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Italian Pages 335
Kristin Bjornsen si chiedeva se sul pianeta Barevi l'unica stagione fosse l'estate. La temperatura aveva subito ben poche variazioni nei nove mesi da quando era arrivata. Ne aveva trascorsi quattro in schiavitù, in quella che sembrava l'unica vasta città del pianeta, e da cinque godeva di una relativa libertà in quella giungla - anche se in condizioni critiche di sopravvivenza - dopo essere fuggita a bordo del flitter che aveva rubato. La tunica senza maniche che indossava era fatta di tessuto indistruttibile, ma non era adatta al freddo. La scollatura era indecente e la gonna le arrivava a metà delle lunghe cosce. In realtà, lo stile ricordava quello del mini tubino che indossava in quella mattina primaverile quando le astronavi catteni erano piombate su Denver, una delle cinquanta città sparse in tutto il mondo scelte dai conquistatori per dare una dimostrazione pratica. Un attimo prima era diretta al campus del college, e il successivo era una delle migliaia di abitanti di Denver, esterrefatti e terrorizzati, che venivano spinti a colpi di staffile sulla rampa di un'astronave, al confronto della quale la Queen Elizabeth sembrava un giocattolo. Una volta inghiottita dalle sue fauci, Kris, come tutti gli altri, era stata ben presto tramortita dal gas inodoro. Quando lei e i suoi compagni di sventura si erano svegliati, si trovavano nei recinti per gli schiavi di Barevi, in attesa di essere venduti. Con il nocciolo, grosso come un avocado, della gorupera che aveva appena mangiato, Kris prese di mira lo stelo centrale di un vicino boschetto di rovi dai rami color porpora. Dal cespuglio partì subito una pioggia di dardi. Kris scoppiò a ridere. Aveva scommesso che il giovane cespuglio avrebbe impiegato meno di cinque
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minuti per riarmarsi, e così era stato. Quelli più grossi impiegavano un tempo più lungo per piazzare nuovi missili, come aveva scoperto a proprie spese. Con aria distratta, allungò la mano sopra la testa per cogliere un'altra gorupera. La vecchia cara Terra non offriva niente che ne uguagliasse il gusto. Diede un morso alla polpa soda e rossastra del frutto, il cui succo le gocciolò lungo il mento e sui seni abbronzati. Dando uno strattone alla spallina dell'aderente tunica, lo asciugò. L'indumento era fantastico per abbronzarsi, ma quando fosse arrivato l'inverno? Avrebbe dovuto dedicarsi a raccogliere noci e a essiccare gorupere sulle rocce accanto al fiume in previsione della stagione fredda? Arricciò il naso guardando la pera mangiata a metà. Erano saporitissime ma nutrirsi esclusivamente di quei frutti le lasciava una voglia prepotente di altri fondamentali sostanze dietetiche. Osservando le creature della giungla, era riuscita a intuire cosa fosse commestibile. Grazie al corso di sopravvivenza che aveva seguito, possedeva un'idea superficiale di come fare esperimenti sulla propria pelle. Aveva avuto due reazioni violente a sostanze che i mammiferi sembravano divorare in grosse quantità, ma gli uccelli l'avevano indirizzata verso altre sostanze commestibili. Il periodo passato al reparto per la preparazione del cibo del suo "padrone" le aveva insegnato a individuare una varietà di prodotti, anche se pochi crescevano allo stato selvatico in quella giungla. Ciò nonostante, i piccoli pesci dalle scaglie gialle del fiume le avevano fornito sia proteine sia esercizio fisico. Un ronzio sordo attirò la sua attenzione. Si alzò in piedi, mantenendosi in equilibrio sull'alto ramo dell'albero e, scostando le fronde, sbirciò il cielo sereno. Due delle numerose lune che giravano intorno a Barevi erano visibili a ovest. Sotto di loro saettavano e scendevano in picchiata puntini che scintillavano alla luce del sole. I ragazzi hanno indetto un'altra battuta di caccia, pensò tra sé e, sempre sorridendo, si appoggiò al tronco dell'albero per osservare la scena da quel posto privilegiato. Nella giungla vivevano non poche creature, decisamente grosse e feroci, che era riuscita a evitare, trasformandosi in un Tarzan in gonnella e imparando a ser-
virsi di alberi e liane. A forza di duro lavoro e sudore, aveva sfruttato l'utile attrezzatura in dotazione al flitter per legare le liane agli alberi che le permettevano di andare avanti e indietro dalle zone dove si riforniva di cibo e dal fiume. Tutte le sue vie di fuga erano aeree. Prima di allontanarsi senza chiedere il permesso dal suo "lavoro", Kris non si era limitata a studiare cos'era commestibile su Barevi, ma ne aveva anche imparato la lingua, un idioma poliglotta composto dalle parole di sei o sette dei linguaggi parlati dagli schiavi e usato dai "padroni" per impartire ordini. Aveva racimolato qualche informazione sugli invasori della Terra, i catteni. Tanto per cominciare, non erano nativi di quel mondo ma provenivano da un pianeta molto più pesante e più vicino al centro galattico. Erano una delle razze di esploratori mercenari al servizio di una grande federazione. Solo in tempi recenti avevano colonizzato Barevi, che serviva loro da magazzino per il bottino accumulato depredando pianeti ignari, che non facevano parte della federazione, e da centro di riposo e svago per gli equipaggi delle loro enormi astronavi. Dopo anni di caduta libera nello spazio e di pianeti dalla minore forza di gravità, i catteni avevano difficoltà a far ritorno al loro mondo natale, più pesante e deprimente. Durante la sua breve schiavitù, Kris aveva udito i catteni vantarsi di voler morire in qualunque punto della galassia fuorché Catten. Il loro modo di "giocare", pensava Kris, era abbastanza violento da garantire che morissero giovani, oltre che lontani da Catten. Predatori enormi vagavano per le pianure e le giungle incontaminate di Barevi, e uno dei passatempi preferiti dei catteni era quello di affrontare un mostro simile a un rinoceronte armati di un'unica lancia. Cioè, ricordò Kris con un sorriso tetro, quando non si azzuffavano tra di loro per presunti insulti e offese. Due schiavi, amici suoi, erano rimasti schiacciati sotto i corpi massicci di alcuni catteni durante una mischia generale. Da quando era arrivata nella valle, aveva assistito a una mezza dozzina di scontri tra i rinoceronti e i catteni. Abituati a una gravità di gran lunga superiore a quella di Barevi, i catteni erano capaci di eseguire evoluzioni in-
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credibili mentre fiaccavano la loro preda. Le povere creature avevano meno probabilità di un toro da corrida e, in tutte le cacce alle quali Kris aveva assistito, solo un uomo era rimasto ferito, e si era trattato di un semplice graffio. Mentre i flitter si avvicinavano, si rese conto che non si comportavano come una squadra di cacciatori. Tanto per cominciare, un puntino precedeva di gran lunga gli altri. E, perdio, Kris vide i lampi luminosi delle armi anteriori dei flitter inseguitori che sparavano al "leader". Preda e cacciatori erano ormai arrivati ai piedi della valle. D'un tratto, un fumo nero eruppe dalla parte posteriore del flitter inseguito che puntò verso l'alto, si librò riluttante, quindi precipitò di sbieco, per andare a sbattere contro il groviglio di massi lungo la riva del fiume, non lontano dal suo nascondiglio. Kris sussultò quando vide una figura uscire barcollando dai rottami. Non riusciva a credere che perfino un catteni potesse sopravvivere a un simile incidente. Sorpresa, lo osservò mentre si rimetteva in piedi a fatica, quindi saltava da un masso all'altro per allontanarsi dal relitto fumante. Il velivolo esplose con una fiammata di una luminosità straordinaria. Frammenti volarono sibilando nel sottobosco fino al suo rifugio, e gli stupidi rovi che lei aveva provocato poco prima scagliarono i loro piccoli dardi dalla punta avvelenata. Adesso il fumo che si levava dai rottami oscurava la scena, e Kris perse di vista l'uomo. Gli altri flitter avevano raggiunto il relitto e si libravano sopra di esso, come tante enormi api furiose, impennandosi, scendendo in picchiata, cercando di perforare la cortina di fumo. Una brezza pomeridiana faceva turbinare le nuvole nere e Kris scorse di sfuggita l'uomo, che continuava ad allontanarsi barcollando dal luogo del disastro. Lo vide inciampare e cadere, dopodiché rimase a terra immobile. In alto, le api ronzavano rabbiose, girando in cerchio intorno al fumo, chiedendosi probabilmente se la loro preda fosse saltata in aria con l'esplosione. Di regola, i catteni non si davano la caccia l'un l'altro, si disse Kris, sorpresa di scoprire che era già a metà
strada dal terreno. Litigano come irlandesi, certo, ma inseguire un uomo così lontano dalla città ? Cosa può aver fatto? L'incidente si era verificato a una distanza tale per cui Kris non era riuscita a distinguere i lineamenti o la corporatura dell'uomo inseguito. Forse era uno schiavo fuggito, come lei. Se non era un terrano, poteva appartenere a una delle altre cinque o sei razze sottomesse che vivevano su Barevi. Uno che aveva avuto il fegato di rubare un flitter non meritava di morire sotto gli staffili dei catteni. Kris scese lungo il pendio, badando a evitare i numerosi rovi che dominavano quei boschi. Una volta si era divertita a immaginare che i rovi fossero i protettori delle gorupere, perché le due piante crescevano sempre l'una accanto all'altra. In cima al dirupo, sopra le cascate, afferrò la liana che vi aveva fissato per una discesa veloce. Una volta sulla sponda del fiume, seguì le rocce piatte e asciutte finché arrivò alle pietre che le permettevano di guadarlo, a valle dell'ampio specchio d'acqua formato dalle piccole cascate. Si calò lungo una gola, attraversò un'altra radura infestata da rovi e subito dopo si trovò proprio sopra il punto in cui aveva visto l'uomo per l'ultima volta. Tenendosi vicino alle rocce marroni, di una sfumatura così simile alla sua pelle abbronzata, superò l'ultimo tratto. Mancò poco che inciampasse in lui mentre il vento soffiava fumo nero tra le rocce. - Un catteni! - urlò, furiosa, mentre si chinava a esaminare l'uomo svenuto e riconosceva l'uniforme grigia e gialla, benché stracciata e macchiata di nero. Infilandogli con disprezzo un piede sotto la spalla, tentò di voltarlo, ma non ci riuscì. L'uomo avrebbe potuto essere un macigno. Kris s'inginocchiò e gli girò la testa, afferrandolo per la folta capigliatura color grigio ardesia, che in un catteni non indicava l'età; avevano tutti i capelli dello stesso colore. Che fosse morto? Non era la sua giornata fortunata perché respirava ancora. Un livido sulla tempia era uno dei motivi che spiegavano il suo stato d'incoscienza. Per essere un catteni, era quasi di bell'aspetto.
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La maggior parte di loro avevano lineamenti grossolani e rozzi; quello aveva invece un naso dritto, quasi aristocratico, anche se era più prominente di quanto avrebbe fatto piacere a un elefante, e la bocca era generosa e dalla linea bella. Il catteni che l'aveva comprata aveva labbra carnose e tumide, e Kris sapeva che i catteni dimostravano un'accentuata libidine sessuale per le donne terrane. Un crepitio secco la fece voltare di scatto; quegli imbecilli stavano sparando al relitto in fiamme. Kris abbassò lo sguardo sull'uomo svenuto, chiedendosi cosa diavolo avesse fatto per provocare una simile reazione. Era evidente che lo volevano morto e sepolto. Il fuoco di fila polverizzò ciò che restava del flitter, togliendo esca al fuoco. Il vento, denso di polvere, sollevò un tanfo acre dai rottami. L'uomo si agitò e tentò invano di sollevarsi, solo per ricadere riverso con un lamento. Kris vide che i flitter volavano in cerchio per atterrare sull'altopiano a valle del relitto. - Si perlustra la scena del delitto, eh? Era un'assurdità, si disse, aiutare un catteni solo perché quelli della sua razza gli davano la caccia. Ma... ispezionò il tragitto che aveva percorso, per controllare che non avesse lasciato tracce che potessero condurre a lui. Si spinse fin dove potè sulla nuda roccia. Dove iniziava il terreno fangoso, si era depositato uno spesso strato, che aveva cancellato eventuali orme. Dopotutto, c'era il rischio che i catteni la scoprissero, se avessero deciso di effettuare una perlustrazione accurata della zona, nel dubbio che la loro vittima fosse scampata al disastro. Quando tornò, lui si era alzato in piedi, stordito, con le grosse braccia che gli pendevano lungo i fianchi mentre si sforzava di mettere a fuoco la vista. Kris tentò di guidarlo ma era come comandare a una montagna di muoversi. - Coraggio, Maometto - lo sollecitò a voce bassa. Fa' il bravo, cammina fino al fiume così ti ci butterò dentro. L'acqua fredda dovrebbe svegliarti. In lontananza, uno schiamazzo di voci la fece trasalire. Dio, quei catteni non avevano perso tempo a risalire
la parete rocciosa. Si era dimenticata che potevano compiere balzi prodigiosi, grazie alla minore di gravità di quel pianeta. - Stanno arrivando. Seguimi - gli disse in lingua barevi. Lui gemette di nuovo, scuotendo la testa per schiarirsela. Si voltò verso di lei, con i grandi occhi gialli ancora sbalorditi per lo shock. Kris non si sarebbe mai abituata alle loro pupille color burro con le iridi nere. - Da questa parte! Presto! - Lo tirò con impazienza. Se non si fosse deciso a muovere quei tronchi che erano le sue gambe, l'avrebbe abbandonato a se stesso. Su Barevi, era meglio che i buoni samaritani non si facessero catturare dai catteni. Lo tirò per un braccio e lui parve prendere una decisione. Fece un balzo in avanti, stringendole la spalla con la grande mano in una morsa d'acciaio. Raggiunsero l'argine con un buon vantaggio sugli inseguitori, ma Kris gemette rendendosi conto che, a malapena cosciente com'era, lui non sarebbe riuscito a guadare il fiume. Le grida alle loro spalle indicavano che gli altri si stavano disponendo a ventaglio per perlustrare le rocce. Kris si affrettò ad afferrarlo per le dita della grossa mano e lo condusse alla base delle cascate. - Peggio per te se non sai stare a galla - commentò con aria truce. Gli lasciò andare la mano, indietreggiò e, Presa la rincorsa, gli diede una spallata e lo gettò in acSi tuffò al suo fianco e, vedendo che stava andando a fondo, lo afferrò per la folta capigliatura. Per fortuna, in acqua anche un catteni di quella mole era manovrabile. Facendo appello a tutta la sua forza e alla sua abilità di nuotatrice, gli tenne la testa fuori dall'acqua sostenendolo sotto il mento. Per un caso fortunato, erano riaffiorati nel tratto tra l'arco delle cascate e la rupe, così che la cortina d'acqua li nascondeva alla vista. Mentre il catteni iniziava a divincolarsi nella sua stretta, i cinque inseguitori si materializzarono in modo spettacolare nella radura accanto allo specchio d'acqua. Il suo "Maometto" fu subito sul
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chi vive e, invece di divincolarsi, si mantenne a galla agitando i piedi. I catteni stavano discutendo tra di loro e ognuno sembrava impartire ordini contrastanti agli altri. Maometto si sottrasse alla sua presa sotto il mento, senza mai staccare gli occhi gialli dal gruppo sull'argine. Rimasero a osservare, muovendo le mani il minimo indispensabile anche se la cascata avrebbe nascosto eventuali increspature. Dopo un acceso dibattito, uno dei catteni attraversò il vasto specchio d'acqua con un balzo per Kris prodigioso. Insieme a un altro, cominciò a spostarsi a valle, esaminando con cura entrambi gli argini e superando con naturalezza massi grossi come chiatte. Gli altri si allontanarono di corsa nella direzione da cui erano arrivati, continuando a discutere. Trascorso un periodo di tempo interminabile, durante il quale l'acqua gelata ghiacciò Kris fino al midollo, il fuggiasco le toccò la spalla e accennò con il capo verso la riva. Ma quando lei si rese conto che intendeva tornare sui propri passi, scosse con energia la testa, indicandogli la sponda opposta. - Da quella parte saremo al sicuro - urlò per sovrastare il rumore della cascata. Lui aggrottò la fronte. - Ho un flitter dove possiamo nasconderci. - Kris puntò il dito nella direzione del velivolo nascosto. Quando si rese conto di quello che aveva appena detto, lo fissò sbigottita. - Oh, Dio! Lui inarcò un sopracciglio, confuso, e per un lungo momento Kris sperò che non avesse afferrato il significato delle sue parole. Purtroppo non era così, e ora nei suoi occhi gialli brillava un interesse di tipo diverso. È come un grosso leone, pensò Kris, quasi soffocando per la paura. - Hai aiutato un catteni - disse lui con una voce profonda in lingua barevi. - Non ne pagherai le conseguenze! Kris non ne era convinta quando tentò di uscire dal fiume e scoprì di essere intorpidita dal freddo e svuotata di energie. Lui, invece, non incontrò la minima difficoltà
e, con un cipiglio irritato, la osservò mentre si dibatteva invano. Poi, senza sforzo apparente, le strinse le lunghe dita intorno all'avambraccio e la trascinò fuori dall'acqua, sostenendola finché ebbe ritrovato l'equilibrio. Rabbrividendo, Kris alzò la testa a guardarlo. Dio, quanto era grosso: il catteni più alto che avesse mai visto. Lei aveva ereditato la statura del padre svedese e, a piedi nudi, era alta un metro e settantotto. Superava di diversi centimetri la maggior parte dei catteni che aveva incontrato, ma lui la guardava dall'alto in basso. E le sue spalle erano larghe come la lama di un apripista. - Dov'è il flitter? - le domandò, laconico. Lei indicò la direzione, furiosa con se stessa perché non aveva esitato a ubbidire e perché non riusciva a smettere di battere i denti e a controllare il tremito del corpo. Lui le prese la mano, allentando la stretta quando le sfuggì un sussulto involontario di dolore. Sostituisci "zampe immonde" con "zampe ad alta forza di gravità", si disse Kris, in un tentativo di tenersi su di morale mentre gli si piazzava davanti. - Dovrò far strada tra i rovi - gli disse. - Oppure i rovi non danno fastidio alla pelle dei catteni? - aggiunse con insolenza. Lui sorrise cogliendola di sorpresa. - Forse per te è una fortuna che ce ne diano. Mentre si voltava, Kris si rese conto di non aver mai visto un catteni sorridere. Notò anche che seguiva con cura i suoi passi. Era bello sapere che era ansioso quanto lei di non disturbare i rovi con i loro piccoli dardi malevoli. Erano a metà strada dal flitter nascosto quando udirono entrambi, sul lato destro della valle, la raffica intermittente di forti voci catteni. Maometto si arrestò e si accovacciò, inclinando il corpo in modo da non toccare la vegetazione circostante. Rimase in ascolto e, benché le parole fossero troppo alterate perché Kris potesse afferrarne il significato, era evidente che lui le capiva. Un sorriso privo di allegria gli sfiorò le labbra e nei suoi occhi brillava una luce che la spaventò.
- Hanno notato un certo movimento da questa parte. Sbrigati ! - le disse a voce bassa. Kris partì al piccolo trotto; il sentiero serpeggiante sconsigliava un'andatura più veloce. Quando sbucarono nella valletta subito prima di un esteso folto d'alberi, si arrestò. - Dove? Ti sei persa? - chiese lui. - Attraverso quei cespugli. Sta' attento e muoviti solo quando te lo dico io. Lui la osservò con aria scettica mentre raccoglieva una manciata di piccole pietre. Con consumata disinvoltura e un'accurata valutazione, Kris le lanciò da destra a sinistra, osservando e contando le sventagliate di spine per essere sicura di aver fatto scatenare tutti i cespugli. Per misura di sicurezza, raccolse un'altra manciata di ciotoli e li lanciò in un ampio arco. Non ci furono altre piogge di spine. - Muoviti! - Maometto lo fece con un tempo di reazione talmente più rapido del suo che era già a metà della radura prima che Kris potesse rendersene conto. Si affrettò a raggiungerlo e a superarlo. - Abbiamo cinque minuti di tempo per attraversarla prima che si riarmino. Un'espressione che era quasi di rispetto gli passò sul volto. Lei lo trascinò con impazienza e iniziò a farsi strada tra i cespugli, seguendo un percorso personale, imparato a memoria per oltrepassare l'ostacolo. Quando superò l'ultima curva e lui vide il flitter, con il muso immerso tra l'intrico dei cespugli, gli sfuggì quella che, secondo Kris, era la versione catteni di una sghignazzata. Spalancò la portiera del flitter e, con un gesto regale, lo invitò a entrare. Lui puntò dritto al quadro strumenti, mugugnando mentre accendeva l'interruttore centrale. - Metà serbatoio di carburante - borbottò, facendo un rapido controllo delle altre letture. Diede un'occhiata alla capote trasparente, mimetizzata dal groviglio di fronde, al letto che lei si era fatta nella cabina, agli utensili che aveva ricavato adattando i pezzi di ricambio contenuti negli stipi. - Dunque, sei stata tu a rubare la vettura personale del comandante - disse lui, fissandola con attenzione.
