Nuclei e particelle [2 ed.]
 9788808056283 [PDF]

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Zitiervorschau

EMILIO SEGRÈ

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ZANICHELLI

Capitolo 1 Cenni storici e introduzione

Uno studio scientifico sulla natura della materia, già apparso agli albori della specula­ zione della filosofia greca, fu iniziato in senso moderno, solo nel diciassettesimo secolo, quando il metodo sperimentale e l'analisi matematica, che insieme costituiscono ciò che oggi chiamiamo il «metodo scientifico», furono impiegati per la prima volta congiunta­ mente. Tuttavia problemi più semplici e più facili dovettero essere risolti prima che si g iungesse a i n vestigare scientificamente la s t r u ttura d e lla m a teria. A gl i i n iz i d e l diciottesimo secolo (1738) Daniele Bernoulli fece i primi tentativi per formulare una teoria cinetica dei gas fondata su modelli puramente atomici, ma la scienza in cui i concetti atomici assunsero per primi un a i m portanza fondamentale fu la chimica, II successo dell'ipotesi atomica (Dalton, 1803) che spiegava sia qualitativamente che quantitativamente innumerevoli fatti della chimica, la costruzione delle tavole dei pesi atomici, la scoperta della legge di Avogadro (1811) e delle leggi di Faraday sull'elettrolisi (1833) costituiscono i risultati salienti della prima parte del secolo. che resero l'ipotesi atomica altamente plausibile. Forse puo sorprendere il fatto che l'esistenza degli atomi sia stata posta in dubbio da scienziati di valore ai primi anni del ventesimo secolo. Si d eve tuttavia n o tare che un a s piegazione di t u t t i i f e n o meni c himici a l l or a n o t i richiedeva soltanto una ipotesi molto generale che prescindeva quasi totalmente dai particolari delle proprietà specifiche degli atomi, quali massa, dimensioni e forma. Una conoscenza particolareggiata della struttura atomica fu acquisita solo dopo i l 1 9 10. Nello stadio iniziale di questi ultimi sviluppi, la chimica, la teoria cinetica dei gas e lo studio delle scariche elettriche nei gas hanno avuto una importanza fondamentale. Con

l'avvento della teoria quantistica, la spettroscopia divenne lo strumento principale per lo studio degli «strati più esterni» dell'atomo. Negli ultimi anni, poi, il n ucleo è stato studiato molto intensamente, e già si sta sviluppando una fisica subnucleare. Le prime scoperie sperimentali che aprirono la via alla conoscenza della struttura dell'atomo si susseguirono rapidamente. Nel 1895 Rontgen scopri i raggi X, agli inizi del I896 Becquerel scopri la r a dioattività, e poco dopo Sir 3. J. T h omson, Wiechert e inimcdiatamente i'introduzione dell'idèa dci quanti di energia iPlanck, t900k I concetti quantistici. che ebbero origine dalla termodinamica, erano destinati a dominare l'intero canlpo della microfisica e a costituire, unitamente alla teoria della relatività ristretta di l:.instein (1905), i fondamenti della fisica moderna. Pur essendo impossibile raccontare qui la storia affascinante delle connessioni tra tutte queste linee di ricerca, tenteremo

almeno di dame un'idea con un esempio.

2

Capi t o l o l

terre

terre

Figura l./. D i s p ositivo impiegato da Mme M. Curie per Ia misura della conducibilità del)'aria dovuta all'effetto delle radiazioni di sostanze radioattive. AB, piatti del condensatore; la sostanza radioattiva è posta in B: DC, messa a terra; E, elettrometro; P, pila; Q, quarzo piezoelettrico; tt, peso. [Mme Curie, 1899]. Becquerel scopri la radioattività mentre, su suggerimento di Poincaré, ricercava nei sali di uranio una ipotetica relazione tra la fluorescenza ottica e i raggi X, allora da poco scoperti. Tale relazione risultò illusoria, ma questi studi aprirono la via a importanti sviluppi. M a ri a C u rie osservò che, sebbene la radioattività dei composti di u r a nio misurata nei prodotti chimici puri fosse proporzionale al contenuto di uranio stesso, nei minerali da cui questi erano estratti essa risultava molto piu alta di quanto ci si potesse aspettare in base al contenuto di uranio. Esegui allora l'analisi chimica dei minerali e misurò la radioattività delle diverse frazioni che aveva isolato (ftg. I.l). Questo metodo che è stato, ed è tut tora, fondamentale per la radiochimica. porto alla scoperta dcl polonio e del radio (1898). Grande fu la sorpresa quando si trovò che la identità chimica degli atomi r a d ioattivi c a m biava nel t e mpo. I n tensi studi d ello s t rano fenomeno condussero alla teoria del decadimento radioattivo (Rutherford, Soddy, 1903; von Schweidler, 1905), secondo l a q u al e gl i a t o m i r a d i oattivi d i u n a c e rt a s pecie si disintegrano spontaneamente e il numero di d i sintegrazioni per unità di t empo, pur mostrando le fluttuazioni caratteristiche dei fenomeni casuali è, in media, proporzionale

Figura l.2. D e llessione di raggi alfa, beta e gamma in un campo magnetico. La nomenclatura è dovuta a Rutherford (1899). [Mrne Curie, Tesi, )904].

Cenni storici e introduzione

3

al numero totale di atomi presenti. La legge, detto N il numero medio di atomi o nuclei, è espressa dall'equazione differenziale — dN =ii. N

dt

o dal suo integrale N (t) = N (0) e dove la «costante di decadimento» ii. è caratteristica del nucleo. Ricerche sui raggi emessi nella disintegrazione condussero alla loro classificazione in tre tipi: raggi alfa, raggi beta, raggi gamma (fig. 1.2). I raggi alfa sono particelle fortemente ionizzanti e sono assorbiti da pochi centimetri di aria; dalla loro deflessione in campi elettrici e magnetici si riusci a riconoscerli come ioni di elio aventi carica positiva doppia, o He ' + . Q uesta conclusione trovò conferma diretta in un esperimento in cui le particelle alfa erano introdotte in un tubo di vetro in cui si era fatto il v u o to ; dopo che un numero sufficiente se ne era accumulato, una scarica elettrica nel tubo mostrò le righe spettrali dell'elio (Rutherford e Royds, 1908)

(fig. 1.3). I raggi beta penetrano spessori di alluminio di qualche decimo di millimetro e sono identici agli elettroni degli atomi. Essi furono identificati per mezzo della deflessione in campi elettrici e magnetici.

A T

o

D

Figuru l.3. I l R a d on contenuto in un capillare a parete sottileAB emette particelle alla che attraversano le pareti. L'elio raccolto nello spazio vuoto T viene compresso nel capillare V; producendo una scarica elettrica si vede lo spettro caratteristico dell'elio. [Rutherford e Royds, 1908].

4

capau l o I

I raggi gamma penetrano diversi centimetri di piombo, non sono deflessi da campi elettrici o magnetici e sono radiazioni elettromagnetiche di alta energia della stessa natura dei raggi X. Altri tipi di radiazioni o particelle di grande importanza per la fisica nucleare, come i neutroni, furono scoperti molto più tardi e non erano conosciuti nei teliipi iminediatamente segueilti la scoperta della radioattività. I cambiamenti dell'identità chimica delle sostanze radioattive dovuti all'emissione di particelle furono espressi dalla legge dello spostamento enunciata da Russell, Soddy e Fajans (1913): una sostanza (1) per emissione di una particella alfa si trasforma in un'altra che la precede di due posti nel sistema periodico; (2) per emissione di una particella beta, si t rasforma in u n a sostanza che la segue di u n p o sto nel sistema periodico. Il peso atomico diminuisce di quattro unità nel primo caso c resta immutato nel secondo. Una disintegrazione alfa seguita da due disintegrazioni beta deve, pertanto, dare una sostanza che ha un diverso peso atomico ma «che occupa lo stesso posto» (isotopo) della sostanza madre nel sistema periodico. Il concetto di isotopo, sviluppato per gli elementi radioattivi, fu esteso da J. J. Thomson e da Aston agli elementi stabili

ordinari (1913-1919). La scoperta da parte di von Lauc, Friedrich e Knipping (1912) della diffrazionc dei raggi X apri un c apitolo nuovo della spettroscopia. Gli esperimenti di M o s eley sugli s pettri caratteristici dei raggi X c o ndussero al concetto di numero atomico Z e a l l a chiarificazione del concetto d i e l emento chimico: t u tt i gl i a t om i d i u g ua l n u mero atomico appartengono allo stesso elemento. Poco prima, nel 1911, Rutherford, studian­ do la diffusione delle particelle alfa da parte di foglie sottili di differenti materiali, era giunto a formulare l'ipotesi del modello planetario dcll'atomo. Il numero atomico Z f u quindi interpretato come la c arica positiva del nucleo assumendo come grandezza dell'unità di carica quella dell'elettrone. Applicando l'idea dei quanti di energia a questo semplice modello, Bohr (1913) riusci a spiegare lo spettro dell'idrogeno con mirabile precisione. Questa scoperta costitui il punto di partenza del tumultuoso sviluppo della fisica atomica che doveva culminare verso la fine degli anni venti nella formulazione della meccanica quantistica (de Broglie, Heisenberg, Born, Schrodinger, Dirac, Pauli e altri). L'applicazione della meccanica quantistica ai lenomeni atomici si rivelo partico­ larmente feconda perché, una volta accettata la nuova meccanica, coi suoi concetti profondamente diversi da quelli della fisica classica, la legge di Coulomb dell'elettricità basta da sola a spiegare innumerevoli fenomeni della spettroscopia, della chimica e della fisica dei solidi e, i n g enerale, a dare una completa giustificazione delle proprietà atomiche e molecolari della materia. In tu t ti q u esti studi è generalmcntc sufficiente schematizzare il nucleo come una carica puntiforme di massa opportuna. Per la fisica del n ucleo invece inizialmente lo s t udio t e orico f u l e nto e t r a sse poco p r ofitto d a l la meccanica quantistica, non essendo nota né l'identità dei costituenti nucleari né la legge secondo cui essi interagiscono. Per la verità la conoscenza delle leggi di intcrazionc è tuttora lungi dall'essere completa. N el 1919 Rutherford r i usci a d i stinguere i n u clei di a z oto b o m bardandoli co n particelle alfa e mostro che venivano emessi nuclei di idrogeno (fig. 1.4). Pcr questi egli coniò il n o m e di pr o t oni l r tp >nk> 2

come esempio di applicazione dell'approssimazione di Born. La formula fondamentale (vedi Appendice A) è do

1

p

[7 7 '70]

, I U„„ l'

d(u 4> r-'f> t>'

in cui occorre calcolare l'elemento di matrice L'„„ p e r i l

exp(i,h)(p —p') r

U,PP= Z e

I'

p o tenziale Ze' r. S i h a

[2,2.21]

dr

Questo integrale si calcola facilmente in coordinate polari quando si scelga l'asse polare nella direzione p — p' c si i n d ichi co n ù l ' a ngolo d i d e viazione e co n f > i l c oseno dell'angolo tra r e p — p'. Osserviamo che IpI = Ip'I e I p — p'I = 2p sin(0,'2) : — kh. L'elemento di volume (nell'integrale [2,2,21]) diviene 2rtdfir-'dr, c si ha 1

w e xp i kyr

U„ = Z e '

2>>rdfi r ' dr o

L'integrazione rispetto a p f o r nisce

"' = "

' " I

sin kr

' p s i n " (0/2) 4 p ' i - ' s in ( 0 2 )

[7.2.25]

che è identica alla eq. [2.2.16].

2.3. P erdita di energia per ionizzazione Una particella pesante carica che si muove nella materia oltreché subire gli urti nucleari sopra ricordati, urta anche con gli elettroni atomici. Il contributo principale alla perdita di energia è dovuto a quest'ultimo effetto. Talvolta gli elettroni atomici ricevono una quantità di energia tale da essere strappati al loro legame e sono chiaramente visibili nelle fotografie in camera a nebbia (fig. 2.4, raggi delta). Talvolta l'atomo viene eccitato ma non ionizzato, In ogni caso l'energia per questi processi è fornita dall'energia cinetica della particella incidente, che pertanto viene rallentata. In ligura 2.3 è ri p ortato un grafico della ionizzazione specifica in fur>zione del percorso. Poiché l'energia spesa nel formare un a c o p pia d i i o n i i n u n g a s r i s ulta a p prossimativamente indipendente dall'energia della particella che produce gli ioni, questa curva approssima quella della perdita specifica di energia.

ll passaggio delle radia=ioni nella materia

g

() P,

25

db

ze

Figura ~.6. Trasferimento di impulso a un elettrone da parte di una particella pesante carica in moto. I

Per calcolare la perdita di energia subita da una particella di carica ze che si muove in un mezzo contenente k elettroni cm ' , supponiamo dapprima gli elettroni liberi e in quiete. l.a forza che si esercita tra la particella pesante e un elettrone e zez,'r', in cui r e la distanza che li separa, La traiettoria della particella pesante non e modificata in misura apprezzabile dall'elettrone, che e leggero, e si puo supporre che l'urto abbia una durata talmente breve che l'elettrone vi acquisti un i m pulso senza cambiar di posizione. In questa ipotesi l'impulso trasferito all'elettrone deve essere perpendicolare alla traiettoria della particella pesante e può essere calcolato dalla r~ ~

Api = ~

e8"~d t =

eF' ,

dx l'

, ~" 1 dx = zez ~ — ,co s() J „ r

[2.3.1]

in cui F~'~ è la componente del campo elettrico. ortogonale alla traiettoria della particella, nel punto occupato dall'elettrone (fig. 2.6) e i è l a v e l ocità della particella pesante, supposta costante durante l'urto. l.'integrale si calcola facilmente applicando il teorema di Ciauss ad un cilindro di raggio b e avente per asse la traiettoria. Si osservi che il flusso di 6* attraverso questo cilindro è dato da c.' S , l a i o nizzazione aumenta per varie ragioni: la co ntrazione

28

Capi r o to 2

relativistica dcl campo coulombiano dello ione porta ad un aumento di b .,„come risulta d all'eq. [2.3.6] e a d u n a d i m i nuzione di b , „ c o m e s i v ede dall'eq. [2.3,8] e p a r te dell'energia viene sottratta sotto fo rma d i l uce (radiazione Cerenkov). Quest'ultimo effetto sarà discusso nel paragrafo 2.5. In conclusione il potere frenante per particelle cariche dovuto a ionizzazione cresce lentamente e raggiunge un pianerottolo per y = 100 ad una perdita di energia di circa 1,2 — 1,4 volte il minimo di i o nizzazione. Dalla lorma generale dell'eq. [2.3.11] possono trarsi alcune conclusioni di notevole importanza pratica. Essa puo anche essere scritta (/E

— — =z ii.(i) dx

o ppure, ricordando che l'energia cinetica di un a p a rticella di i n assa M è d e l t i p o E= Ma(e), e essendo una funzione della sola velocità,

dE

E

[2.3.12]

— — (F)=z iLE dx M

usando E come variabile o, dt:

dx

z'

(r) = — è„(c)

f 2.3,13]

M

usando invece c come variabile. Le relazioni [2.3.12] e [2.3.13] ci permettono di scrivere la perdita d i e n ergia i n f u n zione dell'energia per q u alsiasi particella, quando t a le funzione sia nota per i p r o toni. In p articolare, protoni, deutoni e tritoni della stessa velocità subiscono la stessa perdita specifica di energia. Relazioni d i s c ala analoghe valgono per i l p e r corso. Si o t t iene, usando come variabile la velocità,

R.(c)=

— dx

M « = —, ~ [~ - .(~')] 'd~= —,p.(~) z' „ ,

z'

[2.3.14]

o, usando l'energia,

[2.3.15] per chiarezza è stata indicata esplicitamente la variabile indipendente da usare nelle funzioni. L'eq. [2.3.14] no n è esatta in q u anto i n essa vengono trascurati i f e nomeni di neutralizzazione che si verificano alla fine del percorso ed altre correzioni. Essa è tuttavia sufficientemente accurata nella maggior parte dei casi, eccezion fatta per energie molto basse. Come esempio di applicazione della [2.3.15] possiamo verificare che un deutone di energia E ha un p ercorso doppio di quello di un p r o tone di energia E/2.

Una legge di potenza, semiempirica, valida da qualche MeV a 200 MeV, fornisce per le relazioni percorso-energia del protone R(E)= in cui E è in M e V e d R in m e t ri di a r i a . Dati numerici sulle relazioni percorso-energia sono riportati nelle figure 2.7 e 2,8, la

Il passaggio delle radiazroni nella materia

29

10 000

IO 30 50 100 100

1 000 alfa

0 Z 10

30 50 100 prot Olll]

2 O vj

10

l

5

10 50 100

Z 10 30 50 100

10 '

Figura 2.8. No mogramma di R. R. Wilson per la relazione percorso-energia. Le scale di sinistra sono in grammi per centimetro quadro. La scala di mezzo rappresenta l'energia cinetica in MeV, quella di destra il numero atomico Z del materiale frenante e la massa della particella. Per l'uso, collegare con una retta il percorso, l'energia e Z. [Se 59].

quale ultima presenta un nomogramma utile per valutazioni approssimate. Piu frequentemente usato di — dE/dx, potere frenante (lineare), è il potere frenante di massa. Esso dipende dai fattori A"/p ed I delle sostanze frenanti. Il numero di elettroni per centimetro cubo, W , è gr o ssolanamente proporzionale alla densità p. Se questa proporzionalità fosse esatta, il potere frenante di massa verrebbe a dipendere soltanto dalla 1(Z). In realtà .A /p, e quindi il p otere frenante di massa, decresce con lo Z del mezzo.

30

Capit o ( v 3

10 98

e 2

k

s Ne

4

O

3 P 8

0 50

100

Isu

300

X=(z /m)X(mg/cm')

Figura 2.9. P erdita di e nergia per vari ioni pesanti in a lluminio. La quasi universalità è sottolineata riportando c' = F/m in funzione di (z'/m)X =X. [No rthcliffe, Ph>s. Ree., 120, 1744, 1960]. Ioni della specie indicata incidono su una lamina di alluminio con d' =10 MeV/amu; alla profondità .f'=(z /m)X mg/cm e ssi hanno l'energia indicata sul grafico.

Gli ioni più pesanti, come "C , ' O e A , s o n o rallentati per perdita di energia per ionizzazione allo stesso modo delle particelle alfa, in particolare, la perdita di energia ceduta agli elettroni è soggetta ad una legge approssimata simile all'eq. [2.3.12]. La differenza principale è che z è sostituito da z,a=y(u)z dove y(n) è una funzione crescente della velocità, che raggiunge il suo valore limite, eguale ad 1, per u/c —- 2(z/137). Al decrescere della velocità il potere frenante dapprima aumenta, raggiungendo un massimo che per ' C e A si ve r i f ica approssimativamente per u/c= 0 ,037 e 0,059, c orrispondenti alle energie di 8 e 6 5 M e V r i s pettivamente. Ad energie inferiori l a diminuzione della carica nucleare efficace supera l'effetto della diminuzione di velocità e il potere frenante decresce con l'energia, In altre parole, il comportamento è il medesimo, su scala molto ampliata, di quello che si osserva al termine della curva di Bragg per

protoni e particelle alfa (fig. 2.2). La figura 2.9 fa risaltare la legge di scala presentando un grafico dell'energia in MeV per massa atomica unitaria (e = E / M ) i n f u n z ione dello spessore X d i a l l u m i nio, mgcm mol t i p l i cato per z'/m. Il grafico fornisce l'energia rimasta in determinati ioni pesanti, con energia iniziale comune Ã= 10, dopo aver attraversato uno spessore x di alluminio. Un caso particolarmente importante è fornito dai frammenti di fissione. La loro carica efficace è grande, raggiungendo circa 20e all'inizio del percorso, e per essi inoltre gli urti nucleari sono un fattore importante di perdita di energia. Se un frammento di numero atomico Z, attraversa un mezzo di numero atomico Z, e massa nucleare M,, la perdita specifica di energia per urti con i n u clei è proporzionale a

.Zl

Zi

Mz

[2.3.16]

Il passaggio delle radiazioni nella mareria

31

mentre quella dovuta agli elettroni è proporzionale a Z, I rii

[2.3.17]

in

La prima equazione [2.3.16] si applica nel caso di u r t i n u cleari che avvengono a distanza cosi piccola che le cariche del frammento e del bersaglio intervengono per intero, Negli urti con elettroni entra in gioco invece solo la carica risultante Z„ii del frammento di fissione e degli elettroni che esso si trascina dietro. Il fattore Z, de l]'eq. [2.3.17] è dovuto alla presenza di Z, el ettroni per nucleo. Un valore approssimato di li,it si ottiene assumendo che il f r ammento perda tu tti g li e lettroni la c ui v e locità orbitale nell'atomo sia minore di quella del frammento stesso. Le due cause di perdita di energia sopra considerate possono essere comparabili, ma l a perdita di energia per urti n ucleari è concentrata in pochi eventi, mentre gli u r t i e)ettronici sono molto piu uniformemente distribuiti lungo il percorso. Gli urti nucleari dànno origine alle particolari ramificazioni osservabili nelle fotografie di fr ammenti nucleari in camera a nebbia. Il fatto che la perdita nucleare di energia sia concentrata in pochi eventi è la causa del grande valore della dispersione presentato dai frammenti di fissione. Finora non ci siamo preoccupati della struttura cristallina dei solidi, ma quando particelle ionizzanti pesanti come gli ioni d i K r p a ssano attraverso monocristalli, la perdita di energia dipende dall'orientamento della traiettoria rispetto agli assi cristallini. Ci si può immediatamente render conto della ragione intuitiva riflettendo su come si presenti in modo diverso l'aspetto di un bosco di alberi piantati regolarmente, a seconda della direzione in cui si guardi. Cosi in un reticolo cubico a facce centrate la direzione perpendicolare ad una faccia (101) risulta la più trasparente. Ad esempio, si trovò che i oni di " ' K r d i e n ergia 40 keV p eneiravano in c r istallo di A l p e r c i rca 4000 A i n direzione perpendicolare ad una faccia ( 101) m a solo per circa 1500 i)t in direzione perpendicolare ad una faccia ( 111).

2.4. Perdita di energia degli elettroni La perdita di energia degli elettroni è un fenomeno molto piu complicato della perdita di energia per ionizzazione degli ioni pesanti, poiché si ha in pi ù anche una perdita di energia dovuta a r adiazione elettromagnetica (bremsstrahlung) emessa nelle violente accelerazioni che si verificano durante gli urti (fig. 2.10). Considereremo i due effetti separatamente, limitandoci per ora alla perdita di energia per ionizzazione. L'effetto combinato della perdita di energia per radiazione e di q uello per io nizzazione sarà trattato nel paragrafo 2.11. A b asse energie (« 2 mc' ) l a p e rdita per i o nizzazione è preponderante rispetto a quella per radiazione. Per la derivazione delle equazioni e la bibliografia si puo consultare l'articolo di Bethe e Ashkin in (Se 59). La perdita di energia per ionizzazione può essere trattata in modo simile a quello seguito per gli ioni pesanti. Si hanno tuttavia alcune importanti ditTerenze, in quanto e necessario ora tener conto dell'identità delle particelle urtanti e della loro massa ridotta. La formula per gli elettroni non relativistici è

dE 4ite. I d.x

mc '

log

mn 2f

1 1 —— log 2+ 2

2

[2.4.1]

Ftyue 2.lO. Vn elettrone perde energia per radiazione comemostrato dalfimprovviso aumento dl curvatura deHa sna traiettoria. Il cplanto emesso forma Una coppia elettrone-positrone.

fCaeeera a.bo@e di yropatto; foto gentihnente concessa dal Lasrrence Radiation Laboratory].

ll passaggio delle radiazioni nella materia

33

A meno di piccoli fattori nel termine logaritmico, essa risulta uguale alla [2.3,11], dunque. elettroni e protoni non relativistici della stessa velocità perdono energia con lo stesso ritmo. Per velocità relativistiche la perdita di energia degli elettroni è dE

4 rr e

,, I ' lo g

d.x m t - '

2mc-'

3

1

2

, '

1

l

2

16

log (l —P')-' — —logg+­

[2.4.2]

mentre quella per i protoni è d E 4rre "

2 mc'

, . I ' log — - + 2 l o g

I

,

l

[2.4.3]

(1 — P )~ A pari valori di P, le due espressioni differiscono di meno del 10 per cento fino ad energie dei protoni di 10'" eV. Ancora più piccola è la differenza tra la perdita di energia media degli elettroni e quella dei positroni. Una importante differenza pratica tra il comportamento delle particelle pesanti e quello degli elettroni sta nel fatto che le traiettorie di questi ultimi nella materia non sono rettilinee, specie a basse energie (E«mc'). Per questa ragione il cammino effettivo

di un elettrone tra due punti può essere apprezzabilmente più lungo della distanza in linea retta tra i due punti stessi, come può vedersi in figura 2,11. Cosi gli elettroni della stessa energia non sono tutti fermati dallo stesso spessore di materiale e il concetto di percorso perde di validità. Per misure pratiche di energia degli elettroni si può fare uso del percorso estrapolato.

È importante, però, notare che il risultato risente della geometria dell'apparato, per cui, per poter usare dati r i portati nella letteratura, si debbono riprodurre le condizioni sperimentali in cui sono stati ottenuti (fig. 2.12),

Figura Z l I. El e ttroni lenti che presentano un cammino incurvato a causa della diffusione, Un elettrone veloce procede in linea retta. [Foto originale di Wilson, 1923],

34

Capi @~lr> '

4 $0 se 40

E

~o30

8 g,20

MeV'c.

0s1 1,2

0 ,2$ 0 , $

1,0

1,5

ltQ cm

1,$ Nn. MeV

0,7

) 0$

g 0,4

1,$

Figura 2.(2.

Me V 'c

Pe rcorso degli elettroni in alluminio. L'ascissa nella scala inferiore rappresenta

l'impulso in MeV/ce in 8r = cp/e (3327 G cm ~ 1 MeV/c), nella scala superiore, l energia cinetica in MeV. jSe $9].

/i passaggio delle radiazioni nella matena

35

Nel caso dei raggi beta, gli elettroni posseggono uno spettro continuo di energia, ma è ancora possibile stabilire una relazione tra il l i m ite superiore E de ll'energia dello

spettro e il percorso massimo R (in gcm ' di alluminio) degli elettroni (Feather, 1938), Una relazione frequentemente usata per una rapida determinazione di E( M e V) è R=

0,542E — 0,133 0, 4 0 7E' '

0 ,8 < E < 3 0 ,15 < E < 0 ,8

[2.4.4]

Vedi figura 2.13 per un grafico percorso-energia, utile nel caso degli emettitori beta.

5 000

2 000 1 000

200 100

E

50

oC

20 10

Oy03 0~05 O~ l

Oy2

E„.

0>5

5

IO

m ax, MeV

Figura ?.13, Diagramma percorso-energia per alcuni comuni emettitori beta (scale logaritini­ che). [Si 55).

36

Capi t o l o 2

2.5. E f fetti di polarizzazione. Radiazione Cerenkov Nel dedurre l'eq. [2.3.11] non è stata presa in considerazione la polarizzazione elettrica del mezzo in cui lo ione pesante si muove. La costante dielettrica del mezzo abbassa il valore del campo elettrico agente in punti distanti dallo ione, causando una diminuzione dell'energia trasferita ad atomi lontani, e quindi un decremento del potere frenante di massa. Cosi, nel caso di un mezzo in due fasi di differente densità, come acqua e vapore, la fase di densità inferiore possiede un potere frenante di massa più alto. Questo effetto, però, diviene apprezzabile solo a velocità relativistiche e raramente supera qualche per cento. Un altro effetto importante della costante dielettrica è la produzione di radiazione Cerenkov (Cerenkov; Frank e Tamm, 1937). Se una carica si muove con velocita Pc in un mezzo di indice di rifrazione n, il suo campo elettrico si propaga con velocità c/n, e se pc) c/n ne risulta un fenomeno simile alla produzione di un'onda d'urto. In figura 2.14 è data la costruzione di Huyghens per le onde elettromagnetiche emesse dalla particella lungo il suo cammino. Al tempo t =0 la particella si trova in O, un secondo più tardi si trova in P av endo percorso un tratto OP= pc. Il f r o nte dell'onda elettromagnetica è sulla superficie del cono di apertura sin ' ( l / n P), il che significa che i raggi luminosi corrispondenti formano un angolo ()= co s ' ( 1 / nP) con la tr aiettoria della particella. L'intensita della luce Cerenkov può essere calcolata in modo semiclassico (per es. Ja 75): per il numero di quanti irraggiati per unità di lunghezza con frequenza tra v e v+ dv si ha dN =

2ne Ac

1

1 d v 2ire dv , , — si n ' 0 ­ n' p ' c irte c

[2.5.1]

Nella regione spettrale tra 3000 e 6000 A vengono prodotti, quindi, circa 750 s in '0 fotoni per centimetro. Lo spettro è c ontinuo e la l u ce è p olarizzata, con il v e ttore elettrico giacente nella direzione PQ. La misura dell'angolo 0 della luce Cerenkov può essere usata per determinare il valore del P della particella. L'effetto densità e la luce Cerenkov sono connessi essendo entrambi funzione della costante dielettrica del mezzo. Per la rivelazione di particelle ad energie estremamente relativistiche è utile un al­ tro effetto: la radiazione di transizione. Una particella carica che attraversa una super­ ficie di d iscontinuita tr a u n m a t eriale che ha un a f r equenza di p l asma elettronica cu~ =4rt> e~/in (dove .V' ed m sono rispettivamente la densità e la massa elettronica), ed il vuoto irradia raggi X in uno stretto cono intorno alla direzione del moto. L'energia irradiata per superftcie attraversata è W=( 2!3)(e /c)top) che risulta cosi proporzionale all'energia della particella Myc . In ci r c ostanze favorevoli tale radiazione può esser usata per misurare y.

c/n

O

Pc

P

Figura Z)4, C o s truzione di Huyghens per le onde elettromagnetiche emesse da una particella carica in moto. Origine della radiazione Cerenkov.

Il passaggio delle radiazioni nella materia

2.6.

37

Io n izzazione neigas e nei semiconduttori

Una particella carica che attraversa un gas lo ionizza. Però, solo una parte dell'energia viene dissipata per ionizzare il gas e fornire energia cinetica agli elettroni: una frazione notevole dell'energia primaria è spesa nell'eccitare gli atomi al di sotto del limite di ionizzazione ed un a

c e rt a f r azione è q u i nd i t r a sformata i n l u c e d i s c i n tillazione

rivelabile. La quantità media di energia richiesta per formare uno ione è, entro ampi limiti, indipendente dalla carica, massa e velocità della particella ionizzante, ma dipende dal gas in cui gli ioni vengono formati. Non c'è una semplice spiegazione fisica di questo fatto, che e una conseguenza dell'importanza relativa di una serie di processi. La tabella

2.1 dà l'energia media spesa per coppia di ioni in alcuni gas piu importanti. Tabella 2.1. w=eV per ogni coppia di ioni in gasa. He

Ne

Ar

Xe

H,

O,

N,

CO z

Ar ia

42,7 36,8 26,4 21,9 36,3 32,5 36,5 34,3 35,0 Particell e m del polonio 42,3 3 6, 6 2 6 , 4 22 , 0 36 , 3 30 , 9 34 tl 32 tl 33, 8 P articelle P del tritio * Si osservi che piccolissime quantità di i mpurità possono intiuenzare notevolmente il valore di w, specialmente nell'elio.

La ionizzazione ha come risultato primario la l i berazione di elettroni, alcuni dei

quali (raggi delta) hanno sufficiente energia da produrre ioni secondari. Se gli ioni vengono prodotti in un gas soggetto a un campo elettrico, essi si muovono sotto la sua azione. La velocità media V in direzione del campo, chiamata velocità di migrazione, è

proporzionale al campo. La costante di proporzionalità p si dice mobilità. Si può avere un'idea dei fattori essenziali da cui dipende la velocità di migrazione, se si assume che gli ioni abbiano nel gas un certo cammino libero medio ). e che la grandezza della loro velocità media sia u. La velocità tt può essere, ma non è necessariamente, uguale alla

velocità di agitazione termica. Se pensiamo ad un elettrone che rimbalza tra atomi pesanti, si vede che esso non trasferirà molta della sua energia agli atomi a meno che non li ecciti con urti anelastici. Nel caso dei gas nobili le energie richieste perciò sono dell'ordine di 10 eV. Sotto l'azione del campo gli elettroni acquisteranno una forte velocità u. Gli urti fanno si che la direzione di u sia orientata isotropicamente. Quando u supera un certo limite, urti anelastici diventano possibili e se avvengono provocano una considerevole diminuzione della velocità. Se il campo elettrico e è diretto secondo z, un elettrone sarà trascinato, nel tempo r tr a i v a r i u r t i, per uno spazio

[2.6.1] in direzione z, perché esso è soggetto alla forza e)' p a r t i a mo dall'eq. [2.7.7] e sostituiamo 0,. con il valore ottenuto dal

quadrato dell'eq. [2.7.2], tenendo presente l'eq, [2.7.1]. Si ottiene dall'integrazione sull'intervallo di valori permessi del parametro d'urto b, (82) = 2 r t Nx

bd b

[2.7.10]

bmm

in cui N è il numero di nuclei per cm' e x lo spessore dell'assorbitore. Si e implicitamente

supposto che lo spessore x sia praticamente uguale al cammino della particella nell'assorbitore. A causa della schermatura del nucleo dovuta agli elettroni atomici, lo Z effettivo dipende da b, tuttavia porteremo fuori Z dal segno di integrale e prenderemo in considerazione l'effetto di schermo attraverso una opportuna scelta di b „ .„, Al lora,

trascurando la variazione di v e p nell'attraversamento dello straterello, si ha 8 2tNxZ z' e v2p2

(8 ) —

b .

log b

[2.7.11]

Come fatto notare in precedenza, la carica efficace in questa formula dipende da b: in

Il pnssagttio delle radia=ioed amelia materia

41

corrispondenza di b „., la carica deve considerarsi completamente schermata. Vn'ap­ prossimazione grossolana si ott.iene scegliendo

[2.7.12]

binda =

Z3

in cui cito e il raggio di Bohr. Questo valore può giustiftcarsi con il modello statistico di Thomas-Fermi dell'atomo. D'altra parte si richiede che b,„ d i a (in un singolo urto) un angolo di deflessione piccolo rispetto a 1 radiante. Ciò comporta 2zZe~ bmm =

[2.7.13]

t'p

La scelta di b , „ p u ò anche essere basata, secondo le circostanze, sul fatto che b ;„d eve essere maggiore sia del raggio nucleare che della lunghezza d'onda di de Broglie della particella considerata. Il risultato non è molto sensibile alla scelta di b , „ e b , che appaiono solo logaritmicamente nell'eq. [2.7.11]. • La figura 2.16 mostra un graftco di 8 i n funzione della frazione del percorso totale

compiuto da particelle differenti. In una approssimazione grossolana dell'eq. [2.7.11], tenendo presente che pv è sempre compreso, nel passare dal caso non relativistico a quello relativistico estremo, tra il doppio dell'energia cinetica e l'energia cinetica della particella, e trascurando ogni

30 ~

26

'o

22

C5 I

E

18

14

, q(a

10 "

0,2

0,4

0,6

0,8

x/Ro Figura 2.16. Angolo di d iffusione multipla (non proiettato) in funzione della frazione del percorso attraversata da protoni, deutoni, e particelle alfa. [Milburn e Seheeter, UCRL 2234, ed. riv.].

42

C api to l o 2

altra funzione della velocità nell'eq. [2.7.11], possiamo scrivere, ricordando la [2.7.7], éz

[2.7.14]

(KE)z Come esempio numerico per gli elettroni si ha

( O ) = 6 00x,'[E(MeV)] (O ) =7000x![E(keV)] Un'altra formula per ( 8 ' ) (O ) = z



x in cm d i P b x in cm d i a r i a J u t i l e in pratica, dovuta a Rossi e Greisen, è la seguente

r'

[2.7.16]

in cui t' e lo spessore misurato in lunghezze di radiazione (v. par. 2.11), E„=(4zr x 137)"z x mc'= 2 1,2 M eV, p è in M e V / c, e u in u nità c. Per l'angolo proiettato 8„ „ ; v a le la formula semiempirica O,„; = z(15! pi') (l')' '

[2.7.17]

La distribuzione di 8, tuttavia, non è rigorosamente gaussiana. Lo spostamento lineare proiettato y corrispondente all'attraversamento di uno spessore L di materiale assorben­ te è y = 3 " L8 Lo scattering multiplo trova un'applicazione importante ed elegante nella misura del prodotto pi pe r un a particella che attraversa una emulsione fotografica (par. 3.6).

2.S. D ispersione La perdita di energia calcolata nel paragrafo 2.3 rappresenta un valore medio. Il valore effettivo di tale perdita per ciascuna particella fluttua attorno al valor medio, e ciò porta a due conseguenze: per una fissata lunghezza del percorso la perdita di energia e la i onizzazione della particella presentano delle fluttuazioni; per un a d at a p erdita d i energia Ia lunghezza del percorso varia in modo irregolare. Quest'ultimo fenomeno è chiamato dispersione. • Supponiamo che nell'attraversare uno spessore x si abbia una perdita media di energia Et>. Sia E la p erdita di energia relativa ad un d eterminato caso specifico: ci proponiamo d i c a l colare ( ( E —E„)'), Ri c o r dando c he p er d e finizione ( E ) = E t t e sviluppando il quadrato si ottiene immediatamente

((E —Ep)') = (E') — (2E„E) + (Eo) = (E') — E()

[2.8.1]

Supponiamo ora di fare attraversare l'assorbitore da molte particelle, ciascuna con la stessa energia iniziale. Nell'attraversare lo spessore x si verificheranno urti per i quali la perdita di energia è E„. S ia v, il loro numero per una generica particella e (v,) il l o r o valore mediato su tutte le particelle, I numeri v, e (v„) sono legati dalla relazione (vedi

cap. 5)

[2.8,2] valida se i numeri v„, risultanti da molte prove, sono statisticamente indipendenti. Si ha

ll passaggio delle radia. ioni nella materia

43

allora, considerando un gran numero P di p a r t icelle r

(E ) — Eo= — g g (v',"E',—(v,)E,) =P( v , ) E,' 1=

I

[2.8.3]

I'

Ora risulta

[2.8.4]

(, ) = .'4 ~ a, d. J

in cui tr„è la sezione d'urto differenziale per una perdita di energia E, e N è il numero di atomi per centimetro cubo dell'assorbitore. Sostituendo v, nell'eq. [2.8.3] si ottiene (E') — E,'=Np

[2.8.5]

~ t 2„E„'dx r

usando i risultati del paragrafo 2.3, si può calcolare la somma sugli r osservando che dE 4 ttz2e "db = N/ o , E „ = NZ dx , ' " mc . b

[2.8.6]

Ora tra E, e b co rre la relazione 2 4

E„=

[2.8.7]

mi zb'

che per differenziazione logaritmica fornisce

dE„ E„

2db b

[2.8.8]

usando l'eq. [2.8.7] si ha approssimativamente 2ttzze4NZ " e"" "

X/ a„E „ =

,

mU'

22rz z e4NZ

d E=

m u2

s

3

i 16

• • • 6

• 17 , 18



(~B) A+ BZ+ CZ' R„

Am 0,0217 B ~+0,0ssls Ca 1,14.10 6

Figura 2.23. Rendimento di fluorescenza del livello K in funzione di Z.

Eo

0

Figura 2.24. Diffusione di Thomson di un'onda elettromagnetica. Notazioni.

I I passaggio delle radiazioni nella materia

51

nel campo di un'onda piana sinusoidale sarà soggetto alla forza

[2.9.4]

eE=eEosincol ro essendo la frequenza dell'onda, e acquisterà l'accelerazione a =

eEo m

[2.9.5]

si n c o l

Si sa dalla teoria elettromagnetica che una carica e soggetta ad una accelerazione a irraggia una potenza media data da

[2.9.6] Pel nostro caso quindi, ricordando che (sin'~zit) =~, la potenza media irraggiata è 2 e4g z

(W) — — — — —— 2

3 c~m'

3

me'

[2.9.7]

Io

Questa potenza è sottratta al fascio primario e possiamo eguagliarla alla intensità che

cade sulla sezione d'urto di diffusione dell'elettrone a r. Risulta dall'eq. [2.9.7] 8zz ez or=

ro=

3

z 8z r , = — r o = O„ 6 65 x 10 mc z 3

e , = 2 ,8 2 x 1 0 ' mc'

cm'

in cui

cm

[2.9.8] [2.9.9]

è chiamato raggio classico dell'elettrone. La radiazione emessa nel caso che la radiazione incidente sia polarizzata, ha la stessa polarizzazione e la stessa distribuzione angolare di quella emessa da un dipolo orientato nella direzione del campo incidente; inoltre l'intensità deve possedere simmetria assiale

attorno alla direzione del campo (asse z) e secondo la teoria elettromagnetica classica, deve decrescere con la distanza come r' e possedere la distribuzione angolare seguente I —

,

si n ' ip

[2.9.10]

in cui y è l 'angolo tra E e l a d i r ezione di osservazione r.

1 raggi diffusi risultano polarizzati con il vettore elettrico nel piano rz. Se la luce primaria non è polarizzata, l'intensità della luce diffusa deve avere simmetria assiale rispetto alla direzione di propagazione x, L'intensità può essere calcolata sovrapponen­ do incoerentemente gli effetti della luce primaria polarizzata nelle direzioni z e y, ciascuna componente avendo intensità Io/2. Tenuto conto della simmetria assiale attorno a x, prendiamo in considerazione solo il piano xy ed in esso la direzione r' formante un angolo 8 con x. Il fascio polarizzato nella direzione z ha un'intensità Io

I,= — r , ' 2T

[2.9.11]

perché per esso y=90'; quello polarizzato in direzione y I = — roz c osz 8 2r'

[2.9.12]

52

Capi t o l o 2

poiché l'angolo tra E, ed r' è ( ti/2) — O. La somma delle intensità è cosi

Ip

I = —, rp (1+ cos-' O) 2r

dar

1

op p u r e — = — rp ( 1+ cos' O) deo 2

[2.9.13]

e la polarizzazione di questa radiazione è I,— I1 1 — Gos O

[2.9.14]

I, + l,. 1 + cos' O

Si noti che l'eq. [2,9.13] della dipendenza angolare, non contiene la frequenza della radiazione. La teoria di Thomson fornisce una sezione d'urto atomica di diffusione proporziona­ le a Z. Infatti, ancor prima che l'attuale modello atomico venisse sviluppato, il numero

atomico degli elementi più leggeri fu misurato da Barkla ed altri osservando la diffusione dei raggi X. Se però l'impulso ceduto dal fotone è piccolo rispetto a quello posseduto dall'elettrone nell'atomo, si debbono sommare le ampiezze dei raggi X diffusi da tutti gli elettroni dell'atomo. Questa diffusione è chiamata diffusione di Rayleigh e la corrispon­ dente sezione d'urto atomica è dell'ordine di rpZ . La diffusione di Thomson non prende in considerazione gli aspetti quantistici della

luce e per energie paragonabili con mc~ o più grandi, fornisce risultati in disaccordo con l'esperienza. Per esempio si è sperimentalmente trovato che la frequenza della luce

diffusa differisce da quella della luce incidente: che cio debba accadere segue dalla conservazione dell'energia e dell'impulso se si interpreta la diffusione come urto elastico dei quanti di l uce con gli elettroni. Ammettiamo che i quanti abbiano energia he@ e

impulso hm/c, diretto nella direzione di propagazione della luce, Dalla conservazione dell'energia e dell'impulso si ottiene la seguente relazione tra le lunghezze d'onda della luce incidente e diffusa (il e iL', rispettivamente) e la direzione di diffusione 2trtr i

mc

2trtri

(1 — cosO) c o n

— = 24 $ 6 2 x 1 0 " cm = A, mc

[2.9.15]

La variazione di lunghezza d'onda o di frequenza che si verifica nell'urto costituisce l'effetto Compton, cosi chiamato dal nome del suo scopritore A. H. Compton (1922). L'elettrone di rinculo si muove in una direzione 4 t ale che t an 4 =

cot (O/2)

1+x

'

pt =

trico

mc'

[2.9.16]

e la sua energia cinetica è 2x cos2 4 E,-,„= beo (l+ pt ) — n c os '4

[2.9.17]

come mostrato in figura 2.25. I problemi relativi all'intensità e alla polarizzazione non possono essere trattati con mezzi elementari per cui ci limiteremo a riportare il risultato per la sezione d'urto Compton per un elettrone (formule di Klein e Nishina) ottenuta mediando sulle polarizzazioni

do< rp k tipi

2 kp

kp k

— + — — sin O k kp

dove kp = 2z tti/2 e k = 2n tri/~' = kp [I + a (1 — cos O)]

[2.9.18]

Il passaggio delle radiazioni nella ma(ena

53

h ~/c

Figura 2.25. Diffusione Compton. Le notazioni e lo schema mostrano la conservazione dell'e­ nergia e dell'impulso.

a = O

0,75

(Thomson) 0,50 a = 0,173

0,25

>=kc

,c

a=

a =5

0

30

60'

90

120'

] 50'

t

180 '

Figura 2.26. Distribuzione angolare, in funzione dell'energia (a = h>o.'mc'), dei raggi X che hanno subito diffusione Compton.

is(elle figure 2.26 e 2.27 sono mostrati i grafici della distribuzione angolare dei raggi X diffusi per effetto Compton, per differenti valori di x (vedi Ja 75).

Produzione di coppie (5) Resta da prendere in esame l'ultimo meccanismo di assorbimento, cioè la trasformazione di un raggio gamma in una coppia elettrone-positrone, detta anche materializzazione. Il principio di conservazione dell'energia e dell'impulso impedisce che il f enomeno si verifichi nello spazio libero. Occorre la presenza di un n ucleo o d i u n e lettrone per

bilanciare l'energia e l'impulso nella trasformazione. L'energia di soglia nel sistema del baricentro per il processo di materializzazione è 2mc = 1 ,022 MeV. Questa energia è m o lt o p r ossima alla soglia anche nel sistema del l aboratorio quando la materializzazione avviene presso un nucleo che con il suo rinculo assicura la conservazione della quantità di m o to ; q u ando i l r i n culo e subito t o t almente da un elettrone, la soglia richiesta dalla conservazione dell'energia e dell'impulso nel sistema dcl laboratorio è 4mc', e si hanno allora due elettroni e un positrone che acquistano una quantità di moto apprezzabile. In una camera a nebbia o a bolle quest'ultimo evento forma un tnpletto di tracce (fig. 2.28). Si può anche avere produzione di coppie in altri fenomeni come per esempio urti di p articelle pesanti, urti elettrone-elettrone, decadi­ mento di mesoni e conversione interna in certe transizioni gamma. Alcuni di q uesti fenomeni saranno descritti in seguito.

54

Capit o lo 2

140"

1 3 0 12 0 1 10' 100" 90' 80' 70' 6 0 '

50 '

40'

/ 7~

30 20

0,1

160'

170'

10

10

fotone 180' 8 6i inc idente ~

OQ

~~ 2 — 4»

6'

10 160'

20'

150

30

1413' 1 30 '

1 2 0 ' 110'100 90' 80' 70 ' 6 0 '

50

40

Figura 2.27. Di a gramma polare della sezione d'urto differenziale per elettrone nella diffusione Cotnpton, Gli indici delle curve rappresentano i valori di x =tttot/mc' del fotone incidente. Unità di dtt/dto=1 0

cm sr

I;

La sezione d'urto atomica di produzione di coppie e dell'ordine r„'Z'/137, per energie

relat ivistiche. In figura 2.29 sono riassunti i risultati più importanti circa l'assorbimento dei raggi gamma ed è dato il coefficiente di assorbimento in funzione de)l'energia e di Z in alcuni casi tipici.

2.10. P erdita d'energia per radiazione da parte di elettroni veloci Come accennato in precedenza, la causa principale di perdita di energia per un elettrone molto veloce (E»m c ') che attraversa la materia e la radiazione elettromagnetica che esso emette a causa delle accelerazioni cui è soggetto (v. fig. 2.10). A bassa energia (E«mcz) la p e rdita per r a d iazione diventa poco i m p ortante rispetto a q u ella per

ionizzazione. La perdita di energia per radiazione è proporzionale allo Z' del materiale ed aumenta linearmente con l'energia degli elettroni. La perdita di energia dovuta a ionizzazione ed eccitazione è proporzionale a Z e aumenta solo logaritmicamente con l'energia degli elettroni. La perdita di energia dovuta a ionizzazione ed eccitazione è proporzionale a Z e aumenta solo logaritmicamente con l'energia. Cosi la perdita per radiazione è predominante a energie elevate. Fiù quantitativamente, il rapporto delle due perdite è approssimativamente (E in M e V )

(d E/dx),„., EZ EZ (d E/dx),.„ 1600mc z 800

[2.10.1]

È chiaro che esiste un'energia E, in corrispondenza alla quale le due perdite di energia risultano uguali.

(

+ J

f

Il :

I

Il ' I

t I I



I i

I '

A I

I

I I •

I I

, : I

l' •

Il

I •

I

4 • ' - I I





56

Capit o l o 2

1,6 ~ l Q I V I

1,4

Pb .

Pb 1,2

i~Op O l

l

/

/

1I

1,0

/

O

/

/

/

gl

0,8

/ 'g /

l~

Ix

0,6

O

I

Al

I

'I

I /

0,4

/ /

/

/

0,2

0,1 0, 2

0,5

1

2

5

10

20

50

100 2 00

500 1 000

tttto/mc'

Figura 2.29. Coefficienti di assorbimento totale dei raggi X in piombo e alluminio in funzione dell'energia (curve continue). L'assorbimento fotoelettrico dell'alluminio è trascurabile alle energie qui considerate. Le curve tratteggiate mostrano i contributi separati dell'effetto fotoelettrico, della diffusione Compton, e della produzione di coppie in Pb. Ascissa, energia in scala logaritmica; trito/mc =1 corrisponde a 511 keV.

La tabella 2.2 riassume alcune proprietà per una scelta di materiali interessanti nel

lavoro sperimentale (RPP). L'energia irraggiata appare sotto forma di raggi X e costituisce la bremsstrahlung, o spettro X c o n t i nuo che si osserva negli or dinari t ub i a r a ggi X . A d a l t a energia i

fenomeni che accompagnano la bremsstrahlung sono molto complessi e raggiungono proporzioni colossali nella formazione di sciami contenenti milioni di particelle nel caso dei raggi cosmici di alta energia. Per la teoria della bremsstrahlung ci limiteremo a una trattazione semiquantitativa di un caso speciale, trattato da Fermi. Daremo però anche i

risultati per i casi in cui le ipotesi di Fermi non sono applicabili. L'idea essenziale della trattazione di Fermi (Fermi, 1924; Weizsacker, 1937; E. J. Williams, 1933) sta n ell'analizzare in s erie d i F o u r ier i l c a m p o e l ettromagnetico prodotto da una carica in moto e nel calcolare l'effetto delle singole componenti della serie sulle altre cariche. Ciò risulta semplice se è nota la sezione d'urto per l'interazione elettromagnetica dei raggi X co n le cariche. Per fare un esempio specifico considereremo un elettrone di velocità t, = c che passa in prossimità di un nucleo di carica Ze. Faremo prima uso di un sistema di riferimento in

cui l'elettrone è in quiete, mentre il nucleo passa vicino ad esso, e calcoleremo l'effetto del c ampo elettromagnetico nucleare eseguendone un'analisi di F o u r ier e t r a t tando le singole componenti con la f o r mula di T h o mson (par. 2.9). Si otterrà come risultato l'energia irraggiata dall'elettrone nel suo sistema di q u iete, che alla fine d ovremo ritrasformare al sistema del laboratorio.

I l passaggio delle radiazioni nella materia

57

Nel sistema di quiete dell'elettrone il nucleo si muove con velocità — v. Il campo elettrico del nucleo, E, risulta contratto nella direzione del moto, contemporaneamente appare un campo magnetico H pe rpendicolare ad E e alla direzione del moto, la cui grandezza è circa uguale ad K, Questi due campi, visti dall'elettrone, sono indistinguibili da un'onda elettromagnetica piana. Questa subisce una diffusione sull'elettrone, e i quanti diffusi appaiono nel sistema del laboratorio come bremsstrahlung.

I calcoli sono sviluppati in dettaglio in (Fe 50), come pure in (Ro 52) ed in (Ja 75). Come risultato finale si trova che lo spettro si estende da v=O a 2stkv „., =mc'(y — 1) ed un diagramma dell'energia irraggiata in funzione di v ha forma approssimativamente rettangolare. La figura 2.30 mostra trv in funzione di v/v ,.„. L'eq. [2.10.2] fornisce un valore approssimato per la perdita media di energia di un elettrone che attraversa una sostanza di densità N, i c ui n u clei hanno numero atomico Z:

dE

hv Ng ( v ) dv =4Z

dx

N

183

137

r ohv „. „ Iog —,

[2.10.2] i

Questa è una espressione approssimata ed è valida per Eo » 1 37mc Z s. L e f o r m u l e valide sotto ipotesi differenti differiscono soltanto perché hanno per argomento del logaritmo una funzione dell'energia. Poiché un elettrone puo perdere una frazione apprezzabile della sua energia in un solo fotone, la perdita effettiva di energia presenta notevoli fluttuazioni attorno al valor medio. Nella bremsstrahlung si presentano molte questioni particolari di grande importan­ za teorica e pratica. Ricorderemo soltanto la polarizzazione e la distribuzione angolare della radiazione. A bassa energia (E«rrtc') come negli ordinari tubi a raggi X, la maggior parte dei raggi X prossimi al limite superiore di frequenza sono polarizzati con il vettore elettrico parallelo alla direzione del moto dell'elettrone e l'intensità ha un massimo in 4,0 3,5 3,0 ~ 2,5 o 20

1,5 1,0

0,5 0,2

0,4 ~

0,6 >/ > max

0,8

1,0

Figttru 2.30. Sezione d'urto integrale di bremsstrah}ung in funzione della frequenza. La curva 1 si riferisce a un'energia di circa 27 Z' eV, la 2 a un'energia di 4300. Z' eV. La frequenza e in unità del limite superiore di frequenza;

ao = — Z'tz'uo(Ry/Eo}=(Z'Ry/Eo} x 5,8 x 10 ' c m . 3

[(F l E } ]

58

Cepi t ob 2

O

Qx K I

8 00 Il n I

I

O

5 ~

~

I

I

ge

VI

Pl ~ g

1 ~%$.$ I ~@ I I I I

00

O

OC~ @

t„ O Vl

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OI

~kk==

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00

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44

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Il passaggio delle radiazioni nella materia

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60

Capi t o l o 2

d irezione perpendicolare alla d i rezione del m o to. A d l'angolo medio di emissione di un q uanto è

e n ergie molto a lt e ( E » m c ' )

mc

[2.10.3]

indipendente dall'energia del quanto emesso. Questa distribuzione dà i c aratteristici pennelli sottili di r a diazione elettromagnetica osservati negli acceleratori di elettroni. Il vettore elettrico della bremsstrahlung ad alta energia è prevalentemente ortogona­ le al piano dell'elettrone incidente e del raggio X. Una eventuale polarizzazione del fascio di elettroni che origina la bremsstrahlung si fa risentire sulla polarizzazione della bremsstrahlung stessa. In particolare, se lo spin dell'elettrone giace nella direzione del moto, la radiazione tende ad essere polarizzata circolarmente, con il m o mento angolare parallelo allo spin dell'elettrone stesso.

1,0 0,9 0,8 0,7 2 x 10s 10'

0,6 0,5

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0,4

2 x 10'

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Figura 2.31. Ri partizionedell'energia tra elettrone e positrone nella produzione di coppie. Probabilità differenziale di produzione di coppie per lunghezza di radiazione in piombo per fotoni di varie energie. Ascissa :tt =(energia totale di un elettrone divisa per l'energia del fotone primario) = E'/E. Ordinata: E x tp(E', E)'. tp(E', E) è la probabilità, per lunghezza di radiazione, di produrre un elettrone in un intervallo unitario di energia attorno ad E. Le cifre sulle curve rappresentano E in eV. [Rossi e Greisen, Reo. Mod. Phys., 13, 259, 1941].

Il passaggio delle radiazioni nella rna(eria

6i

La produzione di coppie e strettamente connessa alla bremsstrahlung. Ciò è evidente se si considera la produzione di coppie come l'assorbimento (in presenza di un nucleo) di un quanto gamma da parte di un elettrone in uno stato di energia negativa, che è cosi eccitato a uno di energia positiva, e la bremsstrahlung invece come la transizione (con emissione concomitante di un raggio gamma) di un elettrone ordinario da uno stato di energia positiva ad un altro anche di energia positiva, sempre in presenza di un nucleo. Il calcolo della sezione d'urto per produzione di coppie fornisce per il caso hv»mc

(ic

9

-'

27

[2.10.4]

che è simile all'eq. [2.10.2]. L'energia del raggio gamma si suddivide tra l'elettrone e il positrone come mostra la figura 2.31, ed entrambe le particelle viaggiano approssimativamente nella direzione del raggio gamma per E» m c ' . L' a n golo medio t ra l a d i r ezione del moto d ell'elettrone creato e dcl raggio gamma è mc

[2.10.5]

F in notevole analogia con l'eq. [2.10.3].

2.11. Lu nghezza di radiazione. Sciami Bremsstrahlung e produzione di coppie si combinano insieme per produrre il fenomeno spettacoloso degli sciami, in cui un singolo elettrone di alta energia o un singolo quanto gamma dà inizio ad un processo moltiplicativo (fig. 2.32) con produzione di un gran numero di elettroni e raggi gamma i quali appunto costituiscono lo sciame. Una teoria matematica precisa degli sciami è molto complicata, anche se ci si limita allo studio del loro comportamento medio; a ciò si aggiunga che le fluttuazioni dalla media sono di solito grandi. Son stati eseguiti calcoli di sciami col metodo Mo ntecarlo; essi risultano molto utili nei casi pratici, Svilupperemo ora brevemente, insieme con un modello di sciami estremamente semplificato, alcuni c o ncetti d i b a se, come l a l u n ghezza di r adiazione, che sono di grande importanza sia nella teoria degli sciami che in a l t r i fenomeni. L'cq. [2.10.2] mostra che, in media, un elettrone perde energia per radiazione secondo la formula (i E

(IK

F.

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[2.11.1]

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Xo

137

183

L'eq. [2,11.1] fornisce immediatamente per integrazione (E) = E()e "'~'

[2.11.2]

62

Capi t a to 2

Figura 2.32. Pr ima osservazione di uno sciame da parte di Blackett e Occhialini in una camera a nebbia comandata da contatori in coincidenza sopra e sotto!a camera. [Proc. Roy. Soc., 139, 699, Londra, 1933].

Questa relazione è valida quando la perdita per radiazione predomina su quella per ionizzazione, come avviene nel caso di energie superiori ad una certa energia critica E,. La quantità X0 e chiamata lunghezza di radiazione e dipende da Z e p, la densità del

mezzo; essa risulta grossolanamente proporzionale a 1jZp, L'energia critica E, è grosso modo data, secondo l'eq. [2.10.1], da E,(MeV) =

800 Z

[2.1 L3]

(v, anche tab. 2.2). Similmente i raggi gamma posseggono un cammino libero medio per produzione di coppie X„, che si ottiene dall'eq. [2.10.4] e risulta X

9

cp

= — X ~

0

[2.1 L4]

Passiamo ora a considerare un modello sempliftcato di sciame. La conservazione della quantità d i m o t o d e termina per l ' i ntero sciame un asse nella direzione della quantità di moto della particella iniziale. Lo sciame si sparpaglia lateralmente molto

meno di quanto si propaghi longitudinalmente, come risulta dalle eq. [2.10.3] e [2.10.5].

Il passaggiodelle radiazioni neVa materia

63

Cosi la discussione seguente sarà limitata alla propagazione dello sciame nella direzione della particella iniziale. Un elet trone di energia E dà origine, in una lunghezza di radiazione, a circa tre raggi gamma, che, a loro volta, originano in un cammino libero medio circa tre coppie. Il numero di particelle nello sciame, N, cresce quindi esponenzialmente con il progredire

dello sciame

[2.11.5]

N(x) = e'" y è tale che Per x, = Xp+ X ~ ,

[2.11.6]

N =e""' = 6

ma Xp+ X

CP

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16

[2.11.7]

Xp

e quindi y

l og 6

0, 7 8

(16/7) Xp

Xp

[2.11.8]

In uno sciame reale, elettroni, positroni e fotoni sono presenti contemporaneamente

e i fotoni specialmente di bassa energia sono circa in numero doppio delle particelle. Il numero di particelle nello sciame aumenta finché l'energia non comincia a dissiparsi principalmente per i o nizzazione e effetto C o m pton p i u t tosto che per r a diazione e

produzione di coppie. A questo punto gli elettroni hanno raggiunto l'energia E„e se ammettiamo che elettroni, positroni e raggi gamma posseggano la stessa energia media, il loro numero è Ep/3E,. Ciò avviene ad una distanza X,=

Xp

0,78

l og

Ep

[2.11.9]

3E ,

dall'origine; quindi Ep

[2.11. 10]

N,„= — = exp (0,78X, j Xp) C

In questa valutazione si trascurano perdite di energia per ionizzazione, l'energia che va in massa di quiete delle coppie ed altri importanti fattori che abbassano N, ,„ fino ad

un valore prossimo a 1/6(Ep/E,). Espressioni più precise per alta energia e bassi Z sono Ep

N „,„„= 0,31 l E„

X , = 1,01Xp lo g

1 2

Ep

og

Ep

E,

0 ,37

E,

l

[2. 11. 11]

[2. 11. 12]

I risultati di calcoli piu precisi son mostrati in (fig. 2.33). A bassa energia, per esempio a 300 MeV, la trattazione generale diviene molto complicata, anche perché le sezioni d'urto vengono a dipendere dalle energie. Utili risultati„però, si possono ottenere con il metodo Monte Carlo (fig. 2.34). È stata anche studiata la distribuzione laterale di uno

sciame, ma per maggiori particolari facciamo riferimento a (Ro 53).

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10' = Eo /E

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45

X

Figuro 2.33. Nu m ero medio di elettroni di energia maggiore diE in uno sciame iniziato da un elettrone di energia Eo in funzione della profondità x (in lunghezze di radiazione). Ordinate in scala logaritinica. Ciascuna curva è contrassegnata da un valore di Eoj E.[(Ro 53) dovrebbe essere consultato per le approssimazioni necessarie].

2.12.

An nichilazionedel positrone

— ) Yt1+

Il processo di annichilazione del positrone e dell'elettrone è di grande importanza sia teorica che pratica. L a c o nservazione dell'energia e della quantità d i m o t o r i s ulta impossibile se nell'annichilazione di una coppia viene emesso un solo quanto gamma. Il più semplice processo possibile, nel caso di una coppia animata da piccola telocirà relatitxi t:, è quindi l'annichilazione in due raggi gamma, ciascuno di energia t~tu=mc', propagantisi in direzioni opposte. Questo è il modo più impor(ante di annichilazione; solo quando esso è proibito da qualche speciale regola di selezione, si verificano processi più complicati come, per es., annichilazione in trc gamma. Si puo presumere che la sezione d'urto per il processo in questione sia proporzionale a rtt. Inoltre essa deve essere proporzionale a n ' , come può giustificarsi con il seguente ragionamento: un positrone di velocità c che attraversa uno straterello sottile di densità elettronica . ( e spessore x, ha una probabilità di a nnichilazione a (u) .k" x = P

[2.12,1]

Ora, finché la velocità del positrone è piccola rispetto alle velocità atomiche degli elettroni, la probabilità di annichilazione sarà proporzionale al tempo r = x'c passato dal positrone nello straterello, poiché la velocità relativa del positrone e degli elettroni è poco influenzata dalla piccola velocità del positrone. Perché P nell'eq. [2.12.1] diventi proporzionale a r, al variare della velocità, occorre prendere tr=x ' c , con x c ostante. Allora a

P= —

4"x= x,+ t

[2.12.2]



come richiesto. In effetti un calcolo particolareggiato (e non elementare) fornisce C

(a) = it r~ U

[2.1 .3]

Il passaggio delleradimiani aella muterus

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3tt e in freon. [Deutsch, Ph@aAe., N, 866, 19$1).

68

Capi ( o io 2

misurando la vita media dello stato di tripletto che si forma in tre quarti delle catture. Iniziando l'osservazione 10 s e cd o p o l ' arrivo di u n p ositrone nel gas, il positronio nello stato di singoletto, che si forma in un quarto delle catture, è già decaduto al tempo in cui l'osservazione incomincia e cosi non viene rivelato. Ciò che si vede è solamente il decadimento del positronio nello stato di tripletto, purché esso non sia convertito per urto allo stato di singoletto. Se la conversione non avviene, la vita media del positronio è indipendente dalla pressione del gas in cui i p o sitroni sono fermati. Quando la cattura avviene in presenza di molecole dotate di un momento magnetico diverso da zero, come Oz , l e c o l lisioni convertono gli s ta ti di t r i p l etto in s t a ti d i singoletto in circa 10 ' s e c . L a v ita media apparente e dovuta a positroni liberi che decadono in collisioni ed è inversamente proporzionale alla pressione del gas. Nelle figg. 2.35 e 2,36 son mostrati l'apparato usato e la dipendenza dalla pressione della costante di decadimento dei positroni in freon e in O~. La interpretazione è confermata dalla osservazione di t r e r a ggi g a mm a i n c o i n cidenza, corrispondenti all'annichilazione del)'ortopositronio (stati di tripletto), e di due raggi gamma, corrispondenti all'annichila­ zione del parapositronio (stati di singoletto). •

2.] 3.

Fe nomeni di polarizzazione

Lo studio dei fenomeni di polarizzazione di elettroni e di raggi X ha assunto una grande importanza in questi ultimi anni, e di conseguenza le tecniche sperimentali per l'analisi di tali fenomeni hanno avuto un n otevole sviluppo. L'elettrone ha spin ~ e presenta i fenomeni di polarizzazione più semplici. Si definisce polarizzazione di un fascio un vettore P avente la direzione del vettore valore medio dello spin e l u nghezza 2(s) . O p erativamente, P si m i sura osservando il n u mero di elettroni del fascio che hanno spin parallelo (N ) o a n t i p a rallelo (N ) a d u n a d a t a direzione, e calcolando la quantità N — N P=

N. +N

[2.13.1]

La direzione in cui P è massimo è la direzione di P, e (Pi è dato dall'eq. [2.13.1] misurata in quella direzione. È chiaro che ~P~ varia tra 0 e I : il primo caso corrisponde a un fascio non polarizzato, il secondo a uno completamente polarizzato. Gli elettroni di un fascio hanno un a q u a ntità d i m o t o k : s e P e k so n o p a r a l leli, il f a s cio è p o l a r izzato longitudinalmente; se sono perpendicolari, trasversalmente. La quantità P.k

[2.13.2]

è spesso chiamata elicirà dell'elettrone. Se lo spin ha la direzione di k la elicità è + 1, se ha direzione opposta la elicità e — 1. Una comune vite destrogira ha clicità positiva, cioè, avvitandola, la relazione tra la quantita di m ot o con cui essa avanza e il momento angolare della sua rotazione corrisponde ad una elicità positiva (v. cap. 9). Il decadimento beta dà spesso origine a elettroni polarizzati longitudinalmente, con P prossimo a 1 ; pe rò, per r agioni p ra tiche, è generalmente desiderabile avere fasci polarizzati t r asversalmente. La r o t azione dello spin p u ò essere realizzata facendo deflettere il fascio in un campo elettrico, Nel caso non relativistico (assumendo il valore g = 2 per il rapporto tra il momento magnetico, in magnetoni di Bohr, e lo spin in unità A),

ll passaggio delle radiazioni nella materia

69

Figura 2.37. Rotazione dello spin. Deflessione di un fascio di elettroni in un campo elettrico; approssimazione non relativistica. Linee tratteggiate, linee di forza del campo elettrico; frecce corte, orientazione dello spin (S e S' sono le orientazioni iniziale e finale); .T, T', traiettoria defl'elettrone; la polarizzazione cambia da longitudinale a trasversale.

+30 kV

30'

spettrometro 8

Ng l

F

D

730 kV rotatore dello spin

Figura 2.38. Campi elettrico e magnetico incrociati per cambiare la polarizzazione degli elettroni da longitudinale a trasversale. Uno spettrometro beta seleziona l'energia degli elettroni della sorgente S. Il rotatore dello spin cambia l'orientazione dello spin indicata con s, ma non ha azione sulla traiettoria (E= Bv/c). La fogliolina d'oro F diffonde a 90' gli elettroni che son rivelati da D. Rivelatore e fogliolina possono ruotare solidalmente attorno a SS' per determinare la asimmetria. [Cavanagh el al„Phil. Mag., 2, 1105, 1957]. si trova che lo spin si mantiene parallelo a se stesso, mentre il vettore k può ruotare (fig.

2.37). Si noti che in un campo magnetico l'angolo tra P e k non varia; perciò se la polarizzazione è inizialmente longitudinale, resta longitudinale. Per queste semplici conclusioni sono essenziali le ipotesi g=2 e l'approssimazione non relativistica. Esistono vari metodi per polarizzare gli elettroni e corrispondentemente per analizzarne la polarizzazione. Ricorderemo soltanto quelli che hanno trovato applica­ zione pratica, Il più vecchio è l'uso della diffusione coulombiana da parte dei nuclei, originariamente proposta da Mott, e nota come diffusione di Molt. Questo metodo può essere usato sia per ottenere che per analizzare la polarizzazione. In figura 2.38 è riportato schematicamente un tipico esperimento di diffusione doppia. La figura 2.39 dà la asimmetria aspettata. Con la diffusione di Mott si ottiene e si osserva soltanto polarizzazione trasversa.

70

Capno l o 2

' - 14

e

50

— 12

40

— 10 —8

30 20

10 O

0,2

0,4

0,6 0,8 E, M e V

1

1,2

1,4

Figura 2.39. P olarizzazione nella diffusione di Mott. Percentuale di asimmetria 20t)~a~ in un esperimento di diffusione singola di un fascio totalinente polarizzato in funzione dell'energia per elettroni e positroni (Z =80). Angolo di diffusione 90"'. [Tolhoek, Rea. Mod. Phys., 28, 277, 1956],

La diffusione di elettroni o positroni da parte di elettroni dipende dall'orientamento relativo degli spin ( diffusione M p l ler e B a h bha). In p r a tica è p ossibile polarizzare parzialmente gli spin del diffusore usando un bersaglio ferromagnetico magnetizzato. La variazione nella sezione d'urto di diffusione si rivela come variazione dell'intensità degli elettroni diffusi. Le misure sono sempre eseguite su base differenziale, cioè magnetizzan­ do il bersaglio prima i n u n a d i rezione e quindi nella direzione opposta. Ciò risulta particolarmente necessario perché la massima polarizzazione degli elettroni che puo ottenersi nel ferro interessa soltanto 2 dei 26 elettroni, e gli effetti risultanti sono perciò molto piccoli. Anche la sezione d'urto di annichilazione per una coppia elettrone-positrone dipende dalla orientazione relativa degli spin (vedi par. 2.12). Conseguentemente la polarizzazio­ ne di u n f a scio d i p o s i t roni l e nti p u ò e ssere rivelata facendogli attraversare uno straterello di sostanza ferromagnetica magnetizzata. Anche i raggi X presentano fenomeni di polarizzazione. Per la loro descrizione si può far uso della nomenclatura convenzionale dell'ottica distinguendo tra polarizzazione lineare e circolare. Le diffusioni Compton e Thomson dipendono dalla polarizzazione del fascio incidente. Cosi per raggi X polarizzati linearmente la formula di Klein-Nishina

da da

1

k'

ko

k

— = — rii — — + — — 2+4 cos p

dQ 4

ké pik

kp

[ 2.13.3]

dove p è l'angolo tra le direzioni delle polarizzazioni dei quanti incidenti e diffusi. Le quantità ke e k h a nn o l o s t esso significato che nell'eq. [2.9.18], e cosi contengono

l'angolo di diffusione. L'eq. [2.13.3] coincide con la formula di Thomson per hra «mc'; per trio»mc~ possiede limiti interessanti per grandi e per piccoli angoli di diffusione. La va riazione d ell'intensita d i f fusa in f u n z ione d e ll'azimuth i n t o r no a l

f a s cio

incidente, mantenendo costante l'angolo di diffusione, è segno di polarizzazione del fascio incidente. Per realizzare raggi X polarizzati circolarmente occorre un materiale diffusore con elettroni polarizzati, come ad esempio un corpo ferromagnetico. La sezione d'urto per raggi X polarizzati circolarmente e diversa a seconda che la loro direzione di rotazione è p arallela od a n t i parallela a q u ella dello spin degli elettroni, L a sezione d'urto d i

Il passaggio delle radia=è l'e5cienza del contatore, cioè la probabilità che un raggio beta emesso dalla sorgente sia contato dal rivelatore e v è il numero di disintegrazioni al secondo dalla sorgente. Il numero di conteggi per secondo registrati dal contatore gamma è Vy — Vy)y

[3.12.2]

e il numero di coincidenze, se l'emissione beta e gamma sono praticamente simultanee, come avviene se ilraggio beta precede quello gamma, è c

l/l l y

[3.12.3]

Da queste tre equazioni e possibile ricavare v, t)it e y)„, Questo esempio estremamente

semplice illustra il principio del metodo delle coincidenze. Il tempo r ha un ruolo essenziale: in particolare quando usiamo i termini «non correlato», «coincidente» e cosi

via, ci si riferisce sempre a r.

' ll «gaying circuii» o semplicemente il «gote» viene più comunemente chiamato in italiano «circuito porro» o «porta» talvolta anche «circuito di consenso». (NdT).

106

Capi t o l o . t

®

rivestimento di lucitc

/cm (a)

(b) schermi collimatori

magnete

S

c ristallo di N a I

rivelatore a stato solido amplihcatore

fotomoltiplicatore

i mpulso di c omand o (c)

fi n e stra di B e

segn a l e

al l 'anal i z z atore d'ampiezza multicanale

Figura 3.33. Ti p i di misure in coincidenza. (a) Semplice disposizione di coincidenza, non adatta per coincidenze gamma-gamma, perché i quanti diffusi posant> prdurre coincidenze spurie. S. sorgente; A,assorbitore. (b) Disposizione per coincidenze beta-gamma c gamma-gamma. La probabilità di diffusionc di elettroni o gamma molli da un contatt>re all'altro è ridotta dagli schermi di piombo (Pb). (c) Schema di uno spettrografo alfa disposto pcr studi di coincidenze alfa­ gamma.

Consideriamo ora cosa accade se l'emissione gamma precede quella beta. Possiamo a mmettere che il tempo tr a le due emissioni sia in media molto più grande di r . I l numero di coincidenze e allora dato solo dal numero di quelle «casuali» o «accidentali » che possiamo valutare come segue: consideriamo il numero di volte per secondo in cui il contatore beta è attivo; questo è dato d alla eq. [ 3.)2.1]; alla stessa maniera per il contatore gamma abbiamo l'eq. [3.12.2]. Ora ogni volta che il contatore beta è attivo, l'apparato registrerà una coincidenza se entro un tempo rg anche il contatore gamma avra scattato. rp e il tempo durante il quale la «porta» aperta da un impulso beta rimane aperta. Durante questo tempo si avranno in media vt),,alt impulsi gamma e quindi il numero di coincidenze casuali, dovute a raggi gamma che precedono quelli beta, è dato da

[3.12.4] dove l'indice Pc sta a indicare una coincidenza casuale fatta partire da un raggio beta.

.'Vretodi di riccia."ione delle radia-ioni nucleari

1V7

Allo stesso modo possiamo calcolare il numero di coincidenze accidentali in cui il raggio gamma precede quello beta,

[3.12.5] La loro somma da il numero totale di coincidenze accidentali che. se è T/f TT = T, come spesso avviene, puo essere scritta

[3.12.6] Si noti come il numero di coincidenze accidentali è proporzionale a v-', mentre quello delle cnincidenze vere a v. ln misure di coincidenze il numero di quelle accidentali deve essere considerato come u n londo e q u i nd i s o t t r atto, U n b u o n m e t od o p e r c o n t r o llare i l n u m er o d e l le coincidenze accidentali cnnsiste nell'usare duc sorgenti separate, una pcr il contatore beta e l'altra per il gamma con opportuna intensita di conteggio dando gli stessi tassi vt

cav it à a c c eleratrice

)

+ ~Q o

H

(e)

Figura 4.). S chemi di alcuni dei più importanti acceleratori circolari (magnetici) con dimensioni tipiche: (a) ciclotrone, (b) betatrone, (c) elettrosincrotrone, (d) sincrociclotrone, (e) protosincrotro­ ne (o electron racc track). [Nui. Ciò è vero almeno finche m è costante nel tempo (energia non relativistica). Dall'eq. [4.4.3] si trae che, data una certa frequenza e un certo campo, un ciclotrone e capace di accelerare particelle differenti aventi valori pressoché uguali del rapporto eim, come deutoni e i o n i d i e l i o, In e A etti è p o ssibile, adattando opportunamente l'apparato, accelerare ioni fino al carbonio e all'azoto. Anche nel ciclotrone gli ioni debbono essere focalizzati, e gia il campo magnetico del ciclotrone provvede ad una debole azione focalizzatrice, come descritto per il betatrone (fig. 4.6). Inoltre, nella fenditura tra le D si hanno delle componenti verticali della forza elettrica. Il loro effetto principale seppur piccolo è quello di focalizzare la particella se essa attraversa il taglio tra le D mentre il campo elettrico sta decrescendo. Le oscillazioni radiali sono meno importanti nel ciclotrone che nel betatrone. Dopo che le particelle

Acceleratori di parricelie

piano nicdiano

l 25

r

c = O

Figura 4.A. Forze di richiamo per particelle in orbite sopra o sotto il piano mediano quando il campo magnetico di un ciclotrone decresce radialmente. Le lastre piatte piramidali (shims) collocaie negli appositi spazi tra le facce polari del magnete e la scatola vuota son disposte in modo da correggere il campo niagneiico dando nei centro del ciclotrone un piccolo decremento radiale del campo. Gli «shims» circolari alla periferia aumentano la regione utile del campo.

hanno raggiunto, nel loro moto a spirale, il bordo del campo magnetico, vengono di solito deflesse elettricamente in un canale e possono essere estratte dalla macchina. Un ciclotrone di q u esto t i p o p u ò g e nerare un a c o r rente circolante d i a l c u ni mifliamperes ed un fascio deflesso dello stesso ordine di grandezza. La sua energia è limitata da fenomeni relativistici, perché la massa della particella aumenta via via che essa si avvicina al bordo del campo magnetico. Occorrerebbe quindi che parallelamente aumentasse anche B affinché sia soddisfatta l'eq. [4.4.3], con co costante. Ciò è però in contrasto con le condizioni di focalizzazione che richiedono che le linee di forza del campo magnetico rivolgano la concavità verso l'asse di simmetria della macchina. La relatività pone cosi un limite all'energia massima di un ciclotrone convenzionale. Per i protoni questo limite è, in pratica, circa 30 MeV. E possibile raggiungere energie più elevate introducendo un c a mpo m a gnetico crescente con r (il quale, come abbiamo visto, defocalizza gli ioni), ma compensando l'azione defocalizzante rendendo il campo magnetico dipendente da 0, in modo da avere una azione focalizzatrice totale. Questa possibilità fu indicata da L. H. Thomas nel 1939, e si hanno ora macchine basate su questo metodo che può essere reso piu efficace dando forma spirale alle linee di confine tra le gobbe e le rientranze sulla superficie dei poli. Un'altra possibilità consiste nel variare la frequenza del campo elettrico applicato alle D in modo che una particella sia sempre «in fase» con il campo acceleratore, il che si ottiene sfruttando il principio della stabilità di fase (Veksler, 1945; Mc M i l l an, 1946).

45. Os cillazioni di fase e stabilità In ogni acceleratore operante sul principio delle accelerazioni multiple, è essenziale che i successivi impulsi siano dati al m omento opportuno. Quando si richiede un numero estremamente grande di accelerazioni (molte migliaia), il p r oblema di m a ntenere le partice()e in movimento in fase con il campo acceleratore appare assai difficile. Tuttavia e siste un metodo che permette di f a r lo. Co n o p p o rtune disposizioni dei campi l e particelle tendono autoinaticamente ad attraversare il luogo in cui avviene l'accelerazio­ ne, all'istante in cui esse ricevono l'energia esattamente necessaria a m antenerle in risonanza con il campo elettrico. C questo il principio della stabilita di fase. Per comprendere qualitativamente il fenomeno, consideriamo dapprima una parti­ c ella che percorre un'orbita i n u n c a m p o m a gnetico costante nello spazio e c h e

i26

Capun'' secondo l'eq. [4.3.22], ed occorre un valore grande di n per mantener basso il valore di z „.„. Sappiamo pero che per la stabilità radiale si richiede n (1 , e q u i ndi sembra che la situazione non abbia vie di uscita. Christofilos (1950) e indipendentemente C."ourant, Livingston, e Snyder (1952) hanno trovato il modo di superare la difficoltà. A q uesto scopo il m agnete è costituito di segmenti successivi aventi, alternativamente. n grande e positivo ed n grande in valore assoluto ma n egativo. I l p r i m o s e gmento f o calizza verticalmente m a d e foca]izza orizzontalmente. L'opposto avviene con il secondo segmento. La risultante totale dei moti verticale e radiale e t u t t avia un a f ocalizzazione. Questo fatto, a p r i m a v i sta i natteso. puo q u alitativamente comprendersi considerando du e l e nt i o t t i che, u n a convergente e l'altra divergente. Si sono indicati in figura 4.19 i raggi in un sistema di due lenti magnetiche da c u i è m o s t r ata l ' azione r i sultante d i f o c alizzazione. L a focalizzazione con gradiente alternato ha inoltre il grosso vantaggio di ridurre notevol­ mente le escursioni radiali dovute a differenze nelle quantità di m o to. ln un acceleratore reale la scatola a s u oto è c i rcondata da un a successione di magneti aventi alternativamente ii positivi e negativi grandi. I magneti sono disposti in maniera tale da ottenere globalmente una azione focalizzatrice. In figura 4.9 è mostrata la traiettoria in una sezione del magnete. La sezione elementare è ripetuta periodicamen­

132

Capi t olo 4

B

D

r

F s~

F F

D

F

' oè' j'

(a)

D

F

D

F

D

F

D

F

D

S

(b) Figura 4.9. ( a) Successione di lenti focalizzanti e defocalizzanti in un acceleratore a focalizzazio­ ne forte. (b) Due casi dello spostamento del fascio lungo l'arco s che mostrano le azioni focalizzanti e defocalizzanti. [Green e Courant (Fl E)].

t e sull'intero a nello. L a d i s posizione precisa deve essere calcolata p r endendo i n considerazione la stabilita dell'orbita. La combinazione della focalizzazione forte e del principio del protosincrotrone ha reso possibile accelerare protoni fino ad energie di circa 5 x 10' ' eV. La figura 4.10 mostra una parte della macchina a gradiente alternato di Brookhaven. La figura 4.11 mostra lo schema generale dell'acceleratore al Fermi National Accelerator Laboratory a Batavia, Illinois, È questo i! piu grande acceleratore

esistente. Uno simile è in costruzione al CERN (ginevra, Svizzera; la figura 4.12 forniscc una vista generale del CERN). La tabella 4.2 fornisce alcuni dei dati fondamentali sugli acceleratori di B r o okhaven e Batavia.

4.8. Acceleratori lineari Il principio dell'accelerazione multipla viene anche sfruttato negli acceleratori lineari in c ui la t r aiettoria degli i oni è a p p rossimativamente rettilinea. Si hanno v ari t i p i d i acceleratori lineari: per elettroni, per protoni e per ioni pesanti come il ' C. Descrivere­ mo brevemente soltanto due tipi, uno per elettroni di altissima energia, e l'altro per gli ioni pesanti. C ome è stato r i c o rdato i n p r ecedenza, nel caso degli acceleratori circolari d i elettroni, le perdite per radiazione divengono proibitive al di sopra di una certa energia.

Acceleratori di particelle

133

a +' •" j.

' ag

Figura 4.10, Vista del protosincrotrone a gradiente alternato del Brookhaven National Labora­ tory, che mostra alcune delle 240 sezioni del magnete. [Per gentile concessione del Brookhaven National Laboratory]. Tabella 4.2. Caratteristiche di sincrotroni a gradienti alternati. Acceleratori

BNL' Massima energia dei protoni (GeV) Numero di protoni per secondo (fascio interno) Frequenza di ripetizione (impulsi s ') Diametro del l'anello (m) Peso dell'acciaio (tonnellate) Peso della bobina di rame (tonnellate) Campo magnetico All'iniezione (G) A 33 GeV e 300 GeV (kG) Tempo di salita (s) Durata del pianerottolo (s) Potenza media iniettata nel magnete (MW) Gamma della radiofrequenza (MHz) Potenza massima della radiofrequenza (kW) Costo (milioni di dollari USA) ' Protosincrotrone Brookhaven National Laboratory, ' Fermi National Accelerator Laboratory.

33 8 x 101'

0$ 257 4000 400 250 13,1 0,45 1 2,4 2,5-4,61 1000 $31'

FNLs 500 6x 10' 1/12 2000 9000 850 396 13,5 2,4 1 36 53,08-53,10 1800 $23(y'

' Periodo di costruzione 1953-1960. e Periodo di costruzione 1969-1972.

t34

Capit o lo 4

acceleratore Cockcroft­ Walton

da 800 kV

linac da 200 Mev

smistamento

area mesoni

protoni

area neutrini

preacceleratore da 8 GeV

="r area protoni

raggio di 1000 m

acceleratore principale da 500 GeV

Figura 4.11. Pianta generale del Fermi National Accelerator Laboratory a Batavia, Illinois. Quattro stadi di accelerazione: energia fmale 500 GeV. Per i dati si veda la tabella 4.2. [Per gentile concessione del FNAL, Batavia, Illinois].

rs +;/+p'',~

Figura 4.12. Veduta aerea del CERN in direzione nord dal Laboratorio I verso il sito del Laboratorio II. In primo piano a destra sono visibili i palazzi dell'amministrazione; al centro, l'anello di 200 m di diametro del protosincrotrone da 28 GeV; più oltre, l'anello di 300 m di diametro degli anelli di accumulazione incrociati. A destra della via principale si trova parte del sito del Laboratorio II del CERN, dove un pozzo d'ascensore di 46 m discende alla galleria del SPS. [Per gentile concessione del CERN, Ginevra, 1977].

Areeleratnri cit particelle

l 35

Figttr«4.!3. Ac celeratore lineare, tipo La@renne-S)oan. Il 3' t u bo di accelerazione ha una lunghezzaL, = [3I2e,,'m) V]" (T/2).

