556,44
Il valore del beneficio atteso per i dipendenti al termine del sesto anno sarà quindi pari a 69.556,44 × 0,04 × 6 = 16.693,54 mentre il valore nominale dei benefici attribuiti a ciascuno dei 6 esercizi risulta essere pari a 69.556,44 × 0,04 = 2.782,25, da attualizzare al tasso del 5% per ciascun anno in funzione del tempo intercorrente tra il periodo di riferimento e la data attesa di maturazione del beneficio. Il seguente schema sintetizza il valore dell’obbligazione per benefici definiti al 1/1 ed al 31/12 di ciascuno dei sei anni attesi di maturazione, così come l’ammontare degli oneri finanziari maturati in ciascun esercizio sempre al tasso del 5%.
398
I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
Anno 1
Anno 2
Anno 3
Anno 4
Anno 5
Anno 6
A) Valore nominale dei benefici attribuiti all’esercizio
2.782,26
2.782,26
2.782,26
2.782,26
2.782,26
02.782,26
B) Valore dell’obbligazione all’1/1
000.0,00
2.179,97
4.577,94
7.210,26
10.094,36
13.248,85
C) Costo previdenziale per prestazioni correnti (attualizzazione al 5%)
2.179,97
2.288,97
2.403,42
2.523,59
2.649,77
02.782,26
D) Oneri finanziari (al 5% su B)
000.0,00
0.109,00
0.228,90
0.360,51
00.504,72
00.662,44
E) Valore dell’obbligazione al 31/12
2.179,97
4.577,94
7.210,26
10.094,36
13.248,85
16.693,55
Al 31/12/anno 2 l’azienda ALFA rileverà contabilmente: Costo previdenziale (CE) Oneri finanziari (CE) Debiti verso Fondo pensione (SP)
2.288,97 109, 2.397,97
Ipotizzando che non si verifichino variazioni nelle assunzioni attuariali le rilevazioni dei successivi esercizi non muteranno rispetto allo schema precedente. Qualora, invece, nel corso del secondo anno si rilevasse una variazione nella stima del tasso di interesse per titoli di aziende primarie, per esempio dal 5% al 7%, a parità di altre condizioni, lo schema dell’evoluzione nel tempo del debito per un piano a beneficio definito sarà il seguente (con un valore del debito al 31/12/anno 2 che si riduce da complessivi 4.577,94 a 4.245,14): Anno 1
Anno 2
Anno 3
Anno 4
Anno 5
Anno 6
A) Valore nominale dei benefici attribuiti all’esercizio
2.782,26
2.782,26
2.782,26
2.782,26
2.782,26
02.782,26
B) Valore dell’obbligazione all’1/1
000.0,00
1.983,71
4.254,14
6.813,45
9.720,53
13.001,20 (segue)
399
I BENEFICI PER I DIPENDENTI
Anno 1
Anno 2
Anno 3
Anno 4
Anno 5
Anno 6
C) Costo previdenziale per prestazioni correnti (attualizzazione al 7%)
1.983,71
2.122,57
2.271,15
2.430,13
2.600,24
02.782,26
D) Oneri finanziari (al 7% su B)
000.0,00
0.138,86
0.297,16
0.476,94
00.680,44
00.910,08
E) Valore dell’obbligazione al 31/12
1.983,71
4.254,14
6.813,45
9.720,53
13.001,20
16.693,55
In questo caso, dunque, il costo previdenziale per l’esercizio risulterà essere pari a 2.122,57 e gli interessi passivi sull’obbligazione all’1/1 (calcolati al nuovo tasso del 7%) pari a 138,86. Siccome l’incremento del debito è pari a 2.065,17 (4.245,14 – 2.179,97) e il costo dell’esercizio (costo previdenziale e oneri finanziari) pari a 2.261,43, nell’esercizio sarà necessario rilevare utili attuariali da contabilizzare nelle altre componenti del reddito complessivo per un importo pari a 196,26 (2.261,43 – 2.065,17). Al 31/12/anno 2, quindi, l’azienda ALFA rileverà contabilmente: Costo previdenziale (CE) Oneri finanziari (CE) Debiti verso Fondo pensione (SP)
Riserva (SP) Debiti verso Fondo pensione (SP)
2.122,57 0.138,86 2.261,43
196,26 196,26
Quindi, nelle altre componenti del reddito complessivo, si rileverà: Utile d’esercizio (“n”) Altre componenti del conto economico complessivo: ……. Utili attuariali da piani a benefici definiti ……. Totale utile complessivo dell’esercizio
……
196,26 ……
400
I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
Un esempio di informativa presentata con riferimento agli utili/perdite attuariali su fondi per benefici ai dipendenti Gruppo MICHELIN – Bilancio consolidato 2011
CHANGE IN FAIR VALUE OF THE NET DEFINED BENEFIT OBLIGATION
CONSOLIDATED STATEMENT OF COMPREHENSIVE INCOME
I BENEFICI PER I DIPENDENTI
401
c) Gli altri benefici a lungo termine La contabilizzazione di questa tipologia di benefici richiede l’applicazione di una metodologia semplificata rispetto a quella appena vista, in quanto: – la valutazione non si caratterizza per lo stesso grado di incertezza; – l’introduzione di altri benefici a lungo termine o di modifiche a quelli esistenti non comporta, in genere, il sorgere di costi significativi con riferimento alle prestazioni di lavoro passate. È per questo che lo IAS 19 richiede di contabilizzare questi benefici in modo analogo a quanto abbiamo visto per i piani a benefici definiti, ma applicando le seguenti semplificazioni: • gli utili e le perdite attuariali devono essere rilevati immediatamente; • allo stesso modo, anche il costo relativo alle prestazioni lavorative passate deve essere rilevato immediatamente. d) I benefici dovuti per la cessazione del rapporto di lavoro La rilevazione della passività e del relativo costo riguardante questa tipologia di benefici deve avvenire immediatamente, ogniqualvolta l’azienda si impegna a interrompere uno o più rapporti di lavoro prima del pensionamento o a erogare dei benefici a quei dipendenti che accetteranno una proposta di dimissioni volontarie per esuberi. Solo in alcuni casi particolari la contabilizzazione di questa categoria di benefici comporta dei problemi aggiuntivi: • quando i benefici sono dovuti ai dipendenti più di 12 mesi dopo la data di riferimento del bilancio, visto che in tal caso si dovrà procedere alla loro attualizzazione e, conseguentemente, alla stima del tasso di sconto; • quando l’azienda fa un’offerta al fine di incentivare le dimissioni volontarie: in questo caso, al fine di valutare i benefici dovuti, bisogna stimare il numero dei dipendenti che presumibilmente accetteranno l’offerta stessa.
10.1.3. I punti di differenza con la normativa nazionale La principale differenza tra la normativa ed i principi contabili nazionali e le disposizioni impartite dagli IAS riguarda il TFR, che, come abbiamo già precisato in precedenza, pur non essendo menzionato nell’ambito del documento internazionale n. 19, è riconducibile ai “piani a benefici definiti” come già rilevato
402
I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
nel 2002 dall’IFRIC che assumeva la non corretta contabilizzazione in base alla prassi nazionale. Al riguardo, la disciplina italiana prevede, in risposta ad un atteggiamento prudenziale, una contabilizzazione del TFR al suo valore nominale (così come è previsto, in generale, per i debiti), senza procedere, quindi, ad attualizzazioni o valutazioni di tipo attuariale. Così facendo, da un lato, l’azienda non incorre in alcun tipo di problema se si trova di fronte alla necessità di procedere a delle riduzioni del personale, in quanto la passività iscritta è proprio pari a quanto è necessario per liquidare il personale stesso 6; dall’altro, però, non tiene conto del fatto che il pagamento, in realtà, potrebbe aver luogo dopo molto tempo. L’applicazione dello IAS 19, invece, come abbiamo visto, comporta la necessità di stimare l’ammontare che dovrà essere erogato al dipendente nel momento in cui il rapporto di lavoro si risolverà e di procedere, poi, alla sua attualizzazione, tenendo conto del lasso temporale che dovrà ancora presumibilmente trascorrere prima dell’effettivo pagamento. Pertanto, proprio in conseguenza dell’attualizzazione, l’importo ottenuto è minore dell’ammontare che sarebbe dovuto al dipendente se questi lasciasse l’azienda alla data di riferimento del bilancio. L’entrata in vigore della riforma sulla previdenza complementare, attuata con il D.Lgs. n. 252/2005 e in vigore a partire dal 1 gennaio 2007, introduce ulteriori elementi di novità nell’applicazione dello IAS 19, riducendo in parte la concreta complessità applicativa. La riforma della previdenza complementare, infatti, prevede che ciascun lavoratore dipendente possa scegliere come destinare il proprio TFR, mantenendolo presso l’azienda ovvero indirizzandolo a favore di altre forme pensionistiche complementari. A seguito della riforma, infatti, le quote di TFR maturate entro il 31/12/2006 continuano a rimanere presso l’azienda, quindi a configurarsi come piani a benefici definiti, mentre le quote maturate a partire dal 1/1/2007 dipendono dal tipo di scelte effettuate dai dipendenti: a) se i dipendenti optano per conferire il TFR ad una forma pensionistica complementare, ovvero di trattenerlo in azienda ma in aziende con almeno 50 dipendenti (in tal caso il TFR è trasferito comunque dal datore di lavoro a uno 6
In base al principio contabile italiano, infatti, “la voce ‘trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato’ è congrua quando corrisponde al totale delle singole indennità maturate a favore dei dipendenti alla data di chiusura del bilancio, al netto degli acconti erogati, e cioè se è pari a quanto si sarebbe dovuto corrispondere ai dipendenti nell’ipotesi in cui a tale data fosse cessato il rapporto di lavoro”. ORGANISMO ITALIANO DI CONTABILITÀ, OIC 19 – I fondi per rischi ed oneri – Il Trattamento di Fine Rapporto di lavoro subordinato – I Debiti, 30 maggio 2005, p. 18.
403
I BENEFICI PER I DIPENDENTI
specifico fondo istituito presso l’INPS), le relative quote di TFR si configurano come piani a contribuzione definita, dovendo il datore pagare contributi fissi senza essere obbligato ad effettuare ulteriori pagamenti qualora il fondo non disponga di attività sufficienti a erogare il TFR (il rischio attuariale ricade quindi sui fondi di previdenza ovvero sull’INPS); b) se i dipendenti optano per trattenere il TFR in azienda, in aziende con meno di 50 dipendenti, le quote di TFR continuano a configurarsi come piani a benefici definiti, essendo il datore di lavoro responsabile per l’erogazione del TFR al dipendente alla cessazione del rapporto di lavoro. ESEMPIO 4 – Il TRF ex. art. 2120 c.c. e il trattamento dei piani a contribuzione definita (IAS 19) Si supponga che nell’azienda ALFA, di 40 dipendenti, per un dipendente che ha optato per il mantenimento del TFR in azienda, si preveda una permanenza di 6 anni con uno stipendio iniziale di 20.000 annui ed un tasso di crescita previsto pari al 2% annuo (composto). Il tasso di interesse stimato per titoli di aziende primarie risulta essere pari al 3.5%. Nel corso dei sei anni non si giustificano modifiche nelle stime attuariali (né demografiche, né finanziarie). Soluzione
Stipendio annuo
Quota TFR (stipendio/13.5)
Indice ISTAT
Rivalutazione TFR
Quota TFR (CE)
Fondo TFR (SP)
Contabilizzando il TFR al suo valore nominale (come previsto dalla disciplina italiana) e secondo quanto disposto dall’art. 2120 del codice civile, l’evoluzione del valore del relativo fondo TFR seguirebbe la dinamica esposta nel seguente schema:
Anno 1
20.000,00
1.481,48
0,025
0,034
1.481,48
01.481,48
Anno 2
20.400,00
1.511,11
0.030
0.038
1.566,67
03.048,15
Anno 3
20.808,00
1.541,33
0,032
0,039
1.660,21
04.708,36
Anno 4
21.224,16
1.572,16
0,035
0.041
1.766,38
06.474,74
Anno 5
21.648,64
1.603,60
0,027
0,035
1.831,84
08.306,58
Anno 6
22.081,62
1.635,68
0,018
0,029
1.872,41
10.178,99
404
I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
Per ciascun anno, quindi, l’azienda dovrebbe rilevare un costo per un ammontare pari alla quota TFR da tabella, pari allo stipendio annuo diviso per 13,5 più la rivalutazione del fondo già esistente, con conseguente incremento del fondo TFR a stato patrimoniale. Secondo quanto previsto dallo IAS 19, invece, sarà necessario stimare l’ammontare da erogare al dipendente nel momento in cui il rapporto di lavoro si risolverà, procedendo poi alla attualizzazione degli importi maturati, tenendo conto del lasso temporale che dovrà trascorrere prima dell’effettivo pagamento. La seguente tabella sintetizza la possibile evoluzione del debito per piani a benefici definiti, ipotizzando che non vi siano variazioni nelle stime attuariali. Anno 1
Anno 2
Anno 3
Anno 4
Anno 5
Anno 6
A) Valore nominale dei benefici attribuiti all’esercizio
1.481,48
1.566,67
1.660,21
1.766,38
1.831,84
1.872,41
B) Valore dell’obbligazione all’1/1
000.0,00
1.247,37
2.656,29
4.246,67
6.044,24
8.025,68
C) Costo previdenziale per prestazioni correnti (attualizzazione al 3,5%)
1.247,37
1.365,26
1.497,42
1.648,93
1.769,89
1.872,41
D) Oneri finanziari (al 3,5% su B)
000.0,00
0.043,66
00.92,97
0.148,63
00.211,55
00.280,90
E) Valore dell’obbligazione al 31/12
1.247,37
2.656,29
4.246,67
6.044,24
8.025,68
10.178,99
Considerando ad esempio il terzo esercizio, nel caso di contabilizzazione come da disciplina nazionale, l’importo del debito per TFR risulterebbe essere pari a 4.708,36, con un costo a CE nell’esercizio pari a 1.660,21 (corrispondente alla quota maturata nell’esercizio più la rivalutazione del fondo esistente). Secondo lo IAS 19, invece, sempre nel terzo esercizio l’ammontare imputato a CE sarebbe pari a 1.590.39 (di cui 92,97 per oneri finanziari maturati nell’esercizio), con un debito per piani a benefici definiti pari a 4.246,67, inferiore al precedente proprio a seguito delle attualizzazioni (in questo caso, invece, nessuna differenza è attribuibile alle ipotesi attuariali in quanto si assume un incremento stipendiale e stime temporali esattamente coincidenti con la reale situazione verificatasi).