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Kris sollevò il mento. - Io, almeno, l'ho fatta atterrare tutta d'un pezzo - replicò. La sua risposta gli strappò una risata sonora. - Facendola precipitare in un folto d'alberi? - Di proposito! - Appartieni a una delle nuove razze? - Io sono una terrana - ribatté lei con orgoglio altezzoso, anche se un tremito convulso guastava il suo portamento. - Una razza dalla pelle sottile - commentò lui. Leguardò il petto, notò che si sollevava e si abbassava per il recente sforzo, che i seni premevano contro l'indumento del tutto inadeguato e iniziò ad accarezzarle la spalla con un dito, lentamente. Fatto sorprendente, il suo tocco aveva la leggerezza di una piuma. - Morbida al tatto - commentò con aria distratta. - Non ho ancora provato una terrana... - E non comincerai con questa - ribatté Kris, scostandosi da lui per quanto glielo consentiva lo spazio ristretto dell'abitacolo. La sua perplessità si trasformò in irritazione. - Lo farò se vorrò. - Ti ho salvato la vita! - Ed è per questo che intendo ricompensarti in modo adeguato... - Violentandomi? - Kris tastò intorno e trovò un pesante attrezzo di metallo. Non che quello "stuzzicadenti" potesse far grossi danni a un catteni, ma era decisa a provarci. Un catteni non rispondeva alla sua idea di candidato per il ruolo di amante. - Violentandoti? - La sua sorpresa era comica. - Eri convinto che le donne terrane svenissero dalla gioia al pensiero di essere possedute dai tuoi simili? disse Kris, parlando a voce bassa e minacciosa e accentuando la stretta sull'attrezzo. - Nessuna si è lamentata... - Maometto s'interruppe, accovacciandosi con una rapidità incredibile mentre entrambi udivano aspre bestemmie. L'istante successivo, lui le aveva messo una grossa mano sulla bocca e la teneva con il corpo inchiodato al
proprio, come una mosca a carta moschicida. L'attrezzo di metallo ciondolava inutile dalla sua mano. Nessuno dei due aveva chiuso la portiera del flitter, perciò si udì con chiarezza il ronzio quando i rovi fecero partire i loro dardi. Ci furono esclamazioni rumorose di disgusto e altre bestemmie. Voltando la testa, Kris poteva vedere la faccia del catteni e il suo occhio sinistro in cui brillava un lampo di maliziosa allegria. Una voce autoritaria impartì un ordine brusco e perfino Kris capì che si poteva tradurre in un: - Tagliamo la corda. Da questa parte non è passato niente. Maometto la fece spostare in modo impercettibile, guardandola in volto mentre le toglieva la mano dalla bocca, un gesto che la sfidava a mettersi a urlare. Kris lo fissò in cagnesco; lui sapeva benissimo che aveva tutto da perdere se avesse gridato. Rimasero immobili finché si udirono di nuovo i rumori della giungla fuori dal flitter. Solo allora lui la rimise con i piedi per terra e si guardò di nuovo in giro. - Questa vettura è scomparsa da cinque mesi. Perché sei rimasta da sola tutto questo tempo? Ci sono altri come te nei dintorni? - Sbirciò fuori da una sezione del finestrino panoramico dal quale si scorgeva qualcosa di più dei rami. - Nessuno tranne me. - Kris stringeva ancora in mano l'attrezzo di metallo e si chiedeva se sarebbe riuscita a colpirlo abbastanza forte da fargli perdere i sensi. Perché quei catteni erano così ansiosi di catturarti? - Oh, un errore tattico - rispose lui facendo spallucce. - Sono stato costretto a uccidere il loro capo pattuglia. Aveva insultato un fratello emassi - e lei colse le sillabe di quella parola sconosciuta. - Non avendo alleati, ho battuto in ritirata. - Chi si batte e fugge si salva per combattere un altro giorno? - L'indomani - la corresse lui distrattamente. - L'indomani? - Certo. Secondo la legge catteni una lite non può protrarsi oltre la stessa ora del giorno seguente. Non de-
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vo far altro che restare nascosto fino a domani, quando il sole sarà allo zenit, e allora potrò tornare. - Non ti staranno aspettando? Lui scrollò il capo con energia. - È contro la legge. Altrimenti, noi catteni ci stermineremmo l'un l'altro molto in fretta. - Mi stai dicendo che, se non riescono a trovarti prima di domani a mezzogiorno, dovranno rinunciare? Lui annuì. - Anche se hai ucciso il loro capo pattuglia? Lui sembrava sorpreso. - È stata una lotta leale. - Non sapevo che voi catteni combatteste lealmente. - È così - s'inalberò Maometto a quell'accusa, ma subito dopo l'irritazione svanì, sostituita da un sorriso. Oh, secondo te, da parte nostra non è stato leale impadronirci del vostro pianeta. - Proprio così. Lui si mise a cavallo del sedile del pilota e appoggiò le braccia muscolose sullo schienale, molto divertito dalla sua indignazione. - Il vostro pianeta era privo di difese. È stato di una facilità ridicola sottometterlo. - Quindi, lo fate spesso? - Ti assicuro che è un affare molto redditizio. Come ti sei nutrita? - le chiese di punto in bianco e, udendo provenire da lui il più incredibile dei rumori, si rese conto che gli stomaci dei catteni potevano brontolare per la fame proprio come quelli degli esseri umani. Per quanto strano, quel particolare lo fece apparire meno minaccioso. - C'è un sacco di roba commestibile nella foresta, inoltre, il fiume è pescoso. - Davvero? - Vengo da una razza ricca d'ingegno. Non ho avuto difficoltà a rimpinzarmi a sazietà. Lui inclinò la testa in un gesto di rispetto. - Tieni delle provviste qui? Decidendo che non era il caso di avvicinarglisi troppo, Kris indicò il cesto sul pannello di comando alle sue spalle. - Gorupere e le radici di una pianta bianca che ho trovato perfettamente commestibile. Quando lui si
voltò, lo sorprese che arricciava il naso con un sospiro. Sono sicura che non è cibo adatto per un catteni, abituati come siete ai viveri migliori della galassia, ma questo cibo semplice impedirà al tuo stomaco di continuare a brontolare. Il rumore che fa rischia di rivelare il nostro nascondiglio. A differenza di quanto aveva visto fare da altri catteni, lui non si ingozzò mettendo in bocca tutta la pera. Prese anche una delle radici, che avevano un sapore dolciastro, non dissimile da quello delle carote, e la passò da una mano all'altra, sbocconcellandola con educazione. Terminata la prima pera, si voltò verso di lei con un'espressione interrogativa. - No, grazie. Avevo appena finito di mangiare quando ho visto il combattimento ravvicinato. - Combattimento ravvicinato? - Un termine terrano, che deriva dalla battaglia aerea tra caccia bombardieri. - Caccia bombardieri? - Anche noi avevamo realizzato il volo spaziale - aggiunse Kris, chiedendosi, mentre l'orgoglio la spingeva a parlare, se qualcuna delle unità SAC fosse stata lanciata quando i catteni avevano invaso lo spazio terrano. - Ah, sì, certo. Difese primitive ma con equipaggi coraggiosi. Kris si sentì mancare il cuore. Negli ultimi tempi le capitava troppo spesso di ricevere risposte che non erano quelle che voleva ascoltare. Al campo di concentramento, uno degli schiavi proveniente dalla zona di Chicago aveva detto che missili aria-terra erano stati sparati contro i velivoli catteni. I capi di governo terrani erano stati lenti a organizzare la difesa, non sapendo chi o cosa si fosse infiltrato nell'atmosfera. Avevano perso troppo tempo per poter ribaltare la situazione. Bill, che al momento indossava il suo walkman, aveva ascoltato i bollettini radiofonici fino a quando l'avevano fatto salire a furia di frustate sull'astronave dei catteni. Parlando tra di loro, i prigionieri avevano appreso che non tutte le grandi metropoli erano state attaccate e saccheggiate: solo un numero sufficiente perché tutto il mondo riconoscesse la superiorità
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degli invasori. Era una magra consolazione per quelli che erano stati rapiti, ma bastava per ridare un po' di orgoglio. - Ne abbiamo disarmato la maggior parte - proseguì Maometto in tono realista - e abbiamo impedito alle astronavi di decollare. Goffe, ma se ne intuiva il potenziale. - Grazie. Lui inarcò le sopracciglia, perplesso. - Per cosa? - Un simile elogio per dei selvaggi primitivi! Maometto gettò la testa all'indietro e si sbellicò dalle risa. - Ssst, ti sentiranno. Ragli come un asino! - E tu parli come una femmina catteni ! - Devo considerarlo un complimento? - Perché no? - replicò lui, inclinando la testa. Negli occhi gialli gli brillava una luce divertita che Kris non aveva mai visto in altri catteni. - Tu non sei come gli altri. - Quali altri? - Tutti gli altri catteni che ho incontrato, e osservato. - Certo che non lo sono. Io sono emassi - replicò Maometto con pacato orgoglio, portandosi la grande mano al torace in quello che poteva essere interpretato come un gesto di fierezza. - Qualunque cosa sia. - Un rango elevato. - Con uno schiocco sdegnoso delle dita, appiccicose di succo di gorupera, in direzione della città dalla quale lei era fuggita, relegò i catteni locali a un ceto inferiore. - Io comando. Loro ubbidiscono - aggiunse, per accertarsi che lei capisse la differenza. - E quelli che stanno cercando di ucciderti? Ubbidivano? - Alle parole del loro capo pattuglia moribondo - rispose lui, scrollando le spalle con noncuranza - che chiedeva di farmi pagare per la sua morte. - Subito dopo aggrottò la fronte, fissando il pavimento come se stesse riflettendo al loro significato. - Non ha importanza. Entro domani a mezzogiorno, tornerà tutto come prima. E adesso - aggiunse, cominciando ad alzarsi dal sedile senza far mistero delle sue intenzioni. Kris non esitò oltre.
Con un balzo stile karate, si lanciò su di lui stringendo l'attrezzo di metallo con le due mani, e lo calò con tutta la forza del corpo sulla sua tempia. Lui crollò a terra con un gemito. L'aveva ucciso? Inorridita al pensiero di aver tolto la vita a qualcuno, anche se era un catteni arrogante, si inginocchiò al suo fianco, notando il sangue rosso che usciva dalla ferita al cranio, e gli tastò la gola. Se aveva sangue, doveva avere anche vene; e poiché aveva l'aspetto della maggior parte degli umanoidi, nel collo doveva essercene una che alimentava il cervello. C'era! Non era neanche debole; anzi, pulsava con vigore sotto le sue dita, ormai appiccicose di sangue. Oh, non andava affatto bene, si disse. I piccoli e disgustosi insetti muniti di pungiglione l'avrebbero fiutato e si sarebbero messi alla ricerca della fonte. Il flitter sarebbe diventato inabitabile. Per prima cosa fasciò la ferita con il tessuto assorbente che aveva trovato negli armadietti. Quindi, gli ripulì con cura il volto e ne strofinò la pelle grigiastra con succo di gorupera. Già in altre occasioni era ricorsa a quel metodo per neutralizzare l'odore e tenere lontani gli insetti; una scoperta che aveva fatto in modo casuale, molto utile per la sopravvivenza. Cadendo, una delle sue massicce gambe si era impigliata nel sedile. La sua non era senz'altro una posizione comoda, e il tessuto dei calzoni era teso sui genitali, mettendone in risalto le dimensioni in un modo che la fece sentire in imbarazzo per lui. E che aveva uno stranissimo effetto su di lei. Bene, si disse, non aveva motivo di offendere la dignità di un altro essere vivente visto che lei stessa non sopportava le umiliazioni. Kris aveva un senso radicato della lealtà. Anche se l'aveva colpito per difendere la propria virtù, non per questo doveva creargli più disagi del necessario. Fino a quando sarebbe durato l'effetto del colpo? E, una volta ripresi i sensi, che cosa le avrebbe fatto? Bene, pensò, poteva sempre citare la legge dei catteni sulle rappresaglie, anche se era probabile che non valesse per schiavi e non-catteni. Frugò negli armadietti per trovare qualcosa con cui legarlo. Trovò un pezzo di robusta corda ma niente catene, forse l'unico deterrente in grado di resistere alla loro forza.
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Si sedette al posto del pilota e riesaminò la situazione. Era stata una giornata faticosa, e si stava per concludere. Bene, e se l'avesse riportato da dove era venuto? Con il calare dell'oscurità, il traffico diretto verso la città sarebbe stato intenso, così che nessuno avrebbe riconosciuto il flitter rubato; dopotutto, erano passati cinque mesi. Per quanto tempo i catteni tenevano esposti gli avvisi per i "ricercati"? Ventiquattro ore? Forse per i catteni emassi ma non per gli schiavi fuggiti... sempre che qualcuno avesse notato la sua scomparsa. Accese i comandi, rassicurata che, a quanto lui aveva detto, il serbatoio fosse pieno a metà. Non riusciva a ricordare quanto segnava l'indicatore quando era fuggita ma era un velivolo di tipo economico, motivo per cui era così diffuso. Conosceva le coordinate della città, a due ore abbondanti di volo da lì, ma il carburante sarebbe senz'altro bastato per riportarla indietro. In ogni caso, doveva disfarsi di Maometto. L'avrebbe abbandonato in periferia, dove un corpo inerte sarebbe passato inosservato. D'accordo, forse non la periferia dove gli schiavi e i parassiti vivevano in condizioni di semisquallore. Poteva comunque scegliere tra tutti quei luoghi di raduno, dove i catteni tenevano esercitazioni e riunioni pubbliche. Aveva partecipato a una o due con il cuoco, che considerava simili dimostrazioni utili per mantenere la disciplina. A lei era bastato assistere una volta alla scena di un ribelle frustato a morte con gli staffili; più che sufficiente per riattizzare il suo desiderio di sottrarsi a una simile disciplina. Accelerando, fece uscire il flitter a marcia indietro dal nascondiglio. Il suo era stato un atterraggio fortunoso, per niente programmato come aveva lasciato intendere a Maometto. Non aveva tenuto d'occhio l'altimetro la notte della fuga, né si era resa conto che le pianure che circondavano la città si erano trasformate in un terreno collinare. Aveva avvertito qualcosa che sfregava contro la pancia del flitter, era stata presa dal panico e il muso si era inclinato. Si era trovata in mezzo al boschetto, investita dalle spine scagliate dai cespugli infuriati, prima di riuscire a correggere l'errore. Aveva funzionato. Kris nutriva una fiducia incrollabile che le cose si sarebbero ri-
solte... a patto di vivere abbastanza a lungo per permettere che succedesse. Diresse il flitter verso sudest, ma non prima di aver rilevato di nuovo le coordinate per la ritirata. Sarebbe dovuta tornare con la luce del giorno, se voleva ritrovare il boschetto. I rami tornarono di scatto al loro posto appena il flitter li ebbe lasciati andare. Le luci della città erano un punto di riferimento più attendibile dell'indicatore di direzione. Soltanto lo spostamento dell'ago sul quadrante la informava che si trattava di una bussola. Supponeva che ci fosse un pilota automatico, ma non era riuscita a individuare il relativo comando. La sua esperienza era dovuta al fatto che, ogni giorno, doveva accompagnare il cuoco ai mercati per acquistare derrate fresche e, osservandolo, ne aveva afferrato i concetti fondamentali. Poi, quando aveva visto il flitter del comandante, non era riuscita a resistere alla tentazione. Come Oscar Wilde, era capace di resistere a tutto tranne alle tentazioni. Le era davvero utile aver studiato letteratura inglese! A essere preziose erano tutte le materie parascolastiche, come imparare a orientarsi, o il corso di sopravvivenza che aveva suscitato l'ilarità di sua madre, o anche quello di karate. Come mettere KO gli abitanti di pianeti ad alta forza di gravità. Diede un'occhiata a Maometto, ma lui non aveva mosso neanche un muscolo. Sembrava che avesse smesso di sanguinare. Illuminata, la città aveva un aspetto abbastanza gradevole, pensò, con alcuni degli stili architettonici più insoliti investiti dalla luce dei riflettori; non che l'enorme e incombente edificio del quartiere generale dei catteni, nel cuore di Barevi City, meritasse di vincere un premio. Si sarebbe detto che ci fossero un sacco di luci accese in città, oppure dipendeva dal fatto di vederla dall'alto, piuttosto che esservi dentro. L'illuminazione scarseggiava invece in periferia, mentre vi si avvicinava per trovare un posto adatto dove atterrare. Bene, avrebbe proseguito fino a uno dei luoghi di raduno. Erano circondati da tozze sagome di alberi piantati per fornire ombra al pubblico delle cerimonie dei catteni, e c'era tutto lo spazio per atterrare. Fatto abbastanza strano, non erano molti i flit-
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ter che entravano in città provenienti dalla sua stessa direzione. Be', dopotutto lei era arrivata dalla giungla. A quanto sembrava, c'era invece un numero notevole di velivoli militari, ben più grossi, provenienti dal Q. G. dei catteni. Stava succedendo qualcosa, intuì Kris quando aprì lo sportello del flitter. Regnava un baccano diffuso, e in esso c'era una nota minacciosa. Certo, spesso un brusio in lontananza sembrava più minaccioso di quanto lo fosse in realtà. Doveva affrettarsi e andarsene da lì al più presto per tornare al suo rifugio. Prese la corda che aveva visto nell'armadietto e legò i piedi di Maometto, quindi l'avvolse intorno al tronco tozzo di un albero. Se ne sarebbe servita come di un verricello per scaricarne il corpo. Piedi e gambe penzolavano già fuori, ma il sedere si era incastrato contro il bordo del telaio dello sportello. Era così impegnata a far superare l'ostacolo al suo deretano che non si accorse che il rumore si era avvicinato. Anche le luci. Perfino l'oscurità del luogo di raduno si era rischiarata. Sbirciando lungo i viali di accesso alla zona, riuscì a scorgere le luci. Torce? E il frastuono era decisamente minaccioso. Cosa stava succedendo a Barevi City? Il baccano la indusse a raddoppiare gli sforzi per buttare Maometto fuori dal flitter. Il suo tronco doveva pesare una mezza tonnellata perché non riusciva a smuoverlo. Non c'erano dubbi che il rumore si stesse dirigendo da quella parte, come il traffico aereo. Kris scavalcò il corpo inerte e tentò di sollevarne il torso per spingerlo fuori dallo sportello. Sarebbe caduto da un'altezza di una trentina di centimetri e, con la testa dura che si ritrovava, non si sarebbe fatto male. Grugnendo, sbuffando, con i piedi puntellati contro il montante del sedile del pilota, tentò in tutti i modi di spostare Maometto. Rumori e luci stavano invadendo l'estremità opposta del luogo di raduno. Kris decise che era meglio ricaricarlo sul flitter e filarsela! Ne scavalcò il corpo, gli liberò i piedi dalla corda e stava piegandogli le gambe per rimetterlo sul flitter quando udì il rombo sordo di una grossa astronave e sentì la pressione dell'aria sopra la testa. Ansimava per lo sforzo e non ebbe il tempo di tapparsi il
naso e la bocca quando la prima zaffata dolciastra e fin troppo familiare invase l'aria intorno a lei. Crollò sui piedi della sua vittima, chiedendosi perché fosse stata così sciocca da rischiare la libertà per un pezzo grosso catteni !
