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Italian Pages 1034 [1027] Year 2008
NUOVO DIZIONARIO PATRISTICO E DI ANTICHITÀ CRISTIANE
INSTITUTUM PATRJSTICUM AUGUSTIN IANUM ROMA
NUOVO DIZIONARIO PATRISTICO E ·oI ANTICHITA CRISTIANE '
diretto da Angelo Di Berardino
• P-Z
MARIETTI 1820
Realizzazione editoriale: Arta snc, Genova Stampa e confezione: Rikgatoria Varzi - Città di Castello (PG) I edizione 1983 Il edizione aggiornata e aumentata 2008
© 2008 Casa Editrice Marietti S.p.A. - Genova-l'vWano ISBN 978-88-211-6742-3 www.mariettieditore.it
Finito di stampare nel mese di gennaio 2008
presentazione
La prima edizione del «Dizionario patristico e di antichità cristiane» (= DPAC) ha riscosso un notevole successo perché veniva i'ncontro a una sentita esigenza di uno strumento informato e completo sull'antichità cristiana in generale e sui Padri in particolare. Oltre alla ristampa in italiano nel 1999, esso ha avuto diverse traduzioni in altre lingue (spagnolo, inglese, francese e portoghese). Negli ultimi anni altri editori deltest europeo ne hanno chiesto la traduzione. Dopo 22 anni dalla prima edizione gli editori hanno sentito la necesritii non di una semplice ristampa, poco convincente in questo genere di opere, ma di qualcosa di diverso e nuovo. Rispettando la stessa struttura e lo stesw taglio della prima edizù:me, con impegno notevole della Casa Editrice italiana, la Mariettr: abbiamo proceduto a questa nuova edizione. La stf.:ssa Casa Editrice~ con spirito di continuità e di servizio all'antichità cristiana, aveva pubbliinfluenza giudaica e cristiana si veda lo studio di L.D. Merino. }. Lassos, S1:ncruflrrer chrétiens de S}'rÙ', Paris 1947: K. Micbalowski, PtJ!myre. Fomlles pulonaùr:J !960, Paris 1962; L.D. Merino, l11fluenda1/udi.J y crisdann en /o$ rig·
noj e i11scripdo,,es palmim1a5; SBF 21 0971) 76-148.
B. Bagatti PALUT (II-III sec.). Nome semitico che ·significa il «riscattato». Discepolo dcl leggendario Addai, con cui avrebbe evangelizzato la città di Edessa, che divenne imoortante centro cristiano neUa Mesopotamia ~ polo di ) su di lui, già presbitero ordinato da Addai (par. 77), si
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recò ad Antiochia per ricevere l'ordinazione episcopale dalla mani di Sempione (par. 102), verso l'anno 200. L'episodio indica la dipendc::nza della comunità edesscna da quella ancioehena.. Il Martyrium Barsamya presenta P. come primo vescovo di Edessa (W. Cureron 1864,63-72). I cristiani ortodossi di Edcssa, secondo Efrem, dopo la morte di P., vennero chiamati Palutiani in opposizione ai dissidenti. A lui succedono prima 'Ab!lamà e poi .Barsamya, che muore martire tra il 249 e il 260. J.B. Segal. Edma •rhe Dletsed City", Oxford 1970, 7981; E. Peretto, li prohl~ma degli ùriv· del t7Ùl1onesi1110 in Siria: At1g1.1srinianwn 19 (1979) 197-214; Erbetta li, 574578; A. Desreum:iux, Hùtoire du roi Ahgar et de }t!sus, Paris 1983; J. Teixidot, &rdesane J'P.dcise, la premiè:rc philosophie Jyrioque, P:1ris 1992; J. Con:cilez Nli.ik:z, Li /cyMda Jel rey Abgar y Jenis, Madrid 1993.