Sotto questo aspetto il vantaggio degli acceleratori lineari è ovvio. Per gli ioni pesanti la carica specifica Q/A è spesso bassa perché gli atomi d a cu i gl i i o n i d e rivano sono i onizzati solo parzialmente. (L'unità usuale per Q è la carica del protone e per A u n dodicesimo della massa del ' C). Un campo magnetico incurverebbe poco la traiettoria di questi ioni, per cui l'uso di una macchina circolare sarebbe più costoso di quello di un acceleratore lineare. Attualmente con gli acceleratori lineari si riescono a raggiungere,

per ioni pesanti, energie dell'ordine di 10 MeV per nucleone. Anche ioni pesanti (fino a Fe), pero, sono stati accelerati con il Bevatrone combinato con un iniettore speciale, e si

possono raggiungere energie di vari giga-elettronvolt per nucleone. Un acceleratore lineare di interesse storico è mostrato in figura 4.13. G)i elettrodi

pari e dispari son collegati ai poli opposti di un oscillatore. Negli intervalli tra i tubi posti sul)'asse della cavità si stabilisce una differenza di potenziale

V= Vtt costar

[4.8.1]

Uno ione che si trova nell'intervallo è soggetto al campo elettrico ivi esistente mentre tino che viaggia entro un tubo non subisce l'influenza di alcun campo, Uno ione che attraversa gli intervalli negli istanti appropriati, per esempio, 0, T =2 t r /co, 2T, ecc.

subisce molteplici impulsi acceleratori. La distanza L tra gli intervalli deve via via aumentare se si vuole che lo ione li attraversi al tempo giusto e deve essere tale che uno ione entri in un tubo quando questo è negativo e ne esca quando è positivo, quindi UT

L=—

2

[ 4.8,2]

in cui n è la velocità nel tubo. Nel caso non relativistico, dopo l'attraversamento di j intervalli, n è

[4.8,3] Quindi L( — —j — Vo Nel caso relativistico, per elettroni di alta energia, t ~ c e l a distanza tra gli intervalli deve essere costante CT

L= ­

2

[4.8.4]

Il tipo di acceleratore illustrato in figura 4.13 fu costruito e usato da Lawrence e Sloan (1931) ma è stato poco usato in fisica nucleare. D'altronde il principio su cui si basa è importante.

136

Capit a t a 4

gd

d Figura 4./4. S t r u ttura de(1'acceleratore a disco caricato che ne mostra (e dimensioni più importanti.

Negli acceleratori moderni per stabilire il campo elettrico si adoperano le guide d'onda. Vengono correntemente impiegate alte frequenze, fino a circa 3000 MHz. Una guida d'onda è u n t u b o d i m a t e riale conduttore i n c u i v i ene eccitato u n c a m po elettromagnetico oscillante. Il campo elettromagnetico nella cavità può formare un'onda stazionaria, nel qual caso essa funziona come un risuonatore, oppure un'onda che si propaga. L'onda stazionaria può naturalmente essere considerata come la sovrapposi­ zione di due onde progressive che si propagano in direzioni opposte. Uno ione che si muove con la stessa velocità di un a d elle onde progressive è soggetto a un a f orza acceleratrice costante. Nel caso di elettroni di altissima energia, in moto con velocità molto prossima a c, l 'onda elettromagnetica deve propagarsi con un a v elocita d i f ase c. T al i m o d i d i oscillazione si o t tengono i nserendo delle divisioni nella cavità ed eccitandola alla frequenza appropriata. Una siffatta cavità è mostrata schematicamente in figura 4.14. I dischi conduttori d a nno a ll a l i nea la v e locità d i f ase caratteristica desiderata. Un acceleratore lineare lungo oltre 3 km, a Stanford, raggiunge 22 GeV con una corrente di 30 pA. Come altro esempio ricordiamo gli acceleratori lineari di i on i pesanti, usati per accelerare ioni come C, N, Ne fino ad energie di circa 9 MeV per nucleone (fig. 4.15). Gli alimentatore da 2 MW oscillatore e modulatori per 10 amptilicatori tubi di deriva

prestnpper

amptdicatort (10)

stripper

arca pcr gli

poststr i pper

ituet tori

linea di trasferimento at Bevatac —.

Figura 4.15. L ' acceleratore li@care per ioni pesanti accelera fino allo Xe (meta finale U) ad una energia di 8,5 MeV/A. Durante l'accelerazione, la carica ionica Q (e quindi la carica specifica Q/A) varia, ma poiché le frequenze e la geometria dell'acceleratore sono costanti, QE/A = a (E, campo elettrico; a, accelerazione), l'accelerazione degli ioni deve essere indipendente da Q (altrimenti gli ioni vengono persi). Gli ioni sono accelerati da uno degli acceleratori Cockcroft e Walton (uno per i leggeri, l'altro per i pesanti). Essi entrano nel prestrippcr con Q/A > 0,05 e P = 0,015, e all'uscita hanno P = 0,05. Lo straterello di carbonio dello stripper porta Q/A a 0 , 33 per Ar (a 0,17 per U). L'acceleratore del poststripper porta p a 0,13 (energia a circa 8,5 MeV/A). All'uscita da questo lc particelle possono essere usate direttamente o iniettate in un sincrotrone (Bevatrone) dove possono raggiungere fino a 2,5 GeV/A.

Acceleratori di particetle

i 37

ioni positivi di piccola carica vengono prima accelerati in un acceleratore Cockcroft­ Walton avente un.i caduta di potenziale di circa 800 kV. Quando essi escono da questo acceleratore. sono concentrati in zone di spazio piccole (tale processo è chiamato in inglese «bunching» e noi lo chiamiamo «impacchettamento») in modo da poter essere iniettati nella sezione successiva, costituita da un acceleratore lineare del tipo a onda s tazionaria. '.iella seconda sezione gli ioni acquistano un'energia di circa l M e V p e r nucleone. È quindi possibile ionizzarli ulteriormente facendoli passare attraverso una logliolina sottile di carbonio, ed o t tenere cosi una pi ù a l t a c arica specifica, che e desiderabile per l'accelerazione successiva, La parte della macchina in cui avviene questo processo vien chiamata «stripper» (spogliatoio). Gli ioni entrano quindi in una nuova sezione, ancora del tipo ad onda stazionaria, in cui sono ulteriormente accelerati fino ad una energia di circa 9 MeV per n ucleone (i'/c = 0,13). Gli acceleratori lineari, come quelli circolari, hanno stabilità di fase: la differenza più importante tra i due tipi è che nel primo la stabilità di fase si ottiene nella parte di tensione crescente del ciclo, piuttosto che in quella di tensione decrescente, come negli ordinari acceleratori circolari a focalizzazione debole. P er impedire l'allargamento del fascio g]i i o n i v e ngono focalizzati co n l e nti a qiiadrupolo magnetico (vedi par. 4.10) o con altri dispositivi.

4.9. Fasci incrociati l costi di costruzione e di esercizio degli acceleratori sono, nella migliore delle ipotesi, proporzionali all'energia nel sistema del laboratorio, ed i n m o lt i c asi crescono più velocemente di essa. D'altra parte, l'energia importante per il fisico è quella nel sistema del centro di massa, che, per una particella di massa m che incide su un'altra della stessa massa e data, nel caso relativistico estremo (E » m c ' ) , da E,.„, = (2mc'E,)"'. Qu e s ta formula mostra quanto dura e la lotta per l'alta energia. Un acceleratore di protoni di 500GeV nel laboratorio f o r nisce soltanto 30,6 GeV nel sistema c.m. Per superare questo problema, si fanno urtare fasci che si muovono in sensi opposti. In ta l caso l'energia nel c.m. di due fasci, ciascuno con energia E, e ugual massa, è 2E,. Due fasci incrociati di protoni ciascuno di 15 GeV sono equivalenti, agli effetti dell'energia, a un fascio di 500 GeV su un bersaglio stazionario. Il problema è pero l'intensità. Il tasso a cui una reazione avviene si può scrivere

[4.9.1]

ii = Lct

dove u è la sezione d'urto in corrispondenza della velocità relativa, n è il n u mero di processi per secondo, e L è la luminosità, che, cosi definita, ha le dimensioni l t ' , P er esempio, per un fascio di 10i z particelle sec ', quale si ottiene da un grande acceleratore da molti GeV, che incide su un bersaglio di i d rogeno liquido spesso 10 cm, L = 4 , 3 x 10" cm "' sec ' . Con i migliori fasci incrociati disponibili, L è attualmente circa 10 volte piu piccola. La f o r mula per l a l u m i nosità di u n f ascio che urta u n b ersaglio stazionario è L = n, t.',AN in c ui n, è i l n u m e ro di p a r t icelle del fascio per unità d i volume, r, la sua velocità rispetto al bersaglio contenente N nuclei cm, e d A l ' a rea del bersaglio. Per fasci incrociati contenenti n, ed nz particelle per unità di volume e in moto relativo con velocità e„ u z , la l u minosità per unità di t.olu>neè L

z

— = ninz ( v i — vz)

(vi x vz)

[4.9.2]

138

Capi t o lo 4

o per il caso di Yi = — Yi L,'V = n i ni2i't

[ 4.9.3]

L'eq. [4.9.2] puo, per i = c, riscriversi come



I,l,

1

e c tan(0,,'2) h,R

dove () è l'angolo di intersezione dei fasci e I, e I, le rispettive correnti. Il parametro h„ descrive la sovrapposizione dei fasci, Supponiamo che i fasci siano in un piano orizzontale e abbiano un a c erta estensione in v erticale. La de nsità di c o r r ente in

funzione della coordinata verticale sia p, (z) e p, (z) per ciascun fascio rispettivamente. Allora rt

h,„=

r

r

p, (z) dz pz (z) dz/ pi (z) p~ (z) dz

Da tutto ciò segue che L è una caratteristica della macchina e delle sue condizioni di

lavoro, e si può determinare o mediante calibrazioni con un a n oto (diffusione coulombiana a piccolissimi angoli) o per misura diretta di p, e p, o con altri metodi. È comunque chiaro che e essenziale ottenere la più alta densità di corrente possibile. I fasci incrociati prodotti da un acceleratore ordinario danno una luminosità troppo bassa per essere di interesse pratico. Per aumentare le correnti disponibili si carica un «anello di accumulazione» per mezzo di un acceleratore ordinario, con il che è possibile ottenere correnti circolanti molto alte, assai più che nell'iniettore. Vi sono limiti alla densità di corrente ottenibile. Teoricamente, il teorema di L i o u ville pone un l i m i te assoluto, a meno che non predominino lo smorzamento per radiazione e le fluttuazioni quantiche, come sarà il caso negli anelli di accumulazione per elettroni e positroni. Il volume dello spazio delle fasi occupato da un «pacchetto» è AQ = hx Ay Az hp„

Ap,Ap„ in cui hx ecc. e Ap„ecc, sono gli sparpagliamenti delle coordinate e impulsi delle particelle, e tale volume e una costante del moto. Nuove particelle iniettate nell'anello debbono andare in regioni dello spazio delle fasi non previamente occupate e si debbono

ammassare in una nuova regione dello spazio delle fasi disponibile nell'anello. Il numero di particelle accumulabili è cosi al più N = n (QR/Q)

[ 4.9.4]

dove n è il numero di particelle in un atto di iniezione, Q„ lo spazio delle fasi disponibile nell'anello determinato dal volume dell'anello stesso e dall'intervallo di impulso per cui il moto è stabile, e Q; è lo spazio delle fasi che compete ad un atto di i niezione ed è determinato dalle dimensioni fisiche del fiotto di particelle e dallo sparpagliamento del loro impulso. Idealmente tutte le celle di Q,- sono occupate. In pratica le particelle sono

raggruppate in pacchetti che ruotano negli anelli di accumulazione come i grani in un rosario. Le perdite per radiazione sono significative negli anelli di accumulazione di elettroni — vedi l'eq. (4.3,23] — e debbono essere compensate con una sorgente a radiofrequen­ za, Nello stesso tempo tali anelli di accumulazione sono sorgenti importanti di luce per ricerche nella regione dell'estremo ultravioletto o dei r aggi X m o l li . L a f i g ura 4.16 mostra lo schizzo generale degli anelli di accumulazione incrociati pcr protoni al CERN.

(Una veduta aerea del CERN appare in figura 4.12.) Si può avere un solo anello di accumulazione per entrambi i fasci. o un anello separato per ognuno. La luminosità per un' ireii cffeitiv,'i A del f iscio, un'i frcqucnzii di risoluzione f' .c k fnicchciii pcr «ne)In è

L = f (k.V, X~ jA)((c = 1) 4E,'k;

kr — — [ 1 + (() ' k r / 4 k,)] m, + 4k;E,

[4.9.6]

dove k

0,16

( n> = 6

= 4

0,14

( n> = 8 (n > = 10 (n> = 1 2

0,12 0,10

r.

0,08

r'S S

I/

0,06

/I //

0,04

//

S !!

CP

p.

0,02 0

2

4

6

8

10

n

12

14

16

18

20

Figura 5.6. Formula di Poisson: P(n)=((n)"/n!)e per differenti valori di (n) .

Quest'ultima espressione per la deviazione standard è di notevole importanza. Sfruttando ora il fatto che K è un numero arbitrariamente grande, si può passare al limite per K tendente all'infinito, applicando le ben note formule: K lim K

K" = — e lim

n

n'

K

1+ —

t
1— = e- K

[ 5.5 . 1 4]

Sostituendo questi valori nell'eq. [5.5.3], si ottiene P (n) =

(n)n n!

(5.5.15]

e-

in cui per K ~ o si è tolto l'indice K. Questa è la famosa formula di Poisson illustrata in figura 5.6. Dall'eq. [5.5.15], ricordando lo sviluppo in serie di potenze di e", si vede anche immediatamente che

" (n )"

g P(n) =e- g n= O

n=O

ni

= l

[5.5.16]

che assicura che la somma delle probabilita per tutti i numeri possibili di disintegrazione in un dato intervallo temporale è 1.

Se (n) è grande,P (n) ha un massimo pronunciato in prossimità di n = (n) e allora si può sviluppare il logP(n) in serie di potenze di n — (n). Facendo uso della formula asintotica di Stirling, log(x!) = x logx — x+ —,' log2/tx+ ...

si ottiene dall'eq. [5.5.15] log P (n) = n log (n) — (n) —n log n + n — ~ log 2ttn

[5.5.17]

162

Cepf toieS

0,09 s: 0,08 ~ 0,07

g 0,06 © 0,05 0,04 0,03 ~ 0,02

oo eleggedi Poisson

o 0,01

legge di Gauss

0,'8 10 12 14 16 18 20 22 24 26 28 30 32 Figura 5.7. Confronto tra la legge di Poisson per n 20 e quella di Gauss.

e, prendendo ie derivate prima e seconda rispetto a n

dlogP dn

=log(n) -logn- ­

1

[5.5.18]

2N

dzlogP d

1

1 2

[5.5,19]

Lo zero della derivata prima conferma l'esistenza del massimoe in prossimità di n = (n) (trascurando termini in 1/n rispetto a log n e termini in l/nz rispetto a quelli in l/n); la derivata seconda può essere usata per scrivere i primi termini della serie di

potenze di log P(n), l og P (n) = log P ((n))+

(n — (n)) d 2!

dnz, logP ( n )n~(n)

1 2

= — — log 2R (n)

(n —( n) ) z 2 ( n)

[5.5.20]

da cui, passando dai logaritmi ai numeri, si ottiene immediatamente la famosa formula di Gauss:

P(n)­

e>p [-(n — (n)) /2 (n)] (2R (N))'/

[5.5.21]

gn figura 5.7 sono mostrati esempi di distribuzioni di Poisson e di Gauss).

Ricordando che [5.5.22] si vede facilmente che

• In nna approssimazione migliore il massimo è vicino a n (n) — $.

ùeea4onentora4ioanioo

! rt~

i63

[5.5.23]

Pln)dn = I

JO

che esprime ancora la condizione di normalizzazione delle probabilità. Ricordiamo qui che (n)» l e che quindi i co ntributi all'integrale per n < 0 s ono t rascurabili.

Dalle eqq. [5.5.13], [5,5.15] o [5.5.21] e possibile calcolare lo scarto quadratico medio (s,q,m,i e la deviazione standard definiti dall'eq, [5.5.10]. Dall'eq. [5.5,13] risulta che, se K tende a ac, p tende a 0 e q a 1 . L e e qq. [ 5.5,13] e [ 5 .5.9] datino allora diret taniente

o' = Kp= (n)

[5.5.24]

Lo stesso risultato si ottiene introducendo al posto di Pf n l la f o r m ula di P o i sson e facendo uso dell'identita

, (n)" g n' = (n ) ( ( n) + 1) e'">

[5.5,25]

n- O

c he puo facilmente dimostrarsi confrontando i c oefficienti di ( n ) d i u g u a l p o tenza. Identico risultato, infine, si deduce dalla definizione di o' contenuta nelle eqq, [5,5,10] e

[5.5.11] e dalla distribuzione gaussiana dell'eq. [5.5,21], se si ricorda che I 2

x p, *Clx = —

ii

Queste espressioni ci dicono che il valor medio del quadrato dello scarto dal numero medio di disintegrazioni che ci si aspettano in un certo intervallo di tempo, e uguale proprio a questo numero, e quindi

a = (n) " '

[ 5.5,27]

La quantità a' è lo scarto quadratico medio della distribuzione in n e o e nota come deviazione standard. Cosi, se si hanno in media 100 disintegrazioni al minuto, possiamo aspettarci degli scarti da questa media, in ciascun intervallo di un minuto, tali che il loro valore quadratico medio è ancora 100. È molto spesso di grande interesse conoscere la deviazione standard relativa, che risulta dall'eq. [5.5.27] 1

(n)

[5.5,28]

Essa è inversamente proporzionale alla radice quadrata del numero di conteggi usati ed

è un indice della precisione della misura. Si può anche giungere ad una stima di cr partendo dalla sua definizione, eq. [5.5.10],

in cui, pero, non si è fatta distinzione tra (n) e il suo valore «vero», che si otterrebbe, per e sempio, da un numero infinito di osservazioni, Indichiamo il valore vero di (n ) c o n

(nr). In una serie di misure che fornisce n, conteggi in ognuno degli X intervalli di ugual durata, dovremmo in realtà formare

rr 0l) = — p 0l; — (n;)) X

[5.5.29]

Poiché non è possibile ottenere il valore (n „) , l o si sostituisce con A

(n) = — P ll; X

[5.5.30]

164

Cupi to l u 5

e si assume, per il quadrato della deviazione standard di una singola misura,

o '(n) = ,

[5.5.31]

y (»; — (n))'

N — 1,.

e, per il quadrato della deviazione standard dalla media, ]

[5.5.32]

((n)) —X (X — 1),g (n; — (n))'

La sostituzione di N dell'eq. [5.5.29] con X — 1 nell'cq. [5.5.31] compensa del fatto che (n,,), valore vero, è stato sostituito da ( n ) . Per grandi valori di W, le eqq. [5.5.31] e [5.5.29] tendono a divenire uguali e in realtà non è importante far distinzione tra esse, in quanto, in pratica, la loro differenza è dell'ordine dell'errore in o' . L a g i ustificazione dell'eq. [5.5.31] e di quest'ultima affermazione si trova nei libri specializzati di statistica. Naturalmente i valori di o' cosi ottenuti sono soltanto approssimati: possono darsi dei casi in cui o' c a l colato dall'eq. [5.5.31] risulta anormalmente piccolo. Infatti, nel nostro caso, o non può essere minore di (n) ' ' c sc la nostra serie di misure ha fornito un valore inferiore a questo, dobbiamo ancora ammettere chc la deviazione standard è (n) " ' , e che il valore più basso è stato ottenuto per caso. D'altra parte, se si trova una deviazione standard molto piu grande di ( n) ' si p u ò sospettare l'csistcnza di qualche altra causa di errori casuali. Illustreremo ora questi concetti con un esempio reale. Si è eseguito il conteggio di un campione di uranio e si è determinato in 10 intervalli, ognuno della durata di un minuto, il numero di particelle alfa emesse. Nella prima colonna della tabella 5.3 è riportato il numero eAettivo di conteggi osservati; nella seconda la differenza tra la loro media e il conteggio realmente ottenuto nello specifico intervallo di 1 min; nella terza il quadrato dei numeri riportati nella seconda colonna. Il conteggio medio al minuto è 35946,4, con l a deviazione standard d i o g n i s i ngola misura data da ( 3 11740.9)' = 18 6 . C o n o = (n) " ' , c o m e dall'eq. [5.5.27], si trova o = 189 in soddisfacente accordo col valore precedente. Il conteggio medio è 35946,4 al minuto e la deviazione standard della media

Tabella 5.3.

Fs empio numerico di conteggio di un campione.

n — (n)

(n —(n))

130 — 193 39 170 — 62 190 — 205 — 306 178 141

36 076 35753 35 907 36 116 35 884 36 136 35 741 35 640 36 124 36 087

16 900 37 249 1 521 28 900 3 844 36 100 42 025 93 636 31 684 19 881 Z 311 740

(n) = 35946,4 o (n) =

= 186

Deradmiento rudlnanico

165

è data da 189/p 10 = 60. in cui 10 è il numero di osservazioni, e la deviazione standard di una osservazione è 189. In c o nclusione, il conteggio medio del nostro campione è 35946+ 60 al minuto. Ci si può ora porre la domanda: qual è la probabilità che, nel caso di un conteggio A con una deviazione standard o, la deviazione dal risultato «esatto» A' s ia maggiore di m7 II risultato esatto è definito, come sopra, come quello che si ottiene ripetendo la misura di A un numero grandissimo di volte. La risposta a questo problema nel caso di ttna distribuzione gaussiana si trova in tavole contenute, per esempio, nello Handbool' of Chemistrr ond Phtsics. Citiamo qui a lcuni numeri caratteristici. La probabilità P di osservare un conteggio che differisce da A» per più di ea è data nella tabella 5.4. Si noti che la probabilita di osservare un conteggio che differisce da A~ per più di 0.6745cr e 0,5. Quest'ultima quantità è detta errore probabile. Tabella 5.4. Probabilità per un dato multiplo della deviazione standard. 0

P

0 6 745

1 0 ,50 00

1

1,5

2,0

2,5

3

3,5

0,31 73

0,13 3 6

0,04 5 5

0,01 24

0,00 2 7

0 ,00 0 46 0 , 0 00063

4

Se desideriamo conoscere la deviazione standard di una funzione f d i d ue o p i ù variabili x, e xz, osservate indipendentemente con deviazione standard, rispettivamente, a, e az, si fa uso della formula fondamentale della proptzga=ione degli errori

cri + — — o'z

[5.5.33]

Di applicazione lrequente sono le formule per gli scarti quadratici medi della somma, differenza, prodotto, e quoziente di due quantità. Se le quantità osservate sono numeri di

conteggi,le eqq. [5.5.27] e [5.5.33] forniscono a (n, + nz) =(n, + nz)' '

[5.5.34]'

G(lli ' tl ) =

[5.5.35]

[n i n z (ni + nz)]

( nt n q

o'(n>,'nz) = ~

o(n,n,)

',J

+ — )

(n, / n , )

(— 1 +­1 ' l' "

[5.5.36]

[5.5.37]

ni/nz in cui n, e n, sono i numeri di conteggi osservati. Espressioni del tipo dell'eq. [5.3.36] si ottengono in modo rapido usando la relazione

a(log f) =

). Per calcolare questa quantità e il relativo scarto quadratico medio, chiamiamo v l a f r equenza media di emissione delle particelle; la probabilità di emissione di una particella in un piccolo intervallo di tempo r sarà vt. Il contributo 6 (4 ) a lla deflessione media prodotta dalle particelle emesse nel tempo r è

8(4) = f (T — t)v~

[ 5.6.17]

e, passando al limite, T

( 0, si ha, per T» 1 / y

[5.6,21] che è simile all'eq, [5.6.14],

I

Decodimenio radioarrioo

L 'eq. [5.6.21] viene spesso applicata per d eterminare le condizioni i n

l 69

cui u na

radiazione fortemente ionizzante (per esempio frammenti di fissione) può esser misurata su un fondo di una intensa radiazione costituita di particelle poco ionizzanti (raggi beta). Se il tempo risolutivo dello strumento, comprendente l'effetto dei componenti elettroni­ ci, e r e il numero di ioni ottenibili dalla particella fortemente ionizzante è F, e quello ottenibile dalle particelle poco ionizzanti che si presentano con frequenza v, è f, si deve avere

[5.6.22]

F»(vr)" f

Questa relazione, pero, può essere usata soltanto per stime qualitative, in quanto per più precise valutazioni si richiede uno studio particolareggiato delle condizioni sperimentali.

5.7. Metodo della massima verosimiglianza Spesso, per misurare una vita media, si misura il tempo in cui i nuclei di un campione si disintegrano e quindi si analizzano i dati disegnando un istogramma del numero di disintegrazioni in intervalli successivi della stessa durata. Questo procedimento pratico non sfrutta evidentemente tutta l'informazione contenuta nelle misure; si desidera invece un metodo che utilizzi al massimo i dati raccolti. Si raggiunge lo scopo con il metodo della massima verosimiglianza, che illustreremo con un esempio. Si deve pero tener presente che, per poterlo usare, occorre introdurre ipotesi a priori che influenzano molto i risultati. Cosi, nell'esempio che segue, è essenziale ammettere che sia presente una sostanza radioattiva soltanto e che la legge di decadimento sia puramente esponenziale. In queste ipotesi, avendo osservato M d i s i n tegrazioni a i t e mp i r , , t , „ . r „ ( T =tempo totale di osservazione, desideriamo conoscere il valore più p r o babile della costante di disintegrazione della sostanza. Si procede al modo seguente: per ciascun nucleo della sostanza che si disintegra, la probabilità di osservare un decadimento tra il tempo r e r+ d i è Ci()., i)di = )e "' d r ( 1 — e

[5.7.1]

)

in cui il fattore in parentesi serve a tener conto dcl tempo finito di osservazione T. La probabilita di osservare dei decadimenti agli istanti r „r , . . .t~ è allora proporzio­ nale a ,ir q e

"' ( 1 —e ..r) — i

[5.7.2]

Questa quantita è una funzione del parametro A, e ci chiediamo per quale valore di ). ha un massimo; il corrispondente valore di A è il pi ù p r o babile. Possiamo esplicitamente cercare il massimo del log G. Si ha quindi per il massimo i, log Cr(R, t„ t,. ..l~)

0 —



P

— g ).t; + M log ( 1 —e " ) — M log)t P.).

[5.7.3] [5.7,4]

Equazionc che puo essere risolta rispetto a ). per iterazione. Nel caso limite in cui ~ T» l

170

c api t olo s

essa fornisce il risultato ovvio M

1



[5.7.5]

= T =

M Come fattore di merito per il valore del parametro i. ricavato risolvendo la eq. [5.7.5], è ragionevole assumere — 1,2

É

8(i.) = —

log G ( i.,t,,, t , „)

[ 5.7.6]

C((.

Verifichiamo questo risultato nel caso in cui l a G c o nsiderata funzione di i. ha u na distribuzione gaussiana con deviazione standard o,

[5.7.7]

G = K exp [ — (iL ~p) /20' ]

Allora

(>. —>o)'

log G = log K

2 logG

[5,7.8]

2a

1

[5.7.9]

In questo caso l'8 dell'eq. [5.7.6] coincide con la deviazione standard di ),. Il metodo di massima verosimiglianza si usa comunemente nella soluzione di molti problemi, in cui è importante studiare la bontà dell'adattamento. Nell'esempio che segue si illustra il test di y' , che è quello usato normalmente in simili casi, Supponiamo d i a v er e u n 'espressione teorica, in c u i c o m p aiono de i p a r ametri incogniti, che noi vogliamo adattare ai dati sperimentali. Supponiamo di sapere già che l'espressione teorica è valida. Per esempio, avendo misurato una sezione d'urto differen­ ziale, la si sviluppa in serie di polinomi di L egendre fino al quarto: do

d0

= a i Pi (cos 0) + a,P, (cos 0) + a,P~ (cos 0) + a4P~ (cos 0)

[5.7.10]

Avendo misurato do d0 i n c o r r ispondenza di N va l o ri d i 0 , i n d i chiamo queste X quantità x , , . .., x „ e le r i s p ettive deviazioni standardo, , . . ., tr „. La f u n z i one di verosimiglianza relativa ai quattro parametri a, ...a4 e data da

' (x; — > 30 0,0006 I ® / 0,0004 L F at~27p j y e xp( - — 2 ]dx 0,0003 0,0002 con y= Jpg > — Jpn 0t 0001 I

2

3 4 5 6

8 10

20 30

4 0 5060 80lt)O

X Figura 5.8: Livello di fiducia in funzione di Z per no gradi di libertà. [Da RPP 74].

Se si debbono valutare m p a r ametri d a ll'osservazione di

N pu n t i , n o = N — m

rappresenta il numero di gradi di libertà. Una volta che si è calcolata la funzione g'(af,...,a~) con l'ausilio dell'eq. [5.7.12], si trova in figura 5.8 il «livello di fiducia» in funzione di no e di g'. Per esempio, se misuriamo do/d8 in corrispondenza di 10 punti e se adattiamo i risultati sperimentali con quattro parametri, si ha no = 6, e supponendo un g' pari a 5, il livello di fiducia risulta uguale a 0,55. Per maggiori dettagli si consulti tino degli ultimi numeri di RPP oppure il libro di R. A. Fisher, Staristical Methods for Research Workers (Oliver 8c Boyd, Edinburg, 1958). È essenziale ricordare però che il metodo della massima verosimiglianza si basa sulla validità delle ipotesi teoriche da cui si parte.

5.8. Me todi di misura delle costanti di disintegrazione Il modo più semplice per misurare una costante di decadimento è quello di applicare direttamente l'eq. [5.1.1] o [5.1.2]. Ciò risulta molto semplice se z è compreso tra circa 1 min e qualche anno, Al di fuori di questi limiti si incontrano difficoltà pratiche. Però

I72

Capi t o l o .s

anche se r è adatto per la misura può accadere che la radiazione emessa nel decadimento sia difficile da rilevare (per esempio nel RaD), nel qual caso è spesso possibile misurare non il decadimcnto della sostanza in questione, ma il formarsi di una sostanza figlia, da cui si può calcolare il r d e lla sostanza madre. Se r è m o lt o b r eve è ancora possibile, nell'eseguire le misure, impiegare metodi meccanici (come la capsula spinta da aria compressa, usata nei reattori nucleari), che risultano efficaci fino a intervalli di circa un secondo. Per tali intervalli, se la sostanza c gassosa, sono convenienti i metodi di flusso. La sostanza, prodotta in un certo punto in quantità costante, è soffiata lungo un tubo da una corrente di gas con velocità u, che si m isura dall'area del tubo e da l fl usso del gas. Si misura l'attività del gas, in m o t o stazionario entro il tubo, in due punti a distanza d l'uno dall'altro: le due attività che si ottengono stanno nel rapporto e a''™, da cui si puo ottenere il valore di r. Talvolta in esperimenti di questo tipo si può osservare la comparsa di un deposito attivo, dalla cui distribuzione sulle pareti del tubo si può ricavare r. Esperimenti classici basati su questo metodo furono eseguiti da Rutherford. Molte sono le modifiche che il metodo ha subito e notevole è l'artificio usato da Jacobsen in cui si sfrutta la velocità degli atomi chc rinculano in seguito all'emissione di una particella. Un metodo che si basa sugli stessi principi, ma fa uso di tecniche moderne con cui si può misurare lo spostamento Doppler dovuto alla velocità di un atomo che rincula, consente di raggiungere 10 " s e c (fig. 5.9). L'atomo formatosi all'istante l = 0 viaggia con velocità di rinculo r. dal punto del bersaglio sottile in cui si è prodotto. Se emette un gamma, quest'ultimo avrà un'energia Es = Ep [1 + (tl/e) cos 8] Il numero di nuclei che oltrepassano la distanza D dalla sorgente è dato da 1 = It>e in cui r è la vita media del nucleo e Ip è il numero di nuclei prodotti alla sorgente. I nuclei fermati in v ol o d a u n p i stone metallico emettono quanti di energia Ep. Se il pistone si trova a un a distanza D da lla sorgente, si osserveranno I„= I p e ' i aggi gamma di energia Ep senza spostamento Doppler, ed Is — I— p (1 — e ''"') raggi gamma di energia Es, in modo che I„i(Is+ I „ ) = e " ' " '. Ora D si puo misurare direttamente e c si può calcolare sia partendo dalla reazione che conduce alla produzione dei nuclei sia dalla misura di Es, per cui alla fine è possibile valutare r. Per modifiche al procedimento ora esposto e per altri metodi simili si rimanda alla letteratura, il metodo del bloccaggio s arà invece trattato al capitolo I l . Sono stati usati metodi elettronici per la misura diretta di vite medie molto brevi, fino a valori di ~ dell'ordine di 10 s e c . Questi metodi richiedono che il decadimento in studio sia preceduto da un altro evento, che viene usato per aprire un circuito «porta» e stabilire cosi l'origine dei tempi. Questo circuito resta aperto per un tempo l, durante il quale la probabilità che si abbia un evento e

k ~ ie " Ida = k(1 — e "')

[5.8. 1]

Jp

in cui sono stati conglobati in k fattori geometrici e di efficienza, che, comunque, sono costanti. L'apparato è realizzato in modo da contare e il numero di volte che il circuito porta viene aperto e il numero di volte che una particella viene rivelata nel tempo in cui il circuito resta aperto. Misurando il rapporto tra il numero di volte che una particella è rivelata mentre il circuito è aperto, e il numero totale di aperture in funzione del tempo di apertura l, si ottiene i. dall'eq. [5.8.1].

Decadimento radioattivo

pistone metallico spesso

bersaglio sottile

foglio di nichel sottile

173

nuclei eccitati che rinculano ''Y// i n avanti

fascio

E É~é raggio gamma emesso dal nucleo

raggio gamma emesso dal nucleo

con velocità = v

con velocità = 0

v Ee ( 1 + É— CO4 tt)

E„



IB '

D

0

E„

E,

(a) D( O, 073 D E I m 20 0 3 4 ev

122'

c. 8 o

8

D,'

0 , 173 em

al C go Oo •

(2



41 •



IO





14 c 13



12 2 '

D

t+ mm

455

oP

471 Kev

10

0

0,1

Oa

0,3

0, 4

0,5

spostatnento del pistone (cml Ic13

o 122' D

o~i

bersaglio di deuterio

1 2 ,5 mm

I

4

20 McV

ioni di ' O

100

122

f

p

pistone metallico c ono di ioni

di ' O

r aggi y rag g i y da S55 keV da 871 k V •





• •

220

240

numero di canali



240

(b)

Figura 5.9. Metodo del rinculo per la misura di vite medie di stati eccitati. La misura della vita media del livello da 0,871 MeV del "O. Gli spettri y, mostrati nella parte (b) della figura a sinistra, fan vedere l'intensità relativa dei picchi di 0,871 e 0,855 MeV man mano che va aumentando lo spostamento del pistone. A destra è dato il logaritmo dell'intensità relativa del picco di 0,871 MeV in funzione dello spostamento del pistone.

174

Capi t o lo 5

O

Sesostris(C) y

A h a -nakht(P) ~ Snefer u(P) Hemaka(P) Sneferu(C) Hemaka(C)

o~06 Q

l

0,5 0

1 000

2 000 3 000 4 000 età storica, anni

5 000

Figura 5.11. Curva di calibrazione del metodo del '"C. Curva calcolata per T =5568 anni. Campioni di età nota: (C) date determinate alla University of Chicago; (P) date determinate alla University of Pennsylvania (Ralph). [Libby, in Les Prix Nobel en 1960, Stockolm, 1961]. Il valore attualmente accettato per la vita media del ' C è 5730+ 30 anni.

accumulato fornisce l'età della r occia. U n p r o cedimento simile si applica al t o r io. Particolare attenzione va posta nell'accertare che l'elio o l'uranio non siano sfuggiti dal campione d urante l a s t o ri a d e ll a r o c cia. I l r a p p o rt o u r a nio/piombo p u ò v e nire impiegato in m a niera simile e risulta anzi meno soggetto, rispetto ai metodi basati sull'elio, ad errori causati da differenze nella diffusione o nella fuga dalle rocce di piombo

ed uranio. A ltri metodi son basati sul rapporto isotopico del piombo radiogenico Pb al Pb o su quello del piombo radiogenico a l P b. S i u s ano infine anche i rapporti K/Ar e " R b / S r c h e stanno diventando via via più i m portanti. Infme, in alcuni m i nerali contenenti tracce di U s i o s servano tracce di fissione spontanea rivelabili mediante attacco chimico (vedi par. 3.7). Si può cosi contare il numero di fissioni spontanee avvenute in un particolare campione. Il campione viene esposto poi a un flusso di neutroni lenti, che produrrà un numero di fissioni di gran lunga maggiore. M i surando i l fl u sso d i n e utroni e c o n tando i l n u m ero d i f i ssioni prodotte da questi, si ottiene il contenuto di U del campione, che, insieme al numero di fissioni spontanee, permette di calcolare l'età. Talvolta è stato possibile datare la stessa roccia con diversi metodi; i r i sultati sono in ragionevole accordo. Le più vecchie rocce superficiali hanno un'età di c irca 3,7 x 10~ anni. Gli stessi metodi sono stati applicati per la determinazione dell'età dei meteoriti, e i più vecchi sono di 4,5 x 10 a n ni. Questa dovrebbe essere l'età di formazione della terra, distinta

dalla segregazione delle rocce superficiali.

Problemi 5.1. Calcolare il volume di un Ci di radon a 0'C e 760 mm di Hg di pressione. 5.2. C a lcolare il peso di 1 Ci di " P u .

DeradI

j

I

i I

t

{c)

Figura 6,5. (a) Spettro di massa che mostra la composizione isotopica anomala dello Xe in una meteorite. Le linee orizzontali danno l'abbondanza normale degli isotopi di Xe nel gas preso dall'atmosfera terrestre. L'eccesso di ' Xe prova la presenza nella meteorite di " I radioattivo sl tempo di formazione della meteorite stessa. [Reynolds, Phys. Rev. Lerrers, 4, &, 1960]. (b) e (c) m ultipletto nello spettro di massa per A =16 e A = 2 0 che mostra varie molecole e " O. Risoluzione circa 1/80000. [Da Bieri, Everling, e Mattauch, Z. Naiurfors., 10', 659, 1955j.

Dalla quantità di moto e dalla velocità si ricava la massa di quiete m = p/v; nel caso relativistico Nl =

P

Pyc

[6.2.10]

Campi elettrici e magnetici vengono combinati in vari modi per realizzare pratica­ mente spettrografi di massa. Di particolare importanza sono le proprietà focalizzatrici del dispositivo perché in genere si vuole che le particelle uscenti da un punto entro un

Elementi di struttura e sis(ematica del nucleo

I 89

piccolo angolo vadano a convergere su un punto o su una linea. È possibile realizzare anche una doppia focalizzazione in modo che particelle provenienti da una fenditura entro un piccolo angolo e aventi velocità leggermente diverse si raccolgano in una stessa immagine. La figura 6,4 mostra un tipo m oderno di spettrografo di massa a doppia focalizzazione e la figura 6.5 un esempio d i r i ghe spettrali, U n p r i n cipio a l quanto differente è usato nel metodo del tempo di volo con cui si puo determinare la velocità di uno ione dal suo periodo di r i v oluzione in un campo magnetico. Le determinazioni precise di massa, l'identificazione e la misura della abbondanza dei vari isotopi, sono tra le molte applicazioni della spettroscopia di massa di interesse immediato pcr la fisica nucleare. La composizione isotopica di un elemento naturale generalmente non varia perché i diversi isotopi si comportano allo stesso modo dal punto di vista fisico-chimico. Questo non sempre è rigorosamente vero, ma in genere gli scostamenti dalla composizione normale sono piccolissimi, eccezion fatta per elementi pr ovenienti da d ecadimento radioattivo, come il p i o mbo r a diogenico. Per tutti gl i scopi pr atici gli i sotopi sono c himicamente indistinguibili e c i ò c o s t ituisce la b ase dell'importante metodo d e i iraccianti radioattivi. Attualmente si eseguono determinazioni di massa con una precisione di 1 parte su 10'; la grandezza fisica che si misura direttamente è la differenza di massa tra due ioni che hanno approssimativamente lo stesso rapporto ze/m; si ha per esempio D, — He = 25600,232(8) milionesimi di u nità di m assa

[6,2,11a]

D, — 'H'H = 4 3 29,257(3) milionesimi di unità di m assa

[6.2. 11 b]

" Cz' H„ — " C " O = 3 6 3 86,01(24) milionesimi di unità di m ass a

[ 6.2 . 1 2 a]

'H H — He= 2 1 271,073(10) milionesimi di unità di m assa

[6.2.12b]

(Nel)a notazione "X„, X sta per il simbolo chimico, A per il numero di massa, n per i! numero di atomi sulla molecola, e l'intero simbolo sta per la massa molecolare.) Si noti c he un milionesimo di u n it à d i m a ssa equivale a circa 1000 eV! L o s t u di o d i t a l i «doppietti di massa», compresa la normalizzazione " C = 12, può essere esteso a molti altri nuclei, permettendo cosi di costruire una tabella delle masse atomiche. inoltre è possibile completare i dati dello spettrografo di massa con quelli derivati dalle reazioni nucleari. Per esempio, la massa del neutrone può essere determinata

misurando l'energia dei raggi gamma emessi nella reazione 'n+ 'H = ' H +

7

[6.2.13]

qualora le masse del deutone e del protone siano già note. In questo caso se il neutrone è catturato in quiete, si ha f 2~2

n + ' H — 'H = Q = trito + [

6.2.14]

2tttdc

dove l'ultimo termine rappresenta l'energia cinetica di rinculo del deutone. Come altro esempio consideriamo un atomo di massa M, ed energia cinetica T, che urta con un atomo fermo di massa Mp. I prodotti di reazione sono un atomo di massa M, che se ne va con un'energia cinetica T~ nella direzione 0 rispetto a quella della particella incidente cd un atomo di massa Ms di energia cinetica T, in moto nella direzione y. La reazione e rappresentata dalla seguente equazione M , q M „ = M ~+ M s + Q

[6.2.15]

190

Capi t o lo 6

La quantita Q si può calcolare se sono note Af,, M2, M3, lc energie cinetiche T, e T, e ( ). Dalla conservazione dell'energia e della quantita di m oto si h a Q =(1/M3)

(M 2 + M, ) T 2 —(M, — M,) T,­ 12

— 2 (M, M2 Ti T2)' cos 0

T,

' '

1+ - —

x

[ 6.2.16]

T + T —T, '

in cui i due fattori dopo cos 0 nonché l'ultimo termine sono correzioni relativistiche che si possono spesse volte trascurare. Una tipica reazione che si può studiarc facendo uso

dell'eq. [6.2.16) è la seguente: ' H+ L i = H e + H e + Q

Q = 4, 0 23 Me V

[ 6,2, 17)

Le masse di molti isotopi stabili e instabili sono state misurate con grande precisione combinando insieme misure di spettrografia di massa con quelle di energia nelle reazioni nucleari. La spettrometria di massa si è giovata anche di altri rami della fisica: in particolare la spettrometria nel campo delle microonde ha spesso reso possibile una misura precisa dei rapporti di m assa degli ~isoto i. Un'altra importante applicazione della spettromctria di massa è la determinazione delle abbondanze isoto~iche relative in una miscela; tale misura, applicata alle miscele naturali e congiunta a quella delle masse dei singoli isotopi, permette di stabilire gli ordinari pesi atomici della chimica con una precisione generalmente superiore a quella delle determinazioni chimiche. Sono stati rivelati anche isotopi estremamente rari la cui abbondanza relativa è solo di alcune parti su 10", e per molti che non si è riusciti a rivelare sono stati stabiliti limiti superiori di abbondanza notevolmente bassi. In questo campo altri rami della fisica hanno contribuito in modo notevole; gli isotopi 2Hs "C, '~N e ' " O , f u r ono scoperti per via spettroscopica, e l' He de ll'atmosfera fu scoperto sfruttando le proprietà risonanti del ciclotrone. A. H. Wapstra e N. B. Gove hanno calcolato una tavola molto estesa delle masse, prendendo in c o nsiderazione tutti i d a t i s p erimentali disponibili e a d attandoli col metodo dei minimi quadrati. Tutti questi dati sono utili per lo sviluppo della sistematica nucleare. Alcuni dei risultati più salienti sono i seguenti: 1. I nuclei con Z d i spari hanno solo uno o due isotopi stabili. 2. I nuclei con Z dispari ed A pari sono instabili (con le sole eccezioni dcl 'H , ' L i. 10B 1 4N e 1 8 0 T a )

3. In ogni gruppo di isobari con A e Z dispari, ci sono solo uno o due nuclei stabili rispetto al decadimcnto beta. La tabella 6.2, che s i r i f erisce a n u clei stabili, m o stra l a p r eferenza per una composizione con Z e A pari. Ad una conclusione analoga si arriva da uno studio del)c abbondanze nucleari. Tabella 6.2. Nu m ero di nuclei stabili.

Z pan Z dispan

A patri

A dispttri

156 5

4g 50

Elemanri rii srrurruro e sisrernutico clel nucleo

191

6.3. Raggio del nucleo La definizione di raggio nucleare è piuttosto arbitraria, perché il risultato della sua misura dipende dal fenomeno che si sfrutta per definire il r aggio; comunque tutti i risultati concordano qualitativamente e fino ad un certo grado anche quantitativamente. Questo fatto è molto importante se si considera la varieta dei metodi usati. Esaminere­ mo dapprima la diffusione di particelle alfa. neutroni e protoni di energie elevate. In questi casi la forza predominante è di origine nucleare. Accenneremo poi alla diffusione degli elettroni, allo spostamento isotopico delle righe spettrali, agli atomi mu-mesici e al t ermine elettrostatico nelle masse nucleari. In q u esti casi i ntervengono soltanto l e interazioni elettriche. La c o ncordanza dci r i sultati m o stra t r a l ' a l tr o c he, almeno approssimativamente, la parte più i n terna della materia nucleare ha una densita di carica specifica circa uniforme su t u tt o i l n u c leo, solo con p i ccole variazioni sulla superficie del nucleo. Storicamente la prima misura del raggio del nucleo fu fatta da R u therford e da

Chadsvick, i quali, impiegando particelle alfa, determinarono l'angolo per il quale la sezione d'urto per diffusione da parte di un nucleo incomincia a discostarsi dalla legge di Rutherford. A ogni angolo di ditfusione corrisponde una distanza minima di avvicina­ mento e il fatto che la legge di diffusione basata sull'interazione puramente coulombiana cade in difetto al d i sopra d i u n c e rt o a n golo, è i n t erpretato come pr ova che al la corrispondente distanza minima entrano in giuoco forze nucleari non elettrostatiche. Si dice che la particella alfa e i l n u cleo del bersaglio si sono toccati. In q uesto modo Rutherford trovò che il raggio nucleare degli clementi leggeri può essere espresso dalla formula R =r„ A " -'

con

L6 3 13

r „ = 1,2 1 0 " cin

Sebbene il metodo sia grossolano, il risultato è stato successivamente confermato. Usando come proiettili~ine o n' i p o s t o di particelle cariche. si trova direttamente il raggio d'azione delle forze nucleari. M i sure di q uesto ti po, per t r ovare il r a ggio nucleare, non vanno fatte ne a basse energie dove la lunghezza d'onda di de Broglie dei neutroni e confrontabile o più grande del raggio nucleare ne ad altissime energie dove i nuclei diventano trasparenti ai neutroni. Quindi occorre lavorare ad energie intermedie (da 10 a 20 MeV'I. La ftgura 6.6 mostra un g r afico della sezione d'urto n ucleare a

teorica sperimentale c 3 etr $>

o spshse



rs nss
—Z» -' ~ expfiq. r)

p(R)

Ir — RI

tl r dR

[(i.3.14]

Se ora poniamo r — R = s e chiamiamo con lt il coseno dcll'angolo compreso tra q ed s, integrando rispetto a tlr, per q ed R fi ssi, si ottiene dr = 2ttdlts2 ds e

, ('exp(iqps)

.tl,> — Z»~ ~

2 trs' ds d! t

exp ( i q R ) y ( R ) d R

[6,3,15]

Il primo integrale e stato discusso nel paragrafo 2.2 e vale 4tti.'e",ci', il secondo è per definizione F(ti). La formula di Bo rn dà c osi ti',

I



[6.3.167

A'l tf tltt

do t

di > d o >

[6.3.17]

IF(l)I-'

La sezione d'urto viene cosi ricondotta al prodotto della sezione d'urto di di(Tusione da un punto per il fattore di forma F(tl) =

p( R ) e x p(iq R) dR

[ 6,3, 18]

Si noti che la normalizzazione di p im pone F (0) = 1. Nell'cq. [6.3.17] il fattore di forma compare come trasformata di F o urier tridimensionale della densità di carica. Sviluppando in serie l'esponenziale chc compare sotto segno di i n tegrale nell'eq.

[6,3.1 A 7. si ha (q R)' F(tl) = ~ p(R) l + i q R z r

= 1 — — I R-p (R)dR+ ...

+ ... dR =

[ 6.3.19]

6 .,i

L'ultimo integrale vale ( R -') . che r appresenta il r aggio q uadratico medio della carica. La misura di F (q) per piccoli valori di q (grandi valori della lunghezza d'onda di

196

Capit o l o 6

de Broglie) dà, in successive approssimazioni, i momenti della distribuzione di carica

f

R"p (R) dR. Si può anche dire che F (q) rappresenta grossolanamente la carica efficace

nell'urto, ovvero la quantità di carica compresa in una sfera di raggio 1/q. Le densità di carica nucleare mostrate in figura 6.8 sono il risultato dell'analisi di esperimenti di diffusione di elettroni da parte dei nuclei indicati in figura. Nel caso di un elettrone di D i rac relativistico, la formula di diffusione, che tiene conto dell'effetto dello spin e del rinculo su un nucleo puntiforme di massa M carico e privo di spin, è data da

cos' (0/2} deoj,„„,. ( 2 E „j

si n ( 0 /2) 1+ (2Eo/Mc )sin'(0/2)

[6.3.20]

in cui 0 è l ' angolo di di ffusione ed Eo è l 'energia totale dell'elettrone, entrambi nel sistema di riferimento del laboratorio, ed M è l a m assa del nucleo. L'ultimo fattore deriva dalla cinematica del rinculo del nucleo. L'estensione della distribuzione di carica del nucleo dà luogo di nuovo a un fattore di forma, e si scrive do

tl o

d tt)

d tt ) „ „ „ , .

IFt (q)l

[ 6.3.21]

in cui l'indice 1 di F st a p er r i c ordare che si tiene conto solo della carica elettrica, trascurando possibili effetti magnetici. F, è d a to sempre dall'eq. [6.3.19]. Si può verificare per via sperimentale una ipotetica distribuzione di carica confron­ tando la dtr/dai misurata con quella calcolata per mezzo delle eqq. [6.3.18] e [6.3.21] in cui si fa uso della distribuzione di carica assunta per ipotesi. Il protone e il neutrone sono particolarmente interessanti. Anche per essi si misurano i fattori d i f o rm a i n cu i p erò è necessario tener conto dei momenti magnetici delle particelle. La diffusione di elettroni di alta energia (fino a molti GeV} da parte di protoni mostra le «nubi di mesoni» che avvolgono i nucleoni e fornisce importanti informazioni circa la struttura dei nucleoni. Tale argomento sara trattato nel capitolo 18. Per ora diciamo soltanto che in prima approssimazione la densità di carica elettrica del protone può esprimersi a energia non troppo alta con un esponenziale del tipo

P = P(0)c [

6.3.22]

in cui a = O , 23 x 10 ' c m. L a r a d i c e de l r a ggio q u adratico m edio pe r u n a t a le distribuzione è data da ~ 1 2 a = 0,8 x 10 ' cm . Un'altra linea di valutazione del raggio nucleare è suggerita dalle misure di energia elettrostatica del nucleo prodotta dall'accumulo di carica positiva nel volume nucleare. Se tutta la carica fosse uniformemente distribuita sulla superficie del nucleo, l'energia sarebbe Z'e / 2R. Ammettendo invece che la carica sia uniformemente distribuita nel volume nucleare, si ottiene 3 , e' — Z' = ene r g i a elettrostatica 5 R

[6.3.23]

Ora esistono coppie di nuclei, aventi lo stesso A, tali che un nucleo si può ricavare dall'altro per trasformazione di tutti i neutroni in protoni e di tutti i protoni in neutroni. Esempi di questi nuclei speculari, come vengono chiamati, sono H e H e , ' 'B e ' 'C, "C e "N , ' S e ' " P . C i si aspetta che le forze propriamente nucleari agenti in tali nuclei siano praticamente identiche e che la differenza di energia, a parte le differenti masse ài

Elementi di struttura e sistematica del mtcieo

al

• 4n+ 1 ~ A 4 n+ 3

0

1

= A

2

3

4

5

6

Figura 6.k Difetenze sperimentali dell'energia coulombiana per nuclei speculari in funzione di

.'-A'". La curva a punti e linee mostra la semplice approssimazione classica perra ~ 1W F. Le

linee incurvate son basate su modelli più ra%nati. PCofoed-Hansen, Ree. Mod. Phys., 30, 449,

1958].

quiete del neutrone e del protone, sia interamente di origine elettrostatica Quando i nuclei differiscono di una unità in Z, l'eq. [6.3.23J dà per la differenza di energia elettrostatica

3 (2Z+1)e 5

R

ás

[6.3,24)

e se si ha anche cheZ (A + @2, per i due nuclei rispettivamente, come per esempio nel caso di "C e 'sS, Ag. [43.24J y' essere riscritta 38 A 3 = — — Azt 5 E. $ re

AE = — —

[6.3.2@

facendo uso della relazione ft = r,At>

[6.3.26 J

Dalla eq. [63.2$] e chiaro che il grafico di hE in funzione di As's deve dare una retta,

la cui pendenza dàra IPOF (hg. 6.9).

i98

Capi to l o 6

Gli scostamenti dalla retta sono dovuti ad effetti piu fiiu (chiusura dello strato), che verranno discussi più avanti. Tutti questi metodi forniscono dei risultati in accordo con l'eq. [6.3.22], con rt, costante e compreso tra 1,2 e 1,5 x 10 " c m , p e r t u tti i n u clei

esclusi i più leggeri. Il raggio dei nuclei si puo ottenere anche dallo studio della deviazione dalla semplice formula dell'atomo di idrogeno di Bohr, che si osserva negli atomi mu-mesici (vedi par.

6.4). L'eq. [6.3.1] anche con i suoi affinamenti non puo essere correttamente applicata al protone, neutrone, deutone ne ad alcuni dei nuclei più leggeri. Abbiamo già citato il caso del protone. Il deutone sarà discusso in particolare ncl capitolo 10; esso ha una struttura particolare poco compatta, e il suo «raggio» per la cui definizione rinviamo al capitolo 10. è 4,321.'.

6.4. A t omi mesici ed esotici Questo paragrafo, inserito qui per comodità, tocca vari argomenti trattati in d iverse parti di questo libro. Quando una particella carica negativamente (muone, pione, kaone, antiprotone, Z , ecc.) si arresta in un materiale di numero atomico Z. resta catturata dal nucleo e forma un atomo i d r ogenoide. Siccome i l r a g gio d i B o h r » " / t " , Z e 'nt =t t è i n v ersamente proporzionale alla massa della particella, essendo le particelle in considerazione molto più pesanti dell'elettrone, risulta chc Ia l or o o r b ita è m o lto pi ù p i ccola delle orbite elettroniche e q u i nd i l o s c h ermo de l n u c leo d a p a rt e d egli elettroni è p r essoché trascurabile. Il sistema si comporta come un atomo di idrogeno (atomo muonico, atomo mesico, ecc.). L'energia dei livelli è uguale a quella dell'atomo di idrogeno moltiplicata per il rapporto tra la massa ridotta del muone, ecc., e quella dell'elettrone. Anche altre proprietà come la vita media degli stati quantici, per radiazione, scalano con opportune potenze del rapporto delle masse ridotte. Le righe spettrali emesse sono per Io più nell'intervallo di frequenza dei raggi X. Finche il raggio di Bohr è grande rispetto a quello dcl nucleo i livelli energetici dei m uoni sono forniti dalla formula di D i r a c E =tnc

[6.4.1]

1+

in cui k = j + 1/ 2 per particelle di spin l ,l2 (e/' = l per particelle di spin 0), x = e~//tt =(1/«137»), rn è la massa ridotta del sistema particella più nucleo, ed n è il numero quantico totale. Per x Z- ' < 1 essa può essere sviluppata in serie di potenze di xZ, e, fermando lo sviluppo alla quarta potenza, si ottiene rnc Z

x~Z

1

3

[6.4.2]

Da tale equazione si ricava per l'energia di separazione di un doppietto, avente un dato n e j = l+ l ' 2 , l ' espressione x4Z4

AE =

2n'

tnc'

l (l + 1)

[6.4.3]

Nel caso di una particella con momento magnetico anomalo /t = (1+ g,) (e/t 2ttt't) in

Elementi di struttura e sistematica del nucleo

199

(al

5000 U 4000

FJ 3000

I

5

P~ 2000

limite della serie

~

C

8 1000 O 180 20 0 aS

300

2 50

energia (kevi

3d~zp

nt

4 d~ z p

aá O V

i rr

pt

I

I

•s

Il

o

% se l

Ol

N C4

rl

Io

gy

T)) C! Ol

(bl

600 (0 500

o 400

P 300 © 8 200

I

limite della serie

IO

100

92 0 9 4 0 Cá

2 p~ t s



1120 1 180 1200 1220 1240 1260 1280 energia (kev) sp~la

V U O I

I

10

Fitnira 6.10. (a) Serie di Balmer (nd ~2p) e (b) serie di Lyman (np~ ls) per transizioni di muoni in Ti, [Kessler et al., Phys. Ret. Lett., 1S, 1179, 1967].

cui tn' è la massa della particella e p il suo momento magnetico, AE va moltiplicato per (1+ 2gt). La misura di AE ha mostrato l'eguaglianza dei momenti magnetici del p e del p a un livello di accuratezza di circa l'1%, e perciò può costituire un importante metodo per stimare i momenti magnetici di altre particelle. Le probabilità di tr ansizioni radiative che si possono ottenere con un opportuno fattore di scala da quelle dell'idrogeno, vanno corrette perché la particella può perdere

-* ' "

~

*

delle particelle pesanti è molto piccoIa rispetto alle orbite degli elettroni, gli elettroni si comportano come se il nucleo subisse una transizione di dipolo elettrico, con coelftciente di conversione ben definito (vedi cap. 8). I processi di diseccitazione tendono a portare le particelle pesanti in orbite di massimo momento angolare possibile (l = n — 1). Man mano che la particella si porta in orbite sempre più basse, acquista importanza la sovrapposizione della sua funzione d'onda col nucleo. Dobbiamo allora distinguere fra i vari tipi di particelle. L'interazione dei muoni è solo di tipo elettromagnetico, per

200

Capi t o lo6 IA

2

(

CO

Y

Y

o V

2)2 Y

I

~ 200

20

I 00

20

80

40

I 00

I20

)4 0

(80

aaalgla /av)

Figura á.1 J. Spettri ottenuti per assorbimento di mesoni K in CC14.Le righe denominate K10 ~ 7 sono righe kaoniche corrispondenti alla transizione li' = 10~ n = 7 in CL Le altre righe sono di origine pionica o da E . I Tr e i E so n o di origine secondaria e sono ottenuti dalla reazione K + N ~ E + Ir neinuclei. Una riga è dovuta al nucleo di '2P eccitato. [Per gentile concessione

del dr. Wiegand7.

raggiX de( )2- V

S UAp

cl 2

)l(I4- I3) )I(l f l4)

j(I2- I I)

)I(II— l0)

lc c )SII Kcv

8 I,TI 3á03

T035 I 0 4 & I 3 6,99 ITSDI 20T,áa 241,95 2T63T 3IIV9 3449l STA 4I 3 ,SS44TW 492,I9 SITI 5 5 0$3

alaagia grav)

Figura á.l ia. Sp ettro di un atomo di uranio antiprotonico. Si noti il doppietto della riga 11-10, da cui si ricava il momento magnetico del p. [Per gentile concessione del dr. Wu).

Flementi di struttura e sistematica del nucleo

201

cui se il raggio dell'orbita è più piccolo del raggio del nucleo, sia i! potenziale che i livelli sono dati da quelli d i u n o s cillatore armonico (vedi pag. 192). Dallo studio d ella differenza tra i livelli energetici reali e quelli idrogenoidi prodotta dalle dimensioni finite del nucleo, si ricava il raggio nucleare. Le osservazioni danno uiia conferma del raggio nuclearer„A"' e un valore di ro pari a circa 1,2F. Nel caso di particelle che interagiscono in modo forte, la situazione è più complessa. Non appena la funzione d'onda si sovrappone sensibilmente al nucleo, avviene una reazione tra la particella orbitante e quest'ultimo. Se la probabilità di una tale reazione è grande rispetto alla probabilità di r a diazione, il l i vello si allarga e la r a diazione X scompare. Le serie sono cosi interrotte a un dato n; lo spostamento e l'allargamento dei livelli ci dà informazioni sull'interazione particella-nucleo. La posizione dei livelli imperturbati (in genere quelli corrispondenti ad alti valori di n)fornisce la massa ridotta della particella perché le frequenze dipendono, attraverso il fattore di scala, dalla massa della particella. Il principale contributo alla deviazione dell'energia dei livelli degli atomi mesici dalla semplice formula dell'idrogeno è dovuto alle interazioni nucleari, alla polarizzazione del' vuoto, allo schermo degli elettroni e alle dimensioni finite del nucleo. Siccome però è sempre possibile trovare livelli per cui tali correzioni sono piccole e calcolabili, dai dati spettroscopici si può risalire alla massa ridotta e alla massa della particella orbitante. Dal punto di vista sperimentale la tecnica è stata perfezionata con l'uso di rivelatori a stato solido. La figura 6.10(a vedere uno spettro muonico, la figura 6.11 mostra uno spettro con righe dovute a pioni, kaoni e mesoni Z, infine la figura 6.11a mostra uno

spet tro con righe antiprotoniche.

6.5. Statistica dei nuclei I sistemi composti di particelle identiche mostrano, secondo la meccanica quantistica, un comportamento speciale, che influenza molte loro proprietà. Tratteremo qui i casi più semplici che interessano direttamente la fisica nucleare. Date due particelle identiche (p.e. due particelle alfa, due elettroni, due protoni, ecc.), scriviamo l'equazione di Schrodinger per il sistema:

A' 2ni

(Pi+ V t ) u ( r „ r t ) +

[E — V( ri • ri)] u(ri r i ) = 0

[6.5.1]

o, simbolicamente, H(1, 2) u(r,, rz) = E u(r,, ri)

[6.5.2]

avendo indicato con r, o 1, r, o 2, l'insieme di tutte le coordinate delle particelle 1 e 2, compreso lo spin. Si ttova che le soluzioni sono degeneri ; cioè se per un certo autovalore u(r,, ri) è una soluzione del problema, allora per lo stesso autovalore, lo è pure u(ri, r,). Ciò segue dal fatto che

H (1, 2) = H (2, 1)

[6.5.3]

a causa dell'indistinguibilità tra particelle identiche. Quindi una combinazione lineare U(rt ri ) = otu(ri, r , )+ P u ( r „ r i )

[6.5.4]

e ancora una soluzione per lo stesso autovalore, La scelta delle costanti ~ = + /3, con ~ e /$ reali ha l'importante proprietà che se ~ = P

[6.5.5] se x= — /)

[ 6.5.6] Ncl primo caso, l'autofunzione c simmetrica rispetto allo scambio delle particelle, ncl secondo è antisimmetrica. Sc il sistema inizialmente è descritto da u n 'autofunzione simmetrica o antisimmetrica, esso lo sarà sempre, perché la simmetria della hamiltonia­ na assicura il mantenimento della simmetria o antisimrnetria dell'autofunzionc. infatti basta considerare l equazione di Schrodingcr It i

il

[6.5.7]

=HP

per convincersi che la variazione nel tempo di P, c"y:rt, è una funzione simmetrica o antisimmetrica come Hp ; ora poiché Il è simmetrica,Hp ha la stessa simmetria di y e di conseguenza la variazione temporale di P h a l a stessa simmetria di P . L ' esperienza mostra che t u tt e l e p a r t icelle sono d escritte da a u t ofunzioni simmetriche ovvero antisimmetriche rispetto allo scambio di due particelle identiche, Per esempio, elettroni, protoni, neutroni e in generale particelle con spin —,' hanno tutte autofunzioni che sono antisimmetriche rispetto allo scambio delle coordinate, mentre particelle con spin O,l. o. in generale, con spin intero, come le particelle alfa e i d eutoni, hanno autofunzioni simmetriche rispetto allo scambio delle coordinate, Questi fatti sono tra i più fondamen­ tali della meccanica quantistica ed hanno conseguenze importantissime. Consideriatno per esempio due particelle identiche non interagenti tra loro; l'hamil­ toniana del sistema si scinde nella somma di due termini

H (1) + H (2) = H (1, 2) = II (2, 1}

[6.5.S]

Se ul (1), ug (1), u3 (1)l

u, (2), u~ (2), uq (2).... sono le autofunzioni di H ( 1}, H (2), ecc. corrispondenti agli autovalori E,, E ,. E , ..., e normalizzate in modo che

[6.5.9] allora l'autofunzione di H(1, 2) relativa all'autovalore E„+ E è d e genere ed ha la forma

u„„(1, 2) =

1

[ u .(1) u (2) + u (1) u„(2)]

[6.5.10]

dove va preso il segno più se le autofunzioni sono simmetriche e il segno meno se sono antisimmetriche. Se sono ammesse soltanto soluzioni antisimmetriche, u(l, 2) s'annulla, per in uguale ad rt, per cui no n e p o ssibile che due particelle identiche antisimmctriche possano trovarsi in stati identici. Questa e la formulazione originale del principio di esclusione di Pauli. ln meccanica statistica le particelle cui competono autofunzioni antisimmetrich~

I

Elementi tii struttura e sistematica del nucleu

203

sono governate dalla statistica di Fermi-Dirac, e quelle invece cui competono autofun­ zioni simmetriche da quella d i B o se-Einstein. Per questo motivo l e p a r t icelle con funzioni d'onda antisimmetriche sono chiamate fermioni, menlre quelle con funzioni

d'onda simmetriche sono chiamate bosoni. Una particella e un bosone o un fermione a seconda del suo spin. l dati sperimentali accumulati in un l ungo periodo d'anni mostrano che i bosoni hanno spin intero e i fermioni spin semi-intero. Questa relazione sorprendente tra spin e statistica ha ragioni teoriche molto profonde che furono infine spiegate da Pauli (1940); quando ancora tali ragioni non erano conosciute, si cercava di stabilire empiricamente se un nucleo fosse un bosone o un fermione. Cio può essere fatto in diversi modi. Uno dei metodi storicamente più importanti e più ingegnosi è fondato sull'analisi di intensità alternate negli spettri rotazionali di molecole omonucleari biatomiche. Daremo qui ora una versione alquanto semplificata delle necessarie nozioni di fisica molecolare. • Consideriamo l'autofunzione di u n a m o l e cola b iatomica costituita da n u c lei identici. Essa puo essere scritta approssimativamente sotto forma di prodotto di quattro

atitofurtzioni: la prima contenente le coordinate degli elettroni. la seconda la distanza relativa dei due nuclei e corrispondente alle vibrazioni dei nuclei stessi. la terza le coordinate rotazionali dei nuclei e la quarta le coordinate di spin nucleare: u = tttl ' usi' r e t

u i pm

[ 6 . 5 . 1 1]

La simmetria rispetto allo scambio dei nuclei di u,u funzione delle coordinate elettroni­ che, puo essere ricavata da uno studio particolareggiato della molecola: qui, per definire meglio il problema, consideriamo un caso in cui essa sia simmetrica. La u,,„è simmetrica Perché diPende solo dal v alore della distanza tra i n u c lei. La unnè semPlicemente l'autofunzione del rotatore libero nello spazio

u,„,=P, (cosB)e' '

[ 6.5.12]

in cui (I e ti> sono la colatitudine e la longitudine dell'asse che congiunge i due nuclei; la funzione unn è simmetrica per I pari e antisimmetrica per! dispari, cio segue dal fatto che Pt (cos 0)e' ~ è una armonica sferica di ordine I definita dal prodotto di r ' p e r u n

polinomio in x, i , = , d i g rado I, omogeneo e armonico. Lo scambio dei nuclei corrisponde ad un cambiamento delle variabili nella funzione: 0 d iviene tt — 0 e ti' diviene tt+ y ovvero le coordinate cartesiane cambiano segno, e ciò lascia inalterata la

funzione se I è pari o cambia il suo segno se I è dispari. Nel quarto fattore si considerano le autofunzioni di spin. Per spin ~tle funzioni hanno solo due valori (spin su o spin giù) che indicheremo con u : — spin su o P = spin giù. La particella considerata è indicata come argomento della funzione. Quindi ~(2) indica spin su per la seconda particella. Per una spiegazione completa si rimanda il lettore ai testi di meccanica quantistica. Nel caso di due particelle di spin —,', l'ultimo fattore riguardante gli spin nucleari può essere dunque scritto secondo quanto segue: se i due spin sono paralleli, l'autofunzione u,~,„ha una delle tre forme seguenti corrisponden­ ti ai tre stati di t r i pletto:

l

«(1)~(2), — [ > (1) P(2)+ >(2) P(1)], P (l) P(2)

[6.5.13]

Se gli spin sono antiparalleli. l'autofunzione ha la forma [6.5.14]

204

Capit o l o 6

1 J

Il

t

Figura 6.12. I n tensità alternata nello spettro Raman della molecola di '"N ,. [ C ome è stata osservata da Rasetti].

Quindi gli stati d i t r i p letto sono simmetrici e quelli d i singoletto antisirnmetrici rispetto allo scambio degli spin. Se l'intera autofunzione deve essere antisimmetrica rispetto allo scambio dei nuclei è chiaro che bisogna associare agli stati di t r i pletto autofunzioni con 1 dispari; mentre stati con I pari sono associati con stati di singoletto. Segue che i pesi statistici degli stati con I dispari sono tre volte più grandi di quelli degli stati con 1 pari. Nell'emissione o assorbimento di radiazione elettromagnetica la simmetria del livello deve essere mantenuta, come mostrato all'inizio di questo paragrafo. Inoltre sappiamo che in p r a t ica n elle t r ansizioni elettromagnetiche si pu ò c a m biare solo i l f a t t ore dell'autofunzione contenente le coordinate ordinarie. Ne segue la possibilità di distin­ guere le righe spettrali in righe collegate a stati simmetrici rispetto allo scambio delle coordinate ordinarie (non di spin) dei nuclei (righe simmetriche) e in righe collegate a stati antisimmetrici per scambio delle coordinate ordinarie (righe antisimmetriche). L'intensità delle righe spettrali, ferme restando le altre proprietà, è proporzionale al peso statistico degli stati. Si deduce quindi che in una banda in cui non si hanno cambiamenti degli stati rotazionali, si nota una caratteristica alternanza dell'intensità. Nell'esempio sopra considerato, le righe corrispondenti ad I dispari dovrebbero essere tre volte più intense di q uelle corrispondenti ad I p a r i . È e v i dente che i n q uesta discussione è

essenziale ammettere che i due nuclei siano fermioni; se invece fossero bosoni, dovrebbero essere più intense le righe con I pari. Alternanze di intensità di questo tipo si

vedono nell'effetto Raman di molecole biatomiche omonucleari. Un esempio (' Nz) è mostrato in figura 6.12. Il ragionamento può essere generalizzato al caso di spin nucleare arbitrario. I pesi statistici di stati rotazionali vicini stanno nel rapporto

l+l =P 1 Per i fermioni i l

[ 6.5.15] p eso maggiore spetta a stati antisimmetrici per scambio delle

coordinate spaziali (spin escluso) di nuclei identici ; per i bosoni al medesimo stato spetta il peso più piccolo. Il rapporto dell'intensità da cui si ricava il p dell'eq. [6.5.15j può essere usato per determinare 1. Si noti che per 1 =0, ma nca la metà dei livelli. •

Elementi di struttura e sistematica del nucleo

205

I risultati piu importanti di questo ed altri metodi sono che tutti i nuclei con A pari hanno spin intero e sono bosoni; tutti i nuclei con A dispari hanno spin semintero e sono fermioni. Queste regole sono state di grande utilità nello stabilire il modello del nucleo a neutroni e protoni.

6.6. Il n ucleo comegas di Fermi Fino al 1931 circa. nei vari modelli nucleari si consideravano il protone e l'elettrone come i costituenti fondamentali del nucleo; queste erano allora le particelle piu semplici che si conoscessero allo stato libero. Inoltre ci si poteva ragionevolmente aspettare che gli elettroni fossero presenti nei nuclei essendo espulsi dai nuclei stessi nel decadimento beta, Si supponeva che un nucleo di numero di massa A e carica Z contenesse A protoni e A — Z elettroni. Questa ipotesi rende conto della carica e della massa del nucleo, in quanto gli elettroni, essendo molto leggeri, non disturbano molto la massa nucleare. Sotto molti aspetti questa era l'ipotesi più naturale ma attorno al 1930 sorsero due dilIicoltà molto serie. Nel 1929 Rasetti, con un o st udio dello spettro R aman della

molecola '"N, (fig. 6,12) mostrò che il ' N è un bosone (vedi par. 6.5) e quindi esso deve contenere un n u m ero pa r i di fer m i o n i. Or a è e v i d e n te c h e s e c ondo l ' i p o tesi t )el)'e)ettrone-protone l' 4 N c o n t iene 14 pr otoni e 7 e l ettroni, cioe 2 1 f e rmioni, i n contrasto con i dati esperimentali che richiedono per esso un numero pari di fermioni, Una seconda difficolta è che l'" N , c he secondo le supposizioni doveva contenere un numero dispari di fermioni, possiede uno spin intero invece di uno semintero, come ci si

as pett ava. In aggiunta. il confinare l'elettrone in una regione dello spazio delle dimensioni del nucleo (10 ' c m ) i ncontra serie difficoltà a causa del principio di indeterminazione. In base ad esso l'elettrone deve possedere una energia cinetica tanto elevata da richiedere, per legarlo al nucleo, una energia potenziale inammissibile. Tutte queste diffi c olt f u r ono ri mosse con la scoperta di Chadwick, nel 1931, del neutrone libero di massa circa uguale a quella del protone. Subito dopo Ivanenko e Heisenberg proposero, indipendentemente, un modello di nucleo formato da neutroni e protoni come costituenti fondamentali. In questo modello si ammette che il neutrone sia un fermione di spin q. I nuclei contengono Z pr otoni e A —Z = N ne utroni quindi nel caso di ' N, 7 protoni e 7 neutroni (cioè un numero pari di fermioni); ciò concorda con il carattere di bosone del '"N e con il suo spin intero. Per di più la massa relativamente g rande del neutrone e del p r otone rimuove le difficoltà introdotte dal p r i ncipio d i indeterminazione. Il m o d ello de l n u cleo a n e utrone-protone e o r a u n i versalmente accettato e costituisce la base di tutti gli studi sulla struttura nucleare. Il più semplice dei modelli nucleari trascura l'interazione nucleone-nucleone, o, meglio ancora, la rappresenta mediante una buca di potenziale che fissa i limiti al le dimensioni del nucleo. Il sistema nucleare, quando A non è troppo piccolo, è abbastanza complicato da giustificare l'uso della meccanica statistica, purché si tenga presente che in circostanze ordinarie gli insiemi di fermioni considerati sono in uno stato di estrema degenerazione e debbono quindi esser trattati con la statistica di Fermi. Consideriamo un nucleo come un insieme di neutroni e protoni liberi racchiusi in una sfera di raggio R o volume Q. I neutroni e i protoni debbono trovarsi, per il principio di esclusione, in differenti stati quantici. Il numero di stati corrispondenti a un impulso dei protoni o neutroni Più Piccolo di Pr è

206

Capit o lo 6 n=

2

4

[6.6.1]

— 2rQ P ~ F

che si ottiene dividendo lo spazio delle fasi in celle di volume (221h)' e assegnando a ciascuna cella due particelle, per tener conto del peso statistico degli stati di particelle di spin ~. A degenerazione completa, si ha Z

pprotone (3 + 2 )1/3 p F

p neutrone 1 3

(

2 1 l i3 p

1/3

A — Z '"

)

[6.6.2]

f k prot o ne F

g

n

[663]

j / neutron e

In Prima aPProssimazione Z = N = A/ 2. Se si Pone Q = (4/3)21R' con R = roA'" e si esprime ro in Fermi si t r o va che

297

PF — —

[6.6.4]

Me V/c

ro

o kF = 1,50/roF ' , i n dipendente da A. L'energia cinetica corrispondente (PF/2M = EF) è chiamata l'energia di Fermi. Per r, = 1,3F, EF è 28 MeV che è l'energia cinetica massima di un neutrone legato nel nucleo. Se l'energia di legame dell'ultimo nucleone è 8 MeV, l'energia potenziale deve allora essere 36 MeV (ftg. 6.13). La situazione per i p r o t oni è l a s t essa salvo per l a p r esenza della barriera di potenziale. Però u n n u cleo contiene meno protoni che neutroni e q u i ndi l ' energia cinetica massima dei protoni e m i n ore di q u ella dei neutroni. Le energie totali del neutrone e del protone sono le stesse, altrimenti un neutrone si trasformerebbe in u11 protone o viceversa,attraverso un processo beta. Si deve cosi concludere che l'energia potenziale dei protoni è più piccola di quella dei neutroni, effetto questo dovuto in parte alla repulsione coulombiana. L'espressione dell'energia cinetica di tutti i protoni in un nucleo, considerato come un gas degenere allo zero assoluto, è 2Q

• P

2t"' 3"

(2KA) o 2 M

10

Z

"

Q

A'

3

M

5

[6.6,5]

Analoga formula vale per i neutroni.

potenziale protonico

energia di legame = 8 MeV

potenziale neutronico protoni

tro i

EF - 25 MeV

Figura 6.l3. B u ca di potenziale per neutroni e protoni di un nucleo pesante mostrante il livello di Fermi. Si noti la differenza tra le buche per neutroni e protoni.

E lementi di struttura e sistematica tlel nucleo

207

12

Pb (e,e') 10

6

pr = 265 Mievlc

F V

O

b ~~

L

O

0

30

60

90

120

15 0

180

210

2L 0

270

300

d E (MeV) Figura 6.14. 1 punti sperimentali fanno vedere la sezione d'urto differenziale in funzione della perdita di energia, per elettroni da 500 MeV urtanti ' "Pb e diffusi a 60 gradi. La curva continua mostra il risultato del calcolo teorico nel caso di una distribuzione di Fermi con P, = 265 MeV/c corrispondente a ro = 1,15 F. Pr determina la larghezza della distribuzione. La posizione del massimo sperimentale è spostata rispetto a quella teorica perché la massa efficace del nucleone a()'interno della materia nucleare è diversa da quella del nucleone libero (par. 6.13). [Da Bohr e Mottelson, Ann. Rer. Nucl. Sci., 23, 363, 1973]. Le sezioni d'urto piuttosto grandi che si osservano per perdita di energia E ~ 240 MeV non sono interamente attribuibili a diffusione quasi-elastica da un gas di Fermi. A tali energie la produzione di mesoni nonché la presenza nel nucleo di nucleoni con impulsi elevati contribuiscono alla sezione d'urto. La distribuzione di energia tipo Fermi dei nucleoni all'interno di un nucleo pesante si manifesta direttamente dalla diffusione (e, e') (fig. 6.14). Il modello a gas di Fermi fornisce inoltre utili informazioni, anche se grossolane, circa gli stati eccitati del nucleo (cap. I 1). Il perfezionamento del modello a particelle libere tiene conto, anche se in modo parzialmente fenomenologico, di alcune interazioni trascurate nel gas di Fermi: effetti superficiali, repulsione coulombiana, e tendenza ad essere presenti protoni e neutroni in ugual numero. Ciò avviene, per esempio, nel modello a goccia che può trovare una sua parziale giustificazione in principi fondamentali, anche se qui viene presentato partendo dai suoi fondamenti empirici.

6.7. Modello a goccia di liquido Questo modello molto semplice è i n g r ado d i s p iegare, mediante pochi p arametri empirici, importanti proprietà dei nuclei. Se riportiamo in grafico il numero di neutroni contenuti nel nucleo in funzione di Z per tutti i nuclei stabili, si ottiene il diagramma di figura 6,15, talvolta chiamato Tavola di Segrè.Rimandando a più avanti le considerazio­ ni di dettaglio, si vede subito che esiste una relazione tra Z ed N i n q u a n to i p u n t i rappresentativi giacciono dentro una piccola regione, quasi una linea nel piano Z — N. Nel proporre un modello nucleare è necessario quindi tener conto di questa regolarità. La figura 6.3 mostra la frazione di impacchettamento e il decremento di massa in

208

Cap ito l n 6

funzione di A: sono funzioni lentamente variabili di A. Se la frazione di impacchetta­ mento fosse zero, l'energia di legame per nucleone sarebbe circa 7,6 MeV, tale essendo l'eccesso di massa medio del neutrone e del protone. I valori effettivi trovati indicano che l'energia di legame media per nucleone varia tra 6 e 8 MeV, come mostrato in figura 6.16. Il fatto che l'energia di legame per nucleone e la densità della materia nucleare sono quasi indipendenti da A, indica una certa rassomiglianza dci nuclei con goccioline di liquido, per le quali il calore di evaporazione e la densità dcl liquido sono indipendenti dalle dimensioni della gocciolina stessa. Seguendo questa analogia alquanto letteral­ m ente, cercheremo di esprimere la massa dei nuclei stabili in funzione di A e d i Z , preoccupandoci di tr ovare un accordo con i d ati sperimentali. Il termine più grande nell'espressione della massa sarà dato evidentemente da

ZMp+ NM„= (A — Z) M„+ ZM,

[ 6.7.1]

Tuttavia. poiché i nuclei son legati, la massa nucleare deve essere minore di questa quantità ed essendo l'energia di l e game per n u cleone circa una costante, basterà sottrarre da (A — Z) M„+ ZM , l' e nergia di legame totale che in prima approssimazione potremo indicare con una quantita positiva proporzionale ad A. Pertanto aggiungereino

all'eq. [6.7.1] la quantità (l )A= M i

O (> 0

[ 6.7.2]

L'analogia con la goccia fa supporre l'esistenza di effetti di superficie. Un nucleone vicino alla superficie del nucleo, avendo nucleoni solo da un lato e non tutt'attorno, non è legato cosi fortemente come un nucleone all'interno. Nel sottrarre a„„A si porta quindi una correzione troppo gr ande per cui d o v remo aggiungere alla massa un t ermine proporzionale al n u m ero d i n u c leoni ch e s i t r o v ano s u lla s uperficie del n u cleo. Sappiamo che il raggio nucleare è proporzionale a A'" e q uindi la superficie nucleare é proporzionale a A " p e r cui questo effetto di superficie darà alla massa un contributo +cl p A , di s e g n o o pposto a — a„„~A Dovremo quindi aggiungere un termine

a,„,Azz,

a,„ „ > 0

[ 6.7.3]

Esaminando la figura 6.15 si vede che c'è una tendenza per Z ad u g u agliare X, almeno per i nuclei leggeri. Per i nuclei pesanti Z è minore di N perché per accumulare cariche nel volume del nucleo occorre spendere dell'energia per vincere la repulsione coulombiana. Vogliamo esprimere il f atto che esiste una tendenza che favorisce la situazione N = Z. C i ò si o t t i ene aggiungendo alla formula della massa un termine, proporzionale ad A e d i pendente da N/ Z, che abbia un m i n imo per N = Z . Q u esto termine deve essere proporzionale ad A p e rché in analogia con un l i q uido d i d ata composizione, l'energia risulta proporzionale alla quantità di l i q uido. Un a semplice espressione soddisfacente queste condizioni è Is

1 3

4

BI CI lh

A

[ 1 —( Z / N )] z z

[ l + (Z/ N )]

1 4

4

(N

iz smm >

Z )z

= astmTA

[{A/ 2)

Z] z

Qs>mm > 0

[6.7,4]

Occorre poi un altro termine che tenga conto della repulsione coulombiana tra i protoni nel nucleo; esso dovrà essere positivo e della forma: M4 — — (

Z p.

r 0A " '

[6.7.5]

Elementi di struttura e sistematica del nucleo

2N

'1 •

140





210 110

100

• OO

s• •







70



s

110

10

10

20

30

40

50

N

VO

80

90

100

Z

Figttra 6.15. Diagramma Z-N di tutti i nuclei stabili rispetto alla disintegrazione beta.

2io

Capi t o l o t s

Z = 20 N = 20 N

MeV

= 28 Z =

Z = 14 N = 14

8,6 N = 8 o,

8,0

O

O

7,4

N = 50 = 82

OO

Z = 8

g/A

28

0

O

O•

Ooo so

O

6 4 2 0

O

O

Z = N=

O

• O

+

+

O

OO O

82 126

oO

Oso o o O

+O +O

+o o

4

50

8 12 16 2$ 100

O

+o

150 numero di m assa a

200

250

Figura 6./6. E n ergia di legame per nucleone degli isobari colla massima stabilità beta in funzione di A. 1 punti si riferiscono a nuclei pari-pari, le croci a nuclei di massa dispari. Sono indicate le posizioni dei numeri magici. Per le masse più basse è inserita una rappresentazione particolareggiata. Le croci oblique indicano qui i quattro nuclei stabili dispari-dispari, [Da Wapstra].

dove ( è u n n u mero dipendente dalla distribuzione radiale della carica; p.e. per una densità uniforme, ( = 3/5. Si preferiscescrivere 3 Z e

[6.7.6]

M4 — —­

5

R,

con R, = 1 , 2 4A " F. S i h a M „ = 0 ,6 9 6 5Z A " ( in M eV ) . Infine va aggiunto un termine b(A — Z, Z) che tenga conto della maggiore stabilità per N e Z pa r i r i s petto ai casi in cui Z, o N, o am b edue, siano dispari (par. 6.2). La formula finale per la massa atomica trascurando l'energia di legame degli elettroni e quindi:

M (A, Z) = (A — Z) M„+ ZM + Zm, — a,,„A + «s„„. t + [(A/2) —Z] A

3 e' Z' 5

[ 6.7.7]

R,

L'eq.[6.7.7] è chiamata formula di Weizsaeker per lem asse. Sappiamo che M„= 939,573, Mp = 938,280 e m, = 0,511 MeV (tab. 6.1). Nel determinare le costanti a„„, a,„„ a „ ed R, b i s o gna tener conto del maggior numero di f atti p ossibile. Per esempio si potrebbero prendere tutte le masse finora misurate e a d attarle alla f o r m ula aggiustando le costanti co l m e todo dei m i nimi quadrati. D ' a l tra p a r te, p o iché alcuni c oefficienti sono i n sensibili a ll a m assa ma dipendono fortemente da altri tipi di informazione, occorre usare non solo le masse ma

anche altri dati, come per esempio l'energia necessaria per produrre la fissione (vedi cap. 11). Si è dedicato molto lavoro alla determinazione dei valori di t ali costanti: valori spesso usati sono riportati nella tabella 6.3, in cui 6(p, d) sta a significare che á è stato stimato per N pa r i, Z d i s pari, eccetera. Per uno studio ulteriore del termine 8, si considerino i nuclei isobarici che possono trasformarsi uno nell'altro per decadimento beta (A costante, AZ = + 1 ) , per cattura dell'elettrone orbitale o per emissione di un positrone (A costante, AZ = — 1). Nel caso

Elementi di strutrura e sisrematica dei nucleo

211

• radioattivo i 3 o stabile

A =101

pari-dispari

42 Mo

43 Tc

44 Ru

45 Rh

46 pd

47 Ag

Figura 6 /7. Energia (in MeV) dei nuclei di numero di massa 101. Lo zero nella scala dell energia è arbitrario.