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Il fetore indescrivibile di una moltitudine di corpi spaventati, chiusi in uno spazio ristretto, il sibilo inconfondibile di uno staffile e un grido risvegliarono in Kris un incubo ricorrente. Era incuneata tra due corpi caldi e sudati, con la guancia contro una superficie dura e fredda, le ginocchia sotto il mento, in una posizione scomoda. Si stupiva di essere rimasta priva di sensi così a lungo. Forse non voleva ammettere di trovarsi in una cella catteni, che in quel momento era superaffollata. Era buio, anche se non come sul mezzo di trasporto. Non avrebbe saputo dire se fosse o no una benedizione. Si mosse con cautela, perché era tutta indolenzita e avvertiva lividi e graffi sulle gambe nude, sulle braccia e sulla faccia. Era bello sentire il freddo della parete contro la guancia dolorante. Ma ora che i suoi occhi erano aperti e si stavano adeguando alla semioscurità, scorse del movimento. Era un locale dal soffitto basso, del quale distingueva a malapena il perimetro. Il luogo brulicava di corpi, ma subito dopo vide che c'erano due aperture e che i corpi venivano spinti fuori, in uno spazio più luminoso. Le fruste dei catteni sibilarono di nuovo e quelli intorno a lei si affrettarono ad alzarsi in piedi, seguendo l'esempio delle file più esterne. Kris evitava di respirare a fondo per non sentire l'odore disgustoso dell'aria. Si alzò in piedi puntellandosi contro la parete. La persona alla sua destra emise un gemito di dolore. Kris si scoprì a tentare di aiutare la donna; era infatti una femmina deski, così leggera e dagli arti così esili da temere di poterle rompere un osso. Dovevano essere molto più robusti di quanto sembravano, pensò, altrimenti non sa22
rebbero mai sopravvissuti al rude trattamento che i catteni riservavano a tutte le razze. Lo staffile risuonò pericolosamente vicino a lei, che si chinò di scatto. Era uno degli svantaggi di essere alta, ma era riuscita a far alzare la deski e ne sorreggeva il corpo traballante. Anche i riflessi automatici del buon samaritano erano uno svantaggio, pensò. Non posso aiutare tutti, perciò, aiuta quelli che puoi. Con le due mani, afferrò la deski per le spalle inconsistenti e la sostenne mentre si allontanavano dalla parete, nella direzione verso la quale i catteni volevano che andassero... le porte. Dunque, lei - e Maometto - erano stati coinvolti in un controllo di massa dei catteni. Be', era probabile che lui ne fosse già fuori perché era difficile che lo ritenessero uno della folla che avevano domato con i getti gassosi. Come al solito, lei era stata di una tempestività impeccabile, così si trovava di nuovo al punto di partenza. Be', non proprio ma abbastanza vicino da far poca differenza. Tuttavia, se era fuggita una volta, poteva riprovarci. In un modo o nell'altro, doveva pur farsi animo. Adesso erano abbastanza vicine alla porta per vedere che il locale accanto era pieno di getti d'acqua: una di quelle docce di massa che i catteni usavano per lavare i prigionieri. Di tanto in tanto c'era una breve pausa quando il catteni di guardia alla porta strappava via gli indumenti. Kris digrignò i denti. La procedura aveva sottintesi che non le piacevano ma aveva già subito quel genere di trattamento nei recinti degli schiavi e ne era uscita viva... a respirare aria fresca. Qualsiasi cosa era meglio del fetore alle sue spalle. Spogliarla fu semplice. Il catteni si limitò a far scorrere il coltello lungo il davanti della sua tunica, gliela tirò da dietro e la spinse in avanti, nuda, sotto il getto caldo. Era una bella sensazione sentirsene investita dal basso, dall'alto e da tutti i lati. Aveva un odore solo leggermente migliore di quello del locale che aveva appena lasciato, ma il disinfettante era senza dubbio un'aggiunta saggia e ragionevole. Camminò il più in fretta possibile, tenendo lo sguardo fisso davanti a sé e fuori fuoco, in mo-
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do da non vedere niente. L'acqua era abbastanza calda da creare una foschia, così non c'era molto da vedere tranne corpi, verdi, grigi e di altre sfumature, che vi si muovevano attraverso. Subito dopo erano nella camera d'essiccazione, assaliti da getti d'aria quasi troppo caldi sulla pelle irritata dal disinfettante, ma Kris era asciutta quando raggiunse l'estremità opposta del locale. Una breve pausa all'uscita, dove le porsero un fagotto e le ordinarono con un gesto imperioso di affrettarsi a proseguire. Trovò spazio a sufficienza nello spogliatoio e s'infilò la tuta. Non sapeva come avessero calcolato la sua taglia, ma l'indumento le stava a pennello. I mucchietti che rappresentavano le calzature catteni si avvolsero intorno ai suoi piedi e ne presero la forma nel giro di pochi attimi. Un sistema pratico, dovendo adattarsi a una quantità di piedi dalle diverse forme e dimensioni. C'era anche una delle sottili coperte termiche che lei arrotolò e fissò alla spalla sinistra con i lacci attaccati alle estremità. Quando fu vestita, si unì alla fila che stava varcando l'entrata successiva, dove le diedero una tazza e un pacchetto di una ventina di centimetri di lato e spesso una decina. Seguendo l'esempio di altri, infilò il pacchetto sotto la coperta. Venne spinta fino al punto in cui villosi rugarian scodellavano un liquido fumante nelle tazze e alla fine le fu permesso di uscire, grazie a Dio, all'aria più fresca di un enorme luogo di raduno circondato da reticolati. Numerosi catteni marciavano lungo una sovrastante passerella e facevano sibilare le fruste, per ricordare ai prigionieri che erano sorvegliati. Avendo notato che le pareti perimetrali erano occupate dai primi arrivati, Kris si fece strada verso il centro, l'altra zona di solito fuori dalla portata degli staffili. Iniziò a sorseggiare la sua zuppa. Era calda e liquida, due qualità che il suo intestino apprezzò, ma era il genere di cibo insapore e nutriente prodotto in serie per i prigionieri. Kris notò che alcuni avevano aperto i pacchetti con le razioni di tavolette che venivano distribuite agli schiavi. Dal modo in cui le razioni venivano divorate, era evidente che non tutti avevano mangiato con regolarità. E se i catteni distribuivano razioni in anticipo, Kris sospettava che avrebbe fatto meglio a tenersi strette le sue. Loro non fa-
cevano niente per carità, ma solo e sempre per opportunismo. Un fragore metallico riecheggiò sopra la folla silenziosa quando vennero chiuse le porte attraverso le quali era sfilata la gente. Kris si chiedeva cos'altro sarebbe successo ma essere puliti e nutriti era, in un certo senso, confortante. Le conversazioni non erano mai incoraggiate in adunate simili e, pur avendo notato che c'erano rappresentanti di tutte le razze più comuni che popolavano Barevi City, e che lei si trovava in un gruppo di terrani, nessuno le aveva rivolto la parola. Inoltre, tutti evitavano di guardarsi. Ci fu una seconda serie di fragori metallici e gli staffili sibilarono di nuovo sulla folla. Quella volta vennero spinti verso otto aperture che, come vide quando raggiunse la più vicina a lei, davano su una rampa. Dove li avrebbero condotti? Un mormorio terrorizzato si levò da quelli che stavano già salendo la rampa; ci fu anche qualche occasionale grido d'angoscia, ma nessuno avrebbe potuto indietreggiare perché la rampa era stretta e munita di sbarre. Apparvero alcuni catteni muniti delle corte mazze con cui si assicuravano che i prigionieri continuassero a muoversi. Le mazze facevano più male degli staffili e tutti e due potevano essere letali. Mentre veniva incalzata verso la rampa dai corpi alle sue spalle, la statura permise a Kris di vedere al di sopra delle teste e verso un luogo buio. Una volta più vicino, avvertì anche l'odore acre di metallo mescolato a quello di carburante, e si rese conto che venivano stipati su un qualche mezzo di trasporto, contiguo alla zona industriale. Doveva riconoscere che i catteni sapevano come costringere i più restii a fare quello che loro volevano che facessero e ad andare dove volevano che andassero. Niente a che vedere con Disneyland! Fu bloccata dalla mazza di un catteni che le sbarrava la strada. Trattenne il fiato per non farsi toccare mentre un portellone si chiudeva davanti a lei. La rampa, che era stata puntata verso un livello inferiore, ora ronzava sommessamente e si spostava allo stesso livello della passe-
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rella su cui si trovava Kris. Si aprì un secondo portellone, la mazza fu sollevata e lei si precipitò nell'astronave. Insieme a quelli che emergevano dalle altre sette entrate, attraversò in fretta il compartimento dal soffitto basso, fino alla parete opposta. Mentre si sedeva per reclamare il proprio spazio, ebbe l'occasione di osservare la gente che si ammassava intorno a lei. Trasalì per lo stupore quando vide l'inconfondibile figura di Maometto che si chinava per varcare una bassa porta. Ebbe ben poco tempo per digerire la sorpresa, e ancor di meno per mettersi comoda e per nascondere il pacchetto del cibo al sicuro sotto la tuta. Di colpo, aveva difficoltà a tenere gli occhi aperti e una strana fiacca le dilagava nelle gambe e nelle braccia. Guardandosi in giro, si accorse che non era l'unica in quelle condizioni. Dunque, la zuppa era stata drogata. Perché non ne era stupita? Alcuni si piegavano in due entrando ed era necessario spingerli da parte per far posto agli altri. Altri si trascinavano carponi per stendersi in uno spazio libero. Eccoci di nuovo in viaggio, fu il suo ultimo pensiero cosciente. Kris si svegliò con la sensazione di avere tutti i muscoli aggrovigliati e di essere coperta di lividi. Le doleva la testa, aveva la bocca arida e lo stomaco così vuoto da darle la nausea. Avvertì di nuovo la pressione di corpi caldi ma l'aria era fresca, non puzzava, e i suoi polmoni se ne riempirono con gratitudine. Aveva gli occhi incollati e dovette lottare con le ciglia per aprire le palpebre. Quello che vide la indusse ad abbassarle in fretta mentre si apostrofava con severità per riprendersi dallo shock. Era sdraiata in un campo di corpi, corpi davanti, di dietro, a sinistra e a destra. E di sicuro non si trovava su Barevi. Non con quel cielo color lavanda. Da qualche parte alla sua destra era in corso una discussione o, quanto meno, forti voci maschili intermezzate da grugniti e mugugni. C'era anche un sottofondo di lamenti e gemiti. Non era l'unica a tornare in sé dopo quella dannata zuppa. Si costrinse a muoversi e riuscì a sollevarsi su un gomito, ignorando le fitte della carne maltrattata e i musco-
li irrigiditi. Battendo le palpebre per schiarirsi la vista, voltò con cautela la testa in direzione della discussione. Un gruppo di maschi stava chiaramente disputandosi il possesso di una fila di casse. Diversi di loro vi erano saliti sopra e lame di coltelli brillavano alla luce del sole. Quelli a terra erano per lo più alieni: i tur, tarchiati e dall'aspetto di gnomi, con i quali non era mai piacevole avere a che fare, e più propensi a grugnire che a parlare, alcuni rugarian villosi e gli ilginish dalla pelle verde. Bene, di sicuro i coltelli non erano stati distribuiti prima della partenza. Perché erano disponibili a destinazione? In modo che i prigionieri potessero far fuori un numero sufficiente di anime e così averne di più per i vincitori? Non era un'ipotesi verosimile, nemmeno per i metodi dei catteni. A meno che non ci fossero catteni da quelle parti. Kris si rizzò a sedere, notando che altri erano coscienti ma decisamente incerti su come comportarsi. Non c'erano catteni in vista. Nemmeno Maometto, benché anche lui dovesse trovarsi lì, dal momento che era salito a bordo del mezzo di trasporto. - Hai soltanto due mani. - Le parole urlate giunsero fino a lei e vennero ripetute in lingua barevi. Gesti inequivocabili sottolinearono le parole successive. - Adesso hai tre coltelli. Coraggio. Vattene. Fila. Togli le tende! Le ultime parole furono pronunciate in inglese. Americani! Kris sorrise di orgoglio fatuo per il suo compatriota. Rimase a osservare finché il capannello di alieni si allontanò, risalì la collina e scomparve dalla vista. Seguendoli con lo sguardo, fece un'altra scoperta: non solo il cielo era del colore sbagliato, ma anche le sagome degli alberi che bordavano il campo erano insolite. A quanto poteva vedere, non avevano foglie ma una specie di ciuffi a spazzola di una sfumatura che si avvicinava al verde. Non le era più possibile ignorare l'arsura della bocca e della gola, soprattutto dopo che, esaminando la scena, ebbe visto cinque o sei persone inginocchiate presso quello che doveva essere un corso d'acqua dal momento che vi immergevano le loro tazze e bevevano. Solo allo-
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ra si rese conto di avere le dita della mano sinistra indolenzite a furia di stringere la sua tazza, nella quale c'erano ancora tracce della zuppa drogata. L'avrebbe sciacquata a fondo prima di servirsene. Non avrebbe neanche esagerato nel bere, si disse, ricordando di nuovo il corso di sopravvivenza. Nessuno di quelli che stavano bevendo dava l'impressione di soffrire di effetti negativi, e osservarli dissetarsi divenne insopportabile. Doveva bagnarsi la bocca, la gola e l'intestino. Compì uno sforzo per alzarsi in piedi, sempre stringendo la tazza, e urtò la persona sdraiata al suo fianco. Evitò di caderle addosso appoggiando la mano libera su un'anca ossuta e spigolosa. - Chiedo scusa - fu la sua reazione automatica, ma il corpo non ebbe neanche un guizzo. Era anche freddo e rigido al tatto attraverso il tessuto della tuta. Allarmata, scrutò il volto incavato e dalle guance cascanti... una deski e, a giudicare dalla bocca aperta e dagli occhi sbarrati, un'altra vittima dei metodi dei catteni. - Povera diavola - mormorò, scossa da un tremito spasmodico. Al secondo tentativo riuscì ad alzarsi, sia per allontanarsi dal cadavere sia per arrivare all'acqua. Si avviò in linea retta al torrente ma, accorgendosi di cosa vi stavano facendo alcuni, si diresse a monte. Mentre vi si avvicinava, vide che costeggiava il campo, uscendo dall'alta e strana vegetazione e scorrendo in cascatelle prima di sparire oltre gli alberi, al limitare inferiore. Il gorgoglio dell'acqua la spinse ad accelerare il passo e solo il più rigido autocontrollo la trattenne dal gettarsi a pancia in giù e immergere la faccia nelle acque limpide. Il fondo roccioso sul quale scorrevano doveva depurarle dalla maggior parte delle impurità. Inoltre, se i catteni li avevano lasciati vicino all'acqua, era probabile che l'avessero analizzata. Fino a quel momento, nessuno a valle aveva mostrato effetti negativi, anche se la disgustava il modo in cui stavano contaminando il torrente. Si sedette sui talloni e sciacquò la tazza, dando anche lei il suo piccolo contributo all'inquinamento quando i residui della zuppa vennero trascinati via. Immerse la tazza e raccolse quel poco di acqua che bastava per coprirne il
fondo. Ne bevve un sorso per inumidirsi le labbra. Con un secondo sorso si sciacquò l'interno della bocca, lasciando che i tessuti riarsi assorbissero il liquido. La gola esigeva la sua parte. Deglutì lentamente, cercando di mandar giù l'acqua una goccia dopo l'altra. Scese, fresca, fino alla bocca dello stomaco, e il suo organismo ne reclamò subito dell'altra. Ormai le sue papille gustative si erano risvegliate abbastanza da apprezzarne il sapore; era un'acqua di gran lunga migliore di quella che aveva bevuto a Philadelphia o in Colorado, ottima e genuina acqua di sorgente. Tra la gente a valle scoppiò un rumoroso alterco. Oddio, non era una vera e propria lite perché, servendosi delle tazze, si spruzzavano a vicenda. Alcuni si allontanarono, mettendosi fuori portata e limitandosi a osservare la scena. Anche Kris la osservava, sorseggiando dalla sua tazza. Non si sarebbe lasciata coinvolgere in nessun gruppo, non prima di aver capito alcuni particolari: per esempio, dove si trovavano? Cosa ci facevano lì? C'erano catteni che li sorvegliavano con discrezione? Oltre ai coltelli, cosa c'era in quelle casse e chi se n'era impadronito? Intendeva procurarsi almeno un coltello. Preferibilmente due... uno da nascondere nello stivale. Il già ridicolizzato corso di sopravvivenza le aveva insegnato come affilare, usare e lanciare un coltello. E i tizi in cima alle casse erano esseri umani. Placata la sete, il suo stomaco iniziò a brontolare. Infilò una mano sotto la tuta, ne tirò fuori il pacchetto e lo aprì con cura. Ecco perché avevano ricevuto in anticipo la scorta di cibo; per nutrirsi una volta arrivati a destinazione. Un luogo con acqua corrente a disposizione. Non sapendo assolutamente da quanto tempo non mangiava, o beveva, spezzò un terzo della tavoletta e la mordicchiò con cautela, alternandola a prudenti sorsi d'acqua. Quando ebbe terminato la sua porzione, si sentì molto meglio. Si alzò e si guardò in giro con maggiore interesse. Altri corpi stavano circolando tra quelli stesi a terra, come vittime di una sciagura, fila dopo fila. Il campo doveva misurare almeno un ettaro ed era affollato. Qua e là c'erano spazi vuoti dove la gente si era alzata. Kris calcolò che c'erano più spazi vuoti del numero delle perso-
ne in piedi che riusciva a vedere. In quanti erano stati scacciati dai tizi sulle casse? Immerse la tazza nel torrente e sorseggiò l'acqua fresca e pura mentre girava intorno ai corpi, diretta alle casse. Quando riuscì a vederne entrambi i lati, si accorse che all'estremità opposta ciondolavano alcune persone: per lo più terrani e, tra gli altri, diverse donne. Era rassicurante. - Cosa state sorvegliando, amici? - chiese quando fu abbastanza vicina, con un gesto cordiale della mano libera. Kris era abituata alle reazioni alla sua figura alta e slanciata. Non guastava mai essere bionda e piuttosto attraente. Aspettando che gli uomini esaurissero il solito repertorio di commenti banali e allusioni, continuò a sorridere e a sorseggiare acqua, tenendosi a distanza di sicurezza dal più vicino. - Qualcuno ha scoperto dove ci troviamo o cosa hanno fatto di noi? - Rivolse la domanda agli uomini in cima alle casse. Adesso poteva vedere che la maggior parte erano state forzate per controllarne il contenuto. Oltre a una notevole quantità di coltelli, scorse altri oggetti. - Coltelli, accette - rispose l'uomo. Era un tipo di corporatura massiccia, vicino alla trentina, e aveva l'inconfondibile portamento del militare. Aveva due coltelli infilati nella cintura e, a giudicare dal rigonfiamento dei calzoni alle caviglie, ne aveva altri due in ciascuno stivale. La sua coperta termica era piena zeppa di altri oggetti perché pendeva rigonfia attraverso il torace. - Alcune cassette del pronto soccorso con bende e quella roba arancione che i cat versano su tutto quello che sanguina. - Ne hai tu la custodia? L'uomo fece un gesto con una mano e un secondo terrano balzò a terra, con un coltello sul palmo aperto e il manico rivolto verso di lei. Come il primo che aveva parlato, era armato di coltelli supplementari. - Posso mostrarti come si usa, bellezza? - le chiese con un sorriso lascivo. - Vuoi dire... così? - Kris prese il coltello dalla sua mano e lo soppesò un momento per valutarlo, prima di
lanciarlo contro la cassa più vicina, dove rimase conficcato. - Uau! - L'uomo fece un balzo indietro, alzando le mani in un gesto di difesa. Kris scorse sopra di sé una lama nella mano del tipo con l'aria del militare. - Non intendevamo offenderti, sorella. - Nessuna offesa - ribatté lei in tono leggero, e recuperò il coltello, controllandone la punta per assicurarsi che non si fosse smussata. - Acciaio ottimo. - Non è acciaio - disse il tipo militare, accovacciandosi per essere alla sua stessa altezza. Tese la mano, disarmata. - È bello incontrare una donna che conosce il valore di un coltello. Chuck Mitford. - Esercito? - chiese Kris. - Marina - la corresse lui in tono deciso, come reagivano di solito i marine a una simile domanda. - Kris Bjornsen. Dove sei stato catturato? - Di recente? - domandò lui, con notevole amarezza. - O intendi sulla vecchia cara Terra? - Tutti e due - rispose Kris, riprendendo a sorseggiare l'acqua che non aveva versato quando aveva dato prova della sua bravura con il coltello. - Alcuni dannati imbecilli hanno scatenato una sommossa a un raduno disciplinare - spiegò Mitford con la cadenza meridionale che era diventata una norma tra le forze armate americane. L'altro uomo sembrava sul punto di esplodere. - D'accordo, d'accordo, c'erano anche dei terrani tra quei disgraziati che stavano frustando a morte, ma è stato stupido aggredire i catteni anche se eravamo molto più numerosi di loro. - Emise un'esclamazione di disgusto. - Ne abbiamo prese abbastanza da loro, sergente disse l'altro, sempre più risentito. Mitford si comportava proprio come un sergente, pensò Kris, decidendo che sarebbe stato un buon alleato. - E guarda cosa ci abbiamo guadagnato - sbraitò Mitford di rimando. - Il nostro Arnie non ha mai combattuto contro forze superiori. È convinto che basti essere coraggiosi per sconfiggere i dittatori. Ero in licenza a Lubbock, Texas - proseguì, ignorando Arnie - quando
siamo stati aggrediti, e ho perso ogni traccia della mia famiglia - concluse, serrando le labbra. - Denver - disse Kris. Si rivolse ad Arnie. - E tu? -DC. Lei non aveva incontrato nessuno della zona di Philadelphia, perciò poteva darsi che i suoi familiari fossero a casa, sani e salvi. Sempre che la casa fosse un posto sicuro. - Posso avere un po' di quei medicinali, se ne avanzano? - Certo. - Mitford camminò in cima alle casse mentre lei lo seguiva stando a terra. Amie si mantenne con discrezione a un passo di distanza da lei. - Ho pensato che sarebbe stato meglio se qualcuno avesse preso in custodia questo genere di provviste - proseguì Mitford, indicando un'altra cassa di coltelli. Alla successiva, si chinò e si rialzò con un'accetta, che le porse. - Ecco. Tanto vale che tu abbia anche una di queste. Non ci sono altre razioni di tavolette, perciò fatti durare quelle che hai fino a quando avremo scoperto cosa c'è di commestibile su questo fottuto pianeta. - Era mia intenzione - rispose Kris, infilando l'accetta nella cintura, dietro la schiena. Aveva tagliato un pezzo della coperta termica per proteggere le lame. Mitford le porse una borsa completa di tracolla. - Non contiene molti medicinali. A quanto pare, i cat non ne usano. Hanno la pelle dura, quei figli di puttana! - Ehi, sergente! - urlò un uomo, precipitandosi verso di loro e indicando alle sue spalle. - C'è un catteni! Si sta svegliando. Uccidiamolo, prima che uccida noi. Ordinando agli altri di seguirlo, Mitford balzò a terra, con un coltello stretto in mano. - Un momento - disse Kris, alzando le mani. - Se c'è un catteni qui con noi, anche lui è un prigioniero. - Chi se ne frega? È un cat e i cat devono morire - replicò Amie, aggirandola. Kris li seguì, accelerando il passo per raggiungere Mitford che aveva assunto il comando. - Sergente, ho visto un catteni nella stiva in cui ero rinchiusa. Ed è un brav'uomo.