I BENEFICI PER I DIPENDENTI
405
10.1.4. Informazioni integrative da fornire nelle note al bilancio Con riferimento alle informazioni integrative da fornire nelle note al bilancio, occorre anzitutto precisare che sebbene lo IAS 19 non richieda specifiche informazioni sui benefici a breve termine, esse possono comunque essere richieste da altri standard, come ad esempio dallo IAS 24 che richiede indicazioni sui benefici a favore di dirigenti con responsabilità strategiche oppure dallo IAS 1 che richiede l’indicazione dei costi per benefici a favore dei dipendenti. Con riferimento ai piani a contribuzione definita, invece, l’azienda deve comunicare nelle note al bilancio (parr. 53 e 54): I) l’ammontare rilevato come costo per piani a contribuzione definita; II) secondo quanto richiesto dallo IAS 24, informazioni sui contributi versati per piani a contribuzione definita a favore di dirigenti con responsabilità strategiche. Per quanto concerne le informazioni da fornire in bilancio, con riferimento ai piani a benefici definiti, è richiesta, inoltre, l’indicazione di tutta una serie di informazioni introdotte con l’amendment del 16 giugno 2011 allo IAS 19 (in vigore dall’1/1/2013), di seguito precisate, da fornire con livelli di dettaglio e di aggregazioni in grado di risultare effettivamente significative e chiare per i destinatari (par. 135 e ss.): I)
informazioni sulle caratteristiche dei piani a benefici definiti e i rischi correlati; II) informazioni in grado di chiarire gli importi compresi nel bilancio consolidato relativi ai piani a benefici definiti; III) descrizione di come i piani a benefici definiti possano gravare sui futuri flussi di cassa dell’azienda; IV) ulteriori informazioni integrative, se necessarie, in grado di chiarire, ad esempio, i benefici acquisiti da quelli maturati ma non ancora acquisiti; V) disaggregazione delle informazioni, se necessaria per una maggiore chiarezza, in modo da distinguere i piani o i gruppi di piani con livelli di rischio differenti (es. considerando le diverse dislocazioni geografiche, i differenti contesti normativi etc.). In particolare, al fine di rispondere a tali richieste informative, l’azienda dovrebbe fornire le seguenti informazioni sui piani a benefici definiti: I) II)
la natura dei benefici previsti dal piano; la descrizione del quadro normativo di riferimento;
406
I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
III) la descrizione dei rischi ai quali l’azienda è esposta (chiarendo ad esempio se le attività a servizio del piano risultano essere rappresentate da una sola classe specifica di investimenti); IV) la descrizione delle modifiche e delle riduzioni del piano eventualmente attuate; V) la riconciliazione tra saldo di apertura e di chiusura della passività netta, distinguendo le attività a servizio del piano dal valore attuale dell’obbligazione; VI) il dettaglio del costo totale e delle singole voci di costo rilevate, specificando anche la loro collocazione nel conto economico (distinguendo dunque il costo previdenziale dagli oneri finanziari; VII) il dettaglio del costo previdenziale relativo a prestazioni di lavoro passate e utili e perdite al momento dell’estinzione; VIII) il dettaglio delle principali ipotesi attuariali utilizzate; IX) la presentazione di un’analisi di sensitività per ciascuna ipotesi attuariale rilevante; X) la disaggregazione in classi omogenee di fair value e di rischi delle attività a servizio del piano (distinguendo, ad esempio, gli investimenti in immobili, gli investimenti in strumenti rappresentativi del capitale o di debito, quelli in derivati, ecc.); XI) il dettaglio della strategia di correlazione posta in essere tra passività e attività utilizzate dal piano; XII) se l’azienda partecipa a un piano a benefici definiti relativo a più datori di lavoro, la descrizione degli accordi di finanziamento e delle relative responsabilità, chiarendo la ripartizione concordata dell’avanzo/disavanzo al momento dell’estinzione del piano o del ritiro dal piano dell’azienda; XIII) se l’azienda partecipa ad un piano che condivide i rischi tra aziende sotto controllo comune, il dettaglio degli accordi esistenti e delle procedure per determinare il contributo della singola azienda.
I BENEFICI PER I DIPENDENTI
407
Un esempio di informativa presentata con riferimento ai fondi per benefici ai dipendenti Gruppo FIAT (ITA) Bilancio consolidato 2011 26. Fondi per bene•ci ai dipendenti Il dettaglio dei Fondi per bene•ci a dipendenti è il seguente:
(*) I valori si riferiscono alle Continuing Operation.
I fondi per benefici ai dipendenti comprendono i benefici che saranno erogati successivamente al rapporto di lavoro quali pensioni, assistenza sanitaria e assicurazione vita, e i benefici che saranno erogati nel corso della vita lavorativa. I benefici successivi al rapporto di lavoro sono concessi dal Gruppo ai propri dipendenti attivi e pensionati. La modalità secondo cui questi benefici sono garantiti varia a seconda delle condizioni legali, fiscali ed economiche di ogni Stato in cui il Gruppo opera. I benefici concessi e le regole di maturazione possono essere modificati periodicamente. Tali piani sono stati classificati dal Gruppo in funzione del beneficio che intendono garantire in: Piani pensione, Piani di assistenza sanitaria e assicurazione vita, Trattamento di fine rapporto in Italia e Altri benefici successivi al rapporto di lavoro. Il Gruppo inoltre garantisce benefici successivi al rapporto di lavoro tramite piani a contribuzione definita. In questo caso il Gruppo versa dei contributi a istituti assicurativi pubblici o privati sulla base di un obbligo di legge o contrattuale, oppure su base volontaria e con il pagamento dei contributi adempie a tutti i suoi obblighi. Il costo di competenza del periodo per i piani a contribuzione definita matura sulla base del servizio reso dal dipendente ed è rilevato per destinazione nelle voci Costo del venduto, Spese generali, amministrative e di vendita e Costi di ricerca e sviluppo. Nell’esercizio 2011 tale costo ammonta a 1.383 milioni di euro (937 milioni di euro per le Continuing Operation nel 2010). Piani pensione Le imprese del Gruppo garantiscono piani pensione a benefici definiti di tipo contributivo e di tipo non-contributivo. I piani pensione non-contributivi coprono alcuni dipendenti (operai ed impiegati) negli Stati Uniti, Canada e in Messico e alcuni dipendenti e pensionati nel Regno Unito. I benefici concessi sono basati su una quota fissa e sugli anni di servizio. I benefici di tipo contributivo sono concessi ad alcuni impiegati, e sono basati sulla contribuzione cumulata del dipendente, sugli anni di servizio durante i quali il dipendente ha contribuito al piano e sulla retribuzione media del dipendente nel quinquennio in cui tale retribuzione è stata più elevata prima del pensionamento. Le passività derivanti da tali piani sono generalmente finanziate attraverso contribuzioni da parte del datore di lavoro e, in alcuni casi dai dipendenti, in un fondo separato che amministra in modo indipendente le attività a servizio del piano e da cui sono pagati i benefici ai dipendenti. La strategia di contribuzione del Gruppo prevede generalmente l’ammontare necessario a soddisfare i requisiti minimi previsti dalla legge e dai regolamenti dei singoli paesi. A titolo prudenziale il Gruppo effettua anche delle contribuzioni discrezionali aggiuntive rispetto ai minimi richiesti. Nel caso in cui i fondi presentino un surplus rispetto ai requisiti richiesti dalla legge (overfunded), le società del Gruppo interessate potrebbero essere autorizzate a non contribuire al piano fino a quando tale condizione è mantenuta. La strategia e gli obiettivi di investimento delle attività a servizio del piano riflettono la ricerca di un equilibrio tra la copertura della passività ed il rendimento delle attività. Le strategie di investimento mirano a minimizzare la volatilità del valore delle attività relative ai piani pensione e ad assicurare che tali attività siano sufficienti al pagamento di tali benefici. L’obiettivo di minimizzare la volatilità delle attività è conseguito principalmente attraverso la diversificazione, la correlazione parziale delle attività e passività e la copertura. Le attività sono ampiamente diversificate attraverso l’uso di diverse tipologie di attività per ottenere dei rendimenti ponderati al rischio che, nel complesso, abbassino la volatilità delle attività correlate alle passività. Per minimizzare la volatilità delle attività a servizio delle passività per piani pensione, inoltre, una parte delle attività sono investite in titoli a reddito fisso.
408
I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
Tutte le attività sono gestite in primo luogo da gestori esterni al Gruppo. Tali gestori degli investimenti non sono autorizzati ad investire al di fuori della classe di attività o strategia per cui sono stati designati. Il Gruppo utilizza delle linee guida di investimento per assicurare che i gestori operino nell’ambito della strategia per cui hanno ricevuto un mandato. Alcuni gestori degli investimenti utilizzano strumenti finanziari derivati per ridurre il rischio di variazione dei tassi di interesse e di cambio che hanno effetto su alcuni investimenti. Gli strumenti finanziari derivati possono essere utilizzati in sostituzione di altri strumenti finanziari quando questi sono più convenienti e/o efficienti. Potenziali fonti di rischio derivanti dalle attività a servizio dei fondi pensione sono il rischio di mercato, il rischio di tasso di interesse ed il rischio operativo. Il rischio di mercato è mitigato attraverso le strategie di diversificazione e, conseguentemente non si ritiene vi siano significative concentrazioni del rischio in termini di settore, paese, capitalizzazione di mercato o controparte. Il rischio di tasso di interesse è miticato dalla parziale correlazione tra attività e passività. Il target di allocazione delle attività in titoli a reddito fisso è parzialmente allineato a quello delle obbligazioni similari e di lunga durata derivanti dalle passività pensionistiche. Generalmente gli aumenti dei tassi di interesse si tradurranno in un calo degli investimenti in attività a reddito fisso, riducendo il valore attuale della passività, invece, le riduzioni dei tassi di interesse aumenteranno gli investimenti in attività a reddito fisso, che compenseranno parzialmente il conseguente incremento delle passività. Nel Regno Unito il Gruppo partecipa, tra gli altri, ad un piano pensione finanziato da diverse società del Gruppo denominato “Fiat Group Pension Scheme”. Sulla base di tale piano pensione le società aderenti devono versare dei contributi a favore dei propri dipendenti attivi, pensionati e di coloro che hanno lasciato il Gruppo e che non sono ancora andati in pensione. Piani di assistenza sanitaria e assicurazione vita La voce comprende il valore dei benefici, quali spese mediche ed assicurazioni sulla vita, concessi alla maggior parte dei dipendenti e pensionati statunitensi e canadesi del Gruppo (relativi al settore Chrysler). Tali piani non sono finanziati. Trattamento di fine rapporto Sino al 31 dicembre 2006 il fondo trattamento di fine rapporto (TFR) delle società italiane era considerato un piano a benefici definiti. La disciplina di tale fondo è stata modificata dalla Legge 27 dicembre 2006, n. 296 (“Legge Finanziaria 2007”) e successivi Decreti e Regolamenti emanati nei primi mesi del 2007. Alla luce di tali modifiche, e in particolare con riferimento alle società con almeno 50 dipendenti, tale istituto è ora da considerarsi un piano a benefici definiti esclusivamente per le quote maturate anteriormente al 1° gennaio 2007 (e non ancora liquidate alla data di bilancio), mentre successivamente a tale data esso è assimilabile ad un piano a contribuzione definita. La voce Trattamento di fine rapporto riflette l’obbligazione residua in capo al Gruppo relativa all’indennità riconosciuta in Italia ai dipendenti fino al 31 dicembre 2006 per le società con più di 50 dipendenti, accantonata nel corso della vita lavorativa per le altre, e liquidata al momento dell’uscita del dipendente. In presenza di specifiche condizioni, può essere parzialmente anticipata al dipendente nel corso della vita lavorativa. Trattasi di piano a benefici definiti unfunded. Altri benefici successivi al rapporto di lavoro La voce Altri benefici successivi al rapporto di lavoro comprende benefici quali il premio di fedeltà, che matura al raggiungimento di una determinata anzianità aziendale ed è liquidato generalmente all’uscita dall’azienda; per le realtà francesi si segnala l’istituto “Indemnité de départ à la retraite”, assimilabile al trattamento di fine rapporto italiano. Tali piani non sono finanziati. Altri benefici a lungo termine Gli Altri benefici a lungo termine rilevano l’obbligazione per quei benefici la cui erogazione avviene, durante il rapporto lavorativo, generalmente al raggiungimento di una determinata anzianità aziendale o al verificarsi di uno specifico evento e riflette la probabilità che il beneficio sia erogato e la durata per cui tale pagamento sarà effettuato. La movimentazione degli Altri fondi per i dipendenti e degli Altri benefici a lungo termine nel corso del 2011 e del 2010 è stata la seguente:
I BENEFICI PER I DIPENDENTI
409
Le principali assunzioni utilizzate per il calcolo della passività netta dei Piani pensione sono le seguenti:
Le principali assunzioni utilizzate per il calcolo della passività netta degli altri benefici successivi al rapporto di lavoro sono le seguenti:
I tassi di sconto sono impiegati nella valutazione dell’obbligazione e della componente finanziaria rilevata a conto economico. Il Gruppo ha selezionato tali tassi sulla base delle curve di rendimento di titoli a reddito fisso di elevata qualità per cui gli ammontari e le scadenze corrispondono agli ammontari e alle scadenze delle passività per piani pensione, e altri benefici successivi al rapporto di lavoro. I tassi di rendimento attesi di lungo termine delle attività riflettono le aspettative sui tassi di rendimento di lungo termine delle attività investite, sono determinati sulla base delle stime attese da diversi consulenti per i rendimenti attesi di lungo termine sul mercato dei capitali, le stime dell’inflazione, del tasso di rendimento di titoli obbligazionari, nonché della ripartizione delle attività e delle strategie di investimento adottate dal Gruppo. Il tasso annuale di incremento dei costi di assistenza sanitaria negli Stati Uniti è assunto pari all’8,5% nel 2011, nelle stime delle passività è stato inoltre assunto che tale tasso scenda gradualmente fino al 5% dopo il 2017 e rimane costante successivamente. Il tasso annuale di incremento dei costi di assistenza sanitaria in Canada è assunto pari al 3,7% nel 2011, nelle stime delle passività tale tasso è stato mantenuto costante.