Tabella 6.3. Costanti per la formula di Weizsacker delle masse in MeV, au

a,.„,

a„ „

8 (p d)

8 (d p)

15,67

17,23

93,15

0

0

b (p p) 12 A tg

á(d d) + 12 A

di A dispari in cui il termine 8 è zero, le masse di una serie di isobari, considerate come funzione di Z, hanno un minimo per un certo valore di Z = Zo e giacciono su una parabola del piano Z, M (fig. 6.17). Il solo nucleo stabile di massa A è quindi quello con Z = Zp. In casi eccezionali può accadere che due nuclei vicini con Z = Zp e Zp + 1 o Z = Zo e Ztr — 1 abbiano energia molto prossima; allora mentre uno è stabile l'altro ha una vita cosi lunga da essere semistabile. Rigorosamente parlando, tuttavia, solo un

nucleo di dato A dispari deve essere stabile. Da un esame della tavola degli isotopi si vede che ciò è vero. La situazione è differente per i nuclei con A pari. In questo caso si vede che si possono trovare diversi isobari stabili che hanno tuttavia valori di Z che differiscono

almeno di due unità. L'ultimo termine dell'eq. [6.7,7] è introdotto per descrivere questa situazione. Se N e Z sono ambedue dispari, le masse vanno aumentate di 6 al di sopra della linea tratteggiata (fig. 6.18) che rappresenta l'eq. [6.7.7] senza il termine 8. SeN e Z sono ambedue pari, la massa è diminuita di ci e si trova sulla curva più bassa. Risulta chiaro dalla figura che in queste circostanze si può avere più di un isotopo di massa A stabile per decadimento beta ed anche che tali isotopi debbono differire di almeno due unità in Z. Queste regole di stabilità rendono conto, tra l'altro, dell'assenza di isotopi

stabili degli elementi 43(Tc) e 61(Pm). La figura 6.19 mostra i valori empirici di 8 nella nostra formula approssimata.

La precisione media dell'eq. [6.7.7] si aggira sui 2 MeV tranne che per quei posti dove si fanno sentire dei forti effetti di chiusura degli strati (vedi par. 6.13).

212

Capi t o lo 6

• ra dioattivo P o stabile / /

A = 106

/ /

I

dispari-dispari /

/

/

/

pari­ pari

/ /

43 Tc

44 Ru

45 Rh

46 Pd

47 Ag

48 Cd

49 In

Figura 6./8. E n ergia(in MeV) dei nuclei di numero di massa 106. Lo zero nella scala dell'energia è arbitrario.

Una interessante applicazione della formula delle masse è la determinazione del raggio nucleare, che comparendo come parametro in a,„„ e a .. . può essere calcolato adattando le costanti alle masse sperimentali. Green con sole misure di m assa ha ottenuto un valore di ro = 1,237. 10 " c m , in ottimo accordo con gli altri metodi prima

descritti, L'eq. [6.7.7] è m o lto u t ile ogni v o lta si desideri avere un quadro generale delle proprietà nucleari; per esempio essa fornisce la relazione tra A e Z per i nuclei stabili: ponendo 8M/BZ = 0 si ricava il valore di Z in corrispondenza al quale si ha il minimo

della massa in una serie di isobari, Dall'eq. [6.7.7] si ottiene 2a„m — 0,7825 — '

A

A

2

—Z

3 2Z e + — = 0

5

R,

[6.7.8]

che possiamo interpretare come l'equazione della «curva» di figura 6.15, ricordando che

A = Z+ N. Altre interessanti applicazioni dell'eq. [6,7.7] riguardano i calcoli dell'ener­ gia sviluppata nella fissione dei nuclei pesanti e i calcoli dei limiti (fig. 7.7) di stabilità alfa (cap. 7); invece, per molti scopi di interesse pratico, tipo studi di fissione, l'eq. [6.7.7] va ulteriormente perfezionata. Swiatecki, Myers ed altri hanno analizzato attentamente la formula delle masse, cercando una sua dimostrazione più rigorosa basata sullo sviluppo dell'hamiltoniana nucleare in serie di potenze di A " . E s si hanno tenuto presente anche alcuni effetti aggiuntivi, come la compressibilità della materia nucleare, il cambiamento della tensione

Elementi di struttura e sistematica del nucleo

213

superficiale al variare di A, ed infine gli effetti di strato e di deformazione che possono essere importanti. Per un nucleo sferico l'equazione delle masse atomiche (in MeV) da loro ottenuta è la seguente: E = [M — Z(M +

m e ) NM n5 c

= — 15,68Ai18,66A" + 2 8 ,1(N — Z)'A ' ( 1 — 1,18A " ) + +0717Z A

[6.7.9]

' ( 1 — 1,69A ' ) + t ermine di appaiamento+effetti di strato

Il termine in (N — Z)' è l'energia dovuta alla simmetria, in cui 1,18 A " è u n f a t t ore di correzione dovuto a l l 'energia superficiale; i l t e r m in e 0 ,717 Z2A ' è l' e n e rgia coulombiana, e il fattore 1,69A ' " è u n a sua correzione dovuta a forze di scambio; infine ci sono un termine di appaiamento e gli effetti di strato che vanno aggiunti a parte. La figura 6,20 mostra il confronto tra la E calcolata facendo uso dell'eq. [6.7.9], senza considerare gli effetti di appaiamento e di strato, e i dati sperimentali. Per lo studio dei termini di strato, di deformazione e di appaiamento, si rimanda il lettore alla letteratura, Un altro metodo di calcolo delle masse nucleari, valido in regioni limitate del piano (Z, N), utilizza l'indipendenza della carica dalle forze nucleari e le relazioni di massa fra nuclei che costituiscono dei m u l t i pletti d i i s o spin (cap. I l ) . L ' i de a b ase consiste

4' 8

• •

à = 20 •

12A

tV =28 lù=50 •

AI = 82



tt = 12á

•O

2 os







IO

20

30

40

50

60

70

Ots»







80

90

100

110

120

130

140

150

N

Z

(h =-b del testo)

8

,'•

Z ~ 20



z 28

Z=40

Z

•O

50

•O •

Z =82





8 go, •O

•O



• oo S~ot

•g O •

• O

• SS o

10

20

30

40

50

áO

70

80

90

100

z Figura 6.19. Differenze di massa dispari-pari di neutroni e protoni (h = — 8 del testo) basate sali'analisi di Zeldes, Grill e Simievic. [Afat. Fys. Skr. Dan. Vid. Selsk., 3, N. 5, 1967].

214

Capi t o (o 6

80

60

40

20 X

O C

-40

-80

-l00

0

50

l00

15 0

200

250

numero di massa

Figura 6.20. Decrementi di massa di 97 nuclei stabili rispetto alla disintegrazione beta, confrontata con la curva teorica ottenuta dall'eq. [6.7.9] utilizzando solo i termini ricavati dal modello a goccia, Si noti che la curva dà l'andamento globale dei decrementi anche per nuclei leggeri. Lo scostamento dei punti dalla curva è dovuto a effetti di strato. [Myers e Swirtecki, N uri. Phys., 81, l, 1966].

Edeiaenii di >ir>ri(ara e .>istemaiii'a del riar'iea

ZI S

(b)

(a) N+2

N+2

N+1

N+1

N

N

Z -2 Z 1

2 '-2 Z - 1

Z

Z

Figura is.'I. U n a porzione del piano Z-1V. La somma algebrica delle masse dei nuclei situate nei quadratini indicati con + o — è nulla. )s)el fare la somma si deve usare il segno contenuto nel qtiadratinr>, Pertanto, se una massa è sconosciuta, la si puo deterininare conoscendo i valori delle altre miisse. Le figure sono valide per X ) Ze A ) 1 6. [Adattata da Garvey et al., Rei,Mr>d. Rhys., 4I, Sl, )969].

essenzialmente nel formare delle combinazioni lineari di masse nucleari, la cui somma deve essere nulla. In figura 6.21 sono mostrati due casi particolarmente utili: le masse situate nelle regioni contrassegnate con + o — v e n gono rispettivamente sommate o sottratte in modo che la somma risulti nulla. Dal punto di vista analitico la figura 6.21a esprime la seguente relazione: ,tf(.'V + 2, Z — 2) — M(X, Z)+ M ( X ,

Z — 1)­

— M (X + !, Z — 2) + Af (X + 1, Z) — .%1 (W + 2, Z — 1) = 0 e ut>a relazione analoga si ottiene dalla figura 6.21b. Queste relazioni sono valide per .8 > 16 ed X > Z e per N pari se X = Z. Per X < Z, le figure portano i valori X c Z nella regione corrispondente allo spigolo superiore sinistro. Queste, ed altre relazioni ancora piti complicate, prevedono masse di nuclei sconosciuti con una accuratezza di circa '00 keV. Pcr valori numerici delle masse nucleari bisognerebbe consultare la tavola di Aapstra e Gove (1971) citata in precedenza.

6.8. Mo menti elettrici dei nuclei Poichc i nuclei hanno al loro interno cariche elettriche in moto, la loro energia dipende dai campi elettrici e magnetici in cui essi possono venirsi a trovare. Tale dipendenza d ell'energia mette i n e v i denza alcuni semplici, parametri d ell'intero n u cleo, i p i ù importanti dei quali sono l a c arica, i d i p oli elettrico e m agnetico, e il q u a drupolo elettrico, l campi possono essere sia di origine esterna sia dovuti agli elettroni dell'atomo all'interno dcl quale si trova il nucleo. I campi magnetici dovuti ad elettroni atomici sono diretti lungo il momento angolare totale J òell'atomo. Invece il momento angolare e il momento magnetico del nucleo sono diretti lungo un vettore I. Sia i campi esterni che quelli atomici sono importanti: quelli esterni possono essere misurati e controllati con grande precisione ma in pratica non superano i 10s G: quelli generati all'interno sono noti con minore precisione, ma sono più intensi. L'energia elettrica delle cariche nucleari è data da

216

Capi t o l o 6

in cui tp è il potenziale del protone l' avente le coordinate x;, y;, z;. Supponendo il centro del nucleo noli'origine delle coordinate e indicando (r",ip/itx)o con dp„, ecc., l'energia si put) scrivere nel modo seguente: /

D' = Pie f la meccanica quantistica Q si annulla a nche per I = - , ', co me si t r va calcolando il s uo v a l o re m edio c on l'espressione sopra scritta. Usando le coordinate del laboratorio si ha che Z

rI

x l , + yl >, + z l.

I

l

[ 6.8,22]

mentre le eqq. [6.9.1] c [ 6 .9.2] per / = -', forniscono 1-„'+ I,'. +I

= I (1+ l) =­

[6.8.23] I„l, + I, .l, = 0. ecc Inserendo queste relazioni nell'eq. [6.8.22], si ottiene z

1

2 ,2 ( x+y+

2

)— = ­3 3

[ 6.8,24]

che comporta 3z' = r' = 0 da c ui u sando l'eq. [6,8.20] si ricava

[6.8.25] Un Q positivo indica un nucleo a A>rma di sigaro mentre un Q negativo indica un nucleo a forma di lente. L'eq. [6.8.21] è semiclassica, e il polinomio di I.egendre P, (cos 0} puf> essere scritto 3 (I J ' I l

I

2 i I./ )

2

)C

71 J

41' J- "

l'er passare ad una espressione quantistica (Casimir, 1936). occorre sostituire il polinomio di L egendre P,(cos()) ~

zC(C+ 1} — 21 (I + 1) J(J + 1) 1(21 — 1) J(2J — I)

[6.8.'e]

dove C è dato nell'eq. [6.9,9] come F (F + 1) — l (1 + I ) — J ( J + I ) = 2I, I. In conclusio­

E(ementi di struttura e sistematica del nucleo

2 t9

ne possiamo scrivere

B ) C (C + 1) —2I (I + I ) J ( J + 1) 4 / (7/ — 1) J(2J — 1)

[6.8.27]

con B = eQtp,,(0)

[6.8.28]

L'eq. [6.8.27] può sembrare indeterminata per ./ = J n / = $, ma in questi casi 8< — — 0 in quanto o y , o Q s ' a n nullano. Per ricavare il Q d a l l'energia occorre conoscere y„ ( 0 ) e q uesto è u n p r o b lema atomico per il quale fino ad ora sono state trovate solamente delle soluzioni approssima­ ie. l termini spettrali di un atomo il cui nucleo ha il Q g 0 sono spostati di una quantità N< e quindi non seguono la regola dell'intervallo. Uno studio spettroscopico particola­ reggiato, nella zona ottica o delle microonde, può fornire i valori di B, e, se e possibile calcolare il tp (0) di Q, Altri metodi che impiegano masse apprezzabili di materia, come quelli di Bloch-Purcell per la determinazione di /tt, possono essere egualmente applicati per trovare B (Dehmelt e Kr u ger). Esistono e sono stati estesamente applicati anche metodi di misura dei momenti di quadrupolo basati sui raggi molecolari, e con essi è stato misurato con grande precisione il Q del deutone. Nella discussione finora fatta ci si è limitati ai metodi di misura diretta dei momenti magnetici e d i q u a drupolo elettrico dei nuclei, senza far i p otesi circa particolari modelli nucleari, Esistono altri metodi, che non descriveremo, che permetto­ no di collegare i dati sperimentali (come la sezione d'urto di eccitazione coulombiana; vedi cap. 8) con i momenti nucleari, purché si ammetta come valido un dato modello nucleare; questi metodi risultano utili o per la verifica del modello, una volta che siano state misurate tutte le quantità interessate, o per la misura dei momenti stessi, una volta che si sia accettato il m odello.

6.9. Spin e momenti magnetici - I Defini ioni e misure. Molti nuclei presentano un momento angolare intrinseco, o «spin». Esso è sempre

un multiplo di h nei nuclei di numero di massa pari e sempre un multiplo dispari di h, 2 nei nuclei di n umero d i m a ssa dispari. Lo s pi n i n u n i t à h s i i n d ica col v ettore I . Dobbiaino qui r i cordare che I ha l e p r o p r ietà del vettore momento angolare della meccanica quantistica. In particolare la misura di l' dà sempre come risultato /(I + 1 ), e la misura di una componente di I, per esempio I„p u o d are come risultato uno qualsiasi dei numeri I, I — 1,..., — I. l' e un a c omponente di I, per esempio I„ p o s s ono essere misurate simultaneamente, ma l„ e l , o du e a l t re diverse componenti di I no n s on o

osservabili compatibili. Le sue principali proprietà quantistiche sono raggruppate nelle relazioni di commutazione (h = 1): /„./,, —/ ,I„= i / ,

[6.9.1]

/ I' -

[6.9.2]

I'I, = 0

autovalore di l' = / ( I + 1 ) autovalori di I , = /, / — 1, ..., — /

220

Capa o lo 6

HQ

po

go ( 0

(j

gz ) 0 q+

l' s

F

Figura 6.22. Convenzioni nel segno per 1, J, p, N e i numeri i;.

Allo spin è associato un momento magnetico. La grandezza del momento magnetico pi non e quantizzata e può assumere qualsiasi valore. L'unità di misura naturale dei momenti magnetici è il m agnetone nucleare Iiv =

f ei h

- 23 -l = 0 ,505 0 823 x 10 ' e r g g a uss

2M e = 3,15245 x 10 '

j B

1836,15 1

e V g a u ss

dove M~ è la massa del protone. In aggiunta al momento magnetico spesso considerere­ mo il numero g, nucleare, definito da P(

[6.9.3]

— = Ig, Iiw

e il rapporto giromagnetico Y,, definito da

[6.9.4]

Pi = YiIiI

Si osservi che per convenzione g, ) 0 i n d ica spin nucleare e momento magnetico paralleli tra loro. Una convenzione simile viene usata per definire il momento magnetico dovuto agli elettroni p>/p> — — Jg,. Per lo più i g> sono negativi. Per esempio un elettrone in uno stato s ha g~ = — 2 (fig. 6.22). Le convenzioni per i segni usate nella letteratura variano. Storicamente gli spin e i momenti magnetici nucleari furono postulati per la prima volta da Pauli nel 1924, sebbene egli pensasse che fossero dovuti a moti orbitali. Lo spia dell'elettrone fu p o stulato d a U h l enbeck e G o u dsmit nel 1925 come un m o mento angolare intrinseco di valore ~h associato ad un momento magnetico ehj2mc, Dennison riconobbe nel 1927 lo spin ~th del protone. Sono stati anche osservati poli magnetici di

ordine 2' e 2', e Dirac nel 1931 calcolò le conseguenze dell'esistenza di un monopolo magnetico che dovrebbe avere il valore (hc/ez)(g/2) e con g intero, secondo la meccanica quantistica. Però, nonostante le svariate ricerche, non si ha alcuna prova della sua esistenza. I poli magnetici di ordine 2~, con p ) 0 e pari, sono nulli come si dimostra con un ragionamento basato sulla parità. L'espressione classica dell'energia associata al momento magnetico è data da:

[6.9.5] in cui la seconda eguaglianza ci ricorda che p è diretto lungo I. Se H è dovuto al moto degli elettroni atomici, esso sarà parallelo a J per cui l'eq. [6.9.5] si può riscrivere nel modo seguente:

IJ

W, = — ii i H ( 0) — = IJ

—p, H ( 0 ) cosIJ

[ 6.9.6]

Elementi di struttura e sistema(ica del nucleo

22 1

Figura á.23. Mo d ello vettoriale di un atomo avente spin nucleare.J è il momento angolare totale degli elettroni, 1 lo spin nucleare, ed F il momento angolare totale dell'atomo.

in cui il coseno va inteso in senso quantistico. Per valutare questa espressione nel caso atomico, consideriamo, oltre ad I e J, i l momento angolare totale F de ll'atomo (ftg. 6.23), incluso il nucleo. Si ha allora

[6.9.7]

F=l + J ovvero, elevando al quadrato e risolvendo rispetto a I . J ,

[6.9.8]

I J= I J c o s [ J = 2( F~ — I — J )

l vettori quantistici F, I e J da nno come autovalori per F' i n u m e ri F( F + 1 ), ecc. Sostituendo nell'eq. [6.9.8] si trova per il v alore di IJ cos lJ l'espressione

[6.9.9]

( [F(F + l) —I(I + 1) — J(J+ 1)] = C/2 che, inserita nell'eq. [6.9.6], dà — pt H( 0)

h Wt, —

2

IJ

[ F (F + 1) —I (I + l) — J (J + 1)] =

A 2

C

[6.9.10a]

con

[6.9.10b] L'influenza del momento di dipolo magnetico si manifesta in molti fenomeni : uno dei più diretti è l a s t r uttura iperftna delle righe spettrali. Le r i ghe spettrali atomiche, esaminate con apparecchi di elevata risoluzione, mostrano spesso una struttura e la

separazione fra le componenti è dell'ordine di una frazione di un numero d'onda (ftg. 6,24). Isotopi differenti possono emettere luce le cui frequenze risultano leggermente

struttura iperfine

t antal i o

struttura isotopica

t ungsten o

' g g 9 Q7

R,S225

Figur(((g(cos JF +

+(l,, F) pvg,cos IF] = — p„g m„JI,

[6,9 . 23]

in cui (nr indica, come al solito, F cos FH„. I!secondo termine in parentesi è circa 2000 volte più piccolo del primo e puo essere trascurato. Usando l'espressione quantistica dci

Hc

Hc

M(

(b) Figura 6.25. (a) Diagramma vettoriale di un atomo con spin nucleare in un campo magnetico intenso. !.e interazioni I H,. e J H,, sono grandi rispetto all'interazione I J. I e J precedono indipendentemente attorno ad H,. (b) Diagr;irnma vettoriale di un atomo con spin nucleare in un campo magnetico debole. L'interazione tra J ed H, è piccola rispetto all'interazioneJ. I. I e J precedono attorno ad F, che a sua volta precede attorno ad H,.

Elementi di struttura e sistematica del nucleo 2 mt

1,5

25

Ng

I = f

J = è

0,5

+ 0 0,5

1,5

2,5

x

0,5 mt

ttt s

— 1,5

igura 6.26. Uariazione, in un campo magnetico H, dei livelli energetici di un atomo in uno :tato sS f/s per uno spin nucleareg. Le linee continue e tratteggiate corrispondono ai livelli che si originano dagli stati F = 2 ed F = 1, rispettivamente. Il parametro x è ( —itP+/ttl) H//h8'~ isttH/AW giove A W è la diFermua di energia tra gH stati F = 2 ed F = 1 quando il campo magnetico è nullo: dW ={A/2){21+ 1); M = rttt+ t ns n l r .

coseni, si può scrivere

F (F+l)+ J(J+ I ) - I ( I + 1 ) 2F(F+ 1)

$6.9.24)

In figura 6.26 è riportata l*energia magnetica, calcolata esattamente per tutti i valori del campo magnetico. Il momento magnetico atomico può essere definito dalla relazione BW' Ar=

8H.

f 6.9.25]

e in figura 6.27 esso k mostrato per l'atomo di cesio. Per un dato multipletto di sif il momento magnetico atomico e funzione di F, tttFe H, e, per certi valori del campo, puo snnullarsi. Le transizioni radiative tra i diversi livelli di sif sono soggette a regole di selezione simili a quelle che valgono per i multipletti ordinari (vedi la 6g. 6.27). Nel caso di radiazione di dipolo elettrico (vedi cap. 8), in assenza di campo esterno, si ha AF = +l , 0 transizione 0-+ 0 proibita

f6.9.26]

226

capi t o lo6

x 3

Figura 627. D i p endenza dal campo magnetico del momento magnetico di un atomo in uno stato $», con spia nucleare $. Le linee continue si riferiscono a livelli M dello stato F = 2, quelle tratteggiate a livelli F = 1. Il significato di x è lo stesso di quello di figura 6.26.

Se c'è un campo magnetico esterno, ed esso è debole, si deve avere h mp.— —0

[6.9.27]

per le componenti polarizzate parallelamente al campo (componenti te) e b ar= +

l

[6.9.28]

per le componenti polarizzate perpendicolarmente (componenti a) ; se il campo esternoè forte, si ha hmt = O

[6.9.29]

don~=O

p e r le componenti n

[6.9.30]

hm~= + 1

p e r le componentia

[ 6.9.31]

In ogni caso la parità deve cambiare. Tutto questo è mostrato in figura 6.28. Per la radiazione di dipolo magnetico si hanno le stesse regole di selezione, tranne che in questo caso la parità non cambia. Le transizioni ottiche avvengono fra differenti multipletti di sif. Nell'ambito di un multipletto di sif non si possono avere transizioni dovute a dipolo elettrico a causa della regola di selezione della parità Sono possibili invece transizioni di dipolo magnetico la cui frequenza cade nella regione delle microonde. Nelle pagine precedenti è stato brevemente descritto il metodo spettroscopico per la misura dello spin, del momento magnetico e dei momenti di quadrupolo elettrico. Questo metodo è stato il primo ad essere usato ed è ancora importante. Col passare

Elementi di struttura e sistematica del nucleo

ett ~

~

mg

i

M

m/

227

y

~)MMLIO ~ ' ~ ~ t CI

li

•'~~+~ tt t

F = 2

'Sua

Figura 6.28. Le componenti tt(hms = 0) della riga St/7 P3/ i (5890) del Na come appare in assorbimento. Lo spin nucleare l = $ scinde i termini come indicato a destra nella figura. Si noti che nel termine 'P3/p la sif e cosi piccola che si applica sempre il caso di campo esterno intenso. Le osservazioni sono state eseguite per vari valori del campo esterno H come indicato nella parte sinistra della figura. [Jackson e Kuhn, Proc. Roy, Soc., Londra, 167, 210, 1938).

degli anni sono state introdotte altre tecniche. In particolare, O. Stern, I. I. Rabi ed altri hanno sviluppato dei m etodi basati sull'impiego dei raggi m olecolari. Questi sono costituiti da fasci di molecole che, emesse da una fornace O, si muovono nel vuoto, come indica la figura 6.29a, e dopo essere state collimate con una fenditura S, sono infine

rivelate da un rivelatore D. Il rivelatore può esser di vari tipi. Per esempio può esseie costituito da un filo caldo che ionizza le molecole che lo urtano, da un m anometro

Pirani in cui le molecole intrappolate provocano un aumento di pressione, o può essere un rivelatore di radioattività se la sostanza impiegata è radioattiva. La molecola nel

fascio libero può essere sottoposta a forze che ne curvano la traiettoria. Nell'esperimento originale di Stern e G erlach atomi d i

a r gento attraversavano un campo magnetico

inomogeneo e venivano deflessi nella direzione z da una forza BH,

F=P/t 82

[6.9.32]

doveFH /Bz è chiamato inomogeneità del campo. Tale forza produce una deflessione che può venir calcolata con la meccanica elementare; si ha immediatamente

BH, l Z = PdF­

dz M

[6.9.33] [6.9.34]

dove x è la lunghezza del campo, M la massa della molecola e n la sua velocità.

228

Capi t o l o 6

t" D

o/ BH, a2 A

O

A

O

B

m ag n ete

Fx

B R

magnete

D

58 cm

pompe pompa

pompa

Figura 6.2k D i a g ramma schematico di un apparato per raggi molecolari. Le due curve continue in alto rappresentano i cammini di due molecole aventi momenti magnetici e velocità differenti, e i cui momenti magnetici non cambiano nell'attraversare l'apparato. Le due curve tratteggiate nella regione del inagnete B indicano i possibili cambiamenti di cammino di una di queste molecole a seconda che la coinponente del suo momento magnetico sia stata aumentata o diminuita nella regione del campo C; essaè quindi persa per il fascio e l'intensità diminuisce. In ciascuna curva il moto lungo z è stato molto esagerato. [Kellog e Millman, Rei,. Mod. Phys., 18, 323, 1946].

Ora, se le molecole sono deflesse, l'intensità del fascio diminuisce e ciò è rivelabile sperimentalmente, In generale sottoponendo le molecole ad un campo magnetico H. caratterizzato da una inomogeneità r7H,/Bz si ottiene una diminuzione dell'intensità del fascio non deflesso; se invece H, è tale che~( H , ) = 0 l'intensità non diminuisce ed anzi, considerata come funzione di H, essa ha un massimo essendo il fascio non deflesso; il valore del campo per il quale ciò avviene può essere visto in un caso speciale riportato in ftgura 6.27. L'esperimento in d efinitiva fornisce ltsH,jhW o A; pe r t r o v a re poi p, dobbiamo ancora conoscere il campo atomico sul nucleo, in accordo con l'eq. [6.9.10].

6.10. Spin e momenti magnetici (misure) II Se vogliamo o t tenere li, co n i m e t o di d e scritti n el p a r agrafo precedente, occorre conoscere il campo magnetico dell'atomo nella regione occupata dal nucleo. Esistono invece altri metodi che non necessitano di t ale informazione e possono raggiungere precisioni più elevate. Essi si basano sulla misura delle interazioni del nucleo con un campo applicato dall'esterno la cui intensità si può misurare direttamente. Il metodo è illustrato nella figura 6.29. Un raggio è deflesso da un campo magnetico inomogeneo A e rifocalizzato sul rivelatore D dal campo inomogeneo B. Tra i campi A e B è interposto un campo C ch e h a un a c omponente costante H, e un ' a ltra, perpendicolare a tale

Elementi dt .~trattura e sistematica del nutdeo

229

direzione, variabile nel tempo proporzionale a sino>t. Tale componente puo indurre delle transizioni tra i vari livelli del multipletto di sif, secondo le regole di selezione date nel paragrafo 6.9: occorre pero che la pulsazione ctt sia quella di risonanza cioè quella per cui la differenza di energia tra i livelli sia uguale alla energia dei quanti del campo e.tn. inducente Ftttz. L'eq. [6.9.21] fornisce, per esempio nel caso di c a mpo f o r te, la condizione di risonanza

[6.10.1]

Fttu = g tit > H Am t

Quando avvengono tali t r a nsizioni, il m a gnete B no n f o c a lizza più p e r che l a molecola ha cambiato momento magnetico e il fascio che giunge su D è i n debolito. Come si vede dall'eq. [6.10.1] si può determinare il fattore g, conoscendo solo H, e ttz. Il metodo da risultati estremamente precisi. In particolare ha permesso di analizzare i n gran dettaglio le m o lecole biatomiche degli isotopi dell'idrogeno (Kellog, l a b i , Ramsey, Zacharias, 1934). Lo stesso principio è stato applicato da A l v arez e Bloch (1939) anche al neutrone libero. Essi hanno analizzato un fascio di neutroni che erano stati po larizzati facendoli passare attraverso un ferro magnetizzato (vedi cap. 12), e che venivano a loro volta fatti p recedere da p arte d i u n c a m p o m a g netico n o to : d a ll a r o t azione del p i an o d i polarizzazione si calcolava il momento magnetico dei neutroni. Metodi che utilizzano raggi molecolari sono infine stati usati su larga scala per misurare i momenti magnetici di nuclei radioattivi. In tal caso si è usata la radioattività stessa per rivelare il fascio. • Presumendo che il lettore abbia una certa familiarita con la teoria dello spin di Pauli, studiamo a titolo di esempio un tipico problema corrispondente al ribaltamento d i uno spin —,' in u n e s perimento co n f a sci m o lecolari. L o s p i n è d e s critto d a u n'autofunzione

Si

i n cui $ , e d $ , sono numeri complessi. Se lo spin punta in u n a

$2

direzione defmita dalle coordinate polari é) e tét, si può prendere, per esempio, $, = cos(0/2),

$2 = —ie '~sin(él/2)

[ 6.10.2]

L'equazione di Schrodinger del moto dello spin e data da ihp = Hp in c ui H è l a relativa hamiltoniana. Allo spin si associa un momento magnetico (gefi,'2me)s = (eFt/2mc) e = atta

[6.10.3]

in cui tt e la matrice vettoriale di Pauli e dove è stato preso g = — 2. L'hamiltoniana è data da — ptta B in cui B è il campo magnetico avente come componenti B„, B, e B,. Sostituendo nell'equazione di Schrodinger, si ha tA — =

— p tt

tnt $,

B,

B+

iB

B„ — 't B

$i

— B,

$,

[6.10.4]

Consideriamo ora il caso di un campo avente una componente ruotante in modo che B = costante = Bts e

B„+ i B, = B, exp (ittzt) Introdotte ora le frequenze tzt —— (Ft tt/Ft) B„e

[6.10.5] ttt t = (Fttt/Ft) B,, sostituendole nell'eq.

[6.I0.4], si ottiene si

i [s i Cop + szco i exp ( — ittzt)]

$, = i [s,ttt texp (itttt) — sztttt>]

[6.10.6a]

[6.10.6b]

230

Capi ( o !o 6

Tali equazioni possono essere risolte, ponendo

[6.10.7]

s , =L e x p ( i p, t) + M e x p ( i p, t )

s, =

p ! — zoo

.

pz

zoo

L exp (i p , t) + M

Cui

exp (i p , t) e xp (input)

[6.10.8]

Qj !

in cui L ed M s i d e terminano dalle condizioni iniziali e inoltre pt =

pz =

+ z oo

[6.10,9]

+ i

+ zoo

[6.10.10]

+ ro>

Se si suppone che inizialmente sia s, (0) = 1 e s, (0) = 0, ricordando la condizione di n ormalizzazione s', + s< — 1, si ottengono le espressione esatte di s , ( t ) e s , ( t ). L a probabilità di trovare lo spin diretto lungo — z è data da (s, (t)~ . Il risultato del calcolo è il seguente

(s, (t)i' =

4co,

', , sin' (co+ 2ruo) + 4ro' ,

l2

[ (r o + 2cuo)'+ 4o>',]'"­ 2

[6. 10.11]

Per B, » (B„'+ B,',)'" e per cu molto vicino alla frequenza di precessione dovuta a Br„ co= — 2roo, si ha:

[6.10.12]

[s~(1)]'= sin co,t

Questa situazione è molto v i cina a q uella sperimentale in esperimenti con fasci molecolari o di i n duzione nucleare. Un altro metodo di misura dei momenti magnetici, sviluppato d~ B l och e Hansett (~1946 e indipendentemente da Purcell (1946), fa uso di masse apprezzabili di materia. Una versione schematica e sempliftcata del sistema usato da Bloch è indicata in ftgura

6.30. Si supponga di avere del!'acqua ordinaria e di considerare i nuclei di idrogeno in un campo magnetico costante Ho diretto secondo l'asse z. Per il fattore di Boltzmann ci saranno piu protoni con il momento magnetico orientato parallelamente al campo di Ha r' ,' n!

lvf »"

M cos 8

yHM sin8 =

dba/dg

e perpendicolare ad H, u n a fe,m, di frequenza co,. La fe.m. indotta è rivelabile e, noti Hii e la frequenza co,, si ricava,

tramite l'eq. [6.10.17], il valore di y.

232

Capi t o l o 6

l

l

I

I

I

I I

I

/t

I

t

/

I I A

I

/

/

I

II

'l

/

/

Figura 6.31. T r a iettoria dell'estremità del vettore di polarizzazione magnetica dei nuclei di idrogeno soggetti ad un campo alternato alla frequenza di risonanza, II campo intenso è nella direzione z. quello alternato nella direzione x o y. Il tempo di rilassamento è inftnito. [Da (Fl E)].

4

~

S

(

6

Figuro 6.3 . Pr i n cipio di un apparecchio di Purcell per osservare i moti di precessione nucleare: I, generatore di bassa frequenza; 2, generatore di alta frequenza; 3, ponte; 4, amplificatore di alta frequenza; 5, rettiftcatore di alta frequenza; 6, ampliftcatore di bassa frequenza ; 7, oscilloscopio; 8, bobine di Helmholtz; 9, solenoide attorno al campione.

Flernenii dr srruiiuro e sisrernarica del nucleo 2

33

Col metodo di Purcell si rivela la risonanza misurando l'energia e.m, assorbita dal materiale posto in un campo magnetico; l'assorbimento ha un massimo molto netto per un valore della radiofrequenza coincidente con cui, I n questa descrizione ol tremodo semplificata no n s o n o s t at i a n c ora p r esi i n considerazione i tempi di rilassamento della sostanza. Lo studio dei tempi di rilassamen­ to e di altre caratteristiche inerenti a questi fenomeni interessa la chimica, la struttura molecolare e la fisica dello stato solido. Il metodo è stato sviluppato e applicato a molti problemi. Esso tra l'altro e adatto anche alla misura dei campi magnetici (supponendo noto il momento magnetico dell'idrogeno). La figura 6.31 mostra un tipico apparato per misure di momenti magnetici col metodo di P urcell. Con i metodi sopra descritti si possono ricavare lo spin e il momento magnetico di nuclei sia stabili che radioattivi. Un altro metodo si applica solo a nuclei radioattivi a

vita breve (vedi anche cap. 8). Cercheremo di mostrare con un esempio semplificato i principi essenziali del metodo. Si supponga che un nucleo abbia tre livelli e che emetta àue raggi gamma in cascata. Supponiamo che lo stato intermedio abbia una vita media r. Con due contatori posti in coincidenza si puo trovare la probabilità che i due fotoni siano emessi entro un angolo compreso tra 0 e 0+ d0. Tale probabilita si puo esprimere per mezzo di una serie di potenze pari di cos0

[6. 10.18]

P {0) d0 =A + B cos' 0+ ...

Per semplicità ci arrestiamo al termine in cos'0 . L 'esistenza di una correlazione angolare si spiega col fatto che dopo l'emissione del primo gamma, il nucleo è lasciato con il proprio spin in una direzione non indipendente da quella del gamma uscente. Cosi, per esempio, in una radio-antenna macroscopica dipolare i quanti sono emessi di preferenza in direzione perpendicolare all'antenna. Pertanto già dall'emissione del primo quanto si può ricavare qualche informazione sull'orientamento del nucleo; il secondo quanto a sua volta è emesso anisotropicamente rispetto al pr imo perché un nucleo orientato emette in generale raggi gamma anisotropicamente rispetto allo spin. Ora si introduca un campo m agnetico H pe r p endicolare al p i a no in c u i v i e ne misurata la correlazione. Sotto l'azione di tale campo lo spin dello stato intermedio acquisterà un moto precessionale di velocità angolare H loh

neutrone possono essere scritte al modo seguente p~ll +

rr

r l~ p + r r Indicando con r la frazione di tempo durante la quale il nucleone rimane dissociato e con p, e lr„ i m o menti magnetici del protone e del neutrone possiamo scrivere: lr„= + l r „ r + ( 1 — r)1 = ( p, — 1)r+ 1 lr„= (1 — p„) r e ricavare l'e+ pn =1

mentre sperimentalmente si è trovato Pp+ lr„= 0,88 L'accordo, tenuto conto della ingenuità del ragionamento, è sorprendentemente buono. Va aggiunto che uno dei problemi della teoria mesonica è proprio quello di fornire con precisione il valore del momento magnetico del protone e del neutrone. Se si assume p„= eA/2m,c, r ri s ulta circa 0,3. Il deutone ha un momento magnetico che è quasi esattamente la somma algebrica del momento magnetico del protone e del neutrone. Ricordando che il deutone ha spin 1 e che esso è costituito di un neutrone e un protone con spin paralleli e privi di momento angolare relativo (stato s), il risultato sembra evidente. Ci si domanda piuttosto perché il momento magnetico no n è e s attamente uguale alla somma de i d u e m o m enti. Il disaccordo si può ragionevolmente spiegare ammettendo l'esistenza di una mescolanza di stati d nello stato fondamentale del deutone, come vedremo nel capitolo 10. Passando ai nuclei più pesanti, si incontrano diversi casi in cui i valori del momento magnetico si

spiegano abbastanza facilmente: per esempio nel caso del He e H ci si aspetterebbe di trovare un momento magnetico di un neutrone nel primo e quello di un p r otone nel secondo, perché nucleoni identici hanno spin opposto e il solo nuclide eff>cace rimane quello non accoppiato. Schmidt (1937) fece osservare l'esistenza di un a r egolarità abbastanza generale

riguardante i nuclei con A dispari. Essi possono essere pensati come composti di una parte costituente uno strato completo di nucleoni più un nucleone. Lo strato completo deve necessariamente contenere un numero pari di n eutroni e di p r o t oni e quindi é ragionevole pensare che non possieda momento angolare né momento magnetico, Se a questo strato si aggiunge ora un nucleone di momento angolare l e spin $, lo spin totale

del nucleo sarà uguale a I+ ]. Secondo il modello vettoriale I ed s si combinano per formare I, ciascuno acquistando indipendentemente un moto di precessione attorno aà I. Il momento magnetico lungo la direzione di I, espresso in magnetoni nucleari, è dato dalla I l Pl = gl

I

s I + gs

I

= agi

[6.12.1]

Il prodotto scalare I I è dato da s'= l ' + l ' — 2 I I

[6,12,2]

Elementi di struttura e sistematica del nucleo

239

2%àt)

11)i ~ lhl

Il

k

4

P Is x

P 2

82 8

p

jlif )IIII, I Xà

sà P

Il IIIIII PgfP Cà

I

D

Ol

fV

I

~l cv

Il

+ H

L

Z

f

t

I

C

> ll

I

Figura 6,34. Lince di Schmidt e fattori g nucleari sperimentali (», nuclei radioattivi; m, stati metastabili).

240

Capit o l o 6

o quantisticatnente da

I. I

I(l + 1 )+ I( I + l) — s(s+ 1)

[6.12.3]

2I (I + 1)

e una espressione analoga si o t tiene per (s . l ) / l ' . In s erendo tali e spressioni nell'eq.

[6.12.1], si trova I(I+ 1)+ s(s+ 1) — I(l+ 1) I ( I + 1) + I ( l y 1) — s(s y 1) +g( 21 (I + 1) 2 I(I + 1)

[6.12A]

Dalle eqq. [6.12.1] e [6.12.4] si ottiene per I = I+ q l

[6.12.5]

lt t =sg~+ IÃ( l

e per I = I - - ,

1 2

2I —1 2I+ l

(I + 1) (2I — 1) +g(

[6.12.6]

2l + l

Le due formule combinate insieme danno lt t = I R ( +

1

2l+ l

( R~

R()

[6.12.7]

dove il segno superiore vale per I = I+ ~ e q u e llo inferiore per I = I — $. I valori di g, e g, sono riportati nella tabella 6.7. Tabella 6.7. N umeri g per il neutrone e il protone. /Veutrone

Protone

0 — 3,826

1 5,586

I valori sperimentali dei momenti nucleari sono riportati in figura 6.34, insieme ai

valori teorici dell'eq. [6.12.7]. I valori osservati no n c adono esattamente sulle curve di Schmidt m a i n p u nti compresi tra di esse. Non sorprende comunque che una teoria basata su un modello cosi grossolano non dia risultati quantitativi; è già notevole trovare un accordo buono come

quello descritto.

6.13. M o d ello a strati Nel modello a goccia si sono usate le proprietà della «materia nucleare» ma non è stato detto nulla circa i singoli nucleoni; a differenza del modello atomico, in cui si dà molta importanza al moto degli elettroni nel campo generato dal nucleo. Il modello atomico ha avuto un tale successo che si è tentati di estendere al nucleo almeno alcune delle sue proprietà, tanto pi u che v i s ono m o t ivi per credere che i nucleoni posseggano orbite individuali ben definite. Tra questi motivi c'è il fatto che il gas di F e r mi , i n c u i s i t r a scura l ' i nterazione fra i n u c leoni, ha r i scosso, almeno

E!ementt di struttura e sistemtrtica del nucleo

24l

parzialmente, un certo successo. Cio significa che i nucleoni sono relativamente liberi di muoversi nella buca di potenziale e il fatto e confermato dalle linee di Schmidt (par. 6.12) che indicano l'esistenza di orbite. Per descrivere la b uc a d i p o t e nziale u n p o ' p i ù r i g o r osamente, consideriamo l'hamiltoniana del nucleo :I

H =Q T+ — p 1

t! k ( r„)

[6.13.1]

)2 +! ) 2] l/2

[6.14.8]

che, per ck — ti »h, vale approssimativamente ek — i, mentre per ~rk —i.~ «h vale h e h tion può più essere trascurata. Cosi, per un nucleo pari-pari, lo stato intrinseco più basso al di sopra dello stato fondamentale è uno stato a due quasiparticelle, di energia Ekt + Ek2

[( t k i p ) 2 + p2] t2 l + [(ek2 j ) 2 + p 2] l/2 ) 2 A

[6.14.9]

Anche se nello stato più basso le quantità e» — i. ed ek~ — i. sono piccole rispetto a A, l'energia di minima eccitazione, nota come parametro di gap (in inglese, pairing gap), è>2h. I nuclei con A dispari, nello stato fondamentale, possiedono un nucleone spaiato; invece quelli dispari-dispari ne hanno due. Nc deriva che i nuclei pari-dispari hanno una m assa maggiore dei n u clei p a ri-pari pe r i l c o n t r i b uto d o v ut o a ll a m a ssa d i u n a quasiparticella, mentre la massa dei nuclei dispari-dispari sarà maggiore di quella dei nuclei pari-pari per effetto della massa di due q uasiparticelle, ln q uest'ultimo caso l'energia da aggiungere è, co n b u o n a a p p rossimazione, pari a ) 2A ' ' Me V : s i identifica cosi con il ci dell'eq. [6.7.7]. L'energia di appaiamento è connessa con vari fenomeni fisici, tra cui la superfluidità àe)la materia nucleare, che diminuisce il momento d'inerzia dei nuclei deformati che si può osservare nelle bande rotazionali. Anche la mescolanza di più configurazioni si può studiare considerando i numeri di occupazione dei livelli in una buca di potenziale sferica. Il numero di occupazione t~ per utt'orbita degenere è definito come il numero di particelle in un certo orbitale p diviso per il numero massimo di particelle che esso può contenere. L'orbitale viene individuato da n, i, j ma non da m, mentre il numero di particelle che esso può contenere è dato da 2j + 1, per tutti i possibili valori di m. Il numero di occupazione è dato da p!(2j+ 1) = v, e varia tra 0 e 1. Se non ci fosse l'interazione residua, si dovrebbe avere, aggiungendo coppie di nucleoni a uno strato chiuso, un incremento lineare di t:,. In realtà ciò non succede, come mostra la figura 6.40a, b dove vengono paragonate le situazioni ideali con quelle reali. Nel caso r eale, lo s t ato f o n damentale del n u cleo è i l r i s u ltato d ella combinazione lineare di più configurazioni con numeri di occupazione dati approssima­ tivamente dall'eq. [6.14.1], in cui si determina à imponendo l'ulteriore condizione che il numero di nucleoni esterni a uno strato completo sia dato da

g t:,'(2j+ l) = N

[6. 14. 10]

Il parametro A~ resta invariato, mentre l'energia delle orbite viene modificata in base all'eq. [6.14.8], dove si assume come zero l'energia del precedente strato completo. A titolo di esempio, consideriamo i 12 neutroni del O : o t t o di essi sono nelle orbite ls, e 2p,,> „,, mentre per i restanti quattro ci si attende che finiscano in orbite 3d„ z p er formare una configurazione del t ip o ( 3 d, t, ) 1 = 0 . ( F a cciamo uso d e lla n o t azione spettroscopica in cui l'esponente è il numero di n ucleoni in o r bite caratterizzate dai numeri quantici riportati in parentesi.) In realtà ciò avviene, ma l'interazione residua produce un notevole parametro di gap, abbassando l'energia del livello fondamentale, come si puo vedere in figura 6.41. Trascurando l'interazione residua, i livelli energetici sarebbero quelli mostrati sulla parte sinistra della figura. In realtà si formano combina­ zinni lineari dei termini facenti parte di configurazioni diverse ma aventi I e p a r i t à

250

Capit o l o 6

l,0 I I sl/2

e2

ds/2

J

0,5

I

I

I I I I

I I I I

I

I

I I

I I

0

2

4

I I

I I

I

I

6

8

10

lV

(a)

i.o

/

/

/

dk/2

.2

0.5 / /

/

/

/

/

J /

/

/

SI/2

/

/

/

2

/

/

/

/ /

0

/

dh/2

/

4

6

8

/

/

/

/

/

IO

lV

(b) Figura 6.40. (a) Numeri di occupazione i," in funzione del numero N di nucleoni nello strato n = 3, nell'approssimazione in cui non ci sia alcuna interazione residua. (b) i," in funzione di N, corretto per l'esistenza di interazioni residue. Le linee tratteggiate riproducono la parte (a) della figura mentre le curve continue fanno vedere l'effetto delle interazioni residue; le curve continue sono un arrotondamento delle linee mostrate in (a). [Da Cohen, Coneepts of Nuilear Phfsiis, McGraw-Hi)l Co., New York, 1971]. uguali, e l'energia viene cosi alterata; il risultato è mostrato sulla parte destra della figura 6.41. Lo stesso succede per i numeri di occupazione: senza interazione residua si avrebbe la situazione di figura 6.40a, tenendone conto si ottengono le curve di figura 6.40b. Tutto ciò, per quanto riguarda i nuclei pari-pari. Se sono presenti particelle spaiate, come succede nei nuclei pari-dispari o in stati eccitati di nuclei pari-pari, si creano quasi­ particelle, e il quadro si complica ulteriormente. La spettroscopia nucleare è ormai uli argomento molto vasto, e qui ci siamo limitati a dare un'idea della problematica attuale. La figura 6.42, presa dal libro di Bohr e M o t t elson (BM 69), costituisce un eloquent~ esempio della materia trattata. •

6.15. M o dello collettivo del nucleo Il modello a strati ha ottenuto successo nella spiegazione di un gran numero di proprietà nucleari, alcune delle quali sono state descritte mentre altre saranno considerate piii tardi. Tuttavia non fornisce una descrizione completa del nucleo. Esso risulta particolar­

Elementi rii strutturrl e sistemrttica del nuclen



25 1

(Ch»)o

2é + 2 é

2

2

( 3/2)0(~3/2)0



(~5/2)0( k/2)(k



(ds/2)o(s l /2)o (~5/2)o

24

cncf glc

diconfigurazioni

cnel'glc di stati con l = O

e termini

Figura 6.4L Energie di alcuni termini e stati con I = 0 del ' O (quattro neutroni nello strato n = 3). Si tratta del caso in cui tutti i neutroni sono apparati in coppie con momento angolare nullo. Le energie dei termini, mostrate a sinistra, sono semplicemente la somma delle energie delle orbite occupate. (Si noti che l'ordine dei livelli imperturbati, ds 7 sl (7 ds/7• è diverso da quello della figura 6.38.) Si vede anche il gap di appaiamento 2A.

mente utile nel caso di n uclei costituiti da un o st rato completo e da un o o a l c u ni nucleoni addizionali, I n u n a c o n figurazione di s t r ati c o m pleti i l n u c leo è s ferico. L'aggiunta di uno o piu nucleoni introduce solo piccole deformazioni. Invece per strati completi a metà, la situazione cambia. I nuclei si scostano apprezzabilmente dalla forma sferica e diventano importanti i m ot i collettivi di g r uppi di n u cleoni.

Ciò si vede, per esempio, nei momenti di quadrupolo nucleare (fig. 6.43). In prossimità di uno strato completo i valori ottenuti attribuendo il quadrupolo ad una s ingola particella esterna allo strato si accordano ragionevolmente bene con i d a t i sperimentali, ma per uno strato pieno a metà i momenti di quadrupolo sono molto piu grandi di quelli che si o t terrebbero da un a p a rticella singola. Rainwater (1950) ha

suggerito che la particella singola può deformare l'intero nucleo e che il quadrupolo osservato è dovuto alla deformazione collettiva di piu orbite. Molto grossolanamente l'effetto è analogo a quello prodotto da una pallina pesante che ruota dentro un pallone di gomma. La pressione prodotta dalla fo rza centrifuga della pallina determina la deformazione dell'involucro di gomma. I n u cleoni quindi vengono a muoversi in un potenziale che non ha più simmetria sferica. Si possono quindi considerare due tipi di moti: in primo luogo un moto dell'intero nucleo come se tutti i nucleoni occupassero

252

Capi t o lo 6

2 buche

l buca

l particella 2

l

T

p a r ticelle

T

1

S7/2



Ià C

If I/2 '

0+

PJ/2



2+

2+

Il 3/2

I I I/2

f 7/2

-I

àà

d3/2

93 C



0+

h9/2

SI/2

0+ AZ= — 2

DZ= — I

23 ~9HS

2OITI àl

T

CIV

Icpb $2

AZ= + I 209fii

T f iY P3/2

fl/l

OO

( h9/ 2

f—

2 làp< 32

TT l

(dl/2.0+ f (s- I 0 + i

I I 3/l

79

àà •3

93

~

D Z= + 2

f7/2 0

h9/2

299 ff

Figura 6.42. Eccitazioni elementari rispetto allo stato fondamentale del '»Pb. Gli spettri dei nuclei vicini a quello del '2(lPb si possono descrivere in termini di eccitazioni elementari rispetto allo stato fondamentale del » P b , il quale possiede strati completi di neutroni e protoni e si comporta quindi come uno «stato vuoto» per le eccitazioni. In alto: eccitazioni di tipo fermionico che comportano l'aggiunta o l'allontanamento di un solo protone (2) Z = + 1 o hZ = — 1), ed eccitazioni di tipo bosonico prodotte eccitando coppie correlate di protoni (hZ = + 2) oltre che eccitazioni collettive del '»Pb. L'ultimo tipo di quanti si può descrivere anche in termini di eccitazioni coerenti di particelle-buchi. Esse danno luogo a oscillazioni di densità che corrispondono a una vibrazione della superficie. La scala dell'energia usata nella figura comporta un termine lineare in AZ scelto in modo tale che alle eccitazioni più basse di una particella e di una buca (h»a e S,„') corrisponda lo stesso valore dell'ordinata. Altre eccitazioni elementari non mostrate in figura si ottengono con variazioni del numero di neutroni (AN= + l , + 2) . In basso: spettro di bassa energia del '(f~Bi. In aggiunta alle eccitazioni di una particella singola mostrate a sinistra, lo spettro rivela eccitazioni che coinvolgono o una singola particellao una singola buca combinate con un'eccitazione collettiva. La configurazione (h»2, 3 ) dà luogo a un multipletto di stati con momento angolare totale pari a 3/2, 5/2, ..., 15/2, i quali sono stat~ tut(i identificati entro un intervallo di energia di poche centinaia di keV. Ciascuna delle configurazioni con un buco e una coppia con I = ()' dà luogo solo a uno stato singolo. In corrispondenza di una energia di eccitazione di circa 3 MeV si ottiene uno spettro piuttosto denso di stati con due particelle e un buco, come è mostrato sulla destra della figura. [Da Bohr e Mottelson, Ann. Re(, Nucl. Sci., 23, 363, 1973].

Elementi di strunura e sistematica del nucleo

25 3

n 10

30

'UL

25 )CR

00

U)La

Q ZR'

10

'UYb

15.1tn Q

"AI

'l'Ya

I )Ln

10

Q ' Hf

'"H(

• IRc

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l)H •

Am '"Am

I RC

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UK,

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"Ca

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Rb "Rn

I G'

ns • 1 I I npa

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O U'Rr Il 0

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mKr

))C

IlI'CI

o

"Kr

aI

US

Ea

I)s(

II 115

Hb

Il AC

1000

I)Sb !ISb

10 0

20

40

60

80

100

120

140

SO

n' di nucleoni dispari

Figura 6,43. Momenti nucleari di quadrupolo ridotti, in funzione del numero d'ordine del nucleone dispari. La quantità Q/ZR' fornisce una misura della deformazione nucleare indipen­ dente dalla grandezza del nucleo.

una scatola ellissoidale che può ruotare o anche deformarsi a causa di vibrazioni; in secondo luogo moti d e i n u cleoni dentro l a s c atola. I d u e t i p i d i m o t o p o s sono accoppiarsi tra loro più o meno fortemente. Lo sviluppo matematico di queste idee (A. Bohr, B. Mottelson e altri dal 1952 in poi) costituisce la base del «modello collettivo» che si e dimostrato particolarmente efficace nei casi di A - 24, 150 ( A < 190 e A > 230. Ragionando col semplice modello a strati, l'eccitazione di orbite opportune dà luogo a stati di tipo vibrazionale, allo stesso modo in cui, da un punto di vista classico, un moto a rmonico può considerarsi formato d alla sovrapposizione di du e m ot i c i r colari i n direzioni opposte e complanari. Tali stati vibrazionali si verificano anche nei nuclei, quando sono presenti parecchi nucleoni all'esterno di uno strato completo. La vibrazio­ ne più semplice per un nucleo sferico è quella che gli fa prendere periodicamente la forma di lente, quindi quella sferica, poi la forma di un sigaro e poi di n uovo quella sferica, e cosi via. Nel caso di un nucleo a forma di sigaro ci sono due tipi di vibrazioni di

254

Capi( o /n fi

bassa energia: quelle /7, in cui la lunghezza dell'asse maggiore cainbia pcriodicamenre. sicche il sigaro diventa più sottile o pi ù g r osso. e quelle ; ch e lasciano costante la lunghezza del sigaro ma che periodicamente lo schiacciano lungo un piano che contieiic l'asse maggiore .~ del sigaro, sicché la corrispondente superficie assume una forrita e llittica con l'asse maggiore diretto 50 (llg. 6.46), l'energia è g data in unità di A/oo, che è il quanto di un oscillatore nel caso del potenziale deformato. Le posizioni dei livelli, in corrispondenza di una deformazione zero, sono state aggiustate empirica­ mente. I livelli con parità pari sono mostrati con curve continue, quelli con parità dispari, con curve tratteggiate. [Da (LHP 67)].

Elementi di struttura e sistematica dei nucleo

o I

P

o

òI • I

ò'• $ ' Q 4 H òl òI òI

I

257

òI òI

o

6,5

I/2(521[ S/2 (402i

I

7/2(404 S/2 752 3/2 á42 3/2 521 9/2 514 S/2 523 7/2 433

'E

6,3

82 401 Aòr 1t

6,I

g /

//

S /2

3 5,9 '

3/2(701[

p[514[ 1

I/2 (41 li 1/2[451j 1/2(770[ 9/2(404(

I/2[ • 11[

r

h Il/4g

7/2 [523[

e~

3 5.7

5/2[á421

7/2[523f l/2[530[ 5/2(413j 3/2 [532j

3/2( • »j 5/2(413[

Sg/~

UJ

~ /J

5,5

/ /J

2 42

~~0/

J/g

~

430 4

3/2(4SIJ

ò(3

/

Qso

5,3

. l/2(301[

/

/5/ 2[532i I/2[áò0[ oò 3/2(301J

7/2(413J

+I/2(541[ L 5/2[303i I/2 ( 420i 3/2(4221

5,l g02

4,9

o I/

2 o

o

o

n

o

I

N t

4,7

0

O,I

0 ,2

A

0 ,3

0 ,4

0,5

0 ,6

Figura 6.46. Diagramma di Nilsson per protoni dispari, 50< Zwròt6.4A. Esempi di livel(i rotazionali osservati col processo di eccitazione cou(ombiana in nuclei di elementi pesanti con A pari: (a) -'-'Th; (b) -'-"U, (Energia in keV).

che è caratteristica appunto dei livelli rotazionali. l è un intero pari > 0. Per ./ no n si intende il momento di inerzia totale del nucleo. ma. molto grossolanamente parlando, solo quella parte associata «Ila deformazione nucleare. Per un nucleo sferico >' è zero (fig. 6.48).

Per valori di ii al variare di Z e d i N . È istruttivo fare un diagramma di X in funzione del quadrato della velocità angolare ttt'. Prima, però, dobbiamo definire meglio ctt. In meccanica classica ttt =dE/dI e q u i possiamo assumere per tti l'espressione E, t, „ / 2 t rt. Per definire .X si può fare uso della

relazione X = fi'(2I — 1)/AEt = l>n ex P ( — z >' l

i> = Pn exP ( — xr) >'

6.12. Mostrare che due nuclei identici di spin I o r i ginano (2I+ I) ' a u tofunzioni di spin, hnearmente indipendenti. Di queste, I(2I + I ) sono antisimmetriche e (I+ l) ( 2 1+1 ) s ono simmetriche rispetto allo scambio dei nuclei. Si applichi al caso di I = l e si costruiscano le auto(unzioni. 6.13. %1ostrarc che l'energia elettrostatica di una sfera uniformemente carica di raggio R è i(gz,R), dove Q è la carica totale della sfera

6.14. Applicare la forniula delle masse alle coppie isobariche ' "(Cd-In), ' "(Os-Re), ' (Sb-Te) e discutere il tipo di radioattivita che ci si aspetta. 6.15. Calcolare, con la formula delle masse, l'energia liberata nella fissione del('uranio. Confron­ tare l'energia istantanea liberata con l'attività beta e gamma dei prodotti di fissi>>ne. Si ammetta che U si spezzi in frammenti uguali. 6,16. Calcolare il cainpo magnetico agente sul nucleo di un atomo di idrogeno e di un atomo di

Fr nello stato fondamentale. 6.17. Discutere i metodi di produzione di elementi con Z ) IOO,i:onsiderando i decadimenti a e P e hi fissione spontanea. Usare una tavola di masse per i nuovi isotopi. 6.18. Calcolare l'energia di superficie di un nucleo, ammettendo che l'energia di legame di un nucleone B sia l'energia superficiale corrispondente alla piccola rigonfiatura prodotta sulla superficie nucleare dal nucleone prima che esso sfugga dal nucleo, 6.19. Supponiaino di considerare un protone come una sfera uniformemente densa di raggio R =! x IO >zcm. (n) Qual è la velocità angolare necessaria a dargli un momento angolare di (3,'4)" h? (h) Quale energia cinetica rotazionale vi corrisponde? (c) Quanti ampère circolano attorno all'asse di rotazione del protone? 6.20. (n) Si considerino due particelle di massa n>i ed mz che ruotano su un'orbita circolare attorno al loro baricentro, Se le loro cariche sono rispettivamente e, ed ez, calcolare il rapporto giromagnetico del sistema, trascurando gli spin. ((>)Applicare il risultato al calcolo del fattore orbitale g, per i seguenti sistemi : (i) neutrone e protone in un nucleo di deuterio, fii) un mesone lz (carica e, massa = 207m„) legato ad un protone.

621. Back e Wullf [Z. Ph3>s.,66, 31 (1930)] hanno misurato la struttura iperfine della riga 3775 ?s>S,, — 61>P,„del ' ' T l e h a nno trovato tre componenti come mostrato nella figura sotto. Dedurre tutto quel che si può sullo spin e il momento magnetico del nucleo. Il termine 'P»z ha uno sdoppiamento più grande del 'Si.z. Calcolare ('e(fetta Zeeman di questa struttura iperfine. 10

i ntensità

5

0,405

0,708

272

Capi( a lo h

6.22. M o strare che per un atomo con J = z, i livelli energetici della struttura iperfine in un campo esterno H sono dati dalla

W„——

AW

Ii i

—— Hm +

AW (

2(21 + 1) I

2 (

1+

4m

x + x'

21 + 1

dove

A W = (A/2) (21+ 1) = W (F = I + y) —W (F = I — >) = 2tthhv, x = [( — p~/J) + (Ii,/1)] H/AW e il segno superiore vale per F = I+ - ,', quello inferiore per F =I — q (formula di Breit-Rabi). Mostrare che questa relazione esatta ha come casi limite le eqq. [6.9.22] e [6,9.23]. Calcolare dalla formula di Breit-Rabi il Ii~, 6.23. Descrivere come funziona l'apparato di figura 6,32,

6 .24. È stato realizzato un esperimento su un fascio atomico per misurare lo spin del '" A g che ha vita media di 3,2 h. È stata osservata una risonanza de! tipo «f!op in», cioè una transizione da uno stato F' = $+ I, M~ = —l + q ad uno F" = F', M",= — I — $ ad una frequenza di 5,82$ Mc/sec. Nello stesso fascio l' 'Rb dava lo stesso tipo di risonanza per una frequenza di 4,685 Mc/sec; I per l" Rb vale ~. Trovare l'1 del ' "Ag. 6.25. Con le stesse sostanze, ' "Ag e "'Rb, fu osservato, con un campo magnetico più intenso di quello del problema precedente lo stesso tipo di transizione a frequenze 91,739 Mc/sec perI" Rb e 204,920 Mc/sec per il " Ag. Calcolare A e Av per il " 'Ag; g~ = — 2,00238 per il Rb e — 2,00233 per l'Ag.Av per l' 'Rb è 3035,7 Mc/sec. 6.26. Per il ' ' A g, Av = — 1712,56 Mc/sec, I = y, g< —— —0,2261 in magnetoni nucleari. Trovare, t enendo conto dei risultati dei problemi precedenti, g, e p, per il ' " A g . 6.27. Mostrare che per un ellissoide omogeneo di semiassi a, a, b, il momento di quadrupolo é dato da Q = gb — a ). 6.28. Il momento elettrico di quadrupolo nucleare dovuto a un protone si definisce come il valore medio (3z' — r ) = Q per lo stato in cui M, = I (stato di massimo allineamento). Dando una forma esplicita all'autofunzione del protone,

R(r) Yi'((I, cp)m dove R è la funzione radiale, Y,' l'arnionica sferica, e a la funzione di spin, mostrare che per I = I

+$, 2(

21 —1

2l + 3

2 1+ 2

La stessa espressione di Q, come funzione di I, è valida per I = I —$. 629. M o strare che i valori di Q(M) = (3zi — ri) per M A I sono dati da

3M' — I (I + 1) Q(M) = Q(1)

I (21 —1)

6.30. Mostrare che per un ellissoide di rotazione di piccola eccentricità e densità di carica uniforme, Qo = ~qZRI),R e che i parametri /I, b e l'eccentricita dell'ellissoide sono legati da +e­

(R

dove 2a è la lunghezza dell'asse di rotazione e 2b la lunghezza degli altri due, Per un ellissoide s forma di sigaro e >0, per uno a forma di lente e < 0; AR = a —b,

Flementi di strutturu e sisuemuticu del nucleo

273

6.31. Calcolarei coefficienti di allineamento f,, f, per un sistema di deutoni aT = 10 ' 'K in un campo di 10s gauss. 632. Per la polarizzazione dinamica del protone si pongono atoini di idrogeno in un campo magnetico che dà luogo a livelli, come è illustrato sotto. Nei casi (1) e (2) il momento magnetico de(l'elettrone è opposto alla direzione di H e il momento magnetico del protone è parallelo ad H in (2) e opposto in (l). Trovare le orientazioni di questi momenti nei livelli (3) e (4). Ora si consideri cna radiofrequenza accordata (da calcolare) di su%ciente intensità che uguagli le popolazioni degli stati (2) e (3). Si calcolino le popolazioni degli stati (1) e (4) nel caso che siano in equilibrio termico con gli stati (3) e (2) rispettivamente, come indicato dalle frecce tratteggiate. Mostrare che la polarizzazione nucleare è — tanh(8j2kT) - — 6/2kT.

(2) X

/ / (3)

(4)

6.33. Si considerino due particelle di momento magnetico p, e lt z r ispettivamente aventi ciascuna lo stesso spin s. Calcolare il momento magnetico totale delle due particelle in uno stato di momento angolare orbitale nullo e spin totale I. (Esprimere il risultato in termini di )tt, Itz, s ed I). Qual e il momento magnetico per I = 0?

6,34, (a) Supponiamo che si voglia interpretare il nucleo di, He (spin z) come un sistema a due etirpi, formato di un deutone legato ad un protone, che si trovi in uno stato di momento angolare orbitale nullo (stato s). Dal momento magnetico del deuterio (0,857 lt v) e da quello del Protone (2,79p,), calcolare il momento magnetico del,'He previsto da questo modello. (b) Che cosa prevede il modello di Schmidt per zHe, ammettendo che il nucleone dispari sia in uno stato 'S„z? (c) Quale valore concorda meglio con quello misurato di — 2,13ltv? 6.35. Sono dati gli spin e le parità dello stato fondamentale dei seguenti nuclei. Giustificare i v alori osservati con considerazioni basate sul modello a strati; 'He ($+); ' N e (>+); i Al (y+ ) ; "K(3+),' G a ( 1 + ) ; Ga ( $ — ); Bi ( ~ — ); ' Bi (1 — ). Si ricordi che i nucleonis,d,g hanno parità + e p, f, ecc. parità —. [Da (P 62)]. 636. Mostrare che le regole di Nordheiin escludono l'esistenza di nuclei dispari con stati fondamentali 0+ o 1 —. Trovare alcune eccezioni. [Da (P 62)]. 637. Descrivere le condizioni fisiche per cui I = K ~ ~ o I ~ w , c on K p iccolo e costante, e sPiegare Perché nel Primo caso Q = Qo e nel secondo Q = — Qo j2. Si noti nel secondo caso il segno opposto di Q e Q, e lo si spieghi.

63$. Dimostrare che una distribuzione di cariche elettriche di densità p, simmetrica rispetto all'assez e limitata a una regione r ( R, dà luogo', all'esterno di essa, a un potenziale l a„ V (r, ()) = — P — P„(cos 0) Il

e inoltre che a, = f pdz, a, = f pzdr, az = f pq(3z' —r )dr, in cui l'integrale è esteso a tutta la regione occupata dalle cariche. 639. Modificare la trattazione dell'interazione spin-orbita esposta in (Fe 61, lezioni 27 e 28) si da adottarla all'interazione J —I, Calcolare quindi la struttura iperfma del 4'K immerso in un campo magnetico variabile da O a 10 kG.

274

Cy(r)P,(r)

[8.1.39]

nel caso di particella singola. Se sono coinvolte A particelle, si usa un procedimento

simile a quello discusso nel paragrafo 6.8. Nel caso particolare di El, si riconosce facilmente che l'eq. [8.1.36] da, a meno di costanti, gli elementi di matrice delle eq. [8.1.12] e [8.1.13]. Per vedere questo basta infatti sostituire le armoniche sferiche con le loro espressioni in coordinate cartesiane. Questa equivalenza è vera per ogni I.

8.2. Regole di selezione Se gli elementi di matrice che determinano la probabilità di transizione sono nulli per un

certo ordine di multipolo, la transizione è proibita e la relativa componente di multipolo del campo elettromagnetico viene a mancare. Si hanno cosi le regole di selezione.

Una semplice regola di selezione si deduce immediatamente dalle proprietà di parità della funzione P. Per esempio, si deve avere per ogni sistema centrale

p(r) = + p( —r)

[8.2.1]

Questa relazione deriva dal fatto che la Hamiltoniana di un sistema soggetto ad un potenziale dipendente soltanto da lr( (sistema centrale), resta invariata se si cambiar in — r. Si ha allora, se una soluzione della equazione di Schrodinger corrispondente noti è

Emi ssione griiiirriu 3

03

degenere : H (r) P (r) =

EP ( r )

H ( —r)i/i(rl = Ei/i ( r)

[8.2.27

ll(r)P( — r) = EQ( — r) il che implica t( (r) = ki/i ( — r) con k costante. Se ora applichiamo due volte l'operazione di inversione (scambio di r con — r), il che dà evidentemente l'identità. abbiamo i!i (r) ~ kt(i ( —r) ~ k-'i!i (r) = i/i (r)

o

k= + l

[8.2.3]

1" mi

e l'autofunzione e detta pari (o di parità + 1) o dispari (o di parita — 1) a seconda che k= + l o k = — 1 r i spettivamente. Se l'autofunzione è degenere si possono sempre formare combinazioni lineari i/i(r)+ i/i( — r) che hanno la p r o p rietà indicata dall'eq.

[8.2.3]. La parità del prodotto di due funzioni pari o di due funzioni dispari è pari; la parità del prodotto di una funzione pari per una dispari è dispari. L'integrale su tutto lo spazio di una funzione dispari è zero perché i contributi all integrale degli elementi di volume in r e — r si annullano a vicenda. La funzione r' Y, (0, q) e pari o dispari a seconda che! è pari o dispari, qualunque sia BI(V. Pat. 6.4). Ammettiamo che i/i,(r) e i/i, f; ha nno la stessa parità, poiché l'operatore L, n o n c ambia la parità di p , . Inoltre, come per le transizioni El, le regole di selezione per Ml s ono d,l = + 1 e ~ = + 1 , 0 c om e pu o essere facilmente verificato. Anche le regole di selezione per!a radiazione magnetica possono essere generalizzate e interpretate come rappresentanti la conservazione del momento angolare se si associano alla radiazione Ml, M2, M3 1, 2 o 3 unità di m o mento angolare, proprio come nel caso di El , E 2 ed E3, In fatti, dalla

relazione tra i campi di El e di Ml espressa dalle eqq. [8.1.28] e [8.1.29], e dall'espressio­ ne della densità di quantità di m ot o per un campo elettromagnetico c~ x A" P=

4zc

[8.2.12]

Emissrone gamma 3

05

si vede che nei due casi la densità di quantità di moto di El e Ml è l a stessa e quindi anche la densità di momento angolare e la stessa. Riassumiamo nella tabella 8.1 i r i sultati per l a r a d iazione di o r d ine pi ù b asso possibile tra due stati di m omento angolare J', J" e parità tt', rt". Tabella 8.1. Regole di selezione per la radiazione di multipoto elettromagnetico.

E1

E2

E3

E4

Ml

M2

M3

M4

An

!ItJI (

Si deve ricordare che la r elazione triangolare espressa dall'eq. [8.2.10] deve essere sempre soddisfatta; pertanto la tavola dà condizioni necessarie ma non sufficienti per le transizioni radiative. Cosi, per esempio, transizioni da J ' = 0 a J " = 0 s o n o s empre proibite, e transizioni da J' = ~ a J" = z, Ari = 0 non possono avvenire come E2 perché la relazione triangolare è v i o l ata. T r ansizioni d a J ' = 0 a J " = 0 p o s sono a v venire solamente con meccanismi differenti dalla radiazione elettromagnetica, cioè, con emis­ sione di elettroni di conversione o con formazione di coppie elettrone-positrone. In pratica i tipi di radiazione osservati finora sono: da El a E6 i ncluso e da MI a M5 incluso. In q uasi t u tt i i c a si, eccetto nelle coppie,E2-MI e E I -M 2 , i n u n a d a t a transizione si ha in pratica soltanto un singolo tipo di r a diazione,

8.3. Probabilità di transizione Generalizzando i r i sultati o t tenuti nel p a ragrafo 8.2, il l e t tore t r overà abbastanza plausibile la struttura delle formule complete che danno le probabilità di transizione. Il calcolo dettagliato (BW 52) fornisce

à'~(1, m)­

8tr (I + 1)

co

fil [(21+ I ) "]' c

I ( r ) r d r

I —1

R, (r ) — „ (I R

Rg (r) r - ' dr

[8.3.17]

dove I(„= 2,79 è il momento magnetico dcl protone in magnetoni nucleari e R; ed R> sono le autofunzioni radiali degli stati iniziale e finale. Per il caso di un singolo neutrone

[8.3.18]

• (El)= 0

perché il neutrone non ha carica, e

[8.3.19] Gli i ntegrali r a d iali p o ssono essere approssimati assumendo Ria (r) = costante =(3. R')': d a r = 0 ad r = R , come è richiesto dalla normalizzazione, e zero per r» R .

Abbiamo quindi per esempio, Z {EI) =

I

Rr ~ (r) —, R((r) rd r =­

R' '

3

3+ I

[8.3.20]

ed espressioni simili per gli altri elementi di m atrice,

Le probabilità di transizione sono state calcolate ponendo, come si fa in genere, R=r(IA" e so n o m o s t rate in f i g ura 8 ,5, Le p r o b abilità di t r a n sizione dipendono fortemente dalla energia della transizione a causa del fattore (o" ' e d a A che compare attraverso il raggio R alla potenza 2l. Le approssimazioni usate sono grossolane e non ci si puo aspettare un buon accordo numerico, Effetti importanti sono stati completamente trascurati e si è usato un modello eccessivamente semplificato. Possiamo farei una idea

308

Capi r o lo 8

19 17 15

220

13

A = 130 A = 50

I =1

130

A =

= 50

A = 20

A = 220 A = 130

A — 50 I =2

A = 22

A = 130

130

A= 50 A = 20

o V

A = 50

VJ

3 A = 220 àO

I = 3

130 A = 1 0 = 50

A =20

220

A = 50

130

I =4

13 A = 22 50

— 15 — 17

A = 130

A = 50 A = 22 A = 20 I = 5

— 19

30

— 21

— 23 — 25 0,01

A = 50

A = 20

0,1

Er, MeV

1,0

10,0

(a) Figura 8.5. La probabilità di transizione per emissione gamma basata sul modello di particella singola [in funzione dell'energia della transizione E,(MeV)]. Nella parte (a) è riportata la probabilità di transizione per radiazione El (I = l,...,5) per nuclei di massa 20, 50, 130 e 220, secondo la formula

4(l+ l) ( 3

) ( E , ) -" '

2(EI) = l [(21+ 1)!!]' K3+ IJ 4 140j

m h

Nella parte (b) è riportata la probabilità di transizione per radiazione Ml (I = 1,...,5) secondo la

Emissione gamma 3

09

16 14

12

220 130

10 A = 50

20 130 A = 50

A =220 I = 2

A = 22 A = 50

13

A = 20

22

A = 50

-6 o

8

l = 3

A = 130 A = 50

— 10

22

A = 20

— 12 130

A

— 14

A = 22 0 j=

— 16

4

— 18

A = 130 A =50 -20 A =20

-22 — 24

A = 220 l = 5 = 130

I

A = 50

-26 — 28 0,01

A = 20

0,1

10,0

1,0

Ey, MeV

(b)

formula I [(2I + 1)!!]

2+ I

140

2

I+ 1

fi

Nelle formule si trascura il fattore S(J;, i>, I) dell'eq. [8.3.13] e si suppone R = 1,40A'" F

Le curve rappresentano anche i contributi addizionali alla probabilità di transizione totale, dovuti al processo di conversione interna. [Da Condon e Odishaw, Handbook of Pltysics, McGraw-Hill, New York, 1967].

910

Cap i tolo 8 (AAtttt» t»t

+t»

Ttt»A» T

T»1»

Tt t»

Tt»

Ttt

Iàttt Tt»

»t» TH»t

T

• THN

-2

(a)

Ctt»

-6

A



»

t

o — 10 IIAIN

— 12

Tt t

I AH

I

t

HT»t

Ttt»

AAtl

Tl»t

T LP

0

50

82 100

126

150

numero di neutroni N~ E5

(Ittt»TI

E4

• I»l»

• AI»l 'Tt»l

• T +t»

(b) Kr»t Att •

CN») T»tt

tt

Abt» • AItt»

f ATt» *Attt

• OIt»

Ill»~t Itttl~

~

J

E3

•1

Pl t t »

às O

CCk»

E2 Nl

• rt • Ctt»

-10

(IITttt) At» tIIAttt)

TH»t

0

50 82 100 126 numero di n eutroni N ~

15 0

Figura 8.6. Confronto dei dati sperimentali con il «tempo di dimezzamento ridotto» della transizione gamma. La «riduzione» dovrebbe eliminare l'influenza dell'energia e di bl. Ci si aspetta che le varie transizioni cadano nelle regioni contrassegnate E„E „ e cc . a d estra. [Goldhaber e Weneser, Ann. RetI. [email protected]., S, I, 1955],

Fintic

[8.7.5]

Si noti che la transizione è caratterizzata dalla sua multipolarità e che l'elemento di matrice in B è lo stesso di quello che interviene nella formula della emissione spontanea [8.3,11]. Nella funzione f (+), che si trova tabulata, sono conglobate le caratteristiche dell'orbita. Per

[8.7.6] Uno dei piu importanti casi di eccitazione coulombiana è quello di eccitazione E2 di livelli rotazionali 0 , 2 ' , 4 ' , e c c., in nuclei pari-pari con AJ =2

[8.7.7]

Gli elementi di matrice ricavati dall'esperienza sono spesso molte volte piu grandi di quanto ci si aspetterebbe dai modelli di particella singola e sono dovuti a moti collettivi. Essi sono connessi con il m o mento di q u adrupolo i n t rinseco Q„ d i t a l i n u clei: per e sempio, per una transizione 0' ~ 2

5

B(E2) = — — Q() 16>i

[8.7.8]

Si vede qui una connessione, tramite il momento di q uadrupolo intrinseco, tra il momento d'inerzia, la probabilità di transizione c il momento di quadrupolo elettrico osservabile (par. 6.12). Le intensità delle transizioni rotazionali E2 0' ~ 2 ' p o ssono calcolarsi dai momenti di quadrupolo nucleari statici. ln alcuni nuclei pesanti, e cioè -""U e " " T h , si trova che l'intensità della transizione E4 0 ~4 ' e r i v e labile. Ciò indica un momento perrnanentc di 16-polo dello stato fondamentale. Questo momento è dell'ordine di grandezza di

1 e 10 ' c m" e appare anche nel decadimento alfa dove spiega il basso impedimento di alcune transizioni AJ = 4 , n onché nella diffusionc anelastica di particelle z a circa 40 McV.

8.8. Fluorescenza nucleare L a radiazione di r i sonanza e di ( l uorescenza sono fenomeni importanti e f acili d a osservare in fisica atomica. Ci si potrebbe aspettare che la radiazione di risonanza sia osservabile anche per i nuclei, tuttavia v ari tentativi iniziali di rivelarla hanno avuto esito negativo. La ragione di ciò è che le righe di assorbimento nucleare sono molto strette e quindi assorbono pochissima radiazione da uno spettro continuo. D'altra parte, se si tenta di eccitare una riga di risonanza con la corrispondente riga di emissione, come nel caso ottico, il rinculo del nucleo emittente porta la radiazione fuori dalla risonanza con l'assorbitore. Consideriamo dapprima un i riga rigorosamente monocromatica. Sc lo stato iniziale eccitato possiede, nel sistema del laboratorio. una energia E al di sopr;i

324

Cupit v l u >


o per

[ 8.8.5]

[8.8.6]

I)ic

pcr trvare la frequenza di assorbimento necessaria. D'altra parte le linee spettrali hanno una larghezza naturale Àu> associata alla vita media r de llo stato eccitato dalla relazione 8c.rr =­

1

[8.8.7]

T

e se questa larghezza è grande rispetto ad >ti'n>) „„l„= 3 , 6 1 0 ' . P e r ò quando il nucleo è legato in un reticolo cristallino. il suo moto può essere grossolana­ mente assimilato a quello di un'oscillatore. Se l'energia di rinculo e insufT>ciente a far passare l'oscillatore dal suo stato fondamentale al primo stato eccitato, non puo essere trasferita energia al reticolo cristallino e allora si ha emissione senza rinculo come se

nelle cqq. [8.8.3] e [8.8.4] la massa fosse infinita e le frequenze di emissione e di assorbimento coincidessero. P er comprendere alcune caratteristiche del)'efTetto M o ssbauer, si c o nsideri u n modello mollo sempliftcato in cui un n ucleo di massa U è l egato con un potenziale armonico di frequenza v= o>,2>t.L'hamiltoniana del sistema e ll = l l

nuel

+

I l2

+

Mn > 2

[8.8.9]

c gli autovalori sono quindi E, „= c„+ I>o> {n + 2)

[8.8.10]

in cui c. sono i livelli di energia nucleare ed n è un numero intero. Le autofunzioni sono y,lr) «„(x), dove il primo fattore rappresenta la parte nucleare e il secondo si riferisce a lloscillatore armonico. L'energia del gamma emesso nella transizione «~ b è E, = >:, — >:>, + lt«>(n' — n")

[8.8.11]

All emissione del raggio gamma la quantità di moto dell'oscillatore cambia improv­ visamcnte, a causa del rinculo, della quantità q = E,,ic = (e„— e>,)l c

[8.8.12]

Si supponga l'oscillatore inizialmente nel suo stato fondamentale, con autofunzione u,ix). e scriviamo la trasformata di quest'ultima nello spazio dei momenti

r„(l>) = (2>th) "

ul, ( x) exp(ipxj A) dx

[8.8.13]

Il rinculo all'atto dell'emissione gamma cambia tutti i m omenti nell'oscillatore per fimpnrto q e l"autofunzione dopo l'emissione è, nello spazio dei momenti, t o (1> — q). Da questa funzione nello spazio dci m o menti si o t t iene la f u nzione nello spazio delle coordinate immediatamente dopo l'emissione

u'(x) = {2rrh) ' 2

lo ( p — q)exp( — ipxih)dp = uo(x}exp( —iqx/h)

[8.8.14]

c la probabilità di trovare l'oscillatore nello stato fondamentale è, in base ai principi della meccanica quantistica (Fe 61, pp. 40-43), 2

Poo =

« o(x) uo (x) ex p(iqx/'h) , cioè all'energia che corrisponde ai salti di eccitazione nell'oscillatore. Si può descrivere un cristallo come un insieme di oscillatori della stessa frequenza o~„, come suppose Einstein nella sua teoria del calore specifico. Per T + 0 "K la probabilità di trovare un oscillatore ne)l'nmo stato di energia è data

dal fattore di Bo)tzmann exp( — PE„):P„exp( —PE„) con P = 1 kT e la probabilità di emissione senza rinculo è

f' = g„ex p ( — PE„) P„„; P„exp ( —PE„)

[8.8.17]

La figura 8 .15 m o stra l a p r o b abilità d i t r o v are n os c illatori e ccitati d o po l a transizione per T =0 K . Lo spettro effettivo delle vibrazioni di reticolo è molto piu complicato di quanto ammette la schematizzazione di Einstein e quindi per una approssimazione migliore si usa lo spettro di Debye sostituendo hr»F con kO, in cui O e la temperatura di Debye. Inoltre a temperature maggiori dello zero assoluto, gli oscillatori cristallini si eccitano e la probabilita di trasferimento di energia al reticolo aumenta, Sviluppando quantitativa­ mente queste idee si ottiene una formula per la probabilità f di emissione senza rinculo:

=-1 ' """-""[ "(-'-)'f„""-')f= = - ex p

1+ —



(T « O)

Il primo termine è indipendente dalla temperatura e mostra che, anche allo zero assoluto, la frazione di decadimenti senza rinculo è grande solo se l'energia di rinculo del nucleo libero è piccola rispetto a kO . L a p r o b abilità di d ecadimento senza rinculo decresce al crescere della temperatura ed è trascurabile per temperature grandi rispetto a O (fig. 8.16). L'assorbimento mostra effetti simili. Gli esperimenti vengono per lo più eseguiti usando una sorgentc ed un assorbitors della medesima sostanza c misurando la radiazione assorbita. Se l'assorbitore è in moto rispetto alla sorgente, la frequenza della riga di assorbimento cambia di una quantità:

[8.8.19] e la radiazione è meno assorbita perché la sovrapposizione delle righe di emissione e assorbimento è meno completa (figg. 8,17 e 8.18). È cosi possibile analizzare la struttura

o forma di una riga facendo della «spettrometria Doppler». Una illustrazione quantitativa della forma di una riga di assorbimento in funzione della temperatura del reticolo è data in figura 8.19. Per una riga di emissione si avrebbe la stessa figura riflessa rispetto al massimo della riga che corrisponde alla frequenza della transizione senza rinculo. L'assorbimento di radiazione è naturalmente accompagnato dall'emissione di radia­

0,8

0,6 0,4

0,2

0,4

0,2

$A ~

10A~

15Am

2 0hc o

bg+ A, I.etters, 32, 512, 1974. RosE, H. J., e D. M. BR(NK, «Angular Distribution of Gamma Rays in Terms of Phase Deftnec) Reduced IVlatrix Elements», Reo. Mod. Phys., 39, 306, 1967. ROSE, M. E., Internai Conoersion Coegicients, North-Holland, Amsterdam, 1959. RosE, M. E., Multipole Fields, Wiley, New York, 1955. SIEGBAHN, K. (Si 65). STELsoN, P. H., e F. K. McGowAN, «Coulomb Excitation», Ann. Ret. Iv'ucl. Sci., 13, 163, 1963. YosHIDA, S., e L. ZAMlcK, «Electromagnetic Transitions and Moments in Nuclei», Ann, Ret. IVucl. Sci., 22, 121, 1972.