A. Di Bcrardino
PAMMACHIO (t 410). Senatore della famigli~ dei Furii, fu compagno di studj e amico di Girolamo. Sposò Paolina, figlia della matrona romana Paola e, rimasto vedovo {397), si diede a vita monastica; spese il suo patd· monio per assistere i poveri, fece costruire un ospizio per pellegrini a Porto e edificare la chiesa déi SS. Giovanni e Paolo al Celio (titulus Pammachii) a R:>ma. Si interessò alle controversie relative a Gioviniano e a Origene operando attivamer.te nel contrastare Rufino. Girolamo gli dedicò alcune opere e gli indirizzò nwncrose lettere (F.pp. 48; 49; 57; 66; 83; 84; 97). Ricevette anche una lettera da Paolino di Nola (Ep lJ). allorché fu informato della morte di Paola, e una lettera elogiativa da pane di Agostino (Ep. 58) concernente la sua attività amiùunatista in Numidia. Mori nel 410 durame l'occupazione di Roma ad opera dei Goti di Alarico. Palladio, Hm. laus. 62; DS IO, 72-7-4 (bibl.); PLR.E I, 663; LTK 1 7, 1306-130i; PC3E 1.576-1581.
A. Pollastri PANCRAZIO, martire. P. è iscritto nd Mart. hier. dopo i ss. Nereo e Achilleo, al 12 maggio. Papa Simmaco (498-514) costruì o fece ingrandire la basilica edificata sulla sua romba, fuori dalla porta omonima sulla via Aurelia !Duchesnc, LP 1, 262). Gregorio Magno vi pronunciò l'Hom. in Ev. 27 (CCL 141, 229238), e vicino fondò un monastero (Reg. epp. 4,18: CCL 140, 2%-237). Onorio I (625-638) sistemò nel coro della chiesa una criprn di forma semi·anulare 1 e un altare ad corpus OCUR 2, 24 e 156). Gregorio di Tours (G/or.
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mari. 38) parla dell'usanza in base alla quale
gli accusati potevano, con un giuramc:nto fatto nella chiesa, essere sciolti dalle accuse lo· ro rivolte. I Sacramentari gelasiano e grcgo~ ciano riportano una messa in onore 4-175; A. Amore, I martin' d1 Rwna. Romu 1975. 2.51-253; J. Declerck, l..eJ n:ccruionr g~cqucs dc Lt Ptmion J,! S. Pancracc, martyr J Rome; AB 105 (198il 6.5·85; M. Ceçchelli, Chiese di Roma illuslratc. S. Pancrazio, Roma 1972; H.R Drobner, Dcr heilige P1mk.ra1ù1s, Paderbom 1988; Ph. Pergola, ma 2 1999, 234-2.H.
Le ctJ/acombe romane, Ro-
V. Saxer - S. Heid PANE. !:uso del termine «pane» (gr. Cip-toç, lat. pani!) è estremamente vasto in ambito patristico, in connessione, del resto, con la sua frequenza nei testi biblici ove sono presemi utilizzazioni diverse del vocabolo (per il NT cfr. GLNT I, 1267-1272). Si possono distinguere i seguenti significati dati al p. dagli autori cristiani antichi: 1) P come indicativo di qualsiasi cibo e di tut· te le necessirà corporali (Orig., Com. in Jo. X, 17,100; De or. 27,4; Greg. Niss., Or. dom. 4; Agost., Serm. 57,7,7) e come nutrimento quotidiano spesso in relazione con A1.t 6,11/ /Le 11,3 (cfr. il lemma Padre nwlro). 