10.2. IL TRATTAMENTO CONTABILE DELLE SHARE-BASED PAYMENT TRANSACTION
Il principio internazionale IFRS 2 ha introdotto rilevanti novità in materia di contabilizzazione e valutazione delle cosiddette share-based payment transaction (d’ora in avanti SBPT), ossia per le operazioni con le quali le aziende assegnano strumenti rappresentativi di capitale (ad esempio le opzioni su azioni) in alternativa alle tradizionali forme di remunerazione, oppure nei casi in cui queste decidano di vincolare ai medesimi strumenti l’ammontare di debiti riconducibili a beni e servizi ricevuti 7. 7
Più precisamente, l’IFRS 2 definisce genericamente share-based payment transaction tutte le transazioni in cui l’azienda, a fronte di beni o servizi ricevuti, assegna strumenti di capitale, in particolare azioni oppure opzioni, o vincola ai medesimi strumenti il valore dei beni o servizi ricevuti. Lo standard espressamente dispone: “the share based-payment transaction are transaction in which the entity receives goods or services as consideration for equity instruments of the entity (including shares or share option), or acquires goods or services for amounts that are
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
È bene precisare fin d’ora che nel presente capitolo l’attenzione sarà rivolta prevalentemente ai piani di stock option, forma di remunerazione variabile e integrativa dei vertici aziendali, malgrado queste operazioni siano esclusivamente un sottoinsieme delle più ampie SBPT 8. Tale scelta è giustificata dal fatto che queste forme di remunerazione introducono peculiarità di carattere valutativo e contabile che richiedono opportuni approfondimenti. Il primo aspetto su cui soffermarsi è necessariamente la classificazione delle varie tipologie di SBPT introdotta dal principio. Questa tassonomia, infatti, assume una rilevanza decisiva nell’impianto dell’IFRS 2, condizionando sia le regole di valutazione sia il trattamento contabile da adottare. Le principali tipologie di SBPT sono così individuate: a) equity-settled SBPT, consistono nella cessione di equity instrument, da intendersi come azioni oppure opzioni sulle azioni dell’azienda, della capogruppo o di qualunque altra azienda facente parte del gruppo, a fronte del ricevimento di beni o servizi prestati da un dipendente o da qualunque altro soggetto; il principio richiede quindi l’esistenza di un vero e proprio scambio, seppur implicito, tra le parti; b) cash-settled SBPT, particolare caso di acquisto di beni o servizi in cui l’ammontare del relativo debito verso il fornitore è vincolato al valore di determinati equity instrument dell’azienda (o di altre aziende facenti parte del gruppo); esempi caratteristici di tali tipologie di transazioni sono i cosiddetti share appreciation right (SARs); c) SBPT with cash alternative, tipologia residuale e intermedia rispetto alle prime due. Si tratta, infatti, di transazioni in cui l’azienda, a fronte del ricevimento di beni o servizi, può decidere se regolare l’operazione emettendo strumenti di patrimonio netto, ricadendo quindi nella prima tipologia trattata (equity-settled SBPT), oppure in denaro (cash-settled SBPT). Il principio prevede inoltre che la facoltà di scelta possa essere attribuita anche al fornitore dei beni/servizi. Con riferimento al trattamento contabile, mentre è comune a tutte le SBPT l’imputazione di un costo a conto economico, ovviamente laddove il beneficio ricevuto dall’azienda non sia qualificabile come asset, la contropartita risulta based on the price of the entity’s shares or other equity instruments of the entity”, Appendix A – Defined terms. 8 Questa categoria di operazioni, infatti, può ad esempio comprendere al suo interno, oltre alle stock option, anche l’assegnazione gratuita di azioni (cosidette stock grant) e gli share appreciation rights (SARs), che attribuiscono al titolare il diritto a ricevere un futuro pagamento in denaro ancorato all’eventuale incremento che, oltre una data soglia prefissata, il prezzo delle azioni dell’azienda stessa presenterà in un determinato periodo temporale.
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invece assai differente. In presenza delle cosiddette equity-settled si provvederà ad accreditare un conto di patrimonio netto (una riserva del netto) mentre nell’ipotesi di cash-settled l’importo confluirà in un debito. Ecco dunque la prima peculiarità dell’IFRS 2: in presenza di transazioni cosiddette equity-settled il valore degli strumenti rappresentativi del capitale (quindi anche delle opzioni), non rilevato nella tradizionale impostazione italiana, viene considerato quale componente negativo di reddito, valutato alla data di assegnazione dello strumento (c.d. grant date) e quindi ripartito per competenza lungo tutto il periodo di maturazione. Tale rilevazione è da effettuarsi, come espressamente indicato anche dall’Organismo Italiano di Contabilità, in sede di determinazione del risultato di esercizio (OIC, 2004). Nel caso di cash-settled SBPT, invece, si dovrà stimare il fair value del relativo debito, considerando inizialmente il valore dei beni/servizi acquisiti e, successivamente, le eventuali modifiche che esso subirà ad ogni reporting date nonché alla data di estinzione e, in presenza di cambiamenti del fair value, questi dovranno confluire nel conto economico del relativo periodo. Ciò significa che in caso di ottenimento di beni in cui il debito risulti ancorato all’andamento di determinate azioni entro un prefissato periodo di tempo, l’azienda acquirente dovrà inizialmente rilevare il debito considerando ad esempio il valore del bene ricevuto e, successivamente, le eventuali variazioni del fair value del debito (legate alle oscillazioni del prezzo dell’azione di riferimento) dovranno essere imputate nel conto economico del relativo periodo. In presenza di equity-settled SBPT, invece, il principio base prevede la valutazione diretta del fair value dei beni/servizi ricevuti solo nel caso in cui tale stima risulti attendibile ma, in caso contrario, è prevista una stima indiretta attraverso la valutazione del fair value degli equity instrument assegnati. In proposito, appare particolarmente importante la presunzione introdotta dallo standard che discrimina l’attendibilità di tale stima in funzione del soggetto che è controparte nella transazione. Lo standard prevede, infatti, che in presenza di un servizio reso da un dipendente (o assimilato), la possibilità di valutare correttamente il valore di tale servizio risulti alquanto ardua data l’inevitabile difficoltà di isolare la parte di servizio resa quale esclusiva controprestazione degli equity instrument assegnati da quella resa a fronte delle restanti forme retributive (retribuzione base, altri benefit, ecc.). In questo caso l’IFRS 2 introduce dunque la presunzione assoluta che la stima del valore del servizio sia inattendibile e, dunque, richiede una valutazione del fair value degli equity instrument consegnati, da effettuarsi alla data dell’assegnazione (c.d. grant date). In caso contrario, ossia laddove il servizio sia reso da soggetto non assimilabile al dipendente, la presunzione appare rovesciata: si ipotizza cioè l’attendibilità della stima del servizio ricevuto e,
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dunque, nel rispetto del principio generale se ne richiede la valutazione diretta da effettuarsi, questa volta, alla data in cui il servizio viene reso. Al fine di individuare il periodo sul quale ripartire per competenza il valore delle opzioni è necessario, invece, distinguere i casi in cui sia presente o meno un determinato periodo di maturazione delle opzioni (vesting period). Un piano di stock option potrebbe infatti prevedere sia l’immediata possibilità di esercizio delle opzioni (c.d. opzioni americane) sia il preventivo raggiungimento di predeterminate condizioni di maturazione (ad esempio la semplice permanenza in azienda per un certo periodo di tempo, c.d. service condition, oppure il raggiungimento di determinate performance aziendali, quali volumi di vendita, livelli di redditività, o di mercato). In assenza di un vesting period, ad esempio, lo standard introduce l’ulteriore presunzione che il servizio sia reso complessivamente in un unico momento e, quindi, richiede la contabilizzazione dell’intero valore del servizio alla grant date. Qualora sia presente un vesting period, invece, si presume che il servizio sia reso continuativamente lungo tale periodo e, quindi, lo standard richiede di ripartire su di esso per competenza il valore complessivo del servizio. Laddove la durata del vesting period risulti poi vincolata a taluni risultati, quali ad esempio performance aziendali, sarà necessaria una stima del periodo di maturazione, da effettuarsi prevalentemente sulla base dei dati storici con il vincolo, tuttavia, di modificare la previsione ogni qualvolta si manifestino significativi cambiamenti nelle informazioni a propria disposizione. Laddove la condizione sospensiva sia rappresentata dalle c.d. market condition (ad esempio il raggiungimento di un determinato livello di prezzo delle azioni aziendali), invece, la stima del periodo di maturazione dovrà essere coerente con quella effettuata in sede di valutazione del fair value degli strumenti assegnati e non potrà più essere modificata (Tavola 1). Resta da chiedersi come trattare, al termine del piano, la riserva da stock option costituita nel periodo di maturazione delle opzioni. In proposito, infatti, l’IFRS 2 si limita a precisare che tale riserva non può essere modificata in caso di mancato esercizio delle opzioni dopo la maturazione, potendosi esclusivamente prevedere un possibile trasferimento tra le poste del netto. Tale problema appare particolarmente rilevante nelle realtà come l’Italia in cui l’applicazione dei principi internazionali è stata estesa ai bilanci separati. In tali casi, infatti, la disponibilità o meno della riserva risulta particolarmente importante per definire l’effettiva politica di distribuzione dei dividendi delle aziende, soprattutto in presenza del D.Lgs. n. 38/2005 che, pur trattando la problematica della distribuzione di utili e riserve per i bilanci d’esercizio delle società che adottano i principi internazionali, nulla precisa al riguardo.
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TAVOLA 1 – Periodo sul quale imputare il costo delle stock option
Nel silenzio del legislatore non resta che accogliere la logica dell’IFRS 2, che considera la maturazione delle opzioni e non l’effettivo esercizio delle stesse quale prova dell’avvenuta prestazione dei servizi, considerando dunque la riserva come costituita a fronte di una prestazione di servizi resa dal dipendente beneficiario del piano e, quindi, sostanzialmente non disponibile.
10.2.1. La stima del valore del piano Con particolare riferimento alle stock option assegnate ai dipendenti, si è precisato che lo standard prevede la necessità di valutare, alla grant date, il fair value complessivo degli strumenti assegnati per poi provvedere a ripartire per competenza tale valore lungo il vesting period. Una simile valutazione, ovviamente, risulterebbe alquanto banale in presenza di un prezzo di mercato di tali strumenti. La non negoziabilità delle stock option assegnate a dirigenti e dipendenti dell’azienda, invece, impone necessariamente una valutazione basata sull’adozione di tecniche matematico-finanziarie che stimino l’ipotetico valore di mercato “in condizioni normali fra parti consapevoli” (c.d. metodologie di pricing). Indipendentemente dalla specifica tecnica
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
adottata (aspetto approfondito nel successivo paragrafo), è bene precisare che la valutazione dovrà essere effettuata esclusivamente sul singolo strumento assegnato e che, solo successivamente, il valore complessivo del piano risulterà dal prodotto fra il fair value del singolo strumento e la stima del numero atteso degli strumenti che matureranno. La stima del fair value non potrà essere più modificata salvo nel caso di successive modifiche ai termini o alle condizioni del piano mentre la stima del numero delle opzioni “vestite” dovrà essere rivista ogni qualvolta la disponibilità di nuove informazioni richieda la modifica delle stime iniziali, indipendentemente dal segno della rettifica, al fine di garantire che alla data di effettiva maturazione risulti effettivamente imputato esclusivamente il valore delle opzioni che hanno soddisfatto le condizioni di maturazione (Tavola 2). Al fine dell’imputazione del costo a conto economico, dunque, si evince un sostanziale disinteresse dello standard dall’effettivo esercizio delle opzioni da parte dei beneficiari (ovvero dal reale pagamento di uno strike price volto ad acquisire azioni con valore di mercato superiore al prezzo pagato per l’esercizio), contando esclusivamente la maturazione del diritto, al quale dovrebbe essere ricondotto l’effettivo ottenimento di un beneficio (e dunque la potenziale “giustificazione” per l’iscrizione di un costo a conto economico). TAVOLA 2 – Il valore stimato del piano di stock option Valore stimato dei servizi ricevuti
=
Fair value del singolo strumento assegnato
×
Numero atteso di strumenti che si ipotizza matureranno
È opportuno ribadire che nella stima del fair value del singolo strumento dovranno essere prese in considerazione esclusivamente le condizioni di mercato e, a seguito dell’amendment 2008, le c.d. non-vesting condition. Tulle le altre condizioni di maturazione presenti condizioneranno, invece, la stima degli strumenti che ci si attende matureranno, stima rivista ogni qualvolta nuove informazioni lascino intuire possibili rettifiche alle precedenti stime, con l’obiettivo di assicurare che al termine del piano, esclusivamente il valore degli strumenti maturati risulti imputato a conto economico.