Capitolo 9 Decadimento beta

Il decadimento beta è una trasformazione nucleare in cui si verifica la emissione di un elettrone. Lo stesso nome viene usato per altri tipi di trasformazioni, e precisamente per l'emissione di positroni o per la cattura di elettroni orbitali da parte del nucleo. Durante le trasforn mioni nucleari, elettroni possono essere emessi dall'atomo per cause differen­ ti: per esempio, come elettroni di conversione in una transizione gamma. Il decadimento beta non riguarda tale emissione secondaria di elettroni orbitali,

9.1. Introduzione Nei primi studi sulla radioattività esisteva una considerevole confusione circa l'origine degli elettroni osservati nelle trasformazioni nucleari. Una chiara distinzione tra gli elettroni nucleari, o raggi beta, e gli elettroni di conversione si ebbe soltanto nel 1919 grazie a Chadwick, il quale mostrò che oltre alle righe monoenergetiche degli elettroni di conversione, esisteva uno spettro continuo di elettroni di d isintegrazione. Lo spettro continuo presentò immediatamente una seria difficoltà : il decadimento è una transizione tra due stati definiti, e tuttavia l'energia cinetica dell'elettrone nonè sempre la stessa. Per mantenere il p r i ncipio d i c o n servazione dell'energia è n e cessario tro vare d ove v a l'energia che non appare come energia cinetica degli elettroni. M o lte ipotesi furono formulate per giustificare l'energia mancante; per esempio tu suggerito che un'emissione gamma associata prelevasse l'energia mancante nello spettro beta. Accurate osservazioni con calorimetri che avrebbero rivelato ogni r adiazione conosciuta non r i uscirono a (rovare alcuna energia oltre quella relativa allo spettro beta continuo. S i osservo inoltre che l o s p ettro b et a h a u n l i m i t e s uperiore ben d efinito i n corrispondenza all'energia totale disponibile nella disintegrazione. Per esempio se si considera la trasformazione del 'H in ~He, i dati dello spettrografo di massa per le masse nucleari delle due sostanze mostrano che la reazione

~H= H e + e

+Q

[9,1.1]

si bilancia esattamente se si pone Q uguale al limite superiore dell'energia cinetica degli elettroni del continuo. Similmente si hanno vari casi di sostanze che decadono attraverso diramazioni alternative, quali un'emissione alfa seguita da una beta o una emissione beta seguita da una alfa. I due rami partono da uno stesso nucleo e arrivano

336

Cnpin i ( n V

3 ,0< min Ra A( ")'o ),')

g)
]

è grande i n c o n f ronto a l l e d i m ensioni n u cleari cu i s o n o e stesi gl i i n t egrali che compaiono nell'elemento di m atrice; si puo scrivere quindi

[9.5.7]

D ecadimento beta 3 5 3

e il secondo termine sarà compreso tra 0,1 e 0,01, nella zona occupata dal nucleo. Pertanto si puo arrestarc lo sviluppo al p r imo termine a meno che non accada che l'elemento di matrice corrispondente si annulli, nel qual caso si devono considerare termini di ordine superiore. Questa classificazione genera transizioni di v ario o r dine (permessa, prima proibita, ecc.) in stretta analogia allo svilupp(> in rnultipoli della radiazione elettromagnetica. (.onsidereremo solo le transizioni permesse, per le quali si

puo scri vere, secondo le eqq. [9.5.4] e [9.5.5]. H,r —g

~~(f

[9,5,8]

Q

Con AI< si è rappresentato l'integrale [ug «; dr, sul quale non laremo per ora ipotesi, mentre Q rappresenta un volume in cui è stato chiuso il sistema per semplilicare la normalizzazione. M,> è dimensionalmente un numero puro. Quanto detto finora circa H,> è tutlavia troppo semplificato. C:itiamo qui a lcuni migliorainenti necessari: (1) le «„u>, (ite, (((t,.devono essere trattate relativisticamente con gli spinori di Dirac. Cio comporta la possibilità di diverse interazioni differenti (confr. par. 9.8). ( ) H,> deve comprendere non solo l'emissione di elettroni ma anche quella di positroni e la c attura dell'elettrone orbitale. Per questo si aggiunge «d FIz i l s u o c oniugato hermitiano. (3) L ' i nterazione cosi scritta c o nsci>a l a p a r i tà ; pe r p o t c r descrivere transizioni che non la conservano occorre aggiungere altri termini. Tralasciando per ora questi punti, passiamo a considerare la densità degli stati finali. cioè il numero d i s t at i p e r i n t ervallo d i e n ergia dell'energia totale W. Tr e c o r p i partecipano alla disintegrazione: il nucleo finale, l'elettrone, c il neutrino. Energia e quantità di moto devono essere conservate. Le quantità di m ot o d elle trc particelle hanno generalmente valori comparabili e si bilanciano esattamente; l'energia di rinculo del nucleo è per& molto piccola rispetto alle energie dcll'elettrone e del neutrino, e la si puo trascurare. Si pu() percio dire chc la somma delle energie dcll'elettrone e del neutrino. E„e I,", è uguale all'energia totale della disintegrazione D', senza preoccuparsi dell'energia che deve essere ceduta al nucleo per la conservazione dell'impulso, )t = ( p ,. + (ttt-(

+ c p ; . ) ' - = E, + E e

[9.5.9]

V ogliamo ora determinare il n u m ero d i s t at i d e ll'elettrone con q u antita d i m o t o compresa tra p, e p, + dp, senza considerare la quantità di moto del neutrino. Il numero di stati in cui il neutrino ha la quantità di moto compresa nell'intervallo dp,, e l'elettrone uell'interVa)IO dPe è: ( I X„d]V,, =

16n'Q -„— p-,'(I p,.p„-'(I pe

g~It)"

[9.5. 10]

Si elimina dp,, e p, dalla eq. [9.5.10] notando che. per p„ c o stante. la cq. [9.5.9] l'ornisce )tt — E,= E , . =

(p,

[ 9.5. I l ]

(I IV = (IE,. = ('(Ip,.

che, sostituita nell,i eq. [9.5.10], dà (IlVt,. 1 6 t r-'Q-' di%', = ( )t ' — I: „ ) p , . dpe (I )t' ( 2tr ( tt)"(

[9 -' 131

354

C«»i « >l o

Questa è la densità degli stati finali, per i quali l'elettrone ha una quantità di moto compresa tra p, e p, + dp, senza tener conto della quantità di moto del neutrino, mentre l 'energia totale e compresa tra W e W + d W .

Questa è la densità appropriata da inserire nell'eq. [9.5.1], che cosi fornisce per la p robabilità d i u n a d i s integrazione che p r oduce u n e lettrone di q u a n tità d i m o t o compresa tra p, e p, + dp, 2>t , (4>t ) -' ( W —E,)-' g l ~' f < y ) , P. dp» Ac (2 >tA ) " cz

"'(P.)dP =

[9.5.1 4]

Il volume A sparisce dall'eq. [9.5.14] conie deve appunto avvenire. Ci si può chiedere anche quale sia il numero totale di decadimenti per unità di tempo i., prescindendo dalla quantità di m ot o d ell'elettrone. Cio si ot tiene dall'eq. [9.5.14] integrando rispetto a dp, da 0 alla quantità di moto massima possibile dell elettrone, p, ,„ = — ( W

— m-'c )' -'

[ 9.5.15]

C

ottenendo g> ~,),f ~ i f'p m,n

i =

—, ~

[ W —(ni - 'c + c - 'p,-',)''-']'p„'dp,

[9.5.16]

È conveniente misurare le energie in unità di »ic-' c le quantità di moto in unità di nn, ponendo E, = a>nc' p = >In>c W = con>c­ pamax = lo

[9.5.17] [9.5.18] [9.5.19] [9.5.20]

L'eq. [9.5.14] assume la forma g nl c » (>y) d>y = ' — „( h f < r/- (co — a)' >)'d>) 2>i'A"

[9.5.21]

g ni c » ( >))d>1 = . /Af r / [( 1 + > l)' ' — (1+ >1 )' ]- > y ) 2>n-'I> '

[9-5 2-]

Fin qu i l a d i s cussione è s t ata t r o pp o s emplificata i n d i v ersi p u nt i o l t r e che nell'elemento di m a t rice. Per esempio, prendendo un'onda piana per l'elettrone, e­ zioni dell'energia positiva (spettro continuo). Il fati ore cosi ottenuto è una funzione di E e del prodotto della carica della particella emessa, + e, per la carica nucleare Z» del nucleo finale. La indicheremo con F (Z, >:)per gli elettroni. Per gli emettitori di positro»> Z deve essere preso con segno negativo. Una espressione approssimata di F( Z , r) è F (Z, r) = 2>rn[1 — cxp ( —2nn)]

[).S -3]

dove n è Ze' Ai,. c i,, è la velocit i dell'elettrone lontano dal nucleo. Per n piccoli> rispetto

Decadimento beta

H r, kG 150

cm

300

100

200

e' O

or

I

355



G.

G.

9/ I

50

20 50 100

100

300

500

key

Figura 9.)3. Spettri dell'impulso degli elettroni e positroni del "C u. 1 cerchietti sono punti sperimentali, le curve continue sono teoriche. Curve non normalizzate. [Wu e Albert, Phys. Reo., 75, 315, 1949].

a 1, F(Z, c) è eguale a uno.

L'eq. [9.5.21] va corretta nella g'm c" JM,>/ F (Z , c) ( c o — c)" g dg

[9.5.24]

g mc ~ M al F(Z , c )(co — c) cr)dc 2~'A'

[9.5.25]

w(g) dg = o nell'equivalente

ir(c)dc=

Poiché M,> è indipendente da p, e p,. (almeno per le transizioni permesse) dall'eq. [9.5.24] si ricava la «forma» dello spettro beta; cioè la probabilità che un elettrone sia emesso in un intervallo di impulso dr) attorno a t) ; e dall'eq. [9.5.25] si ottiene l'analoga

per l'energia, cioè la probabilità di emissione in un intervallo di energia dc. Questa forma é mostrata in figura 9.13. Spesso si traccia

a u (r)) t)'F (Z. c)

in funzione di (co — c)

[9,5.26]

Dall'eq. [9.5.24] si vede che il grafico dovrebbe essere una retta (grafico di Kurie, fig, 9.14). Scostamenti dalla retta sono attribuiti a una dipendenza di M,> da p, come avviene

nelle transizioni proibite secondo l'eq. [9.5.7] (fig. 9.15). ln questa discussione si è assunto che il neutrino abbia massa di quiete nulla; se ciò

non fosse. le equazioni dalla [9.5.9] alla [9.5.13] sarebbero leggermente diverse e la forma dello spettro beta, specialmente in prossimità del limite superiore dell'energia, ne sarebbe influenzata in maniera caratteristica (fig. 9.16). I dati sperimentali permettono di porre il limite superiore della massa del neutrino a 60 ey . L a costante di decadimento r'. si ottiene integrando l'eq. [9.5.24] da 0 a d t) p o

356

Capu o lo,9

1,5

0

2,0

256

571 657

E~, keV Figura 9,14. Grafici di Ku rie degli'spettri beta del s"Cu, Sono mostrati sia gli spettri dei positroni che degli elettroni, I punti estremi sono a 571 keV per e e a 657 keV per e'. I punti noa sono normalizzati. [Owen e Cook, Phys. Reo.,76, 1726, 1949]. 1,20 4

1,59

1,98

1,20 10

2g37

1,98

1,59

2y37

CI 7$5

5,0

2,5

71 500 keV

(b)

700 !

E , keV

energia elettroni, keV Figura 9.I5. (a ) È riportato il grafico convenzionale di Kurie dello spettro beta del '~Cl. (b) Grafico di Kurie proibito per spettro beta del seCl. Il fattore di correzione usato in questo casoere Dac{eo — e) +(10/3)(ei — 1) (eo — e} +(e — 1)~ (curve non normalizzate), [Wu e Feldman, Phys. Rev., 76, 693, 1949].

Decadimenrob eo 3 5 7

• xlO

. xlO

lOOeV

I S@

18,3

l8,4

t85

l8,6

E/rK e V

Figura 9.16. Grafico di Kurie di sHe. L'energia del punto estremo corrisponde a una energia estrema di 18,6 keV, La linea continua corrisponde a una massa del neutrino di 100 eV. [Da Bergkvist, Niie/. Phys., 398, 317, 1972].

integrando l'eq. [9.5.22) per F(Z, s) l . I l r isultato perF(Z, s)= l è g'/rt'e~

, l~cl'f (rio)

t

[9.5.27]

dove

f(eo)=

o'

[( I + rio)'" -(I + I')'"l' e'~n = s ilo+ tfo — —ilo+ 4 12 . .. , 3 9

4

s 1/2 log Bo+ (1+2/fo) 1/sl ( 1 + rfo)

[9.5.287

cheassumeIe forme limiti l.

f (eo) — ~ =no.

eo»5

[9.5.29]

[9.5.30)

358

Caph o i o V

Z = O

Z = BO

~DD qD

$]

qD

Z -6D ~ 1

2=

O

ò0

-O

z=

0

2

~D

o

3

D

—3

8

2

3

ép

(a)

(b)

4

5

6

«0

Figura 9.17. La quantità log f in funzione del numero atomico e dell'energia per elettroni la) p per positroni (b). ap è l'energia totale del limite superiore dello spettro. [Feenberg e Trigg, Reo Mod. Phys., 22, 399, 1950].

Per Z no n t r o p po p i c c olo, si d e ve però p r e ndere in c o nsiderazione la c orrezione coulombiana della funzione d'onda dell'elettrone,

Dall'eq. [9.5.25] si ha integrando 2

s 4

iM,ri f (Z, so)

[9.5.31]

o introducendo la costante adimensionale G = (g/mc )(mc/A)' Gz mcz

iMii' f (Z, so)

[9.5,32]

dove f (Z, so) ora è una funzione abbastanza complicata comprendente la correzione coulombiana. La figura 9.17 mostra un tipico esempio di f( Z sp ) .

L'eq. [9.5.31] può essere usata per determinare g o G dall'energia e dalla costante di decadimento di un emettitore beta se è noto ~Mz~'. Anticipando un risultato che verrà

discusso più avanti, l'espressione di )M„tn„e —— 0, allora mt = + 1, 0 e m>—— 0; l'effetto è quello di diluire la correlazione angolare.

Il= g (0,7,0.)(0,7,4,)+ ".c = gV

[9.8.4]

I fattori in questa interazione sono quadrivettori; di qui il nome di interazione vettoriale. Questo tipo di interazione genera le regole di selezione F. Poiché si hanno transizioni permesse che ubbidiscono alle regole di selezione GT, occorre mettere nell'interazione altri termini capaci di produrre tali transizioni. Una delle possibili scelte è H = g(p y„y $„ ) (i/I,y„y i/t,,) + h.c. = gA

[9.8.5]

I fattori in questa interazione sono vettori assiali, di qui il nome di interazione vettore­ assiale. È possibile anche una combinazione lineare di queste due interazioni. Ci sono altre possibili scelte, per esempio un'interazione scalare, che origina le regole di selezione F, e tensoriale, che origina le regole di selezione GT (fig. 9.21). Queste scelte però predicono una errata correlazione angolare tra la direzione del neutrino e quella dell'elettrone. Quindi vanno scartate. La correlazione, almeno qualitativamente, può essere capita considerando che in una transizione F un antineutrino destrogiro (elicità t 1) deve essere accompagnato d a u n e l e ttrone d i s pi n o p p osto, perché insieme trasportano momento angolare nullo. Gli elettroni, secondo la tabella 9.2, sono prodotti con elicità negativa; quindi le quantità di moto dell'elettrone e antineutrino debbono tendere ad essere parallele, come previsto dai calcoli basati sull'interazione vettoriale.

Calcoli basati sull'interazione scalare favoriscono invece l'antiparallelismo tra gli impulsi e quindi questo tipo di i n terazione è inaccettabile. •

Nelle transizioni GT gli elettroni e gli antineutrini hanno spin paralleli, perché

3á8

Cupi ( n (nv

insieme devono trasportare un'unità di m o mento angolare. L'antincutrino ha elicità + 1, l'elettrone e prodotto con elicità negativa, e quindi debbono tendere ad avere impulsi opposti come prevedono i calcoli basati sull'interazione vettore-assiale. Calcoli basati sull'interazione tensoriale favoriscono invece il p arallelismo tra gl i i m p ulsi e quindi questo tipo di i n terazione c inaccettabile. La situazione è illustrata schematicamente in figura 9.2l e n e lla t abella 9.3. La verifica sperimentale è ottenuta dalla misura della quantità di moto dell'elettrone e dal rinculo del nucleo. L'impulso del neutrino quindi viene calcolato per mezzo del principio della conservazione dell'impulso. Quando l'elettrone e l'antineutrino tendono a muover­ si parallelamente tra loro, sono favoriti valori elevati dcll'impulso di rinculo del nucleo; quando invece elettrone e antineutrino tendono a muoversi in direzioni opposte, sono favoriti piccoli valori della stessa grandezza. Tabella 9.3. Co rrelazione tra impulsi ed elicità. Impulsi di e­

Paralleli

Opposti

Tensore

Vettore assiale Scalare

evov

GT Fermi

Vettore

Osservando la distribuzione dell'energia o dell'impulso del nucleo di rinculo in una transizione Cr T pura che avviene. per esempio, ncl "He, e confrontandola con quella calcolata, si conclude che le transizioni CiT sono associate con l'interazione vettore assiale (fig. 9.24). Con argomenti simili c da cspcrienze sul ' A r , per esempio, si conclude che le transizioni F sono dovute alle interazioni vettoriali. Si pu6 anche ammettere una combinazione lineare

g(C,A+ C, I')

[9.8.6]

L'espressione [9.8.6] per la hamiltoniana non è, comunque, generale abbastanza per descrivere il decadimento beta. in quanto essa conserva la parità. Lee e Yang hanno generalizzato l'eq. [9.8.6] introducendo la violazione della parità col porre

H=gP

(Q , O ,Q„) [((i,.O;(C;+ C;.) s) P,.]+ h.c.

[ 9.8.7]

i= l'. a

dove O,: = ;„ è l 'operatore V dell'eq. [9.8.4] c O, = y„; s è l'operatore A dcll'cq, [9.8.5]. Nell'hamiltoniana la non conservazione della parità è assicurata dalla presenza simulta­ nea dei due termini nella parentesi quadra. Se C; o C,' si annullano, l'hamiltoniana conserva la parità Consideriamo ora il comportamento di H qu ando si esegue una inversione spaziale (P), quando si scambia una particella con la sua antiparticella (coniugazione di carica C), o quando si inverte la direzione del tempo (T). Analizzando l'eq. [9.8.7] si t r ova che queste operazioni ne lasciano inalterata la forma tranne che per i coefficienti (complessi) C; e C,', i quali variano se sottoposti alle trasformazioni suddette, nel modo indicato nella tabella 9.4. Esiste un importante teorema. dovuto a Schwinger, Lilders e Pauli. che afferma che sotto condizioni m o lt o a m p ie, e sicuramente per l c t e o rie elaborate fino ad ora, l'hamiltoniana è invariante per l'operazione CPT (l'ordine di C, T,' P non è importantel, Il teorema è banale nel caso delle interazioni elettromagnetichc e lorti, dove l'hamilto­ niana è invariante per ciascuna operazione, ma risulta molto importante nelle interazio­

Dei arlimenru bera

369

Tabella 9.4. Variazione dei coefficienti C; e C' ,per effett delle diverse trasformazioni. Condi=irrne per linearian=a

Trasforinazir>ne

rlell'eri. [9.8. 7] Inversione spaziale (P) Coniugazione di carica (C)

Inversione temporale (T) TCP

C~ C

— C'

C'= 0

— C'»

C rea(e e C' immag. o C immag. e C' reale C, C' entrambi reali Soddisfatte automai.

C~ C'

C

o C= O

tu deboli dove.'l'invarianza rispetto a P è s i c u r a mente violata. P ostuleremo che nell'interazione beta valga l'invarianza per inversione temporale: è quindi pure valida l'invarianza per il prodotto CP. Il significato di ciò è facilmente illustrato dalla figura 9.10. La parte (b) di questa figura diventa correttu come disegnata purché il cobalto sia sostituito dal suo coniugato di carica, cioè da un nucleo derivato dal cobalto ordinario per sostituzione di ciascun protone con un antiprotone e di ciascun neutrone con un antineutrone. Sebbene tale esperimento attualmente è praticamente irrealizzabile con nuclei, esperimenti simili con mesoni positivi e negativi convalidano l'invarianza CP. Il decadimento dei mesoni è simile a quello beta e in questo caso si conoscono due

V

V

CP

V

Figura 9.2Z I l lustra schematicamente l'effetto delle operazioni C e P sul decadimento più comune del pione, n ~i r + v„ . I l d e cadimento originale del n v i e n e t rasformato dalle operazioni C o P in situazioni fisicamente irrealizzabili. L'operazione CP descrive il decadimento del ri' realizzato fisicamente. Le frecce indicano le quantità di moto, le frecce doppie gli spin. L'elicità di v„è + 1, quella di v„è — I. Lo spin del pione è zero.

37()

capi( ( r!ov

coppie di particelle coniugate di carica: il pione positivo e negativo e il munne positivo e negativo (vedi capp. 14 e !S). Per ogni coppia il processo di decadimento della particella e quello dell'antiparticella sono immagini speculari l'uno del!'altro. Quindi in questi casi la trasformazione CF fornisce un risultato in accordo con l'esperiertza. Da questo fatto, tenendo presente il teorema CPT, risulta l'invarianza rispetto a T in q u e sti casi. Faremo uso della invarianza rispetto a T pe r c hè presumibilmente è corretta in generale e semplifica apprezzabilmente!'ulteriore discussione. Si è tuttavia provato. in un caso, che la invarianza CP è violata. Si tratta de1 decadimento del mesone neutro, chiamato K(, e si pensa che questo decadimento sia accompagnato da una violazione di T che salva l'invarianza CT F. Qu e sto caso resta finora unico. Lo d i s cuteremo ne! paragrafo 19.5. L'invarianza per i n v ersione temporale r i chiede, come accennato sopra, che i coefficient CA, C'„e C( , C( siano reali. Un'altra importante relazione tra i coefficienti CA F. si deduce dalle elicita date nella tabella 9,2. Si ottengono da qui le relazioni C A= + C 'A ,

C v = + C'v

[ 9.8.8]

che equivalgono ad ammettere una teoria del neutrino a due componenti. In definitiva l'hamiltoniana può essere scritta

II = g y

Ci(' Pp~'P ) [0 C' (+ '('5)k ] + h c.

[9,8,9]

Per completare l'analisi dobbiamo trovare il rapporto CA/C> e la costante universale g e ciò si ottiene studiando il decadimento beta del neutrone e di alcuni altri nuclei particolarmente convenienti.

9.9. Studio quantitativo di alcuni elementi di matrice Per ricavare risultati n umerici faremo uso di u na c onsiderevole semp!ificazione che otteniamo trattando la parte nucleare de!l'elemento di matrice nel('approssimazione (tori relativistica, il chc è lecito essendo i „, c relativamente piccolo. Basterà allora considerare soltanto le due componenti piu grandi delle autofunzioni nucleari a quattro componenti, In questa approssimazione gli elementi di matrice dcll'interazione vettore polare sono semplicemente

f (y (r(,(Ir =l

I MF I

[9.9.1]

mentre quelli dell'interazione vettore-assiale sono

f ugcr((;(Ir l= i M o r i '

[9.9."]

dove e è un operatore vettore-assiale le cui componenti sono le matrici di spin di Pauli. Le transizioni del p r i mo t i p o , a v enti l elemento di m a t r i ce nucleare 41F, sono transizioni di Fermi; quelle del secondo tipo sono transizioni di Gamow-Tel)er. È chiaro da)l'ortogonalità delle funzioni d'onda nucleari che MF si annulla se gli stati iniziali c

finali sono diversi (per esempio hanno valori differenti di I) tr a nne che per la trasformazione di un neutrone in protone e che Mor richiede per non annullarsi che uno

Decudimenu> heto

371

degli spin nucleonici si r i balti. In a m bedue i casi F e G T , l o s t ato i n iziale e finale debbono avere la stessa parità. Si noti il fatto che il decadimento beta, che non conserva la parità, impone una condizione sulla parità relativa degli stati nucleari iniziale e finale. Possiamo ora procedere oltre per calcolare .tf„ed Mor in casi particolari. Si noti che per scopi pratici è necessario un M< dove il soprasegno indica media sulle componenti ." iniziali del momento angolare e somma su quelle finali. 1 casi più semplici sono quelli in cui un singolo neutrone si trasforma in protone o viceversa, senza altro cambiamento nell'autofunzione. Esempi sono il decadimento del neutrone libero senza ribaltamento di spin e i l d e cadiniento del ' " O a d u n o s t ato eccitato del ' N, entrambi con I = 0. Per il primo caso ~ Mrl = 1 ; per il secondo, iMr )' =2. Per il decadimento del neutrone libero con ribaltamento di spin

[9.9.3] Il calcolo di questi elementi di matrice si esegue in base alle eqq. [9.9.1] e [9.9.2], ma non svilupperemo i relativi passaggi. Abbiamo supposto che le interazioni nel decadimento beta siano solamente di tipo A e V. Il pr imo da origine alle regole di selezione GT, il secondo a quelle F.

Sotto questa ipotesi si può calcolare (gC„)-' da una transizione permessa solo dalle regole di selezione F e- per la quale è calcolabile il )M„~ . Questo è il caso del decadimento del ' 40 ; s i h a al lora (si veda l'eq. [9.5.27])

2 ir' K Cr-

h'

log 2

[9.9.4]

IM,I' M c

e per ~AI„i = 2 ed ft = 31 27 sec (come osseivato) (vedi tab, 9,1 in cui si tiene conto di alcune piccole correzioni radiative) gCi, — 1,4029+ 0,0022 x 10

~ e rg cm'

Siniilmente si può scrivere per il neutrone jt

1 2n'h'

log 2

[9.9,6]

con )M„i' = l , ( M or [ = 3 e con un valore osservato difr = 11 15 sec (vedi tab. 9.1). Il rapporto degli ft de l n eutrone e del ' O f o r n i sce 2Cv

, =0,3566 Ci + 3C'„

[9,9.7]

Cn — = 1,53

[9.9.8]

C2

Lo studio del decadimento beta del neutrone fornisce anche informazioni sul segno r elativo di C i e C „ .

È stato possibile misurare sperimentalmente la correlazione angolare p, —I e p,. — I nel decadimento del neutrone e del ' Ne. Un fascio di neutroni polarizzati (figg. 9.23 e 9,24) (vedi capp. 10 e 12) attraversa un recipiente in cui si è praticato il vuoto e vengono osservati tanto gli elettroni che i protoni di rinculo provenienti dal decadimento in volo.

372

Capi t o l o 9

faccia del reattore bobina sche r m i f ines t r a di rame contatore beta schermo magnetico 4,5 m nucleo di ottone spessa 0,0125 cm fotomoltiplicatore • c k

c

d

á

4

c

T

O O O 0,6 cm

schermo Pb c

4

a A

D

a

contatore

4

protoni

b

sostegno specchio di rame

sbarra montaggio di alluminio

contatore di controllo

griglie alla pompa dinodi speciali struttura dinodi del fotomoltiplicatore

fenditure per protoni

4

superficie speculare di cobalto

plastico

c

fascio di neutro m

O d

c

sctnttllatore

guida di luce

D

A

30 cm

Figura 9.23. Sezione orizzontale centrale dell'apparecchiatura usata per studiare il decadimento di neutroni polarizzati. [Burgy, Krohn, Novey, Ringo e Telegdi, Phys. Rev., 120, 1829, 1960). Per una versione piu recente di questo esperimento si veda Erozolimsky, Soviet J. Nucl. Phys., l l, 583, 1970, e Steinberg et al., Bull. Am. Phys. Soc., 19, 514, 1974.

griglia 4t-2 +4 900 V griglia 4t- i primo dinodo del I contatore di t scintillatore

del

contatore beta l fascio

di neutroni f

d't protoni + 4 900 V

I

I

I

schermo d l lombo (a massa)

parete contenitore (massa) 0~

cm

15

Figura 9.24. Dispositivo di rivelazione per la misura della correlazione tra le direzioni dello spin del neutrone e dell'impulso dell'antineutrino. Questa è una sezione trasversale della parte del rivelatore di ftgura 9.23.

D ecadimento beta 3 7 3

n

H

p

+

e

+

u,

(a)

(b)

GT

(c)

Figur (cioè, il protone è pure levogiro). Cosi l'alternativa (a) in realtà non si verifica. Se C, fosse uguale a — C>., non si verificherebbe l'alternativa (b). L'ampiezza totale si ottiene sovrapponendo le ampiezze corrispondenti a (b) e (c), il chc fornisce A =- 0, 8 = I,

ella 95. P a rametri dcl decadimento del neutrone e del ' Ne. W eut rne Tl ?

B A E

n

0 1( — I) 0 0

IO,SO+ 0,16 min 0,7S IVleV 0,115 + O,OOS 1,01 + 0,04 ( 0,0025

— 0,1+0,1

"Ne

17,36+ 0,06 sec 2,206 MeV — 0,039 + 0,002 — 0,90+ 0,13 0.001 + 0,003

374

C apii r d n V

Assumendo per convenzione Cr. = 1, la costante g dedotta dne cambia notevolmente da quella che si ottiene ncl caso di m, =0, 9.7. Calcolare lii differenza tra le costanti di decadimento del 'Be neutro e del 'Be dnppiamente ionirz;itn, facend usn di funzioni d'onda anche grnssnl.inamente approssimiite. Si supponga di pntcr produrre 'Bc ' ' , Q u i>le sarebbe la sua vit;i media? 9X M o strare che il decadimento dcl )t e del neutrone danno In stesso valore di g. 9.9. Supponi'imn di voler mostrare che nel decadimcnto beta sia emesso solo un neutrino (e non, per e'empio, due). Calcolare la distribuzione delhi quantità di moto degli elettroni quando sono emessi due neutrini. (/>tt>t«: in questo caso, I;i qu.intità di moto dell'elettrone non dctermin;i le quanti('i dei due neutrini e nellii distribuzione nello spiizin delle fiisi comp iionn come vari;ibili la qinintit i di moto del('eleitrnne e quella di unn dci neutrini. I.;i distribuzione aspettiita si ric >va integr;indo sui valori dell;i qu.intit.'i di moto del neutrino).

371I

C«p« r> lr>

9.10. Tracciare il grafico della forma dello spettro beta in funzione de!l'impulso o del)'energia. Come si p,issa diii d k +

2

[10.7. 14]

in cui r„è detto l «ggi(>(IIi(«< e del potenziale (vedi App. E). L'eq. [10.2.14] è soltanto approssimata, m i il t e r m ine successivo sarebbe in k" r ,>moltiplicato per un p i c colo coefficiente (- 0,10). Fisicamente il raggio efficace corrisponde alla distanza media di interazione tra ncutronc c protone. Il raggio c(T>cace non va confuso con la larghezza di »na buca rettangolare (r(> dell'eq. [10. .5] ) o col parametro di lunghezza in altri tipi di potenziale. sebbene per una d.ita forma del potenziale le due quantit» siano interdipen­ denti c sovente dello stesso ordine di grandezza. È notevole che in questa eccellente «pprossimazione l'intero processo di ditTusione neutrone-protone » b a ssa energia è hezza di diffusione e raggio efficace. Misure a bassa ener,47 I>$3

8,12

5,17

10>74

10 7,2 0

2

á,>6 6,00 6,4 0

6$2 5,7 5

0 p+ I

8,32

(2')

7,01

(2')

2

6,» 6,72

p+

6,58 6,09

0,00 (5,15)

I

0+

000 I>PII

0

0,00 (0,156) T~ I "t)(7;- — t)

p+

r-i 20N(T> ~ 0)

' C(T, +

I I

Figura 10.8. Di a gramma dei livelli di nuclei con A =14. Le energie relative rappresentano le

masse atomiche. ~a (BM 69)].

Sistemi u due corpi e (or < ntpT(I)i (2)+ tt(2) v(l)]

pe r

T -'= 2 ,

[10.4.7]

v(1) v(2) l ~ [>T(1) v(2) — tt(2) v(1)] p e r

l -'

T- ' = 0 ,

T, = 0

[10.4,8]

L'autofunzione completa per il sistema di due nucleoni si puo ora scrivcrc come f (r, s,, s., t,, t,) in cui r rappresenta le coordinate relative dei due nucleoni, s,. s, i loro spin, e t,, t, i loro isospin. Questa espressione può scriversi anche come prodotto f„ ( r) /„ '( s„ s,) f,(tt, t,) se si trascurano. ncll'hamiltoniana, le interazioni tra isospin e spin, spin e coordinate ecc., e in generale tra gradi di liberta di tipo differente. Le funzioni f e f

prendono le forme delle eqq. [6.5.13], [6.5.14], [10.4,7] e [10.4.8]. Si puo ora riformulare i! principio di Pauli dicendo che le autofunzioni debbono essere antisimmetriche rispetto allo scambio di tu t te le coordinate, quelle di isospin incluse. Per un sistema p-p o n-n i! fattore dell'autofunzionc di isospin è tt (1) tr (2) o v (1) v (2) ed è simmetrico rispetto allo scambio di 1 con 2. Quindi la parte rimanente dell'autofun­ zionc deve essere antisimmetrica rispetto allo scambio delle coordinate spaziali e di spin e si ricade cosi nella condizione usuale del principio di Pauli per particelle identiche.

394

Cnpi < olo/ 0

Come applicazione al sistema n-p, si n ot i c h e pe r i l d e u t one nello stato ' S ,Sbee

T3 V

soSne~

~

T = u ~

Figura 10.1L S pettro dei livelli del ',",Sb (T, = 15/2). Gli stati con T = 17/2 sono stati osservati come risonanze nei processii, t''i Sn( n (p, p) i e e,oSn(p, »e n). I livelli virtuali corrispondenti alle risonanze sono l'analogo isobarico dei livelli di bassa energia del ",oSn(T=1 7/2). I dati della figura m ostrano la rassomiglianza esistente tra i due nuclei rispetto a li int ll' d ' i dii lelg ametrai ' ive i i T, quan ici i spin-parità dei livelli con T = 17/2. La differenza di energia ll' d' ' erenza d' i energia cou lombiana. / e , = / 2 d e l multipletto diT = 17/2 corrisponde alla differenza ' b'

[Da (BM 69)].

Anche per elevati vaio ri di T, come si trovano nei nuclei pesanti, la situazione nos cambia. Cosi nel caso del " „ ' S b l o stato fondamentale ha — T, =~ ( Z — N) = 15/2, e

quindi T > 15/2. Esistono d'altronde altri livelli con T = 17/2, i quali appaiono con)e risonanze in bombardamenti p-p e p-n del ','iù bassi, una per livello, secondo il principio di csclusionc. Per ciascun livello si ha una certa energia cinetica, e l'intero insieme avrà perciò una energia cinetica totale, che si puf> calcolare facilmente e che risulta proporzionale a A " ' R ' (v e d i cap. 6). Nello stato fondamentale T + U s a r à m i n ima. e con questa condizione si potrà determinare il solo parametro disponibile: il raggio nucleare R. Per grandi,4, l'energia potenziale è proporzionale ad A-', e quella cinetica ad A"-'. Se scegliamo R in modo da rendere minima l'energia potenziale, il corrispondente aumento di energia cinetica al variare di R sarà insufficiente a bilanciare l'aumento di energia potenziale e il legame sarà massimo in prossimità del valore di R chc rende minima l'energia potenziale (cioè per R uguale al raggio d'azione delle forze nucleari, qualunque sia A). In altre parole, i termini proporzionali ad A' prevalgono sempre su quelli proporzionali ad A"' , e basta

Sistemi u r=e nucleari

40 t

quindi minimizzare l'energi«potenziale pcr ottenere lo stato fondamentale, Ne segue che tt>tt' i nuclei «vrcbhcr lo stesso raggio approssimativamente eguale «l raggio d «zione delle forze nucleari. Ci contraddice i dati sperimentali, poiché sappiamo che i raggi nucleari sono proporzion«li «d A' ' e non sono costanti pcr grandi A. Inoltre, l'energia

  • 1>iegare la costanza della densità della materia nucleare, Si hanno anche altri meccanismi che producono 1«saturazione oltre quello dovuto al nocciolo repulsivo. Le forze chimiche prescnt«no esempi tipici di saturazione: due atomi di idrogeno si combinano a formare I«n>olecola di idrogeno, ma un terzo atomo non 1>t>ò venire legato da tale molccol«. La causa quantistica di questo effetto è ben nota. 4i'eli«molecola di idrogeno i due elettroni si sovrappongono, o meglio, si trov«no nella stessa orbita spaziale, sebbene con spin opposti. Un terzo elettrone non può occupare quest'orbita, per il p r incipio di 1>auli. Questo esempio suggerisce una analogia per il caso dei nuclei, c l« forte energia di legame (28.11 MeV) de lla p a r t icella alfa d à i m p o r t a nti i n d i cazioni q u a litative sul legame. Faremo l'ipotesi che ciascun nucleone possegga legami qualitativamente simili a quelli della valenza chimica. Ncl caso di D , ' H e "H e si h anno. rispettiv«mente, duc 1>articelle e un legame, trc particelle e tre legami e quattro p«rticelle e sei legami. D«i valori dei difetti di massa si trova che l'energia associata con ciascun legame e 2,22; 2,83; e 4,72 MeV. Un« q u i nta particella non e più legata, essendo il ' H e e i l ' L i e n t r ambi instabili. Il fatto che si raggiunga la saturazione per un« struttura a quattro nucleoni, )t ('i'> "zsz) = A (1 2)

    [10.(>. 1]

    i>1 cuir,, s, sono la coordinata e lo spin del neutrone c rz, sz la coordinata e lo spin del protone. Il valore medio del potenziale si ottiene con la regola usuale

    (U) =

    Q ( 1, 2)* U(1, 2) f (l, 2)dz,so sotto un angolo {), non dipende solo da {), ma anche dall'angolo ii> compreso tra i ~)i>e piani di diffusione. secondo la relazii>nc l =- r{ { {), ) + 8 { (l, ) cos y

    [ )0 .7. I ]

    Il fatto chc la quantità fSè diversa da zcn> indica che il fascio incidente sul secondo bersaglio è polarizzato. Per definire con precisione consideriamo vettorialmente gli impulsi della particella incidente e diffusa in ciascuna di)Tusione, e poniamo Pi ~ Pa

    Ili =

    I pi >c p~l

    [10.7.2]

    in cui l'indice I, 2 significa prima e seconda diffusione. e i e cl incidente e diffuso. Si ha allora n> n, =c o s>p

    [10.7.37

    I.a polarizzazionc dcl fascio si definisce come rapporto .V ' — >V P­

    Vt

    [ I 0.7.4]

    in cui W' rappresenta il numero di particelle con spin diretto verso l'alto, ed >V verso il hasso. La direzione alto-basso è qui assunta perpendicolare alla giacitura del piano di ililfusionc. Questa definizionc equivale a dire chc P è il valore medio della componente ài ti nella direzione di n. Se si fa diITondere un fascio non polarizzato da un bersaglio privo di spin, il fascio diffuso sotto un angolo () acquista una polarizzazione P che è funzione di f), dell'energia del fascio e delle particelle considerate. Questa polarizzazione è spesso chiamata potere polarizzante. In «Itre parole P e la p olarizzazione, dopo la diffusione, di un fascio inizialmente non polarizzato. Si indichi con p{ + 5 + ) Ia probabilità chc una particella incidente, con lo spin diretto verso l'alto. sia diffusa a sinistra con spin ancora diretto verso l'alto e con p{+ S — ) la

    410

    Capitato iu

    probabilità che la stessa particella sia diffusa a sinistra con spin diretto verso il basso. Si hanno in totale otto di queste probabilit.à. Queste, però, non sono indipendenti, come si puo vedere osservando che una r o tazione di 180' a t t o rno a lla d irezione del fascio incidente cambia p(+ S+ ) in p( — D — ), per cui le due quantità debbono essere uguali. Inoltre, nel caso specifico di una particella di spin s difTusa da un centro privo di spin ]a componente dello spin normale al piano di diffusione non puo invertirsi, ossia p(+ S — )=Q. Di conseguenza si puo scrivere per il nostro caso p(+ S + ) =

    p ( —D —) =( I+

    P)

    p( — S+) = p(+ D —) = 0 p (+ S — }= p( — D+) = 0 p( — S — ) = p(+ D+ ) = '( 1 — P) Per misurare la polarizzazione di un fascio. consideriamo dapprima la diffusione di u>i, fascio non polarizzato da un centro privo di spin (ftg. 10.15). Il numero di parti«e)k diffuse a sinistra e a destra con spin diretto verso l'alto o verso il basso è dato nella tabella 10.1. Tabella 10.1. In t ensità del fascio nella diffusione semplice e doppia. Spin"

    Fascio

    Intensita

    Incidente Diffuso una volta a sinistra (S)

    ip> (1

    + P,)

    zP> (l — p )

    Diffuso una volia a destra (D)

    Diffuso due volte a sinistra (SS)

    Diffuso due volte: prima a sinistra poi a destra (SD)

    zp>(1 + p, ) l (I + P>)( l i- Pz) zp>Pz I >P>pz(1 — P,)(1 —Pz) l

    :P>Pz (1 -t P,)(1 — Pz)

    >P>pz(1 — P,)(1+ P,)

    ' ll segno + sta ad indicare spin su; il segno —, spin giu.

    " p e P sono funzioni del)energia e di t) (f>g. )0.)5). L'intensità a sinistra e a destra, dopo la prima difTusione, e ancora la stessa, mentre lz polarizzazione del fascio difTuso a sinistra è

    (1+P ) — (I — P ) (1+ P,)+(1 — P,)

    — P,

    [ I 0.7.s]

    In una seconda diffusione del fascio di sinistra, l'intensità della difTusionc a sinistra e a destra sarà differente. Se nella prima e nella seconda diffusione, l'energia e () sono gli stessi (P, = Pz = P), avremo un'intensità a sinistra proporzionale a S = ( l + P)'+ (I — P)' = 2(1 + P ' )

    [ 10.7.6]

    e a destra un'intensità proporzionale a D = 2 (1 + P) (1 — P) = 2 ( l. — Pz)

    [ 10.7.".]

    Sistemi a due corpi e forze mtcleari

    4t t

    0 9

    Se Si

    e

    = 18 0 '

    O+(I + P) (1 — P) O(l — P) (l + P )

    DI R

    18po

    Figura 10.15. Diffusione di particelle di spin —,'da parte di un centro privo di spin. Il fascio non polarizzato I è diffuso dal diffusore S,. Le intensità diffuse nelle direzioni 2 e 2' sono identiche, ma i fasci diffusi sono polarizzati. Il fascio 2 diffuso in S, dà ora intensità differenti nei fasci 3 e 3'. Il numero di particelle con spin su o giù nei differenti fasci è proporzionale alle quantità indicate con Q+ e O. Si è supposto per semplicità che P, = P, = P e inoltre sono stati omessi i fattori —,'P, e

    Quindi s

    S —D

    2+ 2P' —2+ 2P'

    S+ D

    2+ 2 P ' + 2 —2P

    p2

    [10.7.8]

    La quantità e è c h i amata asimmetria. I l r a p p o rto (S —D)j(S+ D) è m i s u rabile direttamente e da esso si può ottenere P a meno del segno. Il segno a sua volta può esser determinato o studiando l'interferenza tra la diffusione nucleare e quella coulombiana, o rallentando il fascio polarizzato e sfruttando poi alcuni processi di fisica nucleare di bassa energia in cui il segno della polarizzazione è prevedibile (Marshall, 1955). La quantità P è per definizione il valore medio della componente di ti nella direzione z perpendicolare al piano di diflusione. Se la parità è conservata nella diffusione di un fascio non polarizzato da parte di un bersaglio d! spin zero, la direzione di a deve esser definita dai due impulsi p; e p,, che sono vettori polari. Però, tr è un vettore assiale, e il s olo modo di formare un vettore assiale con due vettori polari è di p o r r e CGC Pt X Pd

    con il che ti ri sulta perpendicolare al piano di d i f fusione, Si conclude che nel caso considerato

    Tuttavia si può avere un fascio con ( tr ) i n d i r ezione arbitraria. accelerando, per esempio, protoni polarizzati. Per una misura completa di ( tr) occorre conoscere le sue tre componenti. Prendiamo l'asse.' nella direzione del fascio e quelli i e z perpendicolari

    ad essi. La diffusione nei piani xr e xz dà (tr ) e (os). Per ottenere (o„) si può deflettere il fascio magneticamente o elettricamente in modo da far ruotare lo spin (vedi par, 2.13). Nel fascio deflesso la componente (a„ ) o r i g inale ora ha componenti trasversali che possono misurarsi con esperienze di diffusione. In tal modo si determina il vettore (cr). Per capire l'origine dell'asimmetria destra-sinistra prodotta dalla diffusione nucleare di protoni p o larizzati, consideriamo l a d i stribuzione della densità p d e ll a m a teria

    412

    Cupit o lo i n

    nucleare ed un nucleone in moto attraverso essa. Lc forre nucleari sono a corto raggio, e la forza risultantc agente su un nucleone dentro il nucleo è 0. Vicino alla superficie, pero, il nucleone è soggetto «d unii forza dovuta alla materia nucleare che si trova solo da una parte del nucleone. In questa regione l'energia (scalare) può dipendere soltanto da cr, p e Vp. Il solo scalare che si puo formare con il vettore assiale e e i due vettori polari p e Vii è proporzionale a

    a (Vpx p ) dove

    r dp

    [10.7.10]

    Vy) = — ­

    r

    dr

    e r è un vettore chc va dal centro del nucleo al punto considerato. Questa è l'espressione per l'energia di accoppiamento spin-orbita. Infatti essa puo csscr riscritta coine 1 (ly) V = cost — o" I r r/r

    [10.7.11]

    in cui I = r x p e il m o m e nto angolare. Secondo il modello a strati del nucleo, il segno del coefficiente dc!l'accoppianiento spin-orbita deve esser negativo (figg. 10.16 e 10,17).

    Si usi ora un modello ottico (cap. Il), aggiungendo al potenziale complesso (U, + (U,) l'accoppiamento spin-orbita. Pcr una prima approssimazione usiamo il metodn di Born, secondo il q u ale l'ampiezza di diffusione da ciascun punto del diffusore è proporzionale al valore locale del potenziale. Sc l'onda incidente ha equazione i""'c contiene soltanto particelle con spin verso l'alto. l'onda diffusa sotto un certo angolo() ha ampiezze differenti a seconda che sia diffusa da destra o d a sinistra del nucleo; giacché da una parte l'accoppiamento spin-orbita V aumenta il potenziale di diffusionc, mentre dall'altra lo decresce. La diffusione dalle due parti del nucleo comporta una differenza di fase di +! R() rispetto alla diffusione prodotta dal centro del nucleo. Come risultato, l'onda diffusa sotto un piccolo angolo O ha ampiezza

    (U, + iU,)exp(ikr) —Dexp(ik(r — RO)]+ Dexp[ik(r+ RO)] = = (U, + iU , + 2 iD sin kOR) cxp(ikr)

    [10,7. 1 ']

    in cui D è il volume della zona in cui si ha decremento e aumento del potenziale sita iti prossimità del bordo del nucleo, rapportato al volume nucleare totale, moltiplicato perii potenziale prevalente al bordo del nucleo. R è il raggio dcl nucleo. In questa espressione si è tenuto conto delle differenze di fase c dcll'ampiezza delle onde elementari che + 4D sin l OR + 4UzD sin kOR

    [ 10.7,13]

    È l'ultimo termine che genera l'asimmetria destra-sinistra ne)l'intensità diffusa. 5i noti che per p r o durre l'ef f ett , U , d e v e essere diverso da zero (cioè, si deve avets assorbimento nucleare), e che è il segno di D a determinare se le particelle son diffuse più a destra chc a sinistra. Per piccoli angoli, le particelle con spin verso l'alto vanno i sinistra se il segno dell'accoppiamento spin-orbita è quello richiesto dal modello a strati. Le considerazioni qui r i p o r tate per mostrare il m eccanismo da cui si o r i gina l~

    Sistemi a Che cerpi e forse nueieeri 4

    D

    Figura 10.16. Fascio di protoni polarizzati (spin su) che urta un nucleo. L'area ombreggiata rappresenta la regione in cui il potenziale nucleare è distorto dall'accoppiamento spin-orbita. La hgurae puramente schematica.

    spin 20 10 0 ~20 60 MeV 40

    6

    $

    a

    4

    3

    2

    1

    0 r,F

    1

    2

    3

    4

    5

    6

    Figura lkPX ~~ >tgel ~ tssi a le nucleare dovuta all'accoppiamento spin-orbita per uns particeihii stnn spin sn diretta perye~ r tne n t e al piano del disegno: (a) senza accoppia­

    mwto spin-orbita, {b) con accoppiamento spin-orbita

    414

    Capi r o io l n

    asimmetria sono solamente qualitative. Una teoria più r affinata esula dagli scopi di questo libro. In A ppendice C sono descritti metodi per trattare i fasci polarizzati con maggior dettaglio di quanto discusso in precedenza. È ivi mostrato che la diffusione di una particella di spin s da un centro con spin nullo è descritta da tre numeri, ciascuno funzione dell'energia e dell'angolo di diffusione. Si potrebbe, per esempio, prendere per essi la sezione d'urto differenziale di diffusione, il numero (ir ) che dà una misura del grado di polarizzazione del fascio difTuso quando quello incidente non è polarizzato, eà uno dei parametri di W o l fenstein mostrati in figura 10.18. ( io richiede in pratica un esperimento di dilTusione tripla, oppure, avendo a disposizione un fascio già polarizzato. un esperimento di doppia diffusione. In figura 10.18 la prima e l'ultima diffusione non son riportate. perché esse non sono necessarie in linea di principio. /

    / s /

    /

    /

    /

    /

    FT i

    pi, o$

    P

    N

    p.

    (b)

    p con impu)s —q, C„, si definisce come i) va)re di ;»torio.

    • Cili esperimenti di ditTusione nucleone-nucleone, nei quali si hanno due particelle

    alla diffusione del i>ac!eolie da un centro di spin zero. l'er una descrizinc completa della diffusione. si richiedono in gener;ile undici parametri funzioni dcll'energia e dell'angol in luogo dei trc precedenti. Il numero si riduce a nove sc i nucleoni sono identici, o se si assume l'indipendenza dalla carica. l'er riciivarli si deve eseguire un cert numero di esperimenti f >er deterniinare la sezione d'urt di dilTusione. la p o l arizzazione, i p a r ametri d i Aolfenstein e, cventua)n>ente, i ccfTicienti di correlazione. Questi ultimi si possono ottenere partendo da uii lascio non poli>rizzato ed un bersaglio pure non polarizzato e determinando i valori medi delle quantità tipo (ostrier calcolare in funzione dell'energia un insieme di sfasamenti per le di f f e rent nde

    416

    Cap k ein N

    1000

    tr set(stP) ~ 100

    trai(pp) 100 1

    10

    100

    Pa . QeV/'c} Figura 10.20. Sezione d'urto totale neutrone-protone e sezione d'urto, totale ed elastica, protone-protone in funzione dell'energia. P)a (RPP 74}).

    0,6

    OP

    pV f350 MeV

    -0,2

    l i(}P ) i l

    J 3lO MeV -0,4

    j 95 MeV

    -0,6 0

    20

    40

    60

    80

    l 00

    120

    l 40

    I 60

    l 80

    I }crá

    Figura 10.21. Misure di P(8) per urti neutrone-protone a differenti energie. [Da McG Moravcsik e Stapp, compilazione in Ann. Rev. Nucl. Sci, 10, 291, 1960].

    Sistemi a due corpi e forze nucleari

    417

    componenti. Ciò si fa usualmente partendo da un i nsieme arbitrario di sfasamenti e ricalcolando con essi (con l'uso di calcolatori veloci) le quantità osservabili, cambiando quindi alcuni sfasamenti e migliorando sistematicamente in ciascuna prova l'insieme iniziale. Spesso, pero. studi di questo tipo portano a diversi insiemi di sfasamenti tutti egualmente accettabili, con la conseguenza che i risultati ottenuti risultano ambigui. Il confronto tr a l a t e o ri a e i d a t i s p erimentali si f a u s ualmente attraverso la valutazione degli sfasamenti. Per esempio, le t eorie mesoniche delle forze nucleari possono esser controllate verificando se esse riproducono gli sfasamenti sperimentali ottenuti. Vi sono insiemi di valori degli sfasamenti che fino a 300 MeV sono ragionevol­ mente soddisfacenti e con i quali si son calcolate onde fino a I = 5 e J = 6. Un altro modo di affrontare il prnblema, diverso dal calcolo degli sfasamenti, richiede il calcolo di una

    «matrice di diffusione» (vedi cap. I 1) avente 4 x 4 elementi complessi, non tutti indipendenti e che si riducono, come abbiaino detto, a 9 n umeri. Ciascuno di essi è funzione dell'energia e dell'angolo. I due metodi presentano vantaggi differenti e sono

    l'unn complementare all'altro.e

    10.8. Ca ttura di neutroni lenti in idrogeno Tra i problemi a due corpi che possono esser trattati semplicemente. raggiungendo una buona approssimazione, vi è l a c a tt ura d i n e utroni lenti i n i d r ogeno e l a r eazione inversa, la fotndisintegrazione del deutone per l o m eno a b assa energia. Essi sono interessanti non solo perché costituiscono degli esempi tipici di problemi a due corpi. ma artche perchc sono degli esempi di fenomeni elettromagnetici nei nuclei. Le reazioni trattate sono fl + p ~(l + lm j

    [10.8.1]

    Leggendo da sinistra a destra si ha la cattura dei neutroni, da destra a sinistra si ha la fotndisintegrazinne. Ve)la reazione di cattura di neutroni lenti si deve ottenere il solo stato legato del ùeutonc, che è quasi interamente 'S„ p a r t endo da uno stato del continuo. Lo stato 'So ùcl continuo può passare ad uno stato S „ p e r r adiazione di dipolo magnetico, secondo le regole di selezione del capitolo 8. Gli stati S , del continuo non danno invece luogo a cattura radiativa, come vedremo tra breve. Descriveremo un modello classico del meccanismo di cattura, Il momento magnetico ùel deutone nnn ha la stessa direzione della somma degli spin, perché i duc spin portano momenti magnetici di(Yerenti (fig, 10.22). Quindi in un sistema n-p nello stato 'S, si ha un momento magnetico risultante che avendo un moto di precessione attorno al momento angolare totale fisso, puo irradiare. La radiazione di un d i polo magncticn (cap. 8) è completamente analoga a quella di un dipolo elettrico, e la probabilità di transizione per ttnità di tempo è co

    3 Ac'

    l(ir; l'

    [10.8.2]

    in cui (c,i.", ' ' = 2 m' i>' ~ 1 + m„'

    = ]Q (

    m„ + m, m„

    [11.1.6]

    L'energia di soglia si ottiene quindi per una velocità »'. tale che 1

    » > cm A

    ~". = IQI

    2 »iA+ m~

    [11.1.7]

    quindi la velocità richiesta u,' è quella che avrebbe una particella di massa ridotta p = »i,mA,(m, + mA) e di energia cinetica ) Q ),

    Nella fisica nucleare delle basse energie è sufficiente l'approssimazione non relativi­

    42$

    Cap i ro!o ! I

    fascio

    Figura I! . /. Fi g u ra scheinatica di un dispositivo speriinentale per una misur i di sezione d'urto d'attivazione. A, assorhitore; d, foglie per la attivazione; F, gabbia di Faraday.

    stica mentre i n q u e lla d e lle a lt e e nergie son q u asi sempre necessarie le f o rmule relativistiche esatte (vedi appendice D). Lo studio sperimentale delle reazioni nucleari costituisce da solo una vasta parte della fisica nucleare sperimentale. Qui d a remo un a i dea generale dei metodi usati descrivendo alcune realizzazioni sperimentali senza entrare in particolari tecnici. Bombardando con protoni un nuclec. per esempio " A l , si puo indurre una reazione n ucleare e il p r odotto può essere radioattivo; cosi la reazione (p, y) dà luogo a " S i stabile, quella (p, n) a "Si emettitore P', e quella (p, d) a ' A l p u re emettitore P . L'no studio del tipo e del rendimento delle reazioni puo essere fatto separando chimicamente o con uno spettrografo di massa i vari p r odotti mediante un'analisi delle radiazioni emesse. La sezione d'urto per una certa reazione, quando si abbia un fascio di protoni di intensita nota e un bersaglio di spessore dato, si ricava dalla relazione epa. t '= N

    [I L1.8)

    misurando il numero di nuclei prodotti N ; nella relazione scritta, valida per un bersaglio che assorba solo una frazione trascurabile del fascio, tp è il numero di particelle incidenti, . l ' il numero di nuclei bersaglio per area unitaria e tr la sezione d'urto della reazione considerata. Nel nostro esempio cp può essere misurato raccogliendo i protoni in un p ozzo ài Faraday e ricavandone il numero dalla carica totale; . l ' si ottiene dallo spessore del foglio di a l l u minio ed N da l l a r a d i oattività formata nel bersaglio, opportunamente corretta per il decadimento. Formando una pila di un certo numero di fogli e misurando la perdita di energia dei protoni, si puo ottenere la ti come funzione dell'energia, cioe la «funzione di eccitazione». I f o gli d i a l l u minio possono essere ricoperti (per es. per evaporazione) da u n a s o stanza diversa; basta allora c onfrontare l'attività indotts nell'alluminio e nella sostanza per ricavare la funzione di eccitazione della sostanza. un> volta nota quella dell'alluminio. La figura 11.1 mostra un tale dispositivo, mentre una tipica funzione di e c citazione ottenuta i n u n a e sperienza con f o gli s o vrapposti i riportata in figura 11.30. La sezione d'urto di d iffusione può essere misurata rivelando, con un contatore.i protoni diffusi come in figura 11.2. Se si misura il numero di protoni diffusi per unità di angolo solido in funzione di 0, si ottiene la sezione d'urto differenziale drr!dtu; se poi >i misura anche l'energia del pr otone si può stabilire se la diffusione è elastica o n0:

    l'energia può essere ricavata misurando il percorso dei protoni diffusi interponendo i)i fronte al contatore degli spessori crescenti, Quel che si ottiene allora è la sezione d'uria differenziale d o/dcodE La polarizzazione dei protoni diffusi può essere studiata facendoli diffonder
    exp(+i k > r>)/(4rrv>)"'. Ne l la s ituazione corrispondente all'inversione temporale s i c o n sideri l ' o nd a i n c idente n o r m alizzata exp ( —ik>r

    PV

    l00

    l 50 peso atom. nucleo bersaglio

    Figura 11.19. Larghezza di radiazione sperimentale riportata in funzione del peso atomico, da cui si vede la lenta diminuzione della larghezza di radiazione con il peso atomico, nonché una discontinuità in corrispondenza agli strati nucleari chiusi in prossimità di A = 200. [Da Hughes, Neutron CrossSections, Pergamon, Londra, 1957].

    formule di Breit-Wigner che sono di grande importanza nei lavori sui neutroni e anche in altri campi della fisica nucleare e delle particelle 1"o) 2

    (

    )=

    n

    ' l'/4+ (E —E,)'

    [11.6.27]

    [11.6.28] Le formule di Breit-Wigner possono essere riscritte in termini delle variabili adimensionali E = 2 ( E O — E)/I e d x = I „ / I (de t t a el a sticità). A b b iamo a l l o ra p e r

    l'ampiezza di diffusione Á/A = x/(s —i)

    [11.6.28a]

    rrs = 43r X x2/(e2 + 1)

    [11.6.28b]

    tr„=42tk x(1 — x)/(s + 1)

    [11.6.28c]

    o; = 42rk x/(s + 1)

    [11.6.28d]

    La parte reale e la parte immaginaria dell'ampiezza di diffusione sul piano complesso sono date in figura 11.15, in cui indichiamo anche ri e 8.

    4áO

    Capit o lo l I I 04

    otot

    O,IO

    O

    O

    IO'

    IO

    0,01

    0,O I

    O,l E,eV

    0,001 1,0

    Figura 11.20. Dipendenza dall'energia della sezione d'urto totale del cadmio e rapporto tra le sezioni d'urto di diffusione e di assorbimento per neutroni sotto I eV. Scale log-log,

    Se al fondo risonante deve essere aggiunto un fondo non risonante, la situazione si complica, e per questo caso rimandiamo il lettore alla letteratura. Esempi classici della risonanza (n, y) sono illustrati nelle figure 11.9, 11.18, 11.20, 11.21, 11.22 e 11.54. Se si hanno vari livelli risonanti vicini, la sezione d'urto assume una forma più complicata. Molti esempi di sezioni d'urto per neutroni si trovano nell'atlante di Hughes (Hughes et al., 1960). L'eq. [11.6.28] contiene un fattore 1/v, implicito in P., che moltiplica una funzione avente la forma t i p ica della risonanza. Se la risonanza è molto l a rga rispetto alla

    differenza E —E„cioè se I '/4» ( E — E„), o se E,» E , si che variazioni di E non influenzino il denominatore, il fattore di risonanza è pressoché costante e cr (n, y) segue la famosa legge 1/v. Ciò avviene per esempio nella reazione ' B( n , a) che è retta da una relazione simile all'eq. [11.6.28], in cui I ., è sostituito da I „. I l b o r o (composizione isotopica normale 19,8 per cento di ' B ) h a u n a sezione d'urto di assorbimento per neutroni data da

    tr (v)—

    tr (t'o) t'o ( 7 60 + 2) (2200) 'Ù



    (bar n)

    [1 1.6.29]

    in cui r è misurata in metri al secondo. Questa relazione è valida per energie che vanno da 10 ' f i n o ad almeno 10' eV. L'assorbimento in boro è un buon mezzo per misurare l'energia dei neutroni.

    Reazioni nucleari

    46l

    l0 000

    l 000

    100

    10

    I 0,1

    10 E, eV

    Figura 11.21. Sezione d'urto totale del rodio in funzione dell'energia. Scale log-log.

    Come si è visto, le quantità ri o f delle eqq. [11.5.8], [11.5.11] e [11.6.6] descrivono completamente le sezioni d'urto di diffusione e di reazione. Perciò, uno dei problemi essenziali nello studio delle reazioni nucleari è quello di calcolare ri da un modello. Allo stadio attuale non è possibile analizzare nei particolari la dinamica nucleare (e ottenere cosi ri). Tuttavia ci sono alcune condizioni estreme nelle quali rl si comporta in maniera

    semplice e prevedibile. Prenderemo in considerazione due esempi. Supponiamo dapprima che la particella che penetra nel nucleo acquisti all'interno di esso una energia cinetica molto maggiore di quella che aveva all'esterno, e che scambi energia rapidamente con gli altri nucleoni. In queste ipotesi una particella entrante ha una probabilità molto piccola di lasciare il nucleo una volta che ne ha attraversato la superficie. La funzione d'onda dentro al nucleo ha approssimativamente la forma u,xe ' " '

    per r ( R

    [11.6.30]

    senza che sia presente un'onda uscente. Da questa espressione si ottiene immediatamen­ ie f = — iKR [11.6.31]

    e dalle eqq. [11.6.6] e [11.6.2] K — k — 2ikR

    K+k

    e

    [11.6.32]

    462

    Capi t o l o I l

    1 000

    b

    10 X­

    1

    )100

    10 000

    10 E,eV

    Figura I1.22. Sezione d'urto totale del cobalto in funzione dell'energia. Scale log-log.

    G„= trai

    4kK

    (K+ k)'

    [1 1.6.33]

    Si è già vista questa espressione, eq. [11.4.4], come il prodotto della sezione d'urto tt).' moltiplicato per un fattore di t rasmissione.

    L'analisi per l > 0 e per particelle cariche è più complicata e non sarà discussa qui. La situazione sopra descritta si riferisce a neutroni con energia da diverse centinaia di keV fino a qualche MeV.

    Nel secondo esempio l'energia della particella incidente (per es. un neutrone lento) è tale che nessun canale ad eccezione di quello di entrata è aperto ; il nucleo composto può riemettere soltanto la particella incidente con l'energia di incidenza. La funzione d'onda

    all'interno della superficie nucleare è quindi Min

    — ikr ~ i (

    Kr + 2t,')

    [1 1.6.34]

    con le onde entranti e uscenti della stessa ampiezza ma in genere sfasate. Si ha allora

    f = — KRtan(KR+ ()

    [1 1.6.35]

    con la fase ~ dipendente dall'energia s della particella incidente. Per i valori di e in corrispondenza dei quali f si a n nulla, si ha un massimo abbastanza stretto per la sezione d'urto di diffusione, la quale, in prossimità di questo massimo, presenta una risonanza di larghezza I = ­

    2kR

    df/da

    [1 1.6.36]

    Rea:iani nucleari

    463

    ln realtà gli zeri di f co r r i spondono a livelli energetici virtuali. I livelli di risonanza compaiono, secondo l'eq. [11.6.35], ogni volta che

    [11.6.37]

    KR+ ( = Z ( E) = n/r

    con n intero. Se dZ/dE fosse costante i livelli sarebbero separati da un i n t ervallo di energia D* ta le che

    dZ — D *=/ t

    [11.6.38]

    dE

    La distanza media vera D tra i livelli è dello stesso ordine di grandezza di D' e da ll'eq.

    [11.6.36], osservando che alla risonanza df

    K Rd Z

    [11.6.39]

    si ottiene la interessante relazione 4k D* r=­ K

    [11.6.40)

    2ii

    c he mostra che la larghezza dei livelli è piccola rispetto alla loro distanza finché k/K « 1 . Si può dare una interpretazione fisica dell'eq. [11.6.40] notando che I /((i è l'inverso àella vita media di un livello. Ora il nostro nucleo composto, per poter decadere, deve riassumere una configurazione opportuna, cosa che avviene grosso modo periodicamen­ te (periodo T). La probabilità di decadimento da questa configurazione è il coefficiente ài trasparenza o di trasmissione della superficie, dato dall'eq. [11.6.33]. Secondo Weisskopf il p eriodo T pu ò e ssere stimato col seguente ragionamento: c erchiamo di d escrivere semiclassicamente il m o t o d i u n a p a r t icella; a t a l u o p o costruiremo un pacchetto d'onde, il che può esser fatto soltanto sovrapponendo un certo numero di s t ati, d i ciamo N, le c u i e n e rgie n on s a r anno t r o p po d i v e rse da E o . Supporremo per il nostro scopo che esse siano date dalla

    [11.6.41]

    E„= Eo+ nD

    in cui n è un numero intero e D è la distanza tra livelli energetici vicini. Si suppone in tal modo che i livelli siano ugualmente distanziati, sebbene tale ipotesi non sia essenziale. La (// del sistema è allora N

    N

    p (l) — g (i y E —((E„(/A( — e — ((Epl/A) g O

    C( y e — ((nD(/A)

    [11.6.42]

    n=O

    e )P(' ha un periodo 2ii(r( T=

    D

    come si può immediatamente verificare dall'eq. [11.6.42]. La trasparenza è data dall'eq. [11.6.33], che per k/K «1 può scriversi 4k/K, e quindi r

    1

    (()

    T

    — = trasparenza x — =

    D 4k

    [11.6.43]

    2it(ri K

    La diffusione di risonanza sopra descritta si osserva nei nuclei leggeri e ad energie relativamente basse, fmo a 1 MeV, a seconda del numero di massa A del bersaglio o per

    464

    Cap (( o lo l l

    neutroni di bassissim;i energiii incidenti su nuclei intermedi. Vn esempio di qucst ultimu caso c mostrato in ligura 1!.22, chc da la risonanza del cobalto a 132 eV. Per questo si ha

    Si hanno infine casi importantissimi di r i sonanza quando la cattura radiativa e Ia fissionc sono preponderanti rispetto alla riemissione di un neutrone lento, cioè rr» r, o

    r,» r„.

    11.7. M o dello ottico Vn passo ulteriore nello sviluppo dei modelli nucleari basati su ipotesi semplici consiste nell'applicare alle reazioni nucleari le stesse idee fondamentali su cui si fonda il mode(lo a strati. La particella incidente penetra in una buca di potenziale simile a quella usata nel modello a strati. Poiché il proiettile dissipa energia dobbiamo aggiungere una parte immaginaria a quella reale del potenziale. Si ottiene con ciò il «modello ottico» (Bethe, 1940; Feshbach, Porter e Weisskopf, 1954). Per esempio per neutroni tra 0 e 41 MeV, si può prendere V(r) = 1'p (r)(1 + i )

    [11.7.1]

    in cui V( r ) si suppone sia una buca rettangolare della forma V„(r) = — 40 MeV

    r< R

    V () (() = 0

    r) R

    k = 1.45 zl' ~ x 10 ' L

    cm

    0,03

    Pcr calcoli numerici una forma (Woods c Saxon, 1954) spesso usata è Vo (i ) =

    V1 , + ir — Rl'a

    [ ! 1.7.2]

    con V, =da — e0 a — 20 MeV ) —— 0,7 — 0,13 (I =0,5 — 0,7 F

    R = (1,15 — 1,3S).4'' F Lc costanti del modello variano a seconda della natura e del!'energia delle particelle incidenti. La caratteristica essenziale dell'eq. [ 1 L 7.2] e c h e essa introduce un p o tenziale variabile con continuità, con una zona di variazionc rapida di spessore a in corrispon­ denza della superficie nucleare (r = R). La parte immaginaria q V(i(r) dà (' assorbimento del mezzo. Questo modello è stato chiamato a sfèra di cristallo opa(((. La soluzione formale dell'equazione di Schrodinger con il potenziale complesso permette di calcolare la derivata logaritmica della funzione d'onda alla superficie del nucleo e quindi di determinare le sezioni d'urto di diffusione e di reazione.

    Rea:ioni nucleari

    465

    (a) SS

    P

    //

    P

    /! // /0

    P / l7

    7

    Pi

    8IV

    d

    dd@

    Jg

    d

    /rd "' 'I

    /Sd

    J

    dd '

    / d// >t o t O

    /EO

    ECO

    dd qo a

    dd ~e

    /

    )dd~/d

    dd

    $-gdd

    f

    ~d

    /t ngm

    Y~ddeeV

    d

    (b) d

    / Zd t O N

    'eco

    ge>o /

    a/ / /~ J

    (c)

    fd As

    dd

    J

    tt'

    >e~

    /

    d-dar*d/ /AM

    a

    ztt ~

    Figura /1.23. (a) Sezioni d'urto totali per neutroni calcolate con il modello ottico in funzione di x'=(R//()' ed A. (b) Sezioni d'urto totali per neutroni misurate, mediate sulle risonanze, in funzione di E ed A. (c) Diagramma simile a (b) con x' = (R/P)' in luogo di E. [Feshbach, Porter e Weisskopf, Phys. Ret/., 96, 448, (954].

    Questo modello d à s o ltanto i l c o m p o rtamento del n u cleo mediato su t u tte le risonanze: di conseguenza esso non riproduce la regione di risonanze separate. Tuttavia, ad energie più elevate in cui le risonanze singole non sono risolte, il modello è in buon accordo con i risultati sperimentali, per le sezioni d'urto nucleari totale ed elastica, fino a un'energia di qualche MeV (come mostrato in fig. 11.23). Si debbono considerare onde con l < 5, che sono state incluse nella figura 11,23.

    Il modello può essere usato anche per calcolare le distribuzioni angolari nella diffusione neutrone-nucleo e fornisce una buona rappresentazione di proprietà nucleari più fondamentali, come il rapporto I „; D. I „/'D è approssimativamente costante, ma coii il modello ottico si può fare un ulteriore passo avanti e calcolarlo come funzione di A ed

    E„(fig. 11.24). Sopra a circa 50 M eV , i l m o d ello o t t ico pu ò essere usato in m a niera semplice considerando l a d i ff razione d i F r a u n hofer d a p a rt e d ella sfera d i c r i stallo opaca

    (Fernbach, Serber e Taylor, 1949), sebbene le costanti della buca siano alquanto diverse da quelle dell'eq. [11.7.2], con Vp che decresce e j che cresce con l'energia. Si può estendere il m odello ottico al caso di p articelle cariche, ma tralasceremo questa complicazione. Qualora nel potenziale sia incluso un termine proporzionale a e I (momento angolare e spin della particella incidente), esso fornisce anche una spiegazione soddisfacente dei fenomeni di polarizzazione osservati nella diffusione protone-nucleo

    (cfr. cap. 10). Il modello a sfera di c ristallo opaca può esser connesso al modello a strati con argomenti del tipo che segue, i quali, pero, non sono privi di a m biguità. Se mancasse la parte immaginaria del potenziale avremmo un'equazione di Schro­ dinger ordinaria con le orbite stazionarie corrispondenti. Il modello a strati, che si basa su quest'idea, mostra che tale approssimazione ha una certa rispondenza con la realtà. Ci si aspetta quindi che i livelli di risonanza di un nucleo composto siano determinati dalle caratteristiche della buca. Però con i parametri della buca ordinariamente usati, tali risonanze sono troppo rade nella scala de!l'energia. Inoltre, considerando i livelli disponibili in f u nzione di A , c i aspetteremmo di t r ovare (per una data energia) una risonanza in uno stretto intervallo di valori di A, perché l'energia considerata è energia di risonanza solo per il raggio nucleare corrispondente ad un particolare A. Supponiamo per esempio di voler calcolare Vu dal modello a strati. Osserveremmo che un certo livello (per es. il livello 3s) è appena legato per un certo A ; in questo caso A 1 5 0 . Ciò significa che per fik = ( 2 mVu)" l a f u n z ione d'onda 3s per r= R = r „ A ' ~ ha i l v a l o re di u'u necessario per assicurare giusto tale legame. Da ciò, dato R, si potrebbc ricavare lp. L'accordo tra il Vu calcolato in questo modo e il valore derivato dagli esperimenti di diffusione è buono se si usano forme realistiche delle buche. Gli effetti di ri sonanza vengono effettivamente osservati non su livelli singoli, ma piuttosto su gruppi di livelli, ammassati attorno a certe regioni di energia perché il livello singolo ottenuto col m o dello a strati è altamente degenere. Il fattore essenziale che determina la posizione del livello è la buca, ma l'interazione residua scinde il livello singolo in più livelli. Sperimentalmente o il potere risolutivo in energia dello strumento usato per la diffusione è insufficiente per risolvere le singole risonanze o in realtà i livelli si sovrappongono. I gruppi di risonanze sono allora osservati come variazioni relativa­ mente lente della sezione d'urto i n f u nzione dell'energia. Questo fenomeno è detto risonanza gigante (fig. 11.25). Problema più fondamentale è come collegare il potenziale del modello ottico alla interazione nucleone-nucleone. È sufficiente dire che è stato t r ovato u n l egame ira l'ampiezza della diffusione in avanti per il sistema nucleone-nucleone e le costanti dkl

    modello ottico (Riesenfeld e Watson, 1956).

    Reazioni nucleari

    15

    R = (1,15A'» +

    46 7

    ,4 ) F

    V, = 52 M eV

    10

    a(2rnVo)»/k = 1, 65 (i' = 0,06

    (I >(

    /

    il

    /

    /

    II

    /

    (c

    II

    nucleo nero

    (b)

    c urve teoriche ­

    0,5

    nucleo sferico di FPW, potenziale di Saxon n ucleo sferico di C W E , potenziale trapezoidale, assorbimento superficiale nucleo deformato CWE I

    0,2

    0,1 0

    2 0 4 0 6 0 80 1 0 0

    140

    180

    I

    220

    260

    A Figura 11.24. Funzione intensità per neutroni ad energia zero in funzione del numero di massa. La curva teorica (a) corrisponde al modello ottico con il potenziale di Saxon e le costanti indicate nella figura (FPW). La curva (b) corrisponde a un nucleo sferico con potenziale trapezoidale e assorbimento superficiale (CWE). La curva (c) corrisponde a un nucleo sferoidale secondo Chase, Wilets e Edmonds. [Da Harvey, Proc. Intern. Conf. Nucg Strucrure, Kingston, 1960].

    11.8. Il n ucleo composto. Densità dei livelli La densità dei livelli nucleari dipende fortemente dall'energia di eccitazione e da A. In prossimità dello stato fondamentale dei nuclei leggeri i livelli possono esser distanti circa 1 MeV e nei nuclei pesanti circa 50 keV (eccezion fatta per i numeri magici di neutroni o protoni). Tutto ciò può vedersi con esperimenti di diffusione. Ad un'energia corrispondente all'energia di legame del neutrone (8 MeV), le risonan­

    468

    Capi! a la I I

    modello a p a r ticelle indipendenti E

    . an

    modello i n t ermedio E modello uniforine

    Figura I! . 2$. F i g u ra di Lane, Thomas e Wigner chc illustra la relazione dcl modello a particelle indipendenti, con il modello uniforme e con il modello intermedio. Nel modello a particelle indipendenti non c'è accoppiamento tta gli stati delle singole particelle, cosicche le sole risnttanre viste nella di(Tusione dei neutroni sono quelle di una singola particella in una buca di potenziale sferico. Nel modello uniforme l'accoppiamento tra gli stati delle singole particelle è cosi forte rhe tutte le configurazioni di ugual spin c parità hanno, a priori, uguali intensità per i processi indotti da neutroni. Nel modello intermedio l'accoppiamento di molti stati nucleari eccitati con lo stata nucleare eccitato del canale incidente in cui solo un nucleone è eccitato, è tale che la funziottr intensità media dei livelli nucleari di spin e parità appropriati presenta il comportamento propria di una larga risonanza di larghezza %con il picco all'energia dello stato eccitato di nu«(enne singolo. Lc regole di somma agiscono in modo da mantenere il contributo globale della futtzione intensità ad un valore comune per tutti i modelli.

    ze indotte da neutroni lenti in un elemento intermedio distano di pochi eV. Allo scopo di illustrare le proprietà più notevoli dei livelli nucleari, si supponga di dover distribuire A nucleoni in livelli equidistanti per particelle singole, tenendo conto del principio di Pauli. L'energia totale E del sistema sia data. Possiamo allora porre uno o nessun nucleone itt ogni livello purche l'energia totale ottenuta sia E o sia compresa entro un intervallo di energia AE intorno ad E. Chiaramente ci sono molti modi di fare questo, e se ci sono àn modi, hn/AE = p( E) è la densirà dei livelli nucleari all'energia E per quel nucleo. Pcr utt primo orientamento si suppongano i livelli separati da un egual intervallo v; il problema diviene allora equivalente a quello di decomporre il numero n = E!r. in una somma di interi positivi nt, n„. . .. Per vedere questo si consideri l'esempio (fig. 11.26) di un sistema con, diciamo, 10 particelle che va eccitato ad un'energia 4e = E. Solo una particella puà esser sistemata in ogni sottostato {principio di esclusione), c uno stato del sistema è definito dai suoi numeri di occupazione. 0 o 1. L'energia zero corrisponde allo stato ia cui tutti i sottostati di bassa energia sono riempiti, come in (0). Per raggiungere l'energia E= 4 , po s siamo spingere la particella di m a ggior energia al l i vello 3, e la seconda particella al livello 0 come in (2); possiamo anche spingere la particella di maggittr energia al livello 2, la seconda al livello 0, e la terza al livello — l c ome in (3), ecc. Indicheremo queste operazioni scrivendo in primo luogo l'energia (in unità r) data all> prima particella, in secondo luogo quella data alla seconda, in terzo luogo quella data alla terza, e cosi via, ottenendo i numeri scritti sotto ogni colonna. Nella figura sono indicate tutte l e p o ssibilità per energia 4, e s i p u o o sservare una corrispondenza

    1teazr-'z.-' (g)

    (r„) = 2>r-i.-' (g)

    ! I I.k.l I]

    D

    (r„) D

    ( f „ ) , c, piché I „è prporzionalc a l, i.,

    c

    [ 1 !.)(.l ']

    Pcr energie piu elevate, finn i c i r c;i I M e V , i n cu i l' ., ( f „

    (I )

    = 2r.-'i.-'(g> '

    D

    -r ­

    E

    ! 11.)(.13]

    I . dipcnd» pco dall'crlcrgiii c si pu o m i sur'irc dircttarr>ente (I , O , lc V ) . È allora possibile ottenposto eccitatn, come u n p r o cesso di evaporazione. I neutroni di evaporazione hanno una distribuzione cncrgetica cnrrispon­ dcntc ad una distribuzione maxvclliana alla temperatura dcl nucleo residuo, come è stato dimostrato, almcn qualitativamente. d igli esperimenti (C>ugclnt, 1949). Is'cl caso di particelle «arichc la barriera cnulomhiana impedisce l'evaprazione di p;irticelle di bassa energia; ci produce un cambiai>1ento della distribuzione energetica che corri­ sponde a moltiplicare la distribuzione max 60) e dalle sezioni d'urto per neutroni di 1 MeV. 4 nuclei composti pari-dispari, dispari-pari o pari-pari. ( nuclei composti dispari-dispari. La linea continua per la densita di livelli a 7 MeV è data dall'eq. [11.8.8]. Gli errori sono stati derivati o dal numero di livelli usato per la determinazione della densità, o dagli errori nella misura delle sezioni d'urto. [Da Vogt, BNL 331].

    2,2

    (yp

    oz~Bi(p, xn)

    1 , 5 F)

    2,0 1,8 1,6

    (rp = 1,3 F) somma

    1,4

    o (p,4n)

    li2

    1,0 0,8

    (p,2n)

    (p,3n)

    (p,5n)

    0,6

    (p,6n)

    (p ,7n)

    (p»np)

    (p.p 6 np)

    0,4 0,2 0

    10

    20

    30

    40 50 En, MeV

    60

    70

    80

    Figura 1/.30. F u nzioni di eccitazione per il bombardamento del bismuto con protoni, che mostrano il comportamento statistico delle reazioni in c oncorrenza. La sezione d'urto di formazione del nucleo composto, calcolata, è indicata con a,. [Beli e Skarsgard, Can. J. Phrs., 34, 745, 1956].

    474

    Capi t o lo i i

    1,25

    1,00

    - 0,75

    0,50

    0,25

    20

    25 30 E„ M e V

    35

    40

    Figura 11.31. F u nzioni di e ccitazione per bombardamento del bismuto con particelle alfa

    [Kc()y].

    11.9. Reazioni dirette Nella descrizione qualitativa delle reazioni nucleari si è b r evemente accennato alle interazioni dirette, nelle quali la particella incidente urta uno o piu nucleoni insieme del bersaglio e il resto del nucleo agisce come «spettatore». Se il nucleone urtato viene eccitato, l'urto è anelastico. Tali sono, per esempio, le reazioni (p, p'), (n, n') e (x, x'). In tutte queste reazioni la particella emessa ha una distribuzione angolare anisotropa e una caratteristica distribuzione energetica. L'analisi della distribuzione angolare delle particelle diffuse anelasticamente fornisce importanti informazioni circa i numeri quantici degli stati iniziale e finale del nucleo diffusore. Per farcene un'idea qualitativa, scriviamo i momenti angolari vettoriali e gli spin delle particelle e del bersaglio. Riferendosi alla figura 11.32 che rappresenta un urto

    anelastico, per esempio (p, p'), si ha [ 1 1.9.1]

    I; + 1; + si = lf + If + sf

    in cui 1 ed s sono il momento angolare orbitale e lo spin del protone ed 1 è il momento angolare totale del bersaglio in unità irt. 1 suffissi i e f in d icano lo stato iniziale e finale. Da ciò, costruendo i casi estremi di o rientazione dei vettori, si ottiene fi+ >f+ 1 ) I )f

    1i l ) I t f

    1 i si + sf l m in

    [ 1 1.9.2]

    Inoltre If — I; = — Al deve esser dispari se gli stati iniziale e finale del bersaglio hanno parità opposta e pari se hanno la stessa parità. Ora hl è dovuto alla variazione di momento angolare del protone incidente. Se si può localizzare l'urto, per esempio supponendo che esso avvenga sulla superficie nucleare ad una distanza Ro dal baricentro del sistema, si ha Al = Jkf — k;/ Ro

    [1 L9.3]

    Rea-@mt «wi Icori

    475

    finale

    iniziale (a)

    (a)

    QP-"'i QN

    ' O'' spin l'

    spin I

    (b)

    Qp', Qw I

    , ©,' spin Ir

    spin It

    (c)

    (c)

    kp

    kp

    O spin lt

    spin lr

    Figura I1.32. Diagramma schematico delle notazioni usate nei calcoli di interazioni dirette. Il nucleoNC ha momento angolare totale I o l' e i suoi componenti N e C hanno momento angolare orbitale I o l'. (a) Diffusione anelastica, (b) reazione di «knock-on», (c) strappo del deutone.

    in cui hk;, hk> sono gli impulsi iniziale e ftnale del protone. Detto hk l'impulso trasferito

    h]k; — k e la somma di due integrali, che hanno origine dalle interazioni aN e ~ C. Si suppone che qucsic interazioni posseggano simmetria sferica e siano rappresentate, rispettivamente, dalle funzioni V,,„(r.„) e V . c ( r „ „). La r. c ra p p r esenta la d i s tanza tra i l b a r i centro della particella a e quella del corpo C ; a nalogamente per le altre r. Per trattare un caso semplice faremo l'ipotesi che il nucleo bersaglio iniziale, di autofunzione y(r,c), abbia momento orbitale angolare I = 0 e spin totale I, e il nucleu finale un momento angolare orbitale l', un momento angolare totale l' e autofunzione Pr (rive)- La funzione yo (rvc) ha simmetria sferica, mentre la y, (r, c) ha una dipendenzs angolare data da una combinazione lineare di funzioni sferiche Y, (0, y) con m= l', l' — l, ... — l'. La parte dell'elemento di m atrice dovuta a V .,„(r„,) si scrive:

    A„ ( V„v) =

    y, (r ~ c)exp( — ik> r,L) V„(r,,) x x exp(+ ik; r.ssione Tra le reazioni n u cleari, i l p r o cesso di f i ssione è s p ettacoloso e d i g r a n dissima importanza pratica. Un nucleo pesante, come l'uranio, sottoposto a bombardamento p er esempio di neutroni, si scinde in due grossi frammenti come il ' B a e i l ' K r , c h e sfuggono con un'energia media di 170 Me V. Il f e n omeno è d etto f i ssione (Hahn e Strassmann, 1939), e, poiché è accompagnato da evaporazione di neutroni che possono provocare ulteriori fissioni, offre la possibilità di una reazione a catena. Talvolta nei nuclei pesanti la fissione avviene spontaneamente, senza uno stimolo esterno (fissione spontanea: Flerov e P etrjak, 1940). Questo modo d i d ecadimento, trascurabile rispetto al decadimento alfa nei nuclei con Z = 92, come l'uranio, presenta

    già per il ~'~Cf un rapporto di ramificazione di circa 0,03 e diviene per il '~ Cf il canale principale di decadimento. Tratteremo ora i l p r o cesso di fissione indipendentemente dal fatto che esso sia spontaneo o provocato da agenti esterni. Riprendiamo innanzi tutto la formula delle

    masse del capitolo 6 o una tavola delle masse e poniamoci il problema se un nucleo di numero di massa A e numero atomico Z, M (A, Z) è stabile rispetto alla fissione in due

    parti uguali di massa M(A/2, Z/2). Si ha M(A, Z) — 2M(A/2, Z/2) = 17,2A ' (1 — 2" )+ Z2

    +0,70 x

    „ (1= 2

    A1I3

    ' ) M eV

    che è positiva per i n uclei pesanti e dà un'energia di circa 184 MeV per i l

    [ 11.1 0 . 1] ~U .