2) P. in senso eucaristico: «il pane di Dio» è (da carne di Gesù Cristo della stirpe di David» (Ign., Rom. 7,J); il p. è l'elemenro nece..c;sario per l'eucaristia (Giust., l Apol. 6567; Tenui!., Adv. Mare. I, 14,J; Trad. ap. 21 [ed. Borre]; Cir. di Gcr., Cat. 22,J,6; 23,20); l'uso di un p. ordinario è espressione della condiscendenza divina verso le consuetudini umane (Giuv. Dam., De /id. ort. IV, 13), ma esso diventa corpo di Cristo (Grcg. Niss., Bapl. chr.; cfr. Orig., C. Ce!s. VIII, 33) non appena viene santificare con l'epiclesi (Iren., Adv. haer. IV, 18,5; Cir. di Ger., Cat. 19,7; 21,3; 23,8; Teod. di Mops., Hom. cal. 15,12) o consacrato con le parole dcl Signore Gesù (Ambr., De sacr. IV, 14.23); Cristo chiama p. la sua carne, perché possa essere mangiata (Tcod. di Mops., Jo. 6,3 l ss.). Il p. eucarisci-
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co è memorfo della incarnazione (Giust., Dia/. 70,4) e ne dimostra la realtà (Tertull., Adv. i\lfarc. V, 8,.)). Per Ireneo, il discorso sul p. eucaristico si inserisce in un contesw d1 pole-
doti ai loro vescovi o an1ici come simbolo di comunione fraterna (Paol di N., Ep. J,6; 4,5; 7,3; Agost., Ep. 31,9) (cfr. DACL 5, 733-734;
mica antignostica: si può essere certi che il p. offerto neUa eucaristia sia il corpo dd Signore solo se si riconosce in lui il Figlio cli Co-
4) P. in senso metaforico: il p. è Cristo (Orig., Cant. II [su Ct 1,12]; Prud., Cat. 9,61; Agost., Scrm. 130,2), in quanto è vita come il p. è vi· ta (TertulL, De or. 6,2); è il Logos, la Parola di Dio (Orig., Com. in Jo. X, 17,99; XXXII, 24,310; De or. 27; Mt. ser. 85; Greg. Niss., V. Mos. II, 140; Agost., Serm. 56,6,10; In ps. 95, s. II, 6; per la refa,.ionc tra la divinità di Cristo e il suo essere p. cfr. Giov. Crisost., Hom. 45,2 in Jo.); è la sapienza (Atan., Ep. /est. 7,5.8; Greg. Niss., Hom. 5 in Ecci.), la
lui che ha creato il p. (Adv. haer. IV, 18.4; cfr. IV, 33,2). Secondo Macario di Magnesia (Apo· cr. III, 23), Cristo ha possibilità di operare sul p. in quanto è crc:atore della terra da cui provengono sia il p. sia il corpo umano sia il suo proprio corpo. Il p. eucaristico rende immortali (lgn., Eph. 20,2; Teod. di Mops., Hom.
cat. 15,12) e incorruttibili (Ircn., Adv. haer. IV, 18,5; V, 2,2·3; Agost., Traci. Jo. 26,17); nella storia dell'umanità ha posto fine alla morte (Cir. di Al., Ador. III) e dà la vita Ular., In ps. 128,10), non temporale ma eterna (Agost., Ep. 186,2; Jo. 26,15), perché rimette i peccati (Ambr., Ben. patr. 9,38). TI p. eucaristico è anche visto come sacramento di unità spesso in connessione con 1 Cvr 10,17: come da tanti chicchi si forma un unico p. (Did. 9,4; Cipr., Ep. 63,13; 69,5; Giov. Crisost., Hom. 24,2 1n I Cor.; Agost., Serm. 272), CO· sì coloro che lo ricevono, pur essendo molti, divemano W1 p. solo, cioè un solo corpo di
Cristo (Agost., Serm. 227; Serm. Guelferb. 7,1-2); esso è fonte di concordia e segno esca-
tologico della società dei santi (Agost., Tract. in Jo. 26,14.17); ma è anche segno di una unità già realizzata - unità di feùe (Fausto di R, Serm. 16 ,10-11), unità ncl corpo di Cristo compiutasi con il battesimo (Fui. di R, Ep. 12,11,24) - e quando viene offerto, tutto il popolo è significaw in esso (Ambrosiast., In I Cor. 11,20). Circa il modo di preparare il
I:!'K 3, 1180-1181).