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ESEMPIO 5 – Stima del valore del piano e sua ripartizione temporale Un’azienda concorda con 500 suoi dipendenti un piano di stock option in base al quale si assegnano a ciascuno 100 diritti di opzione subordinandoli ad un service period di tre anni (esclusiva permanenza in azienda per il periodo fissato). Il fair value delle opzioni stimato alla data di assegnazione (grant date) è di 15 ciascuna. Sempre alla grant date, l’azienda stima che alla fine dei tre anni avranno soddisfatto le service condition 400 dipendenti (pari all’80% dei potenziali beneficiari). Prima della fine del primo periodo, dopo aver osservato il numero di dipendenti che nel frattempo ha lasciato l’azienda, la stima viene rivista ritenendo che l’85% dei dipendenti soddisferà la vesting conditions. Soluzione La stima iniziale (alla grant date) del piano di stock option sarebbe pari a: 15 × (500 × 100 × 0,8) = 600.000. Al termine del primo esercizio, data di effettiva imputazione del costo a conto economico, la revisione della stima di dipendenti beneficiari che abbandoneranno l’azienda prima dei tre anni previsti dal piano porta a rivedere la stima degli strumenti che matureranno (non del relativo fair value), nel modo seguente: 15 × (500 × 100 × 0,85) = 637.500. Posto che l’unica condizione di maturazione è rappresentata dalla permanenza in azienda per 3 anni, il costo stimato del piano dovrà essere ripartito su tre anni. Al termine del primo esercizio, quindi, si provvede a rilevare contabilmente il costo di competenza (637.500/3 = 212.500): Remunerazione per bonus azionari (CE) Riserva assegnazione bonus azionari (SP)
212.500 212.500
Analoga rilevazione sarà fatta alla fine del secondo periodo, ipotizzando che nel frattempo le stime non siano cambiate. A tal punto il costo complessivo imputato sarà di 425.000 (pari a 212.500 × 2). Alla fine del terzo periodo si supponga che siano 443 i dipendenti che hanno soddisfatto le vesting conditions. Il costo da addebitare complessivamente sarà dunque pari a: 15 × 100 × 443, ossia 664.500 dal quale si dovrà decurtare la parte sino a quel momento maturata, portando il costo da attribuire al terzo esercizio a (664.500 – 425.000) = 239.500 Al termine del terzo esercizio si rileverà: Remunerazione per bonus azionari (CE) Riserva assegnazione bonus azionari (SP)
239.500 239.500
Qualora l’ammontare del costo da stock option già imputato fosse stato superiore a quello effettivamente da imputare (in base al numero di strumenti effettivamente maturati), la rilevazione avrebbe visto una rettifica di costi e la contestuale riduzione di parte della riserva fino a quel momento stanziata.
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
10.2.2. Metodologie di “pricing” delle opzioni L’altra peculiarità introdotta dall’IFRS 2 riguarda la valutazione delle opzioni e, quindi, l’approfondimento e l’analisi dei possibili modelli di pricing da adottare. In proposito è bene precisare che lo IASB non ha ritenuto opportuno imporre una specifica formula da impiegare nella valutazione delle opzioni ma, considerando l’estrema eterogeneità dei piani, ha preferito sottolineare esclusivamente la necessità di garantire una certa coerenza fra le ipotesi alla base del modello prescelto e le caratteristiche distintive del piano oggetto di valutazione 9. Semplificando il più possibile una simile trattazione, trascurando dunque intenzionalmente le molteplici e complesse problematiche applicative sottostanti i due modelli di pricing considerati, si potrebbero comunque prospettare alcuni casi limite. Laddove il piano non prevedesse un vesting period (c.d. opzioni americane), ad esempio, il modello ideale potrebbe essere il cosiddetto modello binomiale, che presuppone la possibilità di esercizio fin dal momento dell’emissione dell’opzione, cioè incorpora la valutazione della probabilità di esercizio a una certa data. Nell’ipotesi diametralmente opposta, caratterizzata cioè da un piano con un determinato vesting period al termine del quale l’opzione risulta esercitabile esclusivamente in un dato giorno (c.d. opzioni europee), il modello di pricing ideale sembrerebbe essere quello noto come Black e Scholes, poiché esso trascura proprio l’incertezza sulla data di esercizio 10. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, i piani di stock option prevedono condizioni intermedie fra le due possibilità prospettate. I piani sono cioè solitamente caratterizzati dalla presenza di un determinato vesting period al termine del quale, soddisfatte le condizioni previste, il possessore delle opzioni ha il diritto di esercitarle lungo un periodo di tempo definito. Questi piani, noti come “bermudiani”, si collocano esattamente a metà tra i due modelli di riferimento poc’anzi evidenziati. Ecco così che, in questi casi, la valutazione richiede l’adattamento di tali modelli allo specifico caso concreto, non potendosi limitare alla valutazione oggettiva del cosiddetto intrinsic value (differenza fra prezzo del titolo sottostante e prezzo di esercizio dell’opzione), ma dovendo comprendere necessariamente anche il time value della opzione. L’applicazione del modello Black e Scholes a un piano tradizionale “bermudiano” richiederà quindi, ad esempio, la determinazione di un’ipotetica data unica di esercizio, eventualmente per categorie di destinatari, da definirsi stiman9 SMITH C.-ZIMMERMAN J.L., Valuing employee stock option plans using option pricing models, Journal of Accounting Research, vol. 14, n. 2, 1976. 10 MARQUARDT C.A., The cost of employee stock option grants: an empirical analysis, Journal of Accounting Research, vol. 40, n. 4, 2002.
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do le variabili che potrebbero incidere sulla decisione di esercitare le opzioni e sulle probabilità di verificarsi dei rispettivi eventi. A tale riguardo, come espressamente precisato nell’Appendice B dell’Application Guidance dell’IFRS 2, l’adozione di qualunque modello di pricing richiede necessariamente l’impiego dei seguenti elementi: – – – – – –
prezzo di esercizio dell’opzione; periodo di vita dell’opzione (durata); prezzo corrente dell’azione sottostante alla data di valutazione (grant date); volatilità attesa del prezzo dell’azione sottostante; dividendo atteso per l’azione sottostante; tasso di interesse risk-free per la stessa durata delle opzioni.
A prescindere da quegli elementi oggettivamente rilevabili, quali ad esempio il prezzo di esercizio dell’opzione, il prezzo corrente dell’azione sottostante e il tasso di interesse risk-free per analoghi periodi di tempo, ben differente è la stima della durata attesa del piano. La stima della durata attesa delle opzioni, infatti, richiede la valutazione dei principali elementi che potrebbero influenzare la decisione di esercitare l’opzione da parte dei soggetti titolari, considerando, anche se non in modo esclusivo, l’eventuale esperienza passata. Particolarmente utile sarebbe, a tale riguardo, l’eventuale distinzione dei destinatari in gruppi omogenei proprio per garantire una valutazione differente in funzione dei differenti gradi di avversione al rischio, associati ad esempio a diversi livelli di retribuzione “base” (tanto maggiore è la retribuzione per così dire “base” tanto più ci si attende un’elevata propensione al rischio). La maggiore o minore avversione al rischio dovrebbe, a sua volta, condizionare il momento dell’effettivo esercizio e, quindi, la durata stessa delle opzioni.
10.2.3. Le modifiche ai termini e alle condizioni del piano Un ulteriore aspetto trattato dall’IFRS 2 è rappresentato dalla possibile modifica, durante un piano di stock option, dei termini e delle condizioni previste dal piano stesso. È opportuno precisare, anzitutto, che lo standard prevede espressamente l’impossibilità che tali modifiche riducano il valore della stima effettuata alla grant date. A tal proposito occorre tuttavia distinguere le modifiche che possono influenzare il fair value dell’opzione da quelle che condizionano il numero di opzioni assegnate. Con riferimento al primo dei due aspetti, solo le rettifiche che determinano un aumento nel fair value delle opzioni dovranno essere espressamente considerate. Se tale modifica si verifica durante il vesting period, il fair value in-
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crementale (maggior costo stimato confrontando il valore del piano dopo le modifiche con quello del precedente piano rideterminato alla data della modifica) dovrà essere imputato nel periodo compreso tra la data della modifica a la maturazione delle opzioni. Qualora la rettifica avvenga dopo la maturazione, l’intero ammontare del fair value incrementale andrà spesato nel conto economico del periodo. In presenza di modifiche del piano che determinino una riduzione del fair value delle opzioni, invece, tale minor valore non dovrà essere considerato. Laddove le modifiche al piano impattino sul numero di strumenti assegnati occorrerà distinguere il caso in cui si verifichi una loro riduzione, che dovrà essere trattata alla stregua di un annullamento (imputando la parte di costo di competenza dei successivi esercizi integralmente alla data della modifica), da quello in qui aumenta il numero di strumenti assegnati, in cui il fair value dei nuovi strumenti dovrà essere imputato a conto economico secondo le regole già note (nel periodo fino alla maturazione se la modifica interviene durante il vesting period, integralmente alla data della modifica se successiva alla maturazione). La sostituzione di un piano in essere con un nuovo piano (c.d. replacement) deve essere tratta come una modifica ai termini e alle condizioni del piano. Si richiede, pertanto, di continuare a imputare il costo del vecchio piano in aggiunta al solo differenziale di fair value esistente tra il nuovo piano e il precedente. La Tavola 3 sintetizza le possibili modifiche ai termini e alle condizioni intervenute successivamente alla data di assegnazione. TAVOLA 3 – Modifiche ai termini e alle condizioni del piano
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Un esempio di modifica delle condizioni del piano che impatta sul fair value delle opzioni può essere rappresentato dalla rettifica del prezzo di esercizio (c.d. repricing). In questo caso l’incremento del prezzo di esercizio dell’opzione, che comporta una conseguente riduzione del valore dell’opzione, non produrrà effetti sul valore del piano. In caso contrario, in presenza cioè di una modifica che apporti un vantaggio al dipendente (riduzione del prezzo di esercizio e conseguente incremento del valore dell’opzione), tale incremento dovrà essere portato in aumento del valore precedentemente determinato, comportando così una rideterminazione del valore che sarà imputato per competenza lungo tutto il restante vesting period. ESEMPIO 6 – Modifica del prezzo di esercizio delle opzioni L’azienda Gamma ha emesso nell’anno 2009 un piano di stock option fissando uno strike price di 10 e un vesting period di 4 anni. Il fair value del singolo strumento alla data di assegnazione (grant date) è pari a 50. Nell’anno 2011 l’azienda decide di ridurre lo strike price a 3 a seguito di una costante riduzione del prezzo delle azioni sottostanti. Il fair value degli strumenti originariamente emessi, stimati alla data della modifica, è pari a 40 mentre quello del piano modificato (dopo la modifica) è pari a 75. Il numero stimato di strumenti che matureranno, coincidente con quello degli strumenti effettivamente maturati, è pari a 10.000. Soluzione Nei primi due anni, il valore iscritto a conto economico sarà pari a: 50 × 10.000/4 = 125.000. Al termine del primo esercizio, quindi, si provvede a rilevare contabilmente il costo di competenza come da scrittura contabile di seguito riportata: Remunerazione per bonus azionari (CE) Riserva assegnazione bonus azionari (SP)
125.000 125.000
Analoga rilevazione sarà fatta alla fine del secondo periodo, ipotizzando che nel frattempo le stime sul numero di strumenti che matureranno non siano cambiate. Nel corso del 2011, invece, la modifica dei termini e delle condizioni (nello specifico la diminuzione del prezzo di esercizio) comporta la determinazione del fair value “differenziale” tra il nuovo piano (con fair value pari a 75) e il piano preesistente ricalcolato alla data della modifica (fair value del vecchio piano alla data di modifica pari a 40): 75 – 40 = 35 fair value differenziale.
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
Nel 2011, quindi, il costo da imputare al conto economico di periodo sarà pari alla vecchi a quota imputata, incrementata del fair value “differenziale” ripartito per competenza sul periodo restante: 125.000 + (35 10.000/2) = 125.000 + 175.000 = 300.000. Al termine del terzo esercizio si rileverà: Remunerazione per bonus azionari (CE) Riserva assegnazione bonus azionari (SP)
300.000 300.000
Analoga rilevazione sarà fatta alla fine del quarto periodo, ipotizzando che nel frattempo il numero di strumenti effettivamente maturati coincida con quello stimato. Sotto tale condizione, il valore complessivamente imputato nei 4 anni sarà pari a: (50 10.000) + (35 10.000) = 500.000 + 350.000 = 850.000.