    Però il nucleo originario di massa M (A, Z), che per il momento si suppone sferico, è stabile rispetto a p i c cole deformazioni. Per r endersene conto, si p u ò c a lcolare la variazione di energia dovuta a piccole deformazioni. Se essa risulta positiva, il nucleo è stabile. Si voglia ora cambiare la forma del nucleo da sferica ad ellissoidale, mantenendo il volume costante. L'ellissoide deformato ha cosi un asse maggiore a = R (1+ c) ed assi

    484

    Capi ( o ' I (

    minori b = R ( I + F) " . Il v o l u me è V= (4 /3) n((b, e la superficie è S = 2n [b' + ( u h si n

    ' e )/e]=4 n R z [ I + (2j5)(: ]

    dove e= [1 — (bz,'(I )]" L'energia di superficie E, risulta allora, tacendo uso delle costanti del capitolo 6, E, = 1;, 2A"' [ I + ( 2,'5)(: ] i n M e V . L ' energia elettrostatica E, = -

    I

    p (r i ) p (r.)

    2

    d( , d( , r (z

    dove d(,, dn, s o no e lementi di v o l u me a d i s tanza (, e Effett uand i calcoli necessari si ottiene

    p è l a de n s ità di carico.

    E= — ,(1 — ) La variazione totale di energia e allora AE= AE

    + BE = a z [ ( - ) 1 7,2A ' — (-')0,70Z A '

    ]

    [11.10.']

    Se E è positivo (cioè, per Zz/A ( 4 9) la superficie sterica è stabile. La curva che r appresenta l'energia potenziale per due nuclei i n f u nzione della distanza è rappresentata qualitativamente dalla linea tratteggiata in figura 11.37. Il punto per r.= 0 è d a t o d a lla massa nucleare; la regione da r = R , + R , u l l 'infinito é un'iperbole di equazione V=

    Z ,Z , e

    [11.10.3]

    (

    come richiesto dalla legge di Coulomb. Qui R, + R è la distanza tra i centri di carica dei frammenti di fissione all'istante di separazione. Se a quell'istante i nuclei fossero sferici. R, + R, sarebbe la somma dei raggi. La deformazione dei frammenti è però apprezzabi­ le. La regione tra 0 ed r = R, + R, è complicata e non interamente nota, ma la differenza tra l'energia ad r = 0 ed r = x: si ottiene da una tavola delle masse, poiché è!a dilferenza tra la massa del nucleo originario e quella dei due framinenti, È cosi possibile tracciare Ia curva dell'energia tranne che per la regione intermedia. (Si è qui trascurata l'energia di eccitazione dei due frammenti. che è relativamentc piccola). L'energia che va fornita al nucleo per provocarne la fissione, cioè l'energia di attivazione per Ia reazione di fissione, è la differenza di energia tra l o s t ato f ondamentale del nucleo non deformato e la configurazione instabile di minor energia. Questa energia può esser calcolata mediante il modello a goccia, con correzioni per effetti dovuti agli strati (fig. 11.38). I valori ottenuti sono in accordo con i r i sultati sperimentali. L'effetto tunnel della meccanica quantistica ha per conseguenza che una piccola probabilità di fissione sussiste anche a! di sotto della energia di attivazione, a causa dell'energia del punto zero nei moti nucleari, e questa è la causa della fissione spontanea. In figura 11.39 si è riportata la probabilità di fissione spontanea per elementi pesanti i(i funzione di Z' j A , il p arametro che determina la stabilità per piccole deformazioni, La fissione è un processo probabilissimo per un nucleo eccitato oltre l'energia di attivazio­

    GG IBodello a goccia struttura a gusci inclusa

    5

    B

    Figura 11.37. Diagramma deH'energia potenziale per deformazione che conduce alla fissione. Sono rappresentate qualitativamente le caratteristiche della struttura deHa barriera di fusione. Il

    parametro di deformazione descrive il cammino verso la fissione, comeè indicato daHe forme disegnate in alto sulla figura Le forme al primo g) e secondo (H) minimo corrispondono a quelle osservate neHo stato fondamentale e negli isomeri di forma dei nuclei nella regione deH'uranio. [Da Bohr e Mottelson, Ann. Ree. Nucl. Sci, 23, 363, 1973]. 60

    4

    4

    k M

    li

    55 50 4r

    I I I

    Tr 44

    45

    t

    I

    t I

    A l

    40

    g 35

    il

    I

    I I

    I

    M



    I I I

    N

    I

    4

    l

    I l

    'I

    30

    l

    MM

    4 •



    M4 'I

    25

    1

    1

    IIIIIII

    l5

    io

    '0

    l00

    250

    300

    Figura H.SS. Energia deHa barriera di fissione in MeU, lungo la Hnea di stabiTita beta La curva a tratto continuo proviene dal ntodeHo a goccia. La curva punteggiataè calcolata daHa formula di massa di Myers e Suriatech, e mostra eifetti di guscio. [Da Myerse Swiatecki, Nuclear Physics,Sl, 1, 1966].

    4&6

    Capit o l o I I

    32 • Hp 234

    l39

    432

    Am

    4t

    244

    C i249

    2

    Am

    240

    Pm255

    Cm

    246 l 52 •

    Cm

    252

    Ct

    io 4

    fm

    102

    Am242m Aml40m

    Am 236

    t0-tl

    246C Pu

    243p t0-20 5

    36

    37

    39 39 Zi/A

    40

    4l

    42

    43

    Figtirtt / l.39, V i t e medie per fissione spontanea date dai reciproci delle costanti di decadimento per fissione spontanea moltiplicati per log . Sono anche rappresentate le vite medie misurate per alcuni isomeri di fissione spontanea lpunti nell'angolo inferiore sinistro). [Da Strutinsky e Paul, Physics «ntl Chemistr> of Fissit>n, 157, IAEA, Vienna, 1969].

    ne. la cui probabilità, però, decresce drasticamente al decrescere dell'energia. La sezione d'urto per la fissione diviene insignificante entro un breve intervallo di energia, per cui

    impropriamente si parla di «soglia di fissione» (ftgg. 11.40 e 11,41).

    L'energia di legame di u n n e utrone in u n n u cleo che ha u n n u m ero dispari di neutroni è maggiore di circa 0,8 MeV che in un nucleo con un numero pari di neutroni (vedi cap. 6). Quindi un neutrone lento catturato da un nucleo con N d ispari, come "' U e Pu , d à luogo a un nucleo cotnposto più eccitato per circa 0,8 MeV dei nuclei che s ottengono dalla cattura di neutroni lenti in ' ' U o a l tri nuclei pari-pari. L'eccitazione d circa 7 MeV che si ottiene dalla cattura di un neutrone lento da parte di un nucleo pari­ dispari è sufficiente a produrre fissione.

    Reazioni nucleari

    487

    1,75

    1,50 o (234U)

    1,25

    1,00 ! < (236U) (

    Dts

    0,75 (238U) i

    0,50

    0,25 ! (12(232Th) (

    00

    0)5

    1,5

    1,0

    2,0 E, MeV

    2,5

    3,0

    Figura 11.40. Sezioni d'urto di fissione per neutroni di " ' T h , '

    U,

    3,5

    Ue

    4,0

    "U. [ ( W W 59)].

    I frammenti di fissione prodotti dalla fissione del ' U i n d o t t a d a neutroni lenti mostrano una distribuzione in funzione di A, data in figura 11.42. È molto notevole che l a fissione tende a d a v v enire co n f r a m menti d i suguali. I f r a m m enti, ch e h a n no necessariamente un eccesso di neutroni, tornano alla stabilità attraverso una successione di decadimenti beta, formanti catene di isobari che decadono l'uno nell'altro. Come esempio, ricorderemo tra i f r ammenti pesanti la famosa catena di massa 140 54Xe

    (16))

    b55Cs

    (66) )

    ( (22)a)

    )56B a—

    (4011)

    )57L a—

    )50 C e ( stabile)

    [11,10.4]

    con cui fu scoperta la fissione. Tra i frammenti leggeri ricordiamo la catena di massa 99, „N b

    (2,4m)

    '

    „ Mo

    (6711)

    43Tc

    (2,12 x 1 0)a)

    '

    4 4R a (stab i l e )

    [11.10.5]

    che è un'importante sorgente dell'elemento artificiale tecnezio. Queste due catene sono

    originate da due dei modi di fissione più probabili del

    ' U b o mbardato da neutroni

    lenti. Esse si formano in circa il 6 per cento delle fissioni.

    L'asimmetria della fissione (cioè la differenza in A dei frammenti) è stata oggetto di molte ricerche ma non se ne è ancora trovata una spiegazione del tutto soddisfacente. Fin qui si sono considerate piccole deformazioni di nuclei sferici. In realtà la

    488

    Copi io l o I I

    I 0-23

    IO I025

    IO E

    Ip-27 ip-28

    V o

    ip-29 I p-30 I p-31

    sezione d'urto di fissione prodotta da He su:

    L

    a

    92U

    I p-32

    B1209

    83

    I p-33

    74W

    187

    79 U

    Ip

    20

    30

    40

    50

    60

    70

    W 183 181

    75

    I 0-35

    74

    182

    Pb208 • 75Re pb206 o- R 18 5 , 187 197

    0



    R 8 185

    82

    I 0-34

    Ip-36

    75

    74W

    Bp

    184

    71

    Lui 75 Tm169

    69

    • ' 49 l h I13 115

    90

    100

    IIO

    120

    energia di eocitazione, E, (MeV)

    Figura 11.41. Esempio di sezioni d'urto di fissione, prodotta da He su ' "U ed elementi più leggeri. [Da Moretto, in «Physics and Chemistry of Fission», IAEA, Vienna, 1974].

    situazione è più complessa. Spesso la configurazione dello stato fondamentale del nucleo che subisce la fissione è deformata, per cui si h a u n p o tenziale medio sfericamente asimmetrico. In tale potenziale asimmetrico si devono inoltre considerare gli effetti delle orbite di particelle singole. Deformando il nucleo, la posizione dei livelli muta, come è mostrato, ad esempio, in figura 6.42. Un dato numero totale di neutroni (e protoni) in un nucleo occupa le orbite coti l'energia più piccola possibile. Una volta sistemati i nucleoni, se l'orbita successiva è separata da un notevole intervallo, si ha un «guscio chiuso», ed un numero magico. Poiché la deformazione nucleare fa spostare i livelli, i numeri magici per un nucleo deformato possono esser diversi da quelli di u n n u cleo sferico. L'energia totale del nucleo varia con la deformazione per due ordini di cause: gli effetti di superficie ed elettrostatici sopra citati p r oducono una variazione media, funzione regolare di A; inoltre, gli effetti di guscio producono fluttuazioni (dell'ordine di 1 Me V) in torno al valore medio (vedi fig. 6.15). L'energia è cosi calcolata come somma di una funzione liscia di A e di Z, che dà il maggior contributo, e di una parte minore che contiene gli effetti di guscio ed altri ancora (Strutinsky, Myers, Swiatecki). Inoltre la deformazione deve esser descritta con maggior dettaglio di quanto non permetta un unico parametro. I nuclei molto deformati presentano una grande varietà di forme, come mostra la figura 11.43, e la descrizione di queste forme per quanto riguarda l'elongazione, la forma della strozzatura, possibili asimmetrie, ecc., richiede diversi parametri. Per una comprensione qualitativa ci limitiamo a tre parametri, dei

    quali il primo (c) dà l'elongazione, un secondo (h) la strozzatura, o il raggio della strozzatura, ed un terzo (x) dà l'asimmetria in direzione z. La figura 11.44 dà l'energia

    Reazioni nucleari

    48

    @o O, l C

    0

    4" 0,01

    0,001

    76

    B2

    SS

    94

    100

    106

    112

    1 1B 124 130 136 142 148 1$4

    16 0

    n' di massa F igura lfA2. ~

    ~

    d si ~

    numeri d i m assa nella tissione da neutroni lenti di 'isU

    (cerchi pieni), ~~BU (cerchi vuoti) e ~sePu (triangoli). f(%% 5&)]. totale in funzione di c ed h, ed in funzione di c ed a per h = 0. La figura 1L4S mostra risultati sorprendenti : ci sono due minimi in funzione di h, e forme asimmetriche hanno energie minori di forme simmetriche. Queste fatto indica quale possa essere la causa dell*asimmetria della fissione nei pressi della soglia, ma è insufficiente per una spiegazio­ ne esauriente del fenomeno. Man mano che si fornisce al nucleo maggior energia, la prima occasione di Spione si presenta in configurazioni asimmetriche. D'altra parte, ad

    490

    Capho i o 1 1

    I I

    0,3

    I

    I I

    'I

    hn

    -03

    1I3

    22

    C

    Figura I1.43. A l cune forme del nucleo descritte dai parametri (c, h}. Le curve a tratto continuo rappresentanoforme simmetriche (a = 0);le curve punteggiate rappresentano forme con parame­ tro di asimmetria a = 0,2. [Da Brack et al., Rev. Mod. Phys., 44, 320, 1972].

    ~ Pu (lungo h =P)

    0,3

    0,0

    9

    /N

    6

    0,15

    l

    I

    0

    2p

    p

    0,1 - 0,15 4

    -0,3

    p

    1,0

    1,2

    1t4

    1,8 C

    5

    240

    1,8

    02 ' 13

    14

    1,5

    1,6 C

    Figura 11.44. Energia potenziale nucleare di ' P u, calcolata da Pauli, Lederberger e Brack. In alto : contorni di energia potenziale costante in funzione della coordinata di fissione c e coordinata di strozzatura h (l'intervallo fra i contorni è variabile). In basso: rappresentazione dei contorni di energia potenziale in funzione di c e della coordinata di asimmetria di massa a (l'intervallo fra i contorni è di 1 MeV). I contorni sono indicati con l'energia (in MeV) relativa all'energia del modello a goccia sferica. Le regioni in cui l'energia potenziale è inferiore a 2 MeV sono tratteggiate. La curva a tratti nella parte inferiore della figura indica la posizione del minimo di energia potenziale rispetto ad a per valori di c costanti. L'inclusione delle deformazioni dovute all'asimmetria di massa decresce di circa 2,5 MeV l'energia potenziale del secondo punto di sella. [Da Nix, Ann. Rev. Nucl. Sci., 22, 65, 1972].

    Rea:ioni nucleari

    49 1

    deformazione simmetrica ;

    Io

    ol

    02

    03

    04

    240p

    X O

    totale 0

    contributo del modello a goccia~

    É.Io Ql

    -I 5

    -I 0

    - q5

    0

    q5

    I,O

    deformazione asimmetrica a.

    Figura II.45. E n ergia potenziale nucleare del -' P u . C u r va superiore a t r a tto c ontinuo: dipendenza dell'energia potenziale dall'allungamento del nucleo; la coordinata I m i sura la distanza tra i centri di massa dei due frammenti nascenti. Curva inferiore a tratto continuo: dipendenza dell'energia potenziale dalla coordinata di asimmetria di massa a-, — az

    y(a, + al) dove a, e a, sono i semiassi trasversi dei due sferoidi che formano il nucleo. La freccia al minimo dello stato fondamentale indica di quanto decresce l'energia potenziale quando si tenga conto anche delle deformazioni sferoidali. Al secondo picco il punto pieno indica di quanto l'energia potenziale decresce quando si tenga conto anche delle due restanti coordinate simmetriche. e la freccia indica l'ulteriore abbassamento di 3,2 MeV associato alla coordinata asimmetrica ~,. Nella parte inferiore della figura. le tre coordinate simmetriche sono mantenute fisse ai valori corrispondenti al secondo punto di sella simmetrico (la cui energia è data dal punto pieno). Le curve tratteggiate danno i contributi del modello a goccia alle energie potenziali totali; tutte le energie sono relative all'energia data dal modello a goccia sferica. [Da Nix, Ann. Ret. Niicl. Sci.. 22, 65, 1972].

    alte energie i dettagli della superficie potenziale divengono irrilevanti e la fissione tende a

    diventare simmetrica. (Vedi fig. 11.46). La barriera con due gobbe ha anche altri effetti più notevoli. Ci sono tre tipi di fissione: (1) da stati A nel continuo al di sopra della soglia, con tempi di decadimento che

    variano da circa 10 ' a 1 0 ' s e c ; (2) da stati B in cui agisce solo la seconda gobba della barriera. Questi sono i cosiddetti isomeri di fissione con tempi di decadimento che variano da 10 '(2 ' Am) a 10 ( Pu) sec. Circa 30 nuclidi mostrano questa forma speciale di isomerismo, che fu scoperta nel 1962 da S. M. Polikanov e collaboratori. (3) Finalmente, la fissione spontanea da stati C è un processo assai più lento, ostacolato da

    492

    Capi to l o I l nucleo composto

    nucleo composto

    EX

    84+ Z

    t684

    MoV

    c 90

    ZM

    9 0m Z ~ 10 0 23014 11 /rh

    Iol

    /

    IO

    IOO

    10

    ((

    Io

    Ra (3 tl • d) 2 27AO

    barriere di fissione > 20

    10

    Iál

    (E„=7-13)

    (c ) 254

    252Gt (,1)l

    Fm

    (s 1)

    102 80 16

    IIO

    14 0 13

    90

    120

    10

    32)

    Io

    v

    150

    100

    13 0

    16 0

    l ff 10 u

    O

    o ù

    O

    / 2098 (50

    2 Ra (p 1)

    /(d,22~ / (p,36 70

    10 0

    110

    O I

    238U ( 1)

    (E X 27) 80

    'a

    8

    2 28A

    130

    p O IO

    13

    Io 140

    IO

    90

    12 0

    IO

    15 0 340

    oo

    )50

    Ay

    098

    2098;

    (d, 190) (p,3 G oV)

    ( Ho,77)

    Ioo

    O O

    /

    /

    3Go V 238U (

    100 1 30 246 Cm 18

    16 0 I O I 8

    Io

    238U (20tso 120) 10

    N0, 166) I

    40

    70

    100

    80

    110

    massa dei frammento

    140

    90

    12 0

    150

    10 0

    13 0

    16 0

    massa dei frammento

    Figura 11.46. Quadro riassuntivo delle distribuzioni di massa per diversi tipi di fissione. È dato il nucleo bersaglio, eccetto per la cattura di neutroni termici, in cui il nucleo composto è indicato da o.In parentesi sono dati il proiettile e la sua energia in MeV. I tassi di produzione sono relativi. [Da Hoffman e Hoffman, Ann. Rev. Nucl. Sci., 24, 151, 1974].

    entrambe le gobbe della barriera; la sua vita media varia da ore a 10' anni o più, Gli stati isomerici nella Valle II sono raggiunti da (n, y), (ot, 2n), e altre reazioni. Il passaggio da uno stato II ad uno stato I per mezzo di una transizione gamma è ostacolato poiché i nuclei negli stati II s ono m o lto più al lungati di quelli negli stati I, ed il p r incipio di Franck-Condon afferma che tali t r ansizioni sono i mprobabili e sono favorite nella competizione con la fissione isomerica. La figura 11.47 mostra una diretta conferma di questo quadro. Il bombardamento di Th per mezzo di neutroni produce la fissione. La sezione d'urto ha, a circa 720 keV, una risonanza con larghezza di 40 keV, che corrisponde alla formazione di un livello di vibrazione semistazionario di " ' T h a s sociato col secondo minimo dell'energia poten­

    ziale. Nel ' ' Pu, la reazione (n, f) in funzione dell'energia mostra le risonanze di figura 11.48. Tra le risonanze (n, f) ci sono molte altre risonanze (n, ;). che corrispondono alla densità dei livelli all'energia di eccitazione del -' 'Pu (non mostrati in figura). I livelli di fissione mostrano una struttura grossolana con separazione media di diverse centinaia di eV ed entro ogni livello della struttura grossa una struttura fine con intervalli di circa

    10 eV per ogni livello. Questo curioso insieme di fenomeni si spiega assumendo che i neutroni c o l l idano co n z Pu ne l l a c o n figurazione dello s t ato f o n damentale che corrisponde alla Valle I, e formino stati eccitati di ' Pu c h e, essendo sotto la soglia di fissione veloce E, decadono per emissione gamma o di n e utroni. Tuttavia, alcuni di

    questi stati coincidono in energia con gli stati corrispondenti alla Valle II. In questi casi il nucleo va facilmente nella Valle II, da cui in seguito decade per fissione. I livelli nella Valle II distano tra di loro più di quelli della Valle I perché essi sono più bassi nella loro

    Reazioni nucleari

    493

    10

    10

    k. Q I

    n +' " T h

    10

    10

    0,6

    0,8

    10

    1,2

    energia dei neutroni in Mev

    Figura 11.47. Risonanza nella regione della soglia per fissione, per il ' T h . È rappresentata la sezione d'urto per fissione in funzione dell'energia del neutrone incidente su ' T h . L ' inserto illustra l'interpretazione del fenomeno di risonanza in termini di uno stato di v ibrazione semistazionario al secondo minimo della energia potenziale. [Da Bohr e Mottelson, Ann. Rev. Nucl. Sci., 23, 363, 1973].

    valle di quelli della Valle I. La spaziatura grossolana delle risonanze corrisponde cosi

    alla spaziatura fra i livelli della Valle II. Questi livelli inoltre sono larghi perché la fissione originata da essi e assai rapida. Essi contengono nella loro larghezza diversi

    livelli della Valle I. Questa è l'origine della struttura osservata. Una sorprendente conferma del modello a doppia gobba è l'osservazione (di Specht et al., nel 1972) di livelli rotazionali in ' P u ,c o r rispondenti a due momenti d'inerzia, uno per ogni deformazione. Una banda è la normale banda rotazionale corrispondente allo stato fondamentale di ' P u ; l ' altra è prodotta quando la transizione in cui i raggi gamma sono emessi si verifica nel nucleo metastabile deformato alla seconda configura­ zione di minimo. Il tempo richiesto per l'emissione gamma in questo secondo minimo è dell'ordine di 10 ' ' s ec, ed è seguito da fissione con vita media di 4 nsec,

    494

    Capi t o lo I l 10

    '~t'u+ n -" ' P u C

    (

    e

    1500

    2COO

    energia del neutrone (ev)

    Figura 11.48. Sezione d'urto per la reazione (n, f) su ' P u . L a s truttura della risonanza proviene da una barriera di fissione a due picchi. I gruppi di risonanza, spaziati di circa 630 eV, sono prodotti quando l'energia di eccitazione è vicina ad un livello del nucleo composto che corrisponde ad un nucleo deformato nella seconda buca di potenziale. La struttura delle risonanze (spaziatura di circa 15 eV) corrisponde alle distanze tra i livelli del nucleo composto per la prima buca di potenziale. [Da Migneco e Theobald, Nucl. Phys., A112, 603, 1968].

    Studi raffinati dei fenomeni di fissione sono di i nteresse nella ricerca di elementi superpesanti (Z > 1 14), per c u i l a f i s sione spontanea è u n i m p o r t ante m odo di decadimento; essi indicano la possibilità dell'esistenza di una zona di stabilità nucleare

    per Z- 1 1 4 e N

    1 78 .

    Abbiamo già accennato alla differenza nella distribuzione in A p e r i f r a mmenti prodotti in una fissione provocata da neutroni veloci o lenti; ciò è illustrato in figura 11.46. La fissione è accompagnata da una emissione istantanea di neutroni, che sono di importanza decisiva per una reazione a catena. Il numero medio di neutroni emessi per fissione si indica con v, e varia con l'energia di eccitazione del nucleo fissile, perché ciascun neutrone di evaporazione porta via una certa quantità di energia, e ne deve rimanere abbastanza da permettere l'evaporazione del neutrone successivo. La dipen­ denza di v d a l n u c leo che subisce fissione è d ovuta essenzialmente all'energia di eccitazione per c a t t ur a d i n e u t r o ni. F o r m ul e a p prossimate per v n e l c a so degli importanti nuclei bersaglio " ' U e " Pu so n o v = 2 ,432 + 0 ,066E„(O< E„ < 1 ) e r = 2,874+ 0,138 E„, rispettivamente. La probabilità di emissione di n neutroni è riportata per alcuni esempi in figura 11.49. Lo spettro d i e n ergia de i n e u troni d i f i s sione è r a p presentato dall'equazione

    semiempirica 0,775 E f( E ) = 2

    x 07 75

    '

    e

    [I L10.6]

    dove f (E)dE rappresenta la probabilità che un neutrone abbia energia compresa nell'intervallo dE attorno ad E con E espresso in MeV (fig. 11.50). Esso può interpretarsi come spettro di evaporazione dai frammenti in moto, e tale interpretazione è confermata dallo studio della correlazione angolare tra la direzione del moto dei neutroni e quella dei frammenti di fissione, almeno per la fissione prodotta da neutroni lenti. I frammenti leggeri e pesanti emettono neutroni, e a ogni massa corrisponde il suo vt o vp, secondo che si t r a tt i d i u n f r a m mento l eggero o p e sante. L a f i g ur a 1 1.51 mostra questa correlazione.

    Reazioni nucleari

    495

    0,45 0,40

    t~pu(v ~ 2,257 k 0,045) 1 »spu(. - 2, 33 Z 0,08)

    0,35

    usU+ zt-„> 47 + p,p))i

    ' J~zlhu(p = 2,18 + 0,09)

    t ~}$»'U+n(v­ 2,585 ~ 09062)

    >~>Cm(v 2,65 k 0909)

    0,30

    2&Cm(p ~

    4

    é

    I I

    2,82 + 0,05)

    0,25

    4

    f»SCf(v = 3,86 t 0,07),

    a', 0,20

    I

    «gaussiana» (a ~ l@&) 4

    0,15 0,10 I

    0,05

    4 probabilità di emissione di neutroni '

    0,00 - 4

    - 3

    - 2

    —1

    0 V

    l

    7 J

    4

    2

    3

    4

    V

    Figura 11.49. Nu mero sperimentale di neutroni emessi per fissione. La figura mostra la probabilità di emissione di v neutroni in funzione di v — (v). [Da Terrell, Phys. Rev., 108, 783, 1957].

    • camera a nebbia o timpo di volo a lastre fotografiche

    t 4(E) n(E) ~ v Efexp(E/1,29))

    (e x p( EI P96—si9)] ,nh479,99E

    I 10

    0

    l

    2

    3

    4

    5

    6

    7

    8

    9

    10

    E, MeV Figura 11.50. Spettri di neutroni di fissione del zs'U. [(%% 59) secondo Leachman].

    496

    Capi to l o I i

    ~g ~5o 90 00 (01 25, lg 5 ~ S@o

    > 50'

    e c6

    /g J'o

    4

    o

    b

    CP

    P

    p,0003

    E

    p,pp1

    CO

    p

    0

    ~C )

    CJ

    q ,0 1

    v'

    O CP

    g 0$ p,04 0,06 0'pg

    P

    IP

    velocità, 10' cm sec-'

    P~

    os

    p— — 01 -0,1 velocità, 10' cm sec-'

    so

    io

    ~o

    1 ((%

    • c)t

    O

    Figura /1.51. F i ssione spontanea del C f . D iagramma in coordinate polari della distribuzione osservata della densità dei neutroni p (V, ()) in funzione della velocità e de)l'angolo tra la velocità del neutrone e la direzione dei frammenti di fissione. ((Vi) = 1,37 cmnsec ', ( Ve) =1,04cm nsec ', (Me) = 108,5, (Me) = 143,5), (Da Bowman, Milton, Thompson e Swiatecki, Phys.Reu., 129, 2133, 1963].

    Nella fissione, oltre all'emissione pronta di neutroni, se ne ha anche una ritardata, associata solo indirettamente al processo di fissione. Essa è ricordata qui per completez­ za. Un frammento di fissione di numero atomico Z, con un grande eccesso di neutroni, p uò decadere beta in uno stato eccitato di un isobaro di numero atomico Z + l . P uò accadere che questo stato sia al di sopra dell'energia di legame del neutrone e quindi possa emettere un neutrone istantaneamente. Siccome tale emissione del neutrone segue istantaneamente il decadimento beta del nucleo precedente, i neutroni appaiono emessi secondo una legge esponenziale di decadimento con una costante corrispondente a tale decadimento beta. I neutroni ritardati sono quindi associati con i frammenti di fissione ed hanno l'abbondanza indicata nella tabella 11.2. Oltre che nei frammenti di fissione il medesimo meccanismo di emissione di neutroni ritardati opera nel " N , c h e d ecade per emissione beta in u n " O * e c c i tato, che si trasforma immediatamente in ' O p e r dendo un neutrone. In figura 11.52 è riprodotto

    TabeHa 112. Ne utroni ritardati'. Iiitenaro per I/N nstitroni di fissione T,13sec S "Sr

    54$

    1371

    SSSr

    24,4 16,3

    13$1

    6p

    3Sr

    4,4

    AV

    233p

    3381I

    339p +

    OP54

    0,021

    0$46

    0$64

    0,182

    0$10

    0~7

    0,129

    l@O

    0,199

    0,182 0,066

    OP3 al

    0,052 0,027

    l+

    4,12

    0,61

    93.94Rb 1391

    Cs, Sb, Te Sr 93K

    1401 y Kr

    Br, Rb, As

    2,0 1,6-2,4 1,6 1,5

    0$ OP

    ' Adattata da G. R. Keepia, Piiysfes of Ifsdssr Kfaetfcs, Addison-%edey, Readintt, Mass., $65. t

    • 'Sg13'r} SSP aa: P2 ~} l

    f j

    I

    P slKr(tslXe)

    Sl~'» x e)

    esaltate dt slRbf»'Csi t ta t33ai

    slSgt»S ~ staMe

    statica Figura I I.SL Qr i y n e dei tteutrotti ritardati ttelie catette di ftssicme di massa 87 e 137.

    49tt

    Capiu i l o I I '•

    y' •

    . • ' P

    't •

    o +

    - .i

    .'





    f

    . • •s









    N

    i~

    t e





    g 'l

    i.;

    Q l • •





    ~

    O

    Figura I 1.53. Tracce di fissione con una particella alfa secondaria. [Titterton].

    uno schema dei livelli che rappresenta la situazione in due casi. Con un meccanismo analogo, nel caso di isotopi deficienti di neutroni, si ha emissione di protoni ritardati. Per esempio il " S i e m ettendo i(1' decade in uno stato eccitato del " A l c h e emette protoni. Talvolta la fissione è accompagnata dalla emissione di particelle alfa di notevole energia (fino a 20 M e V); ciò avviene circa una volta ogni 500 fissioni in ' ~ sU. Le particelle alfa mostrano una spiccata tendenza ad uscire in direzione perpendicolare a quella dei fr ammenti (fig. 11.53). Il l o r o spettro d i e n ergia è a p prossimativamente gaussiano, con il massimo a 15 MeV, e si estende fino a 25 McV . Assai più di r ado la fissione è accompagnata da p, d o t , e t alvolta si osservano f rammenti anche più pesanti, come ' Li , " L i , L i , B e e ' " B e . Infine all'istante della fissione, entro il t empo di r i soluzione degli esperimenti, si verifica un'emissione «pronta» di raggi gamma. Si deve supporre che i raggi gamma i stantanei siano emessi entro 1 0 ' s e c d a l l a f i ssione, e q u i ndi pe r l o p i ù d o p o l emissione dei neutroni, come in tutte le reazioni nucleari. I gamma presentano uno

    spettro continuo con un'energia media di 1 MeV ed un'energia totale di circa 7 McV per lissione. Una formula empirica per lo spettro, valida per 0,3 < E,. < 7 MeV, è data da

    d)V (E,),'dE,, = 6,7exp( — 1,05 E.,)+ 30exp( — 38E,)

    [11.10.7]

    Essa fornisce il n u m ero d i f o t on i per fi s sione in u n i n t e rvallo di 1 M e V i n t o r n o all'energia E, L a f ormula è approssimativamente valida per la fissione di ' U , Pu, » 'Th e » ~ C f L a tabella 11.3 dà il bilancio dell'energia per una fissione media prodotta nel Uo »" Pu da neutroni lenti, La fissione puo essere indotta da varie particelle, e in generale da un qualsiasi agente capace di f o r n ire a u n n u c leo p esante l'energia d i a t t i vazione. Nel c a so, molto importante in pratica, di fissione indotta da neutroni lenti, si hanno per la sezione d'urto

    Reazioni nucleari

    499

    Tabella 11.3. Bi lancio di energia per una fissione media' (in MeV), z3 sL(

    "apu

    Frammenti leggeri Frammenti pesanti Neutroni di fissione Gamma immediati () dei prodotti di fissione 7 dei prodotti di fissione Yeutrini (non rive(ahi(i)

    99,8 68,4 4,8 7,5 7,8 6,8 ( 1 2)

    101,8 73,7 5,8 7 8 6,2 (12)

    Totale energia rivelabile

    195

    707

    ' Da Kecpin, Physics of Nuclear Khrerics,Addison-Wes(ey, Reading, Mass,, !965,

    di fissione formule del tipo di B r eit-Wigner

    [11.10,8] in cui I < e la larghezza parziale per fissione e I = I , + I > + I „. È possibile ricavare, da misure dirette delle sezioni d'urto di cattura e di fissione, la quantità ci =

    o (n,;)

    [11. 10.9]

    ry(n, f') che è òi grande utilità pratica. Nelle vicinanze immediate di una risonanza essa è lo stesso che I y/I r Ri sonanze differenti hanno I fornisce direttamente la costante di decadimento di fissione, e proprio attraverso la misura della larghezza di fissione è stato ottenuto il valore di 10 ' s e c per l'ordine di grandezza della durata del processo di fissione. Aggiungiamo per finire alcune notizie varie sul processo di fissione. Nella fusione prodotta da neutroni, coli'aumentare dell'energia di questi ultimi si ottengono curve di eccitazione simili a quelle di figura 11.55. I notevoli gradini osservati si trovano alle energie a cui divengono possibili nuovi processi che portano alla fissione. Cosi il primo scalino è dovuto a "U ( n , y) ' U e s i i n izia quando i neutroni posseggono abbastanza energia da lasciare il s U sufficientemente eccitato per la fissione. Il secondo scalino si verifica quando i neutroni hanno energia sufficiente da eccitare il " U a t t r a verso una reazione (n, n') in modo che esso subisca la fissione. Lo scalino successivo si ha quando la reazione (n, 2n) lascia il ' ' U c o n e n ergia sufficiente per la fissione ecc. Con proiettili di energia sufficientemente alta è possibile la fissione di nuclei anche

    leggeri come il Cu. La fissione allora entra in concorrenza con il processo di spallazione, cioè con la disintegrazione del nucleo in un gran numero di nucleoni liberi e di frammenti molto piccoli, come particelle alfa, deutoni ecc.

    Quando la fissione è indotta da neutroni si hanno correlazioni tra la direzione del moto del proiettile e quella dei frammenti di fissione (fig. 11.56) che dipendono dall'energia dei neutroni. Per fissione prodotta da raggi gamma la direzione dei medesimi e quella dei f r ammenti d i f i ssione tendono ad essere perpendicolari. U n riassunto grafico della sequenza temporale nel processo di fissione e dato in figura 11.57.

    500

    Capi t o l o 1 1

    300

    235U

    l

    2

    3

    4

    S

    E „ eV Figura 11.54. Sezioni d'urto sperimentali totali di fissione e di diffusione, per il '3'U, bombarda­ to con neutroni da 1,0 e 5 eV. La sezione d'urto di fissione è stata normalizzata a 500 b a 0,0253 eV. [Da Shore e Sailor, Proc. Intern. Conf. Peaceful Uses Atotnic Fneigy, Ginevra, 1958].

    23SU

    a art

    0

    10

    15

    20

    E., MeV Figura 11.55. Sezione d'urto di fissione del ' U p e r neutroni veloci secondo Smith, Henkel e Nobles, L'inserto è una idealizzazione che mostra come la sezione d'urto di fissione ctt aumenta improvvisamente in corrispondenza di soglie defmite. Confrontando o> con la sezione d'urto totale di reazione o„, si può, in linea di principio, determinare come varia l r con l'energia di eccitazione. [Da Halpern, Ann. Reo. Nucl. Sci., 9, 245, 1959].

    L'attività totale di tutti i prodotti di fissione è importante per molti problemi pratici. Si hanno formule empiriche che danno l'attività beta e gamma di tu tti i p r o dotti di fissione. Se una fissione è avvenuta al tempo 0, l'energia emessa sotto forma di raggi beta e gamma è data rispettivamente da B(t) = 1,26t ' M eV se c ' e I (t ) = 1 , 40t " M eV

    sec ', dove 10' > t > 1 sec (fig. I L58). Per una valutazione delle radiazioni emesse dai prodotti di fissione molto tempo dopo la fissione, valutazione indispensabile per uno studio del trattamento delle scorie r adiattive, è n ecessario analizzare separatamente uno a d u n o l a p r o d uzione e l e radiazioni dei non molti isotopi di l u nga vita prodotti nella fissione.

    Reazioni nucleari

    501

    direzione dei neutroni

    U En = 7>3MeV

    Jv En — — 14 3 MeV

    »zTlt E. =

    »'Tlt E„=

    7, 2 M e V,

    »'UE » =

    1, 6 MeV

    7, 2 MeV

    Th En =

    li6 MeV

    Figura 11.56. Distribuzione angolare dei frammenti di fissione. [Dati di Henkel e Brolley,Phys. Rev., 103, 1292, 1956].

    11.11. Reazioni nucleari prodotte da ioni pesanti Il campo delle reazioni con ioni pesanti è in rapido sviluppo, favorito dal progresso della strumentazione. In primo luogo vi sono acceleratori lineari, ciclotroni ed anche sincrociclotroni in grado di produrre ioni con energia che varia da pochi MeV a circa 2 GeV per nucleone. Si possono o si potranno accelerare tutti gli ioni fmo all'uranio. Per la rivelazione, ad energie relativamente basse, una combinazione di misure di dE/dx ed E ottenute in un contatore a gas ed in un contatore a stato solido possono fornire i valori Z, A, ed E delle particelle prodotte. Ad energia abbastanza bassa gli ioni son soggetti alla repulsione coulombiana e subiscono cosi soltanto la diffusione di Rutherford. Se, però, raggiungono i nuclei del bersaglio, reagiscono. Ora, detto b il parametro d'urto e p l'impulso relativo, si ha, per la conservazione del momento angolare, pb= lA= p'X

    [11. 11.1]

    in cui lh è il momento angolare, X la distanza minima tra gli ioni, e p' il loro impulso

    -SQ

    C upi ( o l o 1 1

    i frammenti hanno i l

    90% della loro g

    arresto dei frammenti

    energia cinetica 2 0~

    10 - ' 4 se c

    E 4)

    X

    c)

    «) c)

    eccitazione del nucleo

    emissione

    di raggi y

    3

    fissione 2

    1,3 x 10-" sec ~1

    C)

    emissione ~ di n eutroni

    0- ' 4 sec~ 0

    l o " sec ~ 1

    2

    3

    2 x 10 - i 4 sec~

    1,5 ' x 10 - " s e c ~ P

    4

    Figura 11.57. Rappresentazione grafica del processo di fissione. Gli eventi sono: 0, eccitazione del nucleo; 1, fissione; 2, i frammenti acquistano il 90 per cento della loro energia cinetica; 3, emissione di neutroni; 4, emissione di raggi gamma; 5, i frammenti si arrestano. La scala orizzontale indica la durata del processo: due eventi separati di un tempo t in secondi, sono distanziati orizzontalmente di 20+ log,at unità. La scala verticale indica la distanza tra i frammenti: una distanza di r centimetri è rappresentata da 13+ log,or unità; p è la densità del materiale in cui si muovono i frammenti, e il diagramma è disegnato per p = 1. [Da lWW 58)].

    10 ~3

    B ( r ) + 1'(1)teorica

    10 ' O

    c h 10 - s

    l'(1) sperimentale

    1O 4

    1Q-4

    1O ' +

    10 4 1Q-7

    B(e) + r(e) eperimeetele~

    10 4

    10-4

    10

    10 4

    1

    104

    s econdi

    104

    104

    1

    lp

    104

    104 10( )

    giorni Figura 11.58. Emissione di energia da parte dei prodotti di fissione. Si suppone che l'energia dei neutrini sia il doppio di quella dei beta. B it) e I (t) energia emessa sotto forma di radiazione beta e gamma rispettivamente. [(WW 58)].

    Reazioni nucleari

    503

    relativo a tale distanza. Si ha anche per la conservazione dell'energia ~2

    2m

    R

    ~2

    — Ea — =­

    X

    2m

    [11.11.2]

    in cui m è la massa ridotta e Eii= Z. e ' /R è l'energia potenziale quando i nuclei sono a contatto, Dalle eqq. [11.11.1] e [11.11.2], posto p2,'2m = E, si ha come condizione di contatto fra i n uclei 2mR2 (E — En) > I,'ili'

    [11.11.3]

    La diffusione elastica è s t at a c a lcolata (B lair, 1954) prendendo l ' ampiezza di

    diffusione coulombiana e sottraendo da essa tutte le onde parziali con I < I„supponendo che queste nell'urto siano assorbite. Il solo parametro a disposizione in questo calcolo è R, scritto nella forma R = rp(Agi + A 2 )

    [11.11.4]

    dove A,, A2 sono i numeri di massa dei due nuclei. Questo semplice metodo semiclassico fornisce buoni risultati, come puo vedersi dalla figura 11.59. Il valore di rp cosi ottenuto è prossimo a 1,45 F. Si notino gli elevati valori di I , . Negli urti a distanza, in cui non entrano in gioco lc forze nucleari, si ottiene spesso l'eccitazione del nucleo per interazione elettromagnetica (eccitazione coulombiana; cfr. par. 8.7). Nel caso degli ioni pesanti il metodo di W eizsácker-Williams dà una buona r appresentazione del fenomeno. Un effetto caratteristico che si verifica per gli i o n i pesanti è l'eccitazione di livelli rotazionali elevati. Nei nuclei pesanti pari-pari, come il " U, si son trovate bande rotazionali ben sviluppate, con livelli pari soltanto: I = 0, 2, 4, 6, ..., 12 (fig. 6.48), tutti eccitati per interazione coulornbiana. Il processo di eccitazione è multiplo. Il nucleo è eccitato in livelli successivi per transizioni di quadrupolo dovute al campo elettromagnetico della stessa particella urtante. Se i nuclei urtanti vengono a contatto si hanno frequentemente semplici reazioni corrispondenti al trasferimento di un n ucleone, pcr esempio 2~Mg ('4IV » /

    )» Mg

    [11.11.5]

    T ali reazioni a vvengono i n c o l l i sioni p e riferiche senza formazione d i u n n u c l eo c omposto, con sezioni d'urto fmo a c irca 5 mb (fig, 11.60). Il bombardamento di u n nucleo pesante per mezzo di un altro può produrre molti nuclidi nuovi, a seconda di quanto la collisione sia periferica. Come ese pio diamo in figura 11,61 i risultati di un

    bombardamento di Th con Ne. In seguito alla formazione di un nucleo composto si osserva un effetto caratteristico nella distribuzione angolare delle p a rticelle d i e v aporazione. I l n u c leo c o m posto possiede spesso un momento angolare molto elevato (> 50Ii) necessariamente diretto perpendicolarmente alla traiettoria della particella incidente. Le particelle di evapora­

    zione quindi sono emesse in un piano perpendicolare al momento angolare e, con uguale probabilità, ad un qualsiasi angolo () rispetto alla linea d'urto. Ruotando questo piano di

    emissione delle particelle si riconosce che la distribuzione angolare ha la forma 1/sino c on due picchi un o a v anti e l ' a l tro i n d ietro r i spetto alla l i nea d'urto. Ci ò è s t a to osservato nelle particelle alfa emesse da Ni bombardato da ioni di ossigeno di 160 MeV. Effetti simili co mpaiono nella fissione, in cui i f r a m menti d i f i ssione tendono a sfuggire lungo la linea d'urto nella fissione indotta nel ' ' A u d a i on i ' C d i 1 23 M e V

    (fig. 11.62). Nel bombardamento di nuclei come ' ' A g co n

    A r d i c i rca 7 MeV per nucleone, si

    504

    Capi t o l o 1 1

    1,0

    1,0

    d iffusione da A u

    oa a

    1,0

    .10

    "C, 1,-64

    0,5 ' N 1,= 7&

    0,2

    a

    ' O, l,= &9

    0

    O,l 20

    25

    30

    35

    40

    Ne l

    45

    112

    50

    tic.m,, deg

    Figura 11.59. Rapporto fra le sezioni d'urto di diffusione elastica e coulombiana per atomi di "C, ' N, " O e ' Ne diffusi da oro ad un'energia di circa 10 MeV per nucleone. Le curve continui, sono ricavate da calcoli con soppressione delle onde con l < I„con l, indicato in figura. [Dati di Reynolds, Goldberg e Kerlee, da Zucker, Ann. Rev. NucL Sci„10, 27, 1960].

    osserva la formazione di frammenti in cui A v a ria da 1 alla somma degli A dei due

    nuclei. In una buona percentuale dei casi l'energia dei frammenti emessi, nel sistema del baricentro, corrisponde all'energia elettrostatica del nucleo emesso in contatto con un nucleo che contiene tutti i nucleoni restanti. L'energia cinetica iniziale è interamente o quasi interamente distribuita fra molti gradi di libertà (cioè è praticamente termalizzata).

    Si potrebbe pensare che, sAr+ '4>Ag si siano combinati per produrre un nucleo ',,'Tb fortemente eccitato, che subisce fissione in 'sO e

    5 7 La. La materia nucleare in 's',Tb

    raggiunge l'equilibrio termico prima della fissione.

    Reazioni nucleari

    505

    10

    0,5 E 0,2 • 'Be zsNa

    0,10

    o IOB

    0,05

    o '4N

    s t6Mg

    * 24Mg

    0 z~AI • »Mg

    r»S > 12C

    0,02

    i 16p

    0,010 - 6,0 - 5 , 0 - 4 , 0 - 3 , 0 - 2 , 0 — 1,0 0 E" =

    1,0

    2,0

    3,0

    4,0

    5$0

    E ~.~.— En+ Q/2

    Figura 1 1.60, Sezioni d'urto t o t ali c on t r a sferimento di n e utroni p er r e azioni del t i p o -'Mg(' N, ' N ) "M g per undici elementi leggeri in funzione diE** = E — En+ (Q/2),in cuiE, è l'energia cinetica nel sistema del baricentro, Enè l'energia della barriera e Q l'energia di reazione. Si noti che E4" +(Q/2) è l'energia a disposizione dei due nuclei all'istante immediatamente successivo al trasferimento. [Da Fisher, Zucker e Gropp, Phys. Reo., 113, 542, 1959].

    La distribuzione angolare dei frammenti nel sistema del baricentro suggerisce che il tempo necessario alla formazione ed emissione dei frammenti sia breve rispetto al periodo di rotazione di un nucleo composto, che può avere, per esempio, un momento angolare di 601rt. Un altro t ip o n o t evole di r eazione è stato osservato negli u rt i " C- " C a 90 ' (Bromley, Kiihner e Almqvist, 1960). La sezione d'urto presenta rapide fluttuazioni in f unzione dell'energia, effetto attribuito alla formazione di un n ucleo " C - ' z C ( M g) , assai allungato, con livelli rotazionali simili a q uelli di un a m o lecola biatomica (ftg.

    11.63).

    11.12. Re azioni fotonucleari Si conoscono molte reazioni prodotte da raggi gamma, per esempio, (y, n), (y, p), (y, f), (y, a) ecc. Esse vengono osservate investendo il bersaglio con un fascio di gamma e rivelando le particelle emesse o la radioattività del nucleo prodotto. Si possono ottenere sorgenti gamma monocromatiche usando raggi emessi da alcune sostanze, come ThC',

    506

    Capi r olo 11

    ttz

    I

    > Ne+ T h









    • l • S •



    =-a%+%%-~-~-­

    • • •

    g•

    • aaM

    4a•

    • • 15 • • 1$ • 5

    4 • •

    • • • 4 •

    • •

    l0-100

    • g• • • a -7

    -6

    —5

    - 4

    —3

    -2

    —I

    0

    I



    I- 10



    o,i - i

    x10 r' cm'/sr



    o,o i d i, i

    O

    0 >00i-0,0l

    2

    3

    4

    Figura 11.61. Trasferimento di molti nucleoni in collisioni tra ioni pesanti. Sono rappresentate

    le intensi' delle reazioni che coinvolgono il trasferimento dihN neutroni e d Z protoni dal nucleo bersaglio ~zTh al nucleo incidente ro~Ne. I limiti stimati di stabiliti delle particelle sono indicati dalie hnee a tratto continuo. I trasferimenti più probabili conducono ad un aumento del rapporto massa-carica del proiettile, che pud essere interpretato in termini di una tendenza verso una più uniforme distribuzione dell'eccesso neutronico durante la collisione. [Da Bohr e Mottelson, Ann. Reo. Nucl. Sci, 23, 363, 1973].

    Figura 11.63. Sezioni d'urto di diffusione a 90' nel sistema del baricentro per la ddfusioas elastica di '«O su ossigeno, ' C su carbonio, e ' O su carbonio in funzione dell'energia. Le linss f tratteggiate sono le sezioni d'urto di diffusione di Rutherford. [Bromley, Kuehner e Almqvitt, Phys. Rerr. Letters, 4, 365, 1960].

    R$.$$zio$$i$$$$ci$$$$i 5 0

    7

    5,0 i

    isrAu+123 MeV ' C

    i

    — curva sperimentale 4$0

    l i i

    1 sin 8

    lIlt'll

    I

    f i

    a

    a

    0 3$

    b 'a

    t I

    t

    2,0 /

    /

    /

    I

    I

    I

    / /

    0

    30

    60

    120

    150

    180

    i9c.m.

    Figura 11.62. Distribuzione angolare di frammenti di fissione nel sistema del baricentro nella hssione di '~'Au indotta da ioni di " C d i 123 MeU. [Gordon, Larsh e Sikkeland, da Hyde

    (UCRL 9065)).

    diffusione elastica di ioni pesanti "O suO

    8,.~. ~ 90'

    "O su C

    3

    4

    5

    6

    7

    8

    9

    10 11 '1 2 1 3 1 4 1 5 1 6 1 7

    Ee,m. MeU

    508

    Capi t o l o l I

    Esr

    A- 2

    n

    A—1 •

    P

    n

    r, f

    • .: n

    • ne

    s

    p '. It " ,

    I

    I

    ~a a x 1 0 a ~o

    I lt

    II

    I x lQ-s II

    I I II

    I I

    energia fotoni processo y

    (y, y ) +

    ( y, y ) ~

    ( y, n) + ( y, y) + ( y , y ) ~

    ( y, 2n) r

    ( y n)

    o(r, V') + o()', r) Figura 11.64. Sezione d'urto di assorbimento di fotoni per un nucleo ipotetico in funzione dell'energia. La regione I è a l d i s o t to delle soglie per emissione di particelle e in essa l'assorbimento avviene in livelli energetici discreti. La regione II è al di sopra dell'energia di legame; in essa però si hanno ancora rapide oscillazioni nella sezione d'urto di assorbimento. Nella regione III la sezione d'urto di assorbimento è una funzione senza oscillazioni. I processi che possono verificarsi sono indicati lungo l'ascissa. I livelli energetici nei nuclei A, A — 1, A — 2 sono illustrati in cima al diagramma. Le energie di legame di una o due particelle sono indicate conEr ed E,r. Il livello P, in A — 1 rappresenta un genitore dello stato fondamentale del nucleo A. [Da Fuller e Hayward, in (En 62)].

    ' Na e

    C o . Questi raggi hanno energie tra 1-3 MeV. La reazione p+ Li dà gamma di

    17 MeV, che sono stati frequentemente usati. L'annichilazione di positroni in volo è anche una buona sorgente gamma. Gli acceleratori di elettroni danno gamma con spettro continuo di bremsstrahlung (vedi cap. 2). Il limite superiore del continuo è ben determinato ed è possibile misurare sezioni d'urto per fotoreazioni in funzione dell'ener­

    gia usando uno spettro di bremsstrahlung e variando l'energia degli elettroni che la producono. Questo processo, però, è difficile e laborioso. La reazione fotonucleare più semplice è la fotodisintegrazione del deutone; essa è stata trattata al capitolo 10 per il caso delle basse energie in cui è soddisfacente una teoria semplice. La figura 11.64 mostra una visione d'insieme dell'assorbimento dei

    fotoni da parte di un nucleo ideale. Un fenomeno notevole nell'assorbimento fotonucleare riguarda il massimo della sezione d'urto ad energie attorno ai 20 MeV (ftgg. 11.65 e 11,66). La forma delle curve e la posizione del massimo dipendono da A. Un semplice modello che dà conto di questa «risonanza gigante» è stato proposto da Goldhaber e Teller, che considerano un moto collettivo di tutti i protoni rispetto a tutti i neutroni in un nucleo. Questo moto dà luogo ad un momento di dipolo elettrico, che spiega l'assorbimento. La frequenza del moto è

    Reazioni nucleari

    509

    Y89

    ap = 190 mb

    Eo = 16,4 MeV 1' = 3,6 MeV

    E (soglia)

    ~ 1OO

    yp = yn = ypn = ysn =

    13

    14

    15

    7,3 Me V 11 ,5 Me V 1 8 ,4 M e V 20,8 MeV

    16

    17

    18

    19

    E, Me V Figura 11.65. Sezione d'urto di fotoproduzione di neutroni in " Y. Essa presenta una risonanza gigante.[Yergin e Fabricand, Phys. Rev., 104, 1334, 1956].

    stata stimata da Jensen e altri usando un modello nel quale i neutroni e i p r o toni si m uovono in u n a s f era f issa i n m o d o t a l e c h e l a m a t eria n u cleare m ut i l a s u a composizione da punto a p u n to, pu r r estando costante la densità dei nucleoni. La variazione di composizione causa un aumento nell'energia potenziale che si valuta dalla

    formula delle masse nucleari (eq. [6.7.7]). Questa energia genera una forza di richiamo, e le oscillazioni del

    m o m ento elettrico ch e n e c o nseguono possono esser calcolate

    idrodinamicamente, dando approssimativamente la frequenza giusta per i nuclei leggeri. Un teorema, valido in assenza di forze di scambio, dà per la sezione d'urto integrale di fotoassorbimento dovuta a dipolo elettrico, la regola di somma:

    f

    z z— h a,„(E,)dE , = 2 r r e

    NZ =

    0,058 NZ

    M eV b

    [11,12.1]

    in cui N, Z sono il numero di neutroni e di protoni nel nucleo, e A il numero di massa; m è la massa di u n n u c l eone, L a r i s onanza gigante costituisce la p a rt e essenziale dell'integrale, poco contribuendo ad esso la sezione d'urto ad alta energia. La regola di somma espressa dall'eq. [11.12.1] sarà ora dimostrata partendo da principi generali. Nel caso di radiazione EI (2 della radiazione»d i m e nsioni del sistema nucleare) la

    510

    Capit o lo 1 1

    o' oy o0

    300 E à

    j

    O

    O

    O

    OO

    ~ao O

    10

    15

    20

    25

    E „ M eV Figura 11.66. Risonanza gigante di dipolo presentante due picchi ottenuta nel tantalio-l8l, nucleo molto deforme. La separazione dei picchi riflette la deformazione di quadrupolo del Ta(gp = 6,3 b), mentre l'intensità relativa integrata dei picchi dà un fattore prossimo a 2 in favore del picco ad energia più alta. Questo è associato con l'asse nucleare minore e indica una deformazione a sigaro. L'assenza di un terzo picco e una conseguenza della simmetria assiale. [Fuller e Weiss, Phys. Rev., 112, 560, 1958].

    probabilità di transizione dal livello fondamentale i al livello f in dotta da un campo elettrico d'cosrot diretto secondo l'asse z è

    f

    l' ( t )I deod'=e 2A'z Izvlt

    [11.12.2]

    in cui z< è l'elemento di matrice della coordinata z e Ia V per E < V

    dove V= Z=e /R (R = raggio del nucleo).

    11.6, Se soltanto la diffusione elastica è possibile, la matrice di diffusione possiede un solo elemento, S . Lo si ponga in relazione a il,

    11.7. Usando le formule di Breit-Wigner mostrare che la matrice di diffusione corrispondente è per due canali (diffusione elastica e reazione): S=

    1

    x

    s — i [x(1 — x)]" dove x = I ,' I

    [x ( 1 —x ) ] ' ~ 1 —x

    e n = (2/I ) (E„— E).

    I l.'à. Quando si ha soltanto la diffusione elastica, la matrice Sn è diagonale, S„ = exp ( — 2ix ). In caso di processi anclastici, deboli in paragone a quelli elastici, la matrice di dilfusione ha la forma S= S n + i s:, ed i termini in s' s ono trascurabili. Facendo uso delpunitarieta e dell'inversione temporale per S, si dimostri che sS„' —S„s =0; s „= r . „. Da c iò si derivi F. „

    518

    Capi t o l o I l

    = p „exp[i(a + ~ „)] con p „ r eale e «1. Infine S „= exp ( — 2ia )il „+ ip „e xp [i(a + at„)] Per un'applicazione (si veda E. Fermi, Opere Complete, Vol. 2, p. 1040), si considerino le reazioni y+ N ~y+ N (d iffusione Compton nucleare), tt+N ~ t t + N (d i f fusione pione-nucleone), e la y+ N ~n+ N, che forniscela connessione. 11.9. Si d imostri che la figura 11.14 è la corretta rappresentazione dell'eq. [11.5.12], senza trascurare l'interpretazione geometrica di ti e 8. Si disegni un grafico di Re A ed Im A in funzione di E, Si assegnino ad tl i valori tl = l, $, >4. 11.10. Il f a ttore di riflessione ti, dell'eq. [11.5.2] puo esser mediato su un certo intervallo di energia, e sia t)t il risultato. Mostrare che le sezioni d'urto medie corrispondenti, elastica e totale. sono t = tt' ( 2 l+ l ) { j 1

    rl i j

    j tl t j + j t i tj j

    o "= nA'(2l+ 1) (j l — titj'+ 1 — jtltj') [Feshbach, Porter e Weisskopf, Phys. Rer., 96, 448, 1954]. 11.11. Si mostri che (Q)'/rii(t deve essere una funzione continua dir. 11.12. Il "

    C d h a u na sezione d'urto di cattura (n, y) data nella tavola seguente:

    E(eV)

    0,0 1 0, 0 2 0, 0 3 0 , 0 5 0 , 0 8 0 , 1 0 0 , 1 5 0 , 2 0 0 , 3 0 0 , 40 0 , 5 0 0 , 7 0 1 , 0 0

    o (n, y)

    3 5 0 0 2 700 2500 2500 2800 3600 7000 7000 I 500 30 0

    1 5 0 50

    Si trovino le costanti necessarie ad esprimerla per mezzo di una formula di Breit-Wigncr con un'unica risonanza. 11.13. Us ando i dati seguenti che si riferiscono al ' 'X e, tracciare il grafico della sua sezione d'urto di assorbimento di neutroni lenti in funzione dell'energia, nell'intervallo da 10 " a l eV. Si usi la formula di Breit-Wigner ad una risonanza con Ep = 0 082 eV f

    „ = 24 ' 1 0

    eV

    f ' = 86 ' 1 0

    eV

    11.14. Si mostri che la massima sezione d'urto elastico possibile in una risonanza è

    o,max =4g

    0,65 x 10 ' (barn) E,(eV)

    Che relazione c'è tra I „e 1 „? 11.15. Mo strare che la massima sezione d'urto di reazione possibile per neutroni lenti, secondo la formula di Breit-Wigner, è 0,65 x 10 o, max = g (barn)

    E, (eV)

    Che relazione c'è tra I, e I „ q u ando o, è massimo? Si applichi il risultato al ' 'X e (I = )). 11.16. M ostrarecome per una risonanza è possibile ricavare I„/I, da una misura di o,. 11.17. Si calcoli o, nel casof = — (KR. 11.18. Si verifichi che se f = — KR tan(KR + () la sezione d'urto di diffusione ha una forma di risonanza in prossimità del suo massimo, e si calcoli I . 11.19. Mo strare che dall'eq. [11.8.13] si ottiene la relazione numerica ( o,(E)) —

    I,g x10 f

    r, +0,44 x 101ofDEtt2

    i n 10 " cm'

    E in eV ed f = (A/2)(I „/D) in cm [(WW 58), p. 57].

    Reu."ioni nueleuri

    5 19

    1120. Si derivino le formule di Breit-Wigner per mezzo di un calcolo perturbativo al secondo ordine [vedi {Fe 50)]. 11.21. Trovare l'energia di soglia per la formazione di un n bombardando protoni con protoni, carbonio con protoni, e carbonio con elio. Per gli ultimi due casi si tenga conto dell'energia di Fermi nel bersaglio.

    11.22. Mostrare che in un gas degenere l'energia cinetica media di una particella è f dell'energia di Fermi. 1123. Riportare in grafico il numero probabile di neutroni emessi da un nucleo in funzione dell'energia di eccitazione [vedi (Fe 50)]. 11.24. Dimostrare che per strappo del deutone ad alta energia l'energia E dei neutroni liberati {lab) è E,/2 con uno sparpagliamento AE = 1,5(sE~)v

    e che essi sono emessi con uno sparpagliamento angolare A() = 1,6(q'E,)'" in cui e è l'energia di legame del deutone. 11.25. Fare una stima della quantità di T c p r o dotto in una pila a uranio normale per ogni chilogrammo di Pu p r o dotto. 11.26. Tra i prodotti gassosi di fissione si è trovato Kr i n quantità corrispondente al suo rapporto di diramazione. Non si è trovato invece lo Xe. Potete indovinare il motivo? (Per chimici). 11.27. Provare che non vi sono livelli di un dato momento angolare elevato (ad esempio, I > 10) al di sotto di un'energia minima, detta energia «yrast».

    Bibliograf1a AIZENBFRG-SELovE,F. (acura di),Nuelear Spectroscopy, Academic Press, New York, 1960. AUERBAGH, N., J. HUFNER, A. K. K ERMAN, e C. M. SHAKIN, «A Theory of Isobaric Analog Resonances», Rev. Mod. Phys., 44, 48, 1972. BISHOF, G. R., e R. WILsoN, «The Nuclear Photoeffect», in {Fl E), Vol. 42. BLATT, J. M., e V. WEISSKoPF (BW 52). BODANSKY, D., «Compound Statistical Features in Nuclear Reactions», Ann. Rev. Nucl. Scl., 12, 79, 1962. BRAGR, M.,J. DAMGAARD, A. S. JENSEN, H. C. PAULI, V. M. STRUTINsx Y, e C. Y. WoNG, «Funny Hills», Rev. Mod. Phys., 44, 320, 1972. BURcHAM,W. E., «Nuclear Reactions, Levels, and Spectra of Light Nuclei», in (Fl E), Vol. 40. BUTLER, S. T., e O. H. HITTMAR, Nuclear Stripping Reactions, Wiley, New York, 1957. CQHEN, B. L., R. H. FULMER, A. L, McCARTHY, e P. MUKHERIEE,«Location of Neutron Single­ Particle Levels from Stripping Reactions», Rev. Mod. Phys.,35, 332, 1963. CUMMING, J. B., «Monitor Reactions for High Energy Proton Beams», Ann. Rev. lVucl. Sci., 13, 261, 1963. DANos, M., e E. G. FULLER,«Photonuclear Reactions», Ann. Rev. Nucl. Sci., 15, 29, 1965. EISBERG, R. M., e C. E. PoRTER,«Scattering of Alpha Particles», Rev. Mod. Phys., 33, 190, 1961. ENDT, P. M., M. DEMEUR, e P. B. SMITH(a cura di), Nuclear Reactions, Wiley-lnterscience, New York, 1959-1962. FIRit, F. W. K., «Low Energy Photonuclear Reactions», Ann. Rev. Nucl. Sci., 20, 39, 19l0. GI.ENDENNING, N. K., «Nuclear StriPPing Reactions», Ann. Rev. Nucl. Sci., 13, 191, 1963. GOI.DANSlttI, V., e A. M. BALDIN, Kinernatics oj Nuclear Reactions, Pergamon, London, 1961 HAYwARD, E., «Photodisintegration of Light Nuclei», Rev. Mod. Phys., 35, 324, 1963,

    520

    Capit o l o I I

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    Capitolo 12 Neutroni

    La scoperta dcl neutrone mostra come può esser tortuosa la via per cui si giunge a una grande scoperta scientifica. La sua esistenza fu sospettata da Rutherford fin dal 1920 sulla base di ragionamenti speculativi ma si dovette aspettare fino al 1932 per avere dati sperimentali probanti. Ncl l930 Bothe e Becker, bombardando il berillio con particelle alfa, osservarono una radiazione gamma molto penetrante. Gli studi ulteriori di I. Curie e F. Joliot condussero al sorprendente risultato (1932) chc nella «radiazione gamma» e ra presente anche una componentc capace di t r asferire energie di alcuni M e V a i protoni. Dapprima Curie e Joliot interpretarono questo trasferimento come un effetto Compton su protoni. Pero l a spiegazionc giusta fu t o sto fornita da C h adwick che mostrò come i protoni di rinculo osservati da Curie e Joliot fossero stati colpiti da una particella neutra. di massa approssimativamente uguale a quella di un protone, che egli chiamò neutrone. Chadwick bombardò con neutroni non solo l'idrogeno ma anche altri nuclei leggeri misurando i l p e rcorso delle particelle di r i n culo. D a ll a osservazione ùcll'energia e d e ll a q u a ntità d i m o t o e d a l l e r e l azioni energia-percorso r i usci a determinare la massa della nuova particella che risultò «quasi identica a quella del

    protone». I2.1. Sorgenti di neutroni La piu'semplice sorgente di neutroni è costituita da una miscela di una opportuna sostanza radioattiva c d i u n e l emento leggero come berillio o b o r o . I n e u t r oni si producono nei processi (x, n) o (y, n). Queste sorgenti sono deboli rispetto ad altri tipi, ma in compenso piccole e di intensità costante. Tanto per farsi un'idea, diamo due dati: una sorgentc di Ra + B e emette 1.35 x 10 n e u t roni sec ' g ' di r a d i o , mentre una sorgente di Po + B e emette 73 neutroni ogni 10~ particelle alfa emesse. La fissione s ponianea di alcuni isotopi, come il " C f , costituisce anch' essa una sorgente utilizzabile ~ < (

    di neutroni,

    l5 ' p ,

    Gli acceleratori pr oducono neutroni i n g r a ndi q u antità. I noltre, utilizzando un bersaglio sottile e selezionando i n e utroni emessi in un a d eterminata direzione, si p ossono ottenere fasci di neutroni monocromatici. Per esempio, la reazione ' Li + ' H ~"'Be+ n — 1,647 MeV (endotermica) è in grado di p r o durre neutroni di e nergia da p ochi keV in su, come si vede in figura 12.1. Le reazioni H +

    H=

    He + n + 1 7 , 6 M e V ,

    522

    Ca p i tolo 12

    15'

    30'

    cP

    45'

    mponen di

    ssa ne f 4 8 12

    16

    {a)

    20

    24

    2$

    32

    36

    alfa',keV

    ll x 10' 10

    /



    /

    /

    /

    /

    / E(0') /

    /

    8 o o

    /

    /

    O cà

    / /

    8

    .h L

    / /

    /

    /

    /

    /

    /

    /

    /

    /

    C4

    1,0 o

    8

    /

    /

    g8 8 /

    /

    I

    /

    0I, 8 2 P

    /

    /

    /

    0,5 S

    /

    /

    ~

    2,4

    2,6 2P 3,0 @, MeV

    3, 2 3i 4 3 6 à

    Ffgttra 12.1. {a) Energie dei neutroni provenienti da un bersaglio sottile di litio in funzione della

    differenza LIE' tra l'energia del protone incidente e quella di soglia, per vari angoli di emnsuons tel sistema del laboratorio. {b) Produzione di neutroni a 0' nella reazione Li{p, n) in funziote dell'energia dei protoni. Spessore del bersaglio 40 AV. [Hanson, Taschek e Wilhams, Ras, Mod, ' Phys.,21, 635, 1949].

    Neutroni

    523

    20 E~ =

    3,0 MeV 19

    2,5 2,0

    18 1,5 1,0 16

    0,5

    4f 15

    14

    Ec ~ MeV

    04 13 ~ ~ 12

    00

    30'

    60'

    90'

    120'

    150'

    1,0 1, 5 2,0 2,5 3,0

    l g0 '

    8

    Figura 12.2. Energie dei neutroni emessi nella reazione H(d, n) He per vari valori di E„ in funzione degli angoli di emissione nel sistema del laboratorio. [Hanson, Taschek e Williams, Reo. Mod. Phys., 21, 635, 1949].

    'H+ H = H e + n + 3,27 MeV sono in grado di fornire neutroni di alta energia (ftg. 12,2). Anche i fotoneutroni sono monocromatici: come esempio tipico, 1 Ci di '4Na fornisce 1,4 x 10' neutroni sec ' d i energia di OP MeV irradiando 1 g di Be alla distanza di 1 cm. Inftne si hanno i r eattori nucleari che producono elevati flussi di neutroni: 10'sn cm sec ' e un tipico valore di flusso di una grande macchina. Il numero totale di neutroni prodotti in una pila è approssimativamente 6 x 10" n (sec kw) '. I neutroni di un reattore possono essere termalizzati per mezzo di una colonna termica mentre particolari intervalli di energia possono essere selezionati o per riflessione su cristalli o con altri dispositivi. Per esempio, un moderno reattore di ricerca all'Istituto M, v. Laue-P. Langevin a Grénoble è in grado di fornire flussi elevati di neutroni di varia energia in fasci ben collimati (ftg. 12.3). Neutroni di energia molto elevata (da 50 MeV in su) si ottengono per strappo del deutone (deuteron stripping) o in urti di protoni con nuclei leggeri in cui avviene uno scambio di carica. L'urto di protoni con deutoni, in particolare, fornisce neutroni di energia ben deftnita (ftg. 12.4).

    524

    Capi t o lo 12

    10'»

    10o

    8 S

    10" OP

    0,5

    1

    10

    2

    20 lungham d'pn~Q g energia sV

    IO

    10 '

    10 t

    10 s

    10 ~

    Figttra 12.3. Flusso all'interno del reattore in neutroni cm ' s ec ', p er steradiante e per angstrom di lunghezza d'onda di de Broglie dei neutroni in funzione dell'energia o di L I neutrom nel reattore delflstituto M. von Laue-P. Langevin sono moderati da 25 litri di deuterio liquido (ireddo}, dal reattore stesso (termico}, o da un blocco di grahte a 2200'K.

    122. Rallentamento dei neutroni I neutroni, che nei reattori e in molti processi nucleari sono prodotti con energie dell'ordine di 1 MeV, nell'attraversare la materia subiscono un caratteristico processo di

    degradazione dell'energia (moderazione}. Mentre le particelle cariche o i raggi gamma perdono energia soprattutto per interazione elettromagnetica (per es. Ie particelle cariche per io~

    one, i r aggi gamma per effetto Comptonj, i neutroni si raHentano

    N eutroni

    525

    Tn (MeV) 200

    IOO

    I,O

    !- pe~n

    0,9

    i- p p ~ n

    30 0

    400

    500

    600

    700 800

    0,8 0,7

    06 'n 0,5

    I,O

    0,4

    0,9

    ~ 0,3 E 0,2

    0,8

    647 MeV

    O.

    Ol

    m OP

    Os7

    +~

    ~ .n ' " o

    0,6

    ir~

    0,5

    t

    b

    0,4

    0,3

    800 Mev

    0,2 O,I

    600

    800

    IOOO

    1200

    l400

    0,0

    Pn (MeV/c)

    Figura 12.4. Neutroni monocromatici ottenuti dalla reazione p+d = n+ 2p in a v a nti, ad energie delle particelle incidenti di 647 e 800 MeV. Per confronto si è anche riprodotto lo spettro di neutroni ottenuto dalla reazione p+ p = p+ n+ tt' . [ Bjork et al., Physics Letters, 63B, 1976].

    urtando con i nuclei. Si possono avere urti anelastici se il nucleo urtato è lasciato in uno stato eccitato o u rt i elastici se il n ucleo urtante acquista una parte dell'energia del neutrone sotto forma di energia cinetica. Nel primo caso il neutrone, per eccitare il nucleo, deve possedere una energia cinetica almeno dell'ordine di I MeV ; sotto questo limite i neutroni si rallentano solo per urti elastici fino a raggiungere energie termiche (l/40 eV). A questo punto gli urti, in media, non cambiano più l'energia dei neutroni: si dice allora che si è raggiunto uno stato di equilibrio termico (fig. 12.5). Per studiare gli urti elastici, si consideri un neutrone (nel sistema del laboratorio) che urti un nucleo fermo di massa A, e sia V, l a velocità del neutrone. Nel sistema del baricentro la velocità del neutrone diventa v, = [ A /(A + 1)] V, e quella del nucleo

    v, = [ — 1/(A+ 1)] V, (fig. 12.6). Le velocità dopo l'urto saranno indicate con apici. Nel sistema del b aricentro, esse sono i n v ariate i n g r a ndezza, mentre nel sistema del laborarorio la velocità del neutrone V', è uguale alla differenza vettoriale di v', e della velocità baricentrale del bersaglio [ — 1/(4+ 1)] V,. Il t e orema di Carnot dà V,' =

    V,

    V,

    +

    Vi

    —2 Vi A

    (A + l + 2A c o s 0)

    co s(tt —0 ) =

    [12.2.1]

    (A+ 1)' dove 0 è l'angolo di diffusione nel sistema del baricentro. Il rapporto tra le energie del neutrone dopo e prima dell'urto nel sistema del laboratorio è pertanto E

    Vi' 2

    1

    Ep

    Vi

    (A + 1)

    , (A'+ 1+ 2A cos 0)

    [12.2.2]

    526

    C api t o lo I 2

    catturato

    p

    I

    2

    3

    4

    cm Figura 12.5. Rappresentazione schematica della traiettoria di rallentamento e diffusione di un neutrone inizialmente veloce, da! la nascita alla cattura, in un mezzo idrogenoide. La scala indicate corrisponde approssimativamente al caso di un moderatore di acqua.

    velocità nel c.m

    f pnma:

    dopo : ex,es

    v elocità nel laboratorio ~

    f prima:

    masse uguali

    1 è

    er

    Vr, Vs = 0

    dopo: V'r, V's

    V's

    es

    es

    8/2



    e

    2

    el, vs

    V

    l

    tPJg~

    Vs ()

    V's

    Vs

    (a)

    particella 1, massa 1; particella 2, massa 2

    impulsi

    velocità es

    ~--

    I

    - m V's

    Pl

    es

    Vsy

    I f

    Ps

    Vs

    I

    Ps

    px

    t)c r

    (b)

    Vs T%I

    diagramma degli impulsi per lo stesso urto p's

    P ',

    Figura 12.6. (a) Urto tra particelle di ugual massa A sinistra, nel baricentro; a destra, nel laboratorio (velocità e impulso) (b) Urto tra particelle di massa 1 e 2. A sinistra un diagramma delle velocità (nel laboratorio V,, nel baricentro v,); a destra, diagramma degli impulsi (nel laboratorio P,, nel baricentro p;) Le quantità non accentate si riferiscono a prima dell'urto, quelle accentate a dopo l'urto.

    IVeuironi

    5 27

    che permette di scrivere subito l'interessante disuguaglianza

    [12.2.3] Calcoliamo ora la relazione tra 0 e 0r, angolo di diffusione nel laboratorio. Dalla figura 12.6 si ricava V,'

    A

    2

    1

    V I2

    A +l

    V

    (A + l )

    2Vi Vi

    cos 0 c

    A+ l

    che con l'eq. [12,2.2], fornisce Acos0+ 1

    [12.2.4]

    cos Oi- (A'+ 1 + 2A cos 0)"

    Per neutroni di energia fino a qualche centinaio di keV la diffusione avviene solo in onda s e quindi, nel centro di massa, essa ha simmetria sferica. La probabilità d W che la diffusione avvenga entro un angolo solido dha risulta quindi proporzionale a drii, e cioè, d W-

    diii 4i r

    si n 0 d0 2

    —d ( c o s 0 ) 2

    [12.2.5]

    quindi, dopo l'urto, intervalli uguali di cos 0 sono tutti ugualmente probabili indipen­ dentemente da 0; differenziando l'eq. [12.2.2] si ottiene dE

    2A

    Eo

    (A + l )

    [12.2.6]

    d (Gos 0)

    che mostra come ad intervalli uguali di cos 0 corrispondono intervalli di ugual energia. Si conclude quindi che la probabilità che il neutrone dopo un urto abbia una energia in un intervallo dE compreso tra Eo ed [(A — 1)/(A + l)] Er i = E+ o„= cr, Ne G„) CTy V

    sezione d'urto di assorbimento per neutroni termici per tutti i processi, fissionc esclusa; in particolare ci si riferisce alla reazione (n, y). sezione d'urto di fissione per neutroni termici. sezione d'urto totale per assorbimento. numero di atomi di specie C per unità di v o lume. a = (tr„— a>)/cr>. numero medio di neutroni prodotti in una fissione; esso è una costante nucleare poco d i p endente dall'energia dei n e utroni p r o ducenti la fissione. Se non è altrimenti specificato v si riferisce a fissione prodotta da neutroni termici. numero medio di neutroni emessi per neutrone termico assorbito in un materiale fissile (combustibile).

    Neutra/u

    541

    v IJ

    c JEI

    w aa

    EE GO V

    C G

    IJ

    'E 'E C C

    V

    EV GG

    C G V

    'c E E „ V

    g

    V

    Il V

    IV

    O

    O

    O G

    la

    V V a CJvò I J ~ ~ ' -Q 'G

    C

    Q v v ò v O

    V

    G o

    V

    C

    Jòl

    Cl C "

    al Q

    C C al

    E

    Ia O

    E

    G C

    J

    ar, • I c v c v- — E G E E c. J aa

    aa a — v­

    Ei G

    V

    9"

    - g ~ n al. g

    C

    t= V IJ 'Q O

    V

    V a a c IU aa c O Zt

    C O G O Q O O O G Ia Q aa U Q G aa C V OQ G Il E C WCC y ò a O C g Q C G C G OO G

    c

    ò

    E E G G JJ Q IVJ Q C

    al

    /

    ò. C

    c aa aa

    al

    ~" " R GRRRR

    E

    G. W G E

    W vaL va I ù: W W W W aa < aa aa IG vl aa aa v vl c I

    aa Q « Q

    O

    'I

    .og 4I e J.

    n /

    / ,;

    Q

    Figura 12.12. Reattore di ricerca dell'Istituto M. von Laue-P. Langevin (diametro dell'edificio 62 m). Il reattore vero e proprio è alimentato con 8 S kg di ' ' U 1 93 q' . d A l, D,O come moderatore e riflettore di neutroni. Potenza: 57 MW termici; massimo flusso di neutroni: circa l0" n eutroni cm s e c ' . [ Per gentile concessione dell'Istituto M. von Laue-P. Langevin, Grénobfe].

    542

    C api t o l o 1 2

    meccanismo di guida delle sbarre di controllo

    prese per strumenti

    C )

    piastra superiore di supporto

    C )

    n2 (+v)12 ~1 2

    [12. 11.4]

    in cui p» è la densità di potenza, n„n , le densità dei nuclei, (av) » è il valor medio del prodotto della sezione d'urto per la velocità, e W» è l'energia liberata in una singola reazione nucleare. La figura 12.18 fa vedere (ov), z per le varie reazioni, nell'ipotesi di una distribuzione maxwelliana della velocità.

    Il problema principale da risolvere nelle reazioni di fusione è non solo quello di ottenere unylasma, vale a dire una miscela neutra di elettroni e ioni, a una temperatura tale che la reazione desiderata avvenga a u n t a sso sufficiente, ma anche quello di manterlere un) ta le situazione. La temperatura richiesta è dell'ordine di 10 keV (1,16 x 10' 'K), e a queste temperature tutti i materiali evaporano. Per contenere il plasma si fa uso di campi magnetici, che in opportune configurazioni si comportano come pareti

    impenetrabili per le particelle cariche. Si può dire che il campo magnetico esercita una pressione di B'/8ir sul plasma, per cui quest'ultimo resta confinato per un certo tempo r,

    dopo di che si sviluppano delle instabilità tali da far fuoruscire il plasma dalla regione in c ui era confinato. I l

    p l a sma v a a n che scaldato, per p o r t arlo a ll a t e mperatura di

    combustione, sviluppando una potenza tale da compensare le perdite di energia degli elettroni del plasma dovute principalmente a processi di radiazione. Il requisito minimo,

    che cioè il plasma si scaldi fmo alla temperatura di combustione durante il tempo del confinamento, è racchiuso nel criterio di Lawson

    556

    Capitolo 12

    [12.(L5]

    pt zr = y(lit + ttz) kT;

    che, supponendo» , = nz = n,t2, diventa

    [ 1 2.1 1.6]

    6kT,./(era) 14'= nr

    Al primo metnbro si hanno quantità dipendenti dalle proprietà nucleari ; nr è invece un parametro controllabile. Per ottenere una reazione termonucleare occorre che nt superi 10' . La tabella 12,8 fornisce degli esempi di condizioni operative desiderabili, secondo Post (1970), per produrre reazioni termonucleari. Tabella 12.8. Esempio di condizioni di lavoro per reattori a fusione in stato stazionario e a impulsi (~).

    Ciclo del combustibile Densità del combustibile (cm s) Temperatura (keV) Tempo di conftnameuto richiesto (sec) Densità di potenza (W cm ) Pressione (solo ioni, atm) Campo minimo per il confinamento (kG)

    D-T 3 x 10' 25 0,5 25 12 25

    Stato sta."ionario

    A impulsi

    D-s He 2 x tot~ 300 1,0 8 96 60

    D-T 2,5 x 10'" 10 0,025 18 ()00 400 140

    (") Da R. F. Post, Aan. Rea. tVuct Sci., 20, 516, 1970.

    12.12. E f fetto del legame chimico nel diffusore di idrogeno Nel resto di questo capitolo discuteremo alcune proprietà dei neutroni lenti e alcuni problemi che sono stati studiati per mezzo di essi. Reattori nucleari sono la sorgente di neutroni preferita per le ricerche che sono trattate in questo paragrafo. Quando un neutrone di energia molto più grande dell'energia di legame molecolare colpisce un nucleo di idrogeno in una molecola, esso espelle il protone cedendogli, itt media, meta della sua energia (si ammette diffusione elastica in onda s). Se pero il neutrone ha energia inferiore all'energia di vibrazione molecolare Aco, non può cedere energia al modo di vibrazione né rompere il legame chimico. Di conseguenza il protone si comporta come se possedesse la massa dell'intera molecola. Si vede quindi cotne a un certo punto divenga difftcile per un neutrone perdere energia. Cosi, man mano che ci si avvicina all'energia termica i n e utroni stentano sempre più a p e rdere energia. Per quanto detto sopra, ad energie inferiori ad Aco, la massa ridotta it del sistema neutrone­

    protone si avvicina più ad M che ad M/2. Di conseguenza la sezione d'urto di diffusione aumenta di un fattore 4 nel passaggio da energie grandi ad energie piccole rispetto a

    quella del legame chimico. In approssimazione di Born (vedi app. B) si ricava la sezione d'urto differenziale di diffusione

    %eritrosi

    557

    dove P> e P; sono onde piane normalizzate nel volume unitario. Cosi nell'equazione si ha che o„, = 4o„, perché p„„è il doppio di )i~„. Sebbene il criterio abituale per l'applicabilita dell'approssimazione di Born non sia soddisfatto con energie termiche, si puo mostrare

    che l'eq. [12.12.)] è ancora valida. La relazione tra la sezione d'urto t o tale per u n p r o t one legato e quel)a per un protone libero puo essere trovata anche con un semplice ragionamento do> uto a Blalt e Weisskopf. Il neutrone lento incidente ha una lunghezza d'onda i g r ande rispetto alle dimensioni della molecola in cui è legato il protone; percio nel sistema del baricentro praticamente coincidente col sistema in cui la molecola è in quiete, si avrà diffusione a simmetria sferica (solo in onda s),

    do



    =

    [12.12.2]

    C

    dQ

    Nella diffusione da un p r o t one libero si ha anche simmetria sferica nel sisteina del baricentro il quale pero, nel sistema del laboratorio, si muove con velocità metà di quella dc) neutrone. Se chiamiamo o la lunghezza di diffusione incoerente ii-p [u = ($a, + ~4a, )'

    vedi par. 10.3], sappiamo dall'eq. [10.2.8] che nel sistema del baricentro do' =

    [12.) 2,3]

    A

    du)

    dove dnd cos 0) l

    dove X è il numero di strati diffondenti. Sommando, tenendo presente che si tratta di una progressione geometrica, si trova l'ampiezza risultante

    A= a

    l — exp(2ikNd cos 0)

    1 — exp(2ikd cos 0)

    exp (2ikd c o s 0)

    L 'intensità è proporzionale ad l A l ,

    [12.16.3]

    e

    , sin' (N kd cos 0) sin' (kd cos 0)

    [12.16.4]

    è grande per quei valori di 0 che annullano il denominatore, cioè se kd cos 0 = nrr ni. = 2dcos 0

    che è la famosa relazione di Bragg (W. Bragg e L. Bragg, 1913), Se il cristallo contiene diversi isotopi, dobbiamo usare nell'eq. [12.16.4] la somma pesata delle lunghezze di diffusione per determinare la lunghezza di ditTusione elTettiva per diffusione coerente. Naturalmente tale cristallo non è «perfetto» essendo gli isotopi distribuiti a caso nel reticolo per cui in aggiunta alla diffusione coerente è presente anche quella incoerente, Consideriamo ora il caso di atomi di due tipi cotne nel Na Cl. I piani (1, l, 1) sono equidistanti e sono costituiti alternativamente di sodio e di cloro. Nella riflessione di Bragg del primo ordine il cammino ottico per riflessione dai piani del sodio differisce di i/2 dal cammino per riflessione dai piani del cloro; se le diffusioni da Na e Cl provocano lo stesso sfasamento nelle onde dei neutroni ditTusi, i loro contributi si sottrarranno c l'ordine avrà bassa intensità; il c aso opposto avverrà se N a e C l d i ff o ndono con sfasamento opposto, La situazione per il secondo ordine è rovesciata. In questo caso si ha una elevata

    Weutroni

    565

    intensità se le diffusioni dal sodio e dal cloro producono lo stesso cambiamento di fase. A questi effetti si sovrappone una diminuzione continua dell'intensità da ordine ad ordine, come nei raggi X. In casi più complicati l'intensità dei vari ordini è determinata, come per i raggi X, dal fattore di forma, definito come la am piezza efflcace di diffusione coerente per cella unitaria del cristallo, F = ga iexp

    [12.16.5]

    dove d è la distanza tra i piani reticolari, n l'ordine della riflessione di Bragg, e 81 è la distanza perpendicolare tra il nucleo j-esimo e uno dei piani di riflessione scelto come riferimento. La somma è estesa a tutti i nuclei nella cella unitaria. È chiaro che F dipende fortemente dai segni di a;, e un'analisi delle intensità per i diversi ordini può condurre alla determinazione del segno relativo delle lunghezze di diffusione dei diversi nuclei del reticolo (fig. 12.21; NaCI). La condizione di B r agg pu ò servire a r e alizzare fasci di n e utroni m o lt o l e nti. Facendo passare un f a scio d i n e u t r on i d i v e l o cità d i v erse attraverso u n m e zzo policristallino, quelli che soddisfano la relazione di B r agg in q u alche cristallo sono deflessi mentre quelli che hanno una 2) 2d non potendo mai soddisfare alla condizione di Bragg rimangono indisturbati nel fascio. I neutroni al di sopra di una certa velocità sono cosi eliminati dal fascio. L'intensità diminuisce per basse velocità a causa della distribuzione originale delle velocità nel fascio (fig. 12.22). La riflessione di B r agg può a nche essere impiegata nello studio delle proprietà magnetiche di un m a teriale. Vedremo infatti che la l u nghezza di diffusione dipende dall'orientazione dello spin del neutrone rispetto al momento magnetico elettronico di un atomo. Ne segue che in u n m a teriale ferromagnetico saturo i l p o t ere riflettente

    tO

    I e5 I

    C) Iv5

    2 O I

    CJ

    •c5 I

    H CP o

    1

    O

    2

    3

    4

    5

    6

    7

    Figuru 12.22. Distribuzione spettrale di neutroni freddi da un filtro di ossido di berillio (Fermi e Marshall).