Scrittura (Agost., Serm. 95,1), la legge mosaica (Ambro•iast., Quaesf. 47,3; Agost., In 83 quaest. 61,1), la dottrina di Cristo (Tertull., Adv. Mare. IV, 7,6) e la fede in lui (Giov. Crisost., Hom. 46, I in ]o.), la predicazione del NT o l'opera dello Spirito santo (Agost., In 83 quaest. 61,4; cfr. S,•rm. 95,2), la cono· scenza della Trinità (Agost., Serm. 105,4; cfr. In ps. 102,10), la carità (Agost., Serm. 105,6), il martire (!gn., Rom. 4,1) {per altri significati del termine p. cfr. Greg. M., Mora/, XXIII, 49). Particolare risalro ha nclla patristica il «p. degli angclD> di Ps 77,25, da alcuni iÀoy(a il p. e il vino consacrati (Act. Thom. 50; Orig., Hom. 19 {18),13 in Jer.; Cir. di Al., Ador. XIII; /o. IV, 2; Nest. IV 5). Venne poi a indicare an·
nell'AT vengono prevalentememe interpretati in senso tipologico. I dodici p. di proposizione (Lev 24,5-9; cfr. DBS 6, 973 ss.l prefi· guravano il p. eucaristico (Trad. ap. 41; Gi-
che il p. o qualsiasi dono inviato dai sJcer-
ro!., In Tit. 1,8-9; Cir. di Al., Jo. IV, 4), che
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PANF,GJRrcr 1.1\TINI
PANEGIRICI l.ATINJ
ora li sostituisce (Cir. di Ger., Cat. 22,5), e il Verbo che è disceso dal cielo (Euseb., Ps. 33,6-8). Per Origene, scando al senso letterale, i p. di proposizione rappresentavano le dodici tribù d'Israele che dovevano essere memoria e intercessione davanti al Signore, ma, egli osserva, secondo «la grandezza del mistero», l'unica memor(a che renda Dio propizio agli uomini è quella di cui par1a Cristo istituendo l'eucaristia, egli che è il p. disceso dal cielo e datore di vita e pane di propOsizione perché Dio Io pose quale propiziazione mediante la fede nel suo sangue (Hom. 13,J in Lev.). Per alcuni autori, inoltre, i p. di proposizione rappresentano la parola dei dodici apostoli (Orig., Hom. 9,4 in Ex.; Pro· cop. di Gaza, Lev.: PG 87, 779 s.) o i dodici mesi dell'anno (Giro]., Ep. 64,9). Anche i p. azzimi che gli ebrd mangiarono all'esodo (Ex 12,8) e poi ogni anno nelia festa degli azzimi (Ex 13,5-10) ricevono una interpretazione tipologica in relazione alla eucaristia (cfr. soprattutto Efrem, Inni sugli auimi 6,1-6; 17,.5; 19,1-3; cfr. anche Hymm. cruc. 2,5). Essi vengono anche incesi in senso morale in riferimento all'eliminazione del peccato (Greg. Niss., V. Mos. Il, 126; Cromaz., Serm. 17A; Greg. M., In et:ang. hom. 22,8). Come figura della eucaristia viene comunemtnte interpretato, infine, il p. offerto da Mekhisedek (Gen 14,18) (Clem. di Al., Strom. IV, 25,161,3; cfr. JL Ska, Melchisédech: DSp 10, 969-972). 6) Gli amichi autori cristiani menzionano l1uso del p. nel culco mitraico (Giust., J Apol. 66,4; 1èrtull., De praeJcr. 40,4), presso gli eretici (Clem. cli Al., Strom. I. 19,96,l; Epif., Pan. 30,16), nei riti gnostici (Clem. di Al., Exc. ex Theod. 82) e manichei (J\gost., C. faU>I. 20,13). Oltre ai t~ti citati. dr. TRE 1. 229·278 (bibU; LTK 1 2, 703-706. Per la prcseaza del termine p. negli autori cristiani antichi cfr. A. Bla.ise · H. Chirar, Dictionnaire falin-/rançaù der aureurs chrétienr, Sm1.sbourg 1945, 591; J.ampe 2J 1-2}2; per la prcscn.z:1 del termine P- in Agostino dr, PL 46, 484·485. Per le innumcrevoh volte in cui p. viene usaro in senso cui::adstico, cfr.]. Solano, Tex· ror eztcarirriwr prim1~ivor, BAC 88 e Il8, Madrid 1962 e 1964 (particolarmente l'indice de[ voi. II, 846-847 e 887); AA.VV., L'E:JcanSlia net Padri del'4 ChieJa, "Di· zion:nio di spirirualìrà biblico patristica~, Roma 1998. Per l'interpretazione del p. ili Mi 6,11//Lc 11,3 cfr. anche il lemma Padre no,tro. Per l'uso della frazione del p. ndle liturgie dr. DACL 5, 210)·2116; EC 5, 1564-1565.