10.2.4. Le non-vesting condition: l’amendment 2009 A seguito dell’amendment 2009 (in vigore a partire dall’1/1/2010), l’IFRS 2 considera ora anche le c.d. non-vesting condition nella valutazione dei piani di stock option. Si tratta, in estrema sintesi, di condizioni che nulla hanno a che vedere con la prestazione del servizio reso all’azienda da parte del beneficiario del piano ma che, tuttavia, condizionano la maturazione del piano stesso. Un esempio è rappresentato dalla cosiddette condizioni di pagamento in conto futuro esercizio delle opzioni, ovvero l’accordo che il beneficiario versi parte del suo stipendio a titolo di futuro pagamento del prezzo di esercizio delle opzioni (strike price). In questi casi, lo standard prevede espressamente la necessità di considerare tali condizioni esclusivamente nella valutazione del fair value del singolo strumento alla data di assegnazione, assieme alle condizioni di mercato. L’aspetto interessante è rappresentato dall’effetto contabile generato in caso di mancato rispetto di una siffatta condizione. Il principio distingue anzitutto le condizioni non-vesting il cui mancato raggiungimento può essere dovuto al comportamento delle parti (azienda emittente o soggetto beneficiario del piano) da quelle in cui le parti non sono in grado di condizionarne il risultato (come ad esempio nel caso in cui la condizione sia rappresentata dal conseguimento di un determinato valore di un indice di borsa). Nel primo caso, il mancato raggiungimento di una condizione non-vesting è da assimilarsi all’annullamento del piano, ovvero tutto il costo che sarebbe stato imputato fino alla maturazione del piano deve essere integralmente imputato nel conto economico dell’esercizio in cui la condizione non è stata rispettata. Nel secondo caso, invece, il mancato
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raggiungimento della condizione non ha alcun riflesso contabile, dovendosi continuare con l’imputazione del costo stimato lungo il vesting period (Tavola 4). TAVOLA 4 – Non-vesting condition: riflessi contabili e confronto con le vesting condition VESTING CONDITIONS
NON-VESTING CONDITIONS
Service conditions
Performance conditions Market conditions
Other conditions
Indipendente da società / beneficiario
Dipende da Beneficiario
Dipende da società
Esempio
Permanenza in servizio
Prezzo mercato dell’azione
Obiettivo di reddito
Valore indice di borsa
Pagamento esercizio futuro opzioni
Prosieguo del piano
Influenza su fair value a grant date
NO
SI
NO
SI
SI
SI
Riflessi contabili per non raggiungere condizione dopo grant date e durante Vesting period
Si rivede costo piano considerando numero opzioni esercitabili e si imputa la parte residua lungo vesting period restante
Nessun riflesso. Si procede imputando il costo lungo il vesting period
Si rivede il costo del piano Considerando Il numero di opzioni esercitabili e si imputa la parte residua lungo il vesting period rimanente
Nessun riflesso. Si procede con la imputazione del costo lungo il vesting period
Si considera annullamento. Il costo residuo del piano è Imputato subito a CE, senza Spalmarlo lungo vesting period
Si considera annullamento. Il costo residuo del piano è Imputato subito a CE, senza spalmarlo lungo il vesting Period
ESEMPIO 7 – Il mancato raggiungimento di una non-vesting condition Un piano triennale di Stock Option prevede quale condizione aggiuntiva alle tradizionali vesting condition (es. service condition di 2 anni) che il dipendente devolva il 25% del proprio stipendio mensile (4.000 euro, quindi 1.000 euro) quale importo per l’esercizio delle opzioni. In ogni momento il dipendente può recedere dal piano ottenendo quanto già pagato fino a quel momento. La stima del valore delle opzioni è pari a 3.600 alla grant date. Nel corso del secondo anno, il dipendente rinuncia alla trattenuta di quanto richiesto dal piano, pur rispettando le altre condizioni di vesting, ottenendo così l’importo di 18.000 euro. Soluzione Al termine del primo esercizio, l’azienda imputa un costo per stock option pari alla quota ritenuta di competenza (3.600/2 = 1.800) e rileva l’ultimo importo trattenuto dallo stipendio per il mese di dicembre, ovvero pari a 1.000 (importo totale del debito verso il dipendente per acconto per futuro pagamento del prezzo di esercizio delle opzioni pari a 12.000).
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
Al termine del primo esercizio l’azienda rileverà: Remunerazione per bonus azionari (CE) Riserva assegnazione bonus azionari (SP)
1.800
Costo del personale (CE) Debiti per futuro esercizio opzioni (SP) Banca c/c
4.000
1.800
1.000 3.000
Nel secondo anno il dipendente, dopo la fine del 6° mese, non rispetta più una non-vesting condition. La cifra versata nel secondo anno a titolo di futuro pagamento dello strike price (si omette rilevazione) è pari a 6.000 euro, che porta l’importo totale versato nei 18 mesi a 18.000 euro. A questo punto l’azienda restituisce tale somma al dipendente e annulla il piano limitatamente al dipendente in oggetto. Nel corso del secondo esercizio l’azienda rileverà: Debiti per futuro esercizio opzioni (SP) Banca c/c (SP)
18.000
Remunerazione per bonus azionari (CE) Riserva assegnazione bonus azionari (SP)
1.800
18.000
1.800
10.2.5. Un caso particolare: i piani infragruppo Una situazione degna di attenzione è rappresentata dai piani assegnati all’interno dei gruppi, ovvero emessi da una società del gruppo a favore dei dipendenti di altre società del medesimo gruppo. In particolare ci si riferisce al caso in cui una società decida di attuare un piano di stock option sulle proprie azioni stabilendo come beneficiari i dipendenti di società controllate per servizi resi alla medesima controllata. Ciò è giustificato soprattutto nei casi in cui la capogruppo sia quotata e le sue azioni costituiscano quindi beni facilmente cedibili da parte degli assegnatari delle opzioni. La problematica, affrontata dallo standard a seguito dell’amendment del giugno 2009, riguarda soprattutto la rilevazione del piano all’interno dei bilanci separati delle società coinvolte nel piano, posto che la rilevazione nel consolidato non lascia solitamente dubbi interpretativi. A livello di bilancio consolidato, in-
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fatti, non vi sono problemi poiché le azioni della capogruppo sono assegnate a dipendenti del gruppo e l’operazione si configura quindi come una normale contabilizzazione di stock option secondo l’IFRS 2. Il problema, invece, si pone sui singoli bilanci separati delle società interessate, caso inizialmente non disciplinato dall’IFRS 2, disciplinato poi dall’interpretazione IFRIC 11 e dall’OPI 7, regolamentato infine all’interno dello stesso IFRS 2 a seguito dell’amendment del giugno 2009 (Amendments to IFRS 2 – Group cash-settled share-based payment transactions). In particolare, ad oggi (novembre 2012) lo standard ai paragrafi 43B e 43C prevede anzitutto che la società che riceve il servizio debba rilevare nel proprio bilancio separato il costo, registrando una transazione equity-settled se il beneficiario riceve strumenti dell’azienda oppure se l’azienda non ha alcun obbligo verso i beneficiari. Nel caso contrario rileverà una transazione cash-settled. L’azienda che assegna strumenti a favore dei dipendenti di altre società del gruppo, invece, non dovrà rilevare alcun costo nel bilancio separato poiché non riceve alcun servizio dai beneficiari del piano ma rileverà una equitysettled se l’oggetto è rappresentato da proprie azioni, una cash-settled in caso contrario (Tavola 5). TAVOLA 5 – Piani all’interno dei gruppi: equity settled o cash settled? Il beneficiario riceve strumenti della società?
Sì
NO Il beneficiario ricevere strumenti di altre società del gruppo?
Equity‐settled
Sì La società è obbligata verso i beneficiari?
NO Equity‐settled
Il beneficiario ricevere pagamenti basati sul valore di azioni della società o di altre società del gruppo?
Sì Cash‐settled
La società è obbligata verso i beneficiari?
NO Equity‐settled
Sì Cash‐settled
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
A nulla rileva, infine, come l’azienda che ha l’obbligo di assegnare titoli a favore dei beneficiari ottenga le azioni (acquistando azioni proprie oppure emettendo nuove azioni), così come nessuna attenzione l’IFRS 2 dedica alle eventuali compensazioni che potrebbero interessare le aziende coinvolte nel piano (prevalentemente pagamento in denaro dalla società partecipata che riceve il servizio a favore della controllata che eroga il piano a favore dei dipendenti). ESEMPIO 8 – Piano di stock option all’interno di un gruppo, con assegnazione di azioni della capogruppo e ricezione del servizio da parte della controllata Si consideri il caso, assai frequente, in cui una società A, controllante di una società B, assegni un piano di stock option a favore dei dipendenti della società B, impegnandosi ad assegnare proprie azioni in caso di esercizio delle opzioni. Il valore del piano si assume pari a 1.000 (non interessa in questo caso la ripartizione temporale del costo del piano). Al termine del piano i beneficiari maturano il diritto a ottenere le azioni ed esercitano le opzioni, pagando uno strike price di 400. La società B, beneficiaria del piano, si impegna a pagare un importo di 1.100 a favore della controllata a titolo di copertura dell’onere sostenuto dalla controllante. La controllante A, ottiene le azioni da assegnare emettendo azioni gratuite. Soluzione Per prima cosa è opportuno rilevare come la società che riceve il servizio in contropartita del quale il piano è stato emesso sia la controllata B, che ai sensi dell’IFRS 2 dovrà dunque rilevare il costo per stock option (in questo caso il corrispondente incremento del netto può essere interpretato come un contributo in c/capitale da parte della controllata). La controllante A, invece, impegnandosi direttamente e su propri titoli a dare esecuzione al piano, dovrà rilevare una transazione equity.-settled (incremento del netto), in contropartita del quale è plausibile pensare ad un aumento della partecipazione in B (per ipotesi valutata al costo), non potendosi ravvisare la ricezione del servizio e, viceversa, considerando che il suo impegno costituisca di fatto un investimento nella controllata B. La rilevazione al momento dell’assegnazione delle opzioni per la società A (nel bilancio separato) potrebbe essere: Partecipazione in B (SP) Riserva assegnazione bonus azionari (SP)
1.000 1.000
Sempre al momento dell’assegnazione delle opzioni, la società B potrebbe rilevare:
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I BENEFICI PER I DIPENDENTI
Remunerazione per bonus azionari (CE) Riserva assegnazione bonus azionari (SP)
1.000 1.000
In questo modo nel bilancio consolidato risulterà esclusivamente una equitysettled (costo a riserva del netto), potendosi bilanciare in sede di consolidato l’incremento del netto di B con l’incremento del valore della partecipazione di A in B. Al momento dell’emissione di azioni gratuite da parte di A la scrittura contabile sarebbe la seguente: Capitale sociale (SP) Riserva assegnazione bonus azionari (SP)
1.000 1.000
Qualora l’azienda A avesse acquisito azioni proprie (per un valore sempre pari a 1.000) invece di emettere nuove azioni, le rilevazioni sarebbero state le seguenti (ai sensi di quanto disposto dallo IAS 32): (al momento dell’acquisizione di azioni proprie) Cassa (SP) Riserva del netto (SP)
1.000 1.000
(al momento dell’assegnazione effettiva delle azioni) Riserva assegnazione bonus azionari (SP) Riserva del netto (SP)
1.000 1.000
Al momento del riaddebito, invece, A riceverà il pagamento e B effettuerà il pagamento, come di seguito riportato. Società A Cassa (SP) Partecipazione in B (SP) Dividendi (CE)
1.100 1.000 0.100
Società B Cassa (SP) Riserva assegnazione bonus azionari (SP) Riserve di utili (SP)
1.100 1.000 0.100
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
10.2.6. Sintesi delle principali differenze con il quadro normativo italiano Con specifico riferimento alla realtà italiana l’introduzione dell’IFRS 2 ha determinato un significativo cambiamento di indirizzo in materia di contabilizzazione delle cosiddette share-based payment transaction. In particolare, per cambiamento si deve intendere l’introduzione di una disciplina organica a fronte della completa assenza di disposizioni in proposito. La normativa nazionale antecedente l’emanazione del principio contabile internazionale, infatti, evitava di disciplinare espressamente queste fattispecie riversando, di fatto sulla Consob, il compito di delineare alcune linee guida di riferimento. Tale lacuna, giustificata esclusivamente dalla iniziale novità di simili forme di incentivazione dei dipendenti e del management, esigeva così per questo contratto atipico un inevitabile ricongiungimento agli istituti giuridici propri dell’ordinamento nazionale. Alla luce della normativa codicistica esistente si potevano dunque prospettare due alternative: un aumento del capitale sociale, gratuito o a pagamento, da effettuarsi nelle modalità previste dal codice per l’attribuzione di azioni ai dipendenti (artt. 2349 e 2441, comma 8) oppure la cessione, sempre a tali soggetti, di azioni già in circolazione previo precedente acquisto di azioni proprie. Da un punto di vista contabile, ciascuno dei casi menzionati comportava movimentazioni esclusivamente a stato patrimoniale, senza alcun effetto sul risultato di periodo. In caso di emissione di nuove azioni, infatti, l’esercizio delle opzioni avrebbe provocato esclusivamente un aumento di capitale sociale realizzato con riserve disponibili, in caso di assegnazione gratuita di azioni (c.d. stock grant) oppure utilizzando le entrate conseguenti al pagamento del prezzo di esercizio dell’opzione (c.d. strike price). In caso di assegnazione di azioni proprie, invece, l’imputazione di eventuali minusvalenze a conto economico veniva semplicemente evitata equiparando lo strike price al prezzo di acquisto delle azioni proprie. In tal modo l’azienda avrebbe pagato prima e incassato poi lo stesso ammontare e il vantaggio per il beneficiario sarebbe consistito, come logico per siffatti strumenti, dall’incremento di valore del titolo nel periodo di vesting. Unico vincolo, in questo caso, era ovviamente la necessità di acquistare le azioni proprie al momento dell’emissione del piano al fine di stabilire proprio lo strike price da riconoscere ai beneficiari.
10.3. VERIFICA DI APPRENDIMENTO Si risponda ai seguenti quiz (anche più di una risposta per ogni domanda). 1. I benefici per la cessazione del rapporto di lavoro comprendono:
I BENEFICI PER I DIPENDENTI
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a) pensioni, assistenza medica ed altri benefici che verranno erogati successivamente alla cessazione del rapporto di lavoro; b) “incentivi all’esodo”; c) piani a contribuzione definita o piani a benefici definiti. 2. In genere, la formulazione di ipotesi attuariali non è necessaria ai fini della contabilizzazione: a) dei benefici a breve termine; b) dei piani a benefici definiti; c) dei piani a contribuzione definita. 3. Nei piani a benefici definiti: a) il costo complessivo del piano per l’azienda è predeterminato; b) il costo complessivo del piano per l’azienda richiede una stima, da compiere formulando opportune ipotesi; c) non si ha necessariamente coincidenza tra il costo rilevato nell’esercizio e i contributi che l’azienda avrebbe dovuto effettivamente versare l’esercizio stesso. 4. Rispetto a quanto avviene con i piani a benefici definiti, la contabilizzazione degli “altri benefici a lungo termine” è: a) più complessa, perché richiede la formulazione di ipotesi attuariali aggiuntive legate all’anzianità di servizio maturata; b) semplificata, perché il costo riferito alle prestazioni lavorative passate non viene considerato; c) semplificata, visto, in particolare, il minore grado di incertezza che li caratterizza. 5. In presenza di un piano di stock option assegnato al management, in quale momento deve essere stimato e rilevato il valore delle opzioni assegnate: a) alla data in cui il piano è effettivamente maturato (c.d. maturity date); b) alla data in cui il piano è stato assegnato (c.d. grant date); c) alla data in cui i beneficiari esercitano le opzioni (c.d. exercise date). 6. Qualora un piano di stock option non maturasse per il mancato raggiungimento delle sole condizioni di mercato, fermo restando il soddisfacimento delle altre condizioni non di mercato, l’azienda dovrebbe: a) provvedere comunque all’imputazione del costo complessivo del piano lungo il vesting period; b) annullare i costi già imputati, iscrivendo un componente positivo di reddito per il relativo ammontare; c) annullare la parte di costo imputato a conto economico ma riconducibile alle sole condizioni di mercato.