    566

    C apit o l o l z

    (111)

    ( 311) T

    (33 1 ) (511) (333) t

    r

    100

    cella magnetica unitaria (ao = 8,85 A)

    80

    60 80'K

    40 e'

    20

    p

    1 f

    100

    (100) (110) MnO

    80 t

    60 40

    (tit)f(2'10 )l l f f j

    (200) ( 211)( 220) (3 1 0 ) (222) (300) (311) cella chimica unitaria (ao = 4,43 A) 300'K

    20 10'

    20'

    30'

    40'

    50'

    angolo del contatore Figura I2.23. F i g ure di diffrazione da polvere di ossido di manganese cristallino a 80'K e a temperatura ambiente, dovute a Shull e Smart. ttPhys. Rev., 76, 1256, 1949]. I picchi addizionali, ottenuti a bassa temperatura, sono caratteristici di una cella magnetica unitaria di dimensioni doppie della cella chimica unitaria; essi dimostrano la struttura antiferromagnetica dell'ossido di manganese.

    dipende dalla polarizzazione dei neutroni e quindi la riflessione di Bragg può essere usata per polarizzare i neutroni. In una differente applicazione, la figura di diffrazione di Laue prodotta da sostanze ferromagnetiche dipende dalla magnetizzazione del diffusore. Infine c'è il caso interes­ sante dei composti antiferromagnetici i quali sono solidi in cui gli spin degli atomi sono allineati ma sempre in coppie e in direzioni opposte come in due reticoli ferromagnetici saturi di magnetizzazioni uguali ed opposte, sovrapposti l'uno all'altro. Tali sostanze non presentano proprietà magnetiche macroscopiche come i l f e r romagnetismo ma rivelano la loro struttura all'analisi della diffrazione con neutroni (fig. 12.23). Un'altra interessante applicazione dei neutroni molto lenti riguarda lo studio delle

    proprietà dell'elio liquido II. Un neutrone assai lento (2 > 4 A) diffonde, producendo un fonone nel li quido. L 'energia e l ' i mpulso del fonone, per le leggi di c o nservazione, devono essere eguali alle variazioni dell'energia e dell'impulso del neutrone, che sono misurabili. Si ottiene cosi la relazione fra E e p per il fonone (relazione di dispersione), che ha una parte fondamentale nella teoria dell'He II. Le applicazioni dei neutroni ai problemi di fisica molecolare e dello stato solido sono in rapido aumento. Gli es mpi citati d o v rebbero d are a l l e t t ore u n 'idea delle possibilità d i q u esto elegantissimo strumento di i ndagine.

    Ã~wironi

    56 7

    12.17. Indice di rifrazione La diffusione coerente microscopica serve per la spiegazione dcll'indice di ri frazione macroscopico. Infatti la diffusione in avanti dei neutroni, luce, raggi X, ecc. è sempre coerente e l'interferenza con il f ascio incidente dà l uogo all'indice di r i frazione del materiale. Il legame tra la lunghezza di diffusione e l'indice di rifrazione si ricava come segue. Ammettiamo per semplicità che la diffusione abbia simmetria sferica e consideriamo una sottile fetta di materiale di spessore T, contenente N nuclei per unità di volume. Un'onda piana iif o = e'"' incide normalmente sulla superficie. calcolercmo l'ampiezza dell'onda in un punto P (l'ig. 12,24), Pe = e'"' — 27t N T —

    [12.17.1]

    ei " ' xdx

    o

    trascurando l'assorbimento nella fetta. Poiché xz + zz = rz si ha xdx = rdr e

    [12.17.2]

    Pe — —e"= —2zN Ta e ' "" dr

    L'ultimo integrale può essere calcolato o ricorrendo all'artificio delle zone di Fresncf o aggiungendo a k una piccola parte immaginaria positiva e passando al limite facendola tendere a zero. Il risultato è che l'integrale si annulla per l'estremo superiore, per cui alla fine si ha 27tiN Ta

    [12.17.3]

    Si consideri ora macroscopicamente l'effetto di un indice di rifrazione n del materiale. Il vettore di propagazione nel materiale è nk ri spetto a quello k n el vuoto; q u indi

    exp [ik (z —T) + ink T] = exp (ikz) exp [ik l n —l ) T]

    [12,17.4]

    dx

    0

    Figura l2.24. O n da piana di neutroni lenti che urtano (da sinistra) su uno straterello infinito di materiale diffusore. I simboli son quelli usati nel calcolo della relazione tra l'indice di rifrazione e la lunghezza di diffusione.

    568

    C vpi t v ) v ! 2

    colonna

    CaFz ~

    Si

    termica

    Ss

    specchio ~

    /

    co

    on' ore

    Figura l2.25. D i spositivo sperimentale di Ferini e Marshall, (Phvs. Ree., 71, 666, 1947], per la determinazione dell'angolo critico per la riflessione di neutroni monoenergetici da vari specchi,

    e per k(ir — 1) T « I

    e'"' [I + ik(n — 1)T]

    j 12.17.5]

    Dal confronto dell'eq. [12.I7.3] con la [ 1 2.17.57 si ottiene n= l

    -

    2 zhia k~

    = I —

    i .' 2 rr

    Nu

    [ l 2.l 7.6]

    Per valori positivi di a l'indice di rifrazione è percio inferiore a l, II suo valore è molto prossimo ad 1 per neutroni lenti; infatti, valori tipici sono, per esempio ). = 10 ' cm, N =1 0 cm , a = 10 ' cm, n — 1 = + 2 x 1 0 . S e n ( I s i puo avere riflessione totale. Cio avviene tutte le volte che sin i,. o n. Poiché n = l, i, = 90' e ponendo 90' —i, = e si ha sin i, = cosa l —( e ' / 2), o ,2

    àn — 1

    2

    [12.17.7]

    Ricordando l'eq. [12.17.6] si ricava l'angolo liniite

    [12. I 7.))] È chiaro che la riflessione totale si ha per un dato angolo solo per i. più grande di una i., critica definita dall'eq, [12.17.8]. In questo modo si realizza un metodo per selezionare neutroni di bassa velocità (fig. 12.25). Ancor più i n teressante è la ri flessione da specchi magnetizzati. Si dimostra (par, 12.18) che l'indice di rifrazione di un neutrone pcr una sostanza ferromagnetica dipende

    lv u

    5 9

    dall'orientazionc relativi< d«lla magnetizzazione e dello spin de! neutrone. Più precisa­ mente >>. =- l — + 2n

    )il

    „ ( l.' ex p [i ( 1 ' —kl r] dr 4>.-"/>l

    , ~ h i p ., 4>t'-A'

    z

    [ 12. 1 g .!]

    B (r) cxp [i (l — l ) r] d r

    doo di I.'e. Pcr neutroni lenti A c del('ordine della distanza reticol;ire e l'espone»ziale vale = I

    s70

    capu n l n I 2

    sulla regione di integrazione. Quindi 2

    I tl

    o (())=

    , b + It , 4rrz h

    [ 1 2.18.2]

    B . (r ) d r

    dove l'integrale è esteso al volume reticolare occupato da un atomo di Fe. Per dare un'idea dell'ordine di grandezza del contributo del campo magnetico, porremo b = 0 nel calcolo seguente. Sia allora h = 0;

    i . » di m e n s ioni atomiche;

    B = 23000 G (Fe saturo};

    B d z = 2,7 x 10 '

    G .c t n ' .

    S i trova tr = 4,9 x 10 ' cm - ' . Il risultato sperimentale per n eutroni t e r mici s u f e rr o m a gnetizzato e o = (1.' + 3,15) b o tr = ( 12 — 3,15) b; il p r i m o v a l ore o = 15,15 b si o t t iene se lo spin del neutrone c parallelo a B, il secondo valore rr = 8,85 b corrisponde a spin antiparallelo a B. È o vvio c he se filtriamo i n e u t roni c on f erro m a gnetizzato otterremo un fascio polarizzato con orientazione tale che sia a = 8,85 b, poiché l'orientazione opposta è di preferenza rimossa dal fascio. Uno svantaggio di questo metodo è di essere molto sensibile alla incompletezza della polarizzazione del ferro. 11 ferro è totalmente polarizzato in ogni dominio, ma in un piccolo numeto di domini che non sono bene orientati, i neutroni precedono intorno a 8 annullando la maggior parte della orientazione ottenuta nei domini «buoni». Chiamiamo cm - a l e sezioni d'urto per neutroni di spin parallelo o antiparallelo alla magnetizzazione, e ammettiamo che il ferro sia completamente saturato. Se si fa passare un fascio di neutroni non polarizzati di intensità iniziale In attraverso una lastra di ferro di spessore d e contenente X atomi per unità di volume, in uscita il fascio avrà una intensita I, di n eutroni polarizzati parallelamente alla magnetizzazione e unaI d i neutroni polarizzati antiparallclamente. Si ricavano immediatamente le relazioni seguenti I = I P=

    -', Iocxp [ — (tr ) + rr ) Xd]

    [12.18.3]

    = Y lp exp [ — (ac — rr) XrI)

    [12. 18.4]

    I

    — I

    I

    +I

    = — ta nh (V r r d= — /Va d

    [12.18.5]

    Una seconda lastra di ferro magnetizzato può essere impiegata come analizzatore; a seconda della direzione della magnetizzazione, l'intensità attraverso le due lamine vale I = Ip exp [ — A'rrn (tI~ + d )j cosh /VO' (dt + dz)

    [ 12.18.6]

    dove il segno superiore o inferiore si riferisce alle magnetizzazioni parallela o antiparal­ lela delle lastre.

    Problemi 12.1. Pr oporre dei metodi di produzione di fasci di neutroni di energia compresa tra 10 ' e 10" eV. Indicare come misurare la loro energia e intensità.

    Weutrnni

    57 1

    12.2. Quanti neutroni al secondo sono emessi da 1 g di Ra chiuso in una sfera di Be di 0,75 cm di raggio interno c di 2,5 cm di raggio esterno? 12.3. Dimostrare che per grandi valori di A l'aumento di letargia media per urto tende a 2'[A + (2/3)] 12.4. Tr ovare il numero di urti in D. He, Be. U necessario a ridurre l'energia di un neutrone da 10' a l eV.

    125. Mostrare che la distribuzione dell'energia dei neutroni di energia iniziale E„, dopo n urti in idrogeno è onta da [Iog (E!''Eo)]" ' LIE P„(E) dE —­ (n — 1)! E„ 12,6. Un neutrone di energia iniziale Eii ha raggiunto per urti elastici in idrogeno l'energia E. Mostrare che la probabilità p„(E) che il numero di urti subiti sia n è data da

    p. (E)­

    [ log (F~/E)]" ' (n — 1) l

    E E„

    12.7. Fornire l'interpretazionc c la spiegazione fisica dei diversi fattori delle eqq. [12.4.1] e [12,4.2]. 12.8. Mostrare che il coelTiciente di Di(Tusionc e dato da

    3 [ l — (2!'3A)] 12.9. Ammettendo i costante, trovare la relazione tra l'«età» del neutrone e il periodo di tempo trascorso dalla sua nascita. Il neutrone diffonde e passa da un'energia iniziale E„ad un'energia E. 12.10. Neutroni di energia elevata vengono prodotti nell'alta atmosfera. Nella zona di alte energie essi sono rallentati sia per diffusione elastica che anelastica, Sia Q il numero di neutroni al secondo che passano per l'energia di 10' eV. Quanti di essi raggiungono energie termiche? Sia ir~ =ll b per N; 4.2 b per O. e ir, per N= l ,78 b x (2200/r: in rn sec '). [Vedi (Fe 50), p. ]84].

    12.11. Sviluppare l'eq. [12.6.19]. [Vedi (Fe 50), p. 190]. La sorgente è una funzione 5. 12.12. Calcolare la lunghezza di Diffusione in grafite se a, = 4,8 b e a. = 4,5 mb. Confrontare tale valore con la distanza realmente percorsa da un neutrone termico prima della cattura. 12.13. Una sorgente isotropa di neutroni termici "' posta al centro di una sfera di berillio di !0 cm di raggio. Calcolare la distribuzione del flusso nel caso che la sorgente emetta 100 neutroni al secondo, ammettendo che la sfera sia avvolta da cadmio in modo che tutti i neutroni che lasciano la sfera si perdono per cattura radiativa. Quale frazione di neutroni della sorgente verrà catturata nel cadmio? Si supponga che nel caso del berillio E„sia uguale a zero. Qual e la frazione di neutroni della sorgente che sfuggirebbero fuori della sfera in queste condizioni? Spiegare la differenza. 12.14. Quanto combustibile è consumato da un sottomarino a propulsione nucleare che viaggia ad una potenza media di 30 MW per 1 mese?

    12.15. Calcolare le dimensioni critiche di una sfera di ~~sU puro. 12.16. Calcolare lo spessore critico di una lastra di materiale che ha una certa k. Ripetere il calcolo per la lamina posta tra due lastre di materiale inerte aventi il coelTiciente di Di(TusioneD e spessore T.

    12,17. Calcolare la massa critica di una pila di forma cilindrica avente un dato k. Trovare il rapporto piu favorevole tra altezza e raggio. 12.18. Qual e la concentrazione minima di nitrato d'uranile in acqua pesante che puo diventare critica? Fare l'ipotesi che il ' ' U si a puro.

    572

    Co pi) Calcolare la quantità di moto di ciascuno (in MeVrc). (r) Sc i nuclei di deuterio devono avvicinarsi finn a 10 ' ' c m t r a lro, quale energia deve essere fornita per vincere la repulsinne elettrostatica? (d) Se questa energia è fornita riscaldando il deuterio a temperatura molto elevata, qual è l'ordine di grandezza dell i temperatura richiesta? 12.2(J. 5,(naticazione generali. Si possono considerare quattro famiglie di particelle in ordine di massa di quiete crescente: la prima contiene solo un membro, il fotone, un bosone di spin 1. La seconda famiglia, lepfoni, contiene fermioni di s pin —,', piu leggeri del protone. I leptoni sono soggetti solamente all'interazione elettromagnetica e a quella di F ermi, ma non alle interazioni forti. La terza famiglia, mesoni, comprende bosoni di spin intero. Questi sono più pesanti dei leptoni e soggetti a tutti e tre i tipi di i nterazione. La quarta famiglia, barioni, comprende i nucleoni e i fermioni più pesanti. 1 barioni sono sottoposti a tutti e tre i tipi di interazione; quelli più pesanti del neutrone son chiamati iperoni, La parola adroni e usata poi per tutte le particelle soggette a interazioni forti. La nomenclatura puo essere ulteriormente rafftnata prendendo in considerazione isospin, ipercarica e stranezza di una particella e, quando cio abbia senso, G parità (par. 13.4). Le convenzioni sono riportate in tabella 13,1, Ln qualche caso si usa affiancare alla

    Tabella 13.1. Co nvenzioni per i nomi delle particelle*. Nome

    Mesoni 00 n K', K K, Ko

    +l —1

    0

    +1 —l

    Barioni 3

    N Zo Zi A

    A Z

    0, 1 0 1 0

    +l +l +2 0 —l —2

    +l —1

    —3

    ' I o sp)n isotopico è indicato co) simbolo T o co) simbolo L I fisici nucleari tendono a preferireT, i fisia particellari 1, ma vi sono numerose ecceziom. (n questo libro si usa di preferenza T, ma la convenzione none sempre osservata. Speriamo che ciò non confonda i) lettore. [Adattamento da Particle Data Group, «Revieu of Partic)e Properties», Phys. Lerrers, 508, N. t, 1974; si veda anche Reo. Afod. P)iys., 48, Sl, ]976].

    ~~ Il simbolo m è adottato peri mesoni conT ' = 0 che decadono di preferenza in3nfeo(784), e ro(1675)]; i) simbolo di è risewato per 4 —=P

    È possibile scegliere tz e P in modo che tutti gli clementi di matrice di tz siano reali e quelli di P puramente immaginari. La tt(t ha quattro componenti.

    Se prendiamo il complesso coniugato dei due termini dell'eq. [13.1,1] si ha — + a. V+ it nP tt(t* = — ie (tz. A — V) f* Ct

    [13.1.3]

    cioe la f* soddisfa alla stessa equazione di f a parte la carica e cheè cambiata in — e. Se l'eq. [13.1.1] ha una soluzione con energia positiva f - e ' (E > 0), allora l'eq. [13.1.3] ha una soluzione con energia negativa e viceversa. •

    È chiaro che le soluzioni con energia negativa dell'eq. [13.1.1], il cui significato sembra a prima vista discutibile, corrispondono alle soluzioni con energia positiva dell'eq. [13.1.3], purché si cambi il segno alla carica. Esse corrispondono al moto di positroni.

    5 80

    CIJP i rolo 1 3

    Tabella 13.2. P r o p rietà delle particelle (') Apri) 1978 Reprinted from physfcs Detters, vo1. 75B, No. 1, ltpri1 1978. M. Barasb-Sctmttdt, >s. Barbaro-daltieri, C. Bricman, R. L. Crawford, C. Dionisi, R. J. Heminvway, C. P. Horne, R. L. Rally, M. J. Losty, M. Mazzucato, L. Montanet, A. Rittenberg, M. Roos, T. G. Trippe, G. P. Yost

    (Closins date for data: Jan. l, 1978)

    Particelle stabili For a d d i t i o n a l

    parameters,

    se e A d d e n d um t o t h ( s t a b i e ,

    Qxantittesin ito(ics haar changed by more than one (o(d) standard drciation since Aprii 1976. Particle

    Io(J )C„

    (sec)

    Msm (GCV)2

    y V

    l +r

    (cm)

    0(3xl o m„ ( Me v ) )

    j .oooooi4

    ( > 5 xlo ' y )

    0( 1.3xt osmv ( t f cV))

    P

    d

    1 05,6594 6

    C IIV

    2 . 197 1 3 4 x l o

    • 77 C '7

    j.0012

    e V CVI T

    + j.0012

    mZ 0 . 0 1 9 4 7 89

    1 3 4 . 9 6 26 j.0039

    d +

    2.6030xlo"e

    sl V

    j.0023

    e

    c ~780. 4

    100 ( 1 . 2 6 7 j 0 . 0 23)xl o e( 1 . 2 4 j 0 . 25)xin ( l . 0 2 j o . 07)x 10

    I/

    +•,ny

    ( r+-r ) / r (O.OSC0.07)H (test or CPT)

    e+vs c C VC C

    ( 40 s 40] small]

    3.80 i0.47

    (240)

    d

    10-20 80

    EK

    3/2 (l/2 ) P

    5 60 5 25

    361

    3. 57

    [Np [ds

    d 344

    45-601

    ro. 47

    (250)

    d(1910>9

    22 7 80

    ( 121 1 . 0 + 0.8) — i(49.9 + 0.6) ( 12 10 . 9 t 1 . 0 ) - i ( 5 3 . l t 1 .0 )

    (140)

    d(1670) P

    p~ r

    l

    3/ 2 (5/ 2 ) D 35

    p

    1 . 56

    189 0 t o

    100 t o

    3 .8 4

    Nrf

    7 - 15

    74 8

    a

    8 . 75

    19 50

    300 ( 200)

    * 0 . 39

    EK

    < 10

    46 9

    3/ 2 ( 2 )

    p a

    2.00 6.46

    2150 t o 2240

    160 to 440

    4.6 7 f 0 .6 5

    Ntt

    (J + l / 2) )r - 0 .4 - 1. 4"

    8 70

    10 - 15

    10 23

    (300) d(2420)e

    II(2850)

    d (3230)

    d'

    3/2 (11/2 > M p

    3/ 2 ( 2 )

    3/ 2 ( 2 )

    2 .6 4 4. 6 8

    2 38 0 to 2 450

    300 to 500 (300)

    5 .8 6 t 0 . 73

    Nr

    a

    p a

    3.85 3,05

    2 800 t o 2900

    400

    8 . 12 +l 1 4

    Nlr

    (400)

    p 5 .0 8 rl 2 . 25

    3200 to 3350

    440 (440)

    10.43 i l . 42

    Svidence for states uith strangeness +1 is inconclusive. See the Baryon Data Card Listings for data and discussion.

    (J + l / 2) )r - 0 . 25"

    126 6

    (J + l/ 2 ))r

    147 5

    -o. o5"

    593

    594

    Capi t o l o / 3

    Tabella dei barioni (seg((ito) P arti c l e

    c

    l —

    h

    rr or K besm

    (J ) es t a b .

    A

    0(1/2 )

    A(1405)

    0(1/2 ) S

    A(1520)

    0(3/2 ) Do

    p

    (GeV / c )

    C

    4' r I 2 E (m b )

    Nsss N

    (NeV)

    Full Widtb

    Ec (NeV)

    1115.6

    Balolc K p

    threshold

    p

    c

    0 . 389 84.5

    1405 i5

    40 i 10

    1520 i2

    163 2

    (40)

    < 16)

    Partial àacay mode

    N

    i('N

    Nude

    Fr ac t i o n

    (GeV )

    1.145

    See S t abia Particla Table

    1 .9 7 i 0 .06

    Zr

    2 .3 1 t 0.0 2

    NK Es Afre

    l >fr

    A(1830)

    A(1860)

    A(1870)

    0 (1/2 ) S

    140 410 64 39 3

    0.78 26. l

    1690

    ilo

    40 t o 80 (60)

    2 . 86 i o. 10

    NK Er Afnr Zsn

    20- 30 2 0- 40 - 25 20

    419 409 41 5 35 2

    p o

    1.05 16.7

    lelo

    70 t o

    3 . 29 i o. 1 5

    NK

    5 5- 6 5

    54 2

    5- 1 5 5- 1 0

    508 36 2

    p

    1.09

    o

    15.e

    1810 to 1830

    60 to 1 10 (95)

    3 . 35 i o. 17

    NK

    " Eccetto per it caso particolare del decadimento K: si veda il paragra(o l9.6.

    moltiplicativo essa non potrebbe render ragione della differenza fra le reazioni [13.2.7] e

    [13.2.8]. L'esperienza dimostra chc l'interazionc elettromagnetica è strettamente proporzio­ nale alle cariche. Non esistono altri tipi di interazione elettromagnetica oltre quelli soliti tra cariche e correnti. Momenti magnetici anomali e fenomeni analoghi non sono dovuti a speciali accoppiamenti ma si possono ridurre alle interazioni prodotte da una corrente elettrica. Geli-Mann esprime questo fatto dicendo che la «interazione elettromagnetica è minimale», Per le interazioni elettromagnetiche, ammessa la «minimalità», si trova pure una regola di selezione per l'isospin. La carica può esser scritta come Q=T, + ­

    2

    [13.3.1]

    È percio una funzione lineare della terza componente del vettore di i-spin, e in u n a interazione vettoriale si ottiene la regola di selezione AT= + I , 0 come si ricorda dalle regole di selezione del m omento angolare per l a elet tromagnctica.

    [13.3.2] r a d iazione

    La tabella 13.4 puo essere ulteriormente rafftnata distinguendo tra una interazione debole ed una interazione dcbolissima. L'interazione debole obbedisce separatamente alle simmetrie CP e T ; l' i n t e razione dcbolissima invece no. Similmente esiste una interazione fortissima che obbedisce alla simmetria SU (3) ed una interazione forte che la viola. Il rapporto tra le interazioni debole e debolissima è dell'ordine di 10 ; quello tra le interazioni fortissima e forte è dell'ordine di 10.

    608

    Ca p i> nlo / 3

    13.4. A l cune nuove simmetrie e regole di selezione

    I

    C~

    „> 4c'

    Riportiamo ora alcune ulteriori regole di selezione pcr lc interazioni forti cd elettronta-''" gnetiche, più che altro come sommario d i r i sultati. Le spiegazioni, necessariamente inadeguate, che daremo q ui , pe r essere complete richiederebbero nozioni teoriche superiori al livello di q uesto libro. Si consultino in p r oposito opere di carattere più avanzato (Ka 64, W 71, Kae 65). Tuttavia i risultati possono essere compresi fino ad un certo punto senza dimostrazioni, ed hanno un i mpiego pratico. Pcr convenienza, faremo uso della notazione di D i r ac, ed indicheremo con ~K) l'autostato (ket) che corrisponde al numero quantico K, in particolare ad una particella K ,e con (K ~ la sua complessa coniugata(bra). Il simbolo ( K ' l K ) s t a per jf „ " * P „ d t , ed e quindi il coefficiente di f'ourier dello sviluppo di >I> „ in autofunzioni f „ , U n operatore ( ' che opera su ~K ) d à c o m e r i sultato la f u nzione C( K ) , e i l s i m bolo ( K ' ( ( " l K ) rappresenta l'elemento di matrice dell'operatore quando si usino come base Ie funzioni ~ K ). In notazionc diversa

    (K'(P]K) =

    4*„ . ('4„dr

    [ 13.4.1]

    ".': 4

    Come è noto dalla meccanica quantistica, esiste una notazione equivalente in cui un ' '..„ ket e r a p presentato da u n a m a t r ice-colonna c u n b r a d a u n a m a t r ice-riga.,Cosi, ' r ' gliendo un a b ase ~pp~rt~~a (cioè, un ~ns~eme ~pp~rt~~~ d i n ~ m ~ri q u antici tl possiamo rappresentare i tre pioni con ,I

    (>r') =

    1 0

    0 in ) = I

    0

    0

    0 0

    ( >t ) =

    [ 13.4.3] ."'­

    —I

    *•

    i ",e It.,',

    Il segno meno pcr il >r è scelto per convenienza. Usando come numeri quantici T = l e' ',"",.' T, = + l , 0 , p ossiamo anche indicarc i pioni come

    (n') = )11 )

    (>t " ) = ( 10 )

    fn ) = l l — I )

    L'operatore di carica elettrica in forma matricialc è allora 1 T,= O 0

    0 O 0

    0 0

    [13.4.4]

    c i l>t ) , e cc. sono autofunzioni con autovalori + l , 0 . G l i o p eratori T, e I ; s o n o analoghi agli operatori di m o mento angolare c in forma matriciale sono 1 T> — —

    0 1 l 0

    0

    0 1

    1 0

    T,=

    P'~2

    0 I

    —i 0

    0 —i

    0

    I

    0

    [ l 3.4.5]

    L'operatore di parità P ap p licato ad un p i one cambia il segno del ket:

    P(>r+) = — l>t')

    P l> r " ) = — i>t")

    P)>r ) = —(n )

    [ 13.4.6]

    Questo fatto è csprcsso dicendo che un pione ha parità intrinseca negativa. L'operatore di parità applicato ad una funzione d'onda con indice chc nc rappresenta il momento angolare da

    P[ I) = ( — I l'll)

    [ 1 3.4.7]

    Per un pione di momento angolare I. P~>t, I) =( — 1)' ' ~n ) p o iché la parità intrinseca negativa introduce un ulteriore fattore — l.

    Introduzione aila fisica delle particelle

    60 9

    Per i bosoni, particelle ed antiparticelle hanno la stessa parità intrinseca; per i fermioni, esse hanno parita intrinseca opposta. 1.'operatore di coniugazione di carica per i n ucleoni dà, per definizione.

    Cll > =IT>

    Citi > = I»)
    =lp>

    [ 13.4.8]

    Per i pioni, C dà :

    C/no) = /rt )

    [ I3.4.9]

    indicando che il rt" è autoconiugato, e chc ~n ) è un autostato di C con autovalore + 1. D'altra parte, (tt' ) e ~t t ) n o n s o n o autostati di C , poiche C ] tt ' ) = l tt - ' )

    [ 13.4 . 10]

    come segue dal fatto che C cambia tr' in s r, e c he C' = 1. Il segno che precede ) st'- ) è fino ad un certo punto arbitrario: si supporrà che sia C~in-') = ~n ) . L'operatore C cambia i segni di t u tte le cariche c quindi la direzione del campo elettrico E. Cio è espresso dicendo che pcr un quanto di luce C y) = — ) y) e per n quanti l'autovalorc di C è ( — I)". L'operazione di c o niugazione di c a rica d à r i sultati i n teressanti per sistemi che contengono lo stesso numero d i p a r t icelle e relative antiparticelle, più u n n u m ero qualunque di particelle autoconiugate. Necessariamente sistemi di questo genere sono elettricamente neutri. ed hanno numero harionico 0. Questi sistemi sono autostati di C con autovalore ( — 1)'+, dove S è lo spin totale, ed l il momento angolare orbitale totale. Per rendere plausibile questa affermazione, si n ot i ch e o p erarc con C p u ò e ssere considerato equivalente a scambiare tutte le particelle con le loro antiparticelle. Nel caso semplice di due bosoni (per esempio, tr' e t r ) q u esto scambio introduce un fattore ( — 1)', dove I è il momento angolare orbitale. Se le particelle hanno uno spin, che per bosoni è necessariamente intero, esse combinano i loro spin s, = sz per formare lo spin totale S. Scambiando le particelle, la funzione d'onda è invariante se S è pari o cambia segno se S è dispari. Questa affermazione discende dalle proprietà dei coefficienti di Clebsch-Gordan. In conclusione, la funzione d'onda risulta moltiplicata per ( — 1)" s. Per coppie di fermioni ed antifermioni si può ragionare allo stesso modo. Scambiandoli fra loro. il momento angolare orbitale introduce un fattore ( — 1)'. La parità intrinseca o pposta di f ermioni e d a n t ifermioni c o ntribuisce con u n a l t r o f a t t ore ( — l), e l a combinazione di due spin semi interi eguali pr oduce un S si mmetrico rispetto allo scambio di s, ed sz per S dispari, ed antisimmetrico per S pari, come si puo vedere, ad esempio, per due spin ~. In conclusione, troviamo di nuovo il fattore ( — 1)"'. Q uesto fattore appare come C„ n e lla tabella 13.2 per particelle neutre non strane. C ome esempio consideriamo il positronio nello stato ' S« o n e llo stato S , . Per i l primo stato, C ha l'autovalore ( — 1)" ' = 1 , per il secondo C ha l'autovalore ( — 1) ' ' = — I. Quindi, poiché le interazioni elettromagnetiche conservano C, lo stato 'So puo a nnichilarsi in un numero pari di quanti, incluso il caso di due, mentre lo stato S , p u ò soltanto annichilarsi in un numero dispari di quanti (maggiore di uno, perché con un quanto solo è impossibile conservare energia e momento). Nelle interazioni forti sono conservate sia C che T, 1 d ue o peratori, però, non commutano; perciò, la conservazione simultanea di entrambe le grandezze dà nuovi risultati che vanno oltre quelli ottenibili conservando ciascuno di essi separatamente. Come esempio consideriamo i nucleoni e lc loro antiparticelle. Dalla relazione Q = Ts +(N/2), noi possiamo trovare i valori T, T, da a ssegnarsi alle quattro particelle(') i') Il segno meno per lp) è stato scelto per rappresentare gli stati nucleone-antinucleone come vettori a quattro componenti nello spazio prodotto del numero barionico isu cui opera C) e di T. In questo spazio V, Q. Te T, commutano tutti (ra loro. Dal segno dci ket dell antiprotone. seguono i segni non usuali in i i 0). (0 0).

    610

    C apit o lo ! 3

    Ip> = ITT >= lk z> ln> = l~z z>

    I P> = — l4 — z> I»>=I-,' p) [

    13. 4.11]

    Per un sistema nucleone-antinucleone si ha, in una rappresentazione T, T,, per T= l ,

    Il 1> = lp>ln> 1

    11 0> = — {Ip>lp> — In>ln>)

    [ 1 3.4.1"]

    yz

    — 1> = lp)ln> e, per T = O ,

    1

    IO 0> = — {Ip>IP>+ In>ln>)

    [ 1 3.4.13]

    y~

    Ora, gli autostati di C sono I p) I p) e In) In), ma non le loro combinazioni lineari. T e C dunque non hanno autostati comuni e no n co mmutano. Nelle interazioni forti, tuttavia, sono entrambi conservati, e da ciò seguono importanti conseguenze fisiche. In particolare, considereremo l'operatore (G parità)

    [ 1 3.4.14]

    G = Cei"r~

    prodotto di una rotazione nello spazio di isospin, e della coniugazione di carica. Questo operatore ha autovalori i)o = + 1, e gli stati che hanno un dato valore di 1)„devono conservarlo nelle i nterazioni f o r ti. L' o peratore e' = è s i m i le a ll'operatore e~'" che rappresenta una rotazione di un angolo 0 intorno ad un asse n nello spazio ordinario, L'operatore e'" - rappresenta allora una rotazione di n i n t o rno al secondo asse nello spazio di isospin. Per vedere l'effetto sui nucleoni, si scriva irz

    e'r: = 1+ i nTz — — Tzz+ -.

    [ 1 3.4.15]

    21

    e per T, si u si l'espressione valida per T = ~, T, = ~rz, con rz

    0 •

    —i 0

    Con calcoli diretti, e ricordando che rz — — 1, si ottiene e"r = 1 cos

    7

    G lp) = — In)

    + 2i T z sin — =2iT, =

    Glp) = — In )

    0 —l

    0

    Gln> = Ip >

    G ln ) = I p )

    [ 134.1 6 ]

    Gli stati ad una particella non sono autostati di G, ma stati che contengono eguali numeri di nucleoni ed antinucleoni e inoltre gli autostati di T sono anche autostati di (i, Per tali sistemi l'autovalore di C, come abbiamo visto, è { — l)' ; u n altro fattore { — 1)'

    viene dallo i-spin e cosi [13.4.17] Per i pioni l'effetto di Ci può essere calcolato in modo simile. L'effetto di C è noto. L'effetto di e'-r lo si trova dall'eq. [13.4.15] per T = 1. In questo caso si può verificare direttamente che T,'" = T,' p er n > I e c he Tz'" ' = T , p e r n ) 0 . A l l o r a

    introduzione alla fisica delle particelle

    6I t

    e'"r = l +i T , sin n+ T , ' ( c o sti — l) 0

    —l

    0 1 0 — 0 2 0 0 1 —1 0

    0

    1

    0

    0

    1

    =

    l

    0

    0

    0

    —l 0

    l

    l (13.4.18]

    0 0

    Quindi, scrivendo l

    ) =

    0 0

    0

    0

    lit ) =

    l 0

    0

    I tt ) =

    —l

    otteniamo r l tt0)

    et'r l tt ) = — l tt )

    Irto )

    @. „ T, Irt — )

    ltt > )

    [13.4. 197

    e di conseguenza l'autovalore di G è — 1 per qualsiasi pione. Per un sistema con n pioni

    [13.4.20]

    t)o = ( — 1)"

    Ne segue che un sistema per cui rfr; — — 1( — l) può produrre per interazioni forti solo un sistema di cui fanno parte pioni in n u mero pari (dispari). Per esempio un sistema protone-antineutrone nello stato sS, ha T = 1, I = 0, S = 1, t)t; — —+ l, e non puo annichilarsi in tre pioni, per cui r)t; = — 1. Un sistema p — p on — nnon è un autostato di T, ma u na m iscela di stati con T= O , l, e l a s ua G p a r i tà n on è determinata, a meno che si conosca T specificando in dettaglio la sovrapposizione. La tabella 13.5 riassume alcuni risultati della discussione precedente, Tabella 135. Ri s ultati delle operazioniP, C, G. Operatore

    l y)

    Ip >

    l p>

    In>

    —I p )

    lp>

    In>

    Ip>

    In>

    — In>

    I p>

    —I n >

    Ip>

    P G C

    —I n ' > — ltr > —In

    ' ll,„, = 1 per E radiazione, = — l per M radiazione,

    135.

    Te o remaCPT

    Un altro importante risultato teorico è il cosiddetto teorema CpT, il quale, in forma semplificata, afferma che qualsiasi interazione hermitiana, relativisticamente invariante,

    commuta col prodotto dei tre operatori C (coniugazione di carica),P (inversione di parità), e T (inversione del tempo), presi in qualsiasi ordine. Questo teorema (Liiders, 1954, Pauli, 1956) è stato dimostrato sotto ipotesi poco restrittive.

    Le sue conseguenze pratiche sono importanti, perché anche se una interazione non è invariante rispetto ad un o dei tr e f attori (un esempio è l ' interazione beta, che non

    conserva la parità), deve essere invariante rispetto alla trasformazione CPT. Nel caso delle interazioni beta l'esperimento mostra che l'interazione è invariante rispetto a T e C P separatamente. Una conseguenza importante del teorema CPT è l'identità di massa e vita media per particella ed antiparticella. La trasformazione CPT applicata ad una particella libera in movimento dà l'antiparticella con energia ed impulso eguali, e quindi con l a stessa

    612

    Capi t o l o l 3

    massa di q u iete. Se po i s i c o n sidera la c ostante di d ecadimento come una parte immaginaria della massa, come è suggerito dall'equazione di Schrddinger, si ottiene anche l'uguaglianza delle v it e m edie. CP T pr e scrive anche l'identità dei r apporti gi romagnetici. Esistono numerose misure sperimentali che riguardano il teorema CPT, e che sono

    riassunte in tabella 13.6. Il caso Ko, K„ è specialmente notevole, perché è possibile concludere che le loro masse differiscono pcr meno di una parte su 10' . Tabella 13.6. Ve rifiche sperimentali dell'invarianzaCPT". Grandezza misurata

    Risultato

    Eguaglianza delle masse

    m(n+}t'm(n ) m (p)/m (p) m(e )/m(e')

    1,0002 + 0,0004 1,0002 + 0,0005 1,008 + 0 , 005 1,000101 + 0,000185

    1 — m (Ko )/m (Ko)

    (2x

    10

    Eguaglianza dei rapporti giromagnetici (1,5+ 2)a /n ( — 0,09 + 0,14) a'/n'

    k(g, — g,) k(g. — g„)

    Eguaglianza delle vite medie totali

    1,000 + 0,001 0,99910 + 0,00073 1,00055 + 0,00071

    r(tt }/r(p ) z (K')/r(K ) z(n')/r(n )

    ' Da D. S. Ayres et at., Phys Reo., 3D, 1051 (19711

    Resta un p r o blema non r i solto co llegato al CP T , cioè la v i o l azione di CP nel decadimento del K,. È possibile che questa violazione sia compensata da una violazione in T, che cosi ricostruisce la conservazione CPT (par. 19.6).

    13.6. Relazioni di incrocio Relazioni importanti di grande generalità derivano da una proprietà della matrice di diffusione. I suoi elementi, secondo la teoria, sono funzioni analitiche delle variabili cinematiche che vi compaiono. Questa proprietà è stata collegata colla causalità, ma la dimostrazione non è scevra da obiezioni; con lo stesso scopo si è anche usata la teoria dei campi. Ignorando le difficili questioni connesse con una dimostrazione rigorosa dell'analiticità, la assumeremo come vera, e la sfrutteremo pcr derivarne relazioni tra le varie reazioni per mezzo del principio di incrocio, che esporremo ora, Per semplificare la nostra discussione, supponiamo di avere la reazione

    [ l 3.6.1]

    a(p,)+ b(pa) c(p,)+ d(p )

    trascurando spin ed i-spin; a, b, c ed sono i nomi delle particelle, i cui quadrimpulsi sono p, =(p., iE)

    p.' = — m.' ecc.

    (c = l }

    [ 13.6.2]

    I

    Irurcxlu:ione alla fisico delle particelle

    613

    [Si osservi che molti autori adottano una convenzione differente per i quadrivettori: p =( — E, p)]. La conservazione di energia e impulso dà:

    [13.6.3]

    Pa+ Pi = Pc+ P«

    ln una collisione sono noti pa e p,; le otto componenti incognite di p„ p „ s ono vincolate da due condizioni, p,. = — m,', p«« = —m «, e dalle quattro e quazioni [ 1 3.6.3]. I d u e restanti gradi di libertà sono l'angolo di diffusione 0, e l'inessenziale azimut arbitrario

    del piano di collisione. I~ 16 variabili p., p„, p„p, sono ridondanti per descrivere una collisione. Fisicamente è chiaro che la collisione può esser descritta da due soli parametri. Ad esempio, si

    consideri m„ in quiete; in tal caso, il modulo di p„e l'angolo di diffusione forniscono tutta l'informazione essenziale. Variabili appropriate relativisticamente (Mandelstam, l959) sono — s = (p, + p„) = (p„ + p«)

    [13.6.4]

    — l = (P — P,) = (Pa — Pi )

    [13.6.5]

    (Pa Pd )

    (Pc

    [13.6.6]

    Pb)

    Di queste tre variabili, solo due sono indipendenti, perché = Pa + Ph + Pc + Pd +

    (P a+ Papn P a Pc P a pd)

    = — m„+ m„+ m, + me + i i ia(P„+ P„— Pc — P„) e l'ultimo termine fra parentesi è nullo. Quindi s + f + u = m, + m„+ m ,. + me

    [13.6.7]

    Come esempi specifici di importanza pratica si trova: nel sistema del laboratorio p „ = ( 0 , im „), pa=(pa, iE,)

    — s=(p., i(m„+ E„))

    [13.6.8]

    — s= p, — m„— Ea — 2m„E„= — m,', — mi, —"mi,E,

    [13.6.9]

    Nel sistema del centro d i m assa, — s= (0, i( E ,+ E „ )) = — ( E„+ E , ) , c i o è s è i l quadrato dell'energia totale nel c.m.; nello stesso sistema

    l = m-„' + m —2 (E,E, — [ p. ((p, (cos 0)

    [13.6.10]

    c he per il caso speciale m, = m„= m, = m„ d à — l = 2p~(1 — cos0)

    [13.6.11]

    dove 0 è l'angolo di diffusione, e p il momento. In una situazione lisica, s > (ma+ m„) , l )' = u, t' = — (p. — p,)' = t e u'= — (p,

    + pl,) = s. Cosi, se per a + b ~ c+ d la matrice di diffusione è data da f (s,t, u), per a+ d ~ c+ b la matrice di diffusione è data da f (u, t, s). Tuttavia, se f (s, r, u) corrisponde ad una situazione fisica per la reazione diretta, per la reazione incrociata non si hanno valo­ ri fisici degli impulsi in corrispondenza a quei valori di s, t ed u. Valori fisici degli impulsi per la reazione incrociata corrispondono a v alori no n f i sici per la r eazione diretta, rendendo cosi impossibile una verifica sperimentale diretta del principio di incrocio, Questo non ne distrugge l'utilità, perche f è u n a f u n zione analitica che può essere continuata sull'intero piano, passando da regioni f~siche della reazione diretta a regioni fisiche di quella incrociata. Finora però questa è soltanto una possibilità teorica. La tabella 13.7 mostra la simmetria di incrocio per il caso delle quattro reazioni

    I

    p + n- + p +n

    Il

    p+ p~ n+ n

    III

    p + n~ p+ n

    IV p +

    n - +p + n

    Per la reazione I, si indichino i quattro p; delle particelle con p,, p,, p3 e p4. Si hanno cosi le varie simmetrie di incrocio esposte in tabella. Si è fatto uso della relazione p, + p, = p3 + p4, I vincoli s > 4m', t < 0 ed u < 0 delimitano la regione fisica per la reazione I, e simili limitazioni risultano per le reazioni II e III, come è illustrato in figura 13.7. In essa le regioni fisiche sono tratteggiate, ed indicate con la reazione a cui si riferiscono. Si é soliti in dicare una reazione secondo la v a riabile che rappresenta l'energia. Cosi la reazione I è il canale s, la reazione II è il canale t, e la reazione III è il c anale u. Per sfruttare completamente le relazioni di incrocio occorre uno studio approfondito del carattere analitico della funzione f (s, t, u), ed in particolare delle sue singolarità. Questli

    studio esula però dagli scopi di questo libro.

    Tabella 13.7. Relazioni di incrocio e variabili per la reazione a+b~c+ d . I II III IV

    — SI

    =(Pl + P2)

    = (Pl — P3)

    2

    (pl + p2)

    =(P, — P3) = — t, Sl ll

    (P2 P3)

    SIY — Sl

    2 2

    ul

    Sl

    (PI

    Pà)

    "II = (PI

    P4 )

    2

    fIll = (P3 — P, ) = — t ,

    unl = (PI + P. ) = — SI

    t lY = t i

    u lI =

    ul

    In)rada:ione alla fisica delle particelle

    615

    p +n~ p + n

    4m'

    y+ p~n + n

    s

    l)+ n w l ) + n

    / Figura /3.7, Va r iabili di Mandelstam nella diffusione protone-neutrone e reazioni incrociate. Le regioni tratteggiate sono fisicamente permesse per le reazioni indicate. Si è fatta l'ipotesi che la massa del neutrone sia eguale a quella del protone. Nel vertice A si ha s =4m'-.

    13.7. Es perimenti sumassa, vita ed altre proprietà delle particelle l o studio delle particelle cotnincia con la determinazione della loro massa, vita media, carica, spin, i-spin, ed altre proprietà. Molto lavoro sperimentale è dedicato a questo scopo, mentre la teoria cerca di classificare e predire risultati sperimentali. Piuttosto che discutere ogni caso separatamente, riporteremo qui esempi in numero sufficiente a fornire un'idea delle tecniche impiegate. Si fa l'ipotesi che la carica elettrica sia strettamente quantizzata, e cosi la si può misurare con relativa facilita. Per misurare la m assa esistono svariati m etodi. T a luni d erivano, con q u alche adattamento, dalla spettroscopia di massa; altri sono interamente differenti. L'esempio del muone illustra alcuni dei metodi usati per l a d eterminazione della massa delle particelle. L'idea fondamentale è sempre quella di misurare due grandezze relative alla stessa particella, come energia e impulso, e ricavarne la massa. Questo metodo fu applicato ai muoni trovati nei raggi cosmici e forni una prima misura delle massa del muone con una precisione del 5 per cento circa. Le grandezze misurate furono l'impulso (dalla curvatura di una traccia in camera di Wilson in campo magnetico) e la ionizzazione specifica (dal

    numero di goccioline condensate lungo la traccia) (fig. 13.8), Nelle emulsioni fotografiche si può contare il numero di grani a partire dalla fme del percorso della traccia, ricavando da esso l'energia della particella e dalla densità dei grani la velocita. Da questi dati si trova la massa.

    616

    Cspk ob 1 3

    Figure 13% U n a deHe antiche (1939) fotograhe in catnera di %ihon che mostra la velocitk

    (dalla iottizzazione, cioà dal munero di goccioline per unità di cammino) e Fimpuho (dsNs curvatura) di un mesone. pressione nella camera lp atm di azoto. Campo magnetico 800G L'espansione à avvenuta0$ sec dopo che la particella ha attraversato la canuva per dar tempo agh ioni di dNondere e poter cosi contare le goccioline. [Per gentile concessione di Brodes

    l'

    ln i rod usione al l a fisica delle pariicelle

    6 I7

    'i,>,".„",italo ! 4

    14.4. Spin e momento magnetico dei muoni Lo spin del muone è 1j2. La dimostrazione venne da esperimenti che al tempo stesso dimostrarono anche la non conservazione della parità nel decadimento del muone. Si faccia l'ipotesi che un ir ' si arresti e decada, emettendo un neutrino ed un p i n direzioni opposte. Poiché il pione non possiede momento angolare, il ji ' h a m o mento angolart eguale ed opposto a q u ello del n eutrino. Se il n e utrino è p o l arizzato con lo spio antiparallelo alla direzione del moto, cosi è per il muone. Cio è stato verificato con una esperienza diretta (Hyams et al., 1961), Il muone si arresta in un tempo assai breve rispetto alla sua v it a m e d ia; se l a p o l arizzazione non è d i s trutta nel p rocesso di rallentamento, si ha l'emissione di un positrone e di due particelle di massa nulla da una sorgente polarizzata. Questo processo manifesta una pronunciata asimmetria in quanto i positroni tendono a viaggiare parallelamente alla direzione dello spin (fig. 14.5 e 14.á)

    ed eq. [14.2.7]. Supponiamo ora di applicare un campo magnetico al muone in quiete; il campo

    85 MeV fascio di

    Si

    D D

    assorbitore di carbonio per arrestare i pioni

    D D

    D

    D

    d

    D

    D

    '

    p

    4

    d

    d

    d

    p, D

    D D p

    Dl

    d

    D

    d

    d

    á D

    S4

    Ss

    schermo magnetico

    corrente di magnetizzazione

    bersaglio C

    Figura 14.5. Un f ascio di pioni c muoni attraversa l scintillatore S,. I pioni si fermano prima ili raggiungere lo scintillatore S,. Cosi, lc coincidenze 1 e 2 segnalano l'arrivo di un m>ione che sarà fermato nel bersaglio di carbonio. I positroni originati nel decadimento dei muoni sno rivelati da una coincidenza tra i contatori 3 e 4. Il campo magnetico perpendicolare alla figura, che agita nell'area del bersaglio, produce una precessione dello spin del muonc. La correlazione tra la direzione dello spin e la direzione preferita di emissione del positrone è mostrata in figura 14.(>. [Da Garvvin, Lederman, Weinrich, Ph@s. Rei>.,105, 1415, 1957].

    Leproni

    635

    1,4

    Q

    Q

    o

    12

    O

    l,l

    Q

    E

    ce 10 O vf

    0,9

    0p 00

    0,7 C Q O

    -0

    - 0, 4

    - 04

    0

    corrente del campo d i

    0,2

    0 ,4

    0,6

    p r ecessione

    Figura 14.6. Variazione dei conteggi ritardati 3-4 in funzione della corrente di magnetizzazione. La curva è calcolata per una distribuzione angolare degli elettroni 1 — q cos 0, tenendo conto della risoluzione del contatore e della lunghezza del tempo di accesso usati.

    produce una rotazione della direzione di polarizzazione con velocità angolare eH

    [14.4.1]

    CO = g

    2mnc

    dove g = p/1 è il rapporto giromagnetico, cioè il momento magnetico in unità naturali di efi/2m„c, diviso per i l m o m e n to a n g olare in u n i t à fi . T a l e r o t a zione p r o duce u n cambiamento nella direzione di emissione preferenziale dei positroni. Questi fenomeni

    furono osservati da Friedman e Telegdi e da Garwin, Lederman e Weinrich, che trovarono che g è assai vicino al valore di g per l'elettrone, circa 2. Tale risultato costituisce un argomento valido, anche se non probante, per assegnare spin ~ al muone. Infatti, se il suo spin fosse z o più, i l v a l ore di g d i verrebbe piuttosto sorprendente. Un altro argomento è fornito dagli atomi muonici, i cui spettri manifestano strutture

    in accordo con le prescrizioni di spin ~ e g = 2 per i muoni. Misure di precisione sui muoni hanno prodotto importanti risultati in elettrodinami­ ca quantistica, ed hanno contribuito a fissare alcune costanti universali. In elettrodina­

    mica quantistica la teoria di Dirac, da sola, dà, per il momento magnetico del muone p=

    etit

    2 m„c

    e

    = g„ 1 " 2m„ c

    co n g = 2

    [ 14.4 .2]

    T eorie pi ù r a ff inate d i e l e t trodinamica q u antistica, che c o nsiderano effetti d i rinormalizzazione e correzioni radiative, hanno rivelato alcune deviazioni dalla teoria semplice, quali lo spostamento di Lamb nello spettro dell'idrogeno, ed il discostarsi da 2 del valore di g, In pa rticolare la quantità

    a = ~(g — 2)

    [14.4.3]

    636

    C i — — —4 +

    dW it o g„Hm + " 2 (1+ 2m x + x )"

    dW è la separazione di sif per campo zero tra gli stati F = 1 ed F = 0,

    x = (g~ —g„) po H/d W, gj e g„sono i valori g del l'elettrone e del muone in unita in cui g~ = 2, ito —magnetone — di Bohr, e dv = d W/fi = 4463,301 MHz. 1 livelli sono contrassegnati sia dai numeri quantici (F, m) di campo debole che da quelli (m~, m„) di campo intenso. La transizione osservata è indicata dalla freccia a x = 3,6,

    L eprnn
    ente diversi. quali l'effetto .Ioscphson.

    14.5. I l leptone pesante Ifnn dci misteri della fisica delle particelle era (cd c) la differenza tra elettrone c munne. Per di più la serie dei leptoni sembrava iirrestarsi col muonc. Negli ultitni tempi si sono avute nuove importanti scoperte. Dal 1975 in poi, M. L. l'eri e altri hanno eseguito una hcllissima serie di esperimenti che dimostrano la esistenza di un nuovo Icptonc detto z dal greco tpizI+ D> = 0. fb= I — D>l+ S> = W, 0,' = I — S > I + D > = A l' = I — S>l+ S>=0.

    [15.2.2]

    in cui solo i)i. e P, s ono autostati di t ale rotazione, con autovalori uguali a I . Ora se il pione neutro avesse spin l, ovviamente esso potrebbe decadere in stati con m =0, ma non i n q uelli con m = 2, il che esclude il decadimento negli stati pb o 1(,. fnoltre esso si comporterebbe, per rotazione, come una funzione sferica di ordine 1, ed essendo m = 0, la funzione da considerare sarebbe Yi». Ora Yip è proporzionale a z r

    = cos 0 mentre nella rotazione del sistema 0 —ir~—(), con conseguente cambiamento di segno della funzione d'onda. Ciò esclude anche le funzioni P . e P „ l e q u ali sono invarianti per rotazione. In conclusione, nessuna particella di spin 1 può decadere in duc fotoni, per cui il ii n o n può avere spin I. Per analogia col ir' , si preferisce assegnare al pione neutro lo spin 0, Lo stesso tipo di ragionamento si può estendere considerando altri tipi di rotazioni e l'inversione degli assi ( p robi. 1 5.18). I f o t on i p o ssono essere anche analizzati in componenti polarizzate linearmente, nel qual caso si ottengono risultati importanti riguardanti la correlazione fra di esse. I dati sperimentali mostrano direttamente che il mesone n' ha lo spin 0. Si consideri la reazione

    p +p~~n + d

    [ l 5.2.3]

    e la sua inversa. Andando da sinistra a destra, la reazione è quella della produzione di n' e d in urti p-p; da destra a sinistra quella dell'assorbimento di n ' in deuterio. Si puo applicare il principio del bilancio dettagliato (par. 11.3) alle due reazioni ed ottenere la relazione, valida per fascio e bersaglio non polarizzati, rr(Ei ) i- Z

    g 2 Pn

    rr(E )

    g p

    2

    [ l 5.2.4]

    I

    in cui le sezioni d'urto e gli impulsi son misurati nel sistema del baricentro e g2, g, sono i pesi statistici degli stati finali

    g2 — —(2I, + l ) (2I„+ 1) = (2I„+ l ) 3

    [15.2.5]

    perché lo spin del deutone è 1. D'altra parte gl = (Y) (2I p + 1) = 2

    [15.2.6]

    Pioni e ulrr( i>osoni

    649

    perché lo spin dcl protone è ~.. Il fattore z in g, deriva dal fatto che si hanno protoni i dentici. e g l i s t at i c h c s i o t t c ngi>no scarnbiandoli, i n s e nso c lassico, no n s o n o distinguibili. Questo ragionamento è già stato fatto, in inodo diverso, al paragrafo 11.3. Le sezioni d'urto del)'eq. [15.2.3] possono essere o totali o differenziali: in quest'ultimo caso l'angolo di ditTusione nel baricentro deve esser lo stesso sia ncl processo diretto chc in quello inverso. Anche le energie E, ed F., de bbono esser le stesse nel sistema del baricentro. Cosi all'urto d i u n i r len t o ( energia cinetica 0) corrisponde un'energia cinetica nel sistema p-p data dalla diferrenza di massa ir' + d — 2p = )38 McV, I risultati sperimentali danno I„. = 0. Lo spin del >r e pure nullo. Se ne ha una prova sperimentale diretta dall'assenza di struttura fine negli spettri degli atomi pionici. Concludendo, tutti i pioni hanno spin 0. sono quindi bosoni c non hanno momento magnetico.

    15.3. Pa rità intnnseca Una trattazione completa della parità intrinseca va oltre lo scopo di questo libro. Ci limiteremo pertanto alle nozioni più elementari, chc sono perr> indispensabili anche per una prima introduzione all'argomento. Si pui> cnunciarc grossolanamente il principio di conservazione della parità dicendo che l'immagine speculare di u n f e nomeno naturale rappresenta un a l tro f enomeno naturale possibile, chc cioè è possibile ridisporre le apparecchiature, sostanze, ecc., in modo da realizzare esattamente cio che vediamo nello specchio. Eseguendo allora un'esperienza con l ' a pparato o r i gina)c i> con q u e llo d e l la n u o va d i s posizione, si ottengono come risultato delle osservazioni certi numeri (per esempio, delle sezioni d'urto differenziali}. Sc tali numeri sono identici. diciamo che il fenomeno ubbidisce al principio di c o nservazione della parità, o c h e è i n v a riantc pcr r i flessione. Questa invarianza è vera soltanto se ci limitiarno a interazioni forti c elettromagnetiche. Per le interazioni deboli l'invariaiiza vale solo se la riflessione è accompagnata da simultanea sostituzione di ciascuna particella con la propria antiparticella (fig. 15.3 e vedi cap. 9). Invece dell'operazione di riflessione su uno specchio si pu& considerare quella di cambiamento di segno di tutte le coordinate, ossia la riflessione rispetto a un punto (fig. 15.4). In entrambi i casi un oggetto come la mano destra si cambia nella mano sinistra. Le due situazioni fisiche sono equivalenti finché si ha a che fare con interazioni forti ed elettromagnetiche. I requisiti sopra ricordati hanno conseguenze fisiche importanti perché introducono delle regole di selezione che proibiscono certe reazioni che a prima vista sembrerebbero possibili. Consideriamo, per esempio, la c a t t ura d i n e u troni l e nti i n " ' B e secondo l'equazione

    Be+ n~2( IIe)

    [15.3.1]

    A destra, il sistema di due bosoni identici deve avere / pari, e quindi parità positiva, perché una funzione sferica con I pari non cambia segno per riflessione. A sinistra, il 'Be, iecondo il modello a strati, ha strati chiusi di spin zero piu un neutrone in uno stato p, e quindi la parità globale dcl 'B e nello stato fondamentale e la stessa di quella di un neutrone in uno stato p, cioè negativa. Un neutrone lento è necessariamente in uno stato s, e quindi la parità del sistema di sinistra è negativa. Se ne conclude che la reazione è proibita dalla conservazione della p arità, cd i n e ff etti n o n è m a i s t at a o sservata sperimentalmente. Si noti chc si è ammesso che neutroni o p r o t oni i n u n o stato di

    650

    C apit o l o l 5

    Co

    I I I

    pecchio

    contatore

    Figura 15.3. D i segno simbolico (C. N. Yang) del decadimento beta di materia e antimateria. L'operatore di riflessione e di coniugazione di carica è illustrata rappresentando l'antimateria coti linee bianche su uno sfondo nero. In questa figura lo strumento a sinistra segna S, quello a destra D. Gli esperimenti mostrano che le due lettere son le stesse.

    momento angolare orbitale l hanno parità ( — 1)t. La conservazione della parità impone alle reazioni nucleari condizioni che risultano sempre soddisfatte quando le forze in gioco sono nucleari o elettromagnetiche. L'estensione della regola a processi in cui vengono create nuove particelle richiede speciali considerazioni. Quando una particella viene emessa o assorbita, per esempio quando un nucleone emette un pione, dobbiamo studiare l'influenza de!l'assorbimento o dell'emissione sulla parità del sistema. Per alcune particelle, come i pioni, si trova che la parità del sistema composto da un nucleone e da un pione in uno stato di momento angolare orbitale pari è opposta alla parità del n u cleone: si dice allora che il p i one ha p arità intrinseca negativa, o dispari. Se la parità di un nucleone non muta per emissione di una particella in uno stato d i m o m ento angolare pari, si d ice che la p a rticella emessa ha parità intrinseca positiva, o pari. In altre parole si postula che la parità sia conservata in una reazione in cui intervengono interazioni forti. Si confronta la parità dei due membri dell'equazione misurando il momento angolare orbitale usuale, si assegna, per definizio­ ne, parità positiva ai nucleoni, e, se il risultato finale sembra violare la conservazione della parità, cosa che avviene soltanto quando son create nuove particelle, per esempio pioni, si attribuisce al pione una «parità intrinseca» tale da ristabilire la regola della conservazione della parità. Tale procedimento ha un significato fisico e non è, come si potrebbe credere a prima vista, un semplice gioco di parole. Innanzitutto il risultato è sempre lo stesso per una data particella a prescindere dalla reazione usata. Inoltre in questo modo si impedisce la sovrapposizione di stati pari e dispari nelle interazioni forti, si stabiliscono speciali simmetrie nelle distribuzioni angolari, si ottengono regole di

    selezione, e cosi via. Per fare un esempio di determinazione della parità intrinseca consideriamo l'emissio­

    Pioni e altri )tosoni

    65 1

    piano dello specchio

    O

    Ot

    y

    (a)

    P O

    y

    O

    O'

    Z

    (b) Figura I5.4. R iflessione rispetto a un piano (a) e rispetto a un punto P (b), La parte (b) può essere ottenuta per riflessione rispetto a un piano come in (a), seguita da una rotazione di l80' attorno all'asse y.

    ne di un pione da parte di nucleoni urtantisi, e chiediamoci se la parità del sistema cambia quando il pione viene emesso in uno stato I =O, 2,4 oppure in uno stato I = 1, 3, 5 ecc. La r isposta si ottiene considerando il p r o cesso inverso: la cattura del tr i n

    deuterio. Si ha la reazione tt + d ~ n + n I tr

    [15.3.2]

    s o n o r a l lentati per i o nizzazione fmo praticamente ad arrestarsi: un'analisi del

    processo di cattura mostra che essa avviene da un'orbita s(I = 0). Il momento angolare totale di sinistra è dato solo dallo spin del deutone, perché il pione ha spin zero, e quindi vale 1. A destra, i due neutroni possono trovarsi soltanto in

    stati 'So, Potz, 'Dz, ecc.,poiché altri stati sono esclusi dal principio di Pauli. L'unico stato di spin 1 permesso è quindi P „ c h e h a parità — 1. Dobbiamo concludere che un pione più un deutone in uno stato s hanno parita negativa. Ciò si esprime dicendo che il

    pione ha una parità intrinseca negativa, prendendo per convenzione positiva la parità intrinseca di un nucleone.

    652

    Capi t o l o l 5

    La prova sperimentale pcr la reazione [15.3.2] è basata sul rapporto di diramaziot>nizione c il momento angolare e lo spin (>) del nucleone. A destra, per poter avere m omento angolare —,', possiamo solo considerare lo stato / = 0 o / = l , d o v e / è i l momento angolare orbitale nel sistema del baricentro pione-nucleone. Ma soltanto lo stato / = l è d i s p ar i c q u i n d i n e !l'interazione d i Y u k a w a i l p i o n e v i ene emesso (virtualmente) in uno stato p. Discutiamo ora b revemente la parità i n t r inseca delle particelle strane. Tenendo presente la definizione di stranezza data al paragrafo 13.2 e le relative proprietà, si puo vedere che nelle interazioni forti intervengono solo particelle con la stessa stranezza, in reazioni del tipo

    p +K

    ~ A+ n

    [15.3.8]

    Anche se conoscessimo i momenti angolari di entrambi i m embri d i t ale equazione, potremmo concludere, al più, con argomentazioni analoghe a quelle usate per i pioni, che A e K possiedono parità intrinseche uguali od opposte. In altri termini, ciò che si può determinare è la parità del sistema (K, A) rispetto al nucleone, ma non quella delle particelle singolarmente. Lo stesso è vero per il sistema (Z, K) e per l'altro (Z, A). D'altra parte la parità di questi tre sistemi non sono tra loro indipendenti, nel senso che note due di esse si puo determinare la terza. Cosi se i due sistemi (Z, K) c (Z, A) hanno la stessa parità, quella di (A, K ) deve essere + 1. Il caso delle " e p iù s emplice. La sua stranezza, — 2, consente reazioni del tipo

    + p~A + A

    [15.3.9]

    La parità intrinseca del secondo membro è ovviamente positiva, sicché anche quella della = r i s p etto al nucleone deve essere in linea di principio misurabile. In generale però i metodi pratici adottati per la determinazione della parità intrinseca sono indiretti. I risultati sono: sistema (A, K ) sistema (Z. K ) s istema (Z, A)

    d i s p ari d i s p a ri pari

    La parità della " non è stata ancora misurata in modo diretto, anche se si presume che essa sia + secondo la sistematica basata sul gruppo SU (3). A titolo di esempio, per illustrare il metodo di determinazione della parità relativa, consideriamo il sistema (A, K). Nel paragrafo 16.3 vedremo che si è osservata la reazione K + H e " He + n i n cu i s i ha la formazione dcll'ipernucleo He . Supponiamo ora che lo spin di tale ipcrnucleo sia 0. Questo fatto, combinato con l'altro che il momento angolare orbitale di entrambi i membri dell'equazione deve essere lo stesso, implica che le parita di K e A s o n o o p poste fra loro,In altri termini il sistema (K, A) ha parità dispari rispetto al nucleone. In realtà tale risultato va preso con una certa precauzione, perché presuppone che il He ab b ia spin 0 oltre al fatto che esso venga prodotto nello stato fondamentale. Entrambe le ipotesi sono molto verosimili, però non sono state ancora veriftcate sperimentalmente. Per quanto riguarda la parita del sistema (Z, K ) rispetto al pr o tone, essa è stata ricavata studiando l a r eazione n ' + p ~ Z ' + K ' usando protoni polarizzati; per quanto riguarda invece quella del sistema (X, A), essa è stata determinata sfruttando il decadimento elettromagnetico Z" ~ A + (e' + e ).

    654

    Capit o l o 1 5

    Una relazione notevole tra la parità intrinseca di una particella e quella della sua antiparticella, suscettibile di una dimostrazione analoga a quella della relazione tra spia e statistica, è che per i bosoni essa è la stessa, per i fermioni, opposta.

    15.4. Spin isotopico dei pioni Si è già introdotto il concetto di spin isotopico per i nucleoni (cap. 10). Esso può estendersi ai pioni assegnando loro una coordinata che può assumere tre valori soltanto, simile alla componente z di u n v e t tore spin 1. Considereremo quindi questa nuova variabile come la terza componente di un vettore t nello spazio dello spin isoropico.La interpretazione fisica di t , è f o r n ita dalla sua relazione con la carica Q del mesone

    [ 1 5.4.1]

    — =t s

    e

    L'autofunzione completa di un mesone sarà cosi il prodotto di una parte dipendente dalle coordinate spaziali e di una parte dipendente dall'isospin. Questo obbedisce alle stesse relazioni di c o m m utazione del momento angolare ordinario e, per spin 1, si rappresenta agevolmente con autofunzioni che hanno le proprietà delle funzioni sferiche di ordine 1. L'importanza di queste considerazioni formali dipende dal fatto che, come discusso nel capitolo 10, l e f o rze n u cleari sono i n d ipendenti dalla carica ossia dipendono dall'isospin totale del sistema, non dalla sua terza componente. Inoltre le interazioni forti conservano l'isospin, cioè, gli stati iniziale e finale di un sistema che subisce una transizione causata da interazioni forti hanno lo stesso isospin. Queste asserzioni son basate sull'esperienza, come sarà illustrato con q u alche esempio. La conservazione dell'isospin è simile formalmente a quella del momento angolare di un sistema isolato, tranne che essa vale solo approssimativamente perché né le interazioni elettromagneti­ che né quelle deboli conservano l'isospin. Vi possono quindi essere transizioni tra stati di

    isospin differente, ma la loro probabilità è in generale molto più piccola rispetto a quella delle transizioni dovute a interazioni in cui sono coinvolte forze nucleari. Come detto sopra l'autofunzione di una particella contiene un fattore dipendente dall'isospin. Indicheremo simbolicamente questa parte con p per un protone e con n per un neutrone, e con una notazione simile per gli altri nuclei leggeri. Questa notazione è

    a naloga a quella x, P per lo spin ordinario. Per i pioni useremo un indice in alto ', ,

    a

    seconda della carica. Cosi p' s i gnifica protone e pione positivo, dp deutone e protone

    ecc. Per un sistema di due o più particelle si defmisce un isospin totale T

    f( i ) / t i ~ )y

    Ts = rts + is

    + ...

    [15.4.2]

    [1 5.4.3]

    Le autofunzioni corrispondenti a un sistema fisico come p non sempre sono autofunzio­ ni di T e T,. In ge n e re occorre formare apposite combinazioni lineari di d i verse autofunzioni con coefficienti opportuni (coefficienti di C l ebsch-Gordan), in perfetta analogia con la composizione dei momenti angolari (tabella 15.2) (vedi anche Appendice

    E). Si ricordi che spesso, per brevità, un'autofunzione di T' c on autovalore K(K+l ) viene chiamata un'autofunzione corrispondente a uno stato con T= K . Sc r i veremo secondo le convenzioni usuali, le autofunzioni di T e T~ come g~~, dove, per brevità,

    Pioni e altri hosoni

    l'indice in basso è i l componente. Cosi P

    á5S

    d o p pio d ell'isospin e quello i n a lt o i l do p p io de l la sua terza

    [15.4.4]

    = X~

    che significa che la situazione ftsica p'

    c o r r isponde a un autostato di T' e T, c o n

    autovalori ~(~+ 1) e +~. Tabella 15.2. Au tofunzioni per il sistema nucleone-pione, T—g T3

    T3 ~ X~= P

    z X~ =V (é) P'+ ~(i)

    -k Xs ' =l/(~)n'+ Y(k)p

    Con l'aiuto di una tavola dei coefficienti di Clebsch-Gordan si può scrivere la tabella 15.2. per il sistema nucleone-pione. Le relazioni possono esser risolte esprimendo le sei funzioni p , p , p , n' , n , n tr am i t e le X. Si noti che sperimentalmente si può realizzare lo stato puro T = ) bo m b ardando protoni con pioni positivi o bombardando neutroni con pioni negativi; mentre per bombardamento nucleone-pione non si può realizzare lo stato puro T = y . Riportiamo i seguenti esempi di fatti sperimentali a dimostrazione della conservazio­ ne dell'isospin: l. L'uguaglianza tra le interazioni pp ed np che è stata già discussa nel capitolo 10. 2. Esaminiamo le reazioni

    p +p ~ d + r t ' n + p ~ d + rt

    [15.4.5]

    L'isospin del deutone e 0 e quindi i secondi membri dell'equazione hanno isospin 1, grazie al pione. A sinistra il sistema p+ p ha isospin 1, mentre, per quanto riguarda il

    sistema n+ p, si ha una sovrapposizione di isospin l e 0 con uguali ampiezze. Da tutto ciò segue che la sezione d'urto differenziale della prima reazione deve essere il doppio di quella della seconda reazione, il che viene confermato dai risultati delle misure delle distribuzioni angolari mostrati in figura 15.5. 3. Consideriamo la reazione

    p+ d~' H e + rt' ~' H + n '

    [15.4.6]

    La parte sinistra di questa equazione ha isospin q e T, = q, perché l'isospin del deutone è 0 e quello del protone è ~ con T, = $. Gli isospin del 'H e del He so no z, come si può vedere considerandoli come u n d e utone pi ù u n n e u t rone o u n p r o t o ne. L a t e rza componente dell'isospin è — $ e + ~ per 'H e He , rispetttvamente. Un autostato di T e T, con autovalori $ e + q, rispettivamente, si ottiene combinando le autofunzioni del rt e

    del He o

    H:

    (r') he + ]/())h

    [15.4.6a]

    656

    Capi t o l o l 5

    1,2

    1,0

    @ 0,8

    g ~V

    ~0,6 O I

    o C

    o0,4

    0,2

    0

    30

    60

    90

    120

    I S0

    180

    angolo tra n e n nel sistema del c.m

    Figura 15.5. D i s tribuzione angolare dei tt f o r m ati nella reazione n+ p~ d + n . La c urva continua corrisponde alla produzione di it' in p+ p ~ d + i t ' . [ H i ldebrand,Phys. Reo.,89, 1090, 1953].

    come si può vedere dall'analogia con lo stato T = —,', T, = —,' dalla tabella 15.2. Qui he ed h sostituiscono, rispettivamente, p ed n. Ora la parte dell'isospin dello stato pd resta immutata nell'urto ed è gt' (tab. 15.2), Le ampiezze con cui he e h+ son rappresentate in questo stato stanno in rapporto 1:P2. Le probabilità di ottenere alla fine gli stati h ' e d he" sono proporzionali al quadrato di queste ampiezze e q u i ndi l e s ezioni d ' u rt o d i fferenziali delle reazioni eq. [ 15.5.5] debbono stare nel rapporto 1:2. Ciò è stato appunto verificato (fig. 15.6). Un esempio analogo, in cui sono coinvolte particelle strane, è rappresentato dalla reazione :

    K

    + d ~ A + n + tt ' «A+

    p+ it

    [ 1 5.4.7] [ 1 5.4.8]

    Il primo membro possiede isospin z. Per il secondo membro, si ha che l'autostato di T =-,' e T, = — —,'è dato da:

    Xt ' = l/(k) «' — V (k) Ap

    [15.4.9]

    (lo si confronti con la tab. 15.2) e quindi la sezione d'urto relativa al secondo processo è il doppio di quella relativa al primo. 4. Una reazione del tipo d+ d ~ H e + i r , i n cu i non si conserverebbe l'isospin, non è stata mai osservata. 5. La conservazione dell'isospin introduce delle regole di selezione per le r eazioni fotonucleari che sono verificate sperimentalmente.

    Pioni e altri bosoni

    6 57

    12

    8

    6 a

    'He x 2)

    130

    150

    140

    160

    8e.m,

    Figura 15.6. Sezioni d'urto differenzialidelle reazioni p+d ~ n ' + H e p+ d~ tr + H e c o n protoni di 450 MeV. Le sezioni d'urto misurate nella seconda reazione son state moltiplicate per un fattore due per facilitare il confronto diretto. Le sezioni d'urto sono date in unità arbitrarie, che approssimativamente sono mtcrobarns per steradiante. [Da Crewe, Garwin, Ledley, Lillethun, March e Marcowitz, Phys. Rev. Letters, 2, 269, 1959].

    6. I livelli energetici dei nuclei leggeri son ben interpretati con l'ipotesi dell'indipendenza di carica (cfr. cap. 10). 7. Uno degli esempi più eloquenti dell'indipendenza di carica è la dilTusione nucleone­ pione, che discuteremo nel prossimo paragrafo.

    15.5. Diffusionepione-nucleone e risonanze Si osservano i seguenti processi di diffusione tra nucleoni e pioni (a) tt+ + p ~ tr+ + p (b) tt + p~ t r + p

    (c) tr + p ~

    [15.5.1]

    z +n

    A questi si aggiungono i pr ocessi + p~tt

    + p

    e quelli ottenuti dalle eq. [15.5.1] sostituendo il protone con un neutrone e il tt c o n u n n. Poiché non si dispone di bersagli costituiti di soli neutroni, si procede indirettamen­

    te, misurando prima la sezione d'urto pione (o altra particella)-deutone e quindi sottraendo il contributo della sezione d'urto pione-protone. Un tale metodo sarebbe in realtà corretto se i deutoni contenessero protoni e neutroni indipendenti posti a grande

    658

    Capit o l o l 5

    distanza tra loro. Poiché ciò non si verifica, si può ottenere una grossolana approssima­ zione supponendo che le «t,„, «t„, e «r„psiano legate dalla seguente equazione, che si può giustificare sulla base di un semplice ragionamento geometrico (correzione di Glauber): «r „= «t„„— a„ +

    «ixp+xn

    4tr

    (r

    )

    in cui l'inverso della distanza quadratica media (r ') t r a n e u t r one e protone si può ricavare dall'autofunzione del deutone. Esso vale approssimativamente 0,03 mb ' a 15 GeV/c, con una certa dipendenza dall'energia. Introduciamo ora le ampiezze di diffusione f,, f, per gli stati di spin isotopicoT = (, ~~ rispettivamente. Un'onda piana incidente descritta da etkzX

    [ l 5.5.3]

    dà luogo a un'onda diffusa f, X,, e un'onda piana incidente e"Xi a un'onda diffusa f>/3. In queste affermazioni si è espressa implicitamente la conservazione dell'isospin, perché la diffusione non cambia X, in X, o v i ceversa. Le ampiezze di diffusione f, e fz sono

    funzioni dell'energia e dell'angolo di diffusione 0. Nella diffusione dei pioni positivi sui protoni, p+, entra soltanto lo stato di isospin f,

    e quindi l'ampiezza di diffusione è f~. Nel caso della diffusione di pioni negativi su protoni, p , lo st a t o i n i z i ale contiene u n m i scuglio d i X , ' e X i ' co m e s i p uò immediatamente verificare. Risolvendo le equazioni nella tabella 15.2, si ha lo stato fisico

    [15.5,4] Similmente si ha

    [ I 5,5,5]

    n = ~H) X, ' + ~(~) Xi ' La diffusione p p e'" =

    r i s u lt a cosi descritta da

    [f / ( 3 ) X3

    ~ (%) X t ]e

    Esprimendo ora X, ' , X, '

    P e

    ~ ( 3) f3 X 3

    ~ ( 3) f iX l '

    a t t r averso gli stati fisici n", p s i

    [ l 5.5.6]

    o t t i e ne

    ~] / ( 3 ) [ ~ ( 3)n + ~ ( 3 )P ] f 3 + ~ ( 3 ) [ ~ ( 3 )n + ~ ( 3)P] fi =

    = n V2(f, — f,)-,'+ p (f, + 2f,) -,'

    [ I 5.5.7]

    Si vede che(f~+ 2f,)/3 è l'ampiezza di diffusione elastica (p va in p ) e +2(f, —f,),'3é l'ampiezza di diffusione con scambio di carica (p v a in n ). I processi dell'eq. [15.5.1] debbono avere sezioni d'urto che stanno nel rapporto dei quadrati delle loro ampiezze. Si è trovato che ad energie fino a circa 200 MeV, f, » f,. Allora, se si trascura f, ri spetto ad f,, si ha, per i rapporti delle sezioni d'urto, sia totale che differenziale, p' ~ p ' :p ~ n :p « p = 9 :2 :1 . L a m i sura di questi rapporti non

    solo ha permesso di concludere, come già previsto teoricamente, cheper energie inferiori a 200 MeV l'ampiezza di diffusione più importante corrisponde a T = $, ma ha verificato anche in modo molto convincente la conservazione dello spin isotopico. Le misure di sezione d'urto e d i s tribuzione angolare nelle diffusioni p', p (e « ).

    [15.5.1]) suggeriscono l'esistenza di un processo di risonanza (fig. 15.7); sorge quindi la questione del valore del momento angolare dell'onda interessata nella risonanza. Vari

    ragionamenti indicano che J = g. Innanzitutto, il valore massimo della sezione d'urto di

    Pioni e altn bosoni

    és'

    E~~, Gov

    I • '5

    „s,„i

    2

    3

    4

    C

    6

    7 8 9 l(I

    l>l

    ' I »» > . ~

    IO

    n s"in l > )

    IO O,l

    IO

    IOO

    Pg Gev/c Figura 15.7(a). Sezione d'urto totale pione protone. [Da RPP 1974].

    diffusione per uno stato di J ed l dati è

    4aiz (2J + 1) (2 t + 1) (2 z + 1) in cui 2zk è la lunghezza d'onda di de Broghe del pione nel sistema del baricentro ed s„ s, sono gli spin delle particelle urtantisi Questa formula è un'estensione dell'eq.

    [11.5.12] al caso di particeHe dotate di spia ed è dimostrata, per esempio, in (B% 52). Il valore di ir p e r J = $ sarebbe minore della sezione d'urto sperimentale a 195 MeV (laboratorio), che è 195 x 10 z cm . Tale valore è molto prossimo a 8ttXz che, in base

    sH'eq. [15.5$], è il massimo ottenibile per J = $. Inoltre, la distribuzione angolare nella dilfusione elastica p+, e(8) 1+ 3cosz 8 (ftg. 15.8), mostra che la diffusione avviene in uno stato J = g e, tenuto conto dell'energia, si conclude che questo è uno stato p3/2e non

    660

    Capi ( alo 15 Ec.m.> GeV

    3

    4 3 2

    I 00

    Z E O

    o„, (n —N) ~ ™ A' (0 j/P,

    C

    H

    ReA' (0')/P,

    100 o„,(n —N ) ~ ™ Ar(0')/P( T

    = ,-'

    E

    — Re A'(0'j/P,

    lO

    0, I P( „G e v / c

    (b) Figura 15.7(b). Se zione d'urto pione nucleone perT = z e T = —,', eparte reale delle ampiezze di diAusione in avanti. La normalizzazione delle curve per ogni valore di T è tale che la somma dei quadrati dei loro valori divisa per 19,6 dia da/di a 0' in mb/(GeV/el . [Da Rpp 19/4).

    J3/z una conferma di q uesto risultato viene anche da dati ottenuti con tecniche di polarizzazione. Per veder ciò, assumiamo come asse di quantizzazione la direzione in cui si muove un pione che urta un protone in quiete. Il sistema pione-protone possiederà allora m, = >, mr = 0, e quindi, se il momento orbitale I = 1, un momento angolare totale J pari a y Q y. Supponiamo sia q. si ha a l l ora per la f unzione d'onda, usando i coefficienti di

    pioni e altri bosoni

    éél

    MeV 260

    I

    o E

    135

    120

    65 45

    40'

    80'

    120'

    160

    ~c.m.

    Figura 15.8, Distribuzione angolare nella diffusione elastica tt '-protone nel sistema del baricen­ tro. Sezione d'urto differenziale e angolo di diffusione nel sistema del baricentro. Le curve son contrassegnate dall'energia cinetica del pione nel laboratorio.

    Clebsch-Gordan, la seguente espressione: lt (~ = k tito =k) = P (k) 1'ii P + ~8) >i o'

    [ 15.5.9)

    in cui u e P sono le usuah funzioni d'onda comspondenti agli spin sù e giù, rispettivamente. La distribuzione angolare dei prodotti di decadimento è data allora da f(f)) = H" = hl l'ti l'+ h l ~iol'

    [ 15.5.10)

    in cui si sono usate le prcyrietk di ortogonalità di n e P. Sostituendo le armoniche sferiche con le relative espressioni, si ha 1 fy) = — (,'. ' e2 + ,2cos2e)

    4x

    da cui si vede che I(8) è proporzionale a 1+ 3cos28.

    [15.5.11]

    éé2

    Capi t o& 15 L~ooqnl1551)

    1 ~





    a(tese •

    aso

    ats

    1000

    eros e)so

    0

    *

    Io oe

    oooo

    550e

    energia (MeVj

    ROI551) •

    C

    '

    1100

    an)piessa elastica831 par af)f 1500

    5000 •



    :t

    4500

    a(tesa) I

    e)so + 4 0

    0

    I

    I LOS 0 + 0 R@POR)

    1400

    15 0 0

    5 0 00

    25 0 0

    energia (MOV)

    1000

    ampiezza elastica P33 per aN 1100

    1000

    4500

    energia (MeV) Figtua 15.9. Am piezza di alcune diffusioni elastiche xN perT = 3/2 e 1/2 nelle onde aventi J = 1/2 e J = 3/2. La dipendenza dafFenergia di ciascuna ampiezza I); mostrata dal graftco delle rispettive parti reale e immaginaria in funzione dell'energia, posti a f)anco o sotto al corrfsponden­

    Pioni 0 altri boro+l

    áá3

    i,00 nt , p e rciò s i p u o c o n cludere che la risonanza corrisponde a u n o s t at o c o n T= -, ', I= l , J = ~- . U n al t r o a r g o mento sperimentale che conferma questa attribuzione è la d i pendenza energetica, a basse energie, della sezione d'urto t o t ale d a ll'impulso relativo: n, - p, un a di p e ndenza caratteristica della diffusione in onda p. La sezione d'urto totale di diffusione per lo stato T = ~ può esser descritta molto bene da una formula di r isonanza ad un livello singolo (àrueckncr, 1952) I2 ir = 2 7ti'.