- Non ci sono cat bravi! - ringhiò Mitford, fendendo l'aria con la mano. - Ce ne sono - replicò lei con altrettanta veemenza. E se lui è quello che penso, non ucciderlo. - Mi chiedi troppo, ragazza. - Non subito, almeno. Usa il cervello che Dio ti ha dato, Mitford. Se è il catteni che penso io, saprà un sacco di cose che dobbiamo scoprire su questo posto. A meno che non ci siano dei manuali in quelle casse. Mitford si arrestò di colpo e i tre uomini che lo seguivano andarono a sbattere contro la sua schiena. Socchiudendo gli occhi, la fissò in cagnesco. - Vorresti spiegarmi come fai a saperlo, ragazza? - Ho assistito alla scena di altri catteni che gli davano la caccia. L'hanno colpito in volo, quindi hanno fatto esplodere i rottami dell'aereo e hanno perlustrato la zona per accertarsi che fosse saltato in aria anche lui. - Come mai, allora, è vivo e si trova qui? - volle sapere Arnie. - Pensando che fosse uno schiavo fuggito come me, l'ho nascosto sotto una cascata finché gli inseguitori se ne sono andati. Soltanto allora siamo stati catturati insieme - rispose Kris. Corrispondeva più o meno alla verità. - Quando sono rinvenuta in carcere, ho pensato che l'avessero rimesso in libertà. I catteni non possono nutrire rancore per più di ventiquattr'ore. - Mitford indicò con un cenno del capo di esserne al corrente. - Dovevano odiarlo a morte per scaricarlo con noi. Inoltre, non fareste altro che pelar la gatta per i catteni. - Mitford la fissò, accigliato, e lei capì che era stata una mossa intelligente tirare in ballo quell'argomento. Maledizione, amico, loro si aspettano che lo facciamo fuori, non credi? Perciò, scopriamo prima quello che sa. Dopo, puoi anche ucciderlo. - Lo disse in tono noncurante, sperando con tutto il cuore che Maometto fosse in grado di mostrarsi abbastanza utile da convincerli a non eliminarlo. Le sembrava strano pensare così di un catteni, ma lui era diverso dagli altri... - Un po' di informazioni su questo posto non guasterebbero - ammise Mitford con riluttanza, guardandosi in giro. Fece una smorfia. - C'è troppo ordine per essere un
mondo disabitato, e preferirei sapere subito cosa ci aspetta, prima di trovarci a mal partito armati soltanto di coltelli e accette. Si avvicinò all'uomo che aveva scoperto il catteni, il quale gli indicò la direzione giusta. Era proprio Maometto, e Kris si inginocchiò al suo fianco per voltarne la grossa testa e mettere in mostra la tempia dove l'aveva colpito. C'era una cicatrice ma era ben rimarginata. - Oh-ho - commentò. - Oh-ho cosa? - chiese Mitford mentre gli altri uomini si disponevano intorno a Maometto. Le loro espressioni erano ostili e la maggior parte impugnava coltelli. Kris indicò la cicatrice. - Questo è il punto dove l'ho colpito. E si è cicatrizzato. Ne abbiamo impiegato, di tempo, per arrivare qui. - Uccidiamolo prima che si svegli - ringhiò Amie, chinandosi con il coltello alzato. - No! - Il tono di Mitford era così imperioso che Arnie si raddrizzò di scatto. - La ragazza non ha tutti i torti quando propone di lasciarlo vivere, in modo che possa parlare. Non mi dire che parla inglese? - Adesso nello sguardo di Mitford c'era un po' più di rispetto per lei, e Kris capì che la sospettava di essersi fatta abbindolare da Maometto. - Conosce la lingua barevi abbastanza da farsi capire. Kris rovesciò la poca acqua che restava nella tazza sulla faccia del catteni, il quale reagì sollevando una ma- no e rotolandosi su un fianco. Quando il suo piede incontrò la gamba di qualcuno, lo vide irrigidirsi. La ritirò e, con un unico agile movimento, si alzò in piedi: teneva le braccia leggermente scostate dal corpo, sul chi vive e pronto a difendersi, pur trovandosi in svantaggio contro tutti quegli uomini armati di coltelli. - Ehi, calma - disse Kris, fronteggiandolo. _ Ti ricordi di me? Lui le lanciò una rapida occhiata ma riportò subito lo sguardo su Mitford. Benché il sergente non impugnasse un coltello, Maometto l'aveva già identificato come il capo. Kris lo promosse a pieni voti in intuizione. - Sì. Hai rubato il flitter del comandante - rispose lui in lingua barevi.
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- Sei stata tu? Disgraziata! - esclamò Arnie accostando il volto al suo. Aveva un alito disgustoso, ma lei gli tenne testa e lo guardò dall'alto in basso, di nUOVO grata per quei centimetri in più che le avevano rovinato l'adolescenza. - Mi hanno frustato per colpa tua! - Arnie scostò la tuta dalla spalla per farle vedere i segni ancora arrossati che gli solcavano la pelle. - E lo stesso è successo ad altri cinquanta alla riunione disciplinare che hanno indetto a causa tua! Non è meno pericolosa del catteni. Non c'è da stupirsi che non volesse ucciderlo - Arnie guardò le facce dure degli altri, incitandoli a dargli man forte. - Piantala, Arnie - disse Mitford, sollevando il braccio destro in una mossa di karate. - Possiamo occuparci di lei più tardi, ma prima scopriamo cosa sa questo bastardo. Kris aveva di nuovo la bocca arida ed era spaventata a morte, ma non avrebbe potuto permettere che uccidessero Maometto senza intervenire. Glielo doveva, se non altro per averlo messo in pericolo prima che fosse passata la moratoria di ventiquattr'ore. Era sicura che fosse quello il motivo per cui si trovava incastrato lì con loro. Senza volerlo, aveva detto la verità: i catteni lo odiavano abbastanza da accertarsi che facesse una brutta fine. - Ehi, sergente - gridò qualcuno dalla parte opposta del campo, e tutti si voltarono a guardare. In quel lasso di tempo, altre persone si erano svegliate e si stavano dirigendo alle casse. Occorrevano rinforzi. - Vieni con me - disse Mitford a Maometto e gli indicò con un cenno della testa di seguirlo. - Anche tu aggiunse con freddezza a Kris. Per un attimo, lei prese in esame l'idea di chiedere scusa ad Arnie, ma decise che non ne valeva la pena. Arnie non le sembrava tipo da perdonare, e forse non avrebbe fatto altro che peggiorare le cose. Maometto non si era mosso e, quando due degli uomini lo minacciarono con i coltelli, li ignorò e fece cenno a Kris di precederlo. Lei si affrettò a raggiungere Mitford, seguita dalle esclamazioni degli uomini.
- Ehi, la conosce molto bene - commentò uno di loro in tono lascivo. - Eppure, lei gli ha dato una botta in testa. - Già, ma prima o dopo, Murph? - Prima, Murph - rispose Kris, mettendo nella voce tutta l'asprezza di cui fu capace. Non era difficile, considerando quanto era spaventata. La situazione si era messa molto male. - E questo vale per chiunque abbia per la testa idee sconce. - Si avviò a testa alta, sfoggiando una sicurezza che era ben lontana dal provare. Una volta tornati alle casse, Mitford fece segno a due degli uomini di sorvegliare lei e Maometto mentre si occupava dei nuovi arrivati. Salì con un balzo su una cassa e, incrociando le braccia, iniziò il suo discorso. - Sono qui per controllare che le scorte vengano distribuite in modo equo. Perciò, fatevi avanti uno alla volta. - Lo ripetè in lingua barevi, parlandola con una scorrevolezza che sorprese Kris. Arnie l'aveva raggiunto sulle casse ma alcuni di quelli che ciondolavano intorno cedettero alla curiosità e si avvicinarono a Kris e a Maometto. - Cosa ne faranno del cat? - Mitford intende interrogarlo - rispose il più dinoccolato dei due, che superava Kris di una testa ed era alto quasi quanto Maometto. - Bene, Murph, adesso dai una mano ad Amie con le scorte - ordinò Mitford, balzando a terra. - Ehi, cat, spiegami perché dovremmo lasciarti vivere. - Cosa vuoi sapere? - chiese Maometto in barevi, in tono pacato e con diplomazia. Kris provò un'ondata di sollievo. Grazie al cielo aveva abbastanza buonsenso, per essere un catteni, da capire che la sua era una situazione molto pericolosa. - Dove ci troviamo. Chi vive qui. Ci sono animali feroci. Cosa possiamo mangiare senza rimetterci la pelle. Mitford batté sulla coperta dove aveva riposto la sua razione di tavolette. - Queste non dureranno a lungo. Dalla gola di Maometto uscì un suono raschiante; cercò di schiarirsela. Kris sapeva che doveva essere non meno assetato di tutti gli altri, ma non osava chiedere il
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permesso di portargli dell'acqua. Non doveva mostrarsi parziale con lui, tanto meno aiutarlo. - Ehi, dammi quella tazza, Bass - disse Mitford, schioccando le dita a uno degli astanti. - Uh? Vuoi dare da bere a un cat? - Sì, se lo aiuta a dirci quello che ci occorre sapere. Dammela. È da mezz'ora che ti stai ingozzando di acqua. - Mi piace! - Bass consegnò comunque la tazza. Bada che la voglio indietro. Maometto tese la propria tazza e, con un cenno del capo a Bass, accettò l'acqua che Mitford vi versò dentro. Ne bevve un piccolo sorso, si sciacquò la bocca, quindi ne bevve uno più generoso. - Ricordo alcuni particolari di un rilievo topografico di questo pianeta, ma non ho letto tutto il rapporto. - Cos'hai letto, allora?- chiese Mitford. - Giornate più lunghe, clima mite, alcune... - Maometto aggrottò la fronte, cercando di trovare le parole ...specie mai viste. Tre tipi mortali. - Fece una pausa per bere un altro sorso, quindi disegnò un cerchio con la tazza per indicare il campo. - Meglio andarsene presto da qui. Campo aperto pericoloso. - Allora, perché ci hanno sbarcato qui? - chiese Arnie dalla sua posizione vantaggiosa in cima a una cassa. - Così da farci uccidere? - No. - Maometto scosse la testa, con un sorriso mesto sulle labbra. - Per vivere, per combattere quello che c'è qui. È così che i catteni colonizzano i pianeti... quelli difficili. - Terminò di bere la sua acqua, inclinando la tazza per assicurarsi che non ne restasse neanche una goccia. Quindi rimase immobile, con gli occhi che si spostavano lentamente da una faccia all'altra prima di tornare a puntarsi su Mitford. - Come mai sei stato spedito qui con tutti noi? - chiese il sergente. Maometto lo guardò a lungo, perplesso. - Vuoi ripetere? - Li sorprese parlando in un inglese dall'accento marcato. - Anche tu ti trovi qui - disse Kris, riformulando la domanda. - Perché?
Lui si strinse nelle spalle senza guardare nella sua direzione. - Io uccidere. Io fuggire. Io sono... preso. Non ancora passato un giorno. - Si strinse di nuovo nelle spalle. - Hai ucciso un altro catteni? - chiese Mitford e Maometto annuì: - Ti hanno deportato per questo? - Non ancora passato un giorno. - È la regola di cui parlavi? - Mitford chiese a Kris, che annuì. - Perché uccidere un catteni? Maometto sbuffò e, dalla sua espressione, era chiaro che non si aspettava di essere creduto. - Lui insultato emassi e ucciso quattro schiavi senza motivo. - Schiavi? Come noi? - Mitford si puntò il pollice al petto. Maometto annuì. - L'amico è troppo astuto - mugugnò Amie. - Abbastanza astuto da mentire per salvare la pelle. - Non credo che stia mentendo - replicò Mitford. Mi è giunto all'orecchio qualcosa il giorno di quella sommossa. A proposito di certi cat che davano la caccia a un capitano cat perché aveva ucciso il loro capo pattuglia. - Capo pattuglia - ripetè Maometto, riconoscendo le parole e annuendo. - Io uccidere. Non saggio... D'un tratto, tutti avvertirono un misterioso rumore. - Giù. Tutti giù, immobili! - ordinò Maometto, buttandosi a terra. Il tono della sua voce era autoritario. - L'avete sentito disse Mitford, gesticolando con frenesia verso quelli in piedi sulle casse. - Scendete, stupidi, e restate immobili! Il rumore crebbe d'intensità, perforando i timpani. Alcuni di quelli che si stavano alzando tornarono a sdraiarsi, tappandosi le orecchie. I due deski che avevano ricevuto i loro coltelli gemettero e si rannicchiarono contro le casse. Un'ombra proveniente da ovest precedette la sagoma che sorvolò il campo mentre il suono misterioso si trasformò in un grido sibilante. Qualunque cosa fosse era enorme, e si avventò di colpo a capofitto. Alcuni sventurati lanciarono un urlo terrorizzato che si spense mentre il mostro volante si allontanava con la sua preda. Kris vide un breve agitarsi di braccia e gambe prima che tutto
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tornasse immobile. Il rumore misterioso cessò altrettanto bruscamente. - Cosa diavolo... era quello? — gridò Arnie. - Mortale - disse Maometto, quindi indicò le sagome degli alberi lungo il bordo più alto del campo. - Guardia? - chiese, dando al tempo stesso un suggerimento a Mitford. - Gridare per dare allarme? - Ce ne sono molti in circolazione? - chiese Mitford. - Non lo so. Uno non ti basta? - replicò Maometto in tono flemmatico. - Già, uno mi basta. Murph, tu che hai una voce sonora, vai con Taglione lassù e monta la guardia. Qualcuno ha visto chi era la vittima? - gridò a quelli all'estremità opposta delle casse, che avrebbero dovuto avere una visuale migliore. - Non ho visto. Sembrava uno di noi. - È probabile. Abbiamo più carne attaccata alle ossa dei deski - replicò Mitford, guardando le esili creature che gemevano, tuttora rannicchiate contro le casse. - Voi deski sapete cosa sono quelli? - chiese a uno di loro in barevi. Scossero entrambi la testa ma staccarono le mani dalle orecchie. - Il rumore fa male alle orecchie dei deski - disse Maometto, alzandosi in piedi e spolverandosi. - Loro udire prima di altri. Mandali di guardia. - Buona idea, cat - e Mitford impartì gli ordini. I due deski tentarono di svignarsela ma il sergente incaricò Murph e Taglione di scortarli. Maometto li apostrofò con un diluvio di suoni e loro ubbidirono senza esitare. - Parli deski? - gli chiese Mitford. - Deski, ilginish, turski e rugash - rispose Maometto. - Non molte parolle anglesi - aggiunse in inglese. Cappire meglio se parlare lento. - Bene, ottima cosa - disse Mitford. Girò lo sguardo sui suoi alleati, soffermandosi in particolare sul recalcitrante e insoddisfatto Arnie. - Mi pare che alcuni degli alieni non abbiano capito il mio messaggio. Maometto annuì. - Facile dire che non cappire... non piacciono ordini.
Mitford scoppiò in una risata fragorosa. - Ben detto, cat. Credo che ti terremo in vita ancora per un po'. - Grazie - replicò Maometto, accennando un inchino. - Nome? Rango? - gli chiese il sergente, ignorando i mormorii di disapprovazione che accolsero la sua decisione. Quando il malumore crebbe, si voltò di scatto. Ascoltate, siete stati voi a chiedermi di assumere il comando, perciò tenete la bocca chiusa quando prendo una decisione. Qualcuno deve pur farlo. Io sostengo che questo bastardo ci è più utile vivo... finché non dimostra il contrario. Ha già salvato la pelle a qualcuno poco fa. Se non siete d'accordo, liberi di andarvene per la vostra strada. Capito? La protesta degli esseri umani si placò e Kris sentì che le tremavano le ginocchia per il sollievo. Aveva anche di nuovo la bocca secca per la tensione. - Dunque, nome e rango - disse Mitford, rivolto a Maometto. - Zainal, emassi - rispose lui, ma Kris sapeva che non era la parola catteni per capitano. - Mitford, sergente, quindi tuo superiore. - La bugia di Mitford era così lampante che Kris tossì per mascherare una risata. - Vado a prendere altra acqua - annunciò, e si allontanò senza attenderne il permesso. - Acqua buona - commentò Maometto Zainal in tono pacato. - D'accordo, ma ho altre domande da farti, emassi Zainal. - Chiamami Zainal. Kris sorrise nell'udire quella rettifica, ma Zainal proseguì imperterrito verso il torrente. - Non avresti dovuto lasciarlo andare così - protestò Arnie. - Così come? Va soltanto a bere. Dove potrebbe andare? E ora, rimettiamoci al lavoro. Rallegratevi che non vi abbia chiesto di andargli a prendere l'acqua. - Mitford ignorò le bestemmie di Amie e proseguì: - Ecco che arrivano altri clienti. Concludiamo prima che quei mostri volanti facciano un'altra incursione.
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- Non capisco perché dovresti credere a quel cat - insistette Arnie. - E hai permesso a quella stronza di cavarsela... - Chiudi il becco, Arnie. Kris bevve due tazze piene di acqua prima di voltarsi a guardare verso le casse. Zainal, un nome interessante, pensò, l'aveva preceduta e si stava dirigendo verso Mitford, il quale fissava il campo coperto di corpi ancora immobili. Il catteni aveva gestito con abilità una situazione molto difficile e, al tempo stesso, l'aveva tirata fuori dai guai. Lo vide osservare il campo disseminato di corpi e fare una breve pausa per esaminare i più vicini. Tese le orecchie per udire cosa diceva a Mitford; la sua voce profonda le arrivava chiara. - Ci sono morti. - I catteni prevedono perdite? - Pe-dri-te? - Morti. - È stato viaggio lungo. - Zainal si toccò la cicatrice alla tempia. - Alcuni troppo deboli. Non sentire niente. - Lo immagino. - Imprudente stare qui vicino a morti - aggiunse Zainal. - Pericolo volante non unico. - Quanto ne sai di questo pianeta? - chiese Mitford, un po' sospettoso. Zainal emise un lungo sospiro. A Kris non sfuggì la sua espressione di rimpianto: lui, almeno, non faceva un mistero dei suoi stati d'animo, come la maggior parte dei catteni che aveva incontrato. Era un modo di comunicare quando il linguaggio si dimostrava inadeguato. - Non abbastanza - rispose con palese rammarico. Adesso, anch'io sono qui. Mitford scoppiò in una breve risata. - La situazione si è capovolta, eh? - Ripetilo? Mitford agitò una mano - Dovremo lasciare qui i morti... Sarà meglio fare un appello, per ogni evenienza. La maggior parte degli gnomi se ne sono andati, e non posso dire che mi dispiaccia. Quei bastardi erano perico-
losi! Quanto ai deski, se hanno buone orecchie, sono disposto a prenderli con noi. A cos'altro servono? Kris notò che Zainal aveva ascoltato con molta attenzione le parole di Mitford. Annuì come se ne avesse afferratto il succo. -I deski molto bravi. Chiami gnomi i tur? Ah! Bravi per i lavori più duri. Odiano tutti tranne i tur. - È vero - ammise Mitford con aria cupa. -I rug cercano almeno di andare d'accordo - aggiunse, indicando i rugarian, che si erano riuniti in gruppo, bevendo e masticando le loro razioni di tavolette. - Gli ilginish mi sono indifferenti ma puzzano, eccome. - Puzzano? Mitford si strinse il naso. - Ci resta una bella accozzaglia. Anche ragazzini. - Indicò cinque o sei adolescenti ammassati dietro le casse. Troppo occupata a seguire quello che stava accadendo a Zainal, Kris se ne accorse solo allora. - Un ostacolo per organizzarsi e muoversi. A proposito, dove andiamo? Lo sai? - Più sicuro su colline rispose Zainal, indicando quello che si poteva considerare il nord. Il sole di quel sistema non aveva ancora raggiunto il suo zenit. - Davvero? Quella cosa volante è arrivata da là. - Meglio stare tra rocce. Loro... - Zainal si chinò e batté sul terreno - arrivano con buio. Molto cattivi. Scrollò il capo con energia per sottolineare l'avvertimento. - Non vedere. - Quella roba esce dalla terra di notte? - Vero. - Zainal disegnò con una mano una traiettoria serpeggiante verso l'alto, quindi riunì le dita per indicare l'azione di mordere. Giorno ancora abbastanza lungo per andare e trovare posto roccioso. - Sai se ci sono caverne, posti rocciosi sicuri, su questo pianeta? - Roccia tipo giusto - disse Zainal, dando un calcio a una che a Kris sembrava calcare. - Mi farà ricordare altro. - Scosse la testa, come per ricavarne altre informazioni. - Comunque, preferirei trasferirmi in una località che sia possibile difendere - disse Mitford, saltando su una
cassa. - Ascoltatemi, gente - tuonò con una voce così squillante che i deski si tapparono le orecchie e si accovacciarono a terra. - Qui non siamo al sicuro di notte. Dobbiamo trasferirci sulle colline, trovare caverne dove rifugiarci. - Credi a quello che dice? - chiese Arnie, precipitandosi da Mitford e tirandolo per la gamba dei calzoni. Darai retta a un cat? - Ascolterò tutti quelli che dicono cose sensate e, poiché il cat è l'unico che sappia qualcosa di questo pianeta, non intendo ignorare possibili informazioni, Arnie. Nessuno ti costringerà a fare cose che non vuoi fare. Mi hai capito? - Alzò di nuovo la voce. - Per prima cosa, voi e puntò il grosso dito su Bass, Murph e alcuni altri che ciondolavano dietro le casse - contate quanti siamo. Formate una squadra e portate qui tutti quelli che respirano, e intendo tutti, così cercheremo di svegliarli. Non abbandonerei nemmeno mia suocera alla mercé di quegli esseri che camminano di notte. Muovetevi. Anche tu, Kris, e prendi con te il cat. - Se avessimo un recipiente per trasportare l'acqua iniziò Kris. Zainal batté la mano sulle casse vuote. Erano fatte di un materiale plastico ed erano abbastanza capaci. Ne rovesciò una, vuotandola dei residui di materiale da imballaggio. - Io portare - dichiarò e, facendo cenno a Kris di seguirlo, si diresse al torrente. - Buona idea - convenne Mitford, e incaricò i due desici più vicini di vuotare un'altra cassa piena a metà. Utile. - Sergente, cosa ne facciamo di tazze e coperte? Le lasciamo sui cadaveri? - gridò Bass. - Toglietegliele - gridò Mitford di rimando. - Non ne avranno bisogno. Noi, sì. Fatto eccezionale, tutti, anche i deski, si misero al lavoro e quando Zainal tornò con la cassa piena, senza nemmeno ansimare per la salita, il conteggio era stato completato e sul campo restavano soltanto i morti.