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
7. Quali delle seguenti condizioni di maturazione di un piano di stock option condizionano la stima del fair value degli strumenti rappresentativi del capitale (opzioni): a) le non-vesting condition il cui rispetto dipende dal dipendente beneficiario; b) le service condition; c) le condizioni di mercato. CASI
Si valuti la correttezza dei seguenti comportamenti aziendali secondo gli IFRS e, in caso di errato comportamento, si presenti la soluzione corretta. CASO 1 Nell’anno “1” l’azienda ALFA ha in essere un piano previdenziale a benefici definiti che assicura ai dipendenti un pagamento alla fine dell’impiego pari al 2% dello stipendio finale, per ciascun anno di impiego. La retribuzione (complessiva) nell’anno è pari a 40.000. Le ipotesi attuariali adottate sono le seguenti: i) incremento annuo medio della retribuzione dei dipendenti pari al 4% (composto), ii) cessazione del rapporto stimata dopo anni 6 e iii) tasso di interesse alla chiusura dell’esercizio di titoli di aziende primarie pari al 3,5%. Nell’anno successivo si provvede a rivedere le stime sul tasso di interesse, che viene stimato pari al 5%. Al termine del primo esercizio il valore del debito rilevato per piani a benefici definiti risulta essere pari a 819,51. Al 31/12 dell’anno 2 l’azienda rileva un debito pari a 1696,39 rilevando a conto economico una perdita attuariale pari a 94,88 (1696,39 – 1601,51). CASO 2 L’azienda Beta provvede a contabilizzare un piano di stock option emesso a inizio anno “n”, che prevede l’obbligo di permanenza in azienda per 4 anni. Il fair value della singola opzione alla data di emissione è pari a 23 mentre il numero di opzioni assegnate risulta essere pari a 10.000. L’azienda stima alla data di emissione un turnover dei dipendenti beneficiari pari al 90%, rivisto nel secondo anno all’85%. Nel corso del terzo anno il piano viene annullato. Al termine del secondo esercizio l’azienda ha iscritto a conto economico un costo complessivo pari a 103.500 (23 × 9000/2). Nel terzo esercizio, invece, provvede ad iscrivere un componente positivo pari a 103.500 a seguito dell’annullamento del piano.
11 I RICAVI di Michele Pizzo SOMMARIO: 11.1. Ambiti di applicazione del principio e definizione. – 11.2. Recognition dei ricavi. – 11.3. La valutazione dei ricavi. – 11.4. Informazioni integrative. – 11.5. Possibili sviluppi – 11.6. Sintesi delle principali differenze con il quadro normativo italiano. – 11.7. Verifica di apprendimento.
11.1. AMBITI DI APPLICAZIONE DEL PRINCIPIO E DEFINIZIONE Lo IAS 18 Revenue disciplina la contabilizzazione dei ricavi derivanti dalle vendite di beni, dalle prestazioni di servizi e dall’utilizzo dei beni aziendali da parte di terzi. Rimangono al di fuori dello scope del documento fattispecie peculiari (assicurazioni, leasing, dividendi contabilizzati con l’equity method, attività biologiche ed agricole, estrazione di minerali e variazioni di valore di attività correnti o di attività e passività finanziarie) oggetto di disciplina in altri principi. Nella definizione ruolo centrale è assunto dal concetto di flusso e dall’intervenuto trasferimento a terzi di servizi o benefici economici mediante transazioni economiche svolte nell’ambito dell’attività ordinaria. In tal modo, viene ad introdursi, indirettamente, un discrimine tra revenue e gain, che esclude gli utili non rientranti nell’ordinaria attività aziendale; infatti, questi ultimi, in quanto estranei all’attività tipica 1, rimangono al di fuori della disciplina 2. La scelta, più che rispondere a precise motivazioni teoriche, riflette l’esigenza di privilegiare l’aspetto più rilevante del fenomeno, tralasciando questioni più controverse, di solito associate al trattamento degli utili. Va infine precisato come, nonostante gli inevitabili riflessi, il principio non 1 2
IASB, Framework, parr. 74 e 75 IASB, IAS 18 – Ricavi, par. 7. Vengono parimenti esclusi anche gli importi incassati per conto di terzi (p.e. IVA).
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
affronti il problema della distribuibilità degli utili, in quanto considerato tematica non contabile, rimesso alla legislazione nazionale dei singoli paesi.
11.2. RECOGNITION DEI RICAVI Il principio distingue tre fattispecie per le quali vengono poi individuate condizioni specifiche per la recognition: – cessione di beni; – servizi e contratti pluriennali; – interessi, royalty e dividendi. Per la cessione di beni si fa innanzitutto riferimento al trasferimento alla controparte dei rischi e dei vantaggi collegati alla proprietà ed alla probabile acquisizione dei benefici economici associati all’operazione. Tale condizione si verifica attraverso il completamento di tutti gli atti più rilevanti e l’assenza del coinvolgimento manageriale o del controllo effettivo sui beni trasferiti. Di norma, le circostanze appena richiamate risultano generalmente associate con il trasferimento del titolo di proprietà, tuttavia possono anche riscontrarsi situazioni nelle quali ciò non si verifichi (ad esempio, per la possibilità di restituzione dei beni, ritenuta significativa per la presenza di inadempienze contrattuali o per la mancata esecuzione di alcune fasi). Di conseguenza, il passaggio della proprietà può essere inteso come indice potenzialmente segnaletico dell’avvenuta cessione, ma vanno evitate assunzioni meccaniche ed occorre sempre accertare l’avvenuto completamento delle operazioni più importanti e il mancato coinvolgimento manageriale o controllo sostanziale su quanto ceduto. Non a caso, il principio non qualifica come vendite operazioni nelle quali rimangano a carico dell’entity rischi significativi, associati alla proprietà del bene e cita, come esempi: – la presenza di obblighi per prestazioni non soddisfacenti, non coperte da normali garanzie; – la dipendenza dell’incasso dalla successiva rivendita del bene da parte dell’acquirente; – installazioni non completate, allorché queste assumano rilievo nel contratto tra le parti; – possibilità di recesso o risoluzione a favore dell’acquirente e incertezza sulla probabilità del loro esercizio. Ai criteri appena segnalati, si accompagna, infine, come condizione aggiuntiva, la determinabilità dei costi collegati alla cessione.
I RICAVI
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È evidente, sotto il profilo teorico, l’incidenza dell’approccio del “critical event” in una prospettiva di tipo reddituale e gestionale 3, che, tuttavia, come si vedrà in seguito, tende, nei più recenti sviluppi teorici, recepiti dallo stesso IASB, ad essere superata.
Gruppo TOD’S Bilancio consolidato al 31.12.2011 (p. 59) I ricavi sono iscritti a conto economico nel momento in cui i rischi significativi ed i benefici connessi alla proprietà dei beni sono trasferiti all’acquirente. Con riferimento alle principali tipologie di ricavi realizzate dal Gruppo, il riconoscimento degli stessi avviene sulla base dei seguenti criteri: i) Vendite di beni – retail. Il Gruppo opera nel canale retail attraverso la propria rete dei DOS. I ricavi sono contabilizzati all’atto della consegna dei beni ai clienti. Le vendite vengono usualmente incassate direttamente per cassa o attraverso carte di credito. ii) Vendite di beni – wholesale. Il Gruppo distribuisce prodotti nel mercato wholesale. I relativi ricavi sono contabilizzati al momento della spedizione dei beni e tenendo conto degli effetti stimati dei resi di fine esercizio. iii) Prestazioni di servizi – Tali proventi sono contabilizzati in proporzione allo stadio di completamento del servizio reso alla data di riferimento. iv) Royalties. Sono rilevate a bilancio secondo il principio di competenza.
Gruppo MEDIASET Bilancio consolidato al 31.12.2011 (pp. 134-135) I ricavi delle vendite e delle prestazioni sono rilevati rispettivamente quando si verifica l’effettivo trasferimento dei rischi e dei benefici rilevanti derivanti dalla cessione della proprietà o al compimento della prestazione. In particolare per le principali tipologie di vendite del Gruppo i ricavi sono riconosciuti secondo i seguenti criteri: – Ricavi da vendita di spazi pubblicitari, al momento dell’apparizione dell’inserzione o dello spot pubblicitario; i ricavi per vendita di pubblicità in cambio 3
Tale impostazione, suggerita inizialmente da MAYERS, individua il momento della contabilizzazione, con la decisione più critica o con lo svolgimento del compito più critico nell’ambito del normale ciclo operativo, cfr. Recognition, p. 529. Il processo di riconoscimento basato su questo concetto ha il pregio di essere “based on a fundamental economic process rather than upon such frequently used rationalization as convenience, conservation, certainty, tax timing, and legal passage of title”; MAYERS, Recognition, p. 532.
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
merce (e corrispondentemente il costo delle merci) sono rettificati per tener conto del valore di presunto realizzo della merce stessa; Vendita di beni mobili, al momento in cui vengono spediti o consegnati; Ricavi da noleggio o sub-licenza di diritti anche per periodi di sfruttamento limitato, che comportino il trasferimento in capo al cessionario del controllo dell’attività, vengono riconosciuti integralmente al momento della decorrenza dello sfruttamento ceduto; I corrispettivi fatturati per i servizi pay tv in abbonamento sono competenziati pro-rata temporis a partire dalla data di attivazione del contratto; I corrispettivi fatturati ai distributori derivanti dalla vendita di carte prepagate e ricariche che consentono la fruizione di eventi in modalità Pay per view, sono ripartiti in funzione della durata residua delle carte e delle ricariche vendute. Analogamente anche i costi diretti vengono ripartiti lungo tale durata; I Contributi pubblici ottenuti a fronte di investimenti in impianti e di produzioni cinematografiche sono rilevati in bilancio nel momento in cui vi è la ragionevole certezza che la società rispetterà tutte le condizioni previste per il ricevimento e che gli stessi saranno ricevuti. I contributi sono rilevati nel conto economico lungo il periodo in cui si rilevano i costi ad essi correlati; I ricavi sono esposti al netto di resi, sconti, abbuoni e premi, nonché delle imposte direttamente connesse; I recuperi di costi sono esposti direttamente a deduzione dei costi.
Nel caso di servizi e di contratti pluriennali alla probabilità di benefici deve accompagnarsi la misurazione attendibile della percentuale di completamento alla data di riferimento del bilancio e del livello di completamento dei costi sostenuti e da sostenere 4. Il ricorso a tale ulteriore criterio si basa sulla presunzione che il grado di completamento (in base al rapporto tra costi sostenuti e da sostenere) rappresenti un elemento misuratore del livello di attività raggiunto. L’attendibilità della misurazione può essere assunta allorché siano stati definiti i rispettivi diritti contrattuali, l’importo da scambiare e i termini e le modalità dell’accordo. Per l’applicazione del cosiddetto parcentage of completion method, il principio consente di basarsi, alternativamente, sull’analisi dei lavori compiuti, sui servizi realizzati in percentuale a quelli totali da realizzare o sul rapporto tra i costi sostenuti e quelli totali, senza, però, tener conto di anticipi o pagamenti parziali, che non riflettono necessariamente i servizi effettuati. Nell’ipotesi, infine, di risultati finali della transazione non determinabili con 4
Cfr. IASB, IAS 18, par. 20.
I RICAVI
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la necessaria affidabilità, i ricavi devono essere riconosciuti solo nei limiti dei costi sostenuti e recuperabili in futuro. Gruppo TISCALI Bilancio consolidato al 31.12.2011 (p. 67) I ricavi sono rilevati nella misura in cui è probabile che al Gruppo affluiranno dei benefici economici ed il loro ammontare può essere determinato in modo attendibile; essi sono rappresentati al netto di sconti, abbuoni e resi. I ricavi per prestazioni di servizi sono rilevati a conto economico con riferimento allo stadio di completamento del servizio e solo quando il risultato della prestazione può essere attendibilmente stimato. In particolare l’imputazione a conto economico dei ricavi derivanti dai servizi di connessione a Internet (narrowband e broadband) e dai servizi voce, avviene sulla base del traffico effettivamente prodotto alla data di riferimento e/o del canone periodico di servizio maturato alla stessa data. Come descritto precedentemente, i ricavi inerenti l’attivazione dei servizi broadband (ADSL), in maniera omogenea rispetto ai relativi costi capitalizzati tra le immobilizzazioni immateriali, sono riconosciuti a conto economico su base lineare su un periodo di 24 mesi. Le quote non di competenza del periodo sono iscritte tra le altre passività correnti, come risconti passivi.
Gruppo ISAGRO Bilancio consolidato al 31.12.2011 (pp. 66-67) I ricavi sono valutati al valore corrente del corrispettivo ricevuto o spettante. I ricavi sono riconosciuti nella misura in cui è probabile che i benefici economici siano conseguiti dal Gruppo ed il relativo importo possa essere determinato in modo attendibile. Vendita di beni Il ricavo è riconosciuto quando il Gruppo ha trasferito i rischi e i benefici significativi connessi alla proprietà del bene e smette di esercitare il solito livello di attività associate con la proprietà nonché l’effettivo controllo sul bene venduto. Prestazione di servizi Il ricavo è rilevato con riferimento allo stadio di completamento dell’operazione alla data di chiusura del bilancio. Quando il risultato della prestazione di servizi non può essere attendibilmente stimato, i ricavi devono essere rilevati solo nella misura in cui i costi rilevati saranno recuperabili. Lo stadio di completamento è attraverso la valutazione del lavoro svolto oppure attraverso la proporzione tra i costi sostenuti ed i costi totali stimati.