    (E — E„)-'+ I -',4

    [15.5.12]

    in cui E —— 1 236 McV è l 'energia totale nel s istema dcl centro di m a s sa e I v a l e 110 MeV. Una analisi più fine della interazionc nucleone-pione comporta la misura e il calcolo degli sfasamenti delle onde parziali diffuse. Grandi sforzi son stati profusi su questa importante questione. A bassa energia sono importanti soltanto le onde s e p, essendo queste ultime predominanti, come accennato in precedenza. Gli stati vengono classificati assegnando T, J e I. La notazione usual' per gli sfasamenti e pcr lc ampiezze di diffusionc è quella di assegnare i valori di 2T e 2J come primo e secondo indice rispettivamente, I.a figura 15.9 mostra, ncl piano complesso di Argand, il grafico delle ampiezze di diffusione di alcune delle onde parziali più basse. Si ha una risonanza quando la fase dell'ampiezza di diffusione vale n/2. Si noti che gli sfasamenti in prossimità della soglia sono proporzionali alla (2I+ I)­ esima potenza dcll'impulso. Questa dipendenza è richiesta dalla teoria quando l'intera­ zione ha un raggio piccolo rispetto alla lunghezza d'onda di dc Broglie dei pioni. La risonanza T = . , I = • è l a p i u e v i dente e meglio studiata del sistema pione­ nucleone. Si hanno però anche altre risonanze ad energie più elevate. I loro numeri quantici caratteristici si ottengono dalle distribuzioni angolari e, se necessario, dallo studio della polarizzazionc dcl nucleone di rinculo o dall'uso di bersagli con protoni polarizzati. In (RPP 76) e in figura 15.10 sono riassunti i risultati disponibili. Gli sfasamenti dovrebbero potcrsi ricavare dalla teoria dei mesoni, pur di conoscere la forma corretta dell'interazione mesonc-nucleone, e di sapcr risolvere il problema matematico relativo. Si conoscono forme approssimate dell'interazione, e i calcoli degli sfasamenti basati su esse son stati svolti in analogia con le espressioni del raggio efficace della diffusione n-p. Pcr esempio, per gli sfasamenti c)„ ( f ig. 15.1 I) si ha approssimativa­ mente q'cot á „ ru*

    3 ,, (1 — CU I 33)

    4 I' ­

    [ l 5,5,1 3]

    in cui q ed (unità Ii'm.e) ed f è la costante di accoppia­ mento fondamentale pione-nucleone (fig. 15.11). Da un grafico sperimentale di questa formula si ricavano f' ed r33 I dati danno: f' = 0,080 + 0,002 ; ra a = 0,65 F. Lo stesso valore della costante f si ot t i e ne da v ari a l t ri f enomeni (p. cs., altri sfasamenti, la fotoproduzionc dei pioni e la diffusione nucleone-nucleone). Si noti che dimensionalmente [ f' ] = [ e ' ] d o v e e è la carica elettrica. Nelle stesse unità e = (1 ,47t)(1,'137").

    Pioni e airri bosoni

    áag

    possibile attribuzione di J~ h(1236),

    (g')

    70

    8

    1

    f

    50 40

    (4 )

    (f+) (LX+)

    N(16gg)

    I i I

    60

    t

    ( f-) N(1520)

    «-p V /

    30

    /

    N(2200)

    / «+p

    J'

    h(2420) N(93$) ~ 11 10 900

    T« lab 1100

    1300

    1500

    1700

    1900

    2100

    2300

    2500

    massa del sistema np, MeV/c Figura 15.10. Sezione d'urto pione-nucleone che mostra risonanze.

    T~ MeV

    g 4

    s

    2

    oi [ OO

    -2

    0

    0,5

    1

    1,5

    2 2,17 2,5

    Figura 15.11. Grafico del raggio efficace per lo sfasamento 3P. (qicotb»}/ro«è riportato in fumione di ro« = ai~+ (q~/2hf). Il punto di intersezione in oP = 0 di la costante di accoppiamento f'. [Da Barnes, Rose, Giacomelli, Ring, Miyake e Kinsey, Phys. Reo., 117, 226, 1960).

    á6á

    Capit o l o l 5

    15.6. Produzione di pioni in urti nucleari. Fotoproduzione I pioni possono esser prodotti i n u r t i n u cleone-nucleone. Il caso più semplice si ha quando è prodotto un solo pione secondo la reazione N+ N ~

    [ 1 5.6.1]

    2 N + tt

    la quale può essere scritta in varie forme

    p +p~ p + p + t t ~ p+n + n

    [ 1 5,6.2]

    n + p ~ p + p + tt ~ n + p + tt « n + n + tt

    [15.6.3]

    ecc. Inoltre il neutrone e il protone a destra possono sfuggire legati in un deutone. La conservazione dell'isospin ci permette di esprimere tutte le sezioni d'urto delle eqq. [15.6.2) e [ 1 5.6.3) in f u nzione di t r e d i esse soltanto (Rosenfeld, 1954). La verifica sperimentale di queste relazioni è una conferma ulteriore della conservazionc dell'iso­ spin. Passando alla fotoproduzione dei pioni, son stati osservati processi come

    y+l

    p+ n

    y +p ~

    n + tt

    [ 1 5.6.4]

    La sorgente dei gamma e generalmente la bremsstrahlung degli elettroni accelerati dalle macchine. Lo spettro è perciò continuo. Tuttavia la determinazione dell'impulso del pione e del nucleone in una delle reazioni dell'eq. [15.6.4) è sufficiente per ricostruire completamente la cinematica del processo e per determinare cosi l'energia del gamma. In prossimità della soglia intervengono soltanto gli stati di momento angolare piu basso; la reazione può essere analizzata in b ase alla tabella 15,3 (si ricordi che il nucleone ha J = ~ e parità pari, e che il pione ha parità intrinseca dispari). La dipenden­ za della sezione d'urto dall'impulso presso la soglia è q" ' , e q u i ndi a bassa energia il processo predominante, quando avviene, è una radiazione El. Qu a ndo si verifica, la fotoproduzione dipende dal momento di dipolo elettrico del sistema nucleone-pione, e, come si vede dalla figura 15,12, per la stessa distanza i momenti di dipolo di un nucleone e di un pi one stanno nel rapporto m„ m„ 1+ — :1: — i0 M M Tabella 153. Tipo di radiazione assorbita

    Ml Ml El E1 E2 E2

    per tt p ; t t = n ; tt p; t t n .

    Cl a ssificazione della fotoproduzione di pioni. Parità dello stato finale

    I del pione

    J dello stato finale

    Dipendenza di tr dal momento del pione tj 3

    tj

    q3

    g

    Pioni e ((l(ri bosoni

    (a)

    (c)

    (b)

    c,m.

    c,m. P

    mm

    (d)

    c.m.

    P

    momenti di dipolo:

    667

    c,m. B

    mm

    0

    It(f

    Figura I5.12. M o menti di dipolo elettrico di un sistema nucleone-pione. (a)(r(-', n); (b) (n, p); (e) (((, p); (d) ((r, n). 1 momenti sono nel rapporto 1:1+ (m„/Al):m,/Af :0,

    In prossimità della soglia ci si aspetta che la sezione d'urto di fotoproduzione stia nello stesso rapporto del quadrato dei momenti di dipolo; e ciò è quanto approssimati­ vamente si verifica. La cattura di pioni negativi in idrogeno mostra il processo inverso della fotoprodu­ zione, vale a dire rt + p ~ n + y, e sso compete con un altro processo,r( + p ~ n + n. I l rapporto di P anofsky d e lla f requenza del secondo pr ocesso rispetto al p r i m o v a l e 1,55 + 0,01. Tale numero può apparire piccolo, dato che il secondo processo avviene per interazione forte, mentre il primo avviene per interazione elettromagnetica, per cui ci aspettiamo che gli elementi di matrice stiano in un rapporto di circa 137. Tenendo poi conto dello spazio delle fasi, si giunge a un rapporto di circa 6. Il risultato sperimentale

    250

    150

    50

    0

    01

    0,2

    0,3

    0,4

    0,5

    0,6

    0,7

    0,8

    0,9

    1,0

    A(o, GeV

    Figura 15.I3.

    Re azione y+ p ~ ( ( " + p ; sezione d'urto totale in funzione del('energia.

    668

    Capi to l o I s

    mostra quindi chc lo stato finale n —tro risulta inibito. Questo stato ha J =-,' e parità negativa, dato che il tr v i c n c catturato in uno stato s. La radiazione elettromagnetica emessa invece nel processo alternativo è di tipo El e il nucleo deve ribaltarc Io spin. Si conclude cosi che l'interazione forte risulta inefficace in uno stato s, il che è confermato dagli sfasamenti dell'onda s trovati in esperimenti di diffusione (fig. 15.18). Nella fotoproduzione appare anche la risonanza dello stato A(1235) chc risulta ben netta nella diffusione pione-nucleone (fig. 15.13).

    15.7. I

    b o soni p, co e gli altri bosoni con decadimento forte

    I pioni sono i membri più leggeri di una grande famiglia di bosoni che interagiscono fortemente. Altri membri della famiglia sono K, t), p e o>, in ordine di massa crescente. I kaoni però, essendo particelle strane, non possono decadere in pioni per interazione forte; essi verranno discussi al paragrafo 19.5. La particella tl invece, decade in pioni o gamma solo elettromagneticamente e risulta relativamente stabile. Gli a l tri bosoni, decadono per interazione forte, e hanno una vita estremamentc breve. Produzione Per osservare questi bosoni con decadimento forte nelle reazioni in cui vengono prodotti (produzione), si misura la massa invariante dci prodotti della reazione. Spieghiamo con un esempio il metodo utilizzato. Consideriamo la reazione + p~t i

    + tt + p

    [ I 5.7.1]

    e, fissata l'energia, grafichiamo la frequenza con cui si ottiene la massa invariantc ilei ri+ tt, ossia la quantità (E, + Ez) — (p, + pz)' = M r e l a t i va ai due pioni, in funzione di M. Il diagramma rassomiglierà a quello di figura 15.14a, caratterizzato da una curva a variazione lenta che dà il f o ndo su cui emerge un picco a 770 McV. Questa energia corrisponde alla massa della «risonanza» o particella. Si puo pensare che la reazione si svolga in due fasi successive. In un primo tempo si ha la produzione del protone e di un;t particella R (risonanza), mentre nel secondo, la particella R decade in due pioni. La vita di R è cosi lunga, su scala di tempi nucleari, che, quando decade, è probabile che R si trovi a una distanza dal punto in cui si è formata grande rispetto alle dimensioni del nucleo. L'energia o la massa di R è quella corrispondente al massimo del picco in figura 15.14a, mentre la sua vita media è data, in base al principio di indeterminazione, dalla larghezza del picco. Il metodo della produzione non si limita solo a quei casi in cui le particelle decadono i due pioni. Per esempio, a energia piti alta, l'urto tt' — p può creare tre pioni l a cu i m assa invariante è mostrata in f i gura 15.14c, dove è evidente ima risonanza a 784 MeV corrispondente al mesone oa. Tale mesone fu scoperto d a M a g l ie, Alvarez, Roscnfcld e Stevenson (19(tl) col metodo della produzione, ma in un contesto diverso. Essi esaminarono un gran numero di stelle di annichilazione protone-antiprotone, che davano luogo alla produzione di cinque pioni. Per ciascuna stella venivano accoppiati i pioni tre a trc, e si misurava la massa invariante di ciascun tripletto. Tale massa nel caso di una annichilazione in quiete varia da un minimo di 3m„ a un massimo di 2tn„, La probabilita di trovare una valore intermedio contiene un fattore dello spazio delle fasi che varia con continuità; invece l'esperimento (fig. 15.15) indico la presenza di un picco caratteristico in corrispondet>a della massa della co.

    Pioni e altri bosoni

    40

    I460 coppie

    280

    669

    2 x I7so tripletti

    6) per la reazione p+ p~2 n' t 2 t t + x . ( A) è la distribuzione delle combinazioni di carica l; (B) delle combinazioni di carica 2; e (C) delle combinazioni neutre. [Maglie, A)varez, Rosenfeld e Stevenson, Phys. Rev. Letters, 7, 178, 1961].

    Tabella 15.4. Nu meri quantici di sistemi di due pioni.

    (m+,a ) 0

    (a*, m ) (nne n + p~n " + n + p . L'ordinata dà il quadrato del('impu(so trasferito ul protone. t, mentre .Wl-' dà il quadrato della massa del sistema n — n . Gli u rti periferici richiedono un t pi ccolo; il g rafico mostra la produzione periferica del p avente M~ = 0,585 (GeV)-'. [Da Miller et al., Phrs. Rer'., 153. 1423. 1967].

    distribuzione isotropa di rp (angolo di Trciman- Yang, 1962) costituisce una dimostrazio­ ne del fatto chc il protone ha il ruolo di spettatore e che l'urto è quindi periferico. In tal caso può calcolarsi il rapporto tra la produzione di (oo e quella di p ( p r o b i . 15.9) col risultato che esso è pari a 1 :2, in accordo con i r i sultati sperimentali.

    Si può studiare l'urto periferico n + p ~ p u + n

    i n un sistema di riferimento con

    l 'asse z coincidente con la d i rezione di volo del p i one incidente e in cui i l n u r ta Irontalmente un pione della nube che circonda il nucleone. In tale sistema i due pioni possiedono velocità uguali ed opposte, e se l'impulso del protone iniziale c del neutrone finale sono piccoli, l'urto è periferico; inoltre quando l'energia dei due pioni è pari alla massa della p, la sezione d'urto è particolarmente grande e diminuisce all'aumentare del)'impulso ceduto, come si p u ò v e dere i n f i g ur a 1 5.23. Nello stesso sistema di riferimento, se indichiamo con 0 l'angolo fra le direzioni di volo iniziali e finali dcl pione negativo, la particella formatasi, la p ncl nostro caso, possiede J = 0 e decade dando

    682

    C api t o l o l . ~

    luogo a una distribuzione angolare ~ Y(())~-'. Risulta cosi possibile trovare il momento angolare della risonanza che nel caso della p e 1. Chew e Lo w ( 1959), elaborando la semplice idea qualitativa dell'urto periferico. l'hanno resa quantitativa. Indicato con t il quadrato del)'impulso ceduto al nucleone e con ru l'energia del centro di massa dei due pioni uscenti in caso di urto molto periferico, si ha l «m , e s i p u ò d e durre la formula d á'

    dt dto

    f

    t

    to

    oa

    2trm „ ( t — m„') P'

    4

    t >4

    < nn (t o)

    [15.) 0,4]

    dove f è la c o s tante di accoppiamento pione-nucleone e P è l' impulso incidente nel sistema di riferimento del laboratorio. Tale espressione e valida solo al limite in cui t — m„' ~0, ma in pratica essa viene altresi utilizzata quanto t — m„' è piccolo rispetto a m-„'. La formula perciò permette di valutare o,„a partire da quantità direttamente misurabili e rivela la presenza di risonanze nella sezione d'urto tr-tt per energie corrispondenti alla p o ad altre particelle formate di due pioni. La interazione pione-pione compare anche in a l tr i f e nomeni. Infatti, l a p rima indicazione di risonanza di due pioni si ebbe nell'analisi dei fattori di forma dei nucleoni (cap. 18). Qualitativamente, i fattori d i f o rm a derivano dalla presenza di una nube mesonica che circonda un nucleone nudo posto nel centro. L'estensione della nube è legata, secondo il ragionamento del paragrafo 15.1, alla massa delle particelle presenti nella nube. Questa è cosi estesa chc le particelle che si trovano in essa non possono essere più pesanti dei pioni. La parte anomala del momento magnetico dei nucleoni ha la stessa origine. Ora la probabilità di emissione o assorbimento di pioni virtuali si può ricavare dal valore della costante f' del paragrafo 15.5, ma se si considerano i pioni come indipendenti non si ottiene un valore corretto del momento magnetico nucleare. Questa diff>coltà fu superata postulando un'interazione forte pione-pione, e assegnando un'ener­ gia e certi numeri quantici ad una risonanza del sistema z-xt, che sono poi risultati in discreto accordo con quelli del mesone p allora non ancora scoperto (Frazer e Fulco,

    1960). Anche Abashian, Booth e Crowe (1960) si sono occupati dell'interazione pione-pione attraverso lo studio delle reazioni p+ d ~ 2 t r + ~ H e ~K + 7t + H C ~ tr ' + t r" + ' H

    [15.10.5]

    Fssi trovarono che nella prima reazione il ~He rinculava come se la fuga dei pioni avvenisse in un o s t ato l egato, T ale effetto è accentuato nei p ressi della soglia di produzione dei due pioni, ed è invece assente nella seconda e nella terza reazione. Gli autori trassero da ciò la conclusione che l'elemento di matrice relativo alla produzione di due pioni è eccezionalmente grande vicino alla soglia corrispondente agli stati T = 0. Una possibile interpretazione di ciò è che il sistema di due pioni nello stato T = 0 e J = 0 subisce un'interazione forte che s i p u ò r a p p resentare mediante una l u nghezza di diffusione (cap. 10) pari a c i rca 2fi m c. Un t a l e v alore risulta essere relativamente grande. In t a l s enso la si tuazione è simile a q u ella del sistema n-p nello stato di singolet to.

    Problemi 15.1. Mostrare con argomenti simili a quelli di Wick [rVurure, 142, 993, 1938] che i quanti corrispondenti alla legge di Coulomb hanno massa nulla. 15.2. Supponendo che l'interazione tra neutrone e protone sia V= + ge "'

    P

    (~ —p')+2



    K"

    F'

    Dyo

    La figura 17.9 mostra una generalizzazione della figura 17.4 ottenuta applicando il

    gruppo SU(4). Con 3 quark si ottengono i barioni, e la figura 17.10 mostra i poliedri contenenti l'ottetto di spin $ e il decimetto di spin $. I multipletti de! gruppo SU(3) sono s ituati nei piani con C = O .

    L'incanto, conservato nelle interazioni forti, si manifesta ovviamente nella produzio­ ne di particelle incantate, cosi come la stranezza si mostra nella produzione associata di particelle strane. I mesoni neutri K e

    K

    po s s iedono stranezza opposta e danno luogo,

    nel loro decadimento debole, a interessanti fenomeni descritti nel capitolo 19. Analo­ gamente devono esistere mesoni neutri incantati D e D" che possono produrre, nel loro decadimento debole, effetti simili a quelli prodotti dai mesoni K e K , s o l o che il decadimento piuttosto rapido di D e D ' re n de difficile l'osservazione dell'effetto d' sovrapposizione. È stata osservata sperimentalmente una particella costituita di quark del tipo cc. Essa non presenta alcun incanto anche se i quark componenti sono incantati. Tale particella e i suoi stati di eccitazione sono simili al positronio che è composto di e' ed e

    712

    Capi t o lo 17

    (b) incanto = + 1

    c8

    cu

    / /

    /

    /ctattt"t

    incanto= 0 u8tp )

    incanto = — l

    (c) incanto ~ + l

    incanto 0

    ccu incanto = + 2

    barioni cuu I

    I

    I

    I

    I

    I

    I

    / i ncanto = + l

    / ttitaP }

    uue(X't incanto ~ 0

    uas(:-'i barioni di spin

    Classificazione di adroni, quark, ed SU( 3)

    713

    (e) CCC

    incanto = + 3

    ccd

    ccu incanto = + 2

    gg~+ rgg@ ~ ccs

    cuu incanto = + 1

    css uud(d')

    d(j(j(a )

    uuu(a ') incanto = 0 uus(X')

    dss(:-' )

    uss(:-") sss(fi )

    barioni di spin =,

    'l

    i d i a droni, comprendenti anche le particelle incantate previste, oliedriche. Ogni supermul tip ' Ie t t o '' 't ' d ' t ' II t ' ioni delle articelle nel supermuIt'ipI et t i b ' ' b ' 'I ! umeri quant,, i p la stranezza che fissano Ila posizione su ' ' go po i zione dei piani stessi. mesoni an b) che com rende 15 partice e, inc u ' Ioghe ra ' ' I b = 1 ; tutti i mesoni consentono ana n tetraedro picco1o di-fo ' - orm m ol (c) d i „ tt o ti '' d ) h tetraedro troncato (d) di 20 particelle r' e un tetraedro di of rma rego I r ioni ra r esentati in igura veng f ngono i dentificati dando la loro d ' à anc h e'1' ' b l ' I I a r t icelle realmente osservate' si ' ' ll d' f 17 4 In ogni figura esiste un piiano contenente particel 1e non incan a e, 'd i 17.6. [Da Glashow, Le Scienze, gennaio 1976].

    e che non presenta alcuna carica. carica.Laa ppartice a r ticellaacomposta di cc è s t a ta c h iamata c iarmonio e si ottiene in u rti elettrone-positrone. Parleremo o dii essa e s saini ndettaglio e nel capitolo 18.4. Si sono però vistee par a rit icelle che hanno incanto. . Pe r esempi sem p i o, i' n u r t i e' e ese g u iti allo o SLAC, quando l'energia del fascio raggiunge e ,si si trova uno stato neutro a iun e ii 4 GeV, e decade in K-'jr+ o in K * j r + jr+jr*. La prova di un va ore i o l i di i seguenti fatti: 1) innanzitu o l' alt os p o d u z i one assoc ta e ciò è confermato da una ana isi e p rodotti di d ecadimento, in cui si v ede il r i n culo d i u n a p a r tice a a

    compagno avente circa la stessa massa. 2) L'esistenza del medesimo valore della massa invariante nei vari canali di decadimento prova la presenza di un solo tipo di particella. 3) La presenza di un livello molto stretto (< 40 M eV) indica un decadimento proibito per le interazioni forti. 4) La presenza di un K è i m p o rtante perché nel decadimento adronico debole di un quark incantato c si ottengono in prevalenza quark s, ir e d, e si ha approssimativamente la regola di selezione b,Q = AC = AS, come vedremo nel capitolo 19. Ora un m esone incantato come D ch e c o n t i ene quark cu d ecade in sudu. La combinazione su forma K men t r e ud forma tr . I n o l tre si può aggiungere qualsiasi numero di coppie tt't r c o m p a t ibile con l'energia disponibile. Si ha cosi la formazione di K i t ' ( o l t r e a coppieit i t ) m a n on di K t r , 5 ) N e l d ecadimento viene violata la

    parità, il che prova che esso avviene per interazione debole. Nell'esperimento, in realtà, si producono D e D , co n quest'ultimo che decade in K n (pi u c oppie n tt ) . Si sono ottenuti anche barioni incantati. Per esempio alcuni fisici al Fermilab hanno o ttenuto, tramite fotoproduzione, uno stato stretto a 2,26 GeV che decade in Atr n ma non in A i r +i r i t

    tt+

    . S i r i t i ene che tali particelle siano dovute al decadimento di un

    b arione incantato costituito da i q u ark c u d , che è stato denominato A ; . I n f a tti il

    decadimento di c dà luogo, con maggiore probabilità, ai quark sud e cosi si hanno i quark sudud. Ora sud si combinano si da formare un A mentre ttd fornisce un tt . A tutto ci ò s i a g giungono po i c o p pie i r ' 7 t . I n q u e sto m od o s i o t t i ene i l r i sultato Alt ( r t t r ) . Si verifica anche che non esiste alcun antibarione incantato che porta a uno s tato del tipo A z ( t r t r ) . 0 chiaro quindi che si scopriranno molte altre particelle incantate e che si formerà una intera spettroscopia di nuove particelle.

    17.7. C o lore I numeri quantici che abbiamo considerato finora (isospin, stranezza, incanto) sono chiamati gl obalmente «gusti o s a p o ri » ( i nglese, flavor). Or a sembra che i q u a rk richiedano un'ulteriore qualifica, nota sotto il nome di «colore» (inglese, color). Il colore si presenta sotto tre varietà e costituisce quindi un altro gruppo SU (3), anche se le particelle osservate finora sono tutte singoletti di colore. Con l'introduzione del colore i quark fondamentali diventano 12 perché ognuno dei quattro quark tt,d, s, c puo avere

    tre colori; gli antiquark, poi, sono dotati di anticolore. L'introduzione del colore (O. W, Greenberg 1964) fu innanzitutto dovuta a una seria difficoltà legata alla connessione spin-statistica dei quark incolori. Particelle con tre

    quark di spin $ debbono necessariamente essere dei fermioni e come tali debbono possedere una funzione d'onda antisimmetrica rispetto allo scambio di due qualsiasi dei tre quark. Si è trovata invece in alcuni casi, per esempio con A' + (1236), una funzione d'onda simmetrica rispetto a questo scambio. Infatti, nel caso di d ' , c i a scuno dei tre quark si trova in uno stato s rispetto agli altri due, il che crea simmetria nello scambio. Tentativi di risolvere la difficoltà introducendo altri momenti angolari hanno portato a difficoltà insormontabili. Ci si trova cosi di fronte a un paradosso. Il colore risolve il problema perché lo stato di singoletto per il colore è sempre antisimmetrico rispetto allo

    scambio di 2 quark (come l'espressione a (b x c) è antisimmetrica scambiando due qualsiasi dei tre fattori) e di conseguenza il prodotto di una funzione d'onda simmetrica per la funzione d'onda relativa al singoletto del colore dà luogo all'antisimmetria richiesta. Se però questa fosse l'unica ragione per l'introduzione del colore si tratterebbe

    Classificazione di adroni, riuark, ed SU(3) 7

    15

    solo di un artificio ad hoc di modesto interesse. Esistono o o pe r a l t roo Qo ' n e avva orano l'ipotesi del colore. Innanzitutto c'è la costante di decadimento del n ~ " , i l cu i c a l e accordo con l'esperienza enza, ne nell'i ipotesi ' del d colore..Senza il' colore si'otterrebbe erre e un un valore va ore

    Y „+>r~

    .Slf

    I g

    s»É ' Q» , y»i

    'Ia.~%i(.

    Ágj.

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    A

    e

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    /

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    "lCj

    ',j/

    e



    p.K Figura17.ll. Mostra un esem pio io spettacoloso di un mesone con incanto, C ern in una camera a bolle. L'eventoèè iniziato ''' t a d 'l ul 'rto di un neutrino c oneD ~+ c o n incanto. IlD~ decade m m olto rapidamente in un forma un muone negativo m eson D0 e un n+. Il D0 a s u avolta decade e in inK , n . G Gll'i 'altri eventi che se uono li o o di o graf icamente molte ol lezioni di fisica delle particelle. [CERN, Courier].

    716

    Capi t o l o 1 7

    basso per un fattore 9. Consideriamo poi il r a pporto R­

    r r (e'e ~

    a d r oni)

    o (e e ~ p +p )

    che si può misurare in modo relativamente semplice. Esso è importante perché, secondo l a maggior p a rte delle teorie, ad a lt a e nergia l a sezione d'urto d i e e ~ adr o n i dovrebbe tendere a q u ella r elativa a e ' e ~ rt tq. Ci o p r esuppone che il f enomeno primario sia la formazione elettromagnetica di coppie quark-antiquark che si trasforma­ no immediatamente in adroni. I diagrammi di figura 17.12 mostrano appunto, nel caso di urti e e , i c a n ali di produzione dei p e dei quark. Per quanto riguarda R, ciò che conta sono i primi due vertici che sono gli stessi sia nel caso dei quark che in quello dei muoni, eccetto che nel primo caso le cariche valgono + q o + ~, mentre nel secondo caso esse valgono + l . C i si aspetta inoltre che R sia indipendente dall'energia. Con queste approssimazioni il r apporto deve essere dato da

    in cui Q, è la carica del quark di tipo j. Pertanto la misura di R ci permette di stabilire i quark che entrano nella reazione. Nel caso di SU(3) con 3 quark, si ha ZQ,'- =(1/3)i

    + (1/3)'+ (2/3)' ed R = 2/3. Nel caso di SU (4) invece, R = 10 9. Ora i valori misurati di R (fig. 17.13) risultano molto maggiori di 10/9, il che indica l'esistenza di altre varietà di quark oltre quelle previste sia in S U (3) che in S U (4). Il c o lore aiuta a r i solvere la difficoltà perché moltiplica per tre il numero dci quark, Il valore di R che cosi si ottiene, 3,33, è compatibile con l e o sservazioni. Il v a l ore 2 ch e si m i sura a b assa energia corrisponde a un intervallo in cui i q u ark incantati sono ancora inaccessibili. D'altra parte, sopra la soglia di produzione di quark incantati, il valore misurato di R arriva circa al valore 5, che è superiore a quello teorico di 3,33, il che fa pensare all'esistenza di altre nuove specie di quark, Un altro argomento in favore del colore deriva dalle teorie di gauge rinormalizzabili per le i n terazioni deboli. Esse richiedono che l a s o mma d elle cariche dei leptoni neutralizzi quella dei quark. Ora i quattro leptoni hanno carica — 2, i quark (tab. 17.1) possiedono una carica pari a 2/3 senza colore; ma i 3 colori ristabiliscono la richiesta neutralità! La teoria dei quark deve ancora risolvere il problema del confinamento dei quark e del perché essi non esistono allo stato libero. Per quanto riguarda il confinamento esistono svariati s t ud i t e o rici r i v o lt i a l l a su a g i ustificazione. Viene proposto, per

    e

    +

    e

    adroni

    (b) Figuru 17.12. D i a grammi relativi a e e ~ a d r o n ied e e ~ t t t p . 1 primi due vertici sono gli stessi per entrambi i casi. La formazione di adroni, rappresentata in (a), si verifica con probabilità pari ad uno.

    Classificazione di adroni, quark, ed SU(3) 7

    17

    ~~

    w (Gev) Figura 17.13. Valori di R = a ( e ' e ) ~ a d r o ni/o(e e )~ / z ' i u in fu n z ione dellenergia.Le risonanze si hanno in corrispondenza di particelle ben note. ll pianerottolo al di sotto di 4 GeV vale circa 2. Al di sopra di 4 GeV i quark incantati raggiungono un valore di R che arriva quasi a 5. [Schwitterse Strauch, Ann. Rev. Nuc(. Sci.,26, 89, 1976].

    esempio, che l'energia necessaria per separare i quark tende all'infinito con la distanza, come se i quark fossero tenuti insieme da una forza indipendente dalla distanza. In tal modo si avrebbe che, man mano che la distanza cresce, si dovrebbero creare coppie di

    quark, con la conseguente produzione di particelle prima della separazione dei quark. Se l'interazione forte fra i quark fosse mediata da mesoni privi di massa con isospin uno, anch' essi dotati di colore (gluoni) come si suppone nelle teorie più accreditate, la forza in gioco sarebbe verosimilmente proporzionale alla d i stanza come i n u n o s c i llatore armonico classico. Come si è visto nel capitolo 14 il leptone pesante e stato confermato e anche il suo neutrino. Secondo le teorie rinormalizzabili ci dovrebbero quindi essere altri due quark di carica + 2/3 e — l/3. Il primo è stato chiamato t e il secondo b. Le lettere stanno per top ( = cima) e bottom ( = fondo) oppure truth ( = verità) e beauty ( = bellezza), secondo l'animo del lettore. Orbene sembra proprio che il quark b sia stato trovato. Fin dal 1967 L. Lederman e collaboratori hanno studiato i leptoni prodotti nell'urto di un protone contro nuclei. Dopo la scoperta del J/P le loro ricerche si sono raffinate e finalmente nel 1977 essi sono riusciti a dimostrare l'esistenza di una o più risonanze per la formazione di coppie di muoni nell'urto protone-nucleo. La coppia leptonica ha una massa fissa nel proprio centro di massa pari a 9,40 GeV/c'. La stessa risonanza è stata trovata anche a Desy (Amburgo) nell'urto elettrone-positrone. Alla risonanza è stato

    718

    Capa o lo / 7

    dato il nome di Y(ipsilon). La larghezza osservata è dovuta praticamente per intero al potere risolutivo dello strumento; una stima dà 60 keV. Per l' Y si possono ripetere, mutatis mutandis, molte delle cose dette per il J/i/r raggiungendo la conclusione che esso è formato da una coppia di quark antiquark. Questi quark però non possono essere i quark precedentemente conosciuti, bensi b, b. Le altre risonanze finora osservate sono a 10,0 e 10,4 GeV. Esse sono state interpretate come stati eccitati dell'Y e sono indicati con Y' e Y". Tutto ciò è perfettamente analogo al caso degli p e i)r'. Con queste scoperte

    anche le tabelle 17.1, 17.5, 17.6 vanno completate con l'aggiunta dei quark t e b.Ci sono più modelli teorici che possono render conto delle nuove osservazioni. Uno dei più semplici, meglio studiati e che ha avuto brillanti successi è quello già nominato di Weinberg e Salam, completato con le illazioni di Glashow, Iliopoulus e Maiani,

    Problemi 17.1. Utilizzando un metodo grafico analogo a quello di figura 17.1, eseguire la combinazione degli spin l e l/2 si da ottenere 3/2 e 1/2; far la stessa cosa nel caso di due spin 1, si da ottenere gli spin 2, 1 e 0.

    17.2. Si dimostri che in base al modello a quark si deve avere per i mesoni (S~ ~ l, ]T[~1 e ( Qjg 1 (in cui S rappresenta la stranezza). Inoltre, indicando conL il momento angolare orbitale, e con s lo spin, si dimostrino le relazioni: P =( — 1)"'

    C = ( —l)r.+s

    G = C (— 1)r

    173. Si costruiscano diagrammi analoghi a quelli di figura 17.5 per i casi qq, qqq e qqqq. Si trovino altresi i multipletti ricavabili da tali combinazioni. Tali multipletti di quark non sono stati trovati sperimentalmente. Quali dovrebbero essere i rispettivi valori della carica? 17.4. Mo s trare le seguenti previsioni del modello a quark:

    a(Z p) = a(pp)+ a(K p) — o'(n p)+ 2[a ( K ' n ) — o(K+p)] a(E n) =o(pp)+ o (K p) — a(n p) Ad alta energia, la prima sezione d'urto vale 35 mb in accordo con i risultati sperimentali. Per la seconda sezione d'urto l'accordo non è buono, 175. Si considerino i due decadimenti: E (1328)~A + n

    e 4

    (123 6 ) ~ n + n

    Lo stato iniziale è caratterizzato da U = 3/2. Per gli stati fmali, nel caso di A+ n , si ha che esso non è un autostato di U, però può essere espresso come una sovrapposizione di due autostati; nel caso di n + n, invece, si ha U = 3/2. Supponendo che valga l'invarianza di U, si calcoli il rapporto tra gli elementi di matrice dei due decadimenti. Si ricordi che il confronto coi risultati sperimentali richiede la conoscenza del fattore dello spazio delle fasi. 17.6. Si studi la figura 17.8 dando le ragioni per cui i decadimenti vengono chiamati debole ed elettromagnetico, rispettivamente. Si dimostri perché la stranezza di Q d eve valere — 3. Si trovino altresi altri modi di decadimento di Q . Si confrontino i risultati con quelli relativi ad altri Q de scritti nella letteratura. [Si consultino gli ultimi numeri di (RPP) oppure L. W. Alvarez, Phys. Rev., D8, 702, 1973]. 17.7. In un'approssimazione grossolana si puo cercare di valutare la massa di una particella come data dalla somma delle masse dei quark componenti. Indicando la massa di una particella

    Classificazione di odroni, quark, ed SU(3)

    719

    col suo simbolo si hanno, per le masse del decimetto barionico, le seguenti espressioni: m dho 8 E

    {M / l) c r , 1932), per E » m è d a t a d a

    l + cos ( 02 ) 2 l + sin (0, ' 2) + , + sin (0 ' 2 ) sin' ( 0 ,'2) cos-'(0/2) co s ( 0,'2) [18.3.1]

    e quella e -e '

    ( B h a bha, 1936)

    drr r j m ' diu 8 E

    1 + co s ( 0/2) c os ( 0 / 2) 1 + c o s '0 2 , + sin (0,' 2 ) sin-' { 0, 2) 2 [18.3.2]

    con ro = e-' 'mc-'. In entrambe le formule l'energia, l'angolo solido e l'angolo di diffusione sono nel sistema c.m., come si verrebbe a osservare nei fasci incrociati. Queste formule

    vanno corrette per processi radiativi cd altri processi elettromagnetici, che possono tutti essere calcolati per ogni specifica situazione sperimentale. Altre reazioni elettromagneti­ che sono + "

    ~ li

    +P

    e +e

    ~ /+ r

    e ++ e

    ~

    e + e

    [18.3.3] + 7

    e cosi via. I l r i s ultato n otevole di q uesti lavori è ch e l 'elettrodinamica quantistica fornisce in maniera consistente la risposta corretta entro gli errori sperimentali di pochi per cento. Tutte le formule chc ne risultano, calcolate per cariche puntiformi hanno la forma do

    m

    d ru

    E

    — = ro~ — J f (0)(~

    [18.3.4]

    in cui 0 è un angolo opportuno, quale, ad esempio, quello di diffusione. Esse possono generalizzarsi introducendo fattori di f o rma funzioni del quadrato del quadrimpulso trasferito q . Q uesti fattori di f o rma rappresentano l'effetto di i nterazioni diverse da quella elettromagnetica, oppure scostamenti della interazione elettromagnetica dalla sua forma standard. L'eq. [18.L7] mostra un esempio tipico di fattori di Iorma. l fattori di forma sono suscettibili di una parametrizzazione del tipo

    F (q') = 1, [1 + (q /A )]

    [18.3.5]

    Gli esperimenti sono in accordo con il valore 1 per tutti i fattori di forma quando alla reazione partecipano soltanto leptoni c loioni, e l'accuratezza dcll'esperimento pone un limite a A , in ge n er e d e ll'ordine d i 1 0 0 (GeY.'c)'. A n che l a l u n g hezza A ' A ( 2 x 10 " cm p u o o p p o r tunamente usarsi come parametro. È notcvolc il fatto che l'elettrodinamica è valida su un intervallo estendentesi per

    730

    Capi t o l o l 8

    almeno 27 potenze del 10, da ciò consegue, in pratica, che si possono usare fenomeni puramente elettrodinamici per calibrare fasci, luminosità, ecc. La situazione è molto più complicata quando partecipano ai fenomeni anche adroni. Gli urti tra e' ed e p o s sono creare adroni e leptoni, purché si abbia sufficiente energia e i numeri quantici interni lo permettano. Ciò limita i sistemi a Q = S = 0 = N ~ = NP~~,.„, =N „ „ , . „,, e, inoltre, considerando e'- e eq u i v a lente ad un fotone, si deve avere J = 1 per t u t t o i l s i stema (vedi cap. 13). Si può in p articolare avere e e

    +e +e

    ~ ~

    ti ' + tt K++ K

    [18.3.6] ecc.

    Le sezioni d'urto per questi processi hanno la forma dG

    1

    2

    m

    '

    3 . 2

    2 2

    — = — rtt — ] P„s in O~F(q)~

    drti 8

    [18.3.7]

    (E J

    in cui i fattori di forma contengono l'interazione forte e p„è il % d e l p i one. Si noti che q < — 4m„. Le reazioni sono spesso dominate da una particella intermedia, come il mesone p, o ttt o tp. L a figura 18.8 mostra, per esempio, la sezione d'urto e'- e ne l l a regione della risonanza y. Similmente si ha la reazione

    e +e

    [18.3,8]

    ~ p+p

    che è connessa alla diflusione elastica elettrone-protone per «incrocio» ed ha la sezione d'urto

    dtr 1 ,

    fm

    dtt)

    (E

    = — Po( — P, tF t ( q ) + ~ F 2 (q )I (l + c o s f )) 4

    +

    M E

    F +

    E MP

    t -F

    si n ' 0

    con le coordinate del c.m. Secondo l'incrocio i fattori di forma sono le stesse funzioni

    analitiche di q' di quelle dell'eq. [18.3.7] ma per differenti valori di q'. Nella diffusione: q > 0, nell'annichilazione: q' < — 4M , c ome si può facilmente riconoscere nel sistema c.m In questa formula p è la velocità del protone e tt.. la parte anomala del suo momento

    magnetico. Sono stati anche compiuti studi sugli urti neutrino-protone i quali mostrano che i corrispondenti fattori di f o rma sono simili a quelli ottenuti con elettroni.

    18.4. L e particelle f Nel novembre 1974 fu annunciata simultaneamente da parte di due gruppi di fisici, uno del MIT - B NL e l'altro dello SLAC-LBL, la scoperta di un nuovo tipo di particelle. Il primo gruppo aveva bombardato Be con protoni da 30 GeV t rovando coppie e'-e c o n energia fissa nel proprio centro di massa. L'interpretazione che ne diedero fu che tali coppie erano prodotte dal decadimento di un a p a rticella neutra di m assa 3,1 GeV, chiamata ora J/tit. La medesima risonanza apparve in modo conspicuo a SLAC negli urti e - e . Q u e st o r i s ultato f u i m m e diatamente confermato ed esteso a F r a scati (ADONE) ed in al tri l aboratori.

    Fattori di forma e urti e+ e

    731

    alt b)

    1,0

    0,75

    0,50

    0$5

    2E-M (MeV) —4

    =2

    0

    2

    4

    Figura 18.8, Curva di eccitazione per la formazione di mesoni to da urti e'-e . La y ha una diramazione del 34% in favore di K~Kt, Nell'esperimento i Ks sono rivelati grazie al loro decadimento in due pioni. La curva è analizzata usando una formula di Breit-Wigner con M = 1020 MeV e 1 ~ = 3,8 MeV. Il fattore )F (q ) ~' dell'eq. [18.3.7] è dato dalla risonanza. Il fascio è calibrato sulla diffusione elastica e'e . [D a Cosme et al., Phys. Letters, 48B, 159, 1974].

    In questi esperimenti si trova un massimo della sezione d'urto e ' - e

    a 3 , 095 e a

    3,684 GeV,e un largo aumento a 4,1 GeV. Le risonanze decadono in coppie e'-e e p'­ ii , come pure in adroni (tt, K; ecc.). La risonanza P'(3,7) decade per circa la metà delle volte in J/P(3,1) e due pioni (fig. 18.10). La larghezza della risonanza è troppo piccola per una misura diretta, essendo il

    potere risolutivo dei fasci incrociati di circa 1,5 MeV contro una I di solo 70 keV per J/P(3,1). Si inferisce il valore di I supponendo una formula alla Breit-Wigner per la risonanza, sottraendo le sezioni d'urto date dall'elettrodinamica quantistica, e misuran­

    do i rapporti di diramazione della parte risonante per i due processi sopra menzionati e per il decadimento adronico. L'area totale sotto il picco combinata con questi rapporti fornisce i risultati riassunti nella tabella 18.1. La inusitata strettezza delle risonanze pone il problema del meccanismo di decadi­ mento. Un decadimento puramente debole non sarebbe sufficiente a dare la larghezza osservata. La scarsezza di raggi gamma nella diramazione e l'abbondanza di prodotti adronici negano u n d e cadimento p u r amente elettromagnetico, L a s p iegazione più ragionevole indica un decadimento forte altamente proibito. Quanto alla natura di J/P, la produzione di e' - e mo s t r a che non si tratta di un leptone. Poiché si assume che J/P si formi in un p rocesso con un solo quanto, i suoi n umeri quantici debbono esser gli stessi che per il f o t one, cioè, J = 1 . S i h a u n a

    732

    Capi t olo l8

    e'e ~ adroni

    C

    IOOO $ C

    b IOO

    IO e +e — )(i, p

    Icos 8 l < 0 , 6

    e+e — e+ e

    Icos 8 l s 0, 6

    100

    IO

    I

    200

    (c)

    IOO b 20 3,050 3,09 0

    3, I O O 3 , I IO 3 , l 20 3 , l 30 energiaE

    (Gev)

    Figura 18.9. Sezioni d'urto per (a) produzione di adroni, (b) produzione di coppie di it, e (c) produzione di coppie di e e diffusione in prossimità di P(3095). La notazione cos8S I0,6I si riferisce all'angolo osservato. Cortesia di SLAC e LBL.

    conferma diretta di questa attribuzione nell'interferenza tra coppie di elettroni e muoni prodotte per via elettromagnetica e per decadimento della J/t/t. Quando J/i/t (3,1) decade in pioni soltanto, questi sono in numero dispari, il che indica cheJ/t/t ha una parità G negativa e suggerisce anche un decadimento forte che conserva G. Il decadimento in AA, come anche quello in altri modi, assegna a entrambe le t(t i-spin zero. La possibilità che J/t)t sia un bosone pesante intermediario delle interazioni deboli è esclusa poiché entrambe le t/t possono essere fotoprodotte da raggi gamma di alta

    Fattori di forma e urti e'



    e

    73 3

    (4)

    (2)

    Figuru 18.10. Una osservazione in camera a scintilla della ((t'(3,7) che decade in Jit(>(3,1)+ n' + >r . La più leggera J>'t(> (3,1) decade in e ' + e . Gli elettroni e positroni priinari che generano la t(t'(3,7) si muovono perpendicolarmente al piano della figura. Parallelo ad essi è un campo magnetico di 4000 G sufficient a deflettere il tr ' e il >r ( 3)(4), che hanno ciascuno un'energia cinetica di circa 150 MeV, ma insufficiente a deflettere visibilmente gli elettroni di decadimento (I), (2) che hanno un'energia di circa 1500 Mev ciascuno. Essi formano il gambo della configurazione a l' visibile nella figura. La parte incurvata della l' è costituita dai pioni. La figura è una ricostruzione con il calcolatore delle tracce determinate dalle scintille corrispondenti alle croci. Le macchie nere rappresentano i contatori di comando. Le macchie quadrate sull'esagono regolare sono supporti meccanici. [Da Abrams ct al., Phys. Ret:. Letters, 34, 1181, (975].

    Tabella 18,1. Proprietà di J>g(3,1) e t)t'(3,7). 3,095+ 0,004 GeV

    3,684+ 0,005 GeV

    l

    1

    4,8+0,6 keV

    2,1+0,3 keV

    59+ 14 keV

    224+ 56 keV

    69+ 15 keV

    228+ 56 keV

    r,tr

    0,069 + 0,009

    0,0093 + 0,0016

    r„yr

    0,86+ 0,02

    0,981+ 0,003

    r„„tr

    0,17+ 0,03

    0,029 k 0,004

    energia (20 GeV) con sezioni d'urto proprie di un adrone. Questa ed altre valide ragioni, non discusse qui, rendono inaccettabile l'attribuzione di bosone pesante. Tutti questi argomenti conducono verso una natura adronica per le f, il che pone il

    problema di che cosa impedisca il decadimento. Una spiegazione soddisfacente interpreta la J/P (3,095) come una combinazione cc di quark, cioè come lo stato fondamentale del ciarmonio, J" = l . L 'i n c a nto è conserva­ . o nelle int"razioni f o rt i e d e l ettromagnetiche e un a p a r ticella incantata no n p u o

    $

    -K d

    ~

    d

    7T

    8

    C

    d

    (b) S

    S

    Figura IS.I 1. Di a grammi di quark che illustrano la regola di Z~ n ei d ecadimenti della q e

    deQa f.

    Fattori di forma e urti e' e

    735

    (4414) adroni con incanto? C

    l Il

    4 (4100)1 I L

    J adroni con incanto

    4 (3ea4) YB Y-I

    710 Y*5

    X (3455)X

    a droni 9

    tr tr

    49

    X(3550)

    79

    X(34 1 5 ) adroni

    X(3510) or P adroni

    adroni

    712

    q4 r T5 l

    t (3095) X 31

    , ~r( 3

    X (2800)g

    adroni e9

    t d Pc

    0- +

    I

    0

    I

    2"

    Figura 18.12. Li velli del ciarmonio e loro decadimenti. I numeri indicano la parcentua)e delle ramificazioni. La prima colonna contiene i livelli 'So, la seconda S„ la terza, quarta e quinta Po, P„ e ' P a rispettivamente. [Per gentile concessione SLAC-LBL].

    decadere in maniera forte in una priva di incanto. Gli stati del ciarmonio, però, benché composti di quark con incanto, hanno C = 0 e possono decadere in maniera forte in particelle prive di incanto. Questa forma di decadimento è però impedita da una regola trovata da S. Okubo, G. Zweig e J. Iizuka, chiamata spesso regola di Zweig, che afferma che una transizione che cambia la natura dei quark iniziali è proibita. La regola è essenzialmente empirica e se ne ha un esempio nel decadimento della y(1020), la quale può decadere in 3rt con I s„= 6 70 ke Y e in 2K con I » — — 3 MeV. Lo spazio dalle fasi

    favorirebbe il decadimento pionico, inoltre, per similitudine, dall'analogo decadimento della co(783) si otterrebbe un 3t t d i c i rc a 100 MeV c o n tro i 6 7 0 keV o sservati. Il diagramma riguardante il decadimento della cp è dato in figura 18.11 e mostra che per esso i quark s debbono cambiare natura nell'andare in 3 pioni, ma non nell'andare in 2K. Il d ecadimento della to ch e c ontiene i q u ar k t t ù + d d i n v ece, non è s oggetto all'impedimento fornito dalla regola di Z w eig. Si può f o rmulare la regola di Z w eig definendo «diagrammi non connessi», quelli in cui una o più particelle possono essere isolate tracciando una linea che non attraversa alcuna linea di quark. La regola di Zweig dice che i diagrammi non connessi sono soppressi rispetto a quelli connessi. Si veda la figura 18.11. Le P che decadono in particelle ordinarie che non contengono quark c sono tutte impedite da questa regola. Gli stati contenenti quark con incanto sono energeticamente

    inaccessibili.

    7 36

    Capi t n l n / 8

    L'ipotesi che J/i/k(3,1) e ii(k'(3,7) siano composte di quark ki è confortata dall'osserva­ zione di due o più stati intermedi (stati g) in cui la i/r' decade per emissione gamma. Gli stati intermedi decadono a loro volta o in J!t(/(3,1) per emissione gamma, o in adroni. Gli stati intermedi non si formano direttamente negli urti e - e p r o b a bilmente perché non hanno i numeri quantici J = 1 . U n a p o ssibile spiegazione in termini di quark con incanto assegnerebbe J/t/r(3,1) a uno stato 1 S, (1 è i l n u m ero quantico principale n =- I+ n„) del ciarmonio, composto di cc come il positronio lo è di e'-e . Gli stati J( sarebbero stati 2 'Ppig del ciarmonio con J = D ' ' , l +, 2 ' e t/ / ' ( 3 ,7) sarebbe uno stato 2 ' S, , J = D' ' , c o m e m ostrato in figura 18.12. Per ottenere gli stati g in corrispondenza dei valori di massa osservati (figura 18.12) si suppone un potenziale tra quark con incanto che è coulombiano a piccolissime distanze e dipende linearmente da r a grandi distanze. Un t a l p o t enziale produce automaticamente il confinamento dei

    quark. È ovvio che le ricerche in questo campo sono ad uno stadio molto preliminare e che si è soltanto intravista la punta dell'iceberg.

    Problemi 18.1. Ne l secondo grafico di figura 18.6 si ha un picco a una massa mancante di circa 1,5 GeV. Trovare, dai dati nella figura, il valore di E' corrisponden'e a questo picco. 18.2. Per farsi un'idea generale della diffusione elettrone-nucleone, si usi un diagramma W — q' con W c o m e ascissa. Si disegnino le linee kp=costante (ka=2Mv/q'). Si segnino in questo diagramma i punti corrispondenti alle curve di figura 18.6. [Friedman e Kendall, Ann. Rev. Nucl. Sci., 22, 220, 1972).

    18.3, Co nfrontare le formule per la diffusione di Bhabha, Mftller e Compton e disegnare un grafico di dkr/dkpin casi tipici. 1&.4. Mo strare che — v dell'eq. [18.1.4] è uno scalare=q P/M e che in un urto reale q'>0. Mostrare che per W~ = — Q 6 [v+ (q /2M)], l'eq. [18.2.1] si riduce alla diffusione su un centro puntiforme. 1E5. Per trovareF, (q ) e Fz (q ) eq. [18.1.7], occorrono misure di dki/Chaa differenti valori di 0, ma allo stesso valore di q. Un procedimento consiste nel misurare la quantità tra le graffe nell'eq. [18.1.7], chiamata R, e tracciare curve con F, in ascissa edF, in ordinata per q costante, che danno il numero R. Si vari 8, a q costante, e si consideri una nuova curva per il nuovo R misurato. Da queste misure si trovano (con alcune ambiguità) F, e F,. Discutere l'algebra del problema. 18.6. Ca lcolare i primi l ivelli energetici di un s istema rc supponendo un potenziale tipo oscillatore armonico, uno lineare in r, o una buca finita di potenziale e confrontare i risultati con i livelli di figura 18.12.

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    Capitolo 19 Ancora sulle interazioni deboli

    Nei capitoli 9 e 14 si sono trattate due importanti manifestazioni dell'interazione debole: il decadimento beta e i l d ecadimento del muone. Esistono molti altri fenomeni che

    dipendono dalle interazioni deboli e noi tenteremo ora di generalizzare e unificare il quadro, prima sulla base dell'interazione V — A, e quindi con l'introduzione della cosiddetta corrente conservata e della interazione corrente-corrente.

    I decadimenti deboli sono convenientemente classificati come (a) leptonici (p. es., il muone decade in un elettrone e due neutriiii, cioè intervengono soltanto leptoni); (b) s emileptonici (es., il decadimento beta ordinario, il decadimento di u n p i one in u n

    muone e un neutrino; in essi intervengono leptoni e adroni); (c) adronici (es., il decadimento di una A in un pr otone e un pione, in cui intervengono soltanto adroni),

    I decadimenti leptonici sono i più semplici poiché non si hanno effetti secondari dovuti a i n terazioni forti. In t al s enso essi rappresentano l'esempio più puro di interazione debole. Abbiamo notato nel capitolo 14 che il decadimento del muone è completamente spiegato d alla i n t erazione V — A co n u n v a l or e d ella costante di accoppiamento g„ = 1,43 x 1 0 erg c m e C r — — — C„= 1,

    19.1. Corrente conservata La notevole coincidenza dei valori di g per il decadimento beta e per quello del muone, u nita al f a tt o c h e pe r l a p a r t e A d e l l a i n t erazione risulta C „ = — 1,23 Cr pe r i l decadimento beta, mentre C„ = — Cr per quello del muone, ha condotto alla formula­ zione della teoria della corrente vettoriale conseruata (CVC) da parte di Ge rshtein e Zeldovich e indipendentemente di Feynman e Geli-Mann. Tenteremo di dare un'idea di questa teoria. Come si è r i p e tutamente ricordato, la t e oria del d ecadimento beta presenta analogie con l'elettromagnetismo che furono scoperte e usate come guida già

    da Fermi nel 1934. Nell'elettromagnetismo vige i l

    p r i n cipio d i c o n servazione della carica espresso

    dall'equazione 8p ct

    = divj

    [)9. l.! ]

    Ancora sulle interazioni deboli

    739

    o, in notazione quadrimensionale,

    [19. L2] Quando si considera l'interazione elettromagnetica di un protone, la carica appare

    costante anche se durante una parte del tempo il protone e dissociato, per esempio, in un neutrone e un pione positivo. La carica che compare nel pione compensa esattamente quella distrutta nel protone nel passaggio a neutrone. Invece il momento magnetico del

    protone resta influenzato dalla dissociazione poiché non cè principio di conservazione del momento magnetico (par. 6.12).

    Si può pensare che un nucleone nudo abbia un'interazione debole diversa da quella di un nucleone circondato da pioni, e che quindi il decadimento del neutrone e quello del muone debbano essere molto diversi. Quest'ultima particella è un leptone, non soggetto a interazioni forti e come tale il suo decadimento, p ~ e + v , + v„ , rappresenta un caso puro di interazione debole. D'altra parte il decadimento del neutrone dovrebbe risentire

    della dissociazione e dar luogo a una diversa intensità apparente della interazione debole. Possiamo scrivere i due decadimenti come rispettivamente risultanti dai passi

    indicati nell'eq. [19,1.3] it ~ e

    + v ,+ v„ o

    n ~p + v, + e

    i t ~ v„ , v, ~ e n~p,

    f19.1.3]

    v ,~e

    • Soltanto i passi contenenti leptoni sono analoghi, ma quelli contenenti il neutrone

    e il protone potrebbero differire molto dai corrispondenti contenenti p e v. L'esperien­ za mostra che questo è il caso per la parte A dell'interazione, ma non per la V. Per tener conto di ciò riscriviamo la corrente elettrica per i nucleoni nudi usando il formalismo

    dello i-spin. Per un protone nudo, in base alle formule di Dirac, si ha

    [19.1.4]

    j„ = et/t 7„I/r

    Per un neutrone non si ha corrente, ed entrambi i casi possono essere compendiati da

    j„ = ek.ir.6 + in cui P, s i

    l 3) kx

    [ 19.1.5]

    r iferisce a un nucleone, protone o neutrone, e contiene la variabile

    dicotomica su cui opera l'operatore di i-spin t3. Gli autovalori di r, sono naturalmente

    + $, come spiegato nel capitolo 10. La corrente totale puo cosi essere scomposta, nello spazio dello i-spin, in una parte scalare e in una vettoriale.

    j = j„+j„ = (e/2) p,y„pv + età >7„r3lpg

    [ 19.1.6]

    La prima parte isoscalare soddisfa all'equazione di continuità $„8js/àx„= 0 in virtù dell'equazione di Dirac. La parte isovettoriale, d'altra parte, non è conservata. Se un protone si trasforma in neutrone, la carica è distrutta ma riappare in un pione virtuale;

    cosi J„" si conserva soltanto se si aggiunge un'altra corrente dovuta ai pioni. Per l'interazione debole un termine tipico dell'interazione vettoriale è l(t y„i)r„, che può scriversi come j, = 0xy„r

    [19.1.7]

    usando il formalismo dello i-spin in cui l'operatore r, = (tt + i t 3) cambia un neutrone in un protone, e l'operatore r = (r , — it,)cambia un protone in un neutrone. Gli operatori t„ l , e r 3 sono componenti di un v ettore nello spazio dello i-spin. Nella teoria CVC

    740

    Capi t r>la l 9

    questa parte vettoriale della corrente è conservata e cosi, anche nel decadimento beta, la possibile dissociazione di un p r o tone non ha influenza sul decadimento. • Un neutrone può simbolicamente dccaderc secondo i due diagrammi mostrati nelle figure 19.1 e 19.2. Nella figura 19.1 il neutrone decade direttamente; nella figura 19.2 dapprima si dissocia emettendo un t t e di v e n tando un p r o t one. La p r obabilità di emissione e — v da parte del pione compensa il fatto che un protone non può emettere un elettrone. La corrente di interazione debole è cosi conservata allo stesso modo di quella elettrica. Le due correnti, elettromagnetica e di interazione debole, sono la t+, t e t , della stessa corrente vettoriale conservata di i-spin. V i sono varie prove sperimentali dirette a sostegno della teoria CVC : 1. L'accordo della costante g nel decadimento beta e in quello del muone. L'accordo

    non è perfetto ma il grosso della discrepanza può essere risolto con la teoria di Cabibbo (par. 19.2) e la discrepanza residua con piccole correzioni elettromagnetiche. 2. Gli esperimenti con ' B, ' C , ' N . Q u esti tre nuclei hanno stati eccitati conT= I , T~ = + 1, 0, e decadono nello stato fondamentale del ' C, che ha T = 0, per emissione, rispettivamente, P , y, P' . Secondo la teoria C VC gli elementi di matrice sono tra loro

    collegati, e, inoltre, la forma degli spettri P' , P

    s i s costa leggermente da quella

    permessa in m od o c a ratteristico e p r evedibile. Tutto ci ò è s t ato sperimentalmente confermato con soddisfacente accuratezza. 3. La reazione tt' ~ t t + e ' + v , è a n aloga all'ordinario decadimento beta 0'- 0' e la C VC prescrive che la costante di accoppiamento sia g, come nel decadimento beta. La costante di decadimento per questo processo è data dalla formula del decadimento beta.

    eq. [9.5.32] n t'c 4 2tt itt '

    m ' c4 cs

    M

    A

    [19.1.8]

    30

    in cui c o è i l l i m i t e s uperiore dello spettro b eta i n u n i t à d i m c . N e l l o s c rivere quest'ultima equazione si è usato (M( = 2 e f = c o / 3 0,come nell'eq. [9.5,29]. Il i risultante è 0,43 sec '. Il più frequente decadimento n - + p ' + v „ h a Q = 3,84 x

    Figura 19,/. D i a g ramma di Feynman per il decadimento beta del neutrone nel caso diretto.

    n

    P

    P

    Figura 19.2. D i a gramma di F e ynman per il d e cadimento beta del neutrone attraverso la formazione del pione negativo virtuale.

    Ancora sul/e in(era"ioni deboli

    741

    x 10' sec ' , e q u i n d i i l r a p p o rt o d i d i r a mazione dovrebbe essere 1,07 x 10 , i n accordo con i risultati sperimentali entro circa il 10%. Questo risultato è signif>cativo poiché la teoria C VC predice questo decadimento quantitativamente, mentre altre teorie d anno numeri vari compresi tra 1 0 e 5 x 10 4. Correlazioni angolari alfa-beta in ' L i , ' B e ' B e . " L i , B e " B e h a nno tre stati eccitati con T = 1, T, = + 1 , 0. Lo stato fondamentale del "Be ha T = 0; un altro stato con T = 0 del "Be, a 2,90 MeV sopra quello fondamentale, decade istantaneamente in due alfa (ftg. l I.l 1). Il 'L i e i l " B e decadono in questo stato eccitato, e la teoria CVC predice una correlazione angolare tra le direzioni dell'emissione alfa e beta, in discreto accordo con l'esperienza. In conclusione, la interazione corrente-corrente della forma

    [19.1.9] con

    [19.1.10]

    g, = li7, ( 1 + 7c) v„+ e7„(1 + 7s) v, +,P'„= + g , A =

    . 7 . ( 1 + 7 )l + v , 7 .( 1+7 )e + ( A " = ' )' + (A " =

    ' )'

    [19.1.11]

    rende conto della interazione debole. Si è scritta in maniera esplicita la parte leptonica della corrente. I termini adronici sono scritti simbolicamente, tenendo separate le parti costanti e variabili con la stranezza, rispettivamente, poiche risultano sperimentalmente diverse. Un simbolo di particella, come e, sta per P„e per evitare confusione si usa x = 1, 2, 3, 4 come indice per le componenti, mentre nelle eqq. da [19.1.4] a [19.1.7] si è fatto uso del familiare p. Il neutrino dell'elettrone è indicato con v„e quello del muone con v„. Le particelle con soprassegno sono create, quella senza, distrutte. L'operatore (1+ 7~) è un operatore di proiezione che seleziona le particelle levogire e quindi non conserva la parità. Per una comprensione completa dell'interazione occorre l'uso della meccanica quantistica relativistica e degli operatori d i d i s truzione e di c r eazione. Si veda, ad

    esempio, (Com 73). • Che la c o r rente vettoriale assiale non è co n servata nelle interazioni deboli è dimostrato dalla differenza tra C„e C< nel decadimento beta. È possibile, però, stabilire un'utile relazione teorica (la relazione di G o l d berger e T r eiman) tra l a c o stante di accoppiamento vettoriale assiale del decadimento beta, la costante di accoppiamento g„,v„delle interazioni forti (quale ad esempio si ottiene dalla diffusione pione-nucleone), e la velocità di decadimento del pione in un m u one piu un neutrino. In unità A = c = 1 la probabilità di transizione per unità di tempo deHa relazione z

    ~ p+ v„ può scriversi w=

    '

    mm „

    I —— "

    [19.1. 12]

    dove G e la costante dell'interazione debole e f, una costante avente dimensioni di una massa, il cui valore numerico non può o t tenersi dalla teoria delle interazioni deboli soltanto, perché essa è connessa alla dissociazione potenziale del pione. Si deve cosi considerare f, co m e u n p a r a metro d e lla t e oria da o t t e nersi da w , l a c o s tante di decadimento del pione. L'eq. [19.1.12] si ottiene sotto I"ipotesi che nel decadimento del pione agisca la porzione A (vettoriale assiale) della corrente adronica debole. Si può provare che la parte V, (vettoriale) della corrente non può contribuire. Il valore numerico

    742

    Capi t o lo l 9

    di f, derivato dall'eq. [19,1.12] e dalla costante di decadimento del pione ef„= 0,93 m,. La relazione di Goldberger e Treiman dice che [19.1,13]

    Ca= f g,vt ' V>~(nt + rn )

    ed è in accordo con i valori effettivi di C„, f„e g, , „ e n t ro circa il 10%. Una ipotesi importante nella deduzione dell'eq. [19.1.13] è la cosiddetta corrente assiale parzialmente conservata (PCAC), secondo cui la corrente adronica vettoriale assiale sarebbe conservata in un mondo fittizio in cui la massa del pione fosse zero. La

    relazione di Goldberger e Treiman è approssimativamente corretta perché la massa di un pione virtuale emesso da un neutrone che decade beta, come nel diagramma di Feynman in figura 19.2, può venir trascurata rispetto a quella del neutrone stesso.

    S. Adler e indipendentemente W. Weisberger hanno spinto un passo più in là questo argomento nel 1965 ed hanno usato l'ipotesi PCAC e le tecniche dell'«algebra delle

    correnti» (che comporta ipotesi speculative circa le proprietà algebriche delle correnti adroniche deboli per trasformazioni SU(3)) per calcolare il valore numerico di C„dai dati sulla sezione d'urto di diffusione pione-nucleone, Il risultato da essi ottenuto è in ••

    I

    ;=:; '.1 I cspcric'~" : „ —

    ., „

    '. ', ' -' . u c u i i loro ragionanienti

    son basati risultano giustificate se i quark sono i costituenti fondamentali di tutte le

    particelle soggette ad interazioni forti. •

    19.2. Regole di selezione nei decadimenti strani; teoria di Cabibbo La quasi concordanza dei valori della costante di accoppiamento nel decadimento beta,

    in quello del muone, e in altri decadimenti deboli ha fatto sorgere l'idea che l'accoppia­ mento di Fermi sia «universale». Questa universalità ha assunto varie forme: inizial­ mente, prima dello studio delle particelle strane, essa si è esplicata nel «triangolo di

    Puppi» (fig. 19.3) in cui le costanti di accoppiamento per le particelle poste ai vertici sono le stesse. L'idea fu in seguito estesa conducendo a un tetraedro al cui quarto vertice

    e rano collocate le particelle strane. Se pero confrontiamo i decadimenti K' ~ p tr' ~ p '

    + v„e

    + v „ , si trova che le costanti di decadimento che, sulla base dello spazio delle

    fasi, dovrebbero stare nel rapporto

    Mx (1 Muv/Mz') M„(1 —M„/M„)

    [ 19.2.1]

    — 17,7 (n p)

    (», t)

    (e, v,)

    Figura 19.3. Triangolo di P uppi. 1 fermioni ai vertici del triangolo interagiscono con la interazione universale di Fermi. Le coppie (p, v„), (e, v,) corrispondono al decadimento del mu; le coppie (p, v„)(n, p) corrispondono alla cattura di un mesone mu in un nucleo; le coppie (e, v,) (n, p) al decadimento beta. La situazione reale è più complicata di quanto la figura mostri.

    Ancora sulle interazioni deboli

    74 3

    sono nel r a p porto 1 ,34. A n alogamente, confrontando l e v e locita d i d e cadimento semileptonico sperimentali delle particelle strane (A ~ p e v ; Z ~ n e v ; = ~ A e v ) co n i risultati di un calcolo condotto in stretta analogia con il decadimento beta del neutrone, si trova che il risultato sperimentale è troppo piccolo per un fattore circa 20.

    Si hanno inoltre le seguenti regole empiriche di selezione: l. AS = + l, 0. Cambiamenti di stranezza maggiori, quali si avrebbero nel decadi­ mento = ~ N + n, = ~ N + e+ v o Q ~ N + n non sono mai stati visti ed avvengono, al più, in meno di uno su mille dei più comuni decadimenti. 2. Per d,S = O,ist,T, = + l. (Lo i-spin si riferisce soltanto agli adroni), La corrente isovettoriale produce automaticamente AT, = + l. 3. Per bS = + l, hS = LLQ, nei decadimenti semileptonici. Ciò significa che se nella trasformazione la stranezza aumenta o diminuisce di una unità, altrettanto fa la carica elettrica degli adroni soltanto. Un notevole esempio di questa regola è che mentre sono noti centinaia di casi di K' ~ n ' + n + e ' + v „ m a i è stato visto K ~n + rt + e + ve.

    4. Per tsiS= + l, (hT(=$. La relazione, eq. [13267, Q = T~+/(N + S ) , combinata con dS = AQ e con la conservazione dei nucleoni bN = 0, comporta AT, = PLUS = + $. In ogni caso Q deve essere un numero intero e ciò implica (d T( = $, $, q ecc. La regola dice che, tra questi possibili valori, soltanto (tst,T( = $è realizzato. La regola (AT( = $ è più forte di tsiS= AQ poiché una trasformazione soddisfacente quest'ultima non ha necessariamente (h T( = $, ma potrebbe avere (AT( = $, ecc. Come applicazione di questa regola consideriamo il rapporto di diramazione nel decadimento A'

    p+n

    [19.2.2]

    ~n+ n Lo i-spin della A" è 0. Alla destra i sistemi (p, zt ) e (n, n ) sono descritti, come nelle eqq. [15.5.4] e [15.5.5], da funzioni d'onda contenenti componenti T = $ e T = j. Solo i primi hanno importanza, poiché nel secondo caso AT=g , corrispondente a transizioni proibite. Le ampiezze degli stati con T = $ in p + n e n + rt stanno nel rapporto P2: l. Quindi il rapporto di diramazione deve essere 2: l, in accordo con i risultati sperimen­ tali.

    Una ampia chiarificazione della fenomenologia e previsioni quantitative dei decadi­ menti deboli delle particelle strane si debbono a Cabibbo (1963). La teoria di Cabibbo riguarda particelle fisiche reali, fa uso di SU(3), ed è stata formulata indipendentemente dal modello dei quark. Nel presentarla, pero, è più semplice fare uso del modello dei quark. Cosi, invece di operare con particelle reali contenenti quark, come K '

    = u s o n ' = u d , considereremo i quark costituenti.

    Si noti, innanzi tutto, che in assenza di interazioni medio-forti, i membri dello stesso multipletto Us entro ciascuna famiglia SU(3), come n', K+ o Z, p avrebbero la stessa massa. I quark s e d (autoquark delle interazioni forti) hanno la stessa carica e non potrebbero essere distinti l'uno dall'altro poiché una rotazione SU (3) cambierebbe l'uno nell'altro. L'interazione medio-forte rompe la degenerazione e nelle interazioni deboli opera una definita combinazione lineare di quark s e d. La specifica combinazione lineare di quark s e d (autoquark delle interazioni deboli) che forma con u una corrente debole è d' = d cos 0+ s sin 8

    [19.2.3]

    744

    C api t o l o i 9

    e quando si scrive la corrente

    uy„(1 + y s) d' = uy, (l + y,) (d cos 0 + s sin 0)

    [19.2.4]

    si vede che l'accoppiamento du che non cambia la stranezza (AS = 0) ha un fattore cos 0, mentre l'accoppiamento su che cambia la stranezza (AS= l ) h a u n f a ttore sin0. Il quarto quark con incanto c è t r attato in un m odo del tutto simile a u e viene accoppiato con una combinazione lineare di d ed s. La combinazione lineare scelta è

    s' = — d sin 0 + s cos 0

    [ 1 9.2.5]

    con lo stesso angolo 0 dell'eq. [19.2.3]. Le due combinazioni lineari d', s' sono cosi ortogonali, e s' s + d ' d ' = s s + d d i n d i pendentemente da 0 ; è q u esta una i m portante relazione che h a l a c o n seguenza ftsica d i s o p primere, come vedremo i n s eguito, l'estremamente raro K t ~ i u + + iu.

    P er determinare l'angolo 0, si considerino le reazioni K' ~ p' + v„ e tt' ~ p + v „ , che sono del tutto simili salvo che una comporta un quark s e l'altra un quark d essendo K' u n a combinazione su en' un a combinazione du. Il rapporto dei loro tassi corretto per il fattore dello spazio delle fasi dà cosi

    tasso (K ~ itt + v ) tasso (tt iu' + v)

    m „ [ l — (m„/m'„)) tan á m ,[ 1 — (m„/m„)]

    [19.2.6)

    e, inserendo i numeri, si ottiene tan0 = 0,275. A rigore si dovrebbe far distinzione tra le parti V ed A dell'interazione e attribuire a ciascuna un angolo d i C a b i bbo. I d u e 0 , p erò, sembrano gli stessi entro gli errori sperimentali. L'angolo di Cabibbo può ottenersi consistentemente da vari decadimenti e

    q uesta è l a p r i ncipale prova empirica della teoria. Il m i g lior v alore di 0 è 0,235+ 0,006 rad; cos 0 = 0,973 e sin 0 = 0,233, Se 0 fosse nullo seguirebbe subito che i decadimenti con d S+ 1 sarebbero proibiti ; se 0 valesse tt/2 non si avrebbero decadimen­ ti con A S = O , e per 0= n / 4 s i a v r e bbe una « u n iversalità genuina» in c ui A S n o n influenzerebbe le interazioni deboli.

    L'espressione completa della corrente carica è dunque g , = v y„ (1+ y,) p+ v y,(l + ys)e+ uy,(l + ys)d'+ cy„(l + ys)s'

    [ 19.2. 7 ]

    e la sua coniugata hermitiana

    ga

    i u y ~(1 + ys) v«+ ey~(1 + ys) e+ d y~(1 + ys) u+ s y,(1 + ys) c

    [19.2.8]

    Il termine ù,y,(l + ys)e nella corrente gc causa le trasformazioni e ~v,

    v ,~ e +

    con hQ = + 1. Nella corrente gc', hermitiana coniugata, il termine ey. (l + ys) v, causa le trasformazioni v,~ e

    e+ ~v,

    con AQ = — l. Analoga è l'azione del termine v„y.(l + y ,) p. Nella parte adronica della corrente ge, usando come oggetti della trasformazione gli autoquark delle interazioni forti u, d, s, c, si trovano come fattori nelle ampiezze termini contenenti cos0 o sin0. Si hanno cosi, nelle trasformazioni prodotte da uy.(1+ ys)d', termini con ampiezze contenenti cos0 e sin0, secondo lo schema:

    d ~u

    u~ d

    amp co s 0

    s ~u

    u~ s

    amp si n 0

    Ancora su/le intera "ioni deboli

    74 5

    che entrambi hanno AQ = 1. Il t ermine hermitiano coniugato produce u~d

    d ~ tt

    am p cos 0

    u ~s

    s~ u

    amp si n 0

    con AQ = — l. Simbolicamente tutto ciò è riassunto nello schema:

    che è altamente simmetrico e include ora anche il leptone pesante z col suo neutrino e i due nuovi quark l e b. L'indice L denota il fatto che solo le componenti sinistrorse sono

    attive. Negli adroni reali la corrente p „ p u ò p r o durre cambiamenti come negli esempi che seguono. I n un tr , s c r itto come ud in termini di quark, la parte della corrente uy.(l + y , ) d ( con ampiezza cos0) t r asforma i l q u a r k d d e l p i o n e i n u n q u a r k u , d a n d o l a combinazione uu, equivalente, come numeri quantici, al vuoto. Cosi quella parte della corrente può distruggere un pione negativo. La stessa parte della corrente può trasformare un neutrone in un protone. In termini di quark, il neutrone è ddu; cambiando un quark d in un quark u si ottiene uud, cioè un protone, La interazione completa, associando la corrente con la sua hermitiana coniugata in termini della forma g . g „ ' , c o n serva la carica e i numeri adronico e leptonico. Come esempio, consideriamo il decadimento leptonico = e

    + v, + v„

    che può scriversi anche p +

    v„~ e

    + v „ . E sso è pr o dotto dal termine v„y„(1+ y s ) ttt

    [v,y.(1+ y,)e)'. Nel decadimento beta semileptonico

    n ~p+ v, + e il termine della corrente ùy,(1+ ys) d trasforma come sopra descritto un neutrone in un protone e il termine [ v , y„ (l + y s ) e] ' g enera l'elettrone e l'antineutrino. Il decadimento semileptonico 7l ~ p

    + vu

    si ottiene dal termine della corrente uy.(1+ ys)d, che distrugge un tt e d a quello [ v„y, (1+ y,)tu]' che crea un ttt e u n v „ . Nel decadimento adronico K ' -+ tt

    + n

    il contenuto in quark di K è us,quello diti è ud equello di n eil medesimo del vuoto. La parte di g, ' che cambia s in u è [uy,(1 + y,) s']' (sin 0 come ampiezza) e quella che

    746

    Capi r oln I V

    cambia u in d è uy. (1 + y,) d' (cos 0 come ampiezza). Insieme esse cambiano K in z' e si aggiunge uu, dd per il rr . Qu est'ultimo passo è permesso se si ha energia disponibile. Oltre all a c o nservazione della c arica, dei l e ptoni (separatamente elettronici e muonici) e d e i n u c leoni, a l tr e r e gole d i s e lezione derivano d a lla s t r u ttura della interazione corrente carica-corrente carica. Nella corrente carica adronica che non contiene c si vede che la distruzione di un quark s è accompagnata dalla creazione di un

    quark u o viceversa, e si vede dalla tabella 17,1 che ciò richiede l 2

    AS=A Q

    AT = —

    [ 19.2.9]

    La parte della corrente carica che cambia l'incanto fornisce delle regole di selezione approssimate. I termini più grandi, contenenti cos 0 nell'ampiezza, danno BQ= B S = B C

    [19.2.10]

    hT = O

    I termini più piccoli, contenenti nell'ampiezza sin 0 danno AQ = AC

    AS= 0

    1 hT = ­ 2

    [ 1 9.2,1 1]

    Un quark c si trasforma prevalentemente nella combinazione sud, come si può vedere considerando i prodotti delle correnti sy„(1+ ys) c [dy. (1+ ys) u]'

    (am p c o s' 0)

    Ne consegue che nel caso di particelle reali ci aspettiamo tra i prodotti di decadimento di una particella incantata una particella strana. Ciò è i m p o rtante per i ndividuare le

    particelle con incanto. Come esempio, una D formata da uc può andare in sudu e ciò fornisce K n '

    o K n

    ma n o n K ' n

    o K n .

    19.3. Correnti neutre; unificazione di elettromagnetismo e interazioni

    deboli Oltre alle correnti cariche (chiamate cariche perché cambiano la carica elettrica, p. es., distruggendo un v„ e creando un p ) si hanno le correnti neutre, cosi chiamate perché distruggono una particella e ne creano un'altra avente la stessa carica. L'esistenza di tali correnti è dimostrata negli urti di neutrini ad alta energia. Per osservarli si producono da fasci di pioni o k aoni di alta energia fasci di neutrini parimenti di energia elevata. Mesoni che decadono in v olo negli acceleratori attualmente a disposizione possono

    produrre neutrini di energia da 20 a circa 300 GeV in un fascio poco collimato. Con una opportuna scelta del fascio primario si possono ottenere v„ù„ v „ , v„. Il fascio di neutrini è f>ltrato attraverso decine o centinaia di metri di materiale solido prima di entrare in una regione sensibile, come una camera a b o l le, in cu i s i o sservano tonneHate di materiale. Il veriftcarsi delle reazioni

    ù„+ p~ p

    + n

    [19.3.1]

    v„ + n ~ p + p

    è stato appurato. Per esse la sezione d'urto in cm' è dell'ordine di 10

    E (G e V ), Si

    ottengono anche le loro controparti con v, ed elettroni. Da notare gli eventi rari

    v„+e

    ~ù„ + e

    v„+ p~ù„+ p

    v „+e

    -+v„+ e

    v„+ p~ v„ + p

    v„+ N ~ v„+ adroni

    [19.3.2]

    Ancoro sulle interazioni dehou

    747

    Questi eventi dimostrano l'esistenza delle correnti neutre perché la corrente connette soltanto il l e ptone muonico con i l l e p tone muonico, quello elettronico con q u ello elettronico, e l'adrone con l'adrone. Entrambi i leptoni muonici hanno la stessa carica (zero) ecosi la corrente deve essere neutra. Le nuove teorie di gauge che tentano di unificare le interazioni elettromagnetiche e

    deboli (S. Weinberg, l967, A. Salam, 1968) richiedono correnti deboli e la scoperta di queste ultime va quindi in l or o favore. Secondo queste teorie, correnti deboli neutre vanno formate come una combinazione lineare di due correnti neutre, una che si trasforma come t, e l' altra scalare, in modo simile alla corrente elettromagnetica [come descritta nell'eq. [19.1.6]). Le parti scalare e

    vettoriale delle correnti leptonica e adronica si individuano con g,~, g,„, +~s, +~i. Un nuovo parametro chiamato angolo d i W e i n berg determina il m o d o i n c u i e sse si combinano per formare una corrente debole neutra. Sviluppando il calcolo si trova che l'angolo di Cabibbo entra soltanto nelle correnti cariche ma non in quelle neutre. Le

    correnti neutre deboli non cambiano i sapori (Ts, S e C) perché l'ortogonalità di s' e d' cancella i termini come su, che li cambierebbero nell'espressione d'd'+ss'. Come conseguenza immediata di ciò si ha che non ci sono correnti neutre che cambiano la stranezza e ciò spiega l'assenza del decadimento Ki ~ l i ' + p al l i v e llo della interazio­

    ne debole del primo ordine. La piccolissima diramazione osservata (10 ) può essere spiegata con correzioni di ordine superiore. La introduzione del quark C è essenziale per evitare la corrente neutra debole che cambia l a s t ranezza. Questo meccanismo di

    cancellazione fu suggerito per la prima volta da Glashow, Iliopoulos e Maiani nel 1970 e l'assenza del decadimento Kr ~ 2li fu la prima evidenza sperimentale, ancorché indiret­ ta, dell'incanto. Riassumendo, si hanno le correnti leptonica carica

    y c

    ey

    p

    leptonica neutra

    g, = v,v, + v„v„ — ee — iud

    adronica carica

    g„ = c os8(ud+ cs)+ sin0(us — cd)

    adronica neutra

    g„ = uu + CC+ dd+ ss

    [19.3.3]

    dove per brevita si sono soppressi gli operatori 7, (1 + 7,) nelle correnti cariche e i consimili in quelle neutre. L'interazione corrente-corrente ha la forma

    2 "Gg g

    + 2 ' " G' g ' g '

    con

    [19.3.4]

    dove la costante di accoppiamento G' per l'interazione di corrente neutra è in generale diversa da G, essendo la differenza connessa alla differenza di massa tra l'ipotetico bosone neutro intermedio Z e il parimenti ipotetico bosone carico intermedio 8'> (vedi par. 19.3). Lo sviluppo quantitativo particolareggiato di questi concetti permette la previsione di molte costanti di decadimento, ma esula dallo scopo di questo libro. Per dare un'idea dei risultati, mostriamo nella tabella 19,1 i dati teorici e sperimentali per i decadimenti semileptonici. Si noti anche che C„ per i l decadimento beta non dovrebbe essere esattamente 1, ma cos' 0 = 0,9435, Questo valore migliora l'accordo con il decadimento del muone. La piccola discrepanza residua può esser giustificata con correzioni elettromagnetiche.

    748

    Capi t o l o I V

    Tabella 19.1. Te oria di Cabibbo. Previsioni e risultati osservati. Rapporto di ramtftcazivne

    Decadi mento

    Esp. -/0

    Z ~Ae v,

    0,60+ 0,06

    0,62

    X ~Ae v,

    0$0+ 0,04

    0,19

    A ~pe v

    8,13 + 0,29

    8,6

    A

    1,57 + 0,35

    1,41

    ~ pt t v „

    E ~ne v„ Z

    ~ n ttt v „

    Ae v,

    Z'e ù,

    19.4. I

    Teoria . 10

    10,8 + 0,4

    10,1

    4,5+ 0,4

    4,8

    6,9+ 1,8

    5,4

    e IK >, t;orrispondenti agli stati fisici con una costante di decadimento lunga e una corta, che chiamiamo I Kt > e I Ks>; essi sono assai vicini agli stati K , e K , , r i s pettivamente. La invarianzaCPT, p ostulata dalla teoria, limita l a combinazione lineare alla forma

    IKs> = [2(1+ I~l')] "' Bl + r)IK" > — (1 — ~)IK' >]

    [19.7.1]

    IKz > = [2(1+ Ir.I')]-'" [(l + e)IK'>+ (1 — a)IK' >]

    [19.7.2]

    L'invarianza per T da s ola darebbe

    I Ks> = [2(1 + I~'I )] " [ (1 + t/)I K > — (1 — F')I K" >] IKr>=[2( I + I + ( 1+ a BFC', M. A. B., e A. StRt.tN, «Gauge Theories of Weak Interactions», Ann. Reo.Nucl. Sci., 24, 379, 1974. COMMINS, E. D. (Com 73). GAiLLARD, M. K., B. W. LFE, e J. L. RosNER, «Search for Charm», Ree. Mod. Phys., 47, 277, 1975. KLEINKNECWT, K., «CP Violations and K" Decays», Ann. Reo. Nucl. Sci., 26, l, 1976. LFF., T. D., e C. S. Wi;, «Weak Interactions», Ann. Reo. Nucl. Sci., 15, 381, 1965; 16, 471, 1966. OKVN', l.. B., Weak Interactions of Elementary Pariicles, Addison-Wesley, Reading, Mass., 1965. SAcws, R. G„«I nterference Phenomcna of Neutral K Mesons», Ann. Phys., 22, 239, 1963. WEINBERG, S., «Recent Progress in Gauge Theories of the Weak, Electromagnetic, and Strong Interactions»,Rev. Mod. Phys., 46, 255, 1974. Wir t.tAivts, W. S. C. (W 71).

    Capitolo 20

    Urti di adroni ad alta energia

    20.1. I n troduzione Gli urti di adroni ad energie molto grandi rispetto alla loro massa di quiete, per dire superiori ai SGeV nel c.m., erano un tempo possibili solo nei raggi cosmici. I nuovi grandi acceleratori rendono ora disponibili fasci di varie centinaia di GeV nel sistema del laboratorio: un tipico valore è 300 GeV lab. Negli anelli di accumulazione con fasci incrociati d i p r o t oni s i r a ggiungono energie di c i rca 6 0 G e V n e l c entro d i m assa, equivalenti a 1918 GeV nel sistema del laboratorio. I raggi cosmici restano insuperati per le energie estremamente alte, poiché sono stati osservati eventi corrispondenti a una energia totale di 10 e V . L a f i g ura 20.1 mostra un esempio di evento di alta energia prodotto da un acceleratore; essa è una foto in camera a bolle di un u rt o p r otone­ protone. Emulsioni fotografiche e enormi raggruppamenti di contatori sono gli strumenti di osservazione più f r equentemente usati per gl i eventi d i a l t issima energia dei raggi cosmici. La figura 20.2 mostra eventi di alta energia in emulsioni: le stelle della fisica di bassa energia son trasformate in getti in direzione della particella incidente. Nei lavori con emulsioni fotografiche le tracce emergenti sono generalmente divise in due tipi: 1. Particelle di sciami che danno una densità di grani ( 1,4 volte la densità di grani minima; queste sono particelle relativistiche, per lo più p i oni. 2. Particelle fortemente ionizzanti con una densità di grani > 1,4 volte il minimo; queste sono suddivise in tracce nere con una ionizzazione > 10 volte il minimo, e tracce grigie, con una densità di i o nizzazione tra 1,4 e 10 volte il m i nimo. U n p r o t one di 25 MeV è circa al li mite delle tracce nere. È ovviamente di g r ande interesse la determinazione dell'energia della particella primaria. Un metodo «pprossimato è basato sull'osservazione dei secondari. Siano y,. e jf, il y e P del baricentro e yp C /lp quelli della particella incidente, tutti rispetto al sistema del laboratorio, Supponiamo che il primario sia un nucleo di massa M, che urta una particella di massa N. S i ha ( c= -1 )

    (M-'+ N-"+ 2MN; )

    2N

    [20. I. 1]

    nell'approssimazione y~ »1. Nota la natura del bersaglio e y,, si trova dunque l'energia totale del proiettile M ; „ . Si può tentare una determinazione di y,. supponendo che nel sistema del baricentro i secondari siano emessi ad angoli 0, con distribuzione larga «ttorno all'asse dell'urto nel

    Urt! df adrom ad afre sasrgfa

    evento con 24 rami

    esposisione della camera a boga a 300 Gev National Accelerator Laboratory Batavia, Illinois Agosto. 1972

    Figura 20.l. F o t ografta in camera a boHe di un protone di 300 GeV che interagisce con un protone. [Per gentile concessione di FNAL, Batavia, Ill].

    sistema del baricentro. Se indichiamo con y„P, e 8, le quantità riferite a un secondario nel sistema del baricentro, si ha tan8, =

    sin 8,

    [ 20.1.2]

    y,(cos 8. + P,/P.)

    dove 8, è nel laboratorio. Se due secondari 1 e 2 sono emessi ad angoli 8 e tr — 8 e con uguali impulsi, si ha per le tracce nel laboratorio

    tan8, x tane, ~

    sin 8

    y,'[-~ 8 + fP,/PA

    [20.1.3]

    Dati moltj.~ n drari distribuiti in modo che per ciascun 8t si abbia il corrispondente 8„ risulta, essendo P,- P, 1 1

    (tan8t tan8>) =- y,'

    [20.1.4]

    oppure l ogy,=

    g iog t a n 8

    [20,1.S]

    7á4

    Capi t o l o 2 0

    4"

    .e

    I. .

    l

    • •O•

    ' ~vo o

    '

    C .Q

    t

    4

    • ~e







    + +

    \ > oy

    I

    i

    l







    0. .



    , •

    :



    -





    >••

    L

    '

    L•

    i' • g

    . t

    ' Pr@,.x~', hy •







    .' .k • '



    .

    r

    A

    O

    r.

    • g •

    h

    o



    4,t



    . eS " •t••$

    • •

    O





    y



    l

    r •







    yl­

    5 •

    ~



    l'

    l'

    t •

    I •

    N

    I

    'v.

    '

    /



    t • 't

    I



    q Cg..

    a •' )





    ,

    • •
    /n,eO)/S~) — '

    u

    u v

    Q " " O V

    '„- K — A "~

    Ill

    >r

    OO

    O~ Q

    ~r Cà



    (,( /a O)/tl )'~ Ftgttr@ ~.g. ~ dipendenza da pr di (a) produzione di àt e (b) produzione di A /Z© negli urti p­ p. (c) Mutuanti della distribuzione statistica di pr per la produzione inclusiva di tt (integrata su tutti 'gli y). La ~ one 8 uguagha L(pr) — (pr) ]" . [Da Qggild e Ferbel, Atttt,gay. pfttcl. Sci., 24, 451, 1974].

    772

    Cap i t ato 20

    impulsi (Gev/c)

    10'

    I

    o ALLABY et al. 10'

    ($66) 3P,SP,20,71 (867) 1C,2 (196 8 ) I '(l,al,12,1 (1968) (( 19,2

    v ANKENBRANnr et al. (1968) 3,0 • ALLABY et aL ( 197 1) +0,12P,(C,2,2CO i ACHGT (1972) 1 C BO

    I I III

    cv •t

    c9'

    g 10

    o

    10

    t, t

    10 12

    1 0

    2

    1C80

    c

    ,/ ~ z~

    G ~ (1)

    6

    trasfcrimcuto di quadrimpulso al quadrato, ~ti (Gcv')

    Figura 20.7. Di ffusione elasticap-p ad alto trasferimento di impulso per diverse energie totali. Si noti la curva di G (t), che rappresenta il fattore di forma elettronico alla quarta potenza. Vedi paragrafo 18.2. [Foà, Riv. Nuovo Cimento, 3, 283, 1973].

    Il teorema ottico fornisce allora a = tt'r/167t purché l'ampiezza di diffusione in avanti sia puramente immaginaria. Questa resta una buona approssimazione anche quando la parte reale è 0,2 volte quella immaginaria. Delle due costanti, a dipende fortemente dalla

    natura degli adroni e b varia da circa 8 a 12 (GeV/c) a l v a r iare di s e del tipo di particelle interessate, (fig. 20.5). Il picco in avanti è interpretato come diffusione in ombra (shadow scattering) o diffusione di diffrazione, legata alla sezione d'urto totale da un ben

    noto ragionamento di meccanica quantistica (par. 11.5). L'eq. [20.4.2] non è general­ mente valida per s e t entrambi grandi. Si osserva spesso, come nella diffusione protone­

    protone (ftg. 20.7), una struttura che ricorda in maniera notevole una figura di diffrazione. Si parla di dissociazione di diffrazione nel caso in cui, nella reazione di due corpi, A 7e A', B g B'; purché le particelle A, A' e B, B' abbiano gli stessi numeri quantici interni:

    Urti di adroni ad alta energia 7

    73

    sezioni d'urto invarianti per p+ p~n + q ualcosa, in lunzione dell'impulso trasverso

    $0 V

    n-sl

    simbolo

    st

    a

    23,5 30,6 44,6 52,7 62,4

    O v

    )4

    O' v O v

    o

    4

    O

    'I 2• t0

    gs (Gev)

    ' v



    pt IGetst:)

    Figura 20.8. Sezione d'urto invariante per produzione di pioni a grandi valori di p~ (CERN ISR). [Phys. Letters, 46B, 471, 1972].

    numero barionico, carica elettrica, stranezza, i-spin, e parità G (se definita). A' viene allora considerato come stato eccitato di A e B' di B. Anche in questo caso si ha un picco in avanti e una sezione d'urto approssimativamente indipendente dall'energia. Si può compiere un passo avanti e sostituire una o entrambe le particelle uscenti con gruppi di particelle. Per esempio, uno studio delle reazioni tr +

    p ~ tt

    + tt

    + tt

    [20.4.3]

    + p

    ha permesso di suddividere gli eventi osservati in quattro gruppi, per tutti A = rt e B = p, e le particelle uscenti sono classificate come segue Gruppo 1 Gruppo 2 Gruppo 3 Gruppo 4

    A '=

    t t tt

    A'= tr A'= A'=

    tt +

    B'= p B' = 7 t

    t t +p B '= t t + p B' = t t p

    [20.4.4]

    Il picco in avanti si ottiene in tutti e quattro i casi. Nei primi due i numeri quantici interni restano immutati, nei rimanenti si ha scambio di carica e quindi il numero

    774

    Capi t o lo 20

    sezioni d'urto topologiche pp

    ld

    é

    tC

    lo

    24

    ]/

    10

    /

    J

    / lO

    2O

    SO

    leO

    20 0

    soo

    p„> tsev/e)

    Figura 20.9. Sezione d'urto per produrre la molteplicità di particelle cariche indicate sulle curve, in funzione dell'impulso incidente. Il numero medio secondo questo ed altri esperimenti è (n) = 0,69 + 1,93 log s. Le particelle neutre sono all'incirca la metà di quelle cariche. (Dati del CERN). [+ ggild e Ferbel, Ann. Reu. Nucl. Sci., 24, 451, 1974].

    quantico interno «carica» varia. La sezione d'urto è approssimativamente indipendente dall'energia solo per i gruppi l e 2, mentre decresce con essa per i gruppi 3 e 4, sicché ad energie molte alte i processi 1 e 2 predominano. Questi ultimi, a differenza degli altri, sono processi di dissociazione di diffrazione. In pratica si riconoscono gli adroni che costituiscono A' dal fatto che nel sistema del baricentro si muovono approssimativa­ mente lungo la stessa direzione e con la stessa velocità di A ; lo stesso può dirsi per B' e B.

    20.5. Urti di scambio; poli di Regge Quando i numeri quantici interni di A ed A' e di B e B' sono diversi e il trasferimento di impulso è piccolo, si descrivono le reazioni A+ B~ A ' + B ' come urti con scambio di una particella (one particle exchange, OPE) e si rappresentano simbolicamente con i diagrammi di figura 20.13. Si hanno cosi due vie per giungere allo stesso risultato. La particella virtuale scambiata C è diversa nei due canali, caratterizzati ognuno dai numeri quantici in esso scambiati. Questi sono determinati dalle leggi di conservazione, come mostra la tabella 20.1. I due canali vengono distinti sperimentalmente in base alla distribuzione angolare della reazione. Sia, nel sistema del baricentro, 0 l'angolo tra il barione entrante e quello uscente, il prevalere di piccoli 9 indica allora una reazione nel canale t mentre il prevalere di 8 = 180 gradi indica una reazione nel canale u. Si può

    c rTcTT e

    10 C rT TT~ P CI1 Tt

    o • - -%­

    .k

    o



    g

    ,C o/

    Ch p P

    o

    6

    p~

    /

    ~O

    CnK+~

    O

    r

    CAK

    ~O

    O

    r
    I = log tan((>t/2)

    Figura 20.15. Relazione tra le variabili y, x, 0 e tl = — log tan(0/2). Energia nel centro di massa, 53 GeV; >u =((pi)' + t>t„')" . Le prime, seconde ecc. linee verticali lunghe si corrispondono. Si noti la similarità delle scale tl e y. [Da Foà, Riv. Nuovo Cimento, 3, 283, 1973].

    frammenti di a

    frammenti di b

    Figura 20.16. L'urto delle particellea e b visto nel sistema del baricentro. La distribuzione dei frammenti nel riferimento di ciascuna particella non dipende dall'energia dell'altra per s ~ oo. [Da Foà, Riv. Nuovo Cimento, 3, 283, 1973].

    II Px

    II

    I

    I

    I L12 I

    ~ I

    L,

    l

    I

    Pcx1'

    I

    yb I

    Figura 20.17. Rappresentazione del gas di Feynman-Wilson. Il «gas» delle particelle prodotte è confinato nello spazio delle fasi nella regione generale della «bottiglia». La lunghezza della bottiglia è determinata dalla cinematica, mentre il suo raggio è governato dalla limitazione dinamica di pi, Le lunghezze fmite di correlazione a ciascuna estremità e al centro sono indicate con L., L, e L», rispettivamente.

    10

    • a cs

    'IO

    p+pm'a o... t

    I

    I

    po pube o•

    I

    I

    Pisa.

    pepma o • •

    «IIP

    p • p~p ~" •

    t.--~ ac. CHLM RS La

    e

    e

    • • k

    S, • k

    o • J

    O O k

    ~O

    31

    Gev

    o

    ss ss «sl

    0

    O,S

    1,0

    lP

    Y„

    p~p~b~"

    2P

    e Y „ „- Y

    Figure %.18. Compilazione deUe sezioni d'urto per reazioni inclusive di particella singola in mb/(GeV s c)aFz~ 0,4 GeV/cperp+ p~ c+ qua@osa,avarieenergie E in funzione diy~ y, — y Il centro della scala della rapidità (y, + y>)/2 è a di(ferenti valori di ~ a seconda dell'energia totJe, (Per E~ 23 e 31 GeU è a 3p e 34, rispettivamente) fCERN, Allaby et aL, Proc. 4rh Inrernatlonal Ccefeancc on High Enargy Collhtons,Oxford, 1972].

    Figura 20.19. Sezione d'urto inclusiva di fasci di protoni in collisione in funzione di y — log ten(8/2) o y. Condizioni di lavoro: Q, 15 GeV/c su 15 GeV/c;e, 15 GeV/c su 27 GeV/c; o, 27 GeV/c su 27GeV/c. 1 dati ottenuti con fasci asimmetrici (e) coincidono a destra con quelli ottetmti a 27+ 27 e a sinistra con quelli ottenuti a 15+ 15. Cid è mostrato più in dettaglio in (b),

    Urti di teboni ad cita t teqph 7

    83

    Pisa4toey Srook distribeiom di psrticega ' ds uri

    yh ii gag

    i(~ dr

    [ B.S]

    O

    Le funzioni u., ub soddisfano la condizione al contorno u„(0) = ub (0) = 0

    [8.6]

    Le soluzioni dell'eq. [8.2] per U (r) = 0 {particella libera) sono della forma generale

    v = A sin(kr + b)

    [8.7]

    Noi cercheremo delle soluzioni di questo tipo tali che per grandi r coincidano con la u e per r =O si r i d u c ano a ll'unità. Questa ultima condizione determina la c ostante A

    Raggio efficace

    793

    sine>;!'identità dell'andamento asintotico determina 8. P er i due valori di k, k„ e l ' b, si ottiene allo stesso modo che per u„ e u , : OC

    (l'bna

    t b i a) = (kb a — ka) t o

    ai' bdr

    . }0

    t raiamo l'eq. [ B .5] d a l l'eq. [ B.S]. L a u e l a r c o i n c idono a(l'inftnito e q u i n d i mpaiono dalla differenza; nel punto 0, ricordando che u(0) = 0 e u(0) = 1, si ha nb(0) ' á (0) = kbcot~b ka cot "a =( kb k a }

    0

    [B.9]

    (nau b u, u b)dr

    lesta equazione è esatta cd è londamentale per la teoria del raggio efftcace. Si consideri ora il caso di / „ = 0 , c i oè il caso di energia nulla. Per definizione l k „cot h„= — ­ bmk„-A

    [B.10]

    Cl

    ve u è la lunghezza di diffusione di Fermi; sostituendo nell'eq. [B.9] si ottiene 1 l b cot 6b = — — + k „ u

    0

    (i'b r o — ubu„) dr

    [B. l 1]

    alasciando l'indice b e chiamando l — p (E) = 2

    (t b e o u~uo)dr

    [B.12]

    0

    cui p(E) sta a ricordare che l'energia per cui si calcolano rb e u„è E, si r i cava l 1 kcoth = — — + — k p(E}

    [B.13]

    u

    L'integrale ~p(E} ha l'integrando che s'annulla per r maggiore del raggio delle forze kc(cari. inoltre entro questo raggio u„c u„ sono praticamente uguali perché l'andamen­ della funzione è governato dal potenziale con scarsa influenza dell'energia f>no a che «! U}. Se u„e d u „ p r a t i c amcnte coincidono, anche ub e uo che sono determinate tll'andamento asintotico di u, e uo coincidono, per cui possiamo sostituire, con buona )prossimazione, zp (E) con 1 —P(0) = ( 7

    l 'o — uo)dr = — ro

    [8.14]

    o

    ac ostante ro è chiamata «raggio efftcace». Sostituendo nell'eq. [8.13] si ha l cot6 — — — + u

    1

    k ro . . .

    ove i puntini stanno ad indicare che questa equazione e solo approssimata.

    [B.15]

    Appendice C Descrizione di fasci polarizzati (Spin 1/2)

    Un fascio perfettamente polarizzato di particelle di spin ~ può essere rappresentato dalla sovrapposizione in opportuna relazione di fase di due fasci descritti dall'autofunzione di 0 1 spin , , r ispe t t i v amente. Per cui si può scrivere

    1

    0

    1

    0

    +l(v

    ph t

    l /2

    li2

    e la intensità del fascio è

    [C.2]

    l — 2(E»i E f — p» q') u = mi + m» in cui p =

    [D.i]

    2 ( E » iE4» + p» ' q»)

    pi = —p~ e q = p , = — p». Inoltre, ponendo

    2(a, b, c) = a + b + c — 2(ab+ ac+ bc)

    [D.8]

    si ha

    li

    P (s m l m 2)]/s

    q »2

    P (s m > 2m»2)]y4s

    2p» q = [{s+ m, — m~) (s+ m~ — m»)/2s] — m, — m~ +t

    [D.9] [D.IO]

    e l'angolo di diffusione tra 1 e 3 è dato da cos 8»­

    2s(t —m, — mz) + (s + m, — mz) (s+ m~ — m») P(s, m„m~) 2(s, m3, m4)]'

    [D.l 1]

    800

    App e ndice D

    Nel sistema del laboratorio, supponendo la particella 2 in quiete, si ha invece 5 = mi + mz + 2Eimz

    [D.12]

    t = m, + mz — 2 (E,"E, — p, p3)

    [D.13]

    z

    z

    L

    [D.14]

    = mz + mz — 2Ezmz

    (p,) = P. (s, m,, mz)]/4mz

    [D.15]

    (P ) = [A',(u mz mz)]/4mz

    [D,16]

    mentre l'angolo di diffusione è dato da COSe,—

    2mz(t —m,' — mz) — (s —m', — m,') (u — m,' — mz) • z z " z z i /z p.(s m', m',)A".(u, mz, m,')]'"

    [D.17]

    Queste ed altre formule (vedi RPP74) risultano spesso molto utili: esse contengono da una parte quantità direttamente misurabili e dall'altra le quantità s, t, u ed altri invarianti relativistici. Nei problemi d'urto il passaggio dal sistema del laboratorio a quello del centro di massa puo essere ottenuto graficamente, con un metodo dovuto a Blaton (1950), nel modo seguente: prima di tutto ricaviarno s" = E' = E s~+ E4~ = Ef + E~z =(mi + mz + 2Eimz)"

    [ D . l á]

    Le quantita P e y del sistema del centro di massa rispetto a quello del laboratorio sono date da

    y= E '/s' = ( E i +m z)/s" P

    = )p, ( / ( E, +mz)

    [D.19]

    8 = Py = Ipi I/s'" Si ha anche Ef = E~ — E4~— —E~ —(m4+ E 3 m

    3) " '

    ovvero E, = (mz — m4+ s)/2s"

    [D.20]

    Nel caso non relativistico il vettore p~ partente dall'origine e formante un angolo 0* nel sistema del baricentro viene trasformato nel sistema del laboratorio aggiungendo

    alla componente parallela alla direzione di p, un vettore di grandezza m,P (fig. D.I). Nel caso relativistico la corrispondente costruzione è più complicata. Bisogna tracciare

    un'ellisse di semiassi y(pz( e (pz( concentrica con il cerchio di raggio Ip>I. Sull'asse maggiore dell'ellisse segniamo i punti di ascissa —rtEz~ —N= , e + j' — —N4. Il vettore p, (laboratorio) si ricava congiungendo il punto Nz con il punto Q, dove Q è l'intersezione dell'ellisse con la parallela all'asse maggiore passante per l'estremità di p, ; p4 si ottiene unendo Q con N4 (fig. D.2). Questa costruzione si dimostra con le regole di trasforma­ zione del quadrivettore energia-impulso.

    ps t

    vp 1

    yE • pt

    ps' Figura D.l. Tr a sformazione dal sistema del laboratorio a quellodel baricentro in un urto binario. Caso non relativistico.

    ps •

    pa

    pi

    p4

    Figura D.2. Trasformazione dal sistema del laboratorio a quello del baricentro in un urto

    binario. Caso relativistico. Gli impulsi tridimensionali sono indicati con p.

    Problemi D.l. Di mostrare che l*energia di sog8a nel laboratorio per la produzione di nuove particeHedi massa et@+~+ .

    M fac endo urtare una particella di massa atq su un'altra di massaatq in

    quiete e Mj

    M t

    ~)

    T, —Nts (at, +atp+ — ) 92. In un u rto elasticotra un nucleone(M,) e un nucleo (Mz) si hanno le formule (nonrelativistiche} tantlq ~

    M,sine, Mi+ Ms cos&f

    802

    A pe n dire D

    Discutere per valori diversi del rapporto M, / M , , i possibili valori di 8,. Calcolare altresi il rapporto d cos H~/d cos 8,. D.3. In un urto elastico nucleone-nucleone, si ottengono le seguenti formule relativistiche (mi in quiete) T, = 2m(yi — 1)

    tanHi = / ' t an(8, /2) tan Hi —y ' cot (8, /2) y = (T, + 2m) (4m' + 2T, m) H~i = rt — Hf

    Trovare l'angolo tra p, e p> dopo l'urto. Dimostrare che le energie cinetiche dopo l'urto sono date da Ti — — T, cos'(H f/2)

    >> = T, sin'(Hf/2) e che si ha la seguente relazione:

    dcosHI'

    , [(g + c osHf) +(1/y~')sin HI'] '

    d cos H i

    (1 + gi cos Hf ]

    in cui gi = Pi /P

    D.4. G iustificare il seguente metodo mnemonico dato da Crawford per scrivere una formula relativistica approssimata (R) ricordando quella nonrelativistica (NR). Scrivere la formula NR e aggiungere all'energia di quiete di ogni particella in moto $ della energia cinetica totale nel sistema del baricentro, T/2. Esempi:

    a) Una particella m, incidente su una mi in quiete ha una energia cinetica NR nel sistema del baricentro Ti~ = T i

    m i+ m ~

    Relativisticamente mg

    Tl

    Ti

    2

    mi+ mi+ T / 2

    b) Una particella in quiete si disintegra in due aventi energia cinetica totale T T= T i +

    Tg

    NR: Tmi Ti =

    Ti ­

    m i+ m ,

    T(mi + T /2) mi + T/2+ Mi + T/2

    T (mi + T / 2 ) mi + m i + T

    D5. Mo s t rare che dru, /dt = 4zs/[i(si, mi, m]) 2(s„ms, m4)], in cui l'indice c.m. sta per sistema del centro di massa. D.6. Semplificare le equazioni da [D.l] a [D.17] nel caso elastico mi — m> —e m> —m4, e nel caso in cui mi = m i = m s = m4.

    D.7. Si ricaicolino le equazioni da P).1] a PXIZ] nel caso in cui st~ 0 (neutrino). DAL Si consideri la reazione X+ p~(1)+ (2)+ (3). Definito a (1, 2) crune il quadrato delfener­ gianel sistema del centro di massa deHeyarticelie l e 2, si ha at~(1, 2) -( pq + ps), in cui @sono i quadrivettori energia-impulso ed ms (X, p) ~ s ~ S~ b un invariante relativistico. Si ha anche pi — mt;(pr+ps+ps)'= — E ' e y f+pf+pf 0 . Si può cesi scrivere -W' f p > +(pg+ pq)]~ ~ — m'(1)+m'(2, 3)-2pf" —2Sf {E»- Zf), da cui si ottiene leq. (1$84].

    Bibliografia BLnow, J., «Ona Geometricai Interpretation of Energyand Momentum Conservation in htomic Collisions and Disintegration Processes»,XgL Denske Vldrask. Selskub, hfetfys. Mekf., 24, No. 20, 1950.

    DnnatcK, K.G., «Kinematics of High Energy Partides s, Ass.hfod. Pkys., 34, 429„1962; 35, 414, 1963.

    Haonno@N, R.,R«larh4sric Xhenastics, Bexjamin, Nadir York, 1963.

    Luogo, M. {Le 73), Prnvtcrz Dava GR'

    ( R PP 74).

    Appendice E Composizione dei momenti angolari

    Riporteremo qui, senza dame le dimostrazioni, un riassunto delle regole per ricavare le autofunzioni di un sistema composto di due parti che godono delle stesse proprietà dei momenti angolari. Queste regole rappresentano la traduzione in linguaggio quantistico delle regole di composizione dei momenti angolari del modello vettoriale. Le autofun­ zioni dei componenti sono caratterizzate dai valori dei loro momenti angolari ji e jz e dalle componenti di ji e jz lungo l'asse z: mi e mz. Analogamente le autofunzioni di un sistema composto sono caratterizzate dal v alore del m o mento angolare totale del sistema J e da quello della sua componente M l u ngo z. Le autofunzioni del sistema composto sono c o mbinazioni l i neari d i p r o d o tti d elle autofunzioni componenti. I coefficienti di queste combinazioni lineari si chiamano coefficienti di Clebsch-Gordan. Per i componenti i v a lori possibili di mi , mz sono Pii = J i ,

    ji — 1,

    ji — ~" , — ji

    Plz = Jz,

    ,iz —1,

    Jz — ~", — jz

    con ji, jz n u meri positivi interi o semi-interi. Per il sistema risultante si ha ji +j z > J R ~ji — jz~ M

    = J, J — 1 ,", — J

    Tutto ciò è ben noto dal m odello vettoriale e dalla meccanica quantistica.

    Ora indichiamo con ~jimi ) e )jzmz) le autofunzioni dei componenti in corrispon­ denza ai valori di ji , mi e jz, mz. Le autofunzioni con numeri quantici J e M h a n no la forma

    (JM) =

    y

    (j ]j zm i m z(JM) (j i m i ) [jzmz)

    m)+a g = M

    La somma deve essere estesa a tutti i v a lori di mi , mz in m odo che mi + mz = M. I coefficienti ( j i j z m i mz~JM ) ( c oefficienti di C l ebsch-Gordan) sono riportati per

    alcuni casi più semplici nella tabella E,1, dove in ogni rettangolo si trova il valore j, x j,. Come esempio vediamo che se ji = 1, jz — — $ useremo il rettangolo indicato con 1 x zi. J

    può avere i valori z o ~ . Per J = g , M corrispondenti autofunzioni sono

    p u ò assumere i valori g, $ — $, — $.Le

    =i» >l' k> =V$~1 O>t~ ~>+l/',~»>i>--,'> I z —)k= VYI 1 o) I k — z) + f/~>I l —1) Ir r)

    Composizione dei momenti angolari 8

    05

    Queste formule matematiche si applicano anche a qualunque altro insieme di operatori (per es. l'isospin) che seguono le stesse relazioni di commutazione del momento angolare.

    Riportiamo pure, per comodità, le prime funzioni sferiche che sono (come è ben noto) forme esplicite di autofunzioni di momento angolare riferentesi a valori di j e di m con j numero intero (tab. E.2). Tabella E.l. Co e lftcienti di Clehsch-Gordan'. l/2 x I/2

    1 x I/2 J M

    m,

    1 +I

    I 0

    0 0

    l —1

    mz

    J M mi

    + l/2 + l / 2

    3/2 3 /2 + 3 / 2 + 1/ 2

    V l /2 V l/ 2 V l / 2 —V l / 2

    — 1/2 — 1/2

    1/2 —I / 2

    ' t/2/3

    Vl/3

    3/2 —3 / 2

    l

    + I — I/2 0 + l/ 2 I

    3/2 —l / 2

    mz

    + I + )/ 2

    + I /2 — 1/2 — 1/2 + 1/2

    1/2 + l/2

    V l /3 t/ 2/ 3 V 2/3 — V l/3

    0 —1/ 2 — I + l/2

    'i/ l /3 — V 2/3

    — I — 1/2 3/2 x I/2 J M

    + 3/2 + l / 2 + 3/2 — l/ 2 + I/2 + I / 2 + I/2 — l / 2 — I/2 + I / 2 — 1/2 — 1/2 — 3/2 + l /2 — 3 2 — 1/2

    2 +2

    2 + l

    I + l

    't/ I /4 ~ 3/4

    V 3/ 4 — V I/ 4

    2 0

    1 0

    V l/ 2 V l/2

    V I/ 2 — V l /2

    2 —I

    I —l

    V 3/4 ~ 1/4

    V I/4 —t / 3/ 4

    2 —2

    I

    ' Nel calcolare i termini lineari in questi coefficienti (p. es., interferenza, polarizzazione), diventa importante il segno convenzionale. Questa tabella è presa da Blatt e Weisskopf, Edmonds, Rose, Condon e Shortley, ecc. Altri autori (p. es., Schiff, Bethe e de Hoffmann} usano convenzioni differenti.

    006

    Appe atke8

    TaMa E1. (coetlaaa) 2x l/2, J

    5 / 2 S/ 2 3/2 5/2 3/2 $/2 3/2 $/2 3/2 S/ 2 + 5/2 3/2 + 3/2 + l/2 + l/2 — l/2 — 1/2 -3/2 — 3/2 — S/2

    Bli

    +2

    1/ 2

    + 2 — l/2 + 1 + l/ 2

    l V l/ S V4/ S V 4/ S —V l / 5 V 2/S V 3 / S V3/5 — V2/S

    +1 -l/2 0 + I/2

    V 3/s V 2 / $ V2/5 -V3/5

    0 — 1/2 — l +1/2

    V4/$

    — l — l/2 -2 +l/2 -2 -1

    ~ l/ S

    Vl/S - V 4/S

    2

    lxl 2 +2

    N

    2 + l

    1 + l

    2 0

    1 0

    0 0

    2 —l

    1 —l

    Hl)

    + l +l

    l

    +l 0 0 +l +1 - l 0

    0

    -l +l 0 - 1 0 — 1-1

    Vl / 2 V l/ 2 V l/ 2 - V l / 2 V l/6 Vl / 2 V l/ 3 V 2/3 0 —V l/ 3 V l/6 — V l/2 Vl/3 V l/2 Vl / 2 Vl/2 — Vl/2

    2

    Cawposhkmc dei me@enti ungolari

    I

    I

    I

    NE I

    kL

    +



    lK

    I

    +

    I

    we

    +

    C4

    ee ee

    C% t%

    ++

    + + I

    +

    I

    I + CV CV

    I

    I

    I

    807

    t4 t V

    I

    + •V

    +

    Q t4

    +

    ++

    I

    Q

    ++

    •w

    Q

    + w

    +

    pw

    +

    Q•

    tW

    I

    +

    Q

    I

    I

    • w %CV

    I

    I

    I

    I

    I I

    Appendice E

    Tabella KL

    Le p r i me armoniche sferiche.

    Yic ~ylp — cos P Y '

    g smP e+ — l—

    ps~

    ) '~e (Z

    ~ — cos P — —~; Ys ~ -y

    — ) si

    aia P ceeP e+

    Ysa — v — gia P +

    Yse-y — (-~ P

    - - ~P ) ;

    ~e si a s P cce Vg ~ — I— PH;

    eP ~e

    ( V )'

    (- l) Y i "

    Vs- - - y — ~ P( < ~ P - i ~ os eias W Vl ~ — — y l— P

    $8

    Indici

    Indice dei nomi

    Abashian, A„682 Abragam, A., 274 Abrams, G. S., 733 Adair, R. K., 691 Adler, S., 742 Ajzenberg-Selove, F., XVIII, 293, 334, 444, 519 Alburger, D. E., 334 Alder, K., 334 Aldrich, L., 178 Ailf, C., 669, 680 Allaby, J V., 782 Almqvist, E., 389, 506 Alper, T., 20 Alvarez, L. W., 98, 229. 604, 668 Ama!di, E., 5, 573 Amaldi, U., 786 Ambler, E., 6, 348 Anderson C. D., 5, 6, 628 Anderson, J. A., 680 Anderson, J. D., 480 Annis, M., 178 Applequist, T., 719 Arad, B., 334 Asaro, F., 178, 293 Ashkin, J., 31, 74 Astbury, A., 619 Aston, F. W., 4, 186 Atkinson, J. H., 74 Auerbach, N., 519 Auger, P., 49 Avogadro, A., l Ayres, D. S., 612

    Bacon, G. E., 573 Backenstoss, G., 274 Bainbridge, K. T., 274 Baldin, A. M., 520 Baldinger, E., 147 Ballam, J., 140 Baltay, C„680 Bang, V. X., 680 Bardon, M., 630 Bargmann, V., 641 Barkas, W., 74, 93, 114, 617, 684 Barkla, C. G., 52

    Barnett, R. M., 719 Barnes, S. W., 665

    Barshay, S,. 395 Bartlett, J. H., 402

    Bassel, R. H., 479 Bastien, P. L., 679 Bayley, J., 637 Becker, H., 521 Becquerel, A. H., l, 2, 91 Beg, M. A. B., 761 Beli, P. R., 87 Beli, R. E., 174, 473 Ben David, G., 334 Benecke, J., /80 Berger, M. J., 74 Bergkvist, E, K., 357 Bernardini, G., 1, 515 Hetnoulli, D.. I

    Bethe, H. A., XVII, XVIII, 26, 31, 74, 280, 293, 400, 405, 415, 427, 464, 552, 573, 625, 641 Betz, H. D., 74 Beyer, R. T., 13 Bhabha, H. J., 70, 729 Bhaduri, R. K., 274 Bieri, R., 188 Birge, R. W., 758 Birkhoff, R. D„39 Birks, J. B., 13 Birnbaurn. W., 684 Bishop, G. R., 519 Bistirlich, J. A., 111 Bjork, C. W,. 525 Bjerken, F. D., 725, 736 Bjorklund, R. F., 642 Blackett, P. M. S., 62, 96, 107, 388 Blair, J. S., 437, 503 Blaton, J., 800, 803 BiaH, J. M., XVIII, 334, 519, 557, 573, 605 Bleaney, B., 235 Blewett, J. P., XIX, 147 Bloch, F., 26, 72, 229, 230 Bodansky, D., 434, 519 Beggild, H., 771, 783, 786 Bohr, A., XVIII, 207, 250, 252, 274, 334, 485, 493 Bohr, N., 4, 74, 441 Boltwood, R., B., 175

    814

    I ndi c e dei nomi

    Boorsc, H. A., 13 Booth, E. T., 515 Booth, N., 682

    Born, M„4, 791 Borst, L. B., 441 Bothe, W., XIX, 5, 48, 74, 105, 114 Bowman, H. R., 496 Brabant, J. M., 91 Brack, M., 490, 519 Bradner, H., 114 Braga Marcazzan, G. M., 520 Bragg, W. H., 564 Bragg, W. L., 157, 563, 564 Breit, G., 115, 389, 405, 426, 442 Brink, D. M., 334 Brode, R. B., 616 Brodsky. S. J., 736 Brollcy, J. E., 501 Bromley, D. A., 388, 505 Brown, G. E., 274 Brown, R, H., 598 Bruck, H., 147 Brueckner, K. A., 400, 406, 664 Buck, B,, 262, 268 Burcham, W. E., 519 Burgy, M. T„372, 378, 569 Burhop, E. H„ 74, 334 Burke, P. G., 680 Butler, C. C., 598 Butler, S. T„519 Butterworth, I., 684

    Cabibbo, N., 740, 743 Camerini, U., 598, 758 Carlson, T. A., 339 Carmony, D. D., 680 Casimir, H, B. G., 218 Cassen, B., 389 Cavanagh, P. E., 69 Cerenkov, P. A., 28, 36 Chadwick, J., 5, 191, 205, 281, 335, 388, 521 Chamberlain, O., XVI, 5, 147 Champion, F. C., 388 Charpak, G., 114 Chase, R. L., 467 Cheston, W. B., 178, 696 Chew, G., 680, 684, 724 Chihiro, K., 14 Chinowsky, W., XIV Chiu, C. B., 710, 719 Chou, T. T., 780 Christenson, J. H., 6, 759 Christofilos, N., 6, 116, 131 Church, E. L., 334 Cockcroft, J. D., 5, 115, 120 Cohen, B, L., XVII, 147, 250, 274, 519 Cole, T. E., 573 Comblcy, F., 641 Commins, E., XIV, XVIII, 382, 641, 761 Compton, A. H., 52 Condon, E. U., XX, 277, 309, 389, 805 Conversi, M., 7, 100, 628, 632 Cook, C. S., 356 Corben, S., 74 Corson, D., 616 Cosme, G., 731 Coulomb, A., 4 Courant, E. D., 6, 116, 131, 132, 147

    Courant, H., 680

    Cowan, C. L.. 338, 378 Cowan, E. W., 97 Cox, R. T., 348 Crandall, W. E., 642 Cranshaw, T. E., 100 Crewe, A. V., 657 Crispin, A,, 74 Cronin, J. W,, 6, 759 Crookes, W., 85 Crowc, K. M., 618, 682 Csikay, J., 339 Cumming, J. B., 514, 519 Curie, E„13 Curie, I., 5, 13, 521 Curie, M., 2, 13, 155 Curie, P., 155

    Dalitz, R. H., 621, 672 Dalrymple, G. B., 178 Dalton, J., l Damgaard, J., 519 Danby, G., 378 Danos, M., 519 Danysz, M., 694, 697 Datz, S., 74 Davis, R., 343 Day, B. D., 405 De Bcer, J. F„100 De Benedetti, S., XVIII, 74 de Broglie, L., 4 Dedrick, K, G., 803 De Franccschi, G., 684 Dehmelt, H. G., 219 de Hoffmann, F., XVIII, 625, 641, 805 Demeur, M., 519 Dennison, D. M., 220 De Rujula, A., 641 De Shalit, A., 274 Deutsch, M., 66, 114, 334, 378 Devons, S., 334 Dewitt, C., XVIII Diambrini Palazzi, G., 74 Dirac, P, A. M„4 , 198, 237, 338, 364, 378 DonneBy, T. W„274 Drell, S. D., 736

    Drijard, F. E., 178 Drisko, R. M„479 Duckworth, H. E., 274 Du Mond, J., 111

    Eadie, W, T„178 Eberhard, P., 604

    Eccles, S. F., 434 Eckart, C., 396 Edlund, M. C., XVIII, 573 Edmonds, A. R., 467, 805 Einstein, A., l, 5 Eisenbud, L., 399 Ellis, C. D., 291 Elster, J., 85 Elton, L. R, B., XVII Endt, P. M., XVIII, 523 Enke, C. G., 114 Erginsoy, C., 74 Erozolimsky, B. G., 376

    I ndice dei nomi

    Erwin, A. R., 680 Etherington, H., S73 Eve, A. S., 13 Evcrling, E., 188

    Fabri, E., 671 Fabricand, B. P., 509 Fagg, L. W., 74 Fairstein, E., 114 Fajans, K., 4 Fano, U., XVI, 74 Faraday, M., l Farquhar, R. M., 178 Farwell, 6., 434, 437 Peather, N., 35 Feenberg, E., 358 Feinberg, 6., 378, 641 Peld, B. T., XVIH, 573, 719 Feldman, L., 3$6 Feller, W., ly& Ferbal, T., 771, 786 Fermi, E., XV, XVII, XVIII, XX, 5, d, 13, 56. 337, 346, 351, 378, 535, 565, 568, 573, 625, 641, 684, 69&, 765 Fernbaeh, S., 191, 193, 274, 4$1, 4áS Ferrasi, E., XIX, 147 Ferro-Lussi, M., 677 Pcshhach, H., 435, 464 Feynman, R. P., XVIII, 376, 62$, 641, 647, 738, 779, 780 Fickingcr, W., 480 Ficrz, M., 13 Pirk, F. W. K... $19 Fisher, I), L, $05 Fisher, R. A., 178 Fitch, V. L., 6, 516, 759 Fleischer, R. L., 94 Flerov, G. N., 483 Flggge, S., XX, 293 Foà, L., 770, 772, 781, 786 Fowlcr, G. N., 74 Fowlcr, J. L., 573, 680 Fowlcr, P. H., XIX, 114, 598, 601, 625, 768 Frank, I. M., 36 Fraucnfeldcr, H., XVI, 234, 334 Frazcr, W. M., 625, 682, 684 Frazer, W. R., XVII, 724, 786 French, J. B., 520 Friedlandcr, G., XVII Friedman, A. M., 635 Fricdman, J. I., 726, 728 Friedrich, W., 4 Frisch, O. R., 14 Froissart, M., 684, 778 Fry, W. F., 694 Fukui, S., 100 Fulco, J., 682 Fullcr, E. G., 508, 510, 519 Fulmcr, R. H., 519

    Gaillard, J, M., 378 Gaillard, M. K., 719, 737, 761 Gemmei, J. L., 405 Gamow, G., 267, 361, 370 Gardner, E., á42 Garg, J. B., 471 Garvey, G. T., 215, 274

    815

    Garwin, E. L., 657 Garwin, R. L., 634 Gasiorowicz, S., XVIII, 719 Gatto, R., 737 Geiger, H., 23, 281 Geitcl, W., 85 G eli-Mann, M., 8,376,598, 601, 607, 683, 698, 706,

    719, 738 Gcntner, W., XIX, 74, 114 Georgi, H., 641 Gcracc, W. J., 274 Gershtcin, S. S., 738 Gcschwind, S. S., 274 Ghoshal, S. N., 442 Giacomclli, G., 665 Gibb, T, C., 334 Giltnan, F, J„737 Glaser, D., 97, 114 Glashow, S. L., 709, 713, 718, 747 Glasstone, S., XVIII, 573 Glauber, R. J., 657, 684, 722 Glondenning, N, K., 519 Gloyna, E. F., 178 Goebcl, C. J., 680 Goldanskii, V., 520 Goldberg, E., 504 Goldberg, M., 719 Goldbcrger, M. L., XIV, XVII I, 573, 741, 749 Goldfarb, J, B., 334 Goldhaber, M., 310, 320, 334, 362, 378, 508 Goldstone, J., 400, 405 Goldwasser, E. L., 44, 45 Gomes, L. C., 425 Good, M. L„ 6 04 Gordon, G. E., S07 Gordon, W., 643 Gortcr, C. J., 235 Goudsmit, S„220 Goulding, F. S., 81, 82 Goulianos, K., 378 Govc, N. B., 190, 21S, 274 Gozzini, A., 100 Graham, R. L., 174 Gray, L. H., 157 Graziano, W., 604 Grcen, A. E. S., 185, 274 Greca, G. K., 132, 147 Greenberg, O. W., 714, 719 Greenberg, W. M., 364 Greenwood, N. N., 334 Greinacher, H., 117 Grciscn, K., 42, 60 Grill, A., 213 Grodzins, L., 362, 37& Gropp, A., 505 Gross, E. E., 397 Grouch, S, R., 114 Gugelot, P. C., 472 Gurncy, R. W., 277 H aeberli W 1 4 7 Hagedorn, R., XVIII, 766, 786, 803 Hahn, J., 114 Hahn, O., S, 318, 483 Halssinsky, M., XVIII

    Halpern, I., 500 Hamilton, J. H., 264 Henna, G. C., 276, 543

    816

    Indic e dei nomi

    Hanna, S. S., 74, 330 Hansen, W. W., 230 Hanson, A. O., 44, 45, 85, 522 Hartree, D. R., 8 Harvey, J. A., 467 Ha t tersley, P. M „619 Haxel, O., 242 Hayward, E., 508, 520 Hayward, R, W., 6, 349, 378

    Heberle, J., 330 Heisenberg, 4, 205, 389, 402, 425 Hendricks, C. D., 520 Henkel, R. L., 500, 501 Henley, E. M., 378 Herb, R. G., 147 Hertz, H., 296 Hevesy, G., XIX, 8

    Hildebrand, R., 633, 656 Hintenberger, H., 178, 274 Hittmar, O. H,, 519 Hodgson, P. E., 274, 520 Hoffman, M. M. e D. C., 492 Hofstadter, R., 76, 88, 194, 274, 722, 737 Hollander, J. M„XIX, 178 Holloway, M. G., 19 Hoppes, D, D., 6, 349, 378 Hudis, J., 515, 520 Hudson, R. P., 6, 349,'378 Hughes, D. J., XIX, 459, 460, 520, 569, 573 Hughes, V. W., 638, 641 Huizenga, J. R., 520 Humphrey, W. E., 100, 114 Hussain, M., 619 Huus, T., 334 Huwe, D. O., 692 Hyams, B. D,, 634

    Hyde, E. K., 507 lizuka, J., 857 Iliopoulos, J., 709, 718, 747 Inghram, M. G., 342, 378 Ivanenko, D., 205

    Jackson, D. A., 227 Jackson, J. D., XIV, XX, 17, 74, 334, 777, 786 Jacob, G., 520 Jacob, M., XVIII, 786 Jaffe, R. L., 274 James, M., 178 Jaros, J., 784 Jeffries, C. D., 274 Jensen, A. S., 519 Jensen, J. H. D., XIX, 242, 274, 334 Joachain, C. J., 684 Joffe, B. L., 719 Johnson, C. H., 339 Joliot-Curie, F., 5, 14, 521 Jones, R. J., 117 Judd, D. L., XIV, XVI Juric, M., 696, 697

    Kall6n, G., XVIII, 625 Kampffer, F. A., XX, 625 Kapur, P. L., 435 Karplus, R., 696 Kaufmann, W., 1

    Keepin, G. R., 497, 499, 573

    Kellogg, J. M. B., 228, 229 Kelly, E., 474, 481 Kelly, F. M., 274 Kelson, 1„274 Kemp, A., 619 Kendall, H. W., 726, 728, 737 Kennedy, J. W., XVII Kerlee, D. D., 504 Kerman, A. K., 519 Kerst, D. W., 116, 147 Kinoshita, S., 91 Kinsey, K., 665 Klein, O., 52, 643 Kleinknecht, K., 761 Knipping. P., 4 Koch, H. W., 74 Koehler, W. C., 573 Kofoed-Hansen, O., 114. 197, 274, 334, 378 Kogut, J.. 737 Konopinski, E. J., 378 Kopfermann, H., XIX, 274 Korff, S. A., 38, 114 Kraybill, H., 680 Kretzschmar, M., 786 Krohn, V. E., 372, 378 Krueger, H., 219 Kuhn, H., 227 Kuhn, W., 511 Kuhner, J. A., 388, 505 Kullander, S., 438 Kurie, F. N., 355, 356, 361 Lal, D., 178 Lamarsch, J. R., XIX, 573 Lamb, W5'557 Landau. L. D., 338 Lander, R., 44 Lane, A. M., 468, 520 Langevin, P., 231 Lanphere, M. A., 178 Lapostolle, P. M., 147 Lattes. C. G., 7, 642, 684 Laukien, G., 274 Lauritsen, C., 115 Lawrence, E. O., 5, 115 Lawson. J. D., 555 Lazarus, D., 364 Leachman, R. B., 495 Ledbetter, J. O., 178 Lederer, C. M., XIX, 178, 237 Lederman, L. M., 378, 634, 641, 717 Ledley, B., 657 Lee, B. W., 719, 737, 761 Lee, T. D., 6, 338, 346, 378, 761 Lee, Y. K., 376 Leibfried, G., 74 Leon, M., XVII, 625, 684, 697, 803 Levinger, J. S., 520 Libby, W, F., 176, 178 Ldlethun, E., 657 Lindenbaum, S. J., 515 Lindhard, J., 44 Lipkin, H. J., 364, 378, 719 Litt, J., 89 Littlejohn, C., 330 Livingston, M. S., XIX, 6, 19, 116, 131, 142, 147 Livingston, R. S., 117

    Ind>cedei nomi 8 Low. F. A., 680 Liiders, G., 368, 611 Lum, G., XIV Lutz, H, O., 74

    McCarthy, A. L., 519 McClure. J. D., 480 McDaniel, D. K., 437 Macfarlane, M. H., 520 McGowan, F. K.. 334 McKibben, J. L., 85 McMaster, W. H., 425 McMillan, E. M., 6, 8, 125, 147 Maglie, B. C., 668 Maiani, L., 709, 718, 747 Maier-Leibnitz, H., XIX. 74, 114 Majorana, E., 402, 425 Malmstadt, H. V., 114 Mandelstam, S. 614

    lRandl, ~ Mang, H. J., 285, 293 March, R., 657, 680 Markowitz, S., 657 Marion, J. B., 573 Maris, T.. 520 Mariscotti, M. A. J„262, 263, 268 Marney, M. C., 563 Marschall, H., 293 Marsden, E., 23 Marshak, R. E., 405, 625 Marshalek, E., 269, 274 Marshall, J., 411 Marshall, L., 565, 568 Mattauch, J., 188, 243, 244 Matthiae, G., 786 Mayer, M. G., XIX, 241, 274, 334 Meadows, B. T., 719 Meitner, L., 313 Mencuccini, C., 679 Messiah, A., XX Meunier, R., 89 Meyer, S. L., 516 Meyerhof, W. E., XVII Michel, H. V., 178 Michel, L,, 629, 641 Migneco, E., 494 Mihelich, J. W., 312 Milazzo Colli, L., 520 Milburn, R. H., 41, 46 Miller, D. G., 681 Miller, J. M., XVII, 515, 520 Millikan, R. A., 14 Millman, S., 228 Mills, F, E., 44, 45 Milton, J. C. D., 496 Mistry, N., 378 Miyake, K., 665 Miyamoto, S., 100 Mo, L. W., 376 Mtsller, C., 70, 729 Mossbauer, R. L., 325-333, 334 Moliere, G., 38 Moon, P. B., 324 Moorhouse, R. G., 684 Moravcsik, M. J., 416, 425 Moretto, L„XIV, 488, 520 Morita, M., 378, 641 Morpurgo, G., 719

    17

    Morrison, P.. XVII Morse. P. M., 469, 535 Moseley. H. G. J., 4. 182, I83 Moszkowski. S. A., XIX, 182, 274. 307, 360, 378 Mott, N, F., 23, 69, 385 Mottelson, B. R.. XVIII, 207, 250. 253. 274. 334. 485. 493 Motz, J. W., 74 Motz. L., 13 Moyer. B. J., 9I, 178, 642 Muirheas, H., 7, 598. 619 Mukherjee, P., 519

    Murray, J. J., 692 Myers, W, D., 212, 214, 274, 485, 488 Nagel, H. H., 65 Nambu, Y., 601 Neddermeyer, S. H,, 7, 628 Ne'eman, Y., 8, 698, 719 Nemirowsky, S. A., 274 Newman, E., 397 Nier, A. O., 187 Nierenberg, W. A., 274 Nigam, B, P., 425 Nilsson, S. G., 256 Nishijima, K., XVIII, 8, 598, 601, 625, 684, 719 Nishina, Y., 52 Nix, J. R., 258, 490, 491, 520 Nobles, R. A., 500 Nordheim, L., 245, 246 Northclilfe, L. C„30, 74 Novey, T. R., 306, 378 Noyes, H. P., 385 Nurmia, M., 280 Nutall, J, M,, 281

    Occhialini, G., 7, 62, 96, 107, 151, 642, 684 Odishaw, H., XX, 309 Okubo, S., 706, 735 Okun, L. B., 719, 761 Omnès, R., XVIII, 625, 684 Oppenheimer, R., 478 Orear, U., XV Owen, G. E., 356 Owen, R. B., 86

    Page, L, A., 74 Pais, A., 601, 755, 756 Palathingal, J. C., 364 Pancini, E., 7, 628, 632 Paneth, F., 8 Panofsky, W, K. H., 147, 618, 697 Paschos, E. A., 725, 736 Pauli, H. C., 486, 519 Pauli, W.. 4, 6, 203, 220, 336, 372, 611 Peierls, R., 435 Pellegrini, C., 147 Perkins, D. H., XVII, XIX. 114, 625, 786 Perlman, I., XIX, 178, 280, 293 Perlow, G. J., 330 Persico, E., XIX, 147 Person, L. W., 269, 274 Petrjak, K. A„483 Pevsner, A., 679 Pfeiffer, L., 334 Philipp. K., 284

    818

    Indi c e dei nomi

    Phillips, M., 478 Phillips, R, H., 618 Picasso, E., 641 Piccioni, O., 7,628. 632, 756 Piroué, P. A., 516 Planck, M., 1, 14 Pleasonton, F., 339 Pniewski, J., 694 Poincaré, H., 2 Pomeranchuk, I. Y., 767 Pontecorvo, B., 5 Porter, C. E., 464, 519 Post, R. F., 555, 556, 573 Pound, R, V., 235 Powell, C. F., XIX, 7, 114, 151, 598, 625,642, 684, 786 Present, R, D., 425 Preston, M. A., XVIII, 274, 334, 378, 425 Preston, R. S„330 Price, P. B., 94 Primakoff, H., 178, 641, 696 Prosperi, D., XIV Prout, W., 4

    Puppi, G., 742 Purcell, E. M., 230

    Quigg, C., 684 Quinn, H. R., 641 Rabi, I. I., 227, 229 Radicati, L., 396 Raghavan, R. S., 334 Rainwater, J., 470, 520 Ramachandran, G., 438 Raman, V. C., 204 Ramsey, N. F„XIX, 216, 229, 274 Ranft, J., 786 Rasetti, F., XV, 5, 204, 205, 293 Rasmussen, J, O., XVI, 280, 293 Rayleigh, J. W. S., 52 Reale, A., 6S4 Regge, T., 709, 778 Reines, F., 338, 378 Remsberg, L. P., 178 Reynolds, H. L., 504 Reynolds, J. H., 178, 188, 342, 378 Ribe, F. L., 573 Rich, A., 636, 641 Rickey, M. E., 434 Riesenfeld, W. B., 466, 520 Rindi, A., XIV Ring, J., 665 Ringo, G. R., 372, 378, 569 Ritson, D. M., 114, 598 Roberts, A., 101 Roberts, W. J., 397 Robinson, H. P., 109 Robinson, P. C., 434 Rochester, G. D„XIX, 598 Rontgen, W, C., 1 Roos, M., 178 Rose, B., 665 Rose, H. J., 334 Rose, M. E., 235, 334, 809 Rosenblum, S., 281 Rosenbluth, M. N., 722 Rosenfeld, A. H., XV, XVI, 100, 114, 672, 668

    Rosner, J. L., 719, 737, 761 Rossi, A., 364 Rossi, B., XIX, 7, 42, 60, 74, 104, 765 Rost, E., 479 Royds, T., 3 Rozental, S., 14 Ruderman, M., 696 Russell, A. S., 4 Rutherford, E., 2, 3, 4, 5, 14, 22, 23, 74, 85, 105, 109, 148, 154, 191, 281, 521

    Rutkowsky, R. W., 397 Sachs, R. G,, 758, 761 Sadoulet, P., 178 Sailor, V. L., 441, 500 Sakata, S., 698, 699 Salam, A., 338, 718, 747 Salpeter, E. E„553, 554 Salvini, G., 684 Samios, N. P., 719 Sanford, J. R., 147, 680 Satchler, G. R., 479 Saxon, D. S., 192, 464 Sayres, E., 114 Schaefer, J. B., 696 Schardt, A. W., 312 Scharff Goldhaber, G., 262, 263, 268 Schecter, L„41, 46 Schiff, L. I., XX, Schluter, R. A., XY Schmidt, T., 222, 238, 239 Schmitz, N„680 Schneider, J. M., 520 Schneps, J., 694 Schrodinger, L., 4 Schueler, H., 222 Schumacher, C. R., 415 Schwartz, M., 378 Schwarzschild, A. Z.. 178 Schwinger, J., 368, 425, 573 Schwitters, R. F., 717, 737, 786 Scott, W. T., 38, 74 Seaborg, G. T., 8, 274 Segrè, E., XVIII, 5, S, 14, 312 Segrè, S. E., XIX, 147 Seitz, F., 573 Seki, R., 274 Sellin, I. A., 264 Septier, A. L., 147 Serber, R., 466, 483 Shafer, R., XVI Shakin, C. M., 519 Shapiro, G., XIV Sheline, R. K., 269, 274 Shirley, D. A., 274 Shirley, V. S., 237 Shore, F. J., 500 Shortley, G. H., 809 Shugart, H., XIV Shull, C. G., 563, 566 Siegbahn, K., XIX, 110, 274, 334, 378 Signell, P., 405 Sikkeland, T., 507 Simievic, A., 213 Simon, F., 235 Sirlin, A., 761 Skarsgard, H. M., 473 Slatis, S. H. E., 110

    Indice dei nomi

    Sloan, D. H., 115 Smart, J. S., 566 Smith. F. M.. 684

    Treiman, S. B., 681, 741, 749, 758 Trigg, G., 358

    Smith, L., l47 Smith, P. B., XVIII, 519 Smith, R. K., 500 Smyth, H. D., XIX Snell, A, H., 114

    Turlay, R., 6, 759 Tuve, M. A., 115 Tyrén, H., 438

    Snyder, H. S., 6, 38, 116, 131 Soddy, F., 2, 4, 148 Solmitz, F. T., 178 Sommerfeld, A., 8 Sorensen, R. A., 274 Specht, H. J., 493, 520 Spencer, L. V., 74 Stapp, H. P., 416 Staub, H., H., 443 Stelfen, K. G., 147 Steinberg, A. I., 372 Steinberger, J., 378, 618 Steiner, H., XVI Steller, J. S., 618 Stelson, P. H., 334 Stephens, F. S., 293 Stern, O., 227 Stevenson, M. L., 7, 668 Stone, Y., 80-82

    Stonehill, D., 680 Strassmann, F., 5, 483 Strauch, K., 717, 737, 786 Street, J. C., 7 Strutinsky, V. M., 486, 488, 519 Suess, H. E., 178, 242 Sundaresan, M. K,, 38, 625 Sunyar, A. W., 362, 378 Susskind, D., 737 Suzuki, M., XIV Swami, M, S., 694 Swiatecki, W. J., 212, 214, 274, 485, 488, 496 Szalay, A., 339 Szilard, L., 115

    Taagepera, R., 280 Taft, H., 680 Talmi, I., 274, 520 Tamm, I. E., 36 Taschek, R. F., 522 Tavendale, A. J., 114 Taylor, T. B., 466 Telegdi, V., XVI, 372, 378, 635, 641 Teller, E. 361, 370, 425, 508, 562, 573 Temmer, G. M., XIV, 267, 395, 440 Terrell, J., 495 Thaler, R. M., 405 Theissen, H., 513 Theobald, J. P., 494 Thibaud, J., 115 Thiele, W,, 243, 244 Thomas, L. H., 125 Thomas, R. G., 468 Thomas, W., 511 Thomas, T. D., 520 Thompson, S. G., 496 Thomson, J. J., 1, 4, 14, 49, 186 Ticho, H. K., 604 Titterton, K. T., 498 Tobocman, W., 475, 520 Tolhoek, H. A., 70

    g19

    Trilling, G. H., XVI Tripp, R. D., 684, 697

    Uhlenbeck, G., 220 Ullman, J. D., 364 Unna. I., 520 Van De Graaf, R. J., 115 Vandenbosch, R., 520 Veksler, V., 6, 125 Vincent, D. H., 330 Visscher, W. M., 329 von Baeyer, H. J., 313 von Laue, M., 4, 277, 294 von Schweidler, E., 2 von Weizsaecker, C. F., 56, 210, 318 Walecka, J. D., 274, 425 Walker, R. M., 114 Walker, W. D., 680 Wallace, R., 91 Walton, E. T. S., 5, 115, 120 Wapstra, A. H., 190, 210, 215, 243, 244, 274 Warburton, E. K„ 178 Watson, K. M., XVIII, 466, 520, 684 Weinberg, A. M., XIX, 573 Weinberg, S., 718, 747, 761

    Weinrich, M., 634 Weisberger, W., 742 Weiss, M. S., 510

    Weisskopf, W. F., XVIII, 13, 334, 405, 425, 435, 437, 464, 465, 519, 557, 573, 809 Weneser, J., 310, 320, 334 Wenzel, W. A., 114

    Wesley, J. C., 636, 641 West, E., 680 Wetherill, L. T., 178 Weyl, H., 338 White, H., -221 Whittaker, E. T., 14 Wick, G. C., 402, 625, 644 Wideroe, R., 115 Wiechert, E., 1

    Wiegand, C. E., 5, 200, 274, 620 Wien, W., 143, 186 Wigner, E. P., XIX, 396, 397, 399, 401, 402, 425, 426, 435, 442, 447, 468, 527 Wilets, L., 274, 467, 641 Wilkinson, D. H., XIX Wilkinson, M. K., 573 Williams, W. S. C., XVIII, 56, 522, 625, 684, 697, 761, 786 Willis, B. H„74 Wilson, C. T. R., 33, 96 Wilson, J. G., XIX Wilson, K. G., 781 Wilson, R„425, 519 Wilson, R.R., 19, 29, 147 Winther, A., 334 Wojcicki, S. G., 604 Wolfenstein, L., 414, 415, 425, 520, 760

    Wollan, E. O., 563, 573 Wong, C., 480 Won8, C, Y., 519 Woah, R. D., 4á4 Wu. C. S., XVI, XIX, 6, 74, 114, 200,274, 349, 355, 356, 376, 378, á41, 7ál Wu, T. Y., 38 Yama$uchi, Y., á01 Yan$, C. N., 6, 338, 34á, 378, 650, á81, á98, 780 Yarnell, J. L, 572 Yen, E, 780 Yergin, P. J., 509 York, D., 178

    York, H., 642 Yosbida, S., 334 Ylnilantis, T., 5 Yuan, L. C., 74, 114 Yukawa, H., 6, 14, 642, á84

    Zacharies, J, R., 229 Zakharov, V. I., 719

    Zampa, L., 334

    Zehlee, N. 213 ZeMovich, Y. 8., 73$ ~, C, 674 , A., 401, 504, 505 Z~ 6 . ,699,735

    Indice analitico

    acceleratori, classificazione degli, 115 — lineari, 137 — scala di tensione, degli, 117 Adair, metodo di, 691 alfa decadimento. impedimento del. 281 — sistematica del, 285 — stabilità per, 275 — struttura fine del, 282 alfa particelle, 2, 275

    biologici, effetti, della radiazione, 157 bloccaggio, effetto di, 439 bolle, camera a, 97 bosoni, 203 Bragg, curva di, 18, 30 — riflessione di, per neutroni, 563 Bragg-Gray, relazione di, 157 Bremsstrahlung, 31, 57 buckling, 546

    — a lungo percorso, 283 — spettri di, 281 amplificatori, 103 antiparticelle, 5, 579, 597, 654

    appaiamento, effetto di, 247, 249 asimmetria, nella diffusione, 412 assiale, vettore, 349 associata, produzione, 598 assorbimento, coefflciente di, per raggi X, 56

    atomi, esotici, 198, 617 atomi mesici, 198, 617 atomico, numero, 4, 183 attenuazione, 12

    autofertilizzazione e conversione, 551 barioni, 578, 598, 685 barre di regolazione, 549 barriera di potenziale, nucleare, 276, 288 — nelle reazioni nucleari, 428. 441 — trasparenza della, 279 barriera, penetrazione della, 275, 276, 445 beta decadimento, bilancio energetico del, 343 — caratteristiche principali del, 335 — conservazione della parità nel, 346 — costante di Fermi del, 351, 631 — dei pioni, 740 — doppio, 342 — teoria di Fermi del, 6 — transizione di Fermi del, 362, 367, 370 — transizione di Gamow-Tefler del, 361, 362, 367, 370 beta, raggi, 3 betatrone, 120 — focalizzazione di, 121 — oscillazioni di fase del, 122 — polarizzato, 121

    Cabibbo, teoria di, 740, 742 camera di Wilson o a nebbia, 97 — a funzionamento continuato, 97 canale ionizzato (streamer), camera a, 100 carbonio, ciclo del, 552 carbonio, metodo di datazione del. 175 Cerenkov, radiazione di. 28, 36 — contatore, 89 ciarmonio, 713, 735 cicli solari, 554 ciclotrone, 124 cinematica delle reazioni nucleari (vedi reaziom nu­ cleari, cinematica delle) Clebsch-Gordon, coeflicienti di, 805 Cockroft-Walton, acceleratore di, 117 coincidenze, metodo delle, 105 — accidentali, 106 — ritardate, 174 colonna termica, 539 colore, numero quantico, 714 combinazioni di quarks (vedi quarks, combinazioni di) Compton, diffusione, 47, 49, 140 - distribuzione angolare, 53, 70 — polarizzazione, 70, 140 Compton, lunghezza d'onda, 10 coniugazione di carica, 609 conservazione dell'isopin, 394, 654 conservazione. leggi di, 598, 605, 607 contatore Cerenkov, 89 — a scintillazione, 85 — a stato solido, 77, 79, 82 - di neutroni, 85 — Geiger-Miiller, 82 — pianerottolo del, 83

    822

    i ndi c e analitico

    — proporzionale, 82 conteggio, perdita di, 167 conversione, coeAiente di, 311, 316 — elettroni di, 311 conversione e autofertilizzazione, 551 coppie, produzione di, 47, 53, 61 correlazioni, angolari, 233, 320, 355, 374 — nella diAusione nucleone-nucleone, coefffcienti di 416 — tra impulso ed elicità nel decadimento beta, 371 corrente vettoriale conservata, 738 costanti di accoppiamento, 346, 605 coulombiana, eccitazione, 321 CP, violazione, 759 CPT, teorema, 368, 611, 759 creazione, operatori di, 351 critica, massa, 548 critiche, dimensioni, 546 criticità, condizioni di, 547

    Dalitz, coppia di, 621, 652 — diagramma di, 671, 686 decadimento, costante di, (vedi anche disinte ne, costante di), 3 — del muone, 630 — del pione, 619, 740, 748 — deHe particelle strane, 742 — misura delle, 171 — per il decadimento beta, 356 — per l'emissione alfa, 280 decadimento radioattivo, dati sul, 2, 150 deformazioni nucleari, 254 delle particelle, 201 densità degli stati finali, 313, 351, 430, 632, 672 densità, matrice, 796 dettagliato, bilancio, 433, 648 deuterio, ciclo del, 556 deutone, energia di legame del, 381 — fotodisintegrazione del, 421 — massa del, 379 — momento elettrico di quadrupolo dcl, 380, 400 — momento magnetico e spin del, 380, 400 — raggio del, 382 — reazioni del, 478 diatomiche, molecole, 203 dicotomiche, variabili, 391 diffusione, ampiezza di, 449 — analisi degli sfasamenti della, 794 — anelastica, 432 — coerente e incoerente, 559 — con ribaltamcnto di spin, 560 — dei neutroni in paraidrogeno, 561 — di Bhabha, 70, 729 — di diffrazionc, 769 — di Msller, 70, 729 — di Mott, 70, 721 — di Rayleigh, 47 — di Rutherford, 20, 193 — di Thomson, 47 — elastica, 432, 448, 451, 525 — magnetica, di neutroni, 569 — matrice di, 419 — multipla, 38 — plurima, 38 — polarizzazione della, 414 — tcorcma ottico della, 789 — tripla, 414 diffusione, coeAiciente di, per neutroni, 535

    — per neutroni termici, 538 dilfusione di dilfrazione, 450, 769

    dift'usionc, lunghezza di (vedi Lunghezza di diffusio­ ne) diffusione multipla, 38 — nelle emulsioni fotografiche, 92 diffusionc, neutrone-protone, 381. 526, 569 — coerente e incoerente, 559 — dipendenza dello spin della, 388, 561

    — lunghezza di, 382, 383, 388, 393, 569 — polarizzazione della, 410 — protone-protone, 385 —— lunghezza di, 388 dipolo elettrico, radiazione di, 295, 298 — nel sistema n-p, 421 — nel sistema pione-nucleone, 666 — regola della somma per il, 511 dipolo elettrico (statico), 216 dipolo magnetico, radiazione di, 301, 417 dipolo magnetico (statico), momento di, 220, 229, 236 — energia del, 223 dipolo (vedi Elettrico o Magnetico, dipolo) dirette, reazioni, 474 disintegrazione, costante di (vedi decadimento, co­ stante di) dispersione (straggling), 18, 42 dissociazione di diffrazione, 772 distruzione, operatori di, 349 dosi di tolleranza, 158 duale, decadimento, 149 duali, campi, 301 — trasformazioni, 300 eccitazione, funzione di, 428, 473, 481, 514 elasticità (nelle reazioni), 459 elettrometro a filo, 79 elettroni, assorbimento di, 33 — carica degli, 183

    — di conversione, 311 — libero cammino medio degli, 37 — massa degli, 185 — mobilità degli, 37 — perdita di energia degli, 31, 54 — raggio classico degli, 10, 51 — spin, e momento magnetico degli, 220, 229, 635 — velocità di migrazione degli, 37 elettronica, amplificatori, 103 — circuiti di coincidenza, 104 — discriminatori, 104 elasticità 68 629 — del neutrino, 337, 361, 366 — dell'elettrone nel decadimento beta, 362, 366 emissione senza rinculo, 233, 325, 326 — effetto Doppler della, 326 — effetto Zeeman della, 329 epitermici, neutroni, 531 equilibrio radioattivo, 153 errore probabile, 165 esotici, atomi, 198 eta, mesone, 668, 669, 679

    età (neutroni), 535, 538 Fano, fattore di, 38, 81 fasci incrociati, 137 fasci molecolari, metodo dei, 227 fasci, trasporto dei, 141

    Indice analitico

    fase, oscillazione di, 129 fase, stabilità di, 125 Feather, relazione di, 35 Fermi, energia di, 206, 247 Fermi, età di, 534, 535, 538 Fermi, gas di, 205, 469 Fc:rmi, teinperatura di, 469 fermioni, 203 fissione, 5, 483 — asimmetria della, 489, 492 — attività dei prodotti della, 591

    — barriera di, 485, 491 — bilancio energetico della, 499 — correlazioni di, 499 — emissione di neutroni di, 494, 550 — emissione di particelle alfa di, 498 — frammenti di, arresto dei, 30, 499 — produzione della, 498 — provocata da ioni pesanti, 507 — soglia di, 486 — spontanea, 484, 494 fluorescenza nucleare, 323 fluorescenza, radiazioni di, 49, 50 fluttuazione, formula di Gauss per la, 162 — formula di Poisson per la, 159, 161 — nel decadimento radioattivo, 159, 166 — nella corrente di ionizzazione, 167 focalizzazione forte, 131 forma, fattore di, 195

    — per il neutrone, 722 — per il protone, 723, 724 formazione, 669, 686 forze nucleari, 380, 644, 648 — di scambio, 400, 404 — dipendenza dello spin delle, 401

    — indipendenza dalla carica delle, 389, 395 — raggio di azione delle, 382 — saturazione delle, 383, 401 — tensore delle, 396 fotodisintegrazione del deutone, 417, 421 fotoelettrico, assorbimento, 47 fotografica, emulsione, 91

    — composizione, 91 — fotoriproduzione, dei muoni, 633 — dei neutroni, 524

    — dei pioni, 666 frammentazione limite, 780 frenante, potere (vedi Potere frenante) ft, nomogramma del, 359 — valore, del. 358, 359 fusione (vedi reazioni nucleari) gamma emissione, momento angolare della, 304 — multipolo della, 297 — probabilità della, 299, 305 — regole di selezione della, 299, 305 — simmetria della, 300 gamma, raggi, 4 gange, teorie di, 716, 747, 748 Geiger-Miiller (vedi contatore) getti, nelle reazioni nucleari, 762 giromagnetico, rapporto, 220 gluoni, 699, 717 goccia di liquido, modello a, 207 Geiger-Nuttall, legge di, 281 Goldberger-Treiman, relazione di, 741, 749 grandi lunghe:zze d'onda, approssimazione delle, 295 gravidi, nuclei, 550

    823

    Gray-Bragg, relazione di, 157 gusto (vedi anche sapore), 714 hadroni, 578 i spin (vedi spin isotopico) identità, effetti di, nella diffusione, 387 — degli elettroni, 184 impacchettainento, frazione di, 184, 208 impedimento, fattore di, nel decadimento alfa, 285 incanto, 700, 711, 746 incrocio, relazioni di, 612, 614 indipendenza di carica, 389 inore, 550 interazione corrente-corrente, 741, 747 interazione elettromagnetica minimale, 607 interazioni, classificazioni delle, 345, 605 — dirette, 474 intermedio, bosone, 748 inversione temporale (vedi temporale, inversione) ioni, mobilità degli, 37, 77 — sorgenti di, 117 — velocità di migrazione degli, 37 ionizzazione, camera di, 77, 79 — per neutroni, 78 — saturazione della, 77 ipercarica, 601 iperfine, struttura, 222 — effetto Zeeman per la, 223, 225, 227 — regole di selezione per la, 225 iperframmenti, decadimento degli, 694 — energia di legame degli, 695 iperoni, 578 isolari, 11 — catene di, nella fissione, 487 isomeri, l l, 317

    isomeria, isole di, 320 isomerico, effetto, 329

    isospin (vedi isotopico, spin) isotoni, ll isotopi, abbondanza degli, 188, 190 — definizione degli, 4, 11 — massa degli, 189 — sistematica degli, 190 — spostamento degli, 331 k, particella, decadimento delle, 749, 750 — doppietto di massa della, 753 — parità intrinseca della, 649 — rigc,nerazione della, 756 — scoperta della, 598 — stranezza della, 601 Kurie, grafico di, 355

    lambda, particc:lie, decadimento delle, 750 — momento magnetico e spin delle, 751 — parita intrinseca delle, 649 — stranezza delle, 598 larghezza, 459, 462, 463 Lawson, criterio di, 555 leptoni, 578, 597, 626 — conservazione dei, 374, 597 — pesanti, 717 letargia, 529 livelli, larghezza dci, 460

    824

    In di c e analitico

    — distanza dei, 463, 467 livello di fiducia, 167, 171 luminosità, 137 lunghezza di diffusione, 389, 558, 567 — determinazione della, 558 — e indice di rifrazione, 567

    magici, numeri, 242 magnete def)ettore, 144 magnetone nucleare, 220 Mandelstam, variabili di, 613, 799 massa critica, 546 massa dei, 336, 629 massa, determinazione della, 185 — dei nuclei, formula della, 208, 212 — delle particelle, 615, 705 — difetto di, 184, 207 — doppietti di, 189 — eccesso di, 184 — numero di. 184 massima verosimiglianza, 169 materiali. proprietà dei, 37, 58, 86, 90, 91 matrice, elemento di, nel decadimento beta, 354, 359 371 — nell'emissione gamma, 305 matrice S (di diffusione), 451, 577 — unitarietà della, 454 mesone, t), 668, 669, 680 mesone (vedi anche pione), t), 578. 679 — K. 679 —p, 668, 669 — rv, 668, 670 Michel, parametro di, 630 minimale, interazione elettromagnetica, 607 modelli nucleari, collettivi, 250 — a strati, 240 — confronto dei, 182, 266 — ottici, 464 moderatore. 530 momenti angolari, composizione, 804 momento d'inerzia (nucleare), 260 — variabile, 261 Monte Carlo, metodo. 513 Mossbauer, effetto (vedi emissione senza rinculo), 325, 329 multipolo, elettrico e magnetico, campo di, proprieta

    di simmetria. 300 multipolo, elettrico e magnetico, radiazione di, 298, 300 — nella produzione di pioni, 666 — regole di selezione della, 303 muoni, cattura dei, 632 — decadimento dei, 628 — massa dei, 640 — momento magnetico dei, 635 — produzione dei, 628 — spin dei, 636 — vita media dei, 632 muonico, numero, 375, 631 muonio, 638 neutrini, collisioni dei, 730, 746 — rivelazione dei, 338, 626 neutroni, bilancio dei, nei reattori, 498 — cattura dei, nell'idrogeno, 417 — costante di moltiplicazione dei, 540, 548 — decadimento beta dei, 371, 373

    — diffusione dei, 533 — diffusione dei (vedi Diffusione) — emissione dei, nella fissione, 494 — fenomeni di interferenza dei, 559 — lunghezza di migrazione dei, 548 — massa dei, 185 — momento magneticodei, 229, 237 — monocromatore per, 563 — polarizzazione dei, 569 — rallentamento dei, 524 — reattori dei, 523, 539, 540 — riflessione dei, 568

    — rifrazione dei, 567 — rivelazione dei, 78, 85, 88 — scoperta dei, 5, 521 — selettore di velocità dei, 429 — sorgenti di, 521, 530 — termici, 529 neutroni ritardati, 496, 549 Nilsson, diagrammi di, 256 nomenclatura delle particelle, 577 Nordheim, regole di, 245 nucleare, carica elettrica, 182, 194 nucleare, materia, 194, 240, 405 nucleari, forze (t.edi Forze nucleari) nucleari, modelli collettivi (vedi Modelli nucleari, collettivi) nucleari. reazioni (cedi Reazioni, nucleari) nucleo composto, 441 nucleone, 11, 644 nucleone-antinucleone, annichilazione, 597, 623 nucleonica, cascata, 513 occupazione, numero di, 247 omega meno, barione, 706 — stranezza del, 606 omega, mesone, 668, 670 OPE (one-particl e exchange), 409, 774 operatore, di carica elettrica, 608, áll — di coniugazione di carica, 609, 611 — di creazione, 351 — di distruzione, 351 — di parità G. 610, 611 — di proiezione, 562 — di scambio, 403 orbite, negli acceleratori, 120 — equilibrio delle, 125 — istantanee, 120 — pacchetto (bunch) di. 126, 138 — sincrone, 126 Orientazione, nucleare, 234 ottico, modello, 464 ottico, teorema, 454, 789 ottuplice. via. 699 pacchetto (bunch), 126, 138 Panofsky, rapporto di, 618 parita, conservazione della, 346, 365 — degli stati, 303 — della radiazione elettromagnetica, 652 — intrinseca, 650. 655 — operatore di, 608, 611 particella K (vedi K, particella) particelle strane, numeri quantici delle, 601 — produzione associaia delle, 598 particelle, tavole delle, 580, 604 partoni, 725, 785

    I ndice analitico

    Pauli, matrici di, 229, 391 percorso casuale, 532 percorso delle particelle, 18 percorso-energia, relazione, 28, 29, 34 periferiche, collisioni (vedi anche periferici, urti), 503 periferici, urti (vedi anche periferiche, collisioni), 503 pioni, decadimento dei, 738, 747 — fasci di, 141, 619 — interazioni pione-pione, 671 — massa dei, 617 — parita intrinseca dei, 652 - produzione di, 666 — scoperta dei, 6 — sistema pione-nucleone, 657, 660 — spin dei, 647 polarizzazione, circolare, dei raggi X, 70 — degli elettroni, 68 — dei neutroni, 569 — delle particeùe di spm '/t. 794 — delle particelle lambda, 694 — nella diffusione dei nucleoni, 409 polarizzazione nucleare, 234 Pomeranchuk, teorema di, 767 positrone, 5 — annichilazione del, 64 — urto elettrone —, 729 positronio, 66 potenziale, barriera di, nucleare (vedi Harricra di potenziale, nucleare) potere frenante. 18, 27, 33 — relazioni di scala del, 28 Pre-equilibrio, emissione di, 439 Produzione (delle particelle), 668, 685 propagazione degli errori, 165 proporzionale, contatore. 82 protoni, massa dei, 185 — momento magnetico dei, 220, 236 — spin dei, 220 protoni ritardati, 275 pseudoscalarie scalari, 348 pseudovet tori, 348 Psi, e J, particelle, 730 Q nelle reazioni, 428 quadrivettori, 367

    quadrupolo elettrico (radiazione), 297 quadrupolo elettrico (statico), 217, 222, 253 — energia del, 219 — intrinseco, 265, 268 quadrupolo, lenti a, 141 — metodo matriciale per il calcolo, 143 quantici, numeri. per due pioni, 670 quantico, numero, additivo e moltiplicativo, 607 — delle particelle, 579 — di stranezza, 601 — G, 610 quarks, 698, 700 Quarks, combinazioni di. 698 — e masse, 705 — e momenti magnetici, 707 — e sezioni d'urto, 708 quasi particelle, 249 quattro fattort. formula dei, 544

    raggio. del deutone, 382 — del protone, 195 — dell'elettrone (classico), 10, 51

    825

    — nucleare. 23, 191 raggio efficace. approssimazione, 385, 389, 665, 792 rapidità, 779 reattore, nucleare, 537 — condizione di criticità del, 546 — regolazione del, 549 — tempo di rilassamento del, 549 reazione a catena, 540 — dimensioni critiche della. 546 — fattore di moltiplicazione della, 540 — tempo di generaztone della, 540 reazioni nucleari, a catena (vedi Reazioni a catena) — canale delle, 447 — cinematica delle, 427, 525 — concorrenza delle, 439 da ioni pesanti, 501 di acquisto (pick-up reactions), 483 di alta energia, 767 — di energia intermedia, 512 — di espulsione (vedi di knock-on), 478 di fusione, 551 — di knock-on (vedi espulsione). 478 — di strappo (stripping), 478 — endotermiche, 433 esotermiche, 432 fotonucleari, 505 — funzione di eccitazione delle, 428 — inclusive, 779 — inverse, 421, 434, 623, 649 - risonanza (vedi Risonanza) — tavola delle, 436 — teoria statistica delle, 765 reazioni nucleari, cinematica delle, 427, 525 — cinematica relativistica delle, 799 Regge, poli di, 774, 778 — traiettorie di, 709 regola d'oro n' 2, 313, 351, 429 Rho, mesone, 674, 675, 728 ricorrenza delle particelle, 709 riferimento, sistema di, cambiamento del, 804 rinculo dei, 337, 338 rtsonanza gigante. 466. 508, 513 risonanza magnetica, 229 nsonanza, nelle reaztoni nuclean, 435, 464, 492 — cattura e fuga. 665 — formula di Brett-Wigner, 442, 447, 455, 459, 499 — integrale di, 544 — nella diffusione pione-nucleone, 666 risonanze, come particelle elementari, 669 rivelatore. parametri, 76 Roentgen, unità di, 155 rotazionali, livelli (nucleari), 258 Rutherford, dilfusione di, 20, 193 radiazione. dose di, 155 radiazione. lunghezza di, 61 radioattiva, diramazione, 149. 154 radioattive, famiglie, 149 — equilibrio nelle, 153 radioattivo. decadimento, dati sul (vedi Decadimento radioattivo, dati sul) — applicazioni cronologiche e geologiche del. 175 raggi delta. 24 sapore (tsdi anche gusto), 714 scalari e pseudoscalari, 348 scahng (vedi similitudine, proprieta di) Schmidt, curve dt, 239 sciami, 61, 762

    826

    Ind i ce analitico

    scintilla, camera a, 100 scintillatori, caratteristiche degli, 86, 88 scintillazione, contatori a, 85 selezione, regole di, nel decadimento beta, 359, 367 — nel decadimento deHe particelle incantate, 746 — nel decadimento delle particelle strane, 743, 746 — pcr l' emissione gamma, 299, 302, 304 — per parità, 303 semiconduttori, come rivelatori, 79, 82 senza rinculo, emissione (vedi Emissione senza rincu­

    lo) separazione, energie di, 243 sezione d'urto, 11, 428 sfasamenti, analisi degli, nella diffusione, 448, 789

    — nel sistema pione-nucleone, 664 sfera di cristallo opaca, 464 sferichc, armoniche, tabella delle, 809 sigma, particella (vedi Particelle strane e Lambda, particelle) similitudine (scaling), proprietà di, 725, 779, 780

    sincrociclotrone, 129 sincrotrone, 130, 132 — radiazione di, 123 Somma, regola di, 509, 511 spallazione, dei nuclei, 513 specie di, 343 speculari, nuclei, 196 spettatorc, 474 spettromctro, a coppie, 111 spettrometro, alfa, 108

    — a coppie, 111 — beta, 108 — di massa, 186 — Dopplcr, 326 — gamma, 109

    spin dei, 337, 627 spin e momento magnetico, 219, 228, 233, 236, 691 spin e statistica, 204

    spin isotopico, 390, 578, 609, 654 — conservazione dello, 394, 609, 654 — e decadimento beta,396 — ed emissionegamma, 396 — multipletti di, 396 — rotazione dello, 394 spin-orbita, accoppiamento, 291, 412 spintariscopio, 85 spostamcnto, legge dello, 4 standard, deviazione, 160, 164, 165 statistica e spin. 201 stigmatico, sistema, 142 stranezza, 8, 598, 601 strati, modello a, 198, 240 Streamer, camera a (vedi Canale ionizzato, camera a) SU(2) e (3), 699

    temperatura, dei nuclei, 469 tempo morto, 76 temporale,inversione, 434, 453 tensione, moltiplicatori di, 117 tensoriali, forze, 399

    tetracorrente, 366 Thomson, diNusione di, 49 — polimerizzazione di, 52 tolleranza, dosi di (vedi Dosi di tolleranza) tracce, nelle emulsioni, 91 — nei solidi, 93 transizione, radiazione di, 36 trasferimento lineare di energia, 157 Treiman-Yang, angolo di, 681 triangolare, disuguaglianza, 304 unità, atomiche, 8 — di massa nucleare, 184

    — radioattive, e di radiazione, 155 unitarie, simmetrie (vedi simmetrie unitarie) urto, parametro di, 21 utilizzazione termica, fattore di, 543

    (V-A), interazione, 376, 749 Van De Graaff, acceleratore di, 119 velocità, selezionatore di, 145 «verso» (del neutrino), 337

    vibrazionali, livelli (nucleari), 253 virtuale, emissione, 645 — legame, 288 virtuali, stati, 291 vita media, 149

    — dei muoni, 619 — dei pioni, 621, 623 — delle particelle, 619, 623 — neldecadimento beta,359, 360 — nel decadimento gamma, 317 — ridotta, nel decadimcnto alfa, 285 vita media (vedi media, vita)

    Wien, filtro di, 143, 186 Xi, particella, parità intrinseca, della. 653 — stranezza della, 601

    Yukawa, campo di, 643 — interazione di, 642

    Zitterbewegung, 365 Zweig, regola di, 735

    L'autore Nato a Tivoli il 1" febbraio 1905, Emilio Segrè si è laureato nel 1928 con Enrico Fermi: quattro anni dopo inizia la sua attività accademica con la nomina di assistente all'Università di Roma. Dal 1936 al '38 ha diretto il laboratorio di Fisica dell'Universi­ tà di Palermo, dopo di che è iniziata la fase «americana», della sua vita e della sua attività. Entrato a far parte sin dal '38 dell'Università di California a Berkeley, ottiene più tardi un incarico direttivo al laboratorio di Los Alamos, per tornare nel 1964

    a Berkeley come professore di Fisica, posizione che occupa ancora oggi. Dal 1934 in poi Segrè s'è dedicato alla Fisica nucleare: in un primo tempo prende

    parte con Fermi alle ricerche sui neutroni, contribuendo alla scoperta dei neutroni lenti; più tardi s'interessa di radiochimica e partecipa alla scoperta di nuovi ele­ menti. Nell'ambito della Fisica delle particelle, si è occupato delle interazioni fra nucleoni, dei relativi fenomeni di polarizzazione, degli antinucleoni. Nel 1959 ha condiviso il Premio Nobel per la Fisica con O. Chamberlain, per la scoperta dell'antiprotone.

    Segrè è membro della National Academy of Sciences (USA), dell'Accademia Nazionale dei Lincei e di molte altre società scientifiche.

    Attualmente lavora attivamente nel campo della fisica nucleare presso il Lawrence Radiation Laboratory, dell'Università di Berkeley.

    L'opera «La seconda edizione conserva i fini, il livello e lo spirito della prima. Nell'ultimo de­

    cennio la fisica nucleare e la fisica delle particelle sono diventate sempre più tecni­ che e sia la teoria che gli esperimenti più complessi. Questa è una tendenza inevita­ bile che porta ad aumentare il divario fra i libri di testo e la letteratura originale nelle riviste, spesso comprensibile soltanto da un piccolo gruppo di iniziati. E tuttavia op­

    portuno fornire allo studente una conoscenza generale di ciò che gli specialisti stanno facendo, prima che egli si unisca a loro, in modo che abbia un'idea della fo­ resta, prima di concentrarsi sull'albero. Uno degli scopi di questo libro è appunto quello di dare una tale visione generale, ma non superficiale del soggetto. Ho rivisto l'intero testo, aggiornando i dati numerici e migliorando le dimostrazioni e lo stile. Ho aggiunto o cambiato molte figure, e uno studio delle illustrazioni do­ vrebbe ricompensare lo studente curioso. Le bibliografie sono state rimodernate,

    specialmente con l'aggiunta di articoli facilmente accessibili, che mi sono noti per la loro qualità e chiarezza. Alcuni problemi sono stati aggiunti, altri cambiati. Ho tenta­ to di non aumentare la lunghezza del libro e, quando possibile, sono stati tralasciati

    argomenti che costituiscono conoscenza comune o che sono insegnati in altri corsI».

    Emilio Segrè (dalla «Prefazione alla seconda edizione»)