A. Pollastri PANEGIRICI LATINI (IV secolo). I p.l. si situano nel quadro di un'ampia letteratura encomiastica, che, per citare solo esempi contemporanei, comprendeva le orazioni di Te-
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mistio a Costanzo Il, Valeme e Teodosio, o il discorso di ringraziamento di Ausonio a Graziano; seguiranno L p. di Merobaude ad Aezio e di Ennodio a Teodedco. Quanto al corpus dei p.I., al p. di Plinio il Giovane rivolto a Traiano ncl 100 e rielaborato per la pubblicazione nel 103, che viene per primo nei codici e che propriamente è una Gratiarum actio, si i1ggiungono gli undici p. latini cosiddetti minori, tutti di molto successivi a quello e databili dal 289 al 389. Questi discorsi encomiastici ~ono stati pronunciati da illustri gallici, professori di retorica e/o alti funzionari dell'amministrazione imperiale, in presenza degli imperatori in carica, allo scopo di idealizzarne la figura e creare e consolidare un consenso politico e sociale attorno ad es.sa, esaltando le virtù etiche, civili e militari di quello che spesso, sia all'inizio del p. sia al suo interno, è chiamato sacratissimus impera/or e sovente è cristiano, e fornendo anche particolari biografici e storici, come la vittoria di CostaO[inO al Milvio, evocata dai due p. del 313 e del 321, e testimonianze dell'opinione pubblica diffusa nelle città della Gallia nel Hl-IV sec. Il sovrano che traspare da questi discorsi è clemente, giusto e generoso, invincibile in guerra, pio, il cui potere è legittimato dal.la divinità, presentata con tratti talora chiaramente pagani, talaltra compatibili con il cristianesimo. Alfimperatore sono rivolte sia lodi sia ringraziamenti sia invocazioni· di soccorso, talora militare ma sopranutco economico e fiscale. Alla ceiebrazione dell'imperatore, secondo le linee dell'ideologia imperiale del IV scc., fa da contraltare la demonizzazione dei nemici, sia i barbari sia gli awersari politici e usurpatori, sia i rivoltosi come i Baga udi: dr. E Del Chicca, Panegiristi< barbari: RomBarb 11 (1991) 109-128; D. Lassandro, L'integrazione romanoba.rbanà1 nei Panegirici latini: CISA 12 (1986) 153-159; IJ., Sacralirrimus impera/or, Bari 2000, 33-81; 105-144. Romn, cli cui è celebrata la aeternitas, è presentata come la civilizzatrice del mon IO) di Traiano, pronunciato da Plinio il Giovane nel 100 d.C. Con l'eccezione dd Palinsesto Ambrosiano (E 147 sup. del VI sec., proveniente da Bobbio e scoperto da Angelo Mai), che però conserva solo frammenti del discorso di Plinio, i codici che ci hanno tra· smesso i Panegyrià Latim· derivano tutti dalla copia di un manoscritto scoperto a Ma· gonza nel 1433 da Giovanni Aurispa. L'editio princeps fo opera di Cuspinianus, Wien 1513, mentre la prima edizione critica moderna fu curata da Emil Baehrens (I.eipzig 1874). Al p. di Plinio segue nella taccolta il più re· cente (li), che è quello tecitato nel 389 in onore di Teodosio d:1. Latinio Drepanio Pacaco, amico e collega di Ausonio. Abbiamo poi la gratiarum actio di Mamcrtino a Giu· liano nel 362 !III), il p. di Nazario per Co-
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PANEGllUCO
PANEGIRICO
Roma nel 321), i panegyrù.i Jiversorum septem (V-Xl), e per ultimo il p. del 313 in onore di Costantino (XII). Degli undici discorsi, pronunciati per la maggior parte a Treviri (V, VI, VII, VIII, X, XI, XII), cinque (V, Vl, VII, VIII, XII) sono anonimi. Non possono propriamente definìrsi j3cxcnÀi.xoì Àéyal. il discorso per la ricostruzione delle scuole tenuto nel 298 ad Autill1 da Eumenio tiano). Singolare è anche un sarcofago frammentario dal cin1itero romano di S. Valentino, in cui P., fornito di didascalia, compare nelle vesti di timoniere, mentre governa una nave, sulla quale è inciso il nome all.usivo di Tecla (Rep. 832 = ICUR X, 27284). E invece completamente perduto, in seguito al disastroso incendio del 1823, il ciclo