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
Interessi Sono rilevati per competenza con un criterio temporale, utilizzando il metodo dell’interesse effettivo. Royalties Sono rilevate per competenza, secondo quanto previsto dal contenuto dell’accordo relativo. Dividendi Sono rilevati quando sorge il diritto degli azionisti a ricevere il pagamento. Contributi pubblici I contributi pubblici sono rilevati al valore equo quando sussiste la ragionevole certezza che saranno ricevuti e che tutte le condizioni ad essi riferite risultino soddisfatte. Quando i contributi sono correlati a componenti di costo (per esempio contributi in conto esercizio) sono rilevati nella voce “Altri ricavi operativi”, ma ripartiti sistematicamente su differenti esercizi in modo che i ricavi siano commisurati ai costi che essi intendono compensare. Quando invece i contributi sono correlati ad attività (per esempio i contributi in conto impianti o i contributi per attività immateriali in via di sviluppo) sono portati a diretta detrazione del valore contabile dell’attività stessa e quindi vengono rilevati a conto economico come proventi, durante la vita utile del bene ammortizzabile, tramite la riduzione diretta del costo dell’ammortamento.
Gruppo FINMECCANICA Relazione sulla Gestione 2011 (p. 85) Al fine di rilevare i ricavi e i margini derivanti dai contratti a medio e lungo termine nel conto economico di ciascun periodo, il Gruppo utilizza il metodo della percentuale di completamento dei lavori, che richiede: (i) la stima dei costi necessari per l’esecuzione delle prestazioni, comprensivi dei rischi per ritardi e per le attività addizionali da porre in essere per mitigare i rischi di mancato adempimento e (ii) la verifica dello stato di avanzamento delle attività. Entrambi questi elementi risultano, per loro stessa natura, fortemente soggetti alle stime operate dal management e, conseguentemente, dipendenti dalla capacità di prevedere gli effetti di eventi futuri. Un non previsto incremento dei costi sostenuti nell’esecuzione dei contratti potrebbe determinare una significativa riduzione della redditività o una perdita, nel caso in cui tali costi eccedano i ricavi derivanti dal contratto stesso.
I RICAVI
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Gruppo SNAI Bilancio consolidato al 31.12.2011 (p. 22) I ricavi sono rilevati nella misura in cui è probabile che alla Società affluiranno dei benefici economici e il loro ammontare può essere determinato in modo attendibile. I ricavi sono rappresentati al netto di sconti, abbuoni e resi. In particolare, i ricavi dalla vendita di beni sono rilevati quando i rischi ed i benefici connessi alla proprietà dei beni sono trasferiti all’acquirente, il prezzo di vendita è concordato o determinabile e se ne prevede l’incasso: tale momento corrisponde generalmente con la data di consegna o con la spedizione del bene. I ricavi per servizi sono riconosciuti per competenza in base al momento di erogazione delle prestazioni. I ricavi connessi alle concessioni relative agli apparecchi da intrattenimento comma 6a (AWP) sono contabilizzati al netto del prelievo erariale (PREU) e delle vincite pagate ed al lordo dei compensi da versare a gestori ed esercenti, nonché del canone per la concessione da versare all’AAMS. I ricavi connessi agli apparecchi da intrattenimento comma 6b (VLT) sono espressi in bilancio tra i “Ricavi delle vendite e delle prestazioni” al netto delle vincite, jackpot e del prelievo erariale (PREU), ed al lordo dei compensi versati ai gestori nonché del canone per la concessione da versare all’AAMS. I ricavi relativi ai giochi a distanza (Skill/Casinò/Bingo) sono espressi in bilancio tra i “Ricavi delle vendite e delle prestazioni” al netto delle vincite, dell’imposta unica ed al lordo dei costi per la piattaforma e del canone di concessione. In base agli IAS 32 e 39 la raccolta delle scommesse a quota fissa ed a riferimento genera una passività finanziaria che viene valutata con il criterio del fair value. Pertanto la raccolta connessa all’accettazione delle scommesse a quota fissa e riferimento (ovvero delle scommesse relativamente alle quali la Società sopporta il rischio derivante dalle vincite) viene esposta in bilancio, tra i “Ricavi delle vendite e delle prestazioni” al netto dei costi per l’imposta unica, il prelievo UNIRE, le vincite ed i rimborsi pagati agli scommettitori. I ricavi connessi all’accettazione delle scommesse al totalizzatore vengono invece riconosciuti sulla base della percentuale di aggio stabilita dalla convenzione per l’esercizio delle scommesse. I ricavi ed i costi inerenti le scommesse sono rilevati nel momento in cui si realizza l’evento su cui si accetta la scommessa. I costi per servizi sono riconosciuti per competenza in base al momento di ricevimento degli stessi.
L’ultima fattispecie, rappresentata da interessi, royalty e dividendi, individua compensi legati all’utilizzo da parte di terzi di risorse aziendali, per i quali è
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
prevista solo la probabilità dei benefici economici 5; infatti, difettando la cessione a terzi di beni e servizi e trattandosi di fattispecie più semplici, non appare necessaria l’individuazione di ulteriori condizioni. È interessante evidenziare come nelle tre categorie individuate (cessioni di beni, servizi e contratti pluriennali, interessi, royalty e dividendi), nonostante le diversità riconducibili ad un livello di complessità via via decrescente, ruolo preminente sia assunto dal riferimento all’avvenuta esecuzione delle prestazioni sottostanti o alla sicurezza del beneficio conseguito dall’azienda. Inoltre, i criteri fissati, pur rinviando sempre ad una transazione, vanno tuttavia, in alcune circostanze, applicati alle singole operazioni elementari in cui si articola una transazione oppure a due o più transazioni, qualora l’effetto commerciale non possa essere compreso se non riguardando le stesse unitariamente. In realtà, proprio la dinamicità delle politiche commerciali delle aziende e la complessità delle loro offerte rendono sempre più difficile trovare transazioni lineari, mentre tendono a diffondersi operazioni articolate (bundled offer), nelle quali ad un prodotto e/o servizio se ne affiancano altri, sovente privi di corrispettivo specifico, che non favoriscono la corretta rappresentazione della sostanza dell’operazione. Infatti, basti pensare ai biglietti aerei con programmi di fedeltà che danno luogo a benefit (anche presso altri operatori), a contratti telefonici con in omaggio (o con sconto) cellulari e/o minutaggio gratuito, condizioni che non facilitano, di certo, la scomposizione del ricavo e la scelta del timing della registrazione e della valutazione delle diverse componenti 6.
11.3. LA VALUTAZIONE DEI RICAVI Meritevole di attenzione è l’aspetto valutativo. Il riconoscimento dei ricavi, in tutte e tre le categorie sopra richiamate, risulta, infatti, collegato alla previsione della necessità di poter procedere ad una valutazione attendibile e alla seguente impostazione generale. 5 “Revenue should be recognised on the following bases: a) interest should be recognised on a time proportion basis that takes into account the effective yield on the asset; b) royalties should be recognised on an accrual basis in accordance with the substance of the relevant agreement; and c) dividends should be recognised when the shareholder’s right to receive payment is established ”. IASB, IAS 18, Revenue, par. 30. 6 Per un approfondimento si veda in proposta IFRIC 13.
I RICAVI
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Innanzitutto, si adotta, come criterio generale per la misurazione dei ricavi, il fair value della variazione delle attività interessate e, nel caso di somme ricevute in anticipo rispetto alla prestazione, delle passività insorte. Di norma, l’importo liquido ricevuto o da ricevere fornisce un’adeguata misurazione del fair value, ma, in presenza di incassi differiti (p.e. dilazioni a tasso zero o a tasso di favore) possono sorgere difformità, che impongono l’attualizzazione in base, alternativamente al: a) tasso su strumenti simili di operatori di pari merito creditizio; b) tasso che renda equivalente il valore nominale del credito al prezzo corrente dei beni o servizi trasferiti nell’ipotesi di pagamento in contante 7. Parallelamente, in presenza di sconti cassa previsti nella politica commerciale aziendale e storicamente utilizzati da alcuni clienti, questi andrebbero stimati all’atto della vendita e dedotti dai ricavi. S.S. LAZIO Bilancio al 30.06.2011 (p. 42) I ricavi sono rilevati, ai sensi del Principio contabile IAS 18 (Revenues – Ricavi), quando è probabile che i benefici economici derivanti dalle operazioni di prestazione dei servizi affluiranno all’entità e il loro ammontare può essere attendibilmente valutato. In particolare, i ricavi sono rilevati con riferimento allo stadio di completamento dell’operazione alla data di riferimento del bilancio, per cui: – i ricavi da gare sono contabilizzati con riguardo all’effettivo svolgimento della gara; – gli abbonamenti stagionali, quasi interamente incassati prima dell’inizio delle competizioni sportive, sono riscontati secondo competenza temporale utilizzando il medesimo criterio (svolgimento della gara). I ricavi derivanti dalla cessione di diritti (di opzione) autonomi dai diritti televisivi e di sponsorizzazione sono imputati a conto economico nel momento in cui il beneficio economico della cessione del diritto è definitivamente acquisito in quanto, in base alla sostanza degli accordi, certo nella sua determinazione, irripetibile e non condizionato ad alcuna prestazione futura delle parti. I proventi finanziari sono imputati a conto economico per competenza. Con riferimento, ai proventi finanziari da attualizzazione, la quota di competenza dell’esercizio, rispettivamente di crediti e debiti con termini di regolamento superiori all’anno, viene calcolata tenuto conto degli attuali tassi di interesse di mercato.
7 La differenza è, ovviamente, considerata interesse e ripetuta per la durata della dilazione in base all’effective interest method.
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I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI: CARATTERISTICHE, STRUTTURA, CONTENUTO
11.4. INFORMAZIONI INTEGRATIVE Il principio impone la disclosure nelle politiche contabili adottate e la ripartizione dei ricavi per le varie fattispecie (beni, servizi, royalty e dividendi), se significative, e l’importo dei ricavi di vendita dei beni o servizi inclusi in ciascuna categoria dei ricavi.
11.5. POSSIBILI SVILUPPI È opportuno, in ultimo, accennare, sia pur sinteticamente, alle possibili modifiche legate all’adozione ed all’implementazione del Discussion Paper “Preliminary Views on Revenue Recognition in Contract with Customers” elaborato congiuntamente dallo IASB e dal FASB, che dovrebbe condurre ad una nuova formulazione del principio. Sul piano concettuale, l’approccio suggerito presuppone: – l’individuazione delle obbligazioni assunte contrattualmente 8; – l’attribuzione iniziale del ricavo alle obbligazioni; – il riconoscimento del ricavo solo al passaggio al cliente del controllo sui beni e servizi, cioè allorché possa dirigerne l’uso e ricavarne i benefici connessi 9. In altri termini, si passa da un modello basato sul trasferimento di rischi e benefici ad un altro focalizzato sostanzialmente sul trasferimento del) e nei contratti complessi 10, ma avranno un ruolo maggiore la presenza di garanzie e di diritti di controllo. L’impostazione, presumibilmente, avrà non pochi riflessi sull’attuale prassi contabile. Infatti, non solo si potrà modificare il trattamento dei ricavi nei lavori in corso (differendone, tra l’altro, il riconoscimento e l’esclusività dei diritti di brevetto e di proprietà intellettuale.
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Anche verbalmente. Il documento suggerisce, a titolo indicativo, come possibili condizioni, la presenza, in capo al cliente, di un obbligazione non condizionata a pagare, del titolo legale e del possesso fisico e la specificità del bene e del servizio che li renda di scarso valore per gli altri. 10 Cfr. MARTON J.-WAGENHOFER A., Comment on The IASB Discussion Paper “Preliminary Views on Revenue Recognition in Contract with Costumers”, Accounting in Europe, June 2010. 9
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11.6. SINTESI DELLE PRINCIPALI DIFFERENZE CON IL QUADRO NORMATIVO ITALIANO
Il contesto italiano non riserva molta attenzione al trattamento contabile dei ricavi: difetta, infatti, un principio contabile specifico e le uniche previsioni sono confinate nel Principio n. 11 Bilancio d’esercizio dell’OIC, peraltro nel paragrafo sul postulato della competenza. In buona sostanza, si subordina il riconoscimento dei ricavi al completamento del processo produttivo ed all’avveramento dello scambio, attraverso il passaggio “sostanziale e non formale del titolo di proprietà”; a tal fine, la spedizione dei beni o l’erogazione e la fatturabilità dei servizi sono considerati, convenzionalmente, come condizioni atte a dimostrare il suddetto passaggio. Il confronto con la più articolata disciplina dello IAS 18 evidenzia l’assenza di previsioni in merito alla possibile scomposizione dei ricavi in più componenti, alla loro valutazione e successiva disclosure.