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Quando il sole raggiunse lo zenit, tutti i vivi erano stati rianimati e messi al corrente della situazione. Ci fu un'altra aggressione aerea, ma le orecchie dei deski avevano udito l'approssimarsi dei tre mostri molto prima che fossero visibili, e furono tutti in grado di fingersi morti. I mostri, con i loro sibili dal rumore insopportabile, se ne andarono senza aver catturato nessuno. Strappando a strisce le coperte di scorta, furono confezionate rozze cinghie con cui fosse più facile trasportare le casse, perché Mitford non intendeva lasciare niente che, in seguito, avrebbe potuto rivelarsi utile. Aveva perfino ordinato di spogliare i morti di calzature e tute e, anche se la sua decisione aveva suscitato qualche resistenza, alla fine lo sgradevole incarico era stato portato a termine. Quando le colonne furono pronte per partire, il rispetto di Kris per Mitford era cresciuto in modo notevole. Era contenta anche di essere intervenuta per salvare Zainal perché non sapeva soltanto trovare le parole per placare i dissidenti. La sua dimostrazione di forza aveva l'ulteriore vantaggio che pochi avrebbero tentato di affrontarlo anche se, come Arnie, lo odiavano a morte per essere un catteni. Alcuni di quelli appena rianimati erano deboli, perciò Mitford assegnò a ognuno un compagno e annunciò che avrebbe scorticato chiunque avesse "perso" il suo o la sua compagna. - Quanti ci hanno lasciato la pelle? - Mitford chiese a Bass, che aveva tenuto il conteggio. - Ottantanove non ce l'hanno fatta. Per lo più deski, qualche umano anziano e due ragazzi. Fa una perdita del dieci percento, se calcoli un centinaio di corpi per ciascuna delle otto file. Il conteggio dei vivi è di cinquecentottantadue; non li ho ancora suddivisi per razza. - Scordati la razza - sbuffò Mitford. - Siamo tutti sulla stessa barca. Operazione punto-e-a-capo. Bass fece una smorfia. - Voi militari e la vostra mania delle operazioni. Mitford inarcò le sopracciglia, sorpreso. - Fa bene al morale.
- Quindi, si comincia da capo. E siamo di nuovo liberi - aggiunse Bass guardando Zainal con la coda dell'occhio. Mitford raggiunse la parte alta del campo e, pugni sui fianchi, tuonò per imporre il silenzio. - Ascoltatemi. Ce ne andiamo da qui. Voi - e indicò un gruppo di umani - formate una colonna, a quattro a quattro. Abbiamo nove portatori di acqua; che si distribuiscano lungo la linea di marcia. Quelli ai quali è stato assegnato un compagno segnalino se si trovano in difficoltà ma cerchino di non restare indietro. Non vergognatevi di chiedere aiuto se ne avete bisogno. Bass, tu stai alla retroguardia. Prendi con te Cumber, Dowdall, Esker, Movi, Tesco e voi tre. - Sollevò tre dita indicando il gruppo più vicino di rugarian e fece loro cenno di unirsi a Bass. - Ricordatevi, siamo tutti sulla stessa barca! - Certo, sergente. Operazione punto-e-a-capo replicò Bass, ritenendolo evidentemente un nome appropriato. - D'accordo, in marcia. Mitford fece cenno a Zainal di seguirlo e insieme raggiunsero a passo veloce la gente che aveva iniziato a formare una colonna. Una volta alla loro testa, fece con il braccio il gesto di avanzare. - IN MARCIA, OPERAZIONE PUNTO-E-A-CAPO! - La sua voce marziale arrivò alle orecchie di tutti.
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A Kris avevano assegnato come compagna una ragazza dall'aspetto gracile, rossa di capelli e con la tipica carnagione delicata delle rosse. Patti Sue era stata una delle ultime a svegliarsi. Tossiva molto ma non sembrava febbricitante, perciò Kris decise che la causa doveva essere una reazione allergica alla droga che era stata loro somministrata con la zuppa. Patti Sue passava la maggior parte del tempo a scusarsi per il fastidio che le dava.. Quei piagnistei facevano uscire dai gangheri Kris che essendo di carattere fiducioso e ottimista, doveva compiere uno sforzo per non mostrarsi rude. L'unica altra informazione che riuscì a strapparle fu che era stata catturata a Detroit. Ogni volta che Kris cercava di intavolare una conversazione o di farle una domanda, Patti Sue era colta da un accesso di tosse. Quando si ripetè per la quinta volta, Kris afferrò il messaggio. Si chiedeva se Patti sarebbe arrivata viva al loro rifugio. Si inserì con lei nella colonna dietro uno dei recipienti di acqua, portato da due rugarian. C'erano rugarian tutt'intorno a loro due e, all'inizio, Patti Sue si teneva così vicina a Kris che un paio di volte rischiò di pestarle i piedi. I rugarian erano tipi robusti, stava meditando Kris, così, se avesse avuto bisogno di aiuto, sapeva a chi rivolgersi. Aveva anche notato il modo in cui alcuni maschi umani avevano guardato la rossa. La speranza è l'ultima a morire, pensò, divertita, ma aveva la quasi certezza che Patti Sue avrebbe respinto le loro offerte di aiuto. Avvertiva la fatica della salita nei muscoli dei polpacci e delle cosce ma, quando raggiunsero le sagome degli alberi, vide che li attendeva un tratto in discesa, lungo un altro campo. Il panorama la turbava, e ne capì il motivo
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3 esatto solo quando fu a metà del pendio. Il nuovo campo era di dimensioni identiche a quello in cui erano stati abbandonati. Sagome di alberi sfilavano ai bordi, e nei campi contigui, con una regolarità perfino eccessiva. Ogni cosa era disposta in modo ordinato, troppo ordinato per un pianeta che si riteneva disabitato. In realtà, Zainal non aveva detto che il pianeta era disabitato, non era così? Aveva sicuramente detto che c'erano pericoli e che non ricordava di che tipo, solo che c'erano creature "letali". In fondo a quel campo c'era un altro corso d'acqua. Torrenti creati a richiesta? E un altro campo sul lato opposto, identico a tutti gli altri della zona. Era così sull'intero pianeta? Dove era il bestiame? I ruminanti ai quali quei prati erano destinati? Facevano parte delle creature "letali"? Guardò davanti a sé e vide in lontananza colline pedemontane. Dio, ne erano ancora molto distanti. Si guardò al di sopra della spalla e vide la colonna che si snodava dietro di lei. L'unione faceva la forza? Che Mitford fosse riuscito ad amalgamare un gruppo così eterogeneo la diceva lunga sulla sua capacità di comandante, anche se l'ubbidienza era già stata inculcata in parte dagli staffili dei catteni. Un sacco di gente non avrebbe avuto il tempo di dimenticarsi di essere stato uno schiavo e di riprendere a pensare con la propria testa. Era ovvio che Mitford contava su quel fatto, come su qualunque cosa servisse a salvare il maggior numero di anime, pensò Kris tra sé. Durante la lunga marcia, scoprì che la infastidiva la fragilità di Patti Sue. Avrebbe preferito essere in testa con Mitford e Zainal, per vedere dove stavano andando: per recarsi perfino in ricognizione. Le piaceva essere tra i primi, e non seguire gli altri supinamente. Tuttavia, avendo accettato la responsabilità di assistere Patti Sue, avrebbe assolto il suo dovere fino in fondo. Quando il sole fu a metà strada dalla linea dell'orizzonte, Kris la portava ormai quasi di peso durante le salite. Le discese erano più facili, anche se Patti Sue continuava a inciampare e a scusarsi per il disturbo che arrecava, oltre a tessere le lodi di Kris perché sopportava una come lei. Kris doveva stringere i denti per impedirsi
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dirle di chiudere il becco e limitarsi a fare del suo meglio. Ogni ora venivano loro concessi cinque minuti di riposo per dissetarsi e altro, anche se superava la sua comprensione come facesse Mitford a capire che era passata un'ora. Forse, grazie all'addestramento militare, aveva un orologio incorporato, o qualcosa del genere. In ogni caso, accoglieva con sollievo le brevi pause. Gli informi involucri che erano le calzature dei catteni avevano del prodigioso. Il calore del corpo li aveva modellati, adattandoli in modo fedele ai suoi piedi lunghi e stretti che, benché stanchi, non avevano né una vescica né un'escoriazione. I muscoli delle sue gambe si lamentavano per la fatica, ma cos'altro si poteva aspettare dopo un periodo imprecisato di inattività? Camminavano tutti con passo strascicato, soprattutto i portatori d'acqua, anche se Mitford aveva provveduto a sostituirli a ogni sosta. A un certo punto, lungo la colonna passò voce che avrebbero fatto una pausa di un'ora per mangiare, e se qualcuno aveva già consumato tutte le sue tavolette, peggio per lui. Quel giorno non avrebbero intaccato le scorte. Kris ne aveva mangiato un altro terzo prima di mettersi in marcia, così sgranocchiò l'ultimo terzo e metà di un'altra. Riuscì a far mangiare a Patti Sue tutta una tavoletta dandole un pezzetto alla volta. La stanchezza della ragazza non era simulata. Aveva le guance incavate e il respiro affannoso. A Kris sembrava di udire dei rantoli nei suoi polmoni, ma forse era dovuto soltanto alla fatica dopo una lunga inattività. Patti Sue era ormai allo stremo. Quando arrivò il segnale di rimettersi in cammino, si trovavano sul bordo di una piantagione alquanto fitta. E piantagione era il termine esatto perché gli alberi erano disposti in file ordinate. Ce n'erano di diverse specie, a giudicare da quelle che, su quel pianeta, erano le foglie; differivano anche per dimensioni, e sotto i piedi c'era un morbido pacciame, un sollievo gradito dopo la superficie dei campi, più dura malgrado lo strato erboso. Pur essendo favorevole all'imboschimento, a Kris sembrava stra-
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3 no che fosse attuato su un pianeta che non era ritenuto abitato. Anche se Zainal non aveva esattamente detto che fosse disabitato, ricordò di nuovo. Kris fece alzare Patti Sue. La ragazza era così stanca da non avere nemmeno la forza di scusarsi. Kris si mise intorno alla vita una delle sue braccia magre e flaccide e la tenne stretta con la mano destra mentre la sosteneva con la sinistra. Aiutandosi con lievi spinte dell'anca, la fece avanzare passo dopo passo. Alla sosta successiva, anche Kris era sudata e ansimava. Aveva piegato la coperta di Patti Sue, con la tazza e il pacchetto delle razioni, e l'aveva messa di traverso sulla propria per sollevarla da qualsiasi peso. Risistemò l'equipaggiamento e, quando arrivò l'ordine di muoversi, si caricò Patti Sue sulla schiena, ritenendolo il modo più semplice per risolvere il problema. Kris aveva spalle robuste e, in un certo senso, era molto più facile portare la ragazza piuttosto che sorreggerla perché non cadesse. Adesso avanzava a un'andatura più spedita, anche se erano rimaste distanziate dai portatori d'acqua qualche tempo prima. Si sentì toccare la spalla e, voltandosi, si trovò a fissare gli occhi azzurri di un essere umano, dai lisci capelli biondi. - Ehi, signora, lasciala a me. Non hai l'obbligo di portarla. - Perché no? Non è mia sorella ma non è pesante - rispose Kris, e continuò a camminare pur ringraziandolo con un sorriso. - No - disse il tizio, facendo il gesto di prendere Patti Sue. - Tu mi porti il bagaglio e io porterò la ragazza. Sentendo su di sé le sue mani, Patti Sue si mise a piagnucolare, spaventata, e si aggrappò a Kris con le poche forze che le restavano nelle braccia. Kris uscì dalla colonna. - Sai cosa ti dico? Mi puoi aiutare portando il mio bagaglio, ma non credo che Patti Sue voglia avere uomini intorno. Capisci cosa intendo? L'uomo parve per un attimo indignato, offeso per l'insinuazione che a spingerlo fosse un altro motivo. - Non mi ha voluto dire altro che il suo nome e da dove viene - gli spiegò Kris - e non puoi ignorare la popolarità che noi donne terrane godiamo presso i cat.
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- Oh, Dio. Non ci avevo pensato. - L'uomo arrossì per l'imbarazzo. - Jay Greene - si presentò. - Di Denver. - Mi chiamo Kris Bjornsen, e anch'io sono stata catturata a Denver. - Kris aveva deposto Patti Sue a terra e la ragazza si aggrappava alle sue gambe, continuando a piagnucolare e a borbottare suppliche incomprensibili. Va tutto bene, tesoro, va tutto bene. Sarò io a portarti. Sei la mia compagna, non è così? - Si sbarazzò delle coperte arrotolate e delle sue tavolette ma tenne le tazze e il cibo di Patti Sue. - Ciao, Patti Sue - disse l'uomo, chinandosi su di lei. - Mi chiamo Jay Greene, e adesso ti solleverò per metterti sulla schiena di Kris. D'accordo? - Buona idea - disse Kris, rischiando di venire strangolata quando Patti Sue, evitando le mani di Jay, le balzò alla lettera sulle spalle. - Ohi! - mormorò Greene. - Brutta faccenda. Kris sistemò la ragazza in una posizione più comoda, sentendosi pungere dalle sue ossa. - Torniamo in fila, o ben presto finiremo per diventare il fanalino di coda. - Non preoccuparti. Non vi perderò di vista. - Non te lo permetterò, finché hai la mia razione. L'ultima parte di quell'eroica marcia fu in salita, su un terreno disseminato di rocce dove Greene dovette spesso sostenerla per impedirle di perdere l'equilibrio. Kris era così concentrata a non cadere che non vide dove stavano andando finché vi arrivarono. Quando ebbe un attimo per guardarsi intorno, vide che si trovavano su un vasto altopiano, con una vista fantastica sul mosaico di campi e siepi che sembrava estendersi per miglia e miglia nel crepuscolo. Anche la colonna si estendeva davanti a lei e non erano in molti alle sue spalle, essendo rimaste parecchio indietro. Per tutta la sua lunghezza, la gente si era seduta dove si trovava, troppo stanca per fare un altro passo o per preoccuparsi se avrebbe passato una notte scomoda. - Non mi sembra un granché come accampamento commentò Greene, guardandosi in giro. Liberò uno spazio dalle pietre e lo indicò a Kris. - Qui o là è lo stesso. Quella volta Patti Sue era troppo spossata perfino per lamentarsi quando Greene la sollevò con molta delica-
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3 tezza per depositarla a terra. Kris emise un enorme sospiro di sollievo. Sgombrò un altro spazio per sé e si sedette. Greene le porse le coperte e il cibo. - Dammi le tazze e andrò a prendere un po' di acqua - le disse, e lei gliele diede, rendendosi conto di essere distrutta, e di non avere l'energia di andarci di persona. Quando lui tornò, insieme riuscirono a mettere Patti Sue seduta; Kris le diede di nuovo da mangiare e si servì di parte dell'acqua per lavare la faccia a entrambe. - Ehi, abbiamo un Prometeo in questo gruppo eterogeneo - disse Greene, indicando verso la testa della colonna. Kris lanciò un'esclamazione di sorpresa e di sollievo. Le torce che avanzavano ondeggiando nella loro direzione la rassicurarono più di qualsiasi altra cosa. Le salirono le lacrime agli occhi e voltò la testa per nasconderle a Greene, non volendo guastare l'impressione di essere in grado di sopravvivere. Passò molto tempo, ed era calata l'oscurità, prima che gli uomini con le torce arrivassero in fondo alla colonna. Patti Sue si era addormentata con la testa sulla coscia di Kris. Alcuni sembravano avere abbastanza energie per parlare o lamentarsi; i deski emettevano i loro bizzarri sussurri dal piccolo cerchio che avevano formato. I rugarian si erano raggomitolati in palle pelose, con le coperte tirate sulle facce. Kris era troppo stanca per dormire; aveva i muscoli della schiena indolenziti e il collo rigido per la fatica. Roteò le spalle e scrollò le scapole per tentare di allentare la tensione. Un attimo dopo sentì che le mani di Greene iniziavano a massaggiarla e gliene fu molto grata. Si era appisolata quando la luce la svegliò. Mitford, Zainal, Taglioni e altri due stavano controllando la colonna. - Tutto bene, Bjornsen? - chiese Mitford, posandole una mano sulla spalla. - Ha portato la sua compagna per quasi tutto il pomeriggio - interloquì Greene. - Chiudi il becco - protestò Kris. - Non pesa molto.
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- Ed è la tua compagna - aggiunse Mitford, annuendo. - Lo so che è un posto schifoso per accamparsi... Alle sue spalle, Zainal stava parlando con il deski che era stato svegliato dalla torcia. Era un maschio, con gli occhi sgranati per l'ansia, che si calmò quando Zainal ebbe finito di parlare. - Non abbiamo potuto fare di meglio. Zainal e altri due andranno in perlustrazione per vedere se ci sono caverne nelle vicinanze. Secondo lui, stanotte saremo al sicuro su questo altopiano. Tu sei Jay Greene? -Sì. - Riesci a restare sveglio per un po'? - Certo. - Greene si alzò in piedi con uno sforzo. - Bene, tieni gli occhi aperti. Sveglierai Bass... lo conosci? Bene, quando tramonta la seconda luna. - Mitford indicò le lune che stavano sorgendo, una molto grande che precedeva la compagna, più piccola. - Questo pianeta ne ha cinque. Sono utili in mancanza di altri punti di riferimento. - Voltò la testa verso la figura dinoccolata di Bass che stava entrando nel cerchio di luce dalla torcia, seguito dal resto della retroguardia. - Hai sentito? Greene ti darà il cambio. Cumber, Bass ti sveglierà e starai di guardia fino al tramonto della quarta luna, quindi sveglierai Movi. Non imbrogliate e non confondete le lune, capito? - Abbiamo capito e ubbidiamo - disse Bass, facendogli un elaborato salamelecco. - Vi lascio la torcia - disse il sergente, porgendo a Jay Greene quella che reggeva. - Non durerà tutta la notte perché le notti qui sono lunghe, ma vi sarà di aiuto. - Capito. Mitford si avviò verso la testa della colonna. Zainal dedicò a Kris una lunga occhiata, quindi girò sui tacchi e seguì il sergente e gli altri. Kris si avvolse nella coperta e spostò Patti finché trovò una posizione comoda, nei limiti del possibile e dopo aver tolto un paio di pietre. Le coperte prodotte dai catteni erano ottime e calde. Alila fine, riposata, riuscì ad addormentarsi.
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Mentre, con Zainal, Taglioni e gli altri, tornava stancamente verso la testa della colonna, Mitford rifletteva alla saggezza di tenere in vita il cat. Tanto per cominciare, gli piaceva lo stile con cui aveva affrontato gente che non aveva nessun motivo di amare quelli della sua razza. Mitford sapeva, naturalmente, che il momento psicologico di uccidere Zainal era passato quando il cat si era alzato in piedi. Era un bastardo grande e grosso e nessuno, nemmeno Mitford, l'avrebbe sfidato da solo. Tipi come Arnie, che avevano assaggiato troppo spesso le fruste dei catteni, potevano organizzare un linciaggio approfittando di un momento favorevole. Ma c'era il modo di evitare un omicidio, se si sapeva chi erano la vittima e l'assassino. In un paio di occasioni, Mitford aveva disinnescato situazioni analoghe. Per di più, il gigante continuava a uscire con informazioni utili; come quella delle cinque lune. Centellinava di proposito quelle notizie preziose oppure la sua era una complicata messinscena? Gli anni passati in marina avevano insegnato a Mitford a individuare i bugiardi e i finti malati. Zainal non rientrava in nessuna delle due categorie, ma lui sapeva molto bene che tipo fosse Amie. Per gran parte della vita di Mitford, soprattutto da quando, pieno di entusiasmo, si era arruolato a sedici anni mentendo sulla propria età, il sole aveva governato le sue giornate: dal campo di addestramento al turno di servizio in Vietnam e alle due spedizioni in Kuwait, fino a quando era stato acciuffato dagli alieni, in un'amaca sulla veranda di suo padre. Gli tornò alla mente il suo reparto e si chiese se avesse partecipato ad azioni contro i catteni sulla Terra, ma i rapporti che arrivavano dal vecchio mondo erano pochi e saltuari. Una ragione di più per migliorare quello su cui erano bloccati. E se uno dei modi per riuscirci era tenere in vita il cat, Chuck Mitford avrebbe badato che vivesse. Si chiedeva in quali circostanze la bionda Bjornsen l'avesse incontrato. Lei non gli aveva mentito, ma non aveva raccontato tutti i fatti. Diamine! Era stata in gamba a gestire la situazione e a salvare la vita al cat. Aveva classe, quella. Ed era generosa, a giudicare da come ave-
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va ta.
portato
tutto
il
giorno
quella
povera
ragazza
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Taglione inciampò di nuovo e quella volta non respinse la mano del cat quando lo sorresse. Forse sarebbero riusciti a integrarlo, pensò Mitford, anche se ne dubitava. C'era troppo rancore contro i catteni. Doveva escogitare il modo di utilizzarlo senza averlo sempre intorno. Non era difficile; avrebbe mandato Zainal in ricognizione perché era necessario conoscere il terreno dove avrebbero finito per sistemarsi. Avrebbe mandato Bjornsen con lui, così si sarebbe sbarazzato di due potenziali problemi. Ne aveva già abbastanza. Non che non avesse iniziato bene ma oh, Signore, come aveva fatto a cacciarsi in quella situazione? Mitford, si disse, non conosci la prima regola della sopravvivenza? Mai offrirsi volontario! - Mi stavi dicendo che lavori per gli eosi? Non sono i catteni i capi supremi? - chiese a Zainal in barevi. - No, gli eosi. Gli emassi prendono ordini. Gli eosi comandano la galassia. Neanche il cat sembrava soddisfatto di quell'ordine gerarchico, pensò Mitford, interpretando il modo in cui aveva irrigidito la mascella come ostilità, se non aperta ribellione. - "Emassi" non è il termine che ho sentito per "capitano" - proseguì Mitford in tono affabile. Alla luce della luna colse il lampo negli occhi di Zainal quando il cat lo guardò dall'alto al basso. - "Emassi" è uno dei termini per capitano - rispose Zainal, arricciando le labbra. Capitano speciale. Hai sentito più spesso "tudo". E "drassi"'. - Già, "tudo" a terra e "drassi" nello spazio? Giusto? - Dunque, come Mitford aveva pensato, quel catteni era un paio di gradini al di sopra degli individui che aveva incontrato. - Allora, chi di loro ci ha scaricati qui? Tudo, drassi o emassi? - I drassi, per ordine degli eosi — e anche quello non garbava al catteni. - Tu hai ucciso un tudo, quindi... - Come ti ho detto - replicò Zainal con calma, ma c'era dell'acredine nella sua voce. - Era solo una verifica.
- Sappi che gli emassi non hanno motivo di mentire. La prima luna era ormai alta sulle colline e si rifletteva sui loro volti, illuminando il sentiero pietroso così da non calpestare involontariamente i corpi di quelli che dormivano. Per la sua mole, Zainal era agile. Certo, era abituato a una forza di gravità maggiore, ma quello non impediva ad alcuni cat di essere maledettamente goffi e di calpestare gli astanti nelle loro risse. - Adesso saremo lasciati soli con il compito di insediarci? - È così che funziona. - Quanto tempo passerà prima che qualcuno faccia un controllo? Zainal rimase per un po' in silenzio, quindi sollevò due dita. - Dipende. Se sopravvìviamo, scaricheranno altri prigionieri. Quindi controlleranno fra sei mesi, un anno, per vedere come ce la caviamo. - Parli al plurale perché includi anche te? - Mitford non era sicuro che gli piacesse quel suggerimento di solidarietà. Il cat non si trovava sulla stessa barca con gli umani: in senso figurato, cioè. O forse sì. Zainal sbuffò. - Io scaricato. Io resto. Non sono contro di voi. Sono con voi. - A me sta bene - replicò Mitford, e dopo un attimo aggiunse: - Ma scoprirai che non a tutti sei ben accetto. Zainal scoppiò in una risatina. - Non dappertutto gli emassi sono ben accetti. Sopravviverò. Non avrebbe saputo dire perché, ma Mitford non ne dubitò neanche per un attimo. Ed era sua intenzione mantenere quel catteni in vita. Gli venivano in mente molti modi in cui Zainal poteva essergli utile, soprattutto se lo infastidiva che gli eosi comandassero su tutto. - Allora, se riusciamo a restare vivi, scaricheranno altri ribelli? - Ribelli? - Già, ribelli, gente come noi che protesta contro le leggi dei catteni. Zainal sorrise. - Ottima parola, ribelli. Mi piace. - Non saresti, forse, un po' ribelle anche tu? - Forse.
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Mitford colse l'amarezza in quella risposta e ne fu sorpreso. - Dovremo discuterne in seguito disse Zainal. Parli bene la lingua barevi - aggiunse a voce più alta. - Sono un sopravvissuto, emassi. E imparare in fretta il linguaggio del posto è fondamentale per sopravvivere. Conosco abbastanza bene cinque o sei lingue della Terra per girare il mondo; non è sitato difficile imparare il barevi. - No, non lo è. - Un linguaggio semplice per gente semplice? Zainal scoppiò in una risatina. Ma non disse più niente perché la stanchezza aveva la meglio su entrambi mentre si avvicinavano alla testa della colonna di ribelli addormentati. Già, pensò Mitford, mi piace il ruolo di ribelle. Dopo aver controllato che le sentinelle da lui messe erano ancora sveglie, Mitford distese la sua coperta. - Se ti viene in mente qualcos'altro di quel rapporto, Zainal, fammelo sapere - disse, prima di sdraiarsi. - Sarà fatto.
La mattina dopo c'era poco d;a stare allegri! Kris era di nuovo indolenzita in più punti e sapeva che la colpa era del terreno sassoso su cui aveva dormito. Patti Sue non si era ancora svegliata, e lei la spostò per potersi alzare e soddisfare un bisogno impellente. Scese la collina fino a un masso che era già stato usato per quello scopo, anche se qualcuno aveva avuto l'educazione di spargere terra sugli escrementi. Fece altrettanto. Quando tornò, trovò Greene che l'aspettava con le loro tazze colme d'acqua. - Dio, cosa non darei per un po' di caffè - disse, sorridendole al di sopra dell'orlo della sua tazza. - Mi hai letto nel pensiero. - -A Kris piaceva il suo sorriso. Come mai era stata scaricata su quel pianeta dimenticato da Dio prima di aver incontrato un tipo per beine come lui? Le saltarono all'occhio anche altri particolari: Greene era di una magrezza spaventosa, le sue mani mostravano parecchie ferite rimarginate e le palme, quando gesticolava, erano coperte di calli. - Hai rubato davvero il flitter del comandante? Kris gemette. - Sì, ma non l'avrei fatto se avessi saputo che genere di rappresaglia avevano in mente i catteni. - Non ti angosciare. - Il sorriso di Greene si allargò. - È bastata l'idea che uno di noi ci fosse riuscito a darci coraggio. - Non a quelli che hanno avuto lunghe interviste con gli staffili. - Kris rabbrividì e i muscoli della schiena fremettero per solidarietà. Le due volte che aveva assaggiato quelle scudisciate che paralizzavano i nervi erano state più che sufficienti. - I cat approfittano di ogni scusa per intimidire noi terrani - disse Greene. - Eravamo più in gamba di quan-
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4 to avevano previsto, nel caso non ti fosse giunto all'orecchio. Ti hanno catturato di nuovo? - No - rispose Kris con energia, per sottolineare la sua mortificazione. - Ho scelto male il momento. Mi sono recata in città di nascosto proprio quando gli incrociatori hanno cominciato a spargere gas per sedare quella sommossa. A proposito, cos'è stato a scatenarla? - Oh, cercavamo di mandare all'aria una delle loro piccole sessioni disciplinari. Una cosa tira l'altra e alla fine eravamo una folla. Assurdo e irragionevole, scorazzare rompendo tutto quello che ci capitava a tiro. Lei annuì, terminando la sua tavoletta e leccandosi le dita. Arrivò l'ordine di mettersi in cammino. Patti Sue superò la mattina camminando con i propri piedi, quindi crollò di nuovo. Si scusava con tanta insistenza che Kris doveva stringere i denti per non trattarla rudemente. Era un po' difficile evitarne le scuse e i piagnistei avendo le sue labbra a pochi centimetri dall'orecchio. Greene faceva il possibile, conversando del più e del meno, nel tentativo di farla tacere. Il suo compagno era un rugarian che non parlava, si fermava e riprendeva a camminare quando lo faceva Greene, ed era in apparenza ignaro di qualsiasi altro stimolo. - Cosa facevi sulla vecchia cara Terra? - gli chiese Kris per ingannare il tempo. - Tecnico di computer. Così, naturalmente, su Barevi mi hanno messo a scavare, spalare e spazzare. Quanto meno, non erano prevenuti. Era la mansione che assegnavano a persone di un certo livello. - Gonfiò il muscolo del braccio, facendo tendere la tuta perché lei potesse ammirare il risultato. - In realtà, è meglio di una vita sedentaria davanti a uno schermo. Non sono mai stato così in forma. - Lanciò un'occhiata critica al corpo gracile di Patti Sue. - Sei sicura... - iniziò per la terza volta da quando avevano pranzato. - Ne sono sicura. Patti Sue si era addormentata oppure era caduta in uno stato semicomatoso. L'unico particolare che rassicurava Kris era che, essendo la sua pelle fresca, non doveva avere la febbre. Strinse i denti e proseguì, ripromet-
tendosi però che, in futuro, avrebbe preteso di scegliere chi accollarsi come compagna. Il pomeriggio si trasformò in una lunga lotta per mettere un piede davanti all'altro. Dovettero scalare tre pareti rocciose... Kris sperava che Mitford ricevesse rapporti accurati dai suoi ricognitori, perché non aveva nessuna voglia di rifare in discesa l'ultima delle salite. Avevano dovuto allestire un'imbragatura con una coperta per issare l'inerte Patti Sue. Alla fine Kris aveva le tibie e le punte delle dita escoriate. Nelle casse lasciate dai catteni per la sopravvivenza mancavano un'infinità di oggetti. Guanti, chiodi da roccia, picconi, zaini, una stecca di cioccolata erano tra quelli che sognava. Aghi e filo ! Cerotti. Ci furono tre cadute e una gamba fratturata. I deski, malgrado l'aspetto fragile, avevano scalato quasi volando la parete rocciosa. Poteva essere una dote utile, si disse Kris, stupita di riuscire a pensare a qualcos'altro a parte continuare a camminare. Nel momento in cui il suo coraggio cominciava a esaurirsi per cedere alla disperazione più cupa, arrivò loro la notizia che la testa della colonna era arrivata a destinazione. Ne avevano una? La notizia la sbalordì e la rincuorò. Non se ne accorse nemmeno quando vi arrivò. In primo luogo, era inciampata e aveva dovuto appoggiarsi alla parete rocciosa per non cadere. Aveva avuto una terribile, anche se fugace, visione del dirupo nel quale aveva rischiato di precipitare. In secondo luogo, era troppo esausta per importarle perfino che avrebbe potuto smettere di camminare. - La prendo io - disse una voce maschile mentre Patti Sue le veniva tolta dalle spalle. Qualcuno le mise una mano sul braccio e la trascinò lontano dalla parete rocciosa, facendole abbassare la testa perché non se la rompesse contro la bassa entrata. All'interno, l'oscurità era attenuata niente di meno che da falò. Non ne avevano l'odore, ma il loro bagliore rosato sembrava autentico. Scoprì in seguito che Zainal aveva fatto esperimenti con diversi tipi di legna, man-
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4 cando una descrizione adeguata per definire il materiale che aveva raccolto, finché aveva trovato una sostanza combustibile. Aveva trovato altre sostanze, compreso sterco secco, da aggiungere alla "legna" che avevano radunato durante la marcia. Lo sterco puzzava ma emanava calore e luce, due fattori indispensabili. Quando qualcuno le prese la tazza, Kris protestò ma, prima di poter dare in escandescenze, le fu restituita piena d'acqua. - Continua a muoverti - le fu detto, e una mano gentile la guidò lungo uno stretto varco tra gambe e stivali stesi a terra. Si lasciò guidare andando a sinistra, quindi a destra, quindi a sinistra di nuovo finché le fecero abbassare la testa per entrare in una caverna più piccola. C'era un fuocherello, che non puzzava troppo, in un cerchio di pietre disposte al centro. Il fumo saliva verso l'alto e lei inclinò la testa, quasi cadendo alli'indietro perché il suo equilibrio era non meno stanco degli altri sensi, ma non riuscì a vedere il soffitto. - Laggiù - e la guidarono su un lato del fuoco dove non c'erano gambe o stivali. - Siediti. - Una mano le premette con dolcezza sulla spalla e lei si sedette, felice di ubbidire. Quando sentì che qualcuno trafficava con la sua coperta, cercò di respingere la mano. - Dormire in coperta. La strana fraseologia attirò la sua attenzione; batté le palpebre per mettere a fuoco il volto che si trovò davanti, e si accorse che era quello di Zainal. Nessun altro raggiungeva la sua mole. Andava tutto bene, allora. Gli era debitrice, oppure era lui in debito con lei? - Sdraiati - le disse, un ordine al quale era fin troppo felice di ubbidire. Si distese a terra e sentì che le rimboccava la coperta intorno al corpo. Che strano comportamento per un cat... no, non doveva abbreviarne il nome. Catteni. "Teni" sarebbe stato forse meno brutto di "cat"? Fu quello l'ultimo pensiero che le passò per la mente.
Mitford aprì di colpo gli occhi, svegliato dal suo orologio interno dopo le consuete sei ore di sonno. Era buio pesto e impiegò un momento per stabilire dove si trovasse. Si sollevò con cautela su un gomito e riconobbe le sagome che dormivano intorno a lui: Taglione, Murphy, Dowdall e, sì, la massa scura del catteni dalle larghe spalle. Per quanto cercasse di tenersi in forma, a parte il sonno forzato sull'astronave-prigione, Mitford avvertiva le fitte della fatica del giorno prima. Bene, l'aspettava un'altra giornataccia e gli conveniva mettersi all'opera, considerando tutto quello che doveva fare. Si diede di nuovo dello stupido per avere assunto il comando di quella banda di disperati, ma chi altri, in quel branco malassortito di esseri umani e alieni, poteva occuparsi dell'organizzazione? Gli era ribollito il sangue vederli cavillare sul numero di coltelli che spettava a ciascuno di loro e su chi avesse diritto alla coperta. Era stato un caso che conoscesse un paio dei ladri per aver diviso la baracca con loro su Barevi, così era riuscito a ottenerne l'appoggio con un'allusione e un po' di persuasione verbale. Non c'era bisogno di litigare per le scorte; ce n'erano a sufficienza per tutti. Non sopportava l'avidità e odiava la prepotenza. Qualcuno poteva dubitarne, ma era la verità. Perciò, era intervenuto e aveva organizzato la questione delle scorte, distribuendo le armi in modo equo. Avrebbe dovuto capirlo che da cosa nasce cosa, ma nessuno aveva contestato la sua autorità, e chi l'aveva fatto aveva tolto il disturbo. Diamine, dopo ventisette anni con i marine, conosceva i metodi per convincere una ciurma eterogenea a comportarsi come un gruppo compatto. Aveva addestrato abbastanza reclute inesperte facendone buoni combattenti- Anche donne. Inoltre, aveva avuto dalla sua un paio di vantaggi. Tanto per cominciare, erano tutti abituati a prendere ordini senza potersi ribellare, così non doveva far altro che mantenere in vita quell'usanza, portandoli gradualmente verso un governo più democratico e l'indipendenza, una volta che avessero raggiunto un'organizzazione adeguata. In quel momento, era meglio restare uniti e non lasciarsi sfuggire gli alieni utili. Era contento
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di essersi sbarazzato di quei bastardi polemici e scontrosi dei tur, per non parlare degli ilginish, con i quali i rapporti erano stati sempre difficili nelle baracche di Barevi. La maggior parte aveva tolto il disturbo, e gli stava bene. Quanto agli umani, sapeva come trattarli. Si trovavano in una posizione difendibile, anche se ignorava contro cosa avrebbe dovuto difendersi. Avevano una buona fonte di acqua sotterranea in quel lago che i suoi ricognitori avevano scoperto. Il cat... Mitford si redarguì... come gli altri avrebbero considerato l'alieno dipendeva molto dal modo in cui lui avrebbe trattato Zainal. E, se in seguito avesse voluto mettersi in contatto con i catteni, avrebbe avuto bisogno di qualcuno dalla sua parte. Al momento, l'unico disponibile era Zainal. In ogni caso, Zainal aveva trovato il tempo per andare a caccia mentre era in perlustrazione con lag e Murphy, e aveva abbattuto qualche esemplare di fauna locale. Aveva dimostrato che era commestibile mangiandone un pezzo ancora crudo. Mitford preferiva la carne cotta ma il pezzo che aveva masticato e deglutito aveva proprio il sapore tipico della carne cruda. Quelle bestie se ne stavano accovacciate sulle rocce in branchi, e non si muovevano all'avvicinarsi degli esseri umani - ciò che suggeriva a Mitford che non ne avevano mai visti e non sapevano di doverli temere - perciò era di una facilità estrema abbatterle. Avevano così un'altra fonte di proteine per integrare la razione di tavolette. Acqua, un riparo, cibo. Niente male dopo due giorni soltanto su un mondo nuovo. Mitford era ottimista, anche se si concedeva raramente quel lusso. Il giorno prima aveva avuto l'occasione di parlare con un centinaio di uomini e di donne durante la marcia e lo incoraggiava molto il fatto che alcuni avessero specializzazioni che sarebbero state utilissime. Con gesto automatico, le sue mani corsero alle tasche dove di solito teneva matita e taccuino. Bestemmiò di nuovo sottovoce. Una tazza, una coperta, un coltello e un'accetta non erano molto. Aveva avuto di meno in occasione di un corso di sopravvivenza, ma lui era abituato alle privazioni, mentre quel branco di
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gente non lo era. Gli mancavano carta e matita. Aveva una memoria visiva, alla quale affidava i fatti in attesa di poterli annotare. Per fortuna, Gerry Capstan era stato ispettore del Colorado Park Service: era sicuro di riuscire a trovare qualcosa con cui scrivere e aveva già individuato dell'ardesia tra le rocce. Un modo fottuto per scrivere l'ordine del giorno, pensò Mitford, ma cosa ci poteva fare? A Lubbock, il vecchio caposquadra si serviva ancora di gesso e lavagna come tabellone per i suoi autisti. Murphy era un meccanico, sapeva saldare, e aveva assicurato a Mitford che gli bastava un fuoco per sagomare alcuni di quei coltelli in eccesso e ricavarne una serie di attrezzi utili. Una donna, che marciava a fianco di Murphy, aveva alzato la testa udendo i due uomini parlare. - Io sono vasaia... Sandy Areson. Già, so cosa stai pensando. Sorrise davanti all'espressione dubbiosa di Mitford. - Per te è roba pseudo-artistica quella che producevo un tempo, ma so come fare brocche, boccali, piatti e altri oggetti utili. Cioè, se c'è argilla su questo pianeta. - Lo terremo a mente - aveva replicato Mitford, sapendo che cose semplici come brocche e piatti potevano aiutare a sollevare il morale. Ora, nell'aria fresca dell'alba, Mitford iniziò a programmare le attività della giornata. Riempire la pancia con un buon pasto caldo li avrebbe stimolati a essere ottimisti, perciò andare a caccia era in cima all'ordine del giorno. Seguiva una perlustrazione minuziosa della zona circostante e del resto delle caverne. Oltre alle torce per illuminare i cunicoli che erano già stati esplorati. Quell'erborista poteva mettersi alla ricerca di vegetali commestibili. Non era escluso che ci fossero perfino delle bacche. C'erano due minatori, che avrebbe incaricato di individuare depositi di minerali. Avrebbe inviato pattuglie, avrebbe tenuto tutti impegnati, e Amie poteva occuparsi delle latrine. Quel pensiero lo fece sorridere. Se qualcuno avesse osato lamen-
tarsi, sarebbe stato assegnato a quel compito. Con tutta quella gente, l'igiene era una necessità fondamentale. Un altro aspetto positivo era il fatto di essere tutti buona salute; quelli che non lo erano, erano rimasti campo. Cominciò a svegliare gli uomini che, come aveva avuto modo di scoprire il giorno prima, sulla Terra erano stati esperti cacciatori. Li avrebbe incaricati di cercare legna adatta per ricavarne archi, frecce e lance. E fionde. Mitford sorrise mentre si infilava gli stivali. Da ragazzino era stato un ottimo tiratore: riusciva a tramortire un coniglio da quaranta metri di distanza. Come si chiamava quell'infermiere? Ah, Matt Dargle. Dannazione, come gli mancavano carta e penna. Mitford svegliò Taglione, Murphy e Zainal e cominciò a impartire ordini. Fu il fetore a svegliarla. Cominciò a tossire senza riuscire a smettere. Non era l'unica; intorno a lei, tossivano tutti. Poi, una folata di aria fresca e pulita le sfiorò la faccia e Kris cercò di riprendere il sonno interrotto. Era troppo presto per svegliarsi; fuori era ancora buio. Fuori dove? La domanda la fece scattare a sedere per scoprire "dove" si trovasse. All'interno di una caverna. Il fuoco al centro era ridotto a pochi tizzoni, anche se qualcuno cercava di ravvivarlo alimentandolo con certe zolle puzzolenti. - Credo che preferirei il buio all'odore - mormorò Kris, accorgendosi che la gente intorno a lei dormiva ancora. Anzi, riconobbe il corpo minuto di Patti Sue al suo fianco. Kris era mortificata. Non si era nemmeno accertata di avere con sé la sua compagna quando si era addormentata. Zainal? Zainal. Hmm. Si guardò in giro ma non riuscì a scorgere la sua mole. Rifletté se era il caso di rimettersi a dormire, quindi di rese conto che prima avrebbe fatto meglio a trovare la latrina. -Dov'è la latrina? - chiese alla sagoma che alimentava il fuoco. - Da qui? - L'uomo fece una breve pausa. - Hmm. Va' a sinistra e prendi la terza uscita sulla destra. - Riuscirò a vedere dove vado?
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- Oh, sì. Benché avessero distribuito torce lungo le pareti, Kris trovò la caverna giusta più guidata da un odore particolare che seguendo le indicazioni. Rimase stupita nel vedere il lavoro che era stato fatto. Per quanto tempo aveva dormito? Uno spazzolino! Pensando alle pratiche confezioni che distribuivano le compagnie aeree ai viaggiatori della "business class", avrebbe voluto averne una a portata di mano: spazzolino da denti, pettine, Umetta per le unghie, per non parlare di dentifricio, deodorante per l'alito e salviette detergenti, tutti oggetti che le avrebbero fatto molto piacere in quel momento. Anche qualcosa da mangiare. Tornando, oltrepassò la "sua" caverna perché aveva avvertito un odore fantastico... be', paragonato a quello che aveva mangiato negli ultimi tempi. Seguì il proprio naso, oltrepassando altri cunicoli laterali e sbirciando nelle caverne, piene di corpi addormentati. Sbagliò una curva e finì in un cul-de-sac dove regnava un odore tutt'altro che stuzzicante, un odore nauseante di muffa e di morte. Il suo naso la condusse alla fonte, e alla più vasta delle caverne. Vi regnava una grande animazione, un andirivieni di uomini, donne e alieni, ma ne capì il motivo solo quando vide un gruppo di uomini, ognuno dei quali brandiva con aria trionfante il proprio bottino. Erano andati a caccia e, benché le loro prede assomigliassero a grossi topi senza coda, se erano quelle che stavano arrostendo sui fuochi avrebbe sorvolato sulla somiglianza. Si diresse al fuoco più vicino e si fermò accanto alla roccia sulla quale erano stati posati due pezzi già cotti. I - Come faccio a mettermi in coda? - chiese al cuoco, un tipo dalla carnagione scura. - Se fossi in te, non farei troppi complimenti - le rispose lui con un sorriso. - Non badare all'aspetto; il sapore è buono e quel cat ha detto che non c'è pericolo di restare avvelenati. - L'ha detto lui? - disse Kris, cercando di comportarsi con disinvoltura mentre allungava la mano verso... la carne? Cibo? Non era caldissimo; si portò il pezzo alla bocca e gli diede una leccata furtiva per sentirne il sapo-
re. Ebbe la conferma che il suo stomaco aveva bisogno di quella roba, a prescindere da ogni altra considerazione. Gli diede un morso, inalando aria per raffreddare il boccone, caldo contro i denti. Lo masticò ben bene... dovette farlo perché la carne era dura, ma aveva un sapore fantastico e scese in uno stomaco riconoscente. - Soltanto uno a testa - disse il tipo bruno, infilzando il coltello nelle porzioni che stava arrostendo per controllare a che punto fosse la cottura. - È comprensibile. Ho le razioni di tavolette per colmare i vuoti, ma questo qui, così caldo... - Kris fece una pausa, non solo per mangiare un altro boccone ma anche per dargli un nome adatto. - Noi la chiamiamo carne - disse l'uomo, sorridendo. - Bene, chiamatela come volete ma è proprio quello che ci vuole. Grazie... - Kris terminò con una nota interrogativa, invitandolo a dirle il suo nome. -Bart. Tu sei Kris. - Come fai a saperlo? - Hai portato quella ragazza per due giorni e conosci il cat. - Oh! - Colta di sorpresa all'idea di essere così famosa, Kris si guardò in giro, piuttosto imbarazzata. Non vide né Zainal né Mitford. - Dove sono il sergente e il cat? - Fuori. A caccia, credo, e a verificare se ci sono altre caverne. - Bart arricciò il naso. - Questo posto non è abbastanza grande per tutti noi. In ogni caso, è una buona idea dividersi, se vuoi il mio parere. Soltanto che nessuno si sogna di farlo. - Il suo tono era affabile. - Sarebbe meglio se avessimo acqua corrente. - L'abbiamo, ma scendere non è uno scherzo. -Oh? - Un lago e un fiume sotterranei. È probabile che aumentino alcuni dei torrenti che abbiamo passato. Kris leccò l'osso, ormai spolpato. - Spezzalo. Anche il midollo è buono. Kris esaminò l'osso, riluttante a seguire il suo consiglio. - Il midollo è molto nutriente, Kris - disse Bart in tono serio. - Spezzalo e succhia.
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Per non fare la figura della schizzinosa, Kris ubbidì e scoprì che il midollo non era per niente sgradevole. Si accertò di aver ripulito le due metà, quindi si guardò in giro. - Nel fuoco - le suggerì Bart. - Bruciamo tutto quello che troviamo. - L'ho saputo dal mio naso - replicò Kris con un sorriso. - Già, la puzza non è male. Kris buttò l'osso nel fuoco, lo udì schioccare quando le fiamme lo lambirono e le arrivò anche una zaffata di "osso bruciato". Si leccò le dita per ricordare meglio il sapore della carne, quindi slegò la tazza che portava appesa alla cintura. - Dov'è l'acqua potabile? - Laggiù. - Bart fece un cenno con il capo e Kris riconobbe le sagome delle casse, ammassate contro la parete della caverna. Aveva appena bevuto un sorso quando una donna, con i capelli neri tagliati corti, le batté sul braccio. - Per caso sai come si fa a scuoiare e a sventrare un animale morto? - Sì - rispose Kris, con molta più buona volontà di quanta ne provasse per quel compito. Dopotutto, aveva scuoiato scoiattoli e conigli per qualificarsi al corso di sopravvivenza e quella era l'occasione migliore per dimostrare la sua competenza. - Io sono Sandy e mi hanno affidato l'incarico, anche se non so neanche da dove si cominci. Un tempo facevo la vasaia - concluse la donna con un sorriso divertito. - Io sono Kris... - Già, lo so. Conosci il cat e hai portato la tua compagna per due giorni. Erano tutti al corrente di quei due fatti sul suo conto? si chiese Kris mentre seguiva Sandy fuori dalla caverna. Non si era accorta che i cacciatori avevano portato altra selvaggina. Cinque o sei persone erano impegnate a scuoiare e sventrare, servendosi di grosse pietre come banchi da lavoro. Più avanti, due uomini e due donne esaminavano un mucchio di interiora, discutendo di anatomia.
- Le budella sono budella e non vedo perché non possiamo usarle - disse la donna, sollevando un lungo spago color grigio. - Dovrebbero essere resistenti come quelle di qualsiasi gatto. - Gli indiani se ne servivano per le corde degli archi, vero? - Credo di sì. Di certo non conoscevano il nylon. Kris non era schizzinosa, ma non aveva nessuna voglia di rivedere la colazione. Aveva avuto un sapore ottimo andando giù, ma che sapore avrebbe avuto venendo su? Preferiva non scoprirlo. Si trovò un posto e prese al volo l'animale che Sandy le lanciò. Molle, morbido, ma in carne. La pelle era sorprendentemente gradevole al tatto, anche se di un impossibile colore grigio-marrone. Più che una pelliccia, era uno strato di pelle scamosciata. Rigirandolo sulla sua lastra di pietra per esaminarlo da vicino, Kris non riuscì a capire cosa l'avesse ucciso finché notò che metà della "testa" era stata ridotta in poltiglia. Troppo piccola perché fosse opera di un randello, ed era da escludere un colpo con le accette che erano state distribuite. Aveva quattro zampe, un corpo tozzo e rotondo, e un collo inesistente prima dell'estremità smussata che era la "testa". Con un sospiro, Kris diede una rapida occhiata in giro per vedere come gli altri affrontavano il compito, voltò l'animale sulla schiena e, sollevandolo per la testa, si mise all'opera. Era più in carne di conigli o scoiattoli, avendo cosce massicce e spalle ben sviluppate. Il suo coltello, benché un po' troppo grande per un lavoro di precisione, era affilato. Kris combinò un piccolo pasticcio per togliere la pelle alle zampe ma, dopotutto, c'era ben poco sotto il "ginocchio". Aveva appena finito quando Sandy comparve con un altro animale, e così passò la mattinata. Sembrava che ci fossero quantità inesauribili di quelle bestie e di un'altra specie, con la pelle scamosciata e ali membranose, viscide al tatto. Non c'era carne sulle ali ma le fu detto di conservarle comunque. - Hai mangiato qualcosa? - le chiese Sandy a un certo punto. - Sì, un pezzo di questi tozzi animali, credo.
- Se avessimo una pentola per cuocerli, sarebbe un bel passo avanti - disse Sandy con un sorriso mesto. Sulla Terra Bob l'Erborista era esperto di erbe e ha trovato certe radici che non dovrebbero avvelenarci. Anche delle bacche dal gusto aspro ma abbastanza gradevoli. Almeno, il cat ritiene che siano commestibili. Le ha mangiate e non ha avuto neanche un mal di pancia, ma i cat mangiano un sacco di cose che a noi farebbero venire la diarrea. Kris tacque un momento, riflettendo a un altro stratagemma. Si sedette sui talloni. - Non ci sono da qualche parte buche naturali? Voglio dire, buche con un fondo che non perda? - Perché? - Be', potrebbero servire da pentole. Ne riempi una di acqua, quindi vi getti dentro pietre pulite e riscaldate. Così, l'acqua bolle e il contenuto si cuoce. - Davvero? - Non l'ho mai messa alla prova, ma mi sembra una teoria valida. Una pentola è soltanto un oggetto che puoi spostare. - Da quale popolo barbaro hai preso questa idea? Kris rise. - È un metodo usato un tempo dagli irlandesi. Ho visto le località nell'Irlanda del sud. Grandi attrazioni turistiche, ma la guida giurava che era così che facevano i lavoratori quando non avevano voglia di rifare a piedi il tragitto fino a casa. - Be', io non l'ho mai fatto - disse Sandy e si allontanò, scuotendo la testa. - Ehi, ragazza, sei diventata brava - disse una voce allegra e, alzando la testa dall'animale che aveva appena sventrato, Kris vide Jay Greene che si avvicinava a lei reggendo in ogni mano un paio di volatili. Da come pendevano le teste, avevano il collo spezzato. - Salve, Jay. Dimmi, come vengono catturati o uccisi questi animali? - Le trappole funzionano su questo pianeta come su qualunque altro - disse lui, compiaciuto. - Per mia fortuna, questi uccelli sono più stupidi dei tacchini e mangerebbero qualsiasi cosa, soprattutto briciole di tavolette. - Sei esperto di trappole?
- "Semper paratus", come erano soliti dire i boyscout - replicò Greene con modestia. - Ne ho costruita una e Mitford ci ha mostrato come usare una fionda. È un ottimo tiratore - dichiarò, con il dovuto rispetto. - Ci manca l'elastico ma, con un po' di pratica e un adeguato colpo di polso, puoi mirare con sufficiente precisione. Questi rocksquat non hanno abbastanza cervello per spaventarsi, così restano immobili e muoiono giovani! Ehi, sei abile con quel coltello ! - Già, lo sono - replicò Kris con allegria. - Tocca ai tuoi? - Tese la mano per togliergli la selvaggina mentre affilava la punta del coltello sulla roccia del tavolo. - Sissignora - rispose Greene e, evitando con cura esagerata il coltello che lei stava affilando, depositò gli uccelli sul lato opposto del tavolo. Il calore del sole la costrinse a fare una pausa per asciugarsi la fronte sudata con la manica; si rese conto di aver lavorato senza interrompersi abbastanza a lungo da avere il torcicollo e più sangue di quanto le piacesse sulla tuta. Il sangue attirava sempre gli insetti. Quanto meno, così succedeva sulla Terra e su Barevi. Finì di pulire l'ultimo rocksquat, si alzò e portò il proprio contributo all'addetto successivo nella catena dei preparativi. - Voglio lavarmi, bere e fare un breve intervallo - annunciò a Sandy. Sandy le indicò come arrivare al lago sotterraneo. Erano state installate altre torce, così il sentiero era illuminato abbastanza da impedire a Kris di inciampare nelle irregolarità del terreno. Quando arrivò in fondo al sentiero, vide la corda con i nodi che serviva per arrampicarsi. Sbirciando oltre l'orlo, vide che c'era della sabbia per attutire l'impatto del salto, due metri circa. La torcia le lasciava intravedere il movimento dell'acqua che scorreva oltre quel punto. Si ricordò, tuttavia, che le acque calme potevano essere profonde. Sandy non le aveva detto di non immergersi, ma non le aveva nemmeno detto che poteva farlo. Strisciò sulla pancia fino all'orlo dell'acqua e bevve una rapida sorsata; lasciava in bocca un sapore di bicarbonato ma non era cattiva. Immerse il volto nell'acqua, bevendone una sorsata più generosa. Fu allora che il
desiderio di sbarazzarsi del sudore e della sporcizia degli ultimi giorni divenne irresistibile. Per prudenza, Kris verificò prima che la corda si inoltrasse nell'acqua abbastanza da permetterle di restarvi aggrappata mentre faceva il bagno. Quindi si liberò degli stivali avvolgenti e della tuta e, stringendo con una mano la corda, si immerse nell'acqua. Era indubbiamente fredda, ma era una sensazione stupenda. Si strofinò come meglio potè con una mano, e senza sapone, in quello che fu probabilmente il bagno più veloce che avesse mai fatto. Servendosi della coperta, si asciugò alla meglio con il tessuto idrorepellente e sciacquò le maniche e il davanti della tuta macchiati di sangue. Si era rinfilata i vestiti, benché umidi, e stava mettendosi gli stivali quando udì avvicinarsi delle voci. Si issò in cima e tornò sui propri passi, molto rinfrescata. Si tenne vicina alla parete alla sua destra quando il gruppo che scendeva le passò accanto. - Non dobbiamo mollare quella corda - stava dicendo uno degli uomini - perché la corrente è forte, secondo il cat. - Dio, cosa non darei per un rasoio! - Affila il tuo coltello, amico - commentò un altro, ridendo. - Era così che facevano i pionieri. Quando Kris trovò la strada per tornare dove aveva dormito, vide che c'era rimasta soltanto Patti Sue, ancora addormentata. Esitò, incerta se andare a prendere del cibo e assicurarsi che la ragazza mangiasse, ma decise che il sonno era più importante. Dalla quantità di selvaggina che i cacciatori continuavano a portare, sarebbe rimasto qualcosa per lei quando si fosse svegliata. Fino a quando, però, la selvaggina sarebbe stata così stupida da farsi catturare e ammazzare? Le bocche da sfamare erano tante. Fu allora che udì un baccano di voci e di grida gioiose. Tornò nella caverna principale e cercò di capire a cosa fosse dovuto quel frastuono. Avevano tutti un'aria molto soddisfatta. Bart sorrideva come se avesse appena vinto alla tombola. - Cosa succede, Bart?
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- Hanno trovato del cibo. Una montagna - rispose lui, poi si ricordò del proprio dovere e girò i pezzi che si stavano cuocendo sul fuoco prima che si carbonizzassero. - Dove? Roba che possiamo mangiare? - Kris si scoprì a fissare la carne arrostita con aria famelica. - Suppongo di sì, altrimenti perché tutto questo strepito? Kris si spostò per udire cosa stavano dicendo. - Montagne di cibo! ... Una specie di caverna-magazzino. Come un silo. ... E altre porte che non siamo riusciti ad aprire... non ancora! ... Devono essere secoli che lo stanno accumulando. ... Nessuno nelle vicinanze, niente impronte, solo crepe nella pietra, come se vi si fosse posato sopra qualcosa di enorme. Kris si fece largo tra la folla eccitata e si diresse verso la zona anteriore della caverna, sperando di trovare qualcuno al quale chiedere delucidazioni. La caverna "magazzino" la preoccupava un po', perché suggeriva che le informazioni di Zainal non erano esatte. Non si immagazzina qualcosa, soprattutto cibo, se non c'è nessuno a consumarlo. - Con le prove di scarificazione ne avremo un'idea immediata - stava dicendo un asiatico in tono deciso. Hanno funzionato per la selvaggina che avete catturato, come anche per radici e bacche. - Possiamo utilizzare lo stesso metodo per i rugarian e i deski, Matt? - Kris udì Mitford chiedere. - Diamine, non lo so, sergente. I miei clienti erano esseri umani. - Zainal, puoi informarti? - disse Mitford, passando al barevi. - Sì. Glielo chiederò - e Kris vide del movimento tra quelli accalcati intorno a Mitford quando Zainal si allontanò per indagare. - D'accordo, ascoltate! - La voce del sergente assunse un tono da piazza d'armi. - Mi occorrono dei volontari... tu, tu, tu e tu. Arrotolatevi le maniche. Ci sono dei campioni che dobbiamo esaminare.
La folla si diradò di colpo perché molti si rifiutavano di essere scelti come "volontari" per l'idea brillante che Mitford aveva in testa. - Non hanno trovato altro che cibo? - chiese Kris, avvicinandosi al sergente. - Non ti basta? - replicò una donna in tono stizzito. - È senz'altro un aiuto, ma sono tante le cose che ci occorrono per rendere questo posto abitabile... - Abitabile? Che spasso - disse la donna, allontanandosi. - Anche tutto quel cibo potrebbe essere uno spasso disse Greene, apparendo al suo fianco - se si scopre che il nostro stomaco non lo tollera. - Qualcuno si è fatto un'idea del perché ci siano simili scorte? - gli chiese Kris. - E cosa succederà se i tre Orsi tornano a casa e scoprono Ricciolidoro? - Fece un gesto per indicare che a loro spettava la parte di Ricciolidoro. - No. Anche Zainal non ne aveva la minima idea. Insisteva che, secondo il rapporto dei catteni, il pianeta era disabitato... - Con forme di vita senzienti? - Mmmm. Sì, in effetti ha fatto questa distinzione rispose Greene, quindi sorrise. - Si è spaventato a morte anche il sergente quando si sono trovati di fronte a quelle porte di metallo che sbarravano gli ingressi delle caverne. - Come hanno fatto a entrare? Green ridacchiò di nuovo. - In questo gruppo ci sono tipi con specializzazioni molto interessanti. - Dove si trovano queste caverne prodigiose? - A mezza giornata di cammino da qui, perciò non preoccuparti. E non ci sono strade. È sconcertante come facciano a immagazzinare i raccolti senza lasciare tracce. - Ti innervosisce di più un congegno meccanico astruso che un alieno genuino - commentò Kris. - Se lo dici tu. Il sergente ha mandato un gruppetto in esplorazione, per vedere se riescono a capire come e da dove i silos vengono riempiti. Stasera, comunque, terrà una riunione per spiegare ogni cosa. - Greene si leccò le labbra e Kris si scoprì a fare altrettanto quando la brezza
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portò loro odori stuzzicanti. - Avrei potuto mangiarne uno intero. - Hai finito le tue tavolette? - Diamine, no, e fa' la guardia alle tue. Come ho detto, tra noi ci sono tizi dalle mani lunghe oltre che dalle specializzazioni interessanti. - Oh, povera me, Patti Sue - disse Kris, voltando le spalle a Greene per tornare dalla ragazza. Si fermò per chiedere a Bart se poteva portarle la sua razione. - Posso contare che la darai a lei e a nessun altro? chiese Bart, fissandola con severità. - Certo, hai la mia parola - rispose Kris in tono serio, e cercò una pietra su cui posare la carne calda. Patti Sue era ancora addormentata. Il pacchetto con le sue razioni era scomparso; qualcuno l'aveva fatta rotolare su un fianco per impadronirsene. Kris si infuriò, ma poi decise che Patti Sue doveva assumersi la sua parte di responsabilità. Si chinò, badando a non far cadere la carne calda sul pavimento sudicio della caverna, e la scrollò per la spalla. La reazione della ragazza, che agitò le mani e scalciò con i piedi, fu così inattesa che Kris si trovò a far giochi di destrezza passando la carne da una mano all'altra per non lasciarla cadere a terra. - Ehi, Patti Sue. Calmati, ragazza. Vuoi che faccia cadere il tuo pasto? Scotta - gridò, cercando di salvarlo dal mulinello di braccia e gambe. - Kris? - esclamò Patti Sue, smettendo di agitarsi. Ohhh, mi hai spaventata. - Non volevo. Vuoi sederti? Bada che scotta! Usa la manica. Patti Sue arrotolò la parte in eccesso di una manica fin troppo lunga e, servendosene come di una pattina, prese il pezzo dalle mani di Kris, che si leccò le dita mentre lei esaminava con sospetto la porzione. - Temo di non riuscire a mangiare niente - disse Patti Sue, restituendola a Kris. - Non se ne parla nemmeno, ragazza. Mangia. Fa' finta che sia il pollo fritto che tua madre era solita fare... - Non posso, perché mia madre era una pessima cuoca. - Era il primo commento personale che fosse uscito dalle labbra di Patti Sue. Con gli occhi chiusi, addentò
con cautela la carne e ne staccò un boccone minuscolo. Oh! Niente male, vero? - Aprì gli occhi e mangiò con più gusto. - Forse mi piace perché sono affamata. - Patti Sue, non hai pensato a nascondere le tue tavolette, vero? - le chiese Kris con dolcezza. Patti Sue la guardò, con aria smarrita. - No. Perché avrei dovuto? Nessuno si sognerebbe... - Tastò con una mano sotto la coperta e la disperazione si dipinse sul suo volto quando si rese conto che il suo pacchetto era scomparso. Iniziò a gemere e rischiò di lasciar cadere la carne. Kris le guidò la mano verso la bocca. - Ora mangia. Non è la fine del mondo perché hanno trovato una caverna-magazzino piena di cibo. - Caverna? Cibo? - Patti Sue sembrò farsi piccola per la paura. - Questo mondo è abitato da catteni? - No, stando a quanto dice il nostro esperto catteni... La ragazza sgranò gli occhi per il terrore. - Un catte ni... - Mangia! - le ordinò Kris. - L'hanno scaricato con noi, e non è un cattivo soggetto. Non ti darà fastidio. - Oh, oh, oh - e Patti Sue continuò a gemere mentre mangiucchiava la carne. Kris aveva conosciuto gente schizzinosa, ma Patti Sue batteva tutti.
Kris rimase con lei, sia perché la ragazza tremava di paura a ogni rumore di passi fuori dalla caverna, a ogni ombra che passava davanti alla luce della vicina torcia sia perché era stanca. Aveva le mani e le braccia indolenzite per la fatica di pulire la selvaggina, e le davano fastidio un paio di piccoli tagli che si era procurata con il coltello. Fu allora che si ricordò della cassetta di pronto soccorso e li spennellò con il liquido arancione. Bruciava un po' ma sapeva che il disinfettante dei catteni riduceva i rischi di infezione. Suggerì a Patti Sue di fare un bagno, ma quando le disse come ci si arrivava e in che condizioni primitive era, lei si strinse le ginocchia al petto gemendo.
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- Devi piantarla di lamentarti, ragazza - sbottò Kris, non potendone più. - A me non importa, ma ad altri sì. Siamo tutti nelle stesse condizioni, puzzolenti, spaventati e sospettosi. Perciò, non sei da sola. - Ma... - iniziò Patti Sue, con un'espressione sconvolta negli occhi mentre si apprestava di nuovo a chiedere scusa. Rimase invece a bocca chiusa per un lungo momento. - Hai ragione. Sono una codarda. Lo sono sem- | pre stata e immagino che lo sarò sempre. Non intendo chiedere scusa. Non posso cambiare. Kris si pentì di aver ceduto all'ira. - Tesoro, lo siamo tutti. Spaventati, voglio dire. - Sei sempre la mia compagna? - Il tono accorato della voce e l'espressione implorante del volto commossero Kris. - Ti hanno violentata, bambina? - le chiese, accovacciandosi al suo fianco. Un tremito spasmodico scosse il corpo gracile di Patti Sue mentre le lanciava un'occhiata carica di angoscia. Si vede, vero? - Non è come una voglia o una lettera scarlatta - replicò Kris con tutta la dolcezza di cui fu capace. - Ti ha tradito il modo in cui sussulti ogni volta che senti una voce maschile o vedi un'ombra o qualcuno, del tutto innocuo come Jay Greene, che cerca soltanto di aiutarti. Non dirò che non ci siano tipi in questo gruppo ai quali non piacerebbe... be', lo capisci... perché sei molto graziosa e attraente. Per il momento, comunque, nessuno ha molte energie extra. Hanno bisogno di tutte le loro risorse per sopravvivere su questo mondo assurdo. Quindi, perché non ti fai coraggio? Ti starò vicina quanto più posso, ma credo che mi affideranno dei compiti... - altrimenti impazzirò se dovrò occuparmi tutto il tempo di te, aggiunse Kris tra sé - che mi costringeranno a lasciarti sola. Vorrei perciò presentarti un paio di persone... di donne... che ti terranno d'occhio quando dovrò assentarmi. L'agitazione di Patti Sue era cresciuta man mano che Kris le spiegava la situazione, anche se era chiaro che lottava per dominare una reazione istintiva.
- Vieni, e porta con te la tua coperta. Non che non ce ne siano di scorta, ma è saggio non separarsi dalle proprie cose. Con gesti nervosi, Patti Sue arrotolò la sua coperta e se la mise in spalla, seguendo l'esempio di Kris. Tuttora in preda all'ansia, la seguì fuori dalla caverna, guardandosi in giro con nervosismo quando udiva voci provenire dai vari cunicoli e rischiando di sbattere contro Kris, a tal punto la tallonava. Esitò, trasalendo, quando entrarono nella caverna principale e la vide affollata di gente indaffarata o occupata a cuocere sui fuochi. Un gruppo di persone si stavano dirigendo verso l'ingresso. Sorpresa, Kris vide che l'oscurità, oltre l'uscita, era rischiarata dalla luce delle torce e di un fuoco, e la rassicurò l'idea che Mitford non ritenesse pericoloso illuminare così il posto. - Qui siamo al sicuro, Patti Sue - disse, indicandole l'ingresso. - Fuori è tutto illuminato come a Natale. Andiamo a prendere una boccata di aria fresca e troviamoci un buon posto per la riunione. Nella caverna principale non c'erano soltanto odori di cucina ma anche altri, non altrettanto gradevoli e per niente invitanti. - Oh... - gemette Patti Sue, facendosi piccola. - Te lo consiglio, tesoro, a meno che tu non voglia restare in questo fetore. - Se lo dici tu... - Patti Sue non si sarebbe avventurata da nessuna parte senza di lei. - Coraggio, credo di sapere dove possiamo sederci disse Kris, sperando che, nell'oscurità, non fosse possibile capire che parte della cengia fosse stata usata come mattatoio. Con Patti Sue così appiccicata da sperare che non la urtasse, facendole cadere tutte e due dalla sporgenza, si avviò verso un punto sopra il fuoco, le cui fiamme illuminavano le facce delle persone che vi erano sedute intorno. - Ehi, assisteremo allo spettacolo da un palco - annunciò. - Centrale e in prima fila. - Kris si sedette e Patti Sue prese posto alla sua destra.
Kris tentò di identificare le facce alla luce del fuoco: non ebbe difficoltà a individuare Zainal, seduto accanto a Mitford; Bass, Murphy, un rugarian e due deski poco oltre. Riconobbe altri volti che ricordava di aver visto durante la marcia ma ai quali non sapeva dare un nome. Un sussulto da parte di Patti Sue l'avvertì che qualcuno si stava avvicinando; le dita con cui le strinse il braccio avevano una forza sorprendente. - Calmati - borbottò Kris sottovoce perché aveva riconosciuto il nuovo arrivato. - È soltanto Jay Greene, un tipo per bene. Non so se hai già conosciuto la mia compagna. Patti Sue ti presento Jay Greene. È un autentico cacciatore, abile con le trappole. Unisciti a noi. Puoi farci da guardia del corpo. Kris si pentì delle sue parole appena le ebbe pronunciate perché la ragazza le si aggrappò con rinnovata energia. Anche lei sarebbe stata nervosa se avesse avuto alle spalle una storia di stupri. Dopotutto, non era proprio per sfuggire a quella sorte che aveva trovato il coraggio di rubare il flipper e nascondersi nella foresta? Greene si sedette a due spanne abbondanti da Kris, che colse l'occasione per rivolgersi a Patti Sue. - Mi stai bloccando la circolazione nel braccio. Rilassati! - mormorò. Quando sentì che la stretta si allentava, avvertì lo sforzo che dovette compiere per staccare le mani dal suo braccio. - Che novità ci sono, Jay? Hai saputo qualcosa? - Già. - Le fiamme fecero balenare i denti bianchi quando sorrise. - Ho saputo che non siamo soli! - dichiarò, scandendo le parole. Le mani di Patti Sue artigliarono di nuovo il braccio di Kris. - Questo lo so - disse Kris, limitandosi a staccarne le dita e a rimetterle le mani in grembo. - No, cioè, non siamo gli unici disgraziati che hanno scaricato su questo pianeta - replicò Greene. - Davvero? Hmm, mi sembra logico - disse Kris, sforzandosi di parlare in tono noncurante. Perché le avevano accollato quella piantagrane? - Nel nostro campo eravamo soltanto cinque o seicento, non un numero eccessivo. L'astronave su cui ci hanno ammassati avrebbe
potuto contenerne chissà quanti ancora. So che c'erano due livelli, se non di più. Forse hanno svuotato tutte le carceri di Barevi, così da economizzare sul viaggio. Altri esseri umani? Green si strinse nelle spalle. - Non sono sicuro che ci sia qualcuno in grado di dirlo. Patti Sue si mise a piagnucolare. - Vuoi deciderti a vedere il lato positivo, Patti Sue? disse Kris. - Tu non eri una di loro e sei al sicuro con noi. Non è così, Jay? - Come in una fortezza - disse Greene in un tono così rassicurante che Kris lo ringraziò con un sorriso, strizzandogli l'occhio. - Anzi, più siamo più si starà allegri purché si possano scambiare informazioni e unire le forze per risolvere i problemi che questo posto presenta. - Altre notizie? - Per esempio? - Quella pattuglia mandata da Mitford ha scoperto come arriva il grano? - No - rispose Greene, scuotendo la testa. - Hanno scoperto altre caverne-magazzino, tutte scavate in roccia solida. E altre valli con campi coltivati. È là... - Con un rapido cenno della mano Kris lo avvertì di non dire niente che avrebbe potuto sconvolgere Patti Sue. - Hanno visto che vi erano stati parcheggiati veicoli pesanti. Udirono un mormorio di voci e videro che la gente stava uscendo dalla caverna o per dirigersi verso il fuoco o per trovar posto sulla sporgenza. - Iniziamo con un inno nazionale o con una preghiera? - celiò Kris. - Dubito che il nostro sergente abbia tendenze religiose. - Cosa per cui sono molto grata. - Kris sentì che Patti Sue si irrigidiva a quella battuta. - Abbiamo bisogno un tipo realista. - Sono d'accordo! Chuck Mitford si era alzato e aveva sollevato le mani per imporre il silenzio. - È Mitford che vi sta parlando, nel caso non riusciate a vedermi - disse con la sua voce tonante da piazza d'armi che riecheggiò nella gola. - Abbiamo inviato diverse
squadre in ricognizione... esplorazione per quelli di voi che non conoscono il gergo militare. «Abbiamo trovato caverne-magazzino talmente di grano che a noi umani potrebbero durare anni interi.
piene
Non sappiamo chi, o cosa, l'abbia immagazzinato, ma difficilmente si accorgeranno di cosa abbiamo prelevato, e preleveremo, una volta che avremo organizzato il nostro spaccio. Siamo fortunati ad avere tra di noi alcuni botanici che hanno stabilito quali tipi di radici e bacche possiamo mangiare e quali dobbiamo evitare. Come voi tutti avete scoperto, l'acqua è buona. «Stiamo anche cercando altri alloggi, per non stare ammassati come sardine... - Come su quelle astronavi da trasporto? - commentò qualcuno con comica amarezza, suscitando le risate. Mitford sollevò una mano. - Abbiamo anche scoperto che altri gruppi sono... atterrati qui. Non abbiamo avuto contatti ma chiunque ne avesse, mandi il compagno alla base a chiedere aiuto. Non portate nessuno qui. Neanche altri terrani. - Fece una pausa per consentire che l'avvertimento venisse assimilato. - Non correremo rischi se restiamo insieme con gente che abbiamo imparato a conoscere. Accoglieremo chiunque lo voglia, ma ritengo che debbano prima superare un esame. Ci furono mormorii di approvazione. - Non altri alieni - disse una voce. - Non sono d'accordo - ribatté Mitford in tono fermo, guardando con aria di sfida nella direzione da cui era arrivato il commento. - Lo dico subito chiaro e tondo. Non so dove eravate su Barevi, ma ho appreso che alcuni alieni hanno subito tante umiliazioni quante ne ho subite io. - Si puntò il pollice al torace. - E alcuni possiedono capacità che io non ho. Dobbiamo iniziare da capo su questo pianeta, perciò lasciamoci alle spalle quelle stronzate. D'accordo? Il suggerimento fu accolto con un diffuso mormorio di approvazione. « Per chi non lo sapesse, sono stati i deski a trovare le caverne. Dubito che noi ci saremmo riusciti. Si arrampicano come i ragni ai quali assomigliano, solo che sono umanoidi come noi. Non voglio sentirli più chiamare ra-
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gni- Capito? Bene, aprite le orecchie. Sono stati strappati al loro pianeta proprio come noi, perciò li trattiamo come trattiamo uno di noi, perché sono dei nostri. Sono stato abbastanza chiaro? La reazione che ottenne fu fragorosa, e rassicurò Kris, che cercò di individuare quelli che avevano accolto con riluttanza l'annuncio. - Un deski ha portato durante la marcia il figlio di May Framble e non si è mai lamentato. - L'espressione di Mitford era un rimprovero per quelli che si erano lamentati. - Perciò, ricordatevi che anche loro ci sono dentro e fanno la loro parte. Anche i rugarian sono dei nostri, in base allo stesso principio. Hanno ucciso più selvaggina degli umani. Sono eccezionali con la fionda! «C'è un'altra cosa che dobbiamo chiarire subito! Qualunque carogna sorpreso a rubare la razione di tavolette di un altro, o in possesso di una quantità superiore alla sua parte, perderà tutto quello che gli viene trovato addosso e sarà assegnato alle latrine per un mese. Capito? - Guardò con aria di sfida la gente intorno al fuoco e quella sulla cengia. - Non abbiamo molto da rubare, ma questa colonia non tollererà i ladruncoli. - Batté il pugno sul palmo dell'altra mano per sottolineare le parole. -, Avete capito? - Chi ti ha nominato capo, Mitford? - chiese una voce maschile, stizzita. - Voi! - Mitford sporse il mento e fissò minaccioso nella direzione della voce. Kris ebbe l'impressione che fosse la stessa voce che si opponeva alla presenza degli alieni. Si chiedeva se fosse Arnie dalla faccia di faina ma, ripensandoci. Arnie non avrebbe avuto il coraggio di parlare con franchezza Era il tipo che agiva alle spalle, e che avrebbe rubato la razione a una ragazza addormentata. - Vuoi il mio posto? Accomodati! - Mitford fece il gesto di allontanarsi dal fuoco. Si levò subito una protesta veemente da parte degli umani, e Kris fu contenta di vedere che deski e rugarian agitavano braccia e mani. - Ho alle spalle anni di esperienza sui metodi per far lavorare insieme branchi di individui perfino peggio as-
sortiti di voi, amici... - Dal tono in cui lo pronunciò, l'appellativo suonò come un epiteto ingiurioso. - Così, a meno che non siate in grado di battere i miei ventisette anni, quindici dei quali come sergente maggiore, tappatevi la bocca. Qualcun altro vuole lamentarsi per il modo in cui dirigo questa combriccola? No? Bene, dimostrate di avere un po' di buonsenso in zucca. Questo incarico non piace neanche a me, ma l'ho accettato e lo terrò fino a quando scopriremo cosa c'è su questo pianeta. Perciò, ascoltatemi con attenzione. «Abbiamo un campo-base ma dobbiamo controllare la zona per evitare sorprese. Come sapete, non siamo stati gli unici a essere scaricati, e a qualcuno potrebbe far piacere trasferirsi nel nostro lussuoso insediamento. - La definizione suscitò le risate. - Non è granché, al momento. - Mitford fece una pausa, lasciando capire che aveva molte migliorie in mente, il che fu accolto con qualche mugugno. - Ma ce la caveremo bene, se ci lasceranno in pace. Così, ci sono due punti... - proseguì, alzando due dita. - Primo, abbiamo sentinelle con gli occhi aperti ventiquattro ore su ventiquattro, anche se non ci hanno dato orologi. Secondo, quando udite me o una sentinella urlare allarme rosso... - con le mani a coppa intorno alla bocca gridò a squarciagola le parole, facendo trasalire i più vicini. - ... precipitatevi il più in fretta che potete, pronti a usare i coltelli. Stare sempre sul chi vive è il prezzo che bisogna pagare per conservare la libertà, amici miei. - La sua espressione divenne molto seria. - Abbiamo perso sulla Terra ma vi assicuro che non intendo perdere qui. Quando ci hanno scaricato in quel campo, ci hanno rimesso in libertà, ed è mia intenzione restare libero e iniziare alla grande! Quindi, ogni volta che udite allarme rosso, cosa fate? - Inclinò la testa, con la mano all'orecchio. - Ci precipitiamo, paparino - gridò lo spiritoso dalle ombre oltre il fuoco. - Farete bene a non scordarvene! Dobbiamo anche evitare di ammalarci, e questo significa latrine, che bisogna scavare dove non abbiamo trovato buche abbastanza profonde. E buttateci un po' di sabbia ogni volta che le usate. Serve a combattere l'odore. Abbiamo bisogno di
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squadre che vadano a caccia tutte le mattine, di volontari per assaggiare gli alimenti e di altri che li cuociano. Ho parlato con molti di voi durante la marcia ma adesso mi occorre sapere chi di voi ha specializzazioni in medicina in chimica o perfino in corsi di sopravvivenza. Ognuno farà la sua parte di lavoro per mandare avanti la baracca. E non voglio sentire proteste quando è il vostro turno ai lavori più sporchi. Vi alternerete. Quelli che hanno specializzazioni specifiche, e con i quali non ho ancora avuto l'occasione di parlare, vengano da questa parte del fuoco al termine della riunione. I cacciatori saranno coordinati da questo rugarian, che si chiama Slav e che ha la mira migliore che io abbia visto dai tempi di Lou Gehrig. - Sergente, non eri nato quando Lou Gehrig si esibiva - gridò uno spiritoso. - No, ma l'ho visto in un sacco di filmati. Dunque, i cacciatori con Slav. Domani avrò bisogno di altre pattuglie, così, se vi va di far ginnastica - ci furono altre sonore risate - rivolgetevi a Zainal. - Ti fidi del cat? - Fino a quando l'inferno si congelerà replicò Mitford in un tono che non ammetteva discussioni. - E' stato scaricato qui come noialtri e non sono abbastanza coraggioso da chiedergli perché. Ci fu di nuovo un mormorio di sorpresa, ma Mitford proseguì. - Voglio venti persone che vadano a far rifornimento di grano... voglio vedere qualche mano alzata prima che scelga io i volontari. - Diverse mani si levarono in alto, molte più di venti. «E ora, un'ultima cosa. I maschi sono più numerosi delle femmine. Alcune delle nostre donne sono state violentate dai catteni. Noi siamo esseri umani! Che nessuno dia fastidio a una donna in questo accampamento. Al primo accenno di stupro, Patti Sue gemette e si aggrappò a Kris, che le mise un braccio intorno alle spalle con gesto protettivo. - E se una ragazza violentasse uno di noi? - gridò il solito spiritoso, suscitando le reazioni infuriate delle donne a lui vicine.
- Se la violenza è inevitabile, rilassati e goditela, amico - gridò la voce di una donna, in tono amaro e sprezzante. - Io stesso terrò d'occhio chiunque costringa una donna con la forza - disse Mitford, sollevando le grandi e capaci mani. - Lo stesso vale per le femmine che ricorrano a tattiche di adescamento. - Fece una pausa, quindi sorrise con sarcasmo. - Sempre che a qualcuno restino energie alla fine di una lunga giornata. - Hai sentito, Patti Sue - mormorò Kris, dando un colpetto sulle mani nervose che le stringevano il braccio - e parla sul serio. - Può darsi che lui parli sul serio, ma se... - Niente se, Patti Sue - la interruppe Kris con fermezza. La richiesta di esploratori le avrebbe offerto l'occasione di liberarsi di queill'impiastro e di fare qualcosa di più interessante che sventrare bestie. - L'hai sentito. Parla sul serio. Patti Sue continuò a piagnucolare, benché avesse promesso di smettere. - Adesso sono disposto ad ascoltare domande intelligenti, preferibilmente domande alle quali possa rispondere - disse Mitford. - Sarò sempre disponibile ma, se fossi impegnato, parlate con Bass. Zainal, tu hai l'incarico di tenere i rapporti con gli alieni, anche perché parli il barevi meglio di me. Dowdall... alzati in piedi, e anche tu, Murphy. Loro hanno la funzione di caporali. Avete delle lamentele? Parlatene con loro. Vi assicuro che saranno esaminate e risolte... se umanamente possibile. - Sergente Mitford? - gridò un uomo, alzandosi in piedi per farsi vedere. - Qualche idea sul motivo per cui ci hanno scaricato qui? - Zainal dice che i catteni lo fanno quando vogliono colonizzare un pianeta. Ritornano a intervalli per controllare se qualcuno è ancora vivo e respira. - Perciò, non riusciremo ad andarcene da qui? - Non ho detto questo - replicò Mitford - Devono pur atterrare per dare un'occhiata, non credi? Niente garantisce che decolleranno sulla loro astronave.
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Quel commento suscitò mormorii di speranza e commenti soffocati. - Ed è una buona ragione per essere cordiali con l'unico catteni che abbiamo dalla nostra parte - proseguì Mitford. - Altre domande? - Chi è che coltiva questo pianeta? - Ottima domanda, alla quale non so rispondere. - Il cat lo sa? - Il nostro alleato catteni - e Mitford fece una pausa per accertarsi che tutti notassero l'uso del nome completo - non lo sa, perché la sua conoscenza di questo pianeta è lacunosa quasi quanto la nostra... tranne che ha udito dire che alcuni degli esemplari locali sono pericolosi. Fuori da questo campo, tenete occhi e orecchie aperti. Oppure vivete abbastanza a lungo per dirci cosa avete visto o sentito. - Accidenti, grazie, sergente - e una risata percorse la folla. - Sono tutti di buonumore - Kris disse a Greene. - È sbalorditivo come uno stomaco pieno migliori il tuo modo di vedere. - Qualche bastardo ha rubato la razione di Patti Sue aggiunse lei. - Non mi stupisce - rispose Greene a voce bassa. Possiamo procurargliene un'altra. O dovresti conservarla tu per lei? - Dopo qu