11.7. VERIFICHE DI APPRENDIMENTO 1. Un incremento di valore di un’attività biologica viene disciplinato: a) dallo IAS 18; b) dallo IAS 16; c) dallo IAS 41; 2. Il coinvolgimento manageriale, in termini di assunzione di rischi e benefici in relazione alle fasi tipiche di un’attività ceduta a terzi comporta, in capo all’azienda cedente: a) il riconoscimento di un ricavo derivante dalla cessione; b) il sorgere di un ricavo solo nel caso di risultati positivi ottenuti dalla gestione dell’attività esplicata dal cessionario; c) il mancato riconoscimento di un ricavo; 3. La possibilità di recesso da parte dell’acquirente a causa di inadempienze contrattuali del fornitore: a) non qualifica l’operazione come vendita; b) implica l’iscrizione in bilancio di un accantonamento per i rischi derivanti dall’operazione; c) comporta l’obbligo di disclosure in nota del potenziale recesso e dell’impatto prodottosi sui risultati reddituali; 4. Nel caso di costi sostenuti per completare una cessione pari a 100 e risultati
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rinvenibili pari a 200 con una probabilità del 20% e 300 con una probabilità dell’80%: a) si iscriverà, per prudenza, un ricavo pari a 200; b) si iscriverà un ricavo pari a 100 (costo sostenuto e recuperabile in base alle prospettive reddituali); c) si iscriverà un ricavo pari a 300; 5. In caso di riscossione anticipata del corrispettivo di una prestazione ancora da effettuarsi, il ricavo verrà misurato: a) in base al fair value della variazione delle attività interessate; b) in base al fair value delle passività insorte; c) non verrà iscritto alcun ricavo, contabilizzato solo al momento dell’effettiva erogazione del servizio; 6. In caso di utilizzo del metodo della percentuale di completamento, dato un compenso pattuito di 1.000, costi sostenuti pari a 100, costi totali di 400 ed un ant3icipo di 300, il ricavo da contabilizzare sarà pari a: a) 300; b) 550; c) 250.
CASI
CASO 1 Un’azienda della grande distribuzione riconosce alla propria clientela punti fedeltà pari ad 1 punto ogni 10 € di acquisti dei propri prodotti. Gli stessi punti, per un totale di 20, daranno diritto ad uno sconto del 10% sulla spesa effettuata. Nel corso del 2011, tale azienda ha registrato ricavi complessivi per un totale di € 1.000.000, dei quali 100.000 sono relativi ai punti accumulati dalla clientela. Qual è la migliore modalità di rappresentazione in bilancio dei ricavi complessivi e della parte collegata ai punti fedeltà ai sensi dello IAS 18? CASO 2 L’azienda Alfa nel corso dell’esercizio 2011 ha concesso ad un proprio cliente di lunga data una dilazione di pagamento di 24 mesi su una fornitura di materie prime di € 300.000. Nel corso dello stesso esercizio ha emesso un prestito obbligazionario decennale di € 1.500.000, con un rating pari a B. Al 31/12/2011, in sede di redazione della bozza di Bilancio da sottoporre agli azio-
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nisti, deve decidere se iscrivere un ricavo per € 300.000 (importo nominale negoziato). Tale scelta può considerarsi corretta ai sensi dello IAS 18? CASO 3 Un’azienda operante nel settore della telefonia mobile ha stipulato un contratto retail di durata triennale di fornitura del servizio telefonico, abbinato alla vendita sottocosto di uno smartphone di ultima generazione. L’acquirente del telefono cellulare è contrattualmente obbligato e, a suo carico, è prevista una penale, di importo non irrilevante, applicata in caso di risoluzione anticipata del contratto di servizio. Il costo dello smartphone è di € 500, mentre il ricavo per la cessione al cliente è di € 100. L’azienda sta valutando se: • iscrivere in bilancio il ricavo di vendita dello smartphone di € 100; • spalmare il differenziale negativo tra costo di acquisto e prezzo di cessione lungo tutta la durata del contratto di servizio. Qual è l’ipotesi più corretta ai fini dello IAS 18?
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12 LE OPERAZIONI IN VALUTA ESTERA di Alberto Quagli SOMMARIO: 12.1. Ambito applicativo dello IAS 21. – 12.2. La valuta funzionale. – 12.2.1. Conversione di operazioni in valuta funzionale. – 12.3. Traduzione in valuta di presentazione. – 12.4. Investimenti netti in valuta. – 12.5. Informazione integrativa. – 12.6 Sintesi delle principali differenze con il quadro normativo italiano. – 12.7. Verifica di apprendimento.
12.1. AMBITO APPLICATIVO DELLO IAS 21 Lo IAS 21 (The effects of changes in foreign exchange rates, ult. rev. 2003 e successive modifiche) si occupa della definizione e delle scelta della moneta di conto della contabilità e del bilancio, e delle regole che disciplinano il trattamento di poste espresse in valuta di conto diversa. Dal punto di vista logico il principio definisce: 1. prima il concetto di valuta funzionale (functional currency) che è la valuta con la quale sono contabilizzate originariamente le operazioni; 2. quindi affronta il tema della conversione, ossia la contabilizzazione in valuta funzionale di operazioni espresse originariamente secondo valute diverse; 3. poi definisce la valuta di presentazione del bilancio (presentation currency), che può essere anche una valuta diversa da quella funzionale e, 4. infine, stabilisce le regole per la traduzione, ossia per la espressione secondo la valuta di presentazione del bilancio di poste espresse secondo valute diverse, profilo che riguarda specialmente l’inclusione nel bilancio consolidato della situazione patrimoniale-finanziaria e del risultato economico di gestioni estere. Lo IAS 21 non si applica: • alle operazioni sui derivati in valuta e di copertura del rischio cambi in quanto disciplinati dallo IAS 39 (Strumenti finanziari: rilevazione e valutazione),
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al quale si rinvia. Secondo lo IAS 39, la contabilizzazione delle operazioni di copertura richiede che un’azienda rilevi alcune differenze di cambio diversamente dalla contabilizzazione delle differenze disposte dallo IAS 21. Per esempio, lo IAS 39 dispone che le differenze di cambio su elementi monetari che si qualificano come strumenti di copertura in una copertura di flussi finanziari siano rilevate inizialmente nel patrimonio netto nella misura in cui tale copertura sia effettiva, mentre come vedremo più avanti, secondo lo IAS 21 esse devono essere inviate a conto economico; • alla presentazione dei flussi di cassa in valuta nel rendiconto finanziario, per i quali vale la regola dello IAS 7 secondo cui detti flussi devono essere rappresentati nel rendiconto al cambio della data dell’operazione.
12.2. LA VALUTA FUNZIONALE L’approccio previsto dallo IAS 21 stabilisce che ogni entità deve, anzitutto, determinare la propria valuta funzionale, definita come la valuta dell’ambiente economico primario in cui l’entità opera e in cui principalmente genera e utilizza disponibilità liquide. Consegue da ciò che la valuta funzionale non necessariamente deve essere quella del Paese nel quale risiede la sede legale di un’azienda. Specificamente il principio stabilisce che l’entità – per determinare la propria moneta funzionale – debba considerare i seguenti indicatori primari: “a) la valuta che influisce principalmente sui prezzi di vendita di beni e servizi (questa spesso sarà la valuta in cui i prezzi di vendita dei beni e servizi sono espressi e regolati); la valuta del paese le cui forze competitive e la cui normativa determinano principalmente i prezzi di vendita di beni e servizi; b) la valuta che influenza principalmente il costo della manodopera, dei materiali e degli altri costi di fornitura di beni o servizi (questa sarà spesso la valuta in cui tali costi sono espressi e regolati)” . In sostanza, la valuta funzionale dovrebbe essere scelta tenendo conto della valuta nella quale si generano i flussi di cassa. Per cui se un’azienda italiana acquista in dollari e vende in dollari, la valuta funzionale dovrebbe essere il dollaro, anche se l’azienda è localizzata in Italia. In subordine, tale valuta potrebbe anche essere quella nella quale sono generati i flussi delle attività di finanziamento. Il criterio basilare per la scelta deve consistere nel cercare la valuta che meglio rappresenti la gestione aziendale, avendo quindi più riguardo alla sostanza (valuta di riferimento) che non agli aspetti formali (Paese di localizzazione). Come si vede, in questo senso al management è lasciata ampia discrezionalità e
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un’azienda che decide di passare agli IFRS la cui gestione è prevalentemente costituita da operazioni in valuta potrebbe quindi dover mutare sensibilmente le proprie regole per la contabilizzazione. Una volta stabilita, la valuta funzionale può essere variata se vi sono cambiamenti nei sopra descritti aspetti della gestione (es. cambio della valuta di riferimento per le operazioni di acquisto/vendita). Se vi è una variazione nella valuta funzionale, le differenze di cambio che si generano nel convertire gli elementi espressi con la “vecchia” valuta nella nuova valuta funzionale, sono trattate in modo prospettico, convertendole al tasso di cambio esistente alla data della variazione. Per le poste non monetarie (vedasi più avanti) tale cambio diviene il nuovo cambio storico. A tal proposito si ricorda che nella normativa italiana il bilancio deve essere redatto obbligatoriamente in euro.
12.2.1. Conversione di operazioni in valuta funzionale Le operazioni in valuta devono essere contabilizzate convertendole nella valuta funzionale usando il cambio spot del giorno di effettuazione, come previsto dalla normativa italiana. Per praticità, e a differenza di quanto stabilito dalle norme nazionali, lo IAS 21 ammette l’uso di cambi medi (settimanali o mensili), purché non presentino vistose oscillazioni. Le differenze di cambio che si manifestano in sede di regolamento di crediti/debiti vanno inviate a conto economico dell’esercizio nel quale si verificano. Per la redazione del bilancio, la regola di conversione delle poste in valuta cambia a seconda che l’elemento patrimoniale espresso in valuta sia una posta monetaria o meno. 1. Le poste monetarie sono gli elementi che rappresentano un diritto (o un obbligo) a ricevere (o pagare) un importo monetario fisso o determinabile, come i crediti e i debiti in valuta, sia commerciali che finanziari, i ratei, i fondi spese che origineranno uscite in valuta, i dividendi da pagare. Questi elementi confluiranno in bilancio attribuendo loro il cambio esistente alla data di chiusura dell’esercizio. 2. Le poste non monetarie (quali ad esempio le partecipazioni, le immobilizzazioni tecniche, i risconti, le rimanenze di magazzino) denominate in valuta devono invece essere mantenute al cambio storico. 3. Caso particolare è rappresentato dal caso in cui le poste non monetarie debbano essere valutate al fair value (per es. nel revaluation model descritto dallo IAS 16 per la valutazione delle immobilizzazioni materiali). In tale situazione, allora, coerentemente, si dovrà usare il tasso di cambio della data in cui è stato determinato il fair value.
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ESEMPIO 1 – Un caso specifico: la compensazione di effetto cambio e effetto prezzi Nel caso di poste monetarie valutate al fair value o delle poste non monetarie che devono essere valutate confrontando due valori rilevati in date diverse, si genera in bilancio la compensazione tra due effetti diversi. Infatti in tali casi si dovranno usare i tassi di cambio riferiti a ciascuna delle due date. Ad esempio, le rimanenze di magazzino si valutano al minore tra costo e valore netto (dai costi di completamento e di vendita, vedi IAS 2) di realizzo. In tali casi il valore netto di realizzo sarà determinato alla data di chiusura del bilancio (come richiesto dallo IAS 2) e ad esso andrà applicato il tasso del giorno di chiusura dell’esercizio, mentre il costo sarà determinato tramite il tasso storico già usato per la contabilizzazione iniziale. In tal modo, per effetto dei tassi di cambio, potrebbe accadere che il confronto dia risultati diversi se espresso nella valuta funzionale o nella valuta di contabilizzazione originaria (se ovviamente quest’ultima risulta diversa dalla prima). Ma in questi frangenti le differenze di cambio non saranno autonomamente rilevate ma confluiranno all’interno della più ampia variazione complessiva. Per esemplificare, si supponga che un’azienda la cui valuta funzionale è l’euro abbia in magazzino delle unità di un bene il cui costo unitario è pari a 2 dollari USA, valorizzato al cambio storico di 1 $/€. Si supponga inoltre che a fine esercizio il valore netto di realizzo sia di 2,1 dollari USA con cambio pari a 1,2 $/€. Il confronto andrà fatto tra costo storico pari a 2 euro (2/1) e valore di realizzo pari a 1,75 euro (2,1/1,2). Per la regola dello IAS 2 si dovrà scegliere il valore più basso, dunque 1,75, comportando quindi una svalutazione di 0,25 € per unità (2 – 1,75). Questa svalutazione assorbe al suo interno, compensandoli, un effetto prezzo positivo di 0,1 dollari (2,1 $ – 2 $) che, valorizzato al cambio di fine esercizio di 1,2 $/€ dà 0,08 euro, ed un effetto cambio negativo di – 0,33 €, dato dalla differenza tra costo storico (2 dollari/1 $/€, pari a 2 euro) e costo storico calcolato con il cambio di fine anno (2 dollari/1,2 $/€, pari a 1,67 euro). La differenza netta di 0,25 euro (– 0,33 euro + 0,08 euro) non consente invece di disgiungere i due effetti.
Le differenze di conversione cambio rilevate in sede di valutazione di bilancio, che si riferiscono quindi solo agli elementi monetari devono essere inviate a conto economico, senza nessuna cautela circa l’accantonamento a riserva degli utili da conversione cambi (non ancora realizzati), come invece è previsto dalle norme italiane. In questo senso lo IAS 21 segue più il principio della competenza che non quello della prudenza. ESEMPIO 2 – Rilevazione differenze di conversione in sede di bilancio Un credito di 2.000 $, iscritto in contabilità al cambio storico di 1,10 $/€, pari a 1.818 euro, a fine esercizio viene valutato a 1,22 $/€, pari a 1.639 euro. La dif-
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ferenza di (1.818 – 1.639 =) 179 euro costituirà un costo da inviare a conto economico in contropartita alla riduzione del credito, come mostrato dalla seguente rilevazione. Differenze negative di cambio (CE) Crediti vs clienti (SP)
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Per le poste non monetarie ove le variazioni di valore per valutazioni di bilancio devono essere imputate direttamente a capitale netto, come nel caso delle immobilizzazioni tecniche valutate con il revaluation model. In tal caso, siccome un aumento del fair value si traduce in un incremento di una riserva del netto (vedasi IAS 16, ad esempio), anche la variazione indotta dalla differenza su cambi (che comunque non è disgiungibile dalla complessiva variazione del fair value, come evidenziato nell’esempio 1) si riflette nella variazione della riserva. Per questo tipo di beni, in modo coerente, se al momento della cessione si realizza una differenza di cambio, questa va riepilogata direttamente nel netto e costituisce un other comprehensive income. Come sintesi, si